Judith Stacy
La vita agra The Blushing Bride © 2000 Dorothy Howell I Grandi Romanzi Storici n. 364 del 4/10/2002
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Judith Stacy
La vita agra The Blushing Bride © 2000 Dorothy Howell I Grandi Romanzi Storici n. 364 del 4/10/2002
1 California, 1886 Era troppo tardi per scappare? Amanda Pierce lanciò un'occhiata al carro merci dall'altra parte della strada e, per un momento, prese in considerazione l'idea di tornarsene a San Francisco. Alle lenzuola pulite. Ai gentiluomini beneducati. A casa. Fece un respiro profondo e si guardò allo specchio incrinato dell'atrio dell'albergo. Abito blu scuro con cappellino intonato, stivaletti di capretto. Sembrava davvero fuori posto, in quella rumorosa cittadina di Beaumont ai piedi delle montagne della Sierra Nevada. A San Francisco le era sembrata una buona idea, ma una volta arrivata lì... Amanda si sforzò di raddrizzare le spalle e di stare più dritta. Certo, non aveva viaggiato molto e non conosceva il mondo. Ma aveva ventiquattro anni e possedeva abbastanza buonsenso per portare a termine quel difficile viaggio senza andare incontro al pericolo. Più sicura di sé, uscì sul marciapiede facendo attenzione a evitare i minatori e i taglialegna che passavano, gente trasandata e dalla barba incolta. Tornò a guardare il carro della Kruger Brothers' Lumber and Milling Company dall'altra parte della strada. La ragione per cui era arrivata a Beaumont e aveva passato due giorni nell'albergo ad aspettare il suo arrivo. Bene, era arrivato. Amanda alzò ancora un poco il mento. Poteva farcela. O meglio, doveva farcela. Quel pensiero l'aiutò ad attraversare la strada, schivando i cavalli e i grossi carri che la percorrevano. «Scusi, signore!» chiamò l'uomo che lo guidava, dopo che ebbe raggiunto sana e salva il marciapiede. L'uomo, di spalle, continuò a controllare le operazioni di carico del Judith Stacy
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carro. Un omone dai capelli grigi e spettinati, notò Amanda, che indossava calzoni di pelle macchiati dal tempo e uno sformato cappellaccio. «Signore? Mi scusi...» insistette lei, avvicinandosi. L'uomo si voltò a metà. «Ehi, signora, parlate con me?» Visto da vicino, il volto dell'uomo sembrava di vecchio cuoio, la pelle indurita e conciata dagli elementi. Almeno, pensò, la parte che non era coperta dalla barba arruffata. «Siete il signor Harper?» gli domandò. «Il signor Samuel Harper?» Lo vide stringere gli occhi. «Chi è che lo vuole sapere?» «Sono Amanda Pierce» gli rispose, stringendo più forte la sua borsetta. «Di San Francisco.» «Sì, sono io» le confermò, dandosi una sistemata ai calzoni. «È che nessuno mi chiama più Samuel dall'ultima volta che sono stato in chiesa. Da molto, molto tempo. Da tanto tempo che non me lo ricordo più. Io sono Shady, qui.» «Signor Harper, sto cercando...» «Chiamatemi Shady.» Amanda cercò di sorridere. «Sì, certo, Shady. Come vi stavo dicendo, ho bisogno di essere portata alla Kruger Brothers' Lumber and Milling Company e mi è stato detto che voi potreste farlo.» L'uomo la squadrò da capo a piedi. «Voi volete andare su all'accampamento?» «Sì» annuì Amanda. «Su, sulla montagna?» «Be', sì.» «E volete che vi ci porti io?» «Mi è stato detto che non esiste altro modo di trasporto affidabile.» Amanda prese una busta un po' stropicciata dalla borsa. «Il signor Kruger mi assicura che siete una persona onesta. Mi ha dato istruzioni di aspettare nell'albergo il vostro arrivo e poi di venire con voi all'accampamento dei taglialegna.» «Sì, ogni tanto faccio su e giù dalle montagne.» Shady si carezzò la barba lunga e incolta. «Vi ha mandato a chiamare Jason Kruger?» «Proprio così. Mi sta attendendo.» «Aspetta voi?» Amanda trattenne il fiato per un momento. «Sì, signor Harper, io...» «Shady.» Judith Stacy
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«Shady.» Amanda si schiarì la voce e tese la busta. «E' tutto qui, nelle sue istruzioni.» «E siete sicura che sia Jason Kruger che vi manda a chiamare?» le chiese ancora. «Perché ce ne sono due di loro, sapete. C'è Jason e c'è Ethan. Sono fratelli.» Amanda strinse le labbra e indicò l'insegna della Kruger Brothers' Lumber and Milling Company dipinta sul carro a grosse lettere rosse. «Sì, so che sono fratelli.» «Ora, Jason è il maggiore. Ma non di molto, a quanto ho sentito dire» proseguì Shady. «E' lui che manda avanti le cose, su in montagna.» «Lo so, signor...» cominciò, prima di correggersi. «Lo so, Shady. Ho degli affari da concludere col signor Kruger. Mi ha scritto e mi ha chiesto di venire qui.» «Affari, eh?» Shady si strinse nelle spalle e tornò a voltarsi verso il carro. «Be', per me va bene, direi. Parto di qui abbastanza in fretta. Voglio arrivare all'accampamento prima che faccia buio.» «Vado a prendere le mie cose all'albergo» gli rispose Amanda. Shady tornò a voltarsi verso di lei un'altra volta. «Se siete sicura di voler incontrare Jason Kruger.» Amanda sentì lo stomaco stringersi in un nodo, sotto lo sguardo del vecchio, e fu tentata, molto tentata di tornare a casa. «Sì, sono sicura» assentì. Aveva fatto troppa strada per cambiare idea. «Ora che c'è?» Jason Kruger tolse i piedi dalla scrivania e si mise a sedere ritto. Aveva appena finito di cenare e non gradiva le intrusioni dei suoi uomini nell'ufficio a fine giornata. In quella stanza spartana dalle pareti di rozze assi, arredata con qualche scrivania, qualche mobile e una stufa panciuta in un angolo, Jason, alla fine di una dura giornata di lavoro, voleva starsene tranquillo e non avere di nuovo a che fare con quell'uomo. «Che c'è, Duncan?» chiese ancora. «Sputa l'osso.» L'uomo magro in piedi sulla porta si tolse il cappello e cominciò a tormentarlo. «Be', capo, mi dispiace tornare a seccarvi, ma...» iniziò, agitato. «Be', la mia Gladys ha qualche problema con quella Polly Minton e così, questa Judith Stacy
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volta, io...» Jason imprecò e s'alzò in piedi. «Ti avevo detto che non dovevi portare tua moglie qui, no?» «Be', sì, ma...» «Niente donne all'accampamento. Questa è la mia regola. Te lo avevo detto.» «Sì, signore, e vi ringrazio d'aver fatto un'eccezione per mia moglie e tutto quanto, ma...» «Guai.» Jason imprecò di nuovo. «Le donne non portano che guai. Questo non è il loro posto. Un accampamento di taglialegna non è fatto per loro.» Duncan riprese a tormentare il cappello che stringeva in mano. «Sì, capo, lo so e sono in debito con voi, ma...» «Ti ho detto, quando l'hai portata qui, che saresti stato responsabile per lei» ribatté Jason. «Non voglio saperne. Tu hai dei problemi, tu te li risolvi.» «Sì, signore, so che me lo avete detto, ma...» Duncan s'avvicinò alla scrivania. «La mia Gladys e Polly Minton stanno litigando davvero di brutto. Ho cercato di mettere pace, giuro che l'ho fatto, ma Polly s'è messa in testa che Gladys le ha rubato qualcosa ed è tutto il giorno che vanno avanti così. Dovete aiutarmi, signor Kruger, dovete...» Jason, fumante, fissò l'ometto. Duncan era un buon lavoratore, agile e sicuro nel guidare la discesa dei grandi tronchi d'albero verso il bacino di raccolta. Era anche fedele. Il ricambio degli uomini, lì all'accampamento, era veloce. Ma Duncan era rimasto. L'unico problema che poteva aver causato era quello d'aver portato la moglie con sé. E ora lei era stata accusata di furto. Jason non intendeva tollerare furti all'accampamento. Aveva bisogno di ordine e disciplina fra i suoi uomini, impegnati ad abbattere le sequoie giganti, a portarle alla segheria e a mandarle sul mercato. Non poteva lasciare che un furto restasse impunito. Donna o no, doveva porvi fine. Sbuffò, allentando un po' la sua collera. «Va bene, Duncan, ci penserò io» disse. «Ve ne sono debitore, capo, davvero» fece l'uomo, avviandosi alla porta. «Corro a chiamare la mia Gladys. La signora Minton è qui anche lei, vado a prenderle tutte e due. Sono proprio qui fuori.» Judith Stacy
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«Donne.» Jason si massaggiò la nuca e si lasciò cadere di nuovo sulla sua sedia. Non era abbastanza dover affrontare i problemi creati dai suoi uomini. Risse, per la maggior parte del tempo. Qualche sparatoria ogni tanto. I dissapori fra uomini potevano essere sistemati facilmente. Ma le donne... Si lasciò sfuggire un'altra imprecazione. La porta dell'ufficio si aprì e Polly Minton e Gladys Duncan fecero il loro ingresso. Jason le conosceva entrambe. Conosceva chiunque, lì nell'accampamento e nella piccola città che vi si era creata intorno. Erano entrambe donne imponenti, e Gladys poteva guardarlo dritto negli occhi. Polly portava avanti la lavanderia e aveva sviluppato due belle braccia muscolose. Duncan si frappose tra le due donne e riprese a tormentare il suo cappello. «Ora, il signor Kruger, qui, sistemerà la cosa. Ora e una volta per tutte.» Gladys e Polly si guardarono in cagnesco, poi si voltarono a fissare Jason. «Bene» fece lui. «Raccontatemi un po' cos'è successo. Cominciate voi, signora Minton.» Polly Minton raddrizzò le spalle, godendosi il suo momento. «Ho fatto solo la buona vicina, un gesto cristiano» cominciò a dire. «Ho invitato Gladys a casa mia, qualche giorno fa, e ci siamo sedute a chiacchierare fino a quando mi sono messa a far da mangiare. Poi oggi sono passata da lei, sempre per la faccenda del buon vicinato, e lì, proprio davanti al mio naso, sul davanzale, eccola che l'ho vista.» Jason aggrottò la fronte. «Cosa?» «Lei me l'ha rubata!» proseguì Polly. «Io non ho fatto niente del genere!» gridò Gladys. «Rubato cosa?» chiese Jason. «Guardate qui. Vedete un po' voi. L'ho portata con me come prova.» Polly scostò lo strofinaccio che copriva il piccolo canestro che portava al braccio. Poi sollevò una torta mezzo mangiata. «Ci ho dato un morso mentre Gladys non stava guardando» dichiarò. «È la mia ricetta. È chiaro come il sole, Gladys Duncan mi ha rubato la ricetta della torta!» «Io non ho fatto niente del genere!» dichiarò Gladys. «La ricetta di una torta?» Jason s'alzò in piedi e si voltò verso Duncan. Judith Stacy
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«Tutto questo per una dannata ricetta di torta?» «È una ricetta della mia famiglia da generazioni!» ribatté Polly, costernata. «E' un tesoro.» «Sai che tesoro...» Gladys scosse la testa. Jason puntò un dito accusatore in direzione di Duncan. «Dovrei licenziarti, per questo.» Duncan riprese a tormentare il suo cappello. «Ma signor Kruger, io...» «Me l'ha rubata quando le voltavo la schiena» disse Polly. «L'ha fatto perché è invidiosa della mia cucina.» Gladys si piantò le mani sugli ampi fianchi. «Sei tu, quella invidiosa. Gelosa perché a tutti piace il mio pollo arrosto.» Si voltò verso Jason. «Sta dando la caccia ai miei ingredienti segreti da quando ho messo piede qui.» Polly rimase a bocca aperta. «È una menzogna!» «No che non lo è! Sei tu, quella invidiosa!» Jason alzò le mani. «Calme, ora. Calmatevi.» «È la mia ricetta! Ho sentito i miei ingredienti speciali nel momento in cui l'ho messa in bocca! Assaggiatela voi stesso, signor Kruger. Vedrete.» Polly gli tese il piatto. «Il signor Kruger non ha nessuna voglia di mangiare la tua vecchia torta!» Gladys fece per prenderla, ma scontrò il piatto. La torta schizzò via e andò a finire con un tonfo sulla scrivania di Jason. Le mele gli si spiaccicarono sulle carte, sulla camicia e sui calzoni. Nella stanza calò il silenzio. Jason abbassò lo sguardo sul disastro. «Dov'è la mia pistola?» chiese a bassa voce. Polly piagnucolò. Gladys gemette. Duncan si fece strada fra le due donne. «Su, signor Kruger, pensate a cosa state dicendo. Non potete sparare davvero a queste donne.» «Non voglio sparare a loro.» Jason alzò lentamente il volto. «Voglio sparare a te.» Gladys scoppiò in lacrime. «Signor Kruger, non direte sul serio!» Duncan tormentò il cappello ancora più nervosamente. «Porta queste donne fuori di qui!» Jason gli indicò l'uscita. «Non voglio più vedere un'altra donna nel mio accampamento!» «Ma signor Kruger...» «Mai più donne! Mai più!» La porta dell'ufficio si aprì e Shady fece il suo ingresso. Judith Stacy
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«Cosa vuoi, Shady?» ringhiò Jason. L'uomo si guardò intorno. «Vi ho portato una cosa dalla città, signor Kruger.» Il suo volto s'illuminò. «Il mio pacchetto?» «No. Non c'era la posta, oggi.» Jason tornò ad aggrottare la fronte. «Allora lascialo fuori della porta.» «Non credo che si possa.» Shady fece un cenno. «Su, entrate.» Un delicato profumo precedette l'ingresso di una donna. La sua presenza fece tacere tutti. Jason s'irrigidì. Lei lo fissò. «Signor Kruger? Sono Amanda Pierce, di San Francisco.» Jason la fissò, scuro in volto. «Sì?» «Sono qui per la vostra richiesta.» «La mia richiesta?» «Sì, signor Kruger. La vostra richiesta di una moglie.»
2 «Una moglie!» gridò Jason. Amanda si guardò intorno e scoprì che tutti la stavano fissando. «Davvero, signor Kruger, non c'è bisogno di alzare la voce.» «Una moglie'?» Era stanca per il lungo viaggio e le doleva il capo per essere salita fin lì in un carro traballante che le aveva scosso tutte le ossa. Quel Kruger stava mettendo alla prova le sue buone maniere. «Sì, signor Kruger, una...» «E' la ricetta della mia torta?» chiese Polly. «E io, che dicono che sono una ladra?» aggiunse Gladys. Duncan riprese a tormentare il suo cappello. «Signor Kruger, dovete sistemare questa faccenda una volta per tutte.» «Ora statemi a sentire» disse Jason. «Io non...» «Scusate, signor Kruger.» Amanda gli si avvicinò e abbassò la voce. «Vi siete rovesciato un po' di torta sulla camicia.» Quelle parole rimasero sospese per un momento fra di loro. «Grazie» le disse alla fine. A denti stretti, come per farle capire quanto lo urtasse quel suo commento benintenzionato. Poi lo vide voltarsi verso le altre donne. «Ora statemi a sentire. Non m'importa un fico secco di chi diavolo sia la ricetta, o cosa diavolo ci Judith Stacy
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mettiate nel vostro pollo arrosto, o chi abbia rubato la ricetta di chi. Tutte queste sono sciocchezze, e non voglio sentire un'altra parola a questo proposito.» Polly s'irrigidì. «Bene.» «Io non ho mai...» fece Gladys, col naso per aria. «Fuori di qui!» tuonò. «Tutti quanti. Tornate se e quando avrete un problema serio.» Duncan gemette. «Ma signor Kruger...» «Scusate, signor Kruger» cominciò a dire Amanda. «Se posso permettermi, quello che avete qui è un problema serio.» Per un momento Jason Kruger sembrò sul punto di buttarla fuori del suo ufficio insieme con gli altri, ma Amanda non si perse d'animo. Non poteva concederle tutta la sua attenzione finché il problema della ricetta rubata non fosse stato risolto. E poiché Kruger non intendeva prenderlo sul serio, lo avrebbe fatto lei. «Posso?» gli domandò. Kruger alzò le mani in segno di resa. «Fate come volete, signorina.» Amanda si voltò verso le due donne. «A quanto ho capito, una di voi due pensa che l'altra le abbia rubato la ricetta.» Polly indicò Gladys con un cenno del capo. «Proprio così. Lei mi ha rubato la mia ricetta della torta di mele.» «E lei sta cercando di rubarmi gli ingredienti del mio pollo arrosto.» «Una donna passa anni a perfezionare una ricetta» cominciò Amanda. «Certo non desidera che un'altra gliela prenda, così da poterla passare a chiunque. Mi state seguendo, signor Kruger?» «In ogni vostra singola parola» le rispose con uno sguardo di ghiaccio. «Bene» disse Amanda. «Da come la vedo, c'è un solo modo per mettere fine alla questione. Voi signore vi scambierete le ricette. Quella della torta di mele in cambio di quella del pollo arrosto. Le avrete solo voi due. Non potrete rivelare la ricetta dell'altra, perché l'altra potrebbe vendicarsi rivelando la vostra. Che cosa ve ne sembra?» Gladys e Polly si guardarono, e qualche momento dopo annuirono. Duncan scattò in avanti e le prese la mano. «Grazie, signorina, grazie davvero. Mi avete tolto proprio un gran peso dallo stomaco.» Scortò le due donne fuori dell'ufficio, poi tornò a far capolino. «Signor Kruger, questa signorina sarà una buona moglie. Una buona moglie davvero.» Judith Stacy
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La porta si chiuse e nella stanza calò un silenzio ancora più imbarazzato dell'agitata discussione che lo aveva preceduto. Kruger la fissò e Amanda si sentì irresistibilmente attratta dal suo sguardo. Era alto e bruno, e i suoi occhi verdi la turbavano. Passava i suoi giorni all'aperto, il sole gli aveva scurito il volto e disegnato rughe sottili attorno agli occhi. Lavorava anche duramente. La camicia azzurra nascondeva a malapena i muscoli possenti delle braccia. Le sue spalle erano dritte, il petto ampio, i fianchi stretti, il suo... Amanda strinse le labbra per trattenere un gridolino che avrebbe spezzato il silenzio della stanza. I loro sguardi s'incontrarono, e per un breve istante quello di Kruger le sembrò malizioso come il suo. A cosa aveva pensato, quando l'aveva fissata? Kruger aggrottò la fronte. «Volete dirmi cosa diavolo sta accadendo qui, signorina Pierce?» «Non volete invitare la signorina a sedersi?» intervenne Shady. Amanda s'era dimenticata della sua presenza. Jason Kruger sembrava occupare tutto lo spazio, respirare tutta l'aria. Shady prese una sedia dall'altra parte della stanza e la piazzò di fronte alla scrivania di Kruger. «Accomodatevi, signorina.» Amanda gli sorrise, grata, e si sistemò sulla sedia. Nelle ore che aveva passato sul carro merci insieme a Shady aveva avuto modo di conoscerlo un po' e aveva deciso che quell'uomo le piaceva. Brusco e distaccato all'esterno, Shady in realtà era una pasta d'uomo. «Grazie, Shady.» «Prego, dovere mio.» L'uomo fissò il suo capo. «La signorina Pierce ha fatto un viaggio duro e faticoso su per la montagna. Ed è qui solo perché voi l'avete mandata a chiamare.» Jason si sedette dietro la scrivania e si mise le mani nei capelli. «Non scendo da questa montagna da mesi, signorina Pierce» cominciò a dirle a bassa voce. «Non avrei potuto in alcun modo chiedervi di sposarmi.» «Ha una lettera» ribatté Shady. «Una lettera scritta da voi.» «È una richiesta, a dire la verità» precisò Amanda, prendendo la busta dalla borsa. «Vedete, signor Kruger, sono qui per l'agenzia matrimoniale Spose a Distanza.» Shady ridacchiò. «Be', che io sia dannato... Una sposa per posta!» Kruger s'appoggiò allo schienale. «State dicendo che vi avrei mandato a Judith Stacy
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chiamare io?» «È tutto qui, nella vostra lettera.» Scuro in volto, Kruger gliela prese di mano. La scorse in fretta, poi si voltò verso Shady. «Va' a chiamare Ethan.» «Subito, capo.» Shady si precipitò fuori della porta. Amanda fissò Kruger, intento a rileggere la sua lettera. Un lungo momento dopo, sollevò lo sguardo e la guardò dritto negli occhi. «Sembra che siate venuta qua per niente, signorina Pierce» osservò. «Io non ho mai scritto questa lettera.» Lo stomaco le si strinse in un nodo. Non aveva scritto quella lettera? Lei era andata fin lì per niente? Aveva sopportato le scomodità di quel lungo viaggio, speso i risparmi accumulati a fatica... Tutto per niente? Scosse la testa. «Non siete Jason Kruger? Questa non è la Kruger Brothers' Lumber and Milling Company?» «Sì. Ma ve lo ripeto, signorina Pierce, non ho scritto questa lettera. Né prima d'ora ho mai sentito parlare dell'agenzia matrimoniale Spose a Distanza.» «Ma...» Amanda s'accasciò sulla sua sedia. La porta s'aprì e un uomo fece il suo ingresso. Alto, bruno e con gli stessi capelli neri di Jason Kruger. Non poteva essere che suo fratello. Solo che lui stava sorridendo, tutto allegro. Si tolse il cappello e la salutò con un cenno del capo. «Piacere di conoscervi, signorina Pierce. Sono Ethan Kruger» si presentò. «Shady mi ha appena detto di avervi portata qui sulla nostra montagna.» «Il piacere è mio, signor Kruger.» Le sue buone maniere erano così radicate in lei da non venir meno neppure in momenti difficili come quello. Ethan si voltò verso il fratello. «Così ti sei deciso a cercarti una moglie, eh? Avrei dovuto lasciar fare le ordinazioni a te sin dall'inizio.» Jason, per niente divertito, s'alzò in piedi. «Io non ho ordinato nessuna moglie.» Ethan aggrottò la fronte e indicò la camicia del fratello. «Hai di nuovo mangiato coi porci al trogolo, eh?» Scuro in volto, Jason fissò la torta di mele ancora spiaccicata sul suo vestito e andò a lavarsi in un angolo, dove c'erano una brocca e un catino. Judith Stacy
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Ethan si sedette su un angolo della scrivania. «Ditemi, signorina Pierce, voi due avete già fissato la data della cerimonia?» «Chiudi la bocca» intervenne Jason, puntando un dito contro il fratello. «Non la sposerò. È tutto un equivoco. Da' un'occhiata alla lettera.» Ethan sorrise ad Amanda e obbedì. «Questa non è la tua grafia» ammise. «Lo so.» Jason finì di pulirsi la camicia e gettò la salvietta nel catino. «Non mi pare di riconoscerla» proseguì Ethan, scuotendo la testa. «Deve essere una specie di scherzo.» «Uno scherzo?» Amanda scattò in piedi. Ethan ridacchiò. «Uno scherzo divertente.» Divertente? Amanda sentì montare la collera. Aveva viaggiato per miglia, lasciando la tranquillità e la sicurezza di casa sua per avventurarsi fin lì, senza sapere esattamente dove fosse finita, sopportando scomodità, pericoli, villanie e cattivi odori. E i fratelli Kruger pensavano che fosse divertente? «Qualcuno deve aver architettato questa storia e falsificato il mio nome» osservò Jason rivolgendosi al fratello. «Chi potrebbe aver fatto una cosa del genere?» chiese Ethan. «Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo.» Jason tornò alla sua scrivania. Ethan si strinse nelle spalle con fare noncurante. «Perché non lasci perdere e non la sposi?» Jason si bloccò. «Cosa diavolo ci farei con una moglie?» «Se mi fai una domanda come questa, allora sei davvero vissuto su questa montagna troppo a lungo» ribatté Ethan con un'espressione divertita. Lo sguardo di Jason s'appuntò su Amanda. Lei sentì le sue guance farsi di fuoco e questo le ricordò che era lì per lavoro. Ed era proprio al lavoro che doveva pensare, anche se quei due continuavano a irritarla. «Signor Kruger» cominciò a dire. «Credo che vi stiate sbagliando a proposito della mia presenza qui. Io...» «Sentite, signorina Pierce» l'interruppe Jason. «Io non sto cercando una moglie. Né ora né mai.» «Se solo mi lasciaste spiegare...» «L'ultima cosa di cui qualcuno può avere bisogno è una moglie» sentenziò. «Ma...» Judith Stacy
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«Questo è un accampamento di taglialegna» continuò imperterrito, senza badarle. «I miei uomini lavorano dodici ore al giorno per sei giorni la settimana. È un lavoro pericoloso. Un momento di distrazione può costare a un uomo la vita, la sua o quella dei suoi compagni. Io non voglio un mucchio di donne, qui, a distrarre le mie squadre dal loro lavoro. Nessuno, qui, vuole una moglie.» «Nessuno?» «Nessuno.» Amanda fece un respiro profondo. «Capisco...» L'amarezza s'impadronì di lei. Aveva investito tanto, in quel viaggio! Tutti i suoi piani, quei piani che l'avevano sorretta nei difficili giorni precedenti, erano svaniti. Insieme alle sue speranze per il futuro. Inghiottì a fatica, rifiutandosi di cedere allo sconforto. Era venuta fin lì per scoprire, per imparare, per investigare. E aveva appena avuto la sua risposta. Fece un respiro profondo e chiamò a raccolta tutte le sue forze. «Be', suppongo che non mi sia rimasto altro da fare che... Che andarmene.» Ethan diede una pacca sul braccio del fratello. «Potresti almeno dirle che ti dispiace che abbia fatto tutto quel viaggio per niente, no?» «Oh, sì.» Jason sembrò a disagio. «Sentite, signorina Pierce, io... Insomma, sono davvero dispiaciuto che voi siate stata trascinata qui per niente.» «No, non è vero» scattò Amanda, mentre la sua delusione si trasformava in collera. Ne aveva avuto abbastanza della Kruger Brothers' Lumber and Milling Company, così come dei fratelli Kruger in persona. Jason aveva messo in chiaro che di lei non sapeva che farsene, e lei non era dell'umore adatto per sopportare la sua condiscendenza. «Sentite, signorina Pierce...» «Non siete per niente dispiaciuto per il tempo che ho perso, così abbiate la compiacenza di non fingere il contrario» lo interruppe secca. «Voi, signor Kruger, siete scortese, irriguardoso e... maleducato. Non aggiungete la menzogna alla lista dei vostri difetti.» Amanda, naso in aria, attraversò la stanza. Poi si voltò a guardarlo. «E a tavola avete delle pessime maniere!» Uscì sbattendo la porta. Un gesto poco da signora. Jason ed Ethan rimasero in silenzio a guardare la porta chiusa. «Dannazione...» mormorò Jason. Judith Stacy
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Ethan sorrise. «Sì, andare a letto con lei sarebbe...» «Non è quello che stavo pensando io» si affrettò a precisare Jason. «Come no...» Jason si voltò e prese a camminare avanti e indietro nell'ufficio, evitando lo sguardo del fratello. «Cosa farai con lei?» chiese Ethan, cominciando ad accendere le lanterne della stanza. Jason si voltò di scatto. «Fare con lei? Io non farò niente con lei!» «E' troppo tardi per riportarla giù dalla montagna stanotte» replicò Ethan. «Shady non può fare un viaggio del genere al buio. La pista è già abbastanza pericolosa di giorno.» «Ma non può restare qui!» «Che vuoi fare allora, Jas? Intendi darle una candela e una mappa e dirle di cominciare a camminare?» Jason borbottò irritato: «E' per questo che non voglio donne quassù. Portano solo guai». «Forse» rispose Ethan. «Ma ora è qui. Devi fare qualcosa.» «Hai ragione. Credo che dovrà restare.» Riprese a camminare avanti e indietro, inquieto. «Portala a casa della McGee e chiedi alla signora di ospitarla per la notte.» «Da Meg?» «Non c'è altro posto dove ospitare una signora come si deve, qui.» «Sì, lo so, ma...» «Ma cosa?» «Niente» mormorò Ethan, a disagio. «Posso portarcela, credo.» Fuori sul portico, Amanda si guardava intorno, appoggiata a uno dei rozzi pilastri. Guardava quel poco che poteva vedere, almeno. Quando era arrivata, poco tempo prima, aveva avuto solo una vaga impressione dell'accampamento, e da quando s'era fatto buio aveva ancora meno da vedere. In lontananza, qualche finestra brillava per la luce di una lanterna. Riuscì a scorgere la sagoma scura di qualche edificio e alcune figure che vi passavano davanti. Soffiava una brezza fresca. Un cane abbaiava. Se avesse avuto del buonsenso si sarebbe spaventata, si disse. Ma in quel momento era troppo stanca, troppo incollerita, e troppo delusa per provare una qualche altra emozione. Doveva trovare Shady Harper e chiedergli di riaccompagnarla in paese Judith Stacy
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quella notte stessa. Ma dov'era finito quell'uomo? Il carro merci con cui era arrivata non si vedeva da nessuna parte, proprio come Shady. Né aveva idea di dove cercarlo. Il piccolo insieme di edifici che Shady aveva chiamato città era a est, a poca distanza. Forse era lì. Oppure, se non lo avesse trovato, certo ci sarebbe stato un albergo dove poter passare la notte. Tutto ciò che doveva fare era andare là senza inciampare in qualcosa, senza cadere e battere la testa per colpa del buio. Amanda guardò alle sue spalle la porta che, indignata, aveva sbattuto pochi momenti prima e decise di non essere così disperata da dover chiedere l'aiuto di un uomo. Né in quel momento né in un prossimo futuro. Ma la porta s'aprì proprio in quell'istante e la sagoma alta e ampia di quell'uomo si stagliò nel vano, disegnata dalla luce della lanterna alle sue spalle. Amanda sentì la collera montare di nuovo. Il volto dell'uomo era in ombra, così fu solo quando le si avvicinò che s'accorse che non era Jason bensì il fratello. La sua collera si trasformò in qualcosa d'altro, in un'emozione che, per un breve istante, le parve essere delusione. Un'emozione che si affrettò a scacciare. Certo non poteva essere... «Signorina Pierce?» la chiamò Ethan. «Vi accompagnerò in un posto dove potrete passare la notte.» «Non sarà necessario, signor Kruger.» «Chiamatemi pure Ethan. Altrimenti ci si confonde, da queste parti.» Le sorrise e indicò l'ufficio alle sue spalle con un cenno del capo. «E poi non mi piace essere confuso con mio fratello, se capite quello che voglio dire.» «Certo che vi capisco» fece Amanda, scura in volto, ripensando al modo in cui era stata ricevuta in quell'ufficio. «Ma il vostro aiuto non è necessario. Mi farò riaccompagnare da Shady a Beaumont.» «Non stanotte, non è possibile.» Ethan scosse la testa. «Shady non può fare quel tragitto al buio.» «E allora prenderò una stanza per la notte in un albergo.» «Non ce ne sono.» «Neppure uno?» chiese Amanda, sconcertata. «Ma certo...» «Fate come vi si dice.» Jason uscì dall'ufficio e i suoi passi risuonarono pesanti sull'assito del portico. Amanda sentì che quell'uomo era rimasto lì ad ascoltare, a guardare. La collera tornò a montare in lei. «Voi potrete anche comandare su Judith Stacy
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questo vostro accampamento di taglialegna, signor Kruger, ma non avete alcuna autorità su di me. Ora andrò a cercare Shady Harper e organizzerò il mio ritorno a Beaumont per stanotte.» «No, voi non lo farete.» La sua grossa mano le si chiuse sul braccio. Lunghe dita esercitarono soltanto la pressione necessaria per trattenerla. Amanda sentì una potenza incredibile, in quella stretta, una potenza tenuta a malapena sotto controllo. Sentì il calore risalirle lungo il braccio e diffondersi in lei fino ad andare ad annidarsi nelle sue viscere. La sua collera si fece insostenibile. Ed era collera. Che altro sarebbe potuto essere? Amanda alzò il mento. «Io non sono di vostra competenza, signor Kruger.» Quel Jason Kruger le si avvicinò. Da lui sembrava emanare una potente energia fisica, un'energia che l'avvolse tutta. «È qui che vi sbagliate, signorina Pierce.» La sua voce era bassa e roca, carica d'autorevolezza e determinazione. «Tutto, qui su questa montagna, è di mia competenza. Tutto e tutti.» «Me compresa?» Lo vide stringere le labbra e avvicinarsi ancora di più. «Specialmente voi.»
3 «Lasciate che vi aiuti, signorina Pierce.» Il terreno era accidentato e la mano di Ethan le si chiuse sul braccio, sorreggendola. La stretta era forte come quella di suo fratello, ma non altrettanto minacciosa. Amanda se ne accorse a malapena. S'era accorta, invece, del momento in cui Jason s'era affrettato a ritornare nel suo ufficio, lasciando al fratello il compito di trovarle un posto dove passare la notte. Amanda non aveva niente in contrario. La sola presenza di Jason bastava a innervosirla. «La signora McGee vi piacerà» dichiarò Ethan, alzando la lanterna per illuminare il loro percorso. La strada era irregolare, e pericolosa al buio. Amanda sollevò l'orlo della sottana e s'incamminò. «Siete certo che non le dispiacerà, se passerò la notte da lei? Non è gentile presentarsi a casa di una persona senza invito, e per chiedere un simile favore, poi... Posso pagarla, naturalmente.» Judith Stacy
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«Certo alla signora McGee il denaro potrebbe essere utile, ma dubito che l'accetterà» rispose Ethan. «Con tutta probabilità le farà piacere la compagnia. Meg lavora duramente. Troppo duramente. A volte temo che...» Amanda s'azzardò a staccare gli occhi dal terreno. Al buio, l'espressione di Ethan era illeggibile. «Immagino che non ci siano molte donne, quassù» osservò. «Una mezza dozzina, o giù di lì» le rispose. «Vostro fratello sembra intenzionato ad allontanarle tutte quante» proseguì Amanda. Ethan ridacchiò. «Questa è la casa della signora McGee.» Rimasero a fissare per un momento la piccola casa di legno. Nel vano della finestra brillava la luce di una lanterna. «Non bussiamo?» domandò Amanda, quando Ethan non sembrò volersi avvicinare al portico. «Be', certo, io...» Ethan si riscosse e posò la sua lanterna sui gradini. Salì sul portico, si tolse il cappello, si ravviò i capelli, si spazzolò le maniche e si diede una sistemata alla giacca. Poi, con un respiro profondo, parve studiare la porta. Infine si decise a bussare. La porta s'aprì e apparve la signora McGee. Amanda s'era aspettata di vedere una donna simile a quelle che aveva incontrato nell'ufficio di Jason Kruger, donne imponenti e capaci di sopportare la vita difficile che certo si doveva vivere in un accampamento di taglialegna. Invece la signora McGee era delicata e attraente, all'incirca della sua stessa età. I suoi capelli biondi erano raccolti in una semplice acconciatura e l'abito, nonostante fosse modesto, rendeva giustizia alle sue forme. «Buonasera, signor Kruger.» «Signora McGee...» Ethan prese a tormentarsi il cappello. «Io, be'...» esordì. «Mi dispiace di disturbarvi a quest'ora, ma vorrei chiedervi un favore, se posso.» «Che genere di favore?» «Be'...» Per un momento, Ethan Kruger sembrò confuso. Si fissò i piedi, poi tornò ad alzare lo sguardo. «Be'...» In quel modo, ci avrebbero impiegato tutta la notte, si disse Amanda salendo sul portico. «Signora McGee, sono Amanda Pierce. Mi dispiace molto venirvi a disturbare a quest'ora, ma mi trovo bloccata qui sulla Judith Stacy
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montagna. Ethan pensava che potrei chiedervi di ospitarmi per una notte.» La signora McGee regalò a Ethan un caldo sorriso. «Oh, come siete premuroso...» Lui arrossì violentemente e per un momento sembrò smettere del tutto di respirare. «Spero di non chiedervi troppo, signora McGee» aggiunse Amanda. «Oh, certo che no. E vi prego, chiamatemi Meg.» Ethan le indicò Amanda con un cenno del capo. «La signorina Pierce si doveva sposare quassù, ma...» Meg sgranò gli occhi. «Sposarsi?» «Con Jason.» «Ma è stupendo!» esclamò la donna, sorridendole. «È tutto un equivoco» ribatté Amanda. «Io non sposo nessuno.» «Ma...» Le spalle di Meg sembrarono cascare. «Vado a chiamare Shady e vi faccio portare le vostre cose.» «Mille grazie, signor Kruger» rispose Amanda, entrando in casa. «Siete stato davvero molto gentile.» Ethan rimase ancora per un momento sul portico, senza smettere di tormentare il suo cappello. «Be'... Buonanotte, signora McGee» aggiunse. «Buonanotte, Ethan.» Meg attese ancora un istante, poi chiuse piano la porta. Amanda fu confortata dal vedere che la casa della signora McGee era accogliente e invitante. Una grossa stufa, un tavolo, qualche sedia, un divano e una poltrona a dondolo erano stipati nella piccola stanza, decorata con tendine di pizzo e una bella lampada. La stanza era anche immacolata, e Amanda si sentì a suo agio per la prima volta da quando era arrivata su quella montagna. «Sarete certo affamata» osservò Meg. «Lasciate che vi prepari qualcosa.» «Oh, non voglio darvi troppo incomodo» rispose Amanda. «Ma in effetti ho un certo appetito.» Meg sorrise. «Non è niente di speciale, solo un po' di pollo che è rimasto dalla cena che ho preparato per Todd e me.» «Todd è vostro marito?» chiese Amanda. Meg si fermò e impallidì. «No. Todd è mio figlio. Mio marito è... Non c'è più.» Amanda si sentì sprofondare. Jason Kruger le aveva detto del lavoro pericoloso lì all'accampamento dei taglialegna. Avrebbe dovuto muoversi con più cautela, parlando del marito di Meg. «Mi dispiace di essere stata così sconsiderata» si scusò. «Vi prego di Judith Stacy
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perdonarmi e di accettare le mie condoglianze per la vostra perdita.» Meg scosse la testa. «Mio marito non è morto. È... Se n'è andato.» C'era certo di più, nella storia che Meg le lasciava capire, ma non erano fatti suoi e così non chiese altro. Amanda non amava mettere il naso nel passato degli altri perché sapeva, anche troppo bene, quanto il passato potesse essere doloroso. Si tolse i guanti e sfilò lo spillone che fermava il suo cappellino. Meg si diede da fare in cucina. Qualcuno bussò alla porta, e quando Meg andò ad aprire, Shady Harper entrò con le borse di Amanda. «Allora, quando vi sposate, voi e il vecchio Jason?» le domandò. «Non ci sarà nessun matrimonio» gli rispose. «A quanto pare non è stato il signor Kruger a scrivere quella lettera.» Shady la fissò, stringendo gli occhi. «E non vi sposa? Non farà la cosa giusta con voi?» «Vedete, Shady, io non ho mai avuto intenzione di sposare il signor Kruger.» «E come mai?» ribatté, perplesso. Amanda aveva cercato di spiegarlo a Jason Kruger nell'ufficio, ma quell'uomo non aveva voluto starla a sentire. Forse lì all'accampamento sarebbe riuscita a farlo. «Io sono la proprietaria dell'agenzia matrimoniale Spose a Distanza, non un'aspirante sposa» cominciò a dire. «Il mio servizio è molto selettivo. Non accetto qualsiasi donna come candidata moglie, né accolgo ciecamente una richiesta qualunque.» «Così siete venuta qui per dare un'occhiata a Jason, dopo aver ricevuto quella lettera in cui lui vi chiedeva una moglie?» chiese Shady. «Sì» gli rispose. «Sono venuta ad accertarmi che il signor Kruger fosse un marito accettabile per la mia agenzia.» «E avete fatto tutta questa strada solo per scoprirlo?» «No, non solo per questo.» Amanda fece una pausa, restia a spiegare per intero la vera ragione per cui era arrivata fin lì. Si era già sentita stupida a sufficienza per essere arrivata fin lì per niente. Ma che male avrebbe fatto parlarne, ormai? La mattina seguente sarebbe ripartita e non avrebbe mai più rivisto quella gente. «A dire la verità, speravo di incontrare qui all'accampamento altri uomini che desiderassero trovare moglie» aggiunse. «Questa mi sembra un'ottima idea» approvò Meg, annuendo. Judith Stacy
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«Accidenti, è proprio così» convenne Shady, tutto allegro. «Non sapevo che il signor Kruger avesse una regola che vieta la presenza delle donne all'accampamento. Sembra che abbia portato fin qui il mio catalogo d'aspiranti spose per niente.» «Un catalogo?» proruppe Shady sgranando gli occhi. «Come uno di quei cataloghi di vendita per corrispondenza? Con le figure? Figure di donne che vogliono sposarsi?» Amanda annuì. «Decine d'immagini. Propongo spose di varie corporature e colore di capelli. Sono tutte istruite e posseggono buone capacità domestiche. Molte conoscono la musica, l'arte, ogni sorta di materie.» Shady indicò la sua borsa con un cenno del capo. «E avete tutte queste donne, lì nel vostro libro?» «E queste donne sono tutte disposte a venire a vivere quassù sulla montagna?» chiese Meg. «Non solo sono disposte ma anche non vedono l'ora di partire» fu felice di rispondere Amanda. «Ero molto delusa, ovviamente, quando il signor Kruger ha detto che qui nessuno era interessato a prendere moglie.» «Jason ha detto così?» domandò Meg. «Sì» annuì Amanda. «Diverse volte. E in un modo poco cortese, devo aggiungere.» «Bah.» Shady sbuffò e si tirò su i calzoni. «Non c'è rimasto nulla che possa fare qui, ormai» sospirò Amanda. «Vi chiederei la cortesia di riportarmi a Beaumont domattina, Shady.» «Partite?» le chiese Meg, aggrottando la fronte. «Così presto?» «Non ho ragione di rimanere.» «Forse, se lasciaste a Jason il tempo di riflettere, potrebbe cambiare idea» azzardò Meg. Amanda scosse la testa. «È stato molto chiaro nel dire che qui non vuole donne, anche senza sapere dei servizi che offre la mia agenzia matrimoniale. Potete immaginare come reagirebbe, se sapesse che volevo portare tutte queste mogli nel suo accampamento?» Jason era sul portico fuori del suo ufficio a godersi il silenzio, la pace e la solitudine della notte. Durante il giorno la montagna risuonava del rumore della segheria, dei cavalli e dei buoi che tiravano i loro pesanti carichi, delle asce che colpivano il legno e delle grida dei suoi uomini che Judith Stacy
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abbattevano gli alberi. La notte era silenziosa. Finalmente tornava la pace. Poteva riposarsi e rilassarsi. Quello era un momento di cui faceva tesoro. Ma quella sera i suoi pensieri vibravano come una sega a nastro e il suo corpo era teso al punto tale da parergli sul punto di esplodere. E tutto per colpa di una donna. Di quella Amanda Pierce. Che era entrata nel suo ufficio in un ondeggiare di gonne, tutta smorfie civettuole e battere di ciglia. Be', che fosse dannato, ma non aveva intenzione di lasciare che proprio lì, sulla sua montagna, il modo in cui mandava avanti le cose cambiasse. Lui aveva degli affari da seguire. Un'impresa che aveva faticato ad avviare e che gli avrebbe richiesto fatiche ancora maggiori perché progredisse. All'orizzonte c'erano grandi cose. Non aveva per nulla bisogno di distrazioni. E Amanda Pierce era senza dubbio una distrazione. Jason s'appoggiò alla colonna che sosteneva il portico e guardò verso la strada che portava in città. Poteva sentire ancora il profumo di quella donna aleggiare nell'aria. Dolce, delicato. Femminile. Lasciò che il suo sguardo vagasse verso la casa di Meg McGee. Shady Harper vi era entrato, qualche minuto prima, con i suoi bagagli. Quel profumo ormai doveva aver pervaso l'intera casa. D'un tratto vide la porta principale aprirsi e Shady uscire. Una donna apparve sulla soglia e si stagliò contro la luce proiettata dalla lanterna. Jason si raddrizzò e cercò di vedere meglio. Era lei? Era Amanda? «Dannazione!» Jason si voltò e borbottò un'imprecazione nell'oscurità. Le donne erano una distrazione, certo, e quel suo improvviso interesse non era che una ulteriore prova. Se n'era stato lì, al buio, a sbirciare, a sperare di vederne una. Anche se era passato molto tempo da quando aveva sbirciato una donna. O da quando aveva fatto qualcosa di più piacevole con una di loro. Tornò a voltarsi e rimase a guardare Shady, impegnato a parlare con la donna sulla soglia. Era Amanda. Ormai n'era sicuro. Forse Ethan aveva ragione. Forse era rimasto su quella montagna troppo a lungo. Amanda era una donna attraente. Aveva le curve giuste al posto giusto. Vestita come si deve, pronta per essere spogliata. Un bel pacchettino a cui togliere l'involucro. Judith Stacy
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Gli sarebbe piaciuto aprirlo davvero, quel pacchetto, senza fretta. Lentamente, finché non... Jason imprecò di nuovo e s'allontanò dal portico, in collera con se stesso per i suoi pensieri e per la reazione del suo corpo. Cosa diavolo stava pensando? Non aveva bisogno di una donna nella sua vita. Non ne voleva una. Specialmente quella, tutta aceto e impudenza, pronta alla critica e al rimprovero. E nel suo ufficio, per giunta! La signorina Amanda Pierce sarebbe partita il mattino seguente. Si sarebbe finalmente tolta dai piedi. Jason lasciò l'ufficio, diretto a casa. Si sarebbe fatto una buona nottata di sonno e questo gli avrebbe riportato la mente al lavoro. Stava aspettando un pacchetto, e se il giorno successivo Shady lo avesse avuto con sé al ritorno dal suo viaggio a Beaumont, bene, lui sarebbe stato pronto a farne uso. Aveva bisogno di rimanere concentrato sugli affari. Ma un profumo gli solleticò il naso, bloccandolo lungo la strada. Si voltò, lo sguardo attirato di nuovo da casa McGee, proprio nel momento in cui Amanda rientrò. Jason rimase lì un attimo in più, a fissare la porta chiusa. A godersi quel profumo femminile e dolce. «Per tutte le fiamme dell'inferno...» borbottò, riprendendo la sua strada. Amanda aprì gli occhi. Il grigio dell'alba filtrava nella piccola stanza in cui aveva dormito. La notte prima s'era addormentata nel momento stesso in cui aveva posato la testa sul cuscino, per essere svegliata quel mattino dal delizioso profumo di qualcosa che stava cuocendo. Poi ricordò di non essere nel letto di casa sua, a San Francisco. Così rimase ancora qualche minuto a pensare fra quelle lenzuola fragranti. Era in un letto sconosciuto, in una casa sconosciuta, in un luogo sconosciuto. La vita ben ordinata che s'era lasciata alle spalle più di una settimana prima, a San Francisco, le sembrò più cara che mai. Suo padre era stato un mercante di successo, e alla sua morte aveva lasciato lei e sua madre in una situazione economica florida. Ma sua madre non era tagliata per gli affari e non c'era voluto molto prima che la maggior parte del denaro svanisse. Anche sua madre era mancata, e lei aveva usato il denaro rimasto per avviare l'agenzia matrimoniale Spose a Distanza. Quell'attività aveva colmato molti dei vuoti della sua vita. Amanda scostò la coperta e s'alzò. L'aria della stanza era fredda, così s'affrettò a vestirsi. Judith Stacy
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Meg era indaffarata a preparare qualcosa sulla stufa e Todd, suo figlio, era già seduto a tavola. Amanda aveva visto il ragazzino la sera prima, quando Meg lo aveva fatto alzare dal suo letto per cederlo a lei. Todd aveva otto anni ed era biondo come sua madre. I lineamenti del piccolo, però, venivano evidentemente dal padre. Da quel padre che se n'era andato. «Buongiorno» disse Meg, e le sorrise. «Arrivate proprio nel momento giusto.» «Posso aiutarvi?» le chiese Amanda. «No, grazie. Ho già fatto tutto.» Meg versò le uova strapazzate dalla padella in una terrina, che posò sulla tavola insieme a delle focaccine calde. «Sedetevi.» Todd cominciò a mangiare prima che lei e sua madre si fossero sedute e finì prima di loro. «Posso uscire, mamma?» domandò. «Sì, ma non allontanarti» gli rispose Meg. «E non avvicinarti alla segheria.» Todd alzò gli occhi al cielo come se sentisse quelle raccomandazioni per la centesima volta e si precipitò fuori della porta. Amanda lo guardò uscire e notò l'amore che addolciva lo sguardo della madre. «È un bambino molto dolce» osservò. Il sorriso di Meg svanì. «È dura, per lui, da quando suo padre è via.» «Via per affari?» provò a chiedere Amanda. «No.» Meg cominciò a sorseggiare il suo caffè. «Scusate» mormorò Amanda. «Non volevo essere indiscreta.» Meg sospirò. «Lo sa tutta la montagna, così immagino che non ci sia ragione perché non lo possa dire anche a voi. Mi sono svegliata un mattino e ho trovato un biglietto in cui Gerald mi diceva che non poteva più vivere qui. Se n'andava. Aggiungeva che era dispiaciuto di non poter prendere anche Todd e me con lui, ma doveva trovare la sua strada.» «E così se n'è andato? Su due piedi?» «Gerald non è mai stato un tipo tranquillo» le spiegò Meg. «Ci siamo sempre trasferiti da un posto a un altro, passando da un lavoro a un altro.» «E' per questo che siete finiti qui?» «Gerald ha avviato una piccola impresa qui in città. Ha fallito. Ci ha riprovato di nuovo, senza molta fortuna. E poi, alla fine, si è limitato ad andarsene.» «Deve essere stato molto duro.» «Sì, all'inizio lo è stato.» Meg riuscì a sorridere. «Ma qui Todd e io abbiamo un tetto sulla testa, qui riesco a trovare abbastanza lavoro per sostenerci entrambi. Ce la caviamo.» «Perché non ve n'andate?» Judith Stacy
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«Non ho nessuno al mondo, a parte Todd» le rispose Meg. «Dove potrei andare?» «Vi piace vivere qui?» chiese Amanda, cercando di non far suonare quelle parole come una critica. Lei non conosceva la montagna, ma questo non significava che a qualcun altro non andasse di vivere in un luogo come quello. «Sì, mi piace» asserì Meg, «ma ci si sente sole, senza altre donne in giro.» «Grazie al signor Kruger» borbottò Amanda. «Jason ha permesso che la moglie di Duncan lo raggiungesse perché il poveretto si è ferito, qualche mese fa. Lei lo ha curato finché non si è ristabilito. Non c'è un dottore, qui all'accampamento. Le altre donne che vivono qui lavorano in città.» «Il signor Kruger è il proprietario anche della città?» «Possiede il terreno su cui è stata costruita, ma non le attività» le rispose Meg. «Ha una grande influenza su tutto quello che succede qui. E perché non dovrebbe essere così? Tutta la montagna è sua.» Amanda sgranò gli occhi. «La montagna è sua?» «Sì, tutta sua.» Turbata senza saperne il perché, Amanda tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia. C'era qualcosa di molto potente, nell'idea di un uomo che possedeva un'intera montagna. «Le regole che ha imposto» proseguì Meg, «come quella di non bere e di non fumare nell'accampamento, sono per il bene e la sicurezza della gente che vive e lavora qui. Si preoccupa molto per i suoi uomini. Jason è proprio un buon capo.» «Mi perdonerete, se su questo punto non sono d'accordo con voi.» Meg sorrise. «Ho sentito raccontare di come vanno le cose con le altre imprese di questo genere dagli uomini che vi lavorano. Molte pagano solo sulla carta, e l'unico posto in cui si può fare la spesa è l'emporio della compagnia, dove i prezzi sono enormemente alti. A volte, quando il mercato del legname non è buono, i proprietari si rifiutano di pagare e così gli uomini si ritrovano senza soldi e senza un modo per procurarseli. Tutto quello che possono fare è continuare a lavorare per quella compagnia.» «Ma è terribile!» esclamò Amanda, sconcertata. Meg annuì. «Jason però paga i suoi lavoranti in denaro contante. E Judith Stacy
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poiché le botteghe in città non sono di sua proprietà, i suoi uomini possono fare acquisti dove preferiscono.» Amanda scostò il suo piatto. «Eppure, controllarli in questo modo...» «Jason non è un santo» continuò Meg. «Ma è giusto. Ecco perché penso che dovreste tornare da lui, oggi stesso, e spiegargli il vostro piano per portare delle mogli qui su da noi.» Amanda ripensò all'espressione del volto di Jason Kruger e scosse la testa. «Mi è sembrato piuttosto convinto della sua decisione.» «Ma la vostra è un'ottima idea! Avete fatto tanta strada, Amanda, non potete partire senza provarci un'altra volta» ribatté Meg. «Tutte le donne di qui ve ne sarebbero grate.» Amanda cominciò a riflettere. Aveva fatto troppa strada, si meritava di fare almeno un altro tentativo. Forse quel Jason Kruger avrebbe considerato la faccenda da un altro punto di vista, alla luce del giorno. Una volta sentito il suo piano avrebbe potuto approvare l'idea di avere delle altre mogli lì sulla montagna, giacché non avrebbe dovuto sposarsi lui. Era stata così decisa, così impaziente quando aveva lasciato San Francisco. Né il viaggio estenuante né i due giorni che aveva passato a Beaumont le avevano fatto cambiare idea. Anche il tragitto così faticoso sul fianco della montagna non era servito a farle perdere l'entusiasmo per il suo piano. Nulla era servito, tranne l'incontro con Jason Kruger. Qualcosa in quell'uomo la turbava. Ma cosa? Amanda non voleva pensarci troppo. «Va bene» annuì. «Ci proverò un'altra volta.» S'alzò da tavola piena di determinazione. Avrebbe parlato con Jason Kruger che, tutt'al più, le avrebbe risposto di no.
4 L'alba grigia illuminava fioca gli alberi circostanti, quando Amanda lasciò la casa di Meg McGee portando con sé la sua borsa e le sue speranze per il futuro, in cerca di Jason Kruger. Non le sembrava molto giusto che i suoi sogni dipendessero proprio da quell'uomo in particolare. Amanda mandava avanti l'agenzia matrimoniale Spose a Distanza da poco più di un anno e aveva fatto piani non solo per la sua attività ma anche per se stessa. Così come per le sue aspiranti spose. Erano andate da lei con speranze e sogni tutti loro. Una famiglia, dei bambini, una casa. Tutte cose che lei Judith Stacy
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poteva fornire, con i contatti giusti. Amanda s'incamminò lungo la strada accidentata. No, dipendere dai capricci di un uomo come Jason Kruger per il successo e la felicità delle sue aspiranti spose non era per niente desiderabile. Ma per il momento non aveva altra scelta. Ciò che non aveva visto la sera precedente, quando era arrivata col buio, la colse di sorpresa lungo la strada. L'accampamento e la cittadina che vi era cresciuta accanto erano stati letteralmente scavati nella montagna. Una parete di alberi altissimi circondava una grande radura. All'interno si trovava la cittadina che Amanda si stava lasciando alle spalle, diretta verso est, e davanti a lei si trovava l'accampamento. Più lontano, alla sua destra, c'era il bacino in cui finivano i tronchi e la segheria. La strada che tanto le aveva scosso le ossa durante l'ultimo tratto del viaggio che l'aveva portata lì la sera precedente divideva l'accampamento dalla cittadina e poi proseguiva, curva dopo curva, su per la montagna. Lo stanzone dove dormivano gli uomini, il magazzino e la cucina erano davanti a lei, nel cuore di quell'insediamento. Fra essi si trovava qualche costruzione di minore importanza, come magazzini e recinti, dove cavalli e buoi attendevano di cominciare la loro giornata di lavoro. Dall'altra parte della strada c'era l'ufficio. Alle sue spalle vide una casa, probabilmente quella dei fratelli Kruger. Amanda si chiese come dovesse essere all'interno. Di certo là dentro non c'erano centrini di pizzo. Il legno lì regnava sovrano. Amanda non ne aveva mai visto tanto in vita sua. Case di legno, tetti di legno, mobili di legno. Ceppi d'albero, schegge, tavole rotte, segatura. L'aria profumava di legno, di segatura e di resina. L'accampamento aveva un'aria provvisoria, come se fosse stato costruito di fretta, prima di partire con altri lavori più importanti. A quell'ora non c'era ancora in giro nessuno. Meg le aveva detto che avrebbe trovato gli uomini in mensa, a fare colazione prima di salire sulla montagna per il lavoro della giornata. Ci sarebbe stato anche Jason. Un mormorio di voci attirò Amanda verso il grande edificio descritto da Meg. Profumi deliziosi aleggiavano nell'aria. Amanda si fermò fuori della porta, si rassettò l'abito e si sistemò il cappellino. Mentre le altre donne che aveva incontrato all'accampamento vestivano più semplicemente, lei era lì per trattare affari. Era importante che si capisse dal suo aspetto. Entrò, per fermarsi subito. Non era poi così impaziente di incontrare Jason Kruger. Judith Stacy
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O forse sì? Da quando s'era svegliata non pensava che a quell'uomo, ancora da prima che Meg le suggerisse di parlare con lui. Ricordò la sera precedente e il modo irritante con cui Jason Kruger l'aveva trattata. Com'era stato prepotente. E arrogante! E lei, cosa non gli aveva risposto! Amanda non aveva una grande esperienza nel mondo degli affari, ma probabilmente non era un bene dare del maleducato a un futuro cliente e aspettarsi che continuasse a voler fare affari con lei. Anche se Jason Kruger si meritava ciò che gli aveva detto. Non c'era altro che potesse fare, se non andare avanti. Parlare con Jason Kruger, esporgli il suo piano e sperare per il meglio. Certo, quell'uomo non sarebbe stato tanto felice di rivederla, ma Amanda si consolò pensando che il peggio che poteva capitarle era che le dicesse di no. Certo non se la sarebbe gettata su una spalla per portarla sul carro e spedirla giù dalla montagna verso Beaumont. Amanda passò la borsa da una mano all'altra. Il suo futuro era dentro quella mensa, nelle mani di Jason Kruger. Fece un respiro profondo ed entrò. Nella sala erano allineate lunghe tavole. Gli uomini affollavano le panche, mangiando da piatti di metallo e bevendo caffè fumante. Il cuoco, un tipo grassottello che indossava un grembiule macchiato, sovrintendeva da un angolo. Tutti tenevano la testa bassa, intenti a fare colazione, mentre dei ragazzi, gli aiutanti del cuoco, correvano fra i tavoli a riempire tazze e a portare altri piatti colmi di cibo. Amanda s'alzò in punta di piedi e cercò in quel mare di teste. Dovevano esserci almeno cinquanta persone, là dentro, e non era sicura di riuscire a trovare Jason Kruger fra loro. Un uomo la vide, poi quello accanto s'accorse di lei e pochi momenti dopo l'intero tavolo la stava fissando con le forchette ferme a mezz'aria e la bocca aperta. Il tavolo alle loro spalle notò la sua presenza, poi quello successivo e quello dopo ancora. Nella mensa s'allargò il silenzio come le onde sulla superficie di uno stagno in cui era caduta una pietra. Le forchette smisero di tintinnare contro i piatti di metallo. Il caffè rimase intatto nelle tazze. Gli aiutanti del cuoco s'immobilizzarono fra i tavoli. La stanza si congelò in un rispettoso silenzio. Judith Stacy
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Cinquanta facce si voltarono verso Amanda. Cinquanta paia d'occhi si sgranarono. Cinquanta bocche s'aprirono. Amanda non fu più tanto felice d'aver indossato uno dei suoi abiti migliori. Dall'altra parte della stanza, nell'angolo più lontano, un uomo s'alzò da tavola. Un uomo alto. Dal petto ampio. Con le spalle dritte. Scortese, irriguardoso e maleducato. Bello. Jason Kruger. Amanda sentì il cuore che le gridava di correre. Verso di lui o lontano? Non avrebbe saputo dirlo. Jason le s'avvicinò, ancora più scuro in volto della sera precedente. Per un istante Amanda pensò di essersi sbagliata. Forse avrebbe potuto fare qualcosa di peggio che dirle semplicemente di no... Essere buttata su un carro e spedita giù dalla montagna, in quel momento non sembrò una possibilità così remota. Jason si fermò e torreggiò su di lei. Il suo sguardo sembrò di fuoco. Questo la mandò in collera, impedendole di arretrare, di fuggire. Fissò il suo volto duro e scuro per l'indignazione. «Buongiorno, signor Kruger.» «Cosa diavolo...» Jason si fermò a metà della frase e si voltò, fissando per un momento i suoi uomini seduti a tavola, immobili come cinquanta statue. «Cosa ci fate qui?» proseguì, a voce più bassa. «Ho una proposta d'affari da discutere con voi, signor Kruger.» Le indicò la porta con un cenno del capo. «Uscite di qui.» Amanda s'irrigidì. «Signor Kruger» cominciò, sollevando il mento, «non potete dirmi cosa fare, non sono una domestica.» Jason strinse le labbra, tenendo palesemente a freno la sua collera. «Signorina Pierce, volete essere così gentile da uscire? Prima d'essere assalita da cinquanta uomini?» Amanda guardò i taglialegna alle spalle di Jason, sempre intenti a fissarla. «A me sembrano innocui.» «Alcuni di loro non mettono gli occhi su una donna come voi da mesi.» «Una donna come me?» chiese Amanda. «E che genere di donna sarei?» Jason esitò. Cominciò a squadrarla dalla testa ai piedi e la sua Judith Stacy
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espressione incollerita svanì. Fece una smorfia, come per evitare di dire qualcosa di spiacevole. «Volete solo uscire?» ripeté con uno sguardo di ghiaccio. «Per favore?» Il sole del mattino cominciava a illuminare le cime degli alberi, quando Amanda uscì dalla mensa. Prima che potesse fermarsi, Jason la prese per il braccio e le fece attraversare la strada. All'interno dell'edificio gli uomini ripresero a chiacchierare. Jason la fissò e s'abbassò la tesa del cappello sugli occhi. «State a sentire, signorina Pierce, io non ho molto tempo. Ho degli affari da mandare avanti. Mi dispiace che siate venuta qui per niente, ma io non vi sposerò e questo è tutto. «A dire la verità, signor Kruger, io non ho alcuna intenzione di sposarvi» ribatté Amanda. Quelle parole sembrarono averlo offeso. «E come mai?» «Come avete detto ieri sera, la lettera che ho ricevuto non era stata spedita da voi» cominciò Amanda. «Ma questo non significa che noi non si possa giungere a un accordo che soddisfi entrambi.» «Voi non volete sposarmi, ma pensate che si possa trovare una sorta d'accordo?» Jason, scuro in volto, la fissò e si passò una mano sulla bocca. «Cosa avete esattamente in testa, signorina Pierce?» aggiunse con una smorfia. «Penso che le mie prestazioni siano proprio ciò di cui avete bisogno, signor Kruger.» Jason si spostò da un piede all'altro. «Le vostre prestazioni!» «Sì» annuì Amanda. «Il vostro accampamento di taglialegna è molto lontano da Beaumont, e anche lì non avete molte donne fra cui scegliere. Il tipo giusto di donna, se capite cosa voglio dire.» «Credo di capire» rispose Jason, passandosi una mano sul mento. «A volte ci si può sentire molto soli, qui in montagna» continuò Amanda. «Il lavoro è duro. Un po' di conforto, la sera, potrebbe fare molto per rendere la vita quassù più piacevole. Non siete d'accordo, signor Kruger?» Jason annuì. «Oh, sì. Su questo sono d'accordo, senza dubbio.» Amanda aveva provato il suo discorsetto quel mattino, durante tutta la camminata dalla casa di Meg, sperando che Jason Kruger accettasse la sua idea di portare delle mogli all'accampamento. E, in effetti, le sembrò improvvisamente più convinto della bontà della sua idea, così convinto da cominciare a sudare. Judith Stacy
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«Ma dobbiamo parlarne. Forse dovremmo andare nel vostro ufficio e cominciare, non credete?» gli chiese. «Ora?» Jason sgranò gli occhi. «Proprio ora? Voi e io? Nel mio ufficio? Ora?» «Sì, se non siete troppo occupato.» «Troppo occupato?» Dall'altra parte della strada cominciarono ad arrivare delle voci, mentre i taglialegna uscivano dalla mensa. Gli uomini s'incamminarono. Qualcuno salutò Amanda togliendosi il cappello, qualcuno si limitò a fissarla. Lei sollevò la sua borsa. «Forse dovrei avvicinare i vostri uomini ora che sono tutti insieme. Ho delle fotografie, qui con me.» «Delle fotografie?» Jason arretrò di un passo, sconcertato. «Certo» gli confermò. «Ma forse vorrete prima andare nel vostro ufficio. O magari andare a chiamare vostro fratello.» Jason sgranò gli occhi. «Mio fratello?» «Sì» gli rispose, guardandolo dritto negli occhi. «Non volete che partecipi anche lui?» Jason era sbalordito. «Signorina Pierce, cosa diavolo avete in mente?» «Mogli.» «Mogli?» «Sì, mogli.» Santo cielo, a quell'uomo mancava qualche rotella? In quale altro modo più semplice poteva spiegarglielo? «Io sono la proprietaria dell'agenzia matrimoniale Spose a Distanza, signor Kruger. È per questo che sono venuta qui, capite?» Jason si tolse il cappello e s'asciugò la fronte con la manica della camicia. «È questo il motivo per cui siete venuta? Volete portare delle mogli quassù?» «Certo. Di cosa pensate che stessi parlando?» «Be'...» Jason si passò un dito nel collo della camicia. «Oh, non importa. Non importa affatto.» Si rimise il cappello. «Così, state dicendo che non siete venuta fin qui pensando che vi avrei sposato?» «No, non me personalmente» gli confermò Amanda. «In effetti, in circostanze normali avrei scartato immediatamente la vostra richiesta all'agenzia Spose a Distanza.» «State dicendo che non sono all'altezza delle vostre spose?» le chiese aggrottando la fronte. «Be', signor Kruger, noi abbiamo degli standard, di certo mi potete Judith Stacy
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capire» gli rispose. «Ma quando ho letto com'eravate miserevolmente solo, mi siete sembrato così patetico che mi sono sentita in dovere di venire quassù a investigare.» «Non sono stato io a scrivere quella lettera» le ricordò, puntandole contro un dito. «Ieri sera avete messo in chiaro il fatto che non eravate interessato personalmente a una moglie, e posso capire la regola che avete stabilito, quella di non avere delle donne all'accampamento» proseguì Amanda. «Ma stamattina non potevo ripartire senza discuterne ancora una volta con voi.» Jason, impaziente, sospirò. «State a sentire, signorina Pierce, io ho degli affari da mandare avanti e non ho tempo per...» «Anch'io ho degli affari da mandare avanti, signor Kruger» lo interruppe. «E il mio compito è quello di assicurare la felicità delle mie aspiranti spose. Non capisco perché non vogliate riflettere almeno un po' sulla mia proposta. Non è che non potreste ricavarne un beneficio anche voi...» «E in che modo potrei ricavarne un beneficio?» Jason incrociò le braccia, come a sfidarla. «In diversi modi. Tanto per cominciare...» Amanda si fermò, notando che i taglialegna s'erano assembrati fuori della porta della mensa e la stavano fissando in silenzio. Anche Jason Kruger li notò. «Andiamo a parlare in un posto più tranquillo» la invitò, guidandola verso l'ufficio. Una volta entrata, Amanda lasciò la sua borsa a terra accanto alla porta. La stanza le sembrò più piccola della sera precedente. E Jason Kruger le sembrò più alto, più imponente, più rude. All'improvviso fu cosciente dell'abito che indossava, del modo in cui le stringeva il seno, il tessuto aderente alla pelle. «Volete sedervi?» le chiese Jason. La collera violenta che aveva visto in lui fino a qualche momento prima era svanita. Jason si tolse il cappello e le indicò la sedia su cui s'era accomodata la sera precedente. Amanda s'accomodò. Jason si sistemò dietro la sua scrivania e si piegò in avanti. «Se non sbaglio, signorina Pierce, stavate per spiegarmi tutti i motivi per cui avrei bisogno di mogli sulla mia montagna.» Quello sguardo sembrò inchiodarla alla sedia, rendendole difficile Judith Stacy
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persino respirare. Amanda si diede della sciocca e si scosse. Quella era la sua grande occasione. Il suo futuro, così come quello delle sue aspiranti spose, dipendeva dal risultato di quel colloquio. Così si mise a sedere ritta. «Prima di tutto, signor Kruger, c'è la stabilità del vostro gruppo di dipendenti» cominciò. «Gli uomini sposati sono più stabili, e così avrete meno ricambio fra la vostra gente. E' più difficile che un uomo prenda e se ne vada, se ha una casa, se ha una moglie da portare con sé. Così è più facile che se ne stia tranquillo, non credete?» Tranne che nel caso di Gerald McGee, dell'uomo che aveva abbandonato Meg e il piccolo Todd lasciandosi alle spalle solo una lettera d'addio. Amanda non voleva che Jason potesse usare quell'esempio contro di lei, così decise di proseguire. «Poi c'è la questione della sicurezza» aggiunse. «Sono certa che vi preoccupi il tempo libero dei vostri uomini. Quanto possono pensare alla sicurezza, quando ritornano da qualche giorno passato a Beaumont a bere e a...» Amanda chiuse la bocca. Santo cielo, aveva quasi detto quella parola a voce alta! Jason inarcò le sopracciglia. «E a... A fare cosa?» La fissò come un gatto che avesse chiuso un topo in un angolo. Amanda fece appello a tutto il suo decoro, rifiutandosi di arrossire. «Un'altra ragione per cui le mogli sarebbero...» continuò, imperterrita. «Un momento» l'interruppe Jason. «Stavate parlando della sicurezza. Di giorni passati a bere e a fare cosa?» Quell'uomo si stava godendo il suo imbarazzo. Glielo poteva leggere negli occhi, chiaro come il sole. Amanda si raddrizzò, con quello che sperò essere una regale disinvoltura. «Socializzare» gli rispose. «Socializzare?» Jason Kruger sapeva benissimo di cosa lei stesse parlando, cosa fosse stata sul punto di dire a voce alta. Stava giocando con lei per puro divertimento e quella faccenda stava cominciando a stancarla. «Sì, signor Kruger. Socializzare. Socializzare senza pensieri. Giorni e giorni passati a non fare altro che socializzare, socializzare continuamente. Ora dopo ora...» «Va bene, va bene, ho capito.» Jason s'agitò sulla sua sedia. Amanda fece un respiro profondo, calmandosi e concentrandosi su ciò Judith Stacy
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che doveva dire. «Poi c'è l'aspetto economico.» Jason s'alzò di scatto, attraversò la stanza e andò a spalancare la porta. Amanda ne fu felice. L'ufficio s'era fatto terribilmente caldo. Quell'uomo insopportabile non sembrò volersi voltare, così lei proseguì a parlare alla sua schiena. «Da quanto ho potuto capire, voi siete il proprietario della montagna. Le coppie sposate hanno bisogno di un posto dove vivere e voi potreste affittare loro un terreno su cui costruire una casa. La città si espanderebbe, e questo vi offrirebbe un'altra opportunità di profitto. Questo, ovviamente, creerebbe un mercato locale per il vostro legno.» Jason rimase voltato per un lungo momento, intento a guardare fuori della porta. Amanda s'alzò in piedi. «Signor Kruger, avete sentito anche solo una parola di ciò che vi ho detto?» «Ogni singola parola» le assicurò, lanciandole un'occhiata da sopra la spalla. «E la mia risposta è sempre no.» Amanda attraversò la stanza e si fermò dietro di lui. «Vi ho appena dato alcune eccellenti ragioni per cui le mie spose sarebbero utili al vostro accampamento. Non capisco perché voi...» «Allora ve lo spiegherò» l'interruppe Jason, voltandosi. «Se io lasciassi salire quassù delle donne, la prima cosa che vedrei sarebbe una fila davanti all'emporio del barbiere. Gli uomini chiederebbero di smettere di lavorare prima per farsi un bagno.» «E cosa ci sarebbe di male?» «Poi si sposerebbero. Le finestre comincerebbero a essere chiuse da tende. Invece di riposare, i miei uomini sarebbero occupati a sistemare le cose, ad abbellire le loro case.» Amanda alzò gli occhi al cielo. «Be', di certo non vogliamo che accada una simile enormità, non è vero?» Jason le s'avvicinò. «Poi non si concentrerebbero su ciò che devono fare. Magari perché le donne sono arrabbiate con loro, o perché non vedono l'ora di tornare a casa. In entrambi i casi, i miei uomini non penserebbero al lavoro. Non ne convenite?» Ad Amanda sembrò di poter sentire il calore che emanava dal corpo di quell'uomo. Un calore che pareva penetrare in lei. «E fra un anno» proseguì Jason, chinando il capo, «qui ci sarebbero dei bambini, come frutto di tutto il loro socializzare.» Amanda sentì le sue guance farsi di fuoco. Come osava dirle una cosa Judith Stacy
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del genere? Avrebbe dovuto schiaffeggiarlo! E lo avrebbe fatto, se Jason non l'avesse avvolta nel suo calore. Le s'avvicinò. Lei avrebbe voluto allontanarsi, avrebbe dovuto allontanarsi. Poi la bocca di lui fu sulla sua e Amanda non pensò ad altro che restare ferma dov'era. Jason Kruger la strinse alla vita e l'attirò a sé. Fra loro sembrò accendersi una fiamma. Quelle labbra si mossero contro le sue, prepotenti, incontenibili, inarrestabili. Poi le premette le mani contro la schiena. Nel suo corpo sembrarono esplodere mille deflagrazioni. Non era mai stata baciata prima, non in quel modo. Non era mai stata toccata nel modo in cui Jason la stava toccando. Certo non era una cosa come si deve. Ma era stupendo. Amanda gli s'accasciò contro. Gli afferrò le braccia per evitare di cadere e schiuse le labbra. Jason cominciò a esplorare la sua bocca, stuzzicandola e tentandola finché lei non iniziò a fare lo stesso. Lo sentì gemere, quando gli si premette contro, imitando i suoi movimenti. La strinse ancor più forte a sé. Amanda si sentì persa in quel mare di sensazioni deliziose, smarrita nel meraviglioso contatto delle loro bocche. Finché all'improvviso Jason non si staccò da lei di scatto e non sollevò gli occhi. Una voce si fece strada nella mente annebbiata di Amanda. Si voltò. Ethan Kruger stava entrando dalla porta.
5 Ethan si bloccò all'istante. «Oh... scusate» disse loro, poi si voltò e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Jason tenne Amanda contro di sé. Era così morbida e dolce, e profumata. Non voleva lasciarla andare. Aveva le labbra ancora rosse del suo bacio, le guance in fiamme. L'aveva fatto. L'aveva baciata e gli era piaciuto. Amanda aveva gli occhi sgranati dall'imbarazzo. Per colpa sua, si disse Jason. La lasciò andare. Sembrava così vulnerabile, così perplessa, che avrebbe voluto tenerla stretta a sé per confortarla, per consolarla. Judith Stacy
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Ma Amanda lo spinse via, si raddrizzò e s'allontanò. Si precipitò alla porta, poi si fermò, come se non sapesse cosa fosse più imbarazzante, se uscire di lì e affrontare Ethan o rimanere in quella stanza con Jason. «Signorina Pierce, aspettate...» Quelle parole sembrarono scuoterla dall'indecisione. Amanda aprì la porta di scatto e fuggì, lasciandolo a fissarla a bocca aperta. «Dannazione!» Jason si passò una mano fra i capelli, frustrato. Avrebbe voluto seguirla. Avrebbe voluto vederla tornare. E stringerla, e baciarla, è... E' cosa? Jason borbottò un'altra imprecazione nell'ufficio silenzioso. Sapeva esattamente cosa avrebbe voluto fare con lei. Il suo corpo glielo aveva detto con sorprendente chiarezza. L'uscio dell'ufficio s'aprì ancora di più ed Ethan entrò. «Tu e la signorina Pierce vi siete baciati e avete fatto pace? O vi siete baciati e basta?» Jason imprecò di nuovo e indicò la porta da cui Amanda era appena sparita. «Questa è un'altra ragione per cui non voglio donne quassù.» Ethan chiuse la porta e si lasciò cadere sulla sedia. «All'improvviso sei diventato anche contrario ai baci?» Jason gli lanciò uno sguardo di ghiaccio. «No.» «E allora di cosa diavolo stai parlando?» «Di donne tutte belle nei loro abiti di città, piene d'arie e di decoro, che si agitano per un semplice bacio» gli rispose Jason. «Che razza di vita sarebbe?» Ethan sorrise malizioso. «Nel caso di Amanda Pierce, una gran bella vita, direi.» Jason imprecò di nuovo. «Quella donna ha dello spirito» proseguì Ethan. «Determinazione, energia. Secondo me...» «Nessuno ha chiesto il tuo parere» lo interruppe Jason, prendendo il cappello e dirigendosi alla porta. «Abbiamo del lavoro da sbrigare.» «Jason, fermati un momento.» Ethan s'alzò dalla sedia. «Tu lavori più duramente di chiunque altro, su questa montagna. Dovresti staccare un po', scendere a Beaumont per qualche giorno.» «Ho un'impresa da mandare avanti.» Ethan gli mise una mano sulla spalla. «Sfinirti di lavoro non servirà a rimediare a quello che ha fatto nostro padre.» «Non è quello che sto facendo» ribatté Jason. Poi uscì e si sbatté la porta alle spalle. Judith Stacy
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Non bastava che avesse baciato Amanda Pierce, si disse. Non bastava che quella donna gli avesse acceso il fuoco nelle vene, che gli avesse confuso la mente. Era pure arrivato Ethan, a tirare in ballo il loro padre! Jason sì fermò sul portico dell'ufficio a guardare il suo accampamento, la sua montagna. Aveva comprato tutto quello con il suo denaro. Aveva progettato la disposizione dell'accampamento e messo insieme le squadre degli uomini. Aveva fatto tutto da solo e n'era fiero. Ethan era arrivato dopo, con l'idea della segheria, e aveva messo insieme il denaro per i macchinari. Da quel momento in poi avevano lavorato insieme, pianificato insieme. Per la maggior parte delle loro vite, ovunque lui fosse andato suo fratello lo aveva seguito. Ethan aveva solo un anno meno di lui ed erano più vicini della maggior parte dei fratelli. Jason n'era contento, perché il resto della famiglia era disperso per tutto il paese. Si facevano vivi con una lettera ogni tanto, entrando e uscendo dalle loro vite, e tutto grazie ai loro genitori. A Jason non faceva piacere sentirsi ricordare suo padre, così com'era certo di non avere bisogno che qualcuno gli rammentasse quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva lasciato la sua montagna. Proprio ciò che la signorina Amanda Pierce e quel bacio avevano appena fatto. E con i prevedibili risultati. Jason s'incamminò. Doveva concentrarsi sul lavoro, distogliere i pensieri dalla signorina Amanda Pierce. A ogni modo, sarebbe partita quel giorno stesso. Meglio così. Lei e le sue spose, il suo profumo, il suo bacio. Prese la strada che portava in cima alla montagna e vide i suoi uomini assembrati. Avevano posato le asce e le seghe. C'erano due tiri di buoi pronti per partire per il lavoro e invece tutto era fermo. I suoi uomini stavano discutendo, anziché cominciare la loro giornata. «Che succede qui?» domandò Jason. Dapprima pensò che ci fosse stato un incidente, che qualcuno si fosse fatto del male. Ma gli uomini stavano facendo troppo chiasso perché fosse successo qualcosa di serio. Buck Johansen, uno degli uomini più grandi e grossi, avanzò dal centro del gruppo. Buck dirigeva i taglialegna. Era il capo, il toro della foresta, che guidava il lavoro sulla montagna. Era lui a decidere quali alberi dovevano essere abbattuti, come dovevano cadere e dove fare i tagli nel tronco. Poteva esserci solo un toro della foresta, e quello era Buck. «Si dice in giro» cominciò Buck, fermandoglisi davanti, «che state per Judith Stacy
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sposarvi.» Lo sguardo di Jason s'appuntò su Duncan, al centro del gruppo. Ecco da chi veniva quel pettegolezzo. «Io non mi sposo!» protestò. «E quella bella signorina nel vostro ufficio, ieri sera?» ribatté Duncan. «L'abbiamo vista anche stamattina a colazione.» «Andate a lavorare, tutti quanti» ordinò Jason, «prima che vi tolga un giorno di paga.» Gli uomini brontolarono, ma si voltarono e presero la via della montagna. Buck Johansen restò indietro. «Qualcuno si chiedeva se...» Jason imprecò. «Se non riesci a tenere questi uomini concentrati sul lavoro, dovrò trovare qualcuno che lo faccia al posto tuo.» Buck si limitò a fissarlo e Jason rimpianse d'aver detto quelle parole così dure. Sapeva che Buck era uno dei migliori e si riteneva fortunato d'averlo sulla sua montagna. Non avrebbe dovuto irritarsi con lui, quando invece era in collera con se stesso. «Ascolta» gli disse, rilassandosi un poco, «non ho tempo per questo genere di problemi.» Buck annuì, comprensivo, poi fece un cenno in direzione delle squadre che salivano sulla montagna. «Lo so. Ma io ho questa gente che si chiede cosa sta succedendo.» «Non sta succedendo niente.» «Qualcuno dice che vi dovreste sposare» proseguì Buck. «Sareste di certo meno irritabile.» Jason riuscì a non ribattere, ma distolse lo sguardo. Non poteva dare torto a quell'uomo. «Ho molte preoccupazioni» si limitò a rispondere. «Questo contratto che sto aspettando, per esempio.» «Ci sono stati altri contratti, prima d'ora.» Jason si passò una mano sul collo. «Tu fa' lavorare gli uomini. Tienili concentrati su quello che devono fare. Non voglio che nessuno si faccia del male.» Buck esitò per un momento, poi annuì e seguì gli uomini su per la montagna. Se fosse stato un altro giorno Jason sarebbe salito con loro. Invece rimase dov'era a guardare gli alberi torreggiare su di lui, sentendo sul volto Judith Stacy
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il sole del primo mattino, e decise che non sarebbe salito ancora. Prima aveva da sistemare qualche faccenda all'accampamento. Si diresse alla segheria. Lì si stavano già tagliando i tronchi abbattuti il giorno precedente, arrivati dalle due sezioni di foresta in cui lavoravano i suoi uomini. Circa metà di questi scendeva il corso del fiume fino al bacino della segheria, gli altri erano trascinati fin lì dai tiri dei buoi lungo i sentieri lastricati di legno. Proprio fuori della segheria un nastro trasportatore scaricava i tronchi pescati dal bacino. Laggiù un gruppo d'uomini, saltando sull'acqua di tronco in tronco, li guidava verso il nastro, evitando che si bloccassero. Dentro l'edificio, una macchina a vapore muoveva la sega a nastro che tagliava in assi i grossi tronchi. Due uomini la guidavano avanti e indietro, tenendo bloccato il tronco con una serie di morse. Un altro gruppo di uomini impilava le assi tagliate e le preparava per la spedizione giù dalla montagna. Ethan stava controllando il procedere del lavoro. Jason gli fece un cenno con la mano e insieme uscirono dalla segheria, lontano dall'incessante gemito della sega. «Parla con Shady, prima che scenda a Beaumont» gli disse Jason. «Assicurati che faccia un salto all'ufficio postale, mentre è giù.» «Shady sa che stiamo aspettando quella lettera da San Bernardino» rispose Ethan. «Non tornerà qui finché non avrà controllato.» «Tu ricordaglielo lo stesso.» «Non so se potrò farlo.» Jason aggrottò la fronte. «È già partito?» «Questo ti secca?» Ethan sorrise. «Forse allora ti dispiace di veder partire la signorina Pierce.» «Visto? Ecco di cosa sto parlando!» Jason alzò le mani. «Una donna, una donna soltanto, arriva qui all'accampamento e tutti si agitano.» «Io direi che l'unico che si agita, qui, sei tu» ribatté Ethan. «Tutti gli altri sono tranquilli.» Jason borbottò qualcosa e s'allontanò. Amanda si diresse verso la cittadina, dicendosi che non c'era nulla di meglio, per darsi una calmata, che fare due passi. Specialmente due passi lungo una strada accidentata come quella, dove una signora doveva fare attenzione per non cadere e non mettersi in imbarazzo davanti a tutti. Judith Stacy
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Amanda si fermò e trattenne il fiato, chiedendosi cosa sarebbe stato peggio. Cascare davanti a tutti o essere messa in imbarazzo dai fratelli Kruger? Uno dei quali, aggiunse fra sé, aveva baciato. Sulla bocca. A labbra aperte. Le sue guance s'infiammarono di nuovo, e dentro di lei ripresero a turbinare le emozioni. Ah, se avesse continuato a fare così, allora per calmarsi sarebbe dovuta andare a Beaumont a piedi! Un comportamento così sconveniente... Come aveva potuto fare una cosa del genere? Jason Kruger. Amanda fu tentata d'imprecare ad alta voce. Le parole che trattenne le bruciavano sulla lingua. Era colpa di Jason Kruger, se s'era comportata in quel modo così poco degno di una signora. Quel Jason Kruger non era per nulla un gentiluomo, aggiunse fra sé. Un gentiluomo non aveva muscoli così poderosi. Un petto duro come la roccia. Una bocca rovente. Un gentiluomo non stringeva una donna in un abbraccio finché i loro corpi si toccavano. Non permetteva che una donna sentisse le sue cosce, il suo ventre, il suo... Amanda gemette e si portò una mano alla bocca. Si guardò intorno. Un uomo che non riconobbe si stava dirigendo verso il recinto degli animali, dall'altra parte dell'accampamento. L'aveva vista? Intuiva cosa aveva pensato? Per non parlare di ciò che aveva fatto... Preoccupata, Amanda alzò le sottane e si precipitò per la sua strada. Raggiunse senza fiato la casa di Meg ed entrò. Uno dei modi con cui Meg si guadagnava il denaro per mantenere se stessa e Todd erano i lavori di cucito per conto dei taglialegna. La vide intenta a cucire un bottone accanto a una pila d'abiti di fatica. Le si sedette vicino, sul divano. «Shady è già arrivato?» le chiese. Meg posò la camicia lisa. «Questo vuol dire che Jason Kruger ha respinto di nuovo la vostra proposta?» «Temo di sì.» «Anche dopo che gli avete dato spiegazioni circa le vostre spose?» Anche dopo che lo aveva baciato. Amanda s'agitò, ansiosa di cambiare argomento. «Se non volete che vi paghi per la notte che ho passato qui da voi, il meno che possa fare è aiutarvi a rammendare.» «Oh, non siate sciocca» replicò Meg. «Mi ha fatto piacere avervi qui. Judith Stacy
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Non sapete come mi senta sola, a volte, senza un'altra donna con cui parlare.» Passarono le ore successive a lavorare insieme e arrivarono al fondo del cesto del rammendo. Meg non smise di parlare per un solo momento, e Amanda si rese conto di quanto a quella donna mancasse la compagnia femminile. Il cuore le si strinse un poco. Quella era un'altra ragione per cui le spiaceva aver fallito nella sua missione. «Santo cielo, com'è tardi!» Amanda guardò fuori della finestra e vide che il sole era ormai alto. «Non riesco a immaginare dove sia finito Shady.» «Oh, Shady ha degli orari tutti suoi» rispose Meg. «Forse dovrei andarlo a cercare.» Non voleva aspettare finché fosse stato troppo tardi per lasciare la montagna, rischiando di non trovare una stanza d'albergo a Beaumont. «Presto le squadre scenderanno per mangiare» aggiunse Meg. «Il profumo del cibo finirà per attirare Shady, vedrete.» «Credo che andrò a vedere dov'è finito» decise Amanda. Si rimise in testa il cappellino e uscì dalla porta. Nonostante cercasse di resistere, il suo sguardo fu attirato dall'ufficio di Jason dall'altra parte della strada. Uno strano fremito la percorse tutta, e le labbra le tremarono al ricordo del loro bacio. Perché non riusciva a dimenticare? Si affrettò a voltarsi e prese la direzione opposta. Quando raggiunse l'emporio in città, Amanda aveva deciso che era colpa semplicemente di quel posto, se si era comportata in un modo così sconveniente nell'ufficio di Jason. L'isolamento. Le montagne selvagge. L'assenza di tutto ciò che poteva ricordare la civilizzazione della città. Dopotutto, che altro poteva essere? Amanda s'incamminò. La cittadina sembrava essere cresciuta sul bordo dell'accampamento come per caso. Non c'era marciapiede di fronte ai pochi empori che erano stati aperti. La maggior parte degli affari veniva dai taglialegna, si disse Amanda, perché pochi dei proprietari erano sulla strada. La città aveva un'aria piuttosto precaria. Gli edifici sembravano messi insieme in fretta e furia, senza particolare attenzione all'apparenza o alla piacevolezza della vista. C'erano detriti, fuori degli empori, come se i padroni non avessero nessuno su cui fare impressione a parte i taglialegna, Judith Stacy
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e i taglialegna non erano lì per lasciarsi impressionare. Era tutto molto diverso dai negozi che frequentava abitualmente. Negozi stupendi, bei ristoranti, strade affollate di gente e di carrozze. Amanda non s'era aspettata di trovare qualcosa di simile a San Francisco, ma... Malgrado avesse sbirciato nelle diverse vetrine dei negozi e nelle viuzze che separavano gli edifici, non riuscì a trovare Shady. Sospirò e si diresse fuori della città. Shady sapeva di doverla portare a Beaumont e presto l'avrebbe raggiunta. Forse Meg aveva ragione, forse sarebbe passato a prenderla dopo aver pranzato. Avrebbe fatto meglio a preparare le sue cose e ad aspettare che la raggiungesse. Un brivido la percorse con tanta violenza da costringerla a fermarsi. La sua borsa. Aveva dimenticato la sua borsa nell'ufficio di Jason Kruger. Scosse la testa e si chiese cosa dovesse fare. Doveva recuperarla, ovviamente. Non poteva certo lasciarla lì. Meg le aveva detto quel mattino che, di solito, Jason saliva sulla montagna coi suoi uomini, così non dovevano esserci problemi a entrare nel suo ufficio e a recuperare la borsa. Probabilmente. Fece un profondo respiro e riprese a camminare. Perché mai riusciva a ficcarsi in tante situazioni imbarazzanti in cima a quella montagna? Bussò alla porta dell'ufficio, sperando che nessuno le rispondesse. Si guardò intorno. Quella parte dell'accampamento, durante il giorno, era quasi deserta. Sentì in distanza il rumore della segheria. Bussò di nuovo, poi aprì la porta ed entrò. Non c'era nessuno. Quando si era trovata in quell'ufficio, le due volte precedenti, aveva notato ben poco oltre a Jason. Quell'uomo sembrava occupare l'intera stanza. Si guardò intorno, visto che ne aveva l'occasione. La scrivania di Jason e un'altra, certo quella di Ethan, erano ad angolo retto l'una rispetto all'altra. Quella di Jason era di fronte alla porta. Mappe e cartine erano allineate lungo le pareti. Registri, documenti e altre mappe e cartine affollavano i ripiani delle scrivanie e degli scaffali. E c'era segatura anche lì. L'ufficio era silenzioso e Amanda avanzò. Toccò i registri, n'aprì uno e scorse le cifre ordinatamente incolonnate. Passò una mano sullo schienale della sedia di Jason, sentendo il legno liscio sotto le dita. Sulla sua scrivania c'era un registro tecnico aperto. Malgrado tutti i suoi difetti, e Amanda ne aveva elencati molti, Jason Kruger doveva essere ammirato per i risultati che era riuscito a conseguire. Judith Stacy
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Quando le era arrivata la lettera di richiesta delle spose, la lettera che lei pensava fosse stata scritta da Jason, aveva condotto una piccola inchiesta. Disboscare le montagne era un lavoro duro, aveva scoperto, un lavoro che richiedeva un'energia e una forza inesauribili. Per portar lontano dalla montagna i grossi tronchi ci volevano tecnologie nuove e ingegnose. Le dimensioni degli alberi di quel genere, di foreste in particolare, presentavano problemi nuovi e mai affrontati prima dai taglialegna della costa opposta. Le avevano detto che chiunque fosse riuscito a far fruttare i grandi alberi delle montagne della Sierra Nevada avrebbe messo insieme una fortuna maggiore di quella delle miniere d'oro e d'argento del West. Amanda sospirò nell'ufficio silenzioso. Un vero peccato che Jason Kruger non intendesse dividere quella ricchezza con nessuno. Raccolse la borsa dove l'aveva lasciata accanto alla scrivania e si diresse alla porta. Tese la mano, e la porta s'aprì. Jason Kruger ne riempì l'intero vano. Amanda fece un passo indietro. Jason si bloccò, sorpreso quanto lei da quell'inatteso incontro. Entrambi rimasero per un lungo momento a fissarsi dritto negli occhi. Amanda sentì la stanza stringersi di nuovo, chiudendosi su di lei, impedendole quasi di respirare. «Pensavo che foste già partita» disse Jason. «I... Io avevo lasciato qui la mia borsa» gli rispose. L'alzò, come per provare di trovarsi lì per una buona ragione. «E me n'andrò presto.» Jason non si scostò dalla soglia, bloccandole la strada. «Basta che capiate che questa faccenda di portare qui le vostre spose non ha futuro.» «Ciò che ho capito, signor Kruger, è che voi siete un tipo ostinato.» Amanda fu sul punto di rimanere a bocca aperta, sentendo ciò che gli aveva detto. Santo cielo, lo aveva criticato di nuovo! Cosa le accadeva, quando si trovava accanto a quell'uomo? «Ostinato? Io?» Jason entrò e si chiuse la porta alle spalle. «Voi siete la donna più testarda che abbia mai conosciuto. E invadente.» «Invadente!» «Sì, invadente. Continuate a ficcare il naso nei fatti altrui. In faccende che non vi riguardano, cui non appartenete.» Amanda s'erse in tutta la sua statura, anche se questa non poteva stare alla pari con quella di lui. «Qualcuno, su questa montagna, mi ha scritto quella lettera, signor Kruger. Qualcuno vuole delle spose, quassù. Prima o poi dovrete affrontare questa realtà.» Judith Stacy
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«Vi dirò una cosa, signorina Pierce» ribatté Jason, puntandole un dito contro. «Quando scoprirò chi l'ha scritta, lo licenzierò così in fretta che non capirà neppure cosa l'ha colpito.» «Oh, voi, razza di testardo!» Amanda sollevò il mento. «Non preoccupatevi, me n'andrò. Per sempre, e voi non sentirete più parlare di me. Avrete la vostra preziosa montagna tutta per voi. Spero che vi terrà caldo la notte.» Gemette, quando si rese conto di ciò che aveva detto. Il suo sguardo e quello di Jason s'allacciarono. Lo vide deglutire. Rimasero immobili per un lungo momento, mentre fra loro vorticavano immagini di calde notti sulla montagna. Lui avanzò. Amanda fece un passo indietro. Jason aveva lo stesso sguardo di fuoco di quando l'aveva baciata. L'avrebbe fatto ancora? Glielo avrebbe lasciato fare? Jason si fermò. Amanda si mosse verso di lui. La porta s'aprì alle loro spalle e un ragazzo senza fiato entrò nella stanza. «Signor Kruger! Signor Kruger!» chiamò, ansante, posandosi una mano sul petto. Jason lo prese per un braccio. «Che succede?» «Mio padre... Mio padre è il postino, a Beaumont. Ha detto che stavate aspettando questa.» Il ragazzo agitò una busta grossa e gualcita. «Mi ha detto di correre subito sulla montagna a portarvela. Ho fatto più presto che potevo.» Jason gli prese la busta dalla mano. «Va' a chiamare mio fratello. È giù alla segheria.» «Sissignore!» Ancora ansante, il ragazzo volò fuori della porta. Jason strappò la busta e n'estrasse i fogli che conteneva. Li scorse e strinse il pugno. Un sorriso gli illuminò il volto. Non un riso o una smorfia, ma un sorriso largo e genuino. «Ce l'ho!» gridò, voltandosi verso Amanda. La gioia di Jason si trasmise a lei. E anche lei sorrise, contagiata da tanto entusiasmo. «Avete cosa?» «Il contratto!» le rispose, mostrandole il documento. «E' meraviglioso!» Non aveva idea di cosa fosse quel contratto o di cosa significasse, ma davanti alla sua eccitazione non poteva trattenersi. «Che genere di contratto?» Si piegò verso di lei, indicandole le carte. «Viene dalla ferrovia di Santa Fe, giù a San Bernardino. Si stanno espandendo. Hanno bisogno di traversine. Sapete qual è il legno da cui si ottengono le traversine Judith Stacy
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migliori?» Amanda scosse la testa. «No.» «L'abete di Douglas. E sapete che tipo di alberi ho qui su tutta la montagna?» «L'abete di Douglas?» «L'abete di Douglas!» Jason gettò indietro la testa e gridò di gioia. Le agitò di nuovo le carte davanti. «Vedete questo? E' una commessa, e per iscritto. E grossa anche. Sapete cosa significa?» Amanda poteva solo fare delle supposizioni. «Che guadagnerete un sacco di soldi?» «Non solo questo.» Jason scosse la testa e la fissò. «Le ferrovie non fanno affari con chiunque. Questo significa rispettabilità, Amanda.» Non aveva mai usato il suo nome di battesimo, prima di allora, e quel suono volò come una freccia a piantarsi nel suo cuore. Amanda gli posò una mano sul braccio. «Oh, Jason, è splendido!» Lo vide abbassare gli occhi a guardarle la mano, poi tornò a fissarla. «Ora nulla mi può più fermare, Amanda. Niente.» «Nulla dovrebbe fermarvi...» Jason piegò il capo verso di lei. «Signor Kruger! Signor Kruger!» Il ragazzino arrivato da Beaumont entrò di nuovo di corsa nell'ufficio, ancora più ansimante di prima. «Hai trovato Ethan?» gli chiese Jason, staccandosi da lei. «Sissignore, l'ho trovato. Ma non viene qua. Dice che siete voi che dovete andare là. Subito.» «Che succede?» «Non lo so esattamente.» Il ragazzino scosse la testa. «Dice solo che dovete andare là. È successo qualcosa con le squadre.»
6 Uno strano senso di delusione strinse il petto di Amanda, mentre Jason si precipitava fuori dell'ufficio con il ragazzino alle calcagna. E non sapeva nemmeno cosa l'avesse provocata. Il fatto che se ne fosse andato così in fretta? Che la sua vita fosse così piena da non lasciar posto a nulla e a nessuno? O che fosse stato sul punto di baciarla e che poi non lo avesse fatto? Judith Stacy
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Amanda lasciò l'ufficio, portando la borsa con sé. Quella borsa conteneva donne che volevano essere baciate, che volevano essere amate, che desideravano una casa, una famiglia. Amanda non era una di loro. Almeno, non più. Quelle donne, le aspiranti spose, erano la sua priorità. Avrebbe fatto meglio a mettere tutto da parte e a concentrarsi sul suo lavoro. Proprio come aveva fatto Jason Kruger. S'era diretto alla segheria quando il ragazzino gli aveva detto che c'era un problema con gli uomini. Era partito senza guardarsi indietro. Amanda sapeva di dover fare la stessa cosa. Ma i suoi passi rallentarono, mentre guardava Jason sparire dalla vista. Che sorta d'emergenza poteva essere? Qualcuno s'era forse fatto del male? Qualcuno era morto? Amanda guardò i grossi alberi, la cittadina e l'accampamento così lontano dalla civiltà. Tutto così isolato, così desolato. Non c'era neppure un dottore, lì, a sentire Meg. Per un momento fu tentata di correre dietro a Jason per scoprire cos'era successo, per aiutare, se solo avesse potuto. Ma non poteva. Jason Kruger non la voleva lì. Non aveva bisogno di lei. Perché malgrado tutti i suoi difetti, e lei gliene aveva elencati molti, Jason Kruger era un uomo valente. Forte, determinato, intelligente. Non aveva bisogno di nessuno. Amanda fece un respiro profondo e si rassegnò all'idea che il viaggio fino alla Kruger Brothers' Lumber and Milling Company fosse stato un errore. Quello non era un posto per le sue aspiranti spose, e neppure per lei. Un'idea che, stranamente, le fece sentire un nodo in gola. Si diresse verso la casa di Meg. Avrebbe fatto i suoi pochi bagagli e aspettato che Shady la portasse giù dalla montagna. A casa. Quello era il posto per lei. Jason affrontò la squadra dei taglialegna lungo la strada nei pressi della segheria, stringendo i pugni per tenere sotto controllo la rabbia che sentiva montare in sé. Il sole del mezzogiorno brillava alto nel cielo sereno. La brezza faceva frusciare le foglie. Ethan gli era accanto, anche se non aveva detto molto. Johansen stava cercando di mettere pace, ma senza grandi risultati. Gli uomini, di fronte a lui, s'erano radunati. La metà di loro aveva un Judith Stacy
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genuino interesse in quel confronto, gli altri si limitavano a osservare ciò che sarebbe successo. Tutti, però, avrebbero dovuto trovarsi in mensa per il pranzo. «Non è così infondato» disse uno di loro. «Ce l'hanno, negli altri accampamenti» saltò su un altro. «Se voi potete averne una tutta per voi, signor Kruger, perché non possiamo averne una anche noi?» fece uno dei più coraggiosi, nascosto dagli altri. Un coro di grida s'alzò dal gruppo. «Io non ne avrò una!» proruppe Jason. «Non sto per sposarmi!» «Solo perché a voi non interessa prendere moglie, questo non vuol dire che non interessi a noi!» gridò un altro. «Shady dice che la signorina Pierce ha un libro pieno di donne che vogliono maritarsi» aggiunse un altro ancora. «Possiamo scegliere quella che vogliamo e farcele portare qui all'accampamento.» Un altro allegro clamore s'alzò dal gruppo. Jason imprecò a bassa voce e si voltò a guardare Ethan. Suo fratello rimase in silenzio, ma Buck avanzò verso di lui. «È di questo che le squadre hanno parlato per tutto il giorno» gli bisbigliò. «La faccenda sta diventando seria, signor Kruger. E' meglio che ci pensiate bene.» Jason imprecò ancora. Fissò i suoi uomini, scuro in volto, cercando di tenere la collera sotto controllo. Ma non era in collera con loro. Buck si voltò verso la squadra. «Avanti, ragazzi. Lasciate al signor Kruger il tempo per pensarci su.» Gli uomini s'avviarono verso la mensa, borbottando e parlando fra loro, lanciando qualche occhiata nella sua direzione. «Non potete biasimarli, Jason» disse Buck, quando si furono allontanati. «È giusto che un uomo voglia avere una moglie che lo aspetta alla fine della giornata, dei figli che seguano le sue orme.» Jason lo fissò, cupo, senza rispondere. «Altri accampamenti» proseguì Buck, «permettono agli uomini di tenere le mogli con loro. Qualcuno sta già dicendo che dovrebbero andare a cercare lavoro da un'altra parte. Per la verità, lo stanno dicendo in molti.» «Dannazione...» «Non vuole essere una minaccia» disse ancora Buck. «È solo un fatto. E Judith Stacy
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non è la prima volta che succede qualcosa del genere.» Jason s'allontanò ed Ethan lo seguì. Rimasero entrambi in silenzio finché non ebbero raggiunto l'ufficio. «Dannazione a quella donna, è tutta colpa sua» borbottò Jason, lanciando il cappello sulla scrivania. Ethan chiuse la porta e si lasciò cadere sulla sedia di fronte. «Come ha detto Buck» cominciò, «è già da un po' che avremmo dovuto affrontare questa faccenda. Se ne parla da quando è arrivata la moglie di Duncan. Amanda e le sue aspiranti spose sono solo state la goccia che ha fatto traboccare il vaso.» Jason prese a camminare avanti e indietro nell'ufficio. «Non posso affrontare un problema del genere. Non ora.» Raccolse la busta stropicciata dalla scrivania e la gettò a suo fratello. «Cos'è?» chiese Ethan, prendendo i fogli che conteneva. «Ce l'ha fatta avere il postino di Beaumont» rispose Jason, riprendendo a vagare per la stanza. Ethan scorse il primo dei fogli e sorrise. «Be', che io sia dannato!» Per un intero minuto continuò a leggere il contratto. «Non possiamo rispettare i termini di consegna, se metà degli uomini si licenzia» osservò infine. «Lasciali andare» ribatté Jason. «Ne assumerò degli altri. Ce n'è di uomini... Pagherò di più, arriveranno in fretta.» Ethan scosse la testa. «Non puoi far arrivare qua in tempo una squadra intera, e neppure mezza. Paghi già bene, e gli aumenti intaccherebbero i profitti.» Jason borbottò un'altra imprecazione e continuò a percorrere avanti e indietro l'ufficio. Non poteva negare che Ethan avesse detto il vero. Era per quello che suo fratello si rivelava un bene per gli affari, per quello era un buon socio. Ethan era la voce della ragione. Anche se, in quel momento, avrebbe solo voluto dargli torto. «Certo» proseguì Ethan, «potresti sempre...» «Non dirlo neppure» lo interruppe, voltandosi verso di lui. «Non intendo cambiare idea. Qui non arriverà nessuna donna.» Ethan s'alzò. «Allora rischi di perdere il contratto con le ferrovie.» Jason lo fissò, scuro in volto, e riprese a camminare. Sapeva che Ethan aveva ragione. Lo sapeva benissimo. Era solo che non aveva intenzione di ammetterlo. Judith Stacy
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«Che ci sarebbe di male nell'avere qui qualche donna» chiese Ethan, «se questo ci impedisse di perdere il contratto?» «Sai bene cosa penso di tutta questa faccenda» gli rispose. «E sai anche il perché.» «Sì, conosco il perché.» Ethan scosse la testa. «Ma questo non ha niente a che fare con nostra madre. Né con nostro padre, dovrei aggiungere. Non li vediamo né abbiamo loro notizie da quasi un anno, ormai.» «Grazie a Dio» mormorò Jason. «Abbiamo entrambi lavorato duro per mettere in piedi questa compagnia» proseguì Ethan. «Così, quale altra scelta hai al momento?» «No.» Jason scosse la testa. «Rimane un'altra possibilità.» «Va bene. Quale?» domandò Ethan. «Quale altra possibilità hai?» Jason si passò una mano sulla fronte, immerso nei suoi pensieri. Doveva esserci un altro modo per risolvere quella dannata faccenda. Doveva esserci! Aveva costruito dal niente la sua impresa e poi, quando le cose stavano cominciando ad andare bene, accadeva un fatto del genere. Prima di ogni altra cosa, non poteva permettersi di perdere quel contratto con la compagnia ferroviaria. Aveva ricevuto altre commesse, ma in confronto erano cose da nulla. Il resto del suo legname veniva spedito sul mercato e venduto a chiunque n'avesse bisogno. Ma il contratto con le ferrovie era la chiave che apriva nuove e più ampie possibilità. Un contratto che non poteva essere preso sottogamba. Si sarebbe saputo in giro. Altre compagnie sarebbero venute a comprare il suo legno, la sua impresa sarebbe cresciuta. Il suo futuro sarebbe stato assicurato. Sarebbe avvenuto tutto ciò che aveva sperato, tutto ciò che aveva sognato, tutto ciò per cui aveva lavorato tanto duramente. Ma per rispettare i termini di quel contratto, aveva bisogno degli uomini necessari per produrre e consegnare il legname. Di squadre esperte che sapevano come lavorare insieme. In poche parole, aveva bisogno degli uomini che stavano già lavorando per lui. Ethan sospirò. «Senti, Jas, non vedo in quale altro modo si possa risolvere questa faccenda.» Jason si fermò e imprecò di nuovo. Per quanto riflettesse, non riusciva proprio a trovare un'altra soluzione. «Sì, hai ragione» dovette ammettere alla fine. Passarono diversi minuti, e l'inevitabilità di quella decisione si fece strada nella sua mente. Jason incrociò le braccia e si mise a guardare Judith Stacy
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fuori della finestra. Alla fine scosse la testa e tornò a fissare suo fratello. «Andiamo dalla signorina Pierce a dirle di portare quassù le sue aspiranti mogli» suggerì Ethan. «Probabilmente riuscirà a farle arrivare nel giro di qualche giorno, non credi?» Jason borbottò un'altra imprecazione. Mentre si dirigevano alla porta, Ethan gli diede una pacca sulla schiena. «Non fare quella faccia, Jas. Vedrai, non sarà poi così dura» lo incoraggiò. «Cosa mai potrà combinare qualche donna?» Quel pensiero diede a Jason i brividi. Sapeva già quanti guai una donna aveva combinato a lui. Meg non aveva smesso di parlare un istante, da quando l'aveva conosciuta la sera precedente, ma ad Amanda aveva fatto piacere godere della sua compagnia. Alla fine erano rimaste a sedere nella casetta di Meg, a bere caffè, in attesa che Shady si facesse vivo per farla scendere da quella montagna. Di nuovo a Beaumont, di nuovo a San Francisco, di nuovo a casa. Amanda posò la tazza e pensò al viaggio di ritorno, ascoltando solo distrattamente ciò che Meg le stava dicendo. L'aspettava un viaggio faticoso e difficile. Ma quella era l'unica ragione per cui era così riluttante a partire? Ma certo, si disse. «Sulla montagna non si parla altro che di voi, stamattina» le riferì Meg. «Di come abbiate risolto brillantemente il problema sorto fra Gladys Duncan e Polly Minton.» «Sì, la questione delle loro ricette.» Meg si sporse verso di lei. «Riesco a malapena a credere che siate riuscita a mettere pace fra quelle due. Dal momento in cui sono arrivate hanno continuato ad attaccarsi senza sosta.» «Be', almeno il tempo che ho passato qui non è stato del tutto inutile.» «Vorrei che vi fermaste ancora un po'» le confessò Meg. «Non posso. Devo tornare a casa, ai miei affari. E vorrei sapere chi mi ha scritto quella lettera, fingendo d'essere Jason Kruger in cerca di moglie.» «Forse dovreste restare per scoprirlo» suggerì Meg. Amanda ci pensò un momento, un momento brevissimo, poi decise che non sarebbe stata la cosa più opportuna. Più lontano sarebbe andata da Jason Kruger e dalla sua montagna e meglio sarebbe stato. Judith Stacy
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«È un mistero che temo resterà irrisolto» finì per rispondere. Qualcuno bussò alla porta e, quando Meg andò ad aprire, Shady fece il suo ingresso nella stanza. «Siete pronta a partire, signorina Pierce?» le chiese. Amanda s'alzò, sentendo stringersi il nodo che aveva alla gola. «È tutto pronto» rispose, mettendosi il cappellino e fermandolo con lo spillone. Shady prese le sue borse e seguì lei e Meg fuori della casetta. Caricò le sue cose sul carro e poi andò a controllare i finimenti dei cavalli. «Sentirò la vostra mancanza» sospirò Meg. Amanda diede un'ultima occhiata all'accampamento dei taglialegna e si accorse che forse anche lei avrebbe sentito la mancanza di quel posto. «Mi scriverete?» le domandò Meg. «Certo che sì.» Amanda poteva capire quanto quella donna si sentisse sola, visto che era una delle poche a vivere su quella montagna isolata. Doveva sentirsi ancora più sola, da quando suo marito se n'era andato. «Forse voi potreste venire a San Francisco» provò a dirle. Meg le sorrise, ma scosse la testa. «Non vedo come potrei fare una cosa del genere.» Amanda sapeva d'aver chiesto troppo a una donna che riusciva a malapena a mantenere se stessa e suo figlio. Ma aveva voluto chiederlo lo stesso. «Be', buona fortuna» le augurò Meg. «Anche a voi.» Shady si avvicinò a loro. «Pronta a partire, allora?» Amanda e Meg si abbracciarono per un momento, ma quando lei fece per montare sul carro, Shady fissò qualcosa in direzione dell'accampamento. «Ancora un istante, signorina Pierce» le disse. Amanda si voltò e vide Jason ed Ethan Kruger avanzare verso di loro. Per un momento il cuore le batté più forte nel petto. Non s'era certo aspettata che Jason venisse a salutarla di persona. Alto, forte. Bello. Quel posto sembrava fatto apposta per lui. Jason Kruger apparteneva alla montagna. Era uno di quei rari uomini che possedevano la forza e la tenacia per riuscire a vivere in mezzo alla natura. «'Giorno» salutò Ethan, fissando Meg e togliendosi il cappello. Meg arrossì e abbassò gli occhi. «Buongiorno, Ethan.» I loro sguardi s'intrecciarono per un istante, poi entrambi guardarono Judith Stacy
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altrove e la loro conversazione s'esaurì. «Avete vinto voi» esordì Jason, cupo, rompendo quel silenzio. «Portate qui le vostre mogli.» Amanda, sbalordita, li fissò. «Cosa state dicendo?» Jason, scuro in volto, la guardò dritto negli occhi. Era chiaro che non aveva voglia di ripetere. La prima volta doveva essergli già costata molto. «Ho deciso che potete portare quassù le vostre mogli per i miei uomini» le disse. «Così fatelo. Ora.» Amanda riuscì solo a fissarlo. Quello avrebbe dovuto rappresentare il momento migliore della sua carriera di donna d'affari. Aveva fatto un lungo viaggio, sopportato scomodità, solo nella speranza di sentire le parole che Jason Kruger aveva appena finito di pronunciare. Ma Amanda non era felice. Per niente. E stava per rendere Jason Kruger altrettanto infelice. «Mi dispiace, ma non è possibile» replicò. Lo vide aggrottare la fronte. «Cosa?» «Non posso, in nessuna circostanza, portare le mie aspiranti spose sulla vostra montagna, signor Kruger» puntualizzò. «E questo è tutto.»
7 «Cosa diavolo...» Jason, sbalordito, fissò quella donna così irritante. «Cosa significa? Che vuol dire, che non potete portare qui le vostre mogli?» Amanda raddrizzò le spalle. «E' proprio quello che ho detto, signor Kruger. Non posso portarle qui.» «Be', e perché diavolo non potete farlo?» Ethan gli diede una gomitata nel fianco. «Calmati. Gridare non serve a nulla.» Jason fece un respiro profondo, cercando visibilmente di calmarsi, e si spinse il cappello all'indietro. «Statemi a sentire, signorina Pierce. Da quando siete arrivata qua ieri sera non avete fatto altro che chiedere di portare qui quelle donne. E ora mi dite che non potete farlo. Cosa diavolo è successo?» «Il vostro linguaggio, tanto per cominciare» gli rispose. Jason le lanciò un'occhiataccia. «Se pensate che venga a chiedervi per favore, be', potete scordarvelo.» Judith Stacy
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«Signor Kruger, potete chiedermi per favore finché la faccia non vi diventa blu, per quel che me ne importa, ma io continuerò a non portare le mie spose su questa montagna.» Amanda si voltò verso Shady. «Signor Harper, ora sono pronta a partire.» Shady si tirò la barba. «Be', allora credo che possiamo andare.» Naso in aria, Amanda s'incamminò verso il carro. Jason la seguì. «Ferma» le intimò, piantandosi davanti a lei. «Non andrete da nessuna parte finché non ve ne darò il permesso.» Amanda gli rivolse uno sguardo di ghiaccio. «Non mi lascerò intimidire, signor Kruger.» Jason fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. «State a sentire, signorina Pierce, io voglio qui quelle vostre aspiranti spose e...» Amanda lo evitò e proseguì. «Shady, volete aiutarmi a salire sul carro, per favore?» «Certo, signorina» le rispose, facendo l'atto di precipitarsi da lei. Jason lo afferrò per un braccio e lo trattenne. «Tu non andrai da nessuna parte finché questa faccenda non sarà sistemata» ringhiò, piantandosi di nuovo davanti a lei. «Ora statemi a sentire, signorina Pierce...» «Jason.» Ethan si frappose tra loro. «Forse dovresti chiedere alla signorina Pierce il motivo del suo rifiuto.» «Oh!» fece Jason, come se quell'idea non gli fosse neppure passata per la testa. Amanda non aspettò la sua domanda. «Il mio arrivo qui è stato un errore, e per molte ragioni. Portare le mie aspiranti spose su questa montagna è fuori questione.» Jason strinse i denti. «Ora statemi a sentire.» «No, statemi a sentire voi...» «Fermi, fermi» li interruppe Ethan. «Aspettate un momento, prima di dire qualcosa che poi potreste rimpiangere d'aver detto.» Amanda fissò Jason, scuro in volto, mentre la sua collera non accennava a volersi placare. Jason le regalò un'espressione simile. «Allora, signorina Pierce» cominciò Ethan, «se ho capito bene, voi volete trovare dei mariti per queste vostre aspiranti spose. Vero?» «Be', sì» rispose Amanda. «E tu, Jason, hai bisogno di quelle mogli per i tuoi uomini» proseguì. «Giusto?» Judith Stacy
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«Sì, sai bene che è così.» «Bene, allora» concluse Ethan. «Voi due non dovete fare altro che trovare un qualche accordo. Ora, perché non andate giù in ufficio a discuterne con calma?» La collera di Amanda stava scemando, ma solo di poco. Fissò Jason. Anche lui stava tenendo a freno la sua. Ciò che Ethan aveva detto era ragionevole. A dire la verità, in quel momento Ethan era l'unica persona del loro piccolo gruppo a mostrarsi ragionevole. Un mormorio basso di voci e un rumore di passi la fecero voltare. Amanda vide gli uomini risalire la montagna, diretti al lavoro di quel pomeriggio. Portavano tutti rozzi stivali dalle suole chiodate per avere maggior presa sul legno dei tronchi. I loro calzoni erano più corti del normale o infilati negli stivali per evitare che s'impigliassero nelle radici o nei rami caduti. La maggior parte delle loro barbe e dei baffi non aveva visto un barbiere da molto tempo. L'odore di corpi mal lavati aleggiava attorno al gruppo. Qualcuno la salutò educatamente con un cenno del capo o portandosi la mano alla tesa del cappello. Altri si limitarono a dare una gomitata al vicino e a indicarla col dito. Qualcuno aggrottò la fronte, qualcuno si fermò, rallentando l'avanzata degli altri. La folla mormorò. Un momento più tardi tutti erano fermi e la fissavano. Amanda non aveva nulla contro di loro, personalmente. A dire la verità ognuno di loro era, nel profondo, proprio il genere d'uomo che le sue aspiranti spose stavano cercando. Ma l'aspetto era tutto un altro paio di maniche. Buck Johansen parlò con gli uomini, poi la raggiunse e la salutò rispettosamente portandosi la mano al cappello. «Signorina Pierce, gli uomini chiedono se possono dare un'occhiata a quel vostro catalogo» le disse. Amanda fissò prima Jason, poi Buck. «A dire la verità, non ho ancora deciso se le mie aspiranti mogli verranno quassù sulla montagna oppure no» gli rispose. «Lo so» annuì Buck. «Ma i miei uomini apprezzerebbero l'idea di poter vedere almeno le fotografie.» Una semplice richiesta, una richiesta cui Amanda non poteva dire di no. Prese il catalogo dalla borsa e raggiunse il punto in cui gli uomini Judith Stacy
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s'erano radunati. Sorrise e aprì le pagine in cui erano allineate le file di sorridenti aspiranti spose. La folla le si chiuse intorno e gli uomini, sgomitandosi e allungando il collo, cercarono di vedere. Amanda tenne le pagine aperte e gli sguardi degli uomini corsero reverenti da un'immagine all'altra. I taglialegna passarono come in processione davanti a lei. Qualcuno di loro la salutò togliendosi il cappello, qualcuno persino borbottando un ringraziamento. Quando tutti si furono allontanati, Buck guardò a lungo le fotografie. Poi trasse un sospiro, la ringraziò e si allontanò su per la strada a raggiungere gli uomini. Amanda chiuse il catalogo, commossa dall'espressione di alcuni degli uomini. S'era resa conto, il giorno precedente, di quanto potesse sentirsi sola una donna in cima a quella montagna. Ma i taglialegna dovevano sentirsi altrettanto soli. Le tornò un nodo alla gola. Non era quello il motivo per cui aveva aperto la sua agenzia matrimoniale? Per trovare compagnia alla gente? Per evitare che gli altri si sentissero così soli? Tornò al carro. Jason la stava ancora fissando, così come Meg. Ethan s'era avvicinato un po' alla donna, apparentemente affascinato dalle ciocche dei suoi capelli, che il vento faceva oscillare dolcemente. Shady le prese il catalogo. «Così portiamo un po' di mogli quassù, eh?» Amanda si voltò verso Jason. «Sono disposta a discuterne.» Lui le indicò l'ufficio, dall'altra parte del campo. «Dopo di voi, signorina Pierce.» S'incamminarono lungo la strada, a fianco a fianco. Jason la prese per il braccio, aiutandola a superare i punti più accidentati. Amanda sentì diffondersi in lei uno strano calore, un calore che pareva nascere proprio nel punto in cui quell'uomo la toccava. Si voltò a guardarlo, ma Jason teneva gli occhi bassi. Entrarono insieme e lui chiuse la porta alle loro spalle. Poi gettò il cappello sulla scrivania. Amanda provò disagio, a trovarsi di nuovo nell'ufficio di Jason Kruger. L'ultima volta che era stata lì, lui era stato sul punto di baciarla. E la volta prima ancora l'aveva baciata. Stava forse per rifarlo? Santo cielo, che genere di pensieri! Amanda ricordò a se stessa che si trovava lì per discutere il futuro delle sue aspiranti spose, niente di più. Poi, con rinnovata determinazione, si concentrò sull'argomento che più Judith Stacy
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doveva starle a cuore. Anche Jason sembrò per un momento perso nei suoi pensieri. Poi si voltò verso di lei. «Lasciatemelo dire subito, signorina Pierce» esordì. «Siete venuta ad agitare i miei uomini, poi vi siete rifiutata di condurre qui le vostre signorine. Non ho una grande opinione del vostro comportamento. Non avreste neppure dovuto cominciare, se non avevate intenzione di andare fino in fondo.» «Io sono venuta qui a esaminare una proposta d'affari» rispose Amanda. «Non ditemi che voi non l'avete mai fatto, per poi decidere che non era giusta per voi.» «Be', sì, l'ho fatto» ammise Jason. «Ma questo è differente. Voi avete giocato con i sentimenti delle persone. Questo non è giusto.» «Non ho mai avuto l'intenzione di ferire qualcuno» si difese Amanda. Jason la studiò in silenzio per un lungo momento e Amanda sentì la pelle farsi più calda sotto il suo sguardo. Stava cercando di capire se gli aveva detto la verità? Si stava chiedendo se poteva fidarsi di lei? O forse stava pensando di baciarla di nuovo? All'improvviso, Jason si piegò in avanti sulla scrivania. «Parliamo d'affari. Ho molto da fare» disse. «Perché non volete portare quassù le vostre aspiranti spose?» «Credo che il primo punto di cui dovremmo discutere è il motivo per cui voi non le volete qui» ribatté Amanda, sedendosi di fronte a lui. «Ve l'ho già spiegato» replicò. Amanda scosse la testa. «Credo che ci sia di più di quello che avete detto. Qualcosa di più profondo.» Jason s'agitò inquieto sulla sedia. «Ho chiesto prima io.» «È vero» ammise Amanda, e rimase qualche momento in silenzio cercando le parole giuste per spiegare il suo punto di vista in un modo che fosse il più delicato possibile. «Va bene» disse alla fine. «Con franchezza, signor Kruger, i vostri uomini mandano un cattivo odore.» Jason inarcò un sopracciglio. «Davvero?» «Non ditemi che non ve ne siete accorto.» Lui si limitò a stringersi nelle spalle. «Be', è così» proseguì Amanda. «Non riesco a immaginare quando sia stata l'ultima volta in cui uno di loro ha fatto un bagno. Per non parlare di quando si sono tagliati i capelli o fatti la barba. Davvero, signor Kruger, riuscite a immaginare un mucchio di donne che Judith Stacy
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arrivano fin qui e scoprono che i vostri uomini sono i loro aspiranti mariti? Sono certa che correrebbero di nuovo giù per la montagna.» Jason passò una mano sul mento. «Be', su questo punto non credo che siate in torto.» «E per loro qui non ci sono servizi di nessun genere» continuò lei. «Non avrebbero un posto dove vivere.» «Oh, andiamo... Non dovrebbero vivere con i loro mariti?» «Non immediatamente» ribatté Amanda, pronta. «Non penserete certo che i matrimoni saranno celebrati nel momento stesso in cui le signorine scenderanno dal loro carro, vero?» Jason si strinse nelle spalle, come se in quell'idea non vedesse nulla di strano. «A parte il fatto che non avrebbero un posto dove vivere, qui non c'è una scuola, e neppure una chiesa» osservò Amanda. «E i vostri uomini non hanno nessun senso del decoro.» Jason si piegò in avanti. «Decoro?» «Sì, significa...» «So cosa significa la parola» la interruppe secco. «Ma cosa vi aspettate da un gruppo di taglialegna?» «Mi aspetto proprio il comportamento cui ho assistito» rispose Amanda. «E questa è la ragione per cui non sono adatti alle mie aspiranti spose.» Jason la studiò. «Così è questo? Queste sono le vostre ragioni? State dicendo che se i miei uomini si dessero una ripulita e imparassero un po' di buone maniere, voi portereste quassù le vostre signorine?» «No. C'è ancora una cosa di cui avrei bisogno» precisò Amanda. «E questa è la risposta alla domanda che vi ho fatto qualche minuto fa, signor Kruger. Perché voi non volete qui le mie signorine?» Jason tornò ad appoggiarsi allo schienale della sua sedia. «Deve bastarvi il fatto che ho cambiato idea a proposito di questa faccenda. Accontentatevi.» «Non posso» rispose Amanda. Apparentemente poco abituato al vedere qualcuno in disaccordo con lui proprio sulla sua montagna, Jason la fissò, scuro in volto. A quanto pareva, Jason Kruger era un uomo avvezzo a fare a modo suo. Congiunse le mani in grembo. «Non vedo come potremmo far funzionare questo progetto, se voi non intendete essere onesto con me.» Jason s'alzò, andò alla finestra e dandole le spalle cominciò a guardare Judith Stacy
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fuori. «Signor Kruger?» Non le rispose, spingendola a credere d'aver colto nel segno. Jason aveva delle altre ragioni per non voler mogli sulla sua montagna, oltre a quelle di cui le aveva già parlato. «Siete sposato?» gli domandò. «No.» «Fidanzato?» gli chiese ancora. «Ferito da una donna che avete amato? La vostra proposta di matrimonio è stata rifiutata?» Jason si voltò verso di lei, accigliato. «È solo, signorina Pierce, che non mi piace avere donne intorno. Non mi piace il modo in cui spadroneggiano, né come trasformano un uomo in agnello e gli fanno fare tutto quello che vogliono.» «Chi vi ha trasformato in agnello?» «Nessuno.» «Qualcuno deve essere pur stato» insistette Amanda. «Qualcuno che vi ha fatto del male.» Jason prese a camminare avanti e indietro, scacciando quell'idea con un cenno. «Non è successo niente del genere.» «Signor Kruger, non risolveremo mai questa situazione se voi non mi direte la verità.» Si fermò e la fissò in silenzio per un momento. «Mia madre» disse alla fine. «Ci ha fatto spostare da un capo all'altro del paese, per poi tornare indietro. Voleva abitare qui, poi là, poi in un altro posto ancora. Cercava di fare affari in una città, poi di guadagnare più soldi in un'altra.» Amanda era sbalordita dall'amarezza di quelle parole. Ciò che le stava dicendo era personale, molto personale. Lei non aveva intenzione d'intromettersi, non aveva avuto idea d'essersi avvicinata a un punto tanto dolente. Eppure la commuoveva, l'idea che Jason lo condividesse con lei. Sapeva che era un uomo che non amava fare quel genere di cose. «E vostro padre non ha mai obiettato?» gli chiese a voce bassa. «Non ha mai aperto bocca» rispose Jason. «Qualunque cosa lei volesse fare, a lui andava bene. Non so neppure in quanti posti diversi siano vissuti. Presso quanti parenti sono stato scaricato.» «Deve essere stato molto difficile, per voi» commentò Amanda. Jason alzò le mani. «Ho fratelli e sorelle disseminati ovunque. Judith Stacy
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Accidenti, qualcuno di loro non riuscirei neppure a riconoscerlo, se entrasse ora da quella porta.» «E voi incolpate vostro padre per non aver fermato vostra madre?» chiese ancora Amanda. «S'è lasciato calpestare. Qualunque cosa la facesse felice, a lui andava bene.» «La vostra infanzia deve essere stata molto infelice.» Jason non rispose. Si limitò a tornare alla finestra e a guardare fuori. Amanda aveva le idee più chiare. Non poteva biasimare Jason dopo tutto quello che lui aveva dovuto sopportare. Ciò che provava era genuino. Attraversò la stanza. Gli andò a fianco e fissò il suo profilo. «Avete ragione» mormorò. «Le cose cambiano, quando ci sono di mezzo le donne.» Lui la guardò, ma non rispose. «Eppure il cambiamento è proprio ciò che i vostri uomini vogliono» proseguì lei. «Se voi volete che io porti le mie aspiranti spose quassù, signor Kruger, allora dovete aspettarvi anche che le cose qui sulla vostra montagna cambino.» «Forse dovranno cambiare» replicò Jason, «ma questo non vuol dire che tutto ciò mi debba anche piacere.» «Non vi deve piacere, però dovete cooperare.» Non amava sentirsi dire cosa doveva fare. Amanda lo capì dal modo in cui strinse i denti, da come raddrizzò le spalle. Jason Kruger era un uomo abituato a dare ordini, non a riceverli. «Così abbiamo almeno chiarito una cosa» osservò Jason. «Qui il lavoro è al primo posto. Nulla è più importante del rispettare il contratto delle ferrovie. Capito?» «Perfettamente» rispose Amanda. L'espressione di Jason s'indurì ancora di più. «Non vi lascerò approfittare dei miei uomini.» «Vi assicuro, signor Kruger, che non accadrà.» Jason la studiò, come se cercasse di nuovo di decidere se fidarsi di lei oppure no. Dalla sua espressione Amanda capì cosa avesse deciso. «Toglierò qualche uomo dalla squadra e farò costruire un posto dove le vostre spose potranno vivere» dichiarò Jason. «Voglio che vengano qui appena sarà pronto.» Amanda sollevò il mento. «Assicuratevi che la camerata sia pronta, Judith Stacy
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quando arriveranno.» Ne aveva abbastanza di Jason Kruger e della sua prepotenza. Si voltò per andarsene, ma lui le prese il braccio con il più delicato dei tocchi. E lei si bloccò. La fronte di Jason era corrugata, i suoi occhi verdi avevano assunto una sfumatura dura di grigio. Amanda pensò che quell'espressione spaventasse ogni taglialegna così sconsiderato da provocarla. Un'espressione che le fece battere più forte il cuore, che la fece respirare a fatica. Ma non per la paura. «Non voglio problemi con i miei uomini per colpa delle vostre spose» scandì Jason. Amanda si staccò dalla sua presa. «Se pensate che qualcuno possa controllare una cosa del genere, signor Kruger, allora siete stato su questa montagna davvero troppo a lungo.»
8 La mensa era affollata, quando Jason vi entrò. L'aria del mattino era fredda, ma all'interno si stava bene. Il profumo della colazione e il mormorio delle chiacchiere si diffondevano nella grande stanza. Una giornata di lavoro, proprio come le altre. A Jason piaceva la continuità. Gli piaceva svegliarsi nel suo letto, guardare la sua montagna, sapendo cosa lo aspettava. Certo, doveva affrontare regolarmente problemi e sfide, ma erano tutti simili e poteva risolverli. Quel mattino, però, si sentiva diverso. Si sedette a tavola accanto a suo fratello, sul fondo della mensa. Uno degli aiutanti del cuoco gli versò una tazza di caffè. Jason ne bevve un sorso. «Hai un aspetto terribile» osservò Ethan, prendendo una forchettata di uova strapazzate. «È proprio come mi sento» borbottò lui di risposta, fregandosi gli occhi. «Sveglio tutta la notte a fantasticare sulla dolce signorina Pierce?» chiese suo fratello. «No» rispose in fretta Jason. Troppo in fretta. «Ho sentito dire che si è fermata» proseguì Ethan. Dal giorno precedente, quando aveva parlato con Amanda, Jason non aveva avuto ancora occasione di informare Ethan dell'accordo che avevano Judith Stacy
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raggiunto. Suo fratello era stato occupato tutta la sera con un problema alla segheria. Ma, in qualche modo, la voce s'era diffusa in tutta la montagna. Le aspiranti spose sarebbero arrivate. «Sarà un bene» asserì Ethan. «Sarai contento d'avere accettato.» «Sono contento perché potremo cominciare a lavorare alla commessa delle ferrovie» ribatté Jason, secco. Si riempì il piatto dai vassoi posati sul tavolo e cominciò a mangiare per non discutere oltre con Ethan. Aveva ancora dei dubbi, a proposito dell'arrivo di quelle donne sulla sua montagna. Ma, per via del contratto con le ferrovie, era stato obbligato ad andare avanti. Ciò che non era stato obbligato a fare, invece, era stato raccontare a quella donna dei suoi genitori. Fece una smorfia, al pensiero della facilità con cui le aveva parlato, il giorno prima, dei suoi problemi personali. Particolari che non aveva mai detto ad anima viva. Amanda sapeva, sul suo conto, cose di cui nessuno, su quella montagna, era informato. Eppure gliele aveva raccontate. Aveva aperto la bocca e tutte quelle cose n'erano uscite come se quella donna fosse stata il suo amico più caro. A Jason non piaceva parlare dei suoi genitori neppure con Ethan. Tuttavia ne aveva parlato con Amanda. Sorseggiò il caffè, cercando di chiarirsi le idee. Donne. Quello era il genere di problemi che creavano. Deciso a cominciare a lavorare, si voltò verso suo fratello. «Ethan, stamattina voglio che tu...» La sua voce si spense, mentre un'onda di silenzio si diffondeva nella stanza. Sulla porta era apparsa Amanda. Era una bella donna, su quello non c'erano dubbi. Quel giorno era tutta vestita di rosa, elegante e perbene. Proprio come doveva essere una vera signora. Insieme a ogni altro uomo presente in mensa, Jason rimase a fissarla. Si perse nella visione di Amanda, stagliata nel vano della porta contro il sole brillante del mattino, finché Ethan non gli diede una gomitata. «Se non altro» mormorò, «almeno il panorama è migliorato, no?» Riscosso dal suo stupore, Jason s'alzò e attraversò la mensa. Amanda aspettava accanto alla porta, tranquilla e sorridente, consapevole che ogni sguardo della stanza era puntato su di lei. Sorrideva ai suoi uomini. Poi quel sorriso fu tutto per lui, e per una Judith Stacy
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frazione di secondo Jason sentì le gambe cedere, il petto stringersi. Una reazione che lo irritò. «Uscite, signorina Pierce» le disse. «Aspetterò qui che abbiate finito di mangiare» gli rispose. «Così non vi disturberò.» Lo aveva già fatto, e in più di un modo, ma non glielo avrebbe mai detto. «Fuori.» Jason le indicò la porta con un cenno del capo, poi ricordò le buone maniere. «Per favore, signorina Pierce.» Amanda salutò i suoi uomini chinando il capo e poi uscì. Jason s'incamminò dietro le sue gonne ondeggianti. «Pensavo che stamattina, dopo colazione, fosse un buon momento per discutere con i vostri uomini» disse, una volta fuori. «Ho bisogno di sapere con esattezza quanti di loro vogliano prendere moglie, in modo da pianificare le cose per bene.» «Pianificare?» «Sì, pianificare» annuì Amanda. «Quante signorine devo far venire, dove andranno a stare, di quali e quanti mobili avranno bisogno, di quante provviste.» «Be', certo» concordò Jason, un po' sorpreso dall'impegno con cui lei stava affrontando quella faccenda. «Questa potrebbe anche essere una buona occasione per i vostri uomini di capire cosa ci si aspetta da loro» gli fece notare. «Che puzzano e che sono maleducati, volete dire?» «Pensavo d'affrontare l'argomento con più delicatezza» gli rispose, sorridendogli. Jason desiderò che non gli avesse sorriso, perché lo spinse a sorridere a sua volta, controvoglia. «È per questo che è meglio che sia io a parlare con loro» replicò. Rientrarono. Solo uno o due dei taglialegna stavano ancora facendo colazione, ma nessuno aveva lasciato il proprio posto. Stavano tutti fissando Amanda, e questo lo seccò. Si parò di fronte a lei. «Allora, statemi a sentire» cominciò a dire ad alta voce. «Tutti quelli che vogliono sapere come prendere moglie restino qui. Gli altri vadano fuori.» Lentamente qualcuno s'alzò e uscì, senza trattenersi dal voltarsi per vedere meglio Amanda. Circa metà dei suoi uomini restò seduta a tavola. Amanda sorrise e avanzò. «Mi fa piacere che molti di voi siano interessati alle mie proposte» Judith Stacy
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esordì. «Parliamo d'affari. Come prima cosa, il prezzo abituale per una delle mie aspiranti spose è di duecento dollari. Comunque, giacché siete così numerosi, posso ridurre il prezzo a centocinquanta.» Amanda sentì lo sguardo di Jason su di sé e sperò che fosse contento della sua riduzione delle tariffe. La sera precedente era rimasta alzata fino a tardi a parlarne con Meg, discutendo della situazione e cercando di valutare le spese. «Questa sera, dopo cena, comincerò i colloqui» li avvertì. «Chi è interessato potrà parlare con me a quell'ora.» Lanciò un'occhiata a Jason, sorrise ancora una volta ai suoi uomini e infine lasciò la mensa. Era contenta che Jason si fosse offerto di discutere con gli uomini il problema dell'igiene. Ma anche là fuori udì la sua voce forte che diceva, in termini chiari, che puzzavano e che dovevano imparare un po' di buone maniere, se volevano che una donna accettasse di sposarli. A volte Amanda invidiava agli uomini la loro libertà. Potevano dire e fare quasi ogni cosa e cavarsela solo perché erano uomini. Nessuno s'aspettava da loro che si comportassero in un certo modo, che fossero riservati, docili, cortesi e dignitosi. Potevano essere irresponsabili e inquieti, se lo desideravano, senza preoccuparsi della loro reputazione. Qualcosa che poche donne potevano permettersi. Più tardi le squadre dei taglialegna lasciarono la mensa e si diressero su per la montagna. Jason li seguì fuori. «Quanti hanno protestato, sentendosi dire che devono fare un bagno e imparare le buone maniere?» gli chiese Amanda. Jason scosse la testa. «Nessuno.» «Bene. Questo significa che avrò bisogno di ventitré aspiranti spose. Sarà meglio che mi metta subito a lavorare.» Amanda fece per allontanarsi, poi si voltò. «Oh, signor Kruger, ancora una cosa. Avrò bisogno di un posto dove vivere, dato che sembra che rimarrò qui per un po' di tempo.» «Cosa c'è che non va, nella casa di Meg?» «È un po' troppo stretta. E poi non è giusto che vada a disturbare lei e Todd.» Amanda indicò le casette disseminate sul fianco della montagna, oltre la casa di Meg. «Ho notato che una di quelle è vuota. Vi dispiace se mi ci trasferisco?» Jason scosse la testa. «Signorina Pierce, vi ho già detto che qui il lavoro Judith Stacy
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viene per primo. Non posso mandare nessun uomo ad aiutarvi.» Amanda raddrizzò le spalle. «Vi ho chiesto aiuto, signor Kruger?» «Be', no. Ma quella casa è sporca. Voi non potete...» «Non sta a voi dire cosa posso o non posso fare, signor Kruger. Potrete essere il proprietario di questa montagna, ma io non sono una vostra proprietà.» Quella sfida lo scosse. Nessuno poteva attaccarlo, sulla sua montagna. Nessuno. Ed ecco che la piccola signorina Amanda Pierce lo faceva un'altra volta. Il suo corpo fu attraversato da uno strano calore. «Tutto ciò che voglio sapere, signor Kruger, è se posso trasferirmi o no in quella casetta.» Jason avrebbe voluto baciarla. L'intero suo corpo era risvegliato dal desiderio di abbracciarla, di stringerla a sé. Di passare le sue mani su... «Signor Kruger?» Amanda s'era fatta impaziente. «Avete sentito cosa ho detto?» Jason si calcò il cappello sulla fronte. «Sì, potete trasferirvi. Ma vi sto dicendo che la casa è sporca. Avrà bisogno di...» «Grazie. Questo è tutto ciò che avevo bisogno di sapere.» Amanda lo salutò con un secco cenno del capo e s'allontanò. Jason rimase a guardarla, fissando per un momento il delizioso ondeggiare delle sue sottane. Poi la seguì. Non gli faceva piacere che Amanda, o chiunque altro, prendesse delle iniziative. Quella era la sua montagna. Era lui a decidere. Le si parò davanti, fermandola. «Non vi lascerò andare in giro per la montagna a fare tutto quello che vi pare. Sono io a prendere le decisioni, da queste parti.» Amanda alzò gli occhi al cielo e aprì le braccia. «Prima mi venite a dire che non devo interferire, che non devo assolutamente disturbare voi, i vostri uomini e il loro lavoro. Poi mi dite il contrario. Signor Kruger, non potete avere entrambe le cose.» «Sì che posso» replicò, avvicinandosi e piegandosi su di lei. «Questa è la mia montagna. Posso fare come voglio.» Amanda lo fissò. «E quelle sono le mie aspiranti mogli. Le devo portare qui sotto la mia responsabilità, ed è ciò che intendo fare. Che a voi vada bene oppure no.» Poi sollevò le sottane, gli girò intorno e salì a passo di marcia su per la montagna. Judith Stacy
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Jason rimase a fissarla. Dannazione, che donna irritante! Testarda, ostinata, invadente. Si tolse il cappello e si passò una manica sulla fronte. Era irritato. Ma più con se stesso che con lei. Perché, nonostante tutto, voleva ancora baciarla. Per il secondo giorno di fila, Jason non salì sulla montagna insieme alle squadre, preferendo restare in ufficio a lavorare sulle scartoffie. O, almeno, a cercare di farlo. La sua scrivania era proprio di fronte alla finestra, nella posizione ideale per vedere le casette che punteggiavano il fianco della montagna. E, se si sporgeva sulla sinistra, poteva vedere proprio la casetta in cui Amanda si stava trasferendo quella mattina. Jason borbottò e distolse lo sguardo, tornando ai suoi registri. Il collo stava cominciando a fargli male. Cercò di concentrarsi sulle colonne di cifre, rifiutandosi di guardare fuori della finestra. Quella dozzina di casette era occupata dai proprietari delle botteghe del villaggio e da alcuni dei taglialegna. A Jason non importava dove vivessero i suoi uomini, gli bastava che non stessero lontano dall'accampamento. Alcuni di loro, quelli cui non piaceva la camerata comune, s'erano costruiti una casetta per proprio conto. Anche su questo non aveva niente da dire, a patto però che lo facessero nel loro tempo libero e con il loro denaro. La casetta abbandonata che Amanda aveva scelto per sé era appartenuta a uno dei suoi uomini, che se n'era andato mesi prima. Era la più lontana e si trovava in una radura circondata d'alberi. Costruita per un uomo solo, era piccola e isolata e nessun altro l'aveva voluta. Ma quel giorno Amanda s'era messa a pulirla come se la regina d'Inghilterra in persona intendesse andarci ad abitare. Jason aveva visto Amanda e Meg fare la spola portando secchi, scope, casse di prodotti per pulire. Avevano passato ore, in quel posto. E lui aveva passato altrettanto tempo piegato sulla sinistra, a guardarle fuori della finestra. Imprecò ancora a bassa voce, rendendosi conto d'averlo fatto di nuovo. Proprio non riusciva a smettere. Rendere abitabile un posto come quello era un lavoro duro. Amanda era una vera signora. A casa sua probabilmente aveva domestiche che Judith Stacy
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facevano quel genere di lavori per lei. Di certo non era abituata a fare i lavori pesanti. Poteva addirittura farsi del male. Jason voltò una pagina del registro. Se si fosse fatta male avrebbe imparato, si disse. Aveva insistito a fare di testa sua, aveva ignorato i suoi consigli, no? Che donna testarda! Certo, per lavorare s'era cambiata d'abito. Era la prima cosa che Jason aveva notato. O meglio, aveva notato come non portasse un bustino. E questo significava che, probabilmente, non aveva indosso tutte quelle cose che le donne sono solite portare sotto gli abiti. Il sangue prese a scorrergli più veloce nelle vene. Jason si costrinse a tenere lo sguardo fisso sulle cifre davanti a lui, cercando di concentrarsi. Non funzionò. Le cifre presero a mescolarsi. Richiuse il registro di scatto. Quello era proprio il genere di cose che non voleva che succedessero. Non era riuscito a lavorare per niente, e per colpa di una sola donna. Si corresse, cupo. Non per una donna qualunque. Quella era Amanda Pierce. Si riscosse e tornò alla sua preoccupazione. Amanda non era abituata ai lavori pesanti. Era troppo testarda per ammettere d'aver bisogno d'aiuto. Poteva farsi del male. E lui non voleva che qualcuno si facesse del male nel suo accampamento. L'intera montagna era sotto la sua responsabilità. Stava a lui far sì che le sue regole fossero rispettate. Sarebbe andato fin lassù e lo avrebbe ricordato alla signorina Amanda Pierce. S'alzò in piedi, prese il cappello e lasciò l'ufficio. Il rumore della segheria si diffondeva in tutto l'accampamento, quando si diresse verso il gruppo di casette. A quell'ora del giorno c'erano poche persone in giro. Un paio di ragazzini figli dei negozianti, un cane che correva. Il cuoco e i suoi aiutanti erano occupati a preparare il pranzo. Jason salì su per la collina, superò le casette occupate e proseguì verso quella che Amanda aveva scelto. Il sole filtrava dal tetto di foglie sopra di lui, scaldando l'aria. Era quasi mezzogiorno e il giorno s'era fatto caldo. Si fermò sui gradini del portico. La casetta non sembrava granché. Una sola stanza, un tetto inclinato, un portico sul davanti. Ma era solida e massiccia. Il taglialegna che l'aveva costruita sapeva cosa stava facendo. La porta era socchiusa, ma Jason non udiva nessuna voce. Salì sul portico e fece capolino all'interno. I pochi mobili lasciati dal Judith Stacy
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taglialegna che se n'era andato erano stati tutti spostati su un lato della stanza, il lato che aveva ancora bisogno d'essere pulito. L'area che faceva da cucina era già immacolata. Nessun segno d'Amanda e di Meg. Non le aveva viste allontanarsi, ma forse se n'erano andate nei pochi momenti in cui era riuscito a concentrarsi sui suoi registri. Scese dal portico e girò attorno alla casa. Poi, prima di svoltare l'ultimo angolo, s'irrigidì. Il fiato gli mancò. Amanda era sul piccolo portico sul retro. S'era cambiata, e al posto dell'abito rosa che le aveva visto prima indossava un semplice vestito verde di cotone stampato che doveva aver chiesto in prestito a Meg. Attorno ai capelli aveva avvolto una sciarpa gialla. Sedeva sul portico, appoggiata alla porta, con gli occhi chiusi. E le gambe, le gambe nude, stese di fronte a lei. A Jason girò la testa, mentre sbirciava dall'angolo. La vide tirarsi la sottana ancora più in su, sulle ginocchia, esponendo le sue gambe lunghe e ben tornite e i suoi piedini al sole. Jason sentì un'onda di calore nascergli nel ventre e scendere più in basso. Oziosamente, a occhi chiusi, Amanda prese un fazzoletto da un catino colmo d'acqua fresca accanto a lei. Slacciò i primi due bottoni dell'abito e piegò indietro la testa. Poi strizzò il fazzoletto. Alcune gocce le scesero sulla gola, sul petto, e infine sparirono sotto il tessuto del suo abito. Jason dovette stringere i denti per non mettersi a gemere. Questo non impedì, però, al resto del suo corpo di reagire. Stregato, rimase a fissarla. La signorina perbene che aveva visto arrivare all'accampamento era sparita. Lì c'era una donna, una vera donna. Rilassata, distesa, disinibita. Da toccare. Sì, tutta da toccare. Il suo corpo lo sentiva. In quel momento non desiderava altro che toccarla. Non aveva desiderato nulla, nella sua vita, con tanta intensità. Il desiderio lo stringeva in una morsa. Rimase a guardare Amanda, catturato dall'incantesimo, un incantesimo che lei non sapeva neppure d'aver gettato su di lui. La sua immaginazione prese a galoppare sfrenata. Come avrebbe amato baciare quelle piccole gocce che le scendevano Judith Stacy
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lungo il petto. Posare le labbra sulla sua pelle umida. Carezzarla tutta. Rimase a guardarla perduto, felicemente perduto, finché la sua coscienza non si fece sentire. Non voleva mettere fine a quel momento d'intimità, quando lei era lì solo per i suoi occhi, ma sapeva di doverlo fare. Fece qualche passo indietro e la chiamò ad alta voce. Le diede qualche secondo, poi tornò ad avanzare. Quando svoltò l'angolo Amanda s'era riavuta. Lui no. Sedeva ritta, con tutti i bottoni ben allacciati, le braccia strette attorno alle ginocchia piegate. Ma il vederla seduta in modo così beneducato ricordò a Jason cosa aveva appena visto. E quanto avrebbe voluto rivedere. La sua era una visita inattesa, ma con sua grande sorpresa Amanda non sembrò turbata. «Cosa ci fate qui?» gli chiese aggrottando la fronte. Jason la raggiunse e la fissò. «Non ditemi che in qualche modo ho turbato il tranquillo procedere del lavoro su in montagna!» aggiunse Amanda. Le si sedette accanto, lottando contro il desiderio di risponderle con sincerità. Di dirle che l'unico a essere turbato, lì su quella montagna, era lui. Parole che gli sarebbero potute facilmente sfuggire. Jason non intendeva correre un pericolo del genere. «Come stanno andando le pulizie?» le domandò invece, indicando la casa con un cenno del capo. «Siamo a metà» rispose Amanda. «Meg è andata a prendere un po' di limonata. Non so come avrei fatto, senza di lei.» Jason annuì, anche se aveva sentito solo metà di ciò che gli veniva detto. Scorse un lembo della sua sottoveste. Questo gli ricordò come fosse nuda sotto l'abito, senza il bustino, il corsetto e tutte quelle cose che le donne sono solite indossare. «La natura qui è molto differente» mormorò Amanda, guardando gli alti alberi in direzione della montagna, i fiori selvatici, il sottobosco. Jason seguì il suo sguardo e si strinse nelle spalle. «Diversa da San Francisco, volete dire? Sono d'accordo.» «Siete stato a San Francisco?» gli chiese lei di rimando. «Sono stato in molti posti.» «Ma questo è quello che vi piace di più?» Jason fece spallucce. «Mi va bene.» «La montagna è così selvaggia. Indomita. Quasi esotica.» Lo sguardo di Judith Stacy
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Amanda si staccò dagli alberi e s'appuntò su di lui. «È per questo che vi piace?» «È per questo che non vi piace?» ribatté lui, secco. Amanda sembrò un po' offesa. «Anch'io posso essere selvatica, a volte.» «Ah, davvero? Alzate il mignolo quando bevete una tazza di tè?» «Oh, sappiate che l'ho già fatto una volta!» lo informò. La vide sollevare un angolo della bocca. Da questo capì che stava scherzando, e non poté fare a meno di sorridere a sua volta. «E che mi dite di voi? Vi siete mai comportato in modo selvatico?» «Ho avuto i miei momenti» le rispose, avvicinandosi. «Ne dubito» replicò Amanda. Jason si avvicinò di più, sorridendo di nuovo. «Potrei sorprendervi.» «Non fate altro che lavorare» proseguì lei. «Ethan dice che sono mesi che non scendete dalla montagna.» «Non avevo una buona ragione per farlo» ribatté, riuscendo a trattenersi dall'aggiungere che, dal suo arrivo, non ne aveva più. «Visto? Proprio quello che volevo dire. Non fate altro che lavorare.» La sua non gli sembrò una critica, sola un'osservazione. Jason non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva semplicemente parlato con una donna. Ricordava, invece, l'ultima volta che se n'era portato a letto una, anche se l'immagine del volto sembrava essere svanita dalla sua mente. Nessuna donna aveva mai trattenuto la sua attenzione così a lungo. Non poteva neppure dire che fosse la conversazione ad affascinarlo tanto in quel momento. Perché lo turbava già abbastanza veder spuntare quei piedini delicati dall'orlo della gonna di Amanda. Non sarebbe riuscito a spiegare perché la cosa lo turbasse tanto. Raddrizzò le spalle per allentare la tensione. Forse sarebbe dovuto scendere più spesso dalla sua montagna. Guardò Amanda, lottando contro il desiderio di prenderle il volto fra le mani e baciarla sulle labbra. Distolse lo sguardo. Forse doveva proprio scendere dalla montagna.
9 Sentirono delle voci, poi Todd svoltò di corsa l'angolo. Un momento più tardi Meg lo segui. Come Amanda, anche Meg indossava un abito semplice e una sciarpa attorno ai capelli. Ethan la seguiva, portando una Judith Stacy
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brocca di limonata. Jason scattò in piedi. Ethan si fermò su un gradino. «Tu dovresti essere alla segheria» disse Jason. «Tu dovresti essere a lavorare sui registri» ribatté Ethan. Rimasero a fissarsi in cagnesco per un momento, finché Meg non parlò. «Ethan mi ha aiutato con la limonata.» Amanda si rimise le scarpine e s'alzò, sentendosi un po' delusa. Jason e lei non avevano più tutto il portico per loro. Entrarono nella casetta e si sistemarono nella metà che era stata già pulita, la parte della cucina. Amanda asciugò le tazze di metallo che aveva lavato e Meg versò la limonata. «Questo posto sta già prendendo forma. Avete fatto un sacco di lavoro, questa mattina» osservò Ethan, guardandosi intorno. «Forse dovremmo assumere voi signore nelle squadre dei taglialegna.» Tutti scoppiarono a ridere. Todd entrò di corsa dalla porta sul retro. «Piano, ragazzino» lo ammonì Ethan, e lo afferrò prima che andasse a scontrare Amanda. Todd si avvicinò alla madre e le tirò la manica. «Ethan dice che domenica io e lui possiamo andare a pescare.» Meg si voltò verso Ethan. «Davvero? Pensate di riuscire a trovare il tempo?» Lui si strinse nelle spalle. «Certo. Pescare mi piace, e Todd è un buon compagno di pesca.» Il ragazzino s'asciugò la fronte con la mano. «Io ed Ethan siamo andati a pescare insieme diverse volte.» Meg, affettuosa, carezzò il capo del figlio e gli passò una tazza di limonata. Ethan indicò con un cenno del capo l'altro lato della stanza, ancora sporco e pieno della rozza mobilia. «Avete spostato voi due signore tutta quella roba?» chiese loro. «Certo che sì» rispose Amanda. Ethan e Jason si scambiarono uno sguardo pensoso. «Ci sono dei mobili pesanti» osservò Ethan. «Possiamo farcela» dichiarò Amanda. Jason aggrottò la fronte. «State a sentire, signorina Pierce, so che siete abituata a lasciar fare queste cose alla servitù. Ma dovete rendervi conto che pulire a fondo questa casa sarà un lavoro duro.» Judith Stacy
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«Servitù?» Amanda s'irrigidì. «Non saprei cosa farmene, anche se avessi dei domestici.» Jason s'incupì ancora di più. «Ma io pensavo che...» «Proprio così.» Bruscamente, Amanda gli prese la tazza vuota e la mise da parte. «Ora, se voi signori volete lasciarci, noi avremmo un sacco di lavoro da sbrigare, questo pomeriggio.» Né Jason né Ethan si mossero. «Non mi piace l'idea di voi due che spostate tutti questi mobili» disse Ethan. «Li abbiamo già spostati una volta» protestò Amanda. «Tutto ciò che ci resta da fare è spingerli sul portico, finire le pulizie e poi rimetterli a posto. Non sarà un problema.» Jason ed Ethan si guardarono negli occhi, poi guardarono i mobili. Ethan scosse la testa. «Resterò ad aiutarvi.» «No, resterò io» decise Jason. «Tu dovresti controllare i registri.» «E tu dovresti stare alla segheria.» I due uomini si guardarono in cagnesco per un momento. Ethan fu il primo a parlare. «La segheria può andare avanti senza di me per un po'.» «E quei registri saranno ancora là, quando tornerò in ufficio» affermò Jason. «Nessuno di voi due si fermerà» dichiarò Amanda. Si frappose tra i due uomini, li prese per il braccio e li scortò fino alla porta della casetta. «Buona giornata, signori» augurò loro. Entrambi si fermarono, si liberarono dalla sua presa e ritornarono all'interno. «Prendilo dall'altra parte» disse Jason a Ethan, indicandogli il tavolo di cucina. Lo portarono fuori. Amanda aprì la bocca per protestare, poi cambiò idea. Jason aveva quell'aria decisa che gli aveva già visto più di una volta, così sapeva che non sarebbe stato a sentirla. Che uomo ostinato... Gli uomini sbarazzarono la stanza in poco tempo. Amanda non aveva richiesto il loro aiuto, ma vedendo la facilità con cui avevano spostato i mobili, fu grata che l'avessero aiutata. Quando tutto fu sul portico, Ethan chiamò Todd. Judith Stacy
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«Vieni da me, quando queste cose dovranno tornare dentro» gli ordinò. Il ragazzino annuì. Ethan sorrise e gli arruffò i capelli. «Conto su di te, Todd.» Amanda uscì. Vide che Jason era fermo sul portico. «Non volevo che lo faceste» gli disse, «ma vi ringrazio.» Lui si tolse il cappello e s'asciugò la fronte con la manica. «Non volevo che vi poteste fare del male» le rispose. «Non posso perdere un giorno per mandare un uomo giù dalla montagna a cercare un dottore. Da queste parti gli affari...» «... vengono per primi. Sì, siete stato chiaro, signor Kruger.» Jason strinse le labbra per non sorridere e si rimise il cappello. «Ora fate attenzione.» Ethan uscì. Lui e Jason rimasero lì ancora per un po', poi se n'andarono. Amanda e Meg rimasero sul portico a guardarli mentre scendevano lungo il fianco della collina. Ethan si voltò e salutò con la mano. «E' un brav'uomo» disse Amanda. «Sì, lo è» concordò Meg a bassa voce. Amanda si stupì vedendo Jason voltarsi. Non salutò, si limitò a girarsi per lanciarsi un'occhiata alle spalle. Sorprendentemente, lei sentì il cuore balzarle nel petto. «Dovremmo ricominciare» osservò, senza smettere di guardare i due uomini che si stavano allontanando. «Sì, dovremmo» annuì Meg, senza accennare a muoversi. Passarono diversi minuti, e nessuna di loro si mosse. «Vi piace, vero?» chiese Amanda a bassa voce. Meg si voltò, pronta a negare. E invece sospirò. «Sì. Per tutto il bene che mi fa.» «Per via di vostro marito, dite?» «Sì. Sono ancora sposata» rispose Meg. «Qualsiasi cosa io provi per Ethan, questo non cambierà.» «Avete mai pensato di divorziare da Gerald?» Meg scosse la testa. «Non ho idea di dove possa essere.» «Ethan potrebbe trovarlo» disse Amanda, sapendo che era vero. Avrebbe rintracciato Gerald McGee e assicurato a Meg il divorzio. In quello, i fratelli Kruger s'assomigliavano. Riuscivano a fare ciò che si proponevano. «Ci ho pensato.» Meg si tormentò le mani. «Ethan non ha mai fatto nulla Judith Stacy
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di sconveniente. Sono ancora sposata, e questo lo rispetta. Ma da qualche tempo è sorto qualcosa fra di noi.» «Ve ne ha mai parlato?» «No.» Meg scosse la testa. «Non lo farebbe mai. Non finché non sarò libera.» «Non siete ancora pronta?» «Posso divorziare legalmente da Gerald, ma moralmente? Lui è mio marito. Ho fatto delle promesse davanti a Dio.» Meg guardò lontano. «E sarà sempre il padre di Todd.» «Todd va matto per Ethan.» «Lo so. Ethan passa molto tempo con lui» rispose Meg. «Ha aiutato Todd da quando Gerald se n'è andato.» Amanda sospirò. Quello era davvero un dilemma non da poco. Meg ed Ethan erano attratti l'uno dall'altro, forse sul punto d'innamorarsi, eppure li separava un uomo che non c'era. Meg si riscosse e si sforzò di sorridere. «Sarà meglio tornare a lavorare.» Passarono l'ora seguente togliendo ragnatele, lavando pareti e finestre, scrostando dal pavimento cose che Amanda preferiva non identificare. Si trattava di lavoro pesante, ma Amanda era felice di farlo. Avere un posto dove vivere era il primo passo nello sviluppo del suo progetto di portare lì sulla montagna le sue aspiranti spose. E nulla, per lei, era più importante. «Ehi, salve!» Con una fitta alla schiena, Amanda si voltò e vide una ragazza ferma sulla soglia. «Voi dovete essere Amanda Pierce» disse la giovane, sorridendole. «Santo cielo, signorina Pierce, su tutta la montagna non si parla d'altro!» Meg smise di pulire una finestra. «Amanda, questa è Becky, la nipote di Polly Minton. Si è appena trasferita qui dalla Georgia.» Becky fece una smorfia e alzò gli occhi al cielo. «Diciamo che è stata una condanna!» Doveva avere circa sedici anni, giudicò Amanda, e aveva capelli biondi e occhi azzurri. «Questa montagna è allegra come un raduno di Quaccheri» si lamentò Becky. Poi sbuffò, le mani sui fianchi. «Così ho pensato di venire qui e vedere se potevo darvi una mano.» «Tua zia Polly non ha bisogno di te?» chiese Meg. «Oh, zia Polly lavora come un mietitore al momento del raccolto! Non Judith Stacy
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mi lascia fare quasi nulla.» «Allora prendi pure un secchio e uno straccio» rispose Amanda con un sorriso. «Mi fa piacere avere il tuo aiuto.» Nel tardo pomeriggio le tre donne convennero che ormai la casetta era abitabile, così uscirono sul portico e cominciarono a pulire con vigore i mobili. Todd stava giocando nei pressi e corse verso di loro. «Vado a dire a Ethan e al signor Kruger che ora si possono spostare i mobili, mamma?» «Oh, accidenti, non abbiamo bisogno di uomini per farlo!» proruppe Becky, scostandosi dalla fronte una ciocca di capelli. «Gli uomini sono più lenti di una talpa d'inverno. E poi brontolano sempre, quando ci sono da spostare dei mobili.» Né Meg né Amanda potevano darle torto, e così cominciarono a darsi da fare. In tre riuscirono a sistemare i mobili proprio dove Amanda li voleva, poi appesero le tendine prestate da Meg. Amanda si portò le mani alle reni. «Sei una benedizione, Becky. Come posso ricompensarti per tutto il duro lavoro che hai fatto?» «Non sono venuta qui aspettandomi d'essere pagata» le rispose. «E' solo buon vicinato.» «Be', allora grazie mille» sorrise Amanda. «Te ne sono davvero grata.» «Ci vediamo più tardi!» Becky le salutò con la mano e uscì. «C'è altro che possa fare?» chiese Meg. Amanda proprio non si sentiva di chiederle ancora qualcosa. Meg le aveva già prestato tende, lenzuola, utensili di cucina, provviste. Per non parlare della fatica che aveva fatto per lei. «Non saprei» replicò. «Vi restituirò le vostre cose appena riuscirò ad andare a Beaumont a fare un po' di acquisti.» «Non c'è fretta» rispose Meg, con un sorriso. «Sono felice che siate qui.» Le fece un cenno di saluto e uscì, lasciandola sola in casa. Nella sua nuova casa. Non era granché, certo, solo una stanza con un letto, un armadio, brocca e catino per lavarsi in un angolo chiuso da una tenda. Una cucina a legna, una credenza, un tavolo e una sedia verso il fondo. Con un respiro profondo, Amanda si ripeté il motivo che l'aveva portata fin lì. Lì in quella casetta di legno, su quella montagna, nel regno dei taglialegna. Il primo passo era stato fatto, ed era soddisfatta del risultato. Era arrivato il momento di fare il passo successivo. Judith Stacy
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Presto i taglialegna sarebbero scesi dalla montagna per cenare. Amanda avrebbe incontrato ogni aspirante marito e deciso quali ragazze mandare a chiamare. Sorrise fra sé, al riparo delle pareti della sua casetta silenziosa. Quella era la parte della sua attività che preferiva. Stabilire cosa un uomo e una donna stessero cercando in un'altra persona. Trovare il compagno più giusto. Unire due persone per un'intera vita di felicità. Un'intera vita di felicità... Amanda si voltò di scatto e si diede da fare a pompare acqua nel catino. Solo perché una cosa del genere non era accaduta a lei, questo non significava che non potesse accadere alle sue aspiranti spose. Per quello trovare il marito giusto era importante. Molto importante, e lei lo sapeva perfettamente. Scacciando quel pensiero, si concentrò su ciò che l'aspettava. L'incontro con i taglialegna. Il respiro le mancò. Questo significava che avrebbe dovuto rivedere Jason Kruger. Era possibile riuscire a passare un altro momento insieme a lui senza litigare? O senza baciarsi?
10 Amanda aveva sperato in cuor suo che le cose fra Jason e lei potessero andare lisce, ma quel pomeriggio entrò nell'ufficio andando incontro a una delusione. Jason era seduto alla sua scrivania, a capo chino, intento a studiare un registro. Sollevò lo sguardo, quando la sentì entrare, e aggrottò la fronte. Amanda si bloccò. Il suo primo impulso fu di chiedergli cosa lo turbasse. Ma era inutile, conosceva già la risposta. «Bene» cominciò a dire, brusca, avvicinandosi alla sua scrivania. «Siete qui. Ci sono alcune cose che vorrei discutere con voi.» L'espressione di Jason si fece più severa, quando la squadrò da capo a piedi. Amanda, che indossava un abito rosa con un giacchino in tinta, sapeva di essere più presentabile di quando l'aveva sorpresa a fare pulizie nella sua casetta, ma non credeva di meritare tanta attenzione. «È stato Ethan a spostare i vostri mobili?» le chiese. «Non è stato necessario» gli rispose, parandoglisi davanti. «Ci abbiamo pensato noi.» Judith Stacy
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«Vi avevo detto di non farlo.» Quelle parole suonarono come un ordine, e questo la irritò. Ma Amanda si sforzò di scacciare la collera per non perdere tempo con qualcosa di così poco importante. «Il primo argomento che vorrei discutere con voi, signor Kruger» cominciò, ignorando quella frase irritante, «è...» «Statemi a sentire, signorina Pierce» fece Jason, alzandosi dalla sedia. «Quando io dico che una cosa deve essere fatta in un certo modo, vuol dire che è così che deve essere.» Amanda lo fissò dritto negli occhi. «State parlando ancora dei mobili?» «Sì.» «Be', io no.» Amanda aprì la borsa. «Ora, come prima cosa...» «Fermatevi.» Il tono basso della voce di Jason le tolse il fiato. Torreggiava su di lei, anche dall'altra parte della scrivania. In qualche modo le sembrava più alto, il suo petto più ampio. Ma non era la paura che evocava in lei. Era qualcosa d'altro. Qualcosa che scatenava in lei una sorta d'onda calda, un'onda che la spingeva a girare attorno alla scrivania, ad avvicinarsi. Anche se non era sicura di ciò che avrebbe fatto una volta là. Amanda sbuffò, scacciando quella strana e sgradita sensazione. «Molto bene, signor Kruger, avete illustrato in modo sufficientemente chiaro il vostro punto di vista» affermò. «Ora possiamo andare avanti?» Jason non parve molto disposto a farlo, ma sembrò rilassarsi. «Di cosa volete parlare?» le domandò, cambiando argomento. «Del dormitorio delle ragazze.» «Ah, sì. Ho qui il progetto» rispose Jason, andando verso un armadietto che si trovava contro la parete opposta. Amanda sorrise. Un progetto? Aveva già preparato un progetto? S'era messo a pensare a ciò di cui avrebbero avuto bisogno le sue aspiranti spose, s'era dato così da fare da disegnare addirittura un progetto? Si rilassò un poco. Forse, si disse, tutta quella faccenda non sarebbe stata una continua battaglia. Jason frugò nell'armadietto per qualche minuto, poi ne estrasse un rotolo di carta che stese sulla scrivania, fermandone gli angoli con i registri. Prese una matita e cominciò a indicare alcuni punti del disegno. «Questo ospiterà ventiquattro uomini. Ventiquattro donne, volevo dire.» Guardò Amanda per un momento, poi riprese. «Sei file di quattro brande Judith Stacy
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ciascuna.» «Brande?» chiese Amanda, cercando di decifrare il disegno. Jason annuì e le indicò un altro punto. «E qui c'è un armadietto per ogni donna.» «Un armadietto?» chiese ancora lei, cercando di capire. «Sì. Qui, vedete?» Le indicò un punto con la matita. «Per metterci le loro cose.» «Sì, vedo» annuì Amanda, sollevando lo sguardo. «Ma se devo dire la verità, signor Kruger, proprio non capisco.» Jason la fissò stupito. «Cosa non capite? E' una stanza con ventiquattro letti e ventiquattro armadietti.» «Questa parte è chiara» gli rispose. «Non è chiaro come voi possiate pensare che le mie aspiranti mogli possano vivere in questo modo.» Jason lasciò cadere la matita sul progetto. «Questo è il progetto che ho usato per costruire il dormitorio degli uomini. Cosa c'è che non va?» «Nulla, se fosse per i vostri taglialegna. Ma le mie spose non possono vivere in queste condizioni.» Amanda indicò il progetto con un cenno della mano. «Tra le file delle brande non c'è abbastanza spazio perché le ragazze si possano vestire, intanto, per non parlare della questione della privacy. E che se ne farebbe, una donna, di un solo armadietto per tutte le sue cose?» Jason fece un respiro profondo. «Immagino che voi abbiate una soluzione migliore.» «Be', a dire la verità, è proprio così.» Amanda prese un foglio dalla borsa, lo aprì e lo posò sul progetto. Jason la guardò per un momento, poi si piantò i pugni sui fianchi e studiò il foglio. «È solo uno schizzo» gli disse in tono di scusa. «Non è completo come il vostro progetto del dormitorio, naturalmente.» Pensoso, Jason si massaggiò il mento. «E' una costruzione a due piani» cominciò a dire, senza guardarla. «Sì» fece Amanda con un sorriso, felice che il suo disegno fosse leggibile. «Dodici stanze al primo piano.» «E tutte di giuste dimensioni.» Jason brontolò. «E c'è una cucina.» Amanda indicò un punto del foglio. «Con una dispensa, ovviamente.» «Ovviamente.» Judith Stacy
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«E un magazzino.» «Sì, vedo.» «La parte migliore del dormitorio è costituita da questa stanza a pianterreno» continuò Amanda, indicandola. «Può essere usata per molte, molte cose.» Jason annuì. «Sì, è una stanza molto grande.» «Be', che ne pensate?» gli chiese, compiaciuta. Lentamente, Jason sollevò lo sguardo e la fissò dritto negli occhi. «Penso, signorina Pierce, che voi siate completamente pazza, se credete che io abbia intenzione di spendere tutto il denaro che serve per costruire una mostruosità come questa.» Passò qualche secondo, mentre quelle parole si facevano strada nella sua mente. L'aveva detto così bene che non era riuscita a coglierne subito il significato. Poi s'irrigidì. «Una mostruosità?» La collera di Amanda crebbe d'intensità, insieme al colore delle sue guance. «Avete il coraggio di dire che la mia idea è una mostruosità, quando la vostra è un'idiozia?» Jason prese dalla scrivania il progetto. «Questo è un piano realizzabile. Ho già costruito un dormitorio come questo, cara signorina Pierce, ed è venuto benissimo.» Amanda sollevò il mento. «Non siete per nulla previdente, signor Kruger.» Quella critica lo mandò su tutte le furie. Jason gonfiò il petto e s'erse in tutta la sua statura. «Non sono previdente?» gridò. «Esattamente.» Amanda prese il suo disegno e glielo agitò sotto il naso. «La mia idea può farvi riguadagnare ogni dollaro che spendete. E non intendo neppure chiedervi una parte dei profitti.» «Una parte dei profitti!» «Non volete smettere di gridare, quando parlate con me?» «Io non sto affatto...» Jason chiuse la bocca e la fissò. Amanda lo fissò a sua volta, scura in volto, e i minuti passarono. «Siete così ostinato!» proruppe alla fine. «Perché, voi invece no?» Lei scosse la testa. «Non ho mai detto di non essere ostinata.» «Ma siete convinta di avere ragione?» «Esattamente.» Jason fece una smorfia. «Mi spiace di dovervi dare una cattiva notizia, Judith Stacy
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signorina Pierce, ma essere ostinati è proprio questo.» Lei ci pensò su un momento. «Io non la vedo così.» Jason si strinse nelle spalle. Poi le prese il disegno dalla mano e tornò a posarlo sulla scrivania. «Va bene, signorina Pierce. Convincetemi che avete ragione voi.» Amanda girò attorno alla scrivania e Jason si lasciò cadere sulla sedia. «Tanto per cominciare» gli indicò il disegno, «le ragazze abiteranno nelle stanze al piano superiore finché non si sposeranno, e questo avverrà poco dopo il loro arrivo. Una volta sposate, le coppie avranno bisogno di un posto dove vivere, e questo vi darà l'opportunità di affittare le stanze che si saranno liberate.» Tornò a guardare Jason, ancora intento a fissare il disegno. Le sembrò un buon segno, così proseguì. «Ora, la grande stanza al pianterreno può essere adibita agli usi più svariati. Terremo dei balli, potremo anche...» «Balli?» Jason sollevò lo sguardo. «Poco dopo il loro arrivo intendo organizzare un ballo, perché le ragazze possano conoscere i futuri mariti» spiegò Amanda. «Vi si potranno tenere le funzioni religiose. Può fare anche da aula per la scuola. Così, invece di costruire tre edifici diversi, questo potrà servire a tutto.» Jason studiò con attenzione il disegno, assorto nei suoi pensieri. «Così, signor Kruger, potrò farvi risparmiare un sacco di soldi.» Teso, Jason tornò a fissarla. Amanda si sforzò di sorridergli. Di sorridergli appena. «Ora potete ringraziarmi.» Jason s'alzò brontolando, costringendola ad arretrare di un passo. Lo vide andare alla finestra e guardare fuori per un momento. Per quanto non volesse ammetterlo, si disse Jason, ad Amanda era venuta in mente proprio una bella idea. Se lui non fosse stato così turbato dalla vista di lei, dal suo profumo, se ne sarebbe accorto subito. Probabilmente. Prese a massaggiarsi il collo. Quella donna era troppo bella per essere così intelligente. O troppo intelligente per essere così bella. Non sapeva quale delle due considerazioni fosse quella giusta. A ogni modo, era una combinazione da cui guardarsi attentamente. Per di più avrebbe voluto rotolarsi in un letto con lei. Si piegò in avanti e poggiò la fronte contro il vetro della finestra. Il suo Judith Stacy
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corpo reagì, a quel pensiero che di recente continuava a tormentarlo. Quella donna gli suscitava delle emozioni forti. Rabbia, irritazione, sorpresa. E tutto portava alle stesse conclusioni. E lo lasciava nello stesso stato. «Signor Kruger?» Jason guardò sopra la spalla verso Amanda. Lo stava fissando, a occhi sgranati, con la testa piegata di lato. Il calore che sentiva dentro di sé si fece più intenso. Jason capì che era meglio limitarsi agli affari. Prima che si mettesse a baciarla. 0 che facesse qualcosa di meglio. «Va bene, signorina Pierce. Potete avere il vostro dormitorio.» Lei gli sorrise. Un sorriso ampio. Il petto gli si strinse. Era straordinariamente contento d'averla resa felice. «Grazie, signor Kruger.» Amanda chiuse la borsa. «Le mie spose saranno più contente, in questo modo. E anche voi ne ricaverete un profitto.» «Ordinerò a una squadra di costruirlo.» «Grazie» ripeté Amanda, regalandogli un altro sorriso. «Oh, c'è un'altra cosa.» «Soltanto una?» «Stasera, dopo cena, incontrerò gli aspiranti mariti e avrò bisogno di un posto dove lavorare. La mensa può andare bene?» Jason scosse la testa. «Potete lavorare qui.» «Qui? Pensavo che non mi voleste avere intorno a darvi disturbo.» «Non voglio che facciate ai miei uomini delle promesse che non potete mantenere» le rispose. «Io tengo d'occhio tutta questa faccenda, signorina Pierce. Sappiatelo.» «Molto bene.» Amanda s'avviò verso la porta. «Oh, c'è ancora una cosa.» «Mi chiedo perché questo non mi sorprenda.» «Stasera, a cena, potete far sedere i mariti tutti allo stesso tavolo? Vorrei osservare il loro comportamento, così da sapere da dove cominciare con le lezioni di buone maniere.» «Volete forse cenare con gli uomini?» le domandò. «Non credete di stare correndo un po' troppo?» Amanda gli sorrise appena. «Se lo avete dimenticato, ho visto gli uomini a pranzo. Cominciare troppo presto non è possibile.» Jason scosse la testa. «Non penso che questa sia una buona idea. La cena Judith Stacy
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è il momento in cui i miei uomini si rilassano dopo una giornata di duro lavoro. Avere una donna al loro tavolo può causare ogni sorta di problemi.» Amanda inspirò a fondo. «Signor Kruger, non faremo altro che discutere per ogni decisione da prendere?» «Probabilmente» le rispose, voltandosi a guardarla. Lei sospirò. «Be', almeno su questo siamo d'accordo.» Jason rimase a osservarla mentre apriva la porta e usciva. «Amanda?» Lei si voltò con un'espressione d'attesa sul volto. Jason non sapeva perché l'avesse chiamata col nome di battesimo. Non aveva avuto intenzione di farlo. Ma lei era lì, fresca, bella e così femminile, in attesa che lui dicesse qualcosa. Avrebbe potuto guardarla per tutta la notte senza cedere alla tentazione del sonno. «Stasera potete cenare con gli uomini, se volete» le disse. «Ma continuo a pensare che non sia una buona idea.» Amanda gli regalò un altro sorriso, un sorriso che lo riscaldò tutto. Non gli era mai importato nulla di far contenti gli altri, prima di quel giorno. Ora far contenta Amanda era tutto ciò che desiderava. «Grazie» gli rispose. Amanda esitò ancora per qualche momento sulla soglia, poi se n'andò. Jason rimase inchiodato dov'era, assaporando la piacevole vista di quelle sue gonne ondeggianti mentre Amanda s'allontanava. E non poté fare a meno di domandarsi quanto la signorina Amanda Pierce potesse essere piacevole a letto.
11 Il menu della cena, quella sera, consisteva in grandi vassoi colmi di prosciutto, focaccine calde, ciotole di piselli, patate e mais. Amanda, in piedi accanto alla porta della mensa, ne assaporava il profumo delizioso. La vita sulla montagna era certo dura, ma almeno i taglialegna mangiavano bene. Sentì gli uomini chiacchierare mentre si lavavano viso e mani alla vasca all'esterno della costruzione. Poi tacquero, e le arrivò solo la voce di Jason che chiedeva agli aspiranti mariti di sedere insieme alle prime due tavole. Un momento dopo, quando gli uomini entrarono, Amanda diede loro il Judith Stacy
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benvenuto con un sorriso. Alcuni la salutarono con un cenno del capo, altri togliendosi il cappello, altri ancora si limitarono a fissarla. La fila rallentò e i taglialegna più indietro cominciarono a spingere, ma alla fine tutti la superarono e andarono a sedersi al loro posto. Amanda raggiunse il tavolo più vicino alla porta senza smettere di sorridere. «Spero che a lorsignori non dispiacerà, se questa sera mi unirò a loro.» Uno strano silenzio scese sulla mensa. Tutti si voltarono a guardare nella sua direzione, dandosi gomitate, puntando col dito e parlottando a bassa voce. I dieci uomini seduti al tavolo vicino ad Amanda s'irrigidirono e si guardarono. Alla fine, un giovanotto si tolse il berretto. «Be', sì, signorina Pierce» le disse. «Siamo contenti che mangiate con noi.» Gli altri uomini annuirono e mormorarono qualcosa di simile. «Grazie» rispose Amanda. Poi si voltò verso il tavolo accanto, dove erano seduti gli altri aspiranti mariti. «Buonasera, signori.» Le rispose un coro d'allegri saluti. In piedi a capotavola, Amanda si rese conto d'avere un problema. Non aveva un posto dove sedersi, almeno non un posto come si deve. Ai lati dei tavoli correvano lunghe panche e certo non poteva scavalcare una di quelle. Non se voleva mantenere un po' di dignità. Si guardò intorno, chiedendosi cosa fare, poi vide Jason avanzare verso di lei portando una sedia. Amanda gli sorrise, grata di tanta premura, e si scostò. Jason non sembrava poi così contento d'essere venuto in suo soccorso. Scuro in volto, posò la sedia a terra, a capotavola, poi lanciò un'occhiataccia a lei e ai taglialegna. «Non dovete sedervi finché non si è seduta la signorina Pierce!» gridò. I taglialegna s'alzarono di scatto. Approfittando della confusione, tre uomini del tavolo accanto s'intrufolarono sulle panche di quello di Amanda. Cominciarono gli spintoni. Volarono le imprecazioni. Poi i pugni. Amanda rimase a bocca aperta. Santo cielo, una rissa! Non aveva mai assistito a una cosa del genere in tutta la sua vita. Non sapeva cosa fare, così rimase a guardare stupefatta. All'improvviso un braccio le circondò la vita e la sollevò da terra, Judith Stacy
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strappandole un gridolino. Afferrò il braccio che la teneva prigioniera, pronta a piantarvi le unghie, poi si bloccò. Quel braccio muscoloso aveva un'aria familiare. Si guardò alle spalle e vide Jason. In fretta la tolse dai guai e la rimise a terra, senza tanti complimenti, sulla soglia. Un istante dopo se n'era già andato, tornando a gettarsi nella zuffa. Lo vide afferrare due uomini per il colletto e strapparli dal tavolo. Ethan sembrò apparire dal nulla per unirsi a lui. Amanda si chiuse la bocca con le mani. I fratelli Kruger fermarono in poco tempo la rissa. Jason salì in piedi sulla panca che non era stata rovesciata. «Tutti seduti e zitti!» gridò. Gli uomini si rimisero in piedi, spazzolandosi gli abiti e recuperando i berretti. «Ehi, perché anche noi non abbiamo una donna al nostro tavolo?» urlò qualcuno dal fondo. «Sì, perché no?» strillò un altro. «State zitti!» tornò a gridare Jason. «Lei» proseguì, indicandola, «non è una specie di bestia esposta alla fiera! Ora sedetevi e mangiate, altrimenti andatevene!» Un basso brontolio di protesta si diffuse nella mensa. Jason rimase ancora qualche momento in piedi sulla panca a fissare cupo i suoi uomini, poi scese. Il cuore di Amanda batteva già veloce, ma prese ad accelerare quando Jason le lanciò un'occhiata torva. Avanzò verso di lei, coprendo la distanza in pochi, lunghi passi. Sarebbe voluta fuggire. A dire la verità, era l'idea migliore che le fosse venuta su quella montagna. La guardò dall'alto in basso, scuro in volto. Amanda inghiottì a fatica. Il senso di colpa la strinse nella sua morsa. La rissa era scoppiata per causa sua. Solo perché era una donna. Si preparò a sopportare qualunque ramanzina Jason avesse deciso di farle. Invece, la prese dolcemente per il braccio e la spinse verso il tavolo. Amanda dapprima non si mosse e rimase a fissarlo, senza capire quali fossero le sue intenzioni. Stava per caricarla sul carro di Shady? Per allontanarla da quella montagna una volta per tutte? Judith Stacy
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Jason la spinse appena un po' più forte e l'accompagnò alla sedia che aveva sistemato a capotavola. La scostò per lei e Amanda si sedette. «Sedetevi» ringhiò Jason ai taglialegna. Gli uomini gli ubbidirono. Poi andò all'altro capo del tavolo, fece alzare uno degli uomini e si sedette al suo posto. Evidentemente aveva intenzione di restare di guardia per il resto della cena. Amanda ne fu felice. Uno degli aiutanti del cuoco le portò i piatti e le posate per poi allontanarsi di corsa. I taglialegna si gettarono sul cibo, infilzando spesse fette di prosciutto e arraffando le ciotole di verdura. Attraverso quella tavolata di gomiti e di forchette volanti, il suo sguardo incrociò quello di Jason. Gli lanciò un sorriso riconoscente. Lui la fissò cupo, poi guardò altrove. Be', in fondo, Amanda pensava d'esserselo meritato per tutti i guai che aveva causato. Lentamente, agli altri tavoli la conversazione riprese. Nessuno parlò, al tavolo di Amanda, che non sapeva se gli uomini fossero a disagio per la sua presenza o per quella di Jason. Non osò tornare a guardarlo. Jason cenò, ma allo stesso tempo tenne d'occhio gli uomini attorno a lui. Non solo al loro tavolo, ma anche agli altri. Amanda non aveva mai conosciuto un uomo come Jason. Forte. Intelligente. In perenne controllo di tutto quanto lo circondava. Ebbe un tuffo al cuore, quando ripensò al modo in cui s'era gettato nella zuffa senza pensare a se stesso. S'era limitato a farlo, interrompendola. Ma prima s'era assicurato che lei non corresse alcun pericolo. Un altro brivido la percorse tutta, scaldandola. Con quanta facilità l'aveva sollevata, e con un solo braccio! Nessuno aveva mai osato toccarla, prima d'allora. E Jason l'aveva fatto senza neppure chiederle il permesso. S'era sentita debole, in quella stretta. Eppure al tempo stesso aveva provato una sensazione di potenza. Che strano! Non era certa di sapere di cosa si trattasse. Sapeva solo che era qualcosa che Jason aveva provocato. Quell'uomo aveva scatenato ogni sorta di emozioni, in lei, dal momento in cui aveva messo piede su quella montagna. Emozioni nuove, certo. Emozioni strane. Ma anche spiacevoli? No, sulla montagna di Jason non aveva mai provato nulla di spiacevole. Tranne forse a proposito della rissa che aveva causato. Ne era Judith Stacy
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responsabile anche se, in fondo, lei non aveva fatto nulla. Non credeva, però, che Jason l'avrebbe vista in quel modo. A metà della cena Amanda si stancò di quei suoi pensieri e del silenzio che regnava al loro tavolo. «All'arrivo delle spose penso di organizzare un incontro, così potrete conoscervi» comunicò ai taglialegna. I dieci uomini seduti al suo tavolo s'irrigidirono. Le loro forchette si fermarono a mezz'aria. Tutti s'agitarono, palesemente a disagio, si guardarono e poi fissarono Jason, che continuava a mangiare imperterrito. Nessuno rispose. Amanda riprovò. «Qualcuno di lorsignori sa danzare?» Altra agitazione, altri sguardi furtivi, finché uno dei più giovani rispose. «Be', io. Un po', almeno.» «Splendido.» Amanda sorrise. «Come vi chiamate?» Malgrado la sua pelle scurita dal sole e dal lavoro all'aria aperta, il ragazzo arrossì. Doveva avere a malapena vent'anni, era magrolino e aveva dei capelli castani ribelli. «Henry, signorina. Henry Jasper» le rispose, arrossendo ancora di più. «Mia madre, è stata lei a insegnarmelo.» «E voi, signori?» chiese Amanda agli altri taglialegna, guardandosi intorno. Jason la fissò, scuro in volto. La sua espressione era chiara, dimostrava quanto fosse contrario a una cosa del genere. Probabilmente temeva di veder scoppiare un'altra zuffa e certo preferiva finire in pace la sua cena. Ma lei aveva iniziato quella conversazione, e non l'avrebbe lasciata spegnere. «E voi?» domandò all'uomo alla sua destra. Il taglialegna fece spallucce, si schiarì la voce e trasse un respiro profondo. «Be', signorina, no. Mi dispiace, ma a ballare sono una frana.» «E voialtri, signori?» chiese, guardandosi di nuovo intorno. Gli uomini si guardarono tra loro, scuotendo la testa. «Questo vuol dire che il ballo non ci sarà?» domandò Henry, un po' preoccupato. «No, ovviamente no» lo rassicurò Amanda. «Dovrò solo insegnarvi come si fa.» Vide Jason, all'altro capo del tavolo, roteare gli occhi. E per un momento le sembrò d'averlo sentito imprecare. Amanda riuscì a tenere in piedi la conversazione, e per la fine della cena Judith Stacy
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gli uomini non sembravano più così riluttanti a parlare con lei. Questo la rallegrò. Dopotutto, insegnare la danza e le buone maniere voleva dire dover passare molto tempo insieme ai taglialegna. Sarebbe andato tutto meglio, se fosse riuscita a stabilire un qualche rapporto con loro. «Sarò nell'ufficio del signor Kruger, dopo cena, per discutere le vostre preferenze a proposito di una moglie. Ora, signori, se volete scusarmi...» Amanda s'alzò. Jason s'alzò a sua volta. I taglialegna seguirono il suo esempio. Amanda sorrise loro e uscì dalla mensa. E, uscendo, le sembrò di sentire un sospiro di sollievo. In quella che era ormai la sua nuova casa, Amanda si rinfrescò dopo cena, prese la sua borsa e poi s'incamminò verso l'ufficio di Jason. Il sole era sceso verso l'orizzonte e attraverso le chiome degli alberi illuminava la montagna di chiazze di luce. L'aria s'era rinfrescata. Amanda rallentò il passo, quando vide i suoi ventitré aspiranti mariti affollare il portico di fronte all'ufficio di Jason. Uomini. Tutti uomini. Capì quanto si potessero sentire sole le poche donne che si trovavano su quella montagna. Non c'era da meravigliarsi che Meg fosse stata così felice del suo arrivo, e così delusa quando all'inizio aveva cambiato idea a proposito del condurre lì le sue spose. Al posto suo avrebbe fatto qualsiasi cosa, per avere più donne sulla montagna di Jason. Amanda fece un respiro profondo, sfoderò il suo miglior sorriso e continuò a camminare. «Buonasera, signori!» li salutò. I taglialegna le mormorarono qualche parola di saluto e si scostarono per lasciarla passare, in modo che riuscisse a salire sul portico. Shady apparve di fronte a lei e si portò una mano al berretto frusto. «Salve, signorina Pierce.» Lei gli sorrise, sinceramente felice di vederlo. «Oh, salve! Non sapevo che steste cercando moglie!» «Oh, accidenti, no. Cosa se ne farebbe un vecchio cagnaccio come me di una moglie?» Shady ridacchiò. «No, no. Sono solo venuto a vedere come andavano le cose.» «Sono felice che siate qui» disse Amanda. «Potete darmi una mano?» «Ne sarei orgoglioso.» Amanda aprì la borsa e passò a Shady dei fogli piegati. «Questi sono Judith Stacy
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numerati, da uno a ventitré» gli spiegò, a voce abbastanza alta perché tutti gli uomini potessero sentirla. «Ognuno dei signori qui presenti pescherà un numero, e così stabiliremo l'ordine con cui si potrà richiedere una moglie. È l'unico modo che possiamo usare ed è imparziale.» Gli uomini annuirono e tornarono a radunarsi, mentre Shady cominciava a distribuire i numeri. «Posso incaricarvi di tenere il catalogo?» gli chiese ancora Amanda. «Le fotografie delle vostre spose?» Shady annuì. «Certo, signorina.» Amanda prese il catalogo dalla borsa e glielo porse. Gli uomini si fecero più vicini. «Guardate con calma» disse loro, «così, quando verrete chiamati, saprete quale tipo di moglie v'interessa. Non posso garantire di poter portare qui ogni donna che c'è sul catalogo. C'è sempre la possibilità che abbiano già trovato marito per conto loro, ma farò del mio meglio. A ogni modo, sono certa di riuscire a trovare a ognuno di voi il tipo di moglie che sta cercando.» Non era sicura che avessero sentito. Gli uomini si strinsero attorno a Shady, che proteggeva tutto compito il catalogo, godendosi l'autorità che gli era stata conferita. Amanda entrò nell'ufficio. Jason era già lì, seduto alla sua scrivania. Lei s'aspettava un qualche suo commento sulla rissa che era scoppiata a cena, ma sorprendentemente non arrivò niente del genere. Né, però, sembrava felice di vederla. «Vi ho preparato un posto dove lavorare» la informò, indicandole un punto alle sue spalle. Amanda si voltò. «Oh...» Dall'altra parte della stanza vide diverse assi grezze posate su un paio di cavalletti. Una sedia la rendeva una specie di scrivania. La scrivania era la più triste che avesse mai visto, si disse Amanda. Non aveva voglia di lavorare lì. Ma era stanca. Aveva già avuto la sua dura giornata di lavoro. Aveva pulito la sua nuova casetta di legno, spostato tutti i mobili e scatenato una rissa a cena. E la fatica cominciava a farsi sentire. Tenendo duro, posò le sue carte e le matite su quella scrivania di fortuna. Sentì lo sguardo di Jason su di sé, anche se era tornato a badare ai suoi registri. Le aveva detto d'avere intenzione di tenerla d'occhio perché non imbrogliasse i suoi uomini. Ed evidentemente era proprio ciò che intendeva fare. Judith Stacy
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Amanda chiamò Shady nell'ufficio. «Potete per favore dire agli uomini che stasera avrò tempo solo per parlare coi primi cinque di loro?» gli chiese. «Gli altri dovranno ripassare domani.» «Certo, signorina Pierce» le rispose. «Fate entrare il primo aspirante marito.» Amanda attese accanto alla soglia e sentì Shady ripetere ciò che gli aveva detto. S'aspettava delle proteste, ma le arrivò solo qualche brontolio. Nessuno degli uomini se n'andò. Tornando alla sua scrivania, vide che erano ancora tutti radunati attorno al catalogo. Il primo taglialegna entrò, salutò Jason con un cenno del capo e si sedette di fronte a ciò che passava per essere la scrivania di Amanda. Bill Braddock non sembrò badare alle assi rozzamente tagliate e, quando Amanda gli chiese di farlo, le disse il suo nome. «Ora, signor Braddock, potete dirmi qualcosa di voi?» Grande e grosso e tutto muscoli, Braddock aveva proprio l'aria del taglialegna. Era robusto, col volto scurito dal sole e con la barba incolta. «Perché volete sapere tutte queste cose su di me?» le domandò, stringendo gli occhi. Con la coda dell'occhio, Amanda vide che Jason la stava guardando, ma decise di fingere di non averlo notato. «In modo da potervi mettere in contatto con una moglie che condivida i vostri interessi, le vostre convinzioni» spiegò all'uomo sospettoso. Bill ci pensò su per un momento, poi si lanciò in una stringata esposizione della sua vita. Dov'era nato, la sua istruzione, il suo credo religioso, la sua famiglia, i lavori che aveva fatto fino a quel momento. Amanda annuì, gli rivolse qualche domanda per aiutarlo a proseguire e annotò scrupolosamente ogni cosa sul foglio che aveva davanti a sé. «Ora» gli disse alla fine, «spiegatemi che genere di moglie state cercando.» «Prenderò la numero sei.» «La numero sei del catalogo?» gli chiese. Le fotografie delle aspiranti mogli erano numerate, e i nomi non erano riportati perché non fossero di pubblico dominio. Amanda teneva separate le informazioni personali, in modo da poter riutilizzare il catalogo. «Sì, è proprio quella che voglio» confermò Bill. S'appoggiò allo schienale della sedia e accavallò le gambe. «Quel vostro catalogo dice che è una vedova. È quella che voglio. Una che è già avvezza.» Judith Stacy
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Jason riuscì ad alzarsi e a girare attorno alla scrivania prima che Bill avesse il tempo di posare entrambi i piedi a terra. Un istante dopo torreggiava su di lui, a pugni chiusi. «Chiudi quella tua boccaccia» gli ringhiò. «Stai parlando con una signora.» Bill sgranò gli occhi e sembrò accasciarsi sulla sedia. Amanda sentì il volto farsi d'un color rosso acceso. «No, signor Kruger, mi avete capito male» disse Bill, alzando le mani in segno di resa. «Volevo solo dire che desidero una moglie che sappia cucinare, e pulire e lavare i vestiti. Tutto qui. Non volevo dire nient'altro, ve lo giuro.» Jason lo fissò cupo per un altro momento, stringendo e aprendo i pugni, poi arretrò. E vide il volto rosso di Amanda. «Fa' attenzione a ciò che dici» aggiunse, riportando lo sguardo su Bill, poi tornò alla sua scrivania. Passò un lungo momento d'imbarazzo, un momento in cui Amanda cercò di convincersi di non essere arrossita e che un'altra rissa non era stata sul punto di scoppiare. Alla fine concluse il colloquio con Bill Braddock, che pagò la sua quota e uscì. Nell'ufficio calò un silenzio teso, poi Jason prese a voltare le pagine del suo registro con tanta forza che Amanda temette di vedergliele strappare. Innervosita, si mise a risistemare i fogli con una foga simile alla sua. «Quanti problemi riuscite a causare in un giorno solo?» chiese Jason a denti stretti. «Io?» Amanda si raddrizzò sulla sua sedia. «Io non ho causato nulla. Siete voi, quello che ha cercato di provocare una rissa, signor Kruger.» «Cosa diavolo avrei dovuto fare, secondo voi? Dovevo restarmene seduto qui e lasciare che Braddock si rivolgesse a voi in quel modo?» «No» gli rispose. «Dovevate restarvene seduto a badare ai vostri affari.» Jason s'alzò in piedi. «Questi sono affari miei. Tutto quello che avviene su questa montagna mi riguarda personalmente.» Incollerita, Amanda aprì la bocca. Ma non ne uscì alcun suono. La stanchezza l'aveva sopraffatta. Quella sera non aveva la forza per combattere un'altra volta con Jason Kruger. «Visto che qui comandate tutto voi» gli disse alla fine, «volete essere così gentile da chiedere a Shady di far entrare il prossimo aspirante?» Jason la guardò in silenzio per un momento, poi andò alla porta. Judith Stacy
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Amanda fu certa di avergli sentito dire qualcosa all'uomo che stava per entrare, però non riuscì a capire le parole. Ma forse andava bene lo stesso. La serata proseguì e Amanda portò a termine senza incidenti gli altri quattro colloqui. Shady le restituì il suo catalogo e lei lo rimise nella sua borsa, insieme ai fogli e alle altre cose. Con Jason non s'erano scambiati altre parole, da quando Bill Braddock aveva lasciato l'ufficio. «Volete mettere quei soldi nella cassaforte?» La voce di Jason la riscosse dai suoi pensieri. Lo guardò, poi tornò a fissare il denaro che aveva raccolto, sul punto di mettere anche quello in borsa. «Tutti, qui all'accampamento, sanno che li avete» proseguì Jason. «La serratura della vostra casetta non fermerà nessuno che sia davvero deciso a entrare.» Amanda impallidì. Aveva pensato di essere al sicuro, lì sulla montagna di Jason. L'idea di essere invece così vulnerabile la turbava. «Pensate che voglia chiudere il denaro nella mia cassaforte per non restituirvelo?» continuò lui, con una nota d'irritazione nella voce. «Non ho alcuna intenzione di derubarvi, signorina Pierce.» Le avrebbe rubato il cuore, non il denaro. Quel pensiero la turbò. Santo cielo, perché le venivano in mente cose del genere? «Mi fido completamente di voi» dichiarò, porgendogli il denaro. «Per quanto riguarda i soldi, in ogni modo.» Jason rimase fermo per un momento, poi lo prese. Le loro dita si toccarono. Entrambi finsero che non fosse accaduto. «Be', buonanotte» gli augurò Amanda con voce assonnata. Diretto verso la grossa e scura cassaforte che troneggiava in un angolo dell'ufficio, Jason la guardò da sopra la spalla. «Ve ne andate?» le chiese. «Sì, è tardi» gli rispose. «Dovremmo andarcene entrambi a...» Letto. La parola che non aveva pronunciato rimase sospesa tra loro nel silenzio di quella stanza e Amanda sentì un brivido correrle lungo la schiena. Lo sguardo di Jason sembrò penetrare in lei, fino a raggiungere il suo cuore che batteva forte. Era come se quell'uomo potesse leggere i pensieri sconvenienti che le affollavano la mente. Judith Stacy
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Amanda recuperò la sua borsa e s'affrettò a uscire.
12 Che cosa le stava accadendo? Amanda risalì il fianco della montagna verso la sua casetta. O, per meglio dire, verso il punto in cui pensava questa si trovasse. In quel buio non poteva esserne certa. Da quando era arrivata in quel posto non aveva più certezze, di nessun genere. La sua borsa sembrava pesare come un'ancora e su quel terreno accidentato la rallentava ancora di più. Era stanca, quasi esausta. Un'emicrania sembrava volersi annunciare. Le braccia le dolevano per la fatica di spostare i mobili e per le pulizie, il volto le faceva male per lo sforzo di sorridere per tutta la cena e oltre. Insomma, si sentiva un disastro. E Amanda Pierce non era mai un disastro. Almeno non s'era mai sentita così finché non era arrivata in quell'accampamento di taglialegna. Ormai nulla era più come prima. Certo non lei, si disse scuotendo la testa. Attraverso le ombre degli alberi, scorse la sagoma della piccola costruzione. Casa sua. Un'altra delle cose che erano cambiate. Mentre saliva sul portico, apriva la serratura ed entrava, nella mente le s'affollarono immagini della sua casa di San Francisco. Rimase ferma sulla soglia per un momento. Con uno sforzo dell'immaginazione poteva pensare di trovarsi all'ingresso del suo salottino di San Francisco, con i centrini, i pizzi e le statuine di porcellana. Entrò a tentoni, trovò la lanterna sul muro accanto alla porta, sentì i fiammiferi sotto le dita e n'accese uno. Alla fiamma seguì l'odore dello zolfo, che le bruciò le narici. Accese lo stoppino della lanterna, poi abbassò il vetro. Lentamente si voltò. Le spalle le cascarono. Quella casetta di legno era proprio come la ricordava. E non assomigliava per niente alla sua casa di San Francisco. In silenzio chiuse la porta, si spogliò e indossò la sua camicia da notte rosa. La stanza era rimasta chiusa per tutto il giorno e l'aria era pesante, così aprì la finestra e lasciò entrare la fresca brezza della sera. Judith Stacy
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Ferma nel centro della piccola stanza, col silenzio che le rombava nelle orecchie, non poté fare a meno di affrontare la realtà. Jason aveva ragione. Quella montagna non era il posto adatto a una donna. La rissa che era scoppiata nella mensa n'era stata la prova. E il comportamento di Jason Kruger nei suoi confronti glielo aveva confermato. Forse Jason aveva ragione anche per tutto il resto, si disse. Lei non era fatta per stare lì. Quella di tornare a casa le sembrò improvvisamente una buona idea. La solitudine e la tristezza la sopraffecero. Gli occhi le si inumidirono di lacrime, tuttavia cercò di trattenersi, prese la vestaglia e la indossò. Poi uscì sul portico, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu l'oscurità. Non c'erano né i suoni né le luci cui era abituata. Lentamente, si sedette sui gradini. Attraverso la volta di foglie riusciva a veder brillare migliaia di stelle. Si piegò all'indietro, appoggiando i gomiti sullo scalino alle sue spalle e osservò il cielo notturno. Aveva già promesso che sarebbe restata. Aveva dato la sua parola che avrebbe portato lassù le aspiranti mogli. I taglialegna non vedevano l'ora che accadesse. Ma Jason... Le lacrime minacciarono di sgorgare un'altra volta. Jason non la voleva lì. Aveva accettato d'andare avanti con l'intera faccenda solo perché aveva bisogno di accontentare i suoi uomini, mentre questi portavano a termine l'ordine delle ferrovie. Una lacrima le scivolò lungo la guancia. Peggio ancora, Jason non voleva lì lei. Il dolore le strinse il cuore in una morsa. Amanda incrociò le braccia, cercando di trattenerlo, mentre un'altra lacrima seguiva la prima. Forse avrebbe dovuto dare a Jason ciò che quell'uomo voleva. Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene. A Jason la cena di quella sera non era piaciuta neppure un po'. Tutti quegli uomini che fissavano Amanda. E lei che se ne stava seduta a capotavola, lasciando che tutti la guardassero, che pensassero a ogni sorta di cose. Il fatto che anche lui avesse avuto quel genere di pensieri non importava. Chiuse con cura i suoi registri e li impilò su un angolo della scrivania. Senza volere, tornò a guardare la sedia che Amanda aveva occupato quella sera. Come se la cena non fosse stata abbastanza dura da sopportare, aveva Judith Stacy
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dovuto sentirla parlare coi suoi taglialegna. Nemmeno quello gli era andato bene. Se n'era dovuto restare seduto in silenzio mentre Amanda poneva le sue domande, sorrideva incoraggiante, faceva commenti simpatici sul loro passato, chiedeva quale genere di moglie desiderassero. E tutto questo apparendo più attraente che mai. Jason posò i registri su uno dei ripiani. Quella era stata davvero l'ultima goccia. Era quasi arrivato al punto di fare a botte con uno dei suoi uomini, di rompere le regole che lui stesso aveva dato all'accampamento. Amanda Pierce aveva messo tutto sottosopra. Lui compreso. La porta s'aprì ed Ethan entrò sorridendo nell'ufficio. «La signorina Pierce se n'è già andata?» gli chiese. «Sì» borbottò Jason. Ethan vide la scrivania di fortuna. «E tu le hai dato questo per lavorare?» «Cosa c'è che non va?» domandò Jason. «Oh, è così bello e invitante che mi sorprende il fatto che non abbia passato la notte qui» rispose Ethan. «E questo cosa vorrebbe significare?» «Sai cosa voglio dire» ribatté Ethan, scuotendo la testa. «Perché non ti rilassi e non ti godi la sua compagnia, Jas? Non durerà per sempre.» Jason sbuffò. «Non durerà per sempre? Tra poche settimane questa montagna pullulerà di donne.» «Sì» assentì Ethan. «Ma Amanda non sarà una di loro.» Jason s'immobilizzò all'improvviso, poi si voltò verso suo fratello, scuro in volto. Ethan scosse la testa. «Non credi certo che Amanda resterà, vero?» «Be'...» «Una volta che le donne si saranno sposate e sistemate, il lavoro di Amanda sarà finito. E se ne andrà.» «Lo so» concordò Jason. «E allora perché hai quell'espressione stupida?» Jason lo evitò. «Sta' zitto, va bene? Vado a casa.» Chiudendosi alle spalle la porta dell'ufficio, si fermò davanti al portico e respirò una boccata d'aria fresca. L'accampamento si stava preparando per la notte. Qualche luce brillava già alle finestre. Gli piaceva, quell'ora del giorno. La sera, quando tutto si faceva più tranquillo, gli uomini e i loro problemi s'allontanavano e lui poteva rilassarsi. Judith Stacy
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Il suo sguardo volò alle piccole costruzioni sul fianco della collina, finendo per posarsi su quella più lontana. La casetta di Amanda. Sapeva che lei non sarebbe rimasta sulla montagna. Lo aveva sempre saputo. Ma la sua presenza era stata così importante, sin dall'inizio, e aveva preso così tanta parte del suo tempo che non riusciva a immaginarsi di non averla intorno. Sembrava appartenere a quel luogo come chiunque altro. Quanto lui. Jason imprecò sottovoce contro se stesso. Cosa diavolo stava pensando? Amanda non apparteneva a quel luogo. Era una donna di città. Una vera signora, una donna raffinata. Non possedeva ciò di cui c'era bisogno per vivere sulla montagna. Il suo sguardo tornò di nuovo alla sua casetta. Una morbida luce gialla brillava attraverso la finestra. Era ancora sveglia. Cosa stava facendo? Jason fissò la finestra ma non vide nessun movimento. Stava mangiando qualcosa? Preparandosi per andare a letto? Si stava spogliando, facendo il bagno? Magari era già a letto, al caldo sotto la coperta. Con una camicia da notte? Oppure nuda? Forse era nuda. Il suo corpo snello steso su... «Dannazione!» Jason scese dal portico e si diresse verso casa. Proprio come aveva detto Ethan, nel giro di qualche settimana Amanda Pierce se ne sarebbe andata. E questo gli andava bene. Quella donna non rappresentava altro se non un problema dopo l'altro. Era felice di vedere che se ne andava dalla sua montagna. Non era forse così? Jason si fermò e guardò verso la sagoma della sua casa, laggiù nel buio. Poi si voltò verso la montagna. Malgrado sapesse che stava commettendo un errore, si diresse verso la casetta di Amanda. Non avrebbe giovato alla reputazione di quella donna, se qualcuno l'avesse visto lassù a quell'ora della notte. Amanda era, prima d'ogni altra cosa, una vera signora. Non avrebbe apprezzato l'essere messa in una situazione compromettente. Ma Jason non si fermò. Continuò a salire. Quella era la sua montagna, ricordò a se stesso. E lui poteva raggiungere Judith Stacy
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la casa di chiunque, in qualunque momento avesse deciso fosse appropriato farlo. Compresa quella di Amanda Pierce. Che quella fosse la sua montagna oppure no, lungo la salita ritrovò il buonsenso. Si voltò in direzione della segheria. Anche se era difficile che qualcuno potesse vederlo avanzare nel buio a quell'ora della notte, non voleva provocare chiacchiere. Girò attorno agli alberi e s'avvicinò alla casetta di Amanda dal retro. La luce brillava attraverso le finestre, così seppe che era ancora sveglia. Un ramoscello si spezzò sotto i suoi piedi, mentre avanzava. Un'ombra più scura si formò nel buio del portico sul retro e Jason capì che Amanda era fuori, seduta sui gradini. Si fermò e inghiottì a fatica. Amanda indossava una vestaglia sulla camicia da notte. L'aria fresca della notte sembrò riscaldarsi, mentre rimaneva lì a guardarla. Non riusciva a vederla in volto. Lo copriva con le mani. Era piegata in avanti, con i gomiti posati sulle ginocchia. Jason voltò la testa, in ascolto. Singhiozzi. Sentì dei singhiozzi. Amanda stava piangendo. Sconcertato, uscì dal bosco verso la casa. Vivide immagini di ciò che poteva esserle accaduto gli riempirono la mente, pervadendolo con una paura che sembrò dilaniarlo. La raggiunse e le s'inginocchiò davanti. «Cos'è successo?» Amanda alzò la testa di scatto. Spaventata, fece per scostarsi da lui. «No, va tutto bene» la rassicurò, afferrandole il braccio. Nella debole luce la guardò per bene. Lacrime le rigavano le guance. I suoi occhi sgranati erano pieni di paura. «Cos'è successo?» le chiese di nuovo. Amanda si liberò dalla sua presa. «Non è successo niente. A parte il fatto che mi avete quasi spaventata a morte.» «State bene?» le domandò, continuando a fissarla. «Sto bene» gli assicurò. Jason aggrottò la fronte. «E allora perché piangete?» «Perché ho voglia di piangere» gli rispose, asciugandosi le guance col dorso della mano. «Oh.» Jason la guardò più da vicino. «Siete sicura che nessuno vi abbia Judith Stacy
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fatto del male?» «Nessuno.» «Vi hanno detto qualcosa?» «No.» Jason s'alzò e la guardò dall'alto in basso, torreggiando su di lei. Sembrava piccola e fragile. Non poté fare a meno di chiedersi se non fosse lui, il responsabile di quelle lacrime. L'idea lo turbò. Con un sospiro, si sedette sul gradino accanto a lei, prese un fazzoletto dal taschino e glielo porse. «Di solito non permetto che si pianga, nel mio accampamento» mormorò. «Allora siamo pari» replicò Amanda. «Perché di solito io non piango.» Prese il fazzoletto e s'asciugò il volto. Poi tirò su col naso, incrociò le braccia e si scostò per fargli posto sul gradino in modo che potessero sedersi senza toccarsi. Nella penombra Jason la guardò, sentendo il bisogno di starle vicino, di toccarla. Ma rimase immobile. «Qui è diverso» le disse. «Non è come in città. In montagna le persone sono differenti. Devono essere dure, per sopravvivere in questo posto. Qui la vita è agra.» Amanda sollevò il mento. «Grazie mille. Siete riuscito a farmi sentire ancora peggio.» «Non ero venuto per questo» sospirò Jason. «Voi venite dalla città. Siete fatta così, non potete farci nulla.» «Signor Kruger, voi non mi conoscete abbastanza per sapere come sono fatta» ribatté lei, poi tirò di nuovo su con il naso e s'asciugò col fazzoletto. Jason si soffermò a guardarla. Anche con le guance ancora umide di lacrime, Amanda riusciva a restare a testa alta. Santo cielo, che donna ostinata! Almeno quello, sul suo conto, lo sapeva. Passò qualche minuto, in cui il silenzio fu rotto solo dal rumore della foresta. «È bello, qui, d'inverno» proseguì Jason, indicando gli alberi. «La neve copre la terra e da ogni ramo pendono ghiaccioli. E in primavera spuntano i fiori selvatici.» Amanda scosse la testa. «Non credevo che voi notaste un particolare del genere» disse, asciugandosi l'ultima lacrima. Jason si strinse nelle sue ampie spalle. «Non c'è molto da fare, qui, dopo Judith Stacy
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il lavoro, oltre a guardare il panorama.» Amanda sorrise e si sentì un po' più rilassata. «Questo posto vi piace, vero?» «Sì, è così» le confermò, osservando i boschi in lontananza. «Sembra fatto per voi.» Jason tornò a guardarla. «E a voi piace il vostro lavoro.» Lei annuì. «Sì, molto.» «Come mai date la caccia ai mariti per altre donne e non siete mai riuscita a trovarne uno per voi?» Amanda, a disagio, si strinse nelle spalle. «Be', ecco...» «Non vi piace l'idea di sposarvi?» insistette lui. «No, non ho niente in contrario.» Jason s'avvicinò un po' di più. «Allora c'è qualcosa nel matrimonio che non vi va?» Fra loro sembrò nascere uno strano calore, un calore che l'attirava verso di lui. Sapeva di cosa lui stava parlando, sapeva cosa le stava chiedendo. E avrebbe dovuto sentirsi offesa, ma non era così. Eppure sapeva che faceva meglio a non rispondere alla sua domanda. «Ho messo in piedi la mia ditta perché mi piace vedere le persone felicemente sposate» gli disse alla fine. «Persone come vostro fratello, per fare un esempio.» «Ethan?» Jason aggrottò la fronte. «Di cosa state parlando?» «E' innamorato di Meg.» «Cosa? No, certo che no.» Jason scosse la testa, poi tornò a guardarla. «Credete davvero che lo sia?» Amanda alzò gli occhi al cielo. «Volete dire che non ve ne siete mai accorto?» Jason si strinse nelle spalle. «Sì, l'ama» insistette lei. «Un amore corrisposto.» «E allora perché non fanno qualcosa?» «Lei è ancora sposata, lo avete dimenticato?» «Oh, sì, è vero.» Jason sospirò, pensoso, avvicinandosi. «E' un vero peccato, secondo me. Sono due persone innamorate e non possono far nulla.» «Ecco perché il mio lavoro è così...» Il calore che emanava da lui le tolse la voce. La strinse a sé e lei non fece resistenza. Jason si piegò su di lei finché le Judith Stacy
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loro labbra non si sfiorarono. Si sentiva tranquilla, sicura di sé. Come se fosse a casa. Con un piccolo gemito di resa, Amanda cedette alla sua forza così familiare. Piegare il capo all'indietro le sembrò la cosa più naturale da fare. Così come schiudere le labbra per lui. Jason la strinse forte a sé, finché non sentì il suo seno morbido premergli contro il petto. Sentì il calore crescergli nel ventre, il sangue scorrere più veloce. Amanda era così dolce... La baciò finché assaporarla non gli bastò più. Lentamente le carezzò la schiena, la vita. Non indossava nulla, sotto la vestaglia e la camicia da notte, e l'idea gli fece battere il cuore più veloce. La curva dei suoi fianchi lo riempì di meraviglia, così come la sua carne delicata, quando le catturò il seno con la mano. Amanda boccheggiò, ma non si scostò. Anzi, gli s'inarcò contro. Jason premette dolcemente e la sentì gemere. Mormorando allora il suo nome, seppellì il volto nel dolce incavo della sua gola. Sentì il sapore della sua pelle, il ritmo del pulsare del suo sangue contro le labbra. Le fece scivolare la mano nella scollatura finché non sentì il suo seno nudo. Il desiderio si trasformò in passione. Non aveva mai provato nulla di simile in tutta la sua vita. La voleva. Tutta. Subito. Il suo corpo pulsava di desiderio. Sollevò la testa e vide che Amanda era a occhi chiusi. Respirava in modo affannato, poteva sentire il suo respiro caldo sulla guancia. Era persa nel suo stesso desiderio, quando tutto ciò che lui aveva fatto era stato baciarla e toccarle il seno. Sapeva di poterla avere. Lì. In quel momento. La tentazione minacciò di sopraffarlo. Ma una vocina nella sua mente, una vocina che fino a quel momento s'era limitata a sussurrare, si trasformò in un grido. S'allontanò un poco da lei, anche se a fatica, lasciando che l'aria fresca s'insinuasse fra loro. L'aveva trovata seduta a piangere sui gradini. Non poteva approfittarne. Non importava quanto desiderasse farlo. Gemendo piano staccò la mano da quel seno delizioso e richiuse il lembo della camicia da notte. Amanda aprì gli occhi e lo guardò. Era una donna stupenda e Jason la desiderava come non era mai accaduto nella sua vita. Ma non poteva prenderla in quel modo. Judith Stacy
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Così la strinse a sé e le posò dei baci delicati sulla fronte. Amanda gli tenne il capo posato sul petto. Non era proprio ciò che voleva, ma avrebbe dovuto accontentarsi. Qualche minuto più tardi s'alzò, portando Amanda con sé. La condusse alla porta e l'accompagnò dentro. Rimasero qualche istante così, con la soglia a separarli, a guardarsi. «Non mi avete ancora detto» fece Jason alla fine, rompendo il silenzio, «perché stasera stavate piangendo.» La vide portarsi una mano alla fronte, come per cercare di richiamare alla memoria un ricordo lontano. «È stato perché ho deciso di darvi ciò che volete» gli rispose. Jason s'irrigidì. Se Amanda avesse capito ciò che desiderava davvero, allora lo avrebbe preso a schiaffi. «Sì. Ho deciso di partire.»
13 Ma non cantate vittoria. Ho cambiato idea. Resterò. Amanda gli aveva detto quelle parole la sera precedente, guardando fuori della porta di casa, mentre lui sentiva ancora sulle labbra il sapore del loro bacio e sulle dita il calore della sua pelle. In quel momento s'era sentito sollevato dall'idea che avesse deciso di non partire. Ma quel mattino, diretto verso la mensa mentre la luce dell'alba illuminava la sua montagna, non ne era poi così sicuro. Poi la vide davanti a lui. Indossava un abito color verde chiaro che la fasciava alla vita e metteva in risalto la forma del seno. Quel seno che aveva tenuto nel palmo della mano la sera precedente. Senza tutti quegli aggeggi che le donne portavano sotto l'abito, aveva scoperto quanto il suo seno fosse straordinario. Era stato sorpreso dalla sua pienezza. Lo aveva stupito anche la facilità con cui s'era persa in ciò che avevano fatto. Amanda era una signora perbene. E le signore perbene non gettavano la testa all'indietro, non gemevano. L'aveva appena toccata. Brevemente. Se avesse fatto di più, Amanda avrebbe... Il desiderio e un improvviso calore rallentarono i suoi passi. La sua eccitazione si fece prepotente. Seccato, Jason imprecò contro se stesso. Judith Stacy
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Aveva passato così la maggior parte della notte. Amanda non era l'unica persona ad aver perso quasi il controllo di sé. Ma lui aveva un accampamento di taglialegna da mandare avanti. Raggiunse il flusso d'uomini diretti alla mensa, deciso a concentrarsi sugli affari e non su Amanda. O sul suo seno. Questo si rivelò più difficile del previsto, quando superò un'Amanda sorridente che salutava i suoi uomini che arrivavano a fare colazione. Il suo sguardo le s'appuntò sul seno. Jason ringhiò piano e strinse i denti, quando la sua eccitazione prese a crescere. «Signor Kruger?» Sentì la voce di Amanda sopra il chiacchiericcio dei suoi uomini e tornò a guardarla. In volto, questa volta. Se era imbarazzata a rivederlo, dopo ciò che era accaduto quella notte, non lo dimostrava. Tranne che per il fatto che sembrava fissarlo all'altezza del primo bottone della camicia anziché negli occhi. Jason si fece strada attraverso la folla e la raggiunse. Ma non le si avvicinò troppo. «Mi farebbe piacere cominciare stamattina le lezioni di buone maniere» disse Amanda. «Darebbe troppo incomodo se unissimo due tavoli in modo che i mariti possano sedere insieme?» Jason si voltò e vide che al tavolo che Amanda aveva occupato la sera precedente sedici uomini s'erano già pigiati su panche che potevano tenerne dieci. «Non più dello scoppiare di un'altra rissa» le rispose. Amanda si tolse di mezzo, mentre Jason faceva unire due tavoli e sistemare le panche su tre lati. Avrebbe desiderato poterlo evitare, almeno per quella volta. Le cose fatte al buio prendevano un significato completamente diverso, alla luce del giorno. Non sapeva che fare, non sapeva che dirgli. Come avrebbe reagito una signora, vedendo l'uomo cui aveva permesso di carezzarle il seno la sera precedente? La curiosa sensazione che provava in sua presenza tornò a turbarla. Aveva passato la maggior parte della notte senza riuscire a dormire, a pensarci. E s'era svegliata ricordando. Avrebbe dovuto vergognarsi di quel suo comportamento sconveniente. Oh, come s'era comportata! Come una donnaccia! Judith Stacy
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Ma non provava imbarazzo né si sentiva una donnaccia. La sera precedente, con Jason, era stata bene. E questo non faceva che aumentare la sua confusione. Guardò Jason prendere la sedia da un angolo e sistemarla al centro del lato più corto di quel tavolo doppio. Non appariva diverso per via del loro incontro. Tranne per il fatto che sembrava continuare a lanciarle occhiate in direzione del seno. Amanda scacciò quel pensiero, certo frutto della sua immaginazione, e si sedette. I taglialegna s'affrettarono a sistemarsi sulle panche e si lanciarono sui vassoi di salsicce, pancetta, frittelle e uova. «Fermi!» gridò Jason, sedendosi al capo opposto del tavolo, di fronte a lei. «Stamattina imparerete un po' di buone maniere!» Gli uomini non sembrarono troppo contenti all'idea, ma si fermarono e tornarono a sedersi composti. «Buongiorno, signori» disse Amanda, sorridente. «Cercheremo di rendere tutto questo il meno seccante possibile. So che avete appetito e che dovete andare a lavorare. Così stamattina cominceremo con qualcosa di semplice e miglioreremo un po' la vostra etichetta ogni giorno. Siete d'accordo?» Gli uomini s'agitarono nervosi sulle panche, fissando il cibo. «Come prima cosa, il vostro tovagliolo deve stare sulle vostre ginocchia. E non infilato nel colletto.» Amanda spiegò il suo e mostrò dove andava posato. «E a meno che non stiate tagliando qualcosa» aggiunse, «la mano con cui non mangiate deve starsene posata sul grembo.» Le sue istruzioni causarono un po' di confusione fra i taglialegna, che si passarono da una mano all'altra coltelli e forchette e ubbidirono. «State andando bene» li incoraggiò, sorridendo. «Ricordate che si mangia in silenzio. Non dovete fare rumore.» Gli uomini cominciarono a fare colazione, palesemente a disagio. Amanda pensava che quel giorno il cibo sarebbe rimasto loro sullo stomaco. Cercò di fare conversazione, ma l'attenzione dei taglialegna era tutta dedicata al modo in cui stavano mangiando, così lasciò perdere. «Sarò nell'ufficio del signor Kruger per parlare coi prossimi cinque aspiranti mariti appena avremo finito» disse loro, alzandosi da tavola. Judith Stacy
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Jason s'alzò in piedi. «Alzatevi» ordinò, e i taglialegna ubbidirono, salutandola educatamente con un cenno del capo. Amanda non poté fare a meno di notare come sembrassero sollevati nel vederla allontanarsi. A dire la verità, si sentiva sollevata anche lei. Jason lasciò la mensa dopo colazione e andò nel suo ufficio, aspettandosi di trovare Amanda pronta a discutere delle sue aspiranti mogli. E invece vi trovò Ethan, insieme a qualcosa che non s'attendeva. «Cosa diavolo...» cominciò a dire, chiudendosi la porta alle spalle. Ethan era seduto alla sua scrivania con i piedi poggiati su un angolo. «Bello, vero?» Jason si piantò i pugni sui fianchi e fissò, scuro in volto, l'area di lavoro di Amanda. Le tavole e i Cavalletti erano stati coperti con un panno rosa. Al centro c'era un vaso di vetro, fasciato con una stoffa gialla e pieno di fiori di campo. «È stata Amanda, vero?» chiese. «Be', di certo non sono stato io» rispose suo fratello. «E come dovrei lavorare qui?» «Dovresti fare come me.» Ethan si piegò all'indietro e si portò le mani dietro la nuca. «Siediti e goditela.» «Questo dovrebbe essere un accampamento di taglialegna» protestò Jason. «Chi ha mai visto una tovaglia rosa in un accampamento di taglialegna?» «Sei tu che le hai detto che poteva venire a lavorare qui» gli fece notare Ethan. «Cosa pensavi che sarebbe accaduto?» Jason si lasciò cadere sulla sua sedia. «E così all'improvviso saresti diventato un esperto di donne?» «È un fatto, tutto qui.» «Come con Meg McGee?» Ethan tolse i piedi dall'angolo del tavolo. Ricaddero a terra con un tonfo. «Che hai da dire di Meg?» domandò, quasi ringhiando. «Perché non mi hai detto che t'interessa?» gli chiese Jason. Ethan giocherellò con una matita e si strinse nelle spalle senza rispondere. «È una donna sposata» gli ricordò. «Suo marito se n'è andato da quasi un anno» replicò Ethan, sollevando lo sguardo. «Questo non significa che non sia più sposata.» Judith Stacy
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«Lo so.» Ethan sospirò. «Le hai detto cosa provi per lei?» Ethan scosse la testa. «Non mi sembrava il momento giusto.» «Se decidi di fare la tua mossa, fammelo sapere» gli raccomandò Jason. «Troveremo quel bastardo che l'ha abbandonata e faremo ciò che dobbiamo fare. Devi solo dirlo.» Ethan annuì, pensoso, e s'alzò. «Sarà meglio che vada alla segheria. Tu sali in montagna, oggi?» «Sì, ci vado» rispose Jason. Aveva bisogno di andarci. Aveva bisogno di una buona giornata di lavoro per togliersi dalla mente la signorina Amanda Pierce. La porta s'aprì in quel momento e Amanda fece il suo ingresso, tornando a ricordargli proprio che a partire dalla sera precedente stava cercando di dimenticare. Il seno di Amanda, carezzato dal suo vestito, in tutta la sua gloria, scatenò in lui proprio la stessa reazione. Jason si rallegrò di essere già seduto. «Buongiorno» fece Amanda, brusca, sistemando la sua scrivania e disponendo fogli e matite. «'Giorno...» la salutò Ethan, diretto verso la porta. «Sto andando alla segheria.» «Mi raccomando, fate attenzione» rispose Amanda. Jason si sforzò di restare concentrato sul progetto del dormitorio per tutto il tempo in cui Amanda ricevette a colloquio i successivi cinque aspiranti mariti. Non fu facile. Non con lei così profumata e con l'aria così dolce. Per restare seduto sulla sedia dovette fare appello a tutte le sue forze. Poi, felice che, almeno per quel mattino, i colloqui fossero finiti, chiuse nella cassaforte il denaro di Amanda e si diresse sulla montagna il più in fretta possibile. Camminando su per la strada attraverso il bosco insieme alle sue squadre di taglialegna, Jason inspirò l'aria fresca. Il suo corpo era teso. Aveva proprio bisogno di una buona giornata di lavoro. Una giornata con i suoi uomini. Un giorno lontano da Amanda e da ogni pensiero di donne, mogli e seni. Ma non ci riuscì per molto. Di solito gli uomini, quando parlavano sul lavoro, si raccontavano avventure e storie di pesca, ma quel giorno l'argomento principale era costituito dalle mogli che stavano per arrivare. Judith Stacy
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Parlarono di Amanda. Della lezione di buone maniere di quella mattina. Delle prossime lezioni di ballo. Del primo incontro con le ragazze. Tre degli uomini si accorsero di volere tutti la moglie numero nove del catalogo e una rissa fu sul punto di scoppiare. A mezzogiorno Jason scese verso la mensa sentendosi di cattivo umore quasi come quando era salito. Con suo grande sollievo, Amanda non era lì a dare agli uomini un'altra delle sue lezioni. Sperò di poter mangiare in pace e fu così fino a quando metà degli uomini seduti al tavolo dei mariti non cominciò ad accusare l'altra metà di comportarsi come maiali. E quella volta la rissa scoppiò per davvero. Il pomeriggio, sulla montagna, non fu migliore. Jason andò a cercare Buck Johansen e lo trovò nell'ombra di una macchia d'abeti di Douglas. «Sì» gli confermò Buck, «gli uomini sono piuttosto tesi. Hanno paura che succeda qualcosa e che la signorina Pierce non possa portare quassù le sue spose.» Jason scosse la testa. «Meglio fare in fretta» proseguì Buck. «E qualcuno dovrebbe decidere chi sposerà la numero nove.» «Dannazione...» borbottò Jason. «E le cose peggioreranno, a mano a mano che si avvicinerà il momento» continuò Buck. «Sapendo che presto qualcuno andrà a letto con una donna, gli animi diventeranno più caldi. E quelli che non si sposeranno? In quali condizioni pensate finiranno per trovarsi?» Jason guardò Buck e capì che quell'uomo aveva ragione. Persino lui era già teso, solo perché aveva Amanda intorno. Amanda e il suo seno colmo e sodo. Si tolse il cappello e si asciugò il sudore dalla fronte, imprecando a bassa voce. Essere così turbato da un seno era una pazzia. Aveva lavorato tutto il giorno, eppure non riusciva a pensare ad altro. Si rimise il cappello e decise che era arrivato il momento di fare qualcosa. Difficilmente Amanda glielo avrebbe lasciato carezzare di nuovo, ma dopotutto al mondo c'erano altri seni, non era forse vero? E c'erano anche altre cose che poteva fare. Cose che aveva bisogno di fare, se non voleva scoppiare. Sarebbe andato a Beaumont e avrebbe passato un giorno, dannazione, forse due, a rotolarsi in un letto con una delle belle donnine allegre di laggiù. Bene, si disse, era deciso. L'indomani mattina avrebbe lasciato quella montagna. Judith Stacy
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14 «Avanti. Sbrigati. Andiamo» disse Jason, facendo alzare suo fratello dalla panca della mensa. «Che fretta c'è?» chiese Ethan, acchiappando un'ultima frittella. «Perché questa improvvisa urgenza di andare a Beaumont?» «Provviste» rispose Jason, superando i suoi uomini ancora intenti a fare colazione. «Beaumont non andrà da nessuna parte» replicò Ethan, affrettandosi a raggiungerlo. «Quelle provviste saranno ancora là, quando arriveremo.» «Pare che stia per arrivare una tempesta.» Jason indicò un punto lontano all'orizzonte mentre uscivano dalla mensa. «Non voglio farmi sorprendere dalla pioggia.» «Da quando?» «Insomma, ti decidi a venire?» Jason, dal pomeriggio precedente, non aveva pensato ad altro che a quella scappata a Beaumont. Aveva lasciato a Buck Johansen la direzione degli uomini con istruzioni precise. Aveva fatto in modo che Ethan lasciasse lo stesso incarico a Rory Connor per quanto riguardava la segheria. E, soprattutto, era stato lontano da Amanda. E dal suo seno. Quella era stata la parte più difficile. Specialmente dopo mezzanotte, quando aveva ripensato a quanto fosse isolata la sua casetta. Era la più lontana e la più a nord, e lui sarebbe potuto andare e venire a proprio piacimento senza che qualcuno lo vedesse. E poteva pure restare quanto voleva. Anche tutta la notte, se Amanda glielo avesse permesso. Ma in quel momento non ne aveva bisogno, stava andando a Beaumont. Aveva un portafogli pieno di contanti e una volta arrivati in città avrebbe detto a Ethan come i fratelli Kruger avrebbero passato la giornata. Un premio che si erano meritati. Mentre si avvicinavano al carro fermo davanti al suo ufficio, Jason rallentò il passo. Dall'altra parte del carro scorse un abito azzurro bordato di pizzo. No. Voltò l'angolo del carro e vide Amanda. Accanto a lei c'erano Meg e Todd. «Che succede?» domandò. Judith Stacy
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Le donne si guardarono e sorrisero. «Andiamo a far spese a Beaumont» rispose Amanda. Meg rise. «Abbiamo visto Shady preparare il carro, così abbiamo pensato, perché no?» Ethan era raggiante. «Stupendo!» «No!» gridò Jason. «Non potete venire.» «Perché no?» chiese Amanda. «Sì» aggiunse Ethan. «Perché no?» «Perché Shady non va a Beaumont» gli spiegò. «Il carro lo prendiamo noi.» Todd tirò sua madre per la manica dell'abito. «Mamma, io non voglio andare.» Amanda sbirciò nel carro. «Perché non possiamo venire anche noi? C'è un sacco di spazio.» «Abbiamo degli affari da seguire» rispose Jason, cercando di farla sembrare una cosa importante. «Anch'io ho degli affari da seguire» ribatté lei, sollevando la sua borsa. «Gli ordini delle aspiranti mogli sono pronti. Devo spedirli.» «Ci penserò io» si offrì Jason, facendo per prendergliela. Ma Amanda fu più veloce e riuscì a evitarlo. «Preferisco farlo da me, grazie. E poi ho degli acquisti da fare.» «Mamma, posso restare qui?» chiese Todd. «Io non voglio andare a fare spese.» «Ethan e io possiamo comprarvi tutto quello di cui avete bisogno» provò a dire Jason, frugandosi nelle tasche e pescando un foglio e un mozzicone di matita. «Scrivete qui» aggiunse, porgendoglieli. «Vi prenderemo tutto.» «Mamma» insistette Todd, piagnucolando. «Io non voglio venire. Sto qui. Ti prometto che farò il bravo.» Meg si voltò verso suo figlio. «No, Todd. Non posso lasciarti da solo per tutto il giorno. Tornerò tardi.» «Signor Kruger, non potete prendere voi quello che mi serve» sbottò Amanda. «Certo che posso» la incalzò, mettendole in mano foglio e matita. Meg guardò suo figlio. «Forse non dovrei venire.» La delusione di Amanda era evidente. «Ma non vedevamo l'ora di andare, Meg.» «Sì, ma Todd...» Judith Stacy
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«Resterò qui a tenerlo d'occhio io» propose Ethan. «Voi?» esclamò Todd. «Voi?» ripeté Meg. «Neanche per sogno» ribatté Jason. «Ora state a sentire. Ethan e io abbiamo affari importanti, giù a Beaumont.» «Pensavo che andassimo solo a prendere delle provviste» disse Ethan. «Be', sono provviste importanti» insistette Jason. Amanda lo guardò negli occhi. «C'è una qualche ragione per cui non potete comprare le vostre provviste importanti, se Meg e io facciamo il viaggio con voi?» «Be'...» Lo sguardo di Jason passò dal volto di Amanda a quello di Meg, di Todd, di Ethan. «Ma certo che può!» esclamò Ethan, guardandolo come se avesse perso il senno. «Voi due signore salite sul carro. Compratevi qualcosa di carino e divertitevi. Todd e io ce la caveremo.» «Sì!» Il bambino, tutto allegro, cominciò a saltellare. Meg guardò suo figlio, poi Ethan. «Va bene. Ma solo se siete sicuro di volerlo fare.» «Avete bisogno di prendervi un po' di vacanza dal vostro lavoro di mamma» le rispose. Lei gli sorrise. «Grazie, Ethan. E' una delle cose più belle che qualcuno abbia fatto per me.» «Vi meritate che vi accadano solo cose belle» replicò lui. «Va bene, allora andiamo» concluse Amanda. Ethan aiutò le due signore e queste montarono sul carro in uno sventolio di sottane. Poi guardò l'orizzonte. «Penso che tu abbia ragione» disse a Jason. «Credo che oggi potrebbe piovere. Meglio che non restiate via a lungo.» Jason digrignò i denti. «Non preoccuparti. Voglio fare quello che c'è da fare e andarmene subito.» Balzò sul carro. Il suo peso lo fece oscillare e Amanda lo scontrò. Si affrettò a scostarsi da lui, sfiorandogli il braccio col seno. Jason strinse i denti, trattenendo un gemito che gli saliva dal profondo. Poi sospirò. Quella sarebbe stata una lunga giornata. Jason tirò le redini dei cavalli e fermò il carro nei pressi delle scuderie alla periferia di Beaumont. Poi tirò il freno, legò le redini e balzò a terra. Non era mai stato tanto felice di portare a termine il viaggio dalla Judith Stacy
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montagna. Amanda gli era stata seduta accanto, oscillando e scontrandolo con il ritmo del carro, di tanto in tanto scontrandolo con la coscia. Balenare di sottovesti. Profumi di donna. Jason si asciugò la fronte. Aveva quasi toccato il limite della sopportazione. «'Giorno...» lo salutò il padrone delle scuderie, uscendo dalla porta. «Salve» gli rispose. «Volete badare ai miei cavalli? Sarò in città per buona parte della giornata.» «Certo, signore!» Jason gli lanciò una moneta e si voltò verso la città, pronto a incamminarsi. L'uomo doveva aver rivolto la sua attenzione ad Amanda e Meg, ancora sedute sul carro. «Buongiorno, signore. Lasciate che vi dia una mano a smontare da lì.» Jason si voltò di scatto mentre l'uomo stava tendendo una mano ad Amanda. Gli si parò davanti, si prese una bella vista di quel petto delizioso, poi l'afferrò alla vita e la posò a terra. Amanda si voltò fra le sue braccia, sorpresa. «Grazie» gli sussurrò, a occhi bassi. Le mani di Jason, posate sui suoi fianchi morbidi, avevano preso a formicolare. Anche se non poteva sentire nulla oltre al tessuto dell'abito, sapeva cosa ci fosse sotto. Meg si schiarì la voce e Jason la aiutò a smontare senza tante cerimonie. Si fece da parte e le due donne si diressero in città. Erano entrambe belle donne, osservò Jason, guardandole allontanarsi. Due delle donne più belle che si sarebbero viste quel giorno per le strade della città. Non poteva biasimare Ethan per il suo interesse nei confronti di Meg. Era una donna intelligente, una buona madre per Todd, e sapeva anche badare a se stessa. Jason aggrottò la fronte. Era quello che faceva sembrare Amanda e Meg così differenti, si disse. Amanda non sembrava far parte di quel mondo, non pareva appartenere alle rozze e grossolane strade di Beaumont. Il suo abito era più elegante. Lei si muoveva in modo diverso. A farla breve, Amanda sembrava proprio ciò che era, una vera signora di città. E questo la rendeva una facile preda, lì nelle strade di Beaumont. Quell'idea lo spaventò. Quel giorno non le voleva tra i piedi. Aveva altri Judith Stacy
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piani. Ma la preoccupazione per la loro incolumità lo spinse a raggiungerle. «Ferme» disse, salendo sul marciapiede dietro di loro. Le due donne, che stavano chiacchierando, si fermarono e si voltarono. «Sì?» chiese Amanda, guardandolo con quei suoi grandi occhi azzurri. Per un lungo momento Jason non riuscì a ricordare cosa avesse voluto dire loro. Non era per niente facile, quando Amanda lo guardava in quel modo. «Ehm, sentite» cominciò. «Quando comprate qualcosa, chiedete al negoziante di tenerlo da parte per voi. Prenderemo tutto al momento di lasciare la città, così non dovrete portare pacchi pesanti per tutto il giorno.» «Bene» rispose Amanda, e si voltò per allontanarsi. «E fate attenzione alle vostre borse» aggiunse Jason. Amanda si guardò alle spalle. «Lo faremo.» «Voi due dovreste restare insieme.» «È quello che avevamo in mente.» «Non date troppa confidenza.» «Va bene.» «Non vorrete che qualcuno si faccia un'idea sbagliata, no?» Sbuffando, Amanda si voltò ad affrontarlo. «Credevo che foste impaziente di occuparvi dei vostri affari.» «Oh, be'. Certo che sì.» Jason arretrò di un passo. «Voglio solo che siate prudenti.» «Promesso» replicò Amanda, portandosi una mano al petto. L'occhio di Jason le cadde sul seno, proprio la parte di lei che disperatamente aveva cercato di ignorare, e le viscere gli s'annodarono. Si voltò di scatto. «Signor Kruger?» La voce di Amanda lo richiamò indietro. «Vorrei ringraziarvi come si deve per aver concesso alle mie spose di venire sulla vostra montagna» gli disse. «Possiamo pranzare insieme?» «Certo» le rispose, senza pensare. Amanda gli sorrise. «Bene. C'incontreremo al ristorante accanto all'albergo a mezzogiorno.» «Ci sarò.» Con un educato cenno del capo, Amanda lo salutò e si rimise in Judith Stacy
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cammino, prendendo di nuovo a chiacchierare con Meg. Jason rimase immobile a guardarle. Due donne, una delle quali di città, sole per le strade di Beaumont. La cosa non gli andava giù. Per un momento pensò di seguirle di nuovo, rimanendo nei pressi per tenerle d'occhio. Poteva succedere qualsiasi cosa. Poi scacciò quel pensiero. Seguire quelle due per tutto il giorno era l'ultima cosa che desiderava fare. Quella non era certo l'idea per cui era venuto a Beaumont! Il bisogno prepotente che stava alle spalle della sua decisione cresceva col passare di ogni ora. Era arrivato il momento di fare qualcosa. Si voltò e s'incamminò verso il bordello, che si trovava oltre i saloon, dall'altra parte della città. Era venuto per passare una giornata intera a rotolarsi in un letto ed era proprio ciò che aveva intenzione di fare. Ma si bloccò all'improvviso, rischiando di scontrare un'anziana signora che stava uscendo dall'emporio. Come poteva passare un'intera giornata a rotolarsi in un letto, quando aveva promesso di pranzare con Amanda? Dalle labbra gli sfuggì una sequela di imprecazioni. Perché aveva accettato? Amanda glielo aveva proposto e lui aveva aderito all'invito senza neppure prendersi un momento per riflettere. Sospirò. Be', ormai era incastrato. Non poteva mancare all'appuntamento. Come avrebbe potuto spiegare ad Amanda dov'era stato invece di pranzare con lei? Non che fossero fatti suoi, né le doveva delle spiegazioni, ma in qualche modo avrebbe dovuto dirle qualcosa se non si fosse fatto vivo al ristorante. Cercò di pensare. In fondo quel giorno doveva acquistare davvero delle provviste lì a Beaumont. Bene, lo avrebbe fatto come prima cosa, si disse. Poi il pranzo con Meg e Amanda e quindi avrebbe potuto passare il pomeriggio sotto le coperte con una donnina allegra. Presa quella decisione, Jason s'incamminò. La lista di cose da prendere era lunga. Il cuoco aveva bisogno di farina, zucchero, sale e di almeno due dozzine d'altre cose. Jason lasciò quella parte della lista al padrone dell'emporio e attraversò la strada. In quel negozio non trovò ciò che stava cercando, ma fu fortunato due botteghe più in là. La costruzione del dormitorio delle spose sarebbe cominciata di lì a poco, e così bisognava comprare i materiali. Tutto ciò che non era legno andava acquistato, e con altre due fermate in altrettanti empori lungo la Judith Stacy
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strada, Jason riuscì a sistemare anche quella parte della lista. Tra un negozio e l'altro s'era guardato intorno, cercando invano di individuare Amanda e Meg. Qualche ora dopo cominciò a preoccuparsi. In fondo non le aveva scorte nemmeno per un momento. Eppure anche loro dovevano aver girato da un negozio all'altro, intente a fare i loro acquisti. Dapprima s'era detto che dovevano essersi fermate in uno di quei negozi da donne, occupate a guardare abiti o tessuti o quello che si vendeva in posti del genere. Ma ormai cominciava a preoccuparsi. Lasciò l'emporio delle granaglie e prese a chiedersi dove fossero Amanda e Meg, quando le vide in lontananza uscire da una modista dall'altra parte della strada. Per un momento non fu sicuro che fossero loro, perché il negozio era piuttosto lontano, e per di più quel giorno la strada era molto affollata. Ma non poteva non riconoscere la signorina Amanda Pierce e il suo abito azzurro. Rimase a guardarle per un istante, più tranquillo. Le due donne sembravano al sicuro. Poi vide tre uomini tagliar loro il passo. Il sangue gli si ghiacciò nelle vene, quando Amanda e Meg aggirarono l'ostacolo, ma gli uomini le bloccarono ancora. Erano minatori, a giudicare dagli abiti polverosi, dai berretti frusti e dalle barbe incolte. Di certo erano stati sulle colline per settimane e da allora non vedevano una donna. Con quel pensiero in mente, Jason s'incamminò verso di loro. Aveva temuto sin dall'inizio che potesse accadere qualcosa del genere. Sentì il cuore cominciare a battere più forte e si portò una mano alla coscia. Non aveva portato con sé la pistola. C'era un fucile sul retro del carro, ma in quel momento non gli serviva granché. Vide Meg chinare il capo ed evitare di nuovo gli uomini. Amanda, invece, non si lasciò intimidire. Meg le posò una mano sul braccio, cercando di tirarla da parte, ma lei non si mosse. Guardava dritto negli occhi l'uomo che torreggiava su di lei, a testa alta, e gliene stava dicendo due. Jason imprecò. E cominciò a correre. Dannata sciocca! Non sapeva come comportarsi, in un posto come quello. Non sapeva come badare a se stessa. La montagna non era un luogo adatto a lei. Lo aveva pensato, e glielo aveva detto, più di una volta. Evitando per un soffio un carro di passaggio, Jason attraversò di corsa la strada e balzò sul marciapiede. Si fece largo in fretta tra la folla senza perdere di vista Amanda. Doveva raggiungerla. Non poteva lasciare che le Judith Stacy
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accadesse qualcosa. Quella donna non era in grado di badare a se stessa. Forse a San Francisco poteva farlo, ma non in mezzo a quel genere di persone. Quando l'uomo si chinò, portando il suo volto vicino a quello di lei, Jason la vide irrigidirsi e un'espressione indignata disegnarsi sul suo volto. La vide sollevare la borsa con entrambe le mani e usarla per colpire l'uomo al petto, spingendo con tutto il suo peso. Il minatore barcollò all'indietro, il tacco gli scivolò oltre il bordo del marciapiede, e finì volando nell'abbeveratoio dei cavalli. Jason, poco lontano, si fermò. Tutti s'immobilizzarono. Il minatore s'agitò, poi riuscì a raddrizzarsi e se ne tirò fuori, tutto gocciolante. Amanda doveva essersi accorta del suo arrivo, si disse Jason, perché si voltò a guardarlo. Teneva la sua borsa stretta al petto. Aveva le guance arrossate. Gli occhi sgranati, il respiro leggermente affannato. La bocca aperta in una O di stupore. Jason sentì che le ginocchia erano sul punto di cedergli. Che il cielo l'aiutasse, aveva voglia di baciarla! Proprio lì per strada, mentre tutti li guardavano, e con quella montagna d'un minatore che, probabilmente, l'avrebbe colpito se solo gli avesse dato le spalle. Ma Jason non ci poteva fare nulla. Voleva prenderla fra le braccia e stringerla a sé. Voleva prenderla. Voleva farla sua. I due minatori puntarono il dito verso il loro amico gocciolante accanto all'abbeveratoio e scoppiarono a ridere. Jason s'affrettò a raggiungere Amanda e le fece scudo col suo corpo. «Avete una borsa pericolosa, signora mia» disse uno dei minatori, fra una risata e l'altra. «Sì» concordò il terzo, portandosi le mani al petto. «Mettete un avviso, la prossima volta che venite in città. Ci terremo lontani da voi.» Poi i due presero il terzo per le braccia e gli fecero attraversare la strada, continuando a ridere. «Amanda! Non posso credere a quello che avete fatto!» esclamò Meg, sbalordita. «Non posso crederci neppure io» le rispose, portandosi una mano alla guancia. Jason si voltò. Tutto il desiderio che aveva provato qualche momento prima, la voglia di baciarla, di stringerla, di farla sua, s'era trasformato in collera. Judith Stacy
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«Cosa diavolo stavate pensando?» le chiese. Amanda si raddrizzò un poco. «Che quei tre erano proprio dei maleducati, e che non dovevano rivolgersi a noi in quel modo.» La sua collera svanì all'istante. Solo la signorina Amanda Pierce di San Francisco poteva sentirsi offesa dalla scarsa educazione delle persone che passavano per le strade di Beaumont. Scosse la testa, stancamente. Desiderava solo baciarla. «Siete stata fortunata a non finire voi nell'abbeveratoio» le disse. «O in un modo peggiore.» La vide sgranare gli occhi, quando si rese conto di ciò che aveva fatto. Poi trasse un profondo respiro, e Jason vide il suo petto sollevarsi. Amanda lo fissò, palesemente preoccupata. «Santo cielo, probabilmente avete ragione.» «Certo che ho ragione!» sbottò Jason, irritato da quella sua osservazione. E dal modo in cui il suo corpo aveva reagito al sollevarsi del suo petto. «Visto di cosa stavo parlando? Dovete imparare a badare a voi stessa, in un posto come questo.» Raddrizzando le spalle, Amanda lo fissò. «Scusatemi, signor Kruger, ma penso che le mie azioni abbiano dimostrato che so esattamente come badare a me stessa.» Jason aveva voglia di protestare, però lasciò perdere. Davvero, che cosa poteva dire? In fin dei conti Amanda se l'era cavata, anche se a lui tutto quello non faceva piacere. Amanda scacciò quell'incidente con un gesto. «Perché ora non ce ne andiamo a mangiare?» «Prima finiamo le nostre compere» disse Meg. «Ci rimane solo qualche negozio da visitare.» «Ci vediamo al ristorante, allora» concluse Amanda, e le due donne s'allontanarono lungo la strada. «Ferme, ferme» protestò Jason, seguendole. «Non voglio che voi due ve n'andiate in giro da sole. Quel tizio potrebbe asciugarsi e decidere che l'essere gettato in un abbeveratoio da una donna non è poi così divertente.» Amanda si strinse nelle spalle. «Non ci succederà niente.» «No, no, aspettate...» Impaziente, Amanda sbuffò. «Signor Kruger, ora non siamo sulla vostra montagna. Possiamo fare come vogliamo.» «Amanda, forse ha ragione» osservò Meg. «Diteci dove sarete, signor Judith Stacy
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Kruger. Così, se ci saranno problemi sapremo dove trovarvi.» Jason indicò loro un negozio in fondo alla strada. «Sarò là, poi andrò direttamente al ristorante.» «Ci si vede al ristorante, allora!» concluse Amanda, allontanandosi lungo il marciapiede. «Fate attenzione, va bene?» le gridò dietro lui. Meg si voltò per un momento. «Forse fareste meglio a dire a tutta Beaumont di fare attenzione ad Amanda!» Le due donne, che s'erano prese a braccetto, scoppiarono a ridere. Jason, turbato, rimase a guardare Amanda allontanarsi. La desiderava. La desiderava con una intensità che non aveva mai sperimentato in tutta la sua vita. Come avrebbe potuto trovare una donnina allegra che lo soddisfacesse, ora?
15 Quando Amanda raggiunse il Red Apple Restaurant accanto all'albergo, scoprì che Jason era già arrivato. Gli sorrise, sorpresa dalla facilità con cui le sue labbra sembravano pronte a sorridere quando lui era nei pressi. Ma rimase ancora più sorpresa quando Jason ebbe la stessa reazione nei suoi confronti. Gli si avvicinò e gli si fermò di fronte. «Allora, avete appetito?» Jason la guardò da sotto la tesa del cappello. «Sono affamato.» Doveva esserlo davvero, si disse, perché sul suo volto vide un'espressione che non aveva mai visto prima. Sembrava prostrato. Jason la prese a braccetto e la guidò all'interno del ristorante. I tavoli del Red Apple erano sistemati ordinatamente nell'ampio vano del ristorante ed erano tutti coperti da linde tovaglie a scacchi. Altri avventori lo affollavano, ma Jason notò un tavolo libero nei pressi della vetrina. La tenne a braccetto per tutto il tempo, poi le scostò la sedia e s'assicurò che si fosse accomodata prima di sedersi di fronte a lei. «Dov'è Meg?» le chiese, accorgendosi solo in quel momento che lei era sola. «Aveva ancora qualcosa da fare» gli rispose, sistemandosi la gonna dell'abito. «Arriverà fra poco.» «Non è che è da qualche parte a spingere qualcuno in un abbeveratoio, Judith Stacy
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vero?» chiese ancora Jason, posando il cappello sulla sedia accanto alla sua. Amanda s'accorse che stava sorridendo e lo imitò. «Meg è andata in chiesa a parlare col pastore.» «A che proposito?» Lei emise un sospiro. «Credo che lo sappiamo entrambi.» «Avevate ragione sul conto di Ethan. Gliene ho parlato.» Jason scosse la testa. «Ma non credo che ne verrà fuori qualcosa, da tutta questa faccenda.» «Forse oggi il Signore la guiderà» provò a rispondergli. «Credo che il vostro angelo custode sia molto indaffarato» brontolò Jason. «Parlate ancora dell'incidente di oggi?» Jason le sorrise. «È meglio che ci facciate l'abitudine, l'intera montagna ne parlerà per giorni.» «Non intendevo creare un simile scandalo» mormorò Amanda. «Credo che anche noialtri finiremo per abituarci.» Amanda sorrise a quella gentile presa in giro. Jason era bello, ma quel giorno sembrava ancora più bello del solito. Una visione particolarmente gradita, quando per puro caso aveva spedito quel minatore a gambe all'aria nell'abbeveratoio dei cavalli. Non n'aveva avuto l'intenzione. E poi s'era spaventata per ciò che quell'uomo avrebbe potuto farle. Non s'era mai sentita così sollevata nel vedere qualcuno in tutta la sua vita come nel momento in cui s'era voltata e aveva scorto Jason accanto a sé. Quell'uomo aveva un certo non so che, un'autorevolezza particolare. Se n'era accorta sin dall'inizio, dal primo istante in cui aveva posato gli occhi su di lui. Se ne accorgevano tutti, del resto. Era per quello che i suoi uomini lo seguivano. Aveva il dominio di tutto ciò che lo riguardava e in pochi potevano permettersi di ignorarlo. Ma quel giorno c'era qualcosa di diverso, in lui. A volte sembrava più teso del solito. In quel momento, Amanda gli sedeva di fronte e poteva vedere un aspetto nuovo della sua personalità. Sembrava più rilassato. Sorrideva con più facilità. L'aveva anche presa un po' in giro. Il peso delle responsabilità, sulla sua montagna, a volte doveva essere troppo grave. Ad Amanda faceva piacere constatare che anche Jason Kruger si godeva ogni tanto quel tempo libero di cui aveva così bisogno. La cameriera si fermò al loro tavolo, versò del caffè e spiegò qual era il Judith Stacy
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piatto del giorno. Le chiesero di tornare dopo l'arrivo di Meg. Amanda posò un braccio sul tavolo e guardò fuori della vetrata. «Fino a oggi non mi ero resa conto di quanto fosse grande Beaumont» disse, guardando la gente passare lungo il marciapiede. «Quando sono passata di qui mi era sembrata più piccola.» Jason l'imitò, poi tornò a guardarla. «Non è un brutto posto. Serve un gran numero di persone, con tutti gli allevamenti e le miniere che ci sono nei dintorni, per non parlare degli accampamenti dei taglialegna. Si parla anche di costruire un teatro dell'opera.» Amanda tornò a guardarlo. «Sta crescendo così in fretta?» «Ma immagino che possa non sembrare un granché, dopo San Francisco» aggiunse lui. «Sono certo che non vediate l'ora di tornarci.» «Come voi di tornare sulla vostra montagna, immagino.» La sua risposta non sembrò piacergli, perché cambiò argomento. «Allora, cosa avete comprato stamattina?» le chiese. «Più di quanto avrei dovuto» ammise lei, sorridendo. Gli raccontò delle cose che aveva acquistato per sistemare la sua casetta, per renderla più accogliente, e del tessuto che aveva scelto per il dormitorio delle spose. Lo vide aggrottare la fronte. «Tessuto? Per cosa?» «Tende» gli rispose. «Per le finestre.» Jason sorrise. «Immagino che serviranno.» «Sono indispensabili» disse lei, sorridendo a sua volta. «E non dovete preoccuparvi di sovrintendere alla costruzione del dormitorio. Ci penserò io.» Lo vide aggrottare la fronte. «Voi?» «Certo» gli confermò. «Nessuno sa meglio di me cosa desiderano le spose.» Jason la guardò per un momento. «Non vi secca fare tutto questo lavoro, costruire il dormitorio, renderlo vivibile per poi andarvene via?» Lei ci pensò per un istante. «No» gli rispose. «A dire la verità, il lavoro mi piace.» «Non vi secca vedere le altre donne che si sposano, mentre voi non lo fate?» «No» replicò, distogliendo lo sguardo. Passò qualche minuto, in cui Amanda guardò fuori della finestra. Jason non smise di fissarla. Sentiva il suo sguardo su di sé. Judith Stacy
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«Vi ho chiesto perché non vi siete mai sposata» le disse alla fine, «ma non mi avete mai risposto.» «Non l'ho fatto?» «Sapete bene di non averlo fatto.» Amanda s'agitò sulla sedia. «Be'...» «Be'?» «Be'... Oh, Meg, siete qui!» Meg apparve al loro tavolo. «Scusate, mi dispiace di avervi fatto aspettare.» Jason s'alzò e l'aiutò a sedersi accanto ad Amanda, poi tornò ad accomodarsi. «Com'è andata col reverendo Daley?» le chiese Amanda. Meg si sistemò una ciocca ribelle dietro l'orecchio e fece un respiro profondo. «Be', un'opinione l'aveva, direi.» Amanda le posò una mano sul braccio. «Mi dispiace.» «Oh, non dovete» rispose Meg. «Il reverendo non mi ha detto niente che non sapessi già.» «Sappiamo tutti che i voti matrimoniali sono fatti per durare tutta la vita» disse Amanda, «ma nel vostro caso...» «Il reverendo voleva solo aiutarmi» la tranquillizzò Meg. «Dovrò prendere una decisione da sola.» Poi sorrise. «Ditemi, qual è la specialità del giorno?» Jason chiamò con un cenno la cameriera e ordinarono il loro pranzo. E mentre mangiavano, parlarono degli acquisti della mattinata. «Era ottimo» disse Meg, mentre la cameriera sparecchiava. «Ancora migliore per il fatto di non averlo dovuto cucinare io stessa.» «Che dite di prendere anche un dolce?» chiese Jason. Malgrado le proteste ordinò torta di mele per tre. Una volta finito il pranzo rimasero seduti a tavola a chiacchierare. A quanto pareva, nessuno di loro sembrava impaziente d'andarsene. Quando s'alzarono, Amanda fece per prendere il conto. Ma Jason glielo sfilò di mano. «Vi ho detto che questo era per ringraziarvi per avermi permesso di portare le mie spose sulla montagna» protestò lei. «Offro io.» L'orgoglio maschile gli gonfiò il petto, poi Jason sorrise. «Dovrete trovare un altro modo per ringraziarmi.» Il cuore le balzò in petto. Avrebbe dovuto sentirsi offesa, e invece tutto Judith Stacy
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ciò che riuscì a fare fu sorridere. Uscirono dal ristorante. Il sole del pomeriggio era sparito dietro un banco di nubi scure. L'aria s'era rinfrescata e aveva preso a spirare un po' di brezza. «Abbiamo ancora qualche commissione da fare» disse Amanda, ferma sul marciapiede. Jason si rimise il cappello. «Vi accompagno.» Amanda aggrottò la fronte. «Pensavo che anche voi aveste delle commissioni da fare.» «Oh. Sì.» Sbalordito, Jason rimase immobile. Quel pomeriggio doveva andare al bordello. Era quello il motivo per cui era venuto a Beaumont, dopotutto. Come poteva averlo dimenticato? Se l'era scordato perché per tutta un'ora era stato seduto di fronte ad Amanda. L'aveva guardata. Aveva sentito il suo profumo. Aveva ammirato il modo in cui teneva la forchetta, il modo in cui voltava il capo. In cui rideva. Ormai, l'idea di rotolarsi in un letto con una donnina allegra non sembrava più così attraente. Anzi, non lo era affatto. «Non avete bisogno di fare quella vostra commissione?» chiese Amanda. Jason ci pensò su per un momento. Oh, sì. Ne aveva ancora bisogno. Un bisogno davvero terribile. Doveva fare qualcosa per quel bisogno che lo tormentava senza posa. «Vado» disse allora, salutando le donne con un cenno del capo, anche se la sua coscienza lo mandava nella direzione opposta. Amanda gli sorrise. «Va bene. Ci vediamo alle scuderie fra poco.» «Certo» annuì Jason, senza riuscire a smettere di sorriderle. Amanda e Meg s'allontanarono. Jason fece per prendere per il lato opposto, poi si fermò e si voltò. «Fate attenzione, mi raccomando!» gridò loro. «Tenete d'occhio quei minatori!» Le vide fermarsi, voltarsi, guardarsi per un istante. Poi tornarono da lui. «Pensate che ci daranno fastidio?» chiese Meg. «È meglio che vi teniate lontane da loro» rispose Jason. «Cambiate strada, se li vedete, ma non credo che v'importuneranno ancora.» «Probabilmente avete ragione» concordò Meg, voltandosi verso l'amica. «Venite, andiamo. Non ci succederà niente.» Judith Stacy
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«Sì. Ne sono certa» annuì Amanda. «Comunque, se accadrà qualcosa, Jason non sarà lontano.» Un sorriso illuminò il volto di Amanda. «Sono felice di saperlo» disse, guardandolo dritto negli occhi. «Ehm...» farfugliò lui. «Be'...» «Se succede qualcosa non potrà non accorgersene» proseguì Meg, «in una città come questa!» «Forse dovreste dirci dove sarete» suggerì Amanda. Jason sentì una stretta allo stomaco. «Dove sarò?» ripeté, mentre la voce gli si spezzava. «Sì» assentì Amanda. «Nel caso ci sia bisogno di voi.» Jason guardò le due donne. Come diavolo poteva dire loro dove stava per andare? Dannazione, in un bordello! Voleva passare le ore successive senza pensieri, a sciogliere quella tensione che minacciava di farlo bollire nella sua stessa pelle. Come poteva spiegarlo a quelle due? Forse avrebbe dovuto dire la verità. L'idea rischiò di farlo sorridere. Poteva immaginare l'espressione del viso di Amanda se si fosse azzardato a dirle: Oh, non preoccupatevi, sto solo andando al bordello. In fondo era lei, la causa della tensione che lo tormentava. Forse meritava di saperlo. Forse avrebbe dovuto sapere che era stato il suo seno a causare tutto quanto. Il seno sinistro. Quello che non aveva ancora carezzato. Forse glielo avrebbe lasciato toccare, anche solo per pareggiare il conto. Nonostante vedesse accadere quella piccola e deliziosa scenetta con gli occhi della mente, Jason era certo che non sarebbe mai accaduto. Così come sapeva che non sarebbe riuscito ad andare al bordello. Non quel giorno, almeno. Non poteva correre il rischio di lasciar sole in città Amanda e Meg. E se quei minatori fossero tornati? Certo, avevano riso dell'incidente. Ma forse, dopo un po', potevano aver cambiato idea. Jason si chiese come avrebbe fatto a vivere, sapendo che era accaduto qualcosa di brutto a una di loro due mentre lui, invece di essere al loro fianco, si trovava nel letto di una mondana. «Verrò con voi» disse alla fine. «Ne siete sicuro?» gli chiese Amanda. Non aveva parlato con sufficiente entusiasmo, così cercò di rimediare. «Sì, ne sono sicuro» le rispose, sforzandosi di sorridere. «Dove si va?» «Là» fece Amanda, indicando un emporio dall'altra parte della strada. Judith Stacy
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«Non ci siamo ancora state.» Un emporio che era nella direzione opposta rispetto al bordello, si disse Jason. Un bordello che sembrava allontanarsi sempre di più. Maledizione! Attraversò la strada tra le due donne, tenendole per il gomito, poi le seguì nell'emporio. Le vide studiare con attenzione ogni mercanzia su ogni scaffale, discutere e decidere l'acquisto come se si trattasse ogni volta di un evento della massima importanza. Donne. In tutti quei mesi di montagna, circondato solo da taglialegna, Jason aveva dimenticato cosa significasse essere in compagnia di donne. Le poche signore dell'accampamento mantenevano le distanze, e la cosa non gli dispiaceva. Ma tutto era cambiato. Dopo aver avuto Amanda tra i piedi per tutti quei giorni, dopo aver passato quelle ore in città con lei, dopo aver pranzato con lei, dopo averla vista camminare per la strada, ridere e chiacchierare delle cose di cui parlavano le donne, Jason non riusciva proprio a ricordare il motivo per cui s'era opposto con tanta forza alla presenza delle donne sulla sua montagna. La guardò muoversi per il negozio. Così delicata. Così bella. Ormai una sola cosa era certa, si disse sconsolato. Una donnina allegra non andava più bene. Voleva una bella donna. Come Amanda.
16 Una pioggia lieve ma insistente batteva sui vetri delle finestre della mensa. E sembrava più rumorosa del consueto, perché gli uomini erano stranamente silenziosi. Jason sedeva al solito posto, sul fondo della stanza, da dove poteva tenere d'occhio la porta, la cucina, gli uomini. I taglialegna parlavano appena. Nessuno sembrava avere appetito. Ethan se n'era già andato senza quasi toccare cibo. Jason scostò il piatto con la colazione finita a metà. Forse era colpa della pioggia, si disse alzandosi. Il lavoro sulla montagna non si fermava col cattivo tempo. A nessuno, nemmeno a lui, piaceva lavorare sotto la pioggia. Forse era per quello che nella mensa c'era un'atmosfera simile. Judith Stacy
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Dannazione, poteva essere qualunque cosa, si disse avviandosi verso la porta. Nulla che avesse a che fare con Amanda. Buck Johansen s'alzò dal suo posto, quando Jason gli passò accanto. «Qualcuno degli uomini si è chiesto» gli disse, «se oggi la signorina Pierce si sente poco bene.» Jason vide che gli uomini seduti a quel tavolo lo stavano fissando con uno sguardo preoccupato. «Ieri non s'è vista» proseguì Buck. «Gli uomini pensavano che oggi sarebbe venuta. Non è ammalata o qualcosa del genere, vero?» L'inquietudine gli strinse lo stomaco in una morsa. Non aveva pensato che Amanda potesse avere dei problemi. «Sta bene, per quel che ne so» gli rispose. Gli uomini seduti al tavolo non sembrarono particolarmente sollevati dalle sue parole. «Sentirà il tempo» provò a dire, indicando la porta. «La signorina Pierce è una cosina tanto delicata» fece Buck, annuendo. I taglialegna lo imitarono. «Fa' attenzione che gli uomini non si facciano del male» aggiunse Jason, e lasciò la mensa. Una volta fuori, fu accolto da una folata di vento freddo. S'alzò il colletto, si chiuse bene il giaccone e poi si diresse verso il suo ufficio sotto la pioggia leggera ma insistente. Così com'era accaduto molte altre volte, il suo sguardo fu attirato dalla casetta sul fianco della montagna. La casetta di Amanda. Dal punto in cui si trovava non riusciva a vedere nessun segno di vita. Né una luce alla finestra a illuminare quel mattino cupo. Forse era ancora a letto. Amanda a letto... Raggomitolata sotto la morbida coperta, affondata nel materasso di piume. Jason sentì una stretta al petto. Amanda a letto. Amanda a letto insieme a lui. La pioggia che batteva sul tetto di lamiera. Loro due insieme, soli, al caldo. La stretta al petto si fece più intensa, e in tutto il corpo Jason sentì diffondersi un calore che lo turbò. Le giornate di pioggia erano fatte per stare a letto. La sua immaginazione prese il sopravvento e fece apparire all'occhio della sua mente tutta una serie di deliziose immagini. Amanda con i capelli sciolti. Judith Stacy
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Amanda nuda. Il seno di Amanda. Entrambi i seni. Jason si slacciò i bottoni del giaccone, lasciando che il vento freddo e la pioggia calmassero i suoi bollenti spiriti. Dannazione. Il giorno prima sarebbe davvero dovuto andare al bordello. Lo spasimo insistente che lo perseguitava e il costante ricordo del desiderio che provava per Amanda gli erano ormai diventati così familiari da essere quasi sopportabili. Quasi. Il giorno precedente avrebbe potuto provare a fare qualcosa per alleviarlo, ma aveva scelto di non farlo. Poteva tornare a Beaumont in qualsiasi momento. Ma in qualche modo il bisogno che provava era cambiato. Non era più il bisogno di una donna qualunque, ma solo di una. Di Amanda. Mentre il viaggio d'andata a Beaumont era stato teso, quello di ritorno s'era rivelato un vero piacere. La conversazione non aveva conosciuto intoppi. Meg sembrava avere molte cose cui pensare. Era comprensibile, si disse Jason. Ma Amanda non s'era persa una sola delle sue parole. Avevano parlato del modo in cui Beaumont stava crescendo, della gente che vi avevano visto, di ciò che avevano comprato. Jason s'era sorpreso dell'attenzione di Amanda quando lui aveva parlato dell'economia dello stato e della nazione, di come questa influiva sui suoi affari. Non aveva solo ascoltato, aveva capito. E a lui non era dispiaciuto ascoltarla parlare del tessuto che aveva comperato, delle stoffe che le piacevano, dei bottoni, del pizzo e dei fiocchi che aveva visto. Per qualche strana ragione, quelle s'erano rivelate le cose più interessanti che avesse mai sentito. Quando erano arrivati all'accampamento, precedendo il temporale, a Jason era dispiaciuto vederla andare via. S'era offerto di portarle i pacchi fino alla casetta, ma Shady era venuto loro incontro con alcuni degli uomini e così s'era sentito obbligato ad aiutarli a scaricare il carro. Una folata di vento freddo e umido lo investì in pieno volto, mentre era ancora intento a fissare in lontananza la casetta di Amanda. Sapeva che non sarebbe dovuto andare lassù. Salendo sul portico davanti al suo ufficio, Jason si pulì le suole degli stivali dal fango e scrollò le gocce di pioggia dal giaccone. Ethan era seduto alla sua scrivania, quando entrò. La stanza era fredda e profumava del caffè tenuto in caldo sulla stufa. Judith Stacy
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«Ieri a mezzogiorno ho finalmente capito il motivo per cui volevi che venissi con te a Beaumont» lo sentì dire, «così come il perché non desideravi che le signore ci accompagnassero.» Jason si avvicinò alla stufa, lanciò un'occhiata a suo fratello e sbuffò. «Non ho mai detto di essere il più intelligente della famiglia» proseguì Ethan. «Né l'ho fatto io.» Jason si versò una tazza di caffè senza riuscire a trattenere una risatina. «Allora, com'è andata?» «Come se fossi riuscito ad avere un po' di tempo per me, con due donne tra i piedi per tutto il giorno...» Ethan sorrise. «Da quel che ho sentito, Amanda non ha bisogno di qualcuno che badi a lei.» Jason si lasciò cadere sulla sua sedia. «Immaginavo che quella storia sarebbe arrivata fin qui, prima o poi.» «Ha davvero sbattuto quel minatore nell'abbeveratoio?» Ethan scoppiò a ridere. «Amanda, che donna!» Jason sistemò le sue carte senza rispondere. «Stavo facendo due conti» continuò suo fratello. «Quella sua idea di affittare le stanze del dormitorio dopo che le ragazze si sono sposate è davvero buona. Recupererai il tuo investimento in fretta.» Jason bevve un sorso di caffè e si mise a frugare in un cassetto. «E' una donna intelligente» osservò Ethan. «Dovresti acchiapparla, prima che lo faccia qualcun altro.» Jason sollevò in fretta lo sguardo e lo fissò. «Perché ti viene in mente una cosa del genere?» Ethan si strinse nelle spalle e s'alzò. «Prima o poi deve accadere. Una donna come lei non diventerà certo una vecchia zitella.» Indossò il suo giaccone e si mise il cappello. «Vado alla segheria.» «Com'è andata ieri col bambino di Meg?» gli chiese Jason. Ethan aprì la porta. «Todd ha bisogno di un padre. Meg ha troppe attenzioni per lui, finirà per viziarlo.» «Quella donna è ancora sposata, Ethan.» «Per ora» rispose suo fratello, e con quelle ultime parole se n'andò. «Dannazione...» Jason s'appoggiò allo schienale della sedia e lasciò cadere sulla scrivania la matita che aveva appena preso in mano. Ethan stava giocando col fuoco. E nessuno era in grado di giocare col fuoco Judith Stacy
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senza scottarsi. Eppure non poteva biasimarlo. Tornò a fissare i progetti sul tavolo, cercando di mettersi a lavorare, quando gli venne in mente qualcosa che suo fratello gli aveva detto. Era a proposito di Amanda. Che non sarebbe rimasta nubile a lungo. Le aveva chiesto perché non si fosse trovata un marito, specialmente quando aveva una scelta così ampia. Non gli aveva mai risposto. Più ci pensava e più era certo che su quell'argomento Amanda fosse deliberatamente evasiva. Non poteva fare a meno di chiedersene il motivo. Ma ogni pensiero logico svanì dalla sua mente, quando Amanda in persona fece il suo ingresso nell'ufficio, accompagnata da una folata di vento. S'affrettò a chiudersi la porta alle spalle. Affannata, si guardò intorno, lo vide seduto alla sua scrivania e sorrise. «Buongiorno!» Quello non era un buon giorno, si disse Jason, cupo. Era la giornata peggiore per trovarsi su una montagna in un accampamento di taglialegna. Ma le sorrise e s'alzò. Il volto di Amanda era umido di pioggia. Le sue guance erano arrossate e respirava più in fretta del solito. Indossava un abito verde e sembrava allegra, in quel mattino cupo. Non l'aveva mai vista così deliziosamente in disordine. L'aiutò a togliersi il mantello, che appese accanto al suo giaccone. Amanda si tolse la sciarpa e si voltò. «Santo cielo, che vento!» esclamò, dirigendosi verso il lavabo. Jason appese la sciarpa insieme al mantello, si voltò e rimase incantato. Ferma di fronte al piccolo specchio del lavabo, Amanda si sistemò una ciocca sfuggita all'acconciatura e la fermò con una forcina. Studiò il suo riflesso, voltò il capo a destra e a sinistra. Poi, non contenta del risultato, si sfilò le forcine. Tutte. L'una dopo l'altra, lasciando che i capelli le scendessero in morbide onde sulle spalle e lungo la schiena. Capelli folti, scuri, con un riflesso rosso che fino allora non aveva notato. Non poteva, visto che li teneva sempre raccolti in un'acconciatura severa. Jason rimase dov'era, in silenzio, immobile, non volendo spezzare l'incanto di quel momento d'intimità. Una donna perbene non si sarebbe sciolta i capelli in pubblico. Un uomo non vedeva una donna con i capelli Judith Stacy
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sciolti sulle spalle, a meno che non fosse sposato con lei. O qualcosa di simile, aggiunse fra sé. Non riusciva a capire perché Amanda si fidasse tanto di lui. Non se lo meritava. Non quando non desiderava altro che passarle le mani fra i capelli. Quando voleva seppellirvi il volto e sentirne il profumo. Quando voleva vederli spargersi sul bianco di un cuscino. La vide pescare un pettine da una tasca e tornare a sistemarsi i capelli. Con movimenti rapidi ed efficienti li fermò con le forcine, rimettendo a posto anche l'ultima ciocca ribelle. Jason dovette stringere i denti per non gemere. Cosa non avrebbe dato per poterle sfilare lui stesso quelle forcine dai capelli! Guardare quella massa scura e lucida scivolarle lentamente sulle spalle, e... «Mi sono persa qualcosa?» «Eh?» Jason, imbambolato, si rese conto che Amanda s'era voltata dallo specchio e lo stava fissando. «Mi è sfuggita qualche ciocca?» gli chiese, tornando a dargli le spalle e portandosi una mano alla nuca. Jason assaporò quel momento, lì con Amanda ferma in posa per lui. Il suo sguardo scese lungo la linea di quella schiena fino ai fianchi, poi viaggiò più in basso fino all'orlo dell'abito. Trattenne un altro gemito e tornò a sollevare lo sguardo. Le erano sfuggite due piccole ciocche sulla nuca, ma non glielo disse. Gli piaceva poterle vedere dov'erano. Ciocche morbide, che sembravano invitarlo a passarvi le dita. Amanda si guardò oltre le spalle. Inarcò le sopracciglia, aspettando una sua risposta. «A posto» le mormorò. «È tutto a posto.» Si schiarì la voce e si costrinse a tornare alla scrivania. «Questo è il progetto del dormitorio?» gli domandò. Jason si sedette solo per scoprirla piegata sopra la sua spalla, intenta a studiare il progetto steso sulla scrivania. Così prese il foglio, per tenere le mani occupate e lontano da lei. «Sì, l'ho quasi terminato» le rispose. «Posso vedere?» Tornò a lanciarle un'occhiata e seppe che stava per commettere un errore. «Certo.» Amanda girò attorno alla scrivania e si sedette dall'altra parte. Jason Judith Stacy
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liberò il piano e vi stese il progetto. Quando lo aveva disegnato, usando come traccia i semplici schemi di Amanda, non aveva fatto altro che assicurarsi di includervi ciò che lei gli aveva chiesto. In quel momento, invece, scoprì che la sua approvazione significava molto, per lui. Discussero il progetto, entrambi con una matita in mano, indicando, facendo domande, proponendo idee. Amanda gli diede qualche altro suggerimento, ma in generale si dimostrò soddisfatta di ciò che aveva fatto. E lui fu contento d'averla tanto vicina. Alla fine, quando furono d'accordo su ogni aspetto del dormitorio, Jason s'appoggiò allo schienale e si passò una mano sulla fronte. «Non vedo l'ora che questa pioggia finisca, così potremo cominciare» disse Amanda, alzandosi. «Pensate che pioverà a lungo?» Jason chiuse gli occhi per un momento. «Un giorno, probabilmente, da come soffia il vento.» «State bene?» gli chiese lei. «Ho un po' di emicrania» le rispose con una smorfia, guardandola. «Tutto qui.» «Donne sulla vostra montagna. Siamo davvero un problema per voi, non è così?» Jason si strinse nelle spalle. «Mi sono abituato all'idea. Va bene lo stesso.» Amanda andò al lavabo. «Lasciate che faccia qualcosa per la vostra emicrania, adesso.» «No, no, non c'è problema» le assicurò, alzando le mani. «Avere delle donne sulla vostra montagna potrà non essere un problema, ma è colpa mia se la testa vi fa male» insistette Amanda. «Per avervi fatto lavorare così duramente su quel progetto.» L'emicrania gli era venuta per la fatica di tenere a freno il suo desiderio, si disse Jason, ma non glielo avrebbe certo rivelato. «Sedetevi per bene e appoggiatevi allo schienale» lo invitò Amanda, avvicinandosi. «No, state a sentire...» «Oh, voi uomini!» sbuffò lei. «Siete così testardi! Ora appoggiatevi all'indietro e chiudete gli occhi.» Be', perché no? Gli faceva piacere averla vicino. Quella era l'occasione. Jason chiuse gli occhi e appoggiò la testa allo schienale. La sentì piegare Judith Stacy
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la sciarpa e appoggiargliela sotto la nuca perché stesse più comodo. Una pezza fresca gli coprì la fronte. Poi sentì le dita di Amanda sulle tempie. Jason fu sul punto di scattare in piedi. «Rilassatevi» gli sussurrò lei all'orecchio. Rilassarsi? Come diavolo poteva rilassarsi, quando lei gli stava così vicino da poter sentire il suo profumo? Quando le sue dita gli tracciavano piccoli cerchi sulle tempie? Quando ogni sua terminazione nervosa era sull'attenti? Quando il desiderio che provava per lei era così intenso da essere doloroso? Inghiottendo a fatica, Jason cercò di rilassarsi. Cercò d'ignorare le reazioni del suo corpo, il suo istinto. Impossibile. S'alzò di scatto dalla sedia. «Non è servito?» gli chiese Amanda, con ancora in mano la pezzuola umida che gli era scivolata dalla fronte. Lui gliela strappò via e la gettò lontano. «Amanda...» Lo sguardo di Jason la mise in guardia. Il calore che sembrava emanare da lui fu un altro avvertimento. E Jason stesso continuò ad avvicinarsi, confermando la sua intuizione. Ma lei non arretrò. S'era resa conto della forza che li aveva attirati l'uno verso l'altro, qualunque essa fosse, per giorni, però non aveva potuto farci nulla. Non poteva combattere contro una forza del genere. Né contro di lui. E neppure contro se stessa. Jason la circondò con le braccia e posò le labbra sulle sue. Amanda sentì le ginocchia tremare. Un piccolo gemito le sfuggì dalle labbra. Poi gli gettò di slancio le braccia al collo e piegò il capo all'indietro. Jason le divorò la bocca con un bacio. Uno strano fuoco dentro di lei la spinse a osare di più. Gli afferrò i capelli. Lui la baciò con più ardore. Gli si spinse contro finché non ebbe il seno premuto contro quel petto muscoloso, finché non le sembrò di fondersi in lui. Finché non sentì premere contro il ventre il suo... Amanda rimase senza fiato. Jason gemette, poi prese a tracciare lungo il suo viso una rovente pista di baci. Le slacciò il fiocco che le chiudeva l'abito sul collo e le posò le labbra calde sulla pelle. Con dita impacciate Amanda prese a sbottonargli la camicia e gli posò le mani sul petto. Un desiderio nuovo e sconosciuto la pervase. Sentì sotto le Judith Stacy
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dita quei muscoli, lo udì gemere. A uno a uno i bottoni del suo abito furono slacciati da quelle mani esperte, ma non le importava. Lo voleva. Voleva Jason. Le sue mani le si chiusero sul seno. Le sue dita le stuzzicarono i capezzoli. Amanda sospirò il suo nome. La bocca di Jason tornò a impossessarsi della sua. Il calore sembrò fondere insieme le loro bocche, i loro corpi. Le loro mani esplorarono, frenetiche. Amanda sentiva la testa girarle, eppure non voleva smettere. Gli s'aggrappò, lo strinse fra le gambe e lo attirò a sé. Un rantolo gli sfuggì dalla gola. Jason, affannato, sollevò il capo dal solco dei suoi seni. «Non dovremmo farlo» le disse con voce roca. «Lo so.» «Dobbiamo smettere.» «Lo so.» Poi, stretti l'uno all'altro, i volti vicini, si guardarono dritto negli occhi. «Dobbiamo smettere» ripeté Jason. «Lo so.» Amanda gli afferrò i capelli in un pugno. «Ma... Ancora un po'.» E Jason la baciò di nuovo. Un bacio forte, appassionato, rovente. Si premette contro di lei finché Amanda non scontrò la scrivania, poi la piegò all'indietro, stringendola a sé con le sue forti braccia. La lasciò andare e Amanda cadde a sedere sulla scrivania, schiacciando sotto di sé il progetto del dormitorio. Lo fissò con lo sguardo annebbiato dalla passione. Anche lui la fissò, altrettanto turbato. Avevano entrambi le guance arrossate. Lentamente Jason si raddrizzò, mettendo della distanza tra loro, ma senza staccare gli occhi dai suoi. «Potrebbe entrare qualcuno.» La sua voce era un mormorio roco. Passarono alcuni secondi, prima che la nebbia della passione cominciasse ad alzarsi e Amanda potesse comprendere ciò che le aveva detto. Si voltò a guardare la porta e si rese conto di quanto fosse stata vulnerabile. E sciocca. Eppure non si sentiva in imbarazzo. Né dispiaciuta di ciò che era accaduto. «È meglio che andiate» le disse Jason, facendo un passo indietro. Amanda scivolò dalla scrivania e lo sguardo di Jason la seguì. Abbassò Judith Stacy
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gli occhi. Il suo abito era sbottonato e lasciava vedere il suo seno nudo. Invece di affrettarsi a coprirlo, Amanda guardò davanti a sé il petto altrettanto nudo che la camicia aperta di Jason rivelava ai suoi occhi. Il desiderio tornò a scoccare tra loro come una scintilla. I loro sguardi s'allacciarono. Ma Jason arretrò. Jason non riuscì a staccarle lo sguardo di dosso, quando Amanda tornò ad abbottonarsi l'abito. Il suo corpo bruciava per lei. La vide prendere sciarpa e mantello e aprire la porta. La vide voltarsi, poi andarsene. L'unica cosa che gli impedì di seguirla fu il pensiero delle conseguenze. E il timore di ciò che queste avrebbero significato. Se la voce avesse cominciato a circolare, come sarebbe certamente accaduto, Amanda sarebbe stata rovinata. Rovinata per colpa sua. Quella sera Amanda scivolò sotto le coperte, sentendosi esausta. Non badò neppure agli strani rumori della foresta attorno a lei, quei rumori che di solito la rendevano nervosa, che le facevano immaginare chissà quali bestie in agguato nell'ombra fuori della sua casetta. Tutto ciò cui riusciva a pensare era Jason. Quel pensiero aveva occupato la sua mente per tutto il giorno. L'aveva scaldata, le aveva fatto battere il cuore più veloce, l'aveva fatta tremare, le aveva fatto girare la testa. Aveva lavorato sino a sfinirsi pulendo la casa, cucinando, compilando lunghe liste e progettando il benvenuto per le sue aspiranti spose, ma invano. Jason non era mai stato lontano dai suoi pensieri. Non sapeva perché avesse fatto ciò che aveva fatto con lui nel suo ufficio, quel mattino. Cose scandalose. Cose che prima d'allora non aveva neppure immaginato di poter fare. Cose che avrebbero distrutto il suo buon nome, se Jason non avesse ritrovato la ragione. Era un bene che ci fosse riuscito, si disse Amanda con lo sguardo fisso nel buio. Perché lei, quel giorno, in quell'ufficio, aveva proprio perso la testa. Qualcosa di sconosciuto l'aveva spinta a comportarsi così. Qualcosa che Jason aveva risvegliato in lei. Rotolò su un lato e sprimacciò il cuscino. Anche lei aveva risvegliato qualcosa in Jason. Qualcosa che andava oltre la febbre di passione che Judith Stacy
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avevano conosciuto quel mattino. Aveva finito per accettare la presenza delle donne sulla sua montagna. Non si limitava a tollerarla, l'accettava. Aveva riconosciuto il fatto che le donne avessero un loro posto, lì, e gli andava bene. Questo le faceva piacere. Amanda non aveva mai biasimato Jason per ciò che provava nei confronti delle donne. Le aveva raccontato di sua madre, della sua prepotenza, del modo in cui mandava avanti la famiglia. Di come suo padre non aveva fatto nulla per fermarla, e dei disagi che lui, i suoi fratelli e le sue sorelle avevano dovuto sopportare a causa sua. In qualche modo Jason aveva finito di fare i conti con tutto ciò. Aveva perdonato, aveva dimenticato. Il fatto che avesse accettato le sue spose sulla montagna n'era la prova. Amanda, al buio, sorrise. Era forse lei, la causa di quel suo cambiamento? Jason era un uomo ostinato, deciso. Un uomo non poteva essere il proprietario di una montagna né essere in grado di mandare avanti un accampamento di taglialegna, senza possedere caratteristiche come quelle. Lei non si sarebbe azzardata a credersi la sola responsabile di un cambiamento simile. Ma forse, soltanto forse, vi aveva contribuito. A ogni modo, ne era felice. Jason si fidava di lei. L'aveva accettata nella sua vita. Le aveva raccontato i suoi segreti, le aveva dato un'opportunità, aveva cambiato idea. Le cose erano migliorate, fra loro. Erano migliorate al punto che quel mattino s'erano quasi strappati gli abiti di dosso. Amanda strinse le labbra. Jason si fidava di lei. Le aveva rivelato il suo passato, confidato i suoi progetti per il futuro. Dove avrebbe portato tutto ciò?
17 Il mattino seguente, a colazione, scoppiò un litigio fra tre taglialegna che volevano aiutarla ad accomodarsi sulla sedia. Amanda ne fu sorpresa, visto che Jason non era lì con loro ad abbaiare ordini agli uomini o a lanciare occhiatacce. «Signori, vi ringrazio» disse loro, alzando la voce per sovrastare quella dei litiganti. «Sono molto contenta che vi siate ricordati le buone maniere.» I tre tacquero, si guardarono, e due di loro arretrarono di un passo. Il Judith Stacy
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terzo l'aiutò ad accomodarsi e poi tornò a sedersi con gli altri sulla panca che correva sui tre lati di quel grande tavolo. «Abbiamo sentito quello che è successo giù a Beaumont, signorina Pierce» disse Henry Jasper, quando i piatti furono colmi. «Avete davvero spedito quel minatore nell'abbeveratoio?» Amanda rischiò di arrossire. Aveva temuto che quella storia arrivasse all'accampamento, di certo avrebbe preferito che passasse sotto silenzio. Non era il genere di storia che poteva contribuire alla sua reputazione di persona perbene. Come poteva chiedere ai taglialegna di comportarsi come gentiluomini se lei non riusciva ad avere un contegno da signora? «Sì, Henry» ammise. «È vero.» «Be', che io sia dannato!» Bill Braddock picchiò un pugno sul tavolo, e dagli uomini si levò un grido d'esultanza. «Buon per voi, signorina Pierce!» esclamò Henry, sorridendo. «Non lasciatevi mettere i piedi in testa da quei minatori, signorina!» le consigliò un altro. «Fategli vedere come si fa, qui fra i taglialegna!» Gli uomini lanciarono un altro grido e picchiarono le posate contro i piatti di metallo. Amanda rimase sbalordita a fissarli, sforzandosi di non restare a bocca aperta. I taglialegna erano davvero orgogliosi di ciò che aveva fatto! «Ma siamo sicuri, signorina Pierce» soggiunse Henry, «che avete spedito quel minatore nell'abbeveratoio nel modo più da signora possibile.» Un altro grido di gioia s'alzò dal gruppo. Amanda non poté fare a meno di sorridere. «Grazie, Henry.» «Volete spiegarci ancora un po' di quelle vostre buone maniere che dobbiamo imparare?» chiese Bill. Puntò la forchetta in direzione dei suoi compagni. «Questi bestioni... Scusate, questi signori non se le ricordano.» Il sorriso di Amanda s'allargò. «Ma certo.» «Poi però vogliamo sapere tutto quello che è successo» aggiunse Henry. «E proprio da voi, signorina.» «Be', naturalmente» rispose Amanda, e iniziò la lezione di quella mattina. Alla fine, quando cominciò a dare loro un resoconto dell'incidente di Beaumont, gli aspiranti mariti le si radunarono intorno. Gli uomini degli altri tavoli tacquero, in ascolto. Lei cercò di sdrammatizzare l'accaduto, ma Judith Stacy
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gli uomini non ne vollero sapere. Anzi, le fecero ripetere più di una volta qualcuno dei dettagli. E quando presero a lasciare la mensa li sentì più vicini, come se fosse unita a loro da un nuovo rispetto, da una sorta di comunanza. «Ogni uomo su questa montagna finirà per farvi la corte, se continuerete a raccontare questa storia.» Amanda si voltò e vide Jason fermo dietro di lei. Non s'era resa conto che fosse lì, in ascolto. Quando non lo aveva visto al tavolo degli aspiranti mariti, quella mattina, aveva pensato che non fosse venuto in mensa. S'era chiesta perché non avesse intenzione di fare colazione con loro. In quel momento, vedendolo, capì il perché. Sul suo volto poteva leggere la passione che avevano condiviso il giorno precedente nel suo ufficio. Sapeva che era così anche per lei, evidenziato dal modo in cui il cuore le batteva più forte, dal modo in cui le tremavano le ginocchia. Chiunque, vedendoli insieme, se ne sarebbe accorto subito. Jason non voleva che i suoi uomini sapessero ciò che provava per lei. Né lei lo desiderava. Certo, era stato prudente, a evitarla. Eppure aveva sentito la sua mancanza. E in quel momento era felice di rivederlo. «Credevo che li avrebbe sconcertati, il sapere che ho agito in un modo così sfacciato» gli disse, guardando l'ultimo dei taglialegna lasciare la mensa. Jason avanzò, scuotendo la testa. «È una vita dura, quella sulla montagna. Un uomo riconosce il valore di una donna che sa badare a se stessa.» Amanda avrebbe voluto chiedergli se anche lui facesse parte di quella categoria, ma non lo fece. Era meglio andare avanti con gli affari. «Vi dispiacerebbe se usassi la mensa per un po', questo pomeriggio?» gli domandò. «Pensavo che incontrare le donne che vivono qui potrebbe essere una buona idea. Potrei cercare di farle partecipi dell'arrivo delle future mogli.» L'idea le era balenata in mente la notte precedente, durante le lunghe ore che aveva passato sveglia. Non voleva che le signore che abitavano già sulla montagna potessero sentirsi minacciate dalle nuove arrivate. L'ultima cosa di cui aveva bisogno erano rancori fra la popolazione femminile di quel luogo. Judith Stacy
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Jason indicò la cucina con un cenno del capo. «Lo dirò al cuoco. Non avrete molto tempo a vostra disposizione, però.» Amanda poteva capire. La cucina era il luogo più attivo di tutto l'accampamento, ancora più della segheria o della foresta. Un pasto veniva servito, si ripuliva, e già bisognava cominciare a preparare quello seguente. «Stamattina iniziamo con le fondamenta del dormitorio» la informò Jason. «Sembra che il cielo resterà sgombro per tutto il giorno.» Amanda guardò fuori della porta. L'alba grigia stava già schiarendosi. La pioggia aveva smesso di cadere durante la notte. Il terreno era ancora molle, ma non lo sarebbe rimasto a lungo. «Sembra che le cose stiano andando bene» commentò con un sorriso. «Pare di sì» confermò Jason. Rimasero a guardarsi per un lungo istante. Apparentemente nessuno di loro era impaziente di muoversi o di dire qualcosa. Bastava guardarsi. Per il momento. Alla fine Jason distolse lo sguardo. «Sarà meglio che vada a lavorare.» «Anch'io» rispose lei, riscuotendosi. Jason le sorrise e ricevette di rimando un altro sorriso. «Fatemi sapere se avete bisogno di qualcosa» le raccomandò. «Promesso.» Lo vide avviarsi verso la porta. «Jason?» Lui si fermò e si voltò. «Sì?» Amanda avanzò, fermandosi prima d'essere troppo vicina. «Più di una volta mi avete fatto una domanda. Io sono stata deliberatamente evasiva. Mi chiedevo, se siete ancora interessato, se questa sera possiamo avere un po' di tempo per parlare.» Lo vide annuire, pensoso. «Certo.» «Bene, allora. Vi andrebbe dopo cena?» Le sorrise. «Mi sembra il momento migliore.» Quando lasciò la mensa, Amanda non poté fare a meno di seguirlo con lo sguardo. Jason si voltò e si guardò alle spalle e prima che sparisse lei poté vedergli sulle labbra un mezzo sorriso. «Signore? Posso avere la vostra attenzione, per favore?» Amanda si sedette su una delle panche che si trovavano accanto ai tavoli riuniti per le sue lezioni di buone maniere. Attorno a lei era radunata Judith Stacy
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l'intera popolazione femminile della montagna. Tutte e sei le signore dell'accampamento. C'era anche Meg McGee, naturalmente, e Amanda ne era felice. Tra tutte le donne che vivevano sulla montagna, Meg era quella su cui poteva fare più affidamento. Le aveva spiegato il motivo di quell'incontro e Meg le aveva dato ragione. Una cosa del genere era proprio necessaria, le aveva detto. Becky sedeva accanto alla zia, Polly Minton, la lavandaia dell'accampamento. Vicino a Polly c'era Gladys Duncan; dopo l'incidente della ricetta, il contrasto che Amanda aveva risolto al suo arrivo, le due donne erano diventate amiche. Poi c'erano altre due donne che Amanda fino a quel momento non aveva incontrato. Il marito di Ideile Turner lavorava alla segheria. Lei faceva da maestra ai pochi bambini dell'accampamento. Il marito di Frances Conroy era il barbiere del luogo. «Qualcuna vuole ancora un po' di caffè?» chiese Amanda, sollevando il bricco. Quel servizio da caffè, azzurro e scrostato, non era proprio quello che lei avrebbe scelto per una occasione del genere, ma siccome era l'unico che era riuscita a trovare su tutta la montagna aveva dovuto accontentarsi. La torta che Meg aveva preparato era finita, così come i dolci che lei stessa aveva comprato a Beaumont. «Allora, perché siamo qui?» chiese Frances Conroy, tendendo la tazza per avere ancora un po' di caffè. Amanda glielo versò e mise il bricco da parte. «Tutte voi signore avrete un ruolo molto importante, nell'arrivo delle future spose. Volevo consultarmi con voi prima di procedere oltre.» «Davvero?» fece Polly. «E in che?» «Oh, per molte cose» replicò Amanda. «Tanto per cominciare, si apriranno diverse opportunità commerciali. E voglio che voi signore abbiate la precedenza.» Gladys Duncan si voltò verso di lei. «Cosa avete in mente?» «L'emporio di Polly, per fare un esempio» le rispose. «Accidenti, il mio non è granché, come emporio» le fece notare Polly. Amanda non poteva darle torto. Polly usava metà di casa sua come lavanderia e nell'altra metà vendeva le poche cose che potevano servire ai taglialegna. Judith Stacy
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«Credo che questo cambierà, con l'arrivo delle spose» spiegò Amanda. «Le donne avranno bisogno di cose per loro stesse, così come per le case che metteranno in piedi. Il viaggio giù dalla montagna e fino a Beaumont è lungo e faticoso. Credo che un emporio ben fornito, qui accanto all'accampamento, potrà fare buoni affari.» «Oh, accidenti, sì!» saltò su a dire Becky. «È proprio una buona idea!» «Mah, non so» esitò Polly. «Insomma, non faccio molti soldi, con quello che vendo.» «Ma questo cambierà, quando arriveranno le spose» replicò Amanda. «Potete garantirlo?» ribatté la donna. «Be', no» dovette ammettere lei. «Non posso garantire nulla. Ma secondo me è molto probabile che sia così.» «Certo» aggiunse Becky. «Quelle donne si daranno di sicuro a spese pazze.» «A dire la verità, l'idea di spendere i soldi che ho guadagnato a fatica per della merce che se ne starà lì sullo scaffale ad aspettare che a qualcuno venga in mente di acquistarla non mi piace molto» confessò Polly. Scosse la testa. «E poi non ho abbastanza denaro per cominciare.» Amanda si guardò intorno. «E voi, signore?» chiese. «A qualcuna interessa questo affare?» Le donne si guardarono l'un l'altra, poi tutte scossero la testa. «Io sono proprio come Polly» dichiarò Ideile. «Non ho abbastanza denaro per mettere in piedi un negozio.» Dal tavolo s'alzò un mormorio e Amanda capì che tutte la pensavano nello stesso modo. «Va bene» disse allora. «Questo è comprensibile. Spero solo che voi tutte teniate a mente questo genere d'opportunità, che di certo finirà per presentarsi.» Le donne annuirono e Amanda proseguì. «Penso di organizzare una serata, quando le spose arriveranno.» «Volete dire un ballo?» chiese Becky. «Sì» le rispose. «Vorrei avere il vostro parere su ciò che dovremmo fare.» Le signore del luogo non avevano dimostrato molto interesse nell'avviare o nell'espandere gli affari sulla montagna, ma avevano molte idee per il ballo. Amanda prese nota, fu formato un comitato e si presero decisioni per quanto riguardava il rinfresco e le decorazioni. Judith Stacy
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«Mio marito suona il banjo. Be', un po'» disse Ideile. «Lui e qualcuno dei ragazzi ogni tanto si trovano per suonare insieme. Hanno una chitarra, un violino e un'armonica. Potrebbero suonare, visto che è un'occasione speciale.» «Mi sembra bellissimo» approvò Amanda, prendendo un altro appunto. «Se a voi signore viene in mente ancora qualcosa, fatemelo sapere.» Frances bevve un ultimo sorso di caffè. «Avete scoperto chi vi ha mandato quella lettera? Quella in cui si diceva che il signor Kruger stava cercando moglie?» Amanda era stata così occupata, in quegli ultimi giorni, che s'era dimenticata del tutto della lettera che l'aveva portata su quella montagna. «Chiunque sia stato» interloquì Meg, «sono felice che l'abbia fatto. Altrimenti non ci sarebbe stato modo di avere altre donne, quassù.» «Oh, avete proprio ragione!» esclamò Gladys. Le signore s'alzarono e s'avviarono verso la porta. Amanda cominciò a sparecchiare e Meg si fermò ad aiutarla. «Credo che voi potreste aprire un negozio» le disse Amanda. «A dire la verità, credo proprio che dovreste farlo.» Meg sollevò lo sguardo. «Chi, io?» «Sì, voi» le rispose. «Mi avete detto che voi e vostro marito avete già fatto qualcosa del genere. Sono certa che avete l'esperienza necessaria.» «Ma non il denaro per cominciare.» Amanda ci pensò su per un momento. «Quello che vi serve è un socio. Qualcuno che possa mettere il capitale per la merce. Voi potete mandare avanti il negozio per poi dividere i profitti.» Meg scosse la testa. «Non so dove potrei trovare qualcuno disposto a farlo.» «Ma lo fareste, se ci fosse un socio?» insistette Amanda. «Certo» assentì Meg senza esitazioni. «Devo pensare a Todd. Ora ci riesco a malapena. Un negozio con delle entrate fisse sarebbe la risposta alle mie preghiere.» «Forse ho in mente una persona che potrebbe fare al caso vostro.» «Voi?» fece Meg, speranzosa. Amanda si strinse nelle spalle. «Non si può mai sapere.» Meg prese il vassoio con i piatti e le tazze e si diresse verso la cucina. «Oggi pomeriggio comincerò a cucire le tende.» Amanda le aveva dato quell'incarico, anche se avrebbe potuto farlo lei, Judith Stacy
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perché sapeva che Meg aveva bisogno di soldi. Era un buon modo per aiutare un'amica. «Bene!» annuì sorridendo mentre Meg spariva in cucina. «Jason dice che presto il dormitorio sarà pronto.» Sola nella mensa deserta, Amanda si sentì pervadere da uno strano calore. Si voltò e vide Jason entrare dalla porta. Le sorrise, e Amanda si rese conto di quanto le facesse piacere vederlo. «Come è andato il vostro incontro?» le chiese, fermandosi di fronte a lei. «Molto bene. Le signore non vedono l'ora che arrivino le spose. Il ballo sarà un evento.» «Il più importante che questa montagna abbia mai visto» aggiunse Jason, con una strizzatina d'occhi. Amanda lo imitò. Sapeva bene che lì non era mai avvenuto nulla del genere. «Ho messo una squadra a lavorare al dormitorio» proseguì Jason. «Allora deve farvi davvero piacere, l'idea dell'arrivo di donne qui all'accampamento.» Lo sguardo di Jason si fece più scuro. «Di qualcuna più che delle altre.» Amanda arrossì. «Volete venire a dare un'occhiata?» le propose, indicandole la porta con un cenno del capo. Shady apparve sulla soglia e si fermò. I suoi occhi si strinsero. «Signor Kruger, farete meglio a venire in ufficio» fece, palesemente preoccupato. Un brivido d'apprensione corse lungo la schiena di Amanda. Si voltò e vide che Jason si era irrigidito. «Cosa c'è che non va?» lo sentì chiedere. «E' arrivato da Beaumont qualcuno che chiede di voi. Di voi e di Ethan.» «Chi è?» «Non so come si chiama.» Shady si tirò su i calzoni. «Ma dice di essere vostro fratello.»
18 Amanda avrebbe capito che il ragazzino fermo fuori dell'ufficio era uno dei fratelli di Jason anche se lo avesse visto fra mille altri. Judith Stacy
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Comunque non dalla reazione di Jason, considerò tra sé. Doveva avere circa tredici anni, si disse, e aveva gli stessi capelli scuri e gli stessi occhi verdi di Jason e di Ethan. Era piccolo, tutto pelle e ossa. Aveva dei lineamenti dolci, ma crescendo questi sarebbero diventati forti e decisi come quelli dei suoi fratelli. E' proprio come Jason, non sembrava particolarmente felice di vedere suo fratello. Amanda guardò Shady, a disagio quanto lei. Lo vide lanciare una moneta all'uomo che aveva guidato il carro da Beaumont fin lì, congedandolo. I fratelli non erano corsi ad abbracciarsi. Non s'erano nemmeno stretti la mano. Il ragazzino era fermo su un lato del portico, circondato da una valigia e da diversi scatoloni chiusi con lo spago. Jason era fermo dall'altro. I due si fissavano, diffidenti. Jason gli lanciò un'occhiataccia. «Tu quale sei?» «Brandon» replicò il ragazzino. «E tu? Quale sei?» «Jason.» «Il maggiore, vero?» «E tu sei il bambino.» «Il minore» lo corresse Brandon, un po' irritato. Prese una busta dalla tasca del giaccone. «Questa è per te. Da parte di mamma.» Attraversò il portico, fermandosi a metà strada. Jason lo raggiunse con un passo, prese la busta e l'aprì. «Ehilà, fratellino!» Ethan li stava raggiungendo dalla segheria. Salì di corsa i gradini del portico, abbracciò il ragazzino, poi si scostò a guardarlo. «Sei Brandon, vero?» gli chiese, sorridendo. «Sì» rispose il ragazzino, a disagio per quell'abbraccio. «Dannazione, come hai fatto a crescere così?» Ethan lo strinse di nuovo a sé. «Quand'è stata l'ultima volta in cui ti ho visto?» Brandon si strinse nelle spalle, come se non lo sapesse e non gliene importasse nulla. Ethan gli diede una pacca sulla spalla. «Qual buon vento ti porta da queste parti?» «Lo ha mandato qui lei.» Jason si picchiò la lettera sul palmo della mano, e dalle sue labbra uscirono le espressioni peggiori che Amanda avesse mai udito. Persino Shady fece una smorfia, sentendole. «Lo ha mandato qui la mamma?» chiese Ethan. Judith Stacy
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«È andata in Inghilterra con papà.» Jason imprecò ancora e tornò a guardare Brandon. «Come mai ti ha spedito qui? Ti ha già mandato da tutti gli altri parenti?» «Stammi a sentire» scattò Brandon. «Voglio solo sapere se resto o se me ne devo andare.» «Resti, naturalmente» si affrettò a rispondere Ethan, prima che potesse farlo Jason. Gli prese la valigia. «Andiamo. Ora ti sistemiamo.» «Pensaci tu» si limitò ad aggiungere Jason. «Io ho del lavoro da sbrigare.» Poi si voltò e s'allontanò. Sbalordita, Amanda rimase per un momento a guardarlo andare via, la collera evidente nel suo passo veloce. Poi tornò a guardare Brandon. Se quel comportamento lo aveva ferito, non lo lasciava vedere. Né era felice di trovarsi lì, anche se Ethan stava facendo del suo meglio per rimediare alla reazione di Jason, per farlo sentire il benvenuto. Amanda seguì Jason. Lo chiamò per due volte, ma lui non si fermò anche se lei era sicura che l'avesse sentita. Sollevò le sottane mettendosi a correre e alla fine lo raggiunse lungo la strada che portava in cima alla montagna. Jason si voltò di scatto. «Adesso che c'è?» Lei arretrò di un passo, sorpresa e sconcertata dalla collera che traspariva dalla sua voce, dall'espressione furente del suo volto. Non sapeva cosa dirgli, né cosa fare. Lo aveva solo seguito, vedendo la sua angoscia. Voleva aiutarlo. «So che siete turbato, ma...» «Turbato? Certo che sono turbato!» Jason puntò il dito in direzione dell'ufficio. «E questo che mi devo aspettare, per aver accettato d'avere delle donne sulla mia montagna? Dei ragazzini che spuntano dal niente? Ragazzini che vengono abbandonati? Famiglie che vanno a pezzi? Madri che badano più al dollaro che ai loro figli?» Amanda cercò di affrontare con calma la sua collera. «So che provate rancore nei confronti di vostra madre per il modo in cui vi ha allevato, ma non c'è ragione di pensare che questo genere di cose accadrà ancora, quando le spose arriveranno quassù.» «E perché diavolo no?» Jason imprecò. «Devo essere impaziente di vedere i miei uomini trasformarsi in codardi, che abbassano la testa rassegnati davanti al volere delle loro signore? Di vederli diventare dei Judith Stacy
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fifoni, incapaci di dire quello che pensano?» «So che incolpate vostro padre per non aver tenuto testa a vostra madre» provò a proseguire Amanda, «ma non avete motivo di prendervela con vostro fratello.» «E cosa diavolo dovrei fare di lui? Dovrebbe andare a scuola. Dovrebbe avere dei genitori che lo allevano. Come diavolo faccio a sapere come prendermi cura di lui?» «Se vi prendete un po' di tempo, certo...» «Tempo?» gridò Jason. «E' proprio quello di cui ho bisogno. Tempo per star dietro a un ragazzino tutti i giorni e ricordarmi di come sono stato passato da un parente all'altro. Nessuno che mi voleva. Tutti che non vedevano l'ora che me n'andassi.» «Allora forse un po' di compassione appianerebbe le cose fra voi» rispose Amanda a bassa voce. «Io mando avanti un accampamento di taglialegna, non un orfanotrofio. Ho un'impresa da far crescere, un contratto con le ferrovie da rispettare e, grazie a voi, un gruppo di spose in arrivo di cui preoccuparmi.» Quelle parole la colpirono come uno schiaffo. «Ora vi dispiace d'aver accettato?» «Dannazione, sì!» «Allora siete dispiaciuto che sia qui anch'io?» «E perché diavolo non dovrei esserlo?» Aveva seguito Jason per aiutarlo, per cercare di sistemare le cose, perché lo aveva visto ferito. Era preparata a reggere l'impatto della sua collera. Ma non s'era aspettata quello. «Vi dispiace che io sia qui?» gli chiese ancora a bassa voce. «Andava tutto bene, finché non siete arrivata voi!» Jason fece un gesto rapido e ampio a comprendere tutto l'accampamento. «E ora guardate cosa succede!» Amanda si fece forza per resistere al dolore lancinante che provava. «Certo non lo pensate veramente» mormorò. «Dannazione, invece sì!» Jason riprese a salire e non si voltò indietro. La casa dove vivevano i fratelli Kruger era la più grande dell'accampamento, costruita con più cura degli altri edifici. Amanda salì i gradini del portico chiedendosi cosa avrebbe trovato all'interno. E perché Judith Stacy
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non avesse abbastanza buonsenso da andarsene altrove. La porta principale era aperta, così bussò sullo stipite e lanciò un'occhiata all'interno. La casa non era composta di un'unica grande stanza, come le altre lì sulla montagna. Aveva un salotto e una cucina, e anche un corridoio che portava alle stanze da letto. «Ethan?» chiamò. Udì delle voci lontano, lungo il corridoio, ma nessuna risposta. Bussò di nuovo e riprovò a chiamare, ma invano. Aveva lasciato Jason che saliva lungo la strada che portava in cima alla montagna. Era passato un po' di tempo, qualche minuto che aveva usato per riprendere il controllo delle proprie emozioni. Era comprensibilmente incollerito. Poteva accettarlo, e non lo biasimava. Ma era ancora tormentata tra la comprensione e il dolore che le aveva inflitto. Jason aveva detto che gli dispiaceva che lei fosse arrivata sulla montagna. Non solo lo aveva detto ma anche lo pensava. Amanda sentì un nodo alla gola e dovette faticare per riuscire a trattenere le lacrime. In quel momento si era sentita sola, sola come non s'era mai sentita in tutta la sua vita, lì a guardare Jason che s'allontanava, sapendo ciò che provava per lei. Aveva detto quelle parole in un momento di collera, ma era proprio ciò che pensava. Amanda si fece forza e riprese a bussare. «Ethan?» Lo vide far capolino da una delle porte lungo il corridoio. Le sorrise e le venne incontro. «Sto aiutando Brandon a sistemarsi» le disse, indicando un punto dietro di sé. Amanda guardò alle sue spalle, poi il suo sguardo tornò verso la montagna. «Sono preoccupata per Jason. Credo che dovreste parlargli.» Ethan scosse la testa. «No. Parlargli non serve a nulla, quando è così.» «I vostri genitori hanno lasciato Brandon qui, e questo l'ha turbato.» «Lo so» le rispose. «Ma è meglio lasciarlo da solo.» Forse era proprio ciò che doveva fare, si disse Amanda. Forse non avrebbe dovuto seguirlo. Forse aveva commesso un errore. Ma aveva pensato di significare qualcosa per lui. Aveva pensato che gli facesse piacere averla accanto, quando le cose si mettevano male, quando era turbato. Fino a quel momento Jason s'era comportato come se provasse qualcosa per lei, come se avesse bisogno di lei. Ma era stata solo una finzione? Jason l'aveva stretta a sé, l'aveva baciata, Judith Stacy
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e per tutto il tempo non era stata niente per lui? Sembrava proprio così. A quell'idea il petto le si strinse in una morsa di dolore. Jason Kruger era un uomo duro. Non aveva bisogno di nessuno. Neppure di lei. «Venite, vi presento Brandon» la invitò Ethan, strappandola alle sue cupe riflessioni. «Credo che gli farebbe piacere un volto sorridente che non sia il mio.» Ethan aveva ragione. Amanda inghiottì i suoi pensieri tristi e lo seguì lungo il corridoio. Il salotto che superò era ammobiliato con parsimonia. Un divano, una sedia, un tavolo e una lampada. Le tende alle finestre erano storte. In cucina c'erano un altro tavolo e alcune sedie, e una stufa e una credenza che evidentemente nessuno usava da molto tempo, certo da quando i fratelli Kruger avevano preso a mangiare coi loro uomini alla mensa. Un sottile strato di polvere sembrava coprire ogni cosa. La casa non era sporca, sembrava solo che vi abitassero degli scapoli. Due uomini. E ora anche un ragazzino. Brandon sedeva sul bordo di un grande letto di ottone e si stava fregando gli occhi, quando lei ed Ethan entrarono nella stanza. Non aveva notato quanto avesse l'aria stanca, quando lo aveva visto di fronte all'ufficio di Jason, né quanto fossero stropicciati i suoi abiti, come se vi avesse dormito dentro più di una volta. Ethan li presentò. Brandon s'alzò dal letto e le fece un piccolo, cortese inchino. «Piacere di conoscervi, signorina Pierce.» Qualcuno gli aveva insegnato le buone maniere, si disse Amanda, sua madre o qualcuno dei parenti con cui era vissuto fino a quel momento. «Benvenuto, Brandon» replicò guardandosi intorno. Le sue cose erano impilate in un angolo. «Posso aiutarti a sistemarti?» «Sareste davvero utile» rispose Ethan. «Ho due uomini nuovi, giù alla segheria, che hanno cominciato proprio stamattina. Devo star loro accanto e assicurarmi che non facciano niente di avventato. Non voglio che perdano una mano o che accada loro qualcosa di peggio.» «Certo» annuì Amanda. «Correte. Baderò io a Brandon.» Il ragazzino guardò il fratello andar via, ma non disse nulla. «Bene» sorrise Amanda, quando furono soli. «Com'è stato il tuo viaggio?» Judith Stacy
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«Lungo» rispose Brandon, e sbadigliò, ricordandosi all'ultimo momento di coprirsi la bocca con la mano. «Cinque o sei giorni, ora non me lo ricordo.» «Hai viaggiato quasi un'intera settimana tutto da solo?» Brandon annuì, fregandosi gli occhi. «Santo cielo...» Certo quello faceva sembrare il suo viaggio da San Francisco ben poca cosa. «Ho perso il treno, una volta. La diligenza si è rotta e ci hanno lasciato a piedi.» Per aver sopportato tutti quei disagi, il ragazzino non sembrava neppure troppo sciupato, tranne per il fatto che pareva davvero molto stanco. Eppure ad Amanda non andava giù che i genitori di Brandon l'avessero lasciato partire per una simile odissea tutto solo. Così era quello, il modo in cui Jason aveva vissuto la sua gioventù. Lasciato da solo, a badare a se stesso. Tutto questo aveva fatto di lui un uomo forte, un uomo capace di mandare avanti un accampamento di taglialegna, di assicurarsi un importante contratto con le ferrovie, un uomo che era proprietario di un'intera montagna. Ma tutto questo non assicurava certo dei piacevoli ricordi d'infanzia. «Ora disfacciamo i tuoi bagagli» propose al ragazzino. «Non c'è molto da disfare» rispose Brandon, tornando a sedersi sul bordo del letto. «Le nostre cose si sono mischiate. La maggior parte delle mie ora è quasi arrivata in Inghilterra. Queste scatole, invece, dovevano andare con mamma.» «Oh, santo cielo! Che peccato!» Amanda sollevò una delle scatole tenendola per lo spago. «Non è molto pesante. Che c'è, qui dentro?» «Roba vecchia.» Brandon posò la scatola su uno dei mobili, ne sciolse lo spago che la chiudeva e l'aprì. «Visto? Solo carte e lettere e cose così.» Amanda vi sbirciò dentro e, in effetti, non vide altro che vecchie carte. Un pacco di lettere era fermato da un nastro rosa. «Pensi che i tuoi genitori possano avere bisogno di queste cose, in Inghilterra?» gli chiese. Brandon si strinse nelle spalle, poi aprì un'altra scatola. «Non lo so. Mamma si porta sempre in giro queste cose.» «Forse dovremmo spedirgliele.» «Non credo che siano importanti» disse Brandon, «ma guardatele, se volete, così potete decidere.» Judith Stacy
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Amanda sbirciò nelle sue scatole sul comò, un po' a disagio per quell'invito a curiosare fra le carte di una coppia di sconosciuti. Ma le sembrava di conoscere un po' quell'uomo e quella donna, visto che erano i genitori di Ethan e Jason. E di Brandon, aggiunse fra sé. «Non so se farlo» esitò. «Forse dovrebbe farlo uno dei tuoi fratelli.» Passò qualche secondo senza risposta. Amanda si voltò e vide Brandon steso sul letto, a pancia in giù, a braccia aperte, addormentato. Non si era tolto neppure il giaccone o le scarpe. Amanda sorrise. Nel sonno sembrava finalmente tranquillo. Anche Jason aveva quell'aspetto, quando dormiva? Steso sul letto senza una ruga di preoccupazione che gli segnasse il volto, completamente rilassato. Non se lo poteva neppure immaginare, così calmo e indifeso. Né l'avrebbe mai visto. Per tenere la mente occupata, Amanda decise di disfare i bagagli di Brandon. Tolse le sue poche cose dalla valigia, poi il suo sguardo tornò alle scatole aperte sul comò. Forse avrebbe dovuto darci un'occhiata. Nessun altro lo avrebbe fatto. Jason ed Ethan erano troppo occupati. E Jason non sarebbe stato troppo incline a rispolverare vecchi ricordi, per non parlare del fare un favore ai suoi familiari. Amanda si sistemò sulla sedia che c'era nell'angolo e mise le scatole per terra ai suoi piedi. Come cominciò a frugare fra i documenti fece sua l'opinione di Brandon. Erano solo vecchie carte senza valore. Cambiò idea quando raggiunse il fondo della prima scatola e scoprì la Bibbia di famiglia dei Kruger. Era un grosso volume rilegato in pelle, con una chiusura di metallo e con le pagine dal taglio d'oro. Amanda se lo posò in grembo e voltò con cura le pagine sottili. Nel centro vide pagine di carta più spessa, con elaborate illustrazioni. Immagini di Gesù, d'angeli con l'aureola, di luci divine che scendevano dai cieli. Sul retro di quelle pagine era registrata la storia della famiglia Kruger. Amanda lesse i nomi degli antenati di Jason, risalendo all'indietro di quasi cento anni. I suoi nonni, i genitori, i suoi fratelli e le sue sorelle, gli zii e le zie, i nipoti. Nascite, morti, matrimoni. Come Jason le aveva detto, i suoi fratelli e lui erano nati in parti diverse del paese, come indicavano le registrazioni riportate dalle pagine. Seguendo l'albero genealogico fino all'ultima voce, Amanda lesse il Judith Stacy
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nome di Brandon e lanciò un'occhiata verso il ragazzino addormentato sul letto. Jason, il primogenito, aveva quasi diciannove anni più di lui. Non c'era da meravigliarsi che il legame che li univa non fosse poi così forte, considerata la grande differenza d'età fra i due. Si sentì pervadere dalla tristezza. Lei non aveva fratelli o sorelle. Entrambi i suoi genitori erano morti. Tutta la sua famiglia si limitava a qualche cugino che abitava lontano e che ogni tanto le scriveva una breve lettera. Tornò a passare il dito sulle grosse scritte dell'albero genealogico dei Kruger. Una famiglia così numerosa. E così dispersa. Persone che si vedevano raramente. Quasi sconosciuti l'uno all'altro. Forse una perdita come quella era peggiore della sua, più dolorosa della sua mancanza di una famiglia vera e propria. Chiuse piano la Bibbia e prese il pacco di lettere fermate da un nastro. Le scorse in fretta, per non immischiarsi troppo negli affari privati dei Kruger. S'era aspettata di trovare la corrispondenza di una famiglia, informazioni sul tempo, su nascite e matrimoni, storie di bambini che crescevano e di parenti che si facevano vecchi. Informazioni che costituivano il legame che teneva insieme le famiglie. Ma non fu così. Aggrottando la fronte, prese a leggere una lettera dopo l'altra, lentamente e con attenzione. Quando ebbe finito anche l'ultima, s'appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi. Sentiva un peso opprimerle il petto. Non era ciò che s'era aspettata di trovare. No, per nulla. Per un momento si chiese che cosa dovesse fare di quelle carte, con ciò che aveva appreso dalla loro lettura. Parlarne con qualcuno? Lasciar perdere? Jason era già in collera con lei e non avrebbe apprezzato un altro tentativo di immischiarsi nella sua vita. Eppure doveva sapere. Perché ad Amanda era ormai chiaro che Jason non conosceva affatto la verità sul conto dei suoi genitori.
19 «Buongiorno, signorina Pierce.» Un coro di benvenuto salutò l'ingresso di Amanda in mensa all'ora della Judith Stacy
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prima colazione. Gli aspiranti mariti, già seduti a tavola, s'alzarono con naturalezza. Come se non facessero altro da tutta una vita, anziché da poche settimane. «Buongiorno, signori» rispose Amanda, mentre uno di loro l'aiutava a sedersi. «Bella giornata, non è vero?» I taglialegna risposero che, in effetti, era una bella giornata e si stesero sulle ginocchia i tovaglioli. Poi si passarono i vassoi, si servirono e cominciarono a fare colazione. Ormai da più di una settimana Amanda sedeva sola con i futuri mariti. Jason era tornato al suo solito posto sul fondo della mensa. Era passata più di una settimana anche dal giorno in cui era arrivato Brandon e neppure in un'occasione Jason le aveva rivolto la parola. Non aveva nemmeno lanciato un'occhiata nella sua direzione. Quel mattino non fece eccezione. Amanda cercò di mangiare, cercò di concentrarsi sulla conversazione che fluiva attorno a lei, ma fu quasi impossibile. Attraverso la folla riusciva solo a vedere Jason seduto al suo tavolo, intento a mangiare. Poteva vederlo, e quello era tutto. Ma non era abbastanza. Voleva stringerlo, voleva toccarlo. Avrebbe voluto vederlo sorridere, sentirlo raccontare come stava andando il suo lavoro là, sulla montagna. Il cuore le doleva. Jason, così vicino. Jason, così distante. Il dolore era quasi insopportabile. Nell'ultima settimana lo aveva visto andare in giro, parlare coi suoi uomini, allontanarsi lungo la strada che portava verso la cima della montagna, conversare con Ethan alla segheria. Il suo sguardo sembrava trovarlo ovunque andasse, attirato naturalmente dalla sua presenza. Aveva pensato di parlargli, di appianare le cose, ma ogni volta aveva lasciato perdere. Ethan aveva detto di lasciarlo in pace, perché parlargli quando era in collera sarebbe stato controproducente. Lasciare però le cose come stavano andava contro il suo istinto. Preferiva parlare, esaminare a fondo i problemi. Ma Ethan conosceva il fratello meglio di chiunque altro, così aveva seguito il consiglio che le aveva dato. Jason sapeva dov'era. Se avesse voluto parlarle, poteva farlo. E quando sarebbe stato pronto lo avrebbe fatto. O almeno lo sperava. Judith Stacy
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«Signorina Pierce?» chiamò qualcuno. L'attenzione di Amanda tornò ai mariti seduti al suo tavolo. La stavano tutti fissando. «Signorina Pierce?» ripeté Henry Jasper a bassa voce. «Volevamo farvi sapere che a nessuno di noi dispiace che siate venuta sulla montagna.» Tutti annuirono con aria solenne. Amanda si sentì gli occhi lucidi di lacrime, toccata da ciò che gli uomini le avevano detto. Sulla montagna s'era sparsa la voce che Jason era in collera, e dispiaciuto che le fosse stato permesso di portare lì le sue spose. Dispiaciuto che lei fosse lì. «Grazie» rispose loro, commossa. «Grazie davvero. A tutti.» «Apprezziamo ciò che avete fatto per noi» disse Tom Redford. «Sì, signorina, è la verità» aggiunse Henry, sovrastando il mormorio d'approvazione che si sollevò dal tavolo. «Grazie» ripeté Amanda, posando il tovagliolo. «Ora, se voi signori volete scusarmi...» S'alzò da tavola, subito imitata dai taglialegna, che la salutarono con un cenno del capo mentre lei lasciava la mensa. Dovette fare appello a tutte le sue forze per non voltarsi a guardare verso il fondo della stanza, dove sedeva Jason. Uscì a prendere una boccata d'aria fresca. Nubi grigie coprivano l'orizzonte, e il sole del mattino era un alone confuso tra le cime degli alberi. In distanza poteva vedere il dormitorio prendere forma. Il lavoro stava procedendo in fretta. La squadra cui Jason aveva assegnato quel compito operava con diligenza. I futuri mariti, finito il loro turno sulla montagna, davano una mano. Alcuni di loro stavano già costruendo casette sul fianco della montagna per le loro spose. Le lacrime tornarono a minacciare di scorrere. Nel giro di poco tempo le spose sarebbero arrivate. I matrimoni sarebbero stati celebrati. Quegli uomini soli avrebbero trovato una compagna. Le famiglie sarebbero cresciute. E lei sarebbe ripartita. Tirò su col naso. Per lei non ci sarebbe stato nessun matrimonio. Non quella volta, né mai. Come avrebbe potuto sposare qualcuno, quando il suo cuore apparteneva a Jason Kruger? Irritata, Amanda s'asciugò le lacrime. Era tutta colpa sua, e di nessun altro. Avrebbe dovuto sapere che non doveva innamorarsi. Non lo aveva Judith Stacy
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forse già scoperto una volta, e nel peggiore dei modi? Un rumore di passi alle sue spalle le disse che i taglialegna erano pronti a lasciare la mensa, diretti al lavoro. Be', anche lei aveva del lavoro da fare, si disse, e s'incamminò. La voce di Ethan, che chiamava il suo nome, la fece fermare. Aspettò che la raggiungesse. «Avete visto Brandon, stamattina?» le chiese. Amanda lanciò un'occhiata agli uomini che stavano uscendo dalla mensa e ripensò alla colazione. Malgrado la sua attenzione fosse stata quasi tutta per Jason, aveva notato che il ragazzino non c'era. «Mi spiace, non l'ho visto» gli rispose. «Ah, quel ragazzo!» Ethan scosse la testa. «Non so dove sia andato né cosa abbia fatto, ma non mi piace. Un ragazzo della sua età in giro per i fatti suoi può rischiare parecchio.» «Sì, sono d'accordo» annuì Amanda. «Mi ha detto che vuole lavorare, ma che Jason non glielo permette.» Il maggiore dei fratelli Kruger non aveva tempo per lei, però Amanda aveva passato qualche ora con il minore, nella settimana precedente. Al contrario di Jason, Brandon non si faceva pregare per dirle cosa gli passasse per la testa. «Ho detto a Jason che dobbiamo dare al ragazzino un lavoro» proseguì Ethan, «ma non ne vuole sapere. Dice che è troppo giovane perché lavori per vivere. Dice che deve preoccuparsi solo della sua istruzione.» «Ma Brandon va a lezione da Ideile Turner tutti i giorni» ribatté Amanda. «Lo vedo passare io stessa.» «Non basta a tenerlo occupato.» Amanda non poteva che essere d'accordo. C'erano pochi scolari, e così le lezioni finivano in fretta e presto i ragazzi venivano rimandati a casa. Questo lasciava loro ore e ore di tempo libero che in qualche modo andava impiegato. «Forse potreste insegnargli qualcosa giù alla segheria» provò a suggerire. «Oh, se n'avessi il tempo di certo lo farei» replicò Ethan. «Ma a causa del contratto con le ferrovie da rispettare non posso chiedere a nessuno di fare una cosa del genere. Specialmente per un ragazzino senza esperienza.» «Ma non c'è qualcosa che potreste dargli da fare?» Judith Stacy
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Ethan scosse la testa. «La segheria è un luogo troppo pericoloso, se non si è stati istruiti a dovere. Una mossa sbagliata e... Be', diciamo che sarebbe la vostra ultima mossa sbagliata.» Amanda, inorridita, scacciò dalla mente la terribile immagine che le parole di Ethan avevano evocato. Era stata alla segheria, aveva visto girare le grosse lame. Aveva sentito le storie degli uomini che avevano perso gli arti, e a volte persino le loro vite, per colpa di quelle lame. «Jason non s'è addolcito un po' nei confronti di Brandon, vero?» domandò ancora. «No» rispose Ethan. «Ma succederà, non temete.» «Lo spero» mormorò Amanda. Sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi, così raddrizzò le spalle e decise di cambiare argomento. «Ethan, c'è un'opportunità d'affari che vorrei discutere con voi. Una società, diciamo.» Lui sorrise. «Dovrei fare società con voi? Non ci penserei due volte, signorina Pierce. Vi direi subito sì.» Amanda non poté fare a meno di sorridere. Ethan aveva sempre quell'effetto su di lei. Perché mai non s'era innamorata di quel fratello Kruger? «No, non si tratta di me. Io presto ripartirò, lo avete dimenticato?» Ethan aggrottò la fronte. «Non riesco a immaginare questa montagna senza di voi, Amanda.» Lei inghiottì a fatica, lottando di nuovo contro le lacrime. «Lasciate che vi spieghi cosa ho in mente.» «Davvero? Ha detto di sì?» Meg lasciò cadere la tenda cui stava cucendo l'orlo e s'alzò in piedi. «Ethan ha detto di sì?» «Certo» le rispose Amanda con un sorriso. Al colmo della gioia, Meg l'abbracciò. «Dovrei essere arrabbiata con voi» osservò, qualche momento più tardi, quando la lasciò andare. Amanda annuì. «Immagino di sì.» «Agire alle mie spalle, chiedere a Ethan di diventare mio socio nel nuovo emporio...» «Sapevo che non glielo avreste mai chiesto» replicò Amanda. «E lui ha colto l'occasione al volo.» «Davvero?» Judith Stacy
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«Certo che sì» la rassicurò Amanda. «E' un'eccellente opportunità d'affari.» Meg abbassò lo sguardo. «E questa è l'unica ragione per cui ha accettato?» «Sapete che non è così» ribatté Amanda. «No, non lo so» rispose l'amica, tormentandosi le mani. «Ethan vi ama. Farebbe qualsiasi cosa per rendervi felice.» Amanda le si avvicinò. «Avete deciso come agire nei confronti di vostro marito?» Meg strinse le labbra. «La testa mi dice una cosa, ma il cuore me ne dice un'altra.» «Non c'è fretta. L'unica cosa su cui dovreste concentrarvi è l'apertura del nuovo negozio. Questa sera, dopo cena, avete un appuntamento con Ethan per discuterne.» «Davvero?» «Davvero.» Amanda prese una tenda dal mucchio accanto alla sedia di Meg. «Ora cerchiamo di finire queste. Abbiamo molto lavoro da fare.» L'oscurità era calata sull'accampamento. Malgrado quello fosse il momento della giornata che preferiva, mentre s'avviava verso l'ufficio Jason non se ne sentì molto confortato. Questo lo incuriosì, perché le cose stavano andando bene. Anzi, meglio del solito. Il contratto con le ferrovie era avanti coi tempi. La costruzione del dormitorio stava procedendo secondo i piani. I suoi uomini lavoravano sodo. Da settimane nessuno s'era fatto del male. Gli uomini avevano persino smesso di litigare per l'arrivo delle spose, specialmente dal momento in cui avevano capito che la moglie numero nove era più compatibile con Tom Redford. Il suo cattivo umore, si disse Jason, proprio non era giustificato. Certo non da come stavano andando le cose. Non dalle questioni importanti della sua vita. O almeno non da ciò che aveva deciso di considerare importante. Salì sul portico del suo ufficio. Nel vano della finestra vedeva brillare una luce. Quindi là dentro doveva esserci Ethan. All'improvviso provò il desiderio di parlare con suo fratello. Per più di una settimana non aveva voluto parlare con nessuno. Né che nessuno gli rivolgesse la parola. E il suo pessimo umore era riuscito a tenere a distanza chiunque. Il suono di una risata gli giunse dall'ufficio, inchiodandolo sul posto. Judith Stacy
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Fece un passo indietro e sbirciò dalla finestra. Ethan era seduto alla sua scrivania, intento a prendere appunti. Di fronte a lui sedeva Meg. Jason era più che sorpreso di vederli insieme nell'ufficio. Erano entrambi piegati in avanti, le loro teste quasi si toccavano. Stavano discutendo di qualcosa che Ethan aveva scritto. Stavano bene insieme, quei due. Non poteva negarlo. Fece per entrare quando un'altra persona s'avvicinò alla scrivania. Jason sentì una stretta allo stomaco. Amanda. Amanda, che si fermò di fronte a lui. Jason poteva vederla bene. La sua attenzione era tutta per il foglio che i due avevano davanti, e così non lo vide. Disse qualcosa, e Meg ed Ethan la guardarono. Lei indicò una voce della lista, ed entrambi annuirono. Poi disse ancora qualcosa e tutti scoppiarono a ridere. Jason sentì una fitta al cuore. Strinse i pugni per scacciare il dolore, ma fu inutile. Era da una settimana ormai che non si parlavano. E sapeva che la colpa era tutta sua. Aveva sfogato la sua collera su Amanda. Quando gli era passata, s'era reso conto di ciò che aveva fatto. Le aveva gridato parole che non pensava. E non poteva rimediare. Da quel giorno Amanda lo aveva evitato, senza smettere di lavorare, di seguire l'andamento delle cose che la riguardavano. Ogni giorno teneva la sua lezione di buone maniere nella sala della mensa. La prima volta in cui l'aveva incontrata, aveva pensato che non fosse altro che un'altezzosa signora di città, capace solo d'insegnare una cosa del genere. Ma Amanda gli aveva dimostrato d'essere ben di più. A dire la verità, aveva delle risorse straordinarie, di cuore e di mente. Proprio come gli aveva promesso, sovrintendeva al lavoro di costruzione del dormitorio. Vi passava tutto il giorno parlando con gli uomini, facendo loro i complimenti, discutendo con Tom Redford, cui lui aveva affidato la responsabilità del progetto. Anche Jason teneva d'occhio la costruzione. Non era facile. Ogni volta che prendeva tra le mani il progetto, la grossa piega che lo attraversava nel mezzo gli ricordava quel mattino nel suo ufficio, quando aveva baciato Amanda. Quando Amanda, discinta, s'era seduta sulla sua scrivania, schiacciando il foglio sotto di sé. Judith Stacy
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Quel giorno l'aveva desiderata pazzamente. Per riuscire a fermarsi aveva dovuto fare appello a tutte le sue forze. Ma ne sentiva la mancanza. E il dolore nel suo petto si fece più intenso. Sapeva che avrebbe potuto rimediare. Persino in quel momento, se solo lo avesse voluto, semplicemente entrando nell'ufficio e parlandole. Ma questo avrebbe significato rinunciare a una grossa parte del suo orgoglio. Significava comportarsi proprio come suo padre, che s'era sempre piegato ai voleri di sua moglie, e al diavolo le conseguenze. Jason lo aveva visto accadere più volte, crescendo. Ne aveva dovuto sopportare i risultati. E aveva giurato, ogni volta, che non avrebbe mai permesso a una donna di governare la sua vita. Tornò a guardare Amanda attraverso la finestra. La bella, la dolce Amanda. Poi si voltò e si allontanò.
20 «Passo, due tre. Passo, due tre. Tutto qui. Andate avanti.» Amanda batté le mani a ritmo, mentre Jim Hubbard suonava My Darling Clementine sull'armonica a bocca, sorridendo e cercando di incoraggiare la sua classe. Quegli uomini erano taglialegna straordinari, ma per quanto riguardava la danza avevano molto da imparare. La brezza del pomeriggio soffiava attraverso le finestre del dormitorio delle spose, portando con sé un dolce profumo di legno tagliato di fresco. L'edificio era pronto, mancavano soltanto gli ultimi tocchi. Carri merci venivano ogni giorno fin lì da Beaumont, e altri erano attesi prima dell'arrivo delle spose, al quale ormai mancava solo qualche giorno. I taglialegna che stavano cercando di imparare a danzare avevano finito di pranzare. Jason aveva lasciato loro un po' di tempo libero per le lezioni. Quella era la terza, ormai, ma le cose non erano molto migliorate. S'era radunata una folla, in ogni modo. S'erano presentati anche uomini che non aspettavano una sposa e s'erano messi a guardare, allineati lungo il perimetro della stanza. C'era pure Shady, fermo accanto alla porta, a tenere d'occhio la situazione. Circa una dozzina dei più coraggiosi si trovava al centro della sala. Provavano a muoversi a tempo di musica, pestando i loro stivali contro le assi dell'impiantito e cercando di imitare i passi di danza che Amanda Judith Stacy
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mostrava loro. Gli altri si limitavano a guardare, temendo ancora di fare la figura degli sciocchi. Amanda sospirò. Avanti di quel passo, il suo ballo si sarebbe certo rivelato un fallimento. «Va bene, facciamo una breve pausa!» disse ad alta voce. Gli uomini, grati di quell'interruzione, s'asciugarono la fronte. «Brandon?» chiamò Amanda. Il ragazzino balzò dal davanzale della finestra e la raggiunse. Sembrava essere dappertutto, lì all'accampamento, e da nessuna parte. Apparentemente capace di non annoiarsi, era più a suo agio fra la gente, a differenza di Ethan e Jason. Aveva fatto amicizia con Todd McGee, malgrado la loro differenza d'età. Ethan li aveva portati a pesca. Amanda aveva sentito dire che Brandon aveva anche dato una mano in cucina e alla segheria. Ma Jason, quando lo aveva saputo, lo aveva costretto a smettere. Amanda vide che i suoi allievi cercavano di non apparire scoraggiati. Molti avevano tentato di imparare davvero, mentre la maggior parte non ci aveva neppure provato. Il ballo non doveva essere tra le loro priorità, si disse Amanda. Poi scrisse qualcosa su un foglio che pescò da una tasca e lo porse a Brandon. «Saresti così gentile da portarlo a Meg, per favore?» «Sì, signorina» rispose il ragazzino. «E' una specie d'emergenza» gli sussurrò all'orecchio, in tono cospiratorio. «Fa' in fretta, Brandon.» Il ragazzino lanciò un'occhiata al foglio e le sorrise. Aveva capito. «Certo, signorina» annuì, e corse via. Amanda parlò a bassa voce con Shady per qualche minuto. Quando gli uomini ebbero preso fiato e bevuto un po' d'acqua, Amanda sentì un rumore di voci femminili e capì che la lezione era salva, così come il ballo che stava organizzando. «Signori!» disse ad alta voce. «Visto che state andando così bene, ho deciso di affrettare un po' le cose. Questo pomeriggio danzerete con delle signore.» Il gruppo degli uomini fu attraversato da un mormorio. Poi tutti si voltarono, quando Meg, Becky, Ideile Turner e Frances Conroy entrarono nel dormitorio. «Queste signore ci hanno gentilmente concesso un po' del loro tempo per aiutarvi nella lezione» comunicò ai suoi allievi, indicando le nuove Judith Stacy
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arrivate. «Ora, se volete venire più al centro, possiamo cominciare.» Tutti, compresi gli uomini che fino a quel momento erano rimasti a guardare, sembravano impazienti di iniziare. Ci fu qualche spintone, qualche gomitata, poi si formò una fila ordinata. «Come prima cosa» iniziò a dire Amanda, «bisogna ricordare che danzare con una signora significa offrirle sempre il massimo rispetto. E chi non lo farà, si prenderà una pallottola.» Dal gruppo s'alzò una risatina, finché Shady non avanzò, sfilandosi la pistola dalla fondina. «Questo è sicuro!» gridò, zittendo gli uomini. «Ora andiamo avanti» disse Amanda. Fu sul punto di chiedere se qualcuno s'offriva volontario, ma temendo la ressa preferì scegliere lei chi doveva ballare con le signore. Al suo segnale Jim Hubbard riprese a suonare l'armonica e la danza cominciò. Più o meno. Amanda circolò tra le coppie offrendo incoraggiamento e istruzioni. Gli uomini s'impegnarono. Qualche minuto più tardi ordinò di cambiare partner, per offrire anche agli altri l'opportunità di danzare. Ormai nessuno era più così timido da rifiutarsi. Ethan apparve sulla soglia. Quando Amanda ordinò un altro cambio di partner si avvicinò a Meg e prese a danzare con lei. Al cambio successivo non la lasciò andare, ma nessuno protestò. Amanda non poté fare a meno di sentirsi felice per Meg. Ethan la guardava con occhi pieni d'affetto e non si preoccupava affatto di nasconderlo. Amanda aveva lavorato con loro due più di una volta, facendo i piani per aprire quel negozio sulla montagna. Ethan e Meg erano fatti l'uno per l'altro. Non c'era bisogno d'essere la proprietaria di un'agenzia matrimoniale, per accorgersene. I suoi pensieri volarono a Jason, come di recente succedeva spesso. Amanda aveva perso la pazienza, con lui. Non avevano ancora parlato. E le mancava. Sapeva che Jason aveva bisogno di tempo per riflettere. Non era facile vivere con Brandon, il ricordo vivente di un'infanzia infelice, lì sulla sua montagna. Lei non voleva insistere, o rendergli la situazione più difficile, ma le cose non potevano andare avanti in quel modo ancora a lungo. «Signorina Amanda?» Judith Stacy
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Si voltò e vide Brandon in piedi dietro di lei. «C'è un uomo, giù all'ufficio» la informò, «che cerca la signora Meg.» «Chi è?» Brandon si strinse nelle spalle. «Si chiama McGee. Gerald McGee. Dice che è suo marito.» «So che questo è chiedere molto, ma...» «Non pensateci neppure» rispose Amanda, mentre aiutava Meg a sistemarsi nella sua casetta. Todd le seguì a ruota, cupo, portando le coperte. Meg cercò di abbracciarlo, ma il bambino si scostò. «Non voglio abitare qui» protestò Todd, lasciando cadere le coperte a terra. «Lo so, Todd, ma...» «Papà mi porterà a pescare? Come ha fatto Ethan?» «Vedremo.» Meg gli diede una pacca affettuosa sulla spalla. «Ora perché non vai a giocare? Ti chiamerò quando la cena è pronta.» Todd corse fuori e Meg si lasciò cadere sulla pila di coperte. Si coprì il volto con le mani e scoppiò in lacrime. Amanda le s'inginocchiò accanto. Anche lei aveva voglia di piangere. «I... io proprio non capisco» mormorò Meg, guardandola con il volto rigato di lacrime. «Perché deve succedere una cosa come questa? Un anno senza sue notizie. E ora si fa vivo...» Amanda le porse il suo fazzoletto. «Non capisco neppure io.» «Nessuno sa quanto sia stata dura la vita per me, quando Gerald mi ha lasciato» proseguì Meg, piangendo. «Riuscivo a malapena a dare da mangiare a Todd. Ero sola, e mi sentivo persa, e... E ora si fa di nuovo vivo, dicendo che gli dispiace, e si aspetta che tutto torni come prima.» «Ma Gerald cosa vuole?» chiese Amanda. «Dov'è stato tutto questo tempo?» Meg tirò su col naso. «A cercare lavoro, almeno così dice. Ora ne ha trovato uno nei pressi di Los Angeles.» «Los Angeles? Com'è lontano!» «E si aspetta che vada con lui» aggiunse Meg. Nuove lacrime presero a rigarle le guance. «Dice che rivuole la sua famiglia.» «No...» «Gli ho detto che avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere. Non può tornarsene qui sulla montagna come se niente fosse e pensare che noi Judith Stacy
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due... Be', mi capite. Non resterò nella stessa casa con lui. Non ancora, in ogni modo.» «Potete stare qui con me per tutto il tempo che vorrete» la rassicurò Amanda. Meg strinse il fazzoletto nel pugno, mentre le lacrime continuavano a scorrere. «Proprio quando pensavo che le cose stessero cominciando ad andare bene. Proprio quando avevo un'occasione per fare qualcosa per me e per Todd. Un'occasione per costruire un futuro solido...» Fu di nuovo scossa dai singhiozzi. «Oh, ed Ethan... Ethan...» Amanda le circondò le spalle con un braccio e la strinse a sé. «Cosa farete?» «Cosa posso fare?» Meg la guardò. «E' mio marito. Il padre di mio figlio. Devo andare con lui.» «Dannazione!» Jason camminava avanti e indietro nell'ufficio, imprecando e borbottando. Si fermò e guardò suo fratello. Ethan era seduto alla sua scrivania e si copriva il volto con le mani. «Quel bastardo di McGee» ringhiò Jason, «si fa vivo dopo un anno, come se niente fosse successo. Che razza d'uomo può abbandonare sua moglie e suo figlio e poi tornare indietro aspettandosi di ricominciare dove aveva lasciato?» Ethan non rispose e Jason riprese a camminare avanti e indietro, senza smettere di imprecare. «Cosa farai?» domandò dopo qualche minuto. Ethan tornò ad appoggiarsi allo schienale e lo guardò. «Cosa posso fare?» «Non puoi lasciare che quel McGee se la porti via da questa montagna» insistette Jason. «Non se la ami.» «Gran bel consiglio» ribatté secco Ethan. «Specialmente da te.» «E questo cosa diavolo vorrebbe dire?» «Sai benissimo cosa vuol dire!» Ethan scattò in piedi. «Ti sei comportato in modo più stupido del solito, negli ultimi giorni!» «Io non ho nulla a che fare con quello che è accaduto fra te e Meg.» «Ma è certo come l'inferno che hai avuto a che fare con quello che è accaduto fra te e Amanda!» Jason arretrò, scuotendo la testa. «Una cosa non ha niente a che vedere Judith Stacy
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con l'altra.» «Io almeno ho fatto un tentativo!» proruppe Ethan. «Meg sa cosa provo per lei. Tutto ciò che tu hai fatto, da quando Amanda è venuta qui, è stato cercare di mandarla via. E tutto per qualcosa che è accaduto anni fa, per qualcosa che non ha niente a che fare con voi due!» Jason rimase a guardarlo per un lungo momento in silenzio, poi riprese a camminare avanti e indietro. Dopo un po', Ethan tornò a sedersi. Fra loro i dissapori non duravano mai a lungo, si disse Jason. Il fatto che fossero in disaccordo per qualcosa d'importante non lo preoccupava. Rispettava suo fratello, e quando aveva un'opinione diversa dalla sua ne discutevano, spesso litigando, e poi andavano avanti. Era sempre stato così, fra loro. Andava bene a entrambi. Non gli andava bene, aggiunse Jason fra sé, che Ethan stesse soffrendo. Aveva una mezza idea di andare a dire a Gerald McGee di sparire dalla sua montagna una volta per tutte. Aveva voglia di picchiare qualcuno. E l'avrebbe anche fatto, ma non sarebbe servito a nulla. Le cose andavano accomodate, in un modo o in un altro. Si lasciò cadere sulla sedia di fronte a Ethan. «Cosa hai intenzione di fare?» «So solo cosa mi piacerebbe fare.» Jason annuì. Conoscendo suo fratello, sapeva cosa avesse in mente. La stessa idea era venuta a entrambi. «Ma non posso.» Ethan sospirò e sembrò accasciarsi. «Non posso costringere Meg a scegliere. Lei è sposata con quell'uomo. Gli ha dato un figlio.» «E lui li ha abbandonati tutti e due.» «McGee è un figlio di buona donna, su questo non c'è dubbio» proseguì Ethan. «Ma che genere di uomo sarei, se le chiedessi di rompere il suo vincolo matrimoniale? Un voto che ha fatto in chiesa, davanti a Dio? Come posso chiederle di fare una cosa del genere?» «Ti ama» gli rispose Jason. «Sceglierebbe subito te.» Ethan scosse la testa. «Quei due sono sposati. Hanno un figlio. Questo è un legame forte. E poi, se le chiedessi di scegliere, finirebbe per provare rancore per me. Proprio perché l'ho costretta a scegliere.» Jason imprecò. «Dannazione.» «E Todd? Quell'uomo è suo padre. Che diritto ho di separarli?» «Devi fare qualcosa» insistette Jason. Judith Stacy
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«Dimmi cosa devo fare e io lo farò.» Jason s'alzò e, inquieto, riprese a camminare avanti e indietro. Qualcuno bussò timidamente alla porta e l'aprì. Rory Connor apparve sulla soglia, pallido, il cappello stretto fra le mani. «Presto, venite, signor Kruger» lo esortò con voce rotta. «Il vostro fratellino si è quasi tagliato via una mano, giù alla segheria.»
21 Meg le aveva chiesto di passare un po' di tempo da sola per riprendersi, e Amanda non poteva biasimarla. L'aveva lasciata seduta al suo tavolo, intenta a fissare una tazza di caffè e stringere il fazzoletto. Chiuse la porta della sua casetta e scese i gradini. Tutti i suoi pensieri erano per Meg e la difficile decisione che doveva prendere, così non s'accorse subito dello strano silenzio che era sceso sulla montagna. Si fermò, i sensi all'erta. La brezza non portava nessuna voce, gli uccelli non cantavano sulle cime degli alberi. E dalla segheria non arrivava nessun suono. La porta dell'ufficio di Jason si aprì di scatto e Jason ed Ethan corsero su per la montagna. Rory Connor, il responsabile della segheria, correva dietro di loro. Ma più incerto, come se non fosse sicuro di doverlo fare. Amanda sentì un nodo chiuderle lo stomaco. Sollevò l'orlo delle sottane e corse. Raggiunse la segheria pochi momenti dopo che Jason ed Ethan vi erano entrati e qualche secondo prima di Connor. Gli operai, immobili, erano allineati lungo le pareti. Le seghe e le loro lame erano silenziose. L'aria era carica di tensione. Jason era fermo al centro della stanza e fissava cupo i suoi uomini. Ethan era con un piccolo gruppo di altri tre in un angolo. Amanda gli si avvicinò. E rimase a bocca aperta. Brandon sedeva su un piccolo barile, col capo appoggiato alla parete, pallido e a occhi chiusi. Aveva la mano e il braccio destro avvolti da stracci inzuppati di sangue. Chiazze scure gli macchiavano la camicia, il collo, le guance. «Chi è il responsabile di questo?» La voce di Jason echeggiò nel silenzio. Judith Stacy
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Ethan scostò gli stracci e fece una smorfia. Amanda lanciò un'occhiata a quel brutto spettacolo e il suo stomaco minacciò di rivoltarsi. «Chi è il responsabile?» domandò di nuovo Jason, guardandosi intorno e fissando gli uomini dritto negli occhi. «Chi stava azionando quella sega?» Un uomo alto e magro, con una grossa barba, si fece avanti. «Io, signor Kruger.» «Sei licenziato!» Jason si voltò dall'altra parte. «Dov'è il caposquadra?» Rory Connor, riluttante, alzò una mano. «Proprio qui, signor Kruger.» «Sei licenziato!» gridò di nuovo Jason. «Chi altri è coinvolto in questa faccenda?» Amanda lasciò Ethan e gli si avvicinò. «Jason» mormorò, posandogli una mano sul braccio. «Voglio sapere chi ha visto e non ha fatto niente!» gridò lui, fissando cupo gli operai. «Jason» ripeté Amanda a bassa voce. «Tuo fratello deve andare da un dottore.» La guardò come se la vedesse per la prima volta. La collera gli deformava i lineamenti del volto. «Su, Jason.» Il suo sguardo tornò a posarsi su Brandon, fermo in un angolo, e l'urgenza di quella situazione sembrò farsi strada nella sua mente. Guardò di nuovo verso di lei, ma Amanda s'era già voltata. Aveva puntato il dito in direzione degli uomini che le erano più vicini. «Voi, preparate il carro. Voi, andate a prendere delle coperte e caricatele. Voi, acqua e lenzuola pulite. Ora!» Gli uomini scattarono. Ethan e Amanda lavarono le ferite di Brandon e le fasciarono strette in bende pulite ricavate dalle lenzuola. Brandon gemette un poco, riprendendosi e tornando a perdere conoscenza. Il sangue cominciò a macchiare la fasciatura. Jason uscì e prese a gridare al guidatore del carro, e a chiunque fosse a portata d'orecchi, mentre questo si avvicinava alla segheria. Poi prese Brandon in braccio e lo posò sul giaciglio di coperte. Quando fece per montare a cassetta, Amanda gli posò una mano sul braccio e lo fermò. «No» gli disse. Jason le lanciò un'occhiataccia, sbalordito e seccato all'idea che qualcuno gli stesse dando un ordine. Judith Stacy
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«Siete troppo turbato. Brandon ha bisogno di fare un viaggio senza scosse. Montate sul carro e aiutatemi a tenerlo fermo. Ethan, guidate voi.» Amanda salì sul carro con Jason. Si misero ai lati del ragazzino e il loro piccolo gruppo partì per quel viaggio giù per la montagna. Brandon sembrava ancora più fragile e indifeso, fasciato dalle coperte di lana, con gli occhi chiusi, ma fortunatamente aveva perso conoscenza e sembrava non sentire il dolore. Ogni tanto gemeva da stringere il cuore. Amanda lanciò una occhiata a Jason. Aveva il viso terreo. Quando raggiunsero Beaumont trovarono il dottore nel suo studio. Jason portò Brandon in braccio e tutti affollarono il piccolo ambulatorio. La stanza era in penombra e odorava di medicinali. Quando il dottore scostò le bende inzuppate di sangue, Jason arretrò e poi si affrettò a raggiungere la porta. Amanda lo guardò, combattuta tra l'impulso di seguirlo e quello che la spingeva a restare con Brandon. Ethan incrociò il suo sguardo e con un cenno del capo le indicò la porta. Amanda uscì. Aspettò sul portico dello studio del dottore finché Jason non sbucò dal retro, pulendosi la bocca con la mano. Si bloccò, quando la vide, esitò per un secondo, poi la raggiunse. Amanda distolse lo sguardo e s'appoggiò alla ringhiera. La brezza della sera le scompigliava i capelli e le rinfrescava il volto. Lungo la strada di fronte a lei passava qualche carro, qualche cavallo. I negozi stavano chiudendo. Beaumont si preparava per la notte. Sentì la presenza di Jason sul portico, accanto a lei. E passò un lungo momento, prima che le rivolgesse la parola. «Pensate che perderà la mano?» «Non lo so» rispose Amanda. Con la coda dell'occhio vide Jason fregarsi il volto con le mani. «I... io non posso guardare quel genere di cose senza... senza...» «... rigettare?» Jason la fissò, come se fosse sorpreso dal sentirle usare un termine così poco da signora. Ma s'accorse anche che lei non aveva intenzione di lasciargliela passare liscia. «Sì» ammise a bassa voce. Qualche altro minuto si trascinò in silenzio. Jason s'avvicinò un poco e si voltò verso di lei. «So che è colpa mia» disse, indicando l'ambulatorio del dottore con un Judith Stacy
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cenno del capo. «Sì, sono d'accordo.» Jason distolse lo sguardo. «Che genere d'amica sarei, se vi mentissi solo per farvi sentire meglio?» gli chiese Amanda. «Quello che è accaduto a Brandon è in parte colpa vostra.» «Io sono responsabile di tutto ciò che accade sulla mia montagna.» «Avreste dovuto dargli qualcosa da fare» proseguì Amanda. «Non si può lasciare che un ragazzino della sua età se ne vada in giro da solo.» «Statemi a sentire, lui non doveva trovarsi nella segheria. Questo sta a provare che ho ragione.» Amanda si voltò verso di lui. «Questo prova soltanto che siete testardo e ostinato, come dico da tempo.» Jason la guardò storto. «Non intendo discutere di questo con voi.» «Non m'interessa se avete intenzione di farlo!» ribatté Amanda, accalorandosi. «Potete non avere sempre ragione, è possibile che non vi sia mai venuto in mente?» Aspettò di sentirgli rispondere qualcosa, ma non fu così. Jason rimase a guardarla, e in quel momento non riuscì a decifrare la sua espressione. Era in collera? Si sentiva ferito? Credeva davvero che ciò che era accaduto a Brandon fosse colpa sua? O che lei avesse ragione? C'era qualcosa di diverso, in lui. Sembrava meno rigido. I suoi lineamenti parevano meno duri. C'era una vulnerabilità nel suo sguardo che lei non aveva mai colto prima d'allora. Quella vista le strinse il cuore. Malgrado la collera che provava, avrebbe voluto stringerlo a sé. Avrebbe voluto circondarlo con le braccia e tenerlo stretto al suo cuore per infondergli tutta la forza di cui era capace. Ma non gliel'aveva offerta. Né Jason l'aveva chiesta. Amanda attraversò il portico e rientrò nell'ambulatorio. Era ormai scesa l'oscurità, quando il carro si fermò all'accampamento. Ethan guidò i cavalli fino alla casa dei Kruger. Sul portico erano state accese delle lanterne, e Amanda poté vedere Shady e Buck Johansen alzarsi in piedi quando il carro si fermò. «Be', com'è andata?» chiese Shady, avvicinandosi al retro del carro. «Se lo sono chiesto tutti» aggiunse Buck. «L'intera montagna è preoccupata.» Ethan, a cassetta, balzò a terra. «Il ragazzino è stato fortunato. S'è aperto Judith Stacy
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il braccio, ma l'osso non è stato intaccato.» Jason scese dal retro del carro e abbassò la fiancata. Afferrò Amanda alla vita e la calò a terra. «Nessun danno permanente?» chiese Buck, sbirciando all'interno. Brandon vi si trovava steso sul pianale, avvolto nelle coperte, addormentato e con il braccio destro fasciato. Amanda gli posò una mano sulla fronte. «Il dottore dice che non può esserne sicuro. Solo il tempo ce lo dirà. Ma le cose non sembrano messe poi così male.» Buck ridacchiò. «Allora il ragazzino ha la fortuna dei Kruger.» «Dovrà fare molta attenzione» aggiunse Amanda. «Il braccio avrà bisogno di cure finché non sarà guarito.» «Non sono cose su cui si può scherzare.» Shady scosse la testa. «Il ragazzino ha bisogno di un dottore, quassù, che badi a lui.» «Ha bisogno di sua madre» ribatté Jason, secco, e s'allontanò. Ethan lo seguì in casa. Amanda rimase sul portico a parlare con Shady e Buck, spiegando loro nel dettaglio ciò che aveva detto il dottore. Loro le raccontarono ciò che gli uomini avevano detto. Erano tutti preoccupati per Brandon. «Quando Jason ha licenziato quei due uomini alla segheria, pensate che facesse sul serio?» chiese Amanda. «Sì, signorina» rispose Buck. «Proprio sul serio.» «Ma non può cambiare idea?» Buck scosse la testa. «Io certo non glielo vado a chiedere, signorina Pierce.» Amanda non credeva che su quella montagna ci fosse qualcuno che avesse il fegato di protestare con Jason per una decisione del genere. La sua parola lì era legge. E in un caso come quello lei non poteva biasimarlo, anche se le dispiaceva vedere due uomini perdere il loro lavoro. «Be', buonanotte, signorina» la salutò Buck. Si portò una mano alla tesa del cappello e s'allontanò in direzione del dormitorio. Shady si trattenne. «Ho sentito dire che Gerald McGee è tornato sulla montagna, e che rivuole sua moglie e il suo ragazzo.» Amanda si sentì sopraffare dalla fatica. Quella era stata una giornata piena d'emozioni, nessuna delle quali piacevole. Per lei, e per molti altri. Era stanca, e si sentiva sfibrata dal peso dei problemi. Dei suoi e di quelli altrui. Judith Stacy
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«Sì, Shady» rispose a bassa voce. «Temo che abbiate ragione.» L'uomo fece una smorfia. «Non mi sembra giusto.» «No, non lo è.» «E lei se ne andrà con lui?» «Penso di sì.» Shady sbuffò. «Non ha scelta, visto che è sposata con lui. È per questo che non mi sono mai sposato. Non mi piace non poter scegliere per me stesso.» I suoni della notte attorno a loro si fecero più forti. L'accampamento sembrava tranquillo. Dopo un po', Shady la salutò e s'allontanò. Amanda si portò una mano alla fronte. Era stanca e non vedeva l'ora di tornarsene al suo piccolo rifugio sul fianco della montagna. In qualche modo, nelle settimane precedenti aveva cominciato a sentirla davvero come casa sua. I rumori della foresta non la spaventavano più. Quell'arredo così semplice le confortava la vista. Quella sera, il materasso di piume che l'aspettava pareva più invitante del letto più bello in cui avesse dormito a San Francisco. Ma prima d'andarsene voleva assicurarsi che Brandon stesse bene. Immaginava che Ethan sarebbe uscito a portarle sue notizie, così aspettò. Ma Jason la sorprese, arrivando al suo posto. «Come sta?» gli chiese. «Dorme.» «Bene. Ha bisogno di riposo.» Amanda lo guardò con attenzione, nella fioca luce del portico. Per un momento le sembrò che volesse dirle qualcosa, o chiederle qualcosa, ma alla fine non lo fece. Così scese i gradini e si diresse verso casa. «Grazie» lo sentì dire. Quella parola la sorprese, ma cercò di non farsi troppe illusioni. «Prego» gli rispose semplicemente, senza fermarsi. «Avevate ragione.» Amanda si bloccò, mentre un brivido le scendeva lungo la schiena. Lentamente si voltò. Jason era fermo sul portico. Non s'era aspettata di sentirgli dire una cosa del genere, e per un momento si chiese se non fosse stato solo uno scherzo della sua immaginazione. «Avevate ragione» ripeté Jason. «Avrei dovuto fare più attenzione a Brandon, avrei dovuto dargli qualcosa per tenerlo occupato.» «Anche voi avevate ragione» rispose Amanda. «Ha bisogno di sua Judith Stacy
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madre.» Rimasero fermi per qualche momento, in silenzio. I pochi metri che li separavano sarebbero potuti essere miglia. La terra che li divideva un abisso. Amanda prese in considerazione l'idea di marciargli fin sotto il naso e di dirgli che ne aveva avuto abbastanza di quella distanza che ormai da settimane li separava. E per un momento fu sul punto di farlo. Lo avrebbe fatto per davvero, se qualcosa in lui, un segno anche minimo, gliene avesse dato l'opportunità. Ma quella sera era stanca. Davvero troppo stanca. Voleva stare fra le sue braccia e riprendersi, consolarlo e scacciare i suoi problemi. Jason però non voleva. E Amanda era troppo esausta per lottare. Si voltò e riprese a camminare verso la sua casetta. Jason rimase a guardarla sparire nell'ombra e anche allora non staccò gli occhi da lei. Colse qualche sua apparizione fugace, quando Amanda attraversò i fasci di luce che uscivano dalle finestre. Né riuscì a muoversi quando vide la lanterna illuminare la sua casetta. Se quel giorno le cose fossero andate diversamente, avrebbe perso suo fratello. Il fratello che non aveva ancora cominciato a conoscere. Avrebbe ancora potuto perdere un fratello, quell'altro. Se Meg fosse partita con suo marito, nessuno poteva dire che cosa avrebbe fatto Ethan. Rimanere sulla montagna, a guardare la casa vuota di Meg, che gli avrebbe ricordato ciò che aveva quasi potuto avere, poteva essere troppo doloroso. Ethan avrebbe potuto andarsene. E a lui cosa sarebbe rimasto? Una montagna piena di sposini. Un contratto con le ferrovie. Un'impresa da mandare avanti. Jason appoggiò la fronte al palo che reggeva il portico. Che se ne sarebbe fatto, di tutto ciò, senza Amanda?
22 «Spose! Spose sulla montagna!» Amanda aveva udito il grido echeggiare attraverso l'accampamento sin da quando, intorno al mezzogiorno del giorno precedente, il primo dei carri era apparso lungo la strada. Prima dagli uomini alla segheria, poi da quelli al bacino, alla mensa, alle scuderie, fino ai taglialegna che scendevano dalla strada che portava alla cima della montagna, diretti alla Judith Stacy
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mensa per il pranzo. Liste alla mano, Amanda era un punto fermo nel mezzo della confusione del dormitorio, mentre l'ultima delle signorine arrivate da Beaumont faceva il suo ingresso. Tutte avevano portato del bagaglio con sé, tutte avevano bisogno della loro stanza. Tutte le ponevano un sacco di domande. Tutte erano stanche e affamate. Meg e Becky davano una mano, per quanto era possibile. «Sì» rispose Amanda, controllando le sue liste, «voi siete nella stanza numero otto. Al piano di sopra. Sì, e voi siete alla porta accanto. La cena è questa sera alle quattro. I bagni saranno pronti subito dopo. Il ballo comincia alle sette.» «Seguitemi tutte!» fece Becky, guidando la fila di signorine su per le scale. «Santo cielo...» mormorò Meg, esausta, raggiungendo Amanda. «Le cose si sistemeranno, ora che sono tutte qui.» Amanda sorrise. «Speriamo.» Guardò fuori della finestra, mentre un altro carro si fermava davanti al dormitorio. Malgrado le provviste per le sue spose fossero state ordinate qualche settimana prima, non tutto era arrivato abbastanza in fretta. Ogni giorno giungeva una nuova consegna e altre erano attese per i giorni seguenti. Le ruote dei carri da Beaumont continuavano a scavare nuovi solchi nella strada sterrata che portava sulla montagna. «Gli uomini stanno diventando impazienti» disse Meg, guardando fuori. Amanda premette il naso contro il vetro. I taglialegna, non solo gli aspiranti mariti, si stavano radunando lungo il fianco della collina, sotto il dormitorio. Parlavano tra loro, a volte puntavano il dito, allungavano il collo e si spostavano per avere una vista migliore. Una delle regole dell'accampamento proibiva la presenza d'uomini nel dormitorio femminile senza il suo permesso esplicito. Ma Amanda non credeva che nessuno, almeno per il momento, sarebbe stato così coraggioso da avventurarsi fin lì. Anche Jason era là fuori? Amanda si scoprì, malgrado tutti i suoi buoni propositi, a cercarlo con lo sguardo fra gli uomini radunati all'esterno. Non gli aveva parlato dalla sera in cui erano tornati da Beaumont. Anche se, ammise fra sé, era stata tentata di farlo. Una volta s'era diretta verso il suo ufficio, prima di fermarsi a metà strada. Ed era tornata indietro. Non era poi così impaziente di scontrarsi con lui e aveva temuto che il risultato di Judith Stacy
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questo colloquio non sarebbe stato ciò che desiderava. E poi non aveva più molto tempo. Fra gli uomini fermi di fronte al dormitorio vide Gerald McGee, il marito di Meg. Dall'altra parte del gruppo scorse Ethan Kruger. Amanda lanciò un'occhiata a Meg, ancora accanto a lei, e si chiese quale dei due uomini l'amica stesse guardando. «Finalmente questa sera avremo il ballo» disse Meg in quel momento, scostandosi dalla finestra. «E domani i matrimoni.» Amanda riprese a controllare le sue liste. Bisognava tornare al lavoro. «Il reverendo Daley arriverà intorno a mezzogiorno. Io ho una squadra di volontari che sistemeranno le panche per la cerimonia di gruppo. Ideile Turner ha l'incarico di preparare le decorazioni, mentre Gladys Duncan e Polly Minton penseranno ai rinfreschi. Tutto dovrebbe funzionare come un orologio.» Meg sgranò gli occhi. «Lo pensate davvero?» «Naturalmente» rispose Amanda. «Tutto procederà secondo i piani.» «Speriamo che le cose vadano bene anche stasera al ballo.» Amanda scacciò le sue preoccupazioni con un gesto. «Oh, ne ho organizzati a decine. Questa è la parte più facile, vedrete.» Un disastro! Il suo ballo si stava rivelando un disastro! Sbalordita, Amanda fissava la folla ferma ai lati della sala. Com'era possibile una cosa del genere? Su sua richiesta, Jim Hubbard e gli altri quattro musicisti tenevano duro, continuando a suonare quella dozzina di canzoni che conoscevano. Il dormitorio era stato decorato con candele e fiori di campo. In un angolo della grande stanza, su un lungo tavolo coperto da tovaglie rosa erano stati sistemati i vassoi del rinfresco. Le aspiranti spose apparivano al loro meglio, i taglialegna s'erano ripuliti, con barbe e capelli tagliati di fresco. Ma nessuno si muoveva. Gli uomini erano fermi su un lato della stanza e le donne su quello opposto, in fila come se aspettassero l'esecuzione capitale. E fra i due gruppi pareva ci fosse un baratro invalicabile. «Ma cosa hanno tutti quanti?» chiese Meg, al suo fianco. Amanda continuò a fissare la scena che aveva di fronte. All'inizio della serata aveva presentato ogni signorina al suo aspirante sposo. Si conoscevano, perché non stavano ballando? «Abbiamo bisogno di un uomo abbastanza coraggioso da attraversare la stanza, che vada a chiedere a una donna di ballare. Una volta rotto il Judith Stacy
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ghiaccio, gli altri si accoderanno» disse Amanda. «Ma stanno così da quasi mezz'ora» replicò Meg. «Non credo che fra loro ci sia nessuno con tanto fegato.» Amanda scosse la testa. «Se non succede qualcosa» fece, sconsolata, «toccherà a me andare a chiedere a uno degli uomini di ballare.» «Oh, Amanda, ma non potete fare una cosa del genere!» Meg, sbalordita, rimase a bocca aperta. «Non posso restarmene qui, mentre...» «Guardate!» la interruppe Meg. «Viene qualcuno!» Amanda si voltò e vide un uomo staccarsi dal gruppo che s'era radunato al capo opposto della stanza. Si sentì sollevata, poi le sue speranze crollarono. «E Jason» bisbigliò Meg. «Oh.» Delusa, Amanda sentì le spalle cascarle. Aveva sperato che fosse uno dei mariti, uno coraggioso, che veniva a chiedere alla sua futura sposa di ballare con lui. E invece Jason Kruger stava attraversando la stanza, nella sua direzione. «Va tutto bene» provò a dire. «Chiederò a Jason di parlare con gli uomini, di insistere perché qualcuno di loro inviti la sua futura moglie a ballare.» Meg scosse la testa, guardando il baratro che separava i due gruppi. «Non so se Jason riuscirà a costringere i suoi uomini a fare una cosa del genere.» «Be', devo pure fare qualcosa.» Amanda si tormentò le mani. Mentre Jason s'avvicinava, la sua statura sembrava crescere, le sue spalle farsi più ampie. Era stato dal barbiere come gli altri. I suoi capelli scuri erano puliti e freschi di taglio. Indossava una camicia bianca con un cravattino di cuoio e una giacca che non gli aveva mai visto. Era particolarmente attraente. E stava per salvare il suo ballo, che lo volesse oppure no. Ogni sguardo della stanza lo fissò, mentre attraversava il vasto pavimento vuoto. Il gruppo degli uomini si strinse. Le donne guardarono meglio. Un mormorio basso si diffuse nella stanza. Jason camminò senza fretta, come un uomo abituato a essere al centro dell'attenzione, un uomo che possedeva tutto ciò che lo circondava. Un uomo che si godeva ogni momento. Si fermò davanti a lei e Amanda sentì il cuore batterle più forte. Santo Judith Stacy
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cielo, era venuto per lei! In qualche modo aveva sentito il suo disagio. Era venuto ad aiutarla, a salvare la sua serata. «Volete ballare?» «Oh, grazie al cielo siete qui!» Amanda gli posò una mano sul braccio e si guardò intorno. «Dovete fare in modo che uno dei vostri uomini chieda a una delle spose di ballare.» «Vi ho appena chiesto di ballare.» Amanda s'alzò in punta di piedi per riuscire a vedere oltre le sue spalle gli uomini allineati lungo la parete. «Deve essere uno coraggioso. Offritegli del denaro. Pagherò io. Non posso lasciare che la mia serata fallisca e che...» «Amanda.» Jason le mise un dito sotto il mento e la costrinse dolcemente a guardarlo negli occhi. «Vi ho appena chiesto se desiderate ballare.» «Io?» Amanda rimase a bocca aperta, accorgendosi in quel momento che tutti la stavano fissando. Così tornò a guardarlo. Jason le sorrise e inarcò le sopracciglia in una muta domanda. Amanda sentì le guance farsi di fuoco e il cuore accelerare i suoi battiti. Jason voleva ballare con lei? Con lei? Aveva attraversato l'intera stanza sotto lo sguardo d'ogni persona che viveva su quella montagna per chiedere a lei di ballare? «Be', certo, signor Kruger. Siete molto gentile a chiedermelo.» Jason la condusse al centro della stanza, la prese fra le braccia e diedero inizio al ballo. Amanda era contenta d'aver indossato l'abito giallo, specialmente perché ogni paio d'occhi di quella stanza era puntato su di loro. Era il suo abito preferito, e sulla montagna non l'aveva ancora messo. Gli sorrise, mentre la conduceva in quel valzer attraverso la stanza. «Non sapevo che conosceste il valzer» gli disse dopo qualche minuto. «In effetti è un po' che non lo ballo» ammise Jason. Poi le sorrise, malizioso. «A dire la verità, c'è qualche altra cosa di cui sono impaziente di far pratica.» «Se lo fate bene come danzate» rispose Amanda, «allora immagino che sarà un'esperienza deliziosa.» Lo sguardo di Jason si fece più profondo e un'ondata di calore sembrò emanare dal suo corpo. Amanda pensò per un momento che le avrebbe risposto qualcosa, ma non lo fece. La canzone finì e loro si fermarono a un capo del salone. Un piccolo Judith Stacy
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applauso si levò a ringraziare i musicisti, che immediatamente ricominciarono a suonare e Jason la condusse di nuovo al centro della stanza. «Oh, guardate» sussurrò Amanda, mentre superavano la fila dei taglialegna. «Gli uomini si stanno muovendo!» Jason guardò oltre la spalla i tre che stavano attraversando il salone. Altri due li seguirono. Poi un altro piccolo gruppo di tre. «A me farebbe piacere avere questo posto tutto per noi» le rispose, sorridendole. Amanda si godette quel piacevole momento, il suo sorriso, il contatto delle sue mani. Aveva sentito la sua mancanza. Standogli vicino le sembrava di essere tornata a casa. Era come se quello, in tutto il vasto mondo, fosse davvero il posto per lei. Altre coppie si unirono a loro, e la pista da ballo si riempì in fretta. Qualcuno, fra gli uomini che non li avevano raggiunti, attraversò la stanza e andò a parlare con le donne. La canzone finì, e Jason le prese la mano e la condusse sul portico. L'aria era fresca, là fuori, lontano dalla calca degli altri ballerini. Una luna piena era sospesa sulle cime degli alberi. «Siete stato molto premuroso, a farlo» lo ringraziò Amanda, scostandosi da lui. «Avete salvato la mia serata.» «E' questo il motivo per cui pensate che vi abbia chiesto di ballare?» le domandò Jason. «Solo per dare il buon esempio?» «Be', sì.» Amanda si voltò a guardarlo. «Perché dovrei pensare diversamente?» Jason le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle. La spinse a voltarsi e le sorrise. «Magari avevo voglia di ballare con voi.» Fra loro sembrò scoccare una scintilla. Amanda la percepì, come l'aveva percepita in passato. Gli posò le mani sul petto, sentendosi come sempre a suo agio in quell'abbraccio. Come se non avessero mai litigato, come se Jason non le avesse mai detto che era dispiaciuto che lei fosse venuta sulla sua montagna. Quando erano insieme, loro due soli, nel mondo tutto sembrava a posto. E lei voleva trovarsi solo lì, fra le sue braccia. Poi Jason le si avvicinò. Chinò il capo. Amanda sentì le labbra tremare, in attesa del bacio che sapeva essere in arrivo. Il cuore le batteva forte nel petto. Judith Stacy
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«Fermatevi» gli sussurrò. Spinse le mani contro il suo petto e piegò il capo all'indietro, incapace di sfuggirgli. Ma abbastanza per scoraggiarlo. Però Jason non si lasciava scoraggiare tanto facilmente. Tornò a stringerla. Il calore del suo corpo sembrò volerla invadere. Quelle labbra carezzarono le sue. E le ginocchia minacciarono di cedere. Ma Amanda si voltò. «Non voglio che mi baciate» gli mormorò. Jason si fermò e la guardò, aggrottando la fronte. «Perché no?» «Perché non abbiamo ancora appianato i nostri contrasti e questo complicherà soltanto le cose.» Jason arretrò, lasciandola libera. «Va bene, allora sistemiamole adesso.» Tanta prontezza, tanta facilità, la sorpresero. «Non mi piace, quando non parliamo. Starvene in silenzio non serve a nulla, quando siete turbato.» «Davvero?» «E' infantile.» «Così come non serve a nulla darmi dell'infantile.» Amanda lo guardò, rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. «Avete ragione. Mi dispiace. Non avrei dovuto dire una cosa del genere. Ma voi dovete...» «... cambiare?» le chiese, terminando la frase per lei. «Non è questo, ciò cui stiamo girando intorno? Io che non faccio le cose che vi vanno bene? Voi che cercate di cambiarmi?» Nella fioca luce del portico Amanda poté leggergli la collera nello sguardo. E' il dolore. Le aveva già detto che non aveva intenzione di piegarsi al volere di una donna, come suo padre aveva fatto con sua madre. Ad Amanda non sembrava la stessa cosa. «No» si affrettò a rispondere. «Non è questo. È solo che non si possono risolvere i problemi se non si è disposti ad affrontarli.» «Se non sono disposto a farlo a modo vostro, volete dire.» Amanda s'irrigidì, fissando i lineamenti duri del suo volto. «No, Jason. Non è questo che volevo dire.» «E invece sì» insistette lui, tornando ad attirarla a sé. «È questo che volete, non è vero? Che io cambi il modo in cui faccio le cose. Che le faccia nel modo in cui voi volete.» «Non credo che sia irragionevole chiedervi di parlare, quando invece...» «Io non cambierò. Non per voi. Non per una donna.» Judith Stacy
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«Non valgo tanto? È questo, che state dicendo?» gli chiese. Jason arretrò di un passo, come sorpreso dalle sue parole. «Siete ancora dispiaciuto che sia venuta sulla montagna?» insistette lei. Lo vide scuotere la testa. «Non avrei dovuto dirlo.» «Ma lo pensavate. Non è vero?» «Mi piaceva il modo in cui le cose andavano prima» ammise. «Erano più semplici.» Amanda studiò il suo volto alla pallida luce della luna in cerca di un'esitazione. Ma non ne vide. «Bene, allora» disse a bassa voce. «Immagino che non ci sia altro su cui discutere.» Inghiottì le lacrime che minacciavano di scorrere e tornò nel dormitorio. Sentì che Jason la seguiva con lo sguardo, però non la richiamò indietro. Ormai la pista era affollata di coppie. Qualcuno era ancora fermo lungo le pareti. Amanda non voleva parlare con loro. Il petto le faceva male. Il cuore le doleva. Ed era sul punto di scoppiare a piangere. Raggiunse in fretta il capo opposto della stanza e si rifugiò nelle cucine. La stanza era calda per la grossa stufa che Gladys e Polly avevano usato per preparare i rinfreschi della serata. Fece per uscire dalla porta sul retro, ma un mormorio di voci la fermò. Meg ed Ethan erano accanto alla dispensa, dall'altra parte della stanza. Ferma sulla soglia, Amanda poteva vederli bene. Né Meg né Ethan si accorsero però della sua presenza. Non c'era da meravigliarsi. Meg, pallida, stava fissando Ethan dritto negli occhi. Pur essendole vicino, lui sembrava aver paura di accostarsi di più. «Non vi sto chiedendo di scegliere, Meg» stava dicendo a bassa voce, in tono sincero. «McGee è vostro marito, e per questo ho un profondo rispetto. Vi sto solo spiegando come stanno le cose, in modo che possiate fare la vostra scelta.» Le si avvicinò di un passo. «Vi amo, Meg. Vi ho amato dal momento stesso in cui vi ho visto. Mi prenderò cura di voi. Di voi e di vostro figlio. Non vi abbandonerò mai. Non vi mancherà mai nulla, finché avrò vita.» Meg rimase in silenzio. Amanda capì dall'espressione di Ethan che non s'aspettava una sua risposta. «Qualunque scelta facciate» proseguì, «io vi amerò sempre.» Amanda sentì le lacrime rigarle le guance. Aprì la porta e uscì, diretta verso casa. Judith Stacy
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Oh, essere amate in un modo come quello... Aveva sperato di conoscere un amore simile con Jason. Ma no, non sarebbe stato così. Purtroppo non sarebbe stato così. Quando la porta del suo ufficio s'aprì e si richiuse, Jason s'aspettò di vedere Amanda davanti a sé. In effetti, desiderava che fosse lei. Non l'aveva più rivista, dal momento in cui l'aveva lasciato sul portico del dormitorio la sera prima. E invece vide Meg McGee. Con la fronte aggrottata, proprio come avrebbe fatto Amanda, irritata da qualcosa che lui aveva fatto. Qualcosa di sbagliato, come il solito. «Questo è per voi» disse Meg, gettandogli una busta sulla scrivania. «Cos'è questa faccenda?» le chiese. «È da parte di Amanda.» Jason aggrottò la fronte e la prese. «Amanda?» «È partita.» «Partita?» ripeté, scattando in piedi. «Sì, partita. E' tornata a San Francisco.» «Ma non può partire. Oggi ci saranno i matrimoni.» «Lei non va mai ai matrimoni» rispose Meg. «È quello che mi ha detto. E mi ha chiesto di darvi questa lettera. È partita con uno dei carri che hanno lasciato l'accampamento, questa mattina sul presto.»
23 Beaumont sembrava vasta e viva, si disse Amanda, guardando dalla finestra del suo albergo le strade gremite di cavalli, di carri e di calessi, i marciapiedi affollati d'ogni genere di persone. Quando l'aveva guardata il giorno del suo arrivo da San Francisco, Beaumont le era sembrata un luogo del tutto diverso. Possibile che fosse davvero cambiata tanto? Amanda si scostò dalla finestra e scosse la testa. No, non era cambiata Beaumont. Era cambiata lei. Tornò a chiudere le tende contro il sole del mezzogiorno e si lasciò cadere sul letto. Qualche settimana prima era arrivata a Beaumont, diretta verso la Kruger Brothers' Lumber and Milling Company piena di speranze e di progetti per il futuro. Quel giorno ripartiva con il cuore a pezzi. Oh, Jason... Strinse le labbra, rifiutandosi di versare ancora una sola lacrima. Lo Judith Stacy
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amava con tutta se stessa, ma lo stava lasciando. Da un lato per la testardaggine di quell'uomo. Jason era così sicuro di essere sempre dalla parte della ragione! E' così ostinato da non voler parlare con lei della sua collera. Come poteva pensare di risolvere qualcosa in quel modo? Ma se ne stava anche ripartendo per motivi tutti suoi. Si portò una mano alla fronte, cercando di scacciare quei ricordi dolorosi. Quel giorno non poteva rimanere sulla montagna per i matrimoni. Proprio non poteva. S'alzò e s'avvolse più stretta nella sua veste da camera. Quel giorno, quando era arrivata a Beaumont, aveva scoperto che la diligenza non sarebbe partita prima dell'ora di cena. Così, dopo aver preso una stanza all'albergo, s'era infilata la camicia da notte, decisa a riposare fino all'ora della partenza. Sbuffò, impaziente. Per tutto il riposo che era riuscita a ottenere, avrebbe anche potuto restarsene stretta nel suo corsetto nel bel mezzo della strada principale! Si fermò davanti allo specchio e cominciò distrattamente a sistemarsi le ciocche ribelli della sua acconciatura, pensando al viaggio di ritorno a San Francisco. Nello stomaco le si formò un nodo di rabbia. Jason le aveva rivoltato il mondo da capo a piedi. Fino a quel momento era stata contenta di vivere a San Francisco. E anche dei gentiluomini che vi conosceva. A dire la verità, la sua vita di città le era sempre piaciuta molto. Finché non aveva conosciuto Jason Kruger. Ora non le andava più bene nulla. Quando, quel mattino, aveva lasciato l'accampamento, aveva consegnato a Meg una lettera per Jason. Una semplice lettera in cui gli diceva che tornava a casa. Il suo lavoro sulla montagna era finito. Ma in quel momento, con la collera che le cresceva nel petto, Amanda desiderò d'aver detto a Jason esattamente ciò che pensava di lui. Prima o poi qualcuno doveva pur farlo, no? E nessuno, su quella montagna, ne avrebbe avuto il fegato. A parte Ethan, forse. Ma al presente era troppo consumato dalla propria passione. «Oh!» Amanda strinse i pugni, camminando avanti e indietro nella stanza. Non poteva andarsene senza dire a Jason ciò che pensava. Anche se lui non voleva starla a sentire, glielo doveva dire. E glielo avrebbe detto. Judith Stacy
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Guardò attorno a sé i suoi vestiti sparsi dappertutto. Sulla sedia, sul lavabo, sul comò. Se si fosse affrettata, forse sarebbe riuscita a salire su uno dei carri che tornavano alla montagna. Il giorno seguente sarebbe ripartita per Beaumont e avrebbe preso la diligenza per ritornare a casa. A casa. I passi di Amanda si fecero più esitanti. Quella piccola costruzione d'assi sul fianco della montagna, ecco qual era la sua vera casa. Non San Francisco. E anche quello era opera di Jason. Borbottando, Amanda riprese a camminare avanti e indietro nella stanza. Afferrò una calza dallo schienale della sedia. Quell'uomo si sarebbe preso una bella lavata di capo. Era dispiaciuto che fosse arrivata sulla sua montagna? Ebbene, che aspettasse che avesse finito con lui! Qualcuno bussò alla porta. La cameriera doveva aver portato il pranzo che aveva richiesto le fosse servito nella sua stanza. Amanda non aveva una gran voglia di mangiare, ma lanciò da parte la calza e aprì la porta di scatto. Sulla soglia era fermo Jason. Amanda batté le palpebre, incerta se credere a ciò che vedeva. «Cosa fate qui?» riuscì a dire alla fine. «Cosa diavolo fate voi, qui!» ribatté Jason. Le linee dure del suo volto, la sua espressione incollerita, non fecero altro che aumentare la rabbia che provava. «Ve l'ho chiesto prima io» gli rispose. Jason entrò nella stanza, costringendola ad arretrare. Si chiuse la porta alle spalle con un tonfo. «Non m'importa di chi ha chiesto prima cosa, voglio sapere che diavolo sta succedendo.» «Parto» gli sibilò. «È così difficile da capire? Eppure vi ho anche lasciato una lettera!» Jason prese quella lettera dal taschino della camicia e Amanda vide che era stropicciata. Come se l'avesse stretta nel pugno. «E pensate che questo sia abbastanza?» Le si piantò di fronte, scuro in volto. «Dopo tutto quello che mi avete fatto passare, pensate di potermi lasciare una lettera e ripartirvene per San Francisco come se niente fosse accaduto?» «Non è accaduto nulla!» Amanda aggrottò la fronte, col cuore che le Judith Stacy
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batteva forte. «A parte che sono stata attratta da un uomo che pensa che io gli abbia rovinato la vita!» Jason arretrò di un passo. «Io non ho mai detto niente del genere.» «Sì, lo avete detto. E lo pensavate.» «Siete stata solo coinvolta in un problema familiare. Tutto qui.» «Tutto qui?» ripeté lei, sbalordita dal sentirlo minimizzare con tanta facilità ciò che era accaduto. «Questo problema familiare governa la vostra vita sin da quando eravate un bambino. È per questo che non volete avere niente a che fare con Brandon. È per questo che non volete donne sulla vostra montagna. E perché non volete me lassù.» «Statemi a sentire, Amanda... Ero in collera, quando l'ho detto.» «Ma lo pensavate.» Jason si limitò a guardarla, incapace di negarlo. «Voi incolpate i vostri genitori» proseguì lei, «della vostra infanzia infelice. Vostro padre non è un uomo forte. Vostra madre è una donna forte. E le assomigliate. Non volete né accettarlo né ammetterlo, ma assomigliate anche a lui.» «Questa è una menzogna.» «Non lo è. Fra le cose di Brandon ci sono delle lettere di vostro padre a vostra madre. Lettere d'amore.» Jason le lanciò un'occhiataccia. «Sì, Jason, lettere d'amore. Mi sono imbattuta in quelle lettere quando ho aiutato Brandon a disfare i bagagli. Lettere scritte durante il matrimonio dei vostri genitori. L'ama tanto da seguirla ovunque lei voglia andare.» «Come un cane al guinzaglio.» «No, come un uomo innamorato» ribatté lei. «Proprio come avete fatto voi, quando mi avete seguito qui a Beaumont.» Lo vide trattenere il fiato. Impallidire. Arretrare di un passo. «Non ci avete pensato su due volte, non è vero?» gli chiese ancora. «Siete solo saltato su un carro ed eccovi qui.» «Sono venuto per riportarvi sulla montagna» rispose Jason. «Perché finiate quello che avete cominciato.» «Io ho finito.» «E invece no. Oggi ci sono ventitré matrimoni che...» «Io non vado mai ai matrimoni.» «Perché?» «Non sono affari vostri.» Judith Stacy
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«Sì, lo sono.» «Statemi a sentire, Jason, avete già abbastanza problemi per conto vostro. Non cercate di dirmi come devo affrontare i miei.» «E voi date a me del testardo?» Rimasero a fissarsi. Entrambi avevano torto, entrambi avevano ragione. Entrambi erano in collera e si sentivano feriti. «Voi siete testardo.» «Su questo non posso darvi torto.» Jason emise un sospiro. Si tolse il cappello e cominciò a tormentare la tesa. Poi sollevò lo sguardo. «Ma la verità è, Amanda, che non voglio che ve ne andiate.» «Però non mi volete neppure sulla vostra montagna» aggiunse lei. Jason la guardò in silenzio per un lungo momento, prima di rispondere. «La mia montagna non è un posto per voi. Me ne sono accorto sin dall'inizio. Siete una donna bella e raffinata, una donna di città. Troppo raffinata per questo tipo di vita.» Lo vide scuotere la testa e sorridere al ricordo. «Quando avete spedito quel minatore nell'abbeveratoio, ho pensato che aveste più risorse di quel che credevo.» «Non so che mi abbia preso» ammise Amanda. Jason si fece serio. «Ma quando Brandon si è fatto male e voi avete cominciato a gridare degli ordini, ho capito che la montagna era fatta per voi. E vi ci volevo. Solo non sapevo come dirvelo. Non sapevo neppure come ammetterlo con me stesso.» «Non dovreste tenervi tutto chiuso dentro.» Amanda sospirò. «Avreste dovuto dirmi cosa vi passava per la testa quando cercavo di parlare con voi.» Jason annuì. «Sì.» «E dovete smettere di incolpare Brandon per ciò che i vostri genitori hanno fatto.» Lo vide tornare ad abbassare lo sguardo sul cappello. «Avete ragione anche in questo. Ma, onestamente, non so che fare, con quel ragazzo.» «Parlate con lui» gli suggerì Amanda. «E lui ve lo dirà.» Jason si strinse nelle spalle, come se quelle parole non lo avessero convinto ma fosse deciso lo stesso a provare. «Così rimarrete?» «No.» «Sì, invece.» Jason le si parò di fronte. «Vi amo, Amanda.» Lei lo guardò, sentendo le lacrime salirle agli occhi. «Davvero?» Judith Stacy
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«Sì, davvero» le rispose. «Ho cercato di evitarlo. Ho combattuto. Non vi volevo amare. Ma sono qui, pazzo di voi, che v'inseguo giù per la montagna per riportarvi a casa con me.» «Siete stato in collera con me per giorni, ormai.» Jason annuì. «Credo di essere stato in collera con un sacco di persone, di recente, e senza una buona ragione.» «Anch'io vi amo, Jason.» Un ampio sorriso gli si disegnò sul volto. Jason le si avvicinò e, accorgendosi improvvisamente d'avere il cappello in mano, lo lanciò su una sedia. Il suo sguardo si scurì, quando notò il corsetto e la biancheria appoggiati sui braccioli della sedia. Amanda lo vide notare anche le calze che pendevano dal lavabo. Tornò a voltarsi verso di lei e il suo sguardo la percorse da capo a piedi. In quel momento sembrò rendersi conto che era nuda, sotto la veste da camera. Gli si gonfiò il petto. Quello sguardo le procurò un piacevole pizzicore dappertutto. Jason la prese fra le braccia, la baciò e Amanda si rese conto che non avrebbe voluto trovarsi in nessun altro posto all'infuori di quello. Quelle labbra carezzarono le sue, poi il bacio si fece più rovente, finché lei non prese a ricambiarlo. Quella sensazione deliziosa la fece gemere. S'alzò in punta di piedi, stringendosi ancora di più a lui. Jason gemette. Prese a tracciarle una calda pista di baci lungo il collo, poi le sciolse il nodo della veste da camera. La sua mano le si chiuse sul fianco, quindi salì a prenderle il seno. Amanda gli aderì tutta, sentendolo contro di sé. Poi gli slacciò i bottoni della camicia e gli premette la mano sul petto. Jason tornò a prenderle la bocca, mentre le apriva la veste. Sollevò poi il capo e fissò il biancore del suo seno. «Oh, Amanda...» La abbracciò, la strinse, le posò un bacio sul capo. La tenne in quel modo per qualche momento, poi fece un respiro profondo e si scostò da lei. «Sai cosa sta per accadere» le mormorò, con la voce resa più roca dal desiderio. Lei annuì. «Sì, lo so.» Jason scosse la testa. «Quando ci saremo spinti più in là, per me potrà essere dannatamente difficile fermarmi. Così, se non ti piace quello che Judith Stacy
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finiremo per fare, è meglio che tu lo dica ora.» Amanda gli sorrise. «Mi piace.» Lo vide chiudere gli occhi per un secondo, e quando li riaprì il suo sguardo era scuro di passione. «Ne sei certa?» Lei annuì. «Sì, ne sono certa.» Tornò a prenderla fra le braccia. La baciò e le fece scivolare dalle spalle la veste da camera. Senza staccare la bocca dalla sua, si tolse la giacca e la camicia. Poi, mentre si liberava degli stivali e delle calze, Amanda fece per sfilarsi le forcine che le fissavano l'acconciatura. «No, fermati» le sussurrò. E Amanda si fermò, non capendo cosa Jason volesse fare. Jason studiò il suo volto, i suoi stupendi capelli raccolti in quell'acconciatura severa. Poi le prese le mani e la portò verso il comò. Si fermò alle sue spalle e sistemò lo specchio in modo che entrambi potessero vedere il suo riflesso. Le posò le mani sulle spalle, incantato dalla sua figura delicata, poi si chinò in avanti. Oh, i suoi capelli avevano un profumo così delizioso, così dolce! Le posò le labbra sul collo e la sentì rabbrividire. Lentamente le fece scivolare le mani lungo le spalle e catturò una ciocca ribelle. Morbida, come di seta. Chiuse gli occhi e la carezzò delicatamente con le dita. Quando li riaprì, il suo sguardo incontrò quello di Amanda nello specchio. Non era spaventata, o incerta, o a disagio per ciò che stava facendo. Ma lui era impaziente. Una gioia che fino a quel momento non aveva conosciuto si stava impossessando di lui. Con cautela cominciò a sfilarle una forcina dall'acconciatura. I capelli le scesero lungo le spalle e la schiena, coprendo la sua mano. Ne trovò un'altra e la sfilò, liberando altri capelli morbidi e profumati. Tolse tutte le forcine rimaste finché non vide la chioma arrivarle ai fianchi. Sorrise. Lo avrebbe voluto fare per giorni e giorni interi. No, si disse, per tutta la vita. Amanda si voltò nel cerchio del suo abbraccio e lo baciò sulla bocca. Jason gemette, la sollevò e la portò a letto. Ve la stese, e i capelli di Amanda si sparsero sul cuscino. La sua camicia da notte era aperta fino alla vita. Jason non aveva mai visto niente di più bello in tutta la sua esistenza. Finì di spogliarsi, gettando tutto a terra, poi le si stese accanto. Judith Stacy
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Le mise una mano sul fianco. Un secondo più tardi la mano candida e delicata di Amanda coprì la sua. «Io non ho mai...» Jason le posò un bacio sulla gola. «Siamo qui per fare qualcosa che piaccia a entrambi» le mormorò. «Dunque, se qualcosa non ti piace, non hai che da dirlo.» Amanda tornò a sorridergli e lui le catturò la bocca in un bacio rovente. La sua mano le scivolò sulle spalle. Poi l'aiutò a voltarsi e le massaggiò la schiena finché non fu completamente rilassata. Il mondo, per Amanda, sembrava essersi fermato, ma il suo cuore batteva più veloce del solito. Le mani di Jason, anche se erano indurite dal lavoro, si muovevano delicate sulla sua pelle. Delicate e amorevoli. Le sue labbra erano calde, i baci roventi. Sentì un piacevole calore diffondersi dappertutto e il suo corpo si tese, pretendendo una risposta a quei baci. Jason sentiva il sangue pulsargli con violenza nelle vene. Le fece scivolare una mano lungo le gambe e sotto l'orlo della camicia da notte. Lentamente, con lunghe carezze, l'aiutò a sfilarsela da sopra la testa. «Oh, Amanda...» mormorò, godendosi la vista del suo corpo nudo. Chinò il capo nell'incavo tra i seni e lo baciò. La sentì gemere piano, inarcarsi sotto di lui, allacciargli una gamba con le sue. Poi Jason le fu sopra. Le baciò il viso e scivolò in lei. La sentì irrigidirsi, ma continuò a baciarla finché non tornò a rilassarsi. Stretta in quell'abbraccio, Amanda provò una nuova passione e s'aggrappò a Jason. Il ritmo regolare dei suoi fianchi diventò il centro del mondo. Il suo corpo rispose, muovendosi con quello di Jason, finché qualcosa dentro di lei non sembrò esplodere. Gli afferrò i capelli e gridò il suo nome. Jason si spinse a fondo mentre Amanda lo afferrava, lo stringeva, trovando quell'appagamento che solo quella donna ormai poteva dargli. Poi le crollò accanto e la strinse a sé con amore. «Allora, perché non vai ai matrimoni?» Amanda sentì Jason, la testa appoggiata accanto alla sua sul cuscino, sussurrarle all'orecchio. Avevano fatto l'amore altre due volte e si trovavano sotto le coperte. La stanza era buia, tranne che per la debole luce di Beaumont che filtrava dalle tende. Si voltò per guardarlo negli occhi. «Perché i matrimoni non mi Judith Stacy
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piacciono.» Lui s'appoggiò su un gomito. «Come? A te, che dirigi un'agenzia matrimoniale, i matrimoni non piacciono?» Amanda distolse lo sguardo e fissò le tende che oscillavano alla brezza della sera. Con un dito, dolcemente, Jason le toccò il mento e la fece voltare. «È questo che mi volevi dire? La sera in cui il mio fratellino è piombato all'accampamento mi hai chiesto se dopo cena potevamo parlare.» Jason scosse la testa. «Poi sono stato preso dai miei problemi. Troppo preso per riuscire ad ascoltare. Però se vuoi, ora mi farebbe piacere starti a sentire.» Il conforto del suo abbraccio, la vicinanza dei loro corpi erano per Amanda come una coperta calda in un gelido giorno d'inverno. Sapeva che non avrebbe voluto trovarsi in un posto che non fosse quello. Con Jason. «Quando ero molto giovane è stato deciso il mio fidanzamento» gli rispose. «Tutto andava secondo i piani. La mia famiglia ha speso grosse somme in vista del matrimonio, gli invitati si sono radunati, e alla fine lo sposo non si è fatto vedere.» «Dannazione. Non si è fatto vivo?» «Ha mandato suo fratello a dare spiegazioni, come se un'umiliazione come quella potesse essere spiegata» proseguì Amanda. «Ha detto che non gli sembrava che fossimo fatti l'uno per l'altro. Che il matrimonio era un errore. Che non ci saremmo resi felici a vicenda. Che non ci saremmo dovuti neppure fidanzare.» «E se n'è accorto il giorno delle nozze?» «Evidentemente è andata proprio così.» Amanda fece un respiro profondo. «Così, come si può immaginare, per me dopo un episodio del genere è stato difficile potermi fidare di un uomo, o anche solo pensare che un uomo mi potesse interessare.» «Ma hai messo in piedi la tua agenzia.» Amanda annuì. «Mi è sembrata la cosa più naturale da fare. In questo modo potevo assicurarmi che nessuna donna sarebbe più stata abbandonata all'altare. Mi sono data da fare per unire donne e uomini compatibili, persone che potessero diventare buoni mariti e buone mogli.» Jason si strinse nelle spalle. «Una scelta sensata, secondo me.» Rimasero in silenzio a lungo, ad ascoltare il rumore degli zoccoli che veniva dalla strada, il cigolare delle ruote dei carri. A volte dalla finestra arrivava una debole voce, dalle parole indecifrabili. «Dovremmo andare» disse Amanda alla fine. «Domattina» rispose Jason, tornando a stringerla a sé. Judith Stacy
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«Oh, Jason, santo cielo» ribatté lei mettendosi a sedere. «Noi due, a Beaumont per tutta la notte? La gente saprà cosa abbiamo fatto!» Lui s'alzò su un gomito. «Tu sai cosa sta succedendo sulla mia montagna, stanotte, con tutte quelle coppie di freschi sposini?» Amanda sorrise. «Be'... Sì.» «Allora credimi, nessuno penserà a noi due, quando domattina torneremo all'accampamento.» Jason la prese alla vita e l'attirò a sé. «E poi non credo d'aver finito, con te.» Il cuore prese di nuovo a batterle più forte. «Davvero?» «C'è qualcosa che voglio farti vedere.» Amanda inarcò le sopracciglia. «C'è ancora qualcosa che non ho visto?» «Sì. Guarda questo» la invitò, tendendole il palmo aperto della mano. «L'ho già visto.» «Aspetta.» Jason scostò le lenzuola fino alla vita e le posò la mano sul seno. Un sospiro le sfuggì dalle labbra. «Visto?» le chiese, stringendo con dolcezza. «Si adatta perfettamente.» Amanda guardò la sua mano scurita dal sole, chiusa sul suo seno. «Esattamente della dimensione giusta per la mia mano» proseguì Jason. «Non troppo, né troppo poco. Perfetto. Sapevo che sarebbe stato così.» Amanda sorrise. «Per te è importante?» «Oh, sì» le rispose, scostando la mano e sostituendola con le sue labbra. Lei sentì un brivido delizioso scenderle lungo la schiena. «E le dimensioni giuste sono importanti» mormorò, stringendolo a sé. «Hai dannatamente ragione.»
24 «Signorina Amanda? Ci siete?» Amanda andò ad aprire la porta e vide Brandon Kruger fermo sulla sua soglia. Non il Kruger che aveva sperato di trovare. L'accampamento era tranquillo, quando quel mattino erano arrivati. Tutti quanti erano presi da altro, proprio come Jason aveva predetto. Era stata sorpresa di non trovare Meg e Todd nella sua casetta e s'era chiesta dove potessero essere. «Oggi come ti senti?» domandò al ragazzino. Brandon si guardò il braccio ancora appeso al collo e si strinse nelle Judith Stacy
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spalle. «Bene, direi.» Un adulto avrebbe avuto bisogno di settimane per riprendersi da una ferita così seria, ma la forza della gioventù aveva permesso a Brandon di tornare in piedi nel giro di qualche giorno. Per lui sembrava più una seccatura, che una preoccupazione. «Jason dice che dovete venire giù in ufficio» proseguì Brandon. «E dice che dovete portare con voi quel vostro catalogo.» «Il mio catalogo di spose?» Quella richiesta la sorprese un po'. Ma in fondo, si disse, i matrimoni erano stati celebrati il giorno precedente. Probabilmente qualche altro taglialegna voleva seguire il buon esempio. Amanda prese la borsa con il catalogo, chiuse la casetta e scese lungo il sentiero con Brandon. «Oggi sono stato a lavorare in ufficio. Jason dice che posso lavorare lì con lui ed Ethan» la informò il ragazzino. «Credo che imparerò a fare affari con il legname.» «Davvero? E' splendido!» gli rispose con un sorriso. Brandon si strinse nelle spalle come se non capisse tutto quell'entusiasmo. Raggiunto l'ufficio, la salutò e proseguì. Amanda si fermò un momento, prima di entrare, non sapendo come comportarsi in un'occasione simile. Aveva passato la notte fra le braccia di Jason nell'albergo di Beaumont. E quella notte Jason aveva detto d'amarla. L'avrebbe presa di nuovo fra le braccia, una volta dentro? Le avrebbe dichiarato di nuovo il suo amore, le avrebbe chiesto di far parte della sua vita per sempre? Oh, sarebbe stato terribilmente romantico. Amanda sorrise, mentre quella scena appariva all'occhio della sua mente. Una scena che le faceva battere il cuore più veloce. Be', le sarebbe bastato che le ripetesse che l'amava. Lo aveva già detto. Erano stati a letto insieme per ore. Certo non l'avrebbe fatto, se le sue intenzioni non fossero state più che oneste. Amanda aggrottò la fronte. Ma c'erano anche degli uomini fatti in quel modo. Ne aveva sentito parlare, l'avevano messa in guardia quando era ancora una ragazzina. Però Jason non era così, no? Amanda riprese la sua borsa ed entrò. Jason era in piedi accanto alla stufa e si stava versando una tazza di caffè. Guardandosi sopra la spalla, le indicò di sedersi davanti alla sua scrivania. Judith Stacy
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«Accomodati.» E pensare che lei s'era aspettata una dichiarazione d'amore, si disse Amanda posando la borsa sul piano della scrivania. Uno strano presentimento cominciò a impossessarsi di lei, mentre Jason zuccherava il suo caffè, lo assaggiava e tornava al suo posto di lavoro. «Accomodati» le ripeté, sedendosi. «Jason, io...» «Solo un momento.» Frugò tra le sue carte, le esaminò, poi tornò a posarle. «Abbiamo degli affari di cui parlare.» «Affari?» Dapprima non fu sicura di aver sentito bene. Poi il suo comportamento freddo e formale le assicurò che invece aveva detto proprio così. Dovevano parlare d'affari. Amanda scivolò sulla sedia di fronte alla scrivania, cercando di farsi forza. «Ho deciso di prendere moglie.» Amanda sentì un nodo allo stomaco. Il cuore sembrò salirle in gola. «E voglio che tu me ne trovi una» proseguì Jason, appoggiandosi allo schienale. Una moglie? Jason aveva intenzione di sposarsi? Amanda riuscì solo a fissarlo. E voleva che fosse lei a trovargliela? Dopo tutto quello che era successo fra loro, dopo quella notte a Beaumont, Jason s'aspettava di scegliere una moglie dal suo catalogo? «Allora, per cominciare» esordì lui, «voglio che sia intelligente.» Amanda lo fissò. «Non prendi appunti?» le chiese. «Sono molto esigente, sul tipo di moglie che desidero.» Trovò un foglio di carta e una matita sulla scrivania e glieli porse. Intorpidita, Amanda li prese. «Poi» proseguì Jason, «voglio una moglie che non abbia paura di dire ciò che pensa. Questo è importante. Non posso sopportare una donna timida che non mi faccia conoscere la sua opinione su ciò che accade, per quanto di poco peso.» Amanda fece per parlare, però Jason glielo impedì. «Scrivilo» la esortò. «Poi, voglio una moglie che mi dica quando sbaglio.» Amanda batté le palpebre. Judith Stacy
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«Naturalmente» disse ancora Jason, «ho bisogno di una moglie che sappia badare a se stessa, quando è necessario. Una che abbia un buon cervello per gli affari. Che non abbia paura di lanciarsi su una buona opportunità, quando questa si presenta.» Amanda continuò a fissarlo. «Oh, deve anche essere bella» precisò Jason. «Mi piacciono i capelli castani con qualche riflesso rosso. Capelli cui posso togliere le forcine e guardare mentre le scendono sulle spalle. Voglio una moglie che me lo lasci fare.» La matita le sfuggì di mano. «E vedi questo?» le chiese, mostrandole il palmo aperto. «Voglio che abbia un seno che si adatti perfettamente al palmo della mia mano. Come se fossimo fatti l'uno per l'altro.» Amanda sentì le lacrime salirle agli occhi. «Credi di riuscire a trovarmi una moglie così?» le domandò. «Sì» gli rispose, «ma credo che prima quella donna ti sparerà.» Jason sorrise, girò attorno alla scrivania e la prese fra le braccia. Amanda rise, tirò su col naso e s'asciugò le lacrime. «Vuoi sposarmi, Amanda?» le chiese, stringendola a sé. «Oh, sì, Jason. Lo voglio.» Gli gettò le braccia al collo e s'alzò in punta di piedi per baciarlo. Jason la baciò a lungo e ad Amanda sembrò di fondersi in lui. «Va bene. Voi due potete anche smettere.» Jason interruppe il bacio ma non la lasciò andare, quando Ethan entrò nella stanza. E Amanda non si sentì imbarazzata per essere stata colta sul fatto, anzi sorrise. «Ho delle novità. Delle splendide novità» disse Ethan. Poi si fermò. «A dire il vero, noi abbiamo delle novità» si corresse, facendo entrare nell'ufficio una Meg sorridente e dalle guance rosse. Amanda si staccò da Jason. «Cosa c'è?» Ethan guardò Meg e le prese la mano. Meg ricambiò il suo sguardo e arrossì ancora di più. «Ci sposiamo» annunciò. «Oh, Meg!» Amanda, ridendo, corse ad abbracciare l'amica. Jason strinse la mano del fratello, poi anche loro s'abbracciarono. «Hai fatto scappare McGee?» chiese Jason a bassa voce. Ethan scosse la testa. «No. Meg gli ha detto, ieri sera, che non lo Judith Stacy
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avrebbe mai perdonato, che non lo avrebbe più amato. McGee ha risposto che le avrebbe concesso il divorzio, dopodiché è ripartito.» «E suo figlio?» Ethan aggrottò la fronte. «A Todd non sembrava importare molto di suo padre. Meg gli ha parlato e al ragazzino va bene così.» Jason guardò Meg, ancora intenta a chiacchierare con Amanda. «Così, voi due cosa avete fatto la notte scorsa?» Ethan gli diede una gomitata. «Probabilmente quello che avete fatto tu e Amanda.» «Oh, Ethan, non indovinerete mai!» esclamò Amanda, voltandosi e fissandolo con occhi che le brillavano di felicità. «Jason mi ha chiesto di sposarlo.» Meg lanciò un gridolino di gioia. «Ma è stupendo! Ora saremo davvero sorelle. Amanda, sono così contenta di avervi scritto quella lettera, fingendo di essere Jason in cerca di una moglie!» Amanda rimase a bocca aperta. «L'avete scritta voi?» «Era l'unica cosa che potessi fare, per avere delle donne quassù» rispose Meg. Ethan le circondò la vita con un braccio. «In futuro dovremo tenerle d'occhio, queste nostre due mogliettine. Finiranno per comandare su tutta la montagna.» «Credo che lo abbiano già fatto» replicò Jason. Strinse Amanda in un abbraccio. «E a me va bene così.» FINE
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