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L'Autore e la sua produzione scientifica Giovanni Reale è professore ordinario, titolare della cattedra di Storia della filosofia antica presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università Cattolica di Milano. I suoi studi e la sua produzione scientifica spaziano su tutto l'arco della filosofia antica. Nell'ambito dei Presocratici ha approfondito soprattutto gli Eleati (Senofane, Parmenide, Zenone e Melissa), curando dapprima gli aggiornamenti sistematici de La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, l, 3 di E. Zeller e R. Mondolfo, La Nuova Italia, Firenze 1967, e pubblicando in seguito una edizione dei frammenti di Melissa che arricchisce considerevolmente la raccolta di Diels-Kranz, con ampia monografia introduttiva e commentario storico-filologico e filosofico (il primo che finora sia stato fatto): Me/isso, Testimonianze e /rammenti, La Nuova Italia, Firenze 1970 (Biblioteca di Studi Superiori, 50). A Platone ha dedicato costante studio. Ha tradotto e commentato una serie di dialoghi per la collana «ll Pensiero» dell'Editrice La Scuola di Brescia: Critone, 1961 (1987 13 ); Menone, 1962 (1986 11 ); Eutz/rone, 1964 (1987 7); Gorgia, 1966 (1985 7); Protagora, 1969 (1984 5 ); Fedone, 1970 (1986 10 ). Di recente ha pubblicato l'ampio volume: Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle «Dottrine non scritte», Vita e Pensiero, 19875 (la prima edizione è del 1984). Quest'opera è stata insignita del «Premio Fiuggi per la saggistica filosofica 1986». Ha tradotto dal tedesco e introdotto: Platone e i fondamenti della metafisica di H. Kramer, 1982, 19872 ; La metafisica della storia in Platone di K. Gaiser, 1988 (due opere composte dagli autori su invito di G. Reale), nonché Th. A. Szlezak, Platone e la scrittura della filosofia, 1988; tutte opere pubblicate da Vita e Pensiero. Su Aristotele ha scritto numerosi saggi in riviste e in miscellanee e ha pubblicato i seguenti volumi: Il concetto di filosofia prima e l'unità della Metafisica di Aristotele, Vita e Pensiero, Milano 1961 (l'opera ha avuto una seconda edizione nel 1965, una terza nel 1967 e una quarta nel 1985 e di recente è stata tradotta in lingua inglese da John R. Catan (State University of New York Press,
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Albany 1980); Introduzione a Aristotele, Laterza Bari 1974 (19864), tradotta in spagnolo da V. Bazterrica (Herder, Barcelona 1985). Per la collana «Filosofi antichi» dell'Editore Loffredo ha tradotto La Metafisica, 2 voli., Napoli 1968 (19782 ), con un'ampia introduzione e un commentario storico-filosofico, il primo sistematico in lingua italiana (la traduzione senza commentario è stata edita anche presso Rusconi, Milano 1978; 19842 ). Nel 1974, per la medesima collana dell'Editore Loffredo, ha curato la prima traduzione italiana del Trattato sul Cosmo per Alessandro, con testo greco a fronte, introduzione e commentario sistematico, suggerendo, sulla base di nuovi argomenti e documenti, l'ipotesi di lavoro che l'opera possa appartenere ad Aristotele, o comunque al primo Peripato. Nell'ambito della filosofia postaristotelica ha approfondito un momento particolarmente importante della storia del Peripato nel volume Teofrasto e la sua aporetica metafisica, La Scuola, Brescia 1964, opera che contiene anche la traduzione (la prima in lingua italiana) della Metafisica di Teofrasto, con commentario (l'opera è stata integralmente tradotta da ]. Catan ed è stata in parte già edita in appendice al Concetto di filosofia prima, come è stato fatto anche nella quarta edizione italiana di quest'opera). Ha inoltre ristudiato a fondo la figura di Pirrone in un saggio dal titolo: Ipotesi per una rilettura della filosofia di Pi"one di Elide (in AA.VV., Lo scetticismo antico, Bibliopolis, Napoli 1981, pp. 243-336). Nell'ambito della filosofia dell'età imperiale si è occupato di Filone di Alessandria, oltre che con ricerche specifiche, promuovendo la prima traduzione italiana sistematica di tutti i trattati del commentario allegorico alla Bibbia, pubblicati presso l'editore Rusconi, Milano 1978-1988 in vari volumi. Ha curato altresl l'Introduzione, le Prefazioni e le Parafrasi a tutto quanto ci è pervenuto di Epitteto (nel volume Epitteto, Diatribe, Manuale, Frammenti, Rusconi, Milano 1982). Ha pubblicato una monografia su Proclo dal titolo L'estremo messaggio spirituale del mondo antico nel pensiero metafisica e teurgico di Proclo, edita come saggio introduttivo in: Proclo, I Manuali, Rusconi, Milano 1985 (pp. v-ecxxrn). Inoltre, insieme a Dario Antiseri ha firmato una vasta sintesi in tre volumi: Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia 1983, già più volte riedito e già tradotto in spagnolo da J.A. Iglesias per l'editrice Herder (Barcelona 1988).
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GIOVANNI REALE
STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA V. LESSICO INDICI E BIBLIOGRAFIA con la collaborazione di
ROBERTO RADICE
Quarta edizione
+
VITA E PENSIERO Pubblicazioni della Università Cattolica Milano 1989
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Prima edizione: gennaio 1980 Seconda edizione riveduta e arricchita: maggio 1983 Terza edizione: settembre 1988 Quarta edizione: gennaio 1989
N .B. - Le nuove edizioni con le modifiche apportate vengono pubblicate con contributi del «Dipartimento di filosofia» e del «Centro di Ricerche di Metafisica» dell'Università Cattolica di Milano.
© 1980 Vita e Pensiero - Largo Gemelli, l - 20123 Milano ISBN 88-343-2574-5
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INDICE
Avvertenza
IX
Parte prima
Lessico e indice-repertorio dei principali concetti inerenti alla filosofia antica
3
Parte se-conda
Schedario dei pensatori antichi e della loro produzione filosofica pervenutaci con una bibliografia essenziale
295
Parte terza
Indice degli autori e dei personaggi antichi trattati o menzionati nei primi quattro volumi
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57 3
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A Mario, Carla Paolo e Manuela Reale
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AVVERTENZA
L'idea di questo quinto volume che conclude la nostrtr Storia della filosofia antica è nata e cresciuta durante la composizione dei primi quattro e soprattutto in seguito al lavoro di revisione fatto per la riedizione dei medesimi. Ci è parso necessario, o quanto meno molto utile - dopo una trattazione che ha una estensione complessiva di oltre duemiladuecento pagine, resa ulteriormente complessa a motivo dei numerosi testi e documenti riportati - offrire al lettore alcune prospettive di sintesi, alcuni punti di riferimento per raccogliere sotto un unico tema e sotto un solo· problema unitario i contributi di numerosi pensatori e scuole, brevi tracciati e linee di forza secondo cui rileggere retrospettivamente l'opera, o anche alcune notazioni che offrissero gli spaccati teoretici di alcuni concetti centrali del pensiero antico. Da questa esigenza è nata la prima parte, che presenta un lessico, concepito in forma di indice-repertorio dei principali concetti maturati nella storia della filosofia antica. Accanto al termine italiano, il lettore troverà indicato, quando occorra, quello greco e, in alcuni casi, anche quello latino, quindi la spiegazione del suo significato. Talora si tratta di semplici rimandi al testo, talora, invece, di carrellate sintetiche sulla storia e sulla evoluzione del concetto o dei concetti espressi da quel termine, talora, anche, come s'è detto, di un vero e proprio bilancio sistematico, quando il termine indica un concetto o concetti che hanno implicanze· particolarmente complesse ed importanti. In alcuni casi,.
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AVVERTENZA
infine, si trovano anche approfondimenti o completamentt .di cose solo accennate nella trattazione, con eventuali supplementi di documentazione. La seconda parte dell'opera è nata da un analogo ordine .di riflessioni. Le bibliografie e i repertori bibliografici sono .numerosi e concepiti a molteplici livelli. Ma il lettore fatica, per lo più, ad orientarsi ed a trovare ciò che cerca. Spesso i minori vengono trascurati, quando non addiritJura taciuti, mentre sui maggiori non è raro che si ecceda in indicazioni, in cui talvolta ci si sente veramente smarrire. Ebbene, anziché il solito impianto bibliografico tradi.zionale, abbiamo preferito presentare un vero e proprio schedario dei pensatori antichi in ordine alfabetico, capace .di offrire al lettore tutti gli elementi essenziali che possono essere utili per qualsiasi approfondimento. Innanzitutto diamo una brevissima caratterizzazione (scuola di appartenen.za e cronologia). Poi diamo l'elenco (eventuale) delle opere pervenuteci col titolo in italiano, e, accanto, quello latino .divenuto canonico nelle citazioni (e nei casi in cui occorra .anche la relativa abbreviazione in uso). Indichiamo quindi gli estremi delle edizioni critiche più recenti e più pratiche, .delle traduzioni (di norma quelle in lingua italiana, e, quan.do non ve ne siano, o comunque quando sia opportuno, .quelle in lingua straniera più accreditate), dei commentari o delle edizioni con annotazioni e, ulteriormente (in quei casi in cui vi siano), dei lessici. I n fine menzioniamo alcuni studi critici e, a conclusione della scheda, segnaliamo il luogo o i luoghi in cui il lettore trova ulteriore bibliografia sull'autore in questione. Per agevolare il lettore abbiamo introdotto un comodo sistema di simboli, che visivamente .distinguono questi successivi momenti della scheda, di cui diamo spiegazione all'inizio dell'indice. La scheda-tipo, insomma, risponde ad una precisa logica: 1) chi è e quando .è vissuto l'autore, 2) che cosa ci è rimasto di ciò che ha scritto, 3) quale è l'edizione più moderna delle sue opere, 4) quali le traduzioni, 5) quali i commenti più significativi o più recenti, 6) quali gli eventuali lessici, 7) quali gli
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XI
AVVERTENZA
studi critici consigliabili per approfondimenti, 8) dove si può reperire agevolmente un ricco materiale bibliografico specifico o dove si possono trovare rassegne e bilanci degli studi critici. È appena il caso di avvertire il lettore che, trattandosi di un vero e proprio mare magnum (la letteratura sulla filosofia antica è forse la più ricca esistente), possiamo essere incorsi in sviste ed omissioni di vario genere, delle quali chiediamo venia. Il lettore potrà tuttavia agevolmente constatare che non avevamo modelli precedenti coi quali confrontarci, avendo cercato di seguire una via nuova, che speriamo feconda. Nello schedario sono anche inclusi i cataloghi degli esponenti delle varie scuole filosofiche (in ordine alfabetico: Accademici, Atomisti, Cinici, Cirenaici, Eleati, Epicurei, Ionici, Medici empirici, Mediopitagorici, Medioplatonici, Mediostoici, Megarici, Neoaccademici, Neopitagorici, Neoplatonici, Neoscettici, Neostoici, Peripatetici, Pitagorici, Presocratici, Scettici, Sofisti, Stoici) diff~renziati (quando si tratti di scuole che hanno avuto momenti e periodi diversi) e opportunamente ragionati. Anche questo - che per quanto ci consta non è stato mai fatto in questa maniera e mai presentato in modo unitario - riteniamo sia un aiuto non indifferente al lettore. Chiude il volume l'indice di tutti i nomi degli autori e dei personaggi antichi trattati o menzionati nei primi quattro volumi e di tutti i passi in cui ricorrono. Alla elaborazione e alla stesura di questo volume ha collaborato il dottor Roberto Radice, in una misura determinante, e per questo abbiamo voluto il suo nome in frontespizio. Egli ha letto e riletto i primi quattro volumi fino a possederne il contenuto nei minimi particolari e ha saputo mettersi nella giusta ottica, insieme del lettore e dell'autore, suggerendo una quantità di migliorie sia in generale sia in particolare. Molte voci sono state rifatte ed integrate sulla base dei suoi precisi rilievi o suggerimenti. Tutto suo, in particolare, è il complesso gioco dei raccordi
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AVVERTENZA
XII
e dei rimandi, sta all'interno dell'indice sta ai precedenti volumi. È stata una collaborazione davvero ideale che tra l'altro - ha fatto più che dimezzare i tempi di lavoro. Ringraziamo il dottor Francesco Sarri, che con grande acribia ci ha aiutato a ricontrollare sugli originali il grosso delle edizioni critiche citate e che ha anche collaborato ad alcune schede dei dossografi. Suo è anche l'impianto dell'indice dei nomi. E ringraziamo anche Pier Giacomo Pisoni che, con l'ausilio della sua ricchissima biblioteca, ha ricontrollato molti dati e rivisto le bozze. Infine una parola di conclusione. Il volume, più che un testo di lettura, è uno strumento di consultazione. In qualsiasi modo lo abbordi, il lettore avrà la strana sensazione di trovarsi di fronte come ad un gioco di scatole cinesi: ogni concetto fluisce, si ramifica, rimanda ad altri, coi quali ulteriormente si intreccia in vario modo, quasi senza posa. Ebbene, è proprio questa la caratteristica specifica del concetto filosofico, il quale, per sua natura, quando sia un concetto di fondo, si apre a tutti i concetti. Perciò come epigrafe dell'opera abbiamo messo la bella massima di Piotino, secondo cui tutto è in tutto e ogni cosa è tutto e ciascun singolo è universo. Plotino diceva questo soprattutto per gli enti del mondo dello Spirito, ma la massima vale in modo perfetto per il concetto ed il /asma filosofico in generale, così come vale per ciascuno e per tutti i pensatort. In fondo in filosofia, la comprensione di un concetto suppone, in qualche modo, l'apertura al cosmo filosofico ed anche la comprensione di un singolo filosofo suppone almeno a livello esigenziale - quella di tutti gli altri. GIOVANNI REALE
N.B. Questa quarta edizione, cosl come la terza, aggiorna tutti i rimandi ai precedenti volumi; in particolare al volume Il, che a partire dalla quinta edizione ha mutato totalmente l'impaginazione. L'aggiornamento della bibliografia viene rimandato alla prossima edizione.
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LESSICO INDICI E BIBLIOGRAFIA
« [ ... ] 'ltav-.axov miv-. a 1tiiv [ ... ] ».
xa~
1tiiv 1tiiv xaL lxaa-.ov
« [ ... ] tutto è dappertutto e ogni cosa è tutto e ogni singolo è unive·rso [ ... ] ».
Plotino, Enneadi, v, 8, 4
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PARTE PRIMA
LESSICO E INDICE-REPERTORIO DEI PRINCIPALI CONCETTI INERENTI ALLA FILOSOFIA ANTICA
« 6 j.l!v yàp CT\JVO'It'r~xòc; s~aÀ.Ex-.~x6c;, 6 St lJ.iJ, o\l ».
« Colui che è capace di cogliere in uno sguardo l'insieme è dialettico [=filosofo]. chi no, non lo è ». Platone, Repubblica, VII, 537 c
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Questo Lessico risponde ad alcune precise esigenze, già segnalate nella Avvertenza, cui rimandiamo. Il lettore tenga presente che l'obiettivo principale che si vuole raggiungere è quello di ridare il senso della polivalenza .dei termini usati dai filosofi greci e della corrispondente poliedricità strutturale dei concetti che essi esprimono. Già Aristotele per i cultori di filosofia dei suoi tempi aveva composto uno scritto dal titolo Intorno alle cos.e che si dicono in molteplici sensi, che è una specie di lessico filosofico, che .oggi leggiamo ancora come libro A (quinto) della Metafisica, il quale è veramente paradigmatico (ad esso più volte ci rifaremo). I n effetti, la calibrazione critica dei termini e dei concetti è uno dei compiti essenziali della ricerca filosofica e, comunque, è una indagine senza la quale il discorso fiJosofico non regge. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo qui presentato « voci» di .diverso impianto. a) Alcune (quelle relative ai concetti più ristretti o più .tecnici) si limitano a ridare in sintesi il significato o i significati del termine, .indicando i rimandi ai precedenti volumi, in cui si trovano sviluppati. b) Altre ridanno l'arco storico dei significati via via inclusi nell'area semantica del termine, sempre con i relativi rimandi. c) Altre ancora tentano di ricomporre un quadro sistematico della problematica, secondo linee di forza .teoretiche, oltre che storiche. d) Altre, infine, approfondiscono il significato di alcuni termini, acquisendo nuovi elementi rispetto alla precedente trattazione. · Tutte le voci si fondano su testi degli autori e quindi su precisi documenti, che vengono citati espressamente o indicati, e che, in ogni caso, il .lettore trova nelle pagine dei precedenti volumi, cui si fa via via rimando. Il termine di riferimento è quello italiano, oppure quello greco tra.slitterato, quando manchi il corrispettivo italiano. Segue l'indicazione del .termine greco (talvolta anche del corrispettivo latino), che successivamente viene ripreso traslitterato. Per comodità del lettore che non conosce il greco, abbiamo indicato anche l'accento, di regola la prima volta in cui presentiamo il termine traslitterato, ed inoltre nei casi in cui ld" abbiamo rite.nuto utile. Abbiamo spesso sottolineato con carattere corsivo alcuni termini greci (che sono diventati re faggio del linguaggio filosofico e quindi comuni) per ricordare al lettore di tener presenti le valenze concettuali greche e quindi la specificità dell'uso dei medesimi. Qualche volta abbiamo dato indicazioni bibliografiche, ma solo in casi particolari, e come indicazioni di complemento, preferendo, di regola, a 4ueste, i rimandi ai documenti originali.
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A AB I T O (f;~.ç, habitus) Per Aristotele, indica una disposizione di un certo tipo « per la quale la cosa disposta è disposta bene o mtJle, sia per sé, sia in rapporto ad altre» (Metafisica, 1:J. 20, 1022 h 10 sg.). Il concetto di habitus ha grande importanza soprattutto nell'etica aristotelica, giacché designa il modo di essere della virtù e del vizio dell'uomo. Infatti, secondo lo Stagirita, l'uomo possiede virtù e vizi, appunto come abiti o come disposizioni di un certo tipo. L'abito _ si noti _ deriva dall'abitudine (~l}oc;), ma differisce da essa per le ragioni seguenti: J'uomo, per sua natura, è potenzialmente capace di virtù o di 'Vizi, ma egli può tradurre dalla potenza all'atto questa sua capacità ·solo mediante l'esercizio, ossia ripetendo una serie di atti dello stesso tipo (atti giusti, coraggiosi..., o contrari a questi). 011bene, la ri,petizione di questi atti, in quanto tale, è abitudine, mentre il risultato di questa ripetizione è l'abito, che è qualcosa che resta in noi come una specie di possesso stabile, che, poi, agevola ulteriori atti dello stesso genere. In conclusione, l'abitudine indica il momento genetico della formazione dell'abito, mentre l'abito indica il punto di arrivo (II, 499). È evidente che la dottrina dell'abito spiega non solo il modo in cui l'uomo possiede virtù e vizio, ma altresl il modo in cui possiede le varie abilità tecniche ed artistiche, e, in genere, tutte « le disposizioni di un certo tipo », sia spirituali, sia, anche, fisiche, come ad esempio Ja ·stessa salute. _ Per il concetto di intelletto in habitu di Alessandro di Afrodisia, dr. IV, 43 sgg. A C A T A L E T T I C A, R apprese n t az i o n e (axa'taÀTJ1t'toc;, <pav'taO'ta)
Acatalettica si dice, ·nella terminologia stoica, quella rappresentazione che ha i caratteri opposti a quella catalettica, ossia quella
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
rappresentazione ohe non coglie la realtà in un modo ohiaro e distinto: ofr. il passo di Diogene Laerzio riportato in In, 331. A C C A D E M I A ('AxaB'I'J~J.E~a) È stata cosi chiamata fa scuola di p,latone dal nome della località e deLla palestra (cosi dette perohé consacrate alù'eroe Accademo), in cui ebbe sede (Il, 8, in nota). Per quanto concerne l'organizzazione e le finalità della scuola, cfr. III, 85 sgg. La storia dell'Accademia, per quanto concerne l'evoluzione della dottrina, fu fra le più travagliate. l) Già nella fase delia cosiddetta « Antica Accademia», assistiamo ad una involuzione del pensiero platonico, dapprima in senso matematizzante (III, 98-115), e, successivamente, addirittura in senso antimetafisico (III, 116-122). 2) La « Nuova Accademia » (distinta anche in una « seconda » e in una « terza » Accademia) assunse posizioni scettico-dialettiche (III, 499519 ). 3) Con Filone di Larissa ( « quarta Accademia ») si passa dalle posizioni del probabilismo puramente dialettico a quelle di un probabilismo positivo (III, 530-536). Infine con Antioco (« quinta» Accademia) si passa ad un dogmatismo eclettico (III, 537-542). _ È da notare che nell'86 a.C., in segu.ito alle devastazioni subite dai sobborghi di Atene e dalla stessa Atene da parte di Silla, l'Accademia fu assai gravemente danneggiata e probabilmente chiusa (IV, 309 sgg.). La successiva storia del platonismo (ofr. voce) non coincide più con quella deld'Accademia. Risorge ad Alessandria e poi si espande dovunque - anche in Atene -i ma di una « Accademia» non si parla più. (Si veda, -anzi, la testimonianza che riportiamo in IV, 312). _ La scuola neoplatonica di Atene, non è la prosecuzione dell'Accademia, o lo è solo a livello puramente ideale (IV, 663 sgg.). La «catena aurea» di scolarohi di cui parlano i Neoplatonici, ohe da Platone andrebbe a Damascio, non è un dato storico. Per gli esponenti dell'antica Accademia e per il catalogo degli scolarohi, cfr., più avanti, Ja Parte Il.
A C C I D E N T E (au!J.{3Ef3TJx6ç, accidens) È termine divenuto tecnico con Aristotele, il quale distingue, fondamentalmente, due significati principali di esso (ofr. Metafisica, tJ. 30, passim ). l) In primo luogo, accidente significa ciò che appartiene ad una cosa né sempre né per lo più, ma solo talvolta, e, quindi, fortuitamente e casualmente. 2) In secondo luogo, accidente significa tutto ciò che appartiene di per sé ad una cosa, ma che non rientra nell'essenza della cosa stessa, anche se ad essa
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ACCADEMIA/ ACOSMISMO
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espressamente connesso. In questo senso, quindi, tutti quegli attr~buti che non rientrano nell'essenza di una cosa, si possono dire accidenti. _ Il significato più importante è il primo, soprattutto nel suo aggancio ahla problematica dell'essere (Il, 422 sg.). Essere accidentale (ov xa-rck O'VIJ.f3Ef3T}x6c;), per Aristotele, indica il significato più debole dell'essere, ossia quell'essere che è né sempre, né per lo più, ma solo fortuitamente e casualmente e che, come tale, può essere detto « qualcosa di v1cmo al non essere». L'essere dell'accidente, tuttavia, anche se vicino al non essere, è molto importante. Infatti, se non ci fosse, tutto sussisterebbe necess~ riamente. Il riconoscimento dell'essere accidentale, segna una delle più significative risposte alle istan2le del mondo empirico, interamente misconosciute dalla ontologia eleatica e, in parte, anche da quella platonica. _ Il fondamento dell'essere accidentale è la materia (dr. voce), giacché questa, coincidendo con la pura potenzialità, può essere diversa da come è 1per lo più. - L'essere accidentale ha una sua causa, ma non determinabile, ossia una causa che è, essa stessa, puramente fortuita. _ È da rilevare, infine, che Ia causa dell'essere accidentale non può costituire oggetto di scienza, perché la scienza è solo di ciò che è necessario, oppure di ciò che è per lo più, ma mai del fortuito (Metafisica, E 2-4, passim). ACHILLE, Argomento dell' È uno degli argomenti con cui Zenone di Elea negava la relatività del movimento (1, 135 sg.). ACOSMISMO Il termine (che è formato da alfa privativo e kosmos) indica quella posizione di pensiero che tende, al !limite, a ·risolvere hl. cosmo in Dio, ossia il mondo conporeo nell'inconporeo. Hegel usò questo termine per indicare il sistema spinoziano, in cui la natura tende, appunto, a risolversi in Dio. A nostro avviso, una forma di acosmismo può essere considerato, sotto un certo profilo, il sistema plotiniano (e il neoplatonismo in generale), nella misura in cui esso tende a risoivere il cosmo nell'Anima, l'Anima nello Spirito e lo Spirito nell'Uno, quindi la realtà fisica in quella psichica (IV, 573 sgg.), questa in quella spirituale (IV, 543 sgg.) e a risolvere tutta la realtà nella 'potenza dell'Uno (IV, passim). - Una forma di acosmismo può essere considerata anche l'ontologia eleatica, neLla misura in cui non solo non riesce a « salvare i fenomeni», ma giunge, addirittura, a negarli in maniera esplicita,
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LESSICO E INDICE DEI CONCEITI
riconoscendo realtà solamente all'Essere-uno (l, 126; 132 sgg.; 140 sg.; 146 sgg.). ACQUA (vowp) È il <principio di tutte le cose secondo Talete (l, 55 sgg.). Empedocle è una delle quattro «radici» (l, 152). Per Aristotele è dei quattro elementi costitutirvi del mondo sub-lunare (Il, 464 ). la concezione dell'acqua nell'epicureismo e nello stoicismo cfr. III, sg.; 379 sg. Cfr. Elemento.
Per uno Per 212
ACRO A M A T I C O (à.xpoa!-l
non erano destinate alla pubblicazione, ma solo alle lezioni orali. Queste opere furono chiamate anche esoteriche (dr. voce), ossia destinate solo alla cerchia dei discepoli all'interno della scuola. Sulla composizione e sulla storia di queste opere cfr. II, 381 sg., in nota; III, 153 sg.; IV, 13-21. A D I A FORA, cfr. Indifferenti. A D I A FORI A (à.oLacpopta) l) Indica l'atteggiamento morale di totale indifferenza che, secondo gli Stoici rigoristi e radicali (Aristone di Chio ed Erillo), il saggio deve tenere nei confronti delle cose che stanno a mezzo fra la virtù e il vizio (cfr. Indifferenti), ossia il non essere mossi verso nes-
suno dei due poli opposti che sono distinguibili all'interno di queste (dr. III, 401). - In Egesia, filosofo della scuola Cirenaica, il termine indica quell'atteggiamento distaccato del vivere, che permette di neutralizzare i mali (cfr. III, 58 sg.). In altra accezione il termine indica, secondo gli Scettici, l'indifferenza antologica delle cose, su cui cfr. III, 474 sgg. A D O X I A ( &.ool;ta)
l) Significa, in una prima accezione, la mancanza di gloria e di fama. Antistene la riteneva un bene (1, 399). _ L'adoxia, nel medesimo significato, fu ripresa e radicalizzata da Cratete, che, insieme alla ·povertà, la <pose alla base della vita del saggio (III, 41). 2) In un'altra accezione, il termine significa mancanza di opinione ed esprime, secondo lo scettico Pirrone, l'atteggiamento peclllliare del saggio, che deve, proprio per essere tale, restare senza opinione, rinunciando ad ogni giudizio (sia affermativo che negativo) nei confronti della realtà (III, 487). In questo senso l'adoxia coincide con l'epoché (cfr. voce).
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ACQUA/ AFFINITÀ
AFASIA (àq~atr,a) Indica l'atteggiamento del non-dire-nulla e del non-pronunciarsisulla-natura-delle-cose. Sesto Empirico (Schizzi pirroniani, I, 192) spiega ohe « afasia » vuoi dire « rinunzia alla fasi », dove « fasi » significa una voce od espressione indicante affermazione o negazione. Il termine significa, dunque, rinuncia sia ad affermare che a negare alcunché (III, 490 sgg.). All'afasia è strettamente connessa l'epoché (dr. voce). A F F E R M A Z I O N E ( xa-.aq~auu;, affirmatio)
E. il giudizio e la relativa proposizione in cui un concetto viene positivamente congiunto ad un altro concetto (II, 552 ). Il contrario è dato dalJa negazione (cfr. voce). A F FEZ I O N E (1taitoç, passio) La mappa completa dei significati di questo termine ci è fornita da Aristotele: « (l) Affezione significa, in un primo senso, una qualità sewndo la quale una cosa può alterarsi: per esempio il bianco e il nero, il dolce e l'amaro, la pesantezza e la leggerezza e tutte le altre qualità di questo tipo. (2) In un altro senso, affezione significa l'attuazione di queste alterazioni, cioè le alterazioni già in atto. (3) Inoltre, si dicono affezioni specialmente le alterazioni e i mutamenti dannosi e soprattutto i danni che producono dolore. ( 4) Infine, affezioni si chiamano le grandi sciagure e i grandi dolort » (Metafisica, ..1 21 ). Il significato che maggiormente interessa la filosofia, è soprattutto queilo di perturbazione dell'anima, ossia di passione, di cui si ocrupa soprattutto la filosofia della Stoa e dell'età ellenistica. Cfr. voce Passione. AFFI N I T À (cruyyÉvELa) Il problema della synghéneia investe ambiti differenti: l) da ql,lello metafisico-ontologico, 2) a quello filosofico-antropologico, 3) a quello teologico-religioso. l) Dal punto di vista ontologico, l'intuizione della realtà come profondamente con-genere, ossia come strutturalmente affine, regge tutta la speculazione dei Fisici, anohe se il termine specifico ricorre poche volte nei frammenti pervenutici. Platone, già a partire dal Menone (81 c-d), affetma espressamente il principio che «tutta quanta la realtà è affine (congenere)», in quanto, come espliciterà nei dialoghi successivi, tutta la realtà o si riduce all'Idea, oppure si fonda sull'Idea. Il Timeo contiene le esplicitazioni tematicamente .più sviluppate e più approfondite della dottrina. 2) Dal punto di vista psicologico-antropologico, Ja tesi della affinità dell'anima
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LESSICO E INDICE DEI CONCETI'I
con il mondo dell'IntelJigibile (le Idee) costituisce il pernio su cui ruota la seconda prova della immortalità dell'anima del Pedone (cfr. II, 223 sgg.). Nel Timeo ~'affinità dell'anima singola con quella del mondo e con le Idee è puntualmente fondata (II,182sgg.). In generale, la tesi dell'affinità dell'anima dell'uomo col Divino è propria di quasi tutti i filosofi e quasi un luogo comune. 3) Dal punto di vista teologico-religioso, la syngheneia, oltre ad esprimere la parentela dell'uomo con Dio, o, meglio, della parte più nobile dell'uomo - l'an~ma e la mente - con Dio, evidenzia tutta una serie di conseguenze, .fra le quali la più significativa è quehla della possibilità per l'uomo di assimilarsi a Dio stesso. Questa concezione è presente praticamente in tutta la grecità: dagli Orfici (cfr. I, Appendice I) a Socrate (I, 340 sgg.), da Platone (II, 248 sgg.) a tutto il platonismo (IV, passim), dalla Stoa, in particolare nell'ultima sua ·stagione (
A F O R I S M A { à:cpopLOll6ç) Si·gnifica, detto, sentenza, massima. Normalmente nell'aforisma è espressa una affe11mazione o tesi generale senza la sua giustificazione e la sua fondazione. Un procedimento tipicamente aforistico, ossia sentenzioso, ebbe la riflessione morale, prima che nascesse la filosofia morale, come mostriamo in I, 207 sgg. AGATHON, cfr. Bene. AGENTE (1tOLT}"nx6ç, agens) Indica, i:n generale, aa causa efficiente (cfr. Causa). Applicato al nous, questo termine indica l'intelletto in atto, su cui cfr. II, 478 sgg.; IV, 43 sgg. e ·voce Nous. AGNOSIA (à:yvwcrta) Significa « mancanza di gnosi», mancanza di conoscenza, ossia ignoranza. l) Per gli usi metodologici ed ironico-maieutici dell'ignoranza in Socrate cfr. I, 358 sgg. _ In Platone (stante il prindpio che la conoscenza è proporzionale al grado di essere dell'oggetto conosciuto) l'agnosia diventa l'unico atteggiamento possibile per l'uomo di fronte al non-essere (II,197). 2) In senso particolare agnosia indica la mancanza di quella specifica forma di conoscenza mistica che è la gnosi (dr. voce).
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AFORIS"A·lA/ ALLEGORIA
AGNOSTICISMO È un termine coniato nel secolo scorso per indicare il non voler prmdere posizione soprattutto nei confronti dei problemi religiosi, giudicati non solubili. - Agnostico può quindi dirsi J'atteggiamento di Protagora in rapporto al problema teologico, in quanto egli espressamente dice: «Degli Dei non ho la possibilità di affel'mare né che siano né che non siano» (I, 240 sgg.). - Agnostico può essere detto anche l'atteggiamento che, dal punto di vista filosofico, Socrate assume nei confronti del problema dell'immortalità dell'anima, come mostriamo in I, 331. A I STHES I S, dr. Sensazione. A I T I O LO G I A, lo stesso che eziologia; dr. voce.
ALESSANDRINO Dicesi di quel complesso movimento spirituale (e di quanto è stato da esso prodotto), nato ad Alessandria a cominciare dal periodo seguente la morte di Alessandro Magno fino al VI secolo d.C. -Alessandria, soprattutto nei due ultimi secoli dell'era pagana e nei primi dell'era cristiana, divenne quello che Atene era stata nell'epoca di Socrate fino agli inizi del m secolo a.C. _ Le caratteristiche di fondo del movimento alessandrino furono: a) la fusione del misticismo tipico dell'oriente con la razionalità della filosofia greca; b) una notevole disponibilità ahle sollecitazioni spirituali provenienti dagli ambienti più eterogenei; c) il notevole impulso dato allo sviluppo autonomo delle scienze particolari. Ricoroiamo che proprio ad .Atlessandria nacquero tutte le correnti filosofiche che caratterizzarono l'ultima fase del pensiero antico: l) il neopitagorismo, 2) il medioplatonismo, 3) il neoplatonismo, 4) la filosofia mosaica di Filone Ebreo, ossia il tentativo di mediazione fra teologia ebraica e filosofia greca, 5) la scuola catechetica, ossia il primo tentativo di elaborazione filosofica del pensiero cristiano, 6) infine i grandi commentari ad Aristotele della scuola di Ammonio (cfr. III e IV passim). ALLEGORESI È il metodo e il sistema di interpretazione allegorica dei testi. Cfr. Allegoria. A L L EGO R I A (aJ.À.TJyop(a) L'allegoria è una immagine o ·una figura o una vicenda che viene 'presentata o comunque che viene intesa quale espressione di concetti e di idee riposti al di sotto della sua apparenza immediata. Di
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
conseguenza chiamasi interpretazione allegorica, queMa che si propone di ricavare in modo sistematico il significato concettuale delle narrazioni mitiche, fantastico~poetiche, o anche storiche. Nella filosofia greca l'uso della allegoria è costante, ma si diffonde soprattutto verso la fine dehl'era antica e nei primi 5ecoli dell'era imperiale, durante i quali, anzi, l'interpretazione allegorica diventa un vero e proprio metodo di esegesi filosofica. _ a) Nell'ambito dei Presocratici troviamo un inequivoco uso dell'allegoria nel prologo del poema di Parmenide, nel quale il filosofo narra di essere stato portato su un carro tirato da cavalle e condotto da divine fanciulle (le figlie del Sole) dalla notte alla luce, al cospetto della Dea che gli rivela la Verità (dr. 28 B l, passim). Parmenide ha senza dubbio presentato queste immagini come cariche di un riposto significato filosofico, anche se per noi sono di difficile interpretazione per mancanza di paralleli storici. _ b) I Sofisti fanno un uso dei miti che può definirsi di carattere allegorico, come in modo parac\igmatico risulta, ad esempio, dalla esegesi del mito di Eracle al bivio che dà Prodico (1, 257 sgg.). _ c) Tutti i miti di Platone hanno una valenza che può e55ere detta allegorica, tanto è vero che egli stesso mette in guardia espressamente i suoi lettori a non intenderli nella lettera, ma appunto nel messaggio che è riposto sotto la lettera (Il, 47 sgg.). _ d) Della interpretazione allegorica fanno uso gli Stoici, considerando le raffigurazioni poetiche riguardanti gli Dei come s~mboli di verità fi5iche (III, 366). _ e) Fra i filosofi è però Filone di Alessandria che sviluppa il metodo allegorico in maniera sistematica, al punto da farne il metodo stesso del suo filosofare. Per Filone, infatti, la filosofia coincide con l'interpretazione allegorica della Bibbia. Sotto i personaggi e sotto gli eventi narrati nella Bibbia, secondo Filone, stanno riposti significati .filosofici che 5i collocano a quattro differenti livelli, e precisamente: l) a livello cosmologico, 2) a livello antropologico, 3) a livello metafisica, 4) a Hvehlo morale. In particolare è da rilevare come Ja narrazione del Genesi, dalla creazione di Adamo all'avvento di Mosè, secondo Filone, simboleggerebbe (sul piano dell'esegesi allegorica a ~ivello morale) la storia dell'anima che dapprima è indifferente, poi pecca, quindi si pente e, sia pure con varie ricadute, riacquista, alla fine, la· santità. Ciascuno dei .personaggi b~blici rappresenterebbe uno stato o una tappa della storia dell'anima in cammino verso la salvezza (IV, 256 sgg., e, in particolare, nota 17 di p. 256). e) Una interpretazione allegorica molto elaborata è contenuta nella T avola di Cebete, che è uno pseudoepigrafo pitagorico di età ellenistica (IV, 257; 405, nota 38). _ /) Un largo uso del metodo allegorico
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ALLEGORIA/ ALTERITÀ
si riscontra nel medioplatonico Plutarco, in particolare nel De Iside et Osiride, dove la mitologia egiziana è riletta in questa chiave con notevole finezza (IV, 327; 354).- g) Anche Numenio, da parte sua, accoglie (almeno in parte) il metodo filoniano e ao estende anche al Nuovo. Testamento, come risulta da alcuni frammenti pervenutici (IV, 415 sg. ). - h) L'interpretazione allegorica della mitologia greca e dei poeti, infine, diviene canonica nel neoplatonismo, dapprima in modo assai discreto in Plotino, poi in modo sempre più diffuso e massiccio già a partire da Porfirio (si pensi alla sua interpretazione aLlegorica di Omero nell'Antro delle Ninfe). - i) Anohe l'interpretazione dei dialoghi platonici che viene fatta soprattutto da Giamblico in poi, può· essere considerata come una forma particolare di interpretazione allegorica (IV, 652 sg.). A LOGICO, dr. Arazionale. A L T E RAZIONE (aUo(w01.<;) È il termine tecnico con cui Aristotele designa la forma di mutamento secondo la categoria della qualità (Il, 455 ). A L T E R IT A , A L T R O (hEpb-tTJ<;, lhi't'Epov) L'altro o il diverso è uno dei cinque generi supremi (Essere, Quiete, Movimento, Identico e Diverso) introdotti da Platone nel Sofista,. su cui cfr. II, 139 sgg. È da dlevare, in particolare, come il concetto di « altro » o « diverso», in quanto supremo genere, comporti il superamento definitivo, almeno a livello di mondo intelligibile, della aporia di fondo implicata nella concezione dell'essere eleatico, per i_ motivi che spieghiamo in 11,140sg. _Nella successiva storia del platonismo, i cinque generi ebbero grande importanza. Ad essi, infatti, P1utarco fa corrispondere i cinque solidi fondamentali e quindi i cinque elementi e i cinque mondi (IV, 350, nota 46). In particolare, per quanto riguarda il concetto di cui ci stiamo occupando, egli afferma ohe «l'icosaedro partecipa soprattutto all'idea di Alterità », e che esso «somministra acqua che, attraverso la mescolanza, a-ssume la più grande varietà di qualità» e predomina in uno dei cinque mondi (De def. or., 428 d sg.). _ Plotino considera i cinque generi come le vere categorie dell'incorporeo, contrapponendoli, quali supreme categorie, alle categorie aristoteliche, che per lui valgono solo per il sensi:bile (cfr. Enneadi, VI, 1-2 passim). _In Plotino, poi, l'alterità in particolare svolge un ruolo molto importante, in quanto spiega la possibilità della generazione dall'Uno delle altre ipostasi (cfr. testi ed esegesi in: IV, 527 sgg.). Anche nell'opposto processo di riunifìcazione all'Uno (l'e-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETri
stasi) il concetto di· alterità è centrale, essendo, precisamente, ciò che va superato e tolto per realizzare quella semplificazione che riporta all'Uno (IV, 596 sgg.).
A M I C I Z I A ( cp~Ma., amicitia) a) La prima speculazione filosofica sull'amicizia si trova nella filosofia di Empedocle con valenza cosmologica ed ontologica. L'amicizia (amore) funge, insieme alla discordia (odio), da causa motrice dei quattro elementi (1, 154 ). _ b) Socrate porta la problematica sul piano etico-antropologico ed interpreta l'amicizia sulla base delJa sua nuova concezione dell'essenza dell'uomo come psyché, dandole una forte impronta spirituale (1, 332 sg.). _ c) Il primo trattato sull'amicizia è senza dubbio il Liside di Platone, il qua-le muove dalla po·sizione socratica, ma si spinge molto oltre. L'amicizia differisce dall'Eros, perché, in essa, prevale l'elemento razionale, mentre nell'Eros prevale ~'elemento .passionale ed alogico della «divina mania»: ambedue, tuttavia, tendono al medesimo fine. L'uomo con l'amicizia ri.cerca il bene che gli manca, ma che in qualche modo sente come proprio. Ciò che noi cerchiamo nelle umane amicizie rimanda sempre a -qualche cosa di ulteriore, ed ogni vera amicizia assume un senso autentico solo in funzione di un « Primo Amico » che è il Bene e l'Assoluto. L'amicizia, dunque, è sempre ricerca del Bene e mezzo per ·salire al Bene. L'Eros è, invece, ricerca del Bello e mezzo per salire al Bello assoluto (cfr. Eros), che altro non è se non il Bene stesso o una sua manifestazione (Il, 261 sg.). _ d) Ulteriori approfondimenti della concezione delramicizia si trovano nell'Etica Nicomachea di Aristotele, il quale, più ohe la platonica tensione trascendente dell'amicizia, rileva gli aspetti più squisitamente umani. Particolarmente interessanti sono le fini analisi dello Stagirita concernenti le diverse specie di amicizia, su cui cfr. Il, 509 sgg. _ e) Grande importanza l'amicizia assume nell'ambito del Giardino di Epicuro, sia a livello teoretico, sia a Hvello pratico. ·La philia epicurea è un Hbero legame che insieme unisce coloro che sentono, pensano e vivono in modo eguale, e, come tale, è il bene più grande procurato dalla saggezza. L'amicizia, dapprima, si contrae come mezzo per raggiungere fini ulteriori (vantaggi, ossia piaceri), ma poi, una volta nata, diviene essa stessa piacere e quindi fine (III, 261 sgg.). AMICUS PLATO, sed magis amica veritas ~ un detto che esprime un pensiero divenuto proverbiale e spesso citato nei casi in cui si vuoi dire che la verità vale sempre più dei rapporti, per quanto stretti essi siano, con le persone. Ecco il testo
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AMICIZIA/ ANALOGIA
originario: « [ ... ] forse è meglio fare oggetto di indagine il bene universale e discutere a fondo quale significato ha, anche se tale ricerca è sgradevole per il fatto che sono amici nostri gli uomini che hanno introdotto la dottrina delle Idee. Ma si può certamente ritenere più opportuno, anzi doveroso, almeno per la salvaguardia della verità, lasciar perdere i sentimenti personali, soprattutto quando si è filosofi: infatti, pur essendoci cari entrambi, è sacro dovere onorare di più la verità» (Aristotele, Etica Nicomachea, A 6, 1096 a 11-17). AMORE, dr. Eros. AMOR FATI Questa espressione, resa famosa soprattutto da Nietzsche, esprime, in modo perfetto, ~·essenza della libertà secondo la Stoa, che consiste appunto nell'accettare, anzi nel volere i voleri del Fato, come spieghiamo in III, 375 sgg.
A N A I D E I A (à.va!liELa) Indica la libertà di azione senza restrizioni e addirittura spinta anche ai limiti dell'impudenza, proolamata ed attuata dai Cinici, con l'intento di dimostrare la mera convenzionalità e, quindi, la non naturalità dei costumi e delle regole del vivere dei Greci. (Cfr. testi ed approfondimenti in III, 30 sgg.; e IV, 229). A N A L I T I C A (à.vaÀ.u"t"LXTJ btLCT"t"TJI..LT)) Aristotele designa con questo termine quella che, più tardi, viene detta logica, o, almeno, la parte principale di essa. Analitica indica, precisamente, il metodo con cui, muovendo da una data conclusione, la si risolve, appunto analizzandola, negli elementi da cui scaturisce, ossia nelle premesse da cui deriva, evidenziando in tal modo i nessi che legano queste a quella. L'analitica coincide fondamentalmente con la sillogistica, su cui cfr. II, 543 sgg.; 554 sgg. Di qui i titoli Analitici primi e Analitici secondi dei trattati che studiano il sillogismo in generale e il sillogismo scientifico. A N A L O G .I A (à.vaÀ.oy(a) Il termine indica, in senso stretto, l'identità di rapporti propria delle proporzioni, come ad esempio a sta a b come c sta a d. Uno sfruttamento speculativo della analogia si ha con Aristotele, che di essa si avvale, con piena consapevolezza, per sfuggire sia ruJ. monismo eleatico, sia al deduzionismo accademico di carattere pitagoreggiante. Dell'analogia Aristotele si avvale, infatti, per caratterizzare le cause e i principi, i quali sono in parte diversi e in parte identici per tutte
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
le cose: sono numericamente e specificamente diversi, ma sono identici come funzione nelle diverse cose. L'analogicità dei principi consiste, dunque, in questa identità di funzione. - Anche l'atto e la potenza sono concetti analogici nel senso ora indicato (cfr. Metafisica, A 4-5). _ Di tipo analogico, anche se non è espressamente usato questo termine, è anche la concezione aristotelica dell'Essere come polivoco. Infatti, i molti significati dell'Essere non sono meri omenimi, perché indicano tutti un comune riferimento e un comune rapporto con un significato principale che è quello della sostanza. L'analogicità dell'essere consiste, dunque, ned comune riferimento dei molteplici significati al signi,ficato principale (cfr. Essere). _ Nella logica stoica è uno dei modi in cui &i realizza il processo della inferenza (cfr. il testo di Sesto Empirico che riportiamo in III, 334 ).
A N A M N ES I (àv«4t'V'J')at.ç) Con questo ter.mine, che significa ricordo e remtmscenza, Platone indica la genesi e il fondamento della conoscenza. L'anamnesi platonica è qualcosa di assai più profondo del mero ricordo empirico. Essa potrebbe chiamarsi memoria metafisica, in quanto implica una comunanza strutturale dell'anima umana col mondo me/empirico e una visione originaria del medesimo, che nelle reincarnazioni periodiche dell'anima si attenuano, si obnubiJano, ma non si cancellano mai, e, quindi, riemergono (e in questo senso appunto si parla di « ricordo »). La teoria della reminiscenza, lungi dal ridursi ad un mito, esprime, in realtà, la prima concezione occidentale dell'a-priori (cfr. testi e discussione in II, 187 sgg.). _ Plotino, riprendendo il concetto, intenpreta l'anamnesi come quel dpo di ricordo che conserva perennemente neLl'anima ciò che all'anima (in quanto realtà soprasensibile) è connaturato, e che le deriva dal suo originario e strutturale aggancio alle ipostasi superiori (IV, 585). Diversamente dalla memoria, l'anamnesi non è legata alla dimensione temporale (IV, 584 sg.). In questo senso ~·anamnesi resta operante anche in tutta la tradizione neoplatonica. _ La più completa analisi dell'anamnesi platonica si trova in: C.E. Huber, Anamnesis bei Flato, Miioohen 1964. A N A N K E (àvayxTJ) Nella terminologia di Parmenide è la « necessità inflessibile » che tiene legato l'essere nelle catene del limite, determinando cosl la sua assolutezza e perfezione (I, 124). È da rilevare che tutta l'ontologia greca rimane, in qualche modo, condizionata da questa concezione panmenidea. Solo in apparenza .il clinamen epicureo (cfr. Declinazione) rompe la concezione dell'essere come necessità, essendo, più che
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ANAMNESI/ ANIMALE
non libertà, mera casualità. Cfr. anche la voce Heimarmene. La stessa «processione» di Plotino (il quale peraltro fa coincidere l'assoluto con la Hbertà) è posta sotto il segno della necessità. Solo con Filone, ma per influssi b~blici, la realtà viene concepita come « grazia » o «dono», e quindi l'essere viene rposto rotto il segno deUa Hbertà. _ Per un'analisi approfondita del signi,ficato di questo termine e del relativo concetto, cfr.: H. Schreckenberg, Ananke, Untersuchungen zur Geschichte des Wortgebrauchs, Miinohen 1964. A N A P O D I T T I C O (àva:rt61ìELx-tot;)
Si dice di ciò che non è ulteriormente dimostrabile, o, meglio, di ciò che non ha bisogno di ulteriore dimostrazione, essendo già di per sé evidente. Anarpodittici sono detti dagli Stoici ,i cinque schemi fondamentali di deduzione che sono di per sé evidenti e ai quali possono essere ridotti tutti i ragionamenti. Questi 5ehemi di ragionamento sono sillogismi ipotetici e disgiuntivi elementari, perfetti ed evidenti (se ne 'veda l'esposizione e le relative esemplificazioni in III, 343 sgg.). _ È da rilevare che anapodittiche, per Aristotele, possono ·essere solo le premesse, mentre il .silJogismo implica sempre inferenza e mediazione, e, quindi, dimostrazione. ANDREI A, dr. Fortezza. A N GEL l (fi:yyEÀ.oL) Sono enti incorporei ed intelligenti e sono cosl denominati per la Joro funzione di mediazione e di messaggeri fra Dio e gli uomini. (Anghelos vuoi dire, appunto, messaggero). Introdotti nella l'ifiessione filosofico-teologica da Filone di Alessandria, che li desunse dalla teologia b~blica, furono poi accolti, accanto ai Demoni ed agli Eroi (cfr. voci), anche dagli uJtimi Neoplatonici. In Hlone, però, gli Angeli sono creati, mentre nei Neoplatonici si inseriscono come momenti della processione dall'Uno, e quindi sono eterni come è eterna la processione (IV, 292 sg.). A N I MA, dr. Psyché.
ANIMA DEL MONDO, dr. Psyché. ANIMALE (l;@ov) In senso generale, H termine indica il vivente, ossia ciò che è dotato di vita e, dunque, di anima (zoé e psyché coincidono, almeno nella loro accezione fondamentale). Per i Greci, il concetto di animale-vivente tende ad estendersi quanto quello di realtà e di essere: cfr. voci Hozoismo e Pampsichismo.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ANIMALE POLITICO (1toÌ..~"t'~xòv ~(ilov) È una delile celebri definizioni date da Aristotele dell'uomo (Politica, A 2, 1253 a 3 sgg.; r 6, 1278 b 19), sul cui significato cfr. II, )23 sgg. AN I MALE
RAZIONA L E
(~(ilov lmcr"t'i)~T}c;
SEX"t'~x6v, ~(ilo~
ì..oy~x6v)
È una delle più celebri definizioni dell'uomo date dalla filosofia antica. Già nelle Definizioni attribuite a Platone si legge: « L'uomo è un animale implume, bipede, con le unghie piat·te, ed è il solo degli esseri capace di conoscenza razionale» (415 a). La stessa definizione si trova anche in Aristotele: «l'uomo è essere vivente capace di conoscenza » (Topici, E 2, 130 b 8 e altrove); «l'uomo è H solo degli animali che abbia la ragione» (Politica, A 2, 1253 a 9 sg.). Lo stesso ripetono gli Stoici; dr. von Arnim, S.V.P., II, frr. 879; 1012; m, fr. 184. Riferendosi probabilmente ad Aristotele, Sesto Empirico scrive: « l'uomo è un animale ragionevole, mortale, capace d'intelligenza e di scienza » (Schizzi pirroniani, II, 26 ).
A N O M AL I A (à:v~a.ì..ta.) Indica lo stato di disordine in cui, secondo lo scetticismo (soprattutto nella formulazione data da Enesidemo ), si trova l'essere e che comporta il dubbio e l'epoché come necessaria conseguenza (IV, 156. sgg.). A N T H R O P O S (dvilpw1toc;) In generale significa uomo (cfr. voce). _ In senso particolare, nella complessa gerarchia ipostatica della filosofia ermetica, indica l'Uomo incorporeo, derivato da Dio e immagine di Dio. Esso costituisce i,l terzogenito del Dio supremo, ed occupa il penultimo posto della gerarchia (IV, 438).
ANT ICI P AZIONE, dr. Prolessi. ANTIEDONISMO È l'atteggiamento che, in etica, svaluta radicalmente il piacere, o privilegiando i valori soprasensibHi e spirituali, o, comunque, quelli più squisitamente razionali. _ È caratteristico della prima e della seconda fase del pensiero platonico, corrispondente al periodo mistico, ohe trova espressione soprattutto nel Gorgia, nel Pedone e nella Repubblica (II, 252 sgg.). Nell'uhima fase, in particolare nelle Leggi e nel Pilebo, :Alatone tempera, ma con estrema cautela, il suo rigorismo antiedonistico (Il, 255 sgg.). _ Nell'etica dei Cinici l'antiedonismo
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ANIMALE POLITICO/ ANTINOMIA
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raggiunge la sua formulazione più radicale, già a partire da Antistene (1, 397 sg.). Il piacere, rendendo l'uomo schiavo di ciò .che lo produce, compromette irreparabilmente la libertà e l'autarchia deL saggio (l, 397; III, 33 sg.; 43; IV, 223 sg.). - Una componente antiedonistica è presente anche negli Stoici, almeno neùJa misura in cui essi avversano l'edonismo epicureo (III, 423 sgg.). _ Una marcata influenza dell'antiedonismo cinico si riscontra in Filone di Alessan-dria (IV, 305). _ Un atteggiamento nettamente antiedonistico è pre-supposto anche dalla mistica neoplatonica. A N T I L O G I A (àv·n).oyCa) In 5enso generale il termine significa contraddizione. In sensoparticolare indica la tecnica che, secondo Protagora, permette di addurre in maniera metodica argomenti pro e argomenti contro su ogni questione, fino al punto di saper rendere più forte l'argomento più. debole (1, 232 sgg.). ANTIMETAFISICO È un termine che designa soprattutto quell'atteggiamento del pensiero filosofico moderno e contemporaneo, il quale contesta la validità di ogni tentativo di valicare i limiti dell'esperienza e, quindi, di: offrire una visione dell'intero, e, più ancora, di operare una inferenza metempirica. - Se si intende la metafisica come ontologia in senso lato, si può dire che, nell'antichità, non vi siano stati pensatori antimetafisici, perché tutti aspirano ad una precisa visione dell'intero e dell'essere (compresi, in un certo senso, alcuni degli Scettici anche se questi giungono ad un esito negativo); cfr. III, 474 sgg.; IV, 151212, soprattutto pp. 196 sgg. - Se per metafisica si intende, invece, in senso stretto, l'inferenza metempirica e il tentativo di trascendere il mondo fisico, allora si possono dire antimetafisici: a) i Sofisti, b) alcuni Socratici minori, c) tutte le filosofie dell'età eHenistica, d) alcuni Scettici, in particolare gli Scettici empirici. - Ma, in ogni caso,_ è da rilevare che la vera mentalità anti-metafisica sorge solo dopo la scoperta delle scienze e il conseguente tentativo di applicare la mentalità scientifica alla filosofia, nonohé col prassismo marxiano e postmarxiano. A N T I N O M I A (àv-rwo!J.Ca) È un termine greco che significa opposizione fra due leggi, dive-
nuto, però, tecnico solo in età moderna, per indicare una contraddizione strutturale. Gli antichi usavano, per indicare questo concetto,. i termini aporia, opposizione, contrarietà e contraddizione.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
A N T I R RH ES I S (tiv-.tppTJcnc;) È il termine che designa la tecnica della confutazione adottata .dagli Scettici. Lo scopo cui mira l' antirrhesis è quello di distruggere 1 ragionamenti dei dogmatici (cfr. voce), evidenziando la loro insosten~bilità, e in particolare dimostrando «l'uguale peso» dei ragionamenti contraddittori, al fine di indurre alla sospensione del giudizio :(IV, 206). Sesto Empirico ne fece un uso amplissimo, sistematicamente impiegandola per invalidare tutto il complesso delJe argomentazioni proprie delle tre branche tradizionali (logica, fisica ed etica) della filo·sofia (IV, 207 sg.).
ANTROPOCENTRISMO È quella concezione secondo cui l'uomo è in qualche modo al .centro dell'universo, e secondo cui tutte le cose che sono nel mondo fisico sono in funzione dell'uomo. È questa una concezione che è alla base del messaggio biblico, ma non della filosofia greca considerata nel suo complesso. La si trova, però, a guisa di eccezione, anche :se non adeguatamente fondata, in Socrate (1, 340 sgg.), e, in modo isolato, in Aristotele, Politica, A 8, 1256 h 16 sgg.: « [ ... ] le piante esistono in vista degli animali e gli altri animali in vista deH'uomo, gli animali domestici in quanto servono all'uso e al nutrimento ·e i selvatici, se non tutti, almeno per la maggior parte, in quanto servono a fornire cibo e ad altri usi, come materiale per vesti ed altri strumenti. Se dunque •la natura non fa nulla di inutile né di imperfetto, è necessario che essa abbia .fatto queste cose in vista deùl'uomo ». L'antropocentrismo è, infine, presente nella Stoa, su cui cfr. III, 381. - La cifra delJa filosofia greca resta, però, prevalentemente .cosmocentrica e, nell'ultima fase, teocentrica. In effetti l'antropo.centrismo, per essere .fondato, suppone il guadagno del teorema biblico della creazione ed alcuni coroMari ad esso strutturalmente legati. Una affermazione di Platone è, a questo riguardo, assai illuminante: « L'universo non esiste per -te, ma tu per esso» (Leggi, x, 903 c).
ANTROPOFAGIA L'antropofagia, che consiste nel mangiare carne umana, è ammessa dai Cinici, per le motivazioni di cui diciamo in III, 32. Anohe -gli Stoici la ammettono, per influsso dei Cinici. Ecco due frammenti particolarmente eloquenti (von Arnim, S.V.F., m, frr. 748 e 752): « [ ... ] Infatti stimano conveniente mangiare non solo i morti, ma anche le proprie carni, se mai capiti che qualche parte del corpo si sia staccata. Nel libro Sulla giustizia questo dice Crisippo: " E se si ·stacchi qualche parte delle membra utile come cibo non seppellirla,
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ANTIRRHESIS/ ANTROPOMORFISMO
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non buttarla altrove, ma consumala, affinché torni ad essere un'altra parte delle nostre membra"» (748). «Morti i genitori bisogna usare il più semplice dei sistemi di sepoltura, come se il corpo, a guisa di una unghia o dei capelli, non abbia per noi alcuna importanza, e noi non abbisognassimo di una tale attenzione e cura. Perciò anche, se le carni sono buone a mangiarsi, ci si ciberà di esse, come anche delle proprie membra; ad esempio se ci si stacchi un piede conviene servirsi di esso come cibo e cosl via. Se invece non sono buone a mangiarsi, o interrandole si fa loro una tomba o bruciandole se ne disperderà la cenere, o buttandole via non se ne terrà alcun conto, come se fossero un'unghia o dei capelli » (752). ANTROPOGONIA Con questo termine si designa solitamente la spiegazione dell'origine del genere umano a livello mitologico, ossia a livello prevalentemente fantastico (cosl come la teogonia è la spiegazione mitologica dell'origine degli Dei e la cosmogonia è la spiegazione mitologica dell'origine del cosmo). Si vedano, ad esempio, l'antropogonia orfica in I, Appendice I, e queLla ermetica del Poimandres in IV, 438 sg. Non possono considerai'Si antropogonie in questo senso (o possono essere considerate tali solo in parte) quella platonica del Timeo (cfr. II, 176 sgg.) o quella di Filone (IV, 294 sgg.), nella misura in cui esse cercano di affrancarsi dall'elemento fantastico-poetico. ANTROPOLOGIA Con questo termine si indica comunemente, in filosofia, la dottrina intesa a spiegare la natura dell'uomo. Essa risulta strettamente legata, almeno nell'ambito del ·pensiero antico, sia ai problemi cosmoontologici, sia a quelli metafisici, ·sia a quelli gnoseologici e costituisce la necessaria premessa dell'etica. È evidente che, in senso lato, può essere considerata antropologia anche gran parte dell'etica, nella misura in cui essa ha come oggetto di studio il fine che di di1'itt01 compete all'uomo e i modi e i mezzi necessari per raggiungerlo (ofr. Uomo). ANTROPOMORFISMO Si intende con questo termine quel particolare tipo di rappresentazione che l'uomo tende a dare di tutte le cose a propria immagine e somiglianza. Una delle forme più tipiche dell'antropomorfismo è quella che si manifesta in ambito teologico, specialmente in quella forma che viene espressa nei poemi di Omero e di Esiodo, in cui la attribuzione agli Dei di figure, costumi, attività e attributi umani as-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETII
sume modi veramente paradigmatici. - Un tentativo di de-antropomorfizzare la concezione del Divino è già i•n atto a partire dal primo filosofo, ossia da Talete. A livello tematico esso emerge in Senofane, il qulllle denuncia con sorprendente chiarezza questo errore (1, 111 sgg. ). - I filosofi posteriori, sia in età classica sia in età eLlenistica, sviluppano questa critica concordemente, ad eccezione di Epicuro e dei seguaci della filosofia del Giardino, che tornano a concepire gli Dei come una sorta di uomini ingranditi (III, 225 sgg.). _ La successiva filosofia, per contro, non segue Epicuro, ma elabora un concetto di Dio ancor più deantropomorfizzato, non solo con Filone che si ispira alla Bibbia (IV, 271 sgg.), ma anche con tutte ae correnti del pensiero dell'età imperiale che si rifanno al platonismo, e, in particolare, con Plotino e con il neoplatonismo (dr. IV, passim). La concezione dehl'Assoluto come infinito, in-determinabile e ineffabile, rappresenta, in un certo senso, il momento culminante di questa tendenza. APAT l A
(à:7tli&E~a)
Il termine significa impassibilità, nel senso di assenza di passione e costituisce, con diverse sfumature, l'ideale morale degli Stoici, dei Cinici, dei Megarici più radicali e di Pirrone, ossia di quasi tutta la filosofia dell'età ellenistica. _ a) Per gli Stoici indica la radicale eliminazione delle passioni, intese come i mali dell'anima da cui dipende la sua infelicità. Le passioni sono sradicabili dahl'anima, perché coincidono con giudizi errati, o perché sono conseguenza dei medesimi. Il retto giudizio _ e dunque la conoscenza _ elimina le passioni e rende felice l'uomo (III, 423 sgg.). _ b) Per i Cinici l'apatia si colora del significato di indifferenza di fronte a tutte le cose che gli uomini tengono in pregio (III, 34 sgg.). _c) Per il megarico Stilpone l'apatia assume il significato di capacità di non sentire neppure i bisogni e si fonda sulla matrice eleatica della sua ontologia (III, 76 sg.). - d) In Pirrone l'apatia assume il significato più radicale di totale insensibilità (ne sentire quidem), in uno stato che si raggiunge «spogliando completamente l'uomo» (III, 490 sgg.). (All'apatia _ si noti - alcuni Accademici, i Peripatetici e wi stessi ultimi Scettici contrappongono la metriopatia; cfr. voce). _ L'immagine del saggio che può essere felice anche tra i più atroci tormenti (ad esempio nel toro infuocato di Falaride), simboleggia sostanzialmente questo ideale dell'apatia, che è una delle cifre che contraddistinguono, come si è detto, il pensiero dell'età ellenistica. (E però da rilevare che, in genere, anche nell'età classica, i filosofi greci hanno considerato le passioni e le emozioni in modo prevalentemente negativo, a
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APATIA/ APEIRON
motivo dell'inte1lettualismo impresso aLl'etica da Socrate, e rimasto poi una costante). A P E I R O N (Chmpov) Il termine significa infinito, illimitato, indefinito, indeterminato, ossia non-finito nel senso della quantità ed anche indeterminato nel senso della qualità. Il concetto di lzpeiron gioca un ruolo importante a vari Hvelli nella antologia e nella metafisica greca, anche se, inteso nel modo indicato, assume un ruolo prevalentemente negativo. Solo molto tardi la speculazione filosofica guadagna un concetto di infinito positivo, ossia di infinito come potenza e forza inesauribile. l) Nell'ambito dei Fisici, già Anassimandro qualifica come apeiron il principio primo, proprio nei due sensi di indeterminato e di illimitato (1, 59 sgg.). _ Anche Anassimene caratterizza come infinito i.l suo prindpio, ma lo concepisce come aria, e quindi mantiene dell'infinito prevalentemente la valenza di illimitato (I, 67). _ Correggendo Parmenide che aveva proclamato la perfezione e la assolutezza del finito, Melissa dimostra la necessità di intendere l'EssereUno-Tutto come infinito (I, 143 sg.). _ Infinita è anche la Intelligenza di Anassagora (I, 167 sgg.). _ Infiniti, almeno numericamente, sono gli atomi di Leucippo e Democrito (I, 171-181). 2) Nei Pitagorici l'apeiron è, insieme al suo opposto, il limite (peras), un costitutivo dei numeri, i quali nascono appunto dalla determinazione dell'illimite da parte del limite (I, 93 sg.). 3) In Platone il concetto di apeiron viene r~preso soprattutto nel Filebo: apeiron e peras sono costitutivi non solo dei Numeri, ma di tutte le cose e tutta la realtà è quindi un « misto» di apeiron e peras (II, 145 sgg.). Si veda anche il ruolo dell'apeiron nelle « dottrine non scritte» di Platone, di cui diciamo in II, 148 sg. Con Platone apeiron diviene il carattere dell'elemento materiale, sia della materia intelligibile, che è appunto una realtà intelligibile indeterminata (cfr. Diade), sia della chora, che è una realtà sensibile indeterminata. 4) Il concetto di infinito assume una puntuale calibrazione nella Fisica di Aristotele, dove lo Stagirita (riferendosi esclusivamente alla realtà corporea, ed anzi alda sola categoria della quantità) nega che possa esserci un infinito in atto _ cioè un corpo infinito _ e ammette solo la possibi.lità di un infinito in potenza (II, 462 sg.). 5) Negli Epicurei è fatto valere soprattutto il concetto di infinitudine dello spazio, degli atomi e dei mondi (III, 197 sg.; 202; 210 sgg.). 6) Negli Stoici il mondo è finito, mentre è infinito il vuoto circostante, e dunque anche l'universo che è l'insieme del mondo e del vuoto circostante (cfr. III, 380). 7) In Plotino l'apeiron assume una connotazione positiva, indicando l'inesauribile potenza e
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ricchezza dell'Uno (IV, 511 sgg.). 8) Da segnalare è, infine, la ripresa da parte di Proclo della concezione platonica del Filebo, che fa dell'hllimitato uno dei due elementi costitutivi di tutta la realtà, con la cosiddetta Jegge del ternario, secondo cui tutte le realtà sono costituite dall'apeiron e dal peras e sono, quindi, una mescolanza di questi (IV, 680 sg.). _ Si veda, sull'argomento, il volume ormai classico di R. Mondolfo, L'infinito nel pensiero dell'antichità classica, Firenze 1956. A P O C A T A S T A S I ( à-rtoxa,;acr,;acnç) Il termine significa ricostituzione o ristabilimento. In senso tecnico indica la dottrina secondo cui, nei diversi cicli cosmici, tutto torna a ricostituirsi ciclicamente ristabilendosi nei medesimi stati precedenti (cfr. von Arnim, S.V.P., n, frr. 623-632). Si legga, in particolare, il frammento di Nemesio che riportiamo in III, 382 sg. APO D I T T ICO
(à-rtoSE~x,;~x6ç)
Il termine significa dimostrativo, da apodeixis, che vuole dire dimostrazione (cfr. voce). A P O FA N T I C O ( à-rtocpav,;~xòç Myoç) È cosi chiamato da Aristotele quel discorso che afferma o nega qualcosa di qua/cos'altro. Il discorso apofantico è quindi quel discorso cui si connettono il vero e i.l falso. (Invocazione, preghiera, minaccia, non sono costituiti di giudizi apofantici). Il discorso apofantico è l'oggetto della logica (gli altri tipi di discorso costituiscono l'oggetto di altri tipi di indagine, come la retorica, la poetica, ecc.) (II, 552). A P O FA S I , A P O FA T I C O ( à-rt6cpacr~ç. à-rtocpa,;~x6ç) l) Ap6fasi è la negazione; apof!ztico è il giudizio negativo, il quale disgiunge un predicato da un soggetto (Il, 552). - 2) Teologia apofatica o negativa è stata detta quella teologia che, ponendo Dio come assolutamente trascendente, lo considera, di conseguenza, inconoscibile ed ineffabile (cfr. Inconoscibile e Ineffabile). Secondo questo tipo di teologia, di Dio si può dire ciò che non è, piuttosto che ciò che è. Di Dio si devono, quindi, negare tutti quegli attributi che appartengono a ciò che da Lui è prodotto e da Lui dipende. La teologia negativa ha le sue origini in Filone Ebreo (IV, 277 sg.) e in parte anche nel medioplatonismo e nel neopitagorismo, mentre il sistematico sviluppo di essa è operato soprattutto dal neoplatonismo.
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APOCATASTASI/APPARENZA
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A p o I o s (li7tOLOç) Significa senza qualità. l) Negli Stoici indica una caratteristica peculiare della materia (III, 355), che è sostanza senza qualità (apoios ousia), non in quanto essa sussista assolutamente scevra di qualità, ma in quanto le può possedere tutte (dr. von Arnim, S.V.P., I, fr. 85; n, frr. 300; 301; 318). 2) In Filone di Alessandria è una nota deLla natura divina, che sta a significare da assoluta trascendenza di Dio, rispetto a tutte .Ie possibili determinazioni qualitatirve (IV, 276).
APOLIDISMO Consiste nel non sentirsi o nel non ritenere di essere cittadino di alcuno Stato particolare. È l'aspetto, per cosl dire, negativo del cosmopolitismo, i cui germi sono già presenti in alcuni Sofisti (1, 226 sg.) e in alcuni Socratici minori (1, 416 sg.), ma che trova la sua più piena espressione con punte esasperate soprattutto nel cinismo (III, 36; cfr. Cosmopolitismo). A P O N I A (à.7tov(a.)
Significa assenza di dolore e di pena, il non soffrire nel corpo e nell'anima. Nel contesto del pensiero epicureo l'aponia coincide con il piacere catastematico, ossia con il piacere in quiete che si oppone al piacere in movimento, cui è sempre connesso il turbamento e quindi il dolore. L'aponia, dunque, per Epicuro, si identifica con lo stato più puro e con il culmine del piacere come mostriamo in III, 243 sgg. APORIA, dr. Dubbio. A-POSTERI OR I Indica ciò che è dipendente dall'esperienza e che, quindi, segue ad essa. È il contrario di a-priori fcfr. voce). APPARENZA Con questo tel'mine si possono rendere numerosi tel'mini greci, da òoxEi:v a ò6!;a., da q>a.ivE<Tita.L a q>a.w6!J.Evov. La stessa ELxa.
l'essere. l) La prima posizione, sia pure formulata in maniera diversa, è propria a) dei Presocratici e b)
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
di Platone e della tradizione platonica. _ a) Nell'ambito dei P.resocratici, i'l contrasto fra apparire ed essere raggiunge la punta estrema nell'eleatismo (cf.r. I, 120·sgg.; 146 sgg.). _b) Platone non solo ribadisce ma porta alle estreme conseguenze il discorso eleatico: cfr. soprattutto il Pedone, 99 d sgg.; cfr. anche quanto diciamo in II, 197 sgg. Tutta la tradizione platonica è sulla linea del maestro (cfr. IV passim). 2) La seconda posizione è tipica a) di Aristotele e dei suoi seguaci, e b), in altra forma, degli Epicurei. _ a) Anche in Aristotele, per la verità, si trova la contrapposizione fenomeno-realtà; ma si t·rova anche, ed è quelJa predominante, la convinzione che i·l fenomeno non sia in contrasto col vero e che, quindi, la speculazione filosofica non debba propriamente essere un ·sovvertimento delil'apparire, ma piuttosto una giustificazione di esso (cfr. Metafisica, A 5, 986 b 31; A 8, passim). _ b) Èpicuro costituisce forse l'esempio a tutto tondo che illustra questa posizione, come dimostra la sua dottrina della sensazione (cfr. III, 179 sgg. ). 3) La terza posizione è propria, almeno secondo le più recenti interpretazioni, dello scetticismo pirroniano. A questo proposito si veda la voce Fenomeno. APPETITO, APPETIZIONE (optl;~c;) È, secondo Aristotele, la causa del movimento negli animali. Ecco una pagina paradigmatica a questo riguardo, stralciata dal trattato Sull'anima, r 10, 433 a 9 sgg.: «Ad ogni modo appare che due sono i principi del movimento, o l'appetito o l'intelletto, se però consideriamo l'immaginazione come una specie di intellezione e, in effetti, spesso molti uomini, tralasciata la scienza, seguono le immaginazioni e negli altri animai! non c'è intellezione né ragionamento, ma solo immaginazione. Entrambi questi, dunque, possono produrre il movimento locale, intehletto e appetito: l'intelletto, quello cioè che ragiona in vista di uno scopo, è quindi inteNetto pratico: esso si differenzia per il fine dal teoretico. L'appetito, a sua volta, ha sempre di vista uno scopo, perché ciò di cui si ha appetito è, proprio per questo, principio dell'intelletto pratico e quel che è l'ultimo è il principio dell'azione. Di conseguenza, appare ragionevole che questi due siano i principi del movimento, appetito e pensiero pratico, giacché l'appet~bile muove, e la ragione in tanto muove in quanto suo principio è l'appetibile. Anche l'immaginazione, quando muove, non muove senza l'appetito. Uno solo, dunque, è il motore primo, la facoltà appetitiva: se fossero due a muovere, intelletto e appetito, muoverebbero in virtù di un carattere: ora, come si vede, l'intelletto non muove senza l'appetito (in realtà la volizione è una forma di appetito, e quando ci si muove, seguendo un ragionamen-
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APPETITO/ARAZIONALE
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to, ci si muove anche seguendo 1la volizione). L'appetito muove anche contro il ragionamento, perché il desiderio è una specie di appetito. L'intelletto è sempre retto; l'appetito, invece, e l'immaginazione possono essere retti e non retti. Pertanto, quel che muove è sempre l'appetibile, ma questo può essere un bene reale o un bene apparente, non però un bene qualunque, ma sempre un bene. Bene pratico è quello che ammette di essere anche altrimenti. Che dunque è siffatta facoltà dell'anima chiamata appetito a produrre hl movimento, è evidente ». A P P RE N SI O N E , dr. Catalettica, rappresentazione. A-PRIORI Significa indipendente dall'esperienza. Il suo contrario è a-posteriori. Questi termini sono legati soprattutto, almeno nella loro accezione tecnica, alla problematica kantiana. La cosiddetta « scuola di Marburgo », interpretando il pensiero di Platone in senso neokantiano, ~i ha attribuito la prima scoperta occidentale dell'a priori. A nostro avviso si può senza dubbio attribuire a Platone tale scoperta, ma non in senso kantiano o neokantiano. L'anamnesi platonica indica, infatti, una originaria visione delle Idee indipendentemente dalla esperienza sensoriale. Si tratta, però, di una visione che non si risolve nella semplice struttura del pensiero (come nel kantismo), giacché è visione dell'oggetto assoluto, ~a quale è costitutiva della natura stessa dell'anima (II, 196 sg.; cfr. Anamnesi). APROCESSUAL.ITA ~ una delle note più tipiche dell'essere eleatico, che esclude qualsiasi forma di scorrimento, compresa quella del tempo. L'essere eleatico è l'assolutamente immobile. Cfr. quanto diciamo in I, 122 sgg.; 134 · sgg.; 143 sg. ARAZIONALE (liÀ.oyoç) Arazionale o alogico significa qualcosa che è privo di ragione e di razionalità. Arazionali sono, quindi, quelle forze dell'anima che non si lasciano ridurre alla ragione, e che, in qualche modo, ad essa si contrappongono. Paradigmatiche, a questo riguardo, sono le analisi platoniche sulle due parti inferiori dell'anima (II, 302 sgg.). Arazionali sono gli istinti, gli impulsi e le passioni. Gli Stoici considerano le passioni addirittura come un errore di giudizio o come ciò che consegue a tale errore (III, 423 sgg.). In generale, quasi tutto il pensiero greco (sia arcaico, sia classico, sia ellenistico) costituisce un massiccio tentativo di risolvere l'arazionale nel razionale, o comun-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
que di porre interamente sotto il controllo del Logos ciò che è alogico. La valorizzazione della « divina mania » dell'Eros da parte di Platone non è che l'eccezione che conferma la regola. _ Solo nell'età imperiale l'arazionale fa irruzione nella filosofia ed alcune correnti del tardo neoplatonismo finiscono, addirittura, coll'indicare nelle pratiche teurgiche, di carattere magico e quindi del tutto arazionale, il coronamento della filosofia e nella virtù teurgica la più alta delle virtù. Anche l'estasi plotiniana è intesa come qualcosa di arazionale, in quanto è una unio mystica con l'Assoluto, che si realizza in una forma di esperienza spirituale che trascende la ragione (IV, 603 sgg.). _ Da ricordare, a questo riguardo, anche la posizione di Filone, che, con la valorizzazione della fede (oltre ohe con la sua dottrina del.l'estasi), introduce una problematica destinata a rompere il precedente razionalismo greco (IV, 299 sgg.). _ Si veda, sulJa presenza dell'irraziona•le nei Greci, il volume, molto stimolante, anche se spesso unilaterale, di E. Dodds, The Greeks and the Irrational, Berkeley-Los Angeles 1951; trad. it. di V. Vacca de Bosis, Firenze 1959.
ARBITRI O, L ibero, dr. Libertà. ARCHE (àpxl]) È termine forse introdotto già da Anassimandro per indicare il Principio, ossia la realtà prima ed ultima dehle cose. Per le molteplici determinazioni concettuali dell'Arché (cominciamento, ciò che tutto regge e governa, ciò da cui tutto deriva e in cui tutto si risolve) e per le sue determinazioni storiche, cfr. I, 54 sg.; 59 sgg.; 67 sgg.; 77 sgg.; 90 sgg. e, in generale, l'intera trattazione sui Fisici presocratici. ARE T E (àpE""t"TJ) È questo un termine ohe indica uno di quei concetti squisitamente greci, assai difficile da recuperare nella originale valenza per il lettore moderno. La traduzione più comune è quella di virtù. Tuttavia l'areté greca ha poco a che vedere con la virtù di cui parlano la dot· trina cristiana, le etiche medievali e gran parte delle etiche moderne. La miglior definizione del significato greco di areté è forse quella che si ricava dai dialoghi"platonici, dai quali la riprende anche Aristotele. Nella Repubblica (I, 335 h sgg.; 353 h sgg.) Platone spiega che ogni cosa ha una sua attività specifica, ossia una attività che solo essa (o essa meglio di tutte le altre) può svolgere: per esempio, il coltello ha quella di tagliare, il cavallo quehla di correre, l'occhio quella di vedere, l'orecchio quella di udire, e cos} via. Ora, la virtù è ciò per cui ciascuna cosa disimpegna nel modo migliore l'attività che le è peculiare. Esiste, dunque, una vi-rtù del coltello (che è quella del tagliare
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ARBITRIO/ ARETt
bene), del cavallo (che è quella del correre bene), dell'occhio (che è quella del veder bene), dell'orecchio (che è quella dell'udir bene). La virtù delù'uomo è quindi non altro ohe un caso particolare (e se si vuole privilegiato) di quella virtii che hanno tutte le cose. L'uomo è virtuoso quando esplica bene e come si conviene quella attività che gli è peculiare, ossia la sua razionalità (cfr. anche Aristotele, Etica Nicomachea, A 7, 1097 h 22 sgg. e il testo riportato in II, 494 sg.). - Questa concezione è già espressa nella filosofia dei Sofisti, nella quale la virtù è fatta coincidere con l'abilità razionale quale si esplica, ad esempio, in Protagora nella tecnica antilogica {l, 234 sg.) o in• Gorgia nella retorica, ossia nella abilità deù saper persuadere (1, 251 sgg.). _ Ma la sua espressione più signiJicativa è quella che assume in Socrate con la celebre identificazione dell'areté con la scienza: l'uomo, per Socrate, è la sua anima e ciò che permette all'anima di essere come conviene che sia è appunto il sapere (1, 311 sgg.). Questa proposizione basilare dell'inteùlettualismo etico (cfr. voce) socratico condiziona l'intera storia del.I'etica greca. Anche la tesi socratica che la specifica virtù dell'uomo è la virtù dell'anima, rimane acqui-. sizione irreversihile nella filosofia antica. _ In Platone la tripartizione dell'anima comporta una prima sistemazione delle virtù; alla per-fetta attività che è peculiare di ciascuna parte dell'anima (concupiscibile, irascibile, razionale) corrisponde una speci.fica virtù ( temperanza, fortezza, sapienza), più una quarta virtù che è come l'armonia di queste: la giustizia (Il, 300 sgg.). _Ulteriori approfondimenti apporta Aristotele, pure .partendo dagli stessi presupposti. L'anima vegetativa ha una sua virtù (un suo buon funzionamento), ma non è tipica dell'uomo, giacché quest'anima è propria di tutti i viventi. Anche l'anima sensibile ha una sua virtù, che nel caso specifico dell'uomo con-· siste nella capacità di sottomettersi come si conviene alla ragione che impone la misura e il giusto mezzo (virtù etiche). E .poi v'è "la virtù ddl'anima razionaile: la virtù razionale o teoretica (Il, 499-507). - Anche nel contesto dei sistemi dell'età ellenistica la virtù resta strutturalmente legata alla conoscenza (III, 254 sgg.; 404-410). In particolare è da notare che per gli Stoici la virtù coincide con il logos armonizzato in modo perfetto, con l'azione perfetta, o kat6rthoma (III, 411 sgg.). - Neù•la speculazione neoplatonica, infine, la dottrina delle virtù subisce notevoli amplificazioni a cominciare già da Plotino · (IV, 593 sgg.). Porfirio distingue quattro livelli di virtù culminanti nelle virtù dello Spirito (IV, 634 sgg.), e gli ultimi Neoplatonici parlano di una virtù teurgica come culmine deùla gerarchia delle virtù
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
c( IV, 682 sg.). Ma questa virtù rischia di essere, ormai, la negazione -dell'antico razionalismo dei Greci (cfr. voce Teurgia).
ARGOMENTAZIONE, dr. Confutazione; Dialettica; Sillogismo. ARI A (à:/Jp) È il principio di tutte le cose secondo Anassimene (1, 67 sg.), Diogene di Apollonia (1, 190 sg.) ed Archelao di Atene (1, 195). È una delle quattro « radici» secondo Empedocle (l, 151 sg.). - È uno dei quattro elementi secondo Aristotele (Il, 464 ). _ L'aria come elemento che sta fra la terra e hl cielo, è considerata sede delle anime dopo Ja morte e dei Demoni dagli Stoici e da altri pensatori (cfr. ad esempio Posidonio, III, 457). ARISTOCRAZIA, dr. Governo, forme di. ARISTOTELISMO Si può parlare di due ben distinte fasi dell'aristotelismo nella antichità: l) una coincide con la storia della scuola stessa di Aristo.tele, vale a dire con la storia del Peripato; 2) l'altra con il ricupero -de:lla filosofia dello Stagirita da parte dei Neoplatonici, dopo la scomparsa dei Per1patetici. l) La storia del Peripato è molto meno varia di quella della Accademia. Già con Teofrasto, primo successore di Aristotele, predomina un interesse scientifico, che con Stratone diventa vero e proprio materialismo (III, 125-155). Inoltre, per volontà testamentaria di Teofrasto, gli scritti di Aristotele e di Teofrasto con tutta la biblioteca del Peripato furono ereditati da Neleo di Scepsi, che li portò in Asia, bsciando così la scuola priva del suo più prezioso patrimonio (IV, 13 sgg.). Nell'86 a.C., il Peripato fu poi saccheggiato da Silla (cfr. IV, 15, nota 5). Gli scritti aristotelici, dopo una lunga odissea (di cui diciamo in IV, 13 sgg.), vedono finalmen.te la luce, pubblicati in modo sistematico ad opera di Andronico nel ventennio successivo aUa morte di Cicerone. Nei primi due secoli ·dell'era cristiana l'aristotelismo rinasce e si diffonde soprattutto come lavoro di commento awi esoterici, il quale culmina nel ripensamento (sia pure parziale) di Alessandro di Af.rodisia (IV, 39-50). 2) Con l'avvento del neoplatonismo, ossia a partire dal III secolo d.C., l'a-· ristotelismo scompare come scuola autonoma, ma, già a partire da Porfirio e soprattutto con Giamblico e con i Neoplatonici della scuola di Atene e di Alessandria, rinasce come propedeutica al platonismo, .e gli scritti de1lo Stagirita vengono considerati come una sorta di « piccoli misteri » che hanno lo scopo di introdurre ai « grandi misteri » di Platone. I commentari pervenutici sono elencati nella Par·
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ARGOMENTAZIONE/ ASKESIS
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te II. Cfr. ivi, alla voce Peripatetici, il catalogo dei Peripatetici più noti e quello degli scolarchi. ARITMETICA, dr. Matematica. ARITMOLOGIA Con questo termine viene designato, da alcuni studiosi moderni, quel complesso di deduzioni (sconfinate largamente nel fantastico) circa le nascoste proprietà dei numeri e i rapporti di questi con le Divinità, che si ritrovano nei Pitagorici e nei Neopitagorici (I, 91; IV, 397 sgg.). Per meglio chiarire la caratteristica ascientifica o parascientifica dell'aritmologia, potremmo dire che essa sta alla aritmetica, così come ['astrologia sta all'astronomia e l'alchimia sta alla chimica. È un sinonimo di aritmosofia. ARI TMO SOFIA, dr. Aritmologia. A R M 0 N I A (ap!J.OV~a) È un concetto che esprime una vlSlone Uptcamente greca della realtà, ed ha valenze a) ontologico-cosmologiche, b) antropologico-psicologiche, c) etiche, d) musicali. _ a) Dal punto di vista ontologico, i:l concetto è già chiarissimo in Eraclito che interpreta la realtà come -«armonia
ART E, cfr. Téchne. A SCESI, dr. Askesis. A S K ES I S (iicrxTJatç) Significa, propriamente, eserctzto. È un concetto fondamentale soprattutto nel' cinismo e nei pensatori influenzati dal cinismo. L'esercizio, per i Cinici, consiste in una pratica di vita atta a temperare sia il corpo, sia l'anima, alle fatiche imposte dalla natura. Esso è, quin-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETII
di, fondamento della virtù e della possibilità di raggiungere la felicità (III, 33 sg.). - Cosi, anche nel neostoico Musonio Rufo, che subl profondamente l'influenza cinica, l'esercizio è l'essenza della virtù (IV, 100 sgg.). A SO M A T O S, cfr. Incorporeo. A S S E N S O (cruyxa-.aaEa-Lc;, adsensio) Esprime, secondo gli Stoici, una attività propria dell.a parte egemonica dell'anima e consiste nella adesione che l'anima umana dà ( oppure nega) alle rappresentazioni sensibili che provengono dagli oggetti. Da questo assenso nascono l'apprensione o comprensione degli oggetti e la rappresentazione comprensiva o catalettica (cfr. Rappresentazione, catalettica). Gli Stoici pongono l'accento sulla «libertà dell'assenso»; ma que~ta libertà risulta, in ultima analisi, assai problematica, in quanto si risolve semplicemente nel poter dire di sl all'evidenza e nel dire di no alla non-evidenza, come dimostriamo in III, 326 sgg. Per un approfondimento del concetto cfr.: Pohlenz, La Stoa, I, pp. 176 sgg. ASSIMILAZIONE A DIO (6(J.ok.la-Lc;"""t"~ &~) E l'ideale morale in cui culmina l'etica platonica, di cui diciamo in II, 248sg.; 312 sg. Questo ideale viene poi ripreso, in polemica con la concezione immanentistica dell'età eLlenistica, dai Medioplatonici (IV, 318; 355 sgg.), e diviene quasi un minimo comun denominatore della maggior parte delle filosofie dell'età imperiale: dal neostoicismo (IV, 76 sg.; 103 sg.; 134 sgg.) al neopitagorismo (IV, 404 sgg.), dal neoaristotelismo (IV, 48 sgg.) al neoplatonismo (IV, 588 sgg.; 603 sgg.; cfr. Mistica"Misticismo). · ASSIOLOGIA E termine moderno (derivato però dal greco li;Loc;) con cui si indica la dottrina dei valori. ASSIOMA (a;k.l(J.a) Assioma è detta quella proposizione vera di verità intuitiva, in forza della quale avviene la dimostrazione. Negli Analitici Secondi, Aristotele lo definisce come segue: «dico che è un assioma quello che è necessario abbia chi voglia apprendere qualunque cosa. Vi sono infatti principi siffatti; ad essi soprattutto siamo soliti riseJ:'IVare tale nome» (A 2, 72 a 16 sg.). L'assioma principale è il principio di noncon~raddizione (ofr. voce). Cfr. anche il testo citato alla voce Postu!ato.
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ASO~ATOS/ASTROLOGIA
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ASSOLUTO Il termine, che deriva dal latino absolutus e che significa indipendente da altro, è diventato di uso corrente a partire dallo scorso secolo, soprattutto ad opera della filosofia dell'idealismo. Tuttavia, anche a prescindere dal contesto filosofico che lo ha reso famoso, si presta assai bene ad indicare quello che i Greci chiamarono Arché e Causa prima. Alcuni studiosi pensano ohe l'espressione che meglio corrisponde in greco è xc.d)'av-r6, o au-rò xa~'av-r6, in sé, in sé e per sé, ossia quelle espressioni con cui Platone indica le Idee. Forse ancor meglio corrisponde all'absolutus 1'à.vu1t6tn-roc;, ossia l'incondizionato (la condizione incondizionata), che è l'espressione con cui viene designata l'Idea del Bene nella Repubblica {vi, 510 b). L'Uno dei Neoplatonici è ciò che nel pensiero antico meglio corrisponde all'assoluto delle filosofie moderne. In generale è corretto denominare assoluto il principio primo, ind~pendentemente dalle sue specifiche connotazioni. ASSUNZIONE, cfr. Postulato. ASSURDO (&-ro1tov, absurdum) Assurdo è, in generale, ciò che è ontologicamente e quindi anohe logicamente impossibile, ossia il contraddittorio {cfr. voci). ASSURDO, D i mostra zio n e per, cfr. Confutazione. ASTRAZIONE (à.cpatpEt11.c;) È l'operazione con cui si ricavano dai particolari gli universali, separando con la mente alcune proprietà delle cose che di per sé non sono separate. Già hl. senso, in qualche modo, astrae, accogliendo le forme sensibili senza la materia; ma l'ast·razione è soprattutto prerogativa dell'intelletto: <<Ma le cosiddette astrazioni .t'intelletto le pensa alla stessa maniera del camuso: in quanto naso camuso, non può -essere pensato senza la carne, in quanto curvo, se lo si pensa :in atto, Jo si potrebbe pensare senza la carne in cui il curvo risiede. Co·sl pure gli oggetti matematici, sebbene non siano separati dalla materia, H pensa come se fossero separati» {Aristotele, L'anima, r 7, 431 h 12 sgg.). _ L'astrazione è strettamente legata all'induzione, come Aristotele stesso rileva negli Analitici Secondi, A 18, 81 h l sgg.; dr. voce Induzione. _ Si veda quanto diciamo a proposito dell'astrazione nelle matematiche in Il, 482 sgg. e il testo che riportiamo, ivi,
p.484". ASTROLOGI A (à.cr-rpo).oyta) È quella dottrina parascientifica fondata sulla credenza nell'in·
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
flusso degli astri e dei loro moti sull'uomo, sui suoi caratteri e sul suo destino. Nacque fra i Caldei ed ebbe larga diffusione soprattutto a motivo della •pratica degli oroscopi, che ne è un momento essenziale. I filosofi greci furono portati a sviluppare prevalentemente la componente scientifica di essa, creando, cosl, la astronomia (I, lS. sg.). - Gli Stoici, tuttavia, ritennero di poter dare fondamento razionale proprio all'astrologia nel suo significato sopra specificato, sulla base del concetto di Heimarmene, e soprattutto di quello di simpatia universale. Solo Panezio (III, 439), nell'ambito della Stoa, si oppone. Le più serrate critiche vengono però dalla Accademia scettica di Carneade (cfr. Pohlenz, La Stoa, I, p. 354, nota 30), e soprattutto da Sesto Empirico che dedica un intero dibro aLla confutazione della astrologia. Egli considera la credenza nella astrologia un vero e· proprio oltraggio all'umanità « innalzando a nos~ro danno un gran mucchio di superstizioni e spingendo a non far nulla secondo la retta ragione» (Contro i Matematici, v, 2). L'astrologia si diffonde largamente neùla tarda antichità. ASTRO N O M I A (à.cr'tpovol-ll.a.) Aristotele dice nella Metafisica, A 8, 1073 h 5 sgg., che l'astronomia è la scienza più affine alla filosofia prima (alla metafisica) perché indaga su enti che sono, sl; sensibili, ma eterni, cosl come sono eterni gli oggetti del.la metafisica. L'oggetto della astronomia è il mondo fisico sopralunare, ossia i cieli e ciò che fa parte dei cieli, che per Aristotele sono costituiti di etere incorruttibile (ofr. voce; si veda anche il finale di A 8). Già in Platone, specie nelle Leggi, l'astronomia è prossima alla metafisica. Cfr. anche l.'Epinomide, passim.
A T A R A S S I A ( à.'ta.pa.~l.a., tranquillitas animi, securitas) Indica l'atteggiamento di tranquillità dell'animo e di imperturbabilità che caratterizza id saggio, secondo la maggior parte de1le scuole deLl'età ellenistica. Le singole scuole, però, intendono questo concetto con sfumatùre diverse. _ a) Per gli Epicurei, l'atarassia coincidesoprattutto col piacere catastematico e con l'aponia o assenza di dolore (III, 243 sgg.). - b) Per i pensatori seguaci del verbo stoico o· da esso influenzati coincide con a'apatia nel senso di assenza di passioni (è da notare che il termine atarassia viene usato dagli Stoici solo in un secondo momento, ma certamente prima dell'età di Cicerone). _ c) Per Pirrone l'atarassia consiste nel ne sentire quidem (III, 490 sg.). - d) Per molti Accademici, Peripatetici e per gli ultimi Scettici, l'atarassia si raggiunge tramite la metriopatia (dr. voce) o moderazione delle passioni, e con essa coincide.
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ASTRONOMIA/ ATEMPORALITÀ
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A T E I S M O (cilh:6-.TJc;, iillEoc;) Si può intendere (e si è inteso) il termine ateismo in molte accezioni: l) come assoluta negazione dell'esistenza di Dio e del Divi-no, intesi in qualsivoglia modo; 2) come inadeguata ed errata conuzione di Dio e del Divino; 3) come un non volersi pronunciare sull'esistenza di Dio; 4) come indifferenza rispetto a Dio (ossia il vivere come se Dio non fosse). Di queste accezioni, che sono suscettibili di numerose ulteriori suddistinzioni alloro interno, a nostro avviso, solo la prima è rigorosa dal punto di vista speculativo: infatti, in base alla seconda definizione, chiunque potrebbe accusare di ateismo chi non ha Ja propria idea di Dio. La terza posizione è agnosticismo e non· ateismo, mentre la quarta definizione porta dal piano teoretico a queùlo pratico, che, in questa sede, non interessa. Stando alla prima accezione, si può dire che l'ateismo fra i filosofi greci è rarissimo. Sono atei alcuni dei Sofìsti. Forse lo fu Gorgia, a motivo del suo nichilismo ontologico: in una certa misura si può dire ateo Prodico, per le ragioni che spieghiamo in I, 262 sg. In maniera recisa lo è Crizia, come mostrano i testi che riportiamo in I, 274 sg. Fra gli atei è da annoverare Diagora di Melo, che, però, fu poeta più che filosofo e non fondò teoreticamente Ja sua posizione. Nell'ateismo sfociò il cirenaismo con Teodoro, detto appunto l'Ateo (III, 62). Per Evemero di Messene, cfr. voce Evemerismo. Alcuni pensatori che la tradizione considerò atei, in realtà, o non lo sono, o lo sono solo dandoal termine una accezione impropria. Ad esempio, Protagora fu propriamente agnostico più che non ateo (1, 240 sgg.). Alcuni naturalisti furono considerati atei (Anassagora, Diogene di ApoLlonia) per le loro idee contrarie alla religione pubblica; e cosl anche Socrate. Lo stesso Platone considera atei (cfr. Leggi, libro x, passim) i Naturalisti, partendo dai presupposti del suo idealismo. Epicuro e gli Epicurei furono considerati atei perché sostenevano che gli Dei non si occupano del mondo e degli uomini; ma si veda quanto diciamo a questo proposito in III, 225 sgg. e IV, 67. Gli stessi Scettici, almeno alcuni di essi; fanno spesso affe~Jmazioni che suonano in senso antiateistico (cfr. III, 482 sgg.). Sull'ateismo cfr. anche quanto diconoFilone (IV, 272) e Sallustio Neoplatonico (IV, 662). ATEMPORALI T A È quella determinata concezione dell'eternità in cui il tempo è' totalmente negato e considerato come contratto nell'istante presente,. la quale si ritrova per la prima volta in Parmenide (1, 123 sg.). Questa concezione viene ripresa da Platone, che, sulla base dei guadagni deLla sua «seconda navigazione», la riferisce all'essere intelligibile~
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
Ma mentre :la concezione atemporale dell'essere propria de1l'eleatismo è negazione del tempo, quella 'di Platone si presenta come capace di giustificare anche la temporalità, che si configura come immagine mobile dell'eternità immobile (II, 179 sg.). L'atemporale diventa, in tal modo, la dimensione della trascendenza, la temporalità la dimensione del sensibile. ATOMISMO È, ne1la filosofia antica, la dottrina antologica secondo la quale tutta la realtà, senza eccezioni, è o deriva dagli atomi (dr. voce). Di . questa teoria si sono avute due versioni: quella di Leucippo e Democrito e quella epicurea. Sulla diversità delle due formulazioni, dr. I, 171-181 e III, 195 sgg.; 200 sgg. e 207 sgg. _ Per gli influssi dell'atomismo sul peripatetjco Stratone, cfr. III, 148 sg. - Per iJ catalogo degli esponenti dell'atomismo antico ed ellenistico, cfr. Parte II, voci Atomisti ed Epicurei.
.A T O M O (-r:ò lhoJ..Lo'.l) Il concetto di atomo è una delle più significa~ive creazioni del·la filosofia presocratica, .in particolare di Leudppo e Democrito. L'an.tecedente di questo concetto è stato additato nella concezione aritmo.geometrica dei numeri pitagorici, in particolare dell'Uno che respira il vuoto infinito (l, 96 sg.); ma l'antecedente teoretico più significativo è il concetto dell'Uno melissiano (dr. I, 144) insieme alla complessa tematica eleatica, di cui l'atomismo rappresenta forse il più ·cospicuo dei tentativi di superamento (1, 171 sgg.). Infatti, proprio il concetto di atomo come realtà in-divisibile suppone l'eleatica negazione del nulla: infatti, la divisibilità infinita comporterebbe, al limite, d'andare nel nulla (il che è assurdo), donde la necessità strutturale di porre limite alla divisibilità. Sui caratteri degli atomi degli Abderiti (che sono forma, ordine e posizione) cfr. I, 175 sgg. - Sui ·caratteri degli atomi nella rielaborazione epicurea della dottrina (che sono forma, grandezza e .peso) cfr. III, 198-202. _ Sull'infinito numero degli atomi e sulla differenza f.ra la concezione degli Abderiti e ·quella di Epicuro cfr. I, 179 e III, 200 sgg.; 203 sg. _ Sui movimenti degli atomi cfr. I, 177 sgg.; III, 207 sgg. _ Sulla necessità dell'in·COntro degli atomi e sulla problematica connessa cfr. I, 177 sgg. e III 207 sgg. - Per la riforma epicurea del clinamen, cfr. Declinazione, tenendo presente che il clinamen modifica strutturaJmente la concezione originaria degli Albderiti. A T T I V I T A , dr. Enérgheia.
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ATOMISMO/ AUTARCHIA
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A T T O, cfr. Enérgheia. A T TRIBUTO ( -tà vmipxov-ta., attributum) È ciò che inerisce ad un oggetto in maniera non fortuita, e quin· di come tale di esso si predica. Per Aristotele l'attr~buto è uno dei significati dell'accidente; quel significato dell'accidente che non esprime H mero fortuito, bensl qualcosa ohe con-segue, inerendo alla cosa in virtù della sua stessa essenza. Ecco la definizione aristotelica: ~Accidente si dice anche in un altro senso. Tali sono tutti gli attributi che appartengono a ciascuna cosa di per sé, ma che non rientrano neUa sostanza stessa della cosa. Per esempio, accidente in questo senso è la proprietà di un triangolo di avere la somma degli angoli uguale a due retti. Gli accidenti di questo tipo possono essere eterni [ ... ] » (Metofisica, !J. 30, 1025 a 30 sgg.). (Accanto a questo significato specifico di attributo ve ne possono essere altri due, per analogia: a) quello dell'attributo essenziale, cioè che esprime una parte dell'essenza della cosa; h) quello dell'attributo accidentale, ohe esprime, invece, l'accidente nel senso vero e proprio. Si tratta, però, di due significati impropri).
A T Y P H I A (hvcpl.a.) S~nifica assenza di illusioni, e, in particolare, di quelle fallaci che ci provengono dal vi'Vere in società. Fu efficacemente propugnata da Antistene (1, 399). AUMENTO (a.VI;T)cnc;) È, per Aristotele, una delle due forme che assume il mutamento quando si riferisce alla categoria della quantità (Il, 455 ). AUTARCHIA (a.v-tcipxEt.a.) Significa autosufficienza, autonomia. _ a) In lppia il termine sta ad indicare la capacità di saper fare da sé tutto ciò che occorre alla vita (1, 265). - b) In Socrate, invece, assume il duplice significato di autonomia della virtù e quindi de1l.'uomo virtuoso. La virtù è autarchica perché da sola basta a procurare la felicità, e il saggio lo è di conseguenza (l, 324 sg.). - c) I Cinici, e in particolare Antistene e Diogene, radicalizzano il concetto e lo portano alla estrema esasperazione (l, 394 sgg.; III, 34 ·sgg.). _ d) L'ideale dell'autarchia ispira, in genere, tutta la filosofia ellenistica: chi segue la natura - dice Epicuro - raggiunge l'autarchia (III, 246 sgg.). Allo stesso modo la autarchia è la caratteristica peculiare della virtù per gli Stoici, perché è fine a se stessa (III, 403 sg.).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
AUTOCOSCIENZA Il termine nell'accezione moderna di coscienza che l'assoluto ha di se medesimo, non ha un esatto corrispettivo in greco. Solo approssimativamente si può indicare un antecedente neLl'aristotelico concetto di Dio come «pensiero di pensiero» (II, 443 sgg.) e poi nella ripresa medioplatonica di questa concezione (IV, 337 sgg.). Ma forse l'Uno plotiniano, malgrado le apparenze, in quanto non è in-coscienza, ma metacoscienza (IV, 513 sgg.) e «assoluto se stesso» (IV, 515 sgg.), anticipa ancora meglio, ossia proprio ad un livello di assolutezza, questa concezione. Cfr. voce Coscienza. A UTODOM.IN I O, dr. Enkrateia. AUT O GENERA T OR E (aù-roytvEl}ì..oc;) È, negli Oracoli Caldaici, la nota caratteristica del Padre, o Intelletto Paterno, che viene appunto definito come «nato da se stesso» (IV, 447). AUT O NOMI A, dr. Autarchia. AUTOPRODUTTORE (Attività autoproduttrice) Cosi può essere definito l'Uno plotiniano, quale è presentato nell'ottavo trattato della VI Enneade. Anzi, P.lotino parla addi·rittura di libera attività autoproduttrice. Si vedano i testi che riportiamo in IV, 515 sgg. AUT O P SI A (aù"toljl!a) Significa, alla aettera, guardare con i propri occhi. Nella terminologia della medicina empirica significa la particolare tecnica dell'osservazione del caso patologico che deve essere estesa ai fenomeni precedenti, contemporanei e susseguenti al decorso della malattia (IV, 191 sg.). AUTOSUFFIC,IENZA, dr. Autarchia. tvÉpyE~a. actio) Aristotele ne dà una caratterizzazione ontologica puntuale nel modo seguente: «Poiché delle azioni che hanno un termine nessuna è di per sé fine, ma tutte tendono al raggiungimento del fine, come ad esempio il dimagrire che ha come fine il dimagrimento; e, poiché gli stessi corpi, quando dimagriscono, sono in movimento in questo modo, ossia non sono ciò in vista di cui ha luogo hl movimento, ne consegue che queste non sono azioni, o almeno ·non sono azioni perfette, perché, appunto, non sono fini. Invece il movimento nel quail.e è contenuto
A Z I O N E (TCpci;t.;,
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AUTOCOSCIENZA/BELLO
pure il fine è anche azione. Per esempio, nello stesso tempo uno vede ed ha veduto, conosce e ha conosciuto, pensa ed ha pensato, mentre non può imparare ed avere imparato, né guarire ed essere guarito. Uno che vive bene, ad un tempo ha anche ben vissuto, ed uno che è felice, ad un tempo è stato anche felice. Se cosl non fosse, bisognerebbe che ci fosse un termine di arresto, cosl come avviene quando uno dimagrisce; nei casi in questione, invece, non c'è questo termine di arresto: ad un tempo uno vive ed ha vissuto. Di questi processi i primi bisognerà denominarli movimenti, i secondi, invece, attività. Infatti ogni movimento è imperfetto: cosl ad esempio il processo del dimagrire, dell'imparare, del camminare, del costruire. Questi processi sono movimenti e sono palesemente imperfetti: non è poss~bile, infatti, che uno cammini ed abbia camminato nel medesimo tempo, né che, ·nel medesimo tempo, uno costruisca ed abbia costruito, che divenga e che sia divenuto, riceva movimento e l'abbia ricevuto: queste sono cose diverse. Invece, uno ha visto e vede nel medesimo tempo, e, anche, pensa e ha pensato. Chiamiamo dunque attività quest'udtimo tipo di processo e movimento l'altro » (Metafisica, 8 6, 1048 b 18 sgg.). - Per quanto conce~:~ne il rapporto fra azione e contemplazione, si veda quanto diciamo in I, Appendice II, passim. - Per l'intenpretazione metafisica dell'azione come contemplazione illanguidita, in Plotino, cfr. IV, 612 sgg. Per ulteriori significati, cfr. Energheia. AZIONE RETTA, dr. Kat6rthoma.
B BE A T I T UDINE, dr. Eudaimonfa. BE L L O (-rò xa.Mv, pulchrum) La dottrina greca del BeLlo è legata ai seguenti concetti fondamentali: l) quelli di misura, ordine, proporzione, definito; 2) quello di bene; 3) quello di intelligibile privilegiato, di « straordinariamente evidente»; 4) quello di Eros; 5) quello di vero. l) Per quanto concerne il primo punto, già Platone scriveva con tutta chiarezza: « [ ... ] non c'è dubbio che la misura e la proporzione sono bellezza [ ... ] dovunque» (Filebo, 64 e). Ed è su questo aspetto che insiste Aristotele, come si può leggere nei passi che riportiamo in II, 591. Plotino sviluppa questo concetto, .portandolo alle sue estreme conseguenze
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LESSICO E INDICE DEI CONCEITI
talità greca e i fiJ.osofi classici non hanno fatto che sancire questa connessione. Ghe ~'Idea del Bello, la quale costituisce il vertice dell'ascesa, attraverso la scala dell'Amore, sia il principio assoluto, e quindi il Bene, è evidente dal passo del Convito che riportiamo in II, 265-268. Nel Filebo, 64 e, è poi detto chiaramente: « [ ... ] il Bene è venuto a sconfinare nella natura del Bello. Ché non c'è dubbio che ~a misura e la <proporzione sono bellezza e virtù dovunque». Cfr. anche Aristotele, Metafisica, A 7. Lo stesso Plotino, che fa coincidere la beMezza con la seconda 1postasi, lo Spirito (IV, 541), e che pone l'Uno al di sopra di esso, dice tuttavia che I'Uno « è bellezza che trascende ogni bellezza» e fonte di ogni bellezza (cfr. IV, 541, nota 25 ). 3) In che senso la bellezza sia un intelligibile privilegiato, lo spieghiamo in II, 269. 4) Più che il legame che il Bello ha con l'arte, i filosofi greci (soprattutto Platone e Plotino) hanno evidenziato i legami del Bello con l'Eros, facendo dell'erotica la via ohe, attraverso la bellezza, riporta all'Assoluto (Il, 263 sgg.; IV, 594 sg.). 5) Anche il legame del Bello con il Vero è stato chiaramente rilevato, se pure non sviluppato, ad esempio da Platone (Filebo, 64 e - 65 a). Dopo le affermazioni già riportate al punto secondo, e cioè che la natura del Bene sconfina nella natura del Bello, Platone soggiunge: « S'è detto, anzi, che con essi [sci/. col Bello e col Bene] la Verità entrava pure nella mistione [ ... ]. Ora, dunque, se non possiamo afferrare ,iiJ. Bene in un'Idea sola, pigliamolo pure in tre, nella bellezza, nella simmetria, nella verità [. .. ] ». Del resto, questa conclmione si impone in modo necessario, dato che, per il Greco, Essere e Verità sono addirittura (in accezione ontologica) sinonimi, e l'Essere perfetto non può, di conseguenza, non essere, ad un tempo, Be:Ll.o, Bene, Verità. B E N E ( ~ò &:yalMv, bonum)
Il concetto ha due valenze fondamentali: una ontologico-metafisica ed una etica; quest'ultima, poi, può caricarsi di ulteriori valenze mistico-religiose e anche politiche. l) Nei Presocratici, il concetto di Bene non è tematico ed anche in Socrate non ha ancora fondamento ont.ologico. Invece, già con Euclide il Bene socratico è identificato con l'Essere-uno parmenideo (1, 419 sgg.). In Platone, è la suprema Idea dalla quale tutte le cose traggono realtà e conoscibiJità (Il, 123 sgg.), mentre il Denruurgo •riceve J'attributo essenziale di buono (Il, 184 sgg.). In questo modo, non solo il mondo intelligibile dipende dalla Idea del Bene, ma lo stesso mondo sensibile dipende dalla bontà del Demiurgo, sicché tutta la realtà, sia nella dimensione dell'essere, sia in quella del divenire, si fonda sul Bene (Il, 185). Analoga concezione troviamo in Aristotele, anche se prospettata secondo una di-
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BENE
versa angolatura. Il Motore primo, ossia la Sostanza prima, l'Intelligenza suprema, è il Bello, il Bene e l'Ottimo e proprio per questo attrae l'universo intero e lo muove, come oggetto di desiderio e di amore (II, 442 sg.). Del resto, è proprio il concetto di Bene che sta alla base del finalismo dello Stagirita, come risulta in particolar modo dal libro dodicesimo della Metafisica, capp. 7 e 10, passim. La dottrina del Bene raggiunge i suoi vertici in P1otino, il quale lo identifica con l'Uno e lo concepisce come trascendente lo stesso Essere e lo stesso Pensiero. L'intuizione platonica del Bene come fonte dell'essere del pensare (cfr. II, 129 sg.) e cosl sviluppata e portata alle sue conseguenze estreme (cfr. testi ed esegesi in IV, 511 sgg.). 2) a) Nel significato etico il concetto di Bene emet~ge in primo piano a partire dalla Sofistica e soprattutto da Socrate, che lo identifica con la virtù-scienza, nel senso che <precisiamo in I, 311 sgg. b) In Platone il bene morale si identifica con l'imitazione del Divino e quindi del Bene metafisico, e consiste nel rendere l'anima ordinata e plasmata secondo l'ordine del mondo ideale, come in modo esemplare si dice nel testo della Repubblica che riportiamo in II, 312 sg. c) Notevoli approfondimenti al concetto di Bene apporta Aristotele, interpretandolo, sullo schema della sua concezione dell'essere (cfr. II, 411 sgg.), come concetto polivoco, come in modo esemplare si dice in questo passo dell'Etica Nicomachea, A 4, 1096 a 19 sgg.: «Ma il termine' bene' si usa sia nel senso della sostanza, sia in quello della qualità, sia in quello della relazione, e ciò che è per sé, cioè la sostanza, è per natura anteriore a ciò che è relativo (infatti questo è ritenuto accessorio ed accidentale rispetto all'essere) cosicché non ci potrà essere alcuna idea comune a queste categorie. Inoltre, poiché bene ha tanti significati quanti ne ha essere (infatti, si predica nella categoria della sostanza, come, per esempio, Dio ed intelletto; in quella della qualità: le virtù; in quella della quantità: la misura; in quella della relazione: l'utile; in quella del tempo: il momento opportuno; in quella del luogo: l'ambiente adatto e cosl via), è chiaro che non può essere un che di comune, universale ed uno: non sarebbe, infatti, predicabile in tutte le categorie, ma solo in una ». È proprio questa concezzone polivoca del bene che permette ad Aristotele un più adeguato impianto dell'etica. Sul concetto aristotelico di bene (etico) supremo come felicità, cfr. II, 491 sgg. d) La valenza etica del Bene emerge, poi, in primo piano nei sistemi dell'età ellenistica, dati gli interessi morali preminenti dei medesimi, su cui si veda il vol. III, passim. Le due interpretazioni estreme sono quella epicurea, che identifica nel piacere il bene supremo (III, 234 sgg.), e quella degli Stoici, che lo identifica con la virtù, mediante il
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
concetto di oikeiosis, cfr. III, 394 sgg. Un'eccellente panoramica della problematica del bene morale, in ottica ellenistica, si troverà nel De finibus bonorum et malorum di Cicerone. 3) Nei sistemi dell'età imperiale il bene morale si realizza nella assimilazione al Divino e soprattutto nell'unione mistica e nell'estasi, e dunque assume valenze chiaramente mistico-religiose. Cfr., per esempio, IV, 303 sgg.; 355 sgg.; 404 sgg.; 596-605; 633 sgg.; 650 sgg.; 660 sgg.; 683 sgg. 4) La valenza politica del Bene emerge in primo piano soprattutto in Platone, in numerosi suoi scritti, in particolar modo nella Repubblica (cfr. II, 291-331 ). 5) Per i rapporti fra Bene e BeLlo cfr. quest'ultima voce. BO U LESI S, dr. Libertà; Volontà.
c CADUTA dell'anima nel corpo :t descritta con ampiezza da Platone nel celebre mito del Fedro, 248 a sgg. (di cui diciamo in II, 241 sgg.; si veda, in particolare, il testo riportato a pagina 242), come conseguenza di una colpa originaria. Questa concezione della colpa, che negli Orfici e nei Pitagorici resta alquanto oscura (Appendice I, passim; cfr. anche I, 100), è da Platone interpretata, sempre nel Fedro, come incapacità di contemplare, o di continuare a contemplare l'Essere nella pienezza della verità. Il cadere, come conseguenza dell'affievolirsi o venir meno del contemplare, diventa, poi, idea centrale in Plotino (IV, 559 sgg.; 576 sgg.). L'ermetismo interpreta la caduta dell'anima nel corpo come un peccato di narcisismo (IV, 439). CALDO, CALORE (-rò itfpiJ.6v) Il caldo gioca un ruolo importante noHa cosmologia di Anassimandro (I, 64). _ Un ruolo addirittura determinante nella cosmologia e nella ontologia di Stratone di Lampsaco, che lo introduce (insieme al suo contrario) come principio di tutte le differenze qualitative (III, 149). _ Una funzione non meno importante ha nella fisica stoica (III, 362 sgg.), e questo ben si spiega suhla base del principioartefice che è identificato con il fuoco e con il pneuma infuocato: il calore diventa, cosl, la forza creatrice che permea J'intera natura (cfr. il testo riportato i!n III, 364 ). _ Influssi di questa concezione stoica si riscontrano altresl in alcuni documenti mediopitagorici (cfr. IV, 378).
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BOULESIS /CARDINALI
CALVO, Argomento del È cosi chiamato uno dei celebri paradossi di Eubulide, diretto contro la possibilità di ammettere e giustificare il molteplice (cfr. l'esposizione in III, 67 sg.). CAMBIAMENTO, dr. Mutamento. CANONE (xa.'VWv) Significa criterio o norma. Il termine diventa tecnico nella filosofia del Giardino. Epicuro intitola Canone il libro in cui elabora il criterio della verità e la norma del bene e del male (III, 177 sgg.).
c A N o N I c A (-rò
XI1VOVLXOV)
la dottrina che elabora il canone della verità. Cosi è denominata, in particolare, la logica epicurea (III, 177 sgg.). È
c A o s <xaoç) È il principio dal quale le antiche teogonie, e in particolar modo queLla di Esiodo, deducevano gli Dei e quindi tutte le cose. Caos ha fondamentalmente due signi-ficati diversi: a) quello di disordine e di confusione e b) quello dell'immenso spalancarsi dello spazio vuoto. Questi due significati esprimono indubbiamente, a livello fantasticopoetico, ciò che, a livello di ~ogos, esprime l'arché (cfr. voce) dei filosofi naturalisti, ossia ciò da cui tutto deriva e in cui tutto sussiste (1, 47 sgg.). Sulle specifiche differenze fra la raffigurazione mitica del caos e il concetto di arché cfr. I, 49 sg.
C ARA T T ERE (xa.pa.x-rT)p, Tj~oc;) È il tratto specifico che connota il comportamento di un uomo e il suo agire abituale; la cifra, quindi, che contraddistingue l'indole di un uomo. È rimasta famosa (e non solo nell'antichità) l'analisi e la descrizione fenomenologica dei caratteri fatta da Teofrasto (III, 141). CARDINALI, Virtù Cosi sono state chiamate, a partire dalla patrtsttca, le quattro virtù fondamentali della giustizia, fortezza, temperanza, saggezza/sapienza (dir. le singole voci). Tali virtù furono messe a tema e rigorosamente giustificate, a livello filosofico, per aa prima volta da PJatone nella Repubblica. In P.latone si possono indubbiamente chiamare virtù civili o politiche (nel senso greco del termine). - Aristotele considera le prime -tre come virtù etiche e la quarta come dianoetica (II, 499 sgg.; 504 sgg.). - Plotino e i Neoplatonici considerarono, invece, queste quattro virtù come attuantisi a differenti livelli: solo al pri-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
mo di questi livelli si chiamano virtù civiche o politiche (IV, 593; 634 ), mentre al più alto liveLlo si chiamano virtù paradigmatiche (IV, 594; 635). - ar. anche la distinzione dei live1li intermedi e la relativa denominazione in Porfìrio (IV, 634 sg. e il testo che riportiamo a p. 635). C ARI T À (xcipLc;, àyci"ltT), charitas) Il concetto di amore come dono gratuito è assente dal pensiero greco (cfr. voce Eros). La tematica della ch!Jris si incontra per la prima volta in Filone di Alessandria, il quale la desume dalla Bibbia e, appunto sulla base de11a teologia biblica, prospetta già la dottrina dehla creazione come «dono» (cfr. IV, 283 e il passo ivi riportato). c A so ( IXÙ"t"6JJ.IX"t"Oc;) È un evento accidentale, ossia che si verifica né sempre, né per
lo più, ma solo talvolta, e che è prodotto da una causa indeterminata. Strettamente connessa al caso · è la fortuna, che consiste in alcuni particolari eventi casuali. Ecco una pagina di Aristotele che chiarisce perfettamente questi due concetti e i loro rapporti (Fisica, B 6, 197 a 36 sgg.): «Fortuna e caso differiscono, in quanto il caso ha un maggior numero di accezioni. Tutto ciò che avviene per fortuna, infatti, avviene per caso, ma non tutto ciò che avviene per caso avviene per fortuna. Infatti, la fortuna e il fortuito sono propri di quelle cose cui si potrebbe attr~buire il successo o, comunque, un pratico risultato. Perciò è anche necessario che la fortuna sia limitata ai fatti pratici (ne è prova H fatto che sembrano essere la medesima cosa, o quasi, la prosperità e la felicità; e la felicità è un fatto pratico, un ottimo fatto pratico), sicché quanti non possono agiTe, non possono neppure far qualcosa di fortuito. E perciò nessun essere privo di anima, nessuna bestia, nessun fanciullino fa nulla per fortuna, perché non ha la facoltà della scelta; e per costoro non c'è né prosperità né sfortuna, a meno che non si voglia parlare per similitudine, come diceva Protarco: che son fortunate le pietre da cui si cavano gli altari, perché sono venerate, mentre le loro consorelle vengono caLpestate! In realtà anche queste cose sono, in un certo senso, sottoposte aHa 'fortuna, ma solo quando colui che fa qualcosa a loro attinente, agisce fottuitamente; in ogni altro senso, però, non le sono affatto sottoposte. Il caso, invece, si verifica anche per 81i altri animali, e per malte cose inanimate: ad esempio noi diciamo: " la venuta del cavallo è stata un caso ", perché con la sua venuta quell'animale, magari, si è salvato; senza che egli, però, sia venuto affatto con lo scopo di salvarsi; e diciamo anche: "il tripode è caduto per caso": esso infatti si trovava H, perché
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CARITÀ/CATARSI
ci si sedesse; ma non è caduto affatto per farci sedere! Da quel che si è detto consegue chiaramente che noi parliamo di caso allorquando tra ciò che in senso assoluto pur IWViene in vista di un fine - sono venute fuori, senza aver per fine quello che è accaduto, cose la cui' causa finale è esterna ad esse; parliamo, -~nvece, d!. fortuna a proposito di quelle cose che, pur comprese fra que1le ohe avvengono a caso, possono essere scelte da que1li che hanno .facoltà di scegliere». - Il caso, dal punto di vista ontologico, ha radice nella materia, nella misura in cui questa è potenzialità non ridudbile interamente a fonna e ad atto. Se si togliesse il casuale _ si noti _ scomparirebbe anche il per lo più e tutto diverrebbe necessario. _ Bisogna -tener presente, per quanto concerne l'evoluzione storica del concetto, che, nella visione -dei Naturalisti, predomina sovrana la Necessità. Anche gli an-tichi Atomisti non fanno eccezione, se non nel senso che indichiamo in I, 179 sgg. Invece in Epicuro, con la dotllrina della « decl-inazione degli atomi», il caso, proprio nel senso definito da Aristotele, diventa causa del prodursi di tutte le cose, come spieghiamo in III,_ 207 sgg. Pure gli Scettici, aoohe se in tutt'altra angolatura, concepiscono tl'essere come consegnato al caso, nella misura in cui negano ogni nesso causale. Gli Stoici, per contro, non riconoscono alcuna realtà al caso, in conseguenza della loro dottrina della Heimarmene. Secondo gli Stoici, g!li uomini pa11lano di caso semplicemente quando· non sono in grado di conoscere la causa delle cose (cfr. von Arnim,_ S.V.F., n, frr. 965-973). C A T A L E T T I C A, R apprese n t az i o n e (X11't'IXÀ.TJ1t't'LXTJ q>IXV't'IX·aLIX, comprehensio) Nella logica stoica è cosi chiamata la rappresentazione veritativa. Essa è costituita quasi da una sintesi fra la sensazione (che è una: impressione proveniente dal mondo esterno e -recepita dall'anima in modo passivo) e il libero assenso (cfr. voce) del soggetto (cfr. testi ed esegesi in III, 328 sgg.). C A TAR SI (xtia~XpaLc;) Catarsi significa purificazione in almeno tre differenti sensi: l} a Jivello magico-religioso, 2) a liveHo filosofico-razionale, 3) a livello· poetico-estetico. l) La catarsi magico-religiosa è quella propria dei misteri, consegnata alle pratiche delle teletai orfiche, o a quelle teurgiche degli Oracoli (IV, 452 sgg.), fatte proprie anche dagli ultimi Neoplatonici (IV, 650 sgg.; 660 sg.; 682 sg.). Lo scopo è la libe-razione dal male inteso come impurità e la salvezza nell'akHlà. 2) La seconda forma di catarsi fa invece leva sulla conoscenza e sul nous-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
dell'uomo. Già i Pitagorici incominciarono a portarsi su questo piano (l, 100 sg.), ma la fondazione speculadva di questa forma di catarsi si trova in P>latone, i
·c A T EGO R I A
(xa-tT)yopLa)
l) La genesi della problematica ddle categorie va indubbiamente ricercata nell'antologia e nella dialettica di :Alatone, in particolar modo nella dottrina del Sofista, che intJroduce i cinque generi supremi dell'Essere, del Moto, della Quiete, ddl'Identico e del Diverso con le funzioni che indichiamo in II, 139 sgg. 2) Il creatore del termine ·e del concetto deve però considerarsi Aristotele, anche se questi beneficia largamente dei contributi platonici ed accademici. Le categorie hanno tre valenze: a) una antologica, b) una logica, c) una linguistico-grammaticale. Le prime due sono chiaramente tematizzate da Aristotele stesso, la terza, invece, è stata rilevata dagli studiosi mo, derni. a) A livello ontologico, le categorie sono le originarie divisioni dell'essere (=ciò in cui l'essere originariamente si distingue), o, .come dice lo StagiTita, sono le «figure» dell'essere, come spieghiamo in II, 418 sgg. _ b) Dal punto di vista logico, sono le supreme no:doni e i supremi generi ai quali sono riportabili i termini in oui si scompone il giudizio e la proposizione, come spieghiamo in II, 548 sgg. - c) Il Trendelenburg ha poi rilevato che le categorie ridanno le parti del discorso: la prima il sostantivo; la quantità e i.
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CATASTEMATICO/CAUSA
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riginale. 3) Gli Stoici riducono le categorie a quattro: la sostanza o sostrato materiale, Ja qualità, i modi, e i modi relativi, senza ruttavia esplicitare la nuova temati.ca ontologi.ca che sta sullo sfondo di questa riforma (III, 361). 4) Plotino riduce drasticamente la validità ontologica delle categorie aristoteliche alla sfera del sensibile, mentre propone come tavola delle categorie dell'incorporeo le cinque Idee generalissime del Sofista di :Alatone (IV, 542). 5) Già a partire da Porfirio, però, si verifica un recupero della tavola aristotelica delle categorie e della relativa problematica, !Soprattutto nehla sua valenza logico-gnoseologica, che attira poi ['attenzione della maggior parte dei :6Josofì della tarda antichità (.JV, 6~6). 6) È soprattutto nella vmenza logica che Boezio trasmette la dottrina delle categorie al Medioevo (IV, 696). CATENA ERMETICA(tpJJ.a.i:xT) tmpti) È, secondo la credenza ddla tarda antichità, queNa supposta catena di vite, costituita dalle successive reincarnazioni, cui sono collegati coloro che vivono la vita filosofica, e alla quale, ad esempio, Proclo credeva di appartenere (IV, 683). C A USA (a.t·da., a.t"t"Lo"V) Il termine causa (che traduce il greco aitia. e aition) suona agli orecchi del lettore di oggi in senso fortemente equivoco a motivo delle secolari discussioni che .pesano su di esso. Nel contesto del pensiero greco, causa non ha il significato che riveste nella scienza da Galileo in poi; non queldo empiristico, non quello kantiano, né quello idealistico. Causa è sinonimo di principio (arché) e significa, propriamente, ciò senza cui non è possibile il darsi della realtà, ossia la condizione e il fondamento antologico delle cose. Aristotele dice anche che la causa è "tÒ liLà -tt, la ragion per cui, hl perché Ulltimo delle cose. La speculazione greca nel suo complesso è tutta una ricerca della causa intesa in questo sen50, ma il sistematore della dottrina è Aristotele il quale stabHisce che le cause sono di quattro tipi: non di più e non di meno. A complemento di quanto diciamo in II, 409 sgg., ecco una pagina della Metafisica (~ 2, 1013 a 24 sgg.) molto chiara: ~ (l) Causa, in un senso, significa la materia di cui sono fatte le cose: per esempio, il bronzo della statua, l'argento della tazza e i generi di questi. (2) In un altro senso, causa significa la forma e il modello, ossia la nozione dell'essenza e i generi di essa: per esempio, nell'ottava la causa fol'male è il rapporto di due a uno e, in generale, il numero. E causa in questo senso sono anche le parti che rientrano
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
neLla nozione dell'essenza. (3) Inoitre, causa significa il principio primo del mutamento o del riposo; per esempio, è causa chi ha preso una decisione, il padre è causa del figlio e, in generale, chi fa è causa di ciò che vien fatto e ciò che è capace di produrre mutamento è causa di ciò che subisce mutamento. (4) Inoltre, la causa significa il fine, vale a dire lo scopo delle cose: per esempio, lo scopo del passeggiare è la salute. Infatti, per quale ragione uno passeggia? Rispondiamo: per essere sano. E, dicendo cosi, noi riteniamo di aver addotto ~a causa del suo passeggiare. E lo stesso si dica di tutte quelle cose che sono mosse da altro e sono intermediarie fra itl motore e il fine: per esempio, H dimagrire, il purgarsi, le medicine, gli strumenti medici sono tutte cause deLla salute: tutte, infatti, sono in funzione del fine e differiscono fra loro in quanto sono, alcune, strumenti, altre azioni ». _ Queste cause, per Aristotele, sono tutte indispensabili, ma Ja causa formale è preminente. Sono inoltre da ricordare (oltre alle analisi sul,le singole cause e sul ruolo avuto dai predecessori nella scoperta delle medesime, fatte da Aristotele nel libro B della Fisica e nel libro A deLla Metafisica, divenute assai famose), le importanti precisazioni che si leggono in Metafisica A 4-5, circa la analogicità delle cause: le cause di ciascuna cosa sono individualmente diverse, ma analogicamente le stesse. - Abbiamo detto che la filosofia groca è tutta una ricerca di cause e che la conoscenza e la scienza sono sempre e solo ricerca e individuazione delle cause. Si capisce, quindi, come lo scetticismo, soprattutto nella versione più raffinata di Enesidemo, abbia cercato di contestare proprio l'esistenza di cause per vanificare ogni pretesa della conoscenm e dehla scienza; dr. quanto diciamo, a questo proposito, in IV, 167-175. CAUSA SUI Con questa espressione può essere caratterizzato l'Uno di Ptlotino, in quanto pone e crea se medesimo. Cfr., ad esempio, hl. testo riportato in IV, 525 sg. CAVERNA, Mito della Il Mito della Caverna è H più famoso e il più significativo dei miti di Platone, in quanto riassume tutti gli aspetti dehla sua filosofia, come mostriamo in II, 353-361. CELATO, Argomento del f: uno dei paradossi di Eubulide, ohe rappresenta un tipico esempio della dialettica megarica (III, 68).
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CAUSA SUI/CHORA
C E R T E Z Z A ( ~É~a~oc;, ~E~al.wo-~, ~E~a!.W"tT)c;) La certezza, per la maggior parte dei pensatori greci, ha, fondamentalmente, valenza oggettiva, in quanto è considerata prerogativa dell'essere stesso. - L'oggetdvità della certezza è già implicata nel celebre fr. 3 di Parmenide, che afferma l'identità di pensare e di essere. Citiamo due altri esempi significativi. _ Per Platone, la certezza è la stessa stabilità nell'essere propria delle Idee; è l'assolutezza delle Idee (cfr. i passi del Cratilo riportati in II, 87 sgg.). _ Per Aristotele la certezza assoLuta coincide con la legge stessa dell'essere: cioè con il princ~pio di non contraddizione, che, per lui, è appunto il principio più certo di tutti, perché intorno ad esso, in quanto legge dell'essere, non è strutturalmente possibUe cadere in errore. Si veda il passo della Metafisica che riportiamo alla voce Contraddizione, prindpio di. _ Iii problema della certezza viene quindi a coincidere col problema del criterio. CHORA (xwpa) Platone usa questo termine, che significa spazialità, a motivo del ruolo peculiare che egli assegna a questo principio, consistente appunto nell'essere sede e ricettacolo di tutte le cose che nascono. A complemento di quanto diciamo in II, 165 sgg., si tenga presente quanto segue. La ch6ra, oltre a) alla funzione di « ciò in cui » tutte le cose nascono, ha altresl b) quella di « ciò da cui » sono tratte e « di cui » son fatte (la componente materiale delle cose). _ c) La chora, inoltre, non si identifica con i qu-attro elementi (acqua, aria, terra e fuoco), pur recando in sé in maniera comusa e disordinata le vestigia .di questi (Timeo, 53 b). I quattro elementi nascono solo dopo il primo intervento del Demiurgo <
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
titesi relativa, nella misura in cui ne partecipa oscuramente e quindi lo può accogliere: in questo senso, dunque, essa non è affatto il principio del Male che eternamente fronteggia quello del Bene. Cfr. Materia. C I E L O (ovp«v6c;)
Cielo è stato inteso dagli antichi in significati diversi, che Aristotele riassume nei seguenti tre: « In un primo senso la sostanza dell'estrema periferia del Tutto, ovvero il corpo naturale che si trova nel· l'estrema periferia del Tutto; siamo soliti infatti chiamare per eccellenza cielo il luogo estremo e più elevato, nel quale diciamo anche avere la sua sede quanto v'è di divino. In un secondo senso diciamo cielo iJ. corpo che segue immediatamente all'estrema periferia del Tutto, nel quale si trovano la luna, il sole e alcuni degli astri; anche questi infatti noi diciamo <:he sono nel cielo. In un altro senso ancora. diciamo cielo il corpo circoscritto e contenuto nella estrema periferia; siamo soliti infatti chiamare cielo l'universo nel suo insieme» (De Caelo, A 9, 278 b 11 sgg.). I significati veri e propri di cielo sono i primi due, essendo il terzo sinonimo di cosmo (.per il quale si rimanda alla relativa voce). La concezione più tipica del cielo fu quella di Aristotele, il quale ne sostenne l'incorruttibilità, e introdusse la dottrina dehl'etere (cfr. voce) per spiegarla. Probabilmente, nell'ultima fase del suo pensiero, egli concepì (in seguito ad un ripensamento deLle dottrine astronomiche di Callippo e di Eudosso) quello che nel passo letto è presentato come secondo significato di Cielo, come suddiviso in 55 sfere (cfr. Metafisica, A 8, passim), mosse da Intehligenze immateriali, gerarchicamente inferiori al Primo Motore (Il, 445 sgg.). Da un punto di vista ontologico il cielo aristotelico costituisce una sostanza intermedia fra quella immateriale, immobile ed eterna (Dio e le Intelligenze) e quella sensibile, mobile e corrutdbiJ.e, essendo, come quest'ultima, sensibile (visibile), ma mobile salo di moto circolare e scev·ra di altri mutamenti, e, quindi, incorruttibille. _ Si veda come Senocrate mette a fruHo la dourina aristotelica, combinandola con dottrine platoniche, in III, 109 sgg. In età elJenistica, cade la concezione aristotelica del cielo fatto di etere. Per la concezione epicurea cfr. III, 210 sgg. Per gli Stoici il cielo è la sfera che circonda e racchiude il cosmo, al di fuori delJa quale c'è il vuoto. Il cielo, insieme al cosmo, è considerato panteisticamente «sostanza di Dio» (III, 357 sg.). - Cfr. la posi2Jione assunta in merito da Posidonio in III, 452; 457. -Anche Plotino non ammette l'esistenza deLl'etere in senso a·ristotelico, ma ribadisce l'etemi.tà del cielo, ·spiegandola con la potenza dell'anima (Enneadi, II, l,
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CIELO/ COMINCIAMENTO
passi m). _ Infine, ricordiamo che la concezione del cielo come luogo in cui •le anime sostano dopo la morte è molto diffusa neLl'antichità (cfr. III, 96; IV, 573, n. 32). CINISMO
B quei! movimento spirituale che inizia con Antistene, discepolo, di Socrate, nel IV secolo a.C. (cfr. I, 390 sgg.), e che, con varia fortuna, si estende fino -al VI secolo d.C. SuLla genesi del termine (che deriva da xvw"V, cane) cfr. I, 400 sg. _ La .fase più caratteristica del cini·smo è quella ellenistica e Diogene di Sinope è l'incarnazione più• significativa del Cinico (III, 25-54 ). _ Le reviviscenze del cinismo in età imperiale non approdano a significativi guadagni dottrinali; cfr. IV, 213-242. - U cinismo trovò espressione a tre livelli differenti: l) attraverso ila dottrina cinica, 2) attraverso la vita cinica, 3) attraverso il tr6pos cinico (il modo peculiare di esprimere il pensiero e il genere letterario cui ha dato origine). La dottrina e il tr6pos giunsero a maturazione in età ellenistica, mentre il « bios kynik6s » esercitò· un particolare fascino soprattutto in età imperiale, producendo un imponente fenomeno di massa. _ Per i capisaldi del cinismo si veda soprattutto III, 25 sgg. Per l'eilenco dei Cinici, di cui ci sono giooti testimonianze e frammenti, cfr., più avanti, Parte II, voce Cinici. C I R C O L O V I Z .I O SO (i) xvxÀ4! xa.L ti; à.)..ì.:iJÀ.W"V
à.1t6lìE~I;~c;)
B una fo11ma di paralogismo ohe consiste nell'usare come premessa quella proposizione che si è stabilito di provare, ossia nell'usare il demonstrandum ne1la stessa dimostrazione. CIRENAISMO
B la dottrina propria della scuola fondata da Aristippo di Cirene,. discepolo di Socrate (1, 403 sgg.), la cui caratteristica più tipica fu l'edonismo (cfr. voce). Il cirenaismo ebbe scarsa fortuna e in età ellenistica declinò ·rapidamente (III, 55-64). U suo messaggio di fondo, clte· si riasswne appunto nell'edonismo, trovò infatti, in quest'epoca, una formuJazione ben più profonda e più originale in Epicuro. Per il catalogo degH esponenti della scuola, cfr. Parte Il, ailil.a voce CirenaicL CL I N A M E N, dr. Declinazione. COESIONE, dr. Hexis. C O L P A, dr. Peccato.
COMINCIAMENTO, dr. Arché.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
·COMMISTIONE TOTALE (xpii~ s~· !Sì..W'.I) La concezione della commistione totale dei corpi è tipica della fisica stoica, e dipende strettamente dalla tesi della divisibilità infinita dei corpi stessi, affermata contro l'atomismo epicureo. Strettamente legata a questa (anzi, 1n un certo senso, ad essa equivalente) è la concezione della penetrabilità dei corpi (O"W!J.Cl li~à O"W!J.Cl-roç xwpEi:). Sull'importanza e sul ruolo di tale dottrina cfr. III, 356 sgg. COMPASSIONE (~ì..Eoç) La compassione o misericordia o pietà è definita da Aristotele ocome ~ un dolore causato da un male distruttivo o doloroso che appare capitare ad una persona che non se lo merita e che ci si può attendere di soffrire noi stessi o uno dei nostri» (Retorica, B 8, 1385 b 13 sgg.). - È considerata dagli Stoici in maniera nettamente negariva. In quanto è una passione, per essi, va esti11pata (come tutte le altre passioni) dall'animo; dr. •testi in III, 430. COMPENETRAZIONE, dr. Penetrabilità. 'C O M P RE N S I O N E, dr. Catalettica, rappresentazione.
·COMUNANZA, dr. Koinonfa. ·COMUNISMO Con questo tel'llline si indica la dottrina della comunanza del1e donne, 4ei figli e dei beni, sostenuta da Blatone come necessaria per le due classi superiori dello Stato. Discutiamo i fondamenti, la natura e il significato di questa dottrina in II, 304-310. Cfr. Koinonia. CO N C A USA (o-u-v11L-r~o-v) ~ un coocetto con oui Blatone esprime il ruolo della causa materiale, ·rispetto aiJ.a causa ideale. Significa causa secondaria, o, più csattaniente, causa che agisce insieme ad un'altra e subordinatamen.te a quest'altra (cfr. II, 61 sgg.). - Neila tarda antichità, in diversa prospettiva, viene data la seguente rigorosa definizione: « [ ... ] -causa sarebbe ciò per ili. çui agire nasce un effetto. Di queste cause i più ritengono che alcune sono sinettiche, altre concausa/i, altre cooperanti. E le sinettiche essere quelle, presenti le quali, è presente l'effetto, tolte o diminuite le quali, è tolto o diminuito anche l'effetto (cosi il porre il laccio intorno al collo dicono che è causa di soffocazione); la concausa/e è quella che arreca ugual forza dell'altra con-causale alla produzione dell'effetto (cosi ciascuno dei buoi che traina l'aratro, dicono essere concausale alla trazione dell'aratro); la coo-
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COMMISTIONE/CONCLUSIONE
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perante quelJa che arreca una piccola forza, e, in seguito a ciò, l'ef. fetto si produce con facilità (come quando a due che portano con fatica un peso, si aggiunge un terzo che aiuta a sostenerlo) » (Sesto Empirico, Schizzi Pirroniani, III, 14 sg.). C O N C E T T O (Myoç, '116TJIJ.a)
Sulla nozione di concetto gravano numerosi equivoci, sia di carattere teoretico sia di carattere storico. Per poterei orientare sulla questione, occorre preliminllrmente distinguere due cose: a) altro è il far uso di concetti e h) altro è lo stabilire, in modo metodico, che cosa sia hl concetto e quale sia .hl processo che porta ad esso. Ora, se è vero a) che i filosofi hanno fatto uso di concetti fin daile origini con sempre maggiore abilità, è altrettanto vero h) che solo ad un certo punto hanno riflettuto sul concetto medesimo e ne hanno determinato la genesi e la natura. _ I Presocratici e soprattutto Socrate e Platone hanno contribuito in modo larghissimo alla scoperta del concetto, ma solo Aristotele lo ha teorizzato, determinando la natura dell'universale e il procedimento che porta ad esso. Il concetto è precisamente l'universale, che il pensiero ricava per astrazione daUe cose particolari. Il concetto è, quindi, l'espressione mentale dell'essenza delle cose e delle loro determinazioni strutturali. Detto in altri termini: l'essenza, in quanto è nelle cose, è la loro forma ontologica; in quanto è presente al.1a mente che la pensa estraendola dalle cose, è concetto. La domanda socratica sul <
C O N C L U S I O N E ( tTV!J.'ltÉpaap.a, conclusio) Comunemente si rende con conclusione il termine sympérasma, cioè il conseguente sillogistico (II, 555 ). M. Mignucci precisa tuttavia quanto segue: «È da notare che la traduzione di sympérasma con conclusione è inesatta: quest'ultimo termine infatti denomina sia la conseguenza o sequela, cioè ii seguire di un conseguente da un
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
antecedente, sia iJ. conseguente stesso, ossia iJ contenuto della sequela, mentre il sympérasma è propriamente soltanto il conseguente sillogistico » (La teoria aristotelica della scienza, Firenze 1965, p. 149). CONCRETO È termine che viene comunemente usato per designare d'opposto di astratto (cfr. Astrazione). In Aristotele concreto e astratto sono designati con le espressioni -.à lx 1tpollÉO'EWç e -.à l!; &.q>a.~pÉO'twc;. La prima espressione, tuttavia, ha in Aristotele un senso molto più circoscritto che non il moderno concreto. Cfr. sul tema: A. Mansion, lntroduction à la physique aristotélicienne, Louvain 19452 , pp. 147 sgg. Meglio esprimono, forse, quello che noi oggi chiamiamo concreto, i termini sinolo (cfr. voce) e kath'hékaston, individuale (cfr. Individuo).
C O N CUPI SCI BI L E (-.ò lmllv!J.TJ't~x6v) Nella psicologia pd.atonica è quella facoltà dell'anima che «per natura è insaziabile di possedere». Da essa dipende la maggior parte delle brame e delle passioni. Sul ruolo dell'anima concupiscibille, sulla virtù ohe le è propria e sulle conseguenze etico-politiche ohe Platone ne trae, cfr. II, 301 sgg. C 0 N D I Z I 0 N A L E (CTVVTJ!J.!J.ÉVov) È la struttura logica 1potetica. Condizionale è, quindi, quedla proposizione complessa formata dalla preposizione connettiva « se », come ad esempio «se è giorno, c'è luce» (cfr. Diogene Laerzio, VII, 71; Sesto Empirico, Contro i Matematici, VIII, 109 sgg.). Sembra ohe la natura di questa struttJura logica sia stata studiata per la prima volta, almeno in parte, da Teofrasto, quindi dal megarico Filone (un tempo identificato con Filone di Larissa, ma oggi identificato appunto con un esponente del megarismo) e da Diodoro Crono (Sesto Empirico, Contro i Matematici, VIII, 113 sgg. ), e poi dagli Stoici, che, in darga misura, in logica dipendono dai Megarici (III, 343 sgg.). CONFLAGRAZIONE cosmica (lx1tvpwu~c;) È la generale combustione nella quale, secondo gli Stoici, al compimento del grande anno, cioè del periodo in cui il cosmo si mantiene in uno stato di sostanziale equ11ibrio fra generazione e corruzione, iii fuoco riasso11be in sé tutta la realtà (III, 381 sgg.). Il cosmo, successivamente, si rigenera in forme sempre identiche (cfr. Palingenesi, Apocatastasi). Questo dogma, in conseguenza dedle confutazioni scettiche, fu cri·tkato, nell'ambito della stessa Stoa, da Panezio 1 III, 438).
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CONCRETO/CONOSCENZA
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CONFUSIONE ('t'apaxT)) È lo stato di strutturale disordine .in cui, secondo gli Scettici,_ versa la realtà, che, per questo appunto, risulta inconoscibile (cf\1:'. IV, 156). CON FU T AZ I O N E (~À.EYXO<;) È un momento metodologico essenziale deLla filosofia antica (e in generale della filosofia) che consiste nel mostrare la contraddittorietà delle tesi dell'avversario. _a) Il metodo della confutazione è portato in primo piano già dagli Eleati, in particolare da Zenone con la creazione dei suoi celebri argomenti contro il movimento e contro la molteplicità (I, 132 sgg.). - b) Nelù'ambito della sofistica viene largamente utilizzato da Protagora (cfr. Antilogia; I, 232 sgg.) e soprattutto da Gorgia nella grandiosa polemica contro la filosofia della physis (I, 243 sgg.), nonché dagli Eristi (I, 271 sgg.). _ c) La confutazione diviene, quindi, un momento essenziale del metodo socratico (I, 363 sgg.) e dei Socratici, in particolar modo dei Megarici (III, 65-79), e dello stesso Platone. - d) Ma la sistemazione éoncettuale, ossia la definizione dello statuto logico dell'élenchos, risale ad Aristotele, nei celebri Elenchi Sofistici o Confutazioni Sofistiche, e soprattutto nel Hbro quarto della Metafisica. Nella prima delle opere menzionate l'élenchos viene così definito: « 1la confutazione è un sillogismo che deduce una proposizione contraddittoria ad una certa conclusione» (1,165 a 2 sg.). Nel quarto libro della Metafisica l'élenchos viene, oltre che definito, messo in atto in maniera grandiosa contro i negatori del principio di non contraddizione (cfr. voce). - e) L'élenchos viene, poi, uti!lizzato largamente nelle filosofie postaristoteliche, in particolar modo dagli Accademici scettici e dai Neoscettici, nei quali esso diviene la pars potior del filosofare (IJI, 501 sg.; IV, 151.209). CONGETTURA (dxacr(a) Nella gnoseologia platonica la congettura corrisponde al livello più basso della doxa (cfr. voce e II, 199sg.). CONOSCENZA (yvWa-~c;) La conoscenza costituisce un problema sul quale gli antichi ha:nno molto riflettuto, anche ·Se in misura minore dspetto ai problemi ontologici e morali. Bisogna tutta
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
za. l) Studiare la genesi della conoscenza vuoi dire determinare la fenomenologia del processo conoscitivo, ossia come nasca e attraverso quali tappe si sviluppi la conoscenza. - a) I Naturalisti, in particolare Empedocle e gli Atomisti, par.lano di effluvi (cfr. voce), ohe dalle cose giungono ai sensi. _ b) Platone, il quale distingue due piani del conoscere, fa coincidere la genesi della vera conoscenza col processo della reminiscenza detBe Idee, di cui l'anima è capace perohé originariamente le ha vedute e, nascendo; ne ha smarrito il ricordo (cfr. Anamnesi). _ c) Aristotele presenta, nel trattato Sull'anima, la più puntuale disamina di questa problematica, mostrando come il processo conoscitivo cominci dai sensi e dalla sensazione, come da questa derivi la fantasia, la memoria e l'esperienza, e, quindi, come ad opera detll'intelletto si giunga alla conoscenza intellettiva, che è un coglimento de1la forma intelligibile. L'intero processo conoscitivo è poi interpretato da1lo Stagirita sulla base dei concetti-chiave di potenza e atto (Il, 473-481 ). _ d) Epicuro toma a spiegare la genesi della conoscenza, sia sensibile che intellettiva, in chiave materialistica con la dottrina dei simulacri, ossia degli effluvi atomici, che da tutte le cose si espandono con moto veloce quanto il pensiero, e, penetrando in noi, producono sia il sentire che il pensare (III, 223 sgg.). - e) La Stoa spiega la genesi del conoscere, da un lato, con i concetti di impressione oppure di alterazione (fisica) che le cose producono nell'anima, e, dall'altro, con il concetto di assenso che dipende dalla ragione e che si aggiunge all'impressione sensoriale, come spieghiamo in III, 326-332. _ f) Una assai interessante .interpretazione in chiave spiritualistica deLla genesi di tutta quanta la conoscenza, compresa quella sensibile, è quella di Plotino. La sensazione, come affezione corporea, è spiegata col concetto di simpatia; come momento c<;moscitivo, invece, è spiegata come attività dell'anima stessa che coglie le forme sensibili attivamente irraggiandole, come spieghiamo in IV, 582 sgg. Tutte .le fasi della conoscenza sono per Plotino attività dell'anima e l'anamnesi è il riaffiorare della coscienza dell'aggancio che ogni anima ha strutturalmente con lo Spirito (IV, 584 sgg.). H processo conoscitivo, infine, è, ad un tempo, compiuto e trasceso nell'estasi (dr. voce). 2) Per quanto concerne i,} secondo dei problemi sopra indicati, è da rilevare ohe chiedersi quale sia la natura od essenza della attività conoscitiva, si'gnifica chiedersi in che cosa esattamente essa si distingua da rotte quante le altre attività. La risposta a questo problema è, in ultima analisi, identica itn tutto l'arco del pensiero antico, anche se formulata e riproposta in modo diverso. La essenza del conoscere consiste in una sorta di incontro e di congiun-
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CONOSCENZA
gimento del simile (che è in noi) con il simile (che è fuori di noi), o, addirittura, di identificazione o di assimilazione del pensiero e della realtà. _ a) Ghe Ja conoscenza sia un incontro di simile con simile è detto già da Empedocle (I, 157 sg.), e anzi, già da Parmenide, là dove dice che il cadavere sente ciò che, come lui, è freddo e tenebra (I, 130). _ b) L'assioma ddla idendtà fra pensare ed essere è formulata, ancora una volta, da Parmenide nei frr. 3 e 8 (I, 122), e poi, in maniera paradigmatica, è sviluppato da Platone nella Repubblica, dove si p<>ne la perfetta corrispondenza fra i gradi della conoscenza e i gradi dell'essere (cfr. testo ed esegesi in II,197-200). _ c) Le riflessioni più approfondite sulla natura del processo conoscitivo si trovano però in Aristotele. L'essenza del conoscere sta nel farsi simile, nell'assimilazione. La conoscenza sensibi·le è una assimilazione della forma sensibile senza la materia; la conoscenza intelilettiva, analogamente, è una assimilazione delle fo1.1me intelJigibiH ad opera del nous (II, 474 e 477). _ d) Anche nel contesto della gnoseologia epicurea viene riproposta questa stessa tesi, ·sia pure in chiave materialistico-sensistica. Le rappresentazioni sono simili alle cose, perché prodotte dagli effluvi che sono simili alle cose (III, 223 sgg.; si legga l'Epistola ad Erodoto, 48 sgg.). _ e) A•nche la Stoa non ·si ahlontana da questa posizione dato ohe la conoscenza è l'azione che sull'anima producono le cose, le quali vi lasciano una impronta (a ioro simile) o alterazione del tutto corrispondente, e l'assenso non è altro ohe un dir di sl all'evidenza che è l'impressione stessa delle cose in noi (III, 326 sgg.). _ f) In età ~mperiale -l'assimilazione conoscitiva si sv1luppa addirittura nel senso della identificazione mistica (cfr. Estasi). 3) Per quanto concerne, infine, il problema della validità deLla conoscenza, i ·filosofi greci, con la sola eccezione di alouni Sofisti e soprattutoto degli Scettici, concoroano nel rispondere in maniera decisamente positiva. La conoscenza umana è oggettiva e coglie le cose così come sono. Anzi, qualcuno ha accusato i Greci addi·rittura di oggettivismo, ossia di acritica fiducia nella possibilità dell'uomo di conoscere la realtà oggettivamente. Ma queste critiche sono condizionate dall'opposta ottica dello gnoseologismo proprio della filosofia moderna. Bisogna però rilevare che non a tutte le forme di conoscenza e non nello stesso modo i filosofi greci attribuiscono il valore di oggettività, ossia di verità. Già i filosofi presocratici svalutano la doxa e da conoscenza dei sensi (l, 80; 141; 146). Platone traccia la celebre tavola delle fo1.1me di conoscenza e dei relativi gradi di validità (II, 200). Aristotele, oltre alla conoscenza intellettiva, sostiene la validità oggettiva della conoscenza sensibile, affermando l'infallibilità della sensazione, nel
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senso che indichiamo in II, 475 sg. Una difesa, addirittura dogmatica, dedola validità del conoscere è fatta dagli Epicurei e dagli Stoici, per i motivi che illustriamo in III, 179 sgg.; 326 sgg. Per le critiche scettiche dr. III, 479 sgg.; 487 sgg.; 501 sgg.; 512 sg. e IV, 156 sgg.; 172 sgg.; 185 sgg.; 196 sgg. La nascita della prospettiva fenomenistica, non coincide con la nascita de1lo scetticismo primitivo, che può essere riletto come una forma di fenomenismo assoluto, ossia ontologico e metafisico (dr. III, 480 sgg. e voce Fenomenismo), ma soprattutto con lo scetticismo empirico, secondo il quale noi non conosciamo l'oggetto, bensì le nostre affezioni o modificazioni, e fra iol primo e de seconde è presupposta una strutturale alterità (IV, 196 sgg.). Ma è da rilevare che la tesi secondo cui noi conosciamo solo le nostre affezioni e non le cose in sé, e ohe fra le une e le aJ.tre vi è una ineliminabiole divaricazione, resta, fondamentalmente, una prerogativa della scuola scettica (cfr., peraltro, una cu·riosa anticipazione nei Cirenaici, I, 409), qui!ndi una vistosa eccezione nella storia dci pensiero greco. C O N SEGUE N T E, cfr. quanto precisiamo alla voce Conclusione. CONSENSO UNIVERSALE (consensus gentium) J,l consenso di tutti gli uomini come criterio di verità si trova per la prima volta esplicitamente ternatizzato e sistematicamente espresso in Aristotele. La filosofia naturalista dei Presocratici non solo, in genere, non ha apprezzato il consenso degli uomini, ma lo ha svuotato di qualsiasi valenza veritativa, dichiarando le opinioni degli uomini strutturalmente fa:llaci, come in maniera paradigmatica si legge nel poema parmenideo e nello scritto melissiano (I, 121 e I, 146 sgg.). Anche Socrate e Platone, contrapponendo aJ.l'opinione dei più la conoscenza di quell'uno solo che sa (o di quei pochi che sanno), mantengono quell'atteggiamento paradossale cosl drasticamente espresso dagli Eleati. Tuttavia,Ja maieutica socratica e l'anamnesi platonica, supponendo, in qualche misura, ne1l'animo degli uomini ~a presenza della verità o di una traccia di essa, gettano le basi per una rivalutazione del consenso degli uomini, almeno in modo implicito. Aristotele invece, pal'tendo dalla convinzione ohe gli uomini sono sempre esistiti e ohe a doli peroono tutto il loro sapere in seguito a catastrofi naturali di enormi proporzioni, ma che non lo perdono mai completamente e conservano sempre qualche reliquia di verità, intende il consenso di tutti gli uomini come il permanere di qualcuno di quei frammenti di verità (dr. i documenti nella nostra edizione del Trattato sul Cosmo, pp. 247-249). Nella Etica Nicomachea, poi, egli
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CONSEGUENTE/CONTINGENTE
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scrive espressamente: <
CONSIGLIO, Buon, dr. EubouHa. CONSUETUDINE (crv"II"I')DE~a) Intesa come regola empirica a cui si attengono i più, la consuetudine è accolta da Sesto Empirico come uno dei criteri del comportamento etico, per le ragioni che spieghiamo in IV, 202 sgg. Si veda, però, il ruolo che essa gioca già nell'etica della situazione di Gorgia (1, 253). C O NTEM PLA Z IONE (DEwpLa) Allo studio di questo concetto, che costtt'lllsce uno dei cardini del pensiero antico e addirittura la sua cifra più ·tipica, dedichiamo gran parte dell'Appendice II al volume I, dove mostriamo come, da atteggiamento conoscitivo e morale de1l'uomo, diventi, a poco a poco, addirittura forza ed energia ontogonica nel neoplatonismo (ofr. anche IV, 612 sgg.). CONTINGENTE, CONTINGENZA Contingente è ciò che non è necessario. Il termine greco corrispondente è èv5Ex6~vov, che, propriamente, significa ciò che può essere ma anche non essere. Tuttavia, il teimine contingente, soprattutto nel contesto della fìlosofia medievale, è venuto ad assumere una specifica valenza che, ria1lacciandosi al teorema della creazione, porta decisamente aJ di là degli orizzonti della filosofia greca. Contingente in questo senso forte è ogni creatura rispetto al creatore, ossia tutto ciò che ha l'essere per partecipazione, e che, quindi, strutturalmente può non essere. Mancando del concetto di creazione come frutto di un atto di libertà e come dono gratuito, i Greci concepirono l'essere sotto il segno della necessità, sia l'essere come principio, sia ili. derivare delle cose dal principio (cfr. Ananke), e quindi lasciarono uno spazio minimo aJ contingente. In ultima analisi, per Aristotele, il contingente si riduce all'accidentale (cfr. Metafisica, E 2-3). Nel sistema degli Stoici, poi, alJa contingenza è tolto ogni effettivo spazio, perché tut-
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to è sotto il segno della Heimarméne, ossia del Fato. Anche nella filosofia di PJotino non c'è posto per iJ. contingente, perohé, se è vero che in essa per la prima volta l'Assoluto come tale è posto sotto il segno deLla libertà, è altrettanto vero che la processione di tutte le cose dall'Uno è posta sotto il segno dclla necessità (cfr. Processione). CONTINUO (CTWEX1Jc;) È cosl definito da Aristotele: «Continuo è un certo tipo di contiguità. E si pat~la di continuo quando i termini con cui le cose si toccano e si continuano diventino un medesimo ed unico termine: pertanto è evidente che il continuo ha luogo in queLle cose che per via di contatto possono produrre una unità naturale » (Metafisica, K 12, 1069 a 5 sgg.; cfr. Fisica, E 3, 227 a 20 sgg.; si veda anche quanto Aristotele dice in Fisica, Z l, passim). In particolare si ponga mente alla seguente notazione ohe serve di complemento alla definizione detta sopra: «è ohiaro che ogni continuo è divisibile in parti che siano sempre divisibiJi; giacché, se fosse divis~bhle in parti indivisibili, si verificherebbe un contatto di un indivisib~le con un indivisibile [ ... ] » (Fisica, Z l, 231 b 15 sgg.). _ La dottrina del continuo cosl inteso sta a fondamento della fisica stoica. Inoltre, la dottrina della commistione totale e quella del t6nos (cfr. voci) sono le due più significative dottrine connesse alila problematica dd continuo pr
CONTRADDIZIONE, Principio di contraddizione, Principio di non contraddizione È il principio implicitamente operante già nella filosofia ionica e già portato a livello pressoché esplicito nel poema di Parmenide, in particolare nei vv. 15 sg. del fr. 8: « Il giudizio intorno a queste cose
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CONTINUO/ CONTRARIETÀ
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in ciò si riassume: è o non è ,. (I, 123 sg.). In Parmenide il principio,. pur essendo applicato prevalentemente nella sua valenza ontologica,. risulta chiaramente condizionare il pensiero e il discorso, come si ricava dal seguente frammento: « Si è quindi stabilito per forza di necessità, che una de1le vie (que1la dd non-essere) si deve lasciare, perché impensabile e inesprimibile (non è infatti la via del vero) e che l'altra (quella dell'essere) è, ed è vera» (vv. 16 sgg.). Aristotele, oltre le implicanze ontologiche, svi1~.~~ppa ed approfond~sce anohe tutte le implicanze logiche e gnoseologiche, in particolar modo nel libro r deLla Metafisica, (capp. 3-6). Il principio può formularsi cosi: «È impossibile che la medesima cosa (un medesimo attr~buto) appartenga e· non appartenga ad una medesima cosa, nello stesso tempo e secondo• il medesimo rispetto » (cfr. r 3 ). Aristotele di questo prindpio precisa che è il più sicuro, il più noto e il più ·vero, ossia vero di verità intuitiva: <<E il principio più sicuro di tutti è quello intorno al quale è impossibile cadere in errore: questo principio deve essere if prindpio più noto (infatti, tutti cadono in errore circa le cose che· non sono note) e deve essere un prindpio non ipotetico, giacché quel' prindpio che di necessità deve possedere colui che voglia conoscere· qualsivoglia cosa non può essere una pura ipotesi, e ciò che necessariamente deve conoscere chi voglia conoscere qualsivoglia cosa deve giàessere posseduto prima che si apprenda qualsiasi cosa. È evidente,. dunque, che questo principio è il più evidente di tutti » (r 3, 1005 b 11-18). Di questo principio non è possibile dimostrazione, dato che ogni dimostrazione lo presuppone, ma solo una sorta di mostrazione dialettica, l'élenchos, che è una specie di confutazione di chi tentasse di negare il principio. Aristotele ritiene che nell'eraclitismo e nella sofistica sia implicita la negazione del principio di non-contraddizione eil suo élenchos si rivolge, di conseguenza, contro i sostenitori di queste dottrine. È però da rilevare che solo gli Scettici si possono considerare· come veri negatori del principio, sostenendo essi che l'essere è indeterminato, indifferenziato e confuso, e, di conseguenza, che di ogni cosa si può dire è e non è, oppure né è né non è, oppure ancora non è più essere che non essere (cfr. III, 474-479; IV, 175 sgg.). C O N T R A R I E T A (t"Va'II-.~6-.T]c;, contrarietas)
Per Aristotele 1a contrarietà è una delle forme di oppostztone,. meno radicale de1la contraddizione, in quanto ammette termini intermedi. (I termini intermedi fra i contrari sono dello stesso genere dei contrari e composti dai contrari stessi, come ad esempio il grigio che è intermedio fra i contrari bianco e nero, ed è, come questi,.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
un colore, e per di più è composto dall'uno e dall'altro dei contrari). Cfr. Opposizione e Contraddizione. CONVERSIONE Indica, secondo PJatone, l'atto del volgersi dell'anima dal mondo sensibile al mondo inteUigibile ed in particolare all'Idea del Bene. La conoscenza (ila dialettica) cosi come l'educazione filoSofica, per Platone, hanno la precisa valenza etica di conversione, come si precisa neLla Repubblica, vu, 518 c-
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'CONVERSIONE/CORRUZIONE
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trappone al demone-anima che in esso è gettato come in una prigione), e, dall'altro, attraverso iJ messaggio socratico (ohe identifica nella psyché l'essenza dell'uomo, concependo questa come ciò èhe comanda il corpo e di esso si avvale). Proprio in conseguenza dalla dottrina orfica e di quella socratica, si sono sviJluppate in vario modo fra i fi. losofi greci tre concezioni fondamentali: a) quetla del corpo come car·cere e tomba dell'anima; b) quelJa del crupo come strumento al servizio deil'arùma; c) quella del corpo come potenzialità (materia) di cui l'anima è atto ed entelechia. _ a) La prima concezione, oltre che nei documenti orfici e pitagorici, si trova in Platone dal Gorgia in poi (Il, 245 sgg.), nel primo Aristotele (Il, 396 sgg.) e poi nella tarda tradizione platonica (IV, passim). _ b) La seconda è propria di Socrate, ma è ampiamente operante (accanto alla prima) anche in Platone e nel platonismo: il documento più significativo a riguardo è l'Alcibiade Maggiore. _ c) La terza è propria di Aristotele (cfr. II, 466 sgg.), il quale, però, talora ribadisce anche la seconda (Il, 494 sg.). La svalutazione del corpo è legata solo alla prima concezione ed ha fondamenta religioso-misteriche, più che non filosofiche (Il, 245 sgg.). 2) L'accezione antologica del concetto di corpo emerge in primo piano soprattutto in età etllenistica, nella quale diventa un dogma l'equazione esserecorpo, nelJe due fondamentali versioni: a) quella epicurea, di carattere meccanicistico e b) quella stoica, di carattere opposto (dr. III, 195 sgg. e 352 sgg.; 355 sgg.). Come la coscienza della corporeità dell'uomo consegue alla scoperta della psyché, o, quantomeno, la suppone come termine nei confronti dal quale si attua, cosl la riduzione ellenistica dell'essere al corpo suppone la platonica scoperta del soprasensibile e si definisce proprio in polemica contro questa. Infine, è da rilevare ohe il neopJatonismo tenta una deduzione radicale del corpo dalla forma (IV, 570 sg.). CORPOREISMO
Il corporeismo è quella èoncezione che riduce tutto l'essere a corpo, come ad esempio l'atomismo, specie nella versione epicurea (III, 164 sgg.; 195 sgg.), e, soprattutto, lo stoicismo, che porta la riduzione in parola alle estreme conseguenze (cfr. III, 352 sgg.; 355 sgg.). CORRUZIONE (q>Dopli) È, per Aristotele, insieme alla generazione, la forma di mutamento che ha luogo secondo la categoria della sostanza. Essa consiste nel dis8olversi della sostanza, vale a dire nella perdita detla forma da parte della materia (Il, 454 sg.). Cfr. Morte.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
O"WE(liTJCTt.ç, sensus sui, conscientia) Parlare del concetto di coscienza nel pensiero .greco risulta particolarmente diffidle. Intanto, iJ termine deriva dal latino conscientia, che già Cicerone usa, ma che emerge a livello tematico soprattutto in Seneca (IV, 87 sgg.). I termini greci che in qualche modo esprimono da coscienza sono quelli di sjnesis e syneidesis. Ma per lo più si rileva che, in realtà, il Greco non è giunto, se non molto tardi, e precisamente con Plotino, ad elaborare un concetto di coscienza come consapevolezza insieme morale ed intellettuale, come consapevolezza della propria unicità rispetto alle altre cose e dedla propria superiorità sulle medesime, come capacità di raccogliersi in sé e trovare di qui l'accesso al divino, come pura interiorità. Questo è senza dubbio vero, ma è da rilevare, ad un tempo, che nella fi.Josofia olassica si sono guadagnate ·le tappe essenziali senza de quali difficilmente si sarebbe giunti a tale conquista. Ecco le principali. l) La scoperta socratica dell'uomo come psyché è il primo momento essenziale (1, 300 sgg.). 2) Il concetto platonico di « uomo interiore » ( b tvtòc; livDpt.moc;) e della Città vera ohe si realizza, appunto, nell'uomo j.nteriore, che viene svolto nella Repubblica, IX, 589 a sgg. (cfr. II, 329 sgg.) 3) Il concetto deld'io come nous, ribadito da Aristotele (Il, 495 ). 4) Già l'antica Stoa parla di sjnesis e di syneidesis; ma è soprattutto nell'ambito del neostoicismo che emerge il concetto di coscienza, non solo in Seneca, come s'è detto, ma anohe in Epitteto e in Marco Aurelio (IV, 139 sgg.). 5) Per Plotirno cfr. IV, 596 sgg. e la chiara sintesi di P. Prini, Platino e la genesi dell'umanesimo interiore, Roma 1968.
C O S C I E N Z A ( aUVECTt.ç,
COSMO (x6ap.oc;) lt1 ·termine cosmo significa propriamente ordine ed è passato a
designare .iJ. mondo soprattutto ad opera dei Pitagorici, i quali, in grazia della Joro ontologia del numero, inte11pretarono id mondo appunto come ordine, in quanto è l'armonia ed il numero che tiene insieme il tutto e lo fa essere quale è (cfr. I, 97 sg.). A consolidare la concezione del mondo come cosmo, contribuirono, già neld'ambito dei Presocratici, il concetto delda Intelligenza come principio, sia nella versione di Anassagora sia in quella di Diogene di Apollonia, e la conseguente nascita del concetto di finalismo (1, 167 sgg.; 190 sgg.). La successi'Va reinte11pretazione del cosmo data da Rlatone, come opera di un Demiurgo che agisce mosso dal bene e quella di Aristotele che presenta il mondo come pervaso dal desiderio de1l'ottimo e come « sospeso » alla sostanza prima e perfetta che ·tutto attrae come « oggetto di desiderio», ridanno la cifra più tipica del pensiero greco in materia. Ecco una pagina che esemplifica perfettamente questo sentire squi·
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COSCIENZA/COS~OLOGIA
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sitamente ellenico, stralciata dal Trattato sul cosmo, attribuito ad Aristotele: << Cosi, dunque, una armonia unica, mediante la mescolanza dei principi contrari, ha organizzato la costituzione deLla totalità delle cose, ossia del cielo e della terra e di tutto quanto il cosmo. Mescolando il secco all'umido, il leggero al pesante, il retto al curvo, una unica forza, penetrando attraverso tutte le cose, ha ordinato tutta quanta Ja terra e i·l mare, l'etere, il sole, la luna e tutto il cielo, costruendo l'intero cosmo partendo da elementi non mescolati e differenti, cioè dall'aria dalla terra dal fuoco e dall'acqua, abbracciandoli in un'unica superficie sferica costringendo le .più opposte nature rinchiuse in esso ad accordarsi tra di loro e traendo da tutti questi la consewazione dell'universo. E Ia causa di questa conservazione è l'accordo degli elementi, e la causa dell'accordo è l'equilibrio e il fatto che nessuno di essi supera l'altro in potenza: infatti iJ pesante ed il leggero, il freddo e iii caJdo si bilanciano redprocamente, e la natura ci insegna, riguardo alile cose più grandi, che l'uguaglianza è ciò che mantiene la concordia, e che la concordia è ciò che mantiene iJ cosmo, ohe è il generatore di ·tutte le cose ed è supel'lativamente beJlo » (5, 396 b 23 - 397 a 5). Anche Plotino difende strenuamente la positività del cosmo fisico (IV, 571 sgg.) contro il pessimismo che si dHfonde nella tarda antichità. La visione del mondo come ordine, costituisce uno dei messaggi più beNi della grecità, un guadagno irreversibile nella storia spirituale dell'Occidente. - In accezione metafisica -<< cosmo intelligibile » indica la struttura gerarchica e perfettamente ol'dinata del mondo delle Idee ..L'espressione entra in uso soprattutto a partire da Filone di Alessandria (IV·, 289 sgg.). COSMOGONIA ~ la concezione mitologica della genesi del cosmo, coincidente in larga misura con la teogonia, per le ragioni indicate in I, 47 sgg. COSMOLOGIA ~ la dottrina che spiega la genesi, la costituzione e la natura del -cosmo (dr. voce). Lasciando le questioni e le valenze puramente scienti.fiche della cosmologia, che non sono a tema in questa nostra opera, <:i i·nteressa rilevare il ruolo che il discorso cosmologico come tale ha nell'ambito del pensiero greco. Ad eccezione del momento sofisticosocratico e di quello scettico, si può dire che tut·ta la speculazione gre-ca è, in varia misura, condizionata _ talora in modo anche massiccio - proprio dal problema cosmoJogico. Si può anzi dire che, in ultima analisi, quasi tutti i problemi sono stati visti dal Greco nell'ottica di una ricerca che suppone, a monte o a valle, il concetto di cosmo.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
COSMOPOLJTI SMO Consiste nella concezione, che fa segui.to alla ·rottura dell'antico éthos della polis, del cosmo intero come una grande polis. L'idea si fa strada, dapprima, nei Sofìsti (l, 226 sg.) e nei Socratici minori (1, 416 sg.); successivamente trova la sua formulazione più piena nell'etica stoica, dove si fonda teoreticamente sulla estensione dell' oikeiosis a tutto iJ genere umano, come spieghiamo in III, 421 sgg. Diventa. poi, per influsso del Portico, una concezione comune alle varie scuole nell'età imperiale. COSTITUZIONE, cfr. Governo, forme di. CRASI (xpacnç) Nella medicina ippocratea è la mescolanza dei quattro umori fondamentali che determina il temperamento (IV, 189 sg.).
C R E A Z I O N E (1tOLTJCTI.<;, creatio) Questo concetto, assente nella speculazione dei Greci, costitui~e un apporto specifico della filosofia di Filone di Alessandria che lo· trae dalla Bibbia e lo esprime in termini filosofici come quell'azione divina che produce le cose dal non-essere all'essere (IV, 282 sg.). La creazione è poi considerata come un dono, una grazia di Dio (IV, 283 ). - Il concetto riappare nel pensiero di Ammonio Sacca, riassorbito 1però in un contesto filosofico di impianto platonico (IV, 466). - Il concetto di creazione ha indubbiamente stimolato anche Plotino nella formulazione della teoria della Processione (cfr. voce), in cui, però, tornano a prevalere gli elementi greci (in particolare l'idea di necessità). - Improbabile è (contrariamente a quanto qualcuno sostiene) la presenza ded concetto in Porfirio (IV, 632 sg.). CREDENZA, cfr. Pistis. CREMiA. T I S T I C A ( XPTJIJ.CX:nCT"tLXTJ) È, per Aristotele, l'arte di procacciarsi le ricchezze (Il, 528 sg.)_ CRITERI O (xp~-r-i)pLov) La dottrina del criterio è il corrispettivo stoico della dottrina epicurea del canone (cfr. voce); cfr. testi ed esegesi in III, 326 sgg. La definizione che gli Stoici ne danno è la seguente: «il criterio della. verità è la rappresentazione catalettica» (cfr. 'Von Arnim, S. V.F., II,. frr. 105-121). CUOR E (xa.pof.a) NeLla filosofia antica, il concetto di cuore ha una rilevanza di ca-
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COSMOPOLITISMO/DEFINIZIONE
rattere fisiologico e non filosofico. In Empedocle, ad esempio, è identificato, insìeme al sangue, con l'organo del pensiero (l, i57); in Aristotede con l'organo del sentire (Le parti degli animali, B 10, 656 a 27 sgg.). ~ Tutt'altra rilevanza il concetto di cuore ha non solo nella antropologia biblica, dove risulta centrale, ma anche nella concezione greca prefilosofica, come ad esempio in Omero (cfr. J. Boehme, Die Seele und das Ich im homerischen Epos, Berlin-Lcipzig 1929, pp. 63 sgg.).
D D A I M O N I O N (-tò lìa.I.IJ.bv~o\1) ~ iJ «segno divino» che Socrate asseriva di sentire, in partico-lari circostanze, dentro di sé. Sul significato del daim6nion cfr. testi ed esegesi in I, 346-352. DECISIONE, dr. Scelta. D E C L I N AZ J. O N E (1ta.pÉyx)..~cr~<;. clinamen) ~ un concetto che esprime una delle più significative novità introdotte dagli Epicurei nel sistema dell'antico atomismo: si tra.tta dell'ammissione di « uno spostamento minimo » totalmente casuale ed· eslege degli atomi dalla loro linea di. caduta (III, 207). A divello ontalogico tale « deviazione » serve a spiegare .la possibilità della collisione e l'aggregazione degli atomi stessi. A liveill.o antropologico-morale, invece, serve a render conto della possibilità della Hbertà umana, chein un sistema totalmente regolato dalla necessità non troverebbe spazio alcuno (cfr. testi ed approfondimenti in III, 207 sgg.). D E D U Z I O N E (ou)..)..oy~O"(l6<;, deductio) ~ l'atto con cui il pensiero da verità universali ricava verità particolari: per Aristotele si realizza in maniera perfet.ta nd. sillogismo(cfr. voce e II, 560 ). La deduzione è un procedimento opposto allainduzione, e tuttavia la presuppone (cfr. Induzione). D E F I N I Z I O N E ( 6p~O"(l6<;, definitio) . La definizione è, secondo Aristotele, il discorso che esprime l'essenza di una cosa mediante il genere prossimo e la differenza specifica (Il, 550 sg.). Ecco il passo in cui lo Stagirita illustra la definizio-: ne nel modo più chiaro: « [ ... ] tutto ciò che è contenuto nella defini-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
·zione deve costttmre una unità: infatti la definizione è una nozione .che ha carattere di unità e che si riferisce alla sostanza; pertanto essa -deve essere enunciazione di alcunché di uno: la sostanza, infatti, significa alcunché di uno e alcunché di determinato. Orbene, occorre esaminare, prindpalmente, le definizioni ohe si ottengono per via di divisione. E nella definizione non è contenuto nient'altro all'infuori .del genere che è detto primo e delle differenze. Gli altri termini so:no tutti quanti genere: tanto il genere primo, qu8!nto le successive ·differenze che 'Vengono considerate insieme ad esso: per esempio, genere primo è l'animale, quello che segue è animale-bipede e quello che viene dopo ancora è animale-bipede-senza-ali; e similmente si procederebbe anche quando ci fosse un numero maggiore di termini. E, in generale, non importa che i termini siano in numero grande o piccolo, né che si tratti di pochi termini o di due soltanto; se i termini sono -solo due, l'uno è la differenza e l'altro è il genere: nell'esempio di animale bipede, l'animale è genere, bipede è la differenza» (Metafisica, Z 12, 1037 h 24 sgg.). Questa dottrina aristotelica è stata largamente preparata dal metodo socratico (I, 369 sgg.), nonché dalla dia.lettica e dalla divisione diairetica di Platone (cfr. Diairesi e II,200sgg.). D E I F l C A Z I O N E (Mwotç, &EwDijv«L, deificatio) In senso specifico il -termine esprime l'identificazione dell'uomo e dell'anima umana con Dio. È una concezione largamente preparata dalla dottrina platonica e medioplatonica della virtù intesa come atto di .assimilazione al divino e comune a molti filosofi dell'età imperiale. a) Ispira profondamente la filosofia neopitagorica, secondo la quale il precipuo fine dell'etica è esattamente quello di diventare Dio (IV, 408); cfr. anche la posizione di Numenio al riguardo, in IV, 426. -b) Nella filosofia er,netica 1'« indiamento » è ritenuto .poss1bile prima ancora della mor.te fisica, ed è comunque l'esito supremo della vita morale (IV, 442 ·sg.). _ c) Anche in Plotino e nei Neoplatonici coincide con l'unione mistico-estatica con l'Assoluto. - d) Fra tutti questi pensatori, Filone assume una posizione particolare; in Jui, a differenza che in tutti gli altri, l'unione con Dio non è propriamente una deificazione dell'uomo, ma un darsi di Dio come dono all'uomo (IV, 306). -e) Echi di questa dottrina sono pr.esenti, come gli studi recenti hanno messo in luce, anche in Alessandro di Afrod1sia, sia pure secondo una angolanura del tut·to particolare (cfr. IV, 48 sgg.). DELIBBRAZIONIE, dr. Scelta. DEMAGOGIA, dr. Governo, forme di.
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DEIFICAZIONE/ DEMOCRAZIA
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D E M I U R G O (liTJJ.l.~ovpy6c;) H termine significa artefice e, con Pbtone, è diventato tecnico per indicare il Dio artefice del mondo. Il Demiul.'go è causa intelligente e volente, che, guardando al mondo delle Idee come a paradigma ideale, plasma, sul modetlolo di questo, una chora o materia informe e caotica, e produce, in tal modo, il mondo come ordine. La ragione che muove il Demiurgo ad agi·re è il bene. Il Demiurgo è inferiore gerarchicamen. te alle Idee e da esse dipende, mentre è superiore all'anima del cosmo e alle altre anime, perché le produce. Il Demiurgo produce anche Dei inferiori con il compito di foggiare le parti corruttibili dell'uomo e dell'Universo (Il, 173-186). Egli svolge un ruolo quasi di intermediario fra il mondo delle Idee e il sensibile (Il, 173 sgg.). Le Idee sono il Divino (theion) impersonale, il Demiurgo è il Dio (the6s) personale (Il, 18-1 sgg. ). Aristotele, in quanto intende iJ cosmo come ingenerato, non ha bisogno dehla figura del Demi~o. Nella ste55a Prima Accademia, a motivo della impostazione fortemente matematizzante ddl'ontologia, la dottrina del Demiu1:1go cade in ombra (III, 111 sg.). Per contro, col rinascere del platonismo nell'età imperiale, la questione del Demiurgo tol"na ad essere centrale. La geral"Chia platonica del soprasensibile viene modificata su1la base dei guadagni aristotelici come segue. Al vertice vien posto non l'impersonale intelligibile bensl una lnte1ligenza suprema (=Primo Dio), e il Demiurgo diventa la seconda intelligenza o intelligenza delJ' anima del mondo. È questa seconda intelligenza («risvegliata» dal ·Padre o prima Intelligenza) che ordina il cosmo (IV, 342 sg.). Analoga è la posizione di Numenio, per il quale il Demimgo è il Secondo Dio (IV, 416 sgg.). Nei Neoplatonici, a partire da Piotino, la dottrina del Demiurgo assume una rilevanza e un significato piuttosto ristretti, giacché il concetto di processione modifica strutturaLmente i teMlini della problematica della produzione del mondo. Per certi aspetti il Demiurgo è il Nous, ma, nella sostanza, il Demiurgo è l'Anima (IV, 546 sgg.; 572). Anzi, la vera attività creatrice, in Plotino, diventa la contemplazione (IV, 612 sgg.). Di conseguenza, da problematica del Demiurgo, nella successiva storia del neoplatonismo, assume valenze che notevolmente si allontanano dalla originaria dottrina platonica, inserendosi nel sempre più complesso processo di deduzione delle ipostasi dall'Assoluto, e nel sempre più intricato moltiplicarsi dei momenti triadici del medesimo (dr., ad esempio, Amelio, IV, 626 sg. e Teodoro di Asine, lV, 655).
DEMOCRAZIA, dr. Governo, forme di.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
D E M O N E (Stti.!J.Wv)
Per i Greci il Demone è un essere intermedio fra il Divino e l'umano, con funzione di mediazione fra le due sfere. È una creazione del.Ja fede popolare, ma è sussunto anche nell'ambito della filosofia greca, con opportune rielaborazioni, non solo per esigenze religiose, ma anche ontalogiche ed etiche. _ Ricordiamo, in particolare, il grande rhlievo che il Demone ha nella religione orfica, dove si identifica con l'anima che subisce la prigionia del corpo in seguito ad una colpa, ma che dal corpo tende a liberarsi: una dottrina, questa, che esercita un largo influsso su alcuni Presocratici e soprattutto su Platone e su tutto il successivo platonismo (cfr. I, Appendice I, passim). - In Platone, una particolare importanza assume il Demone Eros, figlio di Penia e di Poros, che impet5ona la forza sintetica e mediatrice capau di elevare l'uomo dal sensibile verso il soprasensibile (Il, 263 sgg.). - In Senocrate la figura del Demone viene approfondita in modo specifico. Egli considera i Demoni come anime liberate dal corpo, le quali, tuttavia, mantengono alcune caratteristiche morali dehla vita terrena. In particolare, tutte le vicende attribuite dalla tradizione agli Dei popolari, sarebbero in realtà da riferirsi ai Demoni. La demonologia di Senocrate assume un triplice significato: religioso, in quanto il Demone 5i occupa dei rapporti fra Dio e l'uomo; psicologico, in quanto essi sono in origine delle anime; ed etico, in quanto perpetruano nel mondo celeste il conflitto fra bene e male (III, 113 sg.). - È da notare che la demonologia ha un ruolo non indifferente anche nella dottrina del Portico: gli Stoici, infatti, considerano i Demoni come esseri che hanno affetti e sentimenti comuni all'umanità e vigilano sul corso delle umane vicende (III, 365). _ In seguito, molti filosofi, segnatamente nell'ultima fase del pensiero greco, pur appartenendo a scuole diven>e, ovviamente influenzati dal rinato platonismo, chiamano Demone l'anima intellettiva (cfr., ad esempio, Marco Aurelio, IV, 135 sg. e Dione Crisostomo, IV, 226). I Demoni assumono connotazioni più specifiche nella filosofia neopitagorica (IV, 404 e 407) e medioplatonica (IV, 352 sgg.). Rlutarco, ad esempio, li distingue in due grandi classi: quelli che non hanno mai avuto commercio coi corpi (ohe costituiscono la specie più elevata) e quelli che hanno avuto commercio col corpo, che non sono altro che anime che si sono liberate dai corpi (IV, 353). La funzione del Demone resta, però, sempre quella di mediare la sfera degli Dei, che non possono entrare in diretta comunicazione col sensibile, con quella degli uomini. È degno di menzione il fatto che ai Demoni sia data la possibHità di essere elevati al rango di Dei. Per altro verso, nei Demoni inferiori è ammessa addi-
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DEMONE/DIADE
rittura la possibilità (per esempio da Plutarco) della morte (IV, 354). - Anche Plotino ammette l'esistenza di Demoni. Essi risultano costituiti di materia intelligibile, che può permettere loro di assumere corpi aerei ed ignei .. Poiché in parte essi sono materiali (Plotino ritiene che abbiano affezioni e siano perfino dotati di voce) non partecipano del mondo dello Spirito, ma sono generati dahl'Anima dell'Universo, in funzione dei bisogni dell'Universo medesimo. In questo modo, il Demone assume un ruolo specifico nell'ambito della complessa attività della terza 1postasi, per ciò ohe concerne la sua attività di sostegno del mondo. In particolare Plotino sottolinea la funzione di una specie di Demoni, gli Erotes, che dipendono dalla potenza d'amore dell'anima nella sua aspirazione al bello (IV, 573, nota 32). Nel neoplatonismo post-plotiniano assistiamo ad una estensione della dottrina dei Demoni in senso metafisica, in quanto essi vengono inseriti nelJa complessa processione triadica. In Proclo, ad esempio, i Demoni, insieme agli Angeli e agli Eroi, costituiscono il secondo momento triadico dell'anima; IV, 676 (cfr. voci Angelo ed Eroe). D ES I D ERI O, cfr. Appetito; Eros; Passione. D ES T I N O, cfr. Heimarméne. DIADE (l.lv~) Il concetto di Diade di grande-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
l'autonomia ontologica della Diade, prima deducendola dalla stessa Monade, poi, ulteriormente, deducendola, insieme ad un uno inferiore, da un Uno superiore (IV, 402 sg.). _ Una complessa concezione della Diade è quella di Numenio, il quale cerca di fonderla con Ja dottrina ipostatica del medioplatonismo, ma in modo piuttosto aporetico (IV, 419 sgg.). _ La dottrina della Diade si ritrova anche in Plotino e nei Neoplatonici, ancorché non in primo piano. In Plotino, in particolare, la Diade è il primo prodotto dell'Uno, che si determina rivolgendosi all'Uno, e, in questo modo, dà luogo al mondo delle Idee e dello Spirito (IV, 528 sgg. e 540 sg.). D I A I RESI (oLa!pE
La Dialettica (da dia-léghein) è stata intesa nell'antichità in diverse accezioni, riducibili ad almeno sette. l) Zenone di Elea, considerato dagli Antichi il fondatore de1la Dialettica, la concepl come una metodica confutazione delle tesi dell'avversario, operata al fine di guadagnare la verità della propria tesi, mediante la dimostrazione della contraddittorietà della tesi opposta (una forma di dimostrazione per assurdo). Si Jegga i·l testo platonico riportato in I, 133 e si veda l'analisi dei singoli argomenti dialettici in I, 134-140. 2) La dialettica zenoniana, utilizzata come fine a se stessa soprattutto in ambiente sofistico o nella scuola megarica, diede origine all'eristica, o, se si preferisce, alla dialeHica come eristica (dr. voce). 3) In Socrate la dialettica diventa dia-logo, che si scand1sce nei due momenti dellla con-
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DIAIRESI/DIALOGO
futa:àone e della maieutica, giocati nella particolarissima chiave della ironia (cfr. voce). E poi da notare che la dialettica socratica si distingue pure per il suo fine prevalentemente etico-educativo (1, 355 sgg.). 4) In Platone la dialettica assume un significato, ad un tempo, metodologico-ontologico"metafisico, essendo intesa: a) come inferenza me/empirica, b) come metodo ascensivo e discensivo per cogliere i nessi fra le Idee, c) come lo stesso rapporto antologico che lega fra loro le. Idee e da cui quindi dipende H metodo (11,200-202). Si veda anche la ripresa di questi concetti in Plotino (IV, 490 sgg.). 5) In Aristotele coincide con l'analitica o logica del probabile, ossia con la trattazione del sillogismo dialettico (Il, 563 sgg.). E da notare che Aristotele teorizza anche la valenza della dialettica come élenchos o confutazione in modo chiarissimo (cfr. Confutazione). 6) Nella Stoa coincide con la pars potior della logica, che si divide, appunto, in dialettica e retorica (III, 323 sgg.). 7) Gli studiosi moderni hanno, poi, ritenuto possibile ritrovare nel pensiero antico anche ùa dialettica nella hegeliana scansione triadica, o55ia nella accezione di sintesi degli opposti. In tal senso, sia pure con molte restrizioni, si può parlare di dialettica in Eraclito, e, soprattutto, in Proclo, la cui legge della manenza-processione-ritorno, per riconoscimento dehlo stesso Hegel, prefìgura appunto la dialettica triadica di tesi, antitesi e sintesi (IV, 676 sg.).
D I A L LE L E (o li~liÀ.À.TJÀ.oc; 't"p61toc;) E quel ·tipo di dimostrazione erronea che, per dar conto della cosa ricercata, la presuppone nella ragione ste55a che adduce per spiegarla. _ E l'oggetto del quinto tropo di Agrippa (IV, 186). _ Il « Circolo vizioso » e la « Petizione di principio » sono forme di diaillele. D I A L O G O ( li~li:>.oyoc;) E il procedere per domande e risposte (dia-leghein) per ricercare la verità. Fu la caratteristica propria della dialettica socratica, in netta antitesi col monologo dei Sofisti. In Socrate, pur avendo una rigorosa struttura logica, fu un metodo fondamentalmente educati:vo, con forte carica morale (1, 356), avente lo scopo di mettere al vaglio l'anima per curarla attraverso il logos (cfr. Dialettica, Ironia, Maieutica, Confutazione). _ In Platone ed in alcuni Socratici minori, oltre che metodo divenne genere letterario. In particolare Platone, pur condividendo in linea di principio il giudizio negativo di Socrate sulla parola scritta, ritenuta incapace di tradurre l'autentico spirito filosofico, a differenza del maestro che non scrisse mai nulla, cercò attraverso il dialogo letterario di riprodurre l'essenza del metodo socratico e di far rifluire in esso tutta la fecondità della parola viva (Il, 13 sgg.). In
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
filosofia il dialogo divenne, dopo Platone, stanca imitazione, giacché, per sua natura, esso regge solo nella misura in cui risulti effettivamente permeato dall'autentico spirito socratico. Di fatto, sia il vivo dialogo socratico sia id platonico dialogo letterario costituiscono, nel loro genere, un unicum. D I A N O E T I C A, V i r t ù, cfr. Areté. D I A N O I A (S~civ01.a) Nel suo significato generico il termine vuoi dire ragione e pensiero, in opposizione all'esperienza e alla sensazione; nel suo significato forte e specifico, e quindi tecnico, significa ragione o pensiero discorsivo, vale a dire pensiero che procede per passaggi dis-correndo (dia-noein), ossia mediatamente e non immediatamente. In questo senso dia-noia si oppone a n6esis, pensiero intuitivo, immediato. Questo significato tecnico è stato fissato in modo tematico da Platone; dr. II, 199 sg. e le ulteriori precisazioni che ivi diamo. D I ATRI BA (81.11-.p~~i)) La diatriba è una forma letteraria codificata dai Cinici, consistente in una breve composizione, per lo più in forma dialogica, di carattere prevalentemente etico, dai toni spesso parodistici, mordaci e polemici. Sembra che risalga a Bione (cfr. III, 51 sg.). Gli scritti di Menippo sono stati presi a modello in materia (III, 52). - Spogliata della grinta cinica, la diatriba diviene un genere letterario molto diffuso soprattutto neLla tarda antichità. DICOTOMIA, Argomento della E il primo e il più importante degli argomenti di Zenone contro il movimento. Se ne veda tl'esposizione in I, 134.
D I FF'ER ENZA S PECI FI C.A È quella differenza che, determinando il genere, costituisce la specie. La differenza specifica ultima coincide con l'essenza stessa delle cose (II, 551 ). Si legga l'importante passo della Metafisica aristotelica che riportiamo alla voce Definizione, dove il concetto di differenza specifica è chiarito in maniera perfetta. D I K A I O S Y N E, cfr. Giustizia. DIMINUZIONE (q>Dta-~c;) Per Aristotele è, insieme all'aumento, la forma che assume il mutamento (cfr. voce) quando si riferisce alla categoria della quantità (Il, 455 ).
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DIANOETICA/DID-DIVINO
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D I M O S T R A Z I O N E ( a1t66E~;~ç. de.monstratio)
Così viene chiamato da Aristotele, negli Analitici Secondi, quel sillogismo, il quale alla correttezza formale unisce la verità delle premesse (cfr. II, 557 sgg.). Sul tema è fondamentale: M. Mignucci, L'argomentazione dimostrativa ìn Aristotele, Commento agli Analitici Se.condi, vol. r, Padova 1975. D I M OSTRAZ IONE PER ASSURDO, dr. Confutazione. DIO- DIVINO (llE6t;-llE~ov) Non è possibile intendere la concezione greca circa Dio, se non si comprende, prima di tutto, che hl concetto di Dio è, in tutti i pensatori, un momento del più ampio concetto di Divino (neutro). Ciò significa che il Divino è sempre inteso dal Greco come una pluralità strutturale e che la nostra concezione monoteistica di genesi biblica è in netta antitesi con quella greca. Per dare una visione sintetica che il più possibile rispecchl la complessa problematica al riguardo, è bene distinguere i seguenti punti: l) le note caratteristiche della natura del Divino; 2) i rapporti fra la natura di Dio-Divino e il cosmo; 3) i rapporti fra Dio e la natura dell'uomo; 4) i rapporti fra Dio e la legge morale; 5) i rapporti fra il problema di Dio e l'escatologia; 6) i rapporti fra Dio e la conoscenza che l'uomo ha di lui; 7) i rapporti fra Dio e la Provvidenza. l) Le note essenziali del concetto greco del Divino sono state guadagnate, via via, in quest'ordine. a) Per i Naturalisti il Divino è il principio (ciò da cui, in cui, e per cui), ossia ciò che causar regge e sorregge (e quindi governa) il tutto; inoltre è b) intelligenza. Quest'ultima caratteristica è tematica soprattutto in Anassagora e in Diogene (l, 167 sgg.; 189 sgg.) ed è centrale anche in Socrate (l, 340 sgg.). _ c) Per Platone ed Aristotele Dio e il Divino sono la realtà metempirica, ossia la sostanza trascendente, vale a dire una realtà strutturalmente diversa da que:Ua sensibile. Da Platone questa sostanza è intesa prevalentemente come Idea (Il, 74 sgg.), ossia come intelligibile, di cui l'intelligenza è momento subordinato. Da Aristotele è invece intesa come Intelligenza (molteplicità di Intelligenze), cui l'intelligibile è in qualche modo subordinato (Il, 443 sgg.). Col rinascere del platonismo si giunge ad una sintesi di questi concetti e Dio diventa l'Intelligenza che produce, pensandoli, gli intelligibili (IV, 289 sgg.; 336 sgg.). _ d) Col neoplatonismo il concetto del Divino si arricchisce, con l'introduzione del concetto positivo di infinito inteso come potenza aJ più alto grado, come inesauribile forza produttrice, trascendente lo stesso pensiero e lo stesso essere intelligibile, mentre questi diventano momenti variamente concepiti e di-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
stribuiti nelle diverse manifestazioni del Divino (IV, passim). _ e) A partire soprattutto da Platone (ma con antidpi già nei Presocratici, almeno impliciti) un carattere del Divino viene posto in primo piano, vale a dire quello del Bene: l'Idea del Bene (impersonale) è al ve.rtice dell'Intelligibile (II, 184 sgg.); l'essere buono è qualità essenziale del Demiurgo, suprema intelligenza (II, 173 sg., 185). Il bene e l'ottimo sono caratteri anche del Dio aristotelico (Il, 443 sg.). In Plotino e nei Neoplatonici il Bene è l'Uno, l'Assoluto stesso; e boni-forme è tutta la sfera del Divino (dr., soprattutto, IV, 511 sgg.). 2) La natura del Divino si chiarisce ulterionnente affrontando il secondo dei problemi, ossia quello dei suoi rapporti col cosmo e considerando le risposte date dai filosofi greci, le quali esauriscono tutta la gamma dehle risposte possibili. _ a) Dio e mondo sono distinti come la causa dal causato, all'interno di un orizzonte arcaico di pensiero che non conosce ancora le categorie di immanenza e trascendenza e quindi in maniera ancora indeterminata, dai Naturalisti (dr. soprattutto, I, 115 sg.). _ b) Dio e il Divino sono concepiti come trascendenti il mondo da Platone (II,l84sgg.), da Aristotele (Il, 439 sgg.) e dahla letteratura filosofica che a loro si connette. _ c) Dio-Divino è considerato immanente ed è fatto coincidere con la natura stessa dagli Stoici. (La filosofia del Portico presenta la prima fol'mulazione coerente dell'immanentismo; cfr. III, 362 sgg.). _ d) Dei e mondo stanno fra loro in un rapporto di estraneità, nel senso che gli Dei non causano e neppur.e reggono il mondo. Gli Dei non hanno però una struttura che li differenzi antologicamente dal mondo. È questa la posizione di Epicuro (III, 225 sgg.). _ e) Il Divino ha diversi livehli di trascendenza: nel suo complesso trascende il mondo fisico; al suo interno vi sono, poi, ulteriori gradi di trascendenza, essendo il Principio primo e assoluto addirittura al di là dell'essere, del pensiero e della vita (IV, 503 sgg.). È questa ~a •posizione di Plotino e dei Neoplatonici. Si vedano, a questo proposito, le voci Immanenza e, Trascendenza, tenendo però presenti tutte le alternative sopra elencate. Se si eccettua la posizione di Epicuro che costituisce un unicum, tutte .Je altre possono essere viste come un modo diverso di intendere gli stessi attributi di Dio illustrati al primo punto, in particolare, quello dell'essere Principio (cui, del resto, tunti gli altri si connettono). Lasciando la posizione dei Presocratici, che, in quanto arcaica, ossia indifferenziata, non si può schematizzare, se non differenziandola, e dunque snaturandola, si deve rilevare quanto segue. Il Divino e Dio in Platone e in Aristotele (sia pure nei modi diversi che abbiamo indicato) sono cause trascendenti (nei Medioplatonici e Neoplatonici, addirittura, a diversi livelli tra-
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DIO-DIVINO
scendenti) dell'ordine del mondo, o, se si preferisce, del mondo come· ordine. Invece negli Stoici il Divino è causalità immanente al mondo, intrinseca attività finalizzatrice. È rimasto sconosciuto alla grecità Hi teorema della creazione dal nulla, e lo stesso Filone di Alessandria solo a fatica, attingendo aJJe categorie greche, riesce a porgere razionalmente il messaggio biblico (IV, 279 sgg.). Si può anche dire che il Dio greco è creante solo in quanto è ordinante, e non in quanto è suscitatore e donatore di essere. Inoltre, prevale l'idea della necessità della produzione del mondo da parte del Divino. Posto ili Divino, con le sue caratteristiche, il mondo ne deriva di conseguenza. Il Demiurgo platonico è come l'eccezione che conferma la regola. Ma è un'eccezione parziale, perché, in ogni caso, non di.pendono dal Demiurgo né il mondo delle Idee (che costituisce il paradigma a cui si ispira) né la cbora che egli plasma. 3) Per quanto concerne i rapporti fra Dio e la natura dell'uomo, i Greci, da Omero in poi, hanno parlato di syngheneia, di affinità, che, però, solo (o prevalentemente) nel Timeo di Platone e nella tradizione platonica viene giustificata. L'affinità è additata nel nous, os·sia nehl.'intelligenza. 4) Per quanto concerne i rapporti fra Dio e la legge morale è essenziale rilevare che per nessun filosofo greco Dio è rivelatore della legge morale. Questa è concepita, in un certo senso, come un Assoluto, come inscritta nella physis in. generale e in quella dell'uomo in particolare. Per attuare la legge morale, l'uomo non ha quindi bisogno di uno speciale aiuto divino. 5)' L'idea di un Dio che premia i buoni e punisce i cattivi non è diffusa fra i filosofi o lo è solo nella misura in cui si ispirano all'orfismo. In genere i pensatori greci hanno inteso la virtù e la· vita morale in modo prevalentemente autonomo. Un premio nell'al di là è più una conseguenza corollaria che non il fine primario della virtù e della vita morale. Platone e i Platonici costituiscono una vistosa ec.::ezione, ma in ciò sono debitori all'orfismo più che non alla pura speculazione (dr., soprattutto, II, 230 sgg.). 6) Per quanto riguarda la capacità dell'uomo di conoscere Dio e iJ Divino in genere, i filosofi greci non hanno dubbi. Non è un caso che siano rari i filosofi atei. La concezione e il sentimento del mondo come ordine portava necessariamente a postulare un ordinatore. Infatti le prove dell'esistenza di Dio ruotano soprattutto intorno al concetto di ordine e di fine. L'idea che sia necessaria una rivdazione di Dio perché l'uomo creda nella sua esistenza è fondamentalmente estranea al pensiero greco. La stessa concezione dell'ineffabilità di Dio che si diffonde nella tarda antichità non costituisce una eccezione, ma una riconferrna di quanto diciamo. Infatti, se Dio è considerato inaccessibile razionalmente, è tuttavia con-
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·siderato accessibile mediante la unio mystica e l'estasi, per raggiungere Je quali l'uomo ha bisogno solamente delle proprie forze. 7) I filosofi antichi hanno molto pat'lato della Provvidenza divina, soprattutto nella tarda antichità. Socrate e Platone conoscono questo ·concetto, ma non lo pongono in primo piano. Aristotele, per contro, ignora questo concetto a livello metafisico. Con gli Stoici la Pronoia -diventa un concetto-base irreversibile. Resta comunque sconosciuto, o :solo sporadicamente affel'mato, iJ concetto di Provvidenza nei confronti del singolo individuo. _ A complemento di quanto si è detlto si vedano le voci: Affinità, Agnosticismo, Antropomorfismo, Apofasi, Assimilazione a Dio, Ateismo, Deificazione, Estasi, Immanenza, Mistica, Monoteismo, Nomoteta, Politeismo, Provvidenza, Religione, Teologia, Trascendenza . .D I RITTO , cfr. Legge. D I SCORSI V O, Pro c e d i m e n t o, cfr. Dianoia . .D I S GIUNTI VO (6LE!;Euy!J.ÉVov) Diogene Laerzio, esponendo la dottrina stoica, dà questa definizione: « La proposizione disgiuntiva è quella che è disgiunta da una .congiunzione disgiuntiva. Esempio: 'o è giorno o è notte'. Questa congiunzione preannuncia che uno degli enunziati è falso» (vu, 72). Oltre alle proposizioni si hanno anche i sidlogismi disgiuntivi, che so· no quelli in cui la premessa maggiore è appunto una proposizione disgiuntiva. Di questi si occuparono soprattutto gli Stoici. Si vedano gli -esempi 4 e 5 di anapodittici, ripo1:1tati in III, p. 344. D I S OR D I N E , cfr. Anomalia; Confusione; Disteleologia. D I SPARI (1tEpwu6ç) E una ddle due specie secondo cui si presenta H numero. Sull'importanza della contrapposizione pari-dispari e sulla sua interpretazione nella filosofia pitagorica cfr. I, 93 sgg. DISTELEOLOGIA E cosi denominata la negazione del finalismo. L'atomismo, sia nella ·sua formulazione antica sia nella sua formulazione epicurea, ne è H più cospicuo esempio (cfr. I, 177-181; III, 195 sgg.). _Nega il finalismo nd mondo sublunare Teofrasto, operando, in tal modo, un brusco mutamento nella filosofia del Per~pato (cfr. III, 136 sgg.). _ Fortemente .disteleologica è anche la concezione della realtà propria degli Scettici, i quali concepiscono l'essere come dominato dal « disordine» e dalla -«confusione»; cfr. IV, 156 sgg.
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DIRITTO/DOGMA
D I V E N IRE, dr. Movimento; Mutamento. D I V E R S I T A , D I V E R SO, dr. Alterità; Altro. DIVINAZIONE, dr. Mantica. D I V I S I O N E, dr. Diaresi; Dicotomia. DOGMA, DOGMATICI, o.OGMATISMO(Ii6y(J4, decretum) Il termine indica una dottrina in cui si crede fermamente. Ricordiamo, per esempio, che Aristotele chiama iJ principio « nwla deriva da ciò che non è e tutto deriva da ciò che è » un dogma comune ai filosofi naturalisti (Metafisica, K 6, 1062 b 25 sg.) e «dogmi non scritti » chiama le dottrine platoniche non consegna>te agli scritti (Fisica, 2, 209 b 15). _ Il termine, però, diventa particolarmente significativo in età ellenistica. Epicurei e Stoici affermarono che è essenziale per il saggio avere dogmi, ossia principi dottrinari in cui fermamente credere. Scri'Ve Epicuro: « Il saggio sarà dogmatico nelle sue convinzioni dottrinarie, non lasciando mai adito aù dubbio» (Usener, Epicurea, fr. 562). Per gli Stoici è dogma la rappresentazione catalettica (cfr. von Arnim, S.V.P., n, fr. 121). Per Epitteto il dogma coincide con la prohairesis (cfr. IV, 118). Ecco, infine, una interessante pagina di Cicerone in cui si illustra la posizione di Antioco, di genesi stoica, suBa necessità del dogma: « Ghé, se tutte le rappresentazioni fossero tali quali van dicendo costoro (=i Filoniani) - che, cioè, esse possono essere anche faùse e che non è possibile distinguerle con nessun mezzo conoscitivo -, come faremo a sostenere che qualcuno abbia fatto una dimostrazione ovvero una scoperta? O quale . prova ci sarebbe della dimostrazione di un'a11gomentazione? Anzi la stessa filosofia, che deve procedere con metodo razionale, quale fine farà? E che cosa accadrà della saggezza, la quale non deve mettere in dubbio né se stessa né i suoi 'decreti' (che i filosofi chiamano dogmi), nessuno dei quali può essere messo da parte senza ohe si cada in coLpa? Quando, infatti, si trascura un decreto [=dogma] della saggezza, si viene a trascurare la stessa legge della verità e della rettitudine, e da questa deficienza sogliano deri'Vare atti di tradimento nei riguardi dell'amicizia e dello Stato. Bisogna, dunque, credere fermamente che nessun 'decreto' [=dogma] del saggio possa essere falso e che non basti che esso non sia falso, ma esso deve essere anche stabile, fisso e sancito, talché nessun ragionamento riesca a smuover/o » (Acad. pr., n, 9, 27). - Per contro gli Scettici diedero sistematica battaglia proprio su questo punto, e dogma e dogmatico assunsero una
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connotazione negativa, soprattutto in conseguenza delle polemiche scettiche. Dogma, per lo Scettico, diventa un assenso dato a cose oscure, dove, per « cose oscure » si intendono tutte quelle che sono oggetto della scienza, e, quindi, ogni proposizione che pretenda di esprimere una qualsiasi verità che non sia di evidenza puramente empirica o fenomenica. Ecco la definizione di Sesto, per molti aspetti paradigmatica: «Diciamo che lo Scettico non dogmatizza, non nei senso in cui prendono questa parola alcuni, per i quali, comunemente, è dogma il consentire ad una cosa qualunque, poiché alle affezioni che conseguono necessariamente alle rappresentazioni sensibili assente lo Scettico. Cosi, per esempio, sentendo caldo o freddo, non direbbe: credo di non sentire caldo o freddo -i ma diciamo che non dogmatizza nel significato che altri danno alla parola dogma, cioè assentire a qualcuna delle cose che sono oscure e formano oggetto di ricerca da parte delle scienze (a nessuna cosa oscura assente il Pirroniano). Ma nemmeno dogmatizza nel proferire, circa le cose oscure, le espressioni scettiche, come, "per nulla più", oppure "non stabilisco nulla,. [ ... ]. Poiché colui che dogmatizza, pone come vera e reale la sua asseverazione cosi detta dogmatica, mentre lo Scettico pone queste espressioni non come vere e reali in senso assoluto» (Schizzi Pirroniani, r, 13-14 ). _ Tutt'altro senso ha il termine dogma nelJa religione, dove significa verità rivelata, e come tale da credere. Il dogma in religione è una verità _ si badi _ che non è oggetto di ragione ma di fede. D O L OR E (À.V1t'YJ, dolor) Del dolore, inteso come sofferenza del co11po e dell'anima, gli antichi danno diverse interpretazioni, fra le quali spiccano le tre seguenti. l) Una prima, ispirata all' orfismo, e quindi di carattere prevalentemente religioso (1egata al concetto di una colpa ot~ilginaria ed al ciclo delle reincarnazioni dell'anima come punizione), intende il dolore e la sofferenza come espiazione_ Questa dottrina si trova soprattutto espressa da Platone nei miti del Gorgia, del Pedone e delùa Repubblica, e -poi nella tradizione platonica. 2) Una seconda concezione è quella di Epicuro che lo fa coincidere col male. Compito della filosofia è esattamente quelùo di curare e lenire, se non addirittura togliere, il male (III, 237-243; 251 sg.; 264 sgg.). 3) La terza concezione, resa celebre soprattutto dagli Stoici, intende il dolore come qualcosa di completamente diverso dal male, ed anzi, rispetto a questo, come un indifferente (III, 394 sgg.). La celebre frase di Posidonio, colpito da un violento attacco di dolorosissima artrite: «Tanto non la spunti, dolore! Sei gravoso, si, ma non ammetterò mai ohe sei
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DOLORE/DOXA
un male» (III, 456), è paradigmatica. È da notare che, malgrado la opposta valutazione del dolore, Epicurei e Stoici arrivano alle medesime conclusioni: il dolore, per il saggio, non è mai un ostacolo alla felicità; il saggio può essere felice anche nel toro di Falaride (dr. III, passim). D O T TRINA R I, M e d i ci, cfr. Medicina. D O V E RIE, cfr. Kathékon. D O X A (So!;a, opinio) IJ termine significa, nel linguaggio filosofico, optnzone. - Fin dalle sue origini la filosofia greca ha svalutato l'opinione, nella quale ha visto la fonte dell'errore. l) L'opinione rappresenta quello stadio gnoseologico prerazionale, in cui la ragione è rprigioniera delle appa· renze sensoriali. Già Eraclito mostra un radicale disprezzo dell'opinione (dr. I, 80). Gli Eleati fanno coincidere senz'ahro l'opinione con l'errore, a motivo dei loro presUipposti metafisici. Pal'menide tenta di distinguere due forme di doxa e di riportare la doxa plausibile (non quella che egli chiama dei «mortali ») sul piano deLla ragione, ma, così facendo, la distrugge come doxa (la ragione eleatica è tale da non poter strutturalmente salvare la doxa e dar conto dei fenomeni); Melisso, invece, dichiara senz'altro la doxa come una ilJusione, ossia un inganno dei rsensi con perfetta coerenza rispetto ai fondamenti antologici (I, 146 sgg.). 2) Platone salva la doxa nella misura in cui salva il divenire, considerandolo come metaxu, ossia come qualcosa che è a mezzo fra l'essere e .iii nulla. Per Platone, diversamente dagli Eleati, il radicale dissidio sussistente fra la ragione e l'esperienza si compone non già negando qualsiasi fede ai sensi ad esclusivo beneficio della ragione, ma distinguendo due piani della realtà. Tuttavia, proprio perché riferita al divenire, che è ambiguo, l'opinione risulta avere, essa pure, un carattere ambiguo (a metà strada fra la scienza e l'ignoranza), resta, cioè, qualcosa di teoreticamente non positivo. Infatti, solo raggiungendo la scienza si può stabilire se l'opinione è vera o falsa, appunto commisurandola alla scienza (cfr. II, 197 sgg. ), e solo « legandola col ragionamento causale» si può eliminarne l'instabHità; ma, facendo questo, la si trasforma in scienza e, quindi, la si distrugge come opinione (cfr. Menone, 97 a sgg.). 3) Aristotele, nei suoi Topici, tenta di elaborare una sistematica logica dell'opinione (il siJlogismo dialettico), ma non riesce a modificare, se non in minima parte, questa prospettiva (II, 563 sgg.). 4) L'assoluta preminenza dell'episteme, alla quaJle solamente è connessa la verità, resta la cif.ra di tutta quanta la filosofia greca, anche dopo Platone. Sia Epicuro (III, 181 sg.),
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sia gli Stoici (Ill, 326 sgg.), sia Plotino (IV, 490 sgg.), anche se con motivazioni differenti, indicano neHa doxa il luogo dell'errore. Solo gli ultimi Scettici, che con Sesto Empirico tentano una fusione fra scepsi e medicina empirica, danno alle opinioni un rilievo desueto: ma questi filosofi rappresentano, in realtà, la negazione della speculazione filosofica, che, per loro, è tutta e solo dogmatica. In più, si tratta di una rivalutazione assai sospetta: ci si affida alla synétheia ('alla comune consuetudine) e ahla doxa, solo perché non si ha più fiducia neHa ragione; non già perché si pensi che la synétheia e la doxa siano por·tatrici di verità (cfr. IV, 202 sgg.). Pertanto gli Scettici non costituiscono nemmeno la eccezione che conferma la regola. Del resto,. la svalutazione dell'opinione da parte della filosofia è inevitabile, stante l'assunto stesso di ogni filosofia (in particolare di quella antica), ohe consiste nel contestare le apparenze, e quindi la doxa, per tentare di raggiungere i fondamenti ultimi che stanno sempre e solo. al di 1à di essa. DUALI S M O , D U A·L I S T I C O È un termine moderno usato in diverse accezioni, riducibili a due fondamentali, una di significato metafisica e una di significato prevalentemente teologico-religioso, più una terza che potremmo chiamare antologica e una quarta che potremmo chiamare cosmologica. l) a) Dualistica può dirsi, in generale, ogni forma di metafisica, ossia ogni dottrina che ammetta l'esistenza di « due generi >> di essere, uno corruttibile e sensibile, ed uno incorruttibile e intelligibile. In breve, intendendo il termine in tal senso, dualista è chiunque ammetta una trascendenza. Da questo punto di vista sono dualisti sia Platone che Aristotele. _ b) Con accezione più ristretta, dualismo viene spesso inteso nel senso polemico di scorretta concezione del soprasensihile e della trascendenza. Aristotele, ad esempio, rimprovera a Platone d'aver scorretta" mente reduplicato, con la sua teoria delle Idee, il mondo sensibile: in tal senso anche alcuni moderni interpreti, che hanno seguito Aristotele su questo punto, parlano di dualismo platonico (nell'accezione, dunque, di decettiva ammissione di un decettivo doppione del reale). A nostro avviso, è questa una interpretazione semplicistica, che non fa giustizia alla verità storica, come mostriamo in Il, 92 sgg. 2) In altra accezione dicesi dualista ogni concezione del mondo che spiega tutta la realtà in funzione di due principi fra loro in antitesi, una del Bene e uno del Male. Questa forma di dualismo deriva dall'Oriente e si diffonde in Occidente soprattutto nella tarda antichità. (Si veda, ad esempio, la dottrina ermetica). Il pensiero filosofico greco ne è rimasto in gran parte immune, e, anzi, Platino ha addirittura espres-
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DUALISMO/DUBBIO
so la celebre dottrina secondo cui il male non è sostanza ma semplice privazione di bene, e quindi privo di un suo spessore antologico, (IV, 559 sgg.). Il che non significa che non si trovino nella filosofia greca infiltrazioni di questa concezione, come ad esempio in Plutarco (IV, 349 sg.) e in Numenio (IV, 423 sg.). _ Invece, anche nell'ambito del pensiero greco esiste una concezione nettamente dualistica dell'uomo che deriva dall'orfismo, per cui il corpo è sepolcro dell'anima. Questo dualismo è presente in Platone, nel primo Aristotele e in tutti quei pensa tori che risentono di influssi orfici. 3) Un terzo tipo di dualismo è quello che si potrebbe chiamare antologico, ossia quello che ammette una materia increata, o comunque l'esistenza di una materia coeterna a Dio. Questo tipo di dualismo viene superato solo col concetto biblico di creazione, oppure, ma in maniera fortemente aporetica, con il concetto di processione neoplatonica. 4) Infine, si può denominare dualismo cosmologico ~a concezione aristotelica del cosmo come diviso in mondo sublunare e in mondo celeste, fra loro struttura1mente diversi nella misura in cui il primo è costituito dai quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco), l'altro dall'etere, l'uno fatto di realtà corruttibili, l'altro incorruttibile (dr. Etere). DUBBI O (arçop~a) Il dubbio coincide con l'antico concetto di aporia. ~ stato utilizzato dagli antichi filosofi in due modi completamente diversi. l) Un primo significato del dubbio consiste neLla presa di coscienza delle difficoltà (oggettive e soggettive), considerata come condizione per. accedere al vero. Si tratta, quindi, di un dubbio che, con termine moderno, potremmo chiamare metodico. Tale è il significato del dubbio socratico (e quindi platonico), come mostriamo in I, 363 S!!g. L'importantissima funzione del dubbio è riconosciuta anche da Aristotele. La seguente pagina (Metafisica, B l, 995 a 24 sgg.) disegna un vero e proprio programma: << ~ necessario, in relazione alla scienza di cui siamo in cerca, che noi esaminiamo i problemi, dei quali bisogna anzitutto cogliere le difficoltà. Si tratta di quei problemi intorno ai quali alcuni
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
bisogna che, prima, si siano esaminate tutte le difficoltà, sia per queste ragioni, sia anche perché coloro che cercano senza aver prima esaminato le difficoltà assomigliano a quelli che non sanno dove devono andare. Costoro, inoltre, non sono in grado di sapere se hanno trovato o no ciò ohe cercano; infatti, non è loro chiaro il fine che devono raggiungere, mentre è chiaro a chi, prima, ha compreso le difficoltà. Inoltre, si trova necessariamente in una condizione migliore .per giudicare colui che ha ascoltato le ragioni opposte, come in un processo». 2) Il dubbio diventa, invece, fine a se stesso con gli Scettici, o, se si preferisce, diventa, anziché porta d'accesso al vero, porta ·che preclude l'accesso al vero. Sesto chiama addirittura lo scetticismo indirizzo dubitativo, come ad esempio nel passo che segue: « L'indirizzo scettico si chiama "investigativo", dall'azione dell'investigare e ·dell'indagine; "sospensivo ", per la disposizione d'animo che, dopo la indagine, conserva rispetto all'oggetto indagato, e " dubitativo ", appunto per il suo dubitare e investigare intorno ad ogni cosa, come .alcuni affermano, oppure, per la sua peritanza ad affermare o a ne-gare, e " pirroniano ", perché pare a noi che Pirrone maggiormente e più manifestamente di quanti lo precedettero abbia contribuito a dar ·corpo alJo Scetticismo» (Schizzi Pirroniani, I, 7). DYNAMIS (livva(.l.v;) Il termine, ohe può tradursi correttamente con potenza, ha as·sunto via via molte valenze, implicite anche nel corrispettivo italiano che lo traduce. A) Aristotele ha fornito un catalogo dei significati .di dynamis che riassume tutto quanto s'era detto prima di lui, oltre che i suoi contributi pe11sonali, e, pertanto, gioverà rifarsi alle sue affermazioni in materia. Leggiamo in Metafisica, Il. 12, 1019 a 15 sgg.: « (l) Potenza, in primo luogo, significa il principio di movimento o di mutamento che si trova in altra cosa oppure in una stessa cosa in quanto altra. L'arte del costruire, per esempio, è una potenza che non si trova nella cosa che vien costruita; invece -l'arte del guarire, cChe è pure una potenza, può anche trovarsi in colui che viene guarito, ma non in quanto viene guarito. (2) Potenza, dunque, significa in primo luogo questo principio di mutamento o di movimento che si trova in un'ahra cosa, oppure in una stessa cosa in quanto altra, e, in .secondo luogo, significa il principio per cui una cosa è fatta mutare o è mossa da altro o da se stessa in quanto altra: infatti, in virtù di ·questo principio per il quale il paziente patisce qualche modificazione, noi diciamo che il paziente stesso ha la potenza di patire modificazioni. (E, talora, diciamo questo se esso ha potenza di patire qual_fiasi tipo di modificazione; invece talaltra, solo se esso ha potenza di
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DYNAMIS
patire affezioni che lo fanno mutare in meglio). ( 3) Inoltre, si chiama potenza la capacità di condurre a termine una data cosa, bene o nel modo in cui si vorrebbe. A volte, infatti, noi diciamo di coloro che camminano oppure che parlano, ma non bene né come vorrebbero, che non hanno potenza di parlare o di camminare. (4) Lo stesso deve dirsi anche per la potenza passiva. (5) Inoltre, si chiamano potenze tutti gli stati in virtù dei quali le cose sono assolutamente impassibili o immutabili o non facilmente mutabili in peggio. Infatti, le cose si rompono, si logorano, si incurvano e, in generale, si distruggono, non perché hanno potenza, ma perché non hanno potenza e perché mancano di qualcosa: invece, sono impassibili rispetto a tutti questi tipi di affezione quelle cose che difficilmente o poco ne sono affette in virtù della loro potenza e ded loro potere, e per una certa condizione in cui si trovano». B) Ed ecco il significato nuovo, scoperto da Aristotele e rimasto una acquisizione definitiva, anche nel modo di pensare comune: «Dopo aver trattato della potenza considerata in rapporto al movimento, dobbiamo ora definire l'atto e determinarne l'essenza e le proprietà. Procedendo in queste analisi, risulterà più chiaro, ad un tempo, anohe l'essere in potenza, in quanto diciamo che è in potenza non solo ciò che per natura può muovere altro ovvero che può essere mosso da altro (sia semplicemente sia in un determinato modo), ma diciamo che una cosa è in potenza anche in un altro significato: ed è proprio per ricercare questo significato che abbiamo trattato anche degli altri. L'atto è l'esistere della cosa, non però nel senso in cui diciamo che è in potenza: e diciamo in potenza, per esempio, un Ermete nel legno, la semiretta nell'intera retta, perché li si potrebbe ricavare, e diciamo pensatore anche colui che non sta speculando, se ha capacità di speculare; diciamo invece in atto l'altro modo di essere della cosa. Ciò che vogliamo dire diventa chiaro per induzione nei casi particolari: infatti, non bisogna cercare definizione di tutto, ma bisogna accontentarsi di comprendere intuitivamente cel'te cose mediante l'analogia. E l'atto sta alla potenza come ad esempio chi costruisce sta a chi può costruire, ohi è desto a chi dorme, chi vede a chi ha gli occhi chiusi ma ha la vista, e ciò che è ricavato dalla materia alia materia e ciò che è elaborato a ciò che non è elaborato. Al primo membro di queste differenti relazioni si attribuisca la qualifica di atto e al secondo quella di potenza» (Metafisica, 9 6, 1048 a 25 sgg.). Sull'importanza di questa scoperta e sui numerosi problemi risolti da Aristotele in funzione di essa, abbiamo detto in Il, 436 sgg.; 452 sgg.; 473 sgg.; 478 sgg. C) ·Per la polemica megarica contro la concezione della potenza cfr. III, 70 sgg. D) Con Filone di
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
Alessandria dynamis acquista valenze inedite: « Potenze » sono, per questo filosofo, le molteplici manifestazioni della attività del Dio; cfr. esegesi e testi in IV, 286 sgg. E) Nel neoplatonismo il termine assume il significato ulteriore di infinita forza produttrice. In questo contesto dynamis esprime un concetto opposto aHa potenzialità aristotelica, e corrisponde piuttosto alla attività, ossia all'enérgheia, come mostriamo in IV, 509. F) Segnaliamo ancora una interessantissima, quasi divinante anticipazione delle concezioni sia aristoteliche sia postaristoteliche in Platone: cfr. in particolare, il passo del Sofista 247 d-e. _ Per un approfondimento di questo tema cfr. A. Faust, Der Moglichkeitsgedanke: Systemgeschichtliche Untersuchungen, 2 voli., Heidelberg 1931-1932.
E E C L E T T I S M O (tx).Ex"tLXTJ atpEUl.ç) Il termine è già usato dai Greci, in quanto Diogene Laerzio parla di una « setta eclettica » fondata da un Potamone a noi pochissimo noto (cfr. III, 523, nota 1), ma assume precise valenze solo nella moderna storiografia filosofica. Esso indica, in generale, una filosofia che prende, scegliendo da vari sistemi (donde H nome), gli elementi di cui si costituisce, ritenendo che la verità sia sparsa nelle molte sette filosofiche. Il termine può, di conseguenza, assumere tre accezioni, a seconda della maniera in cui viene operata la scelta di cui si è detto. l) Ci può essere una forma di eclettismo che fonde concezioni di vari autori, mantenendo una ispirazione unitaria. _ E questo il caso, ad esempio, dei Fisici eclettici, i quali fondono alcune concezioni ioniche con altre del pluralismo anassagoreo, mantenendo, però, l'ispirazione unitaria della filosofia della physts (1, 187 sgg.). _ Analogo discorso può farsi per la Media Stoa, che sussume verità platoniche e aristoteliche, ma mantenendo l'ispirazione centrale della filosofia del Portico (III, 435 sgg.). 2) Invece esiste una forma di eclettismo, come quello delfultima Accademia, che cerca di riunire verità diverse senza più avere un ubi consistam, come appunto accade in Antioco, il quale perde il senso dell'identità propria del platonismo, e mette insieme verità diverse, appunto perché ha smarrito il senso di quella identità (III, 537 sgg.). _ Analogo discorso va fatto per Cicerone, il quale attinge a verità diverse (anche se in maniera non dogmatica come Antioco) e le tiene insieme, perché non è riuscito a trovare una
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ECLETTISMO/EDONISMO
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propria identità (III, 545 sgg.). 3) L'eclettismo di questi filosofi ha poco a che vedere con iJ pensiero di quelli che hanno una propria ispirazione di fondo, ma fanno uso di formule e proposizioni tratte da diverse scuole filosofiche o perché ritengono che una stessa verità possa esprimersi in different·i modi (più o meno adeguati) o perché ri· tengono che quelle formule e proposizioni siano arricchimenti in accordo con il loro proprio messaggio. È il caso, ad esempio, di Filone di Alessandria e dei Medioplatonici, come mostriamo in IV, 251 sgg. e 315 sgg. _ L'eclettismo per ecce1lenza è però queHo della seconda posizione. _ Un termine che esprime un concetto analogo è quello di sincretismo (cfr. voce). E C O N O M I A , cfr. Crematistica. E DO N~, cfr. Piacere. EDONISMO Il termine (che deriva da edoné, il quale significa piacere) indica quella dottrina che addita nel piacere il bene e nella ricerca del piacere il fine della vita dell'uomo. Nella storia del pensiero greco si possono distinguere due forme fra loro molto diverse di edonismo: l) una prima, che potremmo chiamare radicale, 2) una seconda moderata e sfumata, che, con terminologia moderna, potremmo chiamare edonismo utilitaristico. l) La prima forma di edonismo (per la verità molto rara) predica la ricerca del piacere dell'attimo, o in maniera indiscriminata, come in alcuni Sofisti degeneri della risma di quelli descritti da Platone nel Gorgia (cfr. il passo paradigmatico che r1portiamo in l, 276 sg.), oppure alla maniera dei Cirenaici, i quali, peraltro, pur predicando la ricerca del piacere dell'attimo e la superiorità dei piaceri del corpo rispetto a quelli delil'anima, condannano gli eccessi e ritengono indispensabile mantenere un dominio di sé nel gustare i piaceri (cfr. testo ed esegesi in I, 411 sgg.; cfr. anche 405 sg.; si veda anche la posizione di Eudosso, III, 92 sgg.). 2) La seconda forma di edonismo ritiene che la felicità consista in un ragionato calcolo dei vantaggi e dei piaceri e non nel piacere perseguito senza discriminazione e regola. Questa forma di edonismo utilitaristico si incontra nei maggiori Sofisti (cfr. l, 237 sgg.), in maniera particolarmente evidente in Prodico (1, 257.262), e soprattutto in Epicuro (III, 234-267), H quale, con la sua riforma del cirenaismo e con la introduzione della dottrina del piacere catastematico e la connessa affermazione della superiorità dei piaceri dell'anima su quelli del corpo (III, 237-243 ), con la determinazione della gerarchia dei piaceri e con la connessa esclusione daHa vita del saggio di tutti quei piaceri che
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
non sono rigorosamente naturali e necessari (III, 243-249), porta l'edonismo ad un livello di purificazione quasi ascetica (III, 246 sgg.). Il più alto grado di piacere finisce, infanti, con l'essere l'aponia o mancanza di dolore. - L'edonismo, anche nella formulazione epicurea, fu avversatissimo da quasi tutte le correnti filosofiche ed ebbe, quindi, scarsi influssi (dr., ad esempio, leronimo di Rodi, IV, 8 sg.). La posizione antitetica è quehla antiedonistica, rappresentata in parte da Platone, dagli Stoici e soprattutto dai Cinici e dai filosofi spiritualisti dell'età imperiale. - La posizione intermedia di equilibrio è rappresentata da Socrate, dall'ultimo Platone e soprattutto da Aristotele, per le ragioni che si vedranno indicate alla voce Piacere. EDUCAZIONE, dr. Paideia. EFETTICI Erano cosl chiamati gli Scettici in quanto sospendevano il giudizio. Cfr. il passo di Diogene Laerzio che riportiamo alla voce Scetticismo. E F F I C I E N T E, C a usa (XWTJ'tLXT) ah!a, ahLo'\1 ~OLTJ'tLxév) 1:: una delle quattro cause secondo Aristotele: precisamente, è quella da cui proviene il movimento (Il, 410 sg.). L'esatta definizione dello statuto teoretico di questa causa si ha solo con lo Stagirita. Nella filosofia ionica, infatti, la causa efficiente non è ancora distinta dal Principio (cfr. voce) ed è concepita come una delle funzioni del principio medesimo o come un processo che strutturalmente inerisce al prindpio (cfr., ad esempio, I, 62 sgg.; 69 sg.; 72 sgg.). - Negli Eleati, che negano l'esistenza di ogni forma di movimento, la causa motrice (come, in generale, ogni tipo di causa) non ha ragion d'essere (cfr. I, 126 ). _ Al riconoscimento di un ruolo autonomo della causa efficiente ci si avvia con la speculazione dei Pluralisti. Si veda il ruolo che svolgono la dottrina dell'Amore-Odio o Amicizia-Discordia in Empedocle (1, 154 sg.), la dottrina del Nous in Anassagora (1, 167 sgg.) e la dottrina del movimento negli Atomisti (1, 177 sgg.). - In Platone .hl ruolo della causa efficiente-motrice è svolto. nei dialoghi della maturità e della vecchiaia, dall'anima, intesa come principio semovente (Il, 228 sg.), e dal Demiurgo (Il, 159 sgg.). Posizioni analoghe assumono anche i Medioplatonici (IV, 341 sgg.). _ Epicuro riprende le tesi dell'atomismo, con la riforma del clinamen (III. 207 sgg.). Nella fi:losofia del Portico la causa efficiente-motrice è chiamata principio agente ed è concepita come logos. immanente alla materia, Dio nel mondo (cfr. III, 355 sgg.). _ Il ruolo della causa efficiente in Piotino è svolto dall'Anima (dr. IV, 546 sgg.). Plotino, però, rompe i
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EDUCAZIONE/EGOISMO
quadri deù pensiero greco con la sua dottrina della processione e con la sua dottrina della contemplazione, che è attività ontogonica (cfr. IV, 606-616). - La causalità efficiente si trasforma in causalità creatrice in Filone di Alessandria, che si ispira al Genesi (IV, 279 sgg.). EFFLUVI O (a~6ppo~.a, a~oppoi)) L'effluvio, nelle filosofie pluraliste di Empedocle (1, 157 sg.) e degli Atomisti (1, 179), è lo sprigionarsi di elementi materiali dalle cose, i quali giungono ai nostri organi sensoriali e danno luogo alle sensazioni. Per l'uso del ·termine in Empedocle cfr. Diels-Kranz, 31 A 86; 31 B 89; per l'uso in Democrito cfr. 68 A 135; A 165; B 123. Il termine e il concetto passano, naturalmente, anche in Epicuro; cfr., per esempio, Usener, Epicurea, frr. 293, p. 209; 319, p. 220; 385, p. 258; 394, p. 260. E GEMO N I C O ("tb i)yE(.LOVLx6v) È, nella dottrina stoica, la parte razionale (loghistik6n) dell'anima, quindi la parte principale e più elevata (III, 384 ). È pneuma purissimo, e, come impone il dogma col'p<>reistico del Portico, è un corpo. Dall'egemonico si dipartono le altre sette parti dell'anima. All'egemonico spettano le facoltà di percepire, assentire, ragionare, deliberare. Virtù e vizi sono, pertanto, disposizioni dell'egemonico. - Già il mediostoico Panezio tende a privilegiare l'egemonico, recuperando elementi platonici (III, 453 sgg.). _ Questo processo si riscontra, ancor più accentuatamente, in Seneca (IV, 85 sgg.), in Epitteto, e, soprattutto, in Marco Aurelio, che pone l'egemonico addirittura (almeno cosi sembrerebbe) dal punto di vista antologico al di sopra dell'anima, identificandolo col nous, con il Demone che è in noi, come mostriamo in IV, 133 sgg.
EGOISMO (cp.;).a.v"tl.a) La particolare calibrazione che la filosofia greca dà a questo concetto, fa sl. che esso risulti solo in parte coincidente cofl la sua accezione moderna, la quale riserva all'egoismo una connotazione particolarmente negativa, che è diretto retaggio delda concezione morale del Cristianesimo. Aristotele si occupa in maniera specifica di questo concetto nell'Etica Nicomachea, dove precisa che il voler bene a sé è un atteggiamento comune a ciascun uomo. Tuttavia, poiché nell'uomo esiste una parte peggiore e una migliore, normalmente si deve chiamare egoista - nel senso peggiorativo del termine _ solo chi ama la parte inferiore di sé (cfr. Il, 512 sgg.; cfr., in particolare, il passo che riportiamo, ivi, p. 513 ).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
E K P Y ROSI S , dr. Conflagrazione cosmica.
E I D E T I C O, cfr. Eidos.
E I D O L A (Etl)w).a, imagines) È un ter-mine diventato tecnico già nel pensiero atomistico antico e poi ripreso nel medesimo senso anche da Epicuro. Eidola sono le immagini o i simulacri che emanano dalle cose (cfr. Effluvio) e ne riproducono le forme e la struttura. Penetrando in noi, essi sono causa delle sensazioni, delle prolessi, del pensiero ed anche delle rappresentazioni fantastiche e dei deliri (cfr. III, 180 sgg.; 191 sg.; 223 sgg.). E I D OiS (Etl>o;;) Ne1la storia del pensiero greco si possono distinguere almeno cinque tappe nella evoluzione del significato del termine eidos e della relativa problematica. l) NeLl'ambito del pensiero presocratico non ha ancora un uso tecnico ed ha, per lo più, H significato corrente di forma. 2) In Platone diventa tecnico ed è solitamente usato come sinonimo di Idea (cfr. voce), ed esprime quindi quello che può considerarsi l'esito fondamentale della « seconda navigazione», vale a dire la forma intelligtbile, con quelle valenze e caratteristiche che indichiamo in II, 74 sgg. 3) Aristotele polemizza aspramente contro la trascendenza delle Idee rispetto ai sensibili e nega che esistano forme come « sostanze separate ». Per lo Stagirita esiste, sl, la forma come essenza intelligibile ed è, anzi, un principio fondamentale, ma essa non è separata, bensi insita nelle cose. Egli adotta iù termine eidos appunto per indicare la forma immanente delle cose, l'essenza di queste, la loro sostanza fondamentale: « chiamo eidos l'essenza e la sostanza prima » (Metafisica, Z 7, 1032 b l sg.) (cfr. II, 427 sg.; 432 sgg.). Le uniche forme, che, per Aristotele, esistono separate dalla materia, sono le Intelligenze (II, 430 ). _ In Aristotele l'eidos assume pure il significato di specie, come precisiamo in II, 435 sg. 4) Con la rinascita del platonismo le posizioni di Platone e di Aristotele, su questo punto antitetiche, vengono mediate. Le Idee platoniche diventano i pensieri di Dio, mentre le forme diventano l'intelligibile immanente, o, come dice Albino, l'intelligibile secondo (IV, 336 sgg.), il riflesso dell'Idea nella materia. 5) Plotino mantiene questa distinzione, collocandola nella sua generale concezione 1postatica: Je Idee sono nello Spirito, le forme, invece, nell'Anima e si collocano come momento estremo della creatività dell'Anima. Plotino le chiama anche logoi (IV, 565 sgg.; 583). E I K ASI A (ELxau!a) È, per Platone, il primo livello della doxa (cfr. voce), ossia la
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EKPYROSIS/EL~ENTO
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conoscenza sensibile rivolta alle ombre ed alle immagini sensibili delle cose (II,l99 sg.). ELIEATISMO Con questo termine si indica la filosofia ddla scuola di Parmenide, fondata ad Elea (donde eleatismo). I dogmi essenziali de1l'cleatismo sono già tutti presenti nello stesso Parmenide (I, 119-131), anche se vengono definiti in modo perfetto soprattutto attraverso la dialettica (dr. voce) di Zenone e il ripensamento sistematico di Melisso (I, 142-148). I capisaldi dell'eleatismo sono i seguenti: a) una concezione dell'essere ohe, in una prospettiva che potremmo chiamare assolutistica, esalude non solo qualsiasi forma di non-essere, ma altresl qualsiasi foi'ma di differenza e qualsiasi forma di divenire; b) una concezione dei fenomeni che implica (implicitamente o esplicitamente) l'illusorietà dei medesimi; c) la radicalizzazione del contrasto fra conoscenza razionale ed esperienza che giunge alla eliminazione di qualsiasi diritto di questa a totale beneficio di quella. L'importanza dell' eleatismo neUa storia della metafisica greca è grandissima. l) Tutti i sistemi dei Plurali~ti non sono se non tentativi di risolvere le aporie dell'eleatismo, proprio cercando di mantenerne le istanze di fondo, come mostriamo in I, 149-186. 2) La dialettica eleatico-zenoniana gioca un ruolo di primo piano in alcuni Sofisti (come ad esempio Gorgia; dr. I, 243-249) e nelJo stesso Socrate (I, 363 sgg.). 3) La scuola socratica di Euclide tenta una fusione fra eleatismo e socratismo (I, 418 sgg.). 4) Platone deve alle istanze eleatiche alcuni sviluppi essenziali della sua dottrina delle Idee (II, 84 sg.). 5) Aristotele calibra H suo concetto di essere come .polivoco proprio in polemica con il concetto univoco dell'essere eleatico (II, 411 sgg.) e analogamente risolve il problema del divenire rispondendo a problemi posti dall'eleati911lo (II, 452 sg.). 6) Echi eleatici sono chiaramente riscontrabili neLla stessa fisica epicurea (III, 195 sgg.). Per indicazioni bibliografiche cfr. la Parte II, voce Eleati. ELEM1ENTO (
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
la sillaba non è parte della siLlaba. E, similmente, anohe coloro che parlano degli elementi dei corpi [=i Naturalisti], intendono per elementi le parti ultime in cui i conpi si dividono: parti che, ulteriormente, non sono più divisibili in altre di specie differenti. E sia che, di queste parti, ve ne sia un unico tipo [=i Monisti], sia che ve ne siano di più tipi [ =i Pluralisti], questi filosofi le denominano elementi» (Metafisica, !J. J, 1014 a 25 sgg.). Aristotele fornisce tale definizione nel momento culminante dell'evoluzione storica e teoretica di questo concetto. Esso, in realtà, non è affatto guadagnato, come alcuni ritengono, già dai primi Naturalisti, ossia dagli !onici, ma solo in conseguenza della problematica eleatica, come mostriamo in I, 152 sg.; 171 sgg. _ Si tenga inoltre presente quanto segue. Elemento ha un significato ontologico molto vicino a quello di principio o causa, in quanto esprime ciò che è primo, ciò che è fondamento e condizione di altro. La differenza specifica fra elemento, da un dato, e causa e principio, dall'altro, sta in questo: l'elemento, come risulta dalla definizione aristotelica, è sempre immanente, ossia interno alle cose, mentre le cause e i principi possono anche essere esterni alle cose. Pertanto, materia e forma sono elementi, perché immanenti alle cose; invece, la causa motrice o efficiente non può essere detta elemento, perché esterna alle cose. _ Gli elementi possono essere sia materiali, sia, anche, formali; ma Aristotele tende a designare, con elemento, prevalentemente quelli materiali. _ A proposito di quest'ultimo punto, ricordiamo ancora che il concetto di materia è più ampio rispetto al concetto di elemento: la materia è pura potenzialità, mentre l'elemento implica già una certa attuazione, è una materia già in parte attuata: attuata come aria, acqua, terra, fuoco (sui rapporti fra la materia e i quattro elementi dr. La generazione e la corruzione, B l, passim). Accanto a questi quattro elementi Aristotele aggiunge l'etere incorruttibile (cfr. voce). _ Ricordiamo altresl che lo Stagirita, per poter meglio dar conto del divenire, concepisce i quattro elementi (non il quinto, l'etere, che è incorruttibile) come capaci di trasformarsi l'uno nell'altro reciprocamente, contrariamente ad Empedocle (cfr. Il cielo, r 6, 304 h 23 sgg.; La generazione e la corruzione, B 4, passim). _ Ricordiamo, infine, la curiosa posizione del medioplatonico Plutarco, il quale pone i cinque elementi in cor.rispondenza con le cinque categorie del Sofista platonico e con i cinque empi geometrici fondamenta-li e pone l'esistenza di cinque mondi in corrispondenza a quelli (cfr. IV, 350, nota 46). E L E N C H O S , dr. Confutazione.
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ELENCHOS/EMANAZIONE
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ELETTRA, Argomento della È uno dei famosi argomenti della dialettica megarica. Fu formulato, come sembra, da Eubulide. Cfr. esposizione ed intenprotazione in III, 68 sg. ELIOCENTRISMO È la concezione astronomica che pone il sole al centro dell'uni-verso. Fu professata, nel mondo antico, da Eraclide Pontico (III, 97) e da Aristarco. ELIOLATRIA Indica il culto dol sole e del fuoco, tipico della religione caldai ca. Interessa lo storico del pensiero antico soprattutto per le influenze che ebbe sulla dottrina degli Oracoli Caldaici (cfr. IV, 445). ELLENISMO È quel tipo di cultura risultato dal diffondersi fra varie razze e· popoli della civiJtà greca, soprattutto ad opera di Alessandro Magno e della sua conquista dell'Oriente (cfr. III, 11 sg.). Per ciò che concerne le caratteristiche generali di questa nuova cultura cfr. III, 520. In quest'opera si è intesa come cultura ellenistica non tutta quella tardo-antica, bensì (almeno prevalentemente) quella che va da Alessandro Magno alla fine dell'era pagana, caratterizzata soprattutto dalle grandi filosofie del Giardino, del Portico, della scepsi, del cinismoe dell'eclettismo. La rinascita e lo sviluppo dello spiritualismo in età· imperiale crea una temperie teoretica del tutto nuova. Abbiamo pertanto preferito chiamare quest'ultima fase del pensiero greco appunto filosofia dell'età imperiale. Quest'epoca è anche caratterizzata dal nascere e dal diffondersi del Cristianesimo, che immette nel cosmo spirituale dell'antichità una serie di problemi che mutano radicalmentela visione del mondo e della vita dei secoli precedenti, condizionando, in misura più o meno rilevante, anche i pensatori che non ac-colgono il nuovo messaggio. E M A NAZIONE (à'ltbppo~.a, à1topp01'}) È concetto che deriva dalla filosofia orientale, e che per lungO> tempo è stato usato per designare anche la derivazione delle ipostasi in Plotino, ma molto scorrettamente, per le seguenti ragioni: a) l'emanazionismo comporterebbe un flusso e un depotenziamento di sostanza, mentre in Plotino si ha un flusso e un depotenziamento di potenza; b) l'emanazione è un processo necessario di tipo fisico, mentre· la necessità della processione, in Plotino, consegue alla libera attività dell'Uno (IV, 606 sgg.) ohe è autocreazione ed è di carattere squisita-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
mente metafisico; c) la processione plotiniana si fonda sul concetto di ·contemplazione creatrice, assente nell'emanazionismo. I termini ap6rroia e apo"oé, che pure sono usati da Plotino, non sono se non due ·dei tanti che egli usa, e, oltre rutto, ridanno il momento immaginifico .più che non quello concettuale del suo pensiero. _ Per il concetto di ,emanazione come effluvio di eidola, dr. le due voci specifiche. E M P I R I A, dr. Esperienza. E M P I R I C 0,, dr. Esperienza. E N A D E, E N A D I (lv!ir;, lv!i.SEr;)
Nella teologia di Proclo le Enadi costituiscono le realtà intermedie .fra il principio supremo e le ipostasi del mondo intelligibile e sono fatte coincidere con gli Dei supremi. Quanto alla loro natura, esse riassumono in sé alcune note deLla prima ipostasi plotiniana; per questo sono dette super-essenziali, super-vitali e super-intellettuali (IV, 673). Le radici di questa concezione possono essere viste nella teoria dei Numeri ideali di Plotino (IV, 671-672). _ Di recente si è creduto di poter ritrovare una prima formulazione della dottrina delle Enadi già in Giamblico; ma tale tesi manca, per il momento, di una adeguata verifica (IV, 673 ). E N C I C L O P E D I S M O , cfr. Polimazia.
EN ERG H E I A (EvÉpyw.t)
Dell'enérgheia, che significa propriamente atto, cosl come della dynamis, non è possibile una definizione vera e propria: l'atto, infatti, è ·Un concetto originario, non risolvibile in elementi ulteriori, e quin.dj non definibile. Siffatti concetti si colgono intuitivamente e non si possono chiarire ed illustrare se non per via di esemplificazioni, ossia mediante presentazione di casi particolari, che li rendano evidenti. Si veda il secondo passo di Aristotele che riportiamo alla voce dynamis. L'atto è l'essere nella sua non"potenziàlità, vale a dire nella sua realizzazione, nel suo essere compiuto. Atto è fondamentalmente sinonimo di entelechia (dr. voce) e anche di eidos o forma (ofr. Eidos). - La legge ontologica fondamentale che regola i rapporti attoi>otenza, è quella della priorità dell'atto sulla potenza in tutti i sensi: cronologico, metafisico e gnoseologico. La potenza è, infaHi, strutturalmente, potenza dell'atto e l'atto è regola e fine della potenza (cfr. Metafisica, 9 8, passim ). È proprio in virtù del teorema della priorità dell'atto che Aristotele dimostra la necessaria esistenza di un Motore Immobile, che è atto puro (cfr. 11,437; 441 ). Si noti che l'atto (o attivi-
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EMPIRIA/ENTELECHIA
tà) può e55ere legato al movimento (dr. Azione), ma sussiste anche nella dimensione dell'immobile, come ad esempio in Dio (Il, 441sgg.). È questo della energheia akinesias, della attività dell'immobile, uno dei più profondi concetti metafisici dell'antichità. Ecco il celebre passo aristotelico in cui esso viene formulato: « Dio gode sempre di un piacere unico e semplice. Infatti non c'è solo un'attività del movimento, ma c'è anche un'attività dell'immobilità, ed il piacere sta più nella quiete che nel movimento» (Etica Nicomachea, H 15, 1154 b 26-28). E N K R•A T EIA (tyxpa:ttt.a.) Il termine significa, propriamente, autodominio. Per Socrate è jl dominio della ragione sulla animalità, la signoria dell.'anima sul corpo. L'enkrateia è, dunque, la libertà interiore. Cfr. testi ed esegesi in I, 321 sgg.
E N TiE, dr. Essere. E N T E L E C H l A (tv-rEÀ.ÉXELa.) Entelechia è, fondamentalmente, sinonimo di energheia, ossia di atto, e si contrappone alla potenza. Come potenza ed atto hanno luogo secondo le varie categorie, cosl è anche per l'entelechia. E come l'atto esprime soprattutto la forma (che coincide con la prima categoria), cosl anche l'entelechia esprime soprattutto la fomta e la realizzazione della forma. Aristotele si avvale del concetto di entelechia soprattutto per risolvere due grossi problemi: l) quello del movimento e 2) queHo dell'anima e dei suoi rapporti con il corpo. l) La definizione del movimento (divenuta celeberrima) è la seguente: «chiamo movimento l'entelechia di ciò che è in potenza, in quanto è in potenza»; formula, questa, che, al di là della apparente complessità, significa semplicemente che il movimento è l'attualizzarsi della potenzit:llità, come ~l seguente passo prova: «L'essere o è solamente in atto, o è in potenza, oppure è, insieme, in atto e in potenza: e questo si verifica sia per la sostanza, sia per la quantità, sia per le restanti categorie. Non esiste alcun movimento che sia fuori dalle cose: infatti, il mutamento ha luogo sempre secondo le categorie dell'essere, e non c'è nulla che sia comune a rotte e ohe non rientri in una singola categoria. Ciascuna delle categorie, in tutte le cose, esiste in due modi diversi (la sostanza, per esempio, talora è forma e talora è privazione; nella qualità talora si ha il bianco e talora si ha il nero; nella quantità talora si ha il compiuto e talora l'incompiuto; nel movimento di traslazione si ha l'alto e il basso, o il leggero ed il pesante), sicché ci dovranno essere tante forme di movimento e di mutamenso quante sono le categorie dell'essere. Ora, poiché essere in potenza ed es-
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LESSICb E INDICE DEI CONCETTI
sere in atto si disdnguono secondo ciascun genere di categoria, chiamo movimento l'atto di ciò che è in potenza in quanto in potenza» (Metafisica, K 9, 1065 b 5 sgg.). Si noti che nel:la definizione in cor..,i,vo, in questo passo della Metafisica, Aristotele usa la parola energheia, nella parallela definizione della Fisica usa entelechia (cfr. 201 a 10 sg.). - Per la sottesa problematica ontologica cfr. II, 452 sgg. 2) Per la definizione dell'anima come entelechia e per il suo significato cfr. II, 466 sg. e, in particolare, H passo riportato a p. 467. 3) Ricordiamo che entelechia non significa (come erroneamente alcuni ritengono) atto legato ad un coxpo, ma significa atto in tutti i sensi di questo termine e quindi anche atto puro, come chiaramente risulta dalla Metafisica (A 5, 1071 a 36), dove entelechia designa il modo di essere proprio della causa prima, ossia l'atto puro. E N T I M EM A (~'IIDVJ..L'I'U.La.) Per Aristotele è il sillogismo retorico. Esso è molto v1cmo al sillogismo dialettico (Il, 564 sg.), in quanto muove da premesse solo probabili. La sua caratteristica specifica consiste nel fatto che, per raggiungere efficacia a livello di persuasione, non sviluppa tutti i passaggi. Lo si potrebbe definire come un sillogismo dialettico contratto (Il, 575 sgg.).
E N T U S I A S M O ( ~vDovaLa.at.c;, ~vDova~a.O"J..Loc;, ~vDov~a!;w) n termine indica la divina ispirazione e l'essere posseduto dal Dio, che sono caratteristiche proprie soprattutto del poeta. - Democrito è forse il primo dei filosofi che abbia intet'pretato l'ispirazione poetica come una sorta di estasi. Ecco, ad esempio, il fr. 18: «Bello assai è tutto ciò che un poeta scrive in stato di entusiasmo e agitato da un afflato divino». Ed ecco una testimonianza ciceroniana: «Dice Democrito che, senza follia, nessuno può essere grande poeta, e lo stesso dice Platone» (De Divinatione, I, 37 ,80). Ed ecco il più famoso dei passi platonici sull'entusiasmo poetico, tratto dallo Ione: « [ ... ] certo, tutti i buoni poeti epici non per possesso di arte, ma perché ispirati e posseduti dal Dio compongono tutti questi bei poemi, e, cosl, anche i buoni poeti melici: e come i coribanti danzano fuori di senno, cosi, fuori di senno, i poeti melici compongono i loro bei carmi e, quando entrano nell'armonia e nel ritmo, sono invasati e squassati da furore bacchico. E come le baccanti, allorché sono invasate, attingono ai fiumi miele e latte, e, invece, allorché sono in senno non lo san fare, cosl si comporta anche l'anima dei poeti melici, come essi stessi dicono. Ci dicono, infatti, i poeti, che attingono i loro canti da fonti ohe versano miele e da giardini e da boschetti che sono sacri alle
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ENTIMEMA/EPILOGISMO
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muse, e che a noi li portano come fanno le api, anch'essi volando come le api. E dicono il vero! Cosa lieve, alata e sacra il poeta, e incapace di poetare se prima non sia ispirato dal Dio e non sia fuori di senno e se la sua mente non sia interamente rapita. Finché rimane in possesso delle sue facoltà, nessun uomo sa poetare o vaticinare» (533 e534 b). ENUNCI AZ I O NE, dr. Proposizione." E O N I (a.I.WvEc;)
H termine Eoni deriva da ai6n, che vuoi dire eterno, e designa il principio primo e le entità eterne che da esso emanano. Sulle caratteristiche degli Eoni gnostici, in particolare di quelli di Valentino, cfr. IV, 485. - Si veda: M. Simonetti, Testi gnostici cristiani, Laterza, Bari 1970; in particolare si veda la Lettera dogmatica dei Valentiniani, ivi, pp. 131 sgg., che dà un quadro esauriente del complesso degli Eoni e delle loro caratteristiche. EPAGOGICO Deriva da epagoghé, che vuoi dire induzione, e quindi significa in
EPIOU:REISMO E la filosofia di Epicuro e della sua scuola (cfr. Giardino). Contrariamente a tutte le .filosofie delle altre scuole filosofiche greche, l'epicureismo è caratterizzato, nel corso della sua storia, da una straordinaria stabilità dogmatica, di cui già gli antichi si stupivano. Per l'e~posizione della dottrina epicurea cfr. III, 161-267. Per la stagione romana dell'epicureismo, cfr. III, 271-300. Per ,}e reviviscenze dell'epicureismo nell'età imperiale, cfr. IV, 51-70. Per il libro murario fatto incidere da Diogene di Enoanda, cfr. ivi, 63-68. Per il catalogo degli Epicurei, l'elenco degli scolarchi e le indicazioni bibliografiche, cfr. Parte II, voce Epicurei.
E P I L O G .I S M O (lllt~)..oy1DlJ.6c;) E un tipo di ragionamento analogico che porta da fenomeno a fenomeno e che costituisce il terzo momento del metodo proposto dai medici empirici, come spieghiamo in IV, 192. A complemento di .quanto diciamo ivi, riteniamo utile r1portare alcune precisazioni di A.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
Russo: « Il termine epiloghism6s non trova riscontro in Aristotele, se non in rare applicazioni non tecniche (fr. 123 Rose; Politica, Z 8, 1322 b 35), ma fu presente nella dialettica stoica, come ci informa Galeno (In Hippocr. progn., vol. XVIII B, p. 26 Kiihn = von Arnim, S.V.P., n, fr. 269) che così lo differenzia dall'analogismo: " Analogismo è un discorso che parte dal fenomeno e produce la comprensione del non-evidente; epilogismo, invece, è il discorso comune e concorde presso tutti". Questa definizione stoica fa pensare che gli Empirici abbiano, almeno parzialmente, mutuato il loro cavalJo di battaglia dall'Epicureismo (cfr. Deichgraber, Die griechische Empirikerschule, p. 306). Sesto usa il termine epilogismo poche volte: in Pyrrh. hyp. n, 123, nel senso di " ragionamento empirico" per demolire il concetto di "segno"; in Adv. log. I, 352 nel senso di "argomentazione scettica", per demolire il concetto di criterio; in Adv. math. m, 7, nel senso di " procedimento aporetico-diairetico " per sottoporre la teoria geometrica del postulato-ipotesi ad una serie di quesiti. Più frequente, invece, è l'uso del verbo epiloghizesthai (cfr. indice di Janacek, p. 100) » (Scettici antichi, Torino 1978, p. 682, nota 32). Si veda Galeno, De subfiguratione empirica, IV, 49 sg.; IX, 70 sgg. - Insomma: l'epilogismo è un ragionamento analogico empirico, mentre l'analogismo è un tipo di ragionamento analogico aitiologico, ossia che pretende di passare dal fenomeno alla causa di esso. Per gli Empirici il primo è corretto nella misura in cui non trascende il fenomeno, il secondo, invece, è dogmatico. EPISTEME, dr. Scienza. EPOCHE (btox'i)) ~ un termine, probabilmente coniato da Arcesilao (III, 503), per esprimere la pirroniana adoxia (cfr. voce) sistematicamente ripensata. Significa sospensione del giudizio. Si vedano chiarificazioni ed approfondimenti di questo concetto in III, 503 e le indicazioni bibliografiche che diamo, ivi, alla nota 12. E PO P T I C A (~1t01t-tELa) ~ un termine desunto dal linguaggio dei misteri eleusini che indica il momento culminante dell'iniziazione (ossia il momento estatico del contatto col Divino), con cui alcuni Medioplatonici designano la· metafisica, sia quella platonica, sia qudla aristotelica (cfr. IV, 336 sg., nota 13 ). Ecco un passo molto significativo di Plutarco (De Iside et Osiride, 382 d-e): « [ ... ] il pensiero dell'intelligibile, del puro e del semplice, trapassando attraverso l'anima come un lampo, presenta l'opportunità di toccarlo e vederlo .solo una volta. Perciò Platone ed Arista·
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El'ISTEME/ERMETISMO
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tele chiamano questa parte della filosofia ' epoptica ', in quanto quelli che, con scambio sublime, per via di dialettica, sono andati al di là di questo umano sapere opinabile, misto e vario, si slanciano verso quel Primo trascendente semplice e immateriale: e se hanno, come che sia,. preso contatto con la pura verità dimorante in lui, essi pensano a buon diritto di possedere, termine perfetto, il cuore stesso della filosofia». ERACìLITISMO
Questo termine indica, oltre che la dottrina di Eraclito in generale, altresì un suo aspetto particolare, quello espresso dalla formula « tutto scorre»- e portato alle estreme conseguenze dai discepoli, come ad esempio Cratilo (1, 74 ), e contro le cui conseguenze scettioheggianti polemizzano Platone nel Crati! o e nel T eeteto, e Aristotele nel quarto libro della Metafisica. È proprio questo aspetto che viene ripreso dal neoscetticismo, in particolare da Enesidemo (IV, 175 sgg.), e che riecheggia anche in Marco Aurelio (IV, 127 sgg.). Cfr. Mobilismo. ERETRIACA, Scuola È così denominata la scuola di Menedemo, un discepolo del megarico Sti1pone, dalla città di Eretria in cui fu fondata. Essa può considerarsi una filiazione della scuola di Elide di Pedone (l, 427 sgg.; III, 80 sgg.).
ERISTICA
(tp~cn~xT))
Il termine deriva da ÉpLt;w, che significa contendo. È l'arte di contendere a parole, in modo da sopraffare nella discussione, in ogni caso, l'avversario. La forma più tipica dell'eristica è quella che si riscontra nella più giovane generazione di Sofisti e contro cui già Platone scrive· il suo Eutidemo (cfr. I, 271 sgg.; cfr. ivi, 272 sg., due passi molto indicativi di questo dialogo). Una vena eristica più o meno latente accompagna gran parte del pensiero antico dai Megarici agli Scettici. (Una certa dose di eristica, anche se largamente riscattata, è presente perfino in certi dialoghi platonici, specie nei primi, così come in Socrate. Questo si spiega col gusto eccezionale ohe i Greci nutrirono per la discussione e per le tenwni dialettiche). ERME T~I SiMO È un movimento di pensiero religioso-mistico"filosofico che si diffonde soprattutto nella tarda grecità, portatore di una composita dottrina esoterica, considerata frutto della divina rivelazione del Dio Ermete. Dal punto di vista speculativo si ispira largamente aUa filosofia medioplatonica e neopita.gorica. È una forma di gnosi (cfr. voce) pa-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
_gana. Esaminiamo la costituzione del Corpus Hermeticum e le dot·trine ermetiche in IV, 429-443. ERO lE (oijpwc;)
Nella mitologia greca l'Eroe è considerato come un semi-dio, ed -è collocato, cosl come il Demone, in una posizione intermedia fra l'uomo e la divinità. Questa concezione dell'Eroe si ritrova anche nei 'filosofi, sia nell'età classica sia nell'età ellenistica sia nell'età imperiale. Gli Stoici, ad esempio, considerano gli Eroi come anime dotate .4i particolare perfezione (III, 386). NelJa taroa età imperiale anche l'Eroe trova posto nella complessa gerarchia ipostatica, in particolare nella sfera delle ipostasi dell'Anima. Cosl, ad esempio, avviene in •Giamblico (IV, 649) ed in Proclo (IV, 676). EROS (!pwc;)
a) Il primo sistematico approfondimento del concetto di Eros (se ·si prescinde da alcune intuizioni di carattere cosmogonico e fisicocosmologico che si ritrovano in Esiodo, Parmenide ed Empedocle) ri.sale a Platone, che nel Convito e in parte nel Fedro, raggiunge i gua·dagni più significativi, destinati a rimanere punti di riferimento per -molti secoli. L'amore (eros) viene inteso da Platone come forza sintetica e mediatrice fra il sensibile e il soprasensibile, forza che «dà :ali », ossia eleva, sollecitata dalla bellezza nelle sue varie manifesta.zioni, fino al Bello in sé, che, per il Greco, coincide con il Bene (o ·con un aspetto del Bene). Nel Fedro, Platone collega l'Eros all'anamnesi (ofr. voce), ossia al ricoroo metafisica del mondo iperuranico dal •quale l'anima proviene. La Bellezza, che è l'unica Idea che abbia avu·to la sorte privilegiata di essere visibile, è come il tralucere dell'intelligibile nel sensibile, e, come taJ.e, infiamma l'anima e la spinge a salire là donde è discesa. L'amore è, cosl, nostolgia dell'assoluto, metempirica tensione che ci sollecita a tornare ed essere presso gli Dei •(II, 263 sgg.). ~ da rilevare come l'Amore, per Platone, abbia carattere esclusivamente acquisitivo e non donativo; esso tende ad una ·continua ulteriore acquisizione e ad un sempre maggiore possesso, ma non dà nulla di sé. Inoltre l'amore platonico non ha come fine ultimo la persona, giacché questa rh;ulta piuttosto mezzo per raggiunge-re l'ulteriore fine dell'Idea. - b) Aristotele sottolinea solo alcuni ·aspetti dell'amore e non presenta una dottrina di particolare interes:se. Invece, è degno di rilievo come il concetto di eros venga riferito al Motore Immobile per spiegarne la causolità di tipo finale. In quanto è l'ottimo (il supremamente bello e buono), Dio è oggetto di amore, •ossia Qggetto di desiderio, e appunto come oggetto di desiderio muo-
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EROE/EROTICA
ve i cieli e il cosmo (Il, 442 sg.). Si badi che, come per Platone, cosl anche per Aristotele Dio può essere oggetto ma non soggetto d'amore, giacché Amore, per il Greco, implica sempre mancanza di ciò a cui tende, e l'Ottimo (ossia l'Assoluto) non può mancare di nulla e, dunque, non può amare alcunché. - c) Una drastica riduzione del significato e della portata dell'eros si riscontra negli Epicurei (come è dato ricavare da quanto ci dice Diogene Laerzio, x, 118) e negli Stoici. Questi ultimi sostengono che « amore è un desiderio che non riguarda i saggi: è infatti un impulso a stringere amicizia determinato da una manifestazione del bello» (von Arnim, S. V.F., m, fr. 396). Gli Stoici concedono tuttavia al saggio di amare colui che ne è degno: «Dicono che l'amore è uno slancio a stringere amicizia per la apparizione di bellezza di giovanetti belli. Perciò il sapiente è anche portato ad ama~ re e si innamorerà di quelli che siano degni di essere amati in quanto di nobile indole e di felici disposizioni naturali» (fr. 650; cfr. anche fr. 716). d) Plotino e i Neoplatonici riprendono il concetto platonico dell'eros, sviluppandolo nel contesto dell'ontologia delle ipostasi. Anche per Plotino l'amore non può caratterizzare l'Assoluto (l'Uno), ma piuttosto la via, ossia il modo (o uno dei modi) del ritorno all'Uno. L'amore è collegato da Plotino all'ipostasi dell'anima nella sua tensione verso lo Spirito e verso l'Uno che ha luogo attraverso il Bello (IV, 594 sg.). - e) Da rilevare, per contro, come in Filone Ebreo si delinei il concetto di amore int~o come dono e grazia (cfr. voce) (IV, 283 ). Tuttavia in questo pensatore, tali categorie sono desunte dalla Bibbia e non dal patrimonio spirituale dell'antichità pagana. Sul tema si veda: M. Schiavone, Il problema dell'amore nel mondo greco, val. 1, Milano 1965. Sul problema dei rapporti fra amore greco e amore cristiano si veda: A. Nygren, Eros und Agape, Berlin 1955; traduzione italiana di N. Gay, con int'roduzione di F. Bolgiani, Il Mulino, Bologna 1971. ERO T ES ( "Epw·m;) In Plotino gli Erotes _ cioè gli Amori _ sono una speciale classe di Demoni, prodotti dall'anima umana nella sua aspirazione al bello (IV, 573, nota 32). Alla prima Anima corrisponde il Dio Amore, all'Anima del Mondo il Demone Amore che assiste dovunque questa anima, ed anche a ciascuna delle anime particolari corrispondono altrettanti Erotes, sia _ si badi _ alle anime degli uomini, sia alle anime che stanno in tutti gli altri viventi (IV, 596, nota 48). EROTICA (tpw·nxT)) È l'arte e la scienza di amare, che, come è concepita da Plato-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ne e dalla tradizione platonica, costituisce quella peculiare via la quale, attraverso la bellezza, fa accedere aU'Assoluto. È una via che potremmo chiamare via alogica all'Assoluto, e che corre parallela a quella della dialettica. Si vedano testi ed esegesi in II, 263 sgg.; IV, 594 sg. Cfr. Eros. - Per l'erotica come mania cfr. voce. ERRORE . (!Ìllt.tp-r,t.t, a.,. uip-rT}(J.t.t, ami-rT}, lj/Evooc;) Errore ha due significati (o due gruppi di significati) fondamentali: l'uno concernente l'ambito morale, l'altro l'ambito logico-gnoseologico. l) L'errore logico-gnoseologico, per i Greci, a partire dai Presocratici, è connesso alla opinione, alla doxa. Rimandiamo pertanto a questa voce. (Ricordiamo che una sorta di logica dell'errore dei ragionamenti possono essere considerate le Confutazioni Sofistiche di Aristotele; cfr. II, 566 ). 2) Per quanto concerne l'errore morale, esso coincide con quello che propriamente chiamiamo peccato, e che i filosofi greci, a partire da Socrate, hanno per lo più inte11pretato in chiave intellettualistica come errore di ragione o come conseguenza di esso: si vedano le voci Peccato ed Intellettualismo etico. - Segnaliamo le ottime ricerche di A. Levi, che, con una costanza ed acribia veramente eccezionali, ha esplorato il problema dell'errore ìn tutto l'arco del pensiero antico e moderno, in una serie di saggi ancor oggi fondamentali. Ecco l'elenco di quelli che concernono il pensiero antico. - A. Levi, Il problema dell'errore nella filosofia greca prima di Platone, in « Athenaeum », 7 (1930), pp. 37 sgg. e in « Revue d'Histoire de la Philosophie », 4 (1930), pp. 115 sgg. - Idem, La teoria stoica della verità e dell'errore, in « Revue d'Histoire de la Philosophie », 2 (1928), pp. 113 sgg. _ Idem, Il problema dell'errore nell'Epicureismo, in «Rivista critica di Storia della filosofia», 5 ( 1950), pp. 50 sgg. _ Idem, Il problema dell'errore in Filone di Alessandria, in « Rivista critica di Storia della filosofia», 5 (1950), pp. 281 sgg. - Idem, Il problema dell'errore nello scetticismo antico, in « Rivista di filosofia», 40 (1949), pp . 273 sgg. - Idem, Il concetto dell'errore neUa filosofia di Plotino, in « Filosofia», 2 ( 1951 ), pp. 213 sgg. _ Idem, Il problema dell'errore nella metafisica e nella gnoseologia di Platone, Opera postuma a cura di G. Reale, Istituto di Filosofia dell'Università di Parma, Liviana Editrice, Padova 1970 (19712).
ESCATOiLOGIA È termine di conio mod~rno (derivante da eschaton [ = ultimo] e logos [ = dottrina]) che indica la dottrina dei destini ultimi dell'uo-
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ERRORE/ESISTE~~A
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mo e della sua sorte nell'aldilà. Si possono distinguere almeno quattro grandi momenti nella concezione escatologica dei Greci. l) Il primo è costituito dalla escatologia omerica, in cui l'immortalità dell'anima è concetto ancora sconosciuto. Ciò che resta dell'uomo, dopo la mot>te, non è che il suo fantasma inconsapevole, vana larva senza coscienza, e quindi, in un certo senso, la negazione dell'io. Di conseguenza, per l'uomo omerico comune non possono esserci premi e castighi nell'aldilà. 2) Il secondo è costituito dalla concezione orfica, la quale, con le nuove concezioni dell'anima-demone, della colpa originaria, della necessità della espiazione e, infine, del premio e del castigo nell'aldilà, opera una rivoluzione di portata incalcolabile. Da essa resta segnata gran parte del pensiero greco successivo (dr. I, Appendice I, passim). 3) Il terzo momento è costituito dalla rielaborazione filosofica del messaggio orfico, che va da Pitagora (I, 99 sgg.) ad Empedocle (I, 158 sg.) a Platone. Quest'ultimo presenta le più complesse prospettive escatologiche di una ricchezza veramente eccezionale (Il, 230-244 ). Platone, nell'esporre le sue dottrine escatologiche, si avvantaggia dei guadagni della « seconda navigazione», sapientemente utilizzando logos e mito (cfr. I1,47 sgg.; 230 sg.). Dopo Platone la problematica escatologica ritorna in auge solo in età imperiale con l'acquisizione di nuovi elementi provenienti dal sincretismo religioso dell'epoca (per esempio la problematica dell'ochema, dr. Veicolo). In questa fase le tematiche della processione, dell'estasi e delle virtù teurgiche danno una prospettiva nuova alle vecchie dottrine escatologiche (si veda anche la posizione dell'ermetismo, di cui diciamo in IV, 432 sgg.). 4) La quarta posizione è quella degli Stoici, tutta sui generis. Di essa diciamo in III, 384 sgg. (cfr. i testi ivi riportati). La caratteristica peculiare di questa escatologia è di sostenere che le anime durano a lungo dopo la morte, ma non per sempre: al massimo (quelle dei saggi) fino alla successiva conflagrazione. _ In questo schema non abbiamo tenuto conto di coloro che negano l'immortalità dell'anima o che lasciano la questione impregiudicata, perché tali posizioni eliminano il problema escatologico (cfr. voce Immortalità). E S E M P L A RE , cfr. Paradigma. ESIE R CI ZIO, cfr. Askiesis. ESISTENZA (existentia) ~ questo un termine derivante da ex-sistere (cioè, stare nell'essere derivando da altro) ed implicante una problematico che suppone strutturalmente il creazionismo, soprattutto nella forma guadagnatl'
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dalla filosofia medievale (prima da quella araba, poi da quella latina). Nei filosofi greci la distinzione essenza-esistenza non c'è, o, quando c'è, è assai vaga e, in ogni caso, è collocata in un orizzonte metafisica che è strutturalmente diverso rispetto a quello medievale. L'antologia greca è infatti una forma di essenzialismo eidetico (Platone e il platonismo) oppure usiologico (Aristotele e l'aristotelismo), che fa coincidere strutturalmente essere e forma. Anche la dottrina aristotelica dell'atto non va oltre, perché l'atto è fatto a sua volta coincidere con la forma e con la sostanza. Si veda, per un approfondimento del tema: S. Mansion, Le ;ugement d'existence cbez Aristate, Louvain 1946 (19762).
ES 0 T ,ERI C 0 (tcrw-tEp~x6ç) È un termine che deriva dal greco ~a-w, che significa dentro, ed indica la caratteristica di un pensiero quando sia riservato a pochi intimi collaboratori all'interno di una scuola, di un circolo o di un sodalizio, e si differenzia da quello destinato ad un pubblico esterno più ampio. Esoterici sono detti, ad esempio, tutti gli scritti di scuola di Aristotele, redatti per le lezioni (cfr. Acroamatico). ES PER I ENZA (tp:rmpla, experientia) La definizione più precisa defl'esperienza è stata fornita da Aristotele che, nella Metafisica, la caratterizza in relazione ai concetti di memoria, arte e scienza nel modo che segue: «Orbene, mentre gli animali vivono con immagini sensibili e con ricordi, e poco partedpano dell'esperienza, il genere umano vive, invece, anche d'arte e di ragionamenti. Negli uomini, l'esperienza deriva dalla memoria: infatti molti ricordi dello stesso .oggetto giungono a costituire una esperienza unica. L'esperienza, poi, sembra essere alquanto simile alla scienza e all'arte: in effetti gli uomini acquistano scienza ed arte attraverso l'esperienza. L'esperienza, infatti, come dice Polo, produce l'arte; mentre l'inesperienza produce il puro caso. L'arte si genera quando, da molte osservazioni, si forma un giudizio generale ed unico riferibile a tutti i casi simili. Per esempio, il giudicare che a Callia, sofferente di una determinata malattia, ha giovato un certo rimedio, e che questo ha giovato anche a Socrate e a molti altri individui, è proprio dell'esperienza; invece il giudicare che a tutti questi individui, ridotti ad unità secondo la specie, sofferenti di una certa malattia, ha giovato un certo rimedio (per esempio ai flemmatici o ai biliosi o ai febbricitanti) è proprio dell'arte. Orbene, ai fini dell'attività pratica, l'esperienza non sembra differire in nulla dall'arte; anzi, gli empirici riescono anche meglio di coloro che posseggono la teoria senza la pratica. E la ragione sta in questo: l'esperienza
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ESOTERICO /ESPIAZIONE
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è conoscenza dei particolari, mentre l'arte è conoscenza degli universali; ora, tutte le azioni e le produzioni riguardano il particolare: infatti il medico non guarisce l'uomo se non per accidente, ma guarisce Gallia o Socrate o qualche altro individuo che porta un nome come questi, al quale, appunto, accade di essere uomo. Dunque, se uno possiede la teoria senza l'esperienza e conosce l'universale ma non conosce il particolare che vi è contenuto, più volte sbaglierà la cura, perché ciò cui è diretta la cura è, appunto, l'individuo particolare. E tuttavia, noi riteniamo che il sapere e l'intendere siano propri più dell'ar·te che dell'esperienza, e giudichiamo coloro che posseggono l'arte più sapienti di coloro che posseggono la sola esperienza, in quanto siamo convinti che la sapienza, in ciascuno degli uomini, corrisponda alloro grado di conoscere. E, questo, perché i primi sanno la causa, mentre gli altri non la sanno. Gli empirici sanno il puro dato di fatto, ma non il perché di esso, invece gli altri conoscono il perché e la causa » (Metafisica, A l, 980 h 25 sgg.). _ Per la rilevanza dell'esperienza e per l'elaborazione di un metodo rigorosamente fondato su di essa nei cosiddetti Medici empirici, dr. IV, 191 sgg. _ Sesto, pur largamente influenzato dalla medicina empirica e dai suoi procedimenti, non giunge ad elaborare una nuova logica empirico-positivista (come invece qualche studioso ha erroneamente ritenuto), per le ragioni che spieghiamo in IV, 209 e nota 37. La mentalità empiristica, quale è venuta a manifestarsi nell'età moderna soprattutto in conseguenza dellà 'scoper-ta delle scienze empiriche, è estranea al mondo greco, che è invece caratterizzato da una mentalità di forte impronta eziologica.
ESPIAZIONE (litxTl) Esprime l'efficacia liberatoria dal male commesso e dalla colpa,. prodotta dalla giustizia e dalla punizione, come Platone dice in questo passo esemplare del Gorgia: « Socrate: [ ... ] in base a quanto si è ammesso ora, bisogna che ciascuno si guardi il più possibile dal commettere ingiustizia, perché ne avrebbe un male davvero grande. - Polo: Ctrtamente. - Socrate: E se poi commetterà ingiustizia, o lui o gli altri di cui egli ha cura, dovrà recarsi, di propria volontà, là dove al più presto potrà scontare la pena: cioè dovrà andare dal giudice cosl come andrebbe dal medico, e dovrà far presto, affinché la malattia dell'ingiustizia, divenuta cronica, non renda l'anima incancrenita ed inguaribile. O come dovremmo dire, se le cose che abbiamo precedentemente ammesso restano salde? Non debbono queste concordare con quelle a questo modo e non diversamente? - Polo: E che cosa potremmo dire? - Socrate: Al fine di difendere la propria ingiustizia o quella dei genitori, d~i amici, dei figli, o della patria,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
la retorica, o Polo, non ci è di alcuna utilità; a meno che non la si intenda e la si usi per il fine opposto, e si dica che bisogna accusare soprattutto se stessi, e poi anche i familiari e qualunque altra delle persone che ci sono care che commetta ingiustizia, e che non bisogna nascondere, ma rivelare la propria coLpa, perché ii colpevole sconti la pena e venga risanato; e bisogna costringere sé e gli altri a non aver paura, ma bisogna offrirsi ad occhi chiusi e con coraggio al giudice come ci si affida al medico per farsi tagliare e cauterizzare perseguendo il buono e il bello; e chi abbia 'commesso ingiustizia e sia meritevole di percosse non deve considerare il dolore ma deve offrirsi alle percosse, e se sia meritevole di catene deve offrirsi alle catene, e se meritevole di multa offrirsi a pagare la multa, e se meritevole di es1lio offrirsi all'esilio, e se meritevole di morte offrirsi alla morte, essendo egli stesso il primo accusatore di sé e dei familiari ~ ( 480 a sgg.). Si veda aoohe Pedone, 113 d sgg., dove Platone parla dell'effetto escatologico della espiazione ed ipotizza addirittura una sorta di «purgatorio», in cui, prima di ricevere il premio, le anime che non sono del tutto pure e che ad un tempo non sono nemmeno del tutto impure << rimangono a purifìcarsi e ad espiare le loro colpe». ESPRIMIBILI, cfr. Lekton. .. t -'ljv E!vaL, 'tÒ ..t la'tL, essentia) Con questo termine si traduce la complessa espressione aristotelica tò tì én einai, che i latini rendevano con quod quid erat esse, L'essenza è il ciò per cui le cose hanno il loro essere un alcunché e coincide con l'eidos e la forma. Si badi che è errato credere che essenza traduca ousia, in senso pieno, per le ragioni che indichiamo sotto questa voce. L'essenza indica solo uno dei significati di ousia (sia pure il principale). Se si traduce ousia con essenza, non si capisce assolutamente come Aristotele possa chiamare ousia anche il sinolo, o, addirittura, la materia, e, soprattutto, come ousia negli Stoici significhi prevalentemente la materia. In conclusione: l'essenza indica quel significato di ousia che coincide con la quiddità, la forma, H ciò che fa sì che una cosa sia quella e non un'altra. Si veda sul tema H libro Z della Metafisica, passim, e il nostro commento (Arist., Meta/., vol. I, pp. 562-637).
ES S E N Z A ( 'tÒ
ESSER E (!lv, E!vaL, ens, esse)
La dottrina dell'essere risale, a livello tematico, a Parmenide ed alla scuola eleatica. _ a) Gli Eleat>i presentano una concezione dell'essere che potremmo chiamare integrale ed univoca, in quanto ammettono una sola accezione dell'essere, ossia l'essere in senso assolu-
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ESPRIMIBILI/ESSERE
to (il puro positivo), la quale comporta una accezione altrettanto integrale ed univoca del non-essere, come l'assolutamente negativo. Per conseguenza, tutti gli attributi che gli Eleati riconoscono come propri dell'essere non sono altro che una esplicitazione di questa assolutezza: l'essere è detto ingenerato, incorruttibile, immutabitle, immobile, tutto uguale (l, 120 sgg.). L'essere parmenideo è concepito come fi. nito e sferiforme (l, 125), mentre da Melisso è concepito come infinito, senza alcuna forma e senza alcuna di quelle deter-minazioni che sono proprie dei co11pi, e, in questo senso, in-corporeo (cfr. voce) ed assolutamente uno (l, 143 sgg.). Tale concezione integrale ed univoca dell'essere comporta l'impossibilità di gius~ificare i fenomeni e la negazione de:Ua validità dell'esperienza ohe li attesta, dato che i fenomeni sembrerebbero implicare .proprio ciò che il discorso eleatico sull'essere nega, ossia la molteplicità, il movimento, e dunque il non-essere. La successiva speculazione cerca in vario modo di risolvere questa aporia dell'eleatismo. - b) Empedocle, Anassagora e gli Atomisti tentano di risolverla restando ancora nell'orizzonte fisico, concependo l'essere come un originario molteplice (per Empedocle i quattro elementi mossi da Amicizia e Discordia, per Anassagora le omeomerie e l'Intelligen.Za, per gli Atomisti gli atomi e il movimento), che aggregandosi dà origine alla nascita delle cose e disgregandosi alla loro corruzione (I, 151-186). _ c) Platone porta invece la problematica dell'essere su un nuovo piano, guadagnato mediante quella éhe egli stesso chiama la «seconda navigazione» (cfr. voce). Su questo piano egli sente il bisogno di riformare l'ontologia eleatica radicalmente, ma vi riesce solo i:n parte. Infatti, spezza il blocco monolitico dell'essere eleatico, concependo l'essere come molteplicità di idee. Per guadagnare la molteplicità egli recupera il non-essere almeno nel senso di diverso, e di altro (cfr. Alterità, Altro): ogni Idea, proprio per essere que1la che è, deve essere diversa dalle altre, non essere le altre. Dunque, Platone include nell'essere le differenze ideali, che permettono di concepirlo come molteplice e include anche il movimento, ma nel senso puramente ideale, in quanto ogni Idea implica un ideale movimento verso le altre, perché partecipa delle altre. Platone dice anche che a'essere implica strutturalmente dinamicità (II, 139-145). Malgrado tutto questo, Platone non salva in modo adeguato il mondo del sensibile, il mondo empirico. Egli, infatti, non ardisce considerarlo essere e neppure non-essere, e, cosl, r~piega su una soluzione fortemente ambigua, considerandolo come un intermedio (o metaxu, cfr. voce) fra essere e non-essere. Ma che cosa sia l'intermedio fra essere e non-essere, dato che il non-essere (nel senso di opposto aLl'essere)
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
non è, non si comprende. Del resto, Platone stesso, riconoscendo la ambiguità sostanziale di questo mondo fenomenico, che, in quanto diviene, non è essere, ma non è nemmeno non-essere, confessa che l'a· poria eleatica resta per metà insoluta. _ d) Aristotele per primo propone 'Jna concezione dell'essere c_apace di accogliere in sé sia la realtà intelligibile, sia quella sensibile in tutti i loro aspetti. Questo risulta possibile nella misura in cui lo Stagirita sistematicamente supera la concezione univoca dell'essere, introducendone una di carattere analogico. L'essere non ha uno solo, ma molteplici significati, in quanto è originariamente differenziato in generi o sfere e piani diversi, e poi ancora in modi e maniere diverse all'interno di questi stessi piani. Questi significati molteplici possono essere riassunti nei seguenti quattro: l'essere accidentale; quell'attività del nostro pensiero che pensa · il vero e il falso; le categorie; la potenza e l'atto (cfr. voci e II, 411424 ). Tutti questi significati sono diversi fra loro, ma suppongono un comune riferimento ad un significato principe che è quello di sostanza, che è la prima delle categorie (II, 427 sgg.). La sostanza, poi, è di tre tipi, e quindi l'essere della sostanza ha tre significati diversi. Vi sono sostanze soprasensibili, ingenerate e incorruttibili (II, 439 sgg.); vi sono ~ostanze celesti, che sono sensibili, ma incorruttibili, e, infine, vi sono le sostanze sensibili sublunari, soggette a generazione e a corruzione (II, 463 sgg.). - e) Dopo Aristotele la teoria dell'essere subisce una marcata involuzione, come dimostrano la fisica di Epicuro e quella stoica, che per quanto concerne la problematica ontologica cadono in un ginepraio di contraddizioni (cfr., per esempio, III, 204 sg.; 210; e, soprattutto, III, 360 sg.). Per le filosofie dlenistiahe l'essere coincide, in generale, con il corpo e con il corporeo. Lo stesso essere divino è co11poreo. Pirrone e lo scetticismo cercarono, invece, di ridimensionare il concetto di e~ere e di risolverlo, in qualche modo, nell'apparire. - f) Con la rinascita del platonismo (verso la fine dell'età ellenistica e nei primi secoli dell'era cristiana), l'essere viene identificato con l'incorporeo (cfr. voce) e con il trascendente, in netta polemica con la filosofia del Giardino e della Stoa (cfr. IV, 330 sgg.; 413 sgg.). - g) In Plotino la problematica dell'essere assume valenze del tutto nuove. L'essere, che fa tutt'uno col pensiero, coincide con la seconda ipostasi (cfr. Nous). Ma ancora più nuovo è il tentati'Vo di concepire il principio primo e l'Assoluto, cioè l'Uno, come al di sopra dell'essere stesso. Con Plotino, quindi, la dottrina dell'essere diventa una parte della metafisica e non quella ultimativa. Sulle ragioni che portano a questa rivoluzione si veda q~anto diciamo in IV, 511519. Il neoplatonismo successivo segue la via aper·ta da Plotino. - h)
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ESSERE/ESTASI
In Filone di Alessandria l'Essere è il Dio biblico (dr. IV, 278 sg.). Da ricordare, infine, il principio, che è come la cifra della speculazione greca, secondo cui essere e pensiero corrispondono petlfettamente. In Parmenide addirittura coincidono; in Platone il grado di conoscibilità di una cosa è proporzionale al suo grado di essere, e cosl anche per Aristotele. In Plotino, come si è detto, essere e pensare, anche se in modo assai più complesso che in Parmenide, coincidono. L'Uno, che è al di sopra dell'essere, non è, per conseguenza, nemmeno conoscibile e si raggiunge per via metarazionale (cfr. Estasi). ES S O T iE R I C O
(€1;w-ttp~x6ç)
Deriva dal greco !!;w, che significa «fuori», ed indica quella forma di pensiero che si mantiene ad un livello comprensibile anche 1t persone che non sono membri specializzati di una scuola. Significa, io sostanza, ciò che noi oggi indichiamo con « non-tecnico » o « divulgativo». Essoterici sono detti ad esempio gli scritti di Aristotele (redatti per lo più in forma dialogica) programmaticarnente indirizzati al' grosso pubblico e compo9ti nel periodo accademico. Di questi possediamo solo frammenti (cfr. II, 379 sgg., nota 1). ES T ASI (bcr-tacnç)
La tematica dell'estasi, per quanto sia già presente in Platone (ofr. Entusiasmo e Mania), trova la sua precisa formulazione nel contesto dol pensiero deJJa tarda antichità. Potremmo schematicamente distinguere tre formulazioni differenti della dottrina dell'estasi, a seconda delle tradizioni cui si ispira e dei fondamenti su cui si impianta. l) La prima è quella di Filone di Alessandria, legata al profetismo biblico e poggiante sul concetto di grazia e di dono divino. L'uscitada sé (ek-stasi5) è i~ darsi a Dio, che però è possibile solamente nella misura in cui Dio si dona a noi (IV, 306; IV, 605). 2) La seconda è· quella di Plotino, per cui estasi è il toglimento dell.'alterità, la sempli· ficazione, l'unificazione con l'Uno (IV, 596-605). L'estasi plotiniana-. non dipende da un dono di Dio, ma è opera delle pure capacità dell'uomo. ~ questa una concezione che dipende dalla antica convinzionegreca, secondo cui l'uomo da solo può raggiungere iJ suo telos, senza bisogno di aiuto che venga dal di fuori. ~ quindi la forma di estasi che potremmo chiamare filosofico-speculativa e autarchica. 3) La terza è quella che si trova nelle correnti della mistica pagana, come acf esempio nell'ermetismo, e, poi, nei tardi Neoplatonici, legata alla virtù teurgica e quindi ad una mentalità magica (IV, 682 sg.).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ESTETICA È quella branca del sapere filosofico che ha come oggetto il bello e l'arte. Il termine, come è noto, è stato coniato nel secolo XVIII da Baumgarten. Deriva dal greco aisthesis, aistbeton ( =sensazione, sensibile), e, nell'intenzione dell'autore, esprime il concetto del bello .come manifestazione del sensibile al suo più alto grado. I vari concetti che i moderni includono nell'estetica, però, i Greci non li unificarono -organicamente in un solo ambito, connettendoli, in vario modo, alla metafisica, all'etica, alla gnoseologia. È indubbiamente corretto parlare di estetica dei Greci, ma è meglio, dal punto di vista storico, ripensare i problemi dei Greci allo stesso modo in cui essi li hanno proposti senza costringerli in categorie posteriori. Cosl al bello, i Greci hanno connesso, più ancora che l'arte, -l'erotica, e alla poesia il problema della sua funzione educativa e quindi della paideia, oltre che -quello della verità. Si vedano le voci: Bello, Erotica, Poetica, Entu:siasmo, Mania. E T iE R; E (alih'Jp) La dottrina dell'etere come elemento diverso ontologicamente .dagli altri quattro rappresenta una scoperta aristotelica, preparata forse già nell'Accademia (cfr. l'accenno nel Timeo, 55 c). La troviamo anche nell'Epinomide, 981 c, che, però, può essere stato influenzato da Aristotele stesso. L'etere è detto quinta sostanza o quinta essenza nel .senso di quinto elemento. Fu introdotto dallo Stagirita, per poter }ondare la tesi della incorruttibilità dei cieli. Si veda quanto diciamo a questo proposito in II, 463 sgg. Per i problemi e le difficoltà suscitate dagli Aristotelici posteriori a questo 'Proposi,to, cfr. IV, 10; IV, 28. - Le cosmologie dell'età ellenistica Jo eliminano. _ Anche nel neoplatonismo non trova posto adeguato. _ Nel pensiero occidentale la dottrina dell'etere come quinta essenza ritorna in auge solo con il rinascere dell'aristotelismo .
.E T E RN I T À (alwv, à.~SL6-rTJ<;, aeternitas) Potremmo distinguere i seguenti momenti neLla storia del concetto di eterno nel pensiero greco: l) quello connesso alla negazione dell'esistenza del tempo e del movimento nella scuola di Elea, 2) quello connesso alla scoperta dell'intelligibile e del trascendente in :Platone, 3) quello connesso alla neoplatonica metafisica della processione, 4) quello improprio, connesso al durare sempre del tempo e all'eterno ritorno, 5) quello connesso all'esperienza spirituale deLl'estasi. l) Il concetto di eterno nell' eleatismo ha due formulazioni: quella parmenidea dell'istante atemporale (l, 123 sg.) e quella meHssiana del
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ESTETICA/ETICA
«sempre era e sempre sarà» (I, 143). Ambedue suppongono la negazione totale del divenire in ogni sua forma ed equivalgono ad un permonere aprocessuflle (contratto ne1l'istante, in Parmenide; dilatato all'infinito, in Melisso). 2) La concezione platonica si rifà a quella parmenidea, ma la rifonda sulla base delle acquisizioni della « seconda navigazione». Questa nuova fondazione permette di riguadagnare anche il tempo come immagine mobile dell'eterno, come spieghiamo in II, 179 sg. 3) In Plotino si può parlare di eternità a tre livelli, corrispondenti alle tre ilpostasi: a) l'eternità ineffabile dell'Uno, b) l'eternità dello Spirito, di cui diciamo in IV, 537, c) quella dell'Anima, che è attività produttrice di temporalità in cui l'eterno si squaderna nel tempo (IV, 568 sgg.). 4) Il durare sempre del tempo è detto pure eternità, ma in senso improprio. Sarebbe più corretto parlare di un processo che non finisce dato che l'eterno implica propriamente un aprocessuale permanere. Analogo discorso può farsi per l'eterno ritorno (Hl, 382 sg.). 5) L'estasi plotiniana è sostanzialmente un attingere l'eterno a livello di una esperienza istantanea che è uscita dal tempo (IV, 603 sgg.). E T E R N O R I T OiR N O , dr. Apokatastasi; Palingenesi.
E T I C A (i)&l.x-i), ethica) Sul concetto di etica e sulle distinzioni che esso comporta, si veda quanto diciamo in I, 204 sgg. Nella storia dell'etica greca (preceduta da una intensa riflessione morale a livello prefilosofico, cfr. I, 207 sgg.) si possono distinguere le seguenti tappe: l) la fase sofisticosocratica, in cui -l'etica viene fondata senza l'elaborazione esplicita di una corrispondente metafisica (I, 278 sgg.). 2) La fase platonico-aristotelica, in cui metafisica ed etica hanno un giusto equilibrio (cfr. II, passim ). 3) La fase ellenistica, in cui il problema etico emerge su tutti gli altri non eliminandoli, ma strumentalizzandoli a sé (III, passim). 4) La fase finale dell'età imperiale, in cui l'etica si colora di toni accentuatamente religiosi, fino a .sfociare nella mistica (IV, passim). Nelle prime due fasi, etica e politica risultano strutturalmente connesse (cfr., soprattutto, II, 288 sgg.); nella terza fase, in seguito al crollo della polis, si scopre l'individuo e l'etica viene calibrata in maniera autonoma mediante il radicale sfruttamento di tutte le risorse che si trovano all'interno dell'uomo, appunto inteso come individuo (III, 8 sgg.). Nell'ultima fase cade in crisi l'idea della auto-sufficienza e dell'autonomia dell'individuo (autarchia) e l'etica vuole portare l'uomo ad un aggancio col divino. Come in tutta la storia dell'etica antica, anche in questa fase resta estranea alla mentalità greca l'idea che per
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
raggiungere il telos morale l'uomo abbia bisogno di un diretto aiuto divino (di una « grazia »), ed, anzi, viene riaffermata l'autonoma capacità deU'uomo di raggiungere il divino (anche l'estasi, infatti, dipende dall'uomo). - I concetti essenziali dell'etica greca sono quelli di eudaimonia, areté e libertà come razionalità. La cifra di tutta l'etica greca è l'intellettualismo morale, che risale a Socrate, ma che accompagna, rpiù o meno accentuato, tutto H pensiero greco successivo. Fra i più significativi guadagni delle etiche delle varie scuole segnaliamo: i concetti socratici di virtù-scienza, enkrateia ed autarchia; i platonici concetti di fuga dal mondo e assimilazione al divino; gli aristotelici concetti di virtù etica e virtù dianoetica; i concetti ellenistici di atarassia, aponia, apatia, con tutti queLli a questi connessi; i neoplatonici concetti dei differenti livelli di virtù e dell'estasi. Cfr. le singole voci. E T I C A, V i r t ù, dr. Areté. EU BO U L I A (Eù~ov'ì..(a.) ~ l'accortezza negli affari pubblici e privati, quindi il buon consiglio. Protagora la poneva come fine del proprio insegnamento (1, 234 sg.). Per Platone è la virtù tipica dell'uomo di stato, strettamente connessa alla sapienza (Il, 300). EU D A I MON I A (EÙOa.f.!.Lov(a.) ~ il concetto-cardine attorno al quale ruota tutta l'etica greca. n suo significato è assai ben illustrato nella seguente pagina di M. Pohlenz: « [ ... ] nell'animo del popolo era profondamente radicata l'a· spirazione a vedere coincidere il valore intimo dell'uomo e la sua situazione esteriore. Questo sentimento trovò la sua rpiù significativa espressione nel concet>to schiettamente ellenico di eudaimonia e nel suo sviluppo storico. Originariamente, parlando della " felicità ", si pensava 1n primo luogo ad un elevatissimo benessere materiale, e come il popolo con ingenua ammirazione chiamava " felici " i ricchi aristocratici, cosl invalse l'uso di designare con la medesima parola la prosperità di una regione o di una città. Fin dall'inizio, però, l' eudaimonia fu tenuta nettamente separata dalla eutychia, la fortuna che un casuale ghiribizzo della Tyche può gettare in braccio all'uomo. La parola eudaimonia aveva una sfumatura religiosa e si·gnificava che un individuo o una comunità si trovava sotto la protezione di un buon demone, al cui favore doveva la sua prosperità. La pietà religiosa innestò agevolmente a quest'idea la fede che l'uomo buono ottenga l'assistenza di un buon demone. Questo sentimento si rafforzò ulteriomente quando si diffuse la concezione del genio protettore che accompagna
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ETICA/EUDEMONISMO
l'uomo per tutta la vita: in tal modo era indicata la via per porre in armonia il valore intrinseco dell'uomo con la ~ua situazione esteriore. Tuttavia si seguitò a concepire l'eudaimonia soprattutto come la ricompensa materiale che viene assegnata all'uomo per il suo comportamento morale, per la sua areté. Fra i due concetti fu stabilito un nesso organico solo quando si trasferl il demone dentro l'uomo e gli si attribui la capacità di ~icurare a quest-o, anche indipendentemente dalla situazione esteriore, la pace dell'anima, intesa come il presupposto e la caratteristica essenziale della felicità umana. Se poi i " beni " materiali conservino anch'essi qualche valore e debbano aggiungersi alla piena eudaimonia, ciò poté essere oggetto di controversia, e affiorò pure il grave problema di come l'uomo, mediante la conoscenza e l'attività morale di per se stesse, possa ottenere che il suo demone divenga effettivamente buono. In ogni caso l'areté e l'eudaimonia rimasero i concetti basilari del pensiero etico dei Greci » (Der hellenische Mensch, GOttingen 1947; trad. ital. di B. Proto col titolo L'uomo greco, La Nuova Italia, Firenze 1962, pp. 577 sg.). Si veda, inoltre, quanto dice Aristotele nei passi che riportiamo in II, 491 sgg. Potremmo dire che tutti i filosofi greci sono fondamentalmente concordi nel connettere l'eudaimonia all'areté. _ I contrasti e le divergenze vertono sui seguenti punti: l) sul modo di intendere l'areté; 2) sul ritenere o no la virtù come assolutamente sufficiente alla felicità (ossia se ritenerla condizione necessaria, ma non del tutto sufficiente, oppure necessaria e anche del tutto sufficiente alla felicità); 3) sul ritenere la virtù come avente il premio in se stessa già in questa vita, oppure solo come premessa di un coronamento di felicità che viene conseguito, a guisa di premio alla medesima, nell'altra vita; 4) sul ritenere l'areté come esclusivamente legata alla sfera razionale, oppure nell'agganciarla all'esperienza mistica. l) Per il primo punto dr. voce Areté. 2) Come illustrazione del secondo punto dr. Socrate (l, 325 sg.; 326 sgg.; 352 sgg.), gli Stoici (III, 401 sgg.) e, a suo modo, Epicuro (III, 237 sgg.; 249 sgg.); cfr., per contro, Aristotele (Il, 496 sg.), i Peripatetici (ad esempio, III, 141 sg.) e gli Accademici (III, 105 sg.; 114 sg.). 3) Come illustrazione del terzo punto cfr. Platone e la sua escatologia (II, 230 sgg.) ed anche il curioso ibrido stoico di cui diciamo in III, 384 sgg. 4) Per J'illustrazione dell'ultimo punto cfr. il neoplatonismo, IV, passim. EUDEMONISMO È il carattere proprio di tutta l'etica greca, il cui scopo è, appunto, la determinazione del concetto di vera felicità e dei mezzi per rag~iungerla.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
EU L O GO N (Evì..oyov) È una dottrina propugnata da Arcesilao, in funzione antistoica, tendente a sostituire alla certezza dogmatica della Stoa il semplice ragionevole o verisimile come criterio dell'azione. Cfr. il testo che riportiamo in III, 504 e la relativa esegesi (ivi, 504 sg.). EU T I M I A (Evlhlp.l.a.) È, secondo Democrito, il fine della vita etica, corrispondente ad una specie di tranquillità, che nasce dal saper dominare i propri desideri (I, 185). Panezio la contrappone all'apatia, propria della sua scuola (III, 444 ). È questo il concetto che Seneca rende con tranquillitas animi e che illustra nell'opera omonima. EVEM!ERISMO Con questo termine si indica Ja concezione ohe ritiene essere gli Dei uomini deifica/t. Evemerismo deriva da Evemero di Messene, hl quale sostiene questa teoria nel suo Scritto Sacro (dr. III, 62 sg., nota 26). E V .l D E N Z A (twipyELt:t, evidentia) Il termine indica ciò che è pienamente visibile o manifesto. L'evidenza è, dunque, un vedere immediato, che è di per sé garanzia di vedtà e di certezza (cfr. voci). EZIOLOGIA È la dottrina che fa ricerca delle cause. Cfr. voce Causa. Uno smantellamento sistematico dell'impianto teoretico che è presupposto dalla ricerca eziologica, tipica della mentalità greca, ha tentato Jo scettico Enesidemo, peraltro con esiti aporetici, come mostriamo in IV. 167 sgg.
F FALSO, FALSITA (lj/Evlioc;, falsum) l) Dal punto di vista logico, Aristotele definisce falso quel giudizio che congiunge ciò che non è congiunto o che disgiunge ciò che non è disgiunto nella realtà (II, 552 ). 2) Aristotele parla anche di falso in senso antologico: essere come vero, e non-essere come falso, costituiscono uno dei quattro significati dell'essere (cfr. U, 416 sg.). Ecco la precisa definizione che lo Stagirita fornisce in Metafisica, E 4, 1027 b 18 sgg., in cui i due significati si intrecciano: «Per quanto concerne l'es-
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EULOGON/FATICA
sere come -vero e il non-essere come falso, dobbiamo dire che essi riguardano la connessione e la divisione di nozioni e l'uno e l'altro insieme abbracciano le due parti della contraddizione. Il vero è l'affermazione di ciò che è realmente congiunto e la negazione di ciò che è realmente diviso; il falso è invece la contraddizione di questa affermazione e di questa negazione. [ ... ] Il vero e il falso non sono ndle cose (quasi che il bene fosse il vero e il male fosse senz'altro il falso), ma solo nel pensiero; anzi, per quanto concerne gli esseri sempli-ci e le essenze, non sono neppure nel pensiero». FAMIGLIA, cEr. Matrimonio. FA N T A S l A (q>a'll"t"acrta) È, in generale, quella facoltà per cui diciamo che una immagine· nasce in noi, e dunque è la facoltà di produrre immagini, e per questO-è detta anche immaginazione. Aristotele precisa che la fantasia è altro dalla sensazione, dall'opinione e dalla scienza. Presuppone la sensazione e ad essa è simile, ma non vi si riduce perché possiamo avere l'immaginazione anche disgiuntamente da essa, come quando sogniamo. Non è opinione, perché questa implica una fede o un credere in ciò che si pensa, il che non avviene nella fantasia. Non è scienza 0;. intelletto, perché questi sono sempre veri, mentre l'immaginazione può essere anche falsa (cfr. De anima, r 3, passim). Sulla genesi fisiologica nonché sulla genesi del termine, Aristotele precisa ulteriormente: « [ ... ] l'immaginazione è un movimento prodot-to daLla sensazione in atto. E poiché la vista è il senso per eccellenza, la immaginazione(phantasia) anche il nome ha mutuato dalla luce (phaos), giacché senza luce non si può vedere» (ivi, 429 a l sgg.). _ In Epicuro il termineassume hl significato di rappresentazione prodotta dai simulacri, in connessione alla problematica di cui diciamo in III, 184 sgg. _ Anche· nella Stoa fantasia indica, prevalentemente, la rappresentazione (da notare che gli Stoici dbadiscono la derivazione di phantasia da phaos, di cui dice Aristotele; cfr. von Arnim, S. V.F., n, frr. 54 e 63) ed è. interpretata come una impronta delle cose sull'anima. Per la connessa problematica cfr. III, 326 sgg. _ In Plotino diventa un'attività dell'anima (IV, 584). F A T I C A (1t6voc;) La fatica, intesa come sforzo e cimento del corpo e deU'anima, è un concetto che gioca un ruolo rilevante nell'etica dei Cinici: in Antistene (I, 399 sg.), in Diogene (Hl, 33) e poi in tutta ~a tradizione della setta cinica. H concetto di fatica è strettamente connesso al concetto di askesis (cfr. voce).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
FATO, dr. Heimarméne. FEDE, dr. Pfstis. FELICITÀ , dr. Eudaimonfa. FENOMENO (cpaw6p.Ev0'.1) Il termine, inteso in senso lato, significa la realtà quale si manifesta alla nostra esperienza, e quindi il mondo sensibile quale appare. - Una accezione particolare il termine assume, però, negli Scettici, e su questa richiamiamo J'attenzione, perché ricca di particolari implicanze teoretiche. Già Pirrone intende per fenomeno una sorta di apparire che, in certo modo, risolve in sé tutta la realtà. Questo è il senso di una sua celebre affermazione: «li fenomeno domina sempre, dovunque appaia». (Per i presupposti teoretici di questa affermazione e per il loro significato cfr. III, 474 sgg.). _ Si vedano gli ulteriori sviluppi della dottrina anche in Bnesidemo (IV, 175 sgg.). _ Tanto Pirrone quanto Enesidemo non sembrano connettere il concetto di fenomeno col presupposto dualistico dell'esistenza di una « cosa in ·sé» cui l'apparire si contrapporrebbe, giacché, almeno in sede ·teorica, tendono ad identificare l'essere col fenomeno. Sesto Empirico, invece, formula il concetto di fenomeno fondandosi su presupposti chiaramente .dualistici: da un lato, vi è ciò che appare (ai sensi), dall'altro ciò che sussiste in sé, ossia la cosa esterna. Il fenomeno diventa, in tal modo, una affezione del soggetto. Per le implicanze di questo concetto (che costituisce la base sulla quale Sesto riformula il suo scetticismo) e per i corollari che ne trae, cfr. IV, 196 sgg. FENOMENISMO Dicesi di quella dottrina che riduce tutta la realtà all'apparire ~cfr. voce Fenomeno). a) Può essere detto fenomenistico lo scettici:smo di Pirrone e di Enesidemo, per le ragioni che spieghiamo in III, 479 sgg. e in IV, 196 sgg. _b) Un'altra forma di fenomenismo è quella che interpreta la sensazione come mera affezione del soggetto che non intenziona l'oggetto, ossia che non lo rivela, ma piuttosto lo vela. Secondo questa forma di fenomenismo noi non conosciamo le cose, ma appunto solo le nostre affezioni. Troviamo questa posizione, in nuce, in Aristippo (l, 409 sgg.), ma soprattutto, ben tematizzata e sviluppata, in Sesto Empirico (IV, 196 sgg.). FIGURA (axiiiJ.«) a) In logica la figura è la forma di sillogismo determinata dalle differenti posizioni che il termine medio può• occupare, rispetto agli
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FATO/FILOSOFIA MORALE
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estremi delle premesse. Sulla classificazione delle figure del sillogismo cfr. II, 556. _ b) Per i significati antologici del termine cfr. voci Eidos; Rhusm6s.
F I L A N T R O P I .A (cp~Mx.vap~.omt«) È l'atteggiamento di fattiva amicizia che l'uomo può e deve assumere nei confronti degli altri uomini. In senso lato, la dimensione filantropica è presente nella maggior parte dei pensatori greci; basti pensare alla vita e alla predicazione di Socrate, le quali, da questo punto di vista, sono paradigmatiche. Tuttavia, in senso stretto, il sentimento filantropico e l'esplicitazione della connessa tematica concettuale sono tipici di pochi filosofi greci. Ricordiamo ad esempio i cinici Cratete (III, 44 sgg.) e Demonatte (IV, 231), i quali, tuttavia, traggono la loro filantropia più dal proprio temperamento che dai principi della scuola (la quale, in verità, è orientata in tutt'altra direzione). Una più precisa caratterizzazione della filantropia è inoltre riscontrabile, a livello tematico, nella scuola stoica, ohe considera l'amore reciproco come un principio naturale, quasi un istinto primordiale (III, 421 sgg.). Crisippo definiva la filantropia come << rapporto affettuoso fra gli uomini» (von Amim, S. V.F., m, fr. 292). - Questa concezione dello stoicismo, tuttavia, dà i suoi frutti solo nell'ultima stagione della filosofia del Portico: in Seneca (IV, 94 sgg.), in Epitteto (IV, 121 sgg.) e in Marco Aurelio (IV, 142 sgg.), soprattutto in connessione con l'esplicitazione del concetto della frateUanza degli uomini, dedotto dall'idea generale che tutti gli uomini sono figli della stessa divinità. _ La dimensione filantropica emerge in primo piano anche nell'ultima fase dell'epicureismo, in particolare in Diogene di Enoanda (IV, 63 sgg.). FIL OSO F E M A ( cp~À.OCT6<JIT!I.I4) È termine usato, in senso generale, per indicare un topos filosofico, vale a dire proposizioni e concetti filosofici divenuti luoghi comuni. _ Aristotele usa il termine anche per indicare il siUogismo, nei Topici, 9 11, 162 a 15.
F I .L OSO F I !A (cp~).oaocpt«) Dedichiamo per intero la seconda appendice del vol. I, 457-493, alla detenninazione di questo concetto nelle sue precise valenze greche e alla delucidazione delùe sue implicanze e dei suoi corollari. FILOSOFIA MORAI.:E, dr. Etica.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
FIL 0 S 0 F f. A P R il M A (rcpW't'I'J cpL'ì..ouocp(a) È questa l'espressione con cui Aristotele indica la metafisica, da lui detta anohe sapienza prima o semplicemente sapienza e teologitt (Il, 403 sgg.). Per un approfondimento del tema cfr. G. Reale, Il con· cetto di filosofia prima e l'unità della metafisica di Aristotele, Milano 19673• FILOSOFI A SECONDA (liEv"''tpa cpL'ì..ouocp(a) È l'espressione con cui Aristotele indica la fisica in contrapposizione alla metafisica, che è, invece, filosofia prima (cfr. voce), per le ragioni che spieghiamo in Il, 403 sg.; cfr., in particolare, 406; 451 sgg. FINALISMO È quella concezione antologica che introduce neHa spiegazione della realtà il concetto di fine e scopo come essenziale, ossia ohe ritiene la realtà costituita secondo un disegno razionale. La concezione finalistica del reale presuppone strutturalmente il concetto di una causa inteLligente (trascendente o immanente) e si calibra solo in funzione di questo. - a) Nella filosofia antica il finalismo nasce già nell'ambito della filosofia presocratica, e precisamente insieme alla concezione anassagorea dell'Intelligenza come causa (I, 167 sgg.), ed è sviluppato in modo tematico già da Diogene di Apollonia (I, 189 sgg.). - b) Da Diogene e dai filosofi che si ispirano ad Anassagora attinge Socrate, il quale sviluppa tutta una serie di deduzioni, senza, però, fondarle teoreticamente (l, 340 sgg. ). _ c) La magna charta del finalismo è il Timeo platonico, che introduce addirittura la causa esemplare e il bene come movente, oltre all'intelligenza ordinatrice ( 176-186 ). - d) In Aristotele il finalismo si impianta sulla dottrina delle quattro cause, una delle quali è costituita appunto dal .fine (messo in stretta relazione con il bene e con la causa formale). I concetti di atto e di entelechia suppongono strutturalmente che ogni cosa attui il proprio fine. La stessa causa prima, il Motore Immobile, è efficiente in quanto e nella misura in cui è fine: muove, infatti, come perfezione e come oggetto di desiderio (Il, 441 sgg.). La celebre affermazione: «Dio e la Natura non fanno nu1la invano» (Il Cielo, A 4, 271 a 33; ripetu t a anche altrove), suggella perfettamente la visione finalistica dello Stagirita. _ e) In chiave immanentistica, invece, ri.propongono una visione accentuatamente finalistica gli Stoici, sulla base del loro concetto di Logos-provvidenza (III, 369 sgg.). _ f) In altra chiave è tiproposta una concezione finalistica del cosmo in Plotino, il quale, anziché Dio nel mondo, pone il mondo e il tutto in Dio (IV, 571 sgg.).
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FILOSOFIA PRIMA/FINITG
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- g) Decisamente antifinalistica è, per contro, la concezione della realtà propria dell'atomismo (I, 171-181 e III, 195-233) e dello scetticismo (cfr. III, 474 sgg.; IV, 175 sgg.). Sul tema cfr. W. Theiler, Zur Geschichte der teleologischen Naturbetrachtung bis auf Aristoteles, Ziirich-Leipzig 1925 (Berlin 19652 ). F I N E ("tÉÀ.oç, crxo1t6ç, "tÒ ov lvExa.) Il concetto di fine è calibrato soprattutto da Aristotele. Fine indica non solo lo scopo cui tendono le azioni, ma anche lo scopo in virtù del quale tutte le cose si generano e sono. Il fine è, dunque, una delle cause e dei principi della realtà. Lo Stagirita lo identifica col Bene: « il fine in ogni cosa è il bene, e, in generale, nella natura tutta, il fine è il sommo bene» (Metafisica, A 2, 982 b 6 sg.). Il fine coincide, inoltre, con la forma (ofr. Metafisica, H, passim) e quindi con l'atto e l'entelechia (cfr. voci). Per Aristotele c'è un fine immanente ed uno trascendente. QueLlo immanente è quello specifico di ciascuna azione e cosa; quello trascendente è il Motore Immobile, che muove, appunto, come causa finale. Il primo, si badi, esiste solo in quanto esiste il secondo (cfr. Metafisica, A 10). _ Ed ecco alcune definizioni stoiche (von Arnim, S. V.F., m, frr. 2 e 3): «Con precisa distinzione gli Stoici dicono: " Fine è ciò per cui si fanno convenientemente tutte le cose, mentre esso non è fatto per nessuna cosa"; ed anche cosi: "Ciò per cui si fanno le altre cose, mentre esso non è fatto per alcuna cosa ". Ed ancora: " Ciò a cui tutte le cose che nella vita son fatte convenientemente tendono, mentre esso non tende a nessuna cosa " ». _ « Il fine è definito in tre modi dai seguaci di questa dottrina: infatti il bene finale è chiamato fine nell'uso filologico, poiché dicono che la conformità alla natura è il fine. Ghiamano anche fine lo scopo, dicendo ad esempio anaforicamente fine la vita conforme a natura in base al predicato opposto. In un terzo significato chiamato fine il massimo degli appetibili, a cui si dportano tutte le altre cose ».
F I N I T 0 (1tE1tEpa.01J.Évoc;) Finito è ciò che ha un limite (peras). Per la filosofia greca classica questo fine è sinonimo di misura, ordine, compimento e dunque perfezione. La celebre affermazione aristotelica: « nessuna cosa che non abbia un fine è perfetta: e il fine è il limite» è paradigmatica: peras è uguale a telos, e dunque è peperasménon (finito) tutto ciò ohe ha i·l suo telos (si veda l'intero brano de1la Fisica che riportiamo in II, 462 sg.). - La concezione che vede la perfezione nel limite e nel limitato, e dunque nel finito, risale ai Pitagorici (I, 93 sgg.), ma, tramite Platone, giunge alla sua piena definizione appunto in Aristotele,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
per cui l'essere come tale, nella misura in cui è perfetto, è finito e l'infini-to è puramente potenziale, e, per giunta, confinato nella categoria della quantità. - Un rovesciamento di questa mentalità ha luogo solo nella tarda antichità; dapprima con Filone, e, poi, soprattutto con Plotino e con i Neoplatonici. Cfr. voci Peras e Alpeiron. FIORE DELL'IN11ELLETTO (v6ou 4vtoo;) È la facoltà più alta dell'intelletto, la facoltà soprarazionale, con la quale l'uomo si ricongiunge al Divino secondo la dottrina degli Oracoli Caldaici (dr. testi ed esegesi in IV, 451 sg.; 455). Corrisponde, in certa misura, a quello che dai mistici verrà detto apex mentis.
F l S l C A (qruCTLx'l')) È l'indagine intorno alla physis, ossia intorno alla natura. Il lettore moderno può affrontare la « fisica » greca in due modi molto diversi: a) intendendo per «fisica» quello che da Galilei in poi il concetto significa e cercando, di conseguenza, quale ne sia il corrispettivo nei Greci; b) oppure cercando di spogliarsi della concezione moderna e cercando di entrare nell'orizzonte originario. Il primo tipo di approccio non ha senso in una storia della filosofia, ma solo in una storia della scienza. Dunque, se non si vuole peccare di scientismo, bisogna rileggere la fisica greca per quella che è stata: o come una ontologia in generale, oppure come una parte della medesima. - a) La « fisica » presocratica è una vera ontologia e, addirittura, include una teologia naturale (cfr. le osservazioni riportate in l, 61 sg.; in particolare: l, 57; 69; 78; 113 sgg.; 161; 167 sgg.; 181 sg.).- b) La fisica platonica è una metafisica del sensibile (II, 152sgg.). - c) Anche la fisica aristotelica, in quanto « filosofia seconda » {teoria della sostanza in movimento), è una ontolo~ia del sensibile, che sfocia tematicamente nella teologia {come mostriamo in II, 451-456; 439 sgg.). - d) Nell'età ellenistica la « fisica» coincide senz'altro con l'ontologia {in quanto si presenta come spiegazione ultimativa del reale). Diventa cioè, una volta negata la trascendenza, il corrispettivo della filosofia prima, per usare la terminologia aristotelica (cfr. soprattutto III, 350). e) Nel neoplatonismo la fisica riassume il significato platonico.
F I S I O G N O M I C A (cpuCTLO')'VWIJ.OVI.a, cpuCTLoyvWIJ.LXT) CTocp'a) È cosl denominata la presunta arte di risalire dalla fisionomia degli uomini al loro carattere morale. Fu. famoso il fisiognomista Zopiro, reso celebre da uno scritto omonimo di Fedone, di cui parliamo in l, 427 sg. (cfr., ivi, i passi ciceroniani riportati).
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FIORE/FORTUNA
FON:DAMENTO Il fondamento è termine moderno con cui si indica il princtpto primo delle cose (cfr., soprattutto, Arché; Causa; Elemento; Physis). FORMA, cfr. Eidos; Idea. F OR T B Z Z A (li'115pEia)
E una delle virtù cardinali. E da notare che alcuni studiosi traducono andreia con coraggio, altri con vtJlore: ma il primo termine dà più l'idea di dote naturad.e che non quella di virtù, mentre il secondo è troppo generico e quindi for·temente equivoco. Fortezza rende meglio degli altri due termini la carica concettuale dell'originale greco. _ a) Il primo pensatore che fornisce una connotazione precisa ed estesa della fortezza è Platone, il quale, nel Lachete e soprattutto nella Repubblica, sostiene che la fortezza è la capacità di tener salda in ogni caso la retta convinzione su ciò che bisogna o non bisogna temere, senza lasciarsi fuorviare in nessun caso dalle persone che sostengono opinioni fallaci o dagli eventi esteriori (cfr. Repubblica, IV, 429 a sgg.). Platone identifica nella fortezza la virtù tipica dell'anima irascibile e quindi della classe dei guerrieri nella costituzione dello stato ideale (II, 300 ). _ b) Aristotele la pone fra le virtù etiche e la -considera come la via di mezzo fra la temerarietà e la viltà (II, 502). _ c) Gli Stoici la definiscono come « [ ... ] scienza di ciò che è temibile, di ciò che non lo è e di ciò che non appartiene a nessuna delle due categorie» (III, 406). _ d) In Plotino, dove le virtù cardinali assumono una diversa valenza, a seconda dei livelli ~postatici nei quali si collocano, riveste due diversi signi.ficati: l) ,nell'~postasi dell'Anima, la fortezza mantiene Je caratteristiche che già aveva nell'etica platonica; 2) nell'1postasi dello Spiri.to, funge, invece, da virtù paradigma ed esprime l'intimo aderire dell'Anima allo Spirito (IV, 593 sgg.). _ e) In Porfirio, che riprende lo schema plotiniano, la virtù della fortezza assume ben quattro significati diversi a seconda del livello al quale si pone, come mostriamo in IV, 634 sg. FORTUITO È ciò che accade né sempre né per lo più, ma solamente talvolta. E sinonimo di accidente (cfr. voce). F O R T U N A ( -tuxTJ, fortuna)
La fortuna è stata definita per la prima volta in modo rigoroso da Aristotele. Per poter determinare lo statuto ontologico della fortuna, occorre distinguere tre gruppi di cose: a) quelle che a·vvengono sempre; b) quelle che avvengono per lo più; c) quelle che avvengono né
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LESSICO E INDICE DEI CONCE'l'TI
sempre né per lo più, ma solo talvolta, ossia fortuitamente. Ora, fra gli accadi.menti del terzo tipo alcuni avvengono in funzione di un fine; e quando questo fine, anziché essere raggiunto in virtù dell'intervento di una causa intelligente, è raggiunto in virtù di una causa puramente accidentale, allora questa si chiama fortuna (cfr. Fisica, B 'J, passim): «La fortuna è una causa accidentale ne1le cose [=in quelle cose ohe non avvengono né sempre né per lo più] che avvengono per scelta in vista di un fine» (ivi, 197 a 5 sg.). Il concetto di fortuna differisce da quello di caso, che ha estensione maggiore. Si può dire che la fortuna è una particolare forma di caso, come risulta perfettamente dal passo di Aristotele che riportiamo alla voce Caso. FORZA, dr. DYnamis. FRATELLANZA Il concetto di fratellanza degli uomini si sviluppa soprattutto nei pensatori neostoici, sulla base del concetto di Dio padre di tutti gli uomini, probabilmente per influsso direHo od indiretto del Cristianesimo. Cfr. testi ed esegesi in IV, 77; 94 sgg.; 121 sgg.; 142 sgg. FRECCIA, Argomento dell:a ~ uno dei famosi argomenti di Zenone, diretto contro il movimento; cfr. esposizione ed interpretazione in I, 136.
FREDDO (ljlv,xp6c;) ~ utilizzato dai Fisici, msteme al suo contrario, il caldo, come principio dinamico. Nella cosmologia di Anassimandro, ad esempio, è l'elemento ohe, una volta separatosi dall'Apeiron, insieme al suo opposto, dà origine alla sostanza liquida, e, in seguito, all'aria (l, 62 sg.). Stratone di Lampsaco introduce il principio del freddo, insieme al suo contrario, come principio di tutte le differenze qualitative, riducendo la fisica peripatetica in senso fortemente materialistico (III, 149). FUGA DAL MONDO (cpvyi)) ~ una delle tesi più caratteristiche dell'etica di Blatone, che esprime l'esigenza di liberarsi dal male del mondo e di assimilarsi a Dio (cfr. testi ed esegesi in II, 248 sg.). Il tema ricompare in tutta la sto~ ria del platonismo e anche in altri movimenti dell'età imperiale: nel medioplatonismo (IV, 360 sgg.), nel neopitagorismo (IV, 404 sgg.), nell'ermetismo (IV, 442 sg.) e ancor più nel neoplatonismo, dove coincide con la fuga «da solo a Solo» e con l'estasi (cfr. IV, 615 sg. e voce Estasi).
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FORZA/GENERE
Fuoco (7tvp) In Eraclito è I'arché, il principio della real·tà. Esso è però espressione di una concezione più evoluta rispetto a quella degli altri filosofi ionici, includendo, oltre al,t'idea di elemento fisico, anche quella di regola che governa tutte le cose con razionalità (I, 77 sgg.). - In Empedocle (I, 151 sg.) il Fuoco è uno dei quattro elementi originali e qualitativamente immutabili che compongono la realtà. - Sia pure in una collocazione e con modalità diverse nei rispettivi sistemi, iol fuoco, insieme agli altri tre elementi, gioca un ruolo importante nella cosmologia di Platone (II, 181) e di Aristotele (II, 464). _Nella fisica del Portico il fuoco assume una funzione di pri.mo piano, essendo considerato come il principio che governa tutte le cose (III, 312 sg.), identificantesi con il Logos-artefice e con il Dio immanente nella realtà. AJla concezione del fuoco che crea, gli Stoici uniscono quella del fuoco che distrugge; cosicché, nella filosofia del Portico, H Fuoco risulta essere, ad un tempo, principio di generazione e distruzione (cfr. voce E~pyrosis). Il Fuoco originario, comunque, non va confuso con il fuoco che è uno dei quattro elementi, per le ragioni che indichiamo in III, 379, in particolare nota 73.
G G EN ERA ZIO N E (ytvEtnt;) In senso tecnico e speci·fico, il termine indica, secondo Aristotele, la forma più radicale di mutamento, che avviene secondo la categoria dehla sostanza, e si oppone alJa corruzione. È da rilevare che la generazione, in quanto tale, implica strutturalmente tutte le altre forme di mutamento (cfr. voce). Generazione, in senso aristotelico, è il venire all'essere nel senso dell'assumere la forma da parte della materia. In senso generico, indica il nascere e il prodursi delle cose e il divenire nel suo complesso. Per la vasta problematica ontologica che è sottesa dalla generazione, cfr. le voci Mutamento e Creazione. La trattazione più sistematica e .più completa di questo tema si trova nello scritto di Aristotele La generazione e la corruzione (se ne veda la traduzione, con imroduzione e commento, di M. Migliori, Loffredo. Napoli 1976 ). GENERE (ytvoc;) Cosi Aristotele lo definisce: << Genere significa il costitutivo primo delle definizioni, che è contenuto nell'essenza: e questo è il ge-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
nere le cui qualità si dicono differenze» (Metafisica, A 28, 1024 h 4 sgg.). Per esempio, nella definizione dell'uomo, che è «animale razionale», « animale» è il costitutivo primo, e « razionale» è la differenza che Jo specifica e determina. Per Aristotele il genere è il vero e proprio universale (la specie è universale in altro senso; cfr. II. )(,6 sg.). I generi, in quanto universali, non hanno sussistenza in sé e per sé, ma solo nel pensiero. Hanno quindi una sorta di _potenzialità logica, essendo come una sorta di materia logica o intelligibile, di cui le specie sono l'attualizzazione o determinazione (cfr. II, 567). Le categorie possono essere considerate, sotto un certo profilo, generi supremi. Invece il concetto di essere è transgenerico (cfr. II, 413). GENI O, dr. Demone. GEOCENTRISMO ~ la concezione, tipica della Grecità, che la te"a è il centro immobile dell'universo. Fu negato, però su basi prevalentemente intuitive, da Eraclide Pontico (III, 97). GEOMETRIA Secondo la tradizione antica, fu Pitagora il primo filosofo che trattò in fol'ma sistematica la geometria, probabilmente attribuendole quella funzione educativa e purificante di cui diciamo in l, 100 sg. - Per Platone, la geometria è una deLle scienze propedeutiche, indispensabili per accedere alla dialettica (II, 315 sg.). L'alta considerazione in cui era tenuta la geometria da Platone, è attestata dalla scritta che, secondo la tradizione, si leggeva aiJ'ingresso dell'Accademia: «Non entri chi non è geometra». _ Per Aristotele è un ramo delle matematiche e costituisce, quindi, la terza branca delle scienze teoretiche (sul cui statuto teoretico cfr. II, 482 sgg.). _ Per contro, i Cinici disprezzano la geometria, in linea con il loro generale atteggiamento anticulturalistico (cfr. III, 27). Anche Epicuro nega qualsiasi validità alla geometria, la quale sarebbe « tutta contraria alla verità» (III, 166). - La geometria ritorna in auge nel neopitagorismo e nel neoplatonismo. Sul tema si veda G. Milhaud, Les philosophes géomètres de la Grèce, Paris 19342 • GERARCHIA (I.Epapxl.a.) Il termine indica, propriamente, l'ordine delle cose sacre e si è imposto soprattutto con lo Pseudo Dionigi l'Areopagita. Per esteso, tutta·via, è venuto a significare, in generale, la struttura:cione di una serie di realtà secondo un ordine che va da un più ad un meno e che implica altresì una qualche dipendenza deUe inferiori dalle superiori.
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GENIO/GIOCO
Il concetto di gerarchia implica quindi: a) una molteplicità di realtà; b) una differenza di grado fra le medesime; c) un preciso legame fra esse. Una gerarchia che fa capo all'Tdea del Bene (la più alta per dignità e potenza) e che via via presenta Idee sempre inferiori terminando con gli enti matematici è, ad esempio, l'Lperuranio platonico (Il, 115sgg.). _ Una gerarchia costituiscono anche il Motore ImmobiJe e le cinquantacinque Intelligenze motrici delle sfere celesti in Aristotele (Il, 445 sgg.); oppure, sempre in Aristotele, anche i tre generi di sostanze: quelle immobili ed eterne, quelle sensibili ed eterne (celesti), quelle sensibili e corruttibili (Il, 424 sgg.; 439 sgg.; 463 sgg.). In forma gerarchica è concepito l'immateriale nei Neopitagorici (IV, 400 sgg.) e nei Medioplatonici (IV, 341 sgg.). _ Si veda anche la strutturazione gerarchica del Divino, di derivazione medioplatonica, quale si presenta nel Corpus Hermeticum (IV, 436 sgg.) e negli Oracoli Caldaici (IV, 447 sgg.). _La più complessa organizzazione gerarchica è senza dubbio quella propria della metafisica neoplatonica, fissata in modo paradigmatico nella dottrina delle tre Dpostasi di Rlotino, e poi resa via via sempre più complicata nel tardo neoplatonismo, fino a raggiungere punte di vero e proprio parossismo nella scuola di Atene con Proclo e Damascio (cfr. Ipostasi). GIARDINO (xij'ltoç) È stata cosi chiamata la scuola di Epicuro, dal luogo i·n cui sorse: una casa circondata appunto da un giardino. Sulla genesi e sulla organizzazione del Giardino dr. Ili, 161 sgg. G I M N o so F I
sT A
('YVIJ.VOO'Oq>~CT'ti}ç)
Alla lettera significa « sapiente nudo ». Furono così chiamati dai Greci i saggi dell'India. Uno di essi, di nome Calano, ebbe in Grecia particolare notorietà. _ Il loro modo di vivere, e la loro visione della vita, ebbero un influsso su Pirrone (nel senso che indichiamo in III, 469 sgg.). - Alcuni Cinici ravvisarono nei Gimnosofisti una certa somiglianza con la «vita cinica » (III, 46; IV, 234 ). _ All'ideale dei Gimnosofisti è ricollegato anche Apollonia di Tiana (IV, 408). GIOCO (1tru.5~ti.) Questo concetto ri·veste un ruolo interessante nella paideia platonica, sulla quale più volte ha richiamato J'attenzione la moderna pedagogia, a motivo della sua straordinaria novità e finezza di intuito psicologico. Si veda il passo della Repubblica che riRortiamo in II. 315 sg.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
GIOI A (xa()(i, gaudium) Il termine chara, nel senso di gtota, ossia di uno stato d'animo .distinto dal piacere, sembra essere usato in senso tecnico in alcuni pensatori dell'età ellenistica. _ Per esempio, il peripatetico Licone in-dica in essa il sommo bene (IV, 8). _ Il cirenaico Teodoro la identifica con la saggezza (III, 61). _ Gli Stoici pongono la gioia fra gli :Stati d'animo positivi: «Dicono che tre sono ~i stati d'animo ragionevoli: gioia, cautela, volontà. E dicono che la gioia è l'opposto del piacere, essendo essa una esaltazione razionale, la cautela l'opposto della .paura, essendo un tirarsi indietro secondo ragione; giammai il saggio temerà, ma sarà prudente. L'opposto del desiderio dicono che ·è la volontà, essendo una aspirazione secondo ragione. E come alle passioni fondamentali sono sottoposte alcune passioni, allo stesso mo·do anche ai principali stati d'animo positivi: e cosl alla volontà sono subordinate: benevolenza, bontà, affettuosità, amabilità; alla cautela: pudore, religiosità; alla gioia: gaiezza, letizia, contentezza» (von Arnim, S.V.F., III, fr. 431; cfr. anche Cicerone, Tusculane, rv, 6,13). Invece sembra fluttuante l'uso del termine in Epicuro (cfr. Usener, Epicurea, fr. 2, p. 91 e fr. 68, p. 121). -GIUDIZIO Da un punto di vista logico il giudizio è l'atto con cui noi neghiamo o affermiamo qualcosa di qua/cos'altro. In questo senso, costituisce la forma più elementare di conoscenza, che può essere vera, .quando congiunge o disgiunge qualcosa che è realmente congiunto o disgiunto, o falsa, in caso contrario (Il, 551 sg.). Per la classificazione aristotelica dei giudizi, cfr. ivi, 552 sg. _ Per ciò che concerne l'evoluzione del concetto di giudizio, è da segnalare quanto segue. Già Antistene aveva notevolmente ridotto il valore conoscitivo del giudizio, limitandone fortemente l'ambito di applicazione, ed accettando, come dotati di validità, solo i giudizi tautologici (1, 393 ). - Ad una posizione non dissimiJe, giungono anche i Megarici, che, partendo da premesse derivanti dalla logica eleatica, « [ ... ] affermavano che l'essere è uno, mentre una cosa non è identica con un'altra» (cfr. I, 420). _ Nella scuola stoica, infine, il giudizio è oggetto della dialettica ed è chiamato «esprimibile completo», cioè esprimibile (cfr. voce Lekt6n) avente un senso determinato e compiuto (III, 342). Gli Stoici si interessano in modo particolare dei giudizi ipotetici e disgiuntivi (III, 343). GIUSTIZI A (li~xa~ouVVTJ, iustitia) Nella storia del pensiero greco possiamo distinguere almeno se1
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'GIOIA/ GNOMICO
tappe significative attraverso le quali il concetto di giustizia si è via via arricchito di sempre nuove valenze. l) In primo luogo, è da ricordare la posizione dell'ultima generazione di Sofisti, che, sulla base della contrapposizione di legge e natura, giunse non solo a distin_guere una giustizia secondo la legge da una giustizia secondo natura, ma giunse, in certe punte estreme, ad identificare la giustizia secondo natura con il vantaggio del più forte (I, 275 sgg.). 2) Platone recupera la giustizia come valore oggettivo, e ne fa, anzi, l'asse portante del-· l'etica e della politica. La giustizia, nel singolo uomo, consiste in ·quella armonica disposizione delle parti dell'anima per cui ciascuna di esse fa ciò che le compete, mentre, nello Stato, consiste nella perfezione con cui le varie classi sociali armonizzano fra di loro compiendo le funzioni che sono loro proprie. In breve, giustizia consiste « nel compiere ciò che a ciascuno è proprio,. (II, 301 sgg.). Alla giustizia Platone dedica due dei suoi scritti maggiori: il Gorgia e la Repubblica. 3) Aristotele dedica a questa virtù un intero libro dell'Etica a Nicomaco con una serie di fini analisi sia a livello strettamente morale, sia a livello politico, sia, anche, a livello giuridico. Per lo Stagirita la giustizia è la virtù etica che include in sé tutte le altre .(II, 503 sg.). 4) Il concetto di giustizia viene in seguito svalutato da Epicuro, il quale le toglie ogni valore di assolutezza, sostenendo che essa non esiste di per sé, ma solo nei rapporti redproci, e in quei luoghi nei quali si sia stretto un patto circa il non recare e il non ricevere danno (III, 259 sgg.). 5) Gli Stoici considerano questa virtù alla stregua di tutte le altre, ossia come una forma di conoscenza, e precisamente come la scienza capace di assegnare a ciascuno ciò che merita (III, 406 sg.); definizione, questa, divenuta molto famosa. 6) Infine, Wotino distingue una giustizia come semplice virtù civile, propria dell'Anima, e una Dikaiosjne propria dello Spirito, che si caratterizza come l'atto del volgersi dell'Anima allo Spirito e che è come una trasfigurata spiritualizzazione della prima (IV, 594 ). 7) Porfirio, ri.prendendo ed amplificando lo schema plotiniano, parla addirittura di quattro significati della virtù della giustizia; in conformità dei quattro livelli di virtù che egli riconosce (IV, 634 sg.). GNOMICO Gnomico deriva da gnome, che vuol dire sentenza, ed indica quel genere di letteratura (soprattutto fiorita nei secoli VII e VI a.C.) che si esprime appunto mediante sentenze morali. Esempio tipico di questa letteratura sono le massime dei cosiddetti Sette Saggi, che r~portiamo in I, 207 sgg. Questa letteratura è importante, perché segna il momen-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
to dell'emergere in primo piano dell'interesse morale, anteriormente al sorgere dell'etica filosofica (dr. I, 212 sg.). GNOSEOLOGIA t<: un termine di conio moderno che significa dottrina o teoria della conoscenza. Cfr. Conoscenza. GNOSI {yvbmc;) Il termine gnosi wol dire, alla lettera, conoscenza, ma è diventato tecnico per indicare quella particolare forma di conoscenza mistica che fu propria sia di alcune co"enti religioso-filosofiche del tardo paganesimo, sia di alcune sette eretiche ispiratesi al Cristianesimo. Ecco Ja definizione che ne dà il Festugière (Hermétisme et mystique pa'ienne, Paris 1967, p. 48): «gnosi indica una nuova maniera di conoscere Dio, una Conoscenza non più fondata sulla ragione, ma che è una sorta di illuminazione diretta, in cui si entra in contatto con Dio, e quindi una sorta di rivelazione ». Il Festugière precisa, ulteriormente, che, secondo questo modo di conoscenza, « Dio, essenzialmente inconoscibile per natura, non può essere conosciuto se non perché si rivela e perché si dà a vedere. Ora, non si può ottenere questa visione se non mediante la preghiera e H culto: donde la fo11mula novit qui coluit. t<: a forza di adorare Dio, che si finisce con il conoscemo. Or dunque, la conoscenza non viene più al termine di un sillogismo, essa non coincide più con l'esercizio di ragione. Essa non si ottiene se non con una attitudine di preghiera, con uno spirito costante di preghiera che porta, in ogni occasione, a rivolgersi verso Dio» (ivi, p. 49). -Forme di gnosi pagana possono indubbiamente considerarsi l'ermetismo (IV, 432 sgg.) e la dottrina degli Oracoli Caldaici (IV, 446 sgg.). - Per una caratterizzazione della gnosi cristiana e per la determinazione dei rappor.ti fra questa e la dottrina di Plotino, dr. IV, 483 9gg. ed in particolare la pagina del Cilento che ivi rilportiamo. GNOSTICISMO t<: quell'indirizzo di pensiero religioso..filosofico (sia pagano che proto-cristiano) fondato sulla gnosi (cfr. voce). GOVERNO, Forme d i ("KoM.~duç IT)CTIJ..14~11) La sistematica riflessione filosofica sulle diverse forme di governo risale a Platone e ad Aristotele. Nella Repubblica, Platone distingue, accanto alla forma di governo da lui ideato, che è una aristocrazia di filosofi, quattro forme che rappresentano una progressiva corruzione di quella, e precisamente:
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GNOSEOLOGIA/GOVERNO
= forma di governo fondata sull'onore considerato come valore supremo; 2) l'oligarchia = forma di governo fondata sulla ricchezza; 3 ) la democrazia = forma di governo fondata su una libertà portata all'eccesso; 4) la tirannide = forma di governo fondata sulla violenza derivata dalla licenza in cui si è risolta la libertà. Platone ritiene (ed è questa una delle sue più cospicue scoperte) che le forme di governo corrispondono esattamente al livello morale delle coscienze dei cittadini, come mostriamo in II, 318 sgg. Le analisi del Politico possono riassumersi nel seguente schema: l) la timocrazia
Tipo di Governo
Se rispetta le leggi Se non rispetta le leggi
Governo di uno solo (l)
MONARCHIA
TIRANNIDE
Governo di molti (2)
ARISTOCRAZIA
OLIGARCHIA
Governo dei più ( 3)
DEMOCRAZIA
DEMOCRAZIA CORROTTA
(= DEMAGOGIA)
Per la valutazione di queste forme di costituzione (che varia a seconda che si usi un parametro ideale, oppure un parametro storico) cfr. II, 334 sg. Nelle Leggi, Platone _propone una costituzione mista, come quella che risulta (storicamente) più adeguata, la quale contempera i pregi della monarchia con quelli della democrazia, cercando di eliminarne reciprocamente i difetti (II, 341 sgg.). Lo schema delle possibili forme di governo che troviamo nella Politica di Aristotele, deriva da quello platonico e può essere raffigurato -come segue: npo di Governo
Se si governa in vista del bene pubblico
Se si governa in vista del proprio interesse
Governo di uno solo (l)
MONARCHIA
TIRANNIDE
Governo di pochi (2)
ARISTOCRAZIA
OLIGARCHIA
·Governo di molti (3)
POLITIA
DEMOCRAZIA
La politia, ha, per la verità, una posizione un po' eccentrica rispetto allo schema, essendo, propriamente, una sorta di via di mezzo fra la oligarchia e la democrazia. Si veda quanto diciamo, a questo proposito, in II, 530 sgg.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
GRAMMATICA (ypa!J.J..UX.'t'~x'l')) Costituisce, per la prima volta, un capitolo della logica neglì Stoici, i quali ritengono che la dialettica si debba occupare, oltre che della struttura del pensiero, anche di quella del linguaggio. Gli Stoici pongono le premesse dello studio scientifico della grammatica. Si veda quanto diciamo in III, 340 sg. e l'indicazione bibliografica che diamo alla nota 39 di p. 341. GRAZ ·l A (x.apv;) È, nel pensiero di Filone di Alessandria, una carattertstlca peculiare di Dio, il quale, con la sua universale attività creatrice, dona gratuitamente. Filone si è spinto molto innanzi su questa strada, giungendo ad affermare che tutto è grazia. Questa concezione è di genesi biblica ed è totalmente sconosciuta al pensiero greco, sia prima chedopo Filone (IV, 283). GUERRA (1t6À.E!J.O<;) In un senso del tutto particolare, e precisamentè in una prospettiva onto-cosmologica, il termine esprime, in maniera metaforica, il principio della opposizione dei contrari che sta alla base della conce:done del reale di Eraclito, come spieghiamo in I, 75 sgg.- Sulla guerra nel senso usuale, fa interessanti osservazioni Platone, che, nel Pedone, la .fa derivare dalle brame del corpo (cfr. il passo che riportiamo in II, 247 sg.), mentre, nella Repubblica, più propriamente, la fa derivare dalla corruzione dell'anima (II, 318 sgg.). Cfr. anche quanto si dice in II, 297 sgg., dove si giustifica la necessità di una classe di custodi-guerrieri nello stato ideale. Alla guerra, nello stato ideale, secondo Platone, devono prendere parte anche le donne (li, 306).
H HABITUS, dr. Abito. H E I M A R M E N E (EI.J..UX.p(liVT)) II termine significa Fato o Destino. Da credenza mitico-religiosa: la Heimarméne diventa concetto tecnico nella speculazione degli Stoici, i quali la definiscono come la legge secondo cui tutte le cose avvenute, sono avvenute, quelle che avvengono, avvengono, quelle che avverranno, avverranno (cfr. testi ed esegesi in III, 372 sgg.). - II Fato stoico non è cieco, ma, al contrario, è razionalità, è il Logos che si manifesta nella sua necessità razionale. _ Per la coincidenza fra Provvi-
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GRAMMATICA/HISTORIA
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denza e Fato cfr. III, 375 sgg. _ Per alcuni sviluppi della dottrina in Posidonio, cfr. III, 452. _ Un quadro essenziale della problematica sul .tema si troverà noi De fato di Cicerone, nel Perì Heimarménes attribuito a Plutarco e in un trattato dallo stesso titolo di Alessandro di Afrodisia. H E N OSI S, dr. Unificazione. H E XI S
(l!;~.ç)
Per il significato di héxis come abito, che è il più noto, cfr. voce. Hexis ha una accezione del tutto particolare nella fisica stoica, dove indica la tensione del pneuma nel suo grado più elementare che costituisce le realtà inorganiche. È il momento in cui il pneuma giunge all'estremo della sua esplicazione e ritorna in se stesso. A questo livello, il pneuma dà aLle cose semplice coesione e consistenza (questa potrebbe anche essere la traduzione del termine, usato in questa accezione). A complemento di quanto diciamo in III, 380, traduciamo qui una parte del frammento più significativo .sul tema (von Arnim, S.V.F., II, fr. 458): «la hexis è un pneuma che ritorna su se stesso; infatti esso parte dal centro e si estende fino ai limiti estremi; dopo aver toccato· la superficie estrema, gira e torna di nuovo indietro fino a raggiungere il luogo dal quale si era sprigionato». Nel fr. 368 la hexis vieru:: definita come « il pneuma che tiene insieme il corpo ». H I STORIA (tO''topta) Questo termine ricopre in greco un'area semantica diversa rispetto al termine storia, con cui, per lo più, si traduce, indicando esso, oltre a narrazione di fatti ed eventi e relazione scritta su fattl ed eventi, anche _ tra l'altro - indagine, osservazione metodica, ricerca scientifica. _ Per quanto concerne il significato di ricerca, ricordiamo, ad esempio, che Platone (Pedone, 96 a) chiama Perì physeos bistoria la speculazione dei Naturalisti .presocratici e che Aristotele e Teofrasto scrivono famosi libri, in cui historia compare addirittura nel titolo in questa accezione (la aristotelica Historia animalium è una indagine sugli animali e la teofrastea Historia plantarum è una indagine sulle piante). _ Nella metodica della medicina empirica, il termine indica la seconda delle tre tappe programmatiche, che consiste nella raccolta e nella verifica delle osservazioni fatte dagli altri medici soprattutto in passato e tramandate per iscritto, su casi patologici analoghi a quelli esaminati (IV, 192). Galeno nel De subfig. emp., 67, scrive: « [ ... ] gli Empirici hanno afferma·to che l'unico e fondamentale criterio dell' " histoda vera " è l'ispezione diretta di colui che giudica. Nel caso, infatti, che noi ritroviamo ohe qualcuno ha scritto in
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
un ·libro qualche cosa di cui possediamo ispezione diretta, diremo che 1'historfa è vera ». HOMO MENSURA L'espressione traduce e sintetizza efficacemente il principio di Protagora, secondo cui il singolo uomo è misura di tutte le cose, sul quale dr. I, 230 sgg. e voce Relativismo. H Y BR I S (v~p~c;) « I Greci antichi col termine hybris designarono la " tracotanza", la violenza smodata di chi, incapace di porre alla sua azione un freno nascente dal rispetto dei diritti altrui, dalla coscienza del giusto, dalla pietà; nei rapporti col suo prossimo, freddamente o con ira, varca i limiti di quanto sia retto, sfociando volutamente nell'ingiustizia. Questa tracotanza prende a bersaglio un uomo o degli 'uomini; ma, al di :sopra del fine malvagio, offende direttamente gli dei, custodi dell'or-dine sociale e del mutuo diritto d'amore tra ~e creature umane. Perciò contro l'hybris sta sempre la Nemesi impersonale divina vendetta che coglie il malvagio, o ministra di Zeus che punisce materialmente secondo gli ordini del dio. [ ... ] L'hybris può essere di natura varia. Ogni insistenza in un personale orgoglio che a soddisfazione di una potenza male intesa ci renda poco solleciti del bene altrui, è hybris; ogni difesa di una posizione ingiusta _ o razziale o sociale o familiare _ è hybris. In essa vi sono gradi; ma della sua sostanza di peccato, anche nel grado minore, non si discute ». Cosl definisce questo con-cetto C. Del Grande nel volume: Hybris, Colpa e castigo nell'espressione poetica e letteraria degli scrittori della Grecia antica da Omero .a Cleante, Napoli 1958, p. l, al quale rimandiamo.
I 1 D E A (Llita)
Idea, da idein, che vuol dire vedere, corrisponde a forma. Dapprima significa la forma sensibile in generale, poi, nel linguaggio :filo:sofico, assume significato tecnico ontologico e metafisica. Già in Democrito atomos idea indica la forma geometrica dell'atomo (1, 175 sgg.). _ Il termine diviene famoso con Platone, il quaùe, in conseguenza dei guadagni della << seconda navigazione», chiama Idea la realtà soprasensibile, il modello o paradigma intelligibile, l'essere puro. Si vedano le precisazioni che facciamo a questo proposito in II, 74-90.
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HOMO MENSURA/IDENTICO
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Platone usa anche il termine eidos, come sinonimo per indicare l'idea. - Con Aristotele, invece, i due termini vengono rigorosamente distinti: all'Idea trascendente Io Stagirita contrappone la forma immanente (Il, 427 sg.; 432 sgg.). - Non solo nella storia del platonismo, ma anche nella storia della metafisica in generale, la teoria delle Idee è rimasta un costante punto di riferimento. _ Per quanto concerne le più significative discussioni sull'Idea e i suoi ripensamenti teoretici nell'antichità, si vedano, oltre alle critiche aristoteliche (II, 388 sgg.), le polemiche all'interno della stessa Accademia (III, 90 sg.; 98 sgg.; 110 sgg.). In particolare, dopo l'oblio dell'età ellenistica, si vedano: la cospicua riforma di Filone di Alessandria (IV, 289 sgg.), i ripensamenti medioplatonici (IV, 336 sgg.), e, in particolare, la riformulazione della dottrina in Plotino, il quale la inserisce nella sua concezione ipostatica, con gli esiti di cui diciamo in IV, 531 sgg. IDEALISMO Con questo termine (spogliato, ovviamente, della accezione tecnica moderna) si può indicare la metafisica platonica, nella misura in cui essa riduce la realtà a Idea o a ciò che dall'Idea deriva o, comunque, a ciò che esiste in grazia dell'Idea. I D E N T I C O , I D E N :r I T À (
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
serie è dall'Uno. Ma tutte le monadi, impartecipabili, alla lor volta si riconducono aM'Uno, perché tutte sono alcunché di analogo all'Uno • (Elementi di teologia, 100). IDENTITÀ, Principio di Formalmente, il principio di identità, il quale afferma che l'essere è l'essere (che ogni ente è se stesso), non è formulato da Aristotele e non è presentato come principio a sé distinto da quello di non-contraddizione, ma piuttosto, almeno implicitamente, come un aspetto del medesimo. La sua origine prima è nella affermazione eleatica dell'uguaglianza dell'essere con se stesso (dr. Identico). I D I OSI N CRASI tA (tl.i~ouvyxpaai.a) Nella terminologia della medicina empirica il termine indica le esperienze e le circostanze che riguardano specificamente il singolo paziente, considerato nella sua individualità (IV, 191). IERATICO (tEpa·nx6c;) Con questo termine è designato il più alto grado di virtù in Giamblico (IV, 652, nota 23 ), ossia le virtù « sacerdotali » o « sacre» che si realizzano al livello dell'unione estatica con l'Assoluto. IGNORANZA, dr. Agnosia. ILEMORFI1SMO Dicesi di quella dottrina che considera la realtà come strutturale unione di materia (hyle) e forma (morphé). _ a) In questo modo può essere denominata ~a dottrina aristotelica, che considera le cose sensibili come sinoli (dr. voce) di materia e forma (II, 431 sg.).- b) Anche la dottrina stoica, che considera il corpo come materia unita a qualità (=forma), inseparabili l'una dall'altra, può essere considerata come una forma di ilemorfismo, un ilemorfismo panteistico (III, 352358). ILLAZIONE (lmcpopa) Significa inferenza, conclusione, e traduce il termine greco epifor!z, nella accezione che esso ha nella logica stoica (dr. von Arnim, S.V.P., 11, .frr. 236 e 240). _ Nell'uso corrente il termine entra nella espressione « illazione arbitraria » per indicare una conclusione tratta in maniera indebita, ossia senza adeguata motivazione. ILLIMITATO, ILLIMITE, dr. Apeiron. ILLUMINISMO (della sofistica greca) Il termine « illuministico » viene usato da alcuni interpreti in ri-
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IDENTITÀ/IMMANENZA
ferimento alla sofistica a motivo di alcune analogie che essa presenta con hl movimento di pensiero che ha caratterizzato il secolo XVIII, come ad esempio la libertà di spirito e di critica e il connesso tentativo di affrancamento dalla tradizione. Cfr. quanto diciamo in I, 227 &g. ILOZOISMO È un termine coniato dagli studiosi moderni per designare quella concezione la quale ritiene che la materia sia di per sé animata. Furono ilozoisti molti dei Presocratici e gli Stoici (III, 355 sgg.), che ridussero appunto la realtà a materia vivente. _ In un certo senso può considerarsi ilozoista anche Plutarco, nella misura in cui ritiene che la materia sia strutturalmente dotata di un'anima irrazionale e malvagia, ossia di movimento e di vita (IV, 349 sgg.). (Il Dio di Plutarco non crea né la materia né la vita, ma ordina la materia infondendo la intelligenza nell'anima irrazionale). _ Lo stesso può dirsi di Numenio (IV, 423 sg.). _ L'ilozoismo di questi due ultimi pensatori è però limitato, in quanto essi, pur attribuendo la vita alla materia, ritengono necessari ulteriori principi trascendenti. IMITAZIONE, dr. Mimesi. I M M A G I N AZ I O N E, dr. Fantasia. IMMAGINE (Etliw).ov, IJ.i!J.TJ!J.CI, Elxwv) l) Nella fisica atomistica, le immagini (eidola) sono i simulacri, cioè gli effluvi materiali che si staccano daUe cose per impressionare i nostri sensi (cfr. Efdola). 2) Nehl.a antologia platonica le immagini sono le copie, ossia le cose sensibili che sono imitazioni dei modelli o paradigmi (cfr. voce) ideali. 3) Nella metafisica di Filone il concetto di immagine (eik6n) assume nuove valenze, in conseguenza delle novità introdotte con la dottrina del Logos, che è Ja prima immagine di Dio (IV, 285), e, insieme, paradigma di tutto il resto. A loro volta, le Idee sono immagini del Logos e modelli rispetto al mondo sensibile. Il rapporto modello-immagine si ripropone, quindi, nel pensiero di Filone, a vari livelli (ofr. IV, 291). _ Questa dottrina è recuperata e sviluppata anche nella metafisica neoplatonica, in .particolare in quella di Plotino (IV, 543 sgg.; 546 sgg.; 559 sgg.). IMMANENZA, IMMANENTISMO, I1MMANEN.TI STA In antologia il termine significa, in generale, la presenza antologica del principio primo nel principiato e, in particolare, quel tipo di presenza del principio nel principiato che implica altresì la omogeneità del primo rispetto al secondo. Nella accezione propriamente teologica
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
significa la presenza di Dio nel mondo e la riduzione dell'essere di Dio all'essere del mondo. L'immanenza esprime esattamente il contrario della trascendenza (cfr. voce) ed è in vario modo legata a concezioni materialistiche e fisicistiche. Inoltre l'immanentismo teologico è sempre legato al panteismo. _ Immanentisti sono, in maniera implicita, i Naturalisti presocratici. In maniera esplic\ta, invece, lo sono quei filosofi che criticano e negano le concezioni trascendentistiche di Platone e di Aristotele. Cfr., ad esempio, le posizioni che già assumono Eudosso (III, 90 sg.) ed Eraclide Pontico (III, 94 sg.) nell'Accademia e Stratone di Lampsaco nel Peripato (III, 148 sgg.). - Forme di immanentismo sono, in genere, tutte le filosofie dell'età ellenistica (III, passim) e, in modo paradigmatico, lo stoicismo. È inoltre da rilevare che la presa di posizione di Aristotele contro la trascendenza delle Idee platoniche non dà affatto origine (come qualcuno ha potuto credere) ad una forma di immanentismo, ma ad una diversa fonna di trascendenza: infatti, al ·posto delle Idee trascendenti ohe vengono trasformate in forme immanenti, lo Stagirita mette le Intelli8enze trascendenti (Il, 388 sgg.). IMMATERIALE, cfr. Incorporeo. IMMEDIATO Dicesi di ogni forma di conoscere che riesce a cogliere il suo oggetto senza bisogno di passaggi successivi, ossia senza il bisogno di termini medi. Immediata è, quindi, ogni forma di intuizione e di conoscenza dotata di evidenza. I M M O B l L E, l M M O•B l L l T A (lix!VIl"tOc;, aXLVTiaia, u-.cicnc;) La problematica della immobilità ha origine con l'·Eleatismo e gioca un ruolo assai considerevole nella metafisica dell'antichità. _ a) Per Parmenide è caratteristica strutturale dell'essere ed esprime l'assoluta assenza di ogni forma di mutamento, l'immobilità integrale ed f:ISSOluta (l, 123 sg.). Zenone consolida tale concezione con i suoi celebri argomenti contro il movimento (l, 134 sgg.). È da notare che il concetto di immobilità sostenuto dagli Eleati rende non solo impossibile qualsiasi giustificazione dei fenomeni, ma altresl qualsiasi forma di dinamismo all'interno ddl'essere (l, 147 sg.). - b) Platone dà una nuova dimensione metafisica alla problematica, applicando il concetto di immobile alle Idee e considerandolo quale caratteristica strutturale delle medesime. Le Idee sono (in quanto «in sé e per sé», ossia in quanto assolute) sottratte al nascere, al perire e ad ogni sorta di mutamento. Platone, però, a poco a poco, riforma il concetto eleatico di immobile al seguito del cosiddetto « parricidio di Pat~menide » (Il,
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IMMATERIALE/IMMORTALITÀ
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139 sgg.). Nel Sofista, l'essere è fatto coincidere con la potenza ed è concepito in una chiave di dinamismo trascendente. Inoltre, fra le Idee generalissime viene ammesso, accanto alla Quiete, il Movimento (da intendersi come movimento ideale, reciproco rapporto dialettico). _ c) LI momento culminante di questa problematica si ha in Aristotele, con la creazione del concetto di Motore Immobile e di tvtp-yE!.IJ. cix~o VTJUta.c;, vale a dire di attività senza movimento, che è il vertice della metafisica, come spieghiamo in II, 439-445 - d) Lo spiritualismo dell'età imperiale sviluppa gli elementi platonico-aristotelici in vario modo. In particolare è da notare hl concetto di « permanere ~ e di « manenza· » (dr. voce), che costituisce un momento essenziale della processione delle ipostasi, e che ripropone in maniera veramente nuova la problematica dell'immobile. Dal punto di vista teoretico è da rilevare quanto segue. l) Per la filosofia greca il movimento, di per sé considerato, è o appare contraddittorio. 2) iPer superare questa contraddizione, gli Eleati eliminano il movimento ed ammettono solo l'immobile. 3) Invece Platone ed Aristotele (e poi i metafisici successivi) considerano l'immobile, opportunamente dformato, causa del mobile. 4) Platone ha, a questo riguardo, una posizione ancora polivoca e in parte oscillante, mentre Aristotele stabilisce in maniera precisa quanto segue: a) ogni cosa che si muove è mossa da qualcos'altro che la muove; b) se questo qualcos'altro è esso stesso in movimento, è mosso da altro ancora; c) il primo principio del movimento deve essere immobile. 5) In generale, per il metafisico greco, solo l'immobile può essere causa del mobile (II, 441). I M MORTA L
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
l'immortalità dell'anima risalgono a lui (II, 223 sgg.). Nell'ultimo Platone si dice chiaramente immortale solo la parte razionale creata dal Demiurgo, e non la parte irrazionale prodotta dagli Dei creati (II, 183 ). - c) Aristotele, negli essoterici, risulta pel1fettamente allineato con Platone (II, 396 sgg.), ma anche negli esoterici dbadisce chiaramente l'immortalità dell'anima razionale, del nous, pur lasciando cadere gli elementi orfìci (cfr. testi ed esegesi in II, 466 sgg.; 476 sgg.). _ d) I Medioplatonici e i Neopitagorici intraprendono una energica difesa della immortalità dell'anima, culminante nella dottrina neoplatonica dell'Anima-ipostasi (IV, 358 sgg.; 404 sgg.; 423 sg.; 543-557). 2) Alcuni Stoici, invece, sostengono una curiosa dottrina piuttosto ibrida, secondo la quale Je anime, o almeno quelle dei saggi, sopravvivono per un periodo più o meno lungo, e in ogni caso non oltre la successiva conflagrazione universale (III, 384 sgg.). 3) Una posizione tipicamente agnostica è quella di Socrate, che illustriamo in I, 331. 4) Nega tori dell'immortalità furono soprattutto gli Epicurei, per i motivi che illustriamo in III, 252 sgg.; 291 sgg. (Cfr. anche la posizione dei Cinici in IV, 231). 5) Aùessandro di Mrodisia presenta, da ultimo, secondo i più recenti studi, una posizione che costituisce un unicum nel pensiero antico, la quale è comprensibile solo nel contesto della sua complessa noetica di cui diciamo in IV, 43 sgg. e in particolare 48-50. _ La dottrina della immortalità dell'anima costituisce una delle cifre tipiche della filosofia antica più che non del Cristianesimo, il quale .parla, proprian~ente, di resurrezione del corpo, con implicanze teologiche ed antropologiche assai diverse rispetto alle dottrine della grecità.
I M PER TU RBAB l'LI T A, dr. Atarassia. I M P O S S I B I L E (àliVva-toc;) Ecco la definizione tecnica di questo concetto data da Aristotele: « Imposs1bile è ciò, il cui contrario è necessariamente vero: per esempio è impossibhle che la diagonale del quadrato sia commensurabile al lato, perché questo è falso e il suo contrario non solo è vero, ma è necessariamente vero: la diagonale del quadrato rispetto al lato è necessariamente incommensurabile; dunque, l'affermazione della commensurabilità non solo è falsa, ma è necessariamente falsa» (Metafisica, A 12, 1019 b 23 sgg.). _ Per l'impossibile come uno dei « luoghi » (topoi) della retorica aristotelica, cfr. II, 580. IMPRESSIONE (-tu'ltW
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IMPERTURBABILITÀ/INCONOSCIBILE
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poreistiche dell'età ellenistica viene intenpretata come impronta la sensazione, e quindi il fondamento della conoscenza, come spieghiamo in III, 179 sgg.; 223 sgg. e soprattutto 332 sgg. Cfr. Sensazione e Tabula rasa. INCONDIZIONATO (ciwn:6&-toc;) Platone usa questa espressione riferita al Principio Primo nella Repubblica (VI, 510 h; 511 b), sia nel senso che è quel principio che non ha bisogno di ulteriori assunti, sia nel senso di assoluto. - Come incondizionato Aristotele qualifica il principio di non-contraddizione (Metafisica, r 3, 1005 h 14 sgg.) (cfr. Assoluto). I N C O N O SCI BI L E (&yvwcr-toc;) Il termine designa ciò che non è suscettibile di alcuna forma di conoscenza razionale. Esso può essere espressione di tre atteggiamenti teoretici molto diversi a seconda che sia usato: l) nel contesto della speculazione olassica parmenideo-.platonico-aristotelica; 2) oppure nel contesto della dottrina scettica; 3) oppure ancora nel contesto della metafisica dell'età imperiale. l) Nella prospettiva propria della concezione oggettivistica di tutta la antichità, secondo cui la conoscenza è proporzionale all'essere, si ritiene inconosdbile il non-essere (cfr. il passo della Repubblica platonica riportato in II, 198), Analogamente, Aristotele ritiene inconosdbile la materia, perché assoluta potenzialità mancante di forma (e in parte anche l'individuo empirico). 2) In età ellenistica e nella prima parte dell'età imperiale gli Scettici sostengono la inconoscibilità di tutto quanto il reale: tale posizione è la conseguenza della radicale negazione della ontologia platonico-aristotelica, negazione che comporta come conseguenza la perdita della « stabilità dell'essenza» di tutte ~e cose: la realtà, quindi, per gli Scettici, non contiene più in sé«[ ... ] alcuna differenza, né misura, né discriminazione» (III, 475). 3) A partire da Fhlone di Alessandria fa irruzione nel cosmo filosofico il concetto dell'Assoluto come infinito e, di conseguenza, la conoscenza trova in esso il suo limite superiore, cosi come, in precedenza, aveva trovato nel non-essere il suo Hmite inferiore. Filone - si noti - proclama l'impossibilità di conoscere l'essenza di Dio a motivo della sua assoluta trascendenza, ma ammette la conoscibilità razionale dell'esistenza di Dio, sia pure ad un livello inferiore (cfr. testi ed esegesi in IV, 271 sgg.). Questa caratteristica della inconosdbilità del Principio supremo, diviene una costante anche dell'ultima filosofia pagana. Soprattutto nel neoplatonismo (ma con chiari anticipi già nel medioplatonismo; cfr. IV, 335 sg.) l'Assoluto viene a più riprese definito come «al di sopra dell'essere e di ogni essenza» (ofr. testi ed esege-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
si in IV, 511 sgg.). Nell'ermetismo, addirittura, l'inconoscibilità razionale di Dio e il suo riconoscimento attraverso il silenzio dei sensi e della ragione sono ritenuti condizioni necessarie a che Dio stesso si riveli (cfr. testi ed esegesi in IV, 435 sg.). Su posizioni analoghe sono gli Oracoli Caldaici (cfr. testo ed esegesi in IV, 451 sg.). Nel neoplatonismo al tema della inconoscibilità, e come sua conseguenza diretta, si accompagna parallelamente il motivo della ineffabilità (cfr. voce Ineffabile) del Principio (cfr. testi ed esegesi in IV, 503 sgg. e 507 sgg.). I N C OR P O iRE O (à.ub!p.a-toç) Nella storia della problematica dell'incorporeo, nell'ambito del pensiero antico, si possono distinguere quattro fasi: l) quella presocratica, in cui as6matos ha un significato fisico; 2) quella della metafisica platonica e aristotelica, in cui avviene la fondazione teoretica del concetto di incorporeo come immateriale e quindi spirituale; 3) quello della filosofia ellenistica, in cui si nega all'incorporeo statura ontologica; 4) quella della filosofia dell'età imperiale, in cui, mediante il rovesciamento del corporeismo epicureo e stoico, l'incol'poreo assume la massima importanza, divenendo addirittura il connotato essenziale dell'essere. Solo in questa fase il tel'mine diventa tecnico e si impone in modo definitivo come espressione di queUo che noi moderni chiamiamo spiritualismo metafisica. Ecco una breve caratterizzazione di queste quattro tappe. l) Nei Presocratici, asomatos significa il non avere limiti del tipo di quelli che hanno tutti i corpi determinati, e quindi indica l'infinitudine del principio (cfr., ad esempio, il fr. 3 di Anassimene che riportiamo in I, 69; in particolare si veda il fr. 9 di Melisso, riportato in I, 145 e quanto ivi precisiamo). 2) Platone crea il concetto di incorporeo nel senso di immateriale e soprasensibile (anche se" usa solo pochiss~me volte il termine) con la sua «seconda navigazione», e Aristotele completa i tratti di questa creazione con la sua dottrina del Motore I m mobile, del quale dice espressamente: «l'essenza prima è scevra di materia» (cfr. tutto ciò che diciamo in II, 443 sgg.; cfr. anche II, 479 sgg.). 3) Nell'ambito della Stoa, sulla base del presupposto che tutto ciò che è essere è corpo, l'incorporeo resta privato di uno statuto antologico e al massimo considerato come un « qualcosa » (-t(}, che però non è essere, pur non essendo il nulla. Come inconporei vengono considerati gli esprimibili, il luogo, il tempo e il vuoto (cfr. testi ed esegesi in III, 358 sgg.). 4) In età imperiale l'inconporeo viene riguadagnato attraverso la contestazione degli eccessi corporeistici della rfilosofia deLl'età ellenistica e il tel'mine diventa tecnico di conseguenza. Si veda come avviene la riconquista dell'inconporeo in Filone (IV, 268 sgg.), nei Medioplato-
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INCORPOREO/INDIFFERENTE
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nici in generale (IV, 330 sgg.), nonché nei Neopitagorici (IV, 391 sgg. ). Con Numenio questa riconquista raggiunge già un punto culminante (IV, 413 sgg.). Con Platino si può dire che la tematica dell'incorporeo sia ormai data come una acquisizione scontata; egli non si pone più neppure il problema di giustificare l'incorporeità dei principi: la difficoltà, per lui, sta invece nel trovar posto al conporeo nella deduzione della sua costituzione materiale (IV, 570 sgg.). La metafisica dell'incorporeo col neoplatonismo raggiunge i suoi limiti estremi. Il grosso dd volume IV (pp. 247-701) è dedicato precisamente alla ticostruzione del processo attraverso cui viene dapprima recuperata la problematica dell'incorporeo, dei vari modi in cui viene riproposta, e delJe novità a cui porta.
I N C O R R U T T I B I L I T A ( tiq~ltapcna, liq>ltap-toc;) Il termine significa il non poter essere distrutto. ~ un sinonim~ di immortalità, esteso, però, dall'ambito dell'uomo e della sua anima, a quello dei prindpi, delJ'essere e del cosmo. Per i Fisici presocratici l'incorruttibilità è prerogativa dell'Arché (cfr. voce), ossia del Prindpio o dei Principi. In particolare per gli Eleati è prerogativa dell'Essere in quanto tale (cfr. I, 123 sg.; 144 sg.). La concezione dell'incorruttibilità dei Principi primi resta un guadagno irreversibi~e nell'ambito del pensiero antico. _ Con Platone anche il mondo, che pure è principiato, è concepito sotto il segno della incorruttibilità (cfr. II, 179 sg.). Aristotele ritiene il mondo non solo incorruttibile, ma anche ingenerato (cfr. II, 443, 448 sgg.). La concezione dell'incorruttibilità del mondo, contestata in vario modo in età ellenistica (cfr. III, 210 sgg.; 381 sgg.), è ridifesa in età imperiale (cfr. IV, 568 sgg.) e si impone come necessaria conseguenza nel contesto della processione neoplatonica. I NDE FIN I TO, dr. Apeiron. I N D I F F E R E N T E ( tillLaq>opov, indifferens)
l) Il termine, secondo gli Stoici, indica tutte quelle cose che· stanno fra i beni e i mali morali. E poiché, per questi filosofi, beni sono solo le virtù e mali solo i vizi, indifferenti sono tutte quelle cose che stanno fra virtù e vizi. In senso stretto, quindi, vita e morte,. salute e malattia, giovinezza e vecchiaia, bellezza e bruttezza, ricchezza e pover-tà, e cosi via, sono tutti « indifferenti», appunto perché non sono né «beni » (=-virtù), né « mali» (=vizi). Tuttavia è chiaro che, se non per la natura razionale dell'uomo, almeno per la sua natura biologica, gli indifferenti non sono del tùtto neutri, in quanto alcuni giovano e altri nuocciono fisicamente. Alcuni Stoici ammettono,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
pertanto, che alcuni degli « indifferenti » sono « preferiti », altri « respinti », o, in altri termini, che alcuni hanno stima e valore e sono ·quindi valori, altri hanno mancanza di stima e valore, ossia sono disvalori (III, 394-40 l). Un altro gruppo di pensa tori stoici sostiene la assoluta indifferenza degli adiaphora (III, 401 ). Sulla rispondenza di ·questa dottrina al momento storico connesso alla crisi de1la polis cfr. quan.to diciamo in III, 397. 2) Adiaphora significa anche «senza differenze » o « prive di differenziazioni » dal punto di vista antologico. Tali sono tutte le cose secondo lo scetticismo pirroniano, in quanto « niente è più questo che quello », « ogni cosa è e non è », « ogni co. sa né è, né non è». Su questo fondamento Pirrone proclama la necessità per l'uomo di restare senza opinione e senza inclinazione di fronte alle cose del tutto indeterminate, e, dunque, la necessità della afasia (vedi voce) e dell'impass~bilità (III, 474-479). Cfr. Adiaforia. I N D I FFE R ENZA, dr. Adiaforia. I N D I MOSTRA BI L I, dr. Anapodittico. INDIVIDUO (fi:to!J.OV, xaD' baO''tov) Il concetto di individuo implica due note essenziali: a) ciò che è indivisibile e b) ciò ohe non è predicabile di più cose, e cioè l'opposto ·dell'universale. _ a) Per il primo carattere corrisponde al concetto di atomo (cfr. voce). _ b) Per il secondo corrisponde a quello che Aristotele chiama kath'hékaston, e che, per lo più, coincide con il concreto sinolo di materia e forma. Inteso nel senso aristotelico, l'indivi·duo è inconoscibile razionalmente e coglibile solo mediante la sensazione. _ ~ da notare che il problema del principio di individuazione non è stato posto espressamente dalla filosofia antica, bensl solo da ·quella medievale, in seguito all'interesse preminente, che, in conseguenza del Cristianesimo, la filosofia concepisce per l'individuo (in Aristotele, ad esempio, si trovano sia dei passi da cui si può ricavare che l'individuazione dipende dalla materia, sia dei passi da cui si può invece ricavare che di:pende dalla forma). _ In Platino c'è un cospicuo tentativo di salvare l'individualità a livello metafisica, con l'intro.duzione di Idee di individui nella seconda ipostasi, ma con esiti aporetici, come mostriamo in IV, 538 sg. INDUZIONE (btaywy{J) ~ il procedimento attraverso cui dal particolare si ricava l'universale. Aristotele sottolinea che l'induzione non è propriamente un ragionamento, bensl un « essere condotto» dal particolare all'universale. Il processo astrattivo coincide sostanzialmente con l'induzione
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INDIFFERENZA/INFINITO
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(II, 560). In questo processo che va dal particolare all'universale, la induzione si oppone alla deduzione sillogistica che è invece un procedimento dall'universale al particolare. La deduzione (shllogistica), però, presuppone l'induzione, come dice Aristotele in questo passo esemplare: « [ ... ] Apprendiamo o per induzione o per dimostrazione. La dimostrazione procede dagli un1versali, mentre l'induzione procede dai particolari. Ma è impossibile considerare gli universali, se non per induzione, poiché è possibile rendere noto per induzione anche i risultati della cosiddetta astrazione» (Analitici Secondi, A 18, 81 a
40 sgg.). I N E F FA BI L E (lipPT)"toc;) Il termine indica l'impossibilità di essere espresso e definito con parole. È una caratteristica dell'Assoluto, quale è concepito soprattutto in età imperiale. In Filone di Alessandria l'ineffabilità di Dio dipende dalla sua assoluta trascendenza dal punto di vista metafisica e anche dal punto di vista gnoseologico (IV, 271 sgg.). L'ineffabilità del divino è un motivo presente anohe nei Medioplatonici (cfr. il testo riportato in IV, 335 sg.), nei Neopitagorici (IV, 402 sg.), nella filosofia ermetica (IV, 435 sg.) e negli Oracoli Caldaici (IV, 451 sg.). (Per uno sfruttamento in senso mistico de1l'ineffabilità di Dio cfr. il testo riportato in IV, 435 sg. e la voce Silenzio). - È infine da notare che il motivo della ineffahilità dell'Assoluto diventa una costante in tutto il movimento neoplatonico (cfr., ad esempio, IV, 510 sg.); anzi, in Damascio l'ineffabilità viene addirittura estesa dal Principio primo alla stessa processione delle ipostasi (IV, 688).
INFERENZA Indica in generale quel procedimento in base al quale, muovendo da determinati dati, si perviene ad una conclusione, sulla base di una mediazione che può essere di vario genere. _ Albbiamo usato spesso il termine nell'espressione « inferenza metempirica », che significa quel procedimento attraverso cui, partendo daLla esperienza e dal sensibile e dalla costatazione della impossibilità di spiegarli con se medesimi, concludiamo alla necessità di ammettere qualcosa che trascende l'esperienza e il sensibile. I testi che contengono i due più famosi tentativi di «inferenza metempirica », per molti aspetti paradigmatici sono il Pedone di Platone, 99 d sgg., e hl dodicesimo libro della Metafisica di Aristotele, capitoli 6-7, passim. Ricordiamo che Platone ha chiamato questa inferenza « seconda navigazione ». I N FIN I T O, dr. Apeiron.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
INNATISMO ! termine di conio moderno, che designa quella dottrina che ammette nell'animo dell'uCHno la presenza di alcune idee e conoscenze anteriormente ad ogni esperienza. Nell'ambito della filosofia antica da concezione ohe maggiormente si avvicina al concetto moderno di innatismo è quella platonica (dr. I, 365 sgg.; II, 196 sg. ). Anche alcune ammissioni degli Stoici (III, 334 sg.) possono intel.'pretarsi _ almeno entro cer-ti limiti _ in senso innatistico. Per altro è da rilevare che esse sono troppo limitate e troppo eccentriche, rispetto alla generale impostazione del problema della conoscenza, per fare testo. Cosi pure certe affermazioni di Cicerone _ soprattutto quelle concernenti la dottrina del consenso universale degli uomini _ possono essere lette come una forma di innatismo (sia pure molto attenuato) di derivazione platonica. INTELLETTO, dr. Nous. INTELLETTUALE, dr.Noer6s. INTELLETTUALISMO ETICO Con questa espressione si designa il carattere peculiare dell'etica socratica che resta, poi, una costante di tutta quanta l'etica dei filosofi greci. Possiamo caratterizzare come segue l'intellettualismo etico. l) La vita morale è considerata come fondata interamente sulla ragione e sulla conoscenza. 2) Di conseguenza, si ritiene che basti conoscere il bene per farlo. 3) Il peccato e il male morale sono considerati come errori di conoscenza. 4) _Alla volontà non viene riconosciuto un ruolo determinante nell'agire morale. 5) La libertà viene agganciata alla ragione e non al volere. La concezione dell'essenza dell'uomo come psycbé e l'interpretazione della psycbé soprattutto come nous e come logos, sono aLla base dell'intellettualismo etico. Nel corso della nostra trattazione abbiamo molto insistito su tale categoria, perché essa esprime veramente l'essenza del pensiero morale dei Greci, come abbiamo già ricoroato. Ecco le tappe salienti dell'evoluzione di tale concezione. - a) Per la fondazione socratica e la reinterpretazione dei celebri «paradossi etici », si veda quanto diciamo in I, 314 sgg.; cfr., ivi, pp. 318 sg. una pagina del Tayllor molto importante._ b) L'intellettualismo etico risulta operante anche nelle scuole socratiche minori (cfr. per esempio, I, 391). _ c) Platone, con la tri.partizione dell'anima e con la dottrina dell'erotica, riconosce l'esistenza e l'impor-tanza delle forze alogiche che condizionano J'agire umano, ma lascia alla ragione la indiscussa supremazia, e nelle Leggi ribadisce addirittura a chiare lettere il paradosso socratico che «nessuno pecca volontariamente» (Il,
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INNATISMO/INTELLIGIBILE
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258 sgg.). - d) La posizione di Aristotele è ancor più interessante, perché, proprio dopo aver crhicato la tesi socratica che la virtù è scienza, non riesce a dare adeguati fondamenti alla sua critica, e, addirittura, si trova non solo a ribadire tesi socratiche, ma a fare ·delle virtù della ragione le più alte virtù (II, 504-509; 517 sgg.). - e) La stessa morale epicurea può essere riletta come un ripensamento in chiave utilitaristica dell'intellettualismo etico di Socrate (III, 254 sgg.). - f) Gli Stoici giungono addirittura ad esasperare, per certi aspetti, l'intellettualismo, non solo ribadendo id. concetto di virtù come scienza (III, 404 sgg.), ma anche intel'pretando le passioni come moti che conseguono ad un errore logico o senz'altro come errore logico (III, 423 sgg.). - g) La stessa concezione della prohairesis (cfr. voce Scelta) di Epitteto risulta un atto di ragione, un giudizio conoscitivo (IV, 114 sgg.). - h) Anche nei Medioplatonici si riscontrano ancora echi doll'intellettualismo socratico (IV, 364). - i) Qualcuno ha indicato in Porfirio il pensatore che avrebbe rotto i ponti con l'intellettualismo greco, ma i testi non confermano tale esegesi (IV, 635, nota 22). l) Una posizione di rottura si trova, invece, in Filone di Alessandria (dr. testi ed esegesi in IV, 299 sgg.); ma Filone, in questo, si ispira direttamente e interamente alla Bibbia e non al pensiero greco. INTELLEZIONE (v6TJ
:t l'atto con cui il nous coglie l'intelligibile in modo immediato (cfr. Intuizione). INTELLIGENZA, cfr. Nous. INTELLIGIBILE ('1101}-t6c;)
Significa propriamente, in generale, ciò che è oggetto di intelligenza, e, in particolare, quell'essere che solo l'intelligenza sa cogliere e non il senso. Il tel'mine ha avuto una grande fortuna a partire da Ratone, dove serve a designare le Idee e il mondo delle Idee (cfr. Idea). Sono da rilevare le espressioni luogo intelligibile (noetòs t6pos) e luogo sopraceleste (hyperouranios t6pos, cfr. lperuranio) con cui Platone designa il mondo dell'intelligibile (cfr. Repubblica, VI, 509 d; VII, 517 b; Fedro 247 c). - Filone di Alessandria conia, invece, la espressione cosmo intelligibile (k6smos noet6s), ripresa poi anche da Plotino (IV, 289 sg.; 534 sgg.). - L'intelligibile, in Platone, include l'intelligenza come momento inferiore (II, 159 sgg.). _ In Aristotele coincide, nell'essere divino, con l'intelligenza (II, 443 sgg.); nella realtà sensibile coincide, invece, con le forme immanenti, mentre l'anima diventa il luogo delle forme, ossia degli intelligibili, in quanto li pensa (II, 476 sgg.; cfr. soprattutto il testo di pp. 477 sg.). _ Interessanti
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
sono gli ulteriori sviluppi del concetto nel medioplatonismo. Albino, ad esempio, parla di intelligibili primi e di intelligibili secondi, riferendosi rispettivamente alle platoniche Idee trascendenti e alla aristoteliche forme immanenti (IV, 336 sgg.). _ Plotino rappresenta il più significativo momento di sintesi .fra l'istanza platonica e quella aristotelica, con la tesi della strutturale coincidenza di intelligenza e intelligibile nella seconda ipostasi (IV, 534 sgg.). Dopo Plotino il neoplatonismo tende nuovamente a distinguere (addirittura in maniera ipostatica) intelligibile ed intellettuale, sia pure nel nuovo contesto dinamico della processione (cfr. IV, 647 sgg.; 653 sgg.; 671 sgg.). I N T E R M E D I O , I N T E R M E D I ARI O (!J.E't«t;v) Il concetto di « Intermedio» o « Intermediario», ossia di ente che sta a mezzo, e che forma in qualche modo un anello di congiun!ione, o col semplice occupare un posto gerarchicamente mediano oppure attivamente svolgendo opera di congiunzione di un ente o di un piano superiore con uno inferiore, è fondamentale in tutte le branche del pensiero greco: l) nella metafisica e ontologia, 2) nella gnoseologia, 3) nell'etica, 4) nell'antropologia, 5) nella sfera religiosa e 6) perfino nella logica. l) A livello antologico il problema dell'intermedio nasce: a) come tentativo di superare l'eleatismo, ossia come tentativo di ammettere e di giustificare il mondo del divenire, che è appuntO> «a mezzo» fra essere e non-essere (cfr. II, 78 sgg.). - b) Intermedi per Platone sono anche i numeri e gli enti matematici che occupano. il gradino più basso del mondo intelligibile, ed hanno, oltre ai caratteri fondamentali delle Idee, anche caratteri affini ai sensibili, come spieghiamo in H, 119sgg.-c) Funzione intermediaria hanno pure iJ. Demiurgo e l'an1ma del mondo (Il, 152 sgg.- d) In Aristotele, ohe riduce gli enti matematici ad oggetti di astrazione, le realtà intermedie sono piuttosto i cieli, che sono sensibili, ma incorruttibili ed eterni (Il, 463 sgg.). _ e) Gli intermedi tendono, poi, a molt1plicarsi nei rinati sistemi metafisici dell'età imperiale, già a partire dal medioplatonismo e dal neopitagorismo, con punte estreme nella complessa dottrina neoplatonica delle 1postasi (cfr. voce). 2) Nella gnoseologia, intermedia fra verità e falsità sarebbe a) la terza via parmenidea, quella dell'opinione· plausibile (l, 127 sgg.). _ b) Espressamente denominata intermedia è l'opinione o doxa nella Repubblica platonica, giacché essa riguarda il divenire, che, come abbiamo detto, è antologicamente intermedio (Il, 197 sgg.). -c) In altro senso può dirsi intermediaria la dianoia nel senso di conoscenza matematica, che si occupa di intermedi nel senso sopra precisato al punto h) (Il, 199sg.- d) Si veda anche la curiosa posizione di Senocrate, che combina, a questo proposito, elementi platonici con
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INTERMEDIO/IO
elementi aristotelici (III, 109 sg.). 3) In etica, il concetto di intermedio diventa tematico soprattutto con gli Stoici, i quali chiamano « indifferenti » tutte le cose che « stanno a mezzo » fra la virtù e il vizio,. ossia fra il bene e il male (III, 394 sgg.). Si veda, inoltre, la interessante connessione sussistente fra gli inteNnedi e i doveri, secondo la Stoa (III, 414 sgg.). 4) Nell'antropologia funge da« intermedio» l'anima, la psyché, e, in particolare, la parte più elevata della psyché, il nous (cfr. voce). 5) Nella sfera religiosa giocano un ruolo intermediario i Demoni e gli Eroi (cfr. voci). 6) Nell'ambito della logica, infine, la problematica dell'intermedio è collegata soprattutto ai concetti di contrario, contraddittorio e terzo escluso (dei quali diciamo alle singole voci), nonché al concetto di termine medio del sillogismo, su cui cfr. II, 555. I N T E R M O N D O ( J..LE-rax601J.to'll) Per Epicuro è lo spazio che separa mondo da mondo, nel quale puÒ· avvenire la formazione di nuovi mondi e che costituisce la dimora degli Dei (III, 212; 231 sg.). INTUIZIONE È la conoscenza immediata propria del nous. Essa non è affatto" una categoria esclusiva di Platone e dei Platonici, che ammettono un coglimento immediato delle Idee, appunto in questo modo, ma anche di Aristotele, che considera l'intuizione più vera della stessa scienza, in quanto essa sola è in grado di cogliere i principi primi (cfr. il testo che riportiamo in II, 560 sg.; cfr. Nous). IO
La problematica dell'« Io», quale è venuta delineandosi nel pensiero occidentale (dapprima ad opera di Agostino e, in tempi moderni, di Cartesio) è sconosciuta all'antichità. Scrive il Pohlenz, a questo proposito, ohe, per il Greco, « l'Io stesso, come unitario suppor-to della vita, è un dato cosl immediato della conoscenza, da non diventare oggetto di riflessione» (L'uomo greco, p. 14 ). È inoltre da rilevare che il termine lyw viene poco usato in connessione a tale tematica. Il termine che più corrisponde all'lo, è invece il «Noi» (T}J..LE~). L'Alcibiade maggiore di Platone è il dialogo che consacra l'uso di questo termine per esprimere lo stesso concetto di « se stesso », che successivamente diventa tecnico. - In ogni caso, l'indagine sul «Noi», risponde più alla problematica dell'essenza dell'uomo in generale (il plurale è significativo), che non al problema dell'individuo (cfr. voce Uomo). (Cfr., oltre all'Alcibiade, 128 d sgg., i passi di Aristotele riportati in Il, 495; si veda, inoltre, PJotino, Enneadi, 1, 1,7; v, 3,3, etc.). La definizione, di conse-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
guenza, che il Greco ha dato del «noi», da Socrate in poi, è che «noi siamo la nostra anima» oppure « noi siamo il nostro nous ». (Ricordiamo, infine, che alcuni traduttori rendono senz'altro 'i)I.Lti:c; con « io»; traduzione di per sé lecita, a patto che il lettore non associ al termine io la problematica moderna, ma si mantenga nell'orizzonte di queLla greca). I PER URANI O (\nttpovpli'll~oc;) In Platone vuoi dire « luogo sopra il cielo o sopra il cosmo » e .quindi, a rigore, un luogo che non è affatto un luogo. L'lperuranio deve dunque intendersi come l'espressione immaginifica dell'aspaziale, per le ragioni che spieghiamo in II, 96 sg. I P O S T A S I ( Ù1tOCT'tacn.c;) Ipostasi significa sostanza. Il termine, usato dagli Stoici, dai tardi Peripatetici e dai Medioplatonici, diventa tecnico nei Neoplatonici a partire da Plotino. Si potrebbe dire che, nei Neoplatonici, ipostasi in-
dica quella particolare concezione della sostanza inserita nella dialettica della processione. Meglio ancora potremmo dire che l'ipostasi è una sostanza che deriva da un'altra sostanza, rispetto alla quale è sempre inferiore e tuttavia è essa stessa sostanza a pieno titolo e capace, a sua volta, di generare altre sostanze, secondo le leggi della processione. Si tenga ben presente che si capisce in maniera adeguata che cosa sia una ipostasi, solo se si comprende a fondo che cosa sia la processione neoplatonica (cfr. voce). 1POST ATIZZAZIONE Con questa espressione di conio moderno è denominato quel processo di pensiero che porta a sostantificare, ossia a trasformare in sostanza, rappresentazioni, concetti e pensieri, per lo più in modo indebito. _ Per l'interpretazione degli Dei della Grecia come ipostatizzazioni di forze naturali e di aspetti dell'uomo, cfr. I, 24 sg. - Per la scorretta interpretazione delle Idee platoniche come concetti ipostatizzati, cfr. Il, 92 sgg. _Cfr. la decettiva tendenza a moltiplicare le ipostasi, che è propria dei Neoplatonici, in IV, 623-688 e, in particolare, in IV, 648 sg. 1 P O T E S I {ù1t6llEcn.c;) In generale Aristotele chiama « ipotesi » le premesse della dimostrazione, quindi le protasi. In senso più stretto, l'ipotesi è intesa come premessa non necessaria o che non appare come necessaria, e quindi come una presupposizione (cfr. Postulato e il passo degli Analitici Secondi i vi riportato).
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IPERURANIO/ISTINTO
I PS E DI X I T (aù-.;òc; [cpa) Significa « lo ha detto proprio lui». Era la formula con cui i Pitagorici, nel loro insegnamento, si riferivano a Pitagora, come ad autorità assoluta ed indiscutibile (I, 101 ). I R A S C I B I L E ( lN!J.OELiìi)c;, animosus, iracundus) Per Platone è quella specifica facoltà dell'anima, secondo la quale noi ci infiammiamo o ci adiriamo (Il, 301 sgg.). La virtù propria dell'anima irascibile è la fortezza. È, questa, la parte dell'anima che deve dominare nella classe dei custodi deLlo Stato (II, 302 sgg.). IRONIA (EtpwvEI.a, dissimulatio) Il termine significa letteralmente dissimulazione ed è diventato tecnico per indicare la caratteristica essenziale del metodo socratico. Socrate, per costringere l'interlocutore a dar conto di sé fino in fondo e per poterlo cosl confutare e liberare dall'errore, mette in atto un molteplice gioco di finzioni e di travestimenti, che, sotto l'apparenza di scherzo, mirano invece allo scopo più serio. Cfr. le delucidazioni che diamo in I, 361 sg. L'ironia viene portata alle conseguenze estreme da Platone, che sfrutta, in modo rimasto unico, tutte le possibilità dialettiche che essa contiene, come mostriamo in II, 39 sgg. ISO N O M I A (to-oVO!.l(a, aequilibritas) È, per Epicuro, la legge di compensazione ontolog,ica delle varie parti della realtà nell'economia del tutto. Di essa egli si avvale soprattutto per alcune deduzioni teologiche, di cui diciamo in III, 229 sg. ISTINTO (Òp!J.i)) Il concetto di istinto, inteso come tendenza naturale e alogica, è presente ed operante nei filosofi anteriori alla Stoa, ma solo nell'antologia di questa scuola assume statura di protagonista. In particolare il concetto di primo istinto - che per gli Stoici consiste nella tendenza di ogni essere a conservarsi ed a appropriarsi ciò che lo conserva _ diventa il punto di partenza per la fondazione dell'etica, per le ragioni che spieghiamo in III, 390 sgg. Questo istinto primo è denominato oikeiosis (cfr. voce). Tale assunzione a livello di protagonista dell'istinto ben si spiega nel contesto del « panlogismo » proprio del Portico: qui l'istinto diventa espressione della physis, e quindi anche manifestazione del logos.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
K K A T A PH AiS I S, dr. Affermazione.
K A T H E K O N ( xaDTjxov, officium) Il termine, divenuto tecnico nella speculazione stoica, significa, propriamente, azione conveniente. In latino corrisponde ad officium. Per gli Stoici il kathékon si colloca, in un certo senso, a mezzo fra l'azione virtuosa e quella viziosa, sul piano degli indifferenti (dr. voce), e coincide, esattamente, con quelle azioni riguardanti appunto gli intermedi che sono giustificabili razionalmente in quanto conformi a natura. Sono kathékonta, per esempio, l'avere buoni rapporti con amici, il nutrirsi, il riposarsi, il mantenere un decoro nella persona, etc. I kathékonta sono legati prevalentemente alla natura biologica e animale dell'uomo. - Il termine italiano dovere ricopre solo in parte la stessa area semantica, dato che, da un lato, implica rapporti con l'azione morale assai più stretti, e quindi dice di più; dall'altro. invece, dice di meno, perché il concetto stoico di kathekon è estensibile anche ad animali e piante, mentre quello di dovere non lo è affatto. Cfr. testi, esegesi e delucidazioni delle implicanze teoretiche del kathekon in Ill, 414 sgg. _ Il concetto emerge in primo piano ed acquista più spiccata rilevanza etica nel mediostoicismo di Panezio (III, 443) e poi nel De Officiis ciceroniano, che, in larga misura, si ispira a Posidonio (III, 554 sgg. ). - Passando attraverso il ripensamento cristiano, il concetto di dovere diventa una acquisizione centrale ed irreversibile del pensiero morale dell'Occidente. KATOR T HO MA (xa-c6pl}wJ.UX, recte factum) È termine che, nell'etica della Stoa, significa azione retta, azione moralmente perfetta, azione pienamente virtuosa, ossia azione che contiene tutte le caratteristiche della virtù. L'azione morale è perfetta quando nasce e si fonda sull'orthòs l6gos, la retta ragione. L'azione retta non si può giudicare né dai suoi risultati né dalle sue manifestazioni esteriori, ma solo dal principio che la ispira, appunto dall'orthòs l6gos. E poiché questo è posseduto solo dal saggio, le azioni rette restano prerogativa esclusiva del saf!,gio; cfr. testi ed esegesi in III, 411 sgg. Per i rapporti fra kat6rthoma e kathékon, cfr. III, 414 sgg.
K E P O S , cfr. Giardino. K o I N o N I A ( XOWWVLil) l) Il termine, ohe vuoi dire comunanza, assume un significato
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KATAPHASIS/LAVORO
tecnico nel linguaggio metafisica di Platone, indicando: a) una delle possibili forme di rapporto fra le Idee e le cose sensibili corrispondenti, per Je ragioni che spieghiamo in II, 98; h) il rapporto fra le Idee su cui è fondata la dialettica (cfr., ad esempio, il rapporto fra le cinque supreme Idee del Sofista, in II, 139 sgg.). c) È anche il termine con cui viene designato i·l cosiddetto « comunismo » platonico (cfr. voce). 2) Ricordiamo, inoltre, che in genere koinonia è usata per indicare le varie forme di unione fra gli uomini, dalla famiglia alla società, e la stessa parentela fra uomini e Dei. Cfr., ad esempio, la concezione stoica del cosmopolitismo, fondata sul concetto di comunanza reciproca fra Dei e uomini (III, 422 sg).
L LAVORO Agli antichi filosofi rimane estranea la concezione del lavoro, inteso nella sua accezione moderna, e quindi nella sua rilevanza sociale e morale. Il lavoro manuale viene addirittura nettamente disprezzato: basti pensare al ruolo subalterno che la classe degli operai e dei commercianti ha nello Stato ideale di Platone (II, 297 sgg.), oppure nella politica di Aristotele, il quale, nello sforzo di giustificare razionalmente l'istituto della schiavitù, considera lo schiavo addetto al lavoro manuale come strumento animato (II, 525). _ Verso una certa rivalutazione del lavoro, si muovono, invece, alcuni Sofisti _ come ad esempio Ippia, che si propone come fine il raggiungimento di una autarchia tecnica (I, 265) -, e, in una prospettiva etica, anche i Cinici, che considerano la fatica, anche fisica, come esercizio necessario per raggiungere il dominio di sé ed il disprezzo dei piaceri, e quindi per conseguire la virtù (1, 398 sgg.; III, 33 sg.). _ Una valutazione decisamente positiva del lavoro si trova in Musonio Rufo, che ritiene l'esercizio dell'agricoltura il mezzo più conveniente per il filosofo per guadagnarsi da vivere (IV, 100 sgg.). _ Anche negli Scettici (sia in quelli antichi che in queLli più recenti) si trovano spunti che interessano il nostro problema: Pirrone compie con assoluta indifferenza i lavori servili disprezzati dalla comune opinione, perché li considera, se non positivi, almeno indifferenti come tutto il resto, e, in ogni caso, in questo modo, si affranca dal comune modo di sentire (III, 488 sg.). Sesto Empirico, infine, riconosce la necessità di apprendere ed esercitare un'arte, traendo questa norma dalla osservazione deUa vita comune e delle sue concrete esigenze (IV, 203).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
L E G G E (v6JJ.oç, !ex) l) La concezione fondamentale della legge propria della antichità risulta già perfettamente espressa nei Presocratici, in modo particolare nel fr. 114 di Eraclito, che cosl suona: « Coloro che vogliono pal"lare secondo ragione devono fondarsi su ciò che è a tutti comune [=la ragione universale] come la città sulla legge e con maggior forza ancora. E invero tutte le leggi umane si alimentano dell'unica legge divina, poiché quella impone quanto vuole e basta per tutte le cose e ne avanza ». _ Questa idea del fondamento oggettivo e addirittura divino delle leggi è propria anche di Socrate, che morl per rispetto alle leggi, come in modo esemplare è detto da Platone nel Critone (che, tra l'altro, .presenta le leggi umane come sorelle di quelle divine). In modo assai significativo, l'ultima opera di Platone si intitola le Leggi. - È però un contributo fondamentale della Stoa la precisa formulazione della dottrina della legge naturale come fondamento delle leggi umane e quindi del concetto di diritto naturale, di cui diciamo in III, 419 sgg. 2) In netto contrasto con questa concezione, è invece la prospettiva espressa da alcuni Sofìsti, i quali concepiscono la legge umana come frutto di opinione e di convenzione (l, 265 sg.; 267 sg.), e come tale in contrasto con la natura. La concezione del nomos in antitesi con la physis la ritroviamo in alcuni Socratici minori, in particolare nei Cinici (l. 399; III, 30 sgg.), e, in altra forma, negli Epicurei, che riducono la validità della legge alla utilità che essa comporta (III, 259 sgg. ). - Questa prospettiva, però, nel contesto del pensiero antico, risulta largamente soppiantata da quella opposta. LEKTON (ÀEx-.6v) È termine con cui gli Stoici indicano il concetto universale. Oltre alle parole e alle cose, essi ammettono, infatti, i significati delle parole, che chiamano appunto lekta (che in genere si rende con « esprimibili ») e che ritengono incorporei (nel senso che questo termine ha nella loro dottrina), per le ragioni che spieghiamo in III, 336 sgg. L l BER T À (ÈÀEuDEp(tt) Il lettore di oggi fatica non poco a cogliere il senso e la portata della concezione greca della libertà. a motivo del fatto che, soprattutto ad opera del Cristianesimo, si è operato nell'ambito di questa tematica un radicale mutamento. Infatti i Greci collegavano la libertà alla ragione, mentre col Cristianesimo essa è collegata alla volontà (cfr. voce). Max Pohlenz ha rilevato molto bene questo punto: «Noi moderni parliamo di problema della " libertà di volere ", perché nella nostra mentalità il volere è una funzione autonoma dell'anima in cui si estrin-
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LEGGE/LIBERTÀ
seca in genere il suo impulso verso l'attività. Sotto questo rispetto [ ... ] , diversa era la sensibilità dei Greci. Per loro, la volontà era un tendere ad un fine (od oggetto) più o meno chiaramente noto o immaginato, e si poneva quindi in stretto rapporto con l'intelletto. Essi conoscevano anche una forma di desiderio istintivo; ma il verbo boulesthai, che designa il volere spontaneo, è in relazione con boulé, 'riflessione' e quando all'inizio dell'Iliade si dice che si compie la boulé di Zeus, nella parola si fondono insieme i significati di ' decisione ' e di ' volontà '. Si trattava quindi per i Greci piuttosto di ' libertà di decisione', e i Romani coniarono in seguito addirittura la locuzione liberum arbitrium, che ancora nella controversia fra Erasmo e Lutero indicherà hl fulcro della polemica. Quanto ai Greci, essi si muovevano nella loro fondamentale esperienza che il corso esterno degli eventi non si trova in nostro potere, e da ciò ricavarono il concetto delle cose "che si trovano in nostro potere" (tq>'ruJ.i.v to--.w). E che fra queste rientrasse anche la decisione che l'uomo prende in seguito a riflessione autonoma, era per loro intuitivamente certo» (Griechische Freiheit, Heidelberg 1955; traduzione italiana di M. Berlincioni col titolo La libertà greca, Paideia, Brescia 1963, pp. 166 sg.). _ Per quanto concerne l'evoluzione storica del concetto di libertà è da. rilevare quanto segue: l) La prima detel'minazione teoretica del concetto di libertà risale a Socrate, il quale la identifica con il concetto di autodominio o enkrateia (cfr. voce), ossia con il concetto di dominio della razionalità umana sull'animalità e con il conseguente concetto di autarchia, su cui cfr. I, 321 sgg. Ricordiamo ohe il concetto socratico di libertà si calibra, oltre che nei confronti del suo opposto (schiavitù), altresl nei confronti di quello di licenza eslege, ossia contro quell'atteggiamento dei Sofisti degeneri, che è perfettamente impersonato dal Callide del Gorgia platonico (I, 275 sgg.). 2) Da Socrate deriva anche quella concezione della libertà come totale autarchia, che Antistene porta già alle conseguenze estreme (I, 394 sgg.), e i Cinici successivi addirittura all'esasperazione (III, 34 sgg.). 3) Da Socrate deriva anche la concezione platonica, che mette in rhlievo il primo dei due aspetti, inte11pretandolo come dominio della parte razionale dell'anima sulle altre due (Il, 299 sgg.). In particolare, poi, Platone sottolinea il significato della libertà come libertà della scelta morale, con la celebre dottrina secondo cui la virtù non ha padroni, ma è di ohi la sceglie (Il, 238 sgg.). Anche per Platone la libertà è l'antitesi deMa licenza e consiste non nel porre l'uomo, ma Dio come misura di tutte le cose (Il, 249; 310 sgg. ). 4) Anche per Aristotele la libertà consiste soprattutto nella scelta, di cui diciamo con ampiezza in II, 517 sgg. Nella attività con-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
templativa, ossia nella pura esplicazione della razionalità, l'uomo realizza la più piena libertà (Il, 507 sgg.). 5) Per Epicuro tutta la filosofia è attività liberatrice (cfr. Usener, Epicurea, fr. 199) ed esercizio di libertà. Per far posto alla libertà dal punto di vista ontologico, egli non esita ad introdurre il clinamen, su cui cfr. III, 207 sgg. 6) Anche gli Stoici, contro i presupposti del loro sistema, difendono la hbertà dell'uomo, che identificano con l'assenso (III, 330 sgg.). Crisippo, poi, cerca di mostrare come la libertà si concili con la necessità della Heimarmene, che pur domina assoluta, come mostriamo in III, 375 sgg. 7) Per gli eccessi cui i Cinici portano ùa concezione della libertà, che considerano come il bene supremo (III, 29 sg.), si vedano le voci Anafdeia e Parresfa. 8) In età imperiale il neostoicismo guadagna nuove mete. Seneca giunge addirittura a parlare di voluntas e di velle, mentre Epitteto con il concetto di prohairesis prospetta, con amplificazioni inedite, il concetto di libertà come scelta di fondo, come mostriamo in IV, 114 sgg. 8) Un taglio netto con il passato si ha invece nelùe Enneadi, IV, 8, in cui Platino scioglie il concetto di libertà da quello di scelta e lo fa coincidere con la potenza autoproduttrice dell'Uno (IV, 515 sgg.). Con questa concezione, però, Platino spezza gli schemi dehla Grecità. Sulla libertà dell'anima umana cfr. IV, 586 sgg. In generale, per Platino, libertà implica immaterialità (IV, 588). - A conclusione, vogliamo ancora riferire un interessante rilievo del Pohlenz, che mostra la differenza fra la libertà greca e quella cristiana e serve egregiamente a mostrare la diff.erenza di struttura delle due concezioni: « La libertà greca è autodeterminazione dell'uomo naturale; quella paolina è liberazione operata da Dio dal potere deù peccato, è redenzione. Il concetto di redenzione è del -tutto estraneo ai Greci. Essi avevano misteri che facevano sperare all'iniziato una sorte beata dopo la morte, ma ciò non significava redenzione dalla colpa. V'erano anche sette che credevano nella metempsicosi e proponevano come fine una redenzione dalle seduzioni terrene; ma attuarla era opera umana. L'idea di un salvatore inviato da Dio che potesse redimere dal peccato era loro deù tutto estranea, non meno estranea dello stato d'animo di Paolo, che sentiva i sospiri della creazione desiderosa di redenzione (Rom. 8,22). Per Paolo è proprio l'idea di redenzione, la novità prodigiosa che egli diffonde come buona novella. E non c'era greco che potesse ispirargliela [ ... ] » (op. cit., pp. 230 sg.). L I C E O (A\nmov)
Era un ginnasio ateniese ( cosl denominato, perohé sacro ad Apollo Licio), scelto da Aristotele come sede del proprio insegnamento. Il
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LICEO/LOGICA
nome Liceo passa quindi ad indicare altresl la scuola aristotelica (II, 381 in nota). Cfr. anohe la ·voce Pedpato. L I M I T E (7tÉpac;) Peras, che si traduce con limite, indica, nell'antichità, un concetto per molti aspetti in antitesi con quelio che noi moderni indichiamo con questo termine. Data la grande importanza del concetto di peras nel pensiero antico, conviene leggere una pagina di Aristotele, in cui se ne distinguono le varie valenze: « l) Limite è detto il termine estremo di ciascuna cosa, vale a dire quel termine primo al di là del quale non si può più trovare nulla della cosa e al di qua del quale c'è tutta la cosa. 2) Limite è detta la forma, qualsiasi essa sia, di una grandezza e di ciò che ha grandezza. 3) Limite è detto il fine di ciascuna cosa (e tale è il punto di arrivo del movimento e delle azioni e non il punto di partenza; talora, però, si dicono limite ambedue: e il punto di partenza e il punto di arrivo o ùo scopo). 4) Limite è detta anche la sostanza e l'essenza di ciascuna cosa: questa, è, infatti, limite della conoscenza; e se è limite della conoscenza, lo è anche della cosa. Risulta, quindi, evidente che limite si dice in tutti quei sensi in cui si dice principio e, anzi, in sensi ancor :più numerosi: infatti, ogni principio è un limite, mentre non ogni limite è un principio » (Metafisica, d 17). _ Il concetto ha importanza fondamentale nella filosofia pitagorica dove funge da principio che, frenando, per cosi dire, e imbrigliando l'illimite, genera i numeri (1, 93 sgg.). Dai Pitagorici Platone riprende il concetto di peras che, nel Filebo, è presente come uno dei quattro generi supremi della realtà (Limite, Illimite, Mescolanza di Jimite e i!Hmite, Causa della mescolanza), inserendolo nel contesto della sua metafisica e dandogli inedite valenze (11,145sgg.). Cfr. la ripresa delùa dottrina in Procio (IV, 680 sgg). _ Il concetto di limite nel senso sopra precisato, oltre che nell'ambito dell'antologia e della metafisica, ha un ruolo determinante nell'etica (ispirando i concetti di autodominio, di virtù come medietà, di metriopatia), nella politica platonico-aristotelica (dove ispira il concetto di Stato a misura d'uomo), nell'estetica (la bellezza è infatti intesa come forma e misura) e, in genere, in quasi tutte le branche del pensiero filosofico. È proprio per aver inteso il peras in tutti questi sensi e con questa ampiezza, che, in genere, hl pensiero greco ha fatto coincidere il perfetto con il limitato e non con l'illimitato, ossia con l'in-finito.
L I N GUA G G I O , Fil oso f i a d e l , cfr. Nome. L 0 G I C A ().oyLXYJ) Il termine logica (diffusosi .probabilmente verso la fine dell'era
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
pagana) designa la riflessione sul Logos, ossia sul pensiero e sulle leggi del pensiero. Questa definizione si attaglia, però, soprattutto alla logica aristotelica e a quella stoica. In realtà, si possono distinguere, nell'antichità, quattro momenti e forme essenziali deLla logica. l) Vi è innanzitutto una logica di impianto eleatico, che è sostanzialmente una logica della identità, ossia una logica che, sulla base del concetto di essere come uno ed identico, porta, al limite, ad ammettere la validità solo dei giudizi (e dei ragionamenti) che affermano l'identico dell'identico, come si rileva soprattutto nella logica megarica, che è uno sviluppo di quella eleatica (I, 120 sgg.; III, 65-79 e in particolare pp. 74 sg.) ed in quehla antistenica (I, 393). Dalla matrice di questa logica è nata la confutazione, ossia l'élenchos o la dimostrazione per assurdo, già con Parmenide, ma soprattutto con Zenone (I, 132 sgg.) e con le celebri argomentazioni megariche (III, 67-73). Anche la confutazione sofistica, in particolare quella gorgiana (I, 243 sgg.) e quella socratica (I, 363 sgg.) hanno questa stessa matrice. 2) Vi è poi la iogica come dialettica in senso platonico, che è, invece, una logica della differenza, basata cioè sulla introduzione del diverso o altro (dr. voce) nell'ambito delle Idee e sulla connessa tecnica di divisione delle Idee. nonché sulla determinazione dei nessi positivi e negativi che Jegano l 'una alle altre e a tutte nel loro insieme (cfr. Dialettica). È da ricordare che la logica, cosl intesa, è, insieme, gnoseologia ed ontologia (dr. II, 136 sgg.; 200 sgg.). Cfr. anche la posizione di Plotino al riguardo, nel passo che riportiamo in IV, 492. 3) I vertici nell'ambito dell'indagine logica antica sono stati raggiunti da Aristotele, che concepisce la logica come analitica, ossia come determinazione della legge del ragionamento o sillogismo, degli elementi cui esso si riduce, ossia le proposizioni, e ulteriormente della struttura e dei componenti della proposizione. Trattiamo con ampiezza della logica aristotelica in II, 543-568, dove approfondiamo il concetto di analitica e quindi dei termini (categorie), delle proposizioni, dei sillogismi e dei principi della dimostrazione. Come la logica eleatica dipende dal concetto eleatico di essere e la logica platonica dipende dalla concezione delle Idee, cosl l'analitica aristotelica d~pende dalla nuova concezione dell'essere, della sostanza e della torma che è propria dello Stagirita, come mostriamo in II, 566 sgg. 4) In età ellenistica prevale un concetto di logica come canonica (cfr. voce) e come dottrina del criterio della verità. La Jogica epicurea smarrisce gran parte dei guadagni dell'analitica aristotelica e si configura come un sensismo esasperato, non esente da contraddizioni, come già gli antichi rilevano (III, 177-194). Ben più Importante è, invece, la logica stoica, la quale, soprattutto ad opera
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LOGICA/LOGOI SPERMATIKOI
degli studi più recenti, è oggi ampiamente rivalutata. La sua caratteristica di fondo sarebbe quella di essere una logica della proposizione, anziché dei termini. A motivo di questa rivalutazione, abbiamo datoampio spazio all'esposizione della logica stoica in III, 323-349, rileva!)done, per altro, le numerose aporie, scaturenti dal fatto che, occupandosi essa degli incorporei (nel senso negativo che l'Ellenismo diede a questo concetto), non morde a fondo la realtà, e, ulteriormente, derivanti dagli influssi della logica megarica, che .fatalmente porta a considerare il legame di identità (e quindi il giudizio di identità) come parametro (III, 343 sgg.; 347 sgg.). 5) Nella serrata polemica contro la validità della logica, infine, gli Scettici non fanno altro che tentare di rovesciare contro gli avversari (soprattutto contro gli Stoici) leloro stesse armi e non sanno, nemmeno con Sesto Empirico, costruireuna nuova logica. Contrariamente a quanto qualche studioso ha creduto, Sesto non elabora una logica induttiva del t~po di quelle che le moderne scienze portano in auge, ma ricorre ai fenomeni ed gll'esperienza in modo non sistematico (IV, 208 sg.), sicché anche la sua logica, come quella di tutti gli Scettici, non è altro che una dialettica negativa. 6) Per i Neoplatonici si dovrebbe parlare di una logica dell'infinito, ohe coincide con la dialettica della processione e le sue leggi (dr. Processione). Per quanto concerne la logica aristotelica, che ha goduto· della fortuna di gran lunga maggiore, è da rilevare che essa, dopO> essere stata a poco a poco recuperata sul finire dell'era pagana e nel corso dei primi due secoli dell'era cristiana dagli Aristotelici, (e in parte da alcuni Medioplatonici), viene sussunta anche dai Neoplatonici, a cominciare già da Porfirio, e viene rivalutata soprattutto nel suovalore di propedeutica. L O GO I S PER M A T l K O I
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rationes seminales)
Con questa eSipressione gli Stoici indicano i Logoi di tutte le cose che sono contenuti nell'unico Logos immanente. Questo è come il seme di tutte le cose, o, meglio, è come il seme che contiene i semi di tutte le cose, donde l'espressione (III, 379). _ Dalila Stoa l'espressione e il relativo concetto (sia pure calibrato diversamente) passano ad altre scuole. Cosl, ad esempio, i Neopitagorici chiamano il numero· « dispiegamento ed attuazione dei logoi spermatikoi che sono nell~r. Monade » (Giamblico, In Nicom. Arithm. introd., p. 10 Pistelli = Thesleff, Pythag. Texts, p. 165, 2 sg.). _ Nelùa terminologia plotiniana, i logoi spermatikoi, detti anche semplicemente logoi, sono le forze razionali dell'anima dell'universo che producono il mondo e tuttele cose sensibili, e, in qualche modo, ne costituiscono l'essenza (IV,.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
570 sg.; 583 ). Ecco un significativo passo del.J.e Enneadi: « [Il lembo -estremo ed oscuro con cui termina la processione, vale a dire la materia] è formato secondo una forza razionale (logos), giacché l'anima è .virtualmente pervasa, in se stessa, nella sua totalità, dalla facoltà di informare secondo forme; così come le potenze formali nel seme ( oL Év Ci1tÉpp.acn MyoL) plasmano e formano i viventi quasi piccoli mondi» (Iv, 3,10). I logoi sono, più precisamente, i riflessi delle Idee, che attraverso l'anima suprema, che vive nella contemplazione dello Spirito, passano all'anima del mondo, come, in modo esemplare, si legge neù seguente testo: « [La facoltà dell'anima del mondo che contiene i logoi] è ben potente e riesce a creare [ ... ] crea, dunque, in corrispondenza delle Idee. Essa però non potrebbe certo donarle, se non le avesse avute ella stessa in dono daldo Spirito. Sì, lo Spirito la dona all'Anima del tutto; ma l'Amma, che gli sta subito dopo, le fa passare da sé all'Anima sua seguace, irraggiando la sua luce e imprimendo la sua forma; questa seconda Anima, poi, come se ne avesse ricevuto l'incarico, finalmente crea [ ... ] le sue cose inferiori» (Enneadi, n, 3,17). I logoi plotiniani sono la trasvalutazione, in chiave spiritualistica, della analoga dottrina materialista della Stoa. L O GO S (Myoç)
Il termine ricopre in greco una vastissima gamma di significati e in nessuna lingua moderna ne esiste uno corrispondente. Esso indica, fondamentalmente, ciò che è espressione di ragione e di razionalità (dalla parola, al discorso, al pensiero, al ragionamento, al rapporto e alla proporzione numerica, alla definizione e così via). l) In senso tecnico la dottrina del Logos compare in Eraclito (I, 75 sgg.; 80 sgg.). 2) Solo con la Stoa, però, diventa un concetto speculativo fondamentale. 3) Oltre che nella Stoa, lo troviamo come asse portante nel pensiero filoniano. Una certa importanza la dottrina del Logos riveste 4) nel Corpus Ermeticum e 5) in Plotino; 6) un significato tutto nuovo, infine, assume neù pensiero cristiano. l) Per la posizione di Eraclito cfr. I, 79 sg.; dr. anche fr. 45 riportato ivi, p. 81. 2) Nella filosofia degli Stoici il Logos è fuoco artefice, è ragione seminale di tutte le cose, è la forza che tutto .produce e governa, è Dio, e quindi è Heimarméne e Pr6noia. In quanto fondamento di tutto, il logos stoico non solo ha rilevanza antologica, ma altresì etica, dove funge da principio normativa, e in logica dove funge da principio di verità (III, 320 sgg.). Le tre parti del sistema stoico possono quindi essere viste come l'espressione delle tre valenze del Logos (III, 320-445). 3) In Filone di Alessandria, il Logos si carica di significati religiosi e teologici di .estrazione biblica, pur mantenendo anche alcune valenze delia specula-
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LOGOS/LUOGO
zione greca. In Filone sembra che si possano distinguere tre aspetti del Logos: a) un Logos presso Dio, identificantesi con l'Intelletto divino, h) un Logos mediatore, causa esemplare ed efficiente del mondo, e c) un Logos immanente nell'universo sensibile, interpretato come il vincolo che tiene unita la realtà, risultante dall'agire del Logos incorporeo sul mondo co11poreo (IV, 284 sgg.). Dal Logos egli fa poi dipendere tutte [e altre Potenze e le Idee. La riforma filoniana della classica teoria delle Idee dipende appunto dal suo nuovo concetto di Logos (IV, 289 sgg.). 4) Nell'ermetismo il Logos (probabilmente per influsso di Filone) designa il Figlio primogenito di Dio, consustanziale rispetto al secondogenito che è l'Intelletto demiurgico (IV, 438). 5) In Plotino designa fondamentalmente la forza razionale che è nell'anima, dalla quale e secondo la quale sono costituite tut·te le cose e l'intero cosmo fisico (cfr. IV, 565 sgg. e i passi riportati alla voce Logoi spermatikoi); in conseguenza di ciò Plotino non esita a dire che tutto è Logos (cfr. voce Panlogismo ). 6) Nella dottrina cristiana Logos significa il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, Cristo medesimo. A questo proposito, il testo base è il grande prologo giovanneo. LUCE (q>wç, lux)
Nella terza via di Parmenide, indica il principio, che, con il suo opposto che è l'oscurità, darebbe origine a tutte le cose (I, 129 sg.). _ L'immagine della luce per designare il principio assoluto dell'essere e della verità risulta un motivo comune a tutto il pensiero antico. Platone se ne serve per rappresentare l'Idea del Bene e l'effetto che essa produce (Il, 123 sgg.; 353 sgg.). - Aristotele e Alessandro di Afrodisia se ne avvalgono per descrivere la natura dell'intelletto attivo (cfr. Il, 479; IV, 46). _ In età imperiale l'uso dell'immagine della luce per rappresentare la natura del Divino diventa molto frequente. Cfr., aJ esempio, gli Ermetici (testi in IV, 435 sg.; 437; 441), Filone (testi in IV, 273 sg.; 275), e, soprattutto, Platino (testi ed esegesi in IV, 520 sg.). LUOGO (-.67toç)
Il termine luogo assume tre vwlenze fondamentalmente diverse: l) a livello fisico-antologico, 2) a livello metafisica e 3) a livello logico-retorico. l) La tematica del luogo-spazio è già ampiamente presente nella filosofia naturalistica (specialmente nell'eleatismo e nell'atomismo). Il primo, però, che fornisce una definizione tecnica (divenuta assai celebre) è Aristotele, secondo il quale luogo è il primo immobile limite del contenente. Per il significato di questa definizione e per la connessa problematica, cfr. Il, 456 sgg. Aristotele - si noti -
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
non concepisce lo spazio, per cosi dire, come ded tutto indeterminato, ma introduce la teoria dei luoghi naturali o propri, che costituirebbero la sede cui ciascun elemento tende, se non trova ostacolo (cfr. De caelo, A 7, 276 a 6 sgg.). Alto e basso diventano, così, determinazioni oggettive. 2) In senso metafisica, invece, il termine è legato alla platonica « seconda navigazione », ed esprime il luogo dell'intel-ligibile (Repubblica, VI, 508c; 509d; vu, 517c; Fedone 80b), ossia il mondo delle Idee, la dimensione del soprasensibile e del trascendente (cfr. anche Iperuranio). In analogo senso metafisica usano il termine Aristotele, quando dice che l'anima è il luogo delle forme (II, 477sg.), e Filone di Alessandria, quando afferma che il Logos divino è il luogo delle Idee (IV, 289 sg.). Platino, sulla scia di Ammonio Sacca (cfr. IV, 467 sg.), approfondisce ulteriormente questo nuovo senso metafisica: «lo spazio ( "T61toç) va preso lassù nel senso spirituall.e che un'Idea è nell'altrà >> (Enneadi, v, 9, 10), nel senso, cioè, espresso dalla legge metafisica generale che regola i rapporti delle realtà spiri tual.i (tutto è in tutto secondo una maniera appropriata): questo significato metafisica, segna, però, il rovesciamento dell'usuale concetto di luogo. 3) In senso logico-dialettico e retorico « topoi » o « loci » significano luoghi, nel senso metaforico di quadri ideali in cui rientrano (e da cui quindi si attingono) le argomentazioni, quasi dei casellari in cui è contenuto il repertorio delle argomentazioni (II, 565; 579 sgg.). In questo senso usiamo ancora l'espressione luoghi comuni, quando ci troviamo di fronte ad argomento risaputo.
M M AGI A ([lay~xi) "TÉXVTJ) E l'arte di operare prodigi, agendo su cose, uomini e sugli stesst Dei al fine di dominarli e piegarli ai propri desideri. Essa si fonda su procedimenti arazionali, che sono l'esatta antitesi dello spirito scientifico, che è la cifra del filosofare greco. Si diffuse nella tarda antichità e gli scritti ermetici ne sono una tipica espressione (IV, 432 sgg.). Il neoplatonismo post-plotiniano, quando ormai il logos aveva perduto la fiducia in se medesimo, tenta di sussumere la magia in quella particolare forma che è la teurgia e la considera, anzi, coronamento della filosofia (cfr. Teurgia). M AGNA N I M I T A (J.Ltya)..Oijluxta) E una virtù squisitamente greca. E definita da Aristotele come
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MAGIA/MALE
.una via di mezzo fra la vanità e la piccineria d'animo e altresl come il senso di superiorità dell'uomo virtuoso rispetto agli altri uomini non virtuosi e alle cose. È la virtù che maggiormente manifesta l'antico sentire aristocratico dei Greci (II, 504) ed è forse anche quella che è maggiormente in antitesi con la concezione cristiana della umiltà, che presuppone, invece, il senso della nullità e della pochezza della creatura. Ecco la celebre definizione che ne dà lo Stàgirita: «CAle la magnanimità abbia per oggetto grandi cose sembra che si ricavi dal suo stesso nome, ma cerchiamo innanzitutto di determinare di che natura .sono queste grandi cose. Non c'è alcuna differenza, se si esamina la disposizione in sé oppure l'uomo che vive conformemente ad essa. Sf ritiene, dunque, che magnanimo sia colui che si stima degno di grandi cose e lo è veramente: infatti, chi si stima diversamente dal suo reale valore è sciocco, e nessuno di coloro che vivono secondo virtù è sciocco o scervellato. Il magnanimo, dunque, è quello che abbiamo detto. Infatti, chi è degno di piccole cose e di piccole cose si stima degno è modesto, e non magnanimo: la magnanimità, infatti, implica grandezza, come anche la bellezza implica un corpo di grandi proporzioni, mentre gli uomini piccoli possono essere aggraziati e proporzionati, ma non belli. Colui che si stima degno di grandi cose, ma in realtà non lo è, è vanitoso [ ... ]. Chi, invece, si ritiene inferiore a quanto merita è pusillanime, se, per quanto egli sia degno di cose grandi o medie o anche piccole, egli si stima degno di cose ancor più piccole [ ... ]. Il magnanimo, dunque, da una parte è un estremo per la grandezza di ciò di cui è degno, dall'altra è un medio [ = giusto mezzo], perché si stima come si deve: si stima, infatti, in conformità col suo autentico merito. Gli altri, invece, eccedono o difettano » (Etica Nicomachea, .6. 3, 1123 a 34 sgg.). - La concezione stoica della magnanimità non differisce molto da quella aristotelica. Si veda il testo che riportiamo in III, 407. M A I E U T I C A ( J-LaLEu·nxT) "t lXVI)) In senso proprio indica l'arte della ostetrica. Socrate ricorse a questo termine per indicare la fase conclusiva del procedimento ironico, in cui egli, agendo sull'anima ormai purificata dal falso sapere e «gravida» di verità, l'aiutava a partorire il vero (cfr. I, 365 sgg. e, sull'origine socratica del termine, I, 369, nota 16). La maieutica socratica trova significativi sviluppi nella teoria della anamnesi di Pia: ton e.
M A L E ("tò xaxov, malum) Il problema del male può essere considera·to a tre livelli. l) A li-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
vello metafisico-ontologico; 2) a livello antropologico; 3) a livello morale. l) A livello ontologico, il male, ossia il negativo e l'imperfezione che c'è nelle cose del mondo, è stato in genere spiegato dai filosofi greci in funzione del principio materiale e di quanto in esso non si lascia ridurre a forma e ad atto puro. Tuttavia, è da rilevare che, malgrado ciò, la materia non è di regola identificata col male stesso, nel senso che non si è fatto di essa un principio contrapposto al bene. La concezione dualistica che contrappone un principio del Bene ad un principio del Male, di genesi orientale, influisce solo in parte sul pensiero greco e prevalentemente sul tardo pensiero ellenico. Anzi, più che sul pensiero filosofico (cfr., ad esempio, Plutarco [IV, 351] e Numenio [IV, 423 sg.] ), influisce su quello religioso, come l'ermetismo e lo gnosticismo (IV, 440). Nel pensiero greco si rileva piuttosto la tendenza opposta ad interpretare il presunto negativo che c'è nel mondo nella superiore prospettiva della perfezione del cosmo, ossia dell'ordine universale. Così è nella filosofia dei Pitagorici, di Platone e di Aristotele (si legga, ad esempio, il cap. v del Trattato sul cosmo). Negli Stoici, poi, il concetto di Provvidenza, che coincide col Logos immanente, comporta un radicale ridimensionamento, ed anzi addirittura l'eliminazione del male antologico (III, 369 sgg.; 372 sgg.). Nel neoplatonismo, infine, viene formulato il concetto di Male come privazione di Bene, che costituisce, senza dubbio, ùa soluzione più avanzata che l'antichità abbia fornito di questo problema (cfr. IV, 559 sgg.). 2) Per quanto concerne il male a livello antropologico, ossia la morte ed il dolore, si veda la voce Morte. Per quanto concerne il dolore, si vedano le fini analisi di Epicuro che dportiamo in III, 251 sg. In genere i filosofi che accettano il messaggio di fondo dell'orfismo, legano il dolore alle vicende della reincarnazione e quindi lo fanno dipendere dalla colpa originaria. 3) A livello morale, ossia inteso come peccato e come vizio, il male è, in prevalenza, considerato dai Greci come errore di ragione e come falsa opinione. Cfr. voci Peccato, Intellettualismo etico, Libertà, Scelta. M A N ENZA (IJ.ÉvEw, !J.oviJ) Già nel pensiero di Numenio il termine serve a designare soprattutto quella attività della prima ~postasi per la quale essa rimane quale è (IV, 418). In senso analogo si trova anche in Plotino, dove coincide con J'attività dell'ente, distinta dall'attività dall'ente, e consistente nella attività per la quale le ipostasi permangono quali sono, e proprio in virtù di questo permanere identiche generano qualcos'altro (cfr., per esempio, IV, 524 sg.; 543 sgg.). Il concetto, però, viene messo perfettamente a punto solo nella speculazione di Proclo, dove
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MANENZA/MASSIMA
costituisce il primo momento della dialettica triadica propria della processione, come mostriamo in IV, 677. (Cfr. voce Processione). M A N I A (JJ.a"V(a)
.t:, secondo Platone, quello stato di « follia » o « pazzia » o « furore», consistente nell'essere il nostro intelletto posseduto da divina forza. Mania è, dunque, invasamento, che implica essere fuori senno, non più in possesso della propria ragione, nella misura in cui questa è, appunto, posseduta dal Divino. Normalmente Platone ritiene il senno, la saggezza e la conoscenza superiori alla divina mania, la quale viene nettamente svalutata dal punto di vista teoretico. Invece nel Fedro, 244 a sgg., la mania è rivalutata e viene addirittura affermato che « i beni più grandi ci vengono dalla mania », anche se poi, nel contesto del dialogo, tale affermazione risulta chiaramente un paradosso e la rivalutazione della mania viene ridimensionata sulla base della dimostrazione dehla eccellenza della dialettica. Quattro sono, per Platone, i generi di mania: l) una mania pro/etica e mantica, 2) una mania rituale, 3) una mania poetica (ispirata dalle muse), 4) una mania erotica (ispirata da Eros). Su queste due ultime forme cfr. quanto diciamo in II. 210; 263 sgg. A questo concetto platonico si rifà, almeno in parte, Filone di Alessandria per spiegare il profetismo e l'ispirazione profetica della Bibbia (cfr. IV, 262 sgg.). Si vedano anche le voci Estasi ed Entusiasmo. (Sul tema rimandiamo allo stimolante saggio del già più volte citato Dodds, I Greci e l'irrazionale, pp. 75-117 e 243-276). M A N T I C A (JJ.a'V·tul], divinatio) È l'arte di scrutare e prevedere il futuro . .t: una credenza antichissima, che però in filosofia ha assunto un preciso rilievo solo con gli Stoici, che cercarono di darle un fondamento teoretico tramite il concetto del Destino, inteso come ineluttabile necessità, cui nuhla si sottrae. comprese le vicende umane (III, 374 ). _ Nell'età imperiale, la mantica, come arte di prevedere il futuro, fu congiunta e subordinata alla teurgia, che si proponeva non solo di prevedere, ma anche di modificare, a beneficio dell'uomo, gli eventi futuri, agendo suLla sfera del Divino (cfr. la voce Teurgia). - Si veda l'aspra polemica del cinico Enomao di Gadara contro la mantica (IV, 227 sgg.). _ Sulla mantica e sulla problematica ad essa connessa si veda il De divinatione di Cicerone, che è una vera miniera di informazioni.
M ASSI M A, cfr. Gnomico.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
M A T EMATICA (J..LaD1JJ..La-t~x1}) La matematica, nell'antichità, è la scienza del numero e della ·quantità e di ciò che su questi concetti si fonda. Nella tradizione filosofica, la matematica assurge ad importanza fondamentale nel pitagorismo (l, 90 sgg.). _ In Platone costituisce una tappa essenziale per giungere aila dialettica. Platone ammette addirittura una forma gnoseologica particolare corrispondente alla conoscenza matematica, vale a dire la dianoia, per le ragioni che spieghiamo in II, 199.- Aristotele assegna alla matematica un preciso posto, nel quadro generale .delle scienze, considerandola come terza delle scienze teoretiche (dr. II, 403 ). Per lo statuto ontologico della matematica, cfr. II, 340 sgg. - Nella Prima Accademia si assiste ad una pesante matematizzazione de1la metafisica (cfr. III, 101 sgg.; 110 sgg.), tanto che Aristotele afferma senza mezzi termini: << [ ... ] per i filosofi d'oggi [ = gli Accademici suoi contemporanei], son diventate filosofia le matematiche, anche se essi proclamano che bisogna occuparsi di queste solo in funzione di .altre cose» (Metafisica, A 9, 992 a 32 sgg.). _Scarsa considerazione ebbe invece la matematica in Socrate, e da alcuni Socratici fu addirittura disprezzata (l, 408 sg.). _ Nella speculazione ellenistica la matematica non ha più alcun ruolo di rilievo. Tipico è, anzi, l'atteggiamento degli Scettici, che trova la sua espressione nel Contro i Geometri e nel Contro gli Aritmetici ( = Contro i Matem., m e IV) di Sesto Empirico. _ Per contro, in alcuni Medioplatonici, come Teone di Smirne (IV, 356, nota 7), e soprattutto col rinato pitagorismo, la matematica torna in :auge nella sua valenza metafisico-ontologica. Nei Neopitagorici, inoltre, .si riscontra una forte involuzione di carattere aritmologico (cfr. in particolare IV, 394 sgg.; cfr. Numero).
MATERIA (\iÀ.lJ) LI termine hyle significa selva, legname da costruzione, donde si passa, per ovvia analogia, ad indicare il concetto filosofico di materia iii materiale di cui son fatte le cose). Hyle diviene termine tecnico a partire soprattutto da Aristotele. La definizione che comunemente viene fornita, secondo cui la materia è il costitutivo della realtà sensibile e corporea, ossia ciò da cui dipende l'essere sensibile e corporeo de1le ·cose, è inadeguata, se riferita al pensiero antico. Materia ha infatti nella filosofia greca due valenze fondamentali: l) una prima a livello intelligibile e 2) una seconda a livello sensibile, ambedue ugualmente importanti. Bisogna, dunque, distinguere l) una materia intelligibile (che potremmo chiamare metafisica) e 2) una materia sensibile (che potremmo anche chiamare fisica). l) Il concetto di materia intelligibile risale a Plato~e (anche se la terminologia è posteriore) ed è
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MATEMATICA/ MATERIA
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legato al problema della giustificazione dell'esistenza di una molteplicità di Idee (ossia di molte realtà intelligibili) e ai moduli pitagorici di cui si avvale Platone per risolverlo, ossia alla concezione della realtà come misto di illimite e di limite (II, 145 sgg.) e alla introduzione dei concetti di Uno e Diade come principi del mondo intelligibile (II. 108 sgg.). L'Uno funge da forma-limite e la Diade da materia-illimitc (Il, 102 sgg.). _La materia intelligibile gioca un ruolo di una certa importanza anche nella processione dehle ipostasi di Plotino, come mostriamo in IV, 528; 544 sgg.; 559. _b) Nello stesso Aristotele ricorre il concetto di materia intelligibile, anche se in altro senso. In Metafisica, Z 10, 1036 a 9 sgg., leggiamo: «C'è una materia sensibile ed una intelligibile; queLla sensibile è, per esempio, il bronzo o il legno o tutto ciò che è suscettibile di movimento; quella intelligibile è, invece, quella presente negli esseri sensibili, ma non in quanto sensibili come gli enti matematici». Nella stessa opera, in H 6, 1045 a 33 sgg.: « E vi sono due tipi di materia: una intelligibile e l'altra sensibile, e una parte della definizione è sempre materia e l'altra atto: per esempio il cerchio è definito come figura piana». La materia intelligibile, neri primo passo, è fondamentalmente lo spazio matematico, mentre nel secondo è il genere che nei confronti della specie è indeterminato ed è appunto da essa de-finito (cfr. Reale, Aristotele, La Metafisica, vol. I, pp. 612 sg., nota 24 e vol. n, p. 36, nota 9). Il concetto di materia sensibile è presente nella speculazione dei Fisici, ma non a livello tematico. L'acqua, l'apeiron, l'aria, il fuoco, di cui essi parlavano, sono propriamente il principio-divino e solo in prospettiva riduttiva sono materia (I, 61 sg.). Il creatore del concetto di materia, anche se non del termine, è Platone, soprattutto con la dottrina della chora, alla quale dedichiamo, sopra, una voce specifica. La determinazione piena del concetto e la fissazione di esso con un termine tecnico, come abbiamo detto, è dovuta ad Aristotele. Ecco la definizione che leggiamo in Metafisica, Z 3, 1029 a 20 sgg.: «Chiamo materia ciò che, di per sé, non è né alcunché di determinato, né una quantità, né alcun'altra delle determinazioni dell'essere. C'è, infatti, qualche cosa di cui ciascuna di queste determinazioni viene predicata: qualcosa il cui essere è diverso da quello di ciascuna delle categorie. Tutte le altre categorie, infatti, vengono predicate dehla sostanza [nel senso di forma] e questa, a sua volta, della materia. Cosicché questo termine ultimo, di per sé, non è né alcunché di determinato né quantità né alcun'altra categoria: e non è neppure la negazione di queste, perché le negazioni esistono solo in modo accidentale ». Aristotele si avvale soprattutto di due funzioni proprie della materia per definirla perfetta-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
mente, quella di sostrato che accoglie la forma e quella di potenza che è determinata dall'atto. Si veda quanto diciamo in II, 410; 427 sgg. e 436 sg. e soprattutto quanto ivi diciamo circa i rapporti fra sostanza, forma, materia e sinolo. Di per sé la materia, in quanto indeterminata, è inconoscibile; la conoscibilità è propria della forma. È da ricordare, tuttavia, che, per Aristotele, una materia puramente informe non esiste: data la sua concezione dell'eternità del mondo, da sempre la materia è esistita con le determinazioni. La « materia prima >> è un concetto relativo, o meglio un concetto-limite, come risulta, fra l'altro, da questo passo molto chiaro della Metafisica: « La materia pri· ma [ ... ] è" prima" in due sensi: o è prima in relazione all'oggetto stesso, ovvero è prima in generale; nel caso degli oggetti di bronzo per esempio, il bronzo, relativamente a questi stessi oggetti, è materia prima, mentre materia prima in generale è, forse, l'acqua, se tutto ciò che è fusibile è acqua>> (.:l 4, 1015 a 8 sgg.). 3) Arricchimenti significativi della problematica della materia, si trovano nella speculazione neoplatonica. Nel contesto della processione essa viene dedotta dal primo principio. Si notino alcune anticipazioni nei Neopitagorici (IV, 400 sgg.), in Ammonio (IV, 468), e, soprattutto, le conclusioni di Plotino, con i documenti che 6portiamo in IV, 559 sgg. La materia sensibile diviene l'immagine di quella intelligibile, la privazione di Bene, il nonessere, ossia ciò che è altro rispetto a tutto ciò che è Spirito. La materia coincide con lo spegnersi della Contemplazione creatrice. 4) La materia è fatta dipendere da Dio, sia pure in maniera non lineare, per la prima volta da Filone di Alessandria (IV, 279 sgg.). _ Sul concetto di materia si vedano: C. Baeumker, Das Problem der Materie in der ?,riechischen Philosophie, Miinster 1890; L. Cencillo, Hyle, La Materia en el Corpus Aristotelicum, Madrid 1958; H. Happ, Hyle, Studien zum aristotelischen Materie-Begrilf, Berlin 1971 (quest'uhimo è il lavoro più completo sul tema). MATERIALISMO È un termine di conio moderno con il quale si designa quella dottrina che riduce, in maniera più o meno radicale, il principio o i principi ori~?,inali e le cose che ne derivano alla materia. Nella filosofia greca, fino a tutta il'età classica, i sistemi che si possono denominare propriamente come forme di materialismo, sono pochissimi. Non lo sono (o lo sono solo in maniera impropria) i Naturalisti presocratici, perché il loro principio è !ungi dal ridursi a materia nel senso vero e proprio del termine per le ragioni che spieghiamo in l, 54 sg.; 60 sg.; 77 sgg.; 125 sg.; 168 sg. Solo gli Atomisti fanno eccezione (1, 177 sgg.). Di materialismo si può propriamente parlare solo dopo Platone ed Aristotele,
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MATERIALISMO/ MATRIMONIO
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per le ragioni che spieghiamo in I, 169; III, 164 sgg.; 308 sgg. In età ellenistica predomina, invece, un tipo di pensiero che, sia pure con le debite cautele, può essere qualificato materialistico. Cfr. la posizione assunta già da Antistene (1, 393, nota 23) e fatta propria dal posteriore cinismo. Si veda, in particolare, quanto diciamo dell'epicureismo (III, 195-207) e dello stoicismo (III, 352 sgg.). Si veda, peraltro, come la mentalità materialista penetri anche nel Peripato con Stratone (III, 148 sgg.). La filosofia dell'età imperiale, invece, costituisce un massiccio rilancio della concezione opposta, con punte di spiritualismo, che, come mai era successo in precedenza, giungono a negare alla materia statuto di principio, riducendola a momento terminale dehla processione dell'Assoluto (cfr. IV, passim).
M A T H E M A ((J.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
samente positiva in alcuni scritti pitagorici dell'età ellenistica (cfr. pseudo-Ocello, De univ. nat., 44 sgg.) ed è giudicato grande e degno deJ più alto rispetto da Musonio Rufo (IV, 102). Nella tarda antichità, la trattazione sul matrimonio diviene un luogo comune; cfr. Praeohter, Kleine Schriften, Hildesheim 1973, pp. 435-464. M ED I C I N A (La-.p~x'l'}) La medicina greca godette di una grande considerazione da parte dei filosofi, ma, in genere, esercitò sulla speculazione influssi marginali, tranne che nell'ultima fase dello scetticismo, la cui particolare temperie fu determinata appunto dalla medicina empirica, per le ragioni che indichiamo in IV, 193 sgg. Cfr., ivi, 189 sgg., una breve caratterizzazione dei tre indirizzi della medicina greca (dottrinario, metodico ed empirico). M E D I E T À (IJ.ECT6"t1']ç)
Il termine esprime, nell'Etica di Aristotele, il principio del giusto mezzo fra eccesso e difetto che son propri dei sentimenti e delle passioni. E la caratteristica definitoria delùe virtù etiche. Per il significato, la genesi e il valore di questo concetto, che deriva dal platonico concetto di giusta misura, cfr. II, 499 sgg. MEDIOPIT AGO·RISMO Abbiamo introdotto questo termine, per la prima volta, per designare quella fase e quella tendenza del pitagorismo che si sviluppa soprattutto in età ellenistica con propaggini anche in età imperiale, quale si trova espressa soprattutto nei numerosi pseudepigrafi e in alcune relazioni desunte da anonimi. La. caratteristica più vistosa di questo pitagorismo di mezzo consiste nel fatto che i suoi esponenti non si presentano con il loro volto e con il loro nome e si nascondono invece dietro le maschere di antichi Pitagorici, mostrando cosl una assai scarsa coscienza della propria identità. Teoreticamente i Mediopitagorici sono eclettici, sostanzialmente vittime del materialismo dell'epoca, ed in ogni caso restano (almeno nella maggioranza dei casi) al di qua del recupero del concetto dell'immateriale, che è tipico invece dei Neopitagorici (cfr. voce). Sui vari problemi relativi al mediopitagorismo cfr. IV, 367-387; per il catalogo degli esponenti e per le indicazioni bibliografiche, cfr. la Parte II alla voce Mediopitagorici. MEDIOPLATONISMO E cosl denominata, ormai pressoché concordemente dagli studiosi moderni, quella forma di platonismo che nasce subito dopo la morte di Antioco di Ascalona e .ri sviluppa fino agli inizi del III secolo d.C.
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MEDICINA/MEMORIA
Ne riassumiamo le caratteristiche in IV, 315 sgg. e le dottrine in IV, 330-364. Per gli esponenti e le tendenze cfr. IV, 319 sgg. e la Parte II alla voce Medioplatonici con i relativi rimandi, dove diamo le indicazioni bibliografiche essenziali. Sull'importanza storico-teoretica del medioplatonismo e sui suoi limiti cfr. IV, 328 sg. Ricordiamo, infine, a) che le dottrine ermetiche, cosi come quelle degli Oracoli Caldaici, poggiano su fondamenti teoretici prevalentemente desunti dal medioplatonismo (cfr. IV, 435 sg.; 446 sgg.); b) che la prima speculazione cristiana attinge ugualmente a questa forma di platonismo; c) che nell'ultima sua stagione il neoplatonismo (soprattutto in alcuni suoi esponenti della scuola di Alessandria e in alcuni eruditi dell'Occidente latino) mostra chiare inflessioni e riduzioni dell'edificio metafisico (divenuto sempre più complesso soprattutto dopo Plotino) in senso medioplatonico (IV, 690). MEDIOSTOICISMO Con questo termine si designa la fase della Stoa intermedia fra l'antica di Zenone, Cleante, Crisippo, e la nuova fiorita a Roma in età imperiale, detta neostoicismo (cfr. voce). La filosofia del mediostoicismo ha i suoi maggiori rappresentanti in Panezio e Posidonio. Per l'indicazione di altri esponenti, si veda la Parte Il, voce Mediostoici. Ricordiamo che il termine è stato proposto da Schmekel (cfr. III, 437, nota 3). Per l'esposizione delle dottrine del mediostoicismo, cfr. III, 433-459. MEGARISMO È quella forma di pensiero che ebbe origine con la scuola socratica di Euclide fondata a Megara (donde il nome) e che si sviluppò anche in età ellenistica soprattutto in senso logico dialettico. Il fondamento del megarismo sta nel tentativo di sintesi fra la concezione dell'Essere-Uno eleatico, e l'idea socratica del Bene (1, 419 sgg.; 422 sg.; 423 sgg.). Questa sintesi comportò, però, un prevalere dello spirito eleatico su quello socratico, al punto che si può parlare del megarismo come di una forma di neoeleatismo. Anche la logica e la dialettica del megarismo nella sua tecnica e nei suoi fini, è di impronta ben più eleatica che non socratica (cfr. III, 65-79). Per il catalogo degli esponenti del megarismo e le relative indicazioni bibliografiche essenziali, cfr. Parte II, voce Megarici. Per gli influssi del megarismo sulla logica stoica, cfr. III, 324 sg. M E MORI A (IJ.VTJI.lTJ) l) Il concetto di memoria è stato elaborato soprattutto da Aristotele nel breve trattato Sulla memoria e reminiscenza (il quale, però, approfondisce alcuni rilievi già fatti in precedenza da Platone; cfr. Fi-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
lebo, 34 a sgg.). _ a) La memoria è conservazione o ritenzione di rappresentazioni avute in passato. _ b) Da essa si distingue la reminiscenza (anamnesi) che consiste nel richiamare rappresentazioni che già furono presenti in noi, mediante un preciso processo che da una rappresentazione presente ci riporta, mediante una serie successiva di passaggi (per associazione di somiglianza o contrarietà o vicinanza), alùa rappresentazione prima avuta e non conservata (De mem. et rem., 2, 451 b 10 sgg). _ c) La memoria appartiene alla facoltà sensitiva e, quindi, è propria anche degli animali (ivi, l, 450 a 15 sg.); la reminiscenza, invece, è prerogativa dell'uomo, essendo un processo psichico che implica una sorta di mediazione e inferenza (ivi, 2, 453 a 6 sgg.).- d) La memoria, in quanto comune agli uomini e agli animali, ha, per Aristotele, basi fisiche, come risulta da questo passo significativo: << Si potrebbe chiedere come mai, presente l'affezione dell'anima e assente l'oggetto, ci si ricordi di ciò che non è presente. f: chiaro che l'affezione prodotta dalla sensazione nell'anima e nella parte del corpo sede della sensazione { = il cuore] deve essere concepita qualcosa come un disegno: il perdurante stato di tale disegno noi diciamo memoria. Infatti il movimento che si produce nel soggetto imprime una specie di figura dell'oggetto percepito non diversamente da quelli che segnano un'impronta con l'anello. Pertanto a coloro i quali a motivo della passione o dell'età sono in forte commozione non si produce la memoria, come se il movimento e il sigiùlo si imprimessero nell'acqua corrente: in altri, poi, non si produce la figura, o perché sono logorati dall'età, come gli edifici vetusti, o per la durezza dell'organo recettivo dell'impressione. Di conseguenza e i troppo giovani e i troppo vecchi non hanno memoria: sono entrambi in una condizione di flusso, gli uni perché crescono, gli altri perché decadono. Ugualmente quelli troppo vivaci o troppo tardi si vede che entrambi non hanno buona memoria: gli uni sono più umidi del normale, gli altri troppo duri: nei primi l'immagine non resta nell'anima, negli altri non si imprime» (ivi, l, 450 a 25 sgg.). 2) In età ellenistica la memoria viene intel'pretata in chiave aru:or più accentuatamente fisica; gli Stoici affermano, addirittura, che i ricordi sono «corpi» (cfr. von Arnim, S.V.F., u, fr. 848). _ Uno sfruttamento del concetto di memoria rielaborato su nuove basi troviamo, nell'ambito dello scetticismo empirico, nella dottrina del segno rammemorativo (cfr. voce Segno), che deriva dalla medicina empirica (IV, 194 sg.). 3) In chiave decisamente spiritualistica, invece, la memoria è interpretata da Plotino: non è il corpo che ricorda, né il corpo insieme all'anima, ma è l'anima, per [e ragioni che spieghiamo in IV, 584 sg.
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MEMORIA/METAFISICA
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MENTE, cfr. Nous. MENTITORE, Argomento del È una famosa argomentazione dialettico-eristica di Eubulide. Cfr. esposizione ed esegesi in III, 68. M ERA V I GLI A (~au!J.a!;Ew) È quello stato spirituale dell'uomo dal quale ha origine la filosofia secondo Platone e secondo Aristotele (cfr. I, Appendice Il). M E T AB ASI (!J.E'ta~ao<~.ç) Significa, propriamente, ù' atto del passare ad altro. È divenuta celebre l'espressione !J.E'ta~acr~ç ELç &ì.ì.o yÉvoç (metabasis eis allo ghénos) usata da Aristotele in De caelo, A l, 268 b l, e passata, poi, nella retorica successiva, ad indicare il passaggio da un argomento ad un altro, e, quindi, anche passaggio da un piano di ragionamento ad un altro.
M E T A F I S I C A (-.à !J.E'tà -.à cpucr~xà) Il termine, come è noto, è di genesi incerta. Fino a poco tempo fa si riteneva per certo che il termine fosse nato in seguito all'edizione di Andronico di Rodi (cfr. II, 403 sg.), hl quale, dopo i libri di fisica, pubblicò, in quattordici libri, l'opera che venne detta appunto tà metà tà physika, che significherebbe, alla lettera, le cose che vengono dopo quelle fisiche. Da qualche tempo, però, la tesi è caduta in crisi, essendo stato accertato, in seguito agli studi degli antichi cataloghi, almeno la possibilità che il termine possa essere molto più antico. L'oscurità dell'origine del termine comporta, ovviamente, una conseguente oscurità circa il significato che colui che per primo lo coniò intese annettergli. Già gli antichi commentatori peripatetici e neoplatonici propongono due differenti interpretazioni. l) Meta-fisica significa la scienza che viene dopo (meta) la fisica; 2) meta-fisica è la scienza che si occupa delle realtà che sono oltre (meta) quelle fisiche, ossia delle realtà sopra-fisiche. In effetti, le due interpretazioni, dal punto di vista aristotelico, non si escludono, ma anzi si implicano a vicenda, giacché la conoscenza delle cose che sono ulteriori antologicamente rispetto a quelle fisiche, è anche per l'uomo cronologicamente ulteriore, dato che noi conosciamo, per nostra natura, prima le cose fisiche, e solo dopo, ossia successivamente, quelle non fisiche, anche se queste ultime sono di per sé gerarchicamente anteriori rispetto a quelle fisiche. Per un approfondimento di questi temi, cfr. Reale, Aristotele, La Metafisica, vol. 1, pp. 3 sgg. _ Siccome il termine non è di conio aristotelico ed è divenuto insostituibile nehla cultura occidentale, è lecito
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LESSICO l! INDICE DEI CONCETTI
chiamare metafisica non solo la dottrina contenuta nei quattordici libri dell'opera aristotelica che porta questo nome, ma, in generale, quella problematica di tutti i pensatori che hanno indagato intorno a quegli oggetti discussi appunto nella sopraddetta opera di Aristotele, ossia la problematica dei principi, delle cause prime, dell'essere, della sostanza, di Dio e del Divino. _ Chiarito questo, va ulteriormente precisato che, intesa nel senso forte, la metafisica è il tentativo di raggiungere il trascendente, il metasensibile; intesa in senso più generale, però, può dirsi metafisica qualsiasi tipo di indagine che pretenda di ritrovare le cause e i principi ultimativi della realtà, di qualsiasi natura questi siano. In altri termini può dirsi metafisica ogni tentativo di misurarsi razionalmente con l'intero. Si potranno, pertanto, avere metafisiche trascendentistiche (come quelle di Platone ed Aristotele e quelle derivate da queste) e metafisiche naturalistiche (come quelle dei Presocratici che non hanno ancora scoperto la trascendenza), oppure corporeistiche e immanentistiche (come quelle dell'epicureismo e dello stoicismo che negano la trascendenza). _ Volendo essere rigorosi, si dovrebbe riservare la qualifica di metafisica alle prime, chiamando antologia le seconde. Ma, in questo caso, le difficoltà, tolte da una parte, rispuntano dall'altra, giacché antologie sono anche quelle di Platone, di Aristotele e dei loro seguaci (cfr. Ontologia ed Antimetafisica). _ La definizione di metafisica come tentativo di misurarsi razionalmente col problema dell'intero, resta, a nostro avviso, la più adeguata, come mostriamo in I, Appendice II, passim. Ricordiamo, infine, che la metafisica, intesa nel modo definito, resta lo specifico della filosofia (ciò in cui e per cui essa si distingue dalle altre forme di sapere), e, in ogni caso, resta la òfra più caratteristica della filosofia dei Greci. M E T A X U, dr. Intermedio, Intermediario.
METEMPIRICO Termine di conio moderno, che designa ciò che è al di là dell'orizzonte dell'esperienza. È sinonimo di soprasensibile e di trascendente. Inferenza metempirica è il passaggio logico che porta al trascendimento dell'esperienza ed è il punto focale della metafisica. (Cfr. Inferenza). M E T E M P SI C OSI (IJ.E"t'q.t.\jlvxwa-~.ç) a) Il termine indica ~a credenza nella trasmigrazione dell'anima attraverso differenti corpi (anche non umani). La credenza, diffusa in Grecia dagli Orfici (cfr. I, Appendice I, passim), dai Pitagorici (I, 99 sg.) e da Empedocle (I, 158 sg.) viene connessa strettamente alla problematica filosofica da Platone (II, 235-244) e poi mantenuta nella tradizione
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METAXU /METODO
medioplatonica (cfr., per esempio, Albino, Didascalico, xxv, 6), neopitagorica (IV, 405; 424) e neoplatonica (IV, 589 sg.), fino alla fine dell'antichità (IV, 652, nota 23; 662; 683). _b) È però da rilevare che il termine compare solo nella tarda antichità e che non è filologicamente esatto, significando, letteralmente, cambiamento dell'anima e non cambiamento del corpo. Il termine esatto sarebbe metensomatosi (cfr. voce) o anche palingenesi. _ c) In Platone la credenza nella metempsicosi è connessa, oltre che con la problematica escatologica, anche con la metafisica delle Idee e con la tematica gnoseologica dell'anamnesi (cfr. voce). M E T E N so M A TosI (!J.E't"EVO"WIJ.cl't"WO"t.<;) È un termine che indica la stessa dottrina della metempsicosi (cfr., ad esempio, Plotino, Enneadi, I, 1,12; n, 9,6; IV, 3,9). Metensomatosi sarebbe, anzi, il termine più esatto per esprimere il concetto di trasmigrazione dell'anima di corpo in co11po; ma, nell'uso, è prevalso l'altro, anche se inesatto, per le ragioni ohe indichiamo sotto questa voce.
M E T ESSI (!J.É&E;~ç) Significa partecipazione. Nel linguaggio deùla metafisica platonica esprime il rapporto (o meglio uno dei possibili modi di inte))pretare il rapporto) fra le Idee e il mondo fisico. Il sensibile partecipa dell'Idea intelligibile nella misura in cui ~a realizza sensibilmente (Il, 97 sgg.). -- Numenio estende il concetto di partecipazione anche alla sfera delle realtà intelligibili, come indichiamo in IV, 419, nota 18. _ In Proclo il concetto di metessi gioca un ruolo importante nclla dialettica che lega fra loro le ipostasi, esprimendo, precisamente, il tipo di rapportQ. che lega 1'1postasi inferiore a quella superiore (IV, 681 ). M E T O D I C I (!J.EfroS~xot la-rpo() Sono cosl detti i medici seguaci dell'indirizzo inaugurato da Temisone di Laodicea (seconda metà del I secolo a.C.), delle cui caratteristiche fondamentali diciamo in IV, 190 sg. METODO (1J.Éfro6oç) n termine metodo, come suggerisce la stessa etimologia (metàod6s), indica la via da percorrere nella ricerca, vale a dire il procedimento da seguire nell'impostazione e nella soluzione dei problemi. n compito di elaborare il metodo spetta alla logica. ( Organon, in sostanza, esprime hl medesimo concetto). Sul metodo della filosofia antica, cfr. I, Appendice II, 491 sg. _ Due rilievi sono di particolare importanza: a) il primo, fatto da Aristotele, è che occorre imparare prima il metodo e poi la scienza (Metafisica, a 3, 995 a 12 sgg.). _b) Il secondo,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ancora di Aristotele (ibid. ), è che il metodo deve corrispondere all'oggetto della scienza, il che significa che lo stesso metodo (per esempio la precisione delùa matematica) non va bene per tutte le indagini (un rilievo, questo, che molti filosofi moderni hanno largamente dimenticato). - c) Infine è altresl da rilevare che il pensiero dei vari filosofi sporge sui loro metodi, in quanto la filosofia ha una sua inventività (nel senso originario del termine) che non si lascia interamente ridurre a schemi metodici (cfr., ad esempio, quanto diciamo nel vol. III, passim). METRIOPATIA Metriopatia significa moderazione delle passioni secondo giusta misura. La dottrina che pone nella moderazione delle passioni il compito della vita etica è nata in polemica con la dottrina stoica dell'apatia (cfr. voce), che pretendeva di estinpare le passioni. È stata sostenuta dagli Accademici (a cominciare da Crantore, cfr. III, 119 sg.), dai Peripatetici (la metriopatia non è, in fondo, diversa dalla mes6tes aristotelica; cfr., del resto, la Grande Etica, attribuita allo Stagirita, 1186 a 33), dai Medioplatonici (ad esempio da Plutarco, Cons. a Apoll., 102 d [cfr. IV, 363]), e, addirittura, da alcuni Scettici (IV, 203 sg.). M I C R O C O S M O (1.uxpòc; x601J.oc;) L'espressione mieto-cosmo per indicare l'uomo come mondo in piccolo, o, almeno, il concetto ad essa relativo, è presente in tutto il corso della filosofia antica, dai Naturalisti ai Neoplatonici. Democrito, ad esempio, afferma già chiaramente che « l'uomo è un piccolo mondo (mikròs k6smos) » (Diels-Kranz, 68 B 34). _ In Platone e nella Stoa, dato che il cosmo è concepito come un grande vivente (cfr. voce Organicismo ), il concetto è per lo meno implicito (cfr. anche quanto dice Aristotele in Fisica, 9 2, 252 b 26 sg.). _ La più bella definizione la troviamo nell'anonimo Pitagorico di Fozio (cfr. IV, 379 sg.), il quale afferma: «Si dice che l'uomo è un mondo in piccolo (mikros kosmos), non perché è composto dei quattro elementi (perché questo vale anche degli esseri viventi più semplici), ma perché possiede tutte le potenze del cosmo. Infatti, nel cosmo ci sono Dei e ci sono anche i quattro elementi, ci sono anche gli animali senza ragione e anche le piante, e l'uomo possiede tutte quante queste potenze>> (Fozio, Biblioth., cod. 249, 440 a 33 sgg. = Thesleff, p. 240, 7 sgg.). _Per l'espressione in Plotino cfr. il passo delle Enneadi, IV, 3,10, riportato alla voce logoi spermatikoi. _ È però da notare che nel neoplatonismo, in virtù del principio del tutto in tutto, tutto ricapitola tutto; ma ciò vale specialmente per l'anima, che rispecohia in sé tutto il mondo dell'incorporeo e crea il mondo corporeo (cfr. IV, 543-573). _Analogo concetto di uomo come
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METRIOPATIA/MISTERI
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«piccolo cielo» (brachys ouran6s) troviamo in Filone, Opif., 82: «Avendo inteso armonizzare l'inizio e la fine degli esseri generati, come fossero in rapporto di parentela e di grande amicizia, Dio fece principio il cielo e fine l'uomo; il primo, che è il più perfetto degli esseri immortali nel mondo sensibile; il secondo, che è il migliore degli esseri generati e mortali, come fosse un piccolo cielo, per dire la verità, che porta in sé molte nature simili alle stelle, attraverso le arti, le scienze e le gloriose conoscenze che sono richieste ad ogni virtù ». M I M ES I (JJ.LJ..I.T)cn.c;) Il termine ha tre significati fondamentali: l) uno legato aH a problematica antologica, 2) un secondo relativo a quella poetica, 3) un terzo legato alla problematica morale. l) Il significato antologico è connesso ahla dottrina dei rapporti tra le Idee e le cose sensibili, secondo cui le Idee sarebbero come i modelli o i paradigmi (cfr. Paradigma) e le cose copie che le riproducono. Sul senso di questa dottrina dr. II, 97 sgg .. 2) Riferita all'arte, la mimesi esprime l'essenza della medesima tanto per Platone, quanto per Aristotele, ma in modo opposto. - a) Per Platone la mimesi poetica impoverisce, perché copia le cose che a loro volta sono copie delle Idee (cfr. testi ed esegesi in II, 209 sgg. ). _ h) Invece per Aristotele la mimesi poetica è una specie di creazione, o, meglio, di ricreazione del reale secondo le leggi della possibilità e dehla verosimiglianza, e, dunque, costituisce un arricchimento per le ragioni che spieghiamo in II, 586. 3) In etica, la mimesi, soprattutto in Platone e nel platonismo, coincide con la sequela di Dio e l'assimilazione al Divino; cfr. voce Assimilazione. M I N I M O, T e or i a d e l (-.ò H.ax~cr-.ov) È la teoria introdotta da Epicuro per conciliare, in un certo senso, la affermazione dehla corporeità degli atomi con quella della loro indivisibilità. L'atomo è corpo antologicamente indivisibile, ma idealmente distinguibile, appunto in quanto corpo, in parti. Orbene, il limite inferiore della divisibilità ideale dell'atomo è il minimo, il quale, come tale, è anche l'unità di misura (cfr. III, 203 sg. e le indicazioni bibliografiche che diamo ivi, alla nota 24 ).
M ISO L 0 G I A (!Ji~CToÀ.oyLa) È la sfiducia nei ragionamenti che coglie, secondo Platone, chi pretende troppo da essi, o comunque chi abusa di essi: cfr. la splendida pagina del Pedone, 89 d - 90 d. M I S T ERI (JJ.vcr-.i)p~a, mysteria) Il termine mistero può derivare da J..I.UW, che significa «chiudo»,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
o da 1-lUÉw, che significa « introduco ai misteri ». I misteri erano sia i riti di iniziazione sia le verità nascoste non manifestate se non agli iniziati. Fra i « misteri » interessano la filosofia soprattutto quelli orfici, per le ragioni che spieghiamo in I, 99 sgg. e soprattutto nell'Appendice I, passim. MISTICA- MISTICISMO Il termine deriva da mystik6s, che significa ciò che è connesso con i misteri. Solo nella tarda antichità, però, ricorre l'espressione mystikè paradosis, per indicare la dottrina mistica, ossia quella dottrina che mostra all'uomo come distaccarsi dal sensibile e giungere all'Assoluto, fino ad assimilarsi ed unificarsi con Lui. (Cfr. Assimilazione a Dio, Deificazione, Estasi, Unificazione). Nell'ambito del pensiero greco vi sono sostanzialmente due diverse forme di misticismo, a loro volta variamente calibrate. l) Vi è un misticismo che potremmo chiamare razionalistico, id quale considera la ragione come la forza che unisce all'Assoluto e che indica nella filosofia i veri misteri. Questo «misticismo >> prende forma a partire da Pitagora e da Parmenide e raggiunge la sua perfetta formulazione in Platone, che fa della stessa dialettica la via della con-versione e pone nelù'esercizio di ragione l'assimilazione al divino. 2) Vi è, poi, un misticismo che potremmo chiamare irrazionalistico, il quale si fonda sulle arti teurgiche e, quindi, su certe forze irrazionali, e anzi le considera come quelle che, sole, sono in grado di portare l'uomo ad unirsi ati Divino, o, comunque, come le più efficaci. È questo il misticismo proprio non solo dell'ermetismo (cfr. IV, 432 sgg.) e degli Oracoli Caldaici (dr. IV, 452 sgg.), ma di tutto il tardo neoplatonismo, con varie sfumature nelle diverse scuole, e con punte estreme nella scuola di Pergamo (IV, 657-662). 3) Una terza forma di misticismo può considerarsi quehla di Filone Alessandrino, che, però, esce fuori dai quadri propri della grecità, ispirandosi alla dottrina del profetismo biblico e alle categorie che questo suppone (IV, 303 sgg.). Filone, inoltre, antidpa la individuazione di quelle tappe essenziali dell'ascesa mistica che da Agostino in poi diverranno famose. M I S T 0 (!-1LX"t6c;) Nffi File bo di Platone esprime ciò che risulta daU' azione del principio lzmitante (péras) sull'illimite (apeiron). Cosi inteso, il concetto di misto può applicarsi: a) al mondo delle Idee, le quali nella dottrina dell'ultimo :Alatone derivano dall'Uno (limite) e dalla Diade (illimite); b) alle cose sensibili, che sono pure un misto dell'elemento materiale sensibile (illimite) e intelligibile (limite). È da notare come questa nozione di « misto » anticipi il concetto aristotffiico di sinolo di mate-
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MISTICA/MISURA
ria e forma. Spieghiamo le implicanze di questa problematica in II, 145 sgg.- In seguito, Proclo riprende il concetto e ritiene che tutta la realtà (ad eccezione dell'Uno, che è assolutamente semplice) debba considerarsi come << misto » di limite ed illimite, per le ragiont che spieghiamo in IV, 679 sgg. M I SU R A ((J.É'tpov,
(J.É'tp~ov)
Ecco la definizione aristotelica, la quale è la più rigorosa che sia stata fornita nell'antichità: «Misura [ ... ] è ciò mediante cui si conosce la quantità. E la quantità in quanto quantità si conosce o mediante l'uno o mediante il numero; ma ogni numero si conosce mediante l'uno, e pertanto ogni quantità, in quanto quantità, si conosce mediante l'uno, e il termine primo mediante cui le quantità si conoscono è dunque l'uno. Perciò l'uno è principio del numero in quanto numero. Di qui, per traslato, anche ne~li altri generi si chiama misura il termine primo mediante cui si conosce ciascun genere, e la misura di ciascun genere è una [ ... ] «(Metafisica, I l, 1052 h 20 sgg.). Ci sono, dunque, diversi generi di misura, che, per di più, si collocano a diversi livelli ·e che hanno differente importanza e statura. Nell'ambito propriamente filosofico il concetto di misura si applica: l) a livello ontologico-metafisico, 2) a livello assiologico-morale, 3) a livello gnoseologico, 4) a livello estetico. l) A livello ontologico ricordiamo la dottrina dei minimi, introdotta nell'atomismo da Epicuro (III, 203 sg.). A livello più propriamente metafìsico è da ricordare la dottrina delle Idee, che Platone espressamente collega alla misura, anzi alla «giusta misura ». La misurazione secondo le Idee è un genere di misurazione non secondo la quantità, ma secondo l'essenza e secondo il valore (secondo il conveniente, l'opportuno e il doveroso), come mostriamo in II, 335 sgg. Ancora a livello metafisico si colloca l'affermazione platonica, secondo cui Dio è «la misura di tutte le cose» (Il, 249). 2) Nel significato etico il concetto di misura domina già la morale prefìlosofica dei Greci (1, 207 sgg.) e trova poi l'espressione più tipica nell'aristotelico concetto di mes6tes, medietà, e nella dottrina della virtù come giusto mezzo (II, 500 sgg.). Il concetto platonico di giusta misura e di Diomisura, sopra ricordato, ha esso pure una precisa vrulenza etica, come emerge dai passi che riportiamo alle pagine sopra indicate. 3) Dal punto di vista gnoseologico, Protagora sembrerebbe aver anticipato alcune delle moderne concezioni gnoseologiche, dichiarando che l'« uomo è misura di tutte le cose», tanto che qualcuno lo ha considerato quasi un precursore di Kant. Ma si veda quanto diciamo in I, 235 sgg. In verità, se si eccettuano i Sofisti ed alcuni degli Scettici, sono le cose stesse (sia sensibili, sia intelligibili) la misura del conoscere e non l'uomo
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
(cfr. II, 197 sg. ). Ecco, a conferma, un interessante passo aristotelico (Metafisica, I l, 1053 a 31 sgg.): «E diciamo anche che la scienza e la sensazione sono misura delle cose per la medesima ragione, cioè perché con esse conosciamo le cose, ancorché, in realtà, scienza e sensazione siano misurate, piuttosto che misure. In questo caso accade quello che accadrebbe se altri ci misurasse e se noi conoscessimo quanto siamo alti, per il fatto che il cubito si applica su di noi un determinato numero di volte. E Protagora dice che l'uomo è misura di tutte le cose, e con ciò intende dire l'uomo che sa e l'uomo che sente e questi sono misura di tutte le cose appunto perché hanno, l'uno, la sensazione, l'altro, la scienza, le quali noi diciamo che sono misure degli oggetti. La dottrina protagorea sembra dire qualcosa fuori dall'ordinario, e, invece, non lo dice se non in apparenza ». _ 4) La rilevanza estetica del concetto di misura emerge soprattutto nella Poetica di Aristotele. Cfr. quanto diciamo in merito e i testi che riportiamo in II, 590 sgg. M I T O (J.Lv~oc;) Mito è una narrazione di carattere fantastico,poetico, avente ad oggetto, normalmente, quelle cose (o alcune di quelle cose) delle quali fa indagine la filosofia. Anche lo spirito del mito è analogo a quehlo della filosofia, in quanto è disinteressato, ossia contemplativo, e in quanto nasce da quella meraviglia che è la radice della filosofia. La differenza fra mito e filosofia consiste nel fatto che questa, anziché di rappresentazioni fantastico-poetiche, fa uso dellogos e della pura ragione. Aristotele stesso riconosce la carica filosofica del mito nelle pagine iniziali della sua Metafisica, affermando testualmente: « anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo» (A 2, 982 h 18). Detto questo, bisogna distinguere diverse valenze e usi del mito, dipendenti dai momenti storici, dalle finalità e dai contesti in cui è stato usato nella grecità. l) Vi è, innanzi tutto, un mito prefilosofico, che trova la sua forma più alta, oltre che nei poemi omerici, nelle teogonie. Il mito prefilosofico greco è il vero antecedente della filosofia (cfr. I, 47 sgg.). 2) Con la nascita della filosofia il mito viene contestato come tale, ossia come rappresentazione fantastico-poetica, e si tende ad una rappresentazione del reale che faccia leva sul puro logos. Ma il mito non solo non scompare mai interamente, dato che risponde ad una dimensione dello spirito umano ineliminabile, ma, in vario modo, viene utilizzato dalla stessa filosofia, in primo luogo dai Sofisti che ne fanno un uso retorico-epidittico, per la verità piuttosto ambiguo, come in modo paradigmatico rileva Platone (riferendo molto probabilmente pensieri socratici) nel Protagora, 320 c sgg. I Sofisti si avvalgono dei miti, cosi
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MrfO/MODALITÀ
come dei poeti in genere (cfr. ancora Protagora, 339 a sgg.) allo scopo di ingenerare negli uditori quelle convinzioni che non sono in grado di produrre col solo logos, ed anche per far sfoggio di erudizione. Se stiamo al giudizio platonico, l'uso del mito da parte dei Sofisti è dovuto ad incoerenza metodologica ed a fragiJità dialettica. 3) Platone stesso, dopo aver contestato la liceità dell'uso del mito in senso retorico-epidittico proprio dei Sofisti, riscopre l'importanza del mito a partire dal Gorgia, ossia a partire dal momento della rivisitazione delle dottrine orfiche e dell'appropriazione dei messaggi di fondo delJe medesime. Il mito viene recuperato da Platone come intuitiva espressione di una forma di fede che immediatamente coglie ciò che il logos mediatamente non coglie. Si t_ratta di un mito rigorosamente « demitizzato», e non contrapposto al logos, ma usato come stimolo al logos medesimo, come mostriamo in Il, 47 sgg. (cfr., ivi, i due passi riportati del Gorgia e del Pedone, molto importanti). I grandi miti del Fedro, della Repubblica, del Politico e la stessa « narrazione mitica. » su cui è impiantato tutto il Timeo, fuori da questa ottica perdono il loro significato. 4) Portando alle estreme conseguenze la rivalutazione platonica, ili mito viene considerato dai Neoplatonici una sorta di rivelazione di una trascendente verità, capace di produrre una mistica forza che porta all'Assoluto, come in modo significativo risulta soprattutto da Proclo. A differenza che in Platone, il mito non viene più « demitizzato » e spogliato della sua carica fantastica, ma al contrario viene, in un certo senso, assolutizzato (IV, 669; cfr. Allegoria). MNEMOTECNICA È l'arte di memorizzare, attraverso particolari accorgimenti, il maggior numero possibile di conoscenze. Fu insegnata da Ippia, il quale la chiamava 't"Ò J.1VT)J.LOV~x6v e la finalizzava al conseguimento di un sapere enciclopedico (l, 265); cfr. Polimazia. MOBILISMO Il termine designa la dottrina del « tutto scorre» di Eraclito, portata alle conseguenze estreme soprattutto da alcuni seguaci. Cfr., ad esempio, le affermazioni di CratiJo (l, 74 ). Cfr. anche la ripresa di questa dottrina in Enesidemo (IV, 175 sgg.). Già Platone denomina gli Eraclitei della risma di Cratilo, col termine ot pÉOV't"Eç (Teeteto, 181 a), vale a dire i filosofi del perpetuo fluire, ossia i mobilisti. (Si veda come li descrive nei passi del dialogo sopra citato che riportiamo in IV, 177 sg.). MODALITÀ, MODALE Nella Jogica di Aristotele la modalità specifica il rapporto predi-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
cativo, indicando la maniera in cui il predicato inerisce (o non inerisce) al soggetto. La modalità è insomma una specificazione del nesso predicativo. Aristotele riconosce tre modi di inerenza: quello del semplice inerire, quello della necessità, e quello della possibilità (II, 553). Ecco un testo in merito: « Ogni proposizione riguarda o l'inerire o l'inerire di necessità o la possibilità di inerire » (Analitici Primi, A 2, 25 a l sg.; cfr. anohe A 8, 29 b 29 sgg.). Hanno rilevanza particqlare soprattutto i modi della necessità e della possibilità. Ecco come li caratterizza M. Mignucci: « Della necessità lo Stagirita dà una caratterizzazione intuitiva in funzione del concetto di tempo: necessario è ciò che è sempre, sia nel senso che dura ininterrottamente nel tempo, sia nel senso che è atemporale. In questo senso necessario si dice innanzitutto un individuo, in quanto esiste sempre, oppure in quanto è di natura tale da non essere soggetto al tempo. Per estensione una proposizione si dirà necessaria quando il contenuto sia tale che la ·connessione tra il soggetto e il predicato si colloca sempre da una parte della alternativa apofatica. In altri termini, se la proposizione ' tutti gli uomini sono mortali ' è necessaria, non si verificherà mai il caso che sia vera la proposizione ' qualohe uomo non è mortale ' o la proposizione ' nessun uomo è mortale ' » (Aristotele, Gli Analitici primi, Loffredo, Napoli 1969, p. 63 ). Il possibile, poi, è, per Aristotele, ciò che non è né necessario né impossibile. Pertanto la proposizione possibile si oppone sia alla proposizione necessaria, sia a quella impossibile. La trattazione delle proposizioni modali e dei relativi sillogismi è stata .detta logica moda/e. _ È da rilevare che il sillogismo modale non differisce nella sua struttura da quello categorico _ dato che resta sempre la necessità della sequela che lo determina come sillogismo _ ma solo per la natura delle sue premesse. M O D E L L O , cfr. Paradigma.
M O D O , cfr. Tropo.
MOLTEPLICITÀ La molteplicità è divenuta un problema, in filosofia, solo in seguito alla sua negazione, vale a dire in seguito alla riduzione di tutte 1e cose all'unità assoluta operata dagli Eleati, soprattutto da Zenone e da Melisso. (Per gli argomenti zenoniani contro la molteplicità, cfr. I, 137 sgg.; per la posizione melissiana cfr. I, 142-148). Lo sforzo della filosofia posteleatica è stato appunto quello di recuperare sia il molteplice sia il movimento, e quindi i fenomeni, che strutturalmente presuppongono l'uno e l'altro. _ Non si può dire che i cosiddetti Pluralisti (Empedocle, Anassagora e gli Atomisti), che pure traggono il loro
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MODELLO/MONISMO
nome dalla introduzione del concetto di molteplice (non al semplice livello empirico, ma proprio a livello antologico, cioè a livello dei principi primi) abbiano saputo giustificare a fondo questa introduzione (1, 169 sg.; 171 sgg.). Invece un guadagno essenziale ha apportato Platone, soprattutto nel Parmenide e ancor più nel Sofista, come mostriamo in II, 139sgg. Il riguadagno speculativo della molteplicità presuppone la acquisizione del concetto di non-essere come alterità o diversità (cfr. il passo riportato in II, 141). _La molteplicità, che da Platone è giustificata soprattutto a livello di mondo delle Idee, è definitivamente riguadagnata, a .tutti i ~ivelli, da Aristotele, con la celebre dottrina dell'essere come strutturalmente molteplice, come mostriamo in II, 411 sgg. La molteplicità, se si eccettuano gli epigoni dei Megarici, non è stata più negata dai successivi filosofi greci, nemmeno nel contesto di quei pensatori, che, sotto certi aspetti, possono considerarsi o sono stati considerati « monistici ». Il monismo stoico suppone necessariamente il molteplice, cosi come quello neoplatonico (se di monismo neoplatonico si può parlare) suppone la pluralità a livello ipostatico, oltre che a livello empirico. Nel primo, l'Uno si dispiega nel molteplice strutturalmente; nell'altro, dall'Uno necessariamente procedono l'UnoMolti, poi l'Uno-e-Molti e poi i Molti (IV, 551). E se è vero che i molti sono sempre per, dal e nell'Uno, è anche vero che non sono affatto il puro illusorio, e, anzi, sono, in vario modo e in varia misura, la metafisica storia dell'Uno. _ Ricordiamo che da Platone in poi, come soprattutto emerge dal Parmenide e dal Ftlebo, l'Uno e i molti si implicano reciprocamente. Si veda in particolare, oltre a quanto diciamo in II, 136 sgg., quanto Platone precisa nel Filebo, 14 c sgg. MONADE, dr. Uno. M O N ARCHI A , dr. Governo, forme di.
MONDO, dr. Cosmo. MONISMO ~ termine moderno per indicare quella concezione filosofica che non solo deduce tutta la realtà da un solo principio, ma ritiene l'essere della realtà identico a quello del principio. Nell'antichità le concezioni mof)istiche furono numerose e di specie diversa. l) In primo luogo, costituisce una forma di monismo assoluto e veramente estremo l'antologia eleatica, secondo cui, addirittura, esiste un solo ed unico essere, che, a rigore, non è nemmeno principio, perché non esiste un principiato (dr. I, 120 sgg.). 2) Monistica è la fisica degli lonici (Ta· lete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito) (1, 53-82), nonché la ripre-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
sa eclettica dehla medesima (ad esempio Diogene di Apollonia), in quanto deduce tutte le cose da un unico principio ed interpreta le cose stesse come modificazioni del principio (I, 189 sgg. ). 3) Una forma di monismo con accentuazione panteistica è lo stoicismo, per le ragioni che spieghiamo in III, 350-358. Lo stoicismo è forse la forma di monismo più organica e più compiuta dell'antichità. 4) Una forma di monismo matematizzante è costituita dalla fase più avanzata del neopitagorismo, nella misura in cui deduce tutto dalla Monade, compresa la Diade, prima considerata come principio opposto e irriducibile alla monade (IV, 400 sgg.). 5) Alcuni considerano una forma di monismo anche il neoplatonismo. In realtà, la trascendenza, che nel neoplatonismo gioca un ruolo essenziale addirittura a differenti livelli (IV, 507 sgg.; 645 sgg.; 671 sgg.), nonché la complessità della processione ipostatica, mal sopportano una riduzione monistica, almeno nel senso in cui è stato da noi definito il monismo (cfr. Processione e lpostasi). È poi da rilevare che il monismo può essere di due generi diversi: l) materialistico-corporeistico, come quello della Stoa; 2) oppure spiritualistico, come quello neopitagorico. 3) Quello presocratico, propriamente parlando, non è qualificabile in modo netto con queste categorie, per le ragioni che spieghiamo in l, 61 sg.; 169; III, 166 sg. Concezioni opposte al monismo sono il dualismo e il pluralismo (cfr. voci). MONOTEISMO È quella dottrina teologica la quale sostiene che Dio è uno e unico. Questa dottrina è rimasta sconosciuta alla antichità pagana, perché si fonda su una serie di categorie estranee al pensiero greco (l'infinito positivo, la creazione, la grazia). In particolare è da rilevare quanto segue: a) hl concetto greco di Dio (the6s) rientra in quello più vasto di Divino (theion) e, talora, addirittura si fonde con esso. - b) Il Divino è, per sua natura, strutturalmente molteplice. - c) Per conseguenza, il Greco non può pensare al Divino se non come molteplice e il problema se Dio sia uno o molti non ha un senso preciso nel contesto indicato. Si vedano i rilievi che facciamo in I, 113 sgg.; II, 445 sgg. Il concetto di Dio uno e solo nasce dal mondo biblico (IV, 271 sgg.). MONOTONIA È un termine che può essere usato per indicare una tematica della speculazione di Marco Aurelio, secondo cui tutte le cose sono e si ripetono sempre uguali per l'eternità. Tale concezione è strettamente connessa a quella della vanità delle cose. Si leggano i testi riportati in IV, 129 sgg. (cfr. anche la voce Vanità).
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MONOTEISMO /MORTE
MORALE Iù termine, che deriva dal latino moralìs (da mos = costume), viene usato ad indicare tre concetti ben distinti: a) i costumi concernenti l'agire pratico; b) il complesso delle convinzioni e delle norme concernenti i costumi; c) la riflessione filosofica sui medesimt. Meglio, tuttavia, sarebbe operare le distinzioni di cui diciamo in I, 204 sgg. MORTE (Mvtx.,;oç) In generale è da rilevare che la morte come cessazione di vita e dunque di essere costituisce uno dei problemi cruciali per ogni filosofia, e, in particalar modo, per quella greca. Non si tratta, evidentemente, della morte come dato di fatto o come evento fenomenicamente constatabile, ma della sua spiegazione razionale e del suo significato. Orbene, i pensatori greci hanno fornito, a questo problema, vari tipi di risposte a differenti livelli. l) A livello metafisico-ontologico, in generale la morte è stata spiegata e razionaùizzata fino al limite della sua vanificazione, come in maniera paradigmatica risulta nel contesto della fi. losofia eleatica e, segnatamente, in Parmenide, il quale, non solo nega in generale, a livello teoretico, il nascere e il morire (1, 125), ma, addirittura, assegna al cadavere unaforma di sens~bilità e di conoscenza e dunque di vita (1, 130). La radicale ed assoluta negazione del non-essere comporta la negazione della morte come evento che intacchi l'essere, oppure, come si riscontra nei Pluralisti, comporta la sua riduzione a mera dissociazione di elementi che sono e che, sciogliendosi l'uno dall'altro, restano sempre nell'essere. La morte viene in ogni caso intesa come un rimanere nell'essere, e, dunque, come un evento che appare catastrofico, ma che, in realtà, non lo è affatto, perché è un mutamento che avviene e rimane nell'ambito dell'essere (1, 130; 152 sg.; 162 sgg.). _Analoga è la posizione degli Epicurei, nella misura in cui ripropongono l'atomismo (III, 220 sgg.). _Né vi è maggior possibilità di spiegare ontologicamente la morte nel contesto del panteismo stoico, nel quale, anzi, l'idea « dell'eterno ritorno » e del ciclico riformarsi di tutte le cose esattamente quali erano, comporta, in qualche modo, l'idea del permanere di tutte le cose nell'essere, ora contratte nelle possibilità del Logos, ora dispiegate nel cosmo (III, 381 sgg.; 384 sgg.). _ Anche nel contesto dell'ontologia aristotelica la morte è intesa, per cosi dire, come contrappunto della vita, e quindi circoscritta nell'alveo dell'essere, come emerge soprattutto dal trattato Sulla generazione e. corruzione, dove l'eternità della generazione è intesa come continua vittoria sulla corruzione; infatti, nell'eternità della generazione ciascuna cosa ritorna al punto di par.tenza, sempre nello stesso modo, se non numericamente identica (ossia identica come individuo), almeno identica per specie.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
2) A livello religioso, o metafisico-religioso, la morte è stata intesa nei pensatori influenzati dall'orfismo, e soprattutto da Platone e dalla tradizione platonica, come <<separazione dell'anima dal corpo», dove « separazione» significa « liberazione». L'anima, per sua natura eterogenea al corpo, con la morte si ~ibera da qualcosa che la inceppa e la menoma, e, di conseguenza, assume i connotati di « inizio di nuova e più vera vita» (Il, 219 sgg.; IV, 588 sgg.). L'idea della immortalità dell'anima (cfr. voce), che in Grecia ha una valenza molto diversa che non nel posteriore pensiero cristiano, comporta l'impossibilità di comprendere, con le categorie filosofiche, l'idea cristiana della « risurrezione del co11po », contro cui espressamente Plotino polemizza (cfr. il testo assai significativo che riportiamo in IV, 589), e la convinzione (la quale, almeno dal punto di vista religioso che stiamo illustrando, è in distonia col .punto di vista precedentemente illustrato) che la morte sia, al limite, più positiva del suo contrario. Del resto, nel messaggio orfico-pitagorico•platonico, la punizione per le anime è appunto additata nella reincarnazione, cioè nel prendere vita in un corpo, e non nel morire, che, come si è detto, è una liberazione dal corpo. È questa una visione della morte per molti aspetti antitetica rispetto a quella del messaggio biblico-cristiano. 3) A livello antropologico, e soprattutto nelle risonanze, che, con terminologia moderna, diremmo esistenziali, la problematica della morte è scarsamente approfondita dai filosofi greci, o per i presupposti legati al punto primo, oppure per quelli legati al punto secondo, oppure per gli uni e gli altri insieme. La più tipica posizione a questo riguardo è senza dubbio quella epicurea, la quale sostiene che la morte non è niente per noi, per i motivi che spieghiamo in III, 252 sgg. e 298 sgg. Si tratta, ancora una volta, di una negazione, sul cui significato si veda quanto diciamo in III, 299 sg. 4) È stato scarsamente rilevato dai filosofi greci, a !livello tematico, il significato morale della morte, in conseguenza della negazione della statura tragica e in conseguenza della vanificazione del significato ontologico e antropologico-esistenziale della medesima. La calibrazione del significato etico della morte suppone la concezione della morte come conseguenza di un peccato e come una punizione, come è nel messaggio biblico, il quale, però, esprime una concezione teologica ed antropologica per molti aspetti antitetica a quella della speculazione greca. MOTORE IMMOBILE (-.ò xwovv àx(T}'
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MOTORE IMMOBILE/MUSICA
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MOVIMENTO (xtVT}tn;) Il movimento assume due significati fondamentali: l) a livello fisico e 2) a livello metafisica. l) Nel linguaggio aristotelico, il movimento fisico ha tre significati. _ a) In generale significa ogni forma di mutamento e di divenire; b) tutte le forme di mutamento eccetto la generazione e corruzione; c) il mutamento secondo il luogo, ossia il moto spaziale. Quando, però, Aristotele vuole essere preciso, per designare il primo significato onnicomprensivo, usa il termine metabolé, mutamento (cfr. voce). _ Per le aporie del movimento suscitate da Zenone e per il loro significato, cfr. I, 134 sgg. _ Per il superamento aristotelico del fondamento di queste aporie, cfr. II, 452 sgg. 2) La problematica del movimento viene inserita nel contesto della problematica metafisica da Platone, il quale pone la kinesis come uno dei cinque supremi generi del reale. È, questa, una forma di movimento ideale o intelligibile, il cui significato spieghiamo in II, 139 sg. _ Anche Ploti· no riprende e ribadisce questa concezione (IV, 542). Si veda, inoltre, la dottrina plotiniana del primo moto (intelligibile), di cui diciamo in IV. 527 sgg. - Si veda, infine, la curiosa posizione di Plutarco, di cui diciamo in IV, 350, nota 46.
M u s I c A ((.1.0\JCTLXi)) Se si prescinde dall'aspetto tecnico, che in questa sede non interessa, si può dire che la musica fu considerata dai Greci: l) nella valenza metafisica, 2) nella valenza etico-pedagogica, 3) nella valenza (per dirla in termini moderni) estetica e 4) perfino in una valenza cosmologica. l) La valenza metafisica è rilevata soprattutto nella tradizione pitagorico.platonico-neoplatonica, espressa in maniera paradigmatica nella celebre affermazione del Fedone ( 61 a), secondo cui « la filosofia è la musica più grande », la quale significa che la musica è una filosofia in piccolo, ossia che la musica porta, in qualche modo, verso quell'oggetto al quale porta anche la filosofia. Già per i Pitagorici, in effetti, la musica è armonia di contrari (cfr. Diels-Kranz 44 B 10), e come tale è rivelativa della natura del numero, essenza di tutte le cose (Diels-Kranz, 44 B 11 ). 2) La musica è anche potenza catartica. Ecco alcune testimonianze: « I Pitagorici per la purificazione del corpo, ricorrevano alla medicina, per quella dell'anima, alla musica»; « Soleva Pitagora attribuire somma importanza a questa 'catarsi': cosl infatti egli chiamava l'arte del guarire mediante la musica»; «Nei tempi antichi fino ai Pitagorici, la musica fu chiamata, cosa strana, ' catarsi ' » (Diels-Kranz, 58 D L vol. 1, p. 468, 19 sgg.). Platone, poi, la considerava neri ruolo sopraddetto, ritenendola, per le ragioni espresse dai Pitagorici, capace di preparare alla dialettica (Repubblica, vn, 531 a-d);
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
cfr. II, 315. Cfr. anche il ruolo che Platone assegna alla musica nell'educazione dei custodi (II, 298 ). Su questa linea è anche Plotino, il quale scrive: <
(J-LE't'a~oÀ."iJ)
termine che, in Aristotele, designa ogni forma possibile di divenire. Dal punto di vista ontologico, hl movimento è interpretato come passaggio dalla potenza all'atto, o, come Aristotele dice, « l'entelechia di ciò che è in potenza in quanto è in potenza », formula che significa non altro che questo: il movimento è l'attuarsi della potenzialità. Poiché hl passaggio dalla potenza all'atto ha luogo secondo diverse categorie, diversi sono i tipi di mutamento. Ecco una tavola che li illustra. I mutamenti si distinguono in: l) generazione e corruzione (secondo la categoria della sostanza) 2) alterazione (secondo la categoria della qualità) 3) aumento e diminuzione (secondo la categoria della quantità) 4) traslazione (secondo la categoria del dove). Le categorie dell'agire, del patire e del quando non danno luogo ad un movimento, perché sono già movimento, e non c'è movimento di movimento. Da notare che Aristotele chiama movimento, in senso stretto, solo il n. 4; oppure, in senso generico, anche i numeri 2, 3. Talora, però, usa movimento anche come sinonimo di mutamento. La spiegazione e giustificazione ontologica del mutamento era nece.ssaria in seguito alle drastiche prese di posizione degli Eleati che ne negavano la poss1bilità, a motivo della sua apparente contraddittorietà. La giustificazione teoretica del movimento mette capo alla dottrina delle quattro cause e del Motore Immobile. Sulla complessa problematica ontologica relativa È
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MUTAMENTO/NATURALISMO
alla questione del mutamento e sulle sue varie implicanze cfr. II, 452 sgg. e la voce Movimento. Il neoscettico Enesidemo e i suoi seguaci semplificano notevolmente il pensiero aristotelico, riducendo le varie forme di mutamento distinte dallo Stagirita a due sole: l'alterazione e la traslazione (IV, 178).
N NARCISISMO
Secondo la dottrina ermetica del Poimandres, l'Anthropos o Uomo incorporeo, affacciatosi al mondo sensibile e innamoratosi della propria immagine riflessa, si sarebbe congiunto con la natura generando l'uomo fisico (IV, 438 sg.). Questo innamoramento da parte dell'uomo celeste della propria immagine, che sta all'origine della nascita dell'uomo terrestre, è qualificato dagli interpreti come narcisismo, in quanto palesemente riprende, sia pur sviluppandolo in altro senso, il noto mito di Narciso. NATURA, cfr. Physis. NATURALISMO
A) Col termine naturalismo si intende, in generale, quella concezione ontologica che riduce tutto l'essere alJ' essere della natura e che, quindi, nega l'esistenza di un essere trascendente. Nella storia del pensiero antico vi sono numerose forme di naturalismo. l) La più famosa è quella dei Presocratici che, però, è la forma più impropria, perché rientra in un orizzonte deù tutto particolare, nell'ambito del quale non risultano ancora guadagnate quelle categorie di pensiero sulla base delle quali soltanto si calibra il concetto di naturalismo nel senso sopra precisato. È, questo, il naturalismo che potremmo chiamare arcaico, in cui il concetto di natura non esclude nulla e include tutto. Sul naturalismo presocratico cfr. I, 53-196. _ Sulle caratteristiche qualificanti il medesimo cfr., in particolare, I, 54 sg.; 61 sg.; 168 sg.; 201 sgg. _ Una componente del naturalismo rpresocratico si ritrova anche in una parte della sofistica (cfr. I, 264 sgg. e nota 1). 2) Una seconda forma di naturalismo è quella maturata nelù'ambito di alcune delle scuole socratiche minori, per reazione contro l'incipiente costruzione della metafisica platonica e in particolare nell'ambito della scuola cinica (I, 390 sgg.; III, 25 sgg.). 3) Le forme più caratteristiche del naturalismo greco sono, però, queùle fiorite in età ellenistica, e in parti-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
colar modo il naturalismo meccanicistico degli Epicurei (cfr. III, 195 sgg.) e quello panteistico degli Stoici (III, 350 sgg.), che nascono dalla sistematica negazione della .trascendenza e dell'orizzonte meta-fisico. - Di notevole interesse storico, anche se di scarso interesse teoretico, è pure il naturalismo in cui sfocia il Peripato, dopo Teofrasto, con Stratone di Lampsaco, che già gli antichi chiamavano il « fisico », ossia << il naturalista », di cui diciamo in III, 148 sgg. (Cfr. inoltre quanto diciamo della corrente naturalista dei Peripatetici del I secolo a.C. in IV, pp. 27 sgg.). In questo periodo la « natura», oltre che come orizzonte dell'essere, si presenta (per dirla con espressione moderna) come orizzonte del dover essere, ossia come fondamento dell'etica. B) In un senso diverso da quello fin qui considerato, si può parlare di « naturalismo » di tutta quanta la filosofia greca, nella misura, almeno, in cui ad essa è rimasto ignoto il concetto di soprannaturale, contenuto nel messaggio cristiano. Infatti, anche l'Intelligibile platonico (rldea) cosl come l'aristotelica .forma e la stessa Intelligenza sono una particolare physis (cfr. voce). NAVIGAZIONE, Seconda (1ìEIJotEpoç1tÀ.ouç) ~ espressione usata da Platone per indicare il processo di pensiero che l'ha portato alla scoperta del wprasensibile, ossia delle Idee, per le ragioni che spieghiamo in II, 63 sgg. (si vedano i testi che riportiamo in II, 64 sgg.). In questa nostra opera abbiamo assunto tale espressione come emblematica, dato che riassume efficacemente la rivoluzione platonica del pensiero « fisico » e la fondazione di quello che successivamente si dirà metafisica. La « seconda navigazione » esprime sostanzialmente quello che, con espressione tecnica, chiamasi inferenza me/empirica (cfr. Inferenza)._ Si veda iù mutato significato dell'espressione in Filone di Alessandria, nel passo che riportiamo in IV, 288. N E C E ·S SA RIO (&;vayxa~oç) Del necessario si può distinguere: l) un significato ontologico e 2) uno logico. l) In senso antologico dicesi necessario « ciò che non può essere diverso da come è» (Aristotele, Metafisica, A 5, 1015 a 33 sgg.). 2) In senso logico è necessaria la dimostrazione, o meglio la sequela sillogistica, appunto perché, poste le premesse, queste non possono non essere causa deLle conseguenze (cfr. II, 554 sgg.). _ Aristotele precisa, inoltre, che delle cose necessarie alcune hanno fuori di sé la causa della loro necessità, altre in sé. Di per sé necessario è ciò che è semplice, giacché per sua natura esso non può essere in diverso stato, ossia diverso da come è. Strutturalmente necessari sono gli enti eterni ed immohili (cfr. Metafisica, A 5, 1015 b 9 sgg.).
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NAVIGAZIONE/NEOPLATONISMO
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N E C E S S I T À , cfr. Ananke. N E G AZ I O N E (li1t6q>acnç)
Aristotele chiama negazione il giudizio (e la rdativa proposizione} in cui si disgiunge qualcosa da qua/cos'altro, ossia si esclude che un predicato appartenga ad un soggetto (II, 552). NEMESI (NÉ!J..EO"l.t;) È la divina punizione e la vendetta celeste della hybris umana~ La comprensione del significato della Nemesi presuppone la comprensione dell'esatto significato della hybris; pertanto rimandiamo a questa. voce.
NEOACCAD·EMIA È cosl denominata l'Accademia da Arcesilao a Carneade, cioè l'Ac-cademia scettica (III, 499-519). Cfr. Accademia.
N E O ARI STO T E ·L I S M O
Gosl può denominarsi la filosofia di Alessandro di Afrodisia, perle ragioni che spieghiamo in IV, 39 sgg. (Cfr. anche Aristotelismo) .. NEOCINISMO
Con questo termine si può intendere _ ma con molta cautela - la rinascita dehla filosofia cinica nei primi secoli dell'era cristiana. All'interno del neocinismo sono distinguibili una corrente stoicheggiantereligiosa (IV, 218-226) ed una corrente radicale (IV, 227-235). Il termine si giustifica, però, solo in parte, in quanto il cinismo, nella sua rinascita, non guadagna idee nuove e non si rinnova teoreticamente. Per un inquadramento generale cfr. Cinismo e, per l'aspetto storico ebibliografico, la voce Cinici, nella Parte II. NEOPITAGORISMO
Cosl si denomina, in generale, il pitagorismo che rinasce in età ellenistica e imperiale. A nostro avviso sarebbe invece opportuno denominare neopitagorismo, solo il secondo momento di questa rinascita, che inizia alla fine dell'era antica e si sviluppa nei primi due secoli dell'età imperiale, risel'bando per la .fase precedente la quallifìca dr mediopitagorismo, per le ragioni che spieghiamo in IV, 371 sgg. Cfr. voce Mediopitagorismo, e, per un prospetto generale, la voce Pitago-rici nella Parte I I. NEOPLATONISMO È cosl denominato il ripensamento del platonismo, tn!Zlatosi nei
primi anni del m secolo d.C. nella scuola di Alessandria di Ammonio Sacca, sistematicamente fondato nella scuola di Roma di Plotino e sue-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
-cessivamente sviluppatosi in diverse scuole e tendenze fino al VI secolo .d.C. Di questo movimento diamo un quadro sintetico completo in IV, ·620 sgg.; cfr. anche la Parte II, voce Neoplatonici. Le novità di fondo del neoplatonismo, rispetto alle precedenti forme di platonismo, sono le seguenti: l) la introduzione della teoria della processione (già messa a punto da Plotino e vieppiù approfondita fino a raggiungere la sua più completa formulazione in Proclo ), in base a cui i vari piani della realtà (le varie ipostasi) vengono strettamente collegati e fatti derivare l'uno dall'altro; 2) la deduzione dal principio primo della stessa materia e quindi la radicale e totale deduzione del mondo fisico dal mondo soprafisico; 3) un senso molto accentuato deLl' unità di tutte le .cose, concepite, in varia maniera, come teofanie, manifestazioni del divino; 4) la risoluzione dell'etica nella mistica e la trasformazione del concetto di assimilazione al Divino in quello di estasi. Per le quattro tendenze fondamentali del neoplatonismo _ a) quella puramente teoretica, b) quella speculativo-teurgica, c) quella accentuatamente teurgica e d) quella erudita _ cfr. quanto diciamo in IV, 623 sgg. e 639 sgg., passim. Non è possibile comprendere lo sviluppo del neoplatonismo postplotiniano, senza comprendere il significato che la teurgia, diffusa soprattutto dagli Oracoli Caldaici (IV, 444-456), riveste nella tarda .antichità. NEOSCETTICISMO Cosi può denominarsi la fase dello scetticismo che va da Enesi'demo a Sesto Empirico. Si potrebbe anche denominare neopirronismo. Per i caratteri del neoscetticismo e le diverse forme che esso assume ·cfr. IV, 151-212. Per il prospetto generale cfr. voce Scetticismo. NEOSTOICISMO Cosi è denominata l'ultima stagione della filosofia della Stoa, sviluppatasi a Roma con Seneca, Musonio, Epitteto e Marco Aurelio. Per i ·caratteri peculiari di questa corrente cfr. IV, 74 sgg. NICHILISMO Con questo termine può denominarsi ogni tentativo che in qualunque modo tenti di mettere in crisi la stabilità antologica del reale, -ossia di negare la fermezza dell'essere delle cose. _a) Tale è, in primo luogo, l'eraclitismo di Cratilo (cfr. I, 74 ), contro cui polemizzano Platone nel dialogo omonimo ed Aristotele nel libro r della Metafisica. - b) Nichilista è Gorgia in maniera addirittura programmatica, nel suo celebre scritto Della Natura o del Non-essere. Le tesi della me-antologia gorgiana si vedano in I, 243-249. _ c) Un particolare specie di nichilismo può considerarsi anche lo scetticismo pirroniano, sia nella sua
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NEOSCETTICISMO/NOME
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forma originaria, sia nella sua riproposta in età imperiale, per le ragioni che mostriamo in III, 474 sgg.; 479 sgg.; IV, 156 sgg.; 175 sgg. N 0 E R O S ( voEp6c;)
Significa ciò che implica strutturalmente attività mentale, ossia intelligenza. È termine divenuto tecnico nella tarda antichità, soprattutto nel neoplatonismo. Platino aveva incluso nella seconda ipostasi, detta Nous (Spirito), intelligenza ed intelligibile, come due momenti strutturali della medesima. I Neoplatonici posteriori da questa ipostasi ne trassero molteplici, proprio erig~ndo in ipostasi ciascuno dei due momenti costitutivi dello Spirito: quello in cui predomina l'intelligenza, che chiamarono appunto intellettuale, e quello propriamente intelligibile, e ulteriormente ponendo, a guisa di termini di mediazione, perfino ipostasi intelligibili-intellettuali. Cfr. Giamblico, IV, 647 sgg.; Teodoro di Asine, IV, 653 sgg.; Proclo IV, 671 sgg. N O ES I (v6T}cnc;) Il termine indica pensiero e conoscenza, e, in particolare, la conoscenza più elevata, di carattere prevalentemente immediato. In Platone coincide con quella forma di pensiero o conoscenza che coglie le Idee (II,199). _ N6esis noéseos è denominato da Aristotele il pensiero divino che pensa se medesimo, per le ragioni che spieghiamo in II, 443 sgg. Cfr. voce Nous. N O M E (5vo(.l.a) È una voce che esprime la nozione di una cosa. La problematica del significato filosofico del nome e del linguaggio è chiaramente presente già nei Fisici presocratici (dr., ad esempio, quanto dice Parmenide in I, 125), nei Sofisti (cfr. Gorgia in I, 247 sgg. e Prodico di Ceo in I, 256 sg.), nel metodo dialettico socratico e in Antistene (cfr. ri·spettivamente I, 355 sgg. e I, 392 sg.). _ Il primo scritto sistematico sul problema è però il Crati/o di Platone, dove si sostiene la tesi della non convenzionalità o naturalità del nome: « [ ... ] le cose hanno il loro nome da natura, e [ ... ] non ognuno è artefice dei nomi, bensl solo quello che, riguardando al nome che da natura ha ciascuna cosa, sia capace di esprimere l'idea di questa nelle lettere e nelle sillabe >> (390 e). Il nome è quindi << strumento didascalico che serve a discernere l'essenza delle cose » (338 b-e). Il nome, dunque, imita coi suoni le cose ·e ne rispecchia l'essenza. L'imitazione è tuttavia, come tale, imperfetta, cosicché non si dovrà passare attraverso i nomi per giungere alle essenze delle cose, ma viceversa. _ Aristotele sostiene, invece, la convenzionalità dei nomi. Ecco un eloquente passo: «Il nome è [ ... ] suono della voce, significativo per convenzione, il quale prescinde dal
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LESSICO E INDICE DEI COI'ICETTI
tempo ed in nessuna parte è significativo se considerato separatamente [ ... ].Abbiamo detto per convenzione, in quanto nessun nome è tale per natura. Si ha un nome, piut.I:Qsto, quando un suono della voce diventa simbolo, dal momento che qualcosa viene altresì rivelato dai suoni inarticolati _ ad esempio delle bestie _ nessuno dei quali costituisce un nome» (De interpreta/ione, 2, 16 a 19 sgg.; cfr. anche Elenchi sofistici, 165 a 6 sgg.). _ Sul fondamento naturale dei nomi insiste, per contro, Epicuro, per le ragioni che spieghiamo in III, 186 sg. _ Per la problematica del nome nella Stoa cfr. III, 336 sgg. e 340 sgg. _ Per l'inadeguatezza del nome ad esprimere l'essenza di Dio, soprattutto nell'ambito della filosofia dell'età imperiale, cfr. la voce Ineffabile. NOM IN AL·I SMO Il nominalismo indica una dottrina (sviluppatasi in seguito alla disputa degli universali), la quale tende, al limite, a ridurre l'universale (ontologico e logico) al nome e alla sua funzione. Nell'antichità si possono trovare alcune istanze nominalistiche ante litteram in Antistene (I, 392 sg.). _ Ad un tempo concettualistica e nominalistica è la logica stoica, per le ragioni che spieghiamo in III, 336 sgg.
N O M O S , cfr. Legge. NOMOTET•A Nomoteta significa colui che pone e dà la legge. Nessuno dei filosofi greci ha concepito Dio come nomoteta. _ Filone di Alessandria desume invece dalla Bibbia questo concetto, che è rivoluzionario rispetto alla mentalità filosofica greca. _ Il concetto di Dio come nomoteta suppone un sovvertimento oltre che del concetto greco di Divinità, anche del fondamento stesso deLla legge morale. Per il Greco il fondamento della legge morale è la natura (la natura in generale e la natura dell'uomo in particolare), oppure è Dio, ma non come Rivelatore di una sua volontà, bensl come oggetto autonomamente conosciuto e contemplato dall'uomo (allo stesso modo in cui la natura è autonomamente conosciuta e contemplata dall'uomo). N O N - E S S E R E (!-Li! ov) Il concetto di non-essere nella storia del pensiero greco ha assunto diversi significati e, conseguentemente, diverso rilievo speculativo. l} Fra i Fisici presocratici il problema ded non-essere è posto dagli Eleati che lo intendono come il puro negativo che assolutamente si oppone al puro positivo che è l'essere (ossia lo intendono, per usare una terminologia posteriore, come il contraddittorio dell'essere). Sulle impli-
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NOMINALISMO/NOUS
canze di questa dottrina cfr. I, 120 sgg. 2) Di genesi eleatica, anche se rovesciato contro l'eùeatismo melissiano, è il concetto di non-essere <:ui Gorgia dedica un suo famoso scritto, come mostriamo in I, 245249. 3) È merito soprattutto di Platone l'aver portato l'ontologia definitivamente fuori dalle secche dell'eleatismo, mostrando, a) come esista un metaxu o intermedio (cfr. voce) fra essere e nulla, vale a dire il aivenire e soprattutto b) mostrando come esista il non-essere nel sen.so di altro o dtverso, compiendo cosi il celebre « parricidio di Parmenide », su cui cfr. II,139sgg. 4) Aristotele ha poi redatto addirittura, insieme alla tavola dei significati dell'essere, una tavola dei diversi significati del non-essere, che ne comprende tre, come illustriamo in II, 417. 5) Con Plotino la concezione del non-essere si fa più complessa, potendosi parlare di un non-essere come di ciò che è al di sopra aell'essere, ossia che trascende l'essere stesso (l'Uno), oppure di un non-essere che è al di sotto deU'essere. Nel primo significato il non-essere è, in realtà, una sorta di super-essere, ossia la fonte stessa da cui deriva l'essere. Nel secondo significato è invece privazione di essere. In questo senso è non-essere la materia (cfr. IV, 559 sgg.). NOUMENO (voo~vov) Per Sesto Empirico è la percezione dell'intelletto, vale a dire ciò che appare all'intelletto, cosi come il fenomeno è ciò che appare al .senso. Noumeno, nella filosofia antica, ha dunque un significato del tutto diverso da quello che ha assunto da Kant in poi (IV, 197 sgg.). N O U S (vovç) Questo termine viene comunemente tradotto con intelletto (o anche mente, intelligenza e pensiero). La traduzione, però, per quanto sia di per sé corretta, richiama al lettore moderno una problematica prevalentemente gnoseologica e psicologica, mentre ~'area semantica
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
chisce delle acquisizioni della « seconda navigazione », e quindi si sposta sul piano metafisica. - a) Nous è l'anima razionale, sovraordinata gerarchicamente a quella concupiscibile ed irascibile e per la prima volta concepita come immateriale, affine alle Idee (Il, 223 sgg.; 301 sgg.). Nel Timeo l'anima razionale, che è prodotto dell'attività del Demiurgo, a differenza delle parti irrazionali è immortale (Il, 182sgg.). Dal Nous, « divino occhio dell'anima », dipendono la conoscenza delle Idee e del Bene, quindi la virtù, la morale e la «politica» (platonicamente intesa) e, in generale, i destini dell'uomo (Il, 223-244; 301 sgg.). _ b) Ma c'è anche un Intelletto proprio dell'anima del mondo (un Nous cosmico), come chiaramente risulta dal passo del T imeo che riportiamo in Il, 173sg. E Intelligenza (suprema intelligenza ordinatrice del cosmo) è il Demiurgo, che è un Dio (II,184sgg.). È però da notare che, in Platone, il mondo delle Idee, l'Intelligibile, è superiore gerarchicamente all'InteLligenza, in quanto è regola e condizione della stessa Intelligenza. 3) Ancor più avanti si spinge Aristotele. - a) La introduzione dell'anima vegetativa e dell'anima sensitiva porta lo Stagirita ad esaltare, a livello antropologico, l'eccellenza di quella razionale, del nous, che egli concepisce come non mescolato al corpo, ossia come immateriale, e quindi, come tale, capace di essere luogo delle forme ideali. Il nous umano è realtà di per sé impassibile, proveniente « dal di fuori », ossia trascendente, immortale, divina (cfr. la documentazione che riportiamo in II, 476 sgg.). La celebre distinzione fra intelletto potenziale e intelletto attuale è da intendersi alla luce della generale dottrina della potenza ed atto e non sembra avere quella ampiezza e quella portata che le daranno i successivi commentatori ed esegeti di Aristotele (cfr. quanto diciamo in merito in II, 479 sgg.). Lo Stagirita definisce quindi l'essenza dell'uomo (l'io, come diciamo oggi; il « noi », come dicevano gli antichi) non genericamente come psyché (come Socrate e Platone), ma spedficamente come Nous (cfr. documentazione in II, 494 sg.). _b) A livello cosmologico è da rilevare la funzione delle cinquantacinque sostanze motrici delle sfere celesti dei pianeti, che sono, con ogni evidenza, Intelligenze, come risulta dal cap. 8 del Hbro xn della Metafisica, passim (cfr. II, 445 sg.). - c) A livello metafisica-teologico, l'Intelligenza è presentata come l'essenza stessa dell'Assoluto: una Intelligenza che è intelligenza di se medesima, che costituisce, cioè, essa stessa il proprio intelligibile (cfr. II, 443 sg.). Se, dunque, quella platonica è una metafisica dell'intelligibile, ossia della Forma e dell'Idea, quella di Aristotele può essere definita come metafisica dell'Intelligenza (Il, 388 sgg.). 4) In età ellenistica l'intelligenza è interpretata in chiave corporeistica, e quindi perde la sua
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NOUS
rilevanza e sporgenza metafisica. Restano, però, le precedenti valenze antropologiche, cosmologiche e fisico-teologiche, visibili soprattutto nello stoicismo, che ritiene l'egemonico (l'anima razionale) un frammento dell'intelligenza divina, e fa di quest'ultima il principio attivo e costitutivo dell'universo (III, 355 sgg.; 362 sgg.; 383 sg.). 5) Con la riscoperta dell'incorporeo, in età imperiale (medioplatonismo e neopitagorismo), la metafisica dell'intelligenza procede ad ulteriori acquisizioni, tramite il tentativo di sintetizzare le istanze platoniche e quelle aristoteliche. _ a) In primo luogo è da rilevare come, in questo periodo, si tenda a differenziare più che in passato il Nous dalla Psyché ed a sottolineare marcatamente la sovraordinazione gerarchica del primo rispetto alla seconda (IV, 341 sgg.). È questa una concezione che influenza _ fra altri addirittura lo stoico Marco Aurelio (IV, 133 sgg.). _b) In secondo luogo, si tende a stabilire una gerarchia di Intelligenze: quella suprema (che coincide col primo Dio) e quella dell'Anima del mondo (che viene detta secondo Dio) (IV, 342 sgg.; 416 sgg.). _c) Ma soprattutto è degna di rilievo la trasformazione delle Idee in pensieri di Dio, e precisamente nei pensieri del primo Intelletto che pensa se stesso (cfr. IV, 336 sgg.; si vedano in particolar modo i passi riportati in IV, 339). Sull'importanza che ha avuto Filone, a questo riguardo, cfr. IV, 284 sgg. _ d) Proprio sulla sporgenza metafisica che ha il Nous nell'uomo viene fondata la possibilità della «assimilazione a Dio» (IV, 359), che in età imperiale diviene il comandamento morale essenziale. 6) Anohe nei più famosi documenti dedla gnosi pagana, nei Trattati ermetici e negli Oracoli Ca/daici, l'Intelletto gioca un ruolo fondamentale. Si veda, ad esempio, la gerarchia degli Intelletti e la funzione loro attribuita nel Poimandres (IV, 437 sg.) e lo stretto rapporto fra intelletto e salvezza nell'uomo (IV, 439 sgg.). Si veda anche il rilevante ruolo che gioca il Nous a livello teologico negli Oracoli (IV, 446 sgg.) e, in particolare, la dottrina mistica del« fiore dell'intelletto» (IV, 451 sg.). 7) Un posto di primo piano nella storia del concetto di intelletto occupa Alessandro di Afrodisia, il quale distingue nell'uomo: a) un intelletto materiale, puramente potenziale; b) un intelletto in habitu, ossia un intelletto che, mediante ~a realizzazione della sua potenzialità, possiede l'abito del pensare; c) l'Intelletto• agente o produttivo viene invece identificato con Dio. _ d) L'intelletto che «viene dal di fuori» (nous thurathen) diventa come l'impronta delù'Intelletto agente sulla nostra Anima, che rende l'intelletto nostro da potenziale a intelletto in habitu (si veda la documentazione in IV, 43 sgg.). Contrariamente a quanto per molto tempo si è creduto, Alessandro ammette una sorta di immortalità (impersonale), che solo per merito dei più recenti studi è stato possibile comprendere (IV, 48 sgg.).
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8) Con Plotino, poi, il Nous diventa una ipostasi, concepita come una sintesi di essere, pensiero e vita. Il termine più corretto per tradurre il Nous plotiniano è quello di Spirito. La dottrina plotiniana del Nous fonde mirabilmente tutte le istanze della dottrina platonica ed aristotelica e le porta alle loro ultime conseguenze, come mostriamo in IV, 527-542. Con Plotino, però, mentre si fa nettissima la distinzione fra Nous e Psyché, che sono due differenti ipostasi, emerge una terza ipostasi (di cui ci sono, in precedenza, solo vaghe anticipazioni, soprattutto fra i Neopitagorici), superiore allo stesso Nous, ossia l'Uno. L'esatta comprensione del Nous plotiniano implica, pertanto, una adeguata comprensione dell'Uno da cui è generato, cosl come quella del1'Anima che esso genera, e, in modo particolare, implica un adeguato approfondimento del concetto di processione (IV, 519 sgg.; 527 sgg.; 543 sgg.; 606 sgg.). Il successivo neoplatonismo spezza l'unità della ipostasi del Nous, facendo di quelle che in Plotino erano determinazioni concettuali altrettante ipostasi, e poi distinguendo, anche all'interno di queste, ulteriori ipostasi (dr. Amelio, IV, 626 sgg.; Porfirio, IV, 628 sgg.; Giamblico, IV, 645 sgg.; Teodoro di Asine, IV, 653 sgg.; Proclo, 671 sgg.; Damascio, IV, 686 sgg.). Cfr. la voce Noer6s. NULLA , dr. Non-essere. N U L L l T À (oùliÉvtr.a.) Quello della nullità è un tema che si trova in Filone di Alessandria in riferimento soprattutto all'uomo, e consiste nel comprendere a fondo che ciò che abbiamo e siamo, dipende interamente da Dio. La presa di coscienza della propria nullità coincide con l'incontro dell'uomo con Dio creatore (IV, 306). _ ~ peraltro da rilevare che, sfruttata in tutt'altro senso, la tematica della nullità dell'uomo si trova già prima, in ambiente greco, in Pirrone (III, 477) e nella tradizione scettica. _ Si vedano, inoltre, i numerosi spunti di questa tematica in Marco Aurelio (IV, 127 sgg.). Cfr. anche la voce Vanità.
NUMERO (ap~DJ.L6~) Nell'evoluzione della concezione greca del numero che interessa H pensiero filosofico, si possono distinguere almeno cinque tappe. l) La prima è quella rappresentata dai Pitagorici antichi in cui predomina una concezione arcaica del numero di carattere aritmo-geometrico, di cui diciamo in I, 90-98. Già in questa fase, però, vengono guadagnate alcune prospettive, destinate ad avere notevoli sviluppi metafisici, quale ad esempio quella del numero come sintesi di limite ed illimite su cui cfr. I, 93 sgg. - 2) Platone concepisce i numeri a due livelli: a)
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NULLA/OMEOMERIE
come numeri matematici, intesi come enti che occupano il gradino più basso nella gerarchia del mondo ideale (e quindi come metaxu o intermedi) e b) come Numeri ideali, ossia come quei Numeri dai quali derivano le stesse Idee, di cui diciamo in II, 115 sgg. _ 3) Per Aristotele i numeri diventano enti di ragione ossia enti astratti come mostriamo in II, 482 sgg. - 4) L'evoluzione della dottrina del numero raggiunge il suo acme con il neopitagorismo, in cui al numero stesso vengono date ben tre diverse valenze: a) una metodologica; b) una metafisica; c) una teologica di cui diciamo in IV, 394 sgg. _ 5) Ricordiamo da ultimo l'originale ripensamento plotiniano della dottrina del numero in chiave metafisica, all'interno dehla .processione ipostatica, di cui diciamo in IV, 540 sg. e da cui deriverà la successiva dottrina delle Enadi (IV, 671 sgg.).
o O C H E M A, cfr. Veicolo. O F F I C I U M, cfr .. Kathekon. O I K E I O S I S (ol.xEI.wcnc;, conciliatio) ~ l'istinto primigenio di conservazione, che gli Stoici pongono alla base della loro etica. Tale istinto si caratterizza come la costante tendenza ad appropriarsi il proprio essere e tutto quanto è atto a conservarlo (III, 390 sgg.). L'oikeiosis diventa, così, il prindpio cardine da cui viene dedotta .tutta l'etica stoica: bene è ciò che conserva il nostro essere e lo incrementa, male è ciò che lo danneggia e lo diminuisce (si vedano i testi e le spiegazioni che diamo in III, 394 sgg.). Anche nella deduzione degli indifferenti (cfr. voce) l'oikeiosis gioca un ruolo fondamentale (III, 398 sgg.). Si veda il passo del Pohlenz ohe riportiamo in III, 391, nota 5, e, rper un ulteriore approfondimento, l'articolo di S.G. Pembroke, che citiamo in III, 392 in nota. O L I G ARCHI A, cfr. Governo, forme di. 0 M E 0 M ERI E (-rà
6JJ.O~QllEpTJ)
Il termine significa, alla lettera, cose che hanno parti similari. Per Anassagora sono le realtà che costituiscono il principio materiale di tutte le cose. Sono così denominate, in quanto, ciascuna di esse, se divisa, dà sempre come risultati parti qualitativamente identiche (1, 164). Si veda, per la questione dell'origine del termine e per la com-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
plessa problematica ontologica che il concetto di omeomeria suppone, quanto diciamo in I, 162 sgg. O M O N I M O (6p.WVVtJ.oç) Ecco la definizione aristotelica: «Omonimi si dicono quegli oggetti, che possiedono in comune il nome soltanto, mentre hanno differenti discorsi definitori, applicati a tali nomi» (Categorie, 1,1 a l sgg.). Gli omonimi hanno dunque in comune soltanto il nome, mentre la loro essenza e la loro nozione definitoria sono del tutto diverse (per esempio, «cane» è un animale, una parte del fucile, una costellazione). _ I termini omonimi sono dunque equivoci. _ L'opposto di omonimo è sinonimo (cfr. voce). _ I polivoci non sono necessariamente omonimi (cfr. voce Polivoco). - Per l'importanza di questi concetti nella problematica antologica di Aristotele, cfr. II, 411 sgg. ONORE ('l'I.IJ.TJ) Per quanto sia stato abitualmente considerato dagli antichi come uno dei beni fondamentali connessi alda vita sociale, già a partire da Socrate e dalla sua scuola, e soprattutto da Platone, esso venne ridimensionato in seguito al processo di interiorizzazione dei valori etici. Nella Repubblica, la smodata ricerca di onori costituisce il carattere distintivo di una delle forme di costituzione corrotta, e precisamente la prima, che si chiama, appunto, timocrazia (II, 319 ). Anche Aristotele nega che ~'onore possa essere un saldo bene e quindi fine della vita, come, invece, lo era per molti Greci (Il, 492). In questa linea si muovono tutte le etiche dell'età ellenistica, con punte di estremismo provocatorio nei Cinici, che proclamano addirittura la mancanza di onore e di gloria come un bene prezioso (cfr. voce Adoxia). ONTOLOGIA È la dottrina dell'essere (cfr. voce). Ricordiamo che l'antologia, in quanto mira alla totalità dell'essere, ossia all'intero dell'essere e non ad una sua rparte, corrisponde, in generale, alla metafisica. Volendo determinare con precisione il rapporto fra i due termini, si può dire che, in senso stretto, l'antologia non implica necessariamente la trascendenza, mentre la metafisica la implica. Pertanto ogni forma di metafisica è necessariamente antologia, mentre non ogni forma di antologia è necessariamente metafisica in senso forte ( = non ogni forma di antologia sfocia nella trascendenza). Tuttavia, in senso lato, anche l'antologia non trascendentistica può essere detta metafisica, se e nella misura in cui pretende di esaurire l'intero. Cfr. le ulteriori precisazioni che facciamo alla voce Metafisica.
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OMONIMO/ ORGANICISMO
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O P I N I O N E , cfr. Doxa. O P P O S I Z I O N E , O P P O S T I (-.à. av..,.xdJ.J.EW.t) È termine che indica in modo generico un rapporto di esclusione fra due o più oggetti. L'opposizione può essere radicale, cioè senza la possibilità di termini intermedi (come per esempio l'opposizione fra essere e non-essere), e allora prende il nome di contraddizione; oppure può essere più attenuata, cioè può ammettere termini intermedi (come per esempio l'opposizione fra bianco e nero, che ammette come intermedio il grigio) e allora prende il nome di contrarietà (cfr. voce). Opposti sono anche, per Aristotele, i relativi, nonché il possesso e la privazione (cfr. Categorie, 10, passim). OR A C O L I C A L D A I C I (xa.).lia.~xà. My~a.) Sulla genesi, sul presunto autore, sulle dottrine e sul significato storico e filosofico dell'opera che porta questo nome (giuntaci in frammenti) diciamo con ampiezza in IV, 444-456. OR D I N E , cfr. Cosmo; Misura. ORFISMO È un movimento religioso (sviluppatosi in Grecia a partire dal VI secolo a.C. e fiorito, sia pure con varia fortuna, fino al VI secolo d.C.), che trae il nome dal poeta Orfeo, considerato dai seguaci come il fondatore. _ Per la caratterizzazione, la discussione della problematica e la valutazione delùe influenze di questo movimento religioso assai importante si veda l'Appendice I del vol. I, passim. ORGANICISMO l) Con questo termine si può denominare quella concezione che assimila la natura del cosmo a quella di un organismo vivente e lo interpreta di conseguenza. In questo senso furono organicisti non solo la maggior parte dei Naturalisti presocratici, ma anche Platone (cfr. soprattutto la cosmologia del Timeo, di cui diciamo in 11,176sgg.), e, in proporzione ancor maggiore, gli Stoici (III, 350-358), e, poi, anche Plotino e quindi i Neoplatonici (IV, 559 sgg.). 2) In gnoseologia, può essere detto organicistico quel tipo di concezione che ritiene che la conoscenza di una nozione implica strutturalmente la conoscen· za della totalità dei rapporti positivi e negativi che la collegano con tutte le altre. Cosi è stata denominata da alcuni interpreti la gnoseologia di Speusippo (III, 104 sg.). È peraltro da notare che anche la dialettica platonica, in debita misura, può essere intesa come una concezione di tipo organicistico (Il, 200 sgg.).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ORGANO D IRE TTI VO, cfr. Egemonico. ORGANO N (opyavov) Con questo termine, che significa strumento, è stato designato il complesso degli scritti logici di Aristotele, sulla cui struttura cfr. II, 545 sgg. Malgrado non sia aristotelico, il termine esprime bene il carattere proprio della logica, che non rientra nel quadro delle scienze (II, 543 sg.), ma è una propedeutica alle medesime, destinata a fornire i mezzi (gli strumenti, appunto) necessari per affrontare t]'indagine scientifica. O R I G I N E , cfr. Arché. OTTIMISMO È un termine moderno che indica la concezione della fondamentale positività del principio o dei principi primi e quindi della fondamentale bontà della realtà che ne deriva in tutte le sue manifestazioni, sia come cosmo, sia come vita. L'ottimismo risulta strutturalmente legato aHa concezione finalistica della realtà. Sono quindi ottimisti, fra i Fisici, soprattutto Anassagora che fa tutto dipendere dal Nous divino (I, 167 sgg.) e la corrente dei Fisici eclettici facente capo a Diogene di Apollonia, che pone in primo piano il telos (I, 189 sgg.). L'ottimismo socratico è evidente soprattutto nella concezione di Dio come Provvidenza (I, 340 sgg.). Le formulazioni più notevoli sono quelle di Platone (che pone al vertice d eH' essere proprio l 'Idea del Bene, e nella bontà del Demiurgo e nel Bene addita la causa dell'origine del cosmo; cfr. II, 173sg.; 184 sgg.), nonché quella di Aristotele (che pone il fine come causa universale ed interpreta la causalità del Motore Immobile come una forma di attrazione che il perfetto esercita su tutte le cose; cfr. II, 441 sgg.). - Anche in Platino, malgrado alcune incertezze, prevale la concezione ottimistica, come risulta, oltre che in generale dai suoi principi metafisici, anche dalla precisa dimostrazione della positività del mondo corporeo e soprattutto dalla polemica antignostica a questo riguardo (IV, 571 sgg.). Anche nelle filosofie immanentistiche dell'età ellenistica predomina, in ultima analisi, un pacato ottimismo, nella misura in cui predominano le seguenti convinzioni: a) che la verità è conoscibile; b) che nel mondo c'è posto per l'uomo e per •la sua felicità; c) che la felicità dipende dalle scelte dell'uomo; d) che, quanto a felicità, l'uomo può addirittura (almeno in relazione alla qualità, se non alla quantità) non avere nulla da invidiare agli Dei (cfr. vol. III, passim). Cfr., peraltro, quanto diciamo alle voci Disteleologia, Nichilismo, Pessimismo.
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ORGANO DIRE'iriVO/OUSIA
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O USI A (ovuW.) Il termine ousia è uno dei più difficili da rendere in lingue moderne, appunto perché, in greco, è carico di valenze talmente diverse, che i linguaggi moderni non sanno più accomunare e, quindi, non sanno più rendere con un unico termine. Si comprende, pertanto, come i traduttori non si trovino d'accordo nel rendere il termine ousia ed oscillino fra soluzioni diverse, e, comunque, si mostrino poco soddisfatti di qualsiasi soluzione. Fortunatamente, l'italiano, su questo punto, fa un poco eccezione, perché, nella nostra lingua, il termine sostanza ha un largo uso anche nel parlare comune (assai più largo che non in altre lingue moderne). L'unico difetto del termine sostanza è che esso non ha legami glottologici con il termine essere, mentre in greco ousia Ii ha (deriva dal participio presente femminile o?iua ). Se noi volessimo mantenere •lo stesso gioco di legami glottologici, dovremmo tradurre ousia con « entità» (in inglese « entity », in tedesco « Wesenheit », dal principio passato di sein, ge-wesen). Ma il termine « entità », nella nostra lingua, suona del tutto generico ed è, per giunta, ben !ungi dal ricoprire l'area semantica del termine ousia, e, pertanto, non può essere utilizzato. Che cosa intendiamo, infatti, in italiano, con il termine sostanza? Quando noi usiamo il termine in locuzioni come le seguenti: «quella medicina contiene le tali sostanze », « quell'oggetto è costituito dalla tale sostanza o è fatto della tale sostanza», ed altre di questo genere, noi intendiamo con « sostanza » gli elementi o i componenti che costituiscono le cose, il ciò di cui le cose son fatte, ossia la loro materia. ·Per contro, quando noi usiamo il medesimo termine in espressioni del seguente tenore: « il tal scritto significa in sostanza questo ... », « i•l tal discorso ·vuoi dire in sostanza questo ... », « la sostanza della discussione si riduce a questo ... », e, in genere, quando usiamo l'espressione «in sostanza», noi intendiamo con il termine «sostanza » l'essenza, il nucleo principale ed essenziale, il quid ultimo caratterizzante la cosa. Infine, per influsso del linguaggio filosofico, parliamo anche di « sostanze individue concrete e determinate », per indicare le diverse realtà individue. Come si vede, col termine « sostanza» noi indichiamo un arco di significati che va dalla materia, all'essenza, aH'individuo concreto. _ Ora, per Aristotele, ousia, in generale, indica il significato principe dell'essere, ma poi, in particolare, include questo medesimo arco di significati sopra illustrati, sia pure con inevitabili sfumature di differenze. Per Aristotele ousia, in senso debolissimo e improprio, è la materia; in senso forte, è la forma; infine, è anche il sinolo. Per tutte le implicanze metafisiche di questi significati e per la delucidazione della struttura della usiologia aristotelica, cfr. II,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
424-436. _ Prima di Aristotele (che ha fornito la dottrina di gran lunga più complessa ddl'antichità e forse di tutti i tempi), ousia, in Platone significa l'Idea e l'Essere soprasensibile dell'Idea (Il, 75; 82 sgg.). - Dopo Aristotele, ndla speculazione della Stoa e in alcuni pensatori influenzati della Stoa, l' ousia significa, invece, la materia o sostanza materiale. - In Plotino ousia serve ad indicare soprattutto quell'essere che è momento costitutivo dello Spirito, ossia della seconda ipostasi.
p PADRE (1ta-ti)p) E termine che Platone nel Timeo, 28 c, attribuisce al Demiurgo, denominandolo « fattore e padre di questo universo». Perciò il Demiurgo è padre, in quanto fattore. _ Filone di Alessandria con « padre» esprime, oltre che l'attività demiurgica di Dio, quella creatrice: per lui il Dio-padre è il Dio che crea dal nuUa. _ La tradizione platonica riprende questo termine, amplificandolo in vario modo. - In Piotino, ad esempio, designa tanto
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PADRE/PAMPSICHISMO
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periore educazione filosofica. In effetti, la nascita deHa filosofia in Grecia ha sostanzialmente modificato il tradizionale quadro della paideia. - Già i Sofisti giocano un ruolo fondamentale nell'imporre la filosofia come energia educativa essenziale. - Ma l'acquisizione diventa irreversibile con Socrate e soprattutto con Platone, il quale, con la sua scuola, l'Accademia, oltre che con i suoi scritti, impone la prospettiva di cui abbiamo detto. I veri maestri di formazione umana e di vita, diventano, così, non più i poeti, ma i filosofi. - I'l messaggio educativo di fondo della filosofia greca si può riassumere nella scoperta della enorme energia formativa della contemplazione, di cui diciamo in I, Appendice II, passim, contemplazione che in Plotino diventa addirittura forza ontogonica, formatrice della realtà, oltre che della umanità. _ Sulle tappe, le istituzioni, lo spirito e l'evoluzione della paideia greca si vedano le seguenti fondamentali opere: H.I. Marrou, Histoire de l'éducation dans l'antiqutté, Paris 19646 (traduzione italiana di U. Massi, Editrice Studium, Roma 19662 ); W. Jaeger, Paideia, Die Formung des griechischen Menschen, 3 voli., Berlin-Leipzig 19341947 (traduzione italiana di A. Setti, La Nuova Italia, Firenze 19361959, più volte riedita). Quest'ultima opera, malgrado certi squilibri, resta un capolavoro nel suo genere. P A L I N GENESI (1taÀ.~ntvtcrl.a) Significa rinascita o rigenerazione. Nella tarda tradizione platonica indica la metempsicosi (cfr. voce). _ Nella filosofia degli Stoici indica la periodica rigenerazione e ricostituzione del cosmo che fa seguito alla ekpjrosis (cfr. voce) o conflagrazione universale (III, 381 sgg.). Al concetto di palingenesi si connette, nella Stoa, quello di apocatastasi (cfr. voce). PAMPSICHISMO È termine moderno che indica la riduzione della realtà fisica all'anima e alla sua attività. Una forma di pampsichismo può considerarsi il neoplatonismo, specie nella formulazione di Plotino, che riduce il cosmo fisico all'attività dell'anima e riduce la physis stessa aH'anima (IV, 555 sgg.; 565-573). _ I germi di questa concezione sono già in Platone, nella misura in cui egli, nel Timeo, pone non già l'anima nel mondo, ma, viceversa, il mondo nell'anima (II,182sg.). Platone non fu tuttavia pampsichista, almeno nella misura in cui ritenne la chora (il principio materiale) non prodotto dall'anima. _ Ambigua risulta la posizione di Plutarco, che concepisce la materia come strutturalmente dotata di anima irrazionale (IV, 349 sgg.), cosi come quella analoga di Numenio (IV, 423 sg.). Cfr. voce Ilozoismo.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
PANLOGISMO ~
termine di conio moderno usato per indicare il sistema hegea motivo della riduzione che esso opera di tutta la realtà a rae logos. Nell'antichità (sia pure in un differente contesto) può cosl denominato il sistema di Plotino. Del resto, è Plotino stesindicare con tutta chiarezza quanto segue: apxi} ovv Myo.; X11L TCtiV'tl1 Myo.;, il principio è logos, e tutto è logos (Enneadi, m, 2, 15). Una forma di panlogismo non spiritualistico come quello di Plotino, ma materialistico, o meglio cmporeistico, può essere considerato anche lo stoicismo (cfr. voce Logos). liano, gione essere so ad
PANTEISMO ~ termine moderno che designa quelle forme di pensiero che, in vario modo, identificano l'essere di Dio con l'essere del mondo, ossia che negano la trascendenza divina. Una vera e propria forma di panteismo è costituita dall'antologia stoica (III, 355 sgg.). Solo impropriamente i Presocratici possono dirsi panteisti, perché il loro pensiero, ancora arcaico, non dispone di quelle categorie necessarie per una determinazione precisa di tale questione. Si potrebbe dire che i Fisici presocratici sono panteisti, non perché negano la trascendenza, ma perché non l'hanno ancora scoperta, e proprio per questo motivo essi non distinguono l'essere del Divino e l'essere del mondo.
PARA D I G M A
(1t11pti6E~yp.11)
l) Nel linguaggio metafisica platonico il termine significa il « modello » secondo cui le cose sensibili sono strutturate, ed esprime, quindi, la normatività antologica dell'Idea (Il, 97sgg.). ~ da rilevare che Platone parla anche « del paradigma della vita >>, ossia del modello che l'anima sceglie :prima di venire in questo mondo, volendo con questo indicare che ciascun tipo di vita ha un suo preciso significato metafisica (Il, 239 sgg.). _ Nella riforma filoniana le Idee cessano di essere paradigmi assoluti e divengono paradigmi relativi, ossia immagini rispetto a Dio (che è modello assoluto), paradigmi rispetto alle cose, per i motivi che spieghiamo in IV, 289 sgg. 2) Nella logica aristotelica significa, invece, esempio. Cfr. Analitici Primi, B 24, passim. PARADOSSO
(1t11pti6o~o.;)
Il paradosso è una tesi o una argomentazione o una dottrina che si oppone all'opinione comune. In filosofia viene usato a vari livelli. Celebri sono soprattutto i paradossi di Zenone (I, 134-140) e della scuola megarica (III, 67 sgg.; 70 sgg.; 75 sg.). _ Del paradosso si avvalgono specificatamente Socrate e Platone come di arma maieutica, mentre i Sofisti ne fanno un uso capzioso e puramente eristico. _ For-
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PANLOGISMO/PARRESIA
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temente paradossali sono molte proposizioni della filosofia ellenistica. _ In generale è da rilevare che il Greco, e in particolare il filosofo greco, ebbe molto gusto per il paradosso. Aristotele costituisce in un certo senso la più clamorosa eccezione, in quanto presenta il tipo di pensiero .più rispettoso dell'opinione e quindi meno paradossale, teso com'è a presentare la filosofia come prolungamento critico e come fondazione della doxa, più che come rovesciamento di essa. P A R A L 0 G I S M 0 (1tapaÀ.oy~t1J.L6ç) Indica il ragionamento errato che, in forza di espedienti, si presenta come corretto. Paralogismi sono i sillogismi eristici (II, 566).
PARI (ap·noç) ~ una delle due classi in cui si dividono i numeri per i Pitagorici. Pari è il numero (cfr. voce) in cui prevale l'illimite (mentre nel dispari prevale il limite). Cfr. documenti ed esegesi in I, 93 sgg. (Il pari viene considerato dai Pitagorici come peggiore ed imperfetto; il dispari come migliore e perfetto). PARI M PARI ("t:Ò &.p"t:~01tÉP~"t:"t:ov) NeHa terminologia pitagorica è cosl denominato quel numero in cui è « mescolato » pari e dispari (I, 93 ). Tale è l'uno o anche, nei Neopitagorici, quei numeri pari che, divisi per due, danno come risultato un numero dispari. PARO L A, dr. Logos; Nome.
P A R 0 N I M 0 (1tCIPWVVI,lOt;) Aristotele fornisce la seguente definizione: « Paronimi [ ... ] sono quegli oggetti, che traggono la loro designazione da un certo nome. costituendone cosl le diverse flessioni. Ad esempio, il grammatico trae la sua designazione dalla grammatica, ed il coraggioso dal coraggio »(Categorie, l, a, 12 sgg.).
P A R 0 USI A (1tapouu(a) lol termine significa presenza. In Platone indica una possibile relazione fra l'Idea soprasensibile e il sensibile. L'idea può dirsi presente nella cosa, come la causa può dirsi presente nel causato (Il, 97 sgg.). P A R R E S I A (1tCIPP1J
Significa libertà e franchezza di parola ed è diventato un termine tecnico designante il modo di parlare caratteristico dei Cinici, spinto spesso, nella forma e nel contenuto, non solo aol di là di ogni con-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
venzione, ma addirittura (volutamente} al limite della sfrontatezza dissacrante. Cfr. le varie esemplificazioni che riportiamo in III, 30 sgg. PARTE C I P AZ I O N E, cfr. Metessi. P A S S I O N E (1tci&oc;, passio) Significa perturbazione dell'anima. In genere la filosofia greca ha visto nella passione la radice dei mali e dell'infelicità dell'uomo e ciò che maggiormente contrasta con la virtù. La passione, concepita come legata al corpo o alla parte dell'anima più prossima all'animalità, va moderata e dominata (cfr. voci Enkrateia, Temperanza, Metriopatfa), ·O addirittura, secondo gli Stoici, sradicata (cfr. Apatia). L'estremismo .della posizione stoica si spiega a motivo del ,fatto che essi interpretano la passione come conseguenza di un errato giudizio di ragione, o meglio come moto irrazionale dell'anima conseguente ad errata opinione, o addirittura come giudizio errato, e perciò la concepiscono come radicalmente eliminabile con la retta ragione e con la conoscenza. ar., in particolare, quanto diciamo in III, 423 sgg.
P A S S I V O , I n t e 11 e t t o, cfr. Nous. PASSI V O, Principi o, cfr. Materia. PECCATO La concezione del peccato, quale si è venuta a delineare nella cultura occidentale (sia nel senso filosofico di scelta di un bene inferiore a danno di un bene superiore, sia nel senso religioso di trasgressione di un comandamento divino, dipendenti l'una e l'altra dal libero arbitrio e dalla volontà) è sconosciuta alla grecità. Con Filone di Alessandria, soltanto, si fa strada il concetto di peccato come il non volere il volere di Dio (IV, 301 sg). Ma Filone dipende dalla Bibbia da cui attinge il concetto di volontà e di comandamento. Fra i pensatori pagani, forse, Seneca più di tutti si avvicina alla concezione di cui parliamo. Ma Seneca è anche il filosofo che più di tutti ha parlato di voluntas (cfr. voce), pur senza saperla teoreticamente fondare (IV, 91 sgg.). Cfr. Vizio, Intellettualismo etico e Male. P E N E T R A tB I L I T A , d e i c o r p i (O'WIJ.Cl B~à aw!J.a-toc; xwpEi:) È una tesi stoica che dipende dalla tesi della commistione totale dei corpi (xpéia~ B~'IS)..wv) e che, anzi, con questa coincide. Cfr. Commistione.
PENSI ERO , cfr. Dianoia; Logos; Noesi; Nous.
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PARTECIPAZIONE/PERSEITÀ
PENSIERO DI PENSIERO (vo'TJCTI.ç, voi)crEwc;) E cosl caratterizzata da Aristotele la natura della sostanza immateriale, trascendente il sensibile, causa efficiente e finale dell'universo, ossia la natura di Dio. Cfr. testo ed esegesi in II, 44-t sg. - Ricordiamo che proprio in questo consiste il guadagno metafisico più cospicuo dello Stagirita nell'ambito della metafisica e il suo più significativo contributo alla « seconda navigazione>>, per le ragioni che indichiamo in Il, 388 sgg. P E R A S , ck Limite. PER C E Z l O N E (xa"taÀ.'TJ\jltc;, perceptio) La percezione è la rappresentazione sensibile degli oggetti. Percezione è, ad esempio, la rappresentazione catalettica stoica. Cfr. voce Catalettica, rappresentazione. (Cfr. von Arnim, S.V.P., II, fr. 850; Cicerone, Acad. pr., II, 6,17 ). PER F E T T 0 ("tÉÀ.Et.ac;)
Nel senso più forte del termine è ciò che non ha nulla al di fuori di sé che gli manchi. Per i vari significati del termine, cfr. Aristotele, Metafisica, A 16, passim. E interessante rilevare come il pensiero greco classico abbia identificato il perfetto col finito, intendendo l'infinito come ciò che manca di qualcosa (cfr. Apeiron): si legga il passo aristotelico da noi riportato in II, 462 sg. P E R l E C H O N ("tb 1tEPtÉXOV) Significa ciò che abbraccia o circonda, e, quindi, regge e governa tutte le cose: tale è il principio secondo Anassimandro (I, 60 sg.).
PER I P A T E T l C O (1tE(}l-1tCl"t'TJ"ttx6c;) Sono stati cosl denominati Aristotele ed i suoi seguaci, per le ragioni che indichiamo alla voce Peripato. PER I P A T O (1tEpt1ta"toc;) Significa «passeggiata ». Fu cosl denominata la scuola di Aristotele dal fatto che nel Liceo (cfr. voce) vi era una «passeggiata» (peripato ), ossia un viale opportunamente predisposto a questo scopo, e dal fatto che passeggiando lo Stagirita e i suoi discepoli solevano discutere di filosofia. Aristotele e gli Aristotelici furono di conseguenza detti Peripatetici (cfr. Cicerone, Acad. post., I, 4, 17 e Diogene Laerzio, v, 2). PERSEITA Con questo
termin~
abbiamo reso quella caratteristica essenziale
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
delle Idee indicata da Platone con l'espressione xd'a.u-t6, che significa la loro assolutezza in contrapposizione al relativismo protagoreo (il quale pone nel soggetto il criterio di verità; cfr. II, 86 sg.), e altresi in contrapposizione al mobilismo eracliteo (Il, 85 sgg.). La perseità delle Idee implica in maniera stretta la ·loro immobilità, ingenerabilità e incorruttibilità. Si veda anche la voce Assoluto. pERso N A (1tp60"W1t0V) Il termine indica, in senso tecnico, una sostanza individua razionale in generale, e •la irripetibile individualità umana in particolare. Il pensiero antico non ha però elaborato ed approfondito a livello tematico questi concetti, che suppongono i guadagni del Cristianesimo. Cfr. la voce Individuo. PERSUASI O N E (1mDw, 1tE~DEw) La persuasione è una forma di convinzione prodotta non da conoscenza e scien:::.u. mu du credenza e da opinione. La persuasione, insomma, è un credere sen:::.u supcre. (Con il linguaggio moderno potremmo dire che la persuasione ha un fondamento meramente emotivo e non razionale). La persuasione è il fine specifico che si propone la retorica a1rticu (cfr. voce).
P E S O ( ~tipcç l È ritenuto da Stratone di Lampsaco, insieme al movimento, al caldo e al freddo. la causa di tutte le cose (III, 149). - Da Epicuro è introdotto come uno dei caratteri essenziali degli atomi (III, 201 ). PESSII\IISMO Il termine è di conio moderno, ed indica, nella sua accezione più forte, quella concezione della realtà, la quale ritiene che all'origine delle cose e della vita vi sia un male od una colpa e che il negativo come tale sia un momento strutturale e fondamentale della realtà. Ora, se un sentimento pessimistico della vita si può trovare abbastanza diffusamente ndla letteratura greca, non altrettanto si può dire che avvenga in campo filosofico. _ Nei Presocratici una certa forma di pessimismo serpeggia, nella misura in cui si ispirano all'orfismo (cfr. I, 80 sgg.; 99 sgg.; 158 sg. ). _ Ma con Socrate e soprattutto con Platone si delinea una concezione di fondo chiaramente ottimistica: cfr. I, 352 sgg. (soprattutto p. 35-l) e II. 18-l sg. (soprattutto pp. 173 sg.). _ Il pessimismo nella filosof1a post-platonica ha, a livello tematico, isolate manifestazioni: dr., ad esempio, l'ultimo cirenaismo (III, 56 sgg.); lo scetticismo (ma solo in parte). Si vedano inoltre certe note di sottofondo presenti in alcuni Stoici, segnatamente Marco Aurelio (IV, 127 sgg.). -
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PERSONA/PHYSIS
P E T I ZIO N E D I PRINCIPI O, dr. Diallele. P H I L I A, dr. Amicizia. PH R O NE SI S, dr. Saggezza.
P H Y S I S (q~vcnc;, natura) È questo un termine che esprime uno dei concetti cardini del pensiero antico. È assai diffidle da tradurre, perché nelle lingue moderne non ne esiste uno corrispondente, che copra l'intera area semantica dell'originale. «Natura» resta il termine meno inadeguato, soprattutto se Io si svincola dalle riduttive concezioni scientifiche. Aristotele nella Metafisica, A 4, ha tentato di tracciare una mappa dei vari :significati di physis, la quale può tornare molto utile al •lettore moderno che voglia recuperare quell'area semantica plurima di cui dicevamo: « Natura significa, (l) in un senso, la generazione delle cose che crescono (cosi, se si intende come lunga la 'v' del termine q~vut.c;). !(2) In un altro senso, natura significa il principio originario e immanente dal quale si svolge il processo di crescita della cosa che cresce. O) Inoltre, natura significa il principio del movimento primo che è in ciascuno degli esseri naturali e che esiste in ciascuno di essi, appunto in quanto è essere naturale [ ... ]. ( 4) Inoltre, natura significa il principio materiale originario di cui è fatto o da cui deriva qualche oggetto naturale, e che è privo di forma ed incapace di mutare in virtù della sola potenza che gli è propria. Per esempio, si dice che la natura di una statua o di un oggetto di bronzo è il bronzo, invece di quelli di legno si dice che è il legno; e cosi ripetasi anche per gli altri casi: infatti, ciascuno di questi oggetti è costituito da questi elementi, sen.za che si muti la materia prima di cui è costituito. In questo sen·so, alcuni chiamano natura gli elementi degli esseri naturali. E alcuni .dicono che elemento è il fuoco, altri che è ~la terra, altri che è l'aria, altri che è l'acqua e altri che è qualcosa di simile; altri che gli elementi sono più di uno e altri, infine, che elementi sono .tutti quanti. (5) Inoltre, in un altro senso, natura significa la sostanza [ = forma] degli esseri naturali. Perciò, di tutte le cose che sono o che si generano naturalmente, anche se è già presente ciò da cui, per natura, deriva il loro essere o il loro generarsi, qualora esse non abbiano ancora la loro forma e la loro figura, diciamo che non hanno ancora la loro natura. Dunque, oggetto naturale è ciò che è composto di materia e di forma: per esempio, gli animali e le 'loro parti. E natura è non solo la mate·
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ria prima [ ... ],ma anche la forma e la sostanza: e questa è il fine della generazione. (6) Per estensione, allora, e in generale, ogni sostanza vien detta natura in virtù della forma, per la ragione che anche la forma è una natura. Dalle cose che si son dette risulta che la natura, nel suo senso originario e fondamentale, è la sostanza delle cose che posseggono il principio del movimento in se medesimo e per propria essenza: infatti, la materia si dice natura solamente perché è capace di ricevere questo principio; e la generazione e la crescita solamente perché sono movimenti che derivano da questo stesso principio » ( 1014 b 16 sgg.). _ Per completare questo prospetto aristotelico dei vari significati di physis, occorre tracciare, in breve, anche 'la mappa delle fasi storiche attraverso cui sono stati via via guadagnati. Infatti, da questa, il già assai complesso quadro aristotelico risulterà non poco arricchito. - a) I creatori del concetto filosofico di physis furono i Presocratici, i quali appunto per questo sono chiamati Fisici. Physis, per essi, è il Principio dell'essere e della vita di tutte le cose (ciò da cuir ad opera di cui e in cui tutte le cose sono) e il Principio è il Divino,. come Aristotele stesso altrove dice (l, 54 sg.); in questo senso, la physis implica strutturalmente il concetto di Divino. Physis, in particolare per gli Eleati, è l'essere (l, 125 sg.). La physis assume il carattere di asomaticità in Anassimene e soprattutto in Melisso, nel senso che spieghiamo in I, 69 e 145. Parlare di materialità, come molti fanno, della physis dei Presocratici, non è corretto, per le ragioni che· spieghiamo in I, 115; 145; 169. Physis implica, infine, intelligenza e ordine, come è evidente già con la dottrina del Logos eracliteo (l, 77 sgg.) e, soprattutto, con la dottrina di Anassagora e Diogene di Apollonia (l, 167 sgg.; 189 sgg.). Con terminologia moderna potremmo. dire che per i Presocratici la physis è la totalità del reale considerato nella sua struttura (ontologica), ossia nel suo ordine e nelle sue leggi con tutto ciò che queste implicano. _ b) Platone guadagna altri significati, e, fra l'altro, chiama physis anche l'Idea, o, comunque, parla di physis, in più passi, riferendosi alle Idee (Il, 75). _ c) Aristotele tenta una sistemazione ed una sintesi dei guadagni precedentemente operati, come chiaramente risulta soprattutto dal punto sesto del passo sopra riportato. La preminenza gerarchica che egli dà al concetto di physis come forma indica il peso che ha avuto la lezione platonica. Con Platone ed Aristotele, tuttavia, avviene un capovolgimento di significato, conseguenza della « seconda navigazione ». Infatti, la distinzione fra « metafisica » (filosofia prima) e fisica (filosofia seconda) comporta un mutamento dell'antico significato di physis, che, anziché indicare la totalità del reale, finisce col designare prevalentemente la
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PHYSIS/PIACERE
realtà sensibile: il concetto di natura viene cosl a coincidere soprattut-· to con quello di natura sensibile (II, 451 sg.). È però da rilevare che questa prospettiva aristotelica non solo non elimina i precedenti signicati di physis, ma si aggiunge ai medesimi, anche perché, subito dopo Aristotele, la metafisica viene abbandonata e gli esiti della « seconda navigazione » vengono smarriti. _ d) Un'ulteriore tappa si ha con la. filosofia ellenistica, soprattutto con la Stoa. Il concetto di physis acquista anche il significato di fondamento della norma morale e politica. Già l'Accademia e lo stesso Aristotele si erano mossi in questa direzione, ma l'acquisizione teoreticamente fondata di questa prospet· tiva avviene solo nel contesto della triplice valenza del Logos-physis, di cui diciamo in III, 320 sgg. Per il significato fisico-teologico del Logos-physis dr. III, 362 sg. Per il senso specifico in cui il Logos-physis è fondamento dell'etica cfr. III, 388 sgg. (Per il significato ristretto di physis come principio di crescita nella Stoa, cfr. III, 380). _ e) L'ultima tappa dell'evoluzione del concetto greco di physis è costituita dalla speculazione di Plotino. Secondo Plotino la natura è il lembo estremo dell'Anima, ossia l'aspetto per cui l'Anima produce il mondo fisico. La natura in senso plotiniano è Logos che produce le forme e le somministra alla materia. La physis deriva dalla contemplazionedell'Anima, ed è essa stessa contemplazione. Come tutte le realtà intelligibili, essa contemplando produce (IV, 555 sgg.). _ La storia del. l'evoluzione del concetto di physis rispecchia, al limite, quanto vi è di essenziale nel pensiero greco e, in particolare, quella cifra per cui esso è in antitesi con il « soprannaturale», di cui è invece portatore il messaggio cristiano. P I A C ERE (T)Sovf), voluptas)
Il piacere è uno stato di carattere sia fisico, sia psichico, sia, in-· sieme, fisico e psichico, che costituisce un dato originario ed immediato dell'esperienza. Come tale, ossia come dato immediato, non è riducibile ad elementi ulteriori. Esso può tuttavia essere interpretato: A)· nel quadro di una determinata ontologia e quindi definito in funzione di categorie ontologiche; oppure B) valutato in un contesto etico e quindi qualificato con le categorie morali di bene e di male. A) Le interpretazioni ontologiche più note sono le seguenti. l) Per i Cirenaici i•l piacere è un movimento dolce, mentre il dolore è un movimento· violento (I, 411 sgg.). 2) Per Epicuro, invece, è uno stato di quiete; o, meglio, il vero piacere è solo quello immobile (catastematico ), dato che, quello in movimento di cui parlavano i Cirenaici, comporta sempre turbamento; cfr. III, 237 sgg. (si vedano alcune anticipazioni della dottrina epicurea in Platone, Repubblica, IX, 583 h sgg.). 3) Per gli
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
Stoici il piacere (cosi come ~l dolore) consegue all'oikefosis (cfr. voce), consegue cioè all'aver cercato e trovato ciò che conserva e realizza la natura delle cose (III, 392 sgg.). 4) Più a fondo si sono spinti Platone e, soprattutto, Aristotele. Il primo interpreta il piacere come divenire, ma precisando che, come tale (ossia come ogni divenire), suppone l'essere come causa, alludendo con questo al bene inteso come causa del piacere (cfr. Filebo, 53 c sgg.). Il secondo, invece, interpreta il piacere sulla base del concetto di energheia, ossia come attività, anzi come quel 4uid che si accompagna ad ogni attività ed attua il suo scopo e lo perfeziona (II, 514 sgg. ). B) Per quanto concerne la valutazione del piacere, l'etica greca presenta tutto l'arco delle possibilità: l) il piacere è bene; 2) il piacere è male; 3) H piacere non è né bene né male; 4) il piacere è la risonanza soggettiva di un bene oggettivo. l) La prima tesi è propria già di alcuni Sofisti (1, 268 sg.; 275 sgg.), dei Cirenaici (1, 404; 411 sgg.) e degli Epicurei. 2) La seconda è propria soprattutto dei Cinici (1, 397 sg.). 3) La terza è tipica di Socrate (1, 326 sgg.). 4) La quarta è quella sostenuta da Aristotele nell'Etica Nicomachea, ed è quella di gran lunga più raffinata (Il, 514 sgg.). PIRRONISMO Con questo termine si indica la dottrina di Pirrone e gli sviluppi di essa da Enesidemo a Sesto Empirico: cfr. voci Scetticismo e Neoscetticismo. P I S T I S (1tW"tt.ç, fides) Significa credenza. l) Platone la considera una forma di opinione e la colloca al secondo livello della conoscenza sensibile, quella rivolta alle cose e agli oggetti sensibili (Il, 199sg.). Strettamente connessa all'opinione la considera anohe Aristotele (cfr. De anima, r 3, 428 a 20). 2) In Filone di Alessandria il termine muta completamente di significato ed esprime la fede in Dio e nella sua Rivelazione. Filone ritiene, di conseguenza, la fede come la virtù suprema ed anticipa, in questo modo, una serie di temi e di problemi che saranno sviluppati sistematicamente nella patristica e nella scolastica (IV, 261 sgg.; 302). 3) La fede coincide con la potenza e la sapienza teurgica in P rodo (IV, 669 sgg.).
PITAGORISMO È il movimento filosofico e spirituale fondato da Pitagora, a cavaliere fra il VI e il v secolo a.C., caratterizzato da due elementi fondamentali: a) I'ontologia del numero (principi delle cose sono i numeri e, più precisamente, i principi dai quali i numeri derivano, ossia l'illimite e il limite); b) una vita ascetica imperniata sulla credenza,
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PIRRONISMO/PLATONISMO
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di estrazione orfica, nella metempsicosi (I, 85-106). - Per quali motivi non si possa parlare dei singoli esponenti della scuola, ma piuttosto di Pitagorici nel loro complesso, spieghiamo in I, 85. _ Il pitagorismo antico si dissolse nel IV secolo. Successivamente risorge in età ellenistica e, con rinnovato vigore, soprattutto in età imperiale, per poi fondersi dapprima col medioplatonismo in Numenio, e quindi col neoplatonismo. _ Abbiamo proposto di denominare la fase ellenistica « mediopitagorismo )), e di riservare alla successiva la qualifica di « neopitagorismo )), per 'le ragioni che spieghiamo in IV, 367375; 385 sgg. Cfr. voci Mediopitagorismo e Neopitagorismo. - Per il catalogo degli esponenti della scuola e le indicazioni bibliografiche, cfr. Parte II, voce Pitagorici. P I T H A N O N (1tt&a:v6v) Significa probabile, credibile, nel senso di ciò che appare vero. La dottrina del pithan6n costituisce il fulcro della filosofia di Carneade, i>l quale, per sfuggire al dogmatismo ed insieme all'assoluto scetticismo, sostiene che l'apparir vero e l'assenso dato ad esso è sufficiente alle necessità della vita pratica. Cfr. gli approfondimenti del significato teoretico di questa dottrina in III, 514 sgg.
PLATONISMO Con questo termine si indica la filosofia di Platone e della sua scuola, nonché i vari ripensamenti del platonismo originario, succedutisi in tutto il corso dell'antichità. La storia del platonismo non coincide, dunque, semplicemente con la storia della scuola di Platone, ossia dell'Accademia, la quale muore con Antioco (cfr. voce Accademia e relativi rimandi). A partire dalla fine dell'era pagana e dagli inizi dell'era cristiana, il platonismo diviene movimento ecumenico, dapprima in una forma relativamente nuova che gli storici moderni della filosofia (ormai concordemente) denominano medioplatonismo (cfr. voce e relativi rimandi) e poi, a partire dal m secolo d.C. e successivamente, in una forma radicalmente nuova (la forma più radicale di ripensamento che il platonismo abbia conosciuto) denominata neoplatonismo (cfr. voce e relativi rimandi). Per gli esponenti del platonismo antico, cfr. Parte II, voce Accademici, dove diamo anche le indicazioni bibliografiche essenziali. I capisaldi del platonismo sono i seguenti: l) l'ammissione dell'esistenza di due piani della realtà e dell'essere, queHo dell'intelligibile e quello del sensibile (è questo l'esito essenziale di quello che Platone stesso ha denominato << seconda navigazione)); cfr. voce); 2) l'esplicito riconoscimento del fatto che l'intelligibile è la «vera causa)) del sensibile (il sensibile non è in grado di
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
spiegare se stesso); 3) l'affermazione che ai due piani della realtà corrispondono le due dimensioni dell'uomo che è anima (affine all'intelligibile) e corpo sensibile, 4) l'affermazione che l'anima, in quanto affine all'intelligibile, è incorruttibile; 5) la convinzione che il compito dell'uomo consiste nello sciogliere l'anima dal corpo; 6) il collegamento dell'etica con l'escatologia. Inoltre 7) il platonismo originario ha forti interessi politici, ma intende la vera politica oome la vera etica fondata sulla vera filosofia. 8) L'ultimo Platone e la prima Accademia sussumono e sviluppano elementi pitagorici. PLURALISMO
In generale dicesi pluralismo la concezione secondo la quale il principio delle cose non è unico ma strutturalmente molteplice. In senso specifico si intende per pluralismo la filosofia di quei Fisici presocratici, i quali tentano un superamento delle particolari aporie connesse al monismo eleatico (ossia Empedocle, Anassagora e gli Atomisti). P N E U M A ( 1t\1Eu!J.a, spiritus)
Il termine, che significa in generaole soffio, spirito, assume dal punto di vista filosofico valenze assai diverse. l) In Aristotele non riveste ancora un significato strettamente filosofico e metafisica, indicando i venti, il respiro, o anche la forza vitale che si esplica in tutti i viventi. Ecco un passo che illustra quest'ultimo significato, già molto interessante: « Ora appare chiaro che tutti gli animali hanno un pneuma congenito e che da questo deriva la loro forza. [ ... ] Sembra che questo pneuma si trovi rispetto aol principio psichico nello stesso rapporto in cui si trova rispetto a ciò che è immobile quel punto delle articolazioni che muove ed è mosso. Poiché il principio vitale in alcuni animali si trova nel cuore, in altri in ciò che corrisponde al cuore, è perciò evidente che anche il pneuma congenito si trova nella stessa parte. Altrove si dirà se il pneuma sia sempre 'lo stesso o se divenga sempre altro. La stessa questione, infatti, sorge anche per le altre parti del corpo. Comunque, è chiaro che esso è per natura ben adatto a muovere e ad esplicare energia. Le funzioni del movimento sono spingere e tirare, di modo che è necessario che l'organo possa espandersi e contrarsi. Di tal genere, dunque, è la natura del pneuma. Infatti contraendosi ed espandendosi naturalmente, è capace di tirare o di spingere in virtù di una medesima causa; inoltre rispetto alle sostanze ignee è pesante, rispetto alle sostanze contrarie è leggero » (De Motu animalium, 10, 703 a 9 sgg.). 2) Nell'antologia stoica il pneuma significa soffio infuocato ed è il principio che tutto penetra e tutto fra-
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PLURALISMO/POETICA
sforma, il quale, distendendosi per l'universo con intensità differente, genera le varie cose con una precisa gradazione gerarchica. Il Pneuma Stoico, insomma, coincide con il fuoco-artefice (cioè con il Dio-physislogos; III, 363 sgg.). In Filone di Alessandria, il termine Pneuma è usato per indicare lo Spirito che Dio ispira nell'uomo, la potenza di vera vita che Dio dona all'uomo. Con questa dottrina Filone rivoluziona l'antropologia classica, per le ragioni che spieghiamo in IV, 294 sgg. 4) Significa, inoltre, quel fluido sott~le che attraversa il corpo, da cui dipende la buona o la cattiva salute, secondo una setta dell'antica medicina (cfr. IV, 190). 5) Nel contesto del .pensiero cristiano significa lo Spirito Santo. P N EU M A T I C I , M e d i ci
(1tVEVJ.La:nxot)
Sono cosl chiamati quei medici che additavano la causa delle malattie nella cattiva circolazione di un fluido sotti~e, denominato pneuma, che attraversa tutto il corpo (IV, 190). POESIA, cfr. Poetica. p
o E T I c A (1tOLTJ"t"LXTj)
La riflessione filosofica intorno alla natura, al significato e al valore della poesia, inizia con Gorgia. Questi ritiene che la peculiarità della poesia consista nel produrre una sorta di (poetico) inganno (illusione), il quale produce a sua volta una mozione dei sentimenti, senza prefiggersi fini conoscitivi e pratici. Cfr. testi e approfondimenti in I, 254 sg. _ Per Platone la poesia (come in genere le arti figurative) è a) imitazione (mimesi) non dell'essere, ma della parvenza dell'essere (ossia delle cose sensibili), e, dunque, è di «tre gradi lontana dalla verità» (è imitazione di imitazione)._ b) Inoltre, in quanto suscita emozioni e sentimenti, essa si rivolge alla parte più bassa dell'anima e non alla ragione. _ c) Non si fonda su scienza, ma su una sorta di divina mania, su una ispirazione alogica. Secondo Platone, l'arte non ha un valore autonomo (II, 209 sgg.). _ La dottrina aristotelica riscatta la poesia daHa condanna platonica e fa leva su tre concetti cardini. a) .L'arte è mimesi, ma non in quanto è mera copia degli eventi, bensl in quanto è visione dei medesimi secondo la possibilità e la verosimiglianza. _ b) L'oggetto della poesia è il particolare, ma trasfigurato, per cosl dire, e visto nella sua valenza universale; non però in senso logico, ma in senso fantastico-poetico. _ c) La poesia ha per effetto la catarsi; essa, infatti, solleva e purifica l'anima dalle passioni (Il, 584-594).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
P 0 L I M AZ I A (rçoÀ.v!-Ltillet.a) Il termine esprime quel concetto che noi indichiamo con l'espressione erudizione molteplice o sapere enciclopedico. Come tale è disprezzato da Eraclito: «La polimazia non insegna a pensare rettamente» (fr. 40; cfr . .fr. 129). Analoga è la posizione di Democrito: «Molti, pur possedendo una molteplice erudizione, son privi di intelletto,. (fr. 64); «Bisogna sforzarsi per capire molto, non per avere una molteplice erudizione » (fr. 65). Polimazia può denominarsi (anche se nelle testimonianze pervenuteci non ricorre tale termine) il sapere enciclopedico propugnato da lppia (I, 264 sg.) e da lui ritenuto raggiungibile con l'arte della memoria (cfr. voce Mnemotecnica). POLIS (rç6).~ç) Il termine indica la Città nell'antico significato di Città-Stato, ossia di Stato come lo realizzarono i Greci. Si veda, al riguardo, la voce Politica e i relativi rimandi. Per la crisi della Polis e
III, 5-8. POLITEISMO Il termine indica, nell'ambito della religione, la credenza nella esistenza di molti Dei. In filosofia indica, più propriamente, la concezione del Divino come strutturalmente molteplice. (In questo caso, forse, sarebbe meglio parlare di pluralismo teologico; ma il pluralismo teologico ha, in ogni caso, sempre una vera e propria valenza politeistica). Il politeismo _ si noti _ come è una cifra caratteristica della religione greca, cosl è anche una costante della filosofia greca. Per questo il concetto di monoteismo è rimasto fuori dag,li orizzonti del pensiero antrco. _ Fra gli esempi più significativi, indichiamo la complessa deduzione degli Dei nel Timeo platonico (Il, 186), i cinquantacinque (o quarantasette) Motori che in Aristotele sono gerarchicamente subordinati, ma coeterni al primo Motore Immobile (Il, 445 sgg.), i molteplici Dei di Epicuro (III, 225 sgg.). Nella tarda antichità, poi, la dottrina delle ipostasi viene addirittura presentata come fondazione teoretico del politeismo popolare in modo espresso e sistematico (IV, 639 sgg.). _ Per il filosofo greco, insomma, Dio e il Divino implicano, sl, un'unità, ma non implicano affatto un'unicità, in quanto designano una sfera che, per sua stessa natura, strutturalmente si esplica in una molteplicità di differenziazioni. Cfr. Monoteismo. P O L I T I A, dr. Governo, forme di.
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POLIMAZIA/POLITICA
P O L I T I C A (1toÀ.L-ti.Xi)) A) Nella sua formulazione classica, che è quella platonico-aristotelica, la politica è una vera e propria filosofia dell'uomo e delle «cose umane» e, come tale, assorbe in sé l'etica. La politica, infatti, per ambedue i filosofi, l) determina le supreme finalità della vita associata che sono il bene, il giusto e •la felicità; 2) determina la struttura dello Stato che meglio porta alla realizzazione di quelle finalità; 3) determina le possibili forme di governo dello Stato e le loro caratteristiche. l) Per quanto concerne il primo punto, si veda quanto diciamo in Il, 288sgg. e 522sgg. A complemento di quanto ivi è detto, riteniamo opportuno leggere alcune affermazioni tratte dall'Etica Nii:omachea di Aristotele, che mostrano in modo eloquente quanto la concezione antica della politica differisca dalla moderna, e, ad un tempo, quanto Aristotele concordi con Platone nel determinare il concetto e i fini della politica. Nel cap. 2 del primo libro dell'Etica Nicomachea lo Stagirita scrive: « [ ... ] se vi è un fine delle azioni da noi compiute che vogliamo per se stesso, mentre vogliamo tutti gli altri in funzione di quello, e se noi non scegliamo ogni cosa in vista di un'altra (cosl in· fatti si procederebbe all'infinito, cosicché la nostra tensione resterebbe priva di contenuto e di utilità), è evidente che questo fine deve essere il bene, anzi il bene supremo. E non è forse vero che anche per la vita •la conoscenza del bene ha un grande peso, e che noi, se, come arcieri, abbiamo un bersaglio, siamo meglio in grado di raggiungere ciò che dobbiamo? Se è cosl, bisogna cercar di determinare, almeno in abbozzo, che cosa mai esso sia e di quale delle scienze o delle capacità sia l'oggetto. Si ammetterà che appartiene alla scienza più importante, cioè a quella che è architettonica in massimo grado. Tale è, manifestamente, la politica. Infatti, è questa che stabilisce quali scienze è necessario coltivare nelle città, e quale ciascuna classe di cittadini deve apprendere, e fino a che punto; e vediamo che anche le più apprezzate capacità, come per esempio strategia, economia, retorica, sono subordinate ad essa. E poiché è essa che si serve di tutte le altre scienze e che stabilisce, inoltre, per legge che cosa si deve fare, e da quali azioni ci si deve astenere, il suo fine abbraccerà i fini delle altre, cosicché sarà questo il bene per l'uomo. Infatti se anche il bene è il medesimo per il singolo e per la città, è manifestamente qualcosa di più grande e di più perfetto perseguire e salvaguardare quello della città: infatti, ci si può, sl, contentare anche del bene di un solo individuo, ma è più bflllo e più divino il bene di un popolo, cioè di intere città. La nostra ricerca mira appunto a questo, dal momento che è una ricerca politica ». Poco più avanti, all'inizio del capitolo quarto, Arista-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
tele soggiunge che questo bene cui tende la politica è la felicità. « Riprendendo il discorso, poiché ogni conoscenza ed ogni scelta aspirano ad un bene, diciamo ora che cos'è, secondo noi, ciò cui tende la politica, cioè qual è il più alto dei beni raggiungibili mediante l'azione. Orbene, quanto al nome, la maggioranza degli uomini è pressoché d'accordo: sia la massa sia le persone distinte lo chiamano felicità». Aristotele e Platone non concordano, poi, nella determinazione del concetto di bene (cfr. voce), ma consentono molto più di quanto non si creda nel concepire la felicità nella dimensione della contemplazione (cfr. voce e I, Appendice II, passim). 2) Per quanto concerne il problema della struttura dello Stato, abbiamo mostrato come Platone tracci due disegni: quello della città ideale nella Repubblica (Il, 295 sgg.) e quello della « città seconda» nelle Leggi (Il, 339-343 ). È errato credere che il primo sia meramente utopico e che il secondo sostituisca il primo. Il disegno della Città ideale implica indubbiamente una componente utopica, e Platone dice senza mezzi termini che quella città non esiste «in nessun luogo sulla terra» (e utopia vuoi dire appunto ciò che non esiste in nessun luogo); ma Platone stesso precisa che non importa il fatto che essa esista o non esista, e neppure che possa storicamente realizzarsi nel futuro, giacché essa è come il « modello » cui deve conformarsi chi vuoi vivere nella dimensione della vera politica. Il che significa che lo Stato primo è un ideale assoluto cui l'uomo deve tendere e che deve realizzare nel proprio intimo (Il, 329 sgg.). Del resto, lo Stato ideale platonico è la proiezione ingrandita della psyché umana e del come essa deve vivere per essere pel1fetta (Il, 301 sgg.), sicché la conclusione di cui sopra è del tutto legittima. Il disegno dello Stato secondo, tracciato nelle Leggi, rappresenta lo Stato sotto forma di ideale non assoluto, ma relativo, ossia storicamente realizzabile nelle circostanze del suo tempo (dr. quanto diciamo in Il, 339 sg.; cfr. anche II, 332 sgg.). In questo senso è chiaramente anticipata la posizione di Aristotele, il cui Stato ideale è, appunto, un ideale supposto realizzabile nella dimensione storica (Il, 534 sgg.). 3) Per quanto concerne, infine, la determinazione delle possibili forme di costituzione, ossia il governo dello Stato, ricordiamo che già nella Repubblica, vi sono precise indicazioni (Il, 318 sgg.), con rilievi assai interessanti. Le analisi più mature si trovano però nel Politico (Il, 334 sg.) e ad esse si ispira Aristotele, completandole (Il, 530 sgg.; cfr. voce Governo, forme di). B) Per quanto riguarda l'evoluzione storica della problematica politica nell'antichità è da rilevare quanto segue: l) già nei Presocratici, come è espressamente rilevato dalle nostre fonti, è presente l'interesse per la cosa pubblica (I, 53,
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POLITJCA/POLIVOCO
nota l; 59, nota l; 85 sg., nota l; 119, nota l; 132, nota 1). 2) I Sofisti si presentano addirittura come maestri di «virtù politica» (l, 222; 234 sg.; 238 sg. ). 3) Socrate stesso presenta la sua attività filosoficoeducativa come la più alta attività politica, e considera questa come «cura dell'anima» (l, 333 sgg.). 4) Sulla corrispondenza fra anima e Stato in Ptlatone abbiamo già detto. 5) Questo rapporto, sia pure ridimensionato, è ribadito dallo stesso Aristotele, come risulta dal passo che riportiamo in II, 535. 6) Un netto mutamento di prospettiva si verifica in conseguenza della rivoluzione politica operata da Alessandro Magno, come mostriamo in III, 5 sgg. Crollata la Polis, l'individuo ·cessa di identificarsi col cittadino e cosi l'etica cessa di identificarsi con la politica; lo Stato non viene più considerato come la dimensione neces:saria per l'esplicazione e la realizzazione dei valori più alti dell'uomo. Posizioni di contestazione del· valore della Polis si erano già avute in alcuni Sofisti e Socratici minori (cfr. Apolidismo), in particolare nei Cinici, che, però, maturarono il •loro pensiero soprattutto in età ellenistica (III, 30 sgg.; 34 sgg.; 41 sg.). Tipica di quest'epoca è la posizione degli Epicurei, che svalutano nettamente la vita politica, consi·derandola « innaturale », predicano l'eccellenza del « vivere nascosto » e valutano la legge, il diritto e la giustizia nella misura in cui sono legati all'utile (III, 257 sgg.). Gli Stoici, invece, teorizzano il diritto di natura ·e concepiscono una politica in chiave universalistica, affermando quel cosmopolitismo, di cui in passato si erano già avute anticipazioni (cfr. -ad esempio, I, 417), ma scarsamente motivate. In età ellenistica tale tema diviene assai diffuso (III, 421 sgg.) e, da ultimo, viene accolto ·dagli stessi Epicurei (IV, 65). 7) In età imperiale, infine, l'impostazione mistica della speculazione fa perdere quasi del tutto
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
voca (cfr. voce). La polivocità dell'essere aristotelico non implica, però, mera omonimia, ma analogicità, in quanto tutti i molteplici significati dell'essere presuppongono un riferimento strutturale ad un unico significato, ossia all'essere come sostanza, che funge da fondamento a tutti gli altri, come mostriamo in II, 411 sgg. Cfr. voci Analogia, Univoco, Omonimo. P O N O S, cfr. Fatica. PORTICO, dr. Stoa. P OSSI BI L E (8uva-t6v, tv8EX6p.Evov) Aristotele definisce possibile ciò che non è impossibile che sia, ossia ciò la cui realizzazione non implica contraddizione (cfr. Metafisica, .i 12; 9 3-4 ). Egli lo definisce altresì come ciò che non è né necessario né impossibile (Analitici Primi, A 13, 32 a 18-20). Il concetto di possibile ha notevole importanza nell'ontologia, dove coincide, di fatto, con il concetto di potenziale, ossia con il concetto di ciò che ho. potenza o è ,in potenza (cfr. voce Dynamis), e che, come tale, può tradursi in atto. Di conseguenza, i!l possibile ha anche importanza nella logica (cfr. Modale). _ Il possibile è inoltre considerato da Aristotele anche uno dei quattro topoi fondamentali della retorica (Il, 580). - Contro il concetto di possibile-potenziale polemizzano i Megarici, in particolare Diodoro Crono, che definisce come possibile solo ciò che di fatto e di diritto è o si traduce in atto, ossia il necessario (III, 7(] sgg.). - Il concetto di possibile di Aristotele implica uno strutturale superamento della concezione eleatica della realtà, che è concepita nella dimensione dell'assoluta necessità; qudlo di Diodoro, invece, suppone il ritorno massiccio ai presupposti eleatici (III, 72 sg.). _Per Aristotele il possibile ha anche una valenza estetica, sulla quale dr. quanto diciamo in II, 586 sgg.
PO S T- PR E D I CAM ENTI Sono stati così denominati quei concetti che Aristotele illustra nel trattato sulle Categorie, dopo l'analisi delle singole categorie, nei capitoli 10-15, e precisamente: opposizione, anteriorità, simultaneità, mutamento ed avere. POSTULATO (at-twa) Ecco la classica definizione data da Aristotele negli Analitici Secondi, A 10, 76 b 23 sgg.: «Ciò che è in virtù di sé necessario che sia e che è necessario credere non è né una presupposizione né un postulato [ma un assioma]. .. Allora, ciò che, pur essendo provabile, il
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PONOS/PREMESSA
maestro assume senza prova è una presuppostzione, qualora assuma co-se accettate dal discente, e la presupposizione non è in senso assoluto, ma solo relativa al discente, mentre si ha un postulato qualora il maestro assuma la stessa cosa senza che nel discente sia presente un convincimento su di essa, o addirittura sia presente in lui il convincimento contrario. Proprio in ciò differiscono la presupposizione e il postulato, giacché quest'ultimo è l'opposto del convincimento del discepolo, oppure ciò che, pur essendo dimostrabile, il maestro assume e: usa senza provarlo ». POTENZA, dr. Dynamis. PRASSI (1tpéi;~.ç) Per Aristotele è quell'azione che parte dal soggetto e torna al soggetto, ossia l'azione morale, che, come tale, si distingue dalla poiesis o produzione, azione che produce qualcosa al di fuori del soggetto (donde la distinzione di scienze pratiche e di scienze poietiche; cfr. Il, 403 ). In senso generale, prassi indica l'agire ed il fare degli uomini, come atteggiamenti distinti dalla contemplazione. L'inferiorità della prassi rispetto alla contemplazione è tematica in quasi tutti i filosofi greci. Si veda soprattutto quanto dice Aristotele a questo proposito (Il, 507 sgg.) e I'atteggiamento estremo assunto da Plotino (IV, 612 sgg.).
P R A T I C A , S ci e n z a ( 1tpa.x"t~x1)) Così chiama Aristotele quelle scienze che ricercano il sapere per· il perfezionamento etico deU'uomo e che implicano, quindi, un'attività che parte dal soggetto e ritorna al soggetto medesimo, arricchendolospiritualmente. Sono scienze pratiche la politica e l'etica, ossia la « filo-sofia dell'uomo » (Il, 403; 489). Cfr. voce Scienza. P RE D I C A M E N T O , dr. Categoria. p R E D I c A T o (XO."tTJ'YOPOU(.LEVOV) l) Il predicato è, nella logica aristotelica, ciò che si dice di un
soggetto e che ne esprime una proprietà, una affezione o una determi-nazione essenziale o anche accidentale. Il predicato, in quanto tale~ nella sua funzione logica è universale. Questo significato di predicato· è strettamente legato all'antologia aristotelica; infatti suppone la dottrina della sostanza e dell'essere, delle categorie e dell'accidente. - 2) Nella dottrina Stoica il concetto di predicato è collegato al concetto di lekta e di incorporeo, per le ragioni che spieghiamo in III, 336 sgg. PREMESSA , dr. Protasi.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
PR E N OZI O NE, dr. Prolessi. PRESENZA, dr. Parousia. P R I M 0 (7tpw'toç) Usafo in senso forte, questo termine è sinonimo di Arché, prin·cipio: « [ ... ] principio è ciò che è primo e ciò che è primo è principio [ ... ]»(Aristotele, Topici, ~ 7, 121 b 9). _ Cosl anche Proclo: « Principio di tutte le cose è quello di cui tutte partecipano. Ma tutte le cose partecipano solamente del Primo; mentre delle aoltre cose non partecipano tutte, ma alcune. Dunque ancora quello [ = l'Uno] è il Primo .assolutamente, ma le altre cose, riferite ad un certo ordine, sono prime, non già prime assolutamente» (Elementi di Teologia, 100). _ Al·cuni Neoplatonici, di conseguenza, preferiscono il termine Primo ad altri per indicare l'Assoluto (IV, 654 sgg.). _Ricordiamo che la metafisica ·COme scienza dei principi primi è detta da alcuni protologia. _ Ricor.diamo anche che primo ed ultimo in metafisica possono indicare la medesima realtà, in quanto il principio è primo per sé, ma ultimo per l'uomo che, nella sua indagine, parte dalle cose principiate e trova il prin·cipio appunto come ultimo . .P R I N C I P I O , dr. Arché.
PRIVAZIONE (
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PRENOZIONE/PROGREDIENTI
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.di tutta la rea-ltà dall'Uno nella metafisica neoplatonica. La processione è stata spesso confusa con l'emanazione; ma questo è un grave fraintendimento (IV, 606 sgg.). La processione risulta costituita da una serie di momenti logicamente ben distinti già in Plotino, e poi via via esplicitati, approfonditi ed anche resi ulteriormente complicati dai successivi Neoplatonici. Per comprendere a fondo la processione neoplatonica bisogna partire dalla distinzione plotiniana delle due forme di attività: a) l'attività che è propria di un ente, b) e i'attività che proviene da quell'ente. La prima coincide con la natura stessa dell'ente, la seconda, invece, deriva da essa._ a) La prima attività dell'Uno coin·cide con il suo libero autoporsi (col suo essere causa sui) e col suo voler essere quello che è. _ b) La seconda (necessaria conseguenza) implica il procedere di qualcos'altro dall'Uno (poiché l'Uno si autopone come infinita .potenza, come potenza di tutte le cose, da lui devono procedere tutte le cose). Ciò che deriva dall'Uno è un alcunché di indeterminato, che si determina solo rivolgendosi a contemplare l'Uno. Nasce, in questo modo, la prima ipostasi, dalla quale derivano le altre, secondo un identico schema. _ La processione implica, ad un tempo, necessità e libertà: è una necessità che segue ad un atto di libertà '(quello dell'Uno che si autopone ). La processione implica poi un permanere dell'ipostasi produttrice ed è, quindi, un'attività che non esaurisce né diminuisce la realtà dell'ipostasi da cui deriva. Viceversa, come attività, digrada via via, cosicché le ipostasi prodotte sono via via inferiori gerarchicamente l'una all'altra. _ Il concetto di processione non si comprende senza quello di contemplazione. Per una esposizione sintetica della processione cfr. IV, 606 sgg. Per una esposizione analitica dei vari momenti di essa, cfr. IV, 519 sgg.; 527 sgg.; 543 sgg. Proclo (esplicitando elementi già presenti in Plotino, alla luce anche .dei successivi sviluppi del neoplatonismo) determina la processione come processo triadico costituito da tre momenti: l) della m an enza, 2) della processione o uscita e 3) del ritorno. La manenza è già chiaramente espressa nel concetto plotiniano di permanere (ménein) e <:oincide, in fondo, con l'attività del di cui abbiamo sopra detto. L'uscita coincide con l'attività dal. Il ritorno coincide con il rivolgersi contemplativo. Per ulteriori determinazioni e caratteristiche strutturali della processione secondo Proclo cfr. IV, 676 sgg. PROCESSO T R I A D I C O, cfr. Processione. P R 0 GR E D I E N T I (TCpox.6TC-tov-tEc;) Sono, soprattutto nella dottrina del secondo stoicismo, gli uo· mini che, pur non essendo ancora giunti alla virtù, progrediscono verso
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
di essa. - Questo concetto è stato introdotto per smussare il paradosso secondo il quale fra vizio e virtù non c'è (moralmente) una via di mezzo, e, dunque, o si è stolti o si è saggi. Secondo la nuova dottrina c'è, invece, la via di mezzo dei progredienti (III, 441 sgg.). PROGRESSO Il concetto di progresso inteso come sviluppo dell'uomo nel corso della storia verso un incremento sempre maggiore di civiltà e quindi verso un positivo sempre maggiore, è fondamentalmente estraneo al pensiero antico, cosi come lo è il moderno concetto di storia. a) Nel mito dell'età dell'oro, cui succedono età sempre meno felici, è implicita, anziché quella del progresso, l'opposta idea del regresso. b) Nel concetto dei cicli ricorrenti, quale si trova ad esempio in Aristotele (secondo cui l'umanità progredisce fino al momento in cui le ricorrenti catastrofi non la riportano allo stato primitivo) l'idea di progresso, che sembra essere ammessa all'interno di ciascun ciclo, è vanificata, non solo dal fatto che si tratta sempre di un progresso a termine, ma altresl dal fatto che è sempre lo stesso tragitto che nei vari cicli si ripete, e l'idea di ripetizione è la negazione di quella di progresso nel senso sopra indicato. _ c) Lo stesso vale, e in misura ancora maggiore, per i cicli ricorrenti quali sono concepiti dagli Stoici; cfr. Apocatastasi. PRO H A IRE SI S ('ltpoa.tpEat.ç) In Aristotele significa, fondamentalmente, scelta (II, 518 sgg. e la nota 58 di p. 518 sg.); in Epitteto scelta di fondo, da cui dipendono tutte le successive scelte (IV, 114 sgg. e la nota 24 a p. 116). Si veda quanto diciamo alla voce Scelta. PRO L ESSI ('ltp6À.T}\jlt.ç) Secondo la canonica epicurea le prolessi (o anticipazioni, o prenozioni) sono le rappresentazioni sensibili rimaste nella memoria come impronte delle passate sensazioni e che possono essere richiamate alla mente ogni volta che occo"e, assumendo, così, la funzione di anticipare le esperienze future (donde il loro nome). Costituiscono il corrispettivo sensistico dell'universale logico (III, 184 sgg.). _ Anche gli Stoici ammettono l'esistenza di protessi, considerate come una sorta di naturale concezione degli universali (III, 334 sg.). PRO N O I A , dr. Provvidenza. PROPOSIZIONE È un enunciato che afferma o nega qualcosa di qualcos'altro. La
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PROGRESSO/PSICOLOGIA
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proposizione è, dunque, l'espressione di un giudizio (Il, 551 sg.). Aristotele indica la proposizione col termine protasi (cfr. voce). ·p R O T A S I (1tp6-ta.01t.ç) La protasi è una proposizione (cfr. voce), così detta dalla posizione che occupa nel sillogismo. Aristotele (che è il primo ad usare il termine protasi in senso tecnico) ne dà questa definizione: «le protasi [ ... ]sono ciò da cui procede il sillogismo » (Anal. post., A 12, 77 a 37). - Le premesse sono causa delola sequela sillogistica e della conclusione. Le premesse del sillogismo sono due: una maggiore e una minore (Il, 554 sg.) - Sulle loro caratteristiche e sulle peculiarità delle premesse del sillogismo scientifico, di quello dialettico e di quello eristico cfr. Il, 555 sgg.; 557 sg.; 563; 565 sg.
P R o T R E T T I c o <1tpo-tpE1t"tLxoc; > Dicesi protrettico un discorso di esortazione, in particolare di esortazione alla filosofia. (Il Protrettico aristotelico _ giuntoci solo in frammenti - è forse il più celebre esempio di esortazione al filosofare). P R 0 V V I D ENZA (1tp6voLa., providentia) Indica quella attività essenziale di Dio per cui egli ordina e regge il mondo. _ a) In Socrate coincide con l'attività finalizzatrice di Dio (I, 340 sgg.). _ b) In Platone coincide con l'attività del Demiurgo che produce le cose, riducendo il disordine della chora all'ordine, avendo come scopo il bene (Il, 173 sg.; 183 sg. _c) Nella teologia aristotelica non c'è posto per la provvidenza (Il, 448 sgg.). _ d) Meno che mai c'è posto in quella epicurea (III, 225 sgg.). _e) Invece negli Stoici, il concetto di Pronoia emerge in primo piano, ma con mutato significato, coincidendo con il concetto di finalità e razionalità immanente, connesso alla immanenza del Dio-Logos-Physis. Come tale la Pronoia viene a coincidere con la Heimarméne o Fato, per le ragioni che spieghiamo in III, 369-375. - f) È da notare che il Greco non guadagnò il concetto di Provvidenza relativo ai singoli individui (III, 372); solo nel neostoicismo ci sono accenni in tal senso, ma non teoreticamente fondati (III, 372, nota 59). _ g) Il concetto di Provvidenza viene rifondato in senso spiritualistico e trascendentistico nell'ambito del rinato platonismo. - h) In Filone assume connotati biblici; ofr. testi ed esegesi in IV, 279 sgg.; 286 sgg.
PSICOLOGIA Inteso in senso filosofico questo termine designa la dottrina che cerca di determinare la natura dell'anima e le funzioni ad essa connesse. Il termine è entrato in uso nell'età moderna, ma la problema-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
tica relativa è centrale già nel pensiero antico. Si possono, grosso modo, distinguere cinque fasi della psicologia greca: l) quella caratteristica dei naturalisti, in cui il problema delol'anima è connesso a quello del principio, ma con larghe infiltrazioni orfiche comportanti una serie di aporie (cfr. soprattutto I, 159 sgg.); 2) quella socratica, che coincide con la nascita del concetto occidentale di anima (1, 300-311); 3) quella metafisica nelle sue due versioni: a) metafisica-religioso-escatologica di Platone (Il, 223 sgg.; 235 sgg.) e b) metafisico-fisico-gnoseologica di Aristotele (Il, 466-481 ); 4) quella materialistico-immanentistica dell'età ellenistica, nelle sue opposte versioni epicurea e stoica (III. 220 sgg.; 291 sg.; 380 sg.; 439 sgg.; 453 sg.) e 5) quella medioplatonica e soprattutto quella neoplatonica (IV, 358 sgg.; 543 sgg.), in cui l'anima diventa 1postasi. Cfr. voce Psyché. PSYCHÉ (ljluxi)) Il termine psyché, cosl come il termine physis, ésprime uno dei concetti cardini del mondo antico e, ancora come physis, non si puòrendere con un termine moderno che sia capace di coprire l'intera area semantica coperta dall'originale. Anima resta il termine moderno meno inadeguato, in quanto mantiene le valenze fondamentaoli dell'originale, ma perde tutta una serie di risonanze che il termine ha via via assunto nella cultura greca e, per giunta, rischia di richiamare alla mente dell'uomo moderno una prohlematica prevalentemente religiosa, mentre nella cultura greca Ja psyché gioca un ruolo essenziale praticamente a tutti i livelli: dalla metafisica alla filosofia della natura, dalla cosmologia alla antropologia, dalla morale alla politica, dalla gnoseologia alla religione. Data l'importanza enorme di questa figura teoredca nel pensiero greco, è necessario ripercorrere in breve le tappe attraverso le quali si è definita e sviluppata. l) In Omero, come la moderna filologia ha accertato in maniera precisa, psyché ha fondamentalmente due significati. a) Un primo, piuttosto generico, di <<soffio vitale» (si noti il rapporto fra psyché e il verbo ljluxw = soffio), del quale si fa menzione soprattutto nella circostanza della morte, ossia quando lascia l'uomo con l'ultimo respiro. _ b) Un secondo, più caratteristico, è quello di «larva umana», fantasma, che sopravvive alla morte e va nell'Ade. Questa larva è completamente priva di coscienza e conoscenza ed esprime un qualcosa di nettamente negativo. Come è stato detto con efficace paradosso, più che un'anima senza corpo (nel senso che oggi diamo a questa espressione), la psyché intesa in questo senso è un corpo senza anima, depotenziato e devitalizzato, con il quale l'io dell'uomo ed il suo intendere e il suo volere non hanno nulla a che fare. II vero uomo è solo quello di carne ed ossa. 2) Una concezione opposta a
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PSYCHÉ
quella omerica si diffonde in Grecia con l'orfismo, come abbiamo mostrato e documentato in I, Appendice I, passim. La psyché viene identificata con un Demone e dichiarata di origine divina e, quindi, considerata come immortale. La sua presenza in un corpo viene considerata come conseguenza di una colpa, e, quindi, come una espiazione. Nasce, cosl, 1a prima concezione dualistica di anima e corpo. In chiave negativa viene di conseguenza interpretato il corpo (che vien dett() « soma», termine usato, in precedenza, solo per indicare il cadavere), mentre il positivo dell'uomo viene additato unicamente nel Demonepsyché, con tutte le conseguenze di cui abbiamo detto in I, 99 sgg.; 106; 159 sgg. (cfr. anche I, Appendice I, passim). Anche l'orfismo non riferisce, però, alla psyché la coscienza e la intelligenza; anzi, essa ètanto più se stessa quanto meno è viva la nostra attività cosciente, come nel sonno, negli svenimenti, e, al limite, quando si libera, con la morte, dal corpo (I, 81 ). 3) In un'ottica nuova la problematica della psyché si presenta nei Fisici presocratici. Già a partire da Talete, la psyché è connessa alla physis e al Principio (l, 57 sg.). Ad essa vengono di conseguenza attribuiti quei caratteri che sono propri del Prin-cipio e, a poco a poco, anche l'intelligenza, come si può ricavare dai frammenti di Eraclito (l, 80 sgg.); dal .finale del fr. 10 di Anassagora, e, soprattutto, da Diogene di Apollonia, il quale identifica l'intelligenza con l'aria, e dice espressamente che l'aria che gli animali e gli uo-mini respirano « è per essi psyché ed intelligenza» (Diels-Kranz, 64 B 4); cfr. I, 190 sg. Alla prospettiva fisica della psyché, in molti Presocratici, viene giustapposta, in modo aporetico, quella orfìca. Il mo-tivo è da ricercarsi nel fatto che, sulla base della concezione della physis, non era possibile spiegare l'immortalità personale e rispondere a· certe istanze di carattere religioso, come chiaramente emerge soprattutto dalle posizioni dei Pitagorici, di Eraclito, e di Empedocle (l~ 81 sg.; 106; 159 sgg.). 4) La identificazione pienamente consapevole e tematica della psyché con l'io intellettuale e morale e con la personalità dell'uomo costituisce il contributo squisitamente socratico, come· mostriamo in I, 300-311. Certamente questo passo è stato preparato,. in una certa misura, dagli ultimi Fisici, ed anche da alcuni poeti. Ma la posizione di Diogene andava radicalmente decosmalogizzata e defisicizzata (neHa misura in cui Diogene attribuisce anche agli animali intelligenza, resta in antitesi con Socrate), e le intuizioni dei poeti andavano razionalmente tradotte e definite. Dunque, l'aver fatto dell~r psyché la sede dell'intelligenza, della conoscenza e dei valori morali, e l'aver identificato, di conseguenza, proprio in essa i.J. carattere etico e· la vera personalità dell'uomo, costituisce il grande contributo del mes-
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·saggio socratico; una conquista veramente irreversibile della storia spirituale dell'Occidente. 5) Il contributo di Platone consiste nell'aver .dato fondamento metafisica alla riforma socratica. Socrate si era limitato a dare una definizione operativa (per usare una espressione mo-derna) dell'anima, mentre Platone spiega che essa è affine alle Idee, e in conseguenza dei guadagni della « seconda navigazione » può dimostrarne l'immortalità, come a Socrate non era stato possibile (II, 223 sgg.). Platone può, in questo modo, tentare una sintesi fra le acquisizioni socratiche e il messaggio orfìco e far coincidere la psyché-daimon con l'intelligenza, spogliando cosi di gran parte del carattere magicomisteriosofìco lo stesso messaggio orfìco, pur mantenendone la carica mistico-reHgioso-escatologica e sposandola col razionalismo socratico (Il, 258 sgg.). Ma, in Platone, il concetto di psyché si dilata man mano che la sua speculazione si evolve. La tripartizione in anima concupisdbile, irascibi•le e razionale, quale emerge soprattutto nella Repub_blica, può considerarsi ancora un approfondimento in senso socratico, .dato che è introdotta per dar conto di quelle forze alogiche senza le -quali non si spiegano i conflitti che ci sono all'interno dell'uomo e dun-que la stessa virtù (II, 301 sgg.). Ma con la dottrina del Fedro dell'a.nima come principio di movimento e soprattutto con •la dottrina dell'anima del mondo del Timeo (cfr. anche il libro x delle Leggi), la psyché diventa anche un principio antologico e cosmologico (Il, 182 sgg.; cfr. voce Pampsichismo). 6) I contributi di Aristotele (contenuti soprattutto nel trattato Sull'anima) ampliano considerevolmente gli -orizzonti della problematica della psyché. Tutte le forme di vita ven_gono interpretate in funzione dell'anima, e di conseguenza vengono introdotte: a) un'anima vegetativa, b) una sensitiva, c) una intellettiva. Inoltre il concetto di anima viene definito in funzione dei nuovi concetti di forma, atto, entelechia, con esiti assai fecondj. Per quanto con•Cerne l'uomo, Aristotele considera immortale solo l'anima intellettiva, ma (almeno nelle opere della maturità) tace sui destini escatologici della medesima. Su tutti questi temi cfr. II, 466-481 e i documenti che ivi riportiamo. 7) Nell'Accademia e nel Per1pato, dopo la morte dei fon-datori, assistiamo, più che ad approfondimenti, a restrizioni delle dottrine dei maestri (cfr. III, 96; 101 sgg.; 112; 138 sgg.; 145 sg.; 146 sg.; 150 sgg.). Le novità in materia vengono, nell'età ellenistica, dal ·Giardino e dalla Stoa. La ri•lettura in chiave materialistico-corporeistica della dottrina della psyché riesce solo in modo assai aporetico. Epi-curo considera l'anima come un aggregato di atomi e quindi corporea, <e per giunta, come ogni aggregato, mortale. Ma poi egli tende a consi.derare questi atomi costituenti la psyché in un modo qualitativamente
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PSYCHÉ
diverso dagli altri, in chiara antitesi con i presupposti del sistema (si veda quanto rileviamo in III, 220 sgg.; 291 sgg.). Anche Ja Stoa interpreta l'anima come una realtà corporea, ossia come pneuma, ma in una prospettiva assai più ricca. Vi è un'Anima del mondo, che è lo stesso Principio divino, l'Intelligenza cosmica e quindi la Provvidenza, ossia Dio. E vi è l'anima dell'uomo, che è un frammento dell'anima cosmica (III, 383 sg.). La psyché è divisibile in otto parti, fra le quali spicca l'egemonico, che è la ragione (III, 384). Gli Stoici attribuiscono, curiosamente, una sorta di sopravvivenza a termine dell'anima, ponendosi a mezza strada fra Platone ed Epicuro (III, 384 sgg.). 8) Con la rinascita del platonismo e del pitagorismo in età imperiale (medioplatonismo e neopitagorismo) ritornano in auge tutte le dottrine di Platone, ma si tende a differenziare psyché e nous e a porre H nous strutturalmente al di sopra della psyché, allo scopo di tagliare i ponti col materialismo della Stoa, nel senso che indichiamo in IV, 341 sgg. Plutarco può cosl attribuire alla materia una sua anima irrazionale capace di solo movimento (IV, 349 sg.) e parlare (come anche Attico) di una anima malvagia dell'universo, interpretando in modo indebito un passo delle platoniche Leggi (IV, 351 sg.). Cfr. anche la analoga dottrina di Numenio, di cui diciamo in IV, 423 sg. Un'altra novità è da segnalare: rifacendosi probabilmente a dottrine orientali, Numenio ritiene che le anime dell'uomo, prima di rivestirsi del corpo, si allontanino dall'originaria purezza, rivestendosi dapprima di una sostanza eterea, che permette loro di entrare poi nei corpi (IV, 424). 9) Le più cospicue novità sulla psyché, nell'ultima parte del pensiero greco, si trovano in Plotino (cfr. come già Ammonio anticipi temi plotiniani, in IV, 466 sgg.). Nelle Enneadi la psyché è la terza ipostasi ed ha un chiaro ruolo di intermediario fra il mondo dell'incorporeo, cui appartiene, ed il mondo corporeo, da essa prodotto. L'ipostasi Anima, che ha la caratteristica essenziale di essere una-e-molte, si distingue in: l) Anima suprema, 2) Anima del Tutto, 3) anime particolari (di diverso genere), aventi, ciascuna, particolari funzioni. All'Anima vengono collegati i concetti di logos e physis. La psyché diviene, cosl, il vero Demiurgo del cosmo fisico (da essa deriva la stessa materia sensibile). Nell'uomo, cosl come nell'universo, l'anima garantisce tutte quante ~e attività. Collocata nel quadro generale della dottrina della processione (cfr. voce) e della contemplazione, la dottrina plotiniana deWAnima porta il pampsichismo greco ai limiti estremi (cfr. esegesi e testi in IV, 543591 e 612 sgg.). 10) Nell'ultima fase del neoplatonismo, infine, la dottrina dell'anima viene coHegata alla. teurgia e alla dogmatica della religione pagana, e quindi scade filosoficamente. Da segnalare, in partico-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
lare, è il tentativo di Proclo di far coincidere con la pluralità delle ipostasi in cui l'anima viene divisa, le divinità dell'Olimpo greco (IV, 671 sgg.). Ci siamo dilungati più del consueto su questo tema, perché, se sfugge il significato poliedrico della greca psyché, non si può intendere il pensiero antico. - Senza una radicale riforma del contesto generale in cui si inseriva questa dottrina, non avrebbe potuto essere compreso né tanto meno accettato il messaggio cristiano della « resurrezione del corpo», che, per molti aspetti, è l'antitesi di quella. Non solo gli Ateniesi, scandalizzati, voltarono le spalle a Paolo, quando questi parlò loro della resurrezione, ma anche Plotino respinse aspramente questa dottrina (cfr. il passo che riportiamo in IV, 589). Per il Greco era divenuta dogma la resurrezione dell'anima dal corpo, che è proprio il contrario della resurrezione del corpo. (Cfr. come già Filone di Alessandria, sulla base del~a dottrina biblica, sia costretto a modificare strutturalmente la dottrina greca in IV, 294 sgg.). PURIFICA ZIO N E, cfr. Catarsi.
Q Q U A D R I F A R M A C O ( "tE"tpa.cpci.pJ.La.xoc;) ~ stato cosi chiamato già dall'antichità il quadruplice rimedio contro il dolore, che Epicuro riteneva di aver fornito agli uomini, mostrando loro l) che non si- devono temere gli Dei, 2) che non si deve temere la morte, 3) che il piacere è a disposizione di tutti, 4) che il male o è di breve durata, o si può facilmente sopportare (III, 264).
QUA L C OSA l"tb "tt)
Secondo alcuni Stoici è un genere che sta al di sopra dell'essere. A questa ammissione furono spinti in conseguenza a) del presupposto che l'essere è sempre e solo corpo, b) dell'ammissione di incorporei (gli esprimibili, il luogo, il tempo e il vuoto), che non sono essere, perché questo è corporeo, eppure non sono nemmeno il nul•la. Cfr. testi e chiarimento in III, 360 sg. - Il concetto di qualcosa ricorre pure nel medioplatonico Severo, in altra accezione, ossia per indicare il genere supremo, il Tutto, inclusivo dell'essere (vale a dire della realtà intelligibile) e del divenire (vale a dire della realtà sensibile); cfr. IV, 345 sg., nota 37. - Ricordiamo ancora che con l'espressione "tb "tL Aristotele indica la prima categoria. In questo senso l'espressione è sinonimo di "tb "t' tO""tL e "tb "tt iiv Etva.L (cfr. Essenza).
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PURIFICAZIONE/RADICI
QUA LI T À
(1to~6v)
In Aristotele indica una delle categone ed è una nozione che include molteplici significati. Sono qualità: a) gli abiti e le disposizioni (esempio: virtù, vizi, salute, malattia), b) le capacità o incapacità fisiche (come quelle dei corridori o dei pugili), c) le affezioni (come dolce e amaro), d) la figura degli oggetti (curvo, diritto, ecc.). Gfr. Categorie, cap. 8, passim; cfr. anche Metafisica, 1::. 14. - Anche per gli Stoici la qualità è una categoria, ma è concepita piuttosto come forma che determina la materia. La qualità per gli Stoici è materiale e coincide con il principio attivo (e quindi con il Logos) immanente alla materia e inseparabile da essa (III, 355 sgg.). QUANTITÀ (1to0"6v) È una delle categorie, secondo Aristotele. Per una determinazione specifica di questa nozione cfr. Categorie, 6, e Metafisica, 1::. 13, passim.
QUI E T E
(0'-ttiO"~ç)
Nell'antologia platonica del Sofista è una delle cinque categorie supreme (11,139sgg.). _Il medioplatonico Plutarco pone in corrispondenza con la categoria della quiete uno dei cinque elementi e uno dei cinque mondi che costituiscono il cosmo sensibile (IV, 350, nota 46). - È pure una delle cinque categorie dell'intdligibile in Platino (IV, .542). QUI N T A ESSE N Z A , cfr. Etere. QUINTA SOSTANZA, cfr. Etere.
R RADICALISMO È un termine di conio moderno che, nella sua accezione più generale, indica le istanze di fondo di quei movimenti che vogliono un totale mutamento delle strutture sociali e politiche e un sistematico ripensamento dei fondamenti concettuali delle medesime. Sia pure con tutte le dovute cautele, i Cinici possono considerarsi i radicali dell'antichità, per le ragioni che abbiamo messo in evidenza in III, 25 sgg.
RADI C I
(p~~w~-~oa-ta)
Sono cosl chiamati da Empedocle
quattro «elementi» (acqua,
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
aria, terra, fuoco), perché da questi si generano tutte le cose (I, 1.51 sgg.). RA G I O N AMEN T O, cfr. Sillogismo. RAGIONE, dr. Dianoia; Logos. RAGIONìEVOLE, cfr. Eulogon. R AGI O N I SE M I N A L I , dr. Logoi spermatikoi. RAZIONALISMO E la convinzione che il Logos e la ragione umana possano, da soli, raggiungere la verità, che siano capaci di far vivere ndla verità e siano di conseguenza in grado di far raggiungere all'uomo il suo telos. Inteso in questo senso, il razionalismo è una delle cifre tipiche del pensiero filosofico greco. Gli stessi Scettici si collocano, sia pure paradossalmente, all'interno di questa prospettwa, anche se con segno opposto, tanto è vero che il loro metodo, anche nella più consumata formulazione della anti"hesis (cfr. voce), è di carattere squisitamente razionalistico. RAZZISMO E termine moderno che indica quella dottrina secondo la quale esiste una razza umana per natura superiore alle altre e secondo la quale la superiorità di civiltà è espressione della superiorità della raz· za. Cosl può essere correttamente denominata la concezione che i Greci ebbero della propria razza nei confronti degli altri popoli « barbari». Cfr. ad esempio Platone, Repubblica, IV, 435 e, e soprattutto Aristotele, Politica, A 2, 1252 b 8 (cfr. quanto diciamo in II, 525 sgg.; 536 sg.). - A partire dall'età ellenistica cade in crisi la convinzione della superiorità dei Greci sui barbari, fino quasi a capovolgersi nella tarda antichità. REALISMO Con questo termine abbiamo indicato la natura peculiare del filosofare aristotelico, il quale si differenzia, da un lato, dall'idealismo platonico, e, dall'altro, dal naturalismo di tipo presocratico, eppure accoglie gli opposti messaggi dell'uno e dell'altro. Il realismo aristotelico si presenta come la sintesi delle opposte istanze idealistiche e naturalistiche, affermando, senza mezzi termini, l'esistenza del soprasensibile, e, insieme, valorizzando fino in fondo il sensibile, nel senso che spieghiamo in II, 396 sgg.; 403-465, passim. Cfr. anche il nostro volume: Il concetto di filosofia prima, passim.
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RAGIONAMENTO/RELIGIONE
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RE A L T A, cfr. Essere; Ousia; Physis. RE I N C A R NAZIONE, cfr. Metempsicosi; Metensomatosi. RELATIVISMO È J'atteggiamento di pensiero che riconosce l'impossibilità di accedere ad una verità assoluta. È stato formulato per la prima volta nel pensiero occidentale da Protagora con il celebre principio dell'homo mensura, per cui l'uomo (ciascun uomo) è considerato misura di tutte le cose e la verità è appunto relativa a ciascun uomo (I, 230 sgg.); cfr. voce Homo mensura. RE L A T I V O, cfr. !Relazione. RELAZIONE (1tp6ç -t~) È una delle categorie delol'essere, secondo Aristotele. La dottrina della relazione come categoria ha certamente le sue radici nella speculazione platonica (cfr. Sofista, 255 b sgg.), nonché negli sviluppi del platonismo nella prima Accademia. La definizione che Aristotele fornisce nelle Categorie (7, 6 a 36 sgg.) è la seguente: «Relative si dicono [ ... ] le nozioni, ciascuna delle quali, proprio ciò che è, in sé, si dice esserlo di qualcos'altro, o in qualsiasi altro modo viene riferita a qualcos'altro ». _ Gli Stoici parlano, anziché di relazione, di modi relativi (III, 361). _ È da notare che le complesse questioni agitate dalla filosofia moderna sulla relazione sono estranee all'antichità. Tuttavia, è certo che, per Aristotele, la relazione è reale ed oggettiva nella misura in cui, appunto, è una categoria dell'essere (sull'essere delle categorie cfr. II, 418 sgg.). Semmai i primi dubbi sulla realtà della relazione possono risalire agli Stoici, i quali, facendo coincidere l'essere con il corporeo, difficilmente potevano interpretare i modi relativi come corpi e dunque come esseri. Ma i testi non sono affatto espliciti in merito (III, 361 sg.). _ Un concetto di relazione di tutt'altra natura è implicito nella dottrina della dialettica platonica e in quella della processione neoplatonica. Ma su queste valenze della relazione gli antichi non hanno fatto esplicita indagine. Cfr. Ipostasi e Processione. RELIGIONE Religione deriva dal latino religio (di incerta origine etimologica) e non ha un esatto corrispettivo nella ·lingua greca. Infatti ilpTJCT:U~ indica l'aspetto liturgico della religione, EÙCTÉ~E14 la pietà e il rispetto di Dio, 6~6-tT}<; la santità. Se dal termine passiamo al concetto, risulta più facile orientarsi. Probabilmente la definizione più adeguata di
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
religione è quella data da Morris Jastrow: «La religione si compone di tre elementi: l) il riconoscimento di un potere o di poteri che non dipendono da noi; 2) un sentimento di dipendenza nei confronti di questi poteri; 3) l'entrata in relazione con questo o questi poteri. Se si riuniscono questi tre elementi in una sola proposizione, si può definire la religione come la credenza naturale in un potere o in poteri che ci sorpassano e nei confronti dei quali ci sentiamo dipendenti, credenza e sentimenti che producono in noi: l) un'organizzazione; 2) atti specifici; 3) regolamentazione della vita, avente per scopo di stabilire i rapporti fra noi stessi e il o i poteri in questione». Le varie forme di religione si differenziano a seconda del modo diverso con cui concepiscono e sviluppano i singoli punti. A) Per quanto riguarda la religione greca è da rilevare quanto segue. l) Essa non ebbe una dogmatica considerata rivelata e dunque immodificabile, e quindi non ebbe una casta sacerdotale preposta alla custodia del dogma (1, 23 sgg.). 2) La religione greca classica, quale è espressa soprattutto da Omero e da Esiodo, rientra fra quelle che gli storici chiamano religioni naturalistiche, per le ragioni che indichiamo in I, 24 sg. 3) Accanto alla religione pubblica, che era la religione della Polis, fiorl la reli· gione dei misteri, fra i quali spiccano quelli Orfici, che ebbero un cospicuo influsso sulla filosofia (cfr. l, Appendice I, passim e I, 26 sgg.). 4) Alla fine dell'età classica, alla crisi della credenza negli Dei omerici subentrò una forma di religione che gli studiosi denominano astrale e cosmica, soprattutto nei ceti più elevati e particolarmente per influsso dell'ultimo Platone delle Leggi e dell'Epinomide. 5) In età imperiale la religione greca assunse caratteri fortemente sincretistici, accogliendo elementi orientali e portando in primo piano l'elemento magico, come si può rilevare in documenti che interessano da vicino anche la filosofia, quali il Corpus Hermeticum e gli Oracoli Caldaici (IV, 429-436; 452 sgg.). B) La mancanza di una Rivelazione e di testi sacri non solo produsse la mobilità dogmatica di cui si è detto, ma anche la mancata teorizzazione della fede come elemento specifico dell'atteggiamento religioso. Di conseguenza, dal momento in cui in Grecia sorse 1a filosofia, questa cominciò ad invadere il campo della religione e, al limite, a sostituirsi alla religione stessa. Infatti, la filosofia tocca tutti quegli elementi che sopra abbiamo visto essere definitori della religione. E il fatto di occuparsene a livello di logos, invece che a •livello di credenza (di fede), non poteva, nella prospettiva sopra indicata, se non apparire come un guadagno e come un vantaggio. Per quanto, dunque, concerne questi rapporti o tangenze della filosofia greca con .la religione, è da rilevare quanto segue. - a) Già i Natura-
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RELIGIONE
listi si avviarono verso una profonda razionalizzazione di quegli elementi, non solo con critiche serrate alla scorretta concezione antropomorfica degli Dei (cfr. soprattutto Senofane, I, 111 sgg.), ma con le loro positive interpretazioni del Principio (cfr. Arché). (Ricordiamo che le moderne esegesi riconoscono espressamente le valenze teologiche della « fisica » dei primi pensa tori greci). _ h) I Sofisti toccarono punte di vera e propria irreligiosità, non tanto con l'agnosticismo protagoreo (cfr. voce), quanto col nichilismo di Gorgia, con l'utilitarismo teologico di Prodico e con le tési di Crizia (I, 243 sgg.; 262 sgg.; 274 sg.; 279). Si veda anche la posizione di Evemero (III, 62, nota 26). - c) Socrate presenta la prima visione completa in chiave rigorosamente razionale dei tre elementi sopra detti; e, insieme, presenta un particolare sentimento de1la sua dipendenza dal Divino con la sua dottrina del daimonion, di cui si è detto in I, 346 sgg. (Del resto non è man-cato chi ha proposto un'esegesi essenzialmente religiosa del socratismo nel suo complesso). _ d) Platone presenta un sistema le cui valenze religiose addirittura sporgono rispetto agli orizzonti dell'antichità. t -da ricordare che se la sua filosofia si pone come vera religione per i filosofi, per la massa, Platone propone una forma di paganesimo purificato, culminante nella religione astrale, di cui s'è già detto, le cui premesse sono nel Timeo e i cui corollari sono nelle Leggi e nell'Epi.nomide. _ e) Una visione che può ragionevolmente qualificarsi come religiosa è indubbiamente quella in cui culmina la metafisica di Aristotele, il quale, del resto, scrive espressamente, nel finale di Metafisica, A 8: <
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so, !'iconoscere la carica religiosa che emerge dall'Inno a Zeus dello stoico Cleante (III, 366 sgg.) nonché dall'atteggiamento di fondo di Pirrone (III, 482 sgg.), e si dovrebbe prendere atto dell'atteggiamento di Epicuro, che è molto diverso da quello che molti hanno preteso, come mostriamo in III, 225-233. _ g) Durante l'età imperiale, l'interesse religioso come tale di'Venta addirittura preminente in tutte le correnti filosofiche e diventa quindi una cifra dell'epoca, come mostriamo nel vol. IV, passim. _h) La filosofia mosaica di Filone di Alessandria segna, poi, un momento di rottura della greca W eltanschauung, ma costituisce, per il suo rifarsi al mondo biblico, un momento atipico del pensiero antico (IV, 271 sgg.). C) È da rilevare, da ultimo, che alla grecità rimasero sconosciuti proprio quei concetti-cardine, che con la diffusione della concezione ebraico-cristiana sono diventati condizione dello stesso darsi di una vera religione, quali: il concetto di creazione~ di amore donativo, di Rivelazione, di provvidenza rivolta anche al singolo uomo, e quindi anche di dipendenza di ciascun uomo (proprio come singolo) da Dio, di aiuto divino e di grazia. RE M I N I S C ENZA , dr. Anamnesi. RE T 0 R I C A (p1J'tOpLxi)) È l'arte della parola e del discorso mirante alla persuasione. Lo specifico fine della retorica è, dunque, la tecnica di produzione della persuasione e consiste in una enucleazione e in una messa in atto di quegli elementi che nel linguaggio umano producono persuasione. Bisogna distinguere la pratica della retorica dalla riflessione filosofica sulla medesima. _ Per !imitarci a quest'ultima (che è la sola che ci interessa in questa sede), ricordiamo che il primo filosofo della retorica (oltre che retore) fu Gorgia, la cui posizione illustriamo in I, 251 sgg. _ Platone ripensò a fondo il problema, con esiti diversi, nel Gorgia e nel Fedro; cfr. II, 214 sgg. _ La teoria più completa e più equilibrata· si trova nella Retorica aristotelica. Si veda l'esposizione che ne facciamo in II, 569-583. _ Negli Stoici, invece, la retorica diventa la forma bella del dire (III, 325 sg.). _ Fra i Romani prevale più l'aspetto pratico, con notevole scadimento dell'eleinento propriamente speculativo .. (Si veda soprattutto il De oratore di Cicerone). RHUSMOS (pv0116c;) È H termine che l'antica scuola atom1st1ca usava per indicare ltr forma degli atomi. In quanto derivante dal verbo pE~v ( = scorrere)~ assume l'accezione, oltre che di forma geometrica, anche di forma dinamica, ossia di forma capace di unirsi ad altre forme (III, 200).
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REMINISCENZA/RIVELAZIONE
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RICERCA (~it-tTJ~) In senso generale il termine significa indagine perseguita con una certa metodicità e sistematicità. - In senso ristretto può indicare quella particolare zétesis degli Scettici, i quali, proprio per il loro continuo ricercare (senza nulla definitivamente trovare), erano detti Zetetici (cfr. Scetticismo). RICORDO , dr. Anamnesi; Memoria. R I GENERAZIONE, dr. Palingenesi. RISCHI O (x,v5u'lloç) Con intuizione precorritrice, che peraltro non ha sviluppi nell'antichità, Platone indica, con questo termine, quel « salto esistenziale», per dirla con terminologia moderna, che è incluso nel credere nell'aldilà, e che, in ultima analisi, dà senso al vivere. Ma a differenza dei moderni, Platone ritiene, grecamente, questo rischio non carico di angoscia, ma bello, e, dunque, liberante (cfr. il testo riportato in II, 50). RISOLUZIONE, dr. Analitica. R I T O R N O ( t?tw-tpoqr{J) In Plotino esprime il movimento della conversione dell'anima umana che si ricongiunge all'Uno (IV, 593 sgg.). - È tuttavia da rilevare che ~l ritorno non è solo dell'Anima, ma anche dello Spirito, che, proprio rivolgendosi a contemplare l'Uno, acquista statura di ipostasi (IV, 527 sgg.). E lo è anche dell'Anima universale, la quale, analogamente allo Spirito, solo contemplando lo Spirito (e, attraverso lo Spirito, l'Uno) nasce come ipostasi (IV, 543 sgg.). _ Proolo fa dell'epistrophé un momento necessario della processione in generale, accanto agli altri due momenti di moné e di pr6odos, esplicitando e sviluppando in maniera appropriata il pensiero di Plotino (IV, 676 sgg.). RIVELAZIONE Il termine indica il dis-velamento di una verità che avviene non mediante un semplice procedimento logico, ma mediante l'aiuto o addirittura l'intervento di una Divinità o di forze divine. Si possono distinguere tre tipi di rivelazione: l) un primo, in cui l'oggetto della rivelazione è costituito da una verità che la ragione può intendere pienamente e in cui, quindi, l'intervento divino aiuta, per cosi dire, la ragione ad essere pienamente se stessa e non porta oltre ad essa; 2) un secondo, in cui l'aiuto divino porta, mediante ispirazione, a conoscere verità che sono o si suppongono, almeno in parte, oltre la ragione; 3) un terzo, in cui si suppone l'intervento di Dio che positivamente, os-
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:sia storicamente, fa conoscere agli uomini una verità che trascende la ragione. l) Il primo tipo di rivelazione è quello che troviamo, in maniera addirittura paradigmatica, nel poema parmenideo, dove, in ultima analisi, la rivelazione della verità da parte della Dea è la rivelazione della ragione che coglie l'essere e le sue leggi (l, 119 sg.). 2) La seconda forma di rivelazione è propria de1Ia religione misterica greca, ·dell'ermetismo (IV, 432 sgg.) e degli Oracoli Caldaici (IV, 444 sgg.) ed .è altresi quella cui si rifanno, in vario modo e con varie sfumature, Platone e i Neoplatonici. 3) Il terzo tipo di rivelazione è rimasto sconosciuto all'antichità, ed è proprio de1Ie grandi religioni storiche. Filone di Alessandria la portò in primo piano con la sua filosofia mosai
s 'SAGGEZZA (
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RIVOLUZIONE/SAGGEZZA
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<:apacità di guidare né potere di comandare. E lungi dall'attribuirle tale natura, la maggior parte degli uomini ritiene che, pur essendo la ·scienza spesso presente nell'uomo, non sia essa che lo comanda, ma qualcos'altro: talora l'ira, talaltra il piacere, talaltra ancora il dolore, qualche volta l'amore, spesso la paura; insomma concepiscono la scienza come una sorta di schiava trascinata da tutte le parti da quelle passioni. Hai anche tu un'opinione del genere della scienza, o ritieni che sia una .cosa bella e capace di guidare l'uomo, e che se uno conosce i beni e i mali non possa essere vinto da qualcos'altro, 1111 punto da fare cose diverse da quelle che la scienza comanda, e che la phronesis sia il più valido ausilio dell'uomo? ». Tra l'altro, il passo è inte· ressante per l'equazione anche linguistica che stabiolisce fra la scienza (btLCT"t"T)IlTJ) e la phronesis. 2) Platone porta alle estreme conseguenze le premesse socratiche, facendo coincidere la valenza teoretica della phronesis addirittura con la conoscenza metemprica delle Idee e facendo coincidere la valenza pratica di essa con la «virtù politica » dei reggitori dello Stato (Il, 310 sgg.). Ecco un passo del Pedone che illustra la prima valenza: «Ma quando l'anima, restando in sé sola e per sé sola, svolge la sua ricerca, allora si eleva a ciò che è puro, eterno, immortale, immutabile, e, avendo natura affine a quello, rimane sempre con quello, ogni volta che le riesca di essere in sé e per sé sola; e, allora, cessa di errare e in relazione a quelle cose rimane sempre nella medesima condizione, perché immutabili sono quelle cose cui si attacca. E questo stato dell'anima si chiama phronesis » (79 d). Nella Repubblica poi, come dicevamo, la phronesis è presentata come conoscenza del Bene e dell'Assoluto e come suprema virtù «politica». Da notare, poi, che Platone usa come equivalenti phronesis e sophia (cfr. Repubblica, IV, 427 d sgg.; VII, 518 c sgg.). 3) La determinazione precisa del concetto di phronesis si trova in Aristotele, il quale la distingue nettamente dalla sophia. Per Aristotele, phronesis e sophia sono virtù dianoetiche, ossia della ragione: ma la prima riguarda la ragion pratica, la seconda la ragion pura speculativa (cfr. Sapienza). La phronesis divie.ne così quella sapienza tipicamente umana consistente nel ben deliberare intorno a ciò che è bene e male per l'uomo. Potremmo dire che da Aristotele in poi la phronesis indica una sola di quelle due valenze, quella pratica, che Socrate e Platone non scindevano da quella teoretica. Oltre ai testi che abbiamo riportato in Il, 504 sgg., è opportuno leggerne un altro molto importante, che illustra perfettamente il pensiero dello Stagirita: << [ ••• ] la saggezza, invece, riguarda i beni umani e le cose su cui è possibile deHberare: infatti noi diciamo che soprattutto questa è la funzione del saggio, il
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deliberare bene, e nessuno deHbera sulle cose che non possono essere diversamente, né su quelle che non abbiano un qualche fine che sia un bene realizzablle nell'azione. L'uomo che sa deliberare bene in senso assoluto è quello che, seguendo il ragionamento, sa indirizzarsi a quello dei beni reaJizzabili nell'azione che è il migliore per l'uomo. La saggezza non ha per oggetto solo gli universali, ma bisogna che essa conosca anche i particolari, giacché essa concerne l'azione, e l'azione riguarda le situazioni particolari. [ ... ] La saggezza, poi, riguarda l'azione: cosicché deve possedere entrambi i tipi di conoscenza, o di preferenza quella dei particolari . .Ma ci sarà anche qui una scienza architettonica» (Etica Nicomachea, Z 7, 1141 b 8 sgg.). La saggezza diventa cosl, quella conoscenza pratica, che insegna all'uomo il «ben vivere»; per contro la sapienza (o-ocpl.a) diventa la scienza delle cose che stanno al di sopra dell'uomo, ossia delle realtà metafisiche, e, di conseguenza, una scienza gerarchicamente superiore, nella misura in cui sono superiori all'uomo Dio, il Divino, e la totalità del reale (Il, 506 sg.). 4) Nell'età ellenistica, caduto ogni interesse per il metafisico e il trascendente, diviene primario, se non esclusivo, l'interesse per l'uomo e domina la concezione della filosofia come arte del vivere. La saggezza (cppoVTJO"Lc;) diviene di conseguenza la suprema virtù, la virtù per eccellenza. Su questo punto si veda il vol. III, passim. Si veda hl passo di Epicuro riportato in III, 245, dove la saggezza è detta senz'altro bene supremo, fonte di tutte le altre virtù, unica garanzia di una vita felice. _ Anche negli Stoici, la saggezza, definita come « scienza dei beni, dei mali e degli indifferenti» (dr. III, 406), occupa il primo posto nella tavola delle virtù e costituisce il fondamento di tutte le altre. In generale si può dire che tutte le filosofie ellenistiche, compresa quella pirroniana, sono forme di « saggezza», con notevoli convergenze di fondo (dr. III, passim). 5) Per contro, nell'età imperiale, col rinascere della metafisica e della problematica della trascendenza, ritorna la sophia o sapienza in primo piano, non solo nell'accezione aristoteliel, ma altresl arricchita di inedite valenze (dr. voce). SAGGI O (o-ocpoc;) La parola saggio rende, almeno in certa misura, il termine greco soph6s che, però, può tradursi anche con il termine sapiente. Per altro è da rilevare che nella maggior parte dei casi col termine sophos si sottolinea maggiormente la carica morale del sapere di cui un uomo è portatore, oltre che quella teoretica del medesimo, pertanto la traduzione di sophos con saggio è più esatta. Solo in Aristotele, come vedremo, questa traduzione è inadeguata. l) Già nel caso dei sette saggi, questo è evidente: si tratta, infatti, di uomini che, ad un tempo, si
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SAGGIO
imposero per la loro vita morale, e lasciarono ai Greci le più celebrate sentenze morali (I, 208 sgg.). 2) Anche nel contesto sofistico sophos !la il significato pratico, oltre che teoretico, di cui abbiamo detto, sia pure con sfumature diverse, delle quali diciamo in I, 217 sgg. 3) Socrate sostenne che «solo Dio è sophos » (vedasi testo in I, 360), intendendo però, con questo termine, colui che possiede la totalità del sapere. Ma una certa sophia egli ammise espressamente di a'Verla quella delle cose umane -, e dunque di essere in questo senso sophos (cfr. Platone, Apologia, 20 d). Il sophos, per Socrate, altri non è che colui che incarna quel sapere con cui coincide la virtù (cfr. Saggezza); cfr. I, 311 sgg. 4) In Platone sophos ha analogo significato, indicando, quando è usato in senso forte, colui che possiede il più alto sapere, il quale, oltre che la più alta dignità teoretica, ha anche il più alto po-. tenziale pratico-politico. Ecco ad esempio un passo dell'Epinomide (opera che se non è dello stesso Platone, è in ogni caso di un suo immediato discepolo): «Eppure bisogna scoprire una scienza possedendo la quale il sophos divenga sophos davvero e non lo sia solo apparentemente. Vediamo! Certo stiamo per metter mano ad un argomento quanto mai difficile: oltre quelle che abbiamo trO'Vato, si tratta ora di scoprirne un'altra che nella sua essenza e giustamente meriti il nome di sapienza, mentre chi l'abbia fatta sua non sia né un operaio, né un uomo dappoco, ma grazie ad essa sophos e buon cittadino - abbia, nello stato, in mano il governo o venga governato -, degno deUe sue funzioni e sempre in armonia» (976 c-d). 5) In Aristotele sophos assume una valenza specifica che non può più rendersi con saggio, ma che è necessario rendere con sapiente. Il ue
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
limitato quella virtù e felicità che gli Dei hanno per l'eternità (III, 17 sg. ). Potremmo dire che l'idea del saggio costituisce una di quelle potenti idee sintetiche che creano il clima di un'intera epoca (cfr. III, passim). Molti caratteri del saggio variano, naturalmente, da scuola a scuola, ma alcuni sono comuni, come ad esempio: la perfetta serenità, l'autarchia (ossia l'essere sufficiente a se stesso), l'esser distaccato dalle cose esteriori e materiali, la superiorità su tutto, il saper sopportare tutto, compreso il dolore (anche fra i tormenti il saggio è felice, perché con la sua anima sa essere al di sopra di essi), la capacità di trovare nel suo intimo il rimedio a tutto. Gli Stoici hanno insistito sulla tematica del saggio in modo quasi esasperato (III, 428 sgg.). Ecco i principali connotati che gli hanno attribuito (li elenchiamo nell'ordine in cui risultano dalla raccolta dei frammenti del von Arnim, S. V .IF., III, frr. 544-649): il saggio non inganna, né è ingannato, perché ha scienza e non opinioni; fa tutto secondo tutte le virtù; è forte al punto da non poter essere colpito da alcun male; è felice anche nei tormenti; è ricco perché tutto ciò che è bene gli appartiene; è libero, è esperto delle cose divine; è esperto anche di politica; giova a sé e agli altri; è austero, non si meraviglia di nulla, non si lascia prendere da compassione e muovere dai sentimenti; è senza vanità, ama di nobile amore; è separato da un abisso dagli stolti. Per gli antichi Stoici non c'è una via di mezzo fra saggio e stolto. Già però a partire dalla media Stoa si ammette l'esistenza di progredienti (prok6ptontes) verso la virtù e nell'ambito della nuova Stoa si rivela addirittura il carattere di idealità del saggio (e dunque la non esistenza a livello empirico di un uomo perfettamente saggio (III, 441 sgg.; 456; IV, 91 sgg.). 7) In età imperiale il concetto di saggio assume coloriture mistico-religioso-trascendentistiche. Saggio è colui che imita e segue Dio, colui che contempla l'assoluto e addirittura trascende la dimensione dell'umanoper unirsi al divino. Il saggio dell'età imperiale non trova più in sé, ma nel divino, il fine della propria vita (cfr. vol. IV, passim). Per Filone· di Alessandria il saggio è colui che ha fede in Dio e conosce, mediante questa fede e l'ispirazione che essa dona, i beni divini. Il prototipo del saggio, quindi, per Filone, è Mosè (cfr., per es., Ebr., 37). 8) Ma anche nell'ambito dei filosofi pagani, sia pure con diversa angolatura, il sophos è colui che ha commercio con le cose divine. Ecco un testo eloquente di Platino: « Non è concesso, no, vivere beatamente nella comunione col corpo. Cosl esige, difatti, anche Platone, assai giustamente: che si debba cioè prendere il bene di lassù, dall'alto; a Quello deve mirare chi voglia essere sophos e beato; deve assimilarsi a Lui; vivere in conformità di Lui. Solo questo, quindi, deve possedere per
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SAGGIO/ SALVEZZA
il raggiungimento del fine: e le rimanenti cose? Sl, egli può pure prenderne o l'una o l'altra; ma, cosl, come cambia dimora, non già perché· tragga dalle sue dimore un aumento di beatitudine, ma solo perché egli ha anche di mira le altre cose che sono come riversate intorno a lui, al suo vero essere _ per esempio se egli ha da coricarsi in questo posto ovvero in quest'altro -; egli concede a questo essere terreno a seconda della necessità e nei limiti del suo potere; ma il suo vero essere è un altro, ben diverso, e nulla s'oppone che egli mandi via questo essere terreno e, comunque, è ben pronto a deporlo quando scocca l'ora della natura; padronissimo anzi di prendere, a suo talento, una decisione intorno a lui» (1, 4, 16). Saggio, insomma, nell'ultima filosofia greca, è l'uomo che contempla e vive nella dimensione dell'Assoluto. SA L V E Z Z A (crw"t'TJp,o.) Indica, in senso specifico, la liberazione dai mali, e, in particolarmodo, da quei mali dai quali dipende la rovina e l'infelicità dell'uo· mo. Si tratta, dunque, di una salvezza ultimativa, della salvezza di fondo. _ Nel contesto del pensiero socratico, quale è espresso ad esempio nel Protagora, si dice che la « salvezza della vita » consiste nella scienza: « Ebbene, amici! Poiché la salvezza della nostra vita ci risultò consistere nella corretta scelta del piacere e del dolore, del più e del meno copioso, del più e del meno intenso, del più lontano e del più vicino, non è forse evidente, innanzitutto, che si tratti di una ca· pacità di misurare, dal momento che si tratta di una ricerca riguardante l'eccesso e il difetto e l'uguaglianza reciproca? [ ... ] E poiché è una capacità di misurare, è necessario che sia un'arte ed una scienza» (357 a-b). _ Lo stesso mito finale della Repubblica (che contiene il messaggio, da un certo punto di vista, più radicale di Platone) viene presentato esplicitamente come messaggio di salvezza (si legga il passo da noi riportato in II, 240 sg.). _La coloritura religiosa, già qui presente, si accentua in età imperiale. Il Corpus Hermeticum è, nel suo complesso, una soteriologia (IV, 439 sgg.). Ecco un passo significativo: «Dove correte o uomini, ubriachi, dopo aver bevuto la dottrina dell'ignoranza come vino puro, che non potete neppure sopportare, ma di già state per vomitare? Fermatevi e tornate in voi stessi. Volgete in alto gli occhi del cuore; e se non ne siete capaci tutti, lo facciano almeno quelli che possono. Il male della ignoranza inonda tutta la terra, corrompe l'anima imprigionata nel corpo, senza permettere che essa getti l'ancora nel porto della salvezza. Non lasciatevi trascinare dalla violenza dei flutti, ma valendovi del riflusso, voi che potete raggiungere il porto della salvezza, gettate l'ancora in questo e cercate una guida che vi mo-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
stri la via per giungere fino alle porte della conoscenza dove brilla la luce splendente, scevra di tenebre, dove nessuno è ebbro, ma tutti sono sobri e rivolgono lo sguardo del cuore, verso colui che vuole essere contemplato» (vu, l). Come «salvezza dell'anima » Porfirio concepisce, in generale, la filosofia; cfr. lesti ed esegesi in IV, 633 sg. S A N T I T À ( !Stnov, 6tn6-tTJc;) Nel contesto del paganesimo non trova posto una concezione della santità quale, invece, si è venuta delineando nel contesto della reli_gione ebraica, e soprattutto cristiana, la quale implica una strutturale met/znoia e un rovesciamento del vivere rispetto al modo di pensare del mondo, cosl come è radicale il messaggio di Cristo che è Dio e si fa uomo e muore per salvare gli uomini. Nel contesto del pensiero ebraico-cristiano, Dio solo è veramente santo, e l'uomo è santo nella misura in cui cerca di realizzare, con l'aiuto della grazia, nel suo pensare e nel suo vivere il volere divino. :E. evidente che, cosl intesa, la santità è la virtù più alta, da cui tutte le altre d~pendono. La santità, cosl concepita, suppone, in certo senso, l'uomo a tre dimensioni: non solo come corpo fisico, é come intelligenza, ma anche come éapace di accogliere quella divina grazia che lo rende « figlio di Dio », e nella cui dimensione si sviluppa, appunto, la santità. Ora, non solo nella religione greca, ma anche nella filosofia greca, tale prospettiva resta assente: l'idea che la physis, l'intelligibile e l'intelligenza potessero o dovessero essere trascesi non si affaccia se non con Plotino, e in maniera del tutto differente. Il santo rientra nella sfera del naturale e del razionale e la santità, al massimo, può essere una delle virtù, e nemmeno una delle più elevate. Platone, che al santo dedicò nell'EuJifrone la trattazione più ampia, subordinò questa virtù alla giustizia e la definl come «una parte del giusto», e precisamente «quella parte del giusto che concerne la cura degli dei; l'altra par·te del giusto, è, invece, quella che riguarda la cura degli uomini » ( 12 d sg.). Il dialogo conclude in modo aporetico, ma da molti indizi sembra che questa «cura », debba concepirsi come una collaborazione con gli Dei nella realizzazione del Bene (ofr. un nostro commento al dialogo, pubblicato presso La Scuola, Brescia 19754). Nella Repubblica la santità non ha un suo ruolo, e la tavola delle virtù supreme compr::nde solo la temperanza, il coraggio o fortezza, la saggezza o sapienza e la giustizia. - La successiva speculazione greca non apporta novità in materia a livello speculativo. _ Invece la situazione si capovolge con Filone, che pone la santità come regina delle virtù. Ma Filone si ispira calla Bibbia (cfr. Spec., IV, 135; 147; Decal., 52) e attraverso la Bib-
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SANTITÀ/ SAPIENZA
bia guadagna quella visione dell'uomo a tre dimensioni di cui abbiamo detto, come mostriamo in IV, 267 e 294 sgg. SAPER E, dr. Contemplazione; Saggezza; Sapienza; Scienza. S A P I E N T E , cfr. Saggio. SAPIENZA (croq>ta.) Sapienza traduce propriamente il termine sophia. Nel suo significato specificatamente filosofico, corrisponde, fino a Platone, a phr6nesis o saggezza (cfr. voce) e da questa si distingue in un modo preciso solo a partire da Aristotele. Senofane (.fr. 2, v. 12) chiama sophia il proprio sapere, contrapponendolo alla forza fisica (I, 118). Eraclito scrive in maniera paradigmatica: « L'essere saggi è la più grande virtù e la sophia consiste nel dire la verità e agire secondo natura dando ascolto ad essa» (.fr. 112). Si legga anche il fr. 41, riportato in I, 79. Non meno interessante il fr. 31 di Democrito: «La medicina è l'arte che cura le malattie del corpo, la sophia que1la che sottr:ae l'animo dal dominio delle passioni ». _ Socrate chiamava la propria filosofia « Sapienza umana » (l, 300). _ Platone riteneva la sophia come virtù propria dell'anima razionale e quindi della classe dominante della Città (II, 300). Nella Repubblica (Iv, 428 b sgg.) cosl viene definita: «Ora, innanzi tutto qui, a me pare che sia chiara la sophia d ci vedo anche qualcosa di singolare [ ... ]. Sapiente in realtà a me pare che sia lo Stato che abbiamo descritto; ha infatti buoni consigli [ ... ]. E questo stesso, il buon consiglio (euboulia), è chiaro che è un sapere (epistéme): non l'ignorare, infatti, ma il sapere, fa prendere buoni consigli». Questa scienza in particolare è quella che «provvede, non ad una cosa sola tra quante sono nello Stato, ma ad esso Stato rutto intero, in modo che esso con se stesso e con gli altri Sta•ti possa meglio comportarsi ». Come si vede la croq>ta. coincide con quello che Platone chiama anche q>p6VT)crt.ç (cfr. Saggezza). _ Aristotele, come abbiamo detto, separa nettamente i due termini, esprimendo con essi due differenti concet·ti. Ecco il più famoso testo aristotelico a questo riguardo: « [ ... ] noi pensiamo che ci siano degli uomini sapienti in senso onnicomprensivo e non sapienti solo in un campo particolare o in una cosa determinata [ ... ] e cosl è chiaro che la sapienza è la più perfetta delle scienze. Per conseguenza, bisogna che il sapiente non solo conosca ciò che deriva dai principi, ma anche che colga il vero per quanto riguarda i principi stessi. Cosl si può dire che la sapienza sia insieme intellezione e scienza, in quanto è scienza, con fondamento, delle realtà più sublimi. È assurdo, infatti, pensare che la politica e la saggezza siano la forma più alta di conoscenza, se è vero
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LEiililCO E INDICE DEI CONCETTI
che l'uomo non è la realtà di maggior valore nell'universo » (Etica Nicomachea, Z 7, 1141 a 12 sgg.). La sapienza è dunque scienza delle cose che trascendono l'uomo, è la scienza teoretica, e, in particolare, la metafisica; la saggezza è scienza dell'uomo e delle cose umane. Per ulteriori precisazioni dr. Saggezza e II, 504 sgg. _ Nelle filosofie ellenistiche, col tramonto della metafisica va di .pari passo il tramonto della sapienza e il levarsi in primo piano dell'interesse per l'uomo, e quindi della phronesis che diviene la suprema virtù (III, passim). Ecco la definizione stoica di sophia: «dicono che la filosofia è la pratica della sapienza e che la sapienza è conoscenza delle cose divine e umane » (von Arnim, S.V.P., n, fr. 36); dove, come è evidente, viene cancellata proprio la discriminazione aristotelica. Per contro, con il riemergere nell'età imperiale della metafisica, torna ad imporsi la superiorità della sophia, la quale, anzi, si amplifica, arricchendosi di inedite valenze. _ In Filone di Alessandria la sapienza, da un lato, viene intesa come quella conoscenza del divino che si basa suUa fede e sulla rivelazione (IV, 299 sgg.), e, dall'altro, viene addirittura intesa in modo quasi ipostatico, come un'entità che deriva da Dio e quindi come un aspetto del Logos, o addirittura come identificantesi con il Logos medesimo e quindi con tutte le funzioni proprie del Logos (IV, 285). Si ritrovano in Filone fondamentalmente i significati che si ritrovano nel libro biblico della Sapienza, di cui riportiamo uno dei passi più significativi: « Sappi quanto è nascosto e palese; infatti la sapienza, artefice di tutto, me lo insegnò. In essa, infatti, vi è uno spirito intelligente, santo, unico e molteplice, sottile, celere, perspicace, senza macchia, lucido, propizio, amante del bene, penetrante, incoercibile, benefico, amante degli uomini, immutabile, fermo, senza ansie, di ogni virtù, tutto vigile, che penetra ogni spirito intelligente, puro e più sottile. E cosl la sapienza è più agile di ogni moto, pervade e .penetra tutto per la sua purezza. Essa è il soffio della virtù di Dio, l'efBuvio puro della gloria dell'Onnipotente; perciò niente di lurido la raggiunge. Essa è lo splendore della luce eterna, lo specchio tersissimo del vigore di Dio e l'immagine della sua bontà. E poiché è unica, essa può tutto; pur rimanendo immobile, tutto rinnova, e passando, in ciascuna età, nelle anime sante, prepara gli amici di Dio e i profeti. Dio non ama che colui che abita con la sapienza; poiché essa è più fulgida del sole [ ... ] » (7, 21 sgg.). In 8, 3 sgg., si legge ulteriormente: «Essa mostra la nobiltà perché conversa con Dio e il Signore dell'universo la ama; essa è partecipe dei segreti della scienza di Dio e sceglie tra le opere di lui. Ora, se le ricchezze sono un bene desiderabile come possesso nella vita, che cosa c'è di più ricco della sapienza che produce tutto? E se la
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SAPIENZA/SCELTA
intelligenza opera, chi, fra tutte le cose, è più intelligente di lei? ». È evidente che il pensiero filoniano dipende da questi testi (sul problema cfr. Wolfson, Philo, I, 253 sgg.). _ Ma anche nel contesto del pensiero pagano, e non solo in quello puramente mistico ma altresl in quello più propriamente speculativo come quello di Plotino, la sophia assume alcune di queste dimensioni, ad esempio in una esemplare pagina delle Enneadi che conviene leggere: «Ma la vita, là (nel mondo dello Spirito), è sapienza e, per giunta, una sapienza che non s'acquistò per via di ragionamenti, perché essa è già compiuta in eterno e non viene meno in nulla, sl che occorra farne ricerca; anzi, è la sapienza primordiale e inderivata; e il suo stesso essere è sapienza, non è, badate, un essere che in un secondo tempo si fa sapiente. Proprio per questo, nessuna sapienza le è superiore; e la scienza in sé qui siede accanto allo Spirito, poiché con Lui apparve la prima volta, come si dice, per immagine, che il Diritto troneggia al lato di Zeus [ ... ]. Ora, a voler misurare la grandezza e la forza di tale sapienza, basta osservare ch'essa reca con sé ed ha creato gli esseri e il tutto; che tutto le si accompagna; che essa è, dal canto suo, gli esseri [ = le Idee]; che essi ebbero comunque nascimento con lei; che entrambi sono una cosa sola; che l'essere non è poi altro che la Sapienza dello Spirito» (v, 8, 4). S C E L T A ( atpEcrtç, 'ltpoatpEcrtç) Indica quella opzione di fondo da cui dipende la moralità dell'uomo. La scelta è legata alla conoscenza, alla volontà e alla libertà. Tuttavia, nel pensiero greco, a motivo dell'intellettualismo etico (cfr. voce) dominante, la scelta risulta legata prevalentemente alla conoscenza. l) La problematica della scelta esiste già implicitamente nei Fisici, sia pure ad un certo livello: si tratta della scelta della verità, anziché quella dell'opinione, come, in modo paradigmatico, risulta nella prospettazione delle famose « vie » di ricerca che la Dea indica a Parmenide (1, 119-130). 2) Ma a livello morale la tematica della scelta emerge nel contesto della sofistica, e il mito di Eracle al Bivio di Prodico di Ceo, lo dimostra in modo eloquente (1, 257 sgg.). Eracle deve scegliere fra virtù e vizio: dalla corretta scelta dipenderà la sua felicità o infelicità. 3) Ma fu probabilmente Socra,te che fissò la problematica della scelta collegandola al sapere e alla conoscenza, come risulta dal Protagora platonico, dialogo che rispecchia molto da vicino la posizione socratica. Qui hairesis ed epistéme sono esplicitamente connesse e la prima è fatta dipendere dalla seconda. 4) Il concetto viene sviluppato da Platone ed assume un rilievo di eccezionale portata nel finale della Repubblica, dove la « scelta della vita » che
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
l'uomo opera nell'aldilà (e alla quale poi resta legato nell'aldiqua) è dichiarata libera e, ancora una volta, fatta dipendere dalla conoscenza suprema. Si legga lo stupendo passo riportato in II, 239 (e il relativo commento), dove si dice che non è il Demone a scegliere noi, ma noi il Demone, ossia che non è la nostra sorte a scegliere noi, ma noi la nostra sorte. E Platone aggiunge ulteriormente: «E qui, come è naturale, o Glaucone, sta tutto il pericolo per l'uomo, e per questo è necessario avere la massima cura, affinché ciascuno di noi, trascurando le altre dottrine, indaghi ed apprenda questa, se mai gli è possibile imparare e trovare quella dottrina che lo renda capace di discernere la vita buona e quella cattiva, e di scegliere sempre e dovunque la vita migliore poss1bile » (Repubblica, x, 618 c). Questa scienza è la filosofia platonica, e, in particolare, la suprema cognizione del bene (II, 314 sgg.). 5) Aristotele, nell'approfondire la psicologia dell'atto morale, spiega che la scelta (prohairesis) è quella da cui dipendono la virtù e i costumi. La scelta differisce sia dalla volontà, che riguarda solo i fini, sia dalla deliberazione, che stabilisce le varie cose (azioni e mezzi) che sono da mettere in atto per raggiungere certi fini. La scelta, infatti, è quell'azione che elegge e mette concretamente in atto quella o quelle delle cose che giudica realiuabili fra quante la deliberazione in generale indica come idonee per raggiungere il fine voluto. La prohairesis rappresenta il momento decisionale e quindi il cuore dell'atto morale: cfr. testi ed approfondimenti in II, 517 sgg. 6) Nell'ambito della filosofia dell'età ellenistica il problema della scelta morale resta in primo piano: scelta di alcuni piaceri ed eliminazione di altri, in Epicuro (III, 243 sgg.); scelta assoluta del bene e del male e scelta relativa fra gli indifferenti, nella Stoa (III, 394-401). 7) Solo in età imperiale, però, e precisamente con Epitteto, la problematica della scelta trova una formulazione veramente radicale. La prohairesis in Epitteto è la pre-scdta ( = la scelta e la decisione di fondo) che l'uomo opera una volta per tutte e dalla quale dipendono poi tutte le sue scelte particolari. La prohairesis coincide sostanzialmente con la presa di coscienZa e con l'accettazione del grande principio secondo cui le cose si distinguono in due gruppi: quelle in nostro potere e quelle non in nostro potere: solo le prime ci toccano a fondo, mentre le altre non ci riguardano. Dalle prime dipende la felicità, dalle altre l'infelicità. L'uomo morale è la sua scelta di fondo (IV, 114 sgg.). 8) Inedite amplificazioni acquista il concetto, in Plotino, riferito all'Assoluto, che, in quanto creatore di se medesimo e volizione di se medesimo, è scelta di se medesimo, autoscelta creatrice (IV, 515 sgg. e, in particolare, il passo a p. 516 sgg.).
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SCELTA/SCHJAVJTb
S C E P SI (ntljl~c;) Indica, in generale, ricerca e, in particolare, quell'atteggiamento di ricerca radicata nel dubbio, che ispira le varie forme di scetticismo (dr. voce). SCETTICISMO Con questo termine si indica quel movimento filosofico iniziato da Pirrone e sviluppatosi, con varia fortuna, dalla fine del IV secolo a.C. fino agli inizi del m d.C. Ecco come gli antichi hanno denominato gli esponenti di questo movimento: « Sono detti Zetetici o ricercatori perché ricercano (~TJ'tEi:v) sempre e soprattutto la verità, sono detti Scettici o indaga tori perché indagano (uxtTC'tEoi)a.~) e non trovano mai, Efettici o sospensori del giudizio dallo stato mentale che segue alla ricerca, cioè dalla sospensione del giudizio (tTCOXTJ), Aporetici o dubitanti, perché non solo essi, ma gli stessi filosofi dogmatici si trovano nella difficoltà del dubbio (aTCopEi:v). Pirroniani, ovviamente, cosi detti da Pirrone » (Diogene Laerzio, IX, 70). Nella storia dello scetticismo occorre distinguere le seguenti fasi: l) la prima è caratterizzata dalla scepsi di Pirrone e del suo discepolo Timone, in cui predomina l'inte· resse e la problematica morale (III, 465-498); 2) la seconda è caratterizzata da un predominio della dialettica antidogmatica e coincide con la fase scettica dell'Accademia (III, 499-519); 3) la terza fase, che si può denominare neoscettica o neopirroniana, procede ad un recupero dello spirito pirroniano contro le involuzioni eclettiche dell'Accademia di Antioco (IV, 151-188), e, successivamente, giunge ad un connubio con lo spirito e le istanze della medicina empirica (IV, 189-212). Per il catalogo degli esponenti del movimento nelle sue varie fasi, dr. Parte Il, voci Scettici, Neoaccademici, Neoscettici. SCHIAVITù (Sov>.EI.a.) l) L'istituto della schiavitù fu accettato e giustificato da filosofi come Platone e Aristotele, pur in contrasto con le premesse della loro speculazione metafisica ed antropologica, a motivo di una serie di condizionamenti di carattere storico-sociale. Era convinzione che un libero non potesse dedicarsi ai lavori più umili, a causa della radicale svalutazione del lavoro manuale. Inoltre, era convinzione che fra gli uomini esistessero differenze di natura tali da rendere alcuni solo idonei ad ubbidire, altri a comandare. Per conseguenza, ossia perché giudicata fondata su una situazione naturale, la schiavitù veniva ri·tenuta, in fondo, non solo vantaggiosa per il padrone, ma anche per il servo. Su questa convinzione, inoltre, pesava sinistramente un altro pregiudizio, che complica'Va ulteriormente le cose. I Greci ritenevano di es-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
sere per natura superiori ai barbari (cfr. Razzismo), e, di conseguen:za, ritenevano naturale che i barbari, vinti in guerra, divenissero loro schiavi. Per·tanto, sia Platone che Aristotele giudicarono ingiusto rendere schiavo un Greco, ma naturale e corretto far schiavo un barbaro. Essi si limitarono a combattere una battaglia che, se da un certo punto di vista appare ispirata ad un ideale panellenico, in realtà ha un preciso risvolto razzistico, presupponendo appunto la superiorità della razza greca. Scrive ad esempio Platone: «Ebbene, e verso i nemici, come agiranno i soldati nostri? _ A che proposito? _ Innanzitutto quanto a ridurli in schiavitù: ti pare giusto che una città greca abbia a rendere schiavi altri Greci, o che piuttosto ciò non si debba concedere neppure ad alcun'altra, in quanto sia possibile, e a questo si debba avvezzarsi, a risparmiare la razza greca, stando ben in guardia dal non essere noi fatti schiavi dei barbari? - In tutto e per tutto, disse, è meglio risparmiarlo. _ Né dovranno dunque essi possedere alcun schiavo greco, e questo stesso consigliare agli altri Greci? Precisamente, poiché così si rivolgerebbero più contro i barbari, e non si offenderebbero fra loro » (Repubblica, v, 469 h-c). Per quanto concerne la posizione di Aristotele si vedano i passi che riportiamo in II, 526 sgg. e il relativo commento; cfr., ivi, le ragioni della incoeren:za di questa posizione. 2) Un tentativo di infrangere il presupposto razzistico fu fatto da alcuni Solisti e Socratici minori. Antifonte, per esempio, proclamava, senza mezzi termini, che « di natura siamo assolutamente uguali, sia Greci che barbari »; ma senza motivare adeguatamente l'asserto (cfr. I, 268 sgg.; cfr. anche 416 sg.). Ma è solo nelle filosofie dell'età ellenistica e soprattutto nello stoicismo e nel neostoici~mo, che si giunge al fondamento teoretico del problema. Il principio della identità della virtù in tutti gli esseri razionali, comporta l'uguaglianza di tutti gli uomini virtuosi (III, 409 sg.). Tutti i popoli sono dichiarati capaci di virtù, la nobiltà di nasdta viene bollata come « scoria e raschiatura dell'uguaglianza», e viene espresso a tutto tondo il grande principio: «nessun uomo è per natura schiavo» (cfr. III, 423 ). È famosa la tesi stoica: « Solo il sapiente è libero; gli stolti sono servi; la libertà è la facoltà di agire in modo autonomo, la servitù è la privazione di tale facoltà» (von Arnim, S. V.F., m, fr. 355). Queste premesse sono portate a notevoli sviluppi dai Neostoici, in particolare da Seneca (vedansi i testi in IV, 94 sgg.) e da Epitteto, che dalla parentela dell'uomo con Dio trae il concetto di universale fratellanza: tutti siamo figli di Zeus, quindi nati dallo stesso germe, quindi fratelli per natura (cfr. testi in IV, 121 sgg.). Non è a caso che la storia
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SCHIAVITÙ/ SCIENZA
della Stoa si concluda con Epitteto, uno schiavo liberato, e con Marco Aurelio, un imperatore (cfr. IV, 77). SCI ENZA (lmcr-.1}{J.TJ) Indica, per i filosofi greci, quel tipo di sapere razionale (fondato sul logos) fornito di caratteri d'incontrovertibilità e certezza assoluta. E tale è quel tipo di sapere che giunge al fondamento, alle cause ed ai principi. Scienza è, dunque, quel sapere che ha una fondazione ultimativa. La scienza si oppone all'opinione, che si basa, invece, sui sensi e sulla esperienza sensoriale, e che, in quanto tale, non giunge mai ai fondamenti. l) In questo senso, scienza è già la dottrina dei Naturalisti (anche se raramente è usata in essi la parola epistéme ), ossia è la dottrina dell'arché degli !onici e dei Pluralisti e la dottrina dell'essere di Parmenide e degli Eleati. Molto significativi, a questo riguardo, sono i frammenti di Eraclito, secondo cui il vero sapere si configura come quello che si fonda sul logos universale, e che come tale si oppone alla d6xa, che è basata sui sensi ed è particolare, ossia propria dei singoli individui (l, 80). Ecco, ad esempio, il frammento l: « Questo logos, benché verità eterna, gli uomini non l'intendono mai; né prima di udirlo, né dopo averlo udito; e sebbene tutto avvenga secondo tale logos, che è la legge del mondo, ne sembrano inesperti, quando si provano in parole ed in azioni come quelle che io spiego, distinguendo ciascuna cosa secondo la sua intima natura e dicendo com'è. Ma gli altri uomini sono ignari di ciò che fanno da svegli; così come non sanno ciò che fanno dormendo ». Il fr. 114 precisa: « Coloro che vogliono .parlare con intendimento devono fondarsi su ciò che è a tutti comune, come la città sulla legge e con maggior forza ancora». E il fr. 2 ribadisce: «Quindi si deve seguire ciò che è comune. Ma benché comune sia questo logos, i molti vivono come se avessero un proprio pensiero per loro». Eraclito giudicava, di conseguenza, le opinioni degli uomini «giochi da bambini» (fr. 70). Non meno interessanti sono le affermazioni di Parmenide: si vedano i frammenti riportati in I, 120 sgg. e 126 sgg. 2) Scienza era detta da Sacrate, la sua << sapienza umana », ed a buona ragione; infatti, se egli negava di conoscere la physis e i principi degli esseri, riteneva in ogni caso di poter cogliere l'essenza dell'uomo, ossia la psyché, e, dunque, il fondo della natura umana (l, 296 sgg.). }) Episteme è espressamente detta da Platone la conoscenza ultimativa dell'essere ossia delle Idee: «La scienza è fatta per l'essere, per conoscere come sia l'essere » (Repubblica, v, 477 b). La scienza per Platone coincide, dunque, con la dialettica, e riguarda il mondo intelligibile, mentre l'opinione riguarda il mondo sensibile (Il, 197-208). Oltre al passo della Repubblica
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
che riportiamo in II, 198, è fondamentale il passo del Menone, 97 e sgg., dove le opinioni (anche quelle veraci) sono paragonate alle statue di Dedalo che non vogliono stare mai ferme e non hanno alcun valore se non siano legate: «Possedere una delle sue (di Dedalo) opere sciolte, non è di grande valore, come uno schiavo che scappa _ infatti non resterebbe -; legata, è, invece, di molto pregio. Quelle opere, infatti, sono assai belle. Ma a quale fine dico queste cose? Riferendomi alle opinioni veraci. Infatti, anche le opinioni veraci, per tutto il tempo in cui rimangono, sono una bella cosa e producono ogni bene; ma troppo tempo non vogliono restare e se ne fuggono dall'animo dell'uomo: sicché non sono di grande pregio, fino a che uno non le leghi, con la conoscenza della causa. E questa è, o caro Menone, la reminiscenza, come abbiamo convenuto nei ragionamenti precedenti. Dopo che siano legate diventano in primo luogo conoscenza e inoltre diventano stabili. Per queste ragioni, la scienza è cosa di maggior pregio della retta opinione, e, ancora, la scienza differisce dalla retta opinione per quel legame ». E la causa ed il legame di cui qui si parla è appunto l'Idea, l'Essere. 4) Aristotele approfondisce il concetto di scienza, sia dal punto di vista ontologico, sia da quello metodologico. Ecco come lo Stagirita riassume nell'Etica Nicomachea, Z 3, questi due punti di vista: «Che cosa è dunque la scienza, se dobbiamo parlare con rigore e non tener dietro a similitudini, risulta chiaro da quanto segue. Tutti ammettiamo che ciò di cui abbiamo scienza, non può essere diversamente da quello che è: ciò invece che può essere anche diverso, quando è fuori dal campo della nostra osservazione, non si sa più se esiste o no. In conclusione, l'oggetto della scienza esiste di necessità. Quindi è eterno: gli enti, infatti, che esistono di necessità assoluta sono tutti eterni, e gli enti eterni sono ingenerati ed incorruttibili. Inoltre, si ritiene che ogni scienza sia insegnabile e che ciò che è oggetto di scienza può essere appreso. Ogni insegnamento, poi, procede da conoscenze precedenti, come diciamo anche negli Analitici: procede, infatti, o mediante l'induzione o mediante il sillogismo. Ora, l'induzione è principio di conoscenza anche dell'universale, mentre il sillogismo procede dagli universali. Ci sono dunque dei principi da cui il sillogismo procede, ma dei quali non è possibile sillogismo: dunque, si ottengono per induzione. In conclusione, la scienza è una disposizione alla dimostrazione, insieme con tutti gli altri caratteri che abbiamo definito negli Analitici, giacché quando si è giunti ad una determinata convinzione e quando i principi ci sono noti, si ha scienza. Infatti, se i principi non sono più noti della conclusione, si avrà scienza solo per accidente » ( 1139 b 18 sgg.). Per un approfondimento di questi pro-
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SCIENZA
blemi dr. II, 403 sgg. e 557 sgg. Ricordiamo ancora che, per Aristotele, la scienza è sempre e solo dell'universale in tutti e due i sensi (ontologico e logico) in cui questo si intende (ofr. voce Universale). 5) In Epicuro, pur con altra terminologia (il termine episteme ricorre poche volte nei frammenti pervenutici), i due momenti che abbiamo distinto in Aristotele corrispondono alla sua fisica e alla sua canonica (cfr. III, 195-233; 177-194). Molto interessante è la posizione di Epicuro nei confronti delle scienze particolari, che, per lui, contrariamente alla fisica ( = ontologia), ammettono molteplici spiegazioni causali del medesimo fenomeno. Per Epicuro, insomma, il vero sapere incontrovertibile è il sapere ultimativo (fisic(}-ontologico) (dr. III, 214 sgg.). 6) Anche a proposito della fisica e della logica stoica si deve ripetere lo stesso discorso. Ma gli Stoici insistettero, anche a livello formale, in modo del tutto particolare sulla tematica della scienza e sulla certezza di poterla raggiungere: ed è per questo che soprattutto contro di essi si scatenarono le polemiche degli Scettici. La definizione stoica di scienza è la seguente: «La scienza è comprensiva, stabile ed immutabile» (von Arnim, S.V.P., I, fr. 68). Si legga il passo di Cicerone che riportiamo in III, 329. Il Pohlenz precisa quanto segue: « Per gli Stoici [ ... ] si può parlare di un vero sapere solo quando la katalepsis sia divenuta un possesso spirituale, che nulla può scuot.!re, che nessuna considerazione razionale può abolire. E il termine scienza in senso pr(}prio rimane riservato al sapere concernente i fini ultimi, al comportamento psichico del saggio, comportamento che in pratica si manifesta nel non lasciarsi distrarre nella sua attività conoscitiva dall'affiorare di alcuna rappresentazione» (La Stoa, I, p. 116). La scienza è retaggio esclusirvo del saggio (cfr. von Arnim, S.V.P., n, fr. 294; m, frr. 213 e 552). 7) La dottrina scettica, specie quella neoscettica, al·tro non è che un grandioso tentativo di dimostrare l'impossibilità della scienza comunque intesa e in special modo nel senso fin qui definito (III, 474 sgg. e IV, 167 sgg.). 8) Ma lo scetticismo non è l'ultima parola della filosofia greca. In particolare con Plotino quella tangenza col Divino e con l'Assoluto che nelle precedenti concezioni della scienza era implicita e, anzi, in Aristotele addirittura esplicita, viene portata alle estreme conseguenze. La scienza diviene la vivente unificazione di pensiero ed essere nello Spirito: «La scienza delle cose immateriali, presa nel suo complesso, si identifica col suo contenuto reale» (v, 4, 2; cfr. v, 5, 5). La scienza contiene in sé strutturalmente la totalità dei contenuti: «Noi dobbiamo dunque concepire uno Spirito che non abbia alcun contatto con le cose particolari, né eserciti la sua attività su cosa di sorta affinché non diventi un determinato spiri·to; dobbiamo con-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
cepirlo sul tipo di una scienza generica anteriore alle specie particolari, o anche di una scienza specifica anteriore alle sezioni che sono in essa; la scienza nel suo complesso non è nessun particolare suo contenuto, ma la sua potenza lo domina tutto; invece il singolo contenuto parziale è in atto quello che è, ma in potenza è tutto; altrettanto si dica della scienza nel suo complesso; le scienze specifiche sono quelle che s'adagiano, potenzialmente, nella scienza universale, quelle che colgono propriamente l'oggetto specifico parziale, ma sono potenzialmente la stessa scienza universale; poiché di loro è predicata la scienza totale non la sezione della scienza totale; ed essa vuoi certo restare intatta in se stessa » 'tEnneadi, VI, 2, 20). E a questa, che è scienza dello e nello Spirito, l'uomo è legato dalla anamnesi e vi ritorna con la Dialettica. Per Platino, però, al di sopra della scienza, pur cosl alta, vi è l'estasi, l'unificazione con l'Assoluto (l'Uno), che, come è al di là dell'essere e del pensare, ·cosl è al di là della scienza: al di sopra _ si badi _ non contro (IV, 603 sgg.). 9) La rovina della mentalità che sta alla base delle conce·zioni qui indicate si ha solo con l'assunzione nella filosofia della teurgia (cfr. voce), che è una forma di magia e dunque di puro irrazionale, e con l'egemonia di questa negli ultimi Neoplatonici (IV, 623 sgg.) . .SCIENZA OCCULTA L'espressione designa quel tipo di spiegazione delle cose fondata sulla mentalità magica, quale fu propria, ad esempio, della letteratura ermetica. Le scienze occulte erano interessate soprattutto al particolare ed al meraviglioso ed intendevano scoprire le leggi naturali non attraverso una metodica indagine razionale, ma attraverso prati.che che costringessero la divinità a rivelare le segrete virtù dei fenomeni e le relazioni di simpatia e di antipatia fra le cose, ritenute veri « segreti» della natura (IV, 432 sgg.). È dunque l'esatta antitesi della scienza dei filosofi greci e, pertanto, si chiama scienza per mera omonimia.
·s C u O L A ( crxoÀ:ti) Scuola è da intendersi, quando è riferita agli antichi filosofi, in senso di setta, confraternita, e anche di indirizzo, senza necessariamente legarla ad un'organizzazione istituzionale avente proprie regole e precise strutture. _ a) La scuola dei Milesi, probabilmente, fu non altro che un gruppo di amici, i quali, affrancatisi dai bisogni materiali, in libertà di spirito, posero determinati problemi e cercarono di risolverli secondo determinati criteri. Qualcosa di analogo dovettero essere anche tutte le scuole presocratiche. _ b) Già la scuola Pitagorica, però, assunse le caratteristiche di una confraternita, e, sotto certi aspet-
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SCIENZA OCCULTA/SEGNO
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ti, di una sorta di ordine religioso scientifico (I, 85 sgg.; 99 sgg.). Le scuole dei Sofisti mutarono fisionomia, con l'introduzione anche del compenso in denaro (I, 224 sgg.). _ d) Caratteri del tutto particolari ebbe la scuola socratica, interamente fondata sulla personalità .del maestro e sulla sua predicazione morale (I, 287-381, passim). - e) ·si tratta, però, di un unicum irrepetibile, come dimostrano le stesse scuole che da Socrate derivarono, le quali, non potendo riprodurre il modello socratico, si diedero strutture proprie ed introdussero, come :ad esempio la scuola cirenaica di Aristippo, addirittura il compenso in danaro (I, 405). _ f) Le prime scuole, che in qualche modo (sia pure molto alla lontana) si avvicinano a quello che oggi chiamiamo con questo nome, furono l'Accademia di Platone (su cui cfr. III, 85 sgg.) e il Peripato di Aristotele (su cui cfr. III, 125 sgg). _g) Un nuovo spirito e un concetto di scuola, per molti versi antitetico a quello dell'Accademia e del Peripato, sono quelli che ispirano il Képos o Giardino di Epicuro (su cui cfr. III, 172 sgg.) e la Stoa di Zenone e dei suoi seguaci (cfr. III, 314-319). _h) La scuola scettica, invece, almeno nelle sue origini, si riduce sostanzialmente alla predicazione, libera da ogni schema, di un particolarissimo tipo di messaggio, come mostriamo in III, 465 sgg. _ i) In età imperiale venne poi creata la cattedra di Stato. Vespasiano istituì a Roma la cattedra di retorica latina e greca. <
S E G N O ( crruu~ov)
La teoria dei segni sembra essere stata approfondita soprattutto dagli Scettici nel contesto della loro polemica antistoica ed antidogmatica in generale. Ecco la definizione che dà Sesto Empirico (Contro i Matem., VIII, 143 ): « [ ... ] si usa il termine segno in due accezioni, ossia in senso comune e in senso proprio: in senso comune esso è ciò
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
che sembra evidenziare una qualche cosa, e in questo senso noi siamo soliti chiamare segno ciò che è utile a rinfrescare il ricordo dell'oggetto che è stato osservato insieme con esso; in senso proprio, invece, esso è ciò che è indicativo di un oggetto non-evidente ... ». Il primo tipo di segno si chiama ipomnestico o commemorativo o rammemorativo (v-n;oIJ.VTJ
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SEGNO/ SENSAZIONE
S E M I (crnÉp!J.Il'tll) Sono cosi chiamati gli elementi materiali da Empedocle, le omeomerie da Anassagora, gli atomi da Epicuro e Lucrezio. SE MP L I C E (bMoc;) Semplice è concetto che, nella sua accezione più forte, indica la struttura della realtà e dell'essere non-fisico, da Platone in poi. La definizione di Aristotele, che fa coincidere il semplice con il necessario metafisico, è paradigmatica: «Alcune delle cose che sono necessarie hanno fuori di sé la causa del loro essere necessarie; altre, invece, non l'hanno fuori di sé e sono, anzi, esse stesse le cause per cui altre sono necessarie. Pertanto il senso primario e fondamentale di necessario è il semplice: questo, infatti, non può essere in molteplici stati e, di conse· guenza, non può neppure essere ora in uno stato e ora in un altro, altrimenti sarebbe senz'altro in molteplici stati. Se, dunque, ci sono esseri eterni ed immobili, in essi non può essere nulla che sia forzato né contro la loro natura» (Metafisica, A 5, 1015 h 9-15). Sostanza semplice è quindi Dio (cfr. Metafisica, A 7, 1072 a 31 sg.). Cfr. anche Filone (IV, 269 sg.) e Plotino, nel cui sistema si giunge alle estreme <:onseguenze, qualificando come « semplificazione» lo stesso processo dell'estasi che unisce all'Uno (IV, 596 sgg.). SE M P L I FICA ZIO N E (ibtwcnc;) Con il termine « semplificazione » Plotino esprime l'azione ten.dente a togliere ogni differenziazione ed alterità dell'anima per giun_gere alla massima purificazione e cioè per realizzare l'assimilazione con l'Uno (cfr. Estasi). Da un punto di vista metafisico il processo di semplificazione coincide con il ripercorrere a ritroso il processo di differenziazione che caratterizza la processione delle ipostasi; dal punto di vista antropologico-morale la semplificazione si realizza tramite la rinunzia alla corporeità, alla parola e alla stessa ragione discorsiva, in modo da permettere all'anima di appropriarsi la sua natura spirituale -e divina e cosi congiungersi all'Assoluto (IV, 596 sgg.). "SE N SAZI O N E (ataih}cnc;) Indica la percezione delle qualità degli oggetti sensibili, ed an·che la facoltà di percepire, in generale e in particolare. Già la più antica filosofia si occupò sia del problema della genesi e della natura della sensazione, sia di quello del valore della sensazione medesima e della conoscenza sensibile su essa fondata. l) Per quanto concerne la genesi e la natura della sensazione e della conoscenza sensibile è da rilevare quanto segue. - a) Già Parmenide sembra aver sostenuto che si ;tratta di un'affezione che il simile esercita sul simile, o comunque di
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
un rapporto che si instaura fra simile e simile e si fonda dunque sulla somiglianza e sulla identità. Infatti, egli affermò che il cadavere, che è inerte e freddo, ha sensibilità per il silenzio e per il freddo, e quindi per ciò che gli è simile (cfr. I, 130 ). _ b) In Empedocle la conoscenza del simile col simile è tematica (cfr. testi in I, 157 sg.) e cosl in Democrito (I, 182 sgg.), che fa derivare la conoscenza da un contatto delle cose con i sensi, tramite gli effluvi dei co11pi che penetrano appunto nei sensi e permettono, cosl, l'azione degli atomi simili sui simili. Ecco il frammento 164, desunto da Sesto Empirico: << [ ••• ] antica [ ... ] l'opinione che i simili hanno la proprietà di far conoscere i simili [ ... ]. Ma Democrito applica il suo ragionamento agli esseri animati e inanimati: " anche gli animali, infatti" egli dice " si raggruppano coi loro simili, come colombi con colombi, gru con gru, e cosl via per tutti gli altri esseri privi di ragione; parimenti accade per gli esseri inanimati, come è possibile vedere nei semi che vengono passati al vagliO> e nei ciottoli sulle spiagge; infatti, qui per il vortice prodotto dal vaglio si dispongono separatarnente lenticchie con lenticchie, orzo con orzo e frumento con frumento, là per il movimento dell'onda i ciottoli oblunghi vengono spinti nel medesimo luogo degli altri oblunghi. quelli rotondeggianti nel luogo degli altri rotondeggianti, come se la somiglianza avesse il potere di raccogliere insieme le cose " ». Si integri questo frammento con Teofrasto, De sensu, 49 sgg. ( = Diels. Kranz, testim. 135). _ c) Una approfondita analisi del problema si trova nel De Anima di Aristotele, il quale concepisce la sensazione come una sorta di farsi simile al sensibile, che consiste nel ricevere, da parte del senziente, le forme .sensibili senza la materia. Aristotele supera numerose difficoltà che i suoi predecessori avevano incontrato, facendo uso dei suoi concetti di atto e di potenza (cfr. testi ed esegesi in II, 473 sgg.). _ d) Gli Epicurei tornano a spiegare la sensazione in funzione dell'atomismo, precisamente dei simulacri atomici che emanano dalle cose e penetrano in noi (III, 179 sgg. ). - e) Gli Stoici la interpretano invece, nel contesto del loro corporeismo, come una impronta _ materiale _ provocata dalle cose sull'anima, o anche come una alterazione qualitativa (cfr. testi ed esegesi in III, 326 sgg.). - f) Una notevole ed ingegnosa interpretazione apporta in materia Platino, che spiega la genesi della sensazione, preoccupandosi soprattutto di salvaguardare l'impassibilità dell'anima rispetto al corporeo. Egli distingue una sensazione esteriore _ considerata come l'affezione che i corpi producono sui corpi _ dalla percezione sensitiva, intesa come un atto conoscitivo dell'anima rivolto all'affezione corporea. La percezione sensibile, allora, viene a coincidere con una sorta di giudizio dell'ani-
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SENSAZIONE
ma, e la sensazione stessa, in qualche modo, viene fatta rientrate nella sfera dell'intelligibile, sotto la forma di « pensiero oscuro ». Si veda quanto precisiamo ulteriormente in IV, 582 sgg. 2) Per quanto concerne il valore conoscitivo della sensazione, i filosofi antichi sono nettamente divisi. Si possono individuare tre posizioni: a) quella di coloro che svalutano nettamente il valore della sensazione, b) quella di coloro che la valutano ad oltranza e, intermedia fra le due, c) la posi-zione di equilibrio che assume Aristotele. _ a) La svalutazione è perentoria già nei Naturalisti. La posizione degli Eleati è, al riguardo, pa-· radigmatica: Parmenide parla di «occhio che non vede» e di « orec-· chio che rimbomba» (cfr. I, 127); e Melisso, nel fr. 8, radicalizza la posizione del maestro (I, 146 sgg.). Lo stesso Democr~to svaluta la· sensazione giudicandola oscura, a tutto beneficio della conoscenza in-· tellettiva (cfr. i frammenti riportati in I, 183 ). Platone, sulla base della distinzione dei due piani dell'essere, da un lato, sottolinea la strutturale incapacità della sensazione di cogliere il vero, in quanto fa velo· all'anima e addirittura l'acceca (cfr. Pedone, 99 d sgg.), anche se, dall'altro, almeno implicitamente, è costretto ad ammettere che il processo 'dell'anamnesi si mette in moto in occasione della sensazione, se· pure non a causa di essa; l'anamnesi, infatti, è un atto dell'anima. II repertorio più ricco delle argomentazioni contro la validità della sensazione si trova nello scetticismo (cfr., per esempio, III, 512 sg.; IV, 159 sgg.). L'ultimo scetticismo, peraltro, opera una relativa rivaluta-· zione della sensazione (IV, 196 sgg.). Plotino e il neoplatonismo, infine, vanificano la sensazione, riducendola a pensiero (oscuro) e ad un atto dell'anima (IV, 582 sgg.). - b) La validità della sensazione è proclamata dai Sofisti, in particolare da Protagora, che sembra fare di essa il criterio della verità (cfr. I, 230 sgg.). Gli Epicurei sono, però, i difensori estremi della validità della sensazione, che, per essi, è vera di verità assoluta, essendo un'azione fisica delle cose sull'anima e, dunque, del tutto oggettiva (cfr. testi ed esegesi in III, 179 sgg.). Anche· per gli Stoici, la sensazione, intesa come impressione o alterazione chele cose producono sull'anima, è oggettiva; tuttavia, per essi, deve intervenire l'assenso dellogos e, quindi, deve aver luogo la rappresentazione catalettica (cfr. voce), perché vi sia certezza assoluta (III, 326 sgg.). - c) Aristotele stabilisce che la sensazione non sbaglia nel cogliere i sensibili propri: se vedo bianco e dico «vedo bianco», non posso sbagliarmi. L'errore può nascere, invece, nella percezione dell'oggetto: per esempio, quando dico: «Questa cosa è bianca»; ma, in questo ca-· so, si opera già un giudizio. La sensazione può invece sbagliare quandD
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
si tratti di sensibili comuni, perché su questi opera in modo aspecifico (cfr. Il, 474 sgg.). SENSO, dr. Sensazione. SENSO C O M UN E (xo~vi) «tWI}O'~) a) Nella psicologia aristotelica è il senso che agisce in maniera non specifica, quando coglie sensibili comuni, come: moto, quiete, figura, grandezza, che non costituiscono oggetto proprio di nessuno dei cinque sensi. - h) Senso comune può anche dirsi il sentir di sentire {cfr. testo ed esegesi in II, 475 sg.). S E T T A ( 11tpt01.e;)
Significa una scuola o una corrente filosofica. Soprattutto nell'età imperiale la divisione in scuole ebbe un preciso rilievo, al punto che perfino gli Scettici dovettero riconoscere di costituire una setta, anche se in senso antidogmatico. Ecco un passo esemplare di Sesto Empirico (Schizzi Pirroniani, I, 16): «Se [ ... ] per setta s'intende una propensione a molti dogmi, aventi tra loro e con i fenomeni una certa coerenza, e per dogma s'intende l'assenso a cosa oscura, affermiamo che lo Scettico non ha una setta. Se, invece, per setta s'intende un indirizzo che aderisce, in conformità del fenomeno, a una certa maniera di ragionare, come quella che ci mostra in qual modo è possibile vivere rettamente (intendendo la parola " rettamente ", non solo rispetto alla virtù, ma in un significato più semplice), e tende a darci la facoltà di sospendere il nostro giudizio, allora diciamo che lo Scettico ha una setta. Aderiamo, infatti, a una maniera di ragionare che c'insegna, in conformità del fenomeno, a vivere secondo i costumi, le leggi, le istituzioni degli avi e le nostre proprie affezioni». S F E R A ( O'q>ll~p«)
Nella concezione degli antichi la sfera rappresenta la figura che assomma compiutezza e perfezione. Parmenide assimilò alla sfera il suo <:ssere: «esso è compiuto da ogni parte, simile a massa di ben rotonda sfera, di ugual forza dal centro in ogni parte» (fr. 8, vv. 42-44). Platone, <:he concepll'essere in dimensione soprasensibile e quindi senza figura e forma, concepl, invece, come sferico il cosmo fisico: «Per questo motivo e ragionamento [il Demiurgo] fece un unico tutto di tutte le totalità, perfetto ed immune da vecchiezza e da morbo. E gli diede una forma conveniente ed affine. Ora all'animale [il mondo, si ricordi, è vivente], che doveva .raccogliere in sé tutti gli animali, conveniva una forma, che in sé raccogliesse tutte le altre forme. Perciò lo arrotondò a mo' di sfera, egualmente distante da ogni parte dal centro alle estre-
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SENSO/SIMPATIA
mità, in orbe circolare, che è di tutte le figure la più pedetta e la più simile a se stessa, giudicando il simile infinitamente più bello del dissimile» (Timeo, 33 a-b)._ Di forma sferica è l'universo anche per Aristotele. In particolare, per le cinquantacinque sfere di cui sarebbero costituiti i cieli secondo lo Stagirita, cfr. Metafisica, A 8, passim e il nostro commentario a questo capitolo (Arist., Meta/., vol. II, pp. 291 sgg.).
S F E R O (crq>a.~pav) Nella cosmologia di Empedocle è il momento della realtà in cui prevale assolutamente l'Amore o l'Amicizia. Nello Sfero gli elementi sono tutti raccolti in compatta unità (l, 156). È, quindi, la realtà nel suo momento di maggiore purezza (cfr. testo ed esegesi in l; 156; cfr. ibid. anche i rappor·ti fra lo Sfero e il cosmo). SILENZI O (cr~rfl) Nella filosofia di Filone di Alessandria (IV, 305), dell'ermetismo (IV, 435), degli Oracoli Caldaici (IV, 451 sg.) e della tarda antichità, il silenzio esprime l'atteggiamento interiore, preparatorio del congiungimento estatico con il Divino. È caratterizzato come un venir meno dei sensi, della ragione e della parola e quindi come un far spazio ad una sorta di conoscenza immediata e all'unione mistica col Divino in dimensione metarazionale. Plotino considera il silenzio un momento strettamente connesso alla contemplazione creatrice. (IV, 615; si legga Enneadi, m, 8, 4 ). S I L L O G I S M O ( crv ).).oyt.a].l.6c;) È la forma del ragionamento deduttivo pedetto, studiata da Aristotele a vari livelli: negli Analitici primi a livello formale, cioè solo in relazione alla sua correttezza logica e non al suo contenuto di verità; negli Analitici secondi in quanto strumento della conoscenza scientifica (cfr. Dimostrazione); nei Topici in quanto sillogismo dialettico e nelle Confutazioni sofistiche in quanto sillogismo sofistico (cfr. Paralogismo). Per l'esposizione documentata di ciascuno di questi punti, cfr. II, 554-566. - Per la sillogistica stoica cfr. III, 343 sgg. - Per la critica scettica del sillogismo, cfr. Sesto Empirico, Schizzi Pirroniani, n, 193 sgg.
SI M P A T I A (CTVJ.l1tci~~) Indica in generale il reciproco rapporto sussistente fra le cose, per cui una strutturalmente agisce sull'altra e viceversa. _ a) Gli Stoici si avvalsero della concezione di simpatia cosmica _ ossia della concezione secondo cui le parti agiscono reciprocamente sulle parti e il
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
tutto con-sente con se medesimo _ per garantire l'unità del cosmo e per spiegare numerosi fenomeni. Per le affermazioni degli Stoici antichi in merito cfr. von Arnim, S.V.F., II, frr. 434; 475; 546; 912; 1013; 1211. _ b) È tuttavia da rilevare che, contrariamente a quanto si dice comunemente, non sembrano essere stati gli Stoici ad introdurre tale dottrina, ma Aristotele e il primo Peripato (cfr. Bonitz, lndex Arist., 716 b; Teofrasto, De caus. plant., II, 19, 4). _c) La tesi dello sfruttamento radicale del concetto di simpatia, che secondo alcuni interpreti (cfr. K. Reinhardt, Kosmos und Sympathie, Miinchen 1926) sarebbe al centro del sistema posidoniano, non è sufficientemente suffragata dai testi e va ridimensionata (III, 453). _d) La tesi della simpatia universale è ripresa da Plotino in chiave spiritualistica. Ecco, per esempio, quanto si legge in Enneadi, IV, 4, 32: «In primo luogo, si vuoi stabilire che il presente universo è un vivente unitario, ch,e abbraccia i viventi tutti che sono al suo interno, ed è dotato di un'anima unitaria diffusa su tutte le sue parti, i:::~ quanto che ogni singola cosa è parte di lui [ ... ] . Tutta questa unità _ e unità viva, per giunta _ è stretta nella comunione della simpatia; cosl, il lontano è vicino come, in un singolo essere, artigli e corna ovvero dita e altre parti non adiacenti; ché anzi, se pur un membro frapposto che operi un distacco tra parte e parte non soffra nulla, il non vicino sente ( = le parti in simpatia sentono pur se sono l'una dall'altra lontane); poiché le parti simili non stanno l'una aderente all'altra ma son distanziate da parti diverse che vi si frappongono e tuttavia, in virtù della loro somiglianza soggiacciono alle stesse influenze; così, è necessario che l'azione esercitata da una parte non adiacente giunga fino alla parte lontana. Essendo l'universo un vivente e contribuendo all'unità, nulla è così lontano spazialmente da non essere abbastanza vicino nel mutuo rapporto di simpatia dovuto alla natura dell'unitario Vivente». e) In un altro contesto, proprio ad esempio degli Oracoli Caldaici, in cui è prevalente l'elemento magico-irrazionale, « simpatici >> sono definiti quegli elementi che, in virtù di particolari e misteriose affinità con le divinità, nella pratica teurgica servono da strumento per realizzare la liberazione dell'Anima dal corporeo (IV, 453). S I M U L A C R O , cfr. Eidola, SINCRETISMO È sinonimo (secondo alcuni più debole, secondo altri più forte) di eclettismo; cfr. voce. SI N O L O (cruvoÀ.oç) Indica, nell'ontologia aristotelica, la concreta unione di forma e
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SIMULACRO/ SINONIMI CA
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di materia. Il sinolo è sostanza a pieno titolo, in quanto risponde a tutti i requisiti formali dell'ousia (Il, 427 sgg.). Sinolo, si badi, è un tipo di sostanza, ma non è la sostanza in quanto tale, come molti erroneamente credono: infatti, ci sono sostanze che non sono sinoli, come ad esempio tutte le sostanze non sensibili. Il sinolo, in quanto è composto di materia e forma, può generarsi e corrompersi. Inoltre, esso, in quanto ha materia, è oggetto di esperienza e non di definizione e di conoscenza puramente razionale. Ecco una pagina di Aristotele assai illuminante su questo tema, tratta da Metafisica, Z 15, 1039 h 20 sgg.: « Il sinolo e la forma sono due differenti significati della sostanza: il sinolo è sostanza costituita dall'unione della forma con la materia, l'altra è sostanza nel senso di forma in quanto tale. Tutte le sostanze intese nel primo significato sono soggette a corruzione, così come sono soggette a generazione. Invece la forma non è soggetta a corruzione e neppure a generazione: infatti non si genera l'essenza di casa ma solo l'essere di questa concreta casa qui; le forme esistono oppure non esistono senza che di esse vi sia processo di generazione e di corruzione; è chiaro, infatti, che nessuno le genera né le produce. Per questa ragione, delle sostanze sensibili particolari non c'è né definizione né dimostrazione, in quanto hanno materia, la cui natura implica possibilità di essere e di non essere: perciò tutte queste sostanze sensibili individuali sono corruttibili. Ora, se la dimostrazione c'è solo di ciò che è necessario e se la definizione è un procedimento scientifico, e se, d'altra parte, come non è possibile che la scienza sia in un certo momento scienza e in un altro momento ignoranza (perché tale è la natura dell'opinione), così non è neppure possibile che ci sia dimostrazione, né definizione di ciò che può essere diversamente da come è (perché di questo c'è solo opinione): ebbene, allora è evidente che di queste sostanze non ci sarà né definizione, né dimostrazione. Le sostanze corruttibili, infatti, a chi pure possieda scienza, sono inconoscibili, non appena siano fuori dal campo della sensazione; e anche se si conservano nell'anima le nozioni delle medesime, di esse non ci potrà essere né definizione, né dimostrazione. Perciò, per quanto concerne la definizione, è necessario che, quando si definisce qualcuna delle sostanze individuali, non si ignori che può sempre venir meno; in effetti, non è possibile darne definizione ». SINONIMI CA Con questo termine può venir designata l'arte di Prodico di Ceo di distinguere i vari sinonimi e di determinare con precisione le varie sfumature del loro significato, da lui largamente utilizzata, nell'argomentazione retorica (I, 256 sg.).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
S I N 0 N I M 0 (CT\JVWVIJll.Oç) Aristotele definisce sinonimi « quegli oggetti che hanno tanto il nome in comune quanto la medesima definizione» (Categorie, l, l a 6 sg.). Per la verità, più che di oggetti sinonimi sarebbe meglio parlare di termini sinonimi. Termini sinonimi sono quelli che, pur essendo fra loro diversi, indicano un contenuto semantico identico od affine. La definizione aristotelica di sinonimo coincide, in realtà, con quella di univoco (dr. voce). SISTEMA (crocr·nu..La)
Il termine indica un complesso organicamente strutturato. A Ji. vello antologico, ad esempio, gli Stoici definirono il cosmo come « sy· stema » del cielo, della terra e di tutte le realtà in essi contenuti (dr. la nostra edizione del Trattato sul cosmo, attribuito ad Aristotele, pp. 118 sgg.; 202, nota 2). In senso logico-gnoseologico si intende «la ve· rità » come un «insieme costituito dalla conoscenza dei veri» (cfr. per esempio Sesto Empirico, Schizzi Pirroniani, n, 84 ). - In senso generale è stato detto sistema il pensiero di un filosofo nel suo complesso in quanto costituito di parti organicamente connesse fra loro e tutte dipendenti da uno o da alcuni principi fondamentali. Il pensiero dei filosofi è più o meno sistematico, a seconda che i nessi di cui sopra siano più o meno evidenziati e volutamente perseguiti. Il contrario di sistematico è aporetico o problematico, o, come oggi si dice, aperto. Il primo grande sistema dell'antichità, nel senso precisato, è quello aristotelico. SOCRATISMO
Con questo termine si designa la dottrina socratica e il movimento di pensiero da essa originato: non solo le cosiddette scuole socratiche minori (l, 385-432), ma anche la componente socratica che resta presente in quella scuola « maggiore», che è l'Accademia platonica (Il, 29 sgg.),e, quindi, anche in Aristotele. Una reviviscenza del tutto particolare dello spirito socratico si ha nelle scuole dell'età ellenistica (III, 14 sg.). D'altra parte, è da rilevare che se, come abbiamo mostrato, la scoperta socratica è quella dell'essenza dell'uomo come psyché con i connessi corollari, di cui il più vistoso è quello dell'intellettualismo eti· co (l, 300 sgg.; 314 sgg.), allora si può dire che il socratismo, almeno nell'antropologia e nell'etica, resta una costante di quasi tutto il pensiero greco. SOFISMA
(a6q>~ap.a)
Si tratta di una forma di ragionamento propria degli eristi (dr. voce Eristica), i quali, attraverso abili giochi di termini e di concetti,
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SINONIMO/SOPRASENSIBILE
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per amore di contesa verbale, tendevano a sopraffare l'auditore (I, 271 sgg.). In generale si intende con questo termine ogni forma di ragionamento capzioso, specialmente quello che è volutamente tale. Aristotele lo definisce come un « sillogismo eristico» (Topici, 9 11, 162 a 16), sul quale si veda quanto diciamo in II, 565 sg. SOFISTICA Sulla genesi, sulla natura e sul significato della sofistica e dei Sofisti, cfr. I, 217-281. L'originalità della sofistica sta soprattutto nell'aver spostato l'asse della speculazione filosofica, incentrando la sua problematica sull'uomo (I, 278 sgg.). Nella sofistica vanno distinte tre correnti: l) quella dei grandi maestri, soprattutto quelli della prima generazione (I, 230-270); 2) quella degli Eristi (I, 271 sgg.) e 3) quella dei Sofisti politici (I, 274 sgg.). Per il catalogo degli esponenti della sofistica, cfr. Parte II, voce Sofisti. SOFISTICA, Seconda Non è un movimento filosofico ma letterario, e designa la rinascita della eloquenza in età imperiale. La « prima sofistica », rispetto alla quale questa già dagli antichi viene detta « seconda », non è quella dei filosofi, ma dei retori classici. SOFFI O, cfr. Pneuma. S O G G E T T O ( intoxE4w,IO'.I)
Indica ciò a cui tutto si riferisce e che, a sua volta, non può essere riferito ad altro. _ Nella filosofia moderna indica l'io e la CO· scienza (il soggetto contrapposto all'oggetto). _ Il primo significato è da noi svolto sotto la voce sostrato, che traduce meglio il greco hy· pokeimenon. SOGNO (tvvw~ov, somnium) Sul tema confronta alcune notazioni che riportiamo in III, 224; 386; 457. Soprattutto si ponga mente alle divinatrici anticipazioni platoniche di idee rese oggi comuni acquisizioni dalla psicoanalisi, che riportiamo in II, 325 sg. nota 71. SO P H I A, dr. Sapienza. SOPHOS, dr, Saggio. S O P H R O S,Y N E , dr. Saggezza. SOPRA SENSI :SI L E , dr. Iperuranio; Navigazione, seconda; Trascendenza.
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
SORITE, Argomento del È un famoso paradosso del megarico Eubulide, diretto contro il molteplice. Cfr. esposizione ed interpretazione in III, 67. SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO, dr. Epoché. SOSTANZA , dr. Ousia. S O STANZA E T .ERE A.. dr. Etere. SOSTANZA P N .E UMA TI CA, cfr. Pneuma. SO STRA T O (intoxdJ.lEVov) Aristotele definisce il sostrato come ciò cuz zneriscono e di cui vengono predicate tutte le altre cose, mentre esso non inerisce e non viene predicato di alcuna altra. Sostrato è, insomma, ciò che è soggetto di inerenza e di predicazione. È interessante notare che, contrariamente a quanto molti credono, sostrato, per Aristotele, non è solo la materia, ma anche il sinolo e la forma: « Sostrato primo viene detto, in un certo senso, la materia, in un altro senso, la forma, e, in un terzo senso, ciò che risulta dall'insieme di materia e forma » (Metafisica, Z 3, 1029 a 2 sgg.). Per una spiegazione di questi testi si veda il nostro commentario (Arist., Metaf., vol. I, pp. 568 sg.). - In senso logico l'hypokeimenon ha il significato di soggetto di predicazione. Questo significato, come è evidente, dipende strettamente da quello antologico. _ Negli Stoici, l' hypokeimenon designa prevalentemente il sostrato materiale (la materia) ed indica la prima delle quattro categorie (III, 361). _ In Sesto Empirico indica l'oggetto reale (la cosa come è in sé); cfr. IV, 200. S,OTERIOLOGIA Significa dottrina della salvezza. La filosofia è concepita come soteriologia soprattutto nella tarda antichità, con differenti sfumature. Una dottrina puramente soteriologica è, ad esempio, quella ermetica (IV, 439 sgg.). Motivi soteriologici sono presenti in tutti i pensatori neoplatonici. In particolare Porfirio definisce formalmente la filosofia come « salvezza dell'anima» (IV, 633 ). SPAZI O, cfr. Chora; Luogo. SPECIE (Etooc;) Traduciamo col termine specie (inteso in senso tecnico) il termine aristotelico eidos quando ha significato logico, ossia quando indica il concetto che per astrazione il pensiero ricava dalla forma ontolo-
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SORITE/ SUBLIME
gica. Potremmo anche dire che la specie è la forma in quanto presente alla mente. Per la problematica connessa all'eidos cfr. quanto diciamo in II, 566 sgg.
SPECULAZIONE, cfr. Contemplazione. SPERANZA (fì.:rç!.c;) È una virtù che comincia a comparire in Filone di Alessandria, insieme all'amore e alla fede, virtù che caratterizzano la dimensione spirituale e religiosa dell'uomo (IV, 302), e che, in una certa misura, sia pure limitata, prefìgurano le virtù che nel Medioevo verranno dette « teologali » (cfr., peraltro, Platone, Pedone, 67 b; 114 c). SPIRI T O, cfr. Nous. STADIO, Argomento dello È uno dei celebri argomenti dialettici di Zenone, diretto contro il movimento. Cfr. esegesi in I, 136. STA T O, cfr. Governo, Forme di; Politica. STO A (cr-.oa). Significa « Portico». Dal celebre portico dipinto da Polignoto, in cui si radunavano Zenone e i suoi seguaci, prese nome la loro scuola. Si veda il documento che riportiamo in III, 316. Cfr. Stoicismo. STOICISMO È la filosofia di Zenone di Gizio e dei suoi seguaci Cleante e soprattutto Crisippo, cosi detta dal luogo dove si radunavano (cfr. Stoa). Sulla genesi e sulle caratteristiche dello stoicismo cfr. III, 305-319. Lo stoicismo, che fu il più imponente movimento spirituale dell'età ellenistica, si può dividere in tre fasi: l) la fase antica, durante la quale la dottrina viene fondata, elaborata e sistemata (III, 320-431 ); 2) la fase del cosiddetto stoicismo medio, in cui la dottrina si apre cautamente ad alcune verità delle altre scuole ed ammorbidisce le asperità di alcuni dogmi (III, 435-459); 3) il neostoicismo, che fiorisce in età imperiale in ambiente romano, in cui predominano gli interessi etico-religiosi (IV, 73-148). Per il catalogo degli esponenti si veda la Par~ te II, voci Stoici, Stoici antichi, Mediostoici, Neostoici. SUBLIME (vljloç) Ecco la definizione che a Longino ), 1, 3 sg.: « [ ... ] lenza di espressioni, e [ ... ] d'altro che di qui attinsero
ne dà il Trattato del Sublime (attribuito la sublimità è una certa altezza ed ecceli massimi fra i poeti ed i prosatori non il primato ed ai propri nomi procurano
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
la corona dell'immortalità. Infatti, tutto ciò che è straordinario induce negli uditori non semplicemente la persuasione, ma l'estasi; e sempre, e in ogni caso, con l'impressione che fa, il meraviglioso prevale su ciò che solamente serve a persuadere o a piacere: poiché essa, la persuasione, dipende per lo più da noi, mentre queste altre cose, conferendo al discorso un potere ed una forza irresistibile, s'impongono a qualsiasi uditore. Inoltre, sia l'abilità, sia l'ordine e la disposizione della materia, le vediamo risultare non da uno o due passi, bensl a mala pena dall'intero contesto dell'opera: il sublime, invece, purché a tempo e luogo prorompa, tutto scompiglia a guisa di fulmine e subito tutto in una volta rivela la potenza dell'oratore » (traduzione di A. Rostagni). SU I C I D I O (li;«"YWII'l)
, Il problema del suicidio fu agitato nel pensiero antico soprattutto nell'età ellenistica, che fu un'età tragica per i Greci. Ma la prima netta presa di posizione in merito si trova già nel Pedone di Platone, ed è veramente paradigmatica. All'uomo, dice Platone, non è lecito togliere la vita non solo ad altri, ma nemmeno a sé, anche nelle situazioni in cui questo fosse di grande sollievo, perché l'uomo è « possesso degli Dei », e quindi la vita gli può essere tolta solo da Dio (cfr. 61 e-62 c). - Venuto meno il senso di questo legame religiosometafisica fra l'uomo e Dio, nell'età ellenistica, il suicidio fu in genere giudicato, in particolari situazioni, ammissibile, e precisamente in quei casi in cui il saggio è costretto a vivere in condizioni contro natura, sì da non poter adempiere ai propri doveri (cfr. von Arnim, S.V.F., m, 757-768). Ecco ad esempio il fr. 763: «Ma poiché il punto di partenza di tutti i doveri è da queste (cioè dalle propensioni naturali), non a torto si dice che ad esse si riportino tutte le nostre considera· zioni, fra queste il permanere o il non permanere in vita. Quello infatti in cui la maggior parte delle cose sono secondo natura, ha il dovere di rimanere in vita; quello invece in cui la maggior parte delle cose sono contrarie a natura, o sembra che lo saranno, ha il dovere di lasciare la vita. Dal che appare evidente che è talvolta dovere del sapiente, pur essendo beato, lasciare la vita, e per lo stolto, pur essendo misero, rimanere in vita». Si veda anche Seneca, De prov., 6,7; Epist., 58, 32 sgg.; 70, passim; 98,15 sgg. _ Anche Epicuro è di parere analogo, come riferisce Seneca nella Epist., 12,10: « È doloroso vivere nella necessità: ma il vivere nella necessità non è affatto necessario. E che non sia affatto necessario, ci mostrano le molte vie aperte alla libertà, facili e brevi. Rendiamo grazie a Dio che nessuno può essere tenuto in vita a forza: è permesso anche calpestare le necessità
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SUICIDIO/TABULA RASA
stesse ». _ Plotino (Enneadi, I, 9) condanna, in linea di principio, il suicidio con questa argomentazione: «Egli non la scaccerà, l'anima,. col rischio ch'ella non esca; perché veramente, quanto a uscire, uscirà,. sl, ma trascinandosi qualcosa dietro; e un siffatto uscire non è altro che un trasmigrare in altro luogo; per contro, egli attende che il corpo si allontani, tutto quanto, da quella, allorché l'anima non ha più bisogno di trapassare ma ne è ormai del tutto fuori ». Cfr. peraltro, ivi~ alla fine. SU PER U 0 M 0 (t11tEpavDpw'ltoc;) È un termine già noto all'antichità, ma divenuto tecnico solo. con Nietzsche. Il concetto che esso esprime in Nietzsche ha un anticipo, sia pure collocato in un diverso contesto, nella dottrina di Callide~ almeno come ci è presentata nel Gorgia platonico. Si vedano i testi che riportiamo in I, 275 sgg. SYNKATATHESIS, dr. Assenso.
T T AB ULA RASA (mvaxtc; liypaqrl)) L'immagine dell'anima come tabula rasa, nei testi filosofici, si trova formulata da Platone nel Teeteto, 191 c sgg.: «Fa conto dunque, per cosl dire, che ci sia nelle anime nostre come un blocco di cera da improntare (xi}pwov lx!J.tiYE~ov), in uno più grande ed in un altro. più piccolo, in questo di cera più pura in quello più impura, in alcuni di cera più dura, in altri più molle, e in altri di temperanza giusta [ ... ] . E ora diciamo che questa cera è dono di Mnemòsine, la madre delle Muse; e che in essa, esponendola appunto alle nostre sensazioni ed ai nostri pensieri, noi veniamo via via imprimendo, allo stesso mo-· do che s'imprimono segni di sigilli, qualunque cosa vogliamo ricordare di quelle che vediamo od udiamo o da noi stessi pensiamo; e quel che ivi è impresso noi lo ricordiamo e conosciamo finché l'immagine sua rimane; quello che invece vi è cancellato o sia impossibile imprimercelo, lo dimentichiamo e non lo conosciamo» (cfr. anche 195 a). L'immagine di Platone _ si badi _ riguarda, però, quello che potremmo chiamare memoria empirica e non indica, pertanto, lo stato· originario e strutturale dell'anima rispetto alla conoscenza in generale, che, per Platone, non è affatto quello di una tabula rasa, ma, al contrario, contiene, sia pure velata, l'originaria visione degli enti: il cono-
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·sccre, per Platone, è infatti un tirar fuori dall'anima le conoscenze di ·cui è gravida con l'aiuto dell'esperienza (cfr. Anamnesi)._ L'immagine della tabula rasa è ripresa in Aristotele, nel De anima (r 4, 429 a 30430 a 2): « [ ... ] l'intelletto è in un certo modo in potenza gli intelligi•bili, ma non in atto, prima che pensi. Deve essere come una tavola in cui nulla è scritto in atto (w0"1tEP Èv ypcz!J.!J.CZ'tEL41 uwi!J.EL res ipsae, quas ipsius mentis actio quasi in vitam suscita t » (De Anima, Berlin 18ìì, p. 399). _Una concezione di tipo empiristico in senso moderno dell'anima come tabula rasa non c'è nemmeno nelle filosofie materialistiche e corporeisti·che dell'età ellenistica, giacché, in queste, le protessi (cfr. voce) gio·cano quasi un ruolo di a-priori empiristico. Questo vale sia per Epicuro '(cfr. III, 184 sgg.), sia, ed a più forte ragione, per gli Stoici (III, 326 sgg.). Gli Stoici dicono che l'egemonico è come « xap't1']c; Eìlpyoc; d.c; ·à1toypaqn'Jv » (von Arnim, S.V.F., 11, fr. 83), ossia come un foglio di papiro pronto per essere scritto, e parlano di impressioni sensoriali come di «impronte» nell'animo (cfr. testi in III, 327 sg.), ma poi parlano di « nozioni comuni >>, ed addirittura di « prolessi connatu· rate », e, in effetti, il logos umano, come momento del logos universale, deve in qualche modo, non solo essere capace di cogliere le verità, ma deve avere già in sé i germi di essa (cfr. III, 332 sgg.). - L'esatta espressione mvaxLc; àypacpi) ( = tabula rasa) ricorre in Alessandro di Afrodisia, De Anima, 84, 25 sg. Bruns.
TAUTOLOGIA a) Si ha in generale una tautologia, quando nel fornire una definizione, si include in essa lo stesso definito, cadendo cosl in un cir·colo, ossia ripetendo due volte la stessa cosa (è una tautologia, per ·esempio, la proposizione: il vivente è un essere che vive). Tautologico, ·ovviamente, può essere anche un ragionamento, quando cade in questo stesso giro vizioso. _ b) Un significato più particolare e specifico di tautologia si ha nei seguenti casi: in polemica con gli sviluppi della -dialettica platonica, Antistene sostenne che ad ogni cosa è possibile .attribuire solo il nome che le è proprio (l'uomo è uomo, il buono è
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TAUTOLOGIA/TELESTIKÉ
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buono), e che, quindi, sono possibili solo giudizi tautologici, ossia giudizi in cui il predicato è uguale al soggetto (1, 393 ). _ Analogamente, in polemica con la logica discorsiva, anche i Megarici sostennero la possibilità di formulare solo giudizi di questo genere (III, 74 sg.). Del resto, la matrice eleatica del megarismo, per cui è possibile dire, al limite, solo che l'essere è, porta a queste conseguenze. _ Gli stessi Stoici, fortemente influenzati dalla logica megarica, non sono del .tutto riusciti a superare i presupposti della medesima, come mostriamo in III, 343 sgg. T E C H N E ("tÉXVTJ) La téchne greca implica, insieme, conoscenza dell'universale e .applicazione pratica, ma con un prevalere della prima sulla seconda.
Particolarmente chiarificatrici, a questo proposito, sono le seguenti precisazioni dello Jaeger (Paideia, 11, trad. it., Firenze 1954, pp. 217 sg.): « Il nostro concetto di " arte " non rende adeguatamente il senso della parola greca. Questa ha si in comune con " arte " la tendenza a significare l'applicazione e la pratica, ma, d'altra parte, in pieno contrasto col senso di " individuale ", di " libero da regole " che per noi ,è insito nella parola "arte", essa accentua proprio il momento del fondato sapere e della capacità, quel momento che per noi si lega piuttosto col concetto di " mestiere " o " professione ". La parola techne ha in greco una estensione molto più vasta che la nostra parola " arte ". Per essa si pensa a una qualunque attività professionale fondata su un sapere specializzato, cioè, non solo a pittura, scultura, architettura e musica, ma anche, e anche di più, ad arte sanitaria, arte della guerra e perfino ad arte per esempio del nocchiero. E, giacché la parola esprime che quella tal consuetudine o attività pratica non poggia solo su una routine, ma su regole generali e su cognizioni sicure, essa arriva facilmente al significato di " teoria ", significato che ha correntemente nella terminologia filosofica di Platone e di Aristotele, specialmente là dove si tratta di contrapporla alla pura empiria o " pratica ". D'altra parte, techne si distingue da episteme, la "scienza pura", in quanto la teoria della techne è pensata sempre in servigio di una praxis ». _ Sul tema si veda: M. Isnardi Parente, T échne, Momenti del pensiero greco da Platone ad Epicuro, Firenze 1966. T E L E O L O G I A, dr. Finalismo.
T E L E S T I K ~ (n'Mcr-t~xT}) Questo termine indica la pratica di iniziazione misterica, assai diifusa nel tardo paganesimo, di consacrare ed animare statue per otte-
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nere oracoli. Si basava sulla convinzione che ogni divinità avesse i suoi rappresentanti « simpatici» nel mondo animale, vegetale e minerale e che, agendo su questi ultimi, fosse possibile agire sulla volontà degli Dei (IV, 453 sg.). T E M PER A N Z A (o-wq>pocrVVl"J) Temperanza ridà solo parzialmente il senso del greco sophrosjne, termine intraducibile nelle lingue moderne. Nei filosofi antichi significa fondamentalmente l'ordine o il dominio o la disciplina dei piaceri e dei desideri. l) Socrate parlò di enkrateia, che significa dominio sulla propria animalità e libertà dagli istinti animali. 2) Platone (che, fra l'altro, ha dedicato a questa virtù il Carmide) nella Repubblica (Iv, 430 e-431 b) la definisce come segue: «La temperanza è una specie di ordine ed una continenza di certi piaceri e desideri, come dicono quando dicono [ ... ] che uno è più forte di se stesso [ ... ] . Questa frase mi pare voglia dire che nell'uomo, appunto, e nell'anima sua, c'è qualche cosa che è, rispettivamente, parte migliore e parte peggiore, e questo sia il significato di " più forte di se stesso ", e suoni a lode; e quando per cattiva educazione o cattiva compagnia, il meglio, essendo troppo poco, sia soverchiato dalla quantità del peggio, la cosa torna allora a biasimo ed a rimprovero, e si chiama da meno di sé e intemperante chi è in questo modo». (Per il ruolo della temperanza nello Stato platonico, cfr. II, 300 sgg.). 3) Per Aristotele è una delle virtù etiche ed è il giusto mezzo fra la insensibilità e l'intemperanza (Il, 502 ). Anche per Aristotele questo <
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TEMPERANZA/TEOFANIA
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TEMPO (xp6'oloc;) In tutti i filosofi antichi, il tempo risulta strutturalmente connesso al movimento. l) L'elaborazione critica di questo concetto è avvenuta solo dopo la sua negazione da parte degli Eleati. Parmenide sosteneva, infatti, che l'essere è raccolto nell'istante atemporale (« non fu né sarà, poiché ora è tutto insieme»; fr. 8, v. 5); cfr. I, 123 sg. Melisso parlava dell'eternità dell'essere formulandola come un sempre era e sempre sarà, dove l'avverbio sempre svuota i verbi che accompagna del loro significato cronologico (cfr. I, 143 sg.). Negando ogni forma di movimento, gli Eleati dovevano necessariamente negare anche il tempo. 2) La prima puntuale deduzione e giustificazione del tempo si trova in Platone, il quale collega la nascita del tempo con quella dell'universo fisico (Timeo, 38 b) e lo definisce come un'« immagine mobile dell'eternità», ossia come svolgimento dell'è nell'era e nel sarà, e, più precisamente, come « immagine eterna che procede secondo il numero» (cfr. II, 179 sg.). 3) La stretta connessione del tempo con il movimento e la misura è studiata da Aristotele, che fornisce una definizione divenuta assai celebre: «tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi ». Approfondendo il concetto di misura, lo Stagirita conclude che, poiché solo l'intelletto e l'anima sono in grado di numerare, «risulta impossibile l'esistenza del tempo senz.a .quella dell'anima », anticipando una prospettiva divenuta assai famosa soprattutto negli sviluppi agostiniani (II, 459 sgg.). 4) Anche nelle filosofie ellenistiche il tempo risulta strutturalmente collegato al movimento. In particolare è da segnalare il collegamento della problematica del tempo con quella dell'incorporeo negli Stoici (III, 359). 5) Un'inedita prospettiva assume la concezione del tempo nel neoplatonismo. Il tempo coincide, secondo Plotino, con l'attività dell'animaipostasi, che produce tutto ciò che è altro dallo Spirito (il quale è nella dimensione dell'eterno). Il tempo coincide, dunque, con l'uscita dell'anima dall'unità e con quell'attività produttrice del mondo li· .sico, la quale pone in successione di prima e poi ciò che nello Spirito è tutto insieme e simultaneo (IV, 568 sgg.). TENSIONE, dr. T6nos. T E O FA N I A (ftEocpa'<~La) Significa manifestazione di Dio. Il termine è divenuto tecnico con Scoto Eriugena (secolo IX), ma può essere, in modo del tutto corret· to, usato ad indicare i vari momenti della « ·processione » neoplatoni(;a, i quali sono non altro, in ultima analisi, se non « manifestazioni »
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
ipostatiche del Principio primo o della sua potenza, e, dunque, manifestazioni del divino. T E O GO N I A (aEoyovl.a.) Con questo termine si intendono le rappresentazioni fantasticopoetiche della generazione degli Dei e, di conseguenza, di tutte le cose che dipendono dagli Dei (alla teogonia è quindi sempre connessa una cosmogonia). Le teogonie hanno carattere fondamentalmente mitico. - Sull'importanza della teogonia di Esiodo e sui rapporti con la filosofia cfr. I, 47 sgg. Sulla teogonia orfica, cfr. I, Appendice I. Sulla teogonia ermetica dr. IV, 437 sg. e su quella degli Oracoli Caldaici cfr. IV, 447 sgg. La teogonia differisce dalla teologia, perché in quella predomina l'elemento fantastico, in questa il logos e la ragione. T E O L O G I A (aEoÀ.oyta) Il termine significa propriamente indagine razionale intorno all'esistenza e alla natura del divino. Nel contesto della filosofia greca la teologia coincide con la metafisica, con l'ontologia e la fisica (nel senso antico del termine) o, più precisamente, con una parte (per lo più essenziale) di esse. l) In questo senso già i Fisici presocratici sono « teologi », in quanto il principio di tutte le cose da essi ricercato era. considerato come il «Divino» immortale ed indistruttibile (cfr. il testo riportato in I, 60) ..L'acqua, l'aria e il fuoco dei Presocratici non hanno nulla a che vedere con gli elementi « fisici » in senso moderno, cosi come la « fisica » dei Presocratici non ha nulla a che vedere con la nostra fisica. Che l'ontologia presocratica sia una « teologia » è ormai tesi acquisita dalla più aggiornata storiografia, e in questa chiave l'abbiamo intesa (l, 53-196). Nell'ambito dei Presocratici fa poi spicco la critica serrata che Senofane, già forte delle acquisizioni dei Milesi, diresse contro la teologia mitica e la religione tradizionale, soprattutto contro l'antropomorfismo (1, 111 sgg.). 2) Nella sofistica si svilupparono le prime forme di agnosticismo e nichilismo teologico (l, 240 sgg.; 279) e di iper-razionalismo tendente ad interpretare gli Dei o come ipostatizzazione dell'utile (l, 262 sgg.), oppure (come si direbbe oggi) come strumento ideologico di cui i politici si avvalgono per imporre il rispetto delle leggi (l, 274 sg.). 3) La teologia è presente anche nei pensiero di Socrate, il quale, cercando di disimpegnarla dalla problematica fisica, interpreta Dio come intelligenza finalizzatrice e provvidente (1, 340 sgg.), fornendo addirittura le prime prove dell'esistenza di Dio (l, 340). 4) Grandissimo rilievo ha poi la teologia in Platone, e non solo nella metafisica e nella cosmologia, ma nella stessa politica. In Platone non solo compare la parola teologia per la prima volta
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TEOGONIA/TEONOMIA
(Repubblica, n, 379 a), ma non c'è sua opera, si può dire, che più O· meno estesamente non parli del Divino. A ragione Jaeger ha scritto: « Platone è il teologo del mondo classico. Senza di lui non esisterebbe della teologia né il nome, né la cosa ». La sua scoperta della trascenJenza ( « seconda navigazione »), in effetti, segna il più cospicuo dei guadagni nell'ambito della storia del discorso razionale sulla natura del divino (cfr. II, 67 sgg.; 152-163; 270 sg.). 5) Aristotele, dal canto suo, ha addirittura designato la sua ricerca metafisica come << teologia » in maniera esplicita (Il, 404 sg.), in quanto tale ricerca muove ponendo il problema se esista una sostanza soprasensibile e termina dimostrandone, appunto, l'esistenza e la natura (Il, 439-450). 6) Anche le filosofie dell'età ellenistica hanno una loro teologia (che diventa momento della fisica), di un certo rilievo, anche se non essenziale, in Epicuro (III, 225 sgg.), fondamentale, invece, nella Stoa, la cui filosofia è essenzialmente un monismo panteistico (III, 355 sgg.; cfr. inoltre la posizione dei Neostoici, IV, 82 sgg.; 119 sgg.). 7) Il pensiero del divino è addirittura presente nello stesso scetticismo di Pirrone (III, 483 sgg.). 8) Con Filone la teologia razionale si fonde con quella rivelata ed assume un ruolo tutto nuovo, rispetto a quello avuto nell'ambito della grecità (IV, 271-283). Ma Filone, in questo, esce dallo spirito del pensiero antico (IV, 247-256). 9) Nell'età imperiale, la teologia diventa dominante, segnatamente nell'ambito del medioplatonismo e del neopitagorismo (IV, 330 sgg.; 391 sgg.; 413 sgg.). 10) Nei Neoplatonici, infine, il discorso teologico diviene assolutamente predominante, come gli stessi titoli di opere di questi filosofi dimostrano. Prodo, l'ultimo più significativo neoplatonico dice, nella Teologia Platonica, che tt:ologi sono stati tutti i filosofi « in quanto chiamano Dei i principi primissimi delle cose e quelli per sé sussistenti; e chiamano teologia la scienza che da essi si svolge ». Platone, però, è di gran lunga superiore a tutti, rileva Frodo, appunto per la sua scoperta del soprafisico e dell'incorporeo (cfr. Teologia Platonica, 1, 3). Cfr. il vol. IV, passim. TEOLOGIA APOFATICA, dr. Ap6fasi. T E O L O G I A N E G A T I V A, dr. Ap6fasi. TEONOMIA Il termine, di conio moderno, significa legislazione divina. Un'etica teonoma è un'etica che si fonda su una legislazione divina, ossia posta e rivelata da Dio. L'etica dei filosofi greci non è teonoma. La prima etica teonoma è quella di Filone che, in questo, dipende essenzial-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
mente dalla Bibbia e dal concetto ivi espresso del Dio rivelatore e custode della legge morale. T E OR E T I C O, dr. Contemplazione; Scienza. T E O R I A , dr. Contemplazione, TEOSOFIA Con questo termine si intende quella rappresentazione del Divino <:he nasce dalla contaminazione fra la componente razionale e quella mitico-fantastica, sorta soprattutto in età moderna e, in particolare, ·consistente nella trasposizione in termini occidentali di credenze orientali. Ma già nella tarda antichità questa tendenza è presente. Si vedano ~oprattutto le dottrine ermetiche (IV, 432 sgg.), quelle degli Oracoli Caldaici (IV, 452 sgg.), e, in certa misura, quelle del tardo neoplatonismo (IV, 657 sg.). Plotino ne è invece immune (IV, 484 sgg.). TERRA (yij) È il principio della «fisica» di Senofane, nel senso che spieghiamo in I, 116 sg. In Empedocle è uno dei quattro elementi, costitutivi della realtà (I, 152 sg.) e cosl in Platone, in Aristotele e nella fisica successiva (dr. Elemento). TERZO ESCLUSO, Principio del È il principio che afferma l'impossibilità che ci sia un termine medio fra due contraddittori (II, 562). Aristotele lo formula in modo preciso come segue: «E non è neppure possibile che .fra i due contraddittori vi sia un termine medio, ma è necessario o affermare, o negare, di un medesimo oggetto, uno solo dei contraddittori, qualunque esso sia», e lo difende con un puntuale élenchos, nel libro della Metafisica, r 7, passim. TERZO UOMO, Argomento del È un celebre argomento dialettico, probabilmente derivato dal <:ircolo di Euclide (attribuito da alcune fonti a Polisseno ), diretto contro la teoria delle Idee di Platone. Probabilmente di esso vi erano molte varianti. Quella più efficace e nota si può cosl riassumere: se introduciamo l'Idea di uomo per spiegare la molteplicità degli uomini empirici, è necessario postulare anche un « terzo uomo » che spieghi la dualità di Idea-di-uomo, da un lato, e degli uomini empirici dall'altro. Ma poi, per le medesime ragioni, è necessario introdurre un ulteriore uomo, e cosl via all'infinito. Ora, il processo all'infinito cui la teoria delle Idee porterebbe, ne dimostrerebbe la insensatezza (dr. III, 75 sg.). - Già Platone conosce questa argomentazione e risponde ad essa, come risul-
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TEORETICO/TONOS
ta soprattutto dal Parmenide, 132 a sgg. Per un approfondimento di questo tema cfr. Reale, Arist., Meta/., vol. I, pp. 194 sgg., dove si troveranno anche indicazioni bibliografiche essenziali. T EU R G I A (atovpyLa) A differenza della teologia, che si limita a parlare intorno alla divinità, la teurgia si propone di evocare gli Dei e di agire su di essi attraverso l'uso di simboli (cfr. Telestiké) o di pratiche del tipo di quella che oggi si chiama trance medianica. _ a) Molto antica, come pratica, essa venne fissata per iscritto da Giuliano il Teurgo negli Oracoli Caldaici, e, attraverso questa opera, ebbe larga diffusione nella tarda antichità (IV, 444 sgg.; 452 sgg.). _ b) Porfirio, sulla base del principio della impassibilità divina e della indifferenza degli Dei a qualsiasi tipo di azione umana, la criticò, ma, insieme, ammise una sua efficacia, sia pure a livello inferiore (IV, 644 ). _ c) Giamblico, invece, facendosi interprete delle esigenze dell'ultimo paganesimo, difese la teurgia perché riteneva che grazie ad essa fosse possibile, in una dimensione soprarazionale, congiungersi con gli Dei e beneficiare della loro potenza. In questa relazione, la Divinità non rimarrebbe, però, passiva, ma assumerebbe l'iniziativa di scendere fino agli uomini, per liberarli dalla miseria di questo mondo (IV, 650 sgg.). - d) Dopo Giamblico, quasi tutti i Neoplatonici pagani ebbero un atteggiamento di incondizionata fiducia nelle pratiche teurgiche; cosi, ad esempio, Giuliano l'Apostata (IV, 659 sgg.) e Proclo (IV, 671). Quest'ultimo, in particolare, parlava di una « virtù teurgica » superiore ad ogni altra e capace di unirei al divino (IV, 682 sgg.).
T I M OCR AZ I A, cfr. Governo, Forme di. T IRA N N I D E, dr. Governo, Forme di. TONOS ('t"6voç) Significa tensione ed è caratteristica del pneuma stoico. Consiste in una forza propulsiva che va dal centro alla periferia del cosmo, per poi ritornare al centro, garantendo in tal modo la perfetta unità del tutto (III, 380). Si veda con Arnim, S.V.P., n, frr. 439-462. A complemento riportiamo una pagina assai chiarificatrice di Pohlenz (La Stoa, I, pp. 142 sg.): << Attraverso le indagini dei medici era divenuta di dominio pubblico la nozione che nel corpo animale il movimento parte da un organo centrale e da esso si diffonde fino alla parti più lontane, e che d'altra parte dalla periferia, per mezzo della respirazione e della percezione sensibile, un movimento rifluisce fino al centro. Un tale gioco di movimenti era già noto ad Eraclito, che vedeva in tutto
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
l'universo un compenetrarsi di contrari e rappresentava questa " armonia del cosmo" con l'esempio della tensione delle corde della lira e dell'arco. Se lo stesso Eraclito abbia parlato in modo esplicito di " tensione", è cosa che non risulta dalla nostra tradizione, mentre è certo che egli non si valse di questo concetto per spiegare l'essenza del singolo organismo. In sé e per sé il concetto di tensione, di tonos, era a portata di mano per i Greci: si pensi alla ginnastica e alla musica. Ma solo la Stoa gli diede una collocazione precisa nell'ambito della cosmologia. Già Zenone vide nel tonos la forza che tiene unito tanto il macrocosmo quanto le sue parti. Per Cleante tutto il mondo è pieno di tensione. È precisamente il sole infuocato che colpisce il mondo con i suoi raggi di luce e di calore, così come Apollo col plettro tocca le corde della lira _ l'immagine ci riporta immediatamente ad Eraclito -, e con la sua tensione dà al mondo lo stabile ritmo del tempo e della vita. Egli definì pertanto il tonos "forza propulsiva (1tÀTJTli) del fuoco". Anche qui Crisippo, al posto del fuoco, mise il pneuma e, nel suo solito modo, trasformò la concezione poetica di Cleante in un elaborato sistema logico. Per lui il tonos è una forma speciale di movimento. Il movimento stesso è implicito nell'esistenza del principio informatore e nel suo rapporto con la materia. Ogni movimento è in sostanza un cambiamento di posizione, anche la trasformazione qualitativa, essendo basata su una compenetrazione della materia da parte del pneuma. Diverso è il movimento tensivo, in quanto ritorna su se stesso. Esso infatti procede da un centro verso la periferia, ma, raggiunta la superficie, si incurva e si dirige di nuovo al punto di partenza. È per mezzo di questa tensione a lui propria che il pneùma conferisce al sostrato unità e coesione. Perfino alla pietra ed al pezzo di legno. Poiché la loro solidità e questa è una scoperta della Stoa _ in realtà è un gioco di movimenti contrapposti, come l'apparente immobilità dell'uccello che si libra nell'aria. Ad un livello più alto la tensione del pneuma presta alle piante ed agli esseri viventi la loro unità organica, dà loro vita e forza. La stessa coesione del cosmo nella sua totalità è dovuta a questo tonos ». T O P I C I , cfr. Luogo,
T O T A L I T À (ISÀ.av, 1tiiv, 1taV"t"et) Sulla totalità come oggetto del filosofare, cfr. I, Appendice II, passim. Per le differenti sfumature dei termini greci sopra indicati, cfr. Aristotele, Metafisica, 1::.. 26, passim e il nostro commento (Arist., Metaf., vol. I, pp. 477 sgg.). TRANQUILLI T A, dr. Atarassia; Eutimia.
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TOPICI/TRASCENDENZA
TRASCENDENTALI Cosi sono state chiamate, nella scolastica, quelle proprietà che valgono per tutto l'essere e quindi anche·per il pensare. Cosi possono denominarsi, di conseguenza, gli assiomi (cfr. voce), in particolare il principio di non contraddizione (Il, 562), sul quale si veda Aristotele, Metafisica, r 3-8. TRASCENDENZA Con questo termine si intende la caratteristica di quell'essere o di quegli esseri che sono oltre il sensibile e oltre il fisico. Trascendenza indica non una semplice separazione fisica, ma una diversità di struttura antologica. Il trascendente è il non-fisico, il non-empirico, il noncorporeo. l) Il primo guadagno dell'orizzonte della trascendenza risale a Platone (cfr. Navigazione, seconda), il quale cercò di dimostrare l'esistenza di un genere di essere totalmente diverso dal sensibile, che identificò, dapprima, nelle Idee e, poi, anche nelle Idee-Numeri. Egli considerò altresi il Demiurgo e le anime razionali strettamente affini a questo essere. Anzi, Platone non solo parlò del trascendente, ma, in qualche modo, introdusse una diversificazione di enti nella sfera della trascendenza, gerarchicamente sovraordinati l'uno all'altro e culminanti nell'Idea del Bene, di cui si parla nella Repubblica. Tale idea è qualificata come al di là della stessa essenza, con la pregnante espressione É'ltÉXE~WL 'tijc; ova-Lac; (509 b), che diventerà tecnica nei Neoplatonici. 2) Aristotele, per indicare la trascendenza, usa, invece, i termini xwp~a-'ti) OVO"~a oppure ova-La XEXWP~CTJ..LÉVTJ 't"WV a.La-lhj't"WV, oppure parla anche di sostanze sussistenti 1tapà 'tà a.La-lhj'tci. Chorist6n e kechorisménon esprimono l'idea di « separazione » dal sensibile. Ora, per lo Stagirita, le Idee platoniche non possono essere « separate » (trascendenti), ma devono essere le forme immanenti che, determinando la materia, costituiscono il sinolo; ma « separato» è il Motore Immobile, cosi come << separate » sono le Intelligenze motrici dei cieli, ed una << separabilità » (e quindi trascendenza) viene riconosciuta anche all'intelletto umano (vovc; DvpaDEv). Come abbiamo con ampiezza cercato di documentare, Aristotele non nega, ma piuttosto riforma e completa gli esiti della platonica « seconda navigazione ». 3) Nell'età ellenistica la trascendenza viene sistematicamente negata. Epicuro e gli Stoici respingono in modo categorico gli esiti della «seconda navigazione» (III, 164 sgg.; 308 sgg.) e Pirrone tenta di rovesciare l'antologia aristotelica (III, 474 sgg.). L'essere viene dichiarato come strutturalmente corporeo e all'incorporeo viene negata pervicacemente una statura antologica. L'età dell'ellenismo è l'età dell'antitrascendenza e dell'immanenza (cfr. III, passim). 4) A partire dagli ultimi decenni dell'era pagana e soprattutto nei pri-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
mi secoli dell'era crtstiana, la problematica della trascendenza rinasce e diviene vigorosissima. Filone di Alessandria, combinando platonismo e rivelazione biblica, estende la trascendenza di Dio anche a livello gnoseologico e semantico. Dio non solo è totalmente altro dal corporeo, ma è anche al di là delle nostre possibilità di conoscenza e di espressione (IV, 268-279). 5) I Neopitagorici e i Medioplatonici fanno valere in maniera sempre più consapevole le istanze dell'incorporeo (cfr. IV, 330 sgg.; 391 sgg.; 413 sgg.). 6) I Neoplatonici, infine, fanno della trascendenza addirittura la cifra del loro ·filosofare. La terminologia che usano è, naturalmente, quella platonica, caricata di nuovi significati. Il principio primo nei Neoplatonici diviene l'assolutamente trascendente, in quanto posto al di là addiri-ttura dell'Essere e del Nous ( btÉXELVa èSv-.oc;, É7tÉxewa vov ), e di conseguenza diventa (come già in Filone) ineffabile e inesprimibile. Si può dire che i Neoplatonici distinsero tre gradi di trascendenza, corrispondenti alle tre ipostasi di Piotino o alle tre sfere in cui rientrano le ipostasi moltiplicate dai suoi successori, e precisamente: a) la trascendenza a livello dell'anima, che è trascendente rispetto ai corpi; h) la trascendenza a livello del Nous, che è trascendente non solo rispetto ai corpi, ma anche rispetto all'anima; c) la trascendenza dell'Uno, che è trascendente rispetto a tutto. Scrive Proclo: « L'essenza dell'anima è al di là di tutti i corpi, e la natura intellettuale è al di là di tutte le anime, e l'Uno è al di là di tutte le ipostasi intellettuali » (Elementi di Teologia, 20). TRA S L AZ I O N E , cfr. Mutamento. TROPO (-.p67toc;) Nella filosofia neoscettica il « tropo » è il « modo » che indica la ragione strutturale per cui si deve giungere al riconoscimento della indeterminatezza delle cose e dunque all'epoché (IV, 157). - a) Enesidemo ha redatto una tavola di dieci tropi, interpretandoli come le supreme categorie del dubbio, prevalentemente rivolta alla critica della certezza sensibile (IV, 156 sgg.). A questi ha fatto seguire una seconda tavola di tropi rivolta contro il metodo scientifico, in quanto fondato sul principio di causa (IV, 172). _ b) Agrippa riformula in maniera più concisa ed incisiva la tavola dei tropi di Enesidemo, riassumendola in cinque titoli, diretti sia contro la conoscenza sensibile che contro quella razionale (IV, 185 sg.). _ c) Una interessante utilizzazione dei tropi di Enesidemo si ha in Filone di Alessandria, il quale, mediante essi, dimostra l'impotenza della ragione che vuole a tutti i costi bastare a sé e la conseguente necessità che questa si ancori ad una fede trascendente per raggiungere la verità (IV, 251 sg.; 300).
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TRASLAZIONE/UGUALE
TUTTO (m'iv)
Indica, in generale, il complesso delle cose che sono. Proprio per la sua estensione, che è massima, il termine può assumere varie accezioni, a seconda dei contesti, ed indicare oltre al complesso delle cose anche gli specifici modi in cui il complesso delle cose viene considerato. _ a) Può indicare, ad esempio, la totalità delle cose nella loro ordinata unità, e allora tutto è sinonimo di cosmo (cfr. voce). - b) Nelle raffinate distinzioni terminologiche della Stoa, il Tutto, in senso tecnico, viene invece distinto dal cosmo e usato ad indicare il cosmo più il vuoto che lo circonda (III, 380}. _ Cfr., invece, la posizione di Epicuro in III, 196. _ c) Il medioplatonico Severo chiamò qualcosa ('t:Ò 't:L) il Tutto, intendendo con questo l'essere (eterno) in· sieme al divenire, considerati nel loro complesso (IV, 345, nota 37). _ d) In Plotino, il Tutto, oltre al complesso delle cose che sono, significa, in senso forte, l'ipostasi dello Spirito, la -totalità dell'essere: «Ora questo verace Tutto, se vuole essere proprio tutto, in senso reale, non deve essere tutto unicamente in quanto è tutte le cose, ma deve inoltre contenere il tutto in guisa tale che non gli manchi nulla ». Il tutto, inteso in questo senso, implica l'eternità: «Dunque, la perfetta e intera essenza dell'essere, non quella che consiste unicamente nelle parti, ma finanche quella che consiste nel fatto che non può venir meno mai più e che l'inesistente in nessun modo le si può aggiungere _ poiché non solo il Tutto e l'Intero devono attualmente includere la totalità degli esseri ma devono pure escludere qualsiasi cosa che rientri nel non-essere _ questo comportamento, dunque, questa proprietà costitutiva dell'essere è ciò che potremmo chiamare eternità: eternità deriva appunto da essere sempre (aion = aei + an)» (Enneadi, m, 7, 4).
u UGUALE
{ÒiJ.o~oç)
un attributo essenziale che Parmenide attribuisce al suo essere (fr. 8, vv. 22 sgg.), giacché, per lui, qualsiasi differenziazione dell'essere implicherebbe il non-essere che non è. È proprio questa caratteristica che rende impossibile all'Eleate dedurre e giustificare la molteplièità dei fenomeni e il divenire, che implicano strutturalmente la diseguaglianza, la differenziazione e la diversità (1, 124). _Cfr. il modo in cui Platone supera le aporie dell'essere-tutto-uguale in II, 139 sgg.; cfr. anche Identico. È
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
UMORE (XU!l6c;)
Secondo i medici dottrinari, gli umori sono i componenti del temperamento di ciascun uomo, dalla cui mescolanza dipenderebbe la salute o la malattia del corpo. Ippocrate parlava di quattro fondamentali umori: quello sanguigno, quello flemmatico, quello bilioso e quello melancolico (IV, 189 sg.). UN I FICA ZIO N E, UN I O N E
(~vwcnc;)
Il concetto di hénosis, nella filosofia antica, ha rilevanza sia l) a livello metafisico-ontologico, sia 2) a livello etico-religioso e mistico. l) In senso ontologico il concetto si trova già nei Presocratici (cfr. Diels-Kranz, 7 B 3; 31 B 29; 44 B 10) e nella Stoa (cfr. von Arnim, S.V.P., 11, frr. 451 e 475), ma acquista un rilievo soprattutto nelle scuole dell'età imperiale e in particolare nel neoplatonismo (IV, 468; 588 sgg.). 2) A livello etico-religioso coincide con l'estasi (cfr. voce) e con l'unione mistica; cfr. IV, 596 sgg. UN I T A , dr. Uno. UN I V E R SA L E ( xaD6À.ou)
Nella filosofia antica si possono distinguere tre diversi significati fondamentali di questo termine: l) un primo, a livello ontologicometafisico; 2) un secondo, a livello logico e 3) un terzo (con una portata molto limitata, ma interessante), a livello (diremmo con terminologia moderna) estetico. l) Nel significato ontologico, l'universale è l'arché. E il principio o i principi primi sono universali in quanto fondano e spiegano tutte le cose, la totalità, l'intero. Universali sono, sempre in questo senso, le Idee platoniche: infatti, l'Idea, partecipando di tutte quelle cose di cui appunto è Idea, fa di esse un complesso organico ed unitario. L'identità nelia molteplicità, di cui espressamente parla Platone, è esattamente quell'universale ontologico di cui stiamo ragionando. Universali in questo senso (ossia in senso ontologico e non logico) sono anche le forme aristoteliche che fondano l'intelligibilità del reale, nel senso che spieghiamo in II, 432 sgg. E universali sono anche le sostanze supreme e Dio, tanto che lo Stagirita non esita a chiamare universale la scienza che si occupa di queste: infatti, le sostanze prime sono cause e fondamento di tut·to il resto. Universali in senso ontologico possono dirsi, senza dubbio, tutti i principi primi nelle posteriori ontologie: dagli atomi di Epicuro, al Logos stoico, all'Uno neopitagorico, all'Uno plotiniano e alle supreme ipostasi neoplatoniche. 2) L'universale in senso logico è stato definito da Aristotele, in maniera paradigmatica, come segue: « chiamo universale ciò che per natura si predica di più cose, chiamo invece particolare ciò che
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UMORE/UNIVOCO
non si predica di più cose» (De interpr., 7, 17 a 39 sgg.). Pietro e Paolo sono, ad esempio, nomi che indicano individui particolari; invece uomo o animale indicano universali perché si predicano di più individui e sono, rispettivamente, una specie ed un genere. L'universale in questo senso è un astratto, ossia un ente di ragione che la mente umana ricava per astrazione, basandosi sulla stessa struttura antologica del reale. _ Sui rapporti fra logica e realtà in Aristotele cfr. II, 566 sgg.; in Epicuro, cfr. III, 184 sgg.; negli Stoici cfr. III, 332 sgg. Si veda in IV, 636 sg., il celebre passo di Porfirio che diede origine alla annosa « disputa degli universali » nel Medioevo. (In genere è da notare che spesso gli studiosi hanno affrontato la questione dell'universale nella filosofia antica con ottica errata, facendo cioè uso di categorie guadagnate posteriormente, e, quindi, deformando in vario modo il senso della problematica dei pensa tori greci). 3) Il terzo significato di universale si trova nella Poetica aristotelica. Lo Stagirita sostiene, infatti, che l'arte poetica considera il suo oggetto non in quanto particolare, bensì « sotto l'aspetto della possibilità e della verosimiglianza », facendolo J)ssurgere, quindi, ad un più ampio significato e perciò universalizzandolo. Lo Stagirita parla proprio di « universali » ( 'tà xa.~6À.ov ). Ulisse e gli eroi Òmerici sono sì, individualità, ma tali da assurgere a significazioni universali, come gli eroi delle tragedie ed in genere della grande poesia. Si tratta di quegli universali -che vichianamente potremmo chiamare fantastici, per distinguerli appunto da quelli ontologici e logici. Si vedano testi ed esegesi in II, 586 sgg. UN I V E R SO, dr. Cosmo; Tutto. UNIVOCO Questo termine ha due significati fondamentali: l) uno relativo alla problematica ontologica e 2) uno relativo a quella logica. l) Univoco è l'essere eleatico che Parmenide e Melisso qualificano espressamente come 6JJ.o~ov, tutto uguale, e Aristotele, usando un linguaggio proprio, diceva essere JJ.Ova.xwç À.Ey6JJ.Evov, ossia detto o inteso in unico significato, e ad esso contrapponeva un essere inteso 1toÀ.À.a.xwç, ossia in molti sensi riducibile però ad un certo tipo di unità che non esclude la molteplicità (si tratta di una sorta di unità analogica). Per le implicanze e gli sviluppi di questa problematica cfr. voce Uguale e I, 120 sgg.; 127 sgg.; Il, 139 sgg.; 411 sgg. 2) In senso logico, univoco è tutto ciò che è espresso da un solo nome inteso nello stesso significato. Aristotele chiama sinonimo questo senso logico dell'univocità e dà la seguente definizione: « [ ... ] si dicono sinonimi quegli oggetti, che
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
hanno tanto il nome comune, quanto il medesimo discorso definitorio. Ad esempio sia l'uomo che il bue si dicono animali. In realtà, sia l'uomo che il bue vengono designati col comune nome di animale, ed inoltre il loro discorso definitorio è lo stesso; se qualcuno, infatti, deve definire che cos'è, per ciascuno di questi due oggetti, l'esser un animale, fornirà il medesimo discorso definitorio» (Categ., l, l a 6 sgg. _ Il contrario di univoco è equivoco o omonimo. L'intermedio fra univoco ed equivoco è analogo. UN O (~v, v.ovcic;, tvcic;) l ) Il problema dell'Uno nasce col sorgere della stessa ricerca filosofica, che è, alle sue origini, tentativo di spiegare la molteplicità delle cose in funzione, appunto, di un principio. Già nell'ambito dei Presocratici si possono distinguere due differenti concezioni dell'Uno: a) quella che introduce l'Uno senza negare i molti, ed anzi per giustificarli (cfr. I, 54-57; 59-64; 77 sgg.; 93 sgg.); b) quella eleatica che, invece, nega i molti, risolvendoli senza residuo nell'Uno (I, 120 sgg.; 137 sgg.; 143 sgg.). Quest'ultima è una concezione dell'Uno assoluto, che si fonda su una concezione altrettanto assoluta dell'essere (cfr. voce). Anche lo Sfero empedocleo concede ancora molto alla concezione eleatica (I, 155 sgg.). Lo stesso dicasi dell'Uno-Bene di Euclide e dei Megarici (1, 419 sgg.). 2) Su un nuovo piano si colloca la concezione e la problematica dell'Uno in Platone. L'Idea è l'unità-di un-molteplice (Il, 90 sgg.). L'unità dell'Idea non solo non esclude la molteplicità al di sotto di sé, ma non la esclude nemmeno accanto a sé, in quanto vi sono molte Idee, ciascuna delle quali è una. La problematica dell'uno-molti è agitata in tutte le sue implicanze nel Parmenide e nei dialoghi dialettici (Il, 133 sgg.). La conclusione di Platone è che Uno e molti si implicano a vicenda. In una ulteriore prospettiva il problema dell'Uno emerge neHe cosiddette « dottrine non scritte». L'Uno, accogliendo istanze pitagoriche, sembra essere stato introdotto, insieme ad una Diade di grande-piccolo, come principio primo per poter dedurre tutte le Idee (Il, 102-112; 173 sgg.). 3) Una radicale riforma apporta Aristotele, sostenendo la molteplicità (analogica) dei significati dell'Uno. Non esiste un Unoin-sé, ma tante forme e modi di unità, quante sono le forme e i modi dell'essere. L'Uno e l'Essere si convertono a vicenda. Leggiamo nella Metafisica: <
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UNO/UOMO
(r 2, 1003 b 23 sgg.). La dottrina della molteplicità dei signi·ficati dell'Uno ha lo stesso significato storico-teoretico della dottrina dei molteplici significati dell'Essere, su cui cfr. II, 411 sgg. 4) In età ellenistica, è da rilevare soprattutto la posizione monistica della Stoa,. che concepisce tutte le cose come derivanti e risolventisi nell'unità del Logos (III, 320 sgg.; 355 sgg.). 5) La precisa tematica metafisica dell'Unità rinasce col neopitagorismo e con la dottrina della Monade e della Diade. Anzi, in quest'epoca, si tende addirittura a dedurre la stessa Diade dalla Monade, e, quindi, a fare di questa un principio assoluto. Si parla di un primo Uno da cui deriva un secondo Uno contrapposto alla Diade, e si tenta addirittura di differenziare terminologicamente le due unità, riservando ad una il termine Uno e all'altra quello di Monade, ma con esiti incerti (IV, 400 sgg.). 6) Il vertice della problematica dell'Uno si ha in Plotino, il quale lo concepisce come infinita potenza autocreatrice, trascendente l'Essere stesso e Io. stesso Pensiero. Con Plotino nasce, cosl, una henologia, con cui la metafisica antica raggiunge le sue colonne d'Ercole, e della quale diciamo (con un corredo di ampia documentazione) in IV, 503-526. La successiva speculazione neoplatonica, introduce, oltre l'Uno, anche le Enadi; cfr. soprattutto Proclo (IV, 671 sgg.). L'ultimo neoplatonismo, nell'esasperare la trascendenza dell'Uno, finisce col dissolverlO> (IV, 687 sg.).
U O M O ( &vapw'ltoç)
Il concetto filosofico di uomo si determina l) considerando l'uomo in sé e per sé, 2) raffrontandolo con ciò che è a lui superiore; 3) differenziandolo da ciò che gli è inferiore, ossia dall'animale e, quindi, 4) stabilendo quale posto occupi nell'universo. l) La definizione dell'essenza dell'uomo in sé considerato è data per la prima volta da Socrate, il quale afferma che « l'uomo è la sua psyché », vale a dire che l'uomo coincide con la sua personalità morale ed intellettuale,_ come mostriamo, sulla scorta di numerosi documenti, in l, 300 sgg. La definizione socratica determina tutto il pensiero dell'antichità. Platone, non solo ribadisce la tesi, ma fonda altresl le differenze essenziali che si riscontrano fra gli uomini (e la conseguente divisione delle classi del suo Stato) sul prevalere di una o dell'altra delle tre parti della psyché (cfr. II, 295 sgg.) e Aristotele dice, più specificamente, che l'uomo è fondamentalmente il suo Nous (ofr. II, 493 sgg. e soprattutto p. 495). La tesi è, naturalmente, r~badita, in vario modo, dalle correnti ispirate al platonismo. Ma, sia pure con forti riduzioni materialistiche, la concezione che lo specifico dell'uomo si trovi' nella sua anima (quale che sia la na·tura di questa) si può ricavare dal-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
la stessa filosofia dell'età ellenistica (cfr. Psyché). 2) Per quanto concerne il rapporto col Divino, quasi tutti i filosofi greci hanno ammesso una precisa tangenza dell'uomo con Dio, e, di regola, hanno considerato tale tangenza come prerogativa del solo uomo. D'altra parte, una volta additata nell'anima l'essenza dell'uomo, la tesi della tangenza col Divino ne scaturisce come conseguenza (cfr. Psyché e Affinità). 3) La celebre definizione dell'uomo come « animale razionale », che è implicita in Socrate e Platone, ed esplicita in Aristotele e nella Stoa, sembra dedotta dal confronto dell'uomo con l'animale. L'altra celebre definizione aristotelica, invece, secondo la quale l'uomo è « animale politico» è dedotta dal paragone sia con l'animale, sia con Dio, come risulta espressamente dal finale del passo che riportiamo in II, 524 sg. 4) Per quanto concerne il posto dell'uomo nel cosmo è da rilevare come l'Idea antropocentrica, se non estranea al mondo greco, sia per lo meno marginale. Infatti, nella misura in cui molte parti del cosmo erano considerate divine (gli astri, i cieli), erano altresl considerate superiori all'uomo (cfr. quanto rileviamo alla voce Antropocentrismo). Sul tema dell'uomo cfr. due volumi ormai classici: M. Pohlenz, Der hellenische Mensch, Gottingen 1947 (traduzione italiana di B. Proto col titolo L'uomo greco, Firenze 1962); R. Mondolfo, La comprensione del soggetto umano nell'antichità classica, Firenze 1958. USIOLOGIA Significa l'indagine sulla sostanza. La metafisica aristotelica, ad esempio, è, sostanzialmente, una usiologia. Per i vari problemi dell'usiologia aristotelica cfr. Il, 424 sgg. Sul tema si veda: Reale, Il concetto di filosofia prima ... , passim. UTILE (wq>ÉÀ.1.j.J.oc;) Il concetto di utile è per lo più inteso in modo molto ambiguo, soprattutto per il motivo che non si distinguono le valenze che esso ha nel pensiero antico da quelle che ha nella filosofia moderna. Utile, per la mentalità speculativa greca, è ciò che giova all'uomo. Ma si può parlare di giovamento a due livelli: a) a livello corporeo e fisico, h) a livello spirituale. Per conseguenza, si dovrà parlare di utile a due livelli: .a) di utile sensibile, b) di utile spirituale._ La stessa proposizione~ l'utile è il bene », si deve interpretare a due livelli, a seconda che si intenda: a) il bene del corpo, oppure b) il bene dell'anima._ Il messaggio rivoluzionario di Socrate, che restò un'acquisizione irreversibile nel pensiero antico, ha appunto il grande merito di aver spiegato come e per.ché il vero utile e quindi il vero bene è quello che riguarda la psyché e la cura della psyché (1, 311 sgg.). Gfr. Utilitarismo.
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USIOLOGIA/UTOPIA
UTILITARISMO È quella concezione che pone l'utile come fine dell'etica. Comunemente si intende l'utilitarismo come una forma di edonismo ragionato. L'edonismo è l'indiscriminato perseguimento di piaceri come tali, senza distinzioni; utilitarismo è, invece, il ponderato calcolo dei piaceri. La distinzione è indubbiamente corretta. Edonista è, per esempio, l'ultima sofistica (di cui Callide è simbolo; c.fr. I, 275 sgg.), e il cirenaismo (I, 411 sgg.). Utilitarista è, invece, la concezione dei primi :Sofisti (cfr., ad esempio, I, 237 sgg.), e, in modo particolare, la prospettiva etica di Prodico (I, 257 sgg.). Ma, stante la definizione che !abbiamo fatto alla voce Utile, si potrebbe parlare anche di una forma .di utilitarismo che non ha di mira l'utile sensibile, bensì quello spiri.tuale. In tal senso si spiegherebbero molti malintesi che la posizione socratica ha suscitato, a partire dai suoi contemporanei. In fondo l'u.tiHtarismo, inteso a diversi livelli e in prospettive diverse, è una cifra di tutta l'etica greca, dato che ad essa sono rimasti sconosciuti il concetto di azione che si collochi a livello di « dono gratuito » e le categorie a questo connesse, che costituiranno un guadagno essenziale del Cristianesimo. UTOPIA Il termine è stato coniato nel secolo XVI da Tommaso Moro per .designare un'isola che non si trova in nessun luogo (questo è il significato etimologico), e dunque irreale, ed anzi immaginaria, di cui egli narrò le particolari condizioni di vita. Il termine ha avuto una fortuna tale da essere assunto addirittura come -tecnico per indicare tutte quelle forme di progetti politico-sociali, religiosi e culturali storicamente non realizzabili per ragioni strutturali. Si è spesso considerata, di conseguenza, la Repubblica platonica come una Utopia, come la prima _grande Utopia. Ma questo è solo in parte vero, almeno a nos-tro avvi:so. Utopico va infatti distinto da ideale. L'utopico è irrealizzabile, per.ché la natura dell'uomo non è strutturalmente capace di realizzarlo, e quindi l'utopico sfocia largamente nel mitico. L'ideale è, invece, un paradigma che si pone come modello o norma da realizzare, anche se non può essere interamente realizzato, ma lo può essere solo in modo ·relativo (cosi come, ad esempio, nel sistema platonico, le cose realizzano empiricamente il modello delle Idee). Ciò non toglie che nella Repubblica platonica ci sia anche una componente utopica, che, però, non tocca se non parzialmente aspetti essenziali. (Cfr. specialmente II, 329 sgg. e l'importante passo della Repubblica ivi riportato).
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
v V A L O R E ('tÒ &!;~ov) Una ·teoria dei valori nel senso moderno del termine, quale è inteso in particolare a partire dal Lotze (Logik, hrsg. von G. Misch, Leipzig 1912) in poi, come di qualcosa che «vale» indipendentemente dall'« essere » e dalla « realtà », è totalmente assente dalla speculazione dei Greci, ed è possibile solo in un contesto di pensiero post-kantiano. Infatti, per l'oggettivismo tipicamente greco, solo ciò che è, ed è reale, può valere, e solo ciò che massimamente è può essere massimamente «valore», ossia bene (bello e buono). Di conseguenza, potremmo dire che, nella dimensione oggettivistica dei Greci, può essere detto valore il bene, e il bene è l'essere. In questa accezione, abbiamo quindi usato il termine « valore ». La gerarchia dei valori viene a coincidere, di conseguenza, con la gerarchia dell'essere: una cosa ha tanto più valore, quanto più ha di essere. La tavola dei valori, nei vari sistemi, è, .pertanto, la tavola di quelle realtà che più sono ed hanno essere e che quindi più sono buone (cfr., ad esempio, l, 311 sgg.; II, 249 sgg.; III, 243 sgg.). _ In senso specifico e tecnico, una dottrina dei « valori » è stata elaborata dagli Stoici e dai pensatori da essi direttamente influenzati. Il Portico collocò, infatti, fra il bene morale (virtù) e il male morale (vizio), i cosiddetti indifferenti, ossia quelle cose intermedie che di per sé non sono né beni né mali dal punto di vista stret·tamente morale. Tuttavia queste realtà, se in senso assoluto sono indifferenti, perché non accrescono né diminuiscono il logos dell'uomo, sono peraltro relativamente positive o negative, a seconda che giovino o nuocciano, se non a livello di logos, almeno a livello fisico e biologico. Sotto questo profilo gli indifferenti sono oggetto di preferenza e di stima, quando giovano a livello di vita biologica, oppure sono oggetto di repulsione e disistima, quando nuocciono al medesimo livello: nel primo caso, si chiameranno valori ( à#a. ), nel secondo, invece, disvalori (tbta.!;i.a.); cfr. in III, 398 sgg. testi ed esegesi. (Una corrente rigorista della Stoa negò validità a questa distinzione e sostenne l'as~oluta neutralità degli indifferenti: cfr. voce Adiaforia). In conclusione si potrebbe dire, usando un linguaggio moderno, che per gli Stoici il bene morale è il valore assoluto, mentre gli indifferenti « preferiti » sono valori relativi. V A N I T A (iJ.a.'ta.~6'tTJç,) Con questo termine si intende, in senso ontologico, la mancanza di valore e di significato delle cose, la iJ.ti'tti~'tTJIO di cui parla la Bib-
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VALORE/VEICOLO
bia, il nulla di nuovo sotto il sole ( où6Èv xa.~v6v), lo stanco ripetersi di tutto, la nullità delle creature ( ovSÉVE~) e dell'uomo stesso. Questo sentimento della vanità delle cose e dell'uomo non è presente nella filosofia arcaica e classica se non in misura limitata. Esso si fa strada nell'età ellenistica, a partire da Pirrone (III, 474 sgg.), ed assume proporzioni di rilievo in età imperiale~ oltre che nel neoscetticismo (IV, 167 sgg.), nell'ambito del neostoicismo, segnatamente in Marco Aurelio (IV, 127 sgg.). Cfr. Nullità. V E I C O L O (èSXTJJ.La.) È una dottrina di probabile genesi orientale, diffusa nel pensiero tardo pagano, soprattutto a partire dagli Oracoli Caldaici. In questi scritti il termine indica una sottile tunica materiale che riveste l'anima durante la sua discesa attraverso i cieli e prima ancora di cadere nei corpi (IV, 448 sg.). Un concetto analogo si trova in Numenio (IV, 424) e soprattutto nei Neoplatonici. Porfirio ritiene che su di esso, più che sull'anima vera e propria, sia ammissibile una qualche azione delle pratiche teurgiche (IV, 638). Si veda anche la posizione di Giamblico, della quale diciamo in IV, 652, nota 23. Proclo sviluppa l'idea dell'6chema, considerandolo come parte essenziale dell'anima, e dunque inscindibile da essa e addirittura immateriale ed eterno (IV, 683 sg.). A complemento di quanto si è detto, giova leggere alcuni passi degli Elementi di Teologia di Proclo, in cui 1'6chema viene addirittura ipostatizzato e i concet·ti sopra esposti vengono portati alle estreme conseguenze: <( Ogni anima partecipabile si vale in modo primario di un corpo eterno e fornito di una ipostasi non generata ed incorruttibile. Se infatti ogni anima è essenzialmente eterna, e anima in modo primario con l'esser suo qualcuno dei corpi, essa lo animerà sempre. Poiché l'essere di ogni anima è immutabile. Ma se è cosl, quello ch'è animato è sempre animato e sempre partecipa della vita. Ma ciò che vive sempre, è, con maggiore proprietà, qualcosa che esiste sempre. Ma ciò che esiste sempre è eterno. Dunque il corpo animato e dipendente in modo primario da ciascuna anima è eterno [ ... ] » ( 196 ). « Il veicolo di ogni anima particolare è immateriale e indivisibile per essenza, e impassibile» (208). «Il veicolo di ogni anima particolare discende per aggiunzione di tuniche più materiali, ma si unisce all'anima col distacco di ogni elemento materiale e col ricorrere alla forma propria, analoga all'anima che lo usa» {209). «Ogni veicolo connaturato all'anima conserva sempre la medesima figura e grandezza; ma si vede maggiore e minore e di aspetto dissimile, per le aggiunzioni e sottrazioni di altri corpi. Se infatti deriva la sua essenza da una causa immobile, è chiaro che la figura e la gran-
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
dezza sono ad esso definite dalla causa, e ciascuna delle due è immutabile e invariabile, ma tuttavia l'immagine appare diversa in diversi tempi, e la maggiore minore. Dunque: a causa di altri corpi, aggiunti e di bel nuovo sottratti dagli elementi materiali, apparisce tale e tale e tanto» (210). VELATO, Argomento del È uno dei famosi paradossi di Eubulide. Cfr. esposizione e interpretazione in III, 68 sg. VERBO l) È termine che traduce l'accezione prev.alentemente religiosa di ì..6yoç. Questa accezione è però presente solo nell'ultima fase del pen-
siero antico e solo in modo limitato. _ Con questo termine può essere reso, ad esempio, un certo aspetto del logos di Filone di Alessandria. (IV, 284 sgg.). - Alcuni rendono con «Verbo» il logos ermetico, che è Figlio primogenito del Dio supremo (IV, 438). 2) Nel significato logico-grammaticale, viene approfondi·to nella dialettica stoica, dove è inteso come «esprimibile ellittico», ossia non completo (cfr. III, 341 sg.). V ERI T À
(ciì.:i)~<X)
Si possono distinguere due significati fondamentali di verità nell'ambito del pensiero antico: l) uno antologico e 2) uno gnoseologico. l) Nel primo significato, verità indica l'essere stesso e la realtà. a) Già i Presocratici identificarono verità e physis, dove la physis è: l'essere come in modo paradigmatico emerge dal poema parmenideo (1, 119 sg.) e come è riconfermato dalla stessa polemica di Gorgia, il quale, volendo negare la verità, nega l'essere nel suo celebre scritto Della Natura o del non-essere (1, 243 sgg.). _ b) L'identificazione della verità con l'essere è ancor più evidente nel contesto dell'antologia· platonica, ed è espressa addirittura a perfezione da Aristotele nella Metafisica (<X 2, 993 h 30) in questo modo: « ogni cosa possiede tanto di verità quanto possiede di essere». Di conseguenza, la causa è. più vera del causato, perché è più essere; il soprasensibile è più vero del sensibile perché è più essere. _ c) Per le filosofie ellenisti-che, la verità è l'essere materialisticamente inteso (gli Atomi per Epicuro e il Logos per gli Stoici). _ d) Per Plotino coincide con lo Spirito, che è sintesi di essere e di pensiero (cfr. Enneadi, v, 5, 2). 2) Nel significato gnoseologico la verità è la perfetta corrispondenza e l'adeguazione del pensare all'essere, come implicitamente è detto già~ nel poema parmenideo (1, 122) ed esplicitamente da Platone e da Aristotele. Quest'ultimo scrive: « Il vero è l'affermazione di ciò che è:
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VELATO/VITA
veramente congiunto e la negazione di ciò che è realmente diviso » (Metafisica, E 4, 1027 b 20 sg.). In tal senso il vero è « una affezione del pensiero », ma il suo fondamento è sempre e solo la realtà, l'essere. _ Per la curiosa posizione degli Stoici, i quali ritengono che la verità sia un corpo e che il vero si distingua dalla verità e sia incorporeo, cfr. quanto diciamo in III, 332; 342 sgg. Bisogna notare che è un tratto peculiare della filosofia greca la ferma fiducia che la verità sia accessibile all'uomo, con la sola eccezione di alcuni Sofisti (Gorgia in particolare) e degli Scettici, che costituiscono però una eccezione che conferma la regola. Si veda quanto diciamo in proposito in I, Appendice II. V I R T ù , dr. Areté. VITA(~wi))
È un concetto che, in genere, dai filosofi greci è considerato come originario, e, quindi, non deducibile da concetti ulteriori. I Presocratici considerarono la vita come caratteristica strutturale del Principio (infatti molti interpreti parlano di ilozoismo presocratico, intendendo indicare con tale termine la caratteristica concezione di questi filosofi, secondo la quale l'originaria materia, o, meglio, il principio originario ,inteso come materia, è essenzialmente dotato di vita e quindi fonte di vita), e, in ogni caso, come naturalmente scaturente dai principi (come ad esempio gli Atomisti). Physis ed essere, insomma, implicano originariamente la vita, e quindi tutto è vita, perché tutto è dal e nel principio. L'esempio più significativo per illustrare questa mentalità, è forse il paradosso parmenideo, secondo cui anche il cadavere, che è freddo, percepisce il freddo, il silenzio e simili e dunque ha una sua vita (I, 130). La vita è poi connessa, oltre che alla physis e all'arché, anche alla psyché. Il termine psyché vuoi dire, infatti, in una sua accezione antichissima (e poi rimasta stabile anche quando il termine si estese a ricoprire un'area semantica sempre (>iÙ vasta), vita ed essenza di vita; ed è interessante notare che la psyché, nei Presocratici, è strettamente connessa all'arché. La vita insomma, come abbiamo già accennato, non è per i Greci una caratteristica degli uomini e degli animali, ma di tutto ciò che è: vivi sono gli astri, vivo è il mondo che, per Platone e poi per gran parte dei filosofi successivi, è dotato di,una sua anima: vivo in breve è il cosmo intero (Il, 182 sgg.). _ La coincidenza fra l'anima e l'essenza della vita è tematica in Platone, Fedone, 102 b107 h (cfr. II, 226 sg.). Anche la concezione del mondo come grande essere vivente è espressa da Platone in modo paradigmatico nel Timeo. _ Nel De Anima Aristotele, con la dottrina delle tre forme di anima:
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
vegetativa, senstttva, e razionale o intellettiva, apporta notevoli approfondimenti a questa problematica (Il, 466-481 ). In funzione del -concetto di vita Aristotele interpreta, inoltre, anche il suo supremo principio (il Motore Immobile), che è vita spirituale e pensiero che pensa se stesso (Il, 443 sgg.). _ Il concetto di vita è al centro anche del monismo panteistico stoico, secondo il quale Dio, che è logos, anima, e dunque vita, penetra attraverso la materia e la realtà tutta, fondendosi intimamente con la medesima, e così generando tutte le •cose (III, 355 sgg.). _ Ma probabilmente il culmine della concezione greca della vita si ha in Platino, il quale, oltre alla vita fisica, distingue la vita propria dell'Anima, la vita propria dello Spirito e quella particolarissima vita, se così si può chiamare, dell'Uno, che è una Super-vita, in quanto fonte di ogni altra vita. La vita ha così tanti gradi e forme, quanti i gradi della realtà e quante le ipostasi. La dottrina se·condo cui tutto è vita o ha vita è così portata alle estreme conseguenze :(IV, 513 sg.; 531 sgg.; 568 sg.). Questi concetti ritornano poi in larga misura nel successivo neoplatonismo (cfr., ad esempio, IV, 655). V I T A L I S M O, dr. Organicismo; Pampsichismo. VITTORIOSO, Argomento del È il celebre argomento con cui il megarico Diodoro Crono cerca di dimostrare che è possibile solo ciò che è necessario; cfr. testi ed esegesi in III, 70 sgg. V I ZIO (xa.xta.) È il contrario della virtù, o meglio la privazione di questa (cfr. voce Areté). Il vizio si ha quando l'uomo esplica male e in modo non -conveniente l'attività che gli è propria, ossia quando agisce contro la ragione. _ a) Una particolare sfumatura utilitaristica il termine assume in Prodico, dove nell'interpretazione del significato del ct:lebre mi.to dell'« Eracle al Bivio», Kakia impersona una forma di irragionevole -edonismo in contrasto con Areté, che rappresenta, invece, l'utilitari·smo ragionevole (l, 257 sgg. ). _ b) Per Socrate il vizio è ignoranza: .una tesi. questa, che, con varie sfumature, è fatta propria da quasi tutti i filosofi greci. Nella misura in cui è ignoranza, il vizio è considerato da Sccrate involontario (l, 314 sgg.). _ c) Una particolare interpretazione del vizio è quella della filosofia del Portico. L'etica stoica, infatti, pur accettando l'interpretazione socratica del vizio e definendo quindi il vizio come ignoranza dei beni e dei mali, giunse tuttavia ad alcune conclusioni paradossali a cui Socrate non era giunto. In primo luogo, _gli Stoici, così come ridussero tutte le virtù all'unica virtù della scien-
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VITALJSMO/VOLONTÀ
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za, allo stesso modo ridussero tutti i vizi all'unico vizio dell'ignoranza (III, 404 sgg.), sostenendo, di conseguenza, che chi ha un vizio li ha tutti e che è impossibile ammettere alcuna gradazione gerarchica fra i vizi (III, 429). VOLONTÀ (voluntas) Sulle valenze di questo concetto nel contesto antico-pagano, meglio di tutti gli altri studiosi il Pohlenz ha precisato quanto segue: « La volontà ha per gli Elleni un significato diverso e molto più ristretto che per noi, sl da passare, non solo in Socrate ma in tutta la filosofia greca, assolutamente in secondo piano, per quanto inclini possano essere i moderni storici della filosofia a trasferire nel pensiero greco il loro proprio concetto della volontà e nel reperirlo o nel thym6s di Platone o nella " scelta " di Aristotele o in qualsiasi altro posto. Dicendo " volontà" noi pensiamo [ ... ] ad una funzione psichica del pari distinta dall'intelletto e dal sentimento, e la sentiamo indipendente anche dall'oggetto cui essa è rivolta. Parliamo per esempio di " forza di volontà " e di un " uomo 'VOlitivo ", senza dare alcuna indicazione sulla direzione di questa volontà. In assoluto questa parola si sottrae ad una traduzione in greco ed è possibile solo parafrasarla cosi: "il tale è uno che vuole fortemente ciò che vuole". Ciò implica che l'uomo greco non conosce se non un volere che si dirige ad uno scopo, più o meno chiaramente conosciuto e intraveduto: un oggetto concreto o un'azione determinata» (L'uomo greco, p. 396). Per il Greco il «conoscere» (voE~v. y~yvWa'XEw) include, in qualche modo, già il «volere». Pertanto, spiega il Pohlenz: «Di un particolare volere, indipendente dall'intelletto, la mentalità greca non avverte il bisogno; infatti, dalla rappresentazione dell'utile o del bene e dalla visione della meta prefissa, si sviluppa da sola la volontà d'agire» (ivi, p. 399). -Per la posizione socratica riguardo alla volontà cfr. I, 314 sgg. e voce Intellettualismo etico; per il concetto di thymos platonico (anima irascibile) cfr. II, 301 sgg.; per i concetti aristotelici di volontà, scelta, deliberazione cfr. II, 517 sgg. e le singole voci._ Per quanto concerne il sostanziale permanere dell'impostazione socratica di questa problematica in epoca ellenistica, tanto negli Epicurei quanto negli Stoici, cfr. III, 254 sgg.; 404 sgg. _ La volontà (voluntas) ha in Seneca un rilievo inedito, ma non fondato teoreticamente in modo adeguato (IV, 90 sg.). - Anche la prohairesis di Epitteto (cfr. voce Scelta) è più intellettualistica che volontaristica (IV, 114 sgg.). _ Secondo alcuni studiosi, Porfirio avrebbe assegnato alla volontà un posto determinante, anticipando posizioni agostiniane, ma i testi non confermano tale esegesi (IV, 635, n. 22). - Piuttosto, questa posizione può ritrovarsi in Filone
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LESSICO E INDICE DEI CONCETTI
di Alessandria, per le ragioni che indichiamo in IV, 300 sg. Ma Filone, in questo caso, si avvale di categorie desunte dalla Bibbia più che non dai filosofi greci. VUOTO {xtv6c;)
I Pitagorici furono i primi ad ammettere il concetto di vuoto. Essi, infatti, concepirono l'illimitato come vuoto circondante il tutto e considerarono l'universo come risultato della « inspirazione » di questo vuoto da parte di un Uno (l, 96). _ In seguito il concetto fu utilizzato, in polemica esplicita con gli Eleati (che, identificandolo col non-essere, ne negavano l'esistenza), da Leucippo, per spiegare il movimento degli atomi (l, 171 sgg.). - Per Aristotele, stante la sua definizione di luogo come limite del contenente, un luogo che non contenga nulla - cioè un luogo vuoto - non avrebbe senso. Da qui egli deduce l'impossibilità del vuoto (II, 459). _ Il vuoto, nella fisica epicurea, costituisce, insieme ai corpi, uno dei due principi di tutta la realtà. Per quanto non espedbile sensibilmente, la sua esistenza si può inferire dal fatto che esiste il movimento (III, 196). Epicuro, in ossequio alla pregiudiziale eleatica della non esistenza del non-essere, definisce il vuoto come «natura intang~bile », e non come puro non-essere (cfr. III, 204 sg.). _ Gli Stoici lo considerarono come un incorporeo (cfr. voce) e lo posero all'esterno del cosmo, in polemica con gli Epicurei che lo collocavano all'interno della struttura del mondo (cfr. III, 359 sg. e 380).
z Z E T E T l C 0 {I;TJ"'tTJ"'tLX6c;)
Con questo termine era denominato, già nell'antichità, l'atteggiamento proprio dello Scettico che è un uomo che investiga e fa ricerca (senza mai trovare una verità definitiva). Gfr. il passo di Diogene Laerzio riportato alla voce Scetticismo.
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PARTE SECONDA
SCHEDARIO DEI PENSATORI ANTICHI E DELLA LORO PRODUZIONE FILOSOFICA PERVENUTACI CON UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
cc OÙ 1J.6VOV lit xapLV ~XELV li'XCUOV 'tOV'tO!.ç WV ifv 't!.ç XOWl:.ura.L'tO 'ta.i:ç 66!;a.~.ç, aÀ.MÌ xa.L 'tOi:ç btL'TCQÀ.a.L6'tEpOV aTCOcpljva.IJ.lvo~.ç . xa.t yàp OV'tOL CT\JVE~a À.OV'tO 'tL · 'ti)V yàp f!;LV 'ltpOTJO'Xl]O'a.V 1)1J.(7lv ».
« li giusto essere grati non solo a coloro dei quali condividiamo le opinioni, ma anche a quelli che hanno espresso opinioni piuttosto superficiali: anche costoro, infatti, hanno dato un certo contributo alla verità, in quanto hanno contribuito a formare il nostro abito di pensare ». Aristotele, Metafisica, l, 993b, 11-14
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Questo Schedario risponde a quattro differenti esigenze, e, di conseguenza, propone qùattro tipi diversi di schede. a) Un primo, relativo ai pensatori veri e propri (sia maggiori che minori), con il relativo impianto di cui abbiamo detto nella Avvertenza, e la connessa bibliografia; b) un secondo, relativo alle scuole o sette filosofiche, redatto con il criterio pure esposto nella Avvertenza; c) un terzo, che riguarda i dossografi e gli autori utilizzati come fonti dossografiche, e che offre alcune caratterizzazioni essenziali circa i medesimi; d) un quarto, che concerne gli autori e scrittori menzionati marginalmente nel corso della trattazione come fonti di informazione, e che si limita, di conseguenza, ad alcune indicazioni generali. Abbiamo privilegiato la letteratura primaria, fornendo dei testi critici e delle traduzioni anche l'indicazione delle case editrici e delle collane, per agevolarne il più possibile il reperimento (mentre, per ragioni di spazio, queste indicazioni suppletive sono state omesse, come del resto è prassi, per la letteratura critica). I simboli usati per rendere il più possibile pratica e facile la consultazione dello Schedario sono i seguenti: Q Catalogo delle opere o indicazioni su quanto ci è pervenuto di un autore. • = Edizioni cNtiche del testo originario. Q) = Traduzioni in italiano e in lingue moderne. © = Commentari ed edizioni (o traduzioni) con note. © = Lessici e indici. Studi critici. Bibliogrofie e rassegne bibliografiche. Abbiamo cercato di eliminare il più possibile le abbreviazioni, risolvendo i vari problemi con rimandi interni, a seconda delle necessità. A questo riguardo, avvertiamo che il rimando da un autore a una scuola (per esempio, Parmenide: cfr. Presocratici, n. 28; Eleati, n. l) significa che il lettore deve controllare tutta la scheda cui si rimanda, e non solo il numero, che indic,1 l'ordine progressivo secondo cui è catalogato l'autore nella lista dei rappresentanti della scuola (nell'esempio sopra menzionato, non ci si limiterà quindi •1 leggere ciò che viene detto alla scheda Presocratici, n. 28, e alla scheda Eleati, n. l, ma si dovrà vedere tutto ciò che viene indicato nelle varie sezioni di ciascuna delle schede cui si fa rimando, in corrispondenza dei vari simboli). Come regola, rimandiamo dall'autore alla scuola, quando vi siano raccolte basilari di frammenti della scuola; negli altri casi il rimando è fatto in senso opposto. Quando i rimandi sono in ambedue i sensi, significa che il lettore trova nell'una e nell'altra scheda elementi che si integrano e si completano a vicenda. Per le poche abbreviazioni di cui abbiamo fatto uso cfr. p. 572.
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A ACCADEMICI (secoli
IV-I a.C.) Accademici sono detti, propriamente, i filosofi che professarono la dottrina platonica nelle forme in cui essa si espresse nell'ambito della scuola, l'Accademia appunto (su cui dr. Indice l, s.v.), fra H secolo IV e la prima metà del 1 secolo a.C. ~ inesatto chiamare Accademici i Medioplatonici e i Neoplatonici della scuola di Atene per le ragioni che indichiamo in IV, 309-314, e di cui diremo anche sotto. Gli Accademici si possono dividere in tre gruppi, in corrispondenza alle tre fasi fondamentali dell'evoluzione della dottrina della scuola: I ACCADEMICI ANTICHI II NEOACCADEMICI o ACCADEMICI SCETTICI III ACCADEMICI ECLETTICI
Diamo, sotto ciascuna di queste voci, gli elenchi degli esponenti; qui riproduciamo, invece, il catalogo Zumpt-Praechter degli scolarchi, relativo all'intero periodo sopra indicato (ricostruito soprattutto sulla base delle notizie tramandateci da Diogene Laerzio e da dati che si ricavano dall' Academicorum lrulex), interrompendolo con Antioco, con il quale, per i motivi che spiegheremo, secondo le più recenti acquisizioni, l'Accademia muore. (Le date sono congetturali, e su alcune di esse gli studiosi non sono concordi). l. PLATONE (dr. voce) 387 (circa) - 348/47
2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
SPSUSIPPO DI ATENE (dr. voce) 348/47 - 339/38 SENOCRATE DI CALCEOONIA (dr. voce) 339/38 - 315/14 POLEMONE DI ATENE (dr. voce) 315/14 - 270/69 CRATETE DI ATENE (dr. voce) 270/69 - 268/64 ARCESILAO DI PIT.A."ffi (dr. voce) 268/64 - 241/40 LACIDE DI CIRENE (dr. voce) 241/40 - 224/22 TELECLE DI FOCEA 224/22 - 216/15 (?)
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
9. EVANDRO DI FOGEA ? -? 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.
EGESINO DI PERGAMO ? - ? CARNEADE DI CIRENE (dr. voce)?- 137/35 CARNEADE FIGLIO DI POLEMARCO 137/35 - 131/30 CRATETE DI TARSO 131/30 - 127/26 CLITOMACO DI CARTAGINE (dr. voce) 127/26 - 110/09 HWNE DI LARISSA (dr. voce) 110/09 - 88 (?) ANUOCO DI ASCALONA (dr. voce) 88 (?) - 68 (?)
Il catologo Zumpt-Praechter prosegue con un elenco di altri scolarchi, che, sia pure con lacune, arriva fino a Damascio, ossia al VI secolo d.C.; ma, dopo Antioco, esso non ha più alcun valore, per le ragioni che sotto illustriamo. Al massimo si può includere ARISTO DI ASCAWNA (17), fratello di Antioco, con cui, poco dopo la metà del 1 secolo a.C., la scuola si dissolve. a) I tardi Neoplatonici parlano di una « catena aurea » ininterrotta di diadochi da Platone a Damascio (dr. Damascio, Vita di lsidoro, 151, p. 206 Zintzen), ma non si tratta di un dato storico, come prova il fatto che essa era fatta iniziare da alcuni addirittura da Solone (dr. Marino, Vita di Proclo, 26, p. 64 Boissonade), che, come è noto, era un antenato di Platone per via di madre. b) Gli edifici dell'Accademia furono devastati in modo irreparabile da Siila nell'86 a.C. Filone lasciò Atene ed andò a Roma. Antioco, quando riprese l'insegnamento accademico ad Atene, non tenne più le sue lezioni nei gloriosi luoghi dell'Accademia. Pertanto si può dire che Filone fu l'ultimo scolarca nel senso. pieno della parola. Antioco lo fu solo spiritualmente; fu, cioè, il capo riconosciuto degli ultimi Accademici. Egli, però, non trovò ad Atene condizioni soddisfacenti, tanto è vero che abbandonò definitivamente la città, lasciando al fratello Aristo l'eredità della scuola, che con lui, probabilmente, si esaurl. completamente. Cfr. i documenti che riportiamo in IV, 309 sgg. c) Dopo Antioco il platonismo diventa, a poco a poco, movimento ecumenico e rinasce soprattutto in ambiente alessandrino (dr. Medioplatonici). d) Infine, ricordiamo che anche il catalogo riportato abbisognerebbe di un approfondito riesame critico (dr. J.P. Lynch, Aristotle's School, BerkeleyLos Angeles-London 1972, pp. 177 sgg.).
ACCADEMICI ANTICHI Sono detti i seguaci di Platone che furono suoi diretti uditori ed anche i più giovani seguaci dell'Accademia fino allo scolarcato di Cratete, e, dunque, tutti gli esponenti dell'Accademia dal 387 (circa) al 268/64. Dopo questa data, Arcesilao impresse all'Accademia una svolta scettica. Ecco un elenco (in ordine alfabetico) degli esponenti più significativi dell'antica Accademia che furono diretti uditori di Platone (per ulteriori indicazioni si veda il catalogo dello Zeller [Die Philos. der Griechen, II. 1, pp.
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ACCADEMICI/ACCADEMICI ANTICHI
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420 sgg., nota l e pp. 982 sgg., nota 1], il quale corregge e migliora il cata· logo Fabricius-Harles). l. ARISTOTELE DI STAGIRA (dr. voce). 2. CORISCO DI SCEPSI: insieme ad Erasto (dr. sotto n. 5) educò filosoficamente e diede buoni consigli politici al tiranno Ermia, che, a motivo del successo pratico dei medesimi, donò a lui ed a Erasto la città di Asso, dove, nel 347, li raggiunse Aristotele per fondare la sua prima scuola. (Il figlio di Corisco, di nome Neleo, si segnalò successivamente come Aristotelico ed ere· ditò la biblioteca del Peripato [dr. voce]). 3. DIONE DI SIRACUSA, zio del tiranno Dionigi il Giovane; ebbe grande importanza nella vita di Platone e nei suoi progetti politici (cfr. J. Stenzel, Platone educatore, Bari 1936, pp. 28 sgg.). 4. ERACLIDE PONTICO (dr. voce). 5. ERASTO DI SCEPSI: si veda quanto diciamo di Corisco (dr. sopra, n. 2). ar., inoltre, le illuminanti pagine dello Jaeger, Aristotele [sotto cit.], pp. 144 sgg. 6. ERMIA TIRANNO DI ATARNEO: si lasciò convincere da Erasto e Corisco (dr. voci) a mettere in pratica alcune riforme ispirate a principi platonici, con successo. ar. Jaeger, Aristotele [sotto cit.], pp. 145 sgg. 7. ERMOOORO DI SIRACUSA, matematico e biografo di Platone (cfr. anche voce). 8. ESTIEO DI PERINTO, ci è noto per aver pubblicato le lezioni di Platone Sul Bene. · 9. EUDEMO DI CIPRO, grande amico e collaboratore di Aristotele (cfr. voce). 10. EUDOSSO DI CNIOO, astronomo e matematico. Forse resse provvi· seriamente l'Accademia durante uno dei viaggi di Platone in Sicilia (cfr. voce). 11. FILIPPO DI OPUNTE, fu matematico ed astronomo, ma è noto soprattutto per aver pubblicato le Leggi di Platone. Secondo alcuni studiosi (ma la tesi è ben lungi dall'essere dimostrata), egli sarebbe l'autore dell'Epinomide. 12. PANBILO DI SAMO: le sue lezioni furono udite da Epicuro. 13. SENOCRATE DI CALCEOONIA, fu terzo scolarca (cfr. voce). 14. SPEUSIPPO DI ATENE, nipote e successore di Platone (dr. voce). 15. TEETETO DI ATENE: forse (ma gli studiosi non sono concordi) coincide col personaggio dell'omonimo dialogo platonico. Le antiche testimonianze riferiscono che anche due donne frequentarono le lezioni di Platone: 16. ASSIOTEA DI FLIUNTE. 17. LASTENIA DI MANTINEA. Ed ecco i nomi più famosi degli Accademici antichi che non udirono diret·
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
tamente Platone e furono legati alla scuola di Senocrate (secondo successore di Platone): 18. POLEMONE DI ATENE, quarto scolarca (dr. voce). 19. CRANTORE DI SOLI (dr. voce). 20. CR.ATETE DI ATENE, quinto scolarca (dr. voce).
Q Di nessuno degli Accademici antichi (eccettuato Platone) ci sono pervenute opere. Anche le testimonianze ed i frammenti tramandatici sono piuttosto scarsi, il che si spiega, probabilmente, con la distruzione dell'Accademia di cui abbiamo detto. (Delle stesse opere essoteriche di Aristotele che risalgono al periodo accademico, ci sono pervenuti solo frammenti: dr. voce).
e<.D© Una raccolta sistematica del materiale pervenutoci con traduzione e commento è stata intrapresa· dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici con una collana dal titolo « La scuola di Platone ,. diretta da M. Gigante, che si è aperta nel 1980 con un volume di M. Isnardi Parente dedicato a Speusippo (dr. voce), presso l'editrice Bibliopolis di Napoli. Per il momento possono ancora essere utili: - Mullach, Fr. Phil. Gr., III, pp. 51 sgg. - C. De Vogel, Greek Philosophy, 3 voli., Leiden 1950-1959, vol. Il, pp. 268 sgg. Una traduzione antologica tedesca (limitata però a Speusippo, Senocrate, Polemone e Crantore) si può trovare in: - Nestle, Die Sokratiker... [dr. voce Socratici], pp. 192 sgg. Cfr. ulteriori indicazioni alle singole voci.
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Fra gli studi critici degni di nota menzioniamo: - W. Jaeger, Aristoteles, Grundlegung einer Geschichte seiner Entwicklung, Berlin 1923; traduzione italiana di G. Calogero, Firenze 1935, più volte ristampata (dr. soprattutto pp. 11 sgg.). - R. Philippson, Akademische Verhandlungen uber die Lustlehre, in « Hermes ,., 60 (1925), pp. 444-481. - P. Merlan, Beitriige zur Geschichte des antiken Platonismus, in « Philologus ,., 89 (1934), pp. 35-53; 187-214. - H. Cherniss, Aristotle's Criticism of Plato and the Academy, Baltimore 1944; New York 19622. - H. Cherniss, The Riddle o/ the Early Academy, Berkeley-Las Angeles 1945; New York 19622; traduzione italiana di L. Ferrero col titolo L'enigma dell'Accademia antica, Firenze 1974. - P. Merlan, From Platonism to Neoplatonism, The Hague 1953; 19602. - M. Isnardi Parente, L'Accademia e le lettere platoniche, in «La parola del passato,., 10 (1955), pp. 241-273; ora anche in Filosofia e politica nelle lettere di Platone, Napoli 1970, pp. 11-45. - M. Isnardi Parente, Teoria e prassi nel pensiero della Accademia antica, in «La parola del Passato,., 11 (1956), pp. 401-433. - M. Isnardi Parente, Nomos e Basileia nell'Accademia antica, in «La parola del passato,., 12 (1957), pp. 401-438.
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ACCADEMICI ANTICHI/ AEZIO
301
- D. Pesce, Idea, Numero e Anima, Primi contributi a una storia del platonismo nell'antichità, Padova 1961. - E. Berti, La filosofia del primo Aristotele, Padova 1962, passim. - H.J. Kriimer, Der Ursprung der Geistmetaphysik, Amsterdam 1964; 19672. - M. Isnardi Parente, Per l'interpretazione della dottrina delle idee nell'Accademia antica, in «Annali dell'Istituto Italiano di Studi Storici di Napoli», l (1967), pp. 9-33. - H.J. Kriimer, Platonismus und hellenistische Philosophie, Berlin-New York 1971. - L. Taran, Academica I, Plato, Philip of Opus and the Pseudo-Platonic Epinomis, Philadelphia 1975. - M. Isnardi Parente, Studi sull'Accademia platonica antica, Firenze 1979 ..
*
Stato della questione, accurata recensione di tutta la letteratura e bibliografia completa si trovano in: - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte Il, Volumi III/l e 111/2, Platone e l'Accademia antica, a cura di M. Isnardi Parente, Firenze 1974, pp. 857-1050 [citiamo questo volume con l'abbreviazione Zeller-lsnardi Parente]. ACCADEMICI ECLETTICI: dr. Eclettici. ACCADEMICI SCETTICI: dr. Neoaccademici. ACRONE DI AGRIGENTO, PSEUDO: dr. Mediopitagorici, l. ACUSILAO DI ARGO: dr. Presocratici, 9. ADRASTO DI AFRODISIA: dr. Peripatetici, C, l. AEZIO, dossografo di tendenza peripatetico-eclettica vissuto probabilmente tra il I e il 11 secolo d.C.
Q Scrisse un'opera dossografica intitolata Raccolta di opinioni filosoftche, nota col titolo latino di Placita. La redazione originaria di quest'opera ~ andata perduta, ma essa fu epitomata da due successivi dossografi. l) La prima epitome si deve all'ignoto autore di un'opera in cinque libri dal titolo Sulle opinioni fisiche dei filosofi, che viene designato come Pseudo-Plutarco, in quanto, allo scopo di garantire una più larga diffusione del suo compendio, ne attribui la paternità al prestigioso nome del filosofo medioplatonico Plutarco di Cheronea. 2) La seconda epitome si legge nelle Eclogae di Giovanni Stobeo (dr. voce) con il titolo di Estratti, detti e precetti derivanti da Aezio. Dal confronto fra queste due epitomi è possibile farsi un'idea abbastanza precisa dei Placita di Aezio . • Una eccellente edizione critica ha approntato Diels, Dox. [dr. voce Dossografì], pp. 267-444, disponendo, per le ragioni spiegate, in sinossi sw
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302
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
colonne parallele le due epitomi: la colonna a presenta la redazione dello Pseudo-Piutarco, la colonna b la ·redazione di Stobeo. L'ingegnoso apparato .a piè pagina è anch'esso disposto su due colonne in corrispondenza al testo .dello Pseudo-Piutarco e di Stobeo, ed è altresl articolato in due sezioni. La prima sezione costituisce il vero e proprio apparato critico con la registrazione delle diverse lezioni dei codici. La seconda, invece, in corrispondenza .della colonna a, riporta i Testimonia Plutarchi, ossia i passi dei numerosi .autori che utilizzarono il testo dello Pseudo-Plutarco e, quindi, indiretta· mente, Aezio (Pseudo.Giustino nella Cohortatio ad Gentiles; anonimo in.terpolatore del De Providentia di Filone Ebreo; Achille commentatore dei. Fenomeni di Arato; Cirillo patriarca di Alessandria, nel secondo libro del :Contra Iulianum; Atenagora nella Supplicatio pro Christianis; Giovanni Li-do nel De mensibus; autori bizantini come Michele Psello e Giovanni Tzetzes; vari autori arabi). Sempre la sezione seconda, ma in corrispondenza della colonna h, riporta gli Aliorum ex Aetio excerpta, ossia i passi di .autori che, oltre allo Pseudo-Plutarco e a Stobeo, attinsero direttamente, sia pure in modo rapsodico, dal testo originario di Aezio (Teodoreto nella sua Graecarum alfectionum curatio e Nemesio nella sua opera De natura ho.minis).
(f) I Placita di Aezio sono Dossogr. [dr. voce Dossografi], portunamente alla ricostruzione .monia Plutarchi e gli Aliorum
*-
stati tradotti in lingua italiana da Torraca, pp. 15-223. (Il Torraca, attenendosi molto opdel Diels, traduce a piè pagina anche i Testi ex Aetio excerpta).
Diels, Dox., Prolegomena, pp. 99 sgg.; 178 sgg.
AGAPIO NEOPLATONICO: dr. Neoplatonici, V, 6. AGATOBULO CINICO: dr. Cinici, 20. AGATOCLE DI TIRO: dr. Neoaccademici, 14 . .AGAZIA, nato a Mirina verso il 530 e morto a Bisanzio fra il 578 e il 582 ·d.C.; fu soprannominato Scholasticus (=avvocato).
Q :E noto, oltre che per la raccolta di un ciclo di epigrammi, per le sue Storie, dalle quali conosciamo le sorti degli ultimi Neoplatonici della scuola ·di Atene . • - R. Keydell, Agathiae Myrinaei Historia1'um libri quinque, De •Gruyter, Berlin 1967. - S. Costanza, Agatbias Scholasticus, Historiarum libri quinque, « Biblioteca di Helikon », Messina 1969.
(f)© - ].D. Prendo, Agathias, The Histories, Translated with an lntro.duction and Short Explanatory Notes, De Gruyter, Berlin 1975. AGNONE DI TARSO, dr. Neoaccademici, 12.
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303
AGAPIO/ ALBINO
AGORIO PRETESTATO, VETTIO: dr. Neoplatonici, VII, 4. AGOSTINO, SANT', nato a Tagaste nel 354 e morto ad Ippona nel 430; fu vescovo di Ippona dal 396. Per la ricostruzione della storia del pensiero antico-pagano S. Agostino è molto importante per una serie di notizie (che si desumono da alcune delle sue opere) concernenti pensatori della tarda antichità. Si pensi, ad esempio, che i frammenti del De regressu animae di Porfirio sono stati recuperati tutti dal De civitate Dei. Per le varie informazioni su Agostino rimandiamo alla eccellente bibliografia: - C. Andresen, Bibliographia Augustiniana, Darmstadt 19732• AGRIPPA, filosofo neoscettico, vissuto nella seconda metà del d.C. o a cavaliere fra il
I
e il
II
I
secolo
secolo.
O Ci è noto per l'esposizione dei suoi cinque tropi, !asciataci da Diogene Laerzio, X, 88-89 e da Sesto Empirico, Schizzi Pirronianz, I, 164-179. e
**
Per gli studi critici e la bibliografia dr. i capitoli riguardanti il nostro autore nelle storie generali dello scetticismo di Brochard, Robin, Goedeckemeyer, Dal Pra, che citiamo alla voce Scetticismo.
ALBINO DI SMIRNE, filosofo medioplatonico del
II
secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Prologo Prologus ( =Isagoge) 2. Didascalico (sotto il nome Alci- Didascalicus ( =Epitomé) noo; dr. voce) Un opuscolo che reca il titolo di De qualitatibus incorporeis, pervenutoci fra le opere di Galeno ma giudicato non suo, è ora attribuito ad Albino dall'Orth (dr. Les oeuvres d'Albinos le Platonicien, in « L'Antiquité Classique », 16 [ 1947], pp. 113-114). Si tratta, però, solo di un'ipotesi di lavoro. In ogni caso, pare che l'opera rispecchi le idee del circolo di Gaio, cui Albino apparteneva .
• II Prologo è stato edito da: - C.F. Hermann, Platonis Dialogi secundum Thrasylli tetralogias dispositi, vol. VI, Lipsiae 18802, pp. 147-151 (Bibl. Teubn.). - Mullach, Fr. Phil. Gr., III, pp. 20-27. - J. Freudenthal, Der Platoniker Albinos und der falsche Alkinoos ( « Hellenische Studien », III), Berlin 1879, pp. 322-326. II Didascalico è edito da: - Hermann, op. cit., pp. 152-189. - Fr. Deubner, Platonis Dialogi, F. Didot, Parisiis 1873, pp. 228-258.
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304
SCHEDAlttO E BIBLIOGllAFlA
- P. Louis, AJbinos, Spitomé, Paris 1945 (Coli. Budé), con traduzione · francese. Del De qualitatibus incorporeis è stata pubblicata un'ottima edizione: - M. Giusta, L'opuscolo pseudogalenico "O·n at 'lt01.6'tTJ'tEç aCTcllp.II'tO~ (edizione critica, traduzione e note), Accademia delle Scienze, Torino 1976.
GJ© Di queste opere si vedano le seguenti traduzioni con note e commento: - R. Le Corre, Le Prologue d'AJbinus, in « Revue Philosophique de la France et de l':Btranger », 146 (1956), pp. 28-38. - G. lnvernizzi, Il Prologo di Albino, Introduzione, traduzione e note, «Rivista di Filosofia neo-scolastica», 71 (1979), pp. 352-361. Dell'Epitomé, oltre alla traduzione francese sopra citata, dr.: - G. lnvernizzi, Il Didaskalikos di Albino e il Medioplatonismo, Abete, Roma 1976, vol. Il, con ricco commento. Dell'opuscolo Sulle qualità incorporee, dr. la traduzione contenuta nella citata edizione del Giusta, con note.
**
R.E. Witt, AJbinus and the History o/ Middle Platonism, London 1937; Amsterdam 19712. - lnvernizzi, op. cit., vol. l. Una bibliografia ragionata, completa e accurata si trova in C. Mazzarelli, Bibliografia medioplatonica, Parte prima: Gaio, Albino e l'Anonimo commentatore del « Teeteto », in «Rivista di Filosofia neo-scolastica», 72 (1980), pp. 108-144. ALCEO (o ALCIO), filosofo epicureo del n secolo a.C.
Q Ci è noto unicamente attraverso testimonianze indirette.
e© -
G. Garbarino, Roma e la filosofia greca dalle origini alla fine del II secolo a.C., Paravia, Torino 1973, l, pp. 79-80; Il, 372 sgg. ALCIMO ORATORE: dr. Megarici, 20. ALCINOO: probabilmente è una corruzione paleografica di Albino. - ]. Freudenthal, Der Platoniker AJbinos und der falsche AJkinoos ( « Hel. lenische Studien », III), Berlin 1879. Si veda però, contra: - M. Giusta, 'AÀ.~tvou 'Em-tO!J.TJ o AÀ.xw6ou ~~li!ICTXIIÀ.~x6ç?, in « Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze moderne, storiche e filologiche», 95 (1960-1961), pp. 167-194. - ]. Whittaker, Parisinus Graecus 1962 and the Writings of AJbinus, in « Phoenix », 28 (1974), pp. 320-354; 450-456. - C. Mazzarelli, L'autore del « Didaskalikos »: l'Alcinoo dei manoscritti o il medio platonico Albino?, in « Rivista di Filosofia neo-scolastica », 72
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.305
ALCEO/ ALESSANDRO DI AFRODISIA
( 1980), pp. 606-6.39. Se Alcinoo fosse l'autore del Didaskalikos, non potrebbe in ogni caso identificarsi con l'Alcinoo stoico, menzionato da Filostrato, Vit. soph. I, 24, e, peraltro, del tutto sconosciuto.
ALCMEONE DI CROTONE: dr. Presocratici, 24; Pitagorici Antichi, 8
*-
e inoltre:
M. Timpanaro Cardini, Originalità di Alcmeone, in « Atene e Roma,., 40 (1938); pp. 233-244. - M. Timpinaro Cardini, Anima, vita e morte in Alcmeone, ivi, 42 (1940), pp. 213-224. - P. Ebner, Alcmeone Crotoniate, in « Klearchos ,., 41-44 (1969), pp. 25-11 (Associazione degli amici del Museo di Reggio Calabria). - D. Teti, Alcmeone e Pitagora, Scuola medica crotoniate e scuola pilag.o;ica italicti, Padova 1970.
ALESSANDRO DI AFRODISIA, filosofo peripatetico vissuto fra il n e JII
secolo d.C. :t il più insigne dei commentatori di Aristotele dell'antichità.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: A. Commentari agli esoterici di Aristotele l. Commentario alla Metafisica di In Aristotelis Metaphysica Aristotele (:t di Alessandro il commento ai libri 1-V; l'autore del commento ai re~tanti libri è un anonimo bizantino che viene designato come Pseudo-Ales-sandro) 2. Commentario agli Analitici primi In Aristotelis Analytica priora di Aristotele (libro A) J. Commentario ai Topici di Ari- In Aristotelis Topica stotele -4. Commentario alle Confutazioni In Aristotelis Sophisticos elenchos Sofistiche di Aristotele (ritenuto inautentico) '· Commentario al trattato Sul sen- In Aristotelis De sensu so di Aristotele -6. Commentario ai Meteorologici di In Aristotelis Meteorologica Aristotele
B. Tra t t a t i l. Sull'anima 2. Problemi 3. Sul Fato
4. Sulla mistione
teoretici:
De anima cum mantissa Quaestiones De Fato De mixtione
• l commentari e i trattati teoretici sono stati tutti pubblicati nei C.A.G., rispettivamente nei volumi: l; II, l; Il, 2; II, 3; III, 2 e nel Supplementum
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306
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Aristotelicum della medesima collana, rispettivamente nei volumi Il, l e II, 2 (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci di Aristotele). I frammenti concernenti la dottrina del Nous si trovano in: - P. Moraux, Alexandri Aphrodisiensis quae ad doctrinam de intellectu pertinent fragmento vestigiaque, in Alexandre d'Aphrodise, Exégète de la noétique d'Aristate (« Bibliothèque de la Faculté de Philosophie et Lettres de l'Université dc Liège », 99), Liège-Paris 1942, pp. 207-221.
*-
Moraux, op. cit. - P. Merlan, Monopsychism Mysticism Metaconsciousness, Problems of the Soul in the Neoaristotelian and Neoplatonic Tradition, The Hague 1963; 19692 • - G. Movia, Alessandro di Afrodisia tra naturalismo e misticismo, Padova 1970. - P.L. Donini, Tre studi sull'aristotelismo nel II secolo d.C., Torino 1974.
*
Ricca bibliografia in Movia, op. cit., pp. 9-20.
ALESSANDRO DI DAMASCO: dr. Peripatetici, Elenco scolarchi, 15. ALESSANDRO DI EGE: cfr. Peripatetici, C, 3. ALESSANDRO DI LICOPOLI: filosofo neoplatonico alessandrino vissuto fra il
O
111
secolo d.C. e gli inizi del
È autore di uno scritto
IV.
Contro le dottrme manichee.
• - A. Brinkmann, Alexandri Lycopolitani Contra Manichaei opiniones disputatio, Lipsiae 1895 (Bibl. Teubn.). - Patrologia Graeca, XVIII, coli. 409-448.
(!)© - P.W. van der Horst - ]. Mansfeld, An Alexandrian Platonist Against Dualism, Alexander of Lycopolis' Treatise « Critique of the Doctrines of Manichaeus », Translated from the Greek with an Introduction and Notes, E.]. Brill, Leiden 1974. ALESSANDRO POLIISTORE (CORNELIO) DI MILETO, vissuto nel
1
erudito-
secolo a.C.
O Scrisse - tra l'altro - un'opera dal titolo Successione dei filosofi, nella quale seguiva prevalentemente il criterio espositivo per autori e non per problemi. Sembra che si sia interessato in modo particolare dei Pitagorici, dedicando loro una sezione speciale della sua opera, se non addirittura un intero trattato. • Le testimonianze e i frammenti di Alessandro sono stati raccolti dal Miiller, Fr. Hist. Gr., III, pp. 206-244 (i frammenti delle Successioni sono alle pp. 240-243 ), e quindi da Jacoby, Fr. Gr. Hist., III, A, n. 273, pp. 96126 (i frammenti delle Successioni sono alle pp. 115-118).
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ALESSANDRO DI DAMASCO/ AMMONIO L'EGIZIANO
307
ALESSINO DI ELIDE: cfr. Megarici, 9. AMAFINIO CAIO, filosofo epicureo vissuto fra il
II e il 1 secolo a.C., famoso per aver composto il primo trattato di filosofia epicurea in lingua latina.
O
Ci è noto solo attraverso testimonianze indirette.
e© -
G. Garbarino, Roma e la filosofia greca dalle origini alla fine del" II secolo a.C., Paravia, Torino 1973, .I, pp. 117-119; Il, pp. 463 sgg.
*-
H.H. Howe, Amafinius, Lucretius and Cicero, in « American Journal of Philology», 72 (1951), pp. 57-62. - M. Gigante, Ricerche filodemee, Napoli 1969, pp. 13 sgg.
AMELIO GENTILIANO, filosofo neoplatonico della scuola di Plotino,_ vissuto nel
III
secolo d.c.·
O
Ci sono pervenuti solo frammenti.
•
-
*-
A.N. Zoumpos, Amelii Neoplatonici Fragmenta, Athenis 1956.
A.N. Zoumpos, Amelius von Etrurien, Sein Leben und seine Philosophie, Beitrag zur Geschichte des Neuplatonismus, Atene 1956 (questi opuscoli sono stati presentati dapprima sotto forma di dissertazione a Miinchen,. 1954).
AMICLA PITAGORICO: cfr. Presocratici, 54; Pitagorici Antichi, 28. AMINIA PITAGORICO: cfr. Presocratici, 27; Pitagorici Antichi, 11. AMINOMACO DI ATENE: cfr. Epicurei, A, l. AMMIANO MARCELLINO DI ANTIOCHIA, storico del v secolo d •. C. Fu greco di origine, ma scrisse in latino.
O E. autore di una storia di Roma dal 96 al 378 d.C., in parte pervenu-taci (Rerum gestarum libri XXXI) . • -C.V. Clark, Ammiani Marcellini Rerum gestarum libri qui supersunt,. 3 voli., Berolini 1910-1915.
GJ -A. Salem, Ammiano Marcellino, Le Storie, Utet, Torino 1965; 19762 (con testo a fronte). AMMONIO CRISTIANO: ricordato come autore di un libro Sulle concordanze fra Mosè e Gesù, erroneamente identificato con Ammonio Sacca da alcuni antichi, perché - sembra - fu, egli pure, maestro di Origene Cristiano, cosi come Io fu Ammonio Sacca. AMMONIO PETTO L'EGIZI ANO: cfr. Medioplatonici, 2.
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308
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
AMMONIO FIGLIO DI ERMIA, filosofo neoplatonico del v-v1 secolo d.C. Fu discepolo di Proclo e fu udito da Damascio e Simplicio. Capeggiò la :scuola dei commentatori alessandrini.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: .1. Commentario all'Isagoge di Por- In Porphyrii Isagogen firio 2. Commentario alle Categorie di Aristotele .3. Commentario al trattato Sull'Interpretazione di Aristotele -4. Commentario agli Analitici primi di Aristotele (libro A) 5. Sul fato
In Aristotelis Categorias In Aristotelis De Interpreta/ione In Aristotelis Analytica priora De fato
• I quattro commentari sono pubblicati nei C.A.G., rispettivamente nei -voli. IV, 3; IV, 4; IV, 5; IV, 6 (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci di Aristotele). Il De fato è stato edito da J.K. Orelli, insieme ad altri trattati sullo stesso .tema di altri autori, Ziirich 1824.
*-
K. Kremer, Der Metaphysikbegriff in den Aristoteles-Kommentaren .der Ammonius-Schule, Miinster-Westfalen 1961.
AMMONIO PERIPATETICO:dr. Peripatetici, C, 10; Elenco scolarchi, 19. AMMONIO SACCA, fondatore del neoplatonismo, vissuto fra il
II e il III ·secolo d.C. (L'origine e il significato del soprannome Sacca costituiscono tut1:ora oggetto di discussione).
O Non ha scritto nulla. Tuttavia pare si possano ricavare testimonianze .sul suo pensiero da Fozio, Biblioth., codd. 214 e 251; Nemesio, De nat. hom.
*-
H. von Arnim, Quelle der Ueberlieferung iiber Ammonius Sakkas, 'in « Rheinisches Museum », 42 (1887), pp. 276-285. - E. Zeller, Ammonius Sakkas und Plotinus, in « Archiv fiir Geschichte ·der Philosophie », 7 (1894), pp. 295-312. - F. Heinemann, Ammonios Sakkas und der Ursprung des Neuplato.nismus, in « Hermes », 61 (1926), pp. 1-27. - E. Seeberg, Ammonius Sakas, in « Zeitschrift fiir Kirchengeschichte », o61 (1941), pp. 136-170.
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AMMONIO FIGLIO DI ERMIA/ ANASSIMANDRO
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-E. Elorduy, i Es Ammonio Sakkas el Pseudo-Aeropagita?, in « Estudios Eclesiasticos », 18 (1944), pp. 501-557. - H. Langerbeck, The Philosophy o/ Ammonius Saccas and the Connection of Aristotelian and Christian Elements therein, in « Journal of Hellenic Studies », 77 (1957), pp. 67-74. - H. DOrrie, Ammonios, der Lehrer Plotins, in « Hermes », 83 (1955), pp. 439-477; ora in Platonica minora, Miinchen 1976, pp. 324-360. -E. Elorduy, Ammonio Sakkas. I: La doctrina de la creaci6n y del mal en Proclo y el Ps. Areopagita (Estudios Onienses, Series I, vol. VII), Oiia (Burgos), Facultad de Teologia, 1959. - W. Theiler, Ammonios der Lehrer des Origenes, in Forschungen zum Neuplatonismus, Berlin 1966, pp. 1-45.
*
Ulteriore bibliografia si trova in Bruni, sopra cit., pp. 70 sgg.
ANASSAGORA DI CLAZOMENE: dr. Presocratici, 59 e inoltre:
e(f)©- D. Lanza, Anassagora, Testimonianze e frammenti, Introduzione, traduzione e commento, La Nuova Italia, Firenze 1966 ( « Biblioteca di Studi Superiori >>, 52). - ]. Zafiropulo, Anaxagore de Clazomène, Paris 1948. - D.E. Gershenson - D.A. Greenberg, Anaxagoras and the Birth of Physics, Blaisdell, New York 1964 (con traduzione inglese e ricco commentario).
*-
F.M. Oeve, The Philosophy of Anaxagoras, An Attempt at Reconstruction, New York 1949; The Hague 1973. - D. Lanza, Il pensiero di Anassagora, in «Memorie dell'Istituto Lombardo>>, Classe di Lettere, Milano 1965, pp. 223-228. - F. Romano, Anassagora, Padova 1965; 19742• - G. Calogero, Storia della logica antica, Bari 1967, pp. 316-451. - Carbonara-Naddei, Spermata, Nous, Chremata nella dottrina di Anassa· gora, Napoli 1969.
*
La bibliografia si troverà in Lanza, op. cit., pp. XXI sgg. e in ZcùlerCapizzi [cfr. Presocratici], pp. 345 sgg. In Zeller-Capizzi si troverà anche lo status quaestionis sui vari aspetti del pensiero anassagoreo; dr. anche Gershenson-Greenberg, passim.
ANASSARCO DI ABDERA: cfr. Presocratici, 72; Atomisti, 6. ANASSIMANDRO DI MILETO: dr. Presocratici, 12; Ionici, 2 e inoltre:
*-
M. Heidegger, Der Spruch des Anaximander, in Holzwege, Frankfurt am Main 1950 (più volte riedito), pp. 296 sgg.; traduzione italiana di P. Chiodi col titolo Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze. - U .. Hi:ilscher, Anaximander und die Anfiinge der Philosophie, in « Hermes », 81 (1953), pp. 257-277; 385-418; ora in Anfiingliches Fragen, Gi:ittingen 1968, pp. 9-89.
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310
SCHEDAiliO E BIBLIOGilAFIA
- C.H. Kahn, Anaximander and the Origins of Greek Cosmology, New York-London 1960; 19642. - C.]. Classen, Anaximandros, in R.E., Suppl. 12 (1970), coli. 30-69. - R. Laurenti, Introduzione a Talete Anassimandro Anassimene, Bari 1971.
*
Discussione sulle moderne interpretazioni di Anassimandro e bibliografia si trovano in Zeller-Mondolfo {cfr. Presocratici] l, 2, pp. 187-205; per la bibliografia cfr. anche Laurenti, op. cit., pp. 221 sgg. e Classen, coli. 67 sgg.
ANASSIMENE DI MILETO: cfr. Presocratici, 13; Ionici, 3 e inoltre:
*-
H. Gomperz, Asomatos, in « Hermes », 67 (1932), pp. 155-167. - Gigon, Der Ursprung ... [cfr. Presocratici], pp. 99 sgg. - R. Laurenti, Introduzione a Talete Anassimandro Anassimene, Bari 1971.
*
Discussioni sulle interpretazioni post-zelleriane e stato della questione si trovano in Zeller-Mondolfo [cfr. voce Presocratici], l, 2, pp. 224 sgg.
ANATOLIO DI ALESSANDRIA, filosofo peripatetico divenuto vescovo di Laodicea intorno al 280 d.C. Fu discepolo di Porfirio e maestro di Giamblico (Zeller erroneamente ritiene l'Anatolia discepolo di Porfirio altra persona rispetto all'Anatolia peri patetico).
O Di lui ci sono pervenuti frammenti vari e l'opera Sui primi dieci numeri (il titolo esatto sarebbe: Sulla decade e sui numeri in essa contenuti). È invece discussa l'autenticità di uno scritto (pervenutoci in versione latina) dal titolo Liber Anatoli de ratione paschali . • - Patrologia Graeca, X, pp. 231-236. - J.L. Heiberg, Anatolius sur les dix premiers nombres, in Annales internationales d'histoire, Congrès de Paris 1900, 5' Section, Histoire des Sciences, Colin, Paris 1901, pp. 27-57.
** -
F. Hultsch, Anatolios, 15, in R.E., I (1894), coli. 2073 sg. - V. De Falco, Sut « Theologoumena Arithmeticae », in « Rivista lndoGreco-ltalica di filologia-lingua-antichità », 6 ( 1922), pp. 49-61.
ANCHIPILO DI ELIDE: discepolo di Pedone e quindi esponente della scuola eliaca del
IV
secolo a.C. (cfr. Eliaci, 3 ).
ANDROCIDE PITAGORICO, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 62. ANDRONICO DI RODI, filosofo peripatetico del I secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze che si troveranno in:
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311
ANASSIMENE/ ANTIOCO DI ASCALONA
• - F. Littig, Andronikos von Rhodos, I, Il, III, Miinchen-Erlangen 1880, 1894, 1895 (Il, pp. 27 sgg. e III, pp. 13 sgg.).
* *
-
Oltre al Littig, cfr.: Moraux, Der Aristotelismus... [cfr. voce Peripatetici], pp. 45-141. In Moraux, op. cit., si troverà anche la bibliografia essenziale.
ANNICERI(DE) DI CIRENE: cfr. Cirenaici, 8. ANNIO STOICO: è uno degli ultimi epigoni della Stoa del C. (cfr. Longino, presso Porfirio, Vita di Plotino, 20).
111
secolo d.
ANTIFONTE DI ATENE: cfr. Presocratici, 87; Sofisti, 13. Se, come alcuni credono, Antifonte Sofista ed Antifonte Retore sono la stessa persona, sono sue anche le Tetralogie, che si vedranno in:
e
*
Fra gli studi sul nostro filosofo (cfr. anche la voce Sofisti), spiccano quelli del Bignone, pubblicati, dapprima, su periodici e, poi, raccolti in: - E. Bignone, Studi sul pensiero antico, Napoli 1938, pp. 1-226; ed ora anche nel volume: Antifonte oratore e Antifonte sofista, a cura di B. Gentili e G. Morelli, Argalia, Urbino 1974.
*
La bibliografia su Antifonte si troverà in Decleva Caizzi, op. cit., pp. 263-266 e in Untersteiner, Sofisti [cfr. voce], IV, pp. XI-XXIII.
ANTIGONO DI CARISTO, erudito, vissuto nella seconda metà del m secolo a.C. (fu - tra l'altro - paradossografo, scultore, autore di trattati di storia dell'arte). Interessa la storia della filosofia in particolare per aver scritto una serie di Vite di filosofi (largamente utilizzate dai dossografi successivi), ritenute dagli studiosi di notevole valore documentario, dato che i pensatori di cui egli si occupò, furono quasi tutti suoi contemporanei o, addirittura, da lui conosciuti personalmente.
Q Ci sono rimasti frammenti delle biografie di filosofi scettici (PirroJle, Timone), di Accademici (J>olemone, Cratete, Crantore, Arcesilao), di Peripatetici (Licone), di Socratici (Menedemo di Eretria), di Stoici (Zenone, Dionigi di Eraclea).
•*
Tutti i frammenti (recuperati principalmente attraverso Diogene Laerzio, Ateneo ed Eusebio di Cesarea) sono stati studiati e raccolti in una edizione fondamentale: - U. von Wi!amowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos ( « Philologische Untersuchungen », 4), Berlin 1881; Berlin-Zi.irich 19652.
ANTIOCO DI ASCALONA, filosofo accademico eclettico del
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1
sec. a.C.
312
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
O Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze. Una parziale raccolta si trova in: • - G. Luck, Der Akademiker Antiochos (« Noctes Romanae », Band 7), Verlag Pau! Haupt, Bern..Stuttgart 1953, pp. 73-94. (Questa raccolta è fatta con criterio eccessivamente restrittivo e abbisognerebbe pertanto di ampie integrazioni).
(!) Traduce i frammenti più importanti il Russo, Scettici... [dr. voce], pp. 414-421. Fondamentali per capire la posizione di Antioco sono soprattutto gli Aca· demica di Cicerone.
*-
H. Strache, Der Eklektizismus des Antiochos von Askalon, Berlin 1921. - AM. Liider, Die philosophische Personlichkeit des Antiochos von Askalon, Diss., Gottingen 1941. - Luck, Der Akademiker... cit., pp. 13-72. - ]. Glucker, Antiochus and the Late Academy, Gottingen 1978.
*
L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978), in: Lo scetticismo ... [dr. voce Scettici], pp. 753-850.
ANTIOCO DI LAODICEA: cfr. Neoscettici, 13. ANTIPATRO DI CIRENE: dr. Cirenaici, 4. ANTIPATRO DI TARSO: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 6; Stoici antichi,
*• *• -
12 e inoltre:
H. Cohn, Antipater von Tarsos, Berlin 1905.
ANTIPATRO DI TIRO, filosofo stoico vissuto fra la fine del n e la prima metà del
I
secolo a.C. Fu discepolo di Stratocle e consigliere di Catone.
H. Cohn, Antipater von Tarsos, Berlin 1905 (in particolare l'Excursus, pp. 87 sgg. dedicato ad Antipatro di Tiro).
ANTISTENE DI ATENE, filosofo socratico fondatore del cinismo, vissuto a cavaliere fra il v e il
O Ci
IV
secolo a.C.
sono pervenuti solo frammenti e testimonianze.
e© -
F. Decleva Caizzi, Antisthenis Fragmenta, Istituto editoriale Cisalpino, Milano-Varese 1966, con commento. (Cfr., ivi, p. 11, l'indicazione delle precedenti edizioni). - Giannantoni, S.R. [dr. voce Socratici Minori], v A.
(!) - Paquet, Les Cyniques ... [dr. Cinici], pp. 29-58.
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313
ANTIOCO DI LAODICEA/ APOLLONIO CRONO
-
Nestle, Die Sokratiker ... [cfr. Socratici), pp. 79-98.
*-
F. Diimmler, Antisthenica, in Kleine Schriften, I, Leipzig 1901, pp. 10-78. - A. Levi, Le teorie metafisiche, logiche e gnoseologiche di Antistene, in « Revue d'histoire de la philosophie •, 4 (1930), pp. 227-249. - F. Caizzi, Antistene, in «Studi Urbinati •, 38 (1964), pp. 48-99. - ]. Humbert, Socrate et les petits socratiques, Paris 1967, pp. 231-250.
*
La bibliografia si vedrà in Decleva Caizzi e in Giannantoni.
ANTISTENE DI EFESO: cfr. Presocratici, 66. ANTONINO NEOPLATONICO: cfr. Neoplatonici, IV, 13. APELLA SCETTICO: cfr. Neoscettici, 21. APELLE EPICUREO: cfr. Epicurei, A, 2. APELLICONE DI TEO: cfr. Peripatetici, B, 2. APOLLOOORO DI ATENE EPICUREO, detto il «Tiranno del Giardino •: cfr. Epicurei, Elenco scolarchi, 8.
APOLLOOORO DI ATENE IL GRAMMATICO, erudito del n secolo a.C. Ebbe come maestri il filologo alessandrino Aristarco e il filosofo mediostoico Panezio.
O Viene ricordato soprattutto per la sua Cronaca, scritta in versi. Quanto ci è rimasto di essa riguarda soprattutto la cronologia dei filosofi . • Le testimonianze e i frammenti di Apollodoro sono stati raccolti da: - Jacoby, Fr. Gr. Hist., Il, B, n. 244, pp. 1022-1128.
APOLLOOORO DI ATENE STOICO: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 10. APOLLOOORO DI CIZIO: cfr. Presocratici, 74; Atomisti, 8. APOLLOOORO DI SELEUCIA: cfr. Stoici antichi, 13. APOLLOFANE STOICO: cfr. Stoici antichi, 3. APOLLONIDE DI NICEA: cfr. Neoscettici, 19. APOLLONIDE STOICO: cfr. Mediostoici, 14. APOLLONIO BIBLA DI ANTIOCHIA:
cfr. Medici Empirici, 5.
APOLLONIO DI CIZIO: cfr. Medici Empirici, 11. APOLLONIO CRONO: cfr. Megarici, 10.
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314
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
APOLLONIO L'EMPIRICO DI ANTIOCHIA: dr. Medici Empirici, 4. APOLLONIO DI TIANA, filosofo neopitagorico del
1
secolo d.C., reso
famoso soprattutto dalla vita che di lui scrisse Filostrato.
O Ci sono pervenuti frammenti dall'opera Sui sacrifici, conservatici da Eusebio di Cesarea, mentre le Epistole, giunteci sotto il suo nome, sembrano essere per la maggior parte di dubbia autenticità . • - F.C. Conybeare, Philostratus, The Life of Apollonius of Tyana, the Epistles of Apollonius and the Treatise of Eusebius, 2 voli., London-Cambridge (Mass.) 1912.
GJ Oltre a quella inglese del Conybeare, nell'edizione sopra citata, cfr. le due seguenti traduzioni italiane: - V. Lancetti, Le opere dei due Filostrati volgarizzate, Milano 1828. - D. Del Corno, Filostrato, Vita di Apollonia di Tiana, Adelphi, Milano 1978 (con brevi note).
**
M. Meunier, Apollonius de Tyane ou le séiour d'un dieu parmi Jes hommes, Paris 1936; 19752. - ].G. Bernard, Apollonius de Tyane et ]ésus, Paris 1977. Bibliografia in Del Corno, op. cit., pp. 46 sgg., nelle note, e in ZellerDel Re [cfr. indicazione analitica alla voce Neopitagorici], pp. 115 sgg.
APOLLONIO DI TIRO: cfr. Mediostoici, 12. APULEIO DI MADAURA, letterato e filosofo medioplatonico del n secolo d.C.
O Oltre ad alcuni frammenti, ci è pervenuto un buon numero di opere integrali. Esse, di norma, vengono classificate in due gruppi: a) opere retoriche e letterarie (Apologia o De magia, Florida, Metamorphoses, delle quali non ci occupiamo in questa sede) e b) opere propriamente filosofiche. Ecco l'elenco di queste ultime: l. Sul Dio di Socrate De deo Socratis 2. Intorno a Platone e alla sua dot- De Platone et eius dogmate trina 3. Sul cosmo De mundo Gli sono state anche attribuite le seguenti opere: - Asclepio Asclepius - Sulla interpretazione De interpreta/ione Il primo scritto viene oggi ritenuto inautentico e lo si trova incluso fra i trattati del Corpus Hermeticum. Invece non sembra affatto fuori discussione l'inautenticità del De interpreta/ione . • - P. Thomas, Apulei Opera quae supersunt, III, Apulei Platonici Madaurensis De philosophia libri, Lipsiae 1908; ristampa anast., Stuttgart 1970 (Bibl. Teubn.).
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315
APOLWNIO L'EMPIRICO/ ARCHITA
- ]. Beaujeu, Apulée, Opuscules philosophiques et /ragments, Paris 1973 (Coli. Budé).
(!)© Oltre alla traduzione francese ed al buon commento del Beaujeu, op. cit., dr. anche la traduzione e le note di G. Barra del De Deo Socratis (che pubblica anche il testo in collaborazione con U. Pannuti) in «Annali della Facoltà di Lettere», Napoli, 10 (1962-63), pp. 81-141.
* - ].
Redfors, Echtheitskritische Untersuchung der apuleischen Schriften De Platone und De mundo, Lund 1960. - M.W. Sullivan, Apuleian Logic, The Nature, Sources and Influence of Apuleius's Peri Hermeneias, Amsterdam 1967. - F. Regen, Apuleius Philosophus Platonicus, Berlin 1971. - C. Moreschini, Apuleio e il platonismo, Firenze 1978.
*
C. Mazzarelli, Bibliografia medioplatonica, Parte seconda: Apuleio, in « Rivista di Filosofia neo-scolastica », 73 ( 1981), pp. 557-595.
ARATO DI SOLI, poeta greco del III secolo a.C., influenzato dalla Stoa. Di lui ci è pervenuto il poemetto Fenomeni, molto noto nell'antichità. e(!)@ - ]. Martin, Arati Phaenomena, La Nuova Italia, Firenze 1956 ( « Biblioteca di Studi Superiori », 25). ARCESILAO DI PITANE, filosofo accademico scettico, vissuto fra la fine del
O
IV
e la prima metà del
III
secolo a.C. Fu scolarca dell'Accademia.
Ci sono pervenuti solo testimonianze e frammenti.
• I frammenti della bibliografia di Arcesilao scritta da Antigono di Caristo si vedano in: - Wilamowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos [dr. voce], pp. 70-76.
(!) Una traduzione delle testimonianze più significative si troverà in: -
*
Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 171-201.
L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978) in: Lo scetticismo ... Idr. voce Scettici], pp. 753-850.
ARCHEDEMO DI TARSO: dr. Stoici antichi, 14. ARCHELAO DI ATENE: cfr. Presocratici, 60. ARCHIBIO: dr. Medici Empirici, 13. ARCHIPPO DI TARANTO: dr. Presocratici, 46; Pitagorici antichi, 20. ARCHIPPO DI TARANTO,PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 2. ARCHITA DI TARANTO: cfr. Presocratici, 47; Pitagorici, Elenco scolarchi, 12; Pitagorici antichi, 21.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ARCHITA DI TARANTO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 3 e inoltre:
eGJ© - Th. Szlezak, Pseudo-Archytas Ober die Kategorien, Texte zur griechischen Aristoteles-Exegese, herausgegeben, uberset'zt und kommentiert (« Peripatoi », 4), De Gruyter, Berlin 1972.
*
Cfr., ivi, pp. 222 sgg., la bibliografia e pp. l sgg. l'indicazione delle precedenti edizioni.
ARESA LUCANO: dr. Pitagorici, Elenco scolarchi, 6. ARESA LUCANO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 4. ARETE DI CIRENE, figlia di Aristippo di Cirene: dr. Cirenaici, 2. ARGEIA MEGARICA: dr. Megarici, 14. ARIGNOTE PITAGORICA, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 5. ARIMNESTO PITAGORICO, PSEUDO (?): dr. Mediopitagorici, 6. ARIO DIDIMO, erudito e pensatore di tendenza eclettico-aristotelico-stoicheggiante, vissuto fra la seconda metà del 1 secolo a.C. e gli inizi dell'età cristiana, prevalentemente alla corte dell'imperatore Augusto a Roma.
O Fu autore di un Compendio di dottrine filosofiche (Epitomé), che è andato in gran parte perduto. • Quanto ci è rimasto sr.lle dottrine fisiche è stato raccolto in edizione critica da Diels, Dox. [dr. voce Dossografi], pp. 445-472.
Cf) La traduzione è stata curata da Torraca, Dossogr. [dr. voce Dossografi], pp. 225-258.
*
Su Ario Didimo e i caratteri della sua dossografia, si vedano: - Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi]. Prolegomena, pp. 69-88. - Moraux, Der Aristotelismus ... [cfr. voce Peripatetici], pp. 259-443 (eccellente).
*
Stato della questione e bibliografia in Moraux, op. cit., pp. 259 sgg.
ARIONE DI LOCRI: dr. Presocratici, 53; Pitagorici Antichi, 27. ARISTEA DI CIPRO: fu un ufficiale vissuto nel m secolo a.C. alla corte di Tolomeo Filadelfo (dr. voce seguente). ARISTEA, PSEUDO
O Sotto il nome di Aristea (dr. voce precedente) ci è giunta una importante Lettera, scritta da un ebreo forse intorno al 100 a.C., sull'origine della versione della Bibbia ad opera dei Settanta.
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ARESA/ ARISTOCLE DI MESSENE
.HT
• - P. Wendland, Aristeae Ad Philocraten eptstuta cum ceteris de origine versionis LXX interpretum testimoniis, Lipsiae 1900 (Bibl. Teubn.). - A. Pelletier, Lettre d'Aristée à Philocrate, Les ~ditions du Cerf, Paris' 1962.
©-
Wendland, op. cit., pp. 171 sgg. e Pelletier, op.cit., pp. 261-317.
CD©** - Pelletier, op. cit.
ARISTEO DI CROTONE: cfr. Pitagorici, Elenco scolarchi, 2. ARISTEO DI CROTONE, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 7. ARISTIDE DIALETTICO: cfr. Megarici, 21. ARISTIPPO DI CIRENE, fondatore della scuola cirenaica: cfr. Cirenaici, l.
ARISTIPPO DI CIRENE IL GIOVANE (detto METRODIDATTA): cfr. Cirenaici, 3.
ARISTO DI ASCALONA: cfr. Accademici, 17. ARISTOBULO DI ALESSANDRIA: ebreo di cultura ellenica, vissuto· fra il n e il
I
secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti frammenti dell'opera Interpretazione della legge sacra conservatici soprattutto da Eusebio di Cesarea (la cui autenticità è però da alcuni contestata) . • - A. Elter, De gnomologiorum graecorum historia atque origine commenta/io, Bonn 1894-1896. - I frammenti più significativi, che ci sono stati tramandati nella Praep. evang. di Eusebio, si vedranno nell'edizione di quest'opera, curata dal Mras (cfr. voce Eusebio), vol. l, pp. 390, 13 sgg. e 451, 13 sgg.; vol. Il, pp. 190, ~8 sgg.; 191, 9 sgg.; 195, 13 sgg.
** -
N. Walter, Der Thoraausleger Aristobulos, Untersuchungen zu seinen Fragmenten und :r;u pseudepigraphischen Resten der iiidisch-helleni· stischen Literatur, Berlin 1964.
ARISTOBULO EPICUREO: cfr. Epicurei, A, 3. ARISTOCLE DI MESSENE, filosofo peripatetico del n secolo d.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti.
• -
- Mullach, Fr. Ph. Gr. III, pp. 206-221. H. Heiland, Aristoclis Messenii Reliqutae, diss., Meyer, Giessen 1925.
** -
F. Trabucco, Il problema del «De philosophia » di Aristocle df Messene e la sua dottrina, in «Acme», 11 (1958), pp. 97-150.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ARISTOFANE (come fonte di Socrate): dr. Socrate. ARISTOMBROTO PITAGORICO, PSEUOO (? ) : cfr. Mediopitagorici, 8. ARISTONE DI ALESSANDRIA, filosofo peripatetico del
O
I
secolo a.C.
Ci sono pervenuti solo alcuni frammenti.
• - l. Mariotti, Aristone d'Alessandria, Edizione ed interpretazione, Patron, Bologna 1966.
** -
-
Mariotti, op. cit., pp. 21-101. Moraux, Der Aristotelismus... [cfr. Peripatelici], pp. 181-193.
ARISTONE DI CEO: cfr. Peripatetici, A, l; Elenco scolarchi. 5. ARISTONE DI CEO IL GIOVANE: cfr. Peripatetici, A, 2. ARISTONE DI CHIO: dr. Stoici antichi, 2 e inoltre: - A.M. loppolo, Aristone di Chio e lo stoicismo antico, Napoli 1980. ARISTOSSENO DI TARANTO: cfr. Peripatetici, A, 3 e inoltre: •
-
R. Da Rios, Aristoxeni Elementa harmonica, Romae 1954.
GJ La traduiione italiana degli Elementi armonici si trova in Da Rios. Una scelta di frammenti tradotti in tedesco si trova in: - Nestle, Die Sokratiker ... [dr. Socratici], pp. 266-270. ARISTOTELE CIRENAICO: dr. Cirenaici, 6. ARISTOTELE DI MITILENE, filosofo peripatetico del n secolo d.C., forse uno dei maestri di Alessandro di Afrodisia, solo di recente emerso alla ribalta.
*-
P. Moraux, Aristoteles, der Lehrer Alexanders von Aphrodisias,
« Archiv fiir Geschichte qer Philosophie », 49 (1967), pp. 169-182.
ARISTOTELE DI STAGIRA, fondatore del Peripato, 384/383-322.
O
Catalogo delle opere:
La produzione filosofica e scientifica di Aristotele è da annoverare fra le più cospicue che siano esistite. Delle sue opere, che spaziano su quasi tutta l'area del sapere di allora, ci è pervenuta la parte più significativa, consistente soprattutto in scritti approntati per le lezioni (scritti esoterici o acroamatici). Invece è andata sostanzialmente perduta la produzione essoterica, ossia le <>pere scritte da Aristotele (per lo più nella prima parte della sua vita) desti-
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ARISTOFANE/ARISTOTELE
319
nate al grosso pubblico. Ecco l'elenco delle opere pervenuteci, nell'ordine in cui sono pubblicate nel Bekker (sotto citato); un ordine che, nelle sue linee di forza, risale, come sembra, addirittura all'edizione di Andronico. Alcune di queste opere sono spurie, ma allo stato attuale degli studi aristotelici, il verdetto di autenticità pronunciato nel secolo scorso, per molte, è caduto, oppure è stato rimesso in discussione. In ogni caso, i pezzi forti del Corpus, soprattutto quelli propriamente filosofici, sono giudicati concordemente autentici. (Accanto al titolo italiano, indichiamo il titolo latino divenuto canonico e le abbreviazioni più comunemente usate nelle citazioni). l. Categorie Categoriae Cat. 2. Sull'interpretazione De interpreta/ione De interpr. 3. Primi Analitici Analytica priora An. pr. 4. Secondi Analitici Analytica posteriora An. post. 5. Topici Topica Top. 6. Confutazioni sofistiche De sophisticis elenchis Soph. el. 7. Fisica Physica Phys. -8. Del cielo De caelo De caelo ·9. Sulla generazione e corru- De generatione et corrup- De gen. et corr. zione tione 10. Meteorologici Meteorologica Meteor. 11. Trattato sul cosmo per A- De m un do De mundo lessandro · 12. Dell'anima De anima De an. 13. Del senso e dei sensibili De sensu et sensibili De sensu 14. Della memoria e della re- De memoria et remini- De mem. miniscenza scentia 15. Del sonno e della veglia De somno et vigilia De somn. et vig. 16. Sui sogni De somniis De somn. 17. Sulla divinazione nel sonno De divinatione per som- De divinai. num 18. Sulla longevità e brevità De longitudine et brevi- De long. vit. della vita tale vitae 19. Sulla giovinezza e sulla vec- De iuventute et senec- De iuvent. chiaia tute 20. Sulla vita e sulla morte De vita De vita et de morte 21. Sulla respirazione De respiratione De respirai. 22. Sul pneuma De spiritu De spir. 23. Ricerche sugli animali Historia animalium Hist. an. 24. Parti degli animali De partibus animalium De pari. an. 25. Sul moto degli animali De motu animalium De motu an. 26. Locomozione degli animali De incessu animalium De in. an. 27. Riproduzione degli animali De generatione anima- De gen. an. lium 28. Sui colori De coloribus De color. 29. Sui suoni De audibilibus De aud. 30. Fisiognomonia Physiogn. Physiognomonica 31. Sulle piante De plani. De plantis
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320
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
32. Storte mirabili
De mirabilibus ausculta- De mir. tionibus 33. Meccanica Mechanica Mech. Problema/a 34. Problemi Probl. De lineis insecabilibus 35. Sulle linee indivisibili De lin. insec. V entorum situs 36. La posizione dei venti Vent. sit. 37. Intorno a Senofane, Zeno- De Xenophane, Zenone, De Xenoph. ne e Gorgia ·(Intorno a Se- Gorgia, ma il titolo esat- Mel. Gor.; nofane, Melissa e Gorgia) to è De Xenophane, Me- XMG lissa, Gorgia Metaphysica 38. Metafisica Metaph. Ethica Nicomachea 39. Etica a Nicomaco Eth. Nic., EN 40. Grande etica Magna moralia M. Mor.,MM Ethica Eudemea 41. Etica Eudemia Eth. Eud., EE De virtutibus et vitiis 42. Sulla virtù e sui vizi De virt. 43. Politica Politica Poi. 44. Trattato di economia Oec. Oeconomica 45. Retorica Rhetorica Rhet. 46. Retorica per Alessandro Rhetorica ad AJexan- Rhet. ad Alex. drum 47. Poetica Poetica Poet. 48. A queste opere va aggiunta la Costituzione di Atene (Const. Ath.), ritr~ vata, per la maggior parte, in un papiro del British Museum, nel 1891 e poi più volte edita. Ed ecco i titoli delle opere delle quali sono stati via via recuperati frammenti o testimonianze, secondo l'edizione del Ross, che è oggi la più atten· dibile ed equilibrata nella scelta del materiale.
l. Dialoghi Grillo o della retorica Simposio Sofista Eudemo o dell'anima Nerinto Erotico 7. Protreptico (Esortazione alla filosofia) 8. Della ricchezza 9. Sulla preghiera l. 2. 3. 4. 5. 6.
10. Sulla nobiltà di nascita 11. Sul piacere 12. Sull'educazione 13. Sulla monarchia 14. Alessandro 15. Politico 16. Sui poeti 17. Sulla filosofia 18. Sulla giustizia
Il. Opere l o g i c h e l. Sui problemi 2. Divisioni 3. Tracce per argomentazioni
4. Categorie 5. Sui contrari
III. O p e re f i l o s o f i c h e l. Sul Bene
2. Sulle Idee
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321
ARISTOTELE
3. Sui Pitagorici 4. Sulla filosofia di Archita
5. Su Democrito
IV. Opere p o e t i c h e l. Poesie
Un'idea piuttosto precisa di ciò che Aristotele ha scritto, il lettore moderno se la può ancora fare leggendo i cataloghi tramandatici da: l) Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, V, 21 sgg.; 2) un Anonimo autore della cosiddetta Vita Menagiana (dal suo editore), che attinge da Esichio di Mileto; 3) Tolomeo, che attinge da Andronico. Questi cataloghi sono stati pubblicati da V. Rose, nel vol. V dell'Aristotelis Opera dell'Accademia di Berlino, sotto citata. Sull'argomento si vedrà: - P. Moraux, Les listes anciennes des ouvrages d'Aristate, Louvain 1951 (qui il lettore troverà status quaestionis, nuove ed approfondite congetture, ricchissima bibliografia) . •
Edizioni delle opere
Le edizioni delle opere di Aristotele sono assai numerose, ma tutte quelle edite prima del 1831 hanno ormai un valore quasi solo storico-erudito. Infatti, in questo anno, vide la luce l'edizione della Accademia delle Scienze -di Berlino, divenuta punto di riferimento per le citazioni e tuttora indispensabile, anche se in gran parte superata da nuove edizioni delle singole -opere: - Aristotelis Opera edidit Academia Regia Borussica, 5 voli., G. Reimer, Berolini 1831-1870. Ecco il contenuto dei singoli volumi. 1-11: Aristoteles Graece, testo critico a cura di l. Bekker (stampato su -due colonne, quella di sinistra si indica con a e quella di destra con b). III: Aristoteles Latine, contiene traduzioni latine rinascimentali di vari · autori; il volume fu pubblicato pure nel 1831. IV: Scholia in Aristotelem, contiene passi desunti da commentatori gre. ci a cura di C.A. Brandis (l'edizione dei commentatori greci che successivamente l'Accademia di Berlino ha pubblicato, e di cui daremo l'elenco più . oltre, rende ormai pressoché inutile questo volume). V: Aristotelis Fragmenta, raccolti da V. Rose; supplementi agli Scholia in Aristotelem curati da Usener e lndex Aristotelicus curato da H. Bonitz. Una ristampa di questa edizione è stata curata da O. Gigon, De Gruyter, · Berlin 1960-1961. Degna di particolare menzione, perché migliora, in certi punti, il Bek.ker, · è l'edizione pubblicata da F. Didot, non apprezzata quanto mer-ita e, purtroppo, oggettivamente non utilizzabile, perché non riproduce l'impagina. zione Bekker, che è ormai d'obbligo nelle citazioni: Aristotelis opera omnia . graece et latine cum indice nominum et rerum absolutissimo, A.F. Didot, voli. l-IV, Parisii,s 1848-1869; vol. V (.Index} 1874. Per la Costituzione degli Ateniesi si veda:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- H. Oppermann, A9HNAinN IIOAITEIA, Lipsiae 1928 (Bibl. Teubn.)> rist. anast. Stuttgart 1961. Molte delle opere del Corpus Aristotelicum sono inoltre disponibili talora in ottime edizioni che migliorano sensibilmente il testo del Bekker nelle seguenti collezioni di classici: « Bibliotheca Teubneriana »; « Collection des Universités de France»; « Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis »; « The Loeb Classica! Library ». (Si veda l'elenco analitico dei titoli nella nostra Introduzione ad Aristotele, sotto ci t., pp. 209 sgg. ). Per quanto concerne i frammenti dr.: - V. Rose, Aristotelis qui ferebantur librorum fragmenta, Lipsiae 18863(Bibl. Teubn.). - P. Walzer, Aristotelis dialogorum fragmenta, Firenze 1934. - W.D. Ross, Aristotelis fragmenta selecta, Oxford 1955. - M. Plezia, Aristotelis epistularum fragmenta cum testamento, Warszawa 1961. ©Lessici lnsuperato, e superabile solo con l'ausilio dei calcolatori elettronici, è il già citato Index Aristotelicus del Bonitz contenuto nel vol. V dell'edizione delle opere di Aristotele dell'Accademia di Berlino. L'Index è stato di recente riprodotto anche a parte in edizione anastatica: - H. Bonitz, Index Aristotelicus, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1955; De Gruyter, Berlin 1961. ©Commentari antichi e moderni a) I c o m m e n tar i gr e c i sono stati pubblicati in una monumentale edizione a cura dell'Accademia di Berlino: - Commentaria in Aristotelem Graeca, edita consilio et auctoritate Academiae Litterarum Regiae Borussicae, G. Reimeri, Berolini 1882-1909. (Per il catalogo completo dr. la voce Commentari greci di Aristotele). b) P e r i c o m m e n t a r i m e d i e v a l i latini, si consultino i repertori: - H.C. Lohr, Medieval Latin Aristotle Commentaries Authors, in «Traditio », 23 (1967), pp. 313-413 [A..F]; 24 (1968), pp. 149-245 [G-1]; 26 (1970), pp. 135-216 [Ja-Jo]; 27 (1971), pp. 251-351 [Jo-Myn]; 28 (1972), pp. 281-396 [N-Ri]; 29 (1973), pp. 93-197 [Ro-Wil]. . - A. Zimmermann, V erzeichnis ungedruckter Kommentare zur Metaphysik und Physik des Aristoteles, I. Aus der Zeit von etwa 1250-1350, LeidenKoln 1971. c) Per i c o m m e n tar i r i nasci m e n t a l i si troveranno ricche indicazioni in: - Schwab, Bibliographie d'Aristate (sotto cit.), passim.
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ARISTOTELE
- Philippe, Aristoteles (sotto cit.), pp. 22 sgg. d) Fra i c o m m e n t a r i m o d e r n i segnaliamo: Per la Metafisica - A. Schwegler, Die Metaphysik des Aristoteles, Grundtext, Uebersetzung und Commentar, nebst erliiuternden Abhandlungen, Tiibingen 1847-1848, 4· voli.; rist. anast., Minerva G.m.b.H., Frankfurt am Main 1960. - H. Bonitz, Aristotelis Metaphysica, 2 voli., Bonn 1848-1849; il secondo volume, che contiene il commentario in lingua latina, è stato ristampato in ediz. anast., Olms, Hildesheim 1960. - W.D. Ross, Aristotle's Metaphysics, a Revised Text with Introduction and Commentary, 2 voli., Clarendon Press, Oxford 1924; 19482 , 19533. - G. Reale, Aristotele, La Metafisica, Traduzione introduzione e commento, 2 voli., Loffredo, Napoli 1968; rist. 1978. Per la Fisica, il trattato Sulla generazione e corruzione e i Meteorologici - W.D. Ross, Aristotle's Physics, A Revised Text with Introduction and Commentary, Clarendon Press, Oxford 1936; 19.5.52. - H.H. Joachim, Aristotle On Coming-to-be and Passing-away, A Revised Text, with Introduction and Commentary, Oxford 1922; Hildesheim 19702. - M. Migliori, Aristotele, La generazione e la corruzione, Traduzione introduzione e commento, Loffredo, Napoli 1976. - C. Baffioni, Il IV libro dei «Meteorologica» di Aristotele, Napoli 1981. Per il trattato Sull'anima - F.A. Trendelenburg, Aristotelis De anima libri tres, Berlin 18772; rist. anast., Graz 19.57. - G. Rodier, Aristotle, Traité de l'ame traduit et annoté, 2 voli., Paris 1900. - W.D. Ross, Aristotle, De anima, Edited, with Introduction and Commentary, Clarendon Press, Oxford 1961. - G. Movia, Aristotele, L'anima, Traduzione introduzione e commento, Loffredo, Napoli 1979. Per l'Etica a Nicomaco - R.A. Gauthier-Y.]. Jolif, Aristate, l'Éthique à Nicomaque, Introduction· traduction et commentaire, 4 voli., Louvain 19702 (il vol. I contiene una mo-· nografia, il II la traduzione, il III e il IV il commentario). Per la Politica - W.L. Newman, The Politics of Aristotle, With an Introduction, two· Prefatory Essays and Criticai and Explanatory Notes, 4 voli., Clarendon Press,. Oxford 1887-1902. Per le opere di logica - T. Waitz, Aristotelis Organon Graece, 2 voli., Leipzig 1844-1846; rist~ anast., Scientia Verlag, Aalen 1962. - D. Ross, Aristotle's Prior and Posterior Analytics, A Revised Text with· Introduction a11d Commentary, Oxford 1949.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- M. Mignucci, Aristotele, Gli Analitici primi, Traduzione introduzione e .commento, Loflredo, Napoli 1969. - M. Mignucci, L'argomentaztone dimostrativa in Aristotele, Commento .agli Analttici secondi, Antenore, Padova 1975. - A. Zadro, Aristotele, I Topici, Traduzione introduztone e commento, Loflredo, Napoli 1974. Per la Poetica - I. Bywater, On the Art of Poetry, A Revised Text with Criticai Intro· .duction Translation and Commentary, Clarendon Press, Oxford 1909; 19112. - A. Rostagni, Aristotele, Poetica, Introduzione, testo e commento, Torino 1927; 19452. -A. Gudeman, Aristoteles, IIEPI IIOIHTIKH:E, mit Einleitung, Text und .adnotatio critica, exegetischem Kommentar, kritischem Anhang und Indices nominum, rerum, locorum, De Gruyter, Berlin und Leipzig 1934. - C. Gallavotti, Aristotele, Dell'arte poetica, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1974. Per il Trattato sul cosmo - G. Reale, Aristotele, Trattato sul cosmo per Alessandro, Traduzione con .testo greco a fronte, introduzione, commento e indtci, Loflredo, Napoli 1974. Per il trattato Sulla filosofia - M. Untersteiner, Aristotele, Della filosofia, Introduzione, testo, traduzione e commetJtO esegetico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1963.
GJ Traduzioni
in lingue moderne
a) Traduzioni i t a l i a n e Purtroppo non esiste ancora un tutto Aristotele nella nostra lingua. Una iniziativa sistematica di nuove traduzioni critiche con introduzioni, commentario analitico e bibliografie è stata promossa dal « Centro Studi filosofici di "Gallarate>> per l'editore Loflredo di Napoli. Sono usciti finora: - La Metafisica, a cura di G. Reale, ·2 voli., 1968; 19782 (dr. ivi, Il, p. 455 le indicazioni circa le precedenti traduzioni italiane di quest'opera aristotelica). - Gli Analitici primi, a cura di M. Mignucci, 1969. - I Topici, a cura di A. Zadro, 1974. - Trattato sul cosmo per Alessandro, a cura di G. Reale, 1974. - La generazione e la corruzione, a cura di M. Migliori, 1976. - L'anima, a cura di G. Movia, 1979. La maggior parte delle traduzioni dei trattati aristotelici in lingua italiana è stata pubblicata dall'editore Laterza (ma senza commento e senza apparati). - Opere, a cura di Gabriele Giannantoni, 4 voli., Roma-Bari 1973 (ripro.dotte anche in edizione economica nella collana «Universale Laterza>>). Le traduzioni sono a cura di: Giorgio Colli (Organon), Antonio Russo (Fisica, Della generazione e della corruzione, Metafisica), Oddone Longo (Del cielo), Renato Laurenti (Dell'anima, Piccoli trattati di storia naturale, Politica, Trat.tato sull'economia, Costituzione degli Ateniesi), Mario Vegetti (Parti degli
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ARISTOTELE
animali), Diego Lanza (Riproduzione degli animali), Armando Plebe (Etica Nicomachea, Grande etica, Etica Eudemia, Retorica), Manara Valgimigli (Poetica), Gabriele Giannantoni (Frammenti). Presso gli altri editori si possono reperire altre recenti traduzioni (citiamo in ordine cronologico di edizione): - E. Riondato, La teoria aristotelica dell'enunciazione, Antenore, Padova 1957 (contiene la traduzione del De interpreta/ione). - De motu animalium, a cura di L. Torraca, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1958 (ed. crit., trad. e note). - La poetica, a cura di C. Sorge, S.E.I., Torino 1961. - Problemi di fonazione acustica, a cura di G. Marenghi, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1962 (ed. crit., trad. e comm.). - De caelo, intr. trad. e note a cura di O. Longo, Sansoni, Firenze 1962. - Generazione e corruzione, a cura di P. Cristofolini, Boringhieri, Torino 1963. - Le Categorie, intr. trad. e comm. a cura di D. Pesce, Liviana editrice, Padova 1966. - La Politica, La costituzione di Atene, a cura di A. Viano, Utet, Torino 1966. - Problemi di medicina, a cura di G. Marenghi, Istituto Editoriale Italiano, Milano 1966 (ed. crit., trad. e note). - Fisica, a cura di G. Laurenza, ltalgrafica, Napoli 1967. - Gli Analitici secondi, a cura di M. Mignucci, Azzoguidi, Bologna 1970. - De lineis insecabilibus (Pseudo Aristotele), intr., trad., e comm. a cura di M. Timpanaro Cardini, Istituto editoriale Cisalpino, Milano-Varese 1970. - Le Categorie, a cura di D. Antiseri, Minerva ltalica, Bergamo 1971. - Opere biologiche, a cura di M. Vegetti e D. Lanza, Utet, Torino 1972. - Retorica, a cura di A. Pieretti, Minerva ltalica, Bergamo 1972. - La poetica, a cura di M. Pittau, Palumbo, Palermo 1972. - Dell'arte poetica, a cura di C. Gallavotti, Mondadori, Milano 1974. - La Metafisica, a cura di C. Viano, Utet, Torino 1974. - La Metafisica, a cura di G. Reale, Rusconi, Milano 1978 (editio minor). - Etica Nicomachea, a cura di C. Mazzarelli, Rusconi, Milano 1979. - La poetica, a cura di D. Pesce, Rusconi, Milano 1981. - Meteorologica, a cura di L. Pepe, Guida Editori, Napoli 1982. Delle opere giovanili vi sono le seguenti traduzioni: - Della filosofia, introduzione, testo, traduzione e commento esegetico di M. Untersteiner, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1963. - Esortazione alla filosofia (Protreptico), a cura di E. Berti, Radar, Padova 1967. - Il De ideis è tradotto da W. Leszl nel volume: Il «De Ideis » di Aristotele e la teoria platonica delle Idee, Olschki, Firenze 1975 (con edizione critica del testo a cura di D. Harlfinger). b) Traduzioni in lingua inglese In lingua inglese esiste una buona traduzione di tutto il Corpus Aristoteli· cum in 12 volumi:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- The Works of Aristotle, Translated into English under the Editorship of W. D. Ross, at the Clarendon Press, Oxford 1908 sgg. (detta comunemente The Oxford Translation of Aristotle). Diamo la descrizione dell'opera e dei rispettivi curatori nella nostra Introduzione a Aristotele (sotto cit.), p. 217. Questa traduzione si è imposta come punto di riferimento a livello internazionale e rimane, per ora, insuperata nel suo insieme, anche se denunzia, ormai, in molti punti, i suoi anni. - Traduzioni inglesi si troveranno anche nell'edizione. bilingue della « Loeb Oassical Library », a cura di vari autori. c) Traduzioni
in lingua francese In lingua francese sono eccellenti le traduzioni curate da J. Tricot: - Aristate, Traduction nouvelle et notes par J. Tricot, Vrin, Paris 1934 sgg.: Organon; Métaphysique (s.i veda soprattutto la Nouvelle édition entièrement refondue, avec commentaire, 1953); De la Génération et de la Corruption; De l'Ame; Traité du Ciel suivi du Traité Pseudo-Aristotélicien du Monde; Parva naturalia suivi du Traité Pseudo-Aristotélicien de Spiritu; Les Météorologiques; Histoire des Animaux, 2 voli.; Les E.conomiques; E.thique à Nicomaque. (Alcuni di questi volumi hanno anche buone note di commento). - Traduzioni in lingua francese si trovano anche nelle edizioni bilingui delle varie opere di Aristotele pubblicate dalla « Collection des Universités de France», sotto il patrocinio della Association G. Budé, a cura di vari autori. d) T r a d u z i o n i i n l i n g u a t e d e s c a Una traduzione di tutte le opere aristoteliche in lingua tedesca ha iniziato e condotto a buon punto Paul Gohlke: - Aristoteles, Die Lehrschriften, herausgegeben, ubertragen und in ihrer Entstehung erlautert, F. Schoning, Paderborn 1945 sgg. Diamo il piano dettagliato dell'opera del Gohlke nella nostra Introduzione a Aristotele (sotto cit.), p. 219. Un grande piano di traduzioni di tutto Aristotele, a cura di diversi specialisti, è stato programmato dalla Wissenschaftliche Buchgesellschaft di Darmstadt in collaborazione con l'Akademie Verlag di Berlino: - Deutsche Aristoteles Gesamt-Ausgabe. Aristoteles, W erke in deutscher Obersetzung, 20 voli. L'opera è stata iniziata sotto la direzione di E. Grumach e, dopo la morte di questi, proseguita sotto la direzione di H. Flashar. Il piano dell'opera e i curatori dei singoli volumi si troveranno nella nostra Introduzione a Aristotele (sotto cit.), pp. 219 sg. A giudicare dai volumi già pubblicati, questa edizione supererà la traduzione inglese di Oxford, soprattutto perché contiene ricchi commentari (e quindi giustificazione della traduzione), introduzioni e bibliografie. (Una traduzione di Aristotele senza note e apparati è ormai pressoché illeggibile).
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ARISTOTELE
*Letteratura crlttca Per la letteratura critica rimandiamo alla nostra Introduzione a Aristotele, Laterza, Bari 19823, pp. 224-240. Qui ci limiteremo a segnalare alcune opere di insieme o sui temi di fondo della filosofia dello Stagirita. a) Su Aristotele in generale e sulla genesi del suo pensiero - W. Jaeger, Aristate/es, Grundlegung einer Geschi_chte seiner Entwicklung, Berlin 1923; 19552; traduzione italiana a cura di G. Calogero, La Nuova Italia, Firenze 1935, più volte ristampata. - W.D. Ross, Aristotle, London 1923, più volte riedito; traduzione italiana di A. Spinelli, Laterza, Bari 1946; Feltrinelli, Milano 1972. - E. Bignone, L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, 2 voli., Firenze 1936; 19732. (Opera fondamentale, che rimane valida, anche se è superata la prospettiva jaegeriana che la sorregge, per la dimostrazione dei riflessi che il giovane Aristotele ebbe sulla .filosofia dell'età ellenistica, in particolare su Epicuro). - E. Berti, La filosofia del primo Aristotele, Padova 1962. - I. Diiring, Aristate/es, Darstellung und Interpretation seines Denkens, Heidelberg 1966. (~ un lavoro fondamentale; forse dopo quella dello Jaeger è la monografia d'insieme più significativa). Il lettore italiano ha ora a disposizione l'opera del Diiring in una bella traduzione di P.L. I:><mini, Mur· sia, Milano 1976. - AA.VV., Aristoteles in der neueren Forschung, Herausgegeben von P. Moraux, Darmstadt 1968. b) Sulla metafisica e sulla ontologia - J. Owens, The Doctrine of Being in the Aristotelian Metaphysics, Toronto 1951; 19632; 1978~ (è uno dei migliori contributi moderni allo studio della Metafisica aristotelica). - L. Lugarini, Aristotele e l'idea della filosofia, Firenze 1961; 19722. - G. Reale, Il concetto di filosofia prima e l'unità della Metafisica di Aristotele, Milano 1961; 19652; 19673. - E. Riondato, Storia e metafisica nel pensiero di Aristotele, Padova 1961. - P. Aubenque, Le problème de l'etre chez Aristate, Essai sur la problématique aristotélicienne, Paris 1962; 19662. -AA.VV., Metaphysik und Theologie des Aristate/es, Herausgegeben von F.P. Hager, Darmstadt 1969. - W. Leszl, Logic and Metaphysics in Aristotle, Padova 1970. - K. Biirthlein, Die Transzendentalienlehre der alten Ontologie, I. Teil: Die Trans:r.endentalienlehre im Corpus Aristotelicum, Berlin 1972. - H. Happ, Hyle, Studien zum aristotelischen Materie-Begriff, BerlinNew York 1971. - C. Natali, Cosmo e divinità, La struttura logica della teologia aristotelica, L'Aquila 1974. - E. Berti, Studi aristotelici, L'Aquila 1975.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- E. Berti, Aristotele: dalla dialettica alla filosofia prima, Padova 1977. c) Sulla fisica e la filosofia della natura - A. Mansion, Introduction à la physique aristotélicienne, Louvain 1913; deuxième édition revue et augmentée 1946; rMit. anast. 1973. - J.M. Le Blond, Logique et méthode chez Aristate, Étude sur la recherche des principes dans la physique aristotélicienne, Paris 1939; 19702. - H. Weiss, Kausalitiit und Zufall in der Philosophie des Aristoteles, Basei 1942; Darmstadt 19672. - W. Wieland, Die aristotelische Physik, G
- E.J. Schiicher, Studien zu den Ethiken des Corpus Aristotelicum, 2 voli., Paderborn 1940; New York-London 19682. - R.A. Gauthier, La morale d'Aristate, Paris 1958; 19733. - P. Aubenque, La prudence chez Aristate, Paris 1963. - W. J. Oates, Aristotle and the Problem of V alue, Princeton 1963. - P.L. Donini, L'etica dei Magna Moralia, Torino 1965. - ]. Vanier, Le bonheur, principe et fin de la morale aristotélicienne, Paris-Bruges 1965. - W.F.R. Hardie, Aristotle's Ethical Theory, Oxford 1968. - ].D. Monan, Moral Knowledge and its Methodology in Aristotle, Ox ford 1968. - AA. VV., Untersuchungen zur Eudemischen Ethik, Akten des 5. Symposium Aristotelicum, Herausgegeben von P. Moraux und D. Harlfìnger, Berlin 1971. - C.]. Rowe, The Eudemian and Nicomachean Ethics, A Study in the Development of Aristotle's Thought, Cambridge 1971. - AA. VV., Ethik und Politik des Aristoteles, Herausgegeben von F.P. Hager, Darmstadt 1972.
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ARISTOTELE
/) S u Il a P o l i ti c a - E. Barker, The Politica/ Thought of Plato and Aristotle, New York 19592. - R. Laurenti, Genesi e formazione della « Politica » di Aristotele, Padova 1955. - R. Weil, Aristote et l'histoire. Essai sur la « Politique », Paris 1960. - AA. VV., La « Politique » d'Aristote, « Entretiens sur !'Antiquité classique », XI, Vandoeuvres-Genève 1965. - AA. VV., Schriften zu den Politika des Aristoteles, Herausgegeben von P. Steinmetz, Hildesheim-New York 1973. ___, G. Bien, Die Grundlegung der politischen Philosophie bei .A...ristoteles, Freiburg i. Br. 1973 g) Su Il a I o g i c a e su i problemi d e l m e t o d o - H. Maier, Die Syllogistik des Aristoteles, 3 voli., Leipzig 1896-1900, 19362; rist. anast., Hildesheim 1969. - G. Calogero, I fondamenti della logica aristotelica, Firenze 1927, 19682, - F. Solmsen, Die Entwicklung der aristoteltschen Logik und Rhetorik Berlin 1929. - A. Becker, Die aristotelische Theorie der Moglichkeitsschliisse, Berlin 1933; Darmstadt 1968. - L.M. Regis, L'opinion selon Aristote, Paris-Ottawa 1935. - J.M. Le Blond, Eulogos et l'argument de convenance chez Aristate, Paris 1938. - S. Mansion, Le iugement d'existence chez Aristote, Louvain-Paris 1946. - J. Lukasiewicz, Aristotle's Syllogistic /rom the Standpoint of Modern Formai Logic, Oxford 1951; 1957 7 (trad. it. a cura di C. Negro, Morcelliana, Brescia). - C.A. Viano, La logica di Aristotele, Torino 1955. - G. Patzig, Die aristotelische Syllogistik, Giittingen 1959; 19632; 19693. - AA.VV., Aristote et les pi'Oblèmes de méthode, Atti del II Symposium Aristotelicum, Louvain 1961. - W . .Kneale, The Development of Logic, Oxford 1962. - M. Mignucci, La teoria aristotelica della scienza, Firenze 1965. - AA. VV., Aristotle on Dialectic, The Topics, Proceedings of the third Symposium Aristotelicum, Edited by G.E.L. Owen, Oxford 1968. - C. Negro, La sillogistica di Aristotele come metodo della conoscenza scientifica, Bologna 1968. - V. Sainati, Storia dell'Organon aristotelico, vol. l: Dai Topici al De interpreta/ione (Istituto di Filosofia dell'Università di Pisa), Firenze 1968; vol. Il: L'analitica, Pt. l: La crisi epistemologica della topica (Istituto di Filosofia dell'Università di Pisa), Firenze 1973. - G. Capozzi, Giudizio, prova e verità, I principi della scienza nella analitica di Aristotele, Napoli 1974. - W. Schmidt, Theorie der Induktion, Die prinzipielle Bedeutung der Epagoge bei Aristoteles, Miinchen 1974.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- A. Zadro, Tempo ed enunciati nel «De interpreta/ione» di Aristotele, Padova 19792. h) Sulla poetica - E. Bignami, La poetica di Aristotele e il concetto dell'arte presso gli tJntichi, Firenze 1932. - W.J. Verdenius, Katharsis ton pathematon, in AA. VV., Autour d'Aristate, Louvain 1955, pp. 367-73. - L. Cooper, The Poetics of Aristotle, Its Meaning and Influence, IthacaNew York 1956; 19632. - G.F. Else, Aristotle's Poetzcs: the Argument, Cambridge (Mass.) 1957. - G. Vattimo, Il concetto di fare in Aristotele, Torino 1961. · - P. Somville, Essai sur la poétique d'Aristate et sur quelques aspects de sa postérité, Paris 1975. i) S u I l a retorica - A. Russo, La filosofia della retorica in Aristotele, Napoli 1962. - W.M.A. Grimaldi, Studies in the philosophy of Aristotle's Rhetoric, Wiesbaden 1972. - A. Pieretti, I quadri socio-culturali della « Retorica» di Aristotele, Roma 1973.
*
Repertori e rassegne bibliografiche
Quasi tutta la letteratura aristotelica fino all'anno 1896 si troverà in: - M. Schwab, Bibliographie d'Aristate, Librairie H. Welter, Paris 1896. L'opera è manoscritta e contiene circa 3.750 titoli (è preziosa soprattutto per le puntuali indicazioni delle edizioni, delle traduzioni e dei commentari di Aristotele). Per la bibliografia a cavaliere fra il secolo XIX e il secolo xx è da vedere: - Praechter, pp. 101 *-22*. Per la letteratura posteriore al 1926, si vedranno: - M.D. Philippe, Aristoteles (« Bibliographische Einfiihrungen in das Studium der Philosophie », 8), Bern 1948. - W. Totok, Handbuch ... , pp. 214-264. Per un quadro di insieme sullo stato degli studi su Aristotele, si veda: - E. Berti, La filosofia del primo Aristotele, Padova 1962, pp. 9-122. - E. Berti, Aristotele, in Questioni di storiografia filosofica, a cura di V. Mathieu, Brescia 1975, pp. 247-317. Per ulteriori indicazioni e per le bibliografie concernenti le singole opere <> le singole parti della filosofia di Aristotele, si veda la nostra Introduzione a Aristotele, cit., pp. 201 sg.; 229 sg.; 232; 234; 235 sg.; 237; 239 sg.
ARPOCRAZIONE DI ARGO: dr. Medioplatonici, 5. ARRIANO FLAVIO DI NICOMEDIA, storico e uomo politico, vissuto fra la .fine del 1 e la prima metà del n secolo d.C. ! noto soprattutto per la sua opera dal titolo Anabasi o Storia della spedizione di Alessandro. Ci sono
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ARPOCRAZIONE/ ASCLEPIODOTO DI ALESSANDRIA
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pervenute anche altre sue opere di carattere geografico e tattico-strategico. nonché sunti fatti da Fozio di altre opere storiche. Il grande merito di Arriano nei confronti della filosofia consiste nell'aver fissato per iscritto le lezioni di Epitteto, di cui egli fu uditore, nell'opera intitolata Le Diatribe, in otto libri, di cui quattro pervenutici, e di aver pubblicato il Manuale, che è un condensato delle dottrine delle Diatribe. In queste opere Arriano si limitò alla funzione di scrivano di Epitteto. Elenchiamo pertanto le edizioni e le traduzioni di esse sotto la voce Epitteto.
ARTEMIOORO DIALETTICO: ricordato da Diogene Laerzio (IX, 53ì come autore di un libro Contro Crisippo. È tutto quanto sappiamo di lui. ARTEMISIA MEGARICA: dr. Megarici, 14. ASCLEPIADE DI FLIUNTE, cfr. Eliaco-Eretriaci, 7.
O Ci sono pervenute solo testimonianze, tramandateci soprattutto da Diogene Laerzio (II, 105; 126; 129-132; 137 sg.; IV, 91). G) Per la traduzione si veda quindi la voce Diogene Laerzio. ASCLEPIO DI TRALLE, filosofo neoplatonico della seconda scuola di Alessandria, vissuto fra il v e il VI secolo d.C.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Commentario alla Metafisica di A I n Aristotelis Metaphysicam ristotele (libri A-Z). 2. Commentario all'Introduzione al- In Nicomachi Arithmeticam introducl'aritmetica di Nicomaco. tionem • Il commento ad Aristotele è pubblicato nei C.A.G., VI, 2 (cfr. indicazione analitica alla voce Commentari greci di Aristotele). Il commento a Nicomaco è edito, con utili note e indici, da: - L. Taran, Asclepius of Tralles, Commentary to Nicomachus' Introduction to Arithmetic, Edited with an Introduction and Notes, in « Transactions of the American Philosophical Society », N.S., vol. 59, part 4, 1969. (The American Philosophical Society, Philadelphia 1969).
*-
K. Kremer, Der Metaphysikbegriff in den Aristoteles-Kommentare der Ammonius-Schule, Miinster Westf. 1961. - L.G. Westerink, Deux commentaires sur Nicomaque: Asclépius et ]ean Philopon, in « Revue des !tudes Grecques », 77 (1964), pp. 526-535.
ASCLEPIOOOTO DI ALESSANDRIA: dr. Neoplatonici, VI, C, 2. ASCLEPIOOOTO STOICO: dr. Mediostoici, 6.
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332
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ASPASIO, filosofo peripatetico del
II
secolo d.C.
O Dei commentari aristotelici da lui scritti ci è pervenuta buona parte di un Commentario all'Etica Nicomachea di Aristotele. • È pubblicato nei C.A.G., XIX, l (cfr. indicazione analitica alla voce Commentari greci di Aristotele).
*-
P.L. I.Xmini, Tre studi sull'aristotelismo nel II secolo d.C., Torino 1974, pp. 98 sgg.
ASSIOTEA DI FLIUNTE: cfr. Accademici antichi, 16. ASTONE DI CROTONE, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 9. ATAMANTE DI POSIOONIA, PSEUDO (?):cfr. Mediopitagorici, 10. ATENEO DI NAUCRATI, retore ed erudito vissuto fra il
II
e
III
secolo
d.C. ad Alessandria e a Roma.
O Compose una vasta opera in 30 libri dal titolo i Sofisti a banchetto (Deipnosophistai). Nella forma tradizionale della letteratura simposiaca che mette capo al Convito di Platone, Ateneo descrive un banchetto di uomini dotti e, nel riprodurre le loro svariate discussioni, dà ampie notizie su an· tichi autori, citando (all'occasione anche testualmente) brani di opere che in seguito andarono perdute e che, non di rado, ci sono note solo grazie alla trascrizione fattane da Ateneo. A causa della eccessiva mole della redazione originaria, l'opera di Ateneo fu epitomata in seguito almeno due volte. La prima epitome in 15 libri (invece dei 30 originari) è quella che noi leggiamo ancora oggi per intero, a parte una grossa lacuna che riguarda i primi d~re libri e l'inizio del terzo. La seconda epttome, fatta nel Medioevo, è di gran lunga più breve della precedente, ma serve a colmare le lacune e, in generale, come testimonianza ausiliaria . • - G. Kaibel, Athenaei Naucratitae Dipnosophistarum libri XV, 3 voli., Lipsiae 1887-1890; rist. anast., Stuttgart 1961-1962 (Bibl. Teubn.), con ricchissimi indici alla fine del terzo volume che consentono di risalire con facilità agli autori o ai passi degli autori discussi nell'opera. Riproduce fedelmente il testo del Kaibel: - Ch. B. Gulick, Athenaeus, The Deipnosophists, 7 voli., London 19271941, con successive ristampe (Loeb), con la traduzione inglese a fronte. Una nuova edizione critica è in corso di pubblicazione nella Collana Budé: - A.M. Desrousseaux · Ch. Astruc ·G. Rochefort, Athénée de Naucratis, Les Deipnosophistes, Paris 1956 sgg., con traduzione francese a fronte. Il testo ridotto della seconda epitome è stato pubblicato, in edizione a parte, da: - S.P. Peppink, Athenaei Deipnosophistae, 2 voli. in tre tomi, Lugduni Batavorum, Brill, 1936-1939.
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333
ASPASIO/ ATOMISTI
CD Cfr. la traduzione inglese del Gulick sopra citata, e quella francese della Collana Budé, cit. ATENEO STOICO: è uno degli ultimi epigoni della Stoa, vissuto nel secolo d.C. (dr. Longino, presso Porfìrio, Vita di Plotino, 20).
III
ATENOOORO DI TARSO: dr. Mediostoici, 15. ATOMISTI (secoli v e
IV a.C.) Ecco il catalogo dei nomi dei filosofi atomisti che figurano nella silloge del Diels-Kranz. Il primo numero è nostro, il secondo, in parentesi, è quell<>della numerazione generale dei Presocratici del DK. LEUCIHPO DI ABDERA l.(= 67 DK) DEMOCRITO DI ABDERA 2. (= 68 DK) 3. (= 69 DK) NESSA DI CHIO METROOORO DI CHIO 4. (= 70 DK) DIOGENE DI SMIRNE 5. (= 71 DK) ANASSARCO DI ABDERA 6. (= 72 DK) ECATEO DI ABDERA 7. (= 73 DK) APOLLOOORO DI CIZIO 8. (= 74 DK) 9. (= 75 DK) NAUSIFANE DI TEO 10. (= 76 DK) DIOTIMO DI TIRO BIONE DI ABDERA 11. (= 77 DK) BOW DI MENDE (oggi da togliere dal c11talogo de12. (= 78 DK) gli Atomisti, per i motivi di cui diciamo alla voce Presocratici, 78 ).
Q Di tutti questi pensatori ci sono giunti solo frammenti e testimonian-ze, significativi soprattutto per quanto concerne Democrito . • L'edizione Diels-Kranz resta, per il momento, unica (vol. II, pp. 70251).
CD© Una buona traduzione italiana, con note di commento, è stata curata da: - V.E. Alfieri, Gli Atomisti, frammenti e testimonianze, Laterza, Bari 1936 (ora riportata anche nei Presocratici [dr. voce], ma senza note).
*-
V.E. Alfieri, Atomos Idea, L'origine del concetto dell'atomo nel pensiero greco, Firenze 1953; nuova edizione riveduta, Congedo Editore, Galatina 1979. - G. Calogero, Storia della logica antica, Bari 1967, pp. 363-452. - D.J. Furley, Two Studies in the Greek Atomists, Princeton 1967.
*
Bibliografia molto ricca in Alfieri, Atomos... , pp. 206-214; 205-2132 e in Zeller-Capizzi [dr. Presocratici], pp. 139 sgg. lvi si troverà anche lo stat().
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
delle moderne ricerche sui problemi generali e particolari concernenti la fiJo:sofia atomistica.
ATTICO: filosofo medioplatonico del n secolo d.C. Q Ci sono giunti solo frammenti (alcuni piuttosto ampi), conservatici da Eusebio e da Proclo .
• - J. Baudry, Atticos, Fragments de son oeuvre avec introduction et notes, Paris 1931 (Coli. Budé). Edizione critica limitata ai frammenti di Attico conservatici da Eusebio di Cesarea nella Praeparatio Evangelica. des Places, Atticus, Fragments, Texte établi et traduit, Paris 1977 ;(Coli. Budé). Include anche i frammenti conservatici da Proclo.
- :e.
(t) Oltre alle traduzioni in lingua francese di Baudry e di des Places, che si trovano nelle edizioni sopra citate, si veda la traduzione in lingua italiana curata da G. Martano, nelle note dell'opera sotto citata.
*-
G. Martano, Attico, filosofo platonico del II sec. d.C., in Due precursori del Neoplatonismo, Silvio Viti, Napoli s.d., pp. 23-61. Oltre al saggio del Martano, si segnalano le introduzioni di Baudry e di .des Places alle edizioni sopra citate.
*
La bibliografia si troverà in des Places, op. cit., pp. 33 sgg.
AURELIO ERACLIDE: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 14.
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B BASILIDE EPICUREO: dr. Epicurei, Elenco scolarchi, 6. BASILIDE STOICO: cfr. Stoici antichi, 16. BIONE DI ABDERA: cfr. Presocratici, 77; Atomisti, 11. BIONE DI BORISTENE: filosofo cinico vissuto fra il
IV
e il m secolo
a.C.
Q Ci sono pervenuti solo frammenti.
e© - ].F. Kindstrand, Bion of Borysthenes, A Collection of the Fragments with Introduction and Commentary, («Studia Graeca Upsaliensia », 11), Uppsala 1976. (f) Per le traduzioni si vedano: -
Nestle, Die Sokratiker ... [cfr. Socratici], pp. 116-119. Paquet, Les Cyniques ... [cfr. Cinici], pp. 127-135.
**
Eccellente è la monografia introduttiva del Kindstrand, op. cit., pp. 1-100, la più completa sull'argomento; cfr., ivi, pp. XI-XXII, anche una nutrita bibliografia.
BOETO DI SIDONE PERIPATETICO: cfr. Peripatetici, B, 4. BOETO DI SIOONE STOICO: cfr. Stoici antichi, 15. BOEZIO SEVERINO, vissuto a cavaliere fra il v e il VI secolo d.C., è pensatore neoplatonico e cristiano. È importante non per la filosofia antica in quanto tale, ma come tramite fra la cultura greca e quella latino-medioevale, specialmente per le sue traduzioni e per i suoi commenti ad Aristotele. Per l'autorità che godette nel Medioevo, più che come conclusione del pensiero
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
antico-pagano, va studiato come premessa e fonte del pensiero cristiano e medievale. • Ricordiamo che le opere complete, per il momento, sono reperibili solo nel Migne, Patrologia Latina, LXIII e LXIV, Parisiis 1882 e 1891.
* *
Una monografia esauriente è quella di: - L. Obertello, Severino Boezio, 2 voli., Accademia ligure di Scienze e Lettere, Genova 1974. Una bibliografia ricchissima si trova nel vol. II dell'opera di Obertello, sopra cit., passim. In particolare, per le edizioni, cfr., ivi, pp. 13-33; per le traduzioni, ivi, pp. 34-52; per la letteratura critica, ivi, pp. 55-226.
BOIDA: cfr. Presocratici, 34. BOLO DI MENDE: cfr. Presocratici, 78; Atomisti, 12. BRISONE MEGARICO: cfr. Megarici, 29. BRISONE PITAGORICO, PSEUDO (?):cfr. Mediopitagorici, 11. BRO(N)TINO DI CROTONE o DI METAPONTO:
cfr. Presocratici,
17; Pitagorici antichi, 4.
BRO(N)TINO DI CROTONE o DI METAPONTO, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 12.
BULAGORA PITAGORICO: cfr. Pitagorici, Elenco scolarchi, 4. BUTERO DI CIZICO, PSEUOO (?): cfr. Mediopitagorici, 13.
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c 331' CALCIOlO: filosofo neoplatonico del
Q Ci
IV
secolo d.C.
è pervenuta una traduzione (parziale) in latino con commento del
Timeo di Platone .
• - J.H. Waszink- P.]. Jensen, Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus (« Plato Latinus », vol. IV), Brill, Leiden 1962; 19752.
*-
].C.M. van Winden, Calcidius on Matter, His Doctrine and Sour.ces, A Chapter in the History of Platonism, Leiden 1959; 19652. - J.H. Waszink, Studien zum Timaioskommentar des Calcidius, I: Die erste Halfte des Kommentars, Leiden 1964. - J. den Boeft, Calcidius on Fate, His Doctrine and Sources, Leiden 1970. - J. den Boeft, Calcidius on Demons, Leiden 1977.
CALDAICI, ORACOLI: dr. Oracoli Caldaici. CALLICLE ACCADEMICO: dr. Neoaccademici, 10. CALLICRATIDA DI SPARTA, PSEUDO: dr. Mediopitagorici, 14. CALLIFONTE DI CROTONE: dr. Presocratici, 19; Pitagorici antichi, 6 CALLINO PERIPATETICO, discepolo di Teofrasto ed erede di alcuni suoi beni.
CALLISTENE DI OLINTO, filosofo peripatetico discepolo di Teofrasto ·ed uno dei suoi esecutori testamentari. CU.VISIO (CALVENO) TAURO DI BERITO: dr. Medioplatonici, 7. CAMELEONTE DI ERACLEA NEL PONTO: dr. Peripatetici, A, 4, e inoltre:
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}38
•
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
-
V. Steflen, Chamaeleontis Fragmento, Varsavia 1964.
CARMADA (o CARMADE o CARMIDE): cfr. Neoaccademici, 13. CARNEADE DI CIRENE: accademico scettico del m-n secolo a.C. Fu scolarca dell'Accademia.
O Non scrisse nulla. Del suo pensiero ci sono pervenute testimonianze attraverso i suoi discepoli. e© -
B. Wisniewski, Karneades, Fragmente, Text und Kommentar
(« Archiwum Filologiczne », 24), Wroclaw-Warszawa-Krak6w 1970.
(!) Una traduzione italiana si trova in: -
Russo, Scettici... [cfr. voce], pp. 213-383.
-
Oltre alle storie generali dello scetticismo, cfr.: E. Nonvel Pieri, Carneade, Padova 1978.
* *-
L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978), in: Lo scetticismo ... [cfr. voce Scettici], pp. 753-850.
CARNEADE IL GIOVANE (FIGLIO DI POLEMARCO): cfr. Accademici, Elenco scolarchi, 12; Neoaccademici, 7.
CARONDA DI CATANE, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 15. CASSIO SCETTICO: cfr. Medici Empirici, 14; Neoscettici, 22. CEBETE, PSEUOO: filosofo pitagorico-stoicheggiante de1l'età ellenistica (cfr. Mediopitagorici, 65).
O Sotto il nome di Cebete pitagorico, discepolo di Socrate, ci è pervenuta una operetta dal titolo: Tavola di Cebete (Cebetis tabula) . •
-
C. Praechter, Cebetis tabula, Lipsiae 1893 (Bibl. Teubn.).
eGJ© - D. Pesce, La Tavola di Cebete, Testo, traduzione, introduzione e commento, Paideia Editrice, Brescia 1982.
©-
*-
Indice dei termini in Praechter e in Pesce.
R. Joly, Le « Tableau » de Cébès et la philosophie religieuse, Bruxelles 1963. - Si veda anche l'ampia Introduzione di Pesce, in: La tavola ... , cit.
CELSO DI ALESSANDRIA, pensatore vicino alle concezioni medioplatoniche, vissuto nel
O
11
secolo d.C.
La sua opera intitolata Discorso vero, diretta contro i Cristiani, è an-
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CAR~ADA/CICERONE
339-
data perduta, ma è ricostruibile, nelle linee fondamentali, sulla base della sistematica confutazione che di essa Origene scrisse, nel suo celebre Contra Celsum . •
O. Gl&kner, Celsus, Alethes logos, Bonn 1924.
(!) - L. Rougier, Celse, Discours vrai contre les chrétiens, Paris 1965. - Si veda anche la traduzione italiana del Contra Celsum, che indichiam~ alla voce Origene Cristiano. * - C. Andresen, Logos und Nomos, Die Polemik des Kelsos wider das Christentum, Berlin 1955. - H. DOrrie, Platonica minora, Miinchen 1976, pp. 229-274. - L. Rougier, Celse contre les chrétiens, Paris 1977.
CERCIDA DI MEGALOPOLI, poeta cinico del m secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti frammenti, che si possono trovare nelle seguenti
opere: • - E. Diehl, Anthologia lyrica Graeca, III, Iamborum scriptores, Lipsiae 19523, pp. 141-152 (Bibl. Teubn.). - I.U. Powell, Collectanea Alexandrina, Clarendon Press, Oxonii 1925; 19702, pp. 201-213. - A.D. Knox, Herodes, Cercidas and the Greek Choliambic Poets, in The Characters of Theophrastus, edited by J;M. Edmonds, London-Cambridge (Mass.) 1929, pp. 187-239 (Loeb).
(!) Cfr. le seguenti traduzioni, rispettivamente in inglese, tedesco, fran· cese: - Knox, nell'edizione sopra citata. - Nestle, Die Sokratiker ... ;[dr. Socratici], pp. 150-152. - Paquet, Les Cyniques ... [dr. Cinici], pp. 135-138. * * - A . Pennacini, Cercida e il secondo cinismo, in« Atti della Accademia delle Scienze di Torino», vol. 90 (1955-1956), pp. 1-27 (estratto). lvi,. nelle note (in particolare a p. 27, nota l), si troveranno utili indicazioni bibliografiche.
CERCOPE PITAGORICO: cfr. Presocratici, 15; Pitagorici antichi, 2. CHEREDEMO EPICUREO: cfr. Epicurei, A, 4. CHEREMONE D'EGITTO: dr. Neostoici, 7. CICERONE, MARCO TULLIO, retore e filosofo neoaccademico-eclettico, nato ad Arpino nel 106 a.C. e morto nel 43 a.C., ucciso dai soldati di Antonio.
O
Opere filosofiche
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Fu uno degli scrittori più fecondi di tutta l'antichità. Delle numerose opere ·pervenuteci (il cui catalogo si vedrà nell'eccellente articolo della R.E. sotto .citato) interessano allo storico della filosofia, soprattutto le seguenti: l. I paradossi degli Stoici Paradoxa Stoicorum 2. Accademici primi e secondi (ci so- Academica priora ( =Lucullus), no giunti il libro Il dei primi e al- Academica posteriora cuni frammenti dei secondi) De finibus bonorum et malorum 3. Dei beni e dei mali supremi Tusculanae disputationes 4. Le Tusculane' 5. Sulla natura degli dei De natura deorum De officiis '6. Sui doveri 7. Sulla divinazione De divinatione ·s. Sul fato De fato 9. Catone Maggiore o della vecchiaia Cato maior de senectute 10. Lelio o àella amicizia Laelius de amicitia 11. La repubblica (ci è pervenuta solo De republica in parte; il Sogno di Scipione, che nel Medioevo circolò come opera a sé, fa parte del libro VI) 12. Le leggi De legibus 13. L'Ortensio (solo frammenti) Hortensius .14. L'oratore De oratore
e©
E d i zio n i c. riti c h e e c o m m e n tar i
Tutte le opere di Cicerone si trovano in edizioni critiche (per lo più di alto livello) nella « Bibliotheca T eubneriana »: - M. Tulli Ciceronis Scripta quae manserunt omma, Lipsiae 1814 sgg.; nuova edizione 1961 sgg. Si sta imponendo, anche, per la serietà con cui è condotta, l'edizione che ·si pubblica in Italia presso l'editore Mondadori: - M. Tutti Ciceronis Opera omnia quae exstant critico apparatu instructa .consilio et auctoritate collegi ciceronianis studiis provehendis, Milano 1963 sgg. Molti volumi sono stati pubblicati anche nella Collection Budé, in una .comoda edizione bilingue, talora con buone introduzioni. Segnaliamo in particolare, per quanto riguarda le opere di interesse filo·sofìco sopra indicate, alcune edizioni critiche di rilievo e alcuni commentari. l. I
-
paradossi degli Stoici:
R. Badall, M. Tuili Ciceronis Paradoxa Stoicorum, Mondadori, Mila-
no 1968. - J. Molager, Les paradoxes des Stolciens, Texte établi et traduit, Paris 1971 (Coli. Budé). lvi, pp. 86 sgg., sono indicate le precedenti edizioni; ampia .ed esauriente è anche l'introduzione. 2.
A c c a d e m i ci p r i m i e s e c o n d i - O. Plasberg, M.T. Cicero, Academicorum reliquiae cum Lucullo, Lip:Siae 1922; rist. anast., Stuttgart 1961 (Bibl. Teubn.).
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CICERONE
- ].S. Reid, M. Tulli Ciceronis Academica, The Text Revised and Explained, London 1885; rist. anast., Olms, Hildesheim 1966. 3. D e i h e n i e d e i m a l i supremi - Th. Schiche, M. Tulli Ciceronis De finibus bonorum et malorum, Lipsiae 1915 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Stuttgart 1961. - ]. Martha, Cicéron, Des termes extrémes des biens et des maux, Texte établi et traduit, 2 voli., Paris 1928-1930 (Coli. Budé). - D.l. Madvig, M. Tulli Ciceronis De finibus bonorum et malorum libri quinque, editio tertia emendata, Hauniae 1876; rist. anast., Olms, Hildesheim 1963 (è un commento ormai assai invecchiato, ma, per alcuni aspetti, resta ancora un utile punto di riferimento). - ].S. Reid, Cicero, De finibus bonorum et malorum, I-11, University Press, Cambridge 1925; rist. anast., Olms, Hildesheim 1968.
4. L e T u s c u l a n e - M. Pohlenz, M. Tulli Ciceronis Tusculanae disputationes, Lipsiae 1918 (Bibl. Teubn.). - G. Fohlen, Cicéron, Tusculanes (con traduzione di J. Humbert), 2 voli., Paris 1931; 19602 (Coli. Budé). - H. Drexler, M. Tulli Ciceronis Tusculanarum disputationum libri quinque, Mondadori, Milano 1964. - M. Pohlenz, Ciceronis Tusculanarum disputationum libri V, mit Benutzung von O. Heines Ausgabe, erklart von M. Pohlenz, 2 voli., Stuttgart 19125-19294; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1957. - T.W. Dougan, M. Tulli Ciceronis Tusculanarum disputationum libri quinque, A Revised T ext with I ntroduction and Commentary an d a Colla· tion of Numerous Mss., 2 voli., Cambridge 1905-1934 (ll secondo volume è stato completato e rivisto da R.M. Henry).
5. Su Il a natura d egli D e i - O. Plasberg - W. Ax, M. Tulli Ciceronis De natura deorum, Lipsi,ae 19332 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Stuttgart 1961.
- ].B. Mayor, M. Tulli Ciceronis De natura deorum libri tres, With Introduction and Commentary, 3 voli., Cambridge 1880, 1883, 1885. - A.S. Pease, M. Tulli Ciceronis De natura deorum libri III, 2 voli., Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1955-1958; rist. anast., Wissenschaftliche Buchgeselischaft, Darmstadt 1968 (ampia introd. di pp. 106 e ricchissimo commentario). 6. S u i d o v e ri - C. Atzert, M. Tulli Ciceronis De officiis, Lipsiae 19715 (Bibl. Teubn.). - P. Fedeli, M. Tulli Ciceronis De officiis libri tres, Mondadori, Milano 1965. - M. Testard, Cicéron, Les devoirs, Texte établi et traduit, 2 voli., Paris 1965-1970 (Coli. Budé); vi si trova un'ampia e documentata introduzione, con ricca bibliografia nelle note. - H.A. Holden, M. Tulli Ciceronis De officiis libri tres, With Introduc~
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
tion Analysis and Commentary, Cambridge 1899; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1966. 7-8. Su 11 a d i v i nazione e Su l fa t o - O. Plasberg - W. Ax, M. Tulli Ciceronis De divinatione, De fato, Timaeus, Lipsiae 1938 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Stuttgart 1965. - A. Yon, Cicéron, Traité du destin, Texte établi et traduit, Paris 1950 (19331) (Coli. Budé). - A.S. Pease, M. Tulli Ciceronis De divinatione libri duo, University of Illinois Press, Urbana 1920-1923; rist. anast., Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1973 (il commentario è assai ricco). - M. Paolillo, Cicerone, De fato, Introduzione e commento, Le Monnier, Firenze 1957. - D. Pesce, Cicerone, Il fato, Traduzione, introduzione, commento, Liviana Editrice, Padova 1970. 9. C a t o n e m aggio re o d e 11 a v e c c h i a i a - M. Bonaria, M. Tulli Ciceronis maior de senectute, Mondadori, Milano 1968. 10. L e l i o o d e 11 a a m i ci z i a - P. Fedeli, M. Tulli Ciceronis Laelius de amicitia, Mondadori, Milano 1971. - R. Combès, Cicéron, Laelius de amicitia, Texte établi et traduit, Paris 1971 (Coli. Budé); ivi, pp. LXVIII sgg., sono indicate le precedenti edizioni e la bibliografia. - M. Seyffert- C.F.W. Miiller, M.T. Cicero, Laelius De amicitia dialogus, Leipzig 18762; rist. anast., Olms, Hildesheim 1965 (con ricco commento).
11. L a Re p u h h l i c a - K. Ziegler, M. Tulli Crceronis De republica librorum sex quae manserunt, Leipzig 19697 (Bibl. Teubn.). - P. Krarup, M. Tulli Ciceronis De republica librorum VI quae manserunt, Mondadori, Milano 1967. -A. Ronconi, Cicerone, Somnium Scipionis, Introduzione e commento, Firenze 1961. 12. Le leggi - K. Ziegler, M. Tullius Cicero, De Legibus, F.H. Kerle Verlag, Heidelberg 1950. 13. L'Or t e n si o - M. Ruch, L'Hortensius de Cicéron, Histoire et reconstitution, Paris 1958. - A. Grilli, M. Tulli Ciceronis Hortensius, Istituto Editoriale Cisalpino, Varese-Milano 1962. 14. L 'or a t or e - E.V. Darbela, Cicerone, L'oratore, edizione critica con traduzione e 11nte italiane, Milano 1958.
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CICERONE
- K. Kumaniecki, M. Tulli Ciceronis Ve oratore, Lipsiae 1969 (Bibl. Teubn.). - A.S. Wilkins, M. Tuili Ciceronis De oratore libri tres, With Introduction and Notes, Oxford 1892; rist. anast., Servio Publisher, Amsterdam 1962; Olms, Hildesheim 1964.
©
Lessico
Resta fondamentale il seguente lessico: - H. Merguet, Lexikon zu den philosophischen Schriften Cicero's mit Angabe siimtlicher Stellen, 3 voli., Jena 1887, 1892, 1894; seconda rist. anast., Olms, Hildesheim-New York 1971.
(i) Traduzioni italiane Fra le moltissime traduzioni, ci limitiamo a ricordare le seguenti, molto utili anche perché riproducono il testo latino a fronte: - Tutte le opere di Cicerone, Mondadori, Milano 1962 sgg. (a cura del Centro Studi Ciceroniani). Di questa collana, ecco i volumi che interessano lo studioso di filosofia: - vol. 26. Sulla natura degli Dei, a cura di U. Pizzani, 1967. - vol. 26,2. Le dispute accademiche, a cura di R. Del Re, 1976. - vol. 28. I paradossi degli Stoici, a cura di O. Tescari; Il Timeo, a cura di F. Pini; Della divinazione, a cura di R. Giomini; Sul destino, a cura di F. Pini, 1968. - vol. 29. Le Tusculane, a cura di A. Di Virginio, 1962; 19672. - vol. 30. La vecchiezza, L'amicizia, a cura di G. Pacitti, 1965. - vol. 31. Dei Doveri, Delle virtù, a cura di Q. Cataudella, 1966. Sono da vedere, inoltre, i volumi usciti nei «Classici latini» della Utet: - Opere politiche e filosofiche di M. Tullio Cicerone. Volume primo: Lo Stato, Le leggi e I Doveri, a cura di L. Perrero e N. Zorzetti, seconda edizione con testo latino a fronte, Torino 1974. Volume secondo: I termini estremi del bene e del male, Discussioni tusculane, La natura degli Dei, a cura di N. Marinone, Torino 1955; seconda edizione con testo latino a fronte 1976. - Opere retoriche di M. T. Cicerone, De oratore, Brutus, Orator, a cura di G. Norcio, Torino 1970.
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Studi critici di interesse filosofico
La letteratura su Cicerone è sterminata e, nella maggior parte dei casi, di carattere filologico e letterario. Solo di raro si incontrano volumi che mostrino una solida base filosofica. Fra le opere più significative, ricordiamo: - R. Hirzel, Untersuchungen zu Ciceros philosophischen Schriften, 3 voli., Leipzig 1877, 1882, 1883; rist. anast., Olms, Hildesheim 1964. (Per quanto risenta il peso degli anni, resta un capolavoro di acribia e di informazione. Il vol. I studia il De natura deorum; il vol. II il De finibus e il De officiis; il vol. III gli Academica e le T usculanae, con uno studio preli• minare sulle varie forme e la storia dello Scetticismo, di ben 250 pp., che è già di per sé un volume. Resta un punto di riferimento indispensabile).
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344
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- E. Ciaceri, Cicerone e i suoi tempi, 2 voli., Milano 1926-1930; 19392. Un altro monumento di erudizione è il poderoso articolo della PaulyWissowa: - Gelzer-Kroll-Philippson-Biichner, M. Tullius 29, R.E., VII A (1937) -coli. 1004 sgg. (La parte filosofica è curata dal Philippson ed è assai puntuale). - O. Seel, Cicero, Wort, Staat, Welt, Stuttgart 1953; 19612, 19673. - A. Miche!, Rhétorique et philosophie chez Cicéron, Essai sur les fon.dements philosophiques de l'art de persuader, Paris 1961. - A. Weische, Cicero und die neue Akademie, Miinster (Westf.), 1961; 19752. - K. Biichner, Cicero, Bestand und W andel seiner geistigen W elt, Heidelberg 1964. - P. Boyancé, Études sur l'humanisme cicéronien, Bruxelles 1970. - V. Guazzoni Foà, I fondamenti filosofici della teologia ciceroniana, Milano 1970. - W. Gorler, Untersuchungen zu Ciceros Philosophie, Heidelberg 1974. Si vedano inoltre: - Atti del congresso di studi ciceroniani, 2 voli., Centro di Studi Ciceroniani, Roma 1961. Molti dei contributi più significativi pubblicati in periodici o miscellanee 'Sono stati raccolti nel volume: - AA.VV., Das neue Cicerobild, Herausgegeben von K. Biichner, Wissen:schaftliche Buchgesellschaft, Darmstad 1971.
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Per la bibliografia si veda soprattutto Totok, Handbuch ... , pp. 296-310; ivi, p. 296, sono indicate anche le più recenti bibliografie e rassegne bibliogra· :fiche specifiche.
·CINICI (dal
IV secolo a.C. al principio del VI secolo d.C.) Diamo qui un elenco dei pensatori cinici che hanno avuto un rilievo di •carattere speculativo, oppure storico e culturale, secondo l'ordine cronologico. l. ANTISTENE DI ATENE, vissuto fra il v e il xv secolo a.C. Fu il fondatore della scuola nel ginnasio di Cinosarge (dr. voce). 2. DIOGENE DI SINOPE, vissuto nel IV secolo a.C. Con lui la « dottrina cinica » assunse la formulazione più radicale e il modello della « vita ·cinica» assunse una perfetta determinazione (dr. voce). 3. ONESICRITO DI ASTIPALEA, storico ed ammiratore delle idee ci· niche, ma non seguace della «vita cinica». Visse nel IV secolo (dr. voce). 4. FILISCO DI EGINA, vissuto nella seconda metà del secolo IV, sareb· be autore delle tragedie che andavano sotto il nome di Diogene e che parodiavano, in chiave cinica, i temi della tragedia classica.
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34.5
CINICI
.5. MENANDRO CINICO, discepolo di Diogene, quasi sconosciuto. 6. EGESIA DI SINOPE, discepolo di Diogene, quasi sconosciuto. 7. MONIMO DI SIRACUSA, vissuto fra il IV e il III secolo a.C., seguace entusiasta di Diogene ed anche di Cratete. 8. CRATETE DI TEBE, fu il più notevole dei discepoli di Diogene. Visse nella seconda metà del IV secolo e mori agli inizi del 111 (cfr. voce). 9. IPPARGHIA DI MARONEA, moglie di Cratete. 10. METROCLE DI MARONEA, vissuto fra il IV e il 111 secolo a.C. Fu fratello di lpparchia (e quindi cognato di Cratete). Introdusse nel cinismo una vena accentuatamente pessimistica e bruciò i propri scritti. 11. TRASILW CINICO, per noi poco più che un nome. 12. MENEDEMO, vissuto nel III secolo a.C. Fu, dapprima, discepolo di Colote di Lampsaco (cfr. voce). 13. MENIPPO DI GADARA, fiorito nella prima metà del III secolo a.C. (cfr. voce). 14. BIONE DI BORISTENE, vissuto fra IV e III secolo a.C. (cfr. voce). 1.5. CERCIDA DI MEGAWPOLI, vissuto nel III secolo a.C. (cfr. voce). 16. TELETE forse DI MEGARA, fiorito nella seconda metà del III secolo a.C. (cfr. voce). 17. MELEAGRO DI GADARA, vissuto fra 11 e 1 secolo a.C. (cfr. voce). 18. DEMETRIO, vissuto nel 1 secolo d.C. Di lui siamo informati soprattutto da Seneca. 19. DIONE CRISOSTOMO, vissuto nella seconda metà del I e agli inizi del 11 secolo d.C. (cfr. voce). 20. AGATOBUW, vissuto nella prima metà del 11 secolo d.C. Fu maestro di Demonatte e di Peregrino. (Cfr. Dudley, sotto citato, pp. 17.5 sgg.). 21. DEMONATTE DI CIPRO, attivo nel n secolo d.C. (cfr. voce). 22. PEREGRINO PROTEO, nato a Pario nella Propontide, vissuto nel 11 secolo d.C.; mori nel 16.5 o 167 d.C. (cfr. voce): 23. SOSTRATO IL BEOTO, forse contemporaneo di Demonatte. (Cfr. Dudley, sotto citato, pp. 182 sgg.). 24. TEAGENE, seguace di Peregrino. (Cfr. Dudley, sotto citato, p. 183). 2.5. ENOMAO DI GADARA, vissuto nel u secolo d.C. (cfr. voce). 26. MASSIMO DI ALESSANDRIA, vissuto nel IV secolo d.C., sembra aver mescolato il cinismo con il cristianesimo (cfr. voce). 27. SALLUSTIO DI SIRIA, nato forse attorno al 430 d.C. e morto agli inizi del VI secolo d.C., è l'ultimo dei Cinici che conosciamo per nome.
Q Dei Cinici ci sono giunti solo frammenti e testimonianze. Va eccettuato Dione Crisostomo, le cui numerose Orazioni pervenuteci sono, però, solo per una certa parte ispirate al cinismo, dato che Dione fu Cinico solo nella fase centrale della sua vita (cfr. voce).
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.346
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
e©
Il ricco e complesso materiale concernente i Cinici antichi (numeri 1-12 del catalogo sopra riportato) è stato unitariamente raccolto, sistemato e accuratamente annotato da: - Giannantoni, Antisthenis, Diogenis, Cratetis et Cynicorum veterum reliquiae, in S.R. [cfr. voce Socratici Minori], v A-v M. Di alcuni dei restanti Cinici vi sono singole edizioni dei frammenti, di cui diamo indicazione alle singole voci (cfr. i rimandi sopra indicati). Per le edizioni e le traduzioni del ricco materiale che si trova in Epitteto, in Giuliano imperatore e in Luciano, cfr. queste voci.
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Resta fondamentale: - D.R. Dudley, A History of Cynicism, From Diogenes to the 61h Century A.D., London 19.37; rist. anast., Olms, Hildesheim 1967. (Studia in modo analitico e chiaro - anche se con tesi non sempre condividibili tutti gli autori sopra elencati).
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La bibliografia sui Cinici si troverà in Paquet, op. cit., pp. 297-.302 e in Giannantoni, S.R., cit.
CIRENAICI (dagli ultimi decenni del v alla prima metà del m secolo a.C.) Diamo l'elenco dei filosofi cirenaici di cui ci sono giunti frammenti o testimonianze. l. ARISTIPPO DI CIRENE, vissuto fra gli ultimi decenni del secolo v e la prima metà del secolo IV a.C. 2. ARETE DI CIRENE, figlia di Aristippo, vissuta nel IV secolo a.C . .3. ARISTIPPO METRODIDATTA, figlio di Arete (e quindi nipote del fondatore della scuola), vissuto nella seconda metà del IV secolo a.C. 4. ANTLPATRO DI CIRENE, discepolo di Aristippo il Vecchio, quindi vissuto nel IV secolo a.C. 5. PAREBATE DI CIRENE, discepolo di Epitimide, a sua volta discepolo di Antipatro, e quindi vissuto fra il IV e il m a.C. 6. ARISTOTELE CIRENAICO, vissuto fra il IV e il m secolo a.C. 7. EGESIA DI CIRENE, vissuto fra il IV e il m secolo a.C. 8. ANNICERI(DE) DI CIRENE, probabilmente contemporaneo di Egesia. 9. TEODORO DI CIRENE detto L'ATEO, discepolo di Anniceride, vissuto a cavaliere fra il IV e il m secolo a.C.
Q Di nessuno dei Cirenaici ci sono pervenute opere integrali, ma solo frammenti ed un buon numero di testimonianze indirette.
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CIRENAICI/CLEARCO
347
• Tre moderne edizioni hanno definitivamente superato la vecchia ed incompleta raccolta di Mullach, contenuta nei Fr. Phil. Gr.: - G. Giannantoni, I Cirenaici, Raccolta delle fonti antiche, traduzione e studio introduttivo, Sansoni, Firenze 1958. - E. Mannebach, Aristippi et Cyrenaicorum fragmenta, Brill, LeidenKoln 1961.
- Giannantoni, Aristippi et Cy,enaicorum philosophorurn reliquiae, in S.R. [dr. voce Socratici Minori], IV A-IV H. {Giannantoni e Mannebach hanno usato criteri di edizione molto diversi fra di loro e perciò può tornare utile allo studioso il raffronto dei rispettivi risultati).
© Quest'ultima edizione di Giannantoni è fornita di commenti e di ricche notazioni. © Un utile Index verborum si trova nella citata edizione di Mannebach, pp. 125-129. (!) La traduzione italiana si trova nella prima edizione del Giannantoni, a fronte del testo greco.
*-
G. Zuccante, I Cirenaici, Milano 1916. - ]. Stenzel, Kyrenaiker, in R.E., XII, l (1924), coli. 137-150. - Giannantoni, Introduzione allo studio di Aristippo di Cirene, in: I Cirenaici... , cit., pp. 11-169.
*
Una assai ricca bibliografia si trova nelle due edizioni del Giannantoni.
CLAUDIANO MAMERTINO: scrittore cristiano vissuto nel v secolo d.C. Di lui ci è pervenuto un trattato Sull'antma, utile per alcune informazioni di carattere dossografico. CLEANTE DI ASSO: dr. Stoici antichi, 7; Stoici, Elenco scolarchi, 2 e inoltre:
e© - A.C. Pearson, The Fragments of Zeno and Cleanthes, London 1891; rist. anast., Arno Press, New York 1973. (Nella letteratura anglosassone le citazioni sono fatte spesso secondo questa edizione).
*
-H. von Arnim, Kleanthes, in R.E., XI, l (1921), coli. 558-574. - G. Verbeke, Kleanthes van Assos, Bruxelles 1949 (è l'opera di gran lunga più completa, purtroppo, però, scritta in lingua fiamminga). - Pohlenz, La Stoa ... , I 34 sg.; 324 sgg.; 185 sg.; 217-221 e passim. - H. DOrrie, Kleanthes, in R.E., Suppl. 12 (1970), coli. 1705-1709.
*
Una bibliografia aggiornata si trova in DOrrie, cit., coli. 1707 sgg.
CLEARCO DI SOLI: dr. Peripatetici, A, 5.
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348
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
CLEEMPORO PITAGORICO, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 16. CLEMENTE ALESSANDRINO: vissuto fra il n e il m secolo d.C. Nacque ad Atene, ma è detto Alessandrino perché visse ed operò ad Alessandria. ~ fonte preziosa di informazione soprattutto per i suoi Stromata . • O. Stahlin, Clemens Alexandrinus, Stromata, 2 voli., Leipzig 19061909. La bibliografia si trova in Totok, Handbuch ... , Il, pp. 86 sgg.
*
CLEOMEDE, astronomo del n secolo d.C., influenzato dalla Stoa.
O ~ autore del trattato De motu circulari corporum caelestium. e© H. Ziegler, Cleomedis De motu circulari corporum caelestium
libri duo, Lipsiae 1891 (Bibl. Teubn.), con traduzione latina a fronte del testo greco ed ampio Index verborum (pp. 231-257).
CLEOSTRATO DI TENEDO: cfr. Presocratici, 6. CLIDEMO: cfr. Presocratici, 62. CLINIA DI TARANTO: cfr. Presocratici, 54; Pitagorici antichi, 28. CLINIA DI TARANTO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 17. CLINOMACO DI TURI: cfr. Megarici, 5. CLITARCO DI ALESSANDRIA: cfr. Megarici, 23. CLITOMACO DI CARTAGINE, filosofo accademico-scettico, vissuto nel 11 secolo a.C., discepolo e divulgatore del pensiero di Carneade (cfr. Accademici, Elenco scolarchi, 14).
O Ci GJ -
* *-
-
sono pervenute solo scarse testimonianze. Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 385-396.
Cfr. la bibliografia indicata alla voce Scetticismo, e inoltre: H. von Arnim, Kleitomachos, in R.E., XI, l (1921), coli. 656-659.
L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978), in: Lo scetticismo ... [cfr. voce Scettici], pp. 753-850.
COWTE DI LAMPSACO, filosofo epicureo del
IV-lll
secolo a.C.
O Ci sono pervenuti solo frammenti, trasmessici da Plutarco nell'opuscolo polemico Adversus Colotem e dai papiri di Ercolano. • Non esiste un'edizione completa di tutti i frammenti. I testi papiracei sono stati criticamente restituiti da:
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CLEEMPORO/COMMENTARI GRECI DI ARISTOTELE
349"
- W. Cronert, Kolotes und Menedemos, Texte und Untersuchungen zur Philosophen- und Literaturgeschichte, (« Studien zur Paliiographie und Papyruskunde », Verlag Eduard Avenarius, Leipzig 1906, pp. 162-170; rist. anast.,. Hakkert, Amsterdam 1965.
GJ Tutti i testi di Colote sono stati, invece, recentemente raccolti in traduzione italiana da: - Isnardi Parente, Opere di Epicuro [cfr. Epicurei], pp. 555-572. (Questa· raccolta, in mancanza dell'edizione dei testi in lingua originaria, è un indispensabile punto di riferimento).
*
Cfr. R. Westman, Plutarch gegen Kolotes, Helsinki 1955.
COMMENTARI GRECI DI ARISTOTELE Tutti i commentari composti in lingua greca, dagli inizi dell'era cristiana al secolo d.C. e a noi pervenuti, sono stati accuratamente pubblicati in una. grande raccolta in 23 volumi, divisi in vari tomi, a cura di numerosi speciali-sti. Il titolo complessivo della raccolta è: - Commentario in Aristotelem Graeca, edita consilio et auctoritate Academiae Litterarum Regiae Borussicae, apud G. Reimerum, Berolini 1882-1909;. rist. anast., De Gruyter, Berlin 1954 sgg. Questa raccolta viene di norma indicata con la sigla C.A.G. Ecco il catalogo completo dei titoli che vi fanno parte: Volume 1: Alexandri Aphrodisiensis in Aristotelis Metaphysica commentario, edidit M. Hayduck, 1891; rist. 1956. Parte l: Alexandri in Aristotelis Analyticorum Priorum li-Volume II, brum I commentarium, edidit M. Wallies, 1883;. rist. 1960. Parte 2: Alexandri Aphrodisiensis in Aristotelis Topicorum libros octo commentario, edidit M. Wallies, 1891;. rist. 1959. Parte 3: Alexandri quod fertur in Aristotelis Sophisticos· Elenchos commentarium, edidit M. Wallies, 1898;. rist. 1960. Volume III, Parte l: Alexandri in librum De sensu commentarium, edi-dit P. Wendland, 1901; rist. 1960. Parte 2: Alexandri in Aristotelis Meteorologicorum libros commentario, edidit M. Hayduck, 1899; rist. 1960. Volume IV, Parte 1: Porphyrii Isagoge et in Aristotelis Categorias commentarium, edidit A. Busse, 1887; rist. 1957. Parte 2: Dexippi in Aristotelis Categorias commentarium,. edidit A. Busse, 1888; rist. 1959. Parte 3: Ammonius, In Porphyrii Isagogen sive V voces~ edidit A. Busse, 1891; rist. 1960. Parte 4: Ammonius, In Aristotelis Categorias commenta.rius, edidit A. Busse, 1895; rist. 1960. XIV
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J50
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Parte 5: Ammonius, I n Aristotelis De interpreta/ione commentarius, edidit A. Busse, 1897; rist. 1960. Parte 6: Ammonii in Aristotelis Analyticorum Priorum librum I commentarium, edidit M. Wallies, 1899; rist. 1960. Volume V,
Volume VI,
Volume Vl·l: Volume VIII: Volume IX: Volume X: Volume XI: Volume XII,
Volume XIU,
Parte 1: Themistii Analyticorum Posteriorum paraphrasis, edidit M. Wallies, 1900; rist. 1960. Parte 2: Themistii in Aristotelis Physica paraphrasis, edidit H. Schenkl, 1900; rist. 1960. Parte 3: Themistii in libros Aristotelis De anima paraphrasis, edidit R. Heinze, 1899; rist. 1960. Parte 4: Themistii in libros Aristotelis De caelo paraphrasis hebraice et latine, edidit S. Landauer, 1902; rist. 1961. Parte 5: Themistii in Aristotelis Metaphysicorum librum A paraphrasis hebraice et latine, edidit S. Landauer, 1903. Parte 6: Themistii (Sophoniae) in Parva Naturalia commentarium, edidit P. Wendland, 1903. Parte 1: Syriani in Metaphysica commentario, edidit G. Kroll, 1902; rist. 1960. Parte 2: Asclepii in Aristotelis Metaphysicorum libros A-Z commentario, edidit M. Hayduck, 1888; rist. 1960. Simplicii in Aristotelis De caelo commentario, edidit I.L. Heiberg, 1894; rist. 1958. Simplicii in Aristotelis Categorias commentarium, edidit C. Kalbfleisch, 1907. Simplicii in Aristotelis Physicorum libros quattuor priores commentario, edidit H. Diels, 1882. Simplicii in Aristotelis Physicorum libros quattuor poste· riores commentario, edidit H. Diels, 1895; rist. 1954. Simplicii in libros Aristotelis De anima commentario, edidit M. Hayduck, 1882; rist. 1959. Parte l: Olympiodori prolegomena et in Categorias commentarium, edidit A. Busse, 1902. Parte 2: Olympiodori in Aristotelis Meteora commentario, edidit G. Stiive, 1900; rist. 1961. Parte 1: Philoponi (olim Ammonii) in Aristotelis Categorias commentarium, edidit A. Busse, 1898; rist. 1961. Parte 2: Ioannis Philoponi in Aristotelis Analytica Priora commentario, edidit M. Wallies, 1905. Parte 3: Ioannis Philoponi in Aristotelis Analytica Poste-
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COMMENTARI GRECI DI ARISTOTELE
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riora commentaria cum Anonymo in librum II, edidit M. Wallies, 1909. Volume XIV, Parte 1: loannis Philoponi in Aristotelis Meteorologicorum librum primum commentarium, edidit M. Hayduck, 1901; rist. 1960. Parte 2: Ioannis Philoponi in Aristotelis libros De generatione et corruptione commentaria, edidit H. Vitelli, 1897; rist. 1960. Parte 3: loannis Philoponi (Michaelis Ephesii) in libros De generatione animalium commentaria, edidit M. Hayduck, 1903. Volume XV: Ioannis Philoponi in Aristotelis De anima libros commen· taria, edidit M. Hayduck, 1897; rist. 1960. Volume XVI: loannis Philoponi in Aristotelis Physicorum libros tres priores commentaria, edidit H. Vitelli, 1887; rist. 1960. Volume XVII: loannis Philoponi in Aristotelis Physicorum libros quinque posteriores commentaria, edidit H. Vitelli, 1888; rist. 1960. Volume XVIII, Parte 1: Eliae in Porphyrii lsagogen et Aristotelis Categorias commentaria, edidit A. Busse, 1900; rist. 1961. Parte 2: Davidis Prolegomena et in Porphyrii lsagogen commentarium, edidit A. Busse, 1904. Parte 3: Stephani in librum Aristotelis De interpretatione commentarium, edidit M. Hayduck, 1885. Volume XIX, Parte 1: Aspasii in Ethica Nicomachea quae supersunt commentaria, edidit G. Heylbut, 1889; rist. 1958. Parte 2: Heliodori in Ethica Nicomachea paraphrasis, edidit G. Heylbut, 1889; rist. 1958. Volume XX: Eustratii et Michaelis et Anonyma in Hthica Nicomachea commentaria, edidit G. Heylbut, 1892; rist. 1960. Volume XXI, Parte 1: Eustratii in Analyticorum Posteriorum librum secundum commentarium, edidit M. Hayduck, 1907; rist. 1969. Parte 2: Anonymi et Stephani in Artem Rhetoricam commentaria, edidit H. Rabe, 1896; rist. 1960.
Volume XXII,
Parte 1: Michaelis Ephesii in Parva Naturalia commentaria, edidit P. Wendland, 1903. Parte 2: Michaelis Ephesii in libros De partibus animalium, De animalium motione, De animalium incessu commentaria, edidit M. Hayduck, 1904. Parte 3: Michaelis Ephesii in librum quintum Ethicorum Nicomacheorum commentarium, edidit M. Hayduck, 1901.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Volume XXIII, Parte 1: Sophoniae in libros Aristotelis De anima paraphrasis, edidit M. Hayduck, 1883; rist. 1960. Parte 2: Anonymi in Aristotelis Categorias paraphrasis, edidit M. Hayduck, 1883; rist. 1960. Parte 3: Themistii quae fertur in Aristotelis Analyticorum Priorum librum I paraphrasis, edidit M. Wallies, 1884; rist. 1960. Parte 4: Anonymi in Aristotelis Sophisticos Elenchos paraphrasis, edidit M. Hayduck, 1884; rist. 1960. Oltre ai C.A.G. si tenga presente altresi il Supplementum Aristotelicum, editum consilio et auctoritate Academiae Litterarum Regiae Borussicae, G. Reimeri, Berolini 1885-1903 (rist. anast., De Gruyter, Berlin 1960-1961), che integra la precedente raccolta. Ecco l'elenco completo delle edizioni che figurano nel Supplementum: Volume l, Parte 1: Excerptorum Co>tstantini De natura animalium li· bri duo. Aristophanis Historiae animalium epitome subiunctis Aeliani, Timotei aliorumque Eclogis, edidit Spyridon P. Lambros, 1885; rist. 1961. Parte 2: Prisciani Lydi quae extant: Metaphrasis in Theophrastum et Solutionum ad Chosroem liber, edidit I. Bywater, 1886: rist. 1961. Volume II, Parte l: AJexandri Aphrodisiensis praeter commentaria scripta minora: De anima cum mantissa, edidit I. Bruns, 1887; rist. 1961. Parte 2: Alexandri Aphrodisiensis praeter commentaria scripta minora: Quaestiones, De fato, De mixtione, edidit I. Bruns, 1892; rist. 1961. Volume III, Parte 1: Anonymi Londinensis ex Aristotelis Iatricis Menoniis et aliis medicis eclogae, edidit H. Diels, 1893; rist. 1961. Parte 2: Aristotelis Res Publica AJheniensium, edidit F. G. Kenyon, 1903; rist. 1960.
COPONIO MASSIMO: dr. Stoici, Elenco scolarchi, 13. CORISCO DI SCEPSI: dr. Accademici antichi, 2. CORNUTO, LUCIO ANNEO, filosofo neostoico del 1 secolo a.C. Q Ci è pervenuta integralmente una sola opera, redatta in lingua greca, che reca il titolo: Compendio di teologia greca (Compendium Theologiae Graecae).
e© - C. Lang, Cornuti Theologiae Graecae compendium, Lipsiae 1881 (Bibl. Teubn.); contiene anche un ottimo Index verborum, pp. 77-125.
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COPONIO MASSIMO/CORPUS HERMETICUM
-
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A.D. Nock, Kornutos, in R.E., Suppl. V (1931), coli. 995-1005.
*-
P. Krafft, Die handschriftliche Ueberlieferung von Cornutus' Theologia Graeca, Heildelberg 1975.
*
Per la bibliografia dr. Praechter, p. 162*.
CORPUS HEaMETICUM, è una raccolta costituita da 17 trattati pseudepigrafi, composti nei secoli n e m d.C. Tale Corpus fu detto ermetico, perché le opere che lo compongono furono ritenute frutto della rivelazione del dio Hermes.
O
Elenco e titolo dei trattati
l. Poimandres.
2. 3. 4. 5.
Senza titolo. Discorso sacro di Ermete. Discorso di Ermete a Tat: del cratere o della monade. Discorso di Ermete a suo figlio Tat: Dio è invisibile e al tempo stesso il più visibile. -6. Il bene esiste in Dio solo e non è in nessun altro luogo. 7. Il più grande male fra gli uomini è l'ignoranza riguardo Dio . .8. Niente di ciò che esiste perisce, ma sbagliamo definendo i mutamenti come distruzione e morte. 9. Intorno alla conoscenza intellettiva e alla sensazione. 10. Discorso di Ermete Trismegisto: la chiave. 11. L'intelletto a Ermete. 12. Discorso di Ermete Trismegisto a Tat sull'intelletto comune. 13. Ermete Trismegisto parla a suo figlio Tat: discorso segreto sulla montagna intorno alla rigenerazione e alla regola del silenzio. 14. Lettera di Ermete ad Asclepio con l'augurio di essere saggio. 15. Mancante (dr. quanto diciamo nel vol. IV, p. 431, nota 5). 16. Definizioni di Asclepio al re Ammone. 17. Senza titolo (ci è giunta solo la parte finale). 18. L'anima è come impedita da ciò che capita al corpo. A questi trattati viene annesso l'Asclepius, giuntoci in versione latina (l'originale esisteva ancora all'inizio del IV secolo), da alcuni moderni attribuita (ma senza sicure prove) ad Apuleio. A questi scritti si aggiungono ulteriormente 39 frammenti estratti da Stobeo ed altri 36 frammenti vari.
e©GJ - W. Scott - A.S. Ferguson, Hermetica, The Anc(ent Greek and Latin Writings Which Contain Religious or Philosophic Teachings Ascribed to Hermes Trismegistus, 4 voli., Clarendon Press, Oxford 1924-1936; rist. anast., Dawson's of Pali Mali, London 1968 e Barnes and Noble, New York 1968. - A.D. Nock - A.J. Festugière, Corpus Hermeticum, 4 voli., Paris 1946 sgg.; 19722 (Coli. Budé).
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354
S<.:HEDARIO E BIBLIOGRAFIA
©-L. Delatte- S. Govaerts- J. Denooz, lndex du Corpus Hermeticum, Edizioni dell'Ateneo e Bizzarri, Roma 1977. (T) Oltre alle buone traduzioni inglesi e francesi contenute nelle edizioni sopra citate, dr.: - B.M. Tordini Portogalli, Discorsi di Ermete Trismegisto, Boringhieri, Torino 1965. (Si veda, ivi, pp. 19 sgg., l'indicazione delle precedenti .traduzioni italiane decisamente superate da questa).
*-
R. Reitzenstein, Poimandres, Studien zur griechisch-aegyptischen und fruhchristlichen Literatur, Leipzig 1904. - ]. Kroll, Die Lehren des Hermes Trismegistos, Miinster 19J4. - A.]. Festugière, La Révélation d'Hermès Trismégiste, 4 voli., Gabalda, Paris 1944-1954 (fondamentale). - A.]. Festugière, Herméttsme et mystique pa'ienne, Aubier Montaigne, Paris 1967.
*
Ampia bibliografia si trova, oltre che in A.]. Festugière, La Révélation ..., passim, anche nell'edizione Nock-Festugière, all'inizio di ogni trattato.
CRANTORE DI SOLI, filosofo accademico antico, vissuto fra il
IV
e il
III
secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo scarsi frammenti.
• - F. Kayser, De Crantore Academico dissertatio, Heidelberg 1841. - Mullach, Fr. Phil. Gr., vol. III, pp. 131-152. I frammenti della biografia di Crantore scritta da Antigono di Caristo si vedranno in: - Wilamowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos [dr. voce Antigono], pp. 68 sg.
GJ -
Una traduzione in lingua tedesca si troverà in: Nestle, Die Sokratiker... [dr. voce Socratici], pp. 209-213.
**
H. von Arnim, Krantor, in R.E., XI, 2 (1922), coli. 1585-1588.
Stato della questione e bibliografia si trovano in Zeller-Isnardi Parente (dr. voce Accademici antichi], pp. 886 sg.; 1046 sgg.
CRASSICIO LUCIO DI TARANTO: dr. Neopitagorici, I, 5.
CRATETE DI ATENE, filosofo dell'antica Accademia, vissuto fra il
IV e il m secolo a.C. Fu il quinto scolarca. O Su di lui possediamo solo poche testimonianze. • I frammenti della biografia di Cratete scritta da Antigono di Csristo si trovano in: - Wilamowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos [dr. voce Antigono], pp. 66 sg.
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355
CRANTORE/CRIZIA
**
H. von Arnim, Krates, in R.E., Xl, 2 (1922), coli. 1631-1633.
Cfr. Zeller-lsnardi Parente [cfr. voce Accademici «ntichi], pp. 886, nota 24; 1046 e nota 66.
CRATETE DI TARSO: cfr. Neoaccademici, 8; Accademici, Elenco scolarchi, 13.
CRATETE DI TEBE, filosofo cinico del
IV·III
secolo a.C.
Q Ci sono stati tramandati solo frammenti e testimonianze.
e© Giannantoni, S.R. -
[cfr. voce Socratici Minori], v H. H. Diels, Poetarum philosophorum fragmenta, Weidmann, Berolini
1901, pp. 207-223.
(!) -
*
Nestle, Die Sokratiker ... [cfr. Socratici], pp. 111-11.5. Paquet, Les Cyniques ... [cfr. Cinici], pp. 110-120. Giannantoni, S.R., cit.
CRATILO DI ATENE: cfr. Presocratici, 65. CRATIPPO DI PERGAMO: cfr. Peripatetici, B, 5; Elenco scolarchi, 10. CRINI STOICO: dr. Stoici antichi, 18. CRISANZIO DI SARDI: cfr. Neoplatonici, IV, 2. CRISIPPO DI SOLI: cfr. Stoici antichi, 9; Stoici, Elenco scolarchi, 3, e: inoltre:
*-
H. Bréhier, Chrysippe, Paris 1910; riedito nel 1951 col titolo, Chrysippe et l'ancien sto"icisme; ulteriormente ristampato, Gordon and Breach, Paris-London-New York 1971. - A. Mattioli, Ricerche sul problema della libertà in Crisippo, in « Rendiconti dell'Is,tituto Lombardo, Classe di Lettere, Scienze morali e storiche»,. 73 (1939-194Cir, pp. 161-201. - Pohlenz, La Stoa... [cfr. voce Stoici], vol. I, pp. 39-43 e passim. - H. DOrrie, Chrysippos, in R.E., Suppl. XII (1970), coli. 148-155. - J.B. Gould, The Philosophy of Chrysippus, Leiden 1970.
*
Ricca bibliografi« si trova in Gould, op. cit., pp. 210-216.
CRITOLAO DI FASELIDE: cfr. Peripatetici, A, 6; Elenco scolarchi, 6. CRITONE DI ARGO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 18. CRIZIA DI ATENE: cfr. Presocratici, 88; Solisti, 14.
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356
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
CRONIO, filosofo neopitagorico-medioplatonico, del 11-111 secolo d.C. (di cui ignoriamo la patria di origine), dalle fonti antiche associato a Numenio, di cui era, probabilmente, discepolo e seguace.
Q Ci sono pervenute solo testimonianze, raccolte e pubblicate da: • E.A. Leemans, Cronii fragmento, in Studte over den Wijsgeer Nume.nius van Apamea mel uitgave der fragmenten, Bruxelles 1937, pp. 153-157. Cfr. Numenio.
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D DAMASCIO DI DAMASCO, filosofo neoplatonico del
VI
secolo d.C., ul-
timo diadoco della scuola di Atene.
Q Ci sono pervenute le seguenti opere (complete o in frammenti): 1/2. Problemi e soluzioni sui primi principi e un Commentario al Parmenide, che da molti è considerato parte integrante dell'opera sopra citata (da altri, invece, è considerata opera a sé stante). 3. Ampi estratti e frammenti della Vita di Isidoro, conservatici soprattutto da Fozio. 4. I recenti studi ·attribuiscono a Damascio il Commentario al Filebo di Platone, un tempo attribuito ad Olimpiodoro. 5. Anche buona parte del Commentario al Pedone di Platone, pure attribuito ad O!impiodoro, viene ora attribuita a Damascio (sono attribuite al nostro filosofo due delle quattro parti pervenuteci). Non pare, invece, che si possa attribuire a Damascio una continuazione del Commentario al Parmenide di Proclo attribuita dai codici al nostro filoso· fo e che da alcuni editori è presentata dopo il testo del commentario dello stesso Proclo (che si ferma alla prima ipotesi). Già lo Zeller scriveva: «La continuazione del commento al Parmenide di Proclo, il cui testo frammentario è riportato dal Cousin ... , è attribuita, a torto, dai codici a Damascio. Egli stesso, invece (De Princ., II, 269, p. 16 Ruelle), cita la sua ricognizione del Timeo » (Zeller-Martano [cfr. voce Neoplatonici]. p. 211, nota 50). Tutti gli studiosi sembrano ormai d'accordo nel ritenere che questa parte del Commentario al Parmenide non è di Damascio . • l e 2 - C.A. Ruelle, Damascii Successoris Dubitationes et solutiones de primis principiis, I n Platonis Parmenidem, 2 voli., Paris 1889; rist. anast.. Hakkert, Amsterdam 1966. 3 - C. Zintzen, Damascii Vitae Isidori reliquiae, « Bibliotheca Graeca et Latina Suppletoria », l, Olms, Hildesheim 1967. 4 - L.G. Westerink, Damascius, Lectures on the Philebus Wrongly Attr~
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3.58
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
buted to Olympiodorus, North-Holland Publishing Company, Amsterdam 19.59 (con traduzione e importante introduzione) . .5.- L.G. Westerink, T be Greek Commentaries on Plato's Phaedo, Volume 11: Damascius, North-Holland Publishing Company, Amsterdam-Oxford-New York 1977, con traduzione inglese a fronte e importante introduzione.
(!) 1/2. Del De principiis vi è una assai utile traduzione di: - A.E. Chaignet, Damascius le Diadoque, Problèmes et solutions touchant les premiers principes, 3 voli., Paris 1898; rist. anast., Editions Culture et Civilisation, Bruxelles 1964. 3. La Vita di Isidoro, è pure tradotta dal Chaignet, nel volume: - A.E. Chaignet, Proclus le philosophe, Commentaire sur le Parménide suivi du commentaire anonyme sur les VII dernières hypothèses traduit pour la première fois en français et accompagné de notes, d'une table analytique des paragraphes, et d'une traduction de Damascius La vie d'lsidore ou histoire de la philosophie, Tome troisième, Paris 1903; rist. anast., Minerva G.m.b. H., Frankfurt am Main 1962 (La vita di Isidoro è alle pagine 241-363 ). 4/.5. Il Commentario al Pilebo è tradotto in inglese dal Westerink, nell'edizione sopra citata, e cosi anche il Commentario al Pedone. (l frammenti della continuazione del Commento al Parmenide di Proclo erroneamente attribuiti a Damascio, di cui sopra si è detto, sono pure tradotti dal Chaignet, che li presenta giustamente come opera di un anonimo, nel volume citato al n. 3, alle pp. 109-213 ).
*
Oltre all'ottima introduzione del Chaignet alla traduzione del De principiis, si vedano: - R. Beutler, Olympiodoros, 13, R.E., XVIII (1939), coli. 207-227. (In questo articolo è stata proposta per la prima volta la tesi secondo cui i commentari al Pedone e al Pilebo, attribuiti ad Olimpiodoro, sono invece di Daroascio). - R. Stromberg, Damascius, His Personality and Significance, in « EranoS», 44 (1946), pp. 175-192. - L.G. Westerink, Damascius, Commentateur de Platon, in AA.VV., Le Néoplatonisme, « Colloques internationaux du Centre National de la, Recherche Scientifique », Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1971, pp. 253-260. - J. Trouillard, La notion de ouVet!J.L<; chez Damascios, in « Revue des Études Grecques », 85 (1972), pp. 353-363. - ]. Combès, Négativité et procession des principes chez Damascius, in « Revue des Études Augustiniennes », 22 (1976), pp. 114-133. - C.G. Steel, The Changing Self, A Study on the Soul in Later Neoplatonism: Iamblichus, Damascius and Priscianus, Bruxelles 1978.
DAMIPPO PITAGORICO, PSEUOO (?): cfr. Mediopitagorici, 19. DAMONE DI ATENE: cfr. Presocratici, 37. DAMONE DI SIRACUSA: cfr. Presocratici, 5.5; Pitagorici antichi, 29.
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359
DAMIPPO/DEMOCRITO
DARDANO DI ATENE: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 9; Mediostoici, 9. DAVIDE, filosofo neoplatonico della seconda scuola di Alessandria, appartenente alla scuola di Olimpiodoro (ma sembra non diretto allievo di questi), vissuto fra il VI e il vn secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Prolegomena philosophiae. 2. In Porphyrii Isagogen . • Si trovano pubblicate nei C.A.G., XVIII, 2 (cfr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci ad Aristotele).
*
R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristate: L'école d'Olympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941. DEMARATO PERIPATETICO, discepolo di Teofrasto, nominato nel suo testamento. DEMETRIO CINICO: cfr.. Cinici, 18. DEMETRIO FALEREO: cfr. Peripatetici, A, 7. DEMETRIO DI LACONIA, filosofo epicureo del n secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti, in prevalenza papiracei.
• - V. De Falco, L'epicureo Demetrio Lacone, Cimmaruta editore, Napoli 1923. (Il volume contiene, dopo una breve introduzione, l'edizione delle testimonianze [pp. 11-20] e dei frammenti restituitici dai papiri ercolanesi [pp. 21-110], appartenenti ad opere grammaticali, filosofiche, di arte poetica e matematiche). DEMETRIO DI MAGNESIA, erudito del I secolo a.C. Fu amico di Cicerone e di Attico. t importante soprattutto per l'opera da lui scritta Sui poeti e sugli scrittori omonimi, in cui ordinatamente distingueva e caratterizzava i vari poeti e scrittori che portarono lo stesso nome. L'opera è andata perduta, ma è stata ampiamente utilizzata dagli scrittori posteriori, in particolare da Diogene Laerzio. DEMOCEDE DI CROTONE: cfr. Presocratici, 19; Pitagorici antichi, 6. DEMOCRITO DI ABDERA: cfr. Presocratici, 68; Atomisti, 2, e inoltre:
GJ© - F. Enriques · M. Mazziotti, Le dottrine di Democrito di Abdera, Testi e commenti, Bologna 1948.
*-
P. Natorp, Forschungen zur Geschichte des Erkenntnisproblems im
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360
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Altertum: Protagoras, Demokrit, Epikur und die Skepsis, Berlin 1884; rist . .anast., Hildesheim 1965, pp. 164-208. - K. von Fritz, Philosophie und sprachlicher Ausdruck bei Demokrit, Plato und Aristoteles, Leipzig 1938; Darmstadt 19632, pp. 12-38. - L.A. Stella, V al ore e posizione storica dell'etica di Democrito, in « Sophia », 10 (1942), pp. 207-258. - G. Vlastos, Ethics and Physics in Democritus, in « Philosophical Review »,54 (1945), pp. 578-592 e 55 (1946), pp. 53-64. - I. Lana, L'etica di Democrito, in «Rivista di filosofia», 42 (1951), pp. 13-29. - V.E. Alfieri, Il divino in Democrito e in Epicuro, in AA.VV., Studi di filosofia greca, a cura di V. Alfieri e M. Untersteiner, Bari 1950, pp. 85-120. - A.T. Cole, Democritus and the Sources of Greek Anthropology, Cleveland (Ohio) 1967. - M. Sassi, La teoria della percezione in Democrito, Firenze 1978. - AA.VV., Democrito e l'atomismo antico (<
*
Ampia bibliografia si troverà in Zeller-Capizzi [dr. Presocratici], pp. 142-151 e 137-343, dove è discusso a più riprese lo stato attuale delle ricerche sui vari problemi.
DEMOCRITO PLATONICO, vissuto nel m secolo d.C., è ricordato da Longino, presso Por·firio, Vita di Platino, 20, come autore di semplici sillogi senza significato speculativo. DEMONATTE DI CIPRO: cfr. Cinici, 21. e(f) Per l'edizione e la traduzione della Vita di Demonatte, scritta da Luciano di Samosata, dr. sotto questa voce.
DEMOTIMO PERIPATETICO, discepolo di Teofrasto ed uno dei suoi esecutori testamentari.
DERCILLIDE PLATONICO: cfr. Medioplatonici, 9. DESSIPPO, filosofo neoplatonico della scuola siriaca, vissuto nella prima metà del
IV
secolo.
Q Ci è pervenuto un commentario in forma dialogica sulle categorie aristoteliche dal titolo: Aporie e soluzioni riguardanti le Categorie aristoteliche . • Si veda l'edizione del Busse nei C.A.G., IV, 2 (cfr. indicazione analitica alla voce Commentari greci di Aristotele).
DICEARCO DI MESSENE: cfr. Peripatetici, A, 8.
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DEMOCRITO PLATONICO/DIOGENE DI APOLLONIA
361
DIFILO DEL BOSFORO: cfr. Megarici, 22. DIO PITAGORICO, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 21. DIOCLE DI CNIDO, citato da Numenio come autore di Diatribe, è, secondo Wilamowitz, da identificarsi con Dicaiocle di Cnido, cui Ateneo (Xl, 119, 508 C; III 124 K) attribuisce un'opera dallo stesso titolo. DIOCLE DI MAGNESIA, erudito e dossografo del
1 secolo a.C., autore di un Sommario dei filosofi o Compendio di biografie dei filosofi, andato perduto, al quale più volte si rifà Diogene Laerzio.
DIOCLE PITAGORICO: cfr. Presocratici, 53; Pitagorici antichi, 27. DIOCLIDE DI MEGARA: cfr. Megarici, 2. DIODORO DI ASPENOO: cfr. Pitagorici, 7. DIODORO DI ASPENOO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 21. DIODORO CRONO: cfr. Megarici, 11.
*
Sull'« argomento dominatore » di Diodoro, che è quello per cui egli è divenuto famoso, esiste un'ampia letteratura. Indichiamo due dei saggi più chiari: - P.M. Schuhl, Le dominateur et les possibles, Paris 1960. - M. Mignucci, L'argomento dominatore e la teoria della implicazione in Diodoro Crono, in « Vichiana », 3 (1960), pp. 3-28.
DIODORO EMPIRICO: cfr. Medici empirici, 8. DIODORO RETORE: cfr. Neoaccademici, 18. DIODORO SICULO, nacque ad Agirio e visse nell'età di Augusto. Scrisse una storia universale dal titolo Bibliotheca, fonte di numerose informazioni.
DIODORO DI TIRO: cfr. Peripatetici. A, 9; Elenco scolarchi, 7. DIODOTO STOICO: cfr. Mediostoici, 13.
*-
DIOGENE DI APOLLONIA: cfr. Presocratici, 64; Ionici, 5 e inoltre: W. Theiler, Zur Geschichte der teleologischen Naturbetrachtung bis auf Aristoteles, Ziirich 1925; Berlin 19652 , pp. 6-36 (contiene contributi essenziali su Diogene).
- H. Diller, Die philosophische Stellung des Diogenes von Apollonia, in « Hermes », 76 (1941), pp. 359-381. - }. Zafiropulo, Diogène d'Apollonie, Paris 1956.
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362 -
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
G. Calogero, Storia della logica antica, Bari 1967, pp. 317-362.
DIOGENE DI BABILONIA: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 5; Stoici antichi, 11.
DIOGENE DI ENOANDA, filosofo epicureo del n secolo d.C.
O Dagli scavi di Enoanda, fatti fra la fine del secolo scorso e gli inizi dd nostro, sono emersi numerosi frammenti di un libro murale, pubblicati dapprima da G. Cousin, K. Heberdey ed E. Kalinka in riviste specializzate, e, poi, nelle seguenti edizioni critiche: • - J. William, Diogenis Oenoandensis Fragmenta, Lipsiae 1907 (Bibl. Teubn.). - A. Grilli, Diogenis Oenoandensis Fragmenta, Istituto Editoriale Cisalpino, Milano-Varese 1960. - C.W. Chiiton, Diogenis Oenoandensis Fragmenta, Lipsiae 1967 (Bibl. Teubn.). F.M. Smith ha ripreso gli scavi in questi ultimi anni e ha pubblicato nuovi frammenti nei seguenti articoli: - F.M. Smith, Fragments of Diogenes o/ Oenoanda Discovered and Rediscovered, in « American Journal of Archaeology », 74 ( 1970), pp. 51-62. - M.F. Smith, New Fragments of Diogenes of Oenoanda, in « American Journal of Archaeology », 75 (1971), pp. 357-389. - M.F. Smith, Two New Fragments of Diogenes of Oenoanda, in « The Journal of Hellenic Studies », 92 (1972), pp. 147-155. - M.F. Smith, Thirteen New Fragments of Diogenes of Oenoanda, in « Oesterreichische Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse », Denkschriften, Bd. 117, Wien 1974. - M.F. Smith, Seven New Fragments of Diogenes of Oenoanda, in « Hermathena », 118 (1974), pp. 110-129. - M.F. Smith, More New Fragments of Diogenes of Oenoanda, in AA. VV., Études sur l'Épicurisme antique, Editées par J. Bollack et A. Laks ( « Cahiers de Philologie », l, Publications de I'Université de Lille III), Lille 1976, pp. 280-314.
GJ© In lingua italiana i frammenti di Diogene sono stati tradotti e commentati da: - A. Grilli, I frammenti dell'epicureo Diogene da Enoanda, in AA.VV., Studi di filosofia greca, a cura di V.E. Alfieri e M. Untersteiner, Laterza, Bari 1950, pp. 347-435. In lingua inglese sono stati tradotti con un eccellente commentario da: - C.W. Chilton, Diogenes of Oenoanda, The Fragments, A Translation and Commentary, Oxford University Press, London-New York 1971.
*
Nel commentario del Chilton si trova anche la bibliografia essenziale.
DIOGENE FENICIO: dr. Neoplatonici, V, 13.
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DIOGENE DI BABILONIA/DIOGENE DI SINOPE
363
DIOGENE LAERZIO, vissuto nella prima metà del secolo m d.C. Non sappiamo dove sia nato, né dove sia vissuto. ~ un dossografo assai importante (anche se con tutti i limiti della sua mentalità assai poco speculativa), per la quantità di notizie e l'abbondanza del materiale che ci ha tramandato riguardo alla storia della filosofia. Sembra simpatizzare per gli Epicurei, ma non si può qualificare epicureo (ricordiamo che tutti gli scritti di Epicuro che possediamo per intero, ci sono pervenuti perché riportati da Diogene). Ciononostante, Diogene dedica la sua opera maggiore ad una donna ammiratrice e seguace delle dottrine platoniche, allora in grande auge. L'esposizione stessa di Platone risente del clima medioplatonico. Il titolo dell'opera di Diogene, divisa in dieci libri, integralmente pervenutaci, è: Vite dei filosofi. Anteriormente a questa, Diogene aveva composto una Raccolta di poesie in metri di ogni sorta (Pammetros), per noi perd~a. ma largamente ripresa nell'opera maggiore, dato che riguardava illustri estinti . • - H.S. Long, Diogenis Laertii Vitae Philosophorum, 2 voll., Oxford 1964 (Bibl. Ox.).
GJ - M. Gigante, Vite dei filosofi, Laterza, Bari 1962; seconda edizione riveduta ed accresciuta 1976 (stampata anche nella collana economica «Universale Laterza», in 2 voli.).
**
Cfr., ivi, pp. x-LXXVI esauriente introduzione e ricchissima bibliografia (la più puntuale finora redatta sull'argomento).
DIOGENE DI SINOPE, filosofo cinico del IV secolo a.C. Q Ci sono giunti solo frammenti e testimonianze.
e© Una raccolta ricchissima delle testimonianze e dei frammenti (con commento) si trova in: - Giannantoni, S.R. [cfr. voce Socratici Minori], v B. I frammenti tragici si leggono anche in: - A. Nauck, Tragicorum Graecorum fragmento, Teubner, Lipsiae 18882; rist. anast., Olms, Hildesheim 1964, pp. 807-809. Il cosiddetto papiro viennese di Diogene era già stato pubblicato da: - C. Wessely, Neues iiber Diogenes den Kyniker, in Festschrift Theodor Gomperz, Wien 1902, pp. 67-74, e, più compiutamente, da: - W. Cronert, Kolotes und Menedemos [cfr. voce Colote di Lampsaco], pp. 49-52. Le lettere attribuite a Diogene, oltre che in Giannantoni, si trovano in: - R. Hercher, Epistolographi Graeci, Didot, Parisiis 1873, pp. 235-258. GJ -
*
Nestle, Die Sokratiker ... [cfr. Socratici], pp. 98-111. Paquet, Les Cyniques ... [cfr. Cinici], pp. 59-108.
Oltre al lavoro del Dudley, History of Cynicism ... [cfr. voce Cinici]. che è tutto imperniato sulla figura di Diogene, cfr.: - K. v. Fritz, Quellenuntersuchungen zu Leben und Philosophie des Diogenes von Sinope, Leipzig 1926.
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364
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- F. Sayre, Diogenes of Sinope, A study o/ Greek Cynicism, Baltimore 1938.
*
La bibliografia si troverà in Sayre e in Giannantoni.
DIOGENE DI SMIRNE: cfr. Presocratici, 71; Atomisti, 5. DIOGENIANO, epicureo del n secolo d.C . • I frammenti recuperati si troveranno in: - A. Gercke, Chrysippea, in « Jahrbucher fiir klassische Philologie », Supplementband 14 (1885), pp. 748 sgg.
DIONE DI PRUSA detto CRISOSTOMO, retore e filosofo cimC1Zzan· te vissuto fra la seconda metà del
O
1
secolo e gli inizi del n secolo d .C.
Ci sono pervenute numerose Ora:r.ioni, oltre ad alcuni frammenti.
• - G. De Budé, Dionis Chrysostomi Orationes, 2 voli., Lipsiae 19161919 (Bibl. Teubn.). - H. von Arnim, Dionis Prusaensis quem vocant Chrysostomum quae extant omnia, 2 voli., Weidmann, Berolini 1893-1896 (oltre al testo delle orazioni contiene la raccolta dei frammenti e delle testimonianze antiche su Dione). - ].W. Cohoon - H. Lamar Crosby, Dio Chrysostom, With an English Translation, 5 voli., London-Cambridge (Mass.) 1932-1951 (.Loeb).
(!) Oltre alla traduzione inglese che si trova nell'edizione sopracitata, cfr.: - W. EHiger, Dion Chrysostomos, Siimtliche Reden (« Bibliothek der Alten Welt •), Artemis, Zurich-Stuttgart 1967. - Paquet, Les Cyniques ... [dr. Cinici], pp. 165-213.
*-
-
H. von Arnim, Leben und W erke des Dio von Prusa, Berlin 1898. P. Desideri, Dione di Prusa, Messina-Firenze 1978.
DIONE DI SIRACUSA: dr Accademici antichi, 3. DIONIGI DI ALESSANDRIA, VESCOVO, vissuto nel m secolo d.C. Scrisse- fra l'altro- un-trattato Sulla natura, di cui Eusebio ci ha conservato frammenti, utile allo storico del pensiero antico-pagano per alcune informazioni di carattere dossografico. DIONIGI DI ALICARNASSO, retore e storico, attivo a Roma nella seconda metà del 1 secolo a.C. Lo nominiamo in questa sede perché i codici del Trattato sul sublime fanno i nomi di Dionigi e Longino come autori, ed alcuni studiosi hanno pensato di poter identificare il Dionigi del Trattato con I'Alicarnassese, Cfr. la voce Longino, Pseudo, ed in particolare l'opera di D. Marin, che ivi citiamo,
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DIOGENE DI SMIRNE/DOMNINO
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DIONIGI L'AREOPAGITA, PSEUDO, è un filosofo cristiano, secondo alcuni studiosi vissuto nella seconda metà del v secolo, ma secondo altri anteriore, .j cui scritti ebbero grande fortuna nel Medioevo, perché ritenuti del Dionigi Areopagita convertito da S. Paolo.
O Questi scritti, designati comunemente con l'espressione Corpus Dionysianum, sono: La gerarchia celeste, La gerarchia ecclesiastica, I nomi divini, La teologia mistica e dieci Lettere. Abbiamo richiamato il nome di questo autore, perché l'Eiorduy ha sostenuto la tesi paradossale che il Corpus Dionysianum debba ricollegarsi ad Ammonio Sacca (dr. voce).
GJ©**
Dionigi Areopagita, Tutte le opere, Traduzione di P. Scazzozo, Introduzione, prefazioni, parafr&si, note e indici di E. Bellini, Rusconi, Milano 1981.
DIONIGI DIONIGI DIONIGI DIONIGI DIONIGI
DI CALCEDONIA: cfr. Megarici, 3. EPICUREO: cfr. Epicurei, Elenco scolarchi, 5. DI ERACLEA: cfr. Stoici antichi, 5. STOICO: dr. Stoici, Elenco scolarchi, 11. DI TRACIA, grammatico della fine del II secolo a.C.
DIONISIO: cfr. voci Dionigi. DIOSCURIDE DI CIPRO: cfr. Neoscettici, 2. DIOTIMO DI TIRO: dr. Presocratici, 76; Atomisti, 10. DIOTOGENE PITAGORICO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 22 e inoltre:
eGJ©- L. Delatte, Les Traités de la Royauté d'Ecphante, Diotogène et Sthénidas, (« Bibliothèque de la Faculté de l'Université de Liège », 97), Liège-Paris 1942, pp. 37-45 (con ampio studio, traduzione e minuzioso commento storico e linguistico). DOMNINO DI LARISSA, filosofo neoplatonico e matematico della scuola di Atene, vissuto nel v secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere:
l. Manuale di introduzione aritmetica.
2. Come si possa dedurre discorso da discorso.
eGJ Il Manuale è stato pubblicato da: - ].F. Boissonade, Anecdota Graeca, IV, Paris 1832, pp. 313-429; rist_ anast., Olms, Hildesheim 1962. Una versione francese è stata fatta da: - P. Tannery, in « Revue cles f.tudes Grecques », 19 (1906), pp. 539-582La seconda opera è stata pubblicata con versione francese a cura di:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
~ C.E. Ruelle, in « Revue de Philologie, de Littérature et d'Histoire Anciennes », 7 ( 1883 ), pp. 82-94.
OOSSOGRAFI Con questo nome si designano soprattutto gli scrittori che riferivano le idee dei filosofi. La dossografia antica corrisponde, anche se solo in limitata parte, alla moderna storia della filosofia, in quanto si limitava in prevalenza a riferire in modo per lo più estrinseco e asistematico il pensiero degli autori. La dossografia può considerarsi una creazione del Peripato, soprattutto con la monumentale opera di Teofrasto Le opinioni dei fisici, solo in parte conservataci, da cui dipendono i successivi dossografi. H. Diels ha raccolto in un volume esemplare un materiale dossografico assai importante, ricostruendo, addirittura, in larga misura i Placita di Aezio (autore di cui si era quasi persa la memoria) sulla base degli autori che lo hanno utilizzato successivamente. La raccolta del Diels comprende, oltre alla ricostruzione di Aezio, i seguenti documenti: frammenti fisici dall'Epitome di Ario Didimo; frammenti dalle Opinioni dei fisici di Teofrasto; un'esposizione comparata delle opinioni dei filosofi intorno agli Dei tratta da Cicerone (De natura deorum) e Filodemo (De pietate), che attingono ad una fonte dossografica comune, forse il trattato Sugli Dei di Fedro Epicureo; lppolito, Confutazione di tutte le eresie, libro I (Teorie filosofiche); frammenti dagli Stromata di Plutarco; estratti da Epifanio intorno alle scuole filosofiche greche dal Contro le eresie; ps. Galeno, Ricerche sulla storia della filosofia; Ermia, Irrisione dei filosofi pagani. • L'eccellente edizione critica, corredata da ottimi Prolegomena, si intitola: - H. Diels, Doxographi Graeci, Berlin 1879; 19292; 19583 (ed. De Gruyter).
Ci) L'opera è stata opportunamente tradotta in italiano (tranne i Prole·gomena): - L. Torraca, I dossografi greci, Cedam, Padova 1961.
*
Purtroppo manca ancora una raccolta dossografica per la parte etica, essendo quella del Diels incentrata sulle dottrine fisico-ontologiche. In tal senso soccorre, tuttavia, la seguente ampia ed approfondita opera: - M. Giusta, I dossografi di etica, 2 voli., G. Giappichelli Editore, Torino 1964-1967. Diamo conto in modo più analitico, dei dossografi menzionati, alle singole voci, così come di tutti gli altri citati nella presente opera. Uno sguardo panoramico su tutto l'arco della dossografia antica è stato tracciato da: - M. Dal Pra, Lo storiografia filosofica greca, Milano 1950.
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E ECATEO DI ABDERA: cfr. Presocratici, 73; Atomisti, 7 (Scettici antichi, 4).
ECATONE DI RODI, filosofo della media Stoa, discepolo di Panezio, vissuto fra il
II
e il
I
secolo a.C.
Q Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze . • 1885.
H.N. Fowler, Panaetii et Hecatonis librorum Fragmento, Bonn
*-
-
H. Gomoll, Der stoische Philosoph Hekaton, Bonn 1933. Pohlenz, La Stoa ... , I, pp. 497 sgg.
ECCELO DI LUCANIA, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 23. ECFANTO DI SIRACUSA: cfr. Presocratici, 51; Pitagorici antichi, 25. ECFANTO DI SIRACUSA, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 24 e inoltre:
eGJ©- L. Delatte, Les Traités de la Royauté d'Ecphante, Diotogène et Sthénidas ( « Bib!iothèque de la Faculté de Philosophie et Lettres de l'Université de Liège », 97), Paris 1942. ECHECRATE DI TARANTO: cfr. Presocratici, 53; Pitagorici antichi, 27. ECLETTICI (fra il
II e il r secolo a.C.) In senso stretto, come precisiamo nell'indice I, s.v., eclettici veri e propri sono gli Accademici dell'ultima fase e i loro seguaci. Le figure preminenti di questo indirizzo sono: l. FILONE DI LARISSA (fu moderatamente eclettico, almeno nell'ulti-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ma fase del suo pensiero, in cui si lasciò influenzare dal suo discepolo Antioco; quello di Filone può essere detto eclettismo critico; cfr. voce). 2. ANTIOCO DI ASCALONA (si spinge ad un vero e proprio eclettismo dogmatico; cfr. voce). 3. VARRONE (segui l'indirizzo di Antioco; cfr. voce). 4. CICERONE (segui l'indirizzo di Filone; cfr. voce). Per le edizioni, le traduzioni, gli studi critici e la bibliografia, rimandiamo alle singole voci.
EDESIO DI CAPPADOCIA: cfr. Neoplatonici, III, 5; IV, l. EGESIA DI CIRENE: cfr. Cirenaici. 7. EGESIDAMO, indicato come maestro di lppia dalla Suda, per altro sconosciuto (su di lui, però, cfr. quanto dice Untersteiner, I Sofisti 2 [cfr. voce], Il, p. 116, nota 2).
EGESINO DI PERGAMO: cfr. Accademici, Elenco scolarchi, 10; Neoaccademici, 5.
EGIA NEOPLATONICO: cfr. Neoplatonici, V, 8. ELEATI (secoli
VI-V a.C.) L'elenco degli Eleati, rimasto a lungo canonico, includeva il nome di SENOFANE come caposcuola; ma oggi è chiaro che va escluso da esso, e perciò gli Eleati sono solo i seguenti: l. PARMENIDE DI ELEA (cfr. voce). 2. ZENONE DI ELEA (cfr. voce). 3. MELISSO DI SAMO (cfr. voce). Senofane, infatti, fa parte a sé, come i più moderni studi hanno messo chiaramente in luce, a partire da: - K. Reinhardt, Parmenides und die Geschichte der griechischen Philosophie, Bonn 1916; Frankfurt am Main 19592; 19773. Sulla questione si veda: - Zeller-Reale [cfr. voce Presocratici], pp. 162-164.
O Ci sono pervenuti solo frammenti (di Parmenide piuttosto cospicui), nonché numerose testimonianze indirette. • Non esistono edizioni critiche monografiche complessive degli Eleati. Pertanto ci si dovrà rifare al Diels-Kranz, oppure alle edizioni monografiche dei singoli autori (cfr. voci Melisso, J>armenide, Zenone).
GJ© Una pregevole traduzione di tutti i frammenti e delle testimonianze degli Eleati con un buon commento è stata invece curata da: - P. Albertelli, Gli Eleati, Testimonianze e frammenti, Laterza, Bari 1939;
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EDESIO/ELIA
ora riprodotta, ma con l'eliminazione della maggior parte del commento, nei Presocratici (dr. voce). - Vedansi anche i commentari ai singoli Eleati, che indichiamo in maniera analitica alle singole voci.
*
Le monografie più importanti sulla scuola in generale sono, oltre a quella già citata del Reinhardt, le seguenti: -S. Ranulf, Der eleatische Satz vom Widerspruch, K0benhavn 1924 (su cui dr. G. Calogero, Una nuova concezione della logica prearistotelica, in « Giornale critico della filosofia italiana», 8 [ 1927], pp. 409-422). - G. Calogero, Studi sull'Eleatismo, Roma 1932; nuova edizione Firenze 1977. - J.E. Raven, Pythagoreans and Eleatics, London 1948; rist. anast., Amsterdam 1966. - J. Zafiropulo, L'École éléate, Paris 1950 (riporta anche il testo dei frammenti e li traduce). - J.H.M.M. Loenen, Parmenides, Melissus, Gorgias, A Reinterpretation {)! Eleatic Philosophy, Assen 1959. - V. Guazzoni Foà, Attualità dell'antologia eleatica, Torino 1961. - G. Calogero, Storia della logica antica, l, Bari 1967, pp. 109-208.
*
Stato della questione su tutti i problemi ermeneutici concernenti la scuola eleatica si troveranno in Zeller-Reale [dr. voce Presocratici], passim. I vi, pp. xm-xxxix, si troverà la raccolta sistematica di tutta la bibliografia .aggiornata fino al 1967.
ELIA, filosofo neoplatonico della seconda scuola di Alessandria, discepolo di Olimpiodoro, vissuto nella seconda metà del VI secolo d.C.
O Ci sono pervenuti: l. Commento alla Isagoge di PorIn Porphirii Isagogen firio 2. Commento alle Categorie di A- In Aristotelis Categorias ristotele 3. Prolegomeni alla logica (recentemente scoperti) 4. Frammenti eGJ Le prime due opere sono pubblicate nei C.A.G., XVIII, l (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci di Aristotele). I Prolegomeni alla logica sono stati scoperti ed editi, con traduzione francese, da: - A. Papadopoulos, Un ouvrage inconnu du philosophe Élie. Un nouveau manuscrit des « Prolégomènes à la philosophie » de David, in « Revue roumaine cles sciences sociales, Série de philosophie et logique », 13 (1969), pp. 343-353. Frammenti di un Commentario agli Analitici primi sono stati pubblicati da: - L.G. Westerink, Elias on the Prior Analytics, in « Mnemosyne >>, Serie IV, 14 (1961), pp. 126-139.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
*-
R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristate: L'école d'Olympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941.
ELIA, PSEUOO, filosofo neoplatonico autore del commentario In Porphyrii lsagogen, attribuito da alcuni ad Elia, da altri a Davide, date le tangenze che l'opera rivela con questi autori. Trattasi probabilmente di un medico-filosofo (data l'insistenza sugli esempi tratti dalla medicina), vissuto fra la fine del VI e gli inizi del VII secolo d. C.
eGJ - L.G. Westerink, Pseudo-Elias (Pseudo-David), Lectures on Porphyry's lsagoge, lntroduction, Text and lndices, North-Holland Publishing Company, Amsterdam 1967. ELIACI o ELIACO-ERETRIACI
(Iv secolo a.C.) Sono cosi chiamati i filosofi della scuola socratica di Elide, a distanza di una generazione fusasi con quella di Eretria. l. FEDONE DI ELIDE, fondatore della scuola (cfr. voce). 2. PLISTENO DI ELIDE, successore di Fedone. 3. PASIFONTE DI ERE'IRIA, di cui abbiamo pochissime notizie. 4. ANCHIPI.W DI ELIDE, discepolo di Fedone. 5. MOSCO DI ELIDE, discepolo di Fedone. 6. MENEDEMO DI ERETRIA, discepolo anche di Stilpone, poi successore di Plisteno nella direzione della scuola (cfr. voce). 7. ASCLEPIADE DI FLIUNTE, discepolo anche di Stilpone e compagno di Menedemo e insieme a lui capo della scuola (cfr. voce).
e©*
Tutto il materiale si trova raccolto (con annotazioni e bibliografia) in: - Giannantoni, Phaedonis Elidensis, Menedemi Eretrii eorumque discipulorum reliquiae, in S.R. [cfr. voce Socratici Minori], III A-III H.
ELIANO (CLAUDIO) DI PRENESTE, erudito, vissuto fra il 111
II e il secolo d.C. Ebbe simpatia per lo Stoicismo e polemizzò con gli Epicurei.
Q Di lui, oltre ad alcuni brevi frammenti, ci sono pervenute, in larga parte, due opere, che, per il loro carattere di compilazione, contengono preziose testimonianze: Varta Historia l. Storia varia De natura animaltum 2. Sulla natura degli animali • L'edizione completa delle opere di Eliano resta tuttora quella di: - R. Hercher, Aeliani De natura animalium, Varia bist oria, Epistolae et Fragmenta, Parisiis 1858 (Didot), con traduzione latina a fronte, ripubblicata anche nella Bibl. T eubn.
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PSEUDO-ELIA/ENEA DI GAZA
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Per la Storia varia, che è l'opera che maggiormente interessa in questa sede, c'è ora la nuova edizione di: - M.R. Dilts, Claudii Aeliani Varia historia, Lipsiae 1974 (Bibl. Teubn.).
ELIODORO DI ALESSANDRIA: cfr. Peripatetici, C, 11. EMPEDOCLE DI AGRIGENTO: cfr. Presocratici, 31 e inoltre:
eGJ© - C. Gallavotti, Empedocle, Poema Fisico e Lustrale, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1975, con traduzione italiana e riccocommento. (Migliora il Diels-Kranz in più punti). - ]. Bollack, Empédocle, voli. II e III (in due tomi), Paris 1969, limitato ai frammenti e alle testimonianze del poema Sulla Natura, con traduzione francese e commentario. Resta sempre un punto di riferimento fondamentale: - E. Bignone, Empedocle, Studio critico, traduzione e commento delle testimonianze e frammenti, Torino 1916; rist. anast., L'Erma di Bretschneider, Roma 1963.
*
Fra i saggi e gli studi fondamentali ricordiamo, oltre al Bignone, in
ci t.:
- U. von Wilamowitz-Moellendorff, Die Katharmoi des Empedokles, in Kleine Schriften, vol. l, Berlin 1935, pp. 473-521. - W. Kranz, Empedokles, Antike Gestalt und romantische Neuschi:ipfung, Ziirich 1949. - ]. Zafiropulo, Empédocle d'Agrigente, Paris 1953. - ]. Bollack, Empédocle, l: lntroduction à l'ancienne physique, Paris 1965 (cfr., sopra, l'indicazione dei due volumi successivi). - ].C. Liith, Die Struktur des Wirklichen im empedokleischen System. Ober die Natur, Meisenheim am Gian 1970. ~ Ampia bibliografia in Bollack, Empédocle, cit., III, 2, pp. 659 sgg. e in Zeller-Capizzi [cfr. voce Presocratici], pp. 6-14. lvi, pp. 15-135, discussione e stato della questione sui vari problemi.
ENEA DI GAZA, filosofo neoplatonico cristiano, legato alla seconda scuola di Alessandria, vissuto fra il v e il VI secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere: Theophrastus 2. Lettere (venticinque) Epistolae l. Teofrasto (dialogo)
e©© - M.E. Colonna, Enea di Gaza, T eofrasto, lodice Editore, Napoli 1958. - L. Massa Positano, Enea di Gaza, Epistole ( « Collana di Studi Greci », 19), Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1959; 19622 • G) - M. Colonna, nell'edizione critica del Teofrasto sopra citato, fornisce altresl una traduzione italiana (pp. 69-114 ).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ENESIDEMO DI CNOSSO, vissuto probabilmente nel
1
secolo a.C.
O
Ci è pervenuto un sunto dei suoi Discorsi Pirroniani, fatto da Fozio, .(Biblioth., cod. 212), oltre a numerose testimonianze e frammenti.
CD In mancanza di una edizione sistematica, si veda la buona e nutrita raccolta in traduzione italiana: - Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 539-639.
*
Oltre ai capitoli delle storie generali dello Scetticismo, che citiamo alla voce Scettici, cfr.: - G. Capone Braga, L'eraclitismo di Enesidemo, in «Rivista di Filosofia», 22 (1931), pp. 33-47. - M. Conche, Pyrrhon ou l'apparence, Éditions de Mégare, Villers sur Mer 1973. - J.M. Ri~t, T be Heracliteanism of Aenesidemus, in « Phoenix », 24 (1970), pp. 309-319. - U. Burkhard, Die angebliche Heraklit-Nachfolge des Skeptikers Aenesidem, Bonn 1973. L. Ferraris - G. Santese, Bibliogr~fia sullo scetticismo antico (18801978), in: Lo scetticismo... [cfr. voce Scettici], pp. 753-850.
*-
ENOMAO DI GADARA, filosofo cinico del
O Ci • -
II
secolo d.C.
sono giunti solo frammenti.
- Mullach, Fr. Phil. Gr., II, pp. 358-385. P. Valette, De Oenomao Cynico, Paris 1908, pp. 27 sgg.
CD -
Paquet, Les Cyniques ... [cfr. Cinici], pp. 233-263.
ENOPIDE DI CHIO: cfr. Presocratici, 41. EPAMINONDA DI TEBE, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 25. EPICARMO DI SIRACUSA: cfr. Presocratici, 23. EPICARMO DI SIRACUSA, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 26. EPICUREI (dal m secolo a.C. al
II
d.C.)
A) Epicurei d e l 1 1 1 se c o l o a. C. Ecco l'elenco dei più noti discepoli immediati di Epicuro, in ordine alfabetico (per un elenco completo cfr. Fabricius-Harles, III, 598 sgg.). Per agevolare il reperimento dei passi che li riguardano, daremo l'indicazione delle pagine e della relativa colonna dell'indice dei nomi dell'Usener (cfr. sotto) dal quale è poi possibile risalire ai testi ed a altre indicazioni: l. AMINOMACO DI ATENE, fu designato da Epicuro erede del Giardino, insieme a Timocrate, dato che Ermarco, che gli successe nello scolarcato, era mcteco e, quindi, non poteva ereditare immobili (cfr. Usener, 400 b).
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ENESIDEMO /EPICUREI
2. APELLE, è il destinatario di una lettera di cui ci è giunto un frammento, in cui Epicuro lo loda per essere giunto alla filosofia « puro da ogni erudizione» (dr. Usener, 400 b). 3. ARISTOBUW, fu uno dei tre fratelli di Epicuro, divenuti tutti suoi discepoli. Pare che Aristobulo fosse il più dotato dei tre (dr. Usener, 401 a). 4. Cl!EREDEMO, fu uno dei tre fratelli di Epicuro (cfr. Usener, 420 a). 5. COWTE DI LAMPSACO, fu uno dei più vivaci polemisti della scuola (cfr. voce). 6. ERMARCO DI MITILENE, fu il successore di Epicuro ed erede della biblioteca, non degli edifici, perché meteco; dr. quanto diciamo per Aminomaco (dr. voce). 7. EROOOTO, è il destinatario della Lettera I. Secondo alcuni si sarebbe poi allontanato da Epicuro; ma il passo di Diogene Laerzio, X, 4, su cui si basa questa tesi, non è sufficiente a suffragare l'ipotesi (cfr. Usener, 407 b408 a). 8. IOOMENEO DI LAMPSACO, fu uomo facoltoso e politicamente influente. Epicuro gli scrisse l'ultima sua lettera, raccomandandogli di avere cura dei figli di Metrodoro (dr. Usener, 408 b e voce). 9. LEONTEO DI LAMPSACO, fu uno dei più famosi discepoli di Epicuro. Frequentava il Giardino con la moglie Temista; dr., sotto, n. 20. (Cfr. Usener, 410 b-411 a). 10. MENECEO, è il destinatario della celebre Epistola III, pervenutaci (cfr. Usener, 412 a). 11. METROOORO DI LAMPSACO, fu uno dei più stretti e fedeli collaboratori di Epicuro, morto pochi anni prima di lui (cfr. voce). 12. MITRE, fu influente uomo politico, alto funzionario di Lisimaco. (Su questo personaggio cfr. la bibliografia indicata dalla Isnardi-Parente, nell'opera sotto citata, p. 128, n. 1). 13. MYS, fu il più famoso degli schiavi di Epicuro, poi liberato (cfr. Usener, 413 b). 14. NEOCLE, fu uno dei tre fratelli di Epicuro, divenuti tutti suoi seguaci (cfr. Usener, 414 b). 15. PITOCLE, fu un giovinetto molto caro ad Epicuro ed agli Epicurei, morto a soli 18 anni. (Cfr. Arrighetti, sotto cit., p. 678). 16. POLIENO DI LAMPSACO, fu tra i più apprezzati ed amati filosofi del Giardino. Fu anche matematico. 17. TIMOCRATE DI ATENE, figlio di Demetrio del demo di Potamo, erede del Giardino insieme ad Aminomaco; cfr. quanto diciamo per Aminomaco (dr. Usener, 418 b). 18. TIMOCRATE DI LAMPSACO, fratello di Metrodoro, ma molto inferiore a lui. Diogene (X, 23) lo dice «uomo dappoco» (dr. Usener, 418 b419 a). Si ricordano inoltre alcuni nomi di donne:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
19. LEONZIO, etera, compagna di Metrodoro (dr. Usener, 411 a). 20. TEMISTA, moglie di Leonteo (dr. Usener, 408 a). B) Scolarchi del Giardino (dalla fondazione della s c u o l a f i n o a 11 a m e t à d e l 1 s e c o l o a. C. ) : l. EPICURO, 307/6-270 (dr. voce). 2. ERMARCO DI MITILENE (dr. voce). 3. POLISTRATO, pare, secondo fonti antiche, insieme ad Ippoclide (dr. voce). 4. IPPOCLIDE, insieme a Polistrato. 5. DIONIGI, diresse la scuola intorno al 200 a.C., a noi sconosciuto. 6. BASlLIDE, a noi sconosciuto. 7. PROTARCO DI BARGILIA (incerto). 8. APOLLOOORO DI ATENE, detto il « Kepotiranno » o «Tiranno del Giardino»; resse il Kepos nella seconda metà del n secolo a.C. Scrisse quattrocento libri (dr. Usener, 400-401). 9. ZENONE DI SIOONE, possibile scolarca della prima metà del I secolo a.C. Cicerone ed Attico lo ascoltarono nel 79/78 a.C. Fu anche maestro di Filodemo. 10. FEDRO, resse la scuola nella prima metà del I secolo a.C., fino verso il 70. Cicerone Io udl a Roma nel 90 e ad· Atene nel 79/78 a.C. (dr. voce}. 11. PATRONE, fu scolarca fino al 51 a.C. (circa). Dopo il 51 a.C., non abbiamo più notizie di scolarchi del Kepos (cfr. quanto diciamo a questo proposito nel voL IV, pp. 53 sgg. e i documenti che ivi riportiamo). Il Giardino rinacque però come istituzione, in età imperiale (dr. IV, pp. 55 sgg.).
C) A l t r i E p i c u r e i f r a i l
11
s e c o l o a. C. e i l
11
d. C.
Fra gli Epicurei eminenti del n secolo a.C. ricordiamo DEMETRIO DI LACONIA (cfr. voce), discepolo di Protarco di Bargilia (cfr. sopra), secondo alcuni possibile scolarca dopo Zenone di Sidone e FlWNIDE DI LAODICEA (cfr. voce). Altri nomi si vedano in Zeller, III, l, p. 383, nota 3. I più noti Epicurei che agirono a Roma furono: l. FILISCO (dr. voce). 2. AMAFINIO (dr. voce). 3..FIWDEMO (dr. voce). 4. LUGREZIO (cfr. voce). Altri nomi, riferitici da Cicerone, si vedano in Zeller, Die Philosophie< der Griechen, III, l, p. 387, nota 2. In epoca cristiana il rappresentante più insigne dell'epicureismo fu DIOGENE DI ENOANDA, probabilmente vissuto nel n secolo, che fece incide·
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EPICUREI
re sulla pietra il verbo di Epicuro, e la cui importanza sta sempre più imponendosi nelle moderne ricerche (cfr. voce).
Q Della imponente messe degli scritti degli Epicurei, non ci è giunta se non una frazione minima. Tre lettere e due raccolte di massime di Epicuro, il De rerum natura di Lucrezio e vari frammenti e testimonianze, sia di Epicuro che di numerosi Epicurei. Cospicui sono i frammenti ritrovati nei papiri di Ercolano (appartenenti alla ricchissima biblioteca di Filodemo, rimasta per secoli sepolta sotto la lava dell'eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 79 d.C.). Significativi sono pure i frammenti recuperati dagli scavi fatti ad Enoanda fra la fine del XIX secolo e gli inizi del nostro e di recente ripresi, sulla collina su cui Diogene di Enoanda aveva fatto costruire il suo portico e incidere il suo libro murale. Si veda il prospetto di quanto ci è pervenuto degli Epicurei in Usener, Glossarium Epicureum, sotto citato, pp. XVI sgg. • Sono state pubblicate ottime edizioni critiche di Epicuro e di Lucrezio ed alcune edizioni concernenti singoli Epicurei. L'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha iniziato, sotto la direzione di M. Gigante, la pubblicazione sistematica di tutto il materiale reperito ad Ercolano, in una collana dal titolo « La scuola di Epicuro », presso l'editrice Bibliopolis di Napoli, a partire dal 1978. L'edizione base, per ora, resta ancora quella di: - H. Usener, Epicurea, Teubner, Leipzig 1887; rist. anast. Roma 1963 e Stuttgart 1966. (La numerazione dell'Usener è stata finora usata per le citazioni). L'Usener include nella sua raccolta molti frammenti e testimonianze che riguardano, oltre che Epicuro, i suoi discepoli, senza però distinguere il materiale e catalogarlo sotto rubriche corrispondenti ai singoli filosofi. Egli fornisce, però, un eccellente Index nominum, attraverso il quale è possibile risalire ai frammenti e alle testimonianze concernenti i singoli Epicurei. Di molti di questi discepoli, come abbiamo già detto, vi sono, ora, edizioni monografiche di cui daremo conto alle singole voci (negli elenchi dei nomi indichiamo i rimandi, quando queste edizioni esistono).
© Un eccellente lessico, che Usener aveva a suo tempo approntato, è stato finalmente pubblicato, in Italia, con integrazioni a cura di Gigante e di Schmid: - H. Usener, Glossarium Epicureum, edendum curaverunt M. Gigante et W. Schmid, Edizioni dell'Ateneo e Bizzarri, Roma 1977. ~ questo uno strumento di utilità pari alla grande edizione dei testi. - Il già citato Index nominum si trova, invece, negli Epicurea, pp. 399420.
(!) Una traduzione italiana, chiara ed elegante, di tutto il materiale raccolto dall'Usener è stata curata da: - L. Massa Positano, Epicurea, Cedam, Padova 1969; Catania 19703. Di recente è stata pubblicata una nuova versione italiana del materiale dell'Usener, ulteriormente arricchito sulla base delle più recenti scoperte e
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
con l'aggiunta delle testimonianze e dei frammenti di Metrodoro, Ermarco, Colote e Polistrato: - M. Isnardi Parente, Opere di Epicuro, Utet, Torino 1974. Al momento, questo volume della Isnardi-Parente, fornisce la raccolta più completa dei testi e delle testimonianze concernenti gli Epicurei.
*
Il volume da cui il lettore può trarre un panorama degli studi sugli Epicurei e sull'epicureismo e la relativa bibliografia, è costituito da: - Association Guillaume Budé, Actes du VIII• Congrès (Paris, 5-10 avril 1968), Société d'f.dition « Les Belles Lettres », Paris 1969 (dr. soprattutto pp. 93-168). Una miniera di importantissime informazioni bibliografiche si trova inoltre in: - M. Gigante e W. Schmid, Praefatio a H. Usener, Glossarium ... cit., pp. XVII-XLVIII. Si veda, inoltre, la bibliografia che indichiamo, sotto, alla voce Epicuro.
EPICURO DI SAMO, fondatore del Kepos, nato a Samo nel 341 e morto ad Atene nel 270 a.C.
O Ci sono pervenuti alcune opere integrali e cospicui frammenti. l. Lettera ad Erodoto Ad Herodotum epistula 2. Lettera a Pitocle Ad Pythoclem epistula 3. Lettera a Meneceo Ad Menoeceum epistula 4. Massime capitali Sententiae selectae, o Ratae sententiae (Le quattro opere fin qui elencate ci sono state trasmesse da Diogene Laerzio nel X libro delle sue Vite dei filosofi). 5. Sentenze Vaticane o Esortazione Gnomologium Vaticanum Epicureum di Epicuro (Questa raccolta è contenuta nel codice Vaticano Greco n. 1950 del XIV secolo, scoperto da C. Wotke nel 1888). t>. T estamento T estamentum 7. Frammenti da varie opere Fragmento (l frammenti più importanti sono quelli del capolavoro di Epicuro, Sulla Natura, restituitici dai papiri di Ercolano) . • L'edizione base delle opere, dei frammenti e delle testimonianze concernenti Epicuro, è quella già citata alla voce Epicurei: - H. Usener, Epicurea, Teubner, Leipzig 1887; rist. anast. Roma 1963 e Stu ttgart 1966. Nell'Usener, mancano, ovviamente, le Sentenze Vaticane, che furono scoperte e pubblicate l'anno dopo dal Wotke: - K. Wotke, Epikurische Spruchsammlung, in « Wiener Studien », 10 {1888), pp. 175 sgg. Successive all'edizione dell'Usener sono anche le scoperte di nuovi testi di Epicuro e degli Epicurei, provenienti dai papiri di Ercolano, pubblicati .a varie riprese in opuscoli e in riviste da specialisti della materia. Tutto il
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377
EPICURO
materiale venuto alla luce dopo l'edizione dell'Usener si trova, ora, raccolto e sistemato nella nuova edizione di: - G. Arrighetti, Epicuro, Opere, Einaudi, Torino 1960; 19732 (occorre rifarsi a questa seconda edizione, dato che l'autore l'ha migliorata ed ha ritoccato altresì la numerazione). Nell'introduzione dell'Arrighetti (pp. xv-xxvi) si troverà lo stato della questione concernente le edizioni dei testi di Epicuro, e ad essa rimandiamo il lettore che voglia esserne informato. Qui ne ricordiamo una particolarmente utile e tuttora disponibile: - C. Bailey, Epicurus, The Extant Remains, with Short Critica! Apparatus, Translation and Notes, Clarendon Press, Oxford 1926; rist. anast., O!ms, Hildesheim 1970, che contiene le tre Lettere giunteci intere, le Massime Capitali, le Sentenze Vaticane, i frammenti assegnabili a libri noti, i frammenti delle lettere, i frammenti di incerta collocazione (ripartiti, come nelI'Usener, secondo la tripartizione della filosofia ellenistica), la biografia laerziana di Epicuro.
© Oltre al Glossarium Epicureum dell'Usener, già citato alla voce Ep~ curei, cfr. altresì l'Indice delle parole principali nell'edizione dell'Arrighetti, pp. 745-793. © Per il commento, oltre alle citate edizioni del Bailey (pp. 173-422) e dell'Arrighetti (pp. 483-732), è da vedere la seguente opera, che resta ancora oggi fondamentale: - E. Bignone, Epicuro, Opere, frammenti e testimonianze sulla sua vita, tradotti con introduzione e commento, Laterza, Bari 1920; rist. anast., l'Erma di Bretschneider, Roma 1964. Una nuova edizione commentata di tutto il materiale epicureo contenuto nel libro X di Diogene Laerzio è stata approntata da un gruppo di studiosi dell'Università di Lilla. Ecco i titoli: - J. et M. Bollack et H. Wismann, La lettre d'Épicure, Paris 1971 (Lettera ad Erodoto). - J. Bollack, La pensée du plaisir, Paris 1975 (Lettera a Meneceo, Massime capitali e dossografia etica). - A. Laks, Édition critique et commentée de la << Vie d'Épicure >> dans Diogène Lai?rce (X, 1-34), in AA.VV., Études sur l'Épicurisme antique, Éditées par J. Bollack et A. Laks, (« Cahiers de Philologie », l, Publications de I'Université de Lille MI), Lille 1976, pp. 1-118. - ). Bollack et A. Laks, Épicure à Pythoclès ( « Cahiers de Philologie », 3, Publications de I'Université de Lille III), Paris 1978. G) Epicuro è uno dei filosofi più tradotti in lingua italiana: - Della traduzione di E. Bignone, appena citata, esiste anche una riproduzione in edizione economica (senza introduzione, commento e appendici), a cura di G. Giannantoni, Bari 1966, più volte ristampata. - G. Arrighetti, Epicuro, Opere (sopra cit.), riprodotte anche senza il greco, dallo stesso editore Einaudi di Torino, ne! 1967 e nel 1970.
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378
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- L. Massa Positano, Epicurea, Cedam, Padova 1969; Catania 197()3 (dr. quanto si è detto su questa traduzione alla voce Epicurei). - M. Isnardi Parente, Opere di Epicuro, Utet, Torino 1974 (è la traduzione più completa). - Per le traduzioni in lingua straniera si vedano le indicazioni che dà la Isnardi Parente, ivi, pp. 82 sgg., alle quali si aggiungeranno quelle da noi citate al precedente paragrafo, nonché la seguente: - M. Conche, Epicure, Lettres et Maximes, Editions de Mégare, Villerssur-mer 1977.
*
Fra i molti studi su Epicuro segnaliamo: - C. Bailey, The Greek Atomists and Epicurus, Oxford 1928; New York 19642. - E. Bignone, L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, 2 voli., Firenze 1936; 2" edizione, a cura di V.E. Alfieri, Firenze 1973. - A.J. Festugière, Épicure et ses dieux, Paris 1946; 19682; trad. ital., Brescia 1952. - G. Capone Braga, Studi su Epicuro, Milano 1951. - R. Amerio, L'epicureismo, Torino 1953. - N.W. De Witt, Epicurus and bis Philosophy, University of Minnesota Press, Minneapolis 1954; 19642 ; 197J3. - AA.VV., Epicurea in memoriam Hectoris Bignone, Genova 1959. - W. Schmid, art. Epicurus, in Reallexikon fiir Antike und Christentum, vol. V, 1962, coli. 681-819. - K. Kleve, Gnosis theon, Die Lehre von der natiirlichen Gotteserkenntnis in der epikureischen Theologie, Osio 1963. - B. Farrington, The Faith of Epicurus, London 1967 (trad. italiana di F. Cardelli, col titolo Che cosa ha detto veramente Epicuro, Roma 1967}. - D.J. Furley, Two Studies in the Greek Atomists, Princeton 1967. - H.J. Kramer, Platonismus und hellenistische Philosophie, Berlin-New York 1971. - R. Miiller, Die epikureische Gesellschaftstheorie, Berlin 1972. - J.M. Rist, Epicurus, An Introduction, Cambridge University Press, London-New York 1972; 19772. - D. Lemke, Die Theologie Epikurs, Versuch einer Rekonstruction, Miinchen 1973. - C. Diano, Scritti epicurei, Firenze 1974. - D. Pesce, Saggio su Epicuro, Bari 1974. - P. Innocenti, Epicuro, Firenze 1975. - G. Rodis-Lewis, Épicure et son école, Paris 1976. - AA.VV., Études sur l'Épicurisme antique, Editées par J. Bollack et A. Laks ( « Cahiers de Philologie », l, Publications de l'Université de Lille III), Lille 1976. - V. Goldschmidt, La doctrine d'Épicure et le droit, Paris 1977. - AA.VV., Ricerche su Epicuro e l'epicureismo, in «Rivista critica di storia della filosofia», 33 (1978), n. l.
*
Stato della questione e bibliografia si trovano nei già citati Actes du
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379
EPICURO/EPITETO
VIII' Congrès dell'Association G. Budé (dr. voce Epicurei). Cfr. anche_ M. Isnardi Parente, Epicuro, in Questioni di storiografia filosofica a cura di V. Mathieu, Brescia 1975, pp. 359 sgg. - H.J. Mette, Epikuros 196)-1978, in « Lustrum ,., 21 (1978), pp. 45-114.
EPIFANIO VESCOVO di Salamina in Cipro, vissuto nel
IV
secolo d.C.
O
Scrisse un'opera dal titolo Rimedi contro tutte le eresie (Panarion adversus haereses ), in cui discute le opinioni di vari filosofi greci, non senza commettere errori e non senza cadere in fraintendimenti, che rendono assa1 delicata l'utilizzazione della sua testimonianza . • Quanto, nell'opera sopra detta, si riferisce al pensiero antico è stato sistematicamente ordinato e pubblicato dal Diels, Dox. [dr. voce Dossografi], pp. 585-593.
G) - Torraca, Dossogr. [cfr. voce Dossografi], pp. 363-373.
*
Cfr. Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], Prolegomena, pp. 175 sgg.
EPIMENIDE DI CNOSSO: cfr. Presocratici, 3. EPITIMIDE DI CIRENE, filosofo cirenaico, discepolo di Antipatro e maestro di Parebate (dr. Diogene Laerzio, II, 86).
EPITTETO DI IERAPOLI in Frigia, filosofo neostoico vissuto fra il
I
e il n secolo d.C.
O Ci sono pervenute, nella redazione di Arriano (cfr. voce), le seguenti <>pere: l. Diatribe (Dissertationes) quattro libri. 2. Manuale (Enchiridion). 3. Frammenti. • - H. Schenkl, Epicteti Dissertationes ab Arriano digestae, editio maior, Lipsiae 19162; rist. anast., Stuttgart 1965 (Bibl. Teubn.). Contiene le testimonianze antiche su Epitteto, il testo critico delle Diatribe e del Manuale (quest'ultimo curato da I. Schweighiiuser). - ]. Souilhé- A. Jagu, Epictète, Entretiens, Texte établi et traduit, 4 voli., Paris 1948-1965 (Coli. Budé). - W.A. Oldfather, Epictetus, The Discourses as Reported by Arrian, the Manual, and Fragments, 2 voll., London-Cambridge (Mass.) 1926-1928 (Loeb), con traduzione inglese.
© Un importante lessico si troverà nell'edizione sopracitata dello Schenkl, pp. 501-713. G) Oltre alle citate versioni francese ed inglese cfr.: -
R. Laurenti, Epitteto, Le Diatribe e i frammenti, Laterza, Bari 1960.
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380
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
(!)© -G. Reale- C. Cassanmagnago, Epitteto, Diatribe, Manuale, Frammenti, Introduzione, prefazioni e parafrasi di G. Reale, Traduzione, note e indici di C. Cassanmagnago, Rusconi, Milano 1982.
*-
A. Bonooffer, Epictet und die Stoa, Stuttgart 1890; rist. anast., Stuttgart-Bad Cannstatt 1968. - A. BonhOeffer, Die Ethik des Stoikers Epiktet, Stuttgart 1894; rist. anast., Stuttgart-Bad Cannstatt 1968. - A. BonhOffer, Epictet und das Neue Testament, Giessen 1911; rist. anast., Berlin 19642. - A. Jagu, Épictète et Platon, Essai sur les relations du sto'icisme et du platonisme à propos de la morale des Entretiens, Paris 1946. - l. Xenakis, Epictetus: Philosopher-Therapist, The Hague 1969. Una bibliografia pressoché completa si troverà in: W.A. Oldfather, Contributions toward a Bibliography of Epictetus, Urbana (Illinois) 1927. Questo lavoro è stato poi completato con A Supplement, Edited by M. Harman, with a Preliminary List of Epictetus Manuscripts by W.H. Friedrich and C.U. Faye, Urbana 1952.
*
ERACLIDE LEMBO, erudito e storico vissuto probabilmente nel
II
se-
colo a.C.
O
Epitomò le Vite di Satiro e la Successione di Sozione (dr. voci).
• -
I frammenti sono stati raccolti da: Miiller, Fr. Hist. Gr., III, pp. 167-171.
ERACLIDE PONTICO, filosofo accademico antico del
IV
secolo a.C.
O Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze. e© L'edizione di essi con commentario si troverà inclusa
nella raccolta dei Peripatetici del Wehrli, Die Schule des Arist., Heft VII [dr. Peripatetici], pp. 7-54.
**
Cfr. Zeller-Isnardi Parente {dr. Accademici antichi], pp. 1005-1018.
ERACLIDE SCETTICO: cfr. Neoscettici, 9. ERACLIDE DI TARANTO: cfr. Medici Empirici, 7. ERACLITO (o ERACLIDE) GRAMMATICO, vissuto forse nel colo d.C. Fu influenzato dalla Stoa e interpretò allegoricamente Omero.
O
I
se-
:E: autore delle Allegoriae Homericae.
e(!) -
F. Buffière, Héraclite, Allégories d'Homère, Paris 1962 (Coli. Budé), con traduzione francese.
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ERACLIDE LEMBO/ERACLITO DI EFESO
381
*
In Buflìère si troverà anche un ampio ed esauriente studio introduttivo.
ERACLITO DI EFESO: cfr. Presocratici, 22 e inoltre:
e(!)© - I. Bywater, Heracliti Ephesii Reliquiae, Oxonii 1877 (la numerazione dei frammenti di questa edizione viene sovente citata accanto a: quella del Diels-Kranz e in molti studi in lingua inglese, anche senza quella del Diels-Kranz). - R. Walzer, Eraclito, Raccolta dei frammenti e traduzione italiana, Sansoni, Firenze 1939; rist. anast., Hildesheim 1964. - G.S. Kirk, Heraclitus, The Cosmic Fragments, Edited with an Introduction and Commentary, University Press, Cambridge 1954; 19622; rist. 1975 (contiene solo i frammenti senza le testimonianze). - M. Marcovich, Heraclitus, Greek Text with a Short Commentary, Editio maior, The Los Andes University Press, Merida 1967. Come l'edizione del Kirk, presenta solo i frammenti senza le testimonianze (la numerazione è diversa da quella del Diels-Kranz). Di ogni frammento viene ridato il testo e, assai opportunamente, anche il relativo contesto (o i relativi contesti) in modo particolarmente ampio. Notevole l'apparato critico. - R. Mondolfo - L. Taran, Eraclito, Testimonianze e imitazioni, Introduzione, traduzione e commento, La Nuova Italia, Firenze 1972. Amplia notevolmente la raccolta delle testimonianze del Diels-Kranz. AI Taran si deve la sezione dedicata alle epistole pseudo-eraclitee, di cui si dà anche la prima traduzione («Biblioteca di Studi Superiori», 59). Questo volume si completa con quello che indichiamo subito appresso. - M. Marcovich, Eraclito, Frammenti, Introduzione, traduzione e commento, La Nuova Italia, Firenze 1978 (« Biblioteca di Studi Superiori », 64 ). (!)© Fra le traduzioni con commento segnaliamo ancora: - C. Mazzantini, Eraclito, I frammenti e le testimonianze, Chiantore, To-· rino 1944. - B. Salucci - G. Gilardoni, Eraclito, Tutti i frammenti, Traduzione di B. Salucci, introduzione e commento di G. Gilardoni, Firenze 1967.
*
Fra i numerosi studi su Eraclito ricordiamo: - F. Lassalle, Die Philosophie Herakleitos des Dunklen von Ephesos,. 2 voli., Berlin 1858; rist. anast., Olms, Hildesheim-New York 1973. - V. Macchioro, Eraclito, Bari 1920. - O. Gigon, Untersuchungen zu Heraklit, Leipzig 1935. - C. Ramnoux, Héraclite ou l'homme entre les choses et les mots,. Paris 1959; 19682. - G. Calogero, Storia della logica antica, Bari 1967, pp. 63-107. - E. Kurtz, Interpretation zu den Logos-Fragmenten Heraklits (« Spuda.smata », 17), Olms, Hildesheim-New York 1971. - R. Laurenti, Eraclito, Bari 1974.
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.382
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
*
Ricchissima bibliografia si trova in Mondolfo-Taran (sopra cit.), pp. lo stato della questione sui vari problemi dell'ermeneutica eraclitea si trova in Zeller-Mondolfo [cfr. voce Presocratici], I, 4, passim. Cfr. anche: - E.N. Roussos, Heraklit-Bibliographie, Darmstadt 1971. IX-XXXIX;
ERACLITO DI TIRO: cfr. Neoaccademici, 20. ERASTO DI SCEPSI: cfr. Accademici antichi, 5. ERATOSTENE DI CIRENE, celebre erudito della scuola di Alessandria, vissuto fra il m e il n secolo a.C. Successe ad Apollonio Rodio nella direzione della biblioteca alessandrina e fu il primo a definirsi « filologo » e a chiamare « filologia » l'attività di ricerca da lui svolta. Si occupò di poesia, di critica letteraria, di geografia e di matematica.
O In questa sede lo ricordiamo soprattutto come autore delle Cronologie, che formano il primo tentativo -poi sviluppato da altri, e in particolare da Apollodoro (cfr. voce)- di fissare la datazione degli autori antichi sulla base delle Olimpiadi. • Frammenti e testimonianze di quest'opera sono raccolte da - Jacoby, Fr. Gr. Hist., Il, B, n. 241, pp. 1010-1021.
ERENNIO, filosofo neoplatonico discepolo di Ammonio Sacca, vissuto nel m secolo d.C.
O Legato ad Origene ed a Plotino da un patto di non pubblicare le lezioni di Ammonio, non lo seppe tuttavia mantenere. Di lui però non ci è pervenuto nulla. L'Introduzione alla Metafisica, giuntaci sotto il nome di Erennio (che è in realtà un'opera costituita da estratti di Alessandro, Filone, Damascio e di altri), non è comunque sua. O è di un Erennio discepolo di Damascio, come qualcuno ipotizza, oppure è addirittura un falso rinascimentale.
*-
Zeller-Martano [cfr. Neoplatonici], p. 220, nota 80. - E. Heitz, Die angebliche Metaphysik des Herennios, « Sitzungsberichte ,der Preussischen Akademie der Wissenschaften », 1889, pp. 1167-1190.
ERETRIACI: cfr. Eliaco-Eretriaci. ERILLO DI CARTAGINE: cfr. Stoici antichi, 4. ERINNEO PERIPATETICO: cfr. Peripatetici, B, 6; Elenco scolarchi, 8. ERMARCO DI MITILENE, filosofo epicureo del
O
IV-lll
Ci sono pervenuti frammenti e testimonianze.
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secolo a.C.
ERACLITO DI TIRO/ERMIPPO IL CALLIMACHEO
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• - K. Krohn, Der Epikureer Hermarchos, Weidmann, Berlin 1921, pp. 17-39.
(j) I testi raccolti dal Krohn sono stati recentemente tradotti in italiano da: -
*
Isnardi Parente, Opere di Epicuro {dr. Epicurei], pp. 535-553. Cfr. la succosa introduzione di Krohn, op. cit., pp. 1-16.
ERMETE TRISMEGISTO: cfr. voce Corpus Hermeticum. ERMIA DI ALESSANDRIA, filosofo neoplatonico del v secolo d.C.
O
È
autore di un commentario al Fedro platonico, che ci è pervenuto .
• - P. Couvreur, Hermiae Alexandrini in Platonis Phaedrum scholia, Paris 1901; rist. anast., arricchita di indici a cura di C. Zintzen, Olms, Hildesheim 1971.
ERMIA DI ATARNEO: cfr. Accademici antichi, 6. ERMIA CRISTIANO, vissuto, secondo alcuni studiosi, fra il n e m secolo d.C., secondo altri, invece, fra il v e il VI secolo d.C. (da non confondere con l'omonimo autore e commentatore neoplatonico), utile come fonte dossografica allo studioso del pensiero antico-pagano.
O Scrisse, da un punto di vista polemico, un breve opuscolo, che ci è pervenuto, dal titolo di per sé assai significativo: Scherno dei filosofi pagani (lat. I rrisio gentilium philosophorum ). Ermia è debitore in gran parte della Cohortatio ad Gentiles dello Pseudo-Giustino, ma in qualche punto risente della tradizione dossografica dei Placita pbilosophorum . •
-
Diels, Dox. [dr. voce Dossografi], pp. 649-656.
(j) - Torraca, Dossogr. [dr. voce Dossografi], pp. 429-437.
*-
Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], Prolegomena, pp. 259-263. -L. Alfonsi, Ermia filosofo, Brescia 1947.
ERMIA FENICIO, uno dei filosofi neoplatonici che con Damascio e Simplicio migrarono in Persia dopo l'editto di Giustiniano.
ERMINO (o ERMINIO) PERIPATETICO: dr. Peripatetici, C, 7; Elenco scolarchi, 4.
ERMINO (o ERMINIO) STOICO, vissuto nel m secolo d.C., uno degli epigoni della filosofia del Portico privo di originalità (dr. Longino, presso Porfirio, Vita di Plotino, 20). ERMIPPO IL CALLIMACHEO: dr. Peripatetici, A, 11.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ERMOOORO DI SIRACUSA: cfr. Accademici, 7 e inoltre:
e(!)©* - M. Isnardi Parente, Senocrate-Ermodoro, Frammenti, Edizione, traduzione e commento (« La Scuola di Platone ,., Collezione di testi diretta da M. Gigante, Volume terzo), Bibliopolis, Napoli 1982. ERODE ATTICO: cfr. Medioplatonici, 10. ERODOTO DI ALICARNASSO, vissuto nel secolo v a.C., sotto molti rispetti può considerarsi il fondatore della storiografia greca. La sua opera dal titolo Le storie, in nove libri, ci è interamente pervenuta e tratta delle lotte fra greci e barbari dalle origini alla fine delle guerre persiane. Nei numerosi excursus, dei quali la trattazione è cosparsa, Erodoto ci informa sulla vita, i costumi e le credenze di alcuni popoli, fornendo, in tal modo, notizie utili anche per la storia del pensiero antico . • - C. Hude, Herodoti Historiae, 2 voli., Oxonii 1908; 1927\ questa. terza edizione è stata poi più volte ristampata (Bibl. Ox.).
('i) - A. Izzo d'Aocini, Erodoto, Le storie, Sansoni, Firenze 1951 (riedita nel 1967 in un volume comprendente anche Tucidide, tradotto da C. Moreschini, a cura di Pugliese Carratelli, presso lo stesso editore).
ERODOTO EPICUREO: dr. Epicurei, A, 7. ERODOTO DI TARSO: dr. Neoscettici, 16. ESARA, ricordata come una delle figlie di Pitagora (cfr. Fozio, Biblioth., cod. 249}.
ESARA PITAGORICA, PSEUDO: dr. Mediopitagorici, 63. ESCHILO PITAGORICO: dr. Presocratici, 42. ESCHINE DI NAPOLI: dr. Neoaccademici, 17. ESCHINE DI SFETTO, scrittore appartenente al circolo dei Socratici.
O
Ci sono pervenuti frammenti e testimonianze dai dialoghi socratici .
• - H. Krauss, Aeschinis Socratici Reliquiae, Teubner, Lipsiae 1911 (Bibl. Teubn.). - H. Dittmar, Aischines von Sphettos, Studien zur Literaturgeschichte der Sokratiker, Untersuchungen und Fragmente, ( « Philologische Untersuchungen », 21), Weidmann, Berlin 1912. ([) Mancando una traduzione in lingua italiana, si può vedere la versione in lingua tedesca di: - Nestle, Die Sokratiker ... [dr. voce Socratici], pp. 180-192.
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ERMODORO/ESIODO
*
-
Fo~damentale resta lo studio del Dittmar, sopra citato. Cfr. anche: ]. Humbert, Socrate et les petits Socratiques, Paris 1967, pp. 214-231.
ESCRIONE DI PERGAMO: dr. Medici empirici, 17. ESICHIO DI ALESSANDRIA, lessicografo vissuto forse nel v o nel secolo d.C .
VI
• - K. Latte, Hesychii AJexandrini Lexicon, 2 voli., Einar Munksgaard Editore, Hauniae 1963-1966. ESIODO DI ASCRA, poeta greco vissuto probabilmente nel secolo
VII
a.C.
Q La T eogonia e Le opere e i giorni sono opere che riguardano soprattutto la storia letteraria. Esse costituiscono, tuttavia, un antecedente della cosmologia e dell'etica particolarmente significativo.
eGJ - P. Mazon, Hésiode, Théogonie, Le travaux et les iours, Le bouclier, Texte établi et traduit, Paris 1928, più volte riedito (Coli. Budé). - A. Colonna, Esiodo, Opere, Utet, Torino 1977. e© - M.L. West, Hesiod, Theogony, Edited with Prolegomena and Commentary, Clarendc.n Press, Oxford 1966. - M.L. West, Hesiod Works and Days, Edited with Prolegomena and Commentary, Clarendon Press, Oxford 1978.
© - ]. Paulson, Index Hesiodeus, Lund 1890; Hildesheim 19622. - M. Hofinger, Lexicon Hesiodeum cum indice universo, Brill, Leiden 1973 sgg. -W. Jaeger, Paideia, Die Formung des griechischen Menschen, l, Berlin-Leipzig 1933; New York 1945; traduzione italiana di L. Emeri e A. Setti, col titolo Paideta, La formazione dell'uomo greco, Firenze 1936, più volte ristampata, pp. 121-154. - W. Jaeger, Die Theologie der fruhen griechischen Denker, Stuttgart 1953; traduzione italiana di E. Pocar col titolo La teologia dei primi pensatori greci, La Nuova Italia, Firenze 1961, pp. 1-27. - H. Diller, Hesiod und die Anfiinge der griechischen Philosophie, in ~ Antike und Abendland », 2 (1946), pp. 140 sgg. - AA.VV., Hésiode et son influence, « Entretien sur l'Antiquité classique », VH, Vandoeuvres-Genève 1960. - H. Frankel, Dichtung und Philosophie ... [dr. voce Presocratici]. - H. Schwabl, Hesiods Theogonie, Wien 1966.
*
*
Una ben scelta bibliografia si trova nei due commentari succitati del West, nel primo, alle pp. 101 sgg., e, nel secondo, alle pp. 86 sgg." ESIODO DI ASCRA, PSEUDO: dr. Presocratici, 4.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ESTIEO DI PERINTO: dr. Accademici antichi, 8. EUBULIDE DI MILETO: dr. Megarici, 6.
*
Fra le più belle ricostruzioni dei paradossi di Eubulide, si vedano quelle del Gomperz e del Levi (già citate alla voce Megarici), e, per quanto concerne, in particolare, quello del Mentitore, dr.: - A. Riistow, Der Lugner (Diss.), Erlangen 1910.
EUBULO DI ALESSANDRIA: dr. Neoscettici, 6; Scettici antichi, 10. EUCLIDE DI MEGARA: dr. Megarici, l. EUCLIDE PLATONICO, vissuto nel
III secolo d.C., viene ricordato come compilatore di sillogi prive di originalità (dr. Longino, presso Porfirio, Vita di Platino, 20).
EUDEMO DI CIPRO: dr. Accademici antichi, 9. (:B l'Eudemo cui Aristotele ha dedicato un suo celebre scritto omonimo intorno all'anima e alla sua immortalità, che ricalcava il Pedone platonico). EUDEMO DI RODI: dr. Peripatetici, A, 12. EUDOCIA DI MACREMBOLI, vissuta nel secolo VI d.C. Fu moglie, dapprima, dell'imperatore Costantino XI e, poi, dell'imperatore Romano IV. O Sotto il suo nome ci è .pervenuta un'opera di carattere compilativo da! titolo 'Iwwi, Violarium o Letto di viole (pubblicata per la prima volta dal Villoison nei suoi Anecdota Graeca, Venezia 1781). Le fonti da cui il Violarium desume il matenale sono le stesse da cui desume la Suda. Gli studiosi moderni dubitano sull'autenticità dell'opera e alcuni congetturano addirittura che possa essere stata scritta dallo stesso Michele Psello (dr. voce). EUOORO DI ALESSANDRIA: dr. Medioplatonici, 11. EUOOSSO DI CNIOO, astronomo e filosofo accademico, vissuto nel
IV
secolo a.C.
O Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze. eGJ© - F. Lasserre, Die Fragmente des Eudoxos von
Knidos, Herausgegeben, ubersetzt und kommentiert, De Gruyter, Berlin 1966.
**
H. Karpp, Untersuchungen zur Philosophie des Eudoxos von Knidos, Wiirzburg 1933. Bibliografia e sistematici aggiornamenti si troveranno in Zeller-lsnardi Parente {cfr. voce Accademici antichi], pp. 868 sg. e 1018-1027.
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387
ESTIEO/EUSEBIO DI MINDO
EUDROMO STOICO: cfr. Stoici antichi, 17. EUFANTO DI OLINTO: cfr. Megarici, 7. EUFORIONE DI CALCIDE, vissuto nel m secolo a.C., fu erudito e· poeta.
EUFRANORE PITAGORICO: cfr. Presocratici, 56; Pitagorici antichi, 30. EUFRANORE PITAGORICO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 64. EUFRANORE DI SELEUCIA: cfr. Neoscettici, 4. EULAMIO FRIGIO: cfr. Neoplatonici, V, 11. EUNAPIO DI SARDI, filosofo neoplatonico del
IV
secolo d.C.
O
Ci restano di lui le Vitae Sophistarum, che sono assai importanti per le informazioni che contengono sui Neoplatonici post-plotiniani. • - I. Giangrande, Eunapii Vitae sophistarum, Roma 1956 (Ed. naz.), che supera definitivamente l'edizione del Boissonade, prima in uso. (i) - W.C. Wright, Philostratus and Eunapius, The Lives of the Sophists, With an English Translation, London-Cambridge (Mass.) 1921, pp. 317 sgg. (Loeb) (più volte riedita). Per il lettore italiano può essere di utilità la traduzione che si trova in: - N. Tommaseo, Storici minori volgarizzati ed illustrati, tomo IV, Milano 1831, pp. 85-196.
EURIFAMO DI METAPONTO O DI SIRACUSA, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 27.
EURITO DI CROTONE: cfr. Presocratici, 45; Pitagorici antichi, 19. EURITO DI CROTONE, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 28. EUSEBIO DI CESAREA, VESCOVO, vissuto fra il m e il IV secolo d.C. È importante, per lo studioso del pensiero antico-pagano, per le notizie storiche che si desumono dalle sue opere: Chronica, Historia ecclesiastica e per le notizie dossografiche che si ricavano dalla Praeparatio evangelica e dalla Demonstratio evangelica. • Le opere di Eusebio si vedranno pubblicate nella grande collana « Diegriechischen christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte », 8 voli.,. Leipzig 1902-1956.
*
La bibliografia si trova in Totok, Handbuch ... , Il, pp. 98 sgg.
EUSEBIO DI MINDO: cfr. Neoplatonici, IV, 5.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
EUSTAZIO DI CAPPADOCIA: cfr. Neoplatonici, IV, 11. EUSTRAZIO VESE::OVO DI NICEA, vissuto nella seconda metà dell'xi .e agli inizi del xn secolo. Fu discepolo di Michele Psello.
O È soprattutto noto per i suoi commenti ad Aristotele. l. Commento agli Analitici secondi I n Analyticorum posteriorum librum secundum commentarium 2. Commento all'Etica nicomachea In Ethica Nicomachea commentario • Si trovano editi nei C.A.G., vol. XX, pp. 1-121; 256-406; e XXI, l (si vedano indicazioni analitiche alla voce Commentatori greci di Aristotele).
EVANDRO DI FOCEA: cfr. Accademici, Elenco scolarchi, 9; Neoaccademici, 4.
EVEMERO DI MESSENE, scrittore del
IV-III
secolo a.C., da alcuni con-
nesso alla scuola cirenaica.
e©* -
G. Vallauri, Evemero di Messene, Testimonianze e frammen.ti con introduzione e commento, Giappichelli, Torino 1956.
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F FABIANO PAPIRIO: dr. Neopitagorici, I, 6. FALEA DI CALCEDONIA: dr. Presocratici, 39. FANIA DI ERESO: cfr. Peripatetici, A, 13. FANIA STOICO: dr. Mediostoici, 4. FANTONE DI FLIUNTE: dr. Presocratici, 53; Pitagorici antichi, 27. FAVONIO EULOGIO: cfr. Neoplatonici, VII, 6. FAVORINO DI ARELATE, retore e filosofo accademico-scettico, vissuto fra il 70 e il 150 d.C. Fu discepolo di Dione Crisostomo, amico di Plutarco e maestro e amico di Erode Attico.
O Della sua imponente produzione, ci è pervenuto molto poco. Possediamo un certo numero di frammenti, fra i quali spiccano quelli del Contro i Caldei e della Storia varia. Di recente è stato scoperto, in un papiro, il grosso di uno scritto dal titolo: Sull'esilio De exilio Gli sono inoltre attribuiti dalla critica moderna due Ora:t.ioni pervenuteci nel corpus degli scritti di Dione Crisostomo: Corintiaca Corinthiaca Sulla fortuna De fortuna II catalogo completo dei titoli delle opere di Favorino si troverà in Barigazzi, sotto citato, pp. 609 sg. e© Un'ottima edizione critica con commento di tutto quanto ci è pervenuto del nostro filosofo è stata curata da: - A. Barigazzi, Favorino di Areiate, Opere, Introduzione, testo critico e commento, Le Monnier, Firenze 1966. (f) La traduzione del fr. 3 {Contro i Caldei) si trova in:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- Russo, Scettici ... [dr. voce], pp. 658-665. Per la traduzione delle Orazioni pervenuteci nel corpus degli scritti di Dione dr. la voce Dione Crisostomo.
© Un ottimo indice delle parole si trova in Barigazzi, op. cit., pp. 565608; dr. anche pp. 40-64.
* *
L'Introduzione dell'edizione del Barigazzi, pp. 1-80, è una vera e propria monografia, che si completerà, per gli approfondimenti della problematica filosofica, con il Goedeckemeyer {dr. voce Scettici], pp. 248-257. Ricca bibliografia si troverà in Barigazzi, op. cit., pp. 81-85.
FEBIONE STOICO, è ricordato come uno degli epigoni della filosofia del Portico, privo di originalità (dr. Longino, presso Porfirio, Vita di Platino, 20).
FEOONE DI ELIDE, vissuto fra il v e il Socrate e fondatore della scuola di Elide.
IV
secolo a.C., fu discepolo di
O Ci sono pervenute di lui solo testimonianze (soprattutto in Diogene Laerzio, Cicerone, Seneca, Giuliano, Temistio). Il Wilamowitz (dr. sotto) dà molta importanza, per la ricostruzione del pensiero di Pedone, alle Lettere 12 e 13 dei Socratici. e© -
La raccolta sistematica dei frammenti, con annotazioni, si trova in: Giannantoni, S.R. [dr. voce Socratici Minori], III A.
G) Alcuni testi sono presentati in lingua tedesca da: - Nestle, Die Sokratiker ... [dr. voce Socratici], pp. 178 sg. Per quanto concerne la Lettere sopra citate dr.: - L. Kohler, Die Briefe des Sokrates und der Sokratiker, Leipzig 1928 ( « Philologus ,., Supplementband 20,2).
*-
U. von Wilamowitz-Moellendortl, Phaidon von Elis, in « Hermes », 14 (1879), pp. 187-193 e 476-477; ora in Kleine Schriften, III, Berlin 1969, pp. 41 sgg. - K. von Fritz, Phaidon, 3, in R.E., XIX, 2 (1938), coli. 1538-1542.
FEDRO EPICUREO, vissuto fra il n e il
1
secolo a.C. Fu scolarca det
Giardino.
O Si può dire che il suo nome sopravviva pressoché esclusivamente grazie ad alcune testimonianze di Cicerone, il quale, in particolare, menziona (Ep. ad Att., XIII, 39, 2) un'opera di Fedro dal titolo Sugli dei. Quest'opera è andata perduta completamente, ma pare contenesse un ampio excursus dossografico sulle concezioni teologiche greche, che Fedro avrebbe derivato dalle Opinioni dei fisici di Teofrasto, rilette in chiave epicurea. Il Diels ha pensato che quest'opera di Fedro potrebbe essere la fonte di due esposizioni teologiche pervenuteci, le quali presentano fra loro sorprendenti tangenze (e
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391
FEBIONE/FILODEMO
per questa ragione, derivano certamente da una tonte comune), vale a dire: Cicerone, De nat. deor., I, 10,25 - l, 15,41, e Filodemo, De pietate, passim. • I testi di Cicerone e Filodemo sopra citati si vedano editi in sinossi (per le ragioni spiegate) in: - Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], pp. 529-550.
G) -Torraca, Dossogr. [cfr. voce Dossografi], pp. 315-330.
*
Per tutta la questione accennata cfr: - Diels, Dox. [cfr. voce Dossagrafi], Prolegomena, in particolare pp. 125 sgg.
FERECIDE DI SIRO: cfr. Presocratici, 7. FILINO DI COS: cfr. Medici Empirici, l. FILIPPO IL MEGARICO: cfr. Megarici, 18. FILIPPO DI OPUNTE: cfr. Accademici antichi, 11 e inoltre:
**-
K. von Fritz, Phzlippos von Opus, in R.E., XIX, 2 (1938) coli.
2351-2367. Zeller-lsnardi Parente [cfr. voce Accademici antichi], pp. 882 sgg.;
1028 sgg.
FILISCO DI EGINA: cfr. Cinici, 4. FILISCO EPICUREO, vissuto nel n secolo a.C. Tentò di introdurre per la prima volta in Roma il verbo del Giardino, insieme ad Alceo (cfr. voce).
O L'autore ci è noto unicamente attraverso testimonianze indirette. e© - G. Garbarino, Roma e la filosofia greca dalle origini alla fine del II secolo a.C., Paravia, Torino 1973, vol. l, pp. 79-80; vol. II, pp. 372 sg.
FILODEMO DI GADARA, filosofo epicureo del 1 secolo a.C.
O Oltre ad alcuni epigrammi conservatici nella Antologia patatina, sono stati trovati, soprattutto nei papiri di Ercolano, numerosi frammenti di molte opere di vario genere: sulla logica, sulla teologia, sull'etica, sull'economia, sulla retorica, sulla poesia, sulla musica, ed anche scritti di carattere dossografico.
oe
Il catalogo delle edizioni dei papiri è stato steso con grande perizia da M. Gigante e W. Schmid nell'edizione del Glossarium Epicureum di Usener da loro curata (cfr. voce Epicurei), alle pp. xxi-XXXI, e ad esso rimandiamo il lettore. Cfr. anche Praechter, pp. 439-441.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
e(f)© - P.H. and E. De Lacy, Philodemus, On Methods of Inference, Edited with Translation and Commentary, Bib!iopolis, Napoli 19782 (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, La Scuola di Epicuro, Collezione di testi ercolanesi diretta da M. Gigante, Volume primo).
©-
C.]. Vooijs - D.A. van Krevelen, Lexicon Philodemeum, 1-11, Purmerend-Amsterdam 1934-1941.
*-
R. Philippson, Philodemos, in R.E., XIX, 2 (1938), coli. 2444-2482. - M. Gigante, Ricerche filodemee, Napoli 1969. - R. Laurenti, Filodemo e il pensiero economico degli Epicurei, Milano 1973.
'*
La bibliografia, a cura di Gigante e Schmid, si trova nell'introduzione al Glossarium Epicureum, sopra cit., pp. XXI sgg.
FILOLAO DI TARANTO: dr. Presocratici, 44; .Pitagorici antichi, 18. FILOLAO DI TARANTO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 29. FILONE DI ALESSANDRIA, nato verso la fine del to verso la metà del
1
I
secolo a.C. e mor-
secolo d.C.
O Un gran numero di opere di Filone (la grande maggioranza) ci è pervenuto, per lo più integralmente. Nonostante i numerosi tentativi fatti, non è risultato ancora possibile ricostruire un ordine cronologico, e perciò ci sembra più opportuno ridare il catalogo secondo l'ordine alfabetico dei titoli latini con cui queste opere vengono comunemente indicate e la relativa abbreviazione oggi comunemente usata. Ci limiteremo ai titoli delle opere attualmente riconosciute come autentiche. l. Abramo De Abrahamo Abr. 2. L'eternità del mondo De aeternitate mundi Aet. 3. L'agricoltura De agricultura Agrzc. 4. Alessandro Alexander Alex. 5. I Cherubini e la spada di De Cherubim Cher. fuoco 6. La confusione delle lingue De confusione linguarum Confus. 7. Sugli studi preliminari De congressu quaerendae Con gr. eruditionis gratia 8. La vita contemplativa De vita contemplativa Contempl. 9. Il Decalogo De Decalogo Decal. 10. Il peggiore solitamente in- Quod detel'ius potiori insi- Deter. sidia il migliore diari soleat Quod Deus sit immutabilis Deus 11. L'immutabilità di Dio 12. L'ebrezza De ebrietate Ebr. In Flaccum 13. Contro Placco Flacc. 14. La fuga e la scoperta De fuga et inventione Fu g. Gig. 15. I Giganti De gigantibus
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FILOLAO/FILONE DI ALESSANDRIA
16. L'erede delle cose divine
17. Difesa dei Giudei 18. Giuseppe 19. Ambasciata a Gaio 20. Le allegorie delle leggi 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31.
32. 33. 34. 35. 36.
Quis rerum divinarum beres sit Hypothetica (Apologia pro Iudaeis) De Iosepho Legatio ad Gaium Legum allegoriae, in tre libri De migratione Abrahami De vita Mosis, in due libri De mutatione nominum De opificio mundi De plantatione De posteri/ate Caini De praemiis et poenis, de exsecrationibus Quod omnis probus liber sit De providentia Quaestiones et solutiones in Genesim Quaestiones et solutiones in Exodum De sacrificiis Abelis et Caini
Her. Hypoth. Ios. Lega t. Leg.
migrazione di Abramo Mi gr. vita di Mosè Mos. mutazione dei nomi Mutat. creazione del mondo Opi/. piantagione di Noè Plani. posterità di Caino Poster. I premi e le pene, le malePraem. dizioni Ogni uomo è libero Prob. La Provvidenza Prov. Questioni e soluzioni sul Quaest. Gen. Genesi Questiom e soluztoni sull' Quaest. Ex. Esodo I sacrifici dz Abele e di Sacri/. Camo La sobrietà De sobrietate So br. I sogm De somniis, in due libri Somn. Sulle leggi particolari De specialibus legibus, in Spec. quattro libri Le virtù De virtutibus Virt. La La La La La La
Di queste opere sono stati proposti diversi raggruppamenti, fra i quali il più diffuso è il seguente: l. Opere contenenti il grande commento allegorico al Genesi: Legum allegoriae, De Cherubim, De sacrificiis Abelis et Caini, Quod deterius potiori insidiari soleat, De posteri/ate Caini, De gigantibus, Quod Deus sit immutabilis, De agricultura, De plantatione, De ebrietate, De sobrietate, De confusione linguarum, De migratione Abrahami, Quis rerum divinarum heres sit, De congressu eruditionis gratia, De fuga et inventione, De mutatione nominum, De somniis. (Questo gruppo di opere può essere fatto iniziare, secondo alcuni, con il De opificio mundi). 2. Opere dedicate all'esposizione della legge mosaica: De opificio mundi, De vita Mosis, De Abrahamo, De Iosepho, De Decalogo, De specialibus legibus, De virtutibus, De praemiis et poenis, De exsecrationibus. 3. Opere di catechesi, contenenti problemi e soluzioni per lettori già in possesso di una buona conoscenza dei libri mosaici: Quaestiones et solutiones in Genesim, Quaestiones et solutiones in Exodum.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
4. Scritti in difesa della causa ebraica: Hypothetica, In Flaccum, Legatio ad Gaium, De vita contemplativa. 5. Scritti di carattere puramente filosofico (forse composti in età giovanile): Quod omnis probus liber sit, De aeternitate mundi, De providentia, JUexander. .
• L'edizione critica più recente delle opere di Filone è quella dovuta a: - L. Cohn - P. Wendland - S. Reiter, Philonis JUexandrini Opera quae supersunt, 6 voli., Reimer, Berlin 1896-1915; De Gruyter, Berlin 19622 • (Esiste anche un'editio minor, senza Prolegomena e senza apparato critico). Questo testo con poche modifiche si trova pure in: - F.H. Colson - G.H. Whitaker, Philo in Ten Volumes (and Two Supplementary Volumes), With an English Translation, London-Cambridge (Mass.) 1929-1962 (Loeb). (l due volumi supplementari contengono la traduzione inglese di R. Marcus delle opere di Filone che ci sono giunte soltanto nella versione in lingua armena). - R. Arnaldez - J. Pouilloux - C. Mondésert, Les Oeuvres de Philon d'JUexandrie, Publiées sous le patronage de l'Université de Lyon, ~ditions du Cerf, Paris 1961 sgg. (con introduzione, traduzione francese e note).
© - l. Leisegang, Indices ad Philonis JUexandrini Opera (costituisce il settimo volume della succitata edizione Cohn-Wendland), Berlin 1926-1930. Un nuovo indice che integra quello del Leisegang e che risulta assai prezioso per l'acribia con cui è stato condotto, è stato curato da: - G. Mayer, Index Philoneus, De Gruyter, Berlin-New York 1974. Ulteriori notizie sulla letteratura lessicografica si troveranno in Radice, Bibliografia... , sotto citata, parte I, sez. v. G) Oltre alla traduzione francese che si trova nell'edizione di Arnaldez. Pouilloux-Mondésert, e a quella inglese di Colson-Whitaker, sopra citate, esiste anche una buona traduzione tedesca di: -L. Cohn- l. Heinemann- M. Adler, Philo von JUexandrien, Die Werke in deutscher Vbersetzung, 6 voli., Breslau 1909-1938; nuova ediz. a cura di W. Theiler, De Gruyter, Berlin-New York 1962-1964, con l'aggiunta di un Sachweiser zu Philo. Esiste anche una traduzione completa in lingua spagnola: I.M. Triviiio, Obras completas de Fil6n de JUe;andria, voli. I-V, Buenos Aires 1975-1976. In italiano sono state tradotte, per ora, le seguenti opere: - L'In Flaccum e la Legatio ad Gaium ad ùpera di C. Kraus in appendice al volume: Filone JUessandrino e un'ora tragica della storia ebraica, Napoli 1967, pp. 165-264. - La creazione del mondo a cura di G. Calvetti e Le allegorie delle leggi a cura di R. Bigatti, in un volume curato ed introdotto da G. Reale, presso l'editore Rusconi, Milano 1978. Presso la stessa casa editrice G. Reale sta curando la pubblicazione della traduzione dell'intero « Commentario allegorico •, secondo il seguente piano:
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FILONE DI ALESSANDRIA
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- L'erede delle cose divine, Introduzione di G. Reale, Prefazione, traduzione e note di R. Radice, 1981. - I Cherubini, I sacrifici di Abele e Caino, Il malvagio tende a sopraffare il buono, La posterità di Caino, I Giganti, L'immutabilità di Dio, Traduzione di C. Mazzarelli, Introduzione, prefazioni, note ed apparati di R. Radice, 1984. Sono in corso di elaborazione: L'agricoltura, La piantagione, L'ebrezza, La sobrietà, La confusione delle lingue, La migrazione di Abramo, a cura di R. Radice, con l'Introduzione di V. Nikiprowetzky. Infine le opere: La fuga e la scoperta, La mutazione dei nomi, I sogni, sono state affidate alla cura di C. Kraus.
*-
M. Heinze, Die Lehre vom Logos in der griechischen Philosophie, Oldenburg 1872; rist. anast., Aalen 1961. - J. Drummond, Philo ]udaeus or the ]ewish-Alexandrian Philosophy in its Development and Completion, 2 voli., London 1888; Amsterdam 19692. - E. Bréhier, Les idées philosophiques et religieuses de Philon d'Alexandrie, Paris 1908; 19252; 195()3. - K. Staehle, Die Zahlenmystik bei Philon von Alexandreia, LeipzigBerlin 1931. - I. Heinemann, Philons griechische und judische Bildung, Breslau 1932; rist. anast. Darmstadt 1962; Hildesheim 1973. - E.R. Goodenough, By Light, Light: the Mystic Gospel of Hellenistic ]udaism, New Haven-London 1935. - W. Volker, Fortschritt und Vollendung bei Philo von Alexandrien, Eine Studie zur Geschichte der Frommigkeit, Leipzig 1938. - E.R. Goodenough, An Introduction to Philo ]udaeus, New Haven 1940; Oxford 19622. - H. Leisegang, Philon, 41, in R.E., XX, l (1941), coli. 1-50. - M. Pohlenz, Philon von Alexandrien, in « Nachrichten der Geselischaft der Wissenschaften zu Gottingen, Philologisch-historische Klasse ,., 5 (1942), pp. 409-487. - H.A. Wolfson, Philo, Foundations o/ Religious Philosophy in ]udaism, Christianity and Islam, 2 voli., Cambridge (Mass.) 1947; 19482 • - J. Pépin, Mythe et allégorie, Les origines grecques et les contestations judéo-chrétiennes, Paris 1958; 19762. - J. Daniélou, Philon d'Alexandrie, Paris 1958. - H. Hegermann, Die Vorstellung vom Schopfungsmittler im hellenistischen ]udentum Urchristentum, Berlin 1961. - AA.VV., Philon d'Alexandrie, Colloques Nationaux du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1967. - U. Friichtel, Die kosmologischen Vorstellungen bei Philo von Alexandrien, London 1968. - I. Christiansen, Die T echnik der allegorischen Auslegungswissenschaft bei Philon von Alexandrien, Tiibingen 1969. - A. Maddalena, Filone Alessandrino, Milano 1970.
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396
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- B. Lee Mack, Logos und Sophia, Gottingen 1973. - E. Lucchesi, L'usage de Philon dans l'oeuvre exégétique de Saint Ambroise. Une « Quellenforschung » relative aux Commentaires d'Ambroise sur la Genèse, Leiden 1977. - V. Nikiprowetzky, Le commentaire de l'Ecriture chez Philon d'Alexandrie: son caractère et sa portée. Observations philologiques, Leiden 1977. - H. Savon, Saint Ambroise devant l'exégèse de Philon le Juif, 2 voll., Paris 1977. - S. Sandmel, Philo of Alexandria. An Introduction, New York-Oxford 1979. Ricordiamo, infine, la rivista specializzata « Studia Philonica », espressione del « Philo lnstitute » di Chicago, la quale è assai ricca di importanti contributi sul nostro filosofo (ha iniziato la pubblicazione nel 1972). ~ H.l. Goodhart - E.R. Goodenough, A Generai Bibliography of Philò, in E.R. Goodenough, The Politics of Philo ]udaeus, New Haven 1938; rist. anast., Hildesheim 1967, pp. 152-321. (Questa bibliografia molto ben articolata contiene l'indicazione di 1603 titoli). Per la bibliografia filoniana degli anni successivi al 1938 si vedranno le seguenti opere: - LH. Feldman, Scholarship on Philo and ]osephus (1937-1962), in Studies in ]udaica, New York (Yeshiva University) s.d. [1963?]. - A.V. Nazzaro, Recenti studi filoniani (1963-1970), in « Vichiana », l (1972), pp. 76-125; 2 (1973), pp. 114-155. - G. Delling, Bibliographie zur iudisch-hellenistischen und intertestamentarischen Literatur 1900-1970, Berlin 1975, pp. 56-80. Tutto il materiale bibliografico dal 1937 in poi si trova raccolto e recensito in: - R. Radice, Bibliografia generale su Filone di Alessandria negli ultimi quarantacinque anni, Bibliopolis, Napoli 1983.
FILONE DI ATENE: cfr. Scettici antichi, 5. FILONE DI LARISSA, filosofo accademico-eclettico-scetticheggiante vissuto nella seconda metà del n secolo a.C.
Q Ci sono pervenute solo testimonianze e frammenti.
*
Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 403-407.
Oltre ai capitoli delle sto l'i e generali dello Scetticismo, cfr.: - K. von Fritz, Philon, 40, in R.E., XIX, 2 (1938), coli. 2535-2544. - R. Gélibert, Philon de Larissa et la fin du scepticisme académique, in AA.VV., Permanence de la philosophie, Mélanges offerts à ]. Moreau, Neuchitel 1977, pp. 82-126.
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FILONE DI ATENE/FILOPONO
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*
Tutta la letteratura critica su Filone di Larissa si trova in: - L. Ferraria - G. San tese, Bibliografia sullo scetticismo antico ( 1.8801978), in: Lo scetticismo ... [cfr. voce Scettici], pp. 753-850.
FILONE MEGARICO: cfr. voce Megarici, 12.
*
-
Su questo filosofo, assai poco noto, si veda inoltre: K. von Fritz, Philon 39, R. E., XIX, 2 ( 1938), coli. 2533-2535.
FILONIDE DI LAODICEA, epicureo fiorito verso la fine del
11 secolo, a.C., autore di una epitome delle Lettere di Epicuro (cui attinse Seneca).
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze .
• - W. Cronert, Der epikureische Philonides, in « Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften », 1900, pp. 942-959.
*
-R. Philippson, Philonide, in R.E., XX, l (1941), coli. 63-73.
FILOPONO GIOVANNI, grammatico e filosofo neoplatonico e cristiano della scuola di Alessandria del VI secolo d.C. (È un autore a lungo trascurato e oggi rivalutato - fra l'altro - come un precursore della scienza moderna) ..
O Fra le opere pervenuteci spiccano i suoi scoli ad Aristotele: l. Commento alle Categorie di Ari- I n Aristotelis Categorias stotele 2. Commento agli Analitici primi di In Aristotelis Analytica priora Aristotele 3. Commento agli Analitici secon- In Aristotelis Analytica posteriora di di Aristotele 4. Commento ai Meteorologici di In Aristotelis Meteorologica Aristotele 5. Commento alla Generazione e In Aristotelis De generatione et cor-Corruzione di Aristotele ruptione In Aristotelis De generatione anzma6. Commento alla Generazione degli animali di Aristotele (attri- lium buito) 7. Commento al trattato Dell'anima In Aristotelis De anima di Aristotele 8. Commento alla Fisica di Aristo- In Aristotelis Physicam tele 9. Commento alla Metafisica di A- In Aristotelis Metaphysicam ristotele (giuntoci in traduzione latina) 10. Ricordiamo anche un suo Commentario alla Introduzione aritmetica di Nicomaco. Di non scarso interesse sono anche i seguenti suoi trattati teologici: 11. Sulla creazione del mondo De opificio mundi
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
12. Sulla eternità del mondo contro De aeternitate mundi contra Proclum Proclo Un catalogo ragionato di tutta la produzione di Filopono si troverà nell'articolo di Gudernan nella R.E., sotto citato . •
I Commentari aristotelici sopra elencati ai numeri 1-8 si trovano nei
C.A. G., rispettivamente in XIII, l; XIII, 2; XIII, 3; XIV, l; XIV, 2; XIV, 3; XV; XV.J e XVII (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci di Aristotele). Una traduzione latina del terzo libro del Commentario al De anima, che si rifà ad un testo greco diverso da quello che si legge nell'edizione Hayduck del succitato vol. XV dei C.A.G. è stata pubblicata da: - M. De Corte, Le commentaire de ]ean Philopon sur le 3' livre du Traité de l'ame d' Aristote ( « Bibliothèque de la Faculté de Philosophie et Lettres de I'Université de Liège », 65), Liège 1934. Del commentario alla Metafisica, c'è la vecchia edizione del secolo XVI: - I. Philoponus, Breves sed apprime doctae et utiles expositiones in omnes XIV Aristotelis libros eos qui vocantur Meti:zphysici, quas Fr. Patricius de Graecis Latinas fecerat, Ferrariae 1583. Il Commentario a Nicomaco è stato pubblicato da R. Hoche nei Gymnasialprogramme del Ginnasio di Wesel: 'lwliwov ypa1.q.ux·nxov 'A"M~avliptW<; (-tov CI>~À.o-rt6vov) E~TJrrJ
(f)© - W. BOhm, ]ohannes Philoponos Grammatikos von Alexandrien, Ausgewiihlte Schri/ten, ubersetzt, eingeleitet und kommentiert, SchOning, Miinchen-Paderborn-Wien 1967. (Questo volume - che reca come indicativo titolo complementare: Christliche Naturwissenschaft im Ausklang der Antike, Vorliiufer der modernen Physik, Wissenschaft und Bibel - presenta una scelta sistematica da quasi tutti gli scritti filosofici). - ]. Dudley, ]ohannes Grammaticus Philoponus Alexandrinus, In Aristotelis De anima, Proemion, Translated /rom the Greek, in « Bulletin de la Société internationale pour l'étude de la Philosophie médiévale », 16-17 :(1971-1975), pp. 62-85.
*-
A. Gudeman, Ioannes Philoponus, 21, R.E., IX, 2 (1916), coll. 1764-1793 e l'aggiunta di W. Kroll, ivi, coll. 1793-1795.
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399
FILOPONO / FILOSTRATO
- R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristate: L'é· cole d'Olympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941, pp. 50 sgg. - É. Évrard, Les convictions religieuses de Jean Philopon et la date du Commentaire aux « Météorologiques », in « Bulletin de l'Académie Royale de Belgique, Classe des Lettres », v· série, 39 (1953), pp. 299-357. - H.D. Saffrey, Le chrétien Jean Philopon et la survivance de l'école d'Alexandrie au VI' siècle, in « Revue des Études Grecques », 67 (1954), pp. 396-410. - W. Wieland, Die Ewigkeit der Welt (Der Streit zwischen ]oannes Philoponus und Simplicius), in AA.VV., Die Gegenwart der Griechen im neueren Denken, Festschrift fiir H.G. Gadamer zum 60. Geburtstag, Tiibingen 1960, pp. 291-316. - L.G. Westerink, Deux commentaires sur Nicomaque: Asclépius et Jean Philopon, in « Revue des Études Grecques », 77 (1964), pp. 526-535. - É. Évrard, ]ean Philopon, Son Commentaire sur Nicomaque et ses rapports avec Ammonius, in « Revue des Études Grecques », 78 (1965), pp. 592-598. - M. Wolff, Fallgesetz und Massebegri/J. Zwei wissenschaftshistorische Untersuchungen zur Kosmologie des Johannes Philoponus, Berlin 1971.
*
Ulteriore bibliografia si trova in Totok, Handbuch ... , Il, pp. 173 sg.
FILOSTRATO FLAVIO, biografo e filosofo neopitagorico vissuto a cavaliere fra il u e il m secolo d.C.
O Ci sono pervenute alcune opere, fra le quali interessano lo studioso di filosofia le seguenti: l. Vita di Apollonia Vita Apollonii 2. Vite dei Sofisti Vitae Sophistarum • - C.L. Kayser, Flavii Philostrati opera, Accedunt Apollonii Epistulae, Eusebius adversus Hieroclem, Philostrati ]unioris Imagines, Callistrati Descriptiones, 2 voli., Lipsiae 1870-1871 (Bibl. Teubn.). - F.C. Conybeare, Philostratus, The Life of Apollonius of Tyana, The Epistles of Apollonius and the Treatise of Eusebius, With an English Translation, 2 voli., London-Cambridge (Mass.) 1912 (più volte riedito) (Loeb). - W.C. Wright, Philostratus and Eunapius, The Lives of the Sophists, With an English Translation, London-Cambridge (Mass.) 1921 (più volte riedito), pp. 1-315 (Loeb).
G) Oltre alle traduzioni inglesi annesse alle edizioni sopra citate, si vedano: - V. Lancetti, Le opere dei due Filostrati volgarizzate, vol. l, Milano 1928. - D. Del Corno, Filostrato, Vita di Apollonia di Tiana, Adelphi, Milano 1978.
*-
F. Grosso, La « Vita di Apollonia di Tiana» come fonte storica, in «Acme», 7 (1954), pp. 332-532. - F. Lo Cascio, La forma letteraria della « Vita di Apollonia Tianeo >>, Palermo 1974.
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400
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
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Bibliografia in Del Corno, op. cit., pp. 11-57, nelle note. - Zeller-Del Re [dr. indicazione analitica alla voce Neopitagorici], pp. 102-141.
FINTIDE PITAGORICA, PSEUDO (?):dr. Mediopitagorici, 30. FINZIA DI SIRACUSA: dr. Presocratici, 55; Pitagorici antichi, 29. FISICI o FISIOLOGI: dr. Presocratici. FOCO DI SAMO: dr. Presocratici, 5. FOZIO DI COSTANTINOPOLI, erudito vissuto nel IX secolo, patriarca di Costantinopoli ed uno dei maggiori esponenti della cultura bizantina.
Q Ci ha lasciato una importante opera comunemente conosciuta con il titolo di Biblioteca (il titolo completo è: Inventario ed enumerazione dei libri che abbiamo letto (in latino: Bibliotheca o Myriobiblion; abbr. Biblioth.). Quest'opera è formata da 280 codici o capitoli, in ognuno dei quali vengono riassunte e recensite altrettante opere di autori direttamente letti da Fozio. È una vera miniera di informazioni preziose intorno a trattati filosofici e teologici andati perduti (ma anche intorno ad opere storiche, oratorie, ecc.), in modo particolare riguardanti pensatori dell'epoca post-dassica. Quanto ai giu· dizi che Fozio esprime sulle opere lette, è appena il caso di notare che essi devono essere presi con molta cautela, perché, lungi dall'essere formulati con intenti di obiettività, risultano (almeno nella maggior parte dei casi) condizionati da particolari vedute personali. • L'edizione sulla cui base vengono fatte le citazioni di Fozio è quella di l. Bekker, 2 voll., Berolini 1824-1825, che presenta il testo stampato su due colonne. (Si ricordi che, nelle citazioni, il primo numero si riferisce sempre al codice; il secondo numero, indica la pagina: la lettera a o b indica la colonna [lettera a = colonna di sinistra; lettera b = colonna di destra]; l'ultimo numero indica la riga, sempre con riferimento all'edizione Bekker). Una nuova edizione critica della Biblioteca di Fozio, destinata a sostituire quella del Bekker, è pubblicata nella « Collection Byzantine » dalla casa editrice francese Les Belles Lettres: - R. Henry, Photius, Bibliothèque, Texte établi et traduit, 8 voli., Paris 1959-1977.
G) Si veda la traduzione francese dell'Henry, che accompagna il testo greco nell'edizione sopra citata, per lo più molto chiara.
FRASIDEMO: dr. Megarici, 27.
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G GAIO PLATONICO: dr. Medioplatonici, 12. GALENO, CLAUDIO, medico e grande erudito con interessi filosofici, del n secolo d.C. Nacque a Pergamo, si formò in gran parte ad Alessandria ed agi soprattutto a Roma. Costituisce anche una fonte di informazione dossografica molto importante per la storia della filosofia antica.
O Per il catalogo delle opere si veda il De libris propriis, scritto dallo stesso Galeno, che si troverà a pp. 69-90 della traduzione sotto citata di Garofalo e Vegetti. • - C.G. Kiihn, Claudii Galeni Opera omnia («Medicorum Graecorum Opera quae exstant », voli. IX-XX), Leipzig 1821-1823; rist. anast., Olms, Hildesheim 1964-1965 (con traduzione latina).
(!) -
I. Garofalo e M. Vegetti, Opere scelte di Galeno, Utet·, Torino
1978.
**
L'introduzione di M. Vegetti all'opera citata, pp. 9-50, dà una buona visione di insieme; ivi, pp. 53-56, si troverà anche una bibliografia essenziale.
GALENO, PSEUOO. Tra le opere di Galeno figura, sia nella tradizione manoscritta che nelle moderne edizioni critiche, un trattato dossografico che non sembra potersi ~crivere al celebre medico Galeno e il cui autore viene, pertanto, convenzionalmente denominato Pseudo-Galeno. Lo scritto in questione porta il titolo di Storia della Filosofia (Historia philosopha; abbr. Hist. phil.) e secondo gli studiosi sarebbe stato composto intorno al 500 d.C. come una sorta di prontuario didattico, contaminando fondamentalmente, ma con una certa diligenza, due fonti: un'epitome stoica nei primissimi capitoli (la stessa epitome che fu utilizzata anche da Sesto Empirico in alcuni capitoli del secondo e terzo libro degli Schizzi Pirroniani) e i Placita philosophorum
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402
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
dello Pseudo-Plutarco (dr. voce) nella restante e più cospicua parte del· l'opera . •
-
GJ -
*-
Diels, Dox. .[cfr. voce Dossografi], pp. 375-428. Torraca, Dossogr. ,[cfr. voce Dossografi], pp. 375-428. Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], Prolegomena, pp. 233-258.
GARTIDA DI CROTONE: cfr. Pitagorici, Elenco scolarchi, 5 (secondo Giamblico ).
GELLIO, AULO, erudito romano del
II secolo d.C. Dimorò a lungo anche ad Atene, dove compose le sue Noctes Atticae, in cui raccolse materiale vario (notazioni, appunti ed estratti), che contiene numerose informazioni per noi preziose.
• Ox.).
P.K. Marshall, A. Gelli Noctes Atticae, 2 voli., Oxford 1968 (BibL
GIAMBLICO DI CALCIDE, filosofo neoplatonico, fondatore della scuola siriaca, nato intorno alla metà del decennio del IV.
O
III
secolo d.C. e morto nel terzo
Della sua cospicua produzione ci è pervenuto quanto scgut·:
l. Quattro (o forse cinque) dei dieci trattati che costituivano la Silloge
delle dottrine pitagoriche (Synagoge Pythagorica). Ecco lo schema di questa Silloge e la indicazione dei titoli dei trattati pervenutici: 1. Vita pitagorica De vita Pythagorica II. Protrettico (o esortazione alla Protrepticus (Adhortatio ad phifilosofia) losophiam) (Ricordiamo che il capitolo 20 di quest'opera contiene estratti di un anonimo sofìsticheggiante, che viene, per conseguenza, denominato Anonimo di Giamblico e viene edito insieme ai Sofìsti: cfr. Presocratici, 89; Sofisti, 9). m. Sulla scienza matematica co- De communi mathematica scienm une tia IV. Sull'introduzione aritmetica I n N icomachi arithmeticam indi Nicomaco troductionem [v. II quinto scritto doveva essere una trattazione dei numeri in chiave fisica] [VI. II sesto scritto doveva essere una trattazione della valenza etica dei numeri] VII. Teolo?_ia aritmetica Theologumena arithmeticae (Secondo alcuni l'opera pervenutaci non è autentica; ma è certo, in ognr caso, che, se non è di Giamblico, quest'opera attinge largamente all'originai<: di Giamblico). [VIII. L'ottavo trattato riguardava la musica] [IX. Il nono trattato riguardava la geometria]
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40}
GARTIDA/ GIAMBLICO
[x. Il decimo doveva trattare di astronomia] 2. Dei trattati di carattere fìlosofìco-teologico-teurgico-religioso, ci è giunto solo: I misteri degli Egizi De mysteriis Aegyptiorum (L'autenticità di questo trattato, in passato contestata, sembra oggi essere fuori discussione). Ricordiamo che l'opera più importante, o una delle più importanti, doveva essere la Teologia Caldaica, in almeno 28 libri, di cui non sono stati ancora raccolti i frammenti. 3. Stobeo ci ha conservato ampi frammenti del De anima (cfr. Anthol., I, 48,8; 49,32-43 e 65-67, pp. 362-385 e 454-458 Wachsmuth). 4. Ancora Stobeo ci ha conservato frammenti di Lettere. 5. Da autori diversi ci sono stati conservati frammenti di commentari ad alcuni scritti di Aristotele (in particolare alle Categorie e agli Analitici primi) e a dialoghi platonici (Alcibiade Maggiore, Pedone, Cratilo, Sofista, Fedro, Filebo, Timeo, Parmenide). Anche un buon numero di frammenti appartenente ad altre opere può essere recuperato. Cataloghi ragionati delle opere che Giamblico risulta aver scritto si troveranno in Dalsgaard Larsen, sotto cit., pp. 42-65 e in Dillon, sotto citato, pp. 18-25. • l. Dei cinque trattati della S i Il o g e d e Il e d o t t r i n e p i t a g o r i c h e ci sono le seguenti edizioni: 1) A. Nauck, lamblichi De vita Pythagorica liber, Petersburg 1884; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965. - L. Deubner, Iamblichi De vita Pythagorica liber, Lipsiae 1937; rist. anast. con aggiunte e correzioni a cura di U. Klein, Stuttgart 1975 (Bibl. Teubn.). - M. von Albrecht, Iamblichos, Pythagoras, Griechisch und Deutsch, herausgegeben, iibersetzt und eingeleitet ( << Bibliothek der Alten Welt » ), Artemis Verlag, Ziirich 1963. n) H. Pistelli, Iamblichi Protrepticus, Lipsiae 1888; rist. anast., Stuttgart 1967 (Bi bi. Teubn. ). m) N. Festa, Iamblichi De communi mathematica scientia liber, Lipsiae 1891; riedito con aggiunte e correzioni a cura di U. Klein, Stuttgart 1975 (Bibl. Teubn.). rv) H. Pistelli, Iamblichi In Nicomachi arithmeticam introductionem liber, Lipsiae 1894; nuova edizione con correzioni di U. Klein, Stuttgart · 1975 (Bibl. Teubn.). v) V. De Falco, Iamblichi Theologumena arithmeticae, Lipsiae 1922; riedito con aggiunte e correzioni a cura di U. Klein, Stuttgart 1975 (Bibl. Teubn.). 2. Del D e M y s t eri i s si possono vedere le seguenti due edizioni: -G. Parthey, Iamblichi De mysteriis liber, Berlin 1857; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965.
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404
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- É. des Places, ]amblique, Les mystères d'Égypte, Paris 1966 (Coli. Bu· dé), con introduzione e traduzione francese a fronte. (Si vedano ulteriori indicazioni nel lavoro del Sicherl, che citiamo nel vol. IV, p. 642, nota 7). 3 e 4. I fra m m e n t i d e l De anima e d e 11 e Epistole si vedranno nelle edizioni di Stobeo (cfr. voce). 5. Per i fra m m e n t i d e i c o m m e n tar i si vedano: - B. Dalsgaard Larsen, ]amblique de Chalcis exégète et philosophe, Appendice: Testimonia et fragmento exegetica, Universitetsforlaget i Aarhus 1972. (Riunisce sia i frammenti dei commentari agli esoterici di Aristotele sia quelli dei commentari ai dialoghi platonici). - ].M. Dillon, Iamblichi Chalcidensis In Platonis dialogos commentariorum fragmento ( « Philosophia antiqua », 23 ), Brill, Leiden 1973. (Raccoglie quanto rimane dei commenti ai dialoghi di Platone, accompagnando il testo con una solida introduzione, traduzione inglese, commentario analitico ed indici).
(!)
l. In lingua italiana è tradotto il primo trattato della Silloge pitagorica: - L. Montoneri, Giamblico, Vita pitagorica, Laterza, Bari 1973. - Si veda anche la traduzione tedesca dell'Albrecht, cit. 2. Per il De mysteriis (oltre la traduzione francese del des Places) cfr.: - A.R. Sodano, Giamblico, I misteri egiziani, Rusconi, Milano 1983. 3. I frammenti del De anima sono tradotti e commentati da: - A.]. Festugière, in La Révélation d'Hermès Trismégiste, vol. III, Paris 1953, pp. 177-248. 4. I frammenti dei commentari a Platone sono tradotti in lingua inglese nell'edizione sopra citata del Dillon.
© Molto utili il commento del Dillon ai frammenti dei commentari a Platone e quello del Festugière ai frammenti del De anima, sopra citati. Segnaliamo, in particolare, l'eccellente commentario del De mysteriis di A.R. Sodano, annesso alla traduzione sopra citata della collana Rusconi.
*
Le ricostruzioni più avanzate del pensiero di Giamblico sono le seguenti: - B. Dalsgaard Larsen, ]amblique de Chalcis, Exégète et philosophe, Universitetsforlaget i Aarhus 1972 (è un grosso volume di pp. 510, la cui appendice - un volumetto di 136 pp. - costituisce la raccolta dei frammenti esegetici, sopra citata). - ].M. Dillon, Iamblichi ... cit., lntroduction, pp. 3-66. - B. Dalsgaard Larsen, La piace de ]amblique dans la philosophie tardive, in AA. VV., De ]amblique à Proclus, « Entretiens sur l'Antiquité Classique », XXI, Vandoeuvres-Genève 1975, pp. 1-34. - C.G. Steel, The Changing Self ... [cfr. voce Damascio].
*
Una bibliografia, pressoché completa, si troverà in Dalsgaard Larsen, ]amblique ... , cit., pp. 477-506; cfr. anche Dillon, op. cit., pp. 404 sgg.
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405
GIAMBLICO /GIULIANO IMPERATORE
GIASONE DI NISA: cfr. Mediostoici, 5. GIOVANNI FILOPONO: cfr. Filopono. GIOVANNI STOBEO: cfr. Stobeo. GIULIANO detto L'APOSTATA, imperatore, retore e filosofo neoplatonico della scuola di Pergamo, vissuto nel
IV
secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Orationes (vengono citate con l'abbreviazione Orat., seguita dal numero progressivo che l'orazione occupa nell'ordinamento tradizionale, che sotto riproduciamo). 1. Elogio dell'imperatore Costanzo 11. Sul regno 111. Elogio dell'imperatrice Eusebia IV. Al re Sole v. Alla madre degli dei VI. Contro i Cinici ignoranti vn. Contro il cinico Eraclio VIII. Per la partenza dell'ottimo Sallustio 2. Opere satiriche a) Convivium o Caesares h) Misopogon o nemico della barba 3. Lettere Nella nuova edizione Bidez-Lacombrade-Rochefort, sotto cit., l'ordine tradizionale delle Ora t. viene modificato come segue: I = I; II= I II; I II = II; IV= VIII; V= Lettera al Senato e al popolo di Atene; VI= Lettera al filosofo Temistio; VII=VII; VIII=V; IX=VI; X=Convivium; Xl=IV; XII =Misopogon. 4. Frammenti vari, fra i quali spiccano quelli dell'opera Contro i Cristiani • - F.C. Hertlein, Iuliani Imperatoris Quae supersunt praeter reliquias apud Cyrillum omnia, 2 voli., Lipsiae 1875-1876 (Bibl. Teubn.). - W.C. Wright, The Works of the Emperor ]ulian, 3 voli., London-Cambridge (Mass.) 1913-1923 (Loeb), con versione inglese. Utile è soprattutto l'edizione apparsa nella Collana Budé curata da ]. Bidez, G. Rochefort, Ch. Lacombrade: - L'Empereur ]ulien, Oeuvres complètes, l, l: Discours de ]ulien César, par}. Bidez, 1932; I, 2: Lettres et fragments, par J. Bidez, 1924; II, 1: Discours de ]ulien Empereur, par G. Rochefort, 1963; Il, 2: Discours de ]ulien Empereur, par Ch. Lacombrade, 1964. (Con versione francese).
(!) Oltre alle traduzioni inglese e francese annesse alle edizioni sopra citate, si vedano: - A. Rostagni, Giuliano l'Apostata, Bocca, Torino 1920 (contiene la versione delle due opere satiriche, di alcune lettere e del Contro i Crtstiani).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- R. Prati, Giuliano Imperatore, Degli dei e degli uomini, Laterza, Bari 1932 (versione delle orazioni IV-VII).
*
Su Giuliano e sui vari aspetti della sua personalità e del suo pensiero ricordiamo: - H.A. Naville, Julien l'Apostat et sa philosophie du polythéisme, Neuchatel 1877; rist. anast., L'Erma di Bretschneider («Studia historica », 89), Roma 1972. - ]. Bidez, La vie de l'empereur ]ulien, Paris 1930. - R. Farney, La religion de l'empereur Julien et le mysticisme de son temps, Paris 1934. - H. Raeder, Kaiser ]ulian als Philosoph, in «Classica et mediaevalia », 6 (1944), pp. 179-193. - G. Negri, L'imperatore Giuliano l'Apostata, Milano 19545 • - G. Ricciotti, L'imperatore Giuliano l'Apostata secondo i documenti, Milano 1956. - ]. Kabiersch, Untersuchungen zum Begrilf der Philanthropia bei dem Kaiser ]ulian, Wiesbaden 1960. - F. Doldinger, Kaiser ]ulian, der Sonnenbekenner, Stuttgart 19652 • - R.E. Witt, Iamblichus as a Forerunner of ]ulian, in AA.VV., De Jamblique à Proclus, « Entretiens sur l'Antiquité Classique », XXI, VandoeuvresGenève 1975, pp. 35-67.
GIULIANO detto IL TEURGO: cfr. Oracoli Caldaici. GLAUCIA DI TARANTO: cfr. Medici Empirici, 3. GORGIA DI LEONTINI: cfr. Presocratici, 82; Sofisti, 4; L inoltre: (!) - C. Moreschini, Gorgia, Frammenti, Boringhieri, Torino 1959.
*-
M. Migliori, La filosofia di Gorgia, Contributi per una riscoperta del sofista di Lentini, Milano 1973. - H.]. Newiger, Untersuchungen zu Gorgias' Schrift Ober das Nichtseiende, Berlin-New York 1973. - G. Calogero, Studi sull'eleatismo, Firenze 19772 , pp. 189-268 (molto importante).
*
Ricca bibliografia si trova in Migliori, op. cit., pp. 205-210.
GORGIADE PITAGORICO, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 3L
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I ICCO DI TARANTO: dr. Presocratici, 25; Pitagorici antichi, 9. ICETA DI SIRACUSA: dr. Presocratici,
50; Pitagorici antichi, 24.
IDEO DI IMERA: dr. Presocratici, 63. IOOMENEO DI LAMPSACO, filosofo epicureo del
IV-III
secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti, che hanno carattere storico o storico-filosofico .
• - Miiller, Fr. Hist. Gr., vol. II, pp. 489-494 e Jacoby, Fr. Gr. Hist., pp. 189-195.
IERACE: cfr. Medioplatonici, 13. IEROCLE DI ALESSANDRIA, filosofo neoplatonico della seconda scuola di Alessandria, vissuto nella prima metà del v secolo d.C.
O
Ci sono pervenuti: l. Commentario al Carme Aureo di Pitagora 2. Estratti dal trattato Sulla provvidenza, fatti da Fozio, Biblioth., codd. 214 e 251.
• - F.G.A. Mullach, Hierocles Facetus, In Aureum Pythagoreorum carmen commentarius, Berolini 1853; rist. anast., Gerstenberg, Hildesheim 1971. - F.W. Koehler, Hieroclis In aureum Pythagoreorum carmen commentarius, Lipsiae 1974 (Bibl. Teubn.). Per gli estratti di Fozio dal trattato Sulla provvidenza, si vedano le edizioni di Fozio.
GJ -
M. Meunier, Les vers d'or et le Commentaire d'Hiéroclès sur les
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
vers d'or des Phythagoriciens, Paris 1926. (Traduzione con introduzione e note).
*-
T. Kobusch, Studien zur Philosophie des Hierokles von Alexandrien, Miinchen 1976. - l. Hadot, Le problème du néoplatonisme alexandrin, Hiéroclès et Simplicius, Paris 1978.
*
Cfr. Kobusch, op. cit., pp. 13-26 per un breve status quaestionis e pp. 197 sgg. per indicazioni bibliografiche. Cfr. inoltre Hadot, op. cit., pp. 209-216.
IEROCLE STOICO, esponente del pensiero morale popolareggiante del Portico del n secolo d.C. Solo nel nostro secolo è stato ben individuato come tale. In passato fu, invece, confuso con l'omonimo filosofo neoplatonico (cfr. voce).
O Ci è pervenuta una Ethiké Stoikeiosis, conservataci in un papiro, ed alcuni estratti tramandatici da Stobeo. (Sono questi estratti, in particolare, che, in passato, si attribuivano a Ierocle Neoplatonico ). • - Ethische Elementarlehre (Papyrus 9780) nebst den bei Stobaios erhaltenen ethischen Exzerpten aus Hierokles, unter Mitwirkung von W. Schubart bearbeitet von H. von Arnim, Berlin 1906 ( « Berliner Klassikertexte », Heft 4 ).
*-
K. Praechter, Hierokles der Stoiker, Leipzig 1901; ora anche in Kleine Schriften, Hildesheim 1973, pp. 311-474 (è lo studio che ha segnato, di fatto, la riscoperta di questo filosofo). - U. Moricca, Un trattato di etica stoica poco conosciuto, in « Bilychnis », 34 (1930), pp. 77-100. - Cfr. anche Pohlenz, La Stoa ... , Il, pp. 25 sg.
IERONIMO DI RODI: cfr. Peripatetici, A, 14. IMERIO DI PRUSA, retore del
IV secolo d.C., legato al circolo dei filosofi neoplatonici della scuola di Pergamo (fu chiamato dall'imperatore Giuliano alla sua corte di Antiochia nel 362 ).
O
Ci sono rimasti ampi frammenti ed estratti delle sue Orazioni o Di-
scorsi . • - A. Colonna, Himerii Declamationes et orationes, Libreria dello Stato, Roma 1951.
IONE DI CHIO: cfr. Presocratici, 36; Pitagorici antichi, 14 e inoltre:
e©GJ -A. Farina, Senofane di Colofone e Ione di Chio, Introduzione, testo critico, testimonianze, traduzione, commento, Napoli 1961, pp. 61-96.
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JEROCLE STOICO/IPAZIA
IONICI.. Con questo termine si designano, generalmente, i primi filosofi della natura del vr secolo a.C., che fiorirono nelle colonie greche della Ionia, in particolare i tre filosofi di Mileto, TALETE, ANASSIMANDRO, ANASSIMENE, nonché ERACLITO. Antonio Maddalena, nel preparare l'edizione monografica degli !onici per la Biblioteca di Studi Superiori de La Nuova Italia Editrice, che sotto citiamo, ha escluso Eraclito per ragioni contingenti, ossia perché per questo autore la collana prevedeva un'opera a sé: in compenso, ha incluso quei Fisici eclettici del v secolo, che si riallacciano idealmente ai Milesi, in particolare lppone e Diogene di Apollonia. l. ( = 11 DK) TALETE DI MILETO (dr. voce). 2. ( = 12 DK) ANASSIMANDRO. DI MILETO (dr. voce). 3. ( = 13 DK) ANASSIMENE DI MILETO (cfr. voce). 4. ( = 38 DK) IPPONE DI SAMO (è considerato, invece, un Pitagorico dal Diels). 5. ( = 64 DK) DIOGENE DI APOLLONIA (cfr. voce). Sarebbe stato forse opportuno, sulla base del criterio adottato, includere anche: 6. ( = 63 DK) IDEO DI IMERA. 7. (= 60DK) ARCHELAO DI ATENE.
O Di tutti questi pensatori ci sono giunti alcuni frammenti e testimonianze indirette. e(!)© - A. Maddalena, !onici, Testimonianze e frammenti, Firenze 1963; rist. 1970.
*
Oltre ai saggi introduttivi a ciascun filosofo dell'opera sopra citata del Maddalena, cfr.: - A. Maddalena, Sulla cosmologia ionica da Talete a Eraclito, Padova 1940.
*
La bibliografia si troverà alla voce Presocratici e alle singole voci.
IPAZIA DI ALESSANDRIA, figlia di Teone (autore di scritti matematici). Può essere considerata l'iniziatrice della seconda scuola di Alessandria. Visse fra il 370 (circa) e il 415 d.C.
O Ci sono pervenute solamente alcune testimonianze (soprattutto nella Suda e in Sinesio).
*-
R. Hoche, Hypatia die Tochter Theons, in (1860), pp. 435-474. - R. Asmus, Hypatia in Tradition und Dichtung, in gleichenden Literaturgeschichte », 7 (1907), pp. 11-44. - K. Praechter, Hypatia, in R.E., IX, l (1914), coli. - Ch. Lacombrade, Synésios ... [cfr. voce], pp. 38-46. - ].M. Rist, Hypatia, in « Phoenix », 19 (1965), pp.
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« Philologus », 15 « Studien zur ver-
242-249. 214-225.
410
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
-
É. Évrard, A quel titre Hypatie enseigna-t-elle la philosophie?, in
« Revue des Études Grecques », 90 (1977), pp. 69-74.
IPPARCHIA DI MARONEA: cfr. Cinici, 9. IPPARCO PERIPATETICO, discepolo di Teofrasto e citato nel suo testamento.
IPPARCO PITAGORICO, PSEUOO (?): cfr. Mediopitagorici, 32. IPPASO DI METAPONTO o DI CROTONE: cfr. Presocratici, 18; Pitagorici antichi, 5.
IPPASO DI METAPONTO o DI CROTONE, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 33.
IPPIA DI ELIDE: cfr. Presocratici, 86; Sofisti, 8. IPPOCLIDE EPICUREO: cfr. Epicurei, Elenco scolarchi, 4. IPPOCRATE DI CHIO: cfr. Presocratici, 42; Pitagorici antichi, 16. IPPOCRATE DI COS, vissuto nel v secolo a.C. e nei primi decenni del IV
secolo a.C. Fondatore della scuola medica di Cos.
O Nel Corpus hippocraticum pervenutoci, oltre ad opere del maestro, sono confluite anche opere e contributi dei discepoli. e(!) - E. Littré, Oeuvres complètes d'Hippocrate, 10 voli., Paris 18391861; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1961-1963; nuova ristampa 1973-76.
(D .:_ M. Vegetti,
**
Opere di lppocrate, Utet, Torino 1965.
L'introduzione del Vegetti (pp. 9-77) è una esauriente monografia. lvi, pp. 81 sgg., si troverà anche una bibliografia essenziale.
IPPODAMO DI MELETO o DI TURI, PSEUOO: cfr.
Mediopitago-
rici, 34.
IPPOLITO, autore cristiano vissuto fra il n e m secolo d.C.
O La sua opera, intitolata Confutazione di tutte le eresie (Refutatio omnium haeresium; abbr. Refut. ), nella quale viene sostenuta la tesi che tutte le eresie sarebbero sorte dal seno della filosofia greca, interessa la dossografia soprattutto per il libro primo. Esso, per la sua natura peculiare, rispetto al resto dell'opera, ebbe una vita indipendente nella tradizione manoscritta ( tanto da essere attribuito per lungo tempo non ad Ippolito, ma ad Origene) e ricevette pertanto un titolo particolare con il quale anche oggi viene designato nelle citazioni: Dottrine filosofiche (Philosophumena; abbr. Philos. ). I Philosophumena contengono un riassunto della filosofia greca, nel quale il
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411
IPPARCHIA/IUNCO
metodo sistematico di estrazione peripatetica (lppolito utilizzò una epitome di Teofrasto) è combinato con il metodo espositivo delle «successioni» alla maniera di Sozione (cfr. voce), e costituiscono un importante documento dossografico . •
-
Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], pp. 551-576.
G) - Torraca, Dossogr. [cfr. voce Dossografi], pp. 331-356.
*-
Diels, Dox. .[cfr. voce Dossografi], Prolegomena, pp. 144 sgg.
IPPONE DI SAMO: cfr. Presocratici, 38; !onici, 4. ISIOORO DI ALESSANDRIA, neoplatonico della scuola di Atene, vissuto nella seconda metà del secolo v e nei primi decenni del secolo vr d.C. Ci è noto solo attraverso la Vita di I sidoro scritta da Damascio.
eGJ Cfr. voce Damascio. ISIOORO DI GAZA: cfr. Neoplatonici, V, 14. ITTIA DI MEGARA: cfr. Megarici, 4. IUNCO: cfr. Medioplatonici, 14.
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L LABEONE CORNELIO: dr. Neoplatonici, VII, l. LACIDE DI CIRENE, filosofo accademico-scettico del
III
secolo a.C. (Cfr.
Accademici, Elenco scolarchi, 7).
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze indirette.
G) Le principali si vedano tradotte in: -
Russo, Scettici ... [dr. voce], pp. 203-219.
*-
W. Capelle, Lakydes, R.E., XII, l (1924), coli. 530-534. Cfr., inoltre, le pagine dedicate a questo autore nelle storie generali dello scetticismo, che citiamo alla voce Scettici.
LASTENIA DI MANTINEA: dr. Accademici antichi, 17. LATTANZIO, vissuto fra il III e il IV secolo d.C., è un retore latino di origine africana, convertitosi al Cristianesimo. È importante soprattutto la sua opera dal titolo Divinae I nstitutiones (in cui confuta gli errori del politeismo e delle filosofie pagane), utile allo studioso del pensiero antico-pagano per alcune informazioni di carattere dossografico.
*
Si veda la bibliografia in Totok, Handbuch ... , II, pp. 84 sgg.
LEONTEO DI LAMPSACO: dr. Epicurei, A, 9. LEONZIO EPICUREA: dr. Epicurei, A, 19. LEUCIPPO DI ABDERA, cfr. voce Presocratici, 67 e Atomisti, l. Ricordiamo che, sulla base delle affermazioni di Epicuro in Diogene Laerzio, X, 13, e di Cicerone, De natura deorum, I, 24,66, il Rohde ha negato l'e-
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4U
LABEONE/LIDO
sistenza storica di Leucippo. La tesi è stata, però, già da tempo confutata dal Diels. Cfr. anche quanto dice lo Zeller (Zeller-Capizzi [cfr. Presocratici], p. 137, nota l).
*
Per la bibliografia su Leucippo, cfr. il già citato Zeller-Capizzi, p. 142 e le voci Democrito e Atomisti.
LIBANIO DI ANTIOCHIA, retore del
IV
secolo d.C., legato ai Neopla·
tonici della scuola di Pergamo.
O Ci sono pervenute numerose Orationes, fra le quali spiccano soprattut· to quelle dedicate all'imperatore Giuliano. • - R. Foerstcr, Libanii Opera, 12 voli., Lipsiae 1903-1927 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Olms, Hildesheim 1963. È in corso di pubblicazione una nuova edizione (antologica) nella «Loeb»,. in tre volumi: - A.F. Norman, Libanius, Selected Works, With an English Translation,. Introduction and Notes, l, London.Cambridge (Mass.) 1969.
GJ Si veda la versione inglese del Norman, nell'edizione sopra citata;. cfr. inoltre: - Socrate, Tutte le testimonianze ... [cfr. voce Socrate], pp. 341-447, dove si trova la traduzione italiana di due orazioni socratiche. - B. Schouler, Libanios, Discours Moraux, Introduction, texte et traduction (Disc. VI, VII, VIII e XXV), Paris 1973.
*-
H. Markowski, De Libanio Socratis· defensore, Breslau 1910; rist. anast., Hildesheim-New York 1970. - P. Petit, Les étudiants de Libanius, Un professeur de Faculté et ses élèves au bas Emptre, Paris 1956.
LICINIO SURA, simpatizzante romano dello scetticismo, vissuto fra la fine del
I
secolo e il n secolo d.C.
LICO DI NAPOLI: cfr. Medici Empirici, 9. LICOFRONE SOFISTA: cfr. Presocratici, 83; Sofisti, 5. LICONE DI TARANTO: cfr. Presocratici, 57; Pitagorici antichi, 31. LICONE DI TARANTO, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 35. LICONE DI TROADE: cfr. Peripatetici, A, 15; Elenco scolarchi, 4. LIDO, GIOVANNI LAURENZIO, ·erudito legato al neoplatonismo • lessandrino del
VI
secolo d.C.
O
Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Sui mesi De mensibus
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
2. Sui presagi 3. Sui magistrati del popolo romano
De ostentis De magistratibus populi Romani
• - C. Wachsmuth, Ioannis Laurentii Lydi Liber de ostentis et Calen,daria Graeca omnia, Accedunt anecdota duo De cometis et De terrae motibus, Lipsiae 1863 (Bibl. Teubn.). - R. Wiinsch, Ioannis Laurentii Lydi Liber de mensibus, Lipsiae 1898 ,(Bibl. Teubn.). - R. Wiinsch, Ioannis Lydi De magistratibus populi Romani libri tres, .Lipsiae 1903 (Bibl. Teubn.).
LISIDE DI TARANTO: dr. Presocratici, 46; Pitagorici antichi, 20. LISIDE DI TARANTO, PSEUOO: cfr. Mediopitagorici, 36. LISIMACO STOICO, fu uno degli epigoni della filosofia del Portico del secolo d.C., privo di originalità (cfr. Longino, presso Porfirio, Vita di Plotino, 20).
III
LONGINO, CASSIO, letterato, retore e pensatore. Nacque probabilmente all'inizio del secondo decennio del III secolo d.C. Fu legato al circolo neoplatonico fondato da Ammonio Sacca. Insegnò ad Atene dove ebbe come discepolo Porfirio.
O Di lui ci è pervenuto pochissimo: qualche testimonianza e scarsissimi frammenti. Le testimonianze pervenuteci sono edite in: • - O. Jahn - I. Vahlen, Dionysii vel Longini De sublimitate libellus, Lipsiae 19104; rist. anast., Stuttgart 1967, pp. 88-92.
*-
Aulitzky, Longinos, in R.E., XIII, 2 (1927), coli. 1401-1415 .
.LONGINO, PSEUOO
O Sotto il nome di Longino (anzi i manoscritti accoppiano i nomi Dionigi e Longino) ci è pervenuto un trattato Sul sublime, giudicato non autentico. La questione dell'identità dell'autore è ben !ungi dall'essere risolta. C'è chi sostiene che l'autore possa essere Dionigi di Alicarnasso (cfr. voce). Alcuni preferiscono parlare senz'altro di Anonimo. e(f)© - O. Jahn - L Vahlen, Dionysii vel Longini De sublimitate libellus, Lipsiae 19104 ; rist. anast., Stuttgart 1967. - H. Lebègue, Du sublime, Texte établz et traduit, Paris 1939; 19653. - D.A. Russe!, « Longinus », On the Sublime, Edited with Introduction .4nd Commentary, Clarendon Press, Oxford 1964. - A. Rostagni, Anonimo Del Sublime, Istituto Editoriale Italiano, Milano 1947.
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LISIDE DI TARANTO/LUCREZIO
415
**-
D. Marin, Retorica stilistica estetica nell'età augustea, Bari 1970. (Sostiene che l'autore del trattato è Dionigi di Alicarnasso).
D. Marin, Bibliography of the « Treatise on the sublime», Brill, Leiden 1967.
LUCIANO DI SAMOSATA, scrittore satmco del II secolo d.C., liberamente ispiratosi alla satira menippea. È utile allo studioso delle idee filosofiche, in modo particolare come fonte per la conoscenza di alcuni personaggi, soprattutto cinici, nonché del medioplatonico Nigrino.
O Sotto il suo nome ci sono giunti più di ottanta scritti (alcuni dei quali, però, non autentici) ed epigrammi. • Per il momento è necessario ricorrere ancora alla vecchia edizione del Jacobitz, che è l'unica completa: - C. Jacobitz, Luciani Samosatensis Opera, 4 voll., Lipsiae 1836-1841 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Olms, Hildesheim 1966. Una nuova edizione è in corso di pubblicazione nella collana « Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis », pure in quattro volumi: - MD. Macleod, Luciani Opera, Oxonii 1972 sgg.
©
L'ultimo volume dell'edizione Jacobitz contiene un ricchissimo Index.
(f) - L. Settembrini, Luciano di Samosata, I Dialoghi e gli Epigrammi, a cura di D. Baccini, Casini, Roma 1962 (è, sotto molti aspetti, una traduzione eccellente). - V. Longo, I Dialoghi di Luciano, vol. l, Utet, Torino 1976.
*
-R. Helm, Lucian und Menipp, Leipzig-Berlin 1906, rist. anast., Hildesheim 1967. - C. Gallavotti, Luciano nella sua evoluzione artistica e spirituale, Lanciano 1932. - A. Peretti, Luciano, Un intellettuale greco contro Roma, Firenze 1946.
LUCIO MEDIOPLATONICO: dr. voce Medioplatonici, 15. LUCIO STOICO, filosofo legato a Musonio Rufo, non ben identificabile, su cui dr. quanto dice R. Laurenti, nell'Introduzione alla sua traduzione delle Diatribe di Musonio (dr. voce), pp. 31 sg.
LUCREZIO (TITO LUCREZIO CARO), poeta latino del I secolo a.C., cantore dell'epicureismo.
O Ci è pervenuto un poema in esametri dal titolo De rerum natura, in sei libri. • Fra le numerose edizioni di rilievo ci limitiamo a segnalarne alcune delle più cospicue. Il lettore interessato troverà nel volume del Gordon, sotto citato, tutte le indicazioni bibliografiche in materia.
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416
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- Ha valore eminentemente storico quella curata da C. Lachmann (2 voli., Reimer, Berolini 1850, più volte riedita), che merita ancora di essere menzionata, perché nei Prolegomena lo studioso fissò in modo esemplare quelle regole per costruire le edizioni critiche, che ancor oggi sono note come « metodo del Lachmann ». - ]. Martin, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex, Lipsiae 1969 (1934 1) (Bibl. Teubn.). Ricordiamo che in diversi punti del poema lucreziano· non sussiste accordo fra i vari editori circa la corretta successione dei versi,. e che le citazioni sono oggi basate fondamentalmente sulla numerazione dei versi stabilita in questa edizione. - H. Diels, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex, 2 voli., Weidmann, Berolini 1923-1924. (Il secondo volume contiene la traduzione tedesca in esametri; il primo volume è interessante soprattutto per le congetture). - A. Ernout, Lucrèce, De la nature, 2 voli., Paris 19242 (Coli. Budé). con traduzione francese.
© - C. Giussani, Lucrezio, De rerum natura, Chiantore, Torino 18961898; 2• edizione a cura di E. Stampini, Loescher, Torino 1921, più volte ristampata. (Il testo è superato, ma il commentario è ancora utilissimo e i numerosi excursus sono spesso importanti per la penetrazione filosofica ed esegetica). - A. Ernout - L. Robin, Lucrèce, De rerum natura, Commentaire exf:gétique et critique, 3 voli., Paris 1925-1928. - C. Bailey, Titi Lucreti Cari De rerum natura libri sex, Edited with Prolegomena, Critica! Apparatus, Translation and Commentary, 3 voli., Clarendon Press, Oxford 1947. Il primo volume contiene il testo critico del poema e la traduzione inglese a ·fronte, mentre il secondo e il terzo volume contengono un importante commentario. (In precedenza il Bailey aveva pubblicato il solo testo con apparato critico ridotto, senza la traduzione e il commentario, in una editio minor: Lucreti De rerum natura, Oxonii 19222, più volte ristampata [Bibl. Oxon.]).
© - ].
Paulson, Index Lucretianus, Goteborg 1911; 19262 ; rist. anast.,
1961.
*-
-
V.E. Alfieri, Lucrezio, Roma 1929. M. Rozelaar, Lukrez, Versuch einer Deutung, Amsterdam 1943.
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LUCREZIO
- E. Bignone, Storia della letteratura latina, vol. II, Firenze 1945 (capp. 6-8). - A. Ernout, Lucrèce, Bruxelles 1947. - O. Regenbogen, Lukrez, Seine Gestalt in seinem Gedicht, in Kleine Schriften, Miinchen 1961, pp 296-386. - A.D. Winspear, Lucretius and Scientific Thought, Montreal 1963; trad. italiana di F. Cardelli col titolo: Che cosa ha detto veramente Lucrezio, Roma 1968. - P. Boyancé, Lucrèce et l'épicurisme, Paris 1963; edizione italiana a <:ura di A. Grilli, Brescia 1970. - L. Perelli, Lucrezio, poeta dell'angoscia, Firenze 1969. - H. Ludwig, Materialismus und Metaphysik, Studien zur epikureischen Philosophie bei Titus Lucretius Carus, Koln 1976. - M. Bollack, La raison de Lucrèce, Constitution d'une poétique philosophique avec un essai d'interprétation de la critique lucrétienne, Paris 1978.
*-
-
C.A. Gordon, A Bibliography of Lucretius, London 1962. Totok, Handbuch .... , pp. 286-291. Boyancé, Lucrezio ... , sopra cit., 341 sgg.
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M MACROBIO, AMBROGIO TEOOOSIO, filosofo neoplatonico dell'Occidente latino del v secolo d.C.
O
Ci sono pervenuti di lui:
l. Commentari al sogno di Scipione 2. Saturnali
Commentarii in Somnium Scipionis Saturnalia
• l. J. Willis, Ambrosii Theodosii Macrobii Commentarii in Somnium Scipionis, Lipsiae 1963; 19702 (Bibl. Teubn.). 2. J. Willis, Ambrosii Theodosii Macrobii Saturnalia, Lipsiae 1963; 19702 (Bibl. Teubn.).
G) Si veda la versione italiana di: - N. Marinone, I Saturnali di Macrobio Teodosio, Utet, Torino 1967 (con testo latino a fronte).
*
Tra gli studi su Macrobio segnaliamo: - T. Whittaker, Macrobius or Philosophy, Science and Letters in the Year 400, Cambridge 1923. - P. Boyancé, Études sur le Songe de Scipion, Paris 1936. - M.A. Elferink, La descente de l'ame d'après Macrobe, Leiden 1968. - H. De Ley, Macrobius and Numenius, Bruxelles 1972. - M. Bevilacqua, Introduzione a Macrobio, Lecce 1973. - F. Jacques, Macrobe et le néo-platonisme latin à la fin du IV' siècle, Leiden 1977.
MALALA GIOVANNI, cronografo bizantino, nato ad Antiochia e vissuto nel
VI
secolo d.C.
O È autore di una Cronografia in 18 libri, utile soprattutto per alcune informazioni sulla tarda antichità.
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MACROBIO/MARCO AURELIO
• - L. Dindorf, Ioannis Malalae Chronographia, Bonnae 1831; rist. anast. 1926.
MANILIO, poeta latino del
O
È
1
secolo d.C., influenzato dallo stoicismo.
autore del poema didascalico dal titolo Astronomica.
• - I. van Wageningen, M. Manilii Astronomica, Lipsiae 1915 (Bibl. · Teubn.).
© - A.E. Housman, M. Manilii Astronomica, 5 voli., Londinii apud Grant Richards 1903-1930; rist. anast., Olms, Hildesheim 1972. MARCO AURELIO ANTONINO, imperatore e filosofo neostoico del
11
secolo d.C.
O Scrisse in lingua greca dei pensieri (delle schegge, diremmo oggi) dal titolo 't"Ò. Etç tav't"0'\1 (Ad se ipsum), che impropriamente viene tradotto con Ricordi . • - H. Schenkl, Marci Antomni Imperatoris In semet ipsum libri XII, Editio maior, Lipsiae 1913 (Bibl. Teubn.). - C.R. Haines, The Communings with Himself of Marcus Aurelius Antoninus Emperor of Rome, Together with Speeches and Sayings, A Revised Text and a Translation into English, London-Cambridge (Mass.) 1916 (Loeb), più volte riedito. - A.I. Trannoy, Marc-Aurèle, Pensées, Texte établi et traduit, Paris. 1925 (Coli. Budé); con una prefazione di A. Puech. - A.S.L. Farquharson, The Meditations of the Emperor Marcus Antoninus, 2 voll., Clarendon Press, Oxford 1945; 19682. - W. Theiler, Kaiser Mare Aurei, Wege zu sich selbst, Herausgegeben und ubertragen, Artemis-Verlag, Ziirich-Stuttgart 1951.
©
Molto utile è l'Index verborum della edizione Schenkl, pp. 198-267.
©
Un ottimo commento si trova nel vol. II del Farquharson, sopra citato. Brevi, ma succose le note del Theiler, op. cit., pp. 304-347.
GJ Segnaliamo fra le traduzioni italiane: - C. Mazzantini, Marco Aurelio, Ricordi, Chiantore, Torino 1948; presenta, a fianco della versione, anche il testo greco (che riproduce, con qual· che modificazione, la lezione del Trannoy sopra citata). - F. Cazzamini-Mussi, Marco Aurelio, I Ricordi, Revisione, introduzione e note di C. Carena, Einaudi, Torino 1968. - E. Pinto, Marco Aurelio Antonino, Pensieri, Introduzione, note critiche e traduzione, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1968. Traduzioni in lingua francese, inglese e tedesca si trovano nelle edizioni sopra citate di Trannoy, Haines, Farquharson e Theiler.
*
-
La più succosa esposizione del pensiero di Marco Aurelio è quella di Pohlenz, La Stoa ... , Il, pp. 133-157.
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420
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Si vedano anche le ricche introduzioni di C. Mazzantini e W. Theiler, nelle edizioni sopra citate, rispettivamente alle pagine v-XCI, 7-22. Cfr. inoltre: - H.R. Neu~:nschwander, Mark Aurels Be:r.iehungen :r.u Seneca ·und Poseidonios, Bern-Stuttgart 1951. - A. Farquharson, Marcus Aurelius, His Life and bis W orld, London 1951. - W. GOrlitz, Mare Aurei, Kaiser und Philosoph, Stuttgart 1954; traduzione francese a cura di L. Piau, Paris 1962. - D. Pesce, Epicuro e Marco Aurelio, Due studi sulla saggezza antica, Firenze 1959. - A. Birley, Marcus Aurelius, London 1966.
*
Per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. Totok, Handbuch ..., pp. 319 sgg.
MARINO DI NEAPOLI, filosofo neoplatonico del v secolo d.C ..
O È noto soprattutto per l'opera Vita di Proclo e per un Commentario ai Data di Euclide (per le altre opere che risulta aver scritto - qualche commento a Platone e ad Aristotele - cfr. l'articolo di O. Schissel, nella R.E., sotto citato) . • Le due opere menzionate sono edite da: - I.F. Boissonade, Marini Vita Procli, Graece et Latine ad fidem librorum manuscriptorum, Leipzig 1814; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1966. - H. Menge, Euclidis Data cum Commentario Marini et scholiis antiquis, Lipsiae 1896 (Bibl. Teubn.), pp. 233-257 (con trad. latina).
(f) Una traduzione francese della Vita di Proclo si trova in: - A.E. Chaignet, Proclus le Philosophe, Commentaire sur le Parménide [ ... ] (cfr. voce Proclo), vol. I, pp. 3-43.
*-
O. Schissel, Marinos von Neapolis und die neuplatonischen Tugendgrade, Atene 1928 ( « Texte und Forschungen zur byzantinisch-neugriechischen Philologie », 8). - O. Schissel, Marinos, l, in R.E., XIV, 2 (1930), coli. 1759-1767. - M. Michaux, Le commentaire de Marinos aux Data d'Euclide, Louvain 1947 .
.MARZIANO CAPELLA, neoplatonico latino del IV-V secolo d.C.
O È autore dell'opera in nove libri dal titolo De nuptiis Philologiae et Mercurii, che ha avuto una grande influenza nel Medioevo. e© - F. Eyssenhardt, Martianus Capello, Lipsiae 1866 (Bibl. Teubn.), con indici, pp. 423-490. - A. Dick, Martianus Capello, Lipsiae 1925 (Bibl. Teubn.), con indici, pp. 536-570.
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MARINO/MEDICI EMPIRICI
421
MASSIMO DI ALESSANDRIA: cfr. Cinici, 26.
eGJ -
Mullach, Fr. Phil. Gr., vol. Il, pp. 387-395.
MASSIMO NEOPLATONICO: dr. Neoplatonici, IV, 3. MASSIMO DI TIRO, retore medioplatonico del n secolo d.C. Q Ci sono pervenuti numerosi Discorsi o Orazioni (Orationes) . • - H. Hobein, Maximi Tyrii Philosophumena, Lipsiae 1905 (Bibl. Teubn.).
G) Una traduzione italiana è stata fatta da P. de Bardi e pubblicata a Venezia nel 1642 (da noi non reperita). Si veda inoltre: - ].]. Combes-Dounous, Dissertations de Maxime de Tyr, philosophe platonicien, 2 voli., Paris 1802.
*
G. Soury, Aperçus de philosophie religieuse chez Maxime de Tyr platonicien éclectique, Paris 1942.
MEDICI EMPIRICI (sono rappresentanti di un indirizzo della medicina che si è collegato ad un certo punto con lo scetticismo, la cui storia si svolse fra il m secolo a.C. e il m secolo d.C. Molti dei nomi dei Medici Empirici coincidono con quelli dei Neoscettici [cfr. voce] e degli Scettici empirici). Ecco il catalogo secondo l'edizione Deichgraber, sotto citata, con la datazione che lo studioso propone e la paginazione relativa dell'edizione dei frammenti. l. FILINO DI COS, vissuto attorno al 250 a.C. (pp. 163-164). 2. SERAPIONE DI ALESSANDRIA, fiorito intorno al 225 a.C. (pp. 164-168). 3. GLAUGIA DI TARANTO, fiorito attorno al 175 a.C. (pp. 168-170). 4. APOLWNIO L'EMPIRICO DI ANTIOCHIA, fiorito attorno al 175 a.C. (p. 171 ). 5. APOLLONIO BIBLA DI ANT.IOCHIA, fiorito attorno al 150 a.C. (p. 172). 6. TOLOMEO DI CIRENE, fiorito intorno al 100 a.C. (p. 172). 7. ERACLIDE DI TARANTO, fiorito intorno al 75 a.C. (pp. 172-202). 8. DIODORO L'EMPIRICO, fiorito forse attorno al 60 a.C. (pp. 203204). 9. LICO DI NAPOLI, fiorito forse intorno al 60 a.C. (pp. 204-205). 10. ZOPIRO DI ALESSANDRIA, fiorito forse intorno all'SO a.C. (pp. 205-206). 11. A.POLWNIO DI CIZIO, fiorito intorno al 70 a.C. (pp. 206-209).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
12. ZEUSSI GONIOPO, fiorito intorno all'inizio dell'era cristiana (p. 209). 13. ARCHIBIO, fiorito forse all'inizio dell'era cristiana (pp. 209-210). 14. CASSIO, fiorito intorno al 30 d.C. (pp. 210-212). 15. MENOOOTO DI NICOMEDIA, fiorito intorno al 125 d.C. (pp. 212-214 ). 16. TEODA DI LAODICEA, fiorito intorno al 125 d.C. (pp. 214-215). 17. ESCRIONE DI PERGAMO, fiorito intorno al 125 d.C. (pp. 215-216)_ 18. SESTO EMPIRICO, fiorito intorno al 200 d.C. (pp. 216-218). 19. TEOOOSIO, fiorito intorno al 200 d.C. (p. 219).
Q Di nessuno dei medici empirici sono pervenute opere integrali. Possediamo un certo numero di frammenti e testimonianze indirette, fra le quali spicca per importanza documentaria quella di un'opera di Galeno, dal titolo Subfìguratzo empirica.
e©
Tutto il materiale pervenutoci (testimonianze e frammenti) è stato sistematicamente raccolto, ordinato e studiato da: - K. Deichgraber, Die grzechische Empirikerschule, Sammlung der Fragmente und Darstellung der Lehre, Weidmann, Berlin 1930, che rimane l'edizione fondamentale e il punto di riferimento anche per le citazioni. (La Subfìguratio empirica si trova alle pp. 42-90).
GJ Una buona scelta in traduzione italiana del materiale si troverà in: - Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 667-759 (ivi si troverà anche la tradu· zione del De subfiguratione empirica, pp. 731-759.
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In Deichgraber, op. cit., pp. 347-398, si trovano importanti indici.
Per la ricostruzione della problematica della medicina empirica cfr.: - Deichgraber, op.cit., pp. 251-346. - C.A. Viano, Lo scetticismo antico e la medicina, in: Lo scetticismo ... [cfr. voce Scettici], pp. 563-656
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Le indicazioni bibliografiche essenziali si troveranno in Russo, op. cit., pp. 669 sgg., nelle note. MEDIOPITAGORICI, abbiamo proposto questa denominazione per qui.!· gli autori, soprattutto dell'età ellenistica (ma alcuni, senza dubbio. ancht: di età imperiale), i quali si nascosero sotto il falso nome di antichi Pitagorici. La differenza fra questi Pitagorici e i Neopitagorici, è stata da noi precisata nel vol. IV, pp. 367-390. Un catalogo di questi filosofi e di quanto di essi ci è pervenuto è stato fatto, nel secolo scorso, dal Beckmann (De Pythagoreorum Reliquiis, Berlin 1844) e ad esso si attenne sostanzialmente lo Zeller. Un nuovo catalogo più preciso e più completo, ha redatto di recente O. Thesleff, nelle opere sottoindicate, e qui lo riportiamo, dato che è sconosciuto ai più. Ricordiamo che si tratta, nella maggior parte dei casi, di pseudonimi. In particolare, è da ri-
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MEDIOPITAGORICI
levare quanto segue. a) Si tratta, di regola, di nomi di uomini e di donne legate alla persona di Pitagora e alla scuola pitagorica, assunti da falsari. b) Non necessariamente, però, sotto lo stesso nome si nasconde una sola persona: persone diverse possono aver assunto (e in alcuni casi fu certamente così) il medesimo nome. c) Lo stesso falsario poté anche assumere nomi diversi. d) Alcuni nomi non sono attestati negli elenchi degli antichi Pitagorici: possono essere quindi nomi di Pitagorici di cui si è perduta notizia, ma non si può escludere che alcuni Pitagorici di età ellenistica si chiamassero davvero con quel nome sotto cui scrivevano e che scrivessero in uno stile analogo a quello dei falsari. e) Alcuni di questi « falsari » erano sicuramente in buona fede, altri no: in particolare, alcuni possono benissimo aver prodotto, come ci è attestato, scritti « pitagorici » a scopi venali (cfr. quanto diciamo in IV, p. 375). Ed ecco il catalogo secondo l'ordine alfabetico degli autori (modifichiamo, secondo le esigenze imposte dalla traduzione italiana, l'ordine alfabetico del Thesleff), l'indicazione ai quanto ci è per11enuto e la pagina relativa nell'edizione del Thesleff. l. ACRONE DI AGRIGENTO. Sotto il suo nome ci sono pervenute solo testimonianze (pp. 1-2). 2. ARCHIPPO DI SAMO o DI TARANTO. Sotto il suo nome ci sono pervenute solo testimonianze (p. 2). 3. ARCHITA DI TARANTO. Sotto il suo nome ci sono pervenuti due trattati sulle Categorie e numerosi ed anche consistenti frammenti da varie opere (cfr. il catalogo in Thesleff, An Introduction ... , pp. 8-11; cfr. anche voce pp. 2-48). 4. ARESA LUCANO. Sotto il suo nome ci è pervenuto un ampio frammento conservatoci da Stobeo di un'opera Sulla natura dell'uomo (pp. 48-50). 5. ARIGNOTE, sorella di Pitagora. Sotto il suo nome ci sono giunti solo titoli di opere a lei attribuite (pp. 50-51). 6. ARIMNESTO, figlio di Pitagora. Sotto il suo nome ci è pervenuta una testimonianza di Porfirio, che riporta un epigramma di due versi (p. 51). 7. ARISTEO DI CROTONE. Sotto il suo nome ci sono pervenuti alcu· ni frammenti, di cui uno abbastanza ampio, tratto dall'opera Sull'armonia (pp. 52-53). 8. ARISTOMBROTO. Sotto il suo nome ci è pervenuto un breve frammento da un trattato Sulla visione (pp. 53-54). 9. ASTONE DI CROTONE. Diogene Laerzio, VIII, 7, dice che molti discorsi scritti da Astone furono attribuiti a Pitagora. Possediamo solo questa menzione (p. 54). 10. ATAMANTE DI POSIOONIA. Sotto il suo nome ci sono pervenuti pochissime testimonianze ed un frammento in dorico (p. 54). 11. BRISONE. Sotto il suo nome ci sono pervenuti un frammento dell'Economico e versioni in lingua araba ed aramaica del medesimo. Cfr.: M. Plessner, Der Oikonomik6s des Neupythagoreers Bryson und sein Einflusr
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auf die islamische Wissenschaft, « Orient und Antike », 5, Heidelberg 1928. Thesleff pubblica, oltre al frammento greco, un sommario in inglese della traduzione tedesca del Plessner (pp. 56-58). 12. BRO(N)TINO DI CROTONE o DI METAPONTO. Sotto il suo nome ci sono pervenuti alcuni frammenti e titoli di opere (pp. 54-56). 13. BUTERO DI CIZICO. Sotto il suo nome ci è pervenuto un frammento conservatoci da Stobeo del trattato Sui numeri (p. 59). 14. CALLICRATIDA DI SPARTA. È noto come filosofo pitagorico solo attraverso Stobeo, che ci ha conservato alcuni frammenti: ma è da ricordare, tuttavia, che cosi si chiamava anche il fratello di Empedccle, legato ai Pitagorici, e che un falsario di età ellenistica potrebbe aver assunto tale nome (pp. 102-107). 15. CARONDA DI CATANE. Sotto il suo nome ci è giunto un Proemio alle Leggi, che potrebbe essere completo (pp. 59-67). 16. CLEEMPORO. È ritenuto da alcuni (cfr. Plinio, Nat. Hist., 24, 159) autore di un'opera Sull'effetto delle piante, attribuita a Pitagora (pp. 107175). 17. CLINIA DI TARANTO o DI ERACLEA. Sotto il suo nome ci sono giunti frammenti da scritti Sulla pietà e Sui numeri (pp. 107-108). 18. CRITONE DI ARGO. Sotto il suo ncme ci è giunto un frammen· to dell'opera Sulla saggezza conservato d?. Stobeo (p. 109). 19. DAMIPPO. Ci sono pervenuti due frammenti conservatici da Stobeo e attribuiti a « Critone e Damippo pitagorico >> (pp. 68-69). 20. DIO. Sotto questo nome ci sono pervenuti solamente due frammenti conservatici da Stobeo, che lo chiama appunto « Dios pitagorico » (pp. 70-71). 21. DIODORO DI ASPENOO. Sotto il suo nome ci sono giunte pochissime testimonianze (pp. 69-70).
22. DIOTOGENE. Sotto il suo nome ci sono pervenuti due frammenti piuttosto ampi dai trattati Sulla regalità e Sulla santità, conservatici da Stobeo che lo denomina, appunto, « Diotogene Pitagorico »; cfr. anche voce (pp. 71-77).
23. ECCEW LUCANA. Probabilmente coincide con la donna di cui fa menzione il catalogo Giamblico (DK 58 A l), e quindi non è necessario identificarla con Occelo (che dal medesimo catalogo risulta essere stato su11 fratello). Sorto il suo nome ci è giunto un frammento da uno scritto Sulla giustizia, conservatoci da Stobeo (pp. 77-78). 24. ECFANTO DI CROTONE o DI SIRACUSA. Sotto il suo nome ci sono giunti quattro ampi frammenti conservatici da Stobeo da uno scritto Sulla regalità; cfr. anche voce (pp. 78-84). 25. EPAMINONDA DI TEBE, discepolo di Liside pitagorico. Cfr. la testimonianza di Claudiano Mamerto, De an., 2,7. Non ci è pervenuto nessun frammento (p. 84).
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26. EPICARMO DI SIRACUSA. Sotto il suo nome ci è giunta una sola testimonianza (p. 84 ). 27. EURIFAMO DI METAPONTO o DI SIRACUSA. Sotto il suo nome ci è pervenuto un ampio frammento da un trattato Sulla vita, conservatoci da Stobeo (pp. 85-87). 28. EURITO DI CROTONE o DI METAPONTO o DI TARANTO. Sotto il suo nome ci è pervenuto un frammento dello scritto Sulla fortuna, conservatoci da Stobeo (pp. 87-88). 29. FILOLAO DI CROTONE o DI TARANTO. Sotto il suo nome ci sono giunte testimonianze e frammenti da scritti Sui ritmi e sulle misure e Sull'anima (pp. 147-151). 30. FINTIDE, forse coincide con la Filtide di DK 58 A l. Sotto il suo nome ci sono giunti due frammenti, conservatici da Stobeo, da uno scritto sulla Saggezza della donna (pp. 151-154 ). 31. GORGIADE. Sotto il suo nome ci è pervenuta solo una testimonianza di Claudiano Mamerto, De An., 2, 7 (p. 88). 32. IPPARCO. È detto pitagorico da Stobeo, che riporta un ampio frammento dello scritto Sulla tranquillità; questo frammento in Diels-Kranz è riportato, invece, fra le imitazioni di Democrito: dr. Diels-Kranz, 68 C 7 (vol. II, pp. 228 sgg.) (pp. 88-91 ). 33. IPPASO DI METAPONTO o DI CROTONE o DI SIBARI. Sotto il suo nome ci sono giunte alcune testimonianze (pp. 91-93). 34. IPPODAMO DI MILETO o DI TURI. Sotto il suo nome ci sono giunti frammenti dagli scritti Sulla felicità e Sulla politeia (pp. 93-102). 35. LICONE DI TARANTO. Sotto il suo nome ci sono giunte solo testim<;mianze (pp. 109-110). 36. LISIDE DI TARANTO o DI TEBE. Sotto il suo nome ci sono giunte testimonianze ed una Lettera ad Ipparco (pp. 110-115). 37. MEGILLO. Sotto il suo nome ci è giunta una testimonianza da uno scritto Sui numeri. Può essere il nome preso dal « falsario » dal personaggio delle Leggi e dell'Epinomide di Platone (p. 115). 38. MELISSA. Sotto il suo nome ci è pervenuta una Lettera a Clearta, sul ruolo della donna (pp. 115-116). 39. METOPO DI METAPONTO. Sotto il suo nome ci sono pervenuti due ampi frammenti conservatici da Stobeo di uno scritto Sulla virtù (pp. 116-121 ). 40. METRODORO DI META·PONTO, figlio di Epicarmo. Sotto il suo nome ci è giunta una testimonianza di Giamblico (pp. 121-122). 41. MilA, sorella di Pitagora. Sotto il suo nome ci è giunta una Lettera a Tillide, sulla cura della prole (pp. 123-124). 42. MI·WNE DI GROTONE. Di lui ci è pervenuta una ~reve testimonianza conservataci da Stobeo (pp. 122-123).
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43. NINONE RETORE. ~ presentato da Giamblico come uno che pretese di aver indagato i segreti dei Pitagorici. ~ detto autore di un Discorso sacro contro i Pitagorici. Cfr. Vita di Pitagora, 258-260. Thesleff dubita che sia davvero esistito e si limita a riportarne il nome (p. 124 ). 44. NUMA RE DI ROMA. Thesleff si limita a menzionare il nome. Vedasi quanto diciamo alla voce (p. 124). 45. OCCELO (o OCELW) DI LUCANIA. Sotto il suo nome, oltre ad un frammento dello scritto Sulla Legge, ci è pervenuto un trattato integrale, divenuto abbastanza famoso, Sulla natura dell'universo; cfr. anche voce (pp. 124-138). 46. ONATA (o ONATO) DI CROTONE. Sotto il suo nome ci sono giunti frammenti di un'opera Su Dio e sul Divino conservatici da Stobeo (pp. 138-140). 47. OPSIMO DI REGGIO. Sotto questo nome ci sono pervenute solo testimonianze (pp. 140-141). 48. PANACHEO. Di lui abbiamo due brevissime testimonianze (p. 141). 49. PEMPEW DI TURI. Sotto il suo nome ci è giunto un frammento conservatoci da Stobeo (pp. 141 sg.). 50. PERITTIONE DI ATENE. Era il nome della madre di Platone. Ci sono giunti sotto il suo nome frammenti da due scritti, Sull'armonia della donna e Sulla sapienza, conservatici da Stobeo (pp. 142-146). 51. PITAGORA DI SAMO. Sotto il nome di Pitagora ci sono giunti, oltre al Carme aureo, frammenti di varie opere, relazioni di quattro discorsi e frammenti di Lettere. Si veda il catalogo Thesleff, Introduction ... , pp. 18-21; cfr. anche voce (pp. 155-186). 52. PRORO DI CIRENE. Sotto il suo nome ci sono giunte due testimonianze di uno scritto Sull' ebdomade (pp. 154-155). 53. SIMO DI POSIDONIA. Di lui ci sono pervenute pochissime testimonianze (p. 187). 54. ST·ENIDA DI LOCRI. Sotto il suo nome ci è pervenuto un frammento di un trattato Sulla regalità, conservatoci da Stobeo (cfr. voce) (pp. 187-188). 55. TEAGE DI CROTONE. Sotto il suo nome ci sono pervenuti ampi frammenti di un trattato Sulla virtù, conservatici da Stobeo (pp. 189-193 ). 56. TEANO, moglie o sorella di Pitagora. Sotto il suo nome ci sono pervenuti alcune lettere e i titoli di alcune opere (pp. 193-201 ). 57. TEARIDA DI METAPONTO. Sotto il suo nome ci è giunto un breve frammento da un trattato Sulla natura (p. 201). 58. TELAUGE, figlio di Pitagora. Sotto il suo nome ci sono giunte alcune testimonianze e frammenti (pp. 188-189). 59. TIMARIDE DI PARO o DI TARANTO. Sotto il suo nome ci sono giunti testimonianze ed alcuni frammenti (pp. 201-202). 60. TIMEO DI LOCRI. Sotto il suo nome ci è giunto un trattato Sulla
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natura del cosmo e dell'anima, che si presenta come il presunto modello del Timeo di Platone; cfr. anche voce (pp. 202-225). 61. ZALEUCO DI LOCRI. Sotto il suo nome ci sono giunti frammenti di Proemi alle Leggi (pp. 225-229).
Questo è il catalogo che il Thesleff aveva tracciato nella I ntroduction ... (cfr. sotto). Nell'edizione dei frammenti. ha poi inserito anche i seguenti nomi: 62. ANDROCIDE PITAGORICO, sotto il cui nome furono fatte circolare falsificazioni (p. 2). 63. ESARA, che sarebbe una figlia di Pitagora (p. 1). 64. EUFRANORE BITAGORicO. Di lui ci è riferito che sapeva suonare bene il flauto. Potrebbe essere quindi uno pseudepigrafo fatto circolare sotto il suo nome l'opera Sui flauti, menzionata da Ateneo (p. 85). 65. CEBETE. Per il testo della T avola di Cebete, Thesleff fa rimando alla edizione Praechter; cfr. voce Cebete (p. 107). 66. PLATONE è elencato fra i Pitagorici dell'età ellenistica per le Lettere spurie (p. 154 ). A questi nomi, forse, qualcuno potrà ancora essere aggiunto. Thesleff stesso (lntroduction .... , p. 7, note 2 e 3) fornisce alcuni esempi di nomi che egli esclude dal catalogo, ma le cui motivazioni potrebbero essere ridiscusse. Qualcuno potrebbe, al contrario, essere tolto. Al momento, però, è questa la tavola più completa che sia stata redatta. Accanto a questi nomi sono da ricordare le fonti anonime cui attingono le esposizioni pitagoriche di OVIDIO (Metam., 15,1-478), di DIOOORO, di ALESSANDRO POLIISTORE (presso Diogene Laerzio, VIII, 24-33), di FOZIO (Biblioth., cod. 249), che Thesleff menziona o riporta alle pagine 229-245 come appendici. Ma su queste fonti il discorso è diverso, e, in ogni caso, esse andrebbero completate, a nostro avviso, con le fonti di EUOORO DI ALESSANDRIA, di FILONE DI ALESSANDRIA e di SESTO EMPIRICO, come indichiamo nel vol. IV, 377-382 e relative note. • La moderna edizione critica di tutto questo materiale, come abbiamo già detto, è stata curata da: - H. Thesleff, The Pythagorean Texts of the Hellenistic Period, Abo Akademi, Abo 1965 ( « Acta Academiae Aboensis », Ser. A, Humaniora, vol. XXX, 1).
Questa edizione ha due soli difetti: non porta la traduzione, che sarebbe stata in molti casi opportuna, data la complessità linguistica dovuta al dialetto dorico in cui gran parte dei frammenti sono scritti, e, soprattutto, ha un indice delle parole del tutto inadeguato all'opera. L'introduzione a questa edizione è di quattro anni anteriore: - H. Thesleff, An Introduction to the Pythagorean Writings o/ the Hellenistic Period, Abo Akademi, Abo 1961 ( « Acta Academiae Aboensis », Humaniora, XXIV, 3).
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(!) Manca una traduzione sistematica in lingua moderna. Per agevolare la lettura dei difficili testi, si potrà ricorrere alla traduzione latina del Mullach, Fr. Phil. Gr., I, pp. 193 sgg.; 383-575; Il, 1-129, che di questi testi pitagorici aveva fornito una raccolta già molto ricca. Una traduzione italiana di alcuni passi fu fatta dal padre Pagnini e si trova pubblicata in G.D. Romagnosi, Opere, vol. Il, 2, Milano 1944, pp. 15611579. Una traduzione inglese di un certo numero di questi documenti è stata fatta da T. Taylor, agli inizi dell'800, e ora riedita: - Jamblicus of Chalcis, Life of Pythagoras; or, Pythagoric life; accompanied by fragments of the ethical writings of certain Pythagoreans in the Doric dialect; and a coll. of Pythagoric sentences from Stobaeus and others, which are omitted by Gale in his Opuscula mythologica, and have not been noticed by any ed.; tr. /rom the Greek by Thomas Taylor, ]ohn Maurice Watkins, London 1965. Dei pezzi più significativi della raccolta ci sono invece alcune traduzioni anche recenti, di cui diamo conto alle singole voci (dr. Cebete, Ecfanto, Diotogene, Ocello, Stenida, Timeo).
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Si vedano, sui vari problemi relativi a questi filosofi, i seguenti studi, per diversi aspetti assai utili: -V. Capparelli, La sapienza di Pitagora, 2 voli., Padova 1941-1944. (Interessa soprattutto il nostro argomento il vol. I che ha il sottotitolo: Problemi e fonti di informazione). - L. Ferrero, Storia del pitagorismo nel mondo romano (dalle origini alla fine della repubblica), Torino 1955. - W. Burkert, Hellenistische Pseudopythagorica, in « Philologus », 105 (1961), pp. 16-43; 226-246. - W. Burkert, W eisheit und Wissenschaft, Niirnberg 1962. - H. Theslefl, Introduction ... , sopra cit. - AA.VV., Pseudepigrapha, I, << Entretiens sur l'Antiquité Classique », XVIII, Vandoeuvres-Genève 1972.
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Lo status quaestionis (soprattutto per ciò che concerne le questioni di carattere storico e cronologico) si troverà in Theslefl, Introduction ... , pp. 30-45; ivi, pp. 123-127, si troverà anche una ricca bibliografia. Inadeguato, purtroppo, l'aggiornamento di Del Re della sezione dello Zeller riguardante questo tema: Zeller-Del Re [cfr. indicazione analitica alla voce Neopitagorici], pp. 15 sgg.
MEDIOPLATONICI (dalla metà del 1 secolo a.C. ai primi decenni del m secolo d.C.). Questo termine si è imposto solo nel nostro secolo per indicare i Platonici fra Antioco e i Neoplatonici. Sulla opportunità e, anzi, sulla necessità di adottare questa denominazione, abbiamo discusso con ampiezza in IV, pp. 309 sgg. (Al Praechter va il merito di aver gettato le basi per la comprensione di questo movimento di pensiero e di molti dei singoli esponenti,
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MEDIOPLATONICI
con una serie di contributi che vanno d1 gran lunga al di là di quelli dello Zeller e di quanti avevano lavorato in questo settore). Ecco il catalogo dei filosofi medioplatonici, ricavato principalmente dagli studi del Praechter, con alcuni ritocchi, secondo l'ordine alfabetico degli autori. Per ogni autore, diamo, inoltre, l'indicazione dello studio base, per lo più del Praechter, che permette di ricostruire il pensiero e il posto che occupa nel movimento e il recupero delle testimonianze riguardanti i medesimi. Ricordiamo, ancora, che la maggior parte di questi nomi non compare in molte storie della filosofia antica, perché nello Zeller, che è il modello. cui i più si ispirano, manca ancora il concetto di medioplatonismo e quindi la relativa sistemazione di questi autori. l. ALBINO, vissuto nel II secolo d.C. Le sue lezioni furono udite da Galeno, verso la metà del secolo (dr. voce). 2. AMMONIO L'EGIZIANO, vissuto nel r secolo d.C., fu maestro di Plutarco. I documenti da cui si può ricostruire la sua figura si troveranno in: - C.P. Jones, The Teacher of Plutarch, in « Harvard Studies in Classica! Philology », 71 (1966), pp. 205-213. - ]. Whittaker, Ammonius on the Delphic E, in « The Classica) Quarterly », 63 (1969), pp. 185-192. - Dillon, The Middle Platonists ... (sotto cit.), pp. 189-192. 3. ANONIMO COMMENTATORE DEL TEETETO. Un commentario anonimo al Teeteto, di ispirazione sicuramente medioplatonica, ci è pervenuto in un papiro. Se ne veda la seguente edizione: - Anonymer Kommentar zu Platons Theaetet (Papyrus 9782), nebst drei Bruchstiicken philosophischen Inhalts (Pap. n. 8; Papp. 9766, 9569), unter Mitwirkung von ].L. Heiberg, bearbeitet von H. Diels und W. Schubart, ( « Berliner Klassikertexte hrsg. von der Generalverwaltung der kgl. Museen zu Berlin », Heft Il), Weidmann, Berlin 1905 (su cui si veda la recensione di K. Praechter in « Gottingische Gelehrte Anzeigen », 171 [ 1909], pp. 530547, ora in Kleine Schriften, Herausgegeben von H. DOrrie, Hildesheim 1973, pp. 264-281). 4. APULEIO DI MADAURA, vissuto nel II secolo d.C. (dr. voce). 5. ARPOCRAZIONE DI ARGO, discepolo di Attico e, probabilmente, di una generazione più giovane di lui; dr.: - ]. Dillon, Arpocration's Commentary on Plato; Fragments of a Middle P/atonie Commentary, in « California Studies in Classica) Antiquity », 4 (1971), pp. 126-146. - Dillon, The Middle Platonists ... (sotto cit.), pp. 258-262. 6. ATTICO, fiorito intorno al 176-180 (dr. voce). 7. CALVISIO (0 CALVENO) TAURO DI BERITO, vissuto nel II secolo d.C.; fu maestro di Aulo Gellio, su cui dr.: - K. Praechter, Nikostratos ... , sotto cit., pp. 482 sgg.; ora anche in:. Kleine Schriften, cit., pp. 102 sg. - K. Praechter, Tauros, in R.E., IX, 2 (1934), coli. 58-68.
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-H. DOrrie, L. Kalbenos Tauros, in «Kairos», 15 (1973), pp. 24-35; ·Ora in Platonica minora, Miinchen 1976, pp. 310-323. - Dillon, The Middle Platonists ... (sotto cit.), pp. 237-247. 8. CELSO, attivo nella seconda metà del II secolo d.C., autore della prima sistematica controffensiva pagana, di carattere teoretico, contro i cristiani, ispirata a categorie analoghe a quelle del medioplatonismo (dr. voce). 9. DERCILLIDE, vissuto intorno alla metà del 1 secolo a.C. Si possono recuperare frammenti da Teone, Proclo, Simplicio. Su di lui si veda il breve, ma utile articolo di: - W. Kroll, Derkilides, 2, in R.E., V ( 1905), col. 242. 10. ERODE ATTICO, vissuto fra il 101 e il 177 d.C. Fu più un letterato (rappresentante della cosiddetta « seconda sofistica ») che non filosofo. - Miinscher, Herodes, 13, in R.E., VHI (1913), coli. 921-954. 11. EUOORO DI ALESSANDRIA, fiorito intorno al 25 a.C., è, probabilmente, il primo dei Medioplatonici di rilievo. Si potranno ricavare le fonti per la ricostruzione del suo pensiero da: - E. Martini, Eudoros, 10, in R.E., VI (1909), coli. 915 sg. - H. DOrrie, Der Platoniker Eudoros von Alexandreia, in « Hermes », 79 (1944), pp. 25-39; ora in Platonica minora, Miinchen 1976, pp. 297-309. - Dillon, The Middle Platonists ... (sotto cit.), pp. 115-135. 12. GAIO, vissuto nella prima metà del II secolo d.C. Forse è l'ispiratore di un circolo di pensatori come Albino, Apuleio e l'anonimo autore del Commentario al Teeteto. Cfr.: - T. Sinko, De Apulei et Albini doctrinae Platonicae adumbratione, Cra·coviae 1905. - K. Praechter, Zum Platoniker Gaios, I: Die Platonvorlesung des Gaios; II: Gaios und die stoische Oikeiosis, in « Hermes », 51 (1916), pp. 510-529; ora anche in Kleine Schriften, cit., pp. 81-100, che contiene l'esame più completo sull'argomento. 13. IERACE, autore di cui ci sono giunti frammenti dell'opera Sulla Giustizia conservatici da Stobeo e che sembra avere alcune tangenze dottrinali con Albino, e, dunque, potrebbe essere del II secolo d.C. Cfr.: - K. Praechter, Hierax der Platoniker, in « Hermes », 41 (1906), pp. 593-618; ora anche in Kleine Schriften, cit., pp. 55-80. 14. IUNCO, è un pensatore la cui cronologia non è determinabile con precisione. Dovrebbe essere autore di opere che, a giudicare dai frammenti conservatici da Stobeo, rientrano nel filone della filosofia popolare platonicheggiante. Cfr.: - ].A.A. Faltin, Die ]unkos Fragmente bei Stobaeus, Freiburg i.B. 1910 ·(Diss.). - F. Wilhelm, Die Schrift des ] unkos 'ltEpL Jlipwc; und ihr V erhiiltnis z.u Ciceros Cato Maior, Breslau 1911. - A. Dyrofi, ]unkos und Ariston von Keos iiber Greisenalter, in « Rheinisches Museum », 68 (1937), pp. 241-269, il quale lo considera un aristo.telico della metà del III secolo a.C. e non un medioplatonico.
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MEDIOPLATONICI
15. LUCIO. Pensatore fiorito poco prima della metà del II secolo d.C., che conosciamo solo per la sua polemica contro la dottrina aristotelica delle categorie, cui si ispirò Nicostrato (cfr. n. 17). In passato lo si ritenev:1 uno Stoico; ma, dopo lo studio del Praechter su Nicostrato (cfr., in particolare, p. 502, nota l = Kleine Schriften, p. 122), in cui lo studioso si occupa anche di Lucio, è risultato chiaro che si tratta di un Medioplatonico. Lo stesso W. Capelle, che nella prima metà dell'articolo Lukios, l, in R.E., XIII, 2 (1927) coll. 1791-1797, redatta prima che uscisse lo studio del Praechter, lo considerava stoico, nella seconda metà, aggiunta dopo la pubblicazione del detto studio, dichiara esatte le conclusioni del Praechter e le fa sue. 16. MASSIMO DI TIRO, fiorito intorno al 180 d.C. (cfr. voce). 17. NICOSTRATO, CLAUDIO, fiorito intorno al 160-170 d.C., ci è noto soprattutto per la sua polemica contro le categorie, di cui ci sono rimasti frammenti e testimonianze nel Commentario alle Categorie aristoteliche di Simplicio. Fondamentale è ancora lo studio di: - K. Praechter, Nikostratos der Platoniker, I: Inschriftliches zum mittleren Platonismus; II: Nikostratos ·in seinem V erhaltnis zum mittleren un d Neu-Platonismus, in « Hermes », 57 (1922), pp. 481-517; ora anche in Kleine Schriften, pp. 101-137. - Dillon, The Middle Platonists ... (sotto cit.), pp. 233-236. 18. NIGRINO, vissuto verosimilmente nel II secolo d.C. Siccome lo conosciamo solo dall'operetta di Luciano a lui dedicata, si è dubitato della storicità del personaggio. Si è anche pensato che si possa trattare di uno pseudonimo per designare un personaggio reale (per esempio è interessante l'ipotesi di un gioco di questo genere: Nigrinus l niger che corrisponderebbe ad Albinus l albus). Il Praechter è invece convinto della storicità del personaggio. 19. ONASANDRO, vissuto nel I secolo d.C. (cfr. voce). 20. PLUTARCO DI CHERONEA, vissuto fra il I e il II secolo d.C. (cfr. voce). 21. SEVERO, vissuto forse alla fine del II secolo d.C. (cfr. voce). 22. TEONE DI SMIRNE, vissuto sotto Adriano (dr. voce). 23. TRASI·LLO DI ALESSANDRIA, astrologo di corte di Tiberio. Professò principi pitagorici e platonici e scrisse anche su di essi, come risulta dal seguente passo della Vita di Platino (c. 20) di Porfirio: « Plotino par che orienti i principi pitagorici e platonici verso una interpretazione più chiara delle precedenti; poiché le opere di Numenio, di Cronio, di Moderato e di T rasillo, non raggiungono, neppure alla lontana, il rigore scientifico degli scritti plotiniani sulla stessa materia ». La divisione delle opere platoniche in tetralogie, è legata al suo nome, non in quanto ne fu l'ideatore, dato che essa è conosciuta già da Varrone (cfr. De lingua latina, VII, 37), ma in quanto, con l'edizione che egli fece di esse, la diffuse e la impose. A questo elenco di nomi sono da aggiungere:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
a) Il contenuto del Papirus Berolinensis n. 8, che è pubblicato insieme al commentario anonimo del Teeteto dal Diels, dr. sopra n. 3. b) La fonte cui attinge Diogene per la sua esposizione della dottrina di Platone. È però da rilevare che i tratti del medioplatonismo, in questa esposizione di Diogene, non sono del tutto chiari, tant'è che qualche studioso ha pensato, invece, a Posidonio come fonte; dr.: - M. Untersteiner, Posidonio nei placita di Platone secondo Diogene Laerzio III, Brescia 1970. La tesi del Praechter a noi sembra ancora quella più plausibile. c) Gli sviluppi teoretici della dottrina della Heimarmene che si trovano nel trattato De Fato attribuito a Plutarco, in Calcidio e Nemesio, che già il Gercke riconobbe dipendenti da una fonte platonica in « Rheinisches Museum », 41 (1886), pp. 269 sgg. A questi documenti segnalati già da Praechter sono, a nostro avviso, da aggiungere ulteriormente: d} La fonte cui attinge Cicerone nel libro I delle Tusculane. e) La fonte (o le fonti) cui attinge Seneca, quando espone le dottrine platoniche. /} I nomi dei Platonici riferiti da Longino, presso Porfi.rio, Vita di Piotino, 20, passo da noi riportato in IV, pp. 145 sg., nota 2. g) Strettamente connessa al medioplatonismo è inoltre la « filosofia mosaica » di FI.WNE, pur essendo quell'unicum che sappiamo. Dall'elenco del Praechter va invece eliminato, a nostro avviso, FAVORINO. Questi, infatti, fu, si, amico di Plutarco e maestro di Erode Attico, ma propende decisamente verso le posizioni dell'Accademia scettica, e, quindi, il suo posto giusto sembra piuttosto essere nell'ambito della storia dello scetticismo. È difficile un raggruppamento di questi filosofi. Lasciando la distinzione fra « ortodossi » ed « eterodossi » o « sincretisti », di cui abbiamo già detto nel vol. IV, p. 327, si potrebbe proporre una distinzione, per cosi dire, geografica: l) un gruppo di Medioplatonici alessandrini: Dercillide, Eudoro, Filone; 2) un gruppo di Medioplatonici che ruota attorno all'ambiente platonico che si ricostituisce ad Atene: Ammonio l'Egiziano, Plutarco, Nicostrato, Calvisio Tauro, Attico, forse anche Arpocrazione e Severo; 3) i Medioplatonici del cosiddetto «gruppo di Gaio»: ossia, Gaio, Albino, Apuleio, e, verosimilmente, l'Anonimo del commentario al Teeteto.
O Di alcuni di questi autori ci sono giunte opere per intero, di cui diamo le indicazioni alle singole voci alle quali abbiamo sopra fatto rimando: non sembra, in ogni caso, che ci siano giunte le opere più significative. Della maggior parte ci sono giunti solo frammenti. • Un'edizione sistematica dei frammenti era stata progettata e annunciata da Praechter; ma, purtroppo, non è stata realizzata. Sarebbe questo il lavoro più urgente da compiere in questo ambito. Delle edizioni delle opere
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MEDIOPLATONICI/ MEDIOSTOICI
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pervenuteci daremo conto alle voci Onasandro, Plutarco, Teone, Albino, Apuleio, Nigrino, Massimo di Tiro. Per la raccolta di frammenti di singoli autori, oltre a quanto si è detto, si vedano le voci Attico, Celso e Severo. Per l'anonimo Commentario al T eeteto si veda l'edizione già sopra ci t.
*
Oltre alla letteratura già menzionata, sono fondamentali le seguenti esposizioni di insieme: - K. Praechter, Die Philosophie des AJtertums, opera più volte citata, pp. 524-556 (questa esposizione tende forse eccessivamente alla forma del catalogo, ma è preziosa). - R.E. Witt, AJbinus and the History of Middle Platonism, London 1937; Amsterdam 197!2. - AA.VV, Recherches sur la tradition platonicienne, « Entretiens sur l'Antiquité Classique », III, Vandoeuvres.Genève 1957. - H. DOrrie, Die Frage nach dem Transzendenten im Mittelplatonismus, in AA.VV., Les sources de Plotin, « Entretiens sur l'Antiquité Classique », V, Vandoeuvres-Genève, 1960, pp. 191-241. - The Cambridge History of Later Greek and Early Medieval Philosophy, edited by A.H. Armstrong, Cambridge 1970; Part 1: Greek Philosophy from Plato to Plotinus by 'P. Merlan, pp. 53-83. - H. DOrrie, Die Erneuerung des Platonismus im ersten ]ahrhundert vor Christus, in AA.VV., Le Néoplatonisme, « Colloques internationaux du Centre National de la Recherche Scientifique, Sciences humaines », Édition du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1971, pp. 17-33. - K. Praechter, Kleine Schriften, Herausgegeben von H. DOrrie, HiiJesheim-New York 1973. - H. DOrrie, Platonica minora, Miinchen 1976 (contiene, fra l'altro, anche i due saggi sopra citati dell'autore). - ]. Dillon, The Middle Platonists, 80 B.C. to A.D. 220, Cornell University Press, lthaca-New York 1977. -AA.VV., Der Mittelplatonismus, Herausgegeben von C. Zintzen, Darmstadt 1981 (è una raccolta dei più significativi articoli di specialisti sul tema).
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Praechter, pp. 525 sgg.; 171*-176*. - DOrrie, Platonica minora, cit., pp. 524-538. - C. Mazzarelli, Bibliografia medioplatonica, in « Rivista di Filosofia neoscolastica», 72 (1980), pp. 108-144; ivi, pp. 606-639; ivi, 74 (1982), pp. 126-159.
MEDIOSTOICI (secoli n-r a.C.). Il termine « mediostoicismo » è stato creato dallo Schmekel, e si impone per le ragioni che indichiamo nel volume III, pp. 435 sgg., anche se si accolgono le istanze critiche fatte valere dal Pohlenz. Si tratta di una forma di stoicismo temperato, con infiltrazioni che (sia pure in un senso ristretto) si possono chiamare eclettiche e altresì con una componente erudita. Diamo un elenco degli esponenti di questa fase dello stoicismo.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
l. DIOGENE DI BABIWNIA, fu successore di Zenone di Tarso nello scolarcato. Poté ancora udire le lezioni di Crisippo e fu udito da Carneade. Nel 155 a.C., ormai vecchio, prese parte all'ambasciata a Roma. Può considerarsi il precursore del mediostoicismo. Fu maestro di Panezio, oltre che di Mnesarco e di Dardano (cfr. voce). 2. PANEZIO DI RODI, fu il primo Mediostoico vero e proprio (cfr. voce). 3. POSIOONIO DI APAMEA, fu il secondo grande Mediostoico (cfr. voce). 4. FANIA, fu discepolo di Posidonio e pubblicò le lezioni del maestro. 5. GIASONE DI NISA, nipote di Posidonio, assunse la direzione della scuola dopo la morte dello zio. 6. ASCLEPIOOOTO, si occupò soprattutto di problemi fisici, in par· ticolare - fra l'altro - dell'origine dei terremoti. :E. considerato come fonte intermedia fra Posidonio e le Naturales quaestiones di Seneca. 7. ECATONE DI RODI, fu discepolo di Panezio. Si interessò soprattutto di etica e dedicò a Quinto Tuberone una sua opera (dr. voce). 8. MNESARCO DI ATENE, fu discepolo di Diogene, oltre che di Panezio. Forse fu successore di Panezio nella direzione della scuola, insieme a Dardano. (Antioco udì le sue lezioni). 9. DARDANO DI ATENE, discepolo di Diogene, oltre che di Panezio. Forse fu successore di Panezio nella direzione della scuola insieme a Mnesarco .. 10. STRATOCLE DI RODI, fu pure uno dei discepoli di Panezio. Compose, probabilmente, la prima storia del Portico. 11. ANTIPATRO DI TIRO, fu discepolo di Stratocle. Trattò soprattutto dei doveri, e morì poco dopo la metà del 1 secolo a. C. (cfr. voce). 12. APOLLONIO DI TIRO, pubblicò le biografie e i cataloghi delle opere degli Stoici. Ricordiamo, infine, anche DIODOTO STOICO (13), che fu maestro di Cicerone e visse in casa di questi; APOLLONIDE STOICO (14), che assistette Catone nelle sue ultime ore di vita e ATENOOORO DI TARSO (15), che venne a Roma nel 67 a.C. Anche ARIO DIDIMO ebbe stretti legami con la Stoa (cfr. voce). Ulteriori informazioni, oltre che nel Pohlenz, sotto indicato, si trovano in Zeller, Die Philosophie der Griechen, III, l, pp. 589 sg., nota 3 e pp. 606 sgg., nota l.
O Di tutti questi filosofi ci sono giunti solo frammenti e testimonianze indirette. e(!) Manca un'edizione o una collezione che raccolga sistematicamente· quanto di essi ci è pervenuto, e quindi mancano anche le traduzioni. Notevoli progressi si sono fatti per Panezio e Posidonio, per le cui edizioni mandiamo alle voci. Si vedano anche le voci Diogene di Babilonia ed Ecatone.
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MEDIOSTOICI/MEGARICI
Per il materiale riguardante gli altri nomi, si vedano le indicazioni che dà il Pohlenz, La Stoa ... , I, pp. 496-514, nelle note.
*
Una ricostruzione che ha valore storico e che, malgrado sia per molti aspetti superata, resta un punto di partenza imprescindibile, è quella già citata di: - A. Schmekel, Die Philosophie der mittleren Stoa in ihrem geschichtlichen Zusammenhang dargestellt, Berlin 1892; rist. anast., Hildesheim-New York 1974. Anche la parte seconda della Stoa del Pohlenz, che reca il titolo di Il periodo di mezzo della Stoa (vol. I, pp. 385-575), è un indispensabile punto di riferimento. Tuttavia, pure il Pohlenz va preso con estrema cautela, per la tendenza a gonfiare sia Panezio, sia (soprattutto) Posidonio, con il conseguente sbilancio prospettico. La ricostruzione della storia del periodo di mezzo della Stoa potrà essere scritta solo quando si sarà del tutto superato il pregiudizio del pamposidonismo e si saranno interamente riscattate le relative ipoteche.
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Per la bibliografia cfr. le singole voci cui sopra facciamo riferimento.
MEGARICI (sono i filosofi seguaci della dottrina di Euclide socratico, che fondò la sua scuola nella città di Megara [donde il nome], nonché i filosofi che svilupparono alcuni temi di questa scuola in età ellenistica, fin verso la metà del m secolo d.C.). Ecco l'elenco completo dei filosofi megarici, secondo l'edizione del DOring, sotto citata, con i relativi rimandi alla medesima (i primi due numeri indicano le pagine in cui si trovano i frammenti, gli altri due numeri le pagine del commentario). I. Euclide e la sua scuola l. EUCLIDE DI MEGARA, vissuto fra il v e il IV secolo a.C. (pp. 314; 73-91 ). 2. DIOCLIDE DI MEGARA, discepolo di Euclide. È per noi solo un nome (p. 14). 3. DIONIGI DI CALCEOONIA. detto il Dialettico, fu uno dei maestri di Teodoro l'Ateo. È per noi poco più che un nome (pp. 14; 99). 4. ITTIA. È per noi poco più che un nome (pp. 15; 100 sg.). 5. CLINOMACO DI TURI. È per noi poco più che un nome (pp. 15; 101 ). II. Eu b u l i d e e l a su a scuola 6. EUBULIDE DI MILETO, vissuto nel secolo IV a.C. Fu famoso per i suoi paradossi; cfr. anche voce (pp. 16-20; 102-114). 7. EUFANTO DI OLINTO, fu anche storico e tragediografo e uno dei maestri di Antigono Gonata. Ci sono pervenute pochissime testimonianze (pp. 20-21; 114-115). 8. MEMNONE (?), congetturalmente ricavabile dal Pap. Herc. 1112, fr. 2 (pp. 21; 115).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
9. ALESSINO DI ELIDE, vissuto a cavaliere fra il IV e il m secolo a.C. Di lui ci sono giunte testimonianze, che lo mostrano polemicamente impegnato contro Zenone (pp. 21-27; 115-123). III. D i o d or o e l a su a scuola 10. APOLLONIO CRONIO, maestro di Diodoro. È per noi solo un nome (pp. 28; 124). 11. DIODORO CRONO, vissuto nella seconda metà del IV secolo e agli inizi del III a.C. Ci sono pervenute interessanti testimonianze, soprattutto sul concetto di possibile; dr. anche voce (pp. 28-44; 124-138). 12. FILONE DIALETTICO, probabilmente diretto discepolo di Diodoro, pure noto per la sua interpretazione del possibile (pp. 45; 126 sg.; 134 sgg.; 138 sgg.). 13. PANTOIDE DIALETTICO, scrisse Sulle amfibolie, contro cui Crisippo polemizzò. Per il resto ci è pochissimo noto (pp. 45; 139). 14. LE FIGLIE DI DIODORO (MENESSENE, ARGEIA, TEOGNIDE, ARTEMISIA e PANTACLEIA), sono nominate come seguaci del megari·smo e denominate Dialettiche (p. 45; dr. pp. 29; 125). IV. S t i l p o n e e l a s u a s c u o l a 15. PASICLE DI TEBE, maestro di Stilpone, a noi pressoché sconosciuto (pp. 46; 140 sg.). 16. TRASIMACO DI CORINTO, forse uno dei maestri di Stilpone (pp. 46; 140 sg.). 17. STILPONE, vissuto a cavaliere fra il IV e il III secolo a.C. Di lui ci sono pervenute alcune testimonianze. Fu uno dei maggiori esponenti del megarismo; cfr. anche voce (pp. 46-61; 140-164). 18. FILIPPO IL MEGARICO, forse discepolo di Stilpone, peraltro sconosciuto (pp. 61; 144 ). 19. SIMMIA DI SIRACUSA, fu discepolo di Stilpone e ne sposò la fi·glia (pp. 61; 142). 20. ALCIMO ORATORE (forse Alcimo Siculo), conquistato al megarismo ·da Stilpone (pp. 61; 144 sg.). 21. ARISTIDE, peraltro sconosciuto (pp. 61; 144 sg.). 22. DlFILO DEL BOSFORO, prima seguace di Teofrasto, e poi conqui·stato da Stilpone al megarismo (pp. 61; 144 sg.). 23. CLITARCO DI ALESSANDRIA, prima Cirenaico, poi conquistato da Stilpone (pp. 61; 144 sg. ). 24. METROOORO IL TEORETICO, discepolo di Teofrasto, successivamente conquistato da Stilpone (pp. 61; 144 sg.). 25. MIRMECE, venuto per confutare Stilpone, ne fu conquistato (pp. 61; 144 sg.). 26. PEONIO DIALETTICO, a noi sconosciuto (pp. 61; 144 sg.). 27. FRASIDEMO, guadagnato da Stilpone al megarismo dalle file dei PeTipatetici (pp. 61; 144 sg.). 28. TIMAGORA DI GELA, sottratto da Stilpone ai seguaci di Teofrasto (pp. 61; 144 sg.).
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MEGARICI
V. Appendice: Brisone e la sua scuola 29. BRISONE, nato forse fra la fine del v secolo e gli inizi del IV secolo a.C. (pp. 62-67; 157-166). 30. POLISSENO, sofista megareggiante, discepolo di Brisone; cfr. anche voce (pp. 67-70; 166-170).
Q Di tutti questi filosofi, come abbiamo detto, ci sono giunti solo frammenti che rendono problematica la ricostruzione del loro pensiero.
e© L'edizione di riferimento (con commento) è quella già citata: -
K. DOring, Die Megariker, Kommentierte Sammlung der Testimonien,
(« Studien zur antiken Philosophie », Band 2), Griiner, Amsterdam 1972.
Di indispensabile consultazione è ora anche l'edizione di: - Giannantoni, Euclidis et Megaricorum philosophorum reliquiae, in S.R. [cfr. voce Socratici Minori], 11 A-11 S.
(!) Una traduzione in lingua tedesca si trova in: -
Nestle, Die Sokratiker... [cfr. voce Socratici], pp. 172-177.
*
Le ricostruzioni critiche più complete e sostanziose sono del secolo scorso, perciò le citiamo (anche se, ovviamente, superate nei dettagli) accanto a quelle moderne: - F. Deycks, De Megaricorum doctrina, Bonn 1827 (Diss.). - H. Ritter, Bemerkungen iiber die Philosophie der Megarischen Schule, in « Rheinisches Museum », 2 (1828), pp. 293-335. - D. Henné, École de Mégare, Paris 1843. - M.C. Mallet, Histoire de l'école Je Mégare, Paris 1845. - C.M. Gillespie, On the Megarians, in « Archiv fi.ir Geschichte der Philosophie », 24 (1911), pp. 218-241. - K. von Fritz, Megariker, in R.E., Suppl. 5 (1931), pp. 707-724. - A. Levi, Le dottrine filosofiche della scuola di Megara, in « Rendicon· ti dell'Accademia dei Lincei », Serie VI, 8 (1932), pp. 463-499. - N. Hartmann, Der Megarische und der Aristotelische Moglichkeits· begriff, in « Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften, Phil-hist. Klasse », X, 1937; ora in Kleinere Schriften, II, Berlin 1957, pp. 85-100. · - T. Gompcrz, Pensatori Greci, Traduzione italiana, vol. Il, Firenze 19503, pp. 607-660. - G. Cambiano, Il problema dell'esistenza di una scuola Megarica, in AA.VV., Scuole Socratiche minori e filosofia ellenistica, a cura di G. Giannantoni, Bologna 1977.
*
In DOring, op. cit., pp. 172-174 si troveranno indicazioni bi· bliografiche utili. Si vedano anche le numerose indicazioni in Giannantoni. Uno stato delle moderne ricerche si trova in: - G. Cambiano, La scuola megarica nelle interpretazioni moderne, in «Rivista di filosofia», 62 (1971), pp. 227-253.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
MEGILLO PITAGORICO, PSEUOO (?): cfr. Mediopitagorici, 37. MELANTE PERIPATETICO, discepolo il Teofrasto e suo erede. MELANZIO DI RODI: cfr. Neoaccademici, 16. MELEAGRO DI GADARA, pensatore cinico, vissuto fra il n e il lo a.C.
O
1
seco-
Ci sono pervenuti solo scarsi frammenti.
• - A. Riese, Meleagri Cynici praeter epigrammata reliquiae, in M.T. Varro, Saturarum Menippearum Reliquiae, Lipsiae 1865; rist. anast., Olms, Hildesheim 1971, pp. 246-247. MELISSA PITAGORICA, PSEUOO ( ? ) : cfr. Mediopitagorici, 38. MELISSO DI SAMO: dr. Presocratici, 30; Eleati, 3, e inoltre:
eCD© -G. Reale, Melissa, Testimonianze e frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1970 (<
**
lvi, pp. 1-268 si troverà una monografia dal titolo: Melissa e l~ storia della filosofia greca, in cui proponiamo una nuova interpretazione del filosofo di Samo come sistematore dell' eleatismo e bersaglio dialettico dei Pluralisti e in cui discutiamo tutte le varie interpretazioni. Cfr. anche pp. 403 sgg. la bibliografia. MEMNONE MEGARICO: dr. Megarici, 8. MENECEO EPICUREO: dr. Epicurei, A, 10. MENEDEMO CINICO, vissuto nel m secolo a.C . •
-
Cronert, Kolotes und Menedemos, passim (dr. voce Colote).
e©- Giannantoni, S.R.
[cfr. voce Socratici Minori], v M.
Cl) - Paquet, Les Cyniques ... [cfr. voce Cinici], pp. 124 sgg.
*-
K. von Fritz, Menedemos, 9, in R.E., XV, l (1931), coli. 788-794.
MENEDEMO DI ERETRIA: dr. Eliaci, 6. MENEFILO PERIPATETICO: cfr. Peripatetici, Elenco scolarchi, 12. MENESSENE MEGARICA: cfr. Megarici, 14. MENESTORE DI SIBARI: cfr. Presocratici, 32; Pitagorici antichi, 12.
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MEGILLO/METRODORO DI STRATONICEA
MENIPPO DI GADARA, filosofo cinico del m secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti pochi frammenti .
• - A. Riese, Menippi Cynici Reliquiae, in M.T. Varro, Saturarum Menippearum Reliquiae, Teubner, Lipsiae 1865; rist. anast., Olms, Hildesheim 1971, pp. 245-246.
(!) - Nestle, Die Sokratiker ... [cfr. voce Socratici], pp. 146-147. -
Paquet, Les Cyniques ... [cfr. voce Cinici], pp. 122-124.
*-
R. HeJm, Lucian und Menipp, Leipzig-Berlin 1906; rist. anast., Olms, Hildesheim 1967. MENODOTO DI NICOMEDIA: cfr. Medici Empirici, 15; Neoscettici, 14. METOPO DI METAPONTO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 39. METROCLE DI MARONEA: cfr. Cinili, 10. METRODORO DI CHIO: cfr. PresocraLici, 70; Atomisti, 4. METRODORO DI LAMPSACO ANASSAGOREO: cfr. Presocratici, 61. METRODORO DI LAMPSACO EPICUREO, filosofo del Giardino del IV-III secolo a.C.
O Ci sono pervenuti solo frammenti, in gran testimonianze indirette .
ro~rte
papiracei, oltre a
• - A. Ki:irte, Metrodori Epicurei fragmenta collegit, scriptoris incerti Epicurei commentarium moralem subiecit, in « Jahrbiicher fiir classische Philologie », Supplementband XVII (1890), pp. 529-597. I frammenti di Metrodoro si trovano precisamente alle pagiw. 534-570 (Metrodori quae supersunt ).
(!) I testi di Metrodoro; secondo l'edizione Ki:irte, sono stati recentemente tradotti in italiano da: - Isnardi Parente, Opere di Epicuro [cir. voce Epicuro], pp. 499-526. (La Isnardi Parente ha altresì tradotto il testo del trattato morale anonimo, ivi, pp. 88-593, riferendolo però a Polistrato). ~ Cfr. ulteriore bibliografia in Usener, Glossarium Epicureum [cfr. voce Epicurei], p. XXI.
METRODORO PITAGORICO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 40. METRODORO DI SCEPSI: cfr. Neoaccademici, 19. METRODORO DI STRATONICEA: cfr. Neoaccademici, 15.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
METRODORO IL TEORETICO: cfr. Megarici, 24. MilA PITAGORICA: cfr. Mediopitagorici, 41. MILONE DI CROTONE, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 42. MINUCIO FELICE, scrittore latino del m secolo d.C. È autore di un'opera in forma dialogica dal titolo Octavius in difesa del Cristianesimo, tesa a confutare le accuse e le calunnie dei pagani contro il Cristianesimo, utile per lo studioso del pensiero antico-pagano come fonte dossografica.
*
Si veda la bibliografia in Totok, Handbuch ... , II, pp. 82 sgg.
MIONIDE PITAGORICO: cfr. Presocratici, 56; Pitagorici antichi, 30. MIRMECE MEGARICO: cfr. Megarici, 25. MITRE EPICUREO: cfr. Epicurei, A, 12. MNESARCO DI ATENE:cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 8; Mediostoici, 8. MNESARCO PITAGORICO: cfr. Pitagorici, Elenco scolarchi, 3. MODERATO DI GADES, neopitagorko del
1
secolo d.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze conservatici da Porfirio, Simplicio e Stobeo. • Si vedano in Mullach, Fr. Phil. Gr., Il, pp. 48 sgg. (con traduzione latina).
*
in: tonic 1954 -
Fondamentali sono le osservazioni sul nostro filosofo che si leggono E.R. Dodds, The Parmenides of Plato and the Origin of the Neopla« One >>, in «Classica! Quarterly >>, 22 (1928), pp. 129-142. A.J. Festugière, La Révélatzon d'Hermès Trismégiste, vol. IV, Paris (cfr. in particolare pp. 19-53 ). F. Adorno, Studi sul penszero greco, Firenze 1966, pp. 179·198.
MONIMO DI SIRACUSA: cfr. Cinici, 7. MOSCO DI ELIDE: cfr. Eliaci, 5. MUSEO DI ATENE: cfr. Presocratici, 2. MUSONIO RUFO, filosofo neostoico del
1
secolo d.C.
O
Ci restano di lui alcune diatribe, stese da un certo Lucio, un suo di16cepolo, non ben identificabile . •
Resta fondamentale l'edizione di:
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METRODORO IL TEORETICO/MYS
441
- O. Hense, C. Musonii Rufi Reliquiae, Lipsiae 1905 (Bibl. Teubn.). Contiene: C. Musonii Rufi Dissertationum a Lucio digestarum reliquiae; C. Musonii Rufi Fragmenta minora; C. Musonii Rufi Epistulae spuriae. Le lettere spurie attribuite a Musonio si vedano anche in: - R. Hercher, Epistolographi Grtt:L;, Didot, -Parisiis 1873; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965, pp. 401-404.
(f) - R. Laurenti, C. Musonio Rufo, Diatribe e i frammenti minori, Signorelli, Roma 1967. - A.]. Festugière, Deux prédicateurs dans l'antiquité: Télès et Musonius, Paris 1978.
*-
L. Gallinari, Il pensiero pedagogico-morale di M. Rufo, Roma 1959. - A.C. van Geytenbeek, Musonius Rufus and Greek Diatribe, Revzsed edition, translated by B.L. Hijmars Jr., Assen 1963 (la prima edizione, in lingua fiamminga, era stata pubblicata nel 1949). - R. Laurenti, Musonio ed Epitteto, in << Sophia », 34 (1966), pp. 317335. - R. Laurenti, La concezione della virtù in Musonio, in « Sophia », 35 (1967), pp. 301-317.
*
Ulteriori indicazioni bibliografiche si troveranno nelle note della Introduzione alla traduzione del Laurenti, sopra citata.
MYS, SCHIAVO DI EPICURO: cfr. Epicurei, A, 13.
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N NAUSIFANE DI TEO: cfr. Presocratici, 75; Atomisti, 9; cfr. anche Scettici antichi, 3, e inoltre:
*-
S. Zeppi, Intorno al pensiero di Nausifane: Nausifane fra Democrito e lo sofistica, in Studi sulla filosofkz presocratica, Firenze 1962, pp. 159-171.
NELEO DI SCEPSI, filosofo peripatetico, erede, dopo la morte di Teo• frasto, per volontà di questi, della biblioteca del Peripato. NEMESIO DI EMESA, filosofo neoplatonico cristiano del rv secolo d.C. Q È autore di un trattato De natura hominis . • - C.F Matthaei, Nemesius Emesenus, De natura hominis, graece et latine, Halae Magdeburgicae 1802: rist. anast., Olms, Hildesheim 1967. - Migne, Patrologia Graeca, XL, pp. 508 sgg.
(f)© - W. Telfer, Cyril of ]erusalem and Nemesius of Emesa, LondonPhiladelphia 1955. L'indicazione di altre traduzioni si vedrà in A. Siclari, nell'opera sotto citata, pp. 26-27 e nota 38.
* *
-W. Jaeger, Nemes;Js von Emesa, Quellenforschungen z.um Neuplatonismus und seinen Anfiingen bei Poseidonios, Berlin 1914. - A. Siclari, L'antropologia di Nemesio di Emesa, Padova 1974. Ricca bibliografia si troverà in Siclari, op. cit., pp. 7-28, nelle note.
NEOACCADEMICI, sono gli Accademici che vanno da Arcesilao a Carneade ed ai suoi seguaci, ossia gli Accademici scettici. (Si veda come li caratterizza Cicerone negli Acad. pr., XII, 43-46).
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NAUSIFANE/NEOACCADEMICI
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Ecco gli esponenti dell'indirizzo neoaccademico (ci atteniamo alla lista del Goedeckemeyer ). l. ARCESILAO DI PITANE, nato nel 316/315, morto nel 241/240 a. C. Fu dal 268/264 scolarca (cfr. voce). 2. LACIDE DI CIRENE, discepolo e successore di Arcesilao nella direzione della scuola (cfr. voce). 3. TELECLE DI FOCEA, fu probabilmente scolarca. 4. EV ANDRO DI FOCEA, fu probabilmente scolarca. 5. EGESINO DI PERGAMO, morto, forse, intorno al 159/158 a.C. Fu uno degli scolarchi. 6. CARNEADE DI CIRENE, vissuto fra la fine del m e la seconda metà del II secolo. Fu uno degli scolarchi più famosi (cfr. voce). 7. CARNEADE J!.. GIOVANE, figlio di Polemarco. Ricevette da Carneade il Vecchio l'incarico della direzione della scuola. Morl intorno al 131/130 a.C. 8. CRATETE DI TARSO, morto nel terzultimo decennio del II secolo. Fu scolarca, successore di Carneade il Giovane. 9. CLITOMACO DI CARTAGINE, nato intorno al 187/186 a.C. e morto nel 110/109. Fu successore di Cratete (cfr. voce). L'Accademia in questo periodo ebbe molti seguaci, ed alcuni di questi fondarono anche scuole fuori di Atene. 10. CALLICLE, fondò una scuola a Larissa. 11. ZENOOOR0 DI TIRO, presiedette ad una scuola in Alessandria. 12. AGNONE DI TARSO, fu uno dei discepoli più vivaci di Carneade. Polemizzò soprattutto contro la retorica. 13. CARMADA (o CARMADE o CARMIDE), fu abile oratore e cercò di utilizzare la retorica in senso carneadeo. Ebbe poi anche una scuola e discepoli propri. 14. AGATOCLE DI TIRO, fu discepolo di Carneade. 15. METROWRO DI STRATONICEA, abbandonò le file degli Epicurei per passare alla scuola di Carneade. 16. MELA:.JZIO DI RODI, discepolo di Carneade. 17. ESCIUNE DI NAPOLI, discepolo di Melanzio. Poté ancora udire le lezioni del vecchio Carneade. 18. DIOOORO, oratore e solista. Discepolo di Carmada. 19. METROOORO DI SCEPSI, vissuto a cavaliere fra il 11 e il I secolo a.C., discepolo di Carmada. Ebbe a sua volta discepoli (un Metrodoro di Pitane e un Metrodoro di Cizico a noi totalmente sconosciuti). 20. ERACLITO DI TIRO, discepolo di Clitomaco. Discuteva spesso contro Antioco. 21. FILONE DI LARISSA, discepolo di Clitomaco. Con le ultime prese
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
di posizione di questo filosofo, l'Accademia inverti rotta, per passare, poi, con Antioco, decisamente all'eclettismo (cfr. voce Eclettici). Stretti legami con i Neoaccademici ebbero CICERONE, che, però, propende in modo deciso verso un eclettismo sia pure moderato (cfr. voce), e FAVORINO (cfr. voce). Da depennare dalla lista dei Neoaccademici (contrariamente a quanto si credeva, e qualcuno erroneamente continua a credere), è, invece, EUOORO DI ALESSANDRIA, che è uno dei primissimi Medioplatonici (cfr. voce). Fondamentale, per la ricostruzione del catalogo degli Accademici, è: - S. Meckler, Academicorum Philosophorum Index Herculanensis, Berlin 19582.
O
Di questi filosofi possediamo soprattutto testimonianze indirette.
• Una raccolta sistematica delle testimonianze e dei frammenti di questi filosofi è progettata da M. Gigante nella collana « La scuola di Platone », patrocinata dall'« ,Istituto Italiano per gli Studi Filosofici» e pubblicata dall'editrice Bibliopolis di Napoli.
(ij Una buona raccolta in traduzione italiana degli autori più significativi si trova invece in: - Russo, Scettici ... [dr. voce], pp. 135-537 (opportunamente il Russo include per intero anche gli Academica ciceroniani). Indicazioni più dettagliate diamo alle singole voci, alle quali abbiamo sopra fatto rimando.
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R. Hirzel, Untersuchungen zu Ciceros Philosophischen Schriften, vol. III, Leipzig 1883; rist. anast., Hildesheim 1964. - Brochard, Les sceptiques ... [cfr. voce Scettici], pp. 93-225. - L. Credaro, Lo scetticismo degli Accademici, 2 voli., Roma 1889-1893. - Goedeckemeyer, Geschichte ... [cfr. voce Scettici], pp. 30-209. - P. Couissin, Le stotcisme de la Nouvelle Académie, in « Revue d'Histoire de la Philosophie », 3 ( 1929), pp. 241-276. - P. Couissin, L'origine et l'évolution de l'époché, in « Revue des .!!tucles Grecques », 42 (1929), pp. 373-397. - O. Gigon, Zur Geschichte der sogenannten Neuen Akademie, in « Museum Helveticum », l (1944), pp. 47-64. - Robin, Pyrrhon et le scepticisme grec [cfr. voce Scettici], pp. 39-135. - Dal Pra, Lo scetticismo greco [dr. voce Scettici], l, pp. 113-346. - A. Weische, Cicero und die Neue Akademie, Miinster (Westf.) 19752 •
*-
L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978), in: Lo scetticismo ... [dr. voce Scettici], pp. 753-850.
NEOCLE EPICUREO: dr. Epicurei, A, 14. NEOPITAGORICI (secoli r a.C.- inizi del m secolo d.C.). Abbiamo distinto un mediopitagorismo da un neopitagorismo per le ragioni che spieghiamo nel vol. IV, pp. 367-390. Mediopitagorici sono certi
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NEOCLE EPICUREO /NEOPITAGORICI
autori di pseudepigrafi che si nascondono sotto il nome di antichi pitagorici (cfr. voce); mentre Neopitagorici sono, propriamente, quei filosofi che si presentano col loro nome, avendo acquistato piena coscienza della loro identità e del loro ruolo, che manca, invece, agli autori di pseudepigrafi. Fra i Neopitagorici si possono distinguere i seguenti quattro gruppi: l) un primo gruppo, che operò in ambiente romano, la cui filosofia ebbe una impronta prevalentemente etica; Il) un secondo gruppo, che sviluppò l'indirizzo religioso-speculativo; III) un terzo gruppo, che sviluppò l'indirizzo religioso-mistico; IV) un quarto gruppo, costituito da raccoglitori di sentenze, il cui « pitagorismo » è alquanto tenue e generico.
I. Neopitagorici che operarono in romano
ambiente
l. PUBLIO NIGIDIO FIGUW, vissuto nella prima metà del I secolo a.C. (cfr. voce). 2. QUINTO SESTIO (e IL SUO CIRCOLO), fiorito nella seconda metà del I secolo a.C. e nei primi anni del I secolo d.C. 3. SESTIO, figlio di Quinto Sestio. 4. SOZIONE DI ALESSANDRIA, fu uno dei maestri di Seneca. 5. LUCIO CRASSICIO DI TARANTO. 6. FABIANO PAPIRIO, che passò dalla retorica alla filosofia. Fu uno dei maestri di Seneca, che di lui ci parla nell'Epistola 100.
II.
Neopitagorici che svilupparono religioso-speculativo
l'indirizzo
l. MODERATO DI GADES, vissuto nel I secolo d.C. (cfr. voce). 2. NICOMACO DI GERASA, vissuto nella prima metà del 11 secolo d.C. (cfr. voce). 3. NUMENIO DI APAMEA, vissuto nella seconda metà del n secolo d.C. Fuse il medioplatonismo col pitagorismo (cfr. voce). 4. CRONIO, presentato da fonti antiche quale seguace di Numenio (cfr. voce).
III.
Neopitagorici rappresentanti puramente mistico-religioso
dell'indirizzo
l. APOLLONIO DI TIANA, vissuto nel I secolo d.C. (cfr. voce). 2. FILOSTRATO FLAVIO, famoso soprattutto per aver scritto La vita di Apollonia, da lui composta per ispirazione di Giulia Domna (cfr. voce).
IV. N e o p i t ago r i c i
raccoglitori
di
se n t e n z e
l. SESTO (da non confondersi con Sestio) (cfr. voce).
2. SECONDO (cfr. voce).
Oe
Di questi pensatori, se si eccettuano Nicomaco, Filostrato, Sesto e Secondo, ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze. Di molti è stata
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
fatta la raccolta e l'edizione dei frammenti, di cui daremo conto alle singole voci. Le fonti per la ricostruzione del pensiero dei Sestii si troveranno indicate negli autori sotto citati.
*
Sul neopitagorismo in genere e su quello romano in particolare si vedano: - E. Zeller, Die Philosophie der Griechen, III, l, pp. 699 sgg.; di recente tradotto in italiano: cfr., sotto, Zeller-Del Re. - A. Gianola, La fortuna di Pitagora presso i Romani, Catania 1921. - F. BOmer, Der lateinische Neuplatonismus und Neupythagoreismus und Claudianus Mamertus in Sprache und Philosophie, Leipzig 1936. - V. Capparelli, La sapienza di Pitagora, vol. I, Padova 1941. - L. Ferrero, Storia del pitagorismo nel mondo romano (dalle origini alla fine della repubblica), Torino 1955. Di tutti i Neopitagorici di rilievo daremo indicazioni analitiche alle singole voci.
*
In Ferrero, op. cit., pp. 422 sgg. e nelle note passim, si troverà ampia bibliografia. Cfr. la bibliografia sugli altri Neopitagorici alle singole voci. Di recente è stata altresl pubblicata la traduzione italiana della parte dell'opera zelleriana contenente la trattazione sui Neopitagorici, con aggiornamenti di R. Del Re, purtroppo non sempre soddisfacenti e soprattutto incompleti: - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte III, Volume IV: I precursori del Neoplatonismo, traduzione di E. Pocar, a cura di R. Del Re, La Nuova Italia, Firenze 1979, pp. 3-141 [citiamo questo volume con l'abbreviazione Zeller-Del Re].
NEOPLATONICI (secoli m-vr d.C.) Sulle scuole secondo le quali si possono raggruppare i Neoplatonici e sulle tendenze ad esse relative si è fatta luce soprattutto nel corso del nostro secolo e i dibattiti e gli approfondimenti sono tuttora in corso. Prendiamo come base il quadro fornito dal Praechter, che corregge radicalmente quello precedente proposto dallo Zeller, integrandolo in alcuni punti. Ricordiamo a·ncora che le tesi fondamentali del Praechter sono state fondamentalmente confermate dagli studi successivi, eccetto che nella interpretazione della scuola di Alessandria, che alcuni, oggi, tendono a rivalutare, ritenendola filosoficamente più consistente di quanto non pensasse il Praechter. Ecco un catalogo degli esponenti del neoplatonismo, distinto secondo le scuole di appartenenza. Intendiamo la parola << scuola >> in senso lato: non solo, cioè, come una istituzione giuridicamente sancita, ma come un gruppo di pensatori che hanno fra loro alcune caratteristiche essenziali in comune, sufficienti per raggrupparli, pur sussistendo fra loro diversità di vario genere.
I. Prima scuola di Alessandria o scuola di Ammonio Sacca (fiorita nella prima metà del 111 secolo d. c.)
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NEOPLATONICI
l. AMMONIO SACCA, fondatore (cfr. voce). 2. LONGINO CASSIO (cfr. voce). 3. ERENNIO (cfr. voce). 4. ORIGENE PAGANO e probabilmente anche ORIGENE CRISTIANO. Pare, in ogni caso, che i due autori debbano essere distinti (cfr. voci). 5. PLOTINO DI LICOPOLI (cfr. voce). Getta un po' di luce sul clima spirituale della scuola di Ammonio quanto Porfirio ci dice ne La vita di Platino, 3 (cfr. voce Porfirio).
II. S c u o l a d i P l o t i n o a R o m. a ( f i o r i t a n e Il a s e c o n· d a m e t à d e l 1 1 I s e c o l o d. C. ) l. PLOTINO, fondatore della scuola (cfr. voce). 2. AMELIO GENTILIANO DI ETRURIA, fedelissimo seguace di Piotino (cfr. voce). 3. PORFIRIO DI TIRO, sistematore delle Enneadi (cfr. voce). Il clima spirituale e le caratteristiche della scuola sono ben descritte da Porfirio, ne La vita di Platino (cfr. voce Porfirio), passim. lvi si troveranno anche i nomi di molti frequentatori della scuola, alcuni dei quali erano famosi personaggi dell'epoca. Porfirio ebbe a sua volta discepoli, quasi tutti di scarso rilievo. Ad alcuni di essi, come GEDALIO e CRISAORIO, dedicò scritti. Fra i discepoli di Porfirio spicca, invece, Giamblico, che, però, ruppe col maestro, fondò una propria scuola, imprimendo al neoplatonismo una direzione speculativ(omistieo-teurgica.
III. Scuola di Siria o Scuola di Giamblico (fiorita a Il ' i n i z i o d e l I v s e c o l o d. C. ) l. GIAMBLICO DI CALCIDE, fondatore (cfr. voce). 2. DESSIPPO (cfr. voce). 3. SOPATRO DI APAMEA, fu considerato il più significativo, o comunque uno dei più cospicui dei discepoli di Giamblico. (Si veda: Eunapio, Vite, V, 1.5; VI, 1-3 e la voce Sopatro nella Suda). 4. TEODORO DI ASINE (cfr. voce). 5. EDESIO DI CAPPADOCIA, prese l'eredità spirituale di Giamblico, ma imprimendole una direzione accentuatamente mistico-teurgica e fondando una propria scuola a Pergamo (cfr. sotto). Molte notizie su questi personaggi, sulle loro caratteristiche peculiari e sul generale clima di questa scuola si ricavano dalle Vite dei Sofisti di Eunapio (cfr. voce), personalmente legato all'indirizzo della scuola di Pergamo, che da questa deriva.
IV. S c u o l a d i P e r gamo. ( fior i t a fra i l 3 2 5 e i l 3 6 3 d. c.) l. EDESIO, fondatore della scuola.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Fra i molti seguaci di Edesio ebbero grande fama: 2. CRISANZIO DI SARDI, maestro di Giuliano imperatore. 3. MASSIMO, maestro di Giuliano imperatore. 4. PRISCO DI TESPROZIA o di MOLOSSIA IN EPIRO. 5. EUSEBIO DI MINDO, costituisce un po' l'eccezione nell'ambito di questa scuola, dato che cerca di recuperare il valore della ragione al di sopra delle pratiche teurgiche. 6. GIULIANO IMPERATORE (dr. voce). 7. SALLUSTIO SECONDO (dr. voce). 8. EUNAPIO DI SARDI, discepolo di Crisanzio. È lo storico della scuola (cfr. voce). Risentono del clima di questa scuola i retori: 9. LlBANIO DI ANTIOCHIA (cfr. voce). 10. IMERIO DI PRUSA (cfr. voce). Aggiungeremmo a questo elenco anche: 11. EUSTAZIO DI CAPPADOCIA, che diresse nella Cappadocia una scuola. 12. SOSIPATRA DI CAPPADOCIA, moglie di Eustazio, che superò (dice Eunapio) il marito nella sapienza filosofica. 13. ANTONINO DI CAPPADOCIA, figlio di Eustazio e di Sosipatra, che fondò una scuola alle foci del Nilo, verso Canopo. La temperie spirituale di questa scuola e le sue peculiarità sono efficacemente rappresentate nelle già citate Vite di Eunapio (dr. voce). Scuola di Atene (fiorita fra c o l o e i l 5 2 9 d. C. )
V.
la fine
del
IV
se-
l. PLUTARCO FIGLIO DI NESTORIO, probabilmente fondatore e primo scolarca della scuola (dr. voce). 2. SIRIANO DI ALESSANDRIA, contribui con Plutarco alla fondazione della scuola e gli succedette alla direzione attorno al 431/432 (cfr. voce). 3. DOMNlNO DI LARISSA IN SIRIA, succedette a Siriano nella direzione della scuola (dr. voce). 4. PROCLO DI COSTANTINOPOLI, discepolo del vecchio Plutarco e di Siriano, succedette a Domnino nella direzione della scuola, che tenne fino al 485 d.C. (dr. voce). 5. MARINO DI NEAPOLI, succedette a Proclo nella direzione della scuola (cfr. voce). 6. AGAPIO, discepolo di Proclo e Marino e maestro di Giovanni Lido. 7. ISIDORO DI ALESSANDRIA, discepolo di Marino. Fu scolarca della scuola intorno al 490 d.C. (cfr. voce). · 8. EGIA, discepolo dell'ultimo Proclo, fu scolarca della scuola e responsabile della sua decadenza, come riferisce Damascio.
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NEOPLATONICI
9. ZENOOOTO, discepolo di Proclo; succedette ad Egia nella direzione della scuola. 10. DAMASCIO DI DAMASCO, diresse la scuola fino al 529, anno in cui cade l'editto di Giustiniano, in seguito al quale decise di migrare in Persia (dr. voce). 11. EULAMIO FRIGIO, fece parte del gruppo di filosofi che migrarono in Persia. 12. ERMIA FENICIO, fece parte del gruppo di filosofi che migrarono in Persia (dr. voce). 13. DIOGENE FENICIO, fece parte del gruppo di filosofi che migrarono in Persia. 14. ISIOORO DI GAZA, fece parte del gruppo di filosofi che migrarono in Persia. 15. PRISCIANO LIDO, fece parte del gruppo di filosofi che migrarono in Persia (cfr. voce). 16. SIMPLICIO DI CILICIA, capeggiò con Damascio il gruppo di filosofi che migrarono in Persia (cfr. voce). Per l'indicazione di altri discepoli di Proclo, che sono però solo puri nomi, cfr. Zeller-Martano [sotto cit.], p. 209, nota 51. Un serie di notizie sulla scuola, sui suoi membri e sul clima spirituale che la caratterizza si possono desumere dalla Vita di Isidoro di Damascio, e dalla Vita di Proclo di Marino. VI. S e c o n d a s c u o l a d i A l e s s a n d r i a ( s v i l u p p a t a s i f r a l a f i n e d e l I v e g l i i n i z i d e l v I I s e c o l o d. C. ) Distinguiamo, col Praechter, tre gruppi di nomi: A) quello dei filosofi in cui prevale la teoresi; B) quello dei commentatori e C) quello di quei pensatori che hanno deboli legami con la scuola o stanno ai margini di essa. A) l. WAZIA FIGLIA DI TEONE, può essere considerata la figura cui è collegata la rinascita della filosofia in Alessandria; fu uccisa nel 415 dai Cristiani (cfr. voce). 2. 3. 4. 5.
SINESIO, discepolo di Ipazia e poi vescovo di Cirene (cfr. voce). IEROCLE DI ALESSANDRIA (cfr. voce). TEOSEBIO, discepolo di Ierocle. ENEA DI GAZA (cfr. voce).
B) 1. ERMIA DI ALESSANDRIA (cfr. voce). 2. AMMONIO FIGLIO DI ERMIA, da cui dipende una lunga schiera di commentatori (cfr. voce). 3. ASCLEPIO DI TRALLE (cfr. voce). 4. GIOVANNI detto FIWPONO (cfr. voce). 5. OLIMPIOOORO IL GIOVANE (vi fu ad Alessandria un altro Olim-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
piodoro, pure commentatore di Platone ed Aristotele, che fu udito da Prodo; dr. voce). 6. ELIA, discepolo di Olimpiodoro (cfr. voce). 7. DAVIDE L'ARMENO, discepolo (forse non diretto) di Olimpiodoro (cfr. voce). 8. STEFANO DI ALESSANDRIA, con il quale, però, si giunge già ai primi decenni del secolo VII e si chiude la serie dei commentatori alessandrini (insegnò ad Alessandria, ma poi passò a Costantinopoli; cfr. voce). C) l. ALESSANDRO DI LICOPOLI, scrisse un trattato contro i Manichei, forse agli inzi del IV secolo (cfr. voce).
2. ASCLEPIODOTO DI ALESSANDRIA, vissuto nella seconda metà del v secolo, fu scienziato e medico. 3. NEMESIO VESCOVO DI EMESA (cfr. voce). 4. GIOVANNI LIDO, vissuto nella prima metà del VI secolo, fu pure cristiano (cfr. voce). VII. N e o p l a t o n i c i d e Il 'O c c i d e n t e l a t i n o ( se c o l i e v d. C.)
I
v
Il Praechter propone il seguente catalogo di nomi (al Praechter, pp. 647655, rimandiamo anche per la bibliografia): l. CORNELIO LABEONE, secolo 111 d.C., di cui ci sono giunte solo testimonianze. 2. CALCIDIO, secolo IV (cfr. voce). 3. MARIO VITIORINO, secolo IV. 4. VETTIO AGORIO PRETESTATO, morto nel 384, svolse opera di traduttore. 5. MACROBIO, secolo Iv/v (cfr. voce). 6. FAVONIO EULOGIO, discepolo di Agostino. 7. MARZIANO CAPELLA, vissuto a cavaliere fra il IV e il v secolo (cfr. voce). 8. BOEZIO, vissuto a cavaliere fra il v e il VI secolo (dr. voce).
O Di molti Neoplatonici ci sono giunte opere complete e sono stati recuperati frammenti di quelle perdute. Daremo conto delle edizioni, delle traduzioni e degli eventuali commentari alle singole voci cui abbiamo fatto rimando. Ricordiamo che è in atto un intenso lavoro proprio in questo settore che per anni è stato trascurato, e che assistiamo ad una vera e propria rinascita di studi neoplatonici di consistente portata.
*
Diamo qui l'indicazione di alcune opere sul neoplatonismo, sulla sua genesi e sul suo sviluppo, di interesse generale, o comunque di opere che, pur incentrate su alcuni autori, gettano luce sul pensiero neoplatonico nel suo insieme, sia in dimensione storica che in dimensione teoretica. Alle singole voci daremo, invece, indicazioni dei lavori a raggio più ristretto.
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NEOPLATONICI
Lo studio che segna quasi una linea di demarcazione nelle ricerche sul neoplatonismo è il già più volte citato: - K. Praechter, Richtungen und Schulen im Neuplatonismus, in Genethliakon Carl Robert, Berlin 1910, pp. 103-156; ora anche in Kleine Schriften, Olms, Hildesheim-New York 1973, pp. 165-216. Della letteratura precedente molte cose restano ancora valide, ma vanno, in ogni caso, rilette secondo l'ottica additata dal Praechter. Ecco alcune delle ricostruzioni anteriori e posteriori al Praechter più famose ed utili: - A.]. Matter, Essai historique sur l'école d'Alexandrie, 3 voli., Paris 18442 • - J. Simon, Histozre de l'école d'Alexandrie, 2 voli., Paris 1843-1845. - E. Vacherot, Histoire critique de l'école d'Alexandrie, 3 voli., Paris 1846-1851; rist anast., Hakkert, Amsterdam 1965. -T. Whittaker, The Neo-Platonists, Cambridge 1901; 19182 ; rist. anast., Olms, Hildesheim 1961. - E. Zeller, Die Philosophie der Griechen, III, 2, Leipzig 19235 (l'ulti· ma edizione è stata licenziata dall'autore nel settembre 1902). L'ultima parte di questo volume è tradotta in italiano: E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, ·Parte III, La filosofia postaristotelica. Volume VI: Giamblico e la scuola di Atene, traduzione di E. Pocar, a cura di G. Martano, La Nuova Italia, Firenze 1961 (purtroppo l'aggiornatore non ha tenuto conto quanto occorreva del Praechter e ha mantenuto sostanzialmente le linee dello Zeller; citiamo questo volume con l'abbreviazione Zeller•Martano). - W. Jaeger, Nemesios von Emesa, Quellenforschungen zum Neuplatonismus und seinen Anfiingen bei Poseidonios, Berlin 1914. - W. Theiler, Die Vorbereitung des Neuplat01tismus, Berlin 1930; 19642. - P. Mer!an, From Platonism to Neoplatonism, The Hague 1953; 19693; 19754 • - H.]. Kramer, Der Ursprung der Geistmetaphysik, Amsterdam 1964; rist. 1967. - K. Kremer, Die neuplatonische Seinsphilosophie und ihre Wirkung auf Thomas von Aquin, Leiden 1966; 197!2. - W. Theiler, Forschungen zum Neuplatonismus, Berlin-New York 1966. - P. Crome, Symbol und Unzulanglichkeit der Sprache, ]amblichos, Plotin, Porphyrios, Proklos, Miinchen 1970. - H. Di:irrie, Platonica minora, Miinchen 1976. Ed ecco alcune raccolte di studi di autori vari: - AA.VV., Le néoplatonisme, « Colloque international du Centre International de la Recherche Scientifique », Royaumont, 9-13 juin 1969 (« Colloques internationaux du Centre National de la Recherche Scientifique, Sciences humaines » ), Éditions du Centre national de la recherche scientifique, Paris 1971. - AA.VV., Études néoplatoniciennes, Éditions de la Baconnière, Neuchatel 1973. - AA.VV., Atti del Convegno Internazionale sul tema: Platino e il
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Neoplatonismo in Oriente ed Occidente (Roma 5-9 ottobre 1970), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1974. - AA.VV., Proceedings of the Philosophical Meeting on Neoplatonism, Corfù 1975 (<
*
Bibliografia ulteriore si troverà in: - B. Marien, Bibliografia critica degli studi plotiniani con rassegna delle loro recensioni, riveduta e curata da V. Cilento, nel vol. III, 2 della traduzione italiana delle Enneadi del Cilento [cfr. voce P lo tino], pp. 463 sgg.
NEOSCETTICI (dalla seconda metà del 1 secolo a.C. agli inizi del m secolo d.C.) I Neoscettici o Neopirroniani cercarono di far rivivere lo spirito pirroniano, reagendo contro le involuzioni dello scetticismo accademico. Si possono distinguere due gruppi di Neoscettici. l) Un primo gruppo caratterizzat:> dalla preoccupazione di riformulare rigorosamenu la dottrina pirroniana, che fa capo ad Enesidemo ed ai suoi seguaci e successori. 2) Un secondo gruppo (caratterizzato da quei pensatori, per lo più medici, che tentarono un connubio dello scetticismo con le istanze metodologiche ~ella medicina empirica, iniziato con Menodoto, ma già da tempo in gestazione) il cui rappresentante più significativo è Sesto Empirico. Diogene Laerzio ci ha tramandato un catalogo di Scettici che va dalla ricostruzione della scuola con Tolomeo di Cirene (circa un secolo dopo Timone) fino a Saturnino. Lo riportiamo anche se è, con tutta probabilità, solo in parte attendibile, completandolo, poi, con un elenco di altri esponenti (quasi tutti noii, però, allo stesso Diogene). Dice, dunque, il nostro autore che la scuola scettica si interruppe con Tim:me e che fu ricostituita da Tolomeo di Cirene e che, quindi, prosegui ininterrotta come segue: l. TOLOMEO DI CIRENE. 2. DIOSCURIDE DI CIPRO, discepolo di Tolomeo. 3. NICOLOCO DI RODI, discepolo di Tolomeo. 4. EUFRANORE DI SELEUCIA, discepolo di Tolomeo. 5. PRAIW DI TROADE, discepolo di Tolomeo. 6. EUBULO DI ALESSANDRIA, discepolo di Eufranore. 7. TOLOMEO DI ALESSANDRIA, discepolo di Eubulo. 8. SARPEOONTE, discepolo di Tolomeo. 9. ERACLIDE, discepolo di Tolomeo. 10. ENESIDEMO DI CNOSSO, discepolo di Eraclide (cfr. voce). 11. ZEUSIPPO DI CNOSSO, discepolo di Enesidemo.
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NEOSCETTICI/NEOSTOICI
453
12. ZEUSSI detto GONIOPO, discepolo di Zeusippo. 13. ANTIOCO DI LAODICEA, discepolo di Zeussi. 14. MENOOOTO DI NICOMEDIA, discepolo di Antioco. 15. TEODA DI LAODICEA, pure discepolo di Antioco. 16. ERODOTO DI TARSO, discepolo di Menodoto. 17. SESTO EMPIRICO, discepolo di Erodoto (dr. voce). 18. SATURNINO detto CITENA, discepolo di Sesto. Diogene qualifica come « medico empirico » solo Menodoto e chiama « Empirico » Sesto; ma si notino le corrispondenze di altri nomi di qùesto elenco con nomi inclusi nell'elenco dei Medici empirici (dr. voce). Tutti i nomi che precedono Enesidemo sono assai problematici. Diogene attinge le notizie da Menodoto, interessato a dar consistenza alla sua setta, e perciò la sua fonte è sospetta, tanto più che espressamente l'aristotelico Aristocle (presso Eusebio, Praep. evang., XIV, 18, 29) dice che il rinnovatore dello scetticismo fu Enesidemo. In effetti, solo a partire da Enesidemo sappiamo con precisione di dottrine neopirroniane. All'elenco di Diogene bisogna poi aggiungere i seguenti nomi: 19. APOLLONIDE DI NICEA, vissuto ai tempi di Zeussi e di Antioco di Laodicea, il quale fu autore di un commentario ai Silli di Timone. 20. AGRIPPA, famoso come autore di una tavola dei tropi (dr. voce). 21. APELLA, discepolo di Agrippa ed autore di un libro su di lui. 22. CASSIO, forse ·contemporaneo di Menodoto, il quale scrisse un libro sull' epilogismo. 23. TEOOOSIO, contemporaneo di Teoda.
O Della maggior parte di questi autori possediamo frammenti e soprattutto testimonianze indirette. Del capolavoro di Enesidemo, possediamo un prezioso sunto di Fozio, mentre di Sesto possediamo opere complete, e, per di più, cospicue (dr. voci). • Manca ancora una raccolta ed una edizione critica dei frammenti dei Neoscettici. Per le edizioni di Sesto cfr. voce. Le indicazioni delle fonti concernenti gli altri autori si troveranno in: - Zeller, Die Philosophie der Griechen, III, 2, pp. l sgg. - Goedeckemeyer, Geschichte... [cfr. voce Scettici], pp. 209 sgg.
(f) Una raccolta in traduzione italiana dei testi essenziali dei principali Neoscettici è stata invece fatta da: - Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 539-759.
**
Per la letteratura critica fondamentale e le bibliografie specifiche dr. la voce Scettici, nonché le voci alle quali, sopra, facciamo rimando.
NEOSTOICI
(1 e n secolo d.C.). I Neostoici sono gli Stoici fioriti a Roma in età imperiale e caratterizzati, rispetto agli Stoici antichi e a quelli dell'età di mezzo, da una più forte sen-
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454
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
sibilità religiosa e - tra l'altro - da infiltrazioni ciniche e medioplatoniche. Gli esponenti di maggior rilievo sono: L. SENECA, LUCIO ANNEO (dr. voce). 2. MUSONIO RUFO (dr. voce). 3. EPITTETO DI J.ERAPOLI (dr. voce). 4. MARCO AURELIO (dr. voce). Di minor rilievo, ma tuttavia di un certo interesse sono: 5 ..IEROCLE (da non confondersi con l'omonimo filosofo neoplatonico), che ripropose in maniera scolastica e popolare l'etica stoica (dr voce). 6. CORNUTO, LUCIO ANNEO, autore di un manuale di teologia paga· na interpretata in chiave allegorica (cfr. voce). 7. CHEREMONE, dotto alessandrino, ma di origine egiziana, che inter· pretò la teologia egiziana in chiave allegorica. Per i nomi di scienziati e di poeti legati alla Stoa cfr. vol. IV, p. 74. Per altri nomi di Stoici di questo periodo dr. Pohlenz, La Stoa... [dr. voce Stoici], vol. II, pp. 10-30.
Oe(f) Di questi filosofi ci sono giunte numerose opere, di cui daremo conto alle singole voci, insieme alle relative edizioni e traduzioni.
*-
Pohlenz, La Stoa ... [cfr. voce Stoici], vol. II, pp. 3-187, e inoltre: - C. Martha, Les moralistes sous l'Empire romain, Paris 19007 • - V:E. Arnold, Roman Stoicism, Cambridge 1911; New York 1958. - V. D'Agostino, Studi sul Neostoicismo, Torino 1962. - A. Bodson, La morale sociale des derniers sto'iciens, Sénèque, Épictète et Mare Aurèle, Paris 1967. - P.V. Cova, Lo stoico imperfetto, Napoli 1978. Si vedano ulteriori indicazioni bibliografiche alle singole voci.
NESSA DI CHIO: dr. Presocratici, 69; Atomisti, 3. NICIPPO PERIPATETICO, discepolo di Teofrasto e citato nel suo te· stamento.
NICOLA DI DAMASCO, peripatetico del I secolo a.C. Q Ci sono giunti frammenti della sua opera Intorno alla filosofia di Aristotele.
eGJ© H.J- Drossaart Lulofs, Nicolaus Damascenus, On the Philosophy of Aristotle, Fragments of the First Five BooJes Translated /rom the Syriac with an I ntroduction and Commentary ( « Philosophia antiqua », vol. 13), Brill, Leiden 1965; 19692.
*
-
Oltre alla succosa introduzione del Drossart Lulofs, si veda: Moraux, Der Aroistotelismus... [dr. voce Peripatetici], pp. 445-514.
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4.55
NESSA/NINONE
*
Ulteriori indicazioni bibliografiche in Moraux, op. cit., p. 44.5, nota l.
NICOLOCO DI RODI: dr. Scettici antichi, 7; Neoscettici, 3. NICOMACO DI GERASA, filosofo neopitagorico vissuto fra il
I
e il II
secolo d.C.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Introduzione all'aritmetica I ntroductio arithmeticae 2. Manuale di armonia Encheiridion harmoniches 3. Teologia aritmetica (in compen- Theologumena arithmeticae dio) • l. L'Introduzione all'aritmetica è edita da: - R. Hoche, Nicomachi Geraseni Pythagorei Introductionis arithmeticae libri II, Lipsiae 1886 (Bibl. Teubn.). 2. Per il Manuale di armonia dr.: - C. Jan, Musici scriptores Graeci, Lipsiae 189.5, pp. 209-282; rist. anast., Olms, Hildesheim 1962. 3. Per il compendio dei Theologumena, che è stato fatto da Fozio, Biblioth., cod. 187, dr. voce Fozio.
G)© Della Introduzione all'arimetica ci sono una versione inglese con note (accompagnata da importanti studi sulla matematica greca) e una francese: - Nicomachus of Gerasa, Introduction to Arithmetic, Translated into English by M.L. D'Ooge, With Studies in Greek Arithmetic by F.E. Robbins and L.C. Karpinsk.i, The Macmillan Company, New York-London 1926. - J. Bertier, Nicomaque de Gérase, Introduction arithmétique, Vrin, Paris 1978 (Introduzione, traduzivne, note e indice). Per la traduzione dell'estratto di Fozio, si veda la voce Fozio. NICOSTRATO CLAUDIO: cfr. Medioplatonici, 17. NIGIDIO FIGULO, PUBLIO, filosofo neopitagorico romano del
I
seco-
lo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze .
• - A. Swoboda, P. Nigidii Figuli Operum reliquiae, Praha 1889; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1964.
*-
L. Perrero, Storia del pitagorismo nel mondo romano, Torino 19.56, pp. 287-310. - A. Della Casa, Nigidio Figulo, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1963.
NIGRINO PLATONICO: dr. Medioplatonici, 18. NINONE RETORE, PSEUDO (?): dr. Mediopitagorici, 43.
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456
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
NUMA RE DI ROMA, PSEUDO: dr. Mediopitagorici, 44; e inoltre:
e© - G. Garbarino, Roma e la filosofia greca dalle origini alla fine del II secolo d.C., Paravia, Torino 1973, I, 53-69; II, pp. 221 sgg.
*-
L. Perrero, Storia del pitagorismo nel mondo romano, Torino 1955, pp. 142 sgg. NUMENIO DI APAMEA, filosofo del n secolo d.C. Fuse neopitagorismo e medioplatonismo, anticipando, più di altri filosofi di queste tendenze, il neoplatonismo. O Ci è noto attraverso testimonianze e frammenti, fra i quali spiccano quelli del Trattato sul Bene e quelli dello scritto Sull'infedeltà degli Accademici a Platone . • - E.A. Leemans, Studie over den Wi;sgeer Numenius van Apamea met uitgave der fragmenten ( « Académie Royale de Belgique, Classes des Lettres et des Sciences Morales et Politiques », XXXVII, 2), Bruxelles 1937 {preceduta da un ampio studio). - É. des Places, Numénius, Fragments, Paris 1973 (Coli. Budé). © Nell'edizione del des Places, pp. 127-145 si troverà un puntuale Index verborum. (f)© Una traduzione in lingua francese, con note di commento essenziali, si trova nell'edizione del des .Places, sopra citata. Una traduzione inglese, con interpretazione e commento, si trova in: - K.S. Guthrie, Numenius of Apamea, London 1917. Una traduzione italiana di alcuni dei frammenti più significativi, si troverà in: - G. Martano, Numenio d'Apamea, Un precursore del neoplatonismo, Roma 1~41; Napoli 19602. Oltre ai due volumi testé citati, peraltro alquanto invecchiati, ma sempre utili punti di partenza, si vedano: - H.J. Kramer, Der Ursprung der Geistmetaphysik, Amsterdam 1964, pp. 63-92. - E.R. Dodds, Numenius and Ammonius, in « Entretiens sur l'Antiquité Classique », V, Vandoeuvres-Genève 1960, pp. 3-32. - J.H. Waszink, Porphyrios und Numenios, in « Entretiens sur l'Antiquité Classique », XII, Vandoeuvres-Genève 1966, pp. 35-78. G. Invernizzi, Lo stato attuale degli studi su Numenio di Apamea, in «Rivista di Filosofia neoscolastica », 70 (1978), pp. 604-625. - C. Mazzarelli, Bibliografia medioplatonica. Parte terza: Numenio di Apamea, in «Rivista di Filosofia neo-scolastica», 74 (1982), pp. 126-159.
*
*-
NUMENIO SCETfiCO, discepolo di Pirrone, citato come tale da Diogene Laerzio, IX, 68, 102, e quindi da non confondersi con Numenio di Apamea.
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o OCELLO (o OCCELO) LUCANO: dr. Presocratici, 48; Pitagorici antichi, 22.
OCELLO (o OCCELO) LUCANO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 45 e inoltre:
eGJ© - R. Harder, Ocellus Lucanus, Text und Kommentar, Weidmann, Berlin 1926 (contiene anche indici vari).
GJ -
Ocellus Lucanus, Sur l'univers, Traduit par d'Argens, Paris, l'an m de la République Française [ = 1794/1795]. (Si .tratta di una traduzione che ha valore prevalentemente storico e retrospettivo).
OLIMPIOOORO DI ALESSANDRIA, filosofo neoplatonico del
v1 se-
colo d.C., discepolo di Ammonio figlio di Ermia.
O
Ci sono pervenuti commentari a Platone e ad Aristotele. l. Il Commentario al Pedone che gli veniva attribuito, oggi si tende ad attribuirlo per una buona parte a Damascio (dr. voce). 2. Commentario all' Alcibiade maggiore 3. Commentario al Gorgia 4. Prolegomeni alle Categorie di Aristotele 5. Commentario alle Categorie di Aristotele
6. Commentario ai Meteorologici di Aristotele • Per i commentari a Platone, si vedranno le seguenti edizioni: - W. Norvin, Olympiodori philosophi In Platonis Phaedonem commentario, Lipsiae 1913 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Olms, Hildesheim 1968. Questa edizione è ormai nettamente superata dalla seguente: - L.G. Westerink, The Greek Commentaries on Plato's Phaedo, Volume l: Olympiodorus, North-Holland Publishing Company, Amsterdam-Oxford-New York 1976.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- L.G. Westerink, Olympiodorus, Commentary on the First Alcibiades of Plato, Criticai Text and I ndices, North-Holland Publishing Company, Amsterdam 1956. - W. Norvin, Olympiodori philosophi In Platonis Gorgiam commentario, Lipsiae 1936 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Olms, Hildesheim 1966. L'edizione Norvin è stata di recente sostituita nella medesima collana teubneriana da qualla curata da: - L.G. Westerink, Olympiodori In Platonis Gorgiam commentario, Lipsiae 1970. I commentari ad Aristotele sono pubblicati nei C.A.G., XII, l e XII, 2 (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci ad Aristotele).
*-
R. Beutler, Olympiodoros, 13, in R.E., XVIII, l (1939), coli. 207227 (fondamentale). - R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristote: L'école d'Olympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941.
*
In Beutler, art. ci t., si troverà anche la bibliografia essenziale.
OLIMPIOOORO (IL VECCHIO) DI ALESSANDRIA, filosofo neoplatonico, vissuto nella prima metà del v secolo d.C.
Q Commentò opere di Platone e di Aristotele, e fu udito da Proclo, al quale, anzi, Olimpiodoro voleva dare la propria figlia in sposa (cfr. Marino, Vita di Proclo, 9). Non è, dunque, da confondere con O!impiodoro di Alessandria il Giovane, discepolo di Ammonio figlio di Ermia, che è del secolo VI (cfr. voce).
*-
R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristote: L'école d'Oiympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941, pp. 2 sgg.
OMERO, vissuto forse nell'viii secolo a.C. Per quanto l'Iliade e I'Odissea, giunteci sotto il nome di Omero, siano opere che interessano direttamente la storia letteraria, nella misura in cui furono come la Bibbia degli antichi Greci, costituiscono anche un paradigma della visione fantastico-poetica della realtà propria dell'uomo antico con il quale lo studioso di filosofia deve fare i conti, proprio per comprendere il senso della metabasis, operata già dai primissimi filosofi. :E. una metabasis, in ogni caso, che fu possibile anche in virtù di alcune delle caratteristiche spirituali essenziali, presenti in questi poemi.
• Le edizioni critiche più comode dei due poemi sono le seguenti: - D.B. Monro - T.W. Allen, Homeri Opera, Ilias, 2 voli., Oxonii 1902; 19203, più volte ristampata. - T.W. Allen, Homeri Opera, Odyssea, 2 voli., Oxonii 1908; 1917-19192, più volte ristampata. (i') Una traduzione italiana dei due poemi, tesa a ridare uno specchio del testo originario, si trova in:
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OLIMPIODORO IL VECCHIO/ONASANDRO
- Omero, Iliade, Prefazione di F. Codino, Versione di R. Calzecchi Onesti, con testo originario a fronte, Einaudi, Torino 1963, più volte riedito. - Omero, Odissea, Prefazione di F. Codino, Versione di R. Calzecchi Onesti, con testo originario a fronte, Einaudi, Torino 1963, più volte riedito.
©
*
A. Gehring, Index Homericus, Lipsiae 1891.
Su l m o n d o o m eri c o i n genera l e, si vedano: -W. Schadewaldt, Von Homers Welt und Werk, Leipzig 19593 • -A. Lesky, Homeros, in R.E., Suppl. XI (1968), coli. 687-846. - Friinkel, Dichtung und Philosophie ... [cfr. voce Presocratici]. Su li a c o n c ezio n e d e g l i D e i , si vedano: - E. Ehnmark, The Idea of God in Homer, Uppsala 1935. - H. Schrade, Gotter und Menschen Homers, Stuttgart 1952. - P. Chantraine, Le divin et les dieux chez Homère, in « Entretiens sur l'Antiquité Classique », l, Vandoeuvres-GeOève 1954, pp. 47-94. Su Il a c o n c ezio n e d e li' uomo, si vedano: - E. Bickel, Homerischer Seelenglaube, Berlin 1925. - J. Boehme, Die Seele und das !eh im homerischen Epos, LeipzigBerlin 1929. - B. Snell, Die Entdeckung des Geistes, Hamburg 19553 ; traduzione italiana col titolo: La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Einaudi, Torino 1963 (in particolare il primo saggio dal titolo: L'uomo nella concezione di Omero, pp. 19-47 dell'edizione italiana). -W. Jaeger, Paideia, La formazione dell'uomo greco, I, Firenze 1936, più volte ristampata, pp. 49-119.
*
Stato della questione e bibliografia si trovano in: - A. Lesky, Die Homerforschung in der Gegenwart, Wien 1952. Del medesimo autore si vedano gli ulteriori aggiornamenti pubblicati in « Anzeiger fiir die Altertumswissenschaft », 1953, 1955, 1959 e 1960. - H.J. Mette, Homer 1930-1956, in « Lustrum », 1956/1, con le aggiunte, ivi, 1957 /2; 1959/4; 1960/5. - H.J. Mette, Homer 1956-1966, in « Lustrum », 1966/11.
ONASANDRO (o ONOSANDRO), filosofo medioplatonico del
I
secolo
d.C.
O Scrisse un commentario alla Repubblica platonica andato perduto. Ci è invece pervenuto integralmente lo Strategik6s, sull'arte del comandante, sorretto da un forte sentimento morale . • - A. Koechly, Onasandri De imperatoris officio, Lipsiae 1860 (Hibl. Teubn.). - E. Korzenszky - R. Vari, Onasandri Strategicus, Budapestini 1935.
© In quest'ultima edizione si trova anche un ottimo indice dei termini, pp. 85-109.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
<J) - F. Cotta, Onosandro Platonico, Trattato dell'ottimo Capitano generale e del suo ufficio diretto a Quinto V eranio, Milano 1869. ONATA o ONATO DI CROTONE, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 46. ONESICRITO DI ASTIPALEIA, storico e pensatore cinico del 1v secolo a.C.
Q Ci sono pervenuti solo frammenti.
e-
Jacoby, Fr. Gr. Hist., II, B, 134, pp. 723-736.
e© -
**-
Giannantoni, S.R. [dr. voce Socratici Minori], v C.
S.T. Brown, Onesicritus, Berkeley and Los Angeles 1949. Cfr. Giannantoni, S.R., cit.
ONOSANDRO, lo stesso che Onasandro. OPSIMO DI REGGIO: dr. Presocratici, 46; ,Pitagorici antichi, 20. OPSIMO DI REGGIO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 47. ORACOLI CALDAICI, è un'opera in esametri pervenutaci in maniera alquanto frammentaria, composta probabilmente da Giuliano il Teurgo, vissuto nel n secolo d.C. Questi Oracoli sono denominati caldaici, perché si collegano alla cosiddetta « sapienza caldaica ~. e<J) - W. Kroll, De Oraculis Chaldaicis, Breslau 1894; rist. anast., Olms, Hildesheim 1962. - É. cles Places, Oracles Chaldalques avec un choix de commentaires anciens, Texte établi et traduit, Paris 1971 (Coli. Budé). Questa edizione contiene anche una chiara introduzione e utili note di commento.
© Un poderoso commentario può essere considerata l'opera del Lewy, Chaldean Oracles ... , sotto cit. © Indici preziosi e concordanze sono stati approntati a cura di M. Tardieu, per la nuova edizione dell'opera del Lewy, Chaldaean Oracles ... , sotto cit., pp. 513-691.
*-
W. Theiler, Die Chaldalschen Orakel und die Hymnen des Synesios, Halle 1942; ora in Forschungen :r.um Neuplatonismus, Berlin 1966. - E. Dodds, Theurgy and its Relationship to Neoplatonism, in « Journal of Roman Studies ~. 37 (1947), pp. 55-69. t stampato anche in appendice a The Greeks and the Irrational, Berkeley-Los Angeles 1951; 1979; traduzione italiana, La Nuova Italia, Firenze 1959, pp. 335-369. - H. Lewy, Chaldaean Oracles and Theurgy, Il Cairo 1956; Gerusalemme 1960; Nouvelle édition par M. Tardieu, Paris 1978 (Études Augustiniennes).
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ONATA/ORIGENE CRISTIANO
*
461
Bibliografia in cles Places, op. cit., pp. 63-65 e in Lewy, op. cit., pp •. e passim.
XXIII·XXVI
ORFEO DI LEBETRA: dr. Presocratici, l. ORFICI (dal
VI
secolo a.C. in poi)
O
Sulla letteratura orfica pervenutaci si veda quanto diciamo nel vol. I,. Appendice I, pp. 435-439 . • L'edizione critica fondamentale, sulla base della quale vengono fatte rutte le citazioni, resta quella di: - O. Kern, Orphicorum Fragmenta, Weidmann, Berlin 1922; 19632; 19723 . Una raccolta essenziale si trova anche in: - Diels-Kranz, l [cfr. voce Presocratici], vol. I, pp. 1-20. Più organica e consistente la recente raccolta di: - G. Colli, La sapienza greca, I, Adelphi, Milano 1977, pp. 117-289. Cfr., per ulteriori indicazioni, la nostra appendice sopracitata.
© Note di commento essenziali ed utili si troveranno in Colli, op. cit.,. pp. 389-424. ©
Indici importanti si trovano in Kern, op. cit., pp. 360-407.
*-
V. Macchioro, Zagreus, Studi intorno all'orfismo, Firenze 19302. - W.K.C. Guthrie, Orpheus and Greek Religion, A study of the Orphic Movement, London 1935; 19522; New York 1967; traduzione francese a cura di S.M. Guillemin, Payot, Paris 1956. - I.M. Linforth, The Arts of Orpheus, New York 1941; 19732• - E.R. Dodds, The Greeks and the Irrational, Berkeley-Los Angeles-London 1951; 19732; traduzione italiana di V. Vacca de Bosis, La Nuova Italia, Firenze 1959.
*
Ulteriore bibliografia si troverà in Guthrie (edizione francese), pp. 304-309; in Kern, op. cit., pp. 345-350; in Colli, op. cit., pp. 443-450.
ORIGENE CRISTIANO, vissuto fra la fine del n e il
111 secolo d.C., è l'esponente più significativo della scuola catechetica di Alessandria. Probabilmente discepolo di Ammonio Sacca, ma non è da confondere con l'omonimo Origene (di cui dr. sotto).
O Fra le sue opere spiccano il De principiis e il Contra Celsum. Quest'ultima opera è particolarmente importante per lo studioso del'
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462
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
pensiero antico-pagano, perché da essa è possibile ricostruire il Discorso vero di Celso, che è il primo attacco sistematico contro i Cristiani, andato perduto, di cui il Contra Celsum è una puntuale ed efficace confutazione . • L'edizione critica delle opere di Origene si trova nella grande collana « Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte », curata da Koetschau, Preuschen, Baehrens, Klostermann, Rauer: - Origenes W erke, voli. 1-X, Leipzig-Berlin 1899-1955.
(j) - M. Simonetti, Origene, Opere, vol. 1: I Principi, Utet, Torino 1968. A_ Colonna, Origene, Opere, vol. Il: Contro Celso, Utet, Torino 1971. Una nutrita scelta si troverà .anche nel volume: - M. Simonetti, Origene, I principi, Contra Celsum ed altri scritti filosofici, Sansoni, Firenze 1975.
*-
H. Crouzel, Théologie de l'image de Dieu che:r. Origène, Paris 1956. - H. Crouzel, Origène et la philosophie, Paris 1962. Si vedano inoltre l'opera del Cadiou, citata alla voce Origene pagano, e lo studio del Theiler, Ammonios der Lehrer Origenes, citato alla voce Ammonio Sacca.
*-
H. Crouzel, Bibliographie critique d'Origène, Steenbrugge 1971.
·ORIGENE PAGANO, filosofo neoplatonico del
111 secolo d.C., discepolo di Ammonio Sacca. La maggior parte degli studiosi ritiene che sia da distinguere da Origene cristiano, che, probabilmente, fu pure fra i discepoli di Ammonio.
O
Di lui non ci è pervenuto nulla.
*-
K.O. Weber, Origenes der Neuplatoniker, Versuch einer Interpre.lation, Miinchen 1962. Per la tesi dell'identificazione dei due Origene, si veda: - R. Cadiou, La ;eunesse d'Origène, Paris 1935.
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p PANACHEO PITAGORICO, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 48. PANCREONTE PERIPATETICO, discepolo ed erede di Teofrasto. PANEZIO DI RODI, vissuto nel
n secolo a.C., iniziatore del mediostoi-
cismo (dr. Mediostoici).
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze indirette.
e-
H.N. Fowler, Panaetii et Hecatonis Librorum fragmento, Bonnae 1885. - M. van Straaten, Panaetii Rhodii Fragmento, Editio amplificata, Brill, Leiden 1962 (19461; 19522).
*
Oltre al volume di Schmekel, citato alla voce Mediostoici, cfr.: - B.N. Tatakis, Panétius de Rhodes, le fondateur du moyen stolcisme, sa vie et so n oeuvre, Paris 19 31. - M. Pohlenz, Antikes Fiihrertum, Cicero de offzciis und das Lebensideal des Panaitios, Leipzig-Berlin 1934; traduzione italiana di M. Berlincioni, Paideia, Brescia 1970. - M. van Straaten, Panétius, Sa vie, ses écrits et sa doctrine avec une édition des fragments, Amsterdam 1946 (l'edizione dei frammenti è stata successivamente stampata a parte: cfr. sopra). - A. Grilli, Il problema della vita contemplativa nel mondo Greco-Romano, Milano-Roma 1953, pp. 108-124 e 137-164. - A. Grilli, Studi pane:ziani, in « Studi italiani di filologia classica », 29 (1957), pp. 31-97.
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-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Rist, Stoic Philosophy [cfr. voce Stoici], pp. 173-200.
La bibliografia anteriore al 1931 si troverà in Tatakis, op. cit., pp. 227 sgg. e quella più recente in Totok, Handbuch ... , pp. 294 sg.
PANFILO DI SAMO: cfr. Accademici antichi, 12. PANTACLEIA MEGARICA: cfr. Megarici, 14. PANTOIDE DIALETTICO: cfr. Megarici, 13. PAPIRIO FABIANO: cfr. Neopitagorici, l, 6. PAREBATE DI CIRENE: cfr. Cirenaici, 5. PARMENIDE DI ELEA: cfr. Presocratici, 28; Eleati, l, e inoltre:
e© - H. Diels, Parmenides' Lehrgedicht, Griechisch und Deutsch, Ber!in 1897. - M. Untersteiner, Parmenide, Testimonianze e frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1958; 19672. - L. Tanin, Parmenides, A Text with Translation, Commentary and Critica/ Essays, Princeton University Press, Princeton 1965. Cfr. l'indicazione di altre edizioni in Zeller-Reale [cfr. voce Presocratici], pp. XIV sgg.
GJ
Oltre alle traduzioni di cui diciamo alla voce Presocratici, si vedano le tre contenute nelle edizioni sopra citate e quelle che indichiamo in Ze!ler-Reale, pp. xv sg.
*
Oltre ai volumi indicati sopra, alla voce Eleati, cfr.: - H. Schwabl, Parmenides, Die Einheit seines Lehrgedichts, Wien 1950. - H. Schwabl, Sein und Doxa bei Parmenides, in « Wiener Studien ~ 66 (1953), pp. 50-75. - J. Beaufret, Le Poème de Parménide, Paris 1955. - F. Montero Moliner, Parmenides, Madrid 1960. - ]. Mansfeld, Die Olfenbarung des Parmenides und die menschliche Welt, Assen 1964. - A. Colombo, Il primato del nulla e le origini della metafisica, Per una ricomprensione del pensiero di Parmenide, Milano 1972. - L. Ruggiu, Pamienide, Padova 1975. - A. Capizzi, Introduzione a Parmenide, Bari 1975. - A. Capizzi, La porta di Parmenide, Due saggi per una nuova lettura del poema, Roma 1975. - G. Casertano, Parmenide, il metodo, la scienza e l'esperienza, Napoli 1978.
*
Lo stato generale degli studi su Parmenide, dallo Zeller in poi, si troverà in Zeller-Reale [cfr. voce Presocratici], pp. 165-335. La bibliogra-
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PANFILO/PERIPATETICI
fia aggiornata fino al 1967 si troverà, ivi, pp. in Capizzi, Introduzione ... , cit., pp. 117-151.
XIII-XXXIII,
e quella posteriore
PARMISCO o PARMENISCO DI METAPONTO: cfr. 20; Pitagorici antichi, 7.
Presocratici,
PARONE PITAGORICO: cfr. Presocratici, 26; Pitagorici antichi, 10. PASICLE DI TEBE: cfr. Megarici, 15. PATRONE EPICUREO: cfr. Epicurei, Elenco scolarchi, 11. PEMPELO DI TURI, PSEUOO (? ) : cfr. Mediopitagorici, 49. PEONIO DIALETTICO: cfr. Megarici, 26. PEREGRINO PROTEO: cfr. Cinici, 22 e inoltre: e(f) Per il testo e la traduzione dell'opera di Luciano, La morte di Peregrino, si veda la voce Luciano di Samosata.
PERIPATETICI ANTICHI, DELL'ETA ELLENISTICA E DELL'ETA IMPERIALE (secoli IV a.C. - II d.C.) Sulla storia del Peripato post-aristotelico e dei Peripatetici dell'età ellenistica ed imperiale, solo negli ultimi decenni (e in particolar modo nell'ultimo dopoguerra) si è fatta adeguata luce e si stanno tuttora compiendo ri· cerche di grande portata. Due studiosi, soprattutto, hanno fatto compiere alle ricerche, in questo settore, passi da gigante: F. Wehrli, con una edizione commentata di testi e P. Moraux, con studi di prim'ordine di cui diremo sotto. Presentiamo qui i cataloghi dei Peripatetici e dei seguaci della filosofia peripatetica distinti in tre periodi: A) secoli IV-II a.C.; B) secolo I a.C.; C) secoli I-II d.C. A questi facciamo seguire D) il catalogo degli scolarchi; E) infine alcune indicazioni sul celebre trattato peripatetico De mundo. A) Per i p a t e t i c i
dei
se c o l i
I
v,
I I I ,
I I
a. C.
Tracciamo, in primo luogo, il catalogo dei Peripatetici vissuti nei secoli IV, III, II a.C., che corrispondono a quelli inclusi nella collezione Wehrli, e predisposto secondo l'ordine alfabetico d!!gli autori. Si tenga presente che il Wehrli esclude, per ragioni evidentemente contingenti, Teofrasto (cfr. voce). Accanto al nome dei filosofi, indichiamo il volume dell'edizione Wchrli in cui ciascuno è incluso. Di tali volumi diamo sotto gli estremi in maniera analitica. l. ARISTONE DI CEO, vissuto fra il m e il II secolo a.C. (Wehrli, VI). Cfr. anche Elenco scolarchi, 5. 2. ARISTONE IL GIOVANE, discepolo di Critolao, vissuto nel II secolo a.C. (Wehrli, X).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
3. ARISTOSSENO DI TARANTO, vissuto nel IV secolo (Wehrli, Il). Cfr. anche voce. 4. CAMELEONTE DI ERACLEA NEL PONTO, nato verso la metà del IV secolo e morto nel terzo decennio del m secolo a.C. Fu un contemporaneo. più giovane del conterraneo Eraclide (Wehrli, IX). Cfr. anche voce. 5. CLEARCO DI SOLI, vissuto fra il IV e il III secolo a.C. (Wehrli, III). 6. CRITOLAO DI FASELIDE, vissuto nel II secolo a.C. (Wehrli, X). Cfr. anche Elenco scolarchi, 6. 7. DEMETRIO DI FALERO, nato verso la metà del IV secolo a.C. (Wehrli, IV). 8. DICEARCO DI MESSENE, vissuto nel secolo IV a.C. (Wehrli, 1). 9. DIODORO DI TIRO, discepolo di Critolao, vissuto nel II secolo a. C. (Wehrli, X). Cfr. anche Elenco scolarchi, 7. 10. ERAGUDE PONTICO, Wehrli lo include fra i Peripatetici, ma, in realtà, è da collocare fra gli Accademici (Wehrli, VII). Cfr. anche voce. 11. ERMlPIPO IL CALLIMACHEO, vissuto intorno al 200 a.C. (Wehrli, Suppl. 1). 12. EUDEMO DI RODI, vissuto nel IV secolo a.C: (Wehrli, VIII). 13. FANIA DI ERESO, vissuto a cavaliere fra il IV e il III secolo a.C. (Wehrli, IX). 14. IERONIMO DI RODI, vissuto nel III secolo a.C. (Wehrli, X). 15. LICONE DI TROADE, vissuto nel III secolo a.C. (Wehrli, VI). Cfr. anche Elenco scolarchi, 4. 16. PRASSIFANE DI LESBO, attivo a Rodi, discepolo di Teofrasto, vissuto fra il IV e il m secolo a.C. (Wehrli, IX). 17. SOZIONE DI ALESSANDRIA, vissuto nel II secolo a.C. (Wehrli, Suppl. Il). Cfr. anche voce. 18. STRATONE DI LAMPSACO, vissuto fra il IV e il III secolo a.C. (Wehrli, V). Cfr. anche voce ed Elenco scolarchi, 3.
O Se si eccettua Teofrasto che, come abbiamo detto, è escluso dalla raccolta Wehrli, di nessuno di questi filosofi ci sono pervenute opere integrali, ma solo frammenti e testimonianze indirette. e© Ecco gli estremi e le articolazioni dell'opera del Wehrli: - F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, Texte und Kommentar, 10 fascicoli e due supplementi, Benno Schwabe Verlag, Basel.Stuttgart 1944-1978. Heft I Dikaiarchos, 1944; 19672. Heft Il Aristoxenos, 1945; 19672. Heft III Klearchos, 1948; 19692. Heft IV Demetrios von Phaleron, 1949; 19682• Heft V Straton von Lampsakos, 1950; 19692. Heft VI Lykon und Ariston von Keos, 1952; 19692.
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PERIPATETICI
HeftVII Herakleides Pontikos, 1953; 19692. Heft VIII: Eudemos von Rhodos, 1955; 19692. Heft IX Phainias von Eresos, Chamaileon, Praxiphanes, 1957~ 19692. Heft X Hieronymos von Rhodos, Kritolaos und seine Schiiler,. Riickblick: Der Peripatos in vorchristlicher Zeit, Register,. 1959; 19692. Supplementband I : Hermippos der Kallimacheer, 1974. Supplementband Il: Sotion, 1978. Questa edizione, per molti aspetti assai pregevole, ha però il grosso di-· fetto, già segnalato, di lasciar fuori Teofrasto. Ora, non solo l'edizione ·del Wimmer, che presenta l'omnia di Teofrasto (cfr. voce Teofrasto), è del tutto superata, oltre che incompleta, ma una sistematica presentazione della. scuola di Aristotele, senza T eofrasto, rischia di non fornire la giusta prospettiva storico-filosofica. Infatti, per molti aspetti, il primo Peripato sembra essere più una «scuola di Teofrasto » che non una «scuola di Aristotele ». Lo stesso materiale raccolto dal Wehrli per i filosofi sopra menzionati non è del tutto completo. - Manca una traduzione sistematica di tutti questi testi, cosl come manca un lessico.
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-
K.O. Brink, Peripatos, in R.E., Suppl. 7 (1940), coli. 899-949. I. Diiring, Aristotle in the Ancient Biographical Tradition, Goteborg
1957. - Wehrli, Der Peripatos in vorchristlicher Zeit, in op. cit., Heft X, pp. 93-128 (molto utile). - G. Movia, Anima e intelletto, Ricerche sulla psicologia peripatetica da Teofrasto a Cratippo, Padova 1968. - L. Repici, Lo sviluppo delle dottrine etzche nel Peripato, in AA.VV., Scuole socratiche e filosofia ellenistica, a cura di G. Giannantoni, Società Editrice Il Mulino, Bologna 1977, pp. 215-243. Sul Peripato come scuola ed istituzione si veda: - ].P. Lynch, Aristotle's School, A Study of a Greek Educational Institution, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 1972.
*
La bibliografia si troverà in Wehrli, passim.
B) Peripatetici
del
I
secolo
a.C.
I nomi che hanno avuto un significato nella storia dell'aristotelismo del secolo a.C. sono i seguenti, elencati in ordine alfabetico. Accaqto ai nomi,. indichiamo le pagine in cui il Moraux Ii esamina in modo puntualissimo, nell'opera che sotto citiamo. (Abbiamo già dato informazioni sintetiche su questi autori nel vol. IV, pp. 13-29, cui rimandiamo). l. ANDRONICO DI RODI (Moraux, pp. 45-141). Cfr. anche voce e Elenco scolarchi, 9. 2. APELLICONE DI TEO (Moraux, pp. 18 sgg.).
I
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
3. ARISTONE DI ALESSANDRIA (Moraux, pp. 181-193). Cfr. anche woce. 4. BOETO DI SIDONE (Moraux, pp. 143-179). 5. CRATIPPO DI PERGAMO (Moraux, pp. 223-256). Cfr. anche Elenco :scolarchi, l O. 6. ERINNEO (Moraux, p. 28 e nota 68). Cfr. anche Elenco scolarchi, 8. 7. NICOLA DI DAMASCO (Moraux, pp. 445-514). Cfr. anche voce. 8. SENARCO DI SELEUCIA (Moraux, pp. 197-214). Cfr. anche Elen.-co scolarchi, 11. 9. STASEA DI NAPOLI (Moraux, pp. 217-221). 10. TIRANNIONE DI AMISO (Moraux, pp. 33-44). Molto legato ai Peripatetici di questa età è ARIO DIDIMO (cfr. voce).
Q Di questi aristotelici ci sono giunti solamente frammenti e testimonianze indirette, nella maggior parte dei casi relativi a commentari ad Aristotele. • Di alcuni di questi filosofi sono state fatte edizioni di cui daremo conto alle voci cui facciamo sopra rimando. Di tutti, però, si trovano le puntuali indicazioni delle fonti che ci hanno conservato frammenti o ci hanno tramandate testimonianze, nel Moraux, alle pagine indicate.
*
Ecco gli estremi di questa monografia, di gran lunga la più completa, e destinata ad essere, ormai, un punto di riferimento d'obbligo per qualsiasi ricerca su questi autori: - P. Moraux, Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von Aphrodisias, Erster Band: Die Renaissance des Aristotelismus, imI. ]h. v. Chr., W. De Gruyter, Berlin-New York 1973 (« Peripatoi », Bd. 5).
*
lvi, pp. 517-520, si troverà anche la letteratura critica essenziale ed ulteriori indicazioni bibliografiche particolari, nel corso della trattazione, passim. ·C) Peripatetici
dell'era
cristiana
(re n secolo)
Elenchiamo, in ordine alfabetico, i nomi di Aristotelici dell'età cristiana, il cui significato è già stato in parte individuato dalle moderne ricerche storiagrafiche. Altri nomi, alcuni peraltro già noti, acquisteranno probabilmente un loro volto, quando il Moraux pubblicherà gli altri due volumi della sua monumentale opera. (Per l'indicazione di altri nomi cfr. Zeller, Die Philosophie der Griechen, III, l, pp. 805 sgg., nota 2). l. ADRASTO DI AFRODISIA (cfr. voce). 2. ALESSANDRO DI AFRODISIA (cfr. voce; cfr. anche Elenco scolarchi, 18). 3. ALESSANDRO DI EGE, fiorito nella metà del r secolo d.C. Stando alla Suda, fu maestro di Nerone.
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PERIPATETICI
4. ARISTOCLE DI MESSENE (cfr. voce; cfr. anche Elenco scolarchi, 16). 5. ARISTOTELE DI MITILENE (cfr. voce). 6. ASPASIO DI A:FRODISIA (cfr. voce; cfr. anche Elenco scolarchi, 13). 7. ERMINO, vissuto nel 11 secolo d.C. Fu forse discepolo di Aspasio e certamente maestro di Alessandro (cfr. Simplicio, De coelo, 431, 32). Fu autore di un commento alle Categorie (cfr. Luciano, Demon., 56). Cfr. anche Elenco scolarchi, 14. 8. SOSIGENE, maestro di Alessandro di Afrodisia. Si occupò soprattutto di problemi logici ed astronomici; cfr. anche Elenco scolarchi, 17. 9. TOLOMEO CHENNO DI ALESSANDRIA (cfr. voce). Con Alessandro di Afrodisia termina la storia del Peripato. L'AMMONIO PERIPATETICO (10) nominato da Porfirio nella Vita di Platino, 20, e che alcuni pensano sia stato sco larca (cfr. l'Elenco degli scolarchi che segue) nei primi decenni del m secolo, è solo un nome, cosl come ELIO. DORO DI ALESSANDRIA (11). Anche PROSENO (12), di cui parla Eusebio, che secondo alcuni potrebbe essere stato addirittura scolarca intorno al 270, ci è sconosciuto. Invece conosciamo ANATOCIO DI ALESSANDRIA (13), vissuto nella seconda metà del III secolo d.C., di cui Giamblico fu, come pare, discepolo. La tesi dello Zeller, secondo cui l' Anatolio maestro di Giamblico sia stato non il Peripatetico di cui stiamo parlando, ma un omonimo filosofo neoplatonico, discepolo di Porfirio, sembra essere smentita dai dati di fatto (cfr. voce). TEMI STIO ( 14 ), che appartiene al IV secolo d.C., può essere considerato solo impropriamente aristotelico (cfr. voce).
Q Di Aspasio, Tolomeo Chenno e soprattutto di Alessandro di Afrodisia, nonché di Anatolio e di Temistio ci sono rimaste opere di cui diciamo alle singole voci; degli altri possediamo solo frammenti e testimonianze. •
Per le edizioni si vedano le voci cui facciamo rimando.
*-
P.L. Donini, Tre studi sull'aristotelismo nel II secolo d.C., Torino 1974. Per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. le singole voci. D) Sco l archi d e l Per i p a t o (secondo il catalogo Zumpt-Praechter, con le relative date proposte da questi autori) l. ARISTOTELE (335/334 - 322/321); cfr. voce. 2. TEOFRASTO DI ERESO (322/321 . 288/286); cfr. voce. 3. STRATONE DI LAMPSACO (288/286 . 272/268); cfr. voce. 4. LICONE DI TROADE (272/268 . 228/225). 5. ARISTONE DI CEO (228/225 . ?). 6. CRlTOLAO DI FASELIDE (fu a Roma, già vecchio, nel 156/155). 7. DIODORO DI TIRO, fino verso il 110 a.C. (circa).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
8. ERINNEO, intorno al 100 a.C. A questo punto, la lista dovrebbe per lo meno subire una interruzione. dato che il Peripato (cosi come l'Accademia) subi gravissimi danni in seguito al saccheggio di Atene da parte di Silla, il quale, tra l'altro, portò a Roma i manoscritti di Aristotele ricuperati da Apellicone. La scuola fu, probabilmente, ricostruita in seguito. La tradizione vuole che ANDRONICO DI RODI (9) fosse l'undicesimo scolarca, ossia il decimo successore di Aristotele. Quasi tutti gli altri nomi che vengono proposti come scolarchi sono ricavati da congetture. Questi sono, dopo Andronico: CRATIPPO (10), intorno al 45 a.C., SENARCO DI SELEUCIA (11), MENEFILO (12) verso la fine del I secolo, ASPASIO DI AFRODISIA (13), ERMINO (14) verso il 160 d.C., A!LESSANDRO DI DAMASCO (15) verso il 170 d.C., ARISTOCLE DI MESSENE (16), SOSIGENE (17), ALESSANDRO DI AFRODISIA (18), AMMONIO (19) attorno al 230 a.C. e PROSENO (20). Si veda quanto diciamo nel vol. IV, p. 26 nota 41.
*
E)
Per una discussione critica su questo catalogo dr.: Lynch, Aristotle's School, sopra cit., passim.
Il «De mundo»
~ da ricordare, infine, nella storia dell'evoluzione della dottrina del Peripato, il Trattato sul cosmo per Alessandro, che la tradizione attribuisce ad Aristotele, ma che gli studiosi moderni hanno giudicato inautentico ed hanno via via spostato in tutte le successive fasi della storia dell'aristotelismo che sopra abbiamo distinto. Noi abbiamo dedicato a questo scritto uno studio particolareggiato, fornendo, insieme al testo greco, la prima traduzione italiana con commentario. Le nostre conclusioni sono: a) che il contenuto può ben essere aristotelico, b) che l'autore può essere Aristotele, a parte i ritocchi di T eofrasto (come del resto Apuleio, che parafrasò lo scritto, dice pressoché esplicitamente), c) che, se non è autore Aristotele, chi lo ha composto ha desunto quasi tutto il materiale dagli essoterici aristotelici e qualcosa da Teofrasto, sicché lo scritto parrebbe risalire, quanto al contenuto, al primo Peripato.
e(f)© - G. Reale, Aristotele, Trattato sul cosmo per Alessandro, Traduzione con testo greco a fronte, introduzione, commento e indici, Loffredo, Napoli 1974.
©
L'indice di tutti i termini greci che ricorrono nello scritto e di tutti i luoghi in cui compaiono è stato da noi redatto in collaborazione con F. Sarri (pp. 315-350).
**
Monografia introduttiva, stato della questione e recensione di tutta la letteratura su questo trattato si trovano ivi, pp. 3-127; 279-313 e passim.
PERITTIONE PITAGORICA, PSEUOO (?): dr. Mediopitagorici, 50.
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PERITTIONE/PITAGORA
PERSEO DI CIZIO: cfr. Stoici antichi, 6. PETRONE DI IMERA: cfr. Presocratici, 16; Pitagorici antichi, 3. PIRRONE DI ELIDE, fondatore del movimento scettico, nacque fra il 365 e il 360 e mori fra il 275 e il 270 a.C.
O Non scrisse nulla. Le sue dottrine furono fissate per iscritto dal suo discepolo Timone di Fliunte. Degne di fede sono, quindi, soprattutto le testimonianze di quegli autori che si rifanno immediatamente a Timone, o che a lui mediatamente attingono, più che non quelle dei Neoscettici che ne elaborano teoreticamente la dottrina. Importanti sono anche le testimonianze sulla vita derivanti da Antigono di Caristo, che visse non molto dopo Pirrone e di cui ci sono pervenuti frammenti.
eGJ© L'edizione critica delle testimonianze di Pirrone che da tempo si attendeva è stata approntata con grande rigore (e corredata di una chiara traduzione e di un ricchissimo commentario) da: - F. Decleva Caizzi, Pirrone, Testimonianze, Bibliopolis, Napoli 1981. (Dell'autrice si veda anche, per la giustificazione dei criteri seguiti in questa edizione: Prolegomeni ad una raccolta delle fonti relative a Pirrone di Elide, in: Lo scetticismo ... [cfr. voce Scettici], pp. 93-128).
*
Sono da vedere, per una ricostruzione del pensiero di Pirrone, tutte le storie dello scetticismo, citate alla voce Scettici. Il volume più nuovo e rigoroso è però, a nostro avviso, quello di: - M. Conche, Pyrrhon ou l'apparence, J:.dition de Mégare, Villers sur Mer 1973. Su una linea analoga, si era già mosso, quasi contemporaneamente, ma in maniera meno metodica e meno rigorosa, anche un altro studioso francese: - ].P. Dumont, Le scepticisme et le phénomène, Essai sur la significa· tion et les origines du pyrrhonisme, Paris 1972. In questa storia della filosofia antica abbiamo accolto il criterio metodologico del Conche, cercando, però, di portarlo alle estreme conseguenze proprio là dove il Conche sembra arretrarsi, e lo abbiamo ulteriormente sviluppato nel saggio: - G. Reale, Ipotesi per una rilettura della filosofia di Pirrone di Elide, in: Lo scetticismo... [cfr. voce Scettici], pp. 243-336. Si vedano anche i contributi di A. Brancacci e G.A. Ferrari, ivi, pp. 211242 e pp. 337-370.
*
Uno stato della questione si trova in: Reale, Ipotesi..., sopra cit., pp. 245-288; la letteratura critica in: Decleva Caizzi, Pirrone ... , cit., pp. 17-26. PITAGORA DI SAMO: cfr. Presocratici, 14; Pitagorici antichi, 1 e inoltre:
e
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
PITAGORA DI SAMO, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 51 e inoltre:
eGJ© - A. Farina, I versi aurei di Pitagora, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1962. PITAGORICI (seconda metà del
VI secolo a.C. - inizi del m secolo d.C.). Quella dei Pitagorici costituisce indubbiamente una delle sette più numerose che vanti la filosofia antica, con una storia che si protrae per più di otto secoli. Giamblico conclude la sua celebre Vita Pitagorica (cap. 36) con un imponente catalogo di ben 218 uomini e 17 donne, precisando altresl che di molti si sono persi nome e memoria. Ecco le notizie forniteci da Giamblico sugli scolarchi. l. PITAGORA DI SAMO. 2. ARISTEO DI CROTONE, << di circa sette generazioni più vecchio di Platone» (riferisce sempre Giamblico), il quale assunse, già vecchio, per volere dello stesso Pitagora, la direzione della scuola. 3. MNESARCO, figlio di Pitagora. 4. BULAGORA, sotto il cui scolarcato avvenne il sacco di Crotone. 5. GARTIDA DI GROTONE, successore di Bulagora. 6. ARESA che, salvatosi, riprese, dopo qualche tempo, la direzione della scuola. A quest'epoca dovette verificarsi una crisi della scuola, se lo stesso Giamblico rileva che DIODORO D'ASPENDO (7) fu accolto nella scuola << per la penuria di Pitagorici regolari». Tornato in Grecia, poi, Diodoro divulgò le dottrine pitagoriche. Alla composizione di opere scritte - come sempre Giamblico annota si dedicarono: - CLINIA DI TARANTO (8) e FILOLAO DI TARANTO (9), nel territorio di Eraclea; - TEORIDE {10) ed EURITO (11), a Metaponto; - ARGHITA DI TARANTO {12) a Taranto; - EPICARMO (13), invece, fu membro esterno della scuola. Ed ecco il celebre catalogo di Giamblico: D i C roto n e : Ippostrato, Dimante, Egone, Emone, Sillo, Gleostene, Agela, Episilo, Ficiada, Edanto, Timeo, Buto, Erato, Itaneo, Rodippo, Briante, Evandro, Millia, Antimedonte, Agea, Leofrone, Agilo, Onata, Ippostene, Oeofrone, Alcmeone, Damocle, Milone, Menone. n i M e t a p o n t o : Brontino, Parmisco, Orestada, Leone, Damarmeno, Enea, Chilante, Melesia, Aristea, Lafaone, Evandro, Agesidamo, Senocade, Eurifemo, Aristomene, Agesarco, Alda, Senofante, Trasea, Eurito, Epifrone, Irisco, Megistia, Leocide, Trasimede, Eufemo, Procle, Antimene, Lacrito, Damotage, Pirrone, Ressibio, Alopeco, Astilo, Lacida, Antioco, Lacrate, Glicino.
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PSEUDO PITAGORA/PITAGORICI
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D i A g r i g e n t o : Empedocle. D i E l e a : Parmenide. D i Tar a n t o : Hlolao, Eurito, Archita, Teodoro, Aristippo, Licone, Estio, Polemarco, Astea, Cenia, Cleone, Eurimedonte, Arcea, Clinagora, Archippo, Zopiro, Eutino, Dicearco, Filonide, Frontida, .J;.iside, Lisibio, Dinocrate, Echecrate, Pactione, Acusilada, lcco, Pisicrate, Clearato, Leonteo, Frinico, Simichia, Aristoclida, Clinia, Abrotele, Pisirrodo, Briante, E!andro, Archemaco, Mimnomaco, Acmonida, Dicante, Carofantida. D i Sibari : Metopo, lppaso, Prosseno, Evanore, Leanatte, Menestore, Diocle, Empedo, Timasio, Polemeo, Endio, Tirreno. D i C a r t a g i n e : Miltiade, Ante, Odio, Leocrito. D i Paro: Eetio, Fenecle, Dessiteo, Alcimaco, binarco, Metone, Timeo, Timesianatte, Eumero, Timarida. D i L ocr i : Gittio, Senone, Filodamo, Evete, Eudico, Stenonida, Sosistrato, Eutinoo, Zaleuco, Timare. D i P o s i d o n i a : Atamante, Simo, Prosseno, Cranao, Mie, Batilao, Pedone. D e ,JJ a Luca n i a : Occelo e Occilo fratelli, Aresandro, Cerambo. Di Dardano: Malione. D i Argo: lppomedonte, Timostene, Eveltone, Trasidamo, Critone, Polittrue. D e Il a L a c o n i a : Autocarida, C!eanore, Euricrate. D e g l i I p e r b o r e i : Abari. D i Reggi o : Aristide, Demostene, Aristocrate, Fitio, Elicaone, Mnesi· buio, lpparchide, Eutosione, Euticle, Opsimo, Calaide, Selinuntio. D i S i r a c u s a : Leptine, Fintia, Damone. D i Sa m o : Melisso, Lacone, Archippo, Elorippo, Eloride, lppone. D i C a u l o n i a : Cal!imbroto, Dicone, N asta, Drimone, Senea. D i F l i u n t e : Diocle, Echecrate, Po!immesto, Fantone. D i Si c i o n e : Poliade, Demone, Stratio, Sostene. D i C ire n e : Plroro, Melanippo, Aristangelo, Teodoro. D i C i z i c o : Pitodoro, lppostene, Butero, Senofilo. D i C a t a n i a : Caronda, Lisiade. D i C o r i n t o : Crisippo. U n t i r re n o : Nausitoo. D i A t e n e : Neocrito. D e l P o n t o : Laramno. In tutto furono duecentodiciotto. L e p i t ago r i c h e p i ù f a m o s e f u r o n o : Timica, moglie di Millia di Crotone; Filtide, figlia di Teofrio di Crotone e sorella di Bindaco;
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Occelo ed Eccelo, sorelle dei lucani Occelo e Ocdlo; Chilonide, figlia di ChiIone spartano; Cratesiclea, della Laconia, moglie dello spartano Cleanore; Teano, moglie di Brotino di Metaponto; Miia, moglie di Milone di Crotone; Lastenia, arcade; Abrotelea, figlia di Abrotele di Taranto; Echecratia di FHunte; Tirsenide di Sibari; Pisirrode di Taranto; Teadusa, della Laconia; Boio di Argo; Babelica di Argo; Cleecma, sorella dello spartano Autocarida. In tutto furono diciassette. Dal punto di vista storico, molti di questi nomi sono alquanto problematici. Essi sono assai più numerosi di quanti noi ne conosciamo; nello stesso tempo, però, noi conosciamo altri nomi di Pitagorici che qui non compaiono. Si noti, poi, come nell'elenco siano inclusi anche nomi di famosi filosofi, come Parmenide, Melisso, Empedocle, che non sono riducibili al puro pitagorismo. Sempre da un punto di vista rigorosamente storico, il pitagorismo inizia con Pitagora e si può dire che finisca con Numenio, cioè agli inizi del 111 secolo d.C. Successivamente il pitagorismo si fonde col platonismo in modo definitivo. In questa storia della filosofia abbiamo proposto la distinzione di tre gruppi di Pitagorici: I PITAGORICI ANTICHI, ovvero Pitagorici dell'età arcaica e classica. II MEDIOPITAGORICI, ovvero Pitagorici dell'età ellenistica, per lo più autori di pseudoepigrafi. III NEOPITAGORICI, ovvero Pitagorici che cercano di ripensMe a fondo l'antica dottrina, che si presentano alb ribalta già nel 1 secolo a.C., ma che acquistano la loro precisa fisionomia soprattutto nei secoli 1 e II d.C. Ordiniamo, quindi, il complesso materiale (edizioni, traduzioni, studi e bibliografia) sotto queste tre voci.
PITAGORICI ANTICHI (secoli v1-1v a.C.) Ecco il catalogo dei Pitagorici di cui ci sono giunti testimonianze e frammenti. Il primo numero è quello dell'edizione Timpanaro Cardini, che sotto citiamo, e che è oggi il più sicuro punto di riferimento; il secondo fra parentesi è il corrispettivo nella raccolta Diels-Kranz. l. ( = 14 DK) PITAGORA DI SAMO. 2. ( = 15 DK) CBRCOPE. 3. ( = 16 DK) PETRONE DI IMBRA. 4. {= 17DK) BROTINO o BRONTINO DI METAPONTO. 5. (= 18DK) Iffi>ASO DI METAPONTO o DI GROTONE. 6. ( = 19 DK) CALLIFONTE e DBMOCEDE DI CROTONE. 7. (= 20DK) PARMISCO o PARMBNISCO DI METAPONTO. 8. ( = 24 DK) ALCMEONE DI CROTONE. 9. ( = 25 DK) ICCO DI TARANTO. 10. ( = 26 DK) BARONE.
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PITAGORICI ANTICHI
11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19.
( = 27 DK) ( = 32 DK) ( = 33 DK.) ( = 36 DK) ( = 42 DK) ( = 42 DK) (= 43DK) ( = 44 DK) (= 45DK)
AMINM.. MENFSTORE DI SIBARI. XUTO. IONE DI GHIO. POLICLETO DI ARGO. I·PPOGRATE DI CHIO. TEODORO DI CIRENE. FJ.LOLAO DI TARANTO. EURITO DI CROTONE (o DI METAPONTO o DI TARANTO). 20. ( = 46 DK) ARGHIPPO DI T.ARANTO, LISIDE DI TARANTO, OPSIMO DI REGGIO. 21. ( = 47 DK) ARCHITA DI TARANTO. 22. ( = 48 DK) OCCELLO o OCELLO DI LUCANIA. 23. ( = 49 DK) TIMEO DI LOCRI. 24. ( = 50 DK) ICETA DI SIRACUSA. 25. ( = 51 DK) ECFANTO DI SIRACUSA. 26. ( = 52 DK) SENOFILO DI CALCIDE. 27. (= 53DK) DIOCLE, ECHECRA'ffi, POLIMNESTO, FANTONE DI FLIUN'ffi, ARIONE DI LOCRI. 28. ( = 54 DK) PRORO DI CIRENE, AMICLA e CLINIA DI TARANTO. 29. ( = 55 DK) DAMONE e FINZIA DI SIRACUSA. 30. ( = 56 DK) SIMO DI POSIOONIA, MIONIDE, EUFRANORE. 31. (=57 DK) LICONE o LICO DI TARANTO. 32. (manca in DK) TIMARIDA . .33. ( = 58 DK) SCUOLA PITAGORICA e PITAGORICI ANONIMI. Q Della maggior parte di questi Pitagorici ci sono giunti testimonianze indirette, e, di alcuni dei più recenti, qualche frammento. Cfr. quanto diciamo alla voce Presocratici, in corrispondenza dei numeri DK sopra indicati. • Oltre all'edizione ded. Diels-Kranz, è fondamentale, come abbiamo già detto, la seguente edizione, già menzionata, che amplia e migliora quella del Diels-Knnz: - M. Timpanaro Cardini, Pitagorici, Testimonianze e frammenti, 3 voli., La Nuova Italia, Firenze 1958; 1962; 1964; 19692.
© L'edizione della Timpanaro Cardini si segnala soprattutto per un ampio ed accurato commentario (l'unico completo di cui si disponga a livello inter· nazionale). (!) Oltre alla traduzione della Timpanaro Cardini, si segnala anche la se· guente per chiarezza:
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- A. Maddalena, I Pitagorici, Laterza, Bari 1954 (ora anche nel volume I Presocratici, dr. voce).
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Tra i numerosi libri su Pitagora e i ·Pitagorici, menzioniamo: - A. Delatte, Études sur la littérature pythagoricienne, Paris 1915. - E. Frank, Plato und die sogenannten Pythagoreer, Halle 1923; rist. anast., Darmstadt 1962. - A. Rostagni, Il verbo di Pitagora, Torino 1924. - V. Capparelli, La sapienza di Pitagora, 2 voll., Padova 1941-1944. - J.E. Raven, Pythagoretms and Eleatics, Cambridge 1948; rist. anast., Amsterdam 1966. - W. Burkert, Weisheit und Wissenscha/t, Studien zu Pythagoras, Philolaos und Platon, Niirnberg 1962; trad. inglese, 1972. - C.J. de Vogel, Pythagoras and Early Pythagoreanism, Assen 1966. - J.A. Philip, Pythagoras and Early Pythagoreanism, Toronto 1966. - P. Gorman, Pythagoras: A Li/e, London 1979.
*
Stato della questione, discussione sulle interpretazioni proposte dopo lo Zeller e bibliografia fino al 1938 si troveranno in Zeller-Mondolfo, l, 2, pp. 288-685. Ulteriore bibliografia si troverà in Timpanaro Cardini, fase. l, pp. XhXJ.X; fase. II, pp. IX-XIX; fase. III, pp. Ix-xvn e in Bur~rt, op. cit., pp. 457467. Cfr. anche Totok, Handbuch ... , pp. 115-119.
PITOCLE EPICUREO: cfr. Epicurei, A, 15. PLATONE DI ATENE, fondatore dell'Accademia, 428/427 - 347 a.C.
O
Catalogo deUe opere
Tutta la produzione filosofica di Platone ci è pervenuta. Si tratta di ben trentasei titoli, che sono stati divisi dagli antichi in nove tetralogie, a seconda degli argomenti. Mentre nel secolo scorso certa critica ha dubitato dell'autenticità di parecchie di queste opere, nel nostro secolo si sta invece diffondendo negli studiosi la convinzione che la maggior parte, se non addirittura tutte, siano autentiche. Sono invece, per lo più, ritenute inautentiche altre sette opere, che pure si sono inserite nel Corpus Platonicum, ma che non rientrano nelle tetralogie. Ecco i titoli di >tutte le opere del Corpus Platonicum. Prima tetralogia Euthyphro Euthyphr. l) Euti/rone (o sul santo) Apologia Socratis Apol. 2) Apologia di Socrate Cri t. 3) Critone (o sul dovere) Crito Phaed. 4) Pedone (o sull'anima) Phaedo Seconda tetralogia 5) Crati/o (o sulla correttezza dei noCratylus Crat. mi) Theaet. 6) Teeteto (o sulla conoscenza) Theaetetus
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PITOCLE/PLATONE
7) Sofista (o sull'essere) 8) Politico (o sull'arte di governare)
Sophista Politicus
Terza tetralogia 9) Parmenide (o sulle Idee) Parmenides l O) File bo (o sul piacere) Philebus 11) Simposio (o sul bene) Symposium 12) Fedro (o sulltJ bellezza) Phaedrus Quarta tetralogia 13) Alcibiade Maggiore (o sulla natura Alcibiades maior dell'uomo) 14) Alcibiade Minore (o sulla preghieAlcibiades minor ra) 15) Ipparco (o sull'avidità di guadagno) Hipparchus 16) Gli Amanti (o sulla filosofia) Amatores Quinta tetralogia 17) Teagete (o sulla sapienza) Theages 18) Carmide (o sulla temperanza) Charmides 19) Lachete (o sulJ1 fortezza) Laches 20) Liside (o sull'pmicizia) Lysis Sesta tetraJogia 21) Eutidemo (o sull'eristica) Euthydemus 22) Protagora (o dei Sofisti) Protagoras 23) Gorgza (o della retorica) Gorgias 24) Menone (o della virtù) Meno Settima tetralogia 25) Ippia maggiore (o sul bello) Hippias maior 26) Ippia minore (o sulla falsità) Hippias minor 27) Ione (o sull'Iliade) Io 28) Menesseno Menexenus Ottava tetralogia 29) Clztofonte (o Protre!Jtco) Clitopho 30) Repubblica (o sulla giustizia) Respublica 31) Timeo (o sulla natura) Timaeus 32) Crizia (o sull'Atlantide) Critias Nona tettralogia 33) Minosse (o sulla legge) Minos 34) Leg?) (o sulla legislazione) Leges 35) Epinomide (o consiglio notturno, o Epinomis filosofo) 36) Lettere Epistulae Opere che non rientrano nelle tetralogie 37) Definizioni Definitiones 38) Sul giusto De iusto
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Soph. Polit. Parm. Phil. Symp. Phaedr. A/c. ma. A/c. mi. H i p pare. Amat. Theag. Charm. Lach. Lys. Euthrd. Protag. Gorg. Me n. Hipp. m!L Hipp. mi. Io Menex.
Clit. Resp .. Tim. Crtti. Minos Leg. Epinom. Epist. Def. De iusf.
478 39) Sulla virtù 40) Demodoco 41) Sisifo -42) Erissia 43) Assioco
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De virtute Demodocus Sisyphus Eryxias Axiochus
De virt. Demodoc. Sisyph. Eryx. Axioch.
eLe più recenti edizioni di Platone Le citazioni delle opere di Platone sono fatte sulla base dell'edizione cin·quecentesca dello Stephanus, la cui paginatura è riportata in margine in tutte le edizioni e traduzioni scientifiche. Fra le edizioni ottocentesche ne ricordiamo una sola, ohe, per certi aspetti, è ancora di utile consultazione: - C.F. Hermann, Platonis Dialogi secundum Thrasylli tetralogias dispositi, 6 voli., Lipsiae 1851-1853; 1877-1880; 1921-1936 (Bibl. Teubn.). Agli inizi del nostro secolo ha visto Ja luce l'edizione più cospicua, tuttora in supera t a: - ]. Burnet, Patonis Opera, 5 voli., Oxonii 1900-1907 (più volte ristam· pata), che fa parte della collana « Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis ». Il primo volume contiene i dialoghi della prima e della seconda tetralogia; il secondo contiene i dialoghi della terza e della quarta; il terzo i diruloghi ·della quinta, della sesta e delJa settima tetralogia; il quarto contiene la tetralogia ottava; il quinto, infine, la nona tetralogia e le opere spurie. Accanto all'edizione del Burnet segnaliamo quella bilingue, greco-fran<:ese, pubblicata ad opera di numerosi studiosi nella « Collection des Univer.~ités de France» della società editrice « Les BeHes Lettres »: - Platon, Oeuvres complètes, Texte établi et traduit, Paris 1920 sgg. (più volte ristampata). L'edizione si articola in 14 torni, suddivisi in 27 volumi. Essa è utile per le introduzioni ai singoli dialoghi e per le traduzioni, per lo più molto scorrevoli. Il valore del testo è diseguale e varia a seconda dei curatori: in generale, esso è inferiore a quello stabilito dal Burnet. Questa edizione, tuttavia, per le introduzioni e le annotazioni, merita di essere consultata, oltre a quella indispensabile del Burnet. Un'altra edizione bilingue, greco-inglese, è quella pubblicata, anch'essa ad opera di numerosi studiosi, nella collana « The .Loeb Classica! Library »: - Plato, With an English Translation, Cambridge (Mass.)-London 1914 sgg. in 12 volumi, più volte riediti. :t un'edizione pratica, con brevi introduzioni ai singoli dialoghi, traduzione ·scorrevole, e note esplicative essenziali. L'apparato critico è ~tidottissimo, come per quasi tutti i volumi di questa collana. L'edizione base resta, dunque, quella del Burnet. Quando nelle citazioni, per particolari esigenze, oltre alla paginatura Stephanus, si cita anche la ri,ga, il punto di riferimento è appunto il Burnet. Posteriormente al Bumet sono uscite alcune edizioni di singoli dialoghi, che
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ne migliorano, in qualche punto, la lezione. Ma si tlratta di migliorie di limitata portata, essendo il testo del Burnet tuttora decisamente soddisfacente. Per indicazioni bibliografiche concernenti le migliori edizioni dei singoli .dialoghi rimandiamo a: - O. Gigon, Platon (« Bibliographische Einfiihrungen in das Studium der Philosophie », 12), Bern 1950, pp. 12 sgg. ©Lessici - F. Ast, Lexicon Platonicum sive vocum Platonicarum index, 3 voli., Leipzig 1835-1838; rist. anast., in 2 voli., Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1956. - ~. des Places, Lexique de la langue philosophique et religieuse de Platon, 2 voli., Paris 1964. I nomi di persona si troveranno in: - ]. Ziircher, Lexicon Academicum, Paderborn 1954. Supera, ora, tutti i precedenti il seguente lessico: - L. Brandwood, A Word Index to Plato, Maney, Leeds 1976. (f) Alcune traduzioni delle opere di Platone L e t r a d u z i o n i d i P l a t o n e i n i t a l i a n o , cosi come nelle altre lingue, sono moltissime. Nel XIX secolo: - E. Ferrai, I Dialoghi di Platone, 4 voli., Padova 1873 sgg. - R. Bonghi, Dialoghi di Platone, 13 voli., Torino-Roma-Firenze 1880 sgg. - F. Acri, Platone, Dialoghi, 1886 sgg., più volte riediti e ristampati, di recente, anche presso Einaudi, Torino 1970, a cura di P. Treves. Nel xx secolo: - E. Martini, I Dialoghi di Platone, Torino 1922 sgg.; ristampato presso l'editore Sansoni, Firenze 1974, a cura di Pugliese Carratelli. - G. Modugno, Platone, Tutte le opere, 31 voli., Perugia-Firenze 1926 sgg. - E. Turolla, Platone, I Dialoghi, L'Apologia e le Epistole, 3 voli., Rizzoli, Milano-Roma 1953. L'editore Laterza ha presentato due edizioni delle opere platoniche: una in 7 voli., a cura di vari autori, tra il 1921 e il 1934 e una nuova, con la sostituzione di numerosi dei precedenti traduttori, e con opportuni completamenti, nel 1966, in due volumi, riprodotta nel 1971 nella «Universale Laterza», in 9 voli.: - Platone, Opere complete, con un indice degli argomenti a cura di G. Giannantoni. Ecco i traduttori e le rispettive opere tradotte: Marcello Gigante: Vita di Platone di Diogene Laerzio. Manara Valgimigli: Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone, Teeteto. Lorenzo Minio-Paluello: Cratilo. Attilio Zadro: Sofista, Politico, Parmenide, Filebo, Leggi (sostituisce le traduzioni di M. Faggella dei primi quattro dialoghi e di A. Cassarà delle Leggi).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Piero Pucci: Simposio, Fedro, Alcibiade primo, Alcibiade secondo, lpparco, Gli amanti, Teage, Carmide, Lachete, Liside (sostituisce le traduzioni di C. Diano). Francesco Adorno: Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone, Ippia maggiore, lppia minore, Ione, Menesseno, Epinomide (sostituisce le traduzioni di F. Zambaldi). Franco Sartori: Clitofonte, La Repubblica (sostituisce le traduzioni di C.O. Zuretti). Cesare Giarratano: Timeo, Crixia, Minasse. Antonio Maddalena: Lettere. Giovanna Sillitti: Definizioni, Sul giusto, Sulla virtù, Demodoco, Sisifo, Erissia, Assioco. Ricordiamo anche le traduzioni uscite nella collana Utet. - G. Cambiano, Dialoghi filosofici di Platone, 2 voli., Torino 1970-1981. - F. Adorno, Dialoghi politici e lettere di Platone, 2 voli., Torino 19702. Il lettore potrà vedere anche le nostre traduzioni con commento dei seguenti dialoghi: Critone (1961), Menone (1962), Eutifrone (1964), Gorgia (1966), Protagora (1969), Pedone (1970), La Scuola Editrice, Brescia (più volte riediti). I testi sulle « dottrine non scritte ,. di Platone sono da noi tradotti in: - H. Kriimer, Platone e i fondamenti della metafisica. Saggio sulla teoria dei principi e sulle dottrine non scritte di Platone con una raccolta dei documenti fondamentali in edizione biligue e bibliografia, Introduzione e traduzione di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 1982. Fra le t r a d u z i o n i f r a n c e s i , oltre a quelle che si trovano a fronte del testo greco nell'edizione de Les Belles Lettres, si ricorda quella di: - L. Robin, Platon, Oeuvres Complètes, 2 voli., Bibliothèque de la Pléiade, Paris (con la collaborazione di ]. Moreau). Fra le t r a d u z i o n i i n g l e s i , oltre a quelle che si trovano a fronte del testo greco nei volumi della Loeb, sopra citati, ricordiamo quella ormai classica di B. Jowett, della seconda metà dell'SOO, più volte riedita: - The Dialogues o/ Plato, Translated into English, with Analyses and Introduction by B. Jowett, Fourth Edition [ ... ], 4 voli., Oxford 1953. Fra le traduzioni t e d es c h e segnaliamo quella di O. Apelt, Leipzig 1916 sgg., con note essenziali, ma talora eccellenti. ©Commentari e Scolii antichi e moderni Dei numerosi commentari scritti nell'antichità solo pochi sono giunti fino a noi. Ecco, in ordine alfabetico, gli autori di cui possediamo commentari platonici (i titoli di questi commentari, le relative edizioni e le eventuali traduzioni sono registrati alle singole voci cui si fa rimando): (dr. Medioplatonici, 3). Anonimo medioplatonico Calcidio (dr. voce). (dr. voce). Damascio (dr. voce). Ermia
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Giamblico (dr. voce). Olimpiodoro (dr. voce). Proclo (dr. voce). Si vedano, inoltre, per le antiche introduzioni a Platone e per le antiche sintesi del suo pensiero che ci sono pervenute: Albino (dr. voce). Apuleio (cfr. voce). Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, libro III (dr. voce). Per gli Scolii cfr.: - Hermann, Platonis Dialogi, sopra cit., vol. VI, pp. 223-396. - Scholia Platonica contulerunt atque investigaverunt Fredericus De Forest Allen, Joannes Burnet, Carolus Pomeroy Parker, omnia recognita praefatione indicibusque instructa edidit Guilielmus Chase Greene, in lucem protulit Societas Philologica Americana, Haverfordiae in civitate Pennsylvaniae 1938. - M. Carbonara Naddei, Gli scoli greci al «Gorgia» di Platone, Bologna 1976. I commenti moderni, le edizioni annotate e le analisi dei singoli scritti platonici sono innumerevoli e non è qui opportuno menzionarli, tanto più che il lettore li potrà agevolmente reperire in opere largamente accessibili, che sotto indichiamo. È da tener presente che, talora, i commentari sono annessi alle ,edizioni del testo dei singoli dialoghi, talora, invece, alle traduzioni, talaltra, infine, sono pubblicati in volumi a sé stanti, mentre, per lo più, gli articoli pubblicati in riviste o in miscellanee sono riservati ad analisi di parti o a sezioni o a passi di singoli scritti. È poi da rilevare che le caratteristiche dei commenti moderni sono estremamente eterogenee: si va dal commento linguistico-grammaticale a quello storico-filosofico, a quello teoretico, ed è necessario tener conto di tutti quanti. Ecco le opere in cui il lettore troverà tutte le indicazioni occorrenti: - Praechter, op. cit., pp. 192 sgg.; 74*-90* (aggiornato fino al 1925). - Gigon, Platon, sopra cit., pp. 16-21. - R Cherniss, Plato (1950-1957), in « Lustrum », 1960 e 1961 (cfr. l'indicazione analitica nell'ultimo paragrafo), pp. 68-227 (recensisce e descrive ciascuno dei titoli che menziona). - Totok, Handbuch,,, pp. 180-212 (aggiornato fino al 1964). - L. Brisson, Platon 1958-1975, in « Lustrum », 20 (1977), pp. 5-305. Ricordiamo, infine, per la storia della critica del testo: - H. Alline, Histoire du texte de Platon, Paris 1915. Si veda in Adorno, Introduzione a Platone, sotto citato, pp. 283 sgg., l'indicazione della bibliografia successiva concernente questo tema. *Studi critici sul pensiero platonico in generale e su alcuni suoi aspetti essenziali La letteratura su Platone è veramente stenninata, e di valore estremamente disuguale. Anche le semplici segnalazioni di carattere bibliografico acquista-
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no senso solo se opportunamente collocate nella storia della storiografia filosofica e della esegesi del platonismo. Poiché abbiamo già cercato di tracciare un quadro delle varie interpretazioni e tendenze in un saggio specifico sui tema, ad esso rimandiamo il lettore: - G. Reale, Platone, in Questioni di storiografia filosofica, a cura di V. Mathieu, La Scuola, Brescia 1975, pp. 179-246. (Questo saggio era stato scritt() ed ultimato nel 1969, perciò è aggiornato fino a questa data). Qui ci limitiamo ad alcune indicazioni che ridanno le varie tendenze degli studi e della critica ed anche i differenti livelli di approccio al nostro filosofo. l. Monografie ed opere sull'insieme de.lla filosofia platonica - G. Grote, Plato and tbe Otber Companions o/ Socrates, 4 voli., London 1865; nuova edizione a cura di J. Murray 19743. - A. Fouillée, La pbilosopbie de Platon, 4 voli., Paris 1869; 1904-19093. - C. Huit, La vie et l'oeuvre de Platon, 2 voli., Paris 1893; rist. anast., Hildesheim-New York 1973. - W. Lutoslawski, Tbe Origin and Growtb of Plato's Logic, London-New York 1897; 19052. - P. Shorey, Tbe Unity of Plato's Tbougbt, Chicago 1903. - H. Raeder, Platons pbilosopbiscbe Entwicklung, Leipzig 1905; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1973. - A.E. Taylor, Plato, Tbe Man and bis Work, London 1909, più volte riedito; traduzione italiana di M. Corsi, con presentazione di M. Dal Pra, Firenze 1968. - C. Ritter, Platon, Sein Leben, seine Scbriften, seine Lebre, 2 voli., Munchen 1910-1923. - M. Pohlenz, Aus Plato Werdezeit, Berlin 1913. - K. Singer, Plato, Der Grunder, Munchen 1927. - ]. Stenzel, Platon der Erzieber, Leipzig 1928; traduzione italiana di F. Gabrieli, Bari 1936; 19662. - P. Friedlaender, Platon, 2 voli., Berlin 1928-1929; 2• edizione ampliata in 3 voli., 1954 sgg.; 1964 sgg.3 - G.C. Field, Plato and bis Contemporaries, London 1930; ried. 1967. - L. Stefanini, Platone, 2 voli., Padova 1932-1935; 19492. - A. Ferro, La filosofia di Platone, 2 voli., Firenze 1932-1938. - K. Hildebrandt, Platon, Berlin 1933; Berlin 19592; traduzione italiana di G. Colli, Torino 1947. - L. Robin, Platon, Paris 1935; Nouvelle édition avec bibliograpbie mise à iour et complétée, 1968; traduzione italiana, Milano 1971. - G.M. Grube, Plato's Tbougbt, London 1935. - R. Schaerer, La question platonicienne, Neuchatel 1938; 19692• - R. Demos, Tbe Pbilosopby of Plato, New York 1939. - H. Perls, Platon, Sa conception du Kosmos, New York 1945; Paris 19602; ediz. tedesca: Plato, Seine Auffassung vom Kosmos, Miinchen 196é- V. Goldschmidt, Les dialogues de Platon: structure et métbode dic lectique, Paris 1947; 19631.
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PLATONE
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
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PLATONE/PLOTIN()
- Totok, Handbuch ... , pp. 146 sgg., per la letteratura uscita fra il 1925 e il 1964, già citato. Un panorama assai accurato dello stato degli studi sulle questioni essenziali concernenti Platone ed esaurienti indicazioni della più recente bibliografia, debitamente ragionata, si trovano, infine, in: - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte II, Volumi 111/1 e 111/2: Platone [tomo secondo] e l'Accademia antica a cura di M. lsnardi Parente, La Nuova Italia, Firenze 1974.
PLISTENO DI ELIDE: dr. Eliaci, 2. PLOTINO DI LICOPOLI, sistematore del neoplatonismo, nato nel 205 e morto nel 270 d.C.
Q Ha composto numerosi trattati, catalogati da Porfirio in 54 e divisi in sei gruppi di nove ciascuno, che vennero poi pubblicati col nome di Enneadi (per il numero nove in cui sono divisi) e che ci sono interamente pervenuti. Ecco l'elenco dei trattati, secondo l'ordine cronologico indicatoci da Porfirio, con accanto l'indicazione della collocazione che ciascuno ha nella sistemazione enneadica dell'opera, e i titoli divenuti canonici nella scuola. l · (1, 6) La bellezza 2 • (IV, 7) Immortalità dell'anima 3 · (III, l) Destino 4 - (,IV, 2) Essenza dell'anima 5 ~ (V, 9) Spirito: le idee, l'essere 6 - (IV, 8) La discesa dell'anima nei corpi 7 - (V, 4) Come dal Primo derivi ciò che è dopo il Primo. L 'Uno 8 • (IV, 9) Tutte le anime ne fanno una sola? 9 - (VI, 9) Il Bene o l'Uno lO - (V, l) Le tre Ipostasi originarie· . 11 · (V, 2) Genesi e ordine delle realtà successive al Primo 12 - (Il, 4) Le due materie 13 - (III, 9) Ricerche varie 14 - (Il, 2) Il movimento circolare 15 - (III, 4) Il dèmone che ci ha avuti in sorte 16 · (1, 9) Ragionevole, il suicidio? 17 - (II, 6} Qualità 18 - (V, 7) Esistono idee pur delle cose indwiduali? 19 - (1, 2) Le virtù 20 - (l, 3) Dialettica 21 - (IV, l) Ond'è che l'anima è detta intermediaria tra l'essenza indivisibile e quella divisibile 22-23 (VI, 4-5) Che significhi che l'Essere - intero dappertutto - sia uno e identico (libri I e Il) 24 · (V, 6) Ciò che è al di là dell'Essere non pensa; che cosa è il pen-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
· . · . . · .
(U, (III, (IV, (IV, (IV, (III,
5) 6) 3)
4) 5)
8)
(V,
8)
(V,
5)
33 · (Il,
9)
34 35 36 37 38
· • · · .
6) 8)
39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 .50 .51 .52 .53 54
· (VI, · (Il, · (IV, . (VI, . (VI, . (VI, · (IU, · (1, · (III, · (Hl, · (V, · (III, · (1, . (Il, - (1, . (1,
(VI, (Il, (1, (Il, (VI,
5) 7) 7) 8) l) 6) l) 2)
3) 7) 4) 2) 3) 3) 5) 8) 3) l) 7)
sante dt primo grado? Che cosa, il pensante di secondo grado? Potenziale e attuale Impassibilità degli incorporei L'Anima. Libro I L'Anima. Libro Il L'Anima. Libro III; ovvero: com'è che vediamo Contemplazione La Bellezza intelligibile Lo Spirito: non sono fuori dello Spirito, gli intelligibili: il Bene Contro gli Gnostici I numeri Com'è che le cose viste da lontano ci appaiono piccole La beatitudine si estende in ragion diretta del tempo? La mescolanza permeante il tutto Com'è che viene all'esistenza la molteplicità delle idee? Il Bene. Il volontario Il mondo Sensazione e memoria I generi dell'essere. Libro I I generi dell'essere. Libro Il I generi dell'essere. Libro III Eternità e tempo Beatitudine La provvidenza. Libro I La provvidenza. Libro Il Ipostasi capaci di conoscenza; ciò che è al di là Eros Quali sono i mali Agiscono, gli astri? Che cosa è il vivente Il primo Bene
• Un'edizione che supera di gran lunga tutte le precedenti e che è destinata a restare per lungo tempo un punto di riferimento, è quella curata da: - P. Henry. H.R. Schwyzer, Platini Opera, 3 voll., Desclée de Brouwer L'~dition Universelle, Paris-Bruxelles 1951, 1959, 1973. - Una editio minor di questa imponente opera è stata pubblicata anche nella « Bibliotheca Oxoniensis ,., 3 voli., Oxford 1964, 1977, 1982. ([) Una traduzione, ormai diventata clas9ica, ma che rende più il lato poetico che non quello filosofico delle Enneadi, è quella di: - V. Cilento, Enneadi, 3 voll., in 4 tomi, Laterza, Bari 1947, 1948, 1949. Si veda anche: - G. Faggin, Enneadi, 3 voll., Milano 1947-1948, opera limitata alle prime tre Enneadi. (Il Faggin aveva tentato anche di proporre, insieme alla
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PLOTINO
traduzione, un'edizione critica, purtroppo non riuscita. Utile, invece, è la sua traduzione, anche se l'opera si interrompe, come s'è detto, alla terza Enneade). Fra le traduzioni straniere spiccano quella francese di É. Bréhier, con testo greco (Coli. Budé); quella tedesca di R. Harder, riedita con il testo greco e note a cura di R. Beutler e W. Theiler (Philos. Biblioth.); quella inglese di S. Mac Kenna, rivista da B.S. Page, e la nuova di A.H. Armstrong, non ancora completata. Data la notevole importanza di queste traduzioni, che spesso servono come indispensabile alternativa o complemento a quelle italiane, ne indichiamo gli estremi in modo completo: - É. Bréhier, Plotin, Ennéades, 6 voli., Paris 1924-1938; 1954-19632. - Plotins Schriften, Uebersetzt von R. Harder, Neubearbeitung mit griechischem Lesetext und Anmer/eungen fortgefuhrt von R. Beutler und W. Theiler, 6 voli., Meiner, Hamburg 1956-1971 (l'ultimo volume contiene gli indici con una sintesi delle dottrine plotiniane con la collaborazione di G. O'Daly). - Plotinus, The Enneads, Translated by S. Mac Kenna, Fourth Edition Revised by B.S. Page, With a Foreword by E.R. Dodds and an Introdution by P. Henry, Faber & Faber, London 1969. - A.H. Armstrong, Plotinus, With an English Translation, Cambridge (Mass.)·London 1966-1967 (Loeb) (non completa). - Una accurata tradUzione spagnola con note è stata iniziata da: }. lgal, presso l'Editoria! Gredos, Madrid 1982. ©-].H. Sleeman- G. Pollet, Lexicon Plotinianum, Leiden-Leuven 1980.
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Tra le più impvrtanti ricostruzioni del pensiero plotiniano ricordiamo: - W.R. lnge, The Philosophy of Plotinus, London 19293; 19484 (1918 1). - F. Heinemann, Plotin, Forschungen uber die plotinische Frage, Plotins Entwicklung und sein System, Leipzig 1921; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1973. - R. Arnou, Le désir de Dieu dans la philosophie de Plotin, Paris 1921; Roma 19672. - É. Bréhier, Plotin, Paris 1928; 19612; traduzione italiana, Milano 1976. - C. Carbonara, La filosofia di Platino, 2 voli., Roma 1938-1939; Napoli 19643. - A.H. Armstrong, The Architecture of the Intelligible Universe in the Philosophy of Plotinus, Cambridge 1940; Amsterdam 1967. - ]. Guitton, Le temps et l'éternité chez Plotin et Saint Augustin, Paris 1933; 195.52; 19593 ; 19714. - K.H. Volkmann Schluck, Plotin als Interpret der Ontologie Platos, Frankfurt am Main 1941; 19572 ; 19663. - H.R. Schwyzer, Plotinos, in R.E., XXI, l (1951), coli. 471-592. - M. de Gandillac, La sagesse de Plotin, Paris 1952. - H. OOrrie, Hypostasis, Wort- und Bedeutungsgeschichte, in « Nachrichten der. Akademie der Wissenschaften in Gottingen, Philologisch-historische Klasse », 1955, pp. 35-92; ora in Platonica minora, Miinchen 1976.
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Una accurata bibliografia ragionata è stata approntata da: - B. Marien, Bibliografia critica degli studi plotiniani con rassegna delle loro recensioni, riveduta e curata da V. Cilento, nel vol. III, 2 della traduzione sopra citata del Cilento, che presenta ben 1463 titoli. Cfr. anche: - Totok, Handbuch ... , pp. 335-343. - M. Di Pasquale Barbanti, Venticinque anni di studi plotiniani in Italia, in « Teoresi ,., 29 (1974), pp. 275-306. - V. Verra, Il neoplatonismo, in Questioni di storiografia filosofica, a cura di V. Mathieu, La Scuola, Brescia 1975, pp. 399-444.
PLURALISTI, dr.: Pitagorici, Empedocle, Anassagora, Atomisti, Leucippo, Democrito. Cfr. la voce nell'Indice dei concetti. PLUTARCO DI ATENE, figlio di Nestorio. Iniziatore della scuola neoplatonica di Atene, morto intorno al 431/432 d.C.
O
Ci sono pervenute solo testimonianze.
*-
R. Beutler, Plutarchos von Athen, in R.E., XXI, l (1951), coli. 962-975. - ~. ~vrard, Le maitre de Plutarque d' Athène et les origines du néoplalonisme athénien, in « L'Antiquité Classique ,., 29 (1960), pp. 108-133; 391406. - H.]. Blumenthal, Plutarch's Exposition o/ th~ De anima and tbe Psychology of Proclus, nel volume miscellaneo De ]amblique à Proclus, « En-
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PLURALISTI/PLUTARCO
49};
tretiens sur l'Antiquité Classique », XXI, Vandoeuvres-Genève 1975, pp. 123-147.
PLUTARCO DI CHERONEA, filosofo medioplatonico e biografo, nato· poco prima del 50 e morto poco dopo il 120 d.C.
Q Catalogo delle opere pervenuteci Plutarco fu uno degli scrittori più fecondi. L'antichità ci ha tramandato· un lungo catalogo (il cosiddetto «catalogo di Lampria » dal nome dell'estensore) che elenca 227 opere (per un ammontare complessivo di 278 libri). Di questi ce ne sono pervenuti 83 (in 87 libri). Ma il catalogo è incompleto,. dato che ci sono pervenute oltre 15 opere complete non comprese nel catalogo, e da altre fonti conosciamo il titolo ed abbiamo notizie di almeno altre· 15 opere. Sommando questi dati, lo Ziegler conclude che alla fine dell'era antica passarono sotto il nome di Plutarco 260 opere con circa 320 libri e che, detraendo da questa cifra quanto è sicuramente o probabilmente apocrifo « arriveremmo alla conclusione che Plutarco scrisse 250 opere con pressappoco 300 libri» (Plutarco, sotto cit., p. 84). Le opere conservateci sono state distinte in due gruppi a seconda del loro• contenuto: l) Le Vitae, che consistono in coppie di biografie parallele; 2) i Moralia, costituiti da opuscoli di contenuto prevalentemente morale, donde il nome. Al filosofo, naturalmente, interessano soprattutto questi ultimi, ma anche le biografie contengono spunti interessanti. Forniamo pertanto il catalogo completo delle opere pervenuteci, dapprima con il titolo italiano, poi con quello latino divenuto canonico, e quindi con l'abbreviazione normalmente usata nelle citazioni. La numerazione e la. successione degli opuscoli è quella via via consolidatasi nelle edizioni criti-· che, e ora imposta dall'edizione teubneriana. Ecco, dapprima, l'elenco delle Vite, secondo l'ordine dell'edizione Lindskog-Ziegler, sotto citata. Thes.-Rom. l) Teseo e Romolo Theseus et Romulus 2) Salone e Publicola Solon et Publicola Sol.-Publ. Them.-Cam. 3) T emistocle e Camillo Themistocles et Camillus Arist.-Cat. Ma; 4) Aristide e Catone magg. Aristides et Cato maior 5) Cimone e Lucullo Cim.-Luc. Cimon et Lucullus 6) Pericle e Fabio Massimo Pericles et Fabius Maximus Per.-Fab. 7) Nicia e Crasso Nicias et Crassus Nic ...Crass. 8) Alcibiade e Coriolano Alc.-Cor. Alcibiades et Coriolanus 9) Demostene e Cicerone Dem ...Cic. Demosthenes et Cicero IO) Focione e Catone minore Phocion et Cato minor Phoc ...Cat. Mi-_ 11 ) Dione e Bruto Dio.-Brut. Dion et Brutus 12) Emilio Paolo e Aemilius Paulus et Timoleon Aem.-Tim. Timoleonte 13) Sertorio e Eumene Sert.-Eum. Sertorius et Eumenes
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
14) Filopomene e Philopoemen et Phil.-Flam. Titus Flaminius Tito Flaminio Pelopidas et Marcellus 15) Pelopida e Marcello Pel.-Marc. Alexander et Caesar 16) Alessandro e Alex.-Caes. Giulio Cesare 17) Demetrio e Antonio Demetrius et Antonius Demetr.-Ant. Pyrrh.-Mar. Pyrrhus et Marius 18) Pirro e Caio Mario Aratus et Artaxerxes 19) Arato e Artaserse Arat.-Art. Agis et Cleomenes et 20) Agide e Cleomene e Agis-Cleom. Ti. et C. Gracchi Tiberio e Caio Gracco T.G ..C.G. Lycurgus et Numa 21) Licurgo e Numa Lyc.-Num. Lys.-Sull. Lysander et Sulla 22) Lisandro e Silla Ages.-Pomp. Agesilaus et Pompeius 23) Agesilao e Pompeo Galb.-Oth. 24) Galba e Ottone Galba et Otho Diamo ora l'elenco dei Moralia, secondo l'ordine in cui sono sistemati nella più recente edizione della Bibliotheca Teubneriana, sotto citata. L'asterisco contrassegna i trattati giudicati spuri dai curatori di quest'edizione. l)* Dell'educazione dei fiDe liberis educandis Lib. educ. gli 2) Come si debbono aDe audiendis poetis Aud. poet. scollare i poeti 3) Dell'udire De audiendo Aud. 4) Come distinguere l'aDe adulatore et amico Adulat. dulatore dall'amico De profectibus in virtute 5) Il progresso nella virProf. virt. tù ·6) Come trarre giovamenDe capienda ex inimicis uti- Cap. ex inim. to dai nemici litate ut. 7) Sull'avere molti amici De amicorum multitudine Amic. mult. De fortuna 8) La fortuna Fori. 9) La virtù e il vizio De virtute et vitio Virt. et vit. 10)* Consolazione ad A- Consolatio ad Apollonium Cons. ad Apollonia poli. 11) Precetti per manteneDe tuenda sanitate prae- Tuend. san. re la salute cepta 12) Precetti coniugali Coniugalia praecepta Coniug. praec. 13) Convito dei sette savi Septem sapientium convi- Sept. sap. vium con v. 14) La superstizione De superstitione Superst. 15)* Apoftegmi di re e di Regum et imperatorum a- Apophth. capi pophthegmata 16)* Apoftegmi spartani; Apophthegmata Laconica; Apophth. Lac. Ordinamenti spartani; Instituta Laconica; ApophApoftegmi di donne thegmata Lacaenarum spartane 17) Virtù delle donne Mul. virt. Mulierum virtutes
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PLUTARCO
18) 19) * 20) 21)
22) 23)
24) 25) 26) 27) 28) 29) 30)
31) 32) 33)
34)
35) 36) 37) 38) 39) 40)
41)
42)* 43) 44)
45) 46) 47)
Cause di usanze romane e cause di usanze greche Paralleli minori La fortuna dei Romani La fortuna o la virtù di AJess1mdro ·Magno La gloria degli Ateniesi Iside e Osiride La E di Delfi Gli Oracoli della Phia Il tramonto degli ora· coli Se la virtù si possa insegnare La virtù morale Del trattenere l'ira La tranquillità dell'animo L'amore fraterno L'amore della prole Se il vizio basti a rendere infelici Se siano peggiori le passioni dell'anima o del corpo La loquacità La curiosità La sete di ricchezza Sul pudore eccessivo L'invidia e l'odio Sulla lode di se medesimo Della lentezza della punizione divina Il fato Il demone di Socrate Sull'esilio Consolazione alla moglie Questioni conviviali, libri IX Sull'amore
Aetia Romana; Aetia Graeca
Aet. Rom.; Aet. Gr.
Parallela minora De fortuna Romanorum
Par. min. Fort. Rom.
De Alexandri Magni fortuna aut virtute (or. I et II) De gloria Atheniensium
Alex. fort. virt. Glor. Ath.
De De De De
Iside et Osiride E apud Delphos Pythiae oraculis defectu oraculorum
Is. et Os. E ap. Delph. Pyth. or. De/. orac.
An virtus doceri possit
Virt. doc.
De virtute morali De cohibenda ira De tranquillitate animi
Virt. mor. Coh. ira. Tranq. an.
De fraterno amore De amore prolis An vitiositas ad infelicitatem sufficiat Animine an corporis affectiones sint peiores
Frat. am. Am. prol. Vitios. ad in. su!f. An. corp. affect. pei.
De De De De De De
Garr. Curios. Cup. div. Vit. pud. Inv. et od. Laud. zps.
garrulitate curiositate cupiditate divitiarum vitioso pudore invidia et odio laude ipsius
De sera numinis vindicta De fato De genio Socratis De exilto Consolatio ad uxorem Quaestiones conviva/es, libri IX Amatorius
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Ser. num. vind. Fat. Gen. Socr. Exil. Cons. ad ux. Quaest. conv. Amat.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
48)* Storie d'amore Al filosofo più che ad altri conviene discorrere con i principi 50) Al principe incolto
49)
51)
52)
Se convenga al vecchio impegnarsi nella politica Precetti politici
Dei tre generi di governo 54) Bisogna evitare il prestito di danaro 55)* Vite di dieci oratori 56) Sommario della comparazione fra Aristofane e Afenandro 57) Sulla malignità di Erodoto 58)* Opinioni dei filosofi 59) Cause naturali 60) La faccia che si vede nel cerchio della luna 61) Il principio del freddo 62) Se sia più utile l' acqua o il fuoco 63) Sull'accortezza degli animali 64) Gli animali bruti usano ragione 65) Sul mangiar carne, libro primo 66) Sul mangiar carne, libro secondo 67) Questionz platoniche 68) La generazione dell'anima nel Timeo 69) Compendio del libro della generazione dell' anima nel Timeo 70) Le contraddizioni degli Stoici 71) Gli Stoici dicono cose più strane dei poeti 53)
Amatoriae narrationes Afaxime cum principibus philosopho esse disserendum
Amat. narr. Cum princ. philos.
Ad principem ineruditum
Ad princ. inerud. An seni resp.
An seni sit gerenda res publica Praecepta gerendae rei publicae De tribus rei publicae generibus De vitando aere alieno
Praec. ger. rei p. T r. reip. gen. Vit. aer. al.
Decem oratorum vitae De comparatione Aristophanis et Afenandri epitome
Dee. orat. vit. Comp. Arist. Afen.
De Herodoti malignitate
Herod. mal.
Placita philosophorum Aetia physica De facie in orbe lunae
Plac. philos. Aet. phys. Fac. lun.
De primo frigido Aqua an ignis utilior
Prim. frig. Aq. ign.
De sollertia animalium
Soll. anim.
Bruta animalia ratione uti
Bruta anim.
De esu carnium, I
Es. carn. I
De esu carnium, II
Es. carn. II
Platonicae quaestiones De animae procreatione in Timaeo Epitome libri de animae procreatione in Timaeo
Plat. quaest. An. proc. Epit. an. proc.
De Stoicorum repugnantiis
Stoic. rep.
Stoicos absurdiora poetis di· cere
Stoic. absurd. poet. dic.
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PLUTARCO
Sulle nozioni comuni contro gli Stoici 73) Non si può vivere felici seguendo Epicuro 74) Contro Colote 75) Sul vivere nascosto 76)* Sulla musica 77) * Il piacere e la malattia 78) * Se la vita passiva sia una parte o una facoltà dell'anima 79) Frammenti 72)
··Alcune
edizioni
De communibus notitiis contra Stoicos Non posse suaviter vivi secundum Epicurum Adversus Colotem De latenter vivendo De musica De libidine et aegritudine
Comm. not.
Parsne an facultas animi sit vita passiva
Pars. an fac. an. vit. pass.
Fragmenta
Frg.
Suav. vrv. Ep. Col. Lat. viv. Mus. Lib. et aegr.
fondamentali
l. Le Vite
- C. Lindskog - K. Ziegler, Plutarchi Vitae parallelae, 4 voli., in vari fascicoli, Lipsiae 1914-1939 (Bibl. Teubn.); la più recente riedizione è in 3 volumi, divisi in 6 fascicoli, 1969-1973. 2. I Mora l i a - G.N. Bernardakis, Plutarchi Chaeronensis Moralia, 7 voli., Lipsiae 1888-1896 (Bibl. Teubn.). - Nuova edizione a cura di vari specialisti, Plutarchi Moralia, 7 voli., in vari fascicoli, Lipsiae 1925-1967 (Bibl. Teubn.), con successive ristampe e anche revisioni e rifacimenti e miglioramenti tuttora in corso (fra i collaboratori figuravano all'origine: C. Hubert, W. Nachstadt, W.R. Paton, M. Pohlenz, W. Sieveking, J.B. Titchener, l. Wegehaupt, cui altri se ne sono aggiunti via via, come: H. Drexler, H. Gartner, J. Mau, B. Hasler, F.H. Sandbach, R. Westman, K. Ziegler). - Per la sua utilità citiamo anche l'edizione, con traduzione inglese a fronte e brevi introduzioni ai singoli opuscoli, curata da un gruppo di studiosi per la Loeb Classica! Library (F.C. Babbitt, H. Cherniss, P.A. Clement, P.H. De Lacy, B. Einarson, H.N. Fowler, W.C. Helmbold, H.B. Hoffleit, E.L. Minar, L. Pearson, F.H. Sandbach). - Plutarch's Moralia in Seventeen Volumes, With an English Translation, London-Cambridge (Mass.) 1927 sgg. e un'edizione, come abbiamo detto, molto utile, ma il valore dei singoli volumi è diseguale. Tuttavia si trovano volumi, come quelli curati di recente dal Cherniss ( 1976 ), di valore e di importanza eccezionali. - In corso di pubblicazione è anche l'edizione curata da diversi studiosi francesi, per la Coli. Budé, con traduzione francese, sotto la direzione di J. Defradas, con la collaborazione di vari specialisti, a partire dal 1972. Ricordiamo che le citazioni correnti dei Moralia si riferiscono ancora oggi alla pagina tura dell'edizione (con traduzione latina), curata da Xylander nel 1570, resa canonica dalla classica edizione dello Stephanus (H. Etienne), Pa-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
rigi 1572 (pi\1 volte ristampata) riprodotta in margine in tutte le successive edizioni e traduzioni scientifiche. ©Lessico
! tuttora indispensabile il vecchio lessico curato da: - D. Wyttenbach, Plutarchi Chaeronensis Moralia, vol. Vlll/1-2: Index Graecitatis, Oxonii 1830; rist. anast. col titolo Lexicon Plutarcheum, 2 voli., Olms, Hildesheim 1%2. (!)Traduzioni l. Le Vite
Per la traduzione italiana delle Vitae si veda soprattutto: - C. Carena, Plutarco, Vite parallele, 3 voli., Einaudi, Torino 196()2 e Mondadori, Milano 1965 (Oscar Classici, 3). (Sono numerose le edizioni e le traduzioni parziali di singole biografie~ particolarmente degne di menzione quelle pubblicate nella « Biblioteca di Studi Superiori» de La Nuova Italia di Firenze). 2. I Mora l i a In italiano disponiamo solo di una vecchia traduzione degli opuscoli morali: - Vite ed opuscoli di Plutarco, volgarizzati da Marcello Adriani, Milan() 1825, che è, peraltro, incompleta. Di quest'opera si vedrà, però, preferibilmente, la seguente riedizione: - Opuscoli di Plutarco, volgarizzati da M. Adriani, nuovamente confrontati col testo e illustrati con note da Francesco Ambrosoli, Napoli 1841. In quest'edizione l'incompleta traduzione dell'Adriani è stata integrata con traduzioni di autori ottocenteschi e precisamente di Sebastiano Ciampi, di M.A. Gandini e G.M. Grazii. La più recente versione integrale dei Moralia è quella in lingua inglese neli'edizione della Loeb, ci t at a sopra. Numer()Si trattati sono già comparsi nella Coli. Budé con trad. francese. Tra le tradumoni di singoli opuscoli o di singoli gruppi di opuscoli in . lingua italiana segnaliamo: - F. P()rtalupi, Plutarco, De latenter vivendo, Giappichelli, Torino 1961. - V. Cilento, Plutarco, Diatriba isiaca e dialoghi delfici, Sansoni, Firenze 1962 (testo e versione di Iside e Osiride, La E delfica, I responsi della Pizia, Il tramonto degli oracoli). -E. Valgiglio, Ps. Plutarco, De fato, Signorelli, Roma 1964 (introduzione, testo, traduzione italiana, commento). - E. Pettine, Plutarco, La loquacità (De garrulitate), Introduzione, ver. sione e note, Kibotion, Salerno 1975. - M. Baldassarri, Plutarco, Gli opuscoli contro gli Stoici, 2 voli., Pubblicazioni di Verifiche, Trento 1976. - E. Valgiglio, Plutarco, Praecepta gerendae reipublicae, Milano 1976. - D. Del Corno per l'Editore Adelphi sta curando una edizione dei trat-
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PLUTARCO/POLE~ONE
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tati morali più significativi. Sono usciti nel 1982 Il demone di Socrate ( trad. di A. Aloni) e I ritardi della punizione divina (trad. di G. Guidorizzi). *Studi
riguardanti
il
pensiero
filosofico
- R. Volkmann, Leben, Schriften und Philosophie von Plutarch von Chiironea, 2 voli., Berlin 1869; rist. anast., Leipzig 1970. - R. Hirzel, Plutarch, Leipzig 1912. - R.M. Jones, The Platonism of Plutarch, Menasha (Wisconsin) 1916. - P. Thévenaz, L'ame du monde, le devenir et la matière chez Plutarque, Paris 1938. - G. Soury, La démonologie de Plutarque, Essai sur les idées religieuses et les mythes d'un platonicien éclectique, Paris 1942. - K. Ziegler, Plutarchos von Chaironeia, in R.E., XXI, l (1951), pp. 636-962. (Questo studio è tradotto anche in italiano da M.R. Zancan Rinaldini e curato da B. Zucchelli, col titolo Plutarco, Brescia 1965). - R. Flacelière, Sagesse de Plutarque, Paris 1964. - D. Babut, Plutarque et le Sto"icisme, Paris 1969. - H. Dorrie, Die Stellzmg Plutarchs im Platonismus seiner Zeit, in AA. VV., Philomathes, Studies and Essays in the Humanities in Memory of Philip Merlan, Edited by R.B. Palmer and R. Hamerton-Kelly, The Hague 1971, pp. 36-56. - D.A. Russe!, Plutarch, London-New York 1973. - ]. Dillon, The Middle Platonists, lthaca, New York 1977, pp. 184 sgg. - Y. Vernière, Symboles et mythes dans la pensée de Plutarque, Essai d'interprétation philosophique et religieuse des Moralia, Paris 1977. - F. Brenk, In Mist Apparelled, Religious Themes in Plutarch's MoraZia and Lives, Leiden 1977. - Si vedano anche i contributi di numerosi specialisti negli Actes du VIII' Congrès, Paris, 5-10 avril 1968 dell'« Association Guillaume Budé », Paris 1969, pp. 481-594. *Bibliografie Una cospicua bibliografia si troverà nell'edizione italiana del Plutarco dello Ziegler, cit., pp. 393-411, ancor più ricca di quella dell'edizione tedesca. Uno stato della questione è stato tracciato da: - R. Flacelière, État présent des études sur Plutarque, in « Actes du VIII• Congrès » della Association G. Budé, sopra cit., pp. 483-506. Alcune indicazioni e qualche nota di aggiornamento si trovano anche in: - Zeller-Del Re [cfr. indicazione analitica alla voce Neopitagorici], pp. 142-219.
POLEMONE DI ATENE, filosofo dell'antica Accademia e scolarca, vissuto nel IV-III secolo a.C. Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze indirette. • - M. Gigante, Polemonis Academici Fragmenta, Accademia di Ar-
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:500
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
cheologia, Lettere e Belle Arti, Napoli 1977 (già in «Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli,., LI, 1976).
*-
K. von Fritz, Polemon, in R.E., XXI, 2 (1952), coli. 2524 sgg.
POLICLETO DI ARGO: cfr. Presocratici, 40; Pitagorici antichi, 15. POLIENO DI LAMPSACO: cfr. Epicurei, A, 16. POLIMNESTO DI FLIUNTE: cfr. Presocratici, 53; Pitagorici antichi, 27. POLISSENO, filosofo solista megareggiante; cfr. Megarici, 30 e inoltre: - C. Baeumker, Ober den Sophisten Polyxenos, in« Reinisches Museum », 34 ( 1879), pp. 66-83. - K. DOring, Ober den Sophisten Polyxenos, in « Hermes », 100 (1972), pp. 29-42.
POLISTRATO, filosofo epicureo del
m secolo a.C. Terzo scolarca del
•Giardino.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti papiracei.
• - Cronert, Kolotes und Menedemos [cfr. voce Colote di Lampsaco], pp. 35-36. - G. lndelli, Polistrato, Sul disprezzo irrazionale delle opinioni popolari, Edizione, traduzione e commento, Bibliopolis, Napoli 1978 (Istituto Italiano per gli Studi filosofici, La scuola di Epicuro, Collezione di testi ercolanesi diretta da M. Gigante, Volume secondo). - A. Vogliano, Polystrati liber incertus, in Epicuri et Epicureorum scripta in herculanensibus papym servata, Berolini 1928, pp. 75 sgg.
GJ -
Per la traduzione si veda oltre a lndelli, op. cit., anche: lsnardi Parente, Opere di Epicuro [cfr. voce Epicuro], pp. 573-578.
*-
M. lsnardi Parente, L'epicureo Polistrato e le Categorie, in «La parola del passato», 26 (1972), pp. 280-289. - G. lndelli, Per l'interpretazione di Polistrato, in «Cronache Ercolanesi >>, 5 (1975), pp. 87-97. - M.· Capasso, L'opera polistratea sulla filosofia, «Cronache Ercolanesi», 6 (1976), pp. 81-84.
PORFIRIO DI TIRO, filosofo neoplatonico della scuola di Plotino, nato nel 233/234 e morto intorno al 305 d.C.
O Porfirio scrisse molto e su vari argomenti. Rudolf Beutler, che è autore del più recente catalogo degli scritti porfiriani (che sostituisce il vecchio, ma pur sempre degno di nota, del Bidez) ricostruisce sessantasette titoli di opere sicure, più alcuni altri incerti, che ordina secondo i seguenti argomenti: l) opere d'introduzione e commento a Platone, Aristotele, Pio-
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POLI CLETO /PORFIRIO
tino; 2) scritti di storia e di storia della filosofia; 3) scritti teoretici di metafisica, psicologia, etica; 4) scritti sulla religione e sulla mitologia; .5) scritti di retorica e di grammatica; 6) scritti di astrologia e di matematica; 7) scritti di argomento vario. Di questa imponente produzione ci sono pervenute per intero undici opere, nonché frammenti e testimonianze di numerose altre. Ecco l'elenco degli scritti pervenutici (seguiamo l'ordine del catalogo Beutler ): l. L'antro delle Ninfe De antro Nympharum 2. Isagoge Isagoge 3. Esposizione delle Categorie di I n Aristotelis Categorias Aristotele per domanda e risposta 4. Vita di Plotino ed ordinamento Vita Plotini dei suoi scritti .5. Sentenze sugli intelligibili Sententiae ad intelligibilia ducentes 6. Vita diPitagora Vita Pythagorae 7. A Gauro, Sulla animazione degli Ad Gaurum embrioni (la paternità è pos~ibi le, ma incerta) 8. Sulla astinenza dagli animali De abstinentia 9. Lettera a Marce/la Ad Marcellam 10. Commenti agli Armonici di Tolo- I n Ptolemaei H armonica meo 11. Introduzione all'apotelesmatica di I ntroductio in Ptolemaei T etrabiblum Tolomeo Ed ecco le opere di cui si sono già fatte raccolte di frammenti. Nell'elencarle seguiamo l'ordine progressivo del catalogo Beutler, indicando anche in parentesi il numero corrispondente. Al catalogo Beutler rimandiamo per tutte le ulteriori indicazioni del materiale relativo ad altre opere non anrora sistematicamente raccolto. a) Commentario al Parmenide In Platonis Parmenidem (Beutler, n. 3) Il Beutler mette un punto di domanda accanto al titolo, ma si vedano le ulteriori acquisizioni, dovute alle ricerche di P. Hadot, sotto citato. b) Commentario al Timeo In Platonis Timaeum (Beutler, n. 8) c) Cronaca Chronica (Beutler, n. 26) d) Storia della filosofia Historia philosophiae (Beutler, n. 27) e) Sul ritorno dell'anima De regressu animae (Beutler, n. 43) f ) Sulla filosofia desunta dagli Ora- De philosophia ex coli Oraculis haurienda (Beutler, n. 44) g) Sui simulacri degli Dei De simulacris Deorum (Beutler, n. 45) h) Lettera ad Anebo Ad Anebon (Beutler, n. 47) i ) Contro i Cristiani Adversus Christianos (Beutler, n. 52 ì l ) Questioni americhe Quaest. Homericae (Beutler, n. 54) m) Questiom varie Symmikta Zetemata (Beutler, n. 67)
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
eGJ Manca un'edizione complessiva. Una scelta di opere è stata pubblicata nel secolo scorso da: - A. Nauck, Porphyrii philosophi Platonici Opuscula selecta, Lipsiae 18862 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Olms, Hildesheim 1963 (contiene: i frammenti della Storia della filosofia, la Vita di Pitagora, l'Antro delle Ninfe, Sulla astinenza dagli animali, la Lettera a Marcel/a). Questa edizione è alquanto invecchiata e ormai inadeguata. Ed ecco un prospetto analitico delle edizioni delle singole opere pervenuteci per intero e delle traduzioni relative. l. L'antro
delle Ninfe - In Nauck, op. cit., pp. 53-81, e in: - Porphyry, The Cave of the Nymphs in the Odyssey, A Revised Text with Translation by Seminar Classics 609, State University of New York at Buffalo 1969 (« Arethus Monographs », 1)." Di quest'opera vi è anche una traduzione francese: - ]. Trabucco, L'antre des Nymphes, Paris 1918. 2. I sa go g e t pubblicata nei C.A.G., IV, l [cfr. Commentari Greci ad Aristotele], con annessa anche la traduzione latina di Boezio. Per la traduzione cfr.: - B. Maioli, Porfirio, Isagoge, Liviana, Padova 1969. 3. Esposizione d e Il e C a t ego r i e d i Aristotele per d omanda e risposta t pubblicata nei C.A.G., IV, l, pp. 53-142 [cfr. Commentari Greci ad Aristotele]. 4. Vita di
Plotino ed ordinamento dei suoi scritti Una nuova eccellente edizione della Vita di Platino si trova nell'edizione delle Enneadi curata da P. Henry- H.R. Schwyzer [cfr. voce Plotino], vol. I, pp. 1-41. t tradotta da V. Cilento e da G. Faggin nel primo volume delle Enneadi di Plotino [cfr. voce Pio tino]. 5. Se n t e n z e su gli i n t e Il i g i h i l i - B. Mommert, Porphyrii Sententiae ad intelligibilia ducentes, Lipsiae 1907 (Bibl. Teubn.). - E. Lamberz, Porphyrii Sententiae ad intelltgibilia ducentes, Lipsiae 1975 (Bibl. Teubn.). Per la traduzione cfr.: - A.R. Sodano, Introduzione agli intelligibili, Associazione di Studi Tardoantichi, Napoli 1979 (con commento e testo greco in appendice).
6. V i t a d i P i t a g o r a Si trova in Nauck, op. cit., pp. 17-52. Per la traduzione cfr.:
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PORFIRIO
- G. Pesenti, Ps. Pitagora, I versi aurei, i Simboli, le Lettere [ ... ], Carabba, Lanciano 1913. 7. Sulla animazione degli embrioni È edito da K. Kalbfl.eisch, in « Philosophische und historische Abhandlungen der koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin », Berlin 1895. Cfr. la traduzione francese di: - A.]. Festugière, La Révélation d'Hermès Trismégiste, III, Paris 1953, pp. 265-302. 8. S u Il a
ast inenza
d agIi
a n im aIi
- Nauck, op. cit., pp. 83-270. - ]. Bouffarrigue - M. Patillon, Porphyre, De l'abstinence, Texte établi et traduit, Paris 1977 sgg. (Coll. Budé). - T. Taylor, Porphyry, On Abstinence /rom Anima/ Food, Translated from the Greek, Barnes & Noble, New York 1965. 9. L e t t era a M arce Il a Oltre al Nauck, op. cit., pp. 271-297, cfr.: - W. Potscher, Porphyrios, Pros Markellan, Griechischer Text, Herausgegeben, uberset:r.t, eingeleitet und erkliirt, ( « Philosophia antiqua », vol. XV), Brill, Leiden 1969. - G. Faggin, Lettera ad Anebo - Lettera a Marcel/a, Fussi-Sansoni, Firenze 1954. (Testo greco e traduzione a fronte). 10. Commento agli Armonici di Tolomeo - I. Diiring, Porphyrios Kommentar :r.ur Harmonielehre des Ptolemaios, ( « Goteborgs Hogskolas Arsskrift », XXXVIII 1932: 2), Goteborg 1932. Per la traduzione cfr.: - I. Diiring, Ptolemaios und Porphyrios iiber die Musik, Goteborg 1934. 11. Introduzione alla apotelesmatica di Tolomeo - S. Weinstock, Catalogus Codzcum astrologorum Graecorum, V, 4, Accedunt Porphyrii Philosophi Introductzo in Tetrabiblum Ptolemaei ab Ae. Boer et S. Weinstock edita, Bruxelles 1940, pp. 187-228. Ecco le edizioni delle opere giunteci in frammenti e delle eventuali traduzioni. a) C o m m e n tar i o a I P arme n i d e Il Commentario al Parmenide, di cui il Beut!er indica un solo accenno in Damascio, è stato identificato dall'Hadot (in Fragments d'un commentaire de Porphyre sur le Parménide, in« Revue des études grecques >>, 74 [1961], pp. 410-438) con il commentario giuntoci anonimo in un palinsesto conservato a Torino. - W. Kroll, Ein neuplatonischer Parmenidescommentar in einem Turiner Palimpsest, in « Rheinisches Museum », LVII ( 1892), pp. 599-627. Si veda ora la nuova edizione critica con traduzione e commento in:
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504 -
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
P. Hadot, Porphyre et Victorinus, Paris 1968, vol. II, pp. 60-113.
b) Commentario al Timeo - A.R. Sodano, Porphyrii in Platonis Timaeum commentariorum fragmento, Istituto della Stampa, Napoli 1960. c) Cronaca - Jakoby, F. Gr. H., II, B, pp. 1197 sgg. d) S t o r i a d e 11 a f i l o s o f i a - Nauck, op. cit., pp. 1-16. e) Su l
ritorno d e 11' a n i m a - ]. Bidez, Vie de Porphyre le philosophe néoplatonicien, avec les fragments des traitésiiEPI ArAAMAT!lN et De regressu animae, Gent 1913; rist. anast., Olms, Hildesheim 1964, pp. 25*-44*.
f) S u 11 a f i l o s o f i a d e s u n t a d a g l i O r a c o l i - G. Wolfl, Porphyrii De philosophia ex oraculis baurienda librorum reliquiae, Berlin 1856; rist. anast., Olms, Hildesheim 1962. si mu l acr i d egl i D e i I frammenti del 'ltEpL ayaÀ.j.lcl"'t"WV si vedranno in: - Bidez, Vie de Porphyre ... , cit., pp. 1*-23*.
g) S u i
h) L e t t e r a a d A n e b o
- A.R. Sodano, Porfirio, Lettera ad Anebo, L'arte tipografica, Napoli 1958 (testo e traduzione). - G. Faggin, Porfirio, Lettera ad Anebo - Lettera a Marcello, Edizioni Fussi-Sansoni, Firenze 1954 (testo greco e traduzione a fronte). i) C o n t r o i C r i s ti a n i
- A. von Harnack, Porphyrios « Gegen die Christen », in « Philosophische und historische Abhandlungen der koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin », Berlin 1916. Cfr. anche dello stesso autore: - Neue Fragmente des W erks d es Porphyrios gegen die Christen, in « Sit2ungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften », Berlin 1921. l) Q u es t i o n i o m eri c h e - H. Schrader, Porphyrii Quaestionum Homericarum ad Iliaden pertinenJium reliquiae, Lipsiae 1882 (Bibl. Teubn.); Porphyrii Quaestionum Homericarum ad Odysseam pertinentium relzquiae, Lipsiae 1890 (Bibl. Teubn.). Un'edizione limitata al libro I, che è il solo ad avere una tradizione diretta, è stata pubblicata a cura di: - A.R. Sodano, Porphyrii Quaestionum Homericarum liber l, Giannini, Napoli 1970. Per la traduzione cfr.: - A.R. Sodano, Porfirio, Questioni Omeriche, Libro primo, Traduzione,
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PORFIRIO/POSIDONIO
Associazione di studi Tardoantichi, Centro Bibliotecario, Portici (Napoli) 1973.
m) Questi o n i v ari e - H. DOrrie, Porphyrio's Symmikta Zetemata, Ihre Stellung in System und Geschichte des Neuplatonismus nebst einem Kommentar zu den Fragmenten ( « Zetemata », 20), Miinchen 1959. (l frammenti di quest'opera miscellanea a noi pervenuti riguardano principalmente il problema dell'anima).
* ].
Bidez, Vie de Porphyre, Le philosophe néoplatonicien, Gent 1913; Hildesheim 19642. - W. Theiler, Porphyrios und Augustin, Halle 1933; ora anche in: Forschungen zum Neuplatonismus, Berlin 1966, pp. 160-251. -R. Beutler, Porphyrios 21, in R.E., XXII, l (1953), coli. 275-313. - AA.VV., Porphyre, « Entretiens sur l'Antiquité Classique », XII, Vandoeuvres-Genève 1966. - P. Hadot, Porphyre et Victorinus, 2 voli., Paris 1968 (eccellente). - A. Smith, Porphyry's Piace in the Neoplatonic Tradition, A Study in post-Plotinian Neoplatonism, The Hague 1974.
*
Ricche indicazioni bibliografiche si troveranno in Hadot, op. cit., nonché nelle note dei vari articoli contenuti nel vol. XII degli Entretiens, sopra citati.
POSIOONIO DI APAMEA, filosofo e scienziato mediostoico, morto intorno alla metà del
1
secolo a.C.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze. Il catalogo ragionato delle opere che risulta aver scritto, si trova nel volume della Laflranque, sotto cit., pp. 99 sgg., cui rimandiamo; cfr. anche Reinhardt, Poseidonios ... , in R.E., sotto cit., coli. 567 sgg .
• - L. Edelstein - I.G. Kidd, Posidonius, l, The fragments, Cambridge University Press, Cambridge 1972. - W. Theiler, Poseidonios, Die Fragmente, 2 voli., W. de Gruyter, Berlin-New York 1982.
© ©
Il secondo volume del Theiler contiene un eccellente commentario.
L'edizione di Edelstein-Kidd contiene un eccellente elenco di parole greche e latine che ricorrono nei frammenti.
(!) - M. Pohlenz, Stoa und Stoiker, Die Grunder, Panaitios, Poseidonios, Artemis-Verlag, Ziirich 1950, pp. 257-357. (La scelta delle testimonianze e dei frammenti che il Pohlenz traduce, è fatta con criteri assai meno rigorosi rispetto a quelli seguiti nell'edizione Edelstein-Kidd).
*-
K. Reinhardt, Poseidonios, Miinchen 1921. - K. Reinhardt, Kosmos und Sympathie, Neue Untersuchungen uber Poseidonios, Miinchen 1926.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- I. Heinemann, Poseidonios' Metaphysische Schriften, 2 voli., Breslau 1921-1928; rist. anast., Hildesheim 1968. - L. Edelstein, T be Philosophical System of Posidonius, in « American Journal of Philology », 57 (1936), pp. 286-325. - G. Nebel, Zur Ethik des Poseidonios, in « Hermes », 74 (1939), pp. 34-57. - K. Reinhardt, Poseidonios von Apameia der Rhodier genannt, in R.E., XXII, l (1953), coli. 558-826. - M. Laffranque, Poseidonios d'Apamée, Paris 1964. - J.M. Rist, Stoic Philosophy, Cambridge 1969, pp. 201-218. (Le due nuove edizioni dei frammenti e la monografia della Laffranque sono destinate ad imprimere una decisiva svolta alle ricerche posidoniane).
*
Un imponente stato della questione si troverà in Reinhardt, art. cit., R.E., coli. 570-624; più sobrio ed accessibile in Laffranque, op. cit., pp. l· 44. Bibliografia in Reinhardt, cit., R.E., coli. 559-563 e in Laffranque, op. cit., pp. 549-560.
POTAMONE DI ALESSANDRIA, è ricordato da Diogene come fondato· re di una setta
<<
eclettica », peraltro sconosciuto.
PRAILO DI TROADE: cfr. Scettici antichi, 9; Neoscettici, 5. PRASSIFANE DI LESBO: cfr. Peripatetici, A, 16. PRESOCRATICI (secolo
VI e v a.C.). Col termine << Presocratici >> vengono indicati tutti i Naturalisti e i Sofi· -sti, cronologicamente anteriori a Socrate, ma alcuni anche contemporanei e perfino posteriori, e tuttavia muoventisi in dimensioni di pensiero che sono al di qua dei guadagni socratici. Il termine è da molti contestato e giu· dicato inadeguato. Questo è, in parte, vero; tuttavia, è altrettanto vero che Socrate ha operato una rivoluzione cosl radicale nella storia del pensiero occidentale, che, con fondamento, si può parlare di un << prima » e di un « dopo » Socrate, sicché il termine Presocratici può ben reggere. La raccolta Diels-Kranz di tutto quanto ci è pervenuto dei filosofi anteriori a Socrate è diventata, poi, un punto di riferimento canonico, ed ha imposto, anche da un punto di vista pratico, questo termine con valore di concetto.
O Elenco e caratterizzazione essenziale dei pen-satori e dei documenti inclusi nella raccolta DielsKranz secondo là numerazione della medesima A) Gli i n i z i
l. ORFEO DI LEBETRA in Tracia, vissuto in epoca non determinabile, e, successivamente, mitizzato dal movimento orfico. In Diels-Kranz vengono riportati solo poche testimonianze e alcuni frammenti, che sono da integrare con la raccolta del Kern (cfr. voce Orfici e vol. I, Appendice 1). 2. MUSEO DI ATENE, figura largamente mitizzata come Orfeo. Secon-
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POTA~ONE/PRESOCRATICI
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do alcune fonti antiche, fu discepolo dello stesso Orfeo. Di lui ci sono pervenute alcune testimonianze, però alquanto incerte. 3. EPIMENIDE DI CNOSSO, vissuto forse nella seconda metà del VI secolo a.C. Di lui ci sono pervenuti alcune testimonianze e frammenti. 4. ESIODO DI ASCRA in Beozia (pseudo), vissuto fra il secolo VIII e il vn a.C. Le testimonianze che in Diels-Kranz vengono riportate sono relative alla Astronomia, che è un'opera attribuita ad Esiodo, ma scritta, probabilmente, nel VI secolo a.C., di cui ci sono pervenuti poche testimonianze e frammenti (dr. voce Esiodo). 5. FOCO DI SAMO, forse vissuto nel VI secolo a.C. È, secondo alcune antiche fonti, autore di una Astrologia nautica (che altre fonti attribuiscono addirittura a Talete), di cui ci è pervenuto pochissimo. 6. CLEOSTRATO DI TENEOO, vissuto nel VI secolo a.C. Gli viene attribuita un'opera dal titolo Astrologia o Fenomeni. Di lui ci sono pervenuti poche testimonianze e frammenti. 7. FERECIDE DI SIRO, vissuto nel VI secolo a.C. Scrisse un'opera di carattere teogonico, di cui ci sono pervenuti testimonianze e frammenti. 8. TEAGENE DI REGGIO, fiorito alla fine del VI secolo a.C. Fu il primo ad interpretare Omero in chiave allegorica. Di lui abbiamo solo poche testimonianze. 9. ACUSI.LAO DI ARGO, vissuto nel VI secolo a.C., scrisse un'opera di carattere cosmoteogonico dal titolo Genealogie, di cui ci sono pervenuti frammenti. 10. SETTE SAGGI, VII-VI secoli a.C. Sul numero e sui nomi di questi saggi le antiche fonti sono discordi. Ad essi venivano attribuite le massime che esprimevano l'intera saggezza morale prefilosofica (cfr. voce). B) I frammenti dei filosofi del VI e v seco~o a.C. e dei loro immediati seguaci 11. TALETE DI MILETO, vissuto nel VI secolo a.C., è il vero iniziatore della filosofia della natura. Ci sono giunte alcune testimonianze fra le quali spiccano quelle di Aristotele (cfr. voce). 12. ANASSlMANDRO DI MILETO, vissuto nel VI secolo a.C., fu autore, forse, di un libro Sulla natura, di cui ci è giunto un frammento testuale (il primo frammento testuale di filosofia che possediamo!) ed un certo numero di testimonianze (cfr. voce). 13. ANASSIMENE DI MILETO, vissuto nel vi secolo a.C. Di lui ci sono pervenuti un paio di frammenti e alcune testimonianze (cfr. voce). 14. PITAGORA DI SAMO, vissuto nella seconda metà del VI e agli inizi del v secolo a.C. Ciò che ci è giunto sotto il suo nome non è genuino. Possediamo, però, testimonianze indirette di diverso valore. 15. CERCOPE, è un Pitagorico. È noto solo per la notizia tramandataci, secondo la quale avrebbe composto carmi orfìci. 16. PETRONE DI IMERA, congetturalmente ritenuto filosofo pitagorico,
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è noto solo per la sua affermazione che i mondi sono 183, disposti regolarmente a forma di triangolo. 17. BRO(N)TINO DI METAPONTO, secondo alcune fonti fu imparentato con Pitagora. ~ per noi poco più che un nome, essendo molto incerte le notizie che di lui ci sono riferite. 18. IlPPASO DI METAPONTO (o DI CROTONE), è stato associato dagli antichi ad Eraclito per la dottrina del fuoco-principio, e da alcuni fu ritenuto addirittura maestro di Eraclito. Si sarebbe reso reo di divulgazione delle dottrine di Pitagora. Di lui ci sono pervenute alcune interessanti testimonianze. 19. CALLIFONTE e DEMOCEDE DI CROTONE. Di questi due Pitagorici fu famoso soprattutto il secondo (figlio del primo) come medico. Ci sono pervenute solo poche testimonianze. ' 20. PARM(EN)ISCO DI METAPONTO, Pitagorico a noi noto soprattutto per un aneddoto. 21. SENOFANE DI COLOFONE, vissuto fra il v1 e il v secolo a.C. Ci sono pervenuti frammenti di Elegie, di Silli e (forse) di un poema Sulla natura, fra i quali spiccano soprattutto quelli in cui vien criticato l'antropomorfismo della religione popolare. (Tradizionalmente ritenuto fondatore della scuola di Elea, risulta, invece, essere un filosofo nomade; cfr. voce). 22. ERACLITO DI EFESO, vissuto a cavaliere fra il VI e il v secolo a.C. Oltre a numerose testimonianze, Diels raccoglie 126 frammenti, per lo più brevi, che dovevano far parte di uno scritto composto in stile aforistico (cfr. voce). 23. EPICARMO, vissuto fra la fine del VI e il v secolo a.C. ~ ricordato come uno degli inventori della commedia. Pare sia stato un frequentatore esterno della scuola pitagorica. Ci sono giunti testimonianze e frammenti. 24. ALCMEONE DI CROTONE, discepolo e contemporaneo più giovane di Pitagora. Fu soprattutto medico. Sembra, però, che abbia dato il suo contributo anche alla problematica fisico-ontologica, indagando intorno alle contrarietà. Ci sono giunti alcune testimonianze e pochi frammenti (cfr. voce). 25. ICCO DI TARANTO, fu celebre atleta e maestro di ginnastica, divenuto proverbiale soprattutto per la sua temperanza. Abbiamo su di lui solo poche testimonianze. La notizia che fosse un Pitagorico è di Giamblico. 26. PARONE, è un Pitagorico a noi noto solo per un motto di spirito rivolto a .Simonide. 27. AMINIA, è un Pitagorico che ci è noto solo per essere nominato come uno dei maestri di Parmenide. 28. PARMENIDE DI ELEA, nato nella seconda metà del VI secolo e morto verso la metà del v a.C. Fu il vero fondatore della scuola eleatica. Ci sono pervenuti ampi frammenti del suo poema Sulla natura (il prologo, il grosso della prima parte, e qualcosa della seconda), oltre a numerose testimonianze (dr. voce).
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PRESOCRATICI
29. ZENONE DI ELEA, fu discepolo di Parmenide, di una generazione più giovane di lui e suo successore nella scuola. Ci sono pervenuti testimonianze e pochi frammenti di uno scritto Sulla natura, questi ultimi riguardanti i celebri argomenti contro la molteplicità (cfr. voce). 30. MELISSO DI SAMO, discepolo di Parmenide, fiorito nella prima metà del v secolo. Oltre a testimonianze, possediamo alcuni significativi frammenti del suo scritto Sulla natura o sull'essere (cfr. voce). 31. EMPEDOCLE DI AGRIGENTO, visse nel v secolo a.C. Oltre a cospicue testimonianze, ci sono giunti numerosi frammenti (più di 150) del suo poema Sulla natura, e alcuni altri delle Purificazioni o Carme lustrale (cfr. voce). 32. MENESTORE DI SIBARI, fiorito verso la metà del v secolo a.C., è nominato come Pitagorico nel catalogo di Giamblico. Si occupò soprattutto di botanica. Ci sono pervenute solo alcune testimonianze. 33. XUTO, è un Pitagorico che ci è noto solo per una testimonianza riguardante l'esistenza del vuoto. 34. BOIDA, ci è noto solo per una testimonianza, che non ci permette di stabilire a quale scuola appartenga. 35. TRASIALCE DI TASO, pare essersi occupato di problemi meteorologici, come si desume da un paio di testimonianze pervenuteci, in una delle quali è qualificato espressamente come « uno degli antichi filosofi della natura». 36. IONE DI CHIO, vissuto nel v secolo, fu poeta e pensatore legato alla dottrina pitagorica. La sua opera filosofica si intitolava Triagmi, titolo che sembra esprimere l'idea di moltiplicazione per tre e che quindi si potrebbe tradurre con: Triplicazioni, Trinitazioni. («Questo è il principio del suo discorso - dice il fr. l - tutto è tre, né più né meno di questo tre: virtù di ogni cosa è la triade »). Ci sono giunti alcune testimonianze e pochi frammenti (cfr. voce). 37. DAMONE DI ATENE, vissuto verso la metà del v secolo a.C., fu esperto soprattutto nella musica, e, forse, Pitagorico. Fu un maestro di Peride. Ci· sono pervenuti alcune testimonianze e pochi frammenti. 38. IPPONE DI SAMO (alcune fonti indicano altro luogo di nascita), vissuto verso la metà del v secolo a.C., sembra aver posto come principio l'umido, e quindi sembra essere stato vicino agli !onici; tuttavia Giamblico lo cataloga fra i Pitagorici. Aristotele rileva la poca consistenza del suo pensieroAbbiamo qualche testimonianza e scarsi frammenti. 39. FALEA DI CALCEOONIA e IPPODAMO DI MILETO, si occuparono specialmente della problematica politica. Il secondo fu famoso anche come architetto urbanistico, come risulta dalle poche testimonianze pervenuteci. Stobeo dice che lppodamo era Pitagorico. 40. POLICLETO DI ARGO, vissuto nella seconda metà del v secolo a.
C., fu, oltre che scultore, teorico dell'arte della scultura, nell'opera dal tito-
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lo Canone, di cui, però, siamo scarsamente informati. Faceva dipendere la bellezza dal numero e il suo pensiero risulta ispirato a principi pitagorici. 41. ENOPIDE DI CHIO, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., fu matematico ed astronomo, collegato dalla tradizione ai Pitagorici. Di lui .ci sono pervenute poche testimonianze. 42. IPPOCRATE DI CHIO e ESCHILO. Ippocrate visse nella seconda metà del v secolo, e divenne famoso come geometra. Scrisse i primi Ele-• menti di cui ci sia giunta notizia. È noto per essersi occupato della quadratura del cerchio (cfr. Timpanaro-Cardini, Pitagorici [cfr. voce], Il, pp. 2873 ). Dalla tradizione è collegato con i Pitagorici. Eschilo è nominato come suo discepolo. 43. TEODORO DI CIRENE, vissuto nella seconda metà del v secolo a. C., fu famoso come geometra. Il catalogo di Giamblico lo annovera fra i Pitagorici. Ci sono pervenute poche testimonianze. 44. FILOLAO DI TARANTO, vissuto nella seconda metà del v secolo a. C. e nei primi anni del IV, sarebbe stato il primo a mettere per iscritto la dottrina pitagorica (nella forma che essa aveva ormai raggiunto nella seconda metà del v secolo) in tre libri, o in un libro in tre parti (Fisica, Politica,, Etica). Da lui Platone li avrebbe acquistati. Oltre a testimonianze ci sono pervenuti alcuni frammenti importanti. 45. EURITO DI CROTONE (o DI METAPONTO o DI TARANTO), vissuto a cavaliere fra il v e il IV secolo a.C., fu un Pitagorico, discepolo di Filolao. È noto per la sua pesante riduzione di ciascuna cosa ad un determinato numero. Possediamo solo poche testimonianze. 46. ARCHI·PPO DI TARANTO, LISIDE DI TARANTO, OPSIMO DI REGGIO. I primi due sono ricordati per essersi salvati dall'eccidio dei Pitagorici avvenuto a Crotone. Liside è nominato anche come autore di opere attribuite a Pitagora. (A Liside è attribuita la definizione di Dio come « numero ineffabile >>, mentre a Opsimo è attribuita la definizione di Dio ·come << la differenza fra il numero massimo e quello che lo segue immediatamente >>). 47. ARCHITA DI TARANTO, è un Pitagorico vissuto nella prima metà .del IV secolo a.C. Platone gli scrisse una lettera ed Aristotele dedicò al suo pensiero un trattato. Fu Archita che salvò Platone quando Dionigi n minacciava di ucciderlo. Fu politico assai apprezzato, oltre che matematico e filosofo. 48. OCELW o OCCELO DI LUCANIA, è elencato da Giamblico fra i filosofi pitagorici. Di lui siamo male informati. Il trattato Sulla natura dell'universo, giuntoci sotto il suo nome, è un falso di età ellenistica (cfr. voce). 49. TIMEO DI LOCRI. È il personaggio pitagorico che dà il nome al celebre dialogo platonico. Di lui siamo molto mal informati. È improbabile, come alcuni pensano, che sia un personaggio interamente inventato da Platone. Il trattato Sulla natura del cosmo e sull'anima, giuntoci sotto suo nome, è un falso di età ellenistica (cfr. voce).
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PRESOCRATICI
50. ICETA DI SIRACUSA, è un Pitagorico di età incerta, di cui ci sono giunte solo un paio di testimonianze di carattere fisico-astronomico. 51. ECFANTO DI SIRACUSA, è un filosofo pitagorico di età incerta, che sembra risentire anche di dottrine atomistiche ed anassagoree, su cui siamo poco informati. 52. SENOFILO DI CALCIDE, fu uno dei Pitagorici più recenti. Si occupò soprattutto di musica e fu uno dei maestri di Aristosseno. Di lui abbiamo pochissime testimonianze. 53. DIOCLE, ECHECRATE, POLIMNESTO, FANTONE DI FLIUNTE e ARIONE DI LOCRI. Furono fra gli ultimi Pitagorici antichi. Conosciamo di loro poco più che il nome. 54. PRORO DI CIRENE, AMICLA e CLINIA DI TARANTO. Appartennero all'ultima generazione di Pitagorici. Amicla e Clinia sono noti, in particolare, per aver dissuaso Platone dal bruciare tutti gli scritti di Democrito. 55. DAMONE e FINZIA DI SIRACUSA, sono Pitagorici a noi noti solo per un fatto di carattere biografico. 56. SIMO DI POSIOONIA, MIONIDE, EUFRANORE. Il primo era musico e gli altri due matematici. Sono Pitagorici dell'ultima generazione e su di loro siamo pochissimo informati.
57. LICO(NE) DI TARANTO, vissuto nel IV secolo a.C., è autore pare - di una Vita di Pitagora, probabilmente concernente la dieta vegetale. 58. SCUOLA PIT AGOitiCA. Sotto questa rubrica in Diels-Kranz vengono raccolti: a) il catalogo di Giamblico (lo si veda da noi riportato alla voce .Pitagorici); b) testimonianze di genesi proto-peripatetica sulle dottrine pitagoriche; c) precetti e simboli pitagorici; d) estratti dalle massime pitagoriche e dalla Vita pitagorica di Aristosseno; e) i Pitagorici nella commedia ·di mezzo. 59. ANASSAGORA DI CLAZOMENE, nacque probabilmente intorno ·al 500 a.C. Oltre a numerose testimonianze, ci sono pervenuti significativi frammenti del suo scritto Sulla natura. Con lui la filosofia entrò in Atene per la prima volta. 60. ARCHELAO DI ATENE, vissuto nel v secolo a.C., fu discepolo di Anassagora e maestro di Socrate. Scrisse, fra l'altro, una Fisiologia. Possel·diamo, in prevalenza, testimonianze indirette. 61. METROOORO DI LAMPSACO, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., fu discepolo di Anassagora. È noto per la sua interpretazione di Omero in chiave allegorica, in base alle categorie della filosofia della natura. Di lui ci sono pervenute poche testimonianze. 62. CLIDEMO, vissuto nel v secolo a.C., si occupò di fisica, di meteorologia e di botanica. Di lui abbiamo solo poche testimonianze, che non ct permettono di dargli una precisa collocazione teoretica.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
63. IDEO DI IMERA, contemporaneo di Anassagora, appartiene ai cosiddetti Fisici eclettici. Di lui abbiamo pochissime testimonianze. 64. DIOGENE DI APOLLONIA, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C. è il più cospicuo dei Fisici eclettici. Tentò una mediazione fra Anassiment: ed Anassagora. Oltre a testimonianze, ci sono pervenuti frammenti del suo trattato Sulla natura (cfr. voce). 65. CRATILO DI ATENE, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., fu seguace estremista della dottrina di Eraclito, e fu, in un primo momento, maestro di Platone. Di lui abbiamo solo poche testimonianze. 66. ANTISTENE L'ERACLITEO, di età imprecisabile. Di lui abbiamo pochissime testimonianze. 67. LEUCIRPO DI ASDERA (o DI ELEA), vissuto nel v secolo a.C., fu il fondatore dell'atomismo. Di lui ci sono pervenute testimonianze ed un paio di frammenti (cfr. voce). 68. DEMOCRITO DI ABDERA, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., è il sistematore dell'atomismo. Oltre ad un gran numero di testimonianze, ci è giunto un cospicuo numero di frammenti (cfr. voce). 69. NESSA DI CHIO, vissuto fra il v e il IV secolo a.C., fu discepolo di Democrito. Di lui sappiamo pochissimo. 70. METRODORO DI 0110, vissuto fra la fine del v secolo e la pri· ma metà del IV a.C., fu discepolo di Democrito. Ci sono pervenuti alcune testimonianze e qualche frammento. 71. DIOGENE DI SMIRNE, fu discepolo di Metrodoro e maestro di Anassarco. Di lui conosciamo pochissimo. 72. ANASSARCO DI ABDERA, fiorito poco dopo la metà del IV secolo, fu discepolo di Diogene di Smirne. Fu maestro e amico di Pirrone. Di lui possediamo soprattutto testimonianze. 73. ECATEO DI ABDERA, vissuto verso la fine del secolo IV a.C., fu scolaro di Pirrone. Fu anche famoso grammatico. Di lui possediamo testimonianze e alcuni frammenti. 74. APOU.ODORO DI CIZICO, fu un seguace di Democrito, di età incerta. Su di lui abbiamo pochissime testimonianze. 75. NAUSIFANE DI TEO, fu discepolo di Pirrone, ma seguace delle dottrine democritee, e, a sua volta, fu maestro di Epicuro. Ci sono giunti alcune testimonianze e frammenti dell'opera dal titolo Tripode, di carattere metodologico (cfr. voce). 76. DIOTIMO DI TIRO, è un filosofo democriteo, di epoca non ben determinabile. Di lui sappiamo poco. 77. BIONE DI ABDERA, fu un democriteo della seconda metà del IV secolo a.C. Di lui abbiamo solo pochissime testimonianze. 78. BOLO DI MENDE, fu considerato, in passato, un filosofo democriteo del 111 secolo a.C. Ora, invece, viene identificato con un Egiziano, nativo appunto di Mende sul delta del Nilo, vissuto dopo il 200 a.C., di cultura ales-
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PRESOCRATICI
sandrina e vicino al pitagorismo. (Pare che egli stesso si sia voluto denominare Bolo Democrito, donde gli equivoci). C) Antica Sofistica 79. NOME E CONCETTO DI SOFISTICA. Sotto questo titolo vengono riportate in Diels-Kranz testimonianze di Aristotele, Plutarco, Platone, Senofonte ed Aristide. 80. PROTAGORA DI ABDERA, vissuto nel v secolo a.C., è uno dei grandi corifei - sotto certi aspetti forse il maggiore - della sofistica. Di lui ci sono giunti testimonianze, frammenti ed imitazioni (cfr. voce). 81. SENIADE DI CORINTO, di epoca non determinabile. Ci è noto solo attraverso un paio di testimonianze che lo presentano come sostenitore di idee scetticheggianti. 82. GORGIA DI LEONTINI, vissuto nel secolo v a.C. è fra i maggiori Solisti. Oltre a testimonianze indirette, ci sono giunte delle riduzioni in compendio del suo trattato Sulla natura o sul non essere, e inoltre l'Encomio di Elena, la Difesa di Parmenide e frammenti vari. 83. LICOFRONE, è un Solista, probabilmente formatosi alla scuola di Gorgia e vissuto nella prima metà del IV secolo a.C. Di lui ci sono giunte solo poche testimonianze. 84. PRODICO DI CEO, fu un Solista attivo nella seconda metà del v se<:olo a.C. Socrate lo dice scherzosamente suo maestro. Ci sono giunti testimonianze e frammenti, fra cui spicca quello dello scritto dal titolo Horai. contenente la celebre narrazione di Eracle al bivio (cfr. voce). 85. TRASIMACO DI CALCEDONIA, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., appartiene alla corrente dei Solisti-politici. Di lui ci sono giunti testimonianze ed alcuni frammenti. 86. IPIPIA DI ELIDE, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., appartiene alla cosiddetta corrente naturalistica della Sofistica. Ci sono giunte testimonianze ed alcuni frammenti. 87. ANTIFONTE SOFISTA, fu attivo verso la fine del v secolo a.C. Ci ~ono giunti testimonianze e frammenti dalla sua opera Della verità, fra i quali spiccano quelli restituitici dai papiri scoperti ad Ossirinco (cfr. voce). 88. CRIZIA DI ATENE, vissuto nel v secolo a.C., appartiene alla corrente dei Solisti-politici. Oltre a testimonianze indirette, ci sono pervenuti frammenti poetici e frammenti in prosa. 89. ANONIMO DI GIAMBLICO. Sotto questo titolo viene riportata una sezione del Protrettico di Giamblico (cfr. voce), che riproduce idee sofistiche di autore non identificabile con certezza. 90. RAGIONAMENTI DUPLICI. ~ uno scritto pervenutoci senza titolo e senza nome dell'autore, che riproduce le idee e la metodologia protagorea . •
Edizioni dei frammenti
- H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, Griecbiscb und Deutscb, 3 voli., Weidmann, Berlin 1951-19526. (La prima edizione del Diels
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
è del 1903. La struttura definitiva fu data all'opera dal Kranz, con la sesta citata. Tutte le successive edizioni riproducono la sesta). A questa edizione si fa sempre riferimento nelle citazioni dei filosofi presocratici. Esse vengono espresse da un primo numero che è quello corrispondente al capitolo che il filosofo occupa nella raccolta e che è quello da noi indicato), seguito dalla lettera alfabetica maiuscola A o B o C, seguita, a sua volta, da un altro numero. Si tenga presente che con la lettera A vengono indicate le testimonianze indirette sulla vita, sugli scritti e sul pensiero del filosofo; con la lettera B vengono indicati i frammenti diretti, ossia dei testi originali del filosofo o riconosciuti come tali dall'editore; con la lettera C vengono indicate le imitazioni. L'ultima cifra, infine, indica il numero della testimonianza o del frammento o dell'imitazione, nell'ambito di ciascun autore. (Solo in casi di necessità si indicano anche il volume, la pagina e la riga o le righe dell'edizione Diels-Kranz). Poiché ormai anche l'edizione Diels-Kranz, benché rimanga nel suo genere un capolavoro, comincia per molti aspetti a sentire il peso dei suoi anni, la casa editrice «La Nuova Italia» di Firenze ha programmato, nella sezione « Filosofia Antica » della « Biblioteca di Studi Superiori », una serie di aggiornamenti dei principali capitoli del Diels-Kranz, cercando di rimanere programmaticamente fedele alla linea dei due autori. Essa ha già pubblicato numerose edizioni dei singoli Presocratici con monografìe introduttive, testo greco, che spesso amplia e completa l'area dossografìca del Diels, traduzione italiana e commento a cura di vari specialisti (D. Lanza, M. Marcovich, R. Mondolfo, G. Reale, M. Timpanaro Cardini, M. Unterstei• ner ). Talune di queste edizioni sono cospicue sia sul piano critico, sia su quello esegetico (ne daremo conto sotto i nomi dei relativi filosofi: dr. !onici, Eraclito, Pitagorici, Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso, Anassagora, Solisti). Sotto queste voci daremo conto anche di eventuali altre edizioni monografìche. Una raccolta ispirata invece a criteri del tutto differenti rispetto a quella del Diels-Kranz ha proposto Giorgio Colli, in un'opera programmata in undici volumi, ma dei quali solo i primi due sono stati portati a termine dall'autore, prima della sua improvvisa morte: - G. Colli, La sapienza greca, Adelphi, Milano 1977-1978: vol. 1: Dioniso, Apollo, Eleusi, Orfeo, Museo, Iperborei, Enigma. vol. II: Epimenide, Ferecide, T alete, Anassimandro, Anassimene, Ono· macrito. A giudicare dai due volumi apparsi, l'intento del Colli era quello di sovvertire completamente l'impianto tradizionale in cui son collocati i Presocratici, che è dovuto in gran parte a quanto Aristotele ci ha detto di loro e al come li ha interpretati. L'operazione, tuttavia, non è condotta con quei metodi già inaugurati da qualche tempo (per esempio dal Cherniss con la sua celebre opera, Aristotle's Criticism of Presocratic Philosophy, che è del 1935 [New York 19642 ]), che potremmo chiamare critici, bensi con un metodo che veramente è il caso di chiamare rivoluzionario. Purtroppo ad Aristotele, come nuovo garante, viene sostituito Nietzsche, cosicché, ciò che dal Colli
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PRESOCRATICI
ci viene proposto è l'esatta antitesi del Diels-Kranz. Come tale, tuttavia, la raccolta del Colli si presenta assai stimolante, soprattutto per quei -persomggi che sono portatori della sapienza pre-filosofica (che per Colli è la vera sapienza), che in Diels-Kranz sono piuttosto trascurati. L'opera, oltre al testo critico, presenta la traduzione, introduzioni e note di commento, nonché la bibliografia. ©Lessico Un lessico fondamentale è stato redatto dal Kranz, e si trova, insieme agli Indici dei nomi e dei passi redatti dal Diels e rivisti dallo stesso Kranz, nel vol. III dei Vorsokratiker ... : - W ortindex von W. Kranz, N amen- und Stellenregister von H. Diels ergiinzt von W. Kranz, Berlin 1952, più volte ristampato. ©Commentari I commentari sono contenuti in genere nelle edizioni monografiche di cui diamo conto alle voci: lonici, Eraclito, Pitagorici, Senofane, Parmenide, Zenone, Melissa, Anassagora, Sofisti. In particolare le edizioni pubblicate nella già citata << Biblioteca di Studi Superiori >> de La Nuova Italia costituiscono dei sistematici e analitici commentari al Diels. Una buona guida sintetica alla lettura del Oiels-Kranz si trova, invece, m:
- K. Freeman, The Pre-Socratic Philosophers, A Companion to Diels, Fragmente der V orsokratiker, Blackwell, Oxford 1946, più volte ristampato_
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Traduzioni
Un'eccellente traduzione tedesca dei soli frammenti (con esclusione, quindi, delle testimonianze indirette) si trova in Diels-Kranz, ed è stata finora un modello e un punto di riferimento obbligato, anche se ora risente alquanto del peso degli anni. Una traduzione italiana di tutto il materiale che si trova nel Diels-Kranz (sia delle testimonianze indirette, sia dei frammenti, sia delle imitazioni) si trova nel volume coordinato da G. Giannantoni e con la collaborazione di diversi specialisti per gli Editori Laterza: - I Presocratici, Testimonianze e frammenti, 2 voli., Bari 1969; 198!3. Questi due volumi, che mantengono lo stesso taglio dei volumi del DielsKranz, raccolgono e completano quanto già era stato pubblicato nella collana «Filosofi Antichi e Medievali» del medesimo editore, eliminando, però, i commenti. (Le vecchie edizioni monografiche, di cui diamo conto sotto e alle singole voci, sono, dunque, da riconsultare). Questi volumi, nella misura in cui danno tutto il Diels-Kranz, sono, in ogni caso, utilissimi. Ecco il nome dei traduttori e i corrispondenti autori tradotti: G. Gian n a n t o n i : Orfeo (1), Museo (2), Epimenide (3), Esiodo (4), Foca (5), Cleostrato (6), Ferecide di Siro (7), Teagene (8), Arcesilao (9), I sette Sapienti ( 10), Eraclito (22), Empedocle (31), Boida (34), Trasialce (35), Damone (55), Eno-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
pide (41), lppocrate di Chio (42), Eschilo (42), Metrodoro di Lampsaco (61), Clidemo (62), Cratilo (65), Antistene Eracliteo (66). R. L aure n t i Talete (11), Anassimandro (12), Anassimene (13), Ippone (38), Anassagora (59), Archelao (60), Diogene di Apollonia (64). A. M a d d a l e n a : Pitagora (14), Cercope (15), Petrone (16), Brontino (17), lppaso (18), Callifonte (19), Democede (19), Parmenisco (20), Epicarmo (23), Alcmeone (24), lcco (25), Parone (26), Aminia (27), Menestore (32), Xuto (33), Ione di Chio (36), Falea (39), lppodamo (39), Policleto (40), Teodoro (43), Filolao (44), Eurito (45), ArchipP<> (46), Liside (46), Opsimo (46), Archita (47), Ocello (48), Timeo (49), lceta (50), Ecfanto (51), Senofilo ·(52), Diocle (53), Echecrate (53), Polimnesto (53), Fantone (53), Arione (53), Proro (54), Amicla (54), Clinia (54), Damone (55), Finzia (55), Simo (56), Mionide (56), Eufranore (56), Licone (57), Scuola Pitagorica ·{58). (Le traduzioni del Maddalena di questi autori erano già comparse nel volume: I Pitagorici, Bari 1954). P. A l ber t e 11 i : Senof~e di Colofone (21), Parmenide (28), Zenone (29), Melisso (30). ·(Le traduzioni di P. Albertelli di questi autori erano già comparse nel volume: Gli Eleati, Testimonianze e frammenti, Bari 1939, con un buon commento). V.E. Alfieri Leucippo (67), Democrito (68), Nessa (69), Metrodoro di Chio (70), Diogene di Smirne (71 ), Anassarco (72), Ecateo di Abdera (73), Apollodoro (74), Nausifane (75), Diotimo di Abdera (76), Bione di Abdera (77), Bolo (78). (Le traduzioni di V.E. Alfieri di questi autori erano già comparse nel volume: Gli Atomisti, Frammenti e testimonianze, Bari 1936, ·con un buon commento). M. T i m p a n a r o C a r d i n i : Antica Sofistica, nome e concetto (79), Protagora (80), Seniade (81 ), Gorgia (82), Licofrone (83), Prodico (84), Trasimaco (85), Ippia (86), Antifonte Sofista (87), Crizia (88), Anonimo di Giamblico (89), Ragionamenti duplici (90). (Le traduzioni di M. Timpanaro Cardini di questi autori ·erano già comparse nel volume: I Sofisti, Testimonianze e frammenti, Bari 1954 ). Sono da tenere presenti anche le seguenti traduzioni parziali: - Q. Cataudella, I frammenti dei Presocratici, Cedam, Padova 1958, '(arri va fino a Melisso). - A. Pasquinelli, I Presocratici, Frammenti e testimonianze, con introduzione, traduzione e note, Einaudi, Torino 1958; 19672 ; 19733 (arriva anche ·essa fino a Melisso; tuttavia, a differenza della versione del Cataudella, questa del Pasquinelli è arricchita di un commentario sobrio, ma sostanzioso e ben documentato, e si allontana in parte dal Diels-Kranz). Chiara ed elegante è pure la traduzione del Colli nell'edizione sopra citata, che si allontana del tutto da quella del Diels-Kranz.
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PRESOCRATICI
Altre traduzioni italiane saranno indicate alle voci: l onici, Eraclito, Pitagorici, Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso, Anassagora, Sofìsti, Atomisti. Segnaliamo, infine, due traduzioni di rilievo: - K. Freeman, Ancilla to the Pre-Socratic Philosophers, A Complete Translation o/ the Fragments in Diels, Fragmente der Vorsokratiker, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1962. - Los fil6sofos presocrtiticos, 3 voli., Editoria! Gredos, Madrid 19781980 (i traduttori sono: N.L. Cordero, E. La Croce, V.E. Julia, C. Eggers Lan, F.}. Olivieri, A. Poratti, M.J. Santa Cruz de Prunes). *Letteratura
critica
Fra le molte opere scritte sui Presocratici, considerati sia nel loro insieme sia nelle loro concezioni di fondo, indichiamo le seguenti, utili sotto vari rispetti e in gran parte fra loro integrantisi: - J. Burnet, Early Greek Philosophy, London 1892, opera più volte riedita. (L'opera è anche tradotta in tedesco da E. Schenkl, Die Anfiinge deT' griechischen Philosophie, Berlin 1913 e in francese da A. Reymond, L'Aurore de la philomphie grecque, Paris 1952). - A. Covotti, I Presocratici, Napoli 1934. - H. Cherniss, Aristotle's Criticism of Presocratic Philosophy, Baltimore 1935; New York 19642. - M. Gentile, La metafisica presofistica, Padova 1939. - W. Nestle, Vom Mythos zum Logos, Die Selbstentfaltung des griechischen Denkens von Homer bis auf die Sophistik und Sokrates, Stuttgart 1940 (Aalen 19663). - O. Gigon, Der Ursprung der griechischen Philosophie, Von Hesiod bis Parmenides, Base! 1945; 19682. - W. Jaeger, The Theology of the Early Greek Philosophers, Oxford 1948; edizione tedesca: Dte Theologie der friihen griechischen Denker, Stuttgart 1953; traduzione italiana: La teologia dei primi pensatori greci, Firenze 1961. - R. Baccou, Histoire de la science grecque de Thalès à Socrate, Paris 1951. - H. Friinkel, Dichtung und Philosophie des friihen Griechentums, Miinchen 1951; 19622; 19693. - F.M. Cornford, Principium sapientiae, A Study of the Origins o/ Greek Philosophical Thought, Cambridge University Press, 1952. - H. Frankel, W ege und Formen friihgriechischen Denkens, Miinchen 1955; 19602; 19683 • - E. Paci, Storia del pensiero presocratico, ERI, Torino 1957. - G.S. Kirk · J.E. Raven, The Presocratic Philosophers, A Criticai History with a Selection of Texts, Cambridge 1957 (più volte ristampata). - A. Bonetti, Il concetto nella filosofia presocratica, Milano 1960. - J. Kerschensteiner, Kosmos, Quellenkritische Untersuchungen zu den Vorsokratikern, Miinchen 1962.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
-
S. Luria, Anfiinge griechischen Denkens, Berlin 1963. FM. Cleve, The Giants of Pre-Sophistic Greek Philosophy, An Attempt to Reconstruct their Thoughts, 2 voli., The Hague 1965. - G.E.R. Lloyd, Polarity and Analogy, Two Types of Argumentation in Early Greek Thought, Cambridge 1966. - AA.VV., Um di e Begriffswelt der V orsokratiker, Herausgegeben von H.G. Gadamer, Darmstadt 1968. - C. Ramnoux, Etudes présocratiques, Paris 1970. - AA.VV., Studies in Presocratic Philosophy, Edited by D.J. Furley and R.E. Allen, vol. 1: The Beginnings of Philosophy; vol. Il: The Eleatics and Pluralist, Routledge & Kegan Pau!, London 1970-1975. - M.L. West, Early Greek Philosophy and the Orient, Oxford 1971. - M.G. Stokes, One and Many in Presocratic Philosophy, Harvard University Press, 1971. - G. Martano, Contrarietà e dialettica nel pensiero antico. l: Dai Milesi ad Antifonte, Napoli 1972. - AA.VV., The Pre-Socratics, A Collection of Criticai Essays, Edited by A.P.D. Mourelatos, Anchor Press, Doubleday, Garden City (N.Y.) 1974. - J. Barnes, The Presocratic Philosophers, 2 voli., London 1979. *Bibliografie, aggiornamenti
stato
delle
varie
questioni
e
Il panorama più completo sullo stato degli studi sui Presocratici e le bibliografie più ricche sui medesimi si trovano negli aggiornamenti italiani al vol. I, l e 2 della celebre opera: - E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung, la cui ultima edizione, curata dallo Zeller medesimo, è del 1891. Nell'edizione italiana, i due tomi del primo volume sono diventati sei volumi, ·di cui cinque già pubblicati. Diamo le indicazioni precise di ciascuno di questi volumi con le abbreviazioni di cui facciamo uso: - E. Zeller, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I, I Presocratici, traduzione sull'ultimo testo originale dell'Autore (5' edizione tedesca) e aggiornamenti oltre alla 6" e 7" edizione tedesca a cura di R. Mondolfo, Vol. 1: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, La Nuova Italia, Firenze 1943 (abbrev.: Zeller-Mondolfo, l, 1). - E. Zeller, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte l, I Presocratici, Vol. Il: !onici e Pitagorici, a cura di R. Mondolfo, La Nuova Italia, Firenze 1938; 19502 (abbrev.: Zeller-Mondolfo, I, 2). - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I, Vol. III: Eleati, a cura di G. Reale, La Nupva Italia, Firenze 1967 (abbrev.: Zeller-Reale). - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I, Vol. IV: Eraclito, a cura di R. Mondolfo, La Nuova Italia, Firenze 1961 (abbrev.: Zeller-Mondolfo, I, 3). - E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I, Vol. V: Empedocle, Atomisti, Anassagora, a cura di A. Capizzi, La Nuova Italia, Firenze 1969 (abbrev.: Zeller-Capizzi).
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PRESOCRATICI/PROCLO
Manca ancora, per il momento, il volume relativo ai Solisti, per dr. voce.
quali
PRISCIANO DI LIDIA,. filosofo neoplatonico della scuola di Atene, del VI secolo d.C.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Metafrasi di Teo/rasto Metaphrasis in Theophrastum 2. Problemi e soluzioni a Cosroe Solutiones ad Chosroem Alcuni studiosi hanno sostenuto che sia probabilmente di Prisciano anche il Commentario al trattato Sull'anima di Aristotele, giuntoci sotto il nome di Simplicio (una tesi ventilata addirittura già agli inizi del '600 da Francesco Piccolomini ). • Queste opere sono pubblicate nel Supplementum Aristotelicum, I, 2 (dr. indicazioni analitiche alla voce Commentari Greci di Aristotele); dr. anche voce Simplicio.
*-
F. Bossier - C. Steel, Priscianus Lydus en de « I n de anima » van Pseudo (?) Simplicius, in « Tijdschrift voor Filosofie», 34 (1972), pp. 761822. - l. Hadot, Le problème du néoplatonisme alexandrin: Hiéroclès et Simplicius, Paris 1978; in particolare si veda l'appendice, pp. 193-204. - C.G. Steel, The Changing Self, A Study on the Soul in Later Neoplatonism: Iamblichus, Damascius and Priscianus, Briissel 1978.
PRISCO DI TESPROZIA o DI MOLOSSIA: dr. Neoplatonici, IV, 4. PROCLINO PLATONICO, filosofo del m secolo d.C., compilatore di sillogi, e già dagli antichi giudicato privo di originalità (dr. Longino, presso Porfirio, Vita di Platino, 20).
PROCLO DI COSTANTINOPOLI, filosofo neoplatonico della scuola di Atene, nato intorno al 410 e morto nel 485 d.C.
O
Catalogo delle opere pervenuteci
Della sua imponente produzione, il più recente catalogo, compilato da R. Beutler, presenta titoli di una cinquantina di opere (commentari a Platone ed a Plotino, scritti di carattere teoretico, opere di matematica e di astronomia, scritti di teurgia e di religione, commenti ad Omero e ad Esiodo, scritti poetici e letterari). Ci sono pervenute integralmente o quasi una ventina di opere di cui alcune in traduzione latina. Alcune di queste opere sono però di incerta attribuzione. Di alcune altre, infine, possediamo frammenti. Diamo l'elenco degli scritti pervenutici: l. Commentario al Timeo di PlaIn Platonis Timaeum ton e
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
2. Commentario alla Repubbltca di Platone J. Commentario al Parmenide di Platone (la parte finale che mancava in greco è stata di recente scoperta da Klibansky in versione latina) 4. Commentario all'AJcibiade prtmo di Platone 5. Commentario al Cratilo di Platone 6. Elementi di teologia
7. Elementi di fisica 8. Teologia platonica, in sei libri (riguardanti rispettivamente: una introduzione alla teologia di Platone, l'Uno, l'Ente, la Potenza, il Nous, la Psyché e la Physis) 9. Dieci problemi sulla provvidenza 10. Sulla provvidenza, sul fato e sulla libertà 11. Sulla realtà dei mali 12. Sul primo libro degli Elementi di Euclide 13. Commento al primo libro della Introduzione all'aritmetica di N icomaco (Il Beutler ne difende la autenticità, ma si veda quanto diciamo a questo riguardo al numero 13 del par. seg.) 14. Schizzo delle teorie astronomiche 15. Parafrasi dei quattro libri di T olomeo 16. Interpretazione dei quattro libri di T olomeo (di probabile autenticità) 17. Sulle eclissi (in trad. latina) 18. La sfera (di discussa autenticità) 19. Inni 20. Estratti di Fozio dalla Crestomazia
In Platonis Rem publicam In Platonis Parmenidem
In Platonis AJcibiadem primum I n Platonis Cratylum Elementatio theologica (o I nstitutio theologica) Elementatio physica (o Institutio physica) In Platonis theologiam
De decem dubitationibus circa Providentiam De providentia et fato et eo quod in nobis De malorum subsistentia In primum Euclidis elementorum librum commentarii In Nichomachi Arithmeticae Introductionis librum primum
Astronomicarum positionum hypotyposis I n Ptolemaei T etrabiblon paraphrasis In Ptolemaei Tetrabiblon interpreta/io De eclipsibus Sphaera Hymni Chrestomathia
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PROCLO
Sono stati inoltre raccolti frammenti in particolare: a. Sulla eternità del mondo contro i Cristiani b. Sul sacrificio e la magia c. Sulla filosofia caldaica d. Scoli alle Opere e i giorni di Esiodo e. Commentari alle Enneadi di Piotino f. Sul genere epistolare (di discussa autenticità) Per ulteriori indicazioni dr. il già XXIII, l (1957), coli. 191-208.
e <.D E d i z i o n i
di alcune opere, delle quali ricordiamo De aeternitate mundi contra Christianos De sacrificio et magia De philosophia Chaldaica Scholia in Hesiodi Opera et dies I n Plotini Enneades De conscribendis epistolis citato catalogo del Beutler in R.E.,
e t r a d u z i o n i g e n e r a l i e p a r ti c o l a ri
Un'edizione generale è stata pubblicata nel secolo scorso negli anni '20 e successivamente riedita con correzioni e aggiunte: - V. Cousin, Procli Opera [ ... ], 6 voli., Parisiis 1920-1927. -V. Cousin, Procli Philosophi Platonici Opera inedita [ ... ], Parisiis 1864; rist. anast., Minerva G.m.b.H., Frankfurt am Main 1962 (l'edizione, però, non solo non è completa, ma è altresl insufficiente dal punto di vista filologico e testuale: si dovrà quindi ricorrere alle edizioni più recenti dei singoli scritti). Una traduzione inglese di un certo numero di opere si trova in: - K.S. Guthrie, Proclus: Biography, Hymns and Works, Master-key Edition putting the reader in full command of the whole subiect and giving the full Englished text of all relevant inaccessible minor work~, Yonkers [1925?]. Ed ecco le edizioni e traduzioni dei singoli scritti: l. Commentario al Timeo di Platone - E. Diehl, Procli Diadochi In Platonis Timaeum commentario, 3 voli., Lipsiae 1903-1906 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965. - A.]. Festugière, Proclus, Commentaire sur le Timée, Traduction et notes, 5 voll., Vrin C.N.R.S., Paris 1966-1968. 2. C o m m e n t a r i o a Il a Re p u b b l i c a d i P l a t o n e - W. Kroll, Procli Diadochi In Platonis Rem publicam commentarii, 2 voll., Lipsiae 1899-1901 (Bibl. Teubn.); rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965. - A.]. Festugière, Proclus, Commentaire sur la République, Traduction et notes, 3 voll., Vrin, Paris 1970. 3. C o m m e n tar i o a l P arme n i d e d i P l a t o n e - V. Cousin, Procli Philosophi Platonici Opera inedita [ ... ], III, Procli Commentarium in Platonis Parmenidem, Parisii 1864; rist. anast., Olms, Hildesheim 1961.
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La parte finale, giuntaci in traduzione latina, è pubblicata da: - R. Klibansky - C. Labowsky, Parmenides usque·ad finem primae hypothesis nec non Procli Commentarium in Parmenidem, Pars ultima adhuc inedi· ta, Interprete G. de Moerbeka, Londra 1953 (« Plato Latinus », vol. III). - A.E. Chaignet, Proclus le Philosophe, Commentaire sur le Parménide [ ... ], traduit pour la première fois en français [ ... ], 3 voli., Paris 1900-1903; rist. anast., Minerva G.m.b.H., Frankfurt am Main 1962. 4. C o m m e n t a r i o a 11 ' A l c i h i a d e p r i m o d i P l a t o n e - L.G. Westerink, Proclus Diodochus, Commentary on the First Alcibiades o/ Plato, Criticai Text and Indices, North-Holland Publishing Company, Amsterdam 1954. - W. O'Neill, Proclus, Alcibiades I, A Translation /rom the Greek and Commentary, Martinus Nijhoff, The Hague 1965. 5. C o m m e n tar i o a l Crati l o d i P l a t o n e - G. Pasquali, Procli Diadochi In Platonis Cratylum commentario, Lipsiae 1908 (Bibl. Teubn.). 6. E l e m e n t i d i t e o l o g i a - E.R. Dodds, Proclus, The Elements of Theology, Clarendon Press, Oxford 1933; 19632, con introduzione, commento e traduzione inglese a fronte del testo. - M Losacco, Elementi di teologia di Proclo, Carabba, Lanciano 1927. - J. Trouillard, Proclos, Éléments de théologie, Traduction, introduction et notes, Aubier, Paris 1965 7. Elementi di fisica - A. Ritzenfeld, Procli Diadochi Lycii Institutio physica, Lipsiae 1912 (Bibl. Teubn.), con traduzione tedesca a fronte. - H. Boese, Procli Diadochi Lycii Elementatio physica, Die mittelalterliche Obersetzung der 1:-roc.xEI.w
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PROCLO
losophie ,., 1), De Gruyter, Berlin 1960 (contiene anche eccellenti Indices, pp. 273-343). -D. Isaac, Proclus, Trois études sur la Providence, I-III, Texte établi et traduit, Paris 1977-1982 (Coli. Budé). 12. Su l primo l i br o d egli E l e m e n t i d i Eu cl i d e - G. Friedlein, Procli Diadochi In primum Euclidis Elementorum librum commentarii, Lipsiae 1873; rist. anast., Olms, Hildesheim 1967 (Bibl. Teubn.). - P. Ver Eecke, Proclus de Lycie, Les commentaires sur le premier livre des Éléments d'Euclide, Traduits pour la première fois du grec en français avec une introduction et des notes, Desclée de Brouwer, Bruges 1948. - G.R. Morrow, Proclus Diadochus, A Commentary on the First Book of Euclid's Elements, Translated with Introduction and Notes, Princeton University Press, Princeton (N. Y.) 1970. - M. Timpanaro Cardini, Proclo, Commentario al I libro degli « Elementi,. di Euclide, Introduzione, traduzione e note («Biblioteca degli Studi Classici ed Orientali», 10), Giardini Editore, Pisa 1978 13. C o m m e n t o a l primo l i br o d e li a I n t r o d u zio n e a ll'aritmetica di Nicomaco Quest'opera, rivendicata a Proclo da alcuni studiosi e soprattutto dal Beutler, era considerata dai più di Filopono e da alcuni di Proclo Procleio. I più recenti studi del Westerink (dr. voce Filopono) confermano, con solidi argomenti, che si tratta effettivamente di opera di Filopono. 14. Schizzo d e Il e t e or i e astro n o m i c h e - C. Manitius, Procli Diadochi Hypotyposis astronomicarum positionum, Lipsiae 1909; rist. anast., 1974 (Bibl. Teubn.), con traduzione tedesca e commento. 15. Para f rasi d e i quattro l i br i d i T o l o m e o - L. Allatius, Procli Paraphrasis in IV libros Ptolemaei de siderum affectionibus, Leyden 1635 e 1654. -]. Ashmand, Ptolemy's Tetrabiblos or Quadripartite, Being Four Books of the Influence of the Stars, Newly Translated /rom the Greek Paraphrase of Proclus, London 1822. 16. I n t e r p r e t a z i o n e d e i q u a t t r o l i b r i d i T o l o m e o Esiste un'edizione pubblicata a Basilea nel 1559, con traduzione latina. 17. Sulle eclissi - Per le indicazioni bibliografiche relative alle due versioni latine pervenuteci (probabilmente condotte sullo stesso originale greco) dr. Rosan, sotto cit., pp. 50 e 249. 1,8. L a s f e r a - ]. Bainbridge, Procli Sphaera, Londini 1620. Di quest'opera è stata fatta una incredibile quantità di edizioni, soprattutto nel 1500 (dr. Rosan, op. cit., pp. 252 sg.). - l. Danti, Sfera di Proclo Licio, Stamperia dei Giunti, Firenze 1573.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
19. Inni L'edizione fondamentale degli Inni, è quella di: - E. Vogt, Procli Hymni, Accedunt hymnorum /ragmenta, epigrammata, scholia, fontium et locorum similium apparatus, indices, ( « Klassisch-philologische Studien », Heft 18), Harrassowitz, Wiesbaden 1957 (alle pp. 20-22 si può vedere l'elenco completo delle precedenti edizioni). - L.A. Michelangeli, Gli Inni di Proclo, Bologna 1885. - D. Giordano, Proclo, Inni («Il Melograno »), Edizioni Fussi-Sansoni, Firenze 1957. 20. Es tra t t i d i F ozi o d a Il a C resto m az i a - A. Severyns, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, 4 voli., ( « Bibliothèque de la Faculté de Phi!osophie et Lettres de l'Université de Liège », Fase. 78; 79; 132; 170), Liège-Paris 1938-1963 (con traduzione francese e commento). Per quanto concerne le edizioni dei frammenti sono da segnalare: a) Sulla eternità del mondo contro i Cristiani I frammenti e le testimonianze relative al trattato Sulla eternità del mondo si trovano nel De aeternitate mundi di Giovanni Filopono, scritto in risposta appunto a Proclo (dr. voce Filopono). Una traduzione inglese si trova in: - T. Taylor, The Fragments that Remain of the Lost Writings of Proclus, London 1925. b) Sul sacrificio e la magia - J. Bidez, Proclus, IIEpt -ti')ç xaD"'E).J..T}vaç tEpa-t~xi')ç "tÉXVT}ç, in Catalogue des manuscrits alchimiques Grecs, VI, Bruxelles 1928, pp. 137-151. c) Sulla filosofia caldaica - A. Jahn, Eclogae e Proclo De Philosophia Chaldaica sive de doctrina oraculorum Chaldaicorum, Halle 1891. - Rosan, [op. sotto cit.], p. 246 segnala due traduzioni inglesi. o) Sco l i a L e opere e i giorni d i Es i o d o - Th. Gaisford, Poetae Graeci minores, Leipzig 1823, voL Il, pp. 3 sgg., 23 sgg. - A. Pertusi, Scholia vetera in Hesiodi Opera et dies, Vita e Pensiero. Milano 1955. e) Commentari alle Enneadi di Plotino - J. Bidez, Un extrait du commentaire de Proclus sur les « Ennéades » de Plotin, in Mélanges Desrousseaux, Hachette, Paris 1937, pp. 11-18. f) Sul genere epistolare - A. Westermann, De conscribendis epistolis libellus, Leipzig 1856. *Letteratura critica - N. Hartmann, Des Proklus Diadochus philosophische Anfangsgrunde der Mathematik nach den ersten zwei Buchern des Euklidkommentars dar-
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PROCLO/PROSENO
gestellt, Giessen 1909; Berlin 19692. (Quest'opera è tradotta anche in fran~ cese col titolo: Principes philosophiques des mathématiques, nel volume di Breton, sotto citato). - A.E. Taylor, The Philosophy of Proclus, in Philosophical Studies, London 1934, pp. 151-191. - L.J. Rosan, The Philosophy of Proclus, The Final Phase of Ancient Thought, New York 1949. - G. Martano, L'uomo e Dio in Proc]o, Napoli-Roma 1952; nuova edizione col titolo, Proclo di Atene, L'ultima voce speculativa del g!'nio ellenico, Napoli 1974. - R. Beutler, Proklos der Neuplatoniker, in R.E., XXIII, l ( 1957), coli. 186-2-17.
- W. Beierwaltes, Proklos, Grundz.iige seiner Metaphysik, Frankfurt am Main 1965; 19792. - G. Santinello, Saggi sull'« umanesimo » di Proclo, Bologna 1966. - P. Bastid, Proclus et le crépuscule de la pensée grecque, Paris 1969. - S. Breton, Philosophie et mathématique chez Proclus, suivi de « Principes philosophiques des mathématiques » par N. Hartmann traduit de l'allemand, par G. de Pesloiian, Paris 1969 (l'opera di N. Hartmann è alle pp. 173-243. - ]. Trouillard, L'Un et l'Ame selon Proclos, Paris 1972 (del Trouillard si vedano anche i numerosi articoli su vari temi procliani, che si troveranno elencati in Bastid, sopra ci t., p. 503 ). - S.E. Gersh, Kinesis Akinetos, A Study of Spiritual Motion in the Philosophy of Proclus, Leiden 1973. - AA.VV., De ]amblique à Proclus, « Entretiens sur l'Antiquité Classi~ que », XXI, Vandoeuvres-Genèvoe 1975 (contiene importanti articoLi di Beierwaltes, Whittaker, Trouillard).
*
Bibliografia in Zeller-Martano [cfr. Neoplatonici], p. 196, e soprattutto in Rosan, op. cit., pp. 245-260.
PRODICO DI CEO: cfr. Presocratici, 84; Sofìsti, 6, e inoltre:
*-
A. Momigliano, Prodico di Ceo e le dottrine sul linguaggio dtr Democrito ai Cinici, in «Atti della Regia Accademia delle Scienze di Torino », 65 ( 1929-1930), pp. 95-107. - S. Zeppi, Studi sulla filosofia presocratica, Firenze 1962 (in particolare cfr. i due saggi dal titolo: Un passo delle «Leggi» e la filosofia di Prodico e L'etica di Prodico, pp. 85-115).
PRORO DI CIRENE: cfr. Presocratici, 54: Pitagorici antichi, 28. PRORO DI CIRENE, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 52. PROSENO PERIPATETICO: cfr. Peripatetici, C, 12; Elenco scolarchi, 20.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
PROTAGORA DI ABDERA: cfr. Presocratici, 80; Sofisti, 2, e inoltre: ,
eGJ -
A. Capizzi, Protagora, Le testimonianze e i frammenti, Edizione riveduta ed ampliata con uno studio sulla vita, le opere, il pensiero e la fortuna, Sansoni, Firenze 1955.
* *
Oltre alle storie della sofistica, che indichiamo alla voce Sofisti, e ,all'introduzione del Capizzi all'op. cit., cfr.: - S. Zeppi, Protagora e la filosofia del suo tempo, Firenze 1961. Bibliografia in Capizzi, op. cit., pp. 415-430 e in Untersteiner, Sofisti ... .[cfr. voce], fase. I, pp. IX-XV.
PROTARCO DI BARGILIA: cfr. Epicurei, B, 7. PSELLO MICHELE, erudito e filosofo bizantino, vissuto nell'xi secolo d. ·C. Rivesti altresl importanti cariche politiche. Ebbe cultura enciclopedica e le sue opere spaziano su svariati campi dello scibile umano. Per lo studioso del pensiero antico-pagano, Psello è utile soprattutto per alcune informazioni, specie di carattere dossografo. Egli ha tuttavia un suo pensiero filosofico, largamente ispirato al neoplatonismo, che rientra, però, nell'amibito della storia della filosofia bizantino-medievale. • Le sue opere si troveranno in: -].P. Migne, Patrologia graeca, CXXII.
*-
A. Covotti, Da Aristotele ai Bizantini, Napoli 1935.
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s SALLUSTIO CINICO, filosofo del v-v1 secolo d.C.; dr. Cinici. 27 c inoltre:
*
Per l'indicazione delle fonti e la ricostruzione del suo pensiero cfr.: - R. Asmus, Der Kyniker Sallustios bei Damascius, in « Neue Jahr· biicher fiir das klassische Altertum », 25 (1910), pp. 504-522.
SALLUSTIO NEOPLATONICO, filosofo del IV secolo d.C., legato a Giuliano imperatore, e, quindi, all'indirizzo della scuola di Pergamo.
Q E autore del trattato Degli Dei e del Mondo, integralmente pervenu· toci.
eGJ - A.D. Nock, Sallustius, Concerning the Gods and the Universe, Edited with Prolegomena and Translation, Cambridge 1926; rist. anast., Olms, Hildesheim 1966. - G. Rochefort, Saloustios, Des Dieux et du Monde, Texte établi et traduit, Paris 1960 (Coli. Budé).
*© Le introduzioni del Nock e del Rochefort sono monogralte precise ed esaurienti. Anche le note complementari del Rochefort, pp. 27-54, sono succose ed utili. SARPEDONTE SCETTICO: dr. Neoscettici, 8. SATIRO DI ALESSANDRIA, vissuto nel
III
secolo a.C. Fu un erudito
di tendenze peripatetiche, autore di biografie.
SATURNINO detto CITENA: cfr. Neoscettici, 18. SCETTICI (dalla seconda metà del
IV
secolo a.C. agli inizi del
d.C.).
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III
secolo
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Gli Scettici si possono distinguere in tre gruppi, che appartengono a trQ momenti diversi, oltre che concettualmente anche cronologicamente, della storia del pensiero an tico. I SCETTICI ANTICHI, costituiti da Pirrone e dai suoi seguaci (cfr. Scettici antichi). II SCETTICI ACCADEMICI o NEOACCADEMICI, da Arcesilao a Carneade e ai numerosi discepoli di questi (dr. Neoaccademici). III NEOSCETTICI e SCETTICI EMPIRICI, da Enesidemo a Sesto Empirico (cfr. Neoscettici). Di tutti gli Scettici ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze, ad eccezione di Sesto Empirico, di cui possediamo cospicue opere, che rappresentano una vera e propria enciclopedia del pensiero e della Weltanschauung dello scetticismo (cfr. Sesto Empirico). • Le testimonianze e i frammenti non sono stati ancora sistemati in una raccolta organica di insieme in adeguata edizione critica. Ci sono alcune raccolte limitate a singoli pensatori (di cui diamo indicazione alle singole voci) ed un'ottima edizione di Sesto (cfr. voce).
GJ© Invece esiste una ricca raccolta di testi in traduzione italiana, relativa all'intero arco della storia dello scetticismo, che costituisce un buon punto di riferimento, anche per le introduzioni a ciascun filosofo e le note brevi, ma utili, di cui è corredata: - A. Russo, Scettici antichi, Utet, Torino 1978 (si noti che il titolo Scettici antichi significa Scettici di tutta l'antichità, e, quindi, non solo il primo gruppo sopra distinto). Quest'opera comprende: Pirrone, Timone, gli Accademici scettici, gli Academica di Cicerone, i Neoscettici, i documenti relativi alla medicina empirica e ai suoi rapporti con Io scetticismo. (Per quanto concerne Sesto Empirico, cfr. voce).
*
Lo scetticismo è uno dei capitoli della storia della filosofia antica che vanta un buon numero di monografie, alcune delle quali di notevole valore. Ecco le più significative: - N. Maccoll, The Greek Sceptics /rom Pyrrho to Sextus, London-Cambridge 1869. - R. Hirzel, Untersuchungen zu Ciceros philosophischen Schriften, III,. Leipzig 1883; rist. anast., Hildesheim 1964 (le prime 250 pagine sono una · ben fondata ricostruzione della storia di tutto Io scetticismo). - V. Brochard, Les sceptiques grecs, Paris 1887; 19593. - A. Goedeckemeyer, Die Geschichte des griechischen Skeptizismus, Leipzig 1905; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1968. - L. Robin, Pyrrhon et le scepticisme grec, Paris 1944. - M. Dal Pra, Lo scetticismo greco, Milano 1950; 2" edizione riveduta ed aggiornata, in 2 voli., Bari 1975. - C.L. Stough, Greek Skepticism, A Study in Epistemology, BerkeleyLas Angeles 1969.
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SCETTICI/SCETTICI ANTICHI
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- A.E. Chatzilysandros, Geschichte der skeptischen Tropen ausgehend von Diogenes Laertius und Sextus Empiricus, Miinchen 1970. - AA.VV., Lo scetticismo antico ( « Atti del convegno organizzato dal Centro di Studio del Pensiero Antico del C.N.R., Roma 5-8 novembre 1980 »), a cura di G. Giannantoni, 2 voli., Bibliopolis, Napoli 1981.
*
Una bibliografia generale ricchissima si troverà in: - L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo u.:•ico (18801978), nel volume: Lo scetticismo ... , sopra citato, pp. 753-850 (pe1 « scetticismo antico» s'intende, qui, tutto lo scetticismo greco e latino).
SCETTICI ANTICHI (seconda metà del
IV-III secolo a.C.). Gli Scettici antichi a noi noti sono i seguenti: l. PIRRONE DI ELIDE, fondatore del movimento (dr. voce). 2. TIMONE DI FLIUNTE, discepolo di Pirrone. Fu il primo a fissare il verbo scettico per iscritto (dr. voce). Conosciamo altri discepoli di Pirrone, ma si tratta di filosofi appartenenti ad altre scuole, come: 3. NAUSIF,ANE DI TEO, dr. Presocratici, 75; Atomisti, 9. 4. ECATEO DI ABDERA, cfr. Presocratici, 73; Atomisti, 7. 5. FILONE DI ATENE, che, come dice Diogene Laerzio (IX, 69), «conversava soprattutto con se stesso» (cfr. anche Timone, fr. 50 Diels); è per noi poco più che un nome. Timone, secondo una tradizione che risale allo scettico Menodoto, sarebbe morto nel 235/230, senza successori. Secondo lppoboto e Sozione, invece, avrebbe avuto allievi e la scuola sa· rebbe continuata con: 6. DIOSCURIDE DI CIPRO, allievo di Timone. 7. NICOLOCO DI RODI, allievo di Timone. 8. EUFRANORE DI SELEUCIA, allievo di Timone. 9. PRAILO DI TROADE, allievo di Timone. 10. EUBULO DI ALESSANDRIA, allievo di Eufranore. 11. TOLOMEO DI CIRENE, allievo di Eubulo. Se anche queste notizie fossero attendibili, questi filosofi sarebbero per noi, in ogni caso, dei puri nomi, senza un loro volto. Con Tolomeo, in ogni modo, lo scetticismo rinasce a nuova vita.
O Di Pirrone ci sono rimaste solo testimonianze indirette, e di Timone, oltre a testimonianze, alcuni frammenti diretti. O(f) Per le edizioni e traduzioni si vedano le due voci Pirrone e Ti-
**
mone.
Si vedano le indicazioni bibliografiche che abbiamo dato alla voce 'Scettici, oltre a quelle che diamo alle voci Pirrone e Timone.
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530
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA.
SCETTICI EMPIRICI: dr. Neoscettici (dr. anche Medici Empirici). SECONDO PITAGORICO, retore e filosofo, detto il «Taciturno,., vis-' suto nella prima metà del
II
secolo d.C.
O Sotto il suo nome ci sono giunte alcune sentenze di scarso valore filosofico, in forma di domanda e risposta. Di lui, inoltre, ci è giunta una Vita che lo descrive appunto come seguace della «vita pitagorica ».
eGJ - Mullach, Fr. Phil. Gr., Il, pp. XXVII sgg. e 512 sgg. - ]. Bachmann, Secundi philosophi taciturni Vita ac Sententiae [ ... ], Berolini 1887. - J. Bachmann, Das Leben und Sentenzen des Philosophen Sekundos [ ... ], Halle 1887. - B.E. Perry, Secundus, the Silent Philosopher, The Greek Li/e of Secundus Critically Edited and Restored so far as Possible T ogether witb T ranslations of t be Greek and Orienta/ V ersions, t be Lati n and Orientai Texts, and a Study of the Tradition (« Philological Monographs », 22), The American Philological Association, New York 1964. SENARCO DI SELEUCIA: dr. Peripatetici, B, 8; Elenco scolarchi, 11. SENECA, LUCIO ANNEO, poeta e pensatore neostoico romano, vissuto nella prima metà del
O
Elenco
1
secolo d.C.
delle
opere
di
carattere
filosofico
Oltre ad opere di carattere prevalentemente letterario, ci sono pervenuti numerosi scritti filosofici, dei quali diamo i titoli e le abbreviazioni relative. Per un elenco di tutte le opere, compresi i titoli di quelle perdute, rimandiamo alla Notizia di A. Marastoni, nella sua traduzione dei Dialoghi, sotto citata, pp. 45 sgg. De providentia l. La provvidenza Pro v. 2. La costanza del sapiente De constantia sapientis Const. 3. L'ira De ira (in tre libri) Ira 4. Consolazione a Marcia Ad Marciam de consolatione Mare. 5. La vita felice De vita beata Vita 6. L'ozio De otio Ot. 7. La tranquillità dell'ani- De tranquillitate animi Tranq. mo 8. La brevità della vita Brev. De brevitate vitae 9. Consolazione a Polibio Ad Polybium de consola/ione Pol. 10. Consolazione alla madre Ad Helviam matrem de con· H el v. Elvia solatione (A questi dieci scritti, la tradizione ha imposto il titolo, non molto felice,
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SCETTICI EMPIRICI/SENECA
di Dialoghi, e qualche editore, tenuto conto che il De Ira parla di Dialoghi in 12 libri complessivi). 11. La clemenza De clementia De beneficiis (in sette li12. I benefici bri) 13. Questioni naturali Quaestiones natura/es (in otto libri) 14. Lettere a Lucilio Ad Lucilium Epistulae mora/es ( 124 lettere divise in 21 libri) 15. Per i titoli delle Tragedie dr. il vol. IV, p. 79, in nota.
e
E dizio ni e resse filosofico
tr
ad uzioni
d e Il e
è in tre libri,. Clem. Bene f. Nat. quaest. Epist.
opere
di
i n t e-
1/10. D i a l o g h i - E. Hermes, L. Annaei Senecae Dialogorum libri XII, Lipsiae 1905 (Bibl. Teubn.). - A. Bourgery - R. Waltz, Sénèque, Dialogues, Texte établi et traduit, 4 voli., Paris 1922-1927 (Coli. Budé), più volte riediti. (l primi due volumi sono curati dal Bourgery e contengono, rispettivamente, il primo, il trattato Sull'ira, il secondo, il trattato Sulla vita felice e Sulla brevità della vita. Il volume terzo, curato dal Waltz, contiene le Consolazioni, e il quarto, curato dallo stesso autore, contiene La provvidenza, La costanza del saggio, La tranquillità dell'animo, e L'ozio). - N. Sacerdoti, Senecae Dialogi, 2 voli., Istituto Editoriale Italiano, Milano s.d. [ma 1969-1971], testo critico con traduzione italiana. Per le traduzioni, oltre quelle già citate, annesse al testo critico, dr.: - R. Del Re, Seneca, Operette morali, 3 voli., Zanichelli, Bologna 1971 (contiene, oltre ai Dialoghi, anche La clemenza, con testo latino a fronte). - A. Marastoni, Seneca, I Dialoghi, Rusconi, Milano 1979. (lvi, nella Bibliografia, si vedranno le indicazioni delle altre traduzioni complete e parziali dei Dialoghi). 11. L a clemenza
- F. Préchac, Sénèque, De la clémence, Texte établi et traduit, Paris 1921; 19673 (Coli. Budé). ar., inoltre, la traduzione italiana di R. Del Re, contenuta nell'opera sopra citata al n. l. 12. I b e n e f i ci - F. Préchac, Sénèque, Des bienfaits, Texte établi et traduit, 2 voli., Paris 19612 (Coli. Budé). Cfr. la traduzione italiana di: - S. Guglielmino, Seneca, I benefici, Zanichelli, Bologna 1968 (con testo· latino a fronte).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
13. Questi o n i natura l i - A. Gercke, L. Annaei Senecae Naturalium quaestionum libri VIII, Lipsiae 1907 (Bibl. Teubn.). 1 - P. Oltramare, Sénèque, Questions naturelles, Texte établi et traduit, 2 voli., Paris 1929 (Coll. Budé). 14. L e t t ere a Luci l i o - L.D. Reynolds, L. Annaei Senecae Ad Lucilium epistulae morales, 2 voll., ·Oxonii 1965 (Bibl. Ox.). - F. Préchac, Sénèque, Lettres à Lucilius, 5 voli., Paris 1956-1964, con traduzione francese di H. Noblot (Coll. Budé). Per le traduzioni italiane cfr.: - B. Giuliano, Seneca, Lettere a Lucilio, 3 voli., Zanichelli, Bologna 1969 •(con testo latino a fronte). - U. Boella, Seneca, Lettere a Lucilio, Utet, Torino 1951; nuova edizione, con testo latino a fronte, 1975. - E. Levi, Seneca, Lettere morali a Lucilio, Bompiani, Milano 1957. 15. Tragedie - L. Herrmann, Sénèque, Tragédies, Texte établi et traduit, 2 voli., Paris 1924-1926 (Coll. Budé). - l.C. Giardina, L. Annaei Senecae Tragoediae, 2 voll. (« Studi pubblicati dall'Istituto di Filologia classica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna», vol. 20), Editrice Compositori, Bologna 1966 (ivi. pp. XXXI-xxxv, sono indicate le precedenti edizioni). Una buona traduzione italiana è quella di: - E. Paratore, Seneca, Tragedie, Roma 1956. ©Commentari Menzioniamo, anche se molto invecchiata, la seguente edizione, ancora utile per alcuni aspetti del commento, dato anche che è stata di recente ristampata: - M.N. Bouillet, L. Annaei Senecae Opera philosophica, 5 voll., Parisiis 1827-1830; rist. anast., Paideia, Brescia 1972-1978. Si veda soprattutto: - G. Scarpat, Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, Libro primo, testo, introduzione, versione e commento, Paideia Editrice, Brescia 1975 (ogni epistola è ampiamente introdotta e riccamente illustrata). ©Lessici e Indici Una guida lessicale-concettuale di carattere introduttivo è: - A.L. Motto, Guide to the Thought of Lucius Seneca, Amsterdam 1970 '(si rifà, purtroppo, ai termini tradotti in inglese e non agli originali). Di carattere scientifico sono, invece, i seguenti lessici: - A. Pittet, Vocabulaire philosophique de Sénèque, (A-C), Paris 1937. A cura del laboratorio di analisi statistica delle lingue antiche, della Facoltà di Filosofia e Lettere dell'Università di Liegi, sono in corso di pubblicazione, sotto la direzione di L. Delatte ed :e. :evrard, con la collaborazione
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S~ECA/SENIADE
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di vari autori, indici delle parole e dati statistici, relativi alle singole opere, in vari volumi: - Sén~que, lndex verborum, Relevés statistiques, Liège-La Haye 1962 sgg.
A cura dell'Istituto di Studi Latini della Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Parigi, sotto la direzione di P. Grimal, e con la collaborazione di vari specialisti, sono in corso di pubblicazione: - L. Annaei Senecae Operum moralium concordantiae, PUF, Paris 1965 sgg. - R. Busa - A. Zampolli, Concordantiae Senecanae, 2 voll., Olms, Hilde· sheim-New York 1975 (completo). - W.A. Oldfather - A.S. Pease - H.V. Canter, lndex verborum quae in Senecae fabulis necnon in Octavia praetexta reperiuntur, Urbana 1918; rist. anast., Olms, Hildesheim 1964. *Letteratura critica sul pensiero di Seneca C. Marchesi, Seneca, Milano 1924; 19443. - M. Gentile, I fondamentt metafisici della morale di Seneca, Milano 1932. - P. Grimal, Sénèque, Sa vie, SO'I oeuvre, avec un exposé de sa philosophie, Paris 1948; 19572; 19663. - l. Lana, Lucio Anneo Seneca, Torino 1955. - G. Scarpat, La lettera 65 di Seneca, Brescia 1965; 19702. - H. Cancik, Vntersuchungen zu Senecas Epistulae Mora/es, Hildesheim 1967. - I. Hadot, Seneca und die griechisch-romische Tradition der Seelenleitung, Berlin 1969. - G.G. Meersseman, Seneca maestro di spiritualità nei suoi opuscoli apocrifi dal XII al XV secolo, in « Italia medioevale ed umanistica », 16 (1973 l, pp. 43-135. - A.J. Voelke, L'idée de volonté dans le stolcisme, Paris 1973. - M. Rozelaar, Seneca, Eine Gesamtdarstellung, Amsterdam 1976. - G. Scarpat, Il pensiero religioso di Seneca e l'ambiente ebraico e cri· stiano, Brescia 1977. - M. Berlincioni, Educazione alla sapienza in Se'leca, Brescia 1978. - P. Grimal, Sénèque ou la conscience de l'empire, Paris 1978. Si vedano inoltre: - AA. VV ., Actas del Congreso l 'lternacio'lal de Filosofia en conmemo· racio'l de Séneca en el XIX centenario de su muerte, C6rdoba 7-12 de sept. 1965, 3 voll., C6rdoba-Madrid 1965; 1966; 1967. - AA.VV., Seneca als Philosoph, Herausgegeben von G. Maurach, Darm· stadt 1975. -
*
Per la bibliografia si veda Totok, Handbuch ... , pp. 310-317; cfr. anche Scarpat, Lettere ... , pp. 13-21; Marastoni nella Bibliografia alla sua traduzione dei Dialoghi, cit., pp. 49-54.
SENIADE DI CORINTO: cfr. Presocratici, 81; Sofisti, 3.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
SENOCRATE DI CALCEOONIA, filosofo platonico del lv secolo e terzo scolarca dell'Accademia.
O
Ci sono pervenuti solo frammenti e testimonianze .
• - R. Heinze, Xenokrates, Darstellung der Lehre und Sammlung der • Fragmente, Leipzig 1892; rist. anast., Olrns, Hildesheim 1965.
eGJ© - M. Isnardi Parente, Senocrate-Ermodoro, Frammenti, Edizione, traduzione e commento («La scuola di Platone», Collezione di testi diretta da M. Gigante, Volume terzo), Bibliopolis, Napoli 1982.
*
Una scelta di frammenti in traduzione tedesca si trova in: Nestle, Die Sokratiker ... [dr. voce Socratici], pp. 199-208.
Oltre all'ottimo saggio di R. Heinze, che precede l'edizione, si veda: - H.}. Kramer, Der Ursprung der Geistmetaphysik, Amsterdam 1964, rist. 1967, pp. 21-126. - Zeller - Isnardi Parente [cfr. Accademici antichi], pp. 931-998, dove le note di aggiornamento contengono anche ricchi contributi.
*
In Zeller - Isnardi Parente, loc. cit., si troverà indicata e recensita tutta la letteratura critica sul tema. SENOFANE DI COLOFONE: cfr. Presocratici, 21 e inoltre:
e(]) - M. Untersteiner, Senofane, Testimonianze e frammenti, La Nuova Italia(« Biblioteca di Studi Superiori», 33), Firenze 1956; 19672 •
© - N. Marinone, Lessico di Senofane, Roma 1967; rist. anast., Olrns, Hildesheim-New York 1972.
*-
K. Reinhardt, Parmenides und dte Geschichte der griechischen Philosophie, Bonn 1916; Frankfurt 19592 ; 19773; a pp. 89-154 viene proposta una interpretazione rivoluzionaria del nostro filosofo. - G. Calogero, Senofane, Eschilo e la prima definizione dell'onnipotenza di Dio, in AA.VV., Studi di Filosofia greca, Bari 1950, pp. 31-55. - C. Corbato, Studi Senofanei, in <>, 22 (1952), pp. 179-244. - S. Zeppi, Studi sulla filosofia presocratica, Firenze 1962, pp. 1-56.
*
Stato della questione sui vari problemi concernenti l'interpretazione di Senofane si troverà in Zeller-Reale [cfr. voce Presocratici], pp. 57-164. La bibliografia si troverà, iv i, pp. XIX-XXIII. SENOFILO DI CALCIDE: cfr. Presocratici, 52; Pitagorici antichi, 26. SENOFONTE DI ATENE, scrittore di storia e di argomenti vari. In gioventù fu discepolo di Socrate. Visse a cavaliere fra il v e il IV secolo a.C.
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.535
SENOCRATE/SESTO ErdPIRICO
Q Delle sue opere pervenuteci, interessano allo studioso di filosofia: Commentarii l. Memorabili di Socrate Oeconomicus 2. Economico 3. Simposio 4. Apologia di Socrate
Convivium Apologia Socratis
• La più diffusa edizione critica di queste opere è quella di: - E.C. Marchant, Xenophontis Opera Omnia, Tomus Il: Commentarii, Oeconomicus, Convivium, Apologia Socratis, Oxonii 1901; 19212, più volte ristampata.
©
Un lessico dei Memorabili è stato curato da: C.M. Cloth - M.F. Kellogg, lndex in Xenophontis Memorabilia, Ithaca 1900; rist. anast., Olms, Hildesheim 1968. Utile, anche se molto vecchio, è: - G.K.A. Thieme - F.W. Sturz, Lexicon Xenophonteum, 4 voli., Lipsiae 1801-1804. -
Q) Tutti gli scritti socratici sono stati tradotti di recente in italiano da: - R. Laurenti, Seno/onte, Le opere di Socrate (Memorabili, Convivio, Apologia di Socrate, Economico), Cedam, Padova 1961; riedite nel Socrate a cura di Giannantoni [dr. voce Socrate], pp. 75-269. Le tre ultime sono tradotte anche da: - L. Montoneri, Senofonte, Scritti socratici (Economico, Simposio, Apologia di Socrate), Patron, Bologna 1964; 19762.
© - O. Gigon, Kommentar 1.um ersten Buch von Xenophons Memorabilien, Base! 1953. - O. Gigon, Kommentar 1.um 1.weiten Buch von Xenophons Memorabilien, Basel 1956.
* *
Oltre ai volumi indicati alla voce Socrate, 2, cfr.: Luccioni, Les idées politiques et sociales de Xénophon, Paris 1947. Luccioni, Xénophon et le socratisme, Paris 1953.
- J. - J.
Ulteriori indicazioni bibliografiche si vedano in Totok, Handbuch ... , pp. 141 sgg.; Luccioni, Xenophon ... , pp. 173 sgg. e De Magalhaes-Vilhema, Le problème de Socrate ... {cfr. voce Socrate], pp. 194-230.
SERAPIONE DI ALESSANDRIA: cfr. Medici Empirici, 2. SESTIO, FIGLIO DI QUINTO SESTIO: cfr. Neopitagorici, 3. SESTIO QUINTO, cfr. Neopitagorici, I, 2. SESTO EMPIRICO, filosofo scettico, vissuto nella seconda metà del n e nei primi anni del m secolo d.C.
Q Ecco l'elenco delle opere pervenuteci: l. Contro i matematici (in 6 libri) Adversus mathematicoJ
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
2. Contro i dogmatici (in 5 libri) Adversus dogmaticos Queste due opere vengono anche indicate in maniera unitaria con un unico titolo: - Adversus mathematicos, Contro i matematici (=coloro che detengono il sapere, gli uomini di cultura), con la numerazione dei libri dall'I all'Xl. l Ecco il contenuto dei singoli libri 1. Contro i grammatici n. Contro i retori III. Contro i geometri IV. Contro gli aritmetici v. Contro gli astrologi VI. Contro i musici vn. Contro i logici, l VIII. Contro i logici, 2 IX. Contro i fisici, l x. Contro i fisici, 2 XI. Contro i moralisti 3. Schizzi Pirroniani (in 3 libri) • L'edizione fondamentale è quella iniziata dal Mutschmann e completata da ]. Mau e da K. Janacek per la Biblioteca Teubneriana: - H. Mutschmann · ]. Mau, Sexti Empirici Opera, Lipsiae 1912-1952 - vol. 1: Pyrrhoneion hypotyposeon libros tres continens, recensuit H. Mutschmann, Lipsiae 1912; 2, ediz. migliorata, 1858, a cura di ]. Mau. - vol. Il: Adversus Dogmaticos libros quinque (Adv. Mathem. VII-Xl) continens, recensuit H. Mutschmann, Lipsiae 1914. -vol. III: Adversus Mathematicos libros I-IV continens, edidit ]. Mau, 1954; 19612.
@ - vol. IV: Indices, collegit K. Janacek, Lipsiae 1954; 19622 (questo indice, ben strutturato e assai ricco, è uno strumento di lavoro veramente prezioso). G) Una versione completa delle opere pervenuteci integrali è quella in lingua inglese curata da: - R.G. Bury, Sextus Empiricus, With an English Translation, 4 voli., London-Cambridge (Mass.) 1933-1949, con successive ristampe (Loeb), con testo greco a fronte, che riproduce sostanzialmente la vecchia ed ormai superata edizione Bekker. In italiano sono stati interamente tradotti gli Schizzi Pirroniani da: - S. Bissolati, Sesto Empirico, Istituzioni pirroniane, Imola 1870; riedita a cura di G. Rensi, Firenze 1917. - O. Tescari, Sesto Empirico, Schizzi pirroniani, Laterza, Bari 1926. I primi sei libri dell'Adversus Mathematicos sono tradotti da: - A. Russo, Sesto Empirico, Contro i matematici, Laterza, Bari 1972. Degli Adversus Dogmaticos sono stati tradotti i primi due libri: - A. Russo, Sesto Empirico, Contro i logici, Laterza, Bari 1975. ~ utile anche la seguente traduzione francese:
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SESTO EMPIRICO/SESTO PITAGORICO
- ]. Grenier - G. Goron, Oeuvres choisies de Sextus Empiricus, Contre les physiciens, Contre les moralistes, Hypotyposes Pyrrhoniennes, Aubier, ~ditions Montaigne, Paris 1948 (del Contro i fisici gli autori propongono solo la parte che concerne la critica alla teologia I, 1-194, omettendo il resto).
*
Si vedano le storie generali dello Scetticismo, di cui diamo notizia alla voce Scettici. Cfr. inoltre: - W. Heintz, Studien zu Sextus Empiricus, Halle 1932; rist. anast., Gestenberg, Hildesheim 1972. - K. Janacek, Sextus Empiricus' Sceptical Methods, Praga 1972. Numerosi contributi si troveranno in: - AA.VV., Lo scetticismo... [cfr. voce Scettici], parsim.
*
Ricchissimo materiale bibliografico si trova in: - L. Ferraria - G. Santese, Bibliografia sullo scetticismo antico (18801978), contenuta nel volume: Lo scetticismo ... , sopra citato, pp. 753-850. SESTO PITAGORICO, autore vissuto probabilmente nel colo d.C.
I
o nel n se-
O Sotto il nome di Sesto ci è pervenuta una interessante raccolta di Sentenze. Sull'identità dell'autore c'è, però, una grande disparità di vedute. E in primo luogo da rilevare che già nel m secolo Origene cita queste sentenze, e, dunque, il loro autore è sicuramente anteriore. Rufino, dapprima condiscepolo e poi avversario di S. Gerolamo, ne fece una traduzione latina (che ebbe grande fortuna), erroneamente attribuita a Sisto n, martire e papa. Alcuni studiosi moderni le attribuirono a Sestio figlio, il quale, in esse, avrebbe condensato un'opera di Sestio padre (cfr. voci). Altri ritennero, invece, che l'autore fosse un Cristiano, ma che si rivolgesse con la sua opera non solo ai Cristiani, ma anche ai pagani. Qualcuno considerò addirittura le Sentenze come un documento delle dottrine degli Esseni. Forse la verità è nella soluzione più semplice: l'autore è probabilmente un pagano, dato che sono assenti i dogmi specifici del cristianesimo, mentre gli influssi della religione giudaico-cristiana si spiegano perfettamente data l'epoca in cui visse (del resto sono frequenti anche in altri autori pagani dell'epoca). Non si possono peraltro escludere, come alcuni vogliono, interpolazioni di mano cristiana. Il pitagorismo delle Sentenze è, però, alquanto generico. eGJ Fra le numerose edizioni e traduzioni delle Sentenze, ricordiamo le più facilmente accessibili. - A. Elter, Sexti Pythagorici Sententiae cum appendicibus, Bonnae 1892. - Mullach, Fr. Phil. Gr., II, pp. 522 sgg. - F. De Paola, Le sentenze di Sesto, Con introduzione, testo e versione, Milano 1937 (si rifà all'edizione Elter e contiene anche la traduzione latina di Rufino). - H. Chadwick, Sextus Pythagoraeus, Sentences, A Contribution to the History of Early Christian Ethics, Cambridge University Press, LondonNew York 1959.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
**
Breve stato della questione ed ampia analisi si troverà nell'introduzione del De Paola, op.cit., pp. IX-xv, che, peraltro, sostiene la tesi desueta dell'origine essenica delle Sentenze (pp. xv-cxxxv).
SETTE SAGGI: dr. Presocratici, 10, ed inoltre: e(!)© - B. Snell, Leben und Meinungen der Sieben W eisen, Tusculum-Bi.icherei, Mi.inchen 19714.
SEVERO, filosofo medioplatonico del n secolo d.C.
O
Ci sono pervenuti solo testimonianze e frammenti.
• - Mullach, Fr. Phil. Gr., III, pp. 204-205. - G. Martano, Due precursori del neoplatonismo, Silvio Viti, Napoli, s. d., pp. 63-68 (contiene le testimonianze tratte da Proclo e da Giamblico e il frammento trasmessoci da Eusebio di Cesarea).
*
G. Martano, Due precursori ... , sopra cit., pp. 9-21. Nelle note di questo studio si troverà anche la traduzione italiana dei frammenti.
SFERO DI BORISTENE: dr. Stoici antichi, 8. SIMMIA DI SIRACUSA: cfr. Megarici, 19. SIMO DI POSIOONIA: dr. Presocratici, 56; Pitagorici antichi, 30. SIMO DI POSIOONIA, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 53. SIMPLICIO DI CILICIA: filosofo neoplatonico vissuto nella seconda metà del VI secolo d.C. Fu discepolo di Ammonio e poi di Damascio.
O Simplicio è ancor oggi letto ed apprezzato, soprattutto per i suoi commenti ad Aristotele: l. Commentario al trattato Sul cielo In Aristotelis De caelo di Aristotele 2. Commentario alle Categorie di A- In Aristotelis Categorias stotele 3. Commentario alla Fisica di Ari- In Aristotelis Physicorum libros stotele 4. Commentario al trattato Sull'ani- In Aristotelis De anima ma di Aristotele 5. Importante è anche il Commentario al Manuale di Epitteto. Per quanto concerne il De anzma si veda, però, quanto diciamo alla voce Prisciano . • I commentari ad Aristotele sono pubblicati nei C.A.G., VII, VIII, X e XI (dr. le indicazioni analitiche che diamo alla voce Commentari Greci di Aristotele).
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SETTE SAGGI/SINESIO
Il Commentario al Manuale di Epitteto si troverà in: - F. Diibner, Theophrasti Characteres, Marci Antonini Commentarii, Epicteti Dissertationes ab Arriano litteris mandatae, Fragmenta et Enchiridion cum Commentario Simplicii, Cebetis Tabula, Maximi Tyrii Dissertationes Graece et Latine cum indicibus, Didot, Parisiis 1840 (rist. 1842 c 1877).
*-
K. Praechter, articolo Simplicius, in R.E., III A l (1927), coll. 204-213. - H. Meyer, Das Corollarium de tempore des Simplikios und die Aporien des Aristoteles zur Zeit, Meisenheim am Glan 1969. - l. Hadot, Le problème du néoplatonisme alexandrin: Hiéroclès et Simplicius, Études Augustiniennes, Paris 1978. ~
In questo volume ultimo citato, pp. 209-216, si troverà una biblio·
gra~fÌa essenziale.
SINCELLO GIORGIO, monaco bizantino e cronista vissuto nell'viii secolo e agli inizi del ad Diocletianum.
IX
d.C., autore di una Chronographia ab Adamo usque
SINESIO DI CIRENE, filosofo neoplatonico della scuola di Alessandria, nato intorno al 370 d.C., discepolo di lpazia ad Alessandria, poi convertitosi al Cristianesimo e divenuto vescovo a Cirene intorno al 410. Mori intorno al 413.
O Ci sono pervenute le seguenti opere: l. Sulla regalità De regno 2. Sulla Provvidenza De providentia 3. Il Dono De dono 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Sui Sogni Encomio della calvizie Dione Due Catastasi Due Omelie Inni (nove autentici ed uno giudicato spurio) 10. Numerose Lettere
De insomniis Calvitii encomium Dio Orationes Homiliae Hymni Epistolae
• Tutte le opere sopra indicate, eccetto le Lettere, sono state pubblicate da: - N. Terzaghi, Synesii Cyrenensis Hymni et Opuscula, 2 voll. ( « Scriptores Graeci et Latini»), Romae 1939-1944. Degli Inni si veda anche l'edizione di: - A. Dell'Era, Sinesio di Cirene, Inni, Edizione, prefazione, traduzione e note, Tumminelli, Roma 1968 (con ricco indice, pp. 187-231). Per le Lettere si vedano: - J.P. Migne, Patrologia Graeca, vol. LXVI, coll. 1321 sgg.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- R. Hercher, Epistolographi Graeci, Graece et Latine, Parisiis 1873; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1965, pp. 638-739.
© -W. Lang, Das Traumbuch des Syneios von Kyrene, Tiibingen 1926 (commentario pp. 32·91). - Ch. Lacombrade, Le Discours sur la royauté de Synésios de Cyrène à l'Empereur Arcadios, Traduction nouvelle avec introduction, notes et com· mentaire, Paris 1951. - K. Treu, Synesios von Kyrene, Ein Kommentar zu seinem Dion, Akademie Verlag, Berlin 1958. Cfr. anche: - S. Nicolosi, Il De Providentia di Sinesio di Cirene, Studio critico e traduzione, Cedam, Padova 1969. (!) Oltre alle traduzioni già menzionate, si veda: - M. Angelelli, Delle opere di Sinesio, 2 tomi, Bologna 1827-1828 (non completo). - A. Casini, Tutte le opere di Sinesio di Cirene, Gastaldi, Milano 1970.
*-
W. Theiler, Die Chaldaischen Orakel und die Hymnen der Synesios, Halle 1942; ora anche in: Forschungen zum Neuplatonismus, Berlin 1966, pp. 252-301. - Ch. Lacombrade, Synésios de Cyrène, Hellène et chrétien, Paris 1951. - H.l. Marrou, Sinesio di Cirene e il neoplatonismo alessandrino, in Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo IV, Saggi a cura di A. Momigliano, Torino 1968, pp. 139-164.
*
Esauriente bibliografia si troverà in Lacombrade, Synésios ... , pp. 290..
295.
SIRIANO DI ALESSANDRIA, filosofo neoplatonico della scuola di Atene, discepolo, collaboratore e successore di Plutarco vissuto fra il secolo d.C.
IV
e il v
Q Ci sono pervenuti: l. Commentari alla Metafisica di Aristotele (solo ai libri BrMN)
2. Commentari ad Ermogene • I primi sono editi nei C.A.G., VI, l (dr. indicazione analitica alla voce Commentari greci di Aristotele). Per i secondi si veda: - H. Rabe, Syriani in Hermogenem commentaria, 2 voli., Lipsiae 191.3 (Bibl. Teubn.). (Questo Ermogene è un retore greco, vissuto fra il n e il m secolo d.C., rimasto ai suoi tempi poco apprezzato come teoreta, e, invece, rivalutato a partire dal v secolo).
*-
Praechter, Syrianos, in R.E., IV, A II (1932), coli. 1728-1775. - P. Merlan, Monismus und Dualismus bei einigen Platonikern, in AA. VV., Parusia [dr. voce Platone], Frankfurt am Main 1965, pp. 143 sgg.
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SIRIANO/ SOCRA TE
SOCRATE DI ATENE, 470/469 - 399 a.C.
O Come è noto, Socrate non volle scrivere nulla, ma del suo pensierovi sono numerosissime testimonianze, di vario genere e di varia credibilità storica. Ecco gli autori da cui si desumono queste testimonianze: l. Aristofane e i comici 2. S e n o f o n t e 3. P l a t o n e 4. A r i s t o t e l e 5. I So crati ci m i n ori 6. A l t r i t e s ti m o n i s e c o n d a r i l. Aristofane
come
fonte
del
pensiero
socraticoo
L'importanza di Aristofane come fonte per la ricostruzione del pensiero· socratico (soprattutto con la commedia Le nuvole) è emersa chiaramente SQlo negli studi del nostro secolo (dr. quanto diciamo, a questo proposito, nel' vol. l, pp. 279 sgg.).
e© Fra le edizioni delle Nuvole spiccano:
- R.
Cantarella, Aristofane, Le Commedie, Edizione critica e traduzione, vol. III, Istituto Editoriale Italiano, Milano 1954. - K.]. Dover, Aristophanes, Clouds, Edited with Introduction and Commentary, Clarendon Press, Oxford 1968. ([) Fra le traduzioni si segnalano, oltre a quella del Cantarella, che ac--compagna il testo nell'edizione citata, quella del Marzullo, sotto indicata, e: quella ormai classica del Romagnoli (dr. le indicazioni già date nel vol. I~ p. 289, nota.2).
*-
L. Strauss, Socrates and Aristophanes, New York-London 1966. - F. Sarri, Rilettura delle «Nuvole» di Aristofane come fonte per la conoscenza di Socrate, in «Rivista di Filosofia neoscolastica », 65 (1973)~ pp. 532-550.
*
Nell'articolo del Sarri si troverà ulteriore bibliografia sul tema.
2. S e n o f o n t e c o m e t e s t i m o n e d e l p e n s i ero so c r a t i c oLe testimonianze di Senofonte sulla figura e sul pensiero di Socrate si possono ricavare, oltre che dai famosi Detti Memorabili di Socrate, dall'Economico, dal Simposio, dall'Apologia di Socrate. Per l'indicazione delle: edizioni e delle traduzioni si veda la voce Senofonte. Qui menzioniamo alcuni volumi fondamentali che interessano soprattutto l'aspetto di SenQfonte come testimone socratico, o le sue opere cosiddette « socratiche ».
*-
K. Joel, Der echte und der xenophontische Sokrates, 2 tomi in } voll., Berlin 1893-1901. - H. von Arnim, Xenophons Memorabilien und Apologie des Sokrates,. K0benhavn 1923.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- V. de Magalhaes-Vilhena, Le problème de Socrate, Le Socrate historique et le Socrate de Platon, Paris 1952, pp. 194-235 . . - O. Gigon, Kommentar zum ersten Buch von Xenophons Memorabilien, Base! 1953. - O. Gigon, Kommentar zum zweiten Buch von Xenophons Memorabi_lien, Base! 1956. - A.H. Chroust, Socrates, Man and Myth, The Two Socratic Apologies .of Xenophon, London 1957.
*
Ampia bibliografia sul tema si trova in Magalhaes-Vilhena, cit.
3. P l a t o n e c o m e fon t e per l a r i c o s t r u zio n e d e l p e nsiero socratico Testimonianze di vario genere su Socrate si ricavano da molti dei dialoghi di Platone, e non solo dagli scritti giovanili (nelle Leggi, ad esempio, che è l'ultima delle opere di Platone, riscontriamo forti inflessioni socratiche). Per le indicazioni circa le edizioni, le traduzioni e la bibliografia con·cernente Platone, si veda la voce. Qui ricordiamo solo alcuni studi sul tema specifico di Platone come fonte socratica: • - A. Capizzi, Socrate e i personaggi filosofi di Platone, Uno studio sulle strutture della testimonianza platonica e un'edizione delle testimonianze contenute nei dialoghi, Roma 1970.
*-
V. De Magalhaes-Vilhena, Le problème de Socrate, Le Socrate historique et le Socrate de Platon, Paris 1952 (dr. in particolare tutta la seconda parte intitolata L'historicité du socratisme platonicien, pp. 303-451). - V. De Magalhaes-Vilhena, Socrate et la légende platonicienne, Paris 1952.
*
Tutta la bibliografia utile sul tema si troverà in Magalhaes-Vi!hena, Le problème de Socrate ... , cit., pp. 305 sgg., nelle note. 4. A r i s t o t e l e c o m e t e s t i m o n e d e l p e n s i e r o s o c r a t i c o • Tutte le testimonianze su Socrate, che si trovano, oltre che nella Metafisica in alcune delle opere maggiori di Aristotele, sono state sistematicamente raccolte e pubblicate da: - T. Deman, Le témoignage d'Aristate sur Socrate, « Les Belles Lettres », Paris 1942.
(T)© I cinquantun passi di questa raccolta sono tradotti dallo stesso Deman e puntualmente commentati. Venticinque di essi (i principali) sono an·che tradotti in italiano nel volume a cura di G. Giannantoni, che citiamo :sotto.
*
·*
Magalhaes-Vi!hena, Le problème de Socrate ... , pp. 231-302. lvi, nelle note, si troverà anche una assai ricca bibliografia.
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SOCRATE
5. I Socratici Minori come fonti per la ricostruzipne del pensiero di Socrate Si vedano le voci: Antistene, Eschine, Aristippo, Euclide, Fedone. Manca ancora una accurata e sistematica rilettura dei Socratici minori come fonte per la ricostruzione del pensiero di Socrate.
*
-
Tutta la letteratura utile sui Socratici minori si troverà in: Magalhaes-Vilhena, Le problème de Socrate ... , pp. 459-469.
6. T e s t i m o n i m i n o r i : P o l i c r a t e e I s ocr a t e Fra gli altri testimoni di Socrate, sono andati acquistando un certo rilievo Policrate ed Isocrate: P o l i c r a t e scrisse una Accusa di Socrate, i cui frammenti sono stati raccolti e tradotti da:
eGJ - J. Humbert, Polycratès, L'accusation de Socrate et le Gorgias, Klincksiek, Paris 1930. Su Iso c rate come fonte socratica, dr.:
*-
F. Sarri, Isocrate come testimone del messaggio socratico, in « Rivista di Filosofia neoscolastica », 61 (1974), pp. 40-58. 7. Raccolte di insieme Un'edizione che presenti in maniera globale le fonti per la ricostruzione del pensiero socratico non esiste ancora ed è, obiettivamente, se non impossibile, certamente di assai difficile realizzazione. In ogni caso, poiché si tratta di autori di cui esistono eccellenti edizioni, da noi sopra indicate, si tratta di una mancanza cui si può porre facile rimedio. Invece esiste un'utile raccolta in traduzione italiana di quasi tutte le fonti, eccetto Platone ed i Socratici minori, nel volume curato da G. Giannantoni: - Socrate, Tutte le testimonianze da Aristofane e Seno/onte ai Padri cristiani, Laterza, Bari 1971. Il volume comprende: Aristofane, Nuvole; altre testimonianze tratte dalla ·commedia e dai comici greci; la parodia lucianea; tutte le opere socratiche di Senofonte; le testimonianze aristoteliche; La vita di Socrate di Aristosseno: le biografie di Diogene Laerzio e della Suda; la letteratura gnomologica; Epistole pseudosocratiche; due Declamazioni di Lib.anio; testimonianze dei Padri cristiani (Atti dei martiri, Giustino, Taziano, Atenagora, Teofìlo, Clemente di Alessandria, Origene, Clemente Romano, Eusebio, Tertulliano, Minudo Felice, Cipriano, Arnobio, Lattanzio, Girolamo, Agostino, Basilio). I traduttori sono: B. Marzullo per Aristofane; R. Laurenti per Senofonte e i Padri cristiani; M. Gigante per Diogene Laerzio; E. Calluprica e A.M. Joppolo, in collaborazione con G. Giannantoni, per le fonti biografiche e dossografiche e le declamazioni di Libawo; M.C. De Felice, in collaborazione con G. Giannantoni, per i frammentf dei comici e le epistole pseudo-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
socratiche e ad A. Panvini, in collaborazione con G. Giannantoni, per la letteratura gnomologica. 8. A l c u n e m o d e r n e siero socratico
r icost r u zion i cr i t ich e
d e l p e n-
- A. Labriola, Socrate, a cura di B. Croce, Bari 1909 {più volte riedito). - A.E. Taylor, Varia Socratica, Oxford 1911. - H. Maier, Sokrates, Sei n W erk un d sei ne geschichtliche Stellung, Tiibingen 1913; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1966; traduzione italiana di G. Sanna, La Nuova Italia, Firenze 1943; rist. 1970. - ]. Stenzel, Sokrates, in R.E., III, A l (1927), coll. 811-890 (dell'autore si veda anche Zur Logik des Sokrates, in Kleine Schri/ten zur griechischen Philosophie, Darmstadt 1956, pp. 48-59). - A.E. Taylor, Socrates, London 1933; traduzione italiana di M. Tioli Gabrieli, La Nuova Italia, Firenze 1952. - A. Banfi, Socrate, Milano 1944; 19632. - O. Gigon, Sokrates, Sein Bild in Dichtung und Geschichte, Bem 1947. - A. Tovar, Vida de S6crates, Madrid 19532; traduzione francese di H.E. Del Medico, Paris 1954. - W. Jaeger, Paideia, Die Formung des griechischen Menschen, Il, Berlin-Leipzig 1944, più volte riedita; traduzione italiana di A. Setti, La Nuova Italia, Firenze 1954. - F. Adorno, Introduzione a Socrate, Bari 1970. - F. Sarri, Socrate e la genesi storica dell'idea occidentale di anima, 2 voli., Roma 1975. 9. Rassegne e bi b l i o grafi e Un buon panorama delle interpretazioni di Socrate si trova in: - P. Rossi, Per una storia della storiografia socratica, in AA.VV., Problemi di storiografia filosofica, Milano 1951, pp. 85-140. - Mangalhaes-Vilhena, Le problème de Socrate ... , cit. lvi, pp. 459-566, si troverà anche la più ampia bibliografia finora redatta sul nostro autore. Molte indicazioni di opere uscite dopo la pubblicazione del volume di Magalhaes-Vilhena (1952) si troveranno in: - Adorno, op. cit., pp. 185-210. - Sarri, op. cit., II, pp. 191-216.
SOCRATICI MINORI Si vedano le voci: Cinici, Cirenaici, Eliaci, Megarici.
O Di tutti i Socratici Minori ci sono giunti solo frammenti. e© Ha raccolto e accuratamente sistemato l'ingente materiale: -G. Giannantoni, Socraticorum Reliquiae, 4 voL1., Edizioni dell'Ateneo e Bizzarri, Roma 1983 s. L'opera presenta, oltre ad un gruppo di testimonianze di carattere generale, la raccolta delle testimonianze dei Megarici (Euclidis et Megaricorum
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SOCRATICI MINORI/SOFISTI
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philosophorum reliquiae), quella degli Eliaco-Eretriaci (Phaedonis ElidensiJ, Menedemi Eretrii eorumque disciplinorum reliquiae), quella dei Cirenaici (Aristippi et Cyrenaicorum philosophorum reliquiae [che sostituisce la precedente del medesimo autore]), quella dei Cinici (Antisthenis, Diogenis, Cratetis et Cynicorum veterum reliquiae), con annotazioni, commenti, bibliografia e indici. :E: un lavoro fondamentale. (!) - W. Nestle, Die Sokratiker, in Auswahl ubersetzt und herausgegeben, Jena 1922; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1968.
*
Sui Socratici minori considerati nel loro insieme, le pagine più significative si leggono nelle grandi storie della filosofia. In particolare segnaliamo: - Th. Gomperz, Pensatori greci, Il, traduzione italiana di L. Bandini, Firenze 1933 (l'edizione originale tedesca è del 1896), pp. 527-714. - W.K.C. Guthrie, A History of Greek Philosophy, Ili, Cambridge 1969. Cfr. inoltre: - Nestle, op. cit., pp. 5-78. - ]. Humbert, Socrate et les petits socratiques, Paris 1967, pp. 211-283. - AA.VV., Scuole socratiche minori e filosofia ellenistica, a cura di G. Giannantoni, Bologna 1977.
* - v:
-
de Magalhiies-Vilhena, Le problème de Socrate, Paris 1952. Giannantoni, S.R., cit.
SOFISTI (secoli v e inizi del
IV a.C.) Ecco il catalogo dei nomi e dei documenti inclusi nella raccolta dell'Unter· steiner (nell'opera sotto citata) e nel Diels-Kranz. l. ( = 79 DK) SOFISTICA, nome e concetto. 2. ( = 80 DK) PROTAGORA DI ABDERA. 3. ( = 81 DK) SENIADE DI CORINTO. 4. ( = 82 DK) GORGIA DI LEONTINI. 5. ( = 83 DK) LICOFRONE, discepolo di Gorgia. 6. ( = 84 DK) PRODICO DI CEO. 7. ( = 85 DK) TRASIMACO DI CALCEOONIA. 8. ( = 86 DK) lPPIA DI ELIDE. 9. ( = 89 DK) ANONIMO DI GIAMBLICO. 10. ( = 90 DK) RAGIONAMENTI DUPLICI. 11. (manca in DK) ANONIMO INTORNO ALLE LEGGI, appartenente probabilmente alla fine del v secolo (scoperto dal Pohlenz ). 12. (manca in DK) ANONIMO INTORNO ALLA MUSICA, forse appartenente agh inizi del IV secolo a.C. 13. ( = 87 DK) ANTIFONTE DI ATENE. 14. ( = 88 DK) CRIZIA DI ATENE.
·O
Di tutti i Solisti sono pervenuti, oltre a testimonianze, alcuni frammen-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
ti, talora anche consistenti. Di Gorgia ci sono pervenuti addirittura due interi discorsi: L'encomio di Elena e il Palamede, oltre a due ampi.sunti del trattato Sulla natura o sul non essere. Segnaliamo, fra l'altro, gli ampi e significativi frammenti di Antifonte restituiti dai papiri di Ossirinco n. 1364 e n. 1797 nel 1915 e nel 1922, oltre ai documenti già indicati sopra ai nn. 9-12.
e© Oltre al Diels-Kranz è da vedere l'edizione più ricca di M. Untersteiner, in 4 fascicoli, nella « Biblioteca di Studi Superiori » dell'Editrice La Nuova Italia, con commentario analitico (e traduzione italiana). - M. Untersteiner, Sofisti, Testimonianze e frammenti, Introduzione, traduzione e commento, fase. l: Protagora e Seniade, La Nuova Italia, Firenze 1949; 19672. - M. Untersteiner, Sofisti, Testimonianze e frammenti, fase. Il: Gorgia, Licofrone, Prodico, La Nuova Italia, Firenze 1949; 19672 • - M. Untersteiner, Sofisti, Testimonianze e frammenti, fase. III: Trasimaco, Ippia, Anonimo di Giamblico, Ragionamenti duplici, Anonimo intorno alle leggi, Anonimo intorno alla musica, La Nuova Italia, 1954; 19672 • - A. Battegazzore - M. Untersteiner, Sofisti, Testimonianze e frammenti, fase. IV: Antifonte, Crizia, La Nuova Italia, Firenze 1962; 19672 (è di A. Battegazzore la parte concernente Crizia). (i) Oltre alla traduzione deii'Untersteiner (e di Battegazzore per Crizia), ricordiamo quella sobria e precisa di: - M. Timpanaro Cardini, I Solisti, Frammenti e testimonianze, Laterza, Bari 1923; 19542 ; ora anche in I Presocratici (dr. voce).
*
Tra le ricostruzioni del pensiero, del significato e del valore della Sofistica ricordiamo: - T. Gomperz, Pensatori greci, vol. Il, traduzione italiana di L. Bandini, Firenze 1933 (edizione originale Lcipzig 1896), pp. 207-329. - H. Gomperz, Sophistik und Rhetorik, Lcipzig-Berlin 1912; Darmstadt 19652• - G. Saitta, L'illuminismo della sofistica greca, Milano 1938. - F. Heinimann, Nomos und Physis, Herkunft und Bedeutung einer Antithese im griechischen Denken des 5. ]ahrhunderts, Base! 1945; Darmstadt 19723. - M. Untersteiner, I Sofisti, Torino 1948; Seconda edizione riveduta e notevolmente ampliata con un'appendice su Le origini sociali della Sofistica, 2 voli., Milano 1967. - E. Dupréel, Les sophistes, Neuchitel 1949. - A. Levi, Storia della sofistica, a cura di D. Pesce, Napoli 1966. - G. Casertano, Natura e istituzioni umane nelle dottrine dei Sofisti, N apoli 1971. - AA.VV., Sophistik, Herausgegeben von C.J. Classen, Darmstadt 1976.
*
Ricca bibliografia si troverà in M. Untersteiner, I Sofistz1·, vol. II, pp. 287-309. Una breve storia delle interpretazioni della sofistica a cura di C. Corbato
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SOFISTI/ SPEUSIPPO
si trova nelle Questioni di storiografia filosofica, a cura di V. Mathieu, Brescia 1975, pp. 115 sgg.
SOFONIA, monaco bizantino commentatore di Aristotele, vissuto fra il XIII
e il
XIV
secolo d.C.
O Ci sono pervenute sue esegesi dei Parva naturalia e del De anima. (Qualche studioso ha avanzato la congettura che possano essere di Sofonia il commento agli Analitici primi, giuntoci sotto il nome di Temistio ed anonimi commenti alle Categorie e agli Elenchi sofistici) . • Queste opere sono edite nei C.A.G., V, 6; XIII, l; cfr. XXIII, 3;. XXIII, 2; XIII, 4. (Si vedano indicazioni analitiche alla voce Commentari Greci di Aristotele).
SOPATRO DI APAMEA: cfr. Neoplatonici, III, 3. SOSIGENE PERIPATETICO: cfr. Peripatetici, C, 8; Elenco scolarchi,. 17.
SOSIPATRA DI CAPPADOCIA: cfr. Neoplatonici, IV, 12. SOSTRATO IL BEOTO: cfr. Cinici. 23. SOZIONE DI ALESSANDRIA PERI PATETI CO, erudito vissuto nella prima metà del n secolo a.C. È considerato come colui che avrebbe introdot· to per la prima volta il criterio della « successione » nell'antica dossografia, anziché il criterio di esposizione per problemi, seguito prima nel Peripato.
O Scrisse, infatti, una Successione dei filosofi in tredici libri, che è andata perduta, ma di cui rimangono vestigia in Ippolito (cfr. voce) e, soprattutto, in Diogene Laerzio, il quale la utilizzò ampiamente.
e©** -
Wehrli, Die Schule der Aristoteles ... [cfr. Peripatetici], Suppl. II, interamente dedicato a Sozione.
SOZIONE DI ALESSANDRIA PITAGORICO: cfr. Neopitagorici, I, 4. SPEUSIPPO DI ATENE, nipote e successore di Platone alla guida della Accademia, che resse dal 347/346 al 339/338 a.C.
O
Ci sono pervenuti di lui solo testimonianze e frammenti.
•
- P. Lang, De Speusippi Academici scriptis, Accedunt fragmenta, Bonn 1911; rist. anast., Olms, Hildesheim 1965.
eGJ© -
M. Isnardi Parente, Speusippo, Frammenti, Edizione, tradu· zione e commento (« La scuola di Platone », Collezione di testi diretta da
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
M. Gigante, Volume primo), Bibliopolis, Napoli 1980.
e© - L. Tanin, Speusippus o/ Athens. A Critica! Study with a Collection of the Related Texts and Commentary (« Philosophia Antiqua », 39), Brill, Leiden 1981.
*
Uno stato degli studi concernenti la dottrina di Speusippo si trova in Zeller - Isnardi Parente [dr. voce Accademici antichi], pp. 893-930. - Cfr. anche le edizioni della Isnardi Parente e di Taran.
"STASEA DI NAPOLI: dr. Peripatetici, B, 9. STEFANO DI ALESSANDRIA, ultimo rappresentante dei commentatori della scuola di Alessandria, vissuto fra il VI e il vn secolo d.C. Trascorse l'ultima parte della sua vita a Costantinopoli.
O Ci sono pervenuti: l. Commentario al trattato Sull'interpretazione di Aristotele 2. Commentario alla Retorica di Aristotele
In Aristotelis De interpreta/ione I n Aristotelis De arte rhetorica
• Si vedano nei C.A.G., XVIII, 3 e XXI, 2 (dr. le indicazioni analitiche che forniamo alla voce Commentari Greci di Aristotele).
*
-H. Usener, De Stephano Alexandrino commentatio, I-11, Bonn 18791880 (e in Kleine Schri/ten, III, pp. 247-322). - R. Vancourt, Les derniers commentateurs alexandrins d'Aristate: L'é.cole d'Olympiodore, Étienne d'Alexandrie, Lille 1941. ~STENIDA
DI LOCRI, PSEUOO: dr. Mediopitagorici, 54 e inoltre:
eGJ© -
L. Delatte, Les Traités de la Royauté d'Ecphante, Diotogène et Sthénidas, « Bibliothèque de la Faculté de Philosophie de I'Université ·de Liège», fase. 97, Liège-Paris 1942.
STILPONE MEGARICO: dr. Megarici, 17. 'STOBEO GIOVANNI, erudito del v secolo d.C., nativo della città di Stobe, in Macedonia. Oggi è chiamato semplicemente Stobeo, anche se in modo improprio e convenzionale. Le fonti antiche lo chiamano, invece, più correttamente, Giovanni oppure Giovanni di Stobe (o, per antonomasia, lo Stobeo, distinguendo chiaramente il vero nome dal toponimo).
O Scrisse una vasta opera di compilazione in quattro libri per favorire l'istruzione del figlio Settimio e per contribuire alla formazione della sua cultura. Quest'opera ci è pervenuta integralmente ed è per noi assai preziosa, perché i'autore ha trascritto, con lunghe e numerose citazioni testuali,
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STASEA/ STOICI
brani di letteratura filosofica andata in seguito perduta. Essa si intitolava, originariamente, Libri quattro di estratti, sentenze e precetti, come si ricava da Phot., Biblioth., cod. 167, 112 a 14-15. Ma, nel corso del Medioevo (in modo piuttosto meccanico data l'omogeneità dei quattro libri), l'opera fu smembrata in due raccolte distinte che circolarono separatamente e che, pertanto, ricevettero titoli propri. a) I primi due libri si chiamarono Estratti fisici ed etici (Eelogae physicae et ethicae; abbr. Bel.). b) Gli altri due libri si chiamarono Antologia o Florilegio (Anthologium o Florilegium; abbr. Anth. o Flor.). In conseguenza della tradizione manoscritta cui abbiamo accennato, si capisce perché, nelle moderne citazioni dell'opera di Stobeo, l'abbreviazione Bel. si riferisca propriamente ai passi compresi nei primi due libri, e, per contro, l'abbreviazione Anth. o Flor. a passi compresi negli ultimi due libri. Si comprende, peraltro, come sia di conseguenza lecita la denominazione di Anth. estesa a tutta l'opera, che è anche quella più pratica e, in ultima analisi, esatta . • - C. Wachsmuth - O. Hense, Ioannis Stobaei Anthologium, .5 voli., Berolini, Weidmann 1884-1912; rist. anast., ivi, 1958. Al Wachsmuth si deve l'edizione dei primi due libri (corrispondenti ai primi due volumi della edizione), all'Hense quella degli altri due libri (corrispondente ai volumi III, IV, e V dell'edizione).
© Gli indici (indispensabili per la consultazione dell'opera e del ricchissimo materiale che essa raccoglie), si trovano alla fine del secondo volume e alla fine del quinto, e si riferiscono, rispettivamente, alle Eelogae e al Florilegium. STOICI (dalla fine del
IV secolo a.C. al n secolo d.C.). Nell'arco di circa mezzo millennio è possibile distinguere fra i seguaci della filosofia del Portico: STOICI ANTICHI: Zenone, Cleante e Crisippo con loro amici I e seguaci (dr. voce); II MEDIOSTOICI: Panezio, Posidonio e i loro seguaci (dr. voce); III NEOSTOICI o STOICI ROMANI: fra i quali emergono soprattutto Seneca, Musonio, Epitteto e Marco Aurelio (cfr. voce). Diamo alle singole voci gli elenchi degli esponenti. Catalogo degli scolarchi l. ZENONE DI CIZIO, fino al 264/263 a.C. 2. GLEANTE DI ASSO, 264/263 - 233/232 a.C. 3. CRISIPPO DI SOLI, 233/232 - 208/205 a.C. 4. ZENONE DI TARSO. 5. DIOGENE DI BABILONIA, fu a Roma nel 1.56/1.5.5. 6. ANTIPATRO DI TARSO. 7. PANEZIO DI RODI, fino al 110 a.C., circa.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
8 e 9. MNESARCO insieme a DARDANO, dal 110, circa. Dopo il 100 non abbiamo più notizie precise. Scrive il Pohlenz: «Sulla storia della Stoa nel periodo immediatamente successivo ci sono pervenute scarse notizie. Abbiamo molti nomi, ma non sappiamo nemmeno chi diresse la scuola» (La Stoa, I, 501). Come possibili scolarchi gli studiosi propong~ no: APOLLODORO DI ATENE (10), con cui polemizzò Zenone Epicureo intorno al 100; DIONIGI ( 11 ), che fu eminente stoico intorno alla metà del 1 secolo a.C. e ANTIPATRO DI TIRO (12). È certo che lo sconvolgimento, prodotto da Silla nell'86 a.C. in Atene, d~ vette mettere in grave crisi non solo l'Accademia e il Peripato, ma tutte le scuole, cosi come tutta la vita di Atene in generale. Dalle iscrizioni epigrafiche sono stati ricavati nomi di scolarchi del Portico relativi al 1 e al n secolo d.C.: COPONIO MASSIMO (13), AURELIO ERACLIDE EURIPIDE (14), GIULIO ZOSIMIANO (15). È ben difficile, in ogni caso, che essi siano stati successori in linea diretta di Zenone; si tratta, probabilmente, di capi di una ricostituita scuola stoica (cfr. J.P. Lynch, Aristotle's School, Berkeley-Los Angeles-London 1972, pp. 190 sgg.). In realtà, il verbo stoico, in quest'epoca, viveva la sua ultima sta· gione non ad Atene, ma a Roma.
O Degli Stoici antichi e medi, possediamo solo frammenti e testimonianze indirette, mentre dei Neostoici possediamo opere integrali, e, soprattutto nel caso di Seneca, in cospicuo numero. Daremo le indicazioni di queste opere alle singole voci . • Non esiste un'opera unitaria che presenti l'intero corpus degli scritti stoici pervenutici, ma esistono buone edizioni, o che contengono tutto quanto ci è pervenuto degli esponenti di una singola fase, come per gli Stoici antichi, oppure edizioni di singoli autori, di cui diciamo alle singole voci.
G) Invece esiste una raccolta, in traduzione francese, contenuta in un s~ lo ampio volume della « Bibliothèque de la Pléiade », di· tutti i testi essenziali degli Stoici relativi a tutto l'arco dei cinquecento anni della loro storia: - Les Sto'iciens, Textes traduits par É. Bréhier édités sous la direction de P.M. Schuhl, Éditions Gallimard, Paris 1962. A questa impresa hanno collaborato, oltre agli autori i cui nomi figurano nel titolo, anche studiosi come V. Goldschmidt, P. Aubenque, L. Bourgey, J. Brunschwig, J. Pépin. Dalla lettura di questa poderosa raccolta è possibile farsi un'idea precisa del movimento stoico. Ecco il prospetto del materiale incluso nell'opera: - Cleante, Inno a Zeus. - Diogene Laerzio, Vite ed opinioni dei filosofi, libro VII. - Plutarco, Le contraddizioni degli Stoici; Le nozioni comuni contro gli Stoici. -Cicerone, Primi Accademici; Dei beni e dei mali supremi; Le Tusculane (in gran parte); La natura degli Dei, Libro Il; Trattato sul Destino; Dei doveri, libri 1-111.
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STOICI/STOICI ANTIOU
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- Seneca, La costanza del saggia; La tranquillità dell'anima; La brevità della vita; La vita beata; La provvidenza; Lettere a Lucilia, 71-74. - Epitteto, Diatribe; Manuale. - Marco Aurelio, Pensieri. Ricordiamo al lettore che tutto questo materiale è reperibile anche in traduzione italiana, sia pure in volumi separati (cfr. le singole voci dei vari autori). Una sintesi di valore storico, anche se ormai risente alquanto del peso degli anni è quella di: - P. Barth, Die Staa, Sechste Auflage [ ... ], vollig neu bearbeitet van A. Goedeckemeyer, Stuttgart 1946. L'opera più significativa prodotta dalla moderna storiografia filosofica nel campo degli studi sullo stoicismo è quella del Pohlenz, che ha superato tutte le precedenti: - M. Pohlenz, Die Staa, Geschichte einer geistigen Bewegung, 2 voli., GQttingen 1948-1949; 19592; traduzione italiana di O. De Gregorio e B. Proto, con presentazione di V.E. Alfieri, Firenze 1967. Si vedano inoltre: - A.]. Festugière, La révélatian d'Hermès Trismégiste, Il: Le Dieu casmique, Paris 1949, pp. 260-340. - L. Edelstein, The Meaning af Staicism, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1966. - M.J. Rist, Staic Philasaphy, London-New York-Cambridge 1969; 19772• - R. Hoven, Stalcisme et Stalciens face au prablème de l'au-delà, Paris 1971. - AA.VV., Prablems in Staicism, Edited by A.A. Long, London 1971. - A.J. Voelke, L'idée de valanté dans le stalcisme, Paris 1973. Si veda, inoltre, la bibliografia che riportiamo alle voci Stoici antichi e Neostoici.
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Una bibliografia essenziale si troverà in Pohlenz, op. cit., l, pp. XXIe in Rist, op. cit., pp. 290-295; Hoven, op. cit., pp. 13-24. Un panorama sulla storia delle moderne interpretazioni dello stoicismo è tracciato da G. Cambiano, in Questioni di stariagrafia filosofica, a cura di V. Mathieu, Brescia 1975, pp. 319 sgg. XXVII
STOICI ANTICHI (dalla fine del
IV secolo al n secolo a.C.). Diamo il catalogo degli Stoici antichi (ossia degli Stoici appartenenti ai primi due secoli della storia del Portico che fondarono, consolidarono e sistemarono la dottrina), di cui si sono recuperati frammenti e che figurano nella raccolta S.V.P. del von Arnim (cfr. sotto l'indicazione). l. ZENONE DI CIZIO, 333/332 - 262, fu il fondatore della scuola (S. V.F., I, pp. 3-72). 2. ARISTONE DI CHIO, fu discepolo dissidente di Zenone; giunse addirittura a tenere le lezioni fuori dalla scuola. Fu la personalità di maggior spicco, dopo Zenone (S.V.P., I, p. 90).
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
3. APOLLOFANE, fu discepolo di Aristone (S.V.P., I, p. 90). 4. ERILW DI CARTAGINE, fu pure seguace di Aristone (S.V.P., I, pp. 91-93). .5. DIONIGI DI ERACLEA, fu detto il Rinnegato, perché passò dai Megarici a Zenone, e, alla fine, ancora ai Megarici (S.V.P., I, pp. 93-96). 6. PERSEO DI CIZIO, fu uno dei più famosi discepoli di Zenone, morto intorno al 244 a.C. (S.V.P., I, pp. 96-102). 7. CLEANTE DI ASSO, tenne per un trentennio lo scolarcato, dalla morte di Zenone, fino al 233/232 (S.V.P., I, pp. 105-139). 8. SFERO DI .BORISTENE, estese la sua attività anche nella sfera politica fra il 235 e il 221 (S.V.P., I, pp. 139-142). 9. CRISIPPO DI SOLI, 281/277 - 208/204, fu considerato già dagli antichi come il secondo fondatore dello stoicismo (S.V.P., II per intero e III, pp. 3-205). 10. ZENONE DI TARSO, fu discepolo e successore di Crisippo nello scolarcato (S.V.P., III, p. 209). 11. DIOGENE DI BABIWNIA, successe a Zenone di Tarso. Poté ancora udire il vecchio Crisippo. Fu mandato, in età ormai molto avanzata, a Roma per la celebre ambasciata del 155 a.C. (S.V.P., III, pp. 210-243 ). 12. ANTIPATRO DI TARSO, si segnalò soprattutto nella serrata polemica contro Carneade. Mori suicida prima del 129 a.C. (S.V.P., III, pp. 244-258). 13. APOLLOOORO DI SELEUCIA, fu discepolo di Diogene ed autore di una Introduzione alla dottrina della Stoa, molto diffusa (S.V.P., III, pp. 259-261 ). 14. ARCHEDEMO DI TARSO, fondò una propria scuola a Babilonia (S. V.F., III, pp. 262-264). 15. BOETO DI SIDONE, si allontanò, in parte, dalla dottrina della scuola, in particolare negando che l'universo sia un essere vivente (S.V.F., III, pp. 265-267). 16. BASILIDE, visse forse nella seconda metà del n secolo a.C. (S.V.P., III, p. 268). 17. EUDROMO, scrisse Elementi di etica (S.V.P., III, p. 268). 18. CRINI, fu forse discepolo di Archedemo (S.V.P., III, pp. 268-269). Si veda, per l'ulteriore indicazione di nomi di Stoici antichi: - A. Traversa, Index Stoicorum Herculanensts, Genova 1952.
O Di nessuno di questi autori ci sono giunte opere integrali e pochi sono anche i frammenti letterali tramandatici. Cospicue sono, invece, le testimonianze . • L'edizione fondamentale che costituisce il punto di riferimento per le citazioni, è stata approntata da H. von Arnim, come abbiamo già detto. Per quanto gli studiosi abbiano incominciato da qualche tempo a lamentare le
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STOICI ANTICHI
inadeguatezze dell'impianto di questa edizione, essa resta uno strumento in· dispensabile per chiunque voglia studiare gli Stoici. - Ioannes ab Arnim, Stoicorum Veterum Fragmento, Teubner, Lipsiae 1903-1924; Stuttgart 1964. Zeno et Zenonis Discipuli, Lipsiae 1903; Stuttgart 19642. Volumen I Volumen II : Chrysippi Fragmento logica et physica, Lipsiae 1903; Stutt· gart 19642• Volumen III: Chrysippi Fragmento moralia, Fragmento successorum Chrysippi, Lipsiae 1903; Stuttgart 19642.
© Il volumen IV, che conclude l'opera del von Arnim, è stato curato da M. Adler, Lipsiae 1923; Stuttgart 19642 . Esso contiene un buon lessico, sia dei termini greci (pp. 2-168), sia di quelli latini (pp. 169-174), l'indice dei nomi propri (pp. 175-186) e l'indice delle fonti (pp. 187-220). GJ - N. Festa, I frammenti degli Stoici antichi, 2 voll., Laterza, Bari 1932-1935, rist. anast. in volume unico, Olms, Hildesheim 1971. Il Festa ha tradotto il corrispettivo del primo volume del von Arnim, adottando un proprio ordinamento dei frammenti. - R. Anastasi, I frammenti degli Stoici antichi, III, I frammenti morali di Crisippo, Cedam, Padova 1962. L'Anastasi ha tradotto la parte del terzo volume del von Arnim che riguarda Crisippo, escludendo, quindi, i fram· menti dei successori di Crisippo. Pertanto, oltre alla traduzione dei frammenti dei successori di Crisippo, manca per intero, per il momento, la versione del secondo volume del von Arnim, ossia dei frammenti logici e fisici di Crisippo stesso. 1!: preannunciata una traduzione nuova e completa a cura di M. lsnardi Parente. Molto utile è la recente traduzione degli Antistoica di Plutarco che costi· tuiscono una vera miniera di informazioni. - M. Baldassari, Plutarco, Gli opuscoli contro gli Stoici, 2 voli., Pubblicazioni di Verifiche, Trento 1976. - Si veda anche il volume Les Sto"iciens, di Bréhier-Schuhl, di cui diamo conto, sopra, alla voce Stoici. Tenga presente il lettore che l'edizione von Arnim spezzetta tutto il ma· teriale, ritagliando dalle diverse testimonianze vari frammenti, per ricostruire i diversi momenti della dottrina, e, talora, utilizza più volte la stessa testi· monianza riproponendola sotto diversi titoli, a seconda degli aspetti della filosofia stoica che essa illustra. Il complesso gioco di tessere, che egli cosl ottiene, e il conseguente disegno che ricompone, mostrano la grande perizia del von Arnim, ma lasciano non poche perplessità. In effetti, leggendo per intero i testi e i contesti dai quali i frammenti sono ricavati, mutano le prospettive esegetiche, e, pertanto, conviene ripercorrere anche la linea del Bréhier-Schuhl. Molto utile è anche la raccolta in traduzione tedesca elegante e raffinata del Pohlenz:
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
- M. Pohlenz, Stoa und Stoiker, Die Griinder, Panaitios, Poseidonios, Artemis-Verlag, Ziirich-Stuttgart 1950, pp. 3-187.
*
Sono fondamentali tutti gli studi già citati alla voce Stoici. Sulla logica e sull'epistemologia - V. Brochard, La logique des Stolciens, in Études de philosophie ancienne et de philosophie moderne, Paris 1926; 19542 , pp. 220-251. - ]. Lukasiewicz, Philosophische Bemerkungen zu mehrwertigen Syste· men des Aussagenkalkiils, in « Comptes Rendus des Séances de la Société des Sciences et des Lettres de Varsovie >>, Classe III, 33 (1930) pp. 52-77. - ]. Lukasiewicz, Zur Geschichte der Aussagenlogik,· in « Erkenntnis », 5 (1935), pp. 111-131. - A. Virieux-Reymond, La logique et l'épistémologie des Stolciens, Chambéry 1950. - B. Mates, Stoic Logic, Berkeley-Los Angeles 1953; 19622;. 19733. - M. Mignucci, Il significato della logica stoica, Bologna 1965. - ].M. Rist, Stoic Philosophy, Cambridge 1969, pp. 133-152. - M. Frede, Die stoische Logik, Gottingen 1974. Sulla ontologia e sulla fisica - É. Bréhier, La théorie des incorporels dans l'ancien stolcisme, Paris 1925; 19623. - ]. Moreau, L'ame du monde de Platon aux Stolciens, Paris 1939; rist. anast., Hildesheim 1965. - V. Goldschmidt, Le système stolcien et l'idée de temps, Paris 1953; 19692; 19773. - H. Simon - M. Simon, Die alte Stoa und ihr Naturbegriff, Berlin 1956. - S. Sambursky, Physics of the Stoics, London 1959. - L. Bloos, Probleme der stoischen Physik, Hamburg 1973. Sulla psicologia - P. Stein, Die Psychologie der Stoa, 2 voli., Berlin 1886-1888. - G. Verbeke, L'Évolution de la doctrine du pneuma du Sto'icisme à Saint Augustin, Louvain 1945. - Pohlenz, La Stoa ... , I, pp. 166-183. Sull'etica - A. Dyroff, Die Ethik der alten Stoa, Berlin 1897. - E. Grumach, Physis und Agathon in der alten Stoa, Berlin 1932. - O. Rieth, Grundbegriffe der stoischen Ethik, Berlin 1936. - E. Elorduy, Die Sozialphilosophie der Stoa, Leipzig 1936. - Pohlenz, La Stoa ... , Il, pp. 223-318. - Rist, Stoic Philosophy, cit., pp. 1-111. - D. Tsekourakis, Studies in the Terminology of Early Stoic Ethics, Wiesbaden 1974. - D. Pesce, L'etica stoica nel terzo libro del De finibus, Brescia 1977.
*
Stato della questione e bibliografia concernente la logica si troveranno in Mignucci, op. cit., pp. 17-66 e 195-200. La bibliografia concernente le al-
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STOICI ANTICHI/SUDA
tre parti del sistema si vedrà in Totok, Handbuch ... , pp. 221-277. Cfr. anche le indicazioni che diamo alla voce Stoici.
STRABONE DI AMASIA nel Ponto, geografo e storico del 1 secolo a.C. Q È andata perduta la sua produzione storiografica, ma ci rimane (pressoché integralmente) un'ampia opera, in 17 libri, che reca il titolo di Trattazione geografica, la quale presta una notevole attenzione ai fenomeni culturali e filosofici. Strabone ebbe anzi interessi specifici per la filosofia, in particolar modo per lo stoicismo.
e
**' -
M. Gatzemeier, Die Naturpbilosopbie des Straton von Lampsakos, Meisenheim am Gian 1970; ivi, pp. 8 sgg., si trovano un buono stato della questione e una bibliografia ragionata.
SUDA: con questo titolo, che probabilmente significa «Palizzata» e che, fuor di metafora, indica una enciclopedia, viene designato un lessico pervenutoci per intero e che sarebbe stato composto da un anonimo erudito bizantino verso la fine del x secolo d.C. Tuttavia alcuni codici antichi, nei quali è contenuto il testo del lessico, ridanno non la forma Suda, bensl Suida. Se si accettasse quest'ultima lezione, il termine indicherebbe non il titolo dell'enciclopedia, ma quello dell'erudito bizantino che ne fu l'autore. Generalmente oggi si propende per la forma Suda, che dunque anche noi abbiamo adottato (dr. sul problema F. Doelger, Der Titel der sogenannten Suidaslexikons, in « Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Abteilung », 1936, Heft 6, che sostiene con buone prove la forme Suda, accostandola al titolo di Prato scelto metaforicamente da Panfilo per il suo lessico). Si tratta, comunque, di un'opera monumentale, nella quale è possibile trovare una grandissima quantità di norjzie storiche e letterarie, anche se non sempre attendibili. Come nelle mo-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
derne enciclopedie, anche m questo antico lessico il materiale è distribuito col criterio dell'ordinamento alfabetico . • Una eccellente edizione critica del lessico Suda ha approntato l'Adler: - A. Adler, Suidae Lexicon, 5 voli., Lipsiae 1928-1938; rist. anast., Stuttgart 1967-1971.
SUIDA: cfr. voce Suda.
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T TALETE DI MILETO, dr. voce Presocratici, 11 e !onici, l e inoltre:
*-
B. Snell, Die Nachrichten uber die Lehren des Thales und die Anfiinge der griechischen Philosophie- und Literaturgeschichte, in « Philologus », 96 (1944), pp. 170-182. - R. Laurenti, Introduzione a T alete Anassimandro Anassimene, Bari 1971.
TAZIANO, retore e filosofo siriaco del n secolo d.C., convertitosi al cristianesimo. Di lui ci è pervenuta, in lingua greca, una Oratio adversus Graecos, utile allo studioso del pensiero antico-pagano per alcune informazioni di carattere dossografico.
*
Bibliografia in Totok, Handbuch ... , II, pp. 55 sg.
TEAGE DI CROTONE, PSEUDO (?): cfr. Mediopitagorici, 55. TEAGENE CINICO: cfr. Cinici, 24. TEAGENE DI REGGIO: cfr. Presocratici, 8. TEANO PITAGORICA, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 56. TEARIDA DI METAPONTO, PSEUDO (?): dr. Mediopitagorici, 57; TEETETO L'ATENIESE: cfr. Accademici antichi, 15. TELAUGE PITAGORICO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 58. TELECLE DI FOCEA: cfr. Accademici, Elenco scolarchi, 8; Neoaccademici, 3.
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.5.58
SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
TELETE DI MEGARA, pensatore cinico del
O
III
secolo a.C.
Ci è pervenuto un buon numero di frammenti.
• - O. Hense, Teletis Reliquiae, Mohr, Tiibingen 19092; rist. anast., Olms, Hildesheim 1969. ([) Prezioso e completo è l'Index vocabulorum che si trova, ivi, curato ·da H. von Miiller, pp. 65-99.
(!) - Nestle, Die Sokratiker... [dr. voce Socratici], pp. 119-146. - Paquet, Les Cyniques ... [cfr. voce Cinici], pp. 139-164. - A. Festugière, Deux prédicateurs dans l'antiquité: Télès et Musonius, ·Paris 1978.
*
L'introduzione dello Hense all'edizione sopra citata (pp. un'ottima monografia critica.
VI
sgg.) è
'TEMISTA EPICUREA: cfr. Epicurei, A, 20. TEMISTIO, nato probabilmente a Costantinopoli, fu retore e filosofo peripatetico e platonico, vissuto nel IV secolo d.C.
O Ci sono pervenute: - Parafrasi ad Aristotele (Analitici secondi; Fisica; Sull'anima; Metafisica, libro XII; Parva naturalia). - Orazioni . • Le parafrasi aristoteliche sono pubblicate nei C.A.G. (cfr. indicazioni analitiche alla voce Commentari greci di Aristotele). Per le Orazioni si veda: - W. Dindorf, Themistii Orationes, Leipzig 1832; rist. anast., Olms, Hildesheim 1961. - H. Schenkl- G. Downey - A.F. Norman, Themistii Orationes, 3 voli., Lipsiae 196.5-1974 (Bibl. Teubn.).
(!)© - H. Kesters, Plaidoyer d'un Socratique contre le Phèdre de Platon, XXVI• Discours de Thémistius, Louvain 1959 (testo, traduzione e ampia introduzione). - V. De Falco, Temistio, Parafrasi dei libri di Aristotele sull'anima, Ce·dam, Padova 1965 (traduzione integrale). - N. Schneider, Die 34. Rede des Themistios, Einleitung, Uebersetzung .und Kommentar, Winterthur 1966.
* *
L. Méridier, Le philosophe Thémistius devant l'opinion de ses contemporains, Paris 1906. Cfr. Praechter, p. 200*.
"'TEMISTOCLE STOICO, vissuto nel
III
secolo d.C., è uno degli epigoni
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TELETE/TEOFRASTO
della Stoa, ricordato già dagli antichi come privo di originalità (cfr. Longino, presso Porfirio, Vita di Platino, 20 ).
TEODA DI LAODICEA: cfr. Neoscettici, 15; Medici Empirici, 16. TEODORETO DI ANTIOCHIA, autore cristiano del Iv-v secolo d.C. Fu monaco e vescovo di Cirene.
O Scrisse molte opere, ma, fra queste, una in particolare interessa la storia del pensiero greco, e cioè lo scritto apologetico dal titolo Cura delle malattie dei Greci (lat.: Graecarum affectionum curatio; abbr. Graec. aff. cur.), in 12 libri. L'autore cerca di dimostrare la verità della dottrina evangelica e, a questo scopo, chiama in causa la filosofia greca, citando, spesso alla lettera, brani di autori pagani. • -H. Raeder, Theodoreti Graecarum affectionum curatio, Lipsiae 1904; rist. anast., Stuttgart 1969 (Bibl. Teubn.). (!) N. Festa, T eodoreto, Terapia dei morbi pagani, l, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1931 (con testo a fronte).
TEODORO DI ASINE, filosofo neoplatonico della scuola siriaca, vissuto fra il
III
e il IV secolo d.C.
O Ci restano frammenti e testimonianze. e©- W. Deuse, Theodoros von Asine, Sammlung der Testimonien
und Kommentar (« Palingenesia », Band 6), Steiner, Wiesbaden 1973. (Le citazioni dei frammenti si devono ora fare sulla base di questa edizione).
**
L'Introduzione del Deuse (op. cit., pp. 1-24) è la più pregnante e documentata ricostruzione del pensiero di Teodoro che sinora sia stata fatta; ivi, pp. 171-176 si troverà anche una utile bibliografia.
TEODORO L'ATEO: cfr. Cirenaici, 9. TEODORO DI CIRENE: cfr. Presocratici, 43; Pitagorici antichi, 17. TEODOSIO SCETTICO: cfr. Neoscettici, 23; Medici Empirici, 19. TEODOTO PLATONICO ne, nella prima metà del di Platino, 20).
III
è ricordato come« diadoco» platonico in Atesecolo d.C. (cfr. Longino, presso Porfirio, Vita
TEOFRASTO DI ERESO, filosofo e scienziato, collega e successore di Aristotele, scolarca del Peripato dal 323/322 al 288/284.
O
La produzione di Teofrasto pervenutaci
La produzione di Teofrasto fu imponente, ma di essa ci è rimasto piut-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
tosto poco. Si veda la ricostruzione del catalogo delle sue opere, nell'artic~ lo di Regenbogen, sotto citato, nella R.E. e in Zeller-Plebe, pp. 419 sgg., pure sotto citato. Interessano direttamente il filosofo soprattutto: La metafisica I Caratteri I frammenti di logica (negli ultimi tempi molto studiati) I frammenti di psicologia I frammenti di dossografia Frammenti di vario contenuto filosofico La grandezza di Teofrasto è però consegnata in primo luogo ai suoi trattati di botanica: - Storia (o indagine) delle piante, in 9 Historia plantarum libri - Le cause delle piante, in 6 libri De causis plantarum Oltre a queste imponenti opere ci sono pervenuti opuscoli o frammenti dt opuscoli scientifici che citiamo nell'ordine in cui si trovano nell'edizione Wimmer (l'unica che presenti l'omnia di Teofrasto, anche se ormai decisamente insufficiente) di cui sotto diremo: - Sulle pietre De lapidibus De igne -Sul fuoco De odoribus - Sugli odori De ventis - Sui venti De signis tempestatum - Sui segni del tempo De lassitudine - Sulla stanchezza (framm.) De vertigine - Sulla vertigine (framm.) De sudore - Sul sudore (framm.) De animi defectione - Sullo svenimento (framm.) De nervorum resolutione - Sulla paralisi (framm.) - Numerosi altri frammenti di vario contenuto scientifico Per ulteriori indicazioni dr. il già citato studio di Regenbogen.
e
(T)© E d i z i o n i g e n e r a l i e p a r t i c o l a ri c o n zioni e commenti
tr
a d u-
L'unica edizione complessiva degli scritti di Teofrasto (con traduzione latina) è quella di: -F. Wimmer, Theophrasti Eresii Opera quae supersunt omnia, F. Didot, Parisiis 1866; rist. anast., Minerva G.m.b.H., Frankfurt am Main 1964. (Lipsiae 18541, Bibl. Teubn.). ~ un vero peccato che il Wehrli, nel pubblicare tutti gli scritti dei Peripatetici dei secoli IV-II a.C., abbia omesso proprio Teofrasto, che costituisce quell'anello, prescindendo dal quale sfugge il significato del Peripato postaristotelico. Fortunatamente sono state pubblicate numerose edizioni di singoli scritti e sono state fatte più accurate raccolte di frammenti, spesso accompagnate da traduzioni e commenti, che ora segnaliamo:
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TEOFRASTO
Metafisica - C. Brandis, Aristotelis et Theophrasti Metaphysica, Berolini 1823. - H. Usener, Theophrasti De prima philosophia libellus, Bonn 1890. - W.D. Ross - F.H. Fobes, Theophrastus, Metaphysics, With Translation Commentary and Introduction, Clarendon Press, Oxford 1929; rist. anast., Olms, Hildesheim 1967. - G. Reale, Teofrasto e la sua aporetica metafisica, Saggio di ricostruzione e di interpretazione storico-filosofica con traduzione e commento della • ..... • «Metafisica», La Scuola, Brescia 1964, pp. 163-207. I Caratteri Sono l'opera più letta e studiata. Fra le molte edizioni ricordiamo: - H. Diels, Theophrasti Characteres, Oxonii 1909 (Bibl. Oxon.), più volte ristampata. - G. Pasquali, Teofrasto, I Caratteri, Firenze 1919; nuova edizione, a cura .di V. De Falco, Sansoni, Firenze 19562, con traduzione italiana. - O. Navarre, Théophraste, Caractères, Texte établi et traduit, Paris 1921; 19522; 1964 (Coli. Budé). - O. Immisch, Theophrasti Characteres, Lipsiae 1923 (Bibl. Teubn.). - P. Steinmetz Theophrast, Charaktere, Herausgegeben und erkliirt, 2 voli., Miinchen 1960-1962 (con traduzione e commentario). - E. Levi Teofrasto, I caratteri, Prefazione e traduzione dall'originale greco, Milano 1955. I Frammenti di logica L'importanza dei frammenti di logica di Teofrasto è stata accertata solo -di recente e si sono avute tre edizioni a breve distanza di tempo con interpretazioni e commenti ad alto livello: - I.M. Bochenski, La logique de Théophraste, Librairie de l'Université, Fribourg en Suisse 1947 (si veda dello stesso autore anche la raccolta di passi in Elementa logicae Graecae, Roma 1957, pp. 76-82). - A. Graeser, Die logischen Fragmente des Theophrast, De Gruyter, Berlin 1973 (Kleine Texte). - R. Repici, La logica di T eofrasto, Studio critico e raccolta dei frammenti e delle testimonianze, Società Editrice II Mulino, Bologna 1977. I Frammenti di psicologia - E. Barbotin, La théorie aristotélicienne de l'intellect d'après Théophraste, Louvain-Paris 1954, pp. 245-288 (testo e traduzione francese a fronte, seguita da ampie note critiche). I Frammenti dossografici I frammenti appartenenti alla grande opera Le opinioni dei Fisici, si ve.dranno soprattutto in: - Diels, Dox. [dr. voce Dossografi], pp. 473-527. La traduzione di essi si trova in: - Torraca, Dossogr. [dr. voce Dossografi], pp. 259-313.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Un'edizione con traduzione e commento del De sensu è stata curata da: - G.M. Stratton, Tbeophrastus and the Greek Physiological Psychology be/ore Aristotle, London 1917; rist. anast., Hakkert, Amsterdam 1964. Sulla pietà - W. Potscher, T beo phrastos 1tEpL EÙCTE~E(ac;, ( « Philosophia an tiqua », vol. Xl), Brill, Leiden 1964 (edizione critica, trad. tedesca ed introduzione). Frammenti retorici - A. Mayer, Theophrasti 1tEPL M!;Ewc; libri fragmenta, Leipzig 1910. Storia delle piante È edita, oltre che in Wimmer, pp. 1-163 da: - A.F. Hort, Theophrastus, Enquiry into Plants, With an English Translation, 2 voli., London-Cambridge (Mass.) 1916; 196!3 (Loeb), con un eccellente indice delle piante (Il, pp. 437-484). Per la traduzione italiana cfr.: - F.F. Mancini, Teofrasto, La storia delle piante volgarizzata ed annotata, Roma 1901. Le cause delle piante Oltre che in Wimmer, si vedrà, con traduzione inglese, in: - B. Einarson - G.K.K. Link, Theophrastus, De causis plantarum, With an English Translation, 3 voli., vol. l, London-Cambridge (Mass.) 1976 (Loeb). Sulle pietre - E.R. Caley - J.F.C. Richards, Theophrastus, On Stones, lntroduction, Greek Text, English Translation and Commentary, Columbus, Ohio State University Press, 1956. - D.E. Eichholz, Theophrastus, De lapidibus, Edited with Introduction, Translation and Commentary, Oxford University Press, London-New York 1965. Sul fuoco - A. Gercke, Theophrasti De igne, Greifswald 1896. - V. Coutant, Theophrastus, De igne, A Post-Aristotelian View o/ the Nature of Fire, Vangorcum, Assen 1971. Sui venti - V. Coutant · V.L. Eichenlaub, Theophrastus, De ventis, Edited with Introduction and Commentary, London 1975. Meteorologia Nuove acquisizioni sono venute dalle scoperte e pubblicazioni di traduzioni arabe e siriache che hanno restituito frammenti ed estratti dei Meteora-· logici: - G. Bergstrasser, Neue meteorologische Fragmente des Theophrast, in << Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Philos.Hist. Klasse >>, Jahrgang 1918.
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TEOFRASTO
- E. Wagner - P. Steinmetz, Der syrische Auszug der Meteorologie des Theophrast, Akademie der Wissenschaften und der Literatur, Wiesbaden 1964, con traduzione tedesca e commentario. Sugli odori e Sui segni del tempo - A. Hort, Theophrastus, Enquiry into Plants and Minor Works On Odours and Weather Signs, With an English Translation, Cambridge (Mass.)London, vol. Il, 1916; 19492 ; 1961 3, pp. 323-433 (Loeb).
© Utili indici si trovano in· Wimmer, op. cit., pp. 469-547 e in Horst, E'!quiry into Plants ... , cit., pp. 437-484. *Letteratura
critica
Su Teofrasto in generale * E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo stori• co, Parte Il, Vol. VI: Aristotele [tomo III] e i Peripatetici più antichi, a cura di A. Plebe, La Nuova Italia, Firenze 1966 (l'ultima edizione tedesca, curata dallo Zeller è del 1891), pp. 335-442. - Th. Gomperz, Pensatori Greci, vol. IV dell'edizione italiana, Firenze 1962, pp. 675-760 (l'edizione tedesca è del 1896-1897). La monografia più esauriente è quella d!: - O. Regenbogen, Theophrastos von Eresos, in R.E., VII Suppl. (1940), coli. 1354-1562. Su Teofrasto dossografo, si vedrà: - J.B. Mc Diarmid, Theophrastus on the Presocratic Causes, « Harvard Studies in Classica! Philology », 61 (1953), pp. 85-156. Sulla Metafisica - Reale, T eo/rasto e la sua aporetica metafisica... , cit. - W. Potscher, Strukturprobleme der aristotelischen und theophrastischen· Gottesvorstellung, Leiden 1970. Sulla Fisica - P. Steinmetz, Die Physik des Theophrast, Bad Homburg 1964. - AA.VV., Naturphilosophie bei Aristoteles und Theophrast, Herausgegeben von l. Diiring, Heidelberg 1969 (Atti del IV Simposio Aristotelico tenutosi a GOteborg nel 1966). Sulla Psicologia Oltre all'opera del Barbotin, sopra citata, cfr.: - G. Movia, Anima ed Intelletto, Ricerche sulla psicologia peripatetica· da Teofrasto a Cratippo, Padova 1968. Sulla Logica Sono da vedere soprattutto le opere, già sopra citate, di Bochenski e Repici.
*
Ampia bibliografia sui vari temi si troverà in Reale, op. cit., pp. 209215; Movia, op. cit., pp. 9 sgg.; Steinmetz, Die Physik ... , pp. 359 sgg.; Re-
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
pici, op. cit., pp. 227-231; Totok, Handbuch ... , pp. 265 sgg. Si veda, inoltre, Zeller-Plebe, cit., pp. 418 sgg.
TEOGNIDE MEGARICA: cfr. Megarici, 14. TEONE DI SMIRNE, filosofo medioplatonico pitagoreggiante del
II
se-
·colo d.C.
O Ci è interamente pervenuta un'opera dal titolo: Esposizione delle conoscenze matematiche utili per leggere Platone (Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium) . • - E. Hiller, Theonis Smyrnaei Philosophi Platonici Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium, Lipsiae 1878 (Bibl. Teubn.).
G) - J, Dupuis, Th~on de Smyrne philosophe platonicien, Exposition des .connaissances mathématiques utiles pour la lecture de Platon, Traduite pour la première fois du grec en français, Paris 1892; rist. anast., Éditions Culture et Civilisation, Bruxelles 1966 (con testo greco a fronte).
TEONE DI TITOREA, è uno stoico nominato nel quarto tropo di Enesidemo per il suo sonnambulismo. A noi peraltro sconosciuto.
IEORIDE PITAGORICO: cfr. Pitagorici, 10. TEOSEBIO NEOPLATONICO: cfr. Neoplatonici, VI, A, 4. TERTULLIANO, nacque a Cartagine e visse fra il n e il m secolo d.C. Fu apologista cristiano, finito poi nell'eresia. Allo studioso del pensiero antico-pagano interessa come fonte dossografica. Fra le sue opere spiccano: Apologeticum, Ad nationes, De anima.
*
La bibliografia si trova in Totok, Handbuch ... , II, pp. 73 sgg.
'TIMAGORA DI GELA: cfr. Megarici, 28. TIMARIDA DI TARANTO: cfr. Pitagorici antichi, 32. TIMARIDA DI TARANTO, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici,
59.
TIMEO DI LOCRI: cfr. Presocratici, 49; Pitagorici antichi, 23. TIMEO DI LOCRI, PSEUDO: cfr. Mediopitagorici, 60 e inoltre: eG) - W. Marg, Timaeus Locrus, De natura mundi et animae, Ueberlieferung, Testimonia, Text und Uebersetzung, (« Philosophia antiqua ,., XXIV), Editio maior, Brill, Leiden 1972 (a questa edizione si era già rifatto, in anteprima, il Thesleff [cfr. Mediopitagorici], per concessione del Marg).
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TEOONIDE MEGARICA/TOLOMEO CHENNO
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Ricordiamo anche una vecchia traduzione francese che ha, però, un valore prevalentemente storico e retrospettivo: - Timée de Locres, Traduit par d'Argens [ ... ], Paris l'an III de la République Française [ = 1794/1795].
© - M. Baltes, Timaios Lokros, Ueber die Natur des Kosmos und der Seele, ( « Philosophia antiqua », XXI), Brill, Leiden 1972.
*
Per la bibliografia cfr. voce Mediopitagorici.
TIMOCRATE DI ATENE: cfr. Epicurei, A, 17. TIMOCRATE DI LAMPSACO: cfr. Epicurei, A, 18. TIMONE DI FLIUNTE, filosofo e poeta scettico, vissuto fra la fine del e il terz'ultimo decennio del m secolo d.C.
IV
O
Ci sono pervenuti testimonianze e frammenti, fra i quali spiccano quelli dei Silli . •
Per l'edizione dei frammenti e delle testimonianze si veda:
- H. Diels, Poetarum philosophorum fragmento, Weidmann, Berolini 1901, pp. 173-206. - U. von Wilamowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos, Weidmann, Berlin-Ziirich 19652, pp. 41-44.
(!) Una traduzione italiana di gran parte dei frammenti si troverà in: -
Russo, Scettici ... [cfr. voce], pp. 121-134.
**-
A.A. Long, Timon of Phlius: Pyrrhonist and Satirist, in <
TIRANNIONE DI AMISO: cfr. voce Peripatetici, B, 10. TOLOMEO DI ALESSANDRIA: cfr. Neoscettici, 7. TOLOMEO CHENNO DI ALESSANDRIA, Peripatetico vissuto fra la seconda metà del I e i primi decenni del n secolo d.C., esponente della corrente erudita della scuola.
O Scrisse una biografia di Aristotele ed altre opere storiche e letterarie. Di lui ci sono pervenuti frammenti.
•* -
A. Chatzis, Der Philosoph und Grammatiker Ptolemaios Chennos, Leben, Schriftstellerei und Fragmente mit Ausschluss der Aristotelesbiographie, 1: Einleitung und Text, Paderborn 1914; rist. anast., Johnson, New York - London 1967.
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SCHEDARIO E BIBLIOGRAFIA
Per la biografia di Aristotele si veda: - L Diiring, Aristotle in the Ancient Biographical Tradition, GOteborg 1957. Per il catalogo delle opere di Aristotele da lui tramandatoci cfr.: - P. Moraux, Les listes anciennes des ouvrages d'Aristate, Louvain 1959, pp. 289·309.
TOLOMEO DI CIRENE: cfr. Neoscettici, l; Medici Empirici, 6. TRASIALCE DI TASO: cfr. Presocratici, 35. TRASILLO DI ALESSANDRIA: cfr. Medioplatonici, 23. TRASIMACO DI CALCEOONIA: cfr. Presocratici, 85; Solisti, 7. TRASIMACO DI CORINTO: cfr. Megarici, 16. TUCIDIDE DI ATENE, vissuto nella seconda metà del v secolo a.C., è uno dei maggiori storici dell'antichità.
Q La sua opera, giuntaci col nome di Storie, in otto libri, di cui però non sappiamo il titolo originario, tratta della guerra del Peloponneso, ed è fortemente impregnata della mentalità filosofica dell'epoca, in particolare della sofistica. La trattazione di Tucidide rientra nell'ambito della letteratura e della storiografia. Tuttavia non sono mancati tentativi (come quello celebre del Gomperz) di inserirlo fra i « pensatori greci ». In realtà, solo per un equivoco di base questa operazione può essere compiuta, quando non si crede ad un ambito specifico della filosofia e si ritiene che l'unica verità sia quella delle « scienze », e il « pensiero» viene ristretto al « pensiero scientifico ». • Fondamentale è la seguente edizione: - H. Stuart Jones - ].E. Powell, Thucydidis Historiae, 2 voli., Oxonii 19422•
. (!) - C. Moreschini, Tucidide, La guerra del Peloponneso, Boringhieri, Torino 1963; ora anche in Erodoto e Tucidide, Sansoni, Firenze 1967.
© - E.A. Bétant, Lexicon Thucydideum, 2 voli., Ginevra 1843-1847; rist. anast., Olms, Hildesheim 1961.
© - A.W. Gomme, An Historical Commentary on Thucydides, 4 voli., Oxford 1944-1970.
*-
T. Gomperz, Pensa/ori Greci, vol. Il, traduzione italiana di L. Bandini, Firenze 1933, pp. 331 sgg. (L'edizione originale è del 1896). - W. Schadewaldt, Die Geschichtsschreibung des Thukydides, Berlin 1929. - CN. Cochrane, Thucydides and the Science of History, Oxford 1929.
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TOLOMEO DI CIRENE/TZETZE
567
- W. Jaeger, Paideia, Berlin 19362; traduzione italiana di L. Emeri e A. Setti, vol. I, Firenze 1936 (più volte riedito), pp. 641-688. - O. Regenbogen, Thukydides als politischer Denker, in Kleine Schriften, Miinchen 1961, pp. 217-247. Si vedano anche alcune illuminanti pagine di: - H.l. Marrou, De la connaissance historique, Paris 19736.
TZETZE, GIOVANNI, poeta ed erudito bizantino del xn secolo d.C. Fra le opere da lui scritte, soprattutto in versi, interessa la sua Storia incentrata sulla cultura greca, che venne detta Chiliadi, scritta pure in versi. Alcune notizie contenute in essa sono interessanti (come ad esempio la notizia secondo cui Leucippo fu discepolo di Melisso, che, se vera, confermerebbe gli strettissimi legami storici, oltre che teoretici, fra eleatismo ed atomismo).
e© - P.A. Leone, loannis Tzetzae Historiae, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1968.
*
I vi, pp. cm sg. si troverà l'indicazione delle precedenti edizioni e la bibliografia.
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v VARRONE, MARCO TERENZIO, reatino, vissuto d4l 116 al 27 a.C. Fu un erudito con interessi filosofici teoreticamente collocabili nell'area dell'eclettismo accademico di Antioco.
O Scrisse -.pare- settantaquattro opere in 620 volumi (il catalogo delle opere è contenuto nell'Epistola 33 di S. Girolamo). A parte il trattato Del fondo rustico (De re rustica) e un grosso frammento del trattato Della lingua latina (De lingua latina, che constava di ben. 25 libri), le opere di Varrone sono andate perdute, e si sono recuperati solo frammenti. •
-F. Semi, Varronis quae extant, 4 voll., Padova 1966.
GJ© Una trad~ione completa si trova in: - M. Terenzio Varrone, Libri intorno alla lingua latina, Riveduti, tradotti, annotati da P. Canal, Frammenti tradotti ed annotati da F.A. Brunetti, Venezia 1874, più volte riedito. Si veda, inoltre: - A. Traglia, Opere di M. Terenzio Varrone, Utet, Torino 1974. Contiene il De lingua latina, frammenti di opere grammaticali e il De re rustica am testo a fronte.
*-
F. Della Corte, V arrone, il terzo gran lume romano, Genova 1954. - P. Boyancé, Sur la théologie de Varron, in « Revue des Études Ancienneu, 57 (1955), pp. 57-84. - G. Barra, La figura e l'opera di Terenzio Varrone Reatino nel De civitate Dei di Agostino, Napoli 1969. - Atti del Congresso internazionale di Studi Varroniani (in occasione del bimillenario della morte di Marco Terenzio· Varrone), Rieti 1974, 2 voli., Centro di Studi Varroniani Editore, Rieti 1976.
*
Tutta la bibliografia si troverà in un eccellente lavoro, recentemente edito: - B. Riposati - A. Marastoni, Bibliografia varroniana, Celuc, Milano 1974
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,69
VARRONE/XUTO
(con la collaborazione di G. Galimberti Biffino, A. Manzo, O. Pasqualetti, B. Veneroni, M. Vismara).
VETUSTA PLACITA Con questo nome, che è ormai divenuto tecnico, viene designata, a partire dal Diels, Dox. [cfr. voce Dossografì], p. 181, un'opera dossografica per noi completamente perduta, la cui esistenza si ritiene necessario postulare come anello di congiunzione tra la dossografia teofrastea e i vari Placita Philosophorum sul tipo di quelli aeziani (cfr. voce Aezio). Si pensa, su basi congetturali, che l'autore potrebbe essere un discepolo di Posidonio, vissuto nella prima metà del 1 secolo a.C. Quest'opera constava forse di sei libri, in ognuno dei quali venivano trattati altrettanti loci filosofici: De principiis, De mundo, De sublimibus, De anima, De corpore (cfr. la tabula, ossia lo schema dell'opera, divenuto poi canonico, ricostruito dallo stesso Diels, Dox., pp. 181-183). I V etustp placita dipendevano, sia nell'impianto sia nel metodo espositivo e sia nel èontenuto, dalle Opinioni dei fisici di Teofrasto (cfr., sopra, voce Dossografi), ma differivano dal trattato dossografìco dell'Eresia, perché in essi, come è stato di recente ribadito, « è scomparso il giudizio critico che Teofrasto aveva pronunciato, sulla base della filosofia aristotelica, intorno alle varie dottrine da lui considerate; qui si utilizza il materiale su cui quel giudizio era fatto, senza assumere il giudizio stesso; il materiale si è cosl trovato disposto per argomenti: ma all'interno di ogni argomento viene a mancare quell'ordine sistematico che era riscontrabile nell'opera di Teofrasto ~ (Dal Pra, op. sotto cit., p. 167).
*-
-
Diels, Dox. [cfr. voce Dossografi], Prolegomena, pp. 178 sgg. M. Dal Pra, La storiografia filosofica antica, Milano 1950, pp. 165-168.
VITTORINO, MARIO: cfr. Neoplatonici, VII, 3.
x XUTO PITAGORICO: cfr. Presocratici, 33; Pitagorici antichi, 13.
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z ZALEUCO DI LOCRI, PSEUDO: dr. Mediopitagorici, 61. ZENOOORO DI TIRO: dr. Neoaccademici, 11. ZENOOOTO NEOPLATONICO: dr. Neoplatonici, V, 9. ZENONE DI CIZIO: dr. Stoici antichi, l e inoltre:
e© - A.C. Pearson, The Fragments of Zeno and Cleanthes, London 1891; rist. anast., Arno Press, New York 1973 (la numerazione dei frammenti di tale edizione è tuttora usata da alcuni studiosi nella letteratura anglosassone).
*
-
Oltre alle indicazioni che diamo alla voce Stoici antichi, si vedano:
A. Jagu, Zénon de Cittium, son r6le dans l'établissement de la mora-
le stolcienne, Paris 1946. - A.]. Festugière, La révélation d'Hermès Trismégiste, vol. Il, Paris 19493, pp. 260 sgg. - F. Adorno, Sul significato del termine hegemonik6n in Zenone stoico, in «La parola del passato~. 12 (1959), pp. 26-41. - K. von Fritz, Zenon 2, in R.E., X A ( 1972), coli. 83-121. - A. Graeser, Zenon von Kition, Positionen und Probleme, Berlin-New York 1975.
*
In von Fritz, art. cit., coli. 120 sg., si trova una bibliografia essenziale.
ZENONE DI ELEA: dr. Presocratici, 29; Eleati, 2, e inoltre: e®© - HD.P. Lee, Zeno of Elea, A Text with Translation and Notes, Uriiversity Press, Cambridge 1936; rist. anast., Amsterdam 1967. - M. Untersteiner, Zenone, Testimonianze e frammenti, («Biblioteca di Studi Superiori~. 46), La Nuova Italia, Firenze 1963; 19702.
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571
ZALEUCO/ZOSIMO
*-
R. Mondolfo, Problemi del pensiero antico, Bologna 1936, pp. 89-
155.
- J. Zafiropulo, Vox Zenonis, Paris 1958.
-
K. von Fritz, Zenon l, in R.E., X A (1972), coli. 53-83. A. Griinbaum, Modern Science and Zeno's Paradoxes, London 1968.
'*-
Uno stato della questione si trova in Zeller-Reale [cfr. voce Presocratici], pp. 337-401; cfr. anche la bibliografia, ivi, pp. xxxm-xxxvm.
ZENONE DI SIDONE: dr. Epicurei, Elenco scolarchi, 9, e inoltre:
*-
*
K. von Fritz, Zenon 5, in R.E., X A (1972), coll. 122-138.
Cfr. la bibliografia, ivi, coli. 137 sg.
ZENONE DI TARSO: cfr. Stoici antichi, 10; Stoici, Elenco scolarchi, 4. ZEUSIPPO DI CNOSSO: cfr. Neoscettici, 11. ZEUSSI DETTO GONIOPO: cfr. Medici Empirici, 12; Neoscettici, 12. ZOPIRO DI ALESSANDRIA: cfr. Medici Empirici, 10. ZOSIMIANO GIULIO: cfr. Stoici, Elenco scolarchi, 15.
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Abbreviazioni
-
-
-
-
Bibl. Ox. = « Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis », C!arendon Press, Oxford. Bibl. Teubn. = « Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana », Teubner, Leipzig. Coli. Budé = « Collection des Universités de France publiée sous le patronage de l'Association Guillaume Budé », Société d'Édition « Les Belles Lettres », Paris. DK = H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, Griechisch und Deutsch, 3 voli., Weidmann, Ber!in 1951-195.26. Jacoby, Fr. Gr. Hist. = F. Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker, Leiden 1926 sgg. Loeb = « The Loeb Classica! Library », Harvard University Press, Cambridge (Mass.)- W. Heinemann, London. Mullach, Fr. Phil. Gr. = F. Mullach, Fragmenta Philosophorum Graecorum, 3 voli., Didot, Parisiis 1860-1881; rist. anast., Scientia Verlag, Aalen 1968. Miiller, Fr. Hist. Gr. = C. Miiller, Fragmenta Historicorum Graecorum, 5 voli., Didot, Parisiis 1848-1885. Praechter = F. Ueberweg, Grundriss der Geschichte der Philosophie, Erster Teil: Die Philosophie des Altertums, Herausgegeben von K. Praechter, Base! 192612 ; rist. anast., Darmstadt 1960. R.E. = Pauly-Wissowa-Kroli-Mittelhaus-Ziegler, Realencyclopiidie der classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart 1894 sgg. Totok, Handbuch ... = W. Totok, Handbuch der Geschichte der Philosophie, I, Altertum, Klostermann, Frankfurt am Main 1964. Totok, Handbuch ... , II = W. Totok, Handbuch der Geschichte der Philosophie, II, Mittelalter, Klostermann, Frankfurt am Main 1970-1973.
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PARTE TERZA
INDICE DEI.NOMI DEGLI ~UTORI E DEI PERSONAGGI ANTICHI TRATTATI O MENZIONATI NEI PRIMI QUATTRO VOLUMI
N.~. · Il presente indice va integrato con quello dello Schedario dellaParte seconda, dove si trovano, oltre alle informazioni bio-bibliografiche, i cataloghi dei nomi degli esponenti e dei seguaci delle varie scuole e sett~ filosofiche, che, per ragioni di spazio, non sono stati qui ripetuti.
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575
l
I numeri in neretto indicano le pagine in cui l'autore è trattato in maniera spect/ica; i numeri in tondo indicano le pagine in cui si fa riferimento all'autore in generale o a qualche aspetto particolare del suo pensiero; i numeri in corsivo indicano le pagine in cui l'autore è utilizzato come fonte dossogra/ica.
A ABAMMONE: ABARI:
152 e n. 2; 153; 154; 155; 156; 167; 176; 194; 205; 208; 253; 268; 309314; 348; 368; 369; 381 n. 40; 388; 389; 410 n. l; 411; 475; 663.
IV 644.
111 96; IV 409.
AcCADEMO: ABDERITI:
Il 459.
IV 256
n.
17; 300. ADAMo:
ABRAMO:
IV 256
n.
17.
IV 265. ADIMANTO:
AcAico:
n. l.
l 135; 207; 441.
AcHILLE: ABELE:
Il 8
111 49 n. 75. ADRASTEA:
AccADEMICI (e AcCADEMIA):
l
IJ 296; 297; 312. IJ 242.
XVIII;
Il 8 n. l; 9 n. l; 14; 16; 23; 26; 28; 31; 33; 34; 53; 91; 104; 121; 124; 137; 255; 288; 332; 379 e n. l; 380 n. l; 381 e n. l; 384; 386; 389; 391; 394; 395; 482; 485 e n. 4; 514; 569; 597; 111 XVII; XVIII; XX; 48 n. 74; 83122; 125; 126; 127; 153; 161 n. l; 162; 163; 261; 263; 273; 306; 307; 308; 317 n. 25; 320; 329; 409 n. 38; 436; 437 e n. 3; 486; 497; 499-519; 521-556; 523; 524; 525; 526; 527; 529-556; 560; 561; 564; IV XXI; 10 n. 13; 13; 15; 24; 35; 55 n. 3; 151;
ADRASTO: IV 31; 35 e n. 16; 326 n. 44; 328 n. 53. ADRIANO:
IV 56; 131; 227
n.
l; 324
n. 37. AEzio: l 57 n. 12; 62 n. 5; 66 n. 12;
68 n. 4; 180; 191 n. 13; 111 104 e n. 19; 113 nn. 14,17; 150 n. 6; 308 e n. 6; 326-327 e n. 7; 335 e n. 23; 379 e n. 71; 385 e n. 98; 451 e nn. 16,17; 457 n. 36; IV 12 n. 19; 400 n. 22.
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576
INDICE DEI NOMI (A)
l 397; Il 264; 111 32;
AFRODITE:
51. AGAMENNONE: AGATOBULO:
l 207.
IV 229 n. 7; 234
e
n.
l 65 e n. 10; Il 23; 544; 597; 111 91 e n. 3; 140 n. 27; 360 e n. 32; 363 n. 43; 364 e n. 46; IV XXI; 3; 5; 28 n. 47; 30; 32; 38; 39-50; 316; 326 n. 44; 328 n. 53; 480. ALESSANDRO DI AFROSIDIA:
27. ALESSANDRO DI EGE: AGAZIA:
IV 31.
IV 699 e n. 5; 700 nn. 6,7.
l 6; 69 n. 9; Il 397 e n. 3; 459; 111 507 n. 23; IV 337
AGOSTINO (s.):
n. 17; 620; 635 n. 22; 665; 701 e n. 13. AGRIPPA:
ALESSANDRO MAGNO: l 16; Il XVIII; 380 n. l; 381 n. l; 604; 111 XVII; l; 5; 6; 7; 8; 10; 30; 35; 41; 42; 46; 47; 89; 125; 173; 257; 465 n. l; 467; 468; 469; 471; 474; 488 n. 61; 563; 569; IV XVII; xx; 157; 225; 234.
IV 183; 184; 185-188. ALEsSANDRO PoLIISTORE:
AGRIPPINA: AIACE:
IV 78 n. l.
l 207.
ALBINO: IV 277; 290; 307; 316; 317; 320 n. 26; 322 e nn. 33,34; 326 e n. 45; 328 n. 51; 333; 334 e nn. 6,7; 335; 336 e n. 10; 337; 339 e nn. 19,20,21; 342 e n. 29; 343 e n. 30; 345; 346; 347 e n. 39; 348; 349 e n. 44; 355, 356; 357 e n. 12; 358 e nn. 14,16; 359 e n. 19; 360 e nn. 20,21; 361 e n. 24; 362 e nn. 25,26,27; 363 e nn. 28,30; 364 e n. 31; 437; 481; 510 n. 15. ALcEO (o ALcio):
111 273
Il 7 n. l;
IV 377.
e n.
l;
ALESSINO:
l 426; 111 66; 69.
AMAFINIO:
111 274; 275; 276; 277.
AMELIO: IV 152 n. 2; 146 in nota; 471; 481 e n. 5; 622; 624; 626-628; 644; 654; 671. AMINIA:
l 119 n. l.
AMINTA:
Il 379 n. l.
AMMIANO MARcELLINO: AMMONE:
IV 461 n. 2.
Il 18.
274. AMMONIO CRISTIANO: ALCIBIADE:
IV 462.
l 288 in nota; 307; 308;
427 n. l; 428.
AMMONIO L'EGIZIANO:
IV 320 n. 28;
321 e n. 29; 663. ALciMo:
111 78. l 392 n. 15; IV 16 n. 7; 27 n. 44; 622; 686 n. 46; 688, 691; 693; 694.
AMMONIO, FIGLIO DI ERMIA: ALciNOO:
IV 322 n. 34.
ALcio: cfr. ALcEo:
111 273 n. l. AMMONIO PERIPATEnco:
ALcMEONE:
Il 60.
ALESSANDRO
DI
61; 62.
IV 146 n.
2.
AooNOTECHIA:
IV
AMMONIO SACCA: IV 146 in nota; 211; 251; 410 n. l; 46N70; 471;
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INDICE DEI NOMI (A)
577
472; 479; 482 e n. 8; 500 n. 9; 609; 621; 622; 624 e n. 4; 626; 635; 689; 690.
ANONIMO autore del De Me/isso, Xenophane et Gorgia: l 244 n. 3; 245 e nn. 7,8; 248 e n. 13.
AMoRE: l 47; 49;. 154; 156; 159; 160; 161; 178; Il 263; 264; 265.
ANONIMO autore dei Dissoì logoi: l 233; 234 e nn. 10,12.
ANASSAGORA: l 15; 149; 171 n.l; 162-170; 177; 178; 181; 189 n. 10; 191; 192; 193; 194; 195; 288 nota; 297; 298 e n. 9; 339; 346; 475; Il 44; 61; 62; 64 n. 4; 71; 76; 463; 477; 111 408; IV 67; 507 n. 7.
ANONIMO autore della Sapienza di Salomone: IV 259 e n. 24.
ANASSARCO: 111 465 n. l; 468 e n. 3; 470; 471; 472. ANASSIMANDRO: l 54; 59·66; 67; 70; 71; 96; 463; IV 507 n. 7. ANASSIMENE: l 67·71;92; 96; 152; 188; 190; 191; 220; 463; Il 60; 81; IV 507 n. 7. ANATouo: IV 639; 640 e nn. 3,4. ANcHIPILO: 111 80.
ANONIMO autore ermetico del «Poimandes>>: IV 439. ANONIMO autore medioplatonico del Commentano al Teeteto: IV 322 n. 33; 323 e n. 36; 356; 357 e n. 13. ANONIMO DI GIAMBLICO: l 264 n. l. ANONIMO pitagorico di Alessandro Poliistore: IV 377; 378; 380; 387; 391; 401. ANONIMO pitagorico di Diodoro Siculo: IV 377. ANONIMO pitagorico di Fozio: IV 377; 379; 380; 387; 391; 408.
ANDROMACA: l 207. ANoNIMO pitagorico di Ovidio: IV 377. ANDRONE DI ARco:
IV 160.
ANDRONICO: Il 382 n. l; 403; 111 142; 154; 562; IV 16 n. 7; 17; 19; 20-21; 22 e n. 22; 23; 25; 25-26; 27 e n. 44; 29; 31; 316; 380; 473. ANITa: l 330; 111 383.
ANNICERI (o ANNICERIDE): l 407 n. 13; Il 8 n. l; 111 56; 59-60; 61; 63. ANNIO SToico: IV 145 n. 2; 146 n. 2. ANoNIMO autore del Commentario all'Etica a Nicomaco di Aristotele: IV 325 n. 40.
ANONIMO pitagorico di Sesto Empirico: IV 377; 381; 388; 391. ANTIFONTE: l 264; 267-270; 325. ANTIGONO DI CARISTO: 111 465 n. l; 489. ANTIGONO GoNATA: 111 51. ANnoco m AsCALONA: 111 526; 529; 530 e n. 4; 531; 532; 537-542; 543; 544; 545; 548; 556 n. 28; IV 24; 25; 151; 152; 309; 310; 311; 312; 313; 318; 319 n. 24; 337; 663. ANnoco DI LAoDicEA: IV 182; 183 e n. 3; 184 n. 7.
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578
INDICE DEI NOMI (A)
l 407 n. 13.
ANTIPATRO CIRENAICO:
111 305 sg. n.
APoLWNIO CRoNo:
111 70
n.
13.
l; 373; 435 n. 2.
APoLLONIO DI TIANA: IV 384 e n. 53; 385 n. 54; 408 e n. 43; 409 n. 46.
ANTIPATRO DI TIRO: 111 452.
APoLWNIO
ANTIPATRO DI TARSO:
DI
TIRO:
111 312; IV
126 n. l. ANTISTENE: l 287 n. l; 324 e n. 58; 337 e nn. 2,3; 386; 387; 389; 390· 402; 404; 432; Il 252; 111 25 e n. 2; 26 e n. 2; 27 e n. 10; 32; 34; 44; 48; 306; 310; IV 106; 217; 238; 239.
IV 445.
ANTONINI: ANTONINO: ANTONIO:
IV 131.
111 543 n. l.
APELLA:
IV 183; 185 n. 9.
APELLE:
IV 204.
APPIO CLAUDIO:
IV 383 n. 44.
APuLEIO: 111 45 e n. 61; IV 25 n. 34; 38 n. 25; 322 e n. 33; 323 n. 35; 326; 327; 335 e n. 8; 342 e n. 28; 347 e n. 40; 349 e n. 45; 353 nn. 57, 58, 60; 355 e n. 6; 358 n. 15; 360 n. 20; 361 e n. 23; 384 n. 50; 431. ARcESILAO: 111 119 n. 9; 121; 317 n. 25; 436; 487; 498 e n. 90; 499-509; 510· 511· 516· 517· 518· 524· 526· 527; 529; 53l'n. 7;,535;,538;,1V B n. 6; 151; 156; 309; 369; 411.
APELLICONE DI TEo:
Il 382 n. l; 111 154; IV 12; 15; 16; 17; 18; 19;
ARCHEDEMO:
21; 23; 25.
ARcHELAO: l 188 n. 4; 194-196; 264 n. l; 288 nota; 298; 339; 408.
l 24; 99; 100; Il 381 n. l; 111 86; IV 228; 409.
111 306 n. l; 338.
APoLW:
l 59 n. l; 72 n. l; Il 3 79 n. l; 111 129 n. l; 317 n. 25; IV 20. APoLWDORO DI ATENE:
ARcHmAMo: ARcHITA:
IV 110.
Il 8 n. l; 9 n. l; IV 368.
pseudo: IV 371; 372 e n. 12; 373 e n. 18; 402; 403.
ARcHITA,
APoLLODORO PADRE DI ARCHELAO DI ATENE:
l 194.
APoLWDORO DI SELEUCIA:
111 306 n.
ARETE:
l 406; 407 e n. 13; 111 55.
ARIEo:
IV 184 n. 7.
l.
detto «il tiranno del Giardino»: 111 270.
APoLWDORO
APoLWFANE:
111 305 n. l.
APoLWNIDE DI NrcEA: APoLWNIO L'ANTICO
co): IV 191.
IV 183 n. 3.
(medico empiri-
Amo DmrMo: 111 338 e nn. 30,31; 358 e n. 18; 450 e n. 15; IV 28 n. 48. ARisTEA,
pseudo: IV 259 e n. 23.
ARiSTIDE DIALETTICO: ARiSTIDE
FIGLIO
368.
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DI
111 78. LISIMACO:
579
INDICE DEI NOMI (A)
ARISTIPPO IL GIOVANE
(Metrodidatta):
l 407 e n. 13; 111 55. AruSTIPPO IL VECCHIO: l 386; 388; 389; 403-417; 432; Il 252; 111 55; 63; IV 229. ArusTO:
IV 313.
ArusTOBULO: ArusTOCLE
IV 258 e n. 22.
(vero nome di Platone):
117n.l. ArusTOCLE DI MEsSENE: l 420 e n. 8; 421 n. 13; 111 187 e n. 19; 379 n. 73; 475 e n. 25; 476 n. 35; 478 e n. 39; 483 n. 49; 485; 488 e n. 60; 490 nn. 67,69; 495; IV 32 e n. 7; 34-35; 48 n. 22; 55 e n. 4; 152 n. 2; 181 e n. 58. ' ArusTODEMO:
l 340.
l 171 n. l; 188 n. l; 189 n. 10; 195 e n. 26; 256; 288 nota; 289 e n. 2; 292 e n. 8; 298; 369 n. 16; Il 280. ARISTOFANE:
ArusTONE (commentatore di Aristotele forse identificabile con Aristone di Alessandria): IV 23; 24. ArusTONE DI ALESSANDRIA:
IV 21;
23; 24-25. ArusTONE DI CEo:
IV 9-10; 16
n.
7;
319 n. 24.
l 408; 111 305 n. l; 318 e n. 28; 401; 406; 485 e n. 56; 486 n. 57; 491; 505; 506. ArusTONE DI CHio:
ArusTONE
(maestro di "Platone): 7 n.
l.
l 239 n. 16; Il 24 n. 20; 111 146-147; IV 370 n. 10; 388.
ARISTOSSENO:
l XVII; xx; 9; 14 e n. 4; 33, 34 e n. l; 35 e n. 2; 37; 38; 40; 43; 45; 48 e n. l; 49; 53; 54 e nn. 2,3,4; 55 e nn. 6,8; 56 e n. 9; 57 e n. 11; 58 e n. 14; 60 e n. 3; 61; 63 n. 6; 65 n. 11; 74 e n. 5; 88 e n. 5; 90; 91 n. l; 92 e n. 3; 114 e n. 14; 122; 134; 135; 136 n. 6; 136 e n. 7; 142 n. l; 148 e n. 11; 151 n. l; 154; 164; 170 e n. 17; 172 e n. 2; 173 e n. 4; 174; 178; 188 e nn. 5,6; 189 e n. 8; 190 n. 12; 208; 217; 218 e n. 5; 227; 231 e n. 5; 232; 233 e n. 8; 244 n. 3; 250 e n. 19; 255; 281; 291 e n. 5; 292; 316 e nn. 38,39; 320 n. 41; 345 e n. 12; 346; 371 e nn. 19,20,21; 372; 373; 374; 378; 393 nn. 18,19,22; 408-409 e n. 17; 420; 438 e n. 7; 439; 440; 441 e n. 14; 444; 446 e nn. 27, 28; 451; 457; 459; 460 e n. l; 461 e nn. 2,4; 462 nn. 5,6; 463 e n. 7; 465; 467; 468; 469 e nn. 26,27; 470 e n. 28; 471 e nn. 29,31; 472; 473; 474 e n. 32; 475 e n. 34; 476; 477 e n. 38; 483 e n. 50; 486; 489 e n. 69; 490 e nn. 76,77; 491; 492 e nn. 79,80; Il xv; XVII; XVIII; l; 7 n. l; 8; 23 e n. 17; 24; 27; 52; 85; 86 e n. 19; 92 n. 27; 93; 98; 104 e n. 3; 105 n. 5; 111 e n. 15; 112; 115 n. 18; 117 e n. 20; 119; 120 n. 23; 136; 153 e n. l; 170 n. 22; 172 e n. 23; 173 n. 24; 178 n. 35; 180; 289; 345 n. 3; 349 e n. 8; 362; 363; 365; 366; 368; 370; 375-607; 111 XVII; xx; 6; 7; 10; 13; 14; 21; 41 n. 49; 66; 67 n. 3; 68 n. 8; 70; 71 e nn. 15,16; 72 e n. 17; 73 n. 22; 76; 78 e n. 37; 83; 90 n. l; 91 e n. 2; 92 e n. 5; 94 n. l; 98; 99 e nn. 2,3,4; 100 n. 5; 101 e nn. 6,7,8,9; 102 n. 10; 103 e nn. 13,14,15,16; 104 n. 17; 105 e n. 23; 108; 111 e n. 7; 125; 126; 127; 128; 129 n. l; 130; 132 e n. 7; 135; 137; 138; 139; 140; 141; 142 e nn. 34,35,36; 144; 145 n. 5; 147 n. 13; 149; 150; 153; 154; 155; 161; 162; 163; 164 e n. 6; 166; 171; 172; 173; 174; 177; 178 e n. 2; 197; 201; 206; 210; 213; 214; 221; 223; 228; ARISTOTELE:
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580
INDICE DEI NOMI
232; 234; 237; 245; 257; 259; 270; 282; 308; 321; 342 e n. 43; 343; 362; 369; 370; 380; 381 e n. 80; 401; 409; 410; 419; 424; 437; 439; 440; 442; 456; 459; 476 e nn. 31,33,34; 480; 488 e nn. 59,61; 489 e n. 63; 490 e n. 66; 539; 540; 542; 545; 553; 559; 561; 562; 564; IV 11; 13; 15; 16 e n. 7; 17; 18; 19; 20; 25; 26; 27 e n. 44; 28; 29; 31; 32; 33; 36; 38 e n. 25; 39; 40; 41; 42 e n. 9; 44; 45; 46; 47 n. 19; 48 e n. 22; 66; 115; 125; 135; 160; 169 e n. 28; 178; 180; 252 e n. 9; 253; 270; 273 e n. 12; 296; 302; 304 e n. 16; 316; 321 n. 30; 323 n. 35; 324 n. 39; 325 n. 40; 327; 336; 338; 339 n. 22; 340; 341 e n. 24; 348; 359; 368 e nn. 6,7; 372 e n. 14; 373; 380; 386; 387; 388; 389; 418; 465; 473; 475; 478; 493; 498; 503; 507; 510; 531; 533 e n. 12; 556; 590; 592; 608 n. 4; 610; 624; 635; 636 e n. 23; 641 n. 7; 645; 658; 665; 666; 688; 691; 693; 694 n. 15; 695; 696.
AscLEPIO:
IV 622; 694.
IV 5; 31; 36-38; 326 44; 328 n. 53; 480.
AsPASIO:
ATENA:
ATENEO DI NAUCRATI:
34;
n.
111 366.
l 413-414 e n.
111 236 e n. 3; 254 e nn. 45,47;
IV 12 n. 21; 19 n. 12. IV 146 n. 2.
ATENEO STOico: ATENIONE:
IV 12.
ATOMISTI (e ATOMISMO):
l 171-186;
189 n. 10; 297; Il 76; 111 n. 4; 167; 168; 193; 196; 201; 202; 204; 206; 208; 221; 222; 223; 285; 287; 474; 564.
95; 149 e 199; 200; 210; 213; 313; 471;
Il 240; 111 113.
ATROPO: ATTALIDI:
ARisTOTELE DI CIRENE:
(A. B)
111 154; IV 17.
111 78. ATTALO:
ARisTOTELE DI MITILENE (Peripatetico del II secolo d.C.): IV 48 n. 22. (e ARISTOTELISMO): Il 375-607; 111 13; 128; 152; 153; 538; 539; IV xvn; 5-50; 208; 316; 318; ARISTOTELICI
IV 78 n. l.
MEDIOPLATONICO: IV 324 e n. 40; 325 nn. 40,41; 326 n. 44; 327; 328 n. 52; 339 n. 22; 341 e n. 26; 343 n. 32; 350; 351 e n. 54; 359 e n. 17. ATTICO
319 n. 24. ATTico, ARPAGO:
l 109.
Alu>ocRAZIONE:
T.
PoMPONIO:
111 543 n. l;
IV 53. IV 325
e n.
41; 352
AucusTO:
IV 23; 28
48; 130;
e n.
383 n. 45.
n. 56.
AiuuA: 111 266.
B
AiuuANo: IV 73; 105 n. l. BAREA SoRANO: ARTEMIDE:
l 72
n.
IV 74
BASILIDE EPICUREO: ARTEMIDORO DIALETTICO:
l 233
n.
6.
l 430; 111 80.
111 270.
9. BASILIDE STOico:
AscLEPIADE:
n.
l; 366.
n. 33.
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111 306
n.
l; 360
581
INDICE DEI NOMI (B, C)
111 49
BATONE:
75.
n.
IV 14.
CALLINO:
BERNARDO DI CHIARAVALLE
111
(s.):
Il 446.
CALLIPPO:
175 n. 33. CALLISTENE:
BIONE:
IV 14.
l 209; 211.
BIANTE:
BoETO DI SmoNE STOico:
IV 321 45; 663.
CALVISIO TAURO: 32; 327; 349 e n.
111 48-52; 62; 507. 111 306
n.
e nn.
30,
IV 130.
CAMILLO:
l. CARMIDE
Il 549; 597; IV 623; 696.
BoEZIO:
BRAMANI:
IV 408.
BRISONE:
111 75.
BRONTINO,
(o
111 273; 435 n. 2; 436; 487; 510-519; 526; 529; 530; 531 nn. 7,8; 532; 533; 534; 535; 538; 541; IV 10 n. 13; 80; 151; 156; 167; 309. CARNEADE:
pseudo: IV 374
n.
20;
403.
CARONDA,
BRUTO:
IV 312.
BuRRo:
IV 78
l.
pseudo: IV 373
111 543
CATULO:
pseudo: IV 374
n.
20.
n.
18.
IV 192.
CATONE IL CENSORE:
111 383.
BusiRIDE: BuTERO,
CASSIO:
n.
111 529;
CARMADA):
IV 309.
n.
111 273; IV 130. l.
CEBETE: Il 3; 63; 65; 66; 83; 226; 236; 237; 252; 253.
C
pseudo: IV 258
CEBETE,
n.
20; 405
n. 38. CAINO:
IV 256
n.
17; 300. CELSO:
IV 325
111 470; 471; 491.
343; 352.
CALCIOlO: 111 355-356 e n. 12; IV 31; 420 e n. 19; 423 e n. 23; 623; 695.
CERCIDA:
CALANO:
CALIGOLA: CALLIA:
IV 218
n.
l.
CALLICLE: l 275 e n. 9; 276; Il 49; 220; 221; 275; 276; 277. CALLICRATIDE, 19; 381 n. 40.
pseudo:
IV 374
42; 327; 329;
111 49-51.
CESARE: IV 120; 121; 122; 123. CESONE:
l 395.
e n.
IV 130.
CHEREFONTE:
l 299
CHEREMONE:
IV 74
n.
11.
e n.
3.
CHILONE:
l 209; 210.
CHIMERA:
l 247; 111 506.
n.
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582
INDICE DEI NOMI (c)
l 69 n. 8; 182 e n. 16; 221 e n. 7; 415 e nn. 38,40; 418 n. l; 419 e n. 7; 420 nn. 10,11; 424; 428 e nn. 4,5; Il 544; 565 e n. 36; 111 52 e n. 90; 57 n. 4; 58 n. 10; 62 e nn. 21,24; 64 e n. 28; 68 nn. 7,8; 72 e nn. 18,19; 95 e n. 4; 98 n. l; 104 n. 20; 113 n. 20; 113 e n. 16; 115 n. 22; 118 n. 5; 120 e n. 13; 126 n. 2; 141-142 nn. 32,33; 146 e n. 10; 147 e n. 12; 148-149 e n. 2; 161 n. l; 166 n. 11; 168 n. 17; 178 e n. 3; 180 e nn. 8,9; 197-198 e n. 11; 207 e n. 29; 209-210 e nn. 31-32; 228 e n. 57; 229-230 e nn. 60,61,62,63,64; 231 n. 65; 235236 e nn. 1,4; 236-237 e n. 5; 238-239 e nn. 10,12; 240 e n. 13; 242-243 e n. 16; 247 n. 24; 248 e n. 28; 255 e nn. 50,51; 264 n. 77; 265 n. 80; 270 e n. 8; 274 e n. 4; 275 e n. 5; 276 e n. 7; 278 n. l; 313 e n. 20; 329 e n. 10; 330 e n. 11; 334 n. 21; 363-364 e nn. 44,45; 369 e n. 53; 371-372 e nn. 57,58; 373-374 e n. 62; 376 e n. 65; 377 n. 66; 385 e n. 95; 390 e n. 4; 393 e n. 7; 394 e n. 9; 399 e n. 14; 411 e n. 42; 412 e nn. 45,46; 416-417 e n. 52; 419-420 e nn. 55,56; 421 e n. 60; 423 e n. 66; 425 e n. 71; 435 n. 2; 440 e nn. 13,14,15; 441 n. 16; 443 e nn. 21,22,23; 445; 446; 449 n. 12; 456 e n. 33; 457 e n. 35; 459; 484 e n. 55; 485 e n. 56; 486 e n. 57; 491 e n. 73; 501 n. 6; 502 n. 8; 507 e n. 23; 510 n. 3; 513 nn. 8,10; 521; 527; 529 n. 2; 530 nn. 3,4; 531 e n. 7; 532 e n. 9; 533 e n. 10; 534 enn. 11,13; 537 n. l; 538 e nn. 2,3; 539 e n. 5; 541 nn. 6,8; 542 nn. 9,10,11,12; 543· 556; IV 7 e n. 2; 8 e n. 4; 9 e nn. 7,8,9; 10 n. 11; 11 e n. 17; 22 e n. 23,24; 24 e nn. 28,29,31; 25 e nn. 36,38; 53 sgg.; 55 n. 2; 87; 90; 152; 310 e n. 4; 311; 312 e n. 10; 313 n. 11; 382 e n. 42; 383 n. 44; 695; 696. CICERONE:
CrcERONE Lucro:
IV 312.
CICERONE QurNTO:
IV 312.
l 287 n. l; 390· 402; 431; 432; Il 524; 111 25-54;
CINICI (e CINISMO):
117; 170; 174; 265; 307; 310; 311; 564; IV xvu; 65; 80; 98; 100; 101; 102; 213-242; 251.
IV 224.
CIRCE:
(e ScuoLA CIRENAICA): l 403-417; 431; 432; 111 55-64; 93;
CrRENAICI
170; 237; 238 e n. 9; 239 e n. 11; 241; 564. CIRO:
l 109; 111 47.
CLAUDIANO MAMERTINO:
IV 383
n.
47.
111 268 n. l; 303; 305 n. l; 309; 316-317 e nn. 24,25; 318; 327; 328; 338; 364; 366; 367-368; 377; 378; 385; 402; 436; 452; IV 124; 125; 220. CLEANTE:
CLEARco m Sou:
111 147 n. 13.
l 14 n. 2; n. 13; 397 n. 28; 399 n. 36; 111 n. 27; 113 n. 18; 118 nn. 5,6; 249 33; 265 n. 80; 338 e n. 33; 413; e n. 25; IV 8 n. 3; 33; 251 n. 6; n. 19; 410 n. l; 689.
CLEMENTE ALESSANDRINO:
114 106 e n. 445 257
CLEOBULO:
l 209.
CLEOMEDE:
IV 74
CLITARCO:
e n.
6.
111 78.
CuToMAco:
111 529; 530
e n.
3; IV
151; 309. CLITONE:
l 308; 310.
CLOTO:
Il 240; 111 113.
CooRo:
Il 7
CoLOTE:
n.
l.
111 49
n.
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78; 162
n.
l; 270.
583
INDICE DEI NOMI (C, D)
CoRINZI:
IV 97. Il 380 n. l; 382 n. l; IV
CoRisco:
17.
IV 74 e n. 3.
CoRNUTo: CosRoE:
IV 699; 700.
CRANTORE:
CRISTIANI (e CRisTIANESIMo): l 1; 39; 320; 321; 402; Il 10; 270; 360; 521; 604; 111 413; IV 61; 70; 97; 107 e n. 5; 131; 144; 147; 232; 233; 235; 236 e n. 2; 242; 262; 325 n. 42; 329; 409; 483; 486; 589; 610; 620; 623; 632; 637; 643; 652; 659; 660; 664; 689; 690; 691; 692; 694; 695; 698; 701.
111 116; 119-120; 499 n.
l; 508.
l 402;
CRISTO:
Il 270;
IV 409;
430. CRAssicio DI TARANTO,
Lucio:
IV
111 273; 510 n. 3; IV 10-11; 16 n. 7.
383 e n. 45.
CRITOLAO:
CRAsso, LICINIO:
IV 24. CRJTONE:
CRAsso, Lucio:
l 427.
111 435 n. 2. CRIZIA:
CRATETE DI ATENE:
111 48 n. 74;
116; 118; 121; 435 n. 2; 499 n. l; 508.
111 40-46; 47 e n. 69; 48; 50; 52; 72; 305; 306; IV 215; 217; 231; 233; 238; 239; 242.
l 274 e n. 5; 279; 306; Il
8 n. l. CRONIO: IV 320 n. 26; 326 n. 44; 384 e n. 52; 480.
CRATETE DI TEBE:
CRAnLO:
l 74; Il 7 n. l; 87; 88;
CRONO:
l 48; 445; Il 232; IV 257;
627. CTESIPPO:
l 272 e n. 2.
IV 176. CRATIPPO: CRESo: CRINI:
D
IV 22; 23; 25.
l 53.
DAMASCIO: l 451 e n. 39; IV 236 n. 3; 452; 622; 641 n. 7; 646 e n. 12; 685 e n. 41; 686 nn. 42,44,45; 686688; 691; 692 n. 6; 698; 699.
111 306 n. l.
CRISANZIO:
IV 622; 657.
CRISAORIO:
IV 636.
DAVIDE
NEOPLATONICO:
IV 622;
694.
CRISIPPO: 111 3; 19 e n. 6; 268 n. l; 305 n. l; 316; 317 e nn. 24,25; 318; 323 e n. l; 327; 328; 338; 340; 343; 349; 359; 363; 364; 369; 373; 375; 376; 377; 385; 392; 401; 402; 406; 421; 424; 426; 435; 436; 449; 451; 452; 453; 454; 455; 510 n. 3; 511; 524; 538; 539; 541; 557; 563; IV 79; 98; 106; 360.
DEMARATO: DEMETRA:
IV 14.
l 263; 111 366.
DEMETRio CINico:
IV 215;
218-
220; 221; 229 n. 7. DEMETRio FALEREO:
n. 17; 126 e n. 3.
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l 209; 111 60
584
INDICE DEI NOMI (D)
DEMETRIO DI MAGNESIA:
Ili 41; 96 n.
DIODORO DI TIRO:
IV 11-12; 16
e n.
7; 25.
8; 306.
IV 209.
DEMOCRITEI:
DIODOTO STOICO (uno dei maestri di Cicerone): 111 544.
l 87 n. 3; 171-186· 264 n l· 485· 488· Il 76· 473; 599; 111 i49; 16i n. '1; 198; DEMOCRITO DI ABDERA:
209; 214; 461; 465 n. l; 471; 472; 473; 477; 481; 497 n. 85; IV 55. DEMOCRITO PLATONico:
IV 145
n.
2; 146 n. 2.
IV 157; 160.
DEMOFONTE:
l 71; 171 n. l; 188 n. 4; 189; 189-193; 195 e n. 26; 220; 264 n. l; 289; 302 nota; 339; 345 n. 12; 346 e nota 12; 378; Il 60. DIOGENE DI APoLLONIA:
DIOGENE DI BABILONIA: cfr. DIOGENE DI SELEUCIA. DIOGENE DI ENOANDA:
l 241; 111
269; IV 57; 62; 63-68; 69. DEMONATTE: IV 26 n. 41; 32 213; 229-232; 234 n. 27; 240.
IV 130.
DERCILLIDE:
IV 319
DIA:
e n.
23.
IV 27 n. 46; 622; 654.
DEUCALIONE:
111 146
n.
10.
111 366.
DIAGORA: DICEARCO:
l 241; IV 67. 111 145-146; 147.
DIFILO DEL BosFoRo: DIOCLE DI CNIDO:
111 78.
111 507.
DIOCLE DI MAGNESIA:
l 391 n. 8; 111
41; 49 n. 75; 326 e n. 6. DIODORO
l 426;
CRONO:
111 66;
70-73; 76; 505; 506. DIODORO SICULO:
377 e n. 30.
DIOGENE FENICIO:
IV 699.
l 53 n. l; 57 e 59 n. l; 67 n. l; 72 n. l; 85 n. l; 87 n. 3; 19 n. l; 132 n. l; 134 n. 4; 151 n. l; 162 n. l; 180 e n. 14; 194 e n. 22; 195; 230 nn. 1,2; 232 e n. 7; 233 n. 9; 239 n. 16; 324 n. 56; 386 e nn. 2,3; 387 e nn. 4,5,6, 7; 388-389 e nn. 12,13; 390 n. l; 391 nn. 2,5,6,8,9; 392 nn. 10,12,13,16; 398 nn. 33,34; 399 nn. 35,37,39; 400 e nn. 40,42,43; 401 n. 45; 402 n. 46; 405 e nn. 5,6,8,; 406 e nn. 9, 10, 11,12; 407 e nn. 13,14; 409 e nn. 19,20; 412 e nn. 29,30; 413 n. 31; 414 e n. 36; 415 e n. 39; 418 nn. 1,3; 419 e n. 6; 421 e nn. 12,14; 422 e nn. 16,19; 425 e n. 28; 427 nn. 1,2; 430 nn. 9,10; 447 n. 29; 484 n. 53; Il 5, 7 n. l, 8 n. l; 377; 379 n. l; 383 e n. 2; 395 e n. 10; 111 l, 18 n. 3; 23; 25 n. 2; 26 e nn. 3,4; 27 nn. 7,9, 10; 28 nn. 11, 12; 29 nn. 13,14,15; 30 e nn. 17,18; 31 e nn. 19,20,21,22,23,24; 32 e nn. 26, 27; 33 e n. 30; 34 e nn. 31,32; 35 e nn. 33,34,35,36; 36 e nn. 37,38,39,40, 41,42; 37 e nn. 43,44,45; 40 n. 47; 41 e nn. 48,49; 42 e nn. 50,51,52; 43 e nn. 54,56; 44 e nn. 57,58,59; 45 e n. 60; 46 e n. 66; 47 nn. 68,69,70,71,72, 73; 48 n. 74; 49 nn. 74,75,78; 50 nn. DIOGENE LAERZIO: nn. 12,13; 58 n. 15;
IV 14.
DEMOTIMO:
DESSIPPO:
6;
111 67.
DEMOSTENE:
DENTATO:
n.
l 390 n. l; IV
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585
INDICE DEI NOMI (D)
80,81,83; 51 nn. 86,87; 54 n. 91; 56 n. 4; 57 nn. 5,6,7; 58 e nn. 8,9,11; 59 e nn. 12,13,14,15; 60 e nn. 16,17,18; 61 e nn. 19,20; 62 e nn. 23,24; 67 nn. 3,4; 69 nn. 10,12; 70 nn. 12,13; 73 n. 23; 75 e n. 26; 77; 78 e n. 35; 80 e nn. 2,3; 81 e nn. 4,5,7; 82 e nn. 8,9; 90 n. l; 94 n. l; 96 n. 8; 98 n. l; 107 n. l; 108 n. 2; 117 e nn. 2,3,4; 118 e nn. 7,8; 119 nn. 9,12; 126 nn. 3,4; 129 n. l; 148 n. l; 153 n. l; 161 n. l; 163 n. 4; 165 e n. 9; 168 n. 16; 170 e n. 25; 178 n. 5; 180; 183 e n. 11; 184 e n. 15; 185 n. 16; 187 e n. 18; 238 e n. 9; 239 e n. 12; 247 e n. 25; 256 e n. 53; 262 e n. 71; 263 e nn. 76,76; 264 e n. 77; 269 e nn. 2,3,4; 270 nn. 5,6; 305 n. l; 306 e n. 2; 307 e n. 4; 308 n. 5; 309 e n. 9; 312 e nn. 13,19; 316 enn. 23,24; 317 nn. 24,25; 320 n. l; 323 n. l; 326 nn. 5,6; 327 e n. 8; 331 e n. 14; 334 n. 21; 335 n. 22; 339 n. 35; 340 e nn. 37,38; 341 e nn. 40,41; 342 e nn. 43, 44; 346 e nn. 49,50,52; 356 e n. 13; 357 e n. 16; 358 e n. 17; 365 e n. 49; 366 e n. 51; 373 e n. 61; 379 e n. 72; 383 n. 85; 384 n. 88; 385 e nn. 94,95, 97; 386 n. 101; 392-393 e n. 6; 396 e n. 11; 399 n. 15; 400 e n. 17; 403 e n. 23; 415 e n. 50; 416 e n. 51; 420 n. 58; 425 e n. 71; 430 e n. 84; 441442 e n. 17; 451-452 e nn. 20,21,22; 455 e nn. 31,32; 457 n. 36; 463; 465 n. l; 468 n. 3; 469-470 e nn. 6,7; 471 e nn. 11,12; 474 n. 22; 475 e nn. 27, 30; 477 e n. 38; 480 e nn. 41,43,44; 481 n. 45; 482 n. 47; 483 n. 52; 486 n. 58; 489 e nn. 62,64; 490 e n. 65; 491 e nn. 71,72,74; 493 e n. 76; 494 nn. 77,78,80; 498 nn. 90,91,92; 499 n. l; 500 nn. 3,4; 506 e n. 17; 510 n. 3; 511 e n. 5; 516 e nn. 20,21; 523 n. l; 557; IV 7 n. l; 8 nn. 5,6; 14 e n. 2; 55; 56 n. 6; 58 n. 16; 69 n. 2; 152 n. 2; 157; 158 e nn. 6,7; 159 e n. 9; 160; 161 e nn. 12,14; 162 e n. 15; 163 e n. 17; 164 e n. 19; 181 n. 57; 182; 183 e nn. 2,3; 184 e nn. 6,7; 185 nn.
9,10; 186 e n. 13; 193; 195 n. 9; 210 n. l; 320 n. 26; 326 n. 45; 356 n. 11; 367 n. 2; 370 n. 10; 377 n. 27; 378 e nn. 32,33; 401 n. 25. DIOGENE DI SELEUCIA (o di Babilonia): 111 273; 305 n. l; 435 n. 2; 510
n. 3; IV 10 n. 13.
l 396; 400; 401; 111 l, 23; 25-40; 41; 44; 45; 46; 47 e n. 69; 48; 49 n. 75; 50; 52; 306; IV 98; 107; 110; 215; 216; 217; 221 n. DIOGENE DI SINOPE:
10; 222; 225; 229; 233; 237; 238; 239; 241; 242. DIOGENE DI SMIRNE:
111 471.
DIOGENIANO:
IV 69 e n. l.
DIOMEDONTE:
l 133 n. l.
DIONE (parente di Dionigi I tiranno di Siracusa): l 87 n. 3; Il 8 n. l; 9
n. l. DIONE CAssio:
IV 320 n. 26.
DIONE DI PRusA (detto Crisostomo):
111 37; 422 e n. 62; 423 e n. 65; IV 221-226; 236. DIONIGI I: Il 8 n. l; 9 n. l; 288;
IV
699. DIONIGI II: Il 9 n. l; 19; 20; 21; 24; 25; 288; IV 368; 699. DIONIGI DI ALESSANDRIA:
IV 7à e n.
3. DIONIGI L'AREOPAGITA, pseudo:
IV
462 e n. 6; 620. DIONIGI EPICUREO:
111 270.
DioNIGI DI ERAcLEA: DIONIGI DI TRACIA:
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111 305 n. l.
IV 257.
586
INDICE DEI NOMI (D, E)
111 30.
DIONISIO STOICO:
l 99; 100; 263; 389; 450;
DIONISO:
453; 454. DIONISODORO:
l 271 n. l; 272; 273.
Il 267.
DIOTIMA:
162; 244; 423; 103·
172; 176; 178; 187; 220; 243; 246; 267 n. 9; 294; 419; 420; 425; 431; 492; Il 44; 85; 88; 134· 135· 137· 138· 139· 144· 411~ 412;' 415;' 453; '454; 'm io; 71~ 79; 168; 285; 497 n. 85.
l 207; IV 360; 485.
ELENA:
DIOTOGENE,
pseudo: IV 373 n. 18.
ELETTRA:
DoMIZIANO:
IV 105 n. l; 221 e n. 9;
ELIA:
111 68.
IV 16 n. 7; 21 n. 19; 27 n. 45;
622; 694.
224.
IV 622; 667.
DoMNINO:
ELIACO-ERETRIACI (e ScuoLA ELIACO·
l 420 n. 7; 427-430; 111
ERETRIACA):
80-82; 506.
E
l 59 n. l; 413 e n. 33; 111 23; 248 e n. 31; 264 n. 80.
ELIANO: EAco:
Il 232.
EcATE:
IV 446; 448 e n. 10; 660.
EuoooRo PERIPATEnco:
IV 145 n.
2; 146 n. 2. EcATONE:
111 312.
EcFANTO:
111 97.
EcFANTO,
pseudo: IV 373 n. 18.
ELLANICO: ELOHIM:
l 451.
IV 287.
l 25; 28; 49; 151-161; 162; 163; 171 n. l; 173; 177; 182; 213; 243 n. l; 264 n. l; 350; 435; Il 60; 464; 473; 111 96; 223; IV 252. EMPEDOCLE:
l XVIII; 40; 111 XVIII; 12; 108; 523-528; 529; 543; 545; 548; 556; 561; 563; IV
EcLETTICI
(ed
EcLETTISMO):
252; 309. ENEA EDESIO:
m
GAZA:
IV 693 e n. 11.
IV 622; 657. 111 486; 487; 498; IV 127 e n. 2; 130; 151-181; 182; 183; 184; 185 e n. 9; 187; 193; 194; 196; 197 n. 13; 201; 212 n. 5; 251.
ENESIDEMO:
l 152.
EooNEO: EFESTO:
l 263; 389; 111 366. l 407 n. 13; 111 56-59;
EGESIA:
ENNIO:
111 63 n. 26; 551.
63. ENoc: EGESIDAMO:
IV 256 n. 17.
l 324 n. 57. ENOMAO DI GAOARA:
EGESINO:
ENos:
l
40; 85; 110; 111; 119-148; 153; 154;
ELEATI
IV 227-229.
111 510 n. 3.
(ed
ELEATISMO):
IV 256 n. 17.
XIX;
EPAFRODITO:
IV 105; 106.
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587
INDICE DEI NOMI (E)
EPICARMO:
IV 20.
ERACLIDE LEMBO:
(ed EPICUREISMO): l XVIII; 40; 178; 386; 432; 489; Il 365; 111 XVIII; 13, 17; 53; 108; 116; 117; 137; 141; 149; 157-300; 320 sg.; 324; 326; 327; 333; 347; 349; 350; 351; 352; 353; 355; 356; 357; 369; 384; 388; 389; 392; 393; 394; 419; 428; 430; 497; 498; 523; 524; 525; 527; 545; 561; 567; 568; IV XVII; XVIII; 8; 5170; 148; 172; 173; 252. EPICUREI
l 132 n. l.
ERAcLIDE PoNTico:
Il 23; 111 94-
97; 107; 121; 147 n. 13.
IV 191; 193;
ERACLIDE DI TARANTO:
194. ERACLITEI (ed ERACLITISMO): Il 85; 87; IV 127 e n. 2; 175; 176 e n. 45; 178; 179.
l 25; 28; 51; 78-82; 104; 119 n. l; 152; 188; 297; 302 nota; 463; 485; 488; Il 44; 60; ERAcLITO DI EFEso:
l 414
35; 487 e n. 61; Il 256; 111 xx; l; 3- 9; 11; 15; 16; 17; 19 e n. 5; 53; 55; 60; 64; 78; 93; 155; 157-267; 268; 269; 270 e n. 8; 275; 278 e n. l; 279; 281; 282; 283; 286; 291; 293; 295; 297; 298 e n. 35; 299; 300; 308; 313; 314; 315; 316; 317 n. 24; 320; 336; 351; 378; 380; 385; 404 n. 27; 409; 419; 421; 422; 423; 427; 430; 444; 465; 473; 474; 494; 495; 524; 557; 560; 564; 567; 568; IV 33; 53; 54; 55; 57; 58; 59; 60; 61; 62; 63; 64; 66; 69 e n. 2; 70, 74; 80; 89; 127; 168; 239; 381; 388; 393; 475; 478; 482 n. 6. EPICURO:
n. XVIII;
85; 106 n. 8; 124; 111 311; 312; 322; IV 127; 179; 332. ERACLITO
(grammatico):
IV 74 e n.
3. ERAsTo:
Il 380 n. l; IV 17.
ERATOSTENE:
111 488.
IV 464; 469; 472; 622;
ERENNIO:
689.
111 305 n. l; 318 e n. 29; 401; 486 n. 57.
ERILLO:
l 137 n. 11; 390 n. l; 111
EPIFANIO:
151 n. 12; 309 e n. 10. ERINNEO: EPITIMIDE:
IV 12; 16 n. 7.
l 407 n. 13. ERIPEO:
l 393 n. 20; 396 e n. 26; 397; 111 11, 10 e n. 6; 20 e n. 7; 37; 72 n. 19; 258 e n. 56; 330 e n. 13;
l 452.
EPITIETO:
378 n. 68; IV 73; 76; 77 e n. 13; 95 n. 31; 99 e n. 3; 104 e n. 15; 105125; 126 e n. l; 127; 132; 146; 216; 220; 229 n. 7; 240 e nn. 9,10; 241 e n. 11; 242; 693. ER:
Il 238; 239; 240; 328.
ERis: ERisTI
111 497. (ed
ERISTICA):
l 271-273;
Il 187; 566. ERMARCO:
111 162 n. l; 268 n. l;
270. ERMETE TRISMEGISTO:
IV 429; 430
e
n. 2; 432; 427-443. ERA:
l 152; 111 366; 408.
ERACLE:
325; 400;
l 257; 258; 259; 260; 261;
111 29; 383; IV 235.
ERMETICI (ERMETISMO HERMETICUM): IV XXI;
443; 451.
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e CoRPus XXIII; 427-
588
INDICE DEI NOMI (E)
ERMIA (tiranno di Atameo): Il 380
EnoPE ProLEMEO:
l 407 n. 13.
n. l; 381 n. l. ErroRE: l 207; 441. ERMIA ALESSANDRINO: IV 622; 686 n. 46; 691; 693 e n. 13. ERMIA FENICIO: IV 699.
EUBULEO: l 442. EuBILIDE:
l 426; 111 66; 67-69; 70
e n. 13; 77. ERMINIO PERIPATETico: IV 31; 32 n.
6; 35.
Eusuw: IV 146 n. 2; 663.
ERMINIO SToico: IV 146 n. 2.
EucLE:
111 96 n. 8.
ERMIPPO:
l 353; 375; 386; 388; 389; 418-416; Il 8 n. l; 111 75; 473; 484.
EucLIDE DI MEGARA:
ERMOGENE: Il 88; 89. ERODE (re):
l 442.
IV 28.
EucLIDE PLATONICO:
IV 145
n. 2;
146 n. 2. ERODE Amco: IV 321.
l 451 e n. J8; 111 144145; IV 19 e n. 14.
EuDEMO: ERODOTO (destinaratrio di una la di Epicuro): 111 166.
Episto-
EuoociA: ERODOTO (storico): l 14; 18 e n. 9; 26 e n. 6; 4)8 e n. 6; Il 586; 587. ERoDOTO DI TARSO:
IV 182; 184
n.
l )90 n. l.
EuDORO: IV 313; 319 e n. 24; 344 e
n. 35; 348; 349 n. 43; 355; J77 n. Jl; J91; 401.
7; 195 n. 9. ERONDA:
EuDOsso: Il 255 e n. 11; 379 n. l; 394; 111 88; 90-93; 106.
111 9.
EscHILO: Il 323. EscHINE m SFErro:
EuDROMO:
l 292 in
nota;
EuFANTO:
111 306
n. l.
111 78.
386; 387; 389. EUFORBO: IV 409. EscuLAPIO:
IV 61. EuFORIONE: l 2J9 n. 16.
EsiODO:
l 25; 27; 47-50; 111; 112;
208; 451; Il 109; IV 257; 637; 671. Esoro: Il 579; EssENETO:
IV 238.
111 78.
EULAMIO:
IV 699.
EuNAPIO: IV 622; 640 n. J; 65J; 654 e nn. 26,28; 657 e nn. 1,2,3,4; 658 e nn. 7,8; 660 e nn. 12,1J.
EssENI: IV 259.
EuRIPIDE: l 209 n. l; 4J7; 4J8 n. 5;
EsTIEO: Il 23.
443 e n. 19; Il 217; 245; 527 e n. 6; 111 39; IV 101.
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589
INDICE DEI NOMI (E, F) EuRITO: Il 8 n. l.
FENARETE:
l 14 n. 2; 240 n. 19; 241 n. 20; 408 e nn. 15,16; 420 e n. 8; 111 55 e n. 2; 56 e n. 3; 187 n. 19; 358 n. 18; 379 n. 73; 475 n. 25; 476 n. 35; 478 n. 39; 488 n. 60; 490 nn. 67,69; 507 n. 22; IV 32 n. 7; 35 nn. 13,14,15; 55 n. 4; 70 n. 3; 152 n. 2; 181 n. 58; 227 n. 2; 228 nn. 3,4; 229 n. 6; 325 n. 40; 326 n. 44; 367 n. 2; 408 n. 43; 462 e nn. 4,5;
FERECRATE:
EusEBIO DI CEsAREA:
l 287
n. l.
111 146 n. 10.
FrLEBO: Il 256. FruNo DI Cos:
IV 191. IV 472.
FILIPPO (imperatore): FILIPPO IL MAcEDONE:
l 396; Il 379
n. l; 380 n. l; 111 5; 30.
633 n. 18. FILIPPO DI MEGARA: EusEBIO DI MrNoo:
111 77.
IV 622; 657; 111 273; 274.
658; 660.
Frusco EPICUREO:
EusTAZIO: Il 63 e n. 4.
Fiusco (calzolaio amico di Cratete):
111 41. EusTacHio:
IV 476.
EunDEMO:
l 271 n. l; 273; 313;
Frusco CrNrco:
322; 323; 327; 328; 342; 344. EunFRONE: EvA:
111 97 N. 8.
FrusTA:
111 46.
111 493.
FrLODEMO: l 263 e n. 17; 111 228 e n. 56; 231 e n. 65; 276-277; IV 53.
IV 256 n. 17. l 87 e n. 3; 93; 97; 98; 104; 105; 106- 265 n. l; 445; Il 8 n. l; IV 367.
FILOLAO:
111 62-63 n. 26.
EVEMERO:
F
PEDONE: l 386; 388; 389; 425; 427430; 111 80: 81; 465 n. l.
l XVIII; 105; 436; 111 62 e n. 22; 320 n. l; 412 e n. 47; IV xxr; XXIII; 158 e n. 7; 159 e n. 8; 160 e n. 10; 161 n. 13; 163 e n. 16; 164 n. 18; 165; 166 n. 21; 212 n. 5; 216; 245-306; 315; 319; 335 e n. 8; 336; 337; 364; 377 n. 31; 410 n. l; 412; 415; 419 n. 18; 435; 436; 437; 438; 441; 468; 479; 483; 484; 508 e n. 10; 509; 510; 511; 532; 534; 589; 591; 605; 663.
111 270; 544; IV
FILONE DI ATENE (amico di Pirrone):
FABIANO PAPIRIO:
fiLONE DI ALESSANDRIA:
IV 78 n. l; 383 e
n. 45. FAVORINO: FEBIONE:
IV 183 e n. 5.
IV 145 e n. 2; 146 n. 2.
FEDRO (EPICUREO):
111 477.
53; 54. FEDRO (personaggio dialogo platonico: Il
204; 215.
dell'omonimo
18; 19; 203;
FILONE or LARISSA: 111 519 n. 24; 526; 529; 530-536; 537 e n. l; 538; 539; 541; 543; 544; 545; 548; 556
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590
INDICE DEI NOMI
n. 28; IV 53; 151; 309; 310; 311; 312.
IV 641
GALERIO:
G)
6.
IV 474.
GALLIENO: FILONIDE:
n.
(F,
111 49 n. 74. GEA: l 47.
FILOPONO GIOVANNI:
l 138 e n. 13;
IV 21 n. 19; 27 nn. 44,45; 349 n. 45; 622; 694. FILOSTRATO: l 243 n. l; IV 56 n. 8; 384; 408; 409 e nn. 44,45.
l 388 n. 9; 427 n. l; 111 69 n. 10; IV 11 n. 16; 105 n. l; 183 e n. 5; 232 e n. 22; 235 e nn. 32,33, 34; 321 e nn. 30,31,32; 663. GELLIO:
GEMINA:
l XXI; 51-196; 298; 299 e n. 11; 345 n. 12; 465; Il 103· 208· 373· 404· 111 ' 208/ 226; 229;
IV 474.
FISICI o FISIOLOGI:
288 n. l; 297; 301; 302; 339; 44· 58· 59· 64· 9; '464; 407 475.
n.'
FOCIUDE:
GENTILIANO: GEROLAMO GEsù:
Il 208; Il 533.
cfr.
(s.):
AMELIO.
111 278
n. l.
IV 147; 148; 412. IV 292 n. 64.
GIACOBBE:
Foz1o: IV 152 e n. 2; 154 n. 3; 156
GIAMBLICO:
n. 4; 174 e n. 38; 178 n. 50; 179; 180 e n. 54; 181 n. 55; 377 e n. 28; 380 e nn. 34,35,36,37,38,39; 381; 384 n. 50; 388 e n. 57; 391 n. 3; 398 e nn. 17,18; 399; 404 n. 35; 408 e n. 42; 465 n. 14; 466 nn. 16,17,18.
399 e n. 20; 403 n. 33; 404 n. 34; 408; 409 e n. 47; 421 n. 21; 426 e n. 29; 456; 619; 621; 622; 623; 624 e n. 3; 625; 637; 639-653; 654 e n. 28; 657; 661; 662; 671; 673; 690; 692.
FRASIDEMO:
111 78.
l 87 n. 3; Il 345 n. 3; IV 326 n. 44; 367 n. 2; 370 n. 10;
GIMNOSOFISTI:
111 46; 469; 470; 471;
491; IV 408; 472. FuRIE:
111 296. l 125 e n.
GIOVANNI EvANGELISTA:
12; Il 233 n. 12.
G
GIOVANNI FILIPONO: GAIA:
GIOVANNI GAIO:
vedi
FILIPONO.
l 117. Lroo: IV 694 n. 17.
IV 321 e n. 33; 322 nn. 33,
34; 326 n. 44; 327; 328 n. 52; 333; 346; 355; 360; 480; 481.
GioVE: cfr. ZEus. GIUBA n:
GALENO:
426 e nn. 72,73; 454 e n. 28; IV 27 n. 43; 32 n. 9; 56; 193; 194 n. 6; 195 n. 9; 322 n. 34. GALENO,
IV 375
e n.
23.
111 281 n. 5; 384 n. 89;
pseudo: 111 363 e n. 41;
IV 400 n. 23.
GIULIA DoMNA:
IV 384
e n.
54.
GIULIANO DETTO L'APOSTATA (imperatore): l 429 e n. 6; 11137; 45 e n. 63; 46 n. 65; 265 n. 80; IV 28 n. 50; 70 e n. 6; 236; 242 e nn. 12,13,14,15,16;
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591
INDICE DEI NOMI (G, I)
456; 622; 649 n. 18; 657; 658; 659·
661; 664.
IV 73 n. l; 465 e n. 14; 466 e n. 16; 469; 622; 691; 692-693. !EROCLE NEOPLATONICO:
IV 445.
GIULIANO IL CALDAICO:
IEROCLE SToico: GIULIANO IL TEURGO:
IV 73 e n. l.
IV 444-456;
661.
IERONIMO,
autore di una teogonia or-
fica: l 451.
l 40; IV 664; 697;
GiUSTINIANO:
698.
IERONIMO
m
Rom:
IV 8-9;
12;
60. GLAUCONE:
Il 127; 131; 240; 302;
311; 317.
IONE m CHio:
GNATONE:
IV 239.
l XIX; 40; 85; 91; 116; 117; 126; 153; 161.
!ONICI:
GNOSTICI (e GNosi): IV 483; 484; 485; 486; 489; 571; 572; 610; 643; 645 n. 11.
IV 622; 691; 692.
IPAZIA:
IPPARCHIA: GoRDIANO m:
IV 14.
l 243·255; 256; 257; 262
n. 16; 264 e n. l; 279; 280; 296; 359; 390 n. l; 393 n. 21; 411 n. 25; 466; Il 49; 569; 111 346; 406; 477. GoRGONE:
IPPIA:
l 264-266; 267; 268; 324 e
n. 57; 359. IPPOCLIDE:
111 270.
IPPOCRATE:
IV 189.
l 131.
GREGORIO NAZIANZENO:
IV 236 n.
l 65 n. Il; 67 n. 2; 68 n. 6; 188 n. 3; 195 n. 23; 111363 e n. 40; 378 e n. 69; IV178 e n. 52; 356 n. 11.
2; 455.
IPPOLITO:
GRILLO:
l 387.
IPPONE:
I
IRIDE: IBICO:
111 43 sg.; 44; 47.
IV 471 n. l; 472. IPPARCO:
GoRGIA:
l 298 e n. 6.
l 188 e n. l; 220.
l 112.
l 437 e n. 4. ISIDORO DI ALESSANDRIA:
!cESIO:
111 25
lcETA:
111 97.
IDEO
n.
IV 622;
685; 686.
2.
ISIDORO DI GAZA:
m IMERA: l 188 n. 4.
ISOCRATE:
IV 699.
l 303; 310; 321; Il 381
n. l; 569. looMENEO:
111 270. luNco: IV 326 n. 45; 351; 356.
IERAcE:
IV 326
n.
45.
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592
INDICE DEI NOMI (J, L, M)
J
111 38-40 e n. 46; 52; 69 n. 9; IV 10 n. 13; 26 n. 41; 32 n. 6; 33; 56 e nn. 8,10; 59 e n. 19; 61; 62 e nn. 25,26; 213; 229 e nn. 7,8,9; 230 e nn. 10,11,12,13; 231 e nn. 14,15, 16,17,18; 232 e nn. 19,21; 233 e nn. 23,24,25; 234 e nn. 26,27,28,29; 235 e n. 31; 237 sgg.; 240 e n. 5; 324 e n. 38. LuciANO:
Il 239; 240; 111 113.
111 317
LAcroE: LAmE: LAIO:
l 406
n.
n.
47; IV
IV 74.
LucANO:
L LAcHEsi:
n.
143 n. 47.
IV 287.
}EHOVAH:
l 402
LucA EvANGELISTA:
25.
9.
IV 360.
LArrANZIO:
l 415 n. 38; 111 258
e n. 55; 264 n. 71; 281 e n. 6; 386 e n. 102; 409 e n. 38; IV 70 e n. 4; 429.
LuciNIO (destinatario dell Epistole di Seneca): IV 81. LuciLIO Lucro:
LEONTEO:
111 270.
LEUCIPPO:
l 171-186; 111 168; 197;
(poeta): 111 52.
IV 73; 98
n.
l.
l 164 e n. 4; 111 19 e n.
LucREZIO:
6; 269; 270; 271; 277; 278-300; 560;
IV 53; 59 e n. 19.
198.
IV 658
LIBANIO:
e n.
5.
LucuLLO:
111 III 532; 537
n.
l; 543
n. l; IV 24. LICINIO SuRA:
IV 7-8; 9; 10; 16
LrcoNE: LISIA:
IV 183. n.
M
7.
Il 18.
LISIMACO
MACROBIO:
(padre di Aristide): l 368.
LISIMACO (personaggio del Lachete platonico): l 357.
MAGI:
111 469; IV 408; 472.
MALALA: MANruo:
LISIMACO
IV 623; 696.
IV 641 n. 6; 699 n. 4. IV 74
e n.
4.
(re): 111 61; 62. MARcELLO:
LrsiMAco STOico:
IV 146
n.
IV 145
n.
2.
2.
l 468; 111 11; 42 e n. 53; 43; IV 56; 61 e n. 24; 73; 76; 77; 95 n. 31; 104; 106; 126144; 145; 146; 321 n. 42; 445 e n. 2; 579. MARco AuRELIO:
LISIPPO:
111 266.
LoNGINo: IV 145; 470; 622; 629 7; 630; 640 n. 4. LoNGINO,
pseudo: IV 470 e n. 25.
n.
MARCO EVANGELISTA:
www.scribd.com/Baruhk
l 402
n.
47.
593
INDICE DEI NOMI (M)
MARINo: IV 652 n. 23; 665 n. 8; 666 nn. 9,11; 667 n. 13; 668 n. 16; 682 e n. 36; 683 e n. 37; 685-686.
l 288 in
MARSIA:
MAssENZIO:
IV 641
MAssiMO CINICO:
l 347; 111 383.
MEusso:
IV 623; 696. n.
MELETO:
l XIX; 114; 125; 131 n. 23; 141; 142-148; 153 n. 4; 163; 171 n. l; 172; 174; 175; 243; 420; Il 81; 411; 463; 111 168; 196 e n. 5; 198 n. 12; IV 507 n. 7.
nota.
MARziANo CAPELLA:
111 52.
MELEAGRO:
6.
IV 236
e n.
2.
MEMMIO, CAio:
111 19; 270
n.
8; IV
53. MAssiMo
657; 658
NEoPLATONico: e n. 7; 659 n. 9;
IV 622; 660; 661.
MAssiMo DI TIRo: IV 325 e n. 43; n. 32; 352 n. 56; 356 e n. 8.
MNENANDRO:
111 9; 47.
MENEDEMo CINico:
111 49 e n. 78.
326; 343
MATTEO EVANGELISTA:
l 402
n.
47;
MENEDEMO DI ERETRIA: l 430; 111 40 n. 47; 80-82.
420
n.
7;
IV 143 n. 47. 111 25
MENIPPO: MEDEA:
IV 119.
2; 49-52; IV
n.
217.
MEDIOPITAGORICI (e MEDIOPITAGORISMO): IV XXIII; 370-387; 391;
111 498 n. 91; IV 175; 182; 184 e n. 7; 191; 192; 193-195.
MENODOTO:
404. MENONE: MEDIOPLATONICI (e MEDIOPLATONISMO): l XVIII; 41; 490; Il 362; 111 114; 122; IV XXI; XXII; 34; 35; 36;
l 250; 365; Il 190; 191.
MERCURIO:
111 38, 40. IV 78
l.
37; 38 e n. 25; 49; 76; 77; 103; 107; 135; 136; 147; 226; 253; 290; 296; 307-364; 372; 389; 390; 400 n. 21; 404; 411; 412; 416; 419; 435; 436 e n. 12; 437; 438; 444; 446; 447; 468; 479; 480; 481; 482; 489; 532; 632 n. 15; 645 n. 11; 663; 690; 695.
MESSALINA:
MEDIOSTOICI
METRODORO DI LAMPSAco:
(e
MEDIOSTOICISMO):
111 xx; 318; 319 n. 30; 433-459;
METOPO,
n.
pseudo: IV 373
METROCLE:
111 44; 47
METRODORO DI CHIO:
n.
e n.
18.
71.
111 471; 472. 111 162
n.
l; 268 n. l; 269; 275; 298; IV 58; 61.
523; 560; 563. METRODORO IL TEORETICO: MEGARICI
(e ScuoLA MEGARICA):
141; 375; 418-426; 431; 432; Il 411; 420; 111 65-79; 81; 307; 325; 465 n. l; 471; 473; 474; 484; 499 n. l; 506; 564. MELANTE:
IV 14.
111 78.
l MIDONE:
l 194.
l 53 n. l; 69; 72; 73; 79; 80; 97; 104; Il 463.
MILESI:
MILONE:
Il 500.
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594
INDICE DEI NOMI (M, N)
MINUCIO FELICE:
111 104 n. 20.
NATURALISTI l XVIII" XXI"
l 287
l.
n.
l 209.
MISONE:
MlTRIDATE:
NAUSICA:
Il 382
n.
l; 111 530
n. 3.
111 305.
MNASEA:
(o
FISICI O FISIOLOGI):
51·196· 278· 279· 280· 65· 79: 377· 461· 466· Il JO· 405; 425; 427; 446; 111 . 108; 474; IV 508.
111 78.
MIRMECE: MIRTO:
N
Il 232.
MINOSSE:
64. 472;.
l 207.
111 161 15; 168; 494; 495.
NAUSIFANE:
NEANTE:
Il 7
l 133
111 46.
NEARco:
MNESARCO,
padre di Pitagora: IV
NELEO DI ScEPSI:
MNESARCO
111 435
STOico:
n.
2. MoDERATO: IV 320 n. 26; 384 e n. 49; 388; 393; 395 e n. 11; 396 e n. 12; 397 e nn. 13,14,15; 402; 403; 404.
MoNIMo:
e n.
n.
l.
Il 382 153; IV 14; 15; 17; 19.
n.
l; 111
NEMESIO: 111 145 n. 9; 146 n. 9; 309 e n. 8; 382-383 e n. 83; IV 465 e n. 14; 466; 467 e nn. 19,20; 468; 693 e n. 12.
111 499-556.
NEOACCADEMICI:
NEOARISTOTELICI (e NEOARISTOTELISMO): IV XVIII; XXI; 5-50.
l 442; Il 240; 241.
MOIRE:
l; 167
l.
n.
MNEMOSINE:
409.
n.
111 47 e n. 69.
NEOCINICI (e NEOCINISMO):
IV
XVIII;
213-242. Mosco:
111 80. NEOCLE:
l 13; 14; IV 255; 256
17; 258 n. 22; 261; 264; 265; 267; 274; 275; 276; 278; 280; 281; 296; 412; 415; 416; 430. MosÈ:
l 47; Il 210; 255; 305; 311; IV 46; 86; IV 409.
MusE:
IV 3; 73; 76; 90; 95 n. 31; 98-104; 105 n. l; 106 e n. 2; 146; 221; 222 n. 10; 240 e n. 8. MusoNIO RuFo:
MusoNIO STOICO
IV 146 n. 2.
(dd
III
111 161
n.
l.
n.
secolo d.C.):
NEOPIRRONIANI
(e
NEOPIRRONISMO):
111 269; IV 149-212. NEOPITAGORICI (e NEOPITAGORISMO): l XVIII; 14; 87; 105; IV XVIII; XXI; XXII; XXIII; 38 n. 25; 147; 336; 365•
426; 435; 444; 449; 468; 479; 480; 481; 482; 489; 503; 532; 540; 639 e n. 2; 645 n. 11; 663; 667. NEOPLATONICI (e NEOPLATONISMO): l XVIII" 14· 23· 39· 41· 436· 454·
li
465; 489; 490; 5J; 36J; 36•{ 365; 370; 450; 111 114; 122; 447; 559;
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595
INDICE DEI NOMI (N, O)
561; IV XVIII; XXI; XXII; XXIII; 31; 43; 70; 76; 147; 251; 313; 314; 316; 328; 329; 346 n. 37; 390; 399; 425; 426; 445; 449; 450; 452; 454; 456; 457-696; 698; 699; 700. NEoscETIICI
(e
111 486; IV
XVIII;
NE:oscETIICISMO):
149-212.
NEOSTOICISMO (o STOICISMO ROMA· NO): l XVIII; 396; 111 43; 318; 319; IV XVIII; XXI; 71-148; 220; 226.
IV 31; 74 n. 6; 78 n. l;
NERONE:
NoÈ:
IV 256 n. 17.
NuMA,
pseudo: IV 382; 383 n. 43.
APAMEA: l 14 e n. 2; 111 507 e nota 22; IV 55 e n. 4; 57; 58 e n. 14; 243; 251; 320 n. 26; 325 n. 41; 326 n. 44; 365; 384 e nn. 51,52; 388; 390; 393; 410-426; 446; 448 e n. 9; 449; 461; 467; 480; 481 e n. 5; 483; 489 e n. 17; 626; 627 e n. 4; 654; 683. NuMENIO DI
NuMENIO ScETTico:
111 486 e n. 58.
105.
o
NERVA:
IV 384 n. 53.
NESSA:
111 471.
OcEANo:
NESTI:
l 152.
0cELLO LucANO,
l 47; 56. pseudo: IV 373;
391.
l 207.
NESTORE:
NICIA:
ODISSEO:
l 374.
0LIMPIO:
l 288 in nota.
IV 665; 666 n. 11.
NESTORIO:
l 357. 111 104 n. 21; 152 n. 14; 408 e n. 35; IV 375 n. 23; 622; 642 e n. 8; 652 n. 23; 686 n. 46; 694.
0LIMPIODORO: NICIPPO:
IV 14.
NICOCREONTE:
111 468 n. 3. l 21·22; 23; 56; 61; 100; 111· 112· 207· 301· 302 nota· 374· 408'n. 16; 441; 449;,452; Il Hi; 213~ 311; 357; 447 e n. 65; 523; 111 21; 49 nn. 74,75; 477 e n. 38; IV 74; 224; 225; 257; 409; 637 e n. 26; 645; 667; 671. 0MERO:
NicOLA DI DAMAsco:
IV 22; 23; 28-
29. NICOMACO
(padre di Aristotele): Il
379 n. l. NICOMACO DI GERASA: IV 384 e n. 50; 393 e n. 6; 397 e n. 16; 398; 399; 402; 403 n 3. 33; 404 n. 34; 639 n. 2; 683.
0NASANDRO: ONESICRITO:
IV 320. 111 46-47; 469;
IV
234. NicosTRATO:
IV 324 e n. 39; 327. 0NOMACRITO:
NIGIDIO FIGULO:
385. NIGRINO:
l 438; 453.
IV 382 e n. 42; 0PSIMO
IV 324 e n. 38.
pseudo: IV 374 n. 20.
ORACOLI CALDAICI:
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IV
XXI;
XXIII;
596
INDICE DEI NOMI
427; 444-456; 631; 632 n. 15; 637 e n. 25; 643; 644; 645 e n. 11; 667; 692. ORAzio: 111 52; 68 n. 7.
111 68; 69.
0RESTE:
ORFEo: l 26; 437; 438; 442; 444; 447; IV 257; 667; 671. (e 0RFISMO): l 14; 23; 25; 26-29; 58; 81; 99; 100; 160; 301; 302 e nota; 435-455; Il 48; 259; IV 317.
(0,
P)
l XIX; 85; 107; 114; 117; 119-131; 132 e n. l; 133; 138; 140; 141; 142 e n. l; 143;- 144; 145; 148; 170; 175; 178; 187; 246; 251 n. 22; 320; 350; 419; 420 e n. 7; 464; 488; Il 44; 71; 72; 85; 121 n. 24; 134; 135; 136; 137; 139; 140; 141· 143· 144· 145· 156· 185· 207· 405; 41Ì; 41Ì; 73;, 199;' 321; 476; 482; IV 252; 257; 415; 477; 489. PARMENIDE:
Ili
0RFICI
PARRASIO:
l 308; 309.
PATRISTICA (e PADRI DELLA CHIESA):
IV 262; 264; 329; 429; 696. IV 325 n. 42; 343 n. 33; 352 n. 55; 462; 464; 470; 619; 622; 689. 0RIGENE CRISTIANO:
111 270; IV 53; 54; 55.
PATRONE:
IV 146 n. 2; 463; 464; 465; 469; 472; 622; 689.
l 441; 111 477.
PATROCLO:
0RIGENE PAGANO:
IV 377 e n. 30.
Ovmio:
PAUSANIA:
l 453; Il 63.
PENELOPE:
l 207; IV 239.
PENIA:
p
Il 264.
PEoNIO:
111 78.
Il 10; 362.
PADRI DELLA CHIESA:
PERDICCA:
l 396.
p ALLADE: IV 409. PEREGRINO PRoTEo: PANCREONTE:
IV 232-235.
IV 14.
l 209; 212.
PERIANDRO:
l 239 n. 16; 111 318; 435-445; 449 e n. 12; 453; 455; 456; 457; 523; 526; 544; 555; IV 75; 78.
PANEZIO:
PERICLE:
l 142 n. l; 188 n. l; 230 n.
l; IV 162. (e PERIPATO): l xvm; Il 380 n. l; 381 n. l; 382 n. l; 403; 597; 111 XVIII; xx; 94 n. l; 109; 123-155; 162; 216; 273; 306; 307; 343; 437; 499 n. l; 523; 527; 542; 545; 546; 555; 564; IV XXI; 5-50; 258 n. 22; 268; 310; 311; 316; 323 n. 35; 328 e n. 53; 475; 481; 592; 608 n. 4; 637. PERIPATETICI
PANFILO:
111 161
n.
l; 163.
PAoLO (s.): 111 175; 413; 414 49; IV 96; 97 e nn. 35,36. PARABATE: PARCHE: PARIDE:
l 407
111 113. IV 360.
n.
13.
e n.
PERSEFONE:
l 444; 450.
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INDICE DEI NOMI (P)
597
PERSEO DI CIZJo: l 263; 111 305 n. l.
PrnA: 111 97 n. 8.
PERSEO (denigratore di Bione): 111 49 n. 74.
PlTTACO: l 209; 211.
PERSEO (personaggio mitologico): l 408.
3; 18; 23; 28; 29; 31; 37; 38; 40; 49; 57 e n. 12; 82; 87 n. 3; 97 n. 12; 102;
PLATONE: l v; XVII; xx; 6; 7; 14 e n.
PERSIO: IV 74. PHANES: IV 627. PlNDARO: l xx; 439; 440 e n. 11; 444 e n. 23; 445 e n. 24; 449 e n. 35; 474; 111 421. PIRRONE: l 484; 111 XVIII; 9; 11; 16; 17; 18; 19; 53; 78; 155; 168; 444; 465-494; 495 e n. 80; 497; 498; 499 e n. l; 501; 503; 505; 506; 508; 524; 557; 560; 563; 564; 567; IV 151; 153; 156; 157; 176; 178; 180; 181; 196; 204; 475; 599. PlRRONIANI (e PlRRONISMO): 111 117; 479; 495 n. 80; 499; 500; 518; IV XVII; 149-212. (Cfr. anche Scettici). PISONE CESONINO L. 111 276; 277.
CALPURNro:
PrsoNE MARCO: IV 312 n. 28. PrTAGORA: l 25; 28; 32; 85 e n. l; 435; 444; 447; 455; 475; Il 190; 208; 111 96; IV 257; 353; 368; 379; 384 n. 53; 388; 390; 392; 400; 401; 408; 409; 411; 420; 477; 539. PITAGORA, pseudo: IV 371; 374 e n. 20; 384; 391; 405. PrTAGORICI (e PrTAGORISMO): l 18; 40; 41; 85-106; 153 n. 4; 160; 213; 444; 455; Il 8 n. l; 44; 132; 207; 259; 111 95; 98; 99; 198; IV XVII; xxr; 33; 87; 249; 251; 253; 319 n. 24; 324 n. 37; 344 n. 35; 345; 346 n. 37;
365-426.
106; 110 e n. 3; 114; 115; 133 e n. 2; 134 e n. 3; 148; 161; 169; 170 e n. 16; 176; 177; 181; 184; 208; 209 e n. 2; 217; 218 e n. 2; 219; 220; 224; 225 e nn. 12,13; 227; 229; 230 nn. 1,2; 231 e n. 4; 232; 234 e nn. 11,13; 235; 235-237 e n. 14; 237-238 e n. 15; 240 n. 18; 241 e n. 21; 250 nn. 17,18; 250-251 e n. 20; 253 e nn. 26,27,28; 255; 256 nn. 2,3; 257; 259 n. 10; 265 e nn. 5,6,7; 266 e n. 8; 272 e n. 3; 273 e n. 4; 274 n. 5; 275 e nn. 8,10; 276 e n. 11; 277 e n. 12; 281; 283; 285; 287; 288 nota; 289 e nota; 290 e nota 3; 296; 297; 298; 299 e nn. 10, 11; 300 e n. 14; 303; 304 e n. 20; 305 e n. 23; 306 e nn. 24,25,26,27; 307308 e n. 28; 312; 313 e nn. 33,34; 314 e n. 35; 315; 318; 320 e nn. 42,43; 321; 322 e n. 49; 323 e n. 51; 324 e nn. 55,57; 326; 328; 330 e nn. 64,65,66; 331 e nn. 67,68; 332; 333 e n. 70; 334 e nn. 71,72; 335 e n. 73; 336 n. l; 337 e n. 4; 345 e n. 12; 346; 347 e n. 14; 348 e n. 15; 349 e n. 16; 350 e n. 19; 351 e n. 20; 353; 354 e n. 24; 355 n. l; 357 e nn. 3,4; 358 e nn. 5,6; 360 nn. 10,11; 362 n. 13; 363-364 e n. 14; 364-365 e n. 15; 366369 e n. 16; 371; 372; 375; 376; 377; 378; 379; 381; 383; 385 e n. l; 386; 388 e n. 10; 389; 390 e n. l; 391 n. 2; 392; 393 e n. 21; 394 n. 23; 398 e n. 30; 404 n. 3; 4318 n. l; 420 e n. 7; 423 e nn. 21,22; 424; 427; 431; 432; 435; 437; 441; 442 n. 16; 443; 444; 445 e n. 26; 447 e nn. 30,31,32; 451; 454; 455 e n. 50; 457; 461 e n. 3; 464 e n. 14; 465 e n. 15; 467; 468 e n. 25; 471 e n. 30; 474; 475 e nn. 33,36; 476; 480 e n.43; 481 e nn. 44,45; 482 e nn. 46,47; 483 e n. 49;
www.scribd.com/Baruhk
598
INDICE DEI NOMI
486 e n. 58; 488 e n. 68; 492 e n. 79; Il xv; XVI; XVII; xrx; l; 3; 5; 7-374; 379 n. l; 380 n. l; 383; 388; 389; 390 e n. 4; 392; 393; 395; 396; 397; 398; 399; 400; 404; 405; 412; 425; 439; 446; 450 e n. 69; 453; 456; 464 n. 32; 467; 468; 469; 479; 481; 482; 485; 493; 496; 502; 509; 510; 517; 540; 547; 564; 565; 569; 570; 574 e n. 9; 586; 590; 594; 597; 599; 602; 603; 605; 606; 111 XVII; 6; 7; 10; 13; 14; 23; 27; 30; 66; 69; 75; 76 e n. 29; 78 e n. 36; 85; 86; 87 e n. 3; 88; 89 e n. 6; 90 e n. l; 91; 92; 93; 94 n. l; 95; 96; 98 e n. l; 99; 100; 101; 103; 105; 107 e n. l; 108; 109; 110; 111; 114; 116; 117; 121; 125; 126; 127; 145 n. 5; 147; 161; 162; 163; 164; 165; 166 e n. 9; 171; 172; 173; 174; 183; 189; 190; 197; 210; 213; 221; 223; 228; 237; 256 n. 52; 257; 259; 260; 261; 270; 275; 307; 308; 310-311 e n. 11; 321; 346; 347; 352; 353 e nn. 3,5; 362; 363; 369; 382; 384 e n. 93; 385; 397; 401; 405; 406 e n. 32; 409 e n. 38; 410; 419; 424; 437; 439; 440; 441 n. 16; 449; 452; 453; 454; 455; 475 n. 24; 481; 497; 500; 501 e n. 7; 505; 506; 529; 534; 538; 539; 542; 545; 561; 562; 564; IV 34; 35; 42; 43; 48; 80; 81; 107 n. 5; 125; 135; 176; 177 e n. 47; 178 e n. 48; 179; 194; 239; 262; 263 e n. 3; 264 e n. 5; 266 n. 10; 268; 270; 271; 273 e n. 12; 281; 282; 290; 291; 292; 296; 299; 309; 312; 314; 316; 317; 319 n. 24; 321 n. 30; 322 n. 34; 325 n. 40; 326 n. 45; 327; 329; 335; 338; 340; 341; 344 e n. 34; 346; 347; 348; 349; 350 e n. 48; 351 e n. 52; 352; 353; 355; 356 e n. 7; 357; 360; 361; 362; 367; 368; 372; 373; 381 n. 40; 386; 387; 388; 389; 394; 402; 411; 415; 416; 417; 420; 423; 429 n. l; 455; 464; 465; 466; 470; 473; 474; 475; 476; 477; 478; 482 e n. 8; 486; 489; 490; 493 e n. 22; 498; 503; 507; 510; 531; 534; 535; 538; 540; 542; 560; 575; 577; 578 e n. 11; 590; 592; 593; 594; 596
(P)
n. 48; 615 n. 15; 624; 635; 641 n. 7; 645; 658; 663; 665; 666; 667; 671; 691; 693; 694; 696; 699; 701 e nn. 11,12. (e PLATONISMO): l 41; 371; Il 52; 53; 270; 291; 359; 383; 384; 395; 412; 425; 427; 433; 482; 493; 561; 111 xx; 13; 89 e n. 6; 90 e n. l; 108; 163; 265; 501 e n. 7; 508; 538; 539; IV XVII; xrx; xxr; 34; 50; 76; 87; 147; 170; 208; 209; 249; 251; 252; 253; 255 n. 16; 307-364; 388; 411; 457-696. PLATONICI
PLINIO IL GravANE:
IV 183 e n. 4.
PLINIO IL VECCHIO:
IV 56 e n. 9.
l 430; 111 80.
PLISTENO: PLOTINA:
IV 56.
PLOTINO: l 6; 465 e n. 17; 468 e n. 24; 491; Il 132 n. 8; 139 e n. 14; 111 361 e n. 35; 561; IV xviu; xrx; xxr; xxrr; xxrn; l; 20; 146 in nota; 147; 216; 251; 277; 290 e n. 55; 314; 322 n. 33; 324 n. 39; 325 n. 40; 326 n. 44; 328; 329; 341; 342; 346 n. 37; 384 n. 52; 416; 425; 426; 436; 456; 457; 459; 462; 463; 464; 465; 467; 469; 470 e n. 24; 471-616; 621; 622; 623; 624 e n. 4; 626 e n. l; 627; 628; 629 n. 7; 630; 636 e n. 23; 638; 642; 643; 644; 645 e n. 11; 646; 647; 649; 651; 652; 672 e n. 20; 673; 676; 681; 689; 696. PLUTARISTI
(e
PLUTARISMO):
l
xrx;
140· 142 n l· 146· 148· 149-186· 187; 189; 2io; 464; Ìl 45J; 111 196; 199; 201. PLUTARCO DI ATENE:
IV 622; 665-
666; 683; 691; 692.
l 70 e n. 10; 95 n. 8; 119 n. l; 151 n. l; 254
PLUTARCO DI CHERONEA:
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599
INDICE DEI NOMI (P)
e n. 30; 388 n. 8; 390 n. l; 403 e n. 2; 409 e n. 21; Il 186 n. 50; 111 25 n. 2; 37; 45 e n. 62; 46 e n. 64; 74 e n. 25; 115 n. 22; 118 n. 5; 145 n. 8; 149 n. 3; 197 n. 9; 199 e n. 16; 210 e n. 33; 221-222 e n. 48; 254 e n. 46; 259 e nn. 60,61; 365 e n. 50; 420 e n. 57; 423 n. 67; 426 e n. 74; 446; 452 n. 24; 470 e n. 8; 510 n. 3; 537 n. l; IV 15 n. 5; 16 nn. 5,8; 17; 18 e n. 11; 36; 212 n. 5; 258 n. 20; 310 n. 7; 311 n. 8; 317; 320-321; 326; 327 e n. 50; 330 e nn. 2,3; 331 sgg. e n. 4; 333 e n. 5; 337 n. 13; 341; 343 n. 32; 345; 348 e nn. 41,43; 350 n. 46; 351 e nn. 51,53; 353 e nn. 57,58, 59,60; 354 e nn. 61,62,63; 355 e n. 3; 359 e n. 18; 362 n. 25; 363 e n. 29; 370 n. 10; 383 n. 45; 423; 663. pseudo: l 63 n. 6; 407-408 e n. 15; 111 212-213 e n. 38; IV 326 n. 45; 360 n. 21.
PLUTARCO DI CHERONEA,
111 115; 116-118; 119 e n. 9; 308; 435 n. 2; 499 n. l; 508; IV 312; 529.
POLEMONE:
Pouaro:
111 435 n. 2.
IV 78
PoPPEA:
n.
l.
Il 145 n. 21; 382 n. l; 111 143 n. 38; 169 e n. 23; 249 e n. 34; IV 20 e n. 15; 145 e n. 2; 320 n. 26; 325 n. 40; 326 n. 44; 370 n. 10; 384 nn. 48,49,52; 388 e n. 58; 395 e n. 11; 396 e n. 12; 397 e nn. 13,14, 15; 408; 409 e n. 46; 449; 462 e n. 4; 463 e nn. 7,8,9; 464 n. 10; 466; 469 n. 22; 470 e nn. 23,24; 471 n. l; 472 nn. 2,3,4; 473 e nn. 5,6,7,8; 474 nn. 9,10; 475 nn. 11,12,13; 476 e nn. 14,15; 478 e n. l; 480 e n. 4; 481 n. 5; 483 n. 9; 486 e n. 14; 497; 592 e n. 38; 622; 625 n. 5; 626 e n. l; 628 e n. 6; 628-638; 639 n. 2; 640 e nn. 3,4,5; 641 n. 6; 642; 643; 644; 645; 646; 651; 652 n. 23; 654 e n. 28; 663 n. 3; 671; 695; 696. PoRFIRIO:
PoROs:
Il 269.
PosJDONE:
l 24; 263; 111 366.
111 318; 320; 433; 435 n. 2; 436 n. 2; 441; 446-459; 491 e n. 71; 523; 544; 555; IV 12 n. 21;
PosrooNro:
16; 18; 75; 76; 78; 85; 410 n. l. Il 77; 118.
PoucLETo:
PosTUMIO, Lucro:
111 273.
111 269.
PoLIENO:
PoTAMONE: PouGNOTo:
111 523 n. l.
111 316. PoTONE:
111 98 n. l.
111 75.
PoussENO:
PRAssrTELE: PousTRATO:
111 266.
111 162 n. l; 270. l 23; 45-196; 289; 317; 466; 479; Il 37; 82; 222; 467· 468· 111 13· 166· 167· 171· 352: 362; 381; 561; 564; IV 66: 317.
PRESOCRATICJ: PoLLIONE:
IV 98
n.
l.
Pow: l 330; 486; Il 49. PoMPEO:
111 449
n.
294; 451· 313: 252;
12; 456; 459. PRIAMo: Il
POMPONIO ATTICO:
FrusciANO: PoNZIANO:
IV 323
497; 111 142.
IV 54. n.
35.
IV 465 n. 14; 622; 699;
700.
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600
INDICE DEI NOMI (P, S, R)
PRISCO:
IV 622; 657; 661.
PROCLINO:
RusTico:
IV 126
n.
IV 145 n. 2; 146 n. 2.
Il 108 n. 10; 220 n. l; 365; 396 e n. l; 397 n. 2; 111 119 n. 10; 116 n. 11; 348; IV 31; 321 n. 33;
l.
s
PRocw:
322 n. 33; 325 nn. 40,41; 326 n. 44; 328 n. 52; 345 n. 37; 346 n. 37; 351 nn. 49,54; 416 e n. 13; 419 e n. 18; 422 n. 21; 424 n. 25; 446; 470 n. 24; 617; 620; 621; 622; 624; 626; 627 nn. 2,3,4; 640 n. 5; 642; 647 e nn. 14,15; 648 n. 17; 656; 665 e n. 8; 666 n. 11; 667 e n. 14; 668-685; 686; 687; 691; 694.
SABINO, FLAVIO: SAFFo:
l
xx.
IV 699 n. 4.
PRODico:
l 256-263; 264
SALLUSTIO NEOPLATONICO:
n.
IV 622;
IV 474.
SALONINA:
l 287
l 132
n.
n.
l.
l.
(detto CITENA): 111 498; IV 182; 184 n. 7; 195 n. 9; 210.
SATURNINO
IV 412.
PRoMETEO:
SATURNINO SALLUSTIO SEcoNDO: cfr. SALLUSTIO NEOPLATONICO.
Il 232.
PROTAGORA: l 140; 215; 225; 230242; 243; 244; 251; 253; 256; 262 n.
16; 264 e n. l; 273; 279; 280; 359; 409; Il 86 n. 20; 88; 89; 186 111 477; IV 62; 67. PROTARCO DI A:aoERA:
Il 73; 256.
PRoTARco DI BARGILIA:
111 270.
ScETTICI
SciLLA:
PuoENTILLA:
(e
IV 323
n.
35.
111 435
n.
2; 436; IV 130.
ScoLASTICA (e ScoLASTICI):
IV 262;
265; 478.
Il 232.
SENARCO:
l 48.
RuBELLIO PLAUTO:
XVIII;
l 247.
SciPIONE:
R RADAMANTE:
l
ScETTICISMO):
40; 359; 432; 488; 111 XVIII; 13; 15; 53; 78; 79; 108; 116; 117; 179; 269; 324; 329; 332; 436; 463-498; 499; 500; 501 e n. 7; 505; 507; 508; 509; 517; 518; 519; 524; 525; 527; 528; 529; 531; 537; 539; 541; 546; [550]; 560; 561; 564; 567; 568; 569; IV 66; 127; 149-212; 251; 268; 300; 309; 478.
IV 446; 455 e n.
PsELLO, MICHELE:
27.
REA:
3.
l;
279; 368; 393 e n. 21. PROFETI:
e n.
649 n. 18; 658; 661-662.
SATIRO: e
IV 236
SALLUSTIO CINICO:
SANTIPPE: PRocoPio:
IV 221.
IV 22; 23; 28; 29.
l 390 n. l; 429 e n. 7; 111 76; 168 n. 16; 233 n. 68; 259 e n. 59; 264 e nn. 78,79; 268 n. l; 301; SENECA:
IV 98
n.
l.
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601
INDICE DEI NOMI (S)
353-354 e n. 9; 355 e n. 10; 360 e n. 34; 370 e n. 54; 378 e n. 70; 389 e n. 3; 393 e n. 8; 405 e n. 29; 410 e n. 39; 412 e n. 48; 413; 442 e n. 19; 455 e n. 29; 484 e n. 54; 557; IV 51; 55 n. 3; 56 e n. 9; 59 n. 18; 60 e nn. 21,22; 61 n. 23; 71; 73; 74; 76 e n. 10; 77; 78-97; 104; 106; 118; 119; 125; 127; 132; 139 n. 37; 146; 216 e nn. 1,2,3;· 219 nn. 4,5; 220 e nn. 6,7,8; 240 e n. 7; 313 e n. 12; 337 e n. 17; 383 e nn. 45,46,47; 384 n. 48. SENOCRATE: Il 23; 380 n. l; 382; 394; 111 xx; 42; 107-115; 116 e n. l; 118; 119; 121; 125; 127; 130; 161 n. l; 308; IV 26; 312; 337; 353; 369; 388; 389. SENOFANE: l 99; 109-118; 119; 153; 337; 338; 419; 420; 487; 488; 111 232; 321; 497 n. 85. SENOFONTE:
l 193 n. 19; 217; 218
e nn. 3,4; 257 e n. 6; 258 e n. 8; 259 e n. 9; 260 e n. 13; 261 e n. 14;
287 n. l; 288 nota; 289 nota; 291 e n. 4; 296; 297 e nn. 2,3,4,5; 298 e n. 9; 299; 300 e n. 13; 303; 308 e nn. 28,29; 309 e n. 30; 310 e n. 31; 313 e n. 34; 315 e n. 37; 321 e n. 44; 322 e nn. 48,50; 323-324 e nn. 52,54; 325 e n. 59; 327-328 e n. 62; 332 e n. 69; 334; 335 e n. 74; 336 e n. l; 340 e n. 7; 341 e n. 8; 342 e nn. 9, 10; 342-345 e nn. 11, 12; 346 n. 12; 347; 349; 351 e n. 21; 373 e nn. 24,25; 374 e n. 26; 378 e n. 3; 386; 387; 389; 390 n. l; 394-396 e nn. 24,25; 397; 398; 401 n. 44; 405 e n. 7; 411 e n. 26; 416-417 e n. 41; 440 e n. 13; 467; 111 47; 370 e n. 55; 374; 375 n. 64; 381 e n. 80; 545; IV 434 e n. 9.
SEsno, QuiNTO:
SEsm,
e
n. 17; 88;
l 134 n. 4; 183; 188 n. 4; 230 n. 2; 231 e n. 6; 244 e nn. 3,6; 245 n. 8; 246-247 e nn. 9,10, 11; 263 e nn. 18,19; 274-275 e n. 6; 409 n. 18; 410 e nn. 22,23; 411 n. 24; 412 e n. 28; 484 n. 54; Il 106 n. 7; 112 n. 16; 111 19 e n. 4; 62 n. 24; 68 n. 7; 105 n. 22; 108 n. 3; 110 nn. 5,6; 113 n. 15; 119 n. 11; 166 n. 13; 178 e n. 4; 180; 181-182 e n. 10; 188; 189-190 e n. 22; 192; 320 n. l; 327-328 e n. 9; 330 e n. 12; 331 e n. 15; 332 n. 18; 333 e n. 20; 334 e n. 21; 336337 e nn. 27,28; 338 e n. 32; 343 e n. 45; 358 e n. 21; 359 n. 23; 360 n. 33; 380 e n. 77; 386 n. 100; 472 e nn. 13, 14,15,16; 473 e nn. 17,18; 483 n. 48; 490 e n. 68; 498; 500 e n. 5; 502 e nn. 9,10; 503 e n. 11; 504 e n. 13; 505 e nn. 15,16; 507; 510 n. l; 512 e n. 7; 513 nn. 9,11; 514 e nn. 12,13; 515 ec nn. 14,15,16; 516 n. 17; 529 e n. l; :530 e n. 5; 538 e n. 4; 560; IV 149; 158 e n. 7; 159; 160 e nn. 10,11; 161 e n. 14; 165 e n. 20; 166 e nn. 22,23; 168 e n. 25; 169 n. 27; 170 nn. 30,31; 171 nn.32,33,34; 172 n. 35; 173 n. 36; 174 e nn. 39,40; 175 e nn. 41,42; 176 e n. 43; 178 e n. 51; 179; 182 e n .. J; 184 e n. 7; 185 e nn. 9, 10,11; 186 e nn. 12,14; 187 e n. 15; 190 e n. 2; 191; 1194 e n. 7; 195209; 2Hl e n. 2; 211 e n. 3; 212; 309 n. 2; 377 e n. 29; 381 e n. 40; 382 e n. 41; 391 n. l; 392; 393 e n. 4; 394 e n. 9; 395; 400 n. 24; 401 n. 27. SESTO EMPIRICO:
SETTANTA (traduttori greci della Bibbia): IV 254 e n. 13; 278; 287. SETTE SAGGI:
l 199; 208-213.
SETTIMIO SEVERO: SERAPIONE:
IV 87
343 e n. 45.
IV 39 n. l; 384.
IV 191.
circolo dei: IV 383; 394.
SEVERO: IV 326 e n. 44; 328 n. 52; 345 n. 37; 346 n. 37; 350; 480.
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602 SPERO:
INDICE DEI NOMI (S)
111 305 n. l.
SILLA: Il 382 n. l; 111 154; 537 n. l; IV 15 e n. 5; 16 e in nota; 18; 19;
22; 26 e n. 41; 310; 311 e n. 8; 663. SIMMIA (discepolo di Stilpone):
111
78. SIMMIA (personaggio del Pedone platonico): Il 69; 70; 80; 259. SIMONIANI: SIMONIDE:
IV 485.
l 35.
l 56 e n. 10; 59 n. 2; 63 nn. 6,7; 67 n. 2; 68 n. 3; 135 n. 5; 136 e n. 8; 139 e n. 17; 140 e n. 18; 191 n. 14; 392 n. 15; Il 23 e nn. 18, 19; 109 n. 12; 112 n. 16; 145 n. 21; 170 n. 22; 111 74 e n. 24; 81 e n. 6; 140 e n. 25; 145 n. 3; 151 e n. 10; IV 23 e n. 25; 24; 27 n. 46; 31 n. 3; 36 n. 17; 40 e n. 3; 41 n. 6; 42 n. 7; 319 n. 23; 324 n. 39; 344 n. 35; 402 e n. 29; 403 e n. 30; 404; 622; 685; 688; 691; 698; 699; 700. SIMPLICIO:
SINCELLO: SINESIO:
485; 486; 488; 492; Il 5; 7 n. l; 14; 18; 25; 29; 30; 31; 39; 43; 44; 51; 60; 62; 54; 65; 66; 70; 71; 73; 80; 83; 87; 88; 89; 103; 127; 135; 148; 188; 190; 191; 193; 194; 203; 204; 206; 215; 220; 221; 225; 226; 230; 236; 237; 245; 249; 252; 253; 256; 258; 261; 265; 268; 275; 276; 286; 288; 292; 295 e n. 8; 296; 317; 327; 331; 333; 335; 336; 337; 348; 361; 496; 497; 508; 510; 517; 519; 520; 549; 553; 603; 111 14; 15; 16; 27; 55; 56; 79; 85; 87; 92; 108; 169; 170; 171; 172; 173; 174; 223; 234; 237; 256; 266; 267; 306; 307; 374; 382; 397; 404; 409; 424; 437; 466; 500; 501 e n. 7; IV 67; 80; 98; 106; 107 n. 5; 118; 123; 177; 178; 229; 273 e n. 12; 367; 388; 411; 434; 461; 464; 470; 482 n. 8; 489; 539; 578; 590; 684. SocRAT!CI MINORI:
l xvm; xx; xxr;
185; 291 e n. 6; 304; 310; 311 n. 32; 324 n. 58; 334; 377; 380; 381; 383432; Il 514; 525; 526; 111 XVIII; XX; 14; 23-82; 90 n. l; 117 sg.; 167; 169; 170; 171; 173; 307; 308; 325; 419; 465 n. l; 497; 564; 565.
IV 324 n. 40.
IV 622; 692.
SoF!STI (e SoFISTICA): l XVIII; xx; XXI; 37; 141; 185; 186; 213; 215-
281; 289; 296; 301; 306; 311; 312; IV 370 n. 10; 402 e n. 28; 419 n. 18; 622; 627 n. 4; 642; 665; 666-667; 691; 693. SIRIANO:
SISIFO:
111 296.
SOCRATE: l XVIII; xx; XXI; 7; 37; 40; 87 e n. 3; 133; 172 n. 2; 186; 193 e n. 19; 194; 195; 213; 217; 219; 220; 221; 235; 236; 256; 273; 277; 281; 285-381; 385; 386; 387; 388; 389; 390 e n. l; 391; 392; 394; 395; 397; 401; 402; 403 e n. l; 404 e n. 3; 405; 406 e n. 12; 407; 408; 416; 417; 418 n. l; 419; 422; 423; 425 e n. 29; 428; 430; 431; 465; 466; 467; 474; 480;
317; 359; 431; 220; 179;
324 n. 58; 336; 346 n. 13; 355; 362; 390 n. l; 393 n. 21; 405; 465; 480; Il 30; 214 e n. 9; 525; 547; 565; 566; 111 69; 173; 474; 477; 564; IV 252.
SoFOCLE:
l 197; 209 n. l.
SoFRONisco:
l 287 n. l.
SoLONE: l 53 n. l; 208; 209; 210; 357; Il 7 n. l; 111 46. SoPATRo:
IV 622; 653.
SoRANO DI EFESO:
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IV 190.
INDICE DEI NOMI
SoziONE:
(S, T)
603
IV 78 n. l; 383
nn. 45,
e
47. SPEUSIPPO: Il 23; 41; 380; 382; 399; 395; 111 xx; 94 e n. l; 98-106; 107; 109; 110; 111; 112; 115; 118; 121; 130; 508; IV 312; 369; 388; 389. STASEA:
IV 21; 23; 24.
STEFANO DI ALESSANDRIA:
IV 622;
252; 257; 268; 286; 315 n. 14; 317; 318; 321 nn. 28,30; 322 n. 34; 330; 331 n. 4; 333; 337 e n. 15; 345 n. 37; 362; 383; 387; 388; 393; 394; 400 n. 21; 401; 478; 493; 550; 566; 570.
l 119 n. l; 418 n. l; 427 n. l; Il 382 n. l; 111 46 n. 67; 153 e n. 2; 154; 537 n. l; IV 15 n. 4; 16 n. 8; 17; 18 n. 10; 21; 23 n. 26; 27 n. 44; 28 n. 48; 319 n. 24.
STRABONE:
694.
111 128; 143; 144; 148152; 153; IV 7 e n. l; 14; 15; 16 n.
STRATONE: STENIDA, pseudo:
IV 373 n. 18.
7; 34; 40; 42. STENTORE:
Il 536.
IV 239.
STRUTIA:
l 418 n. 3; 420; 426; 430; 111 40 n. 47; 66; 73-77; 78; 80; 81;
SnLPONE:
307 e n. 4; 494 n. 80. STOBEO: l 95 n. 8; 209; 212 n. 3; 392 n. 11; 398 nn. 31,32; 111 49 n. 77; 104 n. 19; 248 e nn. 27,29; 308309 e n. 7; 373 e n. 60; 396 e n. 12; 399 e n. 15; 400 e n. 16; 402 e n. 22; 403 e n. 24; 404 e n. 25; 406-407 e n. 33; 411 e n. 43; 428-429 e n. 79; 451; 535 n. 14; IV 73 e n. l; 104 n. 15; 325 n. 41; 326 n. 45; 351 n. 50; 352 n. 56; 355 n. 2; 356 n. 9; 421 n. 21; 426 n. 29; 431 e n. 5; 628 n. 5; 640 n. 5; 641 n. 7; 648 n. 16.
l
40; 41; 386; 432; 436; 489; Il 365; 111 XVIII; xx; 8; 11; 13; 15; 16; 18; 53; 54; 78; 104; 108; 114; 115; 116; 117; 118; 134; 135; 141; 149; 155; 193 n. 25; 210; 268 n. l; 269; 273; 301459; 465; 483; 487; 497; 498; 501; 502; 503; 504; 505; 509; 511; 512; 516; 517; 518; 523; 524; 525; 527; 533; 535; 538; 539; 541; 542; 555; 556; 557; 560; 561; 563; 567; 568; 569; IV XVII; 8; 10 e n. 13; 11; 24; 27; 28; 29; 34; 60; 65; 66; 68; 73; 71-148; 151; 153; 154; 170; 173; 195 n. 9; 208; 209; 216; 226; 228; 251; STOICI (e STOICISMO):
XVIII;
SuDA: l 14 n. 2; 407 n. 13; 111 94 n. l; IV 320 n. 27; 321 n. 30; 325 n. 41; 471 n. l; 601 n. 4; 603 n. 10. SVETONIO:
IV 383 n. 45.
T TACITO:
IV 98 n. l; 218 n. l; 320 n.
26. TALETE: l 25; 32; 33; 48; 49; 53-58; 59 e n. l; 61; 62; 66; 71; 92; 152; 188· 201· 208· 209· 210· 212· 213· 220; 459;, 46o;' 463; '474; 'u 4cM; 617.
ni
TANTALO:
111 296.
TAURO: cfr. CALVISIO. TAZIANO:
111 383 e n. 84.
TEETETO: Il 141; 142; 143; 204; 111 310; 311; 366; 367; 368. TELETE:
111 43 n. 55; 49 e n. 77.
TEMISONE (re di Cipro):
49.
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111 41 n.
604
INDICE DEI NOMI (T)
IV 190.
TEMISONE DI LAODICEA:
TESSALO DI TRALLE:
l 427 n. 3; 111 139 e n. 23; 356 e n. 14; IV 26 n. 43.
TEMisno:
TETI:
l 56.
THOTH (THEUTH):
IV 145
TEMISTOCLE SToico:
n.
IV 429
e n.
l.
2.
IV 183
TIBERIO:
n.
3; 320
n.
26.
111 9.
TEOCRITO:
TIMAGORA DI GELA: TEODA:
IV 190.
IV 182; 184
n.
TIMEO: TEODORETO:
l 397
IV 461 e nn. 1,2.
TrMEO, pseudo:
IV 622; 654-
TEODORO DI AsiNE:
656; 671.
Il 8
l.
n.
l 407 n. 13; 111 48 n. 74; 56; 60-62; 63; 507.
TEODORO L-ATEo:
TEODORO,
Il 44.
28; 399 n. 36;
n.
TEODORO DI CIRENE:
111 78.
7; 192.
personaggio
del
IV 373.
TIMONE: l 425 e n. 28; 427 e n. 2; 484; 111 18; 19; 463; 465 n. l; 474 e n. 22; 475 e n. 30; 478; 480 e n. 44; 481 e n. 45; 482 e n. 47; 483 e nn. 48,49; 484; 493; 494 e n. 78; 494-498; 499; 500; 506 e nn. 20,21; 524; 525; 560; IV 8 n. 6; 183 n. 3; 194.
Teeteto:
l 177; 178; 474; 475.
TIRANNIONE:
111 154; IV 16; 17;
18; 19; 21 e n. 21. TEODOTO:
IV 146
n.
2; 663. TrTANI:
TEOFRASTO:
l 450; 453; 455.
l 56; 59 n. 2; 67 e n. 2;
72; 130 e nn. 22; 158 n. 8; 189 n. 10; 298 e n. 7; Il 105 n. 6; 170 n. 22; 380 n. l; 381 n. l; 382 n. l; 385 n. 4; 111 xx; 28; 78; 111 n. 8; 123; 126; 127; 128; 129-143; 144 e n. l; 145; 148 e n. l; 149; 150 e n. 9; 153; 154; 216; 499 n. l; IV 10; 13; 14; 15; 16 n. 7; 17; 18; 19; 20; 28; 34; 38 n. 25; 323 n. 35.
Tno: Trzro:
IV 98
324
e n.
IV 31; 35
37; 326; 337
TEONE DI TnoREA: TEOSEBIO:
n.
13; 356
16; n. 7.
l.
111 296.
ToLOMEI:
l 13; 111 11.
ToLOMEO I (figlio di Lago):
111 57
n.
4; 60 n. 17; 64. ToLOMEO n:
TEONE DI SMIRNE:
n.
111 148; IV 254:
n. e
IV 162.
IV 693.
IV 194.
ToLOMEO DI CrRENE: ToLOMEO CLAUDIO:
IV 32
ToLOMEO, FrLADELFO:
n.
9.
cfr. Tolomeo
II.
TERAPEUTI:
IV 259. ToLOMEO PERIPATETICO:
TERTULLIANO:
328 n. 51; 429.
IV 146 n. 2.
·111 386 n. 100; IV TRAIANO:
IV 56; 221
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n.
9; 225.
605
INDICE DEI NOMI (T, U, V, Z)
TRASEA PETo: TRASILLO:
Il 9 n. l; IV 320
TRASIMACO: TRIFONE:
l 275
e
n. 26.
n. 7; Il 295.
e
111 20. IV 152.
TuBERONE, Lucio:
ZALEuco,
pseudo: IV 373 n. 18.
ZENONE DI CIZio: 111 xvm; 16; 17; 41 n. 49; 53; 70 n. 12; 78; 135; 155; 268 n. l; 305 sgg.; 306; 307; 308; 309; 311; 312; 313; 314; 315; 316 e n. 24; 317 nn. 25,25; 320; 321; 322; 323 e n. l; 325; 327; 329; 330; 338; 356; 357; 363; 371; 373; 374; 381; 383; 384; 386; 389; 401; 402; 406; 411; 414; 415; 418; 424; 425; 426; 427; 430; 436; 465; 474; 487; 497; 502; 524; 563; 564; 567; IV 79; 127; 476.
IV 481 n. 5.
TRITTOLEMO:
z
IV 74 n. 6; 218 n. l.
u ULISSE:
l 207; IV 224.
l XIX; 125; 132141; 142 e n. l; 144; 153 n. 4; 171
URANO:
l 47; 48; IV 627.
n. l; 172; 419; 420 n. 7; 425; Il 135; 137; 370; 411; 111 67; 70.
ZENONE DI ELEA:
ZENONE DI SmoNE:
111 270; 276;
277; 544.
v
ZENONE DI T ARSO:
VALENTINO e V ALENTINIANESIMO:
IV
485; 489. VARRONE REAnNo:
111 356 n. 28;
383 e n. 87; 543 n. l; IV 337 e·~17. VATINIO, Pusuo: VESPASIANO
IV 383 n. 44.
(imperatore): IV 98 n.
l; 218 n. l. VITTORINO, MARIO: VoLEso:
IV 130.
111 305 n. l.
ZEUS: l 24; 48; 79; 118; 152; 445; 452; 453; 489; Il 232; 233; 342; 111 3; 17; 18; 28; 46; 112; 264; 303; 367; 378; 403; 408; 420; 429; 451; 570; IV 76; 82; 103; 104; 120; 124; 138; 225; 226; 237; 407; 409. ZEUSIPPO DI CNOSSO: ZEUSSI GoNIOPO:
IV 182; 183
3; 193.
IV 620; 695.
ZOPIRO:
l 428.
ZoRoAsTRo:
111 96.
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IV 182. e
n.
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Stampato dalla Tipolitografia Queriniana - Brescia Gennaio 1989
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ILLUSTRAZIONE DEI PARTICOLARI DELLA «SCUOLA DI ATENE» DI RAFFAELLO RIPRODOTTI NELLA SOPRACOPERTA Poiché questo volume conclude la nostra Storia della filosofia antica presentando gli apparati lessicali e bibliografici, abbiamo voluto scegliere, per la sopracoperta, il particolare di des,tra della «Scuola di Atene» di Raffaello che rappresenta un allievo che scrive accanto al maestro e che esprime bene, con una immagine quasi emblematica, appunto il senso biblio-grafico di questo quinto volume. In basso, si vede la parte superiore dello splendido gruppo dei matematici, con la figura di Euclide (o di Archimede) con i discepoli che seguono con attenzione e concentrazione la dimostrazione di un teorema. La prima sfera al di sopra della schiena del geometra è il globo raffigurante il cielo nelle mani di Zoroastro. Quella più in basso è la sfera che rappresenta la terra nelle mani di T olomeo. (Si veda la sopracoperta del volume quarto con le relative illustrazioni). Molto difficile da interpretare è la figura del nobile vecchio in alto a destra, che, per lo più, viene trascurata. Naturalmente, avremmo potuto concentrare la nostra attenzione solo sull'immagine con l'allusione biblio-grafica, che, inquadrata in primo piano, sarebbe risultata anche meglio evidenziata nella sua bellezza. Ma abbiamo voluto richiamare l'attenzione sulla figura del nobile vecchio, per proporre una interpretazione che ci sembra assai verosimile, o quantomeno molto allettante. In tutto l'affresco solamente tre personaggi sono rappresentati isolati: Eraclito, Diogene il Cinico e questo vecchio. Orbene, è ben noto come, effettivamente, Eraclito si sia scostato da tutti i suoi concittadini per ragioni di carattere e di dottrina. Diogene, dal canto suo, sia per la sua vita che per
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il suo messaggio filosofico, si pone analogamente, sia pure su un piano diverso, come separato dagli altri. E il vecchio solitario? A noi pare che nella sua nobile e severa solitudine rappresenti Plotino o un Neoplatonico. Si noti che un Neoplatonico, nella grande raffigurazione del messaggio del pensiero antico fatta da un uomo del Rinascimento, ossia da un uomo di un'età che dava al Neoplatonismo assai grande importanza, non poteva mancare. Il vertice della vita perfetta era, per Plotino, una «separazione dalle restanti cose di quaggiù, vita cui non aggrada più cosa terrena, fuga da solo a Solo». E Proclo, dal canto suo, scriveva: «Mettiamoci dunque nella solitudine, da tutto remota, e giungiamo vicino alla Causa universale». E a Plotino e al Neoplatonismo nella nostra interpretazione del pensiero antico abbiamo dato assai grande importanza. - La fotografia a colori è stata eseguita appositamente per quest'opera dai Musei Vaticani, mediante le più moderne tecniche. - La fotografia del particolare del «Cartone per la Scuola di Atene» (conservato nella sua interezza e in maniera pressoché perfetta nella Pinacoteca della Biblioteca Ambrosiana di Milano), che evidenzia l'immagine di carattere biblio-grafico, è stata eseguita dai tecnici della Casa editrice Siivana Editoriale d'Arte, che ha fornito a Vita e Pensiero i materiali occorrenti per questa riproduzione. Eccellenti fotografie del Cartone nella sua completezza e in tutti i suoi particolari si possono trovare nello splendido volume: K. Oberhuber - L. Vitali, Raffaello, Il Cartone per la Scuola di Atene («Fontes Ambrosiani in lucem editi cura et studio Bibliothecae Ambrosianae», XLVII, Silvana Editoriale -d'Arte, Milano 1972.
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