Eusebio di Cesarea Storia ecclesiastica/2
Venticinque anni di instancabile lavoro: tan· to fu il tempo che impiegò Eusebio di Cesa rea nella stesura dei dieci libri della Storia ecclesiastica. Nella sua monumentale opera lo scrittore palestinese intendeva tracciare un'apologia storica del cristianesimo, per di· mostrare come la vittoria finale di questo sulle awerse potenze statali fosse la prova tangibile della sua origine divina e della sua legittimità. Ponendo !"'economia" di Cristo, l'incarnazione del Logos, al centro della sto ria, della quale costituisce nello stesso tem po il punto di arrivo e di partenza, Eusebio propone una visione unitaria del processo storico che "farà scuola". Una storia della
Chiesa che passa attraverso vicende dram
matiche di persecuzioni, eresie, scismi, ma soprattutto un vero e proprio mosaico di informazioni e di fonti sia pagane sia cristia ne, che ha il pregio di accostarci a testi e documenti altrimenti sconosciuti e di fornire informazioni preziose sulle vicende della Chiesa primitiva. Di Eusebio di Cesarea, Città Nuova ha an· che pubblicato: Contro ferocie (a cura di A. Traverso - 1997), Teologia ecclesiastica (a cura di F. Migliore - 1998) e Commento ai Salmi (a cura di M.B. Artioli- 2004).
COLLANA DI TESTI PATRISTICI diretta da
ANTONIO QUACQUARELLI 159
Eusebio di Cesarea
STORIA ECCLESIASTICA/2 Traduzione e note Libri VI-VII a cura di Franzo Migliore Traduzione e note Libri VIII-X a cura di Giovanni Lo Castro
Città Nuova
II edizione, giugno 2005 Copertina di Gyorgy Szokoly. Restyling di Rossana Quarta
© 200 1 , Città Nuova Editrice Via degli Scipioni, 265 - 00 1 92 Roma tel. 063216212 - e-mail:
[email protected]
Con approvazione ecclesiastica ISBN 88-311-3159-1
Finito di stampare nel mese di giugno 2005 dalla tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M. . Via S. Romano in Garfagnana, 23 00148 Roma - tel. 066530467 e-mail:
[email protected]
Eusebio di Cesarea STORIA ECCLESIASTICA (VI-X)
LIBRO VI
Il sesto libro della Storia ecclesiastica comprende i seguenti argomenti: l . La persecuzione sotto Severo. 2 . La formazione di Origene dalla sua infanzia. 3 . Come , pur giovanissimo, professava la parola di Cristo. 4 . Quanti da lui catechizzati conseguirono il martirio. 5. Potamiena. 6 . Clemente Alessandrino. 7. Lo scrittore Giuda. 8. Audace gesto di Origene. 9. I miracoli di Narciso. 10. I vescovi di Gerusalemme. 1 1 . Alessandro. 12. Serapione e le sue opere che ci sono rimaste. 13 . Le opere di Clemente. 14. Le Scritture che ha citato. 15 . Eracla. 16. Zelo con cui Origene si occupò delle divine Scritture. 1 7 . Il traduttore Simmaco. 1 8 . Ambrosio. 19. Ciò che si ricorda di Origene. 20. Opere rimasteci degli scrittori di quel tempo. 2 1. I vescovi che erano famosi in quel tempo. 22 . Gli scritti di Ippolito giunti fino a noi.
8
Storia ecclesiastica
23 . Lo zelo di Origene e come fu ritenuto degno del presbiterato nella Chiesa. 24. I commentari che scrisse ad Alessandria. 25 . Come ha menzionato le Scritture canoniche. 26. Come i vescovi giudicavano Origene 1 . 27. In che modo Eracla ottenne l'episcopato di Alessan dria. 28. La persecuzione sotto Massimino. 29. Fabiano è designato in maniera miracolosa da Dio vescovo di Roma. 30. I discepoli di Origene. 31. Africano. 32. Commentari scritti da Origene a Cesarea di Palestina. 33. L'errore di Berillo. 3 4 . Avvenimenti accaduti sotto Filippo. 35. Dionigi succedette ad Eracla nell'episcopato. 36. Altre opere composte da Origene. 3 7. Il contrasto con gli arabi. 3 8 . L'eresia degli elcesaiti. 3 9. Ciò che accadde sotto Decio. 40. Ciò che accadde a Dionigi. 41. Coloro che subirono il martirio ad Alessandria. 42 . Gli altri martiri di cui parla Dionigi. 43 . Navata: la sua condotta di vita e la sua eresia. 44. Storia di Dionigi su Serapione. 45. Lettera di Dionigi a Navata. 46. Le �ltre lettere di Dionigi.
l
Nell'indice i titoli dei capitoli 26 e 27 ristùtano invertiti.
Libro VI, 1-2
9
l. LA PERSECUZIONE SOTTO SEVERO
Quando anche Severo scatenò una persecuzione contro le Chiese 2, dappertutto ebbero luogo fulgide testimonianze da parte dei campioni della religione, ma esse furono più frequen ti soprattutto ad Alessandria, dove dall'Egitto e da tutta la Te baide 3, come in una grande arena, furono inviati gli atleti di Dio e dove ricevettero da Dio le loro corone a motivo della lo ro salda resistenza a sevizie e morti di vario genere. Tra loro vi fu Leonida, detto il padre di Origene, che fu decapitato e lasciò il figlio ancora molto giovane. Di costui, soprattutto perché la sua fama è diffusa presso la maggior parte degli uomini, non è fuori luogo raccontare brevemente la venerazione che ebbe da allora per la parola divina. 2. LA
FORMAZIONE
DI 0RIGENE DALLA SUA INFANZIA
l . Chi, dunque, si apprestasse a riferire scrupolosamente per iscritto la vita di quest'uomo, avrebbe da dire molte cose e la testimonianza completa su di lui richiederebbe un'opera spe cifica. Tuttavia, nella presente circostanza, riassumendo breve mente per quanto ci è possibile la maggior parte degli avveni menti, racconteremo su di lui pochi fatti, desumendo le cose che diremo da alcune lettere e dalle indicazioni di suoi disce poli che si sono mantenuti in vita fino ai nostri giorni. 2 Sia nella presente opera (cf. in/ra, VI, 2 , 2), sia nella Cronaca, Eusebio data la persecuzione al decimo anno di Severo, vale a dire al 202 , datazione che è confermata dagli Scriptores Historiae Augustae (cf. Vz"ta di Severo, 1 6). 3 L'interesse d i Eusebio nei confronti di Alessandria e dell'Egitto è do vuto al fatto che la biografia di Origene occupa gran parte di questo libro VI. Egli perciò trascura i martiri in Africa e in Gallia che furono egualmente nu merosi (si pensi al martirio di Perpetua, Felicita e compagni awenuto in Afri ca nel 202 e a quello, awenuto probabilmente nello stesso anno, di Ireneo e altri martiri lionesi in Gallia).
lO
Storia ecclesiastica
2. La vita di Origene mi sembra degna di essere ricordata fin da quando, per così dire, egli era in fasce. Severo era, dun que, al decimo anno del suo principato, Leto governava Ales sandria e il resto dell'Egitto 4 e da poco tempo, succedendo a Giuliano, Demetrio aveva allora ottenuto l'episcopato di quel le diocesi. 3. Quando l'incendio della persecuzione raggiunse il culmine e numerosissimi fedeli cinsero la corona del martirio, un tale ardore di esso s'impossessò dell'animo di Origene che egli, pur essendo ancora un ragazzo 5, desiderò esporsi ai peri coli, balzare in avanti e gettarsi nella lotta. 4. E poco mancò che non fosse sul punto di morire, se la divina e celeste Provvidenza, in vista dell'utilità di parecchie persone, non avesse interposto, per mezzo di sua madre, degli ostacoli al suo ardore. 5 . Ella, infatti, dopo averlo da principio supplicato a parole, lo esortò ad avere rispetto nei confronti dell'affetto di madre che ella provava per lui, ma, quando (Ori gene) , avendo appreso che il padre era stato messo in prigione, fu del tutto preso dal desiderio di martirio, ella, avendogli na scosto i vestiti, lo costrinse a rimanere in casa. 6. Ma (il giova ne) , poiché non gli era possibile fare altro e il suo desiderio, che era di gran lunga superiore oramai alla sua età, non gli permet teva di starsene inattivo, fece pervenire al padre una lettera 6 in cui lo esortava al martirio e nella quale lo incitava dicendo que ste testuali parole: «Bada di non cambiare idea per causa no stra». Questo fatto deve essere tramandato per iscritto come prima prova della giovanile vivacità di spirito di Origene e del suo genuino amore verso la religione.
4
Quinto Mecio Leto fu governatore (prefetto) d'Egitto dal 201 al 203 . 5 A quell'epoca Origene, che era nato intorno al 184-185, non aveva più di 17/ 1 8 anni. Cf. in/ra, VI, 2, 12. 6 Anni più tardi, nel 235, durante la persecuzione di Massimino il Tra ce, Origene scriverà un'altra Esortazione al martirio ai suoi amici, il diacono Ambrosio e il prete Protocteto, in carcere in attesa del martirio.
Libro VI,
2
11
7 . Egli, infatti, aveva già gettato solide fondamenta nelle discipline della fede, poiché si era esercitato fin dall' adolescen za nelle divine Scritture: si era inoltre dedicato al loro studio in maniera non comune, dato che suo padre, non contento di averlo fatto educare secondo il ciclo ordinario di studi, non considerò un di più lo studio delle Scritture stesse. 8. Pertanto, ancor prima di fargli studiare le discipline greche, [il padre] lo avviò in ogni modo ad esercitarsi in quelle sacre, esigendo che ogni giorno apprendesse a memoria e declamasse brani. 9. E queste cose non erano fatte controvoglia dal fanciullo, che, an zi, vi si dedicava con così grande zelo che non lo soddisfaceva no le letture semplici e usuali dei libri sacri, ma vi cercava qual cosa di più e già da allora ne scopriva i sensi più profondi, al punto da mettere in imbarazzo il padre col chiedergli che cosa la Scrittura divinamente ispirata volesse in realtà esprimere. 10. n padre in apparenza fingeva di rimproverarlo, racco mandandogli di non cercare nulla che fosse al di sopra della sua età o che andasse al di là del senso evidente, ma in cuor suo ne gioiva vivamente e rendeva grazie infinite a Dio, che è la causa di tutti i beni, per il fatto che si era degnato di farlo diventare padre di un tale figlio. 11. E si racconta che spesso si fermava accanto al figlio che dormiva, gli scopriva il petto, come se vi fosse consacrato dentro uno spirito divino, lo baciava con de vozione e si riteneva felice per quella prole fortunata. Queste notizie, ed altre conformi a queste, sono quelle che si ricorda no su Origene quando era ragazzo. 12. Quando il padre coronò la sua vita col martirio, a non più di diciassette anni d'età, Origene rimase solo con la madre e con sei fratelli più piccoli. 13 . Poiché i beni del padre erano stati sequestrati dagli agenti del fisco imperiale, insieme ai suoi familiari si ritrovò nell'assoluta mancanza del necessario a vive re, ma fu giudicato degno dalla Provvidenza di Dio e trovò ac coglienza, e nello stesso tempo consolazione, presso una donna assai ricca di mezzi necessari a vivere e molto considerevole an-
12
Storia ecclesiastica
che nel resto, che colmava di cure un uomo famoso tra gli ere tici che a quell'epoca vivevano ad Alessandria 7: costui era d'o rigine antiochena e la donna di cui stiano parlando lo teneva presso di sé come un figlio adottivo e lo circondava di riguardi più di tutti gli altri parenti. 14 . Ciò nonostante Origene, che vi veva inevitabilmente con lui, da quel momento cominciò a da re inequivocabili prove della sua ortodossia nella fede, perché, allorquando una grande folla non solo di eretici, ma anche dei nostri, si radunava presso Paolo (questo era, infatti, il nome di quell'uomo), dato che egli appariva un assai abile parlatore, Origene non si fece mai persuadere ad unirsi a lui nella pre ghiera, attenendosi fin da ragazzo ai dettami della Chiesa e pro vando orrore, come egli stesso dice testualmente, nei confronti degli insegnamenti delle eresie. 15. Avviato dal p ad re alle disci pline greche, dopo la morte di lui si dedicò interamente e con tale ardore all'esercizio delle belle lettere che riuscì ad acqui stare un'apprezzabile preparazione letteraria e, dedicandosi ad essa, non molto dopo la morte del padre, si procurò mezzi di sostentamento più che abbondanti per quell'età. 3. COME, PUR GIOVANISSIMO, PROFESSAVA LA PAROLA DI CRISTO
Come egli stesso racconta nelle sue opere s, mentre si dedicava all'insegnamento e poiché ad Alessandria, essendo stati allontanati tutti dalla minaccia della persecuzione, nessu no era impegnato nella catechesi, alcuni pagani andarono da lui per ascoltare la parola di Dio. 2. Tra costoro egli annota che il primo fu Plutarco, il quale, d opo aver condotto un a vita eseml.
7 Non sappiamo chi sia il personaggio in questione, nè che eresia pro fessasse. 8 Ignoriamo di quali opere si tratti.
Libro VI,
13
2-3
plare, ebbe l'onore del divino martirio 9; il secondo fu Erada, fratello di Plutarco, che avendo dato anch'egli un grandissimo esempio di vita ascetica e dedita alla filosofia, dopo Demetrio fu ritenuto degno dell'episcopato di Alessandria 10. 3. Origene era appena diciottenne quando assunse la di rezione della scuo la di catechesi 11: egli continuò a far progressi anche durante le persecuzioni che ebbero luogo sotto Aquila, governatore di Alessandria 12, e conseguì allora grandissima notorietà tra colo ro che erano mossi dalla fede a motivo della benevolenza e del l' attenzione che egli dimostrava nei confronti di tutti i santi martiri, siano essi stati sconosciuti che famosi. 4. Egli, infatti, li assisteva non solo mentre erano in carcere o nel corso dell'in terrogatorio fino alla sentenza finale, ma anche dopo di essa ri maneva con i santi martiri quando erano condotti a morte, di mostrando notevole coraggio ed esponendosi al pericolo; in tal modo, quando avanzava coraggiosamente e con grande ardi mento salutava i martiri con un bacio, la moltitudine circostan te dei pagani inferociti spesso mancò poco che lo assalisse, 5 . m a ogni volta trovò l a mano soccorritrice di Dio e riuscì mira colosamente a salvarsi. La stessa grazia divina e celeste altre in finite volte, quante fossero è impossibile dire, lo protesse quan-
9 Cf. in/ra, VI, 4. lO Dopo la conversione
fu preso da O rige ne come coadiutore nell'inse gnamento catechistico nel Didaskaleion di Alessandria (cf. infra, VI, 15), che diresse quando nel230 il maestro dovette abbandonare la città per andare in esilio a Cesarea. Ordinato presbitero dal vescovo Demetrio, alla sua morte gli succedette nella carica episcopale. Nonostante l'amicizia che lo legava ad Ori gene, da vescovo mantenne le misure già adottate contro di lui dal suo pre decessore e non consentì all'antico maestro il ritorno ad Alessandria. Morì nel 247, dopo 16 anni di episcopato, gli successe nella carica Dio nigi già suo suc cessore nella direzione della scuola. 11 Siamo dunque nel202-203. 1 2 Dallo scarno accenno di Eusebio non è possibile ricavare se Suba ziano Aquila sia stato semplice governatore di Alessandria o anche prefetto d'Egitto come confermerebbero altre fonti. ,
14
Storia ecclesiastica
do gli furono tese insidie a causa del suo eccesso di zelo e di au dacia nei confronti della dottrina di Cristo. Così grande era l'o stilità dei non credenti contro di lui, che si radunavano in mas sa e mettevano dei soldati intorno alla casa dove abitava, a cau sa del numero di quanti erano da lui catechizzati nella sacra fe de. 6. Ogni giorno divampava a tal punto contro di lui la per secuzione, che non vi fu più posto per lui nell'intera città, ma andò di casa in casa, cacciato da ogni luogo a causa della folla che si accostava per mezzo suo all'insegnamento divino; poiché in effetti le sue opere racchiudevano i risultati mirabili di una filosofia autenticissima 7. ( quale è la parola, dicono, tale è la condotta, ed egli dimostrò che quale è la condotta, tale è la pa rola) 1 3, e fu soprattutto per questo che, soccorso da divina po tenza, indusse moltissimi ad imitarlo. 8. Allo rquando poi vide che diventavano sempre più nu merosi i discepoli che si recavano da lui, a cui era stata affidata dal capo della Chiesa Demetrio soltanto la scuola di catechesi, avendo ritenuto incompatibile l'insegnamento della grammati ca e l'esercizio delle discipline divine, abbandonò prontamente l'insegnamento della grammatica, in quanto la ritenne inutile e antitetica agli studi sacri. 9. Quindi, per un motivo legittimo, vale a dire per non aver bisogno dell'aiuto d'altri, si disfece di tutte le opere di letteratura antica allora in suo possesso, che egli fino a quel momento aveva mirabilmente trascritto, accon tentandosi dei quattro oboli al giorno 14 che gli venivano dati dal loro compratore. Per parecchi anni mantenne questa con13 Si tratta di un proverbio popolare già noto a Platone (cf. Repubbli ca, 3, 400d)), ma anche a Seneca: «Hoc quod audire vulgo soles, quod apud
graecos in proverbium cessit: talis hominibus fuit oratio qualis vita» (cf. Let
tere a Luci/io, 114, 1).
14 Le opere di cui si sta parlando, sicuramente di autori classici, costi tuivano dunque la biblioteca personale di Origene, che egli dà via per una somma irrisoria, equivalente a 2/3 di denario in un periodo in cui la rendita di un denario al giorno assicurava un modesto livello di vita.
Libro
15
VI, 3
dotta di vita tipica dei filosofi, allontanando da sé tutti gli effetti delle sue passioni giovanili a e dedicandosi tutto il giorno ai grandi travagli dell'ascesi, mentre trascorreva la maggior parte della notte applicandosi allo studio delle divine Scritture: per severava in tal modo in una vita la più austera che fosse possi bile, ora dedicandosi all'esercizio del digiuno, ora misurando il tempo da dedicare al sonno, che faceva in modo di prendere non su un giaciglio, ma sbrigativamente per terra. 10. Egli rite neva che innanzi tutto dovessero essere osservate le parole evangeliche del Salvatore, quelle in cui Egli ci esorta a non pos sedere due tuniche, a non servirei di sandali h, e quelle in cui ci ammonisce a non trascorrere il nostro tempo nella inquietudi ne per il futuro c . 11. Per di più, dimostrando un entusiasmo di gran lunga più grande della sua età, perseverò a vivere nel fred do e nella nudità d, giungendo fmo al culmine della più estrema povertà. Giunse così al punto da spaventare grandemente i suoi discepoli e da addolorare numerosissimi di loro, i quali, a mo tivo delle fatiche che lo vedevano sostenere per l'insegnamento divino, lo scongiuravano di dividere con essi i loro beni: tutta via egli non rinunciò assolutamente alla sua ferma decisione. 12. Si racconta anche che per parecchi anni camminò senza ser virsi mai di sandali e che per moltissimi altri si astenne dall'uso del vino e di tutti quei cibi che non fossero ritenuti indispensa bili, al punto che incorse nel serio rischio di ammalarsi e di dan neggiarsi il petto. 13. Fornendo a coloro che lo osservavano si mili esempi di vita �scetica 15, spinse com'è naturale numerosi a Cf. 2 Tm 2, 22 . d Cf. 2 Cor 1 1 , 27 .
b Cf. Mt
10, 10;
Le
10, 4.
c Cf. Mt
6, 34.
15 A motivo di questa rigida condotta di vita non manca chi ritiene Ori gene un «precursore del monachesimo, legato alla mistica del martirio» (cf. G. Peters, I Padri della Chiesa, vol. l. Dalle origini al Concilio di Nicea (325), Roma, 1984 , p. 442. Sulla problematica cf. H . Croutzel, Origine, prècurseur du monachisme, in Thèologie de la vie monastique, Paris 196 1 , pp. 15-38 . Da
16
Storia ecclesiastica
discepoli ad uno zelo identico al suo, al punto che ormai col suo insegnamento attirava a sé pagani che non credevano, per sone importanti per la loro cultura e la filosofia e non i primi venuti. Accadde inoltre che costoro, dopo aver da lui accolto con sincerità nel profondo del cuore la fede nella parola divina, si distinguessero nel momento della persecuzione di allora, al punto che alcuni di loro, dopo essere stati arrestati, giunsero al la perfezione attraverso il martirio.
4. Q UANTI DA LUI CATECHIZZATI CONSEGUIRONO IL MARTIRIO
l. Il primo dunque di costoro fu Plutarco, di cui abbiamo parlato poco sopra 16. Allorquando costui fu condotto a morte, il personaggio di cui stiamo parlando 17, rimasto al suo fianco fino all'ultimo istante della sua vita, rischiò di essere ucciso dai suoi concittadini, in quanto esplicitamente fu ritenuto respon sabile della morte di Plutarco. Anche allora, tuttavia, la volontà di Dio lo risparmiò. 2. Dopo Plutarco, il secondo tra i discepo li di Origene ad essere consacrato martire fu Sereno, il quale mediante il fuoco diede la prova della fede che aveva ricevuto. 3 . Il terzo martire della stessa scuola fu Eraclide e, dopo di lui, quarto fu Erone: il primo era ancora catecumeno, il secondo neofita; entrambi furono decapitati 18. Oltre a loro, il quinto
notare che ai tempi di Eusebio la vita monastica veniva chiamata «una vita fi losofica». 1 6 Cf. supra VI, 3, 2 17 Vale a dire Origene. 18 Catecumeni (dal gr. katechoumenos =nuovo discepolo della fede) erano i convertiti che ricevevano l'istruzione religiosa in vista dell'ammissio ne al battesimo, i neofiti (dal gr. neophutistos) erano invece coloro che erano stati battezzati da poco. Martirologio geronimiano questi martiri figura no alla data del28 giugno.
Nel
Libro VI,
3-5
17
della stessa scuola ad essere proclamato atleta della religione fu un altro Sereno, diverso dal primo, del quale si racconta che fu decapitato dopo aver sopportato innumerevoli torture. Tra le donne Eraide, che era ancora catecumena, morì, come raccon ta lo stesso Origene in un suo passo, dopo aver ricevuto il bat tesimo col fuoco t9. 5. POTAMIENA l. Settimo tra questi martiri si deve contare Basilide, il quale condusse a morte la famosa Potamiena, il cui nome è ce lebrato ancora oggi dai suoi concittadini, non solo perché so stenne innumerevoli combattimenti contro coloro che tentava no di usarle violenza, in difesa della castità del suo corpo e del la sua verginità, in cui si distinse (e infatti oltre alla bellezza del l'anima era nel pieno dello splendore anche quella del suo cor po) , ma anche perché, dopo aver sopportato innumerevoli tor menti, dopo torture tremende e orribili a dirsi, fu distrutta dal fuoco insieme alla madre Marcella. 2. Si narra, infatti, che il giudice (il suo nome era Aquila) zo, dopo aver sottoposto il suo corpo a crudeli tormenti, alla fine minacciò di consegnarla ai gladiatori perché la violentassero; dopo che ella rifletté per un istante, le fu chiesto che cosa avesse deciso; diede allora una ri sposta tale che sembrò loro che avesse detto qualcosa di bla sfemo. Mentre parlava, ricevette la sentenza e Basilide, uno di coloro che tra i soldati accompagnavano i condannati, la prese e la condusse a morte. Dato che la folla tentava di importunar la e di insultarla con parole disdicevoli, egli trattenne con mi nacce e respinse coloro che la insultavano, mostrando per lei 19 Sconosciuto il passo in questione. TI prefetto d'Egitto di cui si è parlato in precedenza, cf. supra, VI, 3,
2o
3, 11. 12.
18
Storia ecclesiastica
grandissima pietà ed umanità. La donna, apprezzando la com passione di lui nei suoi confronti, esortava l'uomo ad essere co raggioso, poiché, una volta ritornata presso il suo Signore, avrebbe pregato per lui e gli avrebbe presto reso quanto egli aveva fatto per lei. 4. Dopo aver detto queste cose, ella andò nobilmente incontro alla morte, mentre dalla punta dei piedi fi no alla testa, lentamente e a poco a poco, le si versava della pe ce bollente su varie parti del corpo. 5. Questo fu il combatti mento sostenuto dall'insigne fanciulla. Trascorso non molto tempo, Basilide, ai compagni d'arme che per un qualche moti vo gli chiedevano di prestare giuramento, dichiarò che non gli era assolutamente consentito giurare: diceva, infatti, di essere cristiano e lo confessava apertamente. In un primo momento essi pensarono che egli scherzasse, ma, dato che insisteva con ostinazione, fu condotto al cospetto del giudice: poiché a costui confermò il proprio rifiuto, fu gettato in catene. 6. Allo rquan do i suoi fratelli in Dio si recarono da lui e gli chiesero il moti vo di questo suo ardore inatteso e singolare, si dice che abbia risposto che, tre giorni dopo il suo martirio, gli era apparsa in sogno Potamiena: ella gli aveva cinto il capo con una corona, gli aveva detto di aver chiesto per lui la grazia al Signore e aveva ottenuto ciò che aveva richiesto, cosa che presto e gli avrebbe ri cevuto. Allora i fratelli gli imposero il sigillo del Signore 21 e il giorno seguente, dopo che si distinse nella testimonianza del Si gnore, fu decapitato. 7 . Alcuni raccontano che, al tempo dei personaggi di cui stiamo parlando, molti altri abitanti di Alessandria si accosta rono numerosi alla dottrina di Cristo, poiché in sogno era ap parsa loro Potamiena e li aveva chiamati. Ma queste cose sono per ora sufficienti.
2 1 Ovviamente
il battesimo.
Libro VI, 5-8
19
6. CLEMENTE ALESSANDRINO
A quel tempo, succeduto a Panteno, dirigeva la cate chesi di Alessandria, Clemente, tra i cui discepoli c'era anche Origene 22. Commentando la materia degli Stromati, nel primo libro Clemente presenta una cronologia che comprende tutto il periodo fino alla morte di Commodo 23: è dunque evidente che l'opera fu da lui composta sotto Severo, la cui epoca è descrit ta dal presente libro. l.
7 . Lo SCRITTORE GIUDA A quel tempo anche Giuda 24, un altro scrittore, disser tando per iscritto delle settanta settimane di Daniele, stabilì la cronologia fino al decimo anno del regno di Severo: egli ritene va anche che allora fosse ormai imminente la venuta dell'Anti cristo di cui tutti parlavano, a tal punto la persecuzione scate nata contro di noi con tanta violenza sconvolgeva la mente dei più. 8. AU DA CE GESTO DI 0RIGENE l. In quel tempo, mentre Origene svolgeva la sua opera di catechesi ad Alessandria, compì un gesto che fu prova grandis22 Non è certo che Clemente sia stato maestro di Origene, come pure che abbia diretto la scuola di Alessandria (cf. R. Cadiou, La jeunesse d'Orig,è ne, Paris 1936, p. 7). 23 Cf. Clemente Alessandrino, Stromati, I, 2 1 , 144-147 (ed. Stahli.n, p. 89). 24 Quest'autore ci è noto solo attraverso questa testimonianza di Euse bio e da un'annotazione di Girolamo che ne dipende (cf. Gli uomini illustri, 52).
20
Storia ecclesiastica
sima, da un lato, di una mente inesperta e giovanile, dall'altro, di fede e di moderazione. Avendo infatti ascoltato in modo troppo semplice e giovanile le parole: Vz" sono degli eunuchi i quali si sono /atti eunuchi da sé a causa del regno dei cieli e e pen sando sia di compiere la parola del Salvatore, sia perché, pur essendo in giovane età, si occupava di cose divine, non solo con uomini, ma anche con donne, volendo togliere ai pagani ogni possibile pretesto di vergognosa calunnia, fu indotto a mettere in pratica le parole del Salvatore, facendo tuttavia in modo che la cosa rimanesse nascosta alla maggior parte dei discepoli che erano intorno a lui. 3 . Tuttavia, per quanto lo volesse, non gli fu possibile tenere segreto un tale gesto. In seguito, infatti, es sendo la cosa venuta a conoscenza di Demetrio, costui, nella sua qualità di capo di quella Chiesa, non solo ammirò grande mente Origene per la sua audacia, ma avendo lodato il suo fer vore e la semplicità della sua fede, lo esortò anche a essere co raggioso e a dedicarsi ora maggiormente all'opera di catechesi. 4. Questo fu allora l'atteggiamento tenuto da Demetrio; tutta via, non molto tempo dopo, egli stesso, vedendo che Origene aveva successo e che era popolare, rinomato e noto a tutti, avendo provato sentimenti umani, cercò di accusarlo presso i vescovi di tutto il mondo per il ge st o (da lui stimato) inoppor tuno che egli aveva commesso, mentre invece i vescovi più ri spettati e famosi della Palestina, quelli di Cesarea e di Gerusa lemme, avendo reputato O rigen e degno della più grande stima, lo ordinarono presbitero con l'imposizione delle mani 25. 5. Dunque, dopo che Origene giunse ad un alto grado di gloria ed acquistò notorietà presso tutti gli uomini di ogni luogo e note vole fama di virtù e assennatezza, Demetrio, non avendo accu se da muovergli, lo biasimò calunniosamente per il gesto da lui e Mt 19,
12.
25 Cf. in/ra, VI, 23 , 4.
Libro VI,
8
21
compiuto in gioventù ed osò coinvolgere nelle accuse quelli che lo avevano elevato al presbiterato 26 . 6. Queste cose tuttavia ebbero luogo un poco più tardi. Allora Origene portava a compimento ad Alessandria la sua opera di insegnamento divino a beneficio di quanti senza di stinzioni si recavan o da lui notte e giorno, sacrificando senza esitazione tutto il suo tempo libero per dedicarlo agli insegna menti divini e a coloro che lo seguivano. 7. A Severo, che detenne l'autorità imperiale per diciotto anni, succedette il figlio Antonino 27. A quel tempo tra coloro che si erano comportati eroicamente durante la persecuzione ed erano stati risparmiati dalla Provvidenza divina, dopo le lot te sostenute nelle confessioni, c'era un certo Alessandro, che abb i am o indicato in precedenza quale vescovo della Chiesa di Gerusalemme 28; essendosi distinto per le sue professioni di fe de in difesa di Cristo, egli fu stimato degno del suddetto epi scopato, mentre era ancora in vita Narciso, che era stato vesco vo prima di lui.
26 ll Bardy si chiede se Demetrio abbia «realmente approvato il gesto di Origene» (cf. Eusèbe de Cèsarèe, Histoire ecclèsiastique, Livres VeVII, p. 96, n. 3): in effetti all'epoca non esisteva ancora una norma che regolamen tasse l'ordinazione sacerdotale di eunuchi: solo un secolo più tardi, il conci lio di Nicea stabilì la necessità dell'integrità fisica degli aspiranti al sacerdo zio. Dd gesto giovanile lo stesso Origene si pentirà anni più tardi (cf. Com
mento a Matteo, 15, 3).
27 Alla morte di Settimio Severo, awenuta a York in Britannia il4 feb braio 2 11, assunsero il potere i due figli Marco Aurelio Severo Antonino, det to Caracalla e Geta, che avevano assunto il titolo di Augusto mentre il padre era ancora in vita. Circa un anno dopo, Geta fu soppresso dal fratello che re gnò da solo. 28 In effetti l'ultimo vescovo di Gerusalemme nominato da Eusebio è Narciso (cf. supra, V, 12, 2): poco prima (cf. par. 4) ha fatto un'allusione ad Alessandro senza tuttavia nominarlo esplicitamente. ·
22
Storia ecclesiastica
9. I MIRACOLI DI NARCISO l. I cittadini della diocesi ricordano anche molti miracoli di Narciso, che essi hanno appreso dalla tradizione dei fratelli che si sono succeduti; tra gli altri si narra il seguente prodigio da lui compiuto. 2. Narrano che un giorno, durante la grande veglia della notte di Pasqua, ai diaconi venne a mancare l'olio; per questo motivo tutta la folla fu colta da profondo scoraggia mento, allora Narciso ordinò a coloro che stavano preparando le lampade di prendere dell'acqua e di portargliela. 3. La cosa fu fatta immediatamente ed egli, dopo aver pregato sull' acqua, con fede sincera nel Signore ordinò che fosse versata nelle lam pade. Eseguito anche quest'ordine, per potere straordinario e divino che trascende ogni ragione, la natura dell'acqua si tra sformò e si mutò in olio: per lunghissimo tempo, da quel gior no fino a noi, da p arte di un gran numero di fratelli di quella Chiesa ne è stato conservato un poco come prova del miracolo allora avvenuto. 4. Della vita di quest'uomo si raccontano moltissimi altri episodi degni di ricordo, tra essi c'è anche il seguente. Alcuni infami omiciattoli, incapaci di sopportare la sua forza e il rigo re della sua vita, nel timore, se fossero stati presi, di subire una punizione, dato che erano consapevoli delle loro numerose scelleratezze, prevennero la cosa e organizzarono una macchi nazione contro di lui, lanciandogli contro un'infamante calun nia . 5. In seguito, nel tentativo di convincere coloro che li ascol tavano, confermarono le loro accuse con giuramenti: uno giurò, se non era vero, di morire bruciato; l'altro, che il suo corpo fos se distrutto da una funesta malattia e il terzo, di perdere la vi sta. Ma anche così, nonostante giurassero, nessuno dei fedeli prestò loro attenzione a causa della costumatezza di Narciso, il quale brillava da sempre al cospetto di tutti, e del suo compor tamento assolutamente integerrimo. 6. Narciso, tuttavia, non sopportando la malignità delle cose dette e inoltre poiché da
Libro VI, 9-10
23
tempo desiderava abbracciare la vita ascetica, essendosi sot tratto a tutta la moltitudine della Chiesa, essendosi ritirato nel deserto e nella solitudine, vi rimase per parecchi anni. 7 . Ma il grande occhio della giustizia non rimase incurante nei confron ti di quanto era accaduto e ben presto castigò quei malvagi con quelle maledizioni mediante le quali si erano legati nel momen to in cui avevano giurato contro se stessi. n primo, dunque, co sì senza alcun motivo apparente, banalmente, essendo caduta una piccola scintilla sulla casa dove egli abitava e che durante la notte fu completamente bruciata, morì interamente bruciato. Per quanto riguarda il secondo, improvvisamente si ritrovò il corpo riempito, dalla punta dei piedi fino alla testa, della ma lattia a cui si era condannato da solo. 8 . n terzo, dopo aver vi sto la fine dei primi due, avendo temuto l'inevitabile giustizia di Dio che è custode di tutte le cose, confessò pubblicamente le trame che avevano ordito in comune fra loro; mentre si penti va, fu debilitato da così grandi gemiti e piangendo così tanto giunse al punto da rovinarsi entrambi gli occhi . Questi furono i castighi che essi subirono per la loro menzogna.
10.
l
VESCOVI
DI GERUSALEMME
l. D ato che Narciso si era allontanato e nessuno era in gra do di dire dove egli si trovasse, i vescovi delle Chiese vicine ri tennero giusto imporre le mani ad un altro vescovo: costui si chiamava Dios. Dopo che egli ebbe presieduto quella Chiesa per breve tempo, gli succedette Germanione e a costui Gor dio 29. Sotto l'episcopato di costui, come se fosse risorto, ti comparve da qualche luogo Narciso, che fu nuovamente chia29 I tre vescovi di Gerusalemme nominati in questo capitolo da Euse bio, Dios, Germanione e Gordio, ci sono noti esclusivamente da questa testi monianza dd nostro e degli storici che a lui si sono successivamente rifatti.
24
Storia ecclesiastica
mato dai fratelli alla loro guida: tutti, infatti, lo veneravano an cora di più a motivo del suo ritiro, della sua vita ascetica e, so prattutto, a motivo della vendetta di cui era stato giudicato de gno da Dio.
1 1 . ALESSANDRO l. Dato che Narciso, a causa della sua età avanzata, non era più nelle condizioni di esercitare il suo ministero, la volontà di Dio chiamò l'Alessandro di cui abbiamo parlato in prece denza 3o, e che era vescovo di un'altra diocesi, ad unirsi nel mi nistero a Narciso, in seguito ad una rivelazione da lui avuta in sogno di notte 31 . 2. In tal modo, dunque, come per ordine di vino, dalla regione della Cappadocia, dove in un primo tempo era stato considerato degno dell'episcopato 32, si mise in viag gio verso Gerusalemme per pregare e visitare i luoghi santi; gli abitanti del luogo, dopo averlo accolto assai benevolmente, non gli permisero di ritornare a casa in seguito a un'altra rivelazio ne che anch'essi ebbero di notte e ad una voce chiarissima che vaticinò ai più zelanti tra loro: la voce, infatti, disse loro di an dar fuori dalle porte per accogliere il vescovo che Dio aveva lo ro predestinato. Avendo fatto ciò, d'accordo con gli altri vesco vi che erano a capo delle Chiese vicine, lo costrinsero con la
30 Cf. supra, VI, 8, 7 .
31 S ul problema d d trasferimento dei vescovi e l a presenza di due ve scovi nella stessa sede prenderà posizione il concilio di Nicea. 32 Secondo Harnack (cf. Die Mission und Ausbreitung des Christentums in den ersten drei Jahrhunderten, t. II, Leipzig 1924', p. 744) , che si appoggia sulla testimonianza di Gregorio di Nissa ( Vita di Gregorio Taumaturgo) , Ales sandro sarebbe stato vescovo di Cesarea di Cappadocia: la data dd trasferi mento a Gerusalemme risalirebbe al secondo anno dell'impero di Caracalla, cioè al 212 . Qui tuttavia Eusebio parla di ordinazione e non di trasferimento.
Libro VI, 10- 1 1
25
forza a rimanere presso di loro 33. 3 . D' altronde Alessandro stesso, in una sua lettera personale agli antinoiti 34, che si con serva ancor oggi, ricorda l'episcopato di Narciso insieme con lui, scrivendo testualmente alla fine della lettera: «Vi saluta Narciso, che prima di me ha retto la carica del locale episcopa to e che adesso, all'età di centosedici anni compiuti, è associa to a me nelle preghiere e vi esorta, come vi esorto io, ad essere concordi». 4. Questi fatti si svolsero così. Per quanto riguarda la Chie sa di Antiochia, alla morte di Serapione, assunse la carica epi scopale Asclepiade, distintosi anch'egli per la sua confessione al tempo della persecuzione 35. 5. Alessandro fa menzione del suo insediamento, scrivendo così agli Antiocheni: «Alessandro, ser vitore e prigioniero di Gesù Cristo f, saluta nel Signore la beata Chiesa di Antiochia. ll Signore ha reso sopportabili e leggere le mie catene, allorquando, al tempo della mia prigionia, ho ap preso che, in conformità col volere della divina Provvidenza, Asclepiade, il più adatto secondo il merito di fede, ha ricevuto l'episcopato della vostra santa Chiesa di Antiochia». 6. In seguito fa sapere di aver inviato questa lettera trami te Clemente, scrivendo alla fine in questo modo: «Vi invio que sta lettera, miei signori e fratelli, tramite Clemente, beato pre sbitero, uomo giusto e apprezzato, che conoscete anche voi e che amerete 36 ; la sua presenza qui, conformemente alla Provf
Cf. Fm
33 34
L
Per altri episodi analoghi cf. in/ra, VII, 1 1 , 26; 3 2, 5 e 2 1 . Si tratta degli abitanti di Antinoopoli, città romana dd medio Egitto (oggi Sheikh Ibadah), detta anche Antinoe o Adrianopoli, fondata nd 130/131 dall'imperatore Adriano in onore del favorito Antinoo. La notizia di Eusebio attesterebbe già in quest'epoca la presenza di una comunità cristiana. 35 L'elezione di Asclepiade è fissata nella Cronaca al primo anno del l'impero di Caracalla (2 1 1) . 3 6 Potrebbe trattarsi di Clemente Alessandrino, il quale, dopo aver di morato ad Alessandria d'Egitto dal 1 90 al 20 2, anno in cui con Settimio Se-
26
Storia ecclesiastica
videnza e alla vigilanza del Padrone, ha fortificato ed accre sciuto la Chiesa del Signore g».
12 . SERAPIONE E LE SUE OPERE
CHE CI
SONO RIMASTE
l. Dell'attività letteraria di Serap ione 37 è probabile che siano conservate presso altri anche altre testimonianze, ma a noi sono pervenuti soltanto gli scritti A Domno, un personaggio che al tempo della persecuzione passò dalla fede in Cristo alla su perstizione giudaica 38; quelli A Pontio e Carico, uomini eccle siastici 39, ed altre lettere indirizzate ad altre persone. 2. C 'è inoltre un altro libro da lui composto Sul cosiddetto Vangelo se condo Pietro 40, che egli scrisse per confutare le menzogne con tenute in questo vangelo, a motivo di alcuni fedeli della diocesi di Rhosos 41, che, con il pretesto del suddetto scritto, si erano
g Cf. At 15, 4 1 . vero si riaccendono l e persecuzioni contro i cristiani, si era ritirato in Cappa docia: di quest'opinione A. Pieri (d. Clemente Alessandrino, Protreptico, Al ba 1967, p. 8); a giu dizio di Bardy (op.cit. , p. 1 02 , n. 1 1 ) potrebbe trattarsi di un altro Clemente a noi sconosciuto. 37 Cf. supra, V, 1 9. 38 Null a sappiamo di questo personaggio che con ogni probabilità pas sò dal cristianesimo ad un'eresia giudaizzante. 39 Cf. supra, V, 1 9, 1-2 . 40 Il vangdo apocrifo di cui si tratta era sconosciuto fino al 1 887 , anno in cui fu rit rovato ad Akhmim, antica Panopolis, nell'Alto Egitto, un fram mento la cui conoscenza ha modificato le ipotesi fino ad allora formulate sul la scorta delle notizie di Origene e di Eusebio. A giudizio di Craveri (d. I van geli apocrifi, Torino 1990, pp. 289-290) nd frammento è da negare recisa mente, o al più limitare ad un solo punto, il carattere docetico; inoltre il tono antisemitico dello scritto farebbe «escludere che il Vangdo potesse rappre sentare la tradizione di Pietro o almeno della corrente che da lui prendeva nome». 41 La Chiesa di Rhosos, città della Cdesiria o della Cilicia, era sotto la giurisdizione dd vescovo di Antiochia.
Libro VI, 11-12
27
accostati ad insegnamenti eterodossi. Di quest'opera appare utile citare un breve passo, nel quale motiva l'opinione che egli ha dell'opera, quando scrive così: 3. «Quanto a noi, infatti, o fratelli, accogliamo Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma in quanto uomini accorti rigettiamo i falsi scritti che portano il lo ro nome, nella certezza che non ci è stato tramandato nulla di simile. 4. Quando sono stato tra voi, infatti, presumevo che tut ti voi foste legati alla retta fede e, non avendo letto il Vangelo da loro presentato col nome di Pietro, ebbi modo di dire che se solo è questo ciò che sembra spaventarvi, lo si legga pure. Ma, poiché adesso ho appreso, da quanto mi è stato riferito, che la loro mente celava un'eresia, al più presto tornerò tra voi: per ciò, fratelli, aspettatemi presto. 5. Ma noi, fratelli, poiché ab biamo capito di quale eresia fosse Marciano 42, che si contrad diceva da solo non sapendo ciò che diceva, come apprenderete dalle cose che vi sono state scritte. 6. Allora abbiamo preso, in fatti, in prestito questo stesso Vangelo da altri che lo avevano praticato, vale a dire dai successori di coloro che l'hanno intro dotto per la prima volta, che noi chiamiamo doceti (infatti la maggior parte delle loro idee appartiene a questo insegnamen to) 43; abbiamo avuto modo di scorrerlo e di ritrovarvi insieme a gran parte della dottrina vera del Salvatore anche alcune ag giunte, che abbiamo altresì sottoposto alla vostra attenzione 44». Ecco ciò che dice Serapione.
42 Il personaggio ci è sconosciuto. 43 L'unico demento docetico riscontrabile nd frammento in nostro possesso dd Va ngelo di Pietro si trova al cap. 4, 10 : «Poi presero due malfat tori e crocifissero in mezzo a loro il Signore: ma egli taceva, come se non sen tisse alcun dolore>> (trad. di M. Craveri, op. cit. , p. 292 ) . Gesù non avrebbe sentito alcun dolore in quanto che il suo corpo era pura apparenza, dottrina sostenuta dal docetismo. 44 A giudizio di Serapione, dunque, l'insieme delle dottrine contenute nd Vangelo di Pietro è ortodosso, tuttavia mette in guardia i lettori in quanto vi sarebbero delle aggiunte all'insegnamento di Gesù.
28
Storia ecclesiastz'ca 1 3 . LE
OPERE
DI CLEMENTE
l . Per quanto riguarda Clemente 4 5 , conserviamo tutti gli otto libri degli Stromatt", ai quali assegnò il seguente titolo: Stro
mati di memorie gnostiche secondo la vera filosofia, di Tito Fla vio Clemente; 2. di uguale numero sono i libri intitolati Ipotipo si, nei quali egli ricorda per nome come suo maestro Panteno e illu stra le interpretazioni delle Scritture e le tradizioni che da lui apprese. 3 . Ci sono poi anche un suo discorso ai greci, il Pro trettico, e tre libri dell'opera intitolata il Pedagogo, e un'altra sua opera così intitolata: Quale ricco si salva. Vi sono poi uno scrit to Sulla Pasqua e i trattati Sul digiuno e Sulla maldicenza; l'E sortazione alla pazienza o Ai neobattezzati; l'opera Canone ec clesiastico o Contro i giudaizzanti, che egli dedicò ad Alessan dro, il vescovo che abbiamo nominato in precedenza 46. 4. Negli Stromati, dunque, egli ha fatto una compilazione non soltanto della divina Scrittura, ma anche delle dottrine di autori greci, almeno allorquando gli sembrava che anche da lo ro fosse stato detto qualcosa di utile. Ricorda inoltre le opinio ni di molti altri, spiegando dettagliatamente sia le dottrine dei greci che quelle dei barbari 47; 5 . corregge poi le false dottrine degli eresiarchi, dimostra copiosa informazione, fornendoci materia di vasta erudizione. Oltre a tutte queste cose, egli rac coglie anche le opinioni dei filosofi, per cui senza dubbio il ti tolo di Stromati dato al lavoro è appropriato all'argomento trat tato. 45 Eusebio fornisce un elenco di alcll.t);e delle opere di Clemente; per il catalogo completo cf. A. von Harnack, Die Uberlie/erung und der Bestand der altchristlichen Literatur bis Eusebius, Leipzig 1 893 , pp. 296ss. Ri cordiamo che la migliore e più completa edizione delle opere dello scrittore alessandrino è quella a cura di O. Stiihlin, in Griechische christliche Schri/tsteller, Leipzig 1905 - 1 936. 46 Cf. supra, VI, 1 1 . 47 Vale a dire ebrei e cristiani.
Libro VI,
29
13-14
6. In quest'opera egli si è servito anche di testimonianze tratte da scritti contestati: dalla cosiddetta Sapienza di Salomo ne e da quella di Gesù figlio di Sirach; dalla Lettera agli ebrei e da quelle di Barnaba, Clemente e Giuda; 7 . menziona inoltre il Discorso ai greci di Taziano, e ricorda Cassiano 48 quale autore di una Cronografia. Nomina quindi Filone, Aristobulo, Giu seppe, Demetrio ed Eupolemo, scrittori ebraici, in quanto tut ti costoro comproverebbero nelle loro opere che Mosè e la stir pe degli ebrei sono più antichi dei greci -19. 8. Questi suoi libri di cui stiamo parlando sono fittissimi di parecchie informazio ni utili: nel primo di essi a proposito di se stesso dice di essere vicinissimo alla successione degli apostoli 50; inoltre, nell'opera promette di commentare la Genesi 5 1 . 9. Nel suo libro Sulla Pa squa ammette di essere stato obbligato dai compagni ad affida re alla scrittura, a beneficio dei posteri, le tradizioni che egli aveva ricevuto dalla viva voce degli antichi presbiteri; in que st'ultima opera ricorda anche Melitone, Ireneo ed alcuni altri, dei quali inserisce le storie. 1 4 . LE SCRITTURE CHE HA CITATO l . Per dirla in breve, nelle
Ipotiposi Clemente ha fornito
concise spiegazioni di tutta la Scrittura testamentaria, non tra lasciando gli scritti cont r overs i , vale dire la Lettera di Giuda e le altre lettere cattoliche, la Lettera di Barnaba e l'ApocaliSse 4 8 Giulio Cassiano era un eretico gnostico, della setta degli encratiti, vissuto intorno al 170. Col personaggio, che non è ricordato dagli scrittori eresiologi Ireneo e Ippolito, polemizza Clemente (cf. Stromati, l , 2 1 , 1 0 1 ; 3 , 13 , 9 1 ; 3 , 1 4 , 94) che gli attribuisce due opere: Esegetici e u n trattato Sulla
continenza.
49 Cf. 50 Cf.
51 Cf.
Stromati, l , Stromati, l, Stromati, 4,
15, 72; 22, 150; 2 1 , 147 e 1 4 1 ; 23 , 153 - 156. l, 1 1 . l , 3 ; 6, 18, 168. ·
30
Storia ecclesiastica
detta di Pietro. 2 . Per quanto riguarda la Lettera agli ebrei, di ce che è di Paolo, ma che fu scritta in lingua ebraica per gli ebrei e che Luca, dopo averla tradotta con cura, la diffuse tra i greci: è questo il motivo per cui si coglie una somiglianza su perficiale fra la traduzione di questa lettera e gli Atti. 3 . È na turale che la lettera sia priva della soprascritta «Paolo aposto lo» perché - sostiene (Clemente) - «rivolgendosi agli ebrei, che erano prevenuti nei suoi confronti e ne diffidavano, mol to prudentemente egli non volle allontanarli già dall'inizio, mettendo il suo nome». 4 . Quindi, più avanti, prosegue di cendo: «Inoltre, come diceva il beato presbitero 52, poiché il Signore, che era apostolo dell'Onnipotente, era già stato in viato agli ebrei, Paolo, allorquando era stato inviato ai gentili, non si intitolò apostolo degli ebrei, sia per rispetto dovuto al Signore, sia per il fatto che si rivolgeva agli ebrei per sovrab bondanza, in quanto egli era evangelizzatore ed apostolo dei gentili». 5. Ancora, negli stessi libri, Clemente riferisce la seguente tradizione degli antichi presbiteri sull'ordine dei Vangeli: dice va che i Vangeli che comprendono le genealogie furono scritti per primi, 6. e che quello secondo Marco fu scritto nelle se guenti circostanze. Quando Pietro predicava pubblicamente la dottrina cristiana a Roma e, ispirato dallo Spirito, annunziava il Vangelo, i presenti, che erano molti, pregarono Marco di tra scrivere ciò che egli diceva, in quanto da lungo tempo lo segui va e ricordava le cose che egli diceva; egli lo fece e tramandò il Vangelo a coloro che glielo avevano chiesto 53 . 7. Pietro, aven do appreso ciò, né lo dissuase, né lo esortò con i suoi consigli. Quanto a Giovanni, l'ultimo, avendo visto che nei Vangeli era-
52 Non sappiamo chi sia questo presbitero qui ricordato da Eusebio: c'è chi pensa a Panteno. 5 3 Cf. supra, Il, 15, 1 -2.
Libro VI, 14
31
no già stati esposti gli eventi materiali, esortato dai discepoli e divinamente ispirato dallo Spirito, compose un Vangelo spiri tuale. Ecco ciò che riferisce Clemente. 8. Inoltre il vescovo Alessandro, di cui abbiamo parlato in precedenza 54, in una lettera ad Origene, menziona Clemente insieme con Panteno come personaggi a lui noti. Egli scrive co sì: «Anche questa, come sai, fu volontà di Dio h: che l'amicizia che ci è pervenuta dagli antenati rimanesse inviolabile e fosse piuttosto più calda e sicura. 9. Riconosciamo, infatti, come pa dri quei beati che ci hanno preceduto, presso i quali noi sare mo tra poco: Panteno, veramente beato e signore, e il santo Clemente, che fu mio signore e mi aiutò ed altri ancora, se ve ne è qualcuno simile. È per mezzo loro che ho conosciuto te 55 , il migliore in ogni cosa, mio signore e fratello». 10. Ma quanto a queste cose, basta così. Quanto ad Ada mantio (dato che Origene aveva anche questo nome) , al tempo in cui Zefirino reggeva la Chiesa dei romani 56, egli stesso scri ve, in un passo, di aver soggiornato a Roma, «poiché aveva de siderato vedere l'antichissima Chiesa dei romani». Dopo un breve soggiorno, ritornò ad Alessandria, 1 1 . e con grande zelo riprese il consueto compito della catechesi, mentre Demetrio, vescovo della città, lo esortava anche allora e quasi lo supplica va di fare con diligenza ciò che era utile ai fratelli 57 .
h Cf.
5 4 Cf.
l Ts 4, 3 . supra,
VI , 1 1 .
55 Impossibile ricavare da questa affermazione che Alessandro sia sta to condiscepolo di Origene al didaskaleion di Gemente. 5 6 Zefirino fu vescovo di Roma tra il l98 e il 2 17 . TI soggiorno di Ori gene a Roma è collocato solitamente intorno al 2 1 1 -2 15 . 57 Cf. supra, VI, 3 , 2 .
Storia ecclesiastica
32
15 . ERACLA
Quando Origene capì che non era più in grado di perse verare nello studio approfondito delle cose divine, nell'indagi ne e nella traduzione delle Sacre Scritture, ed anche nella cate ch esi di coloro che si recavano da lui, che non lo lasciavano neppure respirare, poiché gli uni dopo gli altri frequentavano la sua scuola da mattina a sera, ne divise il numero; scelto tra i discepoli Eracla 5 8, studioso delle cose divine e per di più uomo coltissimo e non ignaro di filosofia, lo nominò suo collega nel la catechesi, affidando a lui l'istruzione iniziale di coloro che imparavano i primi elementi e riservando a sé l'insegnamento delle verità superiori.
SI
1 6. ZELO CON CUI 0RIGENE OCCUPÒ DELLE DIVINE SCRITTURE
l. Lo studio compiuto da Origene sulla parola divina fu così scrupoloso, che egli apprese anche la lingua ebraica ed ac quistò i testi originali in caratteri ebraici conservati presso gli ebrei. Ricercò altresì le edizioni degli altri che, oltre ai Settanta, avevano tradotto le Sacre Scritture, e, oltre alle traduzioni cor renti, cioè quelle di Aquila, Simmaco e Teodozione, ne trovò al tre ancora e le portò alla luce traendole fuori da non so quali nascondigli in cui erano rimaste dimenticate per lungo tempo. 2 . A motivo delle incertezze che c'erano su di loro, non sapen do di chi fossero, indicò solamente questo: una l'aveva trovata a Ni co poli, vicino ad Azio e un'altra in un altro luogo simile. 3. In ogni caso, negli Hexapla dei Salmi, alle quattro edizioni co nosciute, non solo aggiunge una quinta traduzione, ma anche una sesta e una settima e dice ancora di averne trovata una a
58 A proposito di Eracla, cf. supra, VI, 3 , 2 .
Libro VI,
15- 1 7
33
G erico, dentro una giara, al tempo di Antonino, figlio di Seve ro .j 9. 4. Messe insieme tutte queste traduzioni in una sola ope ra, le divise in cola 60 , le mise una di fronte all'altra insieme con il testo ebraico, !asciandoci gli esemplari di questi cosiddetti Hexapla 6 1 ; nei Tetrapla ripubblicò a parte le edizioni di Aqui la, Simmaco e Teodozione insieme con quella dei Settanta.
1 7 . IL TRADUTTORE SIMMACO Di questi stessi traduttori, comunque, occorre sapere che Simmaco era ebionita 62 . L'eresia cosiddetta degli ebioniti è quella di coloro che sostengono che Cristo è nato da Giuseppe e da Maria; essi considerano Cristo un semplice uomo, e affer mano che è necessario osservare rigorosamente la Legge giu daica, come abbiamo già visto in un passo precedente di que sta storia 63 . Ancora oggi si conservano i commenti di Simmaco nei quali egli sembra confermare la suddetta eresia facendo al lusione al Vangelo secondo Matteo. Origene ci informa di aver 59 Si tratta di Caracalla, il cui nome ufficiale era appuntÒ Antonino; cf.
mpra, VI, 8, 7.
60 Nelle lingue classiche i cola, (sing. c6lon) erano il segmento ritmico di un testo, individuato da pause metriche o logiche: in questo caso si tratta va di righe di testo, delimitate, quanto alla loro estensione, dal senso. 6 1 Come indica il loro stesso nome, gli Hexapla (= sei colonne) riporta vano, su sei colonne affiancate, tutto il testo del Vecchio Testamento: il testo ebraico in caratteri ebraici, il testo ebraico trascritto in caratteri greci, la ver sione dei Settanta, quindi le versioni greche di Aquila, Simmaco e infine quel la di Teodozione. Sembra che l'opera completa sia stata edita in un unico esemplare che fu conservato per diversi secoli nella biblioteca di Cesarea, di strutta nel 63 8 circa, quando la città fu m essa a ferro e a fuoco d agli arabi. Oggi non ne restano che numerosi frammenti. Nei Tetrapla, su quattro co lonne affiancate, furono trascritte solo le traduzioni greche. 62 Simmaco attenuava l'antropomorfismo del Vecchio Testamento e la sua traduzione accentuava l'interpretazione moralistica. 63 Cf. supra, III, 27 .
34
Storia ecclesiastica
ricevuto queste opere insieme con altre interpretazioni di Sim maco sulle Scritture da parte di una certa Giuliana, che, egli di ce, aveva ereditato questi libri dallo stesso Simmaco. 1 8 . AMBROSIO l. A quel tempo anche Ambrosie, sostenitore delle idee dell'eresia di Valentino 64, fu convinto dalla verità proclamata da Origene e come se la sua mente fosse stata illuminata da una luce, aderì alla dottrina ortodossa della Chiesa. 2 . Quando la fa ma di Origene si diffuse dovunque, anche molte altre persone istruite si recarono da lui per avere un prova delle sue abilità nelle dottrine sacre: numerosi eretici e non pochi dei più famo si filosofi si accostarono a lui con entusiasmo, per essere da lui istruiti non solo nelle cose divine, ma anche nella filosofia pa gana. 3 . Infatti avviava quanti vedeva che erano ben dotati per natura allo studio delle discipline filosofiche, alla geometria, al l' aritmetica e alle discipline preliminari e faceva poi conoscere loro le sette esistenti tra i filosofi, ne spiegava ed analizzava mi nuziosamente le opere, al punto che fu considerato grande fi losofo anche tra gli stessi greci. 4. Tuttavia non mancò di avvia re agli studi ordinari anche molti dei discepoli meno dotati, so stenendo che essi sarebbero stati di non trascurabile utilità per lo studio e l'esame delle divine Scritture. Pertanto stimò che fosse assolutamente irrinunciabile anche per sé istruirsi nelle discipline profane e filosofiche.
64 Secondo Girolamo (cf. Gli uomini illustri, 56) prima di essere con vertito da Origene fu seguace di Marcione; secondo Epifanio (Contro gli ere tici, 64, 3) fu marcionita o sabelliano.
Libro VI, 17-19
35
19. Ciò CHE S I RICORDA D I 0RIGENE l. Testimoni della sua abilità anche in queste cose furono gli stessi filosofi greci che fiorirono ai suoi tempi e nei cui scrit ti troviamo numerose citazioni di quest'uomo; non solo gli de dicarono i propri scritti, ma come a un maestro sottoponevano al suo giudizio anche i loro lavori. 2. Ma che bisogno c'è di di re queste cose, quando anche ai nostri giorni Porfirio, stabili tosi in Sicilia, ha composto degli scritti contro di noi 65 e si è sforzato per mezzo di essi di denigrare le divine Scritture? Al lorquando egli ricorda coloro che le hanno commentate, poi ché non è in condizioni di muovere ai nostri insegnamenti nes suna accusa infamante, dalla mancanza di argomentazioni è spinto alle insolenze e a calunniare gli stessi commentatori e tra essi soprattutto Origene. 3 . Dopo aver affermato di averlo co nosciuto in gioventù, cerca di screditarlo, non accorgendosi che invece lo raccomanda, tanto quando dice la verità nei casi in cui non può parlare diversamente, tanto quando mente su quei punti in cui pensava di non essere scoperto; talora poi lo accusa come cristiano, altre volte descrive la sua applicazione negli studi filosofici. 4. Ascoltate ciò che dice testualmente: «Alcuni, desidero si di trovare una spiegazione alla malvagità delle Scritture giu daiche, ma senza più rigettarle, hanno fatto ricorso ad inter pretazioni incoerenti e discordanti con le cose scritte, prospet tando in tal modo non tanto un'apologia di ciò che appare stra-
65 Originario della Siria o della Palestina, Porfirio visse tra il 232-33 e gli inizi del N secolo. Fu fJJ.osofo neoplatonico e in gioventù conobbe Grige ne, di cui probabilmente fu discepolo. Fu dapprima seguace di Longino ad Atene e successivamente di Plotino, alla cui morte diresse la scuola da costui fondata a Roma e di cui pubblicò le Enneadi. Acerrimo avversario dei cri stiani, intorno al 268 scrisse una poderosa opera polemica in 15 libri intitola ta Contro i cristiani, confutata tra gli altri anche da Eusebio in un'opera an data perduta dal titolo Contro Por/irio.
36
Storia ecclesiastica
no, quanto un consenso e una lode delle loro proprie opere. Spacciando, infatti, per enigmi le cose dette con chiarezza da Mosè e proclamandole come oracoli divini di misteri nascosti, prospettano le loro interpretazioni dopo aver incantato le fa coltà critiche della mente con la fatuità». 5 . Dopo altre osservazioni aggiunge: «Questo genere di assurdità proviene da un uomo che anche io ho incontrato quando ero ancora molto giovane: allora egli godeva di grande stima, di cui gode ancora oggi grazie agli scritti che ha lasciato, vale a dire Origene, la cui popolarità si è diffusa enormemente fra coloro che insegnano queste dottrine. 6. Egli fu, infatti, al lievo di Ammonio 66 , che nelle nostra epoca ebbe immenso suc cesso nella filosofia: dal suo maestro egli acquisì grande profit to nell'abilità della scienza, ma nella retta scelta della vita prese una strada opposta alla sua. 7. Ammonio, infatti, pur essendo cristiano 67 , educato dai genitori nella dottrina cristiana, allor quando cominciò a ragionare e ad interessarsi di filosofia, ben presto si indirizzò a un genere di vita conforme alle leggi; al contrario Origene pur greco, educato negli studi greci, deviò verso la protervia barbara. Comportandosi in tal modo, egli guastò la sua abilità negli studi e visse la sua vita da cristiano in opposizione alle leggi; inoltre, riguardo alla concezione del mondo e di Dio, ellenizzò e inserì le idee dei greci in favole stra niere. 8. Viveva, infatti, sempre insieme a Platone e frequenta va gli scritti di Numenio, Cronio, Apollofane, Longino, Mode6 6 Ammonio Sacca, fondatore dd neoplatonismo, visse ad Alessandria tra il 175 e il 242. Fu maestro di Plotino, Origene, Longino ed Erennio. Non possediamo nessuno scritto, tuttavia possiamo ricostruire almeno parzial mente il suo pensiero dalle opere dd filosofo neoplatonico cristiano dd IV secolo Nemesio e da quelle dd neoplatonico dd V secolo !erode, oltre che da Fozio (cf. Biblioteca, codd. 2 14 e 25 1 ) ; sul problema cf. G. Bruni, Ammo nio Sacca e i suoi «/rammenti», Roma 1 959 (estratto da «Aquinas» 1 958-59). 6ì Porfirio fa qui un po' di confusione, poiché è difficile ammettere che Ammonio sia stato cristiano.
Libro VI,
19
37
rato, Nicom a co e dei più famosi tra i pitagorici 68 ; si avvalse an che dei libri dello stoico Cheremone e di Cornuto 69: da costo ro apprese il metodo dell'interpretazione allegorica dei misteri greci, che applicò poi alle Scritture giudaiche». 9. Questo è quanto Porfirio riferisce nel terzo libro del trattato che egli ha scritto Contro i cristiani; e, mentre dice la verità a proposito della preparazione e dell'erudizione di Ori gene, è evidente che egli la altera (che cosa, infatti, non era in grado di fare l'avversario dei cristiani? ) quando sostiene che Origene si era convertito dalle dottrine greche e che Ammonio, dopo aver abbandonato una vita secondo religione, è piomba to nel paganesimo. 10. Origene, infatti, tenne fede all'insegna mento di Cristo che gli era stato tramandato dagli antenati, co me mostrano i fatti riferiti in precedenza. Per quel che riguar da Ammonio, egli visse fino al termine della sua vita nell'inte grità e nell'infallibilità della sua filosofia divinamente ispirata, come in qualche modo confermano ancor oggi le opere di que st'uomo, famoso ai più per gli scritti che lasciò, come, per
6 8 Si tratta di un gruppo di filosofi neoplatonici. Numenio di Apamea,
vissuto nel II secolo, fuse neopitagorismo e medioplatonismo, anticipando,
più di altri filosofi di queste tendenze, il neoplatonismo. Di lui possediamo solo qualche testimonianza e rari frammenti. Cronio, fu anch'egli filosofo neopitagorico-medioplatonico, vissuto nd WIII secolo. Non conosciamo la patria di origine e dalle fonti è spesso associato al precedente, di cui proba bilmente fu discepolo e seguace. Apollofane di Antiochia, filosofo stoico del III secolo, fu discepolo di Aristone di Chio. Cassio Longino, retore e Hl.osofo ateniese del III secolo. Legato al circolo ne opl at on ico fondato da Ammonio S acca, fu maestro di Porfirio. Moderato di Gades, Hl.osofo neopitagorico del I secolo. Nicomaco di Gerasa, filosofo neopitagorico vissuto tra il I e il II se colo, noto soprattutto per i suoi lavori matematici. 69 Cheremone, dotto alessand rino di origine egiziana, interpretò la teologia egiziana in chiave allegorica. Fu filosofo neostoico, storico e bi bliotecario di Alessandria, oltre che maestro del giovane Nerone . Lucio An neo Cornuto Hl.osofo neostoico del secolo, maestro d ei poeti latini Persio e Lucano, fu autore di un manuale di teologia pagana interpretata in chia ve allegorica.
I
38
Storia ecclesiastica
esempio, quello intitolato Sulla concordanza tra Mosè e Gesù e tutti gli altri che si trovano presso gli studiosi 70. 1 1 . Siano, dunque, riferite queste notizie come prova sia dell'insirmazione di questo bugiardo, sia della grande compe tenza di Origene anche nelle discipline greche, a proposito del la quale, rimproverato da alcuni, egli difende il suo zelo scri vendo così in una lettera: 12 . «Quando mi consacrai alla paro la e si divulgò la fama della nostra inclinazione, vennero da me innumerevoli eretici e conoscitori delle discipline greche e so prattutto di filosofia: mi parve opportuno allora di dover esa minare tanto le opinioni degli eretici quanto le affermazioni che i filosofi promettevano di dire sulla verità. 13 . Facemmo ciò imitando Panteno, il quale prima di noi aveva recato beneficio a molti, egli che possedeva un'immensa preparazione in queste materie, ed anche Eracla, che siede adesso fra i presbiteri di Alessandria e che io allora trovai presso il maestro di discipline filosofiche 7 1 , che egli frequentava già da cinque anni prima che io cominciassi ad ascoltare le sue lezioni. 14. Sotto l'influenza di questo maestro, pur avendo in precedenza indossato sempre un abito comune, se ne disfece e ne indossò uno da filosofo 72 che usa ancor oggi; ed egli non smette mai di studiare, per quanto gli è possibile, libri greci». Ecco quanto è stato detto da Origene in difesa del suo stu dio della cultura greca.
7 0 Fondandosi sulla notizia di Porfirio, Eusebio non ha dubbi sull a conversione al cristianesimo di Ammonio Sacca: la notizia tuttavia, come si diceva prima (cf. supra, n. 67) , non è certa. Poiché del filosofo neoplatonico non possediamo scritti, è probabile che il Nostro faccia un po' di confusione e che l'opera di cui egli parla sia invece da attribuire a un omonimo autore cristiano (forse Ammonio, vescovo di Thmuis, discepolo di Origene) . 7 1 D riferimento è ad Ammonio Sacca. 72 L'abito in questione è il pallium, caratterizzato da un corto mantello, che Tertulliano, nell'opera Il pallio, assunse a simbolo di vita ascetica. All'e poca vescovi ed presbiteri non portavano ancora un abito particolare.
Libro VI,
19
39
1 5 . A quell'epoca, mentre viveva ad Alessandria, soprag giunse un soldato e consegnò alcune lettere a Demetrio, vesco vo della diocesi e all'allora prefetto d'Egitto 73 da parte del le gato dell'Arabia 74, affinché inviassero in tutta fretta Origene in modo che avesse un colloquio con lui. Egli si recò dunque in Arabia e, portato prontamente a termine l'oggetto della sua missione, fece nuovamente ritorno ad Alessandria. 16. Trascor so poco tempo, scoppiò nella città una grave guerra 75 ed Ori gene, fuggito di nascosto da Alessandria, si recò in Palestina e soggiornò a Cesarea. Qui, pur non avendo ancora ricevuto l'or dinazione sacerdotale, i vescovi del luogo lo ritennero degno di tenere conferenze e commentare le divine Scritture pubblica mente in chiesa. 1 7 . È quanto si rileva chiaramente anche da quanto Alessandro, vescovo di Gerusalemme e Teoctisto, ve scovo di Cesarea, scrissero per giustificarsi a proposito di De metrio: «Nella sua lettera egli ha aggiunto che non si era mai sentito dire e che non era mai avvenuto, che dei laici predicas sero alla presenza di vescovi: non so come egli possa dire una cosa così manifestamente inesatta. 1 8 . Infatti, dove si trovano uomini in grado di aiutare i fratelli, essi sono invitati dai santi vescovi a predicare al popolo, come è accaduto per esempio a Laranda 7 6 dove Euelpis fu invitato da Neone, ad !conio 77 , 73 Anteriormente alla rivolta dd 215 ricordata poco dopo (cf. in/ra, VI, 19, 16) furono prefetti d'Egitto nd 213 L. Bebio Aurelio Uncino e nd 2 15 Aurelio Settimio Eraclito. 74 Si tratta della provincia romana che comprendeva l'Arabia Petrea e la Transgiordania, con capitale Bostra. In qu anto provincia imperiale, era di norma governata da un legato di classe senatoriale: tra il 2 13 e il 214 fu retta da Sesto Fumio Iuliano. 75 Nd 2 15 Caracalla , in visita ad Alessandria, ricevette una pessima ac coglienza da parte dei cittadini: si vendicò facendo saccheggiare la città, cac ciò gli stranieri, chiuse le scuole, sciolse le scuole filosofiche e la fece divide re in due mediante l'erezione di un muro (cf. Cassio Dione, Storia romana, 77, 22 , Erodiano, 4, 8, 6ss.). 76 Città della Cilicia. 77 Città della Galazia.
40
Storia ecclesiastica
Paolino da Celso, a Sinnada 78 Teodoro da Attico, tutti nostri beati fratelli. È verosimile che questo avvenga anche in altri luoghi, ma noi non ne siamo a conoscenza». In questo modo, dunque, pur essendo ancora giovane, Origene veniva onorato non solo dai suoi compatrioti, ma an che da parte di vescovi stranieri. 1 9. Ma Demetrio lo richiamò · di nuovo con lettere e lo sollecitò per mezzo di diaconi della sua Chiesa a ritornare ad Alessandria: egli, rientrato, riprese il suo lavoro abituale. 20. OPERE RIMASTECI DEGLI SCRI TTORI
DI
QUEL TEMPO
l. Fiorivano in quel tempo numerosi dotti ecclesiastici , le cui lettere, che si scrivevano l'un l'altro e che sono conservate fino ad oggi, sono facilmente reperibili. Esse sono state custo dite sino a noi nella biblioteca di Elia 79, fondata da Alessandro, che a quel tempo governava quella Chiesa e dalla quale anche noi abbiamo potuto mettere insieme il materiale del presente argomento. 2 . Tra questi uomini suddetti, Berillo ha lasciato, oltre a delle lettere, varie opere pregevoli (egli era vescovo degli ara bi a Bostra) so. Allo stesso modo inoltre Ippolito, anch'egli ve scovo di un'altra Chiesa in un'altra regione s1. 3 . Anche di 7 8 Città della Frigia. Da notate che tutti i personaggi qui nominati non sono noti da altre fonti. 79 Si tratta di Elia Capitolina, cioè Gerusalemme, dove esisteva forse la più antica biblioteca della cristianità. 80 Cf. in/ra, VI, 3 3 . 81 Si tratta di Ippolito di Roma che, secondo l'ipotesi tradizionale, fu un personaggio vissuto tra il 170 e il 236ca. Discepolo di Ireneo di Lione, fu avversario del vescovo di Roma Callisto (2 17 -222) che accusò di lassismo ver so i penitenti e di sabellianismo e fondatore di una chiesa scismatica. Esiliato in Sardegna per ordine dell'imperatore Massimino, morì martire poco tempo dopo essersi riconciliato con la Chiesa. Per quanto riguarda le sue opere cf.
Libro VL
1 9-2 1
41
Gaio 82 , uomo assai dotto, vissuto a Roma al tempo di Zefiri no, è giunto sino a noi un Dialogo contro Proclo, che combat teva in difesa dell'eresia catafrigia: in quest'opera biasima l'impudenza e la sfrontatezza degli avversari nel compilare nuove Scritture 83 ; egli ricorda soltanto tredici lettere del san to Apostolo, senza contare con le altre quella agli ebrei 84 , poi ché anche oggi alcuni romani non ritengono che essa sia del l' Apostolo. 2 1 . l VESCOVI CHE ERANO FAMOSI IN QUEL TEMPO l . Dopo che Antonino regnò per sette anni e sei mesi, gli succedette Macrino. Morto costui dopo un anno, un altro An tonino resse a sua volta l'impero dei romani 85. Durante il suo primo anno di regno morì Zefirino, vescovo dei romani 86, do po aver esercitato il ministero episcopale per diciotto anni in-
in/ra, VI, 22. Sulle critiche alla ricostruzione biografica tradizionale cf. G. Bo sio - E. dal Covolo - M. Maritano, Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 43 ss. 82 Cf. supra, Il, 25 . 83 Caio rigettava l'Apocalisse e il Vangelo di Giovanni, testi particolar mente apprezzati dai montanisti. 84 Cf. supra, III, 3 . 8.5 Bassiano Marco Aurelio Severo Antonino, detto Caracalla , che era salito al trono nel 2 1 1 , fu ucciso in Mesopotamia 1'8 aprile del 2 17 mentre conduceva una campagna militare contro i parti in seguito ad una congiura di palazzo a capo della quale era il prefetto del pretorio M. Opellio Macrino, che i pretoriani acclamarono imperatore. Sgradito al senato in quanto cava liere, sconfitto dai parti, ben presto Macrino si alienò il favore dell'esercito in seguito ad alcuni provvedimenti deflazionistici impopolari. Nel giugno del 2 1 8 fu prima deposto e poi ucciso dalle truppe che acclamarono imperatore il piccolo Vario Avito Bassiano, noto col soprannome di Elagabalo, dal culto del dio Sole di Emesa, di cui era sacerdote, nipote di Iulia Mesa, sorella di Iu lia Domna, madre di Caracalla . L'8 giugno fu proclamato Augusto ad Emesa e assunse il nome di Marco Aurelio Antonino. 86 Eletto vescovo di Roma nel 199, Zefirino morì nel 2 1 7 .
42
Storia ecclesiastica
teri. 2 . Dopo di lui assunse l'episcopato Callisto: egli visse an cora per cinque anni 87 , e lasciò il ministero ad Urbano. Anto nino regnò solamente per quattro anni, poi gli succedette nel l'impero dei romani Alessandro 88 . Sempre in quest'epoca Fi leto succedette ad Asclepiade nella guida della Chiesa di An tiochia. 3 . La madre dell'imperatore, di nome Mamea, era una donna religiosissima: quando giunse alle sue orecchie la fama di Origene che si era diffusa ovunque, attribuì grande importanL;a all'essere giudicata degna della sua vista e mettere alla prova la sua conoscenza delle cose divine che tutti ammiravano. 4. Men tre soggiornava ad Antiochia, quindi, lo mandò a chiamare dai soldati della sua scorta. Dopo essere rimasto presso di lei per un certo tempo ed averle svelato molte cose per la gloria del Si gnore e la virtù dell'insegnamento divino, egli si affrettò a ri prendere le sue abituali occupazioni. 22. GLI
SCRITTI DI lPPOLITO GIUNTI FINO A NOI
A quel tempo Ippolito compose numerosi altri commenti, egli scrisse anche un trattato Sulla Pasqua, nel quale, dopo aver fissato una cronologia e aver proposto per la Pasqua un cano ne costituito da un ciclo di sedici anni, calcola le date a partire dal primo anno dell'imperatore Alessandro. Delle altre sue 87 Callisto, la cui vicenda ci è nota dalla Confutazione di tutte le eresie dd suo avversario Ippolito, divenne vescovo di Roma dopo essere stato ban chiere del liberto imperiale Carpoforo, di cui era schiavo. Morì nel 222, ucci so in un tumulto popolare. 88 Poiché Elagabalo si rivelò poco adatto a governare l'impero, nel 22 1 Iulia Mesa e la figlia Mamea lo persuasero ad adottare come Cesare, col no me di Marco Aurelio Severo Alessandro, il figlio tredicenne di Mamea, Ges sio Bassiano. Nel marzo del 222 Elagabalo e la madre Soemia furono uccisi dai pretoriani, i quali proclamarono imperatore Severo Alessandro.
Libro VI,
2 1 -23
43
opere, ci sono pervenute le seguenti: Sull'Hexaemeron, Su ciò che segue l'Hexaemeron, Contro Marcione, Sul Cantico, Su bra m' di Ezechiele, Sulla Pasqua, Contro tutte le eresie e diverse al tre che si possono trovare conservate presso molti 8 9, 23 . Lo
ZELO DI
ORIGENE E
COME FU RITENUTO DEGNO
DEL PRESBITERATO
NELLA CHIESA
l. Da allora anche Origene iniziò i suoi Commentari alle
divine Scritture 9o, Ambrosio lo incoraggiò non solo con innu merevoli sollecitazioni ed esortazioni a parole, ma gli procurò anche con larghezza i mezzi necessari di cui egli aveva bisogno. 2. Allorquando egli dettava, infatti, gli erano accanto più di set te tachigrafi che si alternavano ad ore stabilite e un numero non inferiore di copisti, come anche di ragazze esperte in calligrafia. 89 La lista delle opere di Ippolito, o almeno di una parte di esse, figura sulla cdebre statua marmorea scoperta nd 155 1 a Roma tra la via Nomenta na e la via Tiburtina: essa raffigura un personaggio seduto in una cathedra, sui lati dell a quale è inciso un computo pasquale, calcolato «in base al primo an no di principato dell'imperatore Alessandro» (Severo Alessandro, anno 222). S u uno dei bordi laterali è riportato, probabilmente in ordine cronologico, l'denco delle opere di Ippolito. Le opere citate sono: Intorno al Vangelo se
condo Giovanni e all'Apocalisse, Intorno ai carismi, Tradizione apostolica, Cro naca, Contro i greci, Contro Platone e Sull'universo, Protrettico a Severina,
Esposizione della cronologia della Pasqua, Su Dio e sulla risurrezione della car ne e infine Intorno al bene e all'origine del male. L'denco non comprende tre scritti, posteriori a quelli indicati sulla statua e che ci sono pervenuti: Confu tazione di tutte le eresie (o Philosophùmena) , /}Anticristo e il Commentario a Daniele. Come già per altri autori occidentali, l'elenco di Eusebio è dunque assai incompleto e per di più impreciso, dato che il Nostro sembra ammette
re l'esistenza di due diverse opere sulla Pasqua. 90 A giudizio di Eusebio, dunque, l'inizio dell'attività esegetica di Ori gene è da collocare intorno al 222 dato che il Commento a Giovanni, che egli
considera la prima opera esegetica di Origene, fu iniziato all'incirca in quel periodo : altri elementi invece inducono a pensare che l'inizio dell'attività ese getica dell'Alessandrino sia da far risalire agli anni 2 14-218.
Storia ecclesiastica
44
Provvedeva con abbondanza di mezzi al sostentamento di tutti Ambrosia, che alimentò in lui un indicibile ardore per lo studio e la passione degli oracoli divini e sollecitandolo, soprattutto, alla stesura dei suoi commentari. 3 . Stando così le cose, ad Urbano, che era stato vescovo della Chiesa dei romani per otto anni, succedette Ponziano 9 1 , mentre Zebenno presiedette la Chiesa di Antiochia dopo Fileto. 4. A quel tempo Origene, per un'urgente necessità relati va agli affari ecclesiastici, recatosi in Grecia attraverso la Pale stina, ricevette a Cesarea dai vescovi di quella regione l'ordina zione sacerdotale mediante l'imposizione delle mani 92. Lo scompiglio provocato allora attorno alla sua persona da questo fatto e le decisioni prese in proposito da coloro che governava no le Chiese, come pure tutta la p ro duzi on e della sua maturità sulla Parola divina, sono argomenti che necessitano di un'espo sizione a parte, cosa che abbiamo opportunamente fatto nel se condo libro dell'Apologia per Origene che abbiamo scritto in sua difesa 93 .
24.
l COMMENTARI CHE SCRISSE AD ALESSANDRIA
l . A questo si dovrebbe aggiungere che nel sesto libro del suo Commento a Giovanni, Origene dichiara di aver composto i primi cinque libri mentre era ancora ad Alessandria, ma di questo suo lavoro sull'intero Vangelo in questione ci sono giun-
91 Ancora una volta la cronologia di Eusebio sui vescovi di Roma del TII secolo è approssimativa. L'awenimento risale al 23 0. 9 2 L'ordinazione sacerdotale di Origene sembra si debba collocare nel 23 1 . 93 L'apologia di cui parla Eusebio, redatta in collaborazione con Panfi lo, è andata perduta, ad eccezione del primo libro di cui possediamo una tra duzione ad opera di Rufino. Cf. Storia ecclesiastica, vol. I, p. 1 1 .
Libro VI,
ti solamente ventidue tomi 94 . 2. Nel nono libro del
alla Genesi 95
45
23-25
Commento
essi sono in tutto dodici - dice che quelli pre. cedenti al nono sono stati redatti ad Alessandria, come pure i commentari ai primi venticinque Salmi e alle Lamentazioni, di cui ci sono pervenuti cinque tomi, nei quali egli ricorda anche quelli Sulla risurrezione, che sono due 96. 3 . Inoltre, prima di an darsene da Alessandria, scrisse i libri Sui principi 97 . Quanto ai libri intitolati Stromati, che sono dieci di numero, li compose, come mostrano le intestazioni autografe all'inizio dei volumi, nella stessa città, durante il principato di Alessandro.
25 .
-
COME HA ,'vlENZIONATO LE SCRITTURE CANONICHE
l. Nel commentare il primo Salmo, Origene espone un ca talogo delle Sacre Scritture dell'Antico Testamento, scrivendo testualmente così: «Non bisogna ignorare che, secondo la tra94 Quest'opera, che è considerata il c ap ol avo ro di O rigine iniziata ad Alessandria intorno al 225 e continuata a Cesarea, non fu mai completata dal lo scrittore alessandrino. Ci sono pervenuti i libri l , 2, 6, 1 0 , 1 3 , 19 (incom pleto) , 20, 28 e 32, oltre a numerosi frammenti. 95 TI Commento alla Genesi è perduto, ad eccezione di qualche fram mento: anche quest'opera, forse in 12 o 13 libri, fu cominciata ad Alessandria e condotta a termine a Cesarea. 96 I commentari dei primi salmi risalgono agli anni 2 14-2 18; l op era sembra fosse costituita da 46 libri. Allo stesso periodo appartengono i 5 libri dedicati alle Lamentazioni, opera di cui possediamo alcuni frammenti perve nuti nell'opera Catene sull'Ottateuco di Procopio di Gaza. Del trattato Sulla risu"ezione, opera anch'essa perduta, e che sembra sia stata pubblicata pri ma dei commentari alle Lamentazioni, ci restano ampi frammenti conservati in Panfilo (Apologia per Origene) , in Metodio (La risu"ezione dei mortt} e for ,
'
se in Girolamo (Contro Giovanni di Gerusalemme, 25-26) . 97 Scritta ad Alessandria intorno al 220-225 , l'opera, (pur con le modi fiche apportate dal traduttore) , ci è pervenuta per intero nella traduzione la
tina di Rufino, in ampi frammenti greci nella Filocalia (antologia di passi scel ti composta da Basilio e Gregorio di Nazianzo nel 358ca) e in alcune citazio ni presso vari autori.
46
Storia ecclesiastica
dizione ebraica, i libri testamentari canonici sono ventidue, tan ti quante sono le lettere del loro alfabeto». 2. Quindi soggiunge: «Secondo gli ebrei i ventidue libri sono i seguenti: quello che per noi è intitolato Genesi, è quello che presso gli ebrei, dalla parola con cui ha inizio il libro, si in titola Bresith, cioè "In principio " ; Esodo, Ouellesmoth, cio è " questi sono i nomi " ; Levitico, Ouikra, " ed egli ha chiamato " ;
Numeri, Ammesphekodeim; Deuteronomio, Elleaddebareim, " queste le parole" ; Gesù figlio di Nave, Iosouebennoun; Giudi ci e Ruth, per loro in un solo libro: Sophteim; l e 2 dei Re, per loro un solo libro, Samuel, "l'eletto di Dio " ; 3 e 4 dei Re, per loro un solo libro, Ouammelch David, cioè "regno di Davide " ; Cronache, l e 2 libro, in uno solo: Dabreiamein, cioè "parole dei giorni " ; Esdra, l e 2 libro, in uno solo, Ezra, cioè " soccorrito re" ; libro dei Salmi, Spharthelleim; Proverbi di Salomone, Me Ioth; Ecclesiaste, Koelth; Cantico dei Cantici (non, come alcuni pensano, Cantici d ei Cantici) , Sirassireim; Isaia, Iessia; Geremia, con le Lamentazioni e la Lettera in un solo libro, Ieremia; Da niele, Daniel; Ezechiele, Ezekiel; Giobbe, ]ob; Ester, Esther. Ol tre a questi vi sono poi i Maccabei, che si intitolano Sarbethsa nabaiel». 3 . Ecco quanto stabilisce Origene nell'opera sopra citata. Nel primo tomo del Commento a Matteo, mantiene il canone ecclesiastico e testimonia di conoscere solo quattro Vangeli, quando scrive così: 4. «Come ho appreso nella tradizione rela tiva ai quattro Vangeli, che sono anche i soli indiscussi nella Chiesa di Dio che è sotto il cielo, per primo fu scritto quello Se condo Matteo, il quale fu un tempo pubblicano 98, poi apostolo di Gesù Cristo. Egli lo pubblicò per i credenti che proveniva no dal giudaismo, dopo averlo composto in lingua ebraica. 5. Quindi il Vangelo secondo Marco, che scrisse secondo quanto Pietro gli indicò; quest'ultimo, nella sua lettera cattolica, lo ri98 I pubblicani erano gli esattori delle imposte.
Libro VI,
25
47
conosce anche come figlio, quando dice: La Chiesa eletta che è in Babilonia vi saluta; e così fa Marco, figlio mio i. 6. Terzo è il Vangelo secondo Luca, scritto lodato da Paolo i e composto per coloro che provenivano dal paganesimo. Infine il Vangelo se condo Giovanni». 7 . Nel quinto libro del Commento a Giovanni, lo stesso [Origene] così dice a proposito delle lettere degli apostoli: «Re so capace di diventare ministro del Nuovo· Testamento, non della lettera, ma dello spirito k, Paolo, dopo aver compiuto la predicazione del Vangelo da Gerusalemme e dintorni fino al l'illiria I, non scrisse a tutte le Chiese cui insegnò ed anche a quelle cui scrisse non inviò che poche righe. 8. E Pietro, sul quale è fondata la Chiesa di Cristo che le porte dell ' Ade non prevarranno m , ha lasciato una sola lettera indiscussa, e forse anche una seconda, ma essa è controversa 99. 9. E che cosa bi sogna dire di colui che si chinò sul petto di Gesù n, di Giovan ni, che ha lasciato un solo Vangelo, confessando che avrebbe potuto scriverne tanti, quanti neppure il mondo avrebbe potu to contenere? 10. Egli scrisse anche l'Apocalisse, in cui gli fu or dinato di tacere e di non scrivere le parole dei sette tuoni 0 • Egli ha lasciato anche una lettera di pochissime righe wo , e forse an che una seconda e una terza, dato che non tutti dicono che es se siano autentiche: entrambe, messe insieme, non superano le cento righe». i l Pt 5 , 13. i Cf. 2 Cor 8, 18-19; 2 Tm 2 , 8; Col 4, 14; Rm 2 , 16. m Cf. Mt 16, 18. I Cf. Rm 15, 19. k a. 2 Cor 3, 6. n Cf. Gv 13, o Ap 10 , 4. 25 ; 2 1 , 20.
99 Sull'autenticità della 2 Pt e sulla problematica connessa cf. F. Mi gliore, Introduzione al Nuovo Testamento, Soveria Mannelli 1 992, pp. 249254. I OO In realtà la prima lettera di Giovanni è abbastanza lunga (centocin que versetti) , se la si confronta alla seconda e alla terza, che contano rispetti vamente tredici e sedici versetti.
Storia ecclesiastica
48
1 1 . Inoltre, a proposito della lettera agli ebrei, Origene così ragiona nelle Omelie su di essa: «ll carattere dello stile della lettera Agli ebrei non ha, nel discorso, la semplicità del l' Apostolo, il quale ammette egli stesso di essere inesperto nel linguaggio P, cioè nello stile, ma la lettera è certamente greca nella struttura della frase, cosa che può riconoscere ogni per sona in grado di distinguere le differenze di stile. 12. Del resto, che i pensieri della lettera siano straordinari e per niente infe ri o ri a quelli delle lettere indiscusse degli apostoli, chiunque legga attentamente le lettere degli apostoli ammetterà che ciò è vero». 1 3 . Dopo altre cose, aggiunge dicendo: «Quanto a me, do vendo esprimere la mia opinione, direi che i pensieri sono del l'Apostolo, mentre lo stile e la composizione sono di un o che ri cordava la dottrina apostolica, per così dire di un redattore che ha trascritto quanto era detto dal maestro. Se dunque qualche C hie s a considera questa lettera veramente di Paolo, essa stessa si rallegri anche di questo: non è a caso, infatti, che gli antichi l'hanno tramandata come se fosse di Paolo . 1 4 . Quanto poi a chi ha scritto la lettera, Dio sa la verità. Secondo la tradizione giunta sino a noi, alcuni sostengono che la abbia scritta Cle mente, colui che fu vescovo di Roma; secondo altri invece a scriverla fu Luca, l'autore del Vangelo e degli Atti». Ma su queste cose basta così.
P
Cf. 2 Cor 1 1 , 6.
Libro VI,
49
25-2 7
26. [IN CHE MODO ERACLA OITENNE L'EPISCOPATO DI ALES SAN DRIA ]
101
Era il decimo anno del principato suddetto 1 02 , allorquan do Origene si trasferì da Alessandria a· Cesarea 1 0 3 e lasciò ad Eracla la scuola di catechesi della città. Non molto tempo do po morì Demetrio, vescovo della Chiesa di Alessandria, dopo aver retto il ministero per quarantatré anni interi; gli succedet te Eracla.
27. [COME I VESCOVI GIUDICAVANO ORI GENE] A quel tempo si segnalava Firmiliano to4 , vescovo di Cesa rea in Cappadocia, il quale nutrì nei confronti di Origene un ta le affetto che una volta lo chiamò nel suo territorio per l'utilità d elle Chiese e un 'altra volt a egli stesso si recò in Giudea e tra scorse qualche tempo con lui per perfezionarsi nelle cose _c;livi ne 1 05 . Inoltre il vescovo della Chiesa di Gerusalemme, Ales sandro e Teoctisto, vescovo di Cesarea, che si affidavano stabil mente a lui, come al loro unico maestro, gli permisero di occu parsi di ciò che concerne l'interpretazione delle divine Scrittu re e di ogni altra cosa relativa all'insegnamento ecclesiastico 106 .
1 0 1 I titoli dei cc. 26 e 27 nell'indice risultano invertiti. 102 L'anno dovrebbe essere il 23 1 . 103 Demetrio era ancora vivo quando Origene s i trasferì
definitivamen te a Cesarea, cf. supra, VI, 8, 4-5 . 104 Firmiliano divenne vescovo di Cesarea di Cappadocia intorno al 23 0; morì verso il 248. 105 Cf. supra, VI, 23 , 4; 19, 17-18. 1 0 6 Stabilitosi a Cesarea di Palestina, Origene vi aprì una nuova scuola e svolse la sua predicazione. Scoppiata la persecuzione di Massimino, abban donò temporaneamente la città e trascorse due anni interi, forse dal 235 al 238, a Cesarea di Cappadocia, ospite di Giuliana, personaggio di cui si è par lato in precedenza (cf. supra, VI, 17).
50
Storia ecclesiastica
28. LA PERSECUZIONE SOTTO MASSIMINO Alessandro, imperatore dei romani, tenne l'autorità impe riale per tredici anni 1 07 : alla sua morte gli succedette Massimi no Cesare. Costui, per risentimento nei confronti della casa di Alessandro, costituita per lo più di credenti, avendo suscitato una persecuzione, ordinò che fossero uccisi solo i capi delle Chiese, in quanto ritenuti i responsabili dell'insegnamento se condo il Vangelo 1 08 . In quel tempo Origene compose il tratta to Sul martirio, che egli dedicò ad Ambrosio e a Protocteto, presbitero della diocesi di Cesarea 1 09 , poiché difficoltà incon suete li avevano colti entrambi durante la persecuzione. Si nar ra che questi uomini si misero in luce nella loro confessione di fede durante il principato di Massimino, che non durò più di tre anni 1 10 . Origene ha analizzato questo momento della per secuzione nel ventiduesimo libro del Commento a Giovanni e in diverse lettere.
1 07 Severo Alessandro, dopo tredici anni di regno, fu ucciso nei pressi di Magonza, nel marzo del 235 , insieme con la madre Mamea, durante una ri volta militare, nel corso della spedizione contro gli alamanni. Poco prima, i soldati avevano acclamato imperatore un rozzo soldato nativo della Tracia, Massimino . 1 08 L' a tteggiam ento di Severo Alessandro e di Mamea nei confronti del . la religione e la cultura in genere fu improntata al sincretismo, cosa che in dusse molti a interpretare in senso filo-cristiano il suo governo. A differenza delle fonti pagane dd tempo (Erodiano e Historz'a Augusta), Eusebio è il so lo a sostenere che la persecuzione di Massimino traesse origine dalla reazio ne nei confronti dell'atteggiamento benevolo tenuto da Alessandro verso i cristiani. Tali misure non ebbero carattere generale, ma miravano a colpire i capi delle comunità nel tentativo di bloccare il proselitismo. 1 09 Protocteto, che era presbitero di Cesarea di Palestina, e Ambrogio non morirono nel corso della persecuzione. Ambrogio era ancora in vita nel 248, anno in cui sappiamo che indusse Origene a scrivere il Contro Celso. L'o pera in �uestione ci è pervenuta nell'originale greco. 1 1 La persecuzione ebbe termine con la morte dell'imperatore.
Libro VI,
28-29
51
29. FABIANO È DESIGNATO DA DIO IN MANIERA MIRACOLOSA VESCOVO DI ROMA l . Quando Gordiano succedette a Massimino nell'impero
dei romani m, a Ponziano, che era stato vescovo della Chiesa di Roma per sei anni, s u cc e dett e Antero e a quest'ultimo, che esercitò il suo ministero per un mese, Fabiano. 2. Si narra che, dopo la morte di Antero, Fabiano, venu tosi a stabilire a Roma dalla campagna insieme con altri, fu de signato in modo assolutamente miracoloso, per grazia divina e celeste. 3 . Tutti i fratelli, infatti, erano riuniti per l'elezione di colui che doveva ricevere la carica episcopale e molti avevano in mente numerosi uomini noti ed illustri; nessuno pensava a Fabiano, che era presente. Tuttavia, all'improvviso, discese dal cielo una colomba che, a quanto si racconta, si posò sulla sua testa, richiamando palesemente la discesa dello Spirito Santo sul Salvatore in forma di colomba q_ 4. In seguito a ciò, t u tt o il popolo, come mosso da un'unica ispirazione divina, d'un solo slancio gridò all'unanimità che egli ne era degno: senza alcun indugio lo presero e lo posero sul seggio episcopale. In quel tempo, essendo venuto meno anche il vescovo di Antiochia Zebenno, gli succedette Babila; ad Alessandria, es sendo stato eletto Eracla alla carica episcopale dopo Demetrio, q
Cf. Mt 3 , 16; Mc
l , 10;
Le 3 , 22; Gv l, 32.
1 1 1 A motivo delle sue crudeltà, Massimino il Trace si alienò ben presto le simpatie dei più e in Mrica scoppiò una rivolta militare capeggiata dal pro console Gordiano, che fu proclamato imperatore. Massimino riuscì a repri mere la sollevazione, ma dovette combattere contro le forze riunite di Pupie no e Balbina suscitategli contro dal senato. Intanto Gordiano I veniva ucciso insieme al figlio Gordiano IL Deciso a marciare su Roma, Massimino, insie me con il figlio già nominato Cesare, fu ucciso dai suoi stessi soldati ad Aqui leia nel giugno del 23 8. li Senato proclamò quindi imperatori congiunti Bai bino e Pupieno, che furono uccisi qualche mese più tardi dai pretoriani, i quali proclamarono imperatore Gor diano III, nipote tredicenne di Gordiano I, che in precedenza era stato nominato Cesare.
52
Storia ecclesiastica
gli succedette nella guida della scuola di catechesi di questa città Dionisio, anch'egli uno dei discepoli di Origene.
30.
l
DISCEPOLI DI
0RIGENE
Nel tempo in cui Origene svolgeva a Cesarea m i suoi do veri abituali, si recavano da lui non solo innumerevoli persone del luogo , ma anche numerosi allievi stranieri che avevano ab bandonato la loro patria: tra costoro conosciamo come parti colarmente illustri Teodoro, chiamato anche Gregorio, che è ora vescovo illustre 1 ! 3 , e suo fratello Atenodoro, entrambi for temente interessati alle discipline greche e romane. Tuttavia Origene, dopo aver destato in loro un grande amore per la fi losofia, li esortò a trasformare il loro primo interesse in amore per l'ascesi divina. Dopo essere vissuti con lui per cinque anni interi, si inoltrarono talmente nella perfezione divina che, an cora giovani, furono entrambi ritenuti degni dell'episcopato delle Chiese del Ponto.
31.
AFRICANO
l . A quel tempo era famoso anche Mricano
l'opera intitolata Kestoz"
m.
autore del Di costui possediamo anche una let1 14 ,
1 12 Si tratta naturalmente di Cesarea di Palestina. 1 13 G regorio il Taumaturgo (2 13 -275 ca . ) , è uno dei personaggi più fa mosi dell'antichità cristiana. Nativo di Neocesarea, nd Ponto, era pagano di nascita e di cultura e incontrò Origene a Berito in Fenicia, dove studiava di ritto. Fu discepolo dell'Alessandrino a Cesarea di Palestina dal 233 al 23 8 e successivamente vescovo della sua città natale. 1 1 4 Giulio Africano, di origine ebrea, era nativo di Gerusalemme; viag giò moltissimo e ricoprì incarichi pubblici (a Roma fu architetto alla. corte di
Alessandro Severo) .
1 15
L' opera (alla lettera
=
ricami) , di cui non restano che pochi fram-
Libro VI,
53
29-32
tera scritta ad Origene, nella quale nutre il dubbio sul fatto che la storia di Susanna nel libro di Daniele 1 1 6 sia apocrifa e inventata; ad essa Origene risponde in maniera quanto mai esauriente m. 2. Dello stesso Africano ci sono pervenute anche altri cin que libri di Cronografie, scritti con accuratezza 1 1 8 , nei quali racconta di aver fatto un viaggio ad Alessandria a motivo della grande fama di Eracla, che, come abbiamo detto, era un pro fondo conoscitore della filosofia e delle altre discipline greche, ed aveva ricevuto l'episcopato della Chiesa della sua città. 3 . Possediamo anche un'altra lettera dello stesso Africano ad Ari stide a proposito dell'apparente disaccordo esistente nelle ge nealogie di Cristo in Matteo e in Luca. In questa lettera, egli stabilisce molto lucidamente la corrispondenza degli evangeli sti in b ase a un racconto a lui pervenuto , che io ho op p o rtuna mente esposto nel primo libro del presente lavoro w>. .32 . COA1MENTARI SCRITTI DA 0RIGENE A CESAREA DI PALESTINA l . In quello stesso periodo
120,
Origene compose anche il
Commento a Isaia e, contemporaneamente, quello Ad Ezechiementi, era una compilazione enciclopedica e raccoglieva in ventiquattro libri estratti di argomento vario. 1 1 6 Nell a Bibbia ebraica la storia
di Susanna (cf. Dn 1 3 ) è stata consi derata aggiunta al libro di Danide e non era pertanto ritenuta canonica. I.: e pisodio è presente nell'edizione di Teodozione, dal cui testo dipende la tra duzione in latino di Girolamo. 1 1 7 L a corrispondenza tra Giulio Africano e Origene è datata al 240ca. , quando cioè lo scrittore era in età avanzata. 1 1 8 N ell ope ra , di cui rimangono scarsi frammenti e che esercitò un considerevole influsso sulla storiografia posteriore, .Africano suddivideva in sei millenni gli avvenimenti dalla creazione dd mondo al 22 1 d. C. o, secon do altri, al 2 17-2 1 8. '
119
120
Cf. supra, l , 7 , 2 .
Vale a dire sotto il regno di Gordiano III
(238-244) .
54
Storia ecclesiastica
le: del primo sono giunti fino a noi trenta tomi che commenta no un terzo dell'opera di Isaia m , fino alla visione delle bestie nel deserto r , mentre su Ezechiele ne sono giunti venticinque, gli unici che abbia scritto su tutta l'opera del profeta 122 . 2 . Re catosi in quel tempo ad Atene 123 , vi portò a termine i libri su Ezechiele e cominciò quelli sul Cantico dei Cantici, giungendo fino al quinto libro 1 24. In seguito, ritornato a Cesarea, li portò a termine, vale a dire fino al decimo libro. 3 . Ma che bisogno c'è di fare in questa sede l'accurato elen co delle opere di quest'uomo, cosa che richiederebbe uno studio particolare? Noi d'altronde l'abbiamo trascritto nella narrazione della vita di Panfilo, il santo martire della nostra epoca, nella qua le, facendo conoscere quale zelo Panfilo ebbe nei confronti del le cose divine, abbiamo registrato le liste dell a biblioteca dell e opere di Origene e degli altri autori ecclesiastici da lui raccolte: mediante tali cataloghi, chi lo desidera può conoscere in manie ra completa i lavori di Origene che sono giunti fino a noi m. Ma adesso dobbiamo proseguire con la nostra storia. r
Cf. l s 30, 6 .
1 2 1 D i questi commentari non sono giunti che scarsi frammenti. 122 La cifra fornita da Eusebio potrebbe essere errata, infatti, nel suo catalogo delle opere di Origene, Girolamo p arla di ventinove tomi; l'opera è comunque perduta. 1 23 ll viaggio ad Atene di cui qui parla Eusebio, e che avvenne nel 240, dev'essere senz' altro distinto da quello ricordato dallo storico in precedenza (cf. supra, VI, 23 , 4). 1 24 D i quest'opera, che esercitò u n notevole influsso p e r tutta l'anti chità e il Medioevo, particolarmente per quel che concerne la letteratura mi stica, ci restano, nella traduzione di Rufino, il prologo, i libri 1 -3 e una parte del libro 4 . 12 5 Sull a vita d i Panfilo cf. I Martiri di Palestina, 1 1 , 3 . I c at aloghi di cui parla Eusebio sono andati perduti, ne possediamo una copia, pur se parziale, fatta da Girolamo nella lettera 33 a Paola. L'elenco non è completo in quan to vengono ricordati solo 800 dei 2000 tomi contenuti nel catalogo di Euse bio (d. Girolamo, Contro Ru/ino, 2, 22) . È probabile che la lista geronimia na registri soltanto le opere presenti nella biblioteca di Alessandria.
Libro VI, 32-33 33 .
55
L'ERRORE DI BERILLO
l . Berillo, il vescovo di Bostra, in Arabia, di cui si è parla
to in precedenza 126 , alterando l'insegnamento ecclesiastico, tentò di introdurre concetti estranei alla fede e osò dire che il nostro Salvatore e Signore non era preesistito secondo un'esi stenza individuale prima della sua venuta tra gli uomini, e che egli non possedeva una divinità propria, ma soltanto quella del Padre che abitava in lui m. 2 . Allora, dato che parecchi vesco vi avevano già avuto dissensi e polemiche con costui, chiamato insieme con altri, Origene entrò subito in colloquio con lui nel tentativo di scoprire qual era il suo pensiero; poi, non appena apprese ciò che egli sosteneva, correggendo quanto non era or todosso e persuadendolo mediante un ragionamento, lo con dusse di nuovo alla verità della dottrina e lo restituì alla prima, autentica opinione. 3 . Ancora oggi si conservano sia gli scritti di Berillo , sia quelli del sinodo tenutosi per causa sua, e che contengono tanto i problemi postigli da Origene, quanto le po lemiche che avvennero nella sua diocesi, in breve tutto ciò che fu fatto allora 128 . 4 . A proposito di Origene i presbiteri dei nostri tempi ci hanno tramandato oralmente molte altre cose, che a me sembra opportuno tralasciare in quanto non attinenti alla presente ope ra. Ma tutte quelle cose che era necessario conoscere su di lui, possono essere desunte dall'Apologia scritta in sua difesa da noi 12 6 Cf. supra, VI, 20, 2 . 12 7 TI pensiero di Berillo
si riallaccia alle tendenze giudeo-cristiane preoccupate di salvaguardare la concezione monoteistica. In evidente pole mica col subordinazionismo tipico degli ambienti più ellenizzati, la teologia di Berillo è un chi aro esempio di monarchianismo radicale. Sulla sua line a si colloca Paolo di Samosata. Sul problema cf. G. Bardy, Paul de Samosate, Lou vain 1 929'l pp. 23 1 -234. 1 28 E p robabile che il viaggio di Origene a Bostra si sia svolto negli an ni 23 8-244.
56
Storia ecclesiastica
e da Panfilo, il santo martire della nostra epoca, opera che noi abbiamo composto con cura lavorando insieme a causa dei suoi contestatori 12 9 .
3 4 . AVVENIMENTI ACCADUTI SOTTO FILIPPO
Dopo che Gordiano tenne l'impero dei romani per sei an ni interi, conquistò il potere Filippo insieme con il figlio Filip po no . Si racconta che egli, che era cristiano, il giorno dell'ulti ma veglia di Pasqua volle partecipare insieme alla folla alle pre ghiere che si tenevano nella chiesa, ma da parte di colui che presiedeva la celebrazione non gli fu permesso di entrare prima di essersi confessato ed essersi iscritto tra coloro che erano con siderati peccatori ed occupavano il posto dei penitenti: diver samente, infatti, se non avesse fatto ciò, non sarebbe mai stato accolto dal presidente dell'assemblea a motivo delle innumere voli accuse che gli si facevano. E si dice che egli obbedì di buon grado, dimostrando coi fatti la sincerità e la devozione del suo sentimento riguardo al timore di Dio m .
12 9 DO
Cf. supra, VI, 23 , 4 . Nel febbraio 244, mentre guidava una grande spedizione contro i persiani, Gordiano III fu ucciso nel corso di una rivolta militare, guidata, a quanto sembra, dal prefetto al pretorio M. Giulio Filippo, soprannominato l'Arabo per le sue origini, che fu proclamato imperatore. Filippo riprese l'a spirazione sincretistica che tendeva all'unificazione religiosa che si era mani festata da Caracalla in poi, tanto che la tradizione ecclesiastica lo considerò cristiano, nonostante in qualità di ponti/ex maximus, nel 248, presiedesse le solenni celebrazioni in occasione del millenario della fondazione di Roma. 1 3 1 La testimonianza di Eusebio sull'episodio è alquanto cauta («si rac conta», «si dice») e generica (non dà come certa la penitenza e omette il no me del vescovo che la impose) . Secondo la testimonianza di Giovanni Criso stomo il fatto accadde ad Antiochia e il vescovo era Babila (cf. discorso Su Ba bila, 6; Girolamo, Gli uomini illustri, 54; Paolo Orosio, Storia, 7, 20) .
Libro VI, 33-3 6
35 .
57
DIONIGI SUCCEDETTE A D ERACLA NELL'EPISCOPATO
Nel corso del terzo anno di principato del suddetto impe ratore m , morì Eracla, dopo aver presieduto per sedici anni le Chiese di Alessandria: Dionigi assunse la carica episcopale. 3 6. ALTRE OPERE COMPOSTE DA 0RIGENE
l . Allora in verità, come era naturale, diffondendosi sem
pre più la fede ed essendo predicata liberamente fra tutti la no stra dottrina, narrano che Origene, avendo superato la soglia dei sessant'anni m ed avendo oramai acquisito grazie alla sua lunga esperienza una vastissima conoscenza, cosa che non ave va mai autorizzato in precedenza, acconsentì che dei tachigrafi trascrivessero i discorsi da lui tenuti in pubblico. 2 . Nella stes sa epoca egli compose anche gli otto libri in risposta all'opera diretta contro di noi dell'epicureo Celso 134 e intitolata Discor so vero, i venticinque tomi sul Vangelo secondo Matteo m e quelli sui dodici profeti, dei quali ne abbiamo trovati solamen te venticinque 1 3 6 . 3 . Di lui possediamo anche una lettera al1 32 L'imperatore è evidentemente Filippd l'Arabo e l'avvenimento risa
le al 247 .
1 33 Siamo dunque intorno al 245 , in quanto, come si è detto, Origene era nato verso il l 85 . 1 3 4 Cdso, che in realtà non fu epicureo, ma medio-platonico, aveva scritto il suo Discorso vero più di sessant'anni prima, vale a dire nd 178-180 ca. L'opera origeniana, che è una confutazione sistematica del libello dell'av versario, fu scritta a qud tempo, su richiesta dell ' amico Ambrogio, forse in concomitanza coi festeggiamenti pagani in occasione dd millenario della fon dazione di Roma (cf. G. Bosio - E. dal Covolo - M. Maritano, Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 3 15-3 17 ) . 1 3 5 D i questo commentario possediamo in greco i tomi 10- 18; c i è per venuta altresì una traduzione latina, nota col titolo di Commentariorum series, che inizia dal cap. 9 dd libro 12 e termina col commento di Mt 27 , 60. 1 3 6 Nulla è pervenuto dei venticinque libri sui profeti minori.
58
Storia ecclesiastica
l'imperatore Filippo stesso, una a sua moglie Severa m e varie altre dirette a persone diverse. Tutte quelle lettere che noi ab biamo potuto riunire, nonostante fossero conservate separata mente da persone differenti, affinché non si disperdano più, le abbiamo raccolte in speciali volumi: esse sono più di cento. 4. Origene scrisse anche a Fabiano, vescovo d i Roma e a numero si altri capi di Chiese a proposito della sua ortodossia 1 3 8 . La narrazione di questi eventi si trova nell'ottavo libro dell'Apolo gia che noi abbiamo scritto su di lui.
3 7.
IL CONTRASTO CON GLI ARABI
All'epoca di cui stiamo parlando, in Arabia altre persone ancora divulgarono un insegnamento estraneo alla verità: co storo sostenevano che, nel tempo presente, al momento del tra passo, l'anima dell'uomo muore col corpo e provvisoriamente si corrompe; ma che un giorno, al momento della risurrezione, tornerà di nuovo a vivere insieme con esso. Anche allora si riunì un importante sinodo e Origene, convocato ancora una volta e avendo tenuto dei discorsi all'assemblea sulla questione in di scussione, si comportò in maniera tale da far cambiare opinio ne a coloro che prima erano stati ingannati 1 3 9 ,
1 3 7 Si tratta di Marcia Otacilia Severa, dall a quale l'imperatore ebbe un figlio cui impose il suo stesso nome. 13 8 Dall e parole di Eusebio non traspare che vi fossero dubbi sull'orto dossia di Origene, malgrado essa fosse messa in dubbio da qualcuno. Anche Girolamo, nella già ricordata lettera 33 (cf. supra, n . 125 ) , ci informa che, pur se la dottrina dell'Alessandrino destava qualche sospetto, il vero motivo del la sua condanna era da ricercare altrove (nelle sue capacità letterarie e nella sua cultura: «quia gloriam eloquentiae eius et scientiam ferre non poterant») . 139 ll concilio di cui parla Eusebio dovette aver luogo tra il 244 e il 248: su di esso non possediamo altre notizie.
Libro VI,
3 6-38
59
3 8 . L'ERESIA DEGLI ELCESAITI
A quel tempo sorse un'altra perversione, l'eresia d ett a de gli elcesaiti 140, che si estinse sul nascere. Origene la ricorda in un'omelia pronunciata in pubblico sul Salmo 3 2 , parlando in questi termini: «Proprio ora è venuto un t ale che si gloria di po ter insegnare una dottrina atea e del tutto empia, detta degli el cesaiti e che di recente è sorta in opposizione alle Chiese. Io vi mostrerò quali opinioni erronee insegni questa dottrina affin ché voi non ne siate conquistati. Essa rigetta alcuni punti della Scrittura, si serve di termini desunti da tutto il Vecchio Testa mento e dal Vangelo e rigetta del tutto l'Apostolo w. 2. Sostie ne che è indifferente negare la propria fede e che l'uomo sag gio, se si trova in c as o di necessità, negherà con la bocca, ma non col cuore. «(Questi eretici) esibiscono anche un libro che essi dicono caduto dal cielo: chi l'ascolta e vi crede riceverà il perdono dei suoi peccati, un perdono diverso da quello che ci ha concesso Gesù Cristo 142 » . 14 0 In realtà l'eresia degli dcesaiti sembra abbia avuto inizio verso l'an
no 1 00 (nel terzo anno dell'impero di Traiano), ma ebbe grande fortuna ne
gli anni 245-250. Le nostre principali fonti in materia sono Ippolito (cf. Con futazione di tutte le eresie, 9, 13-17) e Epifanio (Contro gli eretici, 19, 30, 53 ).
S i trattava d i una setta eclettica che s i ispirava al giudaismo, d i cui mantene va la circoncisione, e nella quale confluivano astrologia, magia ed esoterismo; non priva di dementi gnostici, mostra affinità con le idee degli ebioniti e de gli esseni. Gli dcesaiti credevano in un Dio Padre, vedevano nd Figlio la più perfetta delle creature e ritenevano lo Spirito santo un essere simile al Figlio, ma di sesso femminile. La salvezza era garantita dalla fede cieca nd loro libro sacro. Permissivi sul piano morale, condannavano la continenza e la verginità e obbligavano al matrimonio. Uno di loro, Alcibiade di Apamea, tentò con scarsa fortuna di propagare queste idee a Roma. 1 4 1 È evidente che si tratta dell'apostolo Paolo e delle sue lettere. 1 42 Sembra che qui si alluda al battesimo praticato dagli dcesaiti, per i quali era un rito assai importante. Esso era impartito nd nome del Padre e di suo Figlio, il gran re, dopo che il penitente aveva confessato i propri peccati e dopo aver invocato dementi quali il cielo, l'acqua, gli angeli, l'olio, il sale e
60
Storia ecclesiastica
3 9 . Ciò CHE ACCADDE SOTTO DECIO l . Filippo regnò p e r sette anni, poi gli succedette D e 1 cio 43 . Questi, per odio verso Filippo, suscitò contro le Chiese
una persecuzione, durante la quale morì martire a Roma Fa bian o cui succedette nell'episcopato Cornelio 1 44 . 2. In Palesti na Alessandro, vescovo della Chiesa di Gerusalemme, a causa di Cristo comparve nuovamente a Cesarea in tribunale dinanzi al governatore e, messosi in luce per una seconda confessio ne w, sperimentò il carcere, coronato da una vigorosa vec chiaia e da una venerabile canizie. 3 . E allorquando, dopo la sua luminosa e chiara testimonianza in tribunale dinanzi al go vernatore, morì in prigione, Mazabane fu proclamato suo suc cessore nell'episcopato di Gerusalemme 4. In modo s imil e ad Alessandro, Babila morì in carcere 146 ad Antiochia dopo la sua confessione e Fabio fu preposto alla guida di quella Chiesa. ,
.
la terra. Poiché al rito si attribuivano straordinari poteri terapeutici, il batte simo poteva essere ripetuto. 143 Nell'autunno del 249, Filippo l'Arabo, insieme col figlio Filippo II, già nominato Augusto, fu sconfitto e ucciso a Verona ad opera di Messio Traiano Decio, senatore originario della Pannonia, legato di Mesia e Panno nia e vincitore dei goti in Tracia, che le legioni della Pannonia avevano già ac clamato imperatore nel giugno dello stesso anno. 1 44 Il regno di Decio fu caratterizzato da una reazione tradizionalista e da una radicale politica anticristiana. La persecuzione che egli scatenò ebbe tuttavia solo un apparente successo: all'inizio, come era già accaduto all'epo ca di Massimino il Trace, la persecuzione colpì soprattutto i capi delle Chie se. Intorno al 250 fu emanato un editto che imponeva a tutti i cittadini un sa crificio individuale agli dei dell'impero al cospetto di un'apposita commissio ne che rilasciava il relativo certificato (lat. libellus) . Molti furono i lapsi, colo ro cioè che prestarono il sacrificio, ma il successo della persecuzione fu assai limitato, dato che la Chiesa acquistò nuova forza di proselitismo. Fabiano morì il 2 0 gennaio 250 e il suo successore potè essere eletto solo un anno più tardi nel marzo 25 1 . 1 45 Sulla prima confessione d i Alessandro, al tempo della persecuzione di Settimio Severo, cf. supra, VI, 1 1 , 5 . 1 46 La morte d i Babila è collocata a l 2 4 gennaio 252 .
Libro VI, 39-40
61
5 . Quali e quanto grandi furono l e tribolazioni subite da Origene durante la persecuzione e quale ne fu la fine, allorché il demone maligno gli si schierò contro con tutte le sue forze e lottò contro di lui con tutte le sue insidie e la sua potenza e lo scelse in modo particolare sopra tutti coloro contro cui allora combatteva; qu ali e quanto grandi furono le sofferenze, le cate ne e le sevizie, le torture sul corpo, col ferro e nelle profondità del carcere, che patì quest'uomo per la parola di Cristo; e come per numerosi giorni subì il supplizio dei ceppi ai piedi che fu rono stirati al quarto foro; con quale coraggio sopportò la mi naccia del rogo e tutte le altre prove che gli furono inflitte dai suoi nemici e quale ne fu per lui l'esito, mentre il giudice cer cava con ogni mezzo in suo potere, con zelo, di evitarne la mor te; come, dopo tutto questo, egli lasciò delle parole piene an ch'esse di utilità per tutti quelli che avevano bisogno di essere rincuorati; tutte queste cose contengono in maniera veritiera e precisa le numerose lettere di quest'uomo w . 40. Ciò
CHE
ACCADDE A DIONIGI 1 48
l . Riferirò ciò che accadde a Dionigi, ricavandolo da una lettera a Germano 149, nella quale, parlando di sé, così raccon-
1 47 Origene sopravvisse ai supplizi e fu rimesso in libertà: spossato da questa terribile prova, morì poco tempo dopo, probabilmente a Cesa rea di Palestina. Una tradizione, riferita da Girolamo ( Gli uomini illustri, 54) e da Fozio (Biblioteca, cod. 1 18), lo fa morire, al tempo di Gallo e Vo lusiano, all'età di sessantanove anni a Tiro, dove si mostrò per lungo tem po il sepolcro. 14 8 A partire da questo capitolo la fonte principale di Eusebio diventa no le lettere di Dionigi di Alessandria: l'opera di Eusebio perde i tratti origi nali che l'avevano fino a qui distinta. 1 49 Questo personaggio, vescovo di una diocesi non identificata, aveva accusato Dionigi di essere fuggito durante la persecuzione di Valeriano. La ri sposta di Dionigi è dunque posteriore al 257 .
62
Storia ecclesiastica
ta: «Anch'io parlerò dinanzi a Dio ed egli sa se mento s . Non è di mia iniziativa e senza aiuto divino che sono fuggito. 2 . Ma, anche prima, quando fu ordinata la persecuzione sotto Decio, e Sabino 1 50 mandò immediatamente un /rumentarius 151 alla mia ricerca, per quattro giorni sono rimasto in casa, attenden do l'arrivo di costui, che, invece, girò per tutti i luoghi e perlu strò le strade, i fiumi, i campi, dove supponeva che io mi fossi nascosto o fossi andato; era così cieco che non riusciva a trova re la mia casa: infatti non pensava che io, essendo perseguitato, rimanessi a casa. 3 . A fatica, dopo quattro giorni, avendomi Dio ordinato di partire e avendomi miracolosamente guidato, io, i servi e molti dei fratelli ce ne andammo tutti insieme, e che quanto avvenne sia stato opera della Provvidenza di Dio lo mo strarono gli avvenimenti posteriori, nei quali forse siamo stati utili a qualcuno». 4. Quindi, dopo aver detto altre cose, fa sapere ciò che gli accadde dopo la fuga, continuando così: «Quanto a me, infat ti, verso il tramonto, catturato dai soldati insieme con coloro che erano con me, fui condotto a Taposiris 152 . Grazie alla Prov videnza di Dio, casualmente Timoteo 153 non era con noi e non
s
Cf. Gal l, 20.
15 0
Aurelio Appio Sabino era all ' epoca prefetto d'Egitto.
1 5 1 Originariamente addetti all'annona militare, da Adriano in poi ifru
mentarii svolsero mansioni investigative e si trasformarono in una sorta di spie politiche. Impiegati a partire dalla fine del II secolo anche come messi nel servizio postale, furono aboliti da Diocleziano che li sostituì con gli agen tes in rebus. 152 Città costiera, non lontana da Alessandria, l53 n personaggio non ci è altrimenti noto: poco probabile appare l'i potesi del Feltoe (il quale, seguito da altri commentatori, traduce il termine greco paides con «figli» e non «servi», cf. supra, 40, 3) secondo il quale si trat terebbe di uno dei figli di Dionigi, al quale quest'ultimo ha anche dedicato il trattato Sulla natura, (cf. in/ra, VTI, 26; cf. L. Feltoe, The Letters and other Re mains o/Dionysius o/ Alexandria, Cambridge 1904, p. 25 .).
Libro
VI, 40
63
fu perciò catturato. Più tardi, infatti, quando ritornò a casa, la trovò deserta e delle guardie che la sorvegliavano, quanto a noi eravamo stati portati via prigionieri». 5 . E dopo altre cose aggiunge: «E in qual modo si ebbe lo straordinario intervento di Dio? Racconterò senza dubbio la verità. Uno dei contadini incontrò Timoteo che fuggiva scon volto e gli chiese il motivo della sua fretta. 6. Egli gli disse allo ra la verità e l'altro, dopo averlo udito, (andava a festeggiare un matrimonio, perché è usanza di questa gente trascorrere la not te intera in simili riunioni) , andò ad annunciarlo ai convitati. Essi allora, di slancio, come ad un segnale convenuto, si alzaro no tutti e correndo a tutta velocità, piombarono su di noi gri dando. I soldati che ci facevano la guardia si diedero alla fuga ed essi si avvicinarono a noi, così come eravamo, stesi su dei let ti senza coperte. 7 . Allora io (Dio sa che inizialmente supposi che fossero malfattori venuti a rubare e rapinare) , rimasi fermo sul mio giaciglio: ero nudo con addosso solo una veste di lino e offrii loro il resto dei miei abiti che erano accanto a me; ma es si mi ordinarono di alzarmi e di allontanarmi al più presto 154. 8. Avendo compreso solo allora perché erano venuti t , comin ciai a gridare, pregandoli e supplicandoli di andarsene e di !a sciarci stare; se poi volevano fare qualcosa di utile, a mio avvi so dovevano prevenire quelli che mi stavano portando via e ta gliarmi essi stessi la testa. Mentre gridavo così, come sanno i miei compagni che presero parte a questi avvenimenti, mi sol levarono a forza. Io mi stesi supino per terra, ma essi, dopo avermi afferrato per le mani e per i piedi, mi trascinarono via. 9. Mi seguivano i testimoni di tutti questi avvenimenti, Gaio, t
Cf. Mt 26, 50.
1 54 Il Bardy (Eusèbe de Cèsarèe, Histoire ecclèsiastique, cit., p. 144) os serva che l'episodio narrato da Dionigi richiama una storia di briganti narra ta da Apuleio (cf. Metamorfosi, 3, 28).
64
Storia ecclesiastica
Fausto, Pietro e Paolo 1 55 : essi, sollevatomi di peso, a forza mi portarono fuori dalla cittadina e, dopo avermi fatto montare sul dorso di un asino, mi condussero via». Queste le co se che Dionigi narra di se stesso.
4 1 . COLORO CHE SUBIRONO IL MARTIRIO AD ALESSANDRIA Lo stesso Dionigi nella lettera a Fabio, vescovo di An tiochia, racconta nel modo seguente le lotte di coloro che subi rono il martirio ad Alessandria sotto Decio 1 5 6: «Tra noi la per secuzione non cominciò con l'editto imperiale, ma lo precedet te di un anno intero 157, quando giunse un profeta ed artefice delle sventure per questa città, chiunque egli sia stato, che spin se e sollevò contro di noi la moltitudine dei pagani, istigando la loro superstizione. 2. Infiammati da costui e impadronitisi del potere in vi st a della loro opera empia 158, pensarono che il cul to dei demoni, cioè la strage di noi, fosse la sola vera religione. 3. Agguantarono quindi per primo un vecchio, di nome Metra e gli ordinarono di dire parole empie 159, ma poiché egli non obbedì, lo percos sero in tutto il corpo a bastonate e gli punse ro il viso e gli occhi con spilloni appuntiti; poi lo condussero al la periferia della città e lo lapidarono. 4. In seguito, dopo aver l.
1 55 Questi quattro compagni di cui parla Dionigi sono citati in un' altra lettera scritta dallo stesso Dionigi a Demetrio e a Didimo (cf. in/ra, VII, 1 1 ) , che narra l o stesso avvenimento e che Eusebio fa risalire, evidentemente per distrazione, alla persecuzione di Valeriano. 1 5 6 La lettera, che è posteriore alla persecuzione di Decio, è la fonte mi gliore in nostro possesso sugli avvenimenti svoltisi in quell'epoca ad Alessan dria e nell'intero Egitto. . 157 La persecuzione, dunque, ebbe inizio ad Alessandria già nd 248. 1 5 8 La frase non è molto chiara, probabilmente vuoi dire che «appro fittarono dd fatto che i loro delitti venivano autorizzati» (M. Ceva, op. cit., p. 366) .
159 Cf. l'episodio del martirio di Policarpo, supra, IV, 18 e 20.
Libro
VI,
40-41
65
trascinato una credente, una donna di nome Quinta, nel tem pio dei loro idoli, volevano costringerla a fare atto di adorazio ne. Ma la donna si tirò indietro inorridita ed essi, dopo averla legata per i piedi, la trascinarono per tutta la città facendola sbattere contro le pietre del selciato e contemporaneamente frustandola; dopo ave rla condotta nello stesso luogo di Metra, la lapidarono. 5 . «Successivamente di comune accordo tutti facevano ir ruzione nelle case dei fedeli e, gettandosi ognuno su coloro che riconosceva come suoi vicini, li spogliavano, li rapinavano e si appropriavano degli oggetti più preziosi, gettavano poi sul fuo co quelli più m odesti e quelli che erano fatti di legno e li bru ciavano per le strade, offrendo lo spettacolo di una città con quistata dai nemici. 6. I fratelli se ne andavano, si nascondeva no e accettavano con gioia la rapina dei loro beni, come aveva no fatto coloro di cui testimonia Paolo u . E non so se qualcuno, tranne forse uno che era caduto nelle loro mani, finora abbia rinnegato il Signore. 7. Presero anche Apollonia, un'anziana vergine di esemplari qualità; dopo averle fatto saltare tutti i denti colpendola alle mascelle, eressero un rogo davanti alla città e minacciarono di bruciarla viva se non avesse pronuncia to con loro le formule dell'empietà. Ma la donna, dopo essersi scusata brevemente, si gettò prontamente nel fuoco e morì bru ciata. 8. Presero anche Serapione, mentre si trovava a casa e, dopo avergli fatto subire terribili torture e spezzato tutte le ar ticolazioni delle membra, le;> gettarono a capofitto dall'ultimo piano. «Non c'era nessuna via, viale o vicolo che fosse per noi praticabile, né di notte né di giorno e, sempre e dovunque, tut ti gridavano che se qualcuno non pronunziava parole blasfe me, lo si doveva agguantare e gettare sul rogo. 9. La situaziou
Cf. Eh 10, 34.
66
Storia ecclesiastica
ne rimase così violenta a lungo, ma poi una rivolta si rovesciò sui malvagi e una guerra civile fece ricadere su loro stessi la crudeltà che essi avevano usato contro di noi 160 . Per un po' di tempo ci sentimmo sollevati, dato che essi non avevano più il tempo di sdegnarsi nei nostri confronti, ma ben presto si an nunziò il cambiamento di questo regno che era stato benevo lo nei nostri confronti e tra noi si diffuse una grande paura. 10. E in verità sopraggiunse anche l'editto, quasi identico a quel lo che era stato predetto dal Signore nostro v, così spaventoso che scandalizzò, se fosse possibile, anche gli eletti. 1 1 . Tutti, del resto, erano atterriti. Molti dei più illustri cittadini si pre sentarono subito, alcuni spinti dalla paura, altri, che erano funzionari pubblici, pressati dalla loro stessa carica, altri an cora trascinati dagli amici. Chiamati per nome, essi si accosta vano a sacrifici impuri ed empi, alcuni pallidi e tremanti come se fossero essi stessi vittime da sacrificare agli idoli, non per sone che dovevano fare un sacrificio, al punto che erano ac colti dalle risate della grande folla che stava tutt'intorno e fu evidente che essi erano vigliacchi sia per morire, sia per fare il sacrificio. 12. Altri invece si accostavano agli altari in maniera più risoluta, sostenendo sfrontatamente di non essere mai sta ti cristiani: per essi è verissima la profezia del Signore che dif ficilmente saranno salvi w. Dei rimanenti, alcuni seguivano l'e sempio di questi di cui abbiamo parlato, altri fuggivano. 13 . Altri furono catturati: alcuni di loro, dopo essere stati condot ti alle catene e alla prigione, tenuti in carcere per diversi gior ni, abiurarono ancora prima di andare in tribunale; gli altri, v
Cf. Mt 24, 8-10.24 .
w
Cf. Mt 19, 23 ; Mc 10, 23 ; Le 18, 24 .
16 0 La guerra civile, ricordata anche dalle fonti pagane, che fece cessa re per breve tempo la persecuzione ad Alessandria è collegabile allo scontro che ebbe luogo tra Filippo l'Arabo e Decio dopo l'acclamazione ad impera tore di quest'ultimo nel giugno 249.
Libro VI,
41
67
dopo aver resistito per qualche tempo alle torture, si rifiutava no di andare oltre 16 1 , 1 4 . «Ma le solide e beate colonne del Signore x che furono da lui fortificate e che trassero dalla fede salda che era in loro una forza e una tenacia degne e appropriate, divennero ammi revoli testimoni del suo regno. 1 5 . Fra loro il primo fu Giulia no, un uomo malato di gotta, incapace di stare in piedi e di camminare, che fu condotto insieme con altri che lo sorregge vano. Uno di loro abiurò senza indugio, mentre l'altro, di no me Cronione, ma soprannominato Euno, e il vecchio Giuliano stesso, confessarono il Signore; dopo essere stati condotti su dei cammelli attraverso tutta la città, che come sapete è estesissima, e dopo essere stati frustati mentre erano lassù in alto, infine, mentre tutto il popolo li attorniava, furono bruciati con la cal ce viva. 1 6. Un soldato che stava accanto a loro mentre erano portati via, si era opposto a quelli che li oltraggiavano. Non ap pena quelli si misero a gridare, Besa 162 , valorosissimo guerrie ro di Dio, condotto in tribunale, dopo essersi messo in luce in questa grande lotta per la pietà, fu decapitato. 1 7 . Anche un al tro, di origine libica, Macario 163 , veramente beato per il suo no me e per la benedizione divina, nonostante le ripetute esorta zioni del giudice ad abiurare, non si lasciò sedurre e fu brucia to vivo. Dopo di loro anche Epimaco ed Alessandro, dopo es sere rimasti a lungo in catene ed aver sopportato innumerevoli patimenti, raschiatoi e scudisci, anch'essi furono fatti liquefare nella calce viva.
161 U na descrizione analoga si trova nel De lapsis di Cipriano: numero si, infatti, furono i cristiani che si macchiarono di apostasia. 1 62 ll nome di Besa (nel testo eusebiano «Besas») , si ritrova nel Marti rologio geronimiano alla data del 19 marzo, sotto la forma Bassus. 163 L a precisazione di Eusebio è dovuta al fatto che in greco il termine makarios significa «beato».
68
Storia ecclesiastica
1 8 . «Con essi c'erano quattro donne: Ammonaria, vergine santa, che il giudice torturò a lungo con ostinazione, poiché es sa aveva dichiarato in precedenza che non avrebbe detto nulla di quanto egli le avrebbe ordinato, mantenne la sua promessa e fu condotta a morte. Quanto alle altre, Mercuria, anziana ri spettabilissima, e Dionisia, madre di molti figli, che tuttavia non amava i suoi figli più del Signore, dato che il giudice si ver gognò di torturarle ancora senza risultato e di essere sconfitto da delle donne, senza che avessero a subire la prova di altre tor ture, furono fatte morire di spada: Ammonaria, che aveva com battuto per prima, le aveva infatti sopportate per tutte. 19. Fu rono inoltre condotti in tribunale Erone, Atero e Isiçloro, tutti egiziani e con essi un fanciullo di circa quindici anni, Dioscoro . Innanzitutto il giudice cercò d i sedurre l'adolescente con le pa role, in quanto riteneva che fosse facilmente ingannabile, e di costringerlo con le torture, pensando che potesse cedere facil mente, ma Dioscoro non obbedì né cedette. 20. Quanto agli al tri il giudice, dopo averli fatti barbaramente torturare, poiché resistevano ancora, li mandò sul rogo; quanto a Dioscoro, inve ce, che si era comportato magnificamente in pubblico ed aveva risposto in maniera molto saggia alle domande che gli erano state rivolte, il giudice lo lasciò libero, dicendo che gli conce deva una proroga perché, a motivo della sua età, potesse rinsa vire. Ancora oggi Dioscoro, veramente degno di Dio, vive tra noi, rimasto per una lotta più prolungata e una ricompensa più duratura. 2 1 . Un certo Nemesione, anch'egli egiziano, fu accu sato falsamente di convivere con dei briganti; discolpatosi da vanti al centurione da quella diffamazione a lui assolutamente estranea, fu accusato come cristiano e portato in catene al co spetto del governatore: quest'uomo molto iniquo, dopo avergli inflitto frustate e torture in misura doppia rispetto ai briganti, fece bruciare in mezzo ai briganti quel beato, onorato di segui re l'esempio di Cristo. 22 . Tutta una schiera di soldati, Ammo ne, Zenone, Tolomeo, lngenes e con loro il vecchio Teofilo, sta-
Libro VL
4 1 -42
69
va davanti al tribunale. Mentre veniva giudicato un tale come cristiano e poiché costui propendeva ormai per l'abiura, costo ro, che gli stavano accanto, cominciarono ad adirarsi e a fare cenni col capo, levavano le mani e si agitavano con tutto il cor po. 23 . Tutti si rivolsero verso di loro, ma prima che qualcuno di essi fosse arrestato altrimenti, si lanciarono di co rs a verso il banco degli accusati, dicendo di essere cristiani, al punto che il governatore e gli altri che sedevano con lui in tribunale erano terrorizzati e invece coloro che erano giudicati apparivano pie ni di coraggio di fronte ai patimenti che avrebbero subìto, men tre invece chi li giudicava, tremava. E costoro uscirono solen nemente fuori dal tribunale e gioivano per la loro testimonian za, poiché Dio li faceva trionfare gloriosamente». 42. GLI
ALTRI MARTIRI DI CUI PARLA DIONIGI
l . «Moltissimi altri nelle città e nei villaggi furono uccisi crudelmente dai pagani: tra essi ricorderò un solo caso a titolo d'esempio. Ischirione amministrava dietro compenso i beni di uno dei magistrati. n suo datore di lavoro gli ingiunse di sacri ficare; poiché egli non obbedì, lo oltraggiò e poiché persisteva nel suo proposito, lo insultò; quindi, poiché egli continuava ad opporre resistenza, preso un grosso bastone, glielo cacciò nel ventre e nelle viscere e lo uccise. 2. «Che dire della moltitudine di coloro che vagarono per i deserti e le montagne, che furono tormentati dalla fame, dalla sete, dal freddo, dalle malattie, dai briganti e dalle belve? Quel li tra loro che sopravvissero sono testimoni della loro chiamata e della loro vittoria Y e per provarlo riferirò un solo fatto che li riguarda. 3 . Cheremone, uomo d'età avanzata, era vescovo del-
Y
Cf. Ap l, 9 .
70
Storia ecclesiastica
la città chiamata Nilopoli. Essendo costui fuggito, insieme con la compagna, sui monti dell'Arabia, non tornò più indietro e i fratelli, nonostante li cercassero per lungo tempo, non furono capaci di vedere né loro né i loro corpi. 4. Su quelle stesse mon tagne dell'Arabia, molti furono ridotti in schiavitù da barbari saraceni 164: di costoro, alcuni furono riscattati a fatica, dietro pagamento di grandi somme di denaro, altri fino ad oggi non lo sono stati. Ho voluto raccontare questi fatti, o fratello, non sen za motivo, ma affinché tu veda quali terrificanti prove ci tocca rono; coloro poi che furono maggiormente messi alla prova po trebbero raccontarne ancora di più». 5 . Poi, poco dopo, aggiunge dicendo: «Di conseguenza i nostri stessi santi martiri, che ora siedono accanto a Cristo e partecipano al suo regno, giudicando insieme a lui e pronun ciando con lui le sentenze •, accorsero in aiuto di alcuni fratelli caduti, resisi colpevoli di aver sacrificato agli idoli; vedendo la loro conversione e il loro pentimento, stimando che potessero essere graditi a colui che non vuole assolutamente la morte del peccatore, ma il suo pentimento ••, dopo averli accolti, li hanno riuniti [alla Chiesa] , li hanno rinsaldati e associati alle loro pre ghiere e ai loro banchetti 165 .
z
Cf. Ap 20 , 4; cf. l Cor 6, 6.
aa
Cf. Ez 18, 23 ; 3 3 , 1 1 ; 2 Pt 3 , 9.
164 n termine «saraceno» si trova già in Sestio Rufo intorno al 69-67 a.C.: «Sub L. Lucullo. . . phylarchi saracenorum in Osroene superati cessere . .. arabes et iudei in Palaestina vieti sunt» (Breviario, 1 4 ) . 1 65 È probabile che qui Eusebio voglia dire che i lapsi (come venivano chiamati i cristiani che nel corso della persecuzione di Decio, messi alla pro va, defezionarono e c addero nell ap ostasia) furono accolti nuovamente nella Chiesa e riammessi alla comunione. n problema della riammissione degli apo stati fu particolarmente grave in Africa tanto che, nel 25 1 , provocò lo scisma (noto col nome di «scisma di Felicissimo») del presbitero Novato, il quale, in opposizione al vescovo di Cartagine Cipriano, si fece sostenitore di un atteg giamento rigorista. '
Libro VI,
42-43
71
«Che cosa, dunque, o fratelli, ci consigliate a proposito di costoro? 6. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo essere d'accor do con essi e aderire al loro punto di vista? Dobbiamo rispetta re la loro decisione e la loro clemenza? Dobbiamo essere bene voli nei confronti di coloro che sono stati da loro perdonati? O piuttosto giudicando come ingiusto il loro provvedimento ed er gendoci noi stessi a giudici della loro decisione, criticheremo la loro benignità e muteremo radicalmente la loro disposizione?». 43 . NOVATO: LA SUA CONDOTTA DI VITA E LA SUA ERESIA l. A ragion veduta Dionigi ha riferito quanto sopra, solle vando la questione di coloro che si mostrarono fragili al tempo della persecuzione, dal momento che Novate, presbitero della Chiesa di Roma 166, pieno di superbia nei loro confronti, anda va dicendo che essi non avevano più speranza di salvezza nep pure se avessero adempiuto ogni cosa in vista di una conver-
1 66 In questa circostanza Eusebio confonde Novato e Novaziano. Que st'ultimo personaggio, nativo della Frigia, uomo di grande ingegno e dotato di notevoli capacità oratorie, all'epoca della vacanza della sede di Roma in tervenuta tra la morte di Fabiano (gennaio 250) e l'elezione di Cornelio (mar zo 25 1 ) , era presbitero della Chiesa di Roma nell a quale occupava una posi zione di grande prestigio. Sulla questione dei lapsi inizialmente si schierò su posizioni concilianti, ma mutato radicalmente atteggiamento dopo l'elezione di Cornelio, si fece eleggere vescovo di Roma e fondò una setta che, più tar di, in Oriente si chiamò dei catari (= puri). Tale setta, che durò in Occidente fino al V secolo, e in Oriente sopravvisse fino al VII, sosteneva l'inutilità del la penitenza e l'impossibilità del perdono; i suoi membri scoraggiavano i pec catori e volevano costituire una chiesa composta appunto solo da puri, tanto che ribattezzavano i nuovi adepti. Su Novaziano (e i suoi s egu aci) cf. alla re lativa voce in DPAC, II, cit., pp. 2434-2436; K. Baus, La controversia romana e lo scisma di Novaziano, in H. Jedin (ed.), Storia della Chiesa, Vol. I, trad. ital., Milano 1 977', pp. 428-432; G. Bosio - E. dal Covalo - M. Maritano, In troduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 2 1 9-233 . Sul proble ma dei lapsi cf in/ra, X, n. 25 .
72
Storia ecclesiastica
sione sincera e di una confessione pura. Costui capeggiò una particolare eresia i cui seguaci, nella sfrontatezza della loro mente, si definiscono essi stessi «catari». 2. Sulla questione si riunì a Roma un grandissimo concilio di sessanta vescovi e di un numero ancora più grande di pre sbiteri e diaconi. Nelle altre p ro vin ce i pastori esaminarono il da farsi separatamente, per regione. Fu presa una decisione va lida per tutti: Navata insieme con coloro che si erano schierati con lui e che avevano scelto di associarsi alla sua dottrina mi santropa e quanto mai disumana furono considerati estranei al la Chiesa; quanto a quei fratelli che erano caduti nella sventu ra, bisognava assisterli e guarirli con i rimedi della penitenza. 3 . Ci è pervenuta una lettera di Cornelio, vescovo di Ro ma 1 67 , a Fabio, vescovo di An tio chi a, che illustra gli avveni menti del concilio di Roma e le decisioni prese da quelli d'Ita lia, d'Africa e delle regioni di laggiù. Vi sono poi altre lettere, scritte in latino, di Cipriano 1 68 e dei suoi colleghi in Africa, dal· le quali risultava chiaro che anche essi erano del parere che si dovessero aiutare coloro che erano stati messi alla prova e che al contrario bisognasse giustamente allontanare dalla Chiesa universale il capo di quell'eresia insieme a tutti coloro che si erano fatti convincere da lui. 4. A queste lettere era unita un'al tra lettera di Cornelio sulle cos è che il concilio aveva approva to, e ancora un'altra su ciò che era stato fatto sotto l'influenza di Navata: niente mi impedisce di citare dei passi di quest'ulti ma, in modo che coloro che leggeranno questo libro sappiano ciò che lo riguarda 1 69 . 167 Dalla notizia di Eusebio sembra che Cornelio abbia scritto a Fabio tre lettere, ma non ci dice da quale delle tre egli ri c avi il brano che ci t a 168
.
Le lettere di Cipriano di cui parla Eusebio sono perdute. Nella cir costanza va notato che il Nostro dedica al vescovo di Cartagine, vissuto tra il 200 e il 258) uno dei personaggi più importanti della Chiesa dei primi secoli, solo due brevi menzioni, per la seconda delle quali cf. in/ra, VII, 3 . 1 6 9 S i intende Novato.
Libro
VI,
43
73
5. Chiarendo dunque a Fabio il modo in cui si comportò Novato, Cornelio così si esprime: «Voglio prendere la parola affinché tu sappia che, pur nascondendo dentro di sé questo suo desiderio smodato, senza che lo si sapesse, da molto tempo questo singolare personaggio aspirava all'episcopato e che, a mo' di copertura della sua follia, si servì del fatto che aveva al suo seguito fin dall'inizio dei confessori. 6. Massimo, un nostro presbitero, e Urbano, che per due volte hanno conseguito som ma gloria ·dalla confessione, come anche Sidonio e Celerino, uomo che, grazie alla misericordia di Dio ha sopportato con straordinaria fermezza ogni sorta di torture, che ha fortificato la debolezza della carne con la forza della fede e che ha scon fitto con la sua forza l'avversario, questi uomini 170, dunque, do po aver conosciuto a fondo Navata ed aver scoperto la malva gità e la doppiezza che erano in lui, i suoi falsi giuramenti, le sue menzogne, il suo carattere asociale e la sua amicizia da lu po, sono rientrati nella santa Chiesa ed hanno svelato tutti i suoi raggiri e le azioni empie che egli nascondeva da tempo dentro di sé, alla presenza di numerosi personaggi, vescovi, presbiteri e laici. Essi piangevano e si affliggevano per essersi fatti persuadere da questa bestia astuta e maligna e per essersi allontanati per breve tempo dalla Chiesa 1 7 1 » . 7 . Poi, dopo poche righe, aggiunge: «Quale incredibile trasformazione, fratello diletto, quale cambiamento abbiamo visto operarsi in lui in breve tempo: quest'uomo illustrissi mo m , infatti, che anche mediante giuramenti terribili aveva as1 70 Su questi personaggi e sui fatti ricordati si hanno notizie nelle lettere di Cipriano o in quelle a lui indirizzate (cf. Lettere, 2 1 ; 22; 27, 3 ; 37, l ; 39; 49) . 1 7 1 Cf. Cipriano, Lettere, 53 e 54. La prima è indirizzata a Cipriano, do po il loro ritorno in seno alla Chiesa, da Massimo, Urbano, Sidonio e Maca rio. I.: altra è la risposta del vescovo di Cartagine. 1 72 Dalle lettere 30 e 36 dell'epistolario di Cipriano, scritte da Nova ziano e che si trovano nella corrispondenza del vescovo africano, si 1icava il grande valore intellettuale e la pregevole fmmazione letteraria di Novaziano.
74
Storia ecclesiastica
sicurato di non desiderare affatto l'episcopato, di colpo com pare improvvisamente vescovo, come se fosse stato scaraventa to fra di noi da un sortilegio. 8. Questo maestro di dottrina m , infatti, questo paladino della scienza ecclesiastica, allorquando cercò di carpire ed estorcere l'episcopato che non gli era stato dato dall'alto, scelse due compagni, che avevano ormai dispe rato della loro salvezza per inviarli in una piccola e insignifi cante località dell'Italia e là ingannassero con un espediente tre vescovi, uomini semplici e ingenui, affermando risolutamente e sostenendo che dovevano tornare in fretta a Roma, in modo che, grazie alla loro mediazione, cessassero ormai tutti i dissen
si sorti con gli altri vescovi. 9. Allo rquando giunsero questi uo mini, come abbiamo detto troppo semplici per gli intrighi e gli inganni di quei mascalzoni, essi furono rinchiusi da alcuni in dividui simili a lui che egli aveva corrotto; all'ora decima, quan do erano ubriachi e intontiti, egli li costrinse con la forza, con un'imposizione delle mani fasull a e vana, a dargli l'episcopato, che egli esigette con inganno e frode e che in effetti non gli spettava. 1 0 . Poco tempo dopo, uno di questi vescovi ritornò in seno alla Chiesa, piangendo e confessando il suo peccato e noi, poiché tutto il popolo presente intercedette per lui, lo abbiamo accolto nella comunità dei laici. Per quanto riguarda gli altri ve scovi, ne abbiamo ordinato i successori, che abbiamo inviato nei luoghi dove essi erano. 1 1 . «Questo vendicatore del Vangelo non sapeva che in una Chiesa cattolica ci deve essere un solo vescovo 174 ? Ep pure egli non ignorava (come avrebbe potuto?) che in essa vi sono quarantasei presbiteri, sette diaconi, sette suddiaconi, 173 Potrebbe trattarsi di un'allusione al trattato di Novaziano La Trinità. 174 Si tratta di un principio assoluto spesso affermato dall 'antichità cri
stiana (cf. Cipriano, I.:unità della Chiesa cattolica) . Si conoscono delle ecce zioni transitorie, come ad esempio il caso già visto di Narciso e Alessandro, cf. supra, VI, 1 1 .
Libro VI,
43
75
q u arantadue accoliti, cinquantadue esorcisti, lettori e ostia ti m, più di mille cinquecento vedove e poveri, tutti nutriti dalla grazia e dalla benevolenza del Signore. 1 2 . Nemmeno una moltitudine tanto grande e così necessaria nella Chiesa, che, per la Provvidenza di Dio, si accresce e moltiplica, con una popolazione immensa e innumerevole, ha distolto costui da un simile rifiuto e ostacolo, né lo ha ricondotto in seno al la Chiesa». 13 . E ancora, dopo altri dettagli, aggiunge: «Ma diciamo adesso a motivo di quali azioni e per quale genere di vita egli ha osato pretendere l'episcopato. Sarà forse per essere vissuto fin dall'inizio nella Chiesa ed avere sostenuto in suo favore nume rose lotte, o per essersi trovato in molti e gravi pericoli a causa della religione? Assolutamente no ! 1 4 . TI punto di partenza del la sua fede fu Satana, che venne in lui e vi abitò per un tempo notevole. Egli fu soccorso dagli esorcisti quando cadde in una grave malattia e, credendosi oramai prossimo alla morte, pro prio nel letto in cui giaceva, ricevette il battesimo per infusio ne 1 76, se pure è esatto dire che un simile uomo lo abbia rice vuto. 15. Ciononostante, dopo essere scampato alla malattia, non ricevette affatto tutte le altre [cerimonie] alle quali bisogna che ci si sottoponga secondo le regole della Chiesa e non rice175 Gli ordini superiori della gerarchia ecclesiastica erano costituiti dai vescovi, dai presbiteri e dai diaconi che assistevano i vescovi sia nell'ammini strazione dei beni ecclesiastici, sia nelle funzioni liturgiche. Non sempre chia ramente definiti furono i compiti e le attribuzioni degli ordini inferiori, che si svilupparono in maniera e forme diverse nelle varie diocesi. Dai dati riferiti nella lettera, A. Hamack dedusse che all'epoca la comunità romana poteva contare all'incirca su trentamila fedeli. Altri ritengono cinquantamila su un milione di abitanti. 1 7 6 Nella Chiesa del II e III secolo il battesimo era conferito, di norma, mediante triplice immersione in acqua di fonte (cf. Didachè, 7, 1 -4 ; Tertullia no, Il battesimo e Didascaliae apostolorum /ragmenta); sulla problematica cf. M. Metzger, Storia della liturgia, trad. ital, Cinisello Balsamo 1996, pp. 68-78, con ampia bibliografia.
76
Storia ecclesiastica
vette neppure il sigillo del vescovo m . Non avendo ricevuto tutto questo, come avrebbe potuto ricevere lo Spirito S anto ? » . 1 6 . Dopo poche righe, ancora aggiunge: «Per viltà e attac camento alla vita, durante la persecuzione negò di essere pre sbitero. Infatti, chiamato ed esortato dai diaconi ad uscire dal l a cella in cui si era egli stesso rinchiuso, per portare ai fratelli tutto l'aiuto che il dovere e la possibilità impongono a un pre sbitero di dare ai fratelli che si trovano in pericolo ed hanno bi sogno di assistenza, fu tanto lontano dall'obbedire alle esorta zioni dei diaconi, che anzi, in preda all'ira, se ne uscì e se ne andò. Disse infatti che non voleva più essere presbitero, in quanto era stato affascinato da un' altra filosofia 1 7 8» .
17 .
Dopo altre osservazioni, continua dicendo: «Que
st ' uomo illu s t re abbandonò d un q ue la Chiesa di Dio, nell a qua
le, dopo aver creduto, era stato onorato del presbiterato secon do la grazia del vescovo che gli aveva imposto le mani per con ferirgli dignità di prete, nonostante l'opposizione di tutto il cle ro. e anche di un gran numero di laici, dal momento che non era consentito a chi, come lui, aveva ricevuto il battesimo per infu sione nel suo letto per una malattia, di essere promosso a qual che ordine del clero; ma il vescovo aveva chiesto che gli fosse consentito di consacrare soltanto lui 179», 18. In seguito, a queste cose Cornelio ne aggiunge poi un 'altra, la peggiore delle stravaganze di Novato, così dicendo: «Dopo le oblazioni 1 80 , mentre distribuisce a ciascuno la sua
177 Vale a dire il sacramento della Confermazione che è l'indispensabi le com letamento del battesimo l 8 Cornelio è l'unico a muovere simili accuse a Novaziano, tanto che ci si chiede fino a che punto esse siano vere: infatti, le lettere 30 e 36, conser
�
vate nell'epistolario di Cipriano, testimoniano la grande considerazione che
Novaziano aveva per il sacerdozio e per il clero romano. 179 L'ordinazione sacerdotale di Novaziano sarà stata fatta senza dub bio da papa Fabiano, che Cornelio non nomina nella lettera probabilmente per non screditarne la memoria. 1 80 Si tratta delle offerte eucaristiche.
Libro VI, 43-44
77
p arte, nell'atto di consegnargliela, obbliga quegli uomini infeli ci a giurare, invece di rendere grazie. Dopo aver preso nelle sue mani quelle di colui che riceve il s ac ram ent o , non le lascia pri ma che costui abbia giurato dicendo (mi servirò, infatti, delle sue parole) : " Per il sangue e il corpo del Signore nostro Gesù C risto giurami che non mi abbandonerai mai per seguire Cor nelio " . 1 9 . E il pover'uomo non si può comunicare se prima non ha imprecato contro se stesso e, mentre riceve il pane, in vece di dire " Amen " , ripete: " Non tornerò a Cornelio " » . 20. E, dopo altre cose, continua dicendo così: «Sappi che ormai è emarginato e spogliato di tutto, dato che i fratelli ogni giorno lo abbandonano e ritornano in seno alla Chiesa. Anche Mosè, il beato martire che recentemente tra noi ha subito un martirio bello e m eraviglioso, quando era ancora in questo mondo, vedendo la sua audacia e la sua follia, lo scomunicò in sieme con i cinque presbiteri che insieme con lui si erano sepa rati dalla Chiesa» 1 8 1 .
2 1 . E, alla fine della lettera, Cornelio fa una lista dei ve scovi che intervennero a Roma e condannarono lo stolto gesto di Novate e, insieme con i loro nomi, indica anche la Chiesa di cui ciascuno di essi era a capo; 22 . ricorda anche coloro che non furono presenti a Roma, ma che, per lettera, diedero il lo ro assenso al voto dei [vescovi] anzidetti, i loro nomi e le città a cui ciascuno apparteneva e da dove scriveva. Queste cose scrisse Cornelio a Fabio, vescovo di Antiochia, per informarlo.
44.
STORIA DI DIONIGI SU SERAPIONE
l . A questo stesso Fabio, che simp atizzava in qualche mo do per lo scisma, scrisse anche Dionigi, vescovo di Alessandria,
1 81
Cipri11no, Lettere, 28, 31
e
33 .
78
Storia ecclesiastica
ragionando nelle lettere inviategli di molti altri p roblemi relati vi alla penitenza e descrivendo le lotte di coloro che avevano da poco subìto il martirio ad Alessandria. In esse racconta anche un fatto sbalorditivo, che è opportuno raccontare in quest' ope ra. Eccolo: 2. «Ti esporrò solo questo esempio che è giunto fi no a noi. C'era tra noi un certo Serapione, un vecchio creden te, vissuto a lungo in maniera irreprensibile, ma che cadde nel la tentazione. Quest'uomo aveva spesso invocato [il perdono dei peccati] , ma nessuno gli badava, perché egli aveva sacrifi cato. Essendosi ammalato, rimase per tre giorni di seguito sen za conoscenza e senza poter parlare. 3 . n quarto giorno, essen dosi un po' ripreso, mandò a chiamare il nipote e gli disse: "Fi no a quando mi ostacolerete, figliolo? Vi prego, fate in fretta, vi supplico, assolvetemi al più presto. Chiamami un presbitero " . Dopo aver detto queste cose, perse nuovamente la parola. 4. n ragazzo corse dal presbitero: era di notte e costui era ammala to. Egli non poté andare; d'altra parte poiché io avevo ordina to di assolvere coloro che stavano morendo, se lo avessero chie sto e, soprattutto, se l'avessero implorato anche in precedenza, affinché morissero nella speranza, [il presbitero] diede al ra gazzo un pezzetto dell'Eucaristia, ordinandogli di bagnarlo be ne e di introdurlo nella bocca del vecchio. 5. n ragazzo ritornò portando con sé [l'Eucarestia] e, quando fu vicino, prima an cora che fosse entrato, Serapione rinvenne di nuovo e gli disse: " Sei tornato, figliolo? n presbitero non è potuto venire, ma fa' tu in fretta ciò che ti è stato ordinato e !asciami morire " . n ra gazzo inumidì nell'acqua [il pezzetto d'Eucarestia] e contem poraneamente glielo introdusse in bocca ed egli, dopo averne inghiottito un po', subito rese l'anima. 6. Chiaramente egli non fu mantenuto in vita e non vi rimase, finché non fu assolto e, es sendo stato cancellato il suo peccato per le numerose buone azioni che egli aveva fatto, poté essere riconosciuto [come cri stiano] ». Questo ciò che racconta Dionigi.
Libro VI,
44-46
79
45 . LETIERA DI DIONIGI A NOVATO
Ma vediamo quali cose [Dionigi] scrisse anche a Novato, ch e all'epoca divideva la comunità dei romani: dato dunque che egli attribuiva la colpa dell'apostasia e del suo scisma ad al cuni fratelli, come se con la violenza egli fosse stato indotto da loro ad arrivare a quel punto, ascolta cosa [Dionigi] gli scrive: «Dionigi saluta il fratello Novaziano 1 82 . Se, come affermi, vi 1 83 sei stato trascinato contro la tua volontà, lo potrai dimostrare desistendo spontaneamente. Bisogna in effetti sopportare ogni cosa piuttosto che operare una divisione all'interno della Chie sa di Dio e la testimonianza resa per non fare lo scisma non sa rebbe stata affatto meno gloriosa ma anzi, secondo me, più grande di quella resa per non aver sacrificato agli idoli. In que sto caso, infatti, si subisce il martirio solamente per la salvezza della propria anima, nell' altro, invece, per la salvezza dell'inte ra Chiesa. E adesso, se tu riuscissi mediante la persuasione o la forza a persuadere i fratelli a tornare alla concordia, questa azione sarà per te più grande del tuo errore ed esso non ti sarà addebitato, mentre quella sarà lodata. Ma se tu non fossi capa ce di fare in modo che essi ti diano retta, salva almeno la tua anima. P reg o perché tu stia bene, vivendo nella pace del Si gnore». 46. LE ALTRE LETTERE DI DIONIGI
l . Queste cose ha scritto [Dionigi] a Novato. Inoltre egli scrisse anche agli egiziani una lettera Sulla penitenza, nella qua le, dopo aver descritto i vari gradi del peccato, espose le sue 182
smatico.
1 83
Da rilevare che Dionigi scrive correttamente il nome dd prete sci Ovviamente allo scisma.
80
Storia ecclesiastica
opinioni a proposito di quanti erano venuti meno [durante la persecuzione] . 2. Di lui si tramanda anche una lettera partico lare Sulla penitenza indirizzata a Colone (era costui vescovo della diocesi di Ermopoli) 184 , �d un'altra di rimproveri indiriz zata al suo. gregge di Alessandria. Tra le sue lettere c'è anche quella scritta ad Origene Sul martirio 1 85 , quell a ai fratelli di Laodicea, guidati dal vescovo Telimidre 1 86 ; allo stesso modo una ai fratelli dell'Armenia, della quale era vescovo Meruzane, sempre Sulla penitenza. 3 . Oltre a tutte queste lettere, egli scris se ancora a Cornelio, vescovo di Roma, dopo aver ricevuto la di lui lettera contro Novato, nella quale precisa chiaramente di es sere stato invitato da Eleno, vescovo di Tarso in Cilicia e dagli altri vescovi che erano con lui, Firmiliano di Cappadocia e Teoctisto di Palestina, a partecipare al sinodo di Antiochia, do ve alcuni cercavano di sostenere lo scisma di Novato. 4 . Scrive . inoltre che gli è stata annunciata la morte di Fabio, e che De metriano gli succedette nell ' episcopato di Antiochia. Parla an che del vescovo di Gerusalemme, dicendo: «Alessandro, uomo eccezionale, mentre era in prigione, morì da beato 1 87 » . 5 . Oltre a questa, esiste poi un'altra lettera di Dionigi ai romani, la lettera diaconale, recapitata da Ippolito 1 88. Per gli stessi fedeli ne scrisse un'altra Sulla pace, come pure una Sulla penitenza e un'altra Ai confessori di quella città che ancora fa vorivano lo scisma di Novato 1 89. A queste stesse persone ne 1 84 N on sappiamo chi sia questo personaggio designato come vescovo di questa città, oggi Ashmunein, posta al confme tra l 'Alto e il Medio Egitto. Nell a sua traduzione, Rufino non parla della lettera e Girolamo (Gli uomini illustri, 69) e parecchi manoscritti greci registrano il nome di Conone. 185 La lettera è purtroppo perduta . 1 8 6 A proposito di Telimidre, cf. infra, VII, 5 . 187 All ' epoca Alessandro di Gerusalemme doveva essere molto anzia no; cf. supra, VI, 8, 1 1 , 1 9 e 39. 1 8 8 n personaggio non è identificato. 1 89 .L e numerose lettere inviate da Dionigi alla comunità romana dim o strano l'importanza che il vescovo alessandrino riconosceva a questa Chiesa .
Libro VL
46
81
scrisse altre due quando tornarono in seno alla Chiesa. Dialogò ugualmente per lettera con moltissimi altri, lasciando ogni sor ta di n oti zi e utili e varie a col o ro che ancor oggi mostrano inte resse per le sue opere.
LIBRO VII
Il settimo libro della Storia ecclesiastica comprende i seguenti argomenti I : l . La crudeltà di Decio e Gallo. 2 . I vescovi di Roma sotto Decio e Gallo. 3 . Cipriano, insieme con i vescovi suoi suffraganei, per primo affermò che dovessero essere purificati con il b agno battesimale coloro che si convertissero da un errore eretico. 4. Quante lettere scrisse Dionigi su questa questione. 5. La pace dopo la persecuzione. 6. L'eresia di S abellio. 7. L'abominevole errore degli eretici, la visione inviata da Dio a Dionigi e la regola ecclesiastica che egli ri cevette. 8 . L'eterodossia di Novato. 9. n battesimo empio degli eretici. 10. Valeriano e la sua persecuzione. 1 1 . Le cose che allora accaddero a Dionigi e a quelli d'E gitto. 12. Coloro che resero testimonianza col martirio a Cesarea di Palestina. 1 L'indice dei capitoli di questo libro presenta rilevanti differenze nei diversi manoscritti. I capitoli 17 e 30 non hanno titolo perché non figurano nell'indice.
Libro VIL Sommario
83
13 . La pace sotto Galliena. I vescovi che fiorirono in quel tempo. 15 . Come Marino rese testimonianza col martirio a Cesarea. 16. La storia di Astirio.
14.
17. (Senza titolo). 18. I segni della magnanimità del Salvatore nostro avvenu ti a Paneade.
1 9 . n trono di Giacomo.
20. Le lettere festali di Dionigi, nelle quali egli fissa il canone pasquale. 2 1 . Gli avvenimenti di Aless andria. 2 2 . L'epidemia scoppiata a quel tempo. 23 . n principato di Galliena . 24 . Nepote e il suo scisma. 25 . L'Apocalisse di Giovanni. 26. Le lettere di Dionigi. 27 . Paolo di Samosata e l'eresia da lui fondata ad Antiochia. 2 8 . I vescovi illustri allora conosciuti. 2 9 . Deposizione e scomunica di Paolo. 3 0 . (Senza titolo). 3 1 . La perversione eterodossa dei manichei iniziata pro prio allora. 32. Gli uomini ecclesiastici che si sono distinti nel nostro tempo e quelli tra loro che sopravvissero fino all' at tacco contro le Chiese .
. Nel settimo libro della Storia ecclesiastica Dionigi, il gran de vescovo di Alessandria, ci aiuterà ancora con le sue stesse parole, dato che egli fa conoscere, nelle lettere che ci ha lascia to, i singoli fatti accaduti al suo tempo : da qui prenderà avvio questo mio libro.
Storia ecclesiastica
84
l . LA CRUDELTÀ
DI
DECIO
E
GALLO
Decio non governò neppure due interi anni poiché fu su bito ucciso insieme con i suoi figli: gli succedette Gallo 2. A quel tempo morì Origene, all'età di sessantanove anni compiu ti 3 . Scrivendo a Ermammone 4, così dice Dionigi a proposito di Gallo: «Gallo tuttavia non comprese l 'errore di Decio, né si preoccupò di riflettere su cosa lo mandò in rovina 5 e inciampò nella stessa pietra che pur aveva davanti agli occhi •. Mentre il suo principato era prospero e le cose andavano secondo il suo desiderio, perseguitò gli uomini santi, coloro che pregavano Dio per la sua pace e la sua salute. Così, insieme a questi uo•
Cf. Mt 2 1 ,
44;
Le 20, 1 8 .
2 L a notizia d i Eusebio è imprecisa: Decio, infatti, morì nel giugno/lu glio 25 1 ad Abritto, nella Dobrugia, durante la campagna che egli stava con ducendo contro i goti e nella quale era morto anche il figlio maggiore Eren nio Etrusco, già nominato, insieme col fratello Ostiliano, Cesare nel 259 e Au gusto nel maggio del 25 1 . Rimase imperatore il figlio minore di Decio Osti liano Messio Quinto. I soldati proclamarono imperatore il legato delle Mesie Treboniano Gallo, che, per legittimare la propria elezione, adottò Ostiliano, che tuttavia morì (si disse di peste) nel novembre del 25 1 . Nel frattempo Gal lo si era associato nel governo il figlio Volusiano, nominato Augusto alla fine dello stesso anno. 3 Ancora una volta la cronologia di Eusebio è poco precisa. Infatti, la data della morte di Origene indicata dal Nostro solleva delle diffi coltà. In precedenza (cf. supra, VI, 2, 2 e 12 ) , Eusebio ha detto che nel 20 1/2 02 Ori gene non aveva ancora compiuto i diciassette anni: dunque era nato nel 1 85/ 1 86. Tenuto conto che lo scrittore alessandrino morì «a sessantanove an ni compiuti», la sua morte andrebbe collocata nel 254/255 . Ma a quella data Gallo e Volusiano erano già stati rovesciati. 4 Era probabilmente un vescovo d'Egitto: il personaggio non è comun
que identificabile.
5 Decio, a giudizio di Dionigi, sarebbe morto per aver perseguitato i cristiani. In effetti sotto il regno di Gallo, si ebbero solo sporadici episodi per secutori, i più notevoli videro coinvolti il vescovo di Roma Cornelio (25 1 253 ), che fu esiliato a Centocelle dove morì e quello del suo successore Lucio (253 -254), che subì la stessa sorte (cf. Cipriano, Lettere, 58-6 1).
Libro VIL
1-3
85
mm1, egli allontanò anche le preghiere che si facevano per lui 6» . Queste le cose che Dionigi dice a proposito di Gallo.
2.
I VESCOVI Dl ROMA
SOTTO DECIO E GALLO
Nella città di Roma, dopo che Cornelio concluse circa tre anni di episcopato, Lucio fu designato suo successore. Egli esercitò il ministero per appena otto mesi e, morendo, trasmise la sua carica a Stefano. A lui Dionigi scrisse la prima delle sue lettere sul battesimo, poiché a quell'epoca fu sollevata un'im portante questione: se si dovessero purificare m e di an te il bat tesimo coloro che si convertissero da una qualunque eresia '· In simili circostanze era in vigore l'usanza, senza dubbio antica, di ricorrere soltanto alla preghiera con l'imposizione delle mani. 3 . CIPRIANO, IN SIEME CON I VES COVI SUOI SUFFRAGANEI, PER PRIMO AFFEfuvlÒ CHE DOVESSERO ESSERE PURIFICATI CON IL BAG N O BATTESIMALE COLORO CHE SI CONVERTISSERO DA UN ERRORE ERETICO
Primo tra i suoi contemporanei, Cipriano, pastore della cristianità di Cartagine, pensò che non dovessero essere am6 Gli anni di cui ci stiamo occupando furono caratterizzati da una serie di eventi che sconvolsero l'impero: la peste, la costante minaccia dei goti (ar rivarono fmo ad Efeso) e dei persiani sulle frontiere orientali (Shahpur giun se fino ad Antiochia), furono avvenimenti che la superstizione popolare attri buì al rifiuto dei cristiani di sacrificare agli dei tradizionali. Dal canto suo l'a pologetica cristiana li interpretò come giusta punizione divina nei confronti della condotta anticristiana degli imperatori. 7 È probabile che in questa circostanza Eusebio alluda al rescritto di Stefano (254-257) alle chiese africane e orientali e citato da Cipriano (Lette re, 74, 1): con quest ultim o Stefano si trovò in d isacco rd o a proposito della ri petizione del battesimo amministrato dagli eretici e che a Roma, in Egitto e '
86
Storia ecclesiastica
messi nella Chiesa se non coloro che in precedenza si fossero purificati dal loro errore mediante il bagno battesimale 8 . Ma Stefano, ritenendo che non si dovesse fare alcuna innovazione contraria alla tradizione prevalsa fin dall'inizio, si sdegnò profondamente contro di lui. 4. QUANTE LETTERE SCRISSE
D IO NIGI SU
QUESTA
QUESTIONE 9
Dionigi, dunque, si intrattenne a lungo con lui per lettera su questa questione e gli mostrò infine che, una volta cessata la persecuzione, le Chiese di ogni luogo, avevano rifiutato l'inno vazione di Novato e ritrovato la pace tra loro. Egli scrive in questo modo. 5 . LA PACE DOPO LA PERSECUZIONE
l . «Sappi ora, fratello, che si sono riunite tutte le Chiese d'Oriente e di più lontano ancora 1 0 , che erano precedente mente divise e che tutti i loro capi, dovunque, sono concordi e gioiscono oltre ogni limite per l'inatteso arrivo della pace: De-
in Palestina non si usava ripetere, al contr ario invece di quanto avveniva in Si ria, in Asia Minore e soprattutto in Africa. La questione decadde per la mor te di Stefano e lo scoppio della persecuzione di Valeriano. 8 Sulla posizione di Cipriano, cf. A. Aleès, La théologie de saint Cy p rien, Paris 1 922 , pp. 173-2 10; G. Bardy, La théologie de l'Eglise, de saint lrénée au conczle de Nicée, Paris 1947, pp. 226-247 ; G. Mangelli , La Chiesa di Cartagine contro Roma sotto san Cipriano, Milano 1960; L. Orabona, Etica "penitenziale" di Cipriano e aspetti p olitico-soàali del cristianesimo nel III se colo, in «Vetera Christianorum», 27, Bari 1990, pp. 273-302. 9 In realtà il titolo dd capitolo è inesatto: Eusebio, infatti, non indica affatto il numero delle lettere di Dionigi. 1 0 Probabilmente Dionigi si riferisce alle Chiese della Mesopotamia e dell'Osroene.
Libro vn
3-5
87
metriano ad Antiochia; Teoctisto a Cesarea; Mazabane ad Elia; Marino a Tiro, dato che era morto Alessandro; Eliodoro a Lao dicea, dove era venuto a mancare Telimidre 1 1 ; Eleno a Tarso e tutte le Chiese della Cilicia; Firmiliano e tutta la Cappadocia. Mi sono limitato a nominare soltanto i più famosi tra i vescovi per non dare lunghezza eccessiva alla mia lettera e pesantezza al mio discorso. 2. Le due Sirie e l'Arabia, che voi aiutate in ogni circostanza e a cui ora avete scritto, la Mesopotamia, il Ponto, la Bitinia e, per dirla in breve, tutti, glorificando Dio, dappertutto gioiscono per la concordia e l'amore dei fratelli». 3 . Questo è quanto ha scritto Dionigi. Dopo che Stefano resse il ministero episcopale per due anni, gli succedette Si sto 1 2 . A proposito del battesimo Dionigi scrisse a costui una se conda lettera, nella quale gli espone l 'opinione e la deliberazio ne sia di Stefano, sia degli altri vescovi. Riguardo a Stefano co sì si esprime. 4. «In precedenza a proposito di Eleno, di Firmi liano e di tutte le popolazioni della Cilicia e della Cappadocia, ed evidentemente anche della Galazia e di tutte le popolazioni limitrofe, aveva scritto che non sarebbe più stato in comunione con loro per questa stessa ragione, perché - egli dice - ribat tezzano gli eretici n. 5 . E tu considera attentamente la rilevan za della circostanza. Effettivamente, per quel che ne so, sulla questione, nei più grandi sinodi episcopali 14 , sono state adot tate decisioni in base alle quali coloro che provenivano dalle 1 1 Le espressioni «dato che era morto Alessandro» e «dove era venuto a mancare Telimidre» sembrano delle interpolazioni, non presenti nel testo di Dionigi. 1 2 La cronologia di Eusebio sui vescovi di Roma è a dir poco approssi mativa: Stefano muore il 2 agosto 257 1 3 Dal passo sembra si debba dedurre che Stefano avesse scomunicato realmente le Chiese di Cilicia, Cappadocia, Galazia ed altre ancora, come quelle d'Africa. 14 Si tratta dei sinodi di !conio e di Sinnada, tenutisi intorno al 230. Cf. Firmiliano di Cesarea, Lettere, 75, 7 , 5 (nell'epistolario di Cipriano) ; cf. in/ra, VII, 7, 5 .
88
Storia ecclesiastz"ca
eresie, dopo essere stati catechizzati, erano nuovamente lavati e purificati dal sudiciume dell'antico e peccaminoso lievito h. Ed io gli ho scritto per interrog arlo su tutte queste questioni». 6. Dopo altre considerazioni, aggiunge: «Ai nostri diletti colleghi nel sacerdozio, Dionigi e Filemone 15, che inizialmente si trovarono d'accordo con Stefano e mi scrissero a questo ri guardo, io ho risposto dapprima brevemente e adesso in ma niera più estesa». Queste cose per quanto riguarda la questio ne suddetta. 6. L'ERESIA DI
SABELLIO
Nella stessa lettera, a p rop o s ito dei seguaci dell'eresia di Sabellio 16 che a quel tempo erano numerosissimi, così si espri me: «A Tolemaide, nella Pentapoli 17 , è sorta una dottrina em pia e assai blasfema riguardo a Dio onnipotente, Padre del Sib
Cf.
l
Cor 5, 7.
15 Dionigi e Filemone sono due presbiteri romani (cf. in/ra, VII , 7, l e 6): nel 259 il primo dei due succederà nella carica episcopale a Sisto. 1 6 Scarse sono le notizie che possediamo su questo personaggio che, originario dell'Africa, visse a Roma al tempo dei papi Zefirino e Calli sto, sot to il cui pontificato (2 17-222) fu espulso dalla Chiesa di Roma insieme con lppolito, suo principale accusatore. Sabdlio non lasciò scritti e la sua dottri na ci è nota attraverso le testimonianze dei suoi oppositori lppolito, Nova ziano, Atanasio ed Epifanio. Già capo del patripassianismo romano, diede origine a un movimento eretico che si rifaceva ad una forma di monarchiani smo modalista: egli considerava Dio come una Monade indivisibile che si ma nifestava in modi diversi (come Padre e legislatore nel Vecchio Testamento, come Figlio e redentore nel Nuovo Testamento, come Spirito Santo in quan to operatore della santificazione degli uomini) . n movimento ebbe larghissi ma diffusione, ma sparì ben presto a motivo delle scomuniche e della fiera opposizione di scrittori come Atanasio e Basilio. 17 Era all ' epoca ancora così denominata la regione libica formata dalle cinque città di Apollonia, Cirene, Arsinoe, Berenice e Tolemaide appunto.
Libro VIL 5-7
89
gnore nostro Gesù Cristo c , notevolmente incredula a proposi to del suo unico Figlio, il primogenito di ogni creatura d, il Lo gos che si è fatto uomo, e insensibile nei riguardi dello Spirito Santo. All o rquando mi pervennero dalle due parti documenti su questa dottrina e dei fratelli ne parlarono [con me] , io ho trasm ess o alcune lettere, come ho potuto con l'aiuto di Di o , presentando l' argomento in maniera alquanto divulgativa; di esse ti mando le copie». 7 . L'ABOMINEVOLE
ERRORE DEGLI ERETICI,
LA VISIONE INVIATA
DA DIO A DIONIGI
E LA REGOLA ECCLESIASTICA CHE
EGLI RICEVETTE
l . Nella terza lettera sul battesimo che scrisse a Filemone, presbitero di Roma, lo stesso Dionigi aggiunge queste cose: «An ch'io ho letto gli scritti e le tradizioni degli eretici, macchiando per breve tempo la mia anima con le loro abominevoli idee, ma ricavandone, tuttavia, il vantaggio di ribatterle da me stesso e di disprezzarle molto di più. 2 . Me ne allontanò un fratello presbi tero, che temeva mi macchiassi col fango della loro perversità e contaminassi la mia anima; e quando capii che egli diceva il ve ro, una visione inviatami da Dio mi temprò 3 . e mi giunse una voce che chiaramente mi ordinava: "Leggi tutto ciò che ti capi terà tra le mani, dato che tu sei in grado di correggere e giudica re ogni cosa e questo fin dall'inizio è stato la radice della tua fe de" . Io accolsi la visione in quanto conforme al detto apostolico rivolto ai più forti: "Siate dei cambiavalute scaltri " 18».
c Cf. 2 Cor l, 2; Ef
l, 3; l Pt l,
3.
d Cf. Col l , 15.
1 8 Il detto non è testamentario ed è un tigraphon (=parola appartenen te alla tradizione orale su Gesù) tra quelli più spesso citati dai Padri della Chiesa.
90
Storia ecclesiastù:a
4 . Quindi, dopo aver fatto diffusamente altre osservazioni sul problema, aggiunge dicendo: «Quanto a me ho ricevuto questa regola e questo modello dal nostro beato papa 19 Eracla. Quanti infatti provenivano dalle eresie e si erano sicuramente separati dalla Chiesa, o piuttosto, non se ne erano separati, ma, pur facendone apparentemente ancora parte, erano stati accu sati come fedeli di qualcuno dei falsi maestri 2o, egli li allonta nava dalla Chiesa e, quando essi lo chiedevano, non li accoglie va fin tanto che non avessero dichiarato pubblicamente tutte le cose che avevano udito dagli avversari; solo allora li riammette va, senza pretendere per loro un nuovo battesimo: essi, infatti, avevano in precedenza ricevuto
da lui». 5 . Dopo aver discusso ancora a lungo il problema, ag giunge: «Ecco quanto io ho inoltre appreso, cioè che non solo ora gli africani hanno diffuso quest' usanza, ma già da tempo, sotto i vescovi che ci hanno preceduto, essa fu deliberata nelle Chiese più popolose e nelle assemblee dei fratelli, ad !conio, a Sinnada 2 1 e in molti altri luoghi. E io non oso rovesciare le lo ro decisioni e gettarli nella discordia e nell'antagonismo. Infat ti è detto: Non sposterai i confini del tuo vicino, posti dai tuoi an tenati e». 6. La quarta delle sue lettere sul battesimo fu scritta a Dio nigi di Roma, che allora fu stimato degno del presbiterato e che, non molto tempo dopo, ricevette anche l'episcopato dei fedeli di quella Chiesa. Da questa lettera è possibile venire a sa-
e
Dt 19, 14.
1 9 Fino quasi al IX sec . , ma soprattutto nei secc. III· V, il titolo (dal gr.
papas o pappas padre) fu dato ai vescovi quale segno di affettuosa deferen za. Cf. Atti di CiprùJno, III , 4 . =
2 0 In questo caso non s i tratta d i persone che hanno ricevuto il battesi mo da eretici, ma che sono diventati tali dopo averlo ricevuto. Per poter es sere riammessi nell a comunit à dovevano dare chiari segni di ravvedimento. 2 1 Cf. supra, VII , 5, 5. Non abbiamo notizie precise su questo sinodo.
Libro VII,
7-9
91
pere come anch'egli d a parte d i Dionigi d'Alessandria ebbe la testimonianza di essere uomo colto e ammirevole. Dopo altre considerazioni, ricordando la vicenda di No vato, così egli scrive: 8. L'ETERODOSSIA DI NOVATO
«È a ragion veduta, infatti, che noi siamo ostili a Novato, che ha operato divisioni all'interno della Chiesa e trascinato al cuni fratelli nell'empietà e nelle bestemmie, presentando su Dio un insegnamento assolutamente sacrilego 22 e accusando erroneamente il nostro dolcissimo Signore Gesù Cristo di esse re disumano; abolisce inoltre il battesimo, confutando la fede e la confessione che lo precedono e allontana del tutto lo Spirito Santo da coloro che l'hanno ricevuto, anche se c'era qualche speranza che vi restasse o che vi ritornasse». 9. IL
BATTESIMO EMPIO DEGLI ERETICI
La quinta lettera fu da lui scritta a Sisto, vescovo di Ro ma: in essa, dopo aver parlato a lungo degli eretici, racconta il seguente fatto avvenuto ai suoi tempi, dicendo: «In effetti, fra tello, ho veramente bisogno di consiglio e, dal momento che m'è capitata una simile faccenda, temendo di sbagliare, chiedo il tuo parere. 2. Tra i fratelli che si riunivano, infatti, c'era un uomo, considerato un anziano fedele anche prima della mia or dinazione e credo anche prima dell'elezione del beato Eral.
22 Gli errori attribuiti a Novaziano non riguardano, come a prima vista sembrerebbe, il dogma trinitario (la sua opera La Trinità, dimostra semmai il contrario) , bensì l'estremo rigore nei confronti dei peccatori che egli attri buisce a Dio.
Storia ecclesiastica
92
d a 23 ; egli partecipava all'assemblea e, essendo accanto a colo ro che stavano per essere battezzati, avendo udito le doman de e le risposte 24, venne da me singhiozzando, versando l ac rime su se stesso e, prostratosi ai miei piedi, dichiarò e giurò che il battesimo con cui era stato battezzato dagli eretici non era co sì e che non aveva p rop rio niente in com un e con questo, ma che al contrario era pieno di empietà e di bestemmie. 3 . Egli disse che il suo cuore era adesso quanto mai contrito e non ave va neanche il coraggio di alzare gli occhi verso Dio f, d al mo mento che era stato iniziato con quelle parole e con quei riti sa crileghi: egli chiedeva pertanto di ottenere questa vera purifi cazione, ammissione 25 e grazia. 4 . Ma io non ebbi il coraggio di fare ciò e gli dissi semplicemente che la prolungata comu nione che aveva avuto [con la Chiesa] gli era sufficiente per questo. Aveva infatti ascoltato l'Eucaristia, aveva risposto l'A men g 26, era rimasto in piedi accanto alla [sacra] mensa ed ave va proteso le mani per ricevere il Santo Cibo, l'aveva ricevuto ed era stato a lungo partecipe del corpo e del s angue del Si gnore nostro; io non avrei più osato battezzarlo di nuovo. Gli ordinai, invece, di farsi coraggio e con fede ferma e buona spef Lc 1 8 , 1 3 .
g Cf. l Cor
1 4 , 16.
23 Poiché Eracla fu consacrato vescovo di Alessandria nel 23 1 -232, da quanto dice Eusebio, è da rit enere che il battesimo ricevuto dal vecchio risal ga ad un periodo precedente: ciò porta ad escludere che l'eresia nella quale egli era stato battezzato fosse quella novaziana: il Bardy (cf. La théologie de l'Eglise, de saint Irénée au conczle de Nicée, cit . , p. 174) pensa «a una forma di gnosticismo o al marcionismo». 24 Si tratta della professione di fede che i catecumeni facevano prima di ricevere il battesimo o durante la sua somministrazione. (Cf. lppolito, Tradi zione apostolica, 15-2 1 ; M. Metzger, Storia della liturgia. Le gra ndi tappe, trad . ital., Cinisello Balsamo 1 966, pp. 68-78). 25 n termine è di difficile interpretazione: escludendo che si tratti del l' ammissione alla Chiesa, di cui, in effetti, il vecchio fa già parte, sembra che designi l'accoglienza dello Spirito Santo. 26 Giustino, l Apologia, 66.
Libro VII,
9- 1 0
93
ranza di accostarsi ai sacramenti. 5 . Ma egli, non cessando di piangere, temeva di avvicinarsi alla sacra mensa e, sebbene in vitato, a fatica sopportò di assistere alle preghiere». 6. Oltre a queste lettere di cui abbiamo parlato, sul batte simo si conserva anche un'altra lettera dello stesso Dionigi, in dirizzata d a lui e dalla diocesi di cui era a capo, a Sisto e alla Chiesa di Roma, nella quale egli tratta a lungo, mediante un' ap profondita dimostrazione, l'argomento in discussione. Oltre queste, se ne conserva ancora un'altra indirizzata a Dionigi di Roma, cioè quella su Luciano 27 . Queste cose per quel che riguarda quest'argomento. 1 0. VALERIANO
E LA SUA PERSECUZION E
l . Dopo che furono tolti di mezzo Gallo e i suoi fautori, i quali tennero l'autorità imperiale neppure per due interi anni, conquistarono il potere Valeriano e suo figlio Gallieno 2s. 2 .
27 Malgrado tutti i tentativi compiuti e le ipotesi prospettate, il perso
naggio
rimane di incerta identificazione.
28 Nella primavera dd 253 mentre l'impero era sconvolto dalla peste e dagli assalti di goti, persiani e germani, le truppe delle Mesie proclamarono imperatore il loro legato, Marco Emilio Emiliano. Gallo e il figlio Volusiano fu rono uccisi dai loro soldati presso Terni. Alla loro morte il senatore P. Lici nio Valeriano, comandante di un esercito che doveva aiutare Gallo, fu pro clamato imperatore dopo la morte di quest'ultimo. Tre mesi più tardi, Em i liano fu ucciso a sua volta dai suoi soldati presso Spoleto. Nell'autunno Vale riano restava unico imperatore e cooptava al trono il figlio Licinio Egnazio Gallieno. Le fonti cristiane (Cipriano, Dionigi d'Alessandria in Eusebio e Commodiano) attribuiscono a Valeriano due editti di persecuzione: il primo, dd 257 , prescriveva l' obbligo del sa crifi cio , pena l'esilio, e vietava le riunioni
nelle chiese e nei cimiteri; il secondo, dell'anno successivo, dispose la pena di morte per gli ecclesiastici, la riduzione in schiavitù per i cesariani (i funzio nari imperiali) e la confisca dei beni e l'esilio per i membri dell'ordine serr a torio ed equestre che avessero abbracciato il cristianesimo (cf. Cipriano, Let tere, 80, 2 ) .
Storia ecclesiastica
94
Ciò che Dionigi racconta a questo riguardo, lo si può appren dere ancora dalla lettera ad Ermammone, nella quale si espri me nel seguente modo: «Analogamente a Giovanni fu rivelato: E alla bestia fu data una bocca per pro/ferire parole arroganti e bestemmie e le /u dato il potere per quarantadue mesi h 2 9. 3 . En trambe le cose possono essere ammirate in Valeriano e, soprat tutto, bisogna considerare come andavano le cose prima di lui, come egli fosse mite e amabile nei confronti degli uomini di Dio: infatti nessun altro degli imperatori che governarono pri ma di lui fu così benevolo e disponibile nei loro confronti; neanche gli imperatori che si diceva fossero stati manifesta mente cristiani 30, li accolsero con la cordialità e la benevolen za che egli dimostrò all'inizio e tutta la sua casa era piena di uo mini pii ed era una chiesa di Dio 3 1 . 4. Ma il suo maestro, che era sinagogarca dei maghi d'Egitto 3 2 , lo persuase a sbarazzarh Ap 13 , 5 . 2 9 ll passo giovanneo (Ap 13 , 5) che Dionigi applica a Valeriano è quel Io relativo alla «bestia che sale dal mare», famosa allegoria dell'Anticristo (cf. E. Corsini, Apocalisse prima e dopo, Torino 1980, pp. 329ss.). Dalla citazione giovannea potrebbe dedursi che la persecuzione durò tre anni e mezzo. 30 È noto che nessuno dei predecessori di Valeriano (come pure poste riori fino a Costantino) fu cristiano. È probabile che Dionigi alluda alle leg gende cristiane fiorite su Severo Alessandro e Filippo l'Arabo. 3 ! Questa affermazione di Dionigi appare al Bardy (La théologie de l'E glise, de saint Irénée au concile de Nicée, cit., p. 177) una «manifesta esagera zione». 32 ll personaggio in questione è Macriano, definito da Dionigi «sinago garca dei maghi d'Egitto» forse in quanto capo di un'associazione pagana de dita a pratiche magiche. Marco Fulvio Macriano, ricordato da Commodiano (Carmen apologeticum) come ispiratore dei provvedimenti anticristiani di Va leriano, fu praepositus annonae, cioè direttore del fisco per l'Egitto nel 259/260. Sfruttando la confusione seguita alla cattura di Valeriano (cf. in/ra, n. 3 8 ) , scatenò una rivolta ad Alessandria e fece proclamare Augusti i suoi due figli cf. in/ra, VII , 10, 9. È probabile che i cristiani gli abbiano attribuito la re sponsabilità della persecuzione nel tentativo · di giustificare il padre di Gallie na, imperatore apprezzato dalla tradizione ecclesiastica (cf. in/ra, VII , 13).
Libro VII, 1 0
95
sene, ordinandogli di uccidere e perseguitare quegli uomini pu ri e santi in quanto avversari ed ostacoli delle loro blasfeme ed abominevole stregonerie (essi, infatti, con la loro presenza e il loro sguardo ed anche con il solo alito e il suono della voce, so no ed erano capaci di mandare a monte le insidie dei demoni malvagi) 33. Egli gli consigliò inoltre di compiere cerimonie im pure, sortilegi infami e riti infausti, di sgozzare sventurati fan ciulli, di sacrificare figli di padri miserabili, di squarciare le vi scere dei neonati, di trafiggere e fare a pezzi le creature di Dio, come se essi potessero diventare più fortunati in seguito a que ste cose 34». 5 . E a queste cose aggiunge dicendo: «Macriano, dunque, offrì ai demoni magnifici sacrifici propiziatori per l'impero spe rato, egli che, chiamato prima procuratore imperiale del fisco, non pensò a nulla di razionale né di universale 35, ma cadde nel la maledizione profetica che dice: Guai a coloro che profetizza no dal proprio cuore e non vedono l'universale i. 6. Egli infatti non capì la Provvidenza universale e non suppose il giudizio di colui che è prima di tutti, in tutti e al di sopra di tutti i; perciò da un lato egli divenne nemico della sua Chiesa universale, dal l' altro si allontanò e si separò anche dalla misericordia di Dio e fuggì il più lontano che poté dalla propria salvezza, confer mando in questo modo il suo nome 36». 7 . E ancora, dopo altre osservazioni, aggiunge: «Valeriano, i Ez
13, 3 .
i Cf. Ef 4, 6 ; Col l , 1 7 .
33 Sull 'azione dei cristiani contro i demoni cf. Minucio Felice, Ottavio,
27; Tertulliano, Apologetico, 23 .
34 Accuse simili non erano del tutto nuove (cf. supra, V, l , 1 4 ; Minucio Felice, Ottavio, 9, 7; Tertulliano, Apologetico, 7 -9; ecc. ) . 35 A proposito della carica di Macriano e delle sue funzioni, Dionigi, svolge un gioco di parole intraducibile in italiano. 3 6 Altro gioco di parole realizzato da Dionigi a proposito del nome di Macriano, che egli fa derivare dal greco makr6s, vale a dire <
96
Storia ecclesiastica
infatti, indotto a queste azioni da costui 3ì, fu esposto agli ol traggi e alle riprovazioni, secondo la parola di Isaia: E costoro hanno scelto le loro vie e le loro abominazion� che la loro anz·ma volle e io sceglierò per loro la sventura e li ripagherò per i loro peccati k. 8. E costui, benché non ne fosse degno, si struggeva per il principato e poiché a causa del suo corpo storpio non po teva neppure ornarsi dell'abito regale, mise avanti i suoi due fi gli 38, che si erano caricati dei peccati del padre. Su di loro, in fatti, si compì in maniera manifesta la profezia che Dio fece: Pu nisco le colpe dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta gene razione per coloro che mi odiano l. 9. Le smanie personali che egli non poté soddisfare, le accumulò sulla testa dei figli, sui quali trasmise la sua malvagità e il suo odio verso Dio». Queste le cose che Dionigi scrive a proposito di Valeriano. 1 1 . LE COSE CHE ALLORA ACCADDERO A D I ONIGI E A QUELLI D'EGI1TO l . Riguardo alla persecuzione che si accese con violenza terrib ile al tempo di Valeriano e a ciò che lo stesso Dionigi do
vette sopportare con altri per la fedeltà nei confronti del Dio dell'universo, lo mostreranno le parole stesse che egli, rivolk Is 66, 3 -4.
l Es 20, 5.
37 Cioè da Macriano.
3 8 Nd 260, dopo la sconfitta e la cattura di Valeriano ad Edessa ad ope
ra dei Persiani di Shahpur I, Macriano fece proclamare imperatori i suoi due figli Macriano il giovane (T. Fulvio Giunio Macriano) e Quieto (T. Fulvio Giunio Quieto) i quali ottennero il riconoscimento da parte dell'Oriente (cf. Scriptores Historiae Augustae, Triginta Tyranni, XII, 1 2 ) . Nd 261 Macriano e il figlio primogenito furono sconfitti e uccisi nell'illirico da Aureolo, coman dante dell a cavalleria di Galliena; l'anno successivo Quieto fu sconfitto e messo a morte a Emesa da Odenato, principe di Palmira.
. Libro VIL 10- 1 1
97
gendosi a Germano, uno dei vescovi del suo tempo, che tentò di diffamarlo 39, espone nel seguente modo: 2 . «Corro real mente il rischio di cadere in una grande follia e stupidità m, as secondando la necessità di raccontare la mirabile volontà di Dio nei nostri confronti. Ma poiché dice la Scrittura: È bene te ner nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare le opere di Dio ", contrasterò la violenza di Germano . .3 . Ero andato da Emiliano 4 0 non solo, ma accompagnato da Massimo, mio col lega nel presbiterato 41 e dai diaconi Fausto 42 , Eusebio -13 e Cheremone ed entrò con noi anche uno dei fratelli di Roma che erano allora presenti 44 . 4 . Emiliano non mi disse in p rece de n za: "Non riunire (i fratelli) " . Ciò infatti era per lui superfluo e veniva per ultimo, mentre egli puntò alla questione primaria 4 5 . Non disse, infatti, di non radunare altri, ma di non essere più cristiani noi stessi e ci impose di smettere di esserlo, pensando che, se io avessi cambiato opinione, anche gli altri mi avrebbe ro seguito. 5. Ma io risposi nel modo adatto e in maniera con cisa: Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini o e al suo cospetto resi apertamente testimonianza che adoravo il solo m
Cf. 2 Cor 1 1 , 17.
11 Tb l2, 7 .
o
At 5 , 29.
39 Un frammento della let�era a Germano è stato già citato da Eusebio in precedenza (cf. supr,a, VI, 40). 40 L. Mussio Emiliano sembra sia stato viceprefetto d'Egitto sotto Gal lieno dal 257 al 259. 4 1 Si tratta del futuro successore di Dionigi nell'episcopato di Ales sandria. 42 In età assai avanzata, Fausto subì il martirio,durante la persecuzio ne di Diocleziano (cf. infra, VII, 12, 26; VIII, 1 3 , 7 ) . E probabile che sia sta to tra gli accompagnatori di Dionigi durante la persecuzione di Decio, cf. su
pra, VI, 40.
43 Eusebio è il futuro vescovo di Laodicea in Siria (cf. in/ra, VII, 32, 5). 44 Si tratta senza dubbio di un cristiano di nome Marcello, nominato
un po' fiù avanti. 4 D primo editto di Valeriano dell'agosto 257 vietava ai cristiani l'in gresso nei cimiteri e la possibilità di tenervi le loro riunioni.
98
Storia ecclesiastica
Dio esistente e nessun altro e che mai avrei cambiato opinione né avrei mai cessato di essere cristiano. Immediatamente ci or dinò di recarci in un villaggio vicino al deserto chiamato Ke fro 46, 6. Ma ascoltate le parole stesse come furono dette dall'u no e dall'altro, tali quali furono annotate. Introdotti Dionigi, Fausto, Massimo, Marcello e Cheremone, Emiliano, che era il governatore, disse: "Ho disputato con voi a parole 47 sulla be nevolenza che i nostri signori usano nei vostri confronti. 7. Vi hanno dato, infatti, la possibilità di salvarvi, se vi volete con vertire a ciò che è conforme alla natura, adorare gli dei che pro teggono il loro impero e dimenticare quelli contrari alla natura. Che cosa dunque rispondete a questo? Spero, infatti, che non sarete ingrati nei confronti della loro benevolenza, dato che es si vi esortano al meglio " . 8. Rispose Dionigi: "Non tutti adora no tutti gli dei, ma ciascuno adora quelli che reputa tali. Noi dunque veneriamo e adoriamo l'unico Dio, il Creatore di tutte le cose, colui che ha affidato l'impero agli amatissimi Augusti Valeriano e Gallieno ed è Lui che noi supplichiamo assidua mente per il loro impero, perché esso duri stabilmente 48 " . 9. Emiliano, che esercitava le funzioni di governatore, disse loro. "E chi mai dunque vi impedisce di adorare anche lui, se è dio, insieme con gli dei che sono tali per natura? Vi è stato infatti ordinato di venerare gli dei e gli dei che tutti conoscono" . Ri spose Dionigi: " Noi non adoriamo nessun altro" . 10. Emiliano, che esercitava le funzioni di governatore, disse loro: "Vedo che siete ad un tempo ingrati ed indifferenti alla benevolenza dei nostri Augusti. Pertanto non rimarrete in questa città, ma sare46 La località ci è sconosciuta.
47 Dal contesto sembra si debba dedurre che l'interrogatorio vero e proprio sia stato preceduto da un colloquio privato non verbalizzato. 48 Le preghiere dei cristiani per l'imperatore e l'impero avevano una lunga tradizione: cf. l Tm 2, 2; Clemente di Roma, l Cor 61, ; Giustino, l Apologia, 17; Tertulliano, Apologetico, 30-32; Origene, Contro Celso, VIII, 73 ; Teofilo, Ad Autolico, I, 1 1 ; Atti di Cipriano, I, 2; Atti di Apollonia, 6.
Libro VII, 1 1
99
te inviati nelle regioni della Libia, in un luogo chiamato Kefro: questo è infatti il luogo che io ho scelto in base all'ordine dei nostri Augusti. E non sarà mai consentito, né a voi né ad altri, di tenere assemblee o entrare nei luoghi chiamati cimiteri 49. 1 1 . Se poi ci si accorgerà che qualcuno non si trova in questo luo go che io ho comandato, o se sarà trovato in qualunque assem blea, si metterà in pericolo da solo: non mancherà, infatti, il do vuto controllo. Recatevi dunque dove vi è stato ordinato" . E, pur essendo ammalato, mi obbligò a partire, senza neppure concedermi la dilazione di un solo giorno. Che possibilità ave vo dunque di tenere o no una riunione?». Quindi, dopo altre cose, aggiunge: 1 2 . «Tuttavia, con l'aiuto del Signore, noi non rinunciam mo a tenere vere e proprie assemblee visibili, ed io riunii con estrema diligenza quelli che erano nella città, come se fossi con loro, assente col corpo, come dice la Scrittura, ma presente nel lo spirito P; ed anche a Kefro si riunì con noi una numerosa Chiesa, composta sia dai fratelli che ci vennero dietro dalla città, sia da quelli che vennero dall'Egitto 50, 1 3 . E anche là Dio ci aprì la porta della sua parola q. Inizialmente fummo persegui tati e lapidati, ma successivamente non pochi pagani si conver tirono a Dio, dopo aver abbandonato i loro idoli r. In quella cir costanza, per la prima volta, per mezzo nostro, fu seminata la parola in coloro che non l'avevano ricevuta in precedenza s, 1 4 . e come se Dio ci avesse condotto là in mezzo a loro proprio per
1 1 . 13 .
P l Cor 5, 3 .
q
Col 4, 3 .
r
At 14, 15;
l
'ts
l,
9.
s Cf. Le 8,
49 La precis azione dd governatore si capisce ricord ando che il termine cimitero (dal gr. koimetérion) è parola cristiana: infatti i cimiteri (chiamati più tardi «catacombe») furono i luoghi di riunione dei primi fedeli cristiani poi ché in essi erano seppelliti i martiri sulle cui tombe essi pregavano. Cf. Atti di Cipriano, l, 7 . 5 0 Ancora una volta s i fa differenza tra la città d i Alessandria e l'Egitto.
100
Storia· ecclesiastica
questo. Dopo che portammo a termine la nostra missione 1, egli ci allontanò di nuovo. Emiliano, infatti, come gli sembrò op portuno, volle t ras fe rirei in località più impervie e pìù libiche .5 J e ordinò a quelli che si erano sparsi ovunque di confluire nella Mareote 52 , assegnando a ciascuno villaggi diversi della regione. Quanto a noi, ci sistemò nelle vicinanze della strada pubblica in modo che potessimo essere i primi ad essere arrestati. Era in fatti evidente che egli organizzava e preparava ogni cosa affin ché tutti, quando egli desiderasse prenderei, fossimo facilmen te catturabili. 15 . Quanto a me, allorquando mi fu ordinato di partire alla volta di Kefro, ignoravo persino dove mai si trovas se questa località, di cui a stento in precedenza avevo inteso il nome, ma mi ci diressi di buon animo e quietamente. Tuttavia, quando mi fu comunicato che avrei dovuto recarmi nella re gione di Kollouthion 53, sanno bene i presenti quale fu il mio stato d'animo (qui, infatti, mi accuserò da solo). 16. In un pri mo momento ne fui addolorato e grandemente irritato: anche se quei luoghi, infatti, ci erano più conosciuti e familiari, tutta via dicevano che la regione fosse priva di fratelli e di uomini onesti e per di più soggetta alle noie causate dai viaggiatori e al le scorrerie dei briganti. Tuttavia provai sollievo quando i fra telli mi ricordarono che essa era più vicina alla città 54 e che, mentre Kefro ci aveva assicurato numerosi contatti con i fratel li d'Egitto, al punto che si poté raccogliere una comunità più ampia, in quest'altra località, invece, considerato che la città era 1
At 12, 25 .
5 1 Non molto comprensibile il comparativo libukotérous (= più libiche) usato nella circostanza da Eusebio: forse egli intende dire <
Libro VII, 1 1
101
più vicina, avremmo esultato i n maniera più assidua della vista di coloro che ci erano veramente cari, intimi e più diletti. Essi, · infatti, sarebbero venuti lì, vi avrebbero soggiornato e come nei suburbi situati più lontano vi sarebbero state assemblee parzia li. E così avvenne». 1 8 . Dopo altre notizie, così scrive inoltre su ciò che gli ac cadde: «Germano si gloria delle sue numerose confessioni ed ha molte cose da dire sulle cose che sono state fatte contro di lui, tante quante egli ne può contare nei nostri riguardi: pro cessi, confische, proscrizioni, spoliazioni di beni u , destituzioni da cariche, disinteresse per la gloria del mondo, disprezzo del le lodi di governatori e senatori e del contrario di tutto questo, resistenza alle minacce, alle grida ostili, ai pericoli, alle perse cuzioni ·:, alla vita e rr ante , all ' ango scia,. alle pene di ogn i gene re, quali mi accaddero sotto Decio e Sabino 55 e ancor oggi sot to Emiliano. 19 . . Dove, invece, è stato visto Germano? Quale storia si narra di lui? Ma adesso desisto dalla grande follia 5 6 nella quale sono caduto a causa di Germano: pereiò desisto dal dare ai fratelli, che già ne sono a conoscenza, la descrizione det tagliata delle cose che mi sono capitate». 20. Lo stesso Dionigi, nella lettera a Domezio e Didimo 57 , rico r da ancora in questi termini i fatti accaduti durante la per secuzione: «Quanto ai nostri, che sono numerosi e a voi scono sciuti, è superfluo elencarli per nome. Sappiate soltanto che uo mini e donne, giovani e vecchi, fanciulle e donne anziane, sol dati e civili, di tutte le classi sociali e di tutte le età, dopo aver riportato la vittoria alcuni con i flagelli e il fuoco, altri col feru
Cf. Eh 10, 34.
v
Cf. Rm 8, 35.
5 5 C f supra, VI, 4 0 , 2 . supra, VII, 1 1 , 2 e 2 Cor
.56 Cf.
12, 1 1 .
57 I due personaggi non sono identificati: l'unica notizia certa è che es si non conoscono la situazione dei cristiani di Alessandria.
102
Storia ecclesiastica
ro, hanno conquistato la corona (del martirio) . 2 1 . Ad altri, in vece, un tempo lunghissimo non fu sufficiente perché sembras sero graditi al Signore, come sembra non essere sufficiente an cor oggi nep pure a me: mi ha riservato, infatti, per la circo stanza adatta che egli solo conosce, egli che dice: Nel momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccor so w. 22. Infatti, dal momento che cercate di conoscere ciò che ci riguarda e volete che vi si manifesti il modo in cui viviamo, certamente avete udito come io, Gaio, Fausto, Pietro e Paolo, siamo stati condotti via prigionieri da un centurione, da magi strati e dai soldati e le guardie che erano con loro. Essendo so praggiunti alcuni provenienti dalla Mareote, malgrado ci rifiu tassimo di seguirli, ci portarono via trascinandoci a forza 58. 23 . Ora io, Gaio e Pietro soltanto, dopo essere stati separati dagli altri fratelli, siamo stati segregati in una località deserta e deso lata della Libia, distante tre giorni di cammino da Paretonio 59». 24. E un po' più oltre dice: «Nella città si sono nascosti dei presbiteri che visitano di nascosto i fratelli: Massimo, Diosco ro, Demetrio e Lucio; coloro, infatti, che erano maggiormente conosciuti nel mondo, Faustino ed Aquila, peregrinano per l'E gitto. I diaconi poi che sono sopravvissuti a coloro che sono morti nella pestilenza 60 sono Fausto, Eusebio e Cheremone. Eusebio è colui che Dio fortificò x fin dall'inizio e preparò a compiere coraggiosamente i doveri dei confessori che erano in w
Is
49, 8; 2 Cor 6, 2 .
x
C f. l Tm
l , 12.
supra, VI, 40, 6. Città costiera della Libia Marmarica distante circa 150 miglia da Alessandria. 6 0 Contro la lezione en te nésoi (= nell'isola) adottata dallo Schwartz sulla scorta delle traduzioni latina e siriaca, preferiamo mantenere la lezione originale dei codici greci che registrano en te n6soi: nel primo caso, infatti, non si sa bene di quale isola si tratti, nel secondo è evidente l'allusione alla pestilenza che infuriò nel 252 sotto il principato di Gallo e Volusiano nell'E gitto e nell'intero impero e di cui parla Cipriano (cf. De mortalitate) . 58 Per la narrazione di questo stesso avvenimento cf.
59
Libro VIL 1 1-12
1 03
prigione e a praticare non senza rischio la sepoltura dei corpi degli splendidi e beati martiri. 25 . Fino ad oggi, infatti, il go vernatore, come ho già detto, non desiste dal far uccidere atro cemente coloro che sono condotti presso di lui, facendone tor mentare alcuni con le torture e sfiancandone altri mediante la prigionia e le catene; egli ordina che nessuno li vada a trovare e badare a che non si presenti nessuno; ciononostante, grazie al lo zelo e alla perseveranza dei fratelli, Dio concede un po' di re spiro ai perseguitati». 26. Queste le cose scritte da Dionigi. Ma occorre sapere che Eusebio, a cui egli dà il titolo di diacono, qualche tempo dopo fu eletto vescovo di Laodicea, in Siria; Massimo, che egli dice allora essere presbitero, subentrò a Dionigi stesso nel mi nistero dei fratelli d'Alessandria; mentre Fausto, che allora si mise in luce con lui nella confessione, risparmiato fino all'at tuale persecuzione 6 1 , assai vecchio e carico di giorni Y , è stato ora decapitato e ha portato a termine la sua vita col martirio. Queste le cose accadute a quel tempo a Dionigi. 1 2 . COLORO CHE RESERO TESTIMONIANZA COL MARTIRIO
A CESAREA DI PALESTINA
Durante l'anzidetta persecuzione di Valeriano, a Cesarea di Palestina tre uomini, dopo che brilla rono per la loro confes sione di Cristo, furono onorati del martirio divino, divenendo cibo di belve. Di costoro, uno si chiamava Prisco, un altro Mal co e il terzo Alessandro. Si dice che essi, che abitavano in camY
Cf. Gn 25 , 8.
6 1 Eusebio si riferisce alla persecuzione di Diocleziano. ll nome di Fau sto è indicato dal martirologio geronimiano 1'8 settembre e nelle sinossi gre che il 6 dello stesso mese.
104
Storia ecclesiastica
pagna, in un primo momento si dichiararono da sé colpevoli di negligenza e abulia, in quanto non si curavano delle ricompen se (celesti) , proprio nel mom ento in cui la circostanza favore vole le distribuiva a coloro che le desideravano con ardore ce leste e poiché non conseguivano la corona del martirio. Dopo aver preso questa decisione, si diressero velocemente a Cesarea e, recatisi insieme al cospetto del giudice, conseguirono la fine anzidetta. Si racconta inoltre che, nel corso della stessa perse cuzione e nella stessa città, oltre a costoro, una donna affrontò disperatamente un'identica lotta; riferiscono, tuttavia, che ap partenesse alla setta di Marcione. 13 . LA PACE SOTTO GALLIENO
Tuttavia, non molto tempo dopo, Valeriano fu ridotto in schiavitù ad opera dei barbari 62 , e suo figlio, rimasto solo al go verno, resse il potere in maniera più saggia, pose immediata mente fine mediante degli editti alla persecuzione contro di noi e ordinò che coloro che presiedono alla Parola potessero attua re liberamente le loro funzioni abituali mediante un rescritto 63 che ha il seguente tenore: «L'imperatore Cesare Publio Licinio Gallieno, Pio, Felice, Augusto, a Dionigi, Pinna, Demetrio e ai rimanenti vescovi. Ho ordinato che si espanda in tutto il mon do il beneficio della mia generosità, affinché siano riaperti i luo ghi di culto e perciò anche voi potete avvalervi della disposi zione del mio rescritto, in modo che nessuno vi molesti. E 62 La prigionia di Valeriano ad opera dei persiani sembra si debba col locare nell'autunno dd 260. 63 Eusebio non riproduce l'editto di Gallieno, ma si limita a citare (è l'unico scrittore a conservarlo) un rescritto imperiale inviato ai vescovi d'E gitto e la cui datazione può essere sia posteriore che anteriore alla disfatta di Macriano. ll testo è datato da alcuni al 262 : sarebbe quindi posteriore di due anni all'abrogazione voluta ?a Gallieno della politica persecutoria patema.
Libro VIL 12-14
1 05
quanto da voi sarà possibile fare, è stato da me concesso già da tempo 64; di conseguenza Aurelio Quirinio, procuratore del fi sco, farà osservare la disposizione da me emanata 65». Era giusto citare qui questo rescritto, tradotto dal latino per maggior chiarezza. Dello stesso imperatore si conserva an che un altro decreto indirizzato ad .altri vescovi e che autorizza i cristiani a riprendere possesso dei luoghi chiamati cimiteri. 14.
I VESCOVI CHE
FIORIRONO IN QUEL TEMPO
A quel tempo 66 Sisto dirigeva ancora la Chiesa di Roma 67 . Dopo Fabio, Demetriario resse quella di Antiochia; Firmiliano quella di Cesarea di Cappadocia; inoltre Gregorio e suo fratel lo Atenodoro, discepoli di Origene, guidavano le Chiese del Ponto. A Cesarea di Palestina, dopo la morte di Teoctisto, as sunse la carica episcopale Domno: essendo. morto costui poco
tempo dopo, gli succedette Teotecno, nostro contemporaneo. Anch'egli era della scuola di Origene. Ma anche a Gerusalem me, morto Mazabane, gli succedette sul soglio Imeneo, che si distinse anch'egli per parecchi anni nella nostra epoca.
64 Si tratta non di un riconoscimento ufficiale del cristianesimo, ma del la sua esistenza di fatto e, soprattutto, il riconoscimento della proprietà ec clesiastica. 65 La menzione di Aurelio Quirinio, la cui carica di direttore del fisco (procurator rei summae) è identica a quella di Macriano, come autorità cui competeva l'applicazione delle norme emanate, indica che le proprietà eccle siastiche menzionate erano state di fatto incamerate dal fisco. 66 Dei vescovi ricordati da Eusebio in questo capitolo, che è privo di qualsiasi riferimento cronologico, ci è nota, da altre fonti, soltanto la data di elezione di Demetriano (253 ) , imprecisa e approssimativa quella degli altri. 67 La notizia di Eusebio è inesatta: all'epoca Sisto era già morto marti re sotto Valeriano nel 258 e gli era già succeduto Dionigi, che guidò la Chie sa di Roma fino al 268.
Storia ecclesiastica
1 06
MARINO RESE TESTIMONIANZA COL MARTIRIO A C ESAREA
1 5 . COME
l.
All'epoca di questi vescovi 68 , mentre c'era pace in tut te le Chiese, a Cesarea di Palestina, Marino, uno di coloro che erano stati onorati di un alto grado nell'esercito, uomo illustre per nascita e ricchezza, fu decapitato per la sua testimonianza di Cristo per il seguente motivo. 2 . Presso i romani il tralcio è insegna di una carica milita re e chi la consegue, dicono, diventa centurione. Era vacante un posto e l'ordine di avanzamento chiamava Marino a tale grado; egli stava già per ricevere la carica, allorquando un altro milita re, presentatosi davanti alla tribuna, dichiarò che, secondo le an tich e leggi , non era p os s ibil e che Marino, in quanto cristiano che non sacrificava agli imperatori, ricevesse una carica roma na e che invece il grado toccava a lui stesso. 3 . n giudice (si chiamava Acheo) 69, scosso dal fatto, chiese per prima cosa a Marino quale fede professasse; poi, quando vide che egli con fermezza confessava di essere cristiano, gli concesse un inter vallo di tre ore per riflettere. 4. Mentre egli era, dunque, fuori del tribunale, Teotecno, vescovo del luogo, dopo essersi avvici nato per chiacchierare, lo trascinò via e, p res olo per mano, lo condusse in chiesa; una volta entrati, pastosi accanto a lui da vanti al tabernacolo, gli sollevò un poco la clamide e gli indicò la spada appesa al suo fianco; contemporaneamente gli mise davanti il libro dei divini Vangeli che aveva portato, ordinan dogli di scegliere, tra le due cose, quella che era conforme ai 6 8 All ' epoca, dunque, di Gall iena, quindi intorno al 262 -263 : la vi cen da di Marino è significativa del fatto che, anche in periodo di pace, i cristia ni non vivono in condizioni di assoluta sicurezza: l'episodio è una conferma che l'imperatore non emanò alcun editto di tolleranza nei confronti dei cri stiani. 69 TI personaggio fu governatore della Palestina nel 262ca.
Libro VII, 15- 1 7
1 07
suoi ideali. Poiché egli, tendendo senza incertezza la destra, scelse la divina Scrittura, Teotecno gli disse: «Allora mantieni ti, mantieniti stretto a Dio e, fortificato da lui z, possa tu conse guire ciò che hai scelto: va' in pace». 5. Subito, mentre rientra va di là, l'araldo lo stava chiamando ad alta voce davanti alla tri buna, poiché la proroga concessa era già scaduta. Presentatosi, quindi, al giudice, avendo mostrato l'ardore della fede più grande che mai, subito, così com'era, condotto a morte, rag giunse la perfezione. 16. LA STORIA DI ASTIRIO
In quella circostanza anche Astirio è ricordato per la sua religiosa franchezza: quest'uomo era membro del Senato di Ro ma, caro agli imperatori e noto a tutti per la sua nobiltà e ric chezza. Dopo aver assistito al martirio di Marino, presone il corpo sulle spalle, lo portò via in una veste splendida e prezio sa; quindi lo seppellì con grande magnificenza e gli diede una sepoltura conveniente. Coloro che hanno conosciuto quest'uo mo e che sono sopravvissuti fmo ai nostri tempi, ricordano di lui innumerevoli altri fatti e tra essi il seguente prodigio. 17.
(SENZA TITOLO)
70
Si narra che a Cesarea di Filippo, che i fenici chiamano Paneade 7 1 , presso le sorgenti che si vedono alle pendici del z
Cf. Col l ,
11.
7 0 Questo capitolo è senza titolo in quanto non risulta ndl'indice del testo greco. i l Nell'antichità Cesarea di Filippo era nota anche col nome di «Pa neade», in quanto sede del culto del dio Pan .
Storia ecclesiastica
1 08
monte chiamato Paneion, da cui sgorga anch e il Giordano, in un certo giorno di festa si gettava una vittima che, per la po . tenz a del demonio, scompariva miracolos amente: il fatto era ri -tenuto prodigioso da coloro che vi assistevano. Un giorno, dun que, Astirio era presente all'avvenimento: egli, vedendo che la folla era colpita dal fatto, ebbe pietà del loro errore e, levati gli occhi al cielo, supplicò, attraverso Cristo, il Dio che è al di so pra di tutte le cose, di confutare il demonio seduttore del po polo e di far cessare l'inganno di quegli uomini. Si dice allora che, mentre faceva questa preghiera, all'improvviso la vittima venne a galla nelle sorgenti e così per essi cessò il miracolo e in quel luogo non si verificò più alcun prodigio. 1 8 . l SEGNI DELLA MAGNANIMITÀ DEL SALVATORE NOSTRO
AVVENUTI A PANEADE l . Ma, dal momento che ho richiamato alla mente questa città, non reputo giusto dimenticare un racconto, degno di es sere tramandato anche a coloro che verranno dopo di noi 72: di là, infatti, si diceva che fosse originaria la donna sofferente di emorragia che fu liberata dal suo male dal S alvatore nostro co me abbiamo appreso dai santi Vangeli ••, e nella città se ne mo strava la casa e vi si trovavano ancora ammirevoli monumenti della benevolenza del Salvatore nei suoi confronti. 2. Davanti al le porte della sua casa, infatti, sopra un'alta pietra, c'era una scultura a bassorilievo di bronzo di ima donna piegata sulle giaa
Cf. Mt 9, 20s.; Mc 5, 25; Le 8, 43 .
72
L' episodio narrato da Eusebio ebbe larga rinomanza nell'antichità e
fu ripreso da alui scrittori (cf. Giovanni Damasceno, De imaginibus, 3 ) . Gli scrittori ecclesiastici Sozomeno (cf. Storia ecclesiastica, V, 2 1 ) e Filostorgio (cf. Storia ecclesiastica, VTI, 3 ) testimoniano che il bassorilievo fu distrutto per or
dine di Giuliano l'Apostata.
Libro VII, 1 7- 1 9
1 09
nocchia e con le mani protese in atteggiamento di supplice; di fronte a questa scultura ce n'era un'altra, dello stesso materiale, che r affigurava un uomo in piedi che, avvolto sfarzosamente in un mantello, tendeva la mano alla donna; ai suoi piedi, sul mo numento stesso, spuntava un'insolita specie di erba, che arriva va fino al bordo del mantello di bronzo ed era un antidoto con tro malattie di ogni genere 73 . 3 . Si diceva che questa scultura ri producesse l'imm agine di Gesù ed essa è esistita fino ai nostri giorni, così che l'abbiamo vista personalmente, quando siamo stati in visita in quella città. 4. E non c'è ·da meravigliarsi se i pa gani di un tempo, che avessero ricevuto dei benefici da parte del Salvatore nostro, abbiano fatto questo, dal momento che abbia mo appreso che sono state conservate per mezzo di colori, su di pinti, sia le immagini dei suoi apostoli Pietro e Paolo, sia quella di Cristo stesso 74 : il che è naturale, poiché gli antichi in questo modo avevano la consuetudine di onorarli sconsideratamente come salvatori, secondo l'usanza pagana che esisteva tra loro. 19.
IL TRONO
DI
GIACOMO
Fino ad oggi è stato conservato anche il trono di Giacomo, che per primo conseguì dal Salvatore e dagli apostoli l' episco pato della Chiesa di Gerusalemme 7'5 e che i libri divini chia mano fratello di Cristo ah , e che i fratelli del luogo hanno euab
Gal l; 19; l Cor 15, 7; Mt
1 3 , 55 .
73 Sull a scorta di quest'ultimo particolare c'è chi pensa che in realtà la
statua rappresentasse originariamente il dio greco della medicina Esculapio e
che solo in un secondo momento la sua figura sia stata assimilata a quella di Cristo Salvatore. 74 L'affermazione di Eusebio risulta assai interessante a proposito del culto delle immagini agli inizi del IV secolo. 75 Cf. supra , II, 2 3 .
1 10
Storia ecclesiastica
stodito di successione in successione, e hanno mostrato in tal modo chiaramente a tutti quale venerazione nei confronti degli uomini santi che sono cari a Dio, nutrivan o e conservavano sia quelli di una volta, sia quelli di oggi. Queste cose bastino su quest'argomento. 20. LE LETTERE FESTALI DI DIONIGI, NELLE QUALI EGLI FI S SA IL CANONE PASQUALE
Invero Dionigi, oltre alle lettere menzionate in precedenza, scrisse a quel tempo anche quelle festali che ci sono pervenute, nelle quali innalza il tono in formule solenni sulla festa di Pa squa. Di esse, una la indirizzò a Flavio, un'altra a Domezio e a Didimo 76: in quest'ultima ha proposto un canone ciclico di ot to anni e puntualizza che la festa di Pasqua non deve essere ce lebrata in altro periodo se non dopo l'equinozio di primavera 77. Oltre a queste lettere ne scrisse anche un'altra ai suoi colleghi presbiteri ad Alessandria, come pure ad altri in luoghi diversi e queste ultime mentre era ancora in corso la persecuzione. 2 1 . GLI AVVENIMENTI DI ALESSANDRIA l . Prima ancora che fosse ristabilita la pace, Dionigi ri tornò ad Alessandria, dove scoppiarono nuovamente una rivol ta e la guerra 78, al punto che non gli era possibile esercitare le
7 6 Questa lettera a Domezio e a Didimo potrebbe essere quella da cui Eusebio ha in precedenza riportato degli stralci; cf. supra, VII, 1 1 , 20. Per duta invece l'altra lettera a Flavio. 77 La determinazione dell a data della Pasqua al tempo di Dionigi solle vava ancora delle difficoltà, cf. in/ra VII, 32, 13-20. 78 Senza dubbio si tratta dei disordini scoppiati ad Alessandria al tem po della rivolta di Macriano (cf. supra, VII, 10) , seguita da quell a del prefet to d'Egitto Mussio Emiliano.
Libro VII, 1 9-21
111
sue funzioni episcopali nei confronti di tutti i fratelli della città, che erano divisi tra l'uno e l'altro partito dell'insurrezione. Per la festa di Pasqua, come se fosse lontano da Alessandria stessa, si rivolse nuovamente loro per lettera. 2. Dopo questi aweni menti scrivendo un'altra lettera pasquale a Hierace, vescovo degli egiziani, ricorda la rivolta degli alessandrini awenuta al suo tempo mediante queste parole: «Per quanto mi riguarda, dal momento che mi è diventato impossibile dialogare anche con me stesso e consigliarmi con la mia stessa anima, che c'è di strano se mi è difficile comunicare anche per lettera con coloro che abitano lontano? 3 . Alle mie stesse viscere, dunque, ai fra telli che abitano la mia stessa dimora e hanno il mio stesso ani mo ac, membri della stessa Chiesa, io debbo scrivere lettere e sembra impossibile farle giungere a destinazione. Sarebbe, in fatti, più facile non solo passare oltre confine, ma anche anda re da Oriente ad Occidente, piuttosto che andare da Alessan dria ad Alessandria stessa. 4. La via che attraversa la città, in fatti, è più sconfinata e impercorribile di quel vasto e inaccessi bile deserto che Israele ha attraversato per due generazioni ad e i porti una volta sereni e tranquilli sono divenuti l'immagine di quel mare che, divisosi in due ed elevatosi come una muraglia, gli ebrei trovarono praticabile ai cavalli, mentre gli egiziani fu rono sommersi in quel percorso ae; (porti) che spesso sono di ventati simili al Mar Rosso af a motivo degli omicidi che vi fu rono commessi. 5 . E il fiume che attraversa la città lo si è visto adesso più arido del deserto senz'acqua e più desolato di quel lo nella cui traversata ag Israele soffrì talmente la sete, che Mo sè invocò a gran voce Dio e, ad opera di colui che solo compie prodigi ah , dalla dura roccia zampillò per loro una bevanda ai ; 6 . adesso, invece, esso è straripato a tal punto da inondare tutta la
Fil 12, 20. ad Nm 14, 23 . 21, 1 - 1 1 ; Es 15 , 11. ab Sal 135, 4.
ac
ag N m
ae
Es 14, 29. ai S ap 11, 4.
af
Es 15, 4.
1 12
Storia ecclesiastica
regione circostante, le strade e i campi ed ha minacciato di pro vocare un diluvio simile a quello dei tempi di Noè. Esso scorr� sempre macchiato di sangue, stragi e annegati, come fu per il Faraone ad opera di Mosè, quando esso fu mutato in sangue ed esalò un fetido odore •i . 7 . E quale altra acqua potrebbe purifi care l'acqua che purifica tutto? Come l'Oceano, vasto e senza limiti per gli uomini, potrebbe riversarsi in questo aspro mare per purificarlo? O il grande fiume che sorge dall'Eden, anche se facesse confluire i quattro bracci in cui si diVide in un solo corso, quello del Ghion ak, come potrebbe lavare questo sudi ciume? 8. O come potrebbe mai diventare pura l'aria contami nata da sgradevoli esalazioni provenienti da ogni parte? Simili vapori, infatti, esalano dalla terra, i venti dal mare, le brezze dai fiumi, le emanazioni dai porti, al punto che la rugiada è il san gue putrefatto dei cadaveri imputriditi in tutti i loro elementi costitutivi. 9. E poi si meravigliano e si domandano donde ven gano le continue epidemie, donde le gravi malattie, donde le in fezioni di ogni tipo, donde il vario ed enorme spopolamento . degli uomini; e perché questa gigantesca città non ha più in sé, a cominciare dai bambini fino ai più avanzati in età, tanti abi tanti, quanti vecchi innanzi tempo, come li si chiama, nutriva prima: ma coloro che erano tra i quaranta e i settant'anni erano un tempo talmente più numerosi, che superavano il numero di coloro che ora sono iscritti e immatricolati nelle pubbliche di stribuzioni di grano 79, e che sono _tra i quattordici e gli ot tant'anni; e così coloro che sembravano i più giovani sono di•i
Es 7, 20-2 1 .
ak G n
1 1 , 10.
79 n brano attesta l'esistenza ad Alessandria di elenchi di cittadini eco nomicamente deboli ai quali erano corrisposte distribuzioni gratuite di fru mento, un privilegio riservato agli abitanti di città come Roma lfrumentum publicum) . Sappiamo che agli inizi del quarto secolo distribuzioni · di p ane fu rono estese anche a città come Costantinopoli e forse Antiochia.
Libro VIL 2 1 -22
1 13
ventati coetanei di quelli che un tempo erano i più vecchi. 10. E così, pur vedendo il genere umano diminuire sempre d i più ·sulla terra ed esaurirsi, nessuno trema, mentre la loro totale scomparsa si avvicina sempre più».
22 . L'EPIDEMIA SCOPPIATA A QUEL TEMPO
l . Dopo questi avvenimenti, allorquando una pestilenza fece seguito alla guerra e si avvicinava la Pasqua, Dionigi si ri volse nuovamente per lettera ai fratelli e descrisse le sofferenze di quella calamità in questi termini 80 : 2 . «Agli altri uomini, il presente non potrebbe sembrare un tempo di festa, né lo è per essi questo che celebriamo o un altro, e io non parlo solo di co loro che sono tristi, ma anche di quanti si credono i più colmi di gioia 8 1 . Ora invero dappertutto è lamento funebre, tutti so no in lutto e i lamenti echeggiano nella città per il gran nume ro di coloro che sono morti e di coloro che continuano a mori re · ogni giorno. 3 . Come, infatti, è scritto dei primogeniti degli egiziani, così anche adesso vi /u un grande lamento, perché non c'è casa dove n o n à sia un morto al , e ve ne fosse stato un q so lo ! Molti e terribili, infatti, furono anche gli eventi che prece dettero questo. 4� In primo luogo ci s cacciarono e, soli, pur perseguitati e minacciati di morte da tutti, anche allora cele brammo la Pasqua ed ogni singo�o luogo della nostra afflizio ne è divenuto per noi successivamente luogo di celebrazione solenne: campagna, deserto, nave, taverna, p rigione; ma la feal Es 12, 30. so n brano riferito da Eusebio è tratto da un'altra lettera pasquale: dif fiCile stabilirne la datazione, impossibile sapere se è contemporanea a quelle a Ermammone e a Hierace. 8 1 n passaggio· è di difficile lettura.
1 14
Storia ecclesz"astica
sta più gioiosa di tutti l'hanno celebrata i martiri perfetti 82 , quando presero p arte al b anchetto celeste. 5 . Dopo questi av venimenti sopravvennero guerra e carestia, che abbiamo sop portato con i pagani, subendo da soli le terribili violenze che ci fecero subire, ma dopo aver tratto vantaggio anche da ciò che essi patirono e si fecero l'un l'altro; e ancora una volta ci siamo rallegrati della pace di Cristo am , che egli ha dato a noi soltan to. 6 . Dopo che noi e loro ottenemmo un brevissimo periodo di sollievo, è piombata su di noi proprio questa epidemia, cosa per loro più orribile di ogni altro oggetto di paura e più cru dele di ogni altra sciagura; e come disse uno dei loro scrittori 83 , "fu un avvenimento unico, il peggiore di tutti al di là di ogni previsione" 84; per noi, tuttavia, non fu tale, ma anzi fu un eser cizio e una prova non inferiore a nessuna delle altre. Essa, in fatti, non risparmiò neppure noi, anche se si diffuse maggior mente tra i pagani». 7 . Dopo queste p arole, aggiunge: «La maggior p arte dei nostri fratelli, dunque, senza avere alcun riguardo per se stessi, per un eccesso di carità e d'amore fraterno, accostandosi gli uni a gli altri, visitavano senza precauzione gli ammalati, li ser vivano meravigliosamente, li soccorrevano in Cristo e moriva no assai gioiosamente con loro; contagiati dal male degli altri, attiravano su di sé la malattia del prossimo e ne assumevano volentieri le sofferenze. Molti poi, dopo aver curato e ridato forza agli altri, morirono essi stessi, dopo aver trasferito su se stessi la loro morte e il detto popolare, che era sembrato sem pre di pura cortesia, allora essi lo attuarono realmente: andanam
Cf. Gv 14, 27.
82 Vale a dire coloro che hanno reso testimonianza con la morte. 83 Sembrerebbe che Dionigi citi uno scrittore contemporaneo e testi
mone degli avvenimenti accaduti ad Alessandria, in realtà la citazione è di Tu cidide e si riferisce alla peste di Atene del 430 a.C. 84 Tucidide, Storz"e, II, 64, l .
Libro VII, 22
1 15
dosene come spazzatura 85 dei loro fratelli an. 8. Dunque i mi gliori dei nostri fratelli persero in questo modo la vita, alcuni presbiteri, diaconi e laici, furono grandemente lodati, al punto che anche questo genere di morte, frutto di grande pietà e fe de coraggiosa, non sembrò per nulla inferiore al martirio. 9. Dopo aver preso tra le mani e stretto al petto i corpi dei santi, ne pulivano gli occhi e chiudevano loro la bocca, quindi li por tavano in spalla e li sistemavano. Dopo averli stretti a sé, li ab bracciavano e, dopo averli lavati, li ornavano con paramenti; poco tempo dopo essi ottenevano le stesse cure, dato che sen za interruzione quelli che sopravvivevano seguivano coloro che li avevano preceduti. 1 0 . Completamente opposta era poi la condotta dei pagani: essi allontanavano coloro che comincia vano ad ammalarsi, evitavano le persone più care, gettavano per le strade i moribondi, trattavano come rifiuti i cadaveri in sepolti, cercando di sfuggire alla diffusione e al contagio della morte, che non era facile allontanare, nonostante prendessero tutte le precauzioni 86» . 1 1 . Dopo questa lettera, tornata la pace nella città, Dioni gi inviò nuovamente ai fratelli d'Egitto un'altra lettera pasqua le e, oltre a questa, ne scrisse ancora altre: se ne conservano una Sul sabato e un'altra Sull'esercizio. 12. Intrattenendosi ancora per lettera con Ermammone e i fratelli d'Egitto, narrò molte al tre cose sulla perversione di Decio e dei suoi successori e fece menzione anche della pace sotto Gallieno. an l Gor 4, 13 .
85 n termine peripsema (= spazzatura) da termine offensivo con cui ve· nivano inizialmente apostrofati i cristi ani , divenne per essi un titolo di gloria; in seguito assunse un significato di cortesia, equivalente al nostro «servo vo stro» o «vostro umile servitore». 86 Dionigi sottolinea la differenza esistente tra l'egoismo dei pagani e la carità cristiana, uno dei cui doveri è quello di seppellire i defunti (cf. Aristi de, Apologia, 15, 4ss . ; Lattanzio, Istituzioni divine, VI, 12; supra, V, l , 57 -6 1 ) .
1 16
Stona ecclesiastica 23 . IL PRINCIPATO
DI
GALLIEN O
l. Ma non c'è niente di meglio che ascoltare direttamente come avvennero questi fatti 87. «Egli (Macriano) , . dunque, do po aver tradito uno dei suoi imperatori e combattuto contro l' altro 88 , scomparve assai presto, eliminato con tutta la sua stir pe e Galliena fu nuovamente proclamato e riconosciuto da tut ti imperatore .vecchio e insieme nuovo, poiché era prima di es si e continuò ad esserci anche dopo 8 9. 2. Secondo l' afferma zione del profeta Isaia, infatti: Ecco, le cose predette anticamen te sono avvenute e quelle di adesso appariranno nuove ao, Come una nuvola, infatti, passa davanti ai raggi d el sole e, nascon dendolo per un attimo , lo oscura e si mostra al suo posto, ma poi, una volta passata la nuvola o dissoltasi in pioggia, il sole già alto si leva di nuovo e riappare, così Macriano si era fatto in nanzi e si era appressato al potere imperiale di Galliena, ma ora non esiste più, · dal momento che neppure esistette, mentre in vece Galliena è sempre come era prima, 3 . e allo stesso modo il potere imperiale, come se si fosse tolto di dosso la vecchiaia e si fosse purificato dall'empietà precedente, fiorisce adesso in maniera più totale e lo si vede ed ode più da lontano e si diffonde dappertutto». 4 . Proseguendo, inoltre, determina anche il tempo in cui scriveva con le seguenti parole: «Anche a me è sembrato opportuno esaminare i giorni de gli anni imperiali. Vedo infatti che i più empi, anche se sono .
·
ao Is 42 , 9; 43 , 1 9 . 87 Eusebio riferisce ancora una voita u n brano desunto dalla lettera a Ermammone già citata in precedenza, d. supra, VTI, l e IÒ. 88 Cf. supra, VII, 9. 89 Gallieno, che era stato proClamato Augusto nd 253 , dopo la sconfit ta di Macriano, che era stato riconosciuto imperatore in Egitto, fu nuova mente acclamato nd 261.
Libro VII, 23-24
1 17
stati famosi, dopo poco tempo sono diventati oscuri, mentre in vece colui ch e è più santo e più amato da Dio, superato il setti m o anno 90 , compie il nono anno di governo adesso mentre noi celebriamo la festa 9 1 »:
24 . NEPOTE
E
IL
S U O SCISMA
l . Oltre a tutte le opere che abbiamo ricordato, (Dionigi) compose anche due libri Sulle promesse, nei quali si occupava di Nepote, vescovo degli egiziani 92: costui insegnava che le promesse fatte ai santi nelle divine S critture dovevano essere interpretate in modo più giudaico e prevedeva che vi sarebbe stato su questa terra un millennio di piacere fisico 93 . 2. Egl i, dunque, credeva di trovare conferma alla propria opinione nel l'Apocalisse di Giovanni e su quest' argomento scrisse un libro intitolato Confutazione degli allegort'sti. 3 . Contro questa sua opera si scagliò Dionigi nei libri Sulle promesse, nel primo dei quali formulò il giudizio che egli aveva su tale dottrina, nel se condo, invece, tratta dell'Apocalisse di Giovanni. All'inizio di questo libro, dopo aver ricordato Nepote, così scrive di lui: 4 . «Dal momento che presentano 94 un trattato di Nepote, sul quale fanno fin troppo affidamento quasi che in esso si dimo strasse che il regno di Cristo sarà terreno, io invece apprezzo ed
�o ll settimo anno di Gallieno corrisponde al 260:. come è noto , nell'o pinione corrente, il settimo anno è ritenuto un anno critico e il fatto che Gal lieno lo avesse superato era considerato un evento positivo. . 9 1 Evidentemente di Pasqua. 92 Sembra sia stato vescovo di Arsinoe, città che diede i natali a Valen tino, uno dei maestri dello gnosticismo. 93 Cf. supra, III, 28. 94 D al contesto si ricava che al momento in cui Dionigi scrive Nepote era morto, ma aveva lasciato un certo numero di seguaci, di due dei quali si parla successivamente.
1 18
Storia ecclesiastica
ho caro Nepote per molte altre cose, per la sua fede, l'impegno nel lavoro, lo studio delle Scritture, la sua vasta produzione di inni 95 che dilettano ancora oggi molti fratelli e tratto quest'uo mo con molta deferenza, tanto più che oramai è morto. Giac ché tuttavia la verità mi è cara e da anteporre a tutto, è giusto lodare Nepote ed essere d'accordo con lui senza riserve quan do dice qualcosa di vero, ma dobbiamo esaminarlo e correg gerlo quando sembra non aver scritto in modo corretto. 5 . Se poi egli fosse presente ed esponesse la sua dottrina con un sem plice discorso, sarebbe sufficiente uno scambio di vedute orale per persuadere e mettere d'accordo, per mezzo di domande e risposte, gli avversari; ma, dal momento che si presenta un libro secondo alcuni assai convincente, e poiché alcuni maestri non tengono in nessun conto la Legge e i profeti, non si curano di seguire i Vangeli, disprezzano le lettere degli apostoli e al con trario proclamano che l 'insegnamento di un simile trattato, co me fosse un mistero grande o nascosto e non permettono che i nostri fratelli più semplici abbiano pensieri elevati e alti, né sul la manifestazione gloriosa e veramente divina del Signore no stro, né sulla nostra risurrezione dai morti, né sulla nostra unio ne, né sulla nostra somiglianza con lui, ma li persuadono a spe rare, nel regno di Dio, in beni di poco conto e mortali, come quelli presenti, allora è necessario che anche noi discutiamo con il nostro fratello Nepote, come se fosse presente». 6. Dopo altre cose, continua dicendo: «Quando giunsi dunque nel distretto di Arsinoe, dove, come tu ben sai, questa dottrina era da tempo diffusa, al punto che si erano verificati scismi ed apostasie di intere Chiese, dopo aver convocato i pre sbiteri e i maestri dei fratelli che abitano nei villaggi, alla pre senza anche dei fratelli che lo desideravano, suggerii di fare
95 Nepote è ricordato come autore di numerosi inni , forse quelli cui Eusebio ha alluso in precedenza, cf. supra, V, 28, 5 .
Libro VII, 24-25
1 19
pubblicamente un esame dell'opera. 7 . Dopo che essi mi pre sentarono questo libro come un'arma o un baluardo inespu gnabile, rimasi a discutere con loro per tre giorni di seguito, da mattina a sera, sforzandomi di correggere ciò che vi era scritto. 8. In quella circostanza ebbi modo di ammirare soprattutto l'e quilibrio, l'amore per la verità, la facilità a seguire un ragiona mento, l'intelligenza dei fratelli, mentre esponevan1o in ordine e con moderazione le domande, le ambiguità, i consensi. Pur se non ci sembrava giusto, noi evitammo in ogni modo e ostinata mente di rimanere legati ad opinioni un tempo ammesse e non evitammo le obiezioni, ma per quanto fu possibile cercammo di affrontare e controllare gli argomenti proposti, e non ci vergo gnammo, quando ce n'era motivo , di cambiare parere e dare il nostro consenso . Ma scrupolosamente e sinceramente, con il cuore teso verso Dio, accettammo ciò che era stabilito dalle prove e dagli insegnamenti delle sante Scritture. 9. All a fine il capo e promotore di questa dottrina, che si chiamava Coracio ne 96, confessò in modo da essere udito da tutti i fratelli presenti e proclamò che non avrebbe più aderito a questa dottrina, né l'avrebbe considerata, ricordata o insegnata, dato che era stato sufficientemente convinto dalle critiche fatte. Degli altri fratel li, alcuni gioirono del dibattito pubblico, come pure dell' ac condiscendenza e dell'accordo di tutti . 97». .
.
25 . L'APOCALISSE DI GIOVANNI l . E poco dopo, continuando, a proposito dell'Apocalis-se di Giovanni così dice: «Alcuni di coloro che sono vissuti prima di noi, dopo aver esaminato il libro capitolo per capitolo e do po averlo dichiarato incomprensibile e incoerente e il suo tito96 n personaggio è sconosciuto. 97
La citazione di Eusebio è mal copiata e la frase resta in sospeso.
120
Storia ecclesiastica
lo falso, lo hanno rigettato e contestato in ogni modo. 2 . Essi sostengono, infatti, che non è di Giovanni e che non è nemme no una rivelazione, dato che è totalmente nascosta sotto il fitto velo dell'incomprensibilità e che l'autore dell'opera non è cer tamente uno degli apostoli e nemmeno uno dei santi o dei membri della Chiesa, ma Cerinto 98, il fondatore della setta chiamata dal suo nome cerintiana, il quale volle dare alla sua eresia un nome degno di fede. 3 . n principio fondamentale del suo insegnamento è questo: il' regno di Cristo sarà di questa ter ra. E poiché egli era amante del corpo ed estremamente sen suale, sosteneva che esso si sarebbe fondato su quelle cose che egli stesso desiderava: sulle soddisfazioni del ventre e su quelle che stanno sotto il ventre, cioè sui cibi, le bevande, le unioni sessuali e su ciò che pensava potesse rendere il suo insegna mento più degno di stima, cioè le feste, i sacrifici e le uccisioni di vittime. 4. Per quanto mi riguarda, io non oserei respingere questo libro che molti fratelli stimano degno di grande consi derazione, ma poiché ritengo che le sue concezioni siano supe riori alla mia intelligenza, credo che il significato di ogni singo lo passo sia in certo modo nascosto e straordinario. Anche se non lo comprendo, infatti, ritengo nondimeno che nelle parole si trovi un senso più profondo, 5 . e non valuto né giudico que ste cose con la mia intelligenza, ma attribuendo maggior im portanza alla fede, le considero troppo profonde perché possa no essere capite da me, e così non rifiuto le cose che non ho compreso, al contrario le apprezzo di più perché non sono sta to in. grado di intravederle». 6 . Inoltre, dopo aver analizzato per intero il libro dell'A pocalisse ed aver dimostrato che non è possibile c omprenderlo in base al senso evidente, Dionigi prosegue dicendo: «Dopo aver portato, per così dire, a termine l'intera profezia, il profe-
98 Cf. supra, III, 28, 4-5.
Libro VII,
121
25
t a 99 proclama beati coloro che l a rispettano e anche. se stesso: Beato, dice in/att� chi custodisce le parole della profezia di que sto libro
e
io Giovann� colui che ha udito e visto queste cose
ap,
7 . Io
non negherò dunque che egli si chiami Giovanni e che quest'opera sia di Giovanni e concordo anche che si tratta di una persona santa ed ispirata da Dio. Ciò nondimenq non ·mi troverei facilmente d'accordo sul fatto che egli sia . l'apostolo, il figlio di Zebedeo, il fratello di Giacomo, di cui sono il Vangelo intitolato Secondo Giovanni e la lettera detta cattolica. 8. Dal carattere di entrambi gli scritti, dallo stile dei discorsi, dalla co siddetta realizzazione del libro, deduco che non si tratta della stessa persona: l'evangelista, infatti, in nessun luogo inserisce il proprio nome, né si dichiara, sia nel Vangelo sia nella lettera». 9. Poi, un po' più avanti, aggiunge ancora: «In nessun luo go Giovanni parla di sè né in prima o in terza persona. Al con trario l'autore dell'Apocalùse subito, sin dall'inizio, si mette in nanzi: Rivelazione di Gesù Cristo, che gli ha dato per mostrare subito ai suoi servi ed egli ha manifestato inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Gz'ovannz; che ha testimoniato la pa rola di Dio e la sua testimonianza secondo quanto egli vide. a q . l O. In seguito egli scrisse anche una lettera: Giovanni alle sette Chiese che son o nell'Asia, grazia e pace a voi ar. L' evangelista in vece non ha scritto il suo nome n eppure all'inizio della lettera cattolica, ma ha cominciato soltanto col mistero stesso della ri velazione divina: Ciò che era /in da principio, ciò che noi abbia mo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi as . Fu, in fatti, a proposito di questa rivelazione che il Signore chiamò Pietro beato, dicendo: Beato sei tu, Simone figlio di Giona, per ché non la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Paap
Ap 22 ,_ 7-8.
aq Ap l , 1 -2 .
ar
Ap
l,
4.
as
l
Gv
l, l.
99 Dionigi distingue il profeta dall'autore dell'Apocalisse, che egli chia ma semplicemente Giovanni (cf. supra, VIT, 1 0 , 2 ) .
122
Storia ecclesiastica
dre mio che sta nei cieli at. 1 1 . E neppure nella seconda lettera, né nella terza, che sono attribuite a Giovanni, benché siano brevi, Giovanni è indicato col suo nome, bensì con quello ano nimo di "presbitero " . Costui, invece, non ha reputato suffi ciente, dopo aver fatto il proprio nome una volta, proseguire il racconto, ma riprende nuovamente: Io, Giovannz� vostro fratel lo e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella co stanza in Gesù, fui nell'isola chiamata Patmos a causa della pa rola di Dio e della testimonianza resa a Gesù ""· E ancora verso la fine aggiunge: Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro, e io Giovann� colui che ha udito e visto queste co se "''· 12. Che sia dunque Giovanni che scrive queste cose, bi sogna credergli dato che le dice. Ma chi egli sia, non è chiaro. Non ha detto, infatti, come ha fatto a più riprese nel Vangelo, che egli è il discepolo amato dal Signore aw, né colui che si chinò sul suo petto ax , né il fratello di Giacomo •Y, né colui che è stato testimone oculare e auricolare del Signore az . 13 . Egli avrebbe detto, infatti, qualcuna delle cose indicate prima, se avesse voluto manifestarsi chiaramente; invece non ha precisa to nulla di tutto ciò, ma si dice nostro .fratello e compagno ba , testimone di Gesù e beato per aver visto ed udito le rivelazio ni bb . 14. Penso che vi siano stati molti omonimi dell'apostolo Giovanni, i quali, per amore e ammirazione per lui ed il desi derio di essere amati dal Signore come lui, hanno assunto il suo stesso nome, come tra i figli dei fedeli si incontra spesso il no me di Paolo e anche di Pietro. 15. C'è poi anche un altro Gio vanni negli Atti degli Apostoli, quello soprannominato Marco be, che Barnaba e Paolo presero con sé e del quale sta scritto: E avevano anche Giovanni come aiutante b d. Se sia costui l'autore aw G a t Mt 16, 17 . av Ap 22, 7 . a u Ap l , 9. v 13 , 23 ; 1 9 , 26; a z Cf. l Gv l , a x Gv 1 3, 25; 2 1 , 20. 20, 2; 2 1 , 20. ay Cf. Gv 2 1 , 2 . b e At 12, 25 . b a A p l , 9. bb Ap 22, 7 . l ; Gv 1 9 , 3 5 ; 2 1 , 24. bd At 13, 5.
Libro VII,
25
123
dell'Apocalisse, io non saprei dire, infatti, non è scritto che sia andato con loro in Asia, ma: Salpati da Pa/o, dice la Scrittura, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Pam/ilia; Giovanm; separatosi da loro, ritornò a Gerusalemme be. 1 6 . Io penso che (l'autore dell'Apocalisse) è un altro di coloro che erano in Asia, poiché si dice che ad Efeso vi furono due tombe, e l'una e l'al tra si dice che siano di Giovanni 1 00 . 17 . Dai pensieri, dal lessi co e dallo stile, è verosimilmente persona diversa da colui che ha scritto il Vangelo. 1 8 . Il Vangelo e la lettera concordano, in fatti, l'uno con l'altra e cominciano in maniera simile. Uno di ce: In principio era il Logos bf; l'altra: Ciò che era al principio bg_ Uno dice: E il Logos si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre bh ; l'altra ripete press' a poco le stesse cose: Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhz; ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, os sia il Logos della vita e la vita è stata manifestata bi . 19. Così, in fatti, egli comincia, volendosi riferire, come mostra nelle paro le seguenti, a coloro che dicono che il Signore non è venuto nella carne bi . Per questo motivo aggiunge accuratamente: Ciò che noi abbiamo visto, noi lo testimoniamo e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e che ci è stata manifestata; ciò che noi abbiamo veduto e udito, noi l'annunziamo anche a voi bk. 20. Egli è coerente e non si allontana dai suoi propositi, ma procede sempre mediante gli stessi temi e le stesse espressioni, di cui citeremo brevemente alcune. 2 1 . D'altra parte, chi leg gerà con attenzione, troverà spesso menzione in entrambe le opere della vita, della luce che scaccia le tenebre bi ; costantebi l bh Gv l , 14. b f Gv l, l . hg l Gv l, l . be At 1 3 , 1 3 . bi Cf. Gv l, 5; 3 , 19; 1 1 , bk l Gv l , 2-3 . bi l Gv 4, 2-3 . Gv l , l . 9-10; 12, 46; At 26, 18. 1 00 Cf.
supra III, 39, 4-6; Girolamo, Gli uomini illustri, 9.
124
Storia ecclesiastica
mente citata la verità, la grazia, la gioia, la carne e il sangue del Signore, il giudizio, la remissione dei peccati hm, l'amore di Dio per noi, il comandamento di amarci gli uni gli altri, l'obbligo di osservare tutti i comandamenti, il biasimo del mondo bn , del diavolo, dell'Anticristo bo , la promessa dello Spirito Santo, l'a dozione divina bp, la fede che ci è costantemente richiesta; il Pa dre e il Figlio, dovunque. In generale poi, coloro che ne osser vano il carattere vedranno che unico e identico è il tono del Vangelo e della lettera. 22. Al contrario l'Apocalisse è' del tutto differente e diversa da questi testi, in quanto essa non si colle ga né si avvicina ad alcuno di loro e non ha, per così dire, qua si neppure una sillaba in comune. 23 . La lettera non contiene alcuna citazione o pensiero dell'Apocalisse (per non parlare del Vangelo) , né l'Apocalisse della lettera, mentre invece Paolo, nelle Lettere, ricorda qualcosa delle sue rivelazioni, che non scrisse autonomamente b q . 24 . È inoltre possibile individuare dallo stile la differenza del Vangelo e della lettera dall 'Apo ca lisse. 25 . Queste opere, infatti, non solo sono stat è scritte in perfetto greco, ma anche in maniera assai colta per le espres sioni, i ragionamenti, l'esposizione; in esse poi non si trova al cun termine barbaro, solecismo o idiotismo: il loro autore in fatti possedeva, come pare, l' una e l'altra parola, quella della conoscenza e quella dello stile, doni elargitigli entrambi dal Si gnore. 26. Per quel che riguarda l'autore dell 'Apo calisse , io non metto in dubbio che egli abbia avuto delle rivelazioni e che ab bia ricevuto conoscenza e profezia br, noto tuttavia che la sua espressione e la sua lingua non sono propriamente greci, ma che usa idiotismi barbari e talora commette persino dei soleci smi, che non è necessario elencare ora: non ho detto, infatti, b m Gv 20, 23 ; l Gv l, 9; 2 , 12. b n Cf. Gv 16, 8; 6, 70; 8, 44; l Gv bp Cf. Gv l , 1 2 ; 1 1 , 52; l Gv 3 , bo Cf. l Gv 2 , 1 8.22 ; 4, 3 . br Cf. l Cor 2. b q Cf. 2 Cor 12, lss.; Gal l , 12; 2 , 2 ; Ef 3 , 3 .
3 , 8 . 1 0. 1 .2 . 1 0; 5 , 14, 6 .
libro VII,
125
25-26
queste cose per beffeggiarlo, ma semplicemente per stabilire la diversità esistente tra questi scritti. 26. LE LETTERE
DI
DIONIGI
l . Oltre a queste, esistono anche moltissime altre lettere di Dionigi, come quelle contro Sabellio ad Ammone, vescovo del la Chiesa di Bernic e 1 o1 , ·quella a Telesfoto, quella ad Eufrano re, ed un'altra ancora ad Ammone e ad Euporo. Sullo stesso te ma scrisse anche altri quattro componimenti, che indirizzò al suo omonimo di Roma, Dionigi 102 . 2 . Oltre a queste, vi sono presso di noi anche numerose lettere ed opere più vaste scritte in forma di lettera, come quelle Sulla natura, dedicate al figlio Timoteo 1 03 , e quella Sulle tentazioni, che dedicò anch'essa ad Eufranore 1 04 , 3 . Oltr� a queste opere , scrivendo anche a Basi lio, vescovo della Pentapoli, dice di aver scritto un commento sopra l'inizio dell'Ecclesiaste; oltre a quest'opera ci ha lasciato diverse lettere. Questi gli scritti di Dionigi. Ma, dopo il raccon to di queste cose, è ormai tempo di passare a narrare, in modo da informare coloro che verranno dopo di noi, quale è stata la nostra generazione.
10 1 Con questo termine Eusebio intende riferirsi sicuramente a Bereni ce, città della Cirenaica. 1 02 Negli anni 260-2 6 1 tra Dionigi di Roma (259-268) e Dionigi di Ales sandria sorse una disputa teologica relativa al dogma trinitario, di cui inspie gabilmente Eusebio non parla nella Storia ecclesiastica; le nostre fonti sono Basilio di Ce&area e, soprattutto, Atanasio (cf. De decretis Nycenae synodi, 26) . Sulla problematica cf. J.N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, trad. ital., Bologna 1 992', pp. 166ss. 1 03 A proposito di Timoteo, cf. supra, VI, 40, 4-5 . Due lunghi fram menti di quest'opera sono riprodotti da Eusebio nella sua Preparazione evan ·
gelica, XIV, XXIII-XXVII.
1 04 L' opera in questione è perduta.
126
Storia ecclesiastica 27 . PAOLO DI SAMOSATA E L'ERESIA
DA LUI FONDATA AD ANTIOCHIA
Sisto, che guidò la Chiesa di Roma per undici anni 1 05 , succedette Dionigi, omonimo del vescovo di Alessandria. A quel tempo, essendo morto ad Antiochia anche Demetriano, assunse l'episcopato Paolo di Samosata 1 06 . 2. Poiché costui aveva su Cristo idee basse e banali contrarie all'insegnamento della Chiesa, quasi che Cristo fosse stato per natura uomo co mune, Dionigi di Alessandria, invitato a intervenire al sinodo, adducendo come motivo la sua vecchiaia e insieme la sua de bolezza fisica, rinunziò a parteciparvi ed espose mediante una lettera la sua opinione personale sul problema 1 07 ; gli altri pa stori delle Chiese, invece, accorrendo tutti ad Antiochia, chi da una regione, chi da un'altra, si radunarono contro lo stermina tore del gregge di Cristo. A
28. l VESCOVI ILLUSTRI ALLORA CONOSCIUTI l. Tra costoro, quelli di gran lunga più noti erano Firmi liano, che era vescovo di Cesarea di Cappadocia; i fratelli Gre-
1 05 Si sto II, che morì m arti re insieme a quattro diaconi (cf. Cipriano, Lettere, 80, l) in seguito al secondo editto persecutorio di Valeriano, guidò la · Chiesa di Roma non per undici anni, ma per undici mesi circa, dal settembre 257 al 6 agosto 258 (cf. Depositio Martyrum, 6 agosto) . Dal Liber Pontificalis (cf. L. Duchesne, Liber Ponti/icalis, I, Paris 1 886, pp. 155- 156) apprendiamo che dopo la sua morte la Chiesa romana fu retta da un collegio di presbiteri e che uno di loro, Dionigi, gli succedette nel luglio dell'anno seguente. 106 Nel 256 Demetriano fu probabilmente costretto all'esilio dopo la conquista di Antiochia da parte dei persiani di Shahpur l. Morì nel 260 e Pao lo fu designato come suo successore. 107 Dato che la diocesi di Alessandria non faceva parte del correttora to d'Oriente, Dionigi non prese parte a questo primo sinodo contro Paolo per motivi di competenza territoriale.
Libro VII, 2 7-28
127
gorio e Atenodoro, pastori della cristianità del Ponto, ed inol tre Eleno, della diocesi di Tarso e Nicomas, di quella di !conio; ed ancora Imeneo, della Chiesa di Gerusalemme e Teotecno, di quella della vicina Cesarea; inoltre Massimo, che dirigeva an ch'egli brillantemente i fratelli di Bostra; e non sarebbe diffici le enumerarne innumerevoli altri che si erano riuniti nella pre detta città con presbiteri e diaconi per il medesimo motivo; ma i più illustri di costoro erano appunto quelli che or ora abbia mo menzionato t os . 2. Riunitisi dunque tutti insieme in circo stanze diverse e frequentemente, in ogni assemblea furono di scussi motivi e questioni e, mentre i partigiani del samosateno tentavano in ogni modo di nascondere e dissimulare ciò che era eterodosso, gli altri, al contrario, si sforzavano di scoprire e mettere in evidenza la sua eresia e la sua bestemmia nei con fronti di Cristo. 3 . A quel tempo, nel dodicesimo anno dell'impero di Gal lieno 1 0 9 , morì Dionigi, dopo aver retto l'episcopato di Alessan dria per diciassette anni: gli succedette Massimo. 4. Dopo che Gallieno esercitò l'autorità imperiale per quindici interi anni, fu eletto suo successore Claudio 1 1 0 . Co stui, dopo due anni, lasciò il principato ad Aureliano 1 1 1 • 1 08 Sul concilio di Antiochia, sul numero dei vescovi partecipanti e sui problemi sollevati dalla sua convoc azion e cf. G. Bardy, Pau! de Samosate. Étu de historique, Louvain 1 929', pp. 283ss. 1 09 Considerato che Gallieno fu associato dal padre al governo dell'im pero nd 253 , il suo dodicesimo anno di regno è il 256. 1 10 N d giugno dd 268, durante l' assedio di Milano, Gallieno cadde vit tima di una congiura di ufficiali, mentre si apprestava a combattere Aureolo, il comandante ddla cavalleria che si era ribdlato e aveva assunto la porpora appunto a Milano. Tra gli ufficiali congiurati, Aurdio Valerio Oaudio (pro babilmente nuovo comandante ddla cavalleria) , ufficiale di origine dalmata, che, subito dopo l'uccisione di Aureolo da parte dei soldati, fu acclamato im peratore, (comunemente noto come Claudio il Gotico) . 1 1 1 Claudio II morì di peste agli inizi del 270. Gli successe il fratello Quintilio, gradito al senato, ma odiato dai soldati i quali, dopo alcuni mesi di
128
Storia ecclesiastica
29. DEPOSIZIONE E SCOMUNICA DI PAOLO l.
In quel tempo, essendosi riunito un ultimo sinodo cui prese parte il maggior numero possibile di vescovi m, il re sponsabile dell'eresia di Antiochia fu smascherato , riconosciu to chiaramente da tutti colpevole di eterpdossia e bandito dal la Chiesa cattolica che è sotto il cielo. 2. Colui che confutò i suoi tentativi di nascondersi, dopo averlo accusato pubblica mente, fu innanzitutto Malchione, uomo di vasta cultura, che dirigeva l'insegnamento della retorica ·nelle scuole greche di Antiochia e che era considerato inoltre degno del presbiterato all'interno della cristianità locale a motivo della straordinaria purezza della sua fede in Cristo. Egli si levò contro Paolo, men tre dei tachigrafi annotavano il dibattito contro di lui, trascri zione che sappiamo essere pervenuta fino ai nostri giorni: solo fra tutti; egli fu in grado di smascherare quell'uomo astuto e menzognero. 3 0 . (SENZA TITOLO) 113 l . Dopo essersi riuniti, i pastori stesero di comune accor do un'unica lettera indirizzata al vescovo di Roma Dionigi e a Massimo, vescovo di Alessandria, e la inviarono a tutte le pro vince, facendo conoscere a tutti il loro zelo e l'eterodossia per versa di P aolo, le confutazioni e le domande che gli erano state rivolte e raccontando inoltre l'intera vita e il comportamento di
regno, lo uccisero e proclamarono imperatore, nel maggio dello stesso anno,
L. Domizio Aureliano, ufficiale illirico anch'egli comandante della cavalleria. 1 1 2 Per quel che ne sappiamo l'ultimo sinodo contro Paolo di Samosa ta si riunì nell'autunno del 268. 1 1 3 Come si diceva sopra anche questo capitolo è privo di titolo poiché non figura nell 'indice dd testo greco.
Libro VII,
29-30
129
quell'uomo. Perché rimanga memoria di queste cose, potrebbe essere opportuno riferire adesso le loro parole: 2. «A Dionigi, a Massimo e a tutti coloro che sulla terra intera esercitano con noi il ministero, ai vescovi, ai presbiteri, ai diaconi e a tutta la Chiesa universale che è sotto il cielo, Eleno, Imeneo, Teofilo, Teotecno, Frodo, Nicomas, Eliano, Paolo, Bolano, Protogene, Hierace, Eutichio, Teodoro, Malchione, Lucio e a tutti gli altri che risiedono con noi nelle città e tra le popolazioni vicine, ve scovi, presbiteri e diaconi e le Chiese di Dio, ai fratelli diletti sa lute nel Signore 1 1-l » . 3 . A queste parole poco dopo aggiunge: «Abbiamo scritto ed invitato contemporaneamente anche molti vescovi lontani, come i beati Dionigi d'Alessandria e Firmiliano di Cappadocia, a venire per trovare una s olu zio n e a questa letal e dottrina: il primo di costoro inviò una lettera ad Antiochia senza degnare di un saluto il capo dell'errore e senza rivolgersi a lui personal mente, ma a tutta la cristianità; di questa lettera abbiamo anche fornito la copia m. 4. Quanto a Firmiliano, è venuto per ben due volte ed ha condannato le novità insegnate da quest'uomo, come sappiamo e testimoniamo noi che eravamo presenti e co me sanno anche molti altri; poiché (Paolo) promise di cambia re opinione, egli, credendo e sperando che la cosa si sarebbe conclusa nel modo più giusto senza alcun danno per la nostra dottrina, indugiò, ingannato da quest'uomo che non solo nega va il proprio Dio e Signore bs , e non manteneva neppure la feb s Gd 4.
1 1 4 Risp etto al sinodo p recedente alcuni vescovi sono cambiati: Firmi liano di Cesarea , Gregorio il Taumaturgo e suo fratello sono nd frattempo morti; nuovo vescovo di Tarso è Eleno, Imeneo è vescovo di Gerusalemme, Teofilo di Tiro, Teotecno di Cesarea, Massimo di Bostra, Nicomas di !conio; sconosciuti tutti gli altri. 1 1 5 La lettera è andata perduta.
130
Storia ecclesiastica
de che aveva avuto in precedenza. 5 . Firmiliano, poiché cono sceva per averla sperimentata la malvagità negatrice di Dio di quest'uomo, stava ancora una volta per recarsi ad Antiochia ed era giunto fino a Tarso; ma nel frattempo, mentre noi, riuniti, lo chiamavamo e attendevamo il suo arrivo, egli concluse la sua vita». 6. Dopo altre osservazioni essi delineano in questi termini la vita di Paolo e la condotta da lui tenuta: «Dal momento che, allontanatosi dalla regola, è passato a dottrine bugiarde e ille gittime, noi non dobbiamo giudicare le azioni di colui che è al di fuori (della Chiesa) , 7 . né il fatto che in precedenza fosse po vero e misero, che non aveva ereditato dai genitori alcuna ric chezza, e che se l'era procurata con qualche arte o mestiere, mentre ora ha raggiunto grazie alle iniquità e ai sacrilegi una straordinaria ricchezza e di ciò che chiede e strappa con l'in ganno ai fratelli, ingannando coloro che hanno subito qualche ingiustizia e promettendo di aiutarli dietro compenso; invece inganna anche costoro, traendo profitto temera.riamente dalla facilità nel dare che hanno coloro che si trovano in difficoltà, pur di essere liberati dalle difficoltà e in tal modo considera la religione una /onte di guadagno bt . 8. Non dobbiamo giudicare che sia orgoglioso b u e superbo poiché ricopre cariche mondane e vuole essere chiamato ducenarius 1 1 6 piuttosto che vescovo e cammina altezzosamente per le piazze leggendo e dettando let tere in pubblico, circondato da guardie del corpo, assai nume rose, che in parte lo precedono e in parte lo seguono, in modo b t l Tm 6, 5 .
b u t Tm 6,
17.
1 1 6 Paolo ricopriva dunque una carica secolare mentre era vescovo (cf. Cipriano, Lettere, 67 , 6; De lapsis, 6). I ducenarii erano dei procuratori che esercitavano funzioni di natura finanziaria. Paolo aveva avuto tale carica dal re di Palmira, Odenato II, divenuto signore di Antiochia dopo la sconfitta di Valeriano da parte dei persiani (260) .
Libro VII, 30
13 1
che la nostra fede è fatta oggetto d'irtvidia e di odio a motivo del suo lusso e dell'insolenza del suo animo. 9. Né tanto meno dob biamo giudicare le bravate che ha escogitato nelle assemblee ec clesiali per ottenere facile popolarità, sia per trarre in inganno, sia per sconvolgere le menti dei più semplici mediante simili spettacoli: si è fatto costruire un palco e un trono elevato, non certo come un discepolo di Cristo, e come i principi di questo mondo, ha un secretum 1 1 7 e così lo chiama; inoltre, si batte la coscia con la mano e batte i piedi sul palco e redarguisce e de plora coloro che non lo lodano e non agitano il fazzoletto come avviene nei teatri, coloro che non lo applaudono e non si alza no in piedi come i suoi fiancheggiatori, uomini e donne, che lo ascoltano in modo così indecente, ma invece con rispetto e di sciplina, come avviene nella casa di Dio. Per quanto riguarda gli interpreti della Parola che hanno lasciato questa vita 1 1 8 , nelle assemblee li tratta in maniera disdicevole e invece vanta se stes so, non come un vescovo, ma come un sofista e un venditore di fumo. 1 0 . Ha vietato, inoltre, i cantici in onore di nostro Signo re Gesù Cristo in quanto recenti e scritti da uomini moderni, mentre invece, il giorno della festa solenne di Pasqua, in chiesa, ha fatto cantare in proprio onore delle donne che, solo ad ascol tarle, chiunque avrebbe provato orrore. Come se non bastasse fa parlare al popolo i vescovi e i presbiteri delle campagne e del le città vicine che lo adulano nelle loro omelie. 1 1 . «In realtà non vuole riconoscere con noi che il Figlio di Dio è disceso dal cielo (per anticipare qualche notizia di 1 1 7 Si tratta del gabinetto privato di alti magistrati. A giudizio di M. Ce va (op. cit., p. 420) «la descrizione di questo e di particolari precedenti (pal co e trono elevato) , come pure delle successive acclamazioni, mostra che dal p unto di vista architettonico, e quindi del cerimoniale, la " Chiesa" di Antio chia non si configurava ancora come una chiesa propriamente detta, ma co me un oikos ekklesias (= casa di riunione) , cioè come struttura tradizionale di residenza adibita a funzioni pubbliche connesse con le esigenze religiose e so ciali del cristianesimo». 1 1 8 Probabile allusione a Origene e ai seguaci dell'esegesi allegorica.
132
Storia ecclesz"astz"ca
quelle che siamo sul punto di scrivere, e questo non sarà affer mato con una semplice affermazione, ma è dimostrato in ogni modo dai documenti che vi abbiamo inviato e, soprattutto, dal passo in cui egli sostiene che Gesù Cristo è nato dal basso) ; al contrario, coloro che levano canti in suo onore e lo elogiano al cospetto del popolo, dichiarano che il loro empio maestro è un angelo disceso dal cielo; ed egli non impedisce tutto ciò, ma al contrario, sprezzante qual è, assiste ai loro discorsi. 12. Quan to alle donne " subintrodotte" 1 1 9 , come le chiamano gli antio cheni, le sue e quelle dei presbiteri e dei diaconi che vivono in torno a lui, egli nasconde insieme con loro questo ed altri pec cati, benché ne sia a conoscenza e ne abbia le prove, e si com porta in tal modo per avere i colpevoli alla sua mercé e affin ché, temendo per se stessi, essi non abbiano l'ardire di accu sarlo delle parole che dice e degli atti ingiusti che commette; inoltre egli li fa arricchire ed è per questo che egli è amato ed ammirato da coloro che apprezzano simili beni. Ma perché scrivere queste cose? 1 3 . Sappiamo bene, o diletti, che il vesco vo e tutta la classe sacerdotale devono essere di modello bv per il loro popolo in tutte le opere buone bw, e non ignoriamo nep pure quanti sono caduti per avere ammesso delle donne con sé, e altri sono venuti in sospetto, in modo che, anche ammetten do che egli non faccia nulla di disonesto, almeno, per non scan dalizzare nessuno e non indurre altri ad imitarlo, dovrebbe cer care di evitare il sospetto che scaturisce da un simile fatto. 14. Infatti, come potrebbe redarguire o esortare un altro a non fre quentare più una donna e a non cadere nel peccato b x , come sta scritto, lui che non solo ha già ripudiato una donna, ma ne tiebv
Cf. l .Tm 4, 1 2 .
bw
Cf. 2 Tm 2 , 2 1 ; 3 , 17.
bx
l Cor 10, 1 2 .
1 1 9 Alla lettera il termine vuoi dire «introdotte di nascosto»: in effetti si accusava Paolo di praticare forme di ascetismo che permettevano la vita in comune di uomini e donne.
133
Libro VII, 30
ne anche con sé due nel fiore dell'età e belle d'aspetto e che porta con sé ovunque vada, vivendo nel piacere e gozzoviglian do? 15 . È per questo motivo che soffrono e si lamentano tutti tra sé e sono diventati così timorosi della sua oppressione e del la sua potenza, che non osano neppure accusarlo. 1 6 . Ma, co me abbiamo detto sopra 120 , si potrebbe chiamare a rendere conto di tutto ciò uno che abbia sentimenti cattolici e sia an noverato tra i nostri, ma riteniamo che non si debba affatto chiedere conto di queste cose a uno che ha deriso il mistero by e si è vantato di seguire l'empia eresia di Artemas 1 21 (perché ci sarebbe bisogno di dimostrare che costui è suo pa d re?)» 1 7 . Successivamente, alla fine della lettera, aggiungono le seguenti parole: «Dopo aver scomunicato costui, che si oppo neva a Dio e non cedeva, come convinti dalla divina Provvi denza, siamo stati dunque costretti a designare quale vescovo della Chiesa universale Domno, figlio del beato Demetriano, che aveva governato in modo eccellente la stessa diocesi prima di quello, egli che è un uomo dotato di tutte le buone qualità che si addi cono a un vescovo; e noi ve lo in d i ch iam o pe r ch é gli scriviate e riceviate da lui lettere di comunione m. E costui seri.
by
l Tm 3, 16.
12 0 Supra, VII, 3 0 , 6ss. 12 1 Cf. supra, V, 28, l.
TI nome Artemas è variante di Artemone, della cui eresia, che affermava la piena umanità del Figlio, Paolo poté essere con siderato seguace. 12 2 L' elezione di Domno a vescovo di Antiochia avvenne nel 268, quan do ancora Odenato, principe di Palmira, era in vita (o era da poco morto) . Costui, dopo aver sconfitto Shahpur I nel 260, aveva esteso il suo dominio fi no ai confini dell'impero persiano. Aveva inoltre sconfitto ad Emesa Quieto, figlio dell'usurpatore Macriano, e di fatto controllava tutta la regione orien tale dell'impero, dall'Asia Minore alla Siria al confine coi persiani. In consi derazione della situazione che si era venuta a creare, Gallieno dovette rico noscere la sovranità di Odenato sui territori che egli aveva conquistato e no minarlo dux et corrector totius orientis. Alla sua morte assunse il potere in no-
134
Storia ecclesiastica
va pure ad Artemas ed i sostenitori di Artemas siano in comu nione con lui m » . 1 8 . Dunque, dopo che Paolo decadde dall'episcopato, co me pure dall'ortodossia della fede, come abbiamo detto in pre cedenza, Domno ottenne il ministero della Chiesa di Antio chia 1 24 , 19. ma poiché Paolo non voleva lasciare la sede della Chiesa di Antiochia, l'imperatore Aureliano, al quale ci si ri volse, prese sulla faccenda una decisione assai opportuna, ordi nando che l'edificio fosse assegnato a coloro che erano in cor rispondenza epistolare coi vescovi della religione cristiana in Italia e nella città di Roma. In tal modo l'uomo nominato in precedenza fu scacciato dalla Chiesa con la massima vergogna dal potere secolare. 20. A quell'epoca Aureliano si comportò in tal modo nei nostri confronti, ma in seguito, negli anni successivi, egli provò sentimenti diversi verso di noi e fu indotto da certi consigli a scatenare contro di noi una persecuzione, del che si parlava molto fra tutti. 2 1 . Egli era già sul punto di avviarla e, per così dire, aveva già quasi firmato gli editti contro di noi, quando la giustizia divina lo raggiunse e quasi lo trattenne per le braccia per distoglierlo da quell'impresa, mostrando con chiarezza a
me del figlio Vallabato la di lui vedova Zenobia. Costei, dopo aver conqui stato l'Egitto, riaffermò il proprio dominio su tutto l'Oriente e nel 27 1 pro clamò Augusto Vallabato, al quale Gallieno aveva riconosciuto in preceden za la stessa posizione del padre. L'anno successivo tuttavia Aureliano distrus se Palmira e catturò Zenobia e il figlio. Solo allora Domno poté prendere pos sesso della sua sede episcopale. 1 23 Questa affermazione lascia intendere che Artemone sia ancora in vi ta, cosa che crea non poche difficoltà. 12 4 Nonostante fosse designato fin dal 268 a sostituire lo scomunicato Paolo, Domno, come si è detto in precedenza (cf. supra, n. 122 ) non poté prendere possesso della sua carica se non nel 27 1 o 272 , soltanto cioè dopo che i romani riconquistarono Antiochia. Infatti, malgrado fosse stato desti tuito, forte dell'appoggio di Zenobia, Paolo riuscì a conservare per diversi an ni la dignità episcopale.
Libro VIL 30
135
tutti che non sarebbe mai stato facile per i principi di questo mondo procedere contro le Chiese di Cristo, a meno che la ma no che ci protegge, con giudizio divino e celes te, non p e rm et tesse di farlo per nostra educazione e ammonimento, ogni vol ta che lo reputi opportuno 125 . 22 . Aureliano regnò per sei anni, a lui succedette Probo e a quest'ultimo, che resse il governo per circa un numero uguale di anni, Caro, insieme con i figli Carino e Numeriano 1 2 6. Dopo che costoro non durarono per tre interi anni, l'impero passò infine a Diocleziano e a coloro che egli si era associati nell'impero 127 : sot to di loro avvenne la persecuzione del nostro tempo, come pure
1 25 Secondo Lattanzio (La morte dei persecuton:, VI, l) Aureliano firmò l'editto di persecuzione poco prima di morire. Della stessa opinione Agosti no e Paolo Orosio: in ogni modo egli non ebbe il tempo di rendere esecutivo l'editto. 1 26 Aureliano fu ucciso nell'ottobre dd 275 a Cenofrurio, presso Bi sanzio, mentre preparava una spedizione militare contro i persiani. L'esercito affidò l'elezione del suo successore al Senato, che nominò Claudio Tacito: co stui cadde vittima di un attentato di ritorno da una vittoriosa spedizione con tro i goti nel maggio/giugno del 276. Gli succedette il fratellastro Annio Flo riano, ma le truppe d'Egitto e di Siria acclamarono imperatore un ufficiale di Aureliano, M. Aurelio Probo, originario di Sirmio, in Pannonia. Sconfitto Floriano nell'agosto/settembre del 276, Probo rimase unico imperatore e res se il principato fino al settembre 282 . Dopo aver condotto una serie vittorio sa di campagne militare contro vandali, burgundi, franchi e sauri, fu ucciso a Sirmio dai suoi stessi soldati che non gradivano l'impiego in opere di pace; in tanto i soldati della Rezia e del Norico avevano già proclamato imperatore il suo prefetto al pretorio Aurelio Caro. Costui regnò appena un anno poiché morì nel corso di una campagna militare contro i persiani: gli succedettero i figli Carino in Occidente e Numeriano in Oriente. 1 27 Numeriano fu ucciso nel settembre 284 mentre conduceva la ritira ta dalla campagna persiana intrapresa dal padre; un suo ufficiale di origine dalmata, Valerio Diocle (che poi assunse il nome di Diocleziano) , fu accla mato imperatore dai soldati a Calcedonia, presso Nicomedia. Contro di lui mosse nell'estate del 285 Carino, che fu sconfitto dal rivale presso Margo nel la Mesia superiore e ucciso dai suoi stessi soldati: Diocleziano rimase impe r atore unico. Nominò quindi Cesare Massimiano, un ufficiale rozzo e igno rante, ma deciso ed energico, che inviò nelle Gallie e che nell'aprile/maggio 268 si associò come Augusto. Nel 293 Diocleziano e Massimiano nominaro-
136
Storia ecclesiastica
la contemporanea distruzione delle chiese. 23 . Ma, poco prima di questi awenimenti, al posto di Dionigi, il vescovo che trascor se a Roma nove anni, ottenn e la carica epis copale Felice. 31.
LA PERVERSIONE ETERODOSSA DEI MANICHEI INIZIATA
PROPRIO
ALLORA
l . In quel tempo anche il folle che ha dato il suo nome al l' eresia 1 28 demoniaca si armava anch'egli della degenerazione della ragione dato che il demonio, Satana in persona, il nemico di Dio, istigava quest'uomo alla rovina di molti. Nella vita, egli era barbaro quanto a linguaggio e comportamento, per natura demoniaco e furioso e le s ue azion i erano conformi a tali modi di fare; si sforzava di atteggiarsi a Cristo, ora proclamandosi il Paracleto e lo Spirito Santo in persona, accecato dalla follia, ora scegliendosi quali compagni, come Cristo, dodici discepoli dell a sua nuova dottrina. 2. A dire il vero aveva cucito insieme dottri ne false ed atee messe insieme alla meglio da eresie miscredenti, scomparse da tempo, e dalla Persia le inoculava come un veleno letale su tutta la terra: è a partire da lui che il nome empio di ma-
no due Cesari costituendo così la prima tetrarchia: Diocleziano nominò suo successore per l'Oriente Galerio; Massimiano nominò per l'Occidente Co stanzo Cloro. 1 2 8 Si tratta di Mani e del manicheismo. ll gioco di parole cui ricorre il Nostro è intraducibile in italiano: Mani (in greco = Mtines) è chiamato «folle» (in greco = maneis) . n manicheismo era una setta sincretistica gnostica fonda ta in Mesopotamia appunto da Mani (2 16-277) , un principe persiano, amico personale di Shahpur I, che, in seguito a una rivelazione divina, si convertì ad una rigorosa disciplina di vita. In polemica col cristianesimo, col buddhismo e soprattutto col mazdeismo, si dedicò ad un'intensa attività missionaria che lo portò a diffondere in Egitto, in Occidente e nell'Asia centrale, dove soprav visse per quasi un millennio, le sue dottrine, che si fondano sulla concezione secondo cui nella realtà il bene e il male operano costantemente come due principi distinti e contrapposti, quello della Luce e quello delle Tenebre.
Libro VII, 30-32
137
nichei è usato ancora oggi da molti. Tale fu quindi la radice di questa scienza dal falso nome hz che sorse in quel tempo. 3 2 . GLI UOMINI ECCLESIASTICI CHE SI SONO DISTINTI
NEL NOSTRO TEMPO E QUELLI TRA LORO CHE SOPRAVVISSERO FINO ALL'ATTACCO CONTRO LE CHIESE l . A quel tempo, dopo che Felice presiedette la Chiesa di Roma per cinque anni, gli succedette Eutichiano; costui non so pravvisse neppure per dieci interi mesi e lasciò la carica a Gaio, nostro contemporaneo. E dopo che quest'ultimo la resse per circa cinque anni, fu designato suo successore Marcellino, mor to anch'egli nel corso della persecuzione 129 , 2 . In quel tempo, dopo Domno, Timeo resse l'episcopato di Antiochia: egli ebbe come successore il nostro contempora neo Cirill o . Sotto costui abbiamo conosciuto Doroteo, uomo dotto, onorato del presbiterato ad Antiochia. Interessato alle cose divine, studiò con passione anche l'ebraico, in modo da poter leggere le Scritture ebraiche originali con competenza. 3 . Inoltre non era ignaro degli studi liberali e dell'istruzione pri maria greca; era anche eunuco per natura poiché era così fin dalla nascita, tanto che per questo motivo l'imperatore, come fosse un fenomeno soprannaturale, se lo fece amico e lo onorò con la procuratura della tintura di porpora a Tiro 13 0 , 4. Noi abhz l
T m, 6, 20.
·
1 2 9 In realtà Fdice regnò dal 269 al 274; Eutichiano dal 275 al 283 ; Gaio dal 283 al 296 e Marcellino dal 296 al 3 04 . 1 30 D al tempo di Alessandro Severo l a produzione della porpora a Ti ro era divenuta monopolio imperiale ed era amministrata da un procuratore. N dia circostanza è da rilevare che Eusebio confonde il procuratore Doroteo, che fu negli anni seguenti presbitero ad Antiochia al tempo dd vescovo Ci rillo (280-3 02) , con un omonimo servo di corte di Diocleziano, che subì il martirio nd corso della persecuzione (cf. in/ra, VIII l , 4; 6, 1-5).
13 8
Storia ecclesiastica
biamo ascoltato quest'uomo spiegare con accortezza le Scrittu re della Chiesa. Dopo Cirillo, ottenne l'episcopato della dioce si di Antiochia Tiranno, sotto il q uale raggiunse il culmin e la persecuzione contro le Chiese. 5. Dopo Socrate, resse la diocesi di Laodicea Eusebio, ori ginario della città di Alessandria. La causa del suo trasferimen to fu la faccenda relativa a Paolo, per cui andò in Siria e gli fu impedito di tornare in patria dagli abitanti della regione, i qua li avevano a cuore le cose divine; egli fu così un amabile esem pio di pietà fra i nostri contemporanei, come si può facilmente notare dalle parole di Dionigi ricordate in precedenza m . 6. Fu designato suo successore Anatolio, buon successore, a quanto si dice, di un altro uomo buono. Anch'egli era originario di Alessandria e, a motivo della sua eloquenza, della sua cono scenza delle discipline greche e della filosofia, è annoverato al primo posto tra i nostri più famosi contemporanei. In effetti egli si era distinto nello studio dell'aritmetica, della geometria, dell'astronomia e di altre scienze, sia quelle dialettiche sia quel le fisiche, e delle discipline retoriche: per questo motivo, a quanto narra la tradizione, dai suoi concittadini fu ritenuto de gno di fondare ad Alessandria la scuola della tradizione aristo telica. 7. Di lui si ricordano inoltre innumerevoli azioni ill ustri compiute durante l'assedio del Bruchion ad Alessandria 1 3 2 , quando gli fu concesso, unico tra i curiali m , un privilegio esclusivo e, a riprova, ricorderò questo solo fatto. 8. Si narra che, allorquando venne a mancare il frumento agli assediati, al punto che la fame era oramai per loro più in sopportabile dei nemici esterni, il personaggio di cui stiamo parlando e che era con loro, impartì le seguenti disposizioni. 1 3 1 Cf. supra, VII , 1 1 , 24, 1 3 2 ll Bruchion era il quartiere reale di Alessandria. 1 33 Con l'espressione hoi en télei Eusebio intende probabilmente affer mare che Anatolio fosse membro del senato municipale.
Libro VII, 32
139
Poiché una parte della città combatteva con l'esercito romano e non era di conseguenza assediata, Eusebio (egli, infatti, si tro vava ancora là a quel tempo, prima del suo trasferimento in Si ria) , era tra quelli non assediati e la sua fama e il suo nome era no noti anche al comandante romano: Anatolia mediante un messaggero lo informò su quanti perivano di fame nell'assedio. 9. Informato di ciò, egli chiese quale grandissimo favore al co mandante romano di concedere la salvezza ai nemici che si fos sero consegnati spontaneamente; avendo ottenuto ciò che chie deva, lo rese noto ad Anatolia. Costui, non appena ricevette la promessa, convocò il senato degli alessandrini e in primo luogo propose a tutti di tendere ai romani una mano amica; ma, quan do vide che essi si infuriavano a causa delle sue parole, disse: «Credo almeno - egli disse - che non mi contraddirete, se vi consiglio di lasciar uscire dalle porte e andare dove vogliono coloro che sono di troppo e a noi nient'affatto utili, cioè vec chie, bambini e vecchi. Per quale motivo dobbiamo tenerli inu tilmente con noi, se non per morire? Perché tormentare con la fame gli storpi e coloro che hanno il corpo mutilato, mentre in vece occorre nutrire solamente gli uomini e i giovani ed econo mizzare il frumento necessario a beneficio di coloro che sono indispensabili alla difesa della città?». 10. Dopo aver convinto il senato mediante tali ragiona menti, si alzò per primo e votò un decreto secondo cui tutta la gente inabile alle armi, sia uomini che donne, abbandonasse la città, dato che per coloro che fossero rimasti ed avessero conti nuato ad abitare senza alcuna utilità nella città, non ci sarebbe stata alcuna speranza di salvezza e sarebbero morti di fame. 1 1 . Avendo dato lo stesso voto anche tutti gli altri riuniti in senato, egli fu in grado in tal modo di salvare tutti gli assediati; provvi de altresì che si allontanassero per primi coloro che appartene vano alla Chiesa, poi anche gli altri che erano rimasti in città, qualunque fosse la loro età e non soltanto quelli dichiarati nel la votazione, ma anche moltissimi altri con lo stesso pretesto, i
140
Storia ecclesiastica
quali, travestiti con abiti femminili, uscirono dalle porte di not te grazie alla sua solerzia e si precipitarono verso l'esercito ro mano. Qui li accoglieva tutti Eusebio che, come un padre ed un medico e, poiché erano stremati in seguito al lungo assedio, li confortava con ogni espediente e rimedio. 12. Tali furono i due pastori che la Chiesa di Laodicea fu ritenuta degna di avere in successione. Essi per divina Provvi denza vi si recarono quando lasciarono la città di Alessandria dopo la guerra di cui si è parlato. 13 . Anatolia non compose molte opere, ma ne sono giun te a noi a sufficienza perché sia possibile comprendere attra verso esse compiutamente sia la sua facondia, sia la sua cultura. In queste opere egli espone prima di tutto le sue opinioni sulla Pasqua ed è forse necessario ricordare ora il seguente passo: Dai canoni di Anatolia sulla Pasqua 1 4 . «C'è dunque nel primo anno il novilunio del primo mese, che è l'inizio dell'intero ciclo di diciannove anni e che per gli egiziani è il 26 di Phaménoth, mentre per i macedoni è il 22 di Distro o, come direbbero i romani, 1' 1 1 prima delle Calende di aprile. 1 5 . TI 26 di Phaménoth ora menzionato, il sole non soltanto è entrato nel primo settore, ma l'ha persino già oltre passato da quattro giorni: si è soliti chiamare questo settore primo dodicesimo, equinozio, inizio dei mesi, estremità del ci clo, punto di partenza della corsa dei pianeti; quanto a quello che lo precede, invece, è fine dei mesi, dodicesimo settore, ul timo dodicesimo, fine della rivoluzione dei pianeti. Per questo motivo sosteniamo che sbagliano non grandemente coloro che collocano in questo settore il primo mese e che conseguente mente determinano il quattordicesimo giorno della Pafìqua 134. 134 Sul ciclo pasquale secondo Anatolio, cf. E. Schwartz,
und judische Osterta/eln, Berlin 1905ss.
Christliche
Libro VII,
32
141
16 . Questo calcolo non è nostro, ma era noto agli antichi giu dei anche prima di Cristo ed era da loro rigorosamente osser vato . È quanto si può dedurre da ciò che è detto da Filone 1 3 5 , Giuseppe 1 36, Museo e non soltanto da essi, ma anche da altri ancora più antichi, i due Agatobuli m, soprannominati maestri di Aristobulo il G r an d e us, che è incluso tra coldro che tr adu s sero le Scritture sacre e divine degli ebrei per Tolomeo Fila delfo e per suo padre e che dedicò anche libri esegetici della Legge di Mosè a questi stessi re 139. 17. Questi autori, quando risolvono le questioni relative all'Esodo, dicono che tutti devo no offrire ugualmente i sacrifici della Pasqua dopo l'equinozio di primavera, a metà del primo mese; e questo accade quando il sole attraversa il primo settore dell'eclittica o, come alcuni di loro lo chiamano, del cerchio dello zodiaco. Ma Aristobulo ag giunge che sarebbe necessario per la festa della Pasqua che non soltanto il sole, ma anche la luna attraversasse il settore equi noziale. 1 8 . Infatti, dato che vi sono due settori equinoziali, uno di primavera e l'altro d'autunno, che sono diametralmente op posti l'uno all'altro, e dato che il giorno stabilito per la Pasqua è il quattordicesimo del mese, di sera, la luna si troverà nella posizione diametralmente opposta al sole, come si può osserva re durante i pleniluni e saranno rispettivamente, uno, il sole, nel settore dell'equinozio di primavera, mentre l'altra, la luna, si troverà necessariamente in quello dell'equinozio d'autunno. 135 Cf. De septenario, 19; Quaestiones et solutiones, in Exodus, l, l ; De vita Mosis, III, 29; De Decalogo, 3 0 . 1 3 6 Antichità giudaiche, Il, lO, 5 . U7 Tanto Museo quanto i due Agatobuli sono personaggi sconosciuti. 1 3 8 Dotto ebreo di cultura ellenica, vissuto fra il II e il I sec. a.C., della
cui op e r a maggiore, Interpretazione della legge sacra, Eusebio ci ha traman dato frammenti in Preparazione evangelica. 139 In realtà Eusebio commette un errore: Aristobulo non fu contem poraneo di Tolomeo II Filadelfo, ma di Tolomeo VI Filometore (cf. Cle mente Alessandrino, Stromati, V, 14, 97 ; Eusebio, Preparazione evangelica, VIII, 9).
142
Storia ecclesiastica
19. S o che sono state dette da loro anche molte altre cose, al cune verosimili, altre derivate da dimostrazioni principali, me diante le quali si sforzano di stabilire che la festa di Pasqua e degli azzimi deve assolutamente essere celebrata dopo l'equi nozio. Ma io tralascio gli argomenti di queste dimostrazioni, chiedendo a coloro per i quali è stato rimosso il velo che è sul la Legge di Mosè di contemplare ormai per sempre a viso sco perto Cristo e ciò che lo riguarda, i suoi insegnamenti e le sue sofferenze c a . Che poi presso gli ebrei il primo mese sia verso l'equinozio è quanto stabiliscono anche gli insegnamenti im partiti dal libro di Enoch cb» . 20. Lo stesso autore ha lasciato anche una Introduzione al l'aritmetica in dieci interi trattati e altre prove del suo studio e della sua vasta esperienza nelle cose sacre. 2 1 . Egli fu il primo cui Teotecno, vescovo di Cesarea di Palestina, impose le mani per la consacrazione episcopale designandolo a succedergli do po la propria morte nell a stessa diocesi; per breve tempo, in fatti, entrambi presiedettero la stessa Chiesa 1 40. Ma allorquan do il sinodo contro Paolo lo chiamò ad Antiochia, passando dalla città di Laodicea, vi fu trattenuto dai fratelli di quella Chiesa, poiché era morto Eusebio. 22 . Allorché anche Anatolio morì, fu designato Stefano, ultimo vescovo di questa diocesi prima della persecuzione, am mirato da molti per le sue conoscenze filosofiche e anche per la sua cultu ra greca 1 4 1 , ma che non aveva, tuttavia, un'uguale di sposizione verso la fede divina, come dimostrò il progredire
ca
2 Cor 3, 16-18.
cb Enoch 72ss.
1 4 0 Altro esempio di due vescovi alla guida di una stessa Chiesa. Cf. su
pra, VI, 1 1 , 1 -3 per la Chiesa di Gerusalemme.
14 1 Quando ne ha modo, Eusebio non manca di rilevare che, tra la fine e l'inizio del IV secolo, il numero dei fedeli colti cresceva in maniera considerevole.
del III
Libro VII,
32
143
della persecuzione, che rivelò come fosse più un simulatore, spaurito e vile, che un vero filosofo. 23 . In ogni modo le sorti della Chiesa non erano destinate a soccombere per causa sua ed anzi furono risollevate grazie a Dio stesso, Salvatore di tutti, da to che fu senza indugio proclamato vescovo di quella diocesi Teo doto, uomo che mediante le sue opere mise in pratica il no me che porta 142 e il titolo di vescovo. Egli ha raggiunto, infat ti, il primo posto non solo nella scienza di guarire i corpi, ma anche in quell a di curare le anime, dato che non era pari a nes sun altro uomo per umanità, sincerità, compassione e zelo nei confronti di coloro che avevano bisogno del suo aiuto; egli era per di più intensamente dedito anche alle discipline divine. 24 . Tale fu Teodoto. In seguito a Cesarea di Palestina, a Teotecno, che esercitò l 'episcopato con grande zelo , succedet te Agapio; sappiamo che costui ha lavorato molto, avendo realmente a cuore di proteggere il popolo ed occupandosi con mano generosa di tutti in particolare dei poveri. 25 . È proprio a quel tempo che abbiamo avuto modo di conoscere Panfilo, uomo assai colto e vero filosofo nella vita, ritenuto degno del sacerdozio dalla cristianità del luogo 1 4 3 . Quale uomo egli fos se e di dove provenisse, non sarebbe argomento da poco mo strarlo, ma ogni particolare della sua vita e della scuola che egli fondò, le lotte che sostenne durante la persecuzione in diverse confessioni e la corona del martirio che infine cinse, li abbia mo narrati in dettaglio in un 'opera particolare su di lui. 26. In verità egli fu l'uomo più ammirevole della città, eppure sap piamo che tra i nostri contemporanei vi sono stati uomini ec cezionali come Pierio 1 44, uno dei presbiteri di Alessandria, e 1 42 Teodoto �jgr.i.fica, in greco, «dato da Dio». 1 43 Cf. supra, VI, 32, 3 ; e in/ra, VIII , 13 , 6; I Martiri di Palestina, 1 3 . 1 44 I l personaggio è poco noto: sembra sia stato presbitero a d Alessandria al tempo degli imperatori Caro e Diocleziano (Girolamo, Gli uomi ni illustri, 76) e che sia morto intorno al 3 00. È ricordato come maestro di Panfilo.
144
Storia ecclesiastica
Mel ezio 1 45 , vescovo delle Chiese del Ponto. 27 . TI primo era straordinariamente stimato a motivo della sua vita povera e delle sue conoscenze filosofiche ed era assai esperto sia nelle ricerche e nei commenti relativi alle cose divine, . sia nei pub blici discorsi che egli teneva nell� Chiesa. Per quanto riguarda Melezio (le persone colte lo chiamavano "miele dell'Attica" ) , era tale che s i potrebbe scrivere che era perfetto in tutto a mo tivo dei suoi discorsi. Inoltre non solo non è possibile ammi rare adeguatamente il valore della sua eloquenza, ma si po trebbe anche dire che essa era in lui un dono naturale. Quan to alla sua vasta esperienza e alla sua cultura, chi avrebbe po tuto superarne la qualità? 28. In verità in tutte le scienze logi che non si sarebbe potuto dire che egli era il più abile e colto? Sarebbe forse stato possibile acquisire la sua esperienza? In lui inoltre la qualità della sua vita corrispondeva al resto. Al tem po della persecuzione noi abbiamo osservato quest'uomo, quando fuggiva per le regioni della Palestina, per sette interi anni. 29. Per quanto riguarda la Chiesa di Gerusalemme, dopo il vescovo Imeneo, che abbiamo nominato poco più sopra 1 4 6 , ricoprì il ministero episcopale Zabdas. Costui morì poco tem po dopo e Ermone, che fu l'ultimo vescovo prima della perse cuzione del nostro tempo, gli succedette nel soglio apostolico che si conserva là fino ad oggi. JO. Anche ad Alessandria, a Massimo, che per diciotto an ni dopo la morte di Dionigi resse l'episcopato, succedette Theonas. Al suo tempo era celebre ad Alessandria Achillas, ri tenuto degno del sacerdozio contemporaneamente a Pierio; es sendogli stata affidata la scuola della sacra fede, egli portò a 1 45 Di Melezio, che dovette essere vescovo di Sebastopoli, sappiamo so lo ciò che in questa circostanza ci dice Eusebio: incerta la notizia riferita da Filostorgio (cf. Storia ecclesiastica, I, 8) secondo cui partecipò al concilio di Nicea.
146 Supra, VII , 2 8 , l .
Libro VII,
145
32
compimento un'opera filosofica assai preziosa, non inferiore a quella di nessun altro, mostrando una condotta di vita autenti camente evangelica. 3 1 . Dopo Theonas, che esercitò il suo mi nistero per diciannove anni, ricevette l'episcopato di Alessan dria Pietro, che si distinse anch 'egli in modo particolare per do dici interi anni; resse la Chiesa per tre interi anni prima della persecuzione e trascorse il resto della sua vita nell' ascesi più r� gida e con lealtà si occupò del bene comune delle Chiese. E proprio per questo motivo che fu decapitato e così adornato con la corona del martirio. 3 2 . Dopo aver descritto nei libri precedenti la materia del le successioni, a partire dalla nascita del nostro Salvatore fino alla distruzione dei luoghi di p reghiera, per un periodo di tre centocinque anni 147, facciamo adesso in modo che coloro che verranno dopo di noi conoscano per iscritto quali e quanto nu merose sono state nelle lotte del nostro tempo coloro che con coraggio hanno combattuto per la religi one .
147 n calcolo di Eusebio è impreciso se si considera che la nascita di Gesù va collocata negli anni 6/4 a. C. e che l'ultimo dei quattro editti di per secuzione di Diocleziano risale ai primi mesi dd 3 04.
LIBRO VIII
Argomenti dell'ottavo libro: l. Avvenimenti precedenti la persecuzione avvenuta ai tempi nostri. 2. La distruzione delle chiese. 3 . n comportamento di quelli che lottarono durante la persecuzione. 4. I celebri martiri di Dio, come essi abbiano riempito ogni luogo del loro ricordo e abbiano cinto corone di ogni specie per la loro pietà. 5. I martiri di Nicomedia. 6. I martiri dei palazzi imperiali. 7. I martiri egiziani della Fenicia. 8. I martiri d'Egitto. 9. I martiri della Tebaide. 10. Relazione scritta del martire Fileo sui fatti d' Alessan dria. 1 1 . I martiri di Frigia. 12. I numerosissimi altri, uomini e donne, che sostennero lotte diverse. 13 . I capi della Chiesa che con il loro sangue mostrarono la genuinità della religione da loro professata. 14. n comportamento dei nemici della religione. 15. Quel che accadde ai gentili. 16 . Il miglioramento della situazione. 1 7 . La ritrattazione dei sovrani.
Libro VIII,
l
147
Abbiamo già descritto in sette libri la successione degli Apostoli, in questo ottavo abbiamo ritenuto che fosse dovero so portare a conoscenza dei posteri gli avvenimenti degni di specifico racconto, accaduti nel nostro tempo. Da qui prenderà le mosse la nostra narrazione. l.
AVVENIMENTI PRECEDENTI LA PERSECUZIONE AVVENUTA AI TEMPI NOSTRI
l.
Supera le nostre forze narrare degnamente di quanta e quale gloria - prima della persecuzione avvenuta al tempo no stro - come pure di quanta libertà, fosse stimata degna da tut ti gli uomini, greci e barbari, la religione del Dio dell'universo, annunciata al mondo attraverso Cristo 1 . 2 . Ne potrebbero es sere prove la benevolenza degli imperatori 2 nei confronti di nostri fratelli, a cui affidavano persino il governo di province, dispensandoli dall'angoscia di sacrificare agli dei; e questo per ché avevano in grande benevolenza la nostra religione. 3 . Che dire di quelli che abitavano i palazzi imperiali e le residenze de gli stessi sovrani? Questi concedevano che i membri della casa - mogli, figli e servi - in loro presenza professassero libera mente con le parole e con la condotta la loro religione. Per mettevano addirittura che quasi si vantassero della loro libertà di fede. Li stimavano anzi in modo particolare e li consideraval L'ultima, sistematica persecuzione generale, prima di Diocleziano, ri saliva a Valeriano. A questo imperatore sono attribuiti due editti contrari ai Cristiani, nel 257 e nel 258. ll figlio Gallieno, nel 260, fece cessare la perse cuzione, anche se continueranno a verificarsi sporadici episodi persecutori. Cf. supra, VII, 10. 2 Circa la benevolenza degli imperatori nei riguardi dei Cristiani, in realtà Eusebio esagera (forse per dare un tocco di letterarietà al testo, attra verso l'uso dell'iperbole) . Non mancavano tuttavia leggende e dicerie cristia ne che narravano di periodi felici, precedenti la persecuzione dioclezianea.
148
Storia ecclesiastica
più dei loro compagni di servizio. 4 . È il caso del famoso Doroteo 3 , il più affezionato e fidato di tutti e per questo sti matissimo, più di magistrati e governatori. Insieme a lui il cele bre Gorgonia 4 e quanti come loro ricevettero lo stesso onore in grazia della dottrina di Dio. 5. Era possibile vedere quale ac coglienza ricevessero i capi di ciascuna chiesa da parte di tutti i procuratori e governatori. Chi potrebbe descrivere quelle as semblee affollate, le moltitudini di quanti si riunivano in tutte le città e la notevole affluenza nei luoghi di preghiera? Poiché non erano più sufficienti gli antichi edifici, in ogni città si eri gevano dalle fondamenta chiese vaste e spaziose 5. 6. Tutte que ste cose col tempo progredivano sempre di più, si accresceva no e si ingrandivano; nessuna invidia le fermava, nessun demo ne maligno poteva screditarle né impedirle con insidie umane, fmo a quando la celeste divina mano copriva e proteggeva il suo popolo, ed esso ne era degno. 7. Ma quando dalla troppa li bertà cademmo nella vanità e nell'ignavia, quando portammo invidia l'uno all'altro, ci coprimmo di ingiurie e - se capitava quasi combattevamo tra di noi con armi e lance fatte di parole, e i capi delle chiese si volsero contro altri capi, i popoli si leva rono l'un contro l'altro, la maledetta falsità e la perfidia giun sero al culmine, allora il giudizio di Dio, mentre ancora si po tevano tenere assemblee, con indulgenza, come ama fare, len tamente e con moderazione mosse il suo castigo. no
3 Eusebio confonde questo Doroteo, servo di corte (cubicularius), con un suo omonimo, anch'esso cristiano, il quale aveva ricoperto la prestigiosa carica di procuratore e di cui lo storico parla in VII, 32. 4 Anch'egli era servo di corte, cubteulart"us. 5 n lettore non pensi a edifici destinati esclusivamente al culto: questi si avranno a partire dall'epoca costantiniana, quando si costruiranno le Basi liche, le quali verranno destinate unicamente ai riti religiosi (cf. in/ra X, 2). Prima d i Costantino, quando Eusebio parla d i «chiese», intende gli oikoi ek klesias, cioè residenze private, abbastanza ampie, adattate a luoghi di riunio ne e culto.
Libro VIIL l
149
La persecuzione cominciò tra i fratelli che erano nell' eser Ma comportandoci come se non fossin1o stati avverti cito ti, all a maniera dei senza Dio, non ci curammo di rendere la di vin ità propizia e benevola; e ritenendo che le nostre azioni sa rebb ero state dimenticate e che sarebbero rimaste impunite, ac cumulamm o malvagità su malvagità. Quelli che si dicevano no stri pastori, trascurando i precetti della pietà, si infiammarono in contese reciproche e non fecero altro che aumentare le liti, le minacce, l'invidia, l'animosità degli uni contro gli altri e l'o dio 7 , poiché con tutto se stessi - a guisa di tiranni - bramava no il potere. Allora, proprio allora, si attuò quel che aveva det to Geremia: Nella sua ira il Signore ottenebrò la figlia di Szòn e 6 . 8.
gettò dal cielo la gloria di Israele, e non si ricordò dello sgabello dei suoi piedi nel giorno della sua ira; ma il Signore distrusse tut ta la bellezza di Israele e abbatté tutti i suoi ripari •; 9. e quanto era stato predetto nei Salmi: Rigettò il patto stretto con il suo servo e, con la distruzione delle chiese, profanò sulla terra il suo santuario e abbatté tutti i suoi ripari; riempì di codardia le sue fortezze; quanti passavano per la via hanno saccheggiato le molti tudini del suo popolo ed esso è divenuto il vituperio dei suoi vi cini. Perché eglz' ha esaltato la destra dei suoi avversari e ha al lontanato l'aiuto della sua spada e non lo ha sostenuto nella guer ra; ma ha /atto cessare la purificazione, ha gettato a terra il suo a
Lam 2, 1 -2 .
6 L a politica religiosa di Diocleziano, che colpiva tutti i culti conside rati stranieri (e quindi, indirettamente, anche i Cristiani) era anteriore anche al 297 , quando venne pubblicato un editto antimanicheo. Come riporta il Tal mud Palestinese. Aboda Zara, V, 4, già nd 286 era stato emanato un editto, con il quale si imponeva a tutti i sudditi dd!' impero, a esclusione dei Giudei, di sacrificare agli dei tradizionali. A questo editto ci sembra stia qui facendo riferimento Eusebio, piuttosto che a qudlo dd 297 . 7 Delle controversie, eresie e aspri dibattiti all 'interno ddle singole chiese e tra chiese diverse Eusebio ha già dato conto nel libro precedente. Cf. in particolare VII , 7 -8; 24; 27 .
150
Storia ecclesiastica
trono, ha accorciato i gz"o rni del suo tempo e infine lo ha coperto di vergogna b. 2. LA DISTRUZIONE DELLE CinESE l . Tutti questi fatti sono accaduti ai giorni nostri, quando, abbattute fin dalle fondamenta le case di preghiera e gettate nel fuoco s ulle piazze le sacre e ispirate Scritture, vedemmo coi no stri occhi i pastori delle chiese nascondersi vergognosamente qua e là, ed essere ignominiosamente catturati e scherniti dai nostri nemici, quando - secondo un altro detto profetico - l'a biezione fu gettata sui capi e li/ece errare in luoghi impraticabili e senza sentiero c . 2 . Ma non è compito nostro descrivere le sventure accadute alla fine, giacché non a noi compete affidare alla memoria le discordie e i reciproci oltraggi awenuti prima della persecuzione. Per questo abbiamo ritenuto di non rac contare nulla di più di quanto sia sufficiente a giustificare il di vino giudizio. 3 . Abbiamo quindi reputato giusto non fare men zione di quelli che sono stati provati con la persecuzione e nep pure di quelli che hanno fatto interamente naufragare la pro pria salvezza e che per loro scelta sono precipitati nel baratro dell'abisso; ma aggiungeremo alla storia universale solo ciò che potrà essere di utilità prima a noi stessi e poi a quanti verranno dopo di noi. Partiamo dunque da qui, descrivendo succinta mente le sacre lotte dei martiri della parola di Dio. 4 . Era l'anno diciannovesimo del regno di Diocleziano, il mese di Distro, che i Romani chiamano marzo, allorché, men tre si awicinava la festa della passione del Salvatore, fu emana to per tutto l'impero un editto imperiale s , che ordinava di rab Sal 89, 40-46.
c Sal 1 07 , 40.
8 TI riferimento è all'editto di persecuzione specifico contro i Cristiani, pubblicato a Nicomedia in Bitinia, il 23 febbraio 3 03 , e giunto in Palestina al-
Libro VIII,
1 -3
15 1
dere al suolo le chiese e di fare sparire col fuoco le Scritture. Di spon eva inoltre di destituire quanti occupavano cariche pub bliche e che fossero privati della libertà i membri dei palazzi imperiali, se avessero persistito nella professione del cristiane simo. 5. Questo fu il primo editto contro di noi. Non molto tempo dopo apparvero altri editti, che ordinavano di mettere in catene tutti i capi delle chiese, in ogni luogo; e poi di costrin gerli con tutti i mezzi a sacrificare. 3 . IL COMPORTAMENTO DI COLORO CHE LOTTARONO DURANTE LA PERSECUZIONE l . Allora dunque, proprio allora, resistendo con coraggio a terribili tormenti, numerosissimi capi delle chiese offrirono spettacolo di grandi lotte, mentre tanti altri, poiché avevano l'a nima intorpidita dalla vigliaccheria, cedettero fin dal primo as salto 9 . Degli altri, ognuno sopportò forme diverse di tortura. Chi fu colpito nel corpo dai flagelli, chi fu punito con stira menti e lacerazioni insopportabili, nei quali alcuni giunsero a infelice morte. 2 . Altri poi passarono in modo diverso attraver so la lotta. Uno, spinto a forza e portato innanzi agli immondi
la fine di marzo, qui chiam ato Distro, secondo il calendario macedonico. A questo editto fa riferimento il medesimo Eusebio nell'altra sua opera, Marti ri di Palestina, proemio l , in cui, a ulteriore precisione della data, riporta che la pasqua di quell'anno cadeva il l8 aprile. Cf. anche Lattanzio, La morte dei persecutori, 13 , l . Nello stesso anno fecero seguito altri tre editti e uno anco ra nell'anno seguente, 304 . In quest'ultimo si ribadiva l'obbligo per tutti gli abitanti dell'impero del sacrificio agli dei tradizionali. Cf. I Martt"ri di Palesti na, l , 3 -5 ; 3 , l . Anche Lattanzio, op. cit. , 12, l . 9 A conferma d i quanto qui accenna Eusebio, sembra che in effetti il numero di quanti abbiano abbandonato il Cristianesimo, già nei primi mesi della persecuzione, sia stato molto alto, se uno degli editti del 3 03 , venuto do po il primo, ordinò che gli apostati dal Cristianesimo dovessero subito essere messi in libertà, cf. VIII, 6, 10.
152
Storia ecclesiastica
ed empi sacrifici, fu poi rilasciato, come se avesse sacrificato; un altro, che non si era neppure avvicinato e non aveva tocca to alcunché di abominevole, si allontanò sopportando in silen zio la calunnia di quanti dicevano che aveva sacrificato. Un al tro ancora, ritenuto semimorto, fu trascinato via come se ·fosse morto. 3 . Uno, che giaceva a terra, fu trascinato a lungo per i piedi e contato tra quelli che avevano sacrificato. Un altro poi gridava e testimoniava a gran voce il rifiuto del sacrificio; un al tro ancora urlava di essere cristiano, glorificando con la sua confessione il nome del Salvatore; uno poi andava proclaman do ad alta voce che non aveva sacrificato e che mai avrebbe sa crificato. 4 Allo ra colpiti sulla bocca e costretti a tacere da una squadra di soldati comandati a questo scopo, dopo essere stati colpiti al volto e sulle guance, erano cacciati via a forza. A tal punto i nemici della religione volevano che apparisse di aver raggiunto il loro scopo. Ma questi metodi non servivano contro i santi martiri. Quali nostre parole potranno mai essere in grado di fornire una precisa relazione? 4 . l CELEBRI MARTIRI DI
DIO, COME ESSI ABBIANO RIEMPITO OGNI LUOGO DEL LORO RICORDO E ABBIANO CINTO CORONE DI OGNI SPECIE PER LA LORO PIETÀ
l . Si potrebbe raccontare di migliaia, i quali dimostrarono ammirevole zelo per la religione di Dio, non solo da quanto si scatenò la persecuzione contro tutti i cristiani, ma da molto pri ma, dal tempo in cui regnava la pace. 2. Dapprima, come sve gliatosi dal sonno, colui che assunse il potere, nel periodo su bito dopo Decio e Valeriano 10, quasi di nascosto e in segreto, 10 li riferimento è a Diocleziano. Nato nel 245 , era stato governatore della Mesia e comandante dei pretoriani. Fu acclamato imperatore a Calce-
Libro VIII,
3-4
153
mise mano alla persecuzione contro le chiese. Non portò subi to guerra contro di noi, ma indirizzò i suoi tentativi soltanto contro i militari (riteneva infatti che, se avesse prima vinto co storo, facilmente avrebbe poi avuto ragione degli altri) . Si poté allora vedere come moltissimi militari con grandissima gioia ab bra cciarono la vita civile, pur di non rinnegare la religione del Demiurgo dell'universo. 3 . li comandante, chiunque allora ri coprisse questa carica 1 1 , per primo poneva mano alla persecu zione contro i propri soldati, individuando ed epurando quan ti stavano nell'esercito, offrendogli un'alternativa: o obbedire e mantenere il loro grado, oppure ne sarebbero stati privati, se si fossero opposti all'editto. Moltissimi soldati del regno di Cri sto, non curandosi della gloria apparente e del benessere di cui godevano, preferirono senza esitazione la confessione di Cristo. 4 . Tuttavia in quella occasione solamente uno o due di loro eb bero, per la resistenza religiosa, non solo la destituzione del grado, ma anche la morte 1 2 ; ciò perché in quel tempo chi ave va organizzato l'insidia si comportava con moderazione e in po chi casi osava giungere allo spargimento di sangue: a quanto sembra temeva il grandissimo numero dei fedeli ed esitava a scatenare una guerra contro tutti, in massa. donia nel novembre del 284. L'allusione a Decio e a Valeriano, che ressero l'impero rispettivamente dal 249 al 25 1 e dal 253 al 260 è da intendersi alle persecuzioni di questi due imperatori. Dopo di loro si ebbe la persecuzione di Diocleziano. Circa la gradualità della persecuzione di quest'ultimo cf. su pra VIII, l, 7 e n. 6. 1 1 Riteniamo che in questo passo Eusebio voglia dire che ogni magister militiae applicava sui propri sottoposti l'editto imperiale. Non riteniamo quindi che si voglia indicare il solo Veturino, il quale ricopriva quella carica ed è citato in Cronaca, anno 3 0 1 . Riguardo poi all a carica di magister militiae, essa designava nell a riforma dioclezianea, e poi in quella di Costantino, il co m andante militare di ogni singola provincia, distinto dal funzionario che de teneva il governo amministrativo e che aveva il titolo di praeses. 1 2 Le Passiones dei martiri riportano, tra il 292 e il 295 , il martirio di sol dati della Mauritania e della Numidia: nel 292 il vessillifero Fabio e nel 293 il centurione Marcello in Mauritania; il soldato Massimiliano nel 295 , in Numidia.
154
Stona ecclesiastica
Appena però passò a un attacco più aperto, diventa im possibile esprimere con parole quanti e quali martiri di Dio ab biano visto coi loro occhi gli abitanti di ogni città e di ogni vil laggio. 5 . I MARTIRI DI NICOMEDIA
Appena, dunque, a Nicomedia apparve l'editto contro le chiese, un tale 13 non di basso ceto, ma anzi tra i più illustri secondo come sogliono essere considerati i detentori di cariche elevate - mosso da zelo divino e spinto da una fede ardente, lo strappò, pur essendo esposto in modo visibile, in pubblico. Compì tale gesto mentre erano presenti in quella città i due im peratori, il più anziano di tutti e quello che dopo di lui occu pava il quarto posto nel potere 1 4 . Egli fu il primo a distinguer si in quel modo e contemporaneamente, come era naturale, a subire le conseguenze di un tal gesto, mantenendosi tuttavia calmo e impertubabile fino all'ultimo respiro. 6. I MARTIRI DEI PALAZZI IMPERIALI
Tra quanti allora sono stati celebrati, sia tra i greci che tra i barbari, come degni di ammirazione e famosi per coraggio, le circostanze resero martiri divini ed eccelsi i servi imperiali, che stavano con Doroteo. Essi, già insigniti del più alto onore da parte dei padroni e da questi considerati non meno dei prol.
13 Del medesimo personaggio, di cui però anch'egli non riporta il no me, parla Lattanzio, op. cit., 13 , 2. 1 4 Diocleziano e il suo Cesare Galerio. A detta di Lattanzio (La morte dei persecutori, 1 1 ) proprio Galerio sarebbe stato l'istigatore di Diocleziano alla persecuzione. Eusebio accoglie la medesima tradizione (cf. infra VIII, ap pendice, 4).
155
Libro VIIL 4-6
pri figli, in verità stimarono più grande ri c ch e zz a d, rispetto al la gloria e al piacere della vita, le ingiurie, le pene e gli svariati tipi di morte escogitati contro di loro per la religione. Tra co sto ro ricorderò la morte di uno solo e lasceremo al lettore il compito di intuire da quanto capitato a costui quel che accad de anche agli altri. 2. Nella città di cui si è detto 15, uno dei servi imperiali fu portato in mezzo, innanzi agli imperatori sopra menzionati. Gli fu allora ordinato di sacrificare; ma poiché si rifiutava, ordina rono di sollevarlo nudo e di colpirlo in tutto il corpo con fru state, fin quando, anche contro la sua volontà, non avesse ese guito l'ordine. 3. Egli però, pur stando in mezzo a queste sof ferenze, era irremovibile; allora mescolarono aceto con sale e lo versarono sulle parti dilaniate del corpo, là dove si intravede vano le ossa. Siccome disprezzava anche queste sofferenze, fe cero avanzare una graticola e del fuoco. A quel punto, alla ma niera della carne che mangiamo, quanto rimaneva del suo cor po fu fatto consumare dal fuoco; non però tutto in una volta, ma a poco a poco, affinché non si disfacesse in poco tempo. A quelli che l'avevano posto sul fuoco era stato vietato di toglier lo se prima non avesse acconsentito, dopo tali sofferenze, a quanto gli era stato ordinato. 4 . Egli però rese l'anima, restan do saldo nel proposito e vincitore su questi tormenti. Questo fu il martirio di uno dei servi imperiali, veramente degno del no me che portava, s i chiamava infatti Pietro 16 , 5. Per rispettare le proporzioni tra i brani di questa narrazione tralasceremo di parlare degli altri, che pur non furono da meno, come Doroteo e Gorgonia, i quali insieme a molti altri servi imperiali, dopo d Cf. Eh 1 1 ,
26.
1 5 Nicomedia, in Bitinia.
16 ll martire Pietro era rimasto saldo
w1a «pietra».
.
come una roccia, appunto come
156
Storia ecclesiastica
svariate lotte, lasciarono la vita per strangolamento e riportaro no il premio della divina vittoria. 6. In questo stesso periodo Antirno, capo della chiesa di Nicomedia, fu decapitato per la testimonianza di Cristo. A lui si accompagnò tma moltitudine di martiri. In quei giorni, nel palazzo imperi ale di Nicomedia, non so come, si era sviluppa to un incendio e si andava dicendo che fosse opera dei nostri l ì , Per ordine imperiale i devoti del luogo furono trucidati in mas sa, alcuni passati a fil di spada, altri bruciati su roghi. Si dice che uomini e donne, con divino e indicibile slancio, si siano precipitati sul rogo. I carnefici, dopo aver legato su barche un'altra moltitudine li inabissarono nei flutti marini. 7. Riguar do poi ai servi imperiali, che erano stati posti sotto terra con tutti gli onori, i loro cosiddetti padroni pensarono che biso gnasse riesumarli e gettarli in mare, perché temevano che, se fossero rimasti nelle loro tombe, qualcuno li avrebbe potuto adorare, ritenendoli - come essi credevano - déi. 8 . Non molto dopo, al tempo in cui alcuni della regione chiamata Melitene e altri della Siria tentarono di impadronirsi del Principato 1 8 , fu emanato un editto imperiale che ordinava di incarcerare e incatenare i capi delle chiese di ogni luogo 1 9 • 1 7 Lattanzio ( La morte dei persecutori, 14, 2ss.) ritiene Galerio il vero autore dell'incendio. Costui lo avrebbe fatto appiccare per farne ricadere la colp a sui Cristiani e quindi dare l'ultima spinta per convincere Diocleziano a iniziare la persecuzione. Eusebio, in questo passo, ripete la medesima tradi zione. Tuttavia, nel Discorso all'assemblea dei santi, 25 , 2 (omelia attribuita a Eusebio e posta in appendice all'eusebiana Vita di Costantino) si dice che a causare l'incendio sia stato un fulmine. In ogni caso, non si può fare a meno di annotare, che l'uso degli incendi a scopi politici e per gettare discredito su gli avversari non è una novità, propria dei nostri tempi. 1 8 Eusebio sta forse facendo riferimento all ' ammutinamt>.nto di Seleu cia in Siria, quando i soldati impiegati in lavori in quel porto acclamarono imperatore il loro comandante Eugenio. L'ammutinamento fu prontamente soffocato nel sangue. Cf. Labanio, Orazioni, 1 1 , 158- 162; 19, 45s.; 20, 1 8-20. Nulla sappiamo dei disordini. a Melitene, in Anatolia. 19 L'editto del 3 03 .
Libro VIII,
6-7
157
9 . Lo spettacolo di quanto allora awenne supera ogni descri zione: una massa immensa fu imprigionata in ogni dove e ovun que le carceri, un tempo allestite per assassini e violatori di tombe, furono tanto piene di vescovi, presbiteri, diaconi, letto ri ed esorcisti che non rimase più posto per i condannati a mo tivo di del i tti comuni. 10. S ub it o dopo i primi editti ne venne ro altri, coi quali si ordinava di rimettere in libertà i detenuti che avessero sacrificato e di sottoporre invece a infiniti tor menti chi si fosse rifiutato. Come è possibile, ancora una volta, contare la moltitudine di martiri di ciascuna provincia, e in par ticolare dell'Africa, della Mauritania, della Tebaide e dell'Egit to? Alcuni, partiti da questo luogo per altre città e province, si resero insigni per il martirio. 7. l MARTIRI EGIZIANI DELLA FENICIA l . Tuttavia conosciamo quanti rifulsero tra quelli di Pale stina e conosciamo pure quelli di Tiro, in Fenicia. Chi, dopo aver visto costoro, non si sarebbe stupito delle innumerevoli frustate e dell a resistenza, sotto i colpi, di quei veramente straordinari atleti della religione? E, dopo le frustate, della lot ta con belve divoratrici d'uomini, dell'assalto di leopardi e di varie specie d'orsi, di cinghiali, di tori, aizzati con ferro e fuo co, come non meravigliarsi, dico, della s tup en d a resistenza di quei valorosi innanzi a ciascuna belva? 2. Noi stessi fummo pre senti a questi eventi 2 o e in quella occasione osservammo la pre senza e l'evidente azione su quei martiri della potenza divina di
2 0 Eusebio allude al suo viaggio a Tiro di Fenicia e poi proseguito (for se) per la Tebaide e l'Egitto (cf. in/ra VIIT, 9, 4 ) . La datazione di questo viag gio è incerta. Se la si colloca dopo il martirio e la morte del suo maestro ca rissimo, il presbitero Panfilo, che avvenne nel febbraio dd 3 1 0, questi eventi sono da porre negli ultimi tempi della persecuzione, cioè nel 3 10-3 1 1 .
158
Storia ecclesiastica
Gesù Cristo stesso, nostro Salvatore, da loro testimoniato. Quelle belve per lungo tempo non osarono sfiorare o avvici narsi ai corpi di quegli uomini cari a Dio. Si lanciarono invece contro quegli altri che dal di fuori -le incitavano e le provocava no, mentre soltanto i santi atleti, che pure erano privi di ripari e facevano cenni con le mani per attirarle su di sé (così infatti era stato loro ordinato di fare) , non erano per nulla toccati. Seppure qualche volta si slanciavano contro di loro, venivano però trattenute come da una forza divina, e di nuovo si ritira vano. 3 . Questo fatto durò a lungo e provocava non poco stu pore sugli spettatori, di modo che, dopo il fallimento di una prima belva, si scioglieva contro un unico e medesimo martire una seconda e una terza bestia. 4. Era motivo di sbalordimento l'intrepida fermezza di quei santi durante tali prove e la saldez za decisa e intrepida di quei giovani corpi. Avresti potuto ve dere un giovane di neppure vent'anni, ritto, senza catene e con le mani stese a forma di croce, il quale con mente impassibile e tranquilla, in tutta calma continuava le preghiere alla divinità; e neppure si spostava dal luogo dove stava, sebbene orsi e leo pardi, spiranti furore e morte, quasi toccassero la sua carne; ma la loro bocca - non so per quale divina, indicibile potenza - era serrata, e subito si ritraevano. Questo fu uno di quei martiri. 5 . Avresti inoltre potuto vedere altri (erano in cinque) gettati a un toro infuriato, il quale dilaniava con le coma quanti dal di fuo ri gli si accostassero, e li lasciava semimorti. Quando però, fu rioso e minaccioso, caricava i santi martiri neppure riusciva ad avvicinarsi, ma andava cozzando qua e là con le zampe e con le corna. Anche aizzato con ferri roventi, pur spirando furore e minaccia e, era ricacciato dalla divina provvidenza, cosicché non recava loro alcun danno. Furono allora sguinzagliate altre belve. 6. Ma dopo terribili e molteplici assalti di queste ultime, ,
e Cf. At 9, l .
Libro VIII,
7-9
159
alla fine tutti furono trucidati con la spada; e invece che alla ter ra e alle tombe, furono gettati nelle onde del mare. 8. I MARTIRI D'EGITTO
Quella narrata è la lotta degli Egiziani di Tiro, che sosten nero il combattimento per la religione. Devono tuttavia essere oggetto di ammirazione anche quelli che resero testimonianza nella loro terra 2 1 . Qui un numero immenso d'uomini, donne e bambini, per l'insegnamento del nostro Signore Salvatore di sprezzarono questa vita provvisoria e sopportarono diverse for me di morte. Alcuni di loro, dopo le unghie di ferro, gli stira menti, gli aspri flagelli e infinite altre molteplici forme di tor menti, terribili a udirsi, furono infine dati alle fiamme. Altri fu rono affogati in mare; altri morirono tra le torture; altri periro no per fame e altri ancora furono crocifissi. Tra questi ultimi, alcuni nel modo solito usato per i malfattori, altri invece in mo do peggiore: inchiodati a testa in giù, furono tenuti in vita fino a quando non morirono di fame sugli stessi pali. 9. I
MARTIRI DELLA TEBAIDE
l . Superano però ogni descrizione gli oltraggi e le soffe renze patite dai martiri dell a Tebaide, straziati a morte per tut to il corpo con cocci al posto delle unghie di ferro. Alcune don ne poi, legate per un piede e sollevate in alto con mangani, stan do a testa in giù e coi corpi interamente nudi, nemmeno mini mamente coperti, offrivano a quanti le vedevano una vista la più ignominiosa, crudele e disumana possibile. 2. Altri morivano,
2 1 Tiro infatti si trova in Fenicia.
1 60
Storia ecclesiastica
dopo essere stati legati ad alberi: con congegni venivano uniti tra loro i rami più robusti e a ciascuno di questi si fissavano le gambe dei martiri; poi si lasciavano tornare i rami alla loro po sizione naturale, squartando così con un sol colpo quelli contro cui avevano escogitato un tale supplizio. 3 . Questa persecuzio ne non d urò pochi giorni né p e r un breve lasso di tempo, ben sì per anni interi. A volte si mettevano a morte oltre dieci per sone, altre più di venti e altre ancora non meno di trenta o an che di sessanta. Una volta, in un sol giorno, furono uccisi persi no cento, tra uomini, bambini e donne, condannati a svariate e diverse pene. 4 . Noi stessi, quando fummo in quei luoghi, ne ve demmo un gran numero, dei quali alcuni in un sol giorno subi rono la decapitazione, altri il rogo. Addirittura il ferro della scu re si ottundeva e, smussatosi, si rompeva; e i ca rn efi c i per la stanchezza, si davano il cambio tra loro. 5 . Vedemmo allora lo stupendo ardore, la forza divina e il coraggio dei credenti nel Cristo di Dio. Appena pronunciata la sentenza contro i primi, altri si facevano avanti, da tutti i lati, innanzi alla tribuna del giudice e confessavano di essere Cristiani, incuranti delle atro cità e delle diverse forme di tormenti, a cui andavano incontro. Impassibili, in piena libertà parlavano della devozione al Dio dell'universo e accoglievano l'atto finale della sentenza di mo r te con gioia, sorrisi ed esultanza: cantavano inni ed elevavano ringraziamento al Dio di ogni cosa fino all'ultimo respiro. 6. Questi furono ammirevoli, ma molto di più lo furono quelli che, pur distinguendosi per ricchezza, nobiltà, fama, elo quenza e conoscenza filosofica, tuttavia posposero ogni cosa al la vera religione e alla fede nel Salvatore e Signore nostro Gesù Cristo. 7. Tale era Filoromo 22 , che ricopriva una carica non se,
2 2 Eusebio non sta seguendo un ordine cronologico nd riportare i vari martiri di questa persecuzione. Filorom o, di cui ignoriamo l'alta carica rico perta, fu decapitato quando era prefetto d'Egitto Culciano, cioè nell'arco di tempo che va dal 3 03 al 3 06.
Libro VIII,
9- 1 0
16 1
con daria nell'amministrazione imperiale d'Alessandria. Egli, per la considerazione e per il credito che godeva presso i Ro mani, ogni giorno amministrava la giu stiz i a , scortato da solda ti. Tale era anche Filea, vescovo della chiesa di Thmuis 23 , uo mo che aveva ricoperto in patria cariche cittadine e incomben ze pubbliche, e che spiccava per le conoscenze filosofiche. 8. Costoro, sebbene numerosi parenti e amici li supplicassero, co me anche alti funzionari, e persino il giudice li esortasse ad aver pietà di se stessi, dei figli e delle mogli, non si lasciarono in durre da nessuna di tali motivazioni a scegliere l'amore per la vita e il disprezzo per i p re c etti del nostro S alvat ore circa il d conoscerlo e il rinnegarlo f. Con coraggio degno di un filosofo e, ancor più, con animo pio e devoto, resistettero a tutte le mi nacce e ingiurie del giudice, e subirono ambedue la de capita zione. 10. RELAZIONE SCRITIA DAL MARTIRE FILEA SUI FATII D'ALESSANDRIA l.
Abbiamo detto che Filea fu oggetto di grande considera
zione nelle discipline profane. Si presenti all ora egli in persona,
quale testimone di se stesso, per rendere noto chi egli fu; e con temporaneamente narreremo con parole più precise delle nostre gli atti di quelli che furono sottoposti al martirio in Alessandria. Dalla lettera di Filea agli abitanti di Thmuis: «Tutti questi esempi, questi modelli e queste belle prove son o stati posti per noi nelle divine e sacre Scritture. Per quef Cf. Mt 10, 32s. 2 3 Questa città era situata nel Basso Egitto.
1 62
Storia ecclesiastica
sto motivo, senza esitazione, i beati martiri che stavano con noi, rivolsero con purezza l'o�chio dell'anima al Dio · dell'universo e presero intendimento di morire per la religione, mantenendosi saldi nella chiamata: essi avevano inteso che il Signore nostro Gesù Cristo si era incarnato per noi, per debellare ogni pecca to, al fine di offrirei il viatico utile ad entrare nella vita eterna: Non ritenne usurpazione essere eguale a Dio) ma spogliò se stes so prendendo /orma di servo; e dopo aver pigliato /orma J>uomo si abbassò /ino alla morte) alla morte di croce g . 3 . Perciò, bra mando i doni più grandi h , i martiri, portatori di Cristo, sop portarono ogni sofferenza, ogni tortura escogitata contro di lo ro; e non una sola volta, ma alcuni anche due volte. Sebbene le guardie, a gara, facessero ogni tipo di intimidazione, non solo a parole, ma anche coi fatti, essi . non mutarono proponimento, perché il perfetto amore scaccia la paura i. 4 . Quali sono le pa role capaci di narrare il loro ardire e il loro coraggio in ciascun tormento? A quanti lo volessero era data facoltà di infierire sui martiri: alcuni li picchiavano con bastoni, altri con verghe, altri con fruste, altri aricora con cinghie di cuoio e con corde. 5 . Pur variando, lo spettacolo delle torture p resentava sempre la me desima cattiveria. Alcuni erano fissati a ceppi con le mani lega te dietro la schiena, e con mangani erano stirati in tutte le mem bra. Mentre stavano in siffatta posizione, i tortm:atori li colpi vano, secondo gli ordini, per tutto il corpo, non soltanto, come si faceva con gli assassini, sui fianchi, ma li percuotevano coi lo ro strumenti al ventre, alle gambe e sulle guance. Altri, appesi per una sola mano a un portico, erano sollevati in aria, sicché la tensione delle giunture e delle membra era più terribile di ogni altra sofferenza. Altri ancora, col viso rivolto a una colonna, erano legati in modo che non potessero poggiare i piedi; e in tal modo i nodi si tendevano al massimo, per il peso del corpo. 6. g Fil 2, 6-8.
h Cf. l Cor 12, 3 1 .
i
Cf. l Gv 4, 18.
Libro VIII,
10
163
E
sopportavano tali supplizi non soltanto durante il tempo in cui il governatore li interrogava, ma quasi per l'intera giornata. Quando infatti il governatore 24 passava ad altri, lasciava a cu stodia dei primi i suoi addetti, nel caso che qualcuno sembras se cedere, vinto dalle torture. Senza alcuna pietà ordinava di aggiungere altre catene e solo quando ormai erano in agonia, permetteva che fossero posti a terra e portati via. 7. Nei nostri confronti non si usava nemmeno il più piccolo riguardo, ma ci consideravano e si comportavano come se noi fossimo un nien te; e questa, dopo le percosse� era la seconda tortura escogitata contro di noi. 8. Dopo i supplizi alcuni venivano messi in ceppi, con am bedue i piedi stirati fino al quarto foro, sicché per necessità sta vano supini sui ceppi medesimi, non essendo in grado di reg gersi in piedi per le ferite prodotte dai colpi ricevuti su tutto il corpo. Altri, gettati sul pavimento, vi rimanevano immobili, a causa dell'ininterrotta applicazione delle torture; e in tale posi zione offrivano a chi li guardava una vista più terribile delle se vizie, in quanto recavano sui loro corpi i segni delle diverse tor ture. 9. In tali frangenti, alcuni morivano per i maltrattamenti, disonorando l'avversario con la loro fermezza; altri, rinchiusi già quasi morti in prigione, vi morivano dopo non molti giorni, sfiniti dalle sofferenze; i restanti, rimessisi grazie alle cure, con il tempo e per il carcere sopportato, divenivano più intrepidi. 10·. Così quando veniva loro ordinato di scegliere o di non es . sere più molestati, dopo aver compiuto l'empio sacrificio, otte nendo in tal modo una libertà maledetta, opp u re, se non sacri24 Questo alto funzionario imperiale, stando a quanto lo stesso Eusebio dice in I Martiri di Palestina, 5, 3, dovrebbe essere Sossiano Ierocle. Costui ri coprì la carica di legato nella Syria Phoenicies tra il 293 e il 303 . Fu prefetto d'Egitto nel 307 . Anche in Egitto, come precedentemente in Bitinia, nel 303 , organizzò la persecuzione contro i Cristiani. Contro d i lui, uomo di cultura e autore di almeno un libello anticristiano, Eusebio scrisse tra il 3 1 1 e il 3 13 il Contro lerocle. Cf. anche Lattanzio, La morte dei persecutori, 16, 4.
Storia ecclesiastica
1 64
ficavano, di subire la condanna a morte, essi senza alcuna esi tazioni andavano gioiosi verso la morte. Conoscevano quando è stato predetto dalle sacre Scritture: cht' sacrz/t'ca ad altrt' dà sarà sterminato i e non avrat' altro Dt'o al dt' /uort' dt' me k». 1 1 . Queste furono le parole del martire - veramente «filo sofo» e nello stesso tempo «filotea» 25 - che egli inviò ai fratel li della sua diocesi, prima della sentenza definitiva, quando an cora stava in carcere. Li informava della condizione in cui si trovava e contemporaneamente li esortava a perseverare nella devozione in Cristo, anche dopo la sua imminente morte. 12 . Ma perché p rolun g a re il rac conto e p arla re di sempre nuove lotte sostenute dai divini martiri in tutto il mondo? Tanto più che essi venivano combattuti non secondo il diritto comune, ma erano assediati come avviene in guerra. 1 1 . l MARTIRI DI FRIGIA
l . In quello stesso periodo - ad esempio - dei soldati, do po aver circondato una cittadina di cristiani in Frigia 26, appic catovi il fuoco, arsero vivi tutti gli abitanti, compresi i bambini e le donne, martiri del Dio dell'universo. Gli abitanti di quella città infatti, tutti indistintamente, anche lo stesso Curatore e i magistrati, insieme ai Curiali 27 , oltre che l'intera popolazione,
i
Es 22 , 20.
k Es 20, 3 .
25 Usando l e opportunità offerte nella lingua greca dalle parole com poste, Eusebio elogia il martire come vero filosofo, cioè amante della sapien za, e come vero /ilotheo, cioè amante di Dio. 26 L' episodio anche in Lattanzio, Istituzioni divine, 5, lOs. Anche lo scrittore latino non riporta il nome della città. 27 Carica amministrativa, con compiti ispettivi, anche sul fisco, e giudi ziari, in qualità di ausiliario del governatore. Cf. Codex lustinianeus, I, 54, 3 (23 9).
Libro VIIL
1 65
1 0- 1 2
si erano confessati Cristiani e non avevano in alcun modo ob bedito a quanti ingiungevano loro di adorare gli idoli. 2 . E voglio parlare anche di un altro, insignito di carica ro mana, di nome Adaucto, di nobile famiglia, originaria dall'Ita lia, il quale aveva percorso in modo irreprensibile ogni carica onorifica possibile sotto gli imperatori, ricoprendo anche le ca riche amministrative di magister e di Direttore Generale del te soro imperiale 28 . Oltre che in queste incombenze si era distin to per la saldezza nella religione e per la confessione di Cristo di Dio. Proprio mentre ricopriva la carica di Direttore Genera le, sostenendo la lotta per la religione, fu adornato dalla coro na di martire. 12.
l
NUMEROSISSIMI ALTRI, UOMINI
CHE
E
DONNE,
SOSTENNERO LOTTE DIVERSE
l. Perché debbo ora ricordare per nome tutti gli altri o nu merare la moltitudine di uomini o descrivere i diversi tormenti dei mirabili martiri? Alcuni furono soppressi con le scuri, come accadde a quelli d'Arabia; altri ebbero le gambe spezzate, come avvenne a quelli di Cappadocia; e anche furono appesi dai pie di a testa in giù e, acceso di sotto un fuoco lento, furono soffo cati dal fumo che si sprigionava dal materiale bruciato, come capitò a quelli della Mesopotamia; altri ancora subirono la mu tilazione del naso, delle orecchie e delle mani, ed ebbero le al tre parti del corpo dilaniate, come accadde ad Alessandria. 2 . 2 8 Funzionario dell'amministrazione imperiale, Adaucto aveva prima ricoperto la carica minore di dirigente del tesoro imperiale (magister rei pri vatae), poi quella di direttore generale del tesoro imperiale CRationalis rei pri vatae). La res privata imperiale era formata dal patrimonium, cioè dalle ren dite delle proprietà imperiale e dalle rendite derivanti dai monopoli. Accan to a questa alto funzionario ne esisteva un altro, che si occupava del /iscus, cioè del tesoro pubblico.
1 66
. Storia ecclesiastica
Perché bisogna riaccendere il ricordo dei martiri di Antiochia, bruciati su graticole, non per farli morire, ma per rende�e più lungo il supplizio? Oppure il ricordo di altri, che hanno prefe rito piuttosto mettere la destra sul fuoco piuttosto che acco starsi al maledetto sacrificio? Alcuni di costoro, sfuggiti alla prova, prima di essere catturati e di cadere nelle mani dei per fidi, preferirono gettarsi da sé dall'alto delle case, ritenendo che la morte fosse un modo per sottrarsi alla malvagità degli empi. 3 . Una signora, donna nel corpo, ma santa e ammirevole per le virtù dell'anima, illustre tra tutti gli antiocheni per ric chezza, famiglia e rinomanza, aveva allevato nei precetti della religione le sue due figlie vergini, le quali eccellevano per bel lezza e si trovavano nel fiore degli anni 29, Poiché la grande in vidia scatenatasi contro di loro si adoperava in ogni modo per rintracciarne il nascondiglio, quando venne a sapere che vive vano in un altro paese, ebbe cura di richiamarle ad Antiochia, e così esse caddero nelle reti dei soldati. La donna però, quan do vide se stessa e le figlie senza scampo, le ragguagliò su quan to di terribile avrebbero subito dagli uomini, e la cosa più in tollerabile di tutte, la minaccia di essere prostituite. Le esortò a non voler udire tale cosa neppure con la punta delle orecchie, dicendo che il consegnare le anime alla schiavitù dei demoni era peggio di qualunque morte o di qualsiasi perdita. Unica li berazione da tutto ciò sarebbe stato il rifugiarsi nel Signore. 4 . Le giovani furono del medesimo avviso. All o rché giunsero a metà strada, dopo avere avvolto con modestia i vestiti intorno al corpo, chiesero alle guardie il permesso di fermarsi un istan te per appartarsi, e si gettarono nel fiume che scorreva lì ac canto. 5. Esse quindi si diedero la morte. Inoltre altre due vergi ni 30, sempre ad Antiochia, in tutto divine e veramente sorelle, 29
I nomi di queste martiri sono · Domnina, Bernice e Prosdocia.
30 Di queste due martiri si ignora il nome.
Libro VIII,
12
1 67
insigni per famiglia, illustri per ricchezze, giovani d'età, belle di corpo, nobili d'anima, pie nel comportamento, ammirevoli nel lo zelo, come se la terra non sopportasse di portare tali meravi glie , furono gettate in mare per ordine dei servi dei demoni. Questi gli eventi lì a�caduti. 6. Nel Ponto· altri sopportarono cose terribili a udirsi. Eb · bero le dita della mani trapassate da spilloni acuminati; ad al cuni fu versato sulla schiena piombo fuso, bollente e infuocato, ed ebbero arrostite le parti più importanti del corpo. 7 . Altri soffrirono. nei genitali e nelle viscere sofferenze turpi e spietate, inenarrabili, che, dimostrando la loro crudeltà, giudici zelanti e !egalitari escogitarono a gara, come se fosse una prova di sag gezza. E tentavano di superarsi, l'un l'altro, inventando sempre nuovi supplizi, come se ci fossero in palio dei premi. 8 . La fine delle sciagure venne quando essi, gli Imperato ri, stanchi di uccidere, saturi e sazi di spargimenti di sangue, per l'eccesso dei mali addivennero a quel che ritenevano buo no e umano, tanto che sembrò che non volessero compiere più niente contro di noi 3 1 . 9. Dicevano che non si dovevano con tamin·are le città col sangue dei cittadini, né diffamare l'alto po tere dei sovrani con l'accusa di crudeltà, mentre esso era mite e benevolo verso tutti; era piuttosto necessario estendere a tutti il beneficio della clemente autorità degli imperatori e non punire più nessuno con la morte. E infatti questa pena, per l'umanità degli imperatori, venne abolita contro di noi. 1 0 . Allo ra l'ordine fu di strappare occhi e amputare gam be: queste er ano . per loro le pene più lievi e umane contro di noi. Perciò, grazie a questa forma di umanità degli empi, non è possibile enumerare la moltitudine di quanti ebbero l'occhio desti:o prima cavato con la spada e poi cauterizzato col fuoco; di quelli a cui fu paralizzato il piede sinistro con la cauterizza3!
Eusebio allude forse al periodo che va dal 307 al 309, quando sem
brò calmarsi la forza dell'attività persecutoria contro i Cristiani.
1 68
Storia ecclesiastica
zione delle giunture, e del gran numero dei condannati alle mi niere di rame della provincia 32 , non tanto per farli lavorare, ma piuttosto per maltrattarli e tormentarli. Oltre a costoro, altri caddero in diverse lotte, che non è possibile enumerare, perché i loro atti di coraggio vincono ogni parola. 1 1 . Poiché in queste lotte i magnifici martiri di Cristo brillarono per tutto il mondo, come era naturale, ovunque furono motivo di stupore per quanti assistettero alle loro prove di coraggio: attraverso se stessi offrirono chiare prove della potenza veramente divina e indicibile del nostro Salvatore. Ad ogni modo, sarebbe troppo lungo o addirittura impossibile ricordare per nome ciascuno di loro. 13 . l CAPI DELLE CHIESE CHE CON IL LORO SANGUE MOSTRARONO LA GENUINITÀ DELLA RELIGIONE DA LORO PROFESSATA l . Tra i capi delle chiese che subirono il martirio nelle città più importanti, il primo che nei monumenti dei santi noi dob biamo proclamare martire del Regno di Cristo è il vescovo del la città di Ni com e di a Antimo 3 3 , il quale subì la d e capit azion e 2 . Tra i martiri di Antiochia il più nobile per l'intera sua vita fu un presbitero di quella diocesi, Luciano 34, lo stesso che a Ni comedia annunciò, alla presenza dello stesso imperatore, il re,
.
3 2 In I Martiri di Palestina, 7, 2 Eusebio è più preciso. Ci dice che cin que anni dopo l'inizio della persecuzione, nel 3 08, molti Cristiani furono con dannati alle miniere di rame a Feno, in Palestina, in una landa desolata a sud del Mar Morto. 33 Anche in questo passo Eusebio non rispetta l'ordine cronologico de gli eventi. Antimo, ad esempio, subì il martirio all'inizio della persecuzione, nel 303, mentre Luciano lo sostenne nel 3 12 , sotto Massimino Daia. 34 Luciano di Antiochia fu un insigne studioso di Sacra Scrittura e tra i più illustri sostenitori dell'interpretazione letterale dei testi sacri. Spesso vie-
Libro VIII,
12-13
1 69
gno di Cristo, prima con parole in un'apologia e poi anche coi fatti. 3 . Tra i martiri della Fenicia i più celebri e in tutto cari a Dio furono i pastori degli armenti spirituali di Cristo, Tiramio ne, vescovo della chiesa di Tiro, Zenobio, presbitero di quella di Sidone, e Silvano, vescovo delle chiese intorno a Emesa. 4 . Quest'ultimo, insieme ad altri, fu dato in pasto alle fiere nella stessa Emesa e fu assunto nei cori dei martiri. Gli altri due, in Antiochia, glorificarono la parola di Dio con la perseveranza fi no alla morte: il vescovo fu gettato in mare, l'altro, Zenobio, ot timo medico, morì coraggiosamente per le torture inflittegli ai fianchi. 5. Tra i martiri di Palestina, Silvano, vescovo delle chiese intorno a Gaza, insieme ad altri trentanove, fu decapitato nelle miniere di rame, a Feno. Nello stesso luogo i vescovi egiziani Peleo e Nilo, insieme ad altri, morirono sul rogo. 6. Tra costo ro dobbiamo ricordare la grande gloria della diocesi di Cesarea, il presbitero Panfilo, il più ammirevole tra i contemporanei e di cui a tempo debito descriveremo il valore delle sue illu stri ope re 35 7. Tra quanti morirono gloriosamente ad Alessandria, nel l'intero Egitto e nella Tebaide, bisogna registrare per primo Pietro, vescovo della stessa Alessandria, divino esempio di maestro di devozione in Cristo; e tra i presbiteri che erano con lui Fausto, Dio e Ammonio, martiri perfetti di Cristo; e inoltre Filea, Esichio, Pachimio e Teodoro, vescovi delle chiese d'Egit to. Insieme con loro ce ne furono moltissimi altri, illu stri, i qua li sono commemorati dalle diocesi, secondo le regioni e le loca lità. ne citato come un anticipatore o addirittura ispiratore di Ario, di cui proba bilmente fu per qualche tempo maestro. Cf. A. Grillm eier, Gesù il Cristo nel la fede della Chiesa, Brescia 1 982, pp. 447 -449; 459-461 . M. Simonetti, La cri si ariana del N secolo, cit., pp. l9-20; 27-3 1 . 3 5 S u Panfilo e sull'influsso che ebbe nella formazione di Eusebio cf. Introduzione, p. 6. L'opera in cui Eusebio diffusamente tratterà dd martirio subito da Panfilo, nd 3 10, è I Martiri di Palestina, 1 1 .
170
Storia ecclesiastica
Mfidare a uno scritto i combattimenti di quanti sulla ter ra intera si sono battuti per la devozione alla divinità e raccon tare con precisione i fatti loro accaduti non è compito nostro, ma lo sarebbe piuttosto di quelli che coi propri occhi hanno vi sto tali fatti. Quelli a cui io stesso ho ·assistito di presenza sa ranno esposte ai posteri in un'altra opera 36. 8. Nel presente li bro a quanto detto aggiungerò brev�mente, poiché sono di grandissima utilità per i lettori, oltre ai fatti accaduti dall'inizjo della persecuzione, il racconto del fallimento delle azioni intra prese contro di noi. 9. Prima della guerra che l'impero romano mosse contro di noi e durante tutto il tempo in cui le autorità furono in ami cizia e in pace con noi, quali parole potrebbero narrare l'ab bondanza di beni e la prosperità di cui l'impero fu ritenuto de gno? Quando quelli che reggevano il p otere universale, com piendo i decennali e i ventennali 37 , trascorrevano il tempo in piena e stabile pace, in feste, celebrazioni, piacevolissimi ban chetti e letizia. 10. Così proprio mentre il loro potere cresceva senza ostacoli e progrediva ogni giorno di più, all'improvviso la loro pacifica disposizione d'animo mutò, e contro di noi scate narono una guerra senza quartiere. Ma prima ancora che si compisse il secondo anno da quel cambiamento, per tutto l'im pero scoppiò una sorta di rivoluzione, che sconvolse ogni co-
3 6 Il riferimento è a I Martiri di Palestina. 37 Al compiersi dd decimo e dd vent<:simo
anno dall'ascesa al potere, erano indette feste celebrative. Diocleziano cdebrò il suo ventennale a Roma il 20 novembre dd 303 ; Massimiano nell'aprile dd 305 . TI brano esprime con assoluta chiarezza la visione provvidenzialista che Eusebio ha della storia: l'impero (entità voluta da Dio) sarà nella p ro sperit à se i suoi reggitori saran no devoti del Dio dell'universo. Esempio paradigmatico di buon imperatore è Costantino (cf. in/ra VIII, n. 42) . Invece, quando i governanti perseguite ranno i giusti, cioè i Cristiani, Dio farà sentire la sua disapprovazione (come aveva fatto con gli ebrei, quando erano il popolo detto) inviando sciagure e ogni male.
Libro VIII, 13
17 1
sa 3 8 , 1 1 . n primo di quelli sopra menzionati, colpito da infau sta malattia, che gli aveva alterato la mente, si ritirò a vita pri vata, insieme all'altro che era stato onorato del secondo posto dopo di lui 3 9 . Non appena avvenne questo fatto, l'impero si di vise in due, cosa mai accaduta, per quanto si ricorda, prima d'allora 40. 12. Non molto tempo dopo, l'imperatore Costanzo, che per tutta la vita si era comportato in modo molto mite e be nigno verso i sudditi e che era stato benevolo nei riguardi della dottrina divina, venne a morte 4 1 , secondo la comune legge di natura, lasciando al suo posto, in qualità di imperatore e Au gusto, il figlio Costantino 42. Costanzo fu il primo [dei Tetrar3 8 Nei primi sette libri della Storia ecclesiastica Eusebio ha espresso la teoria che le varie persecuzioni erano dovute a singole, individuali posizioni di questo o quell'imperatore, mentre l'impero , in quanto istituzione, era da cònsiderare esente da colpe. Nell'ottavo libro predomina piuttosto una con cezione di tipo provvidenzialistico (cf. supra, n. 37). Tuttavia, an che nell'otta vo libro, Eusebio mantiene la sua alta considerazione sull'istituzione imperia le. Addirittura Dio affida all'impero il compito di punire con la persecuzione il cattivo comportamento e il lassismo dei Cristiani (cf. VIII, 1 ) . 3 9 I l riferimento è ai due Augusti, Diocleziano e Massimiano. Diocle ziano, in quanto senior Augustus, impose al collega Massimiano di abdicare, insieme e nello stesso giorno, come di fatto awenne il l maggio del 3 05 . Se condo gli accordi, al loro posto assunsero il titolo di Augustus i loro due Ce sari, Costanzo Cloro, che ebbe l'Occidente, ma in pratica solo la Britannia e la Gallia, e Galerio, che esercitò il suo potere in Oriente, ma di fatto sulla pe nisola balcanica e in Asia Minore. 40 Eusebio vede nell'abdicazione imposta da Diocleziano (e gliene fa una colpa) l'atto che provocò la frattura dell'impero e la conseguente anarchia. La Provvidenza affiderà a Costantino il compito di sanare questo guasto. 4 1 Costanzo Cloro, che era nato circa nel 250, giunse a morte il 25 lu glio del 3 06 a Eburacum, oggi York, in Britannia. Durante la persecuzione dioclezianea di fatto non applicò gli editti contro i Cristiani, limitandosi alla distruzione di chiese (c;f. Lattanzio, op. cit., 15, 7). Eusebio ne tesse le lodi an che nella Vita di Costantino, l , 13ss.; e pure in quell'opera, come qui, non menziona la distruzione dei luoghi di culto. Sembra opportuno ricordare che Costanzo Cloro (come peraltro lo stesso Costantino) aderiva al culto del So le, per molti aspetti simile a quello Cristiano, anche nel sostanziale monotei smo. Per questo forse Eusebio ritiene che avesse abbandonato il politeismo. 42 Costantino (280ca.-3 3 7 ) , l'imperatore carissimo a Eusebio, era il figlio
1 72
Storia ecclesiastica
chi] a essere annoverato tra gli dei 43 , e dopo morto ritenuto de gno degli onori propri di un imperatore, poiché era stato il più demente e benigno degli imperatori. 13 . Egli, unico tra i nostri contemporanei, trascorse tutto il tempo in cui detenne il pote re in modo degno del principato, mostrandosi affabilissim o verso tutti e comportandosi da gran benefattore. In nessun mo do partecipò alla guerra contro di noi; anzi, preservando da ogni danno e vessazione i santi che erano suoi sudditi, non ab battendo gli edifici adibiti a chiese e non intraprendendo al cunché contro di noi, ebbe una fine felice e tre volte beata: fu l'unico a morire durante il proprio regno, in modo sereno e glo rioso, accanto al figlio successore, il più saggio e il più pio in tutto. 1 4 . Suo figlio Costantino, subito acclamato sommo im-
maggiore, illegittimo, che Costanzo Ooro aveva avuto da Elena, presto allon tanata. Giunto a Eburacum dall'Oriente, dove era stato trattenuto da Galerio, appena dopo la morte del padre fu acclamato Augusto dalle truppe paterne. Con questo atto si creò di fatto una crisi istituzionale, in quanto, per il princi pio dell'adozione, avrebbe dovuto succedere a Costanzo Cloro il Cesare Flavio Severo. Infatti costui, risentito, marciò contro Costantino, ma fu sconfitto e uc ciso (307). Una volta restaurato da Costantino il principio ereditario nella suc cessione, anche gli altri agirono nello stesso modo. n 28 settembre del 306 Massenzio, figlio di Massimiano, che di malavoglia aveva abdicato l'anno pri ma , fu acclamato Augusto dai pretoriani e dalla plebe a Roma. La situazione venne complicata dallo stesso Massimiano che, tornando indietro sull'abdica zione, riassunse il titolo di Augusto e nominò suo Cesare il figlio Massenzio (già per altro autonominatosi Augusto); per tenersi buono Costantino ne riconob be il titolo di Augusto e gli diede la figlia Fausta in moglie. A questo punto Ga lerio, Augusto d'Oriente, richiese l'intervento di Diocfeziano. Nel convegno di Camuntum, nel 308, il vecchio imperatore impose una sua soluzione: Massi miane doveva, an co ra una volta, abdicare, Galerio manteneva il titolo di Au gusto per l'Oriente, per l'Occidente veniva nominato un nuovo Augusto, Lici nio, che proveniva dai ranghi dell'esercito. Costantino e Massimino Daia sa rebbero stati i nuovi Cesari. Massenzio, escluso dal potere, e Cos t antino non accettarono le risoluzione di Carnuntum. Tuttavia nel 309 Costantino avrà da Galerio il riconoscimento, giuridicamente strano, di Filius Augustorum. 43 Non era fatto eccezionale che l'imperatore morto fosse · annoverato tra gli dei: la volontà celebrativa fa prendere a volte qualche abbaglio allo sto rico di Cesarea. .
Libro VIII, 13-14
173
peratore e Augusto dall'esercito (e molto prima di loro da Dio stesso, Sovrano universale 44) , si dimostrò imitatore del rispetto p aterno verso la nostra dottrina. Tale fu Costanzo. Successivamente fu proclamato impera tore e Augusto, col voto comune degli imperatori, Licinio 45 . 15 . Questi fatti addolorarono terribilmente Massimino, onorato sino ad allora da tutti solo come Cesare 46. Costui, da grandissimo tiranno quale era, da se stesso si appropriò della ca rica imperiale, autonominandosi Augusto. In questo stesso tem po perì di morte ignominiosa, sorpreso ad ordire una congiura contro Costantino, colui che dopo le dimissioni aveva assunto nuovamente la carica di imperatore 47 . Costui fu il primo di cui si distrussero - in quanto empio e sacrilego - i ritratti in suo onore, le statue e quanto si è soliti tributare agli imperatori. 14. IL COMPORTAMENTO DEI NEMICI DELLA RELIGIONE l . TI
tirannide
figlio di costui, Massenzio 48, che aveva instaurato la a Roma, da principio per comp i acen z a e adulazione
44 L'annotazione eusebiana testimonia la concezione provvidenzialisti ca della storia, presente in questo VIII libro, e che perdurerà negli altri due. 45 Licinio Valerio Liciniano (250ca.-325) , che, nominato Augusto per l'Occidente negli accordi di Carnuntum, non estendeva il suo potere al di là dell 'Illiricum, cercò e trovò presto un accordo con Costantino. 46 Nipote di Galerio, era già stato nominato suo Cesare nel 3 05 e neon fermato nel convegno di Carnuntum. Per questo motivo era il Cesare più an ziano. Scontento degli accordi presi in quella città, nello stesso 308 si era au toproclamato Augusto, governando sulla Siria e sull'Egitto. Questo suo titolo gli sarà riconosciuto nel 309 da Galerio. Verrà sconfitto da Licinio nel 3 13 . 47 Il riferimento è a Massimiano, che, entrato in urto con il figlio Mas senzio, si era rifugiato presso il genero Costantino. Tramò però anche contro di lui, fino a giungere ad aperta ribellione, occupando militarmente Marsiglia, nel 3 10. Costan.tino lo sconfisse e l'obbligò al suicidio. Come ricorda Euse bio, subì la damnatio memoriae. Cf. Vita di Costantino, 29, 22-26. 48 Massenzio Marco Aurelio (280ca-3 12) , mai depose il titolo di Augu sto nell e parti dell'impero sotto il suo controllo, Italia e Spagna, e poi Africa,
174
Storia ecclesiastica
del popolo romano simulò di aderire alla nostra fede; e fingen do ossequio alla nostra religione ordinò ai sudditi di cessare le persecuzioni contro i cristiani, per apparire in tal modo più be nevolo e mite dei suoi predecessori. 2. Nei fatti non fu però quel che si sperava: mise in atto ogni tipo di scelleratezza e mai si astenne da azioni empie e dissolute, commettendo adulteri e corruzioni di ogni sorti Separava le mogli legittime dai mariti e, dopo averle oltraggiate, le rimandava ai mariti. Commetteva tali turpitudini non su persone oscure e sconosciute, ma ogget to del suo scherno erano i personaggi più importanti del sena to romano 49. 3 . Avevano tutti paura di lui, popolani e magi strati, illustri e oscuri: tutti erano oppressi da terribile tiranni de. E anche se si rimaneva tranquilli a sopportare l'amara schia vitù, tuttavia non c'era scampo innanzi alla delittuosa crudeltà del tiranno. Al minimo pretesto dava in mano ai pretoriani la gente, per condurla a morte: fece morire nel centro della città un'immensa moltitudine di romani, non a opera delle lance e delle armi di Sciti o di barbari, ma per quelle di concittadini. 4 . Non è nemmeno possibile calcolare il numero di senatori che fece uccidere, perché aspirava alle loro ricchezze: il nume ro di quelli messi a morte con le più diverse false accuse è ele vatissimo. 5. Ma il colmo della malvagità il tiranno lo raggiun se con la stregoneria. Per scopi magici sventrava donne incin te, esplorava viscere di neonati, sgozzava leoni, componeva in- · dicibili invocazioni ai dèmoni e scongiuri di guerra. Grazie a dopo che ebbe sconfitto l'usurpatore, il Vz"cario Domizio Alessandro, nel 3 1 0. Come anche ammette Eusebio, che certo gli fu avverso, non perseguitò i Cri· stiani. Cf. Ottato di Milevi, Sullo scisma dei donatisti, l, 18; anche l'eusebia na Vita di Costantino, 23 , 5-9. 4 9 Se Massenzio godeva del favore della plebe romana, come di fre quente è accaduto agli imperatori passati alla storia come " cattivi" , non lo stesso affetto gli mostrava il Senato. Ma Massenzio ripagava i senatori della medesima moneta, inasprendo la fiscalità e inventando sempre nuove anghe rie, anche personali. Cf. Aurelio Vittore, Cesari, 40, 2 1 .
Libro VIII, 1 4
175
questi mezzi nutriva grande speranza di uscire vincitore. 6. Non è possibile riferire quel che fece mentre era tiranno di Ro ma per tenere soggiogati i sudditi. Li ridusse a un bisogno co sì estremo - facendo mancare persino gli alimenti necessari 5 0 - che i nostri contemporanei non ricordano alcunché di simi le né a Roma né altrove. 7 . Il tiranno d'Oriente, Massim m o, fratello suo in malva gità, avendo stretto un'alleanza segreta con quello di Roma 5 1 , ebbe cura di tenerla nascosta per molto tempo. Però fu poi sco perto e pagò la giusta pena. 8 . Era cosa stupefacente come co stui presentasse tratti comuni, quasi di parentela o fratellanza, con quello di Roma; anzi conquistasse il primo posto e la pal ma della vittoria in scelleratezze. I più rinomati ciarlatani e ma ghi furono oggetto dei più alti onori: essendo esageratamente pauroso e superstizioso, dava grande importanza agli errori ri guardanti idoli e dèmoni. Senza prima prendere divinazioni e oracoli, non osava muovere alcunché, neppure se fosse stato grande - per così dire - quanto un'unghia. 9. Con più violenza e più frequenza dei suoi predecessori si adoperò in persecuzio ni contro di noi. Ordinò di erigere templi in ogni città e di ri pristinare con zelo i santuari consunti dal tempo. Pose inoltre in ogni luogo e città sacerdoti degli idoli e, al di sopra di loro, in qualità di sommo sacerdote di ciascuna provincia, uno tra quelli che più brillantemente si fosse distinto nel servizio del culto; a costui era data una scorta di soldati e una guardia del corpo. Impudentemente concesse posti di comando e grandis simi privilegi a tutti i ·ciarlatani, come fossero persone pie e ca re agli dei. 10. Muovendo da tali presupposti, oppresse non una 5 0 In realtà la penuria di grano a Roma fu in gran parte dovuta al bloc co provocato dalla ribellione di Domizio Alessandro in Africa, blocco che du rava dal 308. 5 1 Si trattò di un avvicinamento politico, per altro inefficace sotto l'a spetto militare, tra Massenzio e Massimino Daia, avvenuto nd 3 1 1 .
176
Storia ecclesiastica
città o una provincia, ma tutte le province a lui soggette, senza eccezioni, imponendo riscossioni d'oro, argento e ricchezze im mense, con ingiunzioni pesantissime e ogni altro genere di tas sazione. Dopo aver spogliato i ricchi dei beni ricevuti dagli an tenati, regalava agli adulatori, che gli stavano intorno, ricchez ze improvvisate e mucchi di denaro. 1 1 . Nel bere e nell'ubria carsi giungeva a tale sfrenatezza che durante i simposi delirava e usciva di senno; e mentre era ubriaco dava ordini tali di cui poi egli stesso il giorno dopo, rientrato in sé, si pentiva. Non si fece superare da nessuno in stravizi e dissolutezze, anzi si pose quale maestro di scelleratezza per quelli del suo seguito, co mandanti e comandati. Con la licenza a ogni tipo di piacere e dissolutezza indusse l'esercito a infiacchirsi; inoltre i governa tori e i capi militari, quasi suoi colleghi nella tirannide, erano spinti a commettere rapin� e soverchierie sui sottoposti. 12 . Perché ricordare le morbose oscenità di quest'uomo o enumerare quante donne furono da lui sedotte? Non attraver sava città senza insidiare di continuo donne e far rapire ragaz ze. 1 3 . Tali cose gli riuscivano con tutti, tranne che coi Cristia ni. Essi, disprezzando la morte, non tenevano in alcun conto la sua tirannide. Gli uomini sopportavano il fuoco, il ferro, le be stie feroci, l'affogamento in mare, l'amputazione delle membra, le bruciature, i cavamenti e le perforazioni degli occhi, le muti lazioni in tutto il corpo, e ancora la fame, le miniere, le catene. In tal modo essi dimostravano di preferire le sofferenze per la religione piuttosto che trasferire a idoli la devozione dovuta a Dio .52 . 14 . Anche le donne, spinte dall'insegnamento della parola di Dio, non furono da meno degli uomini. Alcune furono sot toposte alle medesime lotte degli uomini e riportarono identici premi per il loro valore; altre, trascinate alla prostituzione, die52 Per questo paragrafo e per il seguente cf. Elogio di Costantz'no, 7, Per i paragrafi subito successivi cf. Vita di Costantino, 23 , 12-25 .
7.
Libro VIII,
14
177
dero piuttosto l'anima alla morte che il corpo alla corruzione. 1 5 . Tra le donne sedotte dal tiranno sola una cristiana, la più nobile e illustre tra le donne d'Alessandria, con coraggiosissima fermezza vinse il morboso e dissoluto animo di Massimino 53 . S ebbene fosse rinomata per ricchezze, nascita ed educazione, pospose ogni cosa alla castità. Pur supplicandola più volte e sebbene quella fosse disposta a morire, egli non fu in grado di ucciderla, perché la passione ebbe il sopravvento sulla sua ira. La condannò però all'esilio e le sottrasse tutti i beni. 16. Mol tissime altre, non volendo nemmeno sentire dai governatori delle province neppure la minaccia della prostituzione, si sot toposero a ogni genere di supplizi, torture e alla pena di morte. Tutte queste furono, dunque, ammirevoli. Ma somma mente ammirevole fu una donna di Roma, la più nobile e casta, che Massenzio, tiranno della città, tentò di oltraggiare, a imita zione di Massimino. 1 7 . Quando costei (era essa cristiana) ven ne a sapere che in casa sua c'erano persone al soldo del tiranno allo scopo di realizzare malefatte di quel tipo, e che suo marito, prefetto di Roma, lo aveva permesso per paura che la prendes sero e la portassero via, ella, scusatasi, come se dovesse metter si in ordine, entrò in camera sua; e qui, rimasta sola, si trafisse con una spada, morendo all'istante: ai corruttori lasciò solo il suo cadavere. Con il suo gesto - più eloquente di qualunque parola - mostrò agli uomini d'oggi e a quelli che verranno co me per i Cristiani la virtù è l'unico tra tutti i beni ad essere ine spugnabile e indistruttibile 1 8 . Tale era il livello di malvagità raggiunto assieme e con temporaneamente dai due tiranni, che si erano divisi l'Oriente e l'Occidente ! Questi fatti cessarono solo dopo che i Cristiani riacquistarono la libertà di culto.
53 Rufì.no ne riporta il nome, Dorotea. Anche della donna subito dopo, nd par. 1 7 , riporta il nome, Sofronia.
che appare
178
Storia ecclesiastica 15 . QUEL CHE ACCADDE AI GENTILI
l . Lungo tutti i dieci anni di persecuzione 54 non smisero mai congiure e guerre civili. I mari erano impercorribili; e da qualunque luogo si provenisse, appena sbarcati non era possi bile sottrarsi a ogni sorta di supplizi. Si veniva torturati, stra ziati ai fianchi, interrogati cori ogni genere di tormenti, per sa pere se si fosse giunti lì provenendo dalla parte dei nemici. In fine si era condannati alla crocifissione o iù rogo. 2. Dappertut to si fabbricavano scudi, corazze, frecce, lance; si approntava no strumenti bellici, triremi, armi per il combattimento navale: ovunque, per l'intera giornata, non si aspettava altro se non l'at tacco dei nemici. A questi mali si aggiunsero la carestia e la pe ste, di cui faremo narrazione al momento opportuno.
1 6 . IL MIGLIORAMENTO DELLA SITUAZIONE l. Questi fatti durarono per tutto il tempo della persecu zione, la quale, per grazia di Dio, cessò interamente nel decimo anno, sebbene però avesse iniziato a placarsi dopo l'ottavo 55 . Quando la divina e celeste grazia manifestò la sua benevolenza nei nostri riguardi, allora anche i nostri governanti, quelli stes si che ci avevano mosso guerra, inaspettatamente mutarono pensiero. Essi tornarono sui loro passi e spensero l'incendio della persecuzione, che vasto era divampato, con circolari a noi favorevoli e con editti assai benevoli. 2 . Questo cangiamento non fu però originato da una qualche umana motivazione né da 54 Eusebio sta calcolando a partire dal 303 , primo editto di Dioclezia no, fino al 3 1 3 , data dd cosiddetto Editto di Milano. I di"sordini poi a cui sta facendo riferimento sono le continue guerre che i diversi Cesari e Augusti si muovevano l'un l'altro e che insaguinarono gravemente l'impero. 55 Eusebio si riferisce all 'editto di tolleranza, emanato a Serdica da Ga. lerio nd 3 1 1 , quindi nell'ottavo anno, contando a partire dal 3 03 .
Libro VIII,
15- 1 6
179
compassione, come forse qualcun o potrebbe dire, o da umanità dei governanti. Niente affatto ! Dal principio [del loro gover no] , ogni giorno e fino a quel momento essi erano andati esco gitando contro di noi le ·pene più dure e avevano inventato di volta in volta i supplizi più diversi contro di noi. Ciò invece av venne per la manifesta attenzione della divina provvidenza, che si riconciliò col suo popolo e colpì l'autore dei mali 56. [Essa era adirata contro chi per primo scatenò la cattiveria dell'intera persecuzione. 3 . Anche se questi eventi dovevano accadere per giudizio divino, tuttavia, dice la Scrittura, guai a colui a causa del quale giunge lo scandalo] 57 . TI castigo divino colpì Galerio, castigo che prese inizio dalla sua stessa carne e proseguì fin nel l'anima. 4. All'improvviso gli spuntò un ascesso nelle parti in nominabili del corpo e poi, in profondità, un'ulcera fistolosa. La piaga insanabile da loro provocata giunse fin nel profondo delle viscere. Qui pullulava una gran massa di vermi e proveni va un odore di morte, per il fatto che tutto il volume delle sue carni, per l'eccesso di cibo, ancor prima che intervenisse la ma lattia, si era trasformato in un'enorme quantità di grasso, il qua le, una volta imputridito, offriva a chi si avvicinasse una vista insopportabile e orrenda. 5. Dei medici, alcuni, che non furo no in grado di sopportare l'enorme fetore, furono trucidati; al tri, che non poterono pre.s tare soccorso a tutta quella piaga ri gonfia, priva di ogni speranza di salvezza, furono uccisi senza p ietà. ·
56 Qui e di seguito il riferimento è a Galerio, che morì a Serdica il 5 maggio 3 1 1 . Cf. Lattanzio, op. cit. , 33 . .57 TI passo posto tra parentesi quadri è presente solo nei codici ATER La citazione biblica, riportata molto a senso, è d a Le 17, l .
180
Storia ecclesiastica 17.
LA RITRATTAZIONE DEI SOVRANI
l . La sofferenza per siffatti mali gli fece comprendere quelle che aveva osato infliggere agli adoratori di Dio. Ritorna to dunque in sé per prima cosa rese grazie al Dio dell'universo, poi chiamò quelli che gli stavano attorno e ordinò di porre ter mine alla persecuzione contro i Cristiani con una legge e un de creto imperiale; che inoltre si affrettassero a fare edificare le lo ro chiese e a fare compiere i riti consueti, pregando per l'impe ratore 58. 2. Subito alle parole seguirono i fatti. Per tutte le città fu diramato un editto imperiale, che conteneva l'abrogazione dei precedenti. Così esso recitava 59: 3 . «L'imperatore Cesare Galerio Valeria Massimiano, invitto Augusto, Pontefice Massi mo, Germanico Massimo, Egiziaco Massimo, Tebaico Massi mo, cinque volte Sarmatico Massimo, due volte Persicp Massi mo, sei volte Carpico Massimo, Armeniaco Massimo, Medico 60 Massimo, Adiabenico Massimo, nella ventesima potestà tribu nizia, diciannove volte imperator, otto volte console, Padre del la Patria, Proconsole; 4 . e l'imperatore Cesare Flavio Valeria Costantino, Pio, Felice, invitto Augusto, Pontefice Massimo, investito di potestà tribunizia, cinque volte imperator, Console, Padre della Patria, Proconsole; [5 . e l'imperatore Cesare Vale rio Liciniano Licinio, Pio, Felice, invitto Augusto, Pontefice Massimo, nella quarta tribunizia potestà, tre volte imperator, Console, Padre della Patria, Proconsole; salutano gli abitanti delle loro province] 6 1 . 6. Noi abbiamo voluto, nelle disposi5 8 Cf. Vi'ta dZ: Costantino, 34, 18-23 . 59 n testo latino di questo editto di tolleranza in Lattanzio, op. cit. , 34. Esso fu emanato a Serdica e pubblicato a Nicomedia, sede imperiale, il 30
Aprile 3 1 1 . 60 Cioè vincitore nella campagna militare contro i Medi. 61 n passo è presente in ATER e manca negli altri codici, perché omes so da Eusebio dopo il 324, in seguito alla damnatio memoriae di Licinio. Tra gli estensori avrebbe dovuto esserci, con ogni probabilità, anche Massimino Daia, non citato per lo stesso motivo di Licinio.
Libro VIII,
17
181
zioni che abbiamo emanato per l'utilità e il profitto dello Stato, che per prima cosa tutto fosse conforme alle antiche leggi e al le p ubbliche istituzioni romane. Prendemmo perciò provvedi menti affinché anche i Cristiani, che avevano abbandonato la religione dei loro antenati, ritornassero a giusto consiglio. 7 . Per un qualche loro modo di ragionare essi però sono stati pre si da tale superbia [e pazzia] 62 : non hanno seguito più le tradi zioni degli antichi, le quali tradizioni erano state forse istituite dai loro stessi antenati, ma a loro arbitrio, come ciascuno rite neva, fecero delle leggi per se stessi e queste osservavano; inol tre riunivano in vari luoghi diverse moltitudini. 8. Per questo motivo, emanato da noi un editto, al fine che ritornassero alle istituzioni degli antenati, moltissimi furono colpiti da pena ca pitale, moltissimi altri furono torturati e sottoposti alle più di verse forme di morte. 9. Poiché vedemmo che la maggior parte persisteva in quella follia, che essi non tributavano la dovuta ve nerazione agli dei celesti e che neppure on or avan o il Dio dei Cristiani, considerando la nostra benevolenza e la costante pra tica di accordare il perdono a tutti, abbiamo ritenuto di dovere accordare, anche in questo caso, il perdono, in modo tale che di nuovo ci siano Cristiani e si costruiscano edifici in cui si riu niscano, così che null a essi facciano contro le istituzioni. In un'altra lettera daremo ai giudici disposizioni circa quel che do vranno osservare 63 . 10. In conformità a quanto da noi dispo sto, essi sono t en uti a pregare il loro Dio per la salvezza nostra, dello Stato e di se stessi, affinché in ogni modo lo Stato si con servi integro ed essi possano vivere sereni nelle loro case». 1 1 . Tale era il tenore dell'editto. Noi lo abbiamo tradotto dal latino in greco, come meglio potevamo. Adesso è tempo di esaminare quel che avvenne dopo questi fatti. 62 Presente in ATER. 63 Galerio morì cinque giorni dopo la pubblicazione dell'editto e quin di non ebbe il tempo di emanare tÙteriori disposizioni.
1 82
Storia ecclesiastica APPENDICE
64
I.: autore
dell'Editto 65, dopo tale confessione, fu subito li berato dalle sofferenze, sebbene per poco temp o; perché morì . La tradizione riporta che costui, primo responsabile della scia g�ra della persecuzione, prima che si muovess ero gli altri im peratori, abbia costretto i Cristiani che stavano nell'esercito, primi tra tutti quelli del suo palazzo, a cambiare idea 66. Ne ri mosse alcuni dal grado militare, ingiuriò in modo assai vergo gnoso altri e minacciò di morte altri ancora. Spinse infine i col leghi nel principato alla persecuzione generale. Non va passata sotto silenzio la morte di costoro. 2 . Dopo che fu ripartito in quattro parti il potere imperia le, i più avanti in età e onore, passati neppure due anhi interi dall'inizio della persecuzione, lasciarono - come so p ra abbia mo riferito - la carica imperiale 67 . Trascorsero il resto della lo ro vita da privati cittadini 68. Essi morirono nel modo seguente. 3 . Quello che per onore ed età era primo 69 tra loro, fu af flitto da una lunga e dolorosissima infermità fisica; quello che ·era secondo dopo di lui 1 0 , morì strangolato, secondo una pre dizione demoniaca, e soffrì questo per i numerosissimi crimini che .aveva o�ato commettere. 4. Circa gli altri dopo costoro, l'ultimo 7 1 , il quale - abbiamo detto :- era stato il promotore 64 ll brano è riportato solo in AER; e in A il preambolo è diverso rispetto a E. 65 Galerio. 66 A Galerio Eusebio attribuisce la colpa di aver influenzato Dioclezia no contro i Cristiani, già prima del 3 03 : Cf. supra VIII, n. 6. 67 Cf. supra VIII, n. 39. 68 In realtà quel che afferma Eusebio è valido per Diocleziano, che do po l'abdicazione si ritirò a Spalato e lì concluse la sua vita, nel 3 13 . Massi miano invece fece di tutto per ritonare al potere. Cf. supra VIII, nn. 42, 45 . 69 Diocleziano. 7 0 Massimiano. 7 1 Galerio. ·
·
Libro VIII, Appendice
1 83
dell 'intera persecuzione, soffrì le cose che sopra abbiamo rife rito; Quello che lo precedeva, l'onestissimo e mitissimo impe ratore Costanzo, dopo aver trascorso l'intero tempo del suo principato in modo degno della carica che ricopriva, egli, che si era mostrato benevolissimo e generosissimo con tutti, che spe cialmente era rimasto estraneo alla guerra contro di noi, che aveva custodito li beri da offese e angherie i suoi sudditi devoti a Dio, non abbattendo edifici delle chiese, né escogitando qual cosa contro di noi, egli pervenne a una fine della vita veramen te felice e tre volte beata: egli solo morì durante il suo princi pato, be.nvoluto e glorioso, accanto al figlio [Costantino] , sue-. cessore nel prih"cipato, sommamente saggio e piissimo in tutto. 5 . Egli, subito acclamat o dalle truppe sommo imperatore e Au gusto, si dimostrò emulo del padre nel rispetto per la nostra dottrina. Questa fu la fine della vita dei quattro sopracitati impera tori, avvenuta in tempi diversi. 6. Tra loro soltanto colui 72 di cui abbiamo riferito poco sopra, insieme a quelli che in seguito furono am messi all'autorità imperiale, nel momento della mor te, rese nota a tutti la confessione contenuta nell'editto, da noi sopra riportato.
i 2 Galerio.
LIBRO IX
Questi sono gli argomenti contenuti nel nono libro della Storia ecclesiastica: l . La falsa distensione. 2 . n deterioramento successivo. 3 . n nuovo simulacro costruito a Antiochia. 4. I decreti contro di noi. 5. I falsi atti. 6. Coloro che subirono il martirio in quel tempo. 7 . L'editto contro di noi inciso su tavole. 8. Quel che avvenne in seguito: carestia, pestilenza e guerre. 9. La tragica conclusione della vita dei tiranni e le parole che pronunciarono prima della fine. 9a. Copia tradotta di una lettera del tiranno. 10. La vittoria degli imperatori cari a Dio. 1 1 . La dis truzione definitiva degli avversati della religione. l . LA FALSA DISTENSIONE l. La ritrattazione dell'ordine imperiale, che sopra abbia mo riportato l, si diffuse per tutta l'Asia e le province limitrol Si sta qui facendo riferimento all'editto di Serdica, il quale è un vero di tolleranza». Cf. supra VIII, n. 59.
«editto
Libro IX,
l
1 85
fe. Dato che le cose procedevano in tal modo, Massimino, il ti ranno d'Oriente 2 , empio più di chiunque altro e nemico acer rimo della devozione al Dio dell'universo, non fu affatto con tento di quel che era stato messo per iscritto. Contro il docu mento sopra esposto, ordinò a voce ai magistrati a lui sottopo sti di procedere nella guerra contro di noi. Poiché infatti non gli era possibile opporsi alle decisioni di chi gli era più poten te 3 , tenne celata la suddetta legge; ed ebbe cura che nei terri tori a lui soggetti non fosse pubblicata, però con una disposi zione verbale ordinò ai magistrati a lui soggetti di allentare la persecuzione contro di noi. Essi, per lettera, segnalarono l'uno all'altro l'istruzione ricevuta. 2. Ad esempio, Sabino, insignito presso di loro della dignità degli eminentissimi prefetti 4, fece conoscere a quanti comandavano nelle diverse province la vo lontà dell'imperatore per il tramite di una lettera scritta in la tino. [Questa è la traduzione 5 . 3 . «Con splendido e santo zelo l a divinità dei nostri signo ri, i divinissimi imperatori, ha risoluto da tempo di guidare la mente di tutti gli uomini sulla santa e retta via del vivere, in mo do tale che quanti sembrino seguire un'usanza estranea ai ro mani, tributino gli onori dovuti agli dei immortali. 4. Ma l' av2 Subito dopo la morte di Galerio, il 5 maggio del 3 1 1 , Massimino Daia ebbe il controllo dell'intera parte orientale dell'impero. Tenne questo potere fino al 3 13 , quando fu sconfitto da Licinio, alla quale sconfitta seguì, di lì a poco, la morte. Cf. infra IX, 50s. 3 Riferimento a Costantino e Licinio, i quali appaiono, insieme al de funto Galerio, autori dell'editto. Come sopra è stato detto (cf. VIII, n. 6 1 ) , non sembra improbabile che lo stesso Massimino Daia sia stato tra gli esten sori dell'editto, sebbene ne abbia pennesso la pubblicazioni, nelle sue pro vince, solo verso la fine del 3 1 1 , con lettera al prefetto del pretorio Sabino. Questo spiega perché le Disposizioni anticristiane dovessero essere segrete o apparire come frutto di suppliche, come dice Eusebio. 4 Sabino, in quanto prefetto del pretorio aveva titolo di «eminentissimo». 5 ll brano tra parentesi quadre è riportato solo nei manoscritti ATER
1 86
Storia ecclesiastica
versione e la durezza di volontà di taluni giunse a tal punto che non è stato possibile farli allontanare dalla loro risoluzione rié con la giusta c o n si d e razion e dell'ordine imperiale né con la paura del castigo comminato. 5 . Poiché quindi aweniva che molti per una siffatta condotta si mettevano in pericolo, la di vinità dei n ostri signori, i potentissimi imperatori, conforme mente alla generosità insita nella loro v:enerazione, considerò estraneo al loro divino proposito esporre gli uomini, per un si mile motivo, a tale pericolo. Essi ordinarono, tramite la mia de vozione, di stilare queste righ e per la tua perspicacia: se qual cuno tra i Cristiani venisse trovato a seguire la religione del suo popolo, tu liberalo da ogni molestia e pericolo, e non conside rare nessuno degno di essere punito con questo pretesto. Un periodo di tempo sufficientemente lungo ha, infatti dimostrato che essi non possono in alcun modo essere persuasi a recedere da tale ostinazione. 6. La tua sollecitudine deve pertanto scri vere ai curatori, ai magi�trati cittadini e ai praepositi pagi di ogni città 6, affinché sappiano che non è conveniente darsi più a lun go pensiero di quella lettera 7» Di conseguenza i capi della pro vincia . . . ] . 7 . Essi pensarono che quanto loro scritto rispondesse a ve rità , perciò resero nota per iscritto la volontà imperiale ai Cu ratori, ai magistrati cittadini e ai magistrati _rurali. I capi della provincia quindi ubbidirono a queste disposizioni non solo po nendoli per iscritto, ma soprattutto con le opere, portando a 6 La riforma amministrativa di Diocleziano, in gran parte mantenuta da Costantino, prevedeva che a livello-cittadino vi fossero due tipi di funzionari, alcuni con sovrintendenza sulla città, altri sulle zone rurali, annesse ammini strativamente alla città. n praepositus pagi o magistrato rurale era il responsa bile di villaggio, ove svolgeva sia compiti di ufficiale di polizia sia il delicato ufficio di attribuzione ai singoli delle quote fiscali e della rdativa loro riscos sione. 7 Non sappiamo a quale lettera specifica si stia qui facendo riferimen to, senza dubbio però si tratta di disposizioni persecutorie contro i Cristiani.
1 87
Libro IX; 1 .•
esecuzione la volontà imperiale. Perciò, dopo averli fatti porta re in pubblico, liberarono quanti essi tenevano in carcere per la loro confessione di fede; e rilasciarono persino quelli clie erano stati condannati alle miniere. Ingannandosi; ritenevano che questo veramente fosse il pensiero dell'imperatore. 8. Portate a termine così queste cose·, come se una grande lu ce risplendesse all'improvviso in una notte buia • , era possibile vedere in ogni città un radunarsi di assemblee e riunioni gremite, e in esse compiersi i riti abituali; e ogni Gentile era colpito non poco da questi eventi, meravigliandosi per il prodigio di un tale cam biamento, e a gran voce proclamavano grande e unico vero il Dio dei Cristiani. 9. Dei nostri quelli che con fede e coraggio avevano af frontato l'agone delle p er s e c uzi oni prendevano sic1J rezza in nanzi a tutti; quanti invece erano stati infermi nella fede e con l'anima in tempesta,. lietamente si adoperavano per la loro gua rigione, chiedendo supplichevoli ai forti una mano di salvezza e pregando Dio di essere loro misericordioso 8. 1 0 . Poi anche i coraggiosi atleti della devozione, liberati dalle sofferenze delle miniere tornarono nelle loro case, attraversando orgogliosi e fe lici ogni città, pieni di una gioia indicibile e di una sicurezza ta le, ch e non si può esprimere a parol e 1 1 . Un'immensa folla d'uomini procedeva lungo la strada; lodando Dio nelle pubbli che vie e nelle piazze con canti e salmi; ed era possibile vedere coloro che poco prima, da prigionieri, erano stati cacciati dalla patria, ritornare con volto lieto e gioioso al proprio focolare, al punto tale che quanti prima avevano desiderato ucciderei, ve dendo questo spettacolo straordinario, gioivano per l'accaduto. .
•
Cf.
2 Cor 4, 6.
8 Si vuoi dire: quelli çhe avevano abiurato dalla loro fede,· adesso ritor navano alla Chiesa, ·confortati e sostenuti dai martiri resi liberi grazie all'edit to imp eriale.
188
Storia ecclesiastica
2. IL DETERIORAMENTO SUCCESSIVO Ma il tiranno, sprezzatore del bene e arditore di inganni contro tutti i buoni, non sopportò tutto questo; egli, che gover nava - come abbiamo detto - le parti orientali, non tollerò nep pure per sei mesi che gli eventi avessero assunto quella piega 9 . Macchinò quel che poté per destabilizzare la pace, tentan do per prima cosa di impedirci le riunioni nei cimiteri. Poi mandò, per mezzo di uomini empi, ambascerie a se stesso con tro di noi, avendo sollecitato i cittadini di Antiochia a chieder gli, quale somma grazia, che nessun cristiano abitasse più nella loro patria I O; e a suggerire ad altri di fare la medesima cosa. Ca po di tutti questi, in Antiochia, fu Teotecno n , uomo malvagio, mago e terribile, molto diverso dal nome che portava 1 2 . Sem bra che sia stato Curatore nella città. 3 . IL NUOVO SIMULACRO COSTRUITO
AD
ANTIOCHIA
Specialmente costui dunque, sceso a battaglia contro di noi e adoperandosi con zelo a cacciare in ogni modo i nostri 9 Come rileva Eusebio, Massimino Daia incoraggiò la ripresa della persecuzione contro i Cristiani nel novembre del 3 1 1 , quindi mentre con temporaneamente pubblicava nelle province orientali sotto la sua giurisdizio ne l'editto di tolleranza di Serdica (cf. supra n. 3 ) . Subito di seguito lo stori co descrive i vari atti della doppiezza politica di Massimino Daia. 1 0 Eusebio considera un pretesto, per altro sollecitato, la petizione an ticristiana proveniente da Antiochia, di cui parla subit o di seguito. In realtà fonti epigrafiche ci danno notizia di diverse petizioni simili a quella di Antio chia. Cf. Corpus Inscriptionum latinarum, 3 , 12132; 13625b; Orientù Graeci Inscriptiones selectae, 569; Tituli Asiae Minoris, 2, 785 . Anche Lattanzio, op. cit., 36, 3 . 1 1 Si intenda che Eusebio considera Teotecno, magistrato antiocheno
nel 3 12, come il più importante tra quegli uomini empi, di cui ha poco prima parlato, i quali sollecitarono la persecuzione contro i Cristiani. Teotecno sarà condannato a morte da Licinio, nell'anno seguente, il 3 1 3 . Cf. in/ra IX, 1 1 , 6. 1 2 Teotecno significa «figlio di Dio».
Libro IX, 2-4
189
dai nascondigli come ladri sacrileghi, macchinò ogni possibile calunnia e accusa. E dopo essere stato causa di morte per mol tis simi, allestì con magie e stregonerie una statua a Zeus Phi lios n . Per lui escogitò cerimonie impure, iniziazioni malaugu ranti e purificazioni esecrabili. Esibì perfino innanzi all'impe ratore la sua ciarlataneria, attraverso quegli oracoli ch e ritene va opportuni. Ed ancora lui, per adulare l'imperatore secondo quel che gli piacesse, risvegliò il diavolo contro i Cristiani e dis se che il dio aveva ordinato di allontanare i Cristiani oltre i con fini della città e dei campi intorno ad essa, in quanto erano suoi nemici. 4. l DECRETI CONTRO DI NOI
l. Costui agì per primo contro di noi. Tutti gli altri Curia li, che vivevano nelle città sotto la medes im a autorità, si affret tarono a decretare nello stesso modo, perché i governatori pro vinciali avevano compreso che ciò era gradito all'imperatore; e proposero ai sudditi di fare altrettanto 14 , 2 . Poiché il tiranno, con sommo compiacimento, diede il proprio assenso ai loro de creti, mediante un rescritto, nuovamente si riaccese la persecu zione contro di noi. Dallo stesso Massimino furono istituiti in ogni città, in qualità di sacerdoti dei simulacri e sommi sacer doti, coloro che si erano distinti in pubblici uffic i ed erano di venuti famosi: costoro posero grande zelo nel culto che curava no. 3 . Per dirla in breve, la strana superstizione dell'imperato re indusse i suoi sottoposti, comandanti e comandati, ad agire in ogni cosa contro di noi, allo scopo di ingraziarselo. Poiché ri tenevano che in cambio avrebbero ottenuto da lui benefici, gli 1 3 Già noto in epoca classica come titolo di Zeus, p.er designarlo come «Benigno». 1 4 Cioè inviare petizioni anticristiane.
190
Storia ecclesiastica
resero l'altissimo .favore di bramare la nostra morte e di dar prova di sempre nuove malvagità nei nostri confronti. ·
5.
I FALSI ATTI
l . Inventati allora Atti di Pilato e del Salvatore nostro 1 5 , pieni di ogni bestemmia contro il Cristo, vennero inviati per de cisione dell'imperatore in tutte le province a lui sottomesse, or dinando per mezzo di circolari che fossero esposte in pubblico in ogni luogo, nei campi e nelle città. Si ordinò pure che i mae stri di scuola li dessero a studiare a tutti gli studenti al posto del le loro lezioni e glieli facessero imparare a memoria. 2. Mentre si svolgevano così le cose, un altro comandante, che i Romani chiamano dux, fatti prendere dalla piazza, a Damasco di Feni cia 1 6, alcune donnacce infanii, minacciandole che avrebbe loro inflitto supplizi, le costrinse a dichiarare per iscritto che un tem po erano state Cristiane e che avevano visto presso di loro azio ni turpi e che si commettevano, persino nelle case del Signore, nefandezze e le obbligò a dichiarare ogni altra cosa colui voleva che esse dicessero, al fine di calunniare la nostra religione. Aven do inserito le loro dichiarazioni negli atti, le trasmise all'impera tore, che ordinò fossero esposte in ogni luogo e città.
6. COLORO CHE SUBIRONO IL MARTIRIO IN QUEL TEMPO l . Non molto tempo dopo il comandante si uccise di sua propria mano e così pagò il fio della sua cattiveria. 15 Questo falso era già noto a Giustino M artire e a Tertulliano; quindi nel 3 12 fu solo riproposto e non apparve allora per la prima volta. Cf. I, 9. 1 6 Per la riforma dioclezianea la Fenicia era divisa in Fenicia Màrittima e Fenicia del Libano. Damasco, come anche Emesa, faceva parte di questa se conda provincia.
Libro IX, 4-6
191
Quanto a noi, si rinnovarono esilii, dure persecuzioni da p arte dei governatori di tutte le province, ed anche terribili sol levazioni contro di noi; sicché alcuni, illustri nelle divine dot trine, furono catturati e ricevettero l'inevitabile sentenza di morte. Tra questi, a Emesa, città della Fenicia, tre si confessa rono cristiani e furono dati in pasto alle belve. Tra loro c'era il vescovo Silvano 17 , ormai vecchissimo, che aveva esercitato il ministero per quaranta interi anni. 2 . Nello stesso tempo anche Pietro, che presiedeva in modo. eccellente alla diocesi d'Ales sandria, divino esempio di vescovo per la sua vita virtuosa e per la sua pratica delle Sacre Scritture, senza alcun motivo e ina spettatamente fu preso, e all'improvviso, inspiegabilmente, co me per ordine di Massimino, venne decapitato. Insieme a lui subirono la stessa sorte molti altri vescovi d'Egitto. 3 . Anche Luciano, uomo eccellente in tutto, noto per la sua vita morige rata e per i sacri studi, presbitero della diocesi di Antiochia fu condotto nella città di Nicomedia, dove allora dimorava l'im peratore. Dopo aver fat:to innanzi al magistrato l'apologia del l'insegnamento, per il quale era stato citato, fu messo in carce re e ucciso. 4 . Siffatte cose ordì in breve· tempo contro di noi Massi mino, nemico del bene, tanto che sembrò si fosse scatenata contro di noi una persecuzione ancora più terribile della pre cedente. 1 7 Di lui si era già parlato sopra in VITI, 13 , 3 . Anche degli altri marti ri, qui di seguito menzionati, Pietro d'Alessandria e Luciano d'Antiochia, già
Eusebio aveva parlato in VITI, 1 3 . Ricordiamo che Pietro d'Alessandria, av versario della dottrina di Origene e stimato teologo, si era tanto distinto nel la rifless ion e cristologica, che meritò una citazione anche nel Concilio" d'Efe so del 43 1 (ACO l , l , 2). Per la sua cristologia, desunta peraltro da scarsissi mi frammenti, d. M. Richard, Pie"e I d'Alexandrie et l'unique hypostase du Christ, in Opera minora II, 1 977, n. 26 (originariamente . in «Mélanges de Science Religieuse» Lilla, 3 [ 1 946] , pp. 357-258 ) . Per Luciano d'Antiochia d. supra,VIII, n. 34.
1 92
Storia ecclesiastica 7 . L'EDITTO CONTRO DI NOI INCISO SU TAVOLE
l . Furono affissi i decreti che ciascuna città aveva emana to contro di noi e le disposizioni imperiali in loro risposta, in cisi su tavole di bronzo; e nelle scuole avevano sulla bocca ogni giorno i nomi di Gesù, di Pilato e gli atti inventati per oltrag giarci. 2 . Mi sembra necessario inserire qui l'editto stesso di Massimino, inciso su tavole, affinché si renda manifesta l' arro ganza presuntuosa e superba dell'odio che quell'uomo nutriva verso Dio e si manifesti anche l'odio della giustizia divina con tro i malvagi, la quale giustizia - sempre vigile contro gli empi - lo colpì poco dopo. Dopo però che ne fu colpito, non tardò a prendere decisioni opposte nei nostri confronti e le formulò in leggi scritte.
Copia della traduzione dell'editto di Massimino in rispo sta ai decreti contro di noi, trascritto dalla tavola di Tiro 1 8 . «La debole audacia della mente umana ha ormai preso vi gore, scrollandosi di dosso ogni caligine e nebbia di errore, che prima cingeva d'assedio i sensi di uomini non tanto empi quan to piuttosto miseri, avvolgendoli nella tenebra funesta dell'i gnoranza. Essi hanno riconosciuto che tutto è governato e fis sato dalla benevola provvidenza degli dei immortali. 4. È cosa incredibile a dirsi quanto ci sia stato gradito, dolcissimo e caro che abbiate dato tanto grande prova dei vostri propositi devo ti; ma anche prima nessuno ignorava quale fosse la vostra con siderazione e venerazione nei riguardi degli dei immortali: ad essi si riconosce non una fede fatta di nude e vuote parole, ma una fede continua e straordinaria di opere illustri. 5 . Perciò la vostra città potrebbe essere chiamata a buon diritto tempio e 18 Di
questo rescritto non possediamo l'originale latino.
Libro IX, 7
1 93
dimora di dei immortali. Da molte prove appare chiaro che es sa è fiorente, perché in essa risiedono gli dei celesti. 6. Ecco, pertanto, la vostra città non si curò di tutelare ogni proprio pri vato interesse, trascurò le precedenti istanze su i propri suoi specifici affari, quando comprese che gli appartenenti a quel l' esecrabile vanità com in ci avan o anco ra a d es p ande rs i , simili a un rogo trascurato e assopito, che riporta a vita immense fiam me, una volta ravvivati i suoi focolai. Subito, senza alcun indu gio essa fece ricorso alla nostra devozione, come alla metropo li di tutte le religioni, chiedendo cura e aiuto. 7. Senza alcun dubbio questo salutare pensiero vi è stato inspirato d agli dei, per la fede della vostra devozione. Fu dunque lui, l'eccelso e sommo Zeus, il quale è preposto alla vostra illustrissima città e che protegge i vo s tr i dei patrii, le donne, i figli, i focolari e le ca se da ogni funesta rovina, a inspirarvi quella salutare decisione. Dimostrò e rese chiaro come sia cosa eccellente, splendida e sa luta re accostarsi con la dovuta venerazione alla religione e ai sa cri culti degli dei immortali. 8. Chi può essere trovato così stol to e privo di senno da non comprendere come la terra, grazie alla benevola cura degli dei, non ricusa i semi a lei affidati e non delude le speranze degli agricoltori con un'inutile attesa; e che la vista di una guerra empia non si imprime sulla terra senza im pedimento; e che i corpi rinsecchiti non sono tratti a morte, una volta guastatosi il regolare governo del cielo; e che il mare non si soll eva, gon fiato oltre misura dal soffio di venti immani; e che non scoppiano uragani improvvisi, in grado di scatenare una rovinosa tempesta; e inoltre che la terra, nutrice e madre di tut ti, non è inghiottita dalle sue più profonde caverne in uno spa ventoso terremoto e i monti sovrastanti non sprofondano entro le voragini che si sono formate 19, Nessuno ignora che tutte 1 9 Si intenda: gli dei non permetteranno i mali elencati se riceveranno il dovuto culto. Invece quei mali saranno inevitabili se gli uomini, in questo
caso i Cristiani, si rivolgono ad
altri
culti.
1 94
Storia ecclesiastica
queste cose, e mali ancor più terribili di questi, siano spesso av venuti prima d'ora. 9. Tutte queste sofferenze sono capitate a causa del rovinoso errore, della vuota vanità di quegli uomini senza legge, per il fatto che essa prese il sopravvento nelle loro anime e con le sue turpitudini oppresse, per così dire, la terra tutta». 10. Dopo aver detto altre cose, soggiunge: «Si osservino ora nelle vaste pianure le messi rigogliose, ondeggianti per le spighe, i prati risplendenti di erbe e fiori grazie alla pioggia, e il ritorno del clima temperato e mitissimo. 1 1 . Si rallegrino quin di tutti perché grazie alla nostra devozione, ai sacrifici e all' os sequio è stata propiziata un'aria potentissima e stabilissima. Gioiscano quindi, godendo con tranquillità della pace più se rena. E quanti, del tutto liberi da quel cieco errore e da quello smarrimento, sono tornati a un pensiero retto e giustissimo an cor di più si rallegrino, come se salvati da un'inaspettata tem pesta o da una grave malattia godessero del dolce piacere di continuare a vivere. 1 2 . Se però persisteranno nell a loro ese crabile vanità, siano esclusi - come avete richiesto - e cacciati ben lontano dall a vostra città e dal territorio circostante, affin ché la vostra città, lontana da ogni impurità ed empietà, e conforme al vostro lodevole zelo, segua la sua innata inclina zione e si dedichi con la dovuta venerazione ai sacrifici degli dei immortali. 13 . E affinché sappiate quanto ci è stata gradita la vostra petizione e quanto, anche senza decreti e suppliche, il nostro animo sia da sé apertissimo alla benevolenza, concedia mo alla vostra devozione di chiedere quale magnanimità vorre te in cambio di questa vostra pia disposizione. 14. Decidete dunque di agire così e di avere il contraccambio: l'otterrete sen za esitazione alcuna. Una volta che esso è stato concesso alla vo stra città, sarà perenne testimonianza di pia devozione verso gli dei immortali; e dimostrerà ai vostri figli e ai discendenti ch e avete ottenuto dalla nostra benevolenza una degna ricompens a per questa vostra scelta di vita».
Libro IX,
1 95
7-8
15 . Questo fu proclamato su tavola contro di noi in ogni provincia, togliendoci ogni speranza di bene, almeno da parte degli uomini, al punto tale che - come dice quel famoso detto divino .....: se ne sarebbero scandalizzati anche gli eletti, se fosse stato possibile h. 1 6 . Quando però ormai la speranza stava ve nendo meno in moltissimi di noi, all'improvviso, mentre in al cune province coloro a cui era stato affidato il sopra citato edit to contro di noi erano ancora in cammino e non avevano con cluso il viaggio, Dio difensore della sua Chiesa, quasi imbri gliando la tracotanza del tiranno contro di noi, dimostrò la ce leste alleanza a nostro favore.
8. QU EL CHE AVVENNE IN CARESTIA, PESTILENZA
E
SEGUITO: GUERRE
l.
Le usuali piogge e le precipitazioni della stagione inver nale trattennero il consueto tributo alla terra; scoppiò anche una carestia inaspettata e inoltre una pestilenza, a cui si aggiunse un'altra malattia, un'ulcera, propriamente chiamata carbon chio 20, per l'infiammazione che provocava. Diffondendosi per tutto il corpo, non solo metteva in grave pericolo coloro che ne erano affetti, ma più spesso colpiva soprattutto gli occhi, ren dendo ciechi innumerevoli uomini, donne e bambini. 2. A ciò si aggiunse la guerra condotta dal tiranno contro gli Armeni 2 1 , uob Cf. Mt 24, 24.
20 Grave malattia infettiva, propriamente degli animali erbivori, ma che facilmente si trasmette agli uomini. Sua caratteristica è la presenza sulla pelle
di pustole nerastre. Della carestia parla Lattanzio, op. cit., 3 7 , il quale invece non menziona la pestilenza. 2 1 Nulla sappiamo di questa guerra, ad esclusione di un cenno in Sim maco, Epistulae, l, 2 , 7, in cui si dice che Lucerio Verino, governatore della Siria, riportò una vittoria sugli Armeni. Costui però fu governatore della Si-
1 96
Storia ecclesiastica
mini amici e alleati dei Romani fin dal tempo antico, i quali quel lo spregiatore di Dio rese nemici invece che amici, avversari in vece che alleati, perché, essendo essi cristiani e tenendo in gran de onore la devozione alla divinità, egli cercò di costringerli a sa crificare agli idoli e ai demoni. 3 . Questi avvenimenti, verificati si tutti all'improvviso e nello stesso tempo, confutarono l'inso lente alterigia contro Dio del tiranno, il quale aveva avuto l' ar dire di gloriarsi che né carestia né pestilenza né guerra erano ac cadute ai suoi tempi, grazie al suo zelo per gli idoli e alla perse cuzione contro di noi. Queste cose, invece, accadute tutte insie me e allo stesso momento, costituirono gli inizi della sua rovina. 4. Nella guerra contro gli Armeni egli logorò se stesso e le sue truppe. Quanti poi erano rimasti nelle città a lui soggette, furo no terribilmente oppressi sia da carestia sia da pestilenza. La pe nuria di cibo era tale che servivano duemila cinquecento drac me attiche per una sola misura di frumento. 5 . Innumerevoli fu rono i morti nelle città, ma ancor di più quelli che morirono nel le campagne e nei villaggi, al punto tale che i pubblici registri dei contadini, i quali un tempo registravano molti uomini, poco mancò fossero interamente cancellati, perché quasi tutti periro no per la mancanza di cibo e per la pestilenza. 6. Alcuni pensa rono di barattare coi più agiati le cose più care per un po' di ci bo; altri, vendute a poco a poco le proprie ricchezze, precipita rono nel più profondo bisogno; altri ancora compromisero la lo ro salute nutrendosi di pezzetti di paglia e, mangiando avventa tamente erbe velenose, morirono. 7. Nelle città alcune donne di nobili natali, giunte per bisogno a turpe necessità, andavano mendicando nelle piazze, rivelando la nobile educazione di un ria nel 3 05. La differenza di data (sempre che Eusebio non abbia incluso nel brano anche eventi anteriori al 3 12) non permette di accettare il riferimento
di Simmaco, legandolo a questo passo di Eusebio. Propende per l'accosta mento del passo simmachiano a quello di Eusebio, Maristella Ceva, nella n. 2 (p. 482) della sua traduzione della Storia ecclesiastica. Ci lascia inoltre molto perplessi la motivazione che lo storico di Cesarea dà dell a guerra.
Libro
IX,
8
1 97
tempo dalla vergogna impressa sul viso e dal decoro delle vesti. 8 . Alcuni, ischeletriti come ombre di morti e privi di forze, in cesp icavano, barcollavano e cadevano per l'incapacità di tener si in piedi; poi, stesi bocconi in mezzo alle strade, chiedevano che si porgesse loro un pezzetto di pane: ormai all'ultimo soffio di vita, urlavano per la fame, forti soltanto per questo unico, do lorosissimo grido. 9. Altri che sembravano essere tra i più ricchi, colpiti dal numero dei supplicanti, dopo aver fornito infiniti soccorsi a quei miseri, assunsero un atteggiamento crudele e inesorabile, perché temevano di dover subire i medesimi mali dei mendicanti. Così in mezzo alle piazze e per i vicoli i corpi privi di vita e nudi, insepolti per molti giorni, offrivano a chi li vedeva un ben misero spettacolo. 10. Alcuni divennero anche cibo dei cani, motivo principale per cui i vivi si diedero a ucci dere i cani, temendo di prendere la rabbia e 'di divenire mangia tori d'uomini 22 . 1 1 . Ma fu specialmente la pestilenza che divorò ogni casa, soprattutto quelle che la carestia non era stata in gra do di abbattere per l'abbondanza di cibo. I benestanti - magi strati, governatori e innumerevoli Curiali - quasi lasciati dalla carestia in preda alla pestilenza, subirono una straziante e rapi dissima morte. In tal modo ogni luogo era pieno di pianti; e in ogni vicolo, piazza o via era impossibile vedere altro se non la menti funebri accompagnati dai flauti e dal clamore usuale. 1 2 . La morte, combattendo in tal maniera con le due suddette armi, della pestilenza e della carestia, divorò in un breve lasso di tem po famiglie intere, tanto che si potevano vedere due o tre cada veri portati via contemporaneamente in un solo feretro. 1 3 . Queste furono le conseguenze della tracotanza di Mas simino e dei decreti emanati dalle singole città contro di noi. Al lor a furono manifeste a tutti i popoli le prove dello zelo e della 22 Si riteneva che la rabbia nei cani fosse causata da un verme che gli si situava sotto la lingua. n contagio avrebbe portato gli uomini all'antropofa gia. Cf. Plinio, Storia naturale, 29, 100.
Storia ecclesiastica
198
pietà dei Cristiani in ogni situazione. 14. Tra siffatti mali essi so li si dimostrarono con le loro opere compassionevoli e umani. Alcuni per l'intera giornata si occupavano dei funerali e della sepoltura dei morti (erano innumerevoli e nessuno vi prestava cura) ; altri, radunando da tutta la città in un unico luogo la mas sa di coloro che erano oppressi dalla fame, distribuivano pane a tutti; e il loro gesto divenne così noto tra tutti gli uomini che co storo glorificarono il Dio dei Cristiani e, persuasi dai fatti stes si, riconobbero che i Cristiani soltanto erano pii e devoti. 15. Dopo questi eventi Dio, grande e celeste difensore dei Cristiani, che aveva mostrato coi mezzi suddetti minaccia e in dignazione contro tutti gli uomini, in risposta agli eccessi che questi avevano operato contro di noi, ridiede il fulgore propi zio e benevolo della sua provvidenza riei nostri riguardi. In modo prodigiosissimo fece risplendere per noi, come · in una tene bra profonda, una luce di pace che scaturiva da lui medesimo:· . dimostrò a tutti con chiarezza che Dio stesso aveva provveduto alle nostre cose, ora flagellando e convertendo il suo popolo con le avversità, ora, dopo averli castigati a sufficienza, mo strandosi pietoso e benevolo verso chi av€va sperato irt lui c .
·
9. LA TRAGICA CONCLUSIONE DELLA VITA DEI TIRANNI E LE PAROLE CHE PRONUNCIARONO PRIMA DELLA FINE l . Dopo che Costantino, il quale - come abbiamo detto sopra - fu imperatore discendente da imperatore, uomo pio di scendente da uomo piissimo e in tutto assennatissimo, [e Lici nio, secondo dopo di lui, onorati per avvedutezza e religiosità, entrambi cari a Dio] 23 fu incitato da Dio, sommo re e salvatoc
Cf. Eh 12, 5s.; Prv 3, 1 1 .
23
ll brano tra parentesi quadre è presente solo in ATER
Libro IX,
1 99
8-9
re dell'universo, contro gli empi tiranni e dopo che scese in campo secondo le leggi di guerra, poiché Dio, in modo assai prodigioso, gli era alleato, allora Massenzio cadde a Roma sot to il potere di Costantino. L'altro 24, in Oriente, non gli soprav visse molto e perì di morte turpe sotto Licinio, che ancora non era divenuto pa?:ZO 25. 2 . Costantino, primo 2 6 per onore e dignità nel principato, fu anche il primo ad aver pietà per coloro che a Roma erano op pressi dalla tirannide. Dopo avere invocato con preghiere come alleato il Dio del cielo e il suo Verbo, il Salvatore stesso di tut ti, Gesù Cristo, avanzò con tutto l'esercito, cercando di ottene ·re per i Romani la lib ertà ricevuta dai loro antenati. 3 . Massen zio invece prendeva· coraggio più dalle arti magiche che dalla benevol enza dei suoi sudditi 27 , e non osava avanzare al di là delle porte della città, sebbene avesse munito con una moltitu dine immensa di soldati e con innumerevoli formazioni di trup pe ogni luogo, . territorio e città a lui sottomessi nei dintorni di Roma e in tutta l'Italia. L'imperatore 28 , forte della divina al leanza, prese d'assalto la prima, la seconda e la terza linea del 2 4 Cioè Massimino Daia. 25 L'aggiunta contenuta nel brano è stata stilata, di tutta evidenza, do po la. damnatio memoriae di Licinio. 2 6 n racconto contenuto nei paragrafi 2 - 1 1 è sostanzialmente identico
a Vita di Costantino, i, 37AO. Costantino fu uno dei quattro Augusti (Euse bio lo insignisce del titolo di «primo») , che presiedevano le quattro parti in cui era diviso l'impero: Britannia, Gallia e Spagna (tolta a Massenzio nel 3 10) a Costantino; lllirico al suo alleato Licinio; Italia e Mrica a Massenzio; tutto l'Oriente a Massimino Daia. 27 Le fonti (cf. in/ra, IX, n. 3 1 ) concordano con Eusebio nel ritenere la cieca fiducia nella superstizione quasi un aspetto specifico della personalità di Massenzio. Si narra della sua consultazione dei Libri sib illini come anche di un sogno premonitore prima dello scontro con Costantino. Anche la scelta della giornata per lo scontro finale, il 28 ottobre del 3 12, era legata al fatto che Massenzio riteneva quel giorno fausto, a sé favorevole, in quanto il suo ,
dies imperii. 28
Costantino.
Storia ecclesiastica
200
tiranno 29, vincendole tutte con facilità; avanzò poi per gran parte dell'Italia, fino ad arrivare vicinissimo a Roma. 4 . Per evitare poi che [Costantino] fosse costretto a com battere contro i Romani per colpa di quel tiranno, Dio in per sona trascinò costui come in ceppi fuori dalle porte 3 0 ; e le co se scritte nei libri sacri contro gli empi, non cre dut e dai più , quasi fossero un racconto di favole, degne invece di fede per i credenti, furono credute da tutti, credenti e non credenti, per la loro stessa evidenza, poiché essi stessi, coi loro stessi occhi, videro quegli eventi straordinari. 5 . Come al tempo di Mosè e della stirpe degli Ebrei, che anticamente era pia, Dio travolse in mare i carri e l'esercito del Faraone, cavalieri scelti e condottieri furono inghiottiti nel Mar Rosso e l'abisso lz" ricoprì d . Allo stes so modo anche Massenzio, insieme ai suoi soldati e ai pretoria ni colò a picco come una pietra e , allorché, voltate le spalle in nanzi alla forza divina che era con Costantino, riattraversò il fiume che si trovava sul suo cammino e che egli stesso aveva re so strumento della propria rovina 3 1 , costruendovi sopra con d
Es 15, 4s.
e
Es 15, 5 .
2 9 Prima della decisiva battaglia innanzi a Roma, combattuta tra l a via Flaminia e il Tevere, e passata alla storia come "battaglia del ponte Milvio", Massenzio era già stato sconfitto a Susa, Torino e Verona. Prima della batta· glia decisiva, innanzi a Roma, Massenzio aveva fatto tagliare il Ponte Milvio e al suo posto aveva fatto costruire un ponte di barche. Tale decisione gli riuscì fatale. Sconfitto da Costantino e costretto a ritirarsi precipitosamente, Mas· senzio e le sue truppe dovettero fare uso di quel ponte di barche, il quale non resistette al peso e, crollando, trascinò nella sua rovina molti soldati e lo stes· so Massenzio, che miseramente annegò. 3 0 La battaglia non fu combattuta - come si è detto - sul Ponte Milvio , che era stato t agliat o ma sull a via Flaminia, anch e se relativamente poco lon· tano dal Tevere. 31 La morte di Massenzio, come quella di altri persecutori (ma Mass en· zio in realtà non lo era stato ! ) è inquadrata da Eusebio - e non solo da lui - in una visione provvidenzialistica. Addirittura sarebbe stata predetta dall a Sacra Scrittura. Così in Lattanzio, op. cit., 44; Panegirici, 12 (9) . 4 ( 1 0) . Circa il crol· ,
Libro IX,
201
9
cura un ponte di barche. 6. Perciò si potrebbe dire che Mas senzio ha scavato una fossa, vi ha tolto la terra ed è caduto nella buca che ha fatto. La sua fatica si rivolgerà contro la sua testa e la
iniquità ricadrà sul suo capo f. 7 . Essendosi quindi sciolto il ponte di barche sul fiume, in tal modo il passaggio cedette e le barche caddero nell'abisso insieme a tutti gli uomini; egli per primo, il più empio, e poi le guardie del suo seguito, come ave vano predetto gli oracoli divini, colarono a picco come piombo nell'acqua impetuosa g. 8. Così coloro che riportarono la vitto ria ad opera di Dio, come i compagni di Mosè il grande servi tore, se non a parole, almeno coi fatti avrebbero potuto innal zare i medesimi inni rivolti contro l'empio tiranno di un tem po 32 e dire: Cantiamo il Signore, poiché è stato splendidamente glorificato. Ha scagliato in ma re cavallo e cavaliere. Il Signore, mio aiuto e protettore, è divenuto mia salvezza h. E ancora: Chi fra gli dei è simile a te, Signore, chi simile a te? Glorificato tra i santz: mirabile nelle lodz: /autore di miracolz' i . 9. Costantino elevò questi canti e altri simili e analoghi a questi a Dio, Supre mo Signore e, con le sue opere, artefice della vittoria; entrò poi a Roma tra canti trionfali, accolto da tutti, dai membri del Sesua
f Sal 8, 1 6 s.
g Es 15, 10.
h Es 15, ls.
i
Es 15, 1 1 .
lo del ponte di barche, più fonti lo ritengono un tranello teso d a Massenzio a Costantino, tranello che però si rivolse contro il suo ideatore. Così nello stes so Eusebio, Vita di Costantino, l , 3 8 , 2ss.; Zosimo, Storia Nuova, 2, 14-17; Au relio Vittore, Cesari, 40, 23 ; Pseudo Aurelio Vittore, Epitome, 40 , 3 . 3 2 ll Faraone. Tutto il brano crea un parallelismo tra Costantino e Mo sè. Come Mosè uscì vincitore sul Faraone grazie all 'azione salvifica di Dio, che aprì il Mar Rosso per gli Ebrei e si servì del medesimo liquido elemento per annegare il Faraone e il suo esercito, così Costantino, novello Mosè , gra zie all'intervento di Dio ha vinto il nuovo tiranno, Massenzio, e lo ha anne gato con il suo esercito in un altro liquido elemento, il Tevere. Già in tempi anteriori a Eusebio, la teologia e l'esegesi cristiana aveva considerato Mosè "figura" di Cristo o anche del Cristiano (cf. Lampe, A Patristic Greek Lexz� con, Oxford 1 984, pp. 895s.)
Storia ecclesiastica
202
nato, assieme a bambini e donne, e anche dai Perfettissimi 33 con tutto il popolo romano. Tutti con occhi ridenti e con quel la disposizione d'animo con la quale si riceve un liberatore 34, un salvatore e benefattore, con acclamazioni e gioia inconteni bile. 10. Egli però, come se possedesse innata la pietà verso Dio, non fu per nulla scosso dalle grida né si esaltò per l e lo di ben consapevole dell'aiuto di Dio, e comandò di porre nella mano della sua statua il trofeo -della passione del Salvatore. Or dinò inoltre che coloro i quali avevano eretto nel luogo più fre quentato di Roma la sua statua, nell'�tto di reggere con la ma no destra il segno della salvezza, ·vi incidessero con queste pre cise parole un'iscrizione in lingua latina: «Grazie a questo se gno salvifico, prova veritiera di valore, ho liberato e salvato la vostra città dal giogo del tiranno; e inoltre ho liberato il senato e il popolo romano restituendogli lo splendore e la fama anti ca» 35. 1 2 . In seguito lo stesso Costantino e con lui Licinio, la cui mente non era stata ancora stravolta dalla follia nella quale poi cadde, propiziato Dio, causa di tutta la loro prosperità, pro mossero insieme, con una sola volontà e un sol pensiero, una ,
33 n titolo di «perfettissimo» competeva ai prefetti e agli alti funziona-
ri dell'amministrazione imp eriale .
.
34 Eusebio continua il parallelismo tra Costantino e Mosè. Infatti il ti tolo di liberatore è attestato in A t 7, 3 5, e nel brano lucano è riferito a Mosè.
Gli altri due titoli erano tradizionalmente attribuiti all'imperatore. 35 Anche Panegirici, 9, 25 fa riferimento a una statua aurea in onore di Costantino. La statua quindi di cui sta parlando Eusebio è molto probabil mente il simulacrum aureum, che secondo la tradizione imperiale rappresen tava la divinit à dell'imperatore e veniva collocata nel Fo ro ll p arti col are ri ferimento eusebiano alla croce posta sulla mano della statua (non sappiamo se in cima a un globo o a un labaro) è dallo storico interpretato come il rico noscimento da parte di Costantino del Dio cristiano, e il segno della sua ri conoscenza per il dono della vittoria su Massenzio. In ogni caso questo è cer: tamente un indizio della nuova politica imperiale inaugurata da Costantino, il quale mirava a una pacificazione religiosa in funzione di un rafforzamento politico dell'impero. Quella di Costantino (e di Licinio) era una strada oppo sta a quella di Diocleziano, ma con la medesima- finalità: la pacificazione del l'impero e il rafforzamento dell'autorità imperiale. "
"
.
Libro IX,
9-9A
203
legge perfettissima 36 sui Cristiani e trasmisero a Massimino, che ancora dominava sulle province orientali e si fingeva loro amico, la medesima legge insieme al racconto dei prodigi divi ni nei loro confronti e della vittoria sul tiranno. 13 . Egli però, poiché era un tiranno, fu afflitto per ciò che venne a sapere. Non volendo tuttavia sembrare che cedesse ad altri e non vo lendo eliminare quanto era stato ordinato, per paura di chi l'a veva: comandato, come di propria iniziativa stilò ai governanti a lui sottoposti questo rescritto sui Cristiani, nel quale, menten . do a s.e stesso, inventò cose che non aveva mai compiuto. 9A.
C OP IA TRADOTTA DI UNA LETTERA DEL TIRANNO
l. «Giovio Massimino Augusto a Sabino n. Sono convin to che alla tua fermezza e a tutti gli uomini è chiaro che i nostri .signori Diocleziano e Massimiano, nostri predecessori, allorché ebbero compreso che quasi tutti gli uomini, abbandonato il culto degli dei, si erano uniti alla progenie dei Cristiani, ordi narono. giustamente che tutti gli uomini, i quali si fossero al lontanati dal culto dei loro dei immortali, con una chiara san zione e un c a s tig o fossero ricondotti al culto degli dei. 2. Quan do poi per la prima volta giunsi 38 sotto felice auspicio in Orien te e venni a sapere che in taluni luoghi moltissimi uomini in gra 'do di essere utili allo Stato, dai sopraddetti giudici erano esilia ti, a ciascun giudice ho dato ordini tali acciocché nessuno in fu turo si comportasse in maniera spietata coi provinciali, ma piut-
36 Non possediamo il testo di questa «legge perfettissima», emanata tra il novembre e il dicembre del 3 12 . In parte possiamo colmare la lacuna con
· l'editto, emanato da Massimino D aia in seguito a questa legge, e il cui testo è qui di seguito riportato da Eusebio. 37 li medesimo prefetto del pretorio, ricordato supra IX, l , 2, nota 4 . 3 8 Massimino Daia giunse in Oriente nel 3 05 -3 06 , come Cesare di Ga lerio. Cf. VITI, nota 46.
204
Storia ecclesiastica
tosto li richiamasse al culto degli dei con allettamenti ed esor tazioni. 3 . Fino a quando dunque, conformemente al mio ordi ne, i giudici osservarono le disposizioni, avvenne che nelle par ti orientali nessuno fu esiliato o maltrattato, ma piuttosto fu ri chiamato al culto degli dei grazie proprio al fatto che nulla di grave gli era stato inflitto. 4 . In seguito, quando l'anno scorso giunsi sotto felice auspicio a Nicomedia, i cittadini di quella città vennero da me, assieme ai simulacri degli dei, per chiede re con forza che a una tale genia in nessun modo fosse permes so di abitare nella loro patria. 5 . Allo rché però seppi che mol tissimi uomini aderenti a quel culto abitavano in quelle mede sime parti, diedi loro queste risposte: avevo provato gioia e pia cere per la loro petizione, ma notavo che la cosa non era stata richiesta da tutti; se dunque alcuni perseveravano in quella su perstizione, ciascuno poteva mantenere la propria scelta; op pure, se volevano, riconoscere il culto degli dei. 6. Agli abitanti poi di Nicomedia e di altre città, che mol to premurosamente mi avevano presentato una richiesta simile sul medesimo argomento, cioè che nessun cristiano abitasse nelle città, dovetti dare una risposta benevola. Poiché proprio questo avevano osservato tutti gli antichi imperatori e ciò era piaciuto agli stessi dei, grazie ai quali sussistono tutti gli uomi ni e la stessa amministrazione dello Stato, convalidai questo ti po di richiesta, che essi hanno presentato a favore del culto del la loro divinità. 7. Perciò, anche prima d'ora di frequente sono stati inviati alla tua devozione istruzioni e ti è stato ordinato per mezzo di disposizioni di non prendere provvedimenti tropp o severi nei confronti dei provinciali, che volessero osservare quella consuetudine, ma che ci si comportasse con loro in mo do indulgente e con moderazione, e che non avessero a subire offese o estorsioni dai Beneficiari 39 o da chiunque altro. Con3 9 Funzionari che nel IV sec. ricoprivano incarichi quasi unicamente giudiziari. Precedentemente essi erano graduati minori dell'esercito, e in
Libro lX,
9A
205
seguentemente, anche con questo scritto ho ritenuto che la tua fermezza saprà richiamare meglio i nostri provinciali alla devo zione degli dei mediante l'uso di lusinghe ed esortazioni. Se uno poi giunge alla determinazione di dover riconoscere il culto de gli dei, è opportuno accettarlo; se altri invece vogliono seguire il proprio culto, siano lasciati liberi. 9. La tua devozione quindi deve osservare quel che ti è stato prescritto. A nessuno sia data licenza di tribolare i nostri provinciali con offese o estorsioni, come ho detto sopra. È opportuno piuttosto richiamare me diante esortazioni e lusinghe i nostri provinciali al culto degli dei. Mfinché questa nostra disposizione giunga a conoscenza di tutti i nostri provinciali, dovrai rendere noto quel che ti è stato ordinato mediante la pubblicazione di un editto». 1 0 . Poiché a questo era stato costretto dalla necessità e non lo aveva dispo sto di sua propria volontà, tutti lo ritennero insincero e non de gno di fede: già precedentemente 40, dopo una concessione si mile, aveva dato prova del suo carattere incostante e inganna tore. 1 1 . Nessuno dei nostri, perciò, osò convocare assemblee o esporsi in pubblico, poiché il rescritto non gli permetteva nep pure questo. Ci concedeva solo di essere preservati dalle mole stie, ma non incoraggiava né a tenere assemblee, né a costruire chiese e neppure a compiere le nostre abituali cerimonie. 1 2 . I difensori della pace e della religione 4 1 gli avevano tuttavia scritquanto tali erano esentati dagli stessi obblighi dei soldati (e poiché godevano di un bene/icium erano appunto chiamati beneficiarii). Avevano anche il tito lo di Officiales, in quanto avevano il dovere (officium) di essere addetti al ser vizio degli ufficiali superiori. 4 0 il riferimento è allo scritto precedente, del 3 1 1 , quando Massimino Daia aveva autorizzato, con lettera al medesimo ricordato Sabino, la pubbli cazione dell'editto di Serdica. Cf. supra IX, l, 3 ss., nota 3 . 4 1 Costantino e Licinio. Dal testo eusebiano ci sembra si possa dedur re che la «legge perfettissima» del 3 12 contenesse quanto poi sarà detto all ' i nizio dell'anno seguente, nel cosiddetto Editto di Milano. D'altro canto è or mai evidente al lettore, che già più editti, emanati da imperatori diversi, anti cipavano il più famoso editto milanese.
206
Storia ecclesiastica
to di concederlo ed essi stessi lo avevano accordato mediante editti e leggi a tutti i loro sottop o sti. Su questo però quell'em pio quant'altri mai non volle cedere, se non quando, spinto dal la giustizia divina, vi fu infine portato suo malgrado. 10. LA VITTORIA DEGLI IMPERATORI CARI A D IO l. Fu costretto da questo motivo. Non era stato capace di reggere la grandezza del governo il quale era stato affidato a lui non perché avesse meriti personali - ma, per mancanza di moderazione e di capacità di gestione del potere imperiale, in ogni affare operò in modo grossolano. Esaltatosi poi irragione volmente, per orgogliosa alterigia, osò agire con insolenza per sino contro i colleghi nell'impero - i quali lo superavano in tut to, per nascita, formazione, educazione, dignità, intelligenza e per la cosa più importante di ogni altra, l'assennatezza e la pietà nei confronti del vero Dio -, e proclamarsi primo in onore 42. 2 . Spingendo così la pazzia fino alla demenza, " violando gli ac cordi stipulati con Licinio, diede inizio a una guerra implacabi le. In breve tempo sconvolse ogni cosa e mise in subbuglio tut te le città: radunò tutto l'esercito - un'innumerevole moltitudi ne d'uomini - e si schierò a battaglia contro di lui, con l'anima eccitata per la speranza nei demoni, che egli riteneva dei, e nel numero altissimo di soldati. 3 . Quando però si giunse allo scon tro, rimase privo dell'aiuto di Dio, poiché l'unico · e solo Dio di tutti assegnò la vittoria all'imperatore di allora 43. 4 . Prima per-
42 Evidentemente, come era anche facile supporre, Massimino D aia di buon grado l' autonomina di Costantino a primus Au
non aveva accettato
gustus, titolo già di Diocleziano e che dava la facoltà di emanare leggi vali de per tutte le parti dell'impero. D'altro canto Massimino poteva vantare di pos sedere da più tempo il titolo di Augustus, rispetto a Costantino e Licinio. . 43 Licinio. L'alleanza tra Licinio e Costantino, "ribadita dai colloqui di Milano dd febbraio dd 3 13 e rafforzata da un legame di parentela (i due Au-
Libro IX, 9A-10
207
dette l'esercito, in cui aveva posto la sua fiducia; quando poi le guardie del corpo lo lasciarono solo e ripararono presso l'im peratore, lo sciagurato, abbandonato da tutti, si liberò veloce mente degli ornamenti imperiali, a lui non confacenti, e in mo do vile, ignobile e codardo si confuse con la moltitudine. Quin di scappò, nascondendosi qua e là in campi e vill aggi, e, cer cando di guadagnare la salvezza, si sottrasse alle mani dei ne mici. Con le sue azioni rese chiaro quanto fossero degni di fe de e veritieri gli oracoli divini 44 , in cui si dice: 5 . Non vlnce t'l re con poderose schiere, né va salvo t'l glgante per la sua forza. Inutz'le è t'l destriero alla salvezzaj non con una grande forza d sz' può salvare. Ecco glz" occhz' del Sz'gnore sono su coloro che lo te mono, su chz' spera nella sua mz'serz'cordz'a, per preservare dalla morte la loro anz'ma i. 6. Pieno di vergogna, il tiranno si recò quindi nelle parti a lui s oggette 45 . Nella sua folle collera, per prima cosa mise a morte molti sacerdoti e profeti degli dei da lui precedentemente venerati, dai cui oracoli era stato spinto a i Sal 33 ,
16-19.
gusti divenivano cognati) , poneva serie difficoltà a Massimino Daia. Senten dosi minacciato, quest'ultimo varcò l'Ellesponto, conquistò Bisanzio e, forte di un esercito di settantamila uomini, avanzò fino a Eraclea Pontica, capo luogo della Bitinia e del Ponto. Nei pressi di questa città, al Campus Ergenus, il 3 0 aprile del 3 13 avvenne lo scontro decisivo con Licinio. Massimino uscì sconfitto, sebbene l'esercito rivale fosse notevolmente più esiguo. 44 Anche la vittoria di Licinio su Massimino Daia è interpretata in chia ve provvidenzialista. Lattanzio (op. cit. , 46-47) , riportando l'evento, racconta pure di un sogno di Licinio, durante il quale un angelo avrebbe insegnato a Licinio una preghiera, che poi costui avrebbe fatto recitare ai suoi soldati. Il tem a di preghiere che portano alla vittoria, insieme ai ricorrenti sogni, è pre sente anche in Eusebio, Elogio di Costantino, 9, 9s.; Vita di Costantino, 4, 20. ·i� 45 Massimino Daia, fuggendo avventurosamente da Eraclea Pontica, raggiunse prima Cesarea di Cappadocia, dove radunò un nuovo esercito. Poi attraversò il fiume Tauro e si chiuse a Tarso, attendendo Licinio, che nel frat tempo era giunto a Nicomedia e stava sistematicamente conquistando le pro vince anatoliche della parte orientale dell'impero.
208
Storia ecclesiastica
intraprendere la guerra: essi erano stati ciarlatani, ingannatori e, specialmente, traditori della sua salvezza. Resa poi gloria al Dio dei Cristiani, promulgò una legge 46 che ci concesse la li bertà nel modo più completo e più pieno. Subito dopo, senza che gli fosse consentito altro tempo, morì di morte orribile. L a legge da lui emanata era la seguente: Copia della traduzione dell'editto del tiranno sui Cristia ni, tradotto dal latino in greco 7. «L'imperatore Cesare Gaio Valeria Massimino, Germa nico, Sarmatico, Pio, Felice, invitto Augusto. Riteniamo che nessuno ignori e anzi che chiunque risale ai fatti accaduti sap pia e comprenda chiaramente che in ogni modo, costantemen te, noi ci diamo pensiero di ciò che è utile per i nostri provin ciali e vogliamo loro procurare quelle cose mediante le quali tutti ottengano il massimo giovamento, sia quello che rende profitto e utilità alla loro comunità sia quel che corrisponde al pubblico interesse e concorda con il pensiero di ciascuno. 8. Quando in passato venne a nostra conoscenza che, col pretesto dell'ordine dato dai divinissimi nostri predecessori, Dioclezia no e Massimiano, di abolire le assemblee dei Cristiani, gli 0!/i ciales 47 avevano compiuto molte estorsioni e ruberie; e che an che dopo persisteva un tale modo d'agire contro i nostri pro vinciali - di cui ci preoccupiamo di assicurare la migliore assi stenza possibile e i cui beni personali erano consumati - l'anno scorso inviammo una lettera 48 ai governatori di ciascuna pro vincia e abbiamo disposto che chi volesse seguire una tale con'\
46 L'editto, di cui Eusebio subito di seguito riporta l a traduzione dal la tino, fu emanato a Tarso poco prima della morte di Massimino Daia. Quin d i è da datare all'agosto (o settembre) del 3 13 . 47 Cf. supra IX , n . 39. 48 Cf. supra IX, 9a, 1 -9.
Libro /X,
10
209
suetudine o osservare quella pratica religiosa, realizzasse libe ramente il suo proposito, senza che alcuno lo ostacolasse o lo impe di ss e; e che ognuno avesse la facoltà di fare ciò che prefe riva, senza alcuna paura o sospetto. 9. Non ci è ora potuto tut tavia sfuggire che alcuni giudici hanno trasgredito i nostri ordi ni e hanno agito in maniera t ale che i no st ri sudditi fossero esi tanti circa le nostre disposizioni e con alquanta titubanza si ac costassero alle pratiche religiose che preferivano. 1 0 . Affinché, dunque, fosse rimosso ogni sospetto o dubbio, originato dalla paura, abbiamo stabilito che fosse pubblicato questo editto, in modo tale che a tutti fosse chiaro come, per questa nostra con cessione, sia permesso, a chiunque voglia, di far parte di questa setta e di praticarne il culto: ognuno si accosti, nel modo che vuole o gli è gradito, a quel culto che ha scelto di praticare, se condo la propria consuetudine. È inoltre consentito costruire case del Signore. 1 1 . Mfinché inoltre la nostra concessione sia ancora più grande, abbiamo determinato di stabilire questo, che se case o terreni, appartenenti precedentemente di diritto ai Cristiani, in seguito all'ordine dei nostri predecessori siano passati di proprietà del fisco oppure del demanio di qualche città; e inoltre, sia che siano stati venduti sia che siano stati da ti gratuitamente a qualcuno, abbiamo ordinato che tutti questi beni fossero restituiti all'antico diritto dei Cristiani, affinché anche in questo tutti riconoscano la nostra pietà e sollecitudi ne». 1 2 . Queste furono le parole del tiranno, giunte nemmeno un intero anno dopo essere stato pubblicato su tavole un suo editto contro i Cristiani 49 . E colui che poco prima riteneva noi empi, atei, rovina del mondo, a tal punto che non ci era per messo abitare non solo in città, ma neppure in campagna o nel deserto, proprio la medesima persona disponeva ora costitu zio ni e leggi in favore dei Cristiani. E quelli che fino a poco tempo prima erano fatti morire sotto i suoi occhi col ferro e col 49 TI riferimento è al rescritto agli abitanti di Tiro. Cf. supra IX, 7, 3- 14.
210
Storia ecclesiastica
fuoco, dati in pasto a belve e a uccelli rapaci, che erano sotto posti a ogni genere di castigo, di punizione, di morte miserevo lissima, atei ed empi, proprio loro adesso hanno da lui ricono sciuto il diritto a celebrare il culto, ricevono il permesso di co struire chiese. Il tiranno in persona riconosce che a loro spetta no dei diritti. 13 . Dopo tale riconoscim ento, come riceven do per questo una ricompensa, cioè di soffrire meno di quanto avrebbe dovuto soffrire, fu improvvisamente colpito dalla fru sta di Dio e morì nel secondo periodo della guerra 50. 1 4 . Ma· a lui non capitò una morte quale quella dei comandanti in guer ra, ai quali, valorosamente c9mbattendo per la gloria e per i fa miliari, capitò di trovare intrepidamente, in battaglia, una fine gloriosa. Egli invece, in quanto empio e nemico di Dio, mentre il suo esercito era schierato in campo ed egli se ne stava nasco sto in casa, subì la dovuta punizione. Colpito improvvisamente per tutto il corpo dalla frusta di Dio, fu assalito da spasmi e do lori atroci, logorato dalla fame, con le carni consumate da un fuoco invisibile, proveniente da Dio. L'intero aspetto fisico di un tempo si era guastato e dissolto; erano rimaste soltanto ossa rinsecchite, quale una forma da tempo ischeletrita, tanto che i presenti ritenevano che il corpo fosse divenuto niente altro se non il sepolcro della sua anima; sepolta in un cadavere già del tutto consumato. 15 . Allo rché la febbre lo bruciò ancor di più e con maggiore veemenza dal profondo del midollo, gli occhi allora schizzarono fuori e, cadendo dalla loro sede, lo lasciaro no cieco. Egli tuttavia, pur in questa condizione, respirava an cora e, riconoscendo il Signore, invocava la morte. Infine, do po aver confessato che giustamente soffriva tutti questi mali a causa del suo oltraggio a Cristo, rese la sua anima 5 1 . 5 0 L a morte colse Massimino Daia nel settembre ( o agosto) del 3 13 , "' quando Licinio s i stava appressando a Tarso. 5 1 Lattanzio (op. cit., 49) riporta che Massimino Daia sarebbe morto per aver ingerito una dose di veleno.
Libro IX, 1 0- 1 1
211
1 1 . L A DISTRUZIONE DEFINITIVA DEGLI AVVERSARI DELLA RELIGIONE
Toltosi d'attorno così Massimino, il quale, unico rima sto tra gli avversari della religione, si era mostrato il peggiore di tutti, per grazia di Dio onnipotente, furono ricostruite dalle fondamenta le chiese. La dottrina di Cristo, risplendente per la gloria del Dio dell'universo, godette di una libertà di esprimer . si più grande di prima, mentre fu coperta di estrema vergogna e disonore l'empietà dei nemici della religione. 2. Per primo 5 2 lo stesso Massimino, proclamato dagli imperatori nemico pub blico, fu dichiarato, mediante circolari affisse in pubblico, ti ranno empissimo, aborritissimo e nemico di Dio al massimo gtado. Di tutti i ritratti in onore suo o dei suoi figli esposti in ogni città, alcuni furono buttati a terra e fatti a pezzi, altri eb bero i volti cancellati, annerendoli con colore oscuro. Parimen ti, le statue erette in suo onore furono buttate a terra e fatte a pezzi, oggetto di derisi� ne e dileggio da parte di chi avesse vo luto ingiuriarle e schernirle. 3 . Anche gli altri nemici della reli gione furono privati di ogni onore. Quanto ai partigiani di Mas simino, tutti furono uccisi, specialmente quelli che per adula zione nei suoi confronti erano stati da lui onorati con incarichi di comando e avevano recato offesa alla nostra dottrina. 4. Tra costoro c'era quello che era stato il più onorato e il più stimato di tutti, il suo più vero compagno, Peucezio, due volte e tre vol te console, designato da lui prefetto del fisco 53; e inoltre Cuil.
52 Certamente Massimino Daia non fu il "primo" a subire la damnatio memoriae. 53 Rit en iamo che la qualifica di «prefetto del fisco», data a Peucezio da Eusebio, concordemente riportata dai codici, sia, più che una svista dello sto rico, l'indizio di una nuova carica inaugurata da Massimino Daia. D'altro can to è noto come da Diocleziano in poi, che operò una grande riforma dell'am ministrazione, ci siano stati molti aggiustamenti da parte degli imperatori se guenti. ·
·
2 12
Storia ecclesiastica
ciano 54, il quale aveva ugualmente ricoperto tutte le cariche di comando: proprio costui si era fatto notare per il sangue di in numerevoli Cristiani in Egitto. Oltre costoro ce ne furono non pochi altri, grazie ai quali si era massimamente rafforzata e ac cresciuta la tirannide di Massimino. La Giustizia reclamò anche Teotecno 55 , affatto dimentica di quel che costui aveva compiu to contro i Cristiani. Grazie al simulacro che aveva innalzato in Antiochia, era sembrato prosperare ed era stato ritenuto degno del governatorato da parte di Massimino. 6. Quando però Li cinio giunse nella città d'Antiochia, dopo aver fatto ricerca dei maghi, inflisse torture ai profeti e ai sacerdoti del nuovo simu lacrq, allo scopo di apprendere con quale disegno avessero pre disposto l'inganno. Poiché costretti dalle torture gli era impos sibile tenerlo nascosto, rivelarono che tutto il mistero era un imbroglio tramato dall'arte di Teotecno. A tutti fu inflitta la giusta pena. Prima fu messo a morte, dopo moltissime altre tor ture, lo stesso Teotecno e poi tutti i suoi campagni nella magia. 7. A tutti questi furono aggiunti i figli di Massimino, che egli aveva reso partecipi dell'onore imperiale e della celebrazione con ritratti ed effigi. Quelli poi che prima si vantavano di pa rentela col tiranno e si ritenevano in grado di opprimere tutti gli uomini, soffrirono le medesime pene, insieme all'estrema
ignominia, poiché non avevano dimostrato correzione né rico nosciuto e compreso l'esortazione delle sacre letture, che esor tano: 8. Non ponete la vostra fiducia nei principi, nei figli d'uo mim; in cui non vi è salvezza. Il suo spirito svanirà ed egli ritor nerà alla sua terra. In quel giorno periranno tutti i suoi disegni k. Essendo stati dunque così eliminati gli empi, il principato rik
Sal 146, 3s.
54
Clodio Culciano fu prefetto d'Egitto dal 303 al 306. Cf. Epifanio,
Contro le eresie, 68. 55 Cf. supra IX, 2s.,
n.
l l s.
Libro iX,
11
2 13
roase saldo e senza contestazioni ai soli Costantino e Licinio. Essi, tolta di mezzo prima di tutto l'ostilità contro Dio, consci dei beni loro accordati da Dio, dimostrarono amore per la virtù e per Dio, pietà e gratitudine alla divinità con una legislazione a favore dei Cristiani 56.
56 Seguendo i codici ATER, abbiamo concluso qui il libro IX, e posto più coerentemente la dossologia (= formula di lode a Dio) all'inizio del deci mo libro. Cf. in/ra X, l .
LIBRO X
Questi sono gli argomenti del decimo libro della Storia ecclesiastica 1 :
La pace concessaci da Dio. La ricostruzione delle chiese. 3 . In ogni luogo si edificano chiese. 4 . Panegirico sulla nostra splendida situazione. 5. Copia di leggi imperiali relative ai Cristiani. 6. Copia di una lettera imperiale in cui si. donano ricchez ze alle Chiese. 7 . Copia di una lettera imperiale in cui si ordina che i ca pi delle chiese siano esentati da tutti gli oneri pubblici. 8. La successiva perversione di Licinio e la sua tragica fine. 9. L a vittoria di Costantino e i benefici da lui procurati ai sudditi dell'impero romano. 1.
2.
l. LA PACE CONCESSACI DA DIO
Rendiamo grazie per ogni cosa a Dio onnipote nte e Re dell'universo, e pienezza di grazie al Salvatore e Redentore del le nostre anime, Gesù Cristo, ad opera del quale incess antel.
l I codici E R riportano due differenti indici. Noi qui seguiamo quello riportato nell'edizione critica da cui traduciamo, quell a di E. Schwartz.
Libro X,
l
2 15
m ente preghiamo che ci sia conservata una salda e stabile pace, lo ntano dalle insidie esterne e dello spirito. 2. Insieme alle pre ghiere, aggiunto adesso ai precedenti, a te dedicherò questo de cimo libro della Storia ecclesiastica, mio santissimo Paolino 2 , proclamandoti suggello dell'intera opera. 3 . Opportunamente qui collocheremo, in un numero perfetto, il discorso perfetto, il p anegirico della ricostruzione delle chiese; e così obbediamo allo Spirito divino che a un dipresso così ci ha esortato: Canta te al Signore un cantico nuovo) perché ha compiuto prodigi. La sua destra e il suo braccio santo l'ha salvato. Il Signore ha /atto conoscere la sua salvezza) ha rivelato la sua giustz'zia di fronte ai popoli a . 4 . In, conformità all'oracolo, cantiamo ora un canto nuo vo, perché dopo quelle tetre e terribili visioni e n arrazioni sia mo stati resi degni di vedere e celebrare cose quali molti tra quelli che sono vissuti prima di noi, gius ti e testimoni di Dio, hanno desiderato vedere sulla terra, e non videro, desiderato ascoltare, e non ascoltarono b . 5. Ma essi, affrettandosi con la massima celerità, ebbero in sorte beni di gran lunga maggiori nei cieli, rapiti nel paradiso c della delizia divina. Noi invece, pur riconoscendo che anche. questi beni presenti sono superio ri ai nostri meriti, siamo rimasti colpiti dalla magnanimità del
dono da Lui fattoci; e giustamente lo onoriamo, adorandolo con la forza di tutta la nostra anima, testimoniando la verità delle profezie contenute nella Scrittura, in cui si dice: 6. Venite a Sal 97 , 1s.
b Cf.
Mt
13 , 1 7 .
c
Cf.
2 Cor 12, 4.
2 Paolino, nativo d i Antiochia, era vescovo d i Tiro, in Fenicia. Nel 330, in seguito all a deposizione dell' antiariano Eustazio - deposizione, per altro,
fortemente voluta da Eusebio di Cesarea - e dopo il rifiuto del medesimo Eu sebio, divenne vescovo di Antiochia. Tuttavia nei testi che si occu p ano di pa tristica è sempre designato come «Paolino di Tiro», per distinguerlo da un al tro Paolino di Antiochia. Cf. Alois Grillmeier, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, cit . , pp. 392, 523 .
216
Storia ecclesiastica
a mirare le opere del Signore, le cose stupende che eglifa sulla ter ra: fa cessare le gue"e fino all'estremità della te"a. Spezzerò l'ar co e romperò l'armatura, e brucerò nel fuoco gli scudi d_ Gioio si perché queste profezie si sono manifestamente avverate a no stro vantaggio, proseguiamo il racconto. 7. Nel modo sopraddetto sparì tutta la stirpe dei nemici di Dio, improvvisamente sottratta alla vista degli uomini, e così di nuovo giunse a compimento la parola di Dio, che dice: Vidi l'empio imbaldanzire e levarsi come i cedri del Libano. Ripassaz; ed ecco più non era; cercai il luogo suo, e non fu più trovato e. 8. Un giorno, del resto, luminoso e limpido, non oscurato da nu be alcuna, con raggi di luce celeste risplendeva su tutte le Chie se di Cristo presenti nel mondo. Persino chi era estraneo alla nostra comunità ebbe occasione di godere, se non delle stesse cose, almeno del riflesso e della partecipazione dei beni a noi accordati da Dio 3 . 2 . LA
RICOSTRUZIONE DELLE CHIESE
l. Tutti gli uomini furono quindi liberati dalle angherie dei tiranni e, sollevati dai mali di un tempo, chi in un modo ch i in un altro, ciascuno confessava unico e vero Dio quello che ave· va combattuto in favore degli uomini pii. Soprattutto noi, che
d
Sal 46, 9.
e Sal 37, 35s.
3 Eusebio fa qui un'anticipazione di quanto più sotto (5 , 4) espliciterà: l'editto di Milano dd 3 13 aveva concesso libertà religiosa non solo ai Cristia ni, ma anche a gruppi religiosi pagani, non aderenti alla religione dello S tato , e ai Giudei. Nei riguardi di questi ultimi però, due anni dopo, nd 3 1 5 , Co stantino comminò la pena dd rogo a quanti si fossero convertiti a quella fe de; e poco dopo (nd 32 1 ) revocò nei loro confronti ogni immunità (cf. Codex Theodosianus, 16, 8, l ; 8, 3 ) . Tuttavia nd 330 il medesimo Costantino esone rerò da oneri personali e pubblici gli alti esponenti delle sinagoghe.
Libro X, 1-3
2 17
avevamo posto le nostre speranze nd Cristo di Dio, gioimmo di gioia ineffabile; una divina letizia fiorì in ognuno, poiché vede vam o che tutti i luoghi, poco prima devastati dall'empietà dei tiranni, cominciavano a rivivere, come dopo una lunga ed esi ziale carestia. I templi di nuovo sorgevano dalle fondamenta, fi no a raggiungere un'altezza immensa, e assumevano uno splen dore di gran lunga maggiore di quelli che un tempo erano stati rasi al suolo. 2 . Anche gli eccelsi imperatori 4 con la continua formulazione di leggi a favore dei Cristiani ampliavano e accre scevano i doni a noi concessi dalla magnanimità di Dio; e ai ve scovi giungevano lettere scritte di suo pugno dall'imperatore, e anche onori e donazioni di denaro. Non sarebbe inopportuno incidere in questo libro, come su una tavola sacra, le parole di questi documenti, tradotti dal latino in g reco perché esse pos sano essere custodite attraverso il ricordo da quelli che verran no dopo di noi 5 . ,
3 . IN OGNI LUOGO SI EDIFICANO CHIESE l . Ebbe luogo inoltre uno spettacolo da tutti auspicato e desiderato: feste di dedicazione in ogni città, consacrazioni di chiese di nuova costruzione, riunioni, a questo scopo, di vesco vi, concorso di genti da regioni lontane e straniere, sentimenti d'amicizia di un popolo verso l'altro, unione delle membra del corpo di Cristo in una sola armonia di partecipanti. 2 . Confor memente a una profezia, che in modo arcano preannunciava il futuro, l'osso si univa all'osso, la giuntura alla giuntura, e aveva re almente compimento quanto per enigmi era stato predetto
4 Costantino e Licinio. .5 I testi di questa documentazione saranno riportati da Eusebio più sot to, nei cc. 5-7.
218
Storia ecclesiastica
dalla parola del profeta f. 3 . Una era la potenza dello Spirito di vino che circolava per tutte le membra; una l'anima di tutti; identico l'ardore di fede; unico l'inno di tutti a glorificazione di Dio. Ovunque si tenevano cerimonie perfette di capi delle Chiese, riti sacri di sacerdoti, istituzioni divine della Chiesa, ora con il canto di salmi e con l'ascolto delle altre parole dateci da Dio, ora con il compiere servizi divini e mistici; ed essi erano simboli ineffabili della passione del Salvatore. 4. Contempora neamente gente di ogni età, uomini e donne, con tutta la forza della loro mente magnificavano il Dio, autore dei loro beni, pregandolo e ringraziandolo, gioiosi nel cuore e nell'anima. Ogni capo delle Chiese presenti pronunciò anche un panegiri co, secondo la propria capacità, entusiasmando l'assem blea. 4. PANEGIRICO SULLA NOSTRA SPLENDIDA SITUAZIONE
( Un uomo 6 abbastanza meritevole, che aveva composto un discorso, si fece avanti al cospetto dell'assemblea. In una chiesa gremita, alla presenzà di molti · pastori che lo ascoltavano in silenzio e ordinatamente, tenne il seguente discorso al co spetto di un vescovo eccellente in tutto e caro a Dio, grazie al cui zelo era . stato innalzato il tempio che .sorgeva· a Tiro, di gran lunga superiore a tutti quelli della Fenicia 7. f Ez 37, 7. 6 Secondo la tradizione, Eusebio, autore del panegirico che segue, si in · dividua senza fare il proprio nome. Parimenti mai viene nominato il destin a· tario primo del panegirico medesim o , il vescovo Paolino. . 7 Eusebio dona grande rilevanza, nella distribuzione degli argom en�t del decimo libro, alla dedicazione della basilica di Tiro {3 15/3 16) , poiché è � segno visibile .dell'affermazione politico-religiosa del cristianesimo. n panegl rico inoltre riveste notevole importanza sia per il pensiero teologico, ivi con : tenuto, sia perché ci fornisce, pur attraverso una retorica densa di simboli smi
Libro X, 3-4
2 19
Panegirico sull'edificazione delle chiese, indirizzato a Pao }ino, vescovo di Tiro 2 . «Ami ci. di Dio e sacerdoti, adornati della sacra tunica e
della corona celeste della gloria, dell'unzione divina e della sa cra veste dello Spirito santo, e tu, giovane vanto del santo tem pio di Dio, onorato da Dio con la sapienza degli anziani, tu che hai mostrato opere e azioni magnifiche di una virtù giovane e vl.gorosa; tu, a cui Dio stesso, che racchiude il mondo intero, ha dato il dono di edificare e restaurare la sua casa in terra p er Cri sto, suo Verbo unigenito e primogenito s , e per la sua sposa sane ardite metafore, la prima descrizione della incipiente, specifica architetto nica cristiana. Questa derivava direttamente dalla basilica imperiale, dal II . sec. in poi, quando questo edificio univa alla tradizionale funzione di ammi nistrazione della giustizia quello di luogo ove si svolgevano le pubbliche ma- · nifestazioni dell'autorità imperiale, non escluse quelle connesse al culto dd l'imperatore. Tale funzione è il motivo della forte separazione, all'interno di una costruzione rettangolare, tra le navate e l'abside, rettangolare o semicir colare, ove era posto il tronq imperiale. Anche nella baszlica cristiana le nava te, destinate ai feddi, sono nettamente separate, me diante un transetto, dal l' abside, luogo riservato al culto dd vero Re, Dio. Antistante all'edificio era situato un quadriportico, ove si r-a dunavano i catecumeni. Proprio della basi lica, sia cristiana sia pagana, era il contrasto tra la semplicità della struttura esterna e lo sfarzo dell'interno (che Eusebio descrive accuratamente). Cf. S. Bottari, Storia dell'arte italiana, vol. I, Milano-Messina 1 963 , pp. 7 1 ss. 8 Questo panegirico è il luogo, nella Storia ecclesiastica, dove a tutto ton do Eusebio espone · il suo pensiero trinitario e cristologico. Rimandiamo al l' ampia sezione che a Eusebio dedica A. Grillmeier, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, cit., pp. 387-4 1 9, dove il lettore potrà attingere a un'ampia bi . bliografia, e M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, cit. , pp. 60-66. TI pen siero trinitario eusebiano si colloca in ambito ·subordinazionista (e per questo sarà spesso, impropriamente, accostato a quello di Ario), quindi accentua for tem ente il ruolo dd Padre rispetto al Figlio e allo Spirito: il Verbo per Euse bio è «il demiurgo , il luogotenente l'aiutante, il servitore, lo strumento vivo» �el P adre (Grillmeier, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, cit., p. 394). Per il rigido homoousiano Atanasio d'Alessandria era quanto bastava per sospet t are Eusebio di eccessiva vicinanza al pensiero di Ario, e fare di tutto per scre ditarlo. Daremo specifiche indicazioni, in nota, man mano che prosegue il di scorso eusebiano. .
·
,
220
Storia ecclesiastica
ta e divina; 3 . sia che ti si possa chiamare novello Beseleel 9, co struttore di un tabernacolo divino, sia Salomon e 1 0 , re di una nuova Gerusalemme, di gran lunga superiore alla preced en te, oppure nuovo Zorobabel I l , che dà al tempio di Dio una gloria più alta di quella di prima; 4. ma anche voi, figli del sacro greg ge di Cristo, mensa di buoni discorsi, scuola di sapienza, udi torio pieno di venerabile devozione e caro a Dio. 5 . Un tempo, quando attraverso l'ascolto dei testi divini sentivamo dei segni prodigiosi di Dio e dei benefici dei miracoli del Signore nei confronti degli uomini, potevamo levare inni e canti a Dio, abi tuati a dire: Dio, abbiamo ascoltato con le nostre orecchie, i no stri padri ci hanno annunciato l'opera che hai compiuto ai loro giorn� nei giorni antichi g. 6. Ma ora non più per sentito dire né solo a parole conosciamo il braccio eccelso e la destra celeste del nostro benevolissimo Dio, sommo Re. Nelle opere - per co sì dire - coi nostri stessi occhi vediamo che quel che in antico fu affidato alla memoria, questo è veritiero e interamente degno di fede; ed. è possibile intonare un secondo inno di vittoria, ve ramente proclamare e dire: Come abbiamo udito, così abbiamo visto nella città del Signore degli esercit� nella città del nostro Dio h. 7 . Ma in quale città, se non in questa che Dio ha or ora edificato e costruito? Essa è Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità i. Di lei anche un altro oracolo divino annuncia: Cose gloriose sono state pronunciate su di te, città di g Sal 44 ,
2.
h Sal 48,
9.
i l
Tm 3 , 15.
9 A Beseleel, in Es 3 1 , 2ss . , Dio affida la produzione degli arredi sacri , per il culto. l O Salomone, figlio e successore di D avide , è qui visto quale ideatore � edificatore del Tempio di Gerusalemme. In questo senso, insieme agli altri due personaggi biblici citati da Eusebio, diventa segno e anticipazione del co struttore del nuovo tempio, quello cristiano. 1 1 Zorobabel, in Ag l, lss., è l'alto commissario incaricato da Dio stes so della ricostruzione del tempio gerosolimitano.
Libro X, 4
22 1
Dio i. In essa ci ha riunito il benevolissimo Dio per la grazia del suo Unigenito. Ognuno degli invitati, gridandolo e proclaman dolo, canti soltanto: Quale fu la mz'a gioia, quando mi è stato det to: «A ndremo alla casa del Signore>> k e O Signore ho amato la bellezza della tua casa e il luogo in cui ha sede la tua gloria I. 8 . E non ciascuno da solo, ma tutti insieme, con un solo spirito e una sola anima veneriamo e acclamiamo dicendo: Grande è il Signore e sommamente degno di lode nella città del nostro Dio, sul monte santo m . E infatti egli è veramente grande, e grande è la sua dimora, sublime, ampia ed eccelsa per bellezza, al di so pra dei figli degli uomini 1 2 . Grande è il Signore che solo com pie meraviglie "· Grande colui che compie opere grandi e imper scrutabzl� gloriose e meravigliose, di cui non v'è numero 0• Gran de è colui che alterna le stagioni e i tempz; che abbatte e innalza i re P, che solleva il misero da terra e rialza il povero dal letame q. Ha abbattuto i potenti dai troni e ha sollevato gli umili da terra; ha colmato di beni gli affamati r. Ha spezzato le braccia dei su perbi s. 9. Così Egli, l'autore di opere straordinarie e di opere grandi, ha confermato non solo per i credenti, ma anche per i non credenti, il ricordo delle narrazioni antiche; Egli che è il Si gnore dell'universo, l'Onnipotente, benevolo, unico e solo Dio, al quale cantiamo il canto nuovo, rivolgendoci a colui che solo compie prodigz; perché la sua misericordia è per sempre; a colui che umilia i grandi re, che ha fatto perire potenti re, perché eter na è la sua misericordia, perché nella nostra miseria si è ricorda to di noi e ci ha liberato dai nostri nemici t .
18. 12 ,
m Sal 48, 2. n Sal 72 , k Sal l22, l . l Sal 26, 8. Sal 87 , 3 . P Dn 2, 2 1 . o Gb 9, 10. q Sal l 13 , 7 . r L e l , 52s.; cf. Gb t Sal 136, 4. 17s.23 s. 19; 5, 1 1 ; Sal 107, 9. s Gb 38, 15.
i
1 2 Nell'oratoria sacra non di rado le citazioni scritturistiche erano trat te da brani anche distanti tra di loro o di più autori o riportati a senso, estra t>olando a volte solo le parole ritenute più efficaci allo scopo che l'oratore si Prop oneva. In questo caso i brani accostati sono Bar 3, 24s. e Sal 45 , 3 .
222
Storia ecclesiastica
10. Non cessiamo quindi mai di magnificare così l'opera tore di tutti i beni. Qu anto a colui che è la seconda causa dei nostri beni, l'esegeta della conoscenza di Dio, il maestro della vera religione, il distruttore degli empi, lo sterminatore dei ti ranni, colui che ha posto nella retta via la vita umana, il Salva tore di noi disperati, Gesù, p ortiamo il suo nome sulle labbra e veneriamolo. 1 1. Egli solo, essendo unicissimo Figlio benevo lissimo di Padre benevolissimo, in conformità alla decisione della filantropia paterna, di buon grado ha rivestito la natura di noi uomini 1 3 , che giacevamo quaggiù nella perdizione; e come un medico ottimo per la salvezza dei malati, "non solo osserva i mali, ma anche tocca ciò che è ripugnante, e per le sciagure al trui raccoglie dolori per sé" I <� . Egli ha salvato dagli abissi stes si della morte noi, che non solo eravamo ammalati e afflitti da piaghe terribili e ferite ormai purulente, ma che giacevamo tra i morti, perché nessun altro tra i celesti aveva una tale forza da rendere partecipi della salvezza moltitudine sì ampia. 12. Egli solo, quindi, rendendosi partecipe della nostra corrotta condi zione, egli solo sopportò i nostri affanni. Egli solo prese su di sé la pena delle nostre empietà; ha risollevato noi non semi morti, ma già putrefatti e fetidi nelle tombe e nei sepolcri e, co me in antico anche ora, con la sua filantropica sollecitudine ci ha salvati oltre la speranza di chiunque; e ci ha reso partecipi dell'abbondanza dei beni del Padre, Egli, l'artefice della vita, la guida alla luce, il nostro grande medico, Re e Signore, il Cristo di Dio. 13 In Eusebio il Verbo svolge una funzione mediatrice in cosmologia, nella rivelazione e nella dottrina. n momento più alto di questa mediazione è ·
l'incarnazione, la vera teofania del Verbo. Tuttavia il Figlio, diversamente che
in Ario, non è creato o deriva da niente: Egli ha una sua ipostasi, è generato dal Padre e da Lui si distingue. Cf. Grillmeier, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, cit., pp. 400-403 . 14 Cf. lppocrate, Sulle nature, VI, 90 ed. Littré; Origene, Contra Cel sum, 4, 15.
Libro X, 4
223
Allora, quando tutto il genere umano era avvolto in una oscura e in una tenebra fitta per le trame dei nefasti de notte mon i e per le opere degli spiriti nemici di Dio, egli sciolse una volta per tutte le catene delle nostre empietà, come la cera vie ne sciolta dai raggi del sole. 14. Ma ora, di fronte a una simile grazia e beneficio, l'invidia del demonio, dispregiatore del bene e amante del male, è andata in rovina; eppure egli ci aveva in viato contro tutte le sue truppe, fautrici di morte. Come un ca ne rabbioso, che morde le pietre scagliategli contro e riversa la sua ferocia non nei riguardi di chi lo respinge, ma su strali ina nimati, così il demonio dapprima ha rivolto la sua feroce follia sulle pietre dei luoghi di preghiera e la materia inanimata degli edifici, allo scopo di apportare, come riteneva, desolazione nel le Chiese. Poi ha cominciato a emettere fischi terribili e sibili di serpente, ora con minacce di empi tiranni, ora con decreti bla sfemi di sacrileghi governatori. Quindi ha vomitato la sua mor te e infestato con veleni tossici e mortali le anime cadute sotto il suo dominio, conducendole quasi alla morte con sacrifici mor tali a idoli morti. E di nascosto ha eccitato contro di noi ogni ti po di belva a forma umana e ogni anima malvagia. 15 . Ma anche stavolta l'Angelo del Gran Consiglio 1 5 , il grande condottiero dell'esercito divino, dopo la soddisfacente prova che i più gran di soldati del suo regno superarono con la loro costanza. e fer mezza in ogni cosa, con la sua improvvisa apparizione ha fatto svanire e ha ridotto a nulla quanto gli era avverso e ostile, tanto da sembrare che esse non avessero mai avuto neppure un nome. Ha invece innalzato tutto ciò che gli era amico e caro ol tr e ogni gloria di fronte a tutti, non solo agli uomini, ma anche alle potenze celesti, al sole, alla luna, agli astri, al cielo e a tutto l ' universo. 1 6. E così, gli imperatori 16 più grandi di tutti - fat13 .
p.
15 Uno dei titoli tradizionalmente attribuiti a Cristo. Cf. Lampe, op. cit., 10, 302. Cf. anche Is 9, 6. 16 C ostantino e Licinio.
224
Storia ecclesiastica
to mai capitato prima - consapevoli dell'alto onore che da Lui avevano ricevuto, sputarono in faccia agli idoli morti, calpesta rono gli empi riti dei demoni e derisero l'antico inganno rice vuto dai padri. Hanno riconosciuto come unico e solo Dio il Benefattore comune di tutti e di loro stessi; e hanno confessato che il Cristo, Figlio di Dio, è sommo re dell'universo; lo hanno pure proclamato «Salvatore» sui monumenti, inscrivendo con caratteri imperiali, a imperitura memoria, le Sue gesta e le Sue vittorie contro gli empi nella Città li che regna sul mondo inte ro. Così anche gli uomini più eccelsi della terra confessarono Gesù Cristo, nostro Salvatore, unico tra quanti siano mai esi stiti, non come un qualsiasi re tratto dagli uomini, ma lo adora rono come vero Figlio del Dio dell'universo e Dio egli stesso. 17. E a ragione. Chi infatti tra quanti divennero re giunse a un simile grado di virtù da riempire del suo nome le orecchie e le lingue di tutti gli uomini della terra? Quale re, dopo aver ema nato leggi pie e sagge, fu tanto potente da farle costantemente osservare a tutti gli uomini fino ai confini del mondo intero? 1 8 . Chi cancellò le spietate e barbare usanze di popoli spietati, grazie alle sue leggi miti e umanissime? Chi, pur essendo stato osteggiato da tutti per secoli interi, ha dato prova di una tale forza sovrumana da rifiorire ogni giorno e rinnovarsi per tutto il corso della vita? 1 9 . Chi ha istituito un popolo mai neppure udito prima, e non in un angolo della terra, ma in tutto il mon do che sta sotto il sole? Chi ha munito i suoi soldati di tali ar mi di pietà da fare apparire le loro anime, nelle lotte con gli av versari, più forti del diamante? 20. Quale re ebbe un potere si mile, guidò il suo esercito dopo la morte, innalzò trofei sui ne mici e riempì ogni luogo, regione e città, greca o barbara, con doni votivi delle sue case regali e dei templi divini, come i bel lissimi ornamenti e le offerte di questo tempio? Veramente velì Roma.
Libro X, 4
225
nerabili e grandi, degne di stupore e meraviglia sono queste co se, chiari esempi del regale potere del nostro S alvatore, perché anche adesso Egli ha parlato e le cose sono state fatte; ha ordi nato e furono create u . (Che cosa infatti avrebbe potuto resiste re alla volontà del Re supremo e Comandante assoluto e del Verbo di Dio stesso) . Queste cose necessitano tuttavia di una trattazione separata, per darne una esatta spiegazione ed espo sizione. 2 1 . La solerzia di coloro che si adoperarono in tale opera non è giudicata tale e tanta da parte di colui che è celebrato co me Dio; egli vede il tempio animato - voi tutti - e guarda la ca sa fatta di pietre vive v e ben salde, saldamente edificata sul fon
damento degli apostolz" e dei pro/et� mentre Cristo Gesù in per sona ne è la pietra angolare "', pietra che i malvagi, cattivi archi
tetti di opere cattive, scartarono x non solo per quella costru zione antica, che ora non esiste più, ma anche per quella che fi no ad oggi comprende la maggior parte degli uomini. Ma il Pa dre l'ha approvata; e l'ha posta, allora come ora, a pietra d'an golo Y di questa nostra Chiesa comune. 22. Chi avrebbe l 'ardire di osservare e descrivere questo tempio vivente del Dio viven te, tempio formato da noi stessi - dico il santuario più grande e veramente venerabile i cui inviolabili recessi sono vietati alla vista degli uomini, realmente santi e santi tra i santi? A chi è le cito guardare dentro i sacri recinti, se non al sommo Sacerdote dell'universo, il solo a cui è permesso scrutare i misteri di ogni anima razionale? 23 . Ma forse anche ad un altro 1 8 , a lui solo tra eguali, è concesso occupare il secondo posto dopo di Lui. Egli è il comandante che guida questo esercito, lui è stato onorato dal primo e sommo Sacerdote 1 9 del secondo posto tra i sacer-
u Sal 33, 9; 148, 5 . Y 1 Pt 2 , 8.
1 8 C ioè a Paolino.
19
v
Cf. l Pt 2, 5 .
Gesù Cristo. Cf. Eb 5, l .
w
Ef 2 , 20.
x l Pt 2, 7 .
226
Storia ecclesiastica
doti di questo luogo, cioè il pastore del vostro gregge divino. Egli ha ricevuto in affidamento, per giudizio del Padre, il vo-· stro popolo, come se Egli stesso lo avesse istituito quale suo ser vitore ed interprete, nuovo Aronne o Melchisedech 20 , reso si mile al Figlio di Dio, affinché restasse fra noi, da Lui a lungo custodito, grazie alle preghiere di tutti noi. 24 . Solo a lui quin di, dopo il primo e grandissimo sommo Sacerdote, sia conces so, se non per primo, almeno per secondo, di vedere e scrutare i più reconditi recessi delle vostre anime: con l'esperienza e il lungo tempo ha conosciuto con esattezza ognuno di voi; e con il suo zelo e la sua cura ha posto voi tutti in un ordine e in una dottrina conforme alla devozione. Ed è stato capace più di tut ti ad esporre con parole, che fanno a gara coi fatti, quelle cose che egli ha compiuto per divina potenza. 25'. n nostro primo e grande sommo Sacerdote dice che tutto ciò che vede fare al Pa dre, il Figlio lo compie similmente z. Anche costui, mirando con gli occhi puri della mente al Primo come a un maestro, guarda quel che Egli compie e lo prende a modello, e ne riproduce l'immagine nel modo più somigliante possibile. Non è affatto inferiore a quel Beseleel 2 1 , che Dio stesso colmò dello spirito di saggezza, di intelligenza e di ogni altra conoscenza tecnica e scientifica, e che chiamò come artefice dell'edificazione del tempio dei modelli celesti, mediante simboli. 26. Allo stesso modo anche costui, portando nella sua anima l'effigie del Criz
Gv 5, 19.
20 Aronne e Melchisedech sono tradizionalmente figure di Cristo, som· mo sacerdote. Cf. Eh 5; 4, 1 0. 2 1 Per Beseleel cf. supra n. 8. Interessante nel brano il p arallelismo cre a· to dalla retorica panegirica tra Paolino e Cristo. Come Cristo, nel pensiero eu: sebiano, è il Demiurgo, colui che <
Libro X, 4
227
st o intero, Verbo, Sapienza e Luce, ha innalzato questo tempio di esimia bellezza del Dio altissimo, corrispondente nella sua na tura al modello di quello migliore, per quanto il visibile pos sa essere accostato all'invisibile 22 . E non è possibile dire con quale generosità, con quale mano ricca e disponibile a donare senza misura, con quale emulazione voi tutti eravate orgogliosi di gareggiare nella prodigalità delle vostre donazioni, per non essere lasciati in disparte nella realizzazione di questo progetto. Egli non ha disdegnato - bisogna dirlo prima di ogni cosa que�to luogo, sebbene ricoperto di ogni tipo di impurità da parte degli avversari, non cedendo alla malvagità dei responsa bili e pur potendo andare altrove: in città vi erano innumerevoli altri luoghi, in cui poter eseguire un lavoro facile ed esente da difficoltà. 27 . Per prima cosa egli stesso si mise all'opera; poi, fortificato col suo zelo tutto il popolo, fatta di tutti un'unica grande mano, sostenne il primo agone. Riteneva che la stessa Chiesa, la qu ale era stata attaccata in rn:odo particolare dai ne mici, che aveva sofferto e subìto le stesse nostre persecuzioni prima di noi e come una madre era stata privata dei figli, pro . prio questa Chiesa dovesse godere della magnanimità del buon Dio. 28. Perché il grande Pastore, dopo aver scacciato ancora una volta le belve, i lupi e ogni animale feroce e crudele, e do p o aver spezzato le mascelle dei leoni • • , come dicono i divini oracoli, proprio lui volle riunire di nuovo i suoi figli; e riedificò molto giustamente l'ovile del gregge, per gettare onta sull'av versario e vendicatore ab e confutare le insolenze degli empi ne mici di Dio . 29. E ora essi, gli sprezzatori di Dio, non sono più, perché mai sono stati ac, essi che hanno portato scompiglio per ••
Sal 58, 7 .
ab
Sal 9, 3 .
ac
Cf. Ap 1 7 , 8. 1 1 .
22 In tutto il brano Eusebio, secondo i canoni del panegirico, ribadisce quello che subito prima ha detto su Paolino, che ha edificato il tempio , aven do a modello Cristo. Cf. supra n. 20.
228
Storia ecclesiastica
breve tempo e sono stati scompigliati, hanno pagato alla giusti zia un ben meritato castigo, riducendo se stessi, gli amici e le lo ro case a completa rovina. Si sono così rivelate veritiere nei fat ti le profezie scritte un tempo s ulle sacre Tavole. In esse, tra le altre cose, disse il vero la parola divina, quando rivelò anche questo a loro riguardo: 3 0. I peccatori hanno snudato la spada e fatto vibrare il loro arco per colpire il povero e l'indigente, per sgozzare i buoni di cuore; la loro spada penetri nei loro cuori e i loro archi si spezzino ad . E con l'eco è scomparso il loro ricordo; il
loro nome è stato dimenticato per sempre, nei secoli dei secoli 23 . Perché quando anch'essi furono tra i mali gridarono e non c'e ra chi li salvasse; gridarono al Signore, ma Egli non li ascoltò ae . Essi ebbero i piedi legati e caddero, mentre noi ci siamo solleva# e stiamo ritti af. Quel che era stato predetto divenne manifesto agli occhi di tutti: Signore, hai annientato la loro immagine nel la tua città ag. 3 1 . Ma costoro, che a modo dei giganti hanno scatenato
una guerra contro Dio 24 , hanno avuto in sorte una tragica fine della vita. Invece il compimento della perseveranza in Dio da parte di colei che è stata respinta e disprezzata dagli uomini è tale, quale lo vediamo 25 . Così proclamò la profezia di Isaia su
ad
Sal 37, 14s.
ae
Sal l8, 42.
af
Sal 20, 9.
ag
Sal 73 , 20.
2 3 Solitamente si riporta a riferimento scritturistico Sal 9, 7 6. In realtà qud salmo, insieme a Sal lO, è un inno , il cui testo - ebraico e greco - si pre senta incerto in numerosi versetti. Per questo motivo il lettore non riscontrerà le medesime identiche parole nelle attuali traduzioni della Bibbia. Cf. La Bi ble de Jérusalem, Paris 1 972 , p. 660. 24 n paragone è tr atto dall a tradizione mitico-letteraria greca circa il combattimento dei Titani (Giganti) contro Zeus. Anche in quell'ambito sp es so tale lotta è vista come simbolo dello scontro tra l'ingiustizia e la giustizia , la ferocia incivile e l'umanità della civiltà. Cf. Esiodo, Teogonia, vv. 6 19-720 . 2 5 Riferimento a l Pt 2, 7 s , in cui si paragona Cristo alla «pietra d'an golo» dell'edificio, respinta dai costruttori. Poiché di frequente presso i Pa.
.
Libro X, 4
229
di lei: 32. Rallegrati deserto assetato; gioisca il deserto e fiorisca come un giglio; fioriranno e gioiranno i deserti. Siate /ortz: mani deboli e ginocchia vacillanti; consolatevi pusillanimi, siate /ortz: non abbiate timore. Ecco, il nostro Dio rende e renderà giustizia, egli stesso verrà e ci salverà,· perché, dice, l'acqua è sgorgata nel deserto, una voragine si è aperta nella terra assetata e la terra ari da cederà il posto alla palude; e lungo la terra assetata ci sarà una fonte d'acqua ah , 3 3 . Anche questi avvenimenti, un tempo profetizzati oral mente, sono stati inseriti nei libri sacri; ma ora i fatti non ci ven gono trasmessi per sentito dire, bensì coi fatti stessi. Questo de serto, questa terra priva d'acqua, la vedova e in difesa, di cui, co
me nel folto di un bosco, hanno abbattuto con asce le porte; che hanno abbattuto con accette e mazze, di cui hanno distrutto i li bri, hanno dato fuoco al santuario di Dio, hanno gettato per ter ra il tabernacolo del suo nome •i ; in cui hanno vendemmiato, do po aver abbattuto le siepi, tutti quelli che passavano per la vt'cl; che un cinghiale uscito dal bosco ha devastato e un animale sel vatico solitario ha fatto divenire suo pascolo •i , ora essa, grazie al la potenza miracolosa di Cristo - dato che così egli vuole - è di venuta come un giglio ak. Poiché anche allora è stata punita per suo volere, il quale volere è simile a quello di un padre premu roso. Infatti il Signore castiga colui che ama, flagella ogni figlio
che accoglie al .
3 4 . Dopo essere stata castigata con misura, secondo quan to era necessario, le viene di nuovo ordinato di esultare ed essa fiorisce come un giglio am, spargendo su tutti gli uomini il suo di- · vino profumo, perché, come dice la Scrittura, nel deserto è sgor-
al
ah Is .35 , 1 -4.6s. ai Sal 74, 5 -7 . aj Sal 80, 13s. am Is 35, l . Eb 12, 6; cf. Prv .3, l ls.; Ap 3, 19.
ak
Is .35, l .
dri la Chiesa è figura di Cristo, quindi anche alla Chiesa è applicabile l'im
magine pietrina.
23 0
Storia ecclesiastica
gata l'acqua an, la fonte della rigenerazione divina, che proviene dal bagno salutare. Ciò che prima era deserto, si è tras/orma(o in palude, e sulla terra assetata sgorgherà una /onte · d'acqua· •a vi va; e le mani prima fiacche hanno veramente preso vigore: del� la loro forza sono prove grandi ed evidenti queste opere. Anche le ginocchia, un tempo deboli e vacillanti, hanno ritrovato il proprio sostegno e percorrono una strada; che porta spedita al la conoscenza di Dio, andando con solerzia verso l'ovile dei · buon Pastore. 3 5 . E se alcuni sono stati soggiogati nell'anima dalle minacce dei tiranni, neppure loro il Verbo salutare abban dona privi di cura, ma anzi li risana e li conduce alla consola zione divina 2 6, dicendo: 36. Consolatevi puszllanimi, siate /orti, non abbiate timore •P . Questo nostr.o nuovo ed egregio Zoroba bel 27 , dopo quell'amara prigionia e l'abominio della desolazio ne, con l'udito acuto della sua intelligenza intese la parola, la quale profetizzava: colei che Dio aveva reso deserta, doveva go dere di tutto ciò. Non disprezzò quel corpo senza vita e, in ac cordo con tutti voi, prima di tutto si propiziò il Padre con in vocazioni e sacrifici; poi prese come alleato e collaboratore l'u nico in grado di ridare la vita ai morti 28 ; e così, dopo averla pu rificata e guarita dai suoi mali, risollevò colei che era caduta 29. an
Is
35, 6.
ao
Is
35, 6s.
ap Is 35, 4.
2 6 Eusebio qui tocca il tema dei lapsi, cioè di coloro che durante la per secuzione avevano ceduto alla paura e avevano abiurato, ma che adesso chie devano di essere riammessi nella comunità ecclesiastica. Nel panegirico eus_e: biano la questione è risolta in carità e benevolenza; nella realtà concili, as s1�1 di vescovi e singoli ecclesiastici assunsero al riguardo posizioni ben più ri� de. Un esempio è il Concilio di Ancira del 3 14 o il decimo canone del concl lio di Nicea (325 ) , in forza del quale i lapsi erano esclusi dall 'ordinazione o, se ecclesiastici, la loro ordinazione era dichiarata decaduta. 2 7 Riferimento a Paolino. 2 8 Cristo, Verbo di Dio. 2 9 Causa prima della persecuzione sono la discordia e i peccati della Chiesa. Cf. VIII, l, 7ss.
Libro X, 4
23 1
La ricoperse poi di una veste, non quella antica di un tempo, ma di quella che ancora una volta gli avevano vaticinato gli oracoli
divini, che chiaramente dicevano: La gloria di questa casa sarà più grande di quella di prima aq, ·
3 7 . Cinse quindi tutto il territorio e fortificò la cinta esterna con un muro che lo circonda per intero, affinché fosse un ri paro sicurissimo. 3 8. Aprì poi un vestibolo grande e di notevo le altezza, rivolto ai raggi del sole nascente, e offrì un' ampia vi sta dell'edificio interno a quanti stiano fuori del sacro vestibo lo, attirando lo sguardo verso i primi ingressi; anche lo sguardo di quelli che sono estranei alla nostra fede. In tal modo nessu no passa oltré senza rimanere compunto nell'anima al ricordo dello squallore di un tempo e dello straordinario spettacolo di oggi. Sollecitati dalla quale vista, egli 3 0 sperava che gli uomini, così compunti, fossero sollecitati ad entrare per la sua vista stes sa. 3 9 . All ' interno, a chi entra non è concesso inoltrarsi subito nel santuario con i piedi impuri e non lavati; è però lasciato uno spazio, il più grande possibile, tra il tempio e le prime porte. Egli lo ha poi chiuso come in un quadrato, adornandolo di quattro portici laterali, con colonne che ovunque si innalzano. Gli intercolunni 3 1 sono chiusi da barriere in legno, a forma di rete, che s'innalzano ad altezza conveniente. Nel mezzo ha la sciato un atrio, per consentire la vista del cielo, permettendo così aria limpida, rischiarata dai raggi della luce. 40. Qui ha po sto simboli di sacre purificazioni, costruendo delle fontane, proprio di fronte al tempio, in modo che con il loro abbon dante flusso permettano la purificazione a coloro che entrano nei sacri vestiboli. Questa è la prima sosta per chi entra; e ap-
aq
Ag 2, 9.
30 3l
Paolino. Gli intercolunni sono gli spazi tra le colonne. Tutto il brano è una magnifica e dettagliata descrizione di una basilica cristiana. Cf. supra n. 7 . .
.
232
Storia ecclesiastica
porta ornamento e splendore a tutto, oltre che sosta adeguata per quanti ancora necessitano delle prime iniziazioni 32. 4 1 . Su perato poi anche questo spettacolo, egli ha fatto gli ingressi in terni al tempio mediante molti vestiboli interni, ponendo sotto i raggi del sole tre porte su un lato solo. Volle che quella cen trale superasse le altre in altezza e larghezza 3 3 , e l'ha ornata con pannelli di bronzo cerchiati di ferro e con diversi bassorilievi. A lato di essa, come guardie del corpo accanto a una regina, di spose le altre due. 42 . Allo stesso modo, su entrambi i lati del tempio, ha disposto il numero dei vestiboli per i portici; e so pra di questi ha progettato di porre diverse aperture, in modo da ottenere una maggiore luce nell'edificio, e le ha decorate con vari intarsi in legno. Per quel che riguarda la basilica, l'ha edi ficata con materiale anche più ricco e abbondante, dando pro va di grande liberalità nella spesa. 43 . Mi pare superfluo de scrivere qui la lunghezza e la larghezza dell'edificio, la sua stu penda bellezza, la grandezza che supera ogni parola, la splen dida vista dei lavori, l'altezza che arriva quasi al cielo, i prezio si cedri del Libano posti in alto, sul soffitto, di cui l'oracolo di vino non ha omesso di fare menzione, quando dice: Si rallegre
ranno gli alberi del Signore e i cedri del Libano che ha piantato ar.
Perché d es crive re in dett aglio l a s ua molto sap ien te dis po sizio ne, la sua architettura, la perfetta bellezza di ogni sua parte, quando la testimonianza della vista esclude di apprendere ciò con le orecchie? Portata a termine così la costruzione del tem
ar
Sal 104, 16.
32 Si tratta del quadriportico antistante la basilica vera e propria, e de stinato ai catecumeni. 3.3 ll simbolismo delle tre porte rappresenta con evidenza la Trinità: cigni porta è figura delle tre divine persone. Quella centrale è la più gran dn poiché raffigura la preminenza del Padre rispetto al Figlio e allo Spirito : brano è citato e inserito a chiarimento del pensiero eusebiano in Grillmeter, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, cit., p . 3 92 .
Libro X, 4
233
pio, egli lo adornò con troni molto elevati, in onore dei presu
li, e con panche disposte secondo l'ordine conveniente per tut ti gli altri. Al centro pose l'altare 34, il Santo dei santi; e, affin
ché fosse inaccessibile alla moltitudine, lo cinse con barriere di . legno, a reticolo e decorate fino alla cima con arte raffinata, co sì da offrire una splendida vista a quanti le guardassero. 45 . Non trascurò neppure il p avimento, ma lo rese splendente di ogni bellezza con tutti i tipi di marmo. Si volse poi alle parti esterne del tempio e da entrambi i lati edificò con arte sapien te esedre ed edifici grandissimi, congiunti l'uno all'altro sui la ti della basilica e uniti mediante porte all'edificio centrale. Quanto ai locali per coloro che ancora necessitano di purifica zione e di aspersioni mediante acqua e Spirito S anto, il nostro Salomone, veramente «pacifico» 35, dopo aver edificato il tem pio di Dio, costruì anche quelli. In tal modo la profezia sopra riportata non si avverò come p arola, ma divenne fatto . 46. Ora è infatti accaduto che la gloria di questa casa sarà più grande di quella di prima •s. Perché dopo che il suo Pastore e Signore una volta per tutte aveva per lei subito la morte, dopo che la pas sione mutò il corpo sordido, che aveva rivestito 36 a causa sua,
as
Ag 2, 9.
34 Nella basilica cristiana l'altare, il trono di Dio, il Santo dei santi, oc cupa il posto che aveva il trono imperiale nella basilica pagana. 35 In ebraico Salomone significa "pacifico" . 3 6 Secondo il più tradizionale schema Verbo/carne (L6goslsarx), Euse bio considera il Verbo come il vero attore della vita di Cristo, fino a negargli una indipendente anima umana. In questa concezione, coerentemente, <
234
Storia ecclesiastica
in uno lucente e glorioso, e dopo aver portato all'incorruttibi lità la carne dissolta dalla corruzione, era giusto e doveroso che similmente anche questa chiesa godesse dell'economia del Sal vatore. Poiché essa ha ricevuto da Lui la promessa di beni di gran lunga superiori a questi, desidera acquistare nei secoli a venire, in perpetuo, la gloria ancora più grande della rigenera zione nella resurrezione di un corpo incorruttibile, insieme a un coro di luce di angeli, nel regno di Dio al di là dei cieli, in unio ne con lo stesso Cristo Gesù, sommo benefattore e salvatore. 47 . Intanto, nel tempo presente, colei che un tempo era vedova e deserta per grazia_ di Dio è stata ora. ricoperta di ·fiori ed è veramente divenuta come un giglio, come dice la profe zia at . Ha rimesso la veste nuziale, si è cinta della corona della bellezza e ha imparato da Isaia a danzare e a rendere grazie a Dio con parole di lode. 4 8 . Ascoltiamo quel che dice: Esulti la
mia anima nel Signore. Mi ha rivestito di un vestito di salvezza e di un mantello di saggezza. Mi ha posto un diadema come a uno sposo e mi ha adornato con l'ornamento come una sposa. E come terra che fa fiorire i suoi fiori e come giardino che fa germoglt'are i suoi semz: così il Signore farà germogliare la giustizia e la gioia innanzi a tutte le nazioni au . 49. Con queste parole essa danza. Ascolta adesso con quali parole le risponde lo sposo, il Verbo celeste, Gesù Cristo stesso: Non temere perché sei stata oltrag
giata, non vergognarti perché sei stata offesai perché dimentiche rai la tua onta perpetua e non ricorderai l'oltraggio della tua ve dovanza av. Non come donna abbandonata e pusillanime ti ha chiamato il Signore, né come donna odiata dalla giovinezza. Il
at Is 35, l .
au Is 6 1 , 10s.
av Is 54, 4 .
(a cura di G. Lo Castro), pp. 3 0-58; G. Lo Castro, Osservazioni sullo svilup po della Cristologia in Cirillo d'Alessandria nella Lettera Pasquale del 420 � nelle Lettere a Succenso, in «Siculorum Gymnasium», Studi in ricordo di Francesco Erasmo Sciuto, N.S.a. XLIX n. 1 -2 , 1 996, pp. 1 1 9- 126.
Libro X,
235
4
tuo Dio dice: «per poco tempo ti ho lasciata e in tanta misericor dia avrò misericordia di te_- in lieve collera ho distolto il mio viso da te e in misericordia eterna avrò misericordia di te» . Dice il Si gnore che ti ha liberato aw ; 50. «Destati, destati, tu che hai bevu to dalla mano del Signore il calice della sua ira. Perché il calice della caduta, la coppa della mia ira tu l'hai bevu ta e svuotata. E non c'era chi ti consolasse tra tutti i figli che hai generato, e non c'era chi prendesse la tua mano. Ecco io ti tolgo dalla mano il ca lice della caduta, la coppa della mia ira e tu non dovrai più bere. La porrò nelle mani di chi ha commesso ingiustizia contro di te e ti ha umiliato ax � 5 1 . Destatz� destatz� rivestiti di forza, rivestiti della tua gloria_- scrollati di dosso la polvere e risorgi. Siediti, scio gli la catena dal collo ay. Volgi intorno lo sguardo e guarda i tuoi figli 'riuniti,· ecco, si sono riuniti e sono venuti da te. Come è ve ro che io vivo, dice il Signore, tu ti rivestirai di tutti loro come di un ornamento, te ne cingerai come di un ornamento di sposa_- per ché i tuoi luoghi deserti, devastati e abbattuti adesso saranno troppo stretti per coloro che ti abitano, e coloro che ti divorano saranno allontanati da te. 52. Infatti diranno alle tue orecchie i figli tuot� che avevi perso: il luogo è stretto, fammi posto, a/finché io prenda dimora. E nel tuo cuore dirai: questi chi me li ha gene rati? Io sono senza figli e vedova, chi me li ha allevati? Io ero ri masta sola," questi dove erano?» az . 53 . Questo profetizzò Isaia, questo è stato detto su di noi nei libri sacri da tempo immemorabile; era però necessario ch e ne apprendessimo la veridicità dai fatti. 54. Dopo che lo sposo ebbe detto tali cose alla sposa sua, la sacrosanta Chiesa, il qui presente paraninfo 37; per volontà di Dio, sommo Re e per la manifestazione della potenza di Gesù Cristo, facendo tendere le vo s t re mani alle comuni preghiere di tutti noi, ha risvegliato aw
Is 54, 6-8.
ax
Is 5 1 , 17s.22s.
37 TI vescovo Paolino.
ay
Is 52 , ls.
az
Is 49, 18-2 1 .
23 6
Storia ecclesiastica
e ha risollevato lei, che era desolata, che giaceva come un ca da vere, che era priva di speranze da parte degli uomini. E dopo averla ri s ollev at a , l'ha di s po s ta come aveva appreso dalla Scrit tura dei sacri oracoli. 55. Miracolo grandissimo è dunque questo, superiore a d ogni m eravigli a, specialmente per coloro che badano soltant o all'esteriorità delle cose. Ma più prodigiosi dei miracoli sono gli archetipi e i loro prototipi spirituali, i modelli divini, intendo la riedificazione dell'edificio divino e spirituale delle nostre ani me. 56. Lo stesso Figlio di Dio l'ha costruita a sua propria im magine > s , donandogli in tutto e per tutto la somiglianza con Dio, rendendo la sua natura incorruttibile, incorporea, spiri tuale, diversa da ogni materia terrena, sostanza dotata di intel li ge nz a propria. E una volta che l'ha fatta passare dal non esse re all 'essere, l'ha resa una santa sposa, un santissimo tempio per sé e per il Padre. Egli stesso lo indica con chiarezza, quando di ce: Abiterò e muoverò i miei passi tra loro, sarò il loro Dio ed es si saranno il mio popolo ba. Tale è l'anima perfetta e pura, che è fin dall'inizio formata in modo da portare l'immagine del Ver bo celeste. 57. Ma per invidia e gelosia del diavolo, che ama il male, ella divenne, per propria scelta, amante delle p assioni e del peccato; e p oi ch é Dio si era allontanato da lei, come priva ta del suo protettore, divenne facile preda, esposta alle insidie di quelli che da lungo tempo la invidiavano >9. Abbattuta dalle testuggini e dalle macchine da guerra degli avversari invisibili e ba 2
Cor 6, 16; cf. Es 37, 27 .
>B Nella teologia eusebiana il Verbo, in quanto Demiurgo, ha pure for
mato le anime degli uomini. Anche per questa concezione del Verbo (ma an che per numerosi altri aspetti del suo pensiero) è evidente la dipendenza di
Eusebio da Origene. Cf. Grillmeier, Gestì il Cristo nella fede della Chiesa, cit. , pp. 3 94s. 39 I demoni che invidiano l'anima cristiana è un luogo comune nell'o miletica cristiana.
Libro X,
237
4
dei nemici spirituali, cadde con grandissima rovina, tanto che quanto in lei c'era di virtù, non rimase pietra su pietra bb e giac que interamente morta a terra, del tutto spoglia dei suoi pen sieri innati su Dio. 5 8 . Colei che era caduta, quella che era fat ta ad immagine di Dio, la devastò non quel cinghiale uscito dal bosco, a noi visibile be , ma un demonio corruttore, le belve spi rituali, che la infiammarono con le passioni, come con dardi in fuocati della loro malvagità; e hanno appiccato il fuoco al divino santuario di Dio e hanno profanato e gettato a terra il tabernaco lo del suo nome bd. Seppellirono poi la misera sotto un gran cu mulo di terra e le tolsero ogni speranza di salvezza. 5 9 . Ma il suo protettore, il Verbo, luce divina e Salvatore, dopo che essa aveva subìto la giusta pena per i suoi peccati, la accolse di nuovo, obbedendo alla filantropia del Padre somma mente buono. 60. Avendo scelto per prime, dunque, le anime dei sommi imperatori 40, per mezzo loro - carissimi a Dio - pu rificò tutto il mondo da tutti gli uomini empi e funesti, e dagli stessi tiranni, terribili e ostili a Dio. Poi portò allo scoperto gli uomini da Lui ben conosciuti, quelli che da tempo si erano a Lui consacrati per la vita e che , come in una tempesta di mali, la Sua vigilanza aveva tenuto segretamente nascosti 4 1 , e li onorò degnamente con i grandi doni del Padre. Per mezzo lobb
Cf. Mt 24, 2 .
be Cf. Sal 80, 1 4 .
b d Sal 74, 7 .
40 Costantino e Licinio. 4 1 Qui Eusebio intende dire ·che quanti sfuggirono
alla persecuzione, per volontà di Dio, adesso sono inviati da Dio stesso, nel suo disegno provvi denzialistico, per essere utili alla Chiesa. TI brano forse cela un'autodifesa di Eusebio. Anch'egli era sfuggito all a persecuzione ed era passato indenne do ve altri avevano perso la vita. In seguito questo fatto gli sarà rinfacciato: nel l' asprezza della polemica seguita al concilio niceno, Eusebio fu accusato di apostasia durante il concilio di Tiro del 335. La bocca che lo accusava era quella del vescovo di Eraclea d'Egitto, Pot ammo ne, ma in realtà l'istigazione proveniva da Atanasio d'Alessandria (cf. M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, cit., p. 126) .
23 8
Storia ecclesiastica
ro, purificò e rese nuovamente pulite con sarchi 42 e zappe (i pe netranti insegnamenti delle dottrine) le anime che poco prima erano deturpate e ricoperte di ogni sozzura. 6 1 . Ha reso poi chiaro e limpido il luogo dell'intelletto di voi tutti e lo ha affi dato per il futuro a questo saggissim9 vescovo, caro a Dio. Il quale, uomo prudente e saggio in ogni cosa, ha ben conosciuto e con discernimento ha colto l'intelletto delle anime a lui affi date. Dal primo giorno, per così dire, fino a oggi non ha mai smesso di edificare, incastonando in tutti voi oro lucente, ar gento saggiato e puro, e pietre preziose e perfette. Così in voi di nuovo si compie coi fatti la sacra e mistica profezia, che di ce: 62 . Ecco io preparo per te il carbonchio come tua pietra e lo
zaffiro come tue fondamenta; diaspro come tuoi parapettt� cristal lo come tue porte; e come tua cinta p ie tre scelte. Tutti i tuoi figli saranno discepoli di Dio e in grande pace saranno i tuoi pargoli; e tu sarai edificata nella giustizia be . 63 . Nella giustizia veramente edificando 4 3 , egli divise le capacità di tutto il popolo secondo convenienza. Per alcuni fe ce correre intorno solo il muro esterno, cingendoli di una salda fede: questa era la moltitudine che non era jn grado di tollera re una costruzione più robusta. Ad altri diede in custodia gli in gressi al tempio, ordinandogli di sorvegliare · le porte e guidare coloro che entravano: a ragione furono ritenuti i vestiboli del tempio. Altri ancora sostenne con le prime colonne esterne, che stanno intorno all'atrio quadrato, avviandoli alle prime cono-
be Is 54,
1 1 -14.
è
42 n sarchio una piccola zappa a manico lungo, che termina con due lunghe punte (rebbi); è usata per frantumare e muovere il terreno, ripulendo lo dalle erbacce. n brano, di tutta evidenza, fa un ardito uso della metafora. 43 Nella traduzione abbiamo tentato di mantenere le figure retoriche di cui è ampiamente intessuto il panegirico. In questo caso abbiamo voluto man tenere il chiasmo presente nel testo greco. n soggetto grammaticale della fra se ancora Paolino.
è
Libro X, 4
23 9
scenze della scrittura dei quattro evangeli. Unì saldamente alla basilica, su entrambi i lati, quelli che erano ancora catecumeni ed erano nello stadio dell'arricchimento e del progresso, non facendoli rimanere per lungo tempo lontani dalla vista, che i fe deli avevano dell'interno. 64 . Prendendo da questi le anime s enza peccato, purificate come l'oro con un b agno divino, egli sostenne alcuni con colonne più salde di quelle esterne, con le più profonde dottrine mistiche della Scrittura; rischiarò altri con aperture alla luce. 65 . Ornò tutto il tempio con un unico grandissimo vestibolo della glorificazione del Re supremo e unico, sommo Dio. Ad entrambi i lati dell'autorità del Padre ha disposto i secondi raggi della luce di Cristo e dello Spirito San to 44. Quanto al resto, ha mostrato in tutta la Chiesa in modo ampio e vario la chi arezz a e la luce della verità delle singole par ti, scegliendo ovunque e da ogni luogo le pietre viventi, forti e solide delle anime. Con tutte ha edificato la grande e regale ba silica, di esimia bellezza e piena d i luce d ent ro e fuori, in modo che non solo l'anima e la mente, ma anche il corpo fosse ma gnificato dall'ornamento fiorito della purezza e della saggezza. 66. In questo tempio vi sono anche troni, innumerevoli panche e sedie, quante sono le anime in cui risiedono i doni dello Spirito S anto, come furono un t empo visti da coloro che stavano intorno ai sacri Apostoli, a cui apparvero lingue che si
dividevano, come difuoco, e se ne posò una su ciascuno di loro bf, 67 . Ma nel capo di tutti siede, giustamente, integro lo stesso
Cristo; nei secondi dopo di lui, invece, egli siede proporziona tamente, secondo quanto ognuno è in grado di contenerlo 45 , per l e ripartizioni della potenza d i Cristo e dello Spirito. L e anibf At 2 , 3 .
44 Altro passo di teologia trinitaria eusebiana, in cui si pone in eviden za la superiorità del Padre rispetto al Figlio e allo Spirito. 45 Si intenda: sull'interezza della Chiesa Cristo è totalmente presente, mentre sui singoli lo è secondo le capacità che ciascuno ha di accogliere Lui e lo Spirito.
240
Storia ecclesiastica
me di alcuni, di quelli a cui è stata affidata l'educazione e la tu tela di ciascuno, potrebbero essere panche anche per gli ange li. 68. Quanto poi al venerabile, grande e unico altare, come p o trebbe non essere se non l'immacolato Santo dei santi del co mune sacerdote di tutti? All a sua destra siede il grande sommo sacerdote dell'universo, lo stesso Gesù, l'unigenito di Dio. Egli con lo sguardo lucente e con le mani tese riceve da tutti l'in censo odoroso e, con preghiere, i sacrifici incruenti e non ma teriali; e poi li trasmette al Padre, che sta nei cieli e Dio dell'u niverso. Egli per primo lo adora e solo tributa al Padre la giu sta devozione, supplicandolo di rimanere benevolo con tutti noi e per sempre propizio. 69. Questo è il grande tempio, che il Verbo - il grande De miurgo 46 dell'universo - ha edificato in tutto il mondo che sta sotto il sole, costituendo di nuovo sulla terra questa immagine spirituale delle volte celesti del mondo dell'aldilà, di modo che il Padre suo fosse onorato e venerato da tutta la creazione, da gli esseri viventi e razionali della terra. 70. Quanto alla regione sopraceleste e ai modelli in essa presenti delle cose che stanno sulla terra, la così detta Gerusalemme di lassù, il monte celeste di Sion, la città sopramondana del Dio vivente, in cui innume revoli cori di angeli e una Chiesa di primogeniti, iscritti nei cie li, onorano il nostro Fattore e sommo Capo con preghiere inef fabili e a noi incomprensibili, nessun mortale è in grado di de gnamente glorificarla con inni. Questo perché quel che l'occhio non ha visto, che l'orecchio non ha inteso, che non è salito al cuo
re dell'uomo, sono queste le cose che Dio ha preparato per quelli che lo amano bg. 7 1 . Essendone già stati in parte dichiarati de
gni, tutti insieme, uomini e donne e bambini, grandi e piccoli, in un sol spirito e in una sola anima, non smettiamo mai di conbg
l Cor 2, 9; cf. Ger 3, 16.
4 6 Su Cristo Demiurgo
cf. supra X,
nn. 6, 12,
20.
Libro X, 4-5
24 1
fessare e celebrare l'Autore
di beni per noi tanto grandi, colui che mostra indulgenza verso tutte le iniquità nostre, che cura tut te le infermità nostre, che riscatta dalla rovina la vita nostra, co rona nella pietà e nella misericordia, colma di beni il desiderio no stro, perché non ha agito nei nostri riguardi secondo i nostri pec cati né. ci ha ripagati secondo le nostre iniquità. Perché per quan to dista l'oriente dall'occidente, di tanto ha allontanato da noi i nostri peccatz;- come un padre ha misericordia dei propri /iglz: così il Signore ha avuto misericordia di coloro che lo temono h h , 72 . Riaccendendo la memoria di queste cose, ora e per il tempo a venire, teniamo in mente di giorno e di notte, in ogni
ora e - per così dire - ad ogni respiro l'Autore della presente assemblea e di questo luminoso e chiarissimo giorno. Amiamo lo e veneriamolo con la forza dell' anima. Ora alziamoci e sup plichiamolo a gran voce di essere proclive a salvarci e a proteg gerei sino alla fine dentro il suo ovile bi . Ci accordi la sua p ace salda, stabile ed eterna in Cristo Gesù, nostro salvatore, per mezzo del quale a Lui sia gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen». 5. COPIA DI LEGGI IMPERIALI RELATIVE AI CRISTIANI
l . Citiamo infine le traduzioni dal latino delle costituzioni imperiali di Costantino e Licinio 47
bh Sal 1 03 , 3 -5.10. 13 .
bi Cf. Gv 10, 16.
47 Soltanto i codici ATER riportano in questo libro decimo, nei capito
li da 5 a 7, un a serie di costituzioni, poste da altri manoscritti in coda al libro IX. Ricordiamo che per i decreti imperiali conserva tutto il suo valore di te
sto di riferimento l'edizione di D.G. Haenel, Corpus legum ab imperatoribus Romanis ante Iustinianum latarum, Lipsia 1 857 (copia anastatica presso Scientia Verlag, Aalen 1 965 ) ; P.R. Coleman-Norton, Roman State and Chri stian Church. A collection o/ legal documents to A.D.535, l, London 1 966.
242
Storia ecclesiastica Copia di costituzioni imperiali tradotti dal latino 4 8
2 . «Da tempo ormai, forti della convinzione che la libertà di religione non può essere negata, ma all'intelletto e alla vo lontà di ciascuno deve essere data la facoltà di interessarsi d el le cose divine secondo la propria libera scelta, avevamo ordina to 49 che anche i Cristiani osservassero la fede della loro setta e del loro culto. 3 . Ma poiché sembra che in quel rescritto, in cui tale facoltà fu loro concessa, siano state aggiunte molte e diver se condizioni 5 0 , può essere accaduto che alcuni di loro, poco dopo, siano stati ostacolati nell'osservanza di tale culto. 4. Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, giungemmo sotto felice auspicio a Milano e vagliammo quel che fosse di utilità e vantaggio pubblico 5 1 , abbiamo stabilito, . 48 Nei paragrafi 2-14 è riportato il rescritto di Licinio al govern a tore di Bitinia, emanato a Nicomedia il 13 giugno 3 13 . n rescritto in Lattanzio, op.
cit., 48, 2ss. come editto di Milano. Tra il testo eusebiano e quello di Lattan zio vi sono differenze: i paragrafi 2 e 3 mancano in Lattanzio; vi sono varian ti nei par. 5 e 8: Un buon apparato critico testuale nell'edizione dello . Schwartz. 49 Riteniamo che i paragrafi 2-3 siano il preambolo specifico del re scritto di trasmissione. Anche per la presenza di questa premessa, ad ogni modo, e per alcune diversità sembra necessario ammettere che Eusebio e Lat tanzio abbiano fatto uso di testi-fonte diversi. 5 0 Non è chiaro a quale documento imperiale stia facendo riferimento Licinio. Non riteniamo che si possa riferire all 'editto di Galerio o alle dispo sizioni di Massenzio del 3 1 1 -3 12 (cf. Agostino, Breviculus collationis cum do natistis, 3 , 34), che non contenevano limitazioni; anzi Massenzio ordinava esplicitamente la restituzione dei beni cristiani. Più facilmente allora, pensia· mo, il riferimento è alla «legge perfettissima» della fine del 3 12 , di cui non possediamo il testo. Queste «aggiunte» discriminatorie potevano essere col locate in appendice alla legge stessa; oppure si deve ritenere che esistesse un elenco di religioni con il diritto al riconoscimento giuridico e alla restituzio: ne dei beni. Di conseguenza non godevano del medesimo diritto le religioni non presenti nell ' elenco. E certamente poteva nascere un contenzioso ( come di fatto avvenne) tra i vari gruppi Cristiani. 51 n riferimento è ai colloqui politici del febbraio 3 13 tra Costantino e Licinio, in cui si discusse anche della nuova politica religiosa.
243 tra le altre cose che sembravano per molti aspetti essere di van taggio per tutti, prima di tutto e specialmente di emanare edit ti, con i quali fosse assicurato il rispetto e la venerazione della Divinità; cioè di· dare ai Cristiani e a tutti 52 libera facoltà di se guire il culto che volessero , in modo che ogni potenza divina e celeste, qualunque fosse, potesse essere b enevola verso di noi ·e verso quanti vivono sotto la nostra autorità. 5. Pertanto, con · un ragionamento salutare e rettissimo, abbiamo decretato la nostra volontà. A nessuno è negata la facoltà di seguire e sce gliere l'osservanza o il culto dei Cristiani; e a ciascuno è data facoltà di applicarsi a quel culto, che egli ritenga adatto per se stesso, in modo che la Divinità possa concederci in tutto la sua consueta sollecitudine e la sua benevolenza. 6. Fu quindi op portuno che ponessimo per iscritto che questo ci era gradito, affinché, soppresse del tutto le condizioni contenute nelle no stre prime lettere, inviate alla tua 53 devozione circa i Cristiani, fosse abolito anche ciò che sembrava essere troppo sfavorevo le ed estraneo alla nostra benevolenza; e che ognuno di quelli che aveva fatto la stessa scelta di osservare il culto dei Cristia ni, potesse farlo liberamente e semplicemente, senza molestia alcuna. 7. Abbiamo deciso di rendere pienamente note queste co se alla tua cura, affinché tu sappia che noi abbiamo dato libera e assoluta facoltà ai Cristiani di praticare il -loro culto. 8. La tua devozione comprenda che poiché questo è stato loro accorda to in modo assoluto, deve intendere che anche ad altri, che lo vogli_ano, è stata data facoltà di osservare la propria religione e
52 Com'è noto, l'editto di Milano disponeva la libertà di religione an che per culti diversi dal Cristianesimo. Ciò è meglio chiarito subito sotto, nel documento medesimo. . 5.3 D riferimento specifico è al governatore della Bitinia, a cui Licinio stava inviando il documento.
244
Storia ecclesiastica
il proprio culto. La quale cosa è chiara conseguenza della pace dei nostri tempi . Cosicché ciascuno abbia facoltà di scegliere e osservare qualunque religione vogli a Questo è stato da noi operato, perché a nessuno sembri che qualche rito o culto sia stato da noi in qualcosa sminuito. 9. Inoltre stabiliamo anche questo riguardo i Cristiani: i loro luoghi, in cui precedente mente avevano l' abitudine di riunirsi, per i quali era stata sta bilita in p recedenza un' altra norma nelle lettere inviate alla tua devozione, se risulta che qualcuno li abbia acquistati dal nostro fisco o da qualcun altro, siano restituiti agli stessi Cristiani, gra tuitamente e senza richiedere pagamenti, senza alcuna negli genza e senza esitazione. E se per caso qualcuno abbia ricevu to in dono questi luoghi, li restituisca al più presto agli stessi Cristiani. 1 0 . Qualora coloro che hanno comperato questi luo ghi o li hanno ricevuti in dono, reclamano qualcosa dalla nostra benevolenza, si rimettano al giudizio del prefetto locale, perché per nostra bontà si provveda anche a loro. Tutte queste pro prietà devono essere restituite per tua cura alla comunità dei Cristiani, senza indugio alcuno. 1 1 . Poiché si s a che gli stessi Cristiani possedevano non soltanto i luoghi, in cui erano soliti riunirsi, ma anche altri, di proprietà non del singolo, ma della loro comunità, cioè dei Cristiani, tutte queste, ordinerai che siano restituite, in base al la legge suddetta, senza alcuna contestazione, agli stessi Cri stiani, cioè alla loro comunità e alle singole assemblee, natu ralmente osservando la suddetta disposizione, che coloro i quali li restituiscono senza compenso, dalla nostra benevolen za si attendano, come sopra abbiamo detto, il loro indenniz zo. 12. In tutto ciò, per la suddetta comunità dei Cristiani, dovr ai mettere lo zelo maggiore possibile, affinché si ad empia il no stro editto con la massima celerità. Cosicché, grazie alla no str a .
benevolenza, si provveda anche in questo alla comune e pub blica t ran quill it à . 13 . Per questo motivo, come sopra abb i amo detto, la divina sollecitudine verso di noi, della quale abb iamo
Libro X, 5
245
in molte occasioni già fatto esperienza, potrà rimanere stabile· in perpetuo 54. 14. Mfinché i termini di questa nostra legge e benevolen za possano giungere alla conoscenza di tutti, è opportuno che, quel che da noi è stato scritto, sia per tuo ordine pubblicato, esposto dappertutto e giunga alla conoscenza di tutti, in modo che la legge dovuta alla nostra magnanimità non possa sfuggire ad alcuno».
1 5 . Copia di un' altra costituzione imperiale, la quale spe cifica che il beneficio è stato concesso solo 55 alla Chiesa cat tolica «Salute a te nostro stimatissimo Anulino 5 6 . È co stume proprio della nostra benevolenza volere che le cose apparte nenti per diritto ad altri non solo non ·s ubiscano danno, ma an che siano restituite, stimatissimo Anulino. 1 6 . Perciò vogliamo che tu, quando riceverai queste lettere - se alcuni di questi be ni di proprietà della Chiesa cattolica dei Cristiani 57 , nelle sin-
54 Uno dei motivi del riconoscimento delle diverse religioni, come spes so si dice nell'editto, è la volontà degli imperatori di propiziarsi le divinità, qualunque esse fossero, per la pace e la prosperità dell 'impero. 55 La presenza in questo documento, del gennaio del 3 13 , dell'avverbio «solo», posto nell'intestazione (ma non presente nel testo) ci sembra indica tivo di quanto presto siano sorte questioni economiche tra i vari gruppi cri stiani, una volta concessa la restituzione dei beni e il riconoscimento giuridi co da .parte dello Stato. 56 n perfettissimo Anulino era proconsole d'Mrica nel 3 13 . 57 È di tutta evidenza che l'espressione «Chiesa cattolica», presente nel testo eusebiano qui e altrove, non indica l'attuale Chiesa romana. In genere nei Padri si intende l'universalità della Chiesa, sancita e specificata dall a co munione tra i vescovi e delle singole Chiese tra di loro. La condanna per ere sia (anatema) pronunciata da concili, legittimamente convocati, toglieva la co munione e quindi l'appartenenza alla «cattolicità>>. In particolare questa co stituzione imperiale evidenzia le prime intromissioni dello Stato nelle que stioni ecclesiastiche e l'uso che gruppi ecclesiastici potevano fare dell'appog-
246
Storia ecclesiastica
gole città o anche in altri luoghi, sono ora in possesso di citt a dini o di altri - tu faccia in modo che siano restituiti immedia
tamente alle medesime Chiese, poiché abbiamo stabilito che quanto le medesime Chiese hanno précedentemente possedu to, sia restituito alla loro proprietà. 1 7 . Giacché dunque la tua devozione vede che quanto dispone questo nostro ordine è chiarissimo, abbi cura che giardini, case o qualsiasi altra cosa, appartenenti per diritto alle medesime chiese, siano loro resti tuiti prima possibile, così che possiamo apprendere, che tu hai obbedito in modo accuratissimo a questo nostro ordine. Addio, nostro stimatissimo e c ari s s i mo Anulino». 18. Copia di un rescritto imperiale, con il quale si ordina la convocazione a Roma di un sinodo di vescovi per l'unità e la concordia delle chiese «Costantino Augusto a Milziade, vescovo di Roma e a Marco 58. Mi sono pervenuti d a Anulino, chiarissimo procon sole d' Mrica, molti atti processuali, in cui risulta che Ceciliano, vescovo della città di C artagine, è stato oggetto di molte accu se da parte di alcuni suoi colleghi africani 59. Mi pare molto gra-
. gio statale contro avversari, che non sempre erano tali per motivi legati all a loro concezione di articoli di fede. Ad ogni modo chiaramente si evince dal testo come la condanna per eresia comportasse, per chi ne fosse stato colpi to, conseguenze nqn piccole anche in campo politico ed economico: Costan tino e i suoi successori comminarono pene civili (esilio, carcere) a quanti erano sotto «anatema». 5 8 Questa lettera è dd maggio/giugno dd 3 13 . Non ci è noto chi fosse questo Marco, forse uno dei p resbiteri o dei diaconi romani. li vescovo di Ro m a Milziade o Melchiade (santo · era successo al vescovo Eusebio nel 3 1 1 e proveniva dall'Mrica. Morì nd 3 i4. 59 Ceciliano, vescovo cattolico di Cartagine, in Mrica, era stato ordina to dal vescovo Felice di Aptungi nd 3 12 . I Donatisti, guid ati dal vescovo Maiorino, con l'appoggio di m olt i vescQvi della Numidia, per scalzare dal so glio vescovile Ceciliano addussero a scusa che non ritenevano legittima que·
.
Libro X, 5
247
. ve che in queste province, che per sua degnazione la divina Provvidenza ha dato in mano alla mia devozione, e dove nu merosa è la popolazione, la gente, come divisa in due, si trovi ad essere traviata, e che vi siano discordie anche tra i vescovi 6o. 19 . Mi è sembrato opportuno, che lo stesso Ceciliano, insieme a dieci vescovi, tra quelli che sembrano accusarlo, e a dieci al tri che egli ritiene necessari alla sua causa, navighi alla volta di Roma, affinché possa essere ascoltato alla vostra presenza e a quella di Reticio, Materno e Marino 6 1 , vostri colleghi, ai quali ho ordinato di recarsi a Roma a tale scopo, così che possiate apsta ordinazione, poiché si sospettava che Felice avesse consegnato i libri sacri alle autorità romane durante la persecuzione, e quindi che fosse un traditor. In quanto tale era da considerare decaduto e non in grado di impartire ordi nazioni episcopali. Il proconsole Anulino, innanzi al quale si erano presenta ti i contendenti, emise sentenza favorevole a Ceciliano. Maiorino allora ricor se in appello innanzi all 'imperatore, per cui Anulino, come stabiliva la legge, trasmise gli atti processuali a Roma. Da questa importante lettera si constata come Costantino demandasse a organismi ecclesiastici le competenze giudi ziarie che riguardassero dottrine o problemi, in cui fossero implicati vescovi o appartenenti al clero. Questa prassi fu seguita anche in seguito da Costan tino stesso e dai suoi successori. I vescovi delle due città imperiali, Roma e Costantinopoli, presiedevano una corte· ecclesiastica, che giudicava queste cause ed em an ava sentenze a nome dell'imperatore. Circa i Donatisti ricor diamo che costoro si richiamavano al vescovo Donato, che governò la sede vescovile di Cartagine all'inizio del IV sec. Questo movimento cristiano sci smatico, che spesso non rifuggiva dalla violenza, si caratterizzava per una ri gida e intransigente concezione della fede e della morale, tanto che i Donati sti si autoproclamavano «chiesa dei santi». Condannati da più concilii, furo no fortemente combattuti, tra gli altri, anche da sant'Agostino, ma sopraVvis sero fmo all'invasione araba. Per la questione di Ceciliano cf. Ottato di Mile vi, Sullo scisma dci donatisti, l , 22; Agostino, Epistole, 43 , 88. 6 0 Come abbiamo sopra accennato, lo scontro coi Donatisti spesso de generava in violenze e anche assassini, fatti questi che molto preoccupavano l'autorità politica, la quale non tardò a intervenire. 61 Furono rispettivamente vescovi di Autun, Colonia e Arles. Il sinodo (o concilio) , presieduto da Milziade, si svolse a Roma tra il 2 e il 4 ottobre del 3 13 , ed emise, a nome dell'imperatore, sentenza favorevole a Ceciliano. An cora una volta i Donatisti impugnarono tale sentenza, con motivazioni che sa ranno riportate nella lettera seguente.
248
Storia ecclesiastica
purare se Ceciliano si attiene alla sacrosanta legge. 20. Perché poi possiate avere piena conoscenza di tutte queste cose, ho al legato alla mia lettera le copie degli atti inviatimi da Anulino. Le ho spedite anche ai vostri summenzionati colleghi. Dopo averli letti, la vostra fermezza esaminerà in quale modo si deb ba accuratamente analizzare la precitata causa e darvi soluzio ne secondo il diritto. Non sfugge alla vostra attenzione che io ho per la legittima Chiesa cattolica un rispetto tale da non vo lere che voi lasciate sussistere in qualche luogo uno scisma o una contesa. La divinità del grande Dio, o carissimo, vi conser vi per molti anni». 2 1 . Copia di una lettera imperiale, in cui si ordina di tene re un secondo sinodo, per rimuovere ogni controversia tra i ve scoVI «Costantino Augusto a Creste, vescovo di Siracusa 62 . Già prima, quando alcuni cominciarono ad allontanarsi con per versità e cattiveria dal culto della santa potenza celeste e dalle religione cattolica, volendo io porre fine a tali controversie, ho stabilito che, inviati dalla Gallia alcuni vescovi e chiamate an che le parti avverse dall'Africa, che ostinatamente e con tenacia si combattevano, alla presenza anche del vescovo di Roma, si potesse concludere, dopo attento esame e grazie al loro inter vento, la questione che sembrava essere stata sollevata 63 . 22. Ma, come capita, alcuni, dimentichi della propria salvezza e della venerazione dovuta alla santissima dottrina, ancora fino a 62 Con questa lettera Costantino, o meglio la cancelleria imperiale, in vita il vescovo siracusano a partecipare al sinodo di Arles per ridiscute re la causa tra Ceciliano e i Donatisti. Poiché il sinodo era convocato per il primo agosto dd 3 14, questa lettera dovette essere stata inviata nei primi mesi dell? stesso anno. Una lettera simile, nello schema generale, in Ottato di Milevt , Sullo scisma dei donatisti, appendice III. 63 n riferimento è al sinodo romano dell'ottobre del 3 13 .
Libro X, 5
249
oggi non smettono di prolungare le proprie inimicizie e non vogliono sottostare al giudizio già emesso. Essi affermano che solo pochi 64 hanno espresso i propri giudizi e le proprie sen tenze; oppure che, senza aver esaminato con cura tutto ciò che era necessario ricercare, con troppo fretta e con precipitazione hanno proceduto a emettere il loro giudizio 65 . Da tutto ciò de riva che quelli i quali dovrebbero avere un'intesa spirituale fra terna e concorde, sono vergognosamente - o meglio, abomine volmente - divisi fra loro; e danno motivo di scherno agli uo mini, le cui anime sono estranee alla santissima religione. Per questo ho dovuto provvedere perché ciò a cui bisognava por fi ne per volontaria decisione, dopo l'emissione del giudizio, pos sa ora aver termine grazie all'intervento di molti. 23 . Abbiamo quindi ordinato a numerosi vescovi prove nienti da moltissimi e diversi luoghi di convenire nella città di Arles, entro le calende di Agosto; e abbiamo ritenuto di scri verti di prendere la posta pubblica 66 da Latroniano, chiarissi mo corrector della Sicilia 67 . Puoi aggiungere anche due del se-
nove.
64 li numero dei vescovi partecipanti al sinodo romano era di dician
65 I Donatisti, oltre all'esiguità del numero dei giudicanti, accusano co storo di non aver tenuto conto di tutti gli aspetti del problema. A questo in conveniente doveva porre rimedio il sinodo di Arles. 66 Costantino, considerando la partecipazione al sinodo un servizio sta tale, autorizza l'uso gratuito della posta imperiale, il cursus publicus. Oltre al l'imperatore, avevano facoltà di concedere questo privilegio, il prefetto del pretorio e i governatori di province. Costantino e i suoi successori sempre concederanno questo servizio pubblico quando bisognava far giungere i ve scovi nelle varie sedi conciliari e farli poi ritornare nei luoghi di provenienza. L'evidente onere per lo Stato , a lungo andare, risultò troppo pesante, sicché qualche imperatore (ad esempio Giuliano nel 362) ne limitò la concessione. Cf. Codex Theodosianus, 8, 5, 12. 67 Nella riforma dioclezianea la carica di corrector indicava il governa tore di una provincia all 'interno della diocesi d'Italia. Egli dipendeva dal Vi carius, il quale presiedeva all'intera diocesi. Domizio Latroniano rivestì tale incarico nel 3 14 ; fino al 324 fu poi proconsole d' Mrica.
25 0
Storia ecclesiastica
condo ordine 68 che ti sia piaciuto scegliere e tre giovani, che vi servano durant e il viaggio, in modo da trovarti lo stesso gio rno nel luogo suddetto. 24. Così, grazie alla tua fermezza e alla sag gezza unanime e concorde dei convenuti, anche questa contro versia, miseramente prolungatasi fino a ora con vergognose contese, dopo essere stato ascoltato tutto ciò che si deve · dire dalle parti tra loro dissidenti � a cui abbiamo egualmente ordi nato di essere presenti - possa essere risolta, anche se tardi, nel la religione dovuta, nella fede fraterna e concorde. Dio onni potente ti conservi per molti anni». 6. COPIA DI UNA LETTERA IMPERIALE IN
CUI
SI DONANO RICCHEZZE
ALLE
CHIESE
l . «Costantino Augusto a Ceciliano 69, vescovo di Cartagi ne. Poiché mi è piaciuto assegnare in tutte le province, le Afri che, le Numidie e le Mauritanie io , un contributo per le spese ad alcuni ministri della legittima e santissima religione cattoli ca, ho inviato lettere a Urso n , perfettissimo direttore del fisco d'Africa e gli ho notificato di elargire tremila /olles alla tua fer mezza 72 . 2 . Tu pertanto, dopo esserti fatto versare la somma 68 Probabilmente presbiteri, poiché chi rivestiva tale carica eèclesiasti ca sedeva al secondo posto, dopo il vescovo, durante le cerimonie. 69 Questa lettera è riconducibile ai primi mesi del J 1 3 ; quindi �ssa è àn teriore ai due documenti, che Eusebio ha posto prima, cioè alle lettere a Mil ziade e a Cresto. Inoltre la presente missiva vuole essere solo una comunica zione a Ceciliano, per metterlo a conoscenza circa le disposizioni imperiali impartite al perfettissimo direttore del fisco, Urso. Gli storici considerano la lettera come un documento di grande rilevanza. 70 Nella riforma di Dioclezial:).o la diocesi d'Africa comprendeva: Afri ca Proconsolare, Africa Bizacena, Numidia Cirtense, Numidia Limitanea, Mauritania Cesarense, Mauritania Sitfense. 7 1 Urso nel 3 13 era rationalis della diocesi d'Africa. 72 Tremila folles equivalevano a diciottomilioni e settecentocinquanta mila denari (un follis era eguale a 6250 denari) . Ceciliano, quanto vescovo
Libro X, 5-6
25 1
suddetta, ordina che questo denaro sia distribuito tra quelli so pra menzionati, secondo il breve inviatoti da Osio 73 . 3. Se tu però rite.n essi che per soddisfare la mia volontà in favore di tut ti costoro sia ancora necessaria qualcosa, devi chiedere a Era clide, procuratore del nostro patrimonio 74 , ciò che ritieni ne cessario. Gli ho ordinato di persona che, se la tua fermezza gli richiederà del denaro, lo versi senza alcun indugio. 4 . Poiché ho anche appreso che alcuni uomini dalla men te instabile vogliono distogliere il popolo dalla santissima Chie sa cattolica con una perversa seduzione, sappi che ho dato di persona istruzioni al proconsole Anulino e pure al vicario dei p re/etti Patrizio 75, che si diano pensiero fra tutte le altre cose, specialmente di questa; e non permettano che sia trascurato un sim�e fatto. 5 . Se vedi perciò che tali uomini perseverano in questa follia, ricorri senza esitazione ai suddetti giudici e sottometropolitano ha il compito di ricevere il denaro e di suddividerlo tra i ve scovi aderenti alla Chiesa cattolica, escludendo quindi gli ereticì. Come dice vamo sopra (n. 56), la questione e conomi ca non era estranea alle liti tra cat tolici e Donatisti. Costantino d'altro canto, sotto l'aspetto giuridico, stava ap plicando un'istituzione risalente a Aureliano (2 14-275 ; imperatore dal 270 al 275 ) , il quale aveva fmanziato i ministri del culto pagano, considerandoli par te dell'amministrazione civile. Per i sacerdoti del templum solis cf. Storia au gusta, Vz"ta di Aureliano, 25. Quindi Costantino, prima riconosce giuridica mente il cristianesimo e poi lo lega saldamente al potere stàtuale, equiparan do, anche sul piano economico , le gerarchie ecclesiastiche a quelle dell'amministrazione dell'impero. 73 Osio (o Ossio) , vescovo di Cordova (257ca.-358ca.) , già dal 3 1 0 era consigliere di Costantino per gli affari ecclesiastici. A lui furono affidati dal l'imperatore molti delicati compiti, specialmente in occasione dell'insorgere della questione ariana, del Concilio di Nicea e dei successivi eventi, a quel concilio collegati (cf. M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, cit., pp. 3739; 78-80; 166- 1 82; 223 -225 ; 234s.). 74 Per la sua carica, Eraclide gestiva nel 3 12/3 13 i proventi delle pro prietà imperiali e dei monopoli in Africa. 75 ll Vicario dei prefetti nella riforma di Diocleziano di fatto non era più il sostituto del prefetto, ma ne ricopriva interamente il ruolo. Patrizio tenne questa carica tra la fine del 3 12 e il febbraio del 3 1 3 . ·
252
Storia ecclesiastica
poni loro la situazione, affinché essi, come di persona ho ordi nato, li puniscano. La divinità del grande Dio ti conservi per molti anni». 7 . COPIA DI UNA LETTERA IMPERIALE IN CUI SI ORDINA CHE I CAPI DELLE CHIESE SIANO ESENTATI DA TUTTI GLI ONERI PUBBLICI l.
«Salute a te, nostro stimatissimo Anulino 76 . Poiché da moltissimi episodi è chiaro che il disprezzo della religione, nel la quale si osserva il massimo rispetto per la santissima potenza celeste, ha arrecato gravi danni allo Stato, mentre quando essa è acc ol t a e osservata ha procurato gr andissim e fortune al nome di Roma e particolare prosperità a tutte le cose umane - poiché è la benevolenza divina a procurare tutto questo è sembrato opportuno che quegli uomini, i quali svolgono il loro servizio a favore del culto divino con la dovuta santità e obbedienza a questa legge, ricevano la ricompensa delle loro fatiche, stima tissimo Anulino. 2. Pertanto voglio che coloro i quali nella provincia a te af -
fidata svolgono, nella Chiesa cattolica di cui è a capo Ceciliano, il loro servizio per questo santo culto, e che si sogliano chia
mare " chierici" , siano completamente esentati da tutti gli one ri pubblici 77, di modo che non vengano distolti per qualche er rore o deviazione sacrilega dalla cura dovuta alla divinità, ma piuttosto si dedichino senza alcun disturbo alla loro propria legge. Sembra che costoro, tributando la massima venerazione 76 La lettera è del marzo 3 13 , di poco successiva alla precedente nel presente testo di Eusebio. 77 Costantino sta concedendo al clero cristiano l'esenzione da obblighi fiscali (specialmente le temute liturgie), non individualmente, ma in forma universale, creando quindi, con tale novità, un privilegio unico per il cristia nesimo, rispetto a tutti gli altri culti.
Libro X,
253
6-8
alla divinità, arrechino i più grandi benefici allo Stato. Addio, stimatissimo e carissimo Anulino». 8. LA SUCCESSIVA PERVERSIONE
DI
LICINIO
E LA SUA TRAGICA FINE
l . Tali doni ci ha dunque elargito la divina, celeste grazia della venuta del nostro Salvatore, e la nostra pace procurò una grande abbondanza di beni a tutti gli uomini. Così la nostra nuova situazione fu gioiosamente celebrata nelle adunanze. 2 . Ma l'invidia, nemica del bene, e il demonio amante del male, non avevano sopportato la vista di questi spettacoli, al punto che quanto era accaduto ai tiranni sopra menzionati non fu sufficiente a portare Licinio a saggi consigli 78. Egli era stato
78 Tutto questo capitolo trova riscontro nell'eusebiana Vita di Costanti no. In particolare i paragrafi 2-6 in l , 49; 7-9 in l , 56; 10 - 1 9 in l , 53 -55 e 2 , 1 -3 . Tutto il brano presenta Licinio in modo assai negativo, non evitando, l'autore, anche qualche contraddizione. A Licinio Eusebio attribuisce invidia, ingratitudine e malanimo nei riguardi di Costantino, e conseguentemente ac canimento persecutorio nei riguardi dei Cristiani. In realtà l'alleanza tra i due Augusti, tolti di mezzo gli awersari, come spesso succede nella gestione del potere, andava sempre più perdendo la sua ragion d'essere. I primi contrasti risalgono al 3 15 e andarono sempre più accentuandosi sino allo scontro mili
tare del 323 . Eusebio inoltre calcherà la mano, inserendo lungo la narrazione giudizi pesantemente negativi anche sugli atti amministrativi di Licinio. Die tro questa ostilità dello storico si cela la sua awersione alla politica ecclesia stica di Licinio. Costui infatti, diversamente da Costantino, intendeva mante nere il controllo statale sulle Chiese, le quali quindi dovevano rimanere estra nee all 'amministrazione dello Stato. Costantino, come si evince dai docu menti sopra riportati da Eusebio, intendeva invece inglobare le gerarchie ec clesia stiche nell'amministrazione statale e utilizzarle nella gestione del potere e del consenso. Eusebio quindi propende per Costantino e non soltanto per ché questo uscì vincitore dallo scontro, ma anche per le sue convinzioni cir ca quelli che avrebbero dovuto essere i rapporti tra impero e cristianesimo. Sulle implicazioni politiche della teologia eusebiana cf. M. Simonetti, La crisi ariana nel N secolo, cit., pp. 563-s.
254
Storia ecclesiastica
onorato di un prospero potere, del secondo posto, dopo il grande imperatore Costantino, dell'affinità e della parentela più alta. Abbandonò però l'imitazione- dei buoni e, emulando la malvagità e la perversione degli empi tiranni, scelse di segui re il disegno di costoro, di cui: aveva visto coi propri occhi la tragica fine, piuttosto che rimanere nell'amicizia e nell'affetto del sovrano. 3 . Spinto da invidia per il sommo benefattore, mosse contro di lui una guerra empia e crudelissima, non ri spettando le leggi di natura, dimentico dei giuramenti, del san gue e dei trattati. 4. L'imperatore sommamente buono gli ave va dimostrato vera benevolenza e non aveva neppure disde gnato la parentela con lui, non rifiutandogli illustri nozze con la sorella 79 . Lo aveva anzi stimato degno di partecipare della nobiltà dei suoi avi e del suo sangue regale. Inoltre, in quanto cognato e collega nell'impero, gli aveva permesso di godere del potere supremo e gli aveva concesso di reggere e governare una parte delle popolazioni soggette a Roma non inferiore alla sua 80, 5 . Licinio tenne invece una condotta opposta alla sua, macchinando tutti i giorni ogni genere di insidie contro di lui, che gli era superiore, ed escogitando ogni sorta d'inganno, co me per ricambiare con il male il suo benefattore. Dapprima, tentafido di celare i suoi intrighi, fingeva di essergli amico e sperò che, ricorrendo spesso alla frode e all'inganno, avrebbe acquistato facilmente ciò che voleva. 6. Ma di Costantino era amico , protettore e guardia del corpo Dio 81 , il quale portò al.
79 Licinio nel 3 13 aveva sposato la sorellastra di Costantino, Costanza. Come da tradizione,· i due Augusti avevano rafforzato con un legame paren. tale la loro alleanza politica. 8 0 L'ansia encomiastica, presente in tutta questa ultima parte del deci mo. libro, fa dimenticare a Eusebio il suo impegno con i posteri: non. era sta to Costantino a concedere a Licinio il titolo di Augusto. Costui lo aveva già ottenuto, legalmente, nel 3 08 al convegno di Carnuntum (cf. supra VIII, n . 42). Questo tuttavia non è l'unico travisamento dei fatti presente in que st'ultimo scorcio della narrazione eusebiana. 8 1 La visione provvidenzialistica, che Eusebio ha della storia, trova qui
Libro X,
8
255
la luce e smascherò le insidie macchinate contro di lui nel se greto e nell'ombra. Tanto potente fu l'arma della devozione sia a difesa dai nemici che a salvaguardia della propria salvezza ! Difeso da essa, il nostro imperatore, carissimo a Dio, sfuggì al le insidi e astute di quel perfido. 7 . Appena costui vide che le sue trame segrete non procedevano come egli si attendeva, poi ché Dio rendeva manifesto ogni inganno e intrigo all'imperato re a Lui caro, non potendo più nasconderle, diede mano a una guerra aperta 82 . 8. Nel momento che stabilì di muovere guer ra a Costantino, contemporaneamente decise di schierarsi in c ampo anche contro il Dio dell'universo, che sapeva da lui ve nerato 83 . Si volse quindi a muovere guerra, pian piano e in si lenzio, contro i fedeli a lui soggetti, i quali non avevano mai ar recato molestie al suo potere. Agiva in questo modo, perché spinto a crudele accecamento dall'innata malvagità. 9. Così non tenne innanzi agli occhi il ricordo di coloro che prima di lui avevano perseguitato i Cristiani, né di coloro 84 che egli stes so aveva distrutto e punito per le empietà commesse; ma de viando dalla retta ragione e divenendo irrimediabilmente folle, decise di combattere Dio stesso, in quanto protettore di Co stantino, al posto del suo protetto 85 . l O. Dapprima allontanò la sua più alta espressione: è Dio il custode di Costantino; è Lui che gli svela ogni inganno dei suoi nemici e direttamente agisce per la sua salvezza. Così si attua il disegno ultimo di Dio: il trionfo del Cristianesimo. 82 Le ostilità ebbero inizio nel 3 2 3 . 83 Eusebio, coerentemente con l a sua visione teologico-politica, azzar da un forte parallelismo: fare la guerra a Costantino significa fare pure la guerra a Dio e quindi ai Cristiani; Costantino e i Cristiani sono la stessa cosa. Sicchè Licinio, per odio nei riguardi di Costantino, scatena la persecuzione contro i Cristiani. Licinio, però, in realtà non mosse alcuna persecuzione con tro i Cristiani, in quanto tali; solo alcuni gruppi palesamente fùocostantinia ni, e unicamente nei momenti di massima tensione tra i due Augusti, ebbero a soffrire misure repressive da parte di Licinio. 84 Il riferimento è a Massenzio e a Massimino Daia. Licinio però aveva militarmente sconfitto solo il secondo. 85 Eusebio sta affermando che in un primo momento Licinio non mos·
256
Storia ecclesiastica
dal suo palazzo 86 tutti i Cristiani, privandosi da se stesso, mi sero, della preghiera che questi innalzavano per lui a Dio e che essi, come era stato insegnato loro dai padri, rivolgevano in fa vore di tutti. Ordinò poi di sottoporre a giudizio i soldati che stavano in ogni città e di privarli del grado se rifiutavano di sa crificare ai demoni 87 . Questi provvedimenti erano poco, se pa ragonati a quelli più gravi. 1 1 . Perché ricordare in dettaglio le azioni commesse da lui, nemico di Dio? E come egli, violatore di ogni legge, emanò leggi illegali? Istituì infatti una legge che vietava di trattare con umanità coloro che soffrivano in carcere, distribuendo loro del cibo; o di aver pietà per quanti morivano di fame in prigione. Nessuno si doveva mostrare buono o fare del bene, neppure chi, per sua natura, era portato ad avere compassione del pros simo. Tra le sue leggi, questa fu la più impudente e crudele, per ché escludeva ogni senso di pietà. La legge imponeva che il ca stigo per chi fosse preso consistesse nel subire le medesime pe ne di coloro per i quali aveva avuto compassione, ossia di esse re incarcerato e messo in ceppi: coloro che si erano dimostrati umani, pativano la stessa pena di quelli che già si trovavano in carcere. 12. Tali furono le disposizioni di Licinio. Perché elen care le sue nuove disposizioni sul matrimonio o sui testamenti, con le quali osò abrogare le antiche leggi romane, rette e sagge, per introdurne altre, barbare e perverse, leggi veramente illega li e contrarie alle leggi? E le mille ingiunzioni che impose ai pose le sue ostilità direttamente contro Costantino (il protetto da Dio), ma con tro Dio stesso, cioè i Cristiani. Quindi dal decimo paragrafo Eusebio denca le diverse azioni di Licinio avverse ai Cristiani, inserendo però anche provve
dimenti civili, bollati come barbari e illegali. 86 Licinio non volle concedere ai Cristiani l'uso di locali dd suo pala z
zo come luoghi di culto, per le evidenti implicazioni politiche di tale conces sione. 87 Licinio si atteneva alla legge, la quale stabiliva che i funzionari stat a li partecipassero ai riti religiosi tradizionali.
Libro X,
8
257
poli a lui sottoposti e ogni genere di tassazione in oro e argento e le nuove stime delle terre e le pesanti ammende per uomini che non solo non stavano più nei campi, ma che anche erano morti da gran tempo? 13 . E quali condanne non escogitò, inol tre, questo nemico degli uomini, contro persone che non ave vano fatto nulla di ingiusto? Quanti arresti di uomini nobili e stimati ! Da questi allontanava le mogli, per darle a servi corrot ti, affinché le oltraggiassero. Con quante donne sposate e con fanciull e vergini quel vecchio decrepito non soddisfece egli stesso la sua dissoluta lussuria? Perché soffermarsi su queste cose, quando la gravità degli ultimi fatti provò che piccola cosa o nulla erano le sue prime azioni? 1 4 . TI colmo della sua follia lo fece volgere contro i vescovi. Pensava che questi ormai fossero contrari, in quanto ministri del Dio dell'universo, a quel che egli faceva. Ma non ordiva apertamente macchinazioni contro di loro, per paura del sovrano, bensì di nascosto e con l'ingan no, e grazie alle insidie dei governatori, ne fece morire i più il lustri. Anche il modo con cui li uccise fu strano e mai udito prima. 15 . Ciò che fu commesso a Amasea 88 e nelle altre città del Ponto, ad esempio, superò ogni eccesso di crudeltà. Là, del le chiese di Dio, alcune furono di nuovo rase al suolo, altre ven nero chiuse, perché nessuno di quelli che li frequentava vi si ra dunasse più e non fossero più resi a Dio gli atti di culto a Lui dovuti. 16. Pensava infatti che non vi venissero innalzate pre ghiere a suo favore, e ragionava così nella sua cattiva coscienza; si convinse invece che noi facevamo ogni cosa e rendessimo propizia la divinità per l'imperatore caro a Dio 89, Da questo convincimento fu spinto a muovere la sua ira contro di noi. 17. Allora quei governatori che erano pronti all'adulazione, per88 Cf. Girolamo, Cronaca, 2338. I paragrafi 14-17 parzialmente contra stano con 18-19, dove si dice che Licinio non riuscì a scatenare una persecu zione generale. 89 Costantino.
258
Storia ecclesiastica
. suasi di compiere azioni gradite a quell'empio, colpirono alcu ni vescovi con castighi degni di malfattori; e coloro che nulla avevano compiuto di ill egale furono portati via e puniti come assassini, senza alcun motivo. Alcuni ·subirono nuovi generi di morte: veniva loro tagliato il corpo in molti pezzi, con la spada; e dopo questo spettacolo crudde e veramente raccapricciante, erano gettati in pasto ai pesci, in fondo al mare. 1 8 . A causa di questi eventi gli uomini devoti a Dio prese ro a fuggire. Campi, deserti, boschi e nionti di nuovo accoglie vano i servi di Cristo. Mentre gli eventi avevano questo corso, quell'empio pensò di muovere una persecuzione generale. 19. Risoluto nella sua decisione, null a avrebbe potuto impedirgli di passare ai fatti, se Dio, difensore ddle anime dei suoi, preve dendo subito ciò che stava per accadere, non avesse fatto splen dere come in una tenebra profonda e in una notte oscura, un grande lume di salvezza per tutti, guidando .là il suo servo Co stantino, con il braccio alzato. 9. LA VITTORIA DI COSTANTINO E I BENEFICI DA LUI PROCURATI AI SUDDITI DELL'IMPERO ROMANO l . A costui, dunque, Dio dall'alto del cielo accordò il frut to degno della sua venerazione, i trofei della vittoria su gli em pi, e fece cadere bocconi ai piedi di Costantino quello scellera to insieme a tutti i suoi consiglieri e amici 9o. 2. Poiché Licinio era giunto ai vertici della sua follia, l'imperatore caro a Dio, ri tenendo che non era più sopportabile, con saggio ragionamen to risolse di unire all'umanità il rigore della giustizia e decise di andare in soccorso di quanti erano oppressi dal tiranno. Si mos-. se allora per salvare la maggior parte del genere umano, elimi-
9 0 Per il capitolo 9 cf.
Vita di Costantino, 2, 3 ; 19-20.
Libro X,
8-9
259
nando pochi uomini esiziali. 3 . Precedentemente, quando era mosso solo da sentimenti umani e aveva avuto misericordia per chi non ne era degno, non c'era stato alcun miglioramento in Licinio. Questi infatti .non rinunciava alla sua malvagità, anzi intensificava la persecuzione contro i popoli a lui soggetti: a co loro che subivano le sue vessazioni non era lasciata speranza al cuna di·salvezza, tiranneggiati com'erano da una belva terribi le. 4. Perciò, unendo all'amore per il bene l'odio per il male, il protettore dei buoni avanzò insieme al figlio Crispo 9 1 , impera tore umanissimo, offrendo una destra di salvezza a tutti coloro che erano afflitti. Poi, avendo come guida e alleato Dio, sommo re, e il Figlio di Dio, salvatore di tutti, padre e figlio divisero il loro schieramento e circondarono i nemici di Dio, riportando una facile vittoria 92, perché nello scontro tutto venne facilitato, secondo un disegno, da Dio. 5 . All'improvviso, dunque, in men che non si dica, coloro che ieri e l'altro ieri spiravano morte e minaccia hi , non esistettero più e nòn se ne ricordò più il nome. Anche i ritratti in loro onore ebbero la meritata ignominia e Li cinio patì egli stesso quel che vide coi propri occhi capitare agli empi tiranni di un tempo: non aveva accolto la correzione né era stato fatto rinsavire dalle sferzate inflitte a quelli che gli era no vicino, ma, proseguendo per la loro stessa strada, giustahi
Cf. At 9, l .
9 1 Flavio Giulio Crispo (3 07 -326) , primogenito illegittimo di Costanti no fu determinante nella campagna contro Licinio, distruggendone la flotta nello scontro dell'Ellesponto. Cesare dal 3 17 , aveva sconfitto Franchi e Ale manni. Secondo quanto riferisce lo storico Zosimo (Storia nuova, 2, 29, 2), fu fatto uccidere da Costantino nel 326, in seguito a non precisate accuse della matrigna Fausta. Anche Fausta, figlia . di Massimiano, accusata di adulterio, per ordine di Costantino fu strangolata nel medesimo anno. 92 Licinio fu sconfitto prima a Adrianopoli, il 3 luglio 324 e poi, il 1 8 dello stesso mese, a Crisopoli. Catturato, fu confmato a Tessalonica dove fu fatto uccidere insieme al figlio nel 326, lo stesso anno delle condanne a mor
te di Crispo e Fausta.
260
Storia ecclesiastica
mente fu gettato nello stesso precipizio. 6. Egli pure giacque colpito in questo modo. Costantino invece, il grande vincitore, adorno di ogni virtù della devozione, insieme al figlio Crispo , imperatore carissimo a Dio e in tutto simile al padre 93 , ripre sero l'Oriente, che gli era proprio, e ricostituirono come in an tico un unico impero romano; e riportarono tutto il monqo, dall'Oriente fino all'estremo Occidente, da settentrione a mez zogiorno, sotto la loro pace. 7. Fu allora allontanato dagli uo mini ogni timore di coloro che prima li angariavano; essi cele brarono giorni luminosi e adunanze di feste. Tutto era pieno di luce; e coloro che prima erano tristi, si guardavano gli uni gli al tri con visi sorridenti e sguardo sereno. Danze e canti, in città e nei campi, lodavano innanzi tutto Dio, sommo Re, perché a ciò erano stati instruiti, e poi il saggio imperatore insieme ai figli 94 , cari a Dio. 8. Erano dimenticati i mali di un tempo ed era ca duta in oblio ogni empietà; si godevano i beni presenti e si at tendevano quelli futuri. In ogni luogo furono emanate dall'im peratore vincitore costituzioni piene di umanità e leggi che era no prove di munificenza e vera devozione. 9. Eliminata così ogni tirannide, l'impero, che a loro era dovuto, rimase salda mente e senza contestazione nelle mani soltanto di Costantino e dei suoi figli. Essi, cancellato dal mondo, prima di ogni altra cosa, l'odio verso Dio, consapevoli dei beni loro accordati da Dio, dimostrarono amore per la virtù e per Dio, devozione alla divinità e gratitudine con le azioni che compirono al cospetto di tutti gli uomini
93 Questo riferimento a Crispo e quello sopra, nel paragrafo 4, manca no nei manoscritti S, in seguito alla damnatio memoriae avvenuta nel 326. 94 Crispo, ancora vivo nel 324, Costantino II (Cesare nel 3 17), Costan zo II (Cesare nel 324) e Costante (Cesare nel 333 ) . Alla morte di Costantino, nel 337 i tre figli saranno proclamati Augusti. Seguiranno inevitabili lotte per il potere.
INDICI
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI * (A cura di Giovanni Lo Castro)
Abdos: I 13 , 1 8 Abercio: V 1 6 , 3 Abgar: I 13 , 2, 5 , 6, 9, 1 1 , 13 - 19, 2 1 ; II l , 7 Abideno: In. 1 6 Abramo: In. 1 6; I l , 6; 2 , 6 , 7 ; 4 -
6, 8, 1 0 , 1 1 , 13 , 1 4
Abritto (città) : VII l Acacia: In. 9 · Acheo: VII 15, 3 Achilla s: VII 32, 3 0 Achior: I 7 , 13 Adamantid (Origene) : VI 14, 10 Adamo: I 7, 10; IV 29, 3 Adaucto: VIII 1 1 , 2 Adriano Elio: II 12·, 3 ; III 3 7 , l ; IV 3 , l , 3 ; 5 , 2 ; 6, 3 , 4 ; 8 , 2 , 6, 7 ; 9, 3 ; 13, 6; 26, 10; v 5 , 7 ;
12, l Adrianopoli (città) : X 9, 4 Africa (regione) : VI l ; 42, 5 ; 43 ,
3 ; VII 6; 7 , 5 ; VIII 6, l O; X 5 , 1 8 , 2 1 ; 6, l Africano Sesto Giulio: In. 29 s . ; I l , 3 ; 6, 2 ; 7 , l , 16; VI 3 1 , 1-3 . Opera di citata da Eusebio: Epistola ad Aristt'de: I 6, 2, 3 ; -
7, 2-16
Agabo: II 3 , 4 ; 8, l ; V 17 , 3 Agapio: VII 32, 24 Agatobulo: VII 32, 16 Agatonice: IV 15 , 48 Agentes in rebus: VI 40, 2 Agostino: I l , 2 ; VII 30, 2 1 ; X 5 ,
3, 18 Agrippa (Erode Agrippa I) : I I 4 ,
l ; 9, l , 4 - (Erode Agrippa II) : II 1 9, 2 ; 23 , 24 ; III 10, 10, 1 1 Agrippa Castore: IV 7 , 6 Agrippina: IV 19; V 9 Alabarca: II 5 , 4
* I nomi e le cose notevoli presenti nel testo o in nota sono così indicati:
n numero romano segnala il libro della Storia ecclesiastica; seguono due o più numeri in caratteri arabi, il primo specifica il capitolo, gli altri uno o più
paragrafi del medesimo capitolo. I nomi e le cose notevoli presenti nell Intro du zione sono segnalati con l'indicazione In. , seguita dal numero della pagina. '
264
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Albino: II 23 , 2 1 -24; III 8, 9 Alburno: II 2, 5 Alce: IV 15 , 4 1 Alcibiade di Apamea: VI 3 8 - (martire): V 3 , 2 , 3 - (montanista): V 3 , 4 Alessandria (città) : In. 7 , 9, 2 1 ; Il 4 , 2 ; 5 , 1 , 2 ; 6, 2 , 3 ; 16, l ; 1 7 ,
7 ; 23 , 23 ; 24 ; III 14; 2 1 ; 28, 3 ; IV l ; 2 , 2, 3 ; 7 , 3 ; 1 1 , 6; 17 , 5 ; v � 1 1 ; � 10, 4 ; 1 1 , 6; 22 , l ; 25 ; VI l ; 2 , 2 , 13 ; 3 , l , 3 ; 5 , 7 ; 6 ; 8 , 6 ; 14, 10; 19, 15 , 16, 19; 24 , 1 -3 ; 26; 29, 4 ; 3 1 , 2 ; 41, l , 9; 44 , l ; 46, 2 ; VII 7 , 6; 1 1 , 17 , 20, 23 ; 20; 2 1 , l , 3 , 9 ; 27, l, 2 ; 28, 3 ; 30, l, 3 ; 3 2 , 5 -7 , 12 , 26, 3 0 , 3 1 ; VIII 9, 7 ; 1 0 , l ; 12, l ; 13 , 7 ; 14, 15; IX 6 , 2 Alessandro (alabarca) : 11 5 , 4 - (martire di Alessandria) : VI 4 1 , 17 - (martire di Cesarea di Palesti na) : VII 12 - (martire di. Frigia) : V l , 49, 5 0 , 51 - (montanista) : V 1 8, 6, 9 - (vescovo di Alessandria) : In.
7s.
- (vescovo di Gerusalemm e ) : In. 6; VI 8, 7; 1 1 , l , 3 , 5; 13 , 3 ; 1 4 , 8 ; 1 9, 1 7 ; 20, l ; 27; 3 9, 2 , 4 ; 46, 4 : opere di - citate da Eusebio: Lettera agli Antio cheni: VI 1 1 , 5 s . ; Lettera agli
Antinoiti: VI 1 1 , 3 ; Lettera a Origene: VI 1 4 , 8s. ; Lettera di - e Teoctisto: VI 19, 17s.
- (vescovo di Roma) : IV l ; 4 ; V
6, 4 - (vescovo di Tiro) : VII 5 , l - di Eumenia: V 16, 22 Alexas: I 8, 13 Amasea: X 8, 15 Amastri: IV 23 , 6 Ambrosio: VI 2, 6; 1 8 , l ; 23 , l ; 28 Ammia: V 17, 2 , 3, 4 Ammone (soldato) : VI 4 1 , 22 - (vescovo di Bemice): VII 26, l Ammonaria: VI 4 1 , 1 8 Ammonio di Alessandria: In. 15;
VI 19, 6, 7 , 9, 10
- (martire) : VIII 13 , 7 Anacleto: III 13 ; 15; 2 1 ; V 6, l Anania: I 13 , 5 , 9 Ananos: 11 23 , 2 1 -24 Anatolio: VII 32, 6, 8, 9, 13 , 22 : opera di citata da Eusebio: Canoni pasquali: VII 3 2 , 14-
19 Anchialo: V 1 9, 3 Ancira (città) : V 16, 4 Andrea: III l , l; 25, 6; 3 9. 4 Aniceto: IV 1 1 , l , 7 ; 14, l , 5 ; 19; 22 , 3; v l , l ; 6, 4 ; 24 , 1 4 , 1 6,
17
Anna: I 10, 2 , 4 , 6 Anniano: II 24; III 1 4; 2 1 Anonimi: Scritti di - citati da Eusebio: Anonimo antiarte monita: V 28, 3 -6, 8- 1 9. Ano ·
nimo antimontanista: V 16, 3 10, 1 2 - 1 5 , 17 , 1 9-22'. Lettera delle chiese di Lione e Vienna alle chiese d'Asia e di Frigia:
265
Indice dei nomi e delle cose notevoli V l , 3 -63 ; 2 , 2-7 ; 3 , 2 . Lettera del Concilio di Antiochia: VII 30, 2-17. Lettera dei vescovi di Palestina sulla Pasqua: V 25 . Martirio di Policarpo: IV . 15 , 3 -45 Antero: VI 29, l , 2 Antimo: VIII 6, 6; 1 3 , l Antinoo: IV 8 , 2 , 3 Antinoopoli (città) : VI 1 1 , 3 Antiochia (città) : In. 6, 2 1 , 3 1 ; II 1 , 8 ; 3 , 3 ; 4, 6; 8, 2 ; 12, 2 ; III 26, 3 ; 3 6 , 2, 10, 15 ; IV 7, 3 ; 20; 24; V 1 9 , l ; VI 1 1 , 4 , 5 ; 2 1 , 4 ; 3 4; 3 9, 4 ; 4 1 , l ; 43 , 3 , 22; 46, 3 , 4; VII l ; 5 , l ; 14; 2 1 , 9; 27, 1 , 2 ; 3 0 , 3 , 5 , 8; 3 2 , 2, 4 , 2 1 ; VIII 12, 2 , 3 , 5 ; 13 , 2 , 4 ; 30, 18; IX 2 ; 6, 3 ; 1 1 , 5 , 6 Antipatro: I 6, 2 , 3 ; 7 , 1 1 , 12 Antonino Pio: II 13 , 2; IV 3 , 3 ; 8, 3 ; 1 0; 1 1 , 1 1 ; 12 ; 13 , 1 ; 14, 1 0; 16, 1 ; 1 7 , 2 ; V l , l - (Caracalla) : I 13 , 5 ; IV 30, l , 2 ; VI 8, 7 ; 1 1 , 2 , 4 ; 16, 3 ; 1 9, 16 2 1 , l; 34 - (Elagabalo) : VI 2 1 , l, 2 - (Marco Aurelio) : In. 3 6; II 13 , 2; IV, 14, 10; 1 6, l ; 1 9; V l , l ; 4, 3 ; 5 ; 9 Antonio: I 5 , 2 ; 7 , 12 Anulino: In. 2 1 ; X 5 , 15, 17, 1 8, 20; 7 , 1 , 2 Apamea (città) : V 16, 1 7 , 22 Apelle: V 1 3 , 2, 5, 9 Apione (scrittore) : V 27 - (grammatico d'Alessandria) II 5, 3, 4; III 9, 4; 3 8 , 5
Apocalisse: VII 25 , l , 6, 9, 22-24 Apollinare: IV 2 1 ; 26, l ; 27 ; V 5 ,
4 ; 1 6 , l ; 1 9, l , 2
Apollo d'Alessandria: III 3 , 5 Apollofane: VI 19, 8 Apollonia: VI 4 1 , 7 Apolloniade: V 28, 17 Apollonio (antimontanista) : V 1 8 , l , 1 2 , 14. Opera di - cita ta da Eusebio: V 18, 2 14 - (martire) : V 2 1 , 2 - di Tiana: In. 1 1 Appiano: In. 35 Apuleio: VI 40, 7 Aquila (prefetto d'Egitto) : VI 3 , -
3; 5, 2 - (presbitero) : VII 1 1 , 24 - (Traduttore) : V 8, 10; VI 16, l ,
4 - (marito di Priscilla ) : II 18, 9 Arabia (regione) : VI 19, 15 ; 3 3 , l ; 3 7 ; 42 , 3 , 4 ; VII 5 , 2 ; VIII 12 , l Arabiano: V 27 Archelao: I 6, 9; 7 , 12; 8, 16; 9, l Ardabau: V 16, 7 Areta: I 1 1 , l Ario: In. 7 ss.; X 4, 2 , 1 1 Aristarco: II 22, l Aristide (apologeta) : IV 3 , 3 - (destinatario di una lettera di Africano) : I 7, l; VI 3 1 , 3 Aristione: III 3 9 , 4, 5 , 7, 14 Aristob ulo ( fratello di !reano): I
6, 6; VII 32, 16
- (uno dei Settanta) : VI 1 3 , 7;
VII 3 2 , 1 6 Aristone: I V 6, 3
Indice dei nomi e delle cose notevoli
266
Aristosseno di Taranto: In. 3 1 Aristotele: V 28 , 14; VU 32, 6 Arles (città) : X 5 , 23 Armenia (regione) : IV 1 3 , l ; VI
46, 2 Aronne: X 4 , 25 Arsinoe (città) : VII 24, l, 6 Artaserse: III 10, 3 , 4; V 8 , 15 Artemone: VII 30; 16, 17. Dottrina di : V 28, l Ascalona (città): I 6, 2; 7, 1 1 Asclepiade (seguace di Artemo ne) : V 28, 16 - (vescovo di Antiochia) : VI 1 1 , -
4, 5; 2 1 , 2 Asclepiodoto: V 28, 9 Asfaltite (città) : I 8, 10 Asia (regione ) : II 1 8, 9; III l , l ,
2 ; 4 , 2 ; 23 , 1 , 3 ; 3 1 , 3 , 4 ; 3 6 , l ; 3 9, 6; I V 8, 6; 12; 1 3 , l , 7 ; 1 4 , 3 , 5 ; 1 5 , 1 , 48; 26, 3 , 5 i V l , 2 , 3 ; 3 , 4 ; 8, 4 , 1 1 ; 13 , l ; 1 4 ; 1 6 , 7 , 1 0 ; 1 8 , 9; 1 9 , 2 ; 20, 5 ; 23 , l ; 24, l , 2 , 9; VII 25, 16; IX l, l Asiarca: IV 15, 27 Asteria Urbano (autore di oracoli montanisti) : V 16, 17 il Sofista: In. 7 Astirio: VII 16; 17 Atanasio (d'Alessandria): In. 9;
-
VII 6; 1 1 , 1 4 ; 26, l; X 4 , 2 , 46
Atenagora: V l, 14 Atene (città) : III 4 , 10; IV 23 , 3 ;
26, 1 0; VI 1 9 , 2 ; 3 2 , 2 Atenodoro: VI 30; VII 14; 28, l Atero: VI 4 1 , 1 9 Atreo: V l , 14
Attalo: V l, 17, 3 1 , 37, 43 , 50, 52;
3, 2
Attz" dì Abgar: In. 28; I 13 , 6- 10. di Andrea: III 25, 6 - di Apollonia: V 2 1 , 2 - di Giovanni: III 25 , 6 - di Pietro: III 3 , 2 - di Pilato: I 9; IX 5 , l Attico (consolare) : III 32, 3 , 6 - (vescovo di Sinnada) : VI 19, 1 8 Augusto Cesare Ottaviano: In. -
3 4 ; I 5 , 2; 6, 2 , 7 , 12; 9, 1 , 2; IV 26, 7 , 8; V l , 4 Aureliano: V 28, l ; VII 28, 4; 3 0, 1 7 , 1 9-22 ; x 6, l Aurelio Quirinio (legato di Si ria) : VII 13 - (vescovo): V 19, 3 Aurelio Settimio Eraclito: VI 1 9, 15 Aureolo: VII 10, 8; 28, 4 Ausé: I 3 , 4 . Autolico: IV 24 Avilio: III 14; 2 1 ; IV l, l Avircio Marcello: V 16, 3 Azio (città) : VI 16, 2 ·
Babila: VI 29, 4; 3 4; 3 9, 4 Babilonia (città) : I 6, 5 , 6; II 15; 2 ; VI 25 , 5 Bacchilide: IV 23 , 6 Bacchill o : V 22 ; 23 , 4 . Bacchio: IV 12 Balbina: VI 29 , l Bar Kochebah: II 12, 3 ; IV 6, 2 ; ·
8, 4 Barabba: III 7 , 7 Bardesane: IV 30, l
Indice dei nomi e delle cose notevoli Barnaba: I 1 2 , l ; II 3 , 3 , 4; 8, 2 ; 1 2 , 2 ; IIT 25 , 4 ; VI 13 , 6; 1 4 , l ; VII .25, 1 5 Bartolomeo: V 10, 3 Basilica: X 4, l , 3 9 . - di Tiro, descrizione: X. 4 , 37 -45 - di San Pietro: II 25 , 5 Basilico: V 13 , 3 Basilide (eretico) : IV 7 , 3 , 4 , 6, 8 . Eresia d i - : .v. Eresie - (martire) : VI 5 , l ; 5, 3 , 5 - (vescovo della Pentapoli) : VII 26, 3 Basilio di Cesarea: VII 26, l Bathezor (città) : III 6, 2 1 Bebio Aurelio Uncino: VI 1 9 , 15 Beneficiari: IX 9a, 7 Beniamino: IV 5 , 3 Berillo : VI 20, 2 ; 3 3 , l , 3 . Eresia di -: v. Eresie . Berito (città) : In. 6; VI 3 0 Bernice (città) : VII 26, l - (martire) VIII 12, 3 Besa: VI 4 1 , 1 6 Beseleel: X 4, 3 , 25 Betlemme (città) : I 5, 2; 8, l , 1 6 Betthera (città) : IV 6 , 3 Biblide: V l , 25 Bisanzio (città) : IX 10, 3 Bitinia (regione) : III l , 2 ; 4 , 2 ; 3 3 , l ; VII 5 , 2 ; X 5 , 1 , 6 Blandina: V l , 1 7 , 18, 25 , 3 7 , 4 1 , 53 Blasto: V 15; 20, l. Eresia di -: v. Eresie Bolano: VII 3 0, 2 Bostra (città): VI 20, 2; 3 3 , l ; VII 28, l
267
Bruchion (città) : VII 3 2 , 7 Caifa: I 1 0, 2, 4, 5 , 6 Calcedonia (città) : VII 3 0 , 22 Calliroe (città) : I 8, 1 0 Callistione: V 13 , 8 Callisto: VI 20, 2; 2 1 , 2; VII 6 Candido: V 27 Caparattea (città) : III 26, 3 Capitone: V 12, 2 Cappadocia (regione) : III l , 2; 4 , 2 ; V I 1 1 , 2 , 6; 4 6 , 3 ; VII 5 , l , 4; 3 0, 3 ; VIII 1 2 , l Caracalla: v. Antonino Pio Carbonchio (malattia) : IX 8, l Carico: V 1 9 , l ; VI 1 2 , l Carino: VII 3 0 , 22 Carnuntum (città) : VIII 1 3 , 12; X 8, 4 Caro: VII 3 0, 22; 32, 26 Carpiano: In. 15 Carpo: IV 15 , 48 Carpoerate: IV 7, 9. Eresia di -: v. Eresie Carpoforo: VI 2 1 , 2 Cartagine (città) : VII 3 ; X 5 , 1 8 ; 6, l Cassiano (autore di una Crono grafia) : VI 13 , 7 - (vescovo di Gerusalemme) : V 12, 2 Cassio: V 25 Castore: In. 1 6 Catafrigi: v. Eresie Ceciliano: In. 2 1 ; X 5, 18, 1 9 ; 6, l ; 7, 2 Cecrope: I l , 6 Cefa: I 12, 2, 4
268
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Cdadione: IV 1 1 , 6; 1 9 Cderino: VI 43 , 6 Cdesiria (città) : V 1 1 , 4 Celso (scrittore pagano) : I 2 , 1 7 ; V I 3 6, 2 - (vescovo di !conio) : VI 1 9 , 1 8 Centocelle (città) : VII l Cerdone (eretico) : IV 10; 1 1 , l , 2 . Eresia di -: v. Eresie - (vescovo di Alessandria) : III 2 1 Cerinto: III 28, l , 2 , 4 , 6 ; IV 14, 6; VII 25 , 2. Eresia di - : v. Eresie Cesarea di Cappadocia (città) : VI 27 ; 46, 3 ; VII 1 4 ; 28, l ; 3 0, 3 ; IX 10, 6 Cesarea di Filippo (città) : In. 6; VII 17 Cesarea di Palestina (città) : In. 5ss . ; II 3 , 3 ; 10, l , 3 ; III 3 1 , 5 ; V 2 2 ; 23 , 3 ; VI 8, 4 ; 1 9, 1 6, 1 7 ; 23 , 4 ; 26; 27; 28; 3 0; 3 2 , 2 ; 3 9, 2 ; VII 5 , l ; 1 2 ; 1 4 ; 1 5 , l ; 2 8 , l ; 32, 2 1 , 24; VIII 13 , 6 Cheremone (diacono) : VII 1 1., 3 , 6, 24 - (filosofo stoico) : VI 1 9, 8 - (vescovo di Nilopoli) : VI 42 , 3 Chrestus: II 1 8 , 9 Cicerone: II 2 , 2 Cilicia (regione) : VI 46, 3 ; VII 5 , l, 4 Cipriano: VI 4 1 , 1 3 ; 42 , 5 ; 43 , 3 , 6 , 1 1 , 16, 20; VII l ; 2 ; 3 ; 1 1 , 24; 3 0 , 8 Cipro (isola) : II l , 8 Cirene (città) : IV 2, 2 -4 Cirillo d'Alessandria: X 4, 46
- d'Antiochia: VII 3 2 , 2 Clara: V 25 Claudio (Giulio, successore di Caligola) : II 8, l , 2 ; 9, l ; 10, 9; 1 1 , 3 ; 1 3 , 3 ; 14, 6; 1 7 , 1 ; 1 8, 8 , 9; 19, l, 2 - il Gotico: VII 28, 4 - Tacito: VII 3 0, 2 1 Clemente (vescovo di Roma) : III 4, 9; 15; 2 1 ; 34; 3 8 , 1 -4 ; 3 9 , l ; IV 22 , l ; 23 , 1 1 ; V 6, 2-4; 28, 4 ; VI 13 , 6; 25 , 14 Clemente Alessandrino: In. 20; I 4, l ; II l , 3 ; 9, 2 ; 15, 2 ; 23 , 3 , 19; III 3 , 2 ; 23 , 2 , 5 , 1 9; 2 9 , l ; 3 0 , l ; IV 26, 4; 2 9 , 7 ; V l O , l ; 1 1 , l ; 1 8 , 14; V I 6; 1 1 , 6; 12, 7 ; 1 3 , r. 8; 14, 5 , 7 , 8; vn 32, 16. Opere di - citate da Eu sebio: Ipotiposi I 12, 2 ; II l , 3 -5 ; 9 , 3 ; 15, 2 ; 23 , 3 , 1 9 ; v 1 1 , l s . ; VI 1 3 , 2 ; 14, 2 -7 . Qua le ricco si salva III 23 , 6-19. Stromata III 29, 2 ; 3 0, l, 2 ; V 1 1 , 3 -5 ; VI 13 , 7 , 8 Cleobio: IV 22 , 5 Cleopa: III 1 1 ; 3 2 , l , 3 , 4, 6; IV 22 , 4 Cleopatra: I 5 , 2 Clodio Albino: V 1 1 , 3 ; 2 6 Cnosso (città) : I V 23 , 7 Colone: VI 46, 2 . Commodiano: VII 1 0 , l , 4 Commodo: V 9; 1 0, l ; 16, 1 9 ; 1 8 , l; 2 1 , l ; 22 ; 26; V I 6 Concilio di Ancira: X 4, 35 di Antiochia: In. 9 - d'Asia: IV 1 2 ; 1 5 , 27 -
Indice dei nomi e delle cose notevoli - di Nicea: In. 5 , 7ss . , 1 6, 23 ; VI 8, 5 ; 1 1 , l ; VII 3 2 , 26; X 4 , 35 , 60; 6 , 2 . Secondo -: III 25 , 6 di Tiro: In. 7 , 9; X 4, 60 Confector: IV 15, 3 8 Coracione: VII 24, 9 Corban: II 6, 6 Corbulone: II 25 , 4 Cordova (città) : X 6, 2 Corinto (città) : II 25 , 8; III 4 , 1 0; 16; 3 8 , l ; IV 22, 2; 23 , l ; V 6, 3 ; 22; 23 , 4 Cornelio (centurione) : II 3 , 3 - (vescovo di Antiochia) : IV 20 - (vescovo di Roma) : VI 3 9, l ; 43 , l , 3 -5 , 1 8 , 1 9 , 2 2 ; 46, 3 ; VII l ; 2 . Lettera di -: VI 43 , 5 -20 Cornuto: VI 1 9, 8 Corrector: X 5 , 23 Costante: X 9, 7 Costantino: In. 8s. , 16ss. , 23 , 3 3 s . , 37s.; VIII 13 , 9, 12, 1 4 , 15 ; 1 7 , 4 ; I X l , l , 6; 9, 1 -3 ; 5 , 9, 12; 9a, l 2 ; 1 0 , 1 , 3 ; 1 1 , 8 ; X 1 , 7 ; 2 , 2 ; 4, 6; 5, 1 , 4, 1 � 2 1 ; 6 , 1 ; 8 , 2 , 6, 8, 9, 1 9; 9 , 1 , 6, 9 Costantino II: In. 9; X 9, 7 Costantinopoli: VII 2 1 , 9 Costanza: X 8, 4 Costanzo II: X 9, 7 Costanzo Cloro: In. 3 7 ; VII 3 0, 22 ; VIII 13 , 1 2 , 14 Crescente: II 13 , 2 Cresto: In. 2 1 ; X 5 , 2 1 Creta (isola) : III 4 , 5 ; IV 2 1 ; 23 , 5 -
2 69
Crisofora: IV 23 , 13 Crisopoli (città) : X 9, 4 Crispo: X 9, 4 , 6, 7 Cronio: VI 1 9 , 8 Cronione (Euno) : VI 4 1 , 15 Culciano: VIII 9, 6; IX 1 1 , 4 Cumana (città) : V 16, 17 Curiale (carica amministrativa) : VIII 1 1 , l Dama: III 3 6, 5 Damasco: IX 5 , 2 Damnea: II 23 , 24 Daniele: I 2, 24 , 25 ; 6, 1 1 ; VI 7 ; 31, l Dario: In. 16s. Davide: I 3, 14, 16; 6, 5 ; 7 , 5; III 1 2 ; 1 9; 20, l ; 3 2 , 3 ; x 4, 3 Debelto (città) : V 1 9 , 3 . Decio: In. 36; IV 15, 47 ; VI 3 9 , l ; 40, 2 ; 4 1 , l , 9 ; VII l ; 1 1 , 18; 22, 1 2 ; VIII 4 , 2 Demetriano: VI 46, 4; VII 5 , l ; 14; 27, 1 ; 3 0 , 17 Demetrio (autore giudaico): VI 13 , 7 - (presbitero): VII 1 1 , 24 - (vescovo d'Alessandria) : V 22; VI 2, 2; 3 , 2, 8; 8, 3 , 5; 14, 1 1 ; 1 9 , 1 5 , 1 7 , 19; 26; 29, 4 - (vescovo d'Egitto). : VI 40, 9; VII 13 Diatéssaron: IV 29, 6 Dicearco: In. 3 1 Didaskaleion (scuola di Alessan dria): In. 20; VI 3 , 2; 6; 14, 9 Didimo: VI 40, 9; VII 1 1 , 20; 20 Didio Giuliano: V 26
270
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Dio (martire): VIII 13 , 7 Diocle di Magnesia: In. 3 1 . Diocleziano: In. 20s., 3 7 ; VI 40, 2 ; VII 1 1 , 3, 26; 3 0, 22; 32, 3 , 26; VIII l , l , 7 ; 2 , 4 ; 13 , 9 , 1 1 ; IX 9, 12; 9 a, l ; 10, l , 8; 1 1 , 4 ; X 6 , l . Editti di - contro i cri stiani: VII 32, 32; VIII l, 7; 2 , 4 ; 15 . Vit a di -: VIII 4 , 2 Diodoro: In. 1 6 Diogene Laerzio: In. 3 1 Dione Cassio: In. 3 5 ; II 8 , l ; 1 8 , 9; 25 , 2 ; III 18, 4 ; 2 0 , 4 ; I V 2, 5 ; 6, l; V 5 , 3 ; VI 19, 1 6 Dionigi (vescovo d i Corinto): II 25 , 8; III 4, 10; IV 2 1 ; 23 , l , 8 , 9 , 13 ; 25 . Opere di - citate in Eusebio: Lettera agli Ate
niesi: IV 23 , 2, 3 . Lettera alla Chiesa di Amastri: IV 23 , 6. Lettera alla Chiesa di Cortina: IV 23 , 5. Lettera ai fedeli di Cnosso: IV 23 , 7 . Lettera a So tero di Roma: II 25, 8; IV 23 , 10, 1 1 . Altra Lettera: IV 23 , 12 - (vescovo di Roma) : VII 5 , 6; 7 , 6; 9 , 6; 1 4 ; 2 6 , l ; 27, l ; 3 0, l ,
2 , 23 - ·Areopagita: III 4, 1 0 ; IV 23 , 3 - d'Alessandria: III 28, 3 , 6; VI
3 , 2; 29, 4 ; 35; 40, 1 ; 42 , 6; 43 , l ; 44, l , 6; 45 ; 46, 5 ; VII l ; 2 ; 4 ; 5 , 3 ; 7 , l , � 10, 2 . � 1 1 , l , 26; 13 ; 20; 26, l , 3 ; 27, l , 2 ; 28, 3 ; 3 0, 3 ; 32, 3 0. Opere di - citate in Eusebio: Lettera a Cornelio: VI 46, 3 , 4 . Lettera
a Dionigi di Roma: VII 8. Let tera a Domezio e Didimo: VII
1 1 20-25 ; 20; .3 2 , 5 . Lettera a ,
Ermamone: VII l ; l O; 23 . Let tera a Fabio: VI 4 1 ; 42 ; 44, 2 -
6. Lettera a Filemone: VII 15 . Lettera aifratelli d'Alessan dria: VII 22 , 2 - 1 0 . Lettera a Germa n o : VI 40, 1 -9. Lettera a Hierace: VII 2 1 , 1 - 10. Lette ra a Novato: VI 45 . I Lettera a Sisto : VII 5 , 4-6; 6. II Lettera a Sisto: VII 9, 1 -5 . Lettera a Stefano: VII 5 , l , 2 . Sulle Pro messe: III 28, 4, 5 ; VII 24, 4 9; 25 - d'Alicarnasso: In. 1 6 Dionisia: VI 4 1 , 1 8 Dios: VI 1 0 Dioscoro (martire): V-1 41, 19, 20 - (presbitero) : VII 1 1 , 24 Distro (mese di -) : VIII 2, 4 Dolichiano: V 12, 2 Domezio: VII 1 1 , 20; 20 Domiziano: In. 20, 36; III 1.3 ; 14; 1 7 ; 1 8, 3, 4 ; 1 9: 20, l , 5 , 7 , 8; 23 , l , 6; .3 2 , l ; IV 26, 9 Domizio Alessandro: VIII 14, l , 5 Domnina: VIII 12, 3 Domno (apostata) : VI 12, l - (vescovo di Antiochia) : VII 3 0, 17, 1 8 ; 32, 2 - (vescovo di Cesa�ea di Palesti na) : VII 14 Donato: X 5 , 1 8 Donatisti; V 2 , 8; X 5 , 1 8 , 1 9 , 2 1 , 22 ; 6, l
Indice dei nomi e delle cose notevoli Dorotea: VIII 14, 15 Doroteo · (procuratore): VII 32, 2 - (servo di palazzo): VIII l , 4; 6,
1, 5
.
Dositeo: IV 22, 5 Ducenarius: VII 30, 8 Dura Europos (battaglia di -) :
IV 13 , l
Ebioniti: v. Eresie Eden: VII 2 1 , .7 Edessa (città) : I 13 , 4, 5 ; II l , 6,
7 ; IV 3 0, l; VII 1 0, 8 Edipo: V l , 14 Editto di Galerio: In. 2 l ss . , 35,
37; VIII 1 7 , 3 - 10 - di Massimino: IX 7 , 2 - 1 4 - d i Milano: In. 2 1 ; VIII 15; IX 9a, 10; X l , 7 ; 5 , 2 - 14 - di Serdica: VIII 1 5 ; 1 7 , 2 ; IX l , l ; 2; 9a, 10 - di Tarso: IX 1 0, 7-1 1 - di Valeriano: VII 10, l Efeso ( città) : III l , l ; 4 , 5 ; 20, 9; 23 , 4 , 6, 8; 3 1 , 2 , 3; 3 6, 5 ; 39, 6; IV 13, 7 ; 1 4 , 6; 18, 6; V 8, 4, 10; 18, 9, 1 4 ; 22; 24, 2 , 4; VII l; 26, 1 6 Efrem: IV 5 , 3 Egesippo: I l , 3 ; II 23 , 3 , 19; III 1 1 ; 16; 1 9 ; 20, 7; 32, 2 ; IV 5 , 2 ; 8 , l ; 1 1 , 7 ; 2 1 ; 22, l . Ope ra di - citata da Eusebio: Me morie: II 23 , 4- 18; III 1 1 ; 16; 20, 1 "7 ; 3 2 , 1 -8 ; IV 8 , 2 ; 1 1 , 7; 22, 2-9 Egitto: I 5 , 2 ; 7, 13 ; 8 , 2 , 16; II 12, l ; 16, l ; III 7, 2; IV 2, 2 ,
27 1
4 ; 7 , 3 ; V 1 1 , 4 ; VI l ; 2 , 2 ; 1 9 , 15 ; VII 2 ; 10, 4; 1 1 , 12, 17, 24 ; 2 1 , 2 ; 22, 1 1 , 12; 24, l; VIII 6, 10; 13 , 7 ; IX 6, 2 ; 1 1 , 4 Egiziano: II 2 1 , l Elcesaiti: VI 3 8 . Eresia -: v. Ere sie Eleazaro (padre di Maria di Bathezor) : III 6, 2 1 - (sommo sacerdote): I 10, 4 Elena (compagna di Simon Ma go) : II 13 , 4, 6 - (madre di Costantino) : VIII
1 3 , 12 - (regina dell' Adiabene) : II 12,
1, 3 Eleno: VI 46, 3 ; VII 5 , 1 , 4 ; 28, l ; 3 0, 2 Eleutero (o Eleuterio) : IV 1 1 , 7 ; 22, 3 ; V l , 3 , 4 ; 4 , 2 ; 5 , 9; 6, 4 ; 22 Eli: I 7 , 5 , 6, 8 - 1 0, 1 6 Elia Capitolina (Gerusalemme) : In. 6; VI 20, l Eliano: VII 3 0, 2 Elio Publio Giulio: V 19, 3 Eliodoro: V 28, 12; VII 5 , l Ellesponto (stretto): IX 10, 3 Elpisto: IV 23 , 6 Emesa (città) : VI 2 1 , l ; VII 10, 8;
30, 1 7 ; VIII 1 3 , 3 ; IX 5 , 2; 6, l Emiliano: VII 10, l ; 1 1 , 3 , 4, 6, 9, 10, 14, 1 8 Emilio Frontino: V 1 8 , 9 ·
Encratici: v. Eresie Enoch: VII 32, 19
272
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Enon ( città): III 24, 1 1 Epifania: VI 3 8; VII 6; 1 1 , 14 Epimaco: VI 4 1 , 17 Eracla: VI 3, 2; 19, 13; 26; 29, 4; 3 1 , 2 ; 35; VII 7, 4; 9, 2 Eraclea Pontica (città) : IX 10, 3 , 6 Eraclide (martire) : VI 4, 3 - (procuratore) : X 6, 3 Eraclito: V 27 Eraide: VI 4, 3 Erennio Etrusco: VII l Eresia gnostica: IV 9-12 - manichea: VII 3 1 Eresie - degli Ebioniti: III 27-29 - degli Elcesaiti: VI 3 8 - di Artemone: V 2 8 - d i Basilide e Saturnino: I V 7 , 3 8 - di Berillo: VI 33 - di Blasto: V 15 ; 20, l - di Cerdone: IV l O; 1 1 , 1 -3 - di Cerinto: III 28 di Fiorino: V 15; 20, 4-8 - di Marcione: IV 1 1 , l, 2 , 8, 9 - di Montano (o Catafrigia) : II 25 , 6; v 3 , 4; 14; 16; 1 8 ; 1 9 - di Nepote: VII 2 4 , 4-9 . - di Novato: VI 43 ; VII 8 - di Novaziano: VI 43 , l ; VII 8 di Paolo di Samosata: V 28, l ; VII 27-3 0 - di Sabellio: VII , 6 - di Severo: IV 29, 4, 5 - di Simon Mago: II 13s. - di Taziano (Encratici) : IV 29, 1 -3 -
-
- di Valentino: IV 10; 1 1 , 1 -3 Erma: I 4, l . Il Pastore di -: III 3 , 6 Ermamone: VII l ; 10, 2 ; 22, l , 12 Ermofilo: V 28, 1 7 Ermone: VII 32, 29 Ermopoli (città) : VI 46, 2 Erode (Agrippa 1) : II 4, l ; 9, l , 4; 1 0, l - (di Ascalona): I 6, 2; 7 , 1 1 - (eirenarca) : IV 15 , 15, 4 1 ( il giovane) : I 9, l ; 10, l ; 1 1 , 1 6 ; II 4, l ; l O , 9 ( il grande) : I 6, 2, 3 , 7 , 9, 1 0; 7, 12, 13; 8, l , 3 -5 , 1 0, 1 6; 9, l ; III 20, l Erodiade: I 1 1 , l , 3 ; II 4, l Erodiano: VI 1 9 , 16 Erone (discepolo d i Origene) : VI 4, 3 - (martire) : VI 4 1 , 19 Eros: IV 20 Esdra: V 8, 15 Esculapio: VII 18, 2 Esi chio: VII 13 , 7 Esta: I, 7, 7 Etiopia (regione) : II 1 , 13 Eudemo di Rodi: In. 3 1 Euelpis: VI 19, 1 8 Eufranore: VII 2 6 , l , 2 Eufrate (fiume) : I 13 , 2 Eugenio: VIII 6, 8 Eumene: IV 5 , 5 ; 1 1 , 6 Eumenia (città) : V 16, 22 ; 24, 4 Eupolemo: VI 1 3 , 7 Euporo: VII 26, l Eusebio (diacono e poi vescovo -
-
Indice dei nomi e delle cose notevoli di Laodicea) : VII 1 1 , 3, 24, 26; 32, 5 , 8, 1 1 , 2 1 - (vescovo di Roma) : X 5 , 1 8 - di Cesarea, Fonti di - : In. 25s. Pensiero trinitario e cristolo gico di -: X 4, 2 , 1 1 , 4 1 , 46, 56, 65 - di Nicomedia: In. 7ss. - di Vercelli: In. 14 Eustazio: In. 9 Eutichiano: VII 32, l Eutichio: VII 3 0, 2 Evaristo: III 34; IV l ; V 6, 4 Evocatus: III 20, l Evodio: III 22 Fabiano: VI 29, 1 -3 ; 36, 4; 3 9, l ; 43 , l Fabio (vescovo) : VI 3 9 , 4; 4 1 , l ; 43 , 22 ; 44 , l ; 46, 4 ; VII 14 - (vessillife ro): VIII 4 , 4 Fado: II 1 1 , 2 , 3 ·· '· Faraone: IX 9, 8 Fausta: X 9, 4 Faustino: VII 1 1 , 24 Fausto (compagno di Dionigi d'Alessandria) : VI 40, 9; VII 1 1 , 3 , 6, 22, 24, 26 - (martire) : VIII 13 , 7 Felice (procuratore): I 5 , 3 ; II 19, 2 ; 20, 1 ; 2 1 , 2 , 3 ; 22 , l - (vescovo di Aptungi) : X 5 , 18. - (vescovo di Roma) : VII 3 0, 23 ; 32 , l Felicita: VI l Fenicia (regione) : II, l , 8; 13 , 4; VIII 7 , 1 ; )3 , 3; IX 5 , 2 ; 6, l; X 4, l
273
Feno (zona mineraria) : VIII 12 , 10; 13 , 5 Pesto: II 22 , l ; 23 , l , 2 , 2 1 , 22 Filadelfia (città) : III 36, 10; IV 15, 45 ; v 1 7 , 3 , 4 Filea: VIII 9, 7; 10, l ; 13 , 7 . Ope ra di - citata · in Eusebio: Let
tera agli abitanti di Thmuis: VIII 1 0, 1 - 10 Filemone: VII 5 , 6; 7 , l Fileto: VI 2 1 , 2 ; 23 , 3 Filippo (apostolo) : III 30, l ; 3 1 , 2 -5 ; 3 9, 4 , 9; v 17, 3 ; 24, 2 - (asiarca) : IV 15, 27 - (diacono) : II l , 1 0, 1 1 , 13 ; III 37, l ; v 17, 3 - (figlio di - l'Arab o): VI 34 - (l'Arabo, imperatore) : In. 36; VI 34; 3 9, l ; 4 1 , 9; VII 10, 3 - (tetrarca) : I 7, 12; 9, l ; 10, l ; II 4, l ; 10, 9 - (vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 - (vescovo di Gortina) : IV 2 1 ; 23 , 5 ; 25 Filomelio (città): IV 15, 3 Filomena: V 13 , 2 Filone: In. 20; II 4, 2 ; 5 , l , 4-6; 16, 2 ; 1 7 , 1 , 4, 7, 19, 24; 18, l, 8; III 28, l; VI 13 , 7; VII 32, 16. Opere di - citate in Eusebio: Ambasceria a Gaio: II 5, 7; 6, 2. La vita contemplativa: II 17, 3, 5 , 8- 1 1 , 13 , 16, 1 7 , 19, 2023 . Pensiero di -: II 4, 2 Filoromo: VIII 9, 7 Filostorgio: In. 39; VII 1 8 , l ; 3 2 26 ,
Indice dei nomi e delle cose notevoli
274
Firmiliano: VI 27; 46, 3 ; VII 5 , l , 4 , 5 ; 14; 28, l ; 30, 3 -5 Flaccillo : In. 13 Flavia Domitill a : III 18, 4 Flavia Neapolis (città) : II 1 3 , 2 ; IV 1 2 Flavio: VII 20 - Clemente: III 18, 4 - Filostrato: In. 1 1 - Severo: VIII 13 , 12 Fiorino: V 15; 20, l , 4 . Eresia di -: v. Eresie Floro: II 26, l Follis: X 6, l Fozio: In. l Os ; II 25, 6; VI 19, 6; 39, 5 Frigia (regione) : IV 1 5 , 7 ; V l , 2 , 3 ; 3 , 4 ; 1 4 ; 1 6 , 7 ; 1 8 , l , 2 ; VIII 11, l Frumentarius: VI 40, 2 .
Gaio (Caligola) : II 4, l , 2 ; 5 , 1 -5 ; 6 , l , 2 ; 7 ; 8; 1 0, 9; 1 8 , 8 - (compagno di Dionigi d'Alessan dria): VI 40, 9; VII 1 1 , 22, 23 - (martire) : V 16, 22 - (presbitero romano) : II 25 , 6; III 28, l; VI 20, 3 . Opere di citate da Eusebio: Dialogo: .Il 25 , 7 ; III 3 1 , 4. Ricerche: III 28, 2 - (vescovo di Gerusalemme) : V 12, 2 - (altro vescovo di Gerusalem mé) : V 12, 2 - (vescovo di Roma) : VII 3 2 , l Galazia (regione) : III l , 2 ; 4, 2 ; V 16, 4; VII 5 , 4 ·
Galba: III 5 , l Galeno: V 28, 14 Galerio: In. 3 7 ; VII 30, 22; VIII 5; 6, 6; 1 3 , 12, 15; 1 7 , 3 ; IX l , l ; 9a, 2 Galilea (regione) : I 7 , 1 2 ; 8, 16; II 19, 2 ; III 24, 9 , 10 Gallia (regione) : I 1 1 , 3; V l, l , 3 ; 3 , 4 ; 23 , 3 ; 2 4 , 1 1 ; VI l ; X 5, 2 1 Gallieno: In. 5 ; VII 1 0 , l ; 1 1 , 8; 1 3 ; 15, 1 ; 23 , 1 , 2 ; 28, 3 , 4; 3 0 , 17; VIII l , l Gallo: VII l ; 1 1 , 24 Gamaliele: II 1 1 , l Gaza (città) : VIII 1 3 , 5 Geenna: V l , 26 Geremia: I 3, 6; II 23 , 17; VIII l , 8 Gerico (città) : I 2 , 1 2 ; 8, 12; VI 16, 3 Germanico: IV 15, 5 .Germanione: VI 1 0 Germano: V I 4 0 , l ; VII 1 1 , l , 2 , 18, 19 Gerusalemme (città) : In. 2 0, 3 1 ; I 6 , 6 ; 1 3 , 6 ; II l , 2 , 3 , 8 ; 3 , 3 , 4 ; 5 , 7 ; 6, 4 , 8; 1 1 , 3 ; 12 , 3 ; 18 , 9; l � 1 ; 20, 4 ; 2 1 , 1 , 3 ; 23 , l , 1 9 ; III l , 3 ; 4, l ; 5 , 2 , 3 ; 6, 22; 7, 3, 5 , 8; 8, 7 , 9; 9 , l; 1 1 ; 12 ; 22 ; 28, 2 ; 3 5 ; IV 5 , l , 2 ; 6, 3 ; V l , 26; 12, l ; 18, 14; 22; 23 , 3 ; VI 8 , 4 , 7 ; 1 1 , 2 ; 19, 1 7 ; 25 , 7 ; 2 7 ; 3 1 , l ; 39, 2 , 3 ; VII 14; 19; 25 , 15; 28, 1 ; 32, 29; x 4, 3 , 70 Gesù (Cristo): I l, 2; 2, 27; 3 , 9;
Indice dei nomi e delle cose notevoli . 5, 1 , 2 ; 6, 1 1 ; 7 , 10; � l ; l � l ; 1 1 , 7 ; 1 3 , i , 2 , 6, 9, 1 1 , 15, 19, 20; II l, 14; 13 , l ; 23 , 2 , 8, 9, 1 0, 1 1 , 1 2 , 1 4 , 1 8 , 20, 22; III 23 , 1 ; 24, 10, 1 1 ; IV 7 , l ; 8, 4 ; 1 1 , 2 , 5 ; 15 , 34 ; v 7 , 5 ; 2 0 , 2 ; 2 4 , 8; 2 8 , 1 1 ; VI 1 1 , 5 ; 23 , 4 ; 25 , 9 ; 3 8 ; VII 6, 8; 1 8 , 3; 25 , 13 ; VIII 7 , 2 ; IX 7, l ; 9, 2 ; x l, l; 4 , 2 1 , 23 , 26, 46, 49, 72 - (figlio di Anania) : III 8, 7 - (figlio di Naue) : I 3 , 4 , 5 Geta: VI 8, 7 Ghion (altro nome del fiume Ni lo) : VII 2 1 , 7 Giacobbe: I 7 , 5, 6, 8-10, 1 6 Giacomo (fratello del Signore): I 12, 5; II l , 2 -4; 23 , 1 -4, 9, 14, 1 6, 19, 20, 22 , 24; III 5 , 2 ; 7 , 8; 1 1 ; 25 , 3 ; 3 9 , 4 , 5 ; I V 5 , 3 ; 22, 4;. V 1 1 , 5 ; VII 1 9 . - (fratello di Giovanni) : II l , 3 , 5 ; 9, 1 -4; III 5 , 2 ; VII 25 , 7 , 12 Giocasta: V l, 14 Gionata: II 20, 6 Giordano (fiume) : I 8, 1 0; II 1 1 , 2 ; III 6, 2 1 ; VII 17 Giosuè: I 2, 1 1 , 1 2 ; 6, 5 Giovanni (evangelista) : In. 20; II l , 3 , 4; . III l , l ; 5 , 2 ; 1 8 , l , 2 ; . 2 0 , 9; 23 , l , 3 , 4 , 6 , 8, 1 2 , 13 ; 24, 1 , 5 , 7 , 9 , 1 0- 1 3 , 1 7 ; 25 , 24 , 6; 28, 3, 6; 29, l; 3 1 , 2 , 3; 39, 4 , 1 7 ; IV 14, 6; 1 8 , 8; 24; v 8, 4 , 5, 7 ; 1 1 , 5 ; 1 8 , 14; 24, 3; VI 14, 7 ; 25 , 6, 7 , 9; VII 10, 2 ; 25 , l, 2 , 9 , 1 1 , 14, 15
275
- (il presbitero): III 3 9 , 4-7, 14; VII 25 , 16 - (vescovo di Gerusalemme) : IV ' 5, 3 - Battista: I 1 0, l ; 1 1 , 1 -4 , 6, 7, 9; III 24, 8, 1 1 , 12 - Crisostomo: VI 34 - Damasceno: VII 1 8 , l - Marco: VII 25 , 15 Girolamo: In. 9, 14s., 1 7 ; III 3 , 2 ; 1 5 ; 25 , 4 ; IV 20; 24, l ; V 16, 2 ; 18, l; 28, 12; VI 7 ; 1 8 , l ; 24, 2 ; 3 1 , 1 ; 32, 1 , 3 ; 3 4; 36, 4; 3 9, 5 ; 46, 2 ; VII 25 ., 1 6; 32, 26; x 8, 15 Gitthon ( villaggio di Samaria) : II 13 , 3 Giuda (autore c ris ti an o) : VI 7 - (compagno di Paolo) : V 17, 3 - (fratello del Signore) : II 23 , 25 ; III 1 9 ; 20, l ; 25 , 3 ; VI 13 , 6; 14, l - (Tommaso ) : I 13 , 1 1 - (tribù di) : I 6 , l , 8 - (vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 - Galileo: I 5 , 3 , 5, 6 - Iscariota: I 12, 3 ; II l , l ; III 39, 10; v 1 6, 13 Giudea (regione) : I 5 , 2 ; 7 , 1 1 ; 8, l , 12, 1 3 , 16; 10, l; 13 , l; II l , 8 ; 5 , 7 ; 6 , 4 , 8 ; 8 , 2 ; 10, 3 ; 1 1 , 2 ; 12, 1 , 2 ; 14 , 4 ; 20, 1 ; 23 , 2 , 2 1 ; 2 6 , l ; III 5 , 1-4 ; 2 4 , 9; IV 2 , 5 ; 6, l ; VI 27 Giuliana: VI 17 ; 27 Giuliano (martire) : VI 4 1 , 15 ·
276
Indice dei nomi e delle cose notevoli
- (vescovo d'Alessandria) : V 9; 22 ; VI 2 , 2 - (vescovo di Ap am e a ) : V 1 6, 17 - (vescovo di Gerusalemme) : V 12, 2 - (altro vescovo di Gerusalem me) : V 12, 2 - l'Apostata (imperatore) : VII 18, l Giuseppe (sposo di Maria) : I 7 , 4 , 6, 9, 1 0 , 16, 1 7 ; II l , 2 ; III 1 1 ; V 8, 10; VI 17 - (vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 - Flavio: In. 20, 29, 3 1 ; I 5, 2 , 3 , 6; 6, 2 ; 8, 14; 9, 4 ; 10, 4; 1 1 , 1 3 , 7 ; II 4 , l ; 5 , 2 , 5 ; 6 , 3 ; 1 0 , 2 , 6, 10; 1 1 , 1 , 3 ; 19, 1 ; 20, 1 ; 2 1 , l , 3 ; 23 , 20; 26, l , 2 ; III 5 , 4; 6, 1 , 1 1 , 16, 1 7 ; 9, 1 ; 10, 6, 1 1 ; VI 1 3 , 7 ; VII 3 2 , 16. Opere di - citate in Eusebio: Antichità giudaiche: I 5 , 4 , 5 ; 6, 5 , 6, 9, 1 0; 8, 5 -8; 9, 2 ; 10, 4 , 5 ; 1 1 , 1 8; II 4, l ; 5 , 2 -5 ; 1 0, 3 -9; 1 1 , 2 , 3 ; 12, 1 ; 20, 2 , 3 ; 23 , 20 -24; III 1 0, 7 . Guerra giudaica: I 5 , 6 ; 8 , 9- 13 ; I I 6, 4 , 6, 7 ; 2 0 , 46; 2 1 , l , 2 ; 26, l , 2 ; III 6, 1 1 8 ; 7 , 2 , 3 ; 8 , 1 - 10; 9 , l . Cita zioni comuni alle due opere: I 6, 2; 8, 15 ; II 4, l; 8, l; 26, l. Autobiografia: III 10, 9- 1 1 . Contro Apione: III l O , 1 -5 Giustiniano: In. 3 9 Giustino: I l , 2 ; 2, 14; II 13 , 2 , 5 ; III 26, 3 ; IV 8, 3 , 7 ; 1 1 , 8 , 1 1 ; 1 2 ; 1 6 , l , 7 , 9; 17, 1 3 ; 1 8, l , 9;
29, l , 3 ; V 5, 6; 8, 9; 28, 4; VII 9, 4; 1 1 , 8; IX 5, l . Opere di citate da Eusebio : I Apologia: II 13 , 3 , 4; III 26, 3 ; IV 8, 3 , 4, 7 ; 9, 1 -3 ; 1 1 , 9, 10; 12. II Apo logia: 13, 5; 1 6, 3 -6; 17, 2-13 . Dialogo con Tri/one: IV 18, 7 , 8 Giusto (vescovo d'Alessandria) : IV 4
- (vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 - (altro vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 - Barsaba: III 3 9, 9, l O - di Tibe riade : III l O , 8 Gomorra (città) : I 2, 9 Gordiano: VI 29, l ; 34 Gordio: VI 1 0 Gorgonie: VIII l , 4; 6 , 5 Gorteo : IV 22 , 5 Gortina ( citt à) : IV 23 , 5; 25 Grato: V 1 6 , 7 Grecia (regione) : V 1 1 , 4; 22 ; VI 23 , 4 Gregorio di Tours: V l , 27 - il Taumaturgo: VI )0; VII 14; 28, l Harnuphis: V 5 , 3 Heros: III 36, 15 ; IV 20 Hierace: VII 2 1 , 2 ; 22, l ; 3 0 , 2 Hierapolis (città) : II 15, 2 ; 111 3 1 , 3 , 4 ; 36, 2 ; 3 9 , 9 ; IV 2 6, l ; V 16, l ; 19, 2 ; 24, 2
Homooztsios: In. 7s. lconio (città) : VI 1 9 , 1 8 ; VII 7 , 5; 28, l. Sinodo di -: VII 5 , 5
Indice dei nomi e delle cose notevoli Idumea (regione) : I 7, 12 Ieroduli: I 6, 2 ; 7, 1 1 !erode: VI 1 9 , 6 Igino: IV 10; 1 1 , l , 2 , 6; V 6, 4 ; 24, 14 Ignazio di Antiochia: I l , 2 ; III 22; 3 6 , 2, 6, 1 2 - 1 4 , 15 ; 3 8 , l ; IV 1 4 , 8 ; V 8 , 9 . Opere di citate da Euseb io: Lettera ai Romani: I II 36, 7-9, 1 2 . Let tera agli Smirnei: III 36, 1 1 Illirico (regione ) : I I 1 8 , 9 ; III l , 3 ; 4 , l ; VI 25 , 7 Lneneo: VII 1 4 ; 28, 1 ; 3 0, 2 ; 3 2 , 29 Inaco: I l , 6 Ingenes: VI 4 1 , 22 Ionico: V 1 1 , 4 Ippolito d'Alessandria: VI 46, 5 - di Roma: In. 3 5 ; I l , 3 ; VI 20, 2 ; 2 1 , l; 3 8; VII 6 !reano: I 6, 7 ; 1 1 , 1 2 Ireneo: In. 2 0 ; II 1 3 , 5 ; III 3 , 6; 1 5 ; 18, 2 ; 23 , 2 ; 26 , 3; 28 , 6 ; 36, 12 ; 3 9 , l , 2 ; IV 7 , 4, 9; IO; 1 1 , 2 , 3 ; 14, 1 , 9; 1 8 , 9; 2 1 ; 22 , 9 ; 24 ; 2 5 ; 2 9 , l ; v l , 2 9 ; 4 , l , 2 ; 5 , 8; 7 , 1 ; 8, l , 15; 20, 1 , 4 , 8; 23 , 3 ; 2 4 , 1 1 , 1 8 ; 2 6 ; 2 8 , 5 ; VI l ; 13 , 9 . Opere di - citate da Eusebio: Contro le eresie: II 13 , 5 ; III 1 8 , 3 ; 23 , 3 , 4; 26, l, 2 ; 28, 6 ; 3 9 , l; IV 7, 4 , 9 ; 1 1 , 2 -5 ; 1 4 , 3 -8; 1 8 , 9; v 6; 7 ' 2-6; 8, 2 -9. Lettera a Florino: V 20, 4-8. Lettera a Vittore: V 24 , 1 2 - 1 7 . Sull'ogdoade: V 20, 2 -
277
Isaia: I l , 6; 3 , 13 , 14; II 23 , 15 : VI 3 2 , l ; VII 10, 7 ; 23 , 2 Ischirion e: VI 42, l Isidoro: VI 4 1 , 1 9 Ismaele: I 10, 4 Israele (altro nome di Giacob be) : I 2 , 9 - (popolo di) : I 7, 2 ; VIII l , 8 Iulia Domna: VI 2 1 , l - Mesa: VI 2 1 , l , 2 Iturea (regione) : I 7, 12 Kefro (villaggio in Libia) : VII 1 1 , 5 , 10, 1 2 , 1 5 , 17 Kochaba (villaggio della Basani tide): I 7 , 14 Kollouthion (regione) : VII 1 1 , 15 Labanio: VIII 6, 8 Lago: V 8, 1 1 Laio: V l , 14 Laodicea (città di Frigia) : IV 26, 3; v 24, 5 - (città di Siria) : VI 46, 2 ; VII 5 , l ; 1 1 , 26; 3 2 , 5 , 1 2 , 2 1 Lapsi: In. 20; VI 42 , 5 ; 43 , l ; X 4 , 35 Laranda (città) : VI 1 9 , 1 8 Larissa ( città) : IV 26, l O Latroniano: X 5 , 23 Lattanzio: In. 2 7 s ; VII 3 0 , 2 1 ; VIII 2 , 4 ; 5 ; 6 , 6 ; 1 0, 6 ; 1 1 , l ; 13 , 1 2 ; 1 6 , 2 ; 1 7 , 2 ; IX 8 , l ; 9, 5 ; 10, 4 , 15 ; x 5, 2 ; Leonida: VI l Leto: VI 2, 2 Lettera di Aristea a Filocrate: V 8, 14 .
278
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Lettera del prefetto del pretorio Macario: VI 4 1 , 17 Macheronte ( città) : I 1 1 , 6 Sabino: In. 27; IX l, 3 -6 Macriano: VII 1 0, 4, 5 ; 13 ; 2 1 , l ; Lettere imperiali di Costantino a 23, 2 ; 3 0, 1 7 Ceciliano: In. 28; X 6; di Co Macrino: VI 2 1 , l stantino a Cresto: In. 28; X 5 , Magister militiae: VIII 4, 3 2 1 - 24 ; di Costantino a Mil " - rei privatae: VIII 1 1 , 2 ziade: In. 28 ; X 5 , 1 8 - 20 Magna Grecia (regione) : V 1 1 , 4 Levi: IV 5, 3 Magne sia (città) : III .36, 5 · Lib ri sibillini: IX 9, 3 Magonza (città) : VI 28 Licinio: In. 2 1 , 23, 3 3 ; VIII 13 , Malchione: VII 29, 2 ; 3 0, 2 14 ; 1 .7 , 5 ; IX l , l ; 9 , l , 2 , 12; M a l e o : VII 12 9a, 12; 1 0, 2 , 3, 4, 6, 1 3 ; X 2, Mambre (luogo biblico) : I 2 , 7 2 ; 4 , 16; 5 , 1 , � , 6; � 2 , 5 , 12; Mamea: VI 2 1 , 3 ; 28 9, 2 , 3 , 5 Mani: In. 20. Eresia di -: v; EreLino: III 2 ; 4 , 8; 13 ; 2 1 ; V 6 , 1 . sie Lione (città) : V l , l , 3 , 47 ; 4, l ; Mar Rosso: VII 2 1 , 4; IX 9, 5, 8 5, 8 Marcella: VI 5 , l Lisania: I 9, l ; 1 0 , l ; II 4 , l Marcellino: vn 32, l Longino: VI 19, 2 , 6, 8 Marcello (centurione) : VIII 4 , 4 Luca: I 7 , l , 5 , 1 0; II 8, 2 ; 1 1 , l ; - (martire) : VII 1 1 , 6 22 , l , 6 , 7 ; III-4 , l , 6 , 7 ; 2 4, 7 , - di Ancira: In. 8s., 13s. 10, 13 ; 15 ; 3 1 , 5; 38, 2 ; VI 14, Marciano (dedicatario di una let2 ; 25 , 6, 14; 3 1 , 3 tera di Ireneo) : V 26 Lucano: VI 19, 8 - (eretico) : VI 12, 5 Lucerio Verino: IX 8, 2 Marcio Turbone:· IV 2 , 3 Luciano d'Antiochia: In. 7 ; VIII · Marcione: IV 1 1 , l , 2, 8, 9; 13 , .3 , 13 , 2; IX 6, 3 4 ; 14, 5 , 7 ; 15, 46; 18, 9; 23 , 4; Lucio (destin atario di lettera si24 ; 25 ; 29, l , 3; v 8, 9; 13 , l , nodale): V 3 0, 2 3 ; 1 6, 2 1 ; VI 1 8 , l ; 22 ; VII 1 2 . - (martire) : IV 1 7 , 12 , 13 Eresia d i - : v. Eresie - (presbitero): VII 1 1 , 24 Marco (codestinatario di una let - (vescovo di Roma ) : VIIl ; 2 tera di Costantino ) : In. 2 1 ; X - Vero (imperatore): II 13 , 2; IV 5, 1 8 12 ; 1 4, 1 0; 16, l - (eretico): VI 12, � Lucua: IV 2, 3, 4 - (evangelista) : II 15, l , 2; 1 6, l ; Lupo : IV 2 , 2 24 ; III 24, 7, 10, 14; .3 9 , 14, 15; V 8, 3 ; VI 14, 6; 25, 5 Lusio Quieto: IV 2, 5 ·
279
Indice dei nomi e delle cose notevoli - (vescovo di Alessandria) : IV 11, 6 - (vescovo di Elia, nuovo nome di Gerusalemme): IV 6, 4; V 12, l - Aurelio: v. Antonino Pio - Emilio: II 2 , 5 Mareote (lago): II 17, 8; VII 1 1 ,
14, 22 Margo (città) : VII � 0, 22 Maria (figlia di Eleazaro): III 6, 21 - (madre di Gesù) : I 7 , 17 ; II l , 2 ; III 27, 2 ; V 8 , 10; VI 1 7 . (m oglie di Cleopa) : I I 32 , 4 Marino (soldato) : VII 15, 1 -3 - (vescovo di Tiro) : VII 5 , l Martyrium Petri: III 3 , 2 - Polycarpi: IV 15, 2-47 Massenzio: In. 2 1 , 37; VIII 13 , 12, 15; 14, l , 2, 7 , 16; . IX 9, l , 3 , 5 ; x 8, 9 Massimiano: In. 37; VII 30, 22; VIII 13 , 9, 12, 15 ; IX 9a, l ; 1 0, 8; x 9, 4 Massimiliano: VIII 4, 4 Massimilla : V 1 4 ; 16, 2 , 13 , 16, 17, 1 8 , 19; 17 , 4 ; 1 8 , 13 Massimino (vescovo di Antio chia) : IV 24; V 19, l - Daia: In. 2 1 , 3 7 ; VIII 13 , l , 12, 15 ; 14, 7 , 15, 16; IX l , l ; 2 ; 4 , 2 ; 6, 2 , 4 ; 7 ; 2 ; 8, 11; 9, 1 ; 9� l, 10; 10, l, 3, 4 , 6, 7, 13 , 15 ; 1 1 , 1 �5 , 7 ; x 8, 9. il Trace: In. 3 6; VI 2 , 6; 20, 2; 27 ; 28; 29, l Massimo (autore cristiano) : V 27 -
-
- (presbitero) : VI 43 , 6 - (vescovo di Alessandria): VII 1 1 , 3 , 6, 24, 26; 28, 3 ; 30, 1 , 2 ; 32,. 3 0 - (vescovo d i Bostra) : VII 28, l ; 30, 2 . - (vescovo di Gerusalemme) : V 12, 2 Materno: X 5 , 19 Matteo: I 7 , l, 10; III 24, 5 , 6, 13 ; 3 9 , 4 , 5 , 16; V 8, 2; 10, 3 ; VI 25 , 3 , 4; 3 1 , 3 ; 3 6, 2 Matthan: I 7 , 5-8, 1 6 Mattia (apostolo) : I 1 2 , 3 ; I I l , l ; III 25 , 6; 29, 4 ; 39, l O - (padre di Giuseppe Flavio) : III 9, l - (vescovo di Gerusalemme) : IV 5, 3 Maturo: V l , 1 7 , 3 7 , 3 8 Mauritania (regione): VIII 6, 10; X 6, l Mazabane: VI 3 9, ) ; VII 5, l ; 14 Meandro (fiume). : III 36, 5 ; V 16, 22 Melchi: I 7 , 5 , 6, 7 , 8 , 10, 1 6 Melchisedech: I 3 , 17 ; X 4 , 23 Melezio: VII 32, 26 Melitene (città) : VIII 6, 8 Meliton e: In. 3 5 ; IV i 3 , 8; 2 i ; 26, l, 2 , 4, 13 , l�; v 24, 5 ; 28, 5 ; VI 13 , 9. Opere di citate da Eusebio: Apologia: IV 26, 5 1 1 . Egloghe: IV 2 6 , 13 , 14. Sulla Pasqua: IV 26, 3 Menandro: III 26, l , 3 ; IV 7, 3 , 4 Menone: In. 3 1 Meruzane: VI 46, 2 -
280
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Mesopotamia (regione) : IV 2 , 5 ; 3 0, l ; VII 5 , 2 ; VIII 1 2 , l Metodio: VI 24, 2 Metra: VI 4 1 , 3 Michea: I 8, l . Metrodoro: IV 15 , 46 Micene (città) : V l , 14 Milano (città) : VII 28, 4 ; IX 10, 3; X 5, 4 Milvio (ponte): IX 9, 3 Milziade (apologeta) : V 1 7 , l , 5 - (eretico) : V 1 6, 3 - (vescovo di Roma): In. 2 1 ; X 5 , 18 Minucio Felice: VII 1 0, 4 - Fundano: IV 8, 6; 9, l ; 26, l O Misia (regione) : V 16, 7 Misti (o geori) : I 7 , 13 Moderato: VI 19, 8 Modesto: IV 2 1 ; 25 Moloch: V l , 26 Montano: IV 27; V 3, 4 ; 14; 16, 7 , 13, 15, 22; 17, 4 ; 1 8 , l, 3 , 1 2 . Eresia di -: v. Eresie Mosè: I 2, 4, 6, 9, 1 1 , 1 3 ; 3 , 4, 5 ; 4, 8, 1 3 ; 6, l , 5 ; III 10, 2 , 3 ; I V 1 8, 4 ; 2 6 , 14; 2 9 , 7 ; V 8, 15; 13 , 9; VI 13 , 7; 19, 4 ; VII 2 1 , 5, 6; 32, 16, 19; IX 9, 5, 8 - (martire) : VI 4 3 , 20 Musano: IV 2 1 ; 28 Museo: VII 32, 16 Mussio Emiliano: VII 2 1 , l Nabucodonosor: V 8, 15 Narciso: V 12, l, 2; 22 ; 23 , 3; 25; VI 8, 7 ; 9, l , 2 , 5; 10; 1 1 , l, 3 Natale: V 28, 8, 1 0
Nathan: I 7 , 4 , 6, 8, 16 Nazareth (città): I 7 , 14 Nemesio: VI 19, 6 Nemesione: VI 4 1 , 2 1 Neone: VI 19, 1 8 Nepote: VII 24 , 1 -5 Nerone: In. 20, 3 6; I 5 , 3 ; II 1 9, 2 ; 20, 1 ; 22, 1 , 2 , 4 , 8; 25 , 1 , 4; 2 6 l; III l , 3 ; 5 , l; 1 7 ; 20, 7 ; 3 2 , l ; IV 26, 9 Nerva: III 20, 8; 2 1 Nestorio: X 4, 46 Niceta: IV 1 5 , 15, 4 1 Nicola: III 29, l , 3 Nicomaco: VI 1 9 , 8 Nicomas: VII 28, l ; 3 0, 2 Nicomedia ( città) : In. 5 ; IV 23 , 4; VIII 2 , 4; 5 ; 6, 6, 7 ; 13 , l , 2 ; IX 6, 3 ; 9a, 4, 6; 10 , 6 Nicopoli (città) : VI 16, 2 N ilo: VIII 1 3 , 5 Nilopoli (città) : VI 42 , 3 Noè: I 4, 5 ; VII 2 1 , 6 Novato: VI 42 , 5; 43 , l , 2 , 4 , 5 ; 45 ; 4 6 , l , 3 , 5 ; VII 4 ; 7, 6; 8. Eresia di - : v. Eresie Novaziano/i: V 2, 8; VI 43 , 7, 8; VII 6. Eresia di -: v. Eresie Numenio: VI 1 9, 8 Numeriano: VII 30, 22 Numidia: X 6, l ,
Odenato: V 28, l ; VII 10, 8; 30, 8, 17 Oikos ekklesias: VII 3 0, 9; VIII l, 5 0/ficiales: IX 9a, 7; 10, 8 Omer�/omerico: IV 1 1 , 1 1
Indice dei nomi e delle cose notevoli Onesimo (dedicatario d i un'ope ra di Melitone) : IV 26, 13 - (vescovo di Efeso) : III 36, 5 Origene: In. 6, 14, 20, 35 ; I 2, 17 ; 6, 2; II 23 , 25 ; III l , 3 ; 3 , l , 6; 15 ; V l , 27; VI l ; 2, 2 , 3 , 6, 1 1 , 14 ; 3 , 3 ; 4, 2 , 3 ; 6; 8, 1 , 4 , 6; 14, 8, 10; 15; 16, l; 17; 18, l, 2; 19, 2, 5 , 9 - 1 1 , 18; 2 1 , 3 ; 23 , l , 4; 25, 3 ; 26; 27; 2 8; 29, 4; 3 0; 3 1 , l ; 32, l, 3; 33, 2-4; 36, l ; 3 7 ; 3 8 ; 46, 2; VII l ; 1 1 , 8 ; 14; 3 0, 9; X 4, 56. Opere di - ci tate da Eusebio: Commento alla Genesi: II l . Commento al Salmo l: VI 25 , l , 2. Com mento al Salmo 32: VI 3 8. Commento a Giovanni: VI 24, l ; 25 , 7-10; 28. Omelia sull'e pistola agli Ebrei: VI 19, 121 4 ; 25 , 1 1 - 14. Lettera: VI 2 , 14 Orosio: I l , 2 ; II 18, 9; VII 3 0, 2 1 Osio: In. 8; X 6, 2 Osrene (regione) : II l , 6; V 23 , 4 Ostiliano: VII l Otone: III 5 , l
281
Paneion (monte) : VII 17 Panfùo: In. 6 s 1 1 , 17; VI 23 , 4 ; 2 4, 2 ; 32 , 3 ; 3 3 , 4 ; VII 32, 25 ; VIII 7, 2 ; 13 , 16 Panopolis (città) : VI 12, 2 Panteno: V 1 0, l , 3 , 4 ; 1 1 , 2; VI 6; 1 3 , 2 ; 14, 8, 9; 19, 1 3 Paolino ( da Cdso) : VI 19, 1 8 - di Antiochia: X l , l , 23 , 25 , 26, 36, 3 8 , 54 , 63 - di Tiro: X l , 2 ; 4 , l , 23 , 26, 38, 54, 63 Paolo (apostolo) : In. 20; I 12, l , 2 , 4, 5 ; II l , 14 ; 3 , 3 , 4; 8, 2; 12, 2; 1 7 , 12; 1 � � 2 1 , 3 ; 22, l, 6 -8; 23 , l ; 25 , 5 , 8; III l , 3 ; 2 ; 3 , 5 ; 4 , l , 6-1 � 15; 2 1 ; 23 , 4; 24 , 15 ; 25 , 2, 4 ; 27 , 4; 3 0 , 1 ; 3 1 , l ; 3 6, 13 ; 3 8 , 2; IV l ; 23 , 3 ; 29, 5 ; v 6, l ; 8, 2 , 3 ; 1 1 , 5 ; VI 1 4 , 2 -4; 25 , 6 , 13 ; 4 1 , 6; VII 18, 4 ; 25 , 15, 23 - (compagno di Dionigi d'Ales sandria) : VI 40, 9; VII 1 1 , 22 - (destinatario di una lettera si nodale antiochena) : VII 30, 2 (eretico) : VI 2 , 14 - di Samosata: In. 20; V 28, l ; VI . 3 3 , l ; VII 27 , l ; 30, l , 1 8 , 19; 3 2 , 5 , 21. Eresia di -: v. Ere sie Papia: II 15 , 2; III 24, 6; 36, 2 ; 3 9, l , 2 , 5 , 7-9, 1 1 , 1 4 , 1 5 , 1 7 . Op era di - citata da Eusebio: . ,
-
Pachimio: VIII 13 , 7 Pafo (città) : VII 25 , 15 Palestina (regione) : I 7, 12; II 2, l , 6; 25 , 4; III 25 , 5; V 1 1 , 4 ; 23 , 3 ; 25 ; V I 8 , 4; 19, 2 , 16; 23 , 4; 3 9, 2; 46, 3; VII 2 ; 15 , 3 ; 32 , 28; VIII 7 , l ; 13 , 5 Palmas: IV 23 , 6; V 23 , 3 Panegirico (per la dedicazione della Basilica di Tiro) : In. 3 7 ; X 4-72
Esegesi dei dettz' del Signore:
III 39, 3 , 4, 7, 9- 12, 15 - 1 7 Papilo: IV 15 , 48 Papirio: V 24, 5
282
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Paretonio (città) : VII 1 1 , 23 Partia (regione) : III l, l Patmo (isola) : III 1 8 , l ; 20, 9; 23 , 6; VII 25 , 1 1 Patrizio: X 6, 4 Pausania: II 1 7 , 1 9 Peleo: VIII 1 3 , 5 · Pella (città) : III 5 , 3 Pentapoli (regione) : VII 6; 26, 2 Pepuza (città): V 1 8, 2, 13 Perea (regione) : I 7 , 12 ; II 1 9 , 2; III 5 , 3; 6, 22 Perehnio: V 2 1 , 3, 5 Perfettissimi: IX 9, 9 Pergamo (città) : IV 15 , 48; V l , 1 7 Perge (città) : VII 25 , 1 5 Perpetua: VI l Persio: VI 19, 8 Pertinace: V 5 , 3 ; 26 Pescennio Nig ro: V 1 1 , 3; 26 Petrea (regione): I l, l Peucezio: IX 1 1 , 4 Pierio: In. 6; VII 3 2 , 26, 3 0 Pietro (apostolo) : In. 2 0 ; I 1 2 , 2 ; II l , 3 , 4, 1 2 ; 3 , 3 ; 9, 4; 1 4 , 4 , 6; 15, 1 , 2 ; 1 7 , 1 ; 25, 5 , 8; III l , 2 ; 2; 3 , l , 4; 4, 2, 8; 2 1 ; 25 , 3 , 4 , 6; 30, l , 2 ; 3 1 , l ; 3 6, 2 ; 3 8, 5 ; 3 9, 4 , 5 , 1 5 , 1 7 ; IV l ; 1 4 , 9 ; v 8, 2 , 3 , 7 ; 1 1 , 5 ; 2 8 , 3 ; VI 1 2 , 2 -4 ; 14, 6 , 7 ; 25 , 5 ; VII 1 8, 4; 25, 10. Vangelo di -: VI 1 2 , 2-6 - (compagno di Dionigi d ' Ales sandria) : VI 40, 9; VII 1 1 , 23 (martire) : VIII 6, 4 - (vescovo d ' Alessan dria): VII 3 2 , 3 1 ; VIII 13 , 7 ; IX 6, 2 -
Pinito: IV .2 1 ; 23 , 7 , 8 Pinna: VII 13 Pio: IV 1 1 1 l, 6, 7 ; V 6, 4 ; 24, 14 Pionio: IV 15 , 47 Pitagora: II 4, 3 Platone: In. 1 2 , 29; II 4 , 3 ; IV 8, 5; 1 1 , 1 1 ; 1 6 , 6 ; VI 3, 7 ; 1 9, 8 Plinio il Giovane: In. 26; III 20,. 8; 3 3 , l, 3; v l, 47 - il Vecchio: III 3 3 , l ; IX 8, 1 0 Platino: V I 1 9 , 2 , 6 Plutarco: In. 35; II 1 7 , 1 9 ; IV 3 , 2 ; 4, l , 2 Polibio: III 3 6, 5 Policarpo di Smirne: II 1 5 , 2 ; III 2 8 , 6; 36, l , 5, 1 0 , 1 3 ; 3 9, l ; IV 1 4 , 1 -3 , 5 , 7-9; 1 5 , l , 3 , 4, 6, 9, 1 1 , 17 -22, 24, 25 , 27 , 3 9, 45 , 4 6 ; v l , 29; 5 , 8; 2 0, 4- 6 ; 24 , 4, 16, 1 7 ; VI 4 1 , 3 . Opera di - citata da Eusebio: Lette ra ai Filippesi: III 3 6, 13 - 15 Policrate: III 3 1 , 2; V 1 8 , 1 4 ; 22; 24 , l, 6. Opera di - citata da Eusebio: Lettera a. Vittore di Roma: III 3 1 , 3 ; V 24, 2-8 Pompeo: I 6, 6; ·7 , 12 Pontiano: VI 23 , 3 ; 29, l Pontico: V l , 53 , 54 Pontio: V 1 9 , l ; VI 1 2 , l . Ponto (regione) : III l , 2 ; 4 , 2 ; IV 1 1 , 2 , 9; 23 , 6; v 8, lO; 13 , 3 ; 23 , 3 ; VI 3 0 ; VII 5 , 2 ; 1 4 ; 28, l ; 3 2 , 2 6i VIII 1 2 , 6 Ponza (isola) : III 18, 4 Ponzio Pilato: I 9, 2, 4; 10, l ; 1 1 , 8 ; I I 2 , l , 3 ; 5 , 7 ; 6, 3 - 7 ; 7; V 7 , 5 ; IX 5 , l ; 7, l
Indice dei nomi e delle cose notevoli Porfirio: In. 12; VI 19, 2, 9. O pe ra di - citata da Eusebio: Contro i cristiani: VI 19, 3 -8 Potamiena: VI 5 , l , 6, 7 Potammone: X 4, 60 Potino: V l , 29; 5 , 8 Potito: V 13 , 3 Praepositus annonae: VII 10, 4 - pagi: IX l , 6 Praeses: VIII 4, 3 Prefetto del fisco: IX 1 1 , 4 Primo (vescovo d'Alessandria) : IV l ; 4 - (vescovo di Corinto) : IV 22 , 2 Priscilla (moglie di Aquila): II 1 8, 9 - (profetessa montanista) : V 14; 1 8, 3 ; 19, 3 Prisca: V 16, 2 Prisco (martire) : VII 12 - (padre di Giustino martire): IV 12 Probo: VII 30, 22 Proclo (destinatario di una lette ra sino d ale d Antio chia ) : VII 30, 2 - (eretico) : II 25, 6; III 3 1 , 4; VI 20, 3 Procopio di Gaza: VI 24, 2 Procurator rei summae: VII 1 3 . Pros d ocia: VIII 1 2 ; 3 Protocteto: VI 2, 6; 28 Protogene_: VII 3 0 , 2 · Publio (vescovo di Atene) : IV 23 , 2 , 3 - (vescovo di Gerusalemme) : V " 12, "2 Pupieno:VI 29,· 1
'
283
Qua drato (apologeta) : III 37 , l ; I V 3 , l , 3 ; V 1 7, 2-4. Opera di citata da Eusebio: Apologia: IV 3 ; 2 - (vescovo di Atene) : IV 23 , 3 - L. Stazio: IV 15 , 5 Quieto Fulvio Giunio: VII 1 0, 8 Quinta: VI 4 1 , 4 Quintiliano: III 3 3 , l Quintilio: VII 28, 4 Quinto: IV 15, 7 Quirinio: I 5 , 2-4 Qumran (manos�ritti di) : II i 7 , 3 ; III 24, 6 . -
Rtltionalis rei privatae: VIII 1 1 , 2 Rechab: II 23 , 17 Rescritti imperiali di Traiano a Plinio: In. 26 ; III 3 3 ; V l , 47 ; 21, 4 - di Adriano a Minucio Funda no:· In. 26; IV 9 - di Antonino Pio (Marco Aure lio) al Concilio d'Asia: In. 27; IV 1 3 - di Gallieno ai vescovi d'Egitto: In. 27; VII 13 - di Massimino agli · abitanti di Tiro: In. 27; IX 7 , 3 -6; - a Sa bino: In. 27 ; IX 9a, 1 -9 - di Costantino a Anulino: In. 2 8; X 5 , 15- 17; secondo - di Costantino a Anulino: In. 28; X7 Reticio: X 5 , 1 9 Rhosos (città) : V I 12, 2 Rodano (fiume) : V l , l , 62 Rodone: V 13 , l , 8; 16, 2 . Opera
284
Indice dei nomi e delle cose notevoli
di - citata da Eusebio: Contro
Marcione: V 1 3 , 2-8 Roma (città) : In. 2 1 , 3 1 ; I 6, 6; II 2 , 4; 4 , 2 ; 13 , 3 ; 14, 5 , 6; 15 , 2 ; 17, l ; 1 8 , 8 , 9; 2 2 , l , 2 ; 23 , l ; 25 , 4-6; III l , 2 ; 3 , 5 ; 4, 8, 9 ; 5 , l ; 9 , 2; 13 ; 15 ; 17; 1 8, 4; 2 1 ; 3 1 , 2; 34; 36, 3 , 6 , 7 ; IV l ; 4 ; 5 , 5; 10; 11, 1 , 2, 7; 14, 1, 5; l� 22 , 1 -3 ; v l ; 3 , 4; 5, 9; 6, 3 ; 8, 2 ; 1 3 , 1 , 8; 20, 1 ; 2 1 , 1 , 2 ; 23 , 3 ; 24, l , 16; 28, 3 ; VI 14, 6, 10; 1 9, 2 ; 20, 3 ; 23 , 3 ; 25 , 14 ; 2 8 ; 29, l ; 3 1 , l ; 3 9, l ; 43 , 1 -3 , 8, 2 1 , 22 ; 45 ; VII 2 ; 7 , 1 , 6; 9, l , 6; 1 1 , 3 ; 1 4 ; 2 1 , 9; 26 , 1 ; 2 7 , l ; 3 0, l , 19, 23 ; 32, l ; VIII 14, l , 6-8, 1 6 , 1 7 ; IX 9 , l , 3 , 9 , 1 0 ; X 4, 1 6 ; 5 , 19, 2 1 ; 8, 4 Rufino d'Aquileia: In. 6, 38 s . ; V 24 , 5 ; VI 46, 2; VIII 14, 15 Rufo (martire) : III 36, 13 - (prefetto) : IV 6, l Ruth: I 7 , 13 Sabellianismo: In. 9, 12 Sabellio: In. 20; VII 6; 26, l. Ere sia di -: v. Eresie Sabino (prefetto) : VI 40, 2; VII 1 1 , 18 - (prefetto del pretorio): IX l , 2 ; 9a, l Sadoch: I 5 , 5 Sagari: IV 26, 3 ; V 24, 5 Salem (città) : III 24, 1 1 Salome: I 8, 13 Salomone: I 2 , 14; 7 , 4-6, 8; V 8, 8; 26; VI 1 3 , 6; X 4 , 3 , 45
Samaria (regione) : II l, 8, 10; 1 9, 2 Santo: V l , 1 7 , 20, 3 7 -3 9 Saraceni: VI 4 2 , 4 Sardi (città) : IV 13 , 8; 2 6, l ; V 24, 5 Sardegna (isola) : VI 20, 2 Saturnino: IV 7, 3 , 4; 29, 2 , 3 Saul: I 6, 5 Scizia (regione) : III l , l Seiano: II 5 , 7 Semone (antica divinità umbra) : II 13 , 3 Seneca: VI 3 , 7 Serapione (cristiano d'Alessan dria) : VI 44 , 2, 5 - (martire) : VI 4 1 , 8 - (vescovo di Antiochia) : V 19, l , 3 ; 2 2 ; VI 1 1 , 4 ; 1 2 , l , 6. Ope re di - citate da Euseb io: Let tera a Carico e Pontio: V 19, 2 , 3. Sul cosiddetto vangelo secon d o Pietro: VI 12 , 3 -6 Serdica (città) : VIII 16, 2 Serennio Graniano: IV 8, 6; 9, l Sereno ( discepolo di Origene) : VI 4 , 2 - (altro discepolo di Origene) : VI 4, 3 Serse: III 10, 3 Servilio Paolo: IV 26, 3 Sesto: V 27 - Furnio Iuliano: VI 1 9 , 15 Severa: VI 36, 3 Severo (eretico): IV 29, 4 . Eresia di -: v. Eresie - Alessandro: In. 36; I 6, 2; VI 2 1 , 2 ; 22; 28; 3 1 , l ; VII 10, 3 ; 32, 3
l11dice dei nomi e delle cose notevoli - Settimio: In. 20; V 1 1 , 3 ; 26; 28, 7; VI l; 2, 2; 6; 7; 8 , 7; 1 1 , 6 ; 16, 3 Shahpur: VII l ; 2 ; 10, 8; 27 ; 3 1 , l Sicilia (isola) : VI 19, 2; X 5 , 23 Sidone (città) : VIII 1 3 , 3 Sidonio: VI 43 , 6 Sila: V 17, 3 Silvano (vescovo di Emesa) : VIII 1 3 , 3 , 5 ; IX 6, l - (vescovo di Gaza) : VIII 13 , 5 Simeone: III 1 1 ; 22; 32, l , 3 , 4, 6; 35; IV 5 , 3; 22 , 4 Simmaco (Quinto Aurelio) : IX 8, 2 - (traduttore) : VI 1 6,· l , 4; 17 - (vescovo di Gerusalemme) : . V 12, 2 Simon Mago: II l , 10-12; 13 , l , 6 ; 14, l ; 1 5, l ; III 3 , 2 ; 2 6 , l , 3 ; IV 7, 3 , 9; 1 1 , 2; 22 , 5 . Ere sia di -: v. Eresie Sin ero: V 13 , 4 Sinnada ( città) : VI 19, 1 8; VII 7 , 5 . Sinodo di -: VII 5 , 5 Sion ( città): X 4 , 70 Sisto (I, vescovo di Roma) : IV 4; 5 , 5 ; v 6, 4 ; 24, 14 - (II, vescovo di Roma) : VII 5 , 3 ; 9 , 1 , 6; 14; 27 , l Siracusa (città) : X 5 , 2 1 Siria (regione) : I 5 , 2 , 4 ; II 26, 2 ; III 25 , 5 ; 3 6, 3 , 7 , 14; IV 7 , 3 ; 12; V 1 1 , 3 ; VII 5 , 2 ; 1 1 , 26; 32 , 5 ; VIII 6, 8 Smirne ( città) : III 23 , 7 Socrate (filosofo ) : IV 16, 6
2 85
- (storico) : In. 3 9; I, l , 2 - (vescovo di Laodicea) : VII 32, 5. Sodoma ( città) : I 2 , 9; III 6, 1 6; V 28, 8 Sofronia: VIII 14, 15 Sossiano !erode: In. 1 1 ; VIII 1 0, 6 Sostene: I 1 2 , l Sotas: V 1 9, 3 Sotero: III 3 8, 4; IV 19; 22, 3 ; 23 , 9, lO; v l ; 6, 4; 24 , 14 Sozione: In. 3 1 Sozomeno: In. 3 9; I l , 2 ; VII 18, l Stefano (diacono) : II l , l , 8, 1 0; 3 , 3 ; III 5 , 2; 29, l ; V 2 , 5 - (vescovo di Laodicea) : VII 32, 22 - (vescovo di Roma) : VII 2; 3 ; 5 , 3, 6 Svetonio: II 2, 3 ; 8, l ; 18, 9; 25 , 2; III 8, 10; 1 8 , 4; 20, 8; V l , 4 Susa (città) : IX 9, 3 Susanna: VI 3 1 , l Tacito: II 2 , 3 ; 8, l ; 19, l ; 25 , 2 ; III 8, 4 , 10 Taddeo: I 12, 3; 13', l , 4 , 1 1 - 1 8, 20, 2 1 ; II l , 6 Talmud Palestinese: VIII l , 7 Taposiris (città) : VI 40, 4 Tarso (città) : VI 46, 3 ; VII 5 , l ; 28, l ; 3 0, 5 ; IX 1 0 , 6 Tauro (fiume) : IX 10, 6 Taziano: In. 29; I l , 2 ; 13 , 5 ; IV 29, l , 3 , 6; v 13 , l , 8; 28, 4 ;
286
Indice dei nomi e delle cose notevoli
VI 13 , 7 . Eresia di - : v. Ere sie. Opera di - citata da Eu sebio: Discorso ai Greci: N 16, 7-9 Tebaide (regione) : VI l ; VIII 6, 10; 9, 1 ; 13 , 7 Telesforo (destinatario di una lettera di Dionigi d' Alessan dria) : VII 26, l - (vescovo di Roma) : IV 5 , 5 ; 10; v 6, 4; 24, 14 Telimidre: VI 46, 2 ; VII 5 , l Temisone: V 16, 17; 1 8 , 5 Teoctisto: VI 1 9, 17; 27; 46, 3 ; VII 5 , l ; 1 4 Teodoréto: In. 3 9 Teodoro Anagnoste: In. 3 9 - ( destinatario di una lettera sino d ale antiochena): VI 30, 2 - (martire) : VIII 1 3 , 7 - (predicatore): VI 19, 1 8 Teodosio: In. 3 8 Teodoto (banchiere) : V 2 8 , 9 - (cuoiaio) : V 28, 6, 9 - (montanista) : V 3 , 4; 16, 14, 15 - (vescovo di Laodicea) : In. 1 1 s . ; VI I 3 2 , 23 Teo dozione: V 8 , l O; VI 16, l , 4 ; 31, l Teofilo (destinatario di una lette ra sinodale antiochena): VII 30 , 2 - (martire) : VI 4 1 , 22 - (vescovo di Antio chia ): IV 20; 24 - (vescovo di Cesarea di Palesti na) : V 22 ; 23 , 3 ; 25 Teofrasto: In. 3 1 ; V 2 8 , 14
Teotecno (curatore ·di Antio chia): IX 2; 1 1 , 5, 6 - (vescovo di Cesarea di Palesti na) : VII 14; 15 , 4; 28, l ; 30, 2 ; 32, 2 1 , 24 Terapeuti/e: II 1 7 , 3 Tertullianisti: II 2 , 4 Tertulliano: I, l , 2; II 2 , 2, 4; 13, 3; 1 8 , 9; 25 , 4 ; III 3, 6; 15 ; 20, 7 ; 3 3 , 3 ; IV 7 , 1 1 ; 24, l ; V l, 14; 5 , 3, 5 ; 18, 2; VI 1 9; 14; 43 , 14; VII 10, 4; 1 1 , 8; IX 5, l. O pe ra di - citata da Euse bio: Apologetico: II 2, 5, 6; 25 , 4 ; III 20, 7; 3 3 , 3; V 5, 7 Tessalonica (città) : N 2 6, 10; X 9, 4 Teuda: II 1 1 , 2 , 3 Tevere ( fiume) : II 13 , 3 ; IX 9, 3 , 8 Theonas (vescovo di Alessan d ria) : VII 3 2 , 3 0, 3 1 Thmuis (città): VIII 9, 7 Tiberio (imperatore) : I 9, 2 , 4; 10, l ; II 2 , l , 2 , 3, 6; 4, l ; 5 , 7; 6, 4 - Alessandro: II 12, l Tieste: V l , 14 Timeo (vescovo di Antiochia): VII 3 2 , 2 Timio: V . 1 8, 2 Tiinoteo (compagno di Dionigi d'Alessandria) : VI 40, 4 , 5 - (compagno di Paolo) : II 22 , 2 , 6; III 2 ; 4 , 5 , 8; V 6, l Tirannione: VIII 13 , 3 Tiranno: VII 32, 4 Titani: X 4 , 3 1
Indice dei nòmi e delle cose notevoli Tiro (città) : II 13 , 4; V 25 ; VII 5 , l ; 3 2 , 3 ; VIII 7 , l ; 8 ; 1 3 , 3 ; IX 7 , 2 ; X 4, l Tito (imperatore): III 5 , . 1 ; 7, 8; 10, 1 1; 13 - (vescovo di Creta) : III 4, 5 - Livio: II 2 , 2 Tobia (abitante di Edessa): I 1 3 , 1 1 , 13 , 1 4 - (vescovo d i Gerusalemme) : IV 5, 3 Tolemaide (città) : V 25 ; VII 6 Tolomeo ( figli o di Lago) : V 8, 1 1 - (martire): IV 17, 8 ; 9 - (soldato) : VI 4 1 , 22 - Filadel fo: VII 32, 1 6 Tommaso (apostolo): I 1 3 , 4, 1 1 ; II l , 6 ; III l , 1 ; 25 , 6 ; 3 9 , 4 Toparca (governatore locale) : I 13, 6 Torino (città) : IX 9, 3 Tracia (regione) : V 19, 3 Traiano: III 20, 6; 2 1 ; 23 , 3 , 4; 32 , l , 3 , 6; 3 3 , 1 -3 ; 34; IV l ; 3 , l ; V l , 47 ; 5 , 7 Tralle (città): III 36, 5 Trasea: V 1 8 , 14; 24, 4 Trifone: IV 1 8 , 6, 7 Troade (regione) : III 3 6 , 1 0 Troia: In. 16; I l , 6 ; I V 24 , l Tucidide: Ope�a di - citata da Eusebio: La guerra del Pelo ponneso: VII 22, 6 Uchamas: I 13 , 6 Urbano (confessore) : VI 43 , 6 - (vescovo di Roma): VI 2 1 , 2 ; 23 , 3 Urbico: IV 17, 8, 1 0, 1 2 , 13
287
Urso: X 6, l Valente V 12, 2 Valentino: IV 10; 1 1 , l , 3 ; 14, 5 ; 29, 3 ; 3 0, 3 ; V 20, l ; V I 1 8, l . Eresia d i - : v. Eresie Valeriano: In. 36; VI 40, 9; VII 1 0, l , 3 , 7, 8; 1 1 , 8; 12; 13 ; 3 0, 8; VIII l , l ; 4 , 2 Valeria G r ato : I 9, 2 ; 1 0, 4 Vall abato: VII 3 0, 17 Vaticano (colle) : II 25 , 7 Ventidio Cumana: II 19, .è Verissimo (Marco Aurelio) : IV 12 Vero (Marco Aurelio) : IV 1 3 , 8 Verona: IX 9, 3 Vespasiano: I 5 , 3 ; II 6, 8; 23 , 18; 25 , 4 ; III 5 , l; 7 , 3; 8, 1 0; 12; 13; 17; V 5, 7 Veturino: VIII 4 , 3 Vezio Epagato: V l , 9 Vicario dei prefetti: X 6, 4 Vicarius: X 5 , 23 Vienna (città) : I 1 1 , 3 ; V l , l , 3 , 17 Vittore: III 3 1 , 2; IV 23 , 6; V 22; 23 , 3 ; 24 , 1 , 9, 1 1 , 1 8; 28, 3 , 4, 6, 7 , 9 Volusiano: VII l ; 1 1 , 24 Zabdas: VII 3 2 , 29 Zaccaria: V l , 9, 1 0 Zaccheo: IV 5 , 3 Zebedeo: III 5 , 2 ; VII 25 , 7 Zebenno: VI 23 , 3 ; 29, 4 Zefirino: II 25 , 6; V 28, 3 , 7, 12; V I 14, 10; 20, 3; 21, l Zenobia: V 2 8, l ; VII 30, 17, 1 8
288
Indice dei nomi e delle cose notevoli
Zeno bio: VIII 13 , 3 , 4 Zenone: VI 4 1 , 22 Zeus (divinità greca) : X 4 , 3 1 ; Keraunos: V 5 , 4
- Epifane Gaio (Caligola) : II 6, 2 Zorobabel: X 4, 3 , 3 6 Zosimo: III 36, 1 3 Zotico: V 16, 5 , 17; 18, 13
INDICE SCRITTURISTICO
ANTICO TESTAMENTO
15 , 4: II, 1 1 1 15, 4s. : II, 200
Genesi l , 26: I, 50 1 1 , 10: II, 1 12 14, 18: I, 60 15 , 6: I, 63 18: I, 5 1 1 8, 1 8: I, 63 1 8, 25 : I, 5 1 19, 24: I , 5 1 22, 1 8 : I , 63 25 , 8: II, 1 03 32, 29: l, 5 1 3 2 , 3 1 : 1, 52 49, 10: I, 66, 67
Numeri
20, 3 : II, 164 20, 5 : II, 96
12, 14, 21, 28, 28, 29,
22 , 20: II, 1 64 23 , 15: I, 152
Deuteronomio
15 , 5 : II, 200
15, 10: II, 201 15, 1 1 : II, 1 1 1 , 20 1
25 , 40: I, 57 28, 32ss . : I, 3 00 3 1 , 2ss . : II, 220 3 4 , 18: I, 152 3 6, 8ss.: I, 3 00 3 7 , 27 : II, 2 3 6
10-16: I, 86 23 : II, 1 1 1 1 - 1 1 : II, 1 1 1 1 6-25 : I , 152 26-3 1 : I, 153 12-3 9: I, 153
16, 13 -16: I, 153 19, 14: II, 90
Giosuè 5 , 1 3 - 1 5 : I, 52 5, 14: I, 5 0
Esodo 3 , 4 -6: I, 52 7, 2 0-2 1 : II, 1 12 1 2 , 15 -20: I, 152 12, 30: II, 1 13 13 , 3 -7 : I, 152 14, 29: II, 1 1 1 15, 1 s . : II, 2 0 1
Levitico 13 : I, 86 14: l, 86 23 , 5-8: I, 152
2 Re 1 0, 15 -23 : I, 128
23 , 15-22: I, 1.53
Neemia
23 , 33 -43 : I, 153
8, 1 - 1 2 : I, 274
290
Tobia 1 2 , 7 : II, 97
Giuditta 3, 9ss . : I, 73 5 , 5 -2 1 : I, 73 7, 1 -3 : I, 73 1 3 , 6-8: I, 73 14, 5 - 1 0: I, 73 16, 5-9: I, 73 l Maccabei
2 , 60: 1 , 124 2 Maccabei
7, 2 1 -23 : I, 25 8 27-29: I, 258 4 1 : I, 258
Giobbe 5, 1 1 : II, 22 1 9 , 10: II, 22 1 12, 19: II, 22 1 3 8 , 15 : II, 22 1
Salmi 2, 1 -2 : I, 5 8 2, 7-8: I, 58 2, 8: I, 154 8, 1 6s . : II, 201 9, 3 : Il, 227
Indice scritturistico 9, 7 .6: II, 228 1 0 : Il, 228 18, 42 : II, 228 19, 5 : I , 97 , 154 20, 9: II, 228 2 1 , 5 : l, 262 22 , 2 2 : 1, 124 26, 8: II, 22 1 3 2 : II, 5 9 3 3 , 9: I, 50; Il, 225 3 3 , 16-19: II, 2 07 3 7 , 14s.: II, 228 37, 35s. : II, : II, 2 1 6 44 , 2: II, 220 45 , 3: II, 22 1 45 , 7-8: l, 59 45 , 14: I, 253 46, 9: II, 2 1 6 48, 2 : II, 22 1 48, 9: II, 220 58, 7 : II, 227 68, 3 2 : 1, 95 72 , 1 8 : II, 22 1 73 , 20: II, 228 74, 5 -7 : II, 229 74, 7 : II, 23 7 80, 13 s . : II, 229 80, 14: II, 237 87 , 3 : II, 22 1 89, 40-46: II, 150 97 , l s . : II, 2 15 103 , 3 -5 . 1 0. 13 : II, 241 1 04 , 16: II, 232 1 05 , 15: l, 63 107, 9: II, 22 1 1 07 , 20: l, 5 1 1 07 , 40: II, 150
1 1 0, 1: I, 60 1 1 0, 3 -4 : I, 60 1 13 , 7: Il, 22 1 122 , 1: II, 22 1 135 , 4 : II, 1 1 1 136, 4 . 17s.23s.: Il, 22 1 146, 3 s . : II, 2 12 1 4 8, 5 : I, 50; II, 225
Proverbi 3, 3, 8, 8,
1 1 : II, 1 98 1 1 s . : II, 229 12, 15 , 16: I, 53 22 -25 .27 .28.30: l, 53
Sapienza 6, 19: I, 272 1 1 , 4: II, 1 1 1
Isaia 3 , 10: I, 128 6, 9: 1, 86 7 , 14: 1, 272 9, 6: Il, 223 27, 1 : 1, 255 30, 6: II, 54 3 5 , 1 : Il, 229, 234 35, 1 -4.6s.: II, 229 35, 4 : II, 23 0 35, 6: Il, 23 0 35, 6s. : II, 23 0 42 , 9: II, 1 1 6
Indice scritturistico 43 , 49, 49, 51, 52, 53 , 53, 54, 54, 54, 61, 61, 65, 66, 66,
19: II, 1 16 8: II, 1 02 1 8-2 1 : II, 235 17s.22s.: II, 235 l s . : II, 235 2.5: l, 250 8: 1, 49 4: II, 234 6-8: II, 235 1 1 - 14 : II, 23 8 1 : l, 59 l Os. : II, 234 15 - 1 6: I, 61 3 -4 : II, 96 8: 1, 61
Geremia 3 , 1 6: II, 240 6, 10: I, 128 35, 2 : 1, 128
Lamentazioni 2 , 1 -2 : II, 149 4 , 20: I, 58
Baruc 3 , 24s.: Il, 22 1 Ezechiele
13 , 18, 33, 37,
3 : II, 95 23 : I, 256; 11, 70 1 1 : I, 256; Il, 70 7: Il, 2 1 8
Daniele 2 , 2 1 : II, 22 1 6, 2 1 -28: l, 124 7 , 9-10: l, 5 6 7, 13 - 14 : I, 5 6 9, 24-27 : l, 6 9 13 : 11, 53
Michea 5 , 1 : I, 64, 74
Aggeo l , l ss . : II, 220 2 , 9: II, 23 1 , 233 Nuovo TESTAiv!ENTO
Matteo l , 1 - 17 : I, 1 69 l , 1 5 - 1 6 : l, 70 l , 1 6: l , 7 1 2 , 1 -7 . 13 - 1 8 : I , 75 2 , 22: 1, 77 3, 16: II, 5 1 4 , 12: 1, 1 69 5 , 20: I, 82 6, 34: II, 15 7 ' 15 : l, 46, 283 7 , 17: I, 2 9 1 9, 20s . : I I , 1 0 8 10, 3 : I, 85 10, 8: I, 270
291 10, l O, 10, 11, 1 1, 12, 13 , 13,
9-10: I, 291 10: II, 15 32s. : II, 161 23 : I, 3 07 27 : I, 49 33 : 1, 2 9 1 1 7 : Il, 2 15 55 : I, 13 1 , 1 6 1 ; II, 1 09 14, 1 - 12 : I, 8 1 16, 1 7 : II, 122 1 6 , 18: II, 47 1 6, 19: 1, 262 16, 27: I, 1 62 1 8 , 18: I, 262 19, 12: I, 3 00; II, 20 1 9, 23 : II, 66 2 1 , 44: II, 84 22, 1 1 - 1 3 : I, 257 23 , 29: I, 82 23 , 34: 1, 284 24, 2 : Il, 237 24, 8- 1 0.24: II, 66 24, 19-2 1 : l, 150 24, 24: Il, 195 26, 3 -5 : I, 80 26, 50: II, 63 27, 2 , l lss.: I, 78 27, 60: II, 57 28, 19: I, 143 ..
Marco
l, l, 3, 5,
10: 14: 18: 25 :
II, 5 1 I, 1 69 I, 85 II, 108
292 6, 3 : I, 13 1 , 1 6 1 6, 14-29: I, 8 1 10, 23 : II, 66 15 , lss. : I, 78
Luca l, 1 -4 : I, 170 l , 2-3 : I, 1 4 1 l, 5ss.: I, 246 l, 6: I, 82 l , 52s.: II, 22 1 l , 67 : I, 246 3 , 1 -3 : I, 79 3, 2: I, 80 3 , 1 9-20: I, 8 1 3 , 20: I, 1 69 3, 22: II, 5 1 3 , 23 -24 : l, 70, 7 1 3 , 23 -3 8: I, 1 70 3, 3 8 : I, 7 1 6, 1 6: I, 13 1 8, 1 1 . 13 : II, 99 8, 43 : II, 108 9, 7-9: I, 8 1 10, 1: l, 8 1 10, 4 : II, 15 17, 1 : II, 179 1 8, 1: II, 92 18, 24: II, 66 1 8, 25 : I, 246 19, 42 -44 : I, 15 1 20, 18: II, 84 2 1 , 9: I, 286 2 1 , 20: I, 15 1 2 1 , 23 -24: I, 15 1 23 , lss.: l, 78
Indice scritturistico 24, 1 8: I, 1 5 8 24 , 1 9: I, 275
Giovanni l , 1 : II, 123 l, 1 - 3 : I, 50 l , 5 : II, 123 l , 9- 10: I, 5 0 l , 12: II, 124 l , 14: II, 123 l , 3 2 : II, 5 1 2, 1 1 : I, 1 69 3 , 1 9 : II, 123 3, 2 4 : I, 1 69 5 , 1 9 : II, 226 6, 70: II, 124 7 , 3 8 : I, 249 8 , 44: II, 124 1 0 , 12: I, 4 6 1 0, 1 6: II, 24 1 1 1 , 9- 10: II, 123 1 1 , 49: I, 80 1 1 , 52: II, 124 1 2 , 46: II, 123 1 3 , 23 : I, 3 00; II, 122 13 , 25 : l, 27 1 ; II, 47, 122 14, 22: I, 13 1 1 4 , 26: I, 246, 284 14, 27 : II, 1) 4 15 , 26: I, 246 1 6, 2 : I, 248 1 6, 8: II, 124 1 7 , 1 2 : I, 257 1 8, 29ss . : I, 7 8 1 9 , 25 : 1, 158
1 9 , 2 6 : II, 122 19, 34: I, 249 19, 35: II, 122 20, 2: II, 122 20, 23 : II, 124 2 1 , 2: II, 122 2 1 , 20: I, 27 1 , 3 00; II, 47 , 122 2 1 , 2 4 : II, 122
Atti degli Apostoli l , 1 3 : I, 13 1 l, 23 : l, 83 l , 23-24: I, 1 90 l, 23 -26: I, 83 2 , 3: II, 239 2, 45 : I , 1 15 3, 13: I, 78 3 , 15: I, 261 4, 2 7 : I, 78 4, 29-3 1 : I, 257 4, 34-35 : I, 1 15 4, 36: I, 83 5 , 29: I, 3 0 1 ; II, 97 5, 34-36: I , 1 07 5, 37: I, 65 7 , 22 : 1, 275 7, 35: II, 202 7 , 54: I, 248, 259 7 , 54-60: I, 1 42 7 , 60: I, 262 8, 5 : I, 288 8, 9- 13: l, 94 8, 18-23 : I, 94 , 1 1 1 8, 26-3 9: I , 94 9, l : II, 158, 259
293
Indice scritturistico
10, 1 -3.3 : I, 98 1 1 , 1 9-26: I, 98 1 1 , 22: I, 83 1 1 , 27 -30: 1, 98, 288 1 1 , 28-30: l, 1 04 1 1 , 29-3 0: l, 108 12, 1 -2: I, 1 04 12 , 2 : I, 142 12, 3 - 17 : I, 1 05 12, 19.2 1 -23 : l, 1 05 12, 25 : Il, 1 00, 122 13 , 2 : I, 83 13 , 5 : II, 122 1 3 , 1 3 : II, 123 1 3 , 28: I, 78 14, 15: II, 99 15 , 22.27 .32: I, 288 15, 3 6.37.39: I, 83 15, 4 1 : II, 26 16, 1 : l, 140 17, 3 4 : 1, 1 4 1 , 23 0 1 8 , 2 : I, 12 1 1 8 , 5 : l, 288 1 8, 17 : l, 83 18-23 : I, 12 1 19, 22: 1, 140 20, 4: 1, 140 20, 29: l, 46 2 1 , 8-9: I, 179, 288 2 1 , 1 0- 1 1 : l, 288 2 1 , 3 8 : l, 123 22, 3 : I, 1 07 26, 1 8 : II, 123 2 8, l lss. : I, 125 28, 3 0-3 1 : I, 124
Romani
2, 6: I, 1 62 2 , 1 6 : 1, 14 1 ; 11, 47
2 , 24: 1, 257 4 : 1, 63 8, 1 8: l, 245 8, 3 5 : I I, 1 0 1 12, 1 1 : I, 246 13 , 14 : I, 255 15 , 19: I, 137; II, 47 16, 14: l, 1 3 9 l Corinti l, 1: I, 83 1 , 7 : 1, 288 l, 24 : I, 53 2 , 9: II , 240 4 , 4 : 1, 1 84 4, 9: l, 255 4 , 13 : Il, 1 15 5 , 3 : Il, 99 5 , 7 : II, 88 6, 6: Il, 70 9, 12: 1, 177 9, 14: 1, 290 10, 12: Il, 132 1 2 , 3 1 : II, 1 62 14, 6: Il, 124 1 4 , 16: Il, 92
15, 5 -6: I, 84 15 , 7: I, 84 , 130; II, 109 2
Corinti
l, 2: II, 89
l, 2, 2, 2, 3, 3,
19: I, 288 7: I, 256 14: I, 252 15 : I, 253 6: II, 47 16 - 18: Il, 142 4 , 6: II, 1 87 6, 2 : II, 102 6, 16: Il, 236 8, 1 8 - 1 9: TI, 47 10, 5 : I, 1 1 1 1 1 , 6: II, 48 1 1 , 17: II , 97 1 1 , 27 : II, 15 12, lss.: II, 124 12, 4: II, 2 15 Galati
l, l, l, 2, 2, 2, 2, 3, 4, 5, 6, 6,
12 : Il, 124 19: II, 1 09 20: II, 62 1 .9 . 13 : I, 83 2: II, 124 9: II, 67 1 1 : I, 83 27: 1, 255 19: I, 257 22: 1, 262 4: I, 262 15: I, 82
E/esini l , 3 : Il, 89 2, 20: II, 225 3 , 3 : Il, 124
Indice scritturistico
294 4 , 6: II, 95 4, 7 : I, 269 4, 1 1 ss. : I, 288 4 , 23 : I, 82
Filippesi l , 28: I, 3 0 1 2 , 6: I, 261 2 , 6-8: II, 1 62 2 , 16: I, 1 85 2 , 25 : I, 140 4 , 3: I, 1 4 1 , 159 12, 20: II, 1 1 1
l , 16: I, 250 2, 2: II, 98 3 , 15: I, 245 , 248; II, 220 3 , 16: II, 133 4 , 12: II, 132 6, 5 : II, 130 6 , 12: I, 252 6, 13 : I, 78 6, 1 7 : II, 130 6, 20: II, 137
2 Timoteo
l, 1 1 : II, 1 07 l , 15: II, 89 l , 17: II, 95 l , 1 8 : I, 261 3 , 13 : I, 256 4, 3 : II, 99 4, 10: I, 124 4, 14: II, 47
2 , 8: I, 14 1 ; II, 47 2, 2 1 : II, 132 2 , 22 : II, 15 3 , 1 7 : II, 1.32 4 , 6: I, 125 4 , lO: I, 14 1 , 185 4, 1 6- 1 7 : I, 124 4, 1 8 : I, 125 4, 2 1 : I, 137, 14 1 , 268
l Tessalonicesi
Tito
Colossesi
l, l, 2, 4,
l: 9: 8: 3:
I, 288 II, 99 I, 247 II, 3 1
l, 5: I, 140 3, 5 : I, 82 3 , 10-1 1 : I , 2 1 1
l Timoteo
Filemone
1 , 3 : I, 140 l, 12: II, 1 02
1: II, 25 2 : I, 140
Ebrei
5, 1: II, 225 5, 4 . 10: II, 226 10, 33 : I, 245 , 255 10, 34: II, 65 , 101 1 1 , 26: II, 155 12, 5s.: II, 1 98 12, 6: II, 229 l Pietro l, 1: I, 137 l , 3 : II, 89 2, 5 : II, 225 2 , 7 : II, 225 2, 7s. : II, 228 2 , 8: II, 225 5 , 6: I, 262 5 , 13 : I, 1 13 ; II, 47 2
Pietro
1 , 8: I, 256 3, 9: II, 70 l Giovanni
l, l, l, l, 2, 2, 2, 3, 3,
1: II, 12 1 , 122 , 123 1 -2 : I, 295 2-3 : II, 123 9 : II, 124 12: II, 124 1 8-22 : I, 272 1 8 .22 : II, 124 1 2 1 0 : II, 124 8. 10: II, 124 .
.
Indice scritturistico 3 , 16: I, 247 4, 1 -3 : I, 272 4, 2-3 : II, 123 4 , 3: II, 124 5, 1: I, 272 5, 2: II, 124 1 2 , 3 1 : II, 1 62 Giuda
4 : II, 129
Apocalisse l, l, l, l,
1 -2 : II, 12 1 4: II, 12 1 5 : I, 261 9: I, 264 ; II, 69, 122 2, 6. 15 : I, 176 3, 14: I, 261 3, 19: II, 229 10, 4 : II, 47
295 13, 13, 14, 17, 19, 20, 22 , 22, 22, 22 ,
5 : II, 94 1 8 : I, 1 6 1 , 27 1 4: I, 247 8 . 1 1 : II, 227 9: I, 258 4: II, 70 7: II, 122 7-8: II, 12 1 1 1 : I, 259 1 8 - 1 9: I, 2 8 1
INDICE GENERALE
EUSEBIO DI CESAREA STORIA ECCLESIASTICA (VI-X) LIBRO VI . . . l . La persecuzione sotto Severo . 2 . La formazione di Origene dalla sua infanzia . 3 . Come, pur giovanissimo, professava la parola di Cristo . . . 4. Quanti da lui catechizzati conseguirono il mar. . tirio 5 . Potamiena . 6. Clemente Alessandrino . 7 . Lo scrittore Giuda 8 . Audace gesto di Origene 9. I miracoli di Narciso 1 0 . I vescovi di Gerusalemme . 1 1 . Alessandro 1 2 . Serapione e le sue opere che ci sono rimaste 13 . Le opere di Clemente 1 4 . Le Scritture che ha citato . 1 5 . Eracla . . . 1 6. Zelo con cui Origene si occupò delle divine . Scritture . . . .
.
pag . » »
7 9 9
»
12
»
16
»
17
»
.
»
19 19 19 22 23 24 26 28 29 32
.
»
32
.
.
.
.
.
.
.
» » » » » »
.
.
»
.
.
»
298
Indice generale
1 7 . Il traduttore Simmaco . . . . 18. Ambrosio . . . . . . . . 19. Ciò che si ricorda di Origene . 20. Opere rimasteci degli scrittori di quel tempo 2 1 . I vescovi che erano famosi in quel tempo . . 22 . Gli scritti di Ippolito giunti fino a noi . . . . 23 . Lo zelo di Origene e come fu ritenuto degno del presbiterato nella Chiesa . . . . . . 24. I commentari che scrisse ad Alessandria . 25 . Come ha menzionato le Scritture canoniche . 26. [In che modo Eracla ottenne l'episcopato di Alessandria] . . . . . . . . 2 7 . [Come i vescovi giudicavano Origene] . 28. La persecuzione sotto Massimino 29. Fabiano è designato da Dio in maniera miracolosa vescovo di Roma . . 3 0 . I discepoli di Origene . . . . . . . 3 1 . Africano . . . . . . . . . . . . . . . 3 2 . Commentari scritti da Origene a Cesarea di Palestina . . . . . . . . . . . . . . . . 33 . L'errore di Berill o . . . . . . . . . . . . . . . 34. Avvenimenti accaduti sotto Filippo . . . . . 3 5 . Dionigi succedette ad Eracla nell'episcopato 3 6. Altre opere composte da Origene 3 7 . Il contrasto con gli arabi . . 3 8. L'eresia degli elcesaiti . . . . 3 9. Ciò che accadde sotto De cio 40. Ciò che accadde a Dionigi 4 1 . Coloro che subirono il martirio ad Alessandria 42 . Gli altri martiri di cui parla Dionigi . . . . . 43 . Novato: la sua condotta di vita e la sua eresia 44 . Storia di Dionigi su Serapione 45 . Lettera di Dionigi a Novato 46. Le altre lettere di Dionigi . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
pag. » » » » »
33 34 35 40 41 42
.
»
43
.
»
44
»
45 49
» »
49
»
50
»
51 52 52
»
» » » »
» » » » »
53 55 56 57 57 58 59 60
»
61
»
64
»
69
»
71 77 79
» » »
79
Indice generale
299
LIBRO VII . . . . . . . . . . . . . . l . La perversità di Decio e Gallo . . 2 . I vescovi di Roma sotto Decio e Gallo . 3 . Cipriano, insieme con i vescovi suoi suffraga nei, per primo affermò che dovessero essere purificati con il bagno battesimale coloro che si convertissero da un errore eretico . . . . 4. Quante lettere scrisse Dionigi su questa questione 5 . La pace dopo la persecuzione . . . . . . . . 6. L'eresia di Sabellio . . . . . . . . . 7 . L'abominevole errore degli eretici, la visione inviata da Dio a Dionigi e la regola ecclesiasti ca che egli ricevette . . . . . . . 8 . L'eterodossia di Novate . . . . . 9 . Il battesimo empio degli eretici 1 0 . Valeriano e la sua persecuzione 1 1 . Le cose che allora accaddero a Dionigi e a quelli d'Egitto . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 . Coloro che resero testimonianza col martirio a Cesarea di Palestina . . . . . . . . 13 . La pace sotto Gallieno . . . . . . . . . . 1 4 . I vescovi che fiorirono in quel tempo . . . . 15 . Come Marino rese testimonianza col martirio a Cesarea . . . . . . 1 6 . La storia di Astirio . . . . . . . . . . . . . . 1 7 . (Senza titolo) . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 8 . I segni della magnanimità del Salvatore nostro avvenuti a Paneade . . . . . . . . . . . . 1 9 . n trono di Giacomo . . . . . . . . . . . 20. Le lettere festali di Dionigi, nelle quali egli fissa il canone pasquale . . . . . . . . 2 1 . Gli avvenimenti di Alessandria . . . 22 . L'epidemia scoppiata a quel tempo 23 . n principato di Gallieno . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
pag. » »
» » » »
82 84 85
85 86 86 88
»
89
»
91
»
91 93
»
»
96
»
1 03 1 04 105
» »
» » »
» »
» »
1 06 1 07 107 1 08 109 1 10 1 10
»
1 13
»
1 16
3 00
Indice generale
24. Nepote e il suo scisma . 25 . I.;Apocalisse di Giovanni
26. Le lettere di Dionigi
.
.
27. Paolo di Samosata e l'eresia da lui fondata ad Antiochia . . . . . . . . . . . . . . 2 8 . I vescovi illustri allora conosciuti . . 29. Deposizione e scomunica di Paolo . 3 0 . (Senza titolo) . . . . . . . . . . . . 3 1 . La perversione eterodossa dei Manichei inizia ta proprio allora . . . . . . . . . . . . . . . . 3 2 . Gli uomini ecclesiastici che si sono distinti nel
nostro tempo e quelli tra loro che sopravvisse ro fmo all'attacco contro le Chiese . . . . . . LIBRO VIII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l . Avvenimenti precedenti la persecuzione avve nuta ai tempi nostri . . . . . . . . . . . . . . 2 . La distruzione delle chiese . . . . . . . . . . 3 . n comportamento di coloro che lottarono du rante la persecuzione . . . . . . . . . . . . . 4 . I c elebri martiri di Dio, come essi abbiano riempito ogni luogo del loro ricordo e abbiano cinto corone di ogni specie per la loro pietà . 5 . I martiri di Nicomedia . . . . 6. I martiri dei palazzi imperiali . 7 . I martiri egiziani della Fenicia 8. I martiri d'Egitto . . . . . . . 9 . I martiri della Tebaide . . . . 1 0 . Relazione scritt a dal martire Filea sui fatti d'A lessandria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 . I martiri di Frigia . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 . I n um erosis s im i altri, uomini e donne, che so stennero lotte diverse . . . . . . . . . . . . .
pag. 1 17 »
1 19
»
125
»
126
»
126
» »
128 128
»
136
»
137
»
146
» »
1 47 150
»
15 1
»
152 154 154 157 159 159
» » »
» »
»
161 1 64
»
1 65
»
301
Indice generale
13 .
I
capi delle chiese che con il loro sangue mo strarono la genuinità della religione da loro professata . . . . . . . . . . . . . . . . . 14. Il comportamento dei nemici della religione 15 . Quel che accadde ai gentili . . . 16. Il miglioramento della situazione . 17. La ritrattazione dei sovrani . Appendice . . . . . . . . . . . . . . . .
.
.
LIBRO IX . . . . . . . . . . . . l . La falsa distensione . . . . 2 . Il deterioramento successivo 3 . Il nuovo simulacro costruito ad Antiochia . 4 . I decreti contro di noi . . . . . . . . . . 5 . I falsi atti . . . . . . . . . . . . . . . 6. Coloro che subirono il martirio in quel tempo 7. L'editto contro di noi inciso su tavole . . . . 8. Quel che avvenne in seguito: carestia, pestilenza e guerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9. La tragica conclusione della vita dei tiranni e le parole eh� pronunciarono prima della fine 9a. Copia tradotta di una lettera del tiranno . . 10. La vittoria degli imperatori cari a Dio . . . . 1 1 . La distruzione definitiva degli avversari della religione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
.
pag. 1 68 » 173 » 178 » 178 » 1 80 » 1 82
» »
» »
.
»
.
»
.
LIBRO X . . . . . . . . . . . . l . La pace concessaci da Dio . 2. La ricostruzione delle chiese 3 . In ogni luogo si edificano chiese 4. Panegirico sulla nostra splendida situazione .
» »
1 84 1 84 188 1 88 189 1 90 1 90 1 92
»
195
»
»
198 203 206
»
211
»
»
2 14 2 14 216
»
2 17
»
218
»
»
3 02
Indice generale
5 . Copia di leggi imperiali relative ai Cristiani . pag. 24 1 6. Copia di una lettera imperiale in cui si donano ricchezze alle Chiese . . . . . . . . . . . . . . » 250
7 . Copia di una lettera imperiale in cui si ordina
che i capi delle Chiese siano esentati da tutti gli oneri pubblici . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. La successiva perversione di Licinio e la sua tragica fine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9. La vittoria di Costantino e i benefici da lui procurati ai sudditi dell'impero romano . . . . .
»
252
»
253
»
258
»
263
»
289
INDICI
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI . . . . . . . . . . . . . INDICE SCRITTURISTICO
Col lana di testi patristici fondata da Antonio Quacquarel li diretta da Claudio Moreschini
l Padri costituiscono ancora oggi un indi spensabile punto di riferimento per l'espe rienza cristiana. Testimoni profondi e autorevoli della più im
mediata tradizione apostolica, per la parte
cipazione diretta alla vita della comunità cri stiana, in loro la tematica pastorale è ric chissima, lo sviluppo del dogma illuminato da un particolare carisma, la comprensione delle Scritture guidata dallo Spirito. La pe netrazione del messaggio cristiano nel con testo socio-culturale della loro epoca, impo nendo la trattazione di problemi i più vari e scottanti , porta in loro alla indicazione d i soluzioni c h e s i rivelano per noi straordina riamente attuali . Di qui, i l « ritorno ai Padri » , con una iniziati va editoriale che cogliesse le esigenze più vive, e talvolta anche più dolorose, in cui si dibatte la comunità cristiana di oggi, illumi nandole alla luce delle prospettive e delle soluzioni c he i Padri offrirono alle loro co munità. Il che può, oltretutto, costituire un criterio di certezza, in un momento in cui forme di malinteso pluralismo possono in generare dubbi e incertezze nell'affrontare vitali problemi . La collana, fondata da A. Quacquarelli e di retta da C. Moreschini , prof. ordinario nel l ' U n i versità di P i s a , è curata da docenti qualificati e specializzati nelle singole ope re, c he in una prosa piana e moderna tra d ucono tutta la spontaneità con cui i Padri scrivevano.