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PROPRIETA
LETTERARIA
RISERVATA
Longanesi 6- C © 2008 - Milano www.longanesi.it ISBN 978-88-304-2565-1
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II confine tra penitenza e impenitenza divide Ie famiglie e Ie scuole. Purtroppo, pero, non i partiti: 0 almeno non quelli della povera Italia contemporanea, tutti proni al papa e all'imperatore, in quella sua versione modern a che e il presidente degli Stati Uniti. Percio, questa libro si apre con una serie di variazioni su «Fatti» e «Opinioni» che coinvolgono I'uno e l'altro: dal referendum sulla Legge 40 allo scandalo della pedofilia ecc1esiastica, dalla guerra contro il terrorismo alia presenza delle basi statunitensi nel nostro paese. Una forma di impenitenza e il perseverare nel peccato che va sotto il nome di «scientismo». Ovvero, prendere seriamente la scienza e mostrare la futilita di certa letteratura e certa filosofia: quelle di evasione dal pensiero e di invasione dei media, che fanno bella mostra di se nelle pagine «culturali» di troppi giornali e nei programmi di «informazione» di troppe televisioni. A queste degenerazioni, rna soprattutto aile rigenerazioni di un'altra letteratura e un'altra filosofia, sono dedicate Ie variazioni su «Parole» e «Pensieri»: dal poema sulla natura di Lucrezio al romanzo su una tempesta di fuoco di Vonnegut, dalla fisiologia dellibero arbitrio aile limitazioni della logica. Ma impenitente e solo un aggettivo aggiunto al pili sostanzioso sostantivo matematico. E la critica di certo umanesimo, nei suoi aspetti pili disparati (politica, religione, letteratura, filosofia), e solo un prodotto secondario del pensiero scientifico, che si caratterizza invece anzitutto per i suoi contenuti intrinseci. Di questi trattano Ie variazioni su «Calcoli» ed «Esperimenti», che mirano a divulgare particolari aspetti delIa matematica e delle scienze: dalle curiosita aritmetiche su alcuni numeri aile profondita geometriche sulla struttu-
ra del Paradiso dantesco, dai capitoli principali della vera Genesi. (q~ella scientifica) alle parabole salIent! del vero Vangelo (quello evoluzionist~): Senza dimenticare Ie «Persone», ClOe Ie storie individuali di alcuni apostoli del pensiero, scientifico e non: da. Pie~o della Francesca a Diderot, da Emstem alla Montalcini. (1950) ha studiato matematica in Italia, negli Stati Uniti e in Unione Sovietica, e insegna Logica pres so l'Universita di Torino e la Cornell University. Collaboratore di Repubblica, L'Espresso, Le Scienze e Psychologies, dirige la nostra collana di divulgazione scientifica «La Lente di Galileo». Ha vinto nel 1998 il Premio Galileo dell'Unione Matematica Italiana, nel 2002 il Premio Peano della Mathesis e nel 2006 il Premio Italgas per la divulgazione. Per Longanesi ha pubblicato Le menzogne di Ulisse (2004), Il matematico impertinente (2005), Incontri con menti straordinarie (2006) e PerPIERGIORGIO ODIFREDDI
che non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) (2007).
IL
MATEMATICO
IMPENITENTE
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A Matteo e Dario, Lucia e Chiara, Margherita e Tommaso
Che tutti i vostri desideri si avverino. Che possiate sempre fore per gli altri, E permettere agli altri di fore per voi. Che costruiate una scala verso Ie stelle, E ne possiate salire ogni gradino. Che siate solidamente ancorati, Quando il vento cambiera direzione. Che il vostro animo sia sempre gioioso, E possiate rimanere per sempre giovani. Bob Dylan, Forever Young ,
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NO, NO, CH'IO NON MI PENTO
Nel finale del Don Giovanni di Mozart e Da Ponte il « dissoluto» viene « punito», come preannunciato fin dal titolo originale dell'opera. La statua del patetico Commendatore gli offre un'ultima chance di pentimento, proponendogli di cambiar vita, rna il simpatico ribelle 10 manda al diavolo metaforicamente, prima di andarci lui letteralmente, rispondendogli per ben otto volte di no. E dopo che sparito fra Ie fiamme, il coro commenta: « Questo il fin di chi fa mal: dei perfidi la morte, alia vita sempre ugual! » Naturalmente, io non ho e non avrei l'ardire di paragonare me stesso a Don Giovanni: soprattutto, non all'impavido impenitente di questa scena. Ma I'ha avuto per me Corrado Augias, che nella puntata del 2 aprile 2007 del suo programma su RaiTre termino il nostro colloquio con queste parole: « Professore, per aver scritto il libro Perche non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) lei merita una sentenza molto severa, questa che adesso Ie arriva addosso ». E dopo che un fulmine, fortunatamente solo mediatico, mi can cello dallo schermo, concluse dicendo: « Ecco, COS! abbiamo fatto finire il professor Odifreddi. E coroniamo questa puntata con il finale del Don Giovanni». Ora, si da il caso che quest'opera sia una delle mie preferite, e il suo protagonista uno dei miei modelli di ribellione: mentre dunque riascoltavo il coro, ormai invisibile agli spettatori rna non sordo a me stesso, mi accorsi che I'accostamento mi piaceva, e decisi che potevo appropriarmi della qualifica di impenitente, COS! come in precedenza mi ero gia appropriato di quella di impertinente. Anche perche, se illaico Augias beatamente scherzava, sono invece dannatamente seri i preti e pretofili che da tempo si stracciano Ie vesti per cio che dico e scrivo, ritenendomi colpevole di lesa religiosita e papalita, e mi intimano: « Pentiti, scellerato! » E invece no, « vecchi infatuati », otto volte no: io non mi pento. E dichiaro che ridirei e riscriverei tutto, per commettere insieme al peccato dell'impenitenza anche quello dell'ostinazione: ben sapendo, come insegna Tommaso d'Aquino nella Summa Theologiae (Secunda Secundae, Questione 14), che si tratta di due peccati
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II matematico impenitente
irremissibili, perche « chi pecca per malizia non ha scuse che possana sminuire il castigo, e toglie i mezzi coi quali si com pie la remissione dei peccati ». Ma, che farci: il mondo e diviso in due, e ognuno fa la sua scelta di campo. Decidendo, ad esempio, di stare dalla parte dei penitenti a testa bassa: come Galileo Galilei, che accetto di abiurare in ginocchio di fronte al tribunale dell'Inquisizione, 0 Renato Cartesio, che prefed non pubblicare il suo trattato suI mondo per evitare la stessa fine. Oppure decidendo, al contrario, di stare dalla parte degli impenitenti a testa alta: come Giordano Bruno, al quale fu messo il morso suI rogo per impedirgli di continuare a bestemmiare fino all'ultimo, 0 Benedetto Spinoza, che fu maledetto e radiato dalla comunid ebraica per aver svelato che la Bibbia era soltanto un libro « umano, troppo umano». Come si vede, non c'e scienza 0 filosofia che tenga: il confine tra penitenza e impenitenza e orizzontale, non verticale, e divide Ie famiglie e Ie scuole. Purtroppo, pero, non i partiti: 0 almeno non quelli della povera Italia contemporanea, tutti proni e supini di fronte al papa e all'imperatore, in quella sua versione moderna che e il presidente degli Stati Uniti. Percio, questo libro si apre con una serie di variazioni su Fatti e Opinioni che coinvolgono l'uno e l'altro, spes so ispirate all'attualid.: dal referendum sulla Legge 40 allo scandalo della pedofilia ecclesiastica, dalla guerra contro il terrorismo alIa presenza delle basi statunitensi nel nostro paese. Molti critici e lettori, non andando oltre Ie due sezioni precedenti, giudicheranno come d'abirudine la parte per il tutto. Quelli che leggeranno avanti, potranno invece accusarmi di impenitenza anche per Ie successive variazioni sulla letteratura e la filosofia: in questo caso, per la reiterazione di un peccato che avrei gia commesso in un mio precedente libro, II matematico impertinente, e che va sotto il nome di « scientismo». II che, tradotto, significa prendere seriamente la scienza e mostrare, per contrapposizione, la futilita di certa letteratura e certa filosofia. Ora, se avessi voluto dire « di tutta la letteratura e tutta la filosofia», l' avrei detto. Invece, volevo dire cio che ripeto: la futilita di certa letteratura e certa filosofia. Pili precisamente, quelle di evasione dal pensiero e di invasione dei media, che fanno bella mostra di se nelle pagine « culturali » di troppi giornali e nei program-
No, no, ch'io non mi pento
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mi di « informazione » di troppe televisioni, rna che stanno alle cose serie come i pettegolezzi alIa storia e i fotoromanzi al cinema. A queste degenerazioni, rna soprattutto alle rigenerazioni di un' altra letteratura e un'altra filosofia, che ben esistono entrambe, sono dedicate Ie variazioni su Parole e Pensieri: dal poema sulla natura di Lucrezio al romanzo su una tempesta di Fuoco di Vonnegut, dalla fisiologia dellibero arbitrio alle limitazioni della logica. Ma impenitente e solo un aggettivo aggiunto, nel titolo, al pili sostanzioso sostantivo matematico. E la critica di certo umanesimo, nei suoi aspetti pili disparati (politica, religione, letteratura, filosofia), e solo un prodotto secondario del pensiero scientifico, che • •• •• •• ••• SI carattenzza mvece, pnmanamente, per 1 SUOI contenutI mtnnseci. Di questi trattano Ie variazioni su Cal coli ed Esperimenti, che mirano a divulgare particolari aspetti della matematica e delle scienze: dalle curiosita aritmetiche su alcuni numeri alle profondita geometriche sulla struttura del Paradiso dantesco, dai capitoli principali della vera Genesi (quella scientifica) aIle parabole salienti del vero Vangelo (quello evoluzionista). Senza dimenticare Ie Persone, cioe Ie storie individuali di alcuni degli apostoli del pensiero, scientifico e non: da Piero della Francesca a Diderot, da Einstein alIa Montalcini. Sorprendentemente, pero, molti considerano persino la divulgazione un peccato da cui redimersi, e il continuare a praticarla un segno di impenitenza! La pensano cosl, ovviamente, coloro che da sempre temono che la conoscenza in generale, e quella scientifica in particolare, siano peri co lose ed eversive: a partire dalla falsa Genesi (quella teologica), che non a caso identifica il Peccato Originale dell'umanita con la trasgressione del comando divino di non gustare i frutti dell'Albero della Conoscenza, appunto. E la pensano cosl, altrettanto ovviamente, i padroni dei media e i loro portavoce e interpreti, che vedono nella sostanza e nella profondid tipiche della matematica e della scienza una minaccia letale per l'inconsistenza e la superficialid di quella caricatura di umanesimo da loro propugnata. Essi temono che a qualunque azione di acculturamento razionalista e scientifico possa corrispondere una reazione di rigetto verso l'incultura irrazionale e antiscientifica: e fanno bene, perche Ie gocce della divulgazione scavano Ie pietre dell'ignoranza, e finiscono col minarne Ie fondamenta e minacciarne la stabilita.
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Forse meno ovviamente, pero, sono spesso schierati contro la divulgazione anche i professori bacchettoni e i ricercatori spocchiosi che considerano la scienza un castello d'avorio chiuso alle visite turistiche, 0 un club esclusivo nel quale si puo entrare solo per censo intellettuale. Questi parrucconi scambiano la divulgazione con la volgarizzazione, e per reazione pretendono che della scienza si parli soltanto in linguaggio esoterico, all'insegna del motto « mi spezzo rna non mi spiego »: non poi affar loro se nessuno ne sta a sentire i discorsi alati 0 ululati, benche sia affar nostro il fatto che, nel frattempo, Ie facolta. scientifiche si stiano svuotando. , E dun que contro i fondamentalismi religiosi, gli anacronismi umanistici e Ie ottusita accademiche, che coloro che hanno a cuore Ie sorti della scienza in particolare, e del pensiero razionale in generale, devono continuare a peccare d'impenitenza: dando ciascun autore secondo Ie proprie possibilita, e rivolgendosi a ciascun pubblico secondo i suoi bisogni. Nel mio piccolo, io offro qui un divertimento in sette parti e settantasette variazioni, con un capo e una coda, per ripetere un numero primo di volte (settantanove) a fondamentalisti, anacronisti e ottusi: « No, no, ch'io non mi pento! » E spero natural mente che non si pentano, e soprattutto non se ne pentano, neppure i lettori.
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Cuneo, 25 dicembre 2007 1733 0 Natale dal Sole Invitto 16570 Natale di Gesu Cristo
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FATTI
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SULL'ONDA DELLO TSUNAMI
Lo tsunami che ha spazzato l' oceano Indiano it 26 dicembre 2004 ha lasciato dietro di se circa trecentomila morti: una catastrofe tellurica naturale di dimensioni identiche a quella atomica artificiale di Hiroshima e Nagasaki. La copertura mediatica europea stata eccezionale, a causa del fatto che una piccola percentuale delle vittime e dei dispersi, meno di cinquemita in tutto, era costituita da turisti occidentali che si trovavano sulle spiagge del Sud-Est asiatico per Ie vacanze di Natale. Ritornando con la memoria a quei tristi giorni, il primo ricordo che viene in mente appunto la straordinaria attenzione che venne riservata alle sorti dei villeggianti, con particolare riguardo per i vip da Emilio Fede a Gianni Morandi, e alle loro vacanze interrotte 0 disturbate: una squall ida mancanza di prospettiva e di senso delle proporzioni, alIa quale peraltro ci avevano gia abituati i servizi sulla guerra in Iraq, con Ie prime pagine dei (tele)giornali monopolizzate dalle poche decine di sequestrati mercenari al servizio degli occupanti, 0 dalle poche centinaia di caduti militari dell'esercito di invasione, mentre Ie molte migliaia di vittime civiti del paese aggredito venivano rimosse nei numeri delle statistiche. . II secondo ricordo riguarda invece il delirio dei commenti teologici e filosofici a proposito della catastrofe, sui quali bene ritornare per fare it punto suI pensiero dominante della nostra societa: un pensiero che, nonostante l' avvento del nuovo millennio, da un lato insiste anacronisticamente a ispirarsi a mitologie oscurantiste, e dalI' altro continua irrazionalisticamente a lasciarsi turbare da ideologie luddiste. Come suo solito quand' di fronte a fenomeni che essa ritiene anomali, ad esempio i miracoli, anche in questo caso la Chiesa ha spalmato una marmellata di opinioni affinche ognuno potesse trovarvi qualcosa di suo gusto. AI sommo della gerarchia it panglossiano pontefice ha dichiarato, nell'Angelus del 2 gennaio:· «Anche nelle prove piu difficiti e dolorose, come neUe calamira che hanno colpito it Sud-Est asiatico, Dio non ci abbandona
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mai ». Un gradino sotto di lui il pilatesco cardinal George Pell, arcivescovo di Sydney, ha scritto suI Sunday Telegraph del 9 gennaio: « Non e corretto chiamare 10 tsunami un atto divino, perche Dio non e intervenuto a provocare il disastro. E non c'e niente in comune col Giudizio Universale, perche 10 tsunami ha ucciso e distrutto a caso, e non soltanto i cattivi impenitenti ». II ballardiano cardinal Ersilio Tonini, intervistato dall'Avvenire il 31 dicembre, ha infine parlato di « vampata provvidenziale », « sfolgorio di luce », « momenta di grande purificazione », « occasione che Dio ci offre per cambiare mentalira », e addirittura di « tragica bellezza di questo momento ». AI fondo della gerarchia Ie opinioni sono state altrettanto confuse. Ad esempio, il direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga, ha profetato il 14 gennaio che l' onda e stata « un ammonimento premonitore dei travagli cui I'umanira va incontro ». L'Angolo del teologo Borel di gennaio, suI sito www.donboscoland.it. ha invece riportato una dichiarazione del missionario gesuita padre Michele Catalano ai singalesi: « Quella che avete chiamato onda assassina non e un castigo di Dio, rna il suo grande abbraccio che porta in Paradiso tutti i suoi figli ». Una tale varieta di opinioni non puo stupire, essendo soltanto un riflesso della contraddittoria immagine della divinira che il monoteismo mediorientale fornisce ai suoi Fedeli. Benche presentato come un affettuoso padre, pieno d'amore e di attenzione per i propri figli, il Dio della Bibbia e infatti anche il violento giustiziere che nel Genesi, pentito per aver creat6 un'umanita malvagia e violenta, manda appunto un diluvio d'acqua a sterminare gli uomini e, chissa perche, anche gli animali. Naturalmente, il problema non e soltanto cristiano. Ad esempio, l' ebreo Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, si e posto il30 dicembre su Repubblica la domanda tipica della teodicea: « E Dio, in tutto questo? » E gli integralisti musulmani, di fronte a un turismo occidentale che costituisce un palese sfruttamento delle risorse naturali e umane dei paesi coinvolti (a partire dagli ottocentomila minorenni prostituiti nella sola Thailandia, secondo il Center for Protection o/Child Rights, Centro di protezione per i diritti dell'infanzia), hanno immediatamente presentato I'onda come una punizione divina scatenata su una moderna versione di Sodoma e Gomorra.
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Fatti
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A chi non soffra del morbo della fede, questo generedi risposte alle calamira naturali non puo che apparire un errore categoriale: una rappresentazione fantastica, cioe, di eventi naturali che nei periodi mitopoietici non erano ancora stati compresi, e venivano dunque antropomorfizzati come azioni di divinita specifiche (Poseidone 0 Nettuno, nel caso del mare) 0 generiche (il Dio tuttofare dei monoteismi), rna che oggi e ridicolo continuare a descrivere in termini letterari invece che scientifici. Un'onda anomala, infatti, e facilmente e completamente spiegabile in termini geofisici (locali, come i terremoti, e globali, come la tettonica a placche), e I'anomalia si riferisce , ovviamente non ai suoi possibili effetti sull'umanita, rna soltanto alia norma statistica: dalla quale 10 tsunami si discosta, tra I'altro, soltanto in maniera minimale, rispetto a fenomeni letteralmente catastrofici quali una glaciazione 0 una desertificazione. E il continuare a fare domande suI « perche » Ie cose accadono, senza accontentarsi delle risposte suI « come », rivela il permanere di un'anacronistica concezione antropomorfa e antropocentrica della natura, non solo precopernicana, rna anche precristiana. Una forma del disagio e del sospetto che il pensiero dominante sente nei confronti della scienza e la critica romantico-ottocentesea, alIa Frankenstein 0 alIa Erewhon, di filosofi che vanno per la maggiore, quali il maestro Emanuele Severino e I'allievo Umberto Galimberti. II primo, suI Corriere della Sera del 29 dicembre 2004, ha scritto: « II cataclisma radicale e avvenuto all'inizio, cioe quando la volonta ha inteso trasformare il mondo, ottenendo un risultato per cui Ie cose sono altre da cio che erano in origine ». II secondo, su Repubblica del 27 dicembre, aveva gia anticipato: « Che rispetto abbiamo della natura, noi uomini della tecnica che la visualizziamo solo come materia prima? » Probabilmente ha ragione chi vede in queste uscite soltanto l' ennesima manifestazione di un' ormai patologica coazione a ripetere di due pensatori che, a proposito e a sproposito, rispondono a qualunque stimolo con un unico riflesso pavloviano, e cioe un invariabile calcio (in italiano) alla techne (in greco) .. Nel caso dello tsunami,- pero, il calcio e non solo falloso, rna anche fallace: l' onda infatti non e stata causata dalla tecnica, rna dalla natura, e i suoi effetti so no stati disastrosi proprio perche si sono abbattuti su pae-
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si non tecnologici, che non hanno potuto beneficiare di sistemi di prevenzione e di allerta. II vero problema e un altro, rivelato dalla citazione che Galimberti fa del Prometeo incatenato di Eschilo: « La tecnica e di gran lunga pili debole della necessita che governa Ie leggi della natura». Un tema, questo, riecheggiato anche nel titolo di un articolo di Anna Foa sull'Avvenire del 30 dicembre: « Dominare la natura, antica illusione dell'uomo». Eccolo, dunque, il nocciolo della questione: la tecnica non e onnipotente (come d'altronde non ha mai preteso di essere, se non nelle illusioni di letterati e filosofi)! E poiche non ha saputo prevenire 0 contenere questa e altre tragedie, lasciamola perdere e torniamo agli stregoni e alle danze per la pioggia, visto che i preti e Ie preghiere comunque non sembrano bastare. In realta, gli studi sulle cares tie del premio Nobel per l'economia Amartya Sen hanno dimostrato che spesso esse so no causate non da problemi naturali 0 tecnici, quali la siccita 0 la mancata produzione di cibo, rna da carenze politiche e sociali, che interferiscono con la distribuzione. La stessa cosa e successa con 10 tsunami, COS! come con innumerevoli altre catastrofi, dai terremoti alle eruzioni: questi eventi hanno conseguenze umane disastrose o contenute, a parita di ordine di grandezza, a seconda che si verifichino nei paesi sottosviluppati 0 in quelli industrializzati, a riprova del fatto che, ormai, solo la tecnologia ci pub salvare. Chi invece pensa, come Heidegger 0 il papa, che solo un Dio ci pub salvare, e destinato a soccombere. 0 meglio, destina a soccombere i pili deboli e indifesi, che avrebbero bisogno non delle ciance dei filosofi 0 delle giaculatorie dei preti, rna dei fatti di quella stessa tecnologia di cui gli Heidegger e i papi, COS! come i loro epigoni, fanno un sistematico uso quotidiano, al di la delle loro critiche di facciata. •
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L'ULTIMO VIAGGIO DI UN GLOBETROTTER
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La morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005 do po un'agonia esibita in diretta dalle finestre del Policlinico Gemelli e del Palazzo Apostolico, ha scatenato una psicosi collettiva che ha sup erato persino quella, gia preoccupante, che si era manifestata dopo l'incidente mortale, anch'esso in diretta, di Diana d'Inghilterra: due personaggi, il papa e la principessa, accomunati da una scelta di vita mediatica, vissuta costantemente sotto i riflettori e Ie telecamere, e la cui dipartita ha lasciato orfano il popolo dei teledipendenti del mondo intero. In entrambi i casi si e proceduto a un'istantanea apoteosi delle due icone, glorificate in maniera completamente acritica da media e pubblico. Mentre, pero, nel caso della principessa si poteva facilmente dismettere il fenomeno come il sintomo di un rintontimento generalizzato, nel caso del papa vaticanisti e vaticanofili hanno preteso di parlare seriamente, sulla scia dei convincimenti personali dello stesso Karol Wojtyla: un uomo, cioe, che si credeva veramente eletto da Dio e miracolato dalla Madonna. Ancora nella sua ultima opera, l' autobiografica Alzatevi, andiamo (Mondadori, 2004), che fin dal titolo lasciava intendere chi era I'unico gia in piedi, pronto a partire sulla via della salvezza, il papa ribadiva infatti la sua personale versione dell'attentato del 13 maggio 1981: che a deviare la pallottola che l' aveva ferito senza ucciderlo era stata la « mana materna» della Madonna, e che l' evento faceva parte di un disegno divino preannunciato dal terzo « segreto di Fatima». Quanto questa versione possa essere presa seriamente 10 dimostra il fatto che, quand' essa viene ripetuta dall' attentatore del papa, la si considera semplicemente uno dei sintomi del suo squilibrio mentale. Quand' essa veniva enunciata dalla vittima del fallito attentato, provocava invece quella sospensione della razionalita che permette, anche a persone apparentemente sane di mente, di credere a cose che in condizioni norm ali esse stesse giudicherebbero demenziali. Ma e proprio basandosi su questa sospensione della razionalita, degna del primo millennio, che Giovanni •
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Paolo II ha preteso di compiere quella che egli stesso considerava la sua vera missione: il traghettamento della Chiesa nel terzo millennio. L'impossibilita dell'impresa e risultata pili che evidente nel rapporto del papa con la scienza: non a caso, nelle confessioni pubbliche dei peccati della Chiesa compiute nel corso del Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II si eben guardato dal chiedere perdono per l' esecuzione di Giordano Bruno, per il processo a Galileo 0 per la condanna di Darwin. Coerentemente, d' altronde, col fatto che « pentere e volere insiem non puossi, per la contraddizion che nol consente», la Chiesa continua infatti ancor oggi a intralciare in ogni modo il cammino della scienza, dal rifiuto dei metodi anticoncezionali aHa battaglia contro la procreazione assi• stlta. Posizioni come l'indiscriminato bando del preservativo, colpevol mente proposto anche alle popolazioni ad alto rischio AIDS come Ie africane, 0 la ferma chi usura nei confronti delle istanze femminili 0 sociali all'interno del clero, hanno portato molti paesi europei a considerare il magistero papale oscurantista e ottuso. Da un lato, Stati progressisti come il Belgio e l'Olanda hanno accolto Ie visite di Giovanni Paolo II con contestazioni e proteste talmente violente, da aver richiesto l'intervento della polizia. Dall'altro lato, Stati tradizionalmente clericali come la Spagna e la Polonia hanno adottato politiche familiari apertamente in contrasto con i dettami della Chiesa, dal divorzio all' aborto. Di fronte a un mondo sviluppato, ormai sempre pili affrancato dalla tutela religiosa in generale, e cattolica in particolare, al papa non rimaneva dunque altra via che rivolgere il suo messaggio alle popolazioni economicamente e cultural mente sottosviluppate del pianeta, nella speranza di trovare un pubblico pili sensibile di quello europeo ai suoi antiquati ritornelli. E bisogna dar atto al papa di essere riuscito, reincarnandosi in un globetrotter, a quadrare il cerchio: a ottenere, cioe, un'incredibile copertura mediatica per il suo anacronistico messaggio, contrabbandandolo nell'involucro folcloristico del viaggio spettacolare. Pur con momenti patetici, come la visita a paesi con soli 150 cattolici come l'Azerbaigian 0 la Mongolia, i viaggi papali 10 hanno portato a contatto non soltanto con Ie grandi folle, rna anche con i capi di Stato di 129 nazioni, facendolo diventare una sorta '
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Fatti
di politico universale e apparentemente super partes. Solo apparentemente, pero, come dimostra la sua sfuriata pubblica nel 1983 al ministra della Cultura del Nicaragua Ernesto Cardenal, un prete sandinista che aveva accettato l'incarico politico disubbidendogli, e che dovette subire in ginocchio all' aero porto Ie sue ire. come dimostra 10 scandalo dello lOR, la banca vaticana che Giovanni Paolo II dissesto nei primi anni '80 per finanziare Solidarnosc, e che dovette poi essere risanata coi soldi dell'Opus Dei, in cambio della tutela papale da parte del portavoce Navarro Valls, e della beatificazione del prete franchista Escriva de Balaguer. 0 come dimostra, soprattutto, l'improvvido riconoscimento del Vaticano nel 1992 alle dichiarazioni d'indipendenza delle cattoliche Croazia e Slovenia, che diede avvio allo sfaldamento della Jugoslavia e alIa decennale guerra dei Balcani . L' amore per la pace di Giovanni Paolo II, osannato dalla destra dei papa boys alIa sinistra dei no global, era dunque condizionato: valeva per paesi in cui i cattolici sono insignificanti, dall'Iraq alIa Bosnia, rna non per quelli in cui invece essi sono predominanti, dalla Polonia alIa Croazia, dove invece egli fomentava la ribellione. E la stessa cosa vale per il suo tanto decantato ecumenismo: il papa poteva infatti anche radunare ad Assisi i rappresentanti delle religioni mondiali, 0 visitare la sinagoga di Roma, rna non si faceva problemi a dichiarare nell'intervista a Vittorio Messori Varcare La soglia della speranza (Mondadori, 1994) che l'Islam e una religione senza redenzione, e il Buddhismo non e neppure una religione. Non e dunque un caso che ai suoi funerali, mentre erano presenti centinaia di capi di Stato, siano invece mancati i pili importanti capi spirituali, dal Dalai Lama del Tibet ad Alessio II di Russia. Le contraddizioni di Giovanni Paolo II sono comunque naturali per chiunque 10 consideri per quello che era: e cioe, un uomo come tutti, con i limiti e Ie deficienze di ciascuno. Esse so no state pero rimosse dai credenti italiani e polacchi, che soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato han no costruito un vero e proprio culto della sua personalita, degno Forse del paese oltre cortina dal quale egli proveniva, rna indegno del paese mediterraneo che ha dovuto sfondare la breccia di Porta Pia per conquistare la sua unita t; la sua indipendenza a spese del Vaticano. E dun que singolare che il Parlamento italiano, con l'acquie-
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II matematico impenitente
scenza di sedicenti laici come Marcello Pera 0 Massimo D'Alema, abbia accolto a braccia aperte un papa che, nella sua gia citata autobiografia, dichiarava apertamente la sua avversione per la democrazia, sulla base del fatto che a maggioranza si possono approyare leggi contrarie al volere divino, del quale lui pretendeva dogmaticamente di essere l'infallibile e istituzionale portavoce. Ed triste che la filosofia italiana, da Giovanni Reale a Massimo Cacciari, abbia tradito la sua funzione critica inginocchiandosi di fronte all'autore dell'enciclica Fides et ratio, che cancellava in un sol colpo l'intero pensiero moderno, e auspicava un ritorno al, l'insegnamento di Tommaso d'Aquino. Ed patetico che il giornalismo di regime ecclesiastico, da Bruno Vespa a Vittorio Messori, abbia perso ogni senso delle proporzioni lasciandosi andare per anni, rna soprattutto in occasione della sua « passione e morte », a staliniste esaltazioni del sommo pensatore, del sublime poeta, del consumato attore, del grande sciatore, dell'instancabile viaggiatore, dell'indomito martire ... Non puo dunque stupire che, con un simile martellante condizionamento pubblicitario, parte della folIa presente alle sue esequie in piazza San Pietro si sia messa a invocare: « Santo subito ». D'altronde, stato 10 stesso Giovanni Paolo II ad allargare indiscriminatamente il parterre dei soggetti di devozione: dall' ossessivo culto della Madonna alIa proclamazione indiscriminata di beati e santi, dalla venerazione in vita per Madre Teresa di Calcutta alIa concezione di se stesso come strumento dei disegni di Dio in terra. Veramente singolare il destino di questo papa, che credeva di lavorare per restaurare I' ortodossia del monoteismo cristiano e ha finito invece per portare a cO,mpimento un'idolatria politeista di cui poi divenuto un oggetto" egli stesso. E veramente ironico il commento di chi, al funerale, notava estasiato che la folIa ormai pregava non per il papa, rna if papa, senza accorgersi che questo significava soltanto il trionfo della religione mediatica su quella tradizionale.
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UN REFERENDUM ABORTITO
II 12 e 13 giugno 2005 gli elettori italiani non si pronunciarono sull' abrogazione di alcuni articoli della Legge 40 sulle « Norme in materia di procreazione medicalmente assistita », promulgata dal Parlamento italiano poco piu di un an no prima, il 19 febbraio 2004. Nessuno dei quattro referendum proposti raggiunse infatti il quorum del 50 per cento piu uno degli aventi diritto: anzi, ben il 75 per cento degli elettori boicotto il voto, facendo cosl fallire la , consultazione. L'astensionismo fu in massima parte dovuto alIa progressiva disaffezione degli italiani nei confronti di uno strumento referendario che, essen do stato abusato e banalizzato nel passato, ha finito per alienare l'interesse generale di una buona parte dell'elettorato. Ma a questo rifiuto passivo e qualunquista se ne sommo quella volta uno attivo e integralista, da parte dei militanti cattolici che scelsero di seguire la strategia proposta da « don Camillo» Ruini il 7 marzo 2005: far fallire i referendum, aggiungendo la propria astensione epidemica a quella endemica, in modo da evitare di doversi pronunciare nel merito dei quesiti. Anche perche in tal caso sarebbe stato difficile opporsi ragionevolmente all'abrogazione degli articoli della legge. Lo confermo l'inutile consultazione, con 1'88 per cento dei voti a favore nei primi tre referendum e il 77 per cento nel quarto. E l'aveva gia dimostrato la campagna elettorale, con la quasi unanime opinione degli addetti ai lavori e delle persone informate, testimoniata ai massimi livelli dall'appello per il « sl» dei due premi Nobel italiani per la medicina Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco, e dalla dichiarazione ufficiale dell'Accademia Nazionale dei Lincei a favore dell'utilizzo a fini di ricerca degli embrioni sovranumerari. ' A parte Ie frange minoritarie dei sedicenti e ossimorici « cattolici adulti », guidati da Romano Prodi, la quasi totalid. dei cattolici, immaturi per definizione, si adeguo invece irragionevolmente ai diktat del cardinal Ruini e del nuovo papa Benedetto XVI, astenendosi. Con loro si schiero uno sparuto gruppo di « scienziati » aderenti al Comitato Scienza e Vita coordinato da Bruno Dalla-
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piccola e Paola Binetti, dell'indipendenza ideologica e del val ore scientifico dei quali testimonia per tutti I'appartenenza di quest'ultima al Campus Biomedico di Roma, un'istituzione universitaria nella cui interessante Carta delle Finalira si legge:
Articolo 7. L'Universita intende operare in piena fedelra al Magistero della Chiesa Cattolica. Articolo 8. La formazione dottrinale e l' assistenza spirituale sono affidate alIa Prelatura dell' Opus Dei. Articolo 10. Docenti e studenti ritengono inaccettabile 1'uso della diagnostica prenatale con fini di interruzione della gravidanza e ogni pratica, ricerca 0 sperimentazione che implichi Ia produzione, manipolazione 0 distruzione di embrioni. Articolo 11. I medesimi riconoscono che Ia procreazione umana dipende da Ieggi iscritte dal Creatore nelI'essere stesso delI'uomo e della donna. Essi considerano, pertanto, inaccettabili interventi quali Ia sterilizzazione diretta e Ia fecondaziorie artificiale. Lungi dal prendere Ie distanze da una simile caricatura clericale e fascista (0, pili precisamente, franchista) di universira, Ie istituzioni « laiche e democratiche » I'hanno invece avallata ufficialmente: dalla visita del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione delle celebrazioni per il suo decennale nel 2003, alia promulgazione da parte del Parlamento italiano della famigerata Legge 40, appunto, che non fa che recepire Ie finalita di questo singolare Campus e dell'altrettanto singolare Comitato che ne e l' emanazione. In particolare, l' articolo 1.1 «assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito »: cioe, equipara l' embrione a una persona adulta e mette-sullo stesso piano i suoi diritti con quelli della madre. L' articolo 4.1 circoscrive il ricorso alia procreazione assistita « ai casi di sterilita 0 infertilita »: cioe, 10 impedisce a chi, pur essen do fertile, rischia di procreare figli malati 0 malformati. L' articolo 4.3 «vieta il ricorso a tecniche di procreazione medical mente assistita di tipo eterologo »: cioe, come conferma I'articolo 12.1, impedisce I'utilizzo di «gameti di soggetti estranei alia coppia richiedente ». L'articolo 5.1 restringe I'uso delle tecniche consentite a « coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate 0 conviventi, in eta potenzialmente fertile, entrambi viventi »:
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cioe, come conferma I'articolo 12.2,10 nega a « coppie i cui componenti non siano entrambi viventi, 0 uno dei cui componenti sia minorenne, 0 che siano composte da soggetti dello stesso sesso, 0 •• •• non conlUgatl 0 conVIVentl ». L'articolo 13.2 restringe la ricerca sugli embrioni a « finalira esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alia tutela della salute e allo sviluppo dell' embrione stesso ». L' articolo 13.3 impedisce in particolare « interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione 0 comunque tramite procedimenti artificiaIi, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell' embrione 0 del gamete». L' articolo 14.1 vieta « la crioconservazione e la soppressione di embrioni ». L'articolo 14.2 impedisce la creazione di « un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre ». L' articolo 14.3 obbliga « il trasferimento in utero degli embrioni non appena possibile ». Chiara Lalli ha analizzato in Liberta procreativa (Liguori Editore, 2004) i confusi presupposti filosofici e Ie contraddittorie conseguenze giuridiche di questa Iegisiazione. Ad esempio, I' articolo 1.1 e in conflitto con la legge 194 del 1978 sull' aborto, confermata dai due referendum del 17 maggio 1981, che privilegia invece i diritti della madre rispetto a quelli del concepito. L'articolo 4.3 vieta la fecondazione eterologa artificiale, rna non quell a naturale che puo derivare da normali rapporti sessuali occasionali 0 extraconiugali. Gli articoli 14.1 e 14.2 obbligano la donna a sottoporsi a stimolazione ormonale e prelievo di ovuli a ogni tentativo di fecondazione, invece di permettere la conservazione di un adeguato numero di embrioni per un riuso. L' articolo 14.3 costringe all'impianto forzato dell'ovulo fecondato una donna che nel frattempo abbia avuto dei ripensamenti, anche se in seguito essa potra legalmente sbarazzarsi dell' embrione non desiderato mediante un aborto. E cosl via. Di fronte a una legislazione di tal fatta, il 25 marzo 2004 i Radicali e I'Associazione Luca Coscioni depositarono dunque alia Corte di Cassazione una richiesta di abrogazione totale, e il30 settembre un Comitato Referendario costituito dai rappresentanti di una gran parte delle forze di centrosinistra, e di una piccola dissidenza di quelle del centrodestra, ne deposito altre quattro parziali,
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che miravano ad abolire almeno una parte degli articoli citati. II 13 gennaio 20051a Corte dichiara I'ammissibilita. di questi ultimi quattro referendum, rna non del primo. Nel frattempo, un Giovanni Paolo II ormai prossimo alia Casa del Padre, rna ancora incapace di staccarsi dai palazzi dei suoi figli, in una lettera del 4 ottobre 2004 al cardinal Ruini aveva gia en unciato I' eversiva posizione ufficiale della Chiesa i~ materia di « impegno» sociale: Se I' azione politica non si confronta con una superiore istanza etica, illuminata a sua volta da una visione integrale dell'uomo e della societa, finisce per essere asservita a fini inadeguati, se non illeciti. La verita, invece, i1 migliore antidoto contro i fonatismi ideologici, in ambito scientifico, politico, 0 anche religioso. I cattolici so no pen;:io invitati a impegnarsi per rendere viva e dinamica la societa civile, opponendosi a indebiti limiti e condizionamenti frapposti dal potere politico 0 economico. Non si puo infatti dimenticare che so no proprie della vocazione del fedele laico la conoscenza e la messa in pratica della dottrina sociale della Chiesa.
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Sui cardinale ricadde I'onere dell'implementazione pratica delle direttive teoriche del principale e, come abbiamo gia ricordato, la sua scelta fu I'astensionismo. Una scelta non condivisa, ne tatticamente ne strategicamente, dalla Federazione delle Chiese Evangeliche, espressione dei protestanti italiani, che nel comuni- cato stampa del 23 marzo 2005 rifiuto I'invito all' astensione che il presidente della eEl aveva esteso ai cristiani non cattolici, definendolo « sorprendente», e continuando: « Ruini vuole dei servi obbedienti, e Ii trova: non ultimo, il senatore a vita Giulio Andreotti. Ma questa non e la visione di molti cattolici: I'Evangelo porta alia liberta, non all' obbedienza». II che dimostra, se proprio ce ne Fosse bisogno, che il problema dell'ltalia non e la religione, e neppure il Cristianesimo: e soltanto il Cattolicesimo, COS! come 10 intendono e 10 gestiscono la Chiesa e il Vaticano. Ma dimostra anche che si tratta di un problema non risolto, almeno per ora, e che la sua mancata soluzione fa ricadere sulle spalle degli italiani, e nel caso della Legge 40 soprattutto delle italiane, Ie colpe dei padri (spirituali). E, come gia insegno Pla-
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tone nel Sofista a proposito di Parmenide, non c'e altro modo per risolvere il problema della crescita intellettuale che il parricidio: cioe, I'eliminazione dell'influenza dei preti dalla vita pubblica, che e cia a cui si riduce in fondo la definizione di laicita.
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ELEZIONI CON BROGLI
Da quando ci sono elezioni, e soprattutto quand'esse si vincono per una manciata di voti, ci so no accuse di brogli: natural mente, da parte dell'opposizione, che imputa al governo in carica di aver usato i suoi indubbi vantaggi istituzionali per manipolare a proprio favore i risultati. In occasione delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 la nota creativita italiana ha prodotto due inattese varianti a questo scontato copione. Da un lato, e stato infatti 10 sconfitto governo Berlusconi ad accusare I' opposizione di « brogli unidirezionali », in maniera imprecisata. Dall'altro lato, il vittorioso governo Prodi ha invece evitato di caval care 10 scandalo denunciato con precisione qualche mese dopo da Diario, col film Uccidete fa democrazia! di Beppe Cremagni ed Enrico Deaglio e il romanzo II broglio di un anonimo Agente Italiano. I dati sospetti su cui si e concentrata I' attenzione degli analisti sono due: l' estrema discrepanza delle intenzioni di voto e degli exit poll coi risultati ufficiali, e Ie anomalie statistiche delle schede bianche. La discrepanza si puo rimuovere supponendo che gli elettori abbiano mentito riguardo a come avrebbero, 0 avevano, effettivamente votato: rimane pero il fatto che, a parte Ie elezioni presidenziali statunitensi in Ohio nel 2004, sulle quali pendono appunto seri dubbi di manipolazione, non si ricordano in Occidente scarti COSI marcati tra previsioni e risultati, come quelli osservati in Italia nel 2006. Precisamente, Ie intenzioni di voto espresse prima delle elezioni e rilevate da numerose ageniie demoscopiche assegnavano sistematicamente al centrosinistra un vantaggio di circa 5 punti percentuali: Ie uniche eccezioni erano rappresentate da tre sondaggi commissionati da Berlusconi, che davano invece un leggero vantaggio al centrodestra. E gli exit poll confermarono unanimemente Ie intenzioni di voto, attribuendo (con un possibile errore di mezzo punto percentuale in pill 0 in meno) al centrosinistra il 53 per cento alia Camera e il 52,5 al Senato, e al centrodestra il47 in entrambi i casi. I dati ufficiali per il terri to rio nazionale (escluso, cioe, il voto
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all' estero) hanno invece assegnato al centrosinistra il49,8 per cen- . to alia Camera e il 49,2 al Senato, e al centrodestra il 49,7 e il 49,9: tradotto da numeri in parole, un vantaggio che era consistentemente di circa 5 punti nelle intenzioni di voto e negli exit poll, si e praticamente annullato nei voti reali, riducendosi a 25.224 voti in pill alia Camera e addirittura 217.819 in menD al Senato. La cosa e sospetta, anche alia luce del fatto che a meta del conteggio per la Camera, quand' erano ormai stati scrutinati circa 19 milioni di voti su 38, al centrosinistra continuava invece ad essere attribuito il 52 per cento e al centrodestra il47,5, ed e solo con il conteggio dei rimanenti voti che il vantaggio e consistentemente scemato fino ad azzerarsi, in maniera statisticamente miracolosa. Anzi, doppiamente miracolosa, visto che la stessa cosa si e verificata anche per il Senato, dove e addirittura avvenuto il sorpasso in ex• tremlS. Ancor pill miracoloso e il dato relativo alle schede bianche, che nel 2006 sono state 440.517 alia Camera e 479.214 al Senato, mentre nel2001 erano 1.707.269 e 1.278.831: una diminuzione percentuale di pill del 70 per cento in entrambi i casi, e un valore assoluto per il Senato superiore a quello della Camera, benche i suoi elettori siano tre milioni e mezzo in menD e votino per entrambi i rami del Parlamento. La diminuzione percentuale si potrebbe Forse rimuovere appellandosi alia polarizzazione della campagna elettorale, che potrebbe aver spinto anche gli indecisi a prendere posizione per I'uno 0 I'altro schieramento. Meno rimuovibili so no invece i dati non solo sui valori assoluti, rna soprattutto sulle distribuzioni delle schede bianche nelle varie regioni: alle fluttuazioni statistiche del 2001, che andavano dall'l al 10 per cento a seconda delle regioni, con una media nazionale tra il 5 e il 6, si e infatti questa volta sostituita una percentuale uniforme, tra 1'1 e il2 per cento in tutte Ie regioni, con un ribasso spalmato che il film e il romanzo attribuiscono non al caso, rna alia frode. Questi strani dati rendono infatti. naturale sospettare che qualche pasticcio sia avvenuto durante la conta dei voti, e I'ipotesi pill plausibile e che un consistente numero di schede bianche sia stato dirottato al centrodestra. Questo spiegherebbe in un sol colpo non solo la doppia anomalia dell'abbattimento della loro percen-
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tuale e dell'appiattimento della loro distribuzione, rna anche il ribaltamento dei risultati rispetto alle previsioni: i voti bianchi mancanti all'appello statistico sarebbero cioe serviti a colmare in maniera virtuale il divario reale dei voti espressi. Il problema e capire come sia stato possibile manipolare impunemente un milione di schede, e qui entriamo nel campo delle ipotesi indimostrabili 0, almeno, indimostrate. Il film fa un po' di confusione al riguardo, facendo entrare in gioco il meccanismo informatico di conta dei voti che e stato sl sperimentato nelle elezioni del 2006, rna solo come procedimento di verifica parallela del conteggio manuale: poiche i dati elettronici concordano con quelli rilevati manualmente, e altrove che bisogna guardare. Il romanzo ipotizza allora che ci sia stata una manipolazione diretta delle schede, e che il trucco per renderla possibile si celi nelle modifiche alia legge elettorale apportate dal governo Berlusconi nell'imminenza delle elezioni: una legge che uno dei suoi stessi estensori materiali, il ministro per Ie Riforme Istituzionali Roberto Calderoli, defin1 con raffinatezza di espressione e cognizione di causa come « una porcata» (forse in riferimento al fatto che del maiale non si butta via niente: nel caso delle elezioni, dunque, nemmeno Ie schede bianche). Per quanto riguarda Ie operazioni di voto, la nuova legge prevedeva infatti che Ie commissioni elettorali, che prima consistevano di sei membri eletti da ciascun consiglio comunale, con 1'obbligo di dare una rappresentanza al1'opposizione, venissero ridotte a quattro membri, scelti a discrezione della maggioranza. E che gli scrutatori, che prima venivano tirati a sorte, fossero invece nominati direttamente dalle commissioni elettorali. Il tutto, naturalmente, per permettere un controllo politico delle operazioni di spoglio. . Poiche Ie « porcate» si fanno pili sicuramente da soli al buio che in tanti alIa luce del sole, la spiegazione pili semplice e allora che nella notte tra la domenica e illuned1 si sia compiuta una sistematica manomissione delle schede bianche nei seggi controllati dal centrodestra, il che renderebbe anche conto della variazione percentuale rispetto alle precedenti elezioni: Ie schede bianche conteggiate alia fine sarebbero cioe soltanto quelle relative al voto delluned1, che attrae menD elettori della domenica (essendo ri-
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stretto a poche ore di una giornata lavorativa, invece che esteso a un'intera giornata festiva). Probabilmente ci so no state pero anche altre manipolazioni durante la conta dei voti, altrimenti non si spiegherebbero non soltanto l' anomalo assottigliamento progressivo del vantaggio del centrosinistra nei confronti del centrodestra, rna anche Ie opposte fibrillazioni negli ambienti dei due schieramenti politici nella notte dello spoglio. I dati del governo sono infatti stati resi pubblici con notevole ritardo, dovuto ufficialmente a « problemi tecnici» (nonostante 10 spoglio Fosse semplificato dalla mancanza delle preferenze). Da parte sua l' opposizione, e pili precisamente il Coordinamento dell'Ulivo, invito verso Ie 21 del 10 aprile « i parlamentari di Lazio e Campania a esercitare la massima vigil anza presso Ie prefetture per ristabilire il regolare andamento delle procedure di scrutinio», come se sapesse che qualcosa di strano stava accadendo (tra parentesi, pochi giorni prima delle elezioni il ministro dell'Interno aveva sostituito dodici prefetti con una decisione sicuramente inopportuna, e probabilmente sospetta). Che cosa sia successo di preciso non si sa, rna e certo che a salyare il centrosinistra e stata, ironicamente, un'altra parte del porcellurn elettorale: quella ~ul voto degli italiani al1'estero, che il centrodestra credeva ingenuamente fossero tutti nostalgici del fascismo, come i pezzi da museo esibiti nelle vetrine di Little Italy a New York, e invece hanno regalato al centrosinistra cinque dei sei senatori in palio. Come risultato, 10 svantaggio di un senatore si e tramutato per Prodi in un vantaggio di tre, che uniti a quattro senatori a vita gli permettono di raggiungere la maggioranza assoluta a Palazzo Madama: il che significa che ogni senatore e decisivo e puo dun que avanzare qualunque ricatto, e 10 fa; rna significa anche che almeno abbiamo un governo, e non un' associazione a delinquere al potere. Lunga vita ai senatori, dunque: soprattutto a quelli a vita e di vita pili lunga.
P ALLOTTOLE PER UN ARClVESCOVO
Dopo la lettera con un proiettile ricevuta da monsignor Bagnasco il27 aprile 2007, che faceva seguito aIle scritte sui muri delle precedenti settimane, il cardinal Bertone ha chiesto all'Italia di non lasciar solo il destinatario di queste minacce. Per quanto potesse valere, il primo maggio ho manifestato su Repubblica al presidente della cElla mia completa solidariera personale: come ogni intellettuale, infatti, ritengo che Ie dispute ideologiche vadano affrontate con Ie armi della logica tipiche della dialettica democratica, e non con la logica delle armi alIa quale appartengono Ie missive con Ie pallottole, tipiche invece di una dialettica mafiosa che finora aveva infestato soltanto i mondi economico e politico, rna che evidentemente sta ormai invadendo persino quello culturale. Questa mia posizione, oltre che sincera, e anche ovvia: 0, almeno, COSl dovrebbe essere. E invece, in un'intervista al Tempo dell 0 aprile Gerardo Bianco, ex segretario del Partito Popolare e attuale deputato dell'Ulivo, ha dichiarato che «queste forme di intolleranza verso la Chiesa sono l' espressione di una degenerazione del pensiero laico che las cia il posto agli estremismi ». II che sarebbe completamente condivisibile, se per « estremismi» Bianco intendesse Ie scritte e Ie pallottole: invece, sorprendentemente (almeno per me), egli si riferisce ad «alcune posizioni espresse da intellettuali di alto profil~, che scrivono su grandi giornali, come Piergiorgio Odifreddi. E da queste posizioni che gli estremismi traggono illoro alimento». ' Per par condicio, secondo quanto riporta L'Avvenire del 13 aprile, il deputato dell'uDc Luca Volonte ha chiesto al governo di riferire in Parlamento sulle scritte, « chiamando in causa alcuni intellettuali di sinistra come Dario Fo e Piergiorgio Odifreddi, superati solo dagli anonimi graffitari per livore anticattolico ». 10 confesso, naturalmente, di aver pubblicato un libro nel quaIe mi studio di persuadere, « a cuor sincero e con fede non finta», che la Bibbia e in contrasto con la scienza in particolare, e con la ragione in generale. E sapevo fin dagli inizi che COSl facendo sarei incorso nelle censure dei vertici ecclesiastici e nelle recensioni ur-
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late della destra, dal Giornale al Foglio, mentre la sinistra avrebbe in massima parte risposto con un imbarazzato (e imbarazzante) silenzio. Anche se non sospettavo che la refrattarieta. del mondo cattolico alIa critica si sarebbe spinta fino a richiedere il boicottaggio delle mie conferenze, dalle interpellanze comunali (come quella di Forza Italia del 7 marzo a Sesto San Giovanni) al volantinaggio (come quello dei ciellini del 28 aprile a Crema). Tutto questo fa pero parte di un confronto intellettuale, per quanto duro. Le accuse di Bianco e Volonte, invece, passano il segno: cancellando la differenza tra Ie opinioni articolate e i fatti sommari, arrivano addirittura a equiparare un libro a un attentato, e il suo autore a un mandante! Naturalmente, sarebbe inutile lanciare appelli ai sicuramente anonimi, e probabilmente ottusi, imbrattatori di muri e mittenti di pallottole: l'unica azione sensata e scovarli e condannarli. Speriamo invece che non sia inutile richiamare all'ordine certi politici e giornalisti, chiedendo loro di smettere di contrapporre aile argomentazioni gli insulti, e di incominciare ad affrontare nel merito il dibattito « anticattolico » suI rapporto non solo tra scienza e fede, rna anche tra Stato e Chiesa. Per tornare a monsignor Bagnasco, infine, ribadisco a chi are lettere, e a scanso di equivoci, che egli ha tutti i diritti di estern are come meglio crede la sostanza delle idee sue e della Chiesa: anche nella forma pili inopportuna e controversa per la quale sembra avere un dono particolare, come ha sistematicamente dimostrato dal Festival della Scienza di Genova dell' ottobre 2006 (<< programma troppo laicista, non ci vado») alIa controversia sui OICO delI'aprile 2007 (<< sono come l'incesto e la pedofilia »). Ognuno ha il diritto di dire cos a vuole e come preferisce, e di essere contestato senza dover subire minacce e intimidazioni: dunque, per quanto mi riguarda, ripeto che di fronte aile scritte e alle pallottole il monsignore non e solo. Pretendo troppo, pero, se vorrei non esserlo neppure io?
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PEDOFILIA E PRETOFILIA IN TV
Quietati i clamori preventivi e consuntivi sulla puntata di Annozero del 31 maggio 2007, vorrei dire un'ultima parola su una trasmissione alIa quale ho avuto l' onore di partecipare come ospite laico. Scorrendo i giornali del 2 giugno, noto infatti da un lato commenti quali « Fisichella, il volto della Chiesa che scalda il cuore dei laici» (Lucia Annunziata sulla Stampa) 0 « Elogio di Fisichella monsignor Coraggio» (Aldo Grasso suI Corriere della Sera), e dall'altro titoli quali « Che Fatica capire nel salotto di Annozero» o « Quante gaffis in quel documentario» (Andrea Galli sull'Avvenire) , che mi sembrano lasciar trasparire un giudizio eccessivamente ottimistico sulla veridicita dell'autodifesa della Chiesa in relazione ai fatti in questione. I quali, come si ricordera, erano Ie accuse di pedofilia ecdesiastica da un lato, e di copertura gerarchica dall'altro, mosse dal documentario Sex Crimes and Vatican (Crimini sessuali e Vaticano), andato in onda il primo ottobre 2006 sulla BBC e ritrasmesso da Santoro, dopo feroci polemiche e maldestri tentativi di impedirne la messa in onda sui canali pubblici italiani. Monsignor Fisichella ha preteso in trasmissione di ridurre il fenomeno alle perversioni dei « quattro delinquenti» di cui il filmato narrava i crimini, e ha sistematicamente negato la segretezza della famigerata disposizione Crimen sollicitationis del 1962, I'intento omertoso delle sue norme avocatorie per sottrarre i preti colpevoli di crimini sessuali alIa giustizia civile, e la permanenza in vigore di queste norme almeno fino al 2001. Benche 10 stesso Santoro abbia diplomaticamente aperto la trasmissione reiterando per tre volte la dichiarazione che « si sta parlando di casi singoli », i fatti giudiziari finora affiorati lasciano invece presupporre un iceberg di moles tie e violenze sessuali perpetrate da preti, suore e laici cattolici su scolari e studenti, minori e non, di orfanotrofi, scuole e seminari da loro gestiti. Per ora, i casi pili noti venuti a galla sono quelli del padre messicano Marcial Maciel, fondatore della Legione di Cristo tanto amata da Giovanni Paolo II, e del Frate irlandese Brendan Smyth, che detiene un
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record di 45 anni (1945-1990) di abusi sistematici. II caso pili blasfemo e invece quello, citato nel Rapporto governativo irlande. se del 22 ottobre 2005, di un prete della diocesi di Ferns che ha violentato una ragazza sull'altare della parrocchia. II caso pili tragico,,infine, e il suicidio del Frate irlandese Sean Fortune nel1999, per evitare un processo per 10 stupro di 29 bambini. Lo scandalo ha raggiunto anche i massimi livelli ecclesiastici, fino al cardinale Hans Hermann Groer di Vienna e una ventina di vescovi del mondo intero, tutti costretti a dimettersi (il primo gia nel 1995). Un'idea dell'ordine di grandezza del fenomeno si puo dedurre dal fatto che, secondo il rapporto « La natura e l' estensione del problema dell' abuso sessuale di minori da parte di preti e diaconi cattolici degli Stati Uniti» del 27 febbraio 2004, stilato per la Commissione episcopale statunitense dal dipartimento di Giustizia criminale John Jay della City University di New York, nei soli Stati Uniti so no state presentate fino al 2003 circa 11.000 denunce contro pili di quattromila preti, pari al quattro per cento (4392 su 109.684) del dero cattolico locale. Monsignor Fisichella, che in trasmissione mi ha chiesto malignamente se conosco anche illatino, 0 solo la matematica, avrebbe Forse dovuto preoccuparsi delle sue conoscenze in quest'ultima materia, visto che sembra non aver saputo (0 voluto) afferrare la differenza tra « quattro», « quattromila» e « quattro per cento »... Ma anche un esperto di sole lingue morte avrebbe comunque dovuto apprezzare almeno la differenza tra epidemico ed endemico fatta dal giudice Anne Burke della Commissione d'indagine nazionale sugli scandali sessuali istituita dalla Chiesa cattolica statunitense (!), che nel filmato ha dichiarato: « Abbiamo scoperto che non si e trattato di un fatto epidemico, con pili casi in una diocesi che in altre, rna di un fatto endemico, con Ie stesse percentuali di molestie sessuali sui minori in ogni diocesi». Ora, i motivi dei tentativi di piccola censura del video da parte dei partiti politici clericali, e di grande copertura degli scandali da parte delle gerarchie ecclesiastiche, stanno tutti qui: nella paura, cioe, che questi dati possano lasciar inferire un comportamento sistematico da parte del clero, anche sulla base del fatto ben noto che Ie denunce di violenze sessuali in generale, e sui minori in particolare, riguardano solo una minima parte dei crimini che vengo• • no lllvece commeSS1.
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Stando ai fatti appurati, comunque, Ie sole diocesi statunitensi han no dovuto finora pagare risarcimenti alle vittime pari a un miliardo di euro: una cifra che e ironicamente dello stesso ordine di grandezza del finanziamento che la Chiesa riceve annualmente dai contribuenti italiani tramite l' esborso dell' otto per mille, rna anche una cifra che ha gia tragicamente portato alIa letterale bancarotta cinque di quelle diocesi (Tucson in Arizona, Portland in Oregon, Spokane in Washington, Davenport in Iowa e San Diego in California). E singolare che, di fronte a un fenomeno di proporzioni appunto fenomenali, monsignor Fisichella e il Vaticano abbiano preferito chiudersi in una difesa cavillosa, invece di aprirsi a un mea culpa evangelico: soprattutto per quanto riguarda la sistematica connivenza coi colpevoli, in molti casi semplicemente trasferiti ad altre istituzioni (cioe, in pratica, a nuovi vivai per Ie loro malversazioni). Anche qui, i fatti sono testimoniati dalle dimissioni dei responsabili delle coperture: ad esempio, nel 2002, quelle del cardinale Bernard Law di Boston negli Stati Uniti (( punito» con la nomina ad arciprete della basilica papale di Santa Maria Maggiore aRoma) e del vescovo Brendan Comiskey di Ferns in Irlanda. E qui arriviamo alIa pietra dello scandalo del video trasmesso da Annozero, che pill che il delitto di lesa infanzia da parte del dero e stata I'accusa di lesa maesta addirittura a Benedetto XVI. In trasmissione monsignor Fisichella ha bollato il coinvolgimento del papa come « gratuito», e il giorno do po il portavoce vaticano padre Federico Lombardi I'ha descritto come « gravemente ingiustO», rna entrambi hanno dimenticato (0 finto di dimenticare) che I'accusa non era affatto giornalistica, bens1 giudiziale! L' allora cardinal Ratzinger" era stato infatti incriminato agli inizi del 2005 in Texas per aver ostacolato la giustizia e aver cospirato con l' arcidiocesi di Houston nella copertura degli abusi sessuali del dero locale, in una causa civile intentata nella contea di Harris da tre vittime contro un molestatore appartenente al seminario locale. 11 26 maggio 2005 gli avvocati pontifici hanno comunicato alIa Corte distrettuale del Texas meridionale di Houston che il20 maggio I'ambasciata della Santa Sede a Washington aveva inviato al dipartimento di Stato degli Stati Uniti una richiesta di immunita diplomatica per Ratzinger, nella sua intervenuta
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qualita di capo di Stato. 1122 dicembre 20051'accoglimento della richiesta ha posto fine in modo « gratuito», questo sl, alIa vicenda giudiziaria del papa. Ma non, ovviamente, alle discussioni sulla sua effettiva colpevolezza, basata sull'ammissione del 18 maggio 2001, nella lettera ai vescovi De delictis gravioribus (Sui delitti pill gravi), che la disposizione del Santo Uffizio Crimen sollicitationis del 1962 era hucusque vigens, « finora in vigore »: cosa che in trasmissione ho chiesto pill volte a monsignor Fisichella di confermare, ricevendone solo risposte elusive, nonostante egli ten esse in grembo la versione ufficiale a stampa di quell a lettera, con il passaggio cruciale sottolineato a mano! Alia domanda se la Crimen sollicitationis Fosse poi una disposizione segreta, la sua risposta e stata invece netta, per non dire sprezzante: « Ma per carita, che cosa sta dicendo? Non raccontiamo barzellette! » Peccato che la barzelletta Fosse scritta, nellatino che tanto piace al monsignore e in maiuscolo, nelle prime due righe del testa stesso: « SERVANDA DILIGENTER IN ARCHIVIO SECRETO CURIAE PRO NORMA INTERNA. NON PUBLICANDA NEC ULLIS COMMENTARIIS AUGENDA» (Da conservare con cura negli archivi segreti della Curia come strettamente confidenziale. Da non pubblicare, ne da integrare con alcun commento). Per definizione, se una disposizione richiede di essere mantenuta segreta e, ovviamente, perche ha qualcosa da nascondere: che cosa, dovrebbe essere chiaro dai fatti enumerati in precedenza a proposito delle coperture dei vertici ai crimini della base (rna non solo). Non dimentichiamolo, quando elogiamo il mastino di Ratzinger per la sua indubbia efficacia mediatica nel difendere la Chiesa, perche rischiamo di confondere l' apparenza dialettica delle opinioni con la verira storica dei fatti.
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SEI ANNI DI MENZOGNE ,
Fin dai tempi antichi, e precisamente dalla Medea di Seneca, un buon test per capire cosa si nasconda dietro Ie apparenze di fatti sospetti e stato il cui prodest scelus, is fecit: cioe, « chi ci guadagna da un crimine, e chi I'ha commesso». II che si puo interpretare non solo in senso debole, come « il profittatore e verosimilmente il colpevole materiale», rna anche in senso forte, come « il profittatore e veramente il colpevole morale». Applicando questo test ai fatti dell'll settembre 2001, si arriva facilmente a individuare i colpevoli morali, se non materiali, degli attentati di New York e Washington, e cioe: il vicepresidente statunitense Dick Cheney, l'ex ministro della Difesa Donald Rumsfeld e I' ex sottosegretario alia Difesa, ed ex presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz. I tre uomini politici so no infatti gli esponenti di spicco del Projectfor the New American Century (Progetto per il nuovo secolo americmo), fondato nel1997 con scopi chiaramente espressi nello Statement ofPrinciples (Dichiarazione di prindpi), reperibile nel sito www.newamericancentury.org: cioe, « aumentare sostanzialmente la spesa per Ia difesa e sfidare i regimi ostili ai nostri interessi e valori ». II Progetto per il nuovo secolo america no stava dunque programmando Ia politica che I'amministrazione Bush, nella quale molti dei suoi membri confluirono in posizioni di prestigio, avrebbe poi irnplementato dopo aver preso (0 rubato, rna questa e un'altra storia) il potere. Mancava soltanto un'adeguata giustificazione per rnettere in atto il provocatorio piano, rna per questo il rapporto del 2000 Rebulding American Defences (Ricostruire Ie difese dell'America), reperibile nello stesso sito, aveva un'ottima proposta: ci voleva « un evento catasuofico e catalizzante - come una nuova Pearl Harbor». E cosa meglio pouebbe soddisfare una tale descrizione, degli attacchi alle T orri Gernelle e al Pentagono? A questo punto, che l' amminisuazione Bush abbia attivamente organizzato gli attentati di New York e Washington, che Ii abbia passivamente subiti sapendo che essi sarebbero stati com pi uti, 0 che si sia Iirnitata ad accoglierli come una benedizione celeste
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una volta che erano avvenuti a sua insaputa, non fa molta differenza. Cio che veramente conta e che I'll settembre Ie abbia fornito la scusa formale per attuare una politica che era in gestazione da almeno cinque anni, e che ha portato per ora a due guerre. Gli attentaticausarono naturalmente uno shock nel mondo intero. 0 quasi: benche i media l' abbiano rimosso, infatti, sia i palestinesi sia gli studenti cinesi manifestarono illoro giubilo, e questi ultimi festeggiarono I'evento addirittura con fuochi d'artificio. A sua volta Hebe de Bonafini, portavoce delle Madri di Plaza de Mayo, definl gli attentati « una vendetta per il sangue di molti» e gli attentatori « uomini coraggiosi che hanno donato la vita per noi, 0 almeno per i nostri nipoti», ricordando che durante la dittatura in Argentina « anche i nostri figli venivano considerati terroristi, e noi Ie madri di terroristi ». Gli Stati Uniti ebbero comunque facile gioco nell'ottenere dalla comunita. internazionale illasciapassare per una prima vendetta a caldo sull'Afghanistan, nonostante quindici dei diciannove attentatori provenissero dall'Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi, uno dall'Egitto e uno dal Libano: dunque, da paesi alleati, invece che nemici. E nonostante I'Arabia Saudita probabilmente sapesse degli attentati in anticipo, se persino il candidato democratico alia presidenza Howard Dean ebbe a dire il primo dicembre 2003, in un'intervista alia National Public Radio che ovviamente sollevo un putiferio: « La teo ria pili interessante che ho senti to finora e che Bush Fosse stato avvisato in anticipo dai sauditi ». Sia come sia, la guerra in Afghanistan fu combattuta da una coalizione di paesi della NATO. 1112 settembre 2001, per la prima volta nella sua storia, quest'ultima si appello infatti all'articolo 5 del trattato di Washington del 1949, che recita: « Un attacco armato contro uno 0 pili membri sara considerato un attacco contro tutti, e ciascuno assistera l' attaccato mediante azioni individuali coordinate». Lo stesso giorno la Risoluzione 1368 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiamo raccolta « tutti gli Stati al fine di operare insieme urgentemente per consegnare alia giustizia gli esecutori, gli organizzatori e i mandanti di questi attacchi terroristici». II fatto che ci Fosse una differenza, formale e sostanziale, tra I'AI Qaeda di Bin Laden e il governo talebano dell'Afghanistan non fermo la guerra, che non ebbe significative opposizioni nemmeno nei partiti di sinistra europei.
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L' obiettivo dichiarato era la liberazione del paese dal regime talebano: una preoccupazione per 10 meno singolare da parte dell'Inghilterra, che per ben quattro volte (nel 1839-1842, 18781880, 1919 e 1941) aveva combattuto guerre per accaparrarsi e mantenere il controllo della nazione. Quanto ai talebani, essi avevano conquistato il potere nel 1996, dopo l' occupazione sovietica (1979-1989) e la guerra civile (1989-1996), e controllavano il 95 per cento del territorio: I'intervento occidentale prese dunque la forma di un massiccio aiuto alIa ribelle e minoritaria Alleanza del Nord, chiamato inizialmente Operation Infinite Justice (Operazione giustizia infinita) e poi, in un barlume di pudore, Operation Enduring Freedom (Operazione liberta duratura), che porto alia caduta di Kabul e Kandahar il 12 novembre e 7 dicembre 2002. Quanto diritto avessero gli Stati Uniti a parlare di giustizia e liberta, dopo aver emanato il 26 ottobre 2001 I'infame Patriot Act (Atto Patriottico), acronimo per Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (Provvedere gli strumenti adeguati per intercettare e ostacolare il terrorismo), che ha portato all'istituzione di campi di concentramento e alIa perpetrazione di rapimenti di Stato, 10 ha dichiarato ufficialmente Amnesty International nel suo Rapporto annuale del 25 maggio 2005: « Guantanamo divenuto il gulag dei nostri tempi, e fortifica I'idea che si possano detenere Ie persone senza motivazioni legali. Se Guantanamo evoca Ie immagini della repressione sovietica, i 'detenuti fantasma', cosl come Ie detenzioni non ufficiali di detenuti non registrati, riportano in auge la pratica delle 'sparizionj' cosl popolari nelle dittature sudamericane del passato». . Persino il New York Times ha convenuto, in un editoriale del 5 giugno 2005, che « cio che giustifica la metafora del gulag di Amnesty International che Guantanamo semplicemente un anello di una catena di campi di detenzione fantasma, che includono anche Abu Ghraib in Iraq, la prigione militare della base aerea di Bagram in Afghanistan e altri luoghi nascosti gestiti dai servizi segreti, ciascuno con Ie proprie storie di abusi, torture e omicidi criminali. E questi non so no incidenti isolati, rna fanno parte di un sistema globale di detenzione completamente svincolato dalla legalita, all'interno del quale non so no solo i prigionieri e gli uffi-
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ciali a essere trasferiti da un campo all'altro, rna persino gli specifici metodi di maltrattamento ». Che cosa succeda in questi luoghi, dalle torture con l' elettricita agli attacchi coi cani lupo, chiunque I'ha potuto vedere nelle fotografie che hanno scandalizzato il mondo intero, e dal gennaio 2007 10 puo anche leggere nel rapporto dell'FBI Detainees Positive Responses (Risposte positive dei detenuti), reperibile in rete nel sito flia.fbi.govlguantanamoldetainees.pdf che raccoglie Ie testimonianze di 500 aguzzini di persone che, in buona parte, sono state imprigionate senza alcun motivo. Ad esempio, dei 775 detenuti a Guantanamo dal2002 al2006, 340 so no stati rilasciati, 110 sono stati dichiarati « rilasciabili», 70 saranno processati da tribunali militari e 255 rimangono detenuti a tempo indeterminato, benche il rapporto del 15 febbraio 2006 della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite Situation ofDetainees at Guantanamo Bay (Situazione dei detenuti a Guantanamo Bay), abbia ricordato che loro diritto essere processati 0 rilasciati. Ma, naturalmente, pili della guerra in Afghanistan e di Guantanamo, I'll settembre ha provocato la guerra in Iraq e Ie relative menzogne. Anche questa volta sembra che il Progetto per il nuovo secolo americano sapesse gia in anticipo come sarebbe andata a finire, prima ancora degli attentati. La Lettera al presidente Clinton del 26 gennaio 1998, reperibile nel sito gia citato, affermava infatti che « I'unica strategia accettabile I'eliminazione della possibilita che l'Iraq diventi in grado di usare, 0 di minacciare di usare, armi di distruzione di massa. Alia breve, questo significa essere pronti a intraprendere un'azione militare, visto che la diplomazia sta chiaramente fallen do. Alia lunga, significa rimuovere Saddam Hussein e il suo regime dal potere». II rap porto del 2000 Rebulding American Defences (Ricostruire Ie difese dell'America), ribadiva che « mentre I'irrisolto conflitto ne fornisce la giustificazione immediata, la necessita di una sostanziale presenza delle forze americane nel Golfo trascende il problema del regime di Saddam Hussein». Inoltre, « noi crediamo che Ie attuali risoluzioni delle Nazioni Unite diano gia agli Stati Uniti I'autorita per intraprendere i passi necessari, inclusi quelli militari, per proteggere i nostri interessi vitali nel Golfo. Ma, in ogni caso, la politica americana non puo continuare a essere dan-
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neggiata da un'incauta richiesta di unanimita nel Consiglio di Sicurezza ». In queste dichiarazioni si ritrovano gli ingredienti essenziali della strategia che l' amministrazione Bush adottera per attaccare e rimuovere Saddam Hussein. In particolare, il mantra delle armi di distruzione di massa: cioe degli armamenti non convenzionali (nudeari, biologici, chimici) in grado di uccidere indiscriminatamente la popolazione civile, che !'Iraq era accusato di ammassare col proposito di usarli contro I'Occidente. Ora, e singolare che quest'accusa provenisse dagli Stati Uniti: oltre ad essere infatti I'unica nazione ad aver mai fatto uso di armamenti nudeari, provocando trecentomila morti a Hiroshima e Nagasaki nell'agosto del 1945, essi hanno sistematicamente usato armi chimiche nelle loro guerre di aggressione, dal napalm in Vietnam al fosforo bianco nell'Iraq stesso (nei bombardamenti di Falluja del novembre 2004). Inutile dire che Ie armi di distruzione di massa non solo non c' erano in Iraq, rna non potevano esserci. L'unico reattore nucleare, I'Osiraq costruito a partire dal 1977, era infatti stato bombardato nel 1981 da Israele, in un' azione « preventiva» condannata dalla Risoluzione 487 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e ribombardato nel1991 dagli Stati Uniti durante la prima guerra del Golfo. E tutto il resto era stato distrutto grazie alle ispezioni delle Nazioni Unite tra il 1991 e il 1998, e ai sistematici bombardamenti effettuati durante I'intera presidenza Clinton: poco noti, rna dettagliati nell'Archive of Bombings, Invasions and Occupations ofIraq (Archivio dei bombardamenti, delle invasioni e delle occupazioni statunitensi in Iraq), reperibile nel sito
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www.ccmep.orglusbombingwatchI1998.htm. In ogni caso, ness un' arma di distruzione di massa e stata trovata dopo l'invasione dall'Iraq Survey Group (Gruppo d'indagine sull'Iraq), incaricato di cercarle. II suo primo presidente, David Kay, un ex ispettore delle Nazioni Unite, si e dimesso il 23 gennaio 2004, dichiarando: « Non penso che siano mai esistite, e non credo che ci sia stato un programma massiccio di produzione negli anni '90». II suo successore, Charles Duelfer, anch'egli un ex ispettore delle Nazioni Unite, emano il30 settembre 2004 il rapporto finale del Gruppo, in cui si ammette che esso « non ha tro-
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vato prove che Saddam Hussein possedesse depositi di armi di distruzione di massa nel 2003 ». Nelle Notes from Saddam in Custody (Note da Saddam prigioniero), pubblicate il14 dicembre 2004 nel sito www.time.com dal settimanale Time, si riporta che 10 stesso dittatore, interrogato quel giorno subito do po la sua cattura, rispose COS! alia domanda se c' erano armi di distruzione di mass a in Iraq: « Ovviamente no. Se Ie sono inventate gli Stati Uniti per attaccarci». Ed e singolare che a dire la verita sia stato proprio Saddam, e a mentire l'amministrazione Bush: 10 stesso segretario di Stato Colin Powell ha infatti dichiarato, in un'intervista alia ABC dell'8 settembre 2005, che la sua testimonianza al Consiglio di Sicurezza il 5 febbraio 2003, in cui egli mostrava « prove» fabbricate contro Saddam Hussein, costituisce « una macchia che offusca la mia reputazione ». Anche Ie Nazioni Unite, naturalmente, han no forti responsabilid per il conflitto. Anzitutto, per aver introdotto nel 2002 una singolare inversione dei principi del diritto nella Risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza, pretendendo che Fosse l'Iraq a dimostrare di non avere armi di distruzione di massa, invece che gli ispettori a dimostrare che Ie aveva. E poi, per aver accettato passivamente che gli Stati Uniti attaccassero in suo nome anche in mancanza di un suo mandato, come d' altronde preannunciato nel citato Rapporto del 2000 del Progetto per il nuovo secolo americano: 10 stesso Kofi Annan dichiaro tardivamente, il16 settembre 2004 alia BBC, che l'occupazione « non era avvenuta in conformita al dettato delle Nazioni Unite, e dal punto di vista del suo Statuto era illegale », rna non propose mai a tempo debito mozioni di sfiducia, sanzioni internazionali e azioni militari congiunte nei confronti dello Stato fuorilegge. Eppure, I'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti stata una violazione del diritto internazionale enormemente pili grave e ingiustificata dell'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq, e ha provocato un numero di vittime civili incomparabilmente pili alto di quelle degli attentati dell'll settembre, che sono state 2973 (246 sui quattro aerei dirottati, 2602 aile Torri Gemelle e 125 al Pentagono): Ie cifre vanno infatti da un minimo provato di 55.000 morti iraqeni, dettagliate nel sito www.iraqbodycount.org, a un massimo estrapolato di 655.000 nel Secondo rapporto Lan,
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cet dell' 11 ottobre 2006 (il Primo rapporto, del 29 ottobre 2004, arrivava gia a centomila vittime). Se Saddam Hussein e stato impiccato il 30 dicembre 2006 come mandante dell'assassinio di 148 sciiti nel 1982, a quando allora la sedia elettrica per George Bush, come comandante in capo della forza di occupazione illegaIe che ha provocato queste decine 0 centinaia di migliaia di morti?
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SIAMO UOMINI 0 CLERICALI?
Nel suo editoriale « Non nominate il nome di Dio invano», su Repubblica del 27 dicembre 2007, Eugenio Scalfari ha ampiamente commentato « pensieri e parole» della senatrice Paola Binetti, citando in particolare il dialogo « Bisticci democratici» che ella ha tenuto con me sulla Stampa del 23 dicembre. Quest'ultimo giornale ci ha indicati nei titoli come, rispettivamente, « l'anima teodem e quella atea del Partito Democratico», e I' espressione « anima atea » andrebbe Forse sottolineata. Anzitutto, perche costituisce un ossimoro positivo e virtuoso da contrapporre, assieme ad « anima laica», a quelli negativi e viziosi di « ateo devoto» e « ateo in ginocchio ». E poi perche il suo singolare suggerisce e richiama, a differenza delle ultime espressioni citate, la situazione di isolamento 0 di minoranza in cui si trovano, nella nostra societa odie rna, coloro ai quali essa viene applicata. I Nella fattispecie, Ie anime laiche e atee non sembrano effettivamente essere molte nel Partito Democratico in generale, e nella Commissione dei Valori in particolare. 0, almeno, non sono sufficientemente voca1i da dare I'impressione di esserci, com'e tipico di questi tempi: pare infatti che la laicita e l'ateismo, che costituiscono una sorta di nudita teologica naturale, siano diventate quasi una vergogna da nascondere sotto i variopinti paramenti delle fedi e dei credi, come d'altra parte gia accade per l'altrettanto naturale nudita corporale. Puntualmente, non sono stati molti i commissari che hanno reagito alia prima bozza del Manifesto dei Valori del Partito Democratico, stilata dal filosofo cattolico Mauro Ceruti, che a proposito della laicira partiva dicendo che essa « e un valore essenziale del PO », per continuare alia maniera del « rna anche» messo alIa berlina da Maurizio Crozza nelle sue imitazioni di Veltroni: Noi concepiarno la laicira non come un'ideologia antireligiosa e neppure come il luogo di una presunta e illusoria neutralira, rna come rispetto e valorizzazione del pluralisrno degli orientamenti culturali e dei convincirnenti rnorali, come riconoscirnento della •
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piena cittadinanza - dun que della rilevanza nella sfera pubblica, non solo privata - delle religioni. In questo quadro, riteniamo che i rapporti fra 10 Stato e la Chiesa cattolica siano stati validamente deflniti dalla Costituzione e che ogni sviluppo di quei rapporti debba muoversi nel soleo flssato dalla stessa Carta costituzionale. Ora, io non mi sento di sottoscrivere praticamente ness una di queste affermazioni. E poiche la Binetti mi ha accusato allora di avere dei pregiudizi nei confronti dei cattolici, ho dichiarato alia Commissione di non averne, COS! come non ne ho nei confronti degli astrologi 0 degli spiritisti: semplicemente, ho detto, mi limito a constatare che tutti loro hanno visioni del mondo antitetiche a quella scientifica, e pili in generale alia razionalita, e ne deduco che sarebbe bene che queste visioni rimanessero confinate nel campo individuale. COS! come non propongo l' abolizione delle sedute spiritiche 0 degli oroscopi, non propongo neppure di impedire Ie prediche: mi sembra sensato, pero, pretendere che non sia sulla base di queste cose che vengano prese Ie decisioni politiche dei nostri governanti e del nascente partito. Apriti cielo! Il13 dicembre, non appena I'ANSA ha divulgato Ie mie dichiarazioni, il deputato Francesco Saverio Garofani, membro del coordinamento nazionale del PO, ha subito inveito sui sito del partito contro Ie mie « provocazioni » e la mia « idea caricaturale della laicita », aggiungendo che « negare la rilevanza pubblica del sentimento religioso significa offendere una dimensione essenziale della vita di milioni di persone ». E Ceruti gli ha immediatamente fatto eco, affermando: « Odifreddi non si puo nemmeno deflnire un laico. Diciamo che non proprio interessato all'incontro con una cultura spirituale. Laicita per lui sinonimo di diniego assoluto della religione. Ma il suo un retaggio del passato ». Sarebbe natural mente troppo facile ribattere, all'uno, che in Italia il sentimento calcistico ancor pili essenziale nella vita di milioni di persone di quello religioso, rna non per questo bisogna per forza affermarne la rilevanza pubblica e inserirlo in una Carta dei Valori. E, all' altro, che se un diniego retaggio del passato, a maggior ragione dovrebbe esse rio cio che viene negato, che per forza di cose deve precedere la propria negazione.
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Mi sembra invece pili costruttivo cercare di diradare una certa confusione di idee, a proposito della laicira e dintorni, che sembra albergare nelle menti dei cattolici citati. Compresa la Binetti, che nel nostro dialogo ha ribadito pili volte non solo di considerare se stessa laica, rna anche che la laicita uno dei valori fondamentali predicati dal fondatore dell'Opus Dei: quello stesso Josemaria Escriva de Balaguer, alia cui beatificazione in piazza San Pietro han no assistito il 31 maggio 2001 Walter Veltroni e Massimo D'Alema. A questo proposito la Binetti ha dichiarato: « La circostanza che Veltroni e D'Alema apprezzino Balaguer il segno che viene compresa la santificazione dellavoro promossa dall'Opus Dei ». A me, invece, questo atto pubblico da parte del sindaco di Roma e dell'aBora presidente dei os, COS! come gli innumerevoli e abituali atti di ossequio ufficiale da parte deBe cariche dello Stato a queUe della Chiesa, sembrano un perfetto esempio di come un politico laico non dovrebbe comportarsi, qualunque siano Ie sue credenze, secondo la mia deflnizione di laicira: che agire come se Ia religione
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e Ia Chiesa non ci fossero, pur senza far nulla affinche non ci siano.
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Questa posizione un compromesso tra i due estremi del clericalismo edell' anticlericalismo. Il primo va inteso come la pretesa di agire, e far agire, in ossequio alia volontit della religione e della Chiesa, e io non sap rei trovarne una formulazione migliore ,delI'Articolo 7 della Carta delle Finalira del Campus Biomedico di Roma: L'Universita intende operare in piena fedelta aI Magistero della Chiesa Cattolica, che e garante del valido fondamento del sap ere umano, poiche I'autentico progresso scientiflco non puo mai entrare in opposizione con la Fede, giacche la ragione (che ha la capacira di riconoscere la verita) e la fede hanno origine nello stesso Dio, fonte di ogni verita. A scanso di equivoci, non si tratta di un'invenzione di Borges: il Campus esiste veramente, una delle persone che ci lavorano la Binetti, e come abbiamo visto gli altri articoli della sua Carta sembrano una prima bozza della Legge 40, per far fallire ogni modifica referendaria della quale la stessa Binetti ha istituito nel2005 il Comitato Scienza e Vita. E tutto cio perfettamente coerente col
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progetto clericale dell'Opus Dei, alla cui prelatura l'Articolo 8 della stessa Carta « affida la formazione dottrinale e I'assistenza spirituale », COS! come col progetto politico del centrodestra fondamentalista, che ha emanato quella stessa Legge 40. Ma non, mi sembra, coi valori della laicita e della sinistra progressista: per questo io mi sono battuto, con scarso successo, affinche una visione analoga non passasse nel Manifesto dei Valori del PD. Non c'e invece bisogno di battersi in Italia contro I'anticlericalismo, che va inteso come la pretesa di agire per for st che fa religione e fa Chiesa non ci siano: questi S! che sarebbero i veri retaggi del passato, dalla Rivoluzione Francese alia guerra civile di Spagna, rna per fortuna oggi ness uno Ii propone seriamente. Proprio per questo, pero, la posizione intermedia dellaicismo rimane scoperta sui fianco sinistro e viene percepita come un estremismo, quando invece essa e gia il compromesso razionale tra Ie due opposte irrazionalita di coloro che vorrebbero imporre agli altri Ie loro credenze da un lato e Ie loro avversioni a queste credenze dall'altro. Naturalmente, non e affatto anticlericalismo, rna laicismo allo stato puro, rifarsi al motto risorgimentale della « libera Chiesa in libero Stato ». Che la religione e il Vaticano abbiano dunque la massima liberra di parola e di azione, senza che 10 Stato interferisca ne con I'una, ne con l' altra. Ma che Ie stesse liberta Ie abbia anche 10 Stato, senza dover essere costretto a subire la pressione ufficiale e ufficiosa delle gerarchie ecclesiastiche, a legiferare in ossequio alle loro credenze e a pagare di tasca propria per la propaganda e gli affari alttui. In particolare, che tra Ie tante revisioni costituzionali si metta mana anche all'Articolo 7, per liberare 1'1talia dal « giogo pretesco» (come 10 chiamo Benedetto Croce) che Mussolini Ie impose I'll febbraio 1929, e Togliatti Ie reimpose il 25 marzo 1947. Questo dovrebbe volere un partito democratico, e questo mi auguro che voglia il Partito Democratico.
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PIU DI CENTO BASI, MENO UNA •
, Yankees, go home! E stato chiesto loro tante volte in tutto il mondo, e il29 febbraio 2008 gli « americani » sono finalmente tornati a casa. Naturalmente, detta COS! la notizia sarebbe troppo bella: per essere vera, e vera, rna purtroppo si riferisce soltanto alia chiusura della base appoggio per sottomarini a propulsione e armamento nucleare della marina militare statunitense alia Maddalena, in Sardegna. Meglio che niente, natural mente, anche se la Festa e stata rovinata con largo anticipo dalla decisione del governo Prodi di un an no prima, di raddoppiare invece Ie infrasttutture della base di Vicenza, in Veneto: ovvero, cio che si sarebbe tolto con una mano, era gia stato rimesso con l'altra. II numero delle basi statunitensi in Italia diminuisce comunque formalmente di un'unira, rna a quanto assomma il totale? La domanda ammette due risposte, una palese e I'altra occulta: sappiamo infatti che gli Stati, e primi fra tutti gli Stati Uniti, stipulano spesso accordi segreti sulla testa dei cittadini, Ie cui clausole rendono per loro natura false Ie cifre ufficiali. Accontentandoci di queste, e ricordando dun que che peccano in difetto, Ie possiamo trovare nel Base Structure Report (Rapporto sulla sttuttura delle basi), che il dipartimento della Difesa statunitense redige ogni anna per censire Ie proprieta immobiliari che possiede 0 affitta nel mondo intero. Sfogliando ad esempio il Rapporto per I'anno fiscale 2007, veniamo anzitutto a sapere che su un totale di 577.519 edifici, strutture e servizi a disposizione del dipartimento della Difesa in 5311 basi, ben 119.050 stan no in 909 basi estere: cioe, un quinto delI'iritero apparato di « difesa» degli Stati U niti sta fuori dal territorio nazionale, e sarebbe dunque Forse pili appropriato chiamarlo di « offesa ». Pili precisamente, questo ingente dispiegamento di basi si trova in sette « terri tori », cioe zone occupate 0 annesse dagli Stati Uniti, quali Portorico, Ie Isole Vergini e Guam, e in trentanove Stati formalmente indipendenti, tra cui l'Italia, la Germania e il Giappone. ' L'elenco delle localira italiane in cui si trovano basi di varia di-
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mensione cospicuo, anche se meno impressionante di quello delle localita tedesche, e va dal Camp Darby di Livorno, il pili grande arsenale statunitense all' estero, che ha fornito Ie munizioni per Ie guerre del Golfo e nei Balcani, al Navsuppact di Gaeta, sede della nave ammiraglia della Sesta Flotta, passando per una serie di . siti pili 0 meno noti: da Aviano, la pili grande base aerea del Mediterraneo, da cui so no partiti i raid sui Balcani, a Sigonella, che nel1985 testimonio uno dei pochi atti di indipendenza del governo italiano nei confronti degli Stati Uniti. In totale, il Rappono per il2007 quancifica a 89le basi italiane, e Ie ripartisce in 41 per la marina, 33 per I'aviazione e 15 per I'esercito: queste cifre costituiscono dunque un limite inferiore ufficiale ai siti militari statunitensi nel nostro paese. Come abbiamo gia accennato, per arrivare a una stima pili precisa bisognerebbe pero anzitutto tener conto delle basi segrete, che sono invece ovviamente inquantificabili (oltre che, altrettanto ovviamente, inqualificabili). E bisognerebbe poi aggiungere anche Ie basi che, pur ospitando armamenti e personale statunitense, sono formalmente sotto la giurisdizione della NATO, il cui quanier generale italiano si trova nel Camp Ederle di Vicenza, insieme al comando della Task Force Sud Europea. Approssimando, possiamo dunque parlare di almeno un centinaio di basi degli Stati Unid nel nostro paese. Quanto al personale, la presenza in Italia di militari, civili e fantomatici « altri » statunitensi (presumibilmente, famigliari e spie) ammonta a 17.236 persone, da confrontare con Ie 108.351 in Germania e Ie 72.407 in Giappone: un vero e proprio esercito di occupazione, arrivato con la seconda guerra mondiale e mai pili andatosene, neppure dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della guerra fredda. La stessa cosa successa in Corea del Sud, dove rimangono 55.715 persone, e succedera in Iraq, da cui un consistente numero di truppe non se ne andra mai (almeno, non volontariamente). In tutto, sempre secondo il Rappono per il 2007, la presenza statunitense all' estero ammonta a circa duecentomila militari, affiancaci da circa centomila civili e « altri»: ovvero, ill0 per cento delle forze armate degli Stati Uniti dispiegato alI'estero, a conferma del motto « la miglior difesa I'attacco». Perche il problema delle basi sta appunto qui: nel fatto che esse non sono villaggi turiscici per militari in vacanza, rna arsenali di armamenti e punci di appoggio per azioni belliche, quando non
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semplicemente per atti di bullismo. Quello del Cermis in Val di Fiemme del 3 febbraio 1998, ad esempio, in cui un aereo dei marines di stanza ad Aviano, che volava fuori dalle rotte consentite, trancio il cavo di una teleferica e provoco la morte di 20 persone: come loro solito, gli Stati Uniti impedirono che i responsabili della strage fossero processati in Italia, Ii assolsero in patria, e comminarono loro solo una lieve pena per aver intralciato la giustizia, avendo disttutto un nastro registrato quel giorno durante il yolo. Per la perversira dei meccanismi mediatici, fatti come questo hanno impressionato I' opinione pubblica molto pili profondamente delle ben peggiori tragedie provocate, sempre su civili inermi, dagli atti di guerra che hanno coinvolto Ie basi militari nel nostro paese: in particolare, come abbiamo gia accennato, nelle guerre del Golfo e dei Balcani, in cui gli Stati Uniti e la NATO hanno fatto un uso sistematico di armamenti stoccati e truppe stanziate in Italia, rendendoci complici di distruzioni e morti. Infatti, Ie basi so no anzitutto depositi di armi convenzionali, che spesso raggiungono livelli assoluti di perversione: ad esempio, Ie famigerate bombe a grappolo, lanciate in contenitori rallentati da paracaduti, che a pressione debita si aprono e liberano un numero variabile (da qualche decina ad alcune centinaia) di mine di diversa potenza e fattura, che scendono a loro volta frenate da un . paracadute, disseminandosi suI terreno. Gli effetti so no analoghi a quelli delle mine anti-uomo, che il Trattato di Ottawa del 1994 non solo vieta di usare, rna anche di immagazzinare: un trattato che, ricordiamolo, una legge dello Stato in Italia, benche non sia stato firmato ne ratificato dalle grandi potenze (Stati Uniti, Russia e Cina). Meno ovviamente, Ie basi sono anche depositi di armi nucleario Infatti, benche una legge del 1990 ne vied esplicitamente la presenza suI suolo italiano, nel rapporto del 2007 US. Nuclear Weapons in Europe (Armamenti nucleari USA in Europa), I'analista Hans Kristensen rivela che ci sono 50 testate ad Aviano e 40 a Ghedi Torre, di potenza compresa fra i 45 e i 107 kilo toni (dieci volte la bomba di Hiroshima). Pili in generale, nellibro del 2007
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Code names: deciphering Us. military plans, programs and operations in the 1119 world (Nomi in codice: decifrare piani, programmi e operazioni militari degli USA nel mondo dell' 11 settembre), I' analista William Arkin rivela che il governo Berlusconi ha fir-
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mato nel 2001 un accordo segreto chiamato Stone Ax (Ascia di Pietra), che riprende accordi simili risalenti al primo dopoguerra, e stabilisce un regime di doppia chiave per l'utilizzo delle testate atomiche, prevedendo che in caso di impiego esse siano sganciate dai piloti italiani. Non molto meglio di quelle nucleari so no Ie armi chimiche, come il famigerato napalm usato dagli Stati Uniti nella guerra del Vietnam. Ma la guerra della NATO in Jugoslavia del 1999, a cui ha volenterosamente partecipato anche l'Italia del governo D'Alerna, ha insegnato che per effettuare un attacco chimico in un paese industrializzato, non c' e neppure bisogno di usare direttamente queste armi: basta bombardare un impianto petrolchimico come quello di Pancevo, paragonabile al nostro Porto Marghera, per provo care un vero e proprio disastro ecologico, di proporzioni maggiori della nostra Seveso. Ad esempio, nel Danubio so no state riversate otto tonnellate di mercurio, e migliaia di tonnellate di idrocarburi e petrolio, con effetti devastanti e di lunga durata sulle falde acquifere e la pesca. Quanto alle armi biologiche, in teoria gli Stati Uniti non dovrebbero esserne dotati, benche Ie abbiano gia usate in maniera primordiale durante Ie loro guerre di conquista del territorio del Nord America nell'Ottocento, distribuendo ai pellerossa coperte infettate di morbillo e vaiolo. Di quest'ultimo essi (e la Russia) detengono ufficialmente campioni del virus: poiche del vaiolo esiste il vaccino rna non la cura, il virus fornisce a truppe vaccinate una potenziale e letale arma di attacco contro popolazioni che non 10 sono. In ogni caso, e per quanto assurdo possa sembrare, il Pentagono ha ammesso nell' ottobre 2002 di aver ripetutamente effettuato, negli anni '50 e '60, test con armi biologiche sui propri soldati, e addirittura simulazioni di attacchi sulle proprie citta, da New York a San Francisco a Washington, rilasciando segretamente sostanze tossiche e patogene nell'ambiente per studiarne gli effetti. E se sono stati disposti a sperimentare sulla pelle dei propri cittadini, che cosa mai saranno capaci di fare i dottor Stranamore statunitensi su quella degli alleati, per non parlare dei nemici? Meglio non aspettare di saperlo, e rimandarli il pili presto possibile a casa:
Yankees, go home!
DIFESA DAGLI AITACCHI DEL FOGLIO
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Per qualche mese II Foglio mi ha (0 si e) onorato di regolari attacchi ad personam: in ordine temporale inverso, « Odifreddi non ce l'ha solo con i cristiani, il suo digrignar di denti dilaga» (20 ottobre 2007), « Odifreddi attacca Cacciari davanti a W» (12 ottobre) , « Un'opera musicale come ultima prova dell'esistenza di Odifreddi» (27 settembre), « Odifreddi, 10 scienziato illuminato pret-a.-porter che vuol zittire tutti i din don dan» (21 settembre), « Una domanda a W: che ci fa il matematico impertinente capolista per lei in Piemonte? » (21 settembre), « Big Bang: per pdifreddi e una teo ria che 'puzza' di Genesi, cioe di creazione. E vero » (31 agosto), « Perche non possiamo non dirci cretini leggendo Odifreddi» (28 marzo), e « Per Odifreddi il compito della scienza e sfottere cristiani ed ebrei» (13 marzo). Vorrei, per una volta, rispondere in blocco a tutti questi attacchi, anche per correggere gli errori (colposi 0 dolosi) in essi conten uti. Incominciamo dal pili recente, la lettera del 20 ottobre di Giorgio Israel: un « collega» (tra virgolette, perche lui e uno storico e io un matematico, e dunque facciamo mestieri diversi) che sembra essere vittima di una vera e propria ossessione nei miei confronti, visto il numero e il tono degli interventi che mi dedica non solo sulla carta stampata, rna anche in rete. Non sto a indagare i suoi motivi, che so no pili di pertinenza di uno psicologo che di un matematico, rna temo di doverlo deludere per quanto riguarda un mio simmetrico interesse nei suoi confronti. La mia sup posta recensione a un suo libro su von Neumann, da lui citata, era infatti in realta un indipendente saggio su quell' ottimo matematico e pessimo uomo, che La Rivista dei Libri decise di pubblicare (nel gennaio 1996!) con un riferimento editoriale al suo libro, che io non avevo letto allora, ne ho letto in • segUito. E il mio articolo su Repubblica (16 ottobre) che l'ha fatto infuriare non era affatto, come ha detto suI suo blog, scritto « essenzialmente allo scopo di sparare una serie di insulti diffamatori » su di lui: come mostrava chiaramente il richiamo editoriale, si trat-
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tava invece di un inquadramento storico dell'argomento dello spettacolo di Lucia Poli al Festival della Scienza di Genova. Le notizie Ie ho tratte (non « saccheggiate », visto che ho doverosamente citato la fonte) da un libro di Israel e Nastasi, e tutto il can can si riferisce a due righe finali, che riporto integralmente: Uno degli autori (Israel), oggi [e] purtroppo passato, in un tragico contrappasso, al collaborazionismo col sito parafascista InJorma-
zione Corretta. Non contento di aver pubblicato la sua lettera anche su Repubblica (20 ottobre), oltre che suI Foglio, Israel ha rincarato la dose sui suo blog, dicendo che io avrei « fatto il finto tonto, rispondendo suI giornale al seguente incredibile modo »: ,
E singolare che Israel mi accusi di pura e semplice aggressione al nemico per un articolo basato su un libro (non solo suo, anche di Pietro Nastasi) di qualche anna fa, sui quale sono completamente d'accordo. In realta, la mia risposta continuava con la seguente frase, che Repubblica ha ritenuto per motivi suoi di dover tagliare: ,
E sulle sue idee di oggi che ho espresso un « purtroppo » nella riga finale, per niente aggressivo: invito comunque i lettori a visitare il sito InJormazione Corretta nel quale egli manifesta tali idee, e giudicare da soli chi e responsabile di « contrapposizioni faziose e violente », oltre che a valutare i nostri rispettivi stili. Passo ora alle varie critiche che Israel mi rivolge in altri due degli articoli citati agli inizi. La prima e che « picchio duro soltanto su due religioni: Ebraismo e Cristianesimo », il che dimostrerebbe che « non sono un cuor di leone, rna l' espressione del pili comune conformismo ». Ora, in un libro intitolato Perche non possiamo essere cristiani (e menD che mai cattolici) di cos'altro avrei dovuto parlare, secondo lui, senza andare fuori tema? II fatto e che Israel paventa che la mia avversione per quelle due religioni non si estenda a un'altra delle sue ossessioni: l'Islam. Mi dispiace deluderlo di nuovo, rna se oltre a criticarmi avesse ,
Patti
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anche letto cio che scrivo, si sarebbe accorto che gia nel mio primo libro, II Vangelo secondo fa scienza (Einaudi, 1999), avevo trattato della religione in generale, e dell' Islam in particolare, nello stesso modo in cui ho trattato ora dell'Ebraismo e del Cristianesimo: a differenza di Israel e altri, io sono infatti contro tutte Ie religioni, e non solo contro quelle diverse dalla « mia». Dubito comunque che, in Italia, essere laici 0 anticlericali sia espressione di conformismo! Non sara che il nostro storieo, per quanto esimio, non abbia mai sentito parlare di Patti Lateranensi, articolo 7 della Costituzione, ora di religione, otto per mille, finanziamenti alle scuole cattoliche, esenzioni dalI'ICI, culti a san Gennaro e Padre Pio, serial televisivi su papi e santi, e via dicendo? II sospetto e legittimo, visto che nel suo sito egli confessa di « non saper nemmeno cosa voglia dire contrappasso», rivelando cos1 di non aver mai sentito parlare nemmeno della Divina Com-
media. Quanto al « cuor di leone», non so quali meriti abbia Israel per poterne assegnare 0 rifiutare patenti, rna mi limito a fargli notare che, durante una mia biennale permanenza di studio in U nione Sovietica negli anni '80 (per evitare illazioni 0 fraintendimenti, dico tra parentesi che ho passato molti pili anni negli Stati Uniti per motivi analoghi), sono incappato nel famigerato Articolo 4 contro 1'« attivita antisovietica» e mi so no guadagnato una condanna a 14 anni: in quello stesso periodo lui, come molti altri che oggi fanno mostra delloro anticomunismo (da Sandro Bondi a Giuliano Ferrara) erano invece ancora comunisti 0, peggio ancora, socialisti. E qualcosa tutto cio vorra pur dire. Un'altra delle critiche di Israel, cos1 come di altri degli articoli citati all'inizio, ha a che fare con la mia attivita di divulgatore scientifico. Ora, e naturalmente sempre facile criticare e affermare che si potrebbe fare qualcosa di diverso 0 di meglio: soprattutto quando non si fa niente al proposito, com'e il caso di tutti questi critici, anonimi e non. Ma e patetico prendersela con una manifestazione come il primo Festival della Matematica che si e tenuto all'Auditorium di Roma nel marzo 2007, chiamandolo « una sagra della porchetta» 0 « uno spettacolo circense », solo perche vi hanno partecipato umanisti come Dario Fo 0 Nicola Piovani. Naturalmente, non sono cos1 ingenue da non capire che cio che da fastidio in quei nomi e la loro appartenenza politica. Se co-
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munque Israel 0 altri collaboratori del Foglio hanno da proporre premi Nobel 0 premi Oscar italiani di destra che mi so no sfuggiti, me li segnalino: in futuro inviteremo anche loro. Ma non dimentichino nel frattempo che a quel Festival c' erano altri due premi Nobel scientifici, uno dei quali il famoso John Nash del film A beautiful mind, due medaglie Fields e altri matematici del calibro di Andrew Wiles: cioe, il meglio che si puo trovare sulla piazza. E infatti, a parte Israel e com pari, l'hanno capito tutti: dalle 53.000 persone che hanno affollato I'Auditorium in quei giorni, ai giornali che hanno pubblicato non solo servizi di ogni genere, rna persino Ie lezioni magistrali di matematici come Alain Connes, Michael Atiyah e Douglas Hofstadter, con un'attenzione per la matematica mai vista prima. A proposito di divulgazione, due degli articoli del Foglio citati sbandierano una Frase (la stessa, in entrambi i casi) tratta da una mia rubrica su Ie Scienze del marzo 2007, come supposto esempio della mia incompetenza matematica 0 letteraria (0 entrambe), . chiamando i lettori a testimoni della sua incomprensibilita. Ma se anche tutti dicessero che « non ci hanno capito nulla», come l' articolista afferma essere stato il caso di un fisico sperimentale un po' tonto e di qualche suo collega, evidentemente della stessa risma, che cosa dimostrerebbe l' esperimento? La Frase e tratta da una rubrica specialistica (di matematica) che tengo su una rivista specialistica (di scienze): la maggior parte delle citazioni della rubrica e della rivista farebbero 10 stesso effetto su un pubblico non specialistico come quello di un quotidiano, e I'unica condusione che si puo trarre e la prevenuta malafede di certi attacchi, che non potendosi appigliare a niente, si appigliano appunto al nulla. Non sto a commentare un ultimo problema che sembra assillare gli articolisti, e cioe come sia mai possibile che il sindaco Veltroni mi abbia affidato I'incarico di organizzare il Festival di Matematica, e mi abbia voluto come candidato nelle liste del nuovo Partito Democratico dapprima, e come membro della Commissione dei Valori poi: mi limito a ringraziarlo della fiducia accordatami, e ad assicurare a lui, che probabilmente non se ne preoccupa, rna anche ai collaboratori del Foglio, che invece sicuramente . se ne crucciano, che non appena questa fiducia venisse meno, mi ritirerei in buon ordine.
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Spero comunque di aver dimostrato che la definizione data da Ferrara della mia attivita, come di un « digrignar di denti » e uno « scomposto condursi, e incivile, di un polemista che cerca gloria nell'impiccagione in effigie dei suoi contraddittori [?] », sia stata dettata dalla sua ignoranza dei miei argomenti e dei miei modi. Poiche Israel invece conosce sia gli uni sia gli altri, non mi resta che compatirlo e augurargli una pronta guarigione dalle sue osses• • slOm.
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DIFESA DAGLI ATTACCHI DEL CORRIERE
Per mesi, dall'uscita del mio libro Perch; non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), il Corriere della Sera ne ha parlato a piu riprese: sempre pero in una maniera che mi e sembrata consistentemente pregiudiziale, nel senso letterale di esprimere un « giudizio anticipato » non fondato su alcuna lettura del testo, e dunque anche pregiudizievole per il libro stesso e per il suo autore. L' ennesimo articolo « Ateologia, la nuova scienza del bestseller» di Alberto Melloni (11 novembre 2007) mi ha spinto a una replica,* alIa quale ero gia stato variamente tentato dagli articoli « Padre Pio? Ho visto prodigi » di Vittorio Messori (26 ottobre), « Padre Pio, un immenso inganno» (25 ottobre), « Ii darwinismo caricaturale» di Massimo Piattelli Palmarini (16 ottobre), « Insulti ai cristiani: il candidato Odifreddi divide i veltroniani» di Giuliano Gallo (22 settembre), « Caro Hitchens, la religione e un'altra cosa» di Alberto Melloni (20 giugno), « Chi ha paura del vero Gesu» di Vittorio Messori (15 aprile), « Perche la TV laica non nomina mai Dio» di Aldo Grasso (Magazine, 22 marzo) e « Faziosira matematica» e « Ii matematico triviale» di Ernesto Galli della Loggia (15 e 10 marzo). Per cominciare dal piu recente, Melloni ripete per l' ennesima volta quello che decine di altri articoli hanno gia detto prima del suo, citando pero soltanto se stessi a vicenda, piu che me. 10 infatti non sostengo affatto che « la fe.de e roba da cretini»: piuttosto, mi sono limitato a scherzare (forse con dubbio gusto, come mi ha fatto amichevolmente notare Corrado Augias) suI fatto che, secondo vari dizionari etimologici, « cretino » deriva da « cristiano ». L' errore di Melloni, ripetuto tale e quale nel suo articolo su Hitchens del 20 giugno, e dunque triplice: primo, perche io non parlavo di una generica fede, rna dello specifico Cristianesimo; secondo, perche non ho inventato ne la parola « cretino », ne
* Che il Co"iere non ha pubblicato, a differenza del Foglio.
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la sua etimologia, e dunque 1'affermazione non sarebbe mia; e, terzo, perche in ogni caso si dovrebbe semmai dedurre che i cretini sono cristiani, e non viceversa. Tre errori in una Frase con tre soli sostantivi: non male, dico io! Melloni dice invece che « la mia verve ha indignato persino un autore mite e in tutt'altre faccende affaccendato come Aldo Grasso », che suI Magazine ha effettivamente usato per il mio libro gli aggettivi « modestissimo, superficiale, irridente, ideologico». 10 non ho motivi per dubitare che Grasso sia un uomo mite, non avendo mai avuto il piacere di incontrarlo. Ho molti motivi invece per dubitare che abbia letto il mio libro, visto che mostra di conoscerne soltanto 1'introduzione e la conclusione, secondo una pessima (e purtroppo diffusa) abitudine di molti recensori. COS! come ho tutti i motivi per dubitare che una rubrica di monitoraggio televisivo come la sua sia la miglior collocazione per parlare, 0 sparlare, di un libro sulla religione. Soprattutto quando sembra semplicemente prenderne 10 spunto per lamentare che « nelle sue divulgazioni Piero Angela non ha mai nominato Dio». Da parte mia, confesso di stentare a capire perche mai in una trasmissione scientifica si dovrebbe parlare di religione, a meno che Grasso pensi democraticamente (rna, se COS! e, non 10 dice) che Ie innumerevoli trasmissioni agiografiche su santi e miracoli di quella che lui chiama « la TV da Servizio Pubblico» dovrebbero nominare Einstein, Schrodinger 0 Watson e Crick. In realra, sembra che per i giornalisti del Corriere ogni occasione sia buona semplicemente per lanciare stoccate verso di me e il mio libro, entrambi rei di « lesa papalita». Lo ha fatto ad esempio Ernesto Galli della Loggia, che mi ha dato del « matematico triviaIe e fazioso», oltre che del « profeta dell'ateismo che non si fa scrupolo di rispettare la verita che pure dovrebbe essere alIa base di ogni scienza». Ii tutto sulla base, oltre che della solita etimologia (che noia!), anche di una Frase che, evidentemente, lui ha ritenuto che io citassi perche la condividevo, invece che per farmene gioco: cioe, 1'epigrafe di un mio altro libro (II Vangelo secondo la scienza), nella quale Agostino dice che « il buon cristiano dovrebbe stare attento ai matematici e a tutti i falsi profeti, perche c'e il pericolo che i matematici abbiano stretto un patto col diavolo per annebbiare 10 spirito, e mandare l'uomo al1'inferno». Ora, naturalmente, chi non ha il senso dell'umorismo rischia
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di fare la figura del tonto: lui, in particolare, si precipita a spiegare che la mia « una traduzione maccheronica » e « un falso », perche « nellatino di Agostino i matematici so no gli astrologi ». Ma che bella scoperta! Allora, poiche nel greco di Pitagora i matematici erano invece gli apprendisti, prima che il Galli canti la terza volta corren) ai ripari e mi tutelero, intitolando il mio prossimo libro
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Storia dell'apprendistato greco. Un altro collaboratore del Corriere che ha ritenuto di dovermi infliggere solo stoccate Vittorio Messori, che ha dichiarato in pubblico (in rete) e in privato (a me) che non avrebbe recensito il mio libro per non fargli indebita propaganda. Peccato, perche era Forse I'unico degli autori qui citati che avrebbe potuto affrontare nel merito Ie critiche che faccio al Cristianesimo in generale, e al Cattolicesimo in particolare. E invece si limitato a seguire Ie linee di minima resistenza, inserendo nella sua recensione allibro del papa un'allusione anonima a « libelli che vanno oggi per librerie, e che vorrebbero dimostrare che non possiamo piu essere cristiani », per darmi questa volta obliquamente del « notaio di provincia massonica» edell' epigono del « giovane socialista Mussolini ». Apertamente, invece, mi ha accusato di « invettive goliardiche da ex seminarista enrage» nel suo articolo su Padre Pio, del quale afferma fin dal titolo di aver visto prodigi. In particolare, riportando la testimonianza di un vecchio Frate secondo cui, « quando Padre Pio aveva una lettera che gli stava a cuore, diceva di metterla nella buca in piazza, rna al recapito provvedevano gli angeli custodi: un' ora dopo, puntualmente, arrivava ». Mi puo suggerire Aldo Cazzullo, che mi ha tacciato di « giudizio sommariamente liquidatorio su Padre Pio », quale altro giudizio egli consideri invece appropriato di fronte ad affermazioni di tal fatta da parte di un collaboratore da prima pagina di uno dei due maggiori quotidiani italiani? E cosa dovrebbero pensare gli scienziati - che si dannano I'anima ogni giorno per comprendere gli astratti meccanismi di funzionamento della natura, cosl come Ie persone di buona razionalita, che maledicono ogni giorno i concreti meccanismi di disfunzione delle poste - del fatto che queste notizie demenziali vengano tranquillamente pubblicate, a scapito di ben pili serie notizie scientifiche, nelle pagine culturali del Corriere come se niente fosse, senza che (esse sl) vengano tacciate di essere « goliardiche »?
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A proposito di « scienziati », persino Massimo Piattelli Palmarini, nel momento in cui vestiva egli stesso i panni dell'improvvisato (anti)evoluzionista, ha ritenuto di dovermi affibbiare come calcio negli stinchi la qualifica di « improvvisato teologo ». Senza estenderla pero a Grasso, Galli, 0 se stesso: come se a improvvisare dovesse essere soltanto chi attacca la Chiesa 0 difende la laicita dello Stato, e non anche chi simmetricamente inverte i termini dell'impresa, dall'alto di una competenza televisiva, storica 0 di chissa che. La stessa asimmetria di giudizio permea anche l' articolo di Melloni dal quale siamo partiti. Anzitutto, perche attribuisce a noi « soloni dell' ateologia» prosaiche motivazioni di cassetta, arrivando con molta finezza a paragonarci a « lottatori di wrestling che fingono botte tremende e finiscono poi per dividersi gli incassi »: anche se a farla da padrone sui ring del mercato editoriale non sono tanto Ie nostre opere laiche, quanto piuttosto Ie giaculatorie letterarie 0 saggistiche della T amaro 0 di Benedetto XVI, per non parlare dello stesso Messori. E poi, perche I'ateismo non affatto il negativo (0 megl~o, il positivo) del teismo, rna qualcosa di radical mente diverso. E infatti sciocco domandarsi « cosa crede chi non crede », e aspettarsi una risposta diversa da « niente» (la stessa cosa, tra parentesi, vale per l' analoga domanda su « cosa mangia chi non mangia»). Ed altrettanto sciocco ironizzare, come fa Melloni, sui fatto che i libri laici « non convertono ness uno », per il semplice motivo che « I'ateismo non una fede, e non fa opera di sconversione ». La cita- I zione dalla quarta pagina del mio libro, ma evidentemente certi critici non so no arrivati cosllontano nello scorrerlo, ispirati com'erano dal motto di Vanni Scheiwiller: « Non I'ho letto, e non • • ml place ».
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ILMIO CREDO
Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte Ie cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, I'Uomo, plurigenito Figlio della Natu~ ra, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre. Credo nello Spirito, che eSignore e da coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio eadorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell'/ntelletto. Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un 'altra vita in un mondo che non verra. Se proprio dovessi pregare, io pregherei COSl, riaffermando parzialmente la forma del Credo di Nicea e Costantinopoli, rna rinnegandone totalmente la sostanza. Perche COSl facendo manterrei da un lato un legame formale con la tradizione occidentale, che per secoli e millenni ha usato formule simili a quelle della « preghiera» che ho appena recitato, rna dalI' altro lato opererei una cesura sostanziale col contenuto di quelle stesse formule, che fin dagli inizi erano indegne di fede', rna che nel terzo millennio appaiono completamente anacronistiche. Recitando il mio Credo, cioe, mi schiererei al tempo stesso a favore della conoscenza scientifica e logica su cia che c'e, e contro I'illusione metafisica e teologica su cia che non c'e. Ma non sarebbe possibile tentare di completare il mio Credo positivo con un suo complemento negativo, che pretendesse di enumerare e specificare in dettaglio cia in cui non credo. Infatti, Ie cose che non esistono costituiscono un illimitato e inesauribile serbatoio, al quale han no sistematicamente e bulimicamente attinto tutte Ie varianti del fantasy: da quelle che credono (0 dicono di credere) a cia che raccontano, come la metafisica e la teologia, a quelle che invece ci speculano soltanto, come la letteratura e la fantascienza. Bastera allora riassumere che, per restare al Credo storico, non credo in Dio Padre, che costituisce una risposta banale a una do-
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manda profonda. Non credo in Gesu Cristo, che probabilmente non e mai esistito, e certamente non e stato come ce 10 raccontano gli evangelisti, e meno chemaii teologi. Non credo alIa Madonna, che per nostra conoscenza, rna a sua insaputa, e diventata nei primi secoli della nostra era vergine e deipara, e negli ultimi secoli immacolata e assunta. Non credo allo Spirito Santo, che e solo un upgrade ipostatico del vento e del respiro. Non credo alIa Chiesa, che certamente e ed e stata apostolica, per la sfortuna di mezzo mondo, rna altrettanto certamente non e ne una, ne cattolica, ne soprattutto santa. E non credo alIa vita eterna, perche un'illusione consolatoria rimane pur sempre un'illusione. Ma per non privilegiare indebitamente il Cristianesimo di Gesu e Paolo, non credo neppure all'Ebraismo di Jahve e Mose e all'Islam di Allah e Maometto, che si tripartiscono equamente l'iniqua responsabilita storica del fanatismo monoteista. COSt come non credo nei pantheon degli dei africani, egizi, sumeri, assiri, babilonesi, persiani, fenici, cretesi, greci, etruschi, romani, germani, scandinavi, siberiani, indiani, cinesi, giapponesi, messicani, peruviani, polinesiani ed eschimcsi, che stan no a meta tra la caricatura dell'uomo e il fumetto di Dio. E non credo in angeli, demoni, spiriti, fantasmi, fate, streghe, maghi, elfi, gnomi, folletti, fauni, satiri, vampiri e zombies, che popolano il mare magnum situato fra l'aldila confessionale delle religioni e l'aldiqua laico della scienza, cioe tra l'illusione e la realta. In una parola, non credo in niente di cio che non c'e, e mi dispiace che nel corso dei secoli siano state sprecate immense energie, intellettuali e materiali, per inventare, popolare e pubblicizzare questi vani mondi immaginari. Energie che avremmo invece potuto impiegare proficuameI.lte per investigare e conoscere tutto do che c'e, e nel quale credo: la Natura, nella sua sterminata varieta e complessita. E se proprio deddessi di avere un solo Dio, che mi trascende e che mi sovrasta, ai voleri del quale volessi e dovessi inchinarmi, e che potessi ado rare e amare, questo sarebbe appunto la Natura, che tutto genera da se e per se. COS! come, se decidessi di avere un solo Signore e Salvatore, questo sarebbe l'Uomo 0 l'Umanid: da ritenere non il metaforico primogenito della Natura, col diritto biblico di « soggiogare la terra e dominare su ogni essere vivente» (Genesi, I, 28), rna illetterale ultimogenito, col dovere naturale di rispettare e preservare
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l'ambiente e tutte Ie altre forme di vita. E, soprattutto, da conside rare come un' entita. superiore agli individui che la compongono, e della quale gli uomini dovrf'bbero chiedersi costantemente che cosa possono fare per essa, invece di limitarsi a pretendere soltanto che l'Umanita e la Natura facciano qualcosa per loro. Ma questo duplice « materialismo umanistico» e « umanesimo materialista» sarebbe un ben misero sostituto della religione, se non Fosse supplementato da una fede non solo nella Natura e nell'Uomo, rna anche nello Spirito che si manifesta nella coscienza che noi abbiamo del mondo e di noi stessi. Uno Spirito puramente immanente, che procede dalla Natura e dall'Uomo, e che noi giustamente consideriamo una nostra caratteristica tanto costitutiva, da arrivare a commettere spesso due complementari errori di sopravvalutazione al suo riguardo: ritenendolo da un lato trascendente, invece che emergente, e dall'altro necessariamente umano, invece che possibilmente legato soltanto alIa complessid di un sistema. Come uomini, pero, a noi interessano soprattutto il nostro Spirito e Ie sue conquiste: prima fra tutte, la sorprendente scoperta che la Natura non e caotica, come ci si sarebbe potuto aspettare, bens! ordinata. E che il suo ordine non appare soggettivamente imposto dall'Uomo, come quello alfabetico delle parole di un linguaggio, bens! risulta oggettivamente intrinseco aIle cose, come quello matematico degli oggetti aritmetici 0 geometrici, 0 quello logico dei ragionamenti. Nella Natura si manifesta dunque un ordine universale che si chiama logos in greco, ratio in latino e Ragione in italiano, e che ci permette di dare un senso letterale ai versetti metaforici del Rig Veda, poi annessi da Giovanni (I, 1): « In principio era la Ragione, e la Ragione era presso Dio, e Dio era la Ragione », intendendo naturalmente per « Dio» la Natura. Analogamente possiamo interpretare il versetto (I, 14): « la Ragione si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi », intendendolo nel senso che la ragione umana e uno dei modi in cui la Ragione cosmica si manifesta nell'ordine della Natura. Essendone una manifestazione, essa partedpa della Sua essenza e puo percepirne altre manifestazioni analoghe, che esprime in quelle leggi di Natura la cui ricerca e scoperta costituiscono gli scopi primi e ultimi dell'impresa scientifica. Ma essendone appunto soltanto una
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manifestazione, la ragione umana trova nella Ragione cosmica una trascendenza che la sovrasta, e al cospetto della quale non puo che percepire la propria limitatezza. II cerchio aperto dalla riformulazione laica del Credo si chiude dunque con la scoperta che non soltanto Ie parole della professione di fede possono essere reinterpretate sensatamente, rna che anche I'esperienza religiosa trova una sua sublimazione nel sentimento che I'Uomo arriva a provare di fronte alia Natura attraverso la mediazione dello Spirito, e piu specificamente di quell a sua quintessenza che la Ragione. Si arriva cosi a una « vera religione » profonda e intellettuale, che gli scienziati da Pitagora ad Einstein hanno da sempre professato, e di cui Ie false religioni istituzionali costituiscono soltanto superficiali e superstiziose caricature. Anche questa « vera religione » ha i suoi misteri, che si manifestano anzitutto nell'astratta e stupefacente constatazione che I'Uomo puo comprendere qualcosa della Natura, e poi nei concreti e stimolanti problemi scientifici che ancora non hanno trovato soluzione: primi fra tutti, Ie origini dell'universo dal vuoto, della vita dalla materia inanimata, e della coscienza dai primati superiori. AI confronto di questi veri misteri, ancora una volta quelli delle false religioni, dagli insensati dogmi ai miracoli circensi, non appaiono che misere caricature, buone soltanto per quanti credono che « beati sono i poveri di spirito, perche di essi il regno dei CieIi» (Matteo, V, 3). 10 preferisco credere invece che beati siano i ricchi di Spirito, perche di essi la repubblica della Terra.
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LA VIA SCIENTIFICAALLA SPIRITUALITA
Nei suoi famosi Esercizi spirituali Ignazio di Loyola ha codificato una pratica religiosa di concentrazione e autoanalisi basata su meditazioni ed esami di coscienza, che si fa comunemente risalire a un passaggio della Seconda lettera ai Corinzi di Paolo di T arso (<< esaminate voi stessi, fate la prova su voi stessi», XIII, 5), anche se in realta essa appare nella tradizione cristiana soltanto nel terzo secolo, a partire da Origene. Nei suoi recenti Esercizi spirituali e filosofia antica (Einaudi, 2005), Pierre Hadot ha pero mostrato come questa pratica religiosa del Cristianesimo non sia altro che una versione rived uta e (s)corretta di una pratica laica che risale almeno ai presocratici, nota come askesis, « esercizio». Una pratica che, nonostante il nome «< ascesi ») che oggi suggerisce astinenze sessuali e mortificazioni corporee, era allora semplicemente un'attivita interiore di pensiero, con 10 scopo di trasformare la visione del mondo di chi la • prattcava. L'appropriazione degli esercizi spirituali filosofici da parte del Cristianesimo fu facilitata dal fatto che, agli inizi, esso fu presentato dagli apologisti come una filosofia. 0 meglio, come fa filosofia, I'unica vera: se i Greci avevano infatti soltanto intravisto brandelli del logos, il « Verbo», i cristiani ora pretendevano di possede rio interamente, addirittura incarnato. E questa concezione del Cristianesimo come (vera) filosofia rimarra viva per secoli nel monachesimo, da Giovanni Crisostomo a Bernardo di Chiaravalle. Ma il gioco riusci unicamente perche, in precedenza, la filosofia era gia stata appunto considerata non soltanto come un sistema di pensiero, rna come un modo di essere e uno stile di vita, e il filosofo non soltanto come un pensatore, rna come una specie di monaco ante litteram. E una delle pratiche comuni, del filosofo e del monaco, era la memorizzazione delle regole di vita e di condotta: laiche in un caso, ed evangeliche nell'altro. Gli esempi piu tardi di queste regole laiche si trovano in A se stesso 0 I ricordi: una raccolta di pensieri di Marco Aurelio, I'im-
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peratore che troppo spesso viene ricordato soltanto perche immortalato nella statua equestre che campeggia sulla piazza del Campidoglio, 0 nei film La caduta dell'impero romano e II gladiatore. Ma in precedenza regole simili erano gia state raccomandate dai pitagorici, dagli epicurei e dagli stoici, Seneca in particolare. Una di queste massime di saggezza suggeriva, ad esempio, di volere Ie cose come sono, invece di desiderare che esse siano come Ie vorremmo. La si trova gia nel Manuale di Epitteto, rna i suoi echi risuonano fino a noi: dal COSt fan tutte di Mozart non puo quel che vuole, vorra quel che puo ») a Love the One You're with di Crosby, Stills e J"Jash se non sei con colei che ami, ama colei con cui sei »). E con queste massime che ci si allenava all'apatheia, la totale impassibilita nei confronti delle cose del mondo che, se derivata dalla loro vera conoscenza, poteva essere considerata addirittura I' essenza del Regno del Cieli. COS! infatti la considero Evagirio, secondo Ie cui Pratiche il progresso spirituale procedeva dall'etica alia fisica alia teologia: pill precisamente, dalla purificazione dell'anima alia conoscenza del vero ordine del creato (appunto, il Regno dei Cieli) alia contemplazione del Creatore (il Regno di Dio). Ma questa terminologia (anima-creato-Creatore), Forse adatta agli uomini di buona volonta del medioevo teologico, e certamente anacronistica per gli uomini di buona razionalita dell'era tecnologica, ai quali non si puo certo pretendere di pari are seriamente nellinguaggio delle favole da parrocchia. Molto pill adatta e la visione stoica proposta da Marco Aurelio, nella quale la logica sostituisce la teologia, e la Ragione il Creatoreo Si ottiene COS! un sistema perfettamente adeguato ai tempi moderni, in cui la maturazione del percorso spirituale e affidata, oltre che all' etica, alia « fisica» e alia « logica »: 0, come diremmo oggi, alia conoscenza scientifica e al pensiero formale, che costituiscono appunto i cardini del sapere tecnologico. E la meditazione non consiste pill nel concentrare la mente su qualche aforisma pill o· meno edificante di qualche santone pill 0 meno ispirato, rna nel cercare di « vedere e definire un oggetto nella sua essenza, in tutte Ie sue parti, secondo il metodo della divisione »: cioe, nell' effettuarne un' analisi fisico-chimica da un lato, e logico-linguistica dall'altro, per decostruire Ie apparenze e stabilire Ie interconnes-
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Smettendo di chiedersi che cosa gli oggetti significhino per I'uomo in generale e per noi in particolare, e iniziando invece a scoprire quali siano Ie loro costituenti e Ie loro proprieta, individuali e collettive, si arriva a vederli in maniera distaccata e a sman-. tellare i valori antropocentrici e convenzionali dai quali deriva il nostro attaccamento alle cose. Ci si incammina, cioe, sulla via di un'equanime saggezza laica che costituisce un'attraente alternativa razionale e colta alia coscienza religiosa e clericale: c'e Forse da stupirsi che il Cristianesimo delle origini abbia dapprima cercato di annettersi 10 Stoicismo, inventandosi un apocrifo carteggio fra Seneca e Paolo, e poi I' abbia avversato fino a sopraffarlo nella memoria storica? La testimonianza negativa di questa pulizia et(n)ica si trova nel fatto che, mentre oggi il mondo e pieno di accademie e di licei, cioe di cloni delle scuole che Platone e Aristotele avevano fondato ad Atene, non c'e neppure una Stoa: eppure Ie tre scuole erano talmente importanti nell'antichira, che quando i Greci decisero di inviare una missione diplomatica aRoma nel156 p.E.Y.,* dopo la conquista romana della Macedonia, non trovarono di meglio che scegliere Carneade (il manzoniano « chi era costui? ») dalI'Accademia, Critolao dal Liceo e Diogene dalla Stoa. Anche i testi degli stoici precristiani sono andati in massima parte perduti, e con essi la memoria di un pensiero che oggi affiora parzialmente solo da fonti indirette. Tutto cio che rimane e I'aggettivo « stoico», usato quasi esclusivamente nel senso di distacco impassibile che derivava dagli esercizi spirituali alia Marco Aurelio, condensati in massime quali: «Accettare volontariamente I'inevitabile, e non desiderare I'impossibile». Secoli (anzi, millenni) di assuefazione a un pensiero irrazionale
* Qui e in seguito l'abbreviazione « p.E.V.» significa « prima dell'Era Volgare », e viene usata al posto di « a.c.» (avanti Cristo), cosl come « E.V.» significa « dell'Era Volgare» e viene usata al posto di « d.C.» (dopo Cristo). L'espressione euna traslitterazione di Era Vulgaris, usata per la prima volta nel 1716 dal vescovo inglese John Prideaux nel senso di « Era Popolare 0 Comune» (da vulgus, « popolo» 0 « comunid. »). Secondo la voce « Cronologia» dell' Enciclopedia Cattolica del 1908, « la datazione piu importante equella adottata da tutti i popoli civili e nota come Era Cristiana, Volgare 0 Comune »: e poiche volgare Volgare sia.
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e a una visione magica del mondo, che oggi il clero e i clericali chiarnano eufemisticamente « Ie radici cristiane dell'Europa», hanno finito col creare una contrapposizione con il pensiero razionale e la visione scientifica dell'universo. Ma e giunta l' ora di rivendicare Ie vere radici dell'Occidente, che ovviamente non stanno in Medio Oriente, e di riappropriarsi dei valori spirituali che alIa « logica» e alIa « fisica» attribuivano non solo gli stoici, rna anche i platonici e gli aristotelici: rispettivamente, come pratiche di distacco dalla quotidianita, come strumenti di percezione dell'armonia del mondo e come attivita contemplative fine a se stesse. Che la scienza e il pensiero formale possano costituire Ie basi per un'etica razionale e una spiritualita laica non 10 si e mai dimenticato, naturalmente: 10 testimoniano opere che vanno dal Timeo di Platone al De rerum natura di Lucrezio, dall' Ethica di Spinoza al Tractatus di Wittgenstein, che coniugano perfettamente I'ateismo confessionale nei confronti delle divinita « rivelate» con la professione di fede nel Deus, sive Natura (Dio, cioe la Natura) di Spinoza e Einstein. L'urgenza dei tempi moderni non e dunque tanto di costruire un' etica razionale e una spiritualita laica, che ci sono sempre state, rna di sfatare Ie pretese delle religioni mediorientali e delle 61osofie continentali di possedere il monopolio dei valori e della saggezza, sulla base del motto di Heidegger: « La scienza finisce dove il pensiero comincia». La verira e, invece, che Ie pratiche di quelle religioni e Ie teorie di quelle 61osofie stan no agli esercizi spirituali basati sulla scienza e sulla logica come l'alchimia sta alla chimica, o I'astrologia all'astronomia, 0 la fantasia alIa realra. E che la vera religiosita non si esprime in giaculatorie e salmi, rna in preghiere come quella di Marco Aurelio nei Ricordi (IV, 23): « Tutto cio che e conveniente per te, 0 U niverso, 10 e pure per me».
DEUS, SIVE NATURA
II potere suggestivo e prescrittivo dei miti religiosi e cOSI grande che ancor oggi qualunque azione di decostruzione da parte di sparuti e disarmati drappelli di razionalisti deve fronteggiare Ie violente reazioni di nutrite truppe pontificie che, affiancate da disarmanti manipoli di mercenari, combattono la loro battaglia di retroguardia « per il disonore dello spirito umano». E se e ancora cosl quasi un secolo dopo la Rivoluzione russa, possiamo immaginare come potesse essere pili di un secolo prima della Rivoluzione Francese: 10 conferma la lettura di Baruch Spinoza e I'Olanda del Seicento di Steven Nadler (Einaudi, 2002), che situa Ie vicende personali e intellettuali del grande 61osofo razionalista (appunto) nel contesto storico e geografico dei suoi tempi e luoghi. Spinoza non visse che quarantacinque anni, e la sua breve vita fu spezzata esattamente a meta dalla scomunica ricevuta a ventitre anni dalla comunita ebraica di Amsterdam, che 10 porto a recidere Ie proprie radici con il Giudaismo. I suoi antenati venivano dal Porto gallo, come testimoniano Ie varianti del suo cognome, da D'Espinoza a Despinoza, che derivano dal portoghese de espinhosa, « da una local ita spinosa». E sicuramente furono spinose Ie idee che egli comincio a manifestare fin dall' adolescenza se, contrariamente al significato del suo nome Baruch, « Benedetto », egli finl invece maledetto nella pili severa condanna mai pronunciata dai rabbini sefarditi di Amsterdam. Non si trattava comunque del primo caso. Nel1623, ad esempio, era stato scomunicato Uriel da Costa, per aver messo in dubbio la validira del Talmud. E nel 1633 era stato riscomunicato, per aver sostenuto che la legge di Mose era un'invenzione umana in contrasto con la legge di natura. Era stato pero riabilitato nel 1640, dopo aver abiurato in una « cerimonia» che egli stesso descrisse in Un modello di vita umana, pochi giorni prima di spararsi un disperato colpo alla testa: Nudo fino alla cinta, con il capo coperto, a piedi scalzi, tenevo Ie braccia attorno a una colonna. La guardia si avvicino e mi lego Ie
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mani attorno ad essa. Cessati i preparativi, si avvicino il cantore, prese la frusta e mi rifilo trentanove scudisciate, come esige la tradizione. Un salmo fu cantata durante la flagellazione. Quando tutto fu finito e mi ritrovai accasciato a terra, un cantore si avvicino e mi libero dalla scomunica. Poi mi rimisi addosso i vestiti e andai verso la soglia della sinagoga. Li mi sdraiai. La guardia mi ten eva la testa, e tutti coloro che uscivano dalla sinagoga mi passarono sopra, calpestando Ie parti basse del mio corpo. Tutti, giovani e vecchi, parteciparono alIa cerimonia. Nemmeno Ie scimmie potrebbero esibire agli occhi del mondo azioni tanto spaventose e comportamenti tanto ridicoli. . Nel 1656 arrivo il turno di Spinoza, per motivi non chiari: il futuro filosofo non aveva infatti ancora pubblicato nulla, e nei suoi scritti successivi non fece mai menzione delle « abominevoli eresie» che avrebbe professato, ne degli « atti mostruosi» che avrebbe commesso. Certo e che il giovane commerciante dovette scandalizzare parecchio i farisei, se questi proclamarono nella sinagoga di Amsterdam un violento cherem, « ostracismo » 0 « sco• mUllica »: Su deere to degli angeli e su ordine dei santi, noi scomunichiamo, espelliamo e danniamo Baruch de Espinoza. Che egli sia maledetto di giorno e maledetto di notte, maledetto quando si corica e maledetto quando si alza, maledetto quando esce e maledetto quando rientra. II Signore non 10 risparmiera: al contrario, la Sua collera e la Sua gelosia si abbatteranno su di lui, ed Egli cancelled. il suo nome da sotto il cielo. Nessuno comunichi con lui, neppure per iscritto, ne gli accordi alcun favore, ne stia con lui sotto 10 stesso tetto, ne si avvicini a lui piu di quattro cubiti, ne legga alcun trattato composto 0 scritto da lui. Bisogna pero riconoscere ai farisei una certa preveggenza, almeno per quanto riguarda 1'ultima ingiunzione: e infatti difficile immaginare un testo piu decostruttivo e distruttivo della Bibbia del Trattato teologico-politico che Spinoza pubblico nel 1670, a sua imperitura memoria e a nostro altrettanto imperituro insegnamento. A testimonianza del clima dell' epoca, l' opera uScl non solo tacendo il nome dell'autore, rna anche mentendo sui nome del1'e-
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ditore e sulluogo di pubblicazione: questo non salvo illibro da un decreto della Corte d'Olanda, che l'anno do po ne proib!.la stampa e la diffusione, e ordino di perseguire 1'autore e il vero editore « senza aIcuna pieta». A sua volta, la Chiesa riformata fu unanime nel maledire il Trattato, e nel condannarlo come « detestabile e depravato ». D'altronde, Spinoza irrideva fin dalla Prefazione coloro che « scambiano per divini responsi i deliri della loro immaginazione, i loro sogni e Ie loro puerili sciocchezze, convinti che Dio sia contrario ai sapienti e che abbia ispirato la predicazione agli stolti e agli esaltati ». E proseguiva osservando che « i conflitti religiosi sono originati soltanto dal fatto che Ie opinioni vengono incriminate e condannate come se fossero delitti », e che a evitarli basterebbe che « fossero perseguibili soltanto Ie azioni, e Ie parole rimanessero impunite»: un insegnamento non ancora recepito dalla Chiesa, che a tutt' oggi continua a pretendere che 10 Stato legiferi su pure opinioni religiose quali l'indissolubilira del matrimonio 0 la sacra, lita della vita dell' embrione. Quanto allibro vero e proprio, esso nega non solo l'ispirazione divina su cui la Bibbia pretende di basarsi, rna anche la concezione religiosa del mondo che essa intende promuovere. Ad esempio, osservando che cio che i semplici chiamano legge divina non e altro che cio che i dotti chiamano legge naturale, e identificando cos!. Dio con la Natura. 0 sostenendo che la visione di Dio e la profezia non sono altro che immaginazioni, spostandone cos!. l' analisi dal piano teologico a quello psicologico. 0 affermando che Mose insegno agli Ebrei non precetti religiosi rna norme di vita civili, svalutandone COS! il ruolo storico da profeta a legislatore. 0 notando che gli Ebrei non furono migliori degli altri popoli per intuizioni religiose, conoscenze naturali 0 comportamenti etici, contestandone cos!. la pretesa di essere il Po polo Eletto. La vera novita metodologica dellibro e pero la proposta di applicare alia Bibbia un' ermeneutica scientifica, invece che un' esegesi religiosa: non a caso, 10 stesso Spinoza 1'aveva intitolato provvisoriamente Trattato sull'interpretazione della Scrittura. Si tratta, in parole povere, del proposito di affrontare i testi sacri come qualunque altro testo, e di isolarne mediante tutti i mezzi a disposizione (linguistici, filologici, storici) i fatti dalle interpretazioni. Proposito pericolosissimo, perche a « non voler attribuire alia
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Scrittura come suo insegnamento se non cio che come tale risulta nel modo pili evidente possibile », dal testo e dal contesto, si finisee per smantellare il castello in aria delle libere interpretazioni basate su cio che fa comodo: cioe, a seconda dei momenti, il senso proprio 0 metaforico, esplicito 0 implicito, pieno 0 eminente, e tutte Ie altre analoghe arrampicate sugli specchi esegetici. E infatti, la conclusione a cui arriva Spinoza e che « la parola di Dio e difettosa, lacunosa, adulterata, contraddittoria: noi abbiamo di essa soltanto frammenti, e il vero testo del patto stipulato da Dio con i Giudei e andato perduto ». Ma non c'e da preoccuparsi, perche « la parola eterna di Dio, il suo patto e la vera religione sono scritti a caratteri divini nel cuore degli uomini, ossia nella mente umana ». In ogni caso, « la Scrittura e sacra e Ie sue parole sono divine, finche essa serve a suscitare negli uomini sentimenti di devozione, e altrimenti essa non e altro che un mucchio di carta e inchiostro »: un atteggiamento che 10 stesso Spinoza sintetizza nel capitolo XII, precorrendo Wittgenstein e il Circolo di Vienna, nell'aweniristica affermazione che « e soltanto I'uso cio che conferisce aile parole un determinato significato ». Come si vede, c' erano tutti i motivi perche si scatenasse contro illibro e l' autore I' attacco istituzionale al quale abbiamo accennato. Ad esso si aggiunse anche quello person ale di Thomas Hobbes, che dichiaro che lui « non si sarebbe mai permesso di scrivere simili insolenze ». In questo caso il dissenso era politico, pili che teologico, perche i due filosofi concordavano nella decostruzione della religione, e nel conseguente superamento della pretesa che il potere avesse un' origine divina: puntualmente, il citato decreto della Corte d'Olanda condannava insieme il Trattato dell'uno e il Leviatano dell'altro. Ma essi dissentivano su quale sistema dovesse sostituire la teocrazia: mentre Hobbes sosteneva ancora la monarchia e il re, Spinoza favoriva ormai la democrazia e il popolo. Non a caso oggi noi rintracciamo nelle idee di quest'ultimo, espresse mirabilmente e godibilmente nel Trattato, e in maniera pili pretenziosa e meno leggibile nell'Etica dimostrata secondo I'ordine geometrico, Ie vere radici dell'Europa laica e democratica. Con buona pace di coloro che pretendono ancor oggi che quelle radici risiedano nella Bibbia, che proprio i libri di Spinoza iniziarona invece a smascherare per il pasticcio superstizioso e reazionario che e.
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E SOTTILE E NON GIOCA A DADI
Essendo il pili famoso scienziato del Novecento, e Forse della storia, Einstein viene tirato per la giacchetta da tutti coloro che desiderano averlo come testimonial delle proprie idee 0 dei propri pregiudizi. In particolare, dai religiosi, che si affrettano a iscriverlo nelle proprie parrocchie giocando sull' equivoco generato dal suo colorito linguaggio, e in particolare da tre sue famose frasi che • • vengono contllluamente npetute. La prima e la risposta a una studentessa alIa quale egli mostro nell'autunno del 1919 il telegramma che annunciava la conferma sperimentale della teoria della relativita generale, e che gli domando cosa avrebbe pensato se Ie cose fossero andate altrimenti: « Mi sarebbe dispiaciuto per il buon Dio, perche la teoria e corretta ». La seconda e il commento a un esperimento del maggio 1921 che sembrava stabilire la presenza di un vento d' etere, che avrebbe invece contraddetto la teo ria della relativita: « Sottile e il Signore, rna non malizioso ». Un commento che, per inciso, e diventato il titolo della pili accreditata biografia di Einstein: Sottile il Signore... di Abraham Pais (Bollati Boringhieri, 1986). La terza si trova in una lettera del 21 marzo 1942 a Cornelius Lanczos, benche sia stata ripetuta anche ad altre persone: « Sembra difficile poter leggere Ie carte di Dio, rna neppure per un momento posso immaginare che Egli giochi a dadi e faccia uso di mezzi 'telepatici' (come I' odierna teoria quantistica sostiene) ». Naturalmente queste espressioni ci dicono pili di come parlava Einstein che di cosa credeva, e non possono certo essere prese come professioni di fede. Diverso e il caso per Ie esplicite testimonianze che egli ci ha lasciato a proposito del suo pensiero sulla religione, a partire da quell a che conclude il programmatico saggio del 1931 Come io vedo il mondo: « II riconoscimento dell' esistenza di qualcosa di impenetrabile, la percezione della ragione ultima e della suprema bellezza, che solo nelle forme pili primitive e accessibile alIa mente: e in questo sapere, e in questa emozione, l' essenza della vera religione. In questo senso, e solo in questo senso, io so no un uomo profondamente religioso ».
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Si tratta, natural mente, di « un sentimento religioso di un tipo speciale, di natura diversa dalla religiosid. delle persone semplici », come egli stesso scrisse il 24 gennaio 1936 a una ragazza che gli chiedeva se uno scienziato prega. Un sentimento simile a quello di Spinoza, che come abbiamo visto parlava di Deus, sive Natura (Dio, cioe la Natura). Ma anche una versione della «teologia del processo» di Whitehead, che vede nell'universo il corpo di Dio, e nelle leggi di natura i pensieri della Sua mente. Poiche il suo sentimento religioso derivava dalla sua visione scientifica, Einstein si espresse ripetutamente sui legami fra religione e scienza. Ad esempio, in un'intervista del 1930 pubblicata su Forum: «Le idee pill belle della scienza nascono da un profondo sentimento religioso, in assenza del quale resterebbero infruttuose. 10 credo inoltre che questo tipo di religiosid. che attualmente si avverte nella ricerca sia l'unica esperienza religiosa creativa dellanostra epoca. Ben difficilmente l'arte contemporanea potrebbe essere considerata come espressione di un tendere a Dio ». Ancora pill netta e la conclusione del saggio Religione e scienza che usd sui New York Times Magazine il 9 novembre 1930: « Nella nostra epoca, votata in genere al materialismo, i soli uomini profondamente religiosi so no gli scienziati». Quanto alia religione tradizionale, «l'uomo sinceramente convinto della portata della legge di causalid. non puo arrendersi all'idea di un Essere che interviene nelle vicende umane, e percio la religione fondata sui timore, COS! come la religione sociale e morale, non han no presso di lui alcun credito. Un Dio che ricompensa e punisce e per lui inconcepibile ». Una volta sgombrato il campo dalle sue caricature, Einstein non ha difficold. ad assegnare alia vera religione un fondamentale ruolo di complemento della ragione. Ad esempio, nella conferenza Scienza e religione tenuta al seminario teologico di Princeton il 19 maggio 1939: «L'intelligenza ci chiarisce la relazione esistente fra mezzi e fini, rna il puro pensiero non puo darci il senso dei fini ultimi. Chiarire questi fini e questi valori fondamentali nel quadro della vita emotiva dell'individuo: questa a me sembra sia precisamente la funzione pill importante che la religione deve adempiere nella vita sociale dell'uomo». Analogamente, nella comunicazione scritta per il simposio su
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Scienza, Filosofia e Religione del seminario teologico ebraico di
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New York del 1940: «La scienza puo solo accertare cio che rna non cio che dovrebbe essere, e tutti i giudizi di valore rimangono necessariamente al di fuori della sua sfera. Dal canto suo, la religione puo soltanto interessarsi alIa valutazione del pensiero e dell'azione umana, e non puo legittimamente intervenire suI piano dei fatti e delle relazioni». Riassunto in un motto:. « La scienza senza la religione e zoppa, e la religione senza la scienza e cieca ». Ma dey' essere chiaro che, da un lato, «nella lotta per il bene etico, gli insegnanti di religione devono dimostrarsi capaci di abbandonare la domina di un Dio personale: di abbandonare, cioe, quell a fonte di timore e di speranza che per il passato diede un COS! vasto potere ai preti». E che, dall'altro lato, «Ia scienza non solo purifica il sentimento religioso dall'impurita del suo antropomorfismo, rna contribuisce anche a una spiritualizzazione religiosa della nostra comprensione della vita». Gia gli Stoici avevano una simile visione, e Ie parole di Einstein risuonano dei loro accenti: «Chi ha fatto l'intensa esperienza dei fortunati progressi com pi uti dalla scienza, e preso da profonda riverenza per la razionalita che si manifesta nell'esistenza. Per mezzo della comprensione egli si libera completamente dalle catene delle speranze e dei desideri personali, e raggiunge quell'umile atteggiamento della mente verso la grandezza della ragione incarnata nell'esistenza, che nelle sue pill grandi profondita e inaccessibile alI'uomo. Quell'atteggiamento mi sembra religioso nel pill alto senso della parola». Ancora pill precisamente, in una lettera del 30 marzo 1952 a Maurice Solovine: « Cio che ci dovremmo aspettare, a priori, e un mondo caotico del tutto inaccessibile al pensiero, Ci si potrebbe (anzi, ci si dovrebbe) aspettare che il mondo sia governato da leggi soltanto nella misura in cui interveniamo con la nostra intelligenza ordinatrice: sarebbe un tipo d'ordine simile a quello alfabetico, del dizionario, laddove il tipo d' ordine creato ad esempio dalla teoria della gravitazione di Newton ha tutt'altro carattere. Anche se gli assiomi della teoria sono imposti dall'uomo, il successo di una tale costruzione presuppone un alto grado d' ordine del mondo oggettivo, e cioe un qu~cosa che, a priori, non si e per nulla autorizzati ad attendersi. E questo iI 'miracolo' che si rafforza sempre pill, con 10 sviluppo delle nostre conoscenze». Ma, a scan-
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so di equivoci, « il fatto curioso e che noi dobbiamo accontentarci di riconoscere il 'miracolo' senza che ci sia una via legittima per andare oltre ». Insomma, Einstein era S! religioso, ma in un senso completamente diverso da quello che si da comunemente alIa parola. Come egli ribad! in una lettera del 24 marzo 1954, un an no prima di morire, a un signore che gli scriveva di aver letto che era credente: « Era, natural mente, una menzogna cio che lei ha letto a proposito delle mie convinzioni religiose, una menzogna che viene sistematicamente ripetuta. 10 non credo in un Dio personale e non l'ho mai negato, anzi, l'ho detto chiaramente. Se c'e qualcosa in me che puo essere chiamato religioso, e la sconfinata ammirazione per la struttura del mondo quale la scienza ci ha finora rivelato ». Se 10 ricordino coloro che continuano a diffondere quella menzogna, e glielo ricordino coloro che han no a cuore la verita.
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PERCHE RUSSELL NON ERA CRISTIANO
II Cristianesimo pervade la societa. occidentale da COS! tanto tempo, e in maniera COS! invasiva, che Ie opinioni su di esso e sul suo ruolo ricoprono l'intero spettro delle possibilid.: dalla constatazione di Soren Kierkegaard che non possiamo essere cristiani, per l'impossibilita di vivere un autentico rapporto person ale con Gesu, all' affermazione di Benedetto Croce che non possiamo non dirci cristiani, per il ruolo che la fede e la Chiesa hanno avuto nella formazione della nostra cultura, al pronunciamento di Marcello Pera che dobbiamo dirci cristiani, perche la laicita e la democrazia non sarebbero (state) possibili al di fuori della tradizione evangelica. Evidentemente, e nonostante Ie loro differenze reciproche, I'esistenzialista, I'idealista e l' apostata avevano almeno un aspetto in comune: la pretesa di elevare Ie proprie opinioni personali al rango di verita universali. Bertrand Russell era pili modesto, come dimostra fin dal titolo il suo Perche non sono cristiano: una memorabile raccolta di una dozzina di saggi scritti tra il1925 e il1954 (a parte una curiosita filosofica del 1899), in cui egli dice la sua su tutti gli aspetti della religione in generale, e del Cristianesimo in particolare. E la dice apertamente, senza nascondersi, dichiarando fin dalla Prefazione: « Penso che tutte Ie grandi religioni del mondo siano, a un tempo, false e dannose ». Quanto alIa giustificazione del titolo dellibro, e presto detta: « In primo luogo, non credo in Dio e nell'immortalita; e in secondo luogo, Cristo, per me, non e stato altro che un uomo eccezionale ». Anzi, a pensarci bene, piu un personaggio letterario che un uomo, visto che in fondo « storicamente non si sa nulla di lui, e si arriva anche a dubitare della sua esistenza». E neppure COS! eccezionale, visto che molte frasi dei Vangeli « han no recato paura e terrore alI'umanita, e non mi sento di riconoscere un'eccezionale bonta in chi Ie pronuncio». Del Cristianesimo organizzato, poi, Russell pensa ancora peggio, e cioe che « e stato ed e tuttora il piu grande nemico del progresso morale del mondo », e che « in ogni tempo si manifestata una ferma opposizione da parte della Chiesa contro ogni forma di
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progresso in campo morale e umanitario». Affermazioni certo difficili da digerire per i credenti, rna altrettanto difficili da controbattere per chi ricorda da un lato Ie inopportune chiusure del Vaticano nei confronti delle maggiori innovazioni scientifiche, dall' eliocentrismo all' evoluzionismo alle biotecnologie, e dall' altro gli opportunistici concordati stipulati dalla Santa Sede con Mussolini nell929, Hitler nel1933, Salazar nel1940 e Franco nel 1953 (dimmi con chi vai, e ti diro chi sei). Quanto all'atteggiamento del Cristianesimo riguardo al sesso, cos' altro potrebbe dire Russell se non che esso « morboso e innaturale », e che come altre sue dottrine fondamentali richiede « una buona dose di perversione etica in chi Ie accetta »? In fondo, Ie premesse biologiche della morale cristiana so no una madre che rimane vergine « prima, durante e dopo il parto », una procreazione assistita eterologa ante litteram, un esempio di vita completamente asessuata, e una predicazione per la quale « bene non toccar donna », anche se « meglio sposarsi che bruciare dalla passione» (Prima lettera ai Corinzi, I, 4). Leconseguenze logiche diventano COS! il celibato e l' astinenza nei casi migliori, e la pedofilia e la perversione in quelli peggiori: ovvero, in entrambi, un comportamento in naturale 0 morboso, come volevasi appunto dimostrare. Pili in generale, Russell avanza due obiezioni contro la religione. Anzitutto, «l'anacronismo di precetti che risalgono a epoche in cui gli uomini erano pili crudeli, e perpetuano COS! abitudini contrarie alla nostra coscienza attuale »: cosa che dovrebbe essere ovvia, visto che Ie regole di vita adatte ai pastori analfabeti del deserto di duemila anni fa difficilmente possono essere automaticamente applicabili agli abitanti multimediali delle metropoli di oggi. E poi, la propensione moderna a «chiedersi se la religione sia utile, anziche di cap ire se essa" sia vera »: non a caso, un capitolo dellibro la trascrizione di un dibattito (0, se si preferisce, un dialogo fra sordi) sull'esistenza di Dio tra Russell e un gesuita, trasmesso dalla BBC. Da parte sua, l'obiezione che la religione rivolge in genere ai non credenti che, come direbbe l'Ivan dei Fratelli Karamazov, se Dio non ci Fosse allora tutto sarebbe permesso. In pili parti del libro Russell dimostra invece che un' etica laica possibile, e la riassume nella massima: «La vita retta quell a ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza ». Naturalmente, lungi daB' essere
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innocua, quest'affermazione in aperto contrasto con Ie regole di comportamento che si ispirano alla religione, additata senza mezzi termini come «una forza del male »: ad esempio, non sono certo ne l'amore ne la conoscenza a proibire l'educazione sessuale, la masturbazione, i rapporti prematrimoniali, la contraccezione, l'aborto, la convivenza e il divorzio. In un capitolo del maggio 1940 Russell notava che «la plutocrazia e la Chiesa si coalizzano per scagliare accuse di comunismo [sic] contro chiunque non abbia opinioni conformi », come quelle appena elencate. E sapeva cosa stava dicendo, visto che si trovava nel bel mezzo di un'imbarazzante vicenda accaduta a New York; dov' era stato invitato a insegnare al City College. Le proteste di un vescovo avevano scatenato una tipica caccia alle streghe statunitense che culmino in un processo, intentato da una signora di Brooklyn che temeva cio che sarebbe potuto accadere alia figlia se un tale filosofo avesse insegnato in citta, nonostante il fatto che i corsi dell'universita fossero riservati per statuto ai soli uomini! L'avvocato dell'accusa defin! Ie opere di Russell «lascive, libidinose, sensuali, erotiche, afrodisiache, irriverenti, grette, false e prive di contenuto morale », e sostenne che era «contrario all'interesse pubblico nominare un insegnante che propugna l'ateismo ». II filosofo ricevette Ie dichiarazioni di solidarieta del mondo accademico, e Einstein osservo: « I grandi spiriti hanno sempre trovato la violenta opposizione dei mediocri, i quali non san no capire l'uomo che non accetta stupidamente i pregiudizi ereditati, rna con onesta e coraggio usa la propria intelligenza ». II giudice revoco comunque la nomina, con la motivazione che Russell era uno straniero, era stato ass unto senza regolare concorso e «aveva divulgato dottrine immorali e libertine ». L' episodio ebbe l' effetto pratico di impedire allo «straniero» non solo di insegnare in tutti gli Stati Uniti, dai quali non poteva andarsene per via della guerra, rna anche di tenere conferenze e scrivere articoli. Come racconta egli stesso nella sua Autobiografia, la situazione era aggravata dal fatto che i suoi sostenitori 10 immaginavano, in quanto pari d'Inghiiterra, possess ore di grandi tenute ancestrali e ricchissimo. A salvarlo dall' essere ridotto sullastrico fu un mecenate di Filadelfia, il dottor Albert Barnes, che gli fece un . contratto per scrivere la Storia della filosofia occidentale, poi divenuta il suo maggior successo editoriale.
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E fU proprio quellibro a essere citato nella motivazione ufficiaIe del premio Nobel per la letteratura che venne assegnato a Russell nel1950, quando l'Accademia Svedese decise di onorare Ie sue opere come « un servizio alIa civilizzazione morale», e lui come « un brillante campione dell'umanid. e dellibero pensiero»: evidentemente, i paesi scandinavi luterani hanno standard di civild., moralid., umanid. e liberta diversi da quelli dei paesi anglosassoni puritani, per non parlare dei paesi latini cattolici. Ma proprio per questo che illibro di Russell continua a mantenere intatto, a cinquant' anni dalla pubblicazione nel 1957, la sua efficacia come vaccino di prevenzione e antidoto di disintossicazione sia per gli Stati U niti sia per l'Italia di oggi, in cui gli untori teo-con hanno ormai invaso parlamenti e ministeri, dai quali infettano media e scuole con Ie « teologiche conneries» che danno loro il nome. Dunque, 10 leggano e 10 diffondano tutti coloro che vogliono immunizzare se e il prossimo dalle epidemie di integralismo e di fondamentalismo che minacciano di recidere Ie vere radici dell'Occidente: che non sono, nonostante cio che si canta in Vaticano e si controcanta in Parlamento, quelIe cristiane e superstiziose dell'Era delle T enebre, bens! quelle laiche e razionali dell'Era dei Lumi.
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II 24 febbraio 1940 il City College di New York affido a Bertrand Russelll'incarico di tenere l'anno seguente tre corsi di filosofia: il primo sui concetti moderni della logica, il secondo sulIe basi della matematica e il terzo sulle relazioni tra scienza pura e applicata. II vescovo William Manning invio immediatamente una lettera ai giornali cittadini, avvisando la popolazione che l'incaricato era « un uomo no to come propagandista antireligioso e antimorale, che difende in particolar modo l'adulterio». II settimanale gesuita America preciso che egli era « un arido e decadente difensore della promiscuita sessuale», e il senatore John Dunigan dichiaro in aula che la filosofia di Russell « sovverte religione, Stato e famiglia». Passando dalle proteste alle denunce, una scandalizzata signora di nome Jean Kay chiese alIa Corte suprema di New York di revocare l'incarico al filosofo. E il giudice John McGeehan sentenzio il 30 marzo, chiudendo ufficialmente la vicenda: « Si accusa Russell di aver divulgato dottrine immorali e libertine per mezzo di libri, rico no sci uti come scritti da lui e qui presentati come prova. Non necessario scendere in particolari sulle sudicerie contenute in queste opere: bastera citarne alcuni brani». Uno dei (quattro) libri in questione, che nella sua Autobiografia Russell identifica come la Fonte principale dei materiali per gli attacchi contro di lui, era appunto Matrimonio e morale: un'opera del 1929, che teorizzava modelli di comportamento che l'aurore stava ormai praticando da qualche anno. Dopo il fallimento del suo primo e giovanile matrimonio con la puritana AIys Smith, egli aveva infatti sposato nel 1921 in seconde nozze la femminista Dora Black, di ventidue anni piu giovane di lui, dalla quale l'ormai cinquantenne filosofo ebbe i suoi primi due figli Oohn e Kate): anzi, sembra che l'avesse sposata proprio perche era l'unica, tra Ie sue numerose amanti, disponibile a dargli un erede (per il titolo nobiliare che lui stesso avrebbe ereditato nel 1931). La presenza dei bambini modi fico la percezione della vita sen-
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timentale di Russell, che prese a distinguere nettamente fra I'amore coniugale rivolto al mantenimento della famiglia e alI'educazione dei figli, e I' amore passionale dedicato al soddisfacimento dell' attrazione romantica e della pulsione erotica. Dopo essere stato in precedenza, con altre donne, un amante geloso fino all' ossessione, egli accetto dunque di vivere con la promiscua moglie un rapporto di coppia aperta, spiegando nel capitolo 10 del suo libro che« un matrimonio nato da un amore appassionato, e da cui sono nati figli desiderati e amati, dovrebbe far nascere tra un uomo e una donna un vincolo COS1 profondo da rendere preziosa per entrambi la reciproca compagnia, anche quando la passione sessuale sia spenta, anche se uno dei due ami un'altra persona ». Quanto al divorzio, la posizione complementare espressa nel capitolo 16 che « il matrimonio dovrebbe essere inteso da tutt'e due Ie parti come un'unione amichevole, valida sino ache i figli diventino grandi». Ma poiche « tra i popoli civili liberi da inibizioni, uomini e donne sono generalmente poligami per istinto », ci si puo aspettare che l'adulterio. piu che possibile, sia sempliceda entrambe Ie parti: esso pero « non dovrebbe mente inevitabile , essere per se stesso una ragione di divorzio, a meno che non implichi una deliberata e assoluta preferenza per un'altra persona». Detto altrimenti, meglio tradire il coniuge per amore dei figli, che divorziare da esso per amore di un amante. II problema non si pone, ovviamente, quando i figli non ci sono: in tal caso, cosa succede tra un uomo e una donna solo affar loro, e ogni persona per bene dovrebbe riconoscere loro il diritto di prendersi e lasciarsi a piacere. Se invece i figli non solo ci sono nel matrimonio, rna ad essi se ne aggiungono altri che arrivano dal di fuori, allora i problemi si pongono eccome: RussellI' aveva previs to in teoria nellibro, e se ne accorse in pratica nella vita, quando la moglie ne ebbe due da un bisessuale (Barry Griffin) con il quale essa condivideva anche un altro am ante (Paul Gillard). A questo punto il filosofo divorzio e si risposo nel 1936 con la ventiduenne Patricia Spence, di quarantadue anni piu giovane di lui, che gli diede un terzo figlio (Conrad). Non fu pero I'esperienza con quest'ultimo, venuto al mondo quando ormai illibro era gia scritto, a dettare a Russell Ie numerose pagine di Matrimonio e morale dedicate all' educazione sessua-
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Ie, bens1 quella con i primi due figli. E, soprattutto, con la scuola che egli aveva fondato con la moglie Dora nel 1927, per evitare che i bimbi propri e altrui fossero condannati alIa diseducazione religiosa imperante, allora come ora, nelle scuole istituzionali pubbliche e private. A proposito della sedicente etica cristiana, Russelll'accusa nel capitolo 5 di essere « contra ria ai fatti biologici» e « una morbosa aberrazione». Con buone ragioni, visto che nella Prima lettera ai Corinzi si legge che « bene per I'uomo non toccar donna», anche se « meglio sposarsi che ardere»: ovvero, il Cristianesimo propone la castita come modello, e accetta il matrimonio unicamente come un rimedio contro la fornicazione. Per il Cattolicesimo, poi, persino i rapporti sessuali coniugali non finalizzati alIa procreazione sono illegittimi: da cui I' ottusa proibizione degli anticoncezionali, anche se il bravo logico non puo fare a meno di notare che « la dottrina cattolica non si mai spinta sino a permettere 10 scioglimento di un matrimonio a causa della sterilid.». E meno che mai, come argo menta nel capitolo 11. ad ammettere che la prostituzione una conseguenza necessaria del fatto che « molti uomini, celibi 0 comunque lontani dalle mogli, non sanno rimanere continenti, e in una comunita convenzionalmente virtuosa non trovano nel loro stesso ambiente donne disponibili». A scanso di equivoci, Russell non era favorevole alla prostituzione, che anzi riteneva foriera di gravi pericoli sanitari e psicologici: in particolare, di abituare I'uomo a disprezzare la donna e a pensare di poter soddisfare il suo istinto sessuale a comando, con Ie possibili opposte conseguenze di arrivare a trattare la moglie da prostituta 0 di idealizzarla e smettere di avere rapporti con lei. Per questo Russell si rallegrava della nuova liberta sessuale che andava diffondendosi tra i giovani, e nel capitolo 12 propaganda il « matrimonio di amicizia» proposto dal giudice Ben Lindsey, pioniere dell'abolizione del lavoro minorile e dell'introduzione del tribunale dei minori: semplicemente, si tratta di un tentativo di contrastare la promiscuita e di favorire una certa stabilita nelle relazioni sessuali dei giovani, permettendo loro di legalizzare il proprio legame con una specie di PACS (Patto civile di solidarieta) che puo essere sciolto consensual mente e senza strascichi economici, finche non ci so no figli.
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La futuribilita di queste proposte evidente dal fatto che solo nel1999, settant'anni dopo la pubblicazione di Matrimonio e morale, una nazione europea (la Francia) ha approvato i primi PACS per coppie adulte. Quanto al Vaticano, dopo aver per decenni chiuso gli occhi di fronte alle perversioni sessuali del proprio clero, che gli so no gia costate un miliardo di euro in risarcimenti alle sole vittime minorili, Ii tiene oggi ben aperti per cercare di evitare a ogni costo che nelle nazioni cattoliche si diffondano la saniti sessuale e la felicita sentimentale. Si puo dun que ben capire come mai, ottant'anni fa, questo libro causo un putiferio con Ie sue idee sull'educazione dei bambini, i rapporti degli adolescenti e Ie relazioni degli adulti. Stranamente, non ci furono allora reazioni particolari a proposito del capitolo 18 sull'eugenetica, che oggi suona un po' nazista con Ie sue candide affermazioni che « gli esseri umani differiscono gli uni dagli altri per una capacita mentale congenita » e che « Ie persone intelligenti so no da preferire agli idioti », con Ie conseguenti proposte di misure sterilizzatrici per « diminuire il numero degli idioti, degli scemi e dei deboli di mente», pur « severamente limitate alle persone difettose da un punto di vista mentale». II fatto che nel 1929 Ie leggi eugenetiche in Germania erano di la da venire. Erano invece gia venute negli Stati Uniti, ed erano talmente radicali che 10 stesso Russell fu costretto a dichiarare: « Non posso accettare leggi simili a quelle dell'Idaho, che autorizzano la sterilizzazione dei malati mentali, epilettici, criminali abituali, degenerati morali e pervertiti sessuali ». Queste leggi, adottate a partire dal 1907 da una trentina di Stati americani, dichiarate costituzionali nel 1927 dalla Corte suprema, e solo nel 1933 copiate da Hitler, erano state ispirate da Harry Laughlin, che nel 1936 ricevette per questo una laurea ad honorem ad Heidelberg. Certe idee non erano dunque una specialita tedesca, e risultavano appetibili anche agli inglesi: non solo ai filonazisti come il re Edoardo VIII, rna anche ai Iiberali come Russell, che dichiara candidamente nel suo libro che « non possono sussistere dubbi sulla superiorita di una razza rispetto all' altra», e che « giusto considerare i negri a un livello medio inferiore a quello dei bianchi », In seguito Russell cambio fortunatamente idea, rna Ie reazionarie idee sull' eugenetica non diminuiscono la portata rivoluzionaria
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di quelle sui sesso e l'amore espresse in Matrimonio e morale: un testo che non fu citato nella menzione del premio Nobel per la letteratura assegnatogli nel1950, come invece egli afferma nel terzo volume della sua Autobiografia, rna che certamente ha contribuito a meritargli Ia qualifica di « campione della liberta di pensiero e di parola» assegnatagli dal comitato di Stoccolma.
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COSI FAN TUTTE (E TUTTI)
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« La
monogamia il pili difficile di tutti i rapporti coniugali umani, rna anche uno dei pili rari», disse una volta I'antropologa Margaret Mead. E non pensava certo all' eccesso metaforico del profeta, secondo il quale « chi guarda una donna per desiderarla ha gia commesso adulterio con lei nel suo euore». Si riferiva piuttosto al difetto letterale dell'uomo, che da quando mondo mondo un iversalmente predica la fedelta, rna altrettanto universalmente pratica I'infedelta: non solo nei tanti mondi della finzione, dalI'lliade e l' Odissea a Madame Bovary e L'amante di Lady Chatterley, rna anche e soprattutto in quello dell'unica realta. Stiamo parlando degli umani, naturalmente, perche non tutti gli animali si comportano allo stesso modo. II platelminta, ad esempio, un parassita dei pesci che non a caso si chiama Diplozoon paradoxum (Doppio essere paradossale), vive letteralmente aU'insegna del motto « finche mone non vi separi»: quando due partner si incontrano, infatti, i loro organi sessuali si incastrano permanentemente ed essi si fondono fisicamente, rimanendo indissolubilmente legati in un perpetuo amplesso per il resto della loro vita, che pua anche durare anni. . Ma quando si guarda ai mammiferi, inclusa la maggior parte dei primati, la musica cambia: 10 racconta provocatoriamente II mho della monogamia di David Barash e Judith Lipton (Cortina, 2002), i cui autori si ringraziano reciprocamente agli inizi per « Ie belle serate trascorse insieme negli ultimi venticinque anni », e ringraziano pure la figlia, evideritemente concepita in una di quelle belle serate. Sulla loro fedelta reciproca possiamo invece solo speeulare, visto che essi dichiarano esplicitamente: « L'accoppiamento multiplo la norma. E cia non si riferisce solo alle ben note tendenze dei maschi a cercare numerosi partner sessuali, rna anche a queUe delle femmine». Non si tratta comunque soltanto di una loro opinione: a partire dal Rapporto Kinsey sui comportamento sessuale dell'uomo (1948) e della donna (1953), innumerevoli inchieste e sondaggi hanno infatti appurato che I'infedelta molto pili diffusa di quan-
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to si pretenda. Gli uomini dicono di avere pili partner sessuali delle donne, anche se questa possibile solo se un piccolo numero di donne va con molti uomini: se no, visto che la maggior parte dei rapporti sessuali si pratica in coppia, i numeri dovrebbero pili 0 meno pareggiarsi. In parte, la spiegazione sta nel fatto che sia gli uomini sia Ie donne tendono a esagerare: i primi per eccesso, Ie seconde per difetto. Ma pili che « uomini e donne» dovremmo dire « maschi e femmine», visto che anche tra molti animali queste ultime stanno attente a non rivelare troppo, mentre i primi sono pili sfacciati. Per rimanere ai mammiferi, ad esempio, meno del 5 per cento delle loro quattromila specie forma coppie affidabili: dai pipistrelli, aile volpi, ad alcune piccole scimmie; Quanto agli uccelli, il 90 per cento dei quali forma invece coppie durature, sembra che tra il 10 e il 40 per cento della loro prole sia in realta concepito con partner diversi da quello abituale. E la stessa cosa succede anche per gli uomini: Jared Diamond cita infatti, in II terzo scimpanze (Bollati Boringhieri, 1994), varie ricerche genetiche che quantificano tra il 5 e il30 per cento i neonati anglosassoni concepiti fuori . del matrimonio da donne regolarmente sposate. II vantaggio evolutivo di questo genere di comportamento abbastanza evidente. Da un lato, chiaro che i maschi massimizzane Ie loro possibilita di procreazione copulando con il maggior numero possibile di femmine, e rafforzano I'immagine di dominanza nei confronti dei maschi meno fortunati 0 capaci esibendo Ie proprie conquiste. Dall'altro lato, meno chiaro, rna pur sempre plausibile, che anche Ie femmine possano trarre da una maggior varieta di rapporti una serie di benefici, che vanno da una diversificazione del portafoglio genetico, a un incremento delle possibilita di concepimento, a una maggiore offerta di cibo, protezione e altre risorse. Due fatti sono significativi, a questo proposito. Anzitutto, che Ie femmine degli ani mali scelgano i loro partner occasionali tra quelli gia accoppiati a qualcun'altra, e in qualche lllodo superiori ai propri attuali compagni. E poi, che Ie femmine accoppiate a maschi molto dotati abbiano meno tendenza alia promiscuita sessuale di quelle accoppiate peggio. II che dimostra da parte loro una ricerca, pili che di una quantita fine a se stessa, di una qualita
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mirata di cui possano beneficiare non solo esse stesse rna anche i loro figli, direttamente 0 indirettamente. Naturalmente non c'e simmetria tra maschi e fern mine, per una serie di ragioni. Anzitutto, gli spermatozoi so no abbondanti e facilmente ottenibili (nell'uomo, ogni eiaculazione ne produce 250 milioni), e Ie uova no (una singola ovulazione umana richiede circa un mese): non sorprende, dunque, che i primi si sprechino e Ie seconde si economizzino. Inoltre, 10 sforzo necessario a mettere al mondo dei figli e minimo per l'uomo (solo la copula) e massimo per la donna (la gravidanza e l'allattamento): non a caso, il Guinness dei primati riporta come record 888 figli per un uomo (l'imperatore del Marocco Moulay Ismail), e 69 per una donna (una moscovita del Settecento). Infine, la cura della prole e spesso affidata quasi esclusivamente alle femmine, il che lascia molto pili tempo libero ai maschi per trovare occasioni. Come argomentano entrambi i libri citati, e com un que possibile legare la maggiore 0 minore tendenza alia monogamia di una specie al suo dimorfismo sessuale, nel senso che tra i mammiferi poliginici iI numero delle partner e proporzionale al rapporto tra Ie moli corporee delmaschio e della femmina: si va dall'uguaglianza nei gibboni (che sono monogami), al doppio nei gorilla (che han no harem medi da tre a sei femmine), a dieci volte negli elefanti marini australi (che ne hanno invece una cinquantina). Da questo punto di vista l'anatomia umana riflette dun que una certa poliginia, visto che gli uomini adulti sono in media tra iI 10 e iI 20 per cento pili pesanti, oltre che il 10 per cento pili alti, delle donne. Un altro fattore fisiologico che argomenta contro la monogamia e la strana sessualira della nostra razza: la ricettivira continua della donna e la sua ovulazione nascosta, COS! come la nostra naturale tendenza a fare sesso in privato, ci rendono infatti diversi da quasi tutti i mammiferi, che limitano la copulazione al periodo in cui la femmina apertamente in caiore, rna la praticano pubblicamente. Lo « scopo » principale del sesso umana non e dunque la riproduzione, checcheS ne pontifichino i preti, rna semmai da cercare nella coesione di rapporti che esso instaura fra i partner, • • permanent! 0 temporanel. Una do manda, a questo punto, pero d'obbligo: se la monogamia e COS! poco naturale e praticata, percheS allora e COS! tanto
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elogiata e imposta? Una prima risposta e che essa tende ad essere salvaguardata da alcuni meccanismi biologici. L'istintiva aggressivita. tra femmine delle specie monogame, ad esempio, che rende pericolosa l' esplicita profferta sessuale a maschi gia accoppiati. 0 la sincronizzazione delle mestruazioni, e di conseguenza delle ovulazioni, che si manifesta nei luoghi in cui molte donne vivono insieme, che riduce la possibilita per uno stesso uomo di accoppiarsi con pili donne, e fecondarle, in periodi diversi. Una seconda, e pili convincente risposta, e che la coppia fornisce un meccanismo di crescita dei figli pili efficiente di una madre isolata, e i rapporti al di fuori di essa tendono a minarla in maniera spesso irreparabile. Non a caso, da un lato l'adulterio e tra Ie ragioni pili citate come motivo di separazione e divorzio, e dall'altro spesso vi si indulge solo quando illegame e ormai allentato, 0 addirittura gia prossimo a rompersi: in tal caso, I'adulterio puo anzi porre Ie basi per un nuovo legame e un nuovo matrimonio. Qualcuno ha visto nel riformarsi di nuove coppie dalle ceneri delle vecchie soltanto « il trionfo della speranza sull' esperienza», rna c'e Forse qualcosa di pili: una specie di quadratura del cerchio, che realizza la naturale rna contenuta poligamia del genere umana nella forma seriale di successive monogamie. In tal modo una specie come la nostra, in cui gli uomini e Ie donne sono pili 0 menD ugualmente distribuiti, puo trovare un temporaneo equilibrio che eviti il pericoloso squilibrio della poligamia, in cui per ogni uomo con pili donne dovrebbero esserci pili uomini senza una donna. Anche se si tratta di un equilibrio instabile percheS, come noto Alexandre Dumas, « Ie catene del matrimonio sono COS! pesanti che spesso sono necessarie tre persone per portarle».
LA POSIZIONE MISSIONARIA
L' 11 dicembre 1979 Madre Teresa di Calcutta ricevette il premio Nobel per la pace, e nel suo discorso ufficiale dichiaro: « Non e sufficiente dire: io amo Dio, rna non amo il prossimo. Come si puo amare Dio, che non vediamo, se non ami~mo il prossimo, che vediamo e tocchiamo, e con cui viviamo? » E una bella frase, e naturalmente sottintende che lei amasse sia Dio sia il prossimo: due assunzioni che da una parte l'hanno condotta a un' affrettata beatif1cazione il 19 ottobre 2003, a soli sei anni dalla morte, rna che dall'altra parte so no state messe entrambe e variamente in di• scusslOne. Per quanto riguarda l'amore per Dio, e piu in generale la fede, sono sorprendenti gli epistolari e i diari della suora, in parte anticipati nel2002 dal giornalista Saverio Gaeta in II segreto di Madre Teresa, e poi pubblicati il 4 settembre 2007 da padre Brian Kolodiejchuk, postulatore ufficiale della causa di santif1cazione, in Madre Teresa: Sii la mia luce (Rizzoli, 2008). Vi si legge infatti che « il mio essere gioiosa non e che un manto con cui copro vuoto e miseria», perche negli ultimi cinquant' anni della sua vita la beata fu . sommersa dalla « notte oscura» della mancanza di fede. Ecco, ad esempio, cosa scriveva all'arcivescovo di Calcutta Ferdinand Perier nel 1956: « Per che cosa mi tormento? Se non c'e alcun Dio, non c'e neppure l'anima, e allora anche tu, Gesu, non sei vero. 10 non ho nessuna fede, nessun amore, ness uno zelo. La salvezza delle anime non mi attrae, il Paradiso non signif1ca nulla. 10 non ho niente, neppure la reald. della presenza di Dio». E al reverendo Michael van del' Peet nel 1979: « Gesu ha un amore molto speciale per teo Ma per me, il silenzio e il vuoto sono COSI grandi che io 10 cerco e non 10 trovo, provo ad ascoltarlo e non 10 sen to». Ancora piu sorprendenti di queste rivelazioni, so no Forse Ie reazioni che esse hanno suscitato negli inossidabili cattolici, all'insegna del motto alia Nietzsche: « Non ci so no fatti religiosi, solo interpretazioni teologiche». Ad esempio, Benedetto XVI ha confermato a trecentomila giovani riuniti a Loreto il primo settembre
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2007: « Con tutta la sua carita e la sua forza di fede, Madre Teresa soffriva del silenzio di Dio. Da una parte, dobbiamo sopportare questo silenzio di Dio anche per potere capire i nostri fratelli che non Lo conoscono. Dall'altra, con il salmista possiamo sempre di nuovo gridare a Dio: Paria, mostrati! » Qualche giorno prima, sull'Avvenire del 26 agosto, padre Raniero Cantalamessa aveva gia spiegato ineffabile: « II mondo d' oggi conosce una nuova categoria di persone: gli atei in buona fede, coloro che vivono dolorosamente la situazione del silenzio di Dio, che non credo no in Dio rna non si fanno un vanto di cio; sperimentano piuttosto l'angoscia esistenziale e la mancanza di senso del tutto; vivono anch' essi, a loro modo, in una notte oscura dello spirito. I mistici esistono soprattutto per essi; so no loro com pagni di viaggio e di mensa». Per chi poi non avesse ben capito, l'astuto predicatore della Ca. sa Pontif1cia aggiungeva: « La parola 'ateo' puo avere un senso attivo e un senso passivo. Puo indicare uno che rif1uta Dio, rna anche uno che - almeno COSI gli sembra - e rif1utato da Dio. Nel primo caso, si tratta di un ateismo di colpa (quando non e in buona fede), nel secondo di un ateismo di pen a, 0 di espiazione. In quest'ultimo senso possiamo dire che i mistici, nella notte dello spirito, sono degli atei, dei senza Dio, e che anche Gesu sulla croce era un ateo, un senza Dio ». Venuti COSI a sapere che come atei siamo in buona compagnia, da Gesu Cristo a Madre Teresa, possiamo pass are a chiederci se quest'ultima almeno amasse il prossimo, visto che in Dio ormai abbiamo capito che non credeva. La domanda sembra retorica, alIa luce degli apparentemente unanimi riconoscimenti che hanno onorato il suo lavoro: il premio Nobel norvegese nel1979, il Bharat Ratna indiano nel1980, I'Ordine al Merito inglese nel1983 e la Medaglia della Liberta statunitense nel1985, oltre a un'inf1nita di altre onorif1cenze e lauree ad honorem, in quantita tale da chiedersi quanta tempo libero Ie lasciassero Ie cerimonie per la sua at. ., .. . tlVlta mlSSlOnana. In realta, e questa e la prima obiezione che e stata avanzata da Christopher Hitchens nel suo documentario L'angelo dell'inferno (un gioco di parole sui famigerati Hell's Angels californiani) del 1994 e nel suo provocatorio libro La posizione della missionaria dell' an no seguente, Madre Teresa sembra essere stata tanto beata
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coi poveri e i dere!itti, quanto coi ricchi e i potenti, dalla principessa Diana a Ronald Reagan. E, cosa altrettanto imbarazzante, anche coi dittatori e i truffatori: da Jean-Claude Duvalier, spietato despota di Haiti che la insigni della locale Legion d'Onore, e che lei e!ogio alIa CBS dicendo di « non aver mai visto da nessuna parte i poveri cosi in sintonia col proprio capo di Stato », a Charles Keating, bancarottiere che Ie dirotto pili di un milione di dollari rubati, e che lei contraccambio implorando invano clemenza dal tribunale per quell'uomo « buono e generoso coi poveri». Questo solleva natural mente il problema degli enormi fondi ricevuti da Madre Teresa: oltre che per la loro provenienza, soprattutto per la loro destinazione. Essi so no infatti serviti pili per costruire cinquecento conventi per Ie Missionarie della Carita in cento paesi, che per alleviare la sofferenza dei malati e dei moribondi: anche perche la beata, che pure si fece spesso curare in ospedali occidentali dotati di tutti i comfort, Ii negava poi ai poveri perche riteneva che letti, medicine e calmanti costituissero, per gli altri, altrettanti ostacoli all' accettazione della sofferenza e della morte come doni di Dio. Istruttivo, a questo proposito, il servizio filmato in cui lei spiega a un moribondo di. cancro che Ie sue pene so no baci di Gesli, e il malato Ie risponde di chiedere allora al Signore di smettere di baciarlo. Ma da dove deriva dunque la fama di Madre Teresa, se non dai malati indiani? Dai media occidentali, ovviamente: in particolare, dal documentario Qualcosa di bello per Dio che Malcom Muggeridge, un ex agnostico neoconvertito al Cristianesimo, filmo per la BBC ne!1969, e dal quale trasse un omonimo bestseller ne!1971. Fu que! documentario a trasformare un miracolo tecnologico, e cioe Ie (allora) nuove pellicole Kodak ad alta sensibilid, che 1'0peratore Ken Macmillan testimonio di aver usato per girare nella penombra, in un miracolo teologico, e cioe la prova della santita taumaturgica della suora, che avrebbe impressionato la te!ecamera mediante la sua « luce divina». Nonostante Ie smentite dell' operatore, fu la scintilla di questa sciocca bufala ad appiccare il Fuoco della fama di Madre Teresa. Come se non bastasse, que! documentario mostrava Calcutta come una fogna (intasata), e lei come la sua idraulica (invasata), il che offese pili di un indiano. AI punto che quando la suora mori, a fronte dei funerali di Stato offerti dal governo indiano, un
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giornale come l' Hindustan Times ricordo il 28 novembre 1997 che « i missionari in India erano sempre stati dalla parte dei coloni», e Madre Teresa di Calcutta era solo la versione moderna di « que! Francesco Saverio che a Goa distruggeva templi 'idolatri', crocifiggeva bramini a migliaia e convertiva gli indli a forza». E, soprattutto, che « il mondo si concentra sull'India che e sempre associata a Madre Teresa: poverta, mise ria, gente che muore per la strada», mentre anche a Calcutta basta attraversare il ponte per trovare missioni inquiste come quell a di Ramakrishna, che fanno 10 stesso lavoro di quell a cattolica, con molta pili efficacia pratica e molto meno clamore mediatico. Ma allora, tolte la propaganda e Ie esagerazioni, qual e il tratto pili caratteristico dell' opera di Madre Teresa? Probabilmente Ie battaglie fondamentaliste e reazionarie contro I'aborto e la contraccezione, combattute in combutta e con la benedizione di un pontefice della stessa pasta, e testimoniate solennemente net discorso per il premio Nobe!: « Penso che oggi il pili grande distruttore di pace sia l' aborto, perche e una guerra diretta, l' assassinio di qualcuno perpetrato dalla sua stessa madre. E quando una madre puo uccidere il proprio bambino, non ci sono pili ostacoli: che cosa impedisce a me di uccidere te, 0 a te di uccidere me? » Dette da una suora che viveva in un paese sovrappopolato ai limiti della sopportazione e dilaniato, dal giorno stesso della sua indipendenza fino a oggi, da carnai fomentati da lotte fratricide di re!igione, queste parole non fanno che rive!are la mancanza di senso di reald, 0 di buon senso, da parte di chi Ie ha pronunciate. Fra I'altro, net nome e per conto di un Dio net quale, come poi si e scoperto, neppure credeva.
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Per due giorni, 1'1 e il 2 dicembre 2007, il papa ha tenuto banco sui giornali e nei telegiornali: dapprima con la sua nuova e seconda enciclica Spe Salvi (Salvati nella speranza), e poi con due interventi rivolti, rispettivamente, ai partecipanti a un forum delle OrganizzaZioni non governative cattoliche e ai Fedeli riuniti in piazza San Pietro per I'Angelus della domenica. In tutti i casi ripetend?, come d'altra parte si addice al massimo rappresentante della plli antica e immutabile istituzione governativa mondiale, Ie solite vecchie parole che lui e i suoi predecessori vanno dicendo letteralmente da secoli: in particolare, attaccando la scienza e la democrazia, cioe Ie vere radici dell'Europa e dell'Occidente. Non varrebbe dun que la pena di commentare questi noiosi mantra, se non Fosse appunto che essi so no stati ripresi e amplificati oltre misura dai
media. Cominciamo dall' enciclica sulla speranza e la fede, che il suo stesso autore sintetizza COS! in apertura: « II presente, anche un presente faticoso, puo essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta e COS! grande da giustificare la Fatica del cammino» (1). E che rielabora pili estesamente in seguito: « L'uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze - pili piccole 0 pili grandi - diverse nei periodi della sua vita. Quando pero queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che cio non era in realta il tutto. Si rende evidente che l'uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che puo bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sara sempre pili di cio che egli possa mai raggiungere» (30). Ma queste parole, che si presentano all'apparenza come il messaggio di speranza di un saggio, a ben guardare si rivelano nella realta come l'appello all'illusione di un insipiente. II papa si accorge infatti, rna fin Ii ci arriva chiunque si fermi un attimo a pensare, che non ha senso che viviamo la vita rivolti al domani, alienando , il presente a un raggiungimento futuro dell'amore, del possesso, della carriera e del successo. Non propone pero, come i sapienti
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di ogni tempo, dai filosofi stoici ai monaci buddhisti, una tranquilla accettazione dell'oggi e una serena liberazione dal desiderio. Piuttosto, azzarda un disperato rilancio che sostituisce una posta finita materiale, con una infinita immateriale: ovvero, casca dalla padella delle lusinghe dell'aldiqua reale, nella brace dell'attrazione di un aldila immaginario. Per inciso, il riferimento al Buddhismo non e pura provocazione. Se il papa conoscesse un po' meglio (0 meglio, almeno un po') questa « religione» ben pili saggia e umanista della sua, scoprirebbe infatti che essa ha anche anticipato di due millenni uno dei problemi che sembrano assillarlo nell'enciclica: quello relativo alIa possibilita di salvezza individuale 0 collettiva (13-15), che nella fattispecie ha portato allo scisma tra il Buddhismo hinayana 0 « del piccolo veicolo», e mahayana 0 « del grande veicolo». Ma anche rimanendo in casa sua, e singolare che Benedetto XVI lamenti che il Cattolicesimo sia diventato « una ricerca egoistica della salvezza che si rifiuta al servizio degli altri» (16), dopo che ha fatto tutto il possibile, insieme al suo « amato predecessore », per sopprimere ogni istanza della teologia della liberazione, che perseguiva precisamente il fine opposto. Storia delle religioni a parte, e difficile dire quanto il papa conosca poi quella della scienza. Certo e che nell'enciclica si limita a citare a questo proposito Bacone, e cioe un pensatore che e venuto prima di qualunque teo ria e pratica scientifica significativa: il che sarebbe come se uno pretendesse di criticare il Cristianesimo unicamente sulla base dei pronunciamenti di uno dei profeti dell'Antico Testamento. In ogni caso, almeno un episodio della storia della scienza Benedetto XVI dovrebbe conoscerlo, e cioc quello del processo a Galileo: se non altro, perche ha diretto per venticinque anni 1'0rgano che I'ha condannato, quella Congregazione per la Dottrina della Fede che oggi mantiene un'ininterrotta continuita formale e sostanziale con il Santo Uffizio di ieri, pur avendone diplomaticamente cambiato il nome. E dovrebbe dunque sap ere che la causa efficiente di quel processo fu l'irritazione del suo predecessore Urbano VIII nel veder messa alIa berlina la propria « mirabile e angelica dottrina»: che la scienza Fosse ipotetica, e non assoluta. Ovvero, il relativismo, che tanto assilla Benedetto XVI, e che lui imputa in particolare agli scienziati.
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Quanto Galileo concordasse con quella dottrina, e cioe per niente, e pero sufficientemente dimostrato dal fatto che nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo egli la fece en unci are difendere da un sempliciotto chiamato non a caso Simplicio: proprio per questo il papa di allora si infurio. La stessa dottrina era stata enunciata quasi un secolo prima, rna solo per pararsi Ie spalle da possibili attacchi della Chiesa, da co lui che scrisse la prefazione allibro di Copernico: quell'Osiander che, appunto per tale motiyo, Giordano Bruno chiamo « asino ignorante e presuntuoso ». Da allora, e in accordo con Bruno e Galileo, nessuno scienziato ha mai pensato che Ie verid. scientifiche siano relative, temporalmente 0 culturalmente: al contrario, tutti sanno che esse sono assolute e definitive, nell' ambito della propria approssimazione, benche risultino spesso passibili di ulteriori miglioramenti. E non e che un fraintendimento credere, ad esempio, che Einstein abbia scalzato Newton: I'ha « solo» raffinato, e la meccanica del secondo mantiene intatta la sua capacita. descrittiva dei fenomeni in cui Ie velocid. sono trascurabili rispetto a quell a della luce, anche se per quelli in cui non 10 sono serve la maggior precisione della teo ria della relativita del primo. Sono i filosofi ad alimentare la confusione suI relativismo della scienza, ed e ad essi che parla Ratzinger, che in fondo e uno di 10ro, quando se la prende col relativismo scientifico: ovvero, in certe parrocchie la gente se la canta e se la suona. Comunque, non e che ci si potesse aspettare un parere scientifico informato da un papa che, nella sua enciclica, ritiene « illuminante» l' affermazione che « nel momenta in cui i magi guidati dalla stella adorarono il nuovo re Cristo, giunse la fine dell'astrologia, perche ormai Ie stelle girano secondo l'orbita determinata da Cristo» (5): come se duemila anni do po l'astfologia non continuasse a essere viva e vegeta, eben competitiva suI mercato delle superstizioni (religioni comprese), e da sempre Ie orbite dei corpi celesti non fossero determinate dalla legge di gravitazione universale, invece che da Cristo. Nell'Angelus della domenica, oltre a supplementare quest' assurdita con quella analoga che « l'unica vera novid. della storia e Cristo», il papa proclama che « la scienza contribuisce molto al bene dell'umanid., rna non e in grado di redimerla», e ha ragione su entrambi i punti: anche perche la scienza non pensa affatto che l'umanid. sia da redimere, bens! soltanto e pili modestamente da
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studiare, capire e servire. E benche sia verissimo, come dice l' enciclica (22), che la scienza (in reald. sarebbe la tecnologia, rna Forse la distinzione e troppo sottile per un filosofo) e andata « dalla fionda alIa megabomba», aprendo COS! « possibilita abissali di male » nel campo degli armamenti, il papa non puo fingere di dim enticare che spesso e volentieri e stata proprio la sua religione a realizzare tali possibilid. nel corso della storia: non puo dunque essere lui a dare lezioni magisteriali in questo campo. Per tornare al relativismo, non e certo una novita sulla quale valeva la pena di ritornare con intere paginate, il fatto che il novello Simplicio proclami che esso e il male dei nostri tempi: l'aveva gia scritto diffusamente in un libro scritto da cardinale a quattro mani con l'ineffabile senatore Pera, e l'aveva ripetuto nel suo discorso di apertura del conclave che 10 elesse papa. Oggi non fa che ripeterlo, additando il relativismo come « il paganesimo dei nostri giorni», e dicendo che bisogna « opporgli la grande creativid. della verita circa l'innata dignita dell'uomo », di cui naturalmente egli si propone come l'unico interprete accreditato. Nello stesso incontro con Ie OGN cattoliche in cui ha ribadito queste affermazioni, Benedetto XVI ha anche attaccato « una concezione del diritto e della politica in cui conta solo il consenso tra gli Stati»: cioe, nientemeno che il principio fondamentale della convivenza internazionale e della democrazia! II portavoce del Palazzo di Vetfo, Farhan Haq, gli ha ricordato che Ie Nazioni Unite si fondano sulla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e ha fatto bene: spesso infatti si dimentica che il Vaticano non ha mai firmato quel documento, perche non e disposto a permettere la liberd. religiosa entro Ie sue mura, e che per questa motivo non pU(~ essere membro a pieno titolo dell'oNu, rna solo osservatore. E dunque verissimo che « l'uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre» (30): rna non oltre la democrazia e la ragione, benS! oltre l'assolutismo ideologico e l'irrazionalismo filosofico di cui la Chiesa in generale, e questo papa in particolare, sono Ie voci pili udibili e amplificate. Quanto alIa scienza, Santita, si informi, e dopo essersi informato, ci informi: magari allora Ie sue parole , non suoneranno pili come q'uelle del suo predecessore Urbano VIII, che gia Galileo non pote fare a menD di mettere alla bedina.
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UN LIBRO CRITICATO, MA NON LErro
Una mia intervista del primo marzo 2007 a La Stampa, in occasione dell'uscita di Perche non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), ha immediatamente generato il 3 marzo alcune obiezioni dei lettori, e il4 marzo un lungo articolo di padre Enzo Bianchi. Due punti han no generato fraintendimenti in quell'intervista. II primo e l' affermazione che « la resurrezione nei Vangeli non c'e ». L'Avvenire del 6 marzo mi accusa addirittura di « falso storico », ed elenca undici passi dei vangeli sinottici che invece ne parlano. Bella scoperta! 10 all'intervistatore ho detto, e lui ha correttamente riportato, che « i protovangeli, cioe quelli pili antichi, non ne parlano affatto ». E per protovangeli non si intendono ovviamente quelli canonici, bens! ad esempio la fonte Q che ha ispirato i sinottici, 0 la fonte SQ che ha ispirato Giovanni: in ness uno di questi si parla non solo della resurrezione, rna neppure della nascita verginale di Gesli, ne egli vi viene mai chiamato il Cristo. Ma neppure in Marco, che e il vangelo pili antico dei canonici, si parla di resurrezione: 0 meglio, se ne parla soltanto nei versetti finali, che come ammette pero la stessa edizione eEl « sono un supplemento aggiunto in seguito ». Le prime « testimonianze» sullieto evento si trovano nelle Lettere di Paolo, opera di un « apostolo » che per sua stessa ammissione non ha mai incontrato Gesli, e dunque non era un testimone oculare. II secondo punto dell'intervista che ha sollevato obiezioni e la mia posizione sullo Stato di Israele, che per forza di cose ha dovuto essere riassunta suI giornale. Preferisco qui citare testualmente il mio libro, nel quale scrivo che « rimane il fatto che I' esistenza stessa di Israele si fonda su una pretesa continuita storica che risale in ultima analisi a una supposta promessa divina »: qualunque cosa si pensi su Israele, non si puo negare che sia la commistione fra politica (1'esistenza di uno Stato) e religione (l'assegnazione divina di una terra) ad avvelenare il dibattito sulla Palestina. E ancor pili 1'avvelena la pretesa di molti, anche a sinistra, di insistere a equiparare antisemitismo e antisionismo: la mia posizione e diversa, e
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coincide con quella espressa da Chomsky in Terrore infinito (Dedalo, 2002), al quale rimando. In fondo, infatti, il mio libro si interessa di Israele soltanto in maniera strumentale, per il ruolo che l'Antico Testamento ricopre nella fede cristiana. Venendo ora alle lettere dei lettori, il signor Franco Bergamasco obietta alIa mia definizione dello stesso Antico Testamento come di « un irritante e snervante pasticcio, pieno di sciocchezze e orrori, massacri e contraddizioni », facendomi notare che in esso ci sono anche l'Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici e il Libro di , Giobbe. E un'obiezione singolare, come se in un tribunale il difensore di un assassino chiedesse clemenza alIa corte perche il suo assistito, oltre ad aver sgozzato una mezza dozzina di vittime, ha pero anche delle belle abitudini, come il portare i FIori alIa moglie o fare passeggiate in montagna. Che ci siano belle pagine nell'Antico Testamento non 10 nego neppure io: il fatto e che, oltre a non essere quelle su cui basa la legge mosaica, e dunque la dottrina cristiana che l'ha annessa, sono affiancate da una serie di pagine di ben altro tenore, che uno non si aspetterebbe di trovare, 0 si aspetterebbe di non trovare, in un libro che si proclama divinamente • • lsplrato . . II signor Claudio Silipo ribatte invece in maniera diversa allo stesso problema, delle « sciocchezze e contraddizioni di cui la Bibbia e piena », citando la Prima lettera ai Corinzi. Cioe dando appunto ragione a me, visto che in essa Paolo di T arso dice che la fede cristiana e « una follia per i Gentili », e che essa non si rivolge « ai Greci che cercano la sapienza ». 10 so no perfettamente d' accordo, rna evidentemente illettore, e con lui molti altri crisciani, no: problema loro, rna non si puo avere allo stesso tempo il calice pieno e la perpetua ubriaca, e cioe abbracciare una fede per i beau poveri di spirito, pretendendo poi al tempo stesso di non esserlo. Rimane da rispondere a cio che L 'Avvenire del 6 marzo descrive dicendo: « All'insulto ha reagito persino gente mitissima come il priore Enzo Bianchi ». E cioe, al suo citato articolo del 4 marzo, che inizia la sua critica sostenendo che « sbeffeggiare i cristiani puo essere molto redditizio» e che « c'e tutto da guadagnarci ». Sarei ipocrita se non dicessi che non mi dispiacerebbe affatto che lui avesse ragione, rna sarei un illuso se ci credessi: semmai e vero il contrario, visto che in halia sono scrittori come Messori 0 la T amaro a vendere milioni di copie, e non certo gli atei militanti, di
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cui non si conoscono neppure i nomi. A menD che padre Bianchi si riferisca a Dan Brown 0 Corrado Augias, che naturalmente non sbeffeggiano affatto il Cristianesimo in se, e ne propongono invece versioni menD dogmatiche e pili popolari (il che spiega in parte illoro successo). Padre Bianchi non apprezza il mio stile, ed un suo diritto: in fondo, anche il proverbio avverte che si deve « scherzare coi fanti rna lasciar stare isanti», per non parlare della Sacra Famiglia. Ma non entra affatto nel merito delle critiche che rivolgo in tutto il libro alle verira di fede: si limita a richiedere una comprensione « delle incongruenze presenti in ogni argomentazione». Dunque, ammette che queste incongruenze ci siano, e mi chiede piuttosto di comprendere « I'evolversi del pensiero umano». Si figuri se non sono d'accordo! Dubito pero che 10 siano i suoi superiori, che invece ritengono che i testi sacri vadano presi letteralmente: Ratzinger, in particalare, del quale nella condusione del mio libro riporto un interessante riassunto autentico dei « diversi dogmi cristologici e mariani » che ogni Fedele deve accettare, per potersi dire cattolico, e sui quali a mio avviso dovrebbe concentrarsi la discussione di coloro che, a differenza di me, ritengono che essi possano essere sensati e credibili. In condusione padre Bianchi dichiara: « 10 continuo a credere che anche i non credenti possano avere una vita interiore». Lo ringrazio, a nome loro, della sua generosita, rna non posso accettare il suo ecumeniCo invito a « riconoscere la ricchezza che a ciascuno puo venire dal dialogo tra identira e convinzioni differenti»: in fondo, so no un logico, e credo che la verira stia da una parte 0 dall' altra, e che quando in una disputa uno ha ragione l' altro abbia torto. In particolare, credo che la scienza abbia ragione, anche e soprattutto per il suo metodo, che consiste nel basarsi su esperimenti verificabili e dimostrazioni comprensibili. E che la Chiesa abbia invece torto, anche e soprattutto per il suo metodo, che consiste invece nel basarsi su rivelazioni non verificabili e dogmi non comprensibili. Di questo parla il mio libro e di questo mi piacerebbe discutere, entrando nella precisione dei dettagli ed evitando di rimanere nel vago delle generalira.
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E nota che quello dei gesuiti un ordine « disordinato», rna non succede spesso di poteme avere una testimonianza diretta e personale. A me capitato nella settimana del primo settembre 2007, quando da un lato ho ricevuto un duro attacco dai gesuiti italiani di Civilta Cattolica, e dall'altro ho partecipato come invited speaker a un convegno suI Principio Antropico organizzato dai gesuiti spagnoli presso la Pontificia Universira Comillas di Madrid (vedi p. 167). Se il mondo bello perche vario, questa una prova che quello dei gesuiti evidentemente ottimo. L'attacco in questione stato sferrato da padre Giandomenico Mucci nell'articolo « Dagli argomenti alle favole»: un titolo ambiguo, che nelle intenzioni riferisce esplicitamente il secondo sostantivo a Christopher Hitchens, Carlo Augusto Viano e me, in quanto rispettivi autori di Dio non grande (Einaudi, 2007), Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni (Einaudi, 2005) e Perche non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici). Ma anche un titolo che nei fatti, come mi propongo di dimostrare, andrebbe invece letto: « Dagli argomenti dei laici alle favole dei • • gesuItl ». La prima di queste favole, che costituisce anche il tema dell'articolo, che « i poteri forti che govemano i mezzi della comunicazione sociale in Italia hanno dato il via a una nuova strategia di lotta contro la Chiesa». Ora, io posso naturalmente parlare soltanto per me, rna mi piacerebbe sapere di quali « poteri forti» sarei l' espressione: Forse l' universita nella quale insegno, 0 il giomale al quale callaboro, 0 la casa editrice con cui pubblico? Non si puo che commentare: « Da che pulpito!», visto che I'accusa arriva da un membro di un' organizzazione come la Chiesa cattolica, che possiede un quinto del patrimonio immobiliare italiano e un quarto di quello romano (vedi « San Mattone », II Mondo, 18 maggio 2007), costa allo Stato nove miliardi di euro I'anno (vedi « Secondo rapporto sulla laicita», Critica Liberale, gennaiofebbraio 2006), riceve privilegi ecanomici non concordatari che la Comunita europea ha recentemente messo sotto accusa per « con-
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correnza sleale », e ha nutrite quinte colonne nelle istituzioni e nei media statali (da Andreotti a Rutelli, da Vespa a Del Noce). Ci vuole un bel becco, a essere un prete e parlare dei « poteri forti» come qualcosa di « altro da se ». Ma qualcuno ci ha insegnato che e tipico degli ipocriti vedere la pagliuzza negli occhi altrui, invece della trave nei proprio Porgiamo dunque I'altra guancia e passiamo alia seconda favola, che costituisce un mantra spesso into nato dai miei detrattori, e puntualmente ripreso da padre Mucci: il fatto, cioe, che Ie critiche razionaliste al Cristianesimo siano « rottame di altre epoche», « letteratura sette-ottocentesca», « primordiale scientismo ottocentesco» e « rozzezza dei positivisti del secolo XIX». Non e pero singolare che, ad avanzare una critica di anacronismo secolare, siano persone che si ispirano a insegnamenti millenari? E se la novid. Fosse il metro di giudizio, essere in ritardo di un paio di secoli non sarebbe Forse dieci volte meglio che esserlo di un paio di millenni? E non e altrettanto singolare che si imp uti a un argomento non di essere sbagliato, rna di essere vecchio? Vogliamo Forse abbandonare il teorema di Pitagora, ad esempio, soltanto perche ha ormai duemilacinquecento anni? Naturalmente, padre Mucci finge di non sapere che ragione e superstizione si combattono da sempre, e non solo dal secolo dei Lumi: ad esempio, Aristarco fu accusato di aver minato Ie fondamenta della religione e dell' astrologia col suo sistema eliocentrico, ben duemila anni prima che la stessa sorte toccasse a Galileo per la stessa ragione. Sarebbe molto piu onesto e coraggioso entrare nel merito delle critiche, vecchie 0 nuove che siano, che io avanzo nei confronti del Cristianesimo in generale, e del Cattolicesimo in particolare, rna certo non 10 si puo fare se ci si trincera dietro una terza favola: che io mi muova « sui piano del puro dileggio » e « dell'ignoranza della filologia biblica e della teologia cristiana». Padre Mucci dice che il mio libro e « una tirata di 227 pagine», tacendo (colposamente 0 dolosamente) sui fatto che Ie successive 20 pagine contengono cir. ca 800 riferimenti testuali all'Antico e al Nuovo Testamento, al catechismo e alle encicliche dei papi: vada per il dileggio, rna l'ignoranza su cio di cui si parla da che parte sta? II fatto e che la Civilta Cattolica si comporta oggi, sorprendentemente, come L'Avvenire si era, non sorprendentemente, comportato ieri (22 febbraio 2007): parlando cioe del mio libro solo
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per senti to dire, e basandosi al piu su mie opinioni riportate, piu 0 meno correttamente, in alcune interviste giornalistiche. Ad esempio, io non scrivo affatto che « ogni religione e nemica della scienza», ne c' e nel mio libra « un colpevole livellamento delle dottrine di tutte Ie religioni »: per quanto possa interessare, io credo al contrario che ci siano invece « religioni» perfettamente razionali e compatibili con la scienza, dallo Stoicismo al Buddhismo al Teism9' benche non ne prafessi nessuna. E solo del Cristianesimo che parlo nel mio libra, come dovrebbe essere evidente fin dal titolo. E poiche sarebbe stato troppo facile attaccare la sua pessima pratica, dalle Crociate alle Inquisizioni, mi sono concentrato quasi esclusivamente sulla sua (per me, altrettanto pessima) teoria: appunto quella dei testi sacri e dei pranunciamenti canonici, sollevando obiezioni che ness un credente si e preso la briga non solo di confutare, rna prababilmente neppure di leggere. Meno che mai padre Mucci e padre Bianchi, visto che il primo si limita a citare la recensione sulla Stampa del secondo (4 marzo 2007), che sostiene che nel mio libra non c'e « nessuno spazio per argomentazioni ponderate». E invece, anche a detta di molti che l'hanno letto veramente, e non solo recensito, ce ne so no persino fin trappe: in particolare, sulla storicira di Gesu, la veridicira dei fatti evangelici, il primato di Pietro, la predicazione di Paolo, Ie dottrine sullo Spirito Santo e la Trinira., la Cristologia (natura e volont;}. di Cristo), la Mariologia (maternita di Dio, verginita, immacolata concezione e assunzione della Madonna), l'Eucarestia, Ie indulgenze, il Purgatorio, il primato di Roma e l'infallibilita pontificia. Si tratta naturalmente di argomenti che, essendo uno piu imbarazzante dell'altro, oggi e meglio evitare e rimuovere, parlando d'altro come nei surreali dialoghi sopra i massimi sistemi fra il filosofo Massimo Cacciari e il teologo Bruno Forte: chi. e, pero, che allora « si finge un Cristianesimo corrispondente alia propria concezione filosofica 0 alia propria ideologia politica»? I laici in piedi, quelli in ginocchio o i credenti? L'articolo di padre Mucci si conclude con un'ultima favola: la contrapposizione fra « i monumenti di arte e di scienza eretti dai 'cretini' Cristiani, mentre gli atei intelligenti hanno edificato soprattutto nobili cattedrali di parole, spesso confutate dai lora posteri, spesso effimere», per non parlare del fatto che « la cultura
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antiteista ha generato negli ultimi due secoli totalitarismi, guerre e mostri, da Hitler a Stalin a Pol Pot ». Strano modo, invero, di condurre un dibattito teologico usando gli artifici della pili rozza dialettica: in particolare, la latina mutatio controversiae, che altro non se non l'italianissimo saltare di palo in frasca. Volendo comunque scendere allivello gesuitico, si puo anzitutto far notare che ovviamente anche i non Cristiani hanno eretto meravigliosi monumenti, spesso distrutti dai Cristiani alia maniera dei T alebani, cosl come altrettanto spesso anche i Cristiani han no edificato cattedrali di parole: primi fra tutti gli scolastici, che a tutt'oggi costituiscono gli insuperati modelli di pensiero delIa Chiesa, nonostante siano molto pili anacronistici degli illumi-
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Ma, soprattutto, si puo far notare che un prete avrebbe dovuto essere conscio del peri colo di evocare il Diavolo, che com' noto fa Ie pentole rna non i coperchi. In questo caso, percheS Stalin sara anche stato antiteista, rna era comunque il prodotto dell' educazione di un seminario cristiano (quello ortodosso di Tbilisi). Quanto a Hitler, non sara fine ricordarlo, rna era di famiglia e di educazione cattolica, firmo un concordato col Vaticano nel 1933 e ancora nel 1941 dichiaro: « 10 rimarro sempre cattolico ». Sarebbe meglio, dunque, smetterla di arrampicarsi sui vetri e affrontare apertamente Ie critiche: anche percheS, non facendolo, si da l'impressione di essere semplicemente a corto di argomenti, e/o di avere qualcosa (0 molto) da nascondere.
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LETTERATURA CHE SCOTTA
Nel saggio «La muraglia e i libri », che apre Ie Altre inquisizioni, Borges ricorda che « l'uomo che ordino l' edificazione della quasi infinita muraglia cinese fu quel primo imperatore, Shih Huang Ti, che dispose anche che venissero dati aile fiamme tutti i libri scritti prima di lui », e nota che « bruciare libri ed erigere fortificazioni e compito comune dei principi: la sola cos a singolare in Shih Huang Ti fu la scala nella quale opero ». Oltre alia maestosa duplicid. dell' atto, Borges ne rileva anche l' apparente contraddittoried.: la costruzione della muraglia e la distruzione dei libri tendevano infatti, da un lato, a preservare nello spazio I'integrita territoriale dell'impero, e dall' altro, a cancellarne nel tempo la memoria storica. Si puo dunque ipotizzare un loro ordine successivo, che a seconda dei casi mostrerebbe I'immagine di un re placato che comincio col distruggere e poi si rassegno a conservare, 0 quell a di un re disingannato che fini per attaccare \ cio che prima difendeva. L'episodio cinese del 213 p.E.V., rievocato anche da Elias Canetti in Autodaje, si situa a meta. tra il fatto e la leggenda: possiede dunque entrambe Ie valenze, letterale e metaforica, che la storia e la letteratura han no finito per associare all'immagine dei libri in fiamme. I quali, com'e noto, bruciano alia temperatura di Farenheit 451, pari a 233 gradi Celsius, che da il titolo all'utopia negativa del romanzo di Ray Bradbury e all' omonimo film di F rans:ois Truffaut. II pili antico rogo di libri che la storia registri e probabilmente quello della biblioteca di Tebe, ordinato nel 1358 p.E.V. dal faraone Akhenaton, marito di Nefertiti e padre di Tutankhamon. Avendo sostituito il cuho dei molti dei egizi con quello del solo disco solare Aton, il primo monoteista della storia incappo immediatamente negli effetti collaterali pili tipici delle fedi uniche: da un lato la persecuzione degli eretici e la distruzione delle loro opere, dall' altro la reazione fondamentalista provocata da ogni azione fondamentalista. Puntualmente, infatti, alia morte di Akhenaton ,
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il clero di T ebe ristabiB il culto di Amon e cancello a sua volta ogni memoria del riformatore. L'esempio del primo imperatore cinese mostra comunque che i roghi dei libri non sono monopolio del clero: 1'assolutismo a provocarli, e quello religioso non che una delle sue tante forme. Ma non bisogna confondere il proposito doloso di cancellare sistematicamente una cultura, con Ie fiamme appiccate pill 0 meno colposamente durante guerre 0 rivolte, benche sia spesso difficile determinarne Ie cause e distinguerne gli effetti. L'unica cosa certa sono Ie ceneri e Ie rovine sotto Ie quali, ad esempio, nel 168 p.E.V. i Seleucidi seppellirono la biblioteca ebraica di Gerusalemme, COSt come nel 48 p.E.V. Cesare e nel 646 gli Arabi distrussero quella greca di Alessandria, nel 980 Almansor quell a dei califfi di Cordoba, nel 1176 Saladino quella sciita del Cairo, nel1204 i Cristiani quell a classica di Costantinopoli, nel 1258 i Mongoli quella sunnita di Baghdad, nel 1560 il vescovo Diego de Landa quell a maya dello Yucatan e nel1691 il vescovo Nunez de la Vega quella maya del Chiapas (tra parentesi, per questo motivo oggi rimangono solo tre libri di questa cuitura, uno dei quali il famoso Popul Yuh). Diverso il caso dei libri bruciati non alIa rinfusa, rna in maniera mirata e per decreto di una suprema auto rita censoria, deputata a colpirli uno a uno. L'esempio pill tipico di un tale organinaturalmente la Congregazione dell'Indice istituita nel smo 1571 e attiva fino al 1917, anche se l'Indice dei Libri Proibiti da essa gestito era gia stato istituito nel1559 da Paolo IVe fu abolito solo nel 1966 da Paolo VI. La vittima pill famosa fu Forse Giordano Bruno, Ie cui opere furono bruciate in piazza San Pietro il 17 febbraio 1600, nello stesso momento in cui l' autore stesso veniva immolato suI rogo a Campo de' Fiori: come scrisse il poeta romantico Heinrich Heine in Almansor, infatti, « chi comincia col bruciare i libri, prima 0 poi finisce col bruciare gli uomini ». Naturalmente, la Chiesa non aveva atteso l'Inquisizione per mandare al rogo Ie opere degli eretici: risalendo nel tempo, ce 10 ricordano i processi e Ie sentenze contro Lutero nel 1520, Abelardo nell140 e 1121, Fozio nell'870 e Ario nel325. Ma in realta il Cristianesimo era nato infetto, perche il virus del Fuoco 10 si trova gia negli Atti degli Apostoli (XIX, 19): in essi infatti si narra che « molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a con-
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fessare in pubblico Ie loro pratiche magiche e un numero considerevole di persone che avevano esercitato Ie arti magiche portavano i propri libri e Ii bruciavano alIa vista di tutti». Non dun que un caso che oggi i roghi dei libri e degli uomini si chiamino autodafe, parola che deriva appunto dal portoghese auto deft e significa « atto di fede». L'autodafe ufficiale veniva celebrato in pompa magna sulle pubbliche piazze e la cerimonia comprendeva una messa, una processione dei condannati rasati e messi alIa gogna, e una lettura delle sentenze: non la tortura, ne l' esecuzione, che erano rispettivamente amministrate prima e dopo, in separata sede. A partire dal primo autodafe registrato, nel 1242 a Parigi, queste macabre messe in scena furono eseguite innumerevoli volte e per secoli, in Europa e nelle Americhe: soprattutto in Spagna, tra il 1481 e il 1691. Voltaire Ie mise alIa berlina nel sesto capitolo del Candide, che narra di « come si fece un bell'autodafe per scongiurare i terremoti », con tanto di fustigazione per Candide e di impiccagione per Pangloss: anche se, natural mente, « 10 stesso giorno la terra tremo di nuovo con un fracasso orribile». Ma non fu soltanto la barbara cristianita a bruciare i libri dei suoi eretici: secondo Diogene Laerzio (IX, 52) la stessa sorte tocco anche a Protagora nella raffinata Grecia, nel periodo buio che Atene visse alIa fine del quinto secolo p.E.V. Come narra infatti Eric Dodds in I greci e l'irrazionale, « intorno al432 dubitare del soprannaturale e insegnare l'astronomia divennero read perseguibili penalmente e nei tre decenni successivi si ebbe una serie di processi per eresia, unici nella storia ateniese. Ne furono vittime quasi tutti gli esponenti delle idee pill avanzate in Atene (Anassagora, Diagora, Socrate, Protagora), e tutti i processi terminarono con la condanna dell'accusato». Se COSt fecero persino i Greci, cosa avremmo potuto aspettarci dai nazisti? Puntualmente, alIa mezzanotte del 10 maggio 1933 migliaia di studenti del nascente regime celebrarono 1'autodafe dei libri « degenerati», bruciando in varie citta universitarie della Germania opere « contrarie allo spirito tedesco»: gli autori comprendevano la triade ebrea di Karl Marx, Sigmund Freud e Albert Einstein, rna spaziavano democraticamente anche fra ariani e stranieri, da Thomas Mann a Marcel Proust. AlIa cerimonia sulla piazza dell'Opera di Bedino, il minimo
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della Propaganda Joseph Goebbels dichiaro soddisfatto: « L'anirna del popolo germanico puo di nuovo torn are ad esprimersi. Questi roghi non soItanto illuminano la fine di una vecchia era, rna accendono la nuova». BertoIt Brecht, invece, commemoro l' evento nella poesia II rogo dei libri:
Quando il regime ordina che Jossero arsi in pubblico i libri di contenuto malefico, e per ogni dove i buoi furono costretti a trascinare ai roghi carri di libri, un poeta (uno di quelli al bando, uno dei migliori) scoprt sgomento, studiando l'elenco degli inceneriti, che i suoi libri erano stati dimenticati. Corse al suo scrittoio, afato d'ira, e scrisse ai potenti una lettera: « Bruciatemi », verga di getto, « bruciatemi! Non fatemi questo torto! Non lasciatemi fuori! Non ho Jorse sempre testimoniato fa verita, nei miei libri? E ora voi mi trattate come Jossi un mentitore! Vi comando: bruciatemi!» Ma il mondo non imparo la lezione, e anche nel dopoguerra innumerevoli piromani, letterali 0 metaforici, si sono scatenati contro i libri e Ie altre opere dell'ingegno: dal tentativo di cancellare sistematicamente il pensiero « revisionista» messo in opera dalla Rivoluzione cuIturale cinese negli anni '60, alIa sentenza della Cassazione italiana che il 29 gennaio 1976 ordino che fossero bruciate tutte Ie copie del film L'ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, alIa fatwa dichiarata dall' ayatollah Khomeini il 14 febbraio 1989 contro i Versetti satanici di Salman Rushdie, alle cannonate dei T alebani che nel marzo 2001 hanno distrutto Ie due statue del Buddha di Bamiyan. L'uItimo rogo di libri per ora, quello che il14 aprile 2003 ha azzerato a Baghdad la Biblioteca Coranica, la Biblioteca NazionaIe e l' Archivio Nazionale, sotto l' occhio connivente dell' esercito statunitense invasore, che aveva gia permesso il loro saccheggio per un'intera settimana. La citta ha COS! rivissuto i giorni bui del sacco dei Mongoli di 750 anni prima, rna paradossalmente questa coazione a ripetere della storia conferma il giudizio espres-
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so da Borges in « Nathaniel Hawthorne», nelle gil citate Altre inquisizioni: « II proposito di abolire il passato fu gia formulato nel passato e, paradossalmente, una delle prove che il passato non puo essere abolito. II passato indistruttibile: prima 0 poi tornano tutte Ie cose, e una delle cose che tornano il progetto di abo lire il passato ».
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ALLA RICERCA DEL LIBRO PERDUTO
, Un libro puo andare perduto per un'infinid. di motivi: dall'autolesionismo dell'autore, che 10 abortisce in una qualunque delle fasi della sua gestazione, al disinteresse dei curatori e del pubblico, che non 10 svezzano con la diffusione e la lettura quand'esso e ormai stato partorito, all'accanimento dei critici, che ne decretano la condanna a morte se vi scorgono una minaccia al proprio ordine costituito, alia persecuzione dei dittatori, che ne ordinano I'esecuzione materiale su roghi letterali 0 metaforici. Per non parlare delIa suprema tirannia del tempo, naturalmente, che erode inesorabilmente i supporti concreti e astratti dei libri, dalla carta su cui sono stampati alia lingua nella quale so no scritti. Un modo per mantenere temporaneamente viva la memoria dei defunti e il necrologio, e Illibro dei libri perduti di Stuart Kelly (Rizzoli, 2006) ce ne fornisce uno sterminato per la letteratura scomparsa, dall'antichid. ai giorni nostri. Come nelle veglie per Ie vittime degli attentati, 0 sui monumenti ai caduri delle guerre, vi troviamo un triste elenco di opere perdute: per limitarci alia letteratura greca, alcuni poemi epici di Omero, i nove libri di poesie di Saffo, settantatn! degli ottanta drammi di Eschilo, centotredici dei centoventi di Sofocle, settantadue degli ottanta di Euripide, ventinove delle quaranta commedie di Aristofane, e quasi tutti gli ottocento volumi di Callimaco. Non e comunque detto che sarebbe un bene ritrovare tutto questo supposto ben di Dio. Basta pensare al caso di Menandro, che Aristofane riteneva addirittura secondo soltanto a Omero, e alle opere scomparse del quale Goethe attribuiva un « fascino irraggiungibile». Pumoppo, il 30 ottobre 1959 la BBC trasmise il suo perduto dramma Un uomo difficile, ovvero il misantropo, ricostruito sulla base di papiri ritrovati nella prima meta del Novecento, e ci si accorse che era « una boiata pazzesca », come avrebbe potuto dire un altro classico dei nostri giorni. 0, come disse veramente Erich Segal, I' opera di « un Euripide di periferia ». Certo, quando si tratta di indiscussi grandi puo dispiacere ai collezionisti non possederne I' opera omnia: ad esempio, i millecin-
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quecento drammi perduti (su duemila) di Lope de Vega, 0 anche solo i dieci di Cervantes, 0 i tre (Pene d'amor conquistato, Pericle e Cardenio) di Shakespeare. Anche se puo succedere che a volte Ie perdite vengano ricompensate da qualcosa di altrettanto valido, o pill: come la Vita di Samuel Johnson di James Boswell, oggi considerata la miglior biografia di tutti i tempi, che colmo il vuoto lasciato dall'aurobiografia bruciata dallo stesso Johnson. Un caso pill controverso e costituito da quell a yetta della poesia dantesca che e la fine del Paradiso. Poiche alia morte di Dante nel 1321 sembrava che la Commedia Fosse rimasta incompiuta, il figlio Jacopo decise di scrivere i tredici canti mancanti. Secondo il Trattatello in laude di Dante del Boccaccio, pero, otto mesi dopo il poeta gli apparve in sogno e gli mostro una parete dietro a cui lui e Piero di Giardino, un amico di Dante, trovarono in una nicchia coperta da un arazzo i canti perduti, resi quasi illeggibili dalla muffa. La cosa puzza di bruciato, pill che di muffito, e ricorda sospettosamente il ritrovamento del perduto rotolo della torah annunciato da Giosia nel 622 p.E.V. per contrabbandare come mosaico il Deuteronomio, che era invece opera sua. Ma, nell'un caso come nell'altro, in fondo poco importa chi abbia scritto I'ultimo libro del Pentateuco 0 gli ultimi canti del Paradiso: se Mose e Dante, 0 Giosia e Jacopo. Importa invece il risultato, e solo la nostra ossessione moderna ci puo rendere COS! interessati agli autori quanto (e, a volte, pill che) alle opere. Anche se a volte erano gli stessi autori a non essere interessati aile proprie opere, 0 almeno alia loro conservazione. I casi di autodistruzione, spesso nella forma dell' autocombustione, sono innumerevoli: da quelli tattici, come l' eliminazione immediata del sonetto petrarchesco che il giovane Ezra Pound scriveva ogni mattina come esercizio e poi stracciava, a quelli strategici, come il rogo della seconda parte delle Anime morte, di cui « ogni riga era costata un dis turbo nervoso » a Nikolaj Gogol', che mOrl di consunzione nove giorni dopo. In qualche caso la fortuna ha salvato il salvabile, come la prima bozza del Tristram Shandy che Laurence Sterne getto nel camino, irritato perche il vicino di casa al quale 10 stava leggendo si era appisolato. In altri ha salvato l' opera di una vita destinata a soccombere, come quella che Franz Kafka aveva domandato a Max Brod
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II matematico impenitente
di « bruciare fino alI'ultima pagina senza leggerla»: un lascito testamentario che l'amico interpreto creativamente al contrario, come un'invocazione alIa conservazione, e che permise la pubblicazione di romanzi quali America, II processo e II castello, oggi diventati un simbolo del Novecento. La coscienza di cio che abbiamo evitato nel caso di Kafka e certo uno degli stimoli a versare lacrime per tutti i libri perduti, unito all' amara constatazione che la letteratura svanita e andata per sempre, e non puo tornare: autori quali Hilario Lambkin Formento 0 Pierre Menard, che riescono a riprodurre, in p:l:rte 0 in toto, opere quali la Divina Commedia 0 il Don Chisciotte, esistono infatti soltanto nella fervida fantasia di Borges. Ma a scorrere illungo elenco delle opere perdute viene da chiedersi se valga comunque veramente la pena di piangerle: in fondo, quanti di noi hanno letto quelle sopravvissute degli stessi autori? E quanti Ie possono leggere nelle loro versioni originali, nelle quali sono confinate dalI'impossibilid. della traduzione poetica? Chiunque abbia avuto modo di sfogliare, ad esempio, una traduzione· inglese della Divina Commedia 0 una italiana del Faust, sa infatti benissimo che i1 Dante degli anglosassoni non e che una ridicola caricatura del nostro, esattamente come il Goethe degli italiani 10 e di quello tedesco. II fatto e che la letteratura e effimera. E non solo perche, come abbiamo appena detto, molto di cio che esprime e condannato a rimanere confinato nell' ambito della lingua nella quale viene espresso. Ma anche, e soprattutto, perche la letteratura inventa casualmente c:io che non esiste, invece di scoprire necessariamente cio che c'e: per questo non si puo ricostruire, una volta perduta. Meno triste e la situazione per la scienza, e in particolare per la matematica: se Ie dimostrazioni infatti sono umane e personali, e dunque irripetibili come la letteratura, i teoremi sembrano invece essere sovrumani e impersonali, e si puo immaginare che quand'anche venissero perduti, verrebbero comunque prima 0 poi ri• scopertl. In effetti, so no innumerevoli i risultati matematici e scientifici attribuibili a persone, tempi e luoghi diversi. Per limitarci a due esempi, pensiamo anzitutto alle serie trigonometriche per i1 seno, il coseno e I' arcotangente trovate da Madhava in India verso il 1400, e ritrovate da Isaac Newton e James Gregory in Europa nel-
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la seconda meta del Seicento. 0 alle leggi dell'ereditarieta scoperte da Gregor Mendel nel 1865, dimenticate per sette lustri e riscoperte indipendentemente nel1900 da Hugo de Vries e Carl Correns. In ogni caso, Forse I' atteggiamento giusto nei confronti delle perdite e comunque quello stoico, di « accettare volontariamente l'inevitabile». Come fece Thomas Urquhart nel Seicento, ad esempio, che dopo aver perduto molti manoscritti dopo la battaglia di Worcester descrisse pacatamente I'evento con queste toccanti parole, che fungo no da epigrafe per tutte Ie opere disperse ' al vento come Ie sentenze di Sibilla: Misero 128 quaderni e mezzo, divisi in 642 quinterni, su carri e Ii trasportarono verso la campagna. A ciascuno dei loro com pari che incontrarono neUe strade ne regalarono un poco per avvolgervi uvetta, fichi, datteri, mandorle e altra frutta secca, nonche altre merci a seconda del bisogno. I quali, facendo 10 stesso a loro volta, accesero, insieme con altri, pipe di tabacco con una buona parte di quei fogli e buttaronotutto il resto neUe vie, ad eccezione di cia che giudicarono necessario per impieghi inferiori e posteriori. Oi quei fasci di pagine sparsi qua e la, alcuni furono raccattati da droghieri, farmacisti, candelai, fornai 0 da chiunque necessitasse di un utensile cartaceo, e adoperati immediatamente, con totale distruzione di tutti i loro scritti sia nel contenuto sia nell' ordine.
ATOMISMO A-TOMISTA
AlI'alba del pensiero occidentale, per descrivere degnamente i profondi sentimenti che I' osservazione della natura veniva loro ispirando, i presocratici si appellarono alIa musica e alIa poesia. Da un lato, i pitagorici orchestrarono una visione del cosmo sintetizzata in espressioni quali «la musica delle sfere» 0 «I' armonia del mondo », che scienziati e musicisti utilizzarono poi per millenni, fino a Keplero e Hindemith. Dall'altro lato, gli lonici e gli Eleatici composero svariati poemi Sulla natura, dai cui frammenti emergono alcuni prindpi fondamentali della success iva speculazione filosofica: primi fra tutti I' apeiron (<< infinito ») di Anassimandro, il logos (<< ragione») di Eraclito, e I'aletheia (<< verith) di Parmenide. La tradizione dei poemi sulla natura continuo coi fisici posteriori, da Empedocle e Anassagora a Democrito ed Epicuro, Ie cui visioni cosmo-bio-Iogiche del mondo confluirono nel De rerum natura (La natura delle cose): I'incompiuta e postuma sinfonia di Lucrezio, pubblicata e curata da Cicerone, che costituisce il pill elevato canto mai 'intonato da un uomo alia scienza e alia ragione. Gli scrittori cristiani, per cercare di screditare il poema, tramandarono la notizia che il poeta Fosse stato pazzo e avesse scritto i suoi versi nei recessi della follia, rna la cosa poco verosimile: oltre che per la lucidita. delle sue parole, anche per la magica causa della supposta pazzia, che avrebbe dovuto essere un filtro d' amore. Nell'inno a Venere che apre il poema Lucrezio chiede aiuto alia dea non per cantare, secondo ta tradizione passata e futura, «I'ira funesta», 0 «I'uom di multiforme ingegno che molto erro», 0 «di Marte I' armi, e '1 valor del grande eroe», 0 «Ie donne, i cavallier, I'arme, gli amori», 0 «I'arme pietose e '1 capitano», e via continuando, bens1 per descrivere quella «natura delle cose» (I, 25) da cui poi prese il nome la sua opera. Pill in particolare, per esporre la visione del mondo di Epicuro, «il primo uomo che ardi leyare gli occhi e mettersi contro la religione, che opprime la vita umana e incombe sui mortali con orribile voltO» (I, 62-67). All' osservazione e alIa conoscenza della natura affidato il com-
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pito di dissipare Ie tenebre e Ie paure dell'animo: non solo il terrore della morte edell' aldila, su cui specula la fede, rna anche Ie incomprensioni dei fenomeni terrestri, marini e celesti, che la superstizione e I'ignoranza attribuiscono ingenuamente al capriccio degli dei, senza capire che la natura invece «Iibera e priva di padroni superbi, e compie ogni cosa da sola» (II, 1091-1092). Gli dei non c'entrano nulla col mondo, e neppure con I'uomo: il quale non stato calato dal cielo con una corda d' oro, come quella che nell' Jliade (VIII, 23-34) pende dalla yetta dell'Olimpo e alIa quale so no appese tutte Ie cose, rna un prodotto della terra stessa. Qual allora, la vera natura delle cose, che illumina I'animo dell'uomo e 10 libera dalle false credenze, COS! come la luce dissolve gli incubi di un bambino, che nel buio impaurito da fantasmi immaginari? Quali sono, ad esempio, Ie vere cause delle catastrofi naturali, piccole e grandi, che COS! spesso, allora come ora, vengo- . no attribuite alI'ira e alIa punizione divine per Ie malefatte umane? Le mostra nel dettaglio illibro VI, decostruendo in maniera sci entifica una serie di fenomeni meteorologici e geologici che da sempre appaiono, dal punto di vista antropocentrico, come effetti di un accanimento della natura contro I'uomo: tuoni, lampi, fulmini, venti, piogge, terremoti, maremoti, eruzioni, epidemie, fino alia grandiosa scena finale della peste di Atene, durante la quale «ormai la religione non contava pill, e prevaleva il dolore immediato» (VI, 1276-1277). In precedenza, nei libri III, IV e V, Lucrezio aveva gia compiuto una decostruzione analoga per la psicologia, I'antropologia, la biologia e la cosmologia, mentre nei libri I e II aveva cantato Ie lodi degli atomi, « semi e prindpi delle cose, da cui Formato l'intero universo degli esseri creati» (I, 501-502). L'argomento di Lucrezio per I' esistenza degli atomi 10 stesso che sara usato da Kant nella seconda antinomia della Critica della ragion pura: « Se non ci fossero gli atomi, ogni corpo consisterebbe di parti infinite, e allora quale sarebbe la differenza tra I'universo e la pill piccola delle cose?» (1,615-619). L'argomento inconfutabile, rna non necessariamente convincente, perche I'occhio del corpo ha una vista menD acuta dell'occhio della mente. Lucrezio si premura allora di fornire argomenti di plausibilita per I'atomismo, come fara Galileo nei Dialoghi sopra i massimi sistemi per I' eliocentrismo: il pulviscolo atmosferico reso
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II matematico impenitente
visibile da un raggio di sole che penetra in una stanza, la cui danza incessante offre un modello dell' eterno tumulto degli atomi nel grande vuoto (II, 114-128); Ie pecore dei greggi che si aggirano saltellando sui prati, 0 i soldati delle legioni che avanzano tumultuose nei campi, i cui movimenti individuali appaiono indistinti a un osservatore lontano (II, 317-333); rna, soprattutto, Ie parole del linguaggio, che pur essendocostituite delle stesse poche lettere delI' alfabeto, « denotano iI delo, il mare, la terra, i fiumi, il sole, Ie messi, gli alberi e gli esseri viventi» (II, 688-694 e 10 13-1022). Per il suo universale contenuto scientifico il poema di Lucrezio rimane un unicum nella storia della poesia, rna almeno due opere del. Nov~cento ~Ii si ~vvicinano. Una e il Tractatus logico-philosophzcus dl LudWig Wlttgenstein, i cui aforismi in versi liberi, che vanno da « II mondo e tutto cio che accade» a « Su do di cui non si puo parlare, si deve tacere », cantano un triplice atomismo: del mondo, del pensiero e dellinguaggio. L'altra e la Piccola cosmogonia portatile di Raymond Queneau, che si ispira esplicitamente a Lucrezio sia nella struttura, dai sei canti all'invocazione a Venere, sia nel contenuto, che descrive la costellazione della natura come appare a un moderno: I'origine dell'universo, la formazione degli elementi, la nascita della vita, l' evoluzione vegetale, animale, umana e meccanica . . La tradu.zione itali~na ~ell'opera di Queneau riporta in appendice una Piccola GUida dl !talo Calvino, Ie cui Lezioni italiane, oltre a citare Lucrezio pili volte, si chiudono con un richiamo a La natura delle cose. Non sorprendentemente, visto che i racconti scientifici raccolti in Le cosmicomiche e Ti con zero sono, come dice Calvi no stesso, « un controcanto grottesco al poema di Lucrezio », • • e COStitUiscono una vera e propria summa dei maggiori eventi fisici, chimici e biologici della storia del cosmo: 10 spazio vuoto, il Big Bang, I'espansione dell'universo, I'apparizione della luce; la formazione degli atomi, degli elementi, dei cristalli, della terra, della luna, dei continenti, dell'atmosfera; Ie tempeste solari, i meteori.ti, le.maree; la ~orfogenesi, la riproduzione biologica, iI passagglO dal molluschl alle conchiglie e dai pesci agli anfibi, I'origine degli uccelli, I'estinzione dei dinosauri, la fine dell'umanita e del sole, i buchi neri. Anche i valori letterari delle Lezioni italiane (Ieggerezza, rapidiesattezza, visibilita e molteplicita) sembrano essere direttamen-
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te ispirati a Lucrezio: pili precisamente, alle caratteristiche dei simulacri che, secondo la teo ria di Epicuro, fluiscono di continuo e in ogni direzione dalle superfici delle cose, e producono Ie impressioni visive negli occhi degli osservatori. Oggi Ii chiameremmo fotoni, e diremmo che si muovono alIa velocita della luce. Lucrezio, invece, riteneva che andassero addirittura pili veloci, prefigurando cosl quelli che oggi chiamiamo tachioni: « Non vedi 9-uant~ pili velod e lontano devono andare, e percorrere una maggIOre dlstesa di spazio, nello stesso tempo che i raggi del Sole riempiono il cielo?» (II, 160-164 e IV, 206-208). II valore scientifico del De rerum natura non risiede pero negli specifici dettagli delle sue pili 0 menD corrette anticipazioni, bensl nella sua generale visione divulgativa: l' aver capito, cioe, che gli argomenti della fisica, della chi mica e della biologia sono « pure sorgenti a cui attingere, per insegnare grandi cose e sdogliere gli animi dalle superstizioni» (I, 927-932). E « poiche la scienza di solito sembra troppo tetra a chi non la pratica, e la gente ne rifugge lontano, bisogna cantarne Ie dottrine soavemente, e addolcirle col miele delle muse» (I, 943-947).
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STORIA DI UN POPOLO E
n Genesi narra che il patriarca Giacobbe ebbe dodici figli maschi, da due mogli e due schiave: i famosi Giuseppe e i suoi fratelli dell' omonimo romanzo-fiume di Thomas Mann, che diedero origine alle dodici tribli di Israele. Al momenta della conquista undici di queste tribli si spartirono la Terra Promessa, mentre la dodicesima divenne la casta sacerdotale dei Leviti (per mantenere il numero magico di dodici distretti, la tribli di Giuseppe ne ricevette due). AlIa mone di Salomone l'impero si spacco in due pani, che dopo aver preservato la loro indipendenza per qualche secolo furono conquistate in due diverse ondate dagli Assiri e dai Babilonesi: nel 722 p.E.V. il regno del Nord, che era occupato da dieci delle do.dici tribli, e nel 586 quello del Sud, occupato dalle altre due, di Giuda e di Beniamino. Sono queste ultime, insieme ai Leviti, a essere poi in seguito tornate nella Terra Promessa e ad aver ricostruito il Tempio: da quel momento, la success iva storia biblica parla solo di loro. Delle rimanenti dieci tribli si persa traccia, probabilmente percheS si assimilarono ai popoli coi quali convissero in esilio, e su di esse sono nate Ie leggende pili disparate. Praticamente ogni comunira ebraica storica, dai Falascia etiopi ai Telugu indiani, ha infatti in qualche modo rivendicato una discendenza da una delle tribli perdute. E simili rivendicazioni so no venute anche da popolazioni non ebraiche, dai Pashtun ai Kashmiri, per non parlare dei Britanni e dei Franchi. Alcune di queste pretese, per non dire tutte, so no ovviamente pili mitologiche che storiche: puntualmente, dunque, sono diventate oggetto di fantasiose ricostruzioni letterarie, che vanno dal Codice da .Vinci di Dan Brown a La tredicesima tribu di Arthur Koestler. Quest'ultimo, in particolare, tratta dei Chazari 0 Khazari, una popolazione seminomade turca il cui nome significa « erranti », e illibro propaganda la teo ria che essi sarebbero gli antenati degli Ashkenaziti: teo ria sostenuta, dichiaratamente, per dis-
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sociare Ie origini degli Ebrei europei da quelli mediorientali, nella speranza di separarne anche Ie sorti. Oggi, nell' era dell'archeologia biologica basata sui DNA, queste affermazioni sono facili da confutare: puntualmente, nel 2000 un'analisi dei cromosomi Y non solo degli Ashkenaziti, rna anche dei Sefarditi, ha rivelato che essi presentano variazioni genetiche tipiche delle popolazioni mediorientali, e che dunque Ie loro origini sono tutte comuni. Benche rivelatasi falsa in pr.atica, l'illazione di Koestler si basava comunque su un fatto stonco che la rendeva possibile in teo ria: la conversione in mass a all' ebraismo dei Chazari verso 1'800, probabilmente causata dalla pressione islamica a Est e cristiana a Ovest, e la loro sparizione in seguito all'annientamento da parte dei Russi verso il Mille. In quel periodo di due secoli Ie religioni monoteiste giocarono tutte e tre un ruolo importante nel regno chazaro, tanto che dei sette membri della corte suprema due erano ebrei, due cristiani e due musulmani (il settimo rappresentava l' originario sciamanesimo autoctono). n Dizionario dei Chazari dello scrittore serbo Milorad Pavic (Garzanti, 1988) descrive in maniera cromatica questa triplice ispirazione religiosa, mediante una suddivisione in parti diversamente colorate: il Libro Giallo delle fonti ebraiche sulla questione chazara, il Libro Rosso delle fonti cristiane e il Libro Verde delle fonti islamiche. Quello di Pavic un ipertesto sui Chazari, che prende Ie mosse dal testo di Jehudah Halevi Kitab at Khazari: una celebre opera del 1141, che descrive la polemica a corte fra il rabbino Isaak Snagari, il monaco Cirillo da Salonicco e il derviscio Farabi ibn Kora, a proposito del significato di un sogno del kagan chazaro. Nel testo storico il rabbino risulta essere il pili convincente e il kagan decide di convertirsi all' ebraismo, rna nell'ipertesto romanzato si perseguono tutte e tre Ie possibilita, nei tre libri giallo, rosso e verde. La struttura di questo ipertesto singolare, in accordo con il suo titolo: si tratta infatti di un vero dizionario di voci ordinate alfabeticamente, molte delle quali si ripetono in versioni pili 0 menD diverse nelle tre parti ebraica, cristiana e islamica. D'altronde, Pavic ha teorizzato il superamento del testa classico con un inizio e una fine, da leggere convenzionalmente in maniera sequenziale, e nella sua produzione ha sperimentato varie altre pos-
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II matematico impenitente
sibilita: in Lato interno del vento, 10 scorrimento dei capitoli in avanti 0 all'indietro; in Ultimo amore a Costantinopoli, un ordine di lettura determinato dai tarocchi; in Pezzo unico, cento finali; in Paesaggio dipinto col te, una struttura a cruciverba .. II Dizionario dei Chazari invece una sorta di puzzle, Ie cui voci-tessere possono essere lette in qualunque ordine e devono poi essere mentalmente assemblate, nel tentativo di formare una storia coerente a partire da indizi parzialmente contraddittori: cosa che, in ogni caso, cio che facciamo quotidianamente nella vita, cercando di trovare un bandolo nella matassa di notizie, piu 0 meno attendibili e veritiere, che « solcano, come uccelli che attraversino in yolo una stanza, il nostro cielo ». II dizionario si presenta come la ricostruzione di un omonimo Lexicon Cosri, pubblicato in Prussia nel 1691 e distrutto I'anno seguente dall'Inquisizione. Puntatori di varia forma e colore (una stella a sei punte gialla, una croce rossa, una mezzaluna verde) forniscono rimandi alle varie parti per il beneficio dellettore, che viene comunque consigliato nell'introduzione a « non prendere in mana questo libro senza un buon motivo». Anche se I' epigrafe iniziale commenta: « Qui giace illettore che non aprira mai questo libro, qui morto per sempre ». Naturalmente, del supposto dizionario originario esistevano tre versioni: una ebraica di Samuel Coen, una cristiana di Avram Brankovic e una islamica di Jusuf Masudi, i cui autori si inseguono nei rispettivi sogni e si incontrano poi nella realta, dove due periscono e uno solo sopravvive. Ma prima c' erano gia state, verso il Mille, tre cronache a cui essi si ispirarono: una ebraica del gia citato Jehudah Halevi, una cristiana di Metodio da Salonicco e una islamica di Al Bakri. Cosl come ci saranno dopo, nel 1982, tre ricercatori moderni sulle tracce della loro opera: l' arabista jugoslavo Isailo Suk, 10 slavista israeliano Dorota Schulz e l' ebraicista egiziano Abu-Kabir Muavia, che di nuovo si incontrano in una stretta finale che ne lascia uno solo vivo, accusato dell' assassinio degli altri due. Queste molteplici strutture tripartite terrestri non fanno che rifletterne di soprannaturali: infatti, « il cielo sopra di noi diviso tra Geova, Dio e Allah, e l'inferno diviso fra Asmodeo, Satana e Iblis». Analogamente, « i tre fiumi dell'antico mondo dei morti, il Flegetonte, il Cocito e I'Acheronte, appartengono oggi all'infer-
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no ebraico, cristiano e musulmano, e illoro corso segna i confini che separano i tre inferni. Nell'inferno ebraico bruciano solo i Cristiani e i Musulmani, in quello cristiano solo gli Ebrei e i Musulmani, e in quello musulmano solo gli Ebrei e i Cristiani ». II Dizionario dei Chazari, allo stesso tempo destrutturato e iperstrutturato, onirico e razionale, ha addirittura due diverse edizioni: una per i lettori, e una per Ie lettrici. E mette alIa prova gli uni e Ie altre, richiedendo loro una lettura non convenzionale e creativa che I' autore descrive come: « leggere come si mangia, usando l' occhio destro come una forchetta e il sinistro come un coltello, e gettandosi dietro Ie ossa». 0, ancora: « addentrarsi nel libro come in un bosco, spostandosi da un segnale all'altro, orientandosi con Ie stelle, la luna e la croce». Naturalmente ogni riferimento ai lettori comuni puramente casuale, perche per un simile OGM letterario se ne richiedono di cerebralmente modificati.
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UNO SCRITTORE LUNATICO
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Galileo il piu grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo. Mfermazione perentoria, questa, che certamente fara sorridere di sufficienza il lettore umanista, pronto a consigliare aI matematico di occuparsi, 0 preoccuparsi, degli argomenti di sua competenza. Peccato pero che I' affermazione sia di uno dei nostri maggiori letterati: la fece infatti !talo Calvino sui Corriere della Sera il 24 dicembre 1967, non mancando di suscitare reazioni e proteste. Carlo Casso la, ad esempio, saito su a dire: « Ma come, credevo che Fosse Dante! E poi, Galileo era scienziato e non scrittore ». Senza desistere, Calvi no rispose precisando il suo pensiero su due piani. II primo, interno, rilevava che « GaliIeo usa il linguaggio non come uno strumento neutro, rna con una coscienza lette• • •• •••• rana, con una contmua parteclpazlOne espresslVa, lmmagmatlva, addirittura !irica ». II secondo, esterno, notava che « Galileo ammiro e postillo quel poeta cosmico e lunare che fu Ariosto », e che « Leopardi nello Zibaldone ammira la prosa di Galileo per la precisione e I'e1eganza congiunte ». . In a1tre parole, Galileo sarebbe il medio proporzionale fra I'Ariosto e il Leopardi, e i tre identificherebbero un'ideale linea di forza della nostra letteratura. Inutile dire che Calvi no stesso si considerava un punto di questa linea, caratterizzata da una concezione della letteratura come mappa del mondo e dello scibile, e da uno stile intermedio fra il fiabesco realista e il realismo fiabesco. E niente Forse esibisce questa comunanza di stili piu delle parallele e quasi identiche metafore che Galileo e Calvino fanno delIa scrittura stessa, come di un'interminabile e ininterrotta linea creata dal movimento della penna. Leggiamo, infatti, nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (II, 199): « Quei tratti tirati per tanti versi, di qua, di la, in su, in giu, innanzi, indietro, e 'ntrecciati con centomila ritortoIe, non sono, in essenza e realissimamente, a1tro che pezzuoli di una linea sola tirata tutta per un verso medesimo, senza verun'altra alterazione che il declinar del tratto dirittissimo talvolta un po-
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chettino a destra e a sinistra e il muoversi la punta della penna or piu veloce ed or piu tarda, rna con minima inegualita ». E, nelle ultime righe del Barone rampante: « Questo filo d'inchiostro, come I'ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minusco!i come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie 0 di nuvole, e poi s'intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed finito ». E a1lora, perche avviciniamo Calvi no e gli scrittori per il puro piacere di leggere, e Galileo e gli scienziati soltanto per il dovere di conoscere? Non avrebbe senso portare Ie pagine del Dialogo sulle pubbliche piazze, allo stesso modo in cui Benigni declama i versi della Commedia? Col vantaggio, fra I' altro, di non essere costretti a sorbirci gli anacronismi del povero padre Dante, che con i suoi angeli e demoni oggi ci appare piu un precursore dei fumettoni alIa Dan Brown, che il cantore di una moderna visione del mondo? In fondo, a voler dir 10 vero, sono proprio Ie bassezze cosmologiche, teologiche, filosofiche e politiche di un' opera che gia il Petrarca accusava di esser diretta a « cercare I'applauso della gente d' osteria », a renderla COS! adatta agli a1tissimi spettacoli del nostro maggior comico. Ma non sempre e non tutti abbiamo voglia di ridere, e a volte qualcuno potrebbe desiderare la seria lettura di pagine che. fossero nobili e alte anche per iI pieno contenuto, e non soltanto per la vuota forma. E che quelle di Galileo 10 siano, 10 dimostra gia la breve citazione precedente sulla scrittura: lungi dalI'essere una gratuita metafora letteraria, essa gli serve infatti come esperimento di pensiero per mostrare la relativita del moto del pennino rispetto a una nave in movimento su cui si trovasse 10 • scnttore. Piu in generale, la nave su cui Galileo naviga letterariamente costituisce uno dei laboratori in cui si eseguono gli ideali esperimenti scientifici del Dialogo, e il fatto che su di essa la vita si svolga nella stessa identica maniera che sulla Terra, ad esempio per quanto riguarda la caduta di una palla di piombo 0 iI volo di un insetto, dimostra la relativita galileiana: il fatto, cioe, che Ie leggi della meccanica sono invarianti rispetto a sistemi in moto uniforme,
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che risultano dunque indistinguibili fra loro da questo punto di vista. Tre secoli dopo Albert Einstein usera analogamente treni e ascensori per argomentare a favore, rispettivamente, delle relativita speciale e generale: il fatto, cioe, che anche Ie leggi dell'elettromagnetismo sono invarianti rispetto a sistemi in moto uniforme, e che gravitazione e accelerazione producono effetti indistinguibili fra loro. Ma niente dimostra meglio la differenza tra Ie metafore fini a se stesse della letteratura d' evasione, e quelle mirate a uno scopo della letteratura di divulgazione, dell'uso che Galileo fa della Luna nel suo Dialogo. Prima di lui, e fino all'Ariosto, il viaggio suI nostro satellite e la sua geografia appartenevano infatti al genere fantasy, e i viaggi spaziali erano sorretti da inverosimiIi propulsioni: dalle trombe d' acqua della Storia vera di Luciano di Samosata all'ippogrifo dell' Orlando Furioso. Con la prima giornata del Dialogo la Luna invece cambia faccia. 0 meglio, mostra per la prima volta il suo vero volto, con i monti e Ie valli che il cannocchiale ha permesso di scoprire, e appare come la conosciamo oggi grazie alle foto dei telescopi, dei satelliti e degli astronauti. E anche meglio, perche ne Galileo, ne il pili 0 meno contemporaneo Keplero, autore di quel primo romanzo di fantascienza che e il Somnium, hanno avuto bisogno di recarvicisi di persona per capire come si sarebbe vista la Luna dalla Terra, con variopinti risultati che superano ogni sbiadita in. venzione poetica. Da un lato, infatti, la Terra ha nel cielo della Luna fasi uguali e contrarie a que lIe che la Luna ha nel cielo della Terra. Dall'altro lato, poiche la Luna mostra sempre la stessa faccia alIa Terra, quest'ultima si puo vedere soltan~o dalla faccia visibile della Luna; e dove si vede, appare fissa nel cielo. II che significa che chi si trovi sulla faccia visibile della Luna in un periodo di Terra piena, puo osservare « questo globo fatal », immobile nel cielo lunare, ruotare su se stesso nel corso di 24 ore: una meravigliosa dimostrazione visiva del mota di rotazione terrestre, che potrebbe far esclamare a un autocosciente poeta: « Che fai, tu, Terra, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa Terra?» I poeti dell'inconscio, invece, della Luna sanno soltanto una cosa: che c'e. Ma anche quelli dilettanti di astronomia non sanno molto di pili, visto che persino il Leopardi amante di Galileo e , ,
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amato da Calvino continuava a scrivere ignaro nel1819 che la Luna « da nessuno cader fu vista mai se non in sogno» (Canti, I, 17-18), benche fin dal1687 Isaac Newton avesse non solo composto il verso che « la Luna cade continuamente verso la Terra» (Principia, Libro III, Proposizione IV, Teorema IV), rna avesse anche calcolato esattamente di quanto essa cade: fatte Ie debite proporzioni, esattamente della stessa quantira. di cui cade una mela nello stesso tempo qui da noi. Dunque, di conseguenza, « la forza con cui la Luna e trattenuta nella sua orbita e quella stessa forza che chiamiamo comunemente gravid.». E allora, che si leggano pure nelle aule e nelle piazze i versi di Dante e Leopardi, per il piacere che l'aria smossa dalla voce di chi Ii declama da all' orecchio di chi Ii ascolta. Ma che si aggiungano ai programmi di scuola e di teatro anche e soprattutto Ie prose di Galileo e di Newton, per far gioire la mente con quella che gia Pitagora chiamava la Poesia dell'Universo: una poesia che « intender non la puo chi non la prova», e che « non si puo intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali e scritta».
LA BIBLIOTECA DI GALILEO
Ogni tecnologia e per sua natura un mezzo, e non un fine: cioe, dovrebbe servire senza asservire 0, se si preferisce, dovrebbe essa servire noi, invece che noi servire essa. Eppure, sappiamo tutti benissimo (e non possiamo non saperlo, perche la pubblicita non perde occasione per ripetercelo costantemente) che gli oggetti sono in realta gli idoli di un culto che, ormai, e diventato l'unica vera religione dell'Occidente: quell a del Prodotto,-che ha sostituito nell'adorazione i Cristi e Ie Madonne con Ie automobili e i telefonini. Di tutti questi idoli e dei, quelli meno falsi e bugiardi sono sicuramente i libri: nel senso che, nel supermercato planetario dei prodotti piu 0 meno benefici 0 malefici sfornati dalla tecnologia, essi costituiscono sicuramente gli oggetti piu degni di venerazione e rispetto. Anche se ne ottengono in pratica molto meno delle opere d'arte 0 dei gioielli, ad esempio, benche in teo ria valgano spesso molto di piu. II culto dei libri ha naturalmente un suo nome: la bibliofilia. E ha i suoi templi: i negozi antiquari nei quali si possono trovare copie rare di testi antichi, magari autografate dall'autore 0 annotate, dallettore, a volte letteralmente a beneficio dell'umanita intera. E il caso delle Osservazioni su Diofanto del mate matico dilettante Pierre de Fermat (Bollati Boringhieri, 2006), scritte a meta del Seicento sui margini di un libro, appunto, e dalle quali so no scaturiti problemi che hanno assillato i matematici per tre secoli e mezzo: primo fra tutti il famoso Ultimo Teorema di Fermat, dimostrato da Andrew Wiles soltanto nel 1995. Naturalmente, i matematici badano al sodo e si accontentano di cio che sta scritto sui margini, rna i collezionisti darebbero chissa che pur di avere l'unico autografo delle osservazioni di Fermat. 0, per rimanere alIa storia della scienza, per mettere ad esempio Ie mani sulla copia del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo appartenuta a Urbano VIII, nella quale il papa trovo Ie proprie idee messe in bocca da Galileo a un ingenuo chiamato Simplicio,
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e si vendico scatenando suI povero scienziato il processo del Santo Uffizio che 10 stritolo. Chi si e accontentato di poter mettere gli occhi addosso a un tal libro,invece che Ie mani, ha potuto semplicemente visitare la Mostra del Libro Antico tenutasi a Milano dal16 al18 marzo 2007. Li ha trovato non solo illibro citato, rna anche una nutrita scelta della Collezione Galileiana: la piu importante e completa raccolta privata di libri di, su e attorno a Galileo, messa insieme all'estero in mezzo secolo di acquisti, e ora in attesa di compratori italiani che possano e vogliano sborsare una cifra che si aggira sui dieci milioni di euro. Delle 139 opere che costituiscono la Collezione, 7 sono i manoscritti, 90 Ie prime edizioni e 14 i volumi che riportano annotazioni, correzioni e dediche autografe di Galileo e altri autori. Alcuni dei libri provengono dalla biblioteca privata di Urbano VIII, e altri da quell a del principe Federico Cesi, fondatore dell'Accademia dei Lincei e grande amico e sostenitore di Galileo. E il tutto e descritto e illustrato in un catalogo in due volumi, stampato in edizione limitata, che natural mente andra a sua volta ad allungare la lista delle brame dei collezionisti. Ma anche coloro che so no interessati solo a cio che i libri dicono intellettualmente, e non a cio che essi so no fisicamente, possono trovare motivi di interesse nella Collezione: ad esempio, nel fatto che uno dei volumi, la Diottrica di Keplero del 1611, contiene annotazioni autografe e sottolineature di Galileo, in'particolare nella sezione dedicata al funzionamento del telescopio a lenti convesse. Ora, l'interesse non sta tanto nel fatto che questo sia l'unico volume conosciuto al mondo postillato da Galileo, quanto piuttosto nel fatto che Ie annotazioni smentiscono Ie sue stesse dichiarazioni: 10 scienziato, infatti, accusato di aver utilizzato i principi di Keplero per potenziare il telescopio, nego sempre di aver letto il libro del collega e rivale, come invece aveva evidentemente fatto. D'altronde, allora.come ora, Ie polemiche e Ie dispute di priorita scientifica erano all'ordine del giorno: tanto piu in un periodo in cui non esistevano i brevetti, e bisognava dunque convincere direttamente i committenti e il pubblico, invece che Ie universita e gli uffici. Ad esempio, una delle invenzioni del giovane Galileo fu una versione primordiale di cio che poi divenne il regolo calcolatore, ed egli ne descrisse il funzionamento nel suo primo li-
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bro: Ie operazioni del compasso geometrico e militare, tirato nel 1606 in sole 60 copie, di cui la mostra presentava un esemplare con correzioni autografe dell' autore. Pochi mesi dopo la sua uscita, un tal Baldassarre Capra rivendico la paternira dello strumento e Galileo 10 cito in giudizio: il tribunale gli diede ragione e condanno l'avversario per plagio e alIa distruzione di tutte Ie copie del proprio trattato. Galileo pero non fu soddisfatto e scrisse nel 1607 una Difesa contro Ie calunnie e imposture di Baldessar Capra milanese, anch' essa presente alia mostra, nella quale ricorda fra l'altro che al processo il contendente aveva dimostrato di essere completamente digiuno di matematica: ovvero, sotto la panca del tribunale il Capra crepo. Pochi anni dopo, nel 1610, UScl la prima grande opera di Galileo: il Sidereus Nuncius (Messaggero Stellare), nel quale 10 scienziato annuncio al mondo Ie prime scoperte fatte col telescopio. Egli racconta di aver saputo della sua invenzione in Belgio, di averne costruito subito uno personalmente, di averlo puntato in cielo e di aver visto coi propri occhi che la superficie della Luna costituita di monti, valli e crateri, esattamente come quella della Terra, e che Ie stelle sono in numero molto maggiore di quello visibile a occhio nudo. Ma la scoperta pili sorprendente fu I' esistenza dei quattro satelliti di Giove: essa confutava definitivamente la centralita della Terra per i moti celesti, e avrebbe potuto e dovuto aprire la via all'accettazione del sistema copernicano. Galileo capl l'importanza della scoperta e la dedi co al Granduca di Toscana, chiamando i quattro corpi celesti Medicea Sidera (Stelle Medicee), e ricevendone in cambio la nomina a matematico primario senza obbligo di insegnamento (il sogno di ogni ricercatore!) e filosofo granducale. L'aspetto interessante della copia dellibro presente nella collezione che in essa i satelliti erano dapprima chiamati Cosmica Sidera (Stelle di Cosimo), e in seguito fu applicata sulla dicitura a stampa un'etichetta con l'altro nome, voluto dal granduca per onorare la famiglia intera, invece che solo lui. Nel1623 UScl la seconda grande opera di Galileo: II Saggiatore, il cui titolo stava a indicare che in esso « con bilancia squisita e giusta si ponderano Ie cose». Nonostante questa autocelebrazione preventiva, la teoria proposta nellibro era completamente sbagliata: essa affermava infatti che Ie comete non erano corpi reali, come
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sostenevano giustamente Tycho Brahe e i Gesuiti, bens! illusioni ottiche prodotte dalla luce solare sui materiale esalato dalla Terra verso la Luna, e oltre.Il volume conteneva pero almeno una pagina memorabile, di alta letteratura: quella in cui la Natura viene paragonata a un grande libro, che non si puo leggere se prima non si impara illinguaggio in cui e scritto, che altro non e se non la matematica. Quanto al piccolo libro di Galile6, la copia messa in mostra una delle rarissime otto che furono tirate su carta speciale, per gli amici e i sostenitori: pili precisamente, quell a che ando al principe Cesi. Naturalmente, pero, illibro pili famoso dello scienziato eil gia citato Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. In origine l' opera doveva intitolarsi Del flusso e riflusso, perche la teo ria delle maree esposta nella Quarta Giornata avrebbe dovuto costituire il colpo di grazia inferto al sistema tolemaico: peccato che fos~e sbagliata, invece, come gia 10 era stata quella delle comete. E 10 origine l' opera doveva essere appoggiata dal papa Urbano VIII, che nel passato era stato amico e sostenitore di Galileo: peccato che all'ultimo momenta egli abbia ritirato il supporto, invece, dando questa volta lui il colpo di grazia allo scienziato. Nel 1633 questi fu dunque processato, i suoi Dialoghi furono messi all'Indice e lui fu condannato agli arresti domiciliari a .vita., Nei cinque anni seguenti Galileo, piegato rna non spezzato, nUSCl comunque a scrivere il suo capolavoro scientifico: i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, pubblicati clandestinamente a Leida nel1638. Qualche copia fu riportata altrettanto clandestinamente in Italia, e quella esibita nella mostra fin! sorprendentemente nella biblioteca privata del papa: a dimostrazione del fatto che, forse, la decisione politica del pontefice Urbano VIII di abbandonare il vecchio arnico al proprio destino non aveva comunque spento I'interesse intellettuale dell'uomo Maffeo Barberini per il suo lavoro. Nel 1656, quattordici anni dopo la morte di Galileo, fu pubblicata la prima edizione delle sue Opere, seguita nel 1718 dalla seconda: entrambe, naturalmente, senza il Dialogo. Questo fu ristampato senza imprimatur nel 1710 e torno ufficialmente in commercio solo nel 1744, nella terza edizione delle Opere: con qualche sberleffo, pero, dalla subdola manipolazione delle affermazioni a favore dell' eliocentrismo, all' aperta inclusione fra Ie
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dell'imbarazzante testo dell' abiura. II tutto documentato alia most~a da pre~iose edizioni, che costituiscono i gioielli della corona dl questa slOgolare Collezione Galileiana.
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CRITICA DELLA RAGION CRIMINALE
La seconda guerra mondiale inizio formalmente il primo settembre 1939, quando la Germania invase la Polonia perche questa non aveva concesso a Hitler il « corridoio di Danzica», che gli avrebbe permesso di collegare la Prussia occidentale a quella orientale: cioe, a Konigsberg, il porto sui mar Baltico che dopo la sconfltta dei nazisti fu assegnato dalla Conferenza di Postdam all'Unione Sovietica e assunse il nome di Kaliningrad, che conserva tuttora. Ai filosofl il nome di Konigsberg ricorda quello di Immanuel Kant, che vi nacque, studio, insegno, mOrl e fu sepolto, senza essersi mai allontanato dalla citta per pili di cinquanta chilometri in tutta la sua vita. Per i matematici i1 nome e invece inevitabilmente associato al famoso problema dei sette ponti, che gli abitanti della citta si erano posti fln dal Seicento: il percorso del flume Pregel forma infatti un isolotto e divide il territorio in quattro parti, collegate fra loro da sette ponti, che nessuno era mai riuscito a percorrere tutti di seguito senza passare almeno due volte su qualcuno di essi. Ai tempi di Kant il problema non si poneva pili, perche era ormai stato risolto nel 1736 da Leonardo Eulero: un matematico cieco che aveva comunque visto, con gli occhi della mente, che se si vuole arrivare in ciascuna localid per una strada e ripartirne da un'altra senza mai passare due volte per la stessa via, il numero di strade che confluiscono in ciascuna local ita dey' essere pari. Purtroppo, questo non avviene non solo per qualcuna, rna per nessuna delle quattro localid che i sette ponti di Konigsberg collegano: dunque, il problema non ha nessuna soluzione. Naturalmente i filosofl non badano alle dimostrazioni, e puo succedere che ancor oggi uno di essi scriva che « prima di morire il grande matematico Eulero si chiese se Fosse possibile percorrere una strada attraverso Konigsberg che passasse per i nove ponti sui Pregel senza mai usare 10 stesso ponte pili di una volta», e che Kant avrebbe affermato: « Quando cominciai a insegnare all'universita vinsi una scommessa con un collega che era stato molto amico
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del matematico. Mi disse che in realta 10 stesso Eulero non conosceva la risposta! Ebbene, ho trovato due soluzioni al problema». Fortunatamente il filosofo in questione, che ha fatto in un solo paragrafo tre errori e si chiama Michael Gregorio, si e dato alIa letteratura e ha scritto queste cose in un romanzo su Kant, che tratta la filosofia allo stesso modo della matematica. Costringendo, cioe, il lettore all'accettazione di una finzione in cui Kant abiura la sua fede nella Ragione e nella Logica e si lascia sedurre dalla parte pili sinistra del suo emisfero destro, arrivando a teorizzare il piacere di uccidere in una Critica della ragion crimina/e, di cui l' omonimo romanzo (Einaudi, 2006) riporta soltanto questo frammento: « Le leggi della natura subiscono un capovolgimento quando si esercita su un altro essere umanoil potere che e di Dio. L'assassinio a sangue freddo apre la via d'accesso al sublime. E un'apoteosi senza uguali ». Nell'attribuire queste frasi e questi propositi a Kant, Gregorio non fa che adottare la « tecnica dell'anacronismo deliberato e delle attribuzioni erronee» che Borges aveva proposto nel Pierre Menard, autore del Chisciotte come ausilio al lettore per popolare di avventura i libri pili calmi: istigandolo, ad esempio, a leggere I'Imitazione di Cristo come se Fosse scritta da Louis-Ferdinand Celine 0 da James Joyce, per rinnovare inaspettatamente quei tenui consigli spirituali. Puntualmente, dunque, nel romanzo vediamo addirittura Kant correre a casa: proprio lui, che era nota per passare tranquillamente ogni giorno alIa stessa ora negli stessi posti, tanto che si diceva che gli abitanti di Konigsberg regolassero su di lui i loro orologi. E 10 vediamo scrivere apocrifamente su un album di autografi: « Due cose mi riempiono la mente eli meraviglia: il cielo stellato sopra di me e Ie tenebre in fondo alia mia anima », parodiando I'analogo aforisma che oggi funge da epigrafe sulla sua tomba, e che contrapponeva invece il cielo stellato alIa legge morale. Ma, soprattutto, 10 vediamo riassumere in gran segreto il fedele servitore che aveva licenziato dopo una vita di fidata collaborazione, con una decisione tanto drammatica che nella realta 10 spinse a tenere ben in vista sulla scrivania, come promemoria a se stesso, il paradossale memento: « Ricordarsi di dimenticare Lampe ». La FIgura di un servitore che per decenni segu! Kant come
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un' ombra nelle sue passeggiate, doverosamente un passo indietro, e gli organizzo la vita come un meccanismo a orologeria, anche contro I'apparente riluttanza del padrone, solletica la fantasia dei letterati, che nella completa abnegazione di Lampe (e di tanti altri « segretari particolari », ad esempio quelli dei papi) evidentemente ritrovano i segni di una personalita deviata. COS!, nel romanzo Kant e la critica del servitore impuro di Jose de Juan (Robin, 2001), dieci giorni do po essere stato allontanato di casa Lampe rientra di soppiatto in cucina e uccide l' ex padrone. Nella Critica della ragion criminale, invece, egli diventa 10 strumento di cui Kant si serve per stimolare quei delitti che testimoniano I' assunto centrale della sua supposta nuova filosofia: il fatto, cioe, che come la razionalira puo essere completa solo al prezzo di essere inconsistente, COS! la criminalita puo essere perfetta solo a patto di essere gratuita. In tal modo, Gregorio giustifica filosoficamente iI suo riferimento alIa Critica della ragion pura e alIa Critica della ragion pratica kantiane, che era soltanto un ammiccamento in opere quali la Critica della ragione dialettica di Jean-Paul Same 0 la Critica della ragione economica di Daniel Kahneman, Daniel McFadden e Vernon Smith (Saggiatore, 2005), e una semplice citazione pretestuosa in innumerevoli altre: una rice rca su Google alIa voce « Critica della ragion» rivela infatti opere che completano il titolo con aggettivi che, nelle sole prime cento voci, comprendono la ragione berlusconiana, dura, laica, mercantile, non profit, poetica, pubblica, storica, tecnologica, umanitaria, e via dicendo. II titolo di un romanzo e natural mente una parte integrante del suo marketing: paradossalmente, infatti, quando un lettore sceglie di comprare 0 di leggere un libro non puo farlo in base al contenuto interno, visto che non 10 conosce ancora, e deve dunque basarsi su fattori esterni, quali appunto il titolo 0 la copertina. Ma anche sulle note del retro, che hanno la funzione di solleticargli la curiosira: e non c'e niente di pili facile che provare a farlo appellandosi a parole, magari scritte in rosso come il sangue, quali « delitti atroci e inspiegabili », « verita sconvolgente » e « ossessione del Male », senza tralasciare qualche riferimento, magari scritto in nero come il carbone, al Diavolo e ai negromanti. . II potenziale lettore e dun que avvisato: la Critica della ragion criminale e un buon thriller, che inizia con quattro morti gia am-
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mazzati e 6nisce con la sistematica eliminazione di quasi tutti i protagonisti, passando per agghiaccianti obitori e taverne malfamate. Ma un thriller nel quale Kant viene tirato per i capelli, in maniera puramente strumentale. L'idea di usare un famoso 610sofo come investigatore non nuova, come dimostra la mezza dozzina di libri della serie di Aristotele detective di Margaret Doody, pubblicati in Italia da Sellerio. Meno convincente il voler mettere insieme il Diavolo e I' acqua santa, facendo di Kant non solo il detective rna anche I'assassino: 0, almeno, il promotore sia dei de. litti, sia delle indagini. Anche perche la tensione fra la reale razionalira del 610sofo con una sua fittizia irrazionalira finisce per sfociare in una sistematica denigrazione della prima, che si palesa in affermazioni quali: « La Logica non ha spazio nelle faccende umane », 0 « l' espressione sublime della volonra., I'atto che va oltre la Logica e la Ragione, oltre il Bene e il Male, l' assassinio senza motivo». Non esattamente cio di cui si ha bisogno in questo mondo, che gia enuncia per conto suo questi princlpi e avrebbe dunque bisogno di qualcuno che proclamasse, nella finzione rna soprattutto nella realta, illoro esat• to contrano.
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MATTATOIO IN FIAMME
La natura a volte provoca guai terribili, come quando una comb inazione (s)favorevole di fattori, che vanno dalle alte temperature alia bassa umidita, genera tremendi incendi di boschi 0 foreste. II meccanismo fisico semplice: un grande Fuoco concentrato e intenso produce infatti una corrente ascensionale di aria calda, che puo essere sostenuta e rafforzata dall' effetto attrattivo prodotto da un'area di bassa pressione che si trovi sopra di essa. II processo viene alimentato dal fatto che il vuoto lasciato alIa base di questo camino virtuale provoca a sua volta un effetto attrattivo dell'aria circostante, mentre il calore portato all' area di bassa pressione porta a un innalzamento della sua temperatura e a un conseguente ulteriore abbassamento della sua pressione, e dunque della sua attra• ZlOne. II risucchio dell' aria verso I'interno dovrebbe in teo ria circoscrivere I'incendio all' area del camino virtuale, rna in pratica tre fattori convergono a provocare un effetto opposto. Anzitutto, la violenza del risucchio puo creare turbolenze che raggiungono a volte I'intensira di piccoli tornadi: si possono COS! formare mulinelli di fuoco che si diffondono in tutte Ie direzioni, e tendo no invece a propagare l'incendio verso l'esterno. Inoltre, l'apporto di ossigeno derivante dal flusso di aria ingurgitata alimenta la combustione e provoca un ulteriore aumento della temperatura, fino a 1500 gradi: la radiazione infrarossa COS! generata puo arrivare a incendiare materiale infiammabile anche a grande distanza, in maniera indiretta. Da ultimo, Ie nuvole di ceneri arrivano spesso a surriscaldarsi in nubi ardenti, 0 pirrocumuli, che possono scatenare fulmini e appiccare ulteriori incendi. Purtroppo non sempre questi inferni, appropriatamente chiamati tempeste di fuoco, riguardano « soltanto» la vegetazione: a volte arrivano a interessare Ie citta, come successe nei grandi incendi di Roma del 64, di Londra del 1666 e di Chicago del 1871, COS! come nei terremoti di San Francisco del 1906 e di Tokyo e Yokohama del 1923, quest' ultimo con un funebre bilancio di centoquarantamila morti. E, purtroppo, non sempre questi in-
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ferni sono provocati dai diavoli: durante la seconda guerra mondiale sono stati pianificati da Hitler nel1940 e realizzati da Churchill e Roosevelt tra il 1943 e il 1945, nei pill assatanati bombardamenti della storia. A scatenare una tempesta di Fuoco artificiale ci provarono per la prima volta i nazisti a Coventry il14 novembre 1940, cercando di creare Ie condizioni « favorevoli » mediante un' accurata pianificazione degli obiettivi, e I'uso coordinato di bombe esplosive e incendiarie: Ie prime per distruggere i centri nevralgici della citta, dagli acquedotti aile centrali elettriche, dalle vie di comunicazione ai tetti degli edifici, e Ie seconde per scatenare incendi che Ie distruzioni precedenti rendevano facili da appiccare e difficili da spegnere. Secondo il parere qualificato che diede il comandante della Royal Air Force inglese Arthur Harris, che i giornalisti chiamavano « Bombardiere» e gli avieri « Macellaio», I' azione non riuscl a scatenare una tempesta di Fuoco perche fu adeguatamente circoscritta nello spazio, rna non sufficientemente concentrata nel tempo. L' obiettivo fu centrato dagli alleati ad Amburgo il 24 luglio 1943, a Dresda il13 febbraio 1945 e a Tokyo il 9 marzo 1945, in quelli che furono Forse i pill efferati delitti della guerra: anche pill delle bombe atomiche del 6 e 9 agosto 1945, che impressionarono maggiormente l' opinione pubblica, rna risultarono menD distruttive in termini di vite umane. Per nascondere la palese efferatezza di questi atti, per molti anni la loro memoria fu volutamente cancellata in Occidente, a partire dalla mancata menzione delle tern peste di Fuoco da parte di Churchill nel suo discorso di vittoria, e dalle poche righe ad esse dedicate nei ventisette volumi della 5toria ufficiale dell'aviazione militare nella seconda guerra
mondiale. . II silenzio fu spezzato nell969 da Mattatoio n. 5, 0 La crociata dei bambini di Kurt Vonnegut, che oggi e divenuto un c1assico '. dell'antimilitarismo, oltre che della fantascienza. Puo stupire, naturalmente, che la presa di coscienza di queste malefatte sia stata affidata a un romanzo, rna questo in fondo uno dei compiti della letteratura non puramente soporifera: rendere digeribili Ie peggiori atrocid. dell'uomo e sopportabili Ie sue miserie pill oscure, annacquandole e addolcendole come si fa con Ie medicine pill amareo A beneficio non solo dei lettori, rna anche degli autori, visto
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che 10 stesso Vonnegut racconta in apertura che dovette aspettare ventitre anni per poter scrivere il suo « schifoso libretto», perche prima « non gli venivano molte parole da dire su Dresda, 0 almeno non abbastanza da cavarne un libro». II fatto che la sua non una storia inventata, rna la testimonianza di prima mana di uno dei pochi miracolati che uscirono vivi dalla tempesta di Fuoco diabolicamente pianificata dal generale Harris: un bombardamento dello stesso tipo di quello nazista, concentrato su un'area di circa due chilometri per tre, su cui dapprima gli inglesi scaricarono a raggiera 800 tonnellate di bombe con 250 aerei in due minuti, e poco dopo altre 1800 tonnellate con 500 aerei in mezz' ora, e poi gli statunitensi completarono l' opera scaricando altre 1300 tonnellate con 300 aerei in due tornateo II tutto, su una citta indifesa che non solo non possedeva presldi militari, rna che proprio per questo era affollata da duecentomila rifugiati e molte migliaia di feriti, e Ie cui industrie erano tutte decentrate fuori dalla zona bombardata. Vonnegut si salvo dal rogo che consumo la citta dell' olocausto tedesco perche si era rifugiato, insieme ad altri prigionieri, nel mattatoio che da il nome aI romanzo, e che vi ass urge ovviamente a simbolo letterario dell' inutile e selvaggia carneficina di decine di migliaia di esseri umani, assimilati a bestie da macello. 50 it goes, « cosl va la vita», possiamo dire, secondo il refrain che punteggia con un centinaio di rintocchi I'intero libro, ogni volta che la morte vi fa capolino. II sottotitolo La crociata dei bambini si riferisce invece a un aItro bell'episodio di animalita umana: la crociata del 1213, in cui due monaci arruolarono trentamila ignari bambini in Germania e in Francia, con la benedizione del papa Innocenzo III, e dopo averne persi la meta durante la traversata da Marsiglia aI Nord Africa, vendettero i superstiti come schiavi. Vonnegut cita l' episodio indirettamente, e in questa maniera un po' approssimativa, traendolo dalle 5traordinarie illusioni popolari efonatismo delle folle di Charles Mackay, un libro del 1841 , ilcui autore « aveva una pessima opinione di tutte Ie crociate, rna gli pareva che quella dei bambini Fosse stata appena un po' pill ignobile delle dieci per adulti». Per analogia, illettore indotto ad avere una pessima opinione di tutti i bombardamenti, soprat-
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tutto dei civili inermi, rna a ritenere che Ie tempeste di Fuoco siano state appena un po' pili ignobili degli altri. E cosl stato, effettivamente, come conferma l'autobiografico Turbare l'universo di Freeman Dyson (Bollati Boringhieri, 1981), in un capitolo significativamente intitolato anch' esso « La crociata dei bambini »: il bombardamento di Dresda non fu infatti troppo diverso da molti altri, ad esempio dai sedici attacchi su Berlino nei quali si cerco di provocare un'analoga tempesta di Fuoco. Semplicemente, « per una volta tutto si svolse come nelle intenzioni: fu come se qualcuno, in una partita a golf, centrasse la buca in un colpo solo ». E Dyson sa di cosa parla, visto che poteva osservare Ie cose da un punto di vista privilegiato: non un mattatoio sotto Ie bombe, rna il quartier generale di Harris da cui partivano i bombardieri, un luogo che « sembrava inventato da un sociologo impazzito come esempio per mostrare nel modo pili chiaro possibile la malvagita della scienza e della tecnologia». E un luogo che 10 porto a perdere il senso morale, come lui stesso confessa a distanza di de~ • cenO!:
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All'inizio della guerra credevo fermamente nella fratellanza di tutti gli uomini, ed ero contrario a ogni forma di violenza. Dopo un anno mi dissi che non era possibile praticare la non violenza contro Hitler, rna rimasi moral mente contrario ai bombardamenti. Qualche anno pili tardi accettai di lavorare per il Comando, rna continuai ad oppormi moralmente ai bombardamenti indiscriminati delle citra. Dopo il mio arrivo al Comando, mi dissi che questi bombardamenti erano giustificabili perche aiutavano a vincere la guerra. Un an no pili tardi capii che non era cosl, rna che almeno il mio lavoro serviva a rispa'rmiare la vita degli equipaggi. Giunto all'ultima primavera di guerra, non riuscivo pili a trovare scuse. In altre parole, neppure gli animi pili nobili vedono esaudita in guerra la preghiera « stoica» che Vonnegut recita nel suo libro:
Dio mi conceda fa serenita di accettare fe case che non posso cambiare, if coraggio di cambiare quelle che posso, e fa saggezza di comprendere sempre fa difJerenza.
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Quanto agli animi menD nobili, che sono quelli dei capi militari e politici, sanno da soli di essere tutti criminali di guerra, e che soltanto la sconfitta 0 la vittoria a determinare chi debba 0 no andare sotto processo: ad esempio, 10 ammise candidamente il generale Curtis leMay, artefice della tempesta di Fuoco su Tokyo e poi capo di Stato Maggiore dell' esercito statunitense. E la stessa cosa vale per i comandanti in capo, anche oggi, come recita uno degli ultimi aforismi di Vonnegut: « L'unica differenza tra Hitler e Bush che Hitler stato eletto».
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RITORNO A DIDEROT
Ci si puo fidare della letteratura, come specchio che riflette la visione del mondo che caratterizza la propria epoca? I letterati naturalmente sostengono di sl, e noi siamo costretti a credere loro sulla parola: anche perche, quando un' epoca e passata, di essa non rimangono appunto altro che Ie descrizioni che ne ha registrate la sua letteratura, comprese Ie branche fantastiche che vanno sotto il nome di teologia, filosofia e storia. Chi pensa, comunque, che la letteratura sia effettivamente un mezzo per conoscere I'uomo e la sua storia, e non sol tanto un futile passatempo, deve anche aspettarsi che la scienza e la tecnologia rivestano per gli scrittori del mondo contemporaneo un ruolo analogo a quello che la mitologia e la religione giocavano per i cantori del mondo antico e medievale. E invece, la maggior parte della letteratura contemporanea e non solo ascientifica e atecnologica, rna addirittura antiscientifica e antitecnologica. La maggioranza dei letterati di ogni tipo, teologi e filosofi compresi, ritiene infatti di poter continuare a interpretare il presente secondo anacronistiche categorie adeguate soltanto, se pure mai 10 sono state, alIa descrizione di un passato che ormai non c'e pill. Foftunatamente, esiste anche una minoranza che costituisce l' avanguardia della letteratura non anacronistica di domani. Essa e composta, da un lato, da quei letterati di formazione umanistica che, da Italo Calvi no a Daniele Del Giudice, da Raymond Queneau a Hans Magnus Enzensberger, hanno prestato un'attenzione particolare alIa cultura scientifica e tecnologica. E, dall'altro lato, da quegli scrittori che sono pervenuti alIa letteratura da una formazione non umanistica: dall'ingegner Carlo Emilio Gadda al chimico Primo Levi, dal fisico Thomas Pynchon al matematico John Coetzee (premio Nobel per la letteratura nel2003). Di questo secondo drappello fa parte Andrew Crumey, un fisico teo rico che ha ottenuto un gran successo nel mondo anglosassone coi suoi cinque romanzi, quattro dei quali tradotti in Italia da Ponte alle Grazie: Musica in una lingua straniera (1994), che descrive la faticosa scrittura di un giallo contenuto nel libro, e
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dellibro stesso; Pfitz (1995), che narra Ie vicende di una citta immaginaria progettata da un principe del Settecento in ogni dettaglio, dagli edifici agli abitanti, rna esistente solo sulla carta; II professore, Rousseau e l'arte dell'adulterio (2000), che espande in una triplice storia due brevi passaggi delle Confessioni che citano di sfuggita due ignoti copisti francesi del Settecento; e L'amore perduto e fa teo ria dei quanti (2004), il cui mondo macroscopico si comporta come quello microscopico, con un'instabile sovrapposizione di stati potenziali e un molteplice parallelismo di mondi possibili La caratteristica linguistica comune di questi libri e un esplicito ritorno alle origini del romanzo moderno: quelle, per intenderci, diJacques ilfotalista di Denis Diderot, che aveva additato alIa letteratura una promettente strada che essa non segul, preferendo imboccare il sentiero che la porto a impantanarsi nella melma del romanticismo. . Queste origini sono consapevoli ed esplicite nell' opera di Crumey, che gia dopo un paio di pagine del suo primo libro si chiede: « Da dove venivano? Dove stavano andando? (Ma c'e mai qualcuno che sappia da dove viene 0 dove sta andando?) », riecheggiando il farnoso incipit di Diderot. E nel secondo libro inscena dialoghi fra il conte e Pfitz che potrebbero essere usciti direttamente dalla sua penna. E nel terzo discute apertamente la sua teoria del Paradosso sull'attore: cioe, che l' attore e l' artista migliori sono quelli che trasmettono emozioni e idee quando essi stessi non provano nulla, perche i loro sentimenti sarebbero soltanto d'intralcio alIa loro capacita di recitare 0 esprimersi in maniera convincente. Paradossalmente: « Poiche la sincerita e la cosa pill importante, se uno impara a flngerla e a posto », con tanti saluti al romanticismo. Ma Crumey non e una specie di Pierre Menard, e non cerca di riscrivere Jacques il fotalista: se non altro perche viene dopo Borges, col quale e costretto naturalmente a fare i conti. E Ii fa nel capitolo 28 di Musica in una lingua straniera, in una riscrittura della « Biblioteca di Babele» in cui dichiara fra I'altro: « Che cos'e la scrittura se non una specie di furto, un furto dalla biblioteca delle idee che contiene ogni libro possibile? » Cosl come fa i conti, oltre che ovviamente con Rousseau, anche con Proust in Il professore, Rousseau e l'arte dell'adulterio, riportando in vita entrambi gli scrittori e facendoli diventare personaggi di un romanzo proustia-
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namente narrato da « questa persona chiamata io, che non coincide sempre con me stesso». Con punti di riferimento come Diderot e Rousseau da un lato, e Proust e Borges dall'altro, qu~lla di Crumey non puo che essere una letteratura della divagazione e del coinvolgimento diretto del lettore nell' opera, all'insegna dei motti: « Ogni storia una infinita di storie», e « un libro e riuscito se ci fa sentire che siamo noi quel particolare lettore che l'autore ha in mente». Ed anche una letteratura a millefoglie, con livelli intrecciati fra loro fino a confondersi l'un l'altro in una sorta di mise en abyme che coinvolge il libro stesso: i1 quale a volte entra nel racconto come protagonista, insieme al suo autore e al suo lettore, e altre volte presenta Ie stesse pagine e Ie stesse situazioni in versioni multiple, che riprendono continuamente i1 filo della storia facendola andare in direzioni alternative, tutte vere (0 false) allo stesso modo. Ma Crumey ha una marcia in pili rispetto ai letterati che in passato hanno suonato variazioni su questi temi: i1 fatto di essere un fisico che conosce la scienza dal di dentro, e la sa usare a proposito e con criterio. Nei suoi libri essa a volte interviene in maniera parodistica, come nella « Visione dell'universo» inserita in Musica in una lingua straniera: un trattato di pseudofisica che spiega come esistano tre particelle (gli ideoni) che possono viaggiare pili velocemente della luce e sono Ie componenti fondamentali di tutte Ie cose. 0 come nel « Trattato sulla poesia meccanica» inse~i~o in II prof:ssore, che propone un marchingegno rotante per la cntlca letterana, tutto basato su pesi, fili, leve, pulegge e forze. Altre volte la scienza interviene obliquamente, nella forma di citazioni, immagini, indovinelli, enigmi 0 allegorie. Come nelle ~Iu.si?ni in P.fi:z al paradosso di Russell attraverso « l'indice degli mdlcl che non mcludono se stessi », 0 alia teo ria dei frattali in una pagina sulla lunghezza della costa d'Inghilterra. 0 nell'uso narrativo del dilemma delle tre porte di Lewis Carroll, che II pro/essore . eleva a metafora di alcuni degli aspetti problematici e paradossali della fisica moderna. 0 nella citazione del passo di Moby Dick in cui si descrivono marmitte per bollire i1 grasso di balena a forma di cicloide, in L'amore perduto e fa teo ria dei quanti. In quest'ultimo libro, pero, la scienza interviene pili esplicitamente che negli altri. Esso ruota infatti attorno al cruciale soggiorno sulle Alpi svizzere che Erwin Schrodinger fece nelle vacanze di
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Natale del 1925, con un'accompagnatrice sconosciuta e in circostanze awolte di mistero: fu in quei giorni che egli ebbe l'illuminazione che 10 porto alIa sua celeberrima equazione d' onda, che descrive il comportamento quantistico della materia. Naturalmente, come nota 10 stesso Crumey, « riscrivere la storia facile, rna riscrivere la scienza non 10 affatto». Lui pero ci riesce ottimamente, e di passaggio risponde anche alIa domanda che abbiamo posto agli inizi, notando in Musica in una lingua straniera che « se 10 scrittore qualcuno che porge uno specchio al mondo, allora si tratta per forza di uno specchio infranto che riflette vari punti della realta». E che, come diceva Pascal, « se un libro ci parla reggendo uno specchio alIa nostra anima, non nell'autore rna in noi stessi che troviamo tutto cio che ci vediamo ».
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UNA CASA DI FOGLI
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In genere un libro consiste di un'unica lunga.sequenza lineare di caratteri: volendo, potrebbe essere semplicemente stampato su una strisciolina di carta arrotolata, come quelle che una volta si usavano per Ie comunicazioni telegra6che in linguaggio Morse, anche se per comodita tipografica si preferisce suddividerlo in righe di lunghezza costante organizzate in pagine di altezza costante. A rompere la linearita della struttura di un libro possono pero intervenire vari fattori. Le note, gli incisi e Ie divagazioni, ad esempio, che costituiscono come gli affluenti di un fiume principale. 0 i rimandi interni, che stabiliscono connessioni dirette fra parti apparentemente staccate. 0 i percorsi alternativi di lettura, che permettono di percorrere il testo in maniera diversa da quella canonica che va dalla prima al1'ultima pagina. . A volte questi aspetti non sono marginali, e quando diventano sostanziali possono produrre opere singolari quali Tristram Shandy di Sterne, Jacques ilJatalista di Diderot, II manoscritto trovato a Saragozza di Potocki, II gioco del mondo di Corra.zar 0 II dizionario dei Chazari di Pavic. In tal caso ci si trova di fronte a una letteratura ergodica (da ergon, « lavoro», e hodos, « percorso »), che richiede cioe al lettore uno sforzo non banale per attraversare il testo. Lo sforzo puo naturalmente essere richiesto per motivi diversi. Ad esempio, 1'1 Ching cinese presuppone, prima della lettura, un lancio di monetine. I Centomila miliardi di poemi di Queneau, una scelta di quattordici versi, per ciascuno dei quali vengono offerte dieci possibilita. La Composizione n. 1 di Marc Saporta, un rimescolamento delle centocinquanta pagine· non numerate che costituiscono il romanzo. Diverso e il caso della letteratura figurata, in cui 10 sforzo deriva dalla disposizione non lineare dei caratteri 0 delle parole: ad esempio, nei versi intessuti di Optaziano Porfirio, 0 nei Calligrammi di Apollinaire. Molti di questi aspetti ergodici confluiscono nel singolare romanzo Casa di flglie di Mark Danielewski (Mondadori, 2005), uscito in volume il 7 marzo 2000, dopo essere gia diventato un libro di cuI to su Internet nelle sue versioni preliminari. La pagina
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interna del titolo 10 attribuisce a un tal Zampano, con introduzione e note di Johnny Truant: il nome del vero autore non compare, se non come acrostico delle note 27-42. Dopo l'incoraggiante dedica « questo non e per te», 1'introduzione spiega che Truant, impiegato di una bottega di tatuaggi di Los Angeles, ha affittato l' appartamento lasciato libero da un vecchio cieco di nome Zampano, morto da poco, e vi ha trovato un suo manoscritto intitolato II rapporto Navidson, che costituisce 10 studio critico di un omonimo documentario girato dal titolato fotografo Will Navidson. Il romanzo e scritto a tre mani, contraddistinte dall'uso di caratteri tipografici diversi: ci so no infatti il racconto di Zampano, Ie note di Truant e Ie note alle note di un anonimo curatore. Le note di Truant, pero, piu che commentare il testo di Zampano, narrano dell' ossessione che esso ha suscitato in lui e costituiscono un vero e proprio libro parallelo, alIa maniera del Fuoco pallido di Nabokov. A complicare ulteriormente Ie cose, anche il testo principale di Zampano ha Ie sue proprie note, che inscenano un vero festival di letteratura ergodica: soprattutto nel capitolo IX, intitolato « Illabirinto », di cui esse illustrano il concetto attraverso la loro stessa struttura. Una di esse (la 144), ad esempio, occupa 26 quadratini blu allineati in maniera simmetrica in 26 pagine consecutive, che racchiudono un testo nelle pagine dispari e la sua immagine speculare nelle successive pagine pari. Un'altra (la 146) occupa una colonna a sinistra di otto pagine pari consecutive, e alIa sua fine rimanda alla success iva nota, che occupa una colonna a destra delle opposte pagine dispari: essa va pero letta dopo aver ruotato il libro di 180 gradi, e alIa sua fine rimanda all'ulteriore success iva nota, che rimanda a un annesso alIa fine del libro, che non c' e. Un'altra ancora (la 182) e scritta in modo da essere letta do po una rotazione di 90 gradi, e alIa fine rimanda a un'altra scritta in maniera analoga, rna che per essere letta richiede uno specchio. E cosl via. Quanto alla composizione tipografica del testo stesso, non e certo menD immaginifica. Le 160 pagine dei due capitoli X e XX, ad esempio, so no quasi tutte vuote e Ie parole vi sono diluite in densira variabile, per sottolineare il ritmo del racconto: addirittura, frasi come « una vita intera conclusa nello spazio di due fotogrammi» 0 « una dopo l' altra dopo l' altra» occupano cinque pa-
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gine ciascuna. Altre volte la disposizione dei caratteri riflette i cambiamenti dello spazio, e la loro dimensione si contrae 0 si espande sui Foglio a seconda di quello che succede alia casa. Quanto a questa, essa e natural mente la vera protagonista del racconto, come suggerisce non soltanto il titolo del romanzo, rna anche il fatto che ogni volta che la parola «casa» compare, sia scritta in blu. A proposito di colori (assenti nella traduzione italiana), ogni volta che si parla della mitologia associata ai labirinti, i brani sono scritti in rosso e cancellati da righe rosse. II viola e invece usato soltanto per una riga, cancellata anch' essa, del capitolo XXI. . Tornando alIa casa, la sua e una geometria stregata: Ie dimensioni interne non vanno infatti d' accordo con quelle esterne, ed essa cambia misure dal di dentro senza cambiarle dal di fuori. L'intera storia e incentrata sulle esplorazioni che Navidson e altri compiono all'interno dei suoi misteriosi e giganteschi anfratti, registrando ogni cosa nel film che costituisce il « rapporto » a cui allude il titolo del manoscritto di Zampano, e delle tragedie che ne derivano: paura, incidenti e morti, in una specie di Blair Witch Project letterario, in cui la tensione si crea senza che se ne veda mai la causa. Come ci si puo aspettare da un autore che e semiologo di formazione, il testa e un Fuoco d'artificio di analisi letterarie serie e facete, a partire dal bombardamento di note: Ie quali, al di la del loro dispiegamento grafico, spesso contengono riferimenti reali e interminabili esibizioni di erudizione, con elenchi di nomi che possono durare intere pagine. II nume tutelare dell'impresa e naturalmente Borges, di cui vengono direttamente citati Pierre Menard, autore dei Don Chisciotte e Ii giardino dei destini incrociati (note 49 e 167). Ma anche Derrida, di cui Danielewski ha curato .1' omonimo documentario nel 2002, e la cui opera Glas presenta qualche affinita tipografica con questo romanzo. II capitolo XV riporta varie interviste, oltre che a Derrida stesso, a Douglas Hofstadter, Stephen King, Stanley Kubrick e Steven Wozniak, a proposito dell'impatto che Ii rapporto Navidson ha avuto nel mondo, precedute dal commento di Truant: « Finora non ho avuto conferma da nessuno di loro, a parte Hofstadter, che ha messo bene in chiaro di non aver mai senti to nulla di Navidson 0 della casa».
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Com'e tipico dei saggi, rna non certo dei romanzi, illibro e corredato di un vasto apparato di annessi, appendici, foto e disegni, oltre che di un dettagliato indice (assente nell' edizione italiana) nel quale compaiono varie voci con la dicitura NE, « non esiste». Una delle appendici e in realtl un libro indipendente, Ie iettere di Whaiestoe, in origine pubblicato separatamente da Danielewski nel2000, e contenente Ie lettere che la madre di Truant gli ha scritto per sette anni dal manicomio nel quale era stata rinchiusa prima di suicidarsi: per sottolinearne l'indipendenza rispetto al resto dell' opera, esso e stampato in caratteri diversi dai tre gia usati per Zampano, Truant e il curatore. Benche illibro non abbia sullettore l' effetto devastante che ebbe sui curatore Truant, finendo col farlo impazzire, gli richiede comunque uno sforza di attenzione nonindifferente, tipico della letteratura ergodica. Ma gli offre anche in cambio un' esperienza divers a dalla soporifera lettura tipica della maggior parte dei romanzi convenzionali che popolano Ie librerie: un' esperienza in cui il lettore e protagonista attivo, invece che spettatore passivo, come si addice a chi l' amore per la letteratura preferisce viverlo da amante, piuttosto che da guardone.
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POCO FUMETTO EMOLTOARROSTO •
Ho incontrato Jacques Derrida per la prima volta la sera del 30 ottobre 1998, a Torino. Passeggiando nelle nebbie autunnali della citta, dopo che lui aveva manifestato un perplesso stupore, 0 una stupita perplessira, per il fatto che un matematico conoscesse abbastanza della sua filosofia da poteme parlare con lui, io gli confessai di aveme capito qualcosa solo grazie a due esposizioni a fumetti: Derrida for beginners (Derrida per principianti), di Jim Powell e Introducing Derrida (Introduzione a Derrida), di Jeff Collins e Bill Mayblin. Invece di offendersi, lui mi disse che Ii conosceva entrambi, e uno in particolare gli sembrava un' ottima introduzione al suo pensiero, che come tutti sanno egli volutamente occultava dietro un linguaggio impenetrabile e una scrittura illeggibile. All' epoca questa reazione nonchalante mi sorprese, rna col senno di poi mi accorgo che Forse non avrebbe dovuto. Come tipico esponente della filosofia continentale, Derrida poteva infatti a ragione considerare un fumetto suI proprio pensiero alIa stregua di un delitto di lesa oscurita. Ma come assiduo frequentatore delle universita statunitensi, si era evidentemente adeguato (senza ovviamente condividerlo, e menD che mai praticarlo) all' atteggiamento tipico della filosofia analitica, espresso dal motto del Trattato di Wittgenstein: « Cio che si puo dire, si puo dire in tre parole ». E, aggiungerebbero gli editori delle due fortunate serie a cui appartengono i due libri citati, « si puo anche illustrare con tre figure ». Ora, tre figure con tre parole fanno appunto un fumetto: cioe, un interessante ponte sinestetico fra l' astrazione linguistica e la concretezza visiva, che trova nella semplificazione di entrambe il proprio registfo a meta strada fra la letteratura e la pittura. Viceversa, spesso la letteratura e la pittura si sono congiunte per produrre una forma sofisticata di fumetto: come tali si possono ad esempio vedere, natural mente con scandalo dei benpensanti, i cieli di Giotto e di Michelangelo sulla Bibbia, 0 Ie illustrazioni del Dore e di Dali della Divina Com media. •
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In ogni caso, la pittura cO,n didascalie (0, pili generalmente, didascalica) condivide coi fumetti l' obiettivo di veicolare un messaggio nella forma pili immediata possibile, e spesso non costituisce altro che una forma di pubblicira pili 0 menD diretta ed esplicita: 10 sapevano benissimo papi ere, che ad essa affidarono spesso la divulgazione (e, ancora pili spesso, la volgarizzazione) delle proprie mitologie. Oggi poi non so no pili soltanto la religione e la politica a pubblicizzarsi attraverso i fumetti e i loro surrogati, dai manifesti ai cartoni animati, rna anche I'industria e il commercio: e se questo e illinguaggio che la gente mostra di cap ire e gradire, perche mai non dovrebbero usarlo anche gli scienziati e, soprattutto, i divulgatori? Infatti 10 fan no, e anche da noi l' editoria incomincia ad accorgersene e ad analizzare il fenomeno. Ne e un esempio La scienza tra Ie nuvole di Pier Luigi Gaspa e Giulio Giorello (Cortina, 2007), rispettivamente « un biologo prestato ai fumetti e non pili restituito» e il pili nota filosofo della scienza italiano, la cui costante attenzione per il genere era gia testimoniata da prefazioni che vanno da Tutti i misteri di Dylan Dog di Tiziano Selavi (Mondadori, 1995) a Rat-Man di Leo Ortolani (Rizzoli, 2006). Illibro di Gaspa e Giorello spazia a tutto campo nell'universo dei fumetti, da Topolino e Paperino a Tex Willer e Satanik, riportando centinaia di illustrazioni originali e istituendo stimolanti connessioni con i pili disparati aspetti della scienza, da Newton e Darwin a Heisenberg e Oppenheimer. All' estremo opposto si situa La scienza dei Simpson di Marco Malaspina (Sironi, 2007), che si concentra invece sull' omonirna e foftunata serie televisiva, arrivata ormai a 400 episodi in quasi 20 anni, con una media di 60 milioni di spettatori a settimana in 70 paesi. E, tanto per dime una, il libro racconta che in un e~isodio si vede per qualche secondo la formula 1782 12 + 1841 2 = 192212, che se Fosse vera sarebbe un imbarazzante controesempio all'ultimo teorema di Fermat, dimostrato da Andrew Wiles pochi mesi prima della messa in onda di quello stesso episodio. Non 10 e, naturalmente, rna a una verifica su una calcolatrice tascabile sembra effettivamente esserlo, per via degli arrotondamenti. E quando qualche spettatore fece notare alIa produzione che il trucco si scopre a occhio nudo, perche il primo membro e dispari e il secondo pari, dopo qualche puntata vide
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apparire su una lavagna 1'equazione 3987 + 4365 = 4472 : alIa faccia dei Simpson! II tentativo pill ambizioso di cavare il sangue della scienza dalla rapa dei fumetti pero La fisica dei supereroi di James Kakalios (Einaudi, 2007), che sembra addirittura un vero e proprio testo scolastico, suddiviso nelle classiche discipline della fisica moderna: meccanica classica, termodinamica, elettromagnetismo e meccanica quantistica. Anzi, 10 visto che deriva dal corso Tutto cia che so della scienza l'ho imparato dai fometti tenuto al1'universid. dall'autore per il divertimento dei suoi studenti, ben felici di sostituire i noiosi testi canonici con i ben pill divertenti supereroi. Questi sono natural mente inverosimili, rna Ie loro avventure, come d'altronde anche i romanzi di Saramago, richiedono spesso soltanto una sospensione dell'incredulira confinata a una singola « eccezione miracolosa »: il resto segue secondo i principi della scienza, ed a questo che si appiglia Kakalios per la sua riuscita divulgazione. P.rendiamo ad esempio Superman, il prototipo di tutti i supererOl, creato nel 1938 da Jerry Siegel e Joseph Shuster: i poteri speciali gli derivano dalle sue origini extraterrestri, in particolare dal fatto che il pianeta Krypton dal quale proviene aveva una gravid. molto maggiore della nostra. Nelle storie originarie, prima che la fantascienza di questo fumetto degenerasse in pura fantasia, Superman poteva superare un grattacielo di 200 metri con un balzo dal marciapiede: da questo dato, sviluppando quanto basta della fisica del moto e della gravitazione, si arriva in poche pagine a calcolare che Krypton doveva avere nel proprio centro il nucleo di una stella a neutroni, il che spiega di passaggio anche perche esploso. prendiamo Spider-Man, alias Uomo Ragno, creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko: questa volta i suoi poteri derivano da un morso datogli da un ragno, geneticamente modificato da un'irradiazione radioattiva accidentale. La tela che egli secerne fornisce 10 spunto per parlare della vera tela del comune ragno, che sorprendentemente cinque volte pill forte dei cavi d'acciaio e pill elastica del nylon: non solo, dunque, 1'Uomo Ragno puo realisticamente usarla per Ie sue avventure fantastiche, rna 1'uomo normale sta cercando di sfruttarla a fini commerciali. E, a volte, in maniera pill sorprendente di quanto possano immaginare i fumet12
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ti: ad esempio, impiantando il gene del ragno che produce la seta in animali, piante, batteri e virus, nel tentativo di trovare un modo efficiente per produrla in maniera industriale. Naturalmente, non tutti i supereroi so no positivi: un controesempio costituito dalla coppia Elettro e Magneto, i cui intuibili poteri permettono di affrontare Ie non banali propriera dell' elettromagnetismo. Partendo dalle avventure di questi e altri personaggi dei fumetti, Kakalios riesce a confezionare un libro pieno di informazioni teoriche e di applicazioni pratiche: ad esempio, spiegandoci come e perche funzionano Ie mine delle matite, i velcri delle scarpe, i rubinetti dell' acqua, i doppi vetri delle finestre, i frigoriferi, i Forni a microonde, gli airbag, Ie luci al neon, gli isolanti, i transistor, i telecomandi, Ie cellule solari e tante altre angeliche diavolerie che quotidianamente tutti usiamo come selvaggi, completamente ignari di cosa stia loro dietro. A proposito di angeli e demoni, in una noticina sulle sostanze tissotropiche come il ketchup, che diminuiscono la propria viscosid. e diventano liquide quando vengono scosse e agitate, illibro ci fornisce addirittura una semplice spiegazione del « miracolo » del sangue di San Gennaro. E ci suggerisce che se l' ora di religione e il catechismo fossero sostituiti con un' ora di fumetti e questo libro, i nostri ragazzi diventerebbero sicuramente pill colti e meno superstiziosi, e Forse risalirebbero qualche posizione dalle code delle classifiche scientifiche che da anni occupano in Europa e nel mondo, per loro e nostra vergogna. Non detto, naturalmente, rna non varrebbe almeno la pena di tentare?
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IN PRINCIPIO ERA UN PRINCIPIANTE
In principio erano i principianti, e agli inizi erano gli iniziati: per gli uni e per gli altri, il mondo e la vita sono venuti in essere nelle maniere pili disparate e fantasiose. Ad esempio, per i Fulani, nomadi sahariani, tutto deriva da una goccia di latte. Per i Boscimani dell'Mrica australe, gli esseri viventi fuoriuscirono da una profonda buca; per gli Zulu, da un letto di canne; per i Kayapo amazzonici, gli indios discesero dal cielo. Per i Bafia africani, agli inizi c' era una grande aquila; per gli Yoruba nigeriani, un polio a cinque dita; per i Masai, un drago; per gli indiani Algonchini, una grande lepre; per i Cree nordamericani, un grande castoro; per i Pigmei, due uova di tartaruga; per gli Aztechi, due serpenti piumati; per gli Iban del Borneo, due uccelli; per i Baia equatoriali, un orco malvagio; per i melanesiani delle N uove Ebridi, un vecchio seduto nel vuoto; per i pellirossa Navaho, una dea turchese; per gli Apache, una donna dipinta di bianco; per i Sioux, una donna con due facce; per gli Irochesi, una donna piovuta dal cie10. Per gli Witoto amazzonici, il mondo si materializzato da un sogno; per gli Omaha nordamericani, Ie creature passano direttamente dalla pura spiritualira all'incarnazione; per gli Eschimesi, la terra caduta dall'alto, e gli uomini sono emersi dal suolo. In principio e agli inizi, in altre parole, ciascuno mette cio che conosce. E se sa parlare, e magari anche scrivere, ci puo mettere la Parola stessa. COS! fa, ad esempio, il Popul Vuh maya, secondo il quale i due progenitori Tepeu e Gucumac, ricoperti di piume verdi e azzurre, si incontrarono nell' oscurira della notte, meditarono e parlarono fra loro, e unendo i loro pensieri e Ie loro parole diedero inizio alia creazione. Analogamente, il Vangelo secondo Giovanni pone agli inizi delle cose il Logos, affermando che « tutto stato fatto per mezzo di esso, e senza di esso nessuna delle cose stata fatta »: un Logos che nella sofisticata e speculativa Grecia era inteso nel senso astratto di Parol a 0 Ragione, cioe ancora una volta di linguaggio e di pensiero, e nella rozza e pratica Palestina finl per materializzarsi concretamente « facendosi carne e venendo ad abitare in mezzo a noi ».
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Naturalmente, tutti i miti che pongono qualcuno 0 qualcosa in principio 0 agli inizi sono fallimentari in partenza, perche non fanno che spostare di un passo all'indietro il problema delle origini: come capiscono anche i bambini, che infatti immediatamente 10 notano, l'affermazione che qualcuno 0 qualcosa ci ha creati provoca immediatamente il nuovo problema di chi 0 che cosa abbia creato quel qualcuno 0 quel qualcosa. Il primo tentativo di soluzione seria, cioe radicale, al problema si trova nell'Inno della Creazione del Rig Veda: In principio non c'era il Non-Essere, e non c'era l'Essere. Non c'era I' atmosfera, e non c' era il cielo. Non c' era la morte, ne l'immortalidt. Niente distingueva la notte dal giorno. Tutto era tenebra coperta di tenebra, I'universo era un indistinto ondeggiare. E il principio vitale che era racchiuso nel vuoto genero se stesso come Uno, mediante la potenza del proprio calore. Ma chi sa veramente, chi puo veramente spiegare da dove originata la creazione?
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Qui, finalmente, non si presuppone pili assolutamente niente o nessuno agli inizi: non solo una materia primordiale plasmata da un Demiurgo, come nel Timeo platonico 0 nel Genesi ebraico, rna neppure un Creatore che crea dal nulla, come nell' ortodossia cristiana derivata da un versetto dell' apocrifo secondo libro dei Maeeabei, poi fatto proprio da Agostino nelle Confessioni. Ed e proprio questa concezione matura e radicale che e stata annessa sia dalla fisica sia dalla matematica: una concezione che richiede un'accettazione e una rivalutazione del vuoto e del nulla, troppo a lungo aborriti e rimossi dalla civilta occidentale, e altrettanto a lungo coccolati e vezzeggiati da quella orientale. Anche se, natural mente, la divergenza da alcune mitologie e la convergenza con altre non e che una curiosira per la scienza, perche essa non solo ritrova da se cio che Ie serve, rna 10 rielabora in un linguaggio che, come diceva Goethe, sub ito fa apparire Ie cose diverse: cioe, incomprensibili agli analfabeti matematici, che possono pascersi . soltanto di cibo mortale. Quanto al cibo celeste, esso e appunto dieteticamente costituito di vuoto e nulla. Secondo la fisica moderna, infatti, « in principio era il vuotO»: un'affermazione in perfetto accordo con « il Brahaman e il vuotO» della Chandogya Upanishad, 0 con « il
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Tao vuoto » del Tao Tze Ching. E non soltanto perche, secondo la relativita generale, la materia non e altro che una discontinuira del campo gravitazionale: cioe, un buco in un'entira puramente matematica. Ma anche, e soprattutto, perche secondo la meccanica quantistica il vuoto e in realta un teatro sui cui palcoscenico continuamente appaiono e scompaiono particelle e antiparticelle, grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg. Anche quello che noi chiamiamo universo si puo vedere come una fluttuazione del vuoto cosmico, un non-nulla spontaneamente generato dal nulla, senza che questo richieda alcuna violazione della legge di conservazione dell'energia. Come ha infatti compreso nel 1973 Edward Tryon, basta assegnare al campo gravitazionale un' energia negativa, pari a quella positiva posseduta dalla materia, per poter interpretare I'apparizione della forza gravitazionale come il prezzo che l'universo paga per creare materia pur mantenendo la sua energia totale nulla, come in effetti essa dey' essere in un universo vuoto che precede la creazione. Alia domanda di Leibniz: « Perche c'e qualcosa invece del nulla?» oggi si puo dunque rispondere. E non solo, metaforicamente: « Perche Dio ha voluto cosl ». Ma, scientificamente: « Perche il nulla e instabile e la materia e da esso generata, non creata, della stessa sostanza del nulla ». Se proprio si vuole pregare, allora, bisogna farlo come suggerl Hemingway in uno dei Quarantanove raeeonti:
Nulla nostro, che sei nel nulla, sia santificato il tuo nulla, venga il tuo nulla, sia Jatto il tuo nulla, dovunque nel nulla. Dacei oggi il nostro nulla quotidiano, e rimetti a noi i nostri nulla, come noi Ii rimettiamo agli altri nulla, e non ci indurre nel nulla, ma liberaci dal nulla. E cosl pregano implicitamente i matematici, che fonclano anch' essi !'intera loro disciplina sui principio che « in principio era il vuoto »: in questo caso nella form,a senza forma dell'insieme vuoto, che non ha nulla dentro di se. E stato Gottlob Frege a scoprire, nel 1884, che sulla teoria degli insiemi inventata 0 scoperta da Georg Cantor si poteva fondare l'intera matematica, a partire dall'aritmetica. Il punto di partenza e semplice, e consiste nell'identificare 10 zero con l'insieme vuoto. Meno ovvio e definire l'uno •
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come uninsieme privilegiato di un solo elemento, cioe 10 zero: ossia, con l'insieme il cui unico elemento e l'insieme che non ha ness un elemento. E, pili in generale, un numero intero come l'insieme dei suoi predecessori: ad esempio, il due come l'insieme dello zero e dell'uno, e dunque dell'insieme vuoto, senza elementi, e dell'insieme che contiene come unico elemento l'insieme vuoto stesso. In termini pili concreti, si potrebbe immaginare un insieme come una scatola che contiene i suoi elementi: tenendo presente, naturalmente, che Ie pareti di queste scatole sono puri confini mentali e immateriali. In tal caso, 10 zero sarebbe una scatola vuota, senza nulla dentro 0, se si preferisce, con il nulla dentro: tutta contenitore e niente contenuto, cioe, come la maggior parte dei programmi televisivi, delle opere letterarie e delle teorie filosofiche (e anche, naturalmente, dei saggi divulgativi). L'uno sarebbe invece una scatola che contiene un'unica scatola, vuota. II due, una scatola che contiene due scatole: una vuota, e I'altra che contiene una scatola vuota. E COS! via. Tutti gli insiemi sono dunque scatole che contengono scatole che contengono scatole, rna a forza di rompere queste scatole per vedere cosa c'e dentro, prima 0 poi si arriva sempre a scatole vuote, oltre Ie quali non si puo pili rompere: la matematica e dunque, letteralmente, un edificio di pure forme che si dissolve in ultima analisi nel nulla. Allo stesso modo, si rimane con niente in mana se si cerca I' essenza della cipolla pelandola 0 del carciofo sfogliandolo: metafore che si trovano nel Peer Gynt di Henrik Ibsen, in Vestire gli ignudi di Luigi Pirandello e nelle Ricerche filosofiche di Ludwig Wittgenstein, a memento del fatto che in principio era il nulla e alia fine tutto ritornera nulla. •
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MEZZO SECONDO DI RITARDO
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, Sto scrivendo questo capitolo, rna chi me 10 fa fare? E innegabile che sia io a scriverlo, rna e altrettanto innegabile che sia sempre io ad aver deciso di scriverlo? Naturalmente, cosl. mi sembra, rna sappiamo che spesso Ie impressioni sono ingannevoli. Per questo, da e per molto tempo, ci si e interrogati sui famoso dilemma tra libero arbitrio e determinismo: al di la dell'apparenza superficiale, cioe, Ie nostre azioni so no liberamente scelte, oppure sono forzatamente determinate? Fino a poco tempo fa qualunque risposta al dilemma era ideologica, nel senso che riposava su pregiudizi filosofici a priori, invece che su giudizi sperimentali a posteriori. Anche perche osseryare i meccanismi cerebrali della decisione e una cosa complessa, e prima della neurofisiologia e delle scienze cognitive non si avevano a disposizione strumenti scientifici di indagine introspettiva, rna soltanto giocattoli letterari di invenzione creativa quali la psicologia 0 la psicanalisi, che per la cronaca han no comunque reso popolari vari modelli pili 0 menD deterministici del comportamento, basati su condizionamenti pili 0 menD inconsci. AI problema del libero arbitrio e natural mente legato quello della coscienza, perche sarebbe una contraddizione in termini parlare di azioni volontarie inconsce. Forse e per questo che noi assegniamo alia coscienza un'importanza fondamentale nella nostra concezione dell'uomo, benche il suo ruolo nella nostra vita quotidiana sia tutto sommato piuttosto limitato: non soltanto in senso metaforico, in quanta la maggior parte di noi agisce e parla troppo spesso senza sapere cosa fa e dice, rna anche in senso letterale, in quanto soltanto in minima parte Ie nostre azioni sono comunque consce (basta pensare, ad esempio, alia respirazione, alia digestione e alia locomozione) .. Tentando di quantificare la proporzione dell'attivira conscia rispetto a quella inconscia, si arriva a una stima di circa una parte su cento miliardi: mediante esperimenti sulla percezione, ad esempio di parole composte da lettere di vari colori che lampeggiano su uno schermo a velocita variabile, ci si accorge infatti che l'infor-
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mazione che la nostra attenzione cosciente riesce a gestire varia tra i 15 e i 50 bit al secondo, che e pili 0 meno (anzi, pili meno che pili) la quantita. di informazione regolarmente trasmessa da ciascuno dei nostri cento miliardi di neuroni. Parlando in maniera figurata, e dunque come se soltanto uno dei neuroni del nostro cervello Fosse impegnato dalla coscienza, e il resto Fosse invece monopolizzato dall'inconscio! A scanso di equivoci, questa e natural mente soltanto un'immagine quantitativa: benche ci siano infatti motivi di ritenere che la coscienza sia localizzata in certe aree cerebrali, quali il nucleo intralaminare del talamo, Ie cui lesioni provocano appunto una perdita di coscienza, non si puo certo immaginare che tali aree cerebrali si riducano a un solo neurone! Rimane il fatto di questo ruolo minimale della coscienza, al quale e alIa quale noi attribuiamo pero un'importanza massimale. Una spiegazione ovvia di questo apparente paradosso e che, per definizione, l'unica parte della vita che non ci appare trasparente e appunto quella che percepiamo coscientemente: allo stesso modo, in filosofia non possiamo pensare altro che cio che e pensabile, in letteratura descrivere cia che e descrivibile, in fisica osservare cia che e osservabile, in matematica calcolare 0 dimostrare cio che e calcolabile 0 dimostrabile, benche la maggior parte delle cose al mondo non siano pensabili, descrivibili, osservabili, calcolabili 0 dimostrabili. Per rimanere comunque alIa coscienza e allibero arbitrio, alcuni dei fatti pili sorprendenti scoperti al proposito negli ultimi cinquant'anni so no dovuti al neurofisiologo Benjamin Libet. Dopo essere stati discussi fino alIa nausea nella letteratura specializzata, essi so no stati divulgati dallo.ro stesso autore in Mind Time. Il fottore temporale della coscienza (Cortina, 2007). E, in buona sostanza, si possono riassumere dicendo che Ie sue ricerche evidenziano un ritardo di circa mezzo secondo tra il momento in cui l'informazione relativa a uno stimolo sensoriale arriva al cervello, e il . . ' . . . momento 10 CUI esso Vlene perceplto cosclentemente. Per cap ire meglio la questione, proviamo a guardare al rallentatore 10 svolgersi di un tipico evento quotidiano: ad esempio, la brusca frenata che un' altra auto ci costringe a fare, tagliandoci la strada. AI tempo 0 l'auto ci taglia la strada. Dopo 50 0 60 millisecondi il nostro cervello percepisce la scena. T ra i 100 e i 150
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millisecondi il nostro piede frena. Dopo 500 millisecondi, cioe il fatidico mezzo secondo, la nostra coscienza si rende conto di cio che e accaduto: naturalmente, se incominciassimo a frenare solo allora, spesso sarebbe troppo tardio In fondo, pero, questo 10 sapevamo gia: non e la coscienza a permetterci di reagire ai pericoli e alle situazioni di emergenza, bens! l'istinto. Ma Libet ha scoperto che il ritardo di mezzo secondo e sistematico: la stimolazione dei neuroni della corteccia sensoriale non produce una percezione cosciente se non dopo 500 millisecondi, e la produce solo se la stimolazione e sufficientemente protratta nel tempo. Questo non significa che l' azione venga inibita da, e durante, i blackout della coscienza: non quelli momentanei, come nell'esempio della frenata, rna neppure quelli permanenti, come nella patologia della visione cieca. Significa, pero, che tutti noi soffriamo di una congenita « temporanea percezione cieca », che ci preclude sistematicamente la coscienza degli eventi per mezzo secondo: in termini musicali, la nostra sensorial ira e come una fuga a due voci, in cui la stimolazione funge da dux, e la coscienza da comes che la insegue a un intervallo di mezzo secondo. T utto cio sarebbe in fondo soltanto curioso, se Libet non avesse scoperto qualcosa di molto pill inquietante: il fatto, cioe, che la stessa cosa succede non solo per la nostra percezione passiva, in cui e il mondo ad agire su di noi, rna anche per la nostra volizione attiva, in cui siamo (0 dovremmo essere) noi ad agire suI mondo. Pili precisamente, gli effetti cerebrali inconsci delle nostre decisioni precedono Ie loro supposte cause coscienti: ad esempio, quando decidiamo di muovere un dito, il movimento avviene dopo 1500 200 millisecondi, rna Ie aree cerebrali ad esso preposte si attivano 350 0 400 millisecondi prima dell'ordine! Giustamente, nel capitolo finale del suo libro Libet si pone la domanda fatidica: « Che cosa significa tutto questo? », rna si limita a notare che il breve intervallo fra una volizione mentale e la sua esecuzione materiale sufficientemente lungo per permetterci di inibire il movimento. In altre parole, il nostro libero arbitrio sembra essere compatibile con il compito negativo di evitare qualcosa che altrimenti succederebbe in maniera indipendente dalla nostra volonta: Forse per questo i comandamenti etici, siano essi dettati da Jahve a Mose, 0 suggeriti dal daimon a Socrate, 0 proposti co-
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me regola aurea (<< non fare agli altri cio che non vorresti Fosse fatto a te ») da Confucio, so no piu proibitivi che impositivi, e chiedono piu di non fare che di fare . . Accomodare il libero arbitrio con i compiti positivi, quali la versione cristiana della regola aurea (<< fai agli altri cio che vorresti Fosse fatto a te »), e piu complicato. GIi esperimenti di Libet mostrano infatti chiararnente che sia gli ordini coscienti, sia i loro supposti effetti, derivano da qualcosa che Ii precede entrambi, e che ne e la vera, nascosta, e per ora ignota causa (a meno, naturalmente, di voler ammettere fantascientifiche retroazioni temporali che permettano alle volizioni di attivare nel passato aree cerebrali che provochino un movimento nel futuro). Naturalmente, rimane da spiegare quale sia il val ore evolutivo di quell'illusione chiarnata volizione cosciente. L'ipotesi piu interessante, per ora, ci sembra quella pro posta dal fisico Erwin Schrodinger, premio Nobel nel 1932, nel suo libro Mente e materia, che si puo illustrare con una metafora. Quando i primi uomini sbarcarono sulla Luna, il 20 luglio 1969, il yolo della navicella spaziale procedette in maniera automatica fino all' atterraggio, a parte una piccola correzione di rotta effettuata manualmente da Armstrong all'ultimo momento, per evitare un ostacolo imprevisto: la coscienza e come quella correzione di rotta, necessaria fino a quando la navicella umana si sara sufficientemente evoluta per poter procedere completamente col pilota auto matico, come gia fanno altre specie che noi con infantile superbia riteniamo e chiarniamo « inferiori ».
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IL PRINCIPIO PITECANTROPICO
II Principio Antropico, di cui tanto (troppo) si parla, altro non e se non la banale constatazione che Ie condizioni iniziali dell'universo determinano Ie condizioni finali dell'umanita: se il mondo Fosse stato diverso, 10 saremmo stati anche noi, rna invece il mondo e COSI, e noi anche. Come pero aveva gia avvertito Hume, l'uomo ha una naturale tendenza a fraintendere la freccia della ragione, interpretando volentieri i suoi effetti come fini: nel caso specifico, illudendosi superbamente che l'universo sia COSI affinche noi siamo cosa, invece di limitarsi a constatare modestamente che noi siamo cosa perche l'universo e cos!. Queste due paroline, « perche» e « affinche », distinguono la causaIita dalla teleologia, e determinano i paradigmi della nostra visione del mondo e dell'uomo: scientifica in un caso, e filosoficoreligiosa nell'altro. Ma e difficile distinguerle e separarle fino a quando non si raggiunge una maturita logica che, lungi dall'essere innata, e invece storicamente acquisita, in un processo la cui ricostruzione costituisce un capitolo importante della nostra storia: di come, cioe, l'uomo e passato dall'essere un puro e sempIice « animale », a un impuro e complicato « animale razionale », secondo la definizione che ne diede 10 stoico Crisippo nel terzo secolo prima della nostra era. Anzi, un « vivente logico », se vogliamo tradurre letteralmente l' espressione originale zoon logikon, che sottolinea come siano appunto la logica a distinguere l'uomo dall'animale, la sua comparsa a costituire la vera discontinuita evolutiva della vita, e la sua storia a rappresentare il nostro vero Genesi. Ma, se Ie cose stanno COSI, allora l'uomo e diventato tale non da molto: precisamente, soltanto nei due millenni prima della nostra era, quando si so no faticosamente districati i concetti logici dal groviglio mitologico e letterario dellinguaggio e del pensiero primordiali. La prima testimonianza storica di un esplicito costrutto logico risale al diciottesimo secolo p.E.V., e sta nelle sentenze giuridiche del Codice di Hammurabi, tutte redatte secondo la formula della legge del taglione (da talis, « tale e quale »): « Se un uomo ha cavato
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un occhio di un uomo, gli si caved un occhio ». Anche Ie leggi de! Codice dell'Alleanza, dettate agli Ebrei da Mose nell' Esodo, ricalcano 10 stesso schema: compresa la legge de! taglione, nella forma « occhio per occhio ». II costrutto in questione e I'implicazione, che forma la base di qualunque ragionamento ipotetico: senza di essa, non si potrebbero fare deduzioni 0 dimostrazioni, e la logica non potrebbe esistere se non in una primordiale forma dichiarativa, consistente soltanto di affermazioni isolate e sconnesse. Col tempo, natural mente, I'implicazione divenne perD di uso comune: se vogliamo dar retta a Callimaco, bibliotecario di Alessandria de! secondo secolo p.E.V., ai suoi tempi « dell'implicazione gracchiavano addirittura Ie cornacchie sui tetti». II motivo de! gracchiare sta ne! fatto che la nozione e complessa, e su di essa solo una cosa e certa: che se si parte da un'ipotesi vera e si arriva a una conclusione falsa, qualcosa e andato storto ne! ragionamento, che dey' essere falso. II problema e sapere cosa succede negli altri casi, cioe quando I'ipotesi e falsa, 0 la conclusione e vera: il megarico Filone propose la soluzione radicale, e dun que semplicistica, di considerare l'implicazione vera in tutti • • quest! cast. . . La proposta fu e rimane bene accetta per la sua comodira, benche essa provochi situazioni paradossali: ad esempio, e vero che « se 2 + 2 = 5, allora io sono il papa», soltanto perche I'ipotesi e"falsa. Quando un amico gli chiese di dimostrare questa implicazione, Russell rispose che se 2 + 2 = 5, sottraendo 3 si ha che 1 = 2, e poiche lui e il papa erano due, erano anche uno. Battute a parte, buona parte della logica proposizionale e stata un tentativo di definire I'implicazlone in maniera pili naturale e vicina alI'intuizione comune, attraverso logiche di vario tipo (costruttive, minimali, rilevanti). Meno problematica e la congiunzione, a proposito della quale non sorprende venire a sapere che essa e vera soltanto se entrambi i congiunti sono veri, e che basta che uno dei congiunti sia falso perche anche la congiunzione risulti falsa. La stessa cosa succede ne! matrimonio e ne! divorzio: per sposarsi bisogna essere d' accordo in due, rna per separarsi basta uno, come gia sapevano i logici antichi, rna come ancora stentano a capire i teologi moderni. Analogamente succede con la disgiunzione, che ne! significato
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logico comune e falsa soltanto se entrambi i disgiunti sono falsi, mentre basta che uno dei disgiunti sia vero perche anche la disgiunzione 10 sia. Alcune delle propriera della disgiunzione so no sottili, come quelle che regolano il suo legame con la congiunzione, rna altre invece sono sempre state note, persino ai cani de!l'antichita. Crisippo, adesempio, ne notD uno che inseguiva della se!vaggina, e che giunto a un trivio annusD Ie prime due vie, non sendl' odore della preda, e si lanciD per la terza via senza pli anmisare. Secondo Crisippo, il cane aveva ragionato cos1: « La se!vaggina e passata di qui, di Ii 0 di la, rna non di qui, ne di 11: dunque, di la». Non sempre i cani ragionano da uomini evoluti, perD. Come racconta Darwin nell'Origine dell'uomo, ad esempio, un giorno afoso e calmo il suo giaceva sui prato, rna a poca distanza una leggera brezza occasionalmente agitava un parasole aperto, al quale il cane ringhiava ferocemente ogni volta che esso sventolava, deducendo erroneamente la presenza di qualche strano agente vivente. Darwin coli ega questo comportamento automatico e inconscio alia tendenza dei se!vaggi di immaginare che gli oggetti e gli eventi . naturali siano animati da essenze spirituali viventi, in una sorta di « teologia da cani » di cui permangono gli echi in espressioni quali Holy Ghost (Spettro Santo), che nella Bibbia di Re Giacomo traduce in inglese il fantasma latino dello Spirito Santo. Le analisi stoiche dei connettivi (implicazione, congiunzione, disgiunzione) sono contemporanee a quelle peripatetiche dei quantificatori (tutti, qualcuno, nessuno), culminate ne! « quadrato di opposizione» di Aristote!e. I dialoghi platonici testimoniano invece della confusione che ancora albergava, su queste e altre cose, nelle teste degli animali che stavano diventando razionali. Ad esempio, nell' Eutidemo si argomenta, in maniera apparentemente seria, che se si sa qualcosa allora si sa tutto, e che 0 si sa tutto 0 non si sa niente. Ne! Gorgia, che se I'anima temperante e buona, allora l'anima non temperante e cattiva. Ne! Cratilo, che poiche Ie frasi sono vere 0 false, devono esserlo anche i nomi che vi occorrono. E cosl via, con una cornucopia di errori da principiante. E, in effetti, Platone e i suoi contemporanei erano veramente dei principianti in molte cose, ne! senso letterale che la consapevolezza logica stava appunto nascendo in que! periodo. Ma non erano dei principianti in tutto, perche ad esempio nella Repubblica si trovano gia i primi riferimenti al principio di non contraddi-
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zione, del quale si scandalizzava invece, pili 0 menD in quel periodo, il taoista Chuang Tzu nella sua omonima opera: « Come ha potuto il Tao oscurarsi al punto che vi debba essere distinzione fra il vero e il falso? Come ha potuto la parola offuscarsi al punto che vi debba essere distinzione fra l' affermazione e la negazione? » COS! come, do po Ie confuse ingenuita logiche del Parmenide, che ancor oggi molti ignari filosofi continuano imperterriti a considerare una yetta del pensiero, nel Sofista si arriva final mente al « parricidio» nei confronti del pensiero eleatico, e alIa comprensione del fatto che se si vogliono fare discorsi sensati si potra parlare di « essere 0 non essere qualcosa», nel senso di soddisfare 0 no uno specifico predicato, rna non di « essere 0 non essere in assoluto ». E COS! come, nello stesso Cratilo delle ingenuita sui nomi, si trova comunque il per nulla ingenuo criterio di verita che poi Aristotele condenso nella massima « e vero cio che e, e falso cio che non e», e gli scolastici nel motto adequatio rei et intellectus, « corrispondenza fra Ie cose e il pensiero ». Massima e motto, insieme al resto della logica, da un lato so no diventati i pilastri del pensiero scientifico, rna dall'altro continuano tuttora a trovare resistenza nella giungla del sedicente pensiero umanistico, in cui arm ate di mitologi, teologi, letterati e filosofi continuano a combattere, con Ie armi delle parole in liberta, la guerra contro quell a razionalita che costituisce 1'unica nostra vera distinzione dagli animali.
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CHE COS'E lA LOGICA?
La logica e 10 studio del logos: cioe del pensiero e dellinguaggio. 0 meglio, del pensiero come esso si esprime attraverso illinguaggio. II che significa che, per capire la logica, bisogna anzitutto incominciare a cap ire illinguaggio, che almeno nelle sue versioni indoeuropee si basa su una tripartizione delle parole in tre categorie fondamentali: i sostantivi, gli aggettivi e i verbi, che servo no a indicare oggetti, proprieta e azioni (0 stati), come nella Frase «1' Homo Sapiens parla». Ciascuna categoria corrisponde a un particolare modo di guardare e vedere il mondo, e ha dato origine a generi letterari complementari: l' epica, la Ii rica e il dramma, che si concentrano rispettivamente sui personaggi, i sentimenti e gli eventi. Vedere il mondo sotto la specie degli oggetti, delle proprieta 0 delle azioni vuol dire osservare da un punto di vista significativo rna parziale cio che ci circonda, e determinare la natura della descrizione della realcl. I bambini, ad esempio, hanno pili facilita a distinguere gli oggetti che Ie azioni, e imparano pili facilmente i sostantivi che i verbi. E in parte questa attitudine permane anche negli adulti, visto che Ie lingue parlate moderne hanno in genere molti pili sostantivi che verbi. In altre parole, il mondo ci appare oggi pili « naturale» come insieme di cose che come insieme di eventi, benche non sia sempre stato COS!: ad esempio, nel greco anti co era vero il contrario, e i nomi erano in gran parte derivati verbali. Analogamente, in genere nelle lingue il singolare e pili frequente del plurale: cio significa che riconosciamo pili facilmente gli individui che non Ie specie e i generi, 0 gli insiemi. E il plurale generico e pili frequente di quello specifico (duale per Ie coppie, triale per Ie terne, eccetera): cio significa che riconosciamo tanto pili facilmente Ie specie e i generi, 0 gli insiemi, che i loro tipi cardinali. . Ovviamente, non per ogni oggetto c'e un nome, 0 per ogni proprieta un aggettivo, 0 per ogni azione un verbo. Anzi, e vero il contrario: soltanto pochissimi oggetti, proprieta e azioni ricevono la nostra attenzione, e vengono battezzati con una parola. Gli •
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altri dobbiamo farli rientrare in quelli, con un processo di approssimazione che spesso diventa una semplificazione della com plessita della realta. Ma senza semplificazione non ci sarebbero I'astrazione e il pensiero: ad esempio, ogni uomo rimarrebbe un individuo a se stante, e non arriveremmo mai alia concezione dell'uma., filta.
II problema principale che il linguaggio e il pensiero devono risolvere e dunque di riuscire a mediare tra gli eccessi di proliferazione e di semplificazione del vocabolario: troppe parole rendono la comunicazione difficile, e troppo poche la banalizzano. Per questo, i bambini che han no ancora un lessico troppo limitato ci fanno spesso sorridere, cosl come ci fanno ridere quegli adulti, dai filosofi agli avvocati, che si pavoneggiano invece con uno troppo complicato. E uno degli scopi della logica, Forse il pill salutare, e proprio quello di sviluppare strumenti sufficienti a farci ridere di una buona parte delle sedicenti « argomentazioni » dei nostri simiIi, mostrandoci Ie une e gli altri nella loro infantile ingenuid. Perche il linguaggio e una tecnologia, e come tale puo essere usato 0 abusato. Infatti, ogni parola letteralmente una parabola: essen do « messa a fianco» 0 « in parallelo » alia realta, essa va interpretata e compresa, e si presta dunque a essere fraintesa. Ad esempio, Ie stesse parole che ci permettono di cogliere l' essenza del mondo FIsico possono anche illuderci di percepire la presenza di un mondo metafisico: prime fra tutte, Ie abusate parole « spiri• to» e « anima ». Oggi i teologi e i filosofi Ie usano in liberta, come se dietro di esse ci Fosse qualcosa di sop ran naturale. Ma dimenticano, 0 fingono di dimenticare, che in origine 10 spiritus latino, cosl come i suoi equivalenti greci psyche e pneuma, 0 quelli sanscriti brahman e atman, non significavano altro che la naturale respirazione, nelle due forme complementari dell'inspirazione e dell'espirazione. 0 che anemos era semplicemente il vento, e « animato » chi respirava: come gli animali, appunto, dei quali non si pensa certo che abbiano un'anima (anche se, secondo un'indagine dell'Istituto Piepoli del 12 settembre 2006, sembra invece che il 49 per cento degli italiani 10 pensi)! II significato originario di queste parole si e preservato fino ad oggi, benche nascosto: ad esempio, quando si parla di « anima di uno pneumatico » per la camera d' aria di una gom-
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rna, 0 di « anemometro » per 10 strumento che misura, ovviamente, il vento e non I' anima! Niente di male, finche Ie parole « spirito» 0 « anima» vengono usate in senso metaforico e poeticamente evocativo. Ad esempio, nelle Upanishad si leggono bei versi sulla coincidenza di brahman eatman, che viene paragonata alia confluenza dei succhi dei FIori raccolti dalle api di un alveare in un unico miele, 0 dei fiumi di un continente in un unico oceano. Ma molto di male, se si crede che dietro alle parole ci debba sempre essere qualcosa, e che dunquelo spirito cosmico e gli spiriti individuali « esistano », allo stesso modo del miele e dei succhi dei FIori dai quali esso viene estratto, 0 dell' oceano e dei fiumi che in esso si riversano. Sembrerebbe impossibile, eppure intere religioni e filosofie si sono dedicate per millenni allo studio dello « spirito» e dell'« anima », dimenticando che esse erano ormai diventate soltanto parole senza significato, metafore vuote di cui ci si era scordati la valenza metaforica in un processo di intossicazione e assuefazione intellettuale che e cosl comune da avere persino un nome: « reificazione» 0 « ipostatizzazione», ovvero « scambiare un concetto astratto per un oggetto concreto », dimenticando il detto di Feuerbach che « gli oggetti sono dati, rna i concetti sono posti ». L'analisi logica ed etimologica dellinguaggio aiuta dunque a decostruire la religione e la metafisica. Ma non solo esse, perche -illinguaggio crea Ie sue tcappole dovunque: anche nella scienza e nella matematica. Gli esempi pill classici sono Ie nozioni di verita e di infinito, che costituiscono due fili conduttori della storia della disciplina, da Aristotele a Kurt Godel. Pill di recente la logica e riuscita, attraverso i lavori dei premi Nobel per I'economia Kenneth Arrow e Amartya Sen, a decostruire anche concetti che usiamo quotidianamente nel dibattito politico, dalla democrazia al diritto. E, in generale, a mostrare dal di dentro dellinguaggio e della ragione Ie colonne d'Ercole oltre Ie quali non ci si puo avventurare, pena il naufragio intellettuale. Ma c' e anche un altro filo conduttore, un' altra faccia della medaglia, nella logica e nella sua storia: l' obiettivo di rendere completamente esplicite Ie strutture dellinguaggio e della ragione che usiamo implicitamente ogni giorno. E non soltanto nelle comunicazioni quotidiane, rna anche e soprattutto nelle dimostrazioni matematiche: per questo oggi si parla di logica matematica, cioe
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dello studio matematico del ragionamento matematico. Una doppia qualificazione, questa, che trova Ie sue origini nel metodo e nell' oggetto della teo ria dei sillogismi elaborata da Aristotele nell' Organon: un vero e proprio teorema di classificazione, che isola i 24 tipi corretti tra i 256 possibili, e costituisce un analogo del teorema di classificazione dei cinque solidi regolari dimostrato nella stessa epoca da Teeteto. L' esplicitazione matematica delle Leggi del pensiero, secondo il titolo dell' epocale opera del 1851 di George Boole, porto nel 1945 alIa costruzione del computer da parte di John von Neumann, sulla base di un progetto di Alan Turing del 1936: una macchina che non a caso viene chiamata « cervello elettronico », proprio per sottolineare la sua capacita. di eseguire elettronicamente i processi intellettuali che, fino ad allora, l'uomo credeva fossero un suo monopolio biologico. E, forse, proprio questa e stata la maggior decostruzione della logica: l' averci mostrato che anche gli esseri di silicio si comportano come se fossero fatti a immagine e somiglianza di Dio, con buona pace degli « spiritosi » che continuano a credere che invece 10 siano soltanto gli esemplari dell'ultima release degli esseri di carbonio. •
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L'IMPERO DEI SEGNI
Ormai molto tempo fa, un mate matico si reco a Londra per un anna sabbatico. Una serie di circostanze fortuite (e, col senno di poi, anche fortunate) 10 fecero rifuggire dal dipartimento nel quale avrebbe dovuto compiere Ie sue ricerche, e rifugiare alIa British Library: la stessa nella quale anche Karl Marx si era rintanato a scrivere II capitale. Illuogo dey' essere evidentemente propizio, perche anche Luigi Borzacchini vi trovo Ie condizioni favorevoli per concepire e iniziare un' opera « rivoluzionaria »: invece di continuare ad arrampicarsi sui rami dell'albero della conoscenza, come fanno gli scienziati della natura, il matematico incomincio infatti a scavare per dissotterrarne Ie radici, come fanno gli archeologi del sapere. Naturalmente non era il primo, rna per quanto riguarda la matematica divenne il migliore: perche i risultati dei suoi anni di scavi, riportati nel Computer di Platone (Dedalo, 2005), costituiscono una pietra miliare paragonabile ai Lineamenti di storia della lingua greca di Antoine Meillet (Einaudi, 1976), La cultura greca e Ie origini del pensiero europeo di Bruno Snell (Einaudi, 1963) e Gnomone di Paolo Zellini (Adelphi, 1999). Opere, cioe, che indagano non che cosa i Greci abbiano potuto fare col greco, rna che cosa il greco abbia potuto fare per i Greci e per noi: ovvero, come si siano evolute Ie strutture dellinguaggio di ieri per rendere possibile non solo l' espressione, rna anche la concezione del pensiero logico e formale suI quale si basano la matematica, e dunque la scienza, e dunque la tecnologia che caratterizzano la nostra vita di oggi. Non c'e infatti bisogno di conoscere la cosiddetta ipotesi di Whorf-Sapir per intuire che la struttura di un linguaggio finisce per determinare la struttura del pensiero che in esso si esprime: bastano anche osservazioni banali, come quella che il modo di concepire il futuro dipende dal modo in cui la lingua ci permette o ci costringe a parlarne nel presente. Perche mentre del passato abbiamo memorie interpersonali, che ce 10 fanno percepire come fisi(ologi)co e oggettivo, suI futuro abbiamo soltanto desideri per-
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sonali, che ce 10 rendono mentale e soggettivo: non a caso, in indoiranico e nel greco anti co il futuro era espresso attraverso l'ottativo, cioe un presente « desiderativo », e nell'inglese moderno continua a essere espresso attraverso Ie forme ausiliarie will e shall, che esprimono appunto « volere» e « dovere ». Ancora pili banalmente, basta ricordare la gia citata attitudine delle linguemoderne a pens are in termini di sostantivi e oggetti, e di quelle arcaiche a pensare invece in termini di verbi e azioni, per capire che una delle incomprensioni fra i filosofi analitici e quelli continentali, che si ispirano rispettivamente all'inglese e al greco, ha probabilmente Ie sue radici proprio qui. Ma l'incomprensione maggiore si basa suI verbo essere, Ie cui analisi costituiscono uno dei pezzi forti del libro di Borzacchini. Perche nella filosofia continentale i discorsi sull'essere sono fondamentali, mentre nella filosofia analitica non si possono neppure fare! L'ipostatizzazione del verbo einai, « essere », nel sostantivo to einai, « I' essere », introdotta per la prima volta nel terzo secolo delI'E.V. dal neoplatonico Porfirio in un commento al Parmenide di Platone, non e infatti grammaticalmente traducibile in inglese, dove si puo dire the being, « l'(ess)ente», rna Qon the (to) be. Come se non bastasse, gli arruffoni continentali tendo no a non disambiguare i molteplici usi del verbo essere, provocando cosile ir(oni)e dei pili sofisticati analitici: dalla sferzante decostruzione di Heidegger da parte di RudolfCarnap nel1931, in L'eliminazione della metafisica mediante l'analisi logica dellinguaggio, all' esilarante recensione Severino, il nulla e l'identita di Massimo Mugnai nel 1997, sulla Rivista dei Libri. La disambiguita del verbo essere e ormai codificata nellinguaggio formale della logica matematica, che usa simboli diversi per Ie sue varie accezioni (veridica, esistenziale, copulativa, di appartenenza, di inclusione, di identid), ed e riassunta da Borzacchini in una tabella che puo costituire, per chi non l' abbia mai vista 0 non ci abbia mai pensato prima, una vera e propria epifania. L' essere e naturalmente collegato all' altro grande tema dell' archeologia del pensiero formale, e dunque del suo libro: la verita. Gia in sanscrito i due termini (sat e satyam) erano omologhi, e sia nella filosofia indiana dei Nyaya-Vaisesika sia in quella greca di Platone e Aristotele « vero e cio che e, e falso cio che non e». E se la verita e legata all'essere, sara anch'essa un concetto da disam-
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biguare, pena il fraintendimento del modo in cui 10 intendevano i Greci e i Romani una volta, e in cui 10 intendiamo noi oggi. I Greci usavano due concetti diversi, rna simili: aletheia e apokalypsis, nei quali risuonano gli echi della dea Lete e della ninfa Calipso. La prima era la personificazione dell'oblio, e dava anche il nome al fiume mitologico nel quale Ie anime morte si immer. gevano per dimenticare la vita passata e prepararsi alIa reincarnazione. La seconda, che nell' Odissea tiene Ulisse prigioniero per sette anni sull'isola di Ogigia e gli da tre figli, era sempre raffigurata col capo velato, e il suo nome significava appunto « V elata» 0 « Nascosta». La verira descritta da aletheia e apokalypsis era dunque, da un lato, qualcosa di « indimenticabile » 0, almeno, di « in: dimenticato », e dall' altro una « rivelazione» 0 una « scoperta»: SI trattava, cioe, della verita razionale che si palesa 0 emerge nel pensiero, e della verira scientifica che si scopre 0 si disvela nell' osser• vaZlOne. I Romani usavano invece, ovviamente, it termine veritas, che deriva da una radice indogermanica (ver) che indica una « barriera» che ricopre 0 nasconde, invece di scoprire 0 svelare. L' esatto contrario, dunque, del vero greco, e piuttosto della stessa natura dello pseudos, il falso: ossia, di cio che sembra rna non e. Ma anche qualcosa che si erge « diritto », come la legge: opponendosi questa volta al « torto », che va riparato 0 raddrizzato: si trattava dunque di un concetto giuridico, e non logico. Letteralmente, vero era cio che si poteva verificare con un verdictum, « rendere vero » con una « dichiarazione di verita», e dunque qualcosa da accettare sulla parola dei giudici 0 del codice. Si trattava cioe della verita di fede, che e di una natura completamente diversa dalla verira di ragione: usare per entrambe la stessa parola e soltanto un equivoco, che no~ puo che generare confusione (e la genera, anche oggi). E questo il genere di problemi che affronta illibro di Borzacchini, scavando a fondo nelle parole per dissotterrare cio che esse nascondono. E leggerlo puo avere per illettore 10 stesso effetto che ebbe la lettura di Hume per Kant: quello di risvegliarlo dal proprio « sonno dogmatico », facendogli capire che dietro i concetti logici e matematici si cela una storia affascinante che testimonia del loro passato, e permette di ricostruire la genesi del pensiero formale in tutte Ie complesse articolazioni del suo presente, dall'uguaglianza al numero, dall'incommensurabile al continuo . •
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Immergersi in queste profonde e rigorose pagine non pero uno sport adatto per coloro che amano sguazzare nelle superficialira. sconclusionate, come quelle proposte da Giovanni Semerano in L'infinito: un equivoco millenario (Bruno Mondadori, 2001) e avallate da Massimo Cacciari, Umberto Galimberti ed Emanuele Severino. Chi apprezza coloro che sollevano un polverone nel fittizio arsenale delle lingue mediorientali antiche, per poi partorire la misera conclusione che in sumerico 0 accadico « infinito » voleva dire « polveroso », sa dove rivolgersi. E chi invece pretende erudizione seria, argomenti coerenti e risultati significativi, anche. In fondo, i dilettanti possono anche rovistare nel fango credendo di cercar pepite, rna solo i cercatori d' oro professionisti sanno dove e . come scavare per trovarle.
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LA VITA 01 RUSSELL IN FILOSOFIA
Giunto ormai agli ultimi anni della sua lunga vita, Bertrand Russell si rivolse all'indietro e ripercorse gli avvenimenti di quasi un secolo di storia personale, sociale e politica nei tre volumi della sua Autobiografia, usciti tra il 1967 e ill969 e recanti come sottotitoli i nomi dei personaggi che egli evidentemente considerava suoi comprimari suI palcoscenico della vita: dalla regina Vittoria a Lenin (1872-1914), da Freud a Einstein (1914-1944), e da Churchill a Mao Tse-tung (1944-1967). Una decina d'anni prima Russell aveva invece gia chiuso i conti con la storia intellettuale, pubblicando nel 1959 La mia vita in filosofia: un ideale complemento e completamento dell'Autobiografia, che descrive Ie varie fasi del suo tumultuoso pensiero. Tanto tumultuoso che, dovendolo paragonare a quello del suo contemporaneo e amico George Moore, qualcuno una volta scherzo: « Russell ha una nuova filosofia ogni cinque anni, mentre Moore non ne ha mai avuta nessuna». Russell non la vedeva evidentemente COSt, visto che nel libro presenta piuttosto la storia di un suo coerente « sviluppo filosofico» (un' espressione che, tra parentesi, costituiva il titolo originale dell' opera), partendo dai fondamentali e tuttora attuali lavori sulla logica, e arrivando ai secondari e ormai antiquati lavori sulla teo ria della conoscenza. Ripercorriamo dunque brevemente Ie tappe di questo sviluppo, che egli fa precedere da un resoconto degli anni preparatori, illustrato con ingenui estratti risalenti ai suoi « primi tentativi» (capitolo 3) e a una temporanea « incursione nell'idealismo» (capitolo 4). Col senno di poi, all'anziano filosofo questi lavori giovanili appaiono completamente « privi di ogni valore», e l'unico interesse che essi rivestono per noi oggi nella loro testimonianza del fatto che la religione e l'idealismo sono, per parafrasare il gia citato Lenin, « malattie infantili dellogicismo». La religione « agito » Russell nell'adolescenza, rna egli se ne libero con la crescita, quando abbandono dolorosamente la fede per passare a «una posizione molto simile a quell a dei philosophes francesi del diciottesimo se-
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colo». L'idealismo 10 infetto invece sino alia fine dell'Ottocento, facendogli produrre lavori che, « per quanto appaiano adesso insostenibili, non 10 sono pili degli scritti di Hegel». La ricreazione fin! nel 1900, quando Russell incontro a Parigi illogico torinese Giuseppe Peano: com' egli stesso racconta nelI'Introduzione, « la svolta di quegli anni ha rappresentato una rivoluzione, mentre i mutamenti successivi hanno avuto i caratteri di una evoluzione». Egli si era interessato fin da subito alia matematica, e la malattia idealista non gli aveva impedito di scrivere un Saggio sui Jondamenti della geometria (1897), « alquanto sciocco», che divenne il suo primo libro di filosofia (non il suo primo libro in assoluto, visto che l' anna prima aveva gia pubblicato La social-
democrazia tedesca).
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Ma non natural mente per quello, che oggi 10 ricorda la storia del pensiero. Piuttosto, per i Principi della matematica (1903) e, soprattutto, per i tre ponderosi volumi dei Principia Mathematica (1910-1913), scritti in collaborazione con Alfred North Whitehead, che costituiscono la Bibbia del logicismo: di quella teo ria filosofica, cioe, indipendentemente proposta da Gottlob Frege a partire dal 1879, la quale afferma che la matematica riducibile alia logica. 0, nelle parole dello stesso Russell, che « tutta la matematica pura deriva da premesse puramente logiche e usa soltanto concetti definibili in termini logici». L'idea era in antitesi con Ie dottrine di Kant, « quel filisteo sofista che conosceva COS! poco la matematica», rna nonostante la sua apparente implausibilita Frege, Russell e Whitehead riuscirono a svilupparla quasi fino a compimento, dan do di passaggio una definizione dei numeri cardinali, finiti e non, come « c1assi di insiemi equipotenti » 0, se si p~eferisce, come « totalita di collezioni di oggetti aventi tutti 10 stesso numero di elementi ». Quanto alia definizione dei numeri reali come « serie di numeri razionali composte da tutto cio che vi sopra 10 zero fino a un determinato punto», nel capitolo 6 Russell dichiara ancora di « credere di esserne stato I'inventore», evidentemente non essendo mai venuto a sapere che Richard Dedekind I'aveva gia trovata nel1858, e pubblicata nel 1872 in Continuita e numeri irrazionali. . II motivo per cui il programma logicista fu quasi portato a compimento, che proprio Russell si imbatte, nella primavera del 1901, nel suo famoso paradosso sulle « c1assi delle c1assi che
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non sono membre di se stesse», che « pose fine alia luna di miele logica della quale stava godendo ». Egli lamenta nel capitolo 7 che la soluzione da lui proposta con la cosiddetta teo ria dei tipi « non sembra sia piaciuta agli altri logici», e « non riuscita a Farsi accettare ». Questo rimane vero ancor oggi per quanto riguarda i fondamenti della matematica, nei quali prevalsa la soluzione assiomatica e senza tipi di Ernst Zermelo (che, tra parentesi, scoprl il paradosso di Russell indipendentemente da lui, e un paio di anni prima). Ma non 10 pili in assoluto, visto che i fondamenti delI'informatica hanno invece adottato di buon grado e proficuamente la distinzione in tipi nel Lambda Calcolo e in vari linguaggi di programmazione. Nel capitolo 8 Russell ricorda che Whitehead e lui rimasero « delusi del fatto che i Principia Mathematica venissero presi in considerazione sol tanto da un punto di vista filosofico», e che « la gente non si interesso alle tecniche matematiche esposte nel corso dellibro». II fatto che effettivamente I'opera non aveva un grande interesse da questo punto di vista, anche perche molte delle sue supposte novira erano gia ben note agli addetti ai lavori. Ad esempio, nonostante Russell credesse di « essere stato il primo ad attribuire alia parola serie il significato esatto di relazione asimmetrica, transitiva e imperativa» (0, come diremmo oggi, di relazione di ordine totale), in realta George Boole e Augustus de Morgan possedevano la definizione gia a mera Ottocento. Quanto alia sup posta « impossibilira di distinguere una coppia ordinata da una c1asse di due termini privi di ordine», essa fu confutata gia nel1914 da Norbert Wiener, che noto come la coppia ordinata in cui a precede b si puo semplicemente definire come la coppia non ordinata formata dalle due c1assi contenenti una il solo a, e l' altra sia asia b. Ma Ie manchevolezze dei Principia Mathematica erano ben altre, e il cosiddetto « attacco di Wittgenstein » descritto nel capitolo 10 ne mise in luce una fondamentale: il fatto che nelloro lavoro Russell e Whitehead si fossero limitati alia grammatica (0 sintasst) dellinguaggio logico e matematico, senza preoccuparsi del suo significato (0 semantica). Wittgenstein mostro come procedere nel caso banale della logica proposizionale, e la moderna teo ria dei modelli ha poi esteso il suo lavoro in due direzioni complementari:
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da un lato, salendo vertical mente alIa logica predicativa (che tratta di individui) e oltre; dal1'altro lato, allargandosi orizzontalmente alIa logica modale (che tratta di frasi quali la «A crede p» citata da Russell) e oltre. La soluzione di Wittgenstein, oltre a essere parziale, era avvolta in una nebbia di misticismo e poesia che la rese misteriosa e attraente per i filosofi e gli umanisti, rna ancor meno interessante dei Principia per i matematici, che da quel momento cessarono di interessarsi del lavoro logico dei filosofi. A sua volta, Russell perse il contatto coi matematici e non segur pili gli sviluppi ulteriori della logica: 10 dimostra il res to del suo libro, a partire dall'imbarazzante affermazione che « la distinzione fra linguaggio e metalinguaggio elimina i rompicapo esposti da G6del», quando in reald. i teoremi di Kurt G6del del 1931 non sono ne rompicapi, ne eliminabili. II che non significa che la lettura degli ultimi capitoli, che descrivono sostanzialmente il contenuto di L'analisi della mente (1921), Significato e verita (1940) e La conoscenza umana (1948), non sia piacevole 0 istruttiva: essi affrontano infatti una serie di problemi che i precedenti lavori di Russell avevano lasciato aperti, quali Ie relazioni dellinguaggio con la mente da un lato, e il mondo esterno dal1'altro. Significa pero, ad esempio, che una discussione sulla « definizione di verita» (capitolo 15) risultera per forza di cose anacronistica, e finira di non menzionare nemmeno contributi imprescindibili come quello di Alfred Tarski del 1936. Tecnicismi a parte, illibro di Russell ci impartisce comunque due insegnamenti imperituri, da scolpire sui muri delle universira: dovunque, rna soprattutto nel Bel Paese. II primo riguarda cio che la filosofia non dey' essere, rna troppo spesso soprattutto a casa nostra: l' empia pretesa di « occuparsi non del mondo e del nostro rapporto con esso, rna soltanto delle diverse maniere in cui i cretini possono dire delle cretin erie », e la pia illusione che « l' oscurita sia 1'aspetto pili facilmente riconoscibile della profondith. II secondo insegnamento riguarda invece cio che la filosofia dey' essere, rna troppo spesso non « un tentativo di gettare un ponte, costruito sulla logica, tra gli indiscutibili mondi dei sensi e della • sClenza ».
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GODEL, IN MEMORIAM
Qualche an no fa, quando il settimanale Time scelse i protagonisti del Novecento appena concluso, incorono come « matematico del secolo» Kurt G6del: certamente illogico pili grande dai tempi di Aristotele, e Forse il pili grande di sempre. Se avesse voluto, pero, avrebbe anche potuto incoronarlo come « filosofo del secolo », invece di assegnare il titolo a Ludwig Wittgenstein (tra parentesi, un altro logico): fu infatti 10 stesso G6del a dire, parlando dei propri maggiori risultati matematici, che essi discendevano direttamente dalle sue assunzioni filosofiche. Oggi, a oltre cent'anni dalla sua nascita avvenuta a Brno il 28 aprile 1906, si ha effettivamente la percezione che illavoro di G6del abbia spalancato Ie porte di una nuova disciplina: la moderna « matematica della filosofia», da non confondere naturalmente con la classica « filosofia della matematica ». Mentre quest'ultima, infatti, un'ancella della matematica che si dedica a una ripulitura delle sue nozioni, dei suoi metodi e dei suoi risultati, la prima invece un' evoluzione della filosofia che ha come scopo la trasformazione delle sue vaghe intuizioni in precisi teoremi. I pensatori con i quali G6del si e cimentato nel corso della vita, producendo i suoi famosi risultati, so no natural mente i grandi della storia della filosofia: soprattutto, Aristotele, Leibniz e Kant nel passato remoto, e Frege, Russell e Wittgenstein in quello prossimo. E Ie loro intuizioni, trasformate in teoremi dal tocco di Mida delle mani di G6del, riguardano natural mente i concetti fondamentali della filosofia: 1'essere, la verita, 10 spazio, il tempo ... Per cominciare dagli inizi, e cioe dall' essere, Ie sue due leggi fondamentali erano state isolate da Aristotele nel quarto libro della Metafisica: esse non sono altro che i famosi prindpi del terzo escluso e di non contraddizione, secondo i quali qualunque proposizione dey' essere vera 0 falsa, rna non puo essere entrambe Ie cose allo stesso tempo. Ora, cio che rende fondamentale una legge e il fatto che essa sta in un certo senso agli inizi del discorso: non la si puo provare, se no ci sarebbe qualcosa di pili fondamentale alIa quale essa e riconducibile.
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Ma senza provarla, come si puo sapere che si tratta veramente di una legge e non di un pregiudizio? Aristotele com pie un doppio salto mortale e sostiene che, benche non dimostrabili, Ie leggi fondamentali so no comunque impossibili da refutare: in altre parole, la loro negazione e contraddittoria. Si tratta del famoso e oscuro elenchos, che nel 1933 G6del ha teso preciso con la cosiddetta « interpretazione della doppia negazione»: owero, mentre e vero che la legge del terzo escluso non e dimostrabile in maniera costruttiva, 10 e la contraddittorieta della sua negazione, cioe appunto la . sua doppia negazione. . Naturalmente, perche la cosa abbia un senso e non si limiti a un vuoto gioco di parole, bisogna che una doppia negazione non affermi: cosa che fa nella logica classica, rna non in quella costruttiva. II che significa, di passaggio, che Aristotele aveva intuito l' esistenza di una logica pili sofisticata di quella alIa quale in genere il suo nome e associato: cosa, tra l'altro, evidente anche da altre sue distinzioni, come quella tra « essere diverso » e « non essere uguaIe », poi precis ate dall' analisi costruttiva. Detto altrimenti, Aristotele era pili moderno di quanto i cultori dell'ipse dixit abbiano mai immaginato 0 capito, anche se pure lui ha pres~ Ie sue belle cantonate: ad esempio, credendo che se la legge del terzo escluso dovesse fallire in un caso, dovrebbe fallire in tutti; 0 che se ci fossero altri valori di verita, oltre ai soliti « vero» e « falso», dovrebbero essercene infiniti. Tutte cose, queste, refutate in seguito dalla matematica della filosofia. L'altro grande riferimento filosofico di G6del e stato, non sorprendentemente, Kant. Soprattutto quello della Critica della ragion pura, il cui ass unto principale si puo riassumere dicendo che se la ragione vuol essere ~ompleta, nel senso di poter trattare . liberamente di idee trascendentali come quelle di dio, del mondo o dell'anima, allora deve accettare di essere contraddittoria, nel senso che quelle idee portano ad antinomie. Equivalentemente, se la ragione non vuol essere contraddittoria, allora deve accettare di essere incompleta, rifiutandosi di spingersi oltre Ie colonne d'Ercole della sensatezza ed evitando di imbarcarsi in discorsi sulle idee trascendentali. . II famoso teorema di incompletezza, che G6del ha dimostrato nel 1931 e che 10 ha reso famoso, trasporta l'impianto dell' opera di Kant nella matematica: esso afferma, infatti, che se un sistema
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matematico vuol essere completo, nel senso di poter esprimere « formule trascendentali» come quell a che dice di se stessa di non essere dimostrabile, e di poter dimostrare tutte quelle vere, allora deve accettare di essere contraddittorio. Equivalentemente, se un sistema che puo esprimere formule trascendentali non vuole essere contraddittorio, allora deve accettare di non poter dimostrare tutte quelle vere. Ora, come nellinguaggio naturale non ci vuole molto a parlare di dio, del mondo 0 dell'anima, anche se Kant ha dimostrato che non se ne puo parlare in maniera non contraddittoria, cosl nellinguaggio matematico non ci vuole molto a trovare una formula che dica di se stessa di non essere dimostrabile, anche se G6del ha dimostrato che essa e vera rna non dimostrabile. 0 meglio, non ci vuole molto do po il suo lavoro, perche prima sembrava invece impossibile: tanto che Wittgenstein aveva dichiarato nel Tractatus che un linguaggio puo mostrare la propria forma logica, rna non
parlarne. Per confutare Wittgenstein e costruire la sua formula, G6del invento un metodo che permette di tradurre la sintassi di un linguaggio nell'aritmetica dei numeri. 0 meglio, 10 prese a prestito da Leibniz, che nella Dissertazione sull'arte combinatoria aveva gia anticipato la possibilita di associare numeri semplici alle nozioni semplici, e numeri composti a quelle composte: con una ingenuita, pero, perche lui suggeriva di assegnare prodotti a queste ultime, senza tener conto del fatto che nella moltiplicazione i fattori si perdono, e diventa impossibile ritrovarli in maniera univoca. G6del aggiro il problema sfruttando un teorema di Euclide secondo cui la decomposizione in fattori primi di un numero e invece univoca, e assegno aIle nozioni composte prodotti di numeri primi aventi per esponenti i numeri delle componenti. Se Ie limitazioni della ragione erano il punto centrale della Logica della Critica, quello centrale della sua Estetica era la natura dello spazio e del tempo: secondo Kant, infatti, essi non sono caratteristici del mondo rna del nostro modo di percepirlo, e derivano dalla particolare struttura del nostro apparato sensoriale e mentale. Nel suo colorito linguaggio, spazio e tempo sono cioe degli a priori che costituiscono Ie forme della nostra percezione. In particolare, ne l'uno ne l'altro hanno un'esistenza oggettiva: un'idea che G6del non condivideva, rna di cui voleva verificare
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la consistenza con Ie teorie della fisica contemporanea, in particolare la relativid. di Einstein. Ora, benche la teoria speciale del 1905 avesse fatto uscire I' assolutezza dello spazio e del tempo dalla porta, la teo ria generale del 1915 sembrava averla fatta rientrare dalla finestra: in tutti i modelli conosciuti fino al 1949, infatti, era possibile arrivare a una nozione di tempo assoluto mettendo insieme i tempi relativi delle grandi masse. Ma Godel scopri un modello in cui non solo non c'e un tempo assoluto, rna e addirittura possibile fare un giro attorno alI'universo e tornare nello stesso punto dello spazio-tempo, cos1 come suIla Terra si puo fare un giro attorno a un isolato e tornare nello stesso punto dello spazio. In un mondo come questo si puo andare sempre avanti nel futuro e ritrovarsi a un certo punto nel proprio passato: dunque, nemmeno il tempo individuale e • oggetnvo. Con questi (e molti altri) risultati Godel ha indicato la via regia per la rivitalizzazione della filosofia: trafugare il suo cadavere imbalsamato dalle celIe frigorifere dei manuali di storia e dagli obitori dei dipartimenti accademici, dove esso viene mantenuto a disposizione dei continentali per Ie loro necrofile dissezioni, e rivitalizzarlo mediante iniezioni di logica, matematica e scienza, che riportino in vita Ie sue problematiche, Ie sue ispirazioni e Ie sue idee. 0, pili semplicemente, smettere di preoccuparsi di cosa noi possiamo fare per la filosofia degli antichi, e incominciare a chiedersi cosa la filosofia possa fare per noi moderni.
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CRITICA DELLA RAGIONE ASTRATTA
La teoria economica classica si basa su un modello di razionalid. astratta, assiomatizzato nel 1944 da John von Neumann e Oskar Morgenstern nel loro classico testo Teoria dei giochi e comporta-· mento economico, secondo il quale gli individui pensano e agiscono in maniera perfettamente razionale e logica, e so no guidati unicamente dallo scopo di massimizzare i profitti e minimizzare Ie perdite. Nel 1951 Maurice Allais, premio Nobel per I'economia nel 1988, scopri pero il seguente paradosso. Se ci offrono di darci 1 milione sicuro alIOO per cento, oppure 1 milione all'89 per cento e 5 milioni al 10 per cento, in maggioranza scegliamo la prima opzione, per non rischiare di restare a bocca asciutta nel rimanente 1 per cento dei casi. E se ci offrono di darci 1 milione all' 11 per cento, OPPure 5 milioni al 10 per cento, in maggioranza scegliamo la seconda, perche consideriamo Ie due probabilid. quasi uguali. Ma questo non e razionale perche la prima scelta non e altro che la seconda, aumentata dell'89 per cento di possibilid. di avere 1 milione in entrambe Ie opzioni: dunque, dovremmo scegliere entrambe Ie volte la prima opzione, oppure entrambe Ie volte la seconda. Partendo da questo paradosso, negli anni '70 Amos Tversky e Daniel Kahneman iniziarono uno studio descrittivo della concreta razionalid. umana, opposto a quello descrittivo dell'astratta razionalita logica, e scoprirono che la prima segue precise regolarita che definiscono una vera e propria economia comportamentale. Ad esempio, Ie persone scelgono fra opzioni equivalenti in maniera diversa, a seconda di come queste vengono loro presentate. So no pili sensibili alle variazioni della ricchezza che ai suoi valori assoluti. Pre tendo no di comprare uno stesso bene a un prezzo inferiore a quello al quale sono disposti a venderlo. Si dispiacciono di pili di perdere una certa somma di quanto gioiscano nell' ottenerla. Tendono a conservare 10 status quo pili di quanto siano disposti a cambiarlo. E cos1 via. Grazie a questi risultati, Kahneman e diventato nel 2002 il pri-
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mo psicologo di formazione a vincere il premio Nobel per l'economia: un onore che non ha condiviso con Tversky soltanto perche questi era prematuramente morto nel 1996. E proprio nell'autobiografia e nel discorso ufficiale di Kahneman, reperibili suI sito della Fondazione Nobel, si trovano Ie sue esposizioni ufficiali dell' argo mento, una pili discorsiva e generale e l' altra pili tecnica e specifica: quest'ultima, in particolare, tradotta nella Critica della Ragione Economica della triade di premi Nobel per l'economia Daniel McFadden, Daniel Kahneman e Vernon Smith (Saggiatore, 2005). Le due esposizioni di Kahneman sono utilmente integrate dal testo divulgativo di Matteo Motterlini Economia emotiva (Rizzoli, 2006), che fornisce una cornucopia di esempi pratici per illustrare i vari aspetti della teo ria. Primo fra tutti, il sorprendente ejfetto di incorniciamento che e gia all'opera nel paradosso di Allais, e consiste nella constatazione che Ie preferenze e Ie decisioni sono sensibili a variazioni di elementi irrilevanti, e influenzate da fattori • • emotlvl. Ad esempio, la scelta tra due opzioni puo essere ribaltata dall'aggiunta di opzioni alternative, che comunque non vengono scelte, rna possono provocare efFetti di disturbo 0 di indirizzamento: in particolare, spingendo a preferire cio che sta nel mezzo, e a scartare cio che sta agli estremi. Oppure, possono essere Ie apparenze a prendere il sopravvento sulla so stanza: ad esempio, facendoci preferire una cura che salva 185.369 persone su un milione, a una che funziona il 20 per cento delle volte, soltanto perche una grande cifra con creta suscita pili emozione di una piccola percentuale astratta. Naturalmente i pubblicitari di ogni genere conoscono bene questi e altri effetti,.e sanno come sfruttarli per manipolare Ie reazioni del pubblico e pilotarne Ie decisioni. Altrettanto sorprendente e la dipendenza dal riferimento, ben nota in fisiologia: ad esempio, se immergiamo una mana in acqua fredda e l'altra in acqua calda, e poi Ie immergiamo entrambe in acqua tiepida, percepiamo quest'ultima pili fredda in un caso, e pili calda nell'altro. In economia, succede 10 stesso coi guadagni e Ie perdite: ad esempio, la maggior parte delle persone rifiuta una scommessa con pari probabilira di vincere 0 perdere (fifty-fifty), se il possibile guadagno proposto non e almeno il doppio della possibile perdita.
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11 che dimostra che non e ai val~ri assoluti della ricchezza che diamo importanza, rna ai suoi cambiamenti relativi: per questo siamo cosl sensibili a sconti e saldi e cosl. attratti da lotterie e scommesse, cosl. propensi a rischiare se si tratta di guadagnare e cosl. restii se si tratta di perdere, cosl. inclini a sopravvalutare cio che vogliamo vendere e a sottovalutare cio che vogliamo comprare. Questo genere di esempi testimonia la presenza di un numero limitato di euristiche di giudizio 0 scorciatoie mentali, spesso utili e altrettanto spesso errate, che tendono a semplificare la complessita di un problema. Ad esempio, quando sono poste di fronte a una domanda difficile, Ie persone tendo no a sostituirla con una pili facile, a cui poi danno una risposta ragionevole. Oppure, quando non han no dati sufficienti per risolvere un problema, tendo no a fare assunzioni aggiuntive non giustificate, rna che ne permettono la soluzione. 0 ancora, quando si trovano a dover giudicare 0 agire, tendono a sopravvalutare Ie proprie conoscenze e capacita, appellandosi a situazioni familiari come se fossero generali, appoggiandosi a esperienze limitate come se fossero universali, e ricordandosi pili i successi propri e i fallimenti altrui, che il contrario. Particolarmente comuni sono gli errori logici provocati dall'abitudine a vedere soprattutto quello che si vuole vedere, e credere soprattutto quello che si vuole credere, sulla base del motto di John Kenneth Galbraith: « Di fronte alla necessira di scegliere se cambiare opinione 0 dimostrare che non ce n'e bisogno, quasi tutti si impegnano nella dimostrazione ». Che siamo pili propensi a preoccuparci di cercare conferme che smentite 10 dimostra un tipico esperimento con quattro carte illustrate, sulle cui facce si vedono Ie lettere E eKe i numeri 4 e 7. Per verificare che Ie carte con una vocale da un lato han no un numero pari dall'altro, la maggioranza gira correttamente la E e scorrettamente il4 (perche non importa niente se dietro c'e una consonante), rna solo una minoranza si accorge che bisogna girare anche il 7 (per verificare che suI retro non ci sia una vocale). Altrettanto fallaci sono i giudizi di probabilita e statistica, anche a causa dell'estrema mancanza di intuitivita di questi argomenti. Ad esempio, si tende sistematicamente ad attribuire una necessira al caso, interpretando in maniera significativa cio che spesso e soltanto un accidente 0 una fluttuazione. 0 si considerano correlati eventi che invece sono indipendenti, come quando ci si asp etta
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che esca un numero su una mota del Lotto 0 un colore alia roulette, soltanto perche ritarda. 0 si soprawalutano quelle che sono semplici regressioni ai valori medi, come Ie ricadute dopo i trionfi o Ie riprese dopo Ie disfatte. Se una conclusione si puo trarre da tutto cio e, per usare Ie parole dello stesso Kahneman, che « i giudizi intuitivi occupano una posizione intermedia tra Ie operazioni automatiche della percezione e Ie operazioni deliberate del ragionamento ». Pili precisamente, dentro di noi sono costantemente all' opera due tipi di processi cognitivi, diversi e antitetici: uno istintivo, emotivo, veloce, parallelo, difficile da modificare e approssimativo, che genera impressioni; e l' altro controllato, razionale, lento, seriale, flessibile e preciso, che produce giudizi. I due processi si possono facilmente isolare mediante semplici problemi, quali: « Se un libro e una penna costano insieme 25 euro, e illibro costa 20 euro pili della penna, quanto costa la penna? » Intuitivamente, ci vien subito da rispondere: « 5 euro ». Deduttivamente, basta invece pensarci un momento per accorgersi che la risposta corretta e: « 2 euro e mezzo ». Ricordiamoci di questo e di tutto il resto, quando ci capita di accontentarci del primo giudizio plausibile che ci passa per la mente, perche e probabile che si tratti solo di un pregiudizio che, a un secondo ripensamento, si rivelera invece implausibile. Owero, come dice la saggezza popolare, prima di rispondere bisogna pensarci bene, ed eventualmente anche mordersi la lingua.
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NO LOGIC
Tra economisti e no global di solito non corre buon sangue, per ottime ragioni, rna c'e almeno un' eccezione: Joseph Stiglitz, il cui libro La globalizzazione e i suoi oppositori (Einaudi, 2002) e diventato il testo di riferimento per una critica informata alia 10gica del modello di sviluppo che I'Occidente in generale, e gli Stati Uniti in particolare, stan no imponendo al resto del mondo. Gli argomenti di Stiglitz sono particolarmente stimolanti perche provengono non da un'ingenua outsider quale la giornalista Naomi Klein di No Logo (Baldini Castoldi, 2001), rna da un accorto insider che ha percorso tutte letappe di una brillantissima carriera: professore alia Columbia University, capo dei consiglieri economici del presidente Clinton dal1993 a11997, vicepresidente della Banca Mondiale dal1997 al2000 e premio Nobel per l'economia nel 2001. Vale dunque la pena di leggere il resoconto di come egli abbia « preso atto in prima persona degli effetti devastanti che la globalizzazione puo avere sui paesi in via di sviluppo e, in particolare, sui poveri che vi abitano ». E ascoltare dalla voce di un diretto protagonista come « la globalizzazione, ossia l' eliminazione delle barriere allibero commercio e la maggiore integrazione tra Ie economie nazionali, possa essere una forza positiva e abbia tutte Ie potenzialira per arricchire chiunque nel mondo, in particolare i poveri. Ma perche cio awenga, e necessario un ripensamento del modo in cui essa e stata gestita, degli accordi commerciali internazionali che tanto han no fatto per eliminare queste barriere, e delle politiche che sono state imposte ai paesi in via di sviluppo durante il processo di globalizzazione ». L'interesse di queste posizioni sta nel fatto che esse non si appoggiano a ideologie preconcette, e derivano invece da analisi teoriche riguardanti Ie imperfezioni del mercato: cioe, Ie ragioni per cui esso non funziona nel modo ideale previsto dai modelli economici classici, che si basano in particolare sull'ipotesi che tutti i soggetti dispongano di un'informazione perfetta. Le ricerche di Stiglitz, che gli hanno appunto meritato il premio Nobel, tengo-
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no invece conto delle asimmetrie dell'informazione esistenti, ad esempio, tra operai e datori di lavoro 0 tra mutuatari e prestatori, e permettono di sviluppare modelli economici pili realistici del mercato dellavoro 0 del mercato finanziario, che spiegano meglio fenomeni quali la disoccupazione 0 il razionamento del credito. In un' altra direzione, Ie ricerche condotte da Stiglitz (assieme a Bruce Greenwald) han no dimostrato che la « mana invisibile» ipotizzata nel 1776 da Adam Smith nel classico La ricchezza delle nazioni, ovvero l'automatismo che dovrebbe guidare gli interessi individuali sulla strada dell' efficienza collettiva, non esiste. 0 meglio, esiste soltanto in condizioni irrealistiche di informazione perfetta e di mercato completo, rna non nei casi in cui l'una e imperfetta 0 l'altro incompleto: « vale a dire sempre, e in particolar modo nei paesi in via di sviluppo ». Ed proprio perche non esiste nessuna realistica mana invisibile che gli interventi governativi divengono utili e necessari per migliorare l'efficienza del mercato. Ma quando Stiglitz arrivo nelle stanze dei bottoni si accorse della verira del motto di Yogi Berra: che la teoria e la pratica in teo ria sono uguali, rna in pratica no. Pili precisamente, che gli organismi economici coi quali egli ebbe a che fare, dal dipartimento del Tesoro al Fondo Monetario Internazionale, continuavano imperterriti a basare Ie loro politiche sulla classica (e falsa) assunzione che il mercato operi, per sua stessa natura, in maniera efficiente: dal che, natural mente, deriva la conclusione liberista che esso vada lasciato a se stesso, e non debba essere disturbato da interventi governativi. Questa ricetta, sistematicamente imposta dal Fondo Monetario Internazionale ai paesi in via di sviluppo che si sono rivolti ad esso in delicati momenti di crisi, si altrettanto sistematicamente rivelata fallimentare e ha letteralmente « portaro alia fame e alla sommossa molti popoli ». L' ovvia alternativa e considerare il rapporto tra mercati ego"; verni in maniera complementare, senza ritenere che gli uni 0 gli altri da soli siano in grado di risolvere tutti i problemi: in particolare, accettando di far svolgere ai governi un ruolo decisivo in campi quali la disuguaglianza, la disoccupazione e l'inquinarnen, to, e contrastando « l'ipocrisia di chi finge di aiutare i paesi in via di sviluppo obbligandoli ad aprire i loro mercati alle merci dei paesi industrializzati, mentre questi ultimi tengono i loro ben pro-
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tetti, attuando politiche che rendono i ricchi sempre pili ricchi e i poveri sempre pili poveri e arrabbiati ». Volendo ridurre la dettagliata analisi di Stiglitz a un motto si potrebbe dire, molto semplicemente, che i fautori della globalizzazione ne sopravvalutano i vantaggi e ne sottov:Jutano gli svantaggi, mentre i suoi detrattori fanno il contrario. E infatti evidente che i paesi in via di sviluppo debbano accettarla se vogliono crescere e integrarsi nella comunita internazionale, rna e altrettanto evidente che finora essa si e ridotta ad essere un perseguimento dei fini della colonizzazione con altri mezzi 0, se si preferisce, un imperialismo commerciale dal volto relativarnente umano. In particolare, la riduzione dei costi economici di trasporto e di comunicazione, cosl come l'abbattimento politico di molte frontiere, hanno sicuramente portato a una positiva integrazione tra paesi e popoli. Ma l'apertura incontrollata dei mercati, imposta dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, ha anche eliminato i meccanismi di controllo e di stabilizzazione dei flussi di denaro nei vari paesi: dapprima negli anni '80, sulla spinta delle ideologie selvaggiamente liberiste di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, e poi negli anni '90, con la gestione della transizione all' economia di mercato dell' ex blocco comunista delI'Europa dell'Est. II primo aspetto fallimentare della politica coordinata di fine Novecento dei due organismi internazionali si puo isolare, secondo Stiglitz, nella spinta alia privatizzazione, basata sui falso presupposto che il mercato sia in grado di soddisfare autonomarnente e velocemente ogni necessita: invece, molte attivira pubbliche vengono poste in essere proprio perche i mercati non riescono a fornire vari servizi che sono essenziali per chi ne usufruisce, rna non redditizi per chi Ii offre. In ogni caso, la privatizzazione selvaggia puo avere altissimi costi sociali sia per i consumatori che per i lavoratori: ad esempio, in Russia la percentuale di persone che dispongono di meno di due dollari al giorno e salita dal 2 per cento nel 1989 al24 per cento nel1998, nella pili alta crescita di poverra della storia in tempi normali (cioe, non di guerra 0 carestia). II secondo aspetto fallimentare si puo invece isolare nella liberalizzazione dei mercati, che ha portato alia creazione di capitali ad alta mobilita e volatilita da un lato, e alia sostituzione di deboli realta economiche locali da parte di forti multinazionali dall'altro:
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la conseguenza stata una serie di crisi finanziarie negli anni Novanta, che hanno lasciato nel caos paesi che vanno dalla Thailandia nel1997 alIa Russia nel1998, al Brasile nel1999, all'Argentina nel 2001. Le nazioni in via di sviluppo di maggior successo sono invece quelle che hanno adottato un « modello asiatico» nel quale i governi, pur affidandosi ai mercati, hanno assunto un ruolo attivo nel crearli, plasmarli e guidarli, aprendo il paese al mondo esterno in maniera lenta e programmata: prima fra tutte la Cina, in cui la quantita di persone che dispongono di menD di un dollaro al giorno scesa da 360 milioni nel1990 a 210 nel1997, nella pili vasta riduzione della poverta della storia. . La conclusione dell' analisi di Stiglitz che la globalizzazione oggi non funziona per molti poveri del mondo, per gran parte delI'ambiente e per la stabilita dell'economia globale, rna non perche sia intrinsecamente cattiva: piuttosto, perche stata gestita nella maniera sbagliata dalle istituzioni economiche internazionali, che da un lato so no rimaste asservite agli interessi dei paesi industrializzati, e dall' altro hanno affrontato i problemi con una visione ristretta e scorretta dell' economia e della societa. La soluzione sta in una riforma di queste istituzioni e delloro governo, che consenta di arrivare a sostituire il fondamentalismo disumano del mercato con una globalizzazione democratica e umanitaria. Fino ad allora, prevede facilmente Stiglitz, continueranno non solo Ie rivolte delle popolazioni dei paesi po~eri, rna anche Ie manifestazioni e Ie contestazioni dei no global occidentali, e « Carlo Giuliani, il dimostrante morto a Genova nel 2001, potrebbe essere solo il primo di una lunga serie di vittime della guerra contro la globalizzazione»: .
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Narra Michel de Montaigne, nei suoi memorabili Saggi (II.xii): « Un antico, al quale si rimproverava di professare la filosofia prendendola in giro, rispose che quello era filosofare veramente». E ripete Blaise Pascal, nei suoi altrettanto memorabili Pensieri (4): « Beffarsi della filosofia filosofare davvero ». Prendo dunque come un complimento il fatto che, nella sua replica su Repubblica del 19 aprile 2005 alIa mia introduzione a L'ABC della relativita di Bertrand Russell del 2 aprile (ora alle pp. 284-287 di II matematico impertinente), Emanuele Severino dica pili volte che io ho . parlato di filosofia scherzando, con freddure e barzellette: una delle quali, immagino, Fosse il fatto di averlo accomunato en passanta Heidegger e Croce. II provvidenziale libro La scienza negata. II caso italiano (Codice, 2005) di Enrico Bellone, direttore della prestigiosa rivista Le Scienze, che dedica un intero capitolo a Severino, mi permette pero di ampliare il discorso ai rapporti fra scienza e filosofia, che nelI'ultimo decennio hanno visto momenti di tensione in seguito all' ormai storica beffo Sokal. Per chi non conoscesse i fatti, 0 Ii avesse dimenticati, nella primavera del 1996 il fisico Alan Sokal mando alIa rivista Social Text un lungo articolo intitolato « Trasgredire Ie frontiere: verso un' ermeneutica trasformativa della gravita quantistica», che fu prontamente pubblicato benche Fosse infarcito di assurdita messevi a bella posta, mascherate in « filosofese». La conclusione che Sokal e altri trassero dalla vicenda fu che, poiche certa filosofia non si distingue dalla sua parodia, non una cosa seria. Alia sua beffa Sokal fece seguire Imposture intellettuali (Garzanti, 1999): un libro scritto a quattro mani con Jean Bricmont, che mostrava con dovizia di citazioni come il pantheon della filosofia postmoderna Francese Fosse colpevole di « manifesta ciarlataneria». Ci furono reazioni e dibattiti ovunque, rna poiche gli esempi dellibro erano tutti tratti dalla Francia, l' episodio pote essere fa. cilmente rimosso in Italia. Gli anelli mancanti della catena deduttiva sono ora forniti dallibro di Bellone: il quale, benche questo
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sia solo un suo scopo secondario, fornisce un'impressionante serie di istruttive citazioni, anche nostrane. Lo scopo primario e invece la documentazione del proliferare delle immagini negative della scienza e della razionalita, che hanno da un lato generato timori infondati riguardanti i supposti pericoli derivanti dalla natura stessa della conoscenza scientifica, e dall'altro lato hanno coagulato Ie simpatie popolari su tali timori. Si tratta, cioe, di alcune tematiche predilette da certi intellettuali italiani, conservatori 0 progressisti, COS! come da autorevoli rappresentanti della fede cattolica: primo fra tutti i1 nuovo papa Benedetto XVI, che ne ha parlato esplicitamente nella sua ultima omelia da cardinale, e del quale illibro analizza alcuni recenti pronunciamenti sulle « patologie distruttive della ragione », dal nuc1eare alia genetica. Naturalmente I'attacco concentrico alia ragione e alia scienza trova in Italia un terreno particolarmente fertile, visti i dati delle misure effettuate nel 1999 dall'associazione Long Life Learning presieduta da Umberto Agnelli, riportati da Bellone: due milioni di italiani sono analfabeti nel senso c1assico del termine, quindici milioni sono semianalfabeti e altri quindici milioni sono a rischio, nel senso che si trovano « ai margini inferiori delle capacita di comprensione e di calcolo necessarie in una socied complessa come la nostra ». Detto altrimenti, il66 per cento della popolazione ha « un'insufficiente competenza alfabetica e aritmetica », e i dati ISTAT aggiungono che i due terzi della popolazione italiana non legge mai ne un libro, ne un quotidiano. Questi sono i dati di oggi, rna Bellone nota come i1 tema della « scienza negata» sia in Italia una costante culturale (si fa per dire) che risale per 10 meno al Rinascimento, e come i suoi effetti siano deleteri: a parte il proliferare dell'industria dei miracoli sacri e profani, che porta ogni an no sei milioni di persone in pellegrinaggio da Padre Pio e altrettante in visita negli studi di guaritori e maghi, secondo Ie stime fornite dal World Economic Forum siamo al terzo posto nel mondo per la diffusione dei telefoni cellulari, rna al quarantacinquesimo per Ie capacita di sviluppo e innovazione, dietro la Tunisia e la Giordania. , E precisamente in questo contesto di societa ascientifica e di cultura antiscientifica che, nella mia introduzione a Russell, citavo allarinfusa filosofi « da Heidegger e Croce a Deleuze e Severino »:
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manco a farlo apposta, tutti oggetto dell'attenzione di Bellone. Del primo egli ricorda l' arguto motto che « il pensiero comincia dove la scienza finisce». Del secondo, l'involontaria facezia che « Ie scienze naturali e Ie discipline matematiche han no ceduto alia filosofia il privilegio della verita». Del terzo, alcune farneticazioni a proposito della nozione di « (in)-differen-tlz-iazione ». Quanto a Severino, nel suo intervento su Repubblica egli cita Russell a {s)proposito del fatto che « la relativita getta ben poca luce su controversie secolari come quelle tra il realismo e I'idealismo ». Ma che bella scoperta! La cosa e evidente, e significa soltanto che una teo ria che tratta dello spazio e del tempo potra Forse avere conseguenze su1le controversie secolari a proposito dello spazio e del tempo, rna certo non su altre: e, infatti, era appunto della filosofia del tempo che parlavo, quando dicevo che se essa . non tiene conto della relativita rischia di essere soltanto letteratura fantastica. Ma come potrebbe capire il concetto un filosofo che da cinquant'anni canta monomaniacalmente un unico mantra, quel10 della follia dell'Occidente, e pretende di usarlo universalmente per l'interpretazione di qualunque avvenimento, dallo tsunami alIa morte del papa (Corriere della Sera, 29 dicembre 2004 e 4 aprile 2005)? Un'altra bella scoperta di Severino sarebbe che la scienza ha bisogno della filosofia per chiarire il senso delle categorie filosofiche da cui procede e su cui si fonda. Ora, io non pretendo che un grande filosofo si scomodi a seguire uno dei miei corsi per sapere cosa penso, benche io mi sia scomodato a seguire uno dei suoi per sapere cosa pensa lui. Basterebbe perc' che guardasse la copertina di due miei libri (Il diavolo in cattedra e Le menzogne di Ulisse), senza neppure aprirli, per notare nel sottotitolo di uno il nome di Aristotele, e nell'altro quello di Parmenide: figurarsi se non so che, per parafrasare Kant, « senza la filosofia la scienza e cieca». Ma Severino, e con lui buona parte dei continentali odierni, sembra dimenticarsi dell'altra meta della metafora: che « senza la scienza la filosofia e vuota». E, soprattutto, che una filosofia che pretenda di « chiarire il senso» di cose dette in una lingua che neppure capisce, rischia di cessare di essere un « amore per il sapere », per diventare invece un « sap ere amatoriale». Non era cosl, naturalmente, per i filosofi del passato, che incautamente Severino cerca di tirare dalla sua parte: Cartesio era un fior di ma-
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tematico, Kant ha tratto Ie sue categorie dalla meccanica newtoniana, e persino Nietzsche ha studiato la teoria ergodica per diversi anni, per poter elaborare una dimostrazione fisico-matematica {perfettamente corretta, sotto Ie sue ipotesi} della teo ria dell'Eterno Ritorno. E non COSt neppure per molti filosofi del presente, da Saul Kripke a Hilary Putnam, che hanno dato profondi contrib,uti alIa logica matematica, oltre che alIa filosofia. E invece cost non soltanto per Severino e i suoi discepoli, che parlano continuamente di « tecnica» confondendo fra loro, a seconda dei casi, cose diversissime quali la matematica, Ie scienze e la tecnologia, rna anche per una vasta schiera di filosofi nostrani, da Massimo Cacciari a Giovanni Reale, ai quali si addice perfettamente il giudizio di Max Born, premio Nobel per la fisica nel 1954, riportato da Bellone nel suo libro: « I filosofi, muovendosi in mezzo al concetto di infinito senza l' esperienza e Ie precauzioni dei matematici, sono come navi immerse nella nebbia in un mare pieno di scogli pericolosi, e cia nonostante felicemente ignari del pericolo ». E cia che Born dice dell'infinito vale, allo stesso modo, oltre che per i gia citati concetti di spazio e tempo, anche per quelli di mondo, vita, corpo e coscienza da un lato, 0 di {in}determinatezza, {in}completezza e {in}decidibilira, e piu in generale ordine e caos, dall'altro. Gli scienziati non sono certo contrari alIa filosofia, rna sono contrari a certa filosofia: quella che non sa parlar ne chiaro ne corretto, che non conosce che se stessa, che puzza di truffa intellettuaIe, e che troppo spesso finisce in Gloria come tutti i salmi.
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PEZZO IN FORMA DI PERA
11 19 ottobre 2006 il Corriere delfa Sera ha riportato in prima pagina un intervento di Marcello Pera, apoditticamente intitolato « Democrazia e Cristianesimo non sono miti », e presentato come una fisposta a Emanuele Severino: un pensatore che, come diceva Lucrezio di Eraclito nel De rerum natura (I, 637-642), « entra sempre per primo in battaglia, ed illustre per l' oscurita della lingua piu fra gli sciocchi che tra i saggi che ricercano il vero. Gli stolti infatti ammirano e amano maggiormente tutto cia che vedono nascosto sotto parole con torte, e considerano vero tutto cia . che puo blandire l' orecchio ed imbellettato da belle parole». Puntualmente, 10 spunto per l'articolo di Pera era la seguente oscurira di Severino: « La democrazia un mito, perche la sua negazione non contraddittoria». Si tratta di un' oscurita interessante, per almeno due motivi. Anzitutto, perche rivela un'allegra confusione tra frasi e nomi: solo alle prime, e non ai secondi, si possono infatti applicare concetti come la negazione e la contraddittorieta. E poi, perche intorbida Ie acque chiamando « mitologico », cia che nella storia della logica, dalla Monadologia di Leibniz all'Introduzione alfa filosofia matematica di Russell, viene invece chiamato in tutt'altro modo: ad esempio, « non analitico» 0 « contingente», in opposizione ad « analitico» 0 « necessario ». Lo spunto era ghiotto, per un filosofo della scienza che avesse voluto partire a lancia bassa contro la confusione del pensiero di certi continentali. La risposta di Pera invece altrettanto confusa della proposta di Severino: se la democrazia Fosse un mito, 10 sarebbe anche il Cristianesimo; rna la cosa ovviamente impossibile, perche il papa non la pensa cost, e lui neppure. A questo punto sono suI tappeto il Cristianesimo da una parte e la logica dall' altra: la scena dunque pronta per un dibattito sui rapporti fra fede e ragione, e dunque sulle due anime {religiosa e scientifica} dell'Occidente, che sono il vero motivo del nostro interesse nella questione. Si tratta di un dibattito che avrebbe avuto due interlocutori naturali in Marcello Pera e Joseph Ratzinger: entrambi filosofi di formazione, della scienza il primo e della religione il secondo, arrivati
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per elezione ai vertici dello Stato e della Chiesa, l'uno come presidente del Senato e l' altro dapprima come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Santo Uffizio), poi come papa Benedetto XVI. E invece, per motivi che interessano non noi, rna i politologi e gli psicologi, Pera ha da qualche tempo deciso di abiurare il suo passato professionale, arrivando a dire nel suo articolo: «Confesso (so che e un peccato) che la penso come il papa », e in Senza radici (Mondadori, 2004), che registra un suo duetto all'unisono con Ratzinger: « Non so no casuali la convergenza, e talyolta la piena coincidenza, delle nostre preoccupazioni ». A dire il vero, viene da chiedersi che razza di filosofo della scienza Fosse Pera comunque, anche prima dell'abiura. Perche nellibro egli sostiene che « la matematica fa parte della fisica moderna », il che fad inorridire sia i matematici sia i fisici. E nell' articolo dichiara che « Ie verita di matematica, di geometria e di 10gica so no assolute », nel senso di analitiche: come se la geometria non Fosse parte della matematica (dal contesto si capisce che per Pera« matematica» signi£1ca «aritmetica »), e come se non fossero esistiti ne Kant ne G6del, a intuire il primo e a dimostrare il secondo che invece Ie verid. dell'aritmetica sono sintetiche a priori, e niente affatto analitiche. . Ma questi sono tecnicismi, che scompaiono di fronte alIa visione generale che Pera, e Raztinger con lui, hanno (0 meglio, non han no) della scienza. Nellibro, infatti, entrambi si lanciano a testa bassa contro cio che essi ritengono essere « la causa del conflitto tra razionalid. e Cristianesimo» e« il problema pili grande della nostra epoca» (per loro, evidentemente, pili grande della fame e della guerra): il relativismo, che impedisce di vedere che ci sono valori e concetti universali! E COS! facendo dimostrano di non tenere in ness un conto il sapere- degli scienziati, ness uno dei quali si sognerebbe di pensare alIa scienza e alle sue verita come relative e non universali. Sono i filosofi a pensare che la scienza sia relativa: e non soltanto i continentali postmoderni, rna anche vari £1loso£1 della scienza, da Kuhn a Feyerabend. Ma questo e un problema loro, che Ii costringe poi a doversi arroccare in difesa quando Pera e Ratzinger se la prendono col relativismo, come fa Giulio Giorello in Di nessuna chiesa (Cortina, 2005). Dimenticando che se c'e una vera Chiesa cattolica, net senso etimologico di « comunita universale »,
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quell a e proprio la comunita scienti£1ca: perche mentre di fedi religiose, COS! come di ideologie politiche e di teorie £1loso£1che, son piene Ie fosse, di scienza ce n'e, e ce n'e sempre stata, una sola
(quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditur). Naturalmente e inutile appellarsi a L'etica protestante e 10 spirito del capitalismo di Max Weber per rivendicare al Cattolicesimo la paternita della scienza. Anzitutto, perche si tratta di una falsa analogia: la scienza non e il capitalismo e, soprattutto, il Cattolicesimo non e il Protestantesimo. E poi, perche la storia e andata diversamente: non c'e stata nessuna scienza in 1600 anni di Cristianesimo, e da quando c'e stata, la Chiesa l'ha consistentemente avversata (dall' eliocentrismo all' evoluzionismo, dagli anticoncezionali alle biotecnologie). Su una cosa si puo comunque essere d'accordo con Pera e Rat'zinger: che «esistono valori fondamentali inscritti nella natura stessa della persona umana, previ a qualunque giurisdizione stataIe, che trovano illoro fondamento nell'essenza stessa dell'uomo». Ma proprio perche tali valori derivano dalla natura umana, si possono conoscere soltanto studiandola. E 10 studio della natura, umana e non, e appunto il compito della scienza: non della filosofia, dun que, e tanto menD della re!igione, la quale trae invece Ie sue convinzioni dalla Bibbia. Ad esempio, come non puo non ammettere Ratzinger nellibro con Pera, «il matrimonio monogamico e stato forgiato a partire dalla fede biblica »: non dallo studio della natura, dunque, dal quale si ricavano infatti ben altre infotmazioni, riportate da David Barash e Judith Lipton in II mho della monogamia (Cortina, 2002), che abbiamo riassunto in « Cosl fan tutte (e tutti) ». Analogamente, L'omosessualita negli animali di Giorgio Celli (Longanesi, 1972) mostra che la natura di cui parla la Chiesa, condannando i peccati che Ie andrebbero contro, non e certamente la stessa studiata dalla scienza. COS! come la campagna referendaria sulla procreazione assistita della primavera 2005 ha mostrato che la concezione della natura umana della quasi totalita degli scienziati, a partire dai premi Nobel per la medicina Dulbecco e Levi Montalcini, non la stessa della quasi totalita dei credenti, cardinal Ruini e papa Ratzinger in testa. Pera conclude il suo articolo agitando 10 spauracchio dell' etsi Deus non daretur: « Se il Cristianesimo non Fosse la verita, qualcu-
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no un giorno potrebbe dire che uccidere, rubare e dire il falso sono solo convenzioni accidentali che possono anche essere cambiate». Arrivando dalla penna del presidente di maggioranza di un Senato che ha depenalizzato il falso in bilancio l' affermazione suona anzitutto ironica, per non dire sarcastica. Ma anche storicamente insensata, perche i comandamenti non so no affatto cristiani, e neppure ebraici: poiche derivano dal Libro dei morti egizio, dovremmo Forse allora dire che se i culti di Osiride e di Arnon non fossero la verita, tutto sarebbe permesso? Questi sono gli infortuni a cui va incontro chi rinuncia alIa ragione per seguire Ie mitologie: nel senso, questa volta etimologicamente corretto, di « racconti favolosi 0 fantastici». Naturalmente 1'abiura un diritto del filosofo della scienza, rna la Vita di Galileo di Bertolt Brecht ce ne ricorda la formula: « Ho messo la mia sapienza a disposizione dei potenti perche la usassero, 0 non la usassero, 0 ne abusassero, a seconda dei propri fini. Ho tradito la mia professione».
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LE RAGIONI DI UN DISASTRO
Uno spectro si aggira per Ie scuole: e l'esame di riparazione, che nell' agosto 2007 il ministro Fioroni ha deciso di riesumare nel tentativo di arginare l'ammontare del debito formativo, che ormai compete con quello economico come indicatore della cattiva salute del nostro paese. Le cifre rese pubbliche dal ministro testimoniano infatti una vera bancarotta intellettuale: il 41 per cento degli studenti delle superiori accedono all' anna successivo con uno 0 pili debiti formativi, di cui solo il2S per cento verranno saldati in qualche modo, e il44 per cento di questi debiti so no in matema• tlca. I dati, gia preoccupanti di per se, diventano drammatici se si tiene conto del fatto che, nella valutazione dei 29 paesi europei aderenti all'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e 10 sviluppo economico) effettuata un paio di anni fa dalla ricerca PISA (Programme for the International Student Assessment, Programma per la valutazione internazionale degli studenti), l'ltalia era al quart'ultimo posto: il che significa che circa il 20 per cento dei nostri studenti, cioe uno su cinque, ha una preparazione matematica ritenuta insufficiente persino in un paese in cui questa e co• munque pesslma. Quali so no Ie cause di questa disfatta, e quali i possibili rimedi? Incominciamo dalle prime, che spaziano dal soggettivo all' oggettivo, e costituiscono una chiamata di correo per ciascuno e tutti. Partiamo anzitutto dai « colpevoli », cioe dagli studenti delle nuove generazioni: essendo cresci uti a televisione e Internet, quando non a peggio, essi non possiedono (pili?) la capacita di concentrazione intensa e sostenuta richiesta dallo studio di una materia complessa come la matematica, e dalla risoluzione dei suoi problemi .. Ne si puo immaginare che la acquistino in un' estate, nel caso che vengano rimandati a settembre come propone il ministro. Anzi, questa proposta rischia di diventare la classica soluzione all'italiana, in cui 10 studente rimandato subisce un po' di tortura estiva come punizione per Ie sue mancanze, e poi viene sanato a settem•
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bre. A meno che non si stabilisca chiaramente ed esplicitamente che, anche con una sola materia insufficiente, uno studente possa essere bocciato e debba ripetere l' anna: una soluzione drastica che, pero, sarebbe in controtendenza con Ie generali raccomandazioni contrarie alle bocciature emanate dallo stesso ministro. Naturalmente, comunque, nelloro disamore per la matematica gli studenti sono spes so pili vitti me che colpevoli. Vittime, anzitutto, di programmi antiquati e orrendi, in cui sequenze interminabili di tecnicismi vengono loro propinate senza nessuno sforzo per attirarne !'interesse e stimolarne la curiosita: come se agli studenti di conservatorio si insegnassero soltanto scale e diteggiature, e poi ci si lamentasse che non amano la musica. E vittime, anche, di metodi di insegnamento altrettanto aridi e noiosi, che dovrebbero essere ravvivati e innovati con iniezioni di modern ita e di novita, impartite agli insegnanti in corsi di aggiornamento drastici e sistematici. Ma, soprattutto, i giovani so no vittime di una mentalita antiscientifica in generale, e antimatematica in particolare, che caratterizza la nostra societa e il nostro paese a tutti i livelli. Perche non si puo pretendere che i giovani imparino la razionalita e il metodo scientifico in due 0 tre ore di lezioni settimanali, quando nel resto della loro vita sono bombardati, da bambini e da adolescenti, da un condizionamento umanistico (mitologico, religioso, filosofico) che fa a pugni con quella stessa mentalita e quello stesso metodo. L'unico modo per capire e praticare la matematica infatti, far diventare la ragione e la logica una seconda natura: lasciare, cioe, che siano Ie dimostrazioni e Ie refutazioni, e nient'altro, a decidere quali affermazioni accettare_ 0 rifiutare. E come puo un giovane sviluppare una tale rigorosa metodologia di pensiero, quando la stessa scuola che 10 rimanda in matematica gli prop ina poi allegramente, al tempo stesso, l' ora di religione? E non in una generica forma di insegnamento etico, ma nella specifica versione del dogmatismo cattolico, che pretende di imporre Ie sue « verita» sulla base del fatto che esse sono state rivelate da un roveto ardente su una montagna, 0 proclamate da un papa alIa finestra? , E come puo, 10 stesso giovane, imparare a pens are razionalmente, se da bambino si appassiona alle imprese fantastiche di Harry Potter 0 del Signore degli Anelli, e da adulto ha il 10 per
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cento di probabilita di diventare uno dei sei milioni di italiani che ogni an no consultano maghi, astrologi, chiromanti 0 guaritori, e altrettante probabilita di diventare uno dei sei milioni di pellegrini che ogni an no fanno visita a Padre Pio, per chiedergli grazie 0 miracoli? E come puo, sempre quello stesso giovane, imparare a conoscere e a praticare 10 spirito matematico e scientifico, se ness uno gliene parla sulle pagine culturali dei giornali 0 nei programmi culturali televisivi, che dedicano invece solerte attenzione al pensiero irrazionale e antiscientifico dei filosofi nostrani, che dagli idealisti Croce e Gentile ai continentali Cacciari e Severino hanno sistematicamente frainteso e denigrato la scienza e la matematica? Ma, soprattutto, come puo stupirsi e lamentarsi che quel giovane studente vada male in matematica chi fa tutto il possibile per immergerlo e annegarlo in un ambiente sfavorevole e contrario al pensiero razionale e logico? Chi causa del suo mal, pianga se stesso. I razionalisti e i matematici, invece, pili che versare lacrime di coccodrillo dovranno rimboccarsi Ie maniche, in tutti i modi possibili. Anzitutto, cercando di contrastare Ie cattive influenze alle quali abbiamo accennato con una sistematica opera di divulgazione che mostri la matematica nella sua vera veste, di Regina delle Scienze e dell'Umanesimo, invece che di Bestia Nera della Scuola. Fortunatamente, ci so no avvisaglie che indicano come qualcosa si stia muovendo in questa direzione, e che il pubblico sia interessato e la segua: da romanzi di successo quali II mago dei numeri di Hans Magnus Enzensberger, a film di cassetta quali A beautiful mind su John Nash, a libri di divulgazione quali L'enigma dei numeri primi di Marcus du Sautoy, a festival come quello al1'Auditorium di Roma del marzo 2007, che ha visto la partecipazione di 53.000 persone, tutto mostra che la matematica puo e sa interessare, se solo la si presenta nel modo giusto. La sfida riuscire a farlo non soltanto nelle librerie, nei cinema e nei teatri, ma anche nelle scuole, con programmi e metodi di insegnamento adeguati, pur sapendo che solo un Rinascimento intellettuale potra liberare il nostro paese dal Medioevo antiscientifico che ancora 10 incatena.
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MISURA PER MISURA
Nel1604 William Shakespeare mise in scena una tragicommedia ambientata in una Vienna corrotta, in cui i protagonisti agiscono e reagiscono in una girandola di decisioni e avvenimenti che viene definita, nel titolo, Misura per misura. Nella sua variera di significati, « adottare una misura» ha infatti anche il significato metaforico di « compiere un'azione», che in genere si suppone adeguata: in caso contrario, si parlerebbe invece di « fermarsi a mezze misure» quando si sta sotto Ie aspettative, e di « passare la misura» 0 « andare fuori misura» quando invece Ie si superano. «Avere il senso della misura» e « adottare Ie misure del caso » e dun que sinonimo di equilibrio e di saggezza. Ma anche di lungimiranza, come quando si prendono « misure precauzionali 0 di sicurezza I). 0 di severita, quando si e purtroppo costretti ad « adottare misure drastiche». Chi invece usa «due pesi e due misure» rivela una mancanza di senso della giustizia, alIa quale si puo anche reagire decidendo che «la misura e colma I): si spera sia COS! nelle elezioni, ad esempio, e che chi ha govemato emanando provvedimenti «fatti su misura» per se 0 gli amici venga sconfitto sonoramente, e non sol tanto «di stretta misura I). La connessione tra misura e giustizia risale natural mente ai Greci, i quali usavano il termine metron per I'unita di misura e metrein per l'atto del misurare, cioe del commisurare Ie cose all'unita di misura. E proprio perche un numero doveva essere la misura di una molteplicita, essi a lungo non considerarono l'unira come un numero: il primo a farlo fu 10 stoico Crisippo, il quale caP! che anche l'unira si poteva vedere come la misura di una molteplicita « degenere I). L' atto del misurare 0 commensurare, cioe del rapportare Ie cose a un'unita di misura, era la base della filosofia pitagorica: il suo risultato era il logos, il «rapporto I), che in latino divenne ratio, cioe la« ragione». L'illogico 0 l'irrazionale era dunque letteralmente il non misurabile 0 incommensurabile, e la scoperta che esso non solo esisteva, rna addirittura si nascondeva all'intemo della
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matematica, perche la diagonale del quadrato non era commensurabile collato, mise in crisi l'intera filosofia pitagorica. Tra I'altro, era stato proprio Pitagora a scoprire che si potevano misurare i rapporti armonici mediante rapporti numerici. Da allora la musica ha adottato Ie sue « misure » e i suoi « metri I), come ci ricorda il metronomo, e ancor oggi Ie frazioni fanno bella mostra di se agli inizi di ogni riga del pentagramma di uno spartit?: e~se indicano quante note di una certa ,durata so no conte.nute 111 C1a~ scuna battuta, e ne determinano piu 0 meno automatlcamente gh •• •• accentl ntmlCl. La stessa cosa vale per la poesia, dove « metro » sta a indicare la misura locale delle sillabe nei versi, 0 globale dei versi in una strofa o in un canto: sia dal punto di vistapuramente,quantitativo del loro numero, sia da quello ritmico della cadenza degli accenti 0 dell'occorrenza delle rime. Metaforicamente, poi, l' espressione puo passare a indicare il processo stesso del versificare, come quando Dante dice: «e con paura il metto in metro» (Inferno, XXXIV, 10-11). A parte questi aspetti, tutto sommato marginali, della musica e della poesia, I'umanesimo si e pero rivelato refrattario alle misurazioni e, pili in generale, alla razionalita. La matematica ne e invece diventata il regno per antonomasia, come testimoniano fin dai loro nomi alcune sue branche 0 nozioni: da geometria e trigonometria, che significano misura « dei campi » e « dei triangoli I), a diametro e perimetro, che indicano lunghezze «attraverso » 0 «attomo» una figura. Esiste poi addirittura un'apposita teo ria della misura, che studia Ie misurazioni di Ii nee, superfici e volumi: essa fa parte dell' analisi matematica perche, a causa dell' esistenza di grandezze incommensurabili, a volte i numeri che si assegnano alIe misure devono essere irrazionali. Quanto alle scienze quantitative, esse richiedono per definizione l'uso di «strumenti di misura» per ogni grandezza misurabile: metro per 10 spazio, cronometro per il tempo, tachimetro per la velocita, termometro per la temperatura, anemometro per il vento, igrometro per l'umidita, barometro per la pressione, altimetro per Ie altezze, profondimetro per Ie profondita, amperometro pe~ l'intensita elettrica, voltmetro per la tensione, ohmetro per la reslstenza, wattmetro per la potenza, e cosl via. Quanto ai «sistemi di misura I), essi consistono di due aspetti:
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un'unita rispetto alIa quale si misura, e un sistema di computo delle misure. Ad esempio, nel sistema metrico decimale 1'unita di misura per Ie lunghezze e il metro (natural mente, ce ne so no altre per tutte Ie altre gra~dezze), e il sistema di computo e quello decimale: cioe, procede per multipli 0 sottomultipli di dieci, come nel sistema posizionale che ci hanno insegnato a scuola, in cui ogni cifra di un numero vale dieci volte la seguente. Per quanto riguarda il metro, a definirlo precisamente furono gli scienziati francesi, che nel 1790 pensavano Fosse ormai arrivata 1'Era della Ragione, e si potessero dunque decidere quelle e altre faccende sulla base non pili del pregiudizio, rna del buon senso. La definizione scelta fu « la decimilionesima parte del meridiano passante per Parigi », che era ovviamente pili oggettiva dei « mille passi di una legione in marcia» del miglio romano, pili laica del « terzo dell'impronta della Sindone» del braccio torinese e pili rivoluzionaria della « distanza tra la punta del naso e il poll ice della mano di Enrico I» della yarda, alla quale sono tanto affezionati gli inglesi. II problema era pero che, nel Settecento, il meridiano andava misurato « a mana e a piedi », il che richiese un'impresa tanto avventurosa da essere diventata l' oggetto del romanzo II meridiano e del saggio II metro del mondo di Denis Guedj (Longanesi, 2001 e 2004). Certamente un po' menD precisa, rna pur sempre romanzesca, era stata un paio di millenni prima un'analoga misurazione da parte di Eratostene della circonferenza terrestre, raccontata da Guedj nell'altro suo romanzo La chioma di Berenice (Longanesi, 2003). Oggi il metro e diventato il riferimento standard di misura delle lunghezze, benche la sua ~efinizione sia stata pili volte aggiornata dalla Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, che 1'ha in particolare legata alia Iunghezza d' onda della luce nel vuoto. E al metro fanno ormai riferimento tutte Ie unid di misura: yarda co~presa, che e definita come 0,9144 metri. E invece al sistema decimale che gli anglosassoni non vogiiono adattarsi, continuando anacronisticamente a dividere Ia yarda in 3 per ottenere il piede, e il piede in 12 per ottenere il pollice, 0 a moltiplicare la yarda per 1760 per ottenere il miglio. Oppure, a pesare gli oggetti in libbre costituite da 16 once, e a dare Ie misure per Ie ricette in tazze di 12 cucchiai, ciascuno dei quali di 3 cucchiaini.
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Contenti loro, contenti tutti: me no il satellite climatico Mars Orbiter, forse, che il 19 novembre 1999 si schianto su Marte perche la NASA aveva dimenticato di dire ai suoi programmatori di convertire Ie misure nel sistema metrico decimale ...
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LE STANZE DEI NUMERI
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L' arte della memoria, di cui furono campioni Matteo Ricci e Giordano Bruno, si basava su una tecnica che consisteva nel costruire dei « palazzi » mentali, nelle cui stanze riporre in bell' ordine gli argomenti da ricordare, COS! da poterli ritrovare e ricostruire ripercorrendo i luoghi immaginari nei quali essi erano stati immagazzinati. La mostra Le stanze dei numeri, tenutasi dal 27 ottobre all'S novembre 2005 nel Palazzo Reale di Genova, nell' ambito del Festival della Scienza, si prefiggeva obiettivi analoghi, ponendo in luoghi reali oggetti ideali come i numeri, con I'intento di inciderli nella memoria del visitatore, affinche Ii portasse per sempre (0 al, me no per un po ') con se. Gia la numerazione delle stanze poteva sortire questo effetto, perche all' 1, al2 e al 3 faceva seguire non, come ci si sarebbe aspettato, il4 e il5, rna il5 e I'S, e proseguiva poi con il13, il21, il34 e il 55: numeri, questi, che un attimo di riflessione rivela essere otten uti sommando, ogni volta, i due precedenti. Noi oggi associa• • • • • mo questo mnocuo glOco a un matematIco pisano soprannommato Fibonacci, perche « figlio di Bonaccio », che 10 descrisse nel 1202 nel suo Libro dell'abaco. Ma il gioco era gia stato giocato molte altre volte, in precedenza e altrove: I' esempio pill antico che si conosca e una serie di pesi per bilancia scoperti in Turchia qualche decennio fa e risalenti alIa tarda Eta del Bronzo, intorno al 1200 p.E.Y., disposti appunto secondo la successione di Fibonacci. Come ricordava la nona Stanza della mostra (la numero 55), la descrizione « originale» del Libro dell'abaco fa riferimento alIa riproduzione dei conigli, in maniera piuttosto artificiale, rna la riproduzione delle api fa uso della successione in maniera naturale. Le api maschie, 0 fuchi, sono infatti generate dalle api regine senza fecondazione, e hanno dunque soltanto una madre. Le api femmine, invece, so no generate dall' ape regina mediante fecondazione, e han no dunque sia una madre sia un padre. Ogni fuco ha allora 1 genitore(la madre), 2 nonni (i genitori della madre), 3 bisnonni (i genitori della nonna, e la madre del nonno), 5 trisnonni
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(due per ciascuna bisnonna, pill 1a madre del bisnonno), e COS! via, appunto secondo la successione di Fibonacci. Su di essa, e sugli argomenti ad essa collegati, si potrebbero scrivere interi libri, che infatti sono stati scritti: ultimo in ordine di tempo, La sezione aurea di Mario Livio (Rizzoli, 2003). COS! come si potrebbero scrivere, e so no stati scritti, interi libri sulla genesi della nozione stessa di numero: bellissimo e il gia citato II computer di Platone di Luigi Borzacchini (Dedalo, 2005), che ricostruisce I'archeologia dell'aritmetica e dei suoi concetti, dalle etimologie linguistiche aile articolazioni logichc. Ad esempio, calcolo significa « piccolo calcinaccio » e indicava un sassolino usato per contare, COS! come oggi indica un'impurita che si puo formare in un organo. Ed entrambi i tipi di calcoli, matematici 0 fisiologici, richiedono una soluzione: devono cioe essere « sciolti», mediante appropriate operazioni. Fanno parte dell'archeologia aritmetica, oggetto della prima stanza della mostra, i sistemi di notazione e di calcolo inventati dalle varie civilta. Ad esempio, Ebrei e Greci non avevano simboli speciali per i numeri, e usavano semplicemente Ie lettere dell'alfabeto: Ie prime nove per Ie unira, Ie nove successive per Ie decine, e Ie ultime nove per Ie centinaia (per arrivare a 27 lettere, entrambi gli alfabeti erano ampliati con qualche lettera aggiuntiva). Oggi noi usiamo Ie cosiddette « cifre arabe», che in realta sono di origine indiana: compresa quella per 10 0, che ne i Greci ne i Romani consideravano un numero, perche altrimenti avrebbe dovuto essere la misura di un (per loro) inesistente « nulla». E poiche i numeri erano appunto « misure di unita», neppure 1'1 in origine era un numero: piuttosto, una « unita di misura». E, prima ancora, non 10 era neppure il 2, che costituiva la « diade fondamentale». Insomma, anche in matematica la storia e I' evoluzione han no il loro peso: misurato anch' esso, ovviamente, in numeri. Ad esempio, il sistema decimale al quale sono abituati gli uomini non e quello binario col quale lavorano i computer, che risale agli I Ching cinesi ed e stato riscoperto da Leibniz nel Seicento. La terza stanza ne metteva in mostra alcune delle applicazioni tecnologiche pill comuni, dalla musica digitalizzata dei CD alIa grafica computerizzata degli schermi a pixel, dietro alle quali si nasconde matematica molto sofisticata: dalle serie di Joseph Fourier ai frattali di Benoit Mandelbrot.
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Quanto a sofisticazione, pero, Forse ness un problema numerico ne ha richiesta tanta per la sua soluzione quanto quello mostrato nell'ottava stanza della mostra (la numero 34): il cosiddetto ultimo teorema di Fermat, enunciato nel 1637 da Pierre de Fermat e risolto nel1995 da Andrew Wiles, dopo sette anni non in Tibet, rna sulle vette del pensiero. La sua saga e narrata in L'enigma di Fermat di Arnir Aczel (Net, 2003), cosl come L'enigma dei numeri primi di Marcus du Sautoy (Rizzoli, 2004) descrive il pili importante problema aperto dell'aritmetica, la cosiddetta ipotesi di Riemann, enunciata da Georg Bernhard Riemann nel1859, e la cui soluzione non richiedera certo meno sofisticazione di quella di Wiles. I numeri primi, che sono gli atomi che costituiscono Ie molecole numeriche, non intervengono soltanto in astratti problemi teorici come quello appena citato: sono anche essenziali nella moderna crittografia, alIa quale era dedicata la quinta stanza (la numero 8), e che si occupa di codificare i messaggi in modo da renderli illeggibili a coloro ai quali non si vuole farli leggere, mantenendC?li pero leggibili per coloro ai quali invece si vogliono far leggere. E un'arte che ha fatto passi da gigante, da quando Giulio Cesare usava sostituzioni prefissate delle lettere durante Ie sue campagne contro i Galli, 0 Che Guevara si portava un numero casuale , nel taschino durante la sua sfortunata campagna boliviana: chi voglia saperne di pili, di allora e di oggi, puo leggere Codici segreti di Simon Singh (Rizzoli, 1999). Se la quinta stanza della mostra (la numero 8) era dedicata alIa versi~ne critto~ra.fica del « grand~ gioco» dello spionaggio, come 10 chlamava Klpllllg, la sesta (la numero 13) ci mostrava invece i « picc?li gi?c?i» in c~i int~rviene la matematica. Quelli fatti per dlvertlre, ClOe, dal Tns al Sudoku. Ma anche Ie pili generali situazioni di conflitto tra due 0 pili contendenti, che costituiscono il soggetto di studio di quella branca della matematica chiamata teoria dei giochi: una disciplina che ha gil fruttato vari premi Nobel per l'economia, nel 1994 e nel2005, e di cui Roberto Lucchetti descrive i princlpi in Di duelli, scacchi e dilemmi (Bruno Mondadori, 2002). . Una parte a se, e dunque una stanza a parte (la quarta, numero 5), la reclamavano quei giochi logici che, a seconda delle predisposizioni, possono divertire 0 snervare chi si cimenti a cercare
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di risolverli. Quesiti, cioe, come quelli collezionati in La magia di Lewis Carroll (Theoria, 1986), 0 negli innumerevoli libri di Raymond Smullyan 0 Martin Gardner. Ad esempio: « Un presentatore ci offre tre scatole, in una sola delle quali c'e un premio. Noi ne scegliamo una. Lui scarta una delle rimanenti, nella quale sa che non c'e il premio. Noi possiamo tenere quell a che abbiamo gil scelto, 0 scambiarla con la rimanente. Cos a ci conviene fare? » Si tratta di veri e propri « nodi logici », e non a caso Carroll intitolo una delle sue ricreazioni logico-matematico-Ietterarie Una storia ingarbugliata. Ma la matematica non disdegna neppure 10 studio dei nodi veri e propri 0 dei ripiegamenti, come quelli delle scarpe 0 del DNA, ai quali era dedicata la settima stanza (numero 21). E come la teoria dei giochi puo fruttare premi Nobel, quell a dei nodi puo condurre alIa medaglia Fields, come e gil successo nel 1990 e nel 1998. Vale dunque la pena di saperne di pili, ad esempio leggendo Nodi di Alexei Sossinsky (Bollati Boringhieri, 2000). Cosl come vale la pena di saperne di pili del Gioco del Lotto, al quale era dedicata l'ultima stanza (fuori numerazione): un gioco che nacque proprio a Genova, e che dopo la sua legalizzazione nel 1576 si estese all'intera penisola, ed e oggi (insieme al Totocalcio, il Gratta e Vinci e altre lotterie) una sicura fonte di guadagno per 10 Stato e di perdita per i cittadini. Naturalmente non c'e bisogno della matematica per sapere che, in media, chi gioca d' azzardo perde: basta l' esperienza. Ma chi vuole la dimostrazione la puo trovare in Febbre da gioco di Ennio Peres (Avverbi, 2000), un libro che smaschera Ie truffe legalizzate dello Stato, e nel quale si trova anche la dimostrazione che nel gioco delle scatole conviene cambiare. E, dunque, che la matematica e i numeri servono anche a questo: a evitarci di perdere nel gioco della vita.
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, MILLE, E NON PIU MILLE
AI momenta del passaggio tra il primo e il secondo millennio la paura attanaglio Ie popolazioni europee, timorose che il motto «mille e non piu mille» storpiato dall'Apocalisse (XX, 2-3) significasse «esattamente mille», e che dun que allo scadere dell'anno Mille ci sarebbe stata la fine del mondo. Qualche anna fa, traghettati felicemente addirittura nel terzo millennio, abbiamo capito che la profezia non significava nemmeno «meno di duemila», 0 « al massimo duemila». Anzi, in reald avevamo gia capito da tempo che certe cose non significano assolutamente nulla perche, per dirla alIa Nietzsche, « non ci sono profezie, solo loro interpretazioni (postume) ». I millesimi compleanni sono comunque riservati aIle imprese storiche, e rimangono preclusi ai mortali: anche a quelli mitici del Genesi (V), il piu anziano dei quali, il proverbiale Matusalemme, arrivo «soltanto» a 969 anni (un numero palindromo, per la cronaca: tale, cioe, che non cambia se letto al contrario). Volendo dunque considerare anniversari significativi per la vita umana, bisognera accorciare 0 la quantid 0 l'unita di misura: ad esempio, festeggiando il centesimo compleanno di un anziano, 0 il millesimo compigiorno di un bambino. 0, come si e fatto il18 maggio 2007, il millesimo compisettimana dell'inserto del Veneraz di Re-
pubblica. Ma che cosa d: di tanto significativo nel numero 1000, e piu in generale nelle potenze di 10, da spingerci a festeggiarne Ie ricorrenze? II fatto, naturalmente, 'che 10 e la base del nostro sistema di numerazione,' che non a caso si chiama appunto «decimale». I Maya, che usavano un sistema vigesimale basato suI 20, avrebbero invece festeggiato i ventennali, i quattrocentenari, 0 gli ottomillenari. E i Babilonesi, che a loro volta usavano un sistema sessadecimale basato suI 60, i sessantennali, i tremilaseicentenari, 0 i duecentosedicimillenari. Ma, visto che noi non siamo ne Maya ne Babilonesi, concentriamoci per ora suI nostro sistema decimale, e cerchiamo di rappresentarci in qualche modo il numero 1000. Ai fini del citato an-
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niversario, il modo piu naturale sarebbe di considerare 1000 cubetti disposti in 20 file di 50: ciascun cubetto corrisponderebbe cosl a un numero del Venerdz, ciascuna fila a (circa) un'annata, e l'intera struttura ai primi 1000 numeri usc~ti. . . , , Essendo 1000 la terza potenza di 10, per 1 matematICl e pero piu naturale disporre i 1000 cubetti in 10 strati, ciascuno di 10 file, ciascuna di 10 cubetti. Si ottiene cosl un cubo 10 per 10 per 10, Ie cui facce appaiono come scacc?i~re 10 per 10: 0, se si preferisce, come la struttura del cOndOml?lO ?el q~al~ Geo~ges Perec ha ambientato il suo capolavoro La vtta: tstruZtOnt per I uso. Nel romanzo 10 scrittore si limita a scoperchiare la facciata del condominio, mettendo cosl a nudo 10 stanze allineate su ciascuno dei 10 piani, rna un condominio reale avrebbe naturalmente avuto anche una profondita, che per simmetria potremmo appunto immaginarci della stessa dimensione dell'altezza e della larghezza: cioe, appunto come un edificio di 1000 stanze. , Perec non ha «approfondito» la sua struttura, perche 100 capitoli per un romanzo gli bastavano e gli avanzavano: an~i, uno ~e I'e perso per strada, e illibro consiste dunque soltanto dl 99 ca~l toli. AItrettanti sono gli Esercizi di stile di Raymond Queneau, e III entrambi i casi il motivo e chiaro: 100 e un numero troppo banale e simmetrico per poter essere preso seriamente, soprattutto dopo che nel Novecento la fisica ci ha insegnato l'importanza della rottura della simmetria, appunto. Certe cose, pero, Ie avevano gia capite anche gli Arabi. Non a caso, Ie storie delle Mille e una notte sono appunto 1001: un numero, tra I'altro, molto piu interessante di 1000, essendo scomponibile non nell'insipido prodotto di 10 per 10 per 10, rna nel ben piu gustoso p~odotto di 7 per 1.1 per 1~, e cioe di tr~ num~~i primi consecutlvl. Quanto a 999, Illvece, e la somma dl 149 pm 263 piu 587: di nuovo tre numeri primi, in cui appaiono tutte Ie cifre da 1 a 9, una volta e una volta sola. Ormai abbiamo capito che per un matematico il numero 1000 non e troppo interessante, almeno pr~so letteralmente, ~a ~iente gli impedisce di considerarlo metafoncamente: ad esempl~, Illterpretandolo in altri sistemi numerici diversi da quello deClmale. II primo di questi sistemi che viene in mente e quello binario, usato dai computer: in questo caso 1000 significa non 10 per 10 per 10, rna 2 per 2 per 2, cioe 8. E questo non e niente male, come nu-
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mero: ad esempio, otto sono Ie facce triangolari dell' ottaedro, che e uno dei cinque solidi regolari divulgati da Platone nel suo esoterico dialogo Timeo, nel quale corrisponde all'aria. . Un altro di questi solidi e il tetraedro, che corrisponde al Fuoco: il suo nome indica che Ie sue facce so no questa volta 4, che nel sistema binario si scrive 10. Nel sistema quaternario 10 corrisponde invece a 4, e 1000 a 4 per 4 per 4, cioe a 64. E anche questo non e niente male, come numero, essen do allo stesso tempo un quadrato (di 8), un cubo (di 4) e una sesta potenza (di 2): il , che significa che 64 si scrive 100 in base 8, 1000 in base 4 e 1.000.000 in base 2. Sicuramente, pef(), qualcuno trovera pili interessante il fatto che 64 e il numero degli esagrammi degli I Ching, il famoso libro di divinazione cinese che molti consultano ancor oggi per Farsi guidare dal caso nella vita. Lo stesso gioco fatto con il2 si puo ripetere col 3. Nel sistema ternario infatti 1000 significa 3 per 3 per 3, cioe 27, e questo era un numero magico per i pitagorici: nel solito Timeo, Platone associa infatti i sette numeri 1, 2, 3, 4, 8, 9 e 27 ai sette pianeti da un lato, e aIle sette note da essi suonate nella musica cosmica dall'altro, e nota che 27 e la somma dei rimanenti sei numeri. Quanto al suo quadrato, che e 729, anch'esso e allo stesso tempo un cubo (di 9) e una sesta potenza (di 3): il che significa che 729 si scrive 1000 in base 9, e 1.000.000 in base 3. Come ormai possiamo attenderci, pure 729 e stato oggetto delle elucubrazioni di Platone: questa volta nella Repubblica (IX, 587e), dove si calcola in maniera un po' demenziale che « la vita del re e 729 volte pili beata di quell a del tiranno, e la vita del tiranno 729 volte pili in. felice di quella del re». Sia come sia, abbiamo cO,munque imparato che dire 1000 non significa molto, fino a quando non si precisa la base che si usa: precisamente, finora ci siamo accorti che la stessa espressione puo significare 8, 27, 64 0729, a seconda che si usino come basi 2,3,409. Ma anche 125,216,3430512, a seconda che si usino come basi 5, 6, 7 0 8, e anche qualcuno di questi numeri e interessante: 216, ad esempio, del quale il solito Platone, nella solita Repubblica (VIII, 546c), dice che « ha il potere di determinare la natura buona 0 cattiva della prole, e se non 10 si conosce si rischia di avere figli poco dotati 0 disgraziati». C' erano dunque gia stati nove numeri 1000 del Venerd'i, e pre-
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cisamente l' ottavo, il ventisettesimo, il sessantaquattresimo, il centoventicinquesimo, il duecentosedicesimo, il trecentoquarantatreesimo, il cinquecentododicesimo e il settecentoventinovesimo, rna essendosi perse tutte queste occasioni di festeggiamento, non bisognava perdersi la millesima. T anti aug uri al Venerd'i, dunque, e... mille di quei numeri, qualunque cosa questo significhi!
IL COD ICE DA(N) BROWN
Dimmi, dimmi, lettore di trame: qual e il Codice pili popolare del reame? L'umanista vecchio stampo, per il quale la reald coincide con la finzione letteraria, rispondera certamente: II codice Da Vinci, il romanzo del 2003 di Dan Brown che e stato com prato e letto da decine di milioni di persone. II tecnologo moderno, per il quaIe la realta coincide con la sua rappresentazione informatica, rispondera invece: il Cod ice ASCII, un acronimo che sta per American Standard Code for Information Interchange (Codice standard americano per 10 scambio di informazione), e che dall967 e usato da tutti i computer. Ma la finzione letteraria e la reald informatica possono anche convergere. Ad esempio, il primo romanzo che Dan Brown ha scritto (nel 1998), benche l'ultimo che la Mondadori ha tradotto (nel2006), si intitola Crypto e consiste di 128 capitoli: tanti quanti i caratteri originari del Codice ASCII, che assegna appunto un numero da 0 a 127 ai simboli che noi digitiamo sulla tastiera, in modo da digitalizzarli in numeri che il computer poi processa nel suo mondo puramente logico. E il puzzle finale del romanzo consisteva appunto in una serie di sedici numeri da 1 a 128: precisamente, 128, 10,93,85, 10, 128,98, 112,6,6,25, 126,39, 1, 68, 78. Per decodificarlo bisognava anzitutto prendere Ie lettere iniziali dei corrispondenti capitoli, appropriatamente segnalate nell' originale da caratteri giganti, ot_tenendo l'insensata sequenza: WECGEWHYAAIORTNU. Poi bisognava notare che Ie sedici lettere si possono disporre in un quadrato quattro per quattro, e che il risultato si puo leggere in verticale invece che in orizzontale (0, se si preferisce, una lettera ogni quattro nella sequenza originaria), ottenendo: we are watching you (ti stiamo controllando). Chissa perche, nella traduzione italiana il puzzle e sparito: alla Mondadori non sono riusciti a decifrarlo, oppure temevano che la cosa potesse essere fraintesa come un avvertimento del proprietario, invece che intesa come una finzione dell'autore? In ogni caso, in accordo con il significato della sigla ASCII, il
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romanzo e una divagazione suI tema del controllo dello scambio delle informazioni in generale, e suI ruolo dell'attivid in questo campo della NSA, l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense, in particolare: un problema di vivissima attualid, viste Ie rivelazioni del New York Times del 15 dicembre 2005 suI fatto che la presidenza Bush ha « segretamente autorizzato la NSA a spiare, senza mandato giudiziario, americani e stranieri negli Stati Uniti alIa ricerca di prove di attivita terroristica», praticamente senza restrizioni. Anche se il27 febbraio del 2000, dunque ben prima del sacrificio della privacy suI fittizio altare della lotta al terrorismo, l'agente canadese Mike Frost aveva rivelato al programma 60 Minutes della CBS che durante la presidenza Clinton la NSA aveva gia sistematicamente e illegalmente spiato milioni di conversazioni private dei cittadini. Non che Dan Brown sia stato particolarmente preveggente, comunque. E non solo perche lui stesso ha dichiarato che il suo romanzo e stato ispirato dalla precedente Cospirazione del Giorno del Giudizio di Sidney Sheldon, del 1992. Ma perche e almeno dagli anni '60 che esiste Echelon, la rete di spionaggio dell'Alleanza Anglosassone (Stati Uniti, Inghilterra, Canada e Australia) che intercetta tutto cio che c'e nell'aria: conversazioni telefoniche, fax e posta elettronica. E non solo a casa propria, cioe loro, rna anche altrui, cioe nostra: tanto che nel maggio 2001 il Parlamento Europeo ha prodotto un allarmato rapporto su Echelon, incitando i cittadini all'uso della crittografia, e nell'aprile 2004 ha stanziato undici milioni di euro per sviluppare un protocollo di comunicazione sicuro, basato su metodi quantistici. In reald, che Ie nostre conversazioni non siano sicure e ormai sotto gli occhi di tutti anche in Italia: e non solo per Ie intercettazioni legali, che han no portato a scoprire gli altaroni di molti papaveri, da Fazio e Ricucci a Moggi e Vittorio Emanuele, rna anche per il comportamento illegale della Telecom, che secondo un'ordinanza della Corte d'Appello di Milano del 2 maggio 2006 « ha posto in essere pratiche abusive attraverso l'impiego sistematico di informazioni privilegiate, acquisite in violazione di precisi obblighi». E dunque soprattutto il mondo reale, pili che la finzione letteraria, a porre suI tappeto due domande com plementari. Da un lato, come rendere sicure Ie nostre conversazioni? E, dall'altro lato, chi controlla i controllori? •
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SuJla seconda do manda, c'e poco da dire. In fondo gia Giovenale, che la pose per primo neJla sua Sesta Satira suJla donna, l' aveva formulata retoricamente: « Spranga la porta, impediscile pure d'uscire, ma chi controllera i controJlori? Lei e astuta, e comincera proprio da quelli» (tra parentesi, la soluzione da lui proposta era I'uso degli eunuchi). In ogni caso, e chiaro che il controJlo dei controJlori deJle informazioni non puo essere lasciato in mana a gente come Bush, Blair e Berlusconi, che semmai si sono invece rivelati degli istigatori a delinquere. Meglio dunque rivolgersialla prima domanda, una risposta definitiva alIa quale renderebbe tra l' altro inutile la seconda. Nel suo romanzo Dan Brown propone due sogni complementari, benche mutuamente esclusivi: per i controJlori, una macchina in grado di decifrare ogni codice, ovviamente in mano aJla NSA; e, per i controllati, un codice indecifrabile, a!trettanto ovviamente sviluppato da un Robin Hood informatico. Ma come vanno veramente Ie cose nel mondo reale: queJlo presente di oggi e, soprattutto, queJlo futuro di domani? Codici praticamente indecifrabili esistono, e sono basati suI fatto che la moltiplicazione di fattori numerici e un'operazione facile, mentre la decomposizione di un numero in fattori e difficile: in entrambi i casi, nel senso di sapere 0 non saper essere effettuate in tempi ragionevoli. II pili nota protocoJlo nel campo e queJlo chiamato RSA, dalle iniziali dei suoi scopritori nel 1977: Ronald Rivest, Adi Shamir e Leonard Adleman. 0 meglio, dei loro scopritori pubblici, perche in seguito si e scoperto che pochi anni prima il metodo era gia stato scoperto da tre ricercatori dei servizi segreti britannici, che per averlo tenuto segreto persero guadagni come i 200 milioni di doJlari che Rivest, Shamir e Adleman ottennero dalla commercializzazio'ne delloro protocollo, e onori come il premio Turing per !'informatica, che essi condivisero nel2002. Che questi codici, indecifrabili in pratica, 10 siano anche in teoria, e il pili famoso problema aperto deJl'informatica. Tutti gli informatici pensano che essi siano indecifrabili in linea di principio sui normali computer elettronici ai quali siamo abituati, anche se nessuno e ancora riuscito a dimostrarlo. Per quanto riguarda gli straordinari computer quantistici, che per ora non sono altro che macchine ideali di carta, Ie cose stan no diversamente: Peter Shor ha gia dimostrato nel 1994 che essi sarebbero in grado di
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decodificare in tempi ragionevoli il protocoJlo RSA, e dunque renderebbero obsoleta la moderna crittografia, ma nessuno sa come superare gli ostacoli teorici e pratici, daJla decoerenza quantistica aJla nanotecnologia, che si frappongono aJla loro costruzione. Anzi, mold dubitano che si potranno mai superare. Per ora, cioe, la NSA non ha affatto una macchina in grado di decifrare ogni codice, e ci sono invece metodi per codificare in maniera impenetrabile gli scambi di informazione, anche se pochi Ii usano: chi ha qualcosa da nascondere corra aHora ai ripari (e chi non ce I'ha, lanci il primo messaggio). La situazione e dunque esattamente il contrario di queJla descritta dal romanzo, anche se non dobbiamo aspettarci troppo quanto ad accuratezza scientifica da un romanziere: nemmeno da uno il cui padre era un insegnante di matematica, e che ha lui stesso rivelato nei suoi libri un discreto interesse per certi argomenti, sicuramente superiore aJla sua conoscenza di essi. Ma non bisogna neppure dimenticare che Dan Brown ha anche senso deJl'umorismo. Ad esempio, nel1994 ha pubblicato un . ironico 187 uomini da evitare. Guida per fa donna romanticamente frustrata, sotto 10 pseudonimo di DanieJle Brown: un'autrice presentata come « un'insegnante che evita gli uomini » e che identifica come uno dei tipi da evitare « queJlo che scrive libri di autocoscienza per Ie donne ». II che lascia presumere che ci sia una buona parte di presa in giro anche neJle sue opere « in chiaro», e che a prenderle troppo sui serio stracciandosi la veste (tal are) si rischi di fare la figura dei tonti, come hanno appunto fatto intere congregazioni di pred, oltre che singoli cardinali.
UNO SCACCO MATEMATICO
Narra una storia medievale che quando il Gran Visir Sissa Ben Dahir presento al re indiano Shirham il gioco degli scacchi da lui inventato, il sovrano gli chiese cosa volesse in cambio. La risposta fu: « Sire, mettetemi un chicco di grano sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e cosl via, fino alia sessantaquattresima». « Tutto qua?» domando il reo Ma il Visir gli fece notare: « Maesta, credo di avervi chiesto pili grano di quanto abbiate nel vostro regno. Anzi, di quanto ce ne sia nel mondo intero». E aveva ragione, perche il numero di chicchi richiesto corrisponde alia somma dei primi 64 termini della progressione geometrica di ragione 2 che inizia con 1: un numero enorme, appunto, pari precisamente a 2 alla 64 menD 1, e approssimativamente al doppio di 10 alia 19. Poiche su un metro quadrato si possono seminare all'incirca 50 chicchi di grano, su una sfera come la Terra, di raggio pari all'incirca a 6000 chilometri, se ne possono seminare all'incirca il doppio di 10 alia 16: la richiesta del Visir equivaleva dun que al grano che si puo seminare su mille terre, oceani inclusi! Pili che dire qualcosa sugli scacchi, questa storia e una metafora orientale antica di quello che oggi chiamiamo la crescita esponenziale. Una metafora che era nota anche in Occidente, visto che quando Dante vuole suggerire l' enormira del numero delle luci del cielo, nel ventottesimo -canto del Paradiso, si limita a dire che « eran tante, che 'I numero loro pili che il doppiar de Ii scacchi s'immilla ». Ma non c'e bisogno di scomodare visir, re e poeti per raggiungere cifre altrettanto vertiginose sulla scacchiera: basta un calcolo approssimativo delle prime dieci mosse possibili. T enendo conto che ciascun giocatore ha 20 possibili aperture (2 per ciascuno degli 8 pedoni, e 2 per ciascuno dei 2 cavalli), i possibili primi scambi di mosse sono 400. E anche tralasciando il fatto che Ie mosse successive possibili sono in genere di pili, perche i pezzi si liberano
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via via, per i primi dieci scambi di mosse si arriva subito alla cifra di 400 alia 10, cioe all'incirca 10 alIa 23. Ancora di pili sono Ie possibili configurazioni dei 32 pezzi sulle 64 caselle della scacchiera: appunto 64 alla 32, cioe all'incirca 10 alIa 57. II che pone un limite alia lunghezza delle possibili partite, perche quando due configurazioni si ripetono esattamente nel corso di una partita, cio che e successo nel frattempo non ha importanza e poteva essere evitato. Anche considerando sol tanto partite ragionevoli, di al pili 100 mosse e con una media di 40 possibili mosse ogni volta, si arriva a un numero pari a 100 alla 40, cioe 10 alia 80, che e uguale al numero stimato di particelle dell' universo. II mondo degli scacchi e dunque di una complessita analoga a quella del mondo fisico, e per il matematico esso si riduce in teoria al gigantesco, rna pur sempre finito, albero della conoscenza scacchistica, comprendente tutte Ie possibili mosse di tutte Ie possibili partite. II primo livello di questo albero consiste delle 20 aperture del Bianco, ciascuna seguita dalle 20 possibili aperture del Nero: cioe, dei 400 possibili primi scambi di mosse. E ciascun livello successivo dell'albero si ottiene da quello precedente, aggiungendo a ogni nodo tutte Ie possibili risposte. Per i calcoli accennati in precedenza, ciascun ramo dell'albero e finito, e descrive una possibile partita. Naturalmente, fa parte delle regole del gioco che in qualunque partita 0 vince il Bianco, 0 vince il Nero, 0 i due giocatori pattano. AI Congresso Internazionale dei Matematici del 1912 Ernst Zermelo noto pero qualcosa di molto pili sorprendente: 0 esiste una strategia che permette al Bianco di vincere sempre, 0 esiste una strategia che permette al Nero di vincere sempre, 0 esiste una strategia che permette ad enttambi i giocatori di pattare sempre (la parol ina chiave del teorema di Zermelo e, naturalmente, quel triplice « sempre »). La dimostrazione e sorprendentemente semplice, e vale la pena di riportarla per mostrare come la matematica sia qualcosa di molto diverso da cio che in genere la gente si immagina. L'idea e di supporre che i primi due casi non valgano, e di dimostrare che allora deve valere il terzo. Supponiamo, dunque, che non esistano strategie che permettano al Bianco di vincere sempre, 0 al Nero di vincere sempre. Poiche il Bianco non ha una strategia
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di vittoria, nessuna sua apertura puo essere vincente fin dagli inizi: deve cioe essere possibile per il Nero rispondere in modo che potrebbe condurre a una sua vittoria 0 a una patta. Poiche pero neppure il Nero ha una strategia di vittoria, il Bianco puo scegliere un'apertura che non e perdente fin dagli inizi: cioe, una mossa tale che, com un que il Nero risponda, sara possibile al Bianco rispondere a sua volta in modo tale che potrebbe condurre a una sua vit• tona 0 a una patta. Una situazione an~oga vale per il Nero, ed e dunque possibile per entrambi i giocatori muovere in modo che, dopo Ie loro aperture, nessuno dei due si trovi in uha situazione che potrebbe inevitabilmente portare a una vittoria altrui. Ma questa era appunto la situazione di partenza, e allora il ragionamento si puo ripetere indefinitamente: esiste cioe una strategia per entrambi i giocatori che impedisce all'avversario di vincere, e permette dunque a entrambi di pattare. Naturalmente, la dimostrazione non ci dice non solo quafe sia la strategia, rna neppure di che tipo essa sia: se di vittoria per il Bianco, di vittoria per il Nero, 0 di patta per entrambi. II teorema di Zermelo e dunque un tipico risultato puramente esistenziale, in grado di dimostrare l'esistenza di qualcosa rna non di esibirla: la stessa cosa succede quando si afferma che, ovviamente, tra Ie persone presenti in una sala ce n'e una con il maggior numero di capelli, rna non si e in grado di dire chi sia (Ie cose andrebbero diversamente se si cercasse invece la persona con il minor numero di capelli, e ci Fosse qualcuno completamente calvo). Pur con Ie sue limitazioni, il teorema di Zermelo e stato comunque il primo fondamentale passo della teo ria dei giochi, che studia Ie situazioni di conflitto tra due 0 pili contendenti, e ha gia portato a ben cinque premi Nobel per l'economia Gohn Harsanyi, John Nash e Reinhard Selten nel1994, e Robert Aumann e Thomas Schelling nel 2005). Negli scacchi, invece, la teoria dei giochi non ha finora portato da nessuna parte: al pili si puo immaginare che, visto l'innegabile vantaggio che il Bianco ha suI Nero, la strategia di cui il teorema dimostra I' esistenza debba essere di vittoria per lui, 0 al pili di pareggio per entrambi. Pili lontano della teoria matematica e invece andata la pratica informatica, che fin da subito si e interessata a simulare 0 emulare al calcolatore l'attivita dello scacchista. I due termini sono da te-
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nere nettamente distinti: la simulazione cerca infatti soltanto di riprodurne gli effetti, cioe di fare buone mosse, mentre l'emulazione cerca anche di risalirne alle cause, cioe di riprodurre i processi mentali del giocatore. Inutile dire che I' emulazione, benche molto pili interessante della simulazione, e anche molto pili difficile, e dunque ha avuto finora molto meno successo: il suo propo,nente di maggior spicco e stato l'ingegnere elettronico Mikhail Botvinnik, tre volte campione del mondo tra il 1948 e il 1963, che do po aver perso il titolo si dedico appunto a sviluppare programmi emulativi che finora non sono andati troppo lontano. II pili lontano possibile sono invece andati i programmi simulativi, via via pili sofisticati: dal Turochamp scritto nel 1951 addirittura da Alan Turing, che perse malamente contro un uomo qualunque dopo sole 29 mosse, al Deep Blue che nel 1997 riusc1 a battere per la prima volta un campione mondiale in carica, Gary Kasparov (una specie di contrappasso, vis to che da giovane lui era stato allievo di Botvinnik). Non c'e comunque da stupirsi che Ie macchine si divertano ossessivamente a giocare a scacchi, arrivando perfino a partecipare ad appositi campionati per programmi, il primo dei quali tenuto nel1974: in fondo, il gioco ha sempre attratto Ie menti pili disparate. Da Palamede, che 10 usava come rito di iniziazione per i cavalieri della Tavola Rotonda, a Tristano, che fu sorpreso dal re a giocare con Isotta nella sua camera da letto. Da papa Nicolo II, che da vescovo era stato censurato per questa sua passione, a Ivan il Terribile, che morl durante una partita. Da Napoleone, che perse contro una delle macchine di von Kempelen descritte da Edgar Allan Poe, a Albert Einstein, che scrisse la prefazione alia biografia del matematico e campione mondiale Emanuel Lasker. Da Humphrey Bogart, che suggerl al regista la scena iniziale di Casablanca, a Stanley Kubrick, che giro in 2001 Odissea neflo spazio la famosa partita col calcolatore. E cosl via, fino alIa Morte stessa, che gioco col cavaliere nel Settimo sigillo di Ingmar Bergman, a ricordarci che purtroppo lei ad avere la strategia vincente in quell a partita persa che la vita.
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GIROTONDI IN P
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Come si puo caratterizzare la forma del Paradiso dantesco? Sembrerebbe una domanda per critici letterari, e invece essa ha assillato i matematici per l'intero Novecento, diventando uno dei piu importanti problemi aperti del secolo: tanto importante da entrare a far parte della ristretta lista dei sette Problemi del millennio descritti in un omonimo libro da Keith Devlin (Longanesi, 2004), per la soluzione di ciascuno dei quali il miliardario statunitense London Clay ha messo in palio nel 2000 un milione di dollari. Chiunque avesse pubblicato una risposta alIa domanda in grado di superare 10 scrutinio della comunid. matematica per un periodo di almeno due anni, avrebbe intascato la somma. E, se di era. inferiore ai quarant'anni, avrebbe anche sicuramente vinto la medaglia Fields, che costituisce l'analogo del premio Nobel per la • matematIca. Sembrava che questo Fosse il destino segnato per Gregorij Perelman, un trentasettenne russo di San Pietroburgo che nel novembre 2002 e nel marzo e giugno 2003 mise in rete una serie di appunti nei quali abbozzava una soluzione del problema. Purtroppo quegli appunti non soddisfano Ie condizioni necessarie per l'assegnazione del premio Clay, non essendo mai stati riordinati in un vero e proprio articolo sottomesso alia revisione di recensori ufficiali, anche se Ie idee in essi contenute sembrano essere quelle giuste. Paradossalmente, pero, a vincere il milione di dollari potrebbe non essere 10 stesso Perelman, che da allora sparito dall'universira e ha fatto sapere di essersi « dedicato ad altre cose », in particolare la raccolta di funghi, rna quattro matematici (Bruce Kleiner e John Lott da un lato, e Huai-Dong Cao c; Xi-Ping Zhu dall'altro) che nel maggio e giugno 2006 han no pubblicato una soluzione completa del problema che usa Ie sue intuizioni. Cio nonostante, all'apertura del quadriennale Congresso Internazionale di Matematica tenutasi il 22 agosto 2006 a Madrid il contributo di Perelman stato riconosciuto dall'assegnazione delIa medaglia Fields. Ma ad accogliere l' onorificenza dalle mani del re di Spagna, il vincitore non c'era: il presidente dell'Unione In-
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ternazionale dei Matematici John Bell ha infatti annunciato che, in un lungo colloquio « educato e piacevole », egli l'aveva rifiutata. Apparentemente, ne i soldi ne gli onori riescono a stanare l' eccentrico matematico, che ha cost emulato i due soli vinci tori del premio Nobel che l'abbiano rifiutato spontaneamente: Jean-Paul Same nel 1964 e Le Due Tho nel 1973. Per cap ire un po' meglio la formulazione del problema risolto da Perelman, ricordiamo che quando Dante guarda il Paradiso dalla Terra vede i cieli come una serie di sfere crescenti, che raggiungono un massimo nel Primo Mobile. Per guardare oltre viene accompagnato da Beatrice all'Empireo, dove vede Ie sedi angeliche come una serie di sfere decrescenti, che raggiungono un minimo in un punto abbagliante, che Dio. Beatrice spiega paradossal mente che in realra quel punto la sfera maggiore, e racchiude tutto cio che sembra racchiuderlo: I'universo dantesco si compone dunque di due serie di sfere distinte, una sensibile e crescente e l'altra celeste e decrescente, i cui centri sono rispettivamente la Terra e Dio . Questa complicata struttura richiama Ie antiche rappresentazioni cartografiche della Terra mediante due serie di cerchi concentrici, centrati rispettivamente nei due polio Chi guardasse la Terra dal polo Sud vedrebbe infatti, come Dante, una serie di cerchi crescenti corrispondenti ai paralleli dell' emisfero meridionale, che raggiungono un massimo all'Equatore. Recatosi su questo, vedrebbe poi i paralleli dell'emisfero settentrionale come una serie di cerchi decrescenti, che raggiungono un minimo nel polo Nord. Se pero la Terra si aprisse come un fiore, i paralleli settentrionali circonderebbero quelli meridionali, e il polo Nord si dispiegherebbe intorno a tutto. La rappresentazione cartografica non che un modo per rappresentare la superficie sferica della Terra sulla superficie piatta di un foglio, e renderla indirettamente comprensibile a esseri bidimensionali che non fossero in grado di percepire direttamente la sua sfericid. nello spazio tridimensionale. Analogamente, la rappresentazione dantesca del Paradiso non e che un modo per rappresentare nello spazio tridimensionale la superficie di un'ipersfera, cioe di una sfera a tre dimensioni immersa nello spazio a quattro dimensioni, e renderla indirettamente comprensibile a esseri
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tridimensionali come noi, che non siarno in grado di percepire direttamente una quarta dimensione spaziale. Dante ha dunque proceduto per analogia, inventando pili 0 meno consciamente un'ipersfera tridimensionale che sta alIa sfera bidimensionale, come questa sta al cerchio unidimensionale. Una bella intuizione, spiegata nei dettagli da Horia-Roman Patapievici in Gli occhi di Beatrice (Bruno Mondadori, 2006). E un'intuizione che anticipa di secoli l'analoga invenzione letteraria del delizioso romanzo dell'Ottocento Flatlandia di Edwin Abbott (Adelphi, 1993), che offre un'introduzione indolore alIa geometria multidimensionale. Dire che la struttura del Paradiso dantesco un'ipersfera non pero una risposta alIa domanda iniziale, rna solo una sua riformulazione: il vero problema matematico come si possa caratterizzare l'ipersfera tra Ie altre superfici tridimensionali dello spazio a quattro dimensioni. Nel1904 il matematico Francese Henri Poincare propose una soluzione in una nota a un suo lavoro, procedendo anch'egli come Dante: owero, per analogia col caso della sfera 0, se si preferisce, della Terra. Naturalmente, l'essenza della Terra non di essere pili 0 meno schiacciata ai poli, bensl di avere una forma pili 0 meno sferica e non, ad esempio, a ciambella (per 10 meno, di una riuscita col buco). Interessarsi dell'« essenza» e disinteressarsi del « pili 0 meno» la caratteristica della cosiddetta topologia, « scienza dei luoghi ». E dal punto di vista topologico la Terra caratterizzata dal fatto di essere l'unica superficie chiusa sulla quale i girotondi di persone si possono contrarre senza rompersi, fino a concentrarsi in un solo punto: se la Terra Fosse fatta non come un pallone rna come un salvagente, i girotondi che girassero attorno al buco 0 attorno al salvagente non potrebbero co-ntrarsi oltre un certo limite, cosl come nella vita reale non si potrebbe contrarre un girotondo che girasse intorno a un lago 0 a un palazzo. Poincare congetturo che la stessa cosa valesse anche per l'ipersfera: in altre parole, che il Paradiso Fosse l'unica superficie tridimensionale chiusa per la quale tutti i girotondi di angeli si possono contrarre senza rompersi. Analoghe congetture si possono fare per Ie sfere a pili dimensioni, e la cosa sorprendente che esse furono risolte molto prima di quella originaria per l'ipersfera: precisamente, nel1960 da Steven Smale per tutte Ie sfere a cinque 0
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pili dimensioni, e nel 1982 da Michael Freedman per la sfera a quattro dimensioni. Naturalmente, sia Smale sia Freedman vinsero per questi lavori la medaglia Fields, nel 1966 e nel 1986. Rimaneva dunque aperto soltanto il caso della sfera a tre dimensioni, che appunto quello risolto da Perelman. II quale era un famoso matematico anche prima, come dimostra il fatto che avesse vinto Ie Olimpiadi della Matematica di Budapest nel 1982, Fosse stato invitato a parlare al Congresso Internazionale di Zurigo nel 1994 e avesse ricevuto il premio dell'Associazione Matematica Europea per i giovani talenti nel 1996: un premio che, come ormai si puo immaginare, aveva rifiutato. Naturalmente media e pubblico traggono da questi comportamenti del giovane russo l'immediata deduzione che Perelman costituisca un'altra incarnazione del binomio « genio e pazzia», rna la realra potrebbe essere me no owia e pili profonda. Quando per i miei Incontri con menti straordinarie (Longanesi, 2006) ho intervistato Andrew Wiles, il matematico pili famoso del mondo, gli ho infatti domandato se era dispiaciuto di non essere riuscito a dimostrare il teorema di Fermat in tempo per vincere la medaglia Fields, e lui mi ha risposto: « Se uno dimostra il teorema di Fermat, non gli importa pili molto della medaglia Fields». La stessa cosa vale per la congettura di Poincare: se uno ha capito la struttura del Paradiso, probabilmente se ne fa un baffo della Terra, compresi i suoi abitanti e i poveri ricchi onori che essi dispensano.
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LA MATEMATICA DELLA VITA
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cosa buffa la vita, quel misterioso articolarsi di logica implacabile per uno scopo ben futile», notava Joseph Conrad in Cuore di tenebra, con un' espressione che Giuseppe Berto adotto come titolo del giocoso romanzo La cosa buffa. Pili tragici, Dante nel Purgatorio e Martin Heidegger in Essere e tempo definirono invece paradossalmente la vita attraverso il suo opposto, come « un correre a la morte» 0 « un essere-per-la-morte». Dal canto loro, i profeti e gli innamorati hanno spesso prodamato ai propri fedeli e infedeli, oltre che a se stessi: « La vita sono io ». Naturalmente, non e con gli aforismi, i versi 0 i prodami che si puo pretendere di rispondere seriamente alia domanda Che cos'e la vita?, che costituisce il titolo di uno dei pili influenti libri del Novecento, pubblicato da Erwin Schrodinger nel 1944. II quale si sbilanciava anch' egli letterariamente, in un' evanescente appendice, a dichiarare: Deus Jactus sum (Sono diventato Dio), rna questa volta con buone ragioni. Durante il corso dellibro aveva infatti posto Ie basi per la risposta scientifica al generico dilemma del titolo, arrivando a complementarlo nell'ultimo capitolo con,la pili precisa domanda: « La vita e basata sulle leggi della fisica? » Quellibro fu letto da un'intera generazione di fisici, chimici e biologi: in particolare da Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins, che dopo aver vinto il premio Nobel per la medicina nel 1962 per aver risposto alle domande di Schrodinger, scoprendo la struttura e iI funzionament() del DNA, pagarono tutti un tributo intellettuale al loro ispiratore. A partire dallo stesso Crick, che gia il 28 febbraio 1953, giorno dell'epocale scoperta della doppia e1ica, dichiaro che era stato finalmente trovato il segreto della vita: una dichiarazione che da allora e divenuta un dogma della biologia molecolare. Ma una dichiarazione che tende anche a ridurre la vita a un processo puramente fisico-chimico, dimenticando che essa e anche, per non dire soprattutto, altro. Non stiamo pensando, naturalmente, alia manifestazione di un intervento divino come quello che i fondamentalisti ritengono necessario: senza rendersi conto,
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per inciso, che una creazione in grado di procedere automaticamente dall'inanimato all' animato, COS! come dall'incosciente al cosciente, manifesterebbe un'eventuale potenza divina in maniera molto maggiore di una che richiedesse invece ripetuti aggiustamenti in corso d' opera. Piuttosto, stiamo riferendoci a cio che Ian Stewart ha chiamato, nel titolo di un suo bellibro, L'altro segreto della vita (Longanesi, 2002). Cioe, la struttura matematica che sottende i vari momenti del processo vitale e che e iI prodotto di un cambiamento di paradigma ormai sempre pili evidente: quello che sta facendo passare dagli augusti e placidi fiumi della geometria e dell'analisi classiche, che la fisica ha alimentato nei primi secoli della scienza, agli angusti e spumeggianti rivoli di una nutrita serie di discipline pili o meno nuove, che la biologia ha ispirato negli ultimi decenni. Fu nel rivoluzionario anno 1917 che D'Arcy Thompson descrisse per la prima volta in maniera sistematica, nell'ormai classico Crescita e forma, Ie regolarica aritmetiche e geometriche presenti in quantita impressionante nel mondo biologico, dalle cellule agli organismi: mostrando, ad esempio, come i semi del girasole si dispongano in spirali legate a una successione di numeri introdotta nel 1202 da Fibonacci; 0 come gli scheletri di alcuni radiolari marini realizzino i solidi geometrici regolari gia studiati dai Greci. Qualche decennio prima, nel 1880, Wilson Bentley aveva prodotto un catalogo di foto al microscopio di fiocchi di neve: tutti rigorosamente a simmetria esagonale, per motivi intuiti gia nel1611 da Keplero nel suo libriccino Strenna, ossia della neve esa-
gonale. Ma queste non erano che avvisaglie tassonomiche rispetto all'uso strutturale che si e fatto in seguito della nuova matematica, per descrivere fenomeni che coinvolgono ogni livello dell' organizzazione della vita: dai geni alle cellule, dagli organismi alle popolazioni. Uno dei suoi primi successi e stata la teoria dell' autoriproduzione sviluppata da John von Neumann nel 1948, cinque anni prima che la scoperta della doppia e1ica la confermasse: essa si basa su una variazione delle tecniche usate nel1931 da Kurt Godel per la dimostrazione del suo famoso teorema di incompletezza dell'aritmetica, e costituisce uno dei temi sui quali si sviluppano Ie variazioni del bestseller Code/, Escher, Bach di Douglas Hofstadter. La teo ria di von Neumann descrive il meccanismo astratto sui
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quale si basa l'autoriproduzione cellulare, rna non spiega ne i dettagli informatici del codice genetico, ne la struttura geometrica del DNA. Una soluzione del primo problema e stata proposta nel 1993 da Jose e Yvonne Homos, in termini di rottura di simmetria: in particolare, essi sono riusciti a rendere conto del perche tre aminoacidi sono codificati da ben sei codoni ciascuno, cinque da quattro, uno da tre, nove da due, e due da uno solo. Quanto al secondo problema, che ha a che fare col fatto che il DNA, oltre a essere avvolto nella doppia elica, e anche « superavvolto » su se stesso in maniera piuttosto complicata, 10 si affronta oggi coi mezzi della teo ria dei nodi: una branca della matematica ormai tanto apprezzata da aver gia fruttato la medaglia Fields a Vaughan Jones nel 1990 e a Maksim Kontsevich nel 1998. SuI confine convenzionale tra vita e non-vita si trovano organismi come i virus: la struttura di molti di essi non solo esibisce forme geometriche regolari, dal disco piano all' elica all'icosaedro, rna puo anche essere spiegata in maniera puramente matematica come risultato di un assemblaggio spontaneo guidato da sole forze intermolecolari, come han no fatto nel1995 Hainz Fraenkel-Conrat e Robley Williams per il virus del mosaico del tabacco. A un livello sicuramente ormai vitale sono invece Ie amebe, alcune delle quali hanno cicli complessi: i mixomiceti, ad esempio, che partono da spore che genera no amebe che si aggregano in lumaconi che sviluppano peduncoli che diffondono spore, in un ciclo che a med degli anni '90 Thomas Hofer e Maarten Boerljist han no dimostrato essere, almeno in alcune fasi, una pura conseguenza matematica della reciproca segnalazione chimica fra Ie amebe. Uno dei problemi pili appariscenti della vita, vegetale e animaIe, e la cosiddetta morfogenesi degli organismi: il processo, cioe, attraverso il quale essi acquistano la loro forma. Il primo a trovare equazioni di reazione-diffusione che descrivano un aspetto della morfogenesi, relativo alla formazione di chiazze 0 strisce sulla pelle degli animali, fu l'inventore del computer Alan Turing, nel 1952: oggi Ie sue idee hanno trovato applicazioni che vanno dalle decorazioni delle conchiglie, ai disegni delle ali delle farfalle, alle strisce del pesce angelo, descritte rispettivamente nel 1995 da Hans Meinhardt, nel 1982 da James Murray e nel 1995 da Shigeru Kondo e Rihito Asai. Forse menD appariscente, rna certo pili sostanzioso e il proble-
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rna della struttura del sistema nervoso degli animali. Le sue superficiali similitudini con un circuito elettrico hanno portato Warren McCulloch e Walter Pitts a sviluppame nel 1943 un modello astratto, dal quale e derivata la teo ria degli automi finiti, oggi fondamentale in informatica. Nel 1947 Alan Hodgkin e Andrew Huxley hanno dimostrato che la trasmissione dei segnali in un neurone e diversa da quella della corrente in un filo elettrico, e assomiglia invece a quella delle scintille in una miccia, meritando per questo il premio Nobel per la medicina nel 1963. Ma dalle idee di McCulloch e Pitts e nata comunque una teo ria delle reti neurali che, oltre a fomire interessanti modelli di apprendimento, ha permesso nel1987 a Chris Sahley e Alan Gelperin di descrivere completamente la struttura cerebrale che regola i gusti alimentari . della limaccia degli orti. La locomozione degli animali ha da sempre affascinato gli osservatori, come dimostrano opere che vanno dal Moto degli animali di Giovanni Alfonso Borelli nel 1680 alIa serie di fotografie del Cavallo in movimento di Eadweard Muybridge nel 1878. Ma la spiegazione di come esso avvenga, a vari ritmi quali il passo, il trotto, il galoppo e il salto, in vari tipi di animali quali i quadrupedi, gli esapodi, i centopiedi e i millepiedi, ha dovuto attendere un'applicazione della teo ria degli oscillatori da parte di Martin Golubinsky, Ian Stewart, James Collins e Luciano Buono nel 1997. Sorprendentemente, un oscillatore pergamba non riesce a rendere conto di tutta la gamma possibile dei movimenti: ne sono necessari due, variamente collegati in appropriate reti neurali asimmetriche.. Il comportamento collettivo di gruppi di ani mali, dai formicai agli stormi ai banchi alle mandrie alle folle, presenta ulteriori problemi di coordinazione che si possono studiare tramite la teo ria dei sistemi, e ridurre spesso a semplici regole di comportamento individuale: un esempio archetipico in questo campo e la simulazione computerizzata del volo degli uccelli otten uta nel 1987 da Craig Reynolds. . . Pili in generale, negli ultimi decenni il computer ha permesso di creare una vera e propria vita artificiale, che e ormai diventata un banco di prova sperimentale per Ie teorie sulla vita naturale. Gia oggi, regole anche molto semplici sono in grado di generare automaticamente dal caos organismi in grado di autoriprodursi e
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cooperare. Domani, quegii stessi organismi probabilmente pretenderanno di essere stati creati a immagine e somiglianza dell'ignaro programmatore delloro mondo: « Che cosa buffa e Ia vita artificiale, quel programmato articolarsi di Iogica impiacabile per uno scopo ben preciso »! •
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TRE CIVETTE SUL COMO
In principio era Ia Ietteratura, e Ia Ietteratura era vicina alIa scienza, e Ia scienza era letteratura. Piu precisamente, in principio c' erano in Occidente il De rerum natura di Lucrezio, e in Oriente 1'1 Ching taoista-confuciano. Ed entrambi i classici narravano letterariamente un'unica visione del mondo: quell a che permetterebbe oggi a un chimico, un matematico 0 un Iogico di salire sulla stessa cattedra 0 sullo stesso palco, per mostrare Ia sostanziale unit;}. dell'approccio scientifico attraverso l'apparente diversita delle proprie discipline. La « natura delle cose», annunciata da Lucrezio fin dal titolo del suo singolare poema scientifico, era l'atomismo di Democrito: il fatto, cioe, che l'intero universo degli esseri creati e Formato da semi di materia eterna e solida, chiamati atomi, 0 « indivisibili ». Questi atomi costituiscono un limite al possibile disgregarsi delle cose, e la loro esistenza e assicurata dalla constatazione che, altrimenti, ogni cosa sarebbe formata da un numero infinito di paTti, e costituirebbe un intero universo a se stante. Come scrittore, Lucrezio trovava nel suo lavoro un esempio archetipico di atomismo: la scrittura, i cui atomi sono Ie lettere che si aggregano a formare, via via, parole, frasi, paragrafi, capitoli e opere. E notava che, come Ie lettere dell' alfabeto so no limitate in numero, rna Ie loro combinazioni sono infinite, cost e per gli atomi e Ie cose: perche poche lettere so no comuni a molte parole, rna Ie parole suonano e significano diversamente a causa della diversa disposizione delle stesse lettere. Un'immagine, questa, che manterra inalterato iI suo fascino poetico nei secoli: dai « vari accozzamenti di venti caratteruzzi» dei Dialoghi di Galileo, alia « scrittura come metafora della so stanza pulviscolare del mondo» delle Lezioni italiane di Calvi no. In filosofia, i1Iegame fra Iettere e parole era gia stato un'ispirazione per la teo ria delle idee di Platone, che nel Teeteto aveva dichiarato: « La parola non coincide con Ie Iettere, rna e piuttosto un'unid composta che costituisce un'unica idea, diversa da quella delle lettere». Furono pero gli stoici a estendere la metafora ato-
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mica dal vocabolario all'intero linguaggio, riducendo Ie frasi alle loro costituenti logiche elementari: da una parte Ie proposizioni semplici 0 atomiche, non ulteriorinente analizzabili, e dall'altra quelle composte 0 molecolari, ottenute combinando fra loro Ie precedenti mediante particelle chiamate « connettivi», che costituiscono l' analogo logico dei legami chimici. L'analogia divenne programmatica nel1918, quando Bertrand Russell pubblico La filosofia dell'atotnismo logico: un testa in cui I'analisi logica delle proposizioni venne appunto esplicitamente paragonata all'analisi chimica degli elementi. E come Lucrezio aveva cantato la seconda analisi nel De rerum natura, Ludwig Wittgenstein canto la prima nel Tractatus logico-philosophicus, un' opera con maggiore efficacia artistica che scientifica, come noto Gottlob Frege, nella quale I'atomismo logico e descritto in una serie di vaI:"iazioni sui verso; « La proposizione e una funzione di verita delle proposizioni elementari». Quanto alia chimica, se I'immagine preventiva offertane da Lucrezio era puramente qualitativa e generica, i1 « libro delle mutazioni» cinese ne prefigurava invece gia una versione quantitativa e specifica: non a caso, visto che la sua ispirazione era I'impresa alchemica taoista, che aveva come scopo la trasmutazione degli elementi. Illibro si basava su 64 esagrammi, otten uti combinando in tutti i modi possibili sei righe intere 0 spezzate, che indicavano simbolicamente gli opposti. E, come suggerivano sia la com plementarita di yin e yang, sia 10 stesso titolo dellibro, I'idea dominante dell' J Ching era che Ie linee intere possono spezzarsi, e quelIe spezzate integrarsi: in tal modo gli esagrammi si mutano I'uno nell'altro, con un processo che rappresenta la corrispondente trasmutazione degli elementi chimici ad essi associati. Gli elementi dell'J Ching"erano 64: praticamente 10 stesso numero, cioe 63, degli elementi della tavola periodica che Dmitrij Mendeleev letteralmente sogno una notte del 1869 , dopo aver giocato un solitario prima di addormentarsi. Da tempo il chimico russo stava cercando di trovare un ordine logico di sistemazione delle schede sulle quali aveva scritto i nomi e Ie caratteristiche dei 63 elementi allora conosciuti (oggi saliti a quasi il doppio), e nel sogno Ie schede si mossero e si disposero miracolosamente da sole in una tabella di sette righe e diciotto colonne, a formare quella che divenne una delle icone della chimica moderna.
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La tavola che porta il suo nome, e che si trova in ogni libro di testo, in realta e un po' diversa da quella originale di Mendeleev (e di Lothar Meyer,. che ne scoprl una praticamente identica nel 1870), che ordinava gli elementi in base al peso atomico (cioe al numero dei protoni e dei neutroni del nucleo). Oggi gli elementi sono ordinati in base al numero atomico (cioe al numero dei soli protoni 0, se si preferisce, degli elettroni), secondo la tabella scoperta nel1912 dal ventiseienne Henry Moseley, che morl in guerra tre anni dopo. Come spiego nel 1919 Irving Langmuir, poi premio Nobel per la chimica nel 1932, Ie righe corrispondono ai vari livelli energetici dell' atomo, e Ie colonne al numero di elettroni nel livello pili esterno: in tal modo la tavola costituisce, al tempo stesso, il punto d'arrivo della fisica atomica e il punto di partenza della chimica molecolare, realizzando in maniera scientifica gli arditi sogni letterari dell' J Ching. Nel testa cinese gli esagrammi comparivano a coppie complementari 0 simmetriche, rna l' ordine delle coppie era apparentemente casuale. A partire dal secolo XI essi furono invece ordinati in maniera numerica, pensandoli come rappresentazioni binarie di numeri composti dalle sole cifre 0 e 1: gli esagrammi costituiscono dunque la base dell'aritmetica binaria, (ri)scoperta in Occidente da Leibniz soltanto nel1679. Ironicamente, dopo aver condito la sua scoperta con salsa metafisica, in un saggio modesta. mente intitolato Dimostrazione matematica della creazione e del·l'ordinamento del mondo, il filosofo tedesco la invio al padre Joachim Bouvet, un gesuita divenuto tutore dei figli dell'Imperatore Celeste, credendo di fornirgli uno strumento utile per la conversione dei cinesi, e venne invece a sap ere dal missionario che essi la conoscevano benissimo da secoli. La versione aritmetica dell'J Ching lascia presagire una possibiIe analogia fra chimica e matematica, che puntualmente affiora non appena la si cerchi. Anzitutto, al livello superficiale gia suggerito dallo 0 e dall' 1: il fatto, cioe, che i numeri so no tutti esprimibili mediante un piccolo numero di cifre (due nel sistema binario, dieci in quello decimale), che costituiscono l' analogo matematico dell'alfabeto letterario. Ma anche, a un livello pili profondo, nel fatto che i numeri siano tutti decomponibili in fattori primi per I'argomento di Lucrezio: altrimenti, la loro decomposizio-
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ne in fattori sempre pili piccoli continuerebbe assurdamente all'infinito. I numeri primi sono dunque l'analogo degli atomi di Lucrezio e di Mendeleev, rna il mondo matematico molto pili complicato di quello fisico: i suoi atomi so no infatti in numero infinito, come gia noto Euclide nei suoi monumentali Elementi (IX.20). II che significa che una loro classificazione non powl essere una semplice tabella come nella chimica: « potra », al futuro, perche al presente ness una tabella completa ancora stata compilata. Si sono sl identificate alcune tipologie, che prendono il nome dai loro scopritori (Fermat, Mersenne, Fibonacci) 0 dalle loro proprieta (i primi gemelli), COS! come alcuni criteri di riconoscimento e alcune regolarica di distribuzione, rna rimangono irrisolte proprieca anche semplici da enunciare, come la congettura di Goldbach: « tutti i numeri pari maggiori di 2 sono la somma di due numeri • • pnml ». In mancanza di dimostrazioni, bisognera per ora accontentarsi di romanzi quali Zio Petros e La congettura di Goldbach di Apostolos Doxiadis (Bompiani, 2000) 0 Le ostinazioni di un matematico, ovvero come morire tre volte per La congettura di Goldbach di Didier Nordon (Sironi, 2005): dun que, la letteratura non solo in principio, rna anche alIa fine, e la letteratura vicino alIa matematica, e la matematica letteratura.
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FARE IL VERSO ALLA MATEMATICA
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Scrive Ezra Pound in I'ABC delleggere: « La grande letteratura semplicemente linguaggio investito, in somma misura, di significato ». Naturalmente Pound pensa soprattutto alIa poesia, che considera « la forma pili sintetica di espressione verbale », e non sembra conscio del fatto che in base alIa sua definizione la pili grande letteratura dovrebbe essere invece la matematica. Non esistono infatti in nessuna lingua naturale forme tanto concise e cariche di significato quanto Ie formule (una parolina che sta, appunto, per « piccole forme») espresse nel linguaggio formale della matematica, ne parole tanto suggestive di immagini mentali quanto i simboli del suo alfabeto: basti pensare, ad esem2 pio, al potere evocativoracchiuso in espressioni quali E = mc 0, ancora pili semplicemente, nella lettera 7r. La matematica puo dunque ben rivendicare un ruolo letterario pari a quello della poesia, benche si tratti di due generi solitamente indipendenti e incommensurabili. A volte pero essi si incontrano in maniera inaspettata, quando un poeta trova ispirazione nella matematica per i suoi versi, 0 un matematico ricorre alle poesie per esprimere Ie sue formule. . Per fare qualche esempio incominciamo dai nostri giorni, con la poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996. Una delle poesie della sua raccolta Grandi numeri rende un singolare omaggio a 7r, Ie cui cifre decimali pulsano ipnoticamente era Ie righe come; un basso continuo, e appaiono gia nei primi versi in quantica maggiore di quante se ne conoscessero fino a tutto il Cinquecento:
Degno di meraviglia eil numero
7r
tre virgola uno quattro uno.
Le cifre seguenti sono ancora tutte iniziali, cinque nove due perche il numero non ha mai fine. Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con 10 sguardo, Otto nove con il calcolo, . sette nove con l'immaginazione,
3,141
592 6535 89 79
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e neppure tre due tre otto per scherzo, quattro sei con qualsiasi altra cosa due sei quattro tre al mondo.
0
per paragone
3238 46 2643
Risalendo all'indietro nel tempo, da un premio Nobel passiamo al poeta laureato per eccellenza: padre Dante, cioe, che nel Paradiso mette in versi addirittura due teoremi degli Elementi di Euelide. II primo e la Proposizione 1.32 degli Elementi, ossia il fatto che la somma degli angoli interni di un triangolo e uguale a due retti: « veggion Ie terrene menti non capere in triangol due ottusi » (XVII, 14-15). II secondo e invece la Proposizione IIUl, ossia il fatto che l'angolo alia circonferenza inscritto nel semicerchio e retto: « del mezzo cerchio far [non] si puote triangol sl ch'un retto non avesse» (XlII, 101-102). Proseguendo a ritroso tra i vati possiamo arrivare fino ai versi dell'Odissea (XlI, 164-168) in cui Omero accenna al numero dei capi della mandria del Sole in Sicilia:
Allora incontro ti verranno Ie belle . spiagge della Trinacria isola, dove pasce il gregge del Sol, pasce l'armento: sette branchi di buoi, d'agnelle tanti, e di teste cinquanta i branchi tutti. A questi versi del sommo poeta greco rispose, Id:teralmente per Ie rime, il sommo matematico Archimede, nel singolare poema sui Problema dei buoi inviato come sfida a Eratostene, ritrovato nel 1773 dal filologo tedesco Gotthold Lessing e qui tradotto • In prosa: •
Amico, tu che possiedi molta scienza calcola, operando assidua~ mente, i1 numero delle mandrie del Sole che pascolavano un giorno sulle pianure dell'isola di Trinacria, 0 Sicilia, distribuiti in quamo gruppi di diverso colore: i1 primo bianco latte, i1 secondo nero brillante, il terzo poi di un fulvo dorato, e i1 quarto screziato. In ogni mandria c'era una quantita considerevole di tori, cosl distribuiti: i bianchi uguali alia meta aumentata di un terzo dei neri, piu tutti i fulvi; i neri uguali alia quarta parte aumentata della
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quinta degli screziati, piu tutti i fulvi; i restanti screziati uguali alia sesta e alia settima parte dei tori bianchi, piu di nuovo tutti i fulvi. Amico, quando avrai determinato esattamente quanti erano i tori del Sole, e avrai separato quanti era no di ciascun colore, non ti si potra certo chiamare ignorante, ne incolto in materia di numeri, rna non potrai ancora essere considerato un sapiente. Esamina allora Ie maniere in cui i tori del Sole erano raggruppati: quando quelli bianchi si mescolavano ai neri formavano un gruppo con Ie stesse misure in profondita e larghezza, e Ie vaste piane della Trinacria erano riempite da questo ammasso quadrato; i fulvi e gli screziati formavano invece un gruppo che, cominciando con uno, si allargava fino a comporre una figura triangolare. Amico, quando avrai trovata ed esposta la soluzione a questo problema, e avrai indicato i numeri di tutte queste moltitudini, allora riposati e congratulati per la tua vittoria, e sappi che sarai arrivato alia perfezione in questa scienza. Chiamando i numeri dei tori di un certo colore con la corrispondente iniziale, il problema si traduce nel sistema di tre equa•
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ZlOnl
b=(1/2+1/3)n+f
n=(1/4+1/5)s+f s = (1/6 + 1/7)b + f,
e nella condizione aggiuntiva che b + n sia un numero quadrato (del 2 tipo n ) e f + s un numero triangolare (del tipo n( n + 1) /2). La soluzione coinvolge numeri enormi, uno dei quali addirittura con piu di 200.000 cifre: il che, paragonato ai miseri 350 buoi immaginati da Omero, mostra quanto la povera fantasia del poeta sia incommensurabile con la ricca invenzione del matematico. Un esempio altrettanto elassico di matematica in versi il componimento che Niccolo Fontana, detto Tartaglia, invio il9 aprile 1539 a Gerolamo Cardano, per comunicargli la formula risolutiva dell' equazione di terzo grado (in forma ridotta, alia quale si puo sempre ricondurre quella generale) e Ie coordinate spaziotemporali della scoperta:
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Quando che 'I cubo con le cose appresso se agguaglia a qualche numero discreto trovan dui altri difJerenti in esso. Dappoi terrai, questo per comueto, che'llor produtto, sempre siaeguale al terzo cubo delle cose neto. El residuo poi suo generale, delli lor fati cubi ben sottratti . varra fa tua cosa principale. Questi trovai, et non con passi tardi, nel mille cinquecent' e quatro e trenta, con flndamenti ben sald' e gagliardi, nelfa citta del mar'intorno centa.
3
x +px =q u-v=q
uv= (pI3)3 .vu-~ =X
1534, Venezia
3 Tradotta in prosa, oggi la cosa suonerebbe cosl: « Se x + fX
=
q,
trova due numeri u e v tali che u - v = q e uv = (pI3) . Allora x = .q'n - y'v». Tradotta invece in piu alta poesia, cioe in una formula:
. Un terzo esempio, altrettanto storico, e la chi usa in versi del Trattato sulle serie infinite del 1689 di Jakob Bernoulli, che si concludeva con due risultati oggi classici, rna allora sorprendenti: da un lato, la dimostrazione di Gottfried Leibniz della convergenza della somma degli inversi dei numeri triangolari (la cosiddetta serie triangolare), e dall'altro la dimostrazione di Johann Bernoulli, fratello di Jakob, della non convergenza della somma degli inversi dei numeri interi (la cosiddetta serie armonica). Benche quest' ultimo risultato fosse gia stato dimostrato tre secoli prima da Nicola Oresmo in maniera elementare (semplicemente, notando che la somma degli inversi di 3 e 4, cosl come di 5, 6, 7 e 8, cosl come di 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, e cosl via, e sempre almeno pari a 112), la cosa era stata dimenticata nei secoli, e la dimostrazione negativa di Johann Bernoulli sfruttava in maniera sorprendente la dimostrazione positiva di Leibniz. I citati versi del fratello Jakob celebrano appunto il duplice « paradosso » che la serie triangolare ha una piccola somma finita
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(2, per la precisione), benche abbia infiniti termini, mentre la serie armonica non ha somma finita, benche i suoi termini diventino sempre pili piccoli ed evanescenti:
Come una sommetta fin ita racchiude una serie infinita, e nell'illimitato un limite appare, cos; il numinoso si infonde nelle minuzie, e con l'angusto limite illimite scompare. Discernere nell'immemo il piccolo, quanta volutta! Nel piccolo l'immemo discernere, quanta divinita! Benche gli esempi citati siano significativi, in Occidente la matematica in versi e rimasta comunque un' eccezione. Diverso e il caso dell' Oriente in generale, e dell' India in particolare, dove fin dall'antichita piu remota esprimere i risultati in forma poetica e stata invece la norma: dai Sulvasutra di tremila anni fa, che contengono regole geometriche per la costruzione rituale degli altari, agli Aryabhatiya di millecinquecento anni fa, che cantilenano valori corretti a tre cifre decimali del seno, agli Yuktibhasa di cinquecento anni fa, che riportano Ie serie trigonometriche trovate da Madhava tre secoli prima di Newton. 11 tutto a dimostrazione del fatto che a volte la poesia della matematica trova espressione nella poesia dellinguaggio, in una singolare commistione di generi letterari.
LE TRE INVIDIE DEL MATEMATICO
Non sorprendentemente, 1'attivita artistica riflette Ie caratteristiche del cervello che la produce. E come il cervello e diviso in due emisferi lateralizzati, uno dei quali (il sinistro) si esprime in maniera logica e razionale, mentre 1'altro (il destro) privilegia 1'espressione alogica e istintiva, cost1'intera storia dell'arte e riconducibile a due grandi correnti contrapposte e complementari, che possiamo convenzionalmente chiamare razionalista e romantica. La parola d' ordine dell' arte razionalista e « struttura»: l' artista, cioe, costruisce Ie sue opere lasciandosi guidare non da un'ispirazione inconscia, rna da una programmazione conscia. La struttura e pero solo un'impalcatura che serve a erigere l' edificio, e viene rimossa una volta che esso e terminato: per rico nos cere la razionalita di un'opera non basta dunque osservarla in superficie, ed e necessario smontarla e rimontarla come un giocattolo meccanico, alIa ricerca del progetto che 1'ha plasmata. Ma « struttura» e anche la parola d' ordine della matematica moderna, come 1'hanno intesa nel Novecento i matematici francesi riuniti sotto 10 pseudonimo collettivo di Nicolas Bourbaki. La loro monumentale opera di settemila pagine, gli Elementi di matematica pubblicati fra il 1939 e il 1998, non ha soltanto rivoluzionato il modo di organizzare il sapere matematico, rna ha anche ispirato il movimento dello strutturalismo francese, che ha coinvolto Ie scienze pili disparate: dall'antropologia di LeviStrauss alIa psicologia di Piaget. Se Ie strutture sono dunque 1'essenza sia dell'arte razionalista sia della matematica moderna, si puo allora immaginare che fra queste due attivita intellettuali esista una proficua interazione reciproca, in entrambi i versi. Ad esempio, e possibile in una direzione analizzare stilisticamente gli Elementi di matematica alia maniera delle opere letterarie, e nell'altra direzione pianificare degli Elementi di poesia alia maniera dell' omonima opera matematica, come mostra Jacques Roubaud nei suoi singolari romanzi autobiografici Mathematique e Poesie (Seuil, 1997 e 2000). Pili modestamente, come ho cercato di fare in Penna, pennello e ,
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bacchetta: Ie tre invidie del matematico (Laterza, 2005), e possibile mettere la matematica al servizio della critica artistica, e andare alIa ricerca di quelle caratteristiche matematiche, palesi 0 nascoste, che letterati, pittori e musicisti del passato hanno profuso nelle 10ro opere, e che solo i matematici del presente sono ormai in grado di riconoscere, do po che il romanticismo ha istigato al disdegno e praticato 1'ignoranza della ragione in generale, e della matematica in particolare. . Un bell' esempio viene dalla filastrocca dell' Antro della Strega nel Faust di Goethe: « Di 1 fa il 10. Lascia stare il 2 e il 3, e sarai ricco. Butta il4 alIa fine. Oi 5 e 6 fa 7 e 8, e viceversa. 9 andd. con 1'1, e 10 con ness uno ». Gli ignari commenti dei dotti letterati a questo proposito so no esilaranti: AdolfTrendelenburg ritiene che sia « assolutamente vano cercare un senso alIa tavola pitagorica della strega», e Barbara Allason aggiunge che « e semplicemente una presa in giro di tutta la mistica fondata sui numeri ». E invece, guarda un po', la filastrocca e una ricetta per passare dal quadrato naturale dei numeri da 1 a 9, a un quadrato magico in cui la somma dei numeri sulle righe, sulle colonne 0 su una diagonale e sempre la stessa (per la precisione, 15). Si tratta, naturalmente, di una goccia in un oceano, rna gli oceani sono fatti di gocce: meno gocce si comprendono, e pili si fraintendono gli oceani. Pili che delle gocce, l'analisi matematica della letteratura si interessa comunque della struttura degli oceani che ne hanno una, concordando col motto di Raymond Queneau: « 11 classico che scrive la sua tragedia osservando un certo numero di regole che conosce e pili libero del poeta che scrive quel che gli passa per la testa ed e schiavo di altre regole che ignora». Si tratta di uno studio, perseguito in maniera sistematica dal1'Oulipo Francese (fondato dallo stesso Queneau) e dall'Oplepo italiano (presieduto da Edoardo Sanguineti), che non si limita ad analizzare Ie strutture gia esistenti, rna ne propone di nuove e originali, con risultati che vanno da La vita: istruzioni per l'uso di Georges Perec a Se una notte d'inverno un viaggiatore di halo Calvino. Ancor pili che in letteratura, la conoscenza della matematica e essenziale nella critica artistica, se non si vuole rimanere a bocca chiusa di fronte alla suddivisione in scene della Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca, basata sulle proprieta di autosomi-
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glianza del rettangolo aureo, 0 alle proporzioni della Leda atomica di Salvador Dali, ottenute utilizzando la stella a cinque punte formata dalle diagonali del pentagono regolare. D' altronde, e stato 10 stesso Dali a consigliare all'apprendista pittore, nei Cinquanta segreti dell'artigianato magico: « Devi, soprattutto da giovane, usare la geometria come guida alIa simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori pili 0 menD romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono 1'ispirazione dell' artista, dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, e proprio per non aver da pensare e riflettere su certe cose, che tu Ie usi». Queste affermazioni sono Forse sorprendenti per chi non sospettava che anche dietro al1'apparenza del surrealismo puo nascondersi la sostanza della matematica, rna diventano quasi ovvie se applicate all' arte astratta. Infatti, l' estetica razionalista ha sempre ritenuto, dal Filebo di Platone a Punto, linea, superficie di Vasilij Kandinskij, che illinguaggio dell'arte Fosse 10 stessodi quello che Galileo, nel Saggiatore, riteneva essere illinguaggio della natura: la geometria, « i cui caratteri son triangoli, cerchi, e altre figure». Quelle stesse figure, cioe, che si ritrovano nei quadri, oltre che di Kandinskij, di Piet Mondrian, Kazimir Malevic, Josef Albers e innumerevoli altri artisti moderni. Quanto alia musica, sarebbe pili facile dire dove la matematica non c'entri. E sono gli stessi addetti ai lavori a confermarlo: da Claude Debussy, per il quale « la musica e una matematica misteriosa, i cui elementi partecipano dell'infinito », a Pierre Boulez e Philip Glass, che sono addirittura laureati in matematica. Quanto agli antichi, baster:J. ricordare che gia nel Settecento Jean-Philippe Rameau scriveva, nel Trattato di armonia ridotta ai suoi prindpi naturali: « La musica e una ·scienza che deve avere regole certe: queste devono essere estratte da un principio evidente, che non puo essere conosciuto senza 1'aiuto della matematica. Devo ammettere che, nonostante tutta 1'esperienza che ho potuto acquisire con una lunga pratica musicale, e solo con 1'aiuto della matematica che Ie mie idee si sono sistemate, e che la luce ne ha dissipato l' oscuri ta ». . Ancora una volta, la cosa puo sorprendere soltanto chi sia stato infettato da quella malattia spirituale che fu il Romanticismo. Percher: basta aprire uno spartito per trovarci agli inizi di ogni riga
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una frazione, che indica il metro della composizione: e alle operazioni matematiche sulle frazioni, come la semplificazione 0 la riduzione a denominatore comune, corrispondono operazioni musicali come l'hemiola (ad esempio, suonare un pezzo in due tempi con suddivisione ternaria come se Fosse a tre tempi con suddivisione binaria) 0 la poliritmia (ad esempio, suonare simultaneamente tre danze in tre tempi diversi, come nella famosa scena del ballo nel Don Giovanni di Mozart). Anche la geometria interviene strutturalmente nella composizione della musica barocca 0 dodecafonica, attraverso Ie operazio. ni di trasposizione (suonare una melodia in maniera asincrona eto in chiavi diverse) e di riflessione (suonare una melodia come se 10 spartito Fosse girato sottosopra eto letto controluce). Naturalmente, si puo fruire della musica in particolare, e dell'arte in generale, anche senza riconoscere queste e innumerevoli altre strutture, cos!. come si puo fruire della lettura pur essendo analfabeti, 0 ridere delle barzellette pur non conoscendo la lingua in cui sono raccontate: apprezzando, cioe, la forma delle lettere 0 il suo no della voce. Chi si contenta gode, rna il Libro dell'Arte contiene ben altre cose, e « non si puo intender se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali e scritto », come diceva ancora Galileo del grande Libro della Natura.
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ESPERIMENTI
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SIA FArrA LA LUCE
Quando aveva soltanto sedici anni, il giovane Albert Einstein si imbatte in questo strano paradosso: se avesse potuto inseguire un raggio di luce alia sua stessa fulminea velocid., esso gli sarebbe dovuto apparire come un impossibile mare di onde congelate (piu precisamente, come un campo elettromagnetico oscillante in stato di quiete). Come lui stesso afferma nella sua Autobiografia scientifica, « in questo paradosso e gia contenuto il germe della teoria della relativita ristretta », perche 10 si poteva risolvere solo rivoluzionando la nozione di tempo e abbandonando il suo carattere assoluto. Dovevano trascorrere altri dieci anni, passati dapprima a studiare al Politecnico di Zurigo, e poi a lavorare all'Ufficio Brevetti di Berna, prima che il ventiseienne Einstein riuscisse a risolvere il paradosso nel 1905, dimostrando che la ve!ocid. della luce non puo essere raggiunta dai corpi materiali: al crescere della velocita, infatti, gli orologi rallentano e Ie masse aumentano, e quando un corpo si avvicina alia velocita della luce il suo tempo tende a fermarsi e la sua massa a diventare infinita. Queste conclusioni derivano banalmente, 0 quasi, da due semplici premesse. Una teo rica e vecchia, gia proposta da Galileo net 1632: Ie leggi fisiche devono poter essere espresse con Ie stesse formule, da tutti gli osservatori che si muovono di moto uniforme (cioe, a velocita costante gli uni rispetto agli altri). E una sperimentale e nuova, osservata da Michelson e Morley nel 1887: la velocita della luce nel vuoto e la stessa per tutti questi osservatori (e pari a circa 300.000 chilometri al secondo nel vuoto). Benche il paradosso di Einstein sia risolto dal fatto che nessun corpo materiale puo andare alia velocita della luce, rimane il fatto che qualcosa che va alia velocita della luce comunque c'e, ed e la luce stessa! Risolto un paradosso, se ne presenta dunque subito un altro: di cos'e fatta la luce, per poter andare COS! veloce? La domanda, naturalmente, se la sono sempre posta tutti i fisici, che fin dal Seicento proposero due risposte alternative: quella corpu-
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scofare di Newton (<< la luce e fatta di particell~ »), e quella ondulatoria di Huygens (<< la luce e fatta di onde »). La prima risposta fu accantonata nel 1801 in favore della seconda, quando un famoso esperimento di Young mostro che, passando attraverso una doppia fessura, la luce mostra interferenze tipiche dei fenomeni ondulatori. Ma nel1887 Hertz scopri un fenomeno imbarazzante, detto eJfetto fltoelettrico: se viene irradiata da luce ultravioletta, una superficie di metallo elettricamente carica fa scintille (perde elettroni) e si scarica, tanto piu velocemente quanto piu la luce intensa; rna niente del genere succede se la luce e infrarossa, qualunque sia la sua intensira.. L'imbarazzo sta nel fatto che la teo ria ondulatoria prevede che l' energia di un' onda dipenda dalla sua intensid., rna non dalla sua lunghezza: dunque, la luce infrarossa dovrebbe avere gli stessi effetti di quella ultravioletta. Nel 1905 Einstein, in un altro dei suoi lavori di quell' annus mirabilis, spiego semplicemente la faccenda usando due ingredienti che erano a disposizione di tutti: da un lato la teoria corpuscolare di Newton; dall'altro la scoperta fatta da Planck nel1900, che l' energia di una radiazione e proporzionale alia sua frequenza. Se si suppone che un raggio di luce sia costituito da «una scarica di proiettili con energia discreta », chiamati allora quanti e oggi fltoni (<< lucioni », da phos, «luce ,,), allora questi riescono a rimuovere un elettrone dalla superficie del metallo se la loro frequenza (e dunque la loro energia) e abbastanza grande, come nel caso delI'ultravioletto, rna non altrimenti, come nel caso dell'infrarosso. Einstein dedusse anche una formuletta che descriveva il processo in questione, rna ness uno gli credette. Non sembrava infatti sensato abbandonare la ben sperimentata teo ria ondulatoria, che spiegava COS! tanti fenomeni, in favore della teo ria corpuscolare, che ne spiegava uno solo. 0 due, visto che nel1908 Stark riusci a spiegare la ionizzazione dei gas mediante la luce ultravioletta usando la stessa ipotesi dei quanti di luce: da quel momento furono in due a crederci, rna tali rimasero per molti anni, quasi fra I'imbarazzo dei colleghi. Nel frattempo, Einstein comunque continuo imperterrito. Nel novembre del 1907, mentre stava seduto in poltrona nell'Ufficio Brevetti di Berna, ebbe quello che in seguito descrisse come «il pensiero piu felice della mia vita »: il fatto, cioe, che « se una per-
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sona cade liberamente, non avverte il proprio peso ». Questo pensiero 10 sospinse verso una teo ria della gravitazione, che unita alia visione corpuscolare della luce gli permise di rispondere alia prima domanda posta nel 1704 da Newton nell' Ottica: « I corpi non agiscono a distanza sulla luce, e per effetto della loro azione non incurvano i raggi? E quest' azione non e massimamente forte alia minima distanza? » Einstein dedusse immediatamente che se la luce va in linea retta nel sistema in quiete rispetto alIa persona che cade, allora deve andare in linea curva nel sistema accelerato in cui essa cade: in particolare, in un campo gravitazionale la sua velocira. non puo essere costante. Nel1911 egli fece un primo calcolo della deviazione subita dalla luce di una stella che pass a vicino al Sole durante un' ec!isse totale e trovo un valore di 0,83 secondi d'arco, analogo a quello che si puo ottenere dalla teoria newtoniana. Nel1915 rifece il calcolo, questa volta sulla base della relativira generale e trovo un valore doppio, di 1,75 secondi d'arco: un esperimento avrebbe dunque potuto confermare 0 smentire la nuova teo ria gravitazionale! Quanto alia nuova teo ria corpuscolare, essa rimaneva in contrasto con la vecchia teo ria ondulatoria, rna Einstein ebbe un altro colpo di genio: invece di scegliere fra Ie due, egli propose nel1917 di accettarle entrambe! Sostenne, cioe, che non era necessario dover decidere se la luce era fatta di particelle oppure di onde: bastava dire che era fatta di particelle e di onde, simultaneamente, cost come d'aItronde anche I'acqua del mare e fatta simultaneamente di gocce e di onde. Una volta presa la decisione di pensare in grande, ovvero in maniera che in seguito verra detta complementare 0 duale, fu un gioco da ragazzi per Einstein trovare un paio di formulette che calcolassero la massa e I'impulso dei quanti di luce, e notare di passaggio che un quanto non poteva essere «fermato », ed era dunque condannato al moto perpetuo: COSt come un corpo materiale non puo mai infatti accelerare fino alia velocita della luce, perche altrimenti la sua mass a diventerebbe infinita, in maniera simmetrica un quanto non puo mai rallentare a velocita inferiori a quell a della luce, perche altrimenti la sua massa diventerebbe nulla ed esso si dissolverebbe. Pochi anni dopo, nel 1924, l'isolamento di Einstein fu rotto ,
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dall'entrata in scena del principe Louis de Broglie, che si rivelo essere pili realista del re: egli propose di estendere la dualira. in maniera sistematica, associando a ogni onda una particella con propried analoghe ai quanti di luce di Einstein, e a ogni particella un' onda con propriera. simmetriche. II suo lavoro fu subito considerato fondamentale, e Einstein dichiaro nella sua suggestiva maniera che « era stato sollevato un lembo del grande velo ». Nel frattempo, Ie cose si erano mosse anche da un punto di vista sperimentale. Tra il 1912 e il 1915 Millikan aveva ripetutamente cercato di falsificare la formula dell'effetto fotoelettrico, rna a malincuore aveva dovuto accettare il fatto che Ie cose andavano come previsto da Einstein. Nel 1919 Eddington misuro la deviazione della luce di una stella durante un' eclisse solare, e confermo ancora una volta Ie previsioni di Einstein. Quest'ultimo, quando gli fu chiesto che cosa avrebbe pensato se invece l' esperimento I'avesse sconfessato, rispose olimpico: « Mi sarebbe dispiaciuto per il buon Dio, perche la teoria e corretta». Visto che comunque ormai anche il buon Dio si era adeguato, i fisici accettarono i quanti e incominciarono ad assegnare premi Nobel a raffica: nel 1919 a Stark per la ionizzazione dei gas, nel 1921 ad Einstein per l' effetto fotoelettrico, nel 1923 a Millikan per la sua verifica sperimentale, nel 1927 a Compton per aver misurato Ie propriera. corpuscolari dei quanti di luce previste da Einstein, nell929 a de Broglie per la sua teoria dualista, e nel1937 a Davisson e Thomson per aver misurato Ie propriera. ondulatorie dell' elettrone previste da de Broglie. COS! entrarono nell'Olimpo della scienza tutti coloro che avevano contribuito alIa trentennale impresa collettiva che fece luce sulla Luce. •
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IN PRINCIPIO DIO CREO LA TERRA
Cos a c'era « in principio», non 10 sa ness uno: meno che mai la Bibbia, che infatti inizia la sua storia da « una massa senza forma e vuota, sulle cui acque aleggiava l' aria », e dalla quale il demiurgo della mitologia ebraica pard per creare nell' ordine la luce, il cielo, Ie terre emerse e Ie piante, il Sole e la Luna, gli animali e i pesci, e I'uomo e la donna. II tutto in sei giorni: misurati chissa come, visto che prima del quarto « giorno» il Sole non c' era. Gli scienziati sanno, invece, che « a un certo puntO» c' erano l'idrogeno e l' elio, cioe i due elementi pili semplici e, ancor oggi, i pili diffusi dell'universo, di cui costituiscono rispettivamente il90 e il 9 per cento, e dunque insieme il 99 per cento. Si sa anche come si arrivo all'idrogeno e all'elio nel periodo fra i primi tre minuti e i successivi trecentomila anni dopo il Big Bang: rna questa e un'altra storia. 0, se si preferisce, un altro libro della vera Bibbia. La storia che ci interessa ora e quell a che narra come si formarono gli altri elementi, e come si aggregarono a formar,e I'universo in generale, e la Terra e i suoi abitanti in particolare. E una storia riassunta in L'universo e l'origine della vita di Daniel Altschuler (Mondadori, 2005), e sintetizzata nel titolo originale di quellibro stupendamente illustrato, che era Figli delle stelle. Le stelle sono infatti Ie fucine degli elementi dell'universo, alIa cui formazione si addicono dunque, meglio di quelli mediorientali, i miti greco e romano di Efesto e Vulcano, dei del Fuoco e dei metalli. Meno mitologicamente, Ie stelle come il Sole non so no (quasi) altro che ammassi di idrogeno e elio, dentro Ie quali avviene un processo simile a quello della bomba all'idrogeno, anche se molto pili lento: una reazione termonucleare che muta quattro nuclei di idrogeno in uno di elio, trasformando la piccola eccedenza di massa dei primi (4,032) rispetto al secondo (4,003) in grande energia, secondo la famosa formula di Einstein. La musica che si suona nel « jukebox all'idrogeno» di una stella e un po' come quella dell' Oro del Reno: all'inizio sembra sempre la stessa solfa, rna poi esplode e ne succedono di tutti i colori. Nelle stelle la stessa solfa sarebbe che, finche c'e idrogeno, questo viene
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trasformato in elio: e la cosa puo durare poco 0 molto, a seconda che la stella sia grande 0 piccola, e dunque pili 0 me no calda. Ad esempio, se la stella e dieci volte pili grande del Sole, il combustibile puo esaurirsi in qualche decina di milioni di anni; se invece e meta. del Sole, puo durare qualche decina di miliardi di anni. Quando l'idrogeno e finito rimane solo elio, che inizia a contrarsi per la gravid.. La temperatura sale, e si formano elementi sempre pili pesanti: tre atomi di elio possono produrre carbonio, carbonio e elio possono produrre ossigeno, e COS! via. Pili la stella e grande, e pili se ne formano, fino al ferro. Il Sole e troppo piccolo per poter andare oltre la fusione dell'elio, ma una stella grande almeno otto soli si converte completamente in ferro. A questo punto non ci sono pili reazioni nucleari che possono produrre energia e contrastare la gravid.: la stella collassa ed esplode in una supernova, come quella osservata a occhio nudo nel1054 dagli astronomi cinesi, nella forma di un nuovo puntino luminoso sei volte pili splendente di Venere. Nei primi momenti dell'esplosione di una supernova si creano tutti gli elementi pili pesanti del ferro, che vengono sparati nello spazio in una delle eiaculazioni cosmiche che inseminano l'universo. Quella osservata dai cinesi, ad esempio, ha disperso i suoi detriti alla velocita di cinque milioni di chilometri l'ora, e costituisce oggi la Nebulosa del Granchio. Se la stella e invece pili piccola di otto soli, diventa una gigante ross a che espelle una specie di vento stellare Formato da un gas di carbonio e silicati, che in milioni di anni andra a formare nubi interstellari, mescolandosi con il materiale prodotto dalle supernove. Queste nubi possono arrivare a contenere tanta materia quanto un milione di soli, e contraendosi formano protostelle e dischi protoplanetari in rotaiione attorno ad esse, dai quali si formeranno prima planetesimi delle dimensioni della Luna, e poi pianeti causati dalle loro collisioni e aggregazioni. Ii Sole e la Terra sono nati COS!: senza l'intervento di nessuno, con buona pace della Bibbia. Ed « esistono innumerevoli soli, e innumerevoli terre ruotano attorno a questi », come aveva previsto Giordano Bruno in De l'infinito universo et mondi, pagando con la morte l' audacia della sua visione. Le stelle si aggregano poi a centinaia di miliardi in galassie, un nome che in greco significa « via lattea », e Ie galassie si aggregano a centinaia 0 migliaia in ammas-
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si. La nostra galassia, la Via Lattea, contiene cento miliardi di stelle, e ha due galassie satellite che Ie orbitano attorno: la Grande e la Piccola Nube di Magellano. E come la Terra non sta al centro del sistema solare, COS! il Sole non sta al centro della galassia, ma in periferia, alIa faccia dell' antropocentrismo. Il Sole si e Formato circa cinque miliardi di anni fa: cioe, una decina di miliardi di anni dopo il Big Bang, questa volta alIa faccia del « quarto giorno » della Bibbia. Attualmente e composto per tre quarti di idrogeno e per un quarto di elio, e genera in un secondo pili energia di quanta ne sia stata consumata in tutta la storia dell'umanita. Nel corso della sua storia ha bruciato l'equivalente di cento terre, ma ha ancora idrogeno combustibile per altri cinque miliardi di anni. Dopo di che incomincera a espandersi, arrivando pili 0 meno fino all' orbita terrestre, e occupando col suo disco meta. del cielo. Se l'espansione sara sufficiente, la Terra sara catturata e morira nel Fuoco. Altrimenti, quando il Sole raffreddandosi si contrarra, la Terra morira congelata nel ghiaccio. In entrambi i • • • caS!, comunque, no! non c! saremo. Quanto alla Terra, composta per un terzo di ferro, un terzo di ossigeno e un terzo di altri elementi, soprattutto silicio e magnesio, si e formata dall' aggregazione della nebulosa solare e dei suoi planetesimi. La differenza fra i pianeti composti di silicati (Mercurio, Venere, Terra e Marte), idrogeno e elio (Giove e Saturno), o ammoniaca, metano e anidride carbonica (Urano e Nettuno) e stata determinata dalla maggiore 0 minore temperatura della zona di formazione, proporzionale alIa sua distanza dal Sole. Pili lontano ci sono la fascia di Kuiper, popolata da miliardi di planetesimi (fra cui Plutone), e la nube di Oort: se la Terra avesse Ie dimensioni di una moneta da due centesimi di euro, il Sole sarebbe una sfera di due metri di diametro posta a duecento metri di distanza, e la nube di Oort sarebbe paragonabile alIa Terra intera! La Luna, infine, sembra essersi formata da una gigantesca collisione che avvenne circa quattro miliardi e mezzo di anni fa tra un oggetto delle dimensioni di Marte e la giovane Terra. Le rocce lunari, infatti, hanno una composizione simile a quelle terrestri, rna contengono me no materiali volatili e pili elementi refrattari, come se si trattasse di rocce terrestri riscaldate a temperature molto elevate. Inoltre, la Luna non ha un nucleo di ferro simile a quello della Terra, come se si Fosse formata solo dal materiale della sua
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superficie. Gli effetti della collisione si manifestano ancor oggi sulla Luna, che si allontana di circa quattro centimetri all'anno dalla Terra: una volta era molto pili vicina, appariva enorme e brillante, e provo cava maree spaventose. Per la Terra I' effetto pili importante della collisione fu l'inclinazione del suo asse di rotazione, che ci regale, Ie stagioni. Per un altro elemento fondamentale, 1'acqua, dobbiamo ringraziare un'altra catastrofe: un bombardamento di planetesimi ghiacciati in arrivo dalle zone fredde del sistema solare, durato alcune centinaia di milioni di anni e terminato circa quattro miliardi di anni fa. Oggi piovono solo pili meteoriti, e su un pianeta vivo come la Terra Ie tracce del bombardamento si sono cancellate, rna so no ancora ben visibili nei crateri della Luna. L' aria dell' atmosfera dovuta invece ai particolari valori di massa e temperatura della Terra: la Luna troppo piccola per trattenere gli elementi volatili liberati nelle collisioni coi planetesimi, e Mercurio troppo caldo per non vaporizzarli. Tra 1'altro, proprio la pressione atmosferica che permette al1'acqua di mantenersi liquida: nei pianeti senza atmosfera, essa puo esistere solo in forma di ghiaccio. COSI come 1'atmosfera a fungere da termostato regolatore della temperatura, intrappolando la radiazione infrarossa mediante 1'anidride carbonica, e filtrando quell a ultravioletta mediante I' ozono: senza la prima geleremmo come ai poli, e con la seconda ci scotteremmo come in alta montagna. II soggetto dell'ultima frase siamo noi, e dalla storia che abbiamo appena narrato manca ancora appunto la nostra: il « sesto giorno» nella finzione biblica, rna soltanto 1'analogo dell' ultimo secondo di un film di tre ore nella real d .. Poiche un battito di ciglia sarebbe sufficiente a perdersela, per vederla dovremo cambiare proiettore e far girare la pdlicola al rallentatore.
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QUANTA ENERGIA CI RIMANE?
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La mattina ci svegliamo al suono di una sveglia elettrica, accendiamo Ie luci, facciamo una doccia con 1'acqua calda, prendiamo il latte dal frigo, prepariamo la colazione sui fornelli, magari ci laviamo pure i denti con 10 spazzolino elettrico, e usciamo di casa. Prendiamo l' ascensore, apriamo il garage con il radiocomando, avviamo il motore e ci immettiamo nel traffico della citta, circondati da motorini, auto e altri mezzi di trasporto pubblici e privati. Allavoro usiamo computer, telefono, radio, fotocopiatrice e ogni sorta di altro aggeggio tecnologico. La sera ci immergiamo nel1'illuminazione di vie, negozi, supermercati, ristoranti, teatri e cinema, 0 ci godiamo nella nostra casa riscaldata qualche film in televisione, suI videoregistratore 0 al DVD. E poi andiamo a letto, magari ricordandoci di ringraziare per il pane quotidiano qualche astratta entita, rna certo dimenticandoci di fare altrettanto per l' energia quotidiana con la concreta Terra. Qualunque occidentale contemporaneo, infatti, considera 1'esistenza dei collegamenti alle reti di luce, gas, telefono e Internet, e 1'uso del riscaldamento e dell'auto privata, come dati di fatto della propria vita, e al pili si lamenta di quanto costino a se quando riceve Ie bollette 0 paga la benzina al distributore. Ma quasi ness uno si preoccupa invece di quanto costino al pianeta i nostri consumi energetici, per quanto tempo esso potra ancora sostenerli, e come dovremmo prepararci per il futuro nostro e, soprattutto, dei nostri figli. Quasi nessuno, appunto, rna fortunatamente almeno qualcuno Sl: Mario Tozzi, in particolare, il popolare geologo che dal 2000 conduce su RaiTre la trasmissione televisiva Gaia, e che in L'Italia a secco (Rizzoli, 2006) compie un'appassionata requisitoria sui nostri problemi energetici e sulle loro possibili soluzioni, che qui cerchiamo di riassumere. Per quanto riguarda i problemi, il primo naturalmente la benzina. E non soltanto quella usata dai suv (Sport Utility Vehicle, Utilitaria sportiva), che si bevono un litro ogni due 0 tre chilometri e tanto piacciono ai ricchi scemi, rna anche e soprattutto quella consumata da noi tutti, che siamo pili poveri rna non tanto pili
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furbi. Come nota Tozzi, infatti, bruciare benzina per far muovere un' auto e un po' come dar Fuoco a mazzette di banco note per riscaldarsi: funziona, rna Forse c'e un modo migliore di usare quel patrimonio di idrocarburi. Ad esempio, per produrre fibre tessili, vernici, coloranti, disinfettanti, detersivi, isolanti, adesivi e, ovviamente, l'ubiqua plastica: tutte cose pili sensate che spostare 1500 chili di ferraglia per muovere 80 chili di carne. L'inefficienza delle auto e ormai proverbiale: di tutta l'energia liberata dalla combustione, solo il 13 per cento si trasforma in trazione, il resto si disperde in calore e rumore. Anche i costi sono proibitivi: in Italia 8000 persone muoiono ogni anna per incidenti stradali, e nella propria vita ciascuno di noi spende in media 300.000 euro per l'auto, nella quale trascorre sette anni del suo tempo. Siamo la prima nazione in Europa sia per numero di vetture circolanti, sia per i chilometri percorsi: abbiamo infatti 35 milioni di automezzi, cioe 63 auto ogni cento abitanti (la media europea e 43)e 80 per chilometro stradale (negli Stati Uniti ce ne sono 40), che percorrono 15.000 chilometri all'anno ciascuno (sei volte in pili che nel 1960). E trasportiamo tre quarti delle nostre merci su camion, benche questo ci costi energeticamente tra il doppio e il triplo delloro trasporto su treno. A parte l'inquinamento prodotto dai 750 milioni di autoveicoIi circolanti suI pianeta, i cui effetti dovrebbero essere noti a tutti, il problema della benzina e ovviamente che essa si ottiene dal petrolio, e che questo sta ormai per finire: stiamo infatti arrivando al momento in cui, sembra entro una decina d'anni, la domanda superera l' offerta e ci si comincera a scannare, soprattutto con la Cina, per accaparrarselo (nel frattempo, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno gia occupato militarmente i pozzi dell'Iraq e stan no pianificando l' occupazione di quelli dell' Iran, dopo aver fallito un colpo di Stato per recuperare quelli del Venezuela nazionalizzati da Chavez). Poiche l'infrastruttura petrol ifera e costata all' economia mondiale un investimento complessivo pari a 10.000 miliardi di dollari (mille volte la nostra finanziaria del 2007), e chiaro che si voglia sfruttare questa Fonte energetica fino all' ultima goccia. Le compagnie petrolifere cercano dun que di convincerci che ci sara petrolio a sufficienza per i prossimi quarant'anni, « dimenticando» che ormai 1'80 per cento di quello oggi estratto proviene
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da campi ampiamente sfruttati e scoperti prima del 1973, che il consumo raddoppiera in una dozzina d'anni, e che gli ultimi barili saranno molto pili difficili e costosi da estrarre dei primi. Ii petrolio soddisfa comunque soltanto un terzo della richiesta energetica mondiale, che oggi assomma al pazzesco equivalente di 400.000 litri di benzina al secondo, e sta crescendo a un ritmo vertiginoso: in Italia, in particolare, pili velocemente del prodotto interno lordo! Ii resto del fabbisogno viene soddisfatto per un quarto dal carbone, che e menD scarso del petrolio e diversamente distribuito. Ce ne sara a sufficienza ancora per uno 0 due secoli, e poiche gli Stati Uniti ne possiedono una buona fetta, invece che solo il 2 per cento come per il petrolio, non ci sono guerre del carbone in vista: la Cina, ad esempio, gia oggi ne consuma il 25 per cento della produzione mondiale, e arrivera al 40 per cento in quindici anni. Ii problema e pero che, come inquinante, il carbone non e certo meglio del petrolio: Ie sue gigantesche miniere sono di norma a cielo apeno, mentre Ie sue ceneri e Ie sue emissioni di anidride carbonica e di ossidi di zolfo (rispettivamente responsabili dell' effetto serra e delle piogge acide) so no di pili e peggiori di quelle prodotte da qualunque altro combustibile fossile. Per non parlare del rischio di autocombustione, esemplificato dalla miniera di Centralia, in Pennsylvania, che brucia ininterrottamente dal 1962 senza che si sia ancora riusciti a spegnerla, nonostante investimenti di milioni di dollari! ' Ii terzo grande rubinetto energetico e il gas naturale, che per ora soddisfa un quinto del fabbisogno mondiale. Benche anch' esso sia responsabile di inquinamento e surriscaldamento atmosferico, rilascia comunque menD anidride carbonica e brucia in maniera pili efficiente di quanto non facciano carbone e petrolio, e non produce ceneri. A causa anche delle sue abbondanti riserve, sufficienti per almeno 60 0 70 anni, e della sua versatilita, che gli permette da un lato di produrre energia elettrica in maniera pili efficiente di qualunque altro idrocarburo, e dall'altro lato di essere usato come combustibile e come Fonte di idrogeno, il gas puo essere una Fonte energetica di transizione. Mentre petrolio, carbone e gas naturale forniscono, insieme, 1'80 per cento dei consumi energetici mondiali, menD del 7 per cento deriva dall' energia nucleare, usata soprattutto per produrre
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elettricita. Le riserve accertate di uranio consentirebbero un' autonomia di secoli, che coi reattori autofertilizzanti diventerebbe praticamente illimitata e non inquinante, se non ci Fosse pero il problema dello smaltimento delle scorie e dei rifiuti (non solo delle centrali, rna anche industriali, ospedalieri e bellici), che rimane tuttora irrisolto. E, soprattutto, se non ci Fosse il rischio di gravi incidenti, come hanno mostrato i disastri di Three Mile Island negli Stati Uniti nel1979, Chernobyl in Unione Sovietica nel1986 e Tokaimur in Giappone nel1999, in seguito al secondo dei quali l'Italia e I'Austria han no rinunciato completamente al nucleare. Oggi soltanto gli Stati Uniti, il Giappone e la Francia gli si affidano in maniera sostanziosa, rispettivamente con 104, 65e 58 • reattoCi. Bisogna dunque trovare qualche soluzione alternativa al pro. blema energetico, rna prima bisogna anzitutto osservare che oggi il 20 per cento della popolazione mondiale consuma 1'80 per cento dell' energia disponibile (gli Stati Uniti, col 5 per cento della popolazione mondiale, ne consumano da soli un terzo): dunque, no no stante i peana cantati a favore della globalizzazione, solo chi mente sapendo di mentire puo sostenere che il sistema di vita occidentale sia estendibile al resto dell'umanita. La verita e invece che gli altri potranno alzare i loro consumi a un quarto dellivello dei nostri, solo se noi Ii abbasseremo di tre quarti: ad esempio, il resto del mondo potra permettersi un quarto delle nostre auto so' lo quando noi ne elimineremo tre su quattro! Naturalmente, nessuna nazione occidentale pensa seriamente a decrescere: non solo di tre quarti, rna nemmeno di un punticino in percentuale! Anzi, per industriali ed economisti gia un incubo la prospettiva di una crescita zero, anche se in realra essa significa soltanto che domani contimieremmo ad avere cio che abbiamo oggi, e in particolare a consumare pill di quanto possiamo permetterci alIa lunga. In questa « civilta» di ciechi che corre all'impazzata verso il precipizio, appaiono lungimiranti anche i miopi che almeno propongono uno sviluppo sostenibile: cioe, una via tecnologica alIa soluzione dei problemi energetici, che limiti gli impatti ambientali e si affidi a nuove tecnologie. Tra i palliativi proposti per l'autotrasporto ci so no da un lato l'uso dei mezzi pubblici, il car sharing (condivisione della proprieta dell' auto), il car pooling (condivisione dell'uso) e il road pricing
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(zone a traffico limitato a pagamento), e dall' altro lato benzine alternative quali il bioetanolo (ottenuto da barbabietola 0 canna da zucchero), il biodiesel (derivato da olii di girasole e di colza) e i biogas (ricavati dalla fermentazione di sostanze vegetali e rifiuti). Tra i palliativi per il consumo domestico, potremmo invece cercare di far diventare Ie nostre case e i nostri uffici un po' meno paradossali dal punto di vista energetico. Incominciando anzitutto a evitare i condizionatori d'aria e i climatizzatori, che ormai hanno equiparato il consumo di elettricita estiva a quello invernaIe. Passando poi a impianti di riscaldamento e per l'acqua calda autonomi e alimentati a gas, e a elettrodomestici con una potenza adeguata ai fabbisogni di una famiglia, invece che di un esercito. E finendo poi col ridurre drasticamente 10 spreco di energia sotto forma di calore attraverso la cogenerazione di energia elettrica e termica, e l'isolamento termico di tetti, muri e infissi . Ma, in realta, l'unica vera soluzione l' affrontare di petto i problemi e capire che ci possono essere uno sviluppo senza crescita e una decrescita sostenibile, affidata a energie alternative: a partire dalle gambe per il trasporto, cioe dal muoversi a piedi 0 in bicicletta quando si puo. Ma anche, utilizzando pill efficacemente e universalmente Ie energie rinnovabili che da sempre hanno sostentato l'uomo e sostenuto Ie civilra: in particolare il Sole, la legna, il vento e l'acqua. Tra tutte queste fonti, il Sole e probabilmente il nostro futuro, visto che costituisce una fonte universale e gratuita, oltre che pill che sufficiente alle nostre esigenze: quelle odierne mondiali, ad esempio, so no circa diecimila volte inferiori all' energia irradiata dal Sole suI nostro pianeta. II problema e, ovviamente, immagazzinare e sfruttare questa energia attraverso pannelli fotovoltaici, che non devono necessariamente essere come enormi lenzuola distese sui tetti: 10 dimostra il grattacielo ecologico Four Times Square a New York, completamente avvolto da un sistema integrato nelle facciate che del tutto invisibile all' osservatore non avvertito. In Europa, per ora 1'88 per cento dell' energia solare pero circoscritta in German~a: non nel « paese d' '0 Sole », dove comunque la maggior parte dei pannelli solari viene installata nella provincia di Bolzano! Tozzi discute dettagliatamente i pro e i contro di molte altre possibili energie alternative, da quelle gia ben avviate come l'i-
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droelettrica 0 I' eolica, a quelle da potenziare come la geotermica 0 la combustione dei rifiuti, a quelle da sviluppare come I'idrogeno o la fusione fredda, e il suo libro si presenta come una vera e propria summa che dovrebbe essere letta e meditata da tutti, rna soprattutto nelle scuole. Forse il ministro della Pubblica istruzione, invece di tuonare per preservare tradizioni (ne pubbliche, ne istruttive) quali i presepi 0 i canti natalizi, potrebbe pili seriamente far piovere un' ora obbligatoria di Educazione energetica, che aiutasse scolari e studenti a occuparsi di questi veri problemi: se 10 facesse, L'Italia a seeco ne costituirebbe il testo naturale e ideale. Ma non 10 fara: 10 adottino allora autonomamente genitori e in. , . . . segnantl, per se e per 1 propn ragazzl.
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LA TERRA PRODUCA GLI ESSER! VIVENTI
Secondo la mitologia ebraica del Genesi, la vita nacque mediante una serie di interventi divini. II terzo « giorno» furono create Ie piante, il quinto i pesci e gli uccelli, e il sesto gli animali e I'uomo: quest' ultimo, a immagine e somiglianza di Dio. Quanto alia donna, il Genesi non eben sicuro: secondo il versetto 1.27 fu fatta contemporaneamente alI'uomo, mentre secondo il 11.22 fu invece tratta da una sua costola. Chi si contenta go de, rna chi non si contenta potra cap ire come siano veramente andate Ie cose ponderando Polvere vitale (Longanesi, 1998) e Come evolve La vita (Cortina, 2003), i classici del premio Nobel 1974 per la medicina Christian de Duve, il primo dei quali reca la singolare dedica: « Alia vita ». Naturalmente, come si puo immaginare, la realta e un po' pili complicata delle favole. Ma e anche molto pili bella e interessante, almeno per gli adulti alfabetizzati. E si puo raccontare facendo riferimento soltanto a processi naturali, governati dalle stesse leggi che han no portato alia formazione del Sole e della Terra: in particolare, senza ness un bisogno di far appello a vitalismi, finalismi e, menD che mai, creazionismi. Addirittura, come dichiara esplicitamente de Duve, « la vita e una manifestazione obbligata delle proprieta combinatorie della materia ». La vita si manifesta dunque obbligatoriamente, rna come? II suo inizio si puo far risalire a circa quattro miliardi di anni fa: cioe, a circa mezzo miliardo di anni dopo la formazione della T erra e della Luna. Oggi I' atmosfera terrestre si com pone all' ottanta per cento di azoto e al venti per cento di ossigeno, con piccole tracce di anidride carbonica, ozono e altri elementi. Ma a quell' epoca era molto diversa, e vi dominava I' anidride carbonica: grazie al conseguente effetto serra, la temperatura era altissima, rna I'acqua non bolliva perche era alta anche la pressione. II cielo era arancione chiaro, invece che azzurro, e l' anidride carbonica si scioglieva in acido carbonico nella pioggia, che era dunque acida come acqua minerale gassata. Poiche non c' era l' ozono a schermare i raggi ultravioletti del Sole (quelli che ci ustionano in montagna), la vita dovette avere •
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inizio sott'acqua: probabilmente nelle sorgenti idrotermali 0 vulcaniche, come quelle in cui ancor oggi vive la maggior parte dei batteri termofili pili antichi. E non ci fu bisogno di nessun intervento estemo, come dimostro nel1953 un esperimento di Stanley Miller e del premio Nobel per la chimica Harold Urey: bastano scariche elettriche in un miscuglio di metano, ammoniaca e idrogeno, alIa presenza di acqua che evapora e si condensa, per provocare la nascita spontanea di una dozzina di amminoacidi, e di altre molecole organiche che si trovano di norma negli organismi vi• venn. Gli stessi elementi so no stati trovati nel meteorite caduto nel 1969 a Murchinson, in Australia: i mattoni della vita si formano dunque spontaneamente anche al di fuori della Terra, e qualcuno puo esserci arrivato direttamente dallo spazio, secondo un processo che si chiama « panspermia». II problema e sapere come questi mattoni si sono assemblati a produrre l' edificio: un problema che, a scanso di equivoci, e di chimica e biologia, non di teologia! E la soluzione, descritta in dettaglio nei libri di de Duve, sta nei complessi meccanismi che portarono, senza soluzione di continuid., dai costituenti elementari della vita (carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo e zolfo) aile basi, ai nucleotidi, all'RNA, al DNA, ai geni, alle cellule procariote, a quelle eucariote, agli organismi multicellulari, alle piante, agli animali e all'uomo. Come abbiamo accennato, gli ingredienti si formarono spontaneamente nel brodo primordiale. Per la sintesi dell'RNA furono necessari appropriati catalizzatori, dalle particelle di argilla ai cristalli di pirite. Per Ie prime strutture cellulari bastarono invece Ie propriera catalitiche dell'RNA, la cui scoperta frutto a Thomas Cech e Sidney Altman il premio Nobel nel1991. In particolare, la selezione delle quattro basi che costituiscono Ie lettere dell' alfabeto del codice genetico fu la conseguenza della complementarita. geometrica delle loro strutture, che Ie rende appaiabili due a due come tessere di un puzzle (A con U nell'RNA, e con T nel DNA; e G con C in entrambi): su questa propriera. si fonda l'intero meccanismo della riproduzione cellulare, compresa . la famosa struttura a doppia elica scoperta da Watson e Crick nel 1953. . Dire ache punto esatto della storia sia nata la vita, e una questione puramente convenzionale: tutto dipende da quale caratte-
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ristica si sceglie come riferimento. Se e l' autoriproduzione, allora la vita e nata con Ie prime molecole di RNA 0 con i primi geni, dunque un po' meno di quattro miliardi di anni fa: i testimoni di questa fase sono, oggi i retrovirus, come quelli del cancro 0 delI'AIDS. Se e la presenza di una cellula, i primi esseri viventi furono gli archibatteri termofili, circa tre miliardi e mezzo di anni fa. Se e 1'0rganizzazione multicellulare, si tratta delle alghe rosse, apparse un miliardo di anni fa. Se a tutti i costi si vuole un ani male, la vita inizia settecento milioni di anni fa coi diploblasti, dai quali derivane da un lato Ie spugne, e dall'altro Ie meduse, i coralli e gli anemoni di mare. Non bisogna pero pensare che la storia evolutiva sia stata tutta rose e fiori, e non solo perche per vedere i fiori la Terra ha dovuto attendere fino a cento milioni di anni fa. La spinta dell' evoluzione, verso la diversid. da un lato, e la complessita. dall'altro, e stata spesso contrastata, e in gran parte vanificata, da catastrofi spaventose, la pili grande delle quali avvenne circa due miliardi di anni fa: la sostituzione dell'anidride carbonica dell'atmosfera con l'ossigeno, causata dal successo degli organismi fototropi, che causo l' olocausto della maggior parte degli esseri anaerobici allora costituenti la quasi totalira delle forme viventi. I sopravvissuti si trovano oggi in ambienti senza ossigeno come gli intestini degli animali o i sedimenti fangosi, dove producono metano 0 alimentano fuochi fatui. 0 so no diventati simbionti di organismi aerobici, come i mitocondri delle cellule eucariote. Quanto alIa vita come la intende grossolanamente la Bibbia, quella cioe degli organismi macroscopici del mondo vegetale e animale, ha subito a sua volta cinque grandi estinzioni, provocate sostanzialmente da due cause: ghiaccio e asteroidi. La pili catastrofica fu la terza, avvenuta 245 milioni di anni fa, che distrusse il novantacinque per cento delle specie esistenti: al suo confronto il Diluvio Universale della mitologia fu una pioggerellina primaverile. La causa del disastro fu probabilmente la deriva dei continenti, che Ii ammasso tutti in uno solo: la Pangea. Buona parte delle terre emerse si ritrovo attomo al polo Sud, e fu coperta da . una calotta di ghiaccio. La quinta grande estinzione, di 65 milioni di anni fa, fu invece prodotta da un asteroide di dieci chilometri di diametro, grande letteralmente come una montagna, che in tre ore supero 10 spazio
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tra la Luna e la Terra, e in un secondo attraverso l' atmosfera terrestre. L' effetto fu pari a cento milioni di bombe all'idrogeno, e produsse uno tsunami di un chilo metro d'altezza (quello del Natale 2004 era di dieci metri). 11 risultato di questo tremendo impatto fu che il Sole fu oscurato dai detriti per mesi 0 anni, la temperatura impazzl, tutte Ie piante e gli animali erbivori morirono, e di nuovo tre quarti delle specie viventi si estinsero, dinosauri com• prest. Ancor oggi rimangono tracce di quella catastrofe, che ci hanno permesso di ricostruirla. La prima e locale: il cratere creato dall'asteroide a Chicxulub nello Yucatan, che misura duecento chilometri di diametro e tredici di profondita, anche se ormai e coperto di detriti. La seconda e globale: un sottile strato di argilla, scoperto dal premio Nobel per la fisica Luis Alvarez nel1970, che separa ovunque i sedimenti del Cretaceo da quelli del Terziario, e contiene un'insolita concentrazione di iridio, oltre che fuliggine e granelli di quarzo da shock. La storia della vita e dun que ben piu complessa, eben piu tragica, di quanto ce la immaginiamo solitamente noi e, soprattutto, i sedicenti movimenti per la vita da un lato, e per I' ambiente dall' altro. Preoccuparsi degli embrioni umani rna mangiare carne, 0 anche solo respirare e digerire, rivela infatti un razzista e biblico disdegno non soltanto del mondo animale, che e per la maggior parte costituito da vermi, rna anche e soprattutto del mondo animato in generale, che e per la maggior parte costituito da batteri. E preoccuparsi dell'effetto serra 0 del buco d'ozono tradisce un'ingenua ignoranza delle capacid. di resistenza e sopravvivenza che il pianeta e la vita hanno dimostrato nel passato. In un caso e nell' altro, dietro ai grandi proclami per la_vita e I' ambiente si nascondono interessi uguali e contrari per una cosa sola: 1'uomo, insignificante e tardiva comparsa di una grandiosa rappresentazione.
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QUESTO E IL MIO CORPO
Secondo il Nietzsche di COSt parla Zarathustra, « colui che e des to e cosciente dice: sono tutto corpo e nient' altro». E secondo il Merleau-Ponty della Fenomenologia della percezione, « io so no non a dispetto del mio corpo, rna al contrario in quanto sono questo corpo ». La filosofia moderna, dunque, arrivata a far giustizia della concezione biblico-patristica del corpo come strumento di peccato, cosl come di quella platonica del corpo come prigione dell'anima, e rivendica invece per esso un ruolo di intermediario tra I'uomo e il mondo, 0 tra la coscienza e la natura. Ora, sappiamo tutti benissimo cos'e il corpo umano: un sistema complesso che ci permette di respirare, percepire, muovere, mangiare, digerire, defecare, comunicare, copulare e riprodurre. Cio che invece non tutti sappiamo che un corpo che svolge tutte queste funzioni ce I'hanno non soltanto gli organismi superiori, rna anche quelli inferiori, cellule comprese: il che assesta un altro colpo alia nostra supposta singolarita di viventi, dopo i tanti gia sferrati dalla scienza nei suoi quattro secoli di storia. Naturalmente, perche ci sia un corpo ci dev'essere un contenitore come la pelle, che nelle cellule e costituito da una membrana simile a una bolla di sapone, attraverso Ie maglie della quale Ie sostanze possono entrare e uscire. E poiche la superficie di una sfera e proporzionale al quadrato del raggio, rna il suo volume e proporzionale al cubo, a un certo punto della crescita 1'assunzione di sostanze dall'esterno diventa insufficiente al mantenimento dell'interno di una cellula sferica: la forma deve dunque diventare asimmetrica, e alla fine si separa in cellule autonome grazie al fatto che la membrana cellulare in grado di autosigillarsi. Dalla membrana sporgono, al1'indentro e all'infuori, varie proteine che permettono alia cellula di comunicare in maniera chimica con l'ambiente circostante. Esse formano un vero e proprio sistema sensoriale, in cui la parte delle proteine esterna alia cellula svolge il ruolo di recettore, quella interna il ruolo di effettore, e la loro varieta permette una risposta graduata e differenziata al1'ambiente esterno. Poiche in questo ambiente ci possono essere
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altre cellule, quando una di esse reagisce alle sostanze prodotte dalle altre si instaura un sistema di comunicazione cellulare, di natura chimica, che con l' evoluzione ha assunto un ruolo sempre pili • Importante. Dalla membrana sporgono anche proteine di un altro genere, chiamate flagelli, « sferze », che costituiscono Ie eliche rotanti del sistema di motilita della cellula. La benzina del motore e costituita dalI'ATP, l'importante molecola che e il principale veicolo dell'energia metabolica negli esseri viventi. A seconda che si leghino 0 si dissocino con l'ATP, i flagelli si incurvano 0 si distendono, facendo muovere la cellula: un meccanismo che si ritrova in tutti i sistemi motori cellulari, compresi i nostri muscoli. II movimento e di per se casuale, rna puo diventare direzionale se il motore e accoppiato a dei recettori chimici attrattivi 0 repulsivi, che indirizzano il movimento in modo da avvicinarsi alle sostanze utili e allontanarsi da quelle dan nose. . Molte cellule batteriche sono anche ricoperte di sottili filamenti chiamati pili, « peli », che permettono aile cellule di fissarsi a dei sostegni 0 fra loro, in maniera analoga agli uncini degli atomi di Lucrezio. Alcune di queste cellule sono dotate di particolari pili che possono penetrare nelle cellule che ne sono sprovviste, per introdurre in esse frammenti di DNA su cui sono situati, fra l'altro, anche i geni che specificano Ie proteine dei pili stessi: it processo, chiamato coniugazione, costituisce una forma primordiale di sistema di riproduzione sessuale, in cui il DNA della cellula maschile fecondante viene combinato con quello della cellula femminile fecondata, per dar luogo a ibridi composti dai geni dei due genitori. Tra Ie sostanze prodotte dalla cellula ci sono enzimi che costituiscono l' apparato digerentey nel senso che frammentano Ie proteine in amminoacidi, gli acidi nucleici in nucleotidi, i nucleotidi in zuccheri, basi e fosfato, e COS! via. Agli inizi la digestione era esterna, e la cellula ingeriva poi i prodotti frammentati in un processo chiamato appunto di endocitosi, « dentro la cellula ». In seguito l'apparato fu introiettato mediante un'invaginazione della membrana, con la conseguente formazione di uno stomaco costituito da lisosomi, « corpi diluenti », il che permise alIa cellula di potersi muovere liberamente nell'ambiente alia ricerca del nutrimento. Collegato con I'apparato digerente c'e anche, ovviamente, un sistema di deJecazione detto esocitosi, « fuori della cellula », per-
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che scarica all' esterno i rifiuti costituiti dai residui non digeriti. E, ancora una volta, l'energia necessaria per mantenere entrambi i processi deriva dalI'ATP, tramite la sua dissociazione. . Per adattarsi alia catastrofe dell'ossigeno, cioe aII'inquinamento dell' atmosfera provocato dai batteri fotosintetici, che producono appunto ossigeno dall'acqua usando I'energia della luce, Ie cellule eucariote catturarono e introiettarono un sistema respiratorio Formato da mitocondri, « filamenti di granelli », che so no microrganismi che consumano ossigeno come carburante e producono anidride carbonica come scarto. Per sincronizzare Ie diverse velocita di riproduzione della cellula ospite (lenta) e dei mitocondri (veloci), ed evitare che questi ultimi finissero per soffocare la prima, i vari DNA furono tutti riuniti in un nucleo e riprodotti insieme: di qui il nome di cellula eucariote, « (con) buon nucleo ». Si ottenne COS! una netta separazione fra i meccanismi metabolico e riproduttivo, che e tipica della divisione del lavoro che avviene nelle cellule complesse. Tolto il nucleo, cio che rimane della cellula si chiama citoplasma, « sostanza cellulare », e contiene un concentrato di ingredienti chimici coinvolti nei processi vitali. Il citoplasma e suddiviso in compartimenti di varia forma e contenuto, ad alcuni dei quali abbiamo accennato, e che costituiscono i vari organi della cellula. Poiche una struttura COS! complessa rischia di collassare sotto il suo peso, Ie cellule eucariote han no sviluppato un vero e proprio scheletro, chiamato appunto citoscheletro, costituito da proteine di vario genere che polimerizzano in maniera diversa: a reticolo o a cesto (la clatrina), a elica (l'actina), a tubo (la tubulina), eccetera, formando diversi tipi di strutture di sostegno. Con I'avvento di organismi pluricellulari via via pill complessi, arrivarono poi a cascata altri organi pill specifici: un canale alimentare, dapprima a doppio senso di circolazione, con un'unica apertura che funge sia da bocca sia da ano, e poi a senso unico, con entrata e uscita differenziate; un sistema nervoso, presente in tutte Ie forme animali, eccetto Ie pill primitive; un sistema di irrigazione cellulare, che distribuisce l' ossigeno in maniera capillare, e affranca dalla necessita di stazionare in rap ide correnti d' acqua; una cavita interna, che contiene gli organi principali; una struttura vertebrale, che protegge il sistema nervoso; una sacca d'aria, che costitu! dapprima una riserva d' ossigeno, e poi divenne un sistema
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respiratorio; un sistema riproduttivo amniocentico, che permette uno sviluppo acquatico del feto anche sulla terra ferma, dapprima nell'uovo esterno, e poi nel sacco amniotico interno; un sistema mammario, per la nutrizione dei piccoli; e COS1 via. Naturalmente, come ogni corpo invecchia e muore, COS1 accade anche per Ie cellule: e per fortuna, perche altrimenti una singola cellula batterica arriverebbe a coprire I'intera superficie terrestre di sue copie in appena due giorni, e una cellula eucariota in due mesi. Da un lato, a porre un limite naturale all'espansione demografica cellulare e l' esaurimento delle risorse energetiche nell' ambiente attorno alia cellula: una bella metafora per la sorte della razza umana, la quale non comprende che « crescere e moltiplicarsi» e una ricetta diabolica per il suicidio collettivo. Dall' altro lato, esiste comunque un meccanismo di senescenza cellulare incorporato nel processo stesso di riproduzione. Agli estremi dei cromosomi nei quali e suddivisa I'informazione genetica si trova infatti un gran numero di telomeri, cioe di ripetizioni della sequenza TTAGGG, e il meccanismo di duplicazione del DNA fa SI che a ogni replicazione qualcuno di essi venga tagliato, di modo che il numero delle ripetizioni diminuisce progressivamente. Alia fine i telomeri si esauriscono e la cellula non puo pili riprodursi: da questo punto di vista la duplicazione cellulare e dunque come quella fotostatica, in cui Ie copie successive si indeboliscono fino a svanire. Cio che succede in pratica e che, esaurito il « contatore di duplicazioni », la riproduzione success iva va a tagliare il materiale genetico, e la presenza di DNA danneggiato induce la cellula a un letterale suicidio individuale, tramite un processo scoperto nel1965 da John Kerr e da lui chiamato apoptosi: un termine greco che significa « decadenza », e che veniva usato per la caduta autunnale delle foglie. Essendo un metodo di soppressione automatica delle cellule indesiderate, l' apoptosi e usata dagli organismi in maniera sistematica e disparata: ad esempio, permette di scolpire mani e piedi dell'embrione mediante I'eliminazione delle membrane interdigitali, e fornisce una difesa immunitaria dell'individuo mediante l' eliminazione delle cellule danneggiate 0 infette. Simmetricamente, alcune gravi malattie derivano da una sua disfunzione: ad esempio, un difetto dell'apoptosi nell'eliminare Ie cellule dan•
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neggiate (dovuto a una disfunzione del gene TP53 che la regola) e la causa del cancro, mentre un suo eccesso nell'eliminare i linfociti e invece la causa dell' AIDS. La morte cellulare, nelle due forme della necrosi esterna che fa esplodere la cellula, edell' apoptosi interna che la fa implodere, mo~tr~ dun que ~h~ ~ia a questo livello si trovano analoghi dell' assaSSllllO e del SUlCldlO, e che anche per Ie cellule « il vivere e un correre alIa morte». Ma mostra altresi che la difesa a oltranza della vita, la ribellione al suicidio e la pretesa di immortalita sono i punti qualificanti di un programma letteralmente cancerogeno per Ie cellule: chi ha orecchie per intendere intenda, e combatta il cancro anche allivello degli organismi sociali, costringendo all'apoptosi Ie cellule cancerogene prodotte dai sedicenti Movimenti per la Vita, che ne minacciano la sopravvivenza e rischiano di provocarne la morte.
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L'ALBERO DELLA CONOSCENZA
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Una delle classif1cazioni pili note della storia sicuramente quella delle categorie aristoteliche, che il filosofo distingueva in « so stanza, quantita, qualita, relazione, luogo, tempo, essere, avere, agire e patire». L'elenco un po' erratico, e fa venire in mente Ie penitenze dei bambini: « dire, fare, baciare, lettera, testamento ». Ancora pili balzana la classif1cazione dell'Emporio celeste di riconoscimenti benevoli, un' enciclopedia cinese del decimo secolo citata 0 inventata da Borges:
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Gli ani mali si dividono in: appartenenti all'Imperatore, imbalsamati, addomesticati, maialini da latte, sirene, favolosi, cani randagi, inclusi in questa classificazione, che si agitano come matti, innumerevoli, disegnati con un pennellino finissimo di peli di cammello, eccetera, non pili vergini, che da lontano sembrano mosche. Da vicino tutte queste classif1cazioni sembrano invece pure e semplici espressioni di umorismo, volontario 0 involontario che sia. Anche se, con un po' di buona volonta, la lista di Aristotele si puo intendere come un elenco di categorie grammaticali, ipostatizzate metaf1sicamente: « sostantivi, aggettivi (quantitativi e qualitativi), relazioni, avverbi (di luogo e di tempo), verbi ausiliari (essere e avere) e forme verbali (attive e passive) ». Tutte Ie classif1cazioni, per quanto ingenue, sono comunque la manifestazione di un istinto tassonomico che tradisce la volond di ordinamento del mondo secondo I'antico principio del divide et impera, inteso metaforicamente come: « classif1ca e comprendi». 0, ancora pili anticamente, secondo la denominazione delle cose che fu la prima attivita di Adamo nel Genesi (II, 19-20), quand'ancora la sua attenzione non era stata distratta dall'arrivo di Eva:
II Signore Dio plasmo dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e Ii condusse all'uomo, per vedere come
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Ii avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Cosl l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte Ie bestie selvatiche. Pili che gli Ebrei, furono pero i Greci a tentare una prima classif1cazione sistematica del mondo animale e vegetale. Aristotele dedico infatti al primo i tre libri Storia degli animali, Sulle parti degli animali e Sulfa generazione degli animali, distinguendo ad esempio quelli con sangue (uomo, quadrupedi, cetacei, pesci e uccelli) da quelli senza sangue (crostacei, molluschi e entema, comprendenti tra gli altri insetti e vermi), in una divisione che ricalca quella odierna tra vertebrati e invertebrati. E il suo allievo e successore T eofrasto allargo nelle Ricerche sulle piante e Cause delle piante l' attenzione al secondo mondo, coniando il termine « botanica» e classif1cando 480 piante sulla base della loro generazione (spontanea, da seme, da radice, da un ramo, dal tronco). Dopo questi timidi inizi la classif1cazione del mondo della vita si rivelo via via pili complessa, e produsse presto, da un lato, opere di dimensioni sempre pili mastodontiche, quali la Storia naturale di Plinio il Vecchio e, dall'altro, classif1cazioni sempre pili complicate e cervellotiche, basate su lunghe sf1lze di nomi e attributi quali Physalis annua ramosissima, ramis angulosis gfabris, flliis dentato-serratis. Nel Settecento la situazione era ormai diventata ingestibile, e la botanica e la zoologia attendevano un Messia che venisse a mettere ordine nel disordine dei loro ordinamenti. Lo trovarono entrambe nello svedese Carlo Linneo, di cui nel 2007 si celebrato il terzo centenario della nascita con manifestazioni di ogni tipo e in ogni luogo: oltre a innumerevoli congressi internazionali, la celebre rivista Nature gli ha infatti consacrato una copertina, la sua patria gli ha dedicato un' emissione filatelica, dopo averlo gia eff1giato suI biglietto da 100 corone, il Museo Linneo di Uppsala ha aperto Ie porte del suo giardino e della sua casa, e la Socied Linnea di Londra ha esibito la sua collezione originale di 40.000 specie, oltre alia sua biblioteca di 16.000 libri e alia sua corrispondenza. Col senno di poi, si puo dire che Linneo trovo un uovo di Colombo: classif1care animali e piante come si fa con Ie persone, semplicemente mediante un cognome generico e un nome speci-
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fico come Physalis angulata. Ironicamente, a quell'epoca in Svezia Ie persone di solito non avevano un cognome, e usavano semplicemente un patronimico: ad esempio, il nonno di Linneo si chiamaya Ingemar Bengtsson, cioe « figlio di Bengt»: fu il padre di Linneo a darsi questo cognome, ispirandosi a un suo bosco di linn, « tigli», e latinizzandolo in Linnaeus. Altrettanto ironicamente, il metodo di nomenclatura binomiaIe era gia stato anticipato di un paio di secoli dai due fratelli Gaspare e Giovanni Bauhin. COS! come era stata parzialmente anticipata, sempre di un paio di secoli e da Corrado Gesner, l' organizzazione abbozzata da Linneo, e poi divenuta classica, delle forme viventi in « domini, regni, fila, classi, ordini, famiglie, generi, specie, sottospecie e razze». A prima vista si trattava di un'altra sospetta lista di categorie, rna questa volta il principio ispiratore era quello giusto: non pill una classificazione basata su caratteri apparenti, come nel duecentesco trattato Sugli animali di Alberto Magno, che distingueva alla maniera cinese « quelli che camminano, che volano, che nuotano e che strisciano», bens! una classificazione ad albero genetico che oggi riconosciamo come basata sulla storia evolutiva. Naturalmente non la vedeva COS! Linneo, che era un creazionista e credeva che Ie specie principali fossero uscite dalle mani di Dio come Venere dalla spuma del mare, fatte e finite una volta per tutte. D'altronde la sua metafisica era ancora biblica, visto che egli descriveva se stesso come un secondo Adamo e il proprio lavoro col motto: Deus creavit, Linnaeus disposuit (Dio creo, Linneo dispose). Non a caso, sulla copertina del Sistema della natura, il capolavoro che passo gradualmente dalle undici pagine della prima edizione del 1735 alia classificazione di 4400 specie animali e 7700 vegetali della decima del 1758, era raffigurato un uomo che nel Giardino dell'Eden assegna i nomi aile creature. Cio nonostante, Linneo non era completamente fissista: riconosceva, ad esempio, che per ibridazione e acclimatazione possono nascere nuove specie, a partire da quelle create direttamente da Dio. Quanto all'uomo, 10 colloco non al sommo del creato rna tra Ie scimmie antropomorfe, attirandosi di conseguenza scontate accuse di « empietL> da parte dell'arcivescovo di Uppsala, com'e il prevedibile e immutabile destino di chiunque osi sfidare scientificamente la superstizione religiosa. Un destino che Linneo af-
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fronto coscientemente, attestando in una lettera del 1747 che « chiamare l'uomo scimmia, 0 la scimmia uomo, irrita i teologi, rna va fatto perche COS! ordina la scienza ». Oggi i teologi sono rimasti fermi a quell'irritazione, rna la scienza e andata molto avanti sulla via, indicata da Linneo, di una classificazione gerarchica della vita basata su caratteristiche osservabili degli organismi. Anzitutto, sostituendo il suo creazionismo con l' evoluzionismo, che Darwin arrivo a formulare solo dopo aver studiato a fondo la sua classificazione. E poi, passando dalle sue osservabili macroscopiche, quali gli stami e i pistilli per una classificazione di tipo « sessuale» delle piante, ad analisi microscopiche basate sulla struttura del DNA. SU queste basi gli scienziati stanno oggi ricostruendo il vero Albero della Conoscenza, riscrivendo il vero Genesi e scoprendone il vero Autore, all'insegna del motto coniato da Spinoza e condiviso da Einstein: Deus, sive Natura (Dio, cioe la Natura).
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PICCOLO MONDO ANTICO
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« Dopo
essere stata respinta due volte da un forte vento di sudovest, la nave di sua maesta Beagle, un brigantino con dieci cannoni comandato dal \apitano Fin Roy, salpo da Davenport il 27 dicembre 1831 ». E l'inizio del Viaggio di un naturalista intorno al mondo di Charles Darwin: anzi, un doppio inizio, del viaggio stesso (1831-1836) e del suo reportage (1845), che insieme cambiarono dapprima Ie sorti del naturalista, e poi quelle del mondo intero, perche in essi Darwin intulle basi della teo ria dell'evoluzione, che poi sviluppo nei due capolavori L'origine delle specie (1859) e L'origine dell'uomo (1871). Questa teo ria, come si sa, e stata ed e avversata dai fondamentalisti, che l'hanno correttamente considerata una confutazione scientifica delle favole bibliche sulla creazione esposte nel Genesi, sulle quali tuttora si basa il Cristianesimo: se non ci sono stati un primo uomo e una prima donna, infatti, allora non c'e stato il peccato originale, non ha senso la dottrina della redenzione ed e inutile la morte di Cristo. Non a caso, sia l' enciclica Humani Generis sia il « nuovo» Catechismo continuano a parlare di Adamo ed Eva come dei nostri letterali « progenitori», e a suo tempo il governo Berlusconi ha cercato di censurare l' evoluzionismo dai programmi scolastici con un colpo di mano, fortunatamente sen• •• za nUSClfCI. Proprio a causa della resistenza fondamentalista alIa sua diffusione, e benemerita ogni attivita che tenda a far conoscere l'evoluzionismo in generale, e ai -giovani in particolare. Una singolare iniziativa in questa direzione e stata messa in piedi dal 27 dicembre (appunto) 2006 al 7 gennaio 2007, con l'aiuto del Sissa Medialab, dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGs) e dell'Editoriale Scienza, tutti di Trieste, oltre che del Geolab di Napoli: portare otto fortunati bambini alle Galapagos per far loro rivivere la tappa pili romantica del viaggio di Darwin, e far riprendere il tutto da Rai Educational, in una sorta di Giovani velisti per caso (non a caso, la nota trasmissione di Patrizio Roversi e Susy Blady ha dedicato una puntata a questa avventura,
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nell'ambito di una sua indipendente ripetizione su Adriatica di dodici tappe sudamericane del Beagle). Che cosa i bambini hanno visto alle Galapagos, e presto detto: Ie isole non so no infatti cambiate molto dai tempi di Darwin (0, almeno, non troppo, visto che durante la seconda guerra mondiaIe gli Stati Uniti ci hanno impiantato una base militare, rifiutandosi poi per dieci anni di andarsene, come loro abitudine), 'e il capitolo 17 del Viaggio ne costituisce dunque ancor oggi una Fedele guida. Gli animali-simbolo delle isole solo ovviamente Ie famose e gigantesche tartarughe (galltpago, in spagnolo), che hanno dato il nome all' arcipelago: da bravo turista, Darwin si diverd a cavalcarIe e a rovesciarle, verificando che esse riescono a rimettersi in piedi da sole, a differenza delle testuggini. Altrettanto spettacolari so no Ie iguane giganti, di terra (verdi e rosse) 0 di mare (nere), entrambe vegetariane. Anche con loro Darwin si diverd, gettandone una di mare per molte volte in acqua e notando che essa tornava regolarmente a riva: dal che egli dedusse che questo rettile non ha nemici sulla spiaggia, rna e spesso preda degli squali in mare, nel quale si reca dun que solo per mangiare Ie alghe che costituiscono la sua dieta. Un marinaio del Beagle ne affondo invece una con un peso attaccato, scoprendo che dopo un' ora essa era ancora perfettamente viva. Oggi Ie guide del parco nazionale, stabilito nel1959 sulla quasi totalita (i197,5 per cento) del territorio, non solo non permettono pili questi « esperimenti », rna si assicurano che non ci siano contatti di sorta con nessuno degli animali: soprattutto con Ie otarie che popolano Ie spiagge sulle quali si attracca e catturano l' attenzione dei visitatori con deliziose scene di vita famigliare, nelle quaIi il maschio pattuglia la riva barrendo e Ie madri allattano teneramente i piccoli belanti. La presenza delle otarie e dei pinguini, che sfrecciano in acqua intorno ai bagnanti, e la dimostrazione visibile del fatto che queste isole equatoriali sono collegate alle zone polari dalla fredda corrente di Humboldt. Forse ancora pili interessanti di tutti questi animali, e anche delle singolari sule dai piedi azzurri 0 rossi, benche certo menD appariscenti agli occhi dei visitatori grandi 0 piccini, so no poi Ie tredici specie di fringuelli che Darwin scoprl, rna che furono class ificati soltanto al suo ritorno dall' ornitologo John Gould: essi si distinguono principalmente per la lunghezza e la forma delloro
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becco, da cui il titolo del bestseller di Jonathan Weiner II becco del fringuello (Mondadori, 1995), vincitore del premio Pulitzer nel 1995. Oggi i cosiddetti « fringuelli di Darwin» costituiscono una delle migliori prove scientifiche del funzionamento dell'evoluzione in natura. Le ricerche dei due biologi Peter e Rosemary Grant, alle quali illibro appunto dedicato, confermano infatti l'intuizione di Darwin che Ie varie specie di fringuelli costituiscono diverse risposte adattative alle condizioni ecologiche locali delle varie isole: etichettando l'intera popolazione aviaria della piccola isola di Dafne, e monitorandone i cambiamenti in periodi di siccita e di alluvione, nel giro di pochi anni la coppia di scienziati infatti riuscita a misurare gli effetti della selezione naturale che porta ai cambiamenti della dimensione e della forma del corpo (soprattutto, del becco) dei fringuelli. I risultati sono stati non solo una verifica quantitativa della teoria qualitativa dell' evoluzione, rna anche la sorprendente scoperta che i cambiamenti di specie possono avvenire in tempi brevissimi, invece che nei tempi storici ai qUali si credeva essi fossero confinati. In particolare, i Grant han no messo in luce il meccanismo di isolamento riproduttivo che costituisce la condizione essenziale per separare una specie dall' altra: si tratta di una discriminazione dei maschi che Ie femmine effettuano sulla base del loro canto, che poi viene trasmesso come patrimonio culturale di padre in figlio. La possibilita di una sporadica ibridazione sessuale rimane, pero, e viene occasionalmente sfruttata per potenziare la diversira genetica tra Ie popolazioni e separarle fra loro. Che la selezione potesse portare alIa speciazione era ovviamente una cosa nota da tempo per Ie piante da vivaio e gli ani mali da allevamento: non a caso L'origine delle specie incomincia con un capitolo sui piccioni, dei quali 10 stesso Darwin era riuscito a creare molte specie diverse in pochi mesi attraverso incroci. II problema era osservare la selezione naturale agire allo stesso modo della selezione artificiale, e la prima testimonianza venne da uno studio di Hermon Bumpus sulle caratteristiche degli uccelli morti 0 sopravvissuti durante una gelata a Providence nel gennaio 1898, che settant'anni dopo Forni ai Grant l'ispirazione per illoro lavoro. Una conferma a posteriori venuta dalla carbonaria, una falena nera la cui mutazione fu favorita dagli effetti della fuliggine pro-
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dotta dalla Rivoluzione industriale, e la cui evoluzione si potuta seguire dal 1848 a oggi attraverso l' esame degli esemplari raccolti dai collezionisti. Quello dei Grant fu il primo studio dettagliato di evoluzione in azione, e moltri altri ne so no poi seguiti. Uno dei pili singolari quello del microbiologo Bruce Levin, che ha osservato l' evoluzione del batterio Escherichia coli del proprio intestino attraverso . l' esame della carta igienica usata giornalmente, scoprendo che in un solo anna si erano formati 53 diversi ceppi, di cui solo due erano sopravvissuti. II che da un'idea di cio che l'evoluzione produce non soltanto attorno, rna dentro a noi: d'altronde, come ha detto il premio Nobel per la medicina MacFarlane Burnet, osservare il sistema immunitario in azione su batteri e virus (e viceversa) probabilmente il miglior modo di renderla visibile. Darwin aveva dunque visto giusto alle Galapagos, quando diceva che quell'arcipelago « un piccolo mondo particolare nel quale, tanto nello spazio quanto nel tempo, ci sembra di essere in un certo modo vicini a quel grande fenomeno, il mistero dei misteri, che fu la prima comparsa di nuovi esseri su questa terra ». Un mistero da lui svelato nel suo lavoro successivo, che ormai conoscono persino i bambini: non solo i pochi che hanno avuto la piccola fortuna di ripercorrere Ie sue tracce sulle isole, rna anche i molti che hanno ancora la grande fortuna di poter studiare la sua teoria a scuola, nonostante gli attentati dei fondamentalisti religiosi che vorrebbero ammannire loro soltanto i propri fumetti.
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I SIGNORI DEI MOSCERINI
« Noioso come una mosca», si dice. Ma se la mosca e la Drosophila melanogaster, 1'« Amante della rugiada dall' addome nero », COSl chiamata nel1823 da Carl Fredrik Fallen, allora l' espressione corretta sarebbe piuttosto « interessante come un moscerino della frutta»: Ie ricerche su questo insetto, a prima vista insignificante, han no infatti svelato molti dei segreti della genetica e portato a una mezza dozzina di premi Nobel, in una saga scientifica narrata da Martin Brookes in Dio creo la mosca (Longanesi, 2003). La storia incomincio nel 1900 a Harvard, quando William Castle comprese che il comune moscerino della frutta poteva divenire un utile soggetto di studio perche era piccolo (ce ne stan no centinaia in una bottiglia), fecondo (ogni femmina depone un migliaio di uova in un giorno), non longevo (la sua vita dura solo un mese) ed economico (un po' di frutta avariata nutre molti moscerini per molti giorni). Pochi anni dopo, nel1910 alIa Columbia, Thomas Morgan fece la prima grande scoperta: partendo da una mutazione spontanea del colore degli occhi di un moscerino, egli arrivo a dimostrare che 1'ereditarieta scoperta nel 1865 da Gregor Mendel nel suo studio sui piselli, aveva Ie sue basi fisiche in strutture cellulari che erano state osservate nel 1842 nelle piante da Karl von Nageli e nei vermi da Edouard van Beneden, e alle quali Heinrich von Waldeyer aveva dato nel1888 il nome di cromosomi, 0 « corpi colorati », perche esse venivan~ evidenziate mediante una tecnica di colorazione a base di anilina. Dopo aver cercato inutilmente di ottenere mutazioni nelle drosofile, sottoponendole a trattamenti estremi quali iniezioni di sostanze varie nelle gonadi, centrifughe ad alta velocita e lunghe permanenze in frigorifero 0 nel forno, Morgan si accorse infatti un giorno che uno dei moscerini maschi aveva stranamente gli occhi bianchi, invece che rossi come tutti gli altri. L'incrocio della « mosca bianca » con una femmina dagli occhi rossi produsse solo figli e figlie con gli occhi rossi, rna fra i nipoti (non fra Ie nipoti) gli occhi bianchi ricomparvero, in proporzione di circa uno su quat-
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tro: ovvero, tutte Ie nipoti e meta dei nipoti avevano gli occhi rossi, e 1'altra meta dei nipoti gli occhi bianchi. La spiegazione di Morgan fu che il gene del colore degli occhi doveva stare suI (0, almeno, essere attaccato al) cromosoma X che determina, insieme al cromosoma Y, il sesso del moscerino, nel senso che i maschi della drosofila hanno una coppia di cromosomi sessuali XY e Ie femmine una coppia XX (in altre specie, ad esempio gli uccelli, succede il contrario), ereditati il primo dalla madre e il secondo dal padre. Piu precisamente, la spiegazione di Morgan fu che il motivo per cui nella prima generazione ness un figlio ha gli occhi bianchi e che tutti hanno ricevuto dalla madre un gene del colore rosso, e che questo e dominante. Infatti, per ipotesi, il colore degli occhi dei figli e determinato dall'unico gene del colore che sta suI cromosoma X, mentre il cromosoma Y non contiene ness una informazione al riguardo: dunque, il risultato e rosso. Per Ie figlie, invece, il colore degli occhi e determinato da entrambi i geni del colore che stan no sui due cromosomi X: ora, quello della madre e rosso, e quello del padre bianco, e se il risultato e sempre rosso dev'essere perche questo colore e dominante (cioe, si puo avere colore bianco solo con entrambi i geni per il bianco). Nella seconda generazione Ie cose cambiano. Le femmine continuano tutte ad avere occhi rossi, perche ricevono in ogni caso dal padre il gene del colore rosso che sta suI suo cromosoma X. I maschi, invece, hanno il colore determinato dal gene del cromosoma X che ricevono dalla madre: rna questa ne aveva due, uno rosso e uno bianco, e dunque meta dei maschi avra occhi rossi, e meta bianchi. Se invece di incrociare la prima generazione orizzontalmente, solo tra fratelli e sorelle, la si Fosse incrociata anche verticalmente, col padre, si sarebbero poi ottenute anche femmine con occhi bianchi. Questa fu la base della teo ria dell'ereditarieta cromosomica di Morgan, secondo cui i caratteri di un individuo sono specificati da piccole unita disposte sui cromosomi, chiamate da Hugo de Vries nel 1889 pangeni, e da Wilhelm Johannsen nel 1909 geni (dagenesis, « generazione »). Una teoria che Morgan supplemento subito, sempre nel191 0, con il principio della ricombinazione cromosomica, secondo cui i cromosomi appaiati si ricombinano mediante un processo di taglia e incolla.
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Stavolta la cosa fu dedotta dal fatto che una mutazione di un altro gene del cromosoma X della drosofila provocava ali rudimentali, rna in maniera indipendente dalle mutazioni del gene del colore degli occhi: si potevano cioe avere entrambe Ie mutazioni insieme, 0 ciascuna di esse separatamente. Questo mostrava che illegame fra i geni di un cromosoma non e indissolubile, e Morgan intui che la maggiore 0 minore frequenza con cui Ie mutazioni determinate dai geni di uno stesso cromosoma compaiono appaiate negli individui e una misura di quanto i relativi geni so no vicini 0 lontani sui cromosoma. Basandosi su questa intuizione, nel1911 il diciannovenne studente Alfred Sturtevant fu in grado di disegnare, sembra in una sola notte, una prima mappa genetica del cromosoma X della droso fila, relativa ai cinque geni fino ad allora scoperti: un'impresa che 10 stesso Morgan defini « uno degli sviluppi pili sorprendenti nella storia della biologia ». Un'intuizione complementare, relativa al fatto che mutazioni che non compaiono mai appaiate devono essere determinate da geni appartenenti a cromosomi diversi, permise poi di tracciare Ie mappe complete dei quattro cromosomi della drosofila, grazie allavoro collettivo di Morgan e di tre suoi studenti: oltre a Sturtevant, anche Calvin Bridges e Hermann Muller, tutti coautori con lui nel 1915 dello storico libro II meccanismo dell'ereditarieta mendeliana. Per questi lavori Morgan ottenne da solo il premio Nobel per la medicina nel 1933, rna divise il denaro con Sturtevant e Bridges. Muller invece, dopo aver lasciato la Columbia, scopri nel1926 Ie catastrofiche mutazioni provocate nella drosofila dai raggi X. Diventato un attivista politico, dedito a sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi rappresentati dalle radiazioni e a propugnare una sorta di eugenetica che favorisse la selezione dell'intelligenza, emigro nel1933 dagli Stati Uniti in Unione Sovietica. Quando si scatenarono Ie purghe nel 1937 riuscl a scappare, rna prima di rientrare in patria si fermo a combattere in Spagna per due anni, nella guerra civile contro Franco. E nel1946 vinse il premio Nobel, da solo, per Ie sue ricerche sui mutanti artificiali della drosofila: un campo che negli ultimi decenni e arrivato a generare chimicamente drosofile mostruose, tipo quelle senza testa, 0 con zampe al posto delle antenne.
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Un mutante che si rivelo particolarmente interessante e il cosiddetto bitorax, « bitorace », che ha appunto due toraci e un relativo doppio paio di ali, e che divenne la specialita di Ed Lewis: uno studente di Sturtevant che rappresenta, dunque, la terza generazione dei « drosofiliaci », do po la prima di Morgan e la seconda di Sturtevant, Bridges e Muller. Lewis scopri nel 1978 che la malformazione del bitorace e causata da una mutazione di un unico gene, responsabile dell' organizzazione e del coordinamento di una parte dello sviluppo dell' organismo adulto: un gene di controlla, dunque, di cui si so no poi trovati vari altri esempi. In particolare, quelli implicati nelle prime fasi dello sviluppo embrionale della drosofila, studiati dai due esponenti della quarta generazione, Christine Niisslein-Volhard ed Eric Wieschaus, che nel 1995 hanno vinto il premio Nobel per la medicina insieme a Lewis. Altri mutanti della drosofila hanno permesso di identificare vari suoi geni associati all' apprendimento e alia memorizzazione: in particolare il gene creb, la cui disattivazione 0 mutazione impedisce l'acquisizione di memorie a lungo termine, e sembra essere un interruttore molecolare universale presente in tutto il regno animale. II vero scopo di questo accanimento sui moscerino, cosi come su quell'altra povera cavia da laboratorio che e il topo, e naturalmente 10 studio in piccolo dei meccanismi genetici che regolano la vita degli insetti e dei mammiferi inferiori, nella speranza di arrivare gradual mente a capire, 0 carpire, quelli che regolano in grande la vita dell'uomo, allo stesso modo in cui 10 studio del moto dei pianeti solari di un paio di secoli fa ci ha portati oggi a formulare teorie plausibili e coerenti sull' origine e 10 sviluppo dell'intero cosmo.
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A IMMAGINE E SOMIGLIANZA DELLO SCIMPANZE
Jared Diamond, premio Pulitzer per la saggistica nel1998 e premio Lewis per « 10 scienziato come poeta» nel 2002, un ornitologo prestato alia divulgazione, in cui eccelle con grandi affreschi. Fin dal suo primo libro divulgativo, II terzo scimpanze (Bollati Boringhieri, 1994), si infatti subito proposto di narrare, come annuncia iI sottotitolo, « I'ascesa e la caduta del primate Homo Sapienp>. E di raccontare, secondo il tema dell' opera, « come I'uomo, un semplice mammifero di grossa taglia, sia diventato in breve tempo iI conquistatore del mondo, e come abbia acquistato la capacita di rovesciare questo progresso dall'oggi aI domani ». Naturalmente non un'impresa facile condensare in un sol testo I'intera storia del genere umano, e praticamente ogni capitolo del Diamond costituisce I'abbozzo di un libro autonomo. II primo, ad esempio, abbozza la nostra parentela con i due scimpanze, comune e pigmeo (0 bonobo), dai quali ci siamo separati tra gli otto e i sei milioni di anni fa: ad essi rimaniamo ancora cosl simili, che dovremmo forse parlare di tre specie di Homo (Troglodytes per gli scimpanze, Paniscus per i bonobo, e Sapiens per noi), e forse anche di una quarta per iI gorilla, solo leggermente pill staccata dalle altre tre. Dunque, se I'uomo fatto a immagine di un Dio, quel Dio non altro che un Supremo Scimpanze. Un altro capitolo cruciale della nostra storia i1lungo confinamento umano in Mrica, dutato fino a un centinaio di migliaia di anni fa, mentre lentamente si sviluppavano i fattori che ci hanno resi cio che siamo. Anzitutto, I'acquisizione della postura eretta sei milioni di anni fa, da parte di quello che si dovrebbe chiamare Homo Erectus (anche se la denominazione riservata a una particolare specie molto successiva). E poi, i1lento evolversi della capacita di usare utensili, a partire da due milioni di anni fa con I' Homo Habilis, fino aI comparire mezzo milione di anni fa delI' Homo Sapiens. Tutte tappe, queste, che han no visto la nostra separazione da altre specie di uomini, e la loro successiva scomparsa: dall'Australopithecus Robustus un milione e duecentomila anni fa, all'uomo di Neanderthal 40.000 anni fa .
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Gravidi di conseguenze non solo per noi, rna anche per iI resto del pianeta, sono stati poi i due grandi esodi umani dall'Mrica. II primo porto, tra i 100.000 e i 50.000 anni fa, a una tripartizione del globo: in Mrica i nostri diretti progenitori, in Europa e in Asia Occidentale i Neanderthal, e in Asia Orientale un terzo tipo di uomo oggi scomparso. II secondo esodo, la cui pill antica testimonianza I'uomo di Cromagnon di 40.000 anni fa, vide la repentina conquista dell'intero globo da parte dei nostri antenati: I'Europa da un lato, dove poco dopo iI nostro arrivo scomparvero i Neanderthal, e I' Asia dall' altro, col successivo raggiungimento dell'Austraiia dapprima, circa 50.000 anni fa, e della Siberia e delI'America poi, tra i 20.000 e i 10.000 anni fa. Naturalmente, la domanda fondamentale come mai ci sia stato questo « grande balzo in avanti ». Alia risposta Diamond dedica non soltanto due parti del suo primo libro, rna anche tutto il successivo L'evoluzione della sessualita umana (Sansoni, 1998), analizzando Ie singolari caratteristiche e abitudini della nostra specie: 01tre a quelle strettamente sessuali, aile quali abbiamo gia accennato in « COS! fan tutti (e tutte) », anche quelle famigliari e sociali. E mostra, di passaggio, gli inaspettati precedenti animali di attivita che troppo spesso so no ritenute tipicamente ed esclusivamente umane: ad esempio, I'agricoltura delle formiche tagliafoglie e la loro addomesticazione di altre specie, Ie decorazioni architettoniche degli uccelli giardinieri, iI sofisticato vocabolario dei cercopitechi verdi, Ie guerre tra colonie di formiche, i genocidi tra bande di lupi e di scimpanze, e via dicendo. Le ultime due parti del primo libro di Diamond forniscono una concisa sintesi di come abbiamo conquistato iI globo, e di come potremmo rovesciare iI nostro progresso dall' oggi aI domani. A questi aspetti cruciali e complementari della nostra evoluzione, egli ha poi dedicato due estese analisi: la « breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni» del suo capolavoro Armi, acciaio e malattie (Einaudi, 1998), e iI racconto su « come Ie societa scelgono di morire 0 vivere» dell' altrettanto affascinante Collasso (Einaudi, 2005). Queste grandiose sinfonie so no state tanto apprezzate dal pubblico quanto aborrite dai fan di Hegel e Schopenhauer: questi ultimi, infatti, ancora si iIIudono che la storia sia figlia dello Spirito e della Volonra, e giustamente si vedono sconfessati dal determinismo ambientale ed ecologico di cui Diamond
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esibisce i precisi meccanismi che portano all' ascesa e alia caduta delle civilta.. Per cominciare, so no Ie condizioni geografiche a determinare quali tipi di piante e animali si possono coltivare e addomesticare, perche solo una minuscola parte delle specie selvatiche si presta. Per gli animali, ad esempio, si deve trattare di specie sociali che vivono in mandrie sottomesse a individui dominanti, ai quali I'uomo possa sostituirsi, e che siano riproducibili in cattivita: non un caso che in Europa pecore, capre, maiali, bovini e cavalli fossero gia addomesticati 6000 anni fa, e che in seguito ness un altro mammifero europeo di grossa taglia si sia aggiunto alia lista (a . parte Ie renne al nord). Inoltre, fra Ie specie di successo, alcune 10 diventano pill facilmente ed efficacemente di altre: ad esempio, la superiorita agricola del Vecchio Mondo nei confronti del N uovo fu sostanzialmente dovuta alia presenza del frumento e dell' orzo da un lato, e di animali da soma e da latte dall' altro. In America invece il mais risulto essere pill difficile da addomesticare e da coltivare, oltre ad avere una resa nutritiva inferiore, e gli animali indigeni si rivelarona refrattari allavoro e alia produzione agricola. Come se non bastasse, poi, la distribuzione delle terre euroasiatiche sull'asse Est-Ovest favorlla diffusione delle piante addomesticate lungo i paralleli, in terre con 10 stesso c1ima, mentre l' opposta distribuzione sull'asse nord-sud delle terre americane vi si oppose. In Eurasia, in particolare, prima dell'introduzione della scrittura avvennero due rivoluzioni che produssero effetti radicali. La prima coincise con l'avvento dell'agricoltura e della pastorizia, nate nel Vicino Oriente verso 1'8000 prima dell'Era Voigare, passate alia Grecia e alia Turchia verso il 6500, e diffuse poi fino all'Inghilterra e alia Scandinavia. La seconda rivoluzione arrivo un paio di millenni dopo, con la metallurgia e I' addomesticamento dei cavalli, e illoro conseguente impiego come Fonte di energia per il trasporto di carri, merci e persone: essi resero dapprima possibile 10 sfruttamento delle steppe russe, e poi si diffusero verso ovest fino all'odierna Ungheria, dove la civilta dei popoli a cavallo si fuse con quella agricola che ancora non Ii conosceva, e produsse una • • nuova smteSI. Purtroppo Ie invasioni umane, sia nelle zone ancora disabitate che in quelle gia popolate, hanno sempre provocato ondate di
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estinzioni in massa di piante, animali e altri uomini. II motivo duplice: da un lato, Ie specie pill vulnerabili vengono direttamente sterminate dai nuovi arrivati per necessita, incuria 0 crudelta; dall'altro lato, assieme all'uomo arrivano di solito specie alloctone, che possono a loro volta sterminare quelle autoctone pill indifese ai loro attacchi. Ad esempio, circa 11.000 anni fa i grandi mammiferi americani sparirono di colpo, a causa dell'occupazione del continente nel corso del secondo grande esodo umana al quale abbiamo accennato, e la stessa cosa successe circa 1000 anni fa in Nuova Zelanda sia per i grandi uccelli che per una serie di piccoli animali, dai grilli alle lumache, sterminati questa volta rispettivamente dai Maori e dai ratti arrivati con loro. Ancora una volta, a determinare chi sopravvive e chi perisce non una generica superiorita genetica di una specie rispetto ad un' altra, rna sono Ie specifiche condizioni ambientali ed ecologiche. Le stesse che possono, a volte, portare alia disfatta anche coloro che a prima vista sembrano essere i vinci tori apparenti: mentre Ie piccole societa egualitarie, stabilite in una localita da lunga data, hanno infatti quasi sempre un rapporto equilibrato con l'ambiente, quelle grandi, nuove e autocratiche tendo no invece a provocare danni enormi in ambienti delicati, arrivando a volte a tagliare il ramo sui quale so no sed ute. In Collasso Diamond descrive dettagliatamente una serie di suicidi di civilta causati dalla distruzione ambientale e dall'esaurimento delle risorse, dall'isola di Pasqua agli Anasazi. Ma analizza anche casi di studio del presente, dal Montana all'Australia, alia ricerca dei sintomi che potrebbero segnalare l'avvento di simili tracolli: la deforestazione, la gestione sbagliata del suolo e delle risorse idriche, l'eccesso di caccia e pesca, l'introduzione incontrollata di nuove specie, la crescita della popolazione e dei consumi. A questi solid vecchi problemi se ne aggiungono oggi di nuovi, dai cambiamenti c1imatici provocati dall'uomo all'accumulo di sostanze tossiche nell' ambiente, dalla carenza di risorse energetiche alia contrazione delle foreste planetarie. Fortunatamente Diamond nota che non so no mai stati soltanto i danni ambientali e i cambiamenti c1imatici ad aver provocato la scomparsa di una societa: ad essi si devono aggiungere I' ostilita dei popoli confinanti, la fine delle relazioni coi partner commerciali e, soprattutto, il modo di reagire ai problemi proprio di ogni
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sociera. II che lascia uno spiraglio di speranza, che sta a noi saper sfruttare al meglio per evitare che alle storie dei collassi delle civilta non si debba aggiungere, in una futura edizione aggiornata, anche il nostro necrologio. •
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ERA NERA, L'EVA VERA
II pili famoso mito prescientifico occidentale, mutuato dal Genesi mediorientale, narra la nascita dell'umanita in due maniere contraddittorie: come ultimo passo di un processo cosmico che parte dalle stelle e arriva all'uomo e alIa donna, passando ordinatamente attraverso Ie piante e gli animali, rna anche come primo passo di un processo terracqueo che pone disordinatamente l'uomo agli inizi e la donna alIa fine della creazione, nella quale piante e animali vengono nel mezzo. Nel primo racconto « Dio Ii creo [simultaneamente] maschio e femmina e Ii chiamo Adamo »: un nome che deriva dall' ebraico adam, « terra », cosl come in latino homo deriva analogamente da humus. Poiche « uomo » significa dunque semplicemente « ter. restre », senza connotati di genere, « l'uomo» puo venire e viene usato come sinonimo di « umanita », in maniera inclusiva sia dei maschi sia delle femmine. Nel secondo racconto, invece, solo il primo maschio a essere chiamato Adamo, mentre la prima femmina deriva da una sua co-, stoIa e « si chiamera donna (ishah), perche stata to Ita dall'uomo (ish) »: la subalternita etimologica dell'ebraico rimane in inglese tra man e woman (da wife man, « moglie dell'uomo »), rna in italiano va perduta, benche ne rimanga comunque una traccia negli appellativi « don» e « donna» (i quali derivano pero da dominus e don:ina, « signore» e « signora»). E dal secondo racconto biblico, che rincara la dose addossando alIa donna la colpa del cedimento alIa tentazione del serpente, che deriva la perenne supposizione della sua subalternita e inferiorira. rispetto all'uomo, oltre che la duratura credenza che ella avesse veramente una costola in pili di lui: il primo a sostenere il contrario fu il medico Andrea Vesalio nella sua Fabbrica del corpo umano del 1543, sollevando naturalmente un pandemonio e finendo ovviamente sotto Ie grinfie dell'Inquisizione. Nel Genesi solo dopo il peccato originale che la prima donna riceve il nome di Eva, da hawwah, « vita », perche « essa fu la madre di tutti i viventi ». E questa final mente una frase biblica alIa
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quale si possono dare un senso scientifico e un significato veritiero, se si passa dal piano del mito a quello dei mitocondri: tutti gli uomini, maschi e femmine, possiedono infatti nelle loro cellule, e piu precisarnente nel citoplasma che avvolge illoro nudeo, delle minuscole strutture COS! chiamate (dal greco mitos, « filo », e chondros, « chicco »: dun que, « collanine »). In reald., i mitocondri non sono una caratteristica degli umani: si trovano nella maggior parte delle cellule eucariote (dal greco eu karyon, « buon nudeo »), e so no Ie centrali nelle quali si converte il cibo in energia e calore. Essi derivano probabilmente da batteri procarioti (dal greco pro karyon, « prima del nudeo ») che qualche centinaia di milioni di anni fa hanno invaso cellule piu evolute, diventandone parassiti 0 simbionti. Ma a noi interessa il fatto singolare che illoro DNA, oltre ad essere molto piu corto di quello cellulare, si trasmette negli uomini, COS! come nella maggior parte degli animali, unicamente per via materna: la storia dei mitocondri, dunque, la storia dell'umanita vista dallato delle donne. Recentemente, per nostra fortuna, stato possibile leggere questa storia grazie a un paio di circostanze favorevoli. La prima il fatto che durante la riproduzione cellulare il testo del DNA mitocondriale viene copiato con abbastanza errori, rna non troppi: circa uno ogni cinquanta milioni di lettere. La seconda il fatto complementare che si trovata una sequenza di circa cinquecento lettere in cui questi errori sono particolarmente frequenti, benche ininfluenti suI funzionamento della cellula: questa sequenza costiruisce come un orologio cellulare, i cui battiti so no scanditi dagli errori di trascrizione, che sono all'incirca uno ogni diecimila anni. Nell'articolo « DNA mitocondriale ed evoluzione umana », pubblicato nel 1987 sulla prestigiosa rivista Nature, Allan Wilson e i suoi due studenti Rebecca Cinn e Mark Stoneking proposero allora di suddividere la popolazione mondiale in gruppi basati sulle differenze del DNA mitocondriale di quella sequenza: ogni gruppo con la stessa sequenza discende da un'unica progenitrice, Ie progenitrici di gruppi che differiscono per un'unica lettera discendono a loro volta da un'unica progenitrice, e COS! via all'indietro, fino all'unica progenitrice dell'intera razza umana attuale, che fu subito battezzata Eva Mitocondriale. Un'azione concertata di vari ricercatori ha poi portato in qualche anna alla determinazione di una trentina di gruppi diversi nel
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mondo (sette nella sola Europa, come raccontato da Bryan Skyes in Ie sette figlie di Eva), che risalgono dunque a una trentina di « Eve» locali. La loro prima progenitrice comune vissuta circa 150.000 anni fa in Africa Centrale ed dunque l' Eva Nera, da cui tutti discendiamo per parte di madre, che da il titolo all'ultimo libro di Franco Prattico (Codice, 2007). Naturalmente, non si tratta della prima donna nel senso in cui 10 intende il mito biblico, COS! come non stato il primo uomo l'Adamo Cromosomico, vissuto circa 75.000 anni fa e determinato in maniera analoga usando il cromosoma maschile Y, che si trasmette unicamente per via paterna e unicamente ai maschi. Meno che mai, poi, si tratta di una prima coppia, visto che i due non sono neppure vissuti nello stesso periodo: piuttosto, I'Eva Mitocondriale e I'Adarno Cromosomico sono soltanto gli esseri piu recenti che hanno trasmesso i propri mitocondri e i propri cromosomi Y (rna non necessariamente gli altri geni) a tutti i viventi attuali, mentre i loro contemporanei 0 erano loro antenati 0 hanno avuto una discendenza che prima 0 poi si arenata in madri senza figlie (come la povera Eva biblica) 0 padri senza figli. Ma si tratta comunque di esseri real mente vissuti e Prattico ne sottolinea la concretezza lasciando che sia I'Eva Nera stessa a raccontarci la sua storia in prima persona. Un'interessante storia ginocentrica, che ribalta quella convenzionale letteralmente antropocentrica, incentrata sull'uomo in tutto, dalle astrazioni delle divinita maschili alle concretezze della trasmissione paterna dei cognomi: mentre pero l' albero genealogico costruito con questi ultimi ha un significato biologico soltanto per i maschi, quello costruito con cognomi trasmessi per via materna coinciderebbe invece con I'albero mitocondriale, e risalirebbe dunque fino all'Eva Nera. La sussurrata storia ufficiosa narrata da quest'ultima ricorda che Ie donne non sono sempre state marginali, come pretende invece la strombazzata storia ufficiale narrata dagli uomini. Ad esempio, probabile che il linguaggio sia nato dall'interazione prolungata tra madri e figli e dal bisogno delle prime di interpretare Ie esigenze e i bisogni dei secondi. Che l' agricoltura sia 10 sviluppo di un sistema domestico di alimentazione, volto a sopperire all' aleatorieta della caccia e a integrarne la dieta. Che la casa e la sua organizzazione derivino dal bisogno femminile di una tana
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per allevare al sicuro una prole nata immatura e bisognosa di un lungo svezzamento. Che la sparizione dell' estro periodico e la conseguente privatizzazione del sesso rappresentino uno stimolo per indurre il maschio alIa cooperazione famigliare, e cos!. via. Naturalmente, la mitologia antica ha registrato questa centralira. primordiale della donna in una profusione di divinira. femminili di fertilid, abbondanza e amore: dalla Gran Madre alIa Madre Terra, da Iside a Gaia, da Mrodite a Venere, da Persefone a Proserpina, da Artemide a Diana, da Lakshmi a Parvati, dalle Grazie alle Ninfe. Ad esse gli uomini affiancarono invece altrettante figure femminili di destino, divisione e morte: dalle Moire alle Parche, dalle Erinni alle Furie, da Eris a Discordia, da Kali a Durga, dalla Regina della Notte a Eva, appunto, il cui mito non altro che una delle innumerevoli variazioni suI tema della subalternid, biologica e morale, della donna rispetto all'uomo. Un tema ripreso ancora nel Novecento da Sigmund Freud, che scrisse ad esempio nel Compendio di psicoanalisi del 1938: « Fin dall'inizio la bambina invidia ai ragazzi il possesso del pene. Si puo dire che tutto il suo sviluppo psichico sia condizionato dall'invidia del pene ». E invece, con buona pace dello stregone viennese, oggi sappiamo che non so no aff"atto Ie donne a essere degli uomini mancati, rna viceversa: il cromosoma Y, e piu precisamente il suo gene SRY (Sex determining Region Y, « regione dell'Y per la determinazione del sesso ») ha infatti appunto la funzione di impedire 10 sviluppo di un corpo femminile, inibendo la formazione delle ovaie e favorendo la crescita dei testicoli e la produzione del testosterone. Aile donne, dunque, non si puo certo imputare nessuna inferiorid biologica: al massimo, soltanto un po' di stupidita logica, visto che nonostante tutte Ie angherie e Ie vessazioni che subiscono dagli uomini, contlnuano a farseli piacere e ad amarli.
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SIA FATIO L'ANDROIDE
Secondo una bella immagine di Marshall McLuhan, la tecnologia produce simultaneamente un'esplosione dell'uomo e un'implosione del mondo: i mezzi di trasporto e di comunicazione estendono infatti il raggio d' azione dei nostri sensi (gam be, occhi, orecchie, lingua) all'intero pianeta, riducendolo a un villaggio. L'informatica e Ie biotecnologie partecipano attivamente a questa ridefinizione tecnologica dell'uomo e del mondo: sia praticamente, attraverso il computer, la rete e la manipolazione genetica, sia teoricamente, mediante la creazione di potenti metafore. Tra di esse, quelle ad aver catturato maggiormente l'attenzione dei media nel corso della seconda meta del Novecento sono stati la cibernetica, la robotica, l'intelligenza artificiale e gli organismi geneticamente modificati. L'attenzione verso tali formule, sia nel senso dell'interesse sia della cautela, non mal riposta: esse nascondono infatti progetti che, per la loro portata, promettono 0 minacciano, a seconda dei gusti, molto piu di qualunque altra tecnologia, a eccezione Forse del nucleare. In sintesi, infatti, dietro tali progetti si nasconde, niente meno, il perseguimento della sintesi artificiale del corpo e della mente dell'uomo. I vari progetti non sono scollegati fra loro, e so no anzi evoluzioni successive di un unico sogno riduzionista, che stato sognato ripetutamente e in varie forme nella storia occidentale, dalla mitologia alIa fantascienza. Vale Forse la pena, dunque, di ripercorrere brevemente alcune tappe di questo sogno, incominciando dalla creazione dell'uomo « in provetta», che oggi fa tanto discutere i malpensanti. Naturalmente illaboratorio mitologico quello dell'alchimista, e Ie sue pratiche sono una combinazione di procedimenti empirici e metafisici non troppo sofisticati. Proprio per questo, non sempre tutto fila liscio: anzi, spesso Ie conseguenze possono risultare tragiche. II prototipo di questo genere di attivita il Golem, una parola che compare una sola volta nelle Scritture, nel Salmo 139 di David che canta l'onnipotenza e l'onniscienza di Dio: « i
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T uoi occhi videro il mio Golem, e conobbero Ie mie specifiche prima della loro implementazione". La leggenda del Golem apparve per la prima volta nel Talmud, passo poi nella Cabala, e divenne parte della cultura ebraica delI'Europa orientale. Jacob Grimm la racconto nel 1808 nel Giornale per eremiti, dopo che gia nel 1797 Goethe vi si era ispirato per la ballata L'apprendista stregone, poi musicata da Paul Dukas nel 1897, e animata da Walt Disney nel1940 in Fantasia. La versione pili popolare quell a del Golem di Gustav Meyrink, il romanzo del 1915 che fu il maggior successo tedesco del periodo dopo la prima guerra mondiale, seguito nel1920 dall'omonimo film muto di Paul Wegener. Poiche la statua di fango del Golem si puo interpretare come I'hardware inanimato di un computer, e la parola divina che gli infonde vita come il software che gli viene inserito, non stupisce che l' analogia sia stata usata liberamente in informatica: a partire, nell964, da Dio e Golem S.p.A. di Norbert Wiener, il fondatore della cibernetica. II mito fu poi ripreso ne! 1981 da Stanislav Lem in Golem XIV, un computer dell'ottantesima generazione che decide di disconnettere Ie sue comunicazioni con gli umani che I'hanno progettato, per dedicarsi a pensieri superiori. Un altro prototipo del mostriciattolo costruito in laboratorio fu I'Homunculus di Paracelso, ripreso nel1832 dal Faustdi Goethe. Wagner, I'assistente di Faust, 10 crea seguendo una ricetta che neppure Mefistofele conosce, e quando il diavolo si domanda satirico se nella cappa del camino non sia per caso nascosta una coppia d' am anti, si sente rispondere che quel vecchio modo di generare ormai ridicolo, e solo Ie bestie continuano a trovarci gusto: in avvenire i cervelli destinati a pensare saranno fabbricati dai pen• saton. II pili famoso mostro creato in laboratorio pero quello del Frankenstein di Mary Shelley, che stato oggetto di innumerevoli rifacimenti cinematografici. Nel 1818, quando il romanzo UScl, I' elettricid era I'ultimo grido scientifico: trarnite essa che Frankenstein, che il nome de! dottore e non dell'innominato mostro, da vita alia creatura da lui assemblata con materiale tratto da cimiteri, mattatoi e aule di anatomia. Com'era esplicito gia nel sottotitolo, II moderno Prometeo, la storia una variante del mito di Prometeo e Pandora: 10 scienziato
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Esperimenti
ricerca la conoscenza proibita, e la creatura scoperchia il vasa delle calarnita. Ci sono ovvie analogie col mito del Golem: l' apprendista stregone, infatti, crea qualcosa di cui poi perde il controllo. E anche con L'isola del dottor Moreau di Herbert George Wells, che nel1895 presento la novita di non cercare di infondere la vita nella materia inanimata attraverso pro<;edimenti pili 0 meno magici, rna di creare forme superiori di vita (umane) manipolando quelle inferiori (animali) mediante pratiche puramente scientifiche. , Se il sognolincubo dell'uomo costruito ne!laboratorio medico o biologico era tipico dell'Ottocento, Forse perche in seguito ha cessato di essere tale per incominciare a diventare una reald, quel10 dell'uomo come macchina evoluta invece tipico della fantascienza informatica del Novecento, che popolata di robot, 0 automi antropomorfi, e di androidi, 0 automi indistinguibili dalI'uomo. Naturalmente di automi, veri 0 presunti, piena la storia: dalle statue egizie di Anubis con la mascella mobile alle macchine delI'imperatore cinese Chin, dalle ancelle della fucina di Vulcano alle teste parlanti di papa Silvestro II e di Alberto Magno, dal flautista di Vaucanson allo scacchista di von Kempelen. L'attrazione de!I'automa fu narrata mirabilmente ne! 1816 da Ernst Theodor Hoffmann in L'uomo di sabbia, che ispiro nel 1870 il balletto CoppeLia di Leo Delibes, e nel1880 il primo atto dell' opera I racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach. II tema era in fondo quello del Pigmalione, trasposto dalla statua di Galatea a una bambola tanto bella da poter essere scambiata per una donna, sia pure fredda e passiva, di cui innamorarsi: una patologia che non poteva non interessare Freud, ,che l' analizzo nel 1919 nel saggio Il perturbante. In una variazione del 1886, il romanzo Eva futura di Villiers de I'Isle-Adam, il protagonista addirittura I'inventore Thomas Alva Edison, che costruisce un'andreide che « migliora" la modella reale sulla quale si basa. I primi veri robot compaiono, insieme alia parola stes~a (che significa « lavoratore forzato ,,), nell920 in RUR di Karel Capek, che ispiro nel 1926 il film Metropolis di Fritz Lang. Ma naturalmente illoro cantore Isaac Asimov, i cui robot obbediscono alle tre leggi della robotica: non devono recar danno agli esseri umani, devono essere obbedienti, e devono autoproteggersi. In seguito
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Asimov aggiunse Ie leggi dell'umanica, fra Ie quali quella che gli esseri umani non devono recar dan no ai robot. Piu interessanti dei robot, che in fondo non sono altro che schiavi meccanici ispirati all' automazione del lavoro industriale, sono Ie macchine indistinguibili dall'uomo rese popolari nel 1968 dal romanzo Gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip Dick, e nel 1982 dal susseguente film Blade Runner di Ridley Scott. L' altra faccia della medaglia l' uomo indistinguibile dalle macchine chiamato cyborg, un termine coniato da due medici nel 1960 per descrivere Ie situazioni di adattamento dell'uomo alIa vita nello spazio. II cyborg iI punto d'arrivo dell'uomo protesico inaugurato dall'ingegneria delle ali di Dedalo, proseguito dalla medicina delle protesi artificiali, dei trapianti d' organo e delle terapie chimiche e genetiche, e culminato nel1984 nel Neuromante di William Gibson, i cui personaggi so no una selva di innesti meccanici ed elettronici che possono entrare in comunicazione diretta con i computer e la rete mediante collegamenti neuronali, oggi popolari grazie alia trilogia Matrix di Andy e Larry Wachowski. II problema del cyborg complementare a quello dell'androide: non piu sapere quando una macchina diventata umana, rna quando un uomo diventato meccanico. Dick I'ha sintetizzato . metaforicamente nel breve e fulminante saggio L'androide e l'u-
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mana: Un giorno forse vedremo un uomo sparare a un androide appena uscito da una fabbrica di creature artificiali e I' androide, con grande sorpresa dell'uomo, prendera a sanguinare. II robot sparera di rimando e, con sua grande sorpresa, vedra una voluta di fumo levarsi dalla pompa elettrica che si trova al posto del cuore dell'uomo. Sara un grande momenta di verira per entrambi. Non ci resta che aspettare e sperare.
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Rinascimento, come ovvio, significa etimologicamente « seconda nascita ». Nel Medioevo si usava il termine in senso religioso, per indicare la rinascita spirituale dopo la morte dell'anima provocata dalla caduta narrata nella favola del Genesi. In seguito esso invece passato a significare la fioritura culturale e artistica del Quattro e Cinquecento, che prese Ie distanze dal rintontimento teologico del Medioevo e ritrovo Ie sue vere radici nella cultura classica. Naturalmente, sia nell' ontogenesi sia nella filogenesi, il passaggio dalla (ri)nascita alla maturita avviene attraverso periodi di infanzia e adolescenza. E come sarebbe sciocco considerare i balbettii di un bambino 0 i farfugliamenti di un ragazzo alia stessa stregua dei discorsi meditati di un uomo, 10 altrettanto il pretendere di trovare saggezza negli pseudofilosofi rinascimentali: non a caso, Ie storie della filosofia moderna iniziano da Cartesio, e pagano al massimo un imbarazzato tributo a personaggi di transizione quali Nicola Cusano 0 Giordano Bruno. II che non impedisce a coloro che ancor oggi si trovano allo stadio adolescenziale del pensiero, facilmente riconoscibili perche accomunati dalla credenza che la confusione sia sinonimo di profondita, di illudersi di trovare chissa quali verita nel pensiero rinascimentale e in libri che mescolano in insalata russa gli ingredienti pili disparati, dal neoplatonismo alia magi a, passando per la cabala e l' astrologia. Un esempio tipico di questi piatti indigesti e illeggibili l'immensa Hypnerotomachia Poliphili, 0 « Sogno della notte d' amore di Polifilo », di Francesco Colonna: un'opera del 1499, a meta tra 10 scherzo goliardico e il deli rio paranoico, che spazia dai racconti mitologici alle dissertazioni esoteriche, passando per descrizioni architettoniche e disquisizioni gastronomiche, in un guazzabuglio di lingue antiche e moderne. E poiche il mondo vario, oggi c' chi prende ancora questo libro sui serio e 10 ristampa in edizione filologica (Adelphi, 2004), e chi invece 10 prende in giro e ci im-
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bastisce su un divertente romanzo come Ii codice dei quattro di Ian Caldwell e Dustin Thomason (Piemme, 2004) .. Un altro esempio, di poco posteriore, e il Triompho di Fortuna di Sigismondo Fanti, pubblicato nel 1526 e appartenente alia nutrita schiera dei cosiddetti « libri della sorte » 0 « della ventura »: di quei testi, cioe, che a partire dal classico cinese I Ching, 0 « Libro dei Mutamenti» (Adelphi, 1991), millantano, in maniera seria 0 faceta, di fornire un aiuto divinatorio per districarsi nei casi della vita. Con un approccio ossimorico alia previsione del futuro, essi spesso pretendono didominarne la necessid. attraverso la casualita: affidandosi, cioe, all' estrazione di bastoncini 0 al tiro di monete 1'1 Ching, e al tiro dei dadi 0 all' ora segnata dall' orologio il
Triompho. Come diceva il premio Nobel per la fisica Niels Bohr, pero, fare previsioni e sempre difficile, soprattutto sui futuro. Per tutelarsi, i maestri divinatori preferiscono nascondere Ie loro dietro formulazioni vaghe e generiche, delegandone al fruitore la corretta interpretazione: il che, naturalmente, risulta sempre facile col senno di poi, cioe dopo che i fatti so no ormai avvenuti, rna altrettanto sempre impossibile prima. D'altronde, come potrebbero i miseri 64 esagrammi dell'I Chinge i relativi oscuri commend fornire, da soli, una chiave per gli infiniti avvenimenti possibili, se non attraverso un'interpretazione sfrenatamente creativa? Meglio equipaggiate, da questo punto di vista, sono Ie sedici centurie di quartine del Triompho, che eccedono persino Ie dieci Centurie (incomplete, per un totale di 942 quartine) del pili famoso Nostradamus, pubblicate a partire dal1555. Queste e quelle quartine hanno trovato illoro lung nella persona di Renucio Boscolo, che nella quarta di copertina della Summa prophetica (Priuli e Verlucca, ·2006) si autocertifica come « il massimo studioso ed interprete di Nostradamus»: un titolo olimpico, visto il numero di perdigiorno che si dedicano ancor oggi, in piena era tecnologica e scientifica, a sprecare il loro tempo con Ie sue quartinate. Quanto al Fanti, il Boscolo e invece al tempo stesso il suo migliore e peggior studioso e interprete, essendo anche I'unico: secondo la sua stessa testimonianza, infatti, « mai nella storia mente umana ha colto questa magnifica occasione di indagare, spalancare questo Libro di Presagi sull'imminente futuro dell'umanita tanto su questa Terra quanto in altri possibili mondi». •
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Scrutinate con l'infallibile strumento della « Kronosemantica», concepita dallo stesso Boscolo, Ie centurie di Fanti rivelano qualcosa di « COS! incredibile da apparire paradossale»: e cioe, a « una mente libera e allenata da tempo a spiare l' o rizzonte della storia» esse « snocciolano in successione i quadri di tantissime vignette, quasi un fumetto che reca immagini concise, icastiche e sorprendentemente enciclopediche, in cui si narrano - 0 meglio, si anticipano - gli scenari della sorte umana, da quella della gente pili comune a quell a dei potenti, tiranni, papi, imperatori, re, principi, cardinali, monaci, ladri, calciatori, navigatori, attori, clown, alchimisti, geometri, muratori, costruttori, scienziati, architetti, pittori, medici, fabbri, aviatori ». Naturalmente, « tutte cose che sono per noi an cora inspiegabili secondo la metodologia della logica». Per non rimanere nel vago delle perorazioni, un esempio di interesse universale chiarira la metodologia dell' esegeta. Si tratta della profezia (postuma) della tragica morte della principessa Diana, contenuta nella centuria « Diana correndo per iniqui scanni / Per un che assonna teco nel tuo letto / Di maggior duo I signa futuro effetto / Quasi sanato de presenti affanni»: interpretando gli scanni come i sedili dell'auto che scappa dai fotografi, colui che assonna nelletto come I'amante Al Fayed, e « quasi sanato» come « qu'assassinato», il risultato e ineluttabile. E poiche a questo genere di deduzioni niente e precluso, Boscolo ha facile gioco a ritrovare nel Fanti riferimenti che vanno dal tragico al comico: ad esempio, da « gli interventi dell'Occidente cristiano in Iraq» a « I'incredibile gioco d'un nome: Armando Diego Maradona». Ma chi era veramente questo Fanti, al di lao delle interpretazioni dei lestofanti? Nella prefazione al Triompho egli si definisce « matematico indegno »: un termine ambiguo, che nella confusione rinascimentale indicava sia il ciarlatanesco numerologo 0 astrologo, sia il serio studio so dei numeri 0 delle stelle. E il Fanti era entrambe Ie cose, come dimostrano da un lato Ie sue centurie, e dall' altro i lavori da lui elencati in una lettera al duca Alfonso d'Este del 1521, tra i quali si trovano opere di aritmetica, geometria, algebra, algoritmica e astronomia. In questi lavori non c'era evidentemente nulla di memorabile, visto che il nome delloro autore non compare in nessuna Storia della matematica, da quella omonima di Carl Boyer (Mondadori, 1980) all pensiero matematico di Morris Kline (Einaudi, 1991) . \
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Ci e pero pervenuta una sua opera seria di matematica applicata: la Theorica et Pratica del 1514, nella quale il Fanti si dedica al problema non banale di costruire geometricamente Ie lettere minuscole dell'alfabeto. II suo metodo estende quello usato per Ie maiuscole nel 1509 da Luca Pacioli, nel famoso trattato De divina proportione, e si situa in una tradizione iniziata mezzo secolo prima da Felice Feliciani e portata a compimento nel 1986 da Donald Knuth con il monumentale Computers and Typesetting (Addison Wesley, 1986), che costituisce la Bibbia della tipografia digitale. Quanto al semischerzo del Triompho, sarebbe stato meglio lasciarlo ammuffire dove stava. II Boscolo ne ha invece anzitutto cambiato il titolo, chiamandolo appunto Summa prophetica, per adeguarlo alia memoria di un proprio sogno premonitore: Fedele in questo al suo motto programmatico secondo cui, se l'immaginazi one non si adegua ai fatti, si possono ben adeguare i fatti all'immaginazione. E ne e poi diventato il solitario esegeta, ammettendo che « nessuno ha mai ipotizzato che cosa questo testo conten esse davvero, perehe nessuno sinora aveva avuto la pazienza e la capacita di leggerlo e analizzarlo sino in fondo senza andar fuori di testa». E il suo libro conferma: nessuno.
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I DUE DI SANSEPOLCRO
citta circondata da mura antiche, situata in un'ampia valle tra Ie colline; bei palazzi rinascimentali con graziosi balconi in ferro battuto; una chiesa molto interessante e, infine, il miglior dipinto del mondo. » COS! Aldous Huxley descrisse Borgo Sansepolero nel 1925, in Lungo la strada. E sembra che questa citazione abbia salvato la cittadina dal bombardamento nella seeonda guerra mondiale, quando il comandante alleato che avrebbe dovuto compierlo se la ricordo. II Borgo, che si trova nella zona di eonfluenza fra Toscana, Umbria e Marehe, prende il nome dalla leggenda che a fondarlo siano stati due pellegrini di ritorno dalla Terra Santa con alcune reliquie del Santo Sepolcro, rna e passato alia storia per motivi ben pili seri: cioe, per aver dato i natali intorno al 1416 al grande pittore Piero della Francesca, la cui Resurrezione sarebbe appunto il «miglior dipinto del mondo» al quale Huxley alludeva, e nel . 1445 all'altrettanto grande matematico Luca Pacioli. Piero, che si firmava non « della Francesca» rna (appunto) « del Borgo », viene oggi ricordato soprattutto come pittore, rna fu anche un valente matematico. II Vasari, nelle Vite de' piu eccellenti architetti pittori et scultori italiani, racconta infatti che egli aveva mostrato un'abilita matematica fin da giovane e che aveva scritto « molti » trattati matematici, anche se solo di tre abbiamo notizia: it Trattato d'abaco, il Libretto sui cinque solidi regolari e La prospet-
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tiva nella pittura. II primo era una specie di compendio di aritmetica, algebra e geometria, rna conteneva almeno un contributo importante: la riscoperta di due dei solidi semiregolari (il tetraedro troncato e il cubottaedro) gia scoperti da Archimede rna in seguito dimenticati. Altri quattro di questi solidi (Ie versioni troncate di cubo, ottaedro, dodecaedro e icosaedro) si trovano invece nel secondo trattato, e nel 1619 confluiranno tutti nell'Armonia del mondo di Keplero. Ma l' opera matematica pili interessante di Piero e sicuramente il terzo trattato, che storicamente costituisce il primo studio siste-
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matico delle tecniche della prospettiva: della soluzione, cioe, del problema di disegnare 0 dipingere su un Foglio 0 una tela bidimensionali, in maniera realistica e corretta, figure tridimensionali che vanno da quelle astratte della geometria a quelle concrete della natura. Naturalmente Piero non aveva inventato questa tecnica, ne era stato il primo a descriverla. A parte Ie correzioni prospettiche usate dagli artisti classici, da Fidia a Vitruvio, e i molti esempi orientali, che vanno dalle grotte indiane di Ajanta nel secolo VI ai dipinti cinesi tra i secoli X e XlII, la storia modema della prospettiva occidentale era gia iniziata verso il 1410, con due famose immagini del Battistero e di Palazzo Vecchio del Brunelleschi, oggi perdute. E gia nel 1435 si era avuto un primo manuale d~lla tecnica che avrebbe rivoluzionato I'arte rinascimentale, il trattato Della pittura di Leon Battista Alberti. Piero fu pero il primo ad andare oltre i « consigli per gli artisti » e a tentare di giustificare teoricamente Ie regole pratiche ormai in yoga, iniziando uno sviluppo che i matematici francesi, da Desargues a Pascal a Poncelet, porteranno a maturita tra il 1639 e il 1822 nella cosiddetta Geometria Proiettiva. Oltre all'interesse teo rico, poi, La prospettiva nella pittura ne ha anche uno artistico, evidente nella sontuosa edizione proposta dall'Aboca Museum di Sansepolcro, che riproduce il finora inedito manoscritto illustrato della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, uno dei sette esistenti e il pili anti co dei due quattrocenteschi in volgare, revisionato dall' autore stesso. Diversamente dalla sua opera pittorica, l'opera matematica di Piero della Francesca rimase a lungo nota soltanto in maniera indiretta: il trattato sulla prosp_ettiva fu sistematicamente inglobato nelle successive opere sull' argo mento, e i due trattati sull' abaco e sui solidi regolari vennero inseriti (anzi, a detta del Vasari, « plagiati») da Luca Pacioli in due sue opere: la Summa di aritmetica, geometria, proporzioni e proporzionalita del 1494, e il De divina proportione del 1509. Probabilmente il giovane Luca aveva frequentato la bottega di Pietro a Sansepolcro, prima di trasferirsi a Venezia e pubblicarvi la sua Summa: un'opera con Ie stesse caratteristiche del Trattato d'abaco, e in cui appaiono molti degli stessi problemi, rna anche molte cose nuove: non ultime, il metodo di registrazione contabile a
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doppia» e il primo calcolo approssimato di un logaritmo naturale (di 2). Fedelmente al suo titolo, la Summa era una vera enciclopedia del sapere dell' epoca, e rimase il testo di riferimento della matematica per tutto il Cinquecento. I1libro appare nel noto Ritratto del matematico fra' Luca Pacioli del 1495 di Jacopo de' Barbari, poggiato sui tavolo con un dodecaedro posto sulla copertina a mo' di fermacarte. E appeso a un filo c'e un complicato rombicubottaedro, meravigliosamente disegnato in un capolavoro di riflessione, rifrazione e prospettiva che 10 mostra come sospeso in aria, trasparente e mezzo pieno d'acqua. A far entrare nella storia il nome di Pacioli furono pero i solidi del De divina proportione, un testo aI quale collaborarono involontariamente Piero della Francesca e volontariamente Leonardo da Vinci. Il primo perche il suo Libretto sui cinque solidi regolari divenne il terzo volume dell' opera, e il secondo perche fomile illustrazioni non soltanto dei solidi regolari, rna anche di quelli semiregolari, tutti in due versioni: vacua, cioe col solo scheletro, e piena, con Ie facce. La collaborazione di Leonardo allibro di Luca non fu casuale: il secondo aveva conosciuto il primo nel 1496, quando si era trasferito a Milano alia corte degli Sforza, e i due erano subito diventati ottimi amici. E come la « divina proporzione » aveva un ovvio fascino per un artista-scienziato quale Leonardo, cosi ne aveva per Piero della Francesca: ad esempio, nella celebre Flagellazione egli non solo mise in pratica Ie regole della prospettiva del suo famoso trattato, rna illustro anche concretamente la divina proporzione nelle misure della tela e nella suddivisione delle due scene. T omando a Luca Pacioli, l' enigmaticita dell' espressione del suo ritratto e la seriosita dell'argomento dei suoi libri a stampa non ci avevano preparati alia recente pubblicazione di due manoscritti inediti nei quali egli si rivela un teo rico dei giochi, quando non semplicemente un giocherellone. II primo e Sulla potenza dei numeri, un testa di enigmi e trucchi ritrovato nell'Ottocento nella Biblioteca dell'Universita di Bologna, rna pubblicato soltanto nel 2007 (in traduzione inglese!), cinque secoli esatti dopo la sua stesura: vi si trovano molti giochi di Leonardo e altre curios ita, da come scrivere sui petali di rosa a come far camminare un uovo
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sui tavolo, che fanno di Luca Pacioli un predecessore di Lewis Carroll e Martin Gardner. 11 secondo e invece 10 scomparso Del gioco degli scacchi, il cui manoscritto (autografo) e tomato alla luce soltanto nel novembre 2006 nella Biblioteca Coronini a Gorizia, ed e stato anch' esso pubblicato nel 2007 in un' altra sontuosa edizione dal gia citato Aboca Museum. Questa volta si tratta di 114 studi scacchistici, di cui una trentina da giocare « alia rabbiosa», cioe con Ie nuove regole che allora stavano soppiantando Ie vecchie, e che si so no poi continuate ad usare fino ad oggi. Dopo aver girato il mondo (0, almeno, l'ltalia) in lungo e in largo, Luca Pacioli torno a Borgo Sansepolcro e vi 'morl nel 1517, cost come prima di lui vi era tomato Piero della Francesca, per morirvi anch'egli nel1492. Entrambi legarono definitivamente in tal modo illoro nome alla cittadina che affascino Huxley e nella quale essi attendono invano la resurrezione, che non e altro che un titolo: quello del supposto « miglior dipinto del mondo».
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UNA MENTE ENCICLOPEDICA
Come s' erano incontrati? Per caso, come tutti. Come si chiamavano? Che v'importa? Da dove venivano? Dalluogo pili vicino. Dove andavano? Si sa Forse dove si va? Che dicevano? Il padrone non diceva niente, e Jacques diceva che il suo capitano affermava che tutto quanto ci accade quaggili di bene e di male, dev'essere scritto lassli. , E il folgorante inizio del singolare Jacques il Jatalista (I 7781780), dell'altrettanto singolare Denis Diderot. Uno scrittore che, come racconta il suo contemporaneo Jean-Frans:ois Marmontel nelle Memorie di un padre al servizio dell'istruzione dei figli, « scriveva di getto, senza aver riflettuto su nulla: e COSt, come diceva lui stesso, aveva scritto delle belle pagine, rna non aveva mai fatto un libro». In effetti Jacques il Jatalista non e un libro, nel senso che non e un romanzo: almeno, non di quelli che hanno doverosamente un capo e una coda, e snodano giudiziosamente la loro soporifera storia fra l'uno e l'altra. E non sono libri in sen so convenzionale nemmeno Ie altre opere di Diderot, tutte prodotte con un peculiare metodo di lavoro da lui stesso descritto nelle Memorie per Caterina II (I 774), che riportano i suoi colloqui con la sovrana russa: Medito giorno e notte in casa mia, in societa, per la strada, a passeggio. Sui mio scrittoio ho un ampio foglio di carta sui quale annota i miei pensieri senza alcun ordine, come mi vengono in mente. Poi mi riposo, lascio alle idee il tempo di rispuntare, e quando riprendo quegli appunti di pensieri tumultuosi e slegati, Ii riordino. A questo punto il mio lavoro e compiuto: scrivo tutto di filato, ed e raro che riscriva qualcosa. Meno precisa, rna pili accattivante, e la descrizione agli inizi del Nipote di Rameau (I 762): Abbandono il mio spirito a tutto il suo libertinaggio. Lo lascio li-
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bero di seguire la prima idea saggia 0 folie che si presenta, come si vedono nel viale di Foy i nostri giovani dissoluti seguire i passi di una cortigiana dall'aria sventata e dal viso ridente, con I'occhio vivace e il naso all'insli, lasciare questa per un'altra, fermarle tutte senza fermarsi con ness una. Le mie idee sono Ie mie puttane. La metafora libertina ben si adatta al personaggio, quale emerge da alcune sue opere: I gioielli indiscreti (1748), ad esempio, un romanzo licenzioso scritto in soli quindici giorni per far soldi, in cui gli attributi genitali femminili raccontano, grazie al potere di un anello magico, tutte Ie loro piccanti esperienze a un annoiato sultano che rappresenta satiricamente Luigi XV. Ma illibertino .emerge, soprattutto, dalla serie di travolgenti amori che costellarona la vita di Diderot: Sophie Volland, in particolare, insieme alia quale egli concept e partori un epistolario trentennale di grande valore letterario. Se il suo lato pruriginoso scandalizzo i suoi contemporanei bacchettoni, il suo pensiero fu addirittura considerato eversivo e gli procuro negli anni una serie di guai: dall' ordinanza del Parlamento di Parigi, che ordino di « strappare e bruciare» i Pemieri filosofici (1746) perche « scandalosi e contrari alIa religione e alIa morale», all' arresto in seguito alIa pubblicazione della Lettera sui ciechi a uso dei vedenti (I749), che I'autore dovette abiurare per poter essere liberato dopo qualche mese di prigionia (la cosa non sorprende, visto che nell'opera Diderot anticipava addirittura alcuni aspetti della teo ria della selezione naturale). In seguito Caterina II cereD di spiegargli qual era il suo proble. . rna, dal punto di vista delle istituzioni:
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Con tutti i vostri grandi prindpi, che comprendo assai bene, si allestiscono ottimi libri rna pessime azioni. Voi non fate che lavorare sulla carta, che tutto accetta: tutto vi risulta conforme e sem- . plice, e non oppone ostacoli ne alia vostra immaginazione, ne alia vostra penna. 10 invece, povera imperatrice, devo lavorare sulla pelle degli uomini, che assai pili irritabile e suscettibile.
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Naturalmente, pero, I'opera che ha fatto passare Diderot alIa storia la celeberrima Enciclopedia, che dapprima egli diresse per undici anni, tra il1746 e il1757, con il matematico Jean-Bap-
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tiste Le Rond d'Alembert, e poi porto a termine da solo fino al completamento dei ventotto volumi (diciassette di testo e undici di figure) nel 1772, e dei sette di supplemento (quattro di testo, uno di figure e due di indici) tra ill776 e il1780: un'impresa che coinvolse decine di contributori e un migliaio di operai, produsse 18.000 pagine e tiro 4250 copie (un grande successo, per l'epoca). Prima di intraprendere il grandioso progetto, Diderot si era scaldato i muscoli in vari modi. Anzitutto, con la traduzione del Dizionario universale di medicina di Robert James (I 7431745), alIa quale lavoro per tre anni, e che da un lato gli insegno come si prepara un'opera enciclopedica, e dall'altro stimolo i suoi interessi scientifici. E poi, dal 1746, con la traduzione della Ciclopedia 0 Dizionario universale delle Arti e delle Scienze di Ephraim Chambers (I728): furono la necessira. di un suo aggiornamento e la constatazione dell'inadeguatezza di un unico autore per un'impresa di tale portata a spingere infine Diderot a sostituire la traduzione con la pianificazione di un' opera corale originale. Quali fossero i fini dell'Enciclopedia ce 10 spiega essa stessa, all' omonima voce:
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Questa parola significa «concatenazione delle scienze », essendo composta dalla preposizione greca in e dai sostantivi greci circolo e conoscenza. Scopo di un' enciclopedia infatti raccogliere Ie conoscenze sparse sulla faccia della terra, esporne ai nostri contemporanei il sistema generale e trasmetterle ai posteri, affinche I' opera dei secoli passati non sia stata inutile per i secoli a venire; affinche i nostri nipoti, resi pili istruiti, diventino nello stesso tempo pili virtuosi e felici; e affinche noi non dobbiamo morire senza aver ben meritato del genere umano.
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II primo volume apparve nelluglio 1751, con una dicitura che mostrava chiaramente in copertina gli intenti dell'opera e l'organizzazione dellavoro: «Enciclopedia 0 Dizionario ragionato delle Scienze, delle Arti e dei Mestieri, di una Sociera. di Letterati coordinata dal signor Diderot e, per la parte matematica, dal signor d'Alembert ». In apertura un celebre Discorso preliminare di quest'ultimo descriveva poi una tripartizione del contenuto secondo i modi di operare del pensiero: «Memoria, donde Storia. Ragione, donde Filosofia 0 Scienza. Immaginazione, donde Poesia ».
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L'opera sollevo immediatamente il plauso del pubblico e I'avversione delle istituzioni. Nel1752 i gesuiti riuscirono a ottenerne la sospensione, con I'accusa di sedizione religiosa e politica: paradossalmente, i manoscritti si salvarono perche furono portati di corsa al sicuro a casa di Chretien de Malesherbes, responsabile della censura reale, che era al tempo stesso un conservatore monarchico e un progressista letterario. Grazie all'appoggio suo e di altri papaveri (e papere, tra cui Madame de Pompadour), Ie pubblicazioni ripresero, rna l' ostilita. istituzionale continuo e culmino nel 1759 con la revoca da parte del Consiglio di Stato delle lettere di privilegio, l' ordine ai librai di restituire gli anticipi per Ie prenotazioni, e la messa all'Indice dei Libri Proibiti da parte di Clemente XIII. Ma gia I'anno prima d'Alembert si era defilato, spiegando a Voltaire: «L' Enciclopedia e divenuta un' opera necessaria e si perfeziona man mano che procede, rna e diventato impossibile compierla nel maledetto paese in cui ci troviamo. La mia opinione e che bisogna lasciarla cosl com'e e aspettare tempi pili favorevoli (che Forse mai arriveranno) per proseguire». Con Ia defezione sua e di altri, Diderot fu lasciato solo a dimostrare che essi avevano torto, e che I'impresa poteva invece essere portata a com pimento, nonostante Ie difficolta. Oggi essa costituisce il suo monumento, oltre che la Bibbia laica del Secolo dei Lumi. Cosl come la sua Preghiera dello scettico, allegata ai Pensieri sull'interpretazione della natura (1754), costituisce un Credo laico che riassume degnamente e dignitosamente 10 spirito deista, rna non teista, di un pensatore che mod rifiutando coerentemente i sacramenti: •
Dio, non so se ci sei, ma pensero come se tu vedessi nella mia anima, e agiro come se io fossi af tuo cospetto. Se ho talvolta peccato contro la mia Ragione e la tua Legge, saro meno soddisfotto della mia vita passata, ma non meno tranquillo per la mia sorte fotura, perche tu hai sicuramente dimenticato la mia colpa nel momento stesso in cui io tho riconosciuta. Non ti chiedo nulla di questo mondo, perche if corso delle cose e ne• • • • • cessarlO: se non Ct set, per causa sua, e se Ct set, per causa tua. Al piu spero nelle tue ricompense nell'altro mondo, se c'e: tutto quanto foccio in questo mondo, infotti, fo foccio da me.
WOLFGANG THEOPHILUS MOZART •
Nel1638 Gregorio Allegri compose I'unica sua opera che ci e pervenuta: un Miserere a nove voci basato suI lamentoso Salmo 51, che da allora venne eseguito due sole volte l' anno, il mercoledi e il venerdl santo, dai can tori della Cappella Sistina. E la consuetudine duro fino al1870, quando il coro venne sciolto in seguito alIa cad uta dello Stato Pontificio. L'11 aprile 1770, appunto un mercoledl santo, il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart e suo padre arrivarono aRoma, e riuscirono a intrufolarsi nella Cappella Sistina: il giovane fu infatti scambiato per un principe di Sassonia che risiedeva allora in Vaticano, e il padre per il suo maggiordomo. Tre giorni dopo quest'ultimo scrisse alIa moglie: « Forse hai gia sentito parlare del celebre Miserere di Roma, tenuto in tale stima che ai musicisti della Cappella e vietato, pena la scomunica, di far uscire Ia benche minima parte di questo brano, copiarlo 0 trasmetterlo a chiunque. Ebbene, noi ce l'abbiamo: Wolfgang I'ha trascritto a memoria». Ancora qualche giorno, e un'altra lettera annuncio: «II papa in persona e al corrente che Wolfgang ha trascritto il Miserere. Ma non c'e nulla da temere: anzi, la cosa gli ha reso grande onore». Infatti, il cardinal Pallavicini aveva consegnato al ragazzo il decreto di Clemente IV che 10 nominava cavaliere dello Speron d'Oro, ed egli fu poi una delle due sole persone al quale il papa offdla partitura del celebre brano, visto che intanto ormai ce I'aveva comunque . Mozart non era nuovo a imprese mnemotecniche: gia qualche anno prima, nel 1765, 10 scienziato inglese Daines Barrington l' aveva esaminato, e in una lettera a un membro della Royal Society di Londra racconta che il bambino di nove anni aveva terminato seduta stante una fuga interrotta daJohann Christian Bach, dopo averne memorizzato il tema e gli sviluppi. Mozart era anche solito trascrivere, nella corrispondenza col padre e la sorella, brani che aveva sentito in concerto e che gli erano particolarmente piaciuti, e spesso non scriveva Ie parti del solista per i suoi concerti, limitandosi a suonarle a memoria dopo averle composte nella testa.
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Ora, che tipo di cervello bisogna avere, e quale tecnica si puo usare, per essere in grado di compiere imprese del genere? Perche il Miserere di Allegri dura una quindicina di minuti, e memorizzarne tutte Ie nove voci e di complessid. analoga al trascrivere una conversazione di un quarto d' ora, in cuI fino a nove persone arrivano a pari are contemporaneamente! E per rispondere a queste domande, e ad altre analoghe, che il neuropsicologo e organista Francese Bernard Lechevalier ha scritto II cervello di Mozart (Bollati Boringhieri, 2006), un libro che coniuga piacevolmente la neurofisiologia della musica con I'aneddotica storica (cioe, non inventata 0 mitologizzata, come nel film Amadeus di Milos Forman) sui fenomeno Mozart. Per incominciare appunto dalla memoria, il primo a distinguerne due tipi (a breve e a lungo termine) fu William James nei Prindpi di psicologia del 1890. I due tipi sono indipendenti, si situano in zone diverse del cervello e funzionano in maniera diversa. La memoria a breve termine e costituita da un sistema centrale esecutivo localizzato nella corteccia frontale esterna, e da pill sottosistemi subordinati che permettono di ripetere Ie informazioni e di rappresentarsele in vari modi. Quanto alla memoria a lungo termine, essa puo essere esplicita 0 implicita, a seconda che abbia a che fare con ricordi verbalizzabili 0 no: ad esempio, gli episodi autobiografici 0 Ie conoscenze semantiche fanno intervenire rispettivamente l'ippocampo e illobo frontale anteriore sinistro, mentre Ie procedure di abilita tecnica coinvolgono anche il sistema motorio, oltre al cervelletto. Che quest'ultima memoria procedurale sia fondamentale nella musica l'aveva gia notato Cartesio nel1640, scrivendo in una lettera a padre Mersenne: « Un suonatore di limo ha una parte della , propria memoria nelle mani, perche la facilita di disporre Ie dita nei diversi modi, che ha acquisito per abitudine, 10 aiuta a ricordarsi di quei passaggi per l'esecuzione dei quali Ie deve disporre in quel certo modo». Ma oltre a quella tattile, la memoria musicale ha anche altre componenti: prime fra tutte, quella uditiva della melodia, quella visiva dello spartito, quell a semantica dell'armonia e, nel caso della musica cantata, anche quella verbale delle parole. Tmte queste memorie, e Ie relative aree cerebrali, confluiscono nell' esecuzione non letta dei brani musicali, che una specia-
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lita abbastanza diffusa tra i grandi concertisti, da Mozart a Glenn Gould. Naturalmente il vuoto di memoria la spada di Damocle che pende sull' esecutore e puo cadergli addosso per i motivi pill svariati, da una discesa dell' attenzione a una salita dell' emozione. Spesso Ie dita vanno pero avanti da sole, come nel famoso episodio in cui il violinista Maurice Vieux stava eseguendo una sonata col pianista Alfred Cortot, perse il filo, si chino a chiedere: « Dove siamo? » e ricevette la risposta: « Alia Carnegie Hall», e continuo come se niente Fosse. Altre volte Ie dita si comportano invece come un treno che imbocca uno scambio sbagliato: soprattutto nella musica barocca, quando si rischia di scivolare da una voce 0 da una fuga in un'altra, a causa di qualche galeotto passaggio parallelo. Un altro aspetto della memoria, che puo essere servito a Mozart per il suo exploitvaticano, che essa spesso si attiva inconsciamente. Arthur Rubinstein, ad esempio, raccontava che quando canticchiava un brano e poi smetteva per un po', riprendeva riattaccando la melodia non ne! punto in cui I' aveva lasciata, rna in quello in cui sarebbe giunto se avesse continuato senza fermarsi. E gli attori a volte si ritrovano ad aver miracolosamente imparato la propria parte anche senza averla mandata a memoria, quasi avessero veramente indossato i panni dei loro personaggi. Forse Mozart, come loro, si semplicemente ritrovato in testa la partitura del Miserere, senza aver fatto nessuno sforzo particolare per memorizzarlo. In fondo, si sa che la musica gli veniva facile in tante maniere. Ad esempio, il musicista Andreas Schachtner ha testimoniato che a sei anni, quando ancora si chiamava Theophilus invece di Amadeus, un giorno Mozart gli disse: « Signor Schachtner, il violino su cui sto suonando accordato a un ottavo di tono sotto quello che lei ha suonato prima», e che a una veri fica risulto che era proprio cos!. Oggi sappiamo che I' orecchio assolmo, che permette di valutare l'altezza di suoni isolati, e non soltanto la loro distanza da altri suoni, non affatto una dote naturale: 10 possiede infatti il95 per cento dei musicisti che hanno imparato a suonare prima dei quattro anni, rna solo il 5 per cento di coloro che hanno imparato dopo i dodici. Anche se, naturalmente, i geni aiutano (e so no aiutati): 10 stesso Mozart, ad esempio, ha testimoniato che a volte suo figlio piangeva nella stessa tonalita dei brani che lui stava suonando.
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Un altro dei modi in cui la musica gli veniva facile era la composizione. In una lettera pubblicata nel 1815, lui stesso ammise infatti: « Anche se un pezzo lungo, 10 posso abbracciare tutto in un unico colpo d'occhio, come un quadro 0 una statua. Nella mia immaginazione non possiedo l' opera nel suo svolgersi, come in una successione, rna ce rho tutta d'un blocco. L'invenzione, l'immaginazione, l' elaborazione: tutto avviene in me come un sogno magnifico e grandioso, e quando arrivo a dominare l'insieme nella sua totalita il momento migliore». Eppure, a volte anche Mozart ha avuto bisogno di impegnarsi: ad esempio, per comporre i sei Quartetti Haydn del 1785, la cui stessa dedica ricorda che essi « sono il frutto di uno sforzo lungo e laborioso ». Ma, a parte i suoi doni musica1i di orecchio, memoria e creazione, Mozart era comunque una persona normale. La figlia del consigliere Sals von Greiner, ad esempio, ha testimoniato che « lui e Haydn, che conoscevo bene, erano uomini che a frequentarli non manifestavano ness una intelligenza superiore e in cui non si riscontrava pressoche alcun genere di cultura, ne elevate aspirazioni aHa conoscenza. Disposizioni d' animo banali, battute insulse e, nel primo, una vita frivola: tutto qui, quel che si poteva trovare nella loro frequentazione ». E la stessa cosa potrebbe affermare chiunque abbia frequentato non soltanto artisti, rna anche letterati, filosofi e scienziati: in fondo, pensare, dire e fare stupidaggini la natura umana, e i geni non so no coloro che non ne pensano, dicono 0 fanno mai nessuna, rna quelli che a volte riescono a pensare, dire 0 fare qualcosa che non tale, per la propria e l' altrui felicira.
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LO SCIENZIATO UNO E TRINO
Il settantenne Albert Einstein inizio nel 1949 la sua Autobiografia scientifica, scherzosamente definita « il mio necrologio», raccontando la sua giovanile scelta di campo. Dopo aver ricordato che fin da bambino « la vanita delle speranze e degli sforzi che travolgono incessantemente la maggior parte degli uomini in una corsa affannosa attraverso la vita» l' aveva colpito profondamente, egli ricorda che dapprima divenne religiosissimo, rna cesso improvvisamente di esserlo all' eta di dodici anni, perche leggendo libri di divulgazione scientifica si era « ben presto convinto che Ie storie che raccontava la Bibbia non potevano essere vere». Questa esperienza gli fece capire come « i giovani fossero coscientemente ingannati dallo Stato con insegnamenti bugiardi, e fu un'impressione sconvolgente», da cui il precoce pensatore trasse un atteggiamento di sospetto verso ogni genere di autorita, e di scetticismo verso Ie convinzioni sociali, che non l'avrebbe pili abbandonato. Da allora egli trovo la liberazione nel « possesso intellettuale del mondo che esiste indipendentemente da noi, esseri umani, e che ci sta di fronte come un grande, eterno enigma, accessibile solo parzialmente aHa nostra osservazione e al nostro pensiero». Naturalmente, conclude Einstein, « la strada verso questo paradiso non era cosl comoda e allettante come quella del paradiso religioso, rna si dimostrata una strada sicura, e non ho mai pili rimpianto di averla scelta». Questa pagina costituisce una versione moderna del famoso frammento iniziale del poema Sulfa natura di Parmenide, che proponeva l' altrettanto famosa, e analoga, scelta tra Ie vie dell' 0pinione (doxa) e della verita (aletheia). E la dovrebbero leggere tutti gli studenti, per capire come un loro coetaneo particolarmente dotato affronto i dilemmi dell'adolescenza, e abbandono la via della superstizione religiosa per intraprendere quella della ricerca scientifica. Non potendoci natural mente attendere che sia la concordataria scuola dell'ora di religione a proporla, possiamo comunque leggerla, insieme ad altre pagine significative delle preziose Opere scelte di Einstein (Bollati Boringhieri, 2004).
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Anzitutto, quelle uscite dalla penna della prima persona della trinita einsteiniana: il Padre della relativita, sua figlia prediletta, che egll. concept in versione speciale nel1905, e in versione generale nel 1915, e divulgo in maniera impareggiabile nel suo unico libro popolare, la Relativita del 1917, all'insegna del motto: «l problemi dell' eleganza vanno lasciati al sarto e al calzolaio ». Quest'opera e la continuazione ideale dei Dialoghi sopra i due massimi sistemi di Galileo, e ne aggioma Ie metafore per adeguarle ai tempi. E come Galileo aveva esposto la cosiddetta relativita. galileiana con il famoso esperimento mentale della nave, COS! Einstein espone la relativita speciale con I'altrettanto famoso esperimento mentale del treno, introdotto dalle parole: « 10 sto al finestrino di un vagone ferroviario che viaggia a velocita uniforme, e lascio cadere una pietra sulla banchina senza imprimerle alcuna • spmta ». Rispetto a Galileo, pero, Einstein deve tener conto di un fatto nuovo: la costanza della velocita della luce, richiesta dalla teo ria dell' elettromagnetismo di Maxwell e confermata dagli esperimenti di Michelson e Morley. Un fatto gravido di conseguenze, dal quale derivano in cascata la decostruzione del concetto di simultaneita e la costruzione dei paradossali principi della nuova fisica: cioe, la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi prodotte dal moto sui metri e sugli orologi di un osservatore in mo• vlmento. A propos ito di paradossi, 10 stesso Einstein ne aveva enunciato uno singolare nel suo articolo originale del 1905, stranamente non ripetuto nellibro divulgativo: « Un orologio che si trovi all' equatore deve procedere un po' pili lentamente che un orologio uguale e posto nelle stesse co.ndizioni, che si trovi a un polo». 0, come la racconto in maniera memorabile nel1911 Paul Langevin, se un gemello parte per un viaggio, al suo ritomo e pili giovane di quello che rimasto: una situazione fantascientifica che, puntualmente, Stanislav Lem ha sfruttato letterariamente in Ritorno dall'universo (Garzanti, 1976). Quanto alia relativita generale, Einstein la introduce con un altro ormai classico esperimento di pensiero: quello dell'ascensore, che se in caduta libera verso il basso in un campo gravitazionale annulla gli effetti del peso su un passeggero, mentre Ii crea se viene invece accelerato verso I'alto nel vuoto. L'indistinguibilita tra gra-
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vita e accelerazione, testimoniata dalla coincidenza sperimentale fra la massa gravitazionale (misurata dal peso) e la massa inerziale (misutata dalla resistenza al moto) di un corpo, costituisce l' assiorna da cui si sviluppa una nuova teo ria geometrica della gravitazione, la cui verifica sperimentale nel1919 fad di Einstein un vero e proprio divo mediatico. . Ma, oltre al nota Padre della relativita, esiste una seconda persona della trinita einsteiniana: il Critico della meccanica quantistica, che ricopd in questo campo il tipico ruolo del Bastian contrario. Agli inizi del secolo, quando tutti credevano che i quanti non fossero altro che un artificio tecnico, egli fu infatti il primo, e per molti anni I'unico, a credere alia loro esistenza reale. Lo stesso Planck, quando 10 propose nel1914 per la nomina all'Accademia delle Scienze Prussiana, ritenne addirittura di doverlo giustificare, dicendo: « Che possa a volte aver mancato il bersaglio nelle sue congetture, ad esempio nel caso del quanta di luce, non puo essere in realta considerato troppo grave: e infatti impossibile introdurre idee veramente nuove, anche nelle pili esatte delle scienze, senza correre qualche rischia». In seguito, quando ormai gli era stato dato il premio Nobel nel 1921 « per la scoperta della legge dell' effetto fotoelettrico», senza alcuna menzione della relativita, e tutti si erano convinti che la meccanica qu~ntistica sviluppata tra ill925 e il1929 da Heisenberg, Schrodinger e Dirac Fosse la teoria definitiva, Einstein rimase invece I'ultimo a credere che ci dovesse essere una teoria pili fondamentale, da cui la teo ria si potesse dedurre: come disse in una lettera del 16 gennaio 1948 all' amico Michele Besso, « ho verso la teoria dei quanti l' atteggiamento degli Ebrei verso il Messia». Per anni provo, imperterrito, a dimostrare I'inconsistenza della meccanica quantistica, cercando un esperimento da cui si potessero ricavare pili informazioni di quelle permesse dal principio di indeterminazione. Ma nel 1935, convinto ormai anch'egli che la teo ria Fosse corretta da un punto di vista pratico, diede comunque la sua ultima zampata: in un articolo scritto insieme a Boris Podolsky e Nathan Rosen e intitolato « La descrizione quantica della realta puo essere considerata completa?» pose Ie basi di un esperimento che fu successivamente affinato nel corso degli anni, da Bohm nel 1951 a Bell nel 1964, e in seguito confermato sperimentalmente da Aspect nel1982, dal quale si deduce che la me-
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tafisica classica e insostenibile nella sua interezza, e che la meccanica quantistica ci costringe a cambiare radicalmente la nostra ingenua visione di un mondo locale, costituito di oggetti separati e reali. Se gli scritti della seconda persona della trinita einsteiniana sono Forse i pili tecnici e i menD leggibili, il contrario e vera per quelli della terza persona: il Profeta disarmato, profondo maestro di saggezza e arguto autore di aforismi memorabili, quali « per essere I'immacolato componente di un gregge di pecore, bisogna es• sere anzltutto una pecora». Emblematiche della variegata personalita del massimo sci enziato del Novecento sono due lettere: quella a Roosevelt del 1939, che consigliava di intraprendere la costruzione della bomba atomica, e quella a Russell del 1955, il suo ultimo atto pubblico, che aderiva alIa costituzione di quello che pOI divenne il Movimento Pugwash degli scienziati contro l'atomica, vinci tore del premio Nobel per la pace nel 1995. Ma la summa del suo pensiero e Forse il saggio del 1931 Come io vedo it mondo, che si conclude in maniera simmetrica a come si aprira I'Autobiografia scientifica: « 10 non posso concepire un Dio che ricompensa e punisce Ie sue creature, e che esercita una volonta simile a quella che noi sperimentiamo su noi stessi. Ne so immaginarmi e desiderare un individuo che sopravviva alIa propria morte fisica: lasciate che di tali idee si nutrano, per paura 0 per egoismo, Ie anime fiacche. A me basta il mistera dell' eternita della vita, la coscienza e il presentimento della mirabile struttura del mondo in cui viviamo, insieme con 10 sforza incessante per comprendere una particella, per piccola che sia, della Ragione che si manifesta nella natura». -
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I BIMB! DI EINSTEIN
Fino a qualche anna fa, che cosa pensasse in teo ria Albert Einstein sulla scuola e I'insegnamento 10 si poteva desumere dai saggi raccolti in Idee e opinioni (II Cigno, 1990), nei quali egli dichiarava fra l'altro che « I'unico sistema razionale d'educazione e di offrire se stessi come esempio e, se non 10 si puo evitare, come avvertimen to»; che « 10 scopo della scuola e di far acquisire ai giovani una personalita armoniosa, e non una specializzazione»; e che « l' eccessivo carico didattico porta necessariamente alIa superficialita». Cioe, I' esatto contrario di cio che la maggioranza delle scuoIe di ogni tempo e luogo ha sempre praticato. Degli esami di maturid, poi, Einstein pensava che fossero non soltanto inutili, visto che un insegnante puo giudicare molto meglio un allievo valutando il suo lungo percorso scolastico che non Ie sue brevi prove finali, ma anche dannosi, per la tensione emotiva e 10 sforza mnemonico che richiedono, al punto da poter generare incubi duraturi e distruggere la curiosita intellettuale. Concordando, in questo, con un altro famoso avversario degli esami, iI mate matico Giuseppe Peano, secondo il quale « se serve, a bocciare gli studenti ci pensera la vita». Che cosa facesse invece in pratica il Caro Professor Einstein quando interagiva con gli alunni delle inferiori 10 si puo ora leggere in un omonimo libro, a cura di Alice Calaprice (Archinto, 2005), dedicato ai bambini di tutto il mondo, che contiene la corrispondenza tra il grande scienziato e i suoi piccoli interlocutori sui tipici problemi metafisici che, se posti nell'infanzia, sono indice di maturid intellettuale, rna se reiterati nella maturita diventano invece sintomo di infantilismo: « Che cos'e I'anima?», « Che cos'e il paradiso?», « Che cos'e il tempo?», « Che cos'e la quarta dimensione?», e via dicendo. Naturalmente, i bambini che scrivevano a Einstein erano vittime dell'influsso mediatico che ne aveva fatto un'icona del suo tempo: al punto che, quando mori, il suo corpo venne cremato e Ie ceneri furono disperse in un luogo sconosciuto, per evitare che la sua tomba diventasse meta di pellegrinaggi. E, per 10 stesso
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motivo, chi si rechi oggi in Mercer Street a Princeton non trovera nessun segno di riconoscimento che indichi la « villetta bianca a due piani con la veranda e Ie colonnine» in cui abitava, ricordata dalla nipotina Evelyn nella sua introduzione al volume. Einstein era infatti nonno, e dunque anche padre, benche in maniera poco grandiosa. La prima figlia, Lieserl, non la vide mai: fu partorita in Serbia, paese natale della prima moglie, e di lei si sono perse Ie tracce do po i suoi venti mesi. II terzo figlio, Eduard, a vent'anni divenne schizofrenico, fin!' in un ospedale psichiatrico e non ebbe pili contatti diretti col padre negli ultimi vent'anni della sua vita. E la corrispondenza con Eduard e il fratello Hans Albert, non riportata in questo libro, rivela un crescente risentimento dei due bambini per Ie assenze del genitore, ormai diventato famoso, nonostante egli Ii assicurasse che « anche in un solo mese all'anno da me potrete imparare molte cose che gli altri non vi insegneranno tanto facilmente». Non e, comunque, che nella sua vecchiaia Einstein abbia trovato pili tempo per i bambini altrui di quanto ne avesse avuto per i propri: Ie sue rare risposte alIa sessantina di loro Iettere, risalenti al periodo fra il 1928 e il 1955, so no spesso soltanto aforismi. II pili noto indirizzato a una dodicenne, preoccupata dello sforzo che Ie richiedeva 10 studio: « Non preoccuparti delle tue difficolta . in matematica: ti posso assicurare che Ie mie so no ancora pili grandi ». A un saputello che gli diceva di aver riflettuto a lungo sulla relativira, rispose: « Credo che faresti meglio a dare lezioni agli altri soltanto dopo aver tu stesso imparato qualcosa di utile». E a un altro: « Non sei il giovanotto pili sensato al mondo, rna un bene che tu sia per 10 menD un rag~zzo curioso». A una bimba che gli chiedeva se gli scienziati pregano, dichiaro che « gli scienziati non sono inclini a credere che il corso degli eventi possa essere influenzato dalla preghiera, vale a dire da una volonta sop ran naturale ». Aggiungendo, pero, che « la ricerca scientifica conduce a un senti men to religioso particolare, del tutto diverso dalla religiosira di chi pili ingenuo». E a un padre che sperava di rivedere in cielo it figlio undicenne morto, rispose: « Non alimentare l'illusione, rna cercare di superarla, la via per raggiungere la pace della mente». Chi non d' accordo, faccia un segno (della croce).
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IL DISTRUTTORE 01 MONDI
II Novecento, un secolo non avaro di orrori e bestialita, ha vissuto due delle sue giornate pili buie e crudeli il 6 e il 9 agosto 1945, quando due bombe atomiche rasero al suolo due citta indifese e sterminarono in un lampo duecentomila civili inermi. Le bombe erano state costruite nel megalaboratorio di Los Alamos da un gruppo di scienziati diretto dal fisico Robert Oppenheimer, che il17 marzo 1946 confesso a Harry Truman: « Sento che abbiamo Ie mani macchiate di sangue». Al che il presidente degli Stati U niti rispose: « Poco male, verra via sotto il rubinetto». E aggiunse disgustato poco do po al sottosegretario di Stato Dean Acheson: « Non portarmi pili quell'individuo. Dopotutto, lui non ha fatto altro che fabbricare la bomba. Sono io che l'ho fatta scoppiare! » II dialogo sintomatico, oltre che della rozza superficialira del politico, anche della tormentata complessita del fisico, al quale Abraham Pais dedica la particolareggiata e documentata biografia Oppenheimer (Mondadori, 2007), che costituisce l'ultima opera del grande storico della scienza, gia autore di altre memorabili biografie di Albert Einstein (Sottile il Signore... , Bollati Boringhieri, 1986) e Niels Bohr (II danese tranquillo, Bollati Boringhieri, 1993), tutte altrettanto ponderose e dense di informazioni. Dopo essere stato egli stesso per decenni un fisico di val ore, e professore in quell a Mecca intellettuale che era ed !'Institute for Advanced Studies di Princeton, Pais si era infatti dedicato nell'ultima parte della propria vita a raccontare quella di alcuni dei suoi grandi colleghi, all'insegna del Principio dell' Iceberg: « Mostrarne solo la punta, lasciando pero intuire che si a conoscenza di molte cose sotto la superficie». E Pais ne conosceva parecchie, di cose sotto la superficie dell'iceberg Oppenheimer, avendo condiviso con lui diciassette anni all'Institute. Ma era stato fino all'ultimo restio a raccontarle, a causa della complessita di un personaggio che suscitava solo amore sconfinato 0 odio viscerale in chi 10 conosceva, senza vie intermedie. II sottotitolo dell' opera di Pais, lasciata incompiuta alia sua morte e portata a termine da Robert Crease, « Dalla bomba ato-
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mica alIa guerra fredda: la tragedia di uno scienziato ». E la parol a « tragedia» va intesa in pili sensi, il primo dei quali intellettuale: Oppenheimer fu infatti « quasi un genio », un uomo con un' intelligenza fulminante rna dispersiva, che aveva sempre idee interessanti rna faceva sempre calcoli sbagliati e, come disse Wolfgang Pauli, « sembrava trattare la fisica come uno svago e la psicanalisi • come una VOCaZlOne». Pais si sforza di descriverne i risultati scientifici, rna costretto ad ammettere che, a parte il suo contributo alIa teoria dell' elettrone e del positroneda un lato, e Ie pionieristiche ricerche su quelli che oggi chiamiamo « buchi neri» dall'altro, il vero lascito di Oppenheimer alIa fisica americana fu il suo ruolo di levatrice della scuola teo rica statunitense, nelle prestigiose universita di Berkeley e Cal tech degli anni '30. Oltre, naturalmente, alIa direzione del laboratorio di Los Alamos tra il 1942 e il 1945, dove riuscl a dirigere mirabilmente l' orchestra di prime donne scientifiche e di ultimi uomini militari che si affannarono in quell a che lui stesso defini « un'impresa potenzialmente capace di portare alIa distruzione del mondo». Parte del suo fascino come insegnante e amministratore derivava dal suo stile ieratico, traboccante di citazioni dassiche in greco o in sanscrito, che coinvolgeva e commuoveva, rna non permetteva di ricostruire a posteriori cio che si era udito: un po' come gli esercizi di un trapezista 0 di un giocoliere, che divertono e stupiscono rna non si sanno ripetere. Tipica di questo stile fu la sua ci-: tazione della Baghavad Gita, il « Canto del Signore» indiano, dopo il primo riuscito test atomico del 16luglio 1945 nel deserto di Alamogordo: « 10 so no diventato la morte, il distruttore di mondi ». Da contrapporre a quella di Ken Bainbridge, responsabile ufficiale del test: « Adesso siamo tutti dei figli di puttana». 11 secondo non aveva tutti i torti, comunque, visto che il6 agosto a Los Alamos il primo convoco il personale dellaboratorio, e « mentre tutto intorno alIa sala si sentivano acdamazioni, grida e applausi, rispose con il saluto del pugile, alzando sopra la testa Ie mani serrate». Cosl narra il perplesso Pais, e continua raccontando che quando molti anni dopo disse a Isidor Rabi che poteva capire illancio della prima bomba, rna considerava criminale il secondo, il premio Nobel per la fisica gli rispose che allora non comprendeva la mental ita dei militari: dopo aver prodotto due di•
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stinti tipi di arm a (all'uranio e al plutonio) con un costa enorme, era infatti inconcepibile che essi rinunciassero a collaudarle entrambe suI campo. Naturalmente, in ambienti di tal fatta anche gli in no cui moderati possono apparire come pericolosi progressisti, e questa fu la seconda tragedia di Oppenheimer: quella politica. Fin dal suo discorso d'addio a Los Alamos, il2 novembre 1945, egli incomincio infatti a meditare sulle problematiche etiche sollevate dall' energia atomica, e a invocare da un lato un controllo sovranazionale su di essa, e dall'altro una moratoria sulla produzione delle armi nudeari: tutte cose che sarebbero controverse oggi, rna che allora, nei tempi della guerra fredda e del maccartismo, erano semplice• mente sovverSlve. Per qualche anno, comunque, il « distruttore di mondi» pon: godere i frutti del suo lavoro bellico e della fama che gliene era derivata. Divenne « il fisico » per antonomasia, ed esercito il potere sia politico, come consulente in innumerevoli comitati governativi, sia accademico, come direttore del gia citato Institute di Princeton. Quest'ultimo, tra l'altro, aveva tra i suoi membri nientemeno che Albert Einstein e Kurt G6del, rna Oppenheimer non si lascio intimorire e 10 descrisse al Time, che gli dedico la copertina, come « un luogo in cui la gente si spiega a vicenda cio che non capisce » e « dove Ie persone possono sedersi e pensare, rna solo il sedersi sicuro». A dannarlo fu pero la sua posizione sulla bomba all'idrogeno, che fin dagli inizi egli considero inattuabile tecnicamente e condannabile eticamente. A perseguirla come un' ossessione fu invece Edward Teller, una sorta di alter ego di Oppenheimer, con gli stessi pregi intellettuali e gli stessi difetti caratteriali, che gia a Los Alamos capeggiava un gruppo di studio per la fattibilita della cosiddetta « super». 1128 ottobre 1949 Oppenheimer, come presidente dei consulenti della Commissione per l' energia atomica, espresse ufficialmente molti dubbi sulla fattibilita della bomba all'idrogeno e altrettante certezze sulla sua pericolosita, dichiarando che « il suo uso spinge molto pili avanti della bomba atomica la politica di sterminio delle popolazioni civili», tanto che essa « potrebbe diventare un'arma genocida», e condudendo che con la sua costruzione « i danni estremi per l'umanica superano di gran lunga qua-
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lunque vantaggio militare ne possa derivare »: una posizione, questa, allora condivisa dalla maggioranza dei fisici, da Fermi aRabi. 31 gennaio 1950 Truman, con la sensibilita che gia conosciamo, decise di procedere comunque: nel 1951 Stanislav Ulam scopd come far filfizionare il giocattolo, nel 1952 Teller ottenne un suo laboratorio di armamenti, e il primo marzo 1954 fu fatta esplodere la prima bomba statunitense alI'idrogeno, con una potenza mille volte superiore a quella di Hiroshima. Nel frattempo, il 23 novembre 1953, il nulla osta di Oppenheimer all' accesso ai dati riservati era stato sospeso, in seguito a una den uncia di « co• mumsmo». Oal 12 aprile al 6 maggio 1954 il fisico, ormai politicamente caduto in disgrazia, subi un processo da caccia alle streghe maccartista, nel quale Teller testimonio che, poiche « Oppenheimer aveva dato una gran quantita di cattivi consigli sulla questione della bomba alI'idrogeno, in futuro non si sarebbe dovuto fare ricorso alIa sua consulenza e lui non avrebbe dovuto avere mai pill alcuna influenza ». Puntualmente, il nulla osta non gli fu rinnovato e da allora fu confinato all' Institute, che. diresse fino al 1965, due anni prima di morire sessantatreenne di un cancro alIa gola contratto per il fumo. N on in disgrazia, pero, visto che nel 1963 aveva ricevuto il premio Fermi della Commissione per l' energia atomica direttamente dalle mani del presidente Johnson. Quanto a Teller, 10 stesso premio I'aveva gia ricevuto I'anno prima, e a conti fatti divenne 10 scienziato politicamente pill influente del XX secolo: ad es~mpio, fu lui a ispirare negli anni '80 il progetto delle Guerre Stellari di Ronald Reagan. A conferma del fatto che in politica, alIa lunga, a pagare non I'indipendenza i.ntellettuale, rna il servilismo.
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COLVI CHE FECE PER CORAGGIO IL GRAN RIFIVTO
n 18 aprile
1955, mentre stava volando da Roma a Parigi, Bertrand Russell venne a sap ere da un annuncio del pilota che Albert Einstein era morto. Ne fu sconvolto, come lui stesso racconta nella sua Autobiografia, rna non per i motivi ovvi. Una settimana prima, infatti, aveva mandato al pill famoso scienziato vivente la bozza di una dichiarazione a favore della collaborazione fra Ie nazioni e del disarmo nucleare, che senza l' appoggio di Einstein non avrebbe avuto la risonanza che Russell sperava. Arrivato in albergo a Parigi, pero, il filosofo trovo ad aspettarlo una lettera del fisico, che aderiva all'iniziativa: era I'ultimo atto pubblico .che Einstein aveva compiuto prima di morire, e questo fatto contribui ad attirare su di esso l'interesse dei media. La dichiarazione divenne nota come il Manifesto di Einstein-Russell, 0 viceversa, e fu firmata da una decina di premi Nobel: fra questi Linus Pauling, che ne aveva gia vinto uno per la chimica nel 1954, e ne avrebbe vinto un secondo per la pace nel 1962. A fianco dei luminari che avevano firmato il manifesto c' era anche un giovane, allora sconosciuto, di nome Joseph Rotblatt. Si trattava di un fisico polacco emigrato in Inghilterra, che fin dal novembre 1939 aveva cominciato a lavorare alIa bomba atomica a Liverpool, ed era poi finito come tanti altri a Los Alamos. Ma, come nessun altro, aveva compiuto « il gran rifiuto» nel 1944, quando i servizi segreti inglesi fecero sapere di essere ormai certi che i tedeschi non stavano costruendo la bomba atomica, ed era quindi ormai caduta la giustificazione morale del Progetto Manhattan. La scelta di Rotblatt fu naturalmente osteggiata a Los Alamos, ed egli fu guardato con sospetto e trattato da spia sovietica. Gli altri scienziati rimasero invece tutti alloro posto, e solo Leo Szilard ebbe dei ripensamenti: la cosa era significativa perche Szilard era colui che, il 16 e il30 luglio 1939, era andato da Einstein (la prima volta con Eugene Wigner, poi premio Nobel per la fisica nell963, e la seconda con Edward Teller, poi padre della bomba all'idrogeno e delle Guerre Stellari), per convincerlo a scrivere una
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famosa lettera al presidente Roosevelt, che 10 metteva in guardia sulla possibilira. che i nazisti costruissero « bombe di un tipo nuovo ed estremamente potenti». Dopo la guerra, Einstein dichiaro: « Se avessi saputo che i tedeschi non sarebbero riusciti a costruire la bomba atomica, non avrei mosso un dito». In realta, non sembra che la sua lettera abbia avuto una particolare influenza sulla decisione di iniziare it Progetto Manhattan: Roosevelt non la lesse che 1'11 ottobre 1939 e si limito a nominare un Comitato di consulenza per 1'uranio, che stanzio per 10 studio della fissione la bella cifra di 6000 dollari per un anno! E nemmeno una seconda lettera di Einstein, l' anna dopo, ottenne risultati migliori: soltanto it 9 ottobre 1941 Roosevelt prese la decisione di costruire una bomba atomica, e 10 scienziato che 10 convinse a farlo fu Vannevar Bush, non Einstein. In ogni caso, nella primavera del 1945 i tedeschi non avevano costruito la bomba e avevano ormai perso la guerra. Szilard scrisse dunque un profetico memorandum per il presidente in cui notava che non solo l'uso, rna anche un semplice test dell'atomica sarebbe stato catastrofico, perche avrebbe svelato l' esistenza della nuova arma e precipitato « una corsa alIa produzione di questi ordigni tra Stati U niti e Russia». Quando Szilard ando a portare il memorandum a Truman, il neopresidente 10 ridiresse al suo consigliere Jimmy Byrnes, che non ebbe di meglio da dire che: anzitutto, « dopo aver speso due mitiardi di dollari per sviluppare la bomba, il Congresso vorra ben vedere cosa si ottenuto con tutto quel denaro »j e poi, che « un uso della bomba avrebbe impressionato l'Unione Sovietica, rendendola pili malleabite nel dopoguerra». Dal canto loro, anche gli scienziati che ci avevano lavorato erano ansiosi di vedere se il giocattolo avrebbe funzionato: racconta ad esempio il generale Leslie Groves, capo del Progetto Manhattan, che al momenta del test di Trinity « Fermi raccoglieva scommesse suI fatto se la bomba avrebbe 0 no incendiato l' atmosfera, e in tal caso se avrebbe semplicemente distrutto il Nuovo Messico 0 1'intero mondo ». Dopo il test, nelluglio 1945, Szilard fece circolare tra i colleghi una petizione al presidente per scongiutare 1'uso della bomba suI Giappone, che avrebbe costituito « una flagrante violazione dei nostri standard morali», rna nessuno la firmo. Nei dieci anni seguenti, pero, una buona parte dell' opinione pubblica aveva ormai capito che la scelta di costruire (non parlia-
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mo di usare) la bomba atomica era stata un errore, e quando it manifesto Einstein-Russell fu reso pubblico il 9luglio 1955, ebbe una vasta risonanza. Esso si apriva con queste parole: « Nella tragica situazione che confronta 1'umanid., noi crediamo che gli scienziati dovrebbero riunirsi in un convegno per valutare i pericoli che sono sorti in seguito allo sviluppo delle armi di distruzione di massa». Un' espressione, quest'ultima, correttamente usata allora per indicare Ie travi nell'occhio dei Golia con Ie mazze nudeari (Stati Uniti e Unione Sovietica), e non abusata come oggi per indicare Ie pagliuzze nell' occhio dei Davide con la fionda (Iraq e Iran). Sfruttando la visibilita ottenuta anche grazie aIle singolari circostanze della firma del manifesto da parte di Einstein, Russell incomincio immediatamente a organizzare it convegno degli scienziati sulla bomba. Parlo a Nehru quando questi ando in visita a Londra, e ricevette dal governo indiano l'invito a tenere l'incontro a Delhi nel gennaio 1957. AlIa fine del 1956, pero, la situazione politica deterioro con la rivolta d'Ungheria e la crisi di Suez, e Nehru aveva altro da fare che ospitare convegni. Un'offerta d'aiuto venne sorprendentemente dal miliardario greco Aristotele Onassis, che pretendeva pero che l'incontro avvenisse nella poco dignitosa sede di Montecarlo. Russell prefed accettare 1'invito del finanziere canadese Cyrus Eaton e l' ospitalita della sua cittadina natale di Pugwash, nella N uova Scozia. Come gia la conferenza stampa di Londra del9luglio 1955, in cui era stato divulgato il manifesto, anche il convegno di Pugwash delluglio 1957 fu presieduto da Rotblatt, che era diventato it consigliere scientifico di Russell per it nudeare. Ad esso parteciparono una ventina di scienziati europei, statunitensi, sovietici, cinesi e giapponesi, e per sottolineare dove stavano i problemi si scelsero come lingue ufficiali 1'inglese e il russo. I temi trattati furono quelli che sarebbero poi divenuti 1'agenda del futuro: i pericoli insiti nell'uso dell'energia atomica, it controllo da esercitare sugli armamenti nudeari e la responsabilita sociale degli scienziati. Visto it successo di quella prima riunione, si stabill un' organizzazione permanente con (allora) Russell presidente e Rotblatt segretario, che esiste ancor oggi col nome di Convegni Pugwash sulla Scienza e gli Affari Mondiali, e ha Ie sue sedi ufficiali aRoma, Londra, Ginevra e Washington. II suo periodo di maggior visibi•
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lira. e utilira. stato quello della guerra fredda, quando gli incontri tra scienziati dei due blocchi erano spesso un (e a volte l'unico) tramite per uno scambio di informazioni e di proposte tra i rispet• • • tlVI goverlll. II lavoro del Pugwash stato cmciale nella preparazione di molti dei trattati di limitazione degli armamenti e di non proliferazione nucleare firmati tra Stati Uniti e Unione Sovietica, dall'era di Nixon e Brdnev a quella di Reagan e Gorbacev. E in riconoscimento del loro impegno a favore del disarmo e della pace mondiale, il movimento Pugwash e il suo segretario Rotblatt hanno condiviso il premio Nobel per la pace del 1995, « per illoro sforzo volto a diminuire il molo giocato dalle armi nucleari nella politica internazionale e, alia lunga, a eliminarle». In un articolo del 20 gennaio 2005 sui Guardian, Rotblatt scriveva che, essendo l'unico ancora in vita tra i firmatari del manifesto che aveva dato origine al Pugwash, considerava suo dovere continuare a diffondere il messaggio di Einstein. Pochi mesi dopo, il31 agosto 2005, quel dovere passato a noi tutti: quel giorno, infatti, il quasi centenario Rotblatt emorto a Londra, nell'anno einsteiniano, a mezzo secolo esatto dagli avvenimenti che oggi sono legati non soltanto al nome di Einstein e Russell, rna anche al suo.
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LA SIGNORA DELLA MEDICINA
Tutti gli italiani co nos co no il nome e la ieratica FIgura di Rita Levi Montalcini, premio Nobel 1986 per la medicina, che per anni stata I'unica donna nel suo campo di ricerca: tanto che, come lei stessa ricorda orgogliosamente, ai congressi ai quali partecipava Ie prolusioni si aprivano normalmente con un Lady and Gentlemen, « Signora e Signori». Ma prima di arrivare ai congressi la signora della medicina ha dovuto percorrere una lunga strada, che l'ha portata da Torino agli Stati Uniti. Nella citra piemontese nata il22 aprile 1909, insieme alia gem ella Paola, e ha studiato alia scuola del famoso istologo Giuseppe Levi: un'universira. di eccellenza, visto che tre dei suoi allievi (oltre alia Montalcini, anche Salvador Luria e Renato Dulbecco) sono poi arrivati al premio Nobel per la medicina. Ma anche un'universira nella quale ha dovuto combattere per iscriversi, ribellandosi al molo che il padre sembrava averle destinato: ancor oggi, quasi cento anni dopo, a chi Ie chiede di ricordare gli anni della sua infanzia, la Montalcini dichiara di aver sofferto all'idea di dover vivere « in seconda» come la madre, e di aver odiato Ie scuole femminili che insegnavanoa essere « mogli e madri», ment're lei sentiva di non voler essere ne l'una ne I'altra. Laureatasi con lode nel 1936, e subito ammessa alia specializzazione in neurologia e psichiatria, ne fu espulsa nel 1938 in seguito alia promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista. Dopo un breve periodo passato in un istituto di ricerche neurologiche a Bmxelles, la Montalcini torno in Italia: non potendo lavorare all'universita, installo un laboratorio nella propria stanza da letto e incomincio a studiare gli embrioni di polio insieme a Giuseppe Levi, anch'egli tomato a Torino dopo essere sfuggito all'invasione nazista del Belgio. I1laboratorio da camera condivise Ie peripezie belliche della ricercatrice, che dovette dapprima sfollare in campagna e poi fin! a Firenze, dove entro in contatto con il Partito d'Azione e, dopo la liberazione della citta nel 1944, lavoro come medico in un campo di rifugiati. Finita finalmente la guerra e tomato il sereno, la
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Montalcini rientro in universira. a Torino, rna nel'1947 ricevette l' offerta di passare un anna a Saint Louis per ripetere i suoi esperimenti sugli embrioni di polio. Pard per l'America sulla stessa nave su cui viaggiava anche Renato Dulbecco, di cui si diceva che Fosse innamorato di lei: certamente i due erano grandi amici, e tali sono rimasti per tutta la vita. Arrivata in Missouri, la Montalcini subl il fascino dell'ambiente universitario americano, che provoco in lei un cambiamento intellettuale testimoniato dalle lettere alIa madre e alIa sorella raccolte ne! Cantico di una vita (Cortina, 2000). In particolare, decise di rimanere negli Stati Uniti e divenne professore a Saint Louis, fino al suo pensionamento nel 1977. Fu n che nel fatidico anna 1953, 10 stesso in cui fu scoperta la doppia elica del DNA, la Montalcini scopri a sua volta 1'NGF 0 « fattore di crescita nervosa »: una molecola che regola e favorisce la crescita delle cellule del sistema nervoso, e la cui saga scientifica si puo leggere in Rita Levi Montalcini di Lilia Alberghina e Piera Levi Montalcini (Arnoldo Mondadori Scuola, 2004). In seguito si ecompreso che I'NGF svolge un importante molo di coordinamento fra i tre grandi sistemi (nervoso, endocrino e immunitario) che mantengono 10 stato di salute di un organismo: ad esempio, gli animali privati dell'NGF si sviluppano male, capiscono meno, si ammalano di pill e invecchiano prima del solito, mentre quelli curati con l'NGF recuperano parte della funzionalita persa a causa dell' eta. Farmaci a base di NGF sono gia oggi usati per curare distrofie della cornea, e domani potrebbero essere cruciali nel trattamento delle infiammazioni allergiche, della sclerosi, dell'artrite e dell'Alzheimer: si puo dunque non essere grati a chi ha per prima scoperto e studi~to questa sostanza? La gratitudine della comunita scientifica fu espressa nel 1986, quando alia Montalcini fu assegnato il premio Nobel per la medicina per questa scoperta, insieme a Stanley Cohen. Ella raggiunse cosl nell'Olimpo di questa scienza i suoi citati compagni di scuola Salvador Luria e Renato Dulbecco, che avevano gia vinto 10 stesso premio nel 1969 e 1975, rispettivamente: tutti all' estero, fra l'altro, anche se la Montalcini non recise mai completamente i legami con I'Italia. Fin dal 1962 ella aveva infatti fondato un gmppo di ricerca a Roma, iniziando a pendolare con Saint Louis. E tra il 1969 e il •
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1978 aveva diretto I'Istituto di biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche, sempre a Roma. A coronamento di questi legami, arrivata nel20011a nomina a senatrice a vita da parte del presidente Ciampi: una nomina che, nonostante l' era, la scienziata considera non come una passiva onorificenza rna come un attivo impegno sociale e civile a sostegno della ricerca, e contro la parte politica che vorrebbe reinstaurare in Italia il regime che nel ventennio aveva gia procurato sufficienti danni alIa scienza in generale, e alIa Montalcini in particolare. L'impegno di questa indomita quasi centenaria non si esaurisce pero nelle battaglie parlamentari. Assieme alIa sorella Paola ha infatti fondato nel 1992 la Fondazione Levi Montalcini, rivolta alIa formazione e all' educazione dei giovani e al conferimento di borse di studio a studentesse africane, con l' obiettivo di aiutarle a conquistare una leadership sociale, scientifica e tecnologica. Se a questo si aggiungono i molti libri divulgativi che scrive, a partire dall'autobiografico Elogio dell'imperJezione (Garzanti, 1988), vien da chiedersi da dove la nostra pill famosa scienziata tragga Ie sue energie: qualunque sia il suo segreto, Ie auguriamo comunque di continuare a trovarle ancora a lungo!
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L'EX FUTURO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI
Nel 1956 il c1imatologo Roger Revelle inizio una sistematica e quotidiana misurazione dei livelli di anidride carbonica dell'atmosfera terrestre, per mezzo di palloni liberati dalla cima di Mauna Loa, la pili alta montagna delle Hawaii, e in Antartide: dunque, in localita il pili lontane possibile dagli scarichi industriali dell'Occidente. Nel giro di qualche anno, i dati produssero un grafico con due interessanti caratteristiche: una pili romantica, e una meno. La caratteristica pili romantica era un andamento a zig-zag, che testimonia una sorta di annuale « respirazione terrestre ». Le piante regolano infatti naturalmente il livello di anidride carbonica, assorbendola dall' atmosfera in primavera ed estate, e rilasciandola nell'atmosfera in autunno e inverno. E poiche la maggioranza delle terre emerse, e dunque della vegetazione terrestre, sta sopra l' equatore, sono sostanzialmente Ie stagioni dell' emisfero settentrionale a determinare questo andamento. La caratteristica meno romantica era una disposizione dell'istogramma non in orizzontale, rna in leggera salita. 11 che significa che, in media, illivello di anidride carbonica sta crescendo costantemente, grazie (se COS! possiamo dire) agli innaturali scarichi di gas inquinanti dovuti alle produzioni e ai trasporti basati su combustibile fossile: da 280 parti per milione dell' era preindustriale, siarno COS! ormai arrivati alle 381 parti per milione nel 2005. Revelle fu il primo a comprendere la pericolosita di questo aumento dellivello di anidride carbonica e di altri gas inquinanti (Ie cui concentrazioni atmosferiche, come si scopri in seguito, hanno anch'esse 10 stesso andamento). Essi producono infatti una specie di cappa atmosferica che cattura una parte delle radiazioni infrarosse emesse dalla superficie di un pianeta in seguito al riscaldamento solare, e provoca dunque un cosiddetto e./fitto serra: troppo pochi di questi gas han no impedito a Marte di avere una temperatura superficiale abbastanza alta per la vita, troppi hanno impedito a Venere di averne una sufficientemente bassa, e una quantita
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intermedia ha permesso alIa Terra di avere la temperatura adatta allo sviluppo di piante e animali. Ora pero l'aumento dellivello di anidride carbonica sta provocando un pericoloso riscaldamento globale, che potrebbe avere effetti devastanti sui clima del nostro pianeta. 11 che, trattandosi appunto di un problema planetario, dovrebbe essere di immediato interesse e preoccupazione per coloro che pensano e agiscono « in grande »: i politici mondiali, cioe, che invece sembrano essere in massima parte disinteressati all' argomento. Non tutti, pero, perche c'e almeno un'eccezione: Ai Gore, che da studente ebbe la ventura di assistere alle lezioni di Revelle a Harvard e rimase folgorato dal grafico dell' andamento dell' anidride carbonica, che gia dopo pochi anni di rilevazioni mostrava gli inequivocabili segni dell'aumento che e stato poi sistematicamente confermato. Gore prese su di se la missione di diffondere la notizia e fece dell'ambiente una sorta di cavallo di battaglia della sua carriera, con poco successo politico, rna moho mediatico. Come egli stesso narra nel documentario Una scomoda verita e nell' omonimo libro illustrato ad esso associato (Rizzoli, 2006), la risposta istituzionale alle sue preoccupazioni, espresse in diverse iniziative da deputato (1976-1984), senatore (1984-1992) e vicepresidente (1992-2000), e stata infatti deludente. In particolare, gli Stati Uniti e l'Australia rimangono oggi gli unici due paesi industrializzati a non aver ratificato il trattato di Kyoto del 1997, che 10 stesso Gore aveva contribuito a negoziare, come invece hanno ormai fatto ben 169 dei 192 paesi membri delle Nazioni Unite . . Dopo la perdita (0 10 scippo) delle elezioni presidenziali del 2000 Gore ha cambiato target, decidendo di diffondere capillarmente l'allarme suI riscaldamento globale attraverso una conferenza illustrata, replicata un migliaio di vohe nel mondo intero, che e diventata la base del documentario e dellibro citati. E tra il 2006 e il 2007 ha ricevuto dal pubblico e dai media i riconoscimenti che gli erano stati negati dalle istituzioni: il primo posto nella c1assifica del New York Times per il libro, il premio Oscar e il terzo posto negli incassi globali (dopo Farenheit 9/11 e La marcia dei pinguint) per il documentario, e il premio Nobel per la pace « per 10 sforzo compiuto per ammassare e disseminare una maggior conoscenza dei cambiamenti climatici ascrivibili all'uomo ».
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Riconoscimenti ben meritati, perche pur nella loro schematici0 Forse proprio a causa di essa, i due lavori riescono a trasmettere efficacemente la dimensione e I'urgenza del problema. Niente, infatti, e pili immediato e convincente di vedere, ad esempio, i grafici delle variazioni della temperatura e della concentrazione di anidride carbonica degli ultimi 650.000 anni dedotte dai carotaggi dei ghiacci dell'Antartide, i cui andamenti paralleli mostrano iconicamente il legame fra I'una e I' altra, e non lasciano molti dubbi su quali saranno Ie conseguenze dell'attuale aumento dell' effetto serra sui riscaldamento globale. I due canarini nella miniera che Gore individua sono, ovviamente, l'Artide e I'Antartide. Per quanto riguarda la prima, un altro grafico mostra i dati relativi ai ghiacci del polo Nord, ten uti a lungo segreti per motivi militari dalla marina statunitense, e divulgati solo dietro I'insistenza' dello stesso Gore. Essi mostrano una drastica diminuzione dello spessore della calotta glaciale artica negli ultimi trentacinque anni, e lasciano prevedere che di questo passo essa potrebbe sciogliersi completamente durante Ie estati, privando il pianeta di un gigantesco specchio di riflcssione dei raggi solari e provocando un conseguente sconvolgimento della temperatura e delle correnti oceaniche. Per 'quanto riguarda I'Antartico, invece, il discorso e pili complesso. I suoi ghiacci, infatti, COS! come quelli della Groenlandia, poggiano sulla terra ferma: se dovessero sciogliersi, dunque, provocherebbero un innalzamento dellivello dei mario E sciogliendo si stanno, come mostrano Ie immagini del gigantesco ghiacciaio Larsen-B, di 50 per 250 chilometri, sfaldatosi completamente in soli 35 giomi nel 2002. Un analogo sfaldamento de~ ghiacciai occidentali dell'Antartide, che stanno appunto mostrando segni di cedi mento, 0 di quelli ugualmente in ritirata della Groenlandia, potrebbero provocare un innalzamento di sei metri del livello dei mario Le inquietanti conseguenze sono mostrate da Gore in carte geografiche che ne mostrano gli spaventosi effetti in varie zone del mondo in cui Ie popolazioni vivono vicino aile spiagge, dalla Florida e New York a Pechino e Calcutta, 0 addirittura sotto illivello del mare, come in Olanda. Non c'e comunque bisogno di speculare sui futuro, per doversi preoccupare: bastano e avanzano Ie evidenze del presente, su
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quanto sta gia accadendo ora al pianeta. Ad esempio, so no impressionanti Ie immagini di uno stesso ghiacciaio a distanza di pochi decenni: in particolare, la misera colonnina di ghiaccio che e tutto cia che rimane di una delle « nevi del Kilimangiaro » che diedero il titolo, nel 1936, a un famoso racconto di Hemingway. 0 Ie foto degli effetti degli uragani, che negli ultimi anni sono cresci uti in numero e potenza in seguito all'innalzamento delle temperature degli oceani, fino a raggiungere Ie dimensioni del famigerato Katrina che ha devastato New Orleans nel settembre 2005. o la veduta aerea del confine tra Haiti e la Repubblica Oominicana, che mostra pili di tante parole come Ie politiche ambientali possano influire sui terri to rio e sui benessere di una nazione. Ma Gore ci mostra anche la Terra nella sua interezza. Oi giorno e senza nuvole, in un assemblaggio di 3000 foto satellitari scattate nell' arco di tre anni. 0 di notte, con Ie luci bianche delle lampadine sull'Europa, gli Stati Uniti e il Giappone, rosse dei fuochi sull'Africa e il Sud America, gialle dei gas petroliferi sulla Russia, e azzurre dei pescherecci lungo Ie coste dell' Asia e della Patagonia. o ruotante nel cielo nelle 24 ore, come l' avevano gia immaginata Galileo e Keplero con gli occhi della mente, e che ora noi possiamo vedere in una sequenza accelerata e compressa in 24 secondi con gli occhi del corpo. II messaggio e chiaro: se non prenderemo misure radicali e immediate, quel mondo potrebbe andarsene per sempre, e con esso la nostra specie. Ma per renderlo ancora pili chiaro, Gore ripete la nota metafora della rana, che se salta dentro una pentola di acqua bollente si scotta e schizza fuori, mentre se e gia nella pentola quando I'acqua si scalda, si adatta gradualmente e finisce boll ita. II fatto e che, mentre gli scienziati sono tutti d'accordo sulla gravita e I'imminenza del pericolo, molti politici e giomalisti 10 mettono comunque in dubbio 0 10 minimizzano: la semplice spiegazione di Upton Sinclair e che « e difficile che qualcuno capisca qualcosa, se riceve uno stipendio per non capirla». Sta dunque a tutti noi, che non siamo pagati da nessuno, fermare questa corsa suicida prima che sia troppo tardi, e cercare di evitare che una patata bollente ci trasformi tutti in rane bollite.
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L'UNIVERSO IN UN SINGOLO ATOMO
Le masse che han no visto il film Kundun di Martin Scorsese ricorderanno l'interesse del giovane Dalai Lama per la tecnologia, in particolare per gli orologi e i motori che si divertiva a smontare e riparare, 0 per il cannocchiale che gli permetteva di evadere mentalmente dalla prigione do rata del Potala per scendere virtualmente tra la gente di Lhasa. Le minoranze che han no letto i resoconti degli incontri che il Dalai Lama adulto ha avuto con gruppi di scienziati, da Ponti sottili e II sonno, il sogno, fa morte curati da Francisco Varela (Neri Pozza, 1998 e 2000), aLe emozioni che Janno guarire ed Emozioni distruttive curati da Daniel Goleman (Mondadori, 2003), a Nuove immagini dell'Universo curato da Arthur Zajone (Cortina, 2006), sap ran no anche che la sua passione giovanile e in seguito maturata in un profondo interesse per la scienza. Fino a qualche tempo fa, pero, il Dalai Lama aveva sempre lasciato ad altri I'onore-onere di far conoscere indirettamente Ie sue posizioni su questi argomenti. Ora, finalmente, ha deciso di affrontarle in prima persona in L'abbraccio del mondo. Quando scienza e spiritualita si incontrano (Sperling e Kupfer, 2005), un testa in cui discute candidamente del rapporto tra Ie due antitetiche visioni che ispirano i nostri atteggiamenti nei confronti della natura e dell'uomo: la razionalira scientifica, cioe, e l'irrazionalira religiosa. E 10 fa, come egli stesso confessa fin dal Prologo, « rischiando il collo». Pili esplicitamente, dichiarando che « ci sono molte aree del pensiero buddhista tradizionale in cui Ie spiegazioni e Ie teorie sono rudimentali, se paragonate a quelle della scienza moderna». Ragion per cui, « se l'analisi scientifica dimostrasse conclusivamente che certe credenze del Buddhismo so no false, bisognerebbe accettare Ie scoperte della scienza e abbandonare quelle credenze ». Una bella lezione di umilta per tutti i leader religiosi, primi fra tutti quelli che invece proclamano come dogma la propria infallibitira! Naturalmente, sarebbe assurdo pretendere non solo da un mo•
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naco, rna da qualunque essere umano, una res a incondizionata di fronte alia scienza. E infatti il Dalai Lama dichiara che la visione scientifica del mondo e incompleta, e che « c'e di pili nell' esistenza umana e nella realta di quanto la scienza attuale ci possa mai far conoscere ». Cosa che, natural mente, ness uno scienziato sensato si sognera mai di contestare, e non solo in teo ria, rna anche in pratica: leggendo romanzi, guardando quadri, ascoltando musica e, pili)n generale, dando alI'umanesimo quel che e dell'umanesimo. E invece praticamente inaudito, per 10 meno dalle nostre parti, che it capo di una grande religione dica che bisogna anche dare alIa scienza quel che e della scienza, arrivando a scrivere parole che faremmo carte false per sentir pronunciare non solo da preti e teologi, rna anche dalla quasi totalita dei filosofi e dei letterati nostrani. E cioe, che « la spiritualira dey' essere temperata dalle intuizioni e dalle scoperte scientifiche», e che « se come praticanti spirituali ignoriamo Ie. scoperte della scienza, la nostra pratica ne risulta impoverita e la nostra mentalita ci puo condurre al fondamentalismo ». Come si puo immaginare, it Dalai Lama era predisposto a un incontro proficuo con la scienza dalla natura stessa della sua religione: com'egli ricorda, infatti, « il Buddhismo accorda la massirna autorita all' esperienza, in secondo luogo alIa ragione, e solo in ultima istanza aile scritture», ed « e stato 10 stesso Buddha a esortare i suoi Fedeli a non accettare la validita dei suoi insegnamenti soltanto sulla base della loro riverenza verso di lui». Ovvero, l' esatto contrario di cio chi! hanno sempre insegnato Ie religioni del libro e i loro profeti mediorientali, da Mose a Gesli a Maometto. Ma la predisposizione va coltivata, e per anni it Dalai Lama ha avuto i suoi « consiglieri scientifici» personali, che ricorda affettuosamente nella parte autobiografica del libro. Dapprima Carl von Weizsacker, I'uomo che nel 1941 accompagno Werner Heisenberg al famoso incontro con Niels Bohr rappresentato nell'opera teatrale Copenaghen di Michael Frayn (Sironi, 2003). Poi David Bohm, it fisico che in Universo, mente e materia (Rea, 1996) cerco di fondare scientificamente l'olismo. E infine Francisco Varela, autore con Humberto Maturana dell'influente Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente (Einaudi, 2001). Come ci si puo aspettare, si tratta di scienziati tutti impegnati, ciascuno a modo suo, in una ricerca religiosa 0 spirituale: von
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Weizsacker come autore di II tempo stringe. Un'assise mondiale dei
cristiani per la giustizia, la pace e la salvaguardia della creazione (Queriniana, 1987), Bohm come interlocutore di Jiddu Krishnamurti nei dialoghi Dove il tempo finisce (Astrolabio, 1986), e Varela come praticante buddhista e ideatore dei periodici incontri del Dalai Lama con gli scienziati, ai quali abbiamo gil accennato. L' esperienza di questi incontri e intrecciata nellibro con la dottrina buddhista, in un interessante tentativo di sincretismo che passa via via in rassegna la relativid, la meccanica quantistica, I'evoluzionismo, Ie neuroscienze e la genetica: un bell' exploit, che mostra come si possa parlare di scienza sensatamente e in maniera informata, anche vestendo un saio 0 una tonaca. Ancora una volta, su certi argomenti il Dalai Lama ha facile gioco, grazie alle caratteristiche stesse della sua religione: soprattutto quando parla del vuoto, 0 della relativid del tempo, 0 delI'impermanenza e interdipendenza delle cose, spesso riecheggiando i toni del bestseller II Tao della fisica di Fritjof Capra (Adelphi, 1989). Ad esempio, il paradosso dei gemelli gli ricorda la storia di Asanga, che viene portato al cospetto di Maitreya per una visita che dura I'intervallo del te, mentre sulla Terra passano cinquant' anni. II paradosso di Einstein, Podolski e Rosen gli ricorda invece la rete dei gioielli di Indra, che recentemente ha ispirato al matematico David Mumford, medaglia Fields nel1974, il titolo del bellibro Ie perle di Indra. La nascita dell'universo a partire dalla fluttuazione del vuoto quantistico gli ricorda infine la teo ria delle « particelle di spazio », dalle quaJlla cosmologia del Kalachakra fa derivare la materia. Tra I'altro, proprio a proposito della creazione che il Dalai Lama dichiara esplicitamente l'affinid del Buddhismo con la scienza, perche « condividono la fondamentale riluttanza a postulare un essere trascendente come I'origine di tutte Ie cose»: benche questo possa apparire strano a chi abituato alia teologia mediorientale, il Buddhismo non crede infatti all' esistenza di un dio. E neppure dell' anima, benche sia particolarmente interessato alia coscienza e .alle sue manifestazioni: dunque, puo permettersi di « mettere in parentesi Ie problematiche metafisiche per cercare di capire scientificamente Ie varie modalid della mente». Con queste premesse, non stupisce che gli incontri tra il Dalai Lama e gli scienziati, non a caso intitolati Mente e vita (si veda il ,
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sito www.mindandlife.org), siano stati in buona parte dedicati alle scienze cognitive, dalle neuroscienze alle applicazioni cliniche della meditazione. Ne stupisce che egli intraveda la possibilid di arricchire la comprensione scientifica della mente umana, solitamente limitata alia prospettiva « in terza persona» tipica delle osservazioni sperimentali, mediante un'integrazione della prospettiva « in prima persona» tipica delle pratiche di introspezione. . A testimonianza del suo atteggiamento rilassato nei confronti di queste cose il Dalai Lama si permette persino di dichiarare che, visto che l' amigdala e risultata essere intimamente collegata con Ie emozioni negative, « se gli esperimenti dimostrassero che la sua neutralizzazione non ha conseguenze dannose, rimuoverla potrebbe essere una pratica spirituale molto efficace». Una dichiarazione volutamente scherzosa, ovviamente, a proposito della quale, cosl come di molte altre interessanti posizioni contenute nel libro, clonazione compresa, sarebbe divertente sentire l' opinione degli involontari umoristi cattolici nostrani, dal cardinal Ruini all' onorevole Buttiglione. Su un unico punto I'abbraccio del Dalai Lama al mondo scientifico fa cilecca: come egli stesso dice, « la matematica e un' area per la quale non sembro avere alcuna connessione karmica». Ma n non c'e santo, orientale 0 occidentale, che tenga: come si sa, infatti, i matematici non parlano con Ie reincarnazioni di Avalokiteshvara, ne coi vicari di Cristo, rna solo e direttamente con Dio.
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APPELLO AI NUOVI MECENATI
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Duemila anni fa, un consigliere di Augusto capl che il potere illuminato doveva estendere la propria azione al di la della politica e dell' economia, arrivando a finanziare risolutamente la cultura e Ie arti_ Quel consigliere si chiamava Gaio Cilnio Mecenate, e il suo nome e rimasto associato agli interventi di sostegno che il nascente impero elargi" a scrittori quali Virgilio e Orazio, che si sdebitarona dedicando a lui molte opere, e alle politiche imperiali molta pubblicita occulta: ad esempio, inventando la mitologia delle origini dell'impero nell'Eneide, 0 esaltando la politica agricola dell'imperatore nelle Georgiche. Da allora il nome di Mecenate e diventato sinonimo di un' attenzione concreta e generosa per la cultura che, comunque, non era nata, ne mOrl, con lui. Anzi, da Pericle a Stalin, passando attraverso i papi e i principi rinascimentali, sono stati innumerevoli gli uomini di potere che hanno compreso una verira sottile: che tanto l'arte descrittiva e 10 specchio della societa, quanto la societa e 10 specchio dell'arte propositiva. 0, se si preferisce: che la cultura e uno degli strumenti attraverso cui si forgia il consenso, ed e meglio averla dalla propria parte che contro. Certamente l'hanno capito perfettamente sia .10 Stato sia la Chiesa, che hanno sistematicamente affidato agli artisti Ie proprie pubbliche relazioni, con beneficio di tutti: committenti, commissionati e fruitori. In fondo, e grazie alIa persistenza del valore artistico dei versi di Dante, della musica di Bach 0 degli affreschi di Michelangelo che ancor oggi si parla quotidianamente di argomenti ormai anacronistici, come la mitologia biblica 0 la teologia scolastica. COS! com'e quasi solo grazie alle sovvenzioni pubbliche che sopravvivono oggi espressioni artistiche altrettanto anacronistiche, dal teatro di prosa alIa poesia in versi. Naturalmente, l'anacronistico del presente e stato spesso modemo nel passato prossimo e avveniristico nel passato remoto: ad esempio, erano avveniriste Ie composizioni « da cimbalo per piano e forte» di Ludovico Giustini agli inizi del Settecento, modeme quelle per pianoforte di Ludwig van Beethoven agli inizi
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dell'Ottocento, e neoclassiche, cioe volutamente anacronistiche, quelle di Igor Stravinskij agli inizi del Novecento, quando ormai spingevano alle porte Ie tastiere elettroniche della contemporaneid .. E il problema centrale del mecenatismo e se finanziare i Giustini, i Beethoven 0 gli Stravinskij: ovvero, se adoperarsi per favorire la crescita del neonato, il fiorire dell'adulto 0 la sopravvivenza terapeutica del morente. Probabilmente c'e spazio per tutto e tutti, anche perche la societa. e fatta sia di conservatori che guardano con nostalgia a cia che c'e stato, sia di progressisti che scalpitano con impazienza in attesa di cia che sad.: conservatori e progressisti culturali, naturalmente, che non necessariamente coincidono con quelli politici. Ma e un fatto che, se si vuole finanziare oggi la cultura di domani, bisogna concentrarsi sui due fronti dei contenuti scientifici da un lato, e degli strumenti di comunicazione informatici dall' altro, perche gli uni e gli altri sono i soli in grado di rendere conto adeguatamente del mondo tecnologico e globalizzato in cui, nel bene o nel male, viviamo. E invece, la maggior parte dei finanziamenti pubblici e privati alla cultura vanno ancora alle discipline umanistiche, dalla letteratura all' arte, e ai mezzi classici di espressione, dallibro al film. II che non significa che eccezionalmente, nel senso letterale di fare eccezione alla norma, non siano stati fatti passi avanti nella giusta direzione, sia individuali sia istituzionali. Come esempio dei primi, nel 1996 Umberto Eco auspicava, in un intervento all'Accademia Italiana per gli Studi Avanzati di New York intitolato Da Internet a Gutenberg, « un'illuminata politica della letteratura» che tenesse conto delle possibilira. offerte da tutti i media, senza opporre l'uno all'altro. _ Come esempio dei secondi, gia nel1991 il Parlamento italiano aveva approvato, su iniziativa dell'allora ministro per l'Universita e la Ricerca, Antonio Ruperti, una legge che intendeva favorire Ie iniziative per 10 sviluppo della cultura scientifica e tecnologica. La legge, poi aggiornata nel 2000, mira anzitutto alla costruzione di un sistema nazionale integrato di musei e centri scientifici, sia con la creazione di nuove strutture sia con il potenziamento di quelle gia esistenti, dai musei civici agli orti botanici. Inoltre, la legge finanzia progetti specifici, sia pubblici sia privati: dal2000 al2006 so no state presentate circa tremila domande
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Appello ai nuovi mecenati
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per progetti annuali e duecento per progetti triennali, e ne sono state finanziate circa un terzo, con una distribuzione rispettiva di circa 18 e 37 milioni di euro. Oi questi finanziamenti beneficiano in massima parte Ie universita, mentre Ie scuole e Ie imprese concorrono in maniera molto menD massiccia, e non usufruiscono che del 7 e del 3 per cento dei fondi stanziati. Un esempio quasi archetipico di cia che si potrebbe fare per la diffusione della cultura scientifica mediante un linguaggio tecnologico e il modo in cui la Pirelli ha usato un finanziamento ottenuto nell' ambito della legge citata, producendo un DVD con i migliori lavori concorrenti al Pirelli Relativity Challenge: un concorso internazionale indipendentemente lanciato dall'azienda in occasione dell' an no mondiale della fisica nel2005, per premiare con 25.000 euro la migliore esposizione multimediale della teo ria della relativita speciale in ... non pili di cinque minuti! Evidentemente, il mondo e cambiato da quando il famoso astronomo Arthur Eddington, che nel 1919 aveva sperimentalmente confermato la teo ria di Einstein, rispose al giornalista che gli chiedeva se era vero che solo tre persone conoscevano la relativita: « E chi sarebbe il terzo?» E non si deve pensare che in fondo alla Pirelli si poteva raccontare qualunque cosa, perche la giuria era presieduta nientemeno che da Riccardo Giacconi, che nel 2002 ha vinto il premio Nobel per la fisica per Ie sue ricerche nel campo dell'astronomia a raggi X. Questo genere di lavori costituisce un primo passo verso una collaborazione futura tra Ie grandi istituzioni scientifiche e culturali dell'universira e dell'industria, nel tentativo di colmare il divario tra ricerca e applicazione da una parte, e tra gli scienziati e il pubblico, soprattutto quello giovanile, dall'altra. In fondo, se Mecenate vivesse oggi non finanzierebbe pili poeti e letterati, rna divulgatori e comunicatori scientifici: cioe, gli eredi del dio Hermes, il messaggero degli dei, la cui funzione era appunto quella di stabilire un ponte di collegamento fra I'Olimpo e la Terra. E dove mai risiede oggi I'Olimpo, se non nei centri di studio e di ricerca nei quali si allestiscono non pili i fulmini e Ie tern peste della mitologia antica, bens! i materiali e Ie macchine della tecnologia mode rna? .
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INDICE DEI NOM I
Abbott, Edwin, 230 Abelardo, 110 Acheson, Dean, 325 Aczel, Arnir, 214 Adleman, Leonard, 222 Agnelli, Umberto, 196 Agostino d'Jppona, 57-58, 160 Akhenaton, 109 Al Bakri, 124 Alberghina, Lilia, 334 Albers, Josef, 248 Alberti, Leon Battista, 308 Alberto Magno, 278, 299 Alessio II, 19 Alfonso d'Este, 305 Alighieri, Dante, 115-116, 126127, 129, 209, 224, 229230,232,242,345 Alighieri, J acopo, 115 Allais, Maurice, 187-188 Allason, Barbara, 247 Allegri, Gregorio, 315-316 Almansor, 110 Altman, Sidney, 268 Altschuler, Daniel, 257 Alvarez, Luis, 270 Anassagora, Ill, 118 Anassimandro, 118 Andreotti, Giulio, 24, 104 Angela, Piero, 57 Annan, Kofi, 41 Annunziata, Lucia, 32 Apollinaire, Guillaume, 148 Ario, 110 Ariosto, Ludovico, 126, 128
Aristarco, 104 Aristofane, 114 Aristotele, 69, 169-170, 173174, 176, 183-184, 197, 276-277 Arkin, William, 49 Armstrong, Neil A., 166 Arrow, Kenneth, 173 Asimov, Isaac, 299 Aspect, Alain, 321 Atiyah, Michael, 54 Augias, Corrado, 7, 56, 102 Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, 345 Aumann, Robert, 226 Bach, Johann Christian, 315, 345 Bacone, Francesco, 97 Bagnasco, Angelo, 30-31 Bainbridge, Ken, 326 Balaguer, Josemaria Escriva de, . 19,45 Barash, David, 88, 201 Barbari, J acopo de', 309 Barberini, Maffeo, vedi Urbano VIII Barnes, Albert, 81 Barrington, Daines, 315 Bauhin, Gaspare, 278 Bauhin, Giovanni, 278 Beethoven, Ludwig van, 345-346 Bell, John, 229, 321 Bellone, Enrico, 195-198 Beneden, Edouard van, 284 Benedetto XVI Ooseph Ratzin-
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ger), 21, 34-35,59,92,97-99, 102, 196, 199-201 Bengtsson, Ingemar, 278 Beniamino (tribu di), 122 Benigni, Roberto, 127 Bentley, Wilson, 233 Bergamasco, Franco, 101 Bergman, Ingmar, 227 Berlusconi, Silvio, 26, 28, 49, 222,280 Bernardo di Chiaravalle, 67 Bernoulli, Jakob, 244 Bernoulli, Johann, 244 Berra, Yogi, 192 Berto, Giuseppe, 232 Bertolucci, Bernardo, 112 Bertone, T arcisio, 30 Besso, Michele, 321 Bianchi, padre Enzo, 100-102, 105 Bianco, Gerardo, 30-31 Binetti, Paola, 22, 43-45 Bin Laden, Osama, 37 Black, Dora, 83 Blady, Susy, 280 Blair, Tony, 222 Boccaccio, Giovanni, 115 Boerljist, Maarten, 234 Bogart, Humphrey, 227 Bohm, David, 321, 341-342 Bohr, Niels, 304, 325, 341 Bonafini, Hebe de, 37 Bonaparte, Napoleone, 227 Bondi, Sandro, 53 Boole, George, 174, 181 Borelli, Giovanni Alfonso, 235 Borges, Jorge Luis, 45, 109, 113, 116,136,145-146,150,276 Born, Max, 198 Borzacchini, Luigi, 175-177,213
Boscolo, Renucio, 304-306 Boswell, James, 115 Botvinnik, Michail, 227 Boulez, Pierre, 248 Bourbaki, Nicolas, 246 Bouvet, Joachim, 239 Boyer, Carl, 305 Bradbury, Ray, 109 Brahe, Tycho, 133 Brankovic, Avram, 124 Brecht, Bertolt, 112, 202 Brdnev, Leonid Il'ic, 332 Bricmont, Jean, 195 Bridges, Calvin, 286-287 Brod, Max, 115 Broglie, Louis-Victor de, 256 Brookes, Martin, 284 Brown, Dan, 102, 122, 127, 220-223 Brunelleschi, Filippo, 308 Bruno, Giordano, 8, 18,98, 110, 212,258,303 Bumpus, Hermon, 282 Buonarroti, Michelangelo, 152, 345 Buono, Luciano, 235 Burke, Anne, 33 Burnet, Frank MacFarlane, 283 Bush, George W., 36-37, 40-42, 143,221-222 Bush, Vannevar, 330 Buttiglione, Rocco, 343 Byrnes, Jimmy, 330 Cacciari, Massimo, 20, 51, 105, 178,198,207 Calaprice, Alice, 323 Calderoli, Roberto, 28 Caldwell, Ian, 304 Callimaco, 114, 168
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Indice dei nomi
Calvino, Italo, 120, 126-127, 129,144,237,247 Canetti, Elias, 109 Cann, Rebecca, 294 Cantalamessa, Raniero, 93 <;:antor, Georg, 161 Capek, Karel, 299 Capra, Baldassarre, 132 Capra, Fritjof, 342 Cardano, Gerolamo, 243 Cardenal, Ernesto, 19 Carnap, Rudolf, 176 Carneade di Cirene, 69 Carroll, Lewis, 146, 215, 310 Cartesio, Renato (Rene Descartes), 8, 197,303,316 Casso la, Carlo, 126 Castle, William, 284 Catalano, Michele, 14 Caterina II, 312 Cazzullo, Aldo, 58 Cech, Thomas, 268 CeJine, Louis-Ferdinand (L.F. " Destouches), 136 Celli, Giorgio, 201 Ceruti, Mauro, 43-44 Cervantes Saavedra, Miguel de, 115 Cesare, Gaio Giulio, 110,214 Cesi, Federico, 131, 133 Chambers, Ephraim, 313 Cheney, Dick, 36 Chomsky, Noam, 101 Chuang Tzu, 170 Churchill, Winston, 140, 179 Ciampi, Carlo Azeglio, 22, 335 Cicerone, Marco Tullio, 118 Clay, London, 228 Clemente IV, 315 Clemente XlII, 314
351 Clinton, Bill, 40, 191, 221 Coen, Samuel, 124 Coetzee, John, 144 Cohen, Stanley, 334 Collins, James, 235 Collins, Jeff, 152 Colonna, Francesco, 303 Comiskey, Brendan, 34 Compton, Arthur Holly, 256 Confucio, 166 Connes, Alain, 54 Conrad, Joseph, 232 Copernico, Niccoli>, 98 Correns, Carl, 117 Cortazar, Julio, 148 Cortot, Alfred, 317 Coscioni, Luca, 23 Crease, Robert, 325 Cremagni, Beppe, 26 Crick, Francis, 57, 232, 268 Crisippo, 167, 169,208 Critolao, 69 Croce, Benedetto, 46, 79, 195196,207 Crosby, David, 68 Crozza, Maurizio, 43 Crumey, Andrew, 144-147 Cusano, Nicola, 303 da Costa, Uriel, 71 D'Aiema, Massimo, 20, 45, 50 d'Aiembert, Jean-Baptiste Le Rond,313-314 Dali, Salvador, 152,248 Dallapiccola, Bruno, 21 Danielewski, Mark, 148, 150151 Da Ponte, Lorenzo, 7 D'Arcy, Thompson, 233
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Darwin, Charles, 18, 153, 169, 279-283 Davisson, Clinton Joseph, 256 Deaglio, Enrico, 26 Dean, Howard, 37 Debussy, Claude, 248 Dedekind, Richard, 180 Deleuze, Gilles, 196 Del Giudice, Daniele, 144 Delibes, Leo, 299 Del Noce, Fabrizio, 104 Democrito, 118,237 Derrida, Jacques, 150, 152 Desargues, Girard, 308 Devlin, Keith, 228 Diagora, 111 Diamond, Jared, 89, 288-289, 291 Diana d'!nghilterra, 17, 94, 305 Dick, Philip, 300 Diderot, Denis, 9,144-146,148, 311-314 Diogene di Sinope, 69 Diogene Laerzio, 111 Dirac, Paul Adrien Maurice, 321 Disney, Walt, 298 Ditko, Steve, 154 Dodds, Eric, 111 Doody, Margaret, 138 Dod:, Gustave, 152 Doxiadis, Apostolos, 240 Duelfer, Charles, 40 Dukas, Paul, 298 Dulbecco, Renato, 21, 201, 333334 Dumas, Alexandre, 91 Dunigan, John, 83 Duvalier, Jean-Claude, 94 Duve, Christian de, 267-268 Dylan, Bob, 6
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Dyson, Freeman, 142 Eaton, Cyrus, 331 Eco, Umberto, 346 Eddington, Arthur Stanley, 256, 347 Edison, Thomas Alva, 299 Edoardo VIII, 86 Einstein, Albert, 9, 57, 66, 70, 7578,81,98,111,128,179,186, 227,253-257,279,319-321, 323-325, 327, 329-332, 342, 347 Einstein, Eduard, 324 Einstein, Hans Albert, 324 Einstein, Lieserl, 324 Empedocle, 118 Enzensberger, Hans Magnus,' 144,207 Epicuro, 118, 121 Epitteto, 68 Eraclito, 118, 199 Eratostene, 210, 242 Eschilo, 16, 114 Eulero, Leonardo (Leonhard Euler), 135-136 Evagirio, 68 Fallen, Carl Fredrik, 284 Fanti, Sigismondo, 303-306 Fanzaga, Livio, 14 Fede, Emilio, 13 Feliciani, Felice, 306 Fermat, Pierre de, 130, 153, 214, 231,240 Fermi, Enrico, 328, 330 Ferrara, Giuliano, 53, 55 Feuerbach, Ludwig, 173 Feyerabend, Paul K., 200 ,
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Indice dei nomi
Fibonacci, Leonardo, 212-213, 233,240 Fidia, 308 Filone, 168 Fioroni, Giuseppe, 205 Fisichella, Rino, 32-35 Fo, Dario, 30, 53 Foa, Anna, 16 Fontana, Niccolo detto Tartaglia, 243 Forman, Milos, 316 Forte, Bruno, 105 Fortune, Sean, 33 Fourier, Joseph, 213 Fozio, 110 Fraenkel-Conrat, Hainz, 234 Francesco Saverio, san, 95 Franco, Francisco, 80, 286 Frayn, Michael, 341 Freedman, Michael, 231 Frege, Gottlob, 161, 180, 183, 238 Freud, Sigmund, 111, 179, 296, 299 Frost, Mike, 221 Gadda, Carlo Emilio, 144 Gaeta, Saverio, 92 Galbraith, John Kenneth, 189 Galilei, Galileo, 8, 18, 97-99, 104, 119, 126-133, 237, 248-249,253,320,339 Galimberti, U mberto, 15-16, 178 Galli, Andrea, 32 Galli Della Loggia, Ernesto, 5659 Gallo, Giuliano, 56 Gardner, Martin, 215, 310 Garofani, Saverio, 44
353 Gaspa, Pier Luigi, 153 Gelperin, Alan, 235 Gentile, Giovanni, 207 Gesner, Corrado, 278 Gesu di Nazareth, 10,56,64,79, 92-94,100,105,341 Giacconi, Riccardo, 347 Gibson, William, 300 Gillard, Paul, 84 Giorello, Giulio, 153,200 Giosia, 115 Giotto, 152 Giovanni (evangelista), 65, 100, 159 Giovanni Paolo II, 17-20, 24, 32 Giovenale, Decimo Giunio, 222 Giuda (tribu di), 122 Giuliani, Carlo, 194 Giustini, Ludovico, 345-346 Glass, Philip, 248 Godel, Kurt, 173, 182-186, 200, 233,327 Goebbels, Joseph, 112 Goethe, Johann Wolfgang, 114, 116,160,247,298 GogoI', Nikolaj VasiI'evic, 115 Goleman, Daniel, 340 Golubinsky, Martin, 235 Gorbacev, Michail Sergeevic, 332 Gore, Al, 337-339 Gould, Glenn, 317 Gould, John, 281 Grant, Peter, 282-283 . Grant, Rosemary, 282-283 Grasso, Aldo, 32, 56-57, 59 Greenwald, Bruce, 192 Gregorio, Michael, 136-137 Gregory, James, 116 Greiner, Sals von, 318 Griffin, Barry, 84
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II matematico impenitente
Grimm, Jacob, 298 Groer, Hans Herrp.ann, 33 Groves, Leslie, 330 Guedj, Denis, 210 Guevara, Ernesto Che, 214
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Hadot, Pierre, 67 Halevi, J ehudah, 123-124 Hammurabi, 167 Haq, Farhan, 99 Harris, Arthur, 140-142 Harsanyi, John, 226 Haydn, Franz Joseph, 318 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, 180,289 Heidegger, Martin, 16, 70, 176, 195-196, 232 Heine, Heinrich, 110 Heisenberg, Werner, 153, 161, 321,341 Hemingway, Ernest, 161, 339 Herrz, Heinrich Rudolph, 254 Hindemith, Paul, 118 Hitchens, Christopher, 56, 93, 103 Hitler, Adolf, 80, 86, 106, 135, 140, 142-143 Hobbes, Thomas, 74 Hodgkin, Alan, 235 Hofer, Thomas, 234 _ Hoffmann, Ernst Theodor, 299 Hofstadter, Douglas, 54, 150, 233 Homos, Jose, 234 Homos, Yvonne, 234 Huai-Dong, Cao, 228 Hume, David, 167, 177 Hussein, Saddam, 39-42 Huxley, Aldous, 307, 310 Huxley, Andrew, 235
Huygens, Christiaan, 254 Ibsen, Henrik, 162 Ignazio di Loyola, 67 Innocenzo III, 141 Israel, Giorgio, 51-55 Ivan il Terribile, 227 James, Robert, 313 James, William, 316 Jay, John, 33 Johannsen, Wilhelm, 285 Jones, Vaughan, 234 Joyce, James, 136 Juan, Jose de, 137
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Kafka, Franz, 115-116 Kahneman, Daniel, 137, 187188, 190 Kakalios, James, 154-155 Kandinskij, Vasilij, 248 Kant, Immanuel, 119, 135-138, 177,180,183-185,197-198, 200 Kasparov, Gary, 227 Kay, David, 40 Kay, Jean, 83 Keating, Charles, 94 Kelly, Stuart, 114 Kempelen, Wolfgang von, 227, 299 Keplero Qohannes Kepler), 118, 128,131,233,307,339 Kerr, John, 274 Khomeini, Ruhollah, 112 Kierkegaard, Soren, 79 King, Stephen, 150 Kinsey, Alfred, 88 Kipling, Rudyard, 214 Klein, Naomi, 191
I I
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I
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I
Indice dei nomi
Kleiner, Bruce, 228 Kline, Morris, 305 Knuth, Donald, 306 Koestler, Arthur, 122-123 Kolodiejchuk, Brian, 92 Kontsevich, Maksim, 234 Kripke, Saul, 198 Krishnamurti, Jiddu, 342 Kristensen, Hans, 49 Kubrick, Stanley, 150, 227 Kuhn, Thomas, 200
355 Levi-Strauss, Claude, 246 Levin, Bruce, 283 Lewis, Ed, 287-288 Libet, Benjamin, 164-166 Lindsey, Ben, 85 Linneo, Carlo (Carl von Linne), 277-279 Lipton, Judith, 88, 201 Livio, Mario, 213 Lombardi, Federico, 34 Lott, John, 228 Lucchetti, Roberto, 214 Luciano di Samosata, 128 Lucrezio Caro, Tito, 9, 70, 118121,199,237-240,272 Luria, Salvador, 333-334 Lutero, Mattin, 110
Lalli, Chiara, 23 Lanczos, Cornelius, 75 Landa, Diego de, 110 Langevin, Paul, 320 Lang, Fritz, 299 Langmuir, Irving, 239 Maciel, Marcial, 32 Lasker, Emanuel, 227 Mackay, Charles, 141 Laughlin, Harry, 86 Macmillan, Ken, 94 Law, Bernard, 34 Madhava, 116,245 Lechevalier, Bernard, 316 Malaspina, Marco, 153 Le Due Tho, 229 Malesherbes, Chretien de, 314 Lee, Stan, 154 Leibniz, Gottfried Wilhelm, 161, Malevic, Kazimir, 248 183,185,199,213,239,244 Mandelbrot, Benoit, 213 Mann, Thomas, 111, 122 Lem, Stanislav, 298, 320 Manning, William, 83 LeMay, Curtis, 143 Lenin, Nikolaj (Vladimir Il'ic Maometto, 64, 341 Mao Tse-tung, 179 Ul'janov), 179 Marco Aurelio, 67-70 . Leonardo da Vinci, 309 Leopardi, Giacomo, 126, 128- Marmontel, Jean-Franc;:ois, 311 Marx, Karl, 111, 175 129 Lessing, Gotthold Ephraim, 242 Masudi, J usuf, 124 Maturana, Humberto, 341 Levi, Giuseppe, 333 Maxwell, James Clerk, 320 Levi, Primo, 144 Levi Montalcini, Paola, 333, 335 " Mayblin, Bill, 152 McCulloch, Warren, 235 Levi Montalcini, Piera, 334 Levi Montalcini, Rita, 9, 21, 201, McFadden, Daniel, 137, 188 McGeehan, John, 83 333-335
,
356
•
II matematico impenitente
McLuhan, Marshall, 297 Mead, Margaret, 88 Mecenate, Gaio Cilnio, 345, 347 Meillet, Antoine, 175 Meinhardt, Hans, 234 Melloni, Alberto, 56-57, 59 Menandro, 114 Mendel, Gregor, 117,284 Mendeleev, Dmitrij Ivanovic, 238-240 Merleau-Ponty, Maurice, 271 Mersenne, Marin, 240 Messori, Vittorio, 19-20, 56, 5859, 101 Metodio da Salonicco, 124 Meyer, Lothar, 239 Meyrink, Gustav, 298 Michelson, Albert Abraham, 253,320 Miller, Stanley, 268 Millikan, Robert, 256 Mondrian, Piet, 248 Montaigne, Michel de, 195 Moore, George, 179 Morandi, Gianni, 13 Morgan, Augustus de, 181 Morgan, Thomas, 284-287 Morgenstern,Oskar, 187 Morley, Edward William, 253, 320 . Mose, 64, 71, 73, 115, 165, 168, 341 Moseley, Henry, 239 Motterlini, Matteo, 188 Moulay Ismail, 90 Mozart, Wolfgang Amadeus, 7, 68,249,315-318 Muavia, Abu-Kabir, 124 Mucci, Giandomenico, 103-105 Muggeridge, Malcom, 94
-
Mugnai, Massimo, 176 Muller, Hermann, 286-287 Mumford, David, 342 Murray, James, 234 Mussolini, Benito, 46, 58, 80 Muybridge, Eadweard, 235 Nabokov, Vladimir, 149 Nadler, Steven, 71 Nageli, Karl von, 284 Nash, Graham, 68 Nash, John, 54, 207, 226 Nastasi, Pietro, 52 N avidson, Will, 149-150 Nefertiti, 109 Nehru, Shrijawaharlal detto Pandit, 331 Neumann, John von, 51, 174, 187,233 Newton, Isaac, 77, 98, 116, 129, 153,245,254-255 Nicolo II, 227 Nietzsche, Friedrich Wilhelm, 92, 198,216,271 Nixon, Richard, 332 Nordon, Didier, 240 Nostradamus (Michel de Nostredame),304 Niisslein-Volhard, Christine, 287 Odifreddi, Piergiorgio, 7, 30, 44, 51,56 Offenbach, Jacques, 299 Omero, 114,242-243 Onassis, Aristotele, 331 Oppenheimer, J. Robert, 153, 325-328 Orazio FIacco, Quinto, 345 Oresmo, Nicola, 244 Origene,67
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357
Indice dei nomi •
Ortolani, Leo, 153 Osiander, Andreas, 98 Pacioli, Luca, 306-310 Pais, Abraham, 75, 325-326 Pallavicini, Lazzaro, 315 Paolo di Tarso, 64, 67, 69, 100101, 105 Paolo IV, 110 Paolo VI, 110 Paracelso (Philipp Theophrast . Bombast von Hohenheim), 298 Parmenide, 25, 118, 170, 176, 197,319 Pascal, Blaise, 147, 195,308 Patapievici, Horia-Roman, 230 Pauli, Wolfgang, 326 Pauling, Linus, 329 Pavic, Milorad, 123, 148 Peano, Giuseppe, 180,323 Peet, Michael van der, 92 Pell, George, 14 Pera, Marcello, 20, 79, 99, 199201 Perec, Georges, 217, 247 Perelman, Gregorij, 228-229, 231 Peres, Ennio, 215 Pericle, 115, 345 Perier, Ferdinand, 92 Petrarca, Francesco, 127 Piaget, Jean, 246 Piattelli Pal marini, Massimo, 56, 59 Piero della Francesca, 9, 247, 307-310 Piero di Giardino, 115 Pio da Pietrelcina (Francesco
Forgione, detto padre Pio), 53,56,58,196,207 Piovani, Nicola, 53 Pirandello, Luigi, 162 Pitagora, 58,66, 104, 129,209 Pitts, Walter, 235 Planck, Max, 254, 321 Platone, 24, 69-70, 169, 175176,213,218,237,248 Plinio il Vecchio, 277 Podolsky, Boris, 321 Poe, Edgar Allan, 227 Poincare, Henri, 230-231 Poli, Lucia, 52 Pol Pot, 106 Pompadour, Jeanne-Antoinette Poisson Madame de, 314 Poncelet, Jean-Victor, 308 Porfirio, Optaziano, 148, 176 Potocki, Jan, 148 Pound, Ezra, 115,241 Powell, Colin, 41 Powell, Jim, 152 Prattico, Franco, 295 Prideaux, John, 69 Prodi, Romano, 21, 26, 29, 47 Protagora, III Proust, Marcel, 111, 145-146 Putnam, Hilary, 198 Pynchon, Thomas, 144 Queneau, Raymond, 120, 144, 148,217,247 Rabi, Isidor, 326, 328 Rameau, Jean-Philippe, 248, 311 Ratzinger, Joseph vedi Benedetto
XVI Reagan, Ronald, 94, 193, 328, 332
358
If matematico impenitente
Reale, Giovanni, 20, 198 Revelle, Roger, 336-337 Reynolds, Craig, 235 Ricci, Matteo, 2121 Riemann, Georg Friedrich Bernhard,214 Rihito Asai, 234 Rivest, Ronald, 222 Roosevelt, Franklin Delano, 140, 322,330 Rosen, Nathan, 321, 342 Rotblatt, Joseph, 329, 331-332 Roubaud, Jacques, 246 Rousseau, Jean-Jacques, 145-146 Roversi, Patrizio, 280 Rubinstein, Arthur, 317 Ruini, Camillo, 21, 24, 201, 343 Rumsfeld, Donald, 36 Rushdie, Salman, 112 Russell, Bertrand, 79-86, 146, 168,179-183,195-197,199, 238,322,329,331-332 Russell, Conrad, 84 Russell, John, 83 Russell, Kate, 83 Rutelli, Francesco, 104
Schachtner, Andreas, 317· Scheiwiller, Vanni, 59 Schelling, Thomas, 226 Schopenhauer, Arthur, 289 Schrodinger, Erwin, 57, 146, 166,232,321 Schulz, Dorota, 124 Sclavi, Tiziano, 153 Scorsese, Martin, 340 Scott, Ridley, 300 Segal, Erich, 114 Selten, Reinhard, 226 Semerano, Giovanni, 178 Sen, Amartya, 16, 173 Seneca, Lucio Anneo, 36, 68-69 Severino, Emanuele, 15, 176, 178,195-199,207 Shakespeare, William, 115,208 Shamir, Adi, 222 Sheldon, Sidney, 221 Shelley, Mary, 298 Shigeru Kondo, 234 Shih Huang Ti, 109 Shor, Peter, 222 Shuster, Joseph, 154 Siegel, Jerry, 154 Silipo, Claudio, 101 • Saffo, 114 Silvestro II, 299 Sahley, Chris, 235 Sinclair, Upton, 339 Saladino, 110 _ Singh, Simon, 214 Salazar, Antonio de Oliveira, 80 Skyes, Brian, 295 Salomone, 122 Smale, Steven, 230-231 Smith, Adam, 192 Sanguineti, Edoardo, 247 Santoro, Michele, 32 Smith, Alys, 83 Sapir, Edward, 175 Smith, Vernon, 137, 188 Saporta, Mark, 148 Smullyan, Raymond, 215 Saramago, Jose, 154 Smyth, Brendan, 32 Sartre, Jean-Paul, 137,229 Snell, Bruno, 175 Sautoy, Marcus du, 207, 214 Socrate, 111, 165 Scalfari, Eugenio, 43 Sofocle, 114
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Indice dei nomi
Sokal, Alan, 195 . Solovine, Maurice, 77 Sossinsky, Alexei, 215 Spence, Patricia, 84 Spinoza, Benedetto, 8, 70-74, 76, 279 . Stalin (IosifVisarionovic Dzugasvili) , 106, 345 Stark, Johannes, 254, 256 Sterne, Laurence, 115, 148 Stewart, Ian, 233, 235 Stiglitz, Joseph, 191-194 Stills, Stephen, 68 Stoneking, Mark, 294 Stravinskij, Igor, 346 Sturtevant, Alfred, 286-287 Suk, Isailo, 124 Szilard, Leo, 329-330 Szymborska, Wislawa, 241 Tarski, Alfred, 182 Teller, Edward, 327-329 Teofrasto, 277 Teresa di Calcutta, 20, 92-95 Thatcher, Margaret, 193 Thomason, Dustin, 304 Thomson, George Paget, 256 T ogliatti, Palmiro, 46 Tommaso d'Aquino, 7, 20 Tonini, Ersilio, 14 Tozzi, Mario, 261-262, 265 Trendelenburg, Adolf, 247 Truant, Johnny, 149-151 Truffaut, Frans:ois, 109 Truman, Harry, 325, 328, 330 Tryon, Edward, 161 . Turing, Alan, 174,222,227,234 Tutankhamon, 109 Tversky, Amos, 187-188
359 Ulam, Stanis1av, 328 Urbano VIII (Maffeo Barberini), 97,99,130-131,133 U rey, Harold, 268 Urquhart, Thomas, 117 Valls, Navarro, 19 Varela, Francisco, 340-342 Vesalio, Andrea (Andreas van Wessel),293 Vasari, Giorgio, 307-308 Vaucanson, Jacques de, 299 Vega, Lope de, 115 Vega, Nunez de la, 110 Veltroni, Walter, 43, 45, 54 Vespa, Bruno, 20, 104 Viano, Carlo Augusto, 103 Vieux, Maurice, 317 Villiers de !'Isle-Adam, PhilippeAuguste-Mathias, 299 Virgilio, Publio Marone, 345 Vitruvio, Pollione, 308 Vittoria, regina d'Inghilterra, 179 Volland, Sophie, 312 Volonte, Luca, 30-31 Voltaire (F rancois-MarieArouet), 111,314 Vonnegut, Kurt, 9, 140-143 Vries, Hugo de, 117, 285 Wachowski, Andy, 300 Wachowski, Larry, 300 Waldeyer, Heinrich von, 284 Watson, James, 57, 232, 268 Weber, Max, 201 Wegener, Paul, 298 Weiner, Jonathan, 282 Weizsacker, Carl von, 341 Wells, Herbert George, 299
360
II matematico impenitente
Whitehead, Alfred North, 76, 180-181 Whorf, Benjamin, 175 Wiener, Norbert, 181,298 Wieschaus, Eric, 287 Wiesel, Elie, 14 Wigner, Eugene, 329 Wiles, Andrew, 54, 130, 153, 214,231 Wilkins, Maurice, 232 Williams, Robley, 234 Wilson, Allan, 294 Wittgenstein, Ludwig, 70, 74,
120, 152, 162, 181-183, 185,238 Wolfowitz, Paul, 36 Wozniak, Steven, 150 Xi-Ping, Zhu, 228 Young, Thomas, 254 Zajone, Arthur, 340 Zellini, Paolo, 175 Zermelo, Ernst, 181, 225-226
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-
•
INDICE GENERALE
7
No, no, ch'io non mi pento Fatti
11
Sull'onda dello tsunami L'ultimo viaggio di un globetrotter Un referendum abortito Elezioni con brogli Pallottole per un arcivescovo Pedofilia e pretofilia in Tv Sei anni di menzogne Siamo uomini 0 clericali? Pill di cento basi, me no una Difesa dagli attacchi del Foglio Difesa dagli attacchi del Corriere
13 17 21 26 30 32 36 43 47 51 56
,
Opinioni
61
II mio Credo La via scientifica alia spiritualid. Deus, sive Natura Dio sottile e non gioca a dadi Perche Russell non era cristiano Matrimonio e morale COS! fan tutte (e tutti) La posizione missionaria La speranza di Simplicio XVI Un libro criticato, rna non letto (In)Civiita Cattolica
63 67 71 75 79 83 88 92 100 103
Parole
107
Letteratura che scotta Alia ricerca del libro perduto ,
109 114
e
96
362
II matematico impenitente
Atomismo a-tomista Storia di un popolo errante Uno scrittore lunatico La biblioteca di Galileo Critica della Ragion Criminale Mattatoio in fiamme Ritorno a Diderot Una casa di fogli Poco fumetto e moho arrosto
122 126 130 135 139 144 148 152
Pensieri
157
In principio era un principiante Mezzo secondo di ritardo II Principio Pitecantropico Che cos'e la logica? L'impero dei segni La vita di Russell in filosofia Gi::idel, in memoriam Critica della Ragione Astratta No Logic Severi? Sl, con Severino Pezzo in forma di Pera
159 163 167 171 175 179 183 187 191 195 199
Calcoli
203
Le ragioni di un disastro Misura per misura Le stanze dei numeri Mille, e non pili mille II Codice Da(n) Brown Uno scacco matematico Girotondi in Paradiso La matematica della vita Tre civette sui como Fare iI verso alia matematica Le tre invidie del matematico
205 208 212 216 220 224 228 232 237 241 246
118
-
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Indice generale
363
Esperimenti
251
Sia fatta la Luce In principio Dio creo la Terra Quanta energia ci rimane? La Terra produca gli esseri viventi Questo e iI mio corpo L'A1bero della Conoscenza Piccolo mondo anti co I signori dei moscerini A immagine e somiglianza dello scimpanze Era nera, I'Eva vera Sia fatto I'Androide
253 257 261 267 271 276 280 284 288 293 297
Persone
301
Scherzare coi (\esto)Fanti I due di Sansepolcro Una mente enciclopedica Wolfgang Theophilus Mozart Lo scienziato uno e trino I bimbi di Einstein II distruttore di mondi Colui che fece per coraggio il gran rifiuto La signora della medicina L'ex futuro presidente degli Stati Uniti L'universo in un singolo atomo
303 307
Appello ai nuovi mecenati
345
Indice dei nomi
349
311
315 319 323 325 329 333 336 340
.