ANNALI DI CA’ FOSCARI RIVISTA DELLA FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL’UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA XLV...
13 downloads
695 Views
365KB Size
Report
This content was uploaded by our users and we assume good faith they have the permission to share this book. If you own the copyright to this book and it is wrongfully on our website, we offer a simple DMCA procedure to remove your content from our site. Start by pressing the button below!
Report copyright / DMCA form
ANNALI DI CA’ FOSCARI RIVISTA DELLA FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL’UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA XLVI, 3
2007 (Serie orientale 38)
Estratto Daniele Guizzo Testi nel dialetto persiano di Kermânšâh, pp. 153-174
Studio Editoriale Gordini
Daniele Guizzo
TESTI NEL DIALETTO PERSIANO DI KERMÂNŠÂH
Kermânšâh (curdo K˘rmâšân, abitanti 692.986 secondo il censimento del 1996) 1 è il capoluogo della regione omonima del Kermânšâhân (superficie di 24.741 kmq, per una popolazione di 1.778.596 abitanti secondo il censimento del 19961) che si situa all’estremo occidente del territorio iraniano. Importante già in tempi antichi, fondata dall’imperatore sasanide Vahram IV (388-399 d.C.), sorge nei pressi di celebri vestigia dell’Iran preislamico, 2 lungo la via imperiale che collegava l’altopiano iranico alla Mesopotamia. Il Kermânšâhân, in virtù della sua posizione geografica, rappresenta un’area di incontro per numerosi gruppi etnici e religiosi. Questo vale anche dal punto di vista linguistico: pur costituendo, con la regione dell’Ilâm e alcune zone dell’Iraq orientale, il cuore del dominio linguistico dei dialetti curdi meridionali, 3 Il Kermânšâhân ospita infatti una discreta comunità di parlanti curdo centrale, sorâni o mokri (le comunità più numerose sono collocabili nelle area al confine con la regione del Kordestân) e di curdo laki. 4 A nord del capoluogo si trovano altresì le più consistenti aree di diffusione delle varietà gurani. 5 Ancora, a est1 Per quanto riguarda Kermânšâh e l’intera regione, stime ufficiali basate sul tasso di crescita annuale della popolazione indicano rispettivamente in 765.075 (nel 2006) e in 1.921.284 (nel 2004) il numero degli abitanti. 2 Si pensi alle iscrizioni monumentali achemenidi di Bisotun e all’ivan di era sasanide di Tâq-e Bostân. 3 Uno studio approfondito sui dialetti curdi meridionali, in precedenza poco investigati dagli studiosi, è stato recentemente pubblicato da Fattah (2000). 4 Il laki è una varietà di curdo, distinta sia dal curdo centrale sia dai dialetti curdi meridionali, parlata dalla grande tribù dei Lak insediata prevalentemente nella zona a est-sud-est di Kermânšâh e nella parte nord-occidentale della regione del Lorestân. Si vedano Fattah (2000: 55-62) e Izadpanâh (1978: sizdah-bistošeš). 5 Le zone di diffusione del gurani sono: a nord di Kermânšâh l’abitato di
Annali di Ca’ Foscari, XLVI,
3 (s. or. 38), 2007
153-174
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
sud-est s’incontrano alcune isole linguistiche lori. 6 Kermânšâh, pur avendo nella varietà curda meridionale cui dà il nome, ovvero il kermânšâhi la lingua con la maggiore diffusione, deve al suo ruolo di plurisecolare centro amministrativo la presenza consistenti comunità alloglotte, segnatamente: sorân, lak, goran, lor e persofoni. Il persiano, entrato nell’uso dalla popolazione nel corso dei secoli proprio per il ruolo centrale a livello amministrativo, politico e strategico della città, ha dato vita a una varietà locale influenzata dal curdo kermânšâhi, soprattutto a livello fonetico e lessicale, ma con tracce rilevanti anche nella morfosintassi. Questo dialetto persiano locale non è mai stato oggetto di ricerche approfondite. Chi scrive è a conoscenza di un solo articolo, una descrizione del sistema verbale nella suddetta varietà (Behju 2002-03). Nonostante questo, grazie alla raccolta sul folclore curdo dello scrittore ‘Ali Ašraf Darvišiyân (2001-02), possiamo contare su un corpus, pur esiguo, di quattro racconti di breve e media lunghezza in persiano locale di Kermânšâh. Scopo del presente articolo è di sottolineare, mediante la traduzione e l’analisi dei testi a disposizione, il carattere originale di questa varietà di persiano e di porre all’attenzione degli iranisti il patrimonio folclorico di cui essa è veicolo.
Note sulla fonologia e sulla morfologia del dialetto persiano-curdo di Kermânšâh Fonologia In ambito fonologico ci limiteremo a sottolineare le particolarità del persiano kermânšâhi rispetto al persiano standard e al persiano colloquiale di Tehran o ad alcuni fenomeni di convergenza con quest’ultimo. Kandule, a nord-ovest la città di Awramân, a sud di Awramân la cittadina di Pâve e, a ovest di Kermânšâh, la cittadina di Gahvâre (Pirejko 1997: 144). 6 Per esempio l’isola linguistica lori di Kangâvar di cui dà conto sempre Fattah (2000: 42).
154
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
Per quanto riguarda il vocalismo si può rilevare: a) L’allungamento di compensazione di /a/ precedente una /h/ etimologica, fenomeno riscontrabile anche nel persiano di Tehran (Provasi 1979: 267-268; Mahootian 1997: 330), in curdo meridionale (Fattah 2000: 199) e in numerose varietà iraniche: q¡wa (I, 5. 7. 9.) 7 «puttana» < pers. qahbe «id.». b) Fenomeni di assimilazione regressiva: mokona (I, 8; II, 8; II, 9) «fa» < pers. mikonad «id.»; muwaram (I, 3) «reco» [< *m(i)âwaram] < pers. miâvaram «id.»; buwas (I, 6) «chiudi!» [< *bewas], cfr. pers. beband «id.»; mokoši (III, 3. 5. 7.) «uccidi» < pers. mikoši «id.»; mokonam (III, 7) «faccio» < pers. mikonam «id.»; nemokonam (III, 4. 5.) «non faccio» < pers. nemikonam «id.»; moxâd (I, 1) «vuole» [< *mixâd] < pers. mixâhad «id.». c) Si segnalano casi di dittongazione: yay palakân-ay (III, 9) «una scala», cfr. pers. yek pellegân-i «id.» naneyši (IV, 1) «non ti siedi» < *naniši «id.». Le principali caratteristiche del consonantismo sono: a) sordizzazione di /d/ in posizione finale: miyât (II, 8; IV, 1) «viene» < [*miyâd] < pers. miâyad «id.». b) Evoluzione di /b/ intervocalico nel suo allofono /w/ dovuta all’influsso dell’analogo fenomeno in curdo meridionale (Fattah 2000: 130): nawud (I, 1) «non c’era» < pers. nabud «id.»; bâwa (I, 2) «padre», cfr. pers. bâbâ e curdo ﺒﺎﻭﻛbâwak «id.»; muwaram (I, 3) «reco» [< *m(i)âwaram] < pers. miâvaram «id.»; xawardâr (III, 9) «informato», cfr. pers. xabardâr e curdo ﺨﻪ ﻭﻩﺭﺩﺍﺭ xawardâr «id.». Questo fenomeno pare avere luogo anche aldilà dei confini di parola. 8 7
Con il numero romano si indica il racconto, con i numeri arabi il passo cui si rimanda. 8 Con eccezioni, per esempio šoda bud (III, 8) in luogo di šoda wud.
155
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
(jer-eš) dar-âmada wud (II, 7) «s’incollerì» < *dar-âmada bud; badan-a wini (IV, 2) «vedrai il corpo» < *badan-a bini. c) Dileguo di /h/ in posizione finale: siyâ (II, 4; II, 6) «nero», cfr. pers. siyâh e curdo ﺴﻳﺎsiyâ «id.»; câ (III, 2) «pozzo», cfr. pers. câh e curdo ﭽﺎcâ «id.»; kolâ (III, 2) «cappello», cfr. pers. kolâh e curdo ﻜﻮﻻﭫkulâv «id.»; râ (III, 7) «strada», cfr. pers. râh e curdo ﺭﺍrâ «id.». Il dileguo di /h/ si riscontra anche in una posizione sillabica diversa dalla prima, per esempio quando la congiunzione enclitica -ham si aggiunge a un elemento, come avviene peraltro nel persiano colloquiale (Mahootian 1997: 333): šuwar-aka-y-am ke i jur did (I, 2) «quando il padre vide [che le cose stavano] così». Da notare anche l’inserzione di un glide per evitare lo iato. Un altro caso simile è la riduzione ad â del morfema del plurale hâ, cui si assiste anche in persiano colloquiale (Mahootian 1997: 330): gâwâ (I, 4) < pers. gâvhâ «buoi». Esempi particolari di caduta di /h/ in posizione infrasillabica sono: šuwar «marito», cfr. pers. šowhar e curdo ﺷﻮšu «id.»; xuwar «sorella», cfr. pers. xwâhar (/xahr/ → /xar/, Mahootian 1997: 332) 9 «id.». d) Dileguo di /n/ in posizione finale: i (I, 2; III, 2. 3. 5. 8.) «questo» < pers. in «id.»; u (II, 10; III, 2) «quello, egli» < pers. un «id.»; boko (III, 6) «fai!» < pers. bokon «id.». e) Dileguo di /r/ in posizione finale: âxa (I, 2) «infine» < pers. âxer «infine»; 9
Negli esempi dati c’è da notare anche un’assimilazione regressiva o > u nel primo caso e â > u nel secondo.
156
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
aga (III, 6) «se» < pers. agar «id.» (cfr. persiano colloquiale age); diya (I, 8. 10; II, 7) «ancora» < curdo diyar (Fattah 2000: 650) «id.». f) Dileguo di /s/ in posizione finale: hicka (I, 1; III, 1) «nessuno» < pers. hickas «id.». g) Dileguo di /z/ in posizione finale: a (I, 2; I, 3; I, 4; I, 6) «da» < pers. az «id.». h) Semplificazione dei nessi consonantici: -st > -s: doros (kardan) (I, 3; III, 8; III, 10) «preparare, fare» < pers. dorost (kardan) «id.»; das (III, 1; III, 9; IV, 1) «mano», cfr. pers. dast (/dst/ → /ds/, Mahootian 1997: 335) e curdo ﺩﻩﺱdas «id.»; pus (III, 2) «pelle», cfr. pers. pust e curdo ﭘۆﺱpos «id.». Questo fenomeno si riscontra anche nella copula postvocalica -(a)st: -st > -s: kujâ-s (I, 3) «dov’è?» < pers. kojâ-st «id.»; has (II, 4) «id.» < pers. hast «id.»; siyâ-s (II, 4) «è nera» < pers. siyâ-st «id.»; bifâyeda-s (II, 8) «è inutile» < pers. bifâyede-(a)st «id.»; -st- > -s-: hasi (II, 6) «tu sei» < pers. hasti «id.»; zemesân (III, 8) «inverno» < pers. zemestân «id.»; -xš > -š: baš (I, 3; II, 10) «parte», cfr. pers. baxš e curdo ﺑﻪﻩ ﺵbaš «id.»; -šm > -š: caš (II, 1) «occhio» < pers. cašm (/cem/ → /ce/, Mahootian 1997: 336) «id.»; -nd- > -n-: anâxt (I, 6) «gettò» < pers. andâxt «id.»; ganom (III, 3) «grano», cfr. pers. gandom e curdo ﮔﻪ ﻨﻡgan˘m «id.»; anâxtan (III, 7) «gettarono» < pers. andâxtand «id.»; -xt > -x: wax (II, 10) «tempo», cfr. pers. vaxt e curdo ﻭ ﻩ ﺨﺖwaxt «id.». i) Vi sono inoltre casi di riduzione sillabica: sând (I, 3) «prese» < pers. setând «id.» da setândan (Behju 2002-3: 64); mifti (IV, 1) «cadi» < pers. miofti «id.» da oftâdan.
157
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
Morfologia Nell’ambito della morfologia i punti caratterizzanti il persiano kermânšâhi sono: a) l’articolo determinativo suffisso -aka, -ka dopo vocale, mutuato dalla varietà curda locale. 10 zan-aka (I, 1) «la donna», gorg-aka (II, 3) «il lupo», bâwa-ka (I, 6) «il padre». La forma del plurale è -akân, -kân dopo vocale: do caš dâšt co gerde-kân (II, 1) «aveva due occhi come (due) pagnotte»;
-kân
che pare avere anche la funzione di semplice suffisso accrescitivo nei casi seguenti: yay bozi bud boz-bozkân (II, 1) «c’era una capra (chiamata) Bozbozkân»; do guš dâšt bal-balkân (II, 1) «aveva due orecchie (molto) arricciate».
b) La presenza ad -a, -ya dopo vocale, corrispondente nell’uso alla posposizione -râ denotante l’oggetto definito. Il morfema -a, con una funzione paragonabile a quella della varietà in oggetto, si trova in altre varietà iraniche, ad esempio il gilaki (Bossong 1985: 40-41) e il baloci (Bossong 1985: 54-55). Si può anche ipotizzare l’influsso della posposizione direzionale del curdo kermânšâhi -ow (Fattah 2000: 628): sar-et-a bokon bâlâ (I, 6) «alza la tua testa»; tâ un-a did (III, 2) «appena la vide»; doxtar kofta-ya hešt tu dâman-eš (II, 2) «la figlia mise la polpetta nella sua veste»; wâ nakonin dar-aka-ya (II, 2) «non aprite la porta». 10
Secondo Fattah (2000: 245) la variante -aga è maggioritaria a Kermânšâh rispetto ad -aka. Si rammenti che quest’articolo determinativo suffisso è caratteristico oltre che per i dialetti curdi meridionali, anche per quelli centrali (Cabolov 1997: 57) e per le varietà gurani (Pirejko 1997: 174).
158
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
c) I pronomi personali di prima e di seconda persona seguono il paradigma dei corrispondenti pronomi curdi e presentano due forme: una «ridotta» e una seconda «piena» usata nel caso in cui il pronome sia seguito da un suffissoide (pronomi, posposizioni ecc.): 11
forma isolata
forma composta
I
ma, ma sefid-am «io sono bianco» (II, 4)
man,
man-a košta «mi ha ucciso» (I, 5)
II
to,
ton,
ton-a xodâ «Dio sia con te» (III, 8)
to c˘ rang-i? «di che colore sei?» (II, 4)
d) Per quanto riguarda il verbo: I) le desinenze personali tendono a coincidere con quelle del persiano colloquiale:
singolare I
plurale
-am, es. mokon-am (III, 7) < pers. mikon-am;
-im, es. raft-im (II, 10) «andammo» = pers. raft-im «id.»;
II -i, es. mokoš-i (III, 3. 5. 7.) < pers. mikoš-i;
-in, es. wâ nakon-in (II, 2) «non aprite» = pers. colloquiale vâ nakon-in < pers. bâz nakon-id «id.»;
III -a, es. mokon-a (I, 8; II, 8; II, 9) < pers. colloquiale mikon-e < pers. mikon-ad
-an, es. raft-an (II, 10) «andarono» = pers. colloquiale raft-an < pers. raft-and «id.»;
con un’unica eccezione riscontrata: mixâwân-it-em (III, 3, 5, 6) «mi fai dormire»; cfr. persiano ma-râ mixâbân-i «id.»;
w
in cui viene utilizzata la desinenza della II singolare -it del curdo meridionale e centrale che mantiene la dentale finale nel caso in cui sia seguita da un suffissoide, generalmente un pronome come nel nostro caso (Fattah 2000: 466-467). 11
Si vedano Fattah (2000: 275) e Behju (2002-03: 83).
159
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
II) I temi del preterito e del presente non differiscono per solito da quelli del persiano standard. Tuttavia si riscontrano le seguenti eccezioni di bastan «chiudere» (Behju 2002-03: 77):
tema del preterito
tema del presente
bast-: cašâ-š-a bast (I, 6) «chiuse i propri occhi»
bast-: buwas (I, 6) «chiudi!» < *bebast
conformemente al curdo bast˘n: tema del preterito e tema del presente best-; distinguendosi dal persiano bastan (bast-/band-), 12 e di neštan «sedersi» (Behju 2002-03: 79):
tema del preterito nešt(/d)-, nešt (I, 4. 6.)
tema del presente niš- (Behju 2002-03: 79), naneyši (IV, 1)
«si sedette»
«non ti siedi» < naniši
conformemente al curdo n˘št˘n: tema del preterito n˘št- e tema del presente niš-; distinguendosi dal persiano nešastan (nešast-/nešin-). e) Spesso le preposizioni, come nel persiano standard (Mahootian 1997: 168), non sono legate dall’ezâfe al nome che governano: ru:
ru bâlâxâna (II, 8) «sulla soffitta», ru i sina (III, 6) «su questo petto»,
tu:
tu dâman-eš (I, 4) «nella sua gonna», tu xâk-e zogâl (II, 5) «nella polvere di carbone».
12
Behju (2002-03: 77) segnala, a nostro avviso erroneamente, il tema del presente di bastan, bas- appunto, tra i casi di mutamento fonetico, non tenendo conto del notevole influsso del curdo come lingua di contatto.
160
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
Presentazione dei testi
I testi qui traslitterati e tradotti sono tratti dalla silloge sul folclore curdo di ‘Ali Ašraf Darvišiyân (2001-02). L’opera del folclorista e scrittore raccoglie settanta racconti del Curdistan iraniano, nonché la trasposizione di alcune pièces (nemâyeš) tradizionali e un’ampia sezione dedicata alla descrizione dei giochi più diffusi nella regione. I racconti in lingua curda sono solitamente proposti in una versione persiana, eccezion fatta per sette favole la cui traduzione è accompagnata dal testo curdo in caratteri latini (Darvišiyân 2001-02: 382-400). I racconti in persiano di Kermânšâh, oggetto del nostro lavoro, sono scritti in alfabeto arabo-persiano e vocalizzati solo in alcuni casi, per cui talvolta la scelta della traslitterazione delle parole è alquanto ardua. Il raccoglitore adotta in rarissime occasioni la scriptio plena caratteristica dell’alfabeto arabo-persiano adattato al curdo sorâni. Per la resa in caratteri latini abbiamo seguito innanzitutto, ove presente, la vocalizzazione suggerita dal curatore. Nei casi, frequenti, in cui essa mancasse, abbiamo seguito una traslitterazione che ha per modello la fonetica del curdo di Kermânšâh (Fattah 2000), confortati in questo, peraltro, anche da Behju 2002-03. La traslitterazione è tendenzialmente fonemica e ha per modello quella adottata da G. Lazard nel suo Dictionnaire persan-français (Leiden, 1990), tranne g in luogo di q per ﻍ. Testo I MATAL-E MALUC-AKA 13
IL RACCONTO DEL PASSERO
1. ey berâr badnadida. yek-i bud yek-i nawud. γeyr-e xodâ hicka nawud. ey bud yay zan-o šuwar-i ke yay pesar-o yay doxtar dâštan. yay ruz zan-aka ba šuwar-eš goft: «ey šuwar del-em gušt-e âdamizâd moxâd!»
1. Fratello che non hai visto il male! Una volta all’infuori di Dio non esisteva alcuno. Oh, c’erano una volta donna e un uomo che avevano un figlio e una figlia. Un giorno la donna disse al marito: «Marito, desidero tantissimo mangiare carne di essere umano!».
2. šuwar ke har ci goft: «âxa ey zan 2. Per quanto il marito le dicesse: «be’, bâwa-t xub nana-t xub ma a kujâ bara- donna, tuo padre era buono, tua madre 13
DarviSiyân (2001-02: 274-276).
161
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
ye to gušt-e âdam gir biyâram?». ba xarj-e zan naraft ke naraft. šuwar-aka-yam ke i jur did raft sar-e pesar-eš-a borid-o gušt-eš-a bara-ye zan-aka âward.
era buona, dove potrei andarti a prendere carne di essere umano?» andò e riandò a cercarne per la moglie. Quando il padre vide [che le cose stavano] così andò a tagliare la testa di suo figlio e ne portò la carne alla moglie.
3. berâr-aka-m ke to bâši zan-aka a didan-e gušt xeyli xorram-o xošhâl šod-o felfawr gušt-aka-ya sând-o az-eš kofta doros kard. ham xod-eš xord-o ham ye kofta ba doxtar-eš dâd. doxtar-eš a nana-š porsid: «nana dâši-m kujâ-s?». zan-aka goft: «vâllâh rafta xâna-ye dâydây-t kešmeš biyâra». doxtar-aka goft: «bâša man-am kofta-ye baš-eš-a muwaram xâna-ye dây-dây-em tâ bedam baš-eš».
3. Oh tu che sei mio fratello! La moglie si allietò moltissimo nel vedere la carne, andò e in fretta prese la carne ne preparò polpette. Ne mangiò lei stessa e diede una polpetta anche a sua figlia. La figlia chiese a sua madre: «Mamma, dov’è mio fratello?». La donna disse: «Oddio, è andato a casa di tuo zio a portare frutta secca». La figlia disse: «Va bene mamma, gliela porterò io stessa alla casa di mio zio, la polpetta che gli tocca».
4. doxtar kofta-ya hešt tu dâman-eš-o râ-ye biyâbân-a piš gereft-o raft-o raft-o raft tâ rasid yay dafa kofta a tu dâmaneš šod maluc-o parid-o raft tu hawâ. maluc-aka raft-o raft tâ rasid yay jây did bâwa-š dâra šoxm mizana. raft ru gorda-ye yek-i az gâwâ-š nešt-o goft:
4. La figlia mise una polpetta nella sua gonna e prese la strada del deserto. Andò, andò, andò finché la polpetta dalla sua gonna divenne un passero, saltò fuori e volò in aria. Il passero andò, andò finché arrivò in un luogo. Vide suo padre che stava arando. Andò a sedersi sul dorso di uno dei buoi e disse:
5. «jik jik bar gašta bâwa-ye kâfer man-a košta nana-ye q¡wa man-a xorda hey row âbâji delsoxta».
5. «Cip cip è tornato, mio padre miscredente mi ha ucciso, mia madre puttana mi ha mangiato. Oh, va’ sorellina afflitta!».
6. bâwa ke a sedâ-ye maluc-aka xeyli xoš-eš âmad-o goft: «ham-bâz bexân ca xub mixâni». maluc-aka goft: «sar-et-a bokon bâlâ cašâ-t-a buwas-o dahan-et-a wâ kon tâ bexânam». tâ bâwa-ka sar-eš-a bâlâ kard-o cašâ-š-a bast-o dahan-eš-a wâ kard maluc-aka par zad ba hawâ-w yay mošt sanjâq-o jowâl-duz rext tu dahan-eš-o par zad-o raft-o raft tâ rasid ba xâna-ye xod-ešân. raft bâlâ dar nešt-o xând:
6. Al padre piacque molto la voce del passero e disse: «Oh canta ancora, come canti bene!». Il passero disse: «Affinché io canti alza la tua testa, chiudi i tuoi occhi e apri la tua bocca». Appena il padre alzò la testa, chiuse gli occhi e aprì la bocca, il passero si alzò in volo e gli gettò in bocca un pugno di spille e di grossi aghi, prese nuovamente il volo e andò, andò, andò finché arrivò alla sua casa. Si alzò, si sedette e cantò:
162
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
7. «jik jik bar gašta bâwa-ye kâfer man-a košta nana-ye q¡wa man-a xorda hey row âbâji delsoxta».
7. «Cip cip è tornato, mio padre miscredente mi ha ucciso, mia madre puttana mi ha mangiato. Oh, va’ sorellina afflitta!».
8. nana-ka xoš-eš âmad-o goft: «ton-a xodâ berâ-ka-m yay kam-i diya bexân». maluc-aka goft: «cašâ-t-a buwas dahanet-a wâ kon-o sar-et-a begir bâlâ tâ bexânam». nana-ka sar-eš-a kard bâlâ-w cašâ-š-a bast-o dahan-eš-a wâ kard maluc-aka bâl gereft-o par zad-o raft hawâ-w az unjâ yay mošt xanjar anâxt tu galow-e nana-ka-w par zad-o raft-o raft-o raft tâ rasid kenâr-e yay jow-e âw-i. did xuwaraka-š nešta-w dâra gira mokona. goft:
8. Alla madre piacque e disse: «Che Dio sia con te! Fratello mio canta un altro po’!». Il passero disse: «affinché io canti chiudi i tuoi occhi, apri la bocca e solleva la tua testa». Appena la madre alzò la testa, chiuse gli occhi e aprì la bocca, il passero prese il volo, volò e si levò in aria, da lì gettò un pugno di pugnali nella gola della madre, volò, andò, andò, andò finché giunse in riva a un ruscello. Vide sua sorella seduta che stava piangendo. Disse:
9. «jik jik bar gašta bâwa-ye kâfer man-a košta nana-ye q¡wa man-a xorda hey row âbâji delsoxta».
9. «Cip cip è tornato, mio padre miscredente mi ha ucciso, mia madre puttana mi ha mangiato. Oh, va’ sorellina afflitta!».
10. doxtar-aka goft: «ton-a xodâ ey berâr-em yay dafa diya bexân». maluc-aka goft: «cašâ-t-a buwas dâmanet-a begir tâ bexânam». hamci ke xuwar-aka cašâ-š-a bast-o dâman-eš-a wâ kard maluc-aka šod yay capa goli-w jast-i zad-o oftâd tu dâman-eš.
10. La fanciulla disse: «Che Dio sia con te! Fratello mio canta un’altra volta!». Il passero disse: «Affinché io canti chiudi i tuoi occhi e prendi la tua gonna». Appena la sorella chiuse gli occhi e aprì il suo grembo, il passero divenne un mazzo di fiori, fece un salto e cadde nella sua gonna.
Testo II MATAL-E ŠANGOL O MANGOL 14
IL RACCONTO DI ŠANGOL E DI MANGOL
1. C’era una capra (chiamata) Bozbozkân, aveva due corna come un bastone da pastore, aveva due orecchie arricciate, aveva due occhi tondi come pagnotte, aveva due bambini di nome Šangol e Mangol.
1. yay boz-i bud boz-bozkân do šâx dâšt co bil-akân do guš dâšt bal-bal-kân do caš dâšt co gerde-kân do tâ bacca dâšt ba esm-e šangol-o mangol
14
DarviSiyân (2001-02: 277-280).
163
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
yay ruz boz-bozkân raft ba sahrâ tâ bari xod-eš bokona carâ xeyli sefâreš kard ba baccahâ ke wâ nakonin dar-aka-ya aslan o abadan
2. Un giorno Bozbozkân andò nella piana per pascolare, fece molte raccomandazioni ai bambini ché non aprissero assolutamente la porta.
vaxt-i boz-bozkân raft ba carâ gorg-aka âmad pošt-e dar-e xâna-ye unâ goft: in man-am boz-bozkân šir âwardam rula barâ-tân
3. Quando Bozbozkân andò nella piana un lupo venne alla porta della sua casa, disse: Sono la mamma, Bozbozkân, bambini, ho portato latte per voi.
2.
3.
4. šangol porsid: to ca rang-i? gorg-aka goft: ma sefid-am šangol goft: de berow de nana-ye mâ siyâ-s
4. Šangol chiese: qual è il tuo colore? Il lupo disse: sono bianco! Šangol disse: vattene, la nostra mamma è nera.
5. 5. gorg-aka bodow-bodow raft-o xod-eš-a Il lupo se ne andò correndo, si rotolò nel carbone, tornò e disse: zad tu xâk-e zogâl-o bar gašt-o goft: man-am man-am boz-bozkân šir-e tâza âwardam bara-tân
Sono io, sono io, Bozbozkân, ho portato latte fresco per voi.
šangol o mangol goftan: ca rang-i hasi? gorg-aka goft: ma siyâ-m baccahâ goftan: de borow de nana-ye mâ qahve’i-ya
6. Šangol and Mangol dissero: qual è il tuo colore? Il lupo disse: sono nero! I bambini dissero: vattene, nostra madre è color caffé.
7. gorg-aka diya jer-eš dar-âmada wud. raft ‘aqab-o âmad jelow-o bâ sar yek-i zad ba dar-o dar-aka-ya šekast-o šangol-o mangol xord.
7. Il lupo era davvero infuriato. Andò indietro poi avanti, colpì la porta, la porta si ruppe ed egli mangiò Šangol e Mangol.
8. vaxt-i boz-bozkân az sahrâ bar-gašt did ke na šangol has-o na mangol. xeyli nârâhat šod aval kam-i gerya kard ammâ did ke bifâyeda-s. pas wax-i zad raft ru bâlâxâna-ye xâna-ye gorg-aka-w hey zad-o zad, bâ pâ. gorg-aka goft:
8. Quando Bozbozkân tornò dalla piana, vide che non c’era né Šangol né Mangol. Si agitò molto. Dapprima pianse un po’, quindi vide che ciò era del tutto inutile. Allora sospirò e andò sulla soffitta della casa del lupo, e scalciò ripetutamente. Allora il lupo disse:
6.
164
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
Chi è là? Chi è là? Non mettere tutto ki-ya, ki-ya rem-o rem mokona sotto sopra! kâsa-ye kocla-ye bacca-ye man-a por-e Non riempire di terra la tazza di mio xâk mokona figlio! boz-bozkân goft:
Bozbozkân disse: Sono io, sono io, Bozbozkân, ho due corna come un bastone da pastore, ho due orecchie arricciate, ho due occhi tondi come pagnotte. Chi ha mangiato il mio Šangol? Chi ha mangiato il mio Mangol? Chi combatterà con me?
man-am man-am, boz-bozkân do šâx dâram co bil-akân do guš dâram bal-balkân do caš dâram co gerde-kân ki xorda šangol-e ma? ki xorda mangol-e ma? ki miyât ba jang-e ma? gorgaka az tars-eš goft:
Il lupo disse con timore: Non ho mangiato il tuo Šangol. Non ho mangiato il tuo Mangol. Non combatterò con te.
naxordam šangol-e to naxordam mangol-e to nemiyâm ba jang-e to
9. 9. boz-bozkân dobâra bâ pâ zad ru bâlâ- Bozbozkân colpì nuovamente con la zampa il tetto del lupo. Il lupo disse di bân-e gorg. gorg-aka ham-bâz goft: nuovo: Chi è là? Chi è là? Non mettere tutto ki-ya ki-ya, rem-rem mokona sotto sopra! kâsa-ye kocla-ye bacca-ye man-a por-e Non riempire di terra la tazza di mio xâk mokona figlio! boz-bozkân goft:
Bozbozkân disse: Sono io, sono io, Bozbozkân, ho due corna come un bastone da pastore, ho due orecchie arricciate, ho due occhi tondi come pagnotte. Chi ha mangiato il mio Šangol? Chi ha mangiato il mio Mangol? Chi combatterà con me?
man-am man-am boz-bozkân do šâx dâram co bil-akân do guš dâram bal-bal-kân do caš dâram co gerde-kân ki xorda šangol-e ma? ki xorda mangol-e ma? ki miyât ba jang-e ma? gorg-aka az hers del-eš goft:
Il lupo si arrabbiò e disse: Ho mangiato io il tuo Šangol. Ho mangiato io il tuo Mangol. Combatterò io con te.
ma xordam šangol-e to ma xordam mangol-e to ma miyâm ba jang-e to
165
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
10.
10. u wax har do raftan tu meydân jang kardan bâ cang-o denân
Allora entrambi scesero nell’arena combatterono con artigli e denti
ya dafa boz-bozkân bâ šâxâ-ye tizeš zad-o šekam-e gorg-aka-ya darid-o šangol-o mangol az unjâ dar-âmadan birun-o nana-šân bagal gereftan. nanašân az unâ porsid:
Una volta Bozbozkân colpì con le sue corna taglienti lo stomaco del lupo e lo lacerò, allora Šangol e Mangol uscirono di lì e la loro mamma li abbracciò. La madre chiese ai figli:
xub baccahâ kujâ budin? Allora bambini, dove siete stati? boz-gâlahâ goftan: raftim xâna-ye xâla. I capretti dissero: siamo andati a casa della zia. boz-bozkân porsid: ca xordin? Bozbozkân chiese: cosa avete mangiato? boz-gâlahâ goftan: halvâ xordim I capretti dissero: abbiamo mangiato nana-šân goft: pas baš-e ma ku? dolcetti. la madre disse: e dov’è la mia parte? baccahâ goftan: wâlâh nana haštim dasemân, das-emân suxt. haštim pâ-mân, pâ-mân suxt. âx˘r-eš haštim-eš tâqca-ye del-mân.
I piccoli dissero: Mio Dio mamma! Li abbiamo tenuti in mano, ma le nostre mani si sono bruciate. Li abbiamo tenuti sui piedi, ma i nostri piedi si sono bruciati. Infine li abbiamo tenuti nella nicchia dei nostri cuori.
Testo III MATAL-E XÂLA COSNA 15
IL RACCONTO DELLA ZIA SCARAFAGGIO
1. yek-i bud-o yek-i nawud. geyr ze xodâ hicka nawud. Har ci raftim râ bud. har ci kandim câ bud kelid-eš das-e xodâ bud.
1. C’era una volta, all’infuori di Dio non v’era alcuno. Per quanto andassimo v’era sempre strada, per quanto scavassimo v’era sempre un pozzo la cui chiave era in mano a Dio.
2. ey berâr-e badnadida, yay cosna-i bud ke tak o tanhâ zendegi mikard. yay ruz az xâw bidâr šod-o ey i lâ begard u lâ begard yay pus-e piyâz-i jost kard sar-eš mesl-e câdor. yay do tâ pus senjid jost o kard kolâ-š o kard pâ-š-o oftâd râ. raft-o raft-o raft tâ resid ba dar-e dokkân-e qassâb-i. qassâb-a ke tâ un-a did goft:
2. Oh fratello che non hai visto il male. V’era una [zia] scarafaggio che viveva da sola. Un giorno si destò dal sonno e, ehi, girà di qua e gira di là, cercò una buccia di cipolla la cui estremità somigliasse a un chador. Saggiò un paio di bucce, le cercò, ne modellò testa e piedi e si mise in cammino. Andò, andò, andò finché giunse alla bottega di un macellaio. Il macellaio quando la vide disse:
15
DarviSiyân (2001-02: 281-284).
166
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
«Zietta fanciulla, il chador è sufficiente, il suo cappello è rosso, buon viaggio! Dove vai?».
xâla qezi câdor yazi kalâ-š qermezi owqur bâša kujâ miri?
3. xâla cosna kam-i qer-o gamza âmad- 3. La zia scarafaggio venne civettando e disse: o goft: miram, miram, miram hamadân šuwar bokonam ‘amu ramazân nân-e ganom boxoram qalyân-e bolur bekešam mennat-e hicka nakešam
«Vado, vado, vado a Hamadan a sposare lo zio Ramazan, a mangiare pane di grano, a fumare un narghilé di cristallo, a non chiedere la grazia a nessuno».
qassâb goft: biyâ šuwar bokon ba ma. xâla cosna goft: way way way aga ba to šuwar bokonam kujâ mixâwânit-em? qassâb goft: ruy-e i kanda-ye carb-o caliki-m. xâla cosna goft: bâ ca man-a mokoši? qassâb goft: bâ i sâtur-e tiz-em.
Il macellaio disse: «Vieni a sposare me!». La zia scarafaggio disse: «Oh, oh, oh, se ti sposo dove mi farai dormire?». Il macellaio disse: «Sul mio ceppo di ferro tutto unto». La zia scarafaggio disse: «Con che cosa mi ucciderai?». Il macellaio disse: «Con una mannaia affilata».
4. xâla cosna goft: way way xodâ rahm bokona. na na šuwar ba to nemokonam. xâla cosna oftâd râ-w raft-o raft tâ resid ba dokkân-e ye baqqâli.
4. La zia scarafaggio disse: «Oh, oh, oh, che Dio abbia pietà! No, no! Non ti sposo!». Zia scarafaggio si rimise in cammino, andò, andò, andò finché giunse alla bottega di un pizzicagnolo.
5. baqqâl-e ka tâ un-a didi goft:
5. Quando il pizzicagnolo la vide disse: «Zietta fanciulla, il chador è sufficiente, il suo cappello è rosso, buon viaggio! Dove vai?».
xâla qezi câdor yazi kolâ-š qermezi owqur bâša kujâ miri?
xâla cosna xod-eš-a jam-o-jur kard-o La zia scarafaggio si mise in ordine e disse: goft: miram, miram, miram hamadân šuwar bokonam ‘amu ramazân nân-e ganom boxoram qelyân-e bolur bekešam mennat-e hicka nakešam.
«Vado, vado, vado a Hamadan a sposare lo zio Ramazan, a mangiare pane di grano, a fumare un narghilé di cristallo, a non chiedere la grazia a nessuno».
167
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
5. baqqâl goft: biyâ šuwar bokon ba ma. xâla cosna goft: aga ba to šuwar bokonam man-a kujâ mixâwâni? baqqâl goft: ru i tarâzow-e carb-o širinem. xâla cosna goft: man-a bâ ca mokoši? baqqâl goft: bâ i sang-e cârak-em. xâla cosna goft: way way way, na, na. to šuwar nemokonam. dobâra oftâd râ-w raft-o raft-o raft tâ resid ba yay muš-i. muš tâ un-a did goft:
Il pizzicagnolo disse: «Vieni, sposati con me». La zia scarafaggio: «Se mi sposo con te, tu dove mi metterai a dormire?». Il pizzicagnolo disse: «Sulla mia bilancia unta e dolce!». la zia scarafaggio disse: «Con che cosa mi ucciderai?». Il pizzicagnolo disse: «Con una pietra da un quarto». La zia scarafaggio disse: «Oh, oh, oh! No, no! Non ti sposerò!». Si mise nuovamente in cammino, andò, andò e andò finché giunse presso un topo. Quando il topo la vide disse:
xâla qezi câdor yazi kolâ-š qermezi owqur bâša kujâ miri?
«Zietta fanciulla, il chador è sufficiente, il suo cappello è rosso, Buon viaggio! Dove vai?».
6. xâla cosna goft cašâ-š-e xomâr kard- 6. La zia scarafaggio (sbatté) gli occhi e disse: o goft: miram, miram, miram hamadân šuwar bokonam ‘amu ramazân nân-e ganom boxoram qelyân-e bolur bekešam mennat-e hikca nakešam.
«Vado, vado, vado a Hamadan a sposare lo zio Ramazan, a mangiare pane di grano, a fumare un narghilé di cristallo, a non chiedere la grazia a nessuno».
âqâ muš goft: biyâ ba ma šuwar boko. xâla cosna goft: aga ba to šuwar bokonam man-a kujâ mixâwâni? muš goft: ru i sina-ye garm-o narmem. xâla cosna goft: man-a bâ ca mokoši? muš goft: bâ i dom-e narm-o nâzokem.
Il signor topo disse: «Vieni a sposarti con me!». La zia scarafaggio disse: «Se ti sposerò dove mi metterai a dormire?». Il topo rispose: «Sul mio petto caldo e morbido». la zia scarafaggio disse: «Con che cosa mi ucciderai?». Il topo rispose: «Con la mia coda morbida e sottile».
7. xâla cosna goft: bâša ba to šuwar mokonam. unâ dambel-o dimbuy ba râ anâxtan-o šodan zan-o šuwar. 8. i gozašt tâ yay ruz-e sard-e zemesân âqâ muš-a zad-o sarmâ xord. xâla cose-
7. La zia scarafaggio disse: «E sia, mi sposerò con te». Essi saltellando si misero in cammino e diventarono marito e moglie. 8. Passò il tempo finché in un giorno freddo d’inverno il signor topo si buscò
168
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
na kamar az haft jâ bast-o raft bâzâr, sâwezi-ye âš bexara. hami jur ke miraft yay dafa oftâd tu yay câl-i ke az ‘obur-e yay âw-i tu zamin doros šoda bud. har ci dâd zad kas-i ba dâd-eš narasid. tâ i-ke sawâr-i az unjâ rad mišod. sedâ-ye xâla cosena-ya šenid. xâla cosena un-a sedâ kard-o goft: ey sawâr ey sawâr ton-a xodâ az dar-e xâna-ye mâ ke rad miši ba âqâ muš-a begu ke:
un raffreddore. La zia scarafaggio si rimboccò le maniche e andò al mercato a comprare verdure per la zuppa. Mentre andava, all’improvviso cadde in una buca che si era formata sul terreno (a causa dello scorrere dell’acqua). Per quanto gridasse nessuno accorreva in suo soccorso. Finché un cavaliere passò di lì e udì la voce della zia scarafaggio. La zia scarafaggio lo chiamò e disse: «Oh cavaliere, oh cavaliere, quando passerai davanti alla porta della nostra casa, che Dio sia con te, di’ al signor topo:
xâla qezi câdor yazi kolâ-š qermezi oftâd tu somcâl.
“Zietta fanciulla, il chador è sufficiente, il suo cappello è rosso, è caduta nella buca”».
9. âqâ muš-a waqt-i xawardâr šod, bodow-bodow âmad sar-e câl-o did ke bale zan-e ‘aziz-eš tu câl oftâda. âqâ muš-a az u bâlâ ba xâla cosena goft: das-et-a beda ba ma. xâla cosena goft: das-em bolur-a mišekana âqâ muš-a goft: pâ-t-a beda ma. xâla cosena goft: pâ-m bolur-a mišekana âqâ muš-a goft: sar-et-a beda ma. xâla cosena goft: sar-em bolura mišekana. âqâ muš-a goft: pas ca bokonam? xâla cosena goft: borow yay palakân-ay gir biyâr.
9. Quando il signor topo ne fu informato, arrivò correndo alla buca e vide che, sì!, la sua cara moglie era caduta nella buca. Il signor topo disse dall’alto alla zia scarafaggio: «Dammi la tua mano». La zia scarafaggio disse: «La mia mano è cristallo, si romperà». Il signor topo disse: «Dammi il tuo piede». La zia scarafaggio disse: «Il mio piede è cristallo, si romperà». Il signor topo disse: «Dammi la tua testa». La zia scarafaggio disse: «La mia testa è cristallo, si romperà». Il signor topo disse: «Che debbo fare dunque?». La zia scarafaggio disse: «Va’ a prendere una scala e torna».
10. âqâ muš-a raft-o yay dâna gazar-a peydâ kard-o bâ denân renda-renda-š kard-o âward-o hašt tu somcâl. xâla cosena az u âmad bâlâ. har do waxti ba xâna rasidan âš-e garm-i doros kardan-o xordan-o xub šodan-o tâ âx˘re ‘omr bâ ham sar kardan.
10. Il signor topo andò, trovò una carota, la piallò con i denti, la recò sul posto e la mise bella buca. La zia scarafaggio risalì da quella. Entrambi, giunti a casa, prepararono una zuppa calda, la mangiarono, stettero meglio e vissero felicemente insieme fino alla fine delle loro vite.
169
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
Testo IV MALUC-E KEŠMEŠI 16
IL PASSERO KEŠMEŠI
1.
1. ey maluc-e kešmeši law bân-em naneyši bârân miyât gonula miši mifti tu howz-e naqqâši dâd mizani farrâšbâši farrâšbâši yâr-e man-a dasban-e talâ-š das-e man-a
Oh passero kešmeši non ti siedi sul mio labbro! Piove e t’inzuppi, nevica e ti raggomitoli. Cadi nella vasca di un pittore e chiami il capo dei valletti. Il capo dei valletti è amico mio, è in mano mia il suo bracciale d’oro
2.
2. soleymân, soleymân qâli-ya bekeš tu eyvân guša-ye qâli kabud-a esm-e dây-dây mahmud-a mahmud bâlâ bâlâ badan-a wini išâlâ.
Soleyman, Soleyman, porta il tappeto nel portico. L’angolo del tappeto è azzurro, il nome dello zio è Mahmud, Mahmud alto alto, vedrai il suo corpo se Dio vorrà.
Glossario Il presente glossario contiene solo lemmi non persiani o lemmi persiani la cui semantica si differenzia sensibilmente dal persiano standard. Il materiale comparativo delle glosse è tratto per il persiano da Mo‘in 1992-93, per il curdo da Hažâr 1997-98, per il curdo di Mahâbâd da Kalbâsi 1983-84, per il gorani e l’awramani da MacKenzie 1966, per il gilaki Langarudi 1996-97. berâr: «fratello»; cfr. curdo אbıra/bra «id.». âbâji: «sorella»; cfr. pers. âbâji/âbji/bâji «id.» (< turco bacı «sorella maggiore»). bâlâbân: «tetto»; in persiano bâlâbân è un termine piuttosto antiquato per «tamburo», significato che nel nostro testo non avrebbe alcun senso. Probabilmente è un composto derivante dalla sovrapposizione di pers. bâlâ «alto» e del curdo sarbân «tetto». bal-balkân: «arricciato (di orecchie)»; cfr. curdo bal «capra dalle orecchie arricciate». capa: «mazzo (di fiori, di erba ecc.)»; cfr. curdo capa e curdo di Mahâbâd πapka «id.»; nel sintagma capa-goli senza ezâfe come in pers. daste-gol «mazzo di fiori». celik: «ferro»; cfr. curdo c˘lik «ferro puro». 16
DarviSiyân (2001-02: 285).
170
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
cosna: «scarafaggio nero» (DarviSiyân 1996-97); cfr. pers. cosine/cosune/cosu «insetto che se schiacciato emana in cattivo odore», da cosidan «emettere un peto silenzioso». Lo stesso processo semantico si riscontra nel minâbi tosâk «formica molto piccola di colore nero» da tos «peto silenzioso» (Barbera 2005: 230). dâši: «fratello»; cfr. pers. dâ∫ «id.» (< turco dada√ «fratello»). dây-dây: «zio, fratello della madre»; cfr. pers. dâyi . «id.». de: «ancora, non più»; cfr. curdo meridionale de «id.» (Fattah 2000: 650 indica questa forma come caratteristica delle varietà kordali, di Pıštıku, di Warmızyâr e di Zurbâtiya). diya: «ancora, non più»; cfr. curdo meridionale diyar «id.» (Fattah 2000: 650, che indica questa forma come caratteristica delle varietà di Mandıli, di Xamis e di Rasülawan). felfawr: «in fretta» (DarviSiyân 1996-97); cfr. pers. fe-l-fowr «id.» (< arabo f£ ’l-fawr «id.»). gazar: «carota»; cfr. pers. gazar, curdo ﮔﻪﺯﻩﺮgazar, curdo di Mahâbâd g™zar «id.». hambâz: «ancora, di nuovo»; avverbio di tempo composto di ham + bâz, cfr. pers. bâz-ham. «ancora». hešt: heštan «mettere»; cfr. pers. heštan «lasciare, abbandonare», ma con una semantica più vicina al curdo h˘št˘n «conservare, riporre» e al gorani kandulai h¡stın «id.» jik jik: «cip cip»; cfr. persiano jik-jik «verso del pollame», curdo ﺟﻴﮏjik «verso del pollo, verso del passero», di origine onomatopeica. lâ: «lato, direzione»; cfr. curdo lâ, awramani di Luh¢n l¡ «id.». maluc: «passero»; cfr. curdo maluc e maluc˘k; curdo laki małiπek (Izadpanâh 1978: s.v.); curdo ilâmi maliπek (Mansuriyân 1991: s.v.); gorani kandulai mıliπia; gorani b£wanij£ maluπık «id.»; zazaki mir£πik «uccello; passero» (Paul 1998: 306, 333); vafsi mælucæ «passero; qualsiasi tipo di piccolo uccello» (Stilo 2004: 266); âmore’i maloccia «passero» («Âdelxâni 2000: s.v.); gilaki langarudi malj˘; gilaki langarudi e gâleši malij˘ «id.». Secondo Mokri (1982: s.v.) questo termine è caratteristico della zona di Kermânšâh, del Kalhor e di Zangana. nana: «madre»; cfr. pers. nane «madre, nonna, balia»; curdo nana «nonna»; curdo di Mahâbâd nank «nonna»; gorani kandulai nana «madre». owqur: «buon augurio, auspicio»; cfr. pers. ogur «auspicio», ma anche «buon viaggio» nel sintagma owgur be-xeyr (< turc. u\ur «fortuna», u\ur ola «buon viaggio», probabilmente dal latino augurium). qezi: «ragazza»; cfr. curdo q˘z «ragazza, figlia» (< turc. kız «ragazza figlia»). rem-o-rem (rem-rem) kardan: «mettere sotto sopra»; cfr. curdo r˘min «andare in rovina». rule: «bambino»; cfr. curdo role «bambino»; awramani di Luhon r¯ oła; gorani kandulai r¯uła. somcâl: «buca»; composto di somb «zoccolo di cavallo» + câl «fossa» quindi letteralmente «buca (formata da) zoccolo di cavallo». yay: «uno»; cfr. curdo kermânšâhi yay «id.» (Fattah 2000: 295). yazi: «sufficiente»; cfr. curdo yazi «sufficiente, bastevole».
171
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
Note Etnofavolistiche TESTO I Il testo corrisponde al tipo AT 720 – my mother slew me; my father ate me. The juniper tree (Marzolph 1984: 138 Der getötete Bruder als Nachtigall). Marzolph riporta cinque occorrenze di questo tipo favolistico. A queste si aggiunga la versione n¡ini pubblicata da Lecoq (2002: 510-15). Rispetto all’elenco dei motivi dato da Marzolph e alla versione di Lecoq, nel nostro racconto è la madre, non una matrigna, a chiedere al marito di uccidere il figlio per mangiarlo. In secondo luogo la polpetta di carne umana non viene sotterrata sotto un albero prima di trasformarsi in uccello, come in Marzolph e in Lecoq, ma la metamorfosi avviene nella gonna della sorella. Nell’ultima parte, infine, il nostro racconto è l’unico a presentare la nuova trasformazione da uccello in mazzo di fiori. TESTO II Il testo corrisponde al tipo AT 123 – The wolf and the kids (Marzolph 1984: 49-50 Der Wolf und die Geißlein). Questo tipo è ampiamente diffuso nell’etnofavolistica dell’area iranica occidentale: Marzolph ne cita ben diciassette varianti in persiano e in altre .lingue. Da aggiungere a questa lista la versione in curdo mokri pubblicata da Ejjubi-Smirnova (1968: 264-67), la versione in tâleši settentrionale pubblicata da Miller (1930: 42-44), le versioni in abuzeyd¡b¡di e in t¡ri pubblicate da Lecoq (2002: 368-71, 448-53), la versione in vafsi raccolta da Elwell-Sutton e pubblicata da Stilo (2004: 54-56) e una versione lârestâni nel dialetto di Gâvkošak (Musavi 1993-94: 113-116). TESTO III Il testo è ascrivibile al tipo AT 402 - The mouse (cat, frog, etc.) as bride, peraltro assente in Marzolph (1984). Il racconto diverge dai racconti del tipo AT per il fatto che la «sposa animale» rifiuta tutti i candidati umani e prende per marito un altro animale, vale a dire il topo. La nostra variante si distingue anche per il finale, che non vede la metamorfosi della «sposa animale» in fanciulla.
Bibliografia ‘Âdelxâni, H. 2000 Farhang-e âmore, jeld-e avval, Arâk, 1379/2000. Barbera, G. 2005 Lingua e cultura a Minaab (Iran sud-orientale). Profilo grammaticale, testi e vocabolario, tesi di dottorato non pubblicata, Napoli. Behju, Z. 2002-03 Fe‘l dar fârsi-ye kermânšâhi, in «Majmu‘e-ye maqâlât-e naxostin hamandiši-ye guyeš-šenâsi-ye irâni», Tehrân, 61-84. Bossong, G. 1985 172
testi nel dialetto persiano di kermânšâh
Empirische Universalien-forschnung. Differentielle Objektmarkierung in den neuiranischen Sprachen, Tübingen. Cabolov, R.L. 1997 Kurdskij jazyk, in «Osnovy iranskogo jazykoznanija – Novoiranskoe jazyki: severo-zapadnaja gruppa: II», Moskva, 6-96. DarviSiyân, ‘A.A. 1999-004 Farhang-e kordi-ye kermânšâhi, Tehrân, 1375/1996-97. — 2001-024 . Afsânehâ va matalhâ-ye kordi, Tehrân. Ejjubi, K.R. Smirnova, I.A. 1968 Kurdskij dialekt mukri, Leningrad. Fattah, I.K. 2000 Les dialectes kurdes meridionaux, «Acta Iranica» 37, Leuven. HaZâr (‘Abd al-Rahim Šarafkandi), 1997-98 Farhang-e kordi-fârsi, Tehrân. Izadpanâh, H. 1978 Farhang-e laki, Tehrân. Kalbâsi, I. 1983-84 Guyeš-e kordi-ye Mahâbâd, Tehrân. Lecoq, P. 2002 Recherches sur les dialects kermaniens, Leuven. Langarudi, M. Pâyande 1996-972 Farhang-e gil-o deylam, Tehran. MacKenzie, D.N. 1966 The Dialect of Awroman (Hawrâmân-£ Luh¢n), København. Mahootian, Sh. 1997 Persian, London and New York. Marzolph, U. 1984 Typologie des persischen Volksmärchens, Beirut. Mansuriyân, H. 1991 Farhang-e loγât-e mansuriyân, loγât-e zabân-e mahalli-ye ilâm. Miller, B.V. 1930 Talyešskie teksty, Moskva. Mo‘in, M. 1992-938 Farhang-e fârsi, Tehrân, 6 voll. Mokri, M. 19823 Farhang-e nâmhâ-ye parandegân dar lahjehâ-i γarb-e irân (lahjahâ-ye kordi), Tehrân. Musavi, S.H. 1993-94 Vâåenâme va guyeš-e gâvkošak, Širâz. Paul, L. 1998 Zazaki: Grammatik und Versuch einer Dialectologie, Wiesbaden. Pirejko, L.A. 1997 Gurani, in «Osnovy iranskogo jazykoznanija - Novoiranskoe jazyki: severo-zapadnaja gruppa: II», Moskva, 144-194. Provasi, E. 1979
173
annali di ca’ foscari, xlvi, 3, 2007
Some notes on Tehrani Persian Phonology, in Iranica, a cura di Gherardo Gnoli e Adriano V. Rossi, Napoli, 257-280. Stilo, D.L. 2004 Vafsi Folk Tales, Transcribed, translated and annotated by Donald L. Stilo supplied with Folklorist Noted and edited by Urlich Marzolph, Wiesbaden.
ABSTRACT This paper is devoted to the translation and the linguistic analysis of four texts in the Kermânšâhi dialect of the Persian language. This dialect is of interest because it shows some phenomena of interference and linguistic contact between Persian and the Kurdish dialect spoken by most Kermânšâh people. KEYWORDS Persian. Dialects. Kurdish.
174