collana LA BIBBIA NELLA STORIA diretta da Giuseppe Barbaglio
La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle Scritture sacre , ebraiche e cristiane . A questo scopo , i libri biblici , oltre che come documenti di fede , saranno presentati come espressione di determina ti ambienti storico-culturali, punti di arrivo di un lungo cammino di espe rienze significative e di vive tradizioni , testi incessantemente riletti e re interpretati da ebrei e da cristiani . Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione, le testimonianze scrit te . Più da vicino, ci sembra fecondo criterio interpretativo la comprensione, criticamente vagliata , della Bibbia intesa come frutto della storia di Israele e delle primissime comunità cristiane suscitate dalla fede in Gesù di Nazaret e, insieme , parola sempre di nuovo ascoltata e proclamata d alle generazioni cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici . Il direttore della collana, i collaboratori e l a casa editrice si assumono il preciso impegno di offrire volumi capaci di abbinare all a serietà scientifica un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico. Questi i titoli programmati:
l. L'ambiente storico-culturale delle Scritture ebraiche (A. Bonora) 2. Da Mosè a Esdra. I libri storici dell'antico Israele (E. Cortese : 1985)
3. 4. 5. 6. 7.
8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15 .
(G . Savoca: 1985)
I profeti d'Israele: voce del Dio vivente I sapienti di Israele
(G. Ravasi)
I canti di Israele. Pregh1era e vita di un popolo (G. La letteratura intertestamentaria (M. Cimosa: 1992) L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. ragionata
(R. Penna: 31991)
Le prime comunità cristiane
Una documentazioM
(V. Fusco)
La teologia di Paolo (G. B arbaglio) Evangelo e Vang eli. Quattro evang elisti, natari (G. Segalla: 1993) Gesù di Nazaret
Ravasi: 1986)
quattro Vangeli, qUIIIIii'O � '
(G. B arbaglio)
Gli scritti della tradizione paolina
(R. Fabris)
Omelie e catechesi cristiane nel I secolo (G. Man coni) L'apocalittica cristiana del I secolo (U. Vanni) La Bibbia nell'antichità cristiana (a cura l. Da Gesù a Origene (1993) II . Dagli scolari di Origene al V secolo
di E. Norelli)
I6. La Bibbia nel Medioevo (a cura di G. Cremascoli - C. Leonardi) 17. La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea (a cura di R. Fabris:
18.
1992)
La lettura ebraica delle Scritture
(S.J. Sierra)
LA BffiBIA
NELL'ANTICHITÀ CRISTIANA l. Da Gesù a Origene
a cura di ENRICO NORELLI
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
©
1993
ISBN
Centro Editoriale Oehoniano Via Nosadella, 6 40123 Bologna -
88-10-40258-8
Stampa:
Grafiche Dehoniane, Bologna
1 993
Abbreviazioni
;
'
Abhandlungen zum
ACJD
christlich-judischen Dialog des Spatjudentums und Ur
Arbeiten zur Geschichte
AGSU
christentums
A cta j utl andica
AJut
A M NSU
Arbeiten und
Mitteilungen
aus dem neutestamentli
chen Seminar zu Uppsala
AnBib
Analecta biblica
ANRW
Aufstieg und Niedergang der ròmischen Welt
ASE
Annali
Anton.
Antonianum
ASeig n
di
storia dell'esegesi
Assemblées
ASNU
du
Seigneur
Acta seminarii neotestamentici upsaliensis
AThANT
Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen
Aug
Augustinianum
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Acta U niversitatis upsaliensis
BFC hTh
Beitr age zur Fòrderung
Testaments
BET h L
Bib lio theca ephemeridum theologicarum lovanien si um
Bib
Biblica
BiLe
Bibel und Leben
Bulletin of the John Rylands library
BJRL
Bulletin de Iittérature ecclésiastique
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Biblioteca patristica
BP BTh BU
Theologie
Bi ble today
BibTod
BT
christlicher
Beitr age zur histori schen Theologie
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BVC BWANT'�·r
(Paris-Tournai) ( Gòttingen) Biblische Untersuchungen Bible et vie chrétienne Beitr age zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Te stament Bibliothèque de théologie Bibli otheca theolog i ca
5
Beihefte zur Zeitschrift fiir die neutestamentliche
BZNW
Wissenschaft CB.NT
Coniectanea biblica, New Testament series
CBFV
Cahiers bibliques de Foi et vie
CBQ
Catholic biblica} quarterly
CChrG
Corpus christianorum. Series graeca
CChrL
Corpus christianorum. Series latina
CNT
Coniectanea neotestamentica
CPS
Corona patrum salesiana
CSCL
Corpus scriptorum christianorum latinorum
CSEL
Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum
CTG
Clavis patrum graecorum
CTP
Collana di testi patristici
CwH
Calwer Hefte zur Forderung biblischen Glaubens
DBS
Dictionnaire de la Bible. Supplément
DPAC EHPhR
Dizionario patristico e di antichità cristiane Études d'histoire et de philosophie religieuses
EKK
Evangelisch-katholischer Kommentar zum NT
und christlichen Lebens
EncCatt
Enciclopedia cattolica
EstT
Estudios ecclesiasticos
ET
Expository times É tudes bibliques
EtB EThL
Ephemerides theologicae lovanienses
EThSt
Erfurter theologische Studien
EvTh
Evangelische Theologie
FNT
Filologia neotestamentica
FRLANT
Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments
FzB
Forschung zur Bibel
FZPhTh
Freiburger Zeitschrift fiir Philosophie und Theologie
GCS
Die griechischen christlichen Schriftsteller
GLNT
Grande lessico del Nuovo Testamento
HThR
Harvard theological review
Int
Interpretation
JBL
Journal of biblical literature
JETS
Journal of the evangelica} theological society Journal of the study of judaism in the persian, helleni.T
JSJ
- .., stic and roman period
JSNT JSNT.SS
6
��$ Joumal for the study of the New Testament ·
JSNT. Supplement series
JSSt
Journal of semitic studies
JThS
Journal of theological studies
KuD
Kerygma und Dogma
LeDiv
Lectio divina
MBTh
Miinsterische Beitriige zur Theologie
MD
La maison Dieu
MF
Miscellanea francescana
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Marburger theologische Studien
MThZ
Mùnchener theologische Zeitschrift
NHC
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NRTh
Nouvelle revue théologique
NT
Novum Testamentum (Leiden)
NTA
Neutestamentliche Abhandlungen
NT.S
NT. Suppl.
NTS
New Testament studies
OBO
Orbis biblicus et orientalis
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La Parola per l'assemblea festiva
ParVi
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Patrologia graeca:
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PO
Patrologia orientalis
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Ouaestiones disputatae Rivista di ascetica e mistica
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Revue biblique
RestO
Restoration quarterly
RevBen
Revue bénédictine
RGG
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Revue d'histoire et de philosphie religieuses
RivBib
Rivista biblic�
RSB
Ricerche storico bibliche
RThL
Revue théologique de Louvain
SBF SBL.SP
Studium biblicum franciscanum
Society of biblica) literature. Seminar papers
SBS
Stuttgarter Bibelstudien
SBT ScC
Studies in biblica} theology La scuola cattolica
SChr
Sources chrétiennes
sco
Studi classici e orientali
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Studies in judaism in late antiquity
SMSR
Studi e materiali di storia delle religioni 7
SN
Studia neotestamentica
SNTS.MS
Studiorum NT societas. Monograph series
SNTU
Studien zum NT und seiner Umwelt
StANT
Studien zum Alten und Neuen Testament
STDJ
Studies on the texts of the Desert of Judah
StEv
Studia evangelica
STh
ToMMASo o'AQUINO,
StNT
Studien zum NT
StPat
Studia patavina
Summa theologiae
StT
Studi e testi
StUNT
Studien zur Umwelt des Neuen
TB
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Th Ex
Theologisceh Existenz Heute. NF
ThGl
Theologie und Glaube
ThR
Theologische Rundschau
Testament
ThWNT
Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament
TLond
Theology
TU
Texte und Untersuchungen zur Geschichte der alt
ve
Verbum caro
VetChr
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(London)
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Vig.Chr.
Vigiliae christ ia nae
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La vie spirituelle
WMANT
Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testament
WSAMA
Walberger Studien der Albertus-Magnus-Akademie
WUNT
Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Te stament
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Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft
ZKG
Zeitschrift fiir Kirchengeschichte
ZKTh
Zeitschrift fiir katholische Theologie
ZNW
Zeitschrift fiir die neutestamentliche
[ und
Wissenschaft
die Kunde der iilteren Kirche]
ZThK
Zeitschrfit fiir Theologie und Kirche
ZWTh
Zeitschrift fiir Wissenschaftliche Theologie
Introduzione La Bibbia come problema alle origini del cristianesimo Enrico Norelli
Che la storia dell'esegesi biblica non sia un esercizio erudito, è oggi un'acquisizione consolidata. Benché il cristianesimo alle origini non fosse (lo ripeteremo ancora) una religione del libro, ma dell'in contro con Gesù vivente, nell'esperienza dello Spirito, la compren sione del senso di tale incontro, e delle conseguenze che ne deriva vano, aveva come punto
di
riferimento essenziale le Scritture d'I
sraele. Motivi diversi condussero
poi
alla costituzione di un canone
in cui le Scritture ebraiche si affiancavano a scritti cristiani che dove vano trasmettere il messaggio di Gesù e definire lo spazio e i criteri della vita di fede dei credenti nelle comunità cristiane. Queste ulti me hanno dunque continuato a vivere e a pensare la propria fede in
riferimento a quel corpus di Scritture sacre, che ha fornito di volta in volta categorie ai teologi, materiale per la liturgia, precetti e para digmi etici, impulso ai santi, ispirazione agli artisti, ma anche pezze d'appoggio a ogni genere di politiche ecclesiastiche. Gerhard Ebe ling, in un saggio celebre e suggestivo, ha potuto descrivere la storia delle chiesa come storia dell'interpretazione della Scrittura. 1 In generale, la linguistica testuale ha affinato l'analisi del testo come componente linguistica di un processo di comunicazione, ciò che obbliga a tener conto dell'universo di rappresentazioni disponi bile al fruitore di un testo come di una delle condizioni della costitu zione del senso; d'altronde, la teoria letteraria ha rivolto sempre più
la sua attenzione al ruolo del lettore come interprete.2 Accogliendo
1 G. EBELING, <
9
queste istanze, l'esegesi biblica si è interessata in misura crescente alla ricezione dei testi, anche se, per il momento, i metodi sono in discussione e lo studio della ricezione si concreta spesso in un'ap pendice all'esegesi propriamente detta, come mostra per esempio il caso del pur eccellente Evangelisch-katholischer Neuen Testament (Ziirich-Neukirchen-Vluyn).3
Kommentar zum
Del resto, la storia stessa della formazione della Bibbia, dei sin goli testi e delle raccolte canoniche, è una storia di ricezione e di ela borazione di tradizioni e di testi scritti. Non solo non è più possibile studiare ciascuno degli scritti biblici indipendentemente dal contesto di comunicazione in cui esso è nato; ma nemmeno si può studiarlo come
un solo evento di comunicazione,
perché la forma cristallizza
ta nel canone è il risultato di un processo in cui differenti forme te stuali sono state elaborate, le une a partire dalle altre, per servire in differenti situazioni di comunicazione. Questa prospettiva diacroni
ca consente di problematizzare
il testo
biblico: ciò che noi troviamo
nelle migliori edizioni critiche correnti dell'Antico e del Nuovo Te stamento è una forma del testo, quella che, nel corso della trasmis sione, ha finito con l'imporsi. Senza dubbio è decisivo partire da questa forma; e tuttavia certe varianti importanti sono lì a ricordarci che essa stessa è piuttosto una convenzione che un'entità che abbia traversato, tranquilla e immutabile, la storia del cristianesimo. 4 Il
VREL, «Les études de réception>>, in Précis de littérature comparée, diretto da P. BRu NEL- Y. CHEVREL Paris 1989, 177-214. Si veda anche U. Eco, Lector in fabula , Mila no 1979. 3 Si possono vedere le riflessioni di U. Luz nel primo volume del medesimo commento: Das Evangelium n a ch Matthiius, l. Teilband: Mt 1-7, 21989, 78-82. Sulla ricezione cf. inoltre il c. 9 di K. BERGER, Exeges e des Neuen Testaments. Neue Wege vom Text zur A us/egung, Heidelberg 31991. � Basterà richiamare l'esempio classico della pericope dell'adultera (Gv 7,538,11). La tradizione manoscritta dimostra che essa non apparteneva in origine al van gelo di Giovanni, al quale fu aggiunta probabilmente nel Il secolo. Mentre nell'edi zione critica di NESTLE (- ALANO), fino alla venticinquesima, essa era relegata in ap parato, nel «testo standard>> della ventiseiesima edizione figura nel testo, tra doppia parentesi quadra, per segnalare che si tratta di una pericope certo non appartenente al testo originario, ma che non la si è relegata in apparato «a causa della sua età molto antica, della sua tradizione e della sua dignità» (p. 7* dell'Introduzione). Ma in altre edizioni la pericope ha subìto diversa sorte: in quella di WESTcorr- HoRT (1881), per ese mpio, si trova alla fine di Gv, dove la situano numerosi manoscritti. Analogo è il caso della finale lunga di Mc (16,9-20), anch'essa in doppie parentesi quadre presso NESTLE- ALANo26: sicuramente è un'aggiunta posteriore alla più antica forma del te sto trasmessa nei manoscritti. Diverso , ma pure istruttivo per le nostre riflessioni , il caso di Gv 21: il capitolo non manca in alcun manoscritto (non potrebbe dunque , per esempio, essere messo tra doppie parentesi quadre), ma la critica letteraria assicura che si tratta di un'aggiunta posteriore al Vangelo. Nei primi due casi citati, lo svilup po testuale si situa dunque all'interno della tradizione manoscritta disponibile, nel
lO
valore permanent e del metodo storico-critico , spesso accusato di to gliere l'anima al testo quando lo seziona a11a ricerca deJle fonti e de gli stadi di composizione , sta nella possibilità, che esso fornisce, d'integrare il testo in una storia di uomini , de11a quale anche noi sia mo parte . Ora, questa storia non si è arrestata al momento in cui la costituzione di un canone ha «bloccato» la forma linguistica del te sto: quest'ultimo ha continuato a funzionare in processi di comuni cazione. E anche se le parole non ne fossero state p iù cambiate (il che è tutto da verificare , e in certi casi precisamente non è vero : si veda per esempio , in questo volume , il capitolo sui testimonia bibli ci) , il modo in cui le citazioni sono state di volta in volta ritagliate, combinate e accostate tra loro, o la maniera in cui per esempio si fa aJlusione contemporaneamente a due o anche più passi biblici che in una certa tradizione «viaggiano» insieme, tutto questo rende attenti al fatto che il testo biblico ha continuato a vivere. Si comprende dunque che l'opera La Bibbia nella storia, dedicata al «farsi» dei te sti biblici nella loro dinamica storica, si concluda con dei volumi con sacrati all'uso dei testi già divenuti Scrittura sacra , nella tradizione cristiana e in que1Ja ebraica. 5 II presente volume non è una storia dell 'uso de11e Scritture solo presso i «Padri» , cioè presso gli autori cristiani che non appartengo-
terzo, i nvece , anteriormente ad essa, ed è sicuramente più antico. Ma in tutti e tre gli esempi è legittima la domanda: qual è il testo «originale» del Vangelo? La risposta di pende dal senso che diamo al termine «Originale»: la stesura più antica? la forma più antica trasmessa nei manoscritti? la forma divenuta canonica? In ogni caso, possiamo toccare con mano il divenire dei testi biblici , e la difficoltà di «fissare>> uno stato del testo. Si aggiunga però che questo non significa l'anarchia: in realtà, come mostra la storia delle edizioni moderne del Nuovo Testamento, il numero delle varianti signifi cative è limitato, il testo è abbastanza «sicuro». Cf. K. ALA NO - B . ALANO, /l testo del Nuovo Testamento, tr. it., Genova 1987, 30-38. 5 L'interesse per la storia dell' esegesi è in crescita. Trascurando studi, spesso ec cellenti , dedicati alla storia dell'esegesi di singoli libri o parti di libri biblici, ricordia mo qui solo alcune iniziative di ampio respiro. Naturalmente la Cambridge History of the Bible, 3 voli., Cambridge 1963-1970; più di recente, la Bible de tous /es temps, Pa ris, B eauchesne, i cui primi volumi riguardano il cristianesimo antico: Le monde grec ancien et la Bible, a cura di CL . MoNOÉSERT, 1984; Le monde latin antique et la Bible, a cura di J. FoNTAI NE e Cii. PIÉTRI, 1 985; S. A ugustin et la Bible, a cura di A.-M. LA BoNNAROIÈRE, 1986. In italiano, la densa trattazione di M. SIM oN Em , Lettera elo alle goria. Un contributo alla storia dell'esegesi patristica , Roma 1985. Un consorzio di uni versità italiane (Torino , Bologna, Firenze, Roma , Bari, Catania) organizza dal 1983 convegni annuali di storia dell'esegesi, i cui atti vedono la luce dal 1984 negli An nali di storia dell'esegesi, Bologna (dal 1990 si hanno ogni anno due convegni e due volumi, dedicati rispettivamente all'esegesi giudaica e cristiana antica e medievale, e a quella moderna e contemporanea). Dal1990 vi si pubblica una «Bibliografia di sto ria dell'esegesi», a cura di P.C. BoRI- L. PERKONE- M. PEScE.
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no al Nuovo Testamento. Gli scritti confluiti in quest'ultimo rappre sentano anzi una parte rilevante della materia di questo volume , ben al di là di un capitolo preliminare . Abbiamo qui ce rcato d'illustrare l'uso delle Scritture nel cristianesimo antico, fondandoci sul presup posto che, al riguardo, non si debbano distinguere gli scritti divenuti canonici dagli altri. 6 Nessuno dei testi entrati nel Nuovo Testamento fu composto con la pretesa che fosse divinamente ispirato, tranne l'Apocalisse di Giovanni ( 1 , 1 ; 22 ,6 . 1 8- 19)- la quale , paradossal mente , restò a lungo, fino al IV secolo , ai margini del canone in Oriente . Il canone del Nuovo Testamento è il punto di arrivo di un processo di fondamentale importanza , anche se a tutt'oggi non defi nitivamente chiarito. Ci si precluderebbe qualunque comprensione storica del cristianesimo ignorando tale processo e il suo risultato, cioè che da un certo periodo in avanti - in pratica la fine del II seco lo , anche se il termine «canone)) sarà applicato alla raccolta solo nel IV - un insieme ben determinato di scritti fu considerato come un corpus di Scritture sacre . Ma, appunto, la canonicità di uno scritto diviene un fattore rilevante per l'interazione tra tale scritto e la tra dizione in cui è portato, solo a partire dal tempo in cui il canone è ri conosciuto come tale . La canonicità è determinante per comprende re la ricezione, in quanto tale testo , divenuto Scrittura , esercita un influsso normativo sulla comunità che lo riconosce come tale , sulla sua attività e sulla sua produzione teologica e letteraria. Viceversa , lo studio del testo in quanto tale , della sua formazione , delle sue in tenzioni e della sua funzione , non terrà conto della sua canonizza zione , in quanto questa non è iscritta , neppure implicitamente , nelle origini del testo stesso, ma lo raggiunge , per cosl dire , durante la sua ricezione e trasmissione , certo imprimendovi un'impronta particola re , la quale tuttavia non cambia la fond amentale indipendenza del testo rispetto alla sua qualità canonica . È chiaro che tale posizione implica delle scelte . In particolare , essa si distingue dall'approccio della cosiddetta «critica canonica», difesa in particolare da B revard S. Childs/ e secondo la quale lo stu dio dei libri appartenenti al Nuovo Testamento deve farsi a partire dalla loro «forma canonica» . Questa non è solo la forma definitiva 6 Il noi di questo capitolo introduttivo è retorico: esso riflette l'opinione del cu ratore del volume, che non è stata previamente discussa con gli altri collaboratori anche se, evidenteme nte, non si esclude affatto l'eventuale accordo di questi ultimi. 1 B.S. CHILDS, Introduction to the Old Testament as Scripture, London 1979; lo., The New Testament as Canon. An lntroduction , London 1 984.
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che essi hanno raggiunto nel canone , ma è tale forma in quar:to ri sultato di un processo inerente appunto alla loro qualità canonica, nel corso del quale sono stati progressivamente staccati dalle contin genze in cui furono composti per acquisire una funzione ecclesiale non condizionata dal tempo e dal luogo del loro uso. La reazione contro un metodo storico-critico che privilegia la dissezione del testo è comprensibile , ma non ha affatto bisogno di generare un approccio il quale - come Childs stesso riconosce - non può essere praticato a fondo che dall'interno della comunità di fede , una condizione oggi a nostro parere inammissibile da chiunque vo glia praticare l'indagine storica . L'approccio di Childs presuppone che l'iter che ha condotto i testi ammessi nel canone ad acquisire la loro forma finale sia specifico dei testi canonici , il che non solo non è provato, ma appare contraddetto dai fatti . L'esempio della redazio ne e della raccolta delle lettere paoline , addotto da Childs, si rivolge contro la sua tesi quando ci si renda conto che , come ha sottolineato di recente David Trobisch,8 il processo editoriale cui le lettere furo no sottoposte era consueto per la pubblicazione degli epistolari anti chi . I noltre , per restare nell'esempio delle lettere paoline , là dove esse furono veramente sottoposte a un processo di redazione in di retto rapporto con la loro funzione canonica , fu nel canone di Mar cione, che probabilmente Childs non si sentirebbe di riconoscere co me il canone della chiesa: ciò dimostra quanto meno che esistevano diverse possibilità alternative di «formare» i testi per includerli in un canone di Scritture. Ancora : altri testi furono sottomessi a elabora zione e trasformazione lungo la storia di comunità credenti , senza per questo divenire canonici : è il caso (per non parlare di testi gno stici) di numerose apocalissi giudaiche , a cominciare dal libro di He noch , di apocalissi cristiane , di scritti normativi (Didaché) , della fonte dei logia di Gesù (Q). In effetti , sia Marco che Q potevano, al lo stesso titolo, essere soppiantati da Matteo e Luca : se questo av venne in un caso e non nell 'altro, è assai dubbio che ciò sia dipeso dall'intrinseca qualità canonica di uno dei due e dall' assenza di tale qualità nell'altro . Ciò che permette di comprendere i testi delle origini cristiane che divennero Scrittura , nonché precisamente le ragioni e la portata della loro inclusione nel canone , è dunque , a nostro parere , proprio 8 D. TROBISCH, Die Entstehung der Paulusbriefsammlung. Studien zu den An fiingen christlicher Publizistik , Freiburg-Gottingen 1 989.
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un'indagine che li consideri, all'origine , sullo stesso piano degli altri scritti cristiani . Per questo, nel presente volume le lettere , i vangeli e l'Apocalisse verranno considerati non nel contesto del Nuovo Testa mento, ma ciascuno nel suo contesto storico , nel quale si è realizzato di volta in volta un uso particolare delle Scritture ebraiche , provoca to da una situazione determinata. Alle origini del cristianesimo sta la figura di Gesù . Per quanto profonda sia stata la trasformazione che ha condotto , dopo la sua morte , dal1a predicazione di Gesù alla predicazione su Gesù, e per quanto sia stata proprio questa svolta che ha fondato il cristianesi mo, la critica storica e la ricerca teologica sono oggi concordi nel sot tolineare l'impossibilità di separare il kerygma della chiesa primiti va , annunziante il Signore risorto , dalla vicenda storica di Gesù , an che se il rapporto tra le due entità resta e resterà problematico.9 Il fatto che abbiamo accesso a Gesù solo attraverso il kerygma non si gnifica l'impossibilità di ritrovare , a partire dalle fonti disponibili, la comprensione che Gesù aveva di Dio e della propria missione , la quale ha condizionato la comprensione che le comunità cristiane delle origini hanno avuto di Gesù , come attesta la tradizione delle sue parole. Le Scritture ebraiche , in quanto portatrici del significato attribuito all'esperienza religiosa d'Israele , costituirono un punto di confronto obbligato non solo per la riflessione dei primi cristiani su Gesù , ma già per l'attività e il messaggio di Gesù stesso, benché Ge sù non derivasse la propria autorità dalla Scrittura e certo la citasse molto meno di quanto appare nei Vangeli. È per questo che il pre-
9 Il grande libro di A. SCHWEITZER, Storia della ricerca sulla vita di Gesù ( 1 913, prima edizione nel 1907 col titolo von Reimarus zu Wrede) , tr. it. , Brescia 1987, ave va constatato in maniera definitiva il fallimento degli sforzi di scrivere una «Vita di Gesù», ripetuti attraverso tutto il XIX secolo. Accettando la te si, elaborata da Johan nes Weiss e dallo stesso Schweitzer, secondo cui Gesù aveva predicato l'avve nto im minente del regno di Dio nel quadro delle attese apocalittiche del suo tempo (e in ciò si era dunque sbagliato), Rudolf Bultmann considerò la predicazione di Gesù non co me parte della teologia del Nuovo Testamento, ma come una delle premesse di essa, appartenente ancora interamente al giudaismo; e, fond andosi sul suo importantissi mo studio della tradizione presinottica, identificò praticamente «Gesù» con lo strato più antico raggiungibile di questa tradizione, che è pur sempre postpasquale: si veda l'introduzi one al suo Gesù ( 1 925), tr. it., Brescia 1 972. Ma è stata la scuola stessa di Bultmann, a cominciare da Ernst Kasemann nel 1 953, a riproporre la ricerca sul Gesù storico come esigenza ineludibile anche della teologia. Su tali sviluppi, nonché sui fondamenti e sui criteri odierni di questa ricerca , si veda J.M. RoBI NSON , Kerygma e Gesù storico, tr. it., Brescia 1977; G. BARBAGLIO [e altri], Conoscenza storica di Gesù. A cquisizioni esegetiche e utilizzazioni nelle cristologie contemporanee, Brescia 1978.
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sente volume si apre con uno studio di Vittorio Fusco sull'uso della Scrittura da parte di Gesù. Gesù di Nazaret e i suoi discepoli riconoscevano l'autorità divina di alcuni scritti : in primo luogo la Torah , cioè i cinque libri attribuiti a Mosè , poi i Profeti , che non comprendevano solamente i quattro «maggiori» e i dodici «minori» che noi designamo con questo termi ne (questi erano i profeti «posteriori»), ma anche i profeti «anterio ri» , cioè Giosuè , Giudici, Samuele , Re . 10 La Torah era certo accet tata come Scrittura sacra verso il 400, i profeti verso il 200. Nel giu daismo postesilico si fece strada, almeno in certi ambienti, la convin zione che l'età dei profeti fosse finita, e che , di conseguenza , non vi fosse più posto per nuovi scritti ispirati. È questa la persuasione espressa verso il lOO a . C . dall' autore di l Maccabei (9 ,27; 14,4 1 ) , mentre , verso l a fine del I secolo d.C. , lo storico ebreo Flavio Giu seppe , nel difendere contro i detrattori l'attendibilità delle Scritture ebraiche anche come documento storico precisa però: «Ma da Arta serse fino al nostro tempo i singoli avvenimenti sono stati sì registra ti per iscritto , però non sono stati considerati altrettanto attendibili dei precedenti , perché non esiste l'esatta successione dei profeti» (Contro A pione l ,41) . Questa affermazione del fariseo Flavio Giu seppe si connette bene con l 'inizio del trattato A bot (entrato nella Mishnah): «Mosè ricevette la Torah dal Sinai e la trasmise a Giosuè, Giosuè agli anziani e gli anziani ai profeti ; e i profeti l'hanno tra smessa agli uomini della grande sinagoga». La grande sinagoga era , secondo questa prospettiva , l'assemblea narrata in Ne 8-10, che la Bibbia situa all'epoca di Artaserse (Ne 2 1 , ); è dunque la tradizione rabbinica che eredita la trasmissione della Legge dagli ultimi profeti (Aggeo, Zaccaria e Malachia). È vero peraltro che la cessazione del la profezia non era affatto universalmente ammessa : secondo la To sefta (Sotah 13) dopo la morte di quegli ultimi profeti lo Spirito San-
10 Non facciamo qui, naturalmente, la storia del canone ebraico . Importante (anche per il canone cristiano dell'Antico Testamento) R. T. BECKWITH, The Old Te
stament Canon of the New Testament Church and its Background in Early Judaism, London 1985. Inoltre Le canon de l'Ancien Testament. Sa formation et son histoire, a cura di J.-D. KAESTLI- 0. WERMELINGER, Genève 1 984. Sulla Bibbia ebraica e il suo uso nel giudaismo e nel cristianesimo antico cf. Mikra. Text, Trans/ation, Reading and /nterpretation ofthe Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity, a cura di M.J. MuLDER- H. SYSLING, (Compendia Rerum ludaicarum ad Novum Te stam�ntum II/l), Assen!Maastricht-Philadelphia, 1 988. Importante anche Le canon des Ecritures. Etudes historiques, exégét iques et systématiques, a cura di C. THEOBALD, Paris 1990.
15
to è stato interrotto in Israele, e tuttavia quest'ultimo può «Udire vo ci» , allusione alla Bath Qol , la voce div ina che si fa udire ora solo in maniera discontinua . E la comunità di Qumran crede alla presenza dello Spirito divino nel suo mezzo. Il libro di Daniele , scritto nel 166/165 ma messo sotto il nome di un personaggio ispirato dell'epo ca esilica , poté farsi accettare tra i profeti a Qumran , appunto, non ché dai cristiani e nei manoscritti della versione greca della Bibbia, mentre i farisei lo inserirono verso la fine degli «scritti» , attestando così che la tradizione farisaica conside rava chiuso il gruppo dei pro feti quando D aniele fece la sua comparsa . Quanto agli «scritti» (ke tubim) , essi costituivano un gruppo evidentemente ancora aperto, attestato verso la fine del II secolo a.C. dal traduttore greco del Sira cide (Prologo , vv. 2 . 10.25). Nel canone dei farisei saranno infine ac cettati Ruth , i Salmi , Giobbe , i Proverbi , Qoelet , il Cantico, le La mentazioni , Daniele , Ester, Esdra(/Neemia) e le Cronache ; il Sira cide , scritto in ebraico verso l'inizio del II secolo a . C . , tradotto in greco verso la fine del medesimo secolo, letto in Palestina (mano scritti ne sono stati ritrovati a Qumran e a Masada) , finì col non en-. trarvi . I sadducei ammettevano solo il Pentateuco ; quanto ai samari tani, anch'essi riconoscevano il solo Pentateuco , ma in una recensio ne particolare , che presenta non poche varianti . 11 Gesù convergeva evidentemente con i farisei. Ma fu la missione cristiana di lingua greca , quella degli ellenisti , a divenire decisiva , fin dai primi anni : ed essa adottò la versione gre ca di cui la diaspora giudaica si era munita progressivamente , a par tire dal III secolo a . C. Il suo nome tradizionale di Settanta è legato alla leggenda dei traduttori12 che produssero miracolosamente la versione della Torah ad Alessandria sotto Tolomeo Filadelfo (285246), e che fu propagandata dalla Lettera di Aristea , composta veri similmente nel II secolo a.C. Naturalmente , la storia è più comples sa , e in parte ancora oscura: il Pentateuco fu tradotto certo nel III se colo - questo il nucleo di verità della leggenda -, gli altri libri seguiro-
11 J.D. PuRvls. The Samaritan Pentateuch and the Ortgin of the Samantan Sect, Cambridge (Mass.), 1968. 12 Il cui numero oSCilla invero, nelle fonti antiche, tra 70 e 72: la fonte d'ispira zione della leggenda è probabilmente m Nm 1 1 , dove 70 anziani profetizzano, e poco dopo è detto che profetizzano Eldad e Modad, i quali. secondo alcuni autori antichi, devono essere aggiunti a1 70, producendo coslla c1fra 72. La Lettera di Aristea , che parla di 72 traduttori, menz10na al § 273 «i due in piÙ de1 70», mostrando cosi dJ cono scere una forma della leggenda in cui i tradutton erano 70.
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no a poco a poco , fino al I secolo d . CY La Settanta comprendeva una serie di testi assenti dalla Bibbia e braica: aggiunte a Ester, ai Salmi , a Geremia , a Daniele , nonché i libri seguenti: l Esdra , 1-4 Maccabei , Siracide , Giuditta , Tobia, Salmi di Salomone 14 Questi li bri divennero dunque parte del canone cristiano sin dagli inizi , e so lo alcuni dotti li misero in discussione fino a Lutero . Ciò non toglie che gli autori greci cristiani che utilizzavano la Settanta potessero essere consapevoli di divergenze rispetto al cano ne ebraico. 15 Si è notato che Giustino, intorno alla metà del II seco lo, non usa (nelle opere a noi pervenute) nessun testo estraneo alla Bibbia ebraica , comprese le aggiunte a Geremia ( Baruc) e a Da niele : evidentemente intendeva limitarsi , nella sua dimostrazione mediante le Scritture , ai libri ammessi dai giudei . Verso il 1 60-170, Melitone di Sardi compone le Eclogai, testimonianze su Gesù estrat te dalle Scritture : ce ne resta parte della prefazione diretta a Onesi mo , in cui Melitone afferma di aver voluto rispondere alla preoccu pazione del suo interlocutore di «conoscere con precisione i libri an tichi , il loro numero e il loro ordine», e prosegue : « Recatomi dun que in oriente , ed essendo stato fino al luogo dove fu annunziato e compiuto (il contenuto delle Scritture ) , ed avendo appreso con pre cisione i libri dell'Antico Testamento, ne ho stilato la lista e te la in vio ; eccone i titoli: cinque di Mosè , Genesi , Esodo , Numeri, Leviti co , Deuteronomio ; Gesù di Nave, Giudici , Rut ; quattro dei Re , due dei Paralipomeni; Salmi di Davide , Proverbi di Salomone , detti an che Sapienza ; Ecclesiaste , Cantico dei cantici , Giobbe ; profeti: Isaia, Geremia, i dodici in un solo libro, Daniele, Ezechiele , Esdra. Da questi appunto ho ricavato i miei estratti, distribuendoli in sei li bri» (in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica IV,26 , 1 3-14) . Dun que, la consapevolezza dell'esistenza di una Bibbia ebraica non coincidente con quella utilizzata nelle comunità cristiane ha indotto Melitone a questa verifica, la quale ha anche l'effetto di assicurare , presso i cristiani, lo statuto di Scritture sacre per questi libri . D'al=
1 3 Per tutta la problematica relativa alla Settanta è strumento di lavoro indispen sabile M. HARL- G. DoRIVAL - O. MuNNICH, La Bible grecque des Septante. Du ju da�sme hellénistique au christiamsme ancien, Paris 1 988 14 Lista dettagliata d1 G. DoRIVAL nel volume cit. alla nota precedente, 84-85. 15 Sulla formazione del canone cristiano dell'Antico Testamento si veda soprat tutto E. JuNoD, «La formation et la composition de I'Ancien Testament dans l'église grecque des qua tre premiers sJècles», in Le canon de l'Ancien Testament. Sa forma tion et son htstozre, a cura di J.-D. KAESTU- O. WERMELINGER, Genève 1 984 , 105-
151.
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tronde , i cristiani del I e Il secolo hanno citato come Scrittura dei li bri ereditati dai giudei, ma che non sono poi entrati nel canone ebraico quando questo si è chiuso definitivamente . L'esempio più evidente è Henoch . esplicitamente citato in Gd 14 e implicitamente in Gd 6, largamente , benché tacitamente (ma questa utilizzazione tacita riguarda in questo caso tutte le Scritture) impiegato nell'Apo calisse di Giovanni, e in generale assai influente sulla letteratura cri stiana fino al III secolo. 16 Ancora verso il 202 , Tertulliano nel De cu ltu feminarum 1,3,1-3, avendo citato Henoch, polemizza con i giu dei che non l'hanno «nella loro biblioteca>>, difendendone l'autenti cità e l'autorità (anche con l'appello alla lettera di Giuda) e affer mando che i giudei lo respingono a causa delle profezie cristologiche in esso contenute . Clemente Alessandrino , da parte sua , utilizza co me Scrittura non solo Henoch , ma anche il Quarto libro di Esdra , l'Apocalisse di Sofonia , l'Apocalisse di Elia , l'Ascensione di Mosè , e altri ancora . I confini saranno tracciati da Origene . Questi, scri vendo a Giulio Africano, difenderà il contenuto della Settanta con tro il più ristretto canone ebraico , ma terrà al tempo stesso a colla zionare minuziosamente , nei suoi grandiosi Hexapla , il testo ebraico con le sue traduzioni . E se utilizzerà correntemente i deuterocanoni ci (i libri che la Settanta contiene in più) , svilupperà - attingendolo probabilmente, come pensa Junod , al giudaismo alessandrino - il concetto di apocrifi per indicare i libri giudaici esterni anche alla LXX, senza peraltro attribuire mai al termine un significato peggio rativo. Gesù 17 utilizzò dunque le Scritture del giudaismo, che costituiva no l'orizzonte entro il quale si situava il suo messaggio. Ma quest'ul timo faceva saltare il quadro entro il quale erano lette all 'epoca , per ché vi introduceva un elemento radicalmente nuovo e assolutamente centrale : la funzione di Gesù stesso quale inviato ad offrire , in ma niera unica e ultima, il perdono di Dio. Questa possibilità non passa va attraverso un ricorso alle Scritture , ma solo attraverso la sua per sona . Senza dubbio egli ha citato le Scritture meno di quel che la tra dizione gli ha attribuito. La fonte dei logia (Q) , per esempio, conte neva con ogni probabilità il racconto delle tentazioni , dove Gesù e il 16 Si veda la lista dei testi stilata da R.H. CHARLES in The Apocrypha and Pseu depigrapha of the Old Testament in English , Il: Pseudepigrapha, a cura di R.H. CHARLES , Oxford 1 9 1 3 (e ristampe), 180-184. Per il Nuovo Testamento, cf. pure ( an che ver gli altri pseudepigrafi giudaici) l'indice dell'ed. NESTLE- ALANo26, 773-775. 7 Si veda qui sotto il primo saggio di Vittorio Fusco (c. 1).
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diavolo si combattono a colpi di citazioni bibliche (Le 4,1-13 l Mt 4, 1 -11 ) , ma è probabile che questo episodio non appartenesse al più
antico strato di Q, bensì a una forma ulteriore . 18 Gesù non usava la Scrittura per provare le sue affermazioni . La sua autorità gli veniva dal suo rapporto immediato con Dio. Dopo la sua morte e l'espe rienza della resurrezione , per i suoi discepoli l'accesso alla salvezza non passava per le Scritture , ma per la fede in Gesù Signore . Con Hans von Campenhausen si deve ripetere: «Il cristianesimo non è più religione del libro in senso stretto : perché i cristiani credono alla signoria del Cristo vivente e allo Spirito presente» . 19 Ma si poneva ai cristiani il problema di sapere chi fosse Gesù , quale fosse la sua fun zione . Come Gesù si era situato in rapporto alla tradizione religiosa d'I sraele , i suoi primi discepoli lo compresero entro l'orizzonte for nito dalle Scritture : Gesù è l'intervento definitivo di Dio, punto d'arrivo di tutta la storia raccontata e interpretata nelle Scritture ebraiche. Tutta la sua vita e la sua attività vennero rilette entro que sto quadro. Non solo gli furono applicate le profezie già considerate messianiche , ma si ampliò il dossier di queste ultime, a partire dalla tradizione su di lui e in primo luogo sulla sua passione e morte . Tut te le Scritture divennero testimonianza di Cristo , un processo che di viene sistematico con Giustino alla metà del II secolo .20 Considerandosi come la comunità escatologica, i primi cristiani furono convinti che , a partire dalla resurrezione di Gesù , fosse pre sente tra loro quello Spirito divino che- come abbiamo ricordato - il giudaismo considerava assente da Israele fin dal tempo di Esdra (cf. At 2; Gv 20 ,22 ) . La liturgia celebrata nelle comunità paoline si fon dava sulla libera espressione dello Spirito, che costituiva la base per la comprensione delle Scritture . 21 Il cristianesimo ellenistico , che di venne rapidamente il protagonista della missione, si staccò dalle pratiche rituali e dalla circoncisione come segno portatore d'identi tà: l'identità del cristiano era ora definita dall'appartenenza perso nale a Gesù, e non dall'osservanza della Legge . Si creava così una
18 Cf. J.S. KwPPENBORG, The Formation of Q: Trajectories in Ancient Wisdom Collections, Philadelphia 1987. 19 H. voN CAMPENHAUSEN, Die Entstehung der christlichen Bibel, Tiibingen 1968, 5. Quest'opera rimane lo studio migliore sull e origi ni della Bibbia cristiana (fi no alla fine del II secolo); il quadro che tracciamo in queste linee se ne ispira larga
mente. 20 21
Si veda qui sotto il c. 7 . Cf. qui sotto i saggi di
Giuseppe Barbaglio e
Rinaldo Fabris
.
19
tensione decisiva . Poiché le Scritture «rendevano testimonianza» a Gesù , non si poteva rinunziarvi , ma al tempo stesso non si poteva più considerarle come l'espressione ultima della Parola di Dio, per ché questa funzione era svolta ora da Gesù . I sinottici , provenienti da comunità ellenistiche di diversa composizione , integrarono nella loro narrazione su Gesù soluzioni diverse . Già Marco presenta Gesù in conflitto con le autorità giudaiche a proposito delle norme rituali , ma non arriva a far respingere da lui queste ultime . Matteo rappre senta il caso chiaro della ricerca dell'equilibrio in una comunità mi sta: nella storia di Gesù si proietta il problema della posizione della comunità nei confronti della Legge e della storia d'lsraele . 22 Matteo mantiene la tensione , ma questa non potrà resistere a lungo . A Roma , alla fine del I secolo, l a lettera d i Clemente a i Corinzi documenta un cristianesimo profondamente radicato nel giudaismo ellenistico, ma dove il problema del valore della Legge non sembra affatto preoccupante ; il richiamo a Paolo (5 ,5-7) non implica alcun riferimento alle sue posizioni verso la Legge , e anche là dove sono evocate le dispute che provocarono la corrispondenza tra Paolo e i corinzi (47 , 1-3) , si allude solo alle proskliseis , le preferenze accorda te all'uno o all'altro degli apostoli . Per Clemente, i giusti dell'Antico Testamento sono , per il cristiano, esempi di fede e di opere al tempo stesso: «Per quale ragione fu benedetto il nostro padre Abramo: non forse perché aveva praticato giustizia e verità mediante la fe de?» (3 1 ,2) . «Guardiamo: tutti i giusti si adornarono di opere buo ne , e il Signore stesso si rallegrò essendosi adornato di buone opere . Avendo dunque tale modello, applichiamoci di buona lena alla sua volontà: con tutte le nostre forze lavoriamo all'opera di giustizia» (33 ,7-8) . Si tratta di una concezione della giustizia ben radicata nel giudaismo. L'uso della Bibbia è costante , ma del tutto analogo a quello dell'omiletica sinagogale: i grandi personaggi dell'Antico Te stamento sono citati come esempi insignì dei difetti dai quali Cle mente invita i corinzi a guardarsi (la gelosia: c. 4; ai cc. 5-6 esempi tratti dalla storia dei cristiani) , o delle virtù che egli raccomanda lo ro: l'obbedienza (Henoch , Noè , Abramo, Lot , Rahab: 9-12) , l'umil-
22
Si veda, da ultJmo, U. Luz, «L'évangéliste Matth1eu: un Judéo-chrétien à la croisée des chemins. Réflexions sur le pian narratif du premier évangile>>, in La mé moire et le temps Mélanges offerts a P1erre Bonnard, a cura d1 D. MARGUERAT- J . ZUMSTEIN , Genève 1991, 77-92 .
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tà (oltre al Cristo, c . 16, sono ricordati i profeti , Abramo, Giobbe , Mosè , D avid, cc . 17-18), l a sopportazione delle sofferenze (Daniele e i tre giovani nella fornace , c. 45) , l'umile intercessione (Mosè , c. 53) , e così via . La grande preghiera finale dei cc. 59-61 , che senza dubbio s'ispira alla liturgia roman a , è densa di espressioni tratte dal la Settanta. Ciò che invece manca è l'uso tipologico della Scrittura, cioè l'in terpretazione di fatti e personaggi dell'Antico Testamento come prefigurazioni del Cristo e di circostanze relative alla vicenda della chiesa cristiana . Unica eccezione è l'interpretazione della corda scarlatta di Rahab (Gs 2 , 18) come figura del sangue di Cristo, che avrebbe riscattato tutti coloro che credono e sperano in Dio (12,7): questa tipologia, che si ritroverà in Giustino (Dialogo 1 1 1 3 4 ) e poi spesso in seguito, viene , già a Clemente , da una raccolta di testimo nia cristologici di origine probabilmente palestinese . Ma questo caso unico nulla toglie al fatto che la prospettiva di Clemente sia sostan zialmente altra: egli non contrappone due testamenti , ma suppone una perfetta continuità tra Israele e la chiesa , che gli permette di as sumere senza problemi l'eredità etica del giudaismo (mentre la que stione rituale e la circoncisione sono semplicemente ignorate) . Che lo Spirito abbia parlato di Cristo nell'Antico Testamento (c. 16, con citazione di Is 53 , 1 -12 e Sal 21,7-9), che tutti i profeti abbiano an nunziato la venuta del Cristo (17, l), che anzi Cristo stesso abbia parlato di sé nell'Antico Testamento (22 , 1 ), tutto questo non fa che sottolineare la perfetta continuità . L'amore (agape) praticato dai cristiani non è che la continuazione di «quanti sono stati resi perfetti nell'amore secondo la grazia di Dio>> da Adamo sino al presente (50,3-5) . Questo scritto getta luce sul tipo di cristianesimo romano contro il quale , meno di cinquant'anni dopo , reagirà violentemente Marcione , appellandosi alla radicalità di quel Paolo che a Roma era naturalmente letto, ma , evidentemente , in una prospettiva che sem plicemente ignorava le implicazioni della sua riflessione teologica su Legge e Vangelo . 23 ,
-
Agli antipodi di un simile atteggiamento sta Ignazio di Antio chia , nelle lettere a comunità dell'Asia minore composte verso il 23 Sull'uso della Scrittura in Clemente si v eda D. A. HAGNER, The Use of the O Id and the New Testament in Clement of Ro me Leiden 1973; p er un quadro d'insieme, l'mtroduzione di A. JAUBERT alla sua edizione nella collezione Sources chrétiennes: Clément de Rome, Épitre aux corinthiens, Paris 1971, 13-90. ,
21
1 1 5 , sulla via che lo condurrà a subire il martirio a Roma. 24 Esse contengono un numero molto limitato di citazioni veterotestamenta rie , quasi tutte di contenuto etico ( Sal 1 , 3 in Mag 1 3 , 1 ; Pr 3 ,34 in Ef 5 , 3 ; Pr 1 8 , 17 in Mag 1 2 ; Is 52,5 in Tr 8 , 2) ; una sola - e implicita - si applica al Cristo (Is 5 ,26 in Sm 1 , 2 ) , e sembra dipendere da un uso già tradizionale di ls 5 , 26; 49,22; 62, 10 come testimonia cristologici . Ignazio è molto più propenso a citare scritti cristiani , anche se non li considera come Scrittura: conosce una raccolta di lettere paoline comprendente Rm , 1 Cor, Gal , Ef, Fil , Col , lTs, e probabilmente i vangeli di Matteo e Giovann F 5 (la sua teologia è fortemente impron tata a Paolo e Giovanni) . Perché la sua reticenza nei confronti del l'Antico Testamento? È stato autorevolmente proposto di scorgere in questo atteggiamento un «indizio del sospetto , per non dire del l' avversione , che certi ambienti cristiani d'origine pagana nutrivano nei confronti del VT, come riflesso di un atteggiamento fortemente antigiudaizzante» . 26 Va però osservato che tutte le allusioni alla por tata cristologica delle Scritture si trovano in contesti direttamente polemici . «Certi , ignorandolo , lo ( Cristo) rinnegano , anzi sono stati piuttosto rinnegati da lui , essi che sono avvocati deHa morte piuttosto che della verità: essi che né le profezie , né la legge di Mosè hanno potuto persuadere , ma neppure , sinora, il vangelo , né le sof ferenze di ciascuno di noi . . . Conviene dunque che vi teniate lontani da siffatte persone , e che non parliate di loro né in privato né in pub blico , ma che vi atteniate ai profeti , ma particolarmente al vangelo , nel quale ci è mostrata la passione ed è compiuta la resurrezione» (Sm 5 , 1 ; 7 ,2; il verbo finale «è compiuta» sembra alludere al compi mento delle profezie nella resurrezione di Gesù) . Particolarmente chiaro in questo senso un passo della lettera ai filadelfiesi: «Ho sen tito alcuni dire: "Se non lo trovo negli archivi , non credo nel vange lo" . E quando dicevo loro: "È scritto" , mi risposero : "Questa ap punto è la questione"» (Fi/ 8 , 2) . In questo passo molto discusso , gli archivi sembrano designare le Scritture, 27 e il dibattito porta certo =
14 G li argomenti per una datazione delle lettere verso la fine del II secolo , solle vati , con diverse modalità , in particolare da R . JoLY (Le dossier d'lgnace d'Antioche, Bruxelles 1 979) e J . RIUs-CAMPS ( The Four A uthentic Letters of lgnatius, the Martyr, Rom a 1979) , non ci sembrano decisivi ; cf. in particolare CH . MUNIER , <
22
sulla dimostrazione cristologica. Gli avversari di Ignazio esigono che tutti gli enunciati cristologici siano fondati sull'esegesi deHe Scrittu re , e probabilmente argomentano per questa via in favore delle loro opzioni docete . La loro risposta a Ignazio solleva il problema dei cri teri e dei metodi dell'interpretazione, e Ignazio , che pure crede alla dimostrazione cristologica sulla base delle Scritture (come chiarisce il precedente passo citato) , non arriva evidentemente, nella pratica , a imporre la sua esegesi . 28 Non si tratta del fatto che Ignazio sia più «antigiudaizzante�� di loro : un'argomentazione fondata sulle Scrittu re può ben coniugarsi , presso i suoi avversari, con un atteggiamento avverso ai giudei . Sembra probabile invece che l'estrema prudenza di Ignazio sull'Antico Testamento possa fondarsi sul fatto concreto dell'uso intensivo di esso , da parte di gruppi cristiani a lui invisi , per fondare la loro cristologia . Questo episodio fa luce sulla progressiva presa di coscienza dell'insufficienza della Bibbia ebraica (Settanta) come base della teologia cristiana, e dunque su di uno degli impulsi alla costituzione di un canone di Scritture cristiane29 • Al tempo di Ignazio , i quattro Vangeli divenuti poi canonici era no certo già composti . L'autorità ad essi riconosciuta, tuttavia . non era inerente alla loro qualità di scritti , ma spettava alle parole di Ge s ù , che essi veicolavano . Proprio là dove erano accettati come porta tori di tradizione autentica , ci si sentiva liberi di riscriverli nel mo mento stesso in cui li si accoglieva , adattandoli alle esigenze di una sp ecifica comunità , perché si partiva dal presupposto che le parole del Signore fossero vive e attuali . Così Matteo e Luca, ciascuno per suo conto , fusero Marco e la fonte Q, creando opere nuove, impron tate a concezioni teologiche originali e nettamente profilate : la loro intenzione era di sorpassare le loro fonti (ciò che del resto Luca af ferma espressamente nel suo proemio , Le 1 , 1 -4) . La compresenza di diversi vangeli non mancò di creare problemi . 30 Le soluzioni furono 28
29
Cf. VON CAMPENHAUSEN,
Die
Enstehung ,
86-88.
Abbiamo suggerito altrove (Studi in margine all'Ascensione di Isaia , Genova 1993 , 27 1-275) un confronto tra gli avversari di Ignazio e il gruppo di profeti cristiani da cui è prodotta , probabilmente ad Antiochia all'inizio del I secolo, l 'Ascensione di Isaia , uno scritto in cui un'intensa, sebbene implicita, esegesi di testi veterotestamen tari , in primo luogo di Isaia , sostiene una cristologia doceta. Nulla autorizza a suppor re un rapporto diretto tra Ignazio e il gruppo dell'Ascensione ma l'uno e gli altri po trebbero appartenere al medesimo processo di svuotamento dell'autorità carismatica dei profeti cristiani a favore dei vescovi e presbiteri nella Siri a del l secolo ( gli av versari di Ignazio sono pure dei carismatici , cf. Tr 5 , 1 -2 ; Sm 6 , 1 ) . 30 C f . I o studio e i testi citati , tradotti e commentati i n H . MERKEL, La pluralité des évangiles comme problème théologique et exégétique dans l' Eglise ancienne, tr. fr . , Berne ecc . 1978.
23
di diverso tipo . Quando il loro statuto non era ancora canonico , si ri corse o alla scelta di un solo Vangelo , scartando gli altri : è il caso di Marcione intorno al l 40 ; oppure alla fusione in un'«armonia» evan gelica. Quest'ultima soluzione suppone dei Vangeli dotati di forte autorità (che non possono quindi essere semplicemente scartati) , av viati verso una canonizzazione (il che spinge a fonderli in un'unità che ne riprenda tutto il contenuto) , ma non canonizzati in quanto ta li (il che permette di creare una nuova entità con l'intenzione di sop piantarli) . È stato proposto , con verisimiglianza, di identificare la prima armonia evangelica a noi nota n el Vangelo degli ebioniti, un testo giudeocristiano , composto probabilmente non più tardi del 150, di cui ci sono pervenuti solo frammenti . 3 1 Si tratterebbe , secon do questa tesi , dì una compilazione eseguita a partire da Matteo , Marco e Luca , con la preoccupazione di conservare ogni elemento . Eloquente è l'episodio del battesimo di Gesù , in cui i tre evangelisti riportavano tre forme diverse della voce divina ; con l'aiuto di alcuni elementi di raccordo estranei alle sue fonti, l'autore del Vangelo de gli ebioniti le ha conservate tutte e tre: «Dopo che il popolo era stato battezzato, venne anche Gesù e fu battezzato da Giovanni . E quando salì dall'acqua, si aprirono i cieli e vide lo Spirito santo sotto forma di una colomba che scen deva ed entrava in lui . E (venne) una voce dal cielo che dtceva: "Tu sei il mio figlio diletto , in te mi sono compiaciuto" (Mc 1 , 1 1) ; e d i nuovo: "lo oggi t i h o generato" (Le 3 ,22) . E subito una gran de luce avvolse di splendore il posto. Vedendo ciò , Giovanni gli dice : "Tu , chi sei?" E di nuovo una voce dal cielo a lui : "Questi è il figlio mio diletto, sul quale mi sono compiaciuto" (Mt 3 , 1 7) . E allora Giovanni , prostratosi a lui , diceva : "Ti prego , Signore , bat tezzami tu". Ma quegli glielo impedì , dicendo: "Lasci a , perché così conviene che tutto sia compiuto">> (EPIFANIO , Panarion , 30, 1 3 , 7-8) . 32
Ma l'armonia evangelica pi ù nota, e più influente , è il Diatessa ron (Attraverso quattro) composta, verisimilmente intorno al 170 , da Taziano , un siro di Mesopotamia che fu allievo di Giustino a Roma e dopo la morte di questi rientrò nella sua terra di origine , conti-
31 Sui vangeli gi udeocristiani cf. in questo volume lo studio d1 Lmgi Cuillo. 32 La proposta di considerare il Vangelo degli ebwnit1 col!le un 'armonia di Mar co , Matteo e Luca è stata formulata da D . A . BERTRAND , «L'Evangde des eb10nites: une harmonie évangélique antérieure au Diatessaron» , in NTS, 26( 1980), 548-563 .
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nuando l 'insegnamento già intrapreso a Roma ; resta di lui un Di
scorso ai greci improntato a dura polemica contro la cultura greca ,
cui il cristianesimo viene nettamente contrapposto come la vera filo sofia, proveniente dai «barbari». Taziano utilizzò tutti e quattro i nostri vangeli ; probabilmente attinse alcuni elementi anche a vange li non divenuti canonici . Il suo lavoro fu il vangelo del cristianesimo siriaco fino al V secolo , quando la cattiva fama di Taziano , conside rato eretico (fondatore della setta degli encratiti, e gnostico) fin dal I a fine del II secolo , indusse i vescovi della Siria a distruggere le co pie del Diatessaron che poterono trovare: abbiamo il racconto di uno di loro , Teodoreto , vescovo di Ciro sull'Eufrate dal 423 , che di strusse circa 200 copie del Diatessaron (Haereticarum fabularum compendium 1 ,20) . Del testo greco ci resta solo un piccolo fram mento , ritrovato nel 1 933 a Dura Europos , città sull'Eufrate distrut ta dai persiani nel 256-257 (termine ante quem , dunque , per il fram mento) . Disponiamo inoltre delle testimonianze di autori siriaci che utilizzarono il Diatessaron , e in modo particolare del commento che Efrem di Nisibe (morto nel 373) scrisse sul vangelo di Taziano ; 33 nonché di versioni modificate del Diatessaron in arabo (XI sec . ) , persiano , neerlandese (XIII sec . ) , italiano (XIII e XIV sec . ) , ingle se . Una traduzione del frammento greco (in cui manca l'inizio di tut te le linee , supplito qui tra parentesi quadre , come pure le lettere il leggibili per varie ragioni ) , con l'aggiunta dei riferimenti, può dare un'idea dell'abile maniera in cui era costruito il testo :
l
.. 'j ' < .
<<(la madre dei figli) di [Zebed]eo ( Mt 27 ,56) e Salomè (Mc 15,40) e le donne (di coloro che] lo avevano accompagnato dalla [Gali l]ea vedendo il crocifisso (Le 23 ,49 , che ha però <
3 3 Quest'opera c i resta in buona parte nell'originale siriaco, ritrovato nel 1 957 e d edito nel 1 963 d a dom Louis Leloir; il resto ci è fornito da una versione armena. Tra· duz1one con note e introduzione: L. LELOJR, Éphrem de Nisibe. Commentaire de l' É· vanglle concordane ou Diatessaron , ( Sch r 121 ) , Paris 1966.
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Il Diatessaron esercitò larga e duratura influenza, come mostra no tra l' altro le versioni conservate . Ma la tendenza che prevalse fu quella di canonizzare quattro vangeli : si dovette allora risolvere di versamente il problema della loro compresenza . Verso il 180-190 Ireneo di Lione difende , contro le Scritture accolte o prodotte dai gruppi gnostici , i quattro Vangeli di Matteo , Marco , Luca e Giovan ni: riferisce la tradizione di cui dispo ne circa la loro origine , che lega Matteo e Giovanni direttamente a Gesù , Marco e Luca rispettiva mente a Pietro e Paolo. Dunque chi Ii disprezza , disprezza i partici pes Domini, anzi il Signore stesso , anzi il Padre (Contro le eresie 3 , 1 , 1-2) . È interessante che, subito dopo , Ireneo riporti le obiezioni degli avversari gnostici: «Si volgono ad accusare le Scritture stesse , dicendo che il loro testo non è corretto , che non sono autorevoli, che non si accordano tra loro , e che sulla loro base non si può trova re la verità se non si conosce la tradizione» (3 ,2 , 1 ) . Questo appello alla tradizione orale, mediante la quale gli gnostici affermavano di risalire ai discepoli diretti del Signore , e divenuta ormai incontrolla bile , fu certamente una delle ragioni che condussero progressiva mente alla definizione del canone del Nuovo Testamento . Altrove (3 , 1 1 , 8-9) Ireneo difende il numero di quattro Vangeli contro coloro che vogliono ammetterne più o meno: è evidente che quei quattro erano già accolti dalla chiesa che egli considera ortodossa, ma non erano ancora universalmente accettati . Polemizzando contro gli gnostici e Marcione , Ireneo difende da un Iato l'unità tra Antico e Nuovo Testamento , dall'altro consolida l'autorità degli scritti cri stiani da lui riconosciuti e , per primo tra gli autori a noi noti , accetta il confronto con i suoi avversari sull'interpretazione di Paolo . 34
Una soluzione in parte diversa per giustificare i quattro Vangeli si trova nel cosiddetto frammento muratoriano , così chiamato per ché pubblicato nel 1740 dal grande erudito Ludovico Antonio Mura tori , che lo aveva trovato in un manoscritto dell'ottavo secolo , pro veniente da Bobbio e attualmente alla Biblioteca ambrosiana. 35 Si
34 Sulle scritture negli gn ost ici , in Marcione e in lreneo , cf. lo studio di Claudio Gianotto nel presente volume. 35 Part i del medesimo testo , indipendenti dal manoscritto bobbiense , fu ro n o ri trovate a Montecassino in quattro manoscritti di lettere di Paolo e pubbli cate nel 1 897 . . .
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tratta di un testo mutilo all'inizio e alla fine , scritto in un latino bar baro non sempre comprensibile , e consistente in una lista (non uffi ciale , ma a uso privato) di libri cristiani da accettare e, in piccola parte , da respingere. L'opinione prevalente è che il testo originario (probabilmente latino , ma la cosa è controversa) risalga alla fine del II secolo e sia stato composto in occidente , forse a Roma. 36 Oltre ai quattro vangeli (manca la notizia su Matteo e quella su M arco , tran ne le ultime parole) , il frammento menziona gli Atti degli apostoli , scritti da Luca , le lettere di Paolo a sette chiese (ma due ai corinzi e due ai tessalonicesi) , cifra che simboleggia l'unica chiesa universale , come nel caso delle sette lettere dell'Apocalisse. Nomina inoltre le lettere a Timoteo e a Tito , mentre rifiuta di riconoscere le lettere ai Laodiceni e agli Alessandrini , che pure circolano sotto il nome di Paolo , m a che sono marcionite . Ricorda una lettera di Giuda e due di Giovanni ; non menziona Ebrei, Giacomo e le lettere di Pietro , ma singolarmente , tra questi libri cristiani , aggiunge il libro della Sa pienza, «scritto dagli amici di Salomone» (lin . 70) . Infine dichiara di accettare le apocalissi di Giovanni e di Pietro , anche se alcuni non ammettono che la seconda sia letta nella chiesa . Il Pastore di Erma è dichiarato di composizione recente , per cui può essere letto privata mente, ma non in chiesa , né annoverato tra i profeti , «il cui numero è completo» (lin . 79) . Nelle ultime linee si respingono gli scritti di Arsinoo , Valentino , Milziade , che avrebbero composto un nuovo li bro di salmi per Marcione , insieme con Basilide, fondatore dei cata frigi in Asia minore : quest'ultima parte è assai confusa e misteriosa . L a prima parte , dedicata a i vangeli (lin . 1 -33) , s i sofferma in partico lare sull'origine del Vangelo di Giovanni , presentato come steso da Giovanni in seguito a una rivelazione divina concessa ad Andrea , m a autenticato dall'insieme dei discepoli . Questa leggenda appare destinata ad autorizzare il Vangelo di Giovanni , che viene dichiara to non solo approvato da tutti gli apostoli come fedele agli av venimenti della vita di Cristo, ma anche confermato dalle lettere do36 A . C . SuNDBERG , JR. , « Canon Muratori : A Fourth Century List » , in HThR, 66 ( 1 973) , 1 ·4 1 , ha sostenuto un'origine orientale nel IV secolo, ma i suoi argomenti non sembrano convincenti . Riprende ora la sua tesi G . M. HAHN E R M A NN , The Muratorian Fragment and the Development of the Canon , Oxfo rd 1 992 . Un'ottima edizione critica del canone muratoriano è q uella di H. L IETZ MA NN , Das muratorische Fragment und die monarchianischen Prologen zu den Evangelien, Berlin 2 1 9 3 3 ; una tr . it. per esem· pio in Enchiridion biblicum , Bologna 1 993 , nn. 1 -7 e in M. ERBETTA , Gli apocrifi del Nuovo Testamento l/ 1 , Casale Monferrato 1975 , 25-26. La bibliografia è vastissima, per un primo orientamento : B . M . METZGER , The Canon of the New Testament, 19 1201 ; VON CAMPENHAUSEN , Die Entstehung, 283-303 .
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ve lo stesso apostolo dichiara di aver messo per iscritto ciò che egli stesso ha visto e udito (citazione di 1Gv 1 , 1 . 3-4 alle lin. 29-3 1 ) . Tali enunciati sembrano accordarsi bene con le polemiche sull'autentici tà del Vangelo di Giovanni sviluppatesi a Roma a opera del prete Gaio e in Asia minore a opera degli «alogi)) , tra la fine del li secolo e l'inizio del III . Al tempo stesso , il canone muratoriano si preoccupa di giustificare la pluralità dei Vangeli : «e perciò , benché diversi princìpi (oppure : diversi inizi) siano in segnati dai singoli libri dei Vangeli , ciò non fa tuttavia differenza per la fede dei credenti , perché da un unico e sovrano Spirito tutte le cose sono state dichiarate in tutti : circa la nascita , la passione , la resurrezione , la vita con i suoi discepoli , e le sue due venute, la prima nell'umiltà , disprezzato , ed essa ha già avuto luogo , la se conda gloriosa , in potenza regale , e questa avrà luogo nel futuro» (lin . 16-26) .
Prima di quello dei Vangeli , si formò il corpus delle Lettere pao line. Paolo rivendicava per sé l'autorità dell'apostolo direttamente chiamato dal Signore , ma non pretendeva di scrivere testi ispirati , e distingueva accuratamente ciò che , nel suo insegnamento, veniva dal Signore (cioè dalla tradizione delle parole di Gesù) e quello che veniva da lui (1 Cor 7 , 10. 12. 17) . Le chiese si scambiavano le lettere ricevute dall'apostolo per leggerle nell'assemblea (Col 4 , 16) , il che non ha impedito la perdita di alcune di esse , come quella ai Laodice ni menzionata appunto in Col 4 , 16Y Altre furono elaborate e fuse insieme ; è oggi opinione corrente che 2 Corinzi risulti dalla fusione di più lettere , secondo alcuni operat a dallo stesso Paolo, seguendo un procedimento diffuso nell'antichità allorché si decideva di pub blicare un epistolario . Le origini della raccolta delle Lettere paoline sono uno dei problemi più complessi e meno chiariti del cristianesi mo antico , che qui non è il luogo di riprendere . Basterà ricordare che esistono due opinioni principali : secondo gli uni il corpus paoli no fu opera, nei primi decenni del II secolo, della consapevole ini ziativa editoriale di una comunità cristiana, 38 secondo altri l a raccol37 Marcione la identificava con la lettera agli Efesini ; una lettera ai laodiceni fu fabbricata più tardi ri unendo frasi dalle lettere paolin e . 38 P e r esempio, secondo A . von Harnack, una raccolta di l O lettere, senza le Pa storali ed Ebrei, fu re alizzata a Corinto ; le Pastorali , composte in Asia minore nel II secolo, furono ivi aggi unte alla raccolta ; infine l a collezione ricevette la sua form a de finitiva e canonica alla fine del I I secolo a Roma, con l' aggiunta di Ebrei . A. voN HARNACK , Die Briefsammlung des Apostels Paulus und die anderen vorkonstantini schen christlichen Briefsammlungen. Sechs Vorlesungen aus der altkirchlichen Litera turgeschichte , Leipzig 1926.
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ta fu il risultato di un lento sviluppo progressivo , che si riflette nella situazione dei manoscritti giunti a noi . 3 9 Certo è che verso il 140 Marcione conosce e utilizza un corpus di dieci lettere paoline, senza le Pastorali ed Ebrei . Unendovi il vangelo di Luca - o una forma di esso più antica di quella a noi nota - e cor reggendo il testo per recuperarne quello che a suo avviso era il tenore originario , Marcione ha fabbricato il primo canone di Scritture cri stiane .40 H. von Campenhausen ha individuato in questa iniziativa l'impulso decisivo che condusse la grande chiesa , per reazion e , a de finire il proprio canone . Indubbiamente Marcione ebbe una funzione importante , con il suo rifiuto radicale della tradizione , in favore di un testo scritto che valesse come norma unica . Ancora poco prima di lui , Papia di Gerapoli aveva sostenuto invece la superiorità della viva tra dizione orale portatrice delle parole del Signore e dei suoi discepoli: «Se poi veniva qualcuno che si e ra accompagnato ai presbiteri, m'informavo delle parole dei presbiteri , che cosa avessero detto Andrea, Pietro , Filippo , Tommaso , Giacomo , Giovanni, Matteo o qualcun altro dei discepoli del Signore , e che cosa dicono Ari stone e il presbitero Giovanni , discepoli del Signore . Non pensavo infatti che le conoscenze ricavate dai libri giovassero tanto quanto quelle provenienti da una voce viva e durevole».41
39 Così K . ALAND , «Die Entstehung des Corpus Paulinum» in In . , Neutesta mentliche Entwiirfe, Mtinchen 1 97 9 , 302-350. E' ora importa l) te il libro di TROBISCH, Die Entstehung der Paulusbriefsammlung, che attraverso un accurato esame dei ma
noscritti più antichi cerca di ricostruire la struttura delle prime raccolte , parziali, che furono poi utilizzate per le più ampie raccolte giunte a noi . Trobisch cerca d'illumina re questo processo attraverso un esame della tecnica antica di edizione degli epistola ri. Forse più soggetta a discussione è l'ultima parte , in cui egli propone di considerare Paolo stesso come responsabile di una raccolta primitiv a , elaborata a Efeso e com prendente Rm , l e 2Cor, Gal, con la quale si sarebbe poi combinata una raccolta «Cattolica>> di lettere indirizzate a un pubblico largo , cioè l Cor, Rm, Ef ed Eb (quest'ultima non composta da Paolo stesso , ma approvata e diffusa con una sua po stilla ) . All'inizio del secondo secolo, un vescovo influente (forse Onesimo ad Efeso) avrebbe curato un'«edizione autorizzata» dell'epistolario , aggiungendo alla primitiva collezione efesina di Paolo un'appendice costituita da Ef, Fil , Col , Ts , più Fm , parti colarmente cara al vescovo che era appunto l 'antico schiavo per cui Paolo aveva inter ceduto presso Filemon e . Le Pastorali sarebbero state composte ed aggiunte in questa occasione , per assicurare alla raccolta il sostegno degli altri vescovi d' Asia . L 'iniziati va ebbe in effetti successo : questa raccolta di 13 lettere si sarebbe rapidamente impo sta, e ad essa si sarebbe ancora aggiunta Eb, in una posizione ancora non fissata nei manoscritti più antich i . Si veda ora soprattutto R. PENNA, « L'origine del Corpus pau linum. Alcuni aspetti della questione» , in corso di stampa in CrSt, 1 5 ( 1 994) . 40 Cf. in questo volume , c. 8, § 3 . 1 . 41 E us EB i o , Storia ecclesiastica III, 39,4. La bibliografia sull'interpretazione del frammento è vasta . Cf. U.H.J. KoRTN ER , Papias von Hierapo/is. Ein Beitrag zur Ge schichte des fruhen Christentums, Gottingen 1983 , 1 14-132.
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Al tempo stesso , queste frasi provengono dall'introduzione ai cinque libri intitolati Esegesi di parole del Signore: pur privilegiando la tradizione orale , Papia si era dedicato a metterne per iscritto il contenuto , le parole del Signore , forse rendendosi conto che la tra dizione orale non avrebbe potuto conservarsi pura a lungo . 42 Ma ciò che a Papia non sarebbe mai venuto in mente , era di considerare la sua opera come la sola normativa per la predicazione di e su Gesù , mentre questo è precisamente ciò che ha fatto Marcione . Contro quest'ultimo , tutta una letteratura si levò a difendere l'unità di Dio e la coerenza della rivelazione concessa agli ebrei con quella portata da Gesù . Gli gnostici , invece , ammettevano molti libri come porta tori di rivelazione : qui il problema era di ridurne il numero . Di fronte a Marcione e agli gnostici , gli autori ecclesiastici dovet tero comunque impegnarsi a fondo nella difesa dell'Antico Testa mento , il che li metteva in una situazione difficile dato che non pote vano accettarne le prescrizioni cultuali . Una soluzione per eliminare dall'Antico Testamento le parti che parevano divenute inaccettabili (non solo le norme rituali , ma anche l att ribuzio ne a Dio di passioni umane , i passi che potevano sottintendere una posizione politeista, e anche una parte delle profezie ) fu adottata dal giudeocristianesimo ebionita la cui tradizione , risalente al II secolo , si ritrova negli strati antichi delle Pseudoclementine (Romiliae e Recognitiones) . È la teo ria detta delle «false pericopi» . Secondo questo modo di vedere , la Legge divina venne trasmessa da Mosè , per tradizione orale, a set tanta saggi , e solo dopo la morte di Mosè fu messa per iscritto da qualcun altro (Rom . 3 ,47 , 1 -2) . Il fatto stesso che Mosè avesse rinun ziato a scriverla dimostra la sua prescienza, perché egli sapeva che sarebbe stata distrutta da Nabucodonosor: viceversa , coloro che la scrissero non avevano previsto questo fatto , il che dimostra che non erano profeti (Rom. 3 ,47 ,3-4) . Il risultato è che nella legge scritta si sono introdotte numerose parti false : '
«Le Scritture hanno infatti accolto molte falsità contro Dio, in questa maniera : mentre il profeta Mosè in accordo con la volontà di Dio aveva trasmesso a settanta uomini scelti la legge insieme
4 2 E in effetti degli enunciati escatologici di Gesù , che IRENEO cita dal quarto'l bro di Papia in Contro le eresie 5 ,33,3-4 , sono evidentemente fantastici, frasi � dalla tradizione apocahtttca del giudaismo e attribuite a Gesù. , , tb
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con le spiegazioni, affinché essi a loro volta istruissero quelli del popolo che lo volessero , messa per iscritto non molto tempo dopo la legge accolse anche certe falsità contro il Dio unico , creatore del cielo, della terra e di tutto il loro contenuto: era il maligno che aveva osato far questo , per una ragione giusta. E ciò avvenne se condo ragione e giudizio, affinché siano scoperti coloro che osano ascoltare volentieri i passi scritti contro Dio , e coloro che , mossi dall'amore per lui , non solo non prestano fede a quanto è detto contro di lui , ma neppure sopportano di cominciare a udirlo, quand'anche fosse vero, considerando molto meglio correre peri colo a proposito di una fede che evita parole irreligiose , piuttosto che vivere con una cattiva coscienza a causa di parole blasfeme>> (Horn . 2,38) .
Ciò che permette di discernere tra le pericopi vere e false è la pa rola del vero profeta, annunziato da Mosè stesso , cioè Gesù (Horn. 3 , 49-54) . È questo il senso della parola di Gesù : «Siate buoni cam biavalute» (cf. lTs 5 ,21 ) : Horn. 2,5 1 , 1 ; 3 ,50 ,2. Tale teoria non fu elaborata in funzione antimarcionita , ma si situa piuttosto sulla linea di una critica a certe parti delle Scritture già interna al giudaismo . 43 Gesù assume qui in certo modo la funzione che certi rabbi attribui scono a Elia quando ritornerà nei tempi della fine, quella cioè di chiarire tutte le difficoltà della Legge :"" ma qui la soluzione è radica le , perché si tratta di mostrare quali parti della Legge sono false . Ma questa soluzione non era semplice da adottare: avrebbe aperto la strada a infinite controversie sulla determinazione delle false perico pi. Inoltre , di fatto essa fu adottata da circoli gnostici , come mostra la concezione della diversa origine delle parti della Legge, che la tra dizione delle parole di Gesù permette di distinguere , nella Lettera a Flora di Tolomeo 3 ,8 e passirn. 45 Per la grande chiesa era più sempli ce accogliere integralmente le Scritture ebraiche. La via già indicata da Paolo si rivelò allora come la soluzione : lo Spirito presente oggi nella comunità cristiana consente una nuova , e vera, lettura della Legge , a partire da un criterio nuovo , il suo orien tamento a Cristo . La Bibbia ebraica veniva cosi salvaguardata, ma
43 Sulla dottrina delle false p,ericopi cf. G. STRECKER, Das Judenchristentum in den Pseudoklementinen , Berlin 1 98 1 , 1 66- 187. 44 Cf. P . VoLz , Die Eschatolog1e der judischen Gemeinde im neutestomentlichen Zeitalter nach de n Quellen der rabbinischen, apokalyptischen und apokryphen Litera tur, Tlibingen 1934 (rist . anast . Hildesheim 1966) , 196. 5 4 Cf. in questo volume , c. 8. § 2 . 2 .
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tutto il sistema cambiava di senso , una volta mutati i referenti .46 La comprensione della Scrittura entrava ora in gioco come il vero cam po di battaglia. Nel giudaismo , certe apocalissi e Qumran avevano già posto la questione della comprensione di un senso profondo dei testi canonici sulla base di una rivelazione . Ma nel cristianesimo un avvenimento reale , ben ancorato nella storia, la vita, morte e resur rezione di Gesù , consentiva di ripensare in maniera unitaria, in rife rimento ad esso , l'insieme della tradizione religiosa d'Israele . Così le due parti della Bibbia cristiana si sostenevano a vicenda: servendo alla dimostrazione cristologica (apodeixis è un termine chiave in Giustino) , le Scritture del giudaismo confermavano l' autorità della predicazione cristiana, ma al tempo stesso ricevevano autorità da quel Cristo che , come si cercava di dimostrare , convalidava tutta la tradizione religiosa d'Israele , benché in un senso ben diverso da quelli rappresentati nel giudaismo stesso . Gli scritti cristiani più an tichi incorporarono , nel racconto stesso dei fatti e delle parole di Gesù , i risultati della riflessione retrospettiva sull'Antico Testamen to . Il racconto della storia di Gesù nasceva quindi già solidamente radicato nelle Scritture del giudaismo, senza che peraltro questo fat to oscurasse la coscienza della radicale novità che si era realizzata in Gesù . Lo sviluppo dell'esegesi cristiana era dunque iscritto nelle sue origini. In un primo tempo , una consapevolezza nuova de1la presen za attiva de1lo Spirito nella comunità e della qualità profetica di tutti i credenti rendeva possibile un'interpretazione carismatica delle Scritture che al tempo stesso le modificava per esplicitarne il senso nascosto e ora accessibile grazie alla conoscenza consentita dalla fe de nel Cristo . È il caso della profezia nelle comunità paoline , la qua le, come ha mostrato Gerhard Dautzenberg , si esp rimeva spesso co me interpretazione carismatica delle Scritture .47 E il caso dell'Apo calisse di Giovanni, che integra una grande quantità di allusioni alle Scritture senza una sola citazione esplicita: è una specie di riscrittura della Bibbia a partire da una autocoscienza di profeta destinatario di una rivelazione.48 È, in buona parte , il caso degli elaboratori di testi46 Si può vedere W. SCHENK, «Code-Wandel und christliche ldentitat . Der Ka non des «Neuen Testamenls» als semiotisches Problem», in L inguistica Biblica, 61 ( 1988 , 87- 1 14 . 4 G. DAUTZENBERG , Urchristliche Prophetie. lhre Erforschung, ihre Vorausset zungen im Judentum und ihre Struktur im ersten Korintherbrief, Stuttgart ecc. 1975 . 48 Cf. in questo volume lo studio di Bruno Corsani.
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monia , i quali modificano e combinano le citazioni per metterne in luce il senso cristologico . Ma la rivendicazione stessa della Bibbia giudaica da parte dei cristiani condurrà progressivamente a organiz zare la dimostrazione cristologica non più su florilegi di citazioni e mediante la loro modifica , ma sulla misura dei libri biblici stessi , ri spettandone l'integrità e l'espressione . Si sviluppa così il commento sistematico . Tipico è il caso di Ippolito ,49 che procede per estratti e testimonia (anche apocrifi) nell'Anticristo, ma che produce anche commenti sistematici (Daniele , Cantico dei cantici . . . ) . 50 E la messa in opera in grande stile di una ermeneutica applicabile sistematica mente per ricavare i diversi sensi da ogni libro della Scrittura sarà, naturalmente , l'opera di Origene , che eserciterà un influsso enorme in oriente come (attraverso Rufino e Girolamo) in occidente .51 In occidente , del resto , la riflessione esegetica si era sviluppata e ap profondita con Tertulliano , Cipriano , Lattanzio , Novaziano , che avevano affinato (soprattutto il primo , in polemica con Marcione e con gli gnostici) criteri e metodi, cercando di definire le condizioni dell'interpretazione letterale e allegorica .52 L'epoca successiva vedrà lo sviluppo delle grandi scuole esegetiche , nel segno del confronto e della controversia sulla gigantesca , e spinosa, eredità di Origene .
49 Lasciando da parte la questione dell'unità o meno di autore del corpus degli scritti ippolitei, ci riferiamo qui all'autore dei commenti biblici. 50 Cf. su di lui lo studio di Emanuela Prinzivalli in questo volume . 51 Sul l'esegesi di Origene cf. il capitolo finale del presente volume , di Sandro Leanza. 52 Cf. nel presente volume il saggio di Claudio Moreschini.
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l Gesù e le Scritture di Israele .
Vittorio Fusco
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DIFFICOLTÀ DI RICOSTRUZIONE STORICA
l.
Come ha interpretato le Scritture Gesù? Il suo uso della Bibbia in che cosa si accomuna a quello dei contemporanei , ed in che cosa se ne distingue ? In che senso si può far risalire a Gesù stesso quella che poi sarà la lettura delle Scritture sviluppata dai cristiani? Nella traiettoria che va dall'interpretazione ebraica a quella cristiana , qual è la collocazione che spetta propriamente a Gesù? La risposta a questi interrogativi non è facile . Alle difficoltà sto riografiche , dovute al fatto che gran parte delle citazioni bibliche fu la comunità cristiana a collocarle sulle labbra di Gesù1 , se ne aggiun gono altre forse ancor più pesanti , legate alla tormentata storia dei rapporti fra ebraismo e cristianesimo . I cristiani di origine non giu daica, ben presto maggioranza e poi praticamente totalità nella chie sa, non sempre fedeli a quell'atteggiamento di profonda umiltà nei confronti degli ebrei raccomandata loro da Paolo (Rm 1 1 , 1 3-16) , so no caduti spesso riguardo all'Antico Testamento in due estremi : da un lato quello di una più o meno accentuata svalutazione , che li por tava ad abbandonarlo senza troppi rimpianti nelle mani dei primi proprietari , gli ebrei ; dall'altro , quello della pura e semplice appro priazione cristiana - con correlativa espropriazione degli ebrei - di quel patrimonio prezioso che essi per secoli avrebbero posseduto so lo materialmente , senza nulla veramente comprenderne .2 E questi due atteggiamenti estremi nei confronti dell' AT, il cristianesimo
Per alcuni esempt si rinvia al c. 4 , sui Vangeli e gli Atti. Cf. Barn . 4,6s: « Vi chiedo inoltre . . . di no n diven tare simili a certuni , a ccumu lando i vostri peccati col dire che la nostra alleanza è anche di quelli . È nostra, certo: invece essi l'hanno perduta per sempre già quando Mosè la ricevette . . . » (tr. F. ScoR ZA BARCELLONA, Torino 1975 , 85) . Altn testi m H. DE LUBAC , Storia e Spirito, ( Opera omma 16) , Milano 1 985 , 135s, 146s. Cf. P . C . BoRI, Il vitello d'oro. Le radici della controversia antigiUdaica, (Ricerche italiane 1 ) , Torino 1983. 1
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può essere portato ad attribuirli inconsciamente a Gesù stesso , arri vando in entrambi i casi a raffigurarsi un Gesù talmente «cristiano» da non aver più nulla di ebreo 3 • A loro volta alcuni studiosi ebrei, nel loro sforzo di riappropriarsi di Gesù , rischiano di presentarci un Gesù così ebreo da non avere più nulla a che fare con il cristianesimo. 4 Presenti sotto varie forme già nell'antichità cristiana , queste ten denze sono state radicalizzate nell'esegesi moderna, con alterne vi cende di cui essa porta ancora visibili le cicatrici . Alla fine del secolo scorso nell'area che era all'avanguardia degli studi biblici , quella del protestantesimo tedesco , la corrente «liberale» vedeva Gesù essen zialmente come un maestro di valori religiosi e morali universali (e in ultima analisi razionali) , senza alcun rapporto veramente intrinseco col giudaismo, a parte il monoteismo e la ripresa di certe categorie salvifiche (regno di Dio , Messia . . . ) intese però in realtà in maniera completamente diversa; anzi, in radicale contrasto con l'ambiente . 5 Ben presto però , anche per merito dei liberali stessi , i progressi della ricostruzione storica resero insostenibile questa ingenua mo dernizzazione ed occidentalizzazione di Gesù e imposero una risco perta della sua profonda ebraicità. Si arrivò anzi ad un capovolgi mento , che ha la sua massima espressione nella concezione di Ru-
3 Su questo fenomeno, buone riflessioni in P. G RELOT, «Rapporto fra Antico e Nuovo Testamento in Gesù Cristo» , in Problemi e prospettive di teologia fondamenta· le, a cura di R. LATOURELLE - G. O'CoLLINs , Brescia 1980, 235-257. Per alcuni mo menti sto�ci caratterizzati da questa tendenza, cf. H . -J . KRAus, L 'A ntico Testamento nella ricerca storico-critica dalla riforma ad oggi, Bologna 1975 , 641-662. 4 Così per esempio: D . FwssER, Jesus . (Biblioteca di studi storico-religiosi 7), Genova 1976; G. VERMES , Gesù l'ebreo , Roma 1983; S . BEN CHORIN , Fratello Gesù. Un punto di vista ebraico sul Nazareno, Brescia 1985 ; per gli autori meno recenti cf. G. LINDESKOG , Die Jesusfrage im neuzeitlichen Judentum. Ein Beitrag zur Geschichte der Leben-Jesu-Forschung, (AMSNU 8), Leipzig-Uppsala 1 938. Per la critica dal punto di vista esegetico a tale tendenza: S . LÉGASSE, «Jésus : Juif on non?» , in NRTh, 86( 1964) , 673-705; W . D . DAVIES, «Reflections on Judaism and Cbristianity», in L 'E vangile hier et aujourd'hui. Mélanges offerts au Prof. F.-l. Leenhardt, Genève 1968, 39-5 4; H. MERKEL , «<esus und die Pharisiier» , in t.ITS, 14( 1 967-68) , 194-208; R. PESCH , «Christliche und jlidische Jesusforschung. Ubersicht und kritische Wurdi gung» , in lesus in den Evangelien, (SBS 45) , a cura di J . B LINZLER, Stuttgart 1970, 1037 ; W . G . KùMMEL, «Ein Jahrzent Jesusforschung ( 1 965-1975 ) , II: Nicht-wissenschaf tliche und wissenschaftliche Gesamtdarstellungen», in ThR , 4 1 ( 1 976) , 197-258, alle pp . 207-209.214-216; P. SACCHI , «Gesù l'ebreo», in Henoch, 6(1984) , 347-368; l o . , «L'eredità giudaica nel cristianesimo» , in Aug, 28(1 988) , 23-50. 5 Caratteristico al riguardo A. vo N HARNACK, L 'essenza del cristianesimo, (Giornale di teologia 121 ) , Brescia 1980, 98-101 . 1 55s. Quanto questa tendenza sia an cora presente nella nostra cultura lo mostra per esempio il libro di l. MAGLI , Gesù di Nazaret, Milano 1 982; cf. la valutazione critica di C. MAauccJ, «Il "Gesù'' di Ida Ma gli» , in Rassegna di teologia, 24(1983) , 154-164 .
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dolf Bultmann , secondo il quale il Gesù storico appartiene total mente all 'ebraismo e in nessun modo alla fede cristiana: eliminando dai Vangeli le aggiunte postpasquali si ottiene l'immagine di Gesù che rimane entro l'ambito del giudaismo , sia con la sua predicazione del Regno , che non fa altro che conferirgli una nota di maggiore im minenza, senza però che il Regno dal futuro entri nel presente ; sia con il suo insegnamento morale , che anche nei suoi aspetti più critici e conflittuali - come già nei profeti - non va al di là di un progetto di riforma e purificazione dell'ebraismo6• A sua volta però questa ricostruzione bultmanniana non tardò ad essere accusata di unilateralità, prima dall'esterno ( J. Schnie wind , L. Goppelt , J . Jeremias , O . Cullmann . . . ) , poi anche dall'in terno della sua scuola (E. Kasemann , G . Bornkamm , E . Fuchs . . . ) . È facile notare infatti che essa trascura quei gesti caratteristici di Gesù , sicuramente storici perché troppo «scandalosi» per poter es sere stati inventati dalla comunità cristiana (mangiare con i pecca tori , porsi al di sopra della Legge . . . ) , gesti tali da oltrepassare i confini di una missione puramente profetica . 7 È importante però notare subito che questa critica della ricostruzione bultmanniana non deve tradursi in alcun modo in un ritorno all'immagine libera le , «antigiudaica» , di Gesù ; mentre si insiste sulla novità di Gesù che supera i limiti veterotestamentari , al tempo stesso va sottoli neata la profonda adesione di Gesù all'eredità spirituale del suo popolo . L'orizzonte capace di tener insieme i due aspetti a prima vista contrastanti , la continuità e la discontinuità tra Gesù ed Israe le , individuato , in varia maniera , nell'idea di «storia della salvez za» . Resta però ancora largamente aperto , a nostro avviso , il pro blema di dove collocare l'una e l'altra , la continuità e la disconti nuità, all 'interno di un'unica immagine che non diventi frammenta ria e priva di una sua coerenza ed intelligibilità. Sarà necessario perciò , dopo qualche osservazione preliminare più concreta sulla presenza delle Scritture nella vita personale di Ge-
6 R . BULTMANN, Il cristianesimo primitivo nel quadro delle religioni antiche, Mi lano 1964 , 69-78 ; cf. l o . , Gesù , Brescia 1 972 ; l o . , Theologie des Neuen Testaments , Tubingen 71977 , 10-21 . Cf. P . - G . MiiLLER, «Altes Testamen t , lsrael und das Juden tum in der Theologie Rudolf Bultmanns», in Kontinuitiit und Einheit fii.r F. MufJner, a cura di P . -G . MiiLLER - W . STENGER , Freiburg i . B . 1981 , 439-472; H . HiiBNE R . «Ru dolf Bultmann und das Alte Testament>> , in KuD , 30( 1984) , 250-272 . 7 Per una sintesi cf. per es. J . DuPONT, «A che punto è la ricerca sul Gesù stori CO» , in Conoscenza storica di Gesù, Brescia 1978, 7-3 1 .
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sù e nel suo modo di insegnare (§ 2) , esaminare distintamente il suo atteggiamento nei confronti dei principali filoni teologico-letterari delle Scritture ebraiche : 8 la Legge (§ 3) , i Profeti (§ 4) , la Sapienza (§ 5), per cercare alla fine di riassumere gli elementi più essenziali ed unificanti della posizione di Gesù nei confronti di quello che per i cristiani diventerà I'«Antico» Testamento (§ 6) . 2.
UNA VITA IMPREGNATA D I SCRITTURA
2. 1
Le Scritture nella vita personale di Gesù
·
II primo contatto di Gesù con tutto quel mondo complesso e af fascinante che ruota intorno alla lettura delle Scritture , alla loro tra smissione ed interpretazione , è indicato dal Vangelo lucano nell'epi sodio di Gesù dodicenne fra i dottori nel tempio (Le 2 ,41-52) . Ma già prima di quell'età , anche se i Vangeli dandolo per scontato ne tacciono , dobbiamo supporre - come ha ben messo in luce lo studio so ebreo francese Robert Aron9 - tutto quel continuo contatto con le Scritture che ogni bambino di famiglia osservante non poteva non avere nella cerchia familiare (l'Ascolta Israele quotidianamente reci tato e appeso anche agli stipiti della porta; le preghiere , i salmi , i detti proverbiali , i racconti : soprattutto quello pasquale ripetuto dal capofamiglia secondo il rito in risposta alle interrogazioni affidate ai più piccoli . . . ); poi nella riunione liturgica del sabato presso la sina goga; e anche nella piccola scuola attigua, nella quale s'imparava a leggere cantilenando i testi biblici . 1 0 Non tacciono invece i Vangeli , benché discordi nell'indicare il testo , che Gesù ha chiuso la sua vita terrena pregando , sulla croce , con le parole di un salmo (Mt 27 ,46 ; Mc 1 5 ,34 ; Le 23 ,46; Gv 19,2830) . A questa conclusione corrisponde del resto anche l'inizio della missione , l 'episodio delle tentazioni nel deserto , che descrive Gesù
8 È l'itinerario seguito - muovendo però dall'AT verso Gesù - da C.
WESTER·
L 'Antico testamento e Gesù Cristo , Brescia 1 976. 9 R . ARoN , Gli anni oscuri di Gesù , Milano 1 978 . 10 Sul sistema di istruzione ebraico ai tempi di Gesù si ha ora l'ampio studio di �- RJESNER, Jesus als Lehrer. Eine Untersuchung zum Ursprung der Evangelien Uberlieferung, (WUNT IIn) , Tiibingen 1981 , ..97-245 ; cf. anche la breve sintesi ; lo . , «Jiidische Elementarbildung und Evangelien-Uberlieferung» , i n Gospel Perspectives, I, a cura di R. T. FRANCE - D . WENHAM, Sheffi e d 1980, 209-223 . l • .' , MANN ,
l
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..
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•
come colui che trova la sua forza nella Parola che esce dalla bocca del Padre (Mt 4,4 11 Le 4,4 ; cf. Dt 8 ,3) . Quale che sia il nucleo storico dell'episodio , 1 1 che rivela le tracce del lavorìo scritturistico cristiano e finisce per assumere l'aspetto di una dotta schermaglia a colpi di citazioni bibliche tra Gesù e il tentatore come tra due esperti rabbi ni, il racconto comunque coglie certamente nel segno nel sottolinea re l'importanza del deserto per Gesù , come luogo di preghiera ali mentata dalla Parola (cf. Mc 1 ,35 par . ; 6,31s; Gv 1 1 ,54) . Oltre ai salmi , certamente recitati non solo nelle occasioni pre scritte (cf. Mc 14 ,26 par. : l'Hallel pasquale , cioè i salmi 1 1�1 1 8) , Gesù deve avere amato anche le altre preghiere della liturgia e della pietà privata, 12 di cui il Padre nostro rivela tutto un intreccio di remi niscenze . 13 Con tono di venerazione , più forte di quello che si riscon tra nei contemporanei , 1 4 ha parlato di Gerusalemme come «la città del gran Re» (Mt 5 ,35) , del tempio come «la casa di Dio» (Mc 2 ,26; Gv 2 , 1 6) , il luogo dove Dio abita (Mt 23 ,2 1 ) , dell'altare che comuni ca la sua sacralità alle offerte che vi vengono deposte (Mt 23, 16-19) ; ha additato ad esempio la povera vedova che dona i suoi ultimi spic cioli per le spese del culto (Mc 12,41 -44 par . ) ; ha scacciato i mercan ti e coloro che profanavano lo spazio sacro utilizzandolo come scor ciatoia (Mc 1 1 , 15-17) . 1 5 Tutto converge nel mostrarci un profondo
11
Cf . J. D u PO N T, Le tentazioni di Gesù nel deserto, Brescia 1 970 . Cf. J . lEREMlAS , «Das Gebetsleben Jesu» , in ZNW, 25( 1 926) , 1 23 - 1 40 ; lo . , Teologia del Nuovo Testamento , l : La predicazione di Gesù, Brescia 1 972 , 2 1 3-233; J .M. NIELEN , Gebet und Gottesdienst im NT. Eine Studie zur biblischen Liturgie und Ethik, Freiburg i . B . 1 9 37 , 1 -72 ; J. DIJPONT, «Jésus çt la prière liturgi q ue» , in MD, ( 1 968) , 95 , 1 6-49 , riprodotto in lo . , Etudes sur les Evangiles Synoptiques , (BEThL 70) , Leuven 1 985 , 1 46- 1 79 . Più congetturali le ipotesi di O . B ET z , «Jesu Lieblings psalm. Die Bedeutung von Psalm 1 03 fiir das Werk Jesu», in lo . , Jesus. Der Messias /sraels (WUNT 42) , Tiibingen 1 987 , 1 85-201 ; Io . , «Jesu Tischsegen . Psalm 1 04 in Lehre und Wirken Jesu» , ivi , 202-231 . 1 3 Per i particolari cf. J . JEREMIAS , Das Vater-Unser im Lichte der neueren For· schung, (CwH 50) , Stuttgart 3 1 965 ; tr . it in l o . , Gesù e il suo annuncio, Brescia 1 99 3 ; H . ScHORMANN, Il Padre nostro alla luce della predicazione di Gesù, Roma 1 967 . 14 L'osservazione è di H . B RA u N , che inserisce il fenomeno nella radicalizzazio ne caratteristica di Gesù: Spiitjudisch-hiiretischer und fruhchristlicher Radikalismus. Jesus von Nazareth und die essenische Qumransekte, (BHTh 24) , Tiibingen 2 1 969, II. 63 . 15 Va rettificata l'interpretazione anticultuale del gesto , comune in molti autori , per esempio E . LoHMEYER , Kultus und Evangelium , Gòttingen 1 942, 85-87 ; F. HAHN , Il servizio liturgico nel cristianesimo primitivo, Brescia 1 972 , 3 1 -35 ; cf. invece JERE· MIAS, Teologia del NT, l, 237s. La critica di Gesù all'ipocrisia , alla scissione tra culto e vita etica (cf. per esempio Mt 5 ,23s; Mc 1 1 ,25 ; Mt 23 ,25s Il Le 1 1 , 37-4 1 ) non implica una critica al culto come tale (cf. Mc 1 2 ,33 con 1 Sam 1 5 ,22) . 12
39
radicamento nella spiritualità ebraica, e dunque nelle Scritture, che ne costituivano l'epicentro . 2.2.
Le Scritture nel metodo didattico di Gesù
I Vangeli segnalano ripetutamente che Gesù insegnava il sabato nelle sinagoghe (Mc 1 ,2 1-28 par . ; 3 , 1-6 p ar . ; 6 , 1 -6 par. ; Le 1 3 , 10- 1 7 ; G v 6,22-59) , notando anzi che questa era una sua prassi abituale (Mc 1 ,39 ; Mt 4,23 ; 9 ,35 ; Le 4 , 1 6 . 44 ; Gv 1 8,20) ; non precisano però se si limitava ad approfittare dell'occasione per trovare la gente già riunita , o si inseriva direttamente nella celebrazione liturgica av valendosi del diritto riconosciuto ad ogni adulto di fare la lettura e l'omelia (cf. At 1 3 , 5 . 14s ; 1 4, 1 ; 1 7 , 1 s . 10; 18 ,4s. 1 9 ; 19 ,7) . Ciò avviene solo nell'episodio lucano della predica inaugurale a Nazaret ( Le 4 , 1 6-30) , che però differisce notevolmente dai paralleli (Mc 6 , 1 -6 e Mt 1 3 ,53-58) e presenta forti tracce di rielaborazione teologica. 16 Non si può escludere che a volte Gesù abbia sfruttato questa possibi lità, ma non dev'essere stata questa la forma più frequente del suo insegnamento . A partire da un certo punto poi non più la sinagoga ma spazi aperti , soprattutto sulla riva del lago , diverranno il luogo preferito per il suo insegnamento ; lo schema marciano , che collega questo cambiamento all'incipiente tensione con gli avversari (cf. 1 ,2 1 -28.39; 3 , 1-6; poi invece 3 ,7- 1 2 ; 4 , 1 s , ecc . ) , sembra riflettere un dato storico . Con l'omiletica sinagogale l'insegnamento di Gesù non presenta contatti di rilievo , al di là del ricorso , caro all'uditorio popolare , a fi gure ed esempi biblici classici: Abele, Noè , Salomone , Giona . . . Non ricalca, se non occasionalmente , le varie tecniche scritturistiche con temporanee , la halakah , la haggadah , il midrash , il pesher, e via di cendo . 17 Gli ascoltatori , abituati ad ascoltare i rabbini , colgono subi16
Rinviamo al paragrafo su Luca-Atti. Cf. il breve paragrafo
> , in Neotestamentica et semitica. Studies in honour of M. Black, a cura di E. E. ELLIS - M. WILCOX, Edinburgh 1 969 , 6 1 -69 - non risultano sempre convincenti e co munque riguardano solo un numero limitato di brani; cf. le critiche di RIESNER, Jesus 17
als Lehrer, 358s.
40
,
.
to qualcosa che lo differenzia da essi , 18 soprattutto il suo tono di au torità ( Mc 1 ,22 ; Mt 7 ,28s ) . In effetti , i rabbini non rivendicavano un'autorità personale ma solo quella della tradizione , di cui il conti nuo studio Ii aveva resi depositari ; la tradizione stessa poi a sua vol ta, più che un'autorità propria, possedeva quella della rivelazione si naitica, di cui intendeva essere semplicemente interpretazione ed applicazione . Direttamente o indirettamente dunque , attraverso ar gomentazioni di vario tipo da lui stesso escogitate oppure ereditate dai maestri precedenti , il rabbino aveva alle spalle l'autorità della ri velazione divina fatta a Mosè e consegnata alle Scritture ; 19 appog giare ogni sua affermazione ad uno o più testi biblici era dunque per lui un'esigenza fondamentale . Gesù invece non sente il bisogno di citare né l'autorità di altri maestri , né i testi biblici stessi ; né si è po tuto dimostrare che nel suo insegnamento ai discepoli avesse un qualche spazio il commento di determinati passi biblici . 20 Questa «indipendenza» di Gesù nei confronti delle Scritture non significa però indifferenza nei loro confronti . In realtà, come ora ve dremo , Gesù fa riferimento ad esse in un 'altra maniera , più profonda. 3.
GES Ù E
LA
LEGGE21
Il cristiano di oggi, inconsapevolmente , è portato ad attribuire a Gesù la propria posizione nei confronti della Legge , che per lui in ultima analisi - attraverso tutta una serie di troppo comode distin zioni (lettera l spirito , esteriore l interiore , tradizione l progresso , e via dicendo ) - finisce per ridursi ad un certo numero di grandi valori morali, ad una «legge naturale» iscritta nella coscienza di ogni uo18 Il titolo Rabbi può spiegarsi col fatto che Gesù insegnava e aveva discepoli; non implica che avesse ricevuto una formazione di tipo rabbinico: RIESNER , Jesus als Lehrer, 239-244. Per il confronto in generale , cf. M . PESCE , «Discepolato gesuano e discepolato rabbinico. Problemi e prospettive della comparazione » , in ANRW 11/XXV/1 , ( 1 985) , 35 1 -389 . 19 W . G . KuMMEL, «Jesus und der judische Traditionsgedanke» , in l o . , Heilsge schehen und Geschichte. Gesammelte A ufsiitze 1 933-1964, (MThS 3), Marburg 1965 , 15-35 ; precedentemente in ZNW 33 ( 1 934) , 1 05-130. 20 C o me ipotizzò C.H. Do o o , Secondo le Scritture. Struttura fondamentale della teoloftia del Nuovo Testamento , B rescia 1 972, 1 1 3-1 1 5 . 1 Questo paragrafo è stato anticipato nell'articolo «Gesù e la legge» , in Rasse gna di teologia , 30( 1 989) , 528-538; riprodotto anche in Israele e le genti, (RdT Books 2) , Roma 1 991 , 73-88. Non ho potuto tener conto di F. VouGA, Jésus et la Loi selon la tradition synoptique, Genève 1988 e di Jesus und das judische Gesetz , a cura di I . BROER , Stuttgart 1992.
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mo, che la rivelazione si sarebbe limitata a confermare . Indubbia mente , anche per l'ebreo osservante le varie prescrizioni non vanno messe tutte sullo stesso piano ; la Legge però è un tutt'uno. In parti colare , alla nostra sensibilità tutta occidentale e moderna, poco at tenta alla dimensione simbolica, non è facile comprendere il valore di tutto il vasto complesso delle norme di purità rituale , che a noi sembrano solo dei tabù più o meno irragionevoli . Assai diversa però è l'esperienza di chi le vive dall'interno. Av volgendo con la fitta rete delle prescrizioni tutti i momenti dell'esi stenza quotidiana del fedele , mantenendola sempre orientata al cul to del Signore , del quale continuamente ribadiscono la santità, la trascendenza, la radicale opposizione a tutto ciò che attiene alla sfe ra della corruttibilità e della morte , esse mirano a tenere sempre vi va la consapevolezza dell'identità di Israele , del suo rapporto col Dio vivente . 22 Non meno anacronistica va considerata anche un'altra nostra di stinzione , in base alla quale Gesù avrebbe limitato il suo rispetto so lo alla parola di Dio , la Legge scritta , rigettando invece , in quanto puramente «umana>> , tutta la tradizione successiva. Le due cose in realtà non possono essere scisse così semplicisticamente : la tradizio ne rabbinica non è un'arbitraria aggiunta umana alla parola divina , ma un continuo sforzo di interpretazione ed attualizzazione, indi spensabile perché nel volgere dei tempi e delle situazioni Israele possa continuare a vivere nella fedeltà a quella parola ; in concreto non era concepibile essere rispettosi della Torah senza esserlo anche dell'interpretazione datane da coloro che si rendevano esperti in es sa dedicando tutta la loro vita a studiarla e commentarla . E in effet ti , anche se non esita a criticarla in casi particolari , come quello del korban (Mc 7,9-13) , Gesù non la respinge mai in blocco . 23 Da un la to , egli si rivela rispettoso anche della tradizione ; dall'altro , come vedremo , la sua inaudita rivendicazione di autorità non si ferma neppure di fronte al testo della Torah. ,, .
22 G . voN RAo , Teologia dell'Antico Testamento, I : Teo/ogia delle tradizioni sto riche d'Israele, Brescia 1 972, 235s. 31 2-321 . 23 Monografia: S. WESTERHOLM , Jesus and Scribal A uthority , ( CB. NT 10) , Lund 1978 .
42
3.1.
Il problema storico
Dopo le opposte unilateralità del passato (cf. § 1 ) , l'esegesi con temporanea generalmente riconosce l'impossibilità di ridurre Gesù al l'una o all'altra immagine troppo semplice, quella del pio rabbino pie namente ligio alla legge24 o quella , cara ai moderni , del trasgressore e del contestatore;25 non senza il rischio però di fermarsi a sua volta ad un'immagine sfuocata , oscillante , confusa , se non addirittura contrad dittoria : 26 in Gesù che di volta in volta mantiene l'obbedienza alle nor me mosaiche o addirittura la radicalizza, salvo poi in altri casi a trasgre dirle , criticarle , reinterpretarle , o addirittura abrogarle. Per quanto alieno da una «sistematicità» astratta , 27 come supporre che Gesù abbia agito opportunisticamente o capricciosamente o senza rendersi conto di quel che faceva (Harnack lo paragonava a L utero in quella fase in cui ancora non si era reso conto che le sue posizioni ormai lo ponevano fuo ri della dottrina ufficiale) . 28 S'impone uno sforzo di comprendere le motivazioni del suo atteggiamento ; di individuare un filo conduttore capace di tenere insieme tanto la continuità quanto la novità all'interno di una visione unitaria, in qualche modo «teologica» , di cui non poteva essere privo nei confronti di una realtà così importante nella vita di Israele . Qual era, insomma, il suo progetto nei confronti della Legge? Renderla ancor più rigorosa , o invece renderla più praticabile , sempli ficarla? Darne l'interpretazione autentica? Correggerla, perfezionar la, modificandone ed abrogandone alcuni elementi? D are una «nuova Legge?» Superare la Legge stessa come tale? 24 Non m olti oggi gli studiosi c h e mantengono (e radicalizzano) la posizione b u lt manniana ; fra gl i altri : W. ScHMIT H A LS , <<Jesus u nd di e Apokalyptik» , in lesus Christus in Historie und Theologie, a cura di STRECKER, 59-85 ; ID . , <> , in Il « Gesù storico», problema della modernità, Casale Mon ferrato 1988, 37-64 ; S. ScHU LZ, <> , ivi, 3 - 25 ; ID . , Q - Die Spruchquelle der Evangelisten , Zii ri ch 1972 , 379-403 . 25 C osì E. STAUFFER, «Jesus und seine Bibel>> , i n A b raham unser Vater. Juden und Christen im Gespriich uber die Bibel. Festschriftfùr O. Miche/ zum 60. Geburtstag, a cura di O . B ETz - M . HENGEL - P . Sc H M I DT , (A GS U 5) , Leiden 1963, 440-449: Gesù « eretico>> che i cre,denti nell ' o rigine divina della Legge non potevano non co n d annare . 26 E questo, a nostro avviso , il punto debole d i molte esp osizioni recenti , per esempi o C. LARC H ER, L 'attualità cristiana dell'Antico Testamento secondo il Nuovo 2 Testamento, Roma 1968, 253-325 ; G. BoRNKAMM , Gesù di Nazareth, Torino 1977 , 93- 1 00 ; L. GoPPELT, Theologie des NT, Go ttingen 1 975- 1 976, I, 1 38-156; C . PERROT, Ges ù e la storia, Roma 198 1 , 1 1 9- 144; R. FABRIS, G esù di Nazareth. Storia e interpre tazione, Assisi 1983 , 135-149 ; R. BAN KS, Jesus and the Law in the Synoptic tradition , (SNTS. MS 2 8 ) , Cambridge 1 975 ; J . Jocz, <>, i n Judaica, 26(1 970) 1 05- 124; G . N . STANTON , The Gospels and Jesus, Oxford 1 989, 235-247. v Cf. B RAUN , Spiitjudisch-hiiretischer . . . , II, 8- 1 4 . 28 A . voN HARNACK , <
43
S'impone però un'operazione preliminare di ricostruzione stori ca. I Vangeli infatti riportano un gran numero sia di gesti concreti che di insegnamenti di Gesù che hanno a che fare con la Legge , in cluse anche alcune dichiarazioni di principio di portata assai genera le , che sembrerebbero dare una risposta chiara e diretta al nostro in terrogativo ; tuttavia proprio la complessità dei dati , che arriva a vol te a innegabili divergenze , rende difficile coglierne unitariamente il significato . All'inizio del discorso della montagna , con estrema so lennità , la Legge è dichiarata intangibile in ogni sua più minima par te (Mt 5 , 17-19) ; altrove invece , con altrettanta solennità , viene pro clamato che non esiste impurità se non quella interiore (Mc 7 , 1 5 par . ) , il che equivale a cancellarne d i colpo intere sezioni , tra l e più ampie . Tanto che alcuni hanno fatto l ' ipotesi che Gesù nel corso del suo ministero abbia modificato la sua posizione ;29 oggi però sembra più fondato riconoscere che alcuni di questi testi evangelici sono sta ti formulati secondo le tendenze teologiche dei vari gruppi cristiani (cf. Gal 1-2 ; At 1 5 , 1 -35) , gli uni protesi verso una sempre più com pleta emancipazione dalle osservanze mosaiche , gli altri riluttanti a seguirli su questa strada o propensi addirittura a un irrigidimento. 30 Indubbiamente , bisogna tener conto anche del fatto che gli uni e gli altri non potevano arrivare alle rispettive posizioni senza un qualche punto di appoggio nell'atteggiamento di Gesù ; entrambi , come ve dremo , ne coglievano un aspetto reale , formulandolo però in termi ni non riconducibili direttamente al Gesù prepasquale . Solo rinun ziando ad armonizzare concordisticamente tutti i testi e riconoscen do il carattere postpasquale di alcuni di essi , si apre la via ad una ri costruzione più chiara e coerente . Essa dovrà far leva, oltre che sui criteri di discontinuità3 1 e di coerenza, soprattutto su quello di spiegazione sufficiente: 32 occorre 29 M. HUBAUT, «Jésus et la Loi de Mo"ise» , in R Th L 7(1976) , 401 -425 ; già M . GoGUEL, «J é su s et l a tradition religieuse d e son peuple » , i n RHPhR, 7( 1 927), 1 541 75 .219-244 . 30 Si pensi a Mt 24,20 («Pregate che la vostra fuga non avvenga d'inverno o di sa bato . . . >>) da cui sembrerebbe che dall'osservanza del riposo sabatico non è si è di ,
spensati neppure per salvare la vita! 3 1 Non vanno dimenticate le difficoltà di ricostruzione anche sull'altro versante , legate alla molteplicità e alla evoluzione del giudaismo; cfr . R . A . WILD , <> , in NT, 27( 1985) , 1 05- 1 24; vedi anche M. PES C E , «J acob Neusner e l'ebraismo» , in Il
mulino , 37( 1 988) , 1 57-170.
32 Cf. V. Fusco , <> , in l Vangeli, a cu ra di M. LACONI ( i n corso di pubblicazione ) ; G. BAUMBACH, «Die Stellung Jesu im J u dentum seiner Zeit» , in FZPh Th , 20( 1973) . 285-305 .
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ricostruire l'atteggiamento di Gesù in maniera tale da poter spiegare come da lui sia venuta fuori una comunità inizialmente così attaccata alla Legge , e al tempo steso però capace , gradualmente ma inarre stabilmente , di emanciparsene . 33 Un punto di partenza assai chiaro è offerto dalla situazione della chiesa nascente . Dalle lettere di Paolo e dal racconto degli A tti degli apostoli, in particolare dall'episodio dell'incontro di Pietro con Cor nelio (At 10, 1-1 1 , 1 8) , risulta evidente che prima delle nuove espe rienze fatte con i pagani , nessuno dei discepoli aveva il minimo so spetto che la Legge non fosse più in pieno vigore , che Gesù avesse «abrogato» la Legge o anche solo qualche parte di essa: continuava no regolarmente a recarsi al tempio , a circoncidere i figli , non si sen tivano autorizzati a entrare in casa di stranieri , a mangiare cibi ri tualmente impuri ecc . Solo gradualmente e faticosamente , rifletten do su queste nuove esperienze e interpretandole alla luce della fede di Gesù e del valore salvifico universale della sua morte e resurrezio ne , compresero che non dovevano sentirsi più vincolati a quelle nor me che ne avrebbero reso impossibile l'annunzio a tutti gli uomini. Le prese di posizione di Gesù nei confronti della Legge possono essere raggruppate sotto due voci : la radicalizzazione, che mira a promuovere un'osservanza più perfetta, e la critica, non però alle norme in se stesse bensì a certe interpretazioni e prassi dei contem poranei . In tal senso è lecito concludere 34 che Gesù nel corso del suo ministero prepasquale non ha né trasgredito , né criticato, né abro gato , nessuna parte della Legge (§ 3.2) . Questo però non significa che il suo atteggiamento nei confronti di essa sia stato quello di un qualsiasi maestro o profeta ; resterà infatti da spi ega re donde nasca allora lo scandalo suscitato da Gesù , e vedremo allora (§ 3.3) che es so coinvolge , a un liveHo ancor più profondo , anche il suo atteggia mento nei confronti della Legge. 35
33 In questa duplice applicazione del crite rio concordano, almeno in generale , autori di orien tamento diverso quali per esem pio un R. B uLTMANN ( Gesù , 153s.203 ; e Theologie des NT, 16) e un J . J EREMIAS ( Teo logia del NT, I , 23 7s) ; cf. anche H . J . SCHOEPS , «Jésus e t l a Loi juive» , i n RHPh R , 33(1953) , 1 -20. 34 Con F. MussNER , Il popolo della promessa. Per il dialogo cristiano-ebraico , Roma 1 982, 203-21 2 . La monografia di E . P . SANDERS , Jes us and Judaism, London 1985 ( ora anche in italiano : Gesù e il giudais m o , Genova 1 992) , mette bene in luce questo aspetto ; non altrettanto quello della subordinazione della Legge all 'autorità di Gesù (cf. § 3). 3' Ci sembra eccessiva l'ipotesi di K . B ERGER, D i e Gesetzesauslegung Jesu, (WMANT 40) , Neukirchen 1 972, secondo cui Gesù fu messo a morte unicamente co me «falso profeta» , senza aver avuto alcun conflitto col giudaismo in materia di Legge (cf. anche l o . , «Legge » , in Sacramentum mundi IV, [ 1975], 679-693) .
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In tal senso , il detto sulla intangibilità della Legge (Mt 5 , 1 7ss) non fa altro che tradurre dall'implicito all'esplicito l'atteggiamento concreto di Gesù : il detto tuttavia va considerato postpasquale , per ché chiaramente formulato in polemica con la tendenza di altri grup pi cristiani («Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge ed i profeti . . . » ) . Anche questi a loro volta si sforzarono di ricollegarsi a Gesù : Mc 7 , 1 5 , semplificando il ben più complesso svolgimento sto rico sopra ricordato , anticipa all'insegnamento prepasquale l'aboli zione delle norme di purità alimentare, e con essa l'abbattimento della barriera fra giudei e pagani , pur notando però , significativa mente, che i discepoli a quel tempo non ne compresero il significato . Non condividiamo pertanto l a tesi d i E . Kasemann secondo cui sentenze come Mc 7 , 1 5 o 2,27 sarebbero particolarmente caratteristi che di Gesù , visto che la comunità stessa non ebbe il coraggio di se guire il Maestro in questa sua sconcertante libertà che rimette al cri terio umano l'osservanza del comandamento divino , e preferì fare appello a una motivazione più restrittiva : «Il Figlio dell'uomo è Si gnore anche del sabato» (Mc 2,28 par . ) : non qualsiasi uomo dunque (v . 27) , ma solo il Figlio dell'uomo , Gesù con la sua autorità divina. 36 In questa maniera però Kasemann non si attiene al criterio di storici tà da lui stesso rigorosamente formulato , 37 quello della «discontinui tà» su entrambi i fronti, sia il giudaismo che la chiesa primitiva. 38 Egli trascura il fatto che per la sentenza sulla purità esistono buoni paral leli cristiani (Tt 1 , 1 5 : «Tutto è puro per chi è puro . . . »; Rm 14 , 14: «Nulla è impuro in se stesso . » ; cf. anche At 10, 1 5 ; 1 1 ,9 ; 1 5 . 9) , per quella sul sabato, buoni paralleli ebraici (Mekiltà su Es 3 1 , 13 : «Il sa bato è stato dato a voi e non voi al sabato»; cf. Billerbeck 11,5) . È giu sto prendere in considerazione il fenomeno ipotizzato da Kase mann : tendenze restrittive , processi di «rigiudaizzazione» che pote rono aver luogo in alcuni settori della chiesa primitiva, 39 ma oc. .
36 E. KAsEMAN N , Saggi esegetici, Casale Monferrato 1985 , 49s; cf. ID . , Appello alla libertà. Indagine polemica sul Nuovo Testamento. Torino 1 972, 23-53. 37 Saggi esegetici, 48 .
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Le incongruenze metodologiche sono ben messe in luce da F. NEIRYNCK, «Je sus and the Sabbath . Some Observations on Mk Il,27» , in Jésus aux origines de la christologie, a cura di J . DuPONT, (BEThL 40) , Leuyen 1975 , 227-270 [ ripubblicato anche in F. NEIRYNCK, Evangelica. Gospel Studies - Etudes d'Evangile, (BEThL 60) , Leuven 1 982, 637-680) ; con una nota integrativa e ulteriore bibliografia nella seconda edizione ( 1 989) , del citato Jésus au.x origines . . . , 422-427 . 39 Monografia: H. HOBNER, Das Gesetz in der synoptischen Tradition. Studien
zur These einer progressive Qumranisierung und Judaisierung innerhalb der synop tischen Tradition , Gottingen 21985 ; più brevemente : ID. , «nomos», in Exegetisches Worterbuch zum NT, a cura di H. BALZ - G . SCHNEIDER, I I , Stuttgart 1981 , 1 1 581 1 72 .
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corre fare i conti anche con la tendenza opposta, con processi di af francamento sempre più completo dalle osservanze mosaiche da parte dei cristiani. Se è plausibile attribuire a gruppi giudeo-cristiani di stretta osservanza , più che a Gesù , certe dichiarazioni di principio sulla intangibilità della Legge in ogni sua più minima parte (Mt 5 , 1 7. 1 8. 1 9 ; Le 16, 1 7) , o sul valore vincolante della tradizione rabbi nica (Mt 23 ,3) , è altrettanto plausibile attribuire ad altri gruppi cri stiani certe affermazioni di orientamento opposto , 40 prima fra tutte proprio quella sulla purità (Mc 7 , 1 5 11 Mt 15 , 1 1)41 con la sua motiva zione di tipo schiettamente razionale: «ciò che entra nell'uomo dal l'esterno , non p�-tò renderlo impuro . . . ». È innegabile un accento «il luministico>> : la critica alla tradizione è condotta in nome della ragio ne . 42 Una tale posizione non ha riscontro nel resto del materiale evangelico , non figura mai tra i capi di accusa addotti contro Gesù , renderebbe incomprensibili le esitazioni della comunità primitiva a infrangere quelle norme (At 10-1 1) ; la sua attribuzione a Gesù43 crea molti più problemi di quanti non ne risolva; e in effetti , in vari autori, diventa possibile solo a patto di ridurne al minimo la portata , sostenendo che l'«abrogazione» rimaneva solo «implicita» , 44 (ma al40 È � t a t o osservato che testi come Mc 2 , 1 0 e 2 ,28 («Il Fi g lio dell'uomo ha il po tere di rimettere i peccati . . . Il Figlio dell'uomo è Signore anche del sabato . . . ») sem brano presupporre che alcuni g ruppi cristiani per g i ustificare l a loro libertà si appella vano non , come altri grupp i , alla risurrezione o allo Spirito , ma all'autorità del Gesù t erre no : U . B . Mi.iLLER, «Zur Rezeption gesetzeskritischer Jesusiiberlieferung im frii hen Christentum» , in NTS, 27( 1 980-8 1 ) , 1 58- 185. 41 Con W. TRILLINO. Fragen zur Geschichtlichkeit Jesu, Diisseldorf 21967, 82-97; H. IUISÀNEN , « Zu r Herkunft von Markus 7 , 15», in Logia. Les paro/es de Jésus - The Sayings of Jesus. Mémorial J. Coppens, a cura di J . DELOBEL , (BEThL 59) , Leuven 1982 , 477-484 ; lo . , «Jesus and the Food Laws: Reflections on Mark 7 , 1 5 » , in JSNT, 1 6( 1982), 79- 100. I nostri argomenti non coincidono con quelli di BERGER, Die Geset zesauslegung Jesu , 461-507 , che insiste sul carattere giudeo-ellenistico di questa con cezione ; cf. le critiche di H . Hi.iBNER, «Mk VII , l -23 und das "judisch-hellenistische" Gesetzesverstandnis » , in NTS, 22(1975-76) , 3 1 9-345 . 42 Senza aggancio nel testo , ci sembra , si vuoi vedere anche qui una motivazione escatologica : tutte le cose , redente , riacquistano la loro innocenza. In realtà la forma è piuttosto di tipo sapienziale, fondata sulla perenne natura delle cose . .. 43 Sostenuta dalla maggior parte degli studiosi ; fra gli altri W . G . KùMMEL , «Au Bere und innere Reinheit des Menschen bei Jesus » , in Das Wort und die Worter. Fest schrift fiir G. Friedrich zum 65. Geburtstag, a cura di H. B AL Z - S. ScHULZ, Stuttgart 1 973 , 35-46 ; SACCHI , «L'eredità» , 46-49 . 44 Come nel recente tentativo di J . D . 5J . DUNN , «Jesus and I}tual purity. A study o( the tradition history o( Mark 7, 15», in A cause de l' É vangile. Etudes sur /es Synop tiques et les Actes offertes au P. l. Dupont, à l'occasion de son 70' anniversaire, ( LeDiv 123 ) , Paris 1985, 25 1 -276 . HùBNER, Das Gesetz , 1 68- 175, riconosce che alla luce di Gal 2 e At 10-l l l'onus probandi grava su chi sostiene la gesuanicità di Mc 7 , 1 5 ; di fatto poi questa prova la offre attraverso una serie di congetture ; alla fine riconosce che !'«a brogazione» restava solo implicita. Con D unn anch e R. P. BoOTH, Jesus and
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lora che abrogazione è?) o che Gesù avrebbe inteso semplicemente sottolineare la maggiore importanza della purezza interiore rispetto a quella esterna.45 Per la ricostruzione storica non rimane dunque che far leva sui singoli episodi concreti cercando di coglierne la portata e le motiva zioni. 3.2.
Gesù fedele alla Legge
Il fenomeno della radicalizzazione trova la sua espressione più forte nelle sei «antitesi» del discorso della montagna (Mt 5 ,21-48) . La formulazione antitetica («Avete udito che fu detto agli antichi . . . ma io vi dico . . . ») va attribuita almeno in parte al redattore ; 46 tutta via si è d'accordo nel riconoscere che essa corrisponde sostanzial mente all'atteggiamento di Gesù ,47 ricollegandosi a quel radicalismo etico nel quale , al di là di parziali contatti con quello di altri gruppi , 48 si riconosce unanimemente uno dei tratti più essenziali del suo inse gnamento e del suo stile di vita.49 Qui indubbiamente alcune norme mosaiche vengono superate , sempre però allo scopo di realizzare più pienamente i valori e le esigenze insite in esse già in partenza , li berandole da certe limitazioni e spingendole fino in fondo: così per esempio per obbedire fino in fondo al comandamento «Non uccide re ! » , si deve escludere anche ogni forma di violenza verbale o psico logica ; per obbedire fino in fondo al «Non commettere adulterio» , si deve escludere anche l'infedeltà dello sguardo e del cuore ; e così via. Siamo dunque di fronte a un misterioso intreccio di rispetto del la Legge e relativizzazione di essa , di sottomissione e di superiorità.
the Laws of Purity. Tradition History and Legai History m Mark 7 , (JSNT. SS
13),
Sheffield 1986 . 45 J . LAMBRECHT, Jesus and the
Law. An lnvestigation of Mk 7, 1 -23 , nel già citato Jésus aux origmes de la christologie. 358-4 1 5 ; con una nota integrativa nella seconda edizione (pp 428s ) . 4 6 Secondo alcuni , sarebbe redazionale nella terza, quarta e sesta antitesi , che nei paralleli appaiono prive d1 tale costruzione (cf. Mc 10, 1 1 s ; Le 6,27-36) ; per altn , in tutte e sei le antitesi. 47 E . Lo H S E , «" lch aber sage euch"» , in lo. ed altn , Der Ruf Jesu und d1e Ant
wort der Gemeinde. E.r:egetlSche Untersuchungen J. Jeremias zum 70. Geburtstag ge wtdmet von seinen Schulern , Gottingen 1970, 1 89-203 ; ripubblicato in l o . , D1e Einheit des NT. Exegetische Stud1en zur Theolog1e des NT, Gottingen 1973 , 73-87 . 48 BRAUN. Spàtjudisch-haretischer . . . 49 J . E cK ERT , «Wesen und Funktion der Radikalismen i n der Botschaft Jesu » , in MThZ, 24( 1973) , 301 -325 .
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La categoria di «abrogazione» non ci sembra del tutto appropriata, neppure nel caso del ripudio, dove il superamento comporta la deca denza della norma mosaica che in certi casi lo autorizzava (Mt 5 ,31s ; cf. 19 ,3-9 par . ) ; parlare di «abrogazione» significa porsi in una pro spettiva troppo giuridica anziché etico-religiosa , dimenticando che in concreto il ripudio non era qualcosa che Dio chiedeva all'uomo ma qualcosa che malvolentieri si era rassegnato a concedergli , a cau sa della «durezza del cuore» , contro il suo originario disegno nel creare l'uomo e la donna. Vedremo però a suo luogo che in queste come nelle altre antitesi va ravvisato qualcosa di ancor più radicale dell'abrogazione di questo o quel punto particolare (cf. § 3 . 3) . L'altro fenomeno , più frequente , è quello delle «controversie», in cui vengono rimproverate a Gesù delle trasgressioni ed egli repli ca giustificando il suo comportamento . In alcuni casi non è in que stione la Legge ma solo pratiche facoltative , come quei digiuni che alcuni gruppi solevano aggiungere a quelli prescritti (Mc 2 , 1 8-22 par . ; cf. Le 18 ,9-14) , o le abluzioni prima di ogni pasto (Mc 7 , 1 -5 par.) , raccomandate dai farisei ma a quell'epoca, sembra, non anco ra entrate nella prassi quotidiana anche dei laici ; non è affatto in gio co dunque una contestazione delle norme rituali . Per quanto riguar da le critiche rivolte a Gesù quando frequenta i peccatori e mangia con loro (Mc 2,3-17 par. ; Mt 1 1 , 16- 19 11 Le 7 , 3 1 -35 ; Le 7,36-50; 1 5 , 1 32 ; 19, 1- 1 0) , i n base alla loro formulazione e alle risposte d i Gesù sembra che non abbiano nulla a che fare con le norme di purità, ma nascono piuttosto dal principio che il giusto deve evitare le cattive compagnie: raccomandazione tradizionale , certo non priva di fonda mento (cf. Sal 1 , 1 ) , che Gesù non contesta in se stessa , ma che in quel caso non ha ragion d'essere . Al massimo si può ipotizzare che un'impurità rituale fosse prevista per alcune categorie di pubblicani : esattori che dovevano entrare nelle case , doganieri incaricati d i ispe zionare le mercanzie ; 50 anche in tal caso però Gesù avvicinando co storo non intende contestare la norma ma ritiene che in quel mo mento essa passi in second'ordine rispetto all'urgenza del bene da compiere . Analogamente, non c'è motivo di supporre un gesto di sfida quando Gesù si lascia toccare da persone in stato di impurità ri tuale quali il lebbroso o la donna sofferente di perdite di sangue (Mc 1 ,40-45 ; 5 ,5-34) . 5 1 50 Cf. J . J EREMIAS , «Z01lner und Siinder» , in ZNW, 30( 1 93 1 ) , 293-300; ID . , Ge rusalemme al tempo di Gesù, Roma 1 989 , 459-47 1 ; lo . , Teologia del NT, l, 1 3 1 - 134. 51 Con J. NEUSNER, The Idea of Purtty in Ancienr Judaism, (SJLA 1 ) , Le id en
1973 , 60
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Resta da esaminare il caso più frequente e più interessante di trasgressione attribuita a Gesù , che è quella del precetto sabatico . Il nucleo storico di queste controversie generalmente non è contesta to , anche dagli studiosi propensi a ravvisare in esse un influsso delle polemiche postpasquali. 52 Per ricostruire il senso originario s'impo ne però l'esigenza di fare una cernita tra le risposte di Gesù , troppo numerose e divergenti, a volte anche all'interno di un medesimo epi sodio . Ben tre se ne possono distinguere in quello delle spighe , che diventano addirittura cinque nella versione di Matteo (Mt 1 2 , 1 -8) : quest'ultimo infatti aggiunge un' altra citazione biblica , a lui cara (cf. Mt 9 , 1 3 con Mc 2 , 13-17) , «Misericordia voglio e non sacrificio !» (Os 6,6) , ed un argomento a fortiori: i sacerdoti non violano il sabato svolgendo le loro funzioni nel tempio , a maggior ragione i compagni di Gesù , che è « ben più grande del tempio». Ma anche nella ver sione marciana (Mc 2,2-28) tre argomenti sono troppi : non tanto perché gli episodi di controversia , secondo il loro stile caratteristico , dovrebbero concludersi con un'unica risposta breve ed incisiva (cf. Mc 2 , 1- 1 2 ; 2 , 1 - 1 7 ; 2 , 1 8-22 ecc . ) , quanto perché ognuna di esse ren de superflua l'altra : all'esempio biblico assai chiaro di Davide che non esitò a violare una norma, sfamandosi coi pani destinati all'uso liturgico , segue poi la considerazione , di portata assolutamente ge nerale. fondata sulla finalità stessa del sabato che è stato fatto per l'uomo ; e infine l'argomentazione esplicitamente cristologica fonda ta sull'autorità del Figlio dell'uomo : di fronte a un tale argomento diventa fuori luogo appellarsi agli altri primi due ; ben difficilmente dunque le tre risposte possono essere tutte originarie . Considerando pertanto postpasquali quelle esplicitamente o quasi esplicitamente cristologiche , 53 la più frequente e verosimil mente la più originaria rimane quella che fa leva sul senso stesso del precetto sabatico , dal quale si deduce che esso non può essere inter pretato in maniera tale da risultare dannoso per l'uomo . A volte Ge sù parte dalla casistica già ammessa: di sabato è consentito tirar fuo ri da un fosso un animale oppure condurlo all'abbeveratoio , a mag gior ragione allora ciò che è per il bene di una persona umana (Mt . . .
52 Cf. E. LoHSE, «J e su Worte uber den Sabbat» , in Judentum, Urchr1stentum, K1rche. Festschrlft ftir J. Jerem�as, a cura di W. ELTESTER , ( BZNW 26) , Berlin 1960, 79-89 ( = ID. , D1e Einheit des NT, 63-7 1 ) . 53 M c 2,28 par. ; M t 12,5s; G v 5 , 16- 1 8 . Anche l 'analogia con Davide ( M c 2,25s
par. ) , qualora faccia leva sul carattere messianico-dav1dico di Gesù; non invece se uti lizzata solo come esempio d1 legge violata in caso di necessità. , ..u , . , ·
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12, 1 1 s ; Le 1 3 , 15s; 14,5) ! Altre volte si e sprime in termini ben più ge nerali: « II sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il saba to !» (Mc 2,27 par . ) ; come può essere illecito solo perché è sabato fa re del bene , salvare una vita umana (Mc 3,4 par . ) ? Anche nei con fronti del sabato dunque non c'è contestazione del precetto come ta le , 54 che Gesù anzi riconosce istituito da Dio stesso ; 55 il suo atteggia mento non è quello secolaristico , che riduce il giorno del Signore a un giorno come tutti gli altri , o al massimo a week-end, a «tempo li bero» che ognuno può gestirsi come gli pare ; 56 la controversia ri guarda solo l'interpretazione del precetto . E tuttavia in essa i con temporanei percepiscono qualcosa di scandaloso . 3.3
Gesù al di sopra della Legge
Donde nasce la reazione cosl vivace degli avversari? È stato solo un colossale equivoco percepire qualcosa di intollerabile , qualcosa che andava ben al di là delle solite divergenze tra casuisti di manica più lar ga o più stretta, come quelle, classiche, tra la scuola di Hillel e quella di Shammai? Non è difficile constatare che all'interpretazione della Leg ge da parte di Gesù , sia nel fenomeno della radicalizzazione che nelle controversie , soggiaceva un presupposto inaudito , sconvolgente . Solo sussidiariamente , per aggiungere un argomento ad homi nem, Gesù fa leva sulla casistica tradizionale che già ammetteva del le eccezioni al precetto sabatico ; la sua affermazione è di portata ben più generale , non vincolata di per sé al verificarsi di determinate situazioni già previste . 57 Egli si richiama direttamente alla finalità originaria del sabato , che Dio aveva donato al suo popolo come fe stoso memoriale della liberazione dalla schiavitù (cf. Es 23 , 12; 20,8ss; Dt 5 , 12- 15) . Anche nella letteratura rabbinica , come già ri-
54 Per sostenere un'intenzione trasgresstva e provocatona da parte di Gesù , a volte si osserva che q uelle guarigioni, non essendoci pericolo di morte , effettivamente avrebbero potuto essere rimandate all' indomani: così per esempto C. DIETZFELBIN GER, «Vom Sinn der Sabbatheilungen Jesu» , in EvTh , 38(1978) , 281-298 ; cosi però non si tiene conto del carattere umerante della predtcazione dt Gesù , dell 'aspetto p ubblico delle guangioni qu ali segm del Regno, e anche della premura dt Gesù di non p rolungare le sofferenze del m al ato . 55 Vedi ptù avanti , nota 60. 56 Ben sottol in e a to m C . HINZ, «Jesus und der Sabbat » , in KuD , 19 (1973) , 91-
108.
57 Con E. NEUHAUSLER, «Jesu Ste llu n g zum Sabbat . Versuch einer Interpreta hon» , in BiLe, 12(1971), 1 - 1 5; M. WAIBEL, «Die Auseinandersetzung mit der Fasten und Sabbatpraxis Jesu in urchristlichen Gemeinden» , in G. DAUTZENBERG ed altri , Zur Geschichte des Urchnstentums , (QD 87) , Freiburg i . B . 1979, 88-92.
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cordato , troviamo un detto simile : «Il sabato è stato dato a voi e non voi al sabato» ; 58 perché allora lo scandalo? Evidentemente Gesù non si è semplicemente richiamato alla dottrina vigente , limitandosi solo a trame conclusioni più larghe . L'elemento dirompente non sta nel contenuto dell'affermazione o nelle sue concrete applicazioni , ma nel presupposto ad essa tacita mente soggiacente . A prima vista potrebbe sembrare che Gesù fac cia solo quello che deve fare ogni buon casuista, partire dalla finalità del precetto in discussione ; e partendo dalla finalità del sabato, chiunque avrebbe potuto e dovuto capire che ridurlo da momento di festa , memoriale di liberazione. ad un obbligo fine a se stesso , o ad dirittura ad un peso opprimente , equivaleva a misconoscerne com pletamente il significato . Formalmente certo quello addotto da Ge sù non è un argomento d'autorità ; è un invito a capire , uno sguardo sulla realtà delle cose , una lettura , di per sé accessibile a tutti , del senso originario di quella istituzione . Ma d'altra parte anche parten do da quel senso originario , incontestabile , come arrivare senza in certezza alle applicazioni concrete? Come impedire , com'è avvenu to tante volte , che in nome del bene dell'uomo si finisca per aggirare il comandamento di Dio e svuotarlo della sua serietà? E non è un bene per l'uomo , visto nella sua integralità , anche saper mettere a tacere per un momento la sua utilità , i suoi interessi anche legittimi , per sottolineare la trascendenza di Dio (e dell'uomo stesso ! ) rispetto a tutta la sfera dei bisogni più immediati? 5 9 L'elemento dirompente non sta nel fatto che Gesù fa questa let tura , ma nel suo modo di farla, con autorità. Egli non si limita a ri schiare una sua proposta interpretativa, da inserire nel dibattito in corso affinché attraverso il confronto con le altre , col contributo di tutti gli altri maestri , si chiarisca quanto può avere di valido. Egli si attribuisce , al di là della tradizione esegetica dei dottori ebraici (e se necessario al di là della lettera stessa della Legge di Mosè come nel
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Una posizione molto più rigida , che consentiva deroghe solo in pericolo di morte per l'uomo , non per le bestie , è a ttestata solo a Oumran (CD Xl , l 3- 1 7 : modifi cando però le righe 1 6· 1 7 che , letteralmente, escluderebbero la deroga anche per sal vare un uomo! Cf. L . MoRALDI , l manoscritti dt Qumriln, Tonno 197 1 , 253 s ) . Gesù prende come punto di partenza la casistica comunemente ammessa: cf . BILLERBECK l, 621-629; E . LoH SE , «sabbaton ktl . » , i n ThWNT, VII, 1 2- 1 5 ; tr . 11 GLNT Xl, 10481 056; altn paralleli in FLUSSER, Jesus , 68s , secondo cui la raccolta di poche spighe non era proibita da tutti i rabbmi , e le guarigioni , non implicando alcuno sforzo fisico, non cadevano sotto la proibizione. w Cf. A . J . HESCHEL, Il sabato. Il suo significato per l 'uomo moderno, Milano
1972, 28-29.
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caso del ripudio) una conoscenza completa e diretta della volontà di Dio, con l'autorità di darne l'interpretazione definitiva e vincolante . In tal senso anche nella questione del sabato il presupposto è il medesimo che soggìace alle parole del ripudio, allorché Gesù osser vando che « . . . al principio non fu così . . . » risale fino all'intenzione originaria. Anche nel detto sul sabato è importante sottolineare che Gesù non dice , come a volte sì rende impropriamente : «il sabato è per l' uomo . . . » bensì : «Ìl sabato fu fatto per l'uomo . . . » . 60 Anche questa volta, Gesù risale fino alle origini , all'intenzione di Dio stes so nell'istituire il sabato; e in entrambi i casi (anche se nel caso del sabato meno esplicitamente) si attribuisce il compito di trame auto revolmente tutte le conseguenze , anche se non previste dalla Legge stessa o dalla interpretazione vigente . Gesù non si limita a sconsi gliare il ripudio, dichiara che d'ora in poi , nell'orizzonte del Regno escatologico ormai irrompente , esso dovrà essere considerato illeci to al pari dell'adulterio;6 1 non si pone contro Mosè , ma certamente al di là e al di sopra di Mosè . In effetti , quell'«io» del « . . . ma io vi dico» non è interscambiabile con quello di nessun altro. 62 Nessuno poteva parlare così, né un rab bino per quanto autorevole , né un profeta , né Mosè stesso, e neppu re il futuro Messia come veniva generalmente immaginato . 63 E la ri vendicazione risulta ancor più sconvolgente se consideriamo che quella costruzione al passivo ( « . . . fu detto agli antichi . . . ») sottinten de come soggetto Dio stesso : chi era stato infatti se non Dio stesso, attraverso la mediazione umana di Mosè , a parlare agli «antichi» , a donare al suo popolo la Legge? Gesù dunque la riconosce come ri velazione divina che esige obbedienza totale , non la critica in nome della ragione o del progresso, e tuttavia in pari tempo nell'interpre tarla rivendica un' autorità superiore a quella della Legge stessa. Pur senza anticipare al ministero prepasquale quanto sarà acquisito piut tosto attraverso l'evento della morte e della resurrezione , si deve concludere che già nel ministero prepasquale l'atteggiamento di Ge sù nei confronti della Legge entra anch'esso nei fattori del conflitto .
...
.
60 Quella costruzione al passivo , « è stato fatto . . », è una delle perifrasi comu nemente usate nel giudatsmo per evitare di pronunziare il santo nome di Dio . 61 Smmutsce eccessivamente la portata delle parole di Gesù il SAND ERS , Jesus und Judmsm , 256s, fermandosi all'osservazione che la Legge non comandava il ripu diO e qumdi l'astenersene era già consentito . 62 Su q uesto punto h a ragwne KASEMANN , Saggi esegetici, 49. 63 Cf. P. ScHAFER , «Die T o r ah der messianischen Zeit», in ZNW, 65( 1 974) , 2 7-42 .
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È questa sua inaudita rivendicazione di autorità, non la contestazio
ne di questo o quel precetto particolare , a provocare lo scandalo. L'enigma del rapporto fra Gesù e la Legge sfocia così in quello della sua identità , della sua persona . Rimane però ancora un altro presupposto essenziale da rendere esplicito. Se Dio stesso attraverso Mosè aveva dovuto concedere delle deroghe , tener conto della «durezza di cuore» subentrata dopo la crea zione col peccato , come mai adesso, di colpo , Gesù può esigere quello che Dio stesso allora non poté esigere? Cosa è cambiato nel frattempo? È divenuta già realtà la vittoria sulla «durezza del cuore», il dono del «cuore nuovo» annunziato dai profeti (cf. Ez 36 ,26) ? Sembra imporsi una risposta affermativa: Gesù chiede di più perché dà di più . P er comprenderne pienamente i l senso, l 'insegnamento etico di Gesù va collegato dunque al suo insegnamento escatologico , 64 il suo rapporto con la Legge va collegato al suo rapporto con i profeti . 4. 4. 1 .
GES Ù E I PROFETI L'annunzio del Regno
Al centro della predicazione di Gesù a Israele sta la venuta del regno di Dio. 65 Le beatitudini ne proclamano la prossimità , motivo di gioia per i suoi destinatari privilegiati , i poveri e i sofferenti (Mt 5 ,3-12 11 Le 6,20-23) ; 66 le guarigioni , gli esorcismi, l'accoglienza dei peccatori, sono i segni visibili della sua irruzione ormai in atto (Le
64 L'interpretazione escatologica e «cristologica» dell'etica di Gesù è stata for mulata efficacemente, tra gli altri , da J . ScHNIEWINO , «Messiasgeheimnis und Escha tologie», in lo . , Nachgelassene Reden und A ufsiitze, a cura di E. KAHLER, Berlin 1952 , 1 - 1 3 ; L. GoPPELT, «Der verborgene Messias . Zu der Frage nach dem geschich tlichen Jesus» , in Der historische Jesu und der kerygmatische Christus , a cura di H. RI STow - K. MATTHIAE , Berlin 21962 , 37 1 -384; lo . , Theologie des NT, I, 1 1 1 . 161163. 181-183 ; J . J EREMIAS , // discorso della montagna , Brescia 1964 ; I o . , Le parabole di Gesù, Brescia 1967, 139s. 261 -263 . Cf. anche W. THùS ING , Die neutestamentlichen Theologien und Jesus Christus , l, Dùsseldorf 198 1 , 7 1 -76. 65 Alla monografi a più classica di R . ScH NACKENBURG , Signoria e Regno di Dio, Bologna 1 97 1 , si affianca ora quella di J. ScHLOSSE R , Le Règne de Dieu dans /es dits de Jésus , (EtB) , 1 - 1 1 , Paris 1980. Per un ulteriore approfondimento rinvio ad altri miei studi in corso di pubblicazione: «Gesù e l'apocalittica» , in Ricerche storico-bibliche ; <<Apocalittica ed escatologia nel Nuovo Testamento : tendenze attuali della ricerca» , negli Atti di un convegno dell'ATI ; «Apocalittica ed escatologia secondo Jean Carmi gnac>> , nel volume in onore di P. Beauchamp. 66 J. DuPONT, Le beatitudini, 1-1 1 , Roma 1 972 . 1977 .
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1 1 ,20 Il Mt 12,28) ; le parabole commentano la situazione nuova crea ta da questo annunzio e lo difendono da obiezioni e fraintendimen ti ; 67 l'insegnamento etico descrive la nuova vita degli uomini che si convertono e accolgono il Regno ; le direttive ai discepoli precisano lo stile di vita e di azione di chi è chiamato a seguire il Maestro per dedicarsi con lui all'annunzio di questa nuova realtà. Nessuna particolare pagina biblica , di per sé , è presupposta da questa proclamazione , benché non si possa escludere che Gesù stes so abbia potuto far riferimento a testi come Is 61 , ls, in cui si trovano come concentrati i vari elementi fondamentali : il tempo della salvez za, l'invio, il gioioso messaggio per i poveri . . . 68 Più che singoli testi , sono però temi , immagini veterotestamentarie ad essere utilizzate , soprattutto nelle parabole : 69 prima fra tutte , quella del con vito , tra dizionale immagine della felicità escatologica (ls 25 ,6-9: cf. Mt 8 , 1 1 ; M c 14,25 ; Le 14, 1 5 ; 22 ,30) . Ma i l riferimento alle Scritture è dato in maniera ancor più globale e più profonda attraverso la categoria stessa di «regno di Dio» che , più di ogni altra , compendiava l'insie me delle antiche speranze di Israele . Essa infatti rinvia a tutta la vi sione biblica di Dio e dell 'uomo. Il Dio di Gesù , il Dio di cui Gesù proclama la regalità, è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe , il Dio di Israele ; ma anche l'uomo così come lo vede Gesù , l'uomo al quale Gesù proclama il Regno di Dio come gioioso messaggio , è l'uomo come ha imparato a vederlo Israele , sotto il segno della crea zione , del peccato, e dell'attesa della salvezza . 70 La novità sta nel proclamare che l'adempimento non è più solamente futuro , ma mi steriosamente già presente ; attraverso le parole ed i gesti di Gesù la salvezza, qui e adesso , viene già offerta agli uomini : escatologia «realizzantesi» , dunque , nella quale si nasconde , almeno implicita mente , anche una cristologia . 7 1 Non si tratta di una novità di tipo teoretico, una nuova idea di Dio o dell'uomo, rispetto a quella di Israele , ma della novità di un evento; Gesù non ha semplicemente parlato di un Dio «vicino» : lo
V . Fusco , Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Gesù, Roma 1 983 . C f. DUPONT, Le beatitudini, l , 635-7 19. Ulteriori ipotesi , più congetturali, in O. B ETZ , «lesu Evangelium vom Gottesreich» , in Das Evangelium und die Evange lien , a cura di P. STUHLMACHER, ( WUNT 28) Tiibingen 1983 , 55-77 ; ripubblicato in BETZ, Jesus' , 232-254; B . CHILTON, A Galilean Rabbi and His Bible: Jesus own lnter 67
68
pretation o{ lsaiah , London 1984 . 69 Fusco , Oltre la parabola , 94-99. 7 0 GoPPELT, Theologie des NT, l , 76s. 7 1 1EREMIAS , Le parabole di Gesù, 270s ; Io . , Teologill del NT, Le beatitudini, l, 656-674 .
1 16- 129; DuPONT,
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ha reso vicino. 72 E tuttavia il Dio che Gesù rende vicino in maniera inaudita e definitiva, è il medesimo Dio di cui gi à Israele aveva spe rimentato la vicinanza e la lontananza , la presenza e l'attesa ; l'even to indicibilmente nuovo è l'adempimento delle attese antiche . 4.2.
Il mistero della morte e risurrezione del Figlio dell'uomo
Dall'annunzio pubblico del Regno, Gesù a un certo punto della narrazione sinottica passa a quello della sorte che lo attende a Geru salemme , riservato ai discepoli . Qui più che altrove è impresa assai ardua voler ricostruire gli ipsissima verba di Gesù ; 73 ed ancor più ar dua voler precisare se e come Gesù stesso abbia ricollegato questi eventi alle Scritture , come fanno ripetutamente i Vangeli , in forma globale (Mc 9 , 12 ; 14,21 ) o in forma più dettagliata citando determi nati testi. Moltissimo si è discusso soprattutto sull'origine del titolo «il Fi glio dell'uomo» 74 e sulla possibilità di ricondurre a Gesù stesso - se non addirittura a prima di Gesù - la fusione di questa figura gloriosa (Dn 7 , 13s ) con quella del Servo sofferente (ls 52 , 1 3-53,12). 75 È facile constatare che nelle tre predizioni della passione (Mc 8,3 1 ; 9 ,3 1 ; 10,32-34, e rispettivi paralleli) il riferimento alle Scritture non è presente neppure in forma generica se non nella redazione lu cana della terza predizione (Le 1 8 , 3 1-33) . 76 A maggior ragione , è difficile ricondurre a Gesù quei testi in cui il riferimento della pas sione alle Scritture si fa ancor più dettagliato . Un discorso a parte andrebbe fatto per l'ultima cena (Mc 14 , 1725 par. ) , in cui parole e gesti rinviano indubbiamente a un ricco sfondo veterotestamentario, 77 però piuttosto richiamando global-
,
Lo riconosce in q ualche modo anche B ulT MA NN Gesù, 264. Uno dei tentativi più interessanti è quello di H . Sc Hii R MA NN Gesù di fronte alla propria morte. Riflessioni esegetiche e prospettive, Brescia 1983 ; però con le diffi coltà da noi sottolineate in altra sede : cf. Gesù e la sua morte. A tti della XXVII setti mana biblica, Brescia 1984 , 396-398 ; cf. anche G. GHIBERTI , ••Gesù e la sua morte se condo i racconti della cena. Alcune interpretazioni del XX secolo» , ivi, 1 29- 1 53 . 74 Bilancio recente : S . LÉGASSE , «Jésus historique e t l e Fils d e l 'homme : aperçu sur les o pinions contemporaines» , in Apocalypses et théologie de l'espérance, (LeDi v 95) , Paris 1977, 271 -298 . 75 Cf. H. C . CAVALLIN , «Tod und Auferstehung der Weisheitslehrer. Ein Beitrag zur Zeichnung des frame of reference Jesu» , in SNTU, 5 ( 1 980) , 107- 1 2 1 . 76 Cf. il capitolo s u i Sinottici , § l . l . n F. H A H N , «Di e alttestamentlichen Moti ve in der urchristlichen Abendmahlsii berlieferung» , in EvTh , 27( 1967) . 337-374 . 72 73
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,
mente l'insieme delle premesse salvifiche: redenzione , alleanza , re gno di Dio, convito escatologico . È possibile che sullo sfondo ci siano alcuni testi particolari (Ger 3 1 ,31 ; Is 52 , 13-53 , 12) ma non pro priamente come «predizioni» nel senso della successiva apologetica cristiana. . .
5.
GES Ù E LA SAPIENZA
Resta ancora un aspetto che esige una particolare riflessione . NeJI'insegnamento etico di Gesù non sempre la motivazione è esca tologica ; spesso prevalgono motivazioni di altro tipo, fondate non sull'approssimarsi del Regno ma su uno sguardo alla realtà perenne dell'uomo , delle cose create, del loro rapporto con Dio: motivazioni cioè , in prima approssimazione , di tipo «sapienzale». 78 L'invito ad amare i nemici viene motivato con l'esigenza di imitare il comporta mento del Padre , il quale « . fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa scendere la sua pioggia sui giusti e sugli ingiusti . . . » (Mt 5 ,45 11 Le 6,35) ; il distacco dai beni terreni , il fiducioso abbandono alla provvidenza , viene motivato con uno sguardo agli uccelli del cielo e ai fiori del campo, che senza affaticarsi per il loro futuro rice vono nutrimento e splendido vestito (Mt 6,25-34 Il Le 12,22-32; Mt 10,29-3 1 Il Le 12,6s) . Resta pur vero che , globalmente considerato , il messaggio di Gesù rivela una struttura di tipo profetico-escatologico e non di tipo puramente sapienziale , fondato cioè unicamente sull'autorità dell'e sperienza e della prolungata riflessione . Ciò non toglie però che al l'interno di esso non tutto venga motivato con l'approssimarsi del Regno ; è presente anche un elemento di tipo sapienziale, uno sguar do diretto alla realtà stessa delle cose . Per comprendere come esso si integri organicamente nell'insie me del messaggio di Gesù , 79 è importante ricordare queJJ'intima . .
78 D. UiHRMANN, «Der Verweis auf die Erfahrung und die Frage nach der Ge rechtigkeit» , in Jesus Christus in Historie und Theologie, 1 85 - 1 96; W. G RUN D MAN N ,
Weisheit im Horizont des Reiches Gottes. Eine Studie zur Verkundigung Jesu nach der SpruchUberlieferung Q, in Die Kirche des Anfangs. Festschrift fur H. Schurmann zum 65. Geburtstag, a cura di R. SCHNACKEN BURG , (EThSt 38) , Leipzig 1977, 1 7 5 - 1 99 ; D . ZELLER , Die weisheitlichen Mahnsprli.che bei den Synoptikern, (FzB 1 7 ) . Wurzburg 1 977.
79 S u questo punto è interessante la discussione fra i due noti esegeti cattolici A . V
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connessione che , nella visione biblica , collega il compimento all'ini zio , le realtà ultime alle realtà prime . Non a caso nelle apocalissi ebraiche, e cristiane si ritorna alle immagini delle prime pagine della Genesi . L'éschaton non è un «altro» mondo, ma questo stesso mon do redento, reso «nuovo». Come già notato parlando del radicalismo etico di Gesù (§ 3 . 3 ) , esso consiste appunto nel riportare l e cose alla loro verità originaria, alla loro arché ( Mc 10 , 1 -12 par. ) . 80 Ma per poter cogliere questa ve rità originaria delle cose occorre uno sguardo nuovo, libero , uno sguardo innocente . Non basta il lento processo secolare di accumu lazione di esperienza e di attenta riflessione , che poi si consegna ai posteri nella forma incisiva della sentenza proverbiale ben ritmata . Quello di Gesù è sì , come negli autori sapienziali , uno sguardo alla realtà quotidiana: ma uno sguardo più immediato, più profondo; è lo sguardo «filiale» di colui che conosce il Padre e sa vedere ogni co sa come la vede il Padre . Come per la Legge e per i Profeti , così an che per la corrente sapienziale l'inserimento di Gesù è caratterizzato da continuità e discontinuità al tempo stesso. Non senza fondamen to la tradizione sinottica ( Mt 1 1 ,25-30 Il Le 10,21-23) e più diffusa mente quella giovannea faranno parlare Gesù non tanto come gli autori sapienziali quanto come la Sapienza stessa , 81 e spingendosi ancor più a fondo su questa linea, altri scritti neotestamentari pro clameranno audacemente l'identità tra la Sapienza e Gesù . Uno svi luppo che , quale che sia l'apporto della rilettura cristiana, in ultima analisi trova anch'esso il suo fondamento nell'esperienza e nell'inse gnamento di Gesù stesso. 82
gia, sulla coscienza filiale di Gesù . Cf. H. ScHORMANN, « Eschatologie und Liebes dienst in der Verkiindigung Jesu » , in I o . , Gesammelte A ufsiitze, II, Diisseldorf 1970 , 279-298 ; I o . , «Il più importante problema ermeneutico della predicazione di Gesù. Rapporti fra escato-logia e teo-logia» , in Orizzonti attuali della teologia, Roma 1966, I, 591-636; A. VoGTLE, « " Theo- logie " und " Eschato-logie" in de r Verkiindigung Je SU>> , in NT und Kirche. Festschrift fiir R. Schnackenburg, a cura di J . GNILKA , Fre i burg i . B . 1974 , 371-398 . 80 U . B . M ii LLER , «Vision u nd Botschaft . Erwiigungen zur prophetischen Struk tur der Verkiindigung Jesu», in ZThK, 74(1977) , 416-448. 81 Cf. Mt 1 1 , 19 Il Le 7,35 ; Mt 12,42 Il Le 1 1 ,3 1 ; Mt 23 ,34-36 1/ Le 1 1 ,49-5 1 . 82 Per un approfondimento di questo aspetto: A. FEUI LLET, <
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6.
CONCLUSIONI
Da questo sommario sguardo all' atteggiamento di Gesù nei con fronti delle Scritture ebraiche nelle loro varie componenti, risultano chiari alcuni dati di fondo .
l) In negativo, si deve constatare la «indipendenza» di Gesù nei confronti delle Scritture . Né con le folle , né con gli avversari , né con i discepoli Gesù , almeno abitualmente , ha insegnato appellandosi ai testi delle Scritture . I riferimenti biblici spesso mancano del tutto , a volte vanno attribuiti alla comunità postpasquale ; ma anche quando sono presenti ed attribuibili a Gesù , non si collocano al centro del suo insegnamento ; non sono invocati a fondamento di quelli che ne sono i temi centrali , ma solo occasionalmente , soprattutto per repli care agli avversari su punti particolari o denunziarne certe contrad dizioni (per esempio in Mc 7,6s . 10 par . ; 12, 36 par . ) . Tuttavia questo dato negativo non è che il risvolto di un dato po sitivo: Gesù parla come portatore di una rivelazione nuova , in atto , affidata a lui . A differenza però anche dai profeti , non usa neppure le classiche formule introduttive : «Oracolo del Signore . . », «Così di ce il Signore . . . », «Parola del Signore che fu data al profeta . . . »; la sua autorità si presenta come più immediata , più radicale , ricevuta direttamente dal Padre . .
2) Però questa rivelazione nuova , in atto, di cui Gesù si sente porta tore , non è in contrasto ma in continuità con quella antica . YHWH, il Dio vivente rivelatosi a Israele, il Dio della Legge e dei profeti , ed il Padre , l'A bba invocato da Gesù e proclamato dai cristiani come autore della risurrezione di Gesù dai morti (cf. Rm 4,24) , sono un unico e medesimo Dio. 83 PeJ;" quanto ci si sforzi di eliminare il lavorio scritturistico dei primi cristiani, per quanto si risalga all'indietro nel la ricostruzione storica , non viene fuori mai né un Gesù privo dì rife rimento alle Scritture né un Gesù che legga le Scr..tture come un qualsiasi altro ebreo, senza riferirle alla realtà nuova di cui è lui por tatore . Più facile risulta il discorso sui grandi temi biblici ripresi da Ge sù , più arduo il discorso sull'uso gesuanico di testi particolari . 84 Quel 83
Espressioni in senso contrario si leggono in J . BECKER, «Das Gottesbild Jesu iilteste Auslegung von Ostem», in Jesus Chrisrus in Historie und Theologie, 105-126. 84 Cf. T.W . MANSON, «The OJd Testament i n t h e Teaching of Jesus» , in BJRL, 3 4 ( 1 95 1 -52) , 312-332. und die
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che è certo , comunque , è che Gesù non ha praticato una lettura «se lettiva», accettando dell'A T solo alcuni elementi e respingendone altri (i profeti a scapito della Legge , l'etica a scapito del culto , l'uni versalismo a scapito dell'elezione di Israele, le speranze ultraterrene a scapito di quelle terrestri , o viceversa la linea sapienziale a scapito della linea apocalittica , e via dicendo, come ha ritenuto la scuola li berale , ma non essa soltanto). Tutto ha accettato , 85 ma tutto ha mo dificato , tutto ha posto in una nuova luce . È arbitrario affermare che Gesù avrebbe percorso solo il cammino discendente , leggendo le Scritture alla luce di se stesso, e non anche il cammino ascendente, leggendo se stesso alla luce delle Scritture. 86 Indubbiamente la rela zione non può non rimanere asimmetrica, sbilanciata, col centro di gravità nel nuovo e non nell'antico ; tuttavia, come fa efficacemente G. von Rad , 87 occorre sottolineare l'ineliminabile circolarità erme neutica , in forza della quale non è soltanto l'Antico Testamento a restare incomprensibile senza il Nuovo, Israele senza Gesù, ma an che il Nuovo a restare incomprensibile senza l'Antico, Gesù senza Israele . 3) È la prospettiva della sto ria della salvezza a consentire di cogliere unitariamente , già in Gesù , tanto la discontinuità con l'AT quanto la continuità . 88 Però l'interpretazione storico-salvifica dev'essere for mulata con maggior rigore e coerenza in entrambe le direzioni , ri spettando veramente il divenire storico : non solo evitando di ridurre Gesù entro un ambito puramente giudaico, ma al tempo stesso , prendendo maggiormente sul serio il fatto che Gesù è nato , vissuto e morto «Sotto la Legge» (Ga1 4 ,4) , 89 evitando anche di anticipare al 85
A nche autori non «liberali» scrivono a volte che Gesù avrebbe contestato la A parte l'anacronismo del concetto , a noi sembra che nes sun caso , compresa la <
canonicità delle Scritture .
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ministero prepasquale quanto sarà acquisito solo con la risurrezione e con le successive esperienze della chiesa primitiva . Distinguendo - anche se non contrapponendo - prescrizione di Mosè e volontà di Dio (Mc 10 , 1 -12 par . ) Gesù presuppone che Dio attraverso Mosè abbia espresso la sua volontà per una situazione de stinata un giorno a cessare ; in questo senso possiamo dire che Gesù ha anche della Legge , oltre che dei profeti , una comprensione stori ca . Non può dunque richiamarsi a Gesù né il rigetto della Legge (Marcione) , né l'appropriazione cristiana della Legge (e correlativa espropriazione dei giudei) ottenuta attraverso l'allegoresi , leggendo cioè nei precetti mosaici la descrizione simbolica di realtà spirituali future ; ma neppure l 'opposta tentazione di sminuire la novità evan gelica ricalcando , come nella cristianità medievale e in altri momenti · storici , modelli spirituali e politici decisamente veterotestamentari . 90 Ma anche l'operazione chirurgica di concentrare la Legge nella par te morale e «abrogare» la parte più rituale legata al patto fra Dio e Israele e non applicabile all'ecclesia ex gentibus , operazione che que st'ultima a suo témpo attribuirà direttamente , in termini di nova lex , a Gesù stesso , 9 1 può rifarsi a lui solo indirettamente, semplificando un più complesso svolgimento storico che passa attraverso la svolta della morte/resurrezione e le successive tormentate vicende della co munità primitiva . Se ci si chiede come Gesù abbia inteso l'idea di adempimento , destinata ad essere concepita in varie maniere nel pensiero cristia no, 92 e ad assumere anche una valenza apologetica , per cui il puntua le verificarsi di determinati avvenimenti corrispondenti a determina ti testi veterotestamentari si traduce in una «prova» , una conferma del messaggio proclamato, 93 è difficile individuare qualche caso in cui tale aspetto risalga a lui . Gesù proclama l 'adempimento delle promesse salvifiche , la venuta del Regno atteso da Israele , ma senza fare mai leva sull'idea che ne siano state anticipatamente descritte anche le concrete modalità . Le guarigioni e gli esorcismi che accom90 Questo fe n omen o storico è stato finemente d e scritto negli s t udi ecclesiologici di Y . M . -1 . CoNGAR a proposito dei rappo r ti chiesa-stato , del ruolo dei laici, della con cezione dell'autorità, ecc. 91 Cf. V . E. HASLER, Gesetz und Evangelium in der alten Kirche bis Origenes . Zurich-Frankfurt M . 1953 ; P . G . VERWEU S , Evangelium und neues Gesetz in der iilte sten Christenheit bis auf Marcion, Utre cht 1 960 . 92 Cf. P . -M . B EAUDE , L 'accomplissement des écritures: pour une histoire critique des systèmes de rep résentation du sens chrétien , ( Cogitatio fidei 1 04) , Paris 1 980. 93 Cf. infra c. 4 sui sinottici, §§ 3 . 3 , 3 . 4 , ; 4 . 3 .
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pagnano la sua predicazione , hanno valore di segno non in quanto predette ma in quanto testimoniano che la vittoria di Dio sul male è già in atto (Mt 12,28 Il Le 1 1,20) .94
4) Rimane assai ardua una risposta all'interrogativo sulla possibilità
di individuare un particolare metodo scritturistico di Gesù . 95 Se per «metodo» intendiamo le tecniche esegetiche, anche nei primi cristia ni esse rimangono in sostanza le stesse dei giudei . 96 Ma anche se per «metodo» vogliamo intendere qualcosa di più profondo , un criterio ermeneutico, una chiave di lettura generale, le proposte formulate in tal senso rimangono problematiche . Il concetto di lettura «tipolo gica» , così come presentato soprattutto da L. Goppelt , 97 rimane pro blematico sia in se stesso98 che come riconducibilità a Gesù ;99 altret tanto , quello di sensus plenior. 1 00 Gesù dunque non ha lasciato né una lettura già effettuata , né uno strumento esegetico, una detta gliata criteriologia per poterla effettuare ; ma , in ultima analisi , solo i due termini del rapporto , da una parte la fede nelle Scritture di Israele come parola di Dio valida per sempre , dall'altra se stesso , la sua vita , morte , risurrezione come rivelazione definitiva e salvezza definitiva . È in questo senso che risale a lui la lettura cristiana del l'AT / 01 la certezza che Gesù va interpretato alla luce dell'AT, e l' AT alla luce di Gesù . Una certezza che non si traduce in una lettu-
94
Cf. infra c . 4 sui sinottici , § 1 . 3 . Per questi interrogativi c f . PESCE, «Discepolato gesuano . . . » , 376s . Tentativi di risposta in Dooo , Secondo le Scritture, 1 12-1 15 ; R. M . GRANT, L'interprétation de la Bible des origines chrétiennes à nos jours, Paris 1 967 , 13-23. 96 Vedi sopra, nota 1 7 . Cf. infra c. 4 sui si nottici , § 5 , con la nota 109. 'f7 L . GorPELT , Typos. Die Deutung des Testaments im Neuen , Darmstadt 21973 ( = Gutersloh 1939) . 98 Cf. V. Fusco , «Henri de Lubac e l' unità dei due Testamenti . Domande alla teologia biblica» , in La teologia biblica. Natura e prospettive. In dialogo con Giuseppe Segalla, a cura di E. FRANCO , (Saggi 27) , Roma 1 989, 57-66 . 99 La classica opera di Goppelt è praticamente inutilizzabile , a questo riguardo , a causa della mancata distinzione tra elementi prepasquali e postpasquali . 1 00 Non pertinente l 'esempio addotto da F. DREYFUS , «L'argument scripturaire de Jésus en faveur de la résurrection des morts» , in RB, 66( 1959), 2 1 3-224 . In Mc 1 2 , 18-27 par. , per convincere i sadduce i , che ammettevano solo il Pentate uco , Gesù fa leva sulla riflessione che Dio , se abbandonasse gli uomini per sempre alla morte , non sarebbe più «il Dio di Abramo , di lsacco e di Giacobbe» ( Es 3 , 6 ) , il Dio che con l'al leanza ha voluto legarsi agli uomini fino ad essere chiamato ii loro D io , ma un Dio che sta per conto suo , un Dio senza gli uomini . L'argomentazione rivela una straordi naria forza ermeneutica, di per sé tuttavia rimane possibile anche all'interno del giu daismo : non è sensus plenior nel senso più rigoroso del termine (prolungamento del senso originario alla luce del NT) . 101 B EA UD E , L 'accomplissement, 303-3 1 3 . 95
tyr,_ologische
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Alten
ra fatta una volta per sempre ma in uno sforzo di lettura incessante , che dovrà lasciare ampio spazio alla indeducibilità ed imprevedibili tà che , anche in una prospettiva teologica cristiana , accompagnano l'adempimento nelle concrete modalità del suo realizzarsi , 102 all'o scurità sempre inerente alla fede , e alla perdurante tensione del «non ancora» che anche i cristiani sono tenuti a condividere, fino al la fine , con i figli di Israele.
'
102
'
'
Cf. H . U . VON BALTHASAR , Gloria. Una estetica teologica , VI: Antico Patto,
Milano 1 975 , 341-35 1 ;
VII : Nuovo Patto ,
Milano 1977 , 37-43 .
63
2 L'uso della Scrittura nel prato-Paolo
Giuseppe Barbaglio
È a ragion veduta che si è scelto il termine «Scrittura» invece della formula «Antico Testamento». Per l'apostolo , come per tutto il cristianesimo delle origini , esisteva una sola raccolta di libri sacri , quelli della tradizione ebraica , da lui indicati con le denominazioni ho nomos (la parte per il tutto) (cf. per es 1 Cor 14,21 .34) , ho nomos kaì hoi prop hétai (cf. Rm 3 ,21 ) , he graphè (cf. Rm 4,3 ; 9 , 17 ecc . ; hai grap haì: cf. Rm 1 ,2 ; 15 ,4 ecc. ) . Essendo dunque scontata l 'accetta zione di principio , l'interrogativo verte su quale uso ne ha fatto nelle sue lettere , in lTs , 1-2Cor, Gal , Rm, Fil , Fm. D' altra parte la lunga storia di studi moderni , a partire da H. Vollmer ( 1985) , e attraverso A . Von Harnack (1928) , O . Michel (1929) , J. Bonsirven (1939) , E . E . Ellis (1957) fino all'esaustiva mo nografia di D . A . Koch (1986) ,1 ci ha offerto una grande messe di ri sultati , spingendo per altro la ricerca sempre più oltre . Così, per esempio , assodato che Paolo usa di regola il testo dei LXX, ci si do manda a quale tradizione manoscritta si sia riferito e se abbia utiliz zato anche le traduzioni greche di Aquila , Simmaco e Teodozione . 2 1 H. V o L L M E R , Die Alttestament/ichen Citate bei Paulus textkritisch und biblisch theologisch gewurdigt nebst einem Anhang uber das Verhiiltnis des Apostels zu Philo ,
Freiburg 1 895 ; A. voN HARNACK, «Das Alte Testament in den paulinischen Briefen und in den paulinischen Gemeinden » , in Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften, (1928/XII) , Berlin 1928 , 124- 1 4 1 ; O. MICHEL , Pau/us und seine Bibe/, Giitersloh 1 929 (Darmstadt 1970) ; J . BoNSIRVEN , Exégèse Rabbinique et Exé gèse Paulinienne, Paris 1939; E . E . Etus , Paul's Use of the 0/d Testament, London 1957 (G rand Rapids 198 1 ) ; D . A . KocH , Die Schrift als Zeuge des Evangeliums. Un tersuchungen zur Verwendung und zum Verstiindnis der Schrift bei Paulus, Tiibingen 1 986 (con ricca bibliografia) . Si aggiungano R. PEN NA, « Atteggiamenti di Paolo verso l' Antico Testamento» . i n L 'apostolo Paolo. Studi di esegesi e teologia , Torino 1 99 1 , 436-469 (or. 1984) ; U . Lu z , «Paulinische Theologie a l s biblische Theologie» , i n Mitte der Schrift? , a cura d i M . K toPFENSTEIN . e altri , Bern-Frankfurt a . M . 1 987, 1 1 9-147 e R . B . HAYs , Echoes of Scripture in the Letters of Pau/, New Haven-London 1 989 . Non mi è stato invece pos si bile leggere W. KIRCHSCHLÀGER , «Paulus un d das Alte Testament» , in L 'Ancien Te stament dans /' Église, Chambésy-Genève 1988 , 49-65 . 2 In proposito vedi la trattazione di Kocn , Die Schrift al.s Zeuge . . . , 48-88.
65
Nello spazio ristretto del presente contributo è sembrato opportuno premettere i risultati generali emersi dall'accurata ricerca di Koch per studiare poi a fondo l'uso della Scrittura nella lCor , concentran do l'attenzione sulla funzionalità delle citazioni bibliche che vi si ri scontrano . Queste infatti sono abbastanza numerose per poterei fare un'idea generale della «teologia biblica» 3 di Paolo, ma senza rag giungere il numero straordinario di Rm , la cui analisi richiederebbe ben altro spazio . l.
DATI SOMMARI
Nelle sette lettere certamente autentiche di Paolo sono state in dividuate una novantina di citazioni , più di un centinaio se compren diamo le combinazioni di passi citati e le citazioni miste . 4 Di queste 66 hanno una formula introduttoria , formata per lo più gniphein (34 volte) , di preferenza nella forma del perfetto gé graptai (29 volte) , 5 e da légeinlho /6gos (27 volte) , di cui preponde rante è il presente légei (con he graphè, Hesai'as , ecc. come soggetto) (19 volte) . 6 Sempre dallo studio di Koch risulta che Isaia e il Salterio sono i libri biblici più citati , appunto 28 volte il primo e 20 volte il secondo , mentre non solo Nm , Gs, Gdc, 1 -2Sam , 2Re , Rt, Ct , Lm, Qo, Est, Esdra , Ne , 1 -2Cron , ma anche Ger , Ez e Dan non sono mai citat F (p . 33) . L'assenza di questi ultimi tre può sorprendere , ma qui , co me nel privilegiare Isaia e il Salterio , Paolo si mostra in sintonia con la letteratura giudaica del tempo che li cita raramente , a differenza 3
L'espressione «teologia biblica» è di U . Luz. Vedi la tabella di KocH (Die Schrift als Zeuge . . . , 2 1 -23) e quella , analoga, di Etus (Paul's Use of the O T, 150- 152) ; questi presenta anche un elenco di allusioni (ivi, 1 53s) . 5 18 volte abbiamo la formula kathòs gégraptai e 6 gégraptai gar, precisa sempre Kocn, (Die Schrift als Zeuge , 25) . 6 Kocn rileva che l'uso paolino di légein non è sorprendente in rapporto alla let teratura giudaica e extragiudaica vicina (Die Schrift als Zeuge , 26) e che la prefe renza di Paolo per la formula gégraptai lo omologa alla letteratura giudaica in cui essa (ktb) è corrente (ivi, 27-29) . Invece a differenza degli scritti di Qumran l'apostolo nel le introduzioni alle citazioni non nomina mai Dio come autore della parola scritturi stica, anche dove ce lo si aspetterebbe (ivi, 3 1 ) . 7 I l concetto della kainè diatheke d i 2Cor 3 ,6 non sembra riconducibile all'uso di Ger 3 1 ,31 . D'altra parte 1 Cor 1 ,3 1 non sembra riflettere direttamente Ger 9,22 , ma, come ritiene Kocn (Die Schrift als Zeuge . , 42) , risale piuttosto a una tradizione ora le della sinagoga ellenistica e del protocristianesimo di lingua greca. 4
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di Is e dei 12 profeti minori (pp . 46s) . Invece appare significativa la poca attenzione per la tradizione della legge mosaica attestata nel Pentateuco , 8 di cui soltanto il Deuteronomio ha un certo rilievo (15 citazioni) (p . 47) . C'è comunque una diversa distribuzione delle citazioni nelle let tere paoline. Si va infatti da lTs , la prima lettera , con nessun testo citato a Rm , l'ultimo scritto probabilmente , con 65 citazioni sul tota le di 106. Ma anche Fil e Fm ne sono del tutto prive . Dunque solo le quattro lettere maggiori presentano una densità più o meno grande di citazioni ; ma si dovrebbe pure distinguere tra sezione e sezione. 9 L'uso che ne fa Paolo dipende , annota Koch (p . 91 ) , dal fatto se egli vuole chiarire o no teologicamente la sua posizione . Certo il con traddittorio degli «avversari» nelle tematiche della giustificazione per fede con esclusione delle «Opere della legge» e dell'apertura uni versale del vangelo paolino (cf. Gal e Rm) , come anche il bisogno di rintuzzare le posizioni errate dei suoi interlocutori di Corinto circa la sapienza della croce (cf. l Cor 1-3) e la speranza nella risurrezione somatica (cf. l Cor 15) hanno sollecitato l'apostolo ad argomentare decisamente «ex sacra Scriptura» . Infine sempre Koch (pp . 1 02-198) ha mostrato l a grande libertà di Paolo nel citare la Scrittura . In particolare, vi si possono notare: l) un diverso ordine di successione delle parole atto a sottolineare un aspetto a preferenza di un altro ; così l Cor 1 5 ,55 cita Os 1 3 , 14b spostando il vocativo thanate , per altro ripetuto nel se condo stico , al centro e conferendogli in tal modo un ' accentua zione particolare ; 2) cambiamenti di persona , numero , genere , tempo e modo , l0 con preferenza marcata per i mutamenti di contenuto rispetto a quel 8 Nel paragrafo «L' AT come nomos» (pp . 447-453) R . PENNA evidenzia la criti ca di Paolo alla legge , precisando però che egli la rifiuta «in quanto elemento antago n ista e sostitutivo di Cristo . . . ; se essa pretende di monopolizzare la salvezza, anche se è dono di Dio , non regge il confronto con Cristo e perciò deve cedere il passo» (p. 453 ; con riferimento all'opera di E.P. SANDERS , Paolo e il giudaismo palestinese, Bre scia 1986) . Da parte sua U . Luz mostra come Paolo veda dialetticamente la Scrittura ebraica sotto il segno della bipolarità contrapposta n6mos e epanghe/ia (legge/pro messa) («Paulinische Theologie . . . 132-134) . 9 In una tabella apposita a p. 90 KocH ha calcolato anche la percentuale relativa alla lunghezza dello scritto : 2 , 1 7 % in Rm ; 2% in 2Cor 9 (3 citazioni) ; 1 ,3 % in Gal ( 1 3 citazioni) ; l % i n 2Cor 8 ( 2 citazioni) ; 0,64 % i n l Cor ( 1 8 citazioni); 0, 55 % in 2Cor 22 , 14-6, 1 3 +7 ,2-4 (3 citazioni) ; 0,33 % in 2Cor 10- 1 3 (2 citazioni) ; anche 2Cor 1 , 12, 1 3 + 7 ,5-1 6 + 1 3 , 1 1-13 (la lettera di riconciliazione) non presenta alcuna citazione . 10 Dei 93 testi biblici che Paolo cita nelle sue lettere (alcuni più volte ) , 52 sono st ati camb iati, 37 trasmessi in forma invariata. Dei 52 cambiati 30 sono stati cambiati da più pun ti di vista. Cf. KocH , Die Schrift als Zeuge . . . , 1 86-187. »,
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3)
4) 5)
6)
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li stilistici ; così applicando Is 52 ,7 alla realtà cristiana Rm 10,15 sostituisce il genitivo singolare «i piedi dell'evangelizzatore» con il plurale «i piedi degli evangelizzatori» ; omissioni , tra cui menzioniamo i l passo d i A b 2 ,4: ho dikaios ek pisteos (con omissione di emou riferito a Dio) zésetai citato in Rm 1 , 17 e Gal 3 , 1 1 e dunque riferito alla fede dell'uomo e non alla fedeltà di Dio ; aggiunte , di cui la più significativa è 1 Cor 1 5 ,45 rispetto a Gn 2 ,7 , come si vedrà ; sostituzione di parti della citazione con proprie formulazioni ; per es . Gal 4,30 ha : «non erediterà infatti il figlio della schiava con il figlio della libera» , mentre Geo 21 ,10 attesta : «non eredi terà infatti il figlio di questa schiava con il mio figlio !sacco» ; citazioni miste , 11 per es . Gal 3 , 10 riporta Dt 27 ,26ab («maledetto chiunque non persevera en piisin tois 16gois tou nomou toutou per compierle») ma prendendo da Dt 29 , 1 9b il motivo delle cose scritte («tutte le maledizioni di questo patto hai gegramménai en to-i biblio-i tou nomou toutou» ) ; così Paolo sottolinea il carattere scritto della legge , che connette con la maledizione ; combinazione di più citazioni , di cui l'esempio più chiaro è Rm 3 , 10- 1 8 .
S i deve però riconoscere che l e citazioni bibliche sono soltanto una parte dell'uso che Paolo ha fatto della Scrittura. Ha dunque ra gione Hays nel denunciare questo limite della ricerca di Koch , e di altri , e nel proporre uno studio degli echi dei libri sacri dell'ebraismo nelle lettere paoline. 2.
L A «TEOLOGIA BIBLICA» DELLA lCOR
Nell'elenco di Ellis figurano 15 citazioni bibliche della 1 Cor: 1 , 19 ; 1 ,31 ; 2 ,9 ; 2 , 1 6 ; 3 , 19 ; 3 ,20 ; 6 , 16 ; 9 ,9 ; 10,7; 10 ,26; 14,21 ; 1 5 ,2 7; 15 ,32 ; 15 ,45 ; 15 ,54s . Nella tabella di Koch se ne indicano due in più: 5 , 13 e 9 ,10. Mi sembra però che nel conto bisognerebbe mettere an che 15 ,25 con riferimento a Sal 109 , 1 ; invece 9 , 10 ci sembra assai
. ., 11 È un procedimento caratteristico di Paolo che vi ricorre in 13 casi e riguarda in tutto 28 testi (KocH, Die Schrift als Zeuge . . . , 1 88) . Lo stesso studioso (iv1 , 190ss) osserva che nella letteratura del giudaismo ellenistico era di regola la Citazione immu tata del testo biblico (cf. Filone , Aristobulo , 4Mac) e v1 mancavano del tutto combi nazioni di testi o citazioni miste, non catene di citazioni . E se è vero che nei testi qum-
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problematica . Ma la loro distribuzione non appare uniforme, perché la maggior parte è attestata in due sezioni : 6 citazioni infatti caratte rizzano l'antitesi tra sapienza umana e sapienza di Dio o della croce (cf. cc. 1-3 ) e altre 5 si trovano nel c. 15 che tratta il tema escatologi co della risurrezione. Rilevante è anche la citazione di 10,7 perché fa parte di un testo ( 10,1-13 ) che è tutto un' attualizzazione della vicen de dell'esodo e del deserto . La citazione 9 ,9 poi è stata ritenuta un rarissimo esempio in Paolo d'interpretazione allegorica . 12
2 . 1 . Sapienza umana e sapienza divina ( 1 Cor 1-3 ) Le citazioni di 1 , 1 9 ; 1 ,3 1 ; 2 , 9 ; 2 , 16 ; 3 , 1 9 ; 3 ,20 riguardano tutte il motivo dell'antitesi che caratterizza questa sezione della lettera . La loro importanza nel discorso di Paolo risalta non solo dal nume ro rilevante, ma anche e soprattutto dal ruolo primario che vi svol gono sia come ragioni addotte a favore della tesi difesa sia quali elementi strutturanti l'unità letteraria . Qui l'epistolarista procede alternando il tema delle divisioni della chiesa corinzia in «partiti» contrapposti (A) a quello della sapienza (B) , secondo questo sche ma concentrico : A B A B A
1 , 10-17 1 , 18-2, 16 3 , 1-17 3 , 18-23 4 , l ss
Ora le citazioni bibliche sono tutte distribuite nei brani riguar danti la sapienza (B). In particolare la citazione di l , 19 («Sta scritto infatti . . . ») viene addotta a prova della tesi enunciata in 1 , 1 8 ma pre p arata già in l , 17b con la bipolarità «sapienza di parola» « croce di Cristo» . La citazione di 1 ,31 («affinché come sta scritto») è a soste gno della tesi connessa dell'esclusione di ogni vanto (kauchèsis) umano davanti a Dio (v . 29 ) e dell'affermazione dell'iniziativa divi na di grazia in Cristo (v . 30) . Le citazioni di 2,9 («Ma come sta scrit to) e 2 , 1 6 («Infatti») reggono il brano 2 , 1 - 1 6 motivando rispettiva-
ranici che non siano commenti biblici si regist rano nelle citazioni, cambiamenti lin guistici del testo biblico , ciò avviene quasi esclusivamente in CD, che su 32 riferimen ti scntturistici ha un solo caso di citazione combinata. 12 In proposito si veda KocH , Die Schrift aJs Zeuge , 202-216. ,
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mente il carattere misterioso (en mysterio-i) e nascosto (apokekrym ménen) della sapienza divina (v . 6) e la possibilità di accedervi sol tanto mediante Io Spirito o «il pensiero di Cristo». Le citazioni di 3 , 1 9b e 20 («Sta scritto infatti» l «E di nuovo») - un esempio di com binazione di più citazioni - giustificano l'affermazione di 3 , 1 9a: «La sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio» che riprende l'an titesi di 1 , 17b-18 chiudendo l'intera elaborazione teologica di Paolo in proposito . Abbiamo dunque un'inclusione con citazione biblica ai due estremi ( 1 , 1 9 e 3 , 1 9 e 20) . L'analisi di ciascuna, vista in se stessa e nella sua collocazione, confermerà l'assunto generale , valido per tutta la 1 Cor, che nell'ela borazione teologica di Paolo le citazioni bibliche possiedono un im portante ruolo argomentativo ; non sono riducibili cioè a puro ele mento decorativo , ma qualificano a tal punto il corso del pensiero paolino da giustificarne la definizione di «teologia biblica» . A scanso di equivoci , però , è necessario precisare subito : le citazioni bibliche non offrono i nuclei centrali della teologia paolina , presi dalla fede cristiana o dal vangelo , secondo la formula di Paolo stesso (cf. per es Gal 1 , 1 1 -12; 2 , 1 4 ; Rm 1 , 1 . 16 ; 1 Cor 1 5 , 1 ) , ma sono strumenti impor tanti della sua riflessione teologica. In 1 , 1 9 egli cita Is 29 ,14: «Manderò in rovina la sapienza dei sa pienti (tèn sophian ton soph6n) e l'intelligenza degli intelligenti inva liderò». Del testo greco del profeta ha cambiato il verbo finale «na sconderò» con uno più forte «invaliderò» (athetéo) che usa altre tre volte (Gal 2 ,21 ; 3 , 1 5 ; lTs 4 ,8) . Si tratta di un oracolo divino che esprime in prima persona (ma nel TM il soggetto è la sapienza e l'in telligenza) la reazione di JHWH al popolo vicino soltanto a parole ma lontano con il cuore . Direttamente la parola di giudizio coglie i sapienti e gli intelligenti , con probabilità le guide politiche e religio se di Gerusalemme che con la loro pretesa sagacia politica e av vedutezza diplomatica nelle relazioni internazionali in realtà hanno condotto Israele a confidare in se stesso e non in Dio. 13 Con la citazione l'apostolo si copre dell'autorità di Dio: non è umana ma divina l 'esclusione della sapienza dei corinzi che si vanta vano , in proprio o per riflesso del proprio leader Apollo , 14 dell'elo-
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Cf. H WILDBERGER , JesaJa , III, Neuk1rchen 1982 , 1 122s Cf R A HosLEY, «Gnos1s at Connth · I Connth1ans 8 , 1 -6» , m NTS, 21(1981), 32-5 1 e G SELLIN, «Das "Gehe1mms" der We1she1t und das Ratsel der "Clllristuspartei" (zu 1 Kor 1 -4) » , m ZNW, 73(1982) , 69-96
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quio forbito e della profondità della penetrante conoscenza del mi stero cristiano . C'è incompatibilità tra la loro sapienza e la posizione di Dio , che viene ribadita al v. 20: «Non è forse vero che Dio ha reso stolta (emoranen) la sapienza del mondo?» . L'evento puntuale qui indicato è senz'altro quello della croce di Cristo alternativa alla sa pienza umana, presentato ai vv. 17b- 18: Dio ha inviato Paolo ad evangelizzare «non con sapienza di parola, perché non sia svuotata (di contenuto salvifico) la croce di Cristo. La parola della croce in fatti per chi è incamminato alla perdizione è stoltezza (moria) , per chi è destinato alla salvezza invece , per noi , è potenza (dynamis) di Dio» . Così Paolo ha interpretato alla luce della croce , vero criterio ermeneutico , il testo profetico citato : quel giudizio di condanna che il profeta ha indicato per il futuro si è compiuto . Più in generale , la realtà escatologica , qui indicata dalle categorie di giudizio divino , salvezza e perdizione , ha fatto irruzione nella storia: la croce e la predicazione della croce costituiscono l'epocale svolta del cammino dell'umanità ; nel suo beneplacito di grazia , «piacque (eudokesen) a Dio di salvare quelli che credono mediante la stoltezza (moria) del kerygma» (v . 21b) . In questo modo l'apostolo ha potuto anche de terminare il lato positivo dell'iniziativa di Dio : ha condannato la via della sapienza umana e ha scelto la strada della stoltezza della croce come cammino salvifico per l'umanità . La citazione di 1 ,3 1 : «Chi si vuole vantare (ho kauchOmenos) , si vanti nel Signore (en Kyrio-i kauchasth6)» è stata riferita sia a Ger 9 ,22s sia a 1 Re 2,10. Ecco il testo profetico: «Queste cose dice il Si gnore : Non si vanti (Mè kauchasth6) il sapiente nella sua sapienza (ho sophòs en te-i sophia-i autou) , e non sì vanti il forte nella sua for za e non si vanti il ricco nella sua ricchezza, ma piuttosto in questo si vanti colui che vuole vantarsi ( en tout6-i kauchasth6 ho kauchOme nos) : comprendere e conoscere che io sono il Signore che faccio mi sericordia e diritto e giustizia sulla terra». l Re 2 , 10 è parallelo , con leggere varianti terminologiche , per esempio ho phronimos en te-i phronese-i autou, e con una marcata diversità in chiusura : « . . . com prendere e conoscere il Signore e fare diritto e giustizia in mezzo alla terra» . In realtà appare problematica la dipendenza diretta di Paolo dai due testi critici paralleli . Infatti in caso affermativo come spiega re l'omissione della formula «nella sapienza» che si sarebbe inqua drata ottimamente nella sua antitesi di sapienza divina e sapienza umana? È più probabile, come ritiene Koch (p. 42) , che 1 ,31 , co me del resto 2 , 9 e 9, 10b, sia stata presa dalla tradizione orale, cioè dalla predicazione della sinagoga ellenistica o dal cristianesimo el71
lenistico prepaolino , che la proponeva come parola scritturistica . In ogni modo la sua funzionalità nel testo paolina è chiara. L'i niziativa salvifica di Dio che «ha scelto le realtà stolte (tà m o rti) del mondo per far arrossire di vergogna i sapienti (to ùs sophous) » (v. 27) finisce per escludere la possibilità dell' uomo di menar vanto re ligioso : «perché nessun essere vivente possa vantarsi (mè kauche sethai) al cospetto di Dio» (v. 29) . Tutto è grazia quello che i cre denti sono: «ma è per opera di lui "Dio" che voi siete in Cristo Ge sù, il quale è diventato per noi sapienza da Dio , giustizia e santifi cazione e redenzione» (v . 30) . Come punto di arrivo intenzionale di tale processo si ha che l'unico vanto possibile è quello riposto nel Signore (v . 3 1 ) . I n realtà i l brano 1 ,26-3 1 h a una struttura precisa . I l v. 26 enun cia la «propositio» : la «logica» paradossale della sapienza divina in carnata nella croce è evidente nella stessa chiamata dei credenti di Corinto alla fede : «Guardate infatti la vostra vocazione (klésis)» voi che non brillate per sapienza, peso politico e sociale e per nobiltà di natali . La «probatio» viene offerta in due momenti paralleli : la loro elezione divina è stata una scelta paradossale di tà m o ra (vv . 27-28) e Dio ha fatto di loro persone immesse nella sfera d'influsso di Cristo Gesù (en Christo-i lesoii) (v . 30) . Ora nell'una e nell'altra presenta zione dell' azione storica divina Paolo ne indica la duplice finalità in trinseca, introdotta dalle particelle finali h6p6s e hina , l'una negati va («perché nessun essere vivente possa vantarsi al cospetto di Dio») e l'altra affermativa espressa con una citazione biblica : «affinché come sta scritto - chi vuole vantarsi si vanti nel Signore>> . Dopo aver criticato , in nome della stoltezza divina o della croce , la ricerca della sapienza umana in atto nella chiesa di Corinto , in 2 ,6-16 15 Paolo ribalta il discorso dicendosi possessore e portatore di una sapienza partecipa bile «tra i perfetti» , «non di questo mondo>> , ma di Dio , «misteriosa» ( en mysterio-i) , nascosta e sconosciuta agli «arconti» di questo mondo , cioè alle autorità ebraiche che di conse guenza hanno condannato Cristo alla crocifissione 16 (vv . 6-9) . L'a postolo in realtà è stato beneficiario di una rivelazione divina media-
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J. MuRPHY-O'CoN NOR, « lnterpolations in l Corinthians» , in CB Q, 48( 1 986) , 8 1 -84 respinge l ' ipotesi che 2,6- 1 6 sia non-paolino. 16 Cf. M . PESCE, Paolo e gli arconti a Corinto . Sto ria dellD ricerca (1888-1975) ed esegesi d1 J Cor 2, 6.8, Brescia 1 977.
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ta dallo Spirito capace di scrutare persino le profondità del mistero di Dio (v. 10) . Ora queste due volées dell'unità letteraria sono quali ficate ambedue da citazione biblica . La prima al v. 9 spiega la defi cienza umana nel conoscere tale sapienza di Dio incarnata nella cro ce di Cristo , in particolare la chiusura degli «arconti» che hanno cro cifisso «il Signore della gloria» ; la seconda al v. 16 dimostra l'accessi bilità della suddetta sapienza en mysteri6-i esclusivamente per via «spirituale» , accessibilità mostrata nell'esperienza che Paolo ha fat to . Si può dunque notare , ancora una volta , che le citazioni bibliche sono collocate in posizione strategica, appunto a chiusura delle due parti del brano come prova di quanto detto . Per la citazione biblica di 2 ,9 («Ciò che occhio non vide e orec chio non udì e non salì nel cuore d'uomo, questo Dio ha preparato per quelli che lo amano») è stato indicato il testo di Is 64, 3 («Dall'eternità non udimmo né i nostri occhi videro Dio» ) , ma con scarsi risultati probativi . La soluzione più probabile è che anche qui Paolo dipenda dalla tradizione orale , a sua volta influenzata dalla corrente apocalittica . . Più interessante invece è la citazione di 2 , 16: «Infatti (particella che introduce in senso probativo la citazione) chi ha conosciuto il pensiero del Signore che lo istruirà?», riferita a Is 40, 13ac («Chi ha conosciuto il pensiero del Signore , e chi è stato suo consigliere , che lo istruirà?») . Paolo ha affermato in precedenza e provato che l'uo mo «pneumatico», cioè dotato dello Spirito , come tale conosce la sa pienza divina en mysteri6-i. Ora afferma ancora una volta dopo la ri vendicazione del v. lO («Ma a noi Dio (lo) ha rivelato mediante lo Spirito») , dunque intende ribadirlo , di essere autentico possessore della sapienza suddetta , di cui parla «tra i perfetti» . A questo scopo cita l'interrogativo di Is 40, 13ac, a cui fa seguire la propria risposta : «Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo» (2 , 16b) . Il problema genera le dell'uomo spirituale capace di conoscere «anche le profondità di Dio» (v. 10) diventa il problema di Paolo apostolo e della sua auto revole legittimità di dispensatore del mistero di Dio. La difesa della «parola della croce» si abbina così alla difesa del suo carisma aposto lico contro le detrazioni dei «sapienti» di Corinto . In breve , la cita zione biblica è momento dialettico (un interrogativo a cui egli dà una sua risposta) della sua apologia apostolica . Inoltre si noti il pas saggio dalla prospettiva «teologica» (nella citazione «il Signore» è JHWH a quella cristologica : il Ky rios (v . 16a) è il Christ6s (v. 1 6b) . Ma anche i n campo pneumatologico Paolo è interprete creativo. Se nel contesto «spirito» e «pensiero» (pnefima/nofis) sono paralleli , la 73
rivendicazione di 2 , 16b: «Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo» si riferisce al possesso dello Spirito di Cristo , spirito di rivelazione del mistero sapiente di Dio . L e citazioni d i 3 , 19b e 3 ,20 ripetono il rifiuto divino della sapien za umana, già evidenziato con la citazione di 1 , 1 9 , e parimenti fun zionano da dimostrazione della «propositio» : «La sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio» (3 , 19) , che a sua volta riprende la tesi di 1 , 17b- 18. La teologia paolina della croce , che ha il suo punto di partenza e la sua base nel Kerygma cristiano di Gesù morto e risorto (cf. l Cor 15 ,3-5) , si sviluppa come teologia «biblica» che assume dalla Scrittura gli elementi probativi della paradossale iniziativa di vina incentrata nel «Cristo crocifisso , scandalo per i giudei e stoltez za per i gentili , ma per i chiamati, sia giudei che greci , Cristo poten za di Dio e sapienza di Dio» ( 1 ,23s) . In breve c'è coerenza nell'agire divino lungo la storia e il Padre di Cristo è lo stesso Dio che si è espresso nella Scrittura. In particolare , il dettato della citazione di 3 , 19b: «Colui che cat tura (ho drass6menos) i sapienti nella loro astuzia (en té-ipanourgia-i auton)» si riferisce a Gb 5 , 13a ma con differenze non da poco : «Co lui che afferra (ho katalambfmon) sapienti nella intelligenza (en té-i phronése-i)» . Ora non sembra ipotizzabile che sia stato Paolo a cam biare , perché drassesthai, che appare solo qui , non è certo verbo preferito dall'apostolo . Inoltre nel contesto della sua antitesi di sa pienza umana e sapienza divina gli sarebbe stato più utilizzabile phr6né-sis invece di panourgia . D'altra parte il greco di 1 Cor 3 , 1 9 appare più vicino a l TM ; , perché i l verbo e i l sostantivo suddetti cor rispondono meglio rispettivamente a lkd e 'rm , senza dire del prono me possessivo auton abbinato a panourgia-i presente nel testo ebrai co . In conclusione siamo di fronte a «una recensione prepaolina di questo passo» , recensione ebraizzante del testo greco dei LXX. 17 Dal punto di vista del contenuto questo testo biblico , figurato , si rappresenta Dio che , come un cacciatore intento a catturare gli uc celli nella rete , fa dell' astuzia stessa dei sapienti la trappola della lo ro rovina. Nel contesto di 1 Cor 1-3 esprime la condanna divina dei sapienti «di questo mondo» . 18 : •
. l
., •
17 18
Kocn , Dze Schrift a/s Zeuge . . . , 71s. . .. « Mondo» m questa formula, che ncorre anche in 1 Cor 5,10; 7,3l ed è analoga a « questo eone» (cf. 1 Cor 1 ,20; 2.6 8; 3 , 1 8 ; 2Cor 4,4; Gal 1,4; Rm 12,2) è inteso da Paolo negativamente sul piano soteriologico . ·
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La citazione di 3 ,20: «II Signore conosce i pensieri dei sapienti (ton soph6n) che sono vani (mataioi)» riproduce esattamente Sal 93 , 1 1 con la variante di «i pensieri dei sapienti» al posto di «i pensie ri degli uomini (ton anthropon) » , imputabile con probabilità a Paolo stesso che così adatta il testo biblico al tema della sezione di l Cor 1-3 . Non sono dunque tutti i pensieri degli uomini ad essere svaluta ti come «vuoti» , ma solo quelli dei sapienti «di questo mondo» che sono in antitesi con la sapienza divina incarnata nella stoltezza della croce . Con questa prova scritturistica Paolo può contrapporre alla ricerca della sapienza umana dei corinzi il giudizio svalutativo di Dio. D'altra parte la sua theologia crucis porta il contrassegno legit timante della parola divina.
2 . 2 . Fondatezza teologica della risurrezione dei morti ( l Cor 15) È stata la negazione di alcuni credenti della chiesa di Corinto ad aver imposto a Paolo un problema di soteriologia antropologica ri guardante la risurrezione da morte : «Come possono dire alcuni di voi che non c'è risurrezione dei morti?» (v. 12) . 19 Egli l'affronta col legandolo inscindibilmente con il credo cristologico presentato nei vv . 1 - 1 1 , in concreto con la risurrezione di Gesù : la fede in questa comporta la speranza in quella. Per chiarire tale nesso ricorre all'im magine cultuale della «primizialaparch� » di cui evidenzia il duplice valore espressivo di causalità efficiente e di priorità cronologica. A nzitutto «Cristo è risuscitato dai morti primizia di quanti si sono addormentati nella morte» (v. 20) nel senso che per mezzo suo si avrà la risurrezione dei morti (anastasis nekron) (vv. 2 1 22) In se condo luogo è risuscitato come primizia di un processo che porterà alla risurrezione di quelli che gli appartengono (hoi tou Christou) e al traguardo finale della storia salvifica segnato dal regno di Cristo e infine dal regno di Dio con relativa condanna all'impotenza di «ogni principato e di ogni potestà e potenza (vv. 23-24) . Ora questa è la ragione ultima della fondatezza della speranza nella risurrezione dei morti: la signoria universale e cosmica di Cri-
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9 Cf. J . -N . ALETTI , «L'argumentation de Paul et la position des Corinthiens: 1 Cor 1 5 , 12-34» , in La résurrection du ChrlSI et des chrétrens (J Cor 15) , a cura di L. DE LOREN Zt , Roma 1 985 , 63-81 ; M . CARREZ «Résurrectton et seigneurie du Christ: lCor 1 5 ,23-28» , ivi, 127 - 1 40 ; K. MùLLER, «Dìe Leiblichkeit des Heils : IKor 15 ,35-58», ivi, 1 71 - 255 . 1
,
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sto . Altrimenti la morte vi sfuggirebbe , continuando a regnare sul mondo . Ma è anche il luogo esatto in cui Paolo colloca due citazioni bibliche senza formule introduttorie . 20 Al v. 25 cita il Sal 109 , 1 : « È necessario (del) infatti che egli (Cristo) regni ( basileuein) finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi» ; e al v. 27 cita il Sal 8, 7 : «Tutto infatti sottomise sotto i suoi piedi» . L'apostolo dimostra così biblicamente la prospettiva del regno u niversale e cosmico di Cristo . Non si tratta di un'eventualità aleatoria ma di una necessità intrinse ca del disegno salvifico di Dio manifestato nella Scrittura (dei) . Dal punto di vista contenutistico è una signoria che assoggetta tutti i ne mici (pfmtas toùs echthroùs) e sottomette tutto il cosmo (panta) : il primo aspetto è indicato con la citazione del Sal 109 e il secondo ci tando il Sal 8. Oltre a dimostrare la regalità di Cristo con la vittoria sulle poten ze cosmiche che la contrastano nella storia e nel mondo , 21 le due ci tazioni scritturistiche permettono a Paolo di farvi rientrare esplicita mente la vittoria sulla morte (cf. vv . 55 e 57) e dunque la risurrezio ne dei morti . Definisce infatti la morte «l'ultimo nemico» di Cristo , che per poter affermare il suo regno deve metterla fuori combatti mento (katargéo) (v. 26) al pari di «ogni principio e di ogni potestà e potenza» (v. 24) . Allo stesso modo funziona la seconda citazione bi blica del v. 27 ; come documenta anche la particella «infatti» , essa si riferisce alla morte : questa fa parte del cosmo (panta) che Cristo sot tomette ; dunque anche Sal 8 ,7 dimostra direttamente la vittoria sul la morte. Il confronto poi del1e due citazioni bibliche dei vv. 25 e 27 con i rela tivi testi «septuagintali» del Salterio , da un lato , evidenzia la profonda interpretazione cristologica messa in atto da Paolo e, dali 'altro , mostra non poche libertà di linguaggio , che hanno indotto sia Ellis sia Koch ad escludere 15 ,25 dall'elenco del1e citazioni bibliche . Ecco a fronte la ci tazione paolina del v. 25 e il testo dei LXX del Sal 109 : dei gàr autòn basileuein achri hou thé-i pantas toùs echthroùs hypò toùs p6das autou
Kathou ek dexiòn mou héos àn th6 toùs echthroùs sou hypop6dion tòn podon sou
La diversità letteraria più grande è nel primo stico : al posto dell'im-
in
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w Cf. J. LAMBRECHT, «Paul's Christological Use of Scripture in 1Cor 1 5 ,20-28» , NTS, 28( 1982) , 502-527 . 21 Cf. H. SCHLIER, Principati e potestà nel Nuovo Testamento , B rescia 1967 .
perativo divino rivolto al re d'Israele «Siedi aJla mia destra» Paolo afferma la necessità «che egli (Cristo) regni» . Comunque , a parte il verbo «è necessario» , il contenuto appare identico : sedersi alla de stra di Dio vuoi dire partecipare della regalità divina. Paolo vi ha ag giunto di suo il motivo della necessità , di una necessità di tipo scrit turistico (Schriftnotwendigkeit) , come ha ben detto Weiss nel suo commento citato da Lambrecht , indispensabile aJI'andamento della argomentazione teologica . La regalità di Cristo nel suo spessore uni versale e cosmico , che comporta la soluzione del problema sollevato dai negatori di Corinto, ha bisogno infatti di essere dimostrata, e l'a postolo lo fa ex sacra scriptura . Non potrà non realizzarsi il regno di Cristo su tutto e su tutti , quindi anche sulla morte , perché dichiarato nella Scrittura. La scelta del verbo basileuein poi , invece della for mula plastica «Siedi alla mia destra» , è comandata dal motivo del re gno (basi/eia) di Cristo del v . 24 . Parimenti alla iniziativa di Paolo si deve il fatto che nella sua citazione è lo stesso Cristo che vincendo sottomette a sé i nemici , mentre nel Salmo era Dio che donava al re il regno . 22 Restano da spiegare le diversità minori , che sono anche le più difficili da attribuire a un deliberato intervento di chi cita: achri hoit al posto di hé6s àn e la preposizione hypò al posto del sostantivo hy pop6dion (sgabello) . È probabile che Paolo abbia ricevuto tale cita zione biblica dalla tradizione orale protocristiana , in cui doveva ave re un suo posto se è vero che Sal l09 , 1 viene più volte citato nel NT (cf. Mt 22,44 che si distingue dal testo dei LXX soltanto per l'avver bio hypokat6 al posto del sostantivo hypop6 rjion ; At 2 , 34 e Eb 1 , 13 che riproducono esattamente il testo dei LXX) . La preposizione in vece del sostantivo potrebbe essere stata suggerita dall'analogia con la citazione di Sal 8 ,7: « . . . sotto i suoi piedi» . Che poi sia stato Paolo ad aggiungere a «nemici» l'aggettivo «tutti» è più che probabile , vi sto che egli dimostra la regalità universale di Cristo . Ecco ora il confronto della cit azione paolina del v . 27 con il testo LXX di Sal 8 ,7 : panta (gàr) hypétaxen hypò toùs p6das autou
panta hypétaxas hypokat6 ton pod6n autou
�2 aut6nlautou con tutta probabilità si riferisce appunto a Cristo e non a Dio , Il quale è senz'altro il soggetto della formula «nella sua parusia» del v . 23 e del verbo «quando consegnerà il regno a D10 e Padre» del v. 24.
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Di rilievo è anche qui il cambio di persona del verbo : chi ha sotto
messo tutto è identico al beneficiario di tale sottomissione , mentre in Sal 8 ,7 è Dio creatore che ha sottomesso tutto all'uomo . In ogni modo l'originalità delle due citazioni paoline è la rilettura cristologica: è Cristo risorto che «deve» diventare sovrano universale e cosmico nella sua parusia (v. 23) . La sua signoria comincia con la pasqua e avrà il suo compimento pieno quando sarà riuscito a vincere le potenze cosmiche , sconfiggere la morte risuscitando i suoi e sotto mettere tutto a sé . Anche ammesso , come si ritiene probabile (cf. Lambrecht) , che la lettura giudaica del Sal 1 09 fosse messianica , non viene meno la peculiarità ermeneutica di Paolo che lo riferisce al ri sorto e al suo futuro di cosmocratore . Ciò vale ancor più della rilettu ra del Sal 8,7: ciò che vi era detto dell'uomo e del suo dominio creatu rale sulla terra ora passa a indicare la signoria cosmica ed escatologi ca di Cristo . Dunque si è verificato un doppio passaggio ermeneuti co , dall'antropologia alla cristologia e dalla storia all'escatologia . Anche nella seconda parte del capitolo (vv. 35ss) l'uso della Scrittura è al centro dell'elaborazione teologica di Paolo , impegnato ora a rispondere all'interrogativo : «Come sono risuscitati i morti? Ma con quale corpo vengono?» (v. 35) . Come su base cristologica ha mostrato la fondatezza del fatto della futura risurrezione così ora af fronta cristologicamente il problema della sua modalità: i risorti sa ranno a immagine del risorto , uomin i «pneumatici» e non «psichici» . A questo riguardo l'apostolo sviluppa il parallelismo d i Cristo e Adamo , presente già in 1 Cor 1 5 ,21-22 e che tornerà , ampliato , in Rm 5 , 12-21 . Il confronto qui è sulla falsariga di Gen 2 e non , come altrove , di Gen 3 e viene stabilito con un'esplicita citazione : «Così anche sta scritto : egéneto ho protos imthropos A dàm eis psychèn zii san; ho éschatos A dàm eis pneuma zoopoioun» (v. 45 ; cf Gen 2,7) . Il testo dei LXX è in realtà solo punto di partenza e attesta soltanto la prima parte della citazione : «Kaì egéneto ho imthropos eis psychèn zosan» . Paolo precisa che si tratta del primo uomo e aggiunge il no me Adam ; prepara così la seconda parte che è di suo conio , ispirata dall'antitesi . Questa in concreto viene sviluppata da due punti di vi sta: collocazione diversa nella trama della storia, all'inizio e alla fi ne, e specifica individualità, psyché l'uno e pneuma l'altro . Cristo è l'uomo escatologico (ho éschatos imthropos) , rispetto all 'uomo pro tologico (ho protos imthropos) , e «spirito vivificante» rispetto al l'«essere vivente di vita psichica» . Il confronto prosegue con riso nanze ancora della Genesi ma solo a proposito del primo uomo . Cronologicamente prima c'è l'uomo psichico e poi viene l'uomo 78
«pneumatico» . Inoltre il primo uomo è terreno tratto dalla terra (ek gés choik6s: cf. Gen 2,7a: éplasen ho theòs tòn {mthropon choiin apò tés gés) , il secondo uomo (è) dal cielo (ex 'ouranoii) (vv . 46-47) e ce leste (epouranios) (vv . 48-49) . Nella diversità però i due uomini han no in comune di essere prototipi di umanità fatte a loro immagine : «Q uale il terreno , tali anche i terreni ; e quale il celeste , tali anche i celesti ; e come abbiamo portato l'immagine del terreno, porteremo anche l'immagine del celeste (vv. 48-49) . Dalla Scrittura Paolo ha preso di fatto il prototipo dell'uomo animato da vita psichica o naturale , dunque un polo della sua antite si ; l'altro , il p rototipo dell'uomo animato da vita dello Spirito o so prannaturale , viene dalla sua riflessione sul credo di Cristo risorto , riflessione arricchita con tutta probabilità dalla temperie culturale giudaico-ellenistica che rileggeva la Genesi sulla direttrice del duali smo filosofico di corpo e spirito e di terra e cielo . 23 Ma egli ha attri buito alla Scrittura anche v. 45b , che pure appartiene alla citazione biblica come documenta l'aggiunta di protos e di Adàm in 45a per preparare il polo antitetico dell'éschatos Adàm . Senza dire che la funzione probativa attribuita alla citazione («Così anche sta scritto») nei confronti della tesi del v. 44: «Se c'è un corpo psichico , c'è anche uno pneumatico» si annullerebbe se 45b non fosse inteso da Paolo come parola scritturistica . In realtà egli mostra una grande libertà ermeneutica, guidato dal credo cristologico e pronto a piegare la pa rola biblica a strumento della sua elaborazione teologica. La citazione di 1 5 ,54b-55 : «allora diventerà evento (genésetai) la parole che è scritta (ho 16gos ho gegramménos) : È stata ingoiata la morte (ho thanatos) nella vittoria (eis nikos) . Dov'è, o morte (thana te) , la tua vittoria? Dov'è , o morte (thanate) , il tuo pungiglione?» s'innesta nello sviluppo conseguente della suddetta prospettiva . Dall'antitesi «psichico/pneumatico» Paolo è passato alla corrispon dente duplice contrapposizione «corruttibile-mortale/ incorruttibili tà-immortalità» (phtarth6n-thnèt6nlaphtharsia-athanasia) (vv. 5054a) , che egli motiva ricorrendo a una citazione in cui sono abbinati due testi biblici. Is 25 ,8 è citato in una forma che riproduce la versio ne ebraizzante di Teodozione e non dei LXX .24 Os 13,14 invece è ri-
23 Cf. in proposito G . SELLI N , Der Streit um die A uferstehung der ligio nsgeschichtliche und exegetische Untersuchung von l Korinther
1986.
24
Cf. KocH ,
Die Schrift als Zeuge
. . . , 61-63.
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Toten. Eine re
15,
Gottingen
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prodotto con uno spostamento di parole , appunto con pronome e vocativo anticipati , e con la ripetizione del vocativo thtinate nel se condo stico , dove il testo oseano ha il sinonimo «ade» . E di nuovo l'apostolo fa seguire una interpretazione del testo bi blico definendo come pungiglione della morte "il peccato operante per mezzo della legge . Conclude poi il tutto con una «eucaristia» : «Ma sia grazie a Dio che ci dà la vittoria mediante il Signore nostro Gesù Cristo» (v . 57) . Il motivo biblico della vittoria sulla morte pervade così tutto il capitolo , collegandone le due sezioni ( 1 -34 ; 35ss) . 25
2 . 3 . La lezione della generazione dell'esodo ( l Cor 10, 1 - 13) 26 In un non lontano passato gli esegeti in maggioranza leggevano questa pagina come l'esempio più chiaro , insieme con Rm 5 , 12-21 , della tipologia paolina : il passaggio del mar rosso , la manna e l'ac qua scaturita dalla roccia sono per l'apostolo prefigurazioni profeti che di eventi sacramentali dell'era cristiana . Un nome su tutti L. Goppelt , 27 a cui si aggiunga ora Hays che accentua la lettura tipolo gica d'Israele nel deserto , prefigurazione della chiesa . 28 Tanto più che in 1Cor 10,6 e 1 1 ricorre il termine rypoiltypikos . Ma ultimamen te si è verificata un'inversione di tendenza. Già nel 1 965 K. Galley29 evidenziava «la funzione ammonitrice» della storia dell'esodo e del deserto qui richiamata e diceva: «Dio ha fatto degli ammonimenti allora che valgono adesso per i corinzi» . 3° Con maggior determina zione ancora si è espresso W . L . Willis: «Paolo non vuole stabilire un modello tipologico per l'interpretazione dell'AT, ma usare questi esempi per esortare i corinzi». 3 1 25 La citazione di 15 ,32 invece motiva soltanto una conseguenza inammissibile della negazione della risurrezione: ••Se i morti non vengono risuscitati , mangiamo e beviamo, domani infatti moriamo». S'inserisce così nei brani 1 2- 1 9 e 29-34 che inten dono escludere la tesi negatrice di un gruppo della chiesa di Corinto facendo leva sul le conseguenze negative . Il testo biblico citato alla lettera è ls 22, 1 3 . 26 Cf. G. BARBAGLIO, ••"E tutti in Mosè sono stati battezzati nella nube e nel ma re " ( 1 Cor 1 0 ,2)» , in Alle origini del battesimo cristiano . . , a cura di P . R . TRAGAN , (Studia Anselmiana 106) , Roma 1 99 1 , 1 67-191 . 21 Cf. il suo celebre studio Typos. Die typologische Deutung des Alten Testaments im Neuen , Giitersloh 1939 e la voce omonima di GLNT XIII . 28 Echoes of Scripture . . . , 87- 1 04 . 29 Altes und neues Heilsgeschehen bei Paulus , Stuttgart 1965 . 30 Altes und Neues . . . , 15 e 1 7 . /do/ Meat in Corinth. The Pauline A rgument i n l Corinthians 8 and 10, Chico 1985 , 125. Sulla stessa linea si possono citare H. CoNZELMANN . Der erste Brief an die .
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L'analisi attenta del brano conferma , mi pare . questo punto di vista. La rievocazione del passato caratterizza la prima unità dei vv 1 -5 : «i nostri padri» , «tutti» , fecero esperienze salvifiche uguali a quelle cristiane : battesimo «in Mosè » , formula coniata sul battesimo eis Christòn (cf. Rm 6 , 3 ; Gal 3 ,27) , cibo e bevanda «spirituali>> al pa ri della cena del Signore , la presenza del Cristo nel deserto («ma la roccia era il Cristo») ; «eppure nella maggior parte di essi Dio non si compiacque , infatti furono abbattuti (passivo teologico) nel deser to» (v. 5) . L'applicazione ai credenti di Corinto specifica la seconda unità dei vv. 6- 1 3 . Il collegamento è stabilito ai vv. 6 e 1 1 : «Ora que ste cose avvennero quali nostri tjpoi affinché non fossimo noi cupidi di cose cattive , come quelli peccarono di cupidigia» ; «Ora tutte que ste cose accadevano loro typikos, e sono state scritte per nostro am monimento (eis nouthesian hemon) , di noi ai quali è venuta incontro la fine dei tempi» . Si tratta di un' applicazione di carattere morale che fa appello alla responsabilità dei battezzati in Cristo e dei parte cipanti alla Cena del Signore : non devono ripetere la condotta della maggior parte dei beneficiari dell'esodo («non come quelli») , la cui storia tragica è stata messa per iscritto per loro salutare ammoni mento (nouthesia) . L'orientamento pastorale e pratico trova confer ma negli imperativi che specificano nel contesto le due affermazioni «tipiche»: «né diventate idolatri/né fornichiamo/né mettiamo alla prova il Signore/né mormorate» (vv . 7-10) ; «Cosicché chi crede di stare saldamente in piedi veda di non cadere» (v. 12) . A che cosa s i riferiscono i due pronomi «Queste coseffutte que ste cose » (taitta/tauta panta ) che fanno da soggetto alle affermazioni «tipiche»? Alle esperienze negative dei p adri , appunto di peccato e di castigo (cf. vv. 5 e 7-10) , e non a quelle positive (battesimo in Mo sé , cibo e bevanda «spirituali») dei vv . 1 -4 . Solo la riprovazione divi n a («non si compiacque») e i castighi divini possono valere da «de terrente» per i credenti di Corinto che Paolo minacciosamente esor ta a non comportarsi come i padri , se non vogliono finire nella loro stessa perdizione . La formula ripetuta «non come quelli» (v . 6) e « non come alcuni di loro» (vv. 7 . 8 . 9 . 10) collega i due termini di con fronto in rapporto a peccato-perdizione . Senza dire che le esperien ze positive della generazione dell'esodo dei vv . 1-4 sono già state in terpretate teologicamente a partire dall'esperienza salvifica dei cre denti , come è stato detto sopra .
Korinther, Gottingen 1 969;
U . Luz, Das
Geschichtsverstiindnis des Paulus, Miincben
1 968, 1 1 7- 1 23 ; KocH , Die Schrift als Zeuge
.. . ,
21 1 -220.
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Per questo sembra provato che il significato di tjpoi e di typik6s sia quello di esempio e modello , un esempio non da imitare ma da contraddire , appunto un esempio ammonitore. Si potrebbe dire che sono una lezione di vita , un'applicazione del detto «historia docet» vista però non come storia edificante, bensì quale storia tragica che ammonisce a non ripeterla . L'accentuazione dell'identità di espe rienze salvifiche fatte da credenti e dai padri dei vv . 1 -4 sta a dire che quelli hanno in comune con questi uno stesso passato di grazia, che sarebbe pericoloso valutare come una garanzia assoluta: «Chi crede di stare saldamente in piedi veda di non cadere». In questo contesto Paolo non solo rievoca fatti della storia dell'e sodo , narrata in Es, Nm , Dt , Sap, ma colloca una citazione esplicita al v. 7: «
32
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«Divertirsi» qui si riferisce all'idolatrica adorazione del vitello d'oro.
2 . 4 . Le altre citazioni bibliche di lCor La citazione di 5 , 1 3 conclude immediatamente il brano 9- 1 3 , in cui Paolo esorta i credenti di Corinto a prendere drastica distanza dal «fratello» che «sia fornicatore o avaro o idolatra o maldicente o ubriaco o ladro» (v. 1 1 ) . In questo modo infatti egli precisa una pre cedente prescrizione di non mescolarsi con fornicatori non intesa be ne dai corinzi (v. 9) : si riferiva, dice , non « ai fornicatori di questo mondo» (v. 10) , ma a quelli che fanno parte della comunità . Su que sti , non su quelli , egli e la chiesa corinzia hanno potere di giudizio (vv. 12-13a) : un potere giudiziario di scomunica, come appare dal contesto precedente dei vv. 1 -8 . Infatti qui l'apostolo aveva invitato i suoi interlocutori a unirsi a lui nell'emettere una sentenza di espul sione dell'incestuoso dalla chiesa di Corinto per consegnarlo a sata na (vv . 3-5 ) . Il dovere , per la comunità corinzia , di una pronta e de cisa azione espulsiva appare ancora al v . 2: i corinzi sono venuti me no al doveroso compito di «togliere di mezzo a loro» l'incestuoso , e al v. 7 : «depurate(vi) del vecchio lievito» . La citazione biblica di 5 , 13b chiude tutto il capitolo con un imperativo di carattere espulsi vo : «Togliete via il malvagio da voi stessh> . Il testo greco citato , Dt 17 ,7c , ha il verbo al futuro e al singolare : «Toglierai via . . . » , ma si tratta di un singolare collettivo essendo indirizzato al popolo d'I sraele. In questo modo Paolo mette i suoi interlocutori davanti a un preciso imperativo divino e la sua imperativa esortazione appare co sì divinamente legittimata . Con la citazione biblica d i 6,16b : «Infatti saranno , dice (phesin) , i due una sola carne>> , che riporta alla lettera Gen 2 ,24 LXX , Paolo vuole dimostrare che l'unione sessuale con la prostituta fa dei due «Un solo corpo» , ma sottintende «Un solo corpo carnale» (v. 16a) . Infatti passa dal termine «corpo>>, che gli era stato imposto dall'im magine delle membra e del corpo del v. 15 , a quello di «carne>> . At tribuisce così all'unione suddetta una valutazione negativa, cui può contrapporre l'unione , di segno positivo , con il Signore in «Un solo spirito>> (v. 16c) . Ora questa esclude quella, come è detto «explicitis verbis>> al v. 1 5 : «Prendendo dunque le membra di Cristo (ne) farò membra di prostituta? Non sia mai ! >> In altre parole , Paolo argomenta basandosi sul carattere esclusi vo dell'unione dei credenti con Cristo , incompatibile con unioni ses suali consumate sotto il segno della prostituzione . A tale scopo cita il testo di Gen che fonda istituzionalmente i rapporti sessuali nel ma trimonio ; ma disattende il senso positivo originario e accentua il te-
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nore delle parole bibliche , appunto la formula «una sola carne » , an titetica a «un solo spirito» . Per lui sarx e pneuma sono due dinami che opposte della persona, l'una all'insegna dell'egocentrismo e l'al tra espressiva di agape che è appunto «il frutto dello Spirito» (cf. Gal 5 , 1 6-26) . In breve , la citazione biblica serve da snodo del corso del suo pensiero teso a mostrare l'inconciliabilità tra l'una e l'altra unio ne : la prima «carnale» , la seconda «spirituale» . L a citazione d i 9 ,9: «Infatti nella legge d i Mosè sta scritto : Non metterai la museruola (phimoseis , ma sulla base di importanti codici Nestle-Aland preferisce il sinonimo kemoseis) al bue mentre treb bia» , che nprende alla lettera Dt 25 ,4 serve a Paolo per motivare im mediatamente il diritto di chi lavora , in concreto del soldato di pro fessione , dell'agricoltore e del pastore , di trame il necessario sosten tamento (v. 7): una motivazione non umana, ma della Scrittura ( = della Legge) , dunque d i valore divino . M a a prima vista i l testo bibli co parla di animali. Paolo fa dunque seguire alla citazione la sua in terpretazione enunciando come criterio ermeneutico il principio che Dio si preoccupa «di noi», non degli animali e che le sue parole val gono di quelli , non di questi (vv . 9b-10a) . È discusso invece se lOb sia una citazione : «Per noi infatti fu scritto : chi ara deve arare nella speranza e chi trebbia nella speranza di esserne partecipe». Diversi studiosi , tra cui Koch, 33 ritengono che «fu scritto» introduce una citazione biblica , con libera formulazione di un non meglio precisato testo biblico citato nella tradizione. Ma ci sembra più probabile la tesi negativa . La formula «Per noi fu scrit to» è risposta all'interrogativo: «Oppure per noi in ogni modo (lo) dice (Dio) ?» e questo si rifà alla domanda retorica precedente: «Forse che dei buoi Dio si dà pensiero?». Risposta e domanda ser vono tutte a spiegare il senso di Dt 25 ,4: non agli animali mentre arano e trebbiano si riferisce Dio , ma agli uomini che arano e treb biano , come precisa il v. 10. Ma per applicare la Scrittura a Paolo e Barnaba che , come tutti i predicatori del vangelo , hanno il diritto di farsi mantenere , riceven do sostentamento dal loro lavoro apostolico , l'apostolo deve passare dai lavoratori agricoli ai lavoratori della causa del vangelo , e lo fa con l'immagine del seminatore : «Se noi abbiamo seminato per voi le cose spirituali, (è) gran cosa se noi mieteremo le cose carnali?» (v .
33 84
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Dze Schrzft als Zeugll � • • • 411..1 "1
1 1 ) . Dunque la citazione biblica svolge un ruolo importante nell'af fermazione , da parte di Paolo , del proprio diritto - diritto divino - di farsi mantenere , appunto attraverso un processo ermeneutico arti colato che permette due passaggi : dagli animali agli uomini , dai la voratori agricoli ai lavoratori del vangelo . In ogni modo nel c. 9 il fi ne primario di Paolo non è quello di provare il suddetto diritto , ma di sottolineare la sua decisione di non avvalersene (cf. vv . 1 5ss) . La citazione di 1 0,26: «del Signore è la terra e ciò che la riempie» , che riproduce esattamente Sal 23 , 1 LXX , motiva (vedi «infatti» , che la introduce) l'esortazione paolina del v . 25 a mangiare senza scrupo lo di coscienza «tutto ciò che si vende al mercato» . Si tratta infatti di cose create da Dio , dunque buone di natura . Non è quindi lecito de monizzare gli idolotiti , che per se stessi si possono consumare tran quillamente . La Scrittura è liberante e Paolo vi si appella per questo . La citazione di 14,21 : «Nella legge sta scritto : Parlerò a questo popolo in lingue straniere e con labbra di stranieri , ma neanche così mi ascolteranno , dice il Signore» riproduce un testo di Is 28 , 1 1s più vicino al TM che ai LXX e profondamente cambiato da Paolo . 34 La sua funzionalità deve essere valutata ne l contesto in cui l'apostolo intende mostrare i limiti della glossolalia , parola incomprensibile e sterile per chi la sente , e la superiorità della profezia che è invece pa rola comprensibile e costruttiva . Ora se ciò vale in rapporto ai mem bri della comunità (vv . 1 - 1 9) , altrettanto si deve dire per gli estranei , per i quali la glossolalia è talmente incomprensibile da apparire una forma di pazzia , mentre la profezia è parola capace di suscitare in lo ro reazioni positive (vv . 22-25) . Paolo intende il testo biblico citato come parola riguardante la glossolalia , di cui indica il carattere di lingua straniera e dunque impossibile da capire . D 'altra parte la cita zione biblica evidenzia che in essa è Dio che parla attraverso il glos solalo. Per questo l'apostolo può definirla «un segno» per i non cre denti , ma un segno non percepito come tale , non compreso , dunque un segno inefficace . Se in altri numerosi casi la citazione biblica ser viva da conclusione di una sezione , ora e ssa introduce un nuovo ar gomento a favore della tesi generale dal capitolo: la profezia è supe riore alla glossolalia .
. .
34
Cf Kocu, Dze Schrzft als Zeuge
.
.
.
, 63-66 .
85
e
3 La Scrittura in Paolo nelle comunità paolinel
Rinaldo Fabris
: Il corpus delle sacre Scritture ebraiche alla fine del II secolo a . C . , come appare dal prologo del traduttore greco del Siracide , è già sostanzialmente formato . A partire dalla metà del III secolo a . C.
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87
nell'ambiente della diaspora giudaica di Alessandria d'Egitto , per ragioni liturgiche , giuridiche e interessi culturali , viene fatta la ver sione dei testi biblici ebraici nella lingua greca. Essa inizia con il Pentateuco e si estende progressivamente agli altri libri della Bibbia ebraica. Quella che solitamente viene chiamata la traduzione dei «Settanta» (LXX) , è una rilettura del testo originale ebraico . I voca boli e le categorie biblico-semitiche sono tradotti e interpretati con i modelli linguistici e culturali del mondo greco-ellenistico . 2 Questo corpus di scritti sacri nella loro versione greca viene assunto dai pri mi cristiani di lingua greca. Paolo di Tarso , nato nella diaspora giudaica e venuto a contatto con i giudeo-cristiani della Siria - Damasco e Antiochia - porta con sé il bagaglio religioso e spirituale dei padri . Egli infatti ci tiene a di re che è «Israelita, della discendenza di Abramo , della tribù di Be niamino» (Rm l l , lb). Anche se Paolo considera i suoi privilegi etni co-religiosi ebraici una «perdita» a confronto della nuova ecceziona le «conoscenza» di Cristo Gesù , suo Signore , tuttavia egli non conte sta la elezione di Israele , di cui sono segno «l'adozione a figli , la glo ria , l'alleanza, la legislazione , il culto, \e promesse , i patriarchi» (Fil 3,4-9 ; Rm 9,4-Sa) . Infatti Paolo riconosce che Gesù , il Messia , nella sua origine storica, «secondo la carne» , viene da Israele . Perciò egli può affermare che il vangelo di Dio , «riguardo al Figlio suo nato se condo la carne dalla stirpe di Davide» , è «Stato promesso per mezzo dei profeti nelle sacre Scritture)) (Rm 1 ,2) . La presente ricerca si propone di esaminare l'uso che fa Paolo della scrittura prendendo in considerazione in primo luogo i dati offerti dal suo epistolario, sia dal gruppo delle lettere attribuite senza dissensi all 'apostolo - le sette lettere autentiche - sia quello delle sei lettere che fanno parte della tradizione paolina . Il punto di partenza sono le citazioni esplicite dei testi biblici e anche i ri mandi impliciti a formule ed espressioni della B ibbia presenti nel l'epistolario paolino . Su questa base è possibile affrontare anche il problema della forma del testo biblico adoperato da Paolo , il suo metodo di lettura della Bibbia e soprattutto i criteri ermeneutici che ispirano l'interpretazione dei testi di quella che egli chiama la «vecchia alleanza» (2Cor 3 , 1 4) . ,q . . ,. ,
P. LAMARCHE, scia 1990, 1 3-62. 2
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\:,,'
«< Settanta», in La Bibbia alle origini de{la chiesa, ($8 92), Bre·l
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l.
LE CITAZIONI DELLA SCRITTURA NELLE LETTERE DI PAOLO
Per una corretta valutazione dell'uso della Scrittura nell'episto lario paolino è opportuno fare in via preliminare una distinzione tra «citazioni esplicite» dei testi biblici e quelle che per semplificazione chiamo «citazioni implicite» . Nella prima serie rientrano quei testi biblici che sono introdotti da una formula di «citazione» : «sta scrit to» , «è detto» , « dice» (il Signore , Mosè , Davide , Isaia) . Nel gruppo delle «citazioni implicite» colloco quei testi paolini che riportano una frase biblica nel contesto del dettato epistolare senza un'esplici ta formula di introduzione. In alcuni casi però non è chiaro se si trat ta di citazioni esplicite perché il testo biblico è inserito in una catena di citazioni mediante un richiamo kaì paJin , «e ancora» o un sempli ce kaì (Rm 1 5 , 1 1 ; 2Cor 6 , 1 8) Altre volte la frase biblica, inserita nella trama dell 'argomenta zione paolina , è attribuita nel contesto all' autorità di Mosè o di Dio : «Mosè infatti scrive , grapheì, riguardo alla giustizia , quella dalla leg ge , che "l'uomo che la pratica vivrà per essa" . Invece della giustizia, quella dalla fede , dice , légei, così : "Non dire nel tuo cuore : Chi sali rà al cielo? ")) (Rm 10,5-6; Lv 1 8,5 ; Dt 30, 12) . In altri casi il dettato paolino riecheggia la fraseologia di uno o più testi biblici . Questi te sti li considero citazioni implicite , distinte dalla semplice ripresa di uno o più termini ed espressioni di matrice biblica. Di fronte a questi testi paolini oscillanti tra citazioni esplicite , implicite o echi di for mule bibliche, è comprensibile la diversificazione che si verifica nel computo delle «citazionh) bibliche nell'epistolario paolino . 3 Nella presente analisi considero «citazioni esplicite)) solo quelle in cui il testo biblico è introdotto da una formula di citazione , men tre computo unitariamente la catena di testi come quella di Rm 3 , 101 8 , introdotta da un'unica formula (Rm 3 , 10a) . Sulla base di questo .
3
ELLIS, Paul's Use of the Old Testament, 12. 1 50-152 , calcola 33 citazioni del l 'AT; MICHEL, Paulus und seme Bibel, 10- 1 3 , conta 87 citazioni dell'A T nelle sole quattro lettere maggiori di Paolo ; G. BARBAGLIO, Le lettere di Paolo , l, Roma 21990, 5 5 , n. 73 , parla di 83 citaziom delle sacre scritture nelle lettere paoline compresa Co lossesi, dove non si riscontra nessuna citazione esplicita, ed Efesini; PENNA, «Atteg giamenti di Paolo verso \'AT», 438 , nn. 3 . 4 , dice che su circa 90 passi della l Cor inte ressati all' AT , nove si presentano come «Citazioni esplicite con apposita introduzio ne>> ; in 2Cor si contano 40 presenze dell'AT con cinque citazioni esplicite ; Gal offre sette citazioni esplicite e Rm quarantadue , a cui SI devono aggiungere sette casi di ri porti senza introduzione.
89
criterio nelle sette lettere paoline considerate autentiche - Rm, 1 -2Cor, Gal , Fil , 1Ts , Fm - si hanno complessivamente 59 citazioni esplicite della sacra Scrittura . Esse sono così distribuite : Rm 40 ; 1 Cor 1 0 ; 2Cor 5 ; Gal 4. Nel gruppo delle altre sei lettere del corpus paolino , esclusa la lettera agli Ebrei , le citazioni bibliche esplicite sono in tutto 2 , precisamente una in Ef 4,8 e una in 1Tm 5 , 1 8 . Le co siddette «citazioni implicite>> della Bibbia assommano a 30 nelle let tere paoline autentiche e a 16 in quelle della sua tradizione . Ancora una volta è in testa la lettera ai Romani con undici rimandi biblici, seguita da 1 Cor e 2Cor con sei , da Gal con cinque , e infine da Fil e 1Ts con uno solo. Tra le lettere cosiddette deuteropaoline si distin gue la lettera agli Efesini con 10 riferimenti a testi biblici , seguita dalla 2Ts con quattro e da 1Tm e 2Tm con uno solo . Non si riscontra nessun rimando biblico nella lettera ai Colossesi , in quella a Tito e nella piccola lettera a Filemone . 4 In questo contesto è utile per capire l'uso della scrittura in Paolo e nelle sue comunità esaminare le formule di citazione o introduzio ne dei testi biblici . Quella più frequente , 17 ricorrenze complessive , è kathos gégraptai, «come è o sta scritto» . Essa si trova in 1 3 passi della lettera ai Romani , 2 rispettivamente della l Cor e 2Cor. Ad es sa può essere assimilata l'espressione gégraptai gar, che si riscontra in otto casi : 4 in Gal e 2 in Rm e 1 Cor. Una variazione stilistica della prima è la formula meno frequente hosperlhoutos gégraptai ( 1 Cor 10,7; 15 ,45). 5 Altre varianti costruite mediante il ricorso al verbo graphein nella forma passiva , che rimanda implicitamente all'azione o iniziativa di Dio , sono: kata to gegramménon (2Cor 4 , 13) ; én gar to-i Moiiséos nomo-i gégraptai ( 1 Cor 9 ,9) . Nella stessa categoria possono rientrare le formule in cui si dice : «Mosè scrive» , grapheì (Rm 10,5) .
4 Ne l l a lettera agli Ebrei, che nel canone tradizio nale fa parte del corpus pao li no , si verifica un'oscillazione nel computo delle citazioni bibliche da 32 a 39 ; cf. R . FABRIS , «Uso e in t e rp reta zion e della Scrittura i n Ebrei» , i n L e lettere di Paolo, III, Roma 21989 , 6 1 4-623 ; lo . , «La lettera agl i Ebrei e l'Antico Testame nto» , in RivBib ,
32( 1984) , 237-252. 5 La formula di c i ta zione kath6s gégraptai co rr i spo n de a q ue ll a in uso nei testi di Qumran: ktlasher kiitub, «secondo quanto è scr i tto» (IQS VIII , 1 4 ; CD VII , 19) ; kf' ken kiitub (J QS V , l 5 . 1 7; cf. CD 1 , 1 3 ; V ,l; IX,5) . Vi si ri scont rano anche altre formu le adoperate pure da Paolo nella co rri sp onde nt e versione greca : 'iimar 'Él, «Dio d is se» (CD Vl , l 3 ; cf. Vlll ,9 ; IX ,7.9; XX,22 ; l l QMelch 2 . 1 1 ) ; 'iimar Yesha'yiih , « I sa i a disse» ( CD Vl,8; Vll , l 1 . 1 4 . 1 6) ; «Mosè ha detto» (CD VIII , l 4 ; XX,26) .
90
Più frequenti sono le espressioni in cui si menzion a la «scrittu ra» , graphé, come sogget to del verbo légei: quattro volte in Rm e un a volta in Gal 4,30 e in lTm 5 , 1 8 (cf. Gal 3,8) . ln altri casi il so g get to espresso o sottinteso del verbo légein è Dio (Rm 1 5 , 10 ; 2Cor 6,2 ; Ef 4 ,8) ; oppure l'autore biblico : Mosè , Davide , lsa ia, Ose a (Rm 4,7; 9 ,25 ; 10,19 .20; 1 1 ,9; 15 , 12) . A queste formule possono es sere assimilate quelle in cui ricorre il verbo «dire» nella forma passi va herréthe (Rm 9 , 12) È da segnalare anche l'uso del sostantivo 16gos come nell'espressione inconsueta di 1 Cor 15 ,54: h6 l6gos ge gramménos . Dalla rassegna di queste formule di citazione dei testi biblici si intuisce la concezione della Scrittura che le ispira. La Bib bia in quanto testo o documento scritto è «parola di Dio» , lo spazio privilegiato della sua libera e autorevole comunicazione anche se mediata dagli autori sacri .
L A FORMA DEL TESTO BIBLICO CITATO DA PAOLO
2.
Esiste una sostanziale convergenza tra gli studiosi nel riconoscere che le citazioni bibliche dell'epistolario paolino fanno riferimento per lo più al testo della versione greca dei «settanta» . 6 La conferma di questo si può ricavare dalla costatazione che in alcuni casi l 'argomen tazione paolina fa leva proprio sulla forma della versione greca del t esto . È questo il caso di 1 Cor 2 , 16 che rimanda senza formula di cita zione al testo di ls 40, 1 3 , ripreso anche in Rm 1 1 ,34, Nel breve com mento di applicazione Paolo riprende letteralmente l'esp ressione della versione greca dì Is 40, 13a : tìs gàr égnò noun Kyriou , «ora noi abbiamo il pensiero di Cristo , noun Christou» ( l Cor 2 , 16c) . Il testo ebraico di Isaia 40, 13a invece ha l'espressione rual} JHWH, che do vrebbe essere resa con il corrispondente greco pneuma Kyriou . Un secondo caso è quello di 2Cor 8 ,21 , da confrontarsi con Rm 1 2 , 1 7 , dove Paolo introduce nel suo dettato epistolare senza formule di citazione la fraseologia biblica ricalcata sul testo di Pr 3 ,4: «Ci preoccupiamo proonoumen , infatti di comportarci bene non soltan to davanti al Signore , ma anche davanti agli uomini>> (2Cor 8,21 ; Rm 12,17) . Il rimando implicito di Paolo è conforme all ' edizione dei
6
tazioni
ELLIS, Paul's Use of the Old Testament, 150- 1 5 2 , ritiene che quasi i 213 delle cibibliche paoline concordino con il testo dei «Settant a » . " i ,
91
LXX, dove ricorre lo stesso verbo proonoein : «elemosine e fedeltà non ti abbandonino , attaccale al tuo collo e troverai grazia; provvedi le cose buone davanti al Signore e agli uomini» (Pr 3 ,4, LXX) . Il te sto ebraico ha un'altra forma : «scrivile sulla tavola del tuo cuore , e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini» (Pr 3 ,4, TM) . Singolare è l'utilizzazione del testo di Es 34 ,34 nella seconda let tera ai Corinzi nel confronto stabilito da Paolo tra le due alleanze , la «nuova» , quella dello Spirito , e la «vecchia» , quella della lettera. Paolo fa leva sul testo biblico relativo al velo di Mosè . Il testo ebrai co dice : «quando entrava davanti al Signore per parlare con lui , Mo sè si toglieva il velo , fino a quando non fosse uscito» (Es 34,34ab) . La versione dei LXX dice che Mo')è «quando entrava davanti al Si gnore , eisporeueto énanti Kyriou, si toglieva il velo» . Paolo rilegge il testo biblico così : «ma quando ci si converte al Signore , epistrépsei pròs Kyrion , verrà tolto il velo» (2Cor 3 , 16). In casi come questo , in cui Paolo si discosta sia dalla forma del testo ebraico sia dalla sua versione greca dei LXX , si potrebbe ipotizzare che egli riformuli li beramente il testo biblico in funzione del suo scopo argomentativo. Ma non si può scartare l'ipotesi che egli dipenda da una tradizione li turgica giudaica che rilegge il testo biblico in un'altra forma come è documentato dalle versioni-parafrasi targumiche e dai commenti giudaici successivi . 7 In breve si può dire che Paolo quando cita esplicitamente il testo biblico o rimanda ad esso in modo implicito o allusivo ha presente la versione greca dei settanta e su di essa in genere fonda la sua argo mentazione . Ma in alcuni casi, soprattutto nelle citazioni implicite , il rimando biblico paolino diverge dalla suddetta versione greca. In ta li casi si possono formulare diverse ipotesi. La prima è che Paolo ri traduca per conto suo il testo originale ebraico , come si può costata re in lCor 3 , 1 9 , dove viene citato il testo di Gb 5 , 1 3 . Una seconda ipotesi è che Paolo ritocchi la versione dei LXX per adattarla al con testo della sua argomentazione . In questo caso si verifica già a livello di tradizione o edizione testuale il processo interpretativo del testo biblico citato . Infine non può essere esclusa l'ipotesi che Paolo citi o si riferisca a testi richiamati a memoria e perciò divergenti per alcuni
7 In realtà sia 1 Targumim s1a 1 commenti rabbmici interpre.._, l'«èntrare da vanti al Signore» nel senso di <
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particolari sia dal testo originale ebraico sia dalla relativa versione dei LXX . Ma si deve fare spazio anche all'eventualità che Paolo di penda da un' altra edizione o tradizione manoscritta dei LXX, oppu re che egli dipenda dalla lettura targumica o giudaica del testo bibli co come nell'esempio succitato di 2Cor 3, 17. Ma in queste diverse ipotesi e soprattutto nell'ultima si dove riconoscere che il fenomeno della citazione di un testo biblico sfocia spontaneamente in quello della sua interpretazione .
3.
I TESTI BIBLICI E I CONTESTI DELLE CITAZIONI PAOLINE
Un passo ulteriore per tentare di precisare l'uso della scrittura nelle lettere di Paolo e della sua tradizione è quello di considerare la collocazione dei testi biblici citati nel canone ebraico e nel contesto dell'epistolario paolino . A tale scopo non ha molta importanza la scelta della forma o suddivisione del canone dei libri biblici : quella tripartita ebraico-palestinese ( Tonih , Nebijm , Ketubim) , oppure quella greco-ellenistica della diaspora assunta dai cristiani (testi legi slativi , storici , profetici e poetici) . Quello che emerge dall'analisi delle citazioni bibliche esplicite e implicite nell'espistolario paolino è la netta preponderanza dei testi ripresi dal Pentateuco o Torah, complessivamente 36, cosl distribuiti: citazioni esplicite
citazioni implicite
14
8
6
7 LEvmco
5
2
3
2
l
12
7
5
GENESI Esooo
DEUTERONOMIO
Seguono le citazioni dai libri profetici con una netta prevalenza de l lib ro di Isaia con 25 citazioni , di cui 1 9 esplicite e sei implicite . Ad esso seguono Geremia con 3 , Abacuc 2 , Osea, Gioele e Malac chia rispettivamente con una sola citazione . Va segnalata anche la preferenza per le citazioni dal libro dei Salmi con 22 citazioni com p lessive , di cui 15 esplicite e 7 implicite . Gli altri libri biblici sono 93
rappresentati in modo sobrio e discontinuo come il gruppo degli sto rici : 1 S m e 2Sm con una sola citazione rispettivamente implicita ed esplicita , e 1 Re con due citazioni esplicite . Due soli dei libri poetici o sapienziali, che rientrano nel gruppo dei Ketubim del canone ebraico , sono presenti nelle citazioni paoline : Giobbe con due cita zioni implicite e il libro dei Proverbi con quattro rimandi impliciti . Da questa rapida rassegna delle citazioni bibliche nelle lettere di Paolo si ricava l'impressione che egli abbia una preferenza per alcu ni autori o testi del canone biblico . Questa impressione viene con fermata dal fatto che gli stessi testi sono ripresi all'interno di uno stesso contesto di una lettera oppure in altre lettere in contesti ana loghi. È sintomatica la citazione di Gn 1 5 ,6, relativa alla fede e giu stizia di Abramo in Gal 3,6 e in Rm 4,3b . 9 . 22. Anche il riferimento al Sal 143,2: «nessun uomo sarà giustificato davanti a Dio» , utilizza to da Paolo in Gal 2 , 1 6 nel dibattito sulla giustificazione per mezzo della fede in Cristo , e ripreso in Rm 3,20. Anche il testo di Abacuc 2,4: «il giusto vivrà mediante la fede» , introdotto a sostegno del principio della giustificazione mediante la fede in Gal 3 , 1 1 , ritorna nel dettato paolina di Rm 1 , 17 per formulare la tesi della lettera sul la «giustizia di Dio» che si rivela nel vangelo . Anche il testo di Ger 9 ,24: «chi si vanta si vanti nel Signore)) ' viene citato nelle due lettere ai Corinti per esprimere un tema preferito dall'apostolo ( 1 Cor 1 ,3 1 ; 2Cor 1 0 , 17) . Dall'analisi di queste ricorrenze dei testi biblici nell'epistolario paolina si costata che non solo si ha una concentrazione di citazioni esplicite in alcune lettere - Rm 40, 1 Cor 10, 2Cor 5 , Gal 4 - ma che questa si verifica in alcuni contesti caratteristici della teologia e spiri tualità di Paolo . Questi riguardano il punto nodale della giustifica zione per mezzo della fede in opposizione alle opere della legge , il problema della continuità e discontinuità del processo storico-salvi fico , il compimento delle promesse di Dio in Cristo , la prospettiva escatologica e infine la prassi etica dei credenti. In quest'ultimo caso è di rigore il riferimento al decalogo , concentrato nel comandamen to dell'amore del prossimo secondo la formulazione di Lv 19, 1 8 (Gal 5 , 14 ; Rm 13 ,9) . A questo punto è legittimo porsi la questione se Paolo faccia ri corso ad un repertorio fisso di citazioni bibliche e se questo inventa rio di testi biblici possa essere fatto risalire alla tradizione pre paolina come avviene per alcune formule del kerygma o professioni di fede o la prassi liturgica. R. Penna ritiene che nell'ambito delle comunità paoline non c'è stata una «vagliatura sistematica dei testi 94
biblici in funzione della nuova fede cristiana» . 8 Tuttavia si deve os servare che le catene di citazioni bibliche, che si hanno in Rm 3 , 1018; 10 , 11- 12 e 1 1 ,3-4 . 8- 10 .26-27 , fanno supporre che Paolo può con tare su alcune raccolte embrionali di testi biblici . Un discorso a parte deve essere fatto per l'antologia di testi biblici riportata in 2Cor 6, 16b- 1 8, introdotta dalla formula inconsueta di citazione : «come Dio stesso ha detto» . L'insieme del brano di 2Cor 6 , 1 4-7 , l pone problemi di carattere letterario perché si inserisce bruscamente nel contesto e il suo stile e tenore risentono dell'ambiente giudaico o qumranico . 9 4.
L'INTERPRETAZIONE DEI TESTI BIBLICI IN PAOLO
Dalla ricerca condotta fin qui sull'uso , frequenza e tipologia del le citazioni bibliche nel corpus epistolare paolino risulta che Paolo fa ricorso alle citazioni bibliche o riprende la fraseologia dei testi sacri in base ad alcuni criteri che si possono ricondurre alle strutture por tanti della sua teologia o del suo orientamento spirituale . Per coglie re la prospettiva ermeneutica di Paolo è opportuno distinguere nella sua lettura della Bibbia tra metodo esegetico e criteri interpretativi . Sotto i l profilo della metodologia esegetica s i può riconoscere che Paolo è debitore della tradizione esegetica palestinese come viene ricostruita sulla base dei testi rabbinici e soprattutto dei documenti di Q umran. Tra le sette regole , middot, attribuite a Gamaliele il «vecchio» , morto dopo i1 20 d . C . , rientra anche quella che si chiama qa/ wa-IJomer, «dal più facile al più difficile» , che si riscontra in 1 Cor 15 ,42-44 e Rm 5 , 15-17 nel confronto tra Adamo e Cristo . Anche l'argomentazione per analogia, P:zerah shawah , « uguale designazione», è utilizzata in Rm 4,3-8 nella citazione e interpretazione di due testi biblici che ripor tano la stesso termine logizesthai (Geo 1 5 , 6 ; Sal 31 , 1 - 2 ) . Ma l'esegesi paolina rivela delle singolari affinità con quella pra tic ata n egli ambienti q umranici come si può verificare dal confronto
8 PE NNA, «Atteggiamenti di Paolo verso l'A T» , 446, n . 27, con relativa biblio grafia e note critiche . 9 Per una pa noramica sui problemi e le soluzioni proposte nguardo a q uesto te sto , 2Cor 6 ,14-7 , 1 , cf. M. CARREZ, La deuxième épltre de Sarnt Paul aux Corinth1ens , ( CNT(N) 8) , Genève 1986, 1 64-169 , con la relativa bibliografia , 164- 165 .
95
tra le lettere di Paolo e i commenti biblici frammentari trovati nelle grotte della comunità giudaica . Normalmente viene citato un brano del testo biblico commentato , a cui si fa seguire la spiegazione intro dotta dalla formula: pishr6 cal, «la sua interpretazione si riferisce a . . . » ( 1 QpAb 1 ,2. 1 3 ; 11 , 1 . 12) . Questo metodo di lettura si può acco stare a quello adoperato da Paolo in Rm 10 ,6-8 , dove la citazione del testo di Dt 30, 1 2 : «Chi salirà al cielo?» , e Dt 30, 1 3 : «Chi discen derà nell'abisso?», è seguita dall'espressione greca tout'éstin , «cioè per farne discendere Cristo . . . per far risalire Cristo dai morti» . Ma quello che contraddistingue la lettura paolina da quella qum ranica non è la metodologia esegetica , ma il criterio ermeneutico . Nell'ambiente qumranico il criterio è desunto dalla coscienza esca tologica o apocalittica che sollecita i membri della comunità giudaica ad attualizzare i testi biblici in funzione delle proprie aspirazioni re ligiose . Nel caso di Paolo è la coscienza fondata sulla fede cristologi ca come appare dalla sua dichiarazione esplicita in 2Cor 1 , 1 9-20. Nel contesto del chiariment <,> epistolare con la comunità corinzia che contesta all'apostolo di non avere mantenuta la parola circa una sua precedente visita promessa , Paolo in qualità di banditore del vange lo si appella alla fedeltà e veracità di Dio , che stanno alla base e co stituiscono il nucleo del suo annuncio. Infatti dice Paolo: «il Figlio di Dio , Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi , io Silvano e Timo teo, non fu "sì" e "no" , ma in lui c'è stato il "sì " . E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sonò diventate "sì"» (2Cor 1 , 19-20a) . Un esempio di questa lettura attualizzante del testo biblico da parte di Paolo si ha in quello che si può chiamare un midrash peshér su Abramo in Rm 4 , 1 -25 e Gal 3 ,6- 18. Nel primo testo Paolo proce de in modo sistematico . Annuncia dapprima il tema e il testo guida di Geo 15 ,6 introdotto dalla formula di citazione : tì gàr hé graphé lé gei (Rm 4 , 1 -4) . Questo testo ripreso di seguito più volte viene com mentato e ampliato mediante il riferimento ad altri testi biblici intro dotti per associazione tematica . Oltre al termine succitato logiz e sthai, anche l'espressione biblica riferita ad Abramo «padre di molte genti» e il vocabolo «seme-discendenza» fanno da guida nella sele zione delle citazioni bibliche e nello sviluppo dell'argomentazione . Analogamente nella lettera ai Galati , dopo l'annuncio tematico sul rapporto tra fede e giustizia sulla base del testo di Gn 1 5 ,6 , si svi luppa il commento facendo leva su alcuni termini guida: eulogia , «benedizione» , epangelia , «promessa» . In Gal 3 , 16 è palese il proce dimento esegetico di marca giudaica che si impernia sull'analisi let terale del testo , ma ispirato ad un criterio ermeneutico tipicamente 96
cristologico. Siccome il testo biblico di Genesi 12,7 usa il vocabolo «Seme-discendenza» al singolare , esso si riferisce non a molti , ma ad «uno solo , cioè a Cristo» (Gal 3 , 1 6) . Questo procedimento interpretativo paolino s i riscontra anche nella sezione di Gal 4,21-3 1 , dove ancora una volta la vicenda di Abramo viene interpretata in una prospettiva attualizzante . In que sto caso si è soliti parlare di interpretazione allegorica della Bibbia, perché Paolo dice espressamente che la storia biblica dei matrimon i di Abramo «sono cose dette allegoricamente , allégoroumena» (Gal 4,24a) . Va riconosciuto che tale modo di parlare richiama quello di Filone di Alessandria che nei suoi commenti sulla storia biblica dei patriarchi fa ricorso al verbo allégorein per introdurre la trasposizio ne «allegorica» degli eventi e personaggi biblici rappresentativi del l'itinerario spirituale dell'anima umana e delle sue virtù (De Iosepho 6,28; De Abr. 15 , 68) . Ma va anche detto che la lettura paolina delle due donne di Abramo, Agar e Sara, e dei rispettivi figli , è guidata da una prospettiva ermeneutica cristologica ed ecclesiale . I personaggi biblici e la loro storia non vengono svuotati della loro valenza storica in vista di una trasposizione spirituale o morale , ma sono riletti co me eventi e figure anticipatrici o profetiche della realtà cristiana. È il compimento delle scritture bibliche in Cristo che consente a Paolo di fame una trasposizione attualizzante . Questo criterio ermeneutico è applicato in modo sistematico nel la rilettura degli eventi biblici dell'esodo e del deserto in funzione parenetica , per far ripensare i cristiani di Corinto al significato e ruolo della loro esperienza sacramentale che corre il rischio di essere compromessa dalla loro partecipazione ai banchetti sacri ( l Cor 10, 1 -13) . La simmetria tra le due situazioni, quella biblica dei «no stri padri» e quella della comunità corinzia , è costruita da Paolo in un montaggio di testi biblici guidato dalla prospettiva catechistico parenetica : «i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraver sarono il mare , tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nu vola e nel mare , tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bev vero la stessa bevanda spirituale : bevevano infatti da una roccia spi rituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo» ( l Cor 10 , 1- 4) . Quest'ultima identificazione che fa Paolo tra la roccia dell'acqua e Cristo , anche se ispirata ad alcune concezioni giudaiche , diventa la chiave ermeneutica della storia biblica appena evocata. 1 0 Infatti egli 10
Il nfenmento paolino alla «roccia spintuale», che segmva 11 popolo d1 Dio nel deserto, trova un riscontro nelle tradiziom esegetiche gi u d aiche , dove il pozzo d1 cui
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introduce l 'applicazione della storia di Israele alla situazione dei cri stiani di Corinto con questa dichiarazione ermeneutica: «Ora ciò av venne come esempio per noi , tauta dè rypoi hémon egenéthésan» ( l Cor 10,6a) . E alla fine dei quattro esempi della storia del deserto , che devono servire come ammonimento per i cristiani , Paolo ripren de la formula iniziale : «tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, tauta dè typikos synébainen ekeinois, sono state scritte per ammonimento nostro , di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi , tà télé ton aionon katéntéken» ( l Cor 1 0 , 1 1) . Nonostante l'intento parenetico della sezione l a duplice presa di posizione ermeneutica di Paolo , che fa leva sul lessico «tipologico» , lascia intuire la sua prospettiva dinamica della storia salvifica conse gnata nel testo biblico . L'espressione paolina «fine dei tempi» rivela la coscienza della svolta escatologica che fa perno sull'evento di Ge sù Cristo , il quale porta a compimento tutte le promesse di Dio . Una conferma di tale prospettiva ermeneutica paolina si ricava da un te sto della lettera ai Romani , dove , in un contesto ancora di carattere parenetico , Paolo commenta la citazione del Sal 69 ,9 con l'afferma zione che «tutto ciò che è stato scritto prima di noi , è stato scritto per nostra istruzione perché in virtù della perserveranza e della con solazione che ci vengono dalle scritture teniamo viva la nostra spe ranza» (Rm 15 ,4) . I l ricorso all'esegesi tipologica si riscontra nel capitolo quinto della lettera ai Romani , dove l'apostolo stabilisce un raffronto tra Adamo , che ha introdotto nel mondo il peccato e con il peccato la morte , e Cristo che con la sua obbedienza e giustizia ha inaugurato il regno della vita . In questo contesto Paolo presenta Adamo come «t"ypos, figura di colui che doveva venire» (Rm 5 , 1 4c) . La stessa pro spettiva ermeneutica guida Paolo nel capitolo quindicesimo della prima lettera ai Corinzi . Per rispondere all'obiezione di alcuni cri stiani di Corinto circa la modalità della risurrezione dei corpi , Paolo si richiama all'evento della creazione del primo uomo . Sulla base del testo di Gn 2,7 «l'uomo , Adam , divenne un essere vivente» , egli di stingue due fasi nella creazione dell'essere umano , prima il corpo naturale tratto dalla terra , e poi quello spirituale che viene dal cielo
si parla in N m 2 1 , 1 6 è identificato con la fonte del capitolo precedente , per cui si con clude che la roccia dell'acqua seguiva Israele nel suo cammino (Sukka , 1 11 , 1 1 , Tosef ta: BILLERBECK 111 , 408) . FILONE DI ALESSANDRIA identifica la roccia degli eventi del deserto con la sapienza (Leg. Ali. 1 1 ,86; Det. pot. ins. 1 1 8) ; CH . PERROT, «Les exem ples du desert» ( 1 Cor 10, 6- 1 1 ) , in NTS, 29( 1983 ) , 437-452.
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( l Cor 15,44b-47) . Anche Filone Alessandrino intravede una distin zione analoga nel racconto biblico della creazione , ma con un'altra prospettiva ermeneutica. 11 Il criterio ermeneutico che guida Paolo nell a distinzione tra il «primo» e il «secondo» o «ultimo» Adamo è la fede cristologica. Gesù, riconosciuto come Cristo e Figlio di Dio a partire dalla risurrezione dai morti , diventa il punto di arrivo e il compimento della scrittura intesa come profezia o promessa del tempo salvifico finale. 5.
IL RUOLO DELLA «LEGGE» IN PAOLO
A questo punto si pone il problema del ruolo che Paolo assegna all' AT nella sua visione storico-salvifica che ha il suo fulcro nell'e vento cristologico . Questo problema si intreccia con quello della va lutazione paolina della «legge>> . In questo contesto non è possibile affrontare il dibattito in tutta la sua complessità. 1 2 B asta richiamare schematicamente tre diversi livelli «ermeneutici» presenti nei testi paolini circa la «legge» . Intesa come sistema salvifico la legge per Paolo è superata o esautorata. Cristo infatti è la «fine» , télos, della legge e quindi anche della «giustizia» che si consegue con l'osservan za della legge , le «opere della legge» (Rm 10 4) Tale legge infatti non libera dal peccato , ma dà solo la conoscenza o piena coscienza del peccato (Rm 3 ,20; 5 , 20) . In tale prospettiva la legge non ha una funzione positiva, ma solo quella del «controllore» o custode del l'uomo schiavo del peccato (Ga1 3 , 19-25 ) . La legge infatti come co dice esterno di prescrizioni è impotente a dare la salvezza. Essa è ,
.
11 Anche FILONE m ALESSANDRIA parte dal testo di Genesi 2,7 per distinguere due generi di anthr6pos: l'uno celeste e l'altro terrestre, il primo creato ad immagine di Dio (Gn 1 ,26) e il secondo plasmato dalla terra (Leg. Ali. 12,31 ; Op . mund. 1 34; Quaest. in Gen. 1 4 ) . La prospettiva ermeneutica di Filone è essenzialmente antropo logica con preoccupazioni etiche. 12 L . GASTON , Pau/ and the Torah , Vancouver 1987 ; C.T. GEER, <<Pau! and the Law in Recent Discussion» , in RestQ , 3 1 ( 1 989) , 93- 107 ; H . HiiBNER, Das Gesetz bei
Paulus. Ein Beitrag zum Werden der paulinischen Theologie, (FRLANT 1 1 9) , Gottin LIEBERS , Das Gesetz als Evangelium. Untersuchungen zur Ge setz kritik des Paulus , (A ThA NT 75) , Ziirich 1 989; J . S . MARINO, Pau/ and the Law: to ward a do ctrine of Church Law , Roma 1 988 ; B . L . MARTIN, Christ and the Law in Pau/, (NT. S 62) , Leiden 1989 ; R. PENNA, «Il problema della legge nelle lettere di Pa olo . Alcuni aspetti » , in RivBib 38( 1 990) , 327-352 ; E . P . SANDERS , Pau/, the Law an d t� e lewis h People , Philadelphia 1983 ; tr. it . : Paolo, la legge e il popolo giudaico , ge n 1 978, 319832 ; R :
Bresci a 1 986.
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dunque un regime di schiavitù e di morte perché coinvolta nel dina mismo del peccato (2Cor 3,6-7 ; Rm 7 ,6- 13) . Sotto questo profilo Paolo può dire al cristiano battezzato che il dinamismo dello Spirito comunicato da Cristo «ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte» (Rm 8,2) Quindi tutta la realtà del primo testamento , che ha il suo fulcro nella legge di Mosè , è limitata e provvisoria . In un confronto polemico con quelli che si richiamano alla figura presti giosa di Mosè, Paolo afferma che quanti leggono l' AT al di fuori del la prospettiva cristologica non sono in grado di coglierne il messag gio salvifico. In una lettura midrashica del testo di Es 34,34-35 , dove si dice che Mosè si metteva un velo sul volto dopo il suo incontro con il Signore , Paolo intravede un'immagine della realtà attuale : «infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane non rimosso alla lettura del l' Antico Testamento , perché è in Cristo che viene eliminato» (2Cor 3 14) . Ma questa valutazione negativa della legge come sistema salvifi co alternativo a Cristo non impedisce a Paolo di ricorrere ai testi bi blici come annuncio profetico o promessa che si compie in Cristo . Pertanto egli può dire che la «giustizia di Dio» , quella che si ottiene per mezzo della fede in Gesù Cristo , si manifesta senza la mediazio ne della «legge» , ma essa è «testimoniata dalla legge e dai profeti» (Rm 3 ,2 1 ) . In questa visione dinamica della storia salvifica Paolo può affermare che la giustificazione per mezzo della fede in Gesù Cristo indipendentemente dalle opere della legge , non esautora la legge , ma la «Conferma» (Rm 3 , 3 1 ) . Il terzo livello ermeneutico riguardo alla «legge» è quello d i ca rattere etico che consente a Paolo di qualificare la legge come «San ta» e «spirituale» , e il comandamento come <<santo , giusto e buono» (Rm 7 , 12 . 14) . Si tratta della legge come espressione autorevole del la volontà di Dio che è concentrata nell'amore del prossimo (Gal 5 , 14 ; Rm 1 3 , 8- 1 0) . Nell'ottica della liberazione dal vecchio regime di schiavitù del peccato , grazie al dinamismo dello Spirito , la «giusti zia della legge» viene portata a compimento nei credenti (Rm 8,4) . Ancora una volta si intuisce che il criterio di valutazione decisivo per Paolo è l'evento di Cristo e il corrispondente dono dello Spirito . So Io in rapporto a questa realtà salvifica definitiva Paolo prende posi zione nei confronti della <
,
100
6.
LA SCRITTURA NELLA TRADIZIONE PAOLINA
Va subito detto che nel gruppo di lettere che fanno parte della tradizione paolina vi è un uso limitato della Scrittura. Pochissime so no le citazioni esplicite : una nella lettera agli Efesini e una nella pri ma a Timoteo (Ef 4,8; l Tm 5 , 18) . Per lo più si tratta di citazioni im plicite , di allusioni o della ripresa del frasario biblico come avviene anche nelle altre lettere del corpus paolino . Rientra ancora nell'oriz zonte della tradizione paolina la presa di posizione nei confronti del Ia «legge» dichiarata «buona» a condizione che se ne faccia un uso legittimo ( lTm l ,8) . In questo caso SI avverte sullo sfondo la polemi ca contro i falsi maestri , che pretendono d1 essere «maestn della leg ge» , nomodidaskaloi. «mentre non cap1scono né quello che dicono , né alcuna di quelle cose che danno per sicure>> ( lTm 1 ,7) . L'autore , che si richiama all'autorità di Paolo , si preoccupa di mettere in guar dia contro le speculazioni delle genealogie chiamate anche ioudai'koì mythoi (Tt 1 , 14 ; cf. lTm 1 ,4 ; 4 ,7 ; 2Tm 4,4) . Per far fronte a queste tendenze sincretistiche dei «falsi maestri>> che minacciano la «sana dottrina» , l'autore delle lettere pastorali presenta il ritratto del responsabile della comunità che deve dedicar si «alla lettura , all'esortazione e all'insegnamento» proponendosi come modello di vita per la comunità (cf. lTm 4 , 12- 16) . In tale otti ca va collocata anche la breve sezione dedicata al ruolo della Scrittu ra per la formazione completa dell'«uomo di Dio>> (2Tm 3 , 1 6) . Nel ritratto ideale di Timoteo , che segue con fedeltà e perseveranza l'e sempio di Paolo , rientra anche la sua formazione biblica e la corretta interpretazione delle Scritture . II discepolo di Paolo fin dall'infanzia conosce le sacre Scritture . Subito si precisa che esse sono in grado di alimentare una conoscenza che è orientata alla salvezza «per mezzo della fede in Cristo Gesù» . Questo riferimento alla fede cristologica è il criterio ermeneutico fondamentale che consente di innestarsi nel d in amismo salvifico della Scrittura. Infatti «tutta la Scrittura, ag giu nge l'autore , è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia comple to e ben preparato per ogni opera buona>> (2Tm 3 , 16) . Il concetto di ispirazione , presupposto dall'autore della lettera, è quello che si riscontra nell'ambiente della diaspora giudaica , testi-
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moniato da Filone Alessandrino. 13 Ma si deve rilevare che nel breve elogio dell'efficacia della scrittura l'orientamento è decisamente pratico o pastorale. Esso è giustificato dalla preoccupazione di far fronte alla propaganda dei falsi maestri che fanno leva sul fascino dei loro mythoi (cf. 2Tm 4 , 1 -6) .
CONCLUSIONI Al termine di questa ricerca sull'uso della scrittura nell'epistola rio paolino si possono individuare alcuni dati convergenti e tratti di stintivi . Paolo e gli autori degli scritti che si richiamano alla sua auto rità ricevono dalla tradizione ecclesiale , assieme al kerygma , il cano ne della Scrittura. Gli elementi fondamentali dell'annuncio e della fede cristiana sono associati alla testimonianza profeti ca della scrittu ra (cf. 1 Cor 1 5 , 3-5) . Si tratta per lo più del testo biblico nella versione liturgica dei LXX , anche se in alcuni casi si deve ammettere la possi bilità del ricorso ad un testo diverso ripreso direttamente dall'origi nale ebraico o dalle sue parafrasi aramaiche . Nell'uso del canone del le Scritture ebraiche si devono rilevare alcune preferenze di Paolo al punto che si potrebbe parlare di un «canone paolino» delle Scritture . Anche per quanto attiene ai metodi esegetici Paolo dipende dal l'ambiente giudaico palestinese e della diaspora. Ma proprio nel confronto con la metodologia esegetica giudaica si coglie la novità ermeneutica paolina. La chiave di lettura, ma si potrebbe dire anche di selezione dei testi biblici , è la fede cristologica e solo in subordine la prospettiva ecclesiale e parenetica. È in tale ottica cristologica che Paolo sottolinea la continuità storico-salvifica con l' AT e il supera mento della «legge» come sistema alternativo di salvezza. La Scrit tura in tale orizzonte ha un ruolo decisivo nell'argomentazione di Paolo per elaborare il progetto salvifico di Dio promesso e prefigu rato negli eventi e personaggi biblici e compiuto in Gesù Cristo . Pro babilmente è ancora la fede in Gesù Cristo Signore che fa riscoprire a Paolo i testi profetici di Ger 3 1 ,3 1 e di Ez 36,26-27 sulla nuova al leanza e il cuore nuovo . Su questa piattaforma cristologica si innestano le lettere della tradizione paolina. Anche se la Scrittura in questi testi non ha un
13
A . PlNERo, «Sobre el sentido dc "tbo6pneustos•: 2Tm 3,16», la FgNT,
1 ( 1 988) , 143-1 52
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ruolo determinante nell'argomentazione , essa tuttavia fa da sfondo culturale e offre le categorie e il lessico per elaborare la riflessione in un nuovo contesto culturale e in una diversa situazione ecclesiale . M a nel confronto o scontro con l e nuove tendenze sincretistiche che intaccano la fede cristologica e l'unità ecclesiale il riferimento alla Scrittura costituisce , assieme alla tradizionale professione di fede , un sicuro e solido baluardo .
103
4 La Scrittura nella tradizione s inottica e negli Atti Vittorio Fusco
1.
IL LA VOR Ì O SCRITTURISTICO DEI PRIMI CRISTIANI
Benché redatti in epoca successiva alle lettere paoline , Mc, Mt e Lc-At incorporano un ricchissimo materiale tradizionale . Essi dun que ci offrono la possibilità di studiare l'uso delle Scntture non solo nella prospettiva teologica dei singoli autori , ma anche nelle comu nità cristiane primitive . Non sempre è facile distinguere quan t o risa le alla tradizione e quanto va attribuito al redattore ; ma almeno al cune grandi linee di sviluppo risultano sufficientemente chiare . Né è sempre possibile ricostruire in quale forma si presentasse agli evan gelisti questo lavorìo biblico cristiano già tradizionale : se semplice mente in forma orale o eventualmente , secondo un'ipotesi non con divisa da tutti , in forma di Testimonia , vale a dire di raccolte scritte di passi veterotestamentari scelti come particolarmente importanti per l'applicazione cristiana , soprattutto in vista del dialogo con i giu dei . 1 Quel che comunque appare sicuro , soprattutto quando più scritti cristiani di diversa origine utilizzano una medesima citazione veterotestamentaria con una determinata applicazione cristiana, è l'esistenza dì un certo numero dì testi sui quali la riflessione cristiana dovette soffermarsi assai presto , anteriormente alla differenziazione in varie correnti , e la cui utilizzazione era patrimonio della predica zion e comune .2 Giustamente C . H . Dodd ha sottolineato la posizio1 Cf 8 LINDARS , New Testament Apologeuc. The Doctrma/ Signzficance of the 0/d Testa ment Quotatlons, London 1973 (= 1961 ) , 1 3-3 1 , M MEES , «Senso e tmpor tanza dell' ermeneutica protocnshana>> , m MF 8 1 ( 1 981) , 70- 1 10 Non ho potuto con s ulta re . R LoNGENECKER, B1bhcal ExegesiS m the Apostobc Perwd. Grand Raptds 1984; e D JUEL, Messwnzc ExegesiS Chmtolog1cal Interpretatwn of the Old Testa m ent m Early Chmtwnzty , Phtladelphta 1987 2 Cf. , per esempto, M. GoURGUES, A la droue de D1eu Résurrectwn de Jésus et actualiSatwn du Psaume 110, 1 dans le N T , (EtB) , Pans 1978 .
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ne chiave che questi testi assumono , quasi a metà strada tra il keryg ma più antico e le successive diverse teologie neotestamentarie , an che se altre sue congetture sono rimaste indimostrate . 3 Il materiale da esaminare sarebbe enorme . Oltre alle vere e pro prie citazioni bibliche formalmente presentate come tali, c'è tutta una gamma svariatissima di utilizzazioni , che passa attraverso le ci tazioni non esplicite , quelle di testi ritoccati o di più testi fusi insie me , le allusioni , le reminiscenze , l'uso di immagini , termini , stilemi di sapore veterotestamentario. Il rinvio all' AT si rivela così essen ziale , così radicato , che esaminare l'uso dell'AT nei primi scritti cri stiani equivale in pratica ad esaminare gli scritti stessi nella loro inte rezza . Per brevità ci si dovrà qui concentrare sulle citazioni più espli cite , sottolineando però che anche gli altri tipi di rinvio all'AT non vanno affatto considerati meno ricchi di significato teologico . Ci soffermeremo prima su alcuni esempi presi dai materiali si nottici più caratteristici - passione (§ 1 . 1 ) , miracoli (§ 1 .2) , parabole (§ 1 . 3) dai quali risulterà chiaro come la riflessione cristiana, già prima dei singoli evangelisti , tendeva a richiamarsi sempre più forte mente alle Scritture , sviluppando quanto nell'insegnamento di Gesù era presente solo in maniera più implicita e più globale . Esaminere mo poi come ognuno dei redattori , Mc (§ 2) , Mt (§ 3) , Lc-At (§ 4) , sviluppa ulteriormente questo sforzo in varie direzioni. -
1 . 1 . La passione «Scandalo per i giudei , stoltezza per i gentili» (lCor 1 , 18-25) , la passione si rivela oggetto di una prolungata riflessione dei credenti , mirante non ad eliminarne la dolorosa oscurità ma ad illuminarla al meno in parte, a vederla non come un assurdo ma come un mistero , carico di significato. 4 Nelle predizioni della passione e risurrezione, che ripetute per tre volte scandiscono tutto il cammino di Gesù verso Gerusalemme (Mc 8 ,3 1 ; 9,31 ; 10,32-34, e rispettivi paralleli) , l'accenno alle Scrit-
3 Particolarmente il voler ravvisare un metodo unitario e nconducibiie a Gesù stesso: C . H . DoDD, Secondo le Scritture. Struttura fondamentale della teologia del Nuovo Testamento , B rescia 1972 , 1 12- 1 1 5 . 133- 146. 4 Monografia: M . -L. G uBLE R , D1e fruhesten Deutungen des Todes Jesu , (080 1 5 ) , Gottingen 1977 ; cf. anche E . FLESSEMAN-VAN LEER , «Die Interpretation der Pas Sions eschichte vom Alten Testament aus» , m Zur Bedeutung des Todes Jesu , Giitersloh 1968, 79-96. . , . • • ,
�
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ture si ha solo nella versione lucana della terza predizione (Le 18 ,3 1 ) . Nella formulazione più originaria ci si limitava al nudo p reannunzio degli avvenimenti , oppure si rinviava al disegno di Dio in altra maniera: attraverso l'espressione «è necessario» , già tradi zionale nella letteratura apocalittica. lvi la si trova usata per rivelare che determinati avvenimenti - soprattutto dolorosi e sconcertanti per la fede - fanno parte del disegno di Dio che deve compiersi negl i ultimi tempi : persecuzioni e tribolazioni inaudite per gli eletti (Mc 1 3 ,7 par. ; Ap 1 3 , 10) ; scatenamento e apparente trionfo delle poten ze infernali (Ap 17,10; 20,3 ; cf. 2Ts 2 ,3s) ; scandali, eresie , apostasia di molti fedeli (Mt 24 , 10- 12) ; missione di inviati divini (Mc 9 , 1 1 ) , predicazione del ravvedimento a tutto Israele (At 3 , 19-21) , anche ai pagani (Mc 1 3 , 10 par . ) ; gli eventi finali in genere (Ap 1 , 1 ; 4, 1 ; 22,6) . 5 Lo scopo cui mirava l'autore apocalittico era quello di con fortare i fedeli , afflitti dal protrarsi delle sofferenze , dal ritardo del l'attesa vittoria di Dio; perciò egli fa leva proprio su questi fenome ni , sull'intensificarsi del male , invitando a leggerlo come sintomo che la lotta ormai volge al momento conclusivo. Soggiace il tema della «misura» che a un certo punto sarà colma.6 Il presupposto dun que non è che l'evento in questione sia «necessario» perché profetiz zato nelle Scritture ; tuttavia dall'idea della previsione nel disegno di Dio all'idea della previsione nelle Scritture , il passo è abbastanza breve, e i due temi finiranno per trovarsi unificati (Le 24 ,25-27 . 4447) ; nella formulazione più antica delle predizioni della passione essi però risultano ancora distinti : in essa non il rinvio alle Scritture ma l'accostamento alla tematica apocalittica ha fornito un primo raggio di luce . Una conferma è offerta anche dal racconto della passione , che ri vela tutta una serie di rinvii a testi veterotestamentari , non visti però come «profezie>> . Si tratta infatti essenzialmente di quei salmi in cui risuonava la voce del giusto sofferente . Il presupposto per l'applica zione a Gesù7 non è che quei salmi intendessero riferirsi profetica-
5
[u.r R.
E . FASCHER, «Theologische Beobachtungen zu dei» , m Neutestamentliche Stu Bultmann , a cura dJ W. ELTESTER (BZNW 2 1 ) , Berlin 2 1 957, 228-254. V . F usc o , Parola e Regno. La seztone delle parabole (Mc 4, 1 -34) nella prospet. llva marctana, (Almstana 1 3 ) , B rescia 1 980, 356-361 ; R. STUHLMANN , Das eschatolo glSche Maf3 in NT, (FRLANT 132), Gòttingen 1 983 . 7 Ovviamente non si può escludere che Gesù stesso abbia effettivamente usato come preghie ra in quel momento dei salmi , come aveva fa tto con altri salmi in altri mo menti . dten
107
mente alle sofferenze del Messia anziché a quelle del salmista stesso e di tutti i fedeli sofferenti . Al contrario: proprio il fatto che già in passato tanti altri giusti avevano sofferto, erano stati perseguitati benché innocenti , si rivelava altamente significativo ; offriva una qualche risposta a chi era tentato di vedere nella crocifissione di Ge sù, nel suo essere stato «abbandonato» da Dio , la prova tangibile che Dio non era con lui , che egli dunque giustamente era stato con dannato come falso profeta. Nella luce di quei salmi , invece , proprio questo silenzio di Dio , questo essere «abbandonato» , era già stata l'esperienza di altri innocenti perseguitati ingiustamente . Più che questo o quel testo particolare inteso come «profezia» , era dunque tutto un tema, un insieme di testi, un intero filone veterotestamenta rio che veniva applicato a Gesù . Di qui poi è comprensibile che si sia passati a dare maggior peso a certe coincidenze più particolari, come la divisione delle vesti (Mc 15 ,24 ; cf. Sal 22,19) , l'abbeveratura con mistura amara (Mt 27 ,34; cf. Sal 69 ,22) . Qualcosa di analogo va detto per un terzo tema che è stato di aiuto ai primi cristiani per riflettere sulla sorte dolorosa di Gesù : quello della costante persecuzione , e spesso uccisione , degli inviati di Dio da parte del popolo ostinato (cf. Mt 23 ,37 1 1 Le 1 3 ,34 ; ecc . ) . 8 Anche qui abbiamo piuttosto l'inserimento i n una serie già prolun gata, che non un rapporto profezia/adempimento . Anche riguardo all'utilizzazione dei testi sul «Servo di YHWH» sofferente (Is 52 , 13-53 , 12) ,9 oltre a ricordare che gli antichi non co noscevano la prassi moderna di isola re i cosiddetti «quattro canti del servo di YHWH» dall'insieme del libro di Isaia, sembra necessario distinguere tra la semplice ripresa di qualche espressione particolar mente idonea ad esprimere il senso della morte di Gesù (soprattutto quelle che si incontrano nell'ultima cena : <
8 Monografia: (), H . STECK, lsrael und die gewaltsame Geschick der Propheten. Untersuchungen zur Uberlieferung des deuteronomistischen Geschichtsbildes im A T, Spiitjudentum und Urchristentum , (WMANT 23) , Neukirchen 1967 . 9 L'espressione «servo di Dio>> da sola non rinvia necessariamente ai testi isaiani ma piuttosto ad una terminologia stereotipa di tipo liturgico (cf. in At 4, 25-30: «Da vide tuo servo . . . il tuo santo servo Gesù . . . >> ) . Cf. E . KRXNKL, Jesus der Knecht Got tes. Die hei/sgeschichtliche Stellung Jesu in den Reden der Apostelgeschichte, (BU 8) , Regensburg 197 1 , 125-129. 10 Cf. J . JEREMIAS , «polloi» , in ThWNT VI, 536-546 ; tr. it. : GLNT X, 13291354 � 1 Su At 8,32s cf. § 4 . 3 . 3 .
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Sembra lecito concludere che l'idea secondo cui nella morte di Gesù si adempie ciò che era stato profetizzato nell'AT (Le 18,3 1 ; 24,25-27 . 44 ; ecc . ) v a considerata non punto d i partenza ma punto di arrivo di tutta una prolungata riflessione teologica . Difficile pertan to stabilire a che cosa volesse riferirsi l'antichissima formula keryg matica: «Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture» ( 1 Cor 15,3) : se a qualche testo più determinato o solo a tematiche più generali ; se come «profezia» in senso stretto , o solo come acco stamento , inserimento in un contesto tradizionale che si rivela illu min ante .
1 . 2 . Le parabole Anche nelle parabole il riferimento biblico più originario è quel lo, di tipo globale , al Regno . Può essere normale in esse anche l'uti lizzazione di immagini già classiche nella tradizione veterotestamen taria (il re , il pastore , la vigna , il convito . . . ) non invece il riferimen to a testi particolari , che appare raro e quasi sempre tardivo. 12 An che nel caso in cui, come nella parabola del contadino che attende (Mc 4,26-29) o in quella del granello di senapa (Mc 4,30-32 par.) il riferimento veterotestamentario appare essenziale alla comprensio ne della parabola , 13 ciò vale piuttosto , globalmente , per il tema (la mietitura come simbolo del giudizio , il grande albero come immagi ne di regalità . . . ) che non per testi determinati (Gl 3 , 13 in Mc 4 ,29 ; Dn 4,9. 18 e Ez 17,23 ; 3 1 ,6 in Mc 4,30-32 par. ) . U n caso particolare , più interessante , s i è verificato nella para bola dei vignaioli infedeli (Mc 12, 1-12 par. ) . La parabola vera e pro pria si concludeva con l'espulsione dei coloni , resisi colpevoli del l'uccisione dell'erede (v . 8) . Il punto conclusivo è sottolineato anche dalla domanda che il parabolista rivolge agli interlocutori : «Che farà dunque il proprietario della vigna?» ; e dall'ovvia risposta: «Verrà , farà perire quei criminali , e darà la vigna ad altri» (v . 9) . A questo punto però , inaspettatamente , troviamo ancora qualcosa: «Non ave te letto questo passo della Scrittura: "La pietra scartata dai costrut tori è diventata testata d'angolo , ecc . "» (v. 10; cf. Sal l 18 ,225) . Il fe nomeno , nelle parabole , è inconsueto . Tra l'altro , in questa maniera
12 J . JE REMIAS, Le parabole di Gesù, Brescia 1 967 , 33-35 ; Fusco, Oltre la para bo la. Introduzione alle parabole di Gesù , Roma 1983, 97s. 13 Su queste due parabole cf. Fusco , Parola e Regno, 341 -380.
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l'immagine della vigna (peraltro anch'essa con chiare allusioni vete rotestamentarie : cf. Is 5 , 1s) viene abbandonata per un'immagine di tutt'altro genere , quella della costruzione di un edificio; anche que sto passare da un «campo figurativo» all'altro non è normale in una parabola. Che cos'è avvenuto? Evidentemente questo concludere il rac conto sulla nota tragica dell'uccisione dell'erede , lasciava insoddi sfatti i cristiani . Come era possibile menzionare la morte del «figlio carissimo» , Gesù , senza far parola della risurrezione? Di qui l'inseri mento della citazione biblica, che infatti appartiene a quelle tradi zionalmente usate per la risurrezione (cf. At 4 , 1 1 ; 1 Pt 2 ,7).
1 . 3 . I miracoli Ancor più interessante quanto è avvenuto con i miracoli . Alla do manda degli inviati del Battista: «Sei tu colui che deve venire? . . . » , Ge sù risponde : «Andate a riferire a Giovanni : . . . i ciechi vedono, gli zoppi camminano , i lebbrosi sono mondati . i sordi odono, i morti risorgono , i poveri sono evangelizzati » (Mt 1 1 ,2-6 11 Le 7 , 18-23 ) . Come mai sono menzionati, come segno che Gesù effettivamente è colui che deve ve nire , il Messia, precisamente questi miracoli e non altri? Anche Marco, il quale non riporta questo episodio , sembra attri buire a queste particolari guarigioni un valore di segno messianico più forte delle altre . Mentre infatti le altre guarigioni e gli esorcismi vengono compiuti in pubblico , in mezzo a grandi folle , senza remora alcuna se non quella di zittire gli indemoniati nel momento in cui co minciano a gridare l'identità di Gesù (Mc 1 ,32-34; 3 ,7- 12; ecc . ) , ci sono in Mc quattro miracoli, e precisamente quello del lebbroso ( 1 ,40-45 ) , quello della risurrezione della figlia di Giairo (5 ,21 -43) , quello del sordomuto (7 ,3 1-37) e quello del cieco (8 ,22-26) , che sono preceduti da un allontanamento dalla folla (5,37. 40; 7,33 ; 8 ,23) e seguiti da una severa proibizione di divulgarli ( 1 ,44; 5 ,43 ; 7,36; 8 ,26) . È in vigore cioè anche per essi la stessa proibizione che è in vi gore , fino alla pasqua, per la messianicità di Gesù (8 ,30; 9,9; cf. 1 ,34; 3 , 1 1s) . Anche Marco dunque , o eventualmente già la sua tra dizione , condivide con la tradizione Q, da cui Mt e Le riprendono l'episodio dell'ambasceria del Battista , il presupposto che queste guarigioni possedevano un valore più eminentemente messianico . 14 In base a che cosa? . . .
14 V. Fusco , «Il segreto messianico nell'episodio del lebbnl&o RivBib, 29( 1 98 1 ) , 273-313. · ,• '
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(Mc 1 ,40-45)», in ·
La risposta più plausibile è che appunto per queste guarigioni, a differenza da altre , i primi cristiani notarono nelle Scritture alcuni passi che sembravano proprio profetizzarle . 15 Annunziando la sal vezza dall'esilio babilonese , Is 35 ,5s , tra altre immagini di liberazio ne , scriveva: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi l e si schiude ranno gli orecchi dei sordi l Allora lo zoppo salterà come un cervo l griderà di gioia la lingua del muto . . » . Quanto alla risurrezione da morte, era di per se stessa l'evento escatologico per eccellenza (cf. Dn 7 , 13s. 27) ; inoltre , era stata operata da Elia ed Eliseo ( 1 Re 17 , 1 7-23 ; 2Re 4,33ss; 1 3 ,21) , che la tradizione considerava modelli del Profeta escatologico. Per la stessa ragione può essere stata inclu sa anche la guarigione dei /ebbrosi, operata da Eliseo con Naaman Siro (2Re 5 , 1-27) e già da Mosé (N m 12 ,9-15) , anche lui grande pro totipo del profeta escatologico , che ne avrebbe fatti rivivere i grandi segni e prodigi (Dt 1 8 , 1 5 ; cf. 34 , 10-12) . È evidente , ancora una volta, il carattere più tardivo di questa concezione , che collega determinate guarigioni a determinati passi biblici, 16 rispetto a quella più originaria, in cui le guarigioni in gene re , e gli esorcismi , sono segni dell' avvento del regno di Dio (cf. Mt 1 1 ,20-24 Le 10, 13-16; Le 10 ,9s) semplicemente in quanto attesta no, nella maniera più tangibile, che la potenza di Dio, vittoriosa su quella del male , è già in azione (cf. Mt 12 ,28 Le 1 1 ,20; Le 10, 1720) , senza che abbia alcuna importanza come questa potenza si ma nifesti , quale sia cioè in concreto la malattia da cui si viene guariti . .
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11
2.
2. 1 .
MARC017
La novità di Gesù
Mc sottolinea fortemente la novità di Gesù (cf. 1 ,22. 27; 2,21s) e , rispetto a M t e Le, non sembra sentire altrettanto forte l a preoccu p azione di sottolinearne la continuità con Israele e con le sue Scrit15 Ciò vale , chiaramente , anche per il segno menzionato per ultimo: << ai poveVtene annunziata una lieta notizia» (cf. Is 61 , 1s). 16 Con A. VòGTLE, «Wunder und Wort in urchristlicher Glaubenswerbung (Mt , 2 - 5 Le 7 , 18-23 ) , in ID. , Das Evangelium und die Evangelien. Beitriige zur Evange tenforschung, Diisseldorf 1 97 1 , 219-242. 17 La d iscussione recente sull'uso delle Scritture in Mc è stata stimolata soprat tutto dall'articolo di S. ScHULZ, «Markus und das Alte Testament», in ZThK, 58 61 ) , 184- 19 7 , e dalla monografia di A. SUHL , Die Funktion der alttestamentlichen llate un d Anspielungen im Ma rkus evangelium G iitersloh 1965 . Sotto l'influsso di W · MARXS EN , entrambi tendevano a ridurre notevolmente l'importanza dell' AT per •
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J-1 1 2?
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ture . Si nota una minor insistenza sulla tematica dell'adempimento (pler66 e composti appaiono in tal senso solo in Mc 14,49) . Un rapi do sguardo ai diversi tipi di materiale conferma decisamente questa impressione . Nei miracoli non si fa riferimento a particolari testi dell'A T (cf. invece Mt 1 1 ,5 Il Le 7 ,22) , o almeno più genericamente alla venuta del Regno . In essi , più che la messianicità di Gesù , si manifesta la sua potenza divina . Solo nella guarigione del cieco Bartimeo ( 1 0,4652) viene usato il titolo messianico «Figlio di Davide». Di fronte al miracolo la reazione dei presenti , senza differenza tra giudei e paga ni, è quella dello stupore e dello sbigottimento , tipica dell'uomo messo a contatto col divino ( 1 ,27 ; 2 , 1 2 ; 4 ,41 ; 5 , 15 . 42 ; 6 ,5 1 ; 7,37) . Analogamente gli esorcismi più che segni dell'avvento del Regno (cf. Mt 12 ,28 11 Le 1 1 ,20) sono manifestazioni di potenza divina (cf. Mc 3,22-30 con Mt 12,22-32 11 Le 1 1 , 1 4-26) . Non senza fondamento questa caratteristica di Mc, coerente anche col maggior rilievo dato al titolo di «Figlio di Dio» rispetto a quello di «Messia» , fanno pen sare ad un tipo di predicazione cristiana rivolta particolarmente , an che se non esclusivamente , ad un ambiente di pagani . Nelle controversie d i Gesù con i suoi avversari su questioni atti nenti alla Legge e alla tradizione ebraica , rispetto a Mt e a Le non si avverte altrettanto forte la preoccupazione di sottolineare che Gesù non ha propriamente criticato o violato, ma solo meglio interpreta to, la Legge . 18 Solo raramente l'argomentazione principale è di tipo biblico, come nella controversia con i sadducei ( 1 2 , 18-2 1 ) , nel dialo go sul principale comandamento ( 12 , 28-34) e nella discussione sui Mc (cf. più avanti § 2.2) ; successivamente però ScHuLz modificava la sua posizione : cf. Io. , Die Mitte der Schrift. Der Fruhkatho/izismus im Neuen Testament a/s Herau forderung an den Protestantismus, Stuttgart 1 976, 210-2 1 9 . Tra gli interventi successi vi i più utili ci sembrano H. ANDERSON , <> , in The Use of the 0/d Testament in the New and Other Essays. Studies in Honor of W. F. Stinespring, a cura di J . M . EFIRD, Durham (NC) 1972 , 280-306 ; H . C . KEE , <> , in Jesus und Pau/us. Festschrift fu r W. G. Kummel, a cura di E . E . ELLIS - E. GRXSSER, Gottingen 1975 , 1 65-188. La lacuna è ora colmata dalla buona monografia di J . M ARC U S The Way ofthe Lord. Christo/ogical Exegìsofthe O/d Testamentin the Gospel ofMark, Louisville 1 992. 18 Tale preoccupazione però potrebbe spiegare perché l'episodio del lebbroso (1 ,40-45) , in cui Gesù ingiunge di obbedire alla norma mosaica , sia stato collocato prima della serie delle controversie (2 , 1 3 6) ; e , analogamente , il dialogo con lo seri ba, che concorda con Gesù sul comandamento principale ( 1 2 ,28-34) , nel contesto del le controversie gerosolimitane . Così H . -W. K UH N , Zum Problem des Verhii/tnisses der markinischen Redaktion zur israelitisch-judischen Tradition , in G. 1 EREMIAS ed al tri , Tradition und Glaube. Das fruhe Christentum in seiner Umwelt. Festgabe fu r K. G. Kuhn zum 65. Geburtstag , Gottingen 1971 , 299-309. ,
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rapporti fra il Messia e Davide ( 12,35-37) ; altre volte qualche cita zione veterotestamentaria ha piuttosto funzione polemica (7 ,6; 1 1 , 17) ; il ricorso ad esempi veterotestamentari , come quello di Da vide che per sfamarsi prende i pani destinati all'uso cultuale (2,25s) , ha solo una funzione complementare . L'argomento decisivo è i n realtà , anche senza tali pezze d'appoggio, l'autorità di Gesù in quan to «Figlio dell'uomo» (2 , 10 . 28) ; a volte poi la realtà stessa delle co se , messa in luce da una riflessione di tipo , per così dire , «razionale» (2 , 17 . 27 ; 3 ,4) . È in nome di quest'ultima che viene dichiarato privo di valore l'intero complesso delle leggi di purità alimentare : «Ciò che entra nell'uomo dall'esterno non può renderlo impuro . . . » (7 , 15 ) . È interessante notare che questa sentenza d i Gesù sulla purità viene definita «parabola» con quella speciale sfumatura di misterio sità che il termine ha nella sezione delle parabole (4, 1-34) ; in perfet to parallelismo con essa, anche qui la parabola è preceduta e seguita da pressanti esortazioni a far bene attenzione (7 , 14. 16; cf. 4,3a.9); di fatto poi non viene compresa neppure dai discepoli stessi , provo cando il rimprovero di Gesù (7 , 18 ; cf. 4, 13) ed esigendo un'ulteriore spiegazione data però in disparte (7, 18b-23 ; cf. 4, 14-20. 33-34) . Uno schema simile verrà usato anche con la sentenza sul ripudio (10,112) . Ad accomunare i due casi è il fatto che in entrambi l'insegna mento di Gesù sembrerebbe contrario alla lettera della Legge ; lo schema forse mira a sottolineare che in realtà Gesù ne fa cogliere ai discepoli il significato autentico , rimasto precluso invece ai giudei . 19 C'è un certo contatto con quanto già era avvenuto in alcuni ambienti del giudaismo ellenistico , i quali per proporre delle interpretazioni nu ove , non letterali , delle prescrizioni della Legge , soprattutto per intendere in senso etico-spirituale le norme rituali , avevano fatto ri corso, come già i greci coi poemi omerici , all'allegoresi .20 Ed anche con il procedimento letterario usato nei testi apocalittici , in cui le vi sioni ricevute , a causa del loro profondo significato , non venivano comprese subito, neppure dal veggente stesso , e dovevano ricevere un'ulteriore puntuale spiegazioneY In questa maniera possiamo di re che anche in Mc ci si sforza in qualche modo di salvaguardare una Fusco, Parola e Regno , 1 33-13 5 . BERGER, Die Gesetzesauslegung Jesu , 535-536; H . -J . KLAUCK, A llegorie und A llego rese in synoptischen Gleichnistexten, (NT A, nF, 13) , Miinster W. 1978, 32130. 21 Fusco , Parola e Regno , 1 8 1 - 1 87. 19 Cf. Cf.
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continuità tra il nuovo insegnamento di Gesù e l'antico insegnamen to delle Scritture : Gesù non le rinnega ma ne disvela il senso più profondo . È uno spunto frammentario destinato ad assumere enor me sviluppo nell'esegesi ciistiana posteriore . Nonostante questo sforzo di salvaguardare la continuità , è signi ficativo che in Le l'intero brano (Mc 7 , l-23) venga omesso comple tamente (e negli Atti il comportamento degli apostoli presupporrà ancora la piena validità delle norme di purità: cf. At 10, 1-1 1 , 18), mentre in Mt sembra reinterpretato, in qualche modo, come pole mica contro l'interpretazione farisaica della Legge (Mt 1 5 , 12-14) e l'applicazione viene ristretta: non è messa in questione l'impurità dei cibi in generale (Mc 7, 19b) ma solo l'usanza dei farisei di purifi care le mani prima dei pasti (Mt 15 ,20b) . Un altro punto sul quale , soprattutto rispetto a Lc-At , si avverte una minore preoccupazione di salvaguardare la continuità storico salvifica con Israele , è tutto il problema dell'evangelizzazione dei pagani . In Mc, stando ad alcuni episodi , come quello dell'indemo niato della Decapoli (Mc 5 , 1 -20) , si direbbe che è il Gesù prepa squale stesso a dare avvio all'evangelizzazione di territori pagani ; Luca restringerà la predicazione dell'ex-indemoniato solo alla sua cerchia familiare (Le 8 ,39) . Qualcosa di simile avviene anche nell'e pisodio della siro-fenicia (Mc 7,24-30) , in cui il riconoscimento di una priorità di Israele22 di fatto però non impedisce di esaudire subi to la richiesta della donna pagana . Non a caso , ancora una volta , Lu ca ometterà l'intero episodio, insieme a quello successivo della se conda moltiplicazione dei pani (Mc 8 , 1-10) , verosimilmente ambien tato in territorio pagano . Matteo da parte sua sottolineerà più forte mente la priorità di Israele esprimendo in termini di estrema durez za la riluttanza di Gesù , che dapprima non degna la donna pagana di alcuna risposta, cosicché essa continua a seguirlo gridando, a tal punto da costringere i discepoli ad intercedere a suo favore (15 ,23 senza parallelo in Mc) ; inserendo poi la dichiarazione di principio ri cordata già altrove : «Non sono stato inviato se non alle pecore per dute della casa di Israele»- (Mt 1 5 ,24 ; cf. Mt 10 ,6) ; ed infine ribaden do che si è trattato di un'eccezione motivata dalla straordinaria fede di quella donna (Mt 15 ,28 ; nel parallelo marciano il termine non è usato) . Anche nel racconto della passione è stato notato , i n Mc, un aspetto di rottura e «giudizio» nei confronti dell'ebraismo. Con evi22 Pr6ton come in Rm 1 , 16; 2 ,9-1 1 ; Ef 2 , 1 1-18. Cf. F. HAHN, der Mission in NT, ( WMANT 13) , Neukirchen 1963, 97s.
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Das
Verstiindnis
dente intenzione simbolica, l'espulsione dei mercanti dal tempio vie ne accostata, mediante la caratteristica tecnica marciana ad incastro , alla maledizione del fico infruttuoso (Mc 1 1 , 12-14. 15-19.20-21) . Nell'interrogatorio davanti al sinedrio i falsi testimoni attribuen do a Gesù l'intento di edificare un tempio nuovo, non costruito da m ano d'uomo ( 1 4, 58) , esprimono senza saperlo una profonda veri tà, che il lettore cristiano percepisce chiaramente grazie all'indica zione «in tre giorni» che rinvia alla risurrezione (cf. 8,3 1 ; 9 ,3 1 ; 10,34) . Infine , nell'istante stesso della morte d i Gesù , lo squarciarsi del velo del tempio è simultaneo alla professione di fede del centu rione , un pagano ; i due segni si illuminano a vicenda ed indicano che la morte di Gesù segna la fine dell'antica economia incentrata nel tempio ebraico , e l'inaugurazione della nuova aperta a tutti gli uo mini . 23 Anche in tutti questi brani Le opererà significative modifiche in direzione contraria.24
2 . 2 . La storia della salvezza Tra i due aspetti , continuità e discontinuità, in qualche modo già presenti nell'insegnamento di Gesù , Marco dunque sembra privile giare quello della novità, della rottura. Questo però non autorizza a parlare di un «anti-giudaismo» marciano,25 ma neppure di una estra neità di Mc alla continuità storico-salvifica , come se i riferimenti al l' AT fossero per lui soltanto una maniera come un'altra , presa dal l'ambiente , per dare espressione al messaggio. 26 Anche in Mc la no vità e la rottura non escludono la continuità .27 23 Su questa tematìca cf. A. VANHOYE, «l racconti della Passione nei Vangeli si nottici», in Domenica delle Palme, (PAF 16). Brescia 1 971 , 71-124 . Ora più ampia mente G. BIGUZZI, «lo distruggerò questo tempio» . Il tempio e il g iu da i mo nel Vange lo di M rco , Roma 1 987 . 24 Cf. più avanti , § 4.2. 25 Come fanno per esempio T. A. B uRKILL, «Anti-Semitism in St. Mark's Go spel» , in NT, 3(1959) , 34-43 ; riprodotto in I o . , Mysterious Revelation . An Examina tion of the Ph ilosophy of St. Mark's Gospel, Ithaca N . Y . -London 1963 . 1 17-142 ; Io. , «Blasp hemy: St . Mark's Gospel as Damnation History», in Christianity , Judaism and G reco-Roman Cults. Studiesfor M. Smith at Sixty , a cura di J . NEUSNER , (SILA 12) , Leiden 1 975 , I, 5 1 -74; S . G . F. BRANDON, Il p roce o Gesù , Milano 1974 ; I o . , « The Apologetica] Factor in the Markan Gospel», in StEv, 2(1964) , 34-46. 26 Così ScHuLz, «Markus und das A'f . . . SuHL, Die Funktion . . . . in parte seguih anche da a ltri: K. TAGAWA, Miracles et Evangile: la pen ée p er onnel/e de l' évangéli Mare , ( EHPhR 62)) , Paris 1966; AN DERSON , «The OT in Mark's Gospel>• ; A . SA "! D · "" Wie geschrieben steht . . . " . Zur Auslegung der jlidischen Schriften in den ur . ch nst hchen Gemeinden», in Schriftauslegung. Beitrcige zur Hermeneutik des Neuen und im Neuen Testament, a cura di J . ERNST , Miinchen-Paderborn-Wien 972 , 331-357 , alle pp. 340-343 . I n tal senso KEE, The Function of Scriptural Quotations . . . ; KuHN, Zum ProTI
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Non c'è dubbio che Mc veda la Legge mosaica come l'espressio ne della volontà di Dio ( 10 , 1 9 ; 12 ,28-34) , le Scritture in genere come parola di Dio (7 , 13) e come lo sfondo indispensabile su cui collocare la persona e l'opera di Gesù . È importante notare che la narrazione si apre ricollegandosi alle attese veterotestamentarie . Il ruolo di precursore del Battista rispet to a Gesù è conforme a quanto scritto in Isaia (Mc l ,2s , cf. Is 40,3 ; Es 23 ,20 ; Ml 3 , 1 ) . Il Battista, collocandosi nella linea dei profeti del le epoche precedenti (cf. 1 1 ,32) e richiamando nel suo stesso abbi gliamento le grandi figure del passato come quella di Elia ( 1 ,6 ; cf. 2Re 1 ,8) , con la sua predicazione a Israele riaccende le antiche atte se salvifiche , in particolare quella dell'effusione dello Spirito ( 1 ,8) . Sin dalle prime battute del racconto , il narratore presenta ai suoi let tori Gesù come colui nel quale si adempiono tutte queste attese : lo Spirito scende su di lui , mentre la voce di Dio Io proclama suo figlio amatissimo ( 1 , 9-1 1) con espressioni ispirate alla figura del Servo di YHWH (cf. Is 42 , 1) . Subito dopo , il superamento delle tentazioni ( 1 , 12-13) conferma che è Gesù colui che realizza la sconfitta di Sata na di cui si parlava soprattutto nei testi apocalittici ; l'accenno agli animali forse evoca la figura di Adamo nell'Eden , suggerendo l'idea della restaurazione dell'originaria integrità della creazione . Tutta questa concentrazione di riferimenti veterotestamentari all'inizio del racconto è di particolare rilevanza sotto il profilo cristo logico . La dimensione veterotestamentaria della cristologia marcia na troverà ulteriore riscontro nell'importanza di titoli quali «Figlio di Davide» ( 10 ,47s ; cf. 1 1 , 10; 12 ,35) , «Figlio dell'uomo» (2 , 10.28 ; 8,3 1 .38; 9,9. 12 . 3 1 ; 10,33 . 45 ; 13 ,26; 14,2 1 . 4 1 . 62) , e soprattutto «Messia» , determinante nella struttura dell'opera ( 1 , 1 .34; 8 ,29 ; 9 ,4 1 ; 12,35 ; 13 ,21 ; 14,61 ; 1 5 ,32) anche se in qualche modo subordi nato a quello di «Figlio di Dio» , di risonanza più universalistica ( 1 , 1 . 1 1 ; 3 , 1 1 ; 5 ,7 ; 9 ,7 ; 12,6; 13 ,32 ; 14,61 ; 15 ,39) . Veterotestamentaria è anche la categoria di «regno di Dio» nella quale si compendia , anche per Mc , la realtà nuova annunziata da Gesù ( 1 , 14s) : realtà misteriosamente già iniziata, come illustrano le parabole , unica sezione in cui Mc riporta qualcosa dell'insegnamen-
blem des Verhaltmsses . ; R . H. LIGHTFOOT , The Gospel Message of Mark , Oxford 1950 , 46s; J. M u N C K , Paulus und d1e Helisgesch1chte, (Alut XXVI/l ) , K0benhavn 1954, 255-259 , J . M ROBINSO N , The Problem of HIStory m Mark, (SB T I/21 ) , London 1 957, 48 e 57s , HAHN , Das VerstandniS der M1Ss1on 1m NT, 6 1 -64 ; H . BAARLIN K , «Zur Frage nach dem Anhjudaismus 1m Markusevangehum» , m ZNW, 70( 1979) , 166- 1 93 . .
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to di Gesù (cf 4, 1 1 . 26.30) ; ma che conserva appieno la dimensione del futuro (9, 1 . 47 ; 10, 14s.23-25 ; 15 ,43) . È degno di nota che il tema del Regno venga ripreso all'inizio della seconda parte del racconto (9, 1 ) ; notare anche , nel medesimo contesto , il passaggio dal titolo di Messia a quello più escatologico di Figlio dell'uomo (8 ,3 1 . 38) . I n questa maniera anche quando l'insegnamento viene a d incentrarsi nel mistero della morte e risurrezione di Gesù , è sempre l'attesa ve terotestamentaria del Regno ad offrire l'indispensabile orizzonte di intelligibilità, come del resto verrà nuovamente ribadito al momento dell'ingresso in Gerusalemme ( 1 1 , 10) e nell'ultima cena con i riferi menti alla Pasqua e l'esplicita utilizzazione della categoria di allean za ( 1 4,1 2 -25) . 28 Soprattutto questa categoria del Regno premunisce Mc da una lettura puramente spiritualistica dell' AT e da uno sradicamento del le Scritture e del loro messaggio dalla concreta realtà storica del po polo ebraico . Anche i testi in cui maggiormente vibra la tonalità «giudiziale» non suggeriscono affatto una condanna irreparabile ed una estromissione di Israele dalla storia della salvezza. Anzi , è pro prio l'incredulità del popolo eletto in quanto tale a creare un enigma così doloroso e sconcertante da poter essere illuminato in qualche modo solo facendo ricorso attraverso il teologumeno dell'acceca mento ad un misterioso disegno di Dio (4, 10- 1 2) : teologumeno, pe raltro , intelligibile solo all'interno di una teologia dell'elezione e dell'alleanza, e correlativo a quello di una illuminazione donata per grazia:29 per il momento solo alla minoranza credente (4, 1 1 ) , ma in futuro anche a coloro che attualmente sono prigionieri dell'acceca mento (4 ,21 -25) . 30 2.3.
Riflessioni conclusive
Anche in Mc, come in tutto il NT, questo rinvio di Gesù all'A T implica al tempo stesso un rinvio dell' AT a Gesù . L'ademplmento tuttavia è visto, per lo più , in termini globali, attraverso le grandi ca tegorie dell'Alleanza e del Regno o le grandi immagini che già nella tradizione veterotestamentaria avevano subito un processo di rilet-
28
Significativa , m tal senso , anche l'appanz1one di Mosè ed Elia accanto a Gesù tras f�furato (9,4). 30 Cf. Fusco , Parola e Regno, 325-329.381-389. Fusco , Parola e Reg no, 279-304.
117
tura escatologica , quali il deserto , il banchetto , la vigna: «tipologia» , se si vuole , ma in un senso assai generale . Anche se rari , non mancano i casi in cui un particolare testo ve terotestamentario è considerato adempiuto in un particolare av venimento . Sostanzialmente sembrano risalire alla tradizione pre marciana e si incentrano nell'evento della resurrezione : così la cita zione del Salmo 1 18 ,22s nella parabola dei vignaioli (Mc 12 , 1-12 ; cf. At 4 , 1 1 ; 1 Pt 2,7) . o quella del Salmo 1 10 , 1 nella discussione sui rap porti tra Davide ed il Messia ( 1 2 ,35-37 ; cf. At 2,33s; Rm 8 ,34 ; Eb 1 . 13 ; 1 Pt 3 ,22) . Anche nel racconto della passione le numerose allusioni bibliche sono riconducibili all'unico grande tema del giusto perseguitato; an che in questo contesto l'idea di adempimento (14,49) rimane piutto sto generica ; non è facile precisare se sia visto come un realizzarsi di vere e proprie profezie· messianiche , o solo come un'analogia di si tuazioni che si rivela illuminante . Ciò vale anche per il celebre testo isaiano sull'accecamento di Israele (Is 6 , 9s ; cf. Gv 12,40) cui Mc 4 , 1 ls indubbiamente allude , pur senza esplicita citazione.31 Più che u na «profezia» nel senso più ristretto del termine , l'evangelista sembra vedervi un'analogia, assai significativa, tra l'insuccesso di Isaia coi suoi contemporanei, e quel lo di Gesù Y Anche Mc dunque si sforza di salvaguardare l'aspetto della novi tà e al tempo stesso quello della continuità:33 i due aspetti risalenti come nucleo di partenza a Gesù stesso , probabilmente arrivati all'e vangelista attraverso la mediazione delle tradizioni dei giudeo-cri stiani «ellenisti» di Palestina, eredi di certe tendenze più liberali del giudaismo della diaspora che li avevano resi più sensibili agli aspetti innovativi dell'insegnamento di Gesù (cf. At 6 , 1 -8 ,4) e li avevano predisposti ad essere , già prima di Paolo, i promotori dell'evangeliz zazione dei pagani (cf. At 1 1 , 19-26) .
31
Parola e Regno, 266s, nota 179. Parola e Regno , 257s ; cf. T.W. M A NSON , The Teaching of lesus. Stu dies in its Form and Content, Cambridge 31963 , 79. E . E . ELLIS, «Midrash , Targum and NT Quotations» , in Neotestamentica et semitica. Studies in honour of M. Black , a cura di E . E . ELLIS - M. WILcox , Edinburgh 1 969, 6 1 -69 . 33 Un ulteriore approfondimento della «dialettica» continuità/novità VT-NT in Mc coinvolge soprattutto il problema del senso della morte di Gesù; cf. V. Fusco , «Rivelazione di Gesù - Rivelazione di Dio . Il problema del "Dio di Gesù Cristo" nel la prospettiva marciana>>, in ScC, 1 17( 1989) , 149- 166. 32
118
Fusco , Fusco ,
Rispetto a Le e soprattutto a Mt, sebbene le premesse degli svi luppi successivi siano tutte già presenti , Mc sembra riflettere uno stadio relativamente meno evoluto della riflessione scritturistica cri stiana. Minor sviluppo che può avere anche il risvolto positivo di una maggior concentrazione sull'essenziale : la persona stes!>a di Ge sù, più che i singoli dettagli , come adempimento delle attese vetero testamentarie .
3. 3. 1 .
MATTE034 Gesù e l'AT nella prospettiva di MT
In Mt lo sforzo teologico cristiano di rilettura di Gesù alla luce dell'AT e dell'AT alla luce di Gesù viene spinto più a fondo e diven ta uno degli aspetti dominanti . Tutto Cristo , possiamo dire , ogni aspetto della sua opera e della sua persona, viene visto alla luce del l'AT: il suo insegnamento (5 , 17- 19) , i suoi miracoli (8 , 1 6s ; 1 1 ,5s) , l'insuccesso ( 1 3 , 13- 1 5 , 15 ,7-9 ; 23 ,34-37) , l a passione (26,54 . 56) , la glorificazione (2 1 ,42) ; la sua stessa persona, frutto di un intervento radicalmente nuovo dello Spirito attraverso il concepimento vergi nale di Maria - anch'esso però profetizzato da Is 7 , 1 4 - ma al tempo stesso , attraverso la paternità legale assicurata da Giuseppe , piena mente inserito nella linea genealogica di Abramo e di Davide (cf. 1 , 1 -25 ) . 35 E tutto l'A T, a sua volta , viene visto alla luce di Cristo : le grandi figure (Mosè , Davide , Salomone , Elia . . . ) , gli eventi (l'eso do, la monarchia, l 'esilio . . . ), le istituzioni (tempio , regalità , profeti smo . . . ), le varie componenti teologico-letterarie (storiche , legislati ve , profetico-apocalittiche , sapienziali36 e spirituali , i Salmi . . . ), le 34 Il tema è stato molto studiato ; ricordiamo solo alcune monogr afie : K . Sn.N DAHL , The School of St. Matthew and its Use of the Old Testament, (ASNU 20) , Lund 2 1968 ( 1954) ; R. H. GUNDRY, The Use of the Old Testament in St. Matthew's Go spel, with Special Reference to the Messianic Hope, (NT. S 18), Leiden 1967 ; W . ROTH FUCHS , Die Erfùllungszitate des Matthiius-Evangeliums, (BWANT 8 8 "" V/8) , S! uggart 969 ; R. S . McCONNELL, Law and Prophecy in Matthew's Gospel. The Autho nty an d Use of the Old Testament in the Gospel of Matthew , (Theol . Dissertationen 2�, Basel 1 969. A. SAND, Das Gesetz und die Propheten. Untersuchungen zur Theolo K1e des Evangelium nach Matthiius, (BU 1 1 ) , Regensburg 1974. Per una visione gene rai� della struttura e teo logia di Mt: V. Fusco , «Matteo» , in Nuovo dizionario di teo logia biblica , Torino 1 978 , 930-937 . 3� �otare come il t ito lo «Figlio di Davide» ricorra otto volte in Mt, contro solo d ue s1a m Mc che in Le . 36 M o nografi a: M.J. SUGGS , Wisdom, Christology and Law in Manhew's Gospel, Cambri dge (Mass . ) 1970. .
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diverse figure della speranza escatologica . . . Almeno tendenzial mente , nulla di Cristo e nulla dell' AT rimane fuori da questo proces so di illuminazione reciproca .
3 . 2 . Gesù e la legge In modo speciale , com'è noto, viene sottolineato il rapporto tra Gesù e la Legge , che non viene abolita ma «portata a compimento» (5 , 17- 19). Non è facile precisare cosa concretamente includa l'evan gelista in questo «portare a compimento» . A volte esso sembra im plicare anche il superamento di certe norme (5,21-48 ; 1 9 , 1-9) : anche allora, però , proprio allo scopo di realizzare in maniera più perfetta la volontà di Dio nella sua intenzione originaria ( 1 9 ,8) . Benché i dati del problema siano molteplici e controversi ,37 forse per Mt neppure i precetti rituali vengono semplicemente aboliti (cf. 23 ,23 : pagare le decime ; 24,20: pregate perché la vostra fuga non capiti di sabato ! ) , 38 ma solo subordinati, in caso di conflitto , a quello fondamentale del l'amore (7 , 1 2 ; 22 ,34-40; cf. 23 ,23 ; 9 , 1 3 ; 12,7 ; 25 , 3 1 -4 6) . Ma appunto questo subordinare un precetto meno importante ad uno più impor tante , e questo considerare supremo comandamento quello dell'a more , erano principi riconosciuti già nel giudaismo . Possiamo dunque concludere che Mt riprende con forza la di mensione etica , l'aspetto più «ebraico)) dell'insegnamento di Gesù; ed è suggestiva l'ipotesi che questa ripresa avvenga non semplice mente per la forza d'inerzia di una tradizione , ma proprio per con trastare certe tendenze di segno opposto , «libertine)) ' serpeggianti nella chiesa primitiva , e più verosimilmente in ambienti etnico cristiani . 39
37 Tra i molti studi sul problema ricordiamo : J . P . MEIER, Law and History in Matthew's Gospel. A Redactional Study of Mt. 5, 1 7-48, (AnBib 7 1 ) , Roma 1 976 ; H. StMONSEN , «Die Auffassung des Gesetzes im Matthiiusevangelium» , in SNTU, 2( 1 976) , 174-194; U . Luz, «Die Erfullung des Gesetzes bei Matthiius>> , in ZThK, 75 ( 1 978) , 398-435; D. MARGUERAT, «Jésus et la Loi , selon Matthieu» , in CBFV, 1 8 ( 1 979) , 53-76; I . BROER, Freiheit vom Gesetz und Radika/isierung d es Gesetzes nach Matthiius. Ein Beitrag zur Theologie des Matthiius , (SBS 98) , Stuttgart 1980; L. DI PINTO , «Amore e giustizia: il contributo specifico del Vangelo di Matteo», in Amore Giustizia , (Studio biblico teologico aquilano , II corso monografico) , a cura di G . DE GENNARO , L'Aquila 1 980, 327-455 . 38 Sulla questione dei cibi puri e d impuri ( M t 1 5 , 1 -20) , rinviamo a l confronto già fatto con Mc: vedi sopra, § 2 . 1 . 39 Cf. V . Fusco , «Il "vissuto" della chiesa i n Matteo. Appunti metodologici con esemplificazione da Mt 7 , 1 5-23» , in Asprenas, 27(1980) , 3-26, e gli studi ivi citati.
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3 . 3 . Gesù e i profeti L'AT però , anche per MT, non si riduce esclusivamente alla Le gge . Indispensabile è anche l'altra componente del binomio , «i p rofeti» (cf. 5 , 17 ; 7,12; 1 1 , 13 ; 22,40) : vale a dire le promesse salvifi ch e che mantenevano l' AT aperto all'attesa di un compimento futu ro ancora non posseduto e che la fede cristiana proclama misteriosa mente realizzato in Gesù Cristo :40 non solo nel suo insegnamento etico , ma in tutti gli avvenimenti della sua vita, passione e risurrezio ne .41 È questa la prospettiva che consente a Mt di contrapporsi alle deviazioni libertine (etnico-cristiane?) ma senza per questo ritorna re ad un orizzonte puramente giudaico . 42 Gesù rinvia ali' AT, ma an che l'AT rinvia a Gesù . Il racconto si apre presentando Gesù Cristo come «figlio di D a vide , figlio di Abramo» e riportandone la genealogia ( 1 , 1 -17) , po tente ricapitolazione di tutta la storia veterotestamentaria che trova in lui il suo punto d'arrivo.43 Il tema verrà poi ininterrottamente ri badito lungo l'intera opera con un continuo ricorso alle Scritture . Prescindendo dalle frequenti a/lusioni,44 le citazioni esplicite am montano ad una cinquantina , il doppio non solo rispetto a Mc, ma anche rispetto a Le . Fra esse fanno spicco q uelle introdotte con una speciale formula stereotipa: «Questo avvenne affinché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta . . . il quale dice : " . " » , ed applicate ad un singolo evento della vita di Gesù .45 Sette di esse (includendovi anche 3 ,3 dove il contesto esige una formulazione leggermente diversa) sono concentrate nella sezione iniziale ( 1 , 1-4 , 16) e rivelano uno speciale interesse a certi dati topo grafici (Betlemme , Egitto , Nazaret , Galilea . . . ) in connessione con . .
40 F. HAHN , «Mt 5 , 1 7 - Anmerkungen zum Erfii l lungsgedanken bei Matthiius» , in Die Mitte des Neuen Testaments. Einheit und Vielfalt neutestamentlicher Theologie. Festschrift fiir E. Schweizer zum 70. Geburtstag, Gottingen 1 983 , 42-54. 41 Lu z , «Die Erfiillung . . . » , 43 1 -435 . 42 J. ZuMSTEIN , La condition du croyant dans l'Evangile selon Matthieu , (OBO 16) , Freiburg S . -G
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l'origine e identità di Gesù :46 -
concepimento verginale : 1 , 1 8-25 (Is 7 , 1 4) Betlemme patria del Messia: 2,4-6 (Mie 5 , 1 ) soggiorno in Egitto e ritorno: 2 , 15 (Os 1 1 , 1 ) strage degli innocenti : 2 , 1 8 (Ger 3 1 , 15) «sarà chiamato Nazòraios» : 2,23 («profeti» non meglio identificati) predicazione del precursore nel deserto: 3 ,3 (Is 40,3) inizio del ministero in Galilea: 4 , 12-16 (Is 8 ,23)
Nel seguito del racconto , rispetto a questa forte concentrazione iniziale , queste citazioni con la formula di adempimento si fanno meno frequenti ; nondimeno , esse coprono tutti i principali aspetti dell'attività di Gesù: -
le guarigioni miracolose : 8 , 17 (Is 53 ,4) la segretezza di cui avvolge la sua messianicità: 12, 17-21 (ls 42, 1 -4) [l'accecamento del popolo : 13 , 14s (Is 6,9s)]47 l'uso del linguaggio parabolico: 13 ,35 (Sal 78 ,2) l'ingresso in Gerusalemme su un'umile cavalcatura: 21 ,4 (Zc 9,9) il campo comprato col prezzo del tradimento : 27 ,9s (Zc 1 1 , 13 + Ger 32, 6- 10) .
Anche in altri scritti neotestamentari si incontrano formulazioni simili : va notato però che si riferiscono quasi esclusivamente alla passione e risurrezione (Mc 14 ,49; Gv 12 ,38 ; 13 , 1 8 ; 15 ,2 5 ; 17,12; 19 ,24.36; At 1 , 16 ; 3 , 1 8 ; 13 ,27) . In Mt invece esse coprono con la loro fitta rete tutto l'itinerario terreno del Messia a cominciare dal suo concepimento . «Secondo le Scritture» non sono soltanto la passione e la risurrezione , come nell'antica formula kerygmatica (1Cor 1 5 , 3-5) m a tutta la vita di Gesù , anche in certi dettagli a prima vista marginali e irrilevanti . Non è facile precisare - né è di importanza decisiva - fino a che punto queste citazioni vadano attribuite all'evangelista e fino a che
46 E. KRENTZ , «The Extent of Matthew's Prologue», in JBL , 83( 1964) , 409-414; K. STENDAHL, «Ouis et unde. An Analysis of M t 1-2», in Judentum, Urchristentum, Kirche. Festschrift fUr J. Jeremias, a cura di W. ELTESTEK, (BZNW, 26) , Berlin 1964, 94-105 . 47 Sull'autenticità testuale di Mt 13, 14s sussistono dubbi.
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punto alla tradizione cristiana da lui ripresa.48 Quel che è certo è che ci troviamo di fronte ad una sistematica intensificazione , in tutte le direzioni , del lavorio scritturistico cristiano messo in moto dall'espe rienza pasquale. Si può supporre che questa intensificazione sia sta ta stimolata anche dall'ambiente nel quale si trovavano l'evangelista e la sua comunità , o almeno la tradizione confluita poi nel testo : un ambiente verosimilmente caratterizzato da un vivace confronto tra cristiani e giudei. Si avverte infatti nella maggior parte delle citazio ni una nota «apologetica» : esse concernono proprio quegli aspetti della vicenda terrena di Gesù che sembravano smentirne le rivendi cazioni messianiche : l'origine e attività in ambienti marginali quali Nazaret, la Galilea (cf. Gv 7,41s: forse che il Messia viene dalla Ga lilea? Gv 2,46: da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?) , l'in successo , la passione . In un certo senso potremmo dire che la rifles sione scritturistica cristiana, inizialmente incentrata sul doloroso enigma della passione , viene spinta sempre più a ritroso nella attivi tà prepasquale di Gesù e fino alla sua infanzia ed alla sua nascita, sempre però sulla stessa linea iniziale : ciò che a prima vista appare scandalo insormontabile , alla luce del disegno divino attestato dalle Sc[itture si rivela carico di significato ; ciò che vale per lo «scandalo dalla croce» (cf. Gal 5 , 1 1 ; 1Cor 1 ,23) vale anche per lo «scandalo» dell'intera vita, persona ed opera di Gesù (cf. Mt 1 1 ,6 Il Le 7 ,23) . Nonostante questa forte tendenza apologetico-polemica, che non autorizza però a parlare di antigiudaismo,49 Mt non si spinge a negare ai giudei, come avverrà in seguito , ogni comprensione delle Scritture . L'allegoresi non diventa principio generale , resta nei limi ti di quella che l'esegesi ebraica stessa praticava. Non viene affatto rigettato il senso «letterale» delle Scritture , il loro rapporto con la concreta realtà stor ica del popolo ebraico, attualmente «accecato�� (13,10-17)50 ma , stando a qualche testo che anche Mt conserva (cf. 23 ,39) , non in maniera definitiva . 48 Stato della questione in H. FRANKEMOLLE, Jahwebund und Kirche Christi. Stu dien zur Form- und Traditionsgeschichte des «Evangelium» nach Matthiius, (NTA nF 10 ) , Miinst er W. 1 974, 15-16. 49 Cf. S. LÉGASSE, «L"'antijudaisme" dans I'Evangile selon Matthieu» , in L'E vangile selon Matthieu. Réda r:tion et théologie, a cura di M. DIDIER, (BEThL 29) , Ge mb loux 1972 , 417-428 ; F. MussN ER, Il popolo della promessa. Per il dialogo cristia no ebraico , Roma 1982 , 287-289. 334-339 ; V. Mo RA , Le refus d'lsrai!l. Matthieu 27,25, (LeDiv 124), Paris 1 986 ; V . Fusco , «L i nvett iva e il l amen t o (Mt 23 , 1 -39)», in «Di nanzi a te la benedizione e la maledizione!» , ( Parola, Spirito e Vita 2 1) , Bologna 1990 , 152- 172. _ � Cf. J. G N I L KA , «Das Verstockungsproblem nach Matthiius 1 3 , 13-15», in Anti JUdatSmus im NT. Exegetische und systematische Beitriige, a cura di P. EcKERT , (A CJD 2) , Miinchen 1967 , 1 18-128; ID . , Die Verstockung lsraels. lsaias 6, 9-10 in der •
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3 . 4. Riflessioni conclusive Considerando l'enorme influsso di Mt sulla chiesa antica, 51 assu me particolare interesse il problema della metodologia utilizzata per questa rilettura cristiana dell'AT. Per chi però andasse in cerca di un metodo nuovo e specificamente cristiano , il risultato è deludente . I metodi restano quelli dell'esegesi ebraica contemporanea, 52 con quanto di positivo e di negativo possono comportare agli occhi del l 'esegesi moderna. La libertà , l'artificiosità raggiungono una misura che per la nostra mentalità può risultare sconcertante . Il testo vete rotestamentario a volte è indicato solo genericamente come «il pro feta» (2,5 ; 2 , 1 5) ; o addirittura al plurale , «i profeti» , come il 2,23 , dove la frase «sarà chiamato naz6raios» , così come suona , non si trova in nessun profeta, e dà luogo a molte congetture da parte degli esegeti (Is 1 1 , 1 ; Gdc 1 3 , 5 . 7 ; Gn 49 ,26; Dt 33 , 1 6 ; ecc. ) . Caso per ca so , anche all'interno della stessa citazione , si segue il testo ebraico , o il targum aramaico , o la versione greca dei LXX, o si propone una nuova traduzione in greco fatta per l'occasione ; non in base a quan to risulta più fedele al senso originario , ma in base a quanto rende più agevole l'applicazione voluta . Così per esempio in 1 ,23 pur non seguendo in pieno i LXX , si fa ricorso ad essi per il termine «vergi ne» anziché il più generico «fanciulla» del testo ebraico . A volte si cita un testo ma completandolo con elementi presi da altri passi: così in 2,6 il testo di Michea (Mie 5 , 1 . 3) è completato con espressioni prese da 2Sam 5 ,2 LXX ; in 2 1 ,5 Zc 9 , 9 è ritoccato in ba se a ls 62, 1 1 ; in 27 ,9s si cita come di Geremia un testo di Zaccaria (Zc 1 1 , 12s : i denari gettati nel tesoro) con elementi minori presi da Geremia (Ger 32 ,6- 1 1 : l'acquisto di un campo ) . Spesso s i prescinde completamente d a l contesto originario: così si riferisce alla strage degli innocenti (2, 18) un lamento per la depor tazione in B abilonia (Ger 31 , 1 5 ) ; all'attività di Gesù in Galilea (4 , 12- 16) , un oracolo sulla liberazione di quei territori dal giogo assi ro (Is 8 ,23-9 , 1 ) , e via dicendo . Theologie der Synoptiker, (SANT 3) , Miinchen 1 961 . 87-115;
264 , n o t a 171 .
Fusco ,
Parola e Regno,
51 É. MASSAUX , lnfluence de l' Évangile de saint Matthieu sur la littérature chré tienne avant saint /rénée, Louvain 1950 ; W D KoHLE R , Die Rezeption des Matthiiuse vangeliums in der Zeit vor Ireniius , (WUNT IIJ24 ) , Tiibingen 1987 . Cf. anche F. NoR MANN , Christos Didaskalos. Die Vorstellung von Christus als L ehrer in der christlichen Literatur der ersten und z weiten Jahrhunder�, (MBTh 32) , Miinster 1 967 . 52 Cf. F. MANNS, «La Halakah dans l'Evangile de Matthieu» , in Anton. , 5 3 ( 1 978) , 3 -22 , A. PAU L Il vangelo dell'infanzia secondo San Matteo, Roma 19 86. .
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In qualche caso addirittura il testo citato stesso viene ritoccato . Così per esempio Mi 5 , 1 : «E tu Betlemme . . . così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda . . . », diventa: «E tu Betlemme , non sei davvero il più piccolo tra i capoluoghi di Giuda . . . » (M t 2 , 1 ) . E vice versa: la n arrazione evangelica viene adattata al testo veterotesta mentario . Così in 4 , 15s, per facilitare l' applicazione di Is 8 ,23-9 , 1 si parla di «Cafarnao marittima» , aggettivo completamente inusitato, « . . . nel territorio di Zabulon e di Neftali» , tribù da tempo estinte e che non davano più il nome a quel territorio . Nella scena dell'ingres so a Gerusalemme , mentre i paralleli indicano come cavalcatura di Gesù un asino (Mc 1 1 , 1 -7 ; Le 1 9 ,28-35) ; la versione matteana curio samente sdoppia : un'asina ed un puledro (2 1 , 1 -7) ; evidentemente il parallelismo , tipico della poesia ebraica (« . . . Zc 9 ,9 : cavalca un asi no l un puledro, figlio d'asina . . . ») venne frainteso come indicazione di due distinti animali , e non si esitò a ritoccare il racconto dell'in gresso di Gesù in Gerusalemme per rendere più preciso l'adempi mento . Indubbiamente , alcuni di questi procedimenti possono perdere , almeno in parte , questo aspetto di ingegnosa artificiosità , e rivelarsi anzi profondamente significativi , se collocati in un orizzonte più am pio . Così per esempio nella citazione di Osea 1 1 , 1 , «Dall'Egitto ho richiamato mio figlio» , (Mt 2 , 15) l'identità del percorso topografico assume una portata più profonda: Gesù è il vero Israele che realizza autenticamente il rapporto filiale con Dio . 53 Resta nondimeno il fat to di questa sconcertante libertà , condivisa con l'esegesi ebraica con temporanea ; e con essa anche una certa consapevolezza dell'artifi ciosità inerente a queste riletture . 4.
L'OPERA LUCANA54 4 . 1 . Israele e le Scritture nella teologia lucana della continuità Secondo un a linea interpretativa che in qualche modo risale al l' ottocento con la problematica della scuola di Tubinga, e che oggi è se mp re pi ù largamente condivisa , l'opera lucana è espressione di 53 Altri e sempi in F. DREYFUS , «Saint Matthieu et I'Ancien Testament» , in VS, 10 1 ( 1 959_) 21 t . , 1 -135 ; cf. anche J . A . E . VAN DoDEWAARD , «La force évocatrice de la ci mise en lumière en prenant pour base I' É vangile de S. Matthieu», in Bib , 36 . , 482-49 1 . . St . a 5 h , 0 � 1 della ricerca: per Le, M. RESE, «Das Lukas-Evangelium. ein Foru c ngsbencht», in ANR W II/XXV/3 , ( 1985) , 2258-2 328, a p. 23 20s ; per gli Atti,
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chiese che , proprio perché fortemente proiettate nel mondo pagano , avvertono l 'esigenza di rimanere saldamente radicate nella continui tà dell'unica storia della salvezza , iniziata .con Israele. Soprattutto nella seconda parte degli Atti appare chiara l'intenzione lucana di sviluppare un'«apologia>> della comunità cristiana , apertasi all' acco glienza dei pagani, contro l'accusa di infedeltà e rottura nei confron ti della rivelazione fatta a Israele (At 24 , 1 4-2 1 ; 26,6-8. 22-23) . 55 Ogni volta che le vicende storiche sembrerebbero segnare una rottura (la morte di Gesù , il battesimo dei pagani , l'attività di Paolo . . . ) , Luca intensifica il ricorso alle Scritture . 56 Non c'è da stupirsi che Lc-At abbia aiutato potentemente la chiesa antica a salvaguardare l'unit à dei due Testamenti quando venne messa in questione , soprattutto con Marcione Y Lo stesso Harnack , così sensibile tanto al fascino di Luca quanto a quello di Marcione, dovette alla fine riconoscere l'insanabile antitesi tra i due , e rinunziare alla tesi che gli era stata cara di fare di Luca l'ante signano di un cristianesimo completamente sganciato dall'Antico Testamento . 58 Più che di una finalità antignostica di Lc-At, ipotizza-
«Di e Funktion der alttestamentlichen Zitate und Anspielungen in de n Reden de r Apostelgeschichte» , in Les Actes des Ap6tres. Traditions, rédaction, théologie , a cura di J. KREMER , (BEThL 48) , Leuven 1 979, 61-79; G . BEJ ORI , «L'An tico Testamento negli Atti. Stato della ricerca e spunti di riflessione>> , in RivBib , 32( 1984) , 2 1 1 -236 : per entrambi , F. BovoN , Luc le théologien. Vingt-cinq ans de recherches (1950-1975) . Genève 21988 , 89- 1 17 («L'interprétation de I'Ancien Testament») . Ricordiamo so prattutto i vari studi di J . D u PO NT , raccolti nei due volumi Studi sugli Atti degli Apo stoli e Nuovi studi sugli Atti degli Apostoli, Roma 197 1 e 1985 ; inoltre Io. , Teologia della chiesa negli A tti degli apostoli, Bologna 1 98 4 , 61 -88 , («Punto di partenza : Pietro e le Scritture [At 2-4] » ) ; 89- 130 («Stefano e Paolo rileggono le Scritture [Al 7: 1 3 ; 28]») . Monografie : T . HoLTZ , Untersuchungen uber die alttestament/ichen Zitate bei Lukas , ( TU 1 04) , Berlin 1 968 ; M. RESE, A/ttestamentliche Motive in der Christologie des Lukas , (StNT 1 ) , Giitersloh 1969 . Cf. anche J . JERVELL , «Die Mitte der Schrift . Zum lukanischen Verstiindnis des Alten Testamentes», in D ie Mitte des Neuen Testa ments . . . , 79-96. 5� N . A . DAHL , «The Story of Abraham in Luke-Acts>> , in Studies in Luke-Acts. Essays presented in honor of P. Schubert , a cura di L. E. KECK - J.L. MARTY N , Lon don 1968, 139- 158, a p. 152 . 56 Cf. V. Fusco , «Progetto storiografico e progetto teologico nell'opera lucana» , in La storiografia nella Bibbia. Atti della XXVl!/ settimana biblica, Bologna 1986, 1 23152; G. B ETORI, <> , in RivBib , 36( 1988) , 81-97 . 57 Cf. per esempio IREN E O , Adv. haer. 3 , 1 0 , 1 -5 ; 3 , 1 2 , 1 - 1 4 ; 3 , 1 4 , 1 -4 ; TERTULLIA NO, A dv. Marcionem , 4,2.4; 4 ,4 . 4 ; 5 ,2. 7 ; Io. , De praescr. haer. 22, 1 1 ; 23 ,3. 58 La tesi era che Luca avrebbe ripreso da Paolo solo l'idea dell'accecamento di Israele (Al 28 ,26-28) senza quella complementare dell'illumin azione futura (cf. R m 1 1 ,25-27): in tal modo avrebbe aperto la via ad un'interpretazione puramente allego rica deii'AT e , al limite , a quell'abbandono di esso da parte dei cristiani che HARNACK
Io . ,
auspicava. Notare la modi ficazione attraverso i successivi scritti: Missione e propaga zione del Cristianesimo nei primi tre secoli, Torino 1906, p . 48; Die Apostelgeschichte.
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ta da alcuni , si tratta di una forte potenzialità antignostica; il proble ma era lo stesso degli gnostici , quello del rapporto fra i due Testa menti , posto però in senso inverso : gli interlocutori di Luca non han no difficoltà ad accettare l'Antico Testamento perché ritenuto in contrasto col Nuovo , semmai ad accettare il Nuovo se non si riesce a vederlo in continuità con l'Antico. L'opera lucana può essere ascritta alla corrente più ortodossa mente «biblicistica» , se così è lecito esprimersi, del cristianesimo primitivo . 59 Colpisce , in primo luogo , la scelta di tipo linguistico. Benché ca pace di scrivere , all'occorrenza , secondo moduli ellenistici di buon liv ello - si pensi al prologo (Le 1 , 1 -4) , al discorso all'Areopago (At 17 ,22-34) , alla scena del tumulto di Efeso (At 19 ,23-40) o all'apolo gia davanti ad Agrippa (At 2 6, 1 -32) - l'autore dei due volumi a Teo filo opta decisamente per quel greco particolarissimo che è il greco dei LXX, la traduzione della Bibbia realizzata dai giudei della dia spora grecofona: un greco inconfondibile per vocabolario, stile , for me sìntattìche che ricalcano quelle dell'originale semitico . 60 Subito dopo il prologo , di buona fattura ellenistica (Le 1 , 1 -4) , il tono cam bia improvvisamente : ci si ritrova nell'atmosfera solenne ed edifi cante della narrazione veterotestamentaria, con tutto un susseguirsi di «biblicismi» o, più precisamente , «septuagintalismi» lucani , espressioni cioè volutamente ispirate allo stile dei LXX: «giusti al cospetto del Signore . . . » «camminare in tutti i comandamenti e le prescrizioni del Signore . . . )) e via dicendo .
Leipzig 1908, 7-9 .214-217; Neue Untersuchungen zur Apostelgeschichte, Leipzig 191 1 , 4? , nota 2 . Per l a critica alla tesi dell'«antigiudaismo» lucano : P . -G. MOLLER , «Die jii dische Entscheidung gegen Jesus in der Apostelgeschichte>> , in Les Actes des Apotres. Tradition . . . , 523-531 . 59 Cf. P. SCHUBERT, <> , i n Neutesta mentliche Stu dien fii r R. Bultmann , a cura di W . ELTESTER , Berlin 1 954 , 1 65- 1 86 , a p. 1 71 (esigerebbe rettifica però l'accostamento un po' indifferenziato a scritti come Eb, 1Cle m , Ap , Ps-Barn ; e anche l'affermazione che per essi la Scrittura è più sacra di qua nt'? non lo sia stata per Gesù , Paolo e Giovanni) . Non ben motivato il diverso pa rere d1 SAND , «"Wie geschrieben steht . . . " . . . » , 345-347 . Come termine , in questo con tes to , è meg lio «biblicismo» che <> (J ERVELL, «Die Mitte . . . » . 79: Lukas ist der Fundamentalist - sit venia verbo - im Neuen Testament») ; cf. invece c u BERT , «The Structure . . . >> , 1 85: «Luke himself, with ali his Biblicism , was neither a u'lod amen talist, nor a liberai . . . » . " M aggiori particolari i n E. PLiiMACHER, Lukas als hellenisrischer Schriftsleller. Stud en zur Apostelgeschichte, (StUNT 9) , Gottingen 1 972, 38-72; W . S. KuRz, «Lur ke-Ac ts and Historiography in the Greek Bible» , in SBL. SP, 19(1980) , 283-300.
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Per quanto tale linguaggio potesse essere famigliare e congeniale all ' autore - comunque lo si voglia ipotizzare: giudeo grecofono op pure ex-pagano , eventualmente già passato attraverso l'esperienza dei «proseliti» o dei «timorati di Dio» che avevano abbracciato la fe de di Israele - siamo di fronte ad uno che vive una doppia apparte nenza culturale e si rivela padrone di diversi tipi di linguaggio: la sua dunque rimane una scelta linguistica vera e propria. Diametralmen te opposta a quella del contemporaneo Giuseppe Flavio , giudeo pa lestinese ma ambizioso di affermarsi come storiografo ellenistico , il quale, riscrivendo la narrazione biblica ad uso del pubblico dell'Im pero , non esita a far parlare patriarchi e profeti secondo i dettami della retorica greca . Significativa è anche la ripresa delle grandi categorie veterote stamentarie , prima fra tutte quella del «regno di Dio». Mentre il vangelo giovanneo si arrischia a tradurla in altre categorie forse più congeniali alla sensibilità religiosa degli ambienti cui si rivolge - vi ta , luce , verità, liberazione . . . - Luca, nonostante una certa propen sione a dare maggior spazio alla terminologia della «salvezza» , 6 1 op ta decisamente per il mantenimento di «regno di Dio» come catego ria fondamentale che riassume il contenuto della predicazione non solo prepasquale (Le 4,43 ; 8 , 1 ; 9,2. 1 1 ; 10,9 . 1 1 ; 1 1 ,20 ; 16, 16) ma an che postpasquale (At 1 ,3; 8 , 12; 14 ,22 ; 19,8; 20,25 ; 28,3 1) . 62 L'an nunzio della Chiesa benché ormai abbia come oggetto Gesù morto e risorto , rimane in p ari tempo annunzio del Regno annunziato da Gesù. Notare anche l'insistenza sul tema della «promessa» (Le 24,49; At 1 ,4; 2,33 ,39; 7 , 5 . 1 7 ; 1 3 . 23 ,32; 26,6) della «speranza di Israele» (At 26,6. 7 ; 28 ,20) ; sull'espressione «i padri», «i nostri padri» (Le 1 ,55 ,72 ; At 3,25 ; 7 , 1 1 , 12 , 15 , 19 ,38.39 ,44,45 ; 1 3 , 17 ,32,36; 1 5 , 1 0) «il Dio dei nostri padri» (At 3 , 1 3 ; 5 , 30; 22, 1 4 ; 26,6) , «il Dio di Israele» (Le 1 ,68 ; At 13 , 1 7) . Da queste scelte tutte convergenti appare chiaro che Luca , nel momento stesso in cui auspica l'inserimento del vangelo nella cultu61 Oltre al verbo sb-m5 e al sostantiVO s6ter1a usati p1ù largamente , va notato an che Sotér, Salvatore , come titolo dJ Gesù (Le 2 , 1 1 , At 5,31 , 1 3 ,23), forse m contrap poslZ!One all'usurpaz10ne d1 tale t1tolatura da parte de1 sovram ellemstlCl 62 Cf O B ETZ, <
1 28
ra ellenistica, come mostra emblematicamente il discorso dell'Areo pago (At 17,22-34) , e come testimonia concretamente l'opera sua stessa col ricalcare i modelli storiografici ellenistici (Le l , 1 -4) , esige però che sia anche il pagano a muoversi verso la tradizione veterote stamentaria , a familiarizzarsi con quel linguaggio e quella storia (non a caso è in A t 7 e in At 1 3 , sulla bocca di Stefano e poi di Paolo , che troviamo, uniche nel NT, due ampie sintesi della storia veterote stamentaria , dai patriarchi alla conquista , poi fino all'elezione della dinastia davidica) , ad inserirsi nel cammino già percorso da Israele. Su questo sfondo più ampio di valorizzazione dell'AT nel qua dro della continuità Israele-chiesa , va esaminato il problema più spe cifico di come venga vista in Lc-At la rilettura cristiana dei testi veterotestamentari . 4.2.
La Legge
Per la Legge in quanto tale, il problema si pone in termini diversi da Mc e anche da Mt. Per Luca - che in questo probabilmente si riavvicina maggiormente alla realtà st ori ca - Gesù nell 'intera sua esistenza terrena , che inizia puntualmente con la circoncisione (Le 2 ,21) , non ha né violato né abrogato nessuna norma della Legge , ma ne ha ribadito e radicalizzato l'osservanza (Le 6,20-49 ; 10,25-28 ; 16,16-18) contrapponendosi solo a certe posizioni dei farisei , come sul sabato (Le 6 , 1 - 1 1 ; 1 3 , 10- 17 ; 14, 1-6) , il ritualismo in genere ( 1 1 ,37-54) , l'atteggiamento verso i peccatori (Le 7 ,36-50; 1 5 , 1-32 ; 18,9-14). Il motivo essenziale del dissenso con loro , e più in generale con le autorità giudaiche e con l'intera «generazione incredula» , sta piuttosto nel loro rifiuto di accogliere il messaggio della venuta del Reg no (7 ,29-35 ; 20 , 1-8; 1 1 , 14-32; 12,5 1 -56 ; 1 3 , 1 -9 . 23-35 ; 14, 15-24 ; 19 , 1 1 -28 .41-44 ; 20,9- 19) . Spunti di critica , o se non altro di una certa relativizzazione del cu lto del tempio 63 - ma entro i limiti di quanto era possibile anche al l'in terno del giudaismo stesso - affioreranno solo col discorso di Ste fano (At 7 , 1-53 , sopr. vv . 44-50) ; nel processo di Gesù essi non gio cano alcun ruolo : Luca elimina testi come Mc 14,57-58 ; 1 5 ,29 . Per Lu ca però sono i falsi testimoni a distorcere le parole di Stefano in sen so ostile al santuario e alla Legge (At 6 , 13-14 ; cf. anche 7,38 do'
Monog rafia: A. CASALEGNO , Gesù e il tempio. Stulbo redazionale su Luca A Ili, Brescia 1 84. � 1, 9 63
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ve la legge mosaica è definita, da Stefano , «parole viventi>>) , così co me avverrà poi a suo tempo anche con Paolo (At 21 ,28 ; 24, 12-1 3 ; 25 ,7-8; 28 , 17). Significative le omissioni , già segnalate parlando di Mc, della po lemica contro le norme di purità (Mc 7 , 1 -23) , dei contatti più signifi cativi tra Gesù e i pagani (Mc 7, 24-30; 8 , 1 -10), e , come appena no tato , delle espressioni contro il tempio . Per quanto riguarda poi la comunità postpasquale , il punto di vi sta di Luca sembra essere che la circoncisione , il culto ebraico , l'os servanza delle prescrizioni mosaiche - non attribuendo però loro , nè per i pagani nè per gli ebrei, quel valore salvifico che spetta solo a Cristo (At 1 3 , 38-39 ; 1 5 , 10- 1 1 ) - rimangono in vigore per i cristiani di origine ebraica (2,5 .46 ; 3, 1 ; 5 , 12.42; 21 ,20; 22, 12) ; attribuire a Paolo l'intento di distogliere i giudeocristiani dalla circoncisione e dalle tradizioni nazionali , è una calunnia priva di fondamento (At 21 , 17-26) . I pagani invece , come sancisce il concilio di Gerusalem me , non sono obbligati se non a quelle clausole che la Legge stessa aveva voluto estendere ai forestieri immigrati in mezzo agli ebrei (At 15, 19-2 1 . 28-29; cf. Lv 1 7-18) . Certe trasgressioni delle norme mosaiche che si rendono inevitabili anche per i giudeocristiani per avvicinarsi ai pagani , come Pietro a Cornelio , non assumono portata generale ma vengono giustificate appellandosi alla nuova volontà espressa in tal senso da Dio (At 10, 1 - 1 1 , 1 8) .
4. 3 . L'aspetto profetico delle Scritture Più che nella Legge dunque la lettura cristiana delle Scritture , per Luca , s'incentra nei profeti , o più in generale nell'aspetto profe ·tico delle Scritture . Assai spesso anche altri testi , particolarmente dei Salmi, o del Pentateuco stesso , vengono equiparati a testi profe tici : Davide «essendo profeta>> parlò della risurrezione di Cristo (At 2,30) ; Mosè preannunziò la venuta dell'inviato definitivo (At 3 ,2223 ; 7 ,37) . Significativamente , l'espressione completa «la Legge ed i profeti» o «Mosè e i profeti» (Le 1 6 , 1 6 . 29 .3 1 ; 24,27 . 44; At 1 3 , 15 ; 24 , 1 4 ; 28 ,23), o quella più generica «(tutte) le Scritture» (Le 24,27 . 34.45 ; At 1 7 ,2. 1 1 ; 18 ,24. 28), può essere sostituita, con portata altrettanto generale , da « (tutti) i profeti» (Le 1 ,70; 1 8 ,3 1 ; 24 ,25 ; At 3 , 1 8 . 2 1 .24; 7 ,42 ; 10,43 ; 13 ,27 ; 1 5 , 1 5 ; 26 ,22 . 27) . Per comprendere com'è visto in Lc-At l'adempimento delle Scritture, sarà opportuno considerare da un lato alcune importanti affermazioni di principio (§ 4.3 . 1 ) , dall'altro i testi biblici concreta1 30
me nte addotti, prima nel Vangelo (§ 4.3. 1 ) , poi negli Atti (§ 4.3.3). Sia per la concezione generale che per i testi biblici di fatto utilizzati , cercheremo di volta in volta di precisare , nella misura in cui può es sere possibile e fruttuoso in questa sede , che cosa sia opera del re dattore e che cosa invece risal ga ad una tradizione già formata. 4.3 . l . Sotto il segno dell'adempimento
Luca apre il racconto del ministero di Gesù sviluppando , al po sto del breve sommario marciano sull' annunzio del Regno (Mc 1 , 1415), una dettagliata descrizione della predica di Gesù a Nazaret (Le 4, 1 6-30) , 64 episodio che i paralleli collocano abbastanza più tardi (cf. Mc 6, 1-6 ; Mt 13 ,53-58) e che Luca invece volutamente anticipa , per farne come una chiave di lettura di tutte le successive vicende , non solo di Gesù ma anche della chiesa postpasquale . Il valore emblema tico dell'episodio, agli occhi dell'evangelista , sta , in negativo , nella rea zione di rifiuto ed ostilità dei connazionali ; in positivo , nell'an nunziare in termini programmatici tutta la missione salvifica di Ge sù. Approfittando d ella ce l e brazi o n e setti m ana le nell a si n ago ga , Gesù s i fa avanti come lettore , sceglie i l passo d i Isaia 61 , 1 -2 , e poi , a mò di omelia , commenta: <
.
Das Nazareth-Manifest Jesu. Eine Einfuhrung in das 91), Stuttgart 1978. 65 È stato notato che nel discorso di Nazaret l'identificazione dell'inviato divino i n ls 61 , 1 -2 con Gesù , pur essendo ovvia per i lettori cristiani , rima n e sottaciut�: J . - N . ALEm , <
Monografia:
U . BussE,
lukanische Jesusbild nach Lk 4, 16-30, (SBS
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menti, in ognuno dei quali l' accento viene a cadere sempre sulla comprensione della necessità delle sofferenze del Messia. Al mo mento della scoperta della tomba vuota (24,1- 12) le donne sono in vitate a richiamare le parole dette a suo tempo al riguardo da Gesù in Galilea e rimaste finora incomprese (vv . 7-8: cf. 9 ,44-45 ; 18 ,34) ; non si menzionano ancora esplicitamente le Scritture , ma ad esse rinviavano quelle parole di Gesù che le donne sono invitate a ricor dare (cf. 1 8 , 3 1 ; 24,44) . Ai due discepoli diretti ad Emmaus (24, 1 335) sarà invece il Risorto stesso ancora in incognito , dopo aver rim proverato l'intero gruppo dei discepoli per la riluttanza a credere a «tutto ciò che avevano detto i profeti» circa la necessità delle so.ffe renze messianiche (vv . 25-26) , ad impartire strada facendo una det tagliata lezione esegetica: « . . . partendo da Mosè e da tutti i profeti i nterpretò (diermeneusen) loro in tutte le Scritture le cose che si rife rivano a lui» (v. 27) . E dopo averlo riconosciuto nell'atto di spezzare il pane , essi stessi, riflettendo sull'accaduto, riconosceranno che il loro cuore si andava infiammando , mentre egli parlava loro lungo la via ed «apriva (dienoigen) loro le Scritture» (v . 32) . Apparendo infine all'intero gruppo dei discepoli (24,36-49) , Ge sù , ribadendo la necessità che si adempissero « . . . tutte le cose scritte nella legge di Mosè , nei profeti e nei Salmi su di me» (v . 44) , «aprì (diénoixen) la loro mente a comprendere le Scritture» (v . 45) : «Così stava scritto , che il Cristo soffrisse e risorgesse dai morti il terzo giorno , e nel suo nome venisse predicata la conversione e la remis sione dei peccati a tutti i popoli (ta éthne: i pagani), a cominciare da Gerusalemme» (vv. 46-47) . È in questa scena , che segna l'autentica conclusione teologica del Vangelo lucano , prima della breve conclusione narrativa (vv . 5053) , che il tema è formulato nella maniera più piena . Da una parte , si fa più dettagliata l'enumerazione delle Scritture : Legge , profeti , Salmi , una tripartizione che sembra ricalcare quella tradizionale ebraica tra la Legge, i profeti , e gli «altri Scritti» : insomma , tutte le Scritture (cf. 24 ,27 ; At 3 , 1 8 . 24 ; 10,43 ; 1 3 ,27) . Dall'altra , si fa più dettagliata anche l'articolazione del disegno divino preannunzia to nelle Scritture: non soltanto la passione del Messia e la sua risurre zione , ma anche un terzo elemento: la predicazione non solo ai giu dei ma anche ai pagani . È lo stesso schema che ritroveremo , questa (Minn. ) 1979, 240-270; ID . , From Eye-Witnesses to Ministers of the Word: Tradition and Composition in Luke 24, (AnBib 82) , Roma 1 978, pp . 268-274.
1 32
volta sulla bocca di Paolo, nell'ultimo grande vero e proprio discor so del secondo volume, l' apologia davanti ad Agrippa : << ciò che avevano preannunziato i profeti e Mosè : - che il Messia avrebbe sofferto - e che , risorgendo per primo dai morti , - avrebbe proclamato la luce al popolo e ai pagani . . » (A t 26,23) .67 •••
.
È facile osservare che di questi tre punti il kerygma primitivo ri cordato da Paolo ai corinzi menzionava solamente i primi due : - «Cristo morì per i nostri peccati , secondo l e Scritture . . . - ed è risorto il terzo giorno , secondo le Scritture . . . >> (lCor 15 3 4) . ,
Questo schema più tradizionale, binario e non ternario , affiora nell'opera lucana stessa; così nella sinagoga di Tessalonica i punti che Paolo illustra con le Scritture sono solo due: « . . . che il Messia doveva soffrire , e risuscitare dai morti» (At 17 ,3) . Indubbiamente, in connessione con la morte e risurrezione di Gesù , era tradizionale menzionare la «remissione dei peccati» (cf. -Gv 20,23 ; At 5 ,3 1 -32; 10,43 ; 13 ,38) , senza però sottolinearne la uni versalità che , al massimo, restava implicita nel fatto che la remissio ne dei peccati è offerta a chiunque l'accoglie nella fede; e senza un esplicito richiamo alle Scritture come invece per la morte e la resur rezione . Il parallelo matteano (Mt 28, 16-20) e la finale canonica di Mc (Mc 16,9-20) sottolineano esplicitamente l'universalità della mis sione ; non però come un elemento nel quale si adempiono le Scrittu re (neppure Mt che tutto riconduce ad esse ! ) ma semplicemente co me un comando del Risorto. Nel discorso escatologico marciano l'e vangelizzazione dei pagani è preannunziata , con terminologia apo calittica, come «necessaria» prima della fine (Mc 1 3 , 1 0) senza che ciò implichi un adempimento delle Scritture . 68 In Paolo viceversa va ri testi v eterotestamentari vengono interpretati nel senso dell'evan gelizzazione dei pagani (cf. per esempio Rm 1 5 ,7-13) .
67 Cf. J . D UPONT, «La portata cristologica dell'evangelizzazione delle nazioni» , • 10. In: , � ovi Studi sugli Atti, p. 33-52; già precedentemente : «La salvezza dei gentili "! e li SJgmfJcato teologico del libro degli Atti» , in In . , Studi sugli Atti, 669-71 5. Non si
comp �ende come J ERVELL , « D i e Mitte 91 (il quale non cita questi studi di Du P nt) J� clud a l'evan gelizzazione universale tra le molte altre cose che Luca riconduce a Sc ttu re e che non apparter n re b ero però a qu a differenza dalla morte e risurrezione del Messia el nucleo più essenziale la cui comprensione è dischiusa dalla pa squa. 68 Ved i sop ra § 1 . 1 .
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. . . »,
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Tradizionale era anche il tema stesso della illuminazione pasqua le dei discepoli , in contrapposizione alla invincibile cecità preceden te . Esso risale ad una tradizione attestata sia da Mc (Mc 4 , 13 ; 6,52; 7 , 1 8 ; 8 , 1 4-21 ; 9,9s. 32) sia da Gv (Gv 2 , 22; 12, 16; 16, 12-14.25 ; ecc.) , nel quale tale comprensione pasquale del mistero della passione fa un tutt'uno con la comprensione delle Scritture (Gv 20 ,9; cf. 2 ,22; 12, 16). La sintesi più chiara ed esplicita di tutti questi elementi nello schema ternario sembra dunque lucana ; gli elementi in se stessi però risultano praticamente tutti già tradizionali: Luca sviluppa una ri flessione personale ma inserendosi in quella portata avanti già prima di lui . È interessante anzi notare che Luca stesso non spinge fino in fondo la sua sintesi. 69 Benché egli, come abbiamo visto nell'episodio programmatico di Nazaret (Le 4 , 1 6-30) ponga decisamente sotto il segno dell'adempimento delle Scritture anche l'attività prepasquale di Gesù , quest'ultima poi non entra nello schema ternario di Le 24,46s e At 26,23 . Ai due elementi più tradizionali , la morte e la ri surrezione ( 1 Cor 15 ,3-5 ) , Luca fa seguire un ulteriore elemento , l'e vangelizzazione dei pagani, ma non fa precedere l' attività terrena di Gesù: stando allo schema , a rigore , l' adempimento delle Scritture comincerebbe con la passione . Questa dualità irrisolta sembra riflet tere una dualità di tradizioni : da una parte quella di tipo keryg matico , prepaolina e paolina , incentrata sull'evento pasquale ; dal l'altra quella più incentrata sul Gesù terreno . Che già nel ministero terreno di Gesù si adempisse la Scrittura è infatti anch'esso un ele mento che Luca riceve dalla tradizione . Se è sua la descrizione del l'omelia di Gesù a Nazaret, tradizionale però è indubbiamente il te sto che egli fa leggere e commentare a Gesù in quell'occasione : Is 61 , 1 -2 , il messaggero inviato a proclamare la buona notizia ai pove ri. Il tema infatti è presente già nella fonte Q, sia nella pericope del l'ambasceria del Battista (Mt 1 1 ,5s Il Le 7,22s) , sia nella beatitudine dei poveri (Mt 5 , 3 1 1 Le 6,20) ; e, ancor più a monte , nell'uso stesso della terminologia «vangelo» per designare la predicazione di Gesù (cf. Mc 1 , 14s; ecc . ) . 70 69 Una mancanza di sintesi può essere ravvisata anche nel fatto che m alcuni testi (per esempio A t 10-1 1) l'apertura at pagani non è motivata con le Scritture : J . B . TY SON , «The Gentile Mission and the Authority of Scripture in Acts» , in NTS, 33( 1987), 619-631 . 70 Cf. J . DUPONT , «Jésus annonce la bonne nouvelle aux pauvres, i n Evangel!za n; pauperibus. Atti della XXIV sett. bibl. , B rescta 1978, 127- 129 ; ripubblicato i n ID. , Etudes sur les évangiles synoptiques , (BEThL 70) , Leuven 1985, 23-85 ; v . anche D . SECCOMBE, Luke and lsaiah , in NTS, 27(1980-81 ) , 252-259.
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Luca dunque più che essere già pervenuto ad una sintesi o ad un maggiore approfondimento teologico del tema dell'adempimento , si muove in direzione di esso . Se poi si guarda in concreto sia ai testi scritturistici citati , sia agli avvenimenti con essi commentati, si ha la riprova che ad una maggior insistenza globale sul tema dell'adempi mento non corrisponde poi una tendenza ad individuarlo in maniera sempre più dettagliata estendendolo ad altri testi e ad altri av venimenti. 4. 3.2. Citazioni scritturistiche nel Vangelo lucano
Almeno per quanto riguarda il primo volume lucano , per il qua le il confronto con le fonti è più facile , si può concludere che sia gli avvenimenti , sia i testi biblici per i quali si parla di adempimento , ri mangono praticamente quelli ricevuti dalla tradizione . Altri av venimenti che non siano la passione e la risurrezione sono pochissi mi e sempre ripresi dalla tradizione: l'attività del precursore (Is 40,3s in Le 3 ,4-6 par . ; MI 3 , 1 in Le 7 ,27 11 Mt 1 1 , 10 ; cf. Mc 1 ,2); la predicazione di Gesù come lieto messaggio per i poveri ; alcune sue guarigioni che richiamano più da vicino testi profetici . 7 1 Sotto questo aspetto la differenza con Mt è notevole. Nell'infanzia lucana, ad esempio, i richiami biblici sono assai abbondanti ma prevalentemen te di tipo allusivo-midrascico , secondo una tendenza tradizionale già nel giudaismo e che non implica necessariamente l'idea di adempi mento in senso più stretto . 72 Ma anche per quanto riguarda la passione e la risurrezione, i ri ferimenti scritturistici restano sostanzialmente quelli già presenti nella tradizione ; per lo più si presentano in forma generica «le Scrit tu re)) «i profeti)): Le 1 8 ,3 1 ; 24 ,24-27 .46s) . Solo in Le 22,37 mentre ' gli altri sinottici in un contesto simile rinviano più genericamente al le Scritture (Mc 14,49 e Mt 26,56) , Luca cita un testo particolare : «E
71 Vedi sopra §1 . 3 .
72
Un caso un po' a sé , in quanto pur trovandosi n e l vangelo s i tratta d i eventi success1vi alla pasqua , si ha nel discorso escatologico , in cui l'evangelista presenta an che la distruzione di Gerusalemme come adempimento delle Scritture (Le 2 1 ,22) . L'accenno però rimane molto generico («tutte le cose scritte») e m ultima analisi non fa che rendere più esphcito quanto anche le fonti presupponevano , nel descnvere la grande tribo lazione futura con i colori di quelle dell'Antico Testamento (cf. Mc 1 3 ,8 ._1 ?. 14 . 1 9 . 24) oppure nel descrivere il rifiuto opposto a Gesù secondo lo schema d� J n fm to opposto ai p rofeti , che colma la misura del peccato e rende inevitabile il gi ud izio (cf. Le 1 1 ,49-51 Il Mt 23 ,34-36) .
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fu annoverato tra gli iniqui» Is 53 , 12) . L'espressione è tratta da quel lo che i moderni chiamano il quarto canto del Servo di JHWH (Is 52 , 1 3-53 , 12) , però si ferma all'aspetto più generico; a ben vedere , non aggiunge nulla di particolare al tema del giusto perseguitato , già ben tradizionale nel racconto della Passione . 4. 3 . 3.
Citazioni scritturistiche negli A tti
Il libro degli Atti a più riprese descrive i primi evangelizzatori , ed i loro interlocutori , appassionatamente intenti a «discutere sulla base delle Scritture (dialégein apo ton graphon) . . . spiegare (dianoi gein) . . . dimostrare (paratithemi)» (At 17 ,2-3) ; «esaminare (anakri nein) le Scritture per vedere se le cose stavano così» ( 1 7, 1 1 ) , «dimo strare ( epideiknymi) attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo» ( 1 8 ,28) «convincere (peithein) riguardo a Gesù in base alla legge di Mosè, e ai profeti» (28,23) . 73 E di questo intensificarsi della riflessio ne scritturistica cristiana, il libro offre esso stesso una ricca docu mentazione con le sue numerose citazioni ed allusioni . 74 Non sempre è facile - né d'altra parte è di assoluta importanza - precisare quanto di questa riflessione scritturistica sia opera del redattore finale e quanto invece sia stato ereditato dalla tradizione . Mentre per il pri mo volume lucano era facile il confronto con Mc (e , più ipotetica mente , con Q) , qui il confronto , con le lettere paoline ed altri scritti neotestamentari , è possibile in misura più limitata Indubbiamente alcuni elementi privi di parallelo in altri scritti neotestamentari - il rinviare con precisione ad un determinato passo (At 1 3 ,33: «com 'è scritto nel salmo secondo . . . ») , il rifarsi all'autore del passo (Davide, Mosè, ecc. : 1 , 16; 2 ,25 .34 ; 3,22 ; 4 ,25 ; 7 ,37) , il ricapitolare i punti es senziali dell'adempimento - sembrano rivelare un intenso lavorio scritturistico personale dell 'autore di Le At . 75 Va da sé però che tale lavoro era iniziato ben prima di lui e si era sviluppato con lo svilup parsi stesso della predicazione cristiana .
73 Verosimilmente questo riferimento alle Scritture è presupposto dovun q ue si parli di «dimostrare che Gesù è il Messia» : 9 ,22; 1 8 ,5 . 74 In questa sede ci soffermeremo solo su alcune delle principali citazioni , rin viando per un'analisi più dettagliata a J. DuPONT, «L'utilizzazione apologetica del l'Antico Testamento nei discorsi degli Atti», in I o . , Studi sugli Atti , 41 5 -479 ; e a BE· TORI, « L ' A T ne gli Atti». 75 l ERVELL, «Die Mitte 80 . . . . »,
1 36
Un punto da notare è che la maggior parte delle citazioni si in co ntra all' interno dei discorsi collocati sulla bocca dei vari personag gi . Oggi tra gli studiosi è largamente diffuso il convincimento che, conformemente all'uso della storiografia greco-romana, i discorsi , pi ù che riprodurre quanto detto effettivamente nelle varie occasioni , mirano ad esprimere il punto di vista dello storiografo stesso , la sua interpretazione dei fatti narrati . 76 Questa ed altre considerazioni l'estrema concisione, l'omogeneità stilistica e teologica indipenden temente dal personaggio che parla, l'inserirsi perfettamente nei mo menti strategici dell'opera, l' uso della versione greca dei LXX anche quando chi parla non è un grecofono , come Giacomo, e tuttavia il te sto risulta probante solo nella forma dei LXX (così Am 9 , 1 1-12 in At 1 5 , 1 5- 1 8) - autorizzano ad attribuire al redattore per lo meno una notevole parte in questa grande operazione di rilettura cristiana dell 'A T. Questo però non esclude affatto l'utilizzazione di tradizio ni, soprattutto quelle dei cristiani grecofoni , che già avevano lavora to col testo dei LXX. 77 Come già nel Vangelo lucano , anche negli Atti si potrà constatare che la riflessione personale di Luca si innesta - in quella già sviluppatasi sotto la spinta delle esigenze della predica zione e soprattutto del dialogo con i giudei , al quale come già notato il narratore stesso fa frequentemente riferimento . Alla luce dello schema ternario di Le 24 ,46s e At 26,23 , conviene raggruppare da una parte le citazioni riferentisi alla morte e resurre zione di Gesù, dall'altra quelle che vogliono illuminare gli eventi postpasquali connessi all'evangelizzazione dei giudei e dei pagani . Alla passione e risurrezione del Messia , oltre ad alcuni rinvii ge nerici a «i profeti>> , analoghi a quelli già incontrati nel Vangelo , si ri feriscono innanzitutto alcune citazioni che appaiono anche in altri scritti neotestamentari , e che pertanto dovrebbero risalire ad una tradizione, almeno orale: 7 8 Il passo sulla pietra scartata dai costrut tori divenuta pietra angolare (Sal 1 18 ,22) citato in At 4 , 1 1 (cf. Mc 12 , 1 0-1 1 par. ; 1Pt 2 ,7) ; quello del S al l l0 , 1 : «Disse il Signore al mio Signore : siedi alla mia destra» , applicato alla glorificazione di Gesù
76 Tra i molti studi sui discorsi , rinviamo a U . WILCKENS , Die Missionsreden der -1-Pos telgeschichte, (WMANT 5 ) , Neukirchen 3 1 974; J . ScuMITI , «Prédication aposto h que , l . Les discours missionnaires des Actes», in DBS VIli , (1 967) , 251 -267 ; PLO MA CHER, Lukas als hellenistischer Schriftsteller. . . , 32-79 ; J . DuPONT, «l discorsi di Pie tro», in lo . , Nuovi studi sugli A tti, 53-102. DuPO NT, «L'utilizzazione » , 462-466 . Sui problema dei testimonia, vedi sopra , § l .
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. . .
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(At 2 ,34s ; cf. Rm 8,34 ; Mc 14,62; Eb 1 , 1 3 ; 8 , 1 ; 10, 12; 12,2; 1 Pt 3 ,22; Ef 1 ,20 ; Col 3 , 1 ) ; 79 l'altro salmo regale 2 ,7 («Figlio mio sei tu , io og gi ti ho generato») , in riferimento anch'esso alla resurrezione (At 13 ,33 ; cf. Eb 1 ,5 ; 5 , 5) . Tutte le citazioni suddette appaiono nei di scorsi «kerygmatici» ai giudei , sulla bocca di Pietro (2 ,34s ; 4 , 1 1 ) e poi anche di Paolo (13 ,33) ; è lecito ipotizzare che risalgano appunto a questo tipo di predicazione tradizionale . Delle rimanenti citazioni riferite alla passione e alla risurrezio ne, alcune appaiono più semplici e sostanzialmente sulla linea delle precedenti - così i passi dei Salmi applicati a Giuda (At 1 ,20, cf. Sal 69,26 ; 109,8), a Erode e a Pilato (At 4 ,25s; cf. Sal 2 , 1 ) , sulla linea dell'utilizzazione già tradizionale nel racconto della passione80 mentre altre sembrano presupporre una riflessione scritturistica più approfondita, più sottile . Il brano di Is 53,7s che Filippo in risposta all'Etiope applica a Gesù (At 8 , 32s) non si limita genericamente a descrivere Gesù come l'innocente perseguitato (come Is 53 , 1 2 in Le 22 ,37) ma pare che intenda riferire ogni singolo elemento del testo ai singoli momenti della passione e glorificazione di Gesù . 8 1 Note volmente elaborata risulta anche l'argomentazione ricavata dal Sal 16,8- 1 1 in At 2 ,25-2882 (ripresa poi più brevemente , come già nota al lettore , anche in At 1 3 ,35) . Redazionali o tradizionali che siano , queste riletture più sottili testimoniano l'intensificarsi della riflessio ne scritturistica cristiana messa in moto dagli eventi pasquali . Più interessante e più caratteristico dell'opera lucana l'altro gruppo di citazioni , quelle riferentisi all'esperienza della chiesa post pasquale , in particolare all'evangelizzazione dei giudei e poi anche dei pagani : quel terzo punto , cioè , dell'adempimento delle Scritture
79 Cf. J. DuroNT, <<"Seduto alla destra di Dio" » , m l o . , Nuov1 studi sugli Atti, 1 95-275 . 80 Applicazioni a Giuda si hanno anche m Gv 1 3 , 1 8 ; 17,12 (cf Sal 4 1 , 10) . Il sal mo 2 era già tradizionalmente interpretato cristologicamente ; il salmo 69 era già ap plicato alla passione (Mc 1 5,36 parall. ; Gv 15,25 ; 19,29) ; il salmo 1 09 appartiene an ch'esso at Salmi del giusto sofferente . Cf. J . DuPONT, «L'mterpretazione det Salmi negli Atti degli Apostoli» e «Il destino di Gtuda profetizzato da Davtd», in lo . , Studi sugl1 A tti , 401-523 (506-509) e pp. 525-545 . 81 Difficile stabilire fino a che punto si tratti di esegesi «atomistica» (R. GLòcK N E R , Die Verkiindigung des Hetls beim Evangelisten Lukas , (WSA MA 9) , Mainz 1976, 171-174) oppure di un richtamo globale alla figura del Servo (W.J. LARKIN , «Luke's Use of the Old Testament as a Key to his Sotenology» , in JETS, 20( 1977) , 325-335) ; cf. V. Fusco , «Il valore salvifico della croce nell'opera lucana», in Testimo nium Christi. Scritti in onore di J. Dupont, Brescia 1985, 205-236, alle pp. 223-225. 82 Cf. più avanti. 138
m enzionato programmaticamente a suo luogo (Le 24 ,46s ; At 26,23) . Questa tematica emerge con studiata progressione , dapprima con allusioni abbastanza velate , poi in maniera sempre più esplicita. 83 Già all'inizio del primo volume , il piccolo Gesù è salutato da Simeo ne , con linguaggio deuteroisaiano : «salvezza preparata al cospetto di tutti i popoli , luce che illumina le genti e gloria di Israele tuo po polo . . . » (Le 2 ,30-32 ; cf. Is 40 , 5 ; 42,6 ; 46 , 1 3 ; 49 ,6 ; 52, 10) . All'inizio poi dell'attività pubblica , la citazione tradizionalmente applicata al Battista , «voce che grida nel deserto . . . » viene prolungata fino ad in cludere la frase : « . . . e ogni carne vedrà la salvezza che viene da Dio» (Le 3 ,4-6 ; cf. Is 40,3-5 ) ; e nel discorso di Nazaret , in cui Gesù pro clama l'adempimento delle promesse salvifiche, l'ira dei presenti si accende quando Gesù ad un certo punto allude ad Elia ed Eliseo in viati a beneficare i pagani piuttosto che i connazionali (Le 4 ,24-27 ; cf. 1 Re 1 7 , 1 -24 ; 2Re 5 , 1-27) . Nel secondo volume , il primo discorso di Pietro , nel giorno della pentecoste , cita un testo di Gioele (At 2 , 1 7-2 1 ; cf. Gl 3 , 1-5) : forse più idoneo all'interpretazione cristiana, rispetto ad altri grandi testi profetici sull'effusione dello Spirito , perché tale evento è descritto come escatologico ma al tempo stesso come storico , in quanto desti nato ad investire l'intera comunità di una missione profetica . Inol tre, l'espressione finale , « . . . chi avrà invocato il nome del Signore , sarà salvo» , si prestava a ricevere un'interpretazione cristologica : Pietro spiega che questo Kyrios da invocare per essere salvati va identificato proprio con quel Gesù di Nazaret che era stato crocifisso e che il Padre ha risuscitato dai morti (2 ,35s , con l'ulteriore citazione dal Sal l lO, l ) ; chiunque invoca il suo nome , compie cioè l'atto di fe de in lui , si dissocia dalla «generazione perversa» (2 ,40) sulla quale il giorno del Signore , giorno grande e terribile annunziato da Gioele (2, 19s; cf Gl 3 ,4) incombe non a salvezza ma a condanna. Benché la citazione di Gioele non si incontri altrove nel NT in ri feri mento al dono dello Spirito e ai fenomeni carismatici connessi (cf. pe r esempio 1Cor 1 2-14) , è interessante notare che l'espressione «colo ro che invocano il nome del Signore» risulta usata come termi nologia ben nota , equivalente ad una vera e propria definizione dei cristiani , non solo in altri passi degli Atti (9,14 .21 ; cf. 22,16), ma an-
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83
t . . .».
Per
un
più ampio svolgimento del tema,
cf. DUPONT,
«La salvezza dei genti,
1 39
che nelle lettere di Paolo (lCor 1 ,2 ; in Rm 1 0, 12-14 esplicitamente come testo scritturistico) . È lecito pertanto supporre che almeno un nucleo di partenza sia tradizionale. Nel contesto lucano , l'accenno alla necessità di questa opzione di fede in Gesù per dissociarsi dalla «generazione perversa» , prepa ra il tema della divisione di Israele . Quanto ai pagani - mentre Paolo esplicitamente sottolinea che anch'essi sono compresi in quel «chiunque . . . » e nel fatto stesso che la salvezza si ottenga attraverso quell'atto di fede (Rm 1 0 , 12- 1 4) - nel testo lucano questa esplicita zione manca; i gruppi di varie lingue cui Pietro si rivolge sono i Giu dei della diaspora , 84 ai pagani si allude forse solo velatamente con l'espressione «ogni carne» (A t 2 , 17), poi con l'accenno : « . . . coloro che sono lontani, quanti il Signore chiamerà . . . » (At 2 ,39 ; cf. Gl 3 , 5 e Is 57, 19) . Già nel secondo discorso di Pietro si può notare un'accentuazio ne . Da una parte , si fa più esplicita la minaccia a quei giudei che ri fiutano di credere in Gesù: essi incorrono nell'esclusione dal popo lo, minacciata da Mosé a chi avesse rifiutato di prestare ascolto al profeta simile a lui che sarebbe stato inviato da Dio (At 3 ,22s ; anche 7 ,37; cf. Dt 1 8 , 1 5- 1 9) . 85 Dall'altra , in pari tempo , si fa più chiaro l'u niversalismo della salvezza con il rinvio alla promessa fatta ad Abra mo : «Nella tua discendenza saranno benedette tutte le stirpi della terra» (At 3 ,25 ; cf. Gen 12,3; 22 , 18) ; l' applicazione ai pagani , ben ché non esplicita, è suggerita dalla frase conclusiva , «A voi dunque per primi » (3 ,26) , con la quale i giudei vengono designati quali beneficiari prioritari ma non esclusivi della benedizione promessa (proton in questo senso anche in At 1 3 ,46s ; Rm 1 , 1 6 ; 2,9s; Mc 7 ,27) . Anche questa volta i riferimenti scritturistici , almeno come nucleo essenziale , sembrano tradizionali: l'interpretazione universalistica della discendenza di Abramo si ha anche in Paolo , seppure in ma niera diversa (Gal 3 , 7-29 ; cf. Rm 4 , 1-25 ; 9,6-8) ; l'identificazione di Gesù con il profeta di Dt 1 8 , 15 . 19 è attestata dall'espressione «il profeta» (Gv 1 ,21 ; 6 , 1 4 ; 7 ,40; forse anche Mt 2 1 , 1 1 ) , come pure dai . . .
84 Cf. V . Fusco , «Effusione dello Spirito e raduno dell'Israele disperso. Gerusa lemme nell'episodio di Pentecoste (Atti 2 , 1 - 1 3) » , in Gerusalemme. Atti della XXVI settimana biblica , Brescia 1982 , 201 -218. 85 Cf. C.M. MARTINI, «L"esclusione dalla comunità del popolo di Dio e il nuov o Israele secondo Atti 3,23», in Bib , 50(1969) , 1-14; ripubblicato in I o . , La parola di Dio alle origini della chiesa , 239-258.
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testi nei quali si sviluppa la tipologia Mosé-Gesù. I due aspetti paradossalmente contrapposti - fede dei pagani, in credulità dei giudei - ritorneranno , ancor più esplicitamente , nel primo discorso posto sulla bocca di Paolo , nella sinagoga di Antio chia di Pisidia (At 1 3 , 16-4 1 ) . Dopo aver ricapitolata la storia di Israele fino all'elezione della dinastia davidica (vv . 16-22) , e dopo aver proclamato che le promesse salvifiche , non realizzate dalla Le gge , si sono adempiute nella risurrezione di Gesù (vv . 23-39 , con le citazioni di Sal 2 ,7 ; 1 6 , 1 0 ; Is 55 ,3 ) , 86 il discorso si conclude con un severo ammonimento , ricavato da Abacuc , ai «beffardi» che voles sero disprezzare questo messaggio di salvezza : «Badate dunque che non sopraggiunga su di voi ciò che è detto nei Profeti : Mirate , bef fardi , e stupite e nascondetevi , poiché un'opera io opero ai vostri giorni , un'opera che non credereste , se vi venisse raccontata ! » (v . 41 ; cf. Ab 1 ,5 LXX) . Il castigo è minacciato in termini oscuri ; tutta via il contesto successivo (vv. 42-52) fa capire che è quello stesso che Paolo prospetterà ai giudei di Roma (28,25-28) . Di fronte alla rea zione ostile della maggioranza dei giudei e favorevole invece da par te di numerosi pagani , Paolo e Barnaba infatti dichiarano che, aven do ormai rispettato la priorità dei giudei , d'ora in poi essi si dediche ranno ai soli pagani ( vv. 46s) . A sostegno di tale decisione viene ci tato Is 49 ,6 : «Ti ho posto a luce delle genti , affinché tu possa essere a salvezza fino all'estremità della terra» ; si tratta di una di quelle for mulazioni deuteroisaiane cui Lc-At fa allusione ripetutamente (Le 2,30; 3 ,6 ; At 1 ,8 ; 28 ,28) . 87 L'imperativo che il Signore rivolgeva al suo Servo , qui viene riferito agli evangelizzatori cristiani . Alla base di quest'applicazione ecclesiologica rimane però sempre quella cri stologica:88 cf. At 26 ,23 , dove colui che avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani , è Cristo stesso risorto dai morti . Benché i testi qui citati non appaiano altrove nel NT, questo me to do di rilettura cristiana dei testi «universalistici» dell' AT - soprat tutto Is aia e i Salmi - ha un certo parallelismo , soprattutto in Paolo (cf. Rm 9, 25s; 1 0 , 1 1-13 . 18-20; 1 5 ,7- 1 3 . 2 1 ) . Assai chiaro invece è il Cf. l. DuPONT, «Le cose sante di D avi d che sono degne di fede (Atti 13,34 5 3 ,3 ) , in I o . , Studi sugli Atti, 575-61 5 . 87 W . C . VAN U NNIK, «Der Ausdruck héos eschiitou tes ghes (Apg 1 ,8) und sein altte stamentlic her Hintergrund» , in Io . , Sparsa Collecta, l: Evangelia - Paulina - Ac· ta , (N T. S 29) , Leiden 1 973, 386-401 . 88 l . D UPoNT, «"Ti ho posto a luce delle genti" (At 13 ,14,43-52)» , in I o . , Nuovi Stud, sugli Atti , 323-329 . . 86
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carattere tradizionale della citazione di Is 6 ,9s, che Luca anziché in serire nel ministero di Gesù (Mc 4, 1 1 s ; Gv 12 ,39s) preferisce porre sulla bocca di Paolo nelle sue parole ai giudei di Roma a conclusione dell'opera (At 28 ,25-28) . 89 Per completare il quadro , a queste citazioni poste sulla bocca di Pietro e di Paolo va aggiunta quella posta sulla bocca di Giacomo nel suo intervento all'assemblea di Gerusalemme (At 1 5 , 15-18) : Amos 9 , 1 1s LXX con qualche elemento minore da altri testi . lvi si preannunzia la restaurazione della tenda di Davide caduta in rovina, « . . . affinché anche il resto degli uomini ricerchi il Signore , e tutte le genti , su cui è stato invocato il mio nome . . . ». L'applicazione univer salistica, benché posta sulla bocca di Giacomo che non è un grecofo no , è resa possibile solo dalla versione dei LXX , che ha letto «UO mo» ( adam) e «cercare» (drs) , Laddove il testo ebraico , con Edom e «conquistare» (yrs} , aveva solo una promessa di vittoria sul popolo confinante , tradizionale nemico di Israele. La citazione , sia che la si interpreti in senso cristologico (la restaurazione della tenda di D avi de identificata nella risurrezione di Gesù ) , sia che si pensi ad una «restaurazione» , di Israele come premessa all'estensione della sal vezza agli altri popoli , 90 si inserisce perfettamente nella concezione lucana.
4 . 4 . Riflessioni conclusive Da quanto osservato nell'esame dei singoli testi è facile constata re che all'accentuazione delle affermazioni di principio sul rapporto inscindibile tra l' AT e Gesù, e alla notevole frequenza quantitativa delle citazioni , non fa riscontro un approfondimento della riflessio ne sui presupposti ermeneutici e metodologici di questa rilettura cri stiana. I metodi messi in opera restano più o meno quelli , moltepli ci , dell'esegesi giudaica contemporanea , 91 con l'ampia parte di liber tà ed artificiosità che essi comportavano ; anche se è giusto ricono-
89 Cf. Fusco, Parola e Regno , 255-257 ; GNILKA, !fte Verstockung Israels . . . . 117-1 54. 90 Sul problema, cf. DuPONT, Teologia della chiesa . . . , 38-46. Esempi (a volte però piuttosto ipotetici) in I .W . DoEVE, Jewish Hermeneutics in the Synoptic Gospels and Acts , Assen 1954 ; J . W . BowKER, «Speeches in Acts: A Study in Proem and Yelammedenu Form» , in NTS, 14( 1967-68) , 96-1 1 1 ; E . E . ELLIS, <<Midraschartige Ziige in den Reden der Apostelgeschichte» , in ZNW, 62(197 1 ) , 94104; J . A . SANDERS , «From Isaiah 61 to Luke 4» , in Christianity, Judaism and Oth er Graeco- Roman Cults , 75- 106.
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sce re che non si incontra in Lc-At una vera e propria allegoresi nel s enso dell 'esegesi patristica dei secoli successivi . 92 Difficile tracciare una netta linea di confine tra l'abitudine , cara già ai giudei pii , di commentare o addirittura esprimere ogni cosa con p arole bibliche , e l'idea cristiana di adempimento in senso vero e proprio . Difficile anche stabilire fino a che punto vada intesa nel senso più stretto del termine l'idea che queste argomentazioni scrit turistiche offrano una «prova» 93 della messianicità di Gesù. 94 La co stante connessione tra la comprensione delle Scritture e la pasqua, in contrapposizione alla precedente cecità, sembra far cadere l'ac cento non tanto sulla prevedibilità di eventi di cui poi sarebbe suffi ciente constatare il realizzarsi , quanto sulla luce che la Scrittura vie ne a proiettare su eventi dolorosi rimasti finora oscuri ,95 ma che a lo ro volta fanno cogliere il senso delle Scritture rimaste anch'esse fino _ ad allora enigmatiche. A livello di principio , viene enunziata una circolarità ermeneutica, un rapporto che va in entrambe le direzioni : le Scritture rinviano a Cristo , Cristo rinvia alle Scritture. 96 Nella luce della pasqua, i discepoli comprendono Gesù alla luce delle Scritture , ma anche le Scritture alla luce di Gesù (Le 24,46s) . In particolare ciò vale per il punto che sta molto a cuore a Luca, l'evangelizzazione dei pagani . Raffrontata ai testi veterotestamenta ri che la preannunziavano come parte integrante dell'opera messia nica , ne viene legittimata, traducendosi a sua volta in una conferma della messianicità di Gesù. 97 92 DuPONT, «L'utilizzazione», 468-470. Nel modo di trattare la figura di Abra mo, Luca tra gli autori neotestamentari è il più vicino al senso letterale : DAHL, «The Story of Abraham . . . » . S u una «Proof-form-prophecy-theology>> in Lc-At insiste soprattutto ScHu BERT, «The Structure . . . >> . 94 Non del fatto della risurrezione come tale : cf. DUPONT, «L'interpretazione dei sal mi . . . » , 487-495 . 506-509 . 5 1 1 -5 1 8 ; C. GHIDELLI, «Le citazioni dell'Antico Testa mento nel cap . 2 degli Atti», in Il Messianismo. Atti della XVIII settimana biblica, Bresc ia 196 6, 285-305 . 95 H . J . CADBURY, The Making of Luke-Acts, London 1968 ( = New York 1 927) , 303 - 305. 96 Be n sottolineato in BEToRI , «L'AT negli Atti . . . >> . .97 DUPO NT, «La salvezza dei Gentili . . . » , 745 ; lo. , «La portata cristologica . . . » . Tra l due aspetti , nell'ottica lucana, c i sembra preminente il primo: e r a la missione ai pagani (e le concrete modalità con cui si era realizzata: senza circoncisione , senza at t � � d� re la p revia conversione in Israele . . . ) che aveva bisogno di essere legittimata , Plu d 1 q u anto non ne avesse bisogno la messianicità di Gesù per chi aveva già accolto 1� Pr?clamazione della risurrezione ; benché sia lecito presumere che per certi lettori gtustt fican do l' evangelizzazione cristiana dei pagani si rimuoveva anche un ostacolo aecetta re Gesù stesso . Sul rapporto fra finalità «apologetico-ecclesiologica>> e fina1 « k erygmatica» , cf. Fusco , «Progetto . . . » .
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In che senso dunque si deve «partire» dalle Scritture per capire Gesù (cf. Le 24,27: « . . . e cominciando da Mosé e da tutti i profe ti . » ; A t 8 35 : << e cominciando da quel passo della Scrittura . . . » ) , e d in che senso viceversa s i deve «partire» dall'esperienza vissuta , dall'evento della morte e risurrezione di Gesù, per capire le scrittu re?98 in che senso sono enigmatiche le Scritture senza Gesù e in che senso è enigmatico Gesù senza le Scritture? In che senso , fino a che punto , dev'essere considerata inadeguata la lettura ebraica delle Scritture (cf. At 1 3 ,27)? Dopo Cristo e la sua risurrezione , essa avrebbe perduto ogni ragion d'essere , 99 oppure in qualche modo po trebbe conservarla? La risposta non è facile . A volte sembra che si punti sulla lettera lità stessa del testo biblico , e una letteralità che spesso ingenuamen te (o forse furbescamente?) prescinde dal contesto originario : 100 la voce che grida nel deserto è quella del Battista (Le 3 ,4-6 ; cf. Is 40, 3-5 LXX) , il messaggero inviato a portare la lieta notizia ai poveri , è Gesù (Le 4, 18s; cf. Is 6 1 , 1s), gli storpi , i ciechi e i sordi di Is 35,5s sono quelli guariti da Gesù (Le 7 ,22s) , e via dicendo . Il profeta di cui parlava Mosé (Dt 1 8 , 1 5 . 19) non è più semplicemente , in senso di stributivo , il profeta inviato di volta in volta da Dio al suo popolo , ma in senso individuale , un profeta ben preciso , quello escatologico , da identificare con Gesù (At 3 ,22s ; 7,37) . Non sempre però l'utilizzazione è così «ingenua» . A volte c i si pone l'interrogativo esegetico : «Di chi dice queste cose il profeta? di se stesso o di qualche altro?» (At 8,34). A volte si fa leva appunto sulla impossibilità di intendere il testo , o almeno certi elementi di es so, in senso puramente letterale. Quando il Salmista sì dichiara sicu ro di non essere abbandonato alla dimora dei morti e a subire la cor ruzione, ma di godere una pienezza di vita senza fine alla presenza del Signore (Sal 16,8-l l ) , q ueste espressioni non possono riferirsi in senso letterale al suo autore , D avide , il quale in realtà anche lui è morto e fu sepolto , « . . . e la sua tomba è in mezzo a noi fino al giorno .
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98 Sui due procedimenti, cf. D UPO N T , «Le point de départ de l'affirmation chri· stologique dans les discours des Actes des Apòtres» , in CoMM. BIBL. PoN T , Bible 71 Christologie , Paris 1984 , 219-235 ; tr . it . : «Il punto di partenza dell'affermazione cn· stologica nel discorso degli Atti degli Apostoli», in PoNT. CoMM. BJBL. , Bi b bia e Cri stolo!lia3. C inisello Balsamo (MI) 1987, 223-239. 119 1:. questa la concezione che attribuisce a Luca H.CoNZELMAN N , Die Mitre der Zeit. Studien zur Theologie des Lukas, (BHTh 18), Tiibingen 51964 , 1 46-152. 1 00 Cf. D uPONT, «L'utilizzazione . » , 470: Esegesi «letterale» sì, ma qu ale l a praticavano anche i rabbini , . , , , l ·� , .
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d'oggi » ; egli dunque parlava di un altro : da profeta qual era , si rife riva a quel discendente che gli era stato promesso (cf. 2Sam 7 , 12s) ; parlava, «anti-veggendo» (proiaòn ) , della risurrezione del Messia (At 2,29s) . 10 1 La rilettura cristiana fa leva sull'apertura , percepibile già nel testo veterotestamentario almeno come oscura intuizione , in direzione di una salvezza più piena , più radicale , della semplice gua rigione dalla malattia, di una provvisoria preservazione dalla morte: uno di quei presentimenti che si incontrano a volte nell'A T anche prima che la dottrina della vita ultraterrena venisse esplicitamente formulata. 102 La rilettura cristiana però , anche se prende le mosse da quest'ulteriorità di senso racchiusa già nascostamente nel testo vete rotestamentario , va al di là di essa con un'interpretazione diretta mente cristologica. 103 Altre volte lo spessore letterale del testo di partenza non è elimi nato ; si presuppone semmai un rapporto «tipologico». Così quando Stefano racconta la vita di Mosé , l 'accento cade su quei tratti che an ticipano l'esperienza di Gesù : Mosé «rinnegato» dal suo popolo (At 7 ,35 ; cf. 3 , 14) ; e viceversa per Gesù si adopera il termine exodos (Le 9,31) ed altre reminiscenze mosaiche . 104 Analogamente , certi episo di evangelici - miracoli , scene di vocazione . . . - appaiono ricalcate su episodi del ciclo di Elia e di Eliseo (cf. L e 7 , 1 5 con 1 Re 1 7 ,23; Le 9,59s con l Re 19, 19s ; ecc. ) . 105 • Ma a queste «tipologie» non soggiace alcuna concezione sistematica , quale l'ha costruita a volte la teologia moderna . In che misura queste operazioni esegetiche hanno un che d i «ra zionale» , 1 06 e in che misura sono oggetto di fede (cf. Le 24 ,25 : «tardi di cuore a credere . . . ») , dono di Dio (notare le costruzioni al passivo 101 Argomentazione analoga, nel medesimo contesto , col Sal 1 10, 1 in At 2,34: «Non Davide ascese ai cieli . . . » . Questo metodo che riflette una situazione di contro versia coi giudei , è attestato anche in GIUSTINo : cf. Apol. 1,35; Dial. 33 , 1 ; 34, 1 ,2,7; 36 ,2 ; 43 , 8; 68,7-9 ; 77, 1 ; 97 ,4; 99 , 1 ; 120,3 ; 122 , 1 -5 ; cf. F. OvERBEC K , « Ù ber das Ver bii l tniss Justins des Martyrers zur Apostelgeschichte» , in ZWTh , 15(1872) , 305-349. 102 Anche nella controversia coi sadducei circa la risurrezione (Mc 12,18-27 p ar. ) il procedimento è analogo . 103 U lte riori elementi di discussione in KRANKL, Jesus der Knecht Gottes, 1 3 1 1 36 . 1 04 N on tutte convincenti però quelle proposte da J. MÀ N EK , «The New Exodus tn th e Books of Luke», in NT, 2(1957) 8-23 . 1 05 Cf. R. SWAELEs , «Jésus , nouvel E lie, dans s. Luc» , in ASeign , ( 1964)69, 4166 J . -D . Dusms , «La figure d' Éiie dans la perspective lucanienne» , in RHPhR, 53 97 3 , 155- 176. 1 Cosi JERVELL, « D ie Mitte . . . », 85s, con formulazioni un po' unilaterali: per Luca basterebbe avvicinare gli eventi ai testi biblici e il senso balzerebbe fuori da sé . . . -
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«teologico» sia per l'accecamento che per la illuminazione: Le 9 ,45 ; 24, 1 6 . 3 1 . 35)? 107 In che misura è paradigmatico che queste interpre tazioni delle Scritture siano fatte , da Gesù e dagli apostoli , dopo aver ricevuto l'effusione dello Spirito Santo ( Le 4, 14; cf. 3 ,21s e 4 , 1 ; At 2 ,4 ; 4,8. 3 1 ; 6,5 . 10; 7;55)? Ben difficilmente Luca può pensare che esse fossero possibili già prima dell'evento, senza l'esperienza della risurrezione . In che misura però , nel suo modo di vedere , la lu ce vada, oltre che dall'evento in direzione del testo, anche dal testo in direzione dell'evento , non è facile precisare. Anche se non con la stessa chiarezza del quarto Vangelo (cf. Gv 2,22 ; 1 2 , 1 6 ; 16, 12- 14 . 25 ; ecc. ) , sembra presupposta una connessione tra comprensione post pasquale (delle Scritture e di Gesù) e dono dello Spirito _HJS 5.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE GENERALI
Il ricorso alle Scritture fu indubbiamente , se non l'unica , certo la prima e fondamentale forma di riflessione teologica del cristianesi mo nascente . Studiandola in Mc, Mt e Lc-At e sforzandoci di risalire in alcuni casi anche alle tradizioni soggiacenti , abbiamo potuto quasi toccare con mano il progressivo estendersi in tutte le direzioni, a macchia d'olio , di questo processo di rilettura dell'Antico Testa mento alla luce di Gesù , e di Gesù alla luce dell'Antico Testamento . Dal punto focale , la morte e risurrezione che già l'antichissima formula kerygmatica citata da Paolo proclamava compiuta «secondo le Scritture» ( 1 Cor 1 5 ,3-5 ) , si risalì gradualmente all'indietro: innan zitutto alla passione stessa in tutto il suo concreto svolgimento nar rativo; e poi ad altri precedenti momenti dell'esistenza terrena di Gesù , al suo insegnamento, ai miracoli ; per arrivare infine con Mt 1-2 e Le 1-2 fino alla nascita stessa e all'infanzia; mentre di pari pas so andavano accrescendosi e diversificandosi anche i testi veterote stamentari utilizzati e , come vedremo fra poco, anche i metodi . Il campo di applicazione già in partenza, almeno tendenzialmente , è
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107 In tal senso J . ERNST, «Schriftauslegung und Auferstehungsglaube bei Lu kas>>, in ThGI, 60( 1970) , 360-374; J . DELLI N G , «" . . . als er un die Schrift ausschloB" . Zur lukanischen Terminologie der Auslegung des Alten Testaments>> , in Das Wort und die Worter, pp. 75-84 ; OILLO N , «Easter Revelation . . . », 244s. 1 08 U . LUCK, «Kerygma , Tradition und Geschichte Jesu bei Lukas», in ZThK , 57(1960) , 5 1 -66; C. GHJDELLI , «La storia come rivelazione negli A tti degli apostoli» , in Costituzione conciliare Dei Verbum. Atti della XX selt. bibl. , Brescia 1970, 1 1 1 127.
1 46
u niv ersale , anche se di fatto poi risulta sempre , per un verso o per l'altro , selettivo. Ma in linea di principio nulla è escluso: da una par te , tutto Gesù , dall'altra , tutta la Scrittura. In quanto vuol essere autentica lettura dì quei determinati testi, la lettura cristiana dell'Antico Testamento non si sottrae all' interroga tivo metodologico per appellarsi ad un'intuizione puramente cari smatic a . Di fatto, utilizza tutti i metodi esegetici già utilizzati dai conte mporanei; i confronti oggi in atto in tutte le direzioni (esegesi rab binica , targumica, midrashica, qumranica, giudeo-ellenistic a . . . ) an che se ipotetici a volte nei singoli casi , globalmente almeno si rive lano tutti ben fondati . 109 Non emerge un qualche metodo nuovo , speci ficamente cristiano; 1 10 neppure la «tipologia» può essere consi derato tale . 11 1 Nuovo e specifico è, in ultima analisi, solo il fatto stes-
109
Ricordiamo solo alcune sintesi : O . MICHEL, Paulus und seine Bibel, I l / 18) , Gutersloh 1929, rist. Darmstadt 1972 , 1 87-193 ; B . M . METZGER, «The Formulas Introducing Quotations of Scripture in the New Testament and in the Mishnah», in JBL , 70( 1 95 1 ) , 297-307 ; ripubblicato in In. , Historical and Literary Stu dies. Pagan, Jewish and Christian, (NT. S 8), Leiden 1968, 52-63 ; L. CERFAUX , «L'e xégèse de l' Ancien Testament par le Nouveau Testament » , in Recueil L. Cerfaux, I l , Gembloux 1954, 205-217 ; W . G . KDMMEL, «Schriftauslegung» , I I I . Im Urchristen tum , in RGG3 V , (1961 ) , 15 17- 1 520 ; M. G ERTNE R , « Midrashim in the New Testa ment o> , in JSSt, 7( 1962) , 267-292; C . K . BARRETT, « The Interpretation of the Old Te stament in the New» , in The Cambridge History of the Bible, I: From the Beginnings to Jerome, a cura di P . R. A c K ROY D - C . F. EvANS , London-New York 1970 , pp . 37741 1 ; M. P . M I LLER , «Targum , Midrash and the Use of the Old Testament in the New Testament» , in JSJ, 2(197 1 ) , 29-82 [amplissima bibliografia]; M. M c NAMARA , l tar gum e il Nuo vo Testamento , Bologna 1978. Cf. anche le note 32, 52, 91 . 110 Ben sottolineato in SAN D , «"Wie geschrieben steht . . . " . . . » . 111 «Tipologia» in questo senso dovrebbe essere la corrispondenza di una deter minata realtà neotestame ntaria non con determinati testi veterotestamentari ma con le realtà veterotestamentarie stesse (alleanza, esodo, inabitazione di Dio , regalità ecc . ) : una corrispondenza però che , per distinguersi dal fenomeno della ripresa e svi luppo progressivo di un determinato tema in atto già all'interno dell'Antico Testa mento , dovrebbe implicare non solo genericamente una continuità e un approfondi me nto, ma un passaggio alla pienezza : cf. L . GoPPELT , Typos. Die typologische Deu tung des Alten Testaments in Neuen , Darmstadt 21973, 1 8-22 ; In . , Theo/ogie des NT, II , Gottingen 1976, 383-385 . Goppelt stesso però non è in grado di chiarire come que sta << visio ne» teologica si traduca in un <<metodo» esegetico (cf. le oscillazioni in Ty p os , pp . 213s . 243s) , una criteriologi a che riesca a giustificare come e perché siano sta. te fatte certe letture neotestamentarie di testi veterotestamentari ; il come rimane oscu ro: di fatto , la trattazione di Goppelt raccoglie insieme sotto questo concetto tut ta una se rie di fenomeni letterari e teologici da valutare in maniera differenziata: re s� a no vali de almeno in parte le obiezioni di R. B uLTMAN N , «Origine e significato della II po logia come metodo ermeneutico» , in In . , Exegetica , Torino 1 971 , 127- 142 . Sul v � rsan te cattolico , a Goppelt si rifà J . DANIÉLOU (cf. soprattutto : Sacramentum futu n . Étu es sur /es origines de la typologye bib/ique, Paris 1 950) ; mentre per H. de Lu l � hp� logia non è sufficiente a cogliere la novità neotestamentaria: cf. il mio stu10 già Citat o nel }0 capitolo su Gesù , nota 98.
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147
so della fede nella messianicità di Gesù crocifisso e risorto. In questo senso , in quanto lettura possibile solo a partire dalla fede pasquale , non può essere considerata semplicemente un'applicazione di prin cipi ermeneutici generali , di metodologie «neutrali» . I metodi esegetici come tali sono dunque quelli che la cultura dell'epoca metteva a disposizione dei cristiani; sono gli stessi dei giu dei e dei pagani , con quanto di positivo e di negativo , di affascinante o di inaccettabile , potrà ravvisare in essi la coscienza esegetica di noi moderni . Sarebbe pericoloso pertanto trasporre a piè pari questi procedimenti in un orizzonte culturale diverso , conferendo loro una portata sistematica più rigida, attribuendo alle singole citazioni un valore probativo che esse stesse probabilmente non pretendevano di possedere . S'impone una certa distinzione tra il dato di fondo , la convinzione cristiana del rapporto inscindibile tra Gesù e le Scrittu re e tra le Scritture e Gesù , e il suo concreto incarnarsi nelle diverse metodologie esegetiche dell 'epoca, e nelle singole letture effettuate con l'ausilio di esse ; altrimenti si rischia o di assolutizzare indebita mente un dato contingente , o viceversa di coinvolgere nella sua ca ducità anche un dato molto più essenziale . 112 Il movimento è a ritroso , il che però non significa che sia unidire zionale . Come abbiamo notato di volta in volta nei singoli scritti , s'instaura sempre una circolarità ermeneutica: d a Gesù alle Scrittu re , indubbiamente ; ma in pari tempo anche dalle Scritture a Gesù: 113 non vuoi essere semplice utilizzazione di una serie di materiali lin guistici , concettuali , figurativi, previamente destrutturati e sradicati dal contesto originario ; a volte può essere anche questo, ma non è solo questo: vuol essere processo di lettura dei testi biblici , decifra zione del significato insito in essi già in partenza, benché divenuto leggibile solo alla luce di un referente nuovo extratestuale , verso il quale le Scritture stesse erano protese, ma che da sole non erano in grado di anticipare . È l'evento della risurrezione a fornire a questo
1 12
Come avv1ene per es. in H BRAuN , <.�i * f nel Nuovo ment», 113
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l
processo incessante di rilettura non solo la spinta che lo ha messo in moto storicamente e continua ad alimentarl o , ma anche l'orizzonte , fuori del quale non sarebbe possibile ; ma sono le Scritture , a loro volta, a fornire alla risurrezione l'orizzonte necessario perché il sen so dell'evento possa essere compreso e p roclamato.
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5 La scrittura nel Vangelo e nelle lettere di Giovanni
G i u seppe Segal l a
O.
INTRODUZIONE
0. 1 Lo «status quaestionis» Seguendo l'orientamento più recente della ricerca giovannea , che, in contrasto con la corrente ellenistica della prima metà di que sto secolo , tende ad ambientare il quarto vangelo nel mondo biblico giudaico, si sono moltiplicati gli studi su «la Scrittura in Giovanni» . 1 Tre monografie sono state dedicate all' argomento a distanza di pochi ann i : que1la di F. M. Brau n , secondo volume di un 'opera com plessiva intitolata Jean, le Théologien (Les grandes Traditions d'l srael. L'accord des Ecritures d'après le quatrième évangile) , edita nel 1964 : polemizza con la tendenza interpretativa e1lenistica ed in par ticolare con R. Bultmann e la sua interpretazione «gnostica» . Un anno dopo , nel 1965 , usciva la monografia molto precisa di E . D . Freed , limitata però allo studio accurato delle 17 o 1 8 citazioni del l' AT nel quarto vangelo allo scopo di stabilire cosa cita (la LXX po che volte) e come cita (a memoria) . Nove anni dopo, nel 1 974, usci va l'opera più comprensiva sull'argomento , nella collana scientifica della SNTS . G . Reim non vi studia solo le citazioni esplicite (come il Freed) , ma anche le allusioni a testi dell'AT e ad usi giudaici , met tendo in luce l'apporto della fondazione anticotestamentaria alla singolare cristologia di Gv , ma complicando i risultati dello studio con una teoria discutibile sulle «fonti» del Vangelo . Lo stesso Reim continuò la sua ricerca con apporti particolari dal Targum , arrivan do a proporre nel l983 un articolo sintetico su «Targum und Johan n � sevan geli um» . Qualche apporto sul testo dell'AT usato da Gv, VIene d allo studio dei testi biblici scoperti a Qumran : la monografia
v
1
Cf . la bibliogra fia finale . I libri e gli articoli , che compa1ono nella bibliografia erranno citati pe r autore , prima parola dell'opera o dell'arucolo e pagina .
151
del J . De Waard , del 1 966, sull'argomento viene stranamente igno rata sia dal Reim sia da R. Kysar, che nel 1975 scrive una monogra fia sulla ricerca contemporanea giovannea e vi dedica più di 40 pagi ne al nostro argome nto (pp . 102- 146) ; e la presenta in modo più bre ve nel contributo all'ANRW (25 ,3 , 1 389- 1479 ; sul nostro argomento pp . 1416- 1425 ) . A. T. Hanson , oltre a studiare alcune tematiche par ticolari , in due studi successivi , che si ripetono ( 1 980 e 1983) 2 dedica la sua attenzione alla tecnica giovannea nell'uso della «Scrittura» co me aveva fatto con Paolo . 3 Di particolare interesse è lo studio di Craig A. Evans , del 1982 , che esamina le formule di citazione in re lazione alla struttura del quarto vangelo. 4 Si sono scritte monografie e articoli su singoli temi o testi del l'AT presenti in Gv, su cui non ci fermeremo . 5 Tra questi lavori . il più significativo è quello di S . Pancaro sulla Torà nel quarto Vange lo, del 1 975 . 0.2.
Metodologia e scopo
Nostro scopo non è quello di studiare l'ambiente culturale bibli co-giudaico degli scritti giovannei , com'è il caso della maggioranza degli studi sopra menzionati . È nostra intenzione esaminare la pre senza della Scrittura e delle sue grandi tematiche in Gv ; come la usa e come la qualifica in ordine alla cristologia. Metodologicamente andrebbe distinta almeno la tradizione pa lestinese del quarto vangelo dalla sua redazione ellenistica. A mio avviso il ricorso alla Scrittura , esplicito o implicito , deriva principal mente dalla tradizione palestinese prima del 70 . Solo così si può spiegare la grande varietà «testuale» , che risale più al testo ebraico presente in Palestina in varie forme (Qumran , testo samaritano , te sto vicino al TM, il Targum) che non alla LXX (usata peraltro anche in Palestina) . Va inoltre tenuto p resente l'intervento dell'evangeli sta sul testo dell' AT in ordine al suo scopo , come ha dimostrato Menken per Gv 6,31 . 6 Per quanto riguarda, in particolare le lettere, si deve constatare che usano poco l a Scrittura (a parte il riferimento
2 Il secondo , del 1 983 , è pi ù corretto e più ampio del primo .
3
A.T. HANSON , Studies m Paul's Technique and Theology, London 1974. EvANS , «On the Quotations». 5 Non prenderemo in cons i derazione neppure due studi general i , peraltro buo · ni, ma di alta divulgazione: CIMOSA, « Giovanni» ; e LuZARRAGA , «Presentaci6n » . 6 MENKEN , «The Provenance» .
4
152
a Caino in 1 Gv 3 , 1 2) , perché riflettono discussioni interne ad una com unità cristiana in ambiente culturale ellenistico. 7 l.
IL TESTO DELLA SCRITTURA ED IL SUO USO CRISTIANO IN GV
1 . 1 . Il testo e i testi della Scrittura8 Il testo ebraico che sta dietro alle citazioni di Gv non coincide mai completamente col TM ; sembra che 12,39-40 e 1 3 , 1 8 abbiano una parentela con i testi biblici di Qumran , 9 solo quattro citazioni provengono daJJa LXX: 2, 1 7 ; 1 0,34; 1 2,38; 1 9,24. Il Targum non ci serve per il testo quanto piuttosto per la sua interpretazione hagga dica e per alcune espressioni giovannee. 10 G. Reim, nel suo articolo del 1983 la sintetizza nei seguenti punti: l'azione del Logos nella sto ria dell'AT (analogia di Gv con il Dialogo di Giustino : ambedue di pendenti dal Targum?) e l' annuncio del messia-re . È evidente che l'evangelista possedeva una tradizione del testo biblico (a memoria come sostengono Barrett , Freed ed altri o alme no in parte scritta come sostiene G. Reim) molto varia. È per le quattro citazioni dalla LXX (codice B) che bisogna pensare ad un te sto scritto. Per il testo ebraico, potrebbe darsi lo ricordasse a memo ria oppure che avesse un testo scritto con lezioni diverse dall'attuale TM , fissato più tardi . Va , infine , tenuto conto dell'adattamento del testo biblico all'evento singolare di Cristo , Figlio di Dio . Regola che vale per tutto il NT. Tenuto conto di tutto ciò non si può accettare la tesi di G. Reim , che , dall'imprecisione nel citare Isaia arguisce che n on deve aver avuto davanti il testo scritto . 1 1 Data la fluidità del te sto ebraico prima della fissazione masoretica e data la libertà dell'e vangelista nell'uso dei testi , non si può dire quale testo ebraico usi .
. � Cf. su questa diversità di ambiente culturale il mio studio : «Il Dio inaccessibile d T• G i ova nni» , in Dio nella B1bbia e nelle culture ad essa contemporanee e connesse, onno
19 80 , 84-123 .
8 C � . i n appendice a questo contnbuto : Prospetto dei testi scritturistic1 citati da Go • va n m .
L
�o D E WAARD,
«A Comparative » , 6-8; 65-67 . MENK EN . « The Provenance » , che conferma la citazione del salmo 78,24 ID -v 6 ,31 ; e la sua provenienza da tradizioni giudaiche (e samaritane) sul cad1vmo di Mosè , soggetto di «diede a voi il pane dal cielo» (Gv 6.32) .
ra�)e�e
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REJM , Stud1en , 182-183 .
153
Come abbiamo già detto , è certo però che riflette la tradizione pale stinese . L'ambiente vitale è quello liturgico della «Sinagoga» dove si leggeva ed interpretava la Scrittura . Dal fatto che l'evangelista (o la tradizione?) traduce liberamente l'ebraico , si deve concludere che conosceva l'ebraico , ed anche l'aramaico per le allusioni a tradizioni targumiche . 1 2 1 .2.
Le formule introduttorie e la struttura del quarto Vangelo 13
Le formule introduttorie alla citazione della Scrittura nel quarto Vangelo sono singolari rispetto al resto del NT, e molto varie, in li nea con la varietà del testo scritturistico: 12 di esse sono uniche per fino all'interno del Vangelo (1 ,23 ; 2,17; 6,45 ; 7, 37-38 ; 7,42; 8,17; 10,34; 12,34; 12,38 ; 15 ,25 ; 19,28-29 ; 19,37 ) . È questo un primo trat to, che lo distingue dalle formule fisse di «compimento» , tipiche di Mt . Lo stile di Gv è solo apparentemente monotono ; in realtà è mol to variato . E tuttavia questa stessa varietà è costante e si configura quindi in stile unitario. Le due espressioni più frequenti nelle formule introduttorie so no: «com'è scritto» e «affinché si compisse la Scrittura» : la prima domina nella prima parte (Gv 1 , 1-12,36) , l'altra nella seconda (Gv 12,37-20 , 3 1 ) . Usualmente infatti il quarto Vangelo , dietro suggeri mento di C. H . Dodd , viene strutturato in due grandi parti : la prima costituisce il cosiddetto «libro dei segni)) ( 1-12) e la seconda «il libro della gloria)) (io lo chiamerei piuttosto «il libro del ritorno al Padre ))) (13-20) . Ora , notiamo che nella prima parte non ricorre mai la for mula introduttoria di compimento con hina, ma la formula di corri spondenza kathòs (1 ,23 ; 3 , 1 4 ; 6,3 1 ; 7,38; 12,14) ; ed indica la corri spondenza fra quanto annuncia o rivela la Scrittura e quanto è e fa Gesù . La seconda parte del Vangelo è caratterizzata da testi della Scrittura introdotti da hina : ben 7 su 9 (12,38; 1 3 , 18 ; 15 ,25 ; 17, 12; 19,24 . 28 . 36) e gli altri due lo implicano perché introducono un se condo testo con p alin (12 ,39-40; 19,37) . È già stato osservato da D . M . Smith nel 197614 e più recentemente, nel 1982, da Craig A . 1 2 HANSON , The Living , 130; De Waard , «A Comparative» , 65-67 cont ro BRAUN , Jean, I l , 21 , che considera l'evangelista abitualmen te dipendente dalla LX X
perché redattore «greco». 13 Per questa parte cf. EvANS, « O n the Quotations» . 14 D . M. SMITH , «The Setting and Shape of a Johanmne Narrative Source» ,
JBL , 95(1976) , 239 .
154
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Evans , 1 5 che 12,37-43 non costituisce la conclusione del «libro dei se gni » (come sostenevano Bultman n , Dodd ed altri) , ma piuttosto la tra nsizione ed il legame col seguente racconto della passione . Il comp imento della Scrittura (plerothé-i) inizia proprio quando Gesù viene respinto (12,37-40) . Il rifiuto di Gesù viene spiegato come compimento della profezia di Is 6 , 10, un testimonium della tradizio ne cristiana primitiva (Mt 13 ,14-15 parr. ed At 28 ,26-27) . 16 Tutti i te sti che seguono riguardano la passione e morte di Gesù , letta non so lo come compimento della Scrittura e quindi della volontà di Dio , ma anche nel senso che Gesù , compiendo la volontà di Dio, compie la sua opera di salvezza . Lo dice la singolare ed unica introduzione all'«Ho sete» in 19 ,28 : «affinché fosse portata a compimento (te leiothé-i) la Scrittura (Gesù) dice : Ho sete». Dopo questo gesto, Ge sù stesso pronuncia la sua ultima parola: «tetélestai» (19 ,30) . In tal modo alla passione e morte di Gesù viene tolto il carattere scandalo so , perché si pone sul piano di una volontà di Dio , preannunciata nella Scrittura e realizzata in Gesù . 1 7 Il modo di citare la Scrittura contribuisce perciò a configurare in modo più preciso le due grandi parti in cui si struttura il quarto van gelo, in quanto , a mio avviso, 12,37-40 con quanto segue , costituisce la cerniera fra le due : conclusione del «libro dei segni» (1-12) , ma anche introduzione al «libro del ritorno al Padre» (13-20) . La Scrittura rivela anticipatamente la persona e l'opera di Gesù ; ma solo se interpretata alla luce della fede cristiana . La Scrittura , in terpretata in modo giudaico , può divenire invece un impedimento a credere in lui come lo provano gli interventi critici della folla nella prima parte del Vangelo (6,3 1 ; 7 ,42 ; 12 ,34), che mette in questione la me ssianicità di Gesù . E pone il problema cruciale dell'interpreta zione giudaica e cristiana dell'An tico Testamento, che ricomparirà in primo piano nel Dialogo con Trifone di Giustino, nel II secolo . 1 .3.
L'interpretazione della Scrittura : dalla tipologia verso la metafora
Si amo così giunti al punto più cruciale e cioè alla tecnica inter preta tiva di Gv e al suo principio ermeneutico . Ci fermeremo alla te cni ca , accennando solo al principio e rmeneutico , che riprendere15 EvA NS
1�
, «On the Quotations » , 8 1 -82 . C . H . Dooo , Secondo le Scritture, (Studi biblici 1 6) , rescia 1 972 (orig 1 952) , : o n t ro E . K.ASEMANN , 11 quale affe rma «che l'msenmento della stona della PassiO ne costituisce inevitabilmente un problema» per il q ua rto evangelista (L'enig ma del quarto Vangelo [ ori gin . , Jesu letzter Wi/le) , Torino 1 977, 20) .
36
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mo più ampiamente dopo aver parlato delle tradizioni bibliche, pre senti nel quarto vangelo . Si seguiranno sostanzialmente gli studi di A. T. Hanson del 1980 e del 1 983 , con qualche complemento critico . Hanson distingue cinque tecniche n ell'uso della Scrittura. l . Gv usa, anzitutto, la Scrittura , perché gli è pervenuta dalla tradizione , come risulta da testi citati anche in altre parti del NT. Ol tre a 1 ,23 e 12, 1 3- 1 4 , aggiungerei all'elenco di Hanson anche 12,38 . 39-40, che conclude la prima parte del vangelo ed apre la se conda. 2. Cita la Scrittura con l'introduzione formale: hina plérothé-i (ho l6gos) . Come abbiamo sopra n otato, tutte queste citazioni ri guardano il rifiuto , la passione e la morte di Gesù . Inoltre , tutte ec cetto due , sono citate od alluse anche nei Vangeli sinottici o in altre parti del NT. Le due sue proprie sono il Sal 69 ,4 in 1 5 ,25 ed Es 1 2,46 in 19 , 36 ; anche quest'ultimo testo però trova una corrispondenza in 1Cor 5 ,7 : «Cristo , nostra pasqua , è stato immolato» . Queste nove citazioni intendono dimostrare che n ella passione e morte di Gesù si compie la Scrittura. 3. La Scrittura è citata esplicitamente , ma senza l'introduzione formale. Le sei citazioni di questo tipo sono proprie esclusivamente di Gv e si riferiscono alla cristologia soteriologica e quasi tutte, di rettamente o indirettamente , alla passione-morte di Gesù . Il Sal 69, 9a, citato in 2, 1 7: «Lo zelo per la tua casa mi consume rà» : un dialogo in cui il Figlio parla al Padre , è una profezia della passione-morte , interpretata simbolicamente dal seguente detto di Gesù : «Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere» (2, 19). Alla Scrittura (Sal 69,9a) e alla parola di Gesù i discepoli cre dettero , quando, dopo la morte-risurrezione , se ne ricordarono (2,22) . Gesù , con la sua morte-risurrezione, diverrà il nuovo tempio di Dio, in cui si potrà adorare il Padre «in Spirito e verità» . A Nm 21 ,8-9 fa riferimento Gv 3 1 4 : il serpente nel deserto, in n alzato su un palo da Mosè perché , guardandolo , venissero salvati quanti erano morsi dai serpenti velenosi . Ora, come osserva Han son , 1 8 in Sap 16 ,6-7 il serpente di bronzo viene chiamato symbolon di liberazione e la LXX traduce l'asta o palo con sémeion : ambed u e per evitare anche solo il sospetto di idolatria (cf. 2Re 1 8 ,4) . Quest a interpretazione «Simbolica» passa a significare Gesù crocifisso come ,
18
156
HA NSON ,
The
Ltving,
1 18- 1 19 .
«il segno più grande di tutti» (cf. anche Gv 2, 18-19, dove ai giudei che chiedono un segno Gesù risponde , rimandando alla sua morte risurrezione) . In 6,31 la folla cita il Sal 78,24 con allusione ad Es 16,4. 19 Gesù offre una sua duplice interpretazione cristologico-eucaristica; la se conda , nel contesto dell'«omelia» si riferisce alla morte sacrificale : «il p ane che io darò è la mia carne per (hyper) la vita del mondo» (6,5l c) . In 6, 45 viene citato fs 54, 13. Eliminando «i tuoi (di Sion) figli» dal testo originale , lo universalizza: «Tutti saranno discepoli di Dio» . Potrebbe darsi che t ale universalizzazione sia stata suggerita dal contesto della LXX, che due vv . dopo (54 , 15) traduce erronea me nte gor yiigor con «Ecco i proseliti verranno a te» . 20 Gv 7,37-39 rimanda ad una «Scrittura» difficilmente identificabi le; fo rse si tratta di un insieme di testi , che ricordano l'acqua o la roccia (Is 28 , 16(?) ; Zac 14,8 ; Sal 40,8 ( LXX) .21 Nel contesto il riferi mento concreto è alla glorificazione di Gesù , cui è legato il dono del lo Spirito , significato dai «fiumi di acqua viva» . Ora, la glorificazio ne di Gesù per Gv coincide con la sua morte . In Gv 10, 34-36 Gesù arguisce contro i giudei che lo accusano di bestemmia perché «Si è fatto figlio di Dio » , citando il Sal 82, 6. Se condo Hanson22 qui parlerebbe «il Verbo di Dio» (10,35) contro i giudei increduli, in analogia con l'accusa originaria del salmo ai giu dici ingiusti . Secondo J . B arr invece si avrebbe un chiaro supera mento dell' AT come canone, perché l'evangelista cerca nel Sal 82,6 una testimonianza dell'incarnazione , un evento assolutamente nuo vo. Così farebbe dire al testo il contrario di quello che era il senso orig ina rio. 23 Per la verità l'evangelista segue le usuali regole di inter pretazi one, praticate nel suo ambiente palestinese , dove un testo poteva ben essere estrapolato dal suo contesto . Certo , l'interpreta-
19 20 2 1
c f. MENKEN , «The Provenance».
H AN S O N ,
The Livrng, 119 REIM, Stud1en, 56-88; HANSON , The LIVIng, 120 ; M.E. BoiSMARD , «De son cou leront des fleuves d'eau (Jn VII , 38) , m RB, 65( 1958) , 522-546; A. FEmL LET, fleuve s d'eau vive de Jo. VII,38>> , in: Parole de D1eu et Sacerdoce Études p res en t�es à S Exc. Mgr Weber, Tourna1-Paris 1962 , 107-120; P GRELOT , «La cita sc pturaire de Jean VII , 38 » , m RB, 66(1959) , 369-374 ; 67(1960) , 224-235 ; Io. , II , 38 : e a u du ro cher ou eau du tem p ie?» m RB, 70(1963) , 43-5 1 ; PINTo D A VA, «GIOvanni» H AN S ON , The Livmg , 121 . l. B ARR Holy Smpture, Oxford 1983 , 82.
ventre«L s e ��n � s1�an �
157
zione è cristiana e il contesto di Gv 10 ,31-36 orienta alla morte di Gesù per bestemmia (cf. Lv 24 , 16 ; Mt 26,65/Mc 14,64) . 4 . La Scrittura non è citata, ma allusa come fondamento della cristologia giovannea . Tale tecnica allusiva si riscontrerebbe nei set te testi seguenti. È ormai opinione comune fra gli esegeti che Gv 1,14 alluda alla teofania del Sinai , che comprende Es 33, 18-23; 34, 5-9, dove si parla della visione della «gloria velata» (Es 33 , 1 8 . 22) e di una rivelazione del Dio «grande in grazia e fedeltà» (Es 34 ,6) : espressione quest'ul tima corrispondente a «pieno di grazia e di verità» in Gv 1 , 14. 24 Il verbo incarnato è la presenza salvifica di Dio in mezzo a noi . Tale presenza si rivela appunto nella gloria dell'Unigenito , «pieno di gra zia e di verità» . «Voi vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio ascendere e di scendere sul figlio dell'uomo» ( Gv l ,51 ) . Tutti i commenti ravvisano in questo detto di Gesù una citazione implicita di Gen 28, 12. Il testo ebraico di Gen 28 , 12 parla solo di angeli che salivano e scendevano. La traduzione aramaica del Targum aggiunge anche il motivo : gli angeli scendevano per contemplare «il giusto», di cui fino allora ave vano conosciuto solo l'immagine celeste . 25 Gesù , figlio dell'uomo , Verbo incarnato , sostituisce Israele-Giacobbe come antitipo . Secon do Hanson26 invece si alluderebbe alla tradizione rabbinica del tem pio , di cui era anticipazione «la casa di Dio» in Bethel ; in questo ca so Giacobbe stesso avrebbe visto al sommo della scala il Logos pree sistente . Contro tale interpretazione però parla il verbo al futuro («vedrete») , che rimanda ad una teofania futura del figlio dell'uomo o nel figlio dell'uomo , che difatti inizia subito dopo con il primo se gno a Cana. 27 Ritengo quindi più sicura l'allusione all'interpetazione targumica. In Gv 5,35 , dove Giovanni B attista viene chiamato «lampada (lychnos) ardente e splendente» si ha forse un'allusione al Sa/ 131
24 Cf. S . A . PANIMOLLE, // dono della Legge e la Grazia della Verità , Roma 1 973, 366-367 Giustamente il Panimolle osserva che l'espressione giovannea non dipende dalla LXX (p. 364 , nota 241 ) , ma direttamente dall'ebraico e dall'aramaico ; e confer· ma così la nostra tesi che la tradizione e/o l'evangelista conoscevano l'ebraico e l'ara· mai co . 25 REIM, «Targum» , 7; Studien, 101- 102; M. McNAMARA , Il Targum e il Nuovo Testamento, (Studi biblici 5) , Bologna 1978 (orig. 1972) , 172-173 . 26 HANSON, The New , 1 1 1 - 1 14. n Se ne parla in tal senso GIUSTINO nel Dia/. 58,15; 86 ,1 7 , non è detto che m Gv 1 ,5 1 abbia lo stesso senso (contro Hanson). 158
(1 32), 16-1 7.28 Quivi si dice : «Ho preparato una lampada (lychnon) al m io Cristo» (v. 1 7b) . Per di più vi si sente un'eco del tema dell'a galliasis, pure comune : <�E vi siete voluti rallegrare per poco alla sua l uce » (Gv 5 ,35) ; «e i suoi santi si rallegreranno» (Sal 1 3 1 , 16b) . I n Gv 8, 39-40. 56 si leggono due riferimenti ad Abramo: i l primo (8 ,39 -40) è alle «opere di Abramo» come obbediente a Dio e quindi 29 cre dent e ; il secondo ad Abramo, che ha goduto nel vedere il mio «vide : e godette» (8 , 56) . Come ha dimostrato Horacio E. Lo giorno na nella sua monografia, i due motivi , la visione e la gioia non si tro vano mai uniti insieme nelle fonti giudaiche su Abramo . Tale unione è opera della tradizione giovannea o dell'evangelista. Per la visione il testo interessato sarebbe Gn 1 5 ,5-17 (la teofania notturna durante il sacrificio di aJieanza, in cui il Signore rivela ad Abramo il suo futu ro) e la sua espansione nell Ap o calisse di Abramo 2 7,3-5 .30 Il tema della gioia compare invece nella interpretazione targumica di Gn 1 7 , 17 , dove il riso scettico di Abramo alla promessa del figlio viene interpretato nel T Onkelos con «godette ( wti/Jdi)» . 3 1 Mi sembra arti ficiosa invece la interpretazione di Hanson , che seguendo la tradi zione rabbinica (generica) pensa che il riferimento sia a Gen 1 8 , 1 1 1 5 , in cui Abramo avrebbe avuto la visione della futura storia dei suoi discendenti e ravvisa in uno degli angeli (quale? dal testo non si può certo arguire ! ) il Logos preesistente che Abramo avrebbe vi sto. 32 In ogni caso si ha qui l'interpretazione cristiana di un testo bi blico , già interpretato nella tradizione giudaica . Da notare che ciò serve da fondamento per l 'asserzione finale : «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse io sono» (8 , 59) . I testi di Gv sul «raduno in unità dei figli di Dio dispersi» , studia ti da D. Marzotto in relazione alla morte di Gesù ( 1 1 ,52) ed alla vita futura della comunità credente ( 17,20-23) trovano il loro sfondo co mune in uno dei motivi della forma letteraria «nuova alleanza» : il raduno d ei dispersi figli d' Israele . 33 Per quanto riguarda la persona di Gesù il testo dell' AT più vicino a Gv 1 1 ,52 è quello del servo di '
28 HANsoN, The Living, 124· 125 ; l ave vo segnalato anch'io nel mio commento al quart o Vangelo (Giovanni, Roma 51986, 215). 29 Pe r i riferimenti biblici e giUdaici cf. Lo NA , A braham , 273-274. 30 LoNA, A braham , 298-299. 3 1 LONA, Abraham , 305 . 32 HANsoN , The L1ving, 1 25-126. ' . 33 D . MARzorro, L 'unità degli uomini nel Vangelo di Giovanni, (Supplementi a RIVISta Biblica 9) , Brescia 1977 . '
159
JHWH, che ha la missione di radunare i dispersi (Is 49 , 1 -6 ; cf. anche Ez 37,2 1-22). 34 I n Gv 15, 1 -8 il rife rimento primario pare sia al cantico della vi gna di fs 5, 1-7. Gesù e la sua comunità sono la vera, autentica vigna del Padre . 5 . Più discutibile la quinta tecnica giovannea , ipotizzata da Han son : «in alcuni luoghi si può dimostrare che le parole della Scrittura hanno influenzato la sua narrazione». 35 Una tecnica così sottile sa rebbe propria solo di Gv . Il salmo 1 1 8 sarebbe stato usato in diverse parti , di cui la più si cura è l'«Osanna» all\mtrata di Gesù in Gerusalemme , comune con la tradizione (Gv 12,13 Sal l l8,25-26) . Il v. 21 del salmo : «Ti rin grazio perché mi hai esaudito» sare bbe echeggiato in Gv 1 1 ,41 : «Ti ringrazio , o Padre , che mi hai ascoltato>> . Infine , il v. 10 dello stesso salmo , però dalla versione della LXX: «Tutte le genti mi avevano circondatm> viene tradotto con ekyklosan in senso di minaccia, come in Gv 10,24 . Si sa comunque che il salmo 1 18 appartiene a quelli, da cui la tradizione cristiana traeva i suoi «testimonia>> . 36 In Gv 1 1 , 1 1-13 vi sarebbe un'eco di Gb 14, 12- 1 5 , nella traduzio ne greca della LXX dove si parla della morte con l'eufemistico «dor mire>> (14 , 12) ; e la traduzione del v . 14: « Se infatti l'uomo muore , vivrà>> farebbe pensare alla risurrezione. L a metafora del «dormire» per «morire» è però talmente diffusa nell'antichità greca , da non po terla derivare da un testo così specifico come Gb 14,12. Gv 12, 19.32 sarebbe stilato sotto l'influsso di Gb 22 ,32-33: nella versione greca (
Zc
34 D. MARZOTio, L 'unità degli uomini. . . , 140. Non mi convince il riferimento a 1 4 ,9, proposto da B . Chilton ed accolto da HANSON (The Living, 1 26). HANSON , The Living. 126-129. 36 Doo o , Secondo le Scritture , 35-36. HANsoN , The Living, 129.
160
35 37
così pure i temi della «casa del Padre mio» (il tempio) e «le dimore di Dio» , del «Vedere » , di Gesù «Via verità e vita» . Si avrebbe un mi drash del salmo , che era già stato interpretato cristologicamente nel la tradizione del Getsemani . 38 Oltre a Gv 14, 1 -9.27, anche 1 9,28 (il « Sitio ») si rifarebbe al Sal 42, 1-2 (cf. anche Sal 62 , 1 ) . 39 Gesù vi sa re bbe presentato come il giusto sofferente , tradito dagli amici, che ric orre al Dio , che salva. E sarebbe , infine , la lettura giovannea del la tr adizione sinottica del Getsemani . Esaminate con Hanson le cinque tecniche nell'uso giovanneo de lla « Scrittura» possiamo accettare anche la sua tesi conclusiva : che l a te cnica interpretativa di Gv muove dalla tipologia verso l'allego ria ; per cui si distingue sia dalla allegorizzazione di Filone sia dalla grossolana interpret azione cristologica di Giustino . E rappresenta p e rciò «the non plus ultra of the New Testament interpretation of S cripture» . 40 l.
Le grandi tradizioni bibliche e la loro interpretazione cristiana
D all'analisi dei testi scritturistici in Gv passiamo ora alla sintesi, collocandoli nelle grandi tradizioni dell'A T, e tenendo conto , in tal modo , del più ampio contesto , cui sono legati . Esamineremo anzitutto il Pentateuco , dapprima come Torà e quindi come storia nei tre cicli: storia primordiale , storia dei patriar chi e ciclo di Mosè . Passeremo quindi ai «profeti anteriori» (il ciclo di Elia-Eliseo) e «posteriori» (o «scrittori») ; e infine ai Salmi e Sa pienziali . 2. 1 .
La Torà o Pentateuco
2. 1 . 1 . L a Legge (Torà) nel quarto Vangelo
La mi gliore monografia su questo argomento è quella di S. Pan caro, 41 i cui risult ati vengono qui riassunti e presentati, dopo averli passati al vaglio critico .
=
BEUTLER , B EUTLER, 41 HA NsoN , P ANCARO, 40
«Psalm 42/43» ; lo . , Habt, 25-46. «Psalm 42/43» , 54-56. The Living, 1 3 1 - 1 32 .
Th e Law.
161
La Legge
(ho n6mos)
in Gv viene utilizzata nei riguardi di Gesù
con due diverse ed opposte finalit à : dai giudei per criticarlo e con dannarJo (in questo caso è chi amata «la
loro
Le gge , cioè la Le gge
com'è interpretata da loro) ; da Gesù e dai suoi simpatizzanti
(7 , 5 1)
in suo favore . Le quattro accuse a lui mosse in base alla Legge sono :
la violazione del sabato
(5 , 1 - 1 8 ; 9 , 16-24) ; l' accusa di bestemmia per (5 , 17-1 8 ; 8,58; 10,24-38) ; quella di dottrina , opposta alla Legge , con cui inganna il popolo (7 , 1 1- 18 ; 7 ,45-49 ; 9 ,24-34 ; 1 8 , 1 9-24); e d infine quella d i esse re nemico dell a essersi proclamato «Figlio di Dio»
nazione giudaica , perché sollevere bbe il popolo contro i romani
( 1 1 ,47-52) .
Pe rò i giudei , nonostante tutti i loro sforzi , non riescono
a provare che Gesù è contro la Legge , neppure davanti a Pilato
( 1 8 ,3 1 ; 19 ,6) ;
è per questo che si vedono costretti a portare contro
Gesù un' accusa politica
( 1 9 , 12).
La Legge , al contrario , testimonia
contro i giudei a favore di Gesù . I gi udei , condannando Gesù vanno così contro la Legge
(7 , 19 . 5 1 ) .
Gesù invece , operando di sabato
compie la Legge , perché dona la vita
(7 ,21 . 23-24) .
Egli si appella al
la «Legge» per difendere la sua asserzione di essere « Figlio di Dio»
( 10,34-36) , per dimostrare , in base alla « testimonianza» (5 ,37-41 ; 8 , 1 2-20) che la sua dottrina è vera ; per cui Natanaele , il vero Israeli ta ( 1 ,47) , fondandosi sulla « Legge e i profeti» lo proclama «Figlio di Dio e re d'Israele» ( 1 ,47). La Legge , bene interp retata , avre b be do
vuto condurre il popolo d' Israele a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio , inviato dal Padre . Quest ' uso
conflittuale della Legge riflette un duplice livello stori
co : il conflitto storico fra Gesù ed i giudei ; e quello fra la comunità giovannea e la sinagoga : il giudaismo normativo di J amnia (J avne) , caratte rizzato dalla
Birkat hamminim Y
In conclusione , « Legge » in Gv può avere quattro sensi diverse3
l . In 1 ,45 significa «il Pentateuco » , perché viene distinta da « < pro
feti».
2.
In
10,34 ; 12,34; 15 ,25 (citazione dai Salmi o dai profe ti) in 3 . In 8 , 1 7 ; 7 ,5 1 ; 1 8 , 3 1 e 19,7 ha il significato di «or-
dica tutto l'A T.
42 Cf. sull'argomento: P . ScHA.FER , «Dle sogenannte Synode von Jabne . Zur Trennung von Juden und Christen im erstenlzwe1ten Jahrhundert n. Chr . » , in Ju da1 · ca , 3 1 ( 1975 ) , 54-64 ; G. SrEMBERGER, «Die sogenannte "Synode von J abne" und das frlihe Christentum>>, in Kairos, 19(1977) , 14-21 ; M. E . Sr o NE , «The Benediction of the Mmlm» , in J ThS, 33( 1 982) , 19·61 ; B I N Y AMIN B EN-ZION, «Birkat-Ha-Minim and the Ein Gedi Inscription» , in Immanuel, 2 1 ( 1987) , 68-89 . Il Pancaro ne distingue cinque , ma il terzo e il quarto sono praticam ente uguali .
43
162
din amento giuridico» . 4. In 1 , 17 ; 7, 19 .23 . 49 è intesa nel senso più co m prensivo «as the body of teaching revealed to Moses which con sti tute s the foundation of the whole socia1-religious life and thought o f l srael» . 44 Come t ale è presente in tutti i testi con n6mos. La «Leg
ge » , interpretata alla luce della fede , e non del giudaismo normativo di J amnia, si identifica con la «Scrittura» , che rende testimoni anza a Gesù . La «Le gge» per i giudei era un dato di fatto assoluto, che non si doveva cambiare ; per i giudeo-cristiani della comunit à giovannea invece era una promessa , che si doveva compie re in Gesù . La Legge
di Mosè è quindi in funzione di Gesù , che porta a compimento la ri
velazione
(1 , 17) .
2. 1 . 2. La legge (Torà) come storia La Legge o Pentateuco come «storia della salvezza» , che prelude e prepara la rivelazione salvifica di Gesù è la prospettiva più fre quente in Gv. Possiamo distinguere , nel Pentateuco , i tre grandi ci cli : il ciclo della preistoria , quello dei patriarchi e quello di Mosè . Le
proposte strutturali tipologiche totalizzanti , come quella dell ' « Eso do» , proposta d a
H.
Sahlin ,45 sono state tutte scartate dalla critica ,
anche se taluni elementi di esse rimangono sempre validi .
2 . 1 .2 . 1 . Il ciclo della preistoria (Gen 1-3) Le allusioni si limitano ai primi tre capitoli del Genesi . Anzitut to , a Gen 1 , 1 allude l 'inizio del prologo di Giovan n i : « In
era iJ Logos» ; e al «settimo giorno ,
in
cui Dio
principio compì (synetélesen)
l'opera sua» (Gen 2,2) corrisponde il compimento dell' opera di Ge sù in Gv (4,34 ; 5 ,30 ; 6,38 ; 1 7 , 4) , che trova la sua conclusion e nelle ultime parole sulla croce : « È compiuto» (19 ,30) . 46 Gen 2 ,7, che par
la del «soffio della vita» immesso d a Dio nel primo uomo , formato di cre ta e per il quale diviene una «persona vivente» fa pensare al soffio del Signore risorto sui suoi discepoli , con cui dona lo Spirito ,
che attraverso il loro ministero darà la vita spirituale (20 ,22-23) . Il racconto della tentazione del serpente in Gen 3 , 1 -6 (inganno e mor-
�
PAN CARo, The Law, 5 1 5 . SAHLI N , Zur Typologie. 46 La tes i di P. BoRGEN , che la
5
struttura del prologo va letta primariamente sulla è discutibile, anche se suggestiva («Logos was the 14( 1972) , 1 1 5-130) .
esposizione di Gn l , lss , t�Igsehtd»1, una in NT,
163
te) , riletta da Sa p 2,24 , dove il serpente viene identificato col «diavolo» sta dietro alle parole di Gesù in Gv 8 ,44b : «Lui (il diavolo) era omicida fin dal principio e nella verità non rimase , perché la verità non è in lui . . . » . I l racconto di Adamo ed Eva finisce con l'esclusione dei primi uo mini dalla «vita» (Gen 3 ,22), mentre Gv finisce con la promessa della «Vita» a chi crede in Gesù , Cristo e Figlio di Dio (20,3 1 ) . 2. 1 .2.2. Il ciclo dei patriarchi (Gen 12-50) In Gv vengono nominati i patriarchi Abramo , Giacobbe e Giu seppe , mentre forse si allude ad Isacco . A b ramo viene nominato 1 1 volte , tutte nel capo 8 (33 . 37 . 39 (3volte) .40. 52-53 . 56. 57-58) sempre come modello della fede in Gesù . Giacobbe è ricordato 3 volte in 4,5 . 6. 12, ed implicitamente in 1 , 5 1 ; Giuseppe una volta sola, in rela zione a suo padre Giacobbe ( 4,5). È invece discusso se in Gv vi sia un riferimento implicito ad Isacco . Sembra , in ogni caso , implicito nel fatto che Abramo previde «Con gioia» il giorno di Gesù ; certa mente nel compimento della promessa di lsacco ( Gv 8,56 Giub 1 5 , 15-17; 16 , 1 5 -21 e TOnqelos a Gn 1 7 , 17) . 47 Isacco , figlio della promessa di Dio e della fede di Abramo , è tipo di Gesù , futuro Mes sia e servo , che offre la sua vita. =
2. 1 . 2.3 . Il ciclo di Mosè (Esodo-Deuteronomio) Mosè ricorre ben 12 volte in Gv ( 1 , 17.46 ; 3 , 14 ; 5 , 45-46 ; 6,32; 7 , 19 . 22 (due volte ) .23 ; 9 ,28-29) , mentre in M t solo 7 , 8 in Mc e 10 in Le. Anche la figura di Mosè , come la Legge , viene utilizzata pro o contro Gesù: contro Gesù dai giudei , che si ritengono «discepoli di Mosè» (6,32 ; 9 ,28-29) ; in favore di Gesù dai discepoli di Gesù ( 1 ,46 ; 3 , 14) e da lui stesso (5 ,45-46) . Mosè però viene anche qualificato co me «mediatore della Legge» ( 1 , 17 ; 7 , 1 9 . 22 (due volte) . 23) , mentre Gesù è creatore della grazia (vita) e della verità o rivelazione del Pa dre ( 1 , 17- 18). Se vogliamo penetrare più profondamente nel rapporto che Gv istituisce fra Mosè e Gesù, possiamo distinguere Mosè come «profe ta» , che preannuncia il futuro profeta escatologico (Dt 1 8, 1 5-18) e come «inviato di Dio» al suo popolo per guidarlo alla terra prom essa con «segni e prodigi» .
47 J. SWETNAM, Jesus and Isaac, (AnBi 94) , Roma 1981 , 125-127; un rapp ort o p1ù ampio, anche se meno ngoroso , viene proposto da BoNNET, Le «Midrash» , 74-7 7 .
164
2. 1 . 2 . 3 . 1 . Il profeta come Mosè Che Dt 1 8 , 15-18 sia stato interpretato nel senso del «profeta escato logico» lo si può arguire già dall' AT: il «servo di J HWH» del De utero isaia potrebbe essere una reinterpretazione di Mosè , chia mato «servo di Dio» in Es 14,31 . 48 L'interesse per il «profet a escato logico» è presente anche in Qumran (4QT ; CD 6, 1 1 ; 1QS 9 , 10- 1 1 ) e nel Taheb della tradizione samaritana, una specie di «Moses redivi vus» secondo il McDonald .49 La proclamazione di Gesù , «profeta escatologico» , non viene solo acclamata dal popolo entusiasta (6 , 1 4 ;7 ,40) , ma espressa anche dall'evangelista (7 ,45-52) e pronun ciata dallo stesso Gesù (5,46) . L'identificazione del «profeta» col «re» in Gv 6 , 14- 1 5 è stata studiata da W . A . Meeks ; egli identifica una tradizione giudaica, che risalirebbe almeno al II secolo a . C . e che arriva fino al medioevo , per la quale Mosè è insieme «profeta e re ideale di Israele» . 50 Quanto al rapporto tra le due figure , giusta mente , a mio avviso , G. Reim conclude che «Gesù è il profeta che porta tratti regali e non viceversa . . . Sul p rofeta cade l' accento nel Vangelo di Giovanni» . 51 Tale tesi si fonda sulla critica dello stesso Gesù al tentativo da parte del popolo di farlo re (se ne va solo sul monte : 6, 1 5 ) e sulla spiegazione che egli dà a Pilato del suo titolo di «re» (18,37) . 2. 1 .2.3.2. La tipologia di Mosè nella cristologia giovannea G. Reim riassume in quattro punti questa tipologia, che mi per metto di sintetizzare per quanto mi sembra fondata. 52 Mosè è inviato da Dio al suo popolo (Es 3 , 12 . 15 ; 4 , 1 -5 . 12 . 1 5) . Gesù è pure l'inviato del Padre per rivelare i l suo nome agli uomini e mediante la fede portarli alla vita. Ma vi sono anche molte differen ze, di cui le più importanti sono : l'unicità del rapporto di Gesù col
_48 È la tesi di G. VON RAD: «È assai probabile , a nostro avviso , che anche Il Deu teroJs aia come il Deuteronomio vivesse insento in una tradizione animata dall"attesa del pro feta come Mosè . . . Se l'interpretazione del servo di Dio come "profeta simile a Mo s�" , è giusto , è colmato pure quel vuoto che si avverte con tanto disagio tra questi nh e il resto del messaggio del Deuteroisaia» ( Teologia dell'A T, Il , Brescia 1974 , 5 -��6; ed . or. : Theo/ogie des A T, Il, 273-74). J . McDoNALD , The Theo/ogy of the Samarrtans, London 1964 , 36. MEEKS , The Prophet-King. � REJM, Studzen , 1 29 . 5 REIM, Studzen , 1 30-1 5 3 . , •r: : . , ..,,, -'•1, �-.;t1J ' '
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165
Padre «che l'ha mandato» e il fatto che Gesù a sua volta invia il Pa raclito ( 16,7 ss ) ed i suoi discepoli ( 1 3 ,20 ; 1 7 , 1 8 ; 20 ,21) . Le opere di Mosè e quelle di Gesù. Mosè opera dei semeia (Es 4 ,5 . 17 ; Nm 14,22) come Gesù (Gv 2, 1 1 ; 3 ,2; 6,2. 14; 12 ,37) . Il popo lo d'Israele vedrà «le opere del Signore» (Es 34,10) , e le opere di Dio si rivelano in Gesù (Gv 9 , 3 ) . Così l 'espressione «segni e prodi gi» compare sia in Dt 34, 1 1 che in Gv 4,48. Tra le opere di Mosè vanno ricordate in particolare : il miracolo della manna (Gv 6,3 1 ) , che i l popolo vorrebbe Gesù ripetesse , mentre egli la reinterpreta affermando : «Mio Padre vi dà il vero pane dal cielo» (6 ,32) , che si reduplica in Gesù stesso (6,35) e nel cibo che egli darà (6 ,27 . 5 1 c) . Gesù certo compie dei «segni» ; m a è egli stesso i l più grande «se gno» . La stessa cosa si deve dire del «serpente innalzato da Mosè nel deserto>> (Nm 2 1 ,8-9) , tipo del Figlio dell'uomo , che dev'essere in nalzato: «affinché chiunque creda in lui , abbia vita eterna» (Gv 3 , 14- 1 5 ) . Anche qui, a differenza del serpente di bronzo, elevato da Mosè , è Gesù stesso colui che sarà innalzato come «segno di sal vezza» . II fine dei «segni ed opere», nel ciclo di Mosè , è il credere. Nel l' «Esodo» ricorrono le stesse forme del «Credere» che si trovano in Gv : in forma assoluta (Es 4,3 1 ; Gv 1 ,7) ;53 «credere» col dativo (Es 4, 1 ; Gv 5 ,46; «credere» con eis ed accusativo (Es 14,3 1 ; Gv 14 , 1 ) . Mosè vede la gloria di Dio (Es 33 , 18-34 ,6) . Però G v nega decisa mente che qualcuno abbia visto Dio; solo «I'Unigenito Dio che è nel seno del Padre lui l'ha rivelato» (1 , 18 ; cf. 6 ,46) . Egli era presso Dio ancora prima di essere inviato nel mondo (7 ,29) . Nel confronto con Mosè viene affermata la superiorità e singolarità di Gesù . Mentre Mosè è mediatore della Legge (Gv 1 , 17a) , Gesù è autore della grazia e della verità ; ed inoltre dà un comandamento nuovo ( 1 3 , 34-35) . Altri paralleli con la tipologia mosaica sono le mormorazioni nel deserto contro Mosè e le mormorazioni contro Gesù (Es 16 ,2-3 e Gv 6,41-42) . Forse anche l' acqua fatta sgorgare dalla roccia ha influito sul tema dell'acqua in Gv ( 4, 10. 14; 6,35; 7 ,37-38) . Il ciclo di Mosè è perciò quello che più ha influito sulla configu razione della cristologia giovannea.
53
166
L'uso a ssoluto si trov a peraltro anche
m ls
7 , 9 ; 28 , 16
2.2.
I profeti
Va distinto il ciclo narrati v o dei profeti « Elia ed Eliseo» dalle trad izioni dei profeti scrittori . Ambedue sono presenti nel quarto vangel o . 2. 2 . 1 . Il ciclo di «Elia-Eliseo»
Il contatto col ciclo di Elia è rappresentato da due miracoli: dell'olio e della farina , in cui la vedova «fece come Elia aveva ello qu ( 1 Re 1 7 , 1 5 ; cf. Gv 2,5) ; e quello del figlio della vedova risu tto» de scit ato , nel cui racconto si leggono le due espressioni : «Che c'è fra me e te?» ( 1 Re 17 , 1 8 ; cf Gv 2 ,4) e «Vedi , vive tuo figlio» ( I Re 17 ,23 ; cf. Gv 4 ,50) . Il contatto col ciclo di Eliseo si limita al miracolo della moltipli cazione dei pani «di orzo}} (2Re 4 ,42-43; cf. Gv 6 ,9- 13) . Più discuti bile mi sembra il contatto di Gv 9,7 (Gesù dice al cieco nato: Va a la varti nella piscina) e 2Re 5 , 10-14 (Eliseo comanda a Naaman siro di andarsi a lavare nel Giordano) . 2.2.2. I profeti scrittori ed Isaia
«Nessun libro dell' AT ha più fortemente caratterizzato la teolo gia di Gv quanto il Deuteroisaia (ls 40-55) » - afferma G . Reim. 54 Io stesso ho condotto una breve ricerca sul tema della fede come op zione fondamentale in Isaia ed in Giovanni , concludendo alla pro fonda affinità delle due teologie . 55 Ma veniamo ai dati. Le citazioni esplicite sono le seguenti: Giovanni
l ,23 6,45 12, 15 12,38 12 ,40
Isaia
40, 3 54, 1 3 40 ,9 ; 62, 1 1 (?) 53 , 1 6 ,9
De i qu attro passi sicuri (ls 6,9; 40,3; 53 , 1 ; 54 , 1 3 ) , tre sono del Deu teroisaia e riguardano il tema della fede in Gesù . Lo stesso si può di re delle seguenti allusioni sicure:
:
RErM, Studten , 1 83 SEGALLA, «la fede»
G
167
Giovanni
3,16; 11,25 . . . 8,24 . 28 1 3 ,19
e spesso
3 ,14 ; 1 2 ,23
Isaia
7 ,9c; 28 , 1 6 43 , 1 0 ; 52 ,6
(«lo sono») 46 , 10 (preannunci) 11 ,12 ; 52 ,13
(?)56
Non solo il «Credere» in relazione ad un'esistenza solida ed autenti ca , ma anche la sua realizzazione interiore mediante l'insegnamento del Padre ed il suo contenuto specifico vengono letti con l'aiuto di Isaia. Diversi autori sostengono che i n Gv l , 29 si avrebbe un riferi mento al Servo di YHWH , condotto al macello «come un agnello» (ls 53 ,7 ) . 57 Quanto agli altri profeti , Gv sembra abbia utilizzato Ez 34,13-23 per il tema del pastore e delle pecore disperse da raccogliere (Gv 10 ,16) , per quanto la promessa della «raccolta dei dispersi» si legga anche in Is 49 ,5-6 (cf. Gv 11 , 51-52) . Di «Zaccaria» vengono citati due testi : il re umile per Gesù che e ntra in Gerusalemme (9 , 9 Gv 1 2 , 15) e il trafitto per la trafissione del costato (12 , 10/Gv 1 9 , 37) . Dn 7 , 13-14 ha offerto il tema del «Figlio dell'uomo» ( 5 , 22 . 27 . . ) , rein terpretato in chiave di escatologia presenziale ; il Figlio dell'uomo in fatti per Gv è l'Incarnato . Mi 5 ,1 è il testo di riferimento dell'aspet tativa popolare del Messia da Betlemme e dalla stirpe di Davide ( Gv .
7 , 42) .
Le profezie, che preannunciano la realizzazione futura di un pia no di Dio (Is 6 , 9 ; 40 ,3 ; 53 ,1; 54 ,13 ; Zc 9 , 9 ; 12 ,10 ; Mi 5 ,1) vengono riportate da Gv soprattutto per rispondere al problema drammatico dell'incredulità di Israele , nonostante i tanti segni operati da Gesù . Le allusioni ad alcuni testi profetici mirano invece ad interpretare la persona di Gesù in rapporto a Dio («lo sono>>), agli uomini ed alla storia . 2.3. I Salmi ed i Sapienziali
I «Salmi» spiccano fra gli «scritti» perché ricorrono in Gv con una frequenza pari a quella del Deuteroisaia. Ecco le citazioni espli cite:
56
Is 52, 1 3 è l'inizio del quarto carme del Servo di YHWH. 57 C . K . BARREIT, The Lamb of God, in NTS, 1 ( 1954155) , 210..218; H. HEoEll MAN N , in Hexapla, Targum und Peschitta, Gùtersloh 1954, 132 (cb. da REIM, Stu-
/s 53
dien , 177) . 168
<>
GiovMni
Salmi
2,17 6,3 1
>l
10,34 12,13 13 , 18 15 ,25 19 ,24 19 ,27
1 7 , 12
69 , 10 78 ,24 (La prova di Menken è convincente ) 58 82 ,6 1 18,25-26 41 , 10 69 ,5 22 , 19 69 ,22
Inoltre , secondo J. Beutler Sal 42-43 farebbe da sfondo unitario a Gv 14. 59 Tra i salmi , quello citato con più frequenza è il 69 , cosiddet to «il salmo della passione c morte di Gesù», il più proprio di Gv . Il Sal 22 , pure «salmo della passione» era invece comune alla tradizio ne cristiana delle origini . Strano è l'uso del Sal 82 ,6 come testimonio della divinità di Gesù . Quattro degli otto testi dei salmi si riferiscono alla passione e il Sal 69 , 10 (Gv 2 , 1 7) ne è una profezia . Anche i sal mi, come i «profeti» aiutano a comprendere il fatto tragico della morte di Gesù e l'odio che l'ha causata (Sal 4 1 , 10 e 69 ,5 ) , mentre nelle circostanze della morte l'evangelista vede un «Compimento» della volontà e dell'opera salvifica di Dio in Gesù. Quanto ai Sapienziali, quello che è stato più studiato sotto il pro filo del suo utilizzo in Gv è il libro della Sapienza, 61l anche se lo Zie ner confessa che non vi è contatto verbal e , ma solo affinità nell'in terpretazione dei «segni�� dell'esodo (serpente , manna ed acqua) e nell ' importanza del tema «morte-vita» e di quello della fede. Si trat ta quindi più di tematiche comuni che di testi utilizzati . Per quanto rigu arda la preesistenza e la mediazione cosmica e salvifica della Sa pienza e la loro presenza nel prologo di Giovanni (Pr 3 , 19 ; 8,22-23 ; Sir 24,9ss ; Sap 6 ,22) , particolarmente significativa è la vicinanza di Gv 1 , 1 a Pr 8 ,22 . 27 . 30; e di Gv 1 ,4 a Pr 3 , 18; 8,35. E peraltro rimane se m pre aperto il problema dell'assenza del termine sophia nel quar t o Va ngelo . 61
58
LET,
MENKEN , «The Provenance».
59 BEUTLER, Habt.
O a BRAU N , Jean , I I , 1 1 5-150; e ZIENER, <<Weisheitsbuch » , cf. A . FEUIL flud es johanmques, Paris 1 962, 47-1 29 .
60
ltre
BRAU N ,
Jean ,
I I : risolve il problema pregiudizialmente chiedendosi : «Perché
h a SOStituito soph10 con logos?>> ( p . 1 37 ) .
169
La sapienza è , inoltre , emanazione della gloria dell'Altissimo (Sap 7,26) come Gesù rivela la gloria del Padre (Gv 1 , 1 4 ; 8,50 . . . ) . Un terzo tratto comune alla sapienza ed al Logos incarnato è il fatto che scende da Dio per porre la sua dimora fra gli uomini (Pr 8,31 ; Sir 24 ,8; Bar 3 ,37; Sap 9 , 10/Gv 1 , 14) . Infine, intorno al tema dell'invito al banchetto sapienziale (Pr 9 , 5 ; Sir 24, 19-21/Gv 6,35) si rivela una serie di altre affinità: l'educa re i discepoli nelle cose celesti (Sap 9 , 16- 18) , nella verità , la rivela zione dei misteri di Dio (Pr 8 ,7 ; Sap 6 ,22) , il condurli alla vita (Pr 8 ,32-35) e all'immortalità (Sap 6, 1 8- 1 9) . Perfino il «Paradito» nel senso di «Consolatore» trova delle corrispondenze nei libri sapien ziali (Pr 8 ,4-7 ; Sir 17 ,24-25 , Sap 1 , 1-10) . Nonostante un così lungo elenco d i affinità, si tratta sempre di un influsso indiretto sul quarto vangelo . L'influsso più significativo è quello sulla preesistenza del Logos e della sua azione mediatrice nel la creazione e nell'opera della salvezza. La novità assoluta del quarto Vangelo è però l'incarnazione. La venuta del Logos in mezzo agli uomini è mediata i nfatti dalla incar nazione . Così siamo introdotti alla conclusione valutativa, in cui esa mineremo il principio ermeneutico unitario che opera nella lettura giovannea della Scrittura : la cristologia.
3.
LA CRISTOLOGIA : CODICE CON CUI GV LEGGE LA SCRITIURA
G. Reim , a conclusione della sua ricerca sull'AT in Gv , scrive un capitolo intitolato : «Il fondamento anticotestamentario della cristo logia propria di Gv». 62 Per quanto interessante, rimane ancora mol to analitico , diviso fra la ricerca della tradizione giovannea anticote stamentaria e neotestamentaria; ed inoltre si limita ai titoli cristolo gici . Io vorrei invece delineare una sintesi piuttosto che riprendere un'analisi ; una sintesi che si riferisca a tutta la Scrittura usata per il lustrare la persona e la missione del Figlio di Dio , inviato dal Padre. Ora , in Gv , la Scrittura viene considerata , globalmente sotto il pro filo della rivelazione : rivelazione storica , che conteneva i grandi sim boli di Gesù e della sua opera salvifica. Tutta la Scrittura viene pen �
62
170
REIM, Studien,
247-26 1 .
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) 'l. l
•
1 41 f
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sata come una grande profezia simbolica di Gesù : le azioni salvifiche e le parole profetiche in essa fissate. Per comprendere come funziona tale rivelazione nella cristolo gi a gio vannea , occorre distinguere quanto viene obliterato o critica to e q uanto viene valorizzato . 3. 1 .
Critica all'interpretazione giudaica della Scrittura
La Legge in quanto «Legge dei giudei» ( 1 8 ,3 1 ; 19 ,7) , com'era cio è interpretata da loro , in particolare dopo la caduta di Gerusa lemme (70 d . C . ) , viene dai cristiani rifiutata o criticata, in quanto fu fatta valere ingiustamente contro Gesù (7, 1 9-5 1 ) fino alla sua con danna a morte ( 1 8 ,3 1 ; 1 9 ,6) . Pertanto la Legge , così interpretata, per rifiutare la fede in Gesù , appellandosi a Mosè , non è più la Scrit tura e l'autentica legge di Mosè (5 ,45-47) . Credere alla Legge come «Scrittura» apre la via per credere alle «parole di Gesù» (5 ,47) . Nei Vangeli sinottici viene criticata «la tradizione dei padri» (Mt 15 ,2/Mc 7 ,3) in funzione dell'etica del Regno, predicata da Gesù . Nel quarto Vangelo invece viene criticata l'interpretazione giudaica della Legge in relazione alla fede in Gesù . La vera , autentica inter pretazione della Legge è quella cristiana che la interpreta partendo da Gesù e considerandola quindi come «figura» di lui e come invito a credere in lui . «Credere» è il comandamento fondamentale , illu strato con la figura di Mosè (Gv 5) e di Abramo (Gv 8) . Per quanto riguarda l'aspettativa messianica : manca in Gv il tito lo cristologico «figlio di David» , presente invece nella tradizione si nottica e particolarmente in Mt (9,27 , 12 ,3 .23 ; 1 5 ,22 ; 20,30-3 1 ; 21 ,9. 1 5 ; 22 ,42) . L'interpretazione messianica , i n chiave politica, ri corre solo sulla bocca del popolo (Gv 7 ,41-42 ; 12,34; cf. 1 ,49) . La di ch iarazione che Gesù è «re» viene sempre reinterpretata : in 1 ,5 1 «re d'Is raele» in 1 ,49 diviene «Figlio dell'uomo» ; in 6 , 1 5 Gesù fugge da solo sul monte quando il popolo vuoi rapirlo per farlo «re» ; il clou di questa reinterpretazione si ha nel colloquio di Gesù con Pilato , dove e gli inte rpreta il suo regno come «Un regno dall'alto» ed egli è «re», ma « ve nuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità» . . . fi no alla morte ( 1 8 ,36-37 ; cf. 1 9 , 1 1 ) . Il black-out sul «figlio di David» significa che Gesù è Messia , non in quanto «figlio di David», ma in qu an to « figlio di Dio» (Gv 1 1 ,27 ; 20,31) . Un passaggio esplicito si re gistra i nvece nei sinottici ; tipico al riguardo il vangelo dell'infanzia 171
di Mt 1-2, dove si passa dal «Messia, figlio di David» della tradizio ne all'«Emmanuele, figlio di Dio» del redattore . 63 Sembra che la stessa cosa valga, anche se meno certa , per il tema della «sapienza», identificata dai «giudei» con la Legge , e perciò non utilizzabile per la cristologia giovannea della rivelazione . Per tale cristologia il termine migliore era quello di «Logos» , che si rifaceva anche alla memra Adonai della tradizione targumica, legata pure al la luce . 64 3 .2.
Uso simbolico della Scrittura
Gv della Scrittura utilizza le tradizioni più arcaiche e quindi ve nerande . Perché? Perché meglio si prestavano alla simbolizzazione. La legge di Mosè , per se stessa, è testimone di Gesù (5 ,45-47 ; 7 ,51 ; 8, 12-20) . L'evangelista deve aver avuto dinanzi soprattutto l'annun cio del «profeta come me» (è Mosè che parla) di Dt 1 8 , 15-18, identi ficato col Messia nella tradizione samaritana ed in alcuni strati della tradizione giudaica. l salmi , d'altro canto , e in particolare il Sal 82 ,6 (Gv 10,34) testimoniano l'autorità divina di Gesù. Il ciclo arcaico della preistoria (Gen 1-3 , cf. Sap 2,24) preannun cia l'attività del Logos incarnato nella creazione e nella liberazione dal peccato del mondo e dal «diavolo» , che ne è l'origine (Gv 8 ,44) . Il ciclo dei patriarchi , in particolare di Abramo e di Giacobbe, viene richiamato , perché in Abramo Gv vede la veneranda «figura» del credente in Gesù ; e nel «pozzo di Giacobbe» il simbolo del poz zo interiore di acqua viva che zampilla verso la vita eterna, dono di Gesù alla samaritana ( 4,6- 1 5 ) . M a il ciclo più utilizzato in favore di Gesù è indubbiamente quel lo di Mosè: oltre al titolo di «profeta escatologico», vengono da esso assunti i simboli del serpente , della manna e dell'acqua . In Gesù tut ti i simboli vengono personalizzati : il serpente è il tipo del «figli o dell'uomo» innalzato ; la manna è il tipo del «vero pane dal cielo» , che è Gesù; l'acqua è simbolo dello Spirito , che Gesù glorificato da rà (7 ,37-39) .
63 G. SEGALLA , Una storia annunciata. l racconti dell'infanzia in Matteo , Brescia 1 9 8 7, 1 37- 139 . 64 M . M cN AMARA , «Logos o f the Fourth Gospel and Memra o f the Palest lman Targum» , in E T, 79( 1968) , 1 15- 1 1 8.
172
L'evangelista ritorna indietro all'arcaico , all'archè, per dire la si n gol arità «divina» di Gesù e l'unicità della salvezza, portata da lui «a co mpime nto». Anche il ciclo profetico di Elia-Eliseo serve a preannunciare «i compiuti da Gesù . Il profeta «Isaia» viene invocato per testi ni» g se moni are con l' «io sono» la divinità di Gesù. Egli è anche il profeta, che predice la reazione di fede e di incredulità alla rivelazione di Ge sù . La figura danielica del «Figlio dell'uomo» viene identificata con la pe rsona di Gesù, Verbo incarnato . 65 Il suo «discendere dal cielo» (interpretazione giovannea del «Venire con le nubi del cielo») e la sua trascendenza misteriosa. Lo stesso vale per i grandi simboli del «pastore» e dell'«unico gregge» , riaggregato intorno a lui ; della vite e della vigna, del tempio , che egli sostituirà con la sua morte risu rrezione , trasformando il culto templare nel culto «in Spirito e verità». Questo uso simbolico della Scrittura permette a Gv di leggervi la cristologia elevata del « Figlio inviato dal Padre», del «Logos incar nato» , del «Figlio dell'uomo , disceso dal cielo» ; ed inoltre la sua drammatica vicenda umano-divina, che si conclude col «Compimen to» della croce ed il suo significato , rivelato dalla trafissione . La Scrittura viene in tal modo Ietta complessivamente come «figura», orientante alla «verità» , che è Gesù . In questo senso , «verità» e «ve ro» in Gv rimandano al grande codice simbolico dell'AT, la cui chia ve interpretativa è Gesù , l'agnello che apre i sette sigilli della storia (Ap 5,9- 10) . La maestosa distanza degli avvenimenti , dei personaggi e delle parole sacre permette la loro elevata simbolizzazione ; un ca so analogo è la rimeditazione simbolico-poetica del libro della «Sa pienza)) , che rimane però nell'ambito di una «meditazione sulla sto ria)) passata per compiacersi dell'amore di Dio per il suo popolo ; mentre Gv ricorre ai grandi simboli del passato per superarli nella «verità)) del presente : la persona di Gesù. Nell'ambiente giudaico dopo il 70 era impossibile tale simbolizzazione , perché l'interpreta zione della Legge e del messianismo era troppo legata ad esigenze ed asp ettative immediate : l'interpretazione della Legge si consolida nel la t radizione rabbinica , quella delle aspettative messianiche sfo cia nei movimenti rivoluzionari antiromani fino a Bar Kokeba.
5 Su tema cristologico giovanneo la migliore monografia è quella di F.J . �OL6ONEY, questo The Johannine Son of Man, (Biblioteca di scienze religiose 14) , Roma 1 978.
173
In conclusione, per Gv la Scrittura non è né Legge né storia in senso giudaico-nazionalistico . Sia come Legge sia come storia divie ne promessa e «figura» della venuta e della missione di Gesù. La ri velazione simbolica della Scrittura è continuata e portata a compi mento in Gesù, in quanto egli come «Figlio» incarnato è la rivelazio ne personale del Padre nella storia. Gesù, simbolo supremo ed ulti mo, non rimanda più ad altre verità ulteriori , all'interno della storia (come l 'A T) , ma rimanda verticalmente al Padre, all'unità con lui nell'essere e nell'opera salvifica. È questa la verità ultima che peral tro sarà pienamente svelata solo «presso il Padre» ( 1 7 ,24) .
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l . ' "
176
fei testi scritturistici citati da Gv 'anni
Tipo
kathi:>s eipen Esatas ho prophétes (solo q u i nel NT)
Cit . esplicita; dalla tradizione (Mc 1 ,2-3 parr ; cf. 1 QS 8 , 1 4)
Sal 68 (69) , 10 (LXX Vat. e Sin . ; n e ll origi n al e il v e rbo è all'aoristo invece che al futuro)
ghegramménon estin (cf. 6 ,45)
formula
Sal 77(78) (LXX Vat. ) ; cf. Es 16,4 ( TM ; LXX Sin . e T ad Es 1 6 , 1 5 (Freed , 1 1 8)
kathbs estin ghegramménon (cf. 1 2 , 14)
Cit . esplicita senza f.i .
(cf.
Ci t. esplicita senza f. i .
Is 40,3 (TM
o
LXX)
'
-
Is 54 , 13 c on om i ss ione dei «tuoi figli>> (TM, LXX, ma vo cabolario vicino al T (Freed , 1 1 8)
-
38
l
c
di int.
Formula intr.
Antico Testamento
éstin ghegramménon
2, 1 7)
Combinazione di testi: Is 12,3 ; 43 , 19-20; 44,3 ; 55, 1-2; 58, 1 1 ; Zc 14,8; Ger 2 , 1 3 ; 1 7 , 13 ; Pr 18,4; Is 28 , 16 (Reim) ; Sal 78 , 16, 20 (Grelot)
kathi:>s eipen he graphé
Mi 5 , 1 ; 2Sam 5,2; 7 , 1 2 ; Sal 89, 4-5 . 36-37; Ger 33 ,22 ; T a Mi 5 , 1 ; Ger 23 ,5 ; 33 , 1 5 ; Is 1 1 , 1 (Freed, 1 19)
ouch h� graphé hOti
Sal 8 1 (82) , 6 (LXX Vat . )
(solo
(solo
qui
qui
nel NT)
nel NT)
eipen
Ci t . esplicita senza introdutto-
ria
c
I
d
l
c
esplicita
c
Ci t. esplicita senza f. i .
l
Cit. esplicita senza f.i .
c
Citazione senza f. i .
anni l
1-15
Formula intr.
Tipo di int .
Sal l 17 ( 1 1 8) , 26 (TM = LXX) , cristianizzato: <
L'unica senza introduzione
Dalla tradizione (Mc 1 1 , 10/Mt 21 ,9; M t 23,39/Lc 13,35); influsso del salmo sulla narrazione
l
Sof 3 , 1 4 e/o ls 40,9 per la prima parte (TM = LXX) ; Zc 9,9 per la seconda (TM LXX)
kathOs estin ghegramménon
l
(cf. 6,3 1 )
Cit . esplicita senza f. i . ; dalla tradizione (Mt 21 ,5)
ls 53 , 1 (LXX Vat.)
hfna h o l6gos Esaiou tou proph éto u plerothe-i h6n eip en
Formula di compimento; dalla tradìzione (Rm 10, 1 6)
l
=
l
(
Antico Testamento
(solo qui nel NT) 1-40
l
i
Is 6,9- 10: diverso dal TM e dalla LXX, vicino a quello trovato in Qumran (De Waard, 82-83)
h6ti palin eipen Esalas (solo q u i nel NT)
Formula di compimento implicita; dalla tradizione (Mt 13, 1415; A t 28,26-27)
l
Sal 40(4 1 ) , 10: vicino al testo ebraico di Qum ran (De Waard , 65ss)
hfna he grapM pierothe-i
Form ula di compi-
(
Sal 34(35),19 = 68(69) ,5: trad . vicina al T
hina plerothe-i ho l6gos en to-i n6mo-i auton ghegramménos h6ti
Formula di compimento
c
mento; dalla tradìzione (Mc 1 4 , 1 8 .21 parr .)
(cf. 1 7 , 12; 1 9,36)
(solo qui nel NT)
l
v
�
l
:
l
'
anni
l Antico Testamento Probabile rif.
(41 ) , 10). Solo (LXX)
a 13, 1 8 (Sal 40 Freed: Pr 24,22
Tipo di int .
hina he grapM pierothe-i
Formula di compimento .
c
l
(cf. 1 3 , 1 8 ; 1 9,36) LXX Vat . )
hfna he graph� pierothe-i he iégo usa
Formula di compimento . Interpretazione letterale senza comprendere il parallelismo delle due parti
Sal 68(69) ,22 o 21 (22) , 1 6 ; pe r la menzione dell'aceto , più probabile Sal 69 ,22
hina te/eiothe-i he graphè (solo qui nel NT)
Formula di compimento .
Es 1 2 , 10 . 46 (LXX Vat . , senza col verbo al futuro Sal 33 (34) , 21
hina he graph� pierothe-i
Formula di compimento.
Sal 21 (22} ,19 (TM
c
Formula intr.
=
ap6) ;
Zc 1 2 , 1 0 ; TM adattato
l
d
L
(cf. 13,18; 17 , 1 2} kaì pàlin hetéra graphè iéghei
Formula di compimento
L
(solo qui nel NT}
Dt 19 , 15
kaì e n to-i n omoi dè to-i hymetéroi ghégraptat
Uso apologetico
c
Sal 88(89} , 35 (LXX)
ekorlsamen ek toii. nomou
Obiezione a Gesù
L
lggiunge 1 ,45 , anche se qui
il riferime nto
è più
generale :
alla Legge e ai profeti , cioè alla «Scrittu
6 L'uso dell 'Antico Testamento nell'Apocalisse"
Bruno Corsani
Il tema di questo studio è m un certo senso enigmatico , perché chi sfogh l'edizwne del Nuovo Testamento greco d1 NESTLE-ALAND o quella del Greek New Testament delle Società b1bhche unite (UBS) del 1 975 non troverà neppure una parola stampata con l'evi denza che gli editori accordano alle Citaziom dell'Antico Testamen to (corsivo il NESTLE-ALAND, grassetto le Società bibliche) . 1 In ap pendice al testo delle UBS c'è una tavola delle citazwm secondo l'ordme degli scritti del Nuovo Testamento : la tavola finisce con la II epistola di Pietro, perché all'Apocalisse non è attribmta alcuna cita zione . D'altra parte , l 'edizione NESTLE-ALAND ha una tabella intitolata L o cr crtati vel allegati , e Il figurano numerosissimi passi dell'Apoca lisse: oltre ottocento . Altri autori danno cifre diverse , ma sempre imponenti . 2 Forse l 'espressione più esatta è quella di L. Venard :
* I p ass1 dell'Apocalisse c1tat1 tra VIrgolette sono desunti dalla traduzwne Jtaha na della CEI Ne1 ran cas1 m CUI Ci tO la Nuovzsszma traduzwne delle Ed P aohne (1983) , o la Verswne Riveduta della Soc1età b1bhca bn t a n mc a e forestiera lo se g n alo nel testo o nelle no t e I n fe n m e n t1 alla vers1one de1 Set tanta (o d1 Teodoz1one per D amele) sono fatti m b as e a H B SwETE, The Old Testament m Greek accordmg to th e Septuagmt , 3 voli , Cambndge 1 887 , 41909 I d ue com mentan pm frequentemente crt ah ( R H C H AR LE S , A crttical and exegellcal commentary on the Revelatwn of St lohn, 2 vo l i , Edmbur g h 1920 , e P PRIGENT, L 'Apocalypse de Samt Jean , N e uc h iìtel 19 81 ) sono md1cat1 solo col co g nom e de l l ' autor e 26 1 Novum Testamentum Graece, a cura d1 E N EST LE - K ALANO, Stut tgart 1 979, The Greek New Testament, a cura di K ALANO - M BLACK - C M MARTIN I B M METZGER - A WIKGREN , New York 31975 2 Il computo d1 800 nfenmenh nel NT d1 Nestle - A l a n d è formto da V V ANNI , « L ' Apoc ali sse una nlettura cnstlana mess1amca dell'Antico Testame nto>> , m L 'A nti co Testamento znterpretato dal Nuovo zl Messza, a cu r a d1 G D E G ENNARO, N apoh 9 85 , 456 J MARTY , <
�
181
«L'Apocalisse formicola di reminiscenze scritturistiche, ma non vi si trovano citazioni formali». 3 Questa dialettica di assenza di citazioni e di frequenza di allusio ni e reminiscenze rende piuttosto difficile la valutazione dell'influen za dell'Antico Testamento sull'Apocalisse . Chi la sostiene può al li mite essere accusato di tendenziosità ; ma chi la nega in base all'as senza di grassetto o corsivo nelle traduzioni moderne fa per lo meno una lettura superficiale del testo . 4 Fatta questa premessa , cercheremo di scoprire quali sono gli am biti di fede e di pensiero nei quali l'autore dell'Apocalisse sembra fa re più decisamente ricorso al linguaggio e alle immagini delle Scrit ture d'Israele . È superfluo precisare che si tratta di una valutazione soggettiva: chiunque potrebbe obiettare che l'Antico Testamento � il suo linguaggio incidono molto di più o molto di meno di quanto ri� sulterà da questo studio . Ma l'assenza di precise indicazioni di Gioi vanni sul suo ricorso alle Scritture ci priva di un criterio oggettivo distinzione fra dipendenza e originalità . ,
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l.
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IL VEGGENTE , LA SUA COMUNITÀ , LA SUA VOCAZIONE
In quest'ambito mi sembra che il ricorso al linguaggio e alle im magini bibliche sia meno ricco e abbondante che in altri . Ciò può es sere dovuto a due ragioni : anzitutto perché Giovanni parla meno di sé e della comunità empirica che delle realtà a venire (benedizioni e castighi , comunità escatologica e vittoria di Dio sul male) . E poi per ché il discorso sulle realtà presenti e note non ha bisogno di un lin guaggio speciale : basta descrivere . Invece per parlare di cose che non sono ancora e di cui si intravvede appena il contorno è necessa rio far ricorso alle promesse e al linguaggio simbolico che si trovano nella Scrittura. Perciò troveremo più riferimenti all'Antico Testa mento quando passeremo a occuparci di quelle tematiche. È significativo a questo riguardo il c. 1: sono evidenti le rip rese di formule bibliche nella benedizione (vv. 4-5) , nella dossologia (v .
3 L. VENARD , «Citations de l'A T» , in Suppléments au Drctionnmre de la Bible. II, Paris 1934 , 28 . 4 La difficoltà a quantificare la conoscenza biblica di un autore è magg10re quan· do non cita expressis verbis, osserva E. PLùMACHER, «Bibel Il» , in Theologrsche Rea· lenzykopadie, VI, Berhn-New York 1980, 12. 182
6) , nella prima formula profetica che sintetizza il messaggio dell' A
poc alis se: la speranza del ritorno del Cristo crocifisso (v. 7) , e nella visio ne del Figlio dell'uomo (vv . 9-20) . Nelle parti di questo capitolo i n cui parla di se stesso , della sua condizione nell'isola di Patmos, del s uo rapi mento in estasi Giovanni si esprime con parole sue. Altrettanto significativo è l'inizio del c . S . Lì Giovanni usa lin io corrente quando parla di se stesso , di quelli che non sono uagg g di aprire e leggere il libro dai sette suggelli , del suo pianto per gni de motivo . Invece fa ricorso a linguaggio biblico per descrivere uesto q e la persona del Cristo che è autorizzato ad aprire il ro visione sua la l'epilogo dell'Apocalisse (20,6-21 ) . . Cf. anche lo to Possiamo far rientrare i n questo capitolo anche i passi che men zionano gli strumenti o le azioni attraverso cui Giovanni riceve il suo messaggio o gli ordini da eseguire . Si tratta di strumenti e azioni che appartengono al mondo di Dio e del suo operare . Non ci sorprende rà dunque se sono descritte con termini e figure scritturali . Lascian do per il momento da parte la figura del Cristo quale mediatore di ri velazione (della sua caratterizzazione e dei suoi titoli parleremo più avanti) , osserviamo che l'Apocalisse usa 67 volte la parola «angelo» (superando di gran lunga le 20 di Matteo, le 25 di Luca, le 21 degli Atti e le 13 di Ebrei . Nessun altro scritto del Nuovo Testamento la usa più di sei volte) . Come nell'Antico Testamento e nel giudaismo, gli angeli rappresentano il mondo celeste e agiscono come portavoce di Dio. Una particolare dipendenza dal mondo di pensiero dell'apo calittica Giovanni la rivela quando presenta gli angeli come attiva mente partecipi alle vicende escatologiche (in questo il rabbinismo è molto più riservato) . 5 Tuttavia rimane in linea con l'autentico pen siero neotestamentario quando sottolinea la distanza fra Dio e i suoi angeli nel passo in cui si vede respingere l'impulso a prostrarsi da vanti all'angelo in segno di adorazione (22 , 8-9) . 6
d 5 Cf. H . L . STRACK - P. BILLERBECK, Kommentar zum NT aus Talmud und Mi· rasc:h , Munc hen 1922-1928, l, 672s. 6. Cf. Berakoth 1 3 a : « Quando un uomo è nel pericolo e nel bisogno non invochi • Michele né Gabriele ma soltanto me , e io gli risponderò» ( cit. da G. KriTEL, «an g elos», in GL NT I, 219.
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183
2.
GLI AVVENIMENTI ESCATOLOGICI
2. 1 .
Giudizio e castigo
L'impegno dell'autore dell'Apocalisse scaturisce dalla rivelazi o. ne ricevuta : il Signore ha mostrato ai suoi servi «le cose che devono presto accadere» ( 1 , 1 ) . Fin da questo versetto iniziale si può indivi . duare un aggancio di Giovanni alle Scritture . Anche Dn 2 ,28 parla del D io che fa conoscere al re Nabukadnetsar ha dei ghenésthai (ciò che deve accadere) . 7 Quello che deve accadere è anzitutto un giudizio sul peccato e sulle colpe degli uomini . Nella prima metà dell'Apocalisse il capo d'accusa è principalmente l'idolatria. Dopo la serie dei suggelli e la serie delle trombe leggiamo in 9 ,20 l a constatazione che il resto del l'umanità che non era perito per quei flagelli «non cessò di prestar culto ai demoni e agli idoli d'oro , d'argento , di bronzo , di pietra e di legno , che non possono né vedere , né udire, né camminare» . Questa requisitoria è sicuramente tradizione , e ricorda Sal 1 15 ,4-7 ; 135 , 15· 17 nonché Dn 5 ,23. Se ne trovano tracce anche in Enoc , nei libri si billini e nell'epistola di Geremia . Doveva essere un'argomentazione polemica tradizionale del giudaismo , poi ripresa dai primi cristiani . Nella seconda metà del libro , le allusioni alle col pe degli uomini si concentrano maggiormente sul terreno politico . E di Roma che 1 8,5 afferma: «I suoi peccati si sono accumulati fino al cielo» - come i peccati di Sodoma di cui è giunto il grido fino al Signore (Gen 1 8,21 ) o la malizia di Ninive «che è salita fino a me» ( Gn l ,2) , cf. an che Ger 51 ,9. Il nostro tema non ci permette di affrontare la questio ne del carattere progressivo o ciclico delle minacce e dei castighi del le varie sezioni dell'Apocalisse . Dobbiamo !imitarci a raccogliere quei passi che vi accennano con linguaggio biblico . Così con il quarto suggello il cavallo giallastro , cavalcato dalla morte, riceve il potere di «sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra» (6,8): questi quattro flagelli sono elencati in Ez 14,21 (dove le fiere vengono prima della peste) come «i quattro tremendi castighi)) che il Signore intende mandare con tro Gerusalemme (ma potrebbe entrare in gioco anche Ez 5 , 12 che in ebraico accenna a tre terzi del popolo che periscono per tre flagelli , senza le fiere . La LXX lo divide in quattro quarti, ma al posto delle fiere si minaccia la dispersione ad ogni vento).
7
184
L'Apocalisse segue
i
L XX con l'accentuazione della necessità .
Con il sesto suggello si descrive la caduta delle stelle come fichi e }'arro tolarsi del cielo come un foglio di pergamena che si avvolge pe rch é non può rimanere piatto quando non lo si tiene disteso con le m ani . Queste immagini potrebbero essere state suggerite da Is 34,4: «l cieli si arrotoleranno come un libro e le stelle cadranno . . . come fogli e da un fico» . Con la quinta tromba Giovanni descrive il fumo che sale dal poz de zo ll'abisso come il fumo di una gran fornace che oscura il sole e l'aria (9 ,2) : forse ha in mente Es . 19 , 18 «e il suo fumo saliva come il fumo d'una fornace>>? Salvo il verbo che è all'aoristo invece che al l'i m perfetto , sono le stesse parole dei LXX. L'immagine del grande drago rosso che in 1 2 ,4 trascina giù dal cielo un terzo delle stelle può essere ispirata da Dn 8 , 1 0 (ma per vie diverse dalla LXX e da Teodozione perché non coincide con le loro form ulazioni) . Nella seconda metà dell'Apocalisse anche i castighi s i riferiscono più direttamente a B abilonia e ai suoi seguaci . Così l' azione simboli ca dell'angelo che scaglia nel mare una pietra grande come una mola esclamando: «Con la stessa violenza sarà precipitata Babilonia , la grande città e più non riapparirà» ( 18 . 2 1 ) . Il linguaggio ricorda Ger 5 1 ,64 (anche se i verbi sono diversi : LXX kathadysetai, affonderà, e kaì ou mè anasthé-i, e non si rimetterà in piedi ) . L'invito a ripagarla con l a sua stessa moneta ( 1 8 ,6) viene d a Ger 50,29. Charles l o accosta a Sal 137,8 m a i l primo riferimento ci sembra più congruo, anche se il passo deJJ ' Apocalisse spezza in due l'esortazione del profeta inserendoci altro materiale . 8 L'assalto dei nemici rappresentati dalle «dieci corna» ( 1 7 , 16) che «la spoglieran no e la lasceranno nuda>> ha un modello in Ez 1 6 ,37 in cui gli ex aman ti si rivoltano contro la donna infedele , ma lì non sono loro a spogl iarla , bensì il Signore ; oppure in 23 ,26 («Ti spoglieranno delle tue vesti») : potremmo trovarci davanti a un'influenza combinata d ei due passi. Cf. anche Ez 23,29. Evidentemente si tratta di im magin i e linguaggio tradizionale . 9 L'invito ad uscire dalla città pri ma della sua rovina («Uscite , popolo mio , da lei . », 18 ,4) ripro d uce una passo di Geremia riportato dal codice Q (marg. ) ma non d ai grandi manoscritti che omettono i vv. 44 b -4 9 a (nella numera. .
(fme8 •
f
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LXX:
antapodote auté-1 katii Iii érga autés è npreso da Ap 18,6a (mino) e 6b
Charles ipotizza un'influenza diretta del testo ebraico per la corrispondenza ra 11 verbo 'zb e l'espressione greca.
185
zione dei LXX il capitolo è il 28°) . Per Charles avremmo qui un'in. fluenza diretta del testo ebraico. Com'è noto , Giovanni descrive la caduta di Babilonia come fat to già accaduto , tanto grande è la certezza del castigo divino sulla ca pitale dell'impero persecutore : « È caduta , è caduta B abilonia la grande ! » (18 ,2, cf. 14,8). I commentari indicano come modello di questa esclamazione Is 21,9. Prigent parla addirittura di calco . In realtà ci manca l'attributo «la grande» , e il tempo del verbo è diver so : i LXX hanno il perfetto , l 'Apocalisse l'aoristo . Questo porta il Charles a classificare anche questo fra i riferimenti al testo ebraico . L a città in rovina è descritta come «covo di demoni , carcere di ogni spirito immondo , carcere di ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda e aborrita» (18 ,2) . Gli uccelli im mondi sono i rapaci , elencati come tali, insieme ad altri, in Dt 14,1317. Anche in questo passo riecheggia un luogo comune delle descri zioni o dei preannunzi di rovina di città abitate ; i passi dell' Antico Testamento che lo sfruttano sono molti , ma nessuno coincide preci samente con Ap . 18,2. Is. 13,21s. e B aruc 4,35 includono la menzio· ne dei demoni (oltre a fare una lista abbastanza lunga di animali e uccelli selvatici) come fanno anche Ger 50,39 , Is 34 , 1 1 e Sof 2 , 14. Infine , l'elegia del c . 18 sulla caduta di Babilonia sembra model lata su Ez 27 (elegia per Tiro). Charles accosta soltanto i vv. 1 3 . 1 8 . 19 di Giovanni ai vv . 1 3 . 32 e 30 di Ezechiele nella sua stesura ebraica. Anche Prigent nota che non risulta mai in questo capitolo una derivazione dai LXX. Egli pensa all'impiego di una tradizione apocalittica greca modellata su Ez 27-28 . Il problema è esaminato a più riprese da Vanhoye nel suo fondamentale lavoro sull'uso di Eze chiele nell' Apocalisse . 1 0 Ai vv. 9 . 1 1 . 15 . 19 l'atteggiamento dei re , dei mercanti e dei navi ganti è descritto abbinando i verbi klaiein e penthein : ci potrebbe es sere un'influenza di Ez 27 ,31b che parla di bakah (piangere) e di misphed (lamento) che manca nei LXX ed è stato aggiunto in base alla recensione di Origene sotto asterisco . 11 Il v . 19a («gettandosi sul capo la polvere gridano , piangono e ge mono») richiama Ez 27,30 (« . . . e grideranno amaramente , si ge tte ranno sulla testa la polvere , si rotoleranno nella cenere») con mol te
1 0 A . VANHOYE, «L'utilisatiOn
(1962l, 436-476.
1 VANHOYE,
186
«L'utilisation
� '•Il \ du hvre d'EzécbiOI �a'Apocalypse», in Bib, 43
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Iivre
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447.
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dive rsi tà rispetto ai LXX che hanno «terra» invece di «polvere» , «m e ttere su . . . » invece di «gettare su . . . » e usano «testa» al singolare me ntre il passo dell'Apocalisse lo reca al plurale. 1 2 Inoltre Ezechiele continua ancora in 3 1 e 32a , con espressioni ridondanti , a descrivere le m anifestazioni di cordoglio delle persone colpite nei loro interessi d alla caduta di Tiro , e solo in 32c dà loro la parola . Nell'Apocalisse inv ece questo avviene già nello stesso v. 1 8 , 19. Ap 1 8 ,2lc («e non sarà più trovata») chiude l'oracolo dell'angelo ch e scaglia la pietra nel mare , oracolo che secondo Charles è sugge rit o d a Ger 5 1 ,63s . («Quando avrai finito di leggere questo rotolo vi leghe rai una pietra e lo getterai in mezzo all'Eufrate dicendo : Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piom bare addosso») . Vanhoye invece lo accosta a Ez 26,21 «né mai 13 sarai ritrovata» - ma quest'inciso manca nei LXX . Si potrebbero ancora citare due passi caratteristici dell'elegia sulla caduta di Babilonia: la lista dei prodotti di cui cessa i1 commer cio (vv . 12s) e la lista delle musiche , dei suoni e delle voci la cui as senza indica la fine della vita sociale nella città in rovina (vv. 22-23) . È ovvio che si tratta di elenchi di maniera . Ci potrebbe essere uno spunto per la prima lista in Ez 27 , 1 2-24 (ma già la lunghezza del bra no suggerisce che non si può parlare di citazione bensì , al massimo , di ispirazione) , per la seconda lista in 26, 1 3 . Qui c'è una situazione opposta a quella della lista di prodotti: il testo di Ezechiele è più bre ve di quello dell'Apocalisse . D ice soltanto : «Farò cessare lo strepito delle tue canzoni , e non s'udrà più il suono delle tue cetre» . Il testo d ei LXX è un po' diverso all'inizio («la moltitudine dei tuoi musi canti») .
2.2 . P romesse e realizzazioni Se l'autore deiJ' Apocalisse si rifà alle Scritture d'Israele quando min accia o descrive i castighi futuri riservati all'umanità peccatrice o ai poteri malefici di questi mondo, ancora di più ricorre al testo bi blico q uando deve accennare aiJa speranza del mondo nuovo di Dio e alle bene dizioni che lo accompagnera nno. Pos siamo citare in primo luogo il ciclo delle sette lettere aiJe chi ese dell'Asia Minore . Nella lettera alla chiesa di Efeso troviamo
1 2 VANHOYE, «L'utJiisation du Jivre
13
VANHOYE , «L'utJiisation du Jivre l'inciso nel codice Q.
re g�stra
. » , 449 . . . », 447 . SWETE, The OT in Greek . . , III , . .
.
.
187
la promessa di mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio (2,7) . Qui sembrano affiorare tre passi: Gen 2 ,8-9 ; 2 , 1 7 e 3 ,22 rovesciandone la prospettiva . Il racconto genesiaco ha per fin e di spiegare l' esclusione della razza umana dal paradiso di Dio e dal l'albero della vita, mentre Ap 2 , 7 riavvicina i due termini del proble ma promettendo «a chi vince» di ricevere da mangiare dell 'albero della vita. 14 Questo si trova già in altri testi apocalittici come Apoc. di Mosè , 28 ,2-4 o Test. Levi 1 8 , 1 1 - 1 2 . Prigent , rifacendosi a Loh meyer, affaccia l 'ipotesi che la promessa possa riferirsi non agli ulti mi tempi ma al presente : nella misura in cui i cristiani di Efeso si rav vedono e tornano all 'amore di prima (5a, cf. 4) potrebbero tornare alla comunione con Dio simboleggiata dall'accesso all'albero della vita. Gangemi lo esclude: la pienezza del pristino amore e il lavaggio delle vesti nel sangue dell'Agnello (22 , 14) diverranno realtà solo nella Gerusalemme celeste . 15 La promessa per chi vince , nella lettera alla chiesa di Pergamo, consiste nella manna nascosta e nella pietruzza bianca con scritto so pra un nome nuovo che nessuno conosce (2, 1 7) . Il riferimento all'E sodo e a tutto quello che la manna aveva significato per Israele nel deserto è scontato. Il trasferimento dell'immagine all'orizzonte escatologico è presente in testi intertestamentari e rabbinici , cf. 2Baruc 29 ,8: «Di nuovo scenderà la manna e se ne mangerà : poiché questi sono coloro che giungeranno alla consumazione dei tempi» . 16 Mech. Ex. 16,25 riporta il detto di Eleazar ben Hasama: «In questo mondo non troverete la manna, ma la troverete nel mondo a venire» (ci t. da Prigent , che peraltro anche in questo caso ritiene la prome s sa già realizzabile nel presente , perché con la venuta di Cristo siamo già nell'éschaton) . Alla promessa deHa manna escatologica è legata quella di un «nome nuovo» scritto su una pietruzza bianca. Se per la pietruzza bianca si può far riferimento a molti paralleli del mondo greco-latino , il nome nuovo potrebbe riprendere un passo profetico, Is 65 , 1 5 : tois dè doule"Usousi moi klethesetai onoma kainon (si po trebbe anche ricordare , con Charles, Test. Levi 8 , 1 4 che è simile al passo citato , ma ha il pronome al dativo sing . ) Nella lettera alla chiesa d i Tiatira la promessa per «chi vince» è di essere fatto partecipe del potere del messia, descritto con le paroA . GANGEMI, «L' albero della vita » , in RivBib , 23(1975) , 383-397, qui p. 38� · 15 GANGEMI, «L'albero della vita>> , 397. Test. Levi 18, 1 1 è molto vicino a 2, 7 : do
14
sei
(tois hagiois) phagein ek tou xylou tes zoes . 16 Trad. i t . da La B1bb1a Apocrifa , a cura di J . BoNSIRVE N , Milano
188
1962, 257
le del Sal 2, 8-9: gli «darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con basto ne di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta», 2 ,26s . Gio vanni qui cita i LXX: è nella versione dei LXX del Sal 2 che compa re il verbo «pascolare» (poimainein) . 17 Charles non pensa che questo si a sufficiente per postulare una dipendenza dai LXX: potrebbe ri vel are se mplicemente familiarità con la sua interpretazione , e prefe risce spiegare H passo supponendo che Giovanni attribuisse al verbo poimainein un significato violento , coerente con il seguito della cita zione (le frantumerà come vasi di terracotta) , cf. anche in 1 9 , 1 5 dove è messo in parallelo con «colpirà le genti» e «pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa» . Perciò Charles propone di tradurre anche in 2,27 con distruggerà o frantumerà . «. . E non cancellerò il suo nome dal libro della vita» (3,5) è la prom essa per «chi vince» della chiesa di Sardi . Il passo ricorda la mi naccia fatta da Dio a Mosè in Es. 32,33 «Io cancellerò dal mio libro . . O quella del Sal 69 ,29 «Siano cancellati dal libro dei viventi , e tra i giusti non siano iscritti» . Nel passo dell'Apocalisse l'uso dell'imma gine è ribaltato : non è minacciata l'esclusione , ma è promessa l'iscri zione nel gran libro della salvezza di Dio . Quest'accezione positiva del libro divino ritorna in Ap 1 3 , 8 e 21 ,27 «il libro della vita dell'A gnello» . Giovanni potrebbe averl a desunta da Dn 1 2 , 1 «In quel tem po sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro». La promessa a «chi vince» della chiesa di Filadelfia (3 , 12) è di es sere messo come una colonna nel tempio escatologico di Dio , e di portare il nome di Dio inciso su di lui come segno di appartenenza . Qui è difficile parlare di citazioni , ma ci si può vedere una eco di Is 56 ,5 1 8 (cf. altri passi che parlano del nome nuovo , come Is 62 ,2 e 65 ,15) . La lettera alla chiesa d i Laodicea contiene una promessa già pri ma dell e parole riservate a «Chi vince» , ed è la promessa della visita e del so ggiorno del Signore : «Ecco io sto alla porta e busso . Se qual cuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3 ,20) . L'inizio di questo versetto ricorda Ct 5 , 2 con il diletto che «bussa alla porta» . 1 9 .
.
, l . lEREMIAS, «poimén ktl . » , in GLNT X , 121Ss ( nota B7) ri tie ne che Il verbo ltOt Jl ruvetv u s ato dai LXX si debba al fa tt o che i t rad uttori hanno fatto d1scendere la parola e b raJca co rri s po nde nte nel Sal 2 dal radicale ebraico r'h . Ma qu e l termine po 11
trebb e es sere mvece una forma da r" = fra ntumare . 18 M o lt e Bibbie traducono così Is 56 Sa: «Darò loro nella m 1a casa un nome e . . . un n umento» (P aoline) ; « . . . u ne stèl porteuse du nom» (TOB francese , 1975) . Krye1 epì t�n thyran. Cf. Ap 3 ,20 hésteka epì t�n thyran kaì krf6. N oti a mo , i n ciden t alm ente , che la lettera alla chiesa di L a odice a ha un altro p u n to di contatto con
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18 9
N e Ha seconda metà del libro l 'Apocalisse abbonda di prospetti ve escatologiche che coinvolgono l'universo intero e che si riassum o no nella sintesi di 21 , 1 : «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra». Il suo model1o è senza dubbio Is 65 , 17: «Ecco , io creo nuovi cieli e nuova terra» . La diversità rispetto al modello è l'assenza del verbo «io creo» , e quindi la presenza di nominativi dove Isaia usa ( nei LXX) degli accusativi . Tra il passo profetico citato e quello dell'A pocalisse c'è tutta una serie di scritti giudaici che toccano il medesi mo tema del rinnovamento dell'universo , ma nessuno contiene una formula così pregnante e vicina al nostro passo come quella di Is 65 . Essi rappresentano però l'ansia di un rinnovamento che deve spaz zar via il mondo corrotto dal peccato per far posto a un mondo nuo vo nel quale possano vivere in armonia le genti rinnovate nella loro vita interiore ed esteriore dall'intervento escatologico di Dio . Nell'ambito del mondo nuovo di Dio occupa un posto speciale la Nuova Gerusalemme , dapprima identificata con «la sposa adorna per il suo sposo)) (21 ,2) . Alcuni rimandano , per questo linguaggio, a Is 61 , 10 « come uno sposo che si cinge il diadema , come una sposa che si adorna di gioielli» , 20 altri alla descrizione di Gerusalemme adottata come sposa dal Signore e adornata di abiti lussuosi e di gioielli in Ez 16, 10-14 (Prigent) . La sua funzione è di costituire il punto di incontro fra Dio e gli uomini : essa sarà «la dimora [il taber nacolo] di Dio con gli uomini . Egli dimorerà tra di loro ed essi saran no suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro")) (21 ,3) . Qui lo spunto viene da Ez 37 ,27 «In mezzo a loro sarà la mia dimora [kataskénosis, parola costruita sulla radice skene = tabernacolo] : io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo)) . Ma Giovanni amplia la prospettiva, che in Ezechiele era limitata ad Israele, allargandola alle altre nazio ni: si osservi il plurale del passo dell'Apocalisse secondo i migliori manoscritti (S , A). Purtroppo né la Bibbia CEI né quella delle Pao line traducono «ed essi saranno suoi popoli)) come fanno invece la Riveduta del 1924 e quella del 1982 . Il plurale potrebbe essere stato suggerito da Zc 2 , 1 5 . 2 1 Questa comunione nuova e completa con Dio sarà la fine del do lore e del pianto : «E asciugherà ogni lacrima dai loro occhh) (21 , 4) . . .
le Scritture al v. 1 9 : <>. 20 Nuovissima versione (Paoline) ad Joc. 21 VANHOYE, <> , 470.
190
Cf. Pr 3 , 1 1 :
<
scrive Giovanni riprendendo il concetto di Is 25 ,8 ma modificando la form a («Il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto» , dice Isaia) . Per C harles questa è di nuovo una prova dell'indipendenza di Gio vanni dai LXX . L'immagine del rapporto fra Dio e i popoli del v . 3 si restringe p oi seletti vamente ai vv. 6b, 7 e 8 con promesse generose per «chi ha sete» (6b) e «Chi vince» (7) e una minaccia di annientamento per chi dovesse cedere alla tentazione dell' idolatria (8). Se «chi ha sete» ri cord a solo genericamente gli «assetati» di Is 55 , 1 22 e ancor più im probabile è il rinvio della «fonte dell'acqua della vita» a Zc 14,8 che n e i LXX ha «acqua vivente» , più probabile è l'influenza di 2Sam 7 , 14 c;ul v. 7 «E sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio» . Il testo dei LXX è un po' diverso : Io gli sarò per padre ed egli mi sarà per figlio . Preposizioni a parte , la differenza più notevole è che il rapporto ori ginale Padre/figlio sia diventato nell'Apocalisse Dio/figlio . Per Loh meyer e Prigent qui si riflette un punto fondamentale della teologia giovannica : Dio è «padre» nei confronti di Gesù Cristo , ma non è mai chiamato padre dei suoi discepoli o dei credenti (salvo in Gv 20, 17 dopo la risurrezione) . Qui , nonostante la risurrezione sia già una realtà certa, anzi siano già stati presentati i nuovi cieli e la nuova terra, resta questo scrupolo - forse polemico nei riguardi delle reli gioni pagane - che evita di esprimere il rapporto di comunione fra Dio e i credenti in termini di paternità . La descrizione della nuova Gerusalemme si ispira decisamente a Ez 48 ,30ss, ma mentre lì le dodici porte recano il nome delle dodici tribù d'Israele , nella santa città dell'Apocalisse sono i dodici aposto li a dare il nome ai dodici fondamenti . La misurazione della città (vv. 15 1 7 ) ricorda la scena analoga in Ez 40 ,3-9 . Sorvoliamo , per il suo carattere tecnico , sulla lista delle pietre prezios e di cui sono fatte le mura di cinta della città ( 1 9-20) . 23 I vv . 24-26 d escrivono il nuovo rapporto fra il popolo di Dio e le nazioni: q ueste confluiscono verso la santa città adempiendo la profezia di Is 60 . Il rispetto della purezza della città si ispira a Is 52, 1 . Il fiume d: acqu a viva di 22 , 1 ci riporta di nuovo a Ez 47 , l . Invece la descri Zio ne d ell' «albero di vita>> e della sua collocazione risente l'influenza -
22
II participio è lo st esso ; Il «caso» è diverso . � Giovanni potrebbe rifarsi ad el ementi tradizionali di cui abbiamo esempi nella d scTIZ!. m e de l pettorale del so mmo sacerdote (Es 28, 17·20; 39,10-12) e in Ez 28, 13 ( no mi� d 1 pie tre dure n e l testo e br a ico , 12 nei LXX).
;
191
di Gen 2,9 («l'albero della vita in mezzo al giardino») e di Ez 47 , 12 che parla di ogni sorta di alberi «lungo il fiume , su una riva e sull 'al tra» . Questo sta bene per una pluralità di alberi , ma Giovanni lo ap plica a un albero solo . Così riusciamo difficilmente a immaginarci quest'albero «in mezzo alla piazza della città e da una parte e dall' al tra del fiume>> (22 ,2) . È ancora Ezechiele a suggerire il valore medi cinale delle sue foglie (47 , 12) . È giusta l'osservazione di A . Van hoye sulla forma più concisa e stringata del testo di Giovanni ( «Eze chiele impiega 12 versetti per descrivere l'acqua che scaturisce nella città. L'Apocalisse solo due . La descrizione del tempio e della città non finisce mai nel profeta (cc. 40-48) ; anche l'Apocalisse ci insiste, ma le basta una ventina di versetti . . . D 'altronde la prospettiva è di versa: Ezechiele parla soprattutto del tempio e assai poco della città ( 48, 15-16.30-35) ; l'Apocalisse menziona in un versetto l'assenza di tempio (21 ,22) e descrive lungamente la città») . 24
GES Ù CRISTO , LA SUA PERSONA E LA SUA OPERA
3.
Un altro ambito per il quale Giovanni ricorre massicciamente al la Scrittura - per essere più esatti , alle sue immagini e al suo linguag gio - è quello dei titoli cristologici e delle visioni del Cristo . Ne ab biamo alcuni esempi già all'inizio del primo capitolo . Nel v . 5 Gesù Cristo è chiamato «il testimone fedele» , «il primo genito dei morti» e «il principe dei re della terra» . Per il primo titolo c'è chi indica come fonte Is 55 ,4 («Ecco io l'ho costituito testimone fra i popoli») , altri Sal 89 ,38 («testimone fedele nel cielo»: il Salmo attribuisce questa caratteristica alla luna , ma le parole , il loro caso e il loro ordine - salvo ((nel cielo» - sono quelle del nostro passo) . Per il secondo titolo sarebbe stato difficile trovare una parola biblica da citare , dal momento che esso presuppone la risurrezione di Ge sù e la sua conseguenza nella risurrezione dei credenti. I comment atori pensano però che Giovanni possa aver attinto dalle Scritture l'ide a di ((primogenito» , forse di nuovo dal Sal 89 , che al v. 28 prome tte di costituire Davide come «primogenito» (di Dio) e come «il pi ù al to fra i re della terra» (LXX il più alto dei regnanti della terra) . . ' 24
192
A . VANHOYE, «L'utiilsation du livre
.
. . »,
464 .
"
' ·.
!
Dopo la dossologia del v . Sb-6 Giovanni confessa la sua speranza escat ologica (v. 7) . «Ecco , viene suJ1e nubi» ricorda Dn 7, 1 3 (usato lib era mente come accade anche in Mt 24 ,30b) . «E ognuno lo vedrà, an che quelli che lo trafissero , e tutte le nazioni della terra si batte ranno per lui il petto» ricorda Zc 12, 1 0 «Guarderanno a colui che b anno trafitto . Ne faranno il lutto . . . ». Più che la fedeltà con cui è ri p ortato il passo profetico (per quanto riguarda il testo dei LXX l'i de ntità verbale è limitata al verbo kopsontai che corrisponde nel p asso di Zc a «ne faranno il lutto» e in Ap a «si batteranno per lui il pett o») è significativo che anche Mt 24 ,30 citi assieme , in uno stesso versetto, Zc 12, 10 e Dn 7 , 1 3 . Doveva dunque esistere un a tradizio ne eseg etica che abbinava questi testi , tradizione antecedente Mat teo e Giovanni e indipendente dal testo dei LXX forse risaliva al testo ebraico? - che era usata come testimonium cristologico dai pri mi cristiani . Nel testo di Zaccaria sono le stesse persone a vedere co lui che hanno trafitto e a battersi il petto . Invece Ap 1 ,7 e Mt 24 ,3 sotto l'influenza di Dn 7 , 13 tendono ad estendere questo guardare a tutte le tribù della terra e non solo a «quelli che lo trafissero» . 25 Un secondo blocco di riferimenti alle Scritture appare nella vi sione inaugurale di Giovanni , Ap 1 , 12ss . In mezzo a sette candelabri d'oro il veggente vede «uno simile a figlio d'uomo» : siamo di nuovo in pieno nel libro di D aniele, cf. Dn 7 , 1 3 . Il v . 18 ci assicura che il personaggio apparso a Giovanni è il Cristo risorto . Egli indossa «Un abito lungo fino ai piedi (poderés)» ed è «Cinto con una fascia d'oro» al petto . Giovanni si ispira probabilmente a Ez 9 ,2. 1 1 (LXX. Le no stre traduzioni correnti , fatte sul testo ebraico , non menzionano l 'a bito che arriva ai piedi) . Si è supposto talvolta che Giovanni volesse descrivere dei paramenti sacerdotali : Es 28,4 infatti parla di pode rés . Ma il personaggio della visione di Ez 9 non risulta essere stato un sac erdote. Un elemento descrittivo ulteriore è che «i capelli della testa erano candidi , simili a lana . . . come neve» (v. 14) . È un parti colare che potrebbe essere stato desunto dalla visione di Dn 7 ,9 . In ve ce i l paragone dei piedi con il bronzo splendente ricorda Dn 10,6 qu an to all'immagine (la terminologia è diversa ) . L'in dipendenza di Giovanni d a l testo dei LXX emerge nel v . 1 5 b «la su a voce e ra simile a l fragore di grandi acque» . Q u i egli riprodu-
1
1
2.>
�, 73
1
Cf
la discussione del rapporto fra q uesti quattro pass1 (Ap l, Mt 24 , Dn 7, Zc
n B . LINDARS , New Testament Apologeuc. The doctrmal szgmficance of O T quo2)10Ins
. London 1961 , 21978, 122-127. Lindars prende in considerazione anche Gv
193
ce in greco il testo ebraico di Ez 43 ,2 e non quello greco , che dice in vece: « Voce di un esercito , come voce di molti che raddoppiavan o». L'importanza di quest'osservazione aumenta se notiamo che la cita zione del testo non è brevissima e corrisponde quasi esattamente al l'ebraico . 26 Concludiamo questo capitolo sul Cristo e i suoi titoli passando in rassegna rapidamente altre definizioni cristologiche nei capitoli suc cessivi . In 2 ,23 il Cristo si presenta come «Colui che scruta le reni e i cuo ri e che a ciascuno retribuirà secondo le sue opere» (cit . dalla Bibbia delle Paoline. Qui la Bibbia CEI parafrasa) . È un richiamo a Ger 1 7 , 10: «lo , il Signore , scruto il cuore ed esamino le reni per retribui re a ciascuno secondo la propria condotta» (id . ) . In 3 , 7 Cristo è «Co lui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude , e quando chiude nessuno apre». C'è una reminiscenza di Is 22,22 ma non si può parlare di citazione. In 5 ,5 l'Agnello è presentato come «il leone della tribù di Giuda» (cf. Gen 49,9 - solo una reminiscen za) e come «il germoglio di Davide». Il termine «germoglio» ricorda Is 1 1 , 1 0 , che però dice «di lesse» (no n : di Davide . lesse era suo pa dre). Infine citiamo il titolo «Signore dei signori e Re dei re» ( 17 , 14) che non cita un libro canonico ma quello di Enoc : «Signore dei si gnori , Dio degli dèi , Re dei re» (9,4) . I passi seguenti non sono titoli cristologici , ma servono ugual mente a definire le funzioni del Cristo . Nella sua apparizione su un cavallo bianco ( 1 9 , 1 1 - 1 6) viene precisato che egli «giudica e combat te con giustizia» (questo ricorda ls 1 1 ,4 «Egli [il germoglio di lesse] giudicherà con giustizia))). Il suo mantello intriso di sangue (v. 13) ricorda il soccorritore che viene da Edom in Is 63 , 1 con le vesti ti nte di rosso , ma è anche meno di una reminiscenza. I nvece il v. 15 è molto vicino al Sal 2 ,9a . Ne abbiamo già parlato nel § 2.2. 4.
I CREDENTI , LA CHIESA
Questi due temi sono già compresi , per forza di cose , in non po· chi dei passi citati nei capitoli precedenti (giudizio e castigo ; promes· se e realizzazioni) . Specialmente in quest'ultimo , i passi tratti d al le
26
194
A. VANHOYE, «L'utihsatJOD du hvre
. .
. », 447-448.
let te re alle sette chiese e quelli relativi alla Gerusalemme celeste coinv olgono direttamente il popolo dei credenti che rimangono fe de li. Vale la pena ricordare però un passo significativo della dossolo gia ini ziale: «A colui che . . . ha fatto di noi un regno di sacerdoti » (1 ,6) . U na traduzione più letterale dovrebbe dire : «ha fatto di noi un re gno , sacerdoti» per il suo Dio e Padre . 27 L'espressione è gram m ati calmente ostica. Charles ritiene che significhi : «ha fatto di noi un re gno , ciascun membro del quale è un sacerdote per D io» . Altri conte sta quest'interpretazione . «Regno» sarebbe un caso di astratto pe r il concreto : re e sacerdoti compongono il santo popolo di Dio . 28 Altri ancora preferisce vedere una sottolineatura più forte sul termi ne sacerdoti , mettendone in evidenza il carattere concreto e il riferi mento diretto a singoli membri del popolo cristiano (mentre «re gno» è impersonale e astratto). È la vocazione ad essere tutti quanti sacerdoti di Dio - q ualcosa che è già accaduto , perché il verbo è al l'aoristo . 29 La fonte della formula usata da Giovanni potrebbero es sere le versioni greche di Simmaco e di Teodozione , che hanno la stessa formulazione ostica ; i LXX migliorano la forma, (ma forse modificano il concetto) dicendo «Sacerdozio regale» , e Aquila «re gno di sacerdoti» . Gli stessi termini si trovano di nuovo in 5 , 10 (uniti però dalla co pula «e») . Mentre in 1 ,6 il termine più importante del binomio sem bra essere «sacerdoti» , qui l'enfasi cade su «regno» (sottolineato nelle parole seguenti: «e regneranno sopra la terra») . Se il sacerdo zio spirituale per tutti i popoli , che i credenti condividono col Cristo , è già una realtà presente , il regnare invece appartiene al futuro esca tologi co e Giovanni lo sottolinea in 22,5 («regneranno nei secoli dei secoli» ) . Un altro riferimento importante al popolo dei credenti l o trovia mo nei due passi paralleli 7 , 1 -17 e 1 4, 1 -5 . Il parallelismo consiste n e ll'annunzi o che nonostante i castighi rappresentati dai primi quat tro sugg elli (c. 6) e nonostante l'apparizione della bestia che sale dal ma re e d ella bestia che sale dalla terra (c. 13) Dio veglia sui suoi
�
Così A. WIKENHAUSER, L 'Apocalisse di Giovanni, Brescia 21 968, 43. G . R . BEASLEY MURRAY , The Book ofRevelation , London 1974, 57s, che si nfà BILLERBECK Sostanzialmente s1mile E . LoHMEYER, Die Offenbarung des 0 a�nes, Tu bingen 21953 . 11 . 75 9 U . B . MULLER, Die Offenbarung des Johannes , Giitersloh-Wurzburg 1984,
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s.
195 \
eletti . Questo è il senso dei due passi citati. In entrambi sono num e rosi i riferimenti alle Scritture . «Non avranno più fame , non avran no più sete , non li colpirà il sole né arsura di sorta>> (7 , 16) riprende Is 49 , 10. La promessa che Dio sarà il loro pastore , li guiderà alle sor genti dell'acqua della vita, asciugherà le loro lacrime echeggia oltre a ls 49 , 10 il Sal 23, 1 e Ez 34,23 ; poi Is 25 ,8. Queste promesse stanno in rapporto dialettico con i passi che parlano delle prove che non ri sparmieranno i credenti : 6 , 1 1 parla esplicitamente del loro martirio e così anche 1 3, 1 5 . Le promesse dei cc. 7 e 14 non garantiscono una posizione di privilegio (essere risparmiati dalla persecuzione) ma una assistenza divina che permetta ai credenti di passarvi attraverso senza che la loro fede venga meno .
CONCLUSIONI a. Come fanno notare molti studiosi dell'Apocalisse , è evidente che il libro è permeato di Antico Testamento e che questo è così per ché la mente del suo autore ne era nutrita e il suo pensiero si forma va nelle categorie e con il linguaggio dell' Antico Testamento . Perciò non ha bisogno di ricorrere al metodo della «citazione» formale. b. L'analisi dei testi biblici a cui più spesso l'Apocalisse allude ci porta a concludere che si tratta del ciclo dell'Esodo , dei profeti esili ci e post-esilici , e - fra gli «scritti» - di Daniele e dei Salmi . Si tratta cioè dei testi biblici che parlano dell'elezione di Israele a essere il popolo santo di Dio, di quelli che affrontano il problema della di subbidienza (idolatria, spesso etichettata come prostituzione) , del castigo , e della restaurazione (cioè della speranza) . La prevalenza degli scritti esilici e post-esilici è in armonia con il genere apocalitti co dell'ultimo libro del canone . c. Il ricorso alle Scritture d'Israele non è fatto con interesse sto rico o in prospettiva storica , bensì sovrapponendo o identificando il popolo dei credenti in Cristo con il popolo di Dio del passato . Attra verso l'equiparazione delle esperienze dei due momenti Giovan ni legittima l'appropriazione delle promesse e delle prospettive escato logiche annunziate dagli scritti del giudaismo . d. La giustificazione implicita per una lettura cristocentrica de gli scritti d' Israele consiste nel fatto che come ora si è detto G iovan n P0 si considera parte di quel popolo e di quella storia, perché è sto(cf. 1 ,4. 9ss ) non ho inteso suggerire né avallare alcuna JdentJficazione tra lu1 e l'a ut�: re del quarto Vangelo. Il problema è estraneo all'argomento dJ queste pag�n e. S u 1 30
196
Vogho precisare che usando per l'autore dell'Apocalisse il nome «Giovan ni,.
ria della ricerca, da parte di Dio, di un popolo che sulla terra lo ser va e te stimoni a chi ancora non lo conosce la sua volontà di salvezza
u ni ve rsa le e di comunione universale con l'umanità senza limitazio ne alcu na. Non vi è contrapposizione fra i due tempi (e fra i due Te sta m en ti) . Il fine della storia dei rapporti fra Dio e gli uomini e sim bole ggiato visivamente dall alber o della vita e dal fiume dell'acqua della vita - due simboli , anzi due realtà spirituali che gettano un pon te fra il tempo prima di Gesù Cristo e il tempo dopo Gesù Cristo che è anche il nostro . '
,,
�sso cf
--
B. CoRSANI , L 'Apocalisse.
tone al NT,
· � ·- - � - - �
'
. ....
Guida alla lettura, Torino 198'1, a.. e iD., lntrodu II · Epistole e Apocaltsse, Torino 1975 , 303sa.
197
,,
7 Il dibattito con il giudaismo nel II secolo . Testimonia ; B arnaba ; Giustino
E nrico Norelli
t.
I
TESTIMONIA
Le Scritture del giudaismo fornirono ai discepoli di Gesù l'oriz zonte di comprensione per valutare il senso della sua attività e in particolare della sua morte , in relazione con l'avvenimento che fu inteso come la sua risurrezione . Le testimonianze più antiche (in particolare la tradizione già ricevuta da Paolo e riportata in l Cor 15 ,5-7) dicono che , risuscitato al terzo giorno , Gesù «fu visto» (oph the) da Cefa, poi dai dodici , poi da oltre cinquecento discepoli , quin di da Giacomo . Altre tradizioni , conservate in vangeli canonici e non canonici , parlano di queste visioni , che sono state quindi consi derate dalla critica moderna come l'origine della fede n ella risurre ziOne di Gesù . Di recente , tuttavia , si è sempre più affermata la ten denza a rivalutare la storicità del racconto della scoperta del sepol cro vuoto, che era stato a lungo visto come una leggenda secondaria a intento apologetico . 1 Certo, i discepoli di Gesù hanno vissuto , do po la sua morte, delle esperienze che li hanno condotti ad affermare che Dio lo aveva risuscitato e costituito Signore , capace di donare la salv ezza a chi abbia fede in lui come nell'Inviato di Dio . Ogni esperienza vissuta, tuttavia, acquista un senso solo se mes sa in relazione con le categorie mentali di cui si dispone . Se fatti qua li la scoperta del sepolcro vuoto e le apparizioni convinsero i disce poli ch e Gesù non aveva condiviso il comune destino degli uomini, quello di soggiacere alla morte, essi dovettero anche indurii a inter rog arsi su quale fosse allora il destino del loro maestro. Il carattere stes so dell'attività di Gesù , alla quale i suoi seguaci avevano assisti-
1 Cl assica argomentazione per Il carattere secondano delle stone del sepolcro �uoto· R BuLTMANN, Dte Geschtchte der synopllschen Traduwn , ( 1 92 1 ) , Gottmgen I I B l c. Gh argomenti a favore della stoncuà sono smtettzzatl e difesi m parti c a e a r d W L CRAIG, «The Hl.stonctty of the Empty Tomb of Jesus » , 10 NTS , 31 ( 985 ), 3 9-67
1 �79, �
199
to , li orientò verso la risposta: colui che aveva mostrato una famili a rità tutta speciale con il Dio d'Israele , da lui chiamato Abba, e un a totale fiducia in lui ; che aveva annunziato la prossimità del regno di Dio e aveva vissuto di conseguenza , infrangendo le norme e le bar riere di purità che dovevano salvaguardare Israele fino all'instaura zione della signoria divina; che aveva reso presente nella sua attività l'amore di Dio per gli uomini ; questo Gesù doveva essere l'inviato atteso per inaugurare il regno di Dio . Tale attesa si fondava sulle Scritture e sulla loro tradizione interpretativa, dove però nulla era annunziato di un messia sofferente e messo a mort e . Ora, la forza di ciò che i discepoli avevano vissuto con Gesù e dopo la sua morte si manifestò proprio nell'incredibile successo dell'impresa di legittima re come messia un personaggio la cui vita e la cui sorte non somiglia vano molto a quelle previste per il messia d'Israele . A questo riguardo . l a nostra tradizione cristiana ci situa spesso in una falsa prospettiva. Le prime generazioni cristiane ricavarono dalla Bibbia una quantità di passi che furono interpretati come pro fezie di eventi della vita di Gesù , in primo luogo della sua passione: e li usarono a fini apologetici nella dura polemica contro i giudei, ac cusati di non avere compreso le proprie Scritture , non avendo rico nosciuto quel messia la cui attività e il cui destino vi erano così chia ramente annunziati. Ora , in realtà, non solo il dossier delle profezie considerate come messianiche nel giudaismo dell'epoca di Gesù era infinitamente più ridotto di quello che fu riunito dai cristiani a poste riori, sul fondamento degli eventi della vita di Gesù ; ma il carattere di tale dossier era anche profondamente diverso da quello attribui togli dai cristiani e che ancor oggi anche gli stessi non cristiani sono abituati a considerare come ovvio . Le vari e correnti del giudaismo del tempo di Gesù avevano in effetti individuato nelle Scritture dei passi che consideravano come profezie messianiche , ma non erano interessate a disporli in modo da formare una sorta di «biografia» del messia. Per rendersene conto , basta sfogliare , ad esempio, la co moda raccolta commentata di testi di P . Grelot. 2 I tratti appar ente mente biografici, quali la discendenza davidica o la nascita a B e tlemme , servono anch'essi all'intenzione fondamentale delle rifles sioni giudaiche sul messia : quella di definirne la funzione, in rapp o r to essenzialmente con i problemi posti dal presente. Così , per e sem -
2 La speranza ebraica al tempo di Gesù, tr.
200
it.
Roma
1981 .
pi o , i messia degli autori apocalittici rappresentano la soluzione al probl ema della liberazione d'Israele dal giogo dei pagani e/o del mondo dal male che lo pervade ; 3 i due messia , di Aronne e d'Israele (Regola della comunità IX, l l ) , o «il messia di Aronne e d'Israele» (Manoscritto di Damasco A , XII ,23 - XIII , 1 ; B , 1 , 10- 1 1 ; 11, 1) attesi a Qumran rispondono all'importanza centrale che il rapporto tra la funzi o ne regale e la funzione sacerdotale assume per la setta;4 nella Mis hn ah , le «impronte del messia» segnano la strada da seguire n el pres ente tenebroso in cui è necessario salv aguardare l'identità d el 5 popolo disperso . Anche il cosiddetto oroscopo del messia in ara maico , di cui resta un frammento a Qumran (4QMessAr) , se pure non è un oroscopo di Noè (da collegare all'Apocrifo della Genesi) , concerne essenzialmente caratteri generali piuttosto che dettagli biografici . I discepoli di Gesù , invece, partivano dalla vicenda storica del loro maestro , e dalla necessità di dimostrare che il crocifisso , contro ogni attesa , era il messia. Poiché erano le Scritture ebraiche a comu nicare il pensiero di Dio , la dimostrazione doveva fondarsi su di es se . Una consapevolezza esemplare del nesso tra fede nella risurre zione di Gesù e ricerca della testimonianza delle Scritture è nell'e vangelista Luca. L'ultimo capitolo del suo Vangelo è un itinerario in tre momenti verso l'acquisizione del senso della risurrezion e . La scoperta del sepolcro vuoto , fatta dalle donne , annunziata ai disce poli e verificata da Pietro (Le 24 , 1 - 1 2) , segnala il carattere nuovo del d e stino di Gesù e suscita il ricordo delle sue parole, ma non provoca la fede , bensì incredulità e sbigottimento (vv . 1 1- 12) . I discepoli in vi aggio per Emmaus (vv . 1 3-35) avevano vissuto l' esaltazione dei giorni di Gerusalemme e la speranza che Gesù fosse il messia, ma , non conoscendo il vero destino del messia , non erano in grado di ca3 La morte de l messia in 4Esd 7,29 non è neppur essa , se ben vedo , un tratto bt ografico , ma un elemento reso necessario dalla coerenza di un sistema che vuole o�n�ttere la tradizionale funzione liberatrice del messia (la quale , non a caso, è pal tdtsstma i n tale contesto) con l'esigenza di una scomparsa totale de l vecchio mondo, contaminat o dal male , prima che il nuovo possa sorgere (7 ,30-31 ) . d ," . U n doppio messia, d i Levi e d i Giuda , compare forse anche nei Testamenti dei od1�1 patriarchi: Ruben 6, 10-12; Levi 1 8 ,2-9 .
�
•
S ul messia nella tradizione rabbinica è indispensabile J. NEUSNER , Messiah in C nte t. x Israel's History and Destiny in Formative Judaism , (Studies in Judaism) , O Lanham- N
ew York-London 1988. I n generale , l a riflessione che h o abbozzato qui so pra nguardo al messia nel giudaismo è largamente debitrice alla prospettiva di N eu c� e in un seminario tenuto a Bologna nel maggio 1988 mostrò , tra l'altro , come messt a nel gi udai sm o sia propriamente un «indic tore tassonomico». a
�rer,
201
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pire l'esperienza delle donne e le parole degli angeli i quali «dicon che è vivo» . Gesù stesso s'incarica di spiegar loro come , secondo l Scritture , è proprio attraverso quella passione e morte che il mess· accede alla sua gloria (v . 26) ; inoltre , il gesto sacramentale in cui fa riconoscere forma con 22, 14-20 un'inclusione comprendente l'in tera storia della passione , la quale, così inquadrata dalla celebrazio ne pasquale , rivela il suo carattere di compimento di quella salvezz a donata da Dio di cui la pasqua ebraica è , secondo la Bibbia , l'inizi o e il paradigma . Infine , Gesù si manifesta direttamente ai discepoli (24,36-53) : ma ciò che lo fa riconoscere e suscita in loro la gioia non è l'ostensione del corpo fisico (vv . 36-43) , bensì l'appello al compi mento delle Scritture , che abbraccia questa volta non solo la passio ne e la morte , ma tutta l'esperienza vissuta dai discepoli con Gesù (v . 44a) e il perdono dei peccati che si realizzerà nella predicazione , del Vangelo di conversione (v . 47) . E questo prolungamento dell'e sperienza pasquale nella vita della chiesa che consente ai discepoli di vivere con gioia la separazione prodotta dall'ascensione di Gesù ( vv. 5 1 -53) : l'ascensione è infatti il senso vero , finalmente compreso , del la morte di Gesù come raggiungimento del Padre e presenza costan te presso di lui (cf. la coincidenza di benedizione e separazione al v. 5 1 ) . Per Luca , insomma , la fede nella risurrezione di Gesù e l'espe rienza del prolungarsi dell'evento della risurrezione nella vita della comunità dei credenti presuppongono la comprensione retta , cioè cristologica, delle Scritture . D'altra parte, il fatto che sia il Risorto a esporre l'esegesi cristologica indica al tempo stesso che quest'ultima non è una costruzione dei discepoli, ma è possibile solo a partire da quel qualcosa che si è prodotto a pasqua e che si è loro imposto: la comprensione cristologica delle Scritture è dunque resa possibile dall'evento stesso di cui rivela il significato . Se tale è il denso significato della presentazione lucana che met te in bocca al Risorto l'esegesi cristologica , non si può dubitare pe raltro che il processo di riflessione esegetica fosse l'opera accurata dei credenti stessi . È quanto chiarisce un frammento della Predica zione di Pietro , il più antico rappresentante del genere «apologia del cristianesimo» di cui ci resti qualche cosa (se si eccettua , in un certo senso , l'opera di Luca, in particolare gli Atti) . Composto con tutta probabilità in Egitto verso il l00- 1 10 , questo scritto anonimo non so : pravvive che in alcuni frammenti , citati per lo più da Clemente dt Ale)isandria. 6 Questi ci permettono d'intravvedere che esso com-
lo
6 Su di esso studio accurato di H. PAULSEN, «Das Kerygma Petri und diC: ur tradUZione christliche Apologetik» , ZKG, 88( 1 977) , 1 -37; testo dei frammenti,
202
in
con
pre nd eva un discorso del Cristo risuscitato ai discepoli , poi un bra no sulla comprensione cristologica delle Scritture , probabilmente d et to da Pietro a nome di tutto il gruppo ; infine , una predicazione di Pietro e degli altri apostoli , rivolta ai pagani e assai poco tenera con il giudaismo . Leggiamo il frammento sulla comprensione delle Scrittu re : , , «Quanto a noi , aprendo i libri dei profeti che ave vamo , i quali parlano del Cristo Gesù in parte in parabole , in parte in enigmi , in ' parte chiaramente e alla lettera , trovammo la sua venuta, la mor te , la croce e tutti gli altri castighi che i giudei gli inflissero , e la ri surrezione e l'ascensione nei cieli prima che Gerusalemme fosse fondata / così come erano state scritte tutte queste cose , ciò che egli doveva soffrire e ciò che verrà dopo di lui . Avendo dunque compreso ciò , credemmo a Dio a causa delle cose scritte in vista di lui». 8
Se la ricostruzione dell'ordine dei frammenti proposta da P aul sen (e riassunta qui sopra) è corretta , anche qui la comprensione cri sto l o gica delle Scritture segue l 'apparizione del Risorto : non è però quest'ultimo che le spiega , ma i discepoli che le esaminano . 9 A parte il termine generale «venuta», le profezie cristologiche concernono anche qui essenzialmente la passione , morte , risurrezione, ascensio ne di Gesù , ma anche - sia pure in modo ben meno preciso che in Luca - le vicende successive dei credenti («ciò che verrà dopo di lu i » ) . L'autore della Predicazione ha dunque ben presente il dossier
itali ana e commento , in M . G . MARA , «Il Kerygma Petrou» , in Studi in onore di A lber to Pin cherle , l , [ = SMSR 38 , ( 1 967)] , 3 1 4-342 . Non si deve confondere questo Keryg ma di Pietro con i cosiddetti Kerygmata di Pietro, uno scritto giudeocristiano, perdu to, che secondo gli specialisti costituirebbe la base del doppio romanzo ( Omelie e Ri conoscimen ti) trasmesso (falsamente) sotto il nome di CLEMENTE ROMANO. 7 Termine poco chi aro, al punto che si è proposto di correggere in «fosse giudi cat a» , con allusione alla distruzione di Gerusalemme interpretata come castigo divino per l'u ccisione di Gesù . Chi lo mantiene , pensa a un'allusione alla costituzione della Ge �usalemme celeste , la comunità dei salvati resa possibile dalla morte e dalla resur rezt one del Cristo . Frammen to I X secondo MARA, I V secondo PAULSEN , in CLEMENTE ALESSAN �RI N o, Stro mati 6 , 1 5 , 1 28 , 1 -2 ; mi permetto di rinviare alle mie osservazioni in «Situa han d es apocryphes pétriniens» , in Apocrypha, 2 ( 1 991 ) , 63-69 . 9 <<Aprire i libri » è espressione tecnica per l'esegesi , corrente già nel giudaismo: · l o stesso verbo anaptjsso in Le 4 , 1 7 ; anche «trovare» come risultato di tale attività a se nso tecnico , come suggerisce il suo uso in un altro frammento della Predicazio a prop osito del significato cristologico attribuito a un (preteso) passo biblico : amm . V MARA .
8
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fre ,
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di profezie veterotestamentarie che venivano riferite a tali eventi. Egli stesso senza dubbio ne faceva uso : il doppio appellativo di n6mos kaì l6gos , «legge e parola» , da lui applicato al Cristo , dipen de da Is 2,3 ; Mi 4 ,2 . 1 0 Gli ambienti cristiani che in qualche modo si ricollegavano a t ra dizioni sotto il nome di Pietro sembrano aver riflettuto volentieri sul nesso tra esperienza della risurrezione e comprensione delle Scrit tu re . Secondo uno pseudepigrafo divenuto canonico , la Seconda lette ra di Pietro , la visione di Gesù glorificato (qui concessa anticipata mente nella trasfigurazione) ha prodotto nei discepoli «una più certa conferma della parola dei profeti» ( 1 , 19 ) . Nell'Apocalisse di Pietro, scritta intorno al 1 35 in Palestina o in Siria, un'apparizione di Gesù glorioso ai discepoli - che utilizza i tratti del racconto evangelico del la trasfigurazione ma ha luogo senza dubbio dopo la risurrezione e termina con l'ascensione - produce su Pietro il seguente effetto : «compresi ciò che è scritto nel libro del mio Signore Gesù Cristo» ; e , nella successiva ascensione , Pietro vede realizzarsi «la parola della Scrittura» , cioè Sal 24 ,6-7 .U La riflessione esegetica cui questi testi accennano esplicitamente era, del resto , universalmente praticata nel cristianesimo dei primi decenni , e oltre . Essa portò rapidamente a collegare un numero considerevole di testi scritturistici alle vicende della passione e risur rezione di Gesù , e poi ad altri avvenimenti della sua vita. Un esem pio tra i più antichi dei risultati di questo lavoro è rappresentato dal le cosiddette citazioni formulari , o di compimento , nel Vangelo di Matteo : sono quelle introdotte da formule del tipo « (tutto questo avvenne affinché) si compisse quanto era stato detto per mezzo del profeta» . 12 Con ogni verisimiglianza , esse risultano dall'attività di scribi cristiani versati nell'esegesi delle Scritture ebraiche, quelli cui allude l'evangelista stesso in 13 ,52 ; 23 ,34 . Essi elaboravano raccolte 1 0 Fra m m . I MARA ; stessa testimonianza negli Estratti profetici di CLEM ENTE ALESSANDRINO, 58. 1 1 L'Apocalisse rimane in una versione e tiopica e , parzialment e , in alcuni fram menti greci ; si può leggerne una traduzione italiana , con introduzione e note , in M . E RB ETTA , Gli apocrifi del Nuovo Testamento III: Lettere e apocalissi , Casale Mon fer rato 1 969 , 209-226; eccellente trattazione d'insieme in R. BAUCKHAM , «The Apocaly · pse of Peter : an Account of Research» , in A NRW 11/XXV/6 ( 1988) , 47 12-4750 ; c f. anche NoRELLI , «Situation . . . », 34-62. 1 2 Sono : Mt 1 ,22-23 ; 2 , 1 5 . 17-18.23; 4, 14- 1 6 ; 8 , 17 ; 1 2 , 18-2 1 ; 1 3 ,35 ; 21 ,4-5 ; 27 .9: Forma simile hanno Mt 2,5; 3,3; 1 3 , 1 4 ; 24, 1 5. Non le esamino qui ; cf. il capito lo sul _ sinottici nel presente volume, e, per ese mpio , la sintesi di U . Luz , Das Evangeltum
nach Matthiius,
204
l, (EKK 1/1 ) ,
Ziirich-Neukirchen-Vluyn
21989 , 134-140.
di testimonia , citazioni bibliche comprese come profezie relative a Gesù e alla chiesa . 1 3 Tale attività non produsse però solo citazioni da applicare alle na rrazioni della passione e delJa vita di Gesù , ma contribuì in manie ra det erminante a modellare quelle narrazioni stesse . Il primo nu c]e o di racconto su Gesù di una certa lunghezza fu , com'è noto, la storia della sua passione , morte e risurrezione , a fini sia di predica zione e istruzione che di apologia nel dibattito con il giudaismo , co me si è accennato qui sopra . Già nella forma più antica che cono sci amo , quella di Marco , la storia della passione integra una serie di all usioni alle Scritture , per rilevarne il compimento . Talora è Gesù stesso che le cita (Mc 1 4,27 , cf. 49) ; talora, senza una formula di ci tazione, egli adopera le parole bibliche , un mezzo per sottolineare che esse si sono realizzate nella sua vicenda (p. es. Mc 14,34 ; 1 5 ,34) . Diversi episodi sono narrati con le parole della Scrittura, così che di viene difficile stabilire se abbiano un fondamento storico , per esem pio la spartizione degli indumenti (Mc 15 ,24) , vista come un adem pimento del Sal 22, 1 9, o gli insulti dei passanti (Mc 15 ,29) che rie cheggiano Sal 22 , 8 ; poiché le parole di Gesù in croce (Mc 15 ,34) so no una citazione del Sal 22,2, ben si vede come la storia della passio ne abbia integrato , sin dalle sue origini, una riflessione teologica che vedeva nel destino di Gesù l'adempimento del destino di colui che parla nel Sal 22 (LXX 2 1 ) , respinto dagli uomini , ma accolto da Dio . La vicenda di Gesù prende così il suo senso e ntro l'orizzonte di quel paradigma delle relazioni tra Dio e gli uomini che è definito dalJe Scritture d'Israele. Negli sviluppi successivi del racconto della passione , questa ri flessione si sviluppa e si approfondisce. Così , per restare al medesi mo esempio, Matteo non sì è accontentato di riprendere da Marco l'al lusione agli spettatori che scuotono la testa del Sal 22,8 (Mt 27 ,39 ) , ma ha messo loro in bocca le parole stesse del salmo (Sal 22, 9 in Mt 27 ,43) ; mentre Le 23 , 35 allude non al v. 8b del salmo (scuotere la testa) , ma al v . 8a (guardare, schernire) . Ancor più intessuto di reminiscenze scritturistiche è il racconto d e lla passione nel grosso frammento rimastoci del Vangelo di Pietro , co mposto con ogni verisimiglianza nella regione di Antiochia non do p o il 150 . 14 Questo non significa tuttavia che il Vangelo di Pietro 13 Cf. in questo volume , c . 4 , § 3 . 3 . 14 Ne possediamo un lungo brano (ripartito dagli studiosi moderni in 60 versetti) • Jn u n manoscritto verisimilmente dell 'ottavo secolo, ritrovato nella tomba di un mo naco ad Ak hmim , in Alto Egitto , pubblicato per la prim a volta nel 1 892: contiene un
205
moltiplica i riferimenti alle Scritture a partire da quelli riconoscibili nei nostri vangeli canonici , ma che sviluppa diversamente una rete di citazioni scritturistiche già raccolte in riferimento alla passione di Gesù . Due esempi basteranno . Il Sal 69 ,21 (LXX 68 ,22) attributsce al giusto sofferente le parole : «E diedero fiele nel mio cibo, e per la mia sete mi diedero da bere aceto» . La lettera dello Pseudo-Barna ba della prima metà del II secolo , di cui ci occuperemo tra poco , af ferma che Gesù «sulla croce riceveva da bere aceto e fiele» (7 ,3a) e addirittura cita una parola apocrifa di Gesù : «Perché a me che sto per offrire la mia carne per i peccati del mio popolo nuovo farete b e re fiele con aceto» (7 ,Sa) . Esattamente la medesima espressione, ma questa volta intessuta nel racconto, si ritrova nel Vangelo di Pietro 16: «E uno di loro disse : "Fategli bere fiele con aceto " ; e , mescolati li , glieli fecero bere» . I paralleli canonici (Mc 1 5 ,36 ; M t 27 ,48 ; Le 23 ,36; Gv 1 9 ,29) menzionano solo l'aceto . Tuttavia, Mc 15 ,23 nota che , prima della crocifissione , «gli diedero del vino misto a mirra» , una prassi comune , destinata a lenire le sofferenze del condannato, e che non allude affatto a testi biblici . Ora, M t 27 ,34 ha ripreso que sto particolare , ma lo ha modificato come segue : «gli diedero da be re vino misto a fiele» . Insomma. il punto di partenza è stata l'appli cazione alla passione di Gesù delle parole del Sal 69 ,21 , a partire dalle quali si è creato un episodio. Lo Pseudo Barnaba e il Vangelo di Pietro evocano o narrano questo episodio in una forma fedele al salmo (doppia bevanda) . Marco, seguito da Matteo e Luca, lo pre senta invece in una forma che prevede il solo aceto . Tuttavia Matteo conosce anche la tradizione con la doppia bevanda, e la risolve nar rativamente a suo modo , innestandosi su di un altro episodio narraracconto della passiOne dt Gesù dalla lavatura delle mam dt Pilato fiDo aii'IDtzi O dt un'appanztone del Rtsorto at dtscepoh m Gahlea Due p1ccoh frammenti, n trovati tra 1 papm d1 Ossmnco e tdenttftcatl nel 1972, permettono dt stab1hre che questo Vange lo era Ietto ID Egttto al ptù tardi all'tDIZIO del III secolo La d1sputa , accesdSI subtto dopo la pubbhcaz1one, per stab1hre se Il Vangelo d1 Ptetro s1 fondasse su d1 una tra dt· z1one md1pendente da1 nostn Vangeli canomc1 , placatas1 cqn una nsposta gen era i· mente negativa dopo la grande ed1z1one d1 L VAGANAY , L 'Evangrle de Pterre, Pans 1 930, è npresa d1 recente , cf ID particolare J DENKER , Dte theologtegeschtch tltche Stellung des Petrusevangeltums Em Bettrag zur fruhgeschtchte des Dokettsmus , Bem Frankfurt/M 1 975 , R E BaowN, «The Gospel of Peter a nd Canomcal Gospel Pnon·
ty» ,
m NTS , 33(1 988) , 32 1 -343 , H KoST ER , A netent Chrtsttan Gospels Thetr Htstory and De velopment , London-Phlladelph1a 1 990, 21 6-240 Mt se mbra certo , ID og m c a so, che questo Vangelo IDtegn trad1z1om precedenti 1 nostn Vangeh canomct, ti che non s1gmf1ca stofjcamente p1ù aff1dab1h Testo , traduziOne e commento del Vangelo ID M . G M ARA , Eva ngtle de Pterre, Pans 1 973 , tr 1t con mtroduz1one e note ID M ft ERBETTA , Glt apocnft . , l/1 , 1 975 , 1 37- 145 , e nelle altre raccolte d1 Vangeh apocn .
206
to da Marco ; qui può recuperare il fiele , di modo che , per lui , il sal mo si compie in due bevande somministrate in momenti diversi , non mes col ate insieme come nel Vangelo di Pietro. È chiaro che que st'u lti mo non dipende qui dalla versione canonica , ma risale al testi m on ium biblico attraverso un'altra tradizione. 1 5 Secondo esempio. Mc 1 5 , 24; Mt 27 ,35; Le 23,34; Gv 1 9,23-24 al lu d on o al Sal 22, 1 9 : «Si divisero le mie vesti e sulla mia tunica getta rono la sorte» . Tuttavia, la realizzazione narrativa delle due parti del versetto è diversa. Per Mc e Mt , non c'è distinzione tra vesti e tu nic a , e la spartizione avviene evidentemente attraverso il sorteggio . Le dà l'impressione che le vesti vengano prima ripartite in lotti , asse gn ati in seguito a sorte . Questa, in ogni caso , è chiaramente la posi zione d el Vangelo di Pietro 12: «E deposte le vesti dinanzi a lui , le divisero , e le tirarono a sorte» . Giovanni , invece , è stato attento alla realizzazione letterale della profezia (che egli è l'unico a citare espli citamente) : dapprima i soldati costituiscono quattro lotti di indu menti , assegnandoseli senza sorteggio; poi tirano a sorte la sola tuni ca. Si tratta di due esempi banali , che ci permettono però di consta tare facilmente come i racconti siano stati determinati dai testimonia scritturistici . 16 Analoghe osservazioni potrebbero essere svolte per uno strato ben più recente della tradizione evangelica, i racconti del l'infanzia in M t, Le e nei più antichi apocrifi, 17 nonché per numerosi 15 Sub1to dopo (v 17) 11 Vangelo d1 P1etro nota : «E comp1rono tutto e portarono a ter'1l me (ete/e{òsan) 1 peccati sul loro capo » , m Gv 1 9 ,30 , Gesù, ncevuto l'ace to, di ce «E compiUtO>> Forse entrambi echegg1ano una tradiZione che identificava nella sommm1straz10ne dell 'aceto il compimento della sene d1 profez1e reahzzates1 nella pass1one d1 Gesù 16 Un esame accurato dell 'esegesi scnttunstlca come base de1 racconti della pas sz one SI trova m J D CRoSSAN , The Cross That Spoke The Ongms of the Passwn Narrative, San FranCISCo 1988 17 Per M t e Le s1 vedano 1 commenti e R E BROWN , La nasc1ta del messza secon Matteo e Luca ( 1 977) , tr 1t , AssiSI 1981 Per un esemp1o del modo m CUI un rac con to antico , non canomco , delle circostanze della nasc1ta d1 Gesù (Ascensione d1 lsa1 a 1 1 ,2ss mJZIO del II secolo) d1pende non da1 nostn vangeli canomc1 , ma da tradl ZJom precede nti e da test1moma scnttunshcl (m parte apocnf1) , SI possono vedere 1 m1e 1 Stud1 sull'Ascensione dt /sata , Genova 1993 , 1 1 6-1 42 Un caso arcmoto d1 tra sform aziOne d1 una citazione b1bhca m elemento narrativo de1 Vange h apocnf1 del l 'm fanz la sono l' asmo e 11 bue del presepiO Estranei a1 racconti cano mc1, compaiono pe r la pn ma volta nel II secolo nel Vangelo dello Pseudo-Matteo 1 4 . partendo eviden teme nte dalla menz1one della mang1ato1a m Le 2, 7, questo autore , o un suo predeces sore , ha nntr acc1ato nell'A T una «profeZia» che menzionava l a mang1ato1 a , CIOè I s I « l bue ha conosciuto 11 suo padrone e l'asmo la mang1ato1a del suo s1gnore» La «ma ng1 ato1a d el signore» non poteva essere che una predJZJone della nasc1ta d1 Gesù ; acqulsltl l'asmo e il bue , mente d1 p1ù fac1le che passare ad Ab 3,2 (secondo la versiO ne greca de1 LXX) «Sarai conosCiuto m mezzo a due ammali». Del resto, l o
do
1 ,3
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1
altri episodi della tradizione su Uesù. Ma qui basti avere attirat l'attenzione su questo uso delle Scritture che generalmente non molto considerato nelle trattazioni d'insieme sull'uso della Bibbi nel cristianesimo antico . Si tratta di una sorta di esegesi narrativa , in cui il testo scritturistico non è citato e poi commentato , e in gene re nemmeno esplicitamente evocato , ma diviene narrazione , in un mo do che ne rivela l'interpretazione attraverso le presunte circostanze della sua realizzazione. 1 8 Talora, al racconto si accompagna la citazione delle profezie . stesse che si sono adempiute , come nelle citazioni formulari di Matteo evocate qui sopra o nel caso dello Pseudo-Matteo ricordato nella · nota 1 7 . Questo uso cristologico della Scrittura è allora, in certo mo- 1 do , circolare : un dato preesistente invita alla ricerca di una «profe- ; zia » , quest'ultima produce il racconto di un avvenimento che la rea- 1 lizza , ma poi viene anche citata come prova del carattere storico- � salvifico di quell'avvenimento. La cosiddetta letteratura apocrifa , cristiana è ricca di casi del genere . Un uso diverso della Scrittura, sempre in testi narrativi , consiste : nel comporre un racconto che assume un senso storico-salvifico dal- : la sua conformità a un modello scritturistico . Un solo esempio: se condo il cosiddetto Protovangelo di Giacomo, un vangelo «apocri fo» dell'infanzia risalente al II secolo , la madre di Maria, Anna , era sterile , disprezzata per questo persino dalla sua serva; per la stessa ragione, un israelita impedisce a suo m arito , Gioacchino , di offrire il sacrificio ; in assenza del marito , Anna leva al Signore lamenti e pre ghiere ispirate ; infine , un angelo le annunzia la sua prossima mater nità . Questo racconto ricalca la storia di Anna, la madre di Samuele, in 1 Sam 1 : sterile , ella era disprezzata dall'altra moglie di suo marito Elqana ; 19 la crisi scoppi a il giorno in cui Elqana offre il sacrificio; ·
Pseudo-Matteo dichiara candidamente che l'adorazione del bue e dell'asino costitul appunto l'adempimento dei due versetti . 1 8 S i può parlare di u n a relazione dell'intertestualità sotto la forma specifica del l'allusione ; o forse di quella che G . GENETIE ha definito ipertestualità , intend en do . per ipertesto «ogni testo derivato da un testo anteriore per trasformazione sem plice . . . o per trasformazione indiretta : diremo imitazione» (Palimpsestes. lA littérature au second dégré, Paris 1 982 , 1 4 : tutta l'opera è uno studio delle diverse forme d'ip erte stualità, ma nessuna corrisponde veramente al modello di « ripresa di un testo riten u
to profetico , nella forma della narrazione del suo adempimento» ) . 1 9 Motivo ovviamente parallelo alla storia di Agar e Sara con Abramo in Gen 1 6- 1 8 . 22 , evocata esplicitamente nel Protovangelo 3, e che ha certo suggerito a ll'au �o re cristiano la sostituzione della rivalità con la serva alla rivalità con un'altra mo gh e , evidentemente inaccettabile nel caso di Gioacchino .
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l onta na da lui , Anna va a lamentarsi e a pregare il Signore a Silo , co n un atteggiamento tanto ispirato da farla credere ubriaca ; infine il profeta Eli le annunzia che avrà un figlio . 20 In casi del genere, si 1 p u ò più propriamente parlare di relazione ipertestuale / tenendo rimandare a un tro presente che l' «ipotesto» può a sua volta p eral i p otesto ulteriore (qui la storia di Abramo), così che l'insieme dei te sti rim anda piuttosto a un «architesto», cioè a un insieme ideale di ca te gorie che definiscono il genere del testo e permettono al lettore di costituirsi un «orizzonte di attesa» in rapporto al quale percepire il messaggio del singolo testo Y Nel nostro caso , in cui gli elementi costitutivi dell'architesto sono inclusi nelle Scritture riconosciute co m e sacre , la funzione dell' architesto è appunto di segnalare che gli eventi narrati appartengono alla storia della salvezza realizzata da Dio con e attraverso gli uomini . La volontà di esprimere il senso degli eventi fondanti della storia cristiana della salvezza mettendoli in relazione con le Scritture può manifestarsi ancora diversamente : oltre che come compimento delle profezie o come corrispondenza strutturale a un modello narrativo portatore di senso, anche allineando gli eventi all'interno di una stessa storia, dove possono ritornare i medesimi personaggi . È noto come nel Protovangelo di Giacomo 19 Giuseppe conduca alla grotta una levatrice , la cui funzione è quella di constatare e garantire la verginità di Maria in partu . Il Vangelo dell'infanzia armeno , poste riore di parecchi secoli, riprende la stessa storia, ma la donna che Giuseppe incontra nella sua ricerca di una levatrice , e che conduce alla grotta, gli si presenta come segue : «lo sono Eva, la progenitrice di tutti gli uomini. Sono venuta per contemplare con i miei occhi il compimento della mia redenzione» . 23 È Eva la prima a prendere in braccio il bambino e poi ad annunziare a una seconda donna , intan-
ro
lSam non esaurisce la fitta rete di ascende nze del nostro testo, che al lu d e a nu merosi altri passi e motivi biblici (cf. p. es. l'apparato di M . ERBEITA , Gli apocrifi, I/2 , 3 9) , ma è sicuramente il riferimento fondamentale . È noto del resto che il Magni ficat di Le 1 ,46-55 s ' ispira al cantico di ringraziamento di Anna in l Sam 2 , 1- 10, i na u
g � ran do il rapporto d'intertestualità tra le storie di Anna moglie di Elqana e (qui no n
�o _ esu�:o «stampo» che ne definisce il significato di storia di Dio con gli uomini . Cf. l a nota 1 8 . e 1 1 . Cf. G . GENEITE , /ntroduction à l'architexte, Paris 1979; Io., Palimpsestes, 7 d1 A n na moglie di Gioacchino ma) di Maria. Il Protovangelo ha prolungato all'indie la sto ria della s a lve zza cristiana mediante una storia colata , per così di re , nel me�
ZJ
8 , 10 tr.
ERBEITA ,
Gli
apocrifi
...,
I/2, 141 .
209
to sopraggiunta (Salomè , personaggio già presente nel
Protovange lo ) la buona novella . Qui , l'elemento portatore di significato è la ,
collocazione della storia di Eva e di quella di Maria su di una stessa linea , e la ricomparsa di Eva nel secondo episodio. Abbiamo la tra sformazione narrativa di una doppia linea di riflessione teologi ca sviluppata già nel II secolo : da un lato , il parallelismo antitetico Eva (disubbidiente, generatrice della morte) - Maria (ubbidiente , gene ratrice di vita) ; 24 dall'altro , la riflessione su Eva come apostolo. 25 È dunque un'altra maniera di trasporre sul modo narrativo una lettura teologica dell'Antico Testamento dal punto di vista cristiano . Veniamo ora a un campo più esplorato , quello in cui il ricorso al la Scrittura (per il momento , sempre a quello che diverrà l'Antico Testamento) è esplicito. Ma non dobbiamo saltare troppo presto al genere costituito dalle citazioni con il loro commento : dobbiamo prima gettare uno sguardo in un campo in cui la citazione stessa in clude l'interpretazione . Abbiamo accennato ai testimonia , citazio ni bibliche addotte come profezie di Gesù e della chiesa. Numerosi stu di hanno provato che diversi autori cristiani utilizzavano spesso, per le loro citazioni , non la B ibbi a , ma piccole raccolte di testimonia, raggruppati tematicamente . 26 A Qumran è stata ritrovata una picco la raccolta di testimonia messianici , dove si susseguono Dt 5 ,28-29; 1 8 , 18-19; 33,8- 1 1 ; Gs 6 ,26 amplificato in una profezia che allude cer to a circostanze della storia della setta e del Maestro di giustizia. 27 Ora, non si deve pensare che le citazioni di testimonia fossero fatte secondo criteri filologici che possono oggi sembrarci ovvi . Una volta ammesso che la fede in Gesù permetteva la comprensione del
24 Cf. GIUSTINo MAR11R E, Dialogo con Trifone 100,5 ; IRENEo, Contro le eres ie,
5 , 1 9 , 1 ; etc. 2 5 Cf. al riguardo il mio A Diogneto, Milano 1 99 1 , 1 33s , nota 1 8 . 26 L'opera che ha inaugurato la ricerca è Testimonies di J . RENDEL HARRIS, 2 voli . , Cambridge 1 9 16-1920: ma la sua tesi di un'unica raccolta di testimonia (che Rende! Harris proponeva - forse non troppo sul serio - d'identificare con la form a primitiva del Vangelo di Matteo) è stata respinta a favore di quella che ammet te l'e si stenza di piccole raccolte monotematiche . Le raccolte di testimonia che ci sono rim a ste sono tardive e assai sviluppate: così i Testimonta ad Quirinum di CIPRIANO , in tre libri , scritti verso il 249/50. Sui testimonia negli scritti del NT è ancora fondamen ta le C. H. Dooo , Secondo le Scritture, tr. it. , Brescia 1972; inoltre B. LINDARS , New Testa· meni Apologetics , London 1961 . Per il_ periodo successivo, P. PRIGENT, Les Testim � nia dans le christianisme primitif. L'Epitre de Barnabé I-XVI et ses sources , Pans 196 1 ; J. DANIÉLOU , Etudes d'exégèse judéo-chrétienne. Les Testimonia, Pari s 1 966v Si tratta del documento indicato come 4QTestimonia o 40175: si legge in tr duzione italiana, con note , in L. MoRALDI , I manoscritti di Qumran , Torino 1 97 3 ,22 , 4 ;
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�
593-596.
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si gn ifica to vero , cristologico , delle Scritture , esplicitare in qualche mo do , nell'atto stesso della citazione , tale significato poteva non ap pari re affatto come un tradimento dell'intenzione dell'anti co autore , ma pi u ttosto come un servizio reso a quest'ultimo , in quanto la veri 2 tà da l ui enunciata in maniera più o meno nascosta 8 poteva ora ri in piena luce . I modi di tale esplicitazione potevano essere dere spl en combinavano due o più . Spesso si testi biblici , event ualmente si diver del resto uto di qualche modifica. Nel fare ciò , ci si atteneva l'ai con a p rin cipi di esegesi rabbinica , correnti già all 'epoca delle origini cri sti ane e codificati in seguito nelle sette regole messe sotto il nome di R . Hillel, nelle tredici di R. Ishmael e nelle trentadue di R. Elie zer. 2Q In particolare , incontriamo casi del genere gezera shawa («uguale composizione » : se in due testi della Torah si trova la stessa espressione , ciò che essa significa nell'uno può applicarsi anche all'altro ) 30 e binjan ab («formazione di una famiglia» : se diversi testi hanno analogo contenuto, un elemento presente in uno , o in due, può applicarsi anche agli altri ) . Un esempio di citazione composita è Rm 9,33, dove le parole «come è scritto» introducono la frase : «ec co, pongo in Sion una pietra d'inciampo e uno scoglio di scandalo , e chi crede in esso non sarà confuso» . Paolo ha qui sintetizzato ele menti tratti da Is 28 , 1 6 LXX : «ecco , getterò nelle fondamenta di Sion una pietra preziosa, eletta, angolare, pregevole , nelle sue fon damenta , e chi crede in essa non sarà confuso» ; e da Is 8 , 1 4 LXX : « no n vi scontrerete come nell'inciampo di ( = provocato da) una pie tra , né come nella caduta di ( = provocata da) uno scoglio» . Ora , le due citazioni , separate da una terza , si ritrovano in 1 Pt 2,6.8, sem pre in dipendenza dalla LXX ma con modifiche rispetto ad essa : una di tali modifiche è, in Is 28 , 1 6 , «ecco , pongo in Sion» invece di «ec co , getterò nelle fondamenta di Sion» . La stessa modifica è in Paolo ; inoltre , i due autori cristiani hanno in comune le espressioni «pietra d' inciampo» e «scoglio di scandalo» , diverse dalla versione della LXX (e più vicine al testo ebraico). Essi non hanno dunque attinto in dipe nde ntemente al testo della LXX, ma dipendono da un gruppo
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Si ricordino le categorie di profezie cristolo.giche eu� allu�e l � redicazio e d1 '! . ( sopra , pp . «in parte m parabole , m parte m emgmt , m parte chtara rne nte e alla lettera» . 29 Pe r u na breve esposizione d i tali regole cf. per es . H . L . STRACK - G . STEMBERGF.R , Einleitu g Talmud und Midrasch , Miinch�n • . . XJ n p '! �n. rmctpto analogo è formulato nella retonca ellemshca come synknszs pros U uon co ( n fronto con ciò che è simile ) .
202-204):
7 1982,. �5-40.
,
211
di testimonia che riferiva a Gesù una serie di passi scritturistici su lla «pietra» , già modificati per adattarli a quello che era percepito co m e il senso storico-salvifico di Gesù Y Lo conferma l'allusione-citazio ne di Sal 1 18 ,22 (LXX 1 17) in 1 Pt 2,7, dunque tra le due precedenti: es sa si ritrova, nella bocca di Gesù , in Mc 12 , 10- 1 1 (par Mt 21 ,42 ; Le 20, 17) . Ad essa si riferisce la predicazione attribuita a Pietro in A t 4, 1 1 , che contiene l'applicazione alla vicenda di Gesù (Gesù = p ie tra ; giudei costruttori) : «Costui è la pietra, quella disprezzata da voi costruttori , quella divenuta testata d'angolo». 3 2 Già prima della morte di Paolo si era dunque costituito un dossier di testi biblici s ulla pietra, applicati al Cristo : naturalmente , espressioni come «chi cre de in esso non sarà confuso» di Is 28, 16 favorivano tale applicazione cristo logica. Vi era senza dubbio nel giudaismo un'interpretazione messiani ca di testi biblici sulla pietra, in particolare di Dn 2,34, la pietra che, nel sogno di Nabucodonosor, precipita da sola dalla montagna, in frangendo la statua che rappresenta la successione dei quattro gran di imperi . Ne è prova soprattutto un passo dello storico ebreo Flavio Giuseppe : quando , in quella storia del popolo ebraico che sono le sue Antichità giudaiche, giunge a evocare la storia di D aniele e del sogno di Nabucodonosor , dichiara di voler omettere la spiegazione del significato della pietra , pure contenuta in Daniele , con l'artifi cioso pretesto che si è proposto di parlare del passato e non del futu ro (A nt. 10,210). La ragione è che Giuseppe, fedele ai romani , pre ferisce passare sotto silenzio la spiegazione corrente nel giudaismo del suo tempo , secondo cui la pietra era il messia che avrebbe rove sciato l'ultimo impero , quello dei romani . Molto più ipotetica è l'e segesi messianica, nel giudaismo, di altri testi sulla pietra . 33 È certo invece , come si è visto , che nel cristianesimo si raggrupparono ben presto testi sulla pietra per riferirli a Gesù . Ne abbiamo un esempio nella Lettera di Barnaba, uno pse udepi grafo composto probabilmente in Siria nella prima metà del II se co lo , largamente dedicato all'interpretazione di passi biblici i n un a prospettiva violentemente an ti giudaica (vi torneremo) . Dopo ave r� evocato alcune profezie della passione , nel c . 6 cita Is 50 ,8-9 , quindt =
e 31 Is 8 , 1 4 nega che si tratti di pietra d'inciampo e di scoglio di scandalo, m entr Paolo e la l Pt lo affermano (Dono , Secondo le Scritture , 44 , nota 5) . 32 Vi allude anche Ef 2,20, che , in, un'elaborata allegoria «edilizia» sull a attribuisce a Gesù Cristo la funzione di pietra angolare . Cf. ancora Le 20 . 1 · Cf. al nguardo PRIGENT, L 'Epftre de Barnabé, 173.
33
212
ch�e;:·
p rose gue: «E poiché fu posto come dura pietra per stritolare , il pro· feta aggiunge : "Ecco , getterò sulle fondamenta dì Sion una pietra sp le ndida , scelta, una pietra angolare , pregiata" (Is 28 , 1 6ab) . Che dice poi? "Chi crederà in essa vivrà in eterno" (Is 28 , 16c + Gen 3 ,22 ) . Dunque la nostra speranza è in una pietra? Non sia mai ! Dice co sì p erché il Signore ha reso forte la sua carn e . Dice infatti : ''Mi ha reso come una dura pietra" (Is 50 ,7) . Dice ancora il profeta: " La pietra che i costruttori hanno rifiutato è diventata pietra angolare" (Sal 1 18 [LXX 1 17] ,22) . E ancora: "Questo è il giorno grande e me· 34 ravi glioso che il Signore ha creato» (Sal 1 17 [LXX 118) ,24)"» . Co m e chiarisce la parte centrale della citazione , Barnaba rifiuta un'in terp retazione letterale dei testi sulla pietra. Il criterio ermeneutico che glie ne consente l'interpretazione messianica appare fornito in nanzitutto dal loro contesto. In effetti , Is 28 , 1 6ab (pietra) è seguito da Is 28, 1 6c35 che , menzionando la fede nella pietra, ne rivela l 'in tenzione metaforica. Quanto a Is 50,7, esso è stato citato da Barna ba poche righe più sopra (5 , 1 4) con il versetto precedente che , trat tando di sferzate e schiaffi , è stato applicato alla passione di Gesù (nel quadro , risalente alla più remota antichità cristiana , dell'identi ficazione di Gesù con il Servo sofferente di Isaia) . Infine, Sal 17 ,22 (pietra) s'illumina alla luce del v . 24, che , menzionando il giorno grande e meraviglioso che il Signore ha fatto , si applica alla risurre zione di Gesù . 36 Gli esegeti cristiani constatavano dunque che i testi biblici sulla pietra presentavano contesti tali da autorizzarli a riferirli all'opera compiuta da Dio nella storia di Gesù . Anche qui , essi non si allontanavano dal metodo esegetico del giudaismo Y Il passo dello Pseudo-Barnaba consente anche di osservare alcu ne caratteristiche dell'uso di raccolte di testimonia . Innanzitutto , le introd uzioni alle citazioni . Is 28 , 16 è introdotto da «il profeta ag giu nge» ; poiché la precedente citazione è pure di Isaia, questa frase app are regolare , come pure il successivo «dice infatti» che introduce ls 50 ,7 . Poi , però , «dice ancora il profeta» precede la citazione di un
9l .
34
:
Barn . 6 .2-4 ; trad . F. ScoRZA B ARCELLONA, Epistola di Barnaba , Torino 1975 ,
I n una forma profondamente modificata , su cui torneremo subito .
«Giorno» diviene titolo cristologico, cf . p . es. CLEMENTE ALESSANDRINO , Stro 6 , CIPRIANo , Testimonia 2 , 16. Co mbin ando la gezera shawa , di cui si è parlato, con l'altra regola dabar h a l m e- inJano , «conclusione dal contesto», dove il <
mata316 , 1 4 5 ,4-
:O'"�d �
213
salmo , così come , per la citazione ancora seguente (qui non rip ro dotta) , tratta pure dai salmi , si hà «che dice ancora il profeta?,. (6 ,6) . Questo modo indifferenziato d'introdurre citazioni si com prende bene se l'autore attinge a una raccolta di citazioni profetiche , i cui autori non sono (o non sono sempre) indicati. In secondo luo go , la citazione di Is 28 , 16c , che nella LXX - come abbiamo visto suona «chi crede in esso non sarà confuso» , diviene qui «chi crede i n esso vivrà in eterno)) . Le ultime p arole provengono da Gen 3 , 22 LXX, dove Dio dice di Adamo: «e ora non stenda l a mano , prenda dall'albero della vita e mangi , e vivrà in eterno)) . Ora, in Barn 1 1 , 101 1 si trova un testimonium non presente come tale nella Bibbia , in cui si menzionano splendidi alberi da frutto , situati presso un fiume (cf. Ez 47 , 1-12) e si aggiunge : «chi mangiasse di essi vivrà in eter no)) . Interpretando quest'ultima frase , l'autore afferma che essa si gnifica : «chi sentirà annunciare queste cose e crederà, vivrà in eter no)) . 38 Qui abbiamo a che fare con un testimonium creato ex novo a partire da due passi biblici che hanno in comune il motivo dell'albe ro (gezera shawa ! ) , poi un'interpretazione allegorica che interpreta il mangiare come avere fede , producendo l'enunciato «chi crederà vivrà in eterno)) . In forza della presenza della frase «chi crederà . . . + una promessa divina al futuro)) in questo testimonium e in Is 28, 16, gli antichi esegeti cristiani si sono considerati autorizzati a conside rare equivalenti le due frasi e quindi a sostituire Is 28 , 16c con l'altro enunciato. Si è dunque creato un testimonium composito che può parere arbitrario a noi , ma probabilmente non lo era altrettanto per gli esegeti che Io hanno elaborato: esso doveva rappresentare per lo ro l'esplicitazione del vero senso di quelle Scritture , ottenuta con procedimenti esegetici correnti, ma naturalmente a partire dalla nuova coscienza ermeneutica fondata sulla fede in Gesù . Questa si tuazione , naturalmente , suppone che lo Pseudo-Barnaba attinga qui a una raccolta di testimonia che già rappresentava il risultato di que· sto lavoro esegetico. Infine , la prima citazione è preceduta dalle pa role «fu posto come pietra dura per stritolare)) (eis syntribén) , evi dente allusione a Is 8 , 1 5 LXX , secondo cui molti inciamperan no sul la pietra menzionata in 8 , 1 4 e saranno stritolati (syntribéson tai) . In troducendo Is 28 , 16, il nostro autore aveva dunque present e ls 8,1415 , cioè l'altra profezia messianica sulla pietra che abbiamo trovat o
38
214
11,11;
trad . it. di ScoRZA
BARCELLONA.
appa iata a Is 28, 16 in Rm 9 , 33 e 1 Pt 2,6 . 8 , e che egli invece rinuncia a cit are; anche questo fatto si spiega bene ammettendo che egli at tin ga qui a una raccolta di testimonia sul Cristo/pietra. Esaminiamo ancora un altro gruppo di testimonia , che ci presen ta un a serie di caratteri tipici di questo genere . Lo attingiamo agli A tti di Pietro e Simone, detti anche A tti di Pietro vercellesi perché conservati , in versione latina, in un unico manoscritto della Bibliote ca capit olare di Vercelli , del VII secolo . Composti (in greco) certo nella seconda metà del II secolo , mettono in scena Pietro a Roma , alle prese con Simone Mago, l'enigmatico personaggio menzionato in At 8, poi rivendicato come caposcuola da alcuni gruppi gnostici del II secolo , e passato nella tradizione cristiana come capostipite di tutte le eresie . 39 In un episodio , Pietro e Simone sono impegnati in un contraddittorio pubblico , nel foro , davanti a una enorme folla ( pagante ! ) , comprendente il praefectus urbi, senatori , magistrati e ogni genere di persone . Simone rinfaccia a Pietro quegli articoli fon damentali della cristologia che dovevano apparire assurdi a ogni pa gano : «Un Dio nasce? Viene crocifisso? Chi ha un padrone , non è Dio» (c. 23) . Ecco la risposta di Pietro : «Anatema contro le tue parole su Cristo ! Hai avuto l'impudenza di parlare così , mentre il profeta dice di lui: [l] "La sua generazio ne , chi la racconterà?" (ls 53,8) . E un altro profeta dice : [2] "E lo vedemmo , e non aveva forma né bellezza" (ls 53 ,2) . E: [3] "Negli ultimi tempi nasce un bimbo dallo Spirito santo: sua madre non conosce uomo , né alcuno dice di essere suo padre" ( ? ) . E di nuo vo dice: [4] "Ha partorito e non ha partorito" (Apocrifo di Eze chiele) . E ancora : [ 5] "non è piccola cosa offrirvi un combattimen to ; ecco , una vergine concepirà nel seno" (Is 7 , 1 3- 14) . E un altro profeta dice , per onorare il Padre : [6] "Né abbiamo udito la sua voce , né è intervenuta una levatrice" (?). Un altro profeta dice : [7] "Non è nato dalla matrice di una donna, ma è sceso da un luo go celeste" ( ? ) . E: [8] "Una pietra fu staccata senza intervento di mani e colpi tutti i regni" (cf. Dn 2 ,34) . E: [9] "La pietra che 1 co struttori scartarono è divenuta testata d'angolo" (Sal 1 18,22) ; e questa pietra , la chiama [ 10] "eletta, preziosa" (Is 28, 1 6). E dice a ncora il profeta di lui : [ 1 1 ] "Ed ecco , vidi venire su di una nube come un figlio d'uomo" (Dn 7 , 13)». --
19 13� •
E izione, introduzione e commento L. VouAux, Les tr . lt . in M. ERBETIA , Gli apocrifi, Il, 1966 , 135-168.
�
Acta
de Pierre, Paris
215
Nessun dubbio che il nostro autore prende di peso un grup po di testimonia e lo mette in bocca a Pietro . 40 Basterebbero , a provarlo , le introduzioni delle citazioni. La seconda , proveniente da I saia co me la prima, è attribuita a «Un altro profeta�� ;4 1 viceversa , la terz a e la quarta , che sono apocrife , sono attribuite al medesimo autore de l la seconda. È chiaro che l'autore aveva sotto gli occhi una raccolta di citazioni attribuite a «profeti» senza u l teri ori specificazioni. Altri in dizi nel medesimo senso sono la compresenza di autentiche citazion i e di testi che non si trovano nella B ibbia ; e la rielaborazione di alcu ni testi , come Dn 2 ,3442 e 7, 13. Nell'ultima parte compaiono testi che ci sono noti , imperniati sul motivo del Cristo/pietra: Dn 2 ,34 ; Sal 1 17 ,22 ; Is 28 ,16. È singolare, perché le precedenti citazioni non hanno a che fare con questo tema, ma, con più diretta attinenza alle obiezioni di Simone, riguardano la passione e soprattutto la nascita di Gesù. Probabilmente , è Dn 2, 34 a fare da cerniera : il particolare della pie t ra tagliata senza mani era in effetti sfruttato per alludere alla nascita di Gesù senza partecipa zione d'uomo. 43 Come le precedenti , questa citazione concerne dun que le circostanze uniche della nascita di Gesù ; ma il motivo della pietra ha poi attirato le successive , 44 e il ricorso a Dn 2,34 ha forse provocato l'aggiunta di Dn 7 , 1 3 , testo messianico classico ma poco a proposito qui . Volgiamoci dunque ai testi 1-7 (secondo la numerazione che ho introdotto nel testo ) . Qui abbiamo casi diversi. 45
I testi 1 ,2 ,5 provengono dall'Antico Testamento . Il 2 è usato spesso come testimonium per la passione , gli altri due per la nascita verginale . Inte re ssan te è il n . 5 , dove Is 7,14 (secondo il greco de i 40 Questa dimostrazione fondata sulle profezie degli ebrei non doveva fare mol · ta impressione sul pubblico romano! L'autore sembra sospettarlo , perché fa aggiu n gere a Pietro: «Romani, se conosceste le Scritture profetiche , vi esporrei tutto . . . Ma queste cose vi saranno svelate più tardi» . . 41 La correzione alias per alius («dice altrove il profeta») , proposta da a l cun • editori, è dunque superflua. 42 Che integra l'interpretazione : la pietra «colpi tutti i regni» invece che , come nel testo biblico , la statua che li simboleggia. . 43 Cf. GIUSTINO , Dialogo 70, 1 ; IRENEo, Contro le eresie 3 ,21 , 7 ; in quest' ulu mo, insieme con ls 28, 1 6 . 44 Che potrebbero , almeno in parte , essere state aggiunte secondariame nte , fo r· se solo nella versione latina: il salmo è citato secondo la Vulgata . . 45 Per un'ampia trattazione su questo dossier, in particolare sui suoi testim oni� apocrifi mi permetto di rinviare al mio articolo «Avant le canonique et l'apocry phe. aux origines des récits de la naissance de Jésus», in corso di stampa in Revue de th éO ·
logie et de philosphie, 1 26(1994) .
216
LXX) , universalmente applicato al concepimento verginale di Maria
( cf. M t 1 ,23 , ecc. ) , è preceduto da una frase ricavata dal versetto pre cedente, il 1 3 , relativa a un combattimento proposto a uomini . Que s t'ultima frase ha circolato , nei testimonia, unita alla seguente , dan do origine a diverse interpretazioni di tale combattimento . Se nella LXX si tratta di un rimprovero agli uomini che propo ngono un co mb attimento a Dio , cioè lo mettono a11a prova, nella forma di ls 7 10 16 citata da Ireneo di Lione , Contro le eresie 3 ,21 ,4 - in una trattazione relativa alla nascita verginale - il passo suona: «e in che modo il Signore propone un combattimento?» . Qui è dunque Dio che mette alla prova gli uomini : che si tratti d'una forma testuale che circolava nei testimonia , risulta dalla sua ricorrenza in due opere po steri ori basate sui testimonia , quali il Contro i giudei di Tertu11iano (c . 9) e i Testimonia ad Quirinum di Cipriano (2 ,9 ; cf. anche , di Ci pria no , la lettera 10,4) . Ora, un apocrifo dell'infanzia di Maria e Ge sù , il cosiddetto Protovangelo di Giacomo , rappresenta una donna, Salomè , la quale , giunta alla grotta de11a natività poco dopo che la levatrice condotta da Giuseppe ha constatato la nascita del bambino e la verginità di Maria, non vuole credere alla testimonianza dell'o stetrica. Quest'ultima allora l'invita a verificare di persona: la con duce nella grotta e si rivolge così a Maria: «Mettiti in posizione: non piccolo dibattito si propone infatti riguardo a te» (20, 1 ) . L'allusione a Is 7 , 1 3 è evide nte : qui Io ou mikròs agon diviene discussione tra personaggi umani a proposito della verginità di Maria in partu , e precisamente entrando a far parte del racconto : ancora un caso del genere che abbiamo evocato qui sopra, in cui un testimonium divie ne narrazione. Al live11o delle intenzioni dell'autore , il dibattito tra la levatrice e Salomè (che resta , ovviamente , convinta) traspone il di battito sulla verginità di Maria che doveva essere corrente tra cri st iani ed ebrei .46 Quel che c'importa qui è che questo testo conferma come I s 7 , 13 circolasse con Is 7 , 14 tra i testimonia addotti a prova della nascit a verginale . Ne ritroviamo le tracce nell'A s censione di Is aia , apocrifo cristiano dell'inizio del II secolo: il profeta Isaia sale al cielo dove può vedere la futura vicenda delJa discesa del Cristo in questo mondo . Il testo si sofferma sulle circostanze del concepimen,
-
46
La testimonianza del pagano CELSO (che riprende fonti giudai che nella sua
ope�a anticristiana verso i1 180) trasmessa da 0RIGENE , così come le polemiche versio giudaiche della nascita di Gesù , tramandate nel Talmud e nelle Toledot Jeschu , mostr ano quanto la critica d i parte giudaica s i appuntasse contro q ues to motivo. ni
217
to e della nascita: quando il neonato è apparso , «era detta voce circa il bambino a Betlemme : vi erano coloro che dicevano : "Maria l a vergine ha partorito prima di due mesi da che era sposata" , e mol ti che dicevano : "Non ha partorito , e non salì levatrice , e grido di do lore non abbiamo udito"» ( 1 1 , 12-14) . La frase «la vergine ha parto rito» evoca certo Is 7 , 14 , ma la messa in scena in una discussione che divide i betlemiti ha tutta l'aria di essere ispirata da una lettura di Is 7 , 1 3 analoga a quella attestata dal Protovangelo, anche se qui i p ro tagonisti della discussione sono altri : evidentemente , i due apocrifi sono partiti dal testo biblico , e ciascuno ha immaginato diversame nt e il «combattimento» tra persone a proposito della verginità di Maria. Ma questo brano dell'Ascensione ci mette anche in presenza di altri due testimonia citati dagli Atti di Pietro , precisamente i1 4 e il 6. Il dibattito tra i betlemiti sceneggia il Peperit et non peperit: che non siano gli A tti di Pietro a estrarre queste parole dall'Ascensione, lo provano altre ricorrenze di tale testimonium , tra l' altro in Tertullia no , De carne Christi 2 3 , 3 , che lo attribuisce a un apocrifo di Ezechie le , del quale si hanno anche altri frammentiY Le parole del secondo gruppo di betlemiti (v. 1 4) sono poi strettamente affini (pur con or dine inverso degli elementi) al testimonium n . 6 degli Atti di Pietro. In generale , gli studiosi pensano che gli A tti citino qui l'Ascensione. Tuttavia , siccome negli A tti la citazione precedente è di Isaia, mal si capisce che il testimonium successivo , se venisse da un preteso scrit to di Isaia (qual è l'Ascensione) , sia introdotto da «un altro profeta», laddove , come si è detto , questa espressione sarebbe ben compren sibile se gli A tti attingessero a una raccolta di testimonia . Inoltre , co me si è appena visto , per il n . 4 gli Atti utilizzano indubbiamente un testimonium che è usato anche , i ndipendentemente , dall 'Ascensio ne. Si deve dunque pensare che anche il n . 6 costituisse un testimo nium e fosse compreso in raccolte molto simili che hanno serv ito da fonte agli Atti e all'Ascensione . Con ogni probabilità , lo stesso passo era noto all'autore del Protovangelo di Giacomo , il quale fa interve· nire la levatrice precisamente dopo la nascita di Gesù , la quale si è
47 Si possono leggere tradotti, con introduzione e note, in J . R . MuELLER - S . E. RoBINSON, «Apocryphon of Ezekiel. A new translation and introduction>> , in The Testament Pseudepigrapha , a cura di J . H . CHARLESWORTH, I , London 1983 , 487-4? (il frammento che qui ci interessa è il n. 3, 494) . II testimonium circolav a p rob abd : mente anche in una forma lunga , in cui si menzionava il parto di una giove nca : m a 1 testi qui da noi esaminati sembrano avere conosciuto la forma breve peperit et non pe·
Ol�
perir.
218
co mp iuta in maniera misteriosa, senza i dolori di un parto normale ( Prot 19) : anche questo autore sembra aver lavorato dunque a par ti r e da testimonia , tra i quali Is 7 , 13-14 e il n. 6 degli A tti di Pietro . Mentre però per il n . 4 le attestazioni ci consentono di dire che e s so era ricavato da un libro apocrifo , per il n. 6 non sappiamo se prove nisse anch'esso da uno scritto più ampio oppure sia stato fab bricato come frammento . Contro questa seconda possibilit à non si p uò obiettare che esso sembra presupporre un contesto narrativo : infatti , un simile giudizio è condizionato dagli attuali conte sti narra ti vi i n cui il passo è ripreso ( nell A s censione di Isaia e nel Protovan gelo di Giacomo) , ma esso , considerato in sé , non fa che escludere le circostanze normali di qualunque parto , per sottolineare il carattere unico della nascita di Gesù . Inoltre , altri testimonia apocrifi cristiani non hanno fatto parte originariamente di scritti più ampi , ma sono stati fabbricati , appunto , come frammenti : mi limito a rinviare a due esempi che ho studiato altrove . 48 Quando Tertulliano , nella sua opera La carne di Cristo , cita il te stim onium tratto dall' apocrifo di Ezechiele , afferma che era usato dagli avversari contro cui polemizza, gli gnostici valentiniani, per so stenere che Gesù non e ra realmente nato da Maria (23 ,2) ; ora, di verse allusioni nel suo contesto lasciano credere che gli stessi av versari argomentassero anche sulla base del testimonium cui abbia mo attribuito il n. 7 nella serie degli A tti di Pietro , e che sarebbe sta to fabbricato, prima della sua appropriazione da parte degli gnostici , per sottolineare la preesistenza celeste di Gesù . 49 Anche questo testi monium apocrifo sarebbe stato quindi creato come tale e avrebbe circolato in un gruppo di testimonia dedicato alla nascita straordina ria di Gesù . Misteriosa resta infine - almeno sino a uno studio più approfondito - l'origine del testimonium n. 3 . I l passo d i A tti di Pietro 24 c i h a dunque permesso d i esemplifica re vari tipi e usi di testimonia : - testimonia effettivamente tratti dalla Scrittura e raggruppati te .
'
mat icamente ; qui i gruppi sembrano due : nascita del Cristo dalla v ergi ne e Cristo/pietra. Caratteristico è il modo del loro collega-
23
48 «D ue testim mia attribuiti a Esdra» , in Ann_ali di storia dell'esegesi, 1 ( 1 984) , � _ 1-282 ( un pa sso c1t . da GIUsTINO , Dwlogo con Trifone 7 2 , 1 , e da LAITANZIO , Ismu divine 4 , 1 8,22 ) ; IPPOLITO, L'anticristo, Firenze 1 987 , 82-83 . 1 32- 1 33 . 1 %- 1 98 (un Ctt da IPPOLITO, L'anticristo 1 5 , 2 ; 54 , 1 ) . :
Z!Om
P�9
S t v eda la dimostrazione nell'articolo citato alla nota 45 .
219
mento, attraverso un testimonium «bivalente» (Dn 2,34) . Il con. fronto con altri scritti ha permesso di documentare nuovame nte la trasformazione narrativa dei testimonia (qui Is 7 , 13b - 1 4a) . testimonia ricavati da libri apocrifi : è il caso del n . 4, provenien te dall' apocrifo di Ezechiele . Le sue altre ricorrenze consento n o peraltro di stabilire che esso non veniva ogni volta ricavato dal suo contesto , ma che circolava (anche) separatamente in raccol te di testimonia . testimonia apocrifi, probabilmente non provenienti da in teri scritti, ma fabbricati appunto quali testimonia cristologici . Un lo ro studio approfondito consentirebbe probabilmente d'in dicarne i rapporti con autentici passi delle Scritture , e quindi di definirli come una specie di esplicitazione midrashica del presunto conte nuto cristologico di questi ultimi . 50 Naturalmente , un'argomentazione fondata su testimonia apocrifi non aveva largo respiro , in quanto era facile obiettare che non si tro vavano nelle Scritture . Troviamo il problema affrontato da Giustino che , nel Dialogo , contesta il rifiuto , da parte dei maestri ebrei, della versione greca della Settanta, accusandoli inoltre di avere «soppres so del tutto numerosi passi della Scrittura dalla traduzione fatta dai Settanta anziani di Tolomeo, passi dai quali si evince con tutta chi a rezza che proprio di colui che è stato crocifisso si preannunciava che era dio e uomo , che sarebbe stato messo in croce e sarebbe mor to» .51 Richiesto da Trifone , Giustino cita quattro di tali testi (72,173,1) . Il primo proverrebbe «dalle spiegazioni fatte da Esdra sulla legge della pasqua» , e non si trova in alcun manoscritto biblico oggi esistente . Il secondo è Ger 1 1 , 19, che , viceversa, non manca in alcun esemplare a nostra disposizione .52 Il terzo è un brano sulla disce s a di Cristo agli inferi , che secondo Giustino proverrebbe da Gere mia, dove non si trova: lo conosciamo anche da Ireneo , che lo cita sei vol te (senza considerarlo espunto dalla Scrittura). Il quarto sono le pa role «dal legno» aggiunte alla frase di Sal 96 , 10 «il Signore ha re gna-
'iO
51
Ho
cercato di applica re q uesto metodo nei due studi cit. alla nota 4 7 .
VtsoNÀ. GIUSTINO amm ette in effetti che esso «ncorre tuttora in alcum esemplari con to servati dai g1ud e i nelle loro sinagoghe (è in fa t t i da poco tempo che h an no effe ttua q uesta mutilazione)>> ( 7 2,3) : q uesta sigmficativa ammiSSione apre molti dubbi su l fat to che GIUSTINO co nosce s s e esemplan della Bibbia priv1 del passo . 52
2 20
7 1 ,2 ; trad .
to» . Tale aggiunta non si trova in nessun manoscritto , ma Giustino
st esso altrove
(IApo l . 41 ,4) e altri autori (Epistola di Barnaba 8 ,5 ; rertu lliano nel Contro i giudei 10, 1 1 e nel Contro Marcione 3 , 19 , 1 ) la
pres u pp ongon o . Abbiamo testimonianze dell 'aggiunta di un 'allusio ne al le gno in citazioni cristiane di Dt 28,66 e del Sal 50 ,9 , se mpre , evide ntemente , allo scopo di riferire tali passi alla crocifissione . 53 La situazione dei quattro testi è d un q u e molto diversa: due passi si cur am ente non biblici ; un'interpolazione che si ritrova in numero se cit azioni di un versetto biblico nel Il secolo, ma non nei mano scritti a noi noti ; un versetto biblico a pieno titolo , che però non man ca in alcuno dei manoscritti di cui disponiamo . La migliore s pie
gazione54 è che Giustino attingesse qui non direttamente a mano
scritti biblici , ma a una raccolta di testimonia in cui tali passi erano presentati come espunti dalla Bibbia a opera dei giudei . Si può sup porre che tale idea sia partita dalla constatazione dell' assenza , dai manoscritti biblici , delle parole «dal legno)) che si trov avano nel ricavato dal Sal
testimonia
sul legno doveva appartenere Ger
96, 10:
te
in ambiente cristiano , si sarà spie
stimonium
gato tale fatto come un imbroglio dei giudei . Al medesimo gruppo di
1 1 ,19,
cui sarà stata
es t esa la stessa ipotes i , senza preoccuparsi di verificare i m anoscritti
di Geremi a ; infine , essa veniva a proposito per spiegare perché gli altri due testi , che circolavano nei testimonia , non si trovassero nella Bibbia . Senza dubbio , Giustino h a ripreso la tesi in perfetta buona
fede. Tutta vi a , come si è detto , essa non poteva i mporsi nel diba ttito tra cristiani e giude i , 55 e non la si ritrova in seguito , mentre i testimo nia apocrifi sono citati raramente e , dal terzo secolo , costituiscono
un'assoluta eccezione .
Ma le accuse reciproche sulla manipolazione dei testi sacri sono ,
i n questo periodo , vivaci , e suppongono certo una polemica reale . 56
Pe r restare intanto all'argomento or ora trattato , Origene si alline a all a tesi che i giudei hanno eliminato , nel proprio in teresse , passi d ella Scrittu ra. La lettera a Giulio Africano , composta verso il 240,
53
Cf. 1 . DANIÉLOU, La teologia del giudeo-cristianesimo , tr. it. ampliata, Bolo
gna 1 974 , 147 .
54
Ho cercato di fondarla in « li martirio di Isaia come testimonium antigiudai
Co?, i JO Henoch , 2( 1 980) , 3 56 7- . 5
8\la Se .
. G 1usn No stesso , d 'altronde , dichiara di rinunziare a servirsi d1 tali passi n ell a scu s sion e con Trifone (7 1 ,2) .
S i veda al r igu ard o R . A . KRAFr, «Christian Transmission of Gre e k Jewish 197 "ftur es» , in Pagan isme, judalsme, christianisme, (Mélanges Marcel S imon) , Paris
, 207-226.
22 1
risponde a una lettera in cui quest'ultimo metteva in dubbio la can0• nicità della storia di Susanna nel libro di Daniele, in quanto la sua assenza nel testo ebraico e ragioni di lingua e stile obbligano a co nsi derarla secondaria . Origene difende invece la canonicità di quest o racconto , come pure di quelli di Bel e il dragone e dei tre giov a n i nella fornace ; e precisa tra l'altro (c. 9): «Va detto inoltre che essi hanno eliminato dalla conoscenza del popolo tutto quanto è stato possibile tra i passi contenenti accuse contro gli anziani , i capi e i giudici ; alcuni di essi sono salvati in te sti apocrifi . E come esempio citeremo la narrazione su Isaia, atte stata dalla lettera agli Ebrei [Eb 1 1 ,37) , ma che non si trova scritta in nessuno dei libri p u bb li ci . . . È evidente che le tradizioni dicono che il profeta Isaia è stato segato; e questo racconto è trasmesso in un certo apocrifo ;57 ora, probabilmente esso è stato cancellato a bella posta da dei giudei , i quali hanno anche interpolato nella Scrittura certe espressioni non convenienti , affinché essa perdesse credibilità nel suo insieme».
Il concetto è poi ulteriormente ribadito a proposito di altre ucci sioni di profeti , tradizioni che erano correnti nel giudaismo , ma as senti dai libri canonici , e che si ritrovano nella raccolta (giudaica e poi cristianizzata) delle Vite dei profeti. Origene riprende dunque la tesi di Giustino sulla soppressione del martirio di Isaia (Dialogo 120,5) , benché con modalità diverse . Giustino infatti si riferiva a te sti interpretabili cristologicamente , Origene , invece , a quelli che mettono in cattiva luce i gruppi dirigenti del giudaismo ; e , se Giusti no si riferiva alla Settanta , il tema stesso proposto a Origene lo con duce a situare i tagli (e le interpolazioni) all'interno stesso del testo originale . Del resto, Origene intraprese la sua imponente opera di critica testuale dell'Antico Testamento , gli Hexapla , proprio con l'intenzione di costituire in maniera affidabile il testo biblico . 58 Ma particolarmente significativa è la polemica sulla Settant a. Il giudaismo alessandrino , di lingua greca, aveva propaganda to con entusiasmo questa realizzazione: l'esempio più cospicuo è la L ettera di Aristea , uno pseudepigrafo composto ad Alessandria, p rob a bil mente nel II secolo a.C. , in cui sono n arrate per esteso le circo sta nze
5 7 Si tr a tt a a quanto pare, della prima menzione sicura del libro apocrifo A scen sione di Isaia. 58 S1 veda in questo volume il capitolo '>U Ongene . ,
222
, in seguito a una richiesta del re p ro di gio se della sua realizzazione 59 Tolo meo Filadelfo (285-246) . E Filone di Alessandria ( Vita di Mo sè 2 . 40 -42) ci informa di una grande festa annuale ad Alessandria per co mmemorare il compimento di questa traduzione . Ma anche il giu da ismo palestinese si era mostrato favorevole . Il midrash Bere shit Rabbah cita , tra varie interpretazioni di Gen 9 ,27 , « E Jafet abi te rà nell e tende di Sem>> , quella, attribuita a Bar Qappara (verso il 200) , se condo cui il passo significa che le parole della Torah possono essere pronunziate nella lingua di Jafet , il greco , nelle tende di Sem, cioè presso i giudei . D 'altronde , a Qumran si sono trovati non meno di sei frammenti della Settanta, databili tra il 200 a . C . e il I secolo della nostra era . Ora , viceversa, verso il 1 30 d . C . il giudaismo si è dotato di un'altra versione greca della Bibbia, estremamente lettera le rispetto al testo ebraico , quella di Aquila, che fu accolta con gran de favore dai rabbi ed era evidentemente destinata a soppiantare la Settanta. E nella tradizione rabbinica successiva la condanna è tota le . Nel III secolo , il Sefer Torah dichiara che non si devono tradurre le Scritture in greco , e che il giorno in cui i settanta anziani eseguiro no il loro lavoro per il re Tolomeo fu per Israele altrettanto cattivo di quello in cui era stato fabbricato il vitello d'oro . Ora, la critica dei giudei alla Settanta è attestata nel Dialogo con Trifone di Giustino, in relazione alla polemica tra giudei e cristiani. Il dibattito, che abbiamo esaminato, sui passi eliminati dalla Scrittu ra si apre infatti così : «Ma neppure d o credito a i vostri maestri , i quali non riconoscono come valida la versione fatta dai settanta anziani per iniziativa di Tolemeo re d'Egitto e si provano pi uttosto a fare essi stessi una lo ro traduzione» . 60
E come esempio Giustino cita (7 1 ,3 , dopo averlo già annunziato 43 ,8; 67 , 1 ) Is 7 , 1 4 , « Ecco , la vergine concepirà» secondo la Set t a n ta , che traduce con parthenos (vergine , ma anche in generale fan ci ul la, il termine 'alma' ) . Riprenderà la discussione su questo verset to al c . 84, insistendo : .
ID
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59 Per tutta la problematica relativa alla LXX è indispensabile M. H A RL - G . h0RIVAL - O . MuNNICH , L a Bible grecque des Septante. D u JUdaisme hellémsllque au c TISltamsme ancien , Paris 1988 . neu 60 7 1 , 1 ; tr. G . VISONÀ, S. Gtustino. Dialogo con Trifone, Milano 1 988 , 243 . Cf. o ste sso senso D1al. 68, . 7
D
223
«voi osate manipolare la traduzione fatta dai vostri settanta anzia. ni presso Tolomeo , re d'Egitto, e dite che la Scrittura non ha il te. sto da loro reso bensì questo: "Ecco , la fanciulla concepirà'' . . Se di un evento è stato profetizzato che doveva realizzarsi , non dove. te impunemente manipolare o travisare (paragrap hein é p arexe. geisthai) le profezie , perché fareste del male solo a voi stessi e no11 nuocereste certo a Dio»Y .
2.
LA POLEMICA SULLA LEGGE . L'«EPISTOLA DI BARNABA»
Ma, come già mostrano queste citazioni , la polemica sul testo delle Scritture è solo ausiliaria rispetto al dibattito principale, quello sul significato di tale testo e sui criteri della sua lettura . Sin dai primi anni dopo la morte di Gesù , quando i giudeocristiani ellenisti aveva no cominciato a predicare ai pagani (At 8 ,4) , il problema della Leg ge si era posto . Alle Scritture ebraiche non si poteva in alcun modo rinunziare , poiché esse costituivano , come abbiamo visto , l'orizzon te rispetto al quale si poteva comprendere Gesù ; ma se la nuova identità del credente era definita dalla sua adesione a Gesù, appari va sempre più privo di senso il passaggio per l'identità di israelita, definita dalla circoncisione e dall'osservanza della legge rituale. Il problema si era posto già al giudaismo ellenizzato : Filone di Ales sandria aveva reinterpretato allegoricamente la Legge , scoprendo dietro ai precetti , alle istituzioni , alle vicende dei personaggi delle realtà metafisiche o morali. Ma Filone non muoveva da un punto di riferimento radicalmente nuovo qual era ora la fede in Gesù Signo re. Paolo di Tarso combatte tutta la vita contro l 'idea che le opere della Legge possano portare la salvezza, non solo dopo G esù , m a anche nel passato (Gal 2, 15-5 , 1 8 , etc . ) . Per lui , la Legge non è st a ta la realizzazione delle promesse di Dio, ma un pedagogo che do veva condurre a Cristo : il suo scopo non era quello di giustificare , ma quello di racchiudere tutto e tutti sotto il peccato , in atte sa che la promessa di Dio si compisse in Gesù (Gal 3 , 19-29) . Paolo cerca du� que di comprendere la funzione della Legge nel quadro dell a s�orl a della salvezza, m a quel che pare evidente è che , nell'oggi del Cnsto .
61
224
. ,
84 , 3 - 4 ; trad. VISONÀ.
la Le gge non ha più ragion d'essere : «se vi lasciate guidare dallo Spi rito , non siete più sotto la Legge» (Gal 5 , 1 8) . M a Paolo s i serve della Legge per ricavarne i l modello della rela ne zio tra l'alleanza del Sinai e la realizzazione della promessa: tale è il senso della sua lettura delle vicende di Agar e Sara in Gal 4,21-3 1 , dov'e gli afferma che esse sono allegoroumena, «dette allegorica me n te» (4,24) . 62 Paolo inaugura qui (almeno per quanto è a nostra conoscenza) un metodo di lettura allegorico , in cui c ioè il testo della S crittura è supposto significare altro al di là del suo senso letterale ; ma , diversamente dall'allegoria filoniana , la lettura allegorica s'in sta ura qui nella tensione temporale tra l'antica e la nuova alleanza. Fatti e personaggi della storia d'Israele divengono tipi,63 o figure , di fatti e personaggi della nuova alleanza , a cominciare dal Cristo . Nel l'e segesi cristiana antica, non pare lecito contrapporre tipologia e al le goria: la prima è una delle modalità della seconda, in quanto indi vidua nel testo un significato che non è quello letterale .64 Questa esegesi tipologica è ripresa in forma specialmente inten sa nella cosiddetta Epistola di Barnaba , in realtà un trattato , che già Clemente di Alessandria considera come composto dal compagno di Paolo, ma che deve risalire piuttosto circa alla metà del II secolo, e che pare composto in Siri a-Palestina.65 I capitoli finali ( 1 8-2 1 ) con t engono una versione di un manuale etico di origine giudaica, il trat tato delle Due vie , di cui un'altra versione cristianizzata si ritrova nella Didaché. I cc. 2,4-1 6 , 10 ( 1 , 1 -2 , 3 e 17, 1-2 fungono rispettiva mente da introduzione e conclusione) sono invece essenzialmente costruiti sull'esegesi di testi biblici , con una pronunciata tendenza antigiudaica. Sezioni di polemica anticultuale (cc. 2-3 : sacrifici e di giuno ; 9-- 1 0: circoncisione e precetti alimentari; 15-16: sabato e
62
çc. in questo volume, c. 3 , § 5 . E il termine che Paolo usa in Rm 5 , 1 4 ; I C or 10,6: l'introduzione di questo ter mme ne l l 'ambito dell'interpretazione allegorica pare innovazione di Paolo . .r, . Cf. M. SIMONETn , Lettera e/o allegoria. Un contributo alla s toria dell'esegesi patrrstrca , R oma 1985 , 24-35 nota 3 2 : «ogni interpretazione che è tipologica quanto al conte n u to ( in quanto ravvisa in un dato del VT il tjpos di un dato del NT) , è allegori q u a n t o al procedimento ermeneutico (perché dà a quel dato un significato che non c que l� o le tterale)» . Sulla terminologia esegetica greca cf. M . SIMONETn , «Sul signifi d1 a lc un i termini tecnici nella letteratura esegetica greca» , in La terminologia ese 63
.
�a gat? Atti del Primo Seminario di antichità cristiane, Bari, 25 ottobre J �;:t nBeanll :anrichità. 1987 , 25-58. 6s
Se ne veda l'edizione critica , con introduzione. traduzione e commento , di F.
�:ZAtt BAR�LLON A ! Epistola di Ba�aba , Torino 1975 ( �i cui seguiamo la proposta
Se di
ép·rru u raz10ne) ; è Importante l'ediZione comme ntata d1 R . A . KRAFT 1 re d e Bama bé, (SChr 1 72) , Paris 197 1 .
P. PRIGENT,
225
tempio) inquadrano parti consacrate a dimostrare che l'alleanza d( vina è per i cristiani, non per gli ebrei, e a tipologie cristologiche , re lative soprattutto alla passione e alla croce , nonché al battesimo e al la remissione dei peccati . Barnaba si serve largamente di raggruppa menti di testimonia,66 di cui abbiamo visto qui sopra qualche esem. pio : essi riguardano da un lato la polemica contro il culto giudaico , dall'altro la passione e la risurrezione di Gesù. Inoltre, utilizza tradi zioni midrashiche giudeocristiane , dove testi biblici sono evocati e interpretati allegoricamente , come in 6 ,8- 19 dov'è commentato Es 33 , 1 -3 , la buona terra in cui scorrono latte e miele : la terra è l'uo mo, e miele e latte indicano che egli è nutrito della fede nella promessa e della parola. Ciò che intendiamo qui sottolineare è l 'atteggiamento di fondo dell'autore nei confronti della Legge . Dio , egli afferma, aveva offerto l 'alleanza agli ebrei mediante Mosè , ma essi la persero subito perché Mosè , sceso dal monte , li trovò ad adorare il vitello e gettò via le tavole : «e la loro alleanza fu spezzata, affinché quella di Gesù , il Diletto , fosse suggellata nei nostri cuori nella speranza della fede in lui» Y E al c. 1 4 , ribadendo il motivo , l' autore aggiunge: «Apprendete invece come fummo noi a riceverla. Mosè la ricevette come servitore, mentre il Signore l'ha data a noi come popolo dell'e redità , dopo aver sofferto per noi» (14,4) . È per questo che i giudei non hanno compreso che la legge rituale non era da intendersi alla lettera, ma aveva un senso spirituale . Qui Barnaba è particolarmen te radicale nel negare che quei precetti abbiano mai avuto un signifi cato diverso da quello figurato. 68 Basterà l'esempio della circoncisio ne (c. 9) . La vera circoncisione richiesta da Dio è quella delle orec chie , aperte all'ascolto della parola e alla fede , come provano nume rosi testi tratti dai profeti e dai salmi . Dio ha detto infatti che la cir concisione non era della carne , «ma essi trasgredirono, perché un angelo malvagio li ingannava» (9 ,4) .69 La circoncisione non ha alcun
66 Cf. aJ riguardo soprattutto P . PRIGENT, Les Testimonia dans le chnstiamsme primitif. L'Epitre de Barnabé (/·XVI) et ses sources , Paris 1 96 1 .
4 , 8 ; tr. SCORZA B ARCELLONA ; il testo biblico soggiacente è Es 32 , 7s . Barnaba n o n u s a m a i allègoria, ma spesso rypos. . (/i Questa attività dell' angelo è poco chiara , né i commentatori la spieg a no m modo soddisfacente . Il libro dei Giubilei afferma che , mentre Dio ha costituito sugb altri popoli degli spiriti con il potere di sviarl i , si è riservato Israele ; ma aggiun �e c in futuro gli israeliti non si manterranno fedeli a questa disposizione e . com e f1 gb . Beliar , non circoncideranno i loro figli secondo la Legge ( 1 5 ,32-3 3) . Mi se mbr a �ss• 67
68
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bile che la tradizione da cui dipende Barnaba riprenda , da un punto di vista cns ua n : una polemica analoga a quella ch e il libro dei Giubilei sviluppa contro le ten d e nze e lenizzanti (cf. la dissimulazione della circoncisione in lMac 1 , 15 ) : una volta a m me che la vera circoncisione è quella del cuore , si può sfruttare un testo come q ue ll o e
226
valo re come segno , perché siri , arabi , egizi e sacerdoti idolatri sono circon cisi , senza per questo appartenere all 'alleanza. In realtà , il p re cet to della circoncisione dato ad Abramo non era altro che una fi gu ra cristologica. Infatti , secondo Gen 14, 1 4 ; 17,23 . 27 , Abramo ci rcon cise diciotto e trecento uomini della sua casa : ora , 18 in greco si scri ve I (dieci) E (otto) , cioè le prime due lettere del nome di Ge sù , m entre il 300 si scrive T , che indica la forma della croce . Prigent rit ie ne che qui Barnaba (diversamente dalla sua fonte) non condan ni la circoncisione carnale , ma vi trovi anche la tipologia di Gesù; ci sembra più nel giusto Scorza Barcellona il quale afferma che ciò che fu giusto fu l 'atto della circoncisione praticata da Abramo, in quanto tip o c ristologico , e non la sua perpetuazione . Non è quindi la posi zione di un Filone il quale , mentre considera la circoncisione come simbolo del recidere dall'anima i piaceri e l 'orgoglio , difende però il rito carnale (De specialibus legibus 1 ,2- 1 1 ) : Barnaba rifiuta sempli cemente la circoncisione carnale come un fatale errore degli ebrei . Anche alle leggi sulle carni proibite Barnaba attribuisce un valore esclusivamente spirituale (c . 10) : il divieto di mangiare il maiale , per esempio , significa che non ci si deve unire agli uomini che sono simi li ai maiali , che cioè quando sono nei piaceri dimenticano il Signore , e quando si trovano nel bisogno se ne ricordano ( 1 0 ,3) . Barnaba sembra dunque dipendere da una tradizione giudeocristiana che ra dicalizza, e rivolge contro i giudei in generale , una polemica antile galistica già interna al giudaismo . Quanto alla tipologia cristologica , abbiamo già esaminato alcuni testimonia sulla pietra. Aggiungiamo solo che i materiali utilizzati dallo Pseudo-Barnaba sembrano essere in certi casi molto antichi. Attraverso una dettagliata analisi , John Dominic Crossan ha mostrato , in maniera che sembra convincente , co me l'interpretazione dei due capri di Lv 16 in B arnaba 7,6-1 1 si fondi su di un'elaborazione di quel testo in combinazione con altri , qua li Zc 12 , 10; Is 53 ,3 ; Sal 1 18 (LXX 1 17) ,22 , che appare presuppo sta d ai racconti sinottici della passione di Gesù .70
G
i ubil ei per affermare che Dio ha abbandonato anche i giudei a un angelo malvagio , l i ha sviati dalla vera attuazione della Legge . 70 D. San 1 98 8 , (che esamina anche la stessa tipologia in e 1 1 1 , e TERTULLIANO, Contro Marcione 3 , 7 .7) . Il valore di questa dimostrazi one . s e mbra indipendente dalla tesi generale di Crossan sull'esistenza di un «Vangelo ella croce, da cui dipenderebbe la passione sinottica .
che , The Cross That Spoke. The Origins of the Passion Narrative. �anctsco CROSSAN 1 17-1 33 GIUSTINO, Dialogo �1
227
3.
GIUSTINO MARTIRE
Lo Pseudo-Bamaba non fu seguito m questa sua mterpretaztone radicale del valore della Legge Una vta dtversa fu battuta da GtustJ no Marttre , del quale mteressa qm soprattutto d Dtalogo con zl gtu deo Tnfone, composto mtomo al 160 È d pnmo esempto nmastoc1 di dialogo polemico contro Il gmdatsmo , pnma dt esso abbiamo nott zta dt un Dtalogo dt Gtasone e Paptsco , noto al filosofo pagano Celso mtorno al l 80, al suo contraddittore Ongene e a Gtrolamo , e che se condo Masstmo Confessore (VII secolo) sarebbe opera dt Amtone dt Pella, un autore c1tato da Eusebto dt Cesarea 71 Ptù tardt , avremo 1 Dzaloght dz Atanasw e Zaccheo e d t Szmone e Aquzla ,72 e , m latmo, la A ltercatw Szmoms Iudaet et Theophllt Chrzstzam 73 Sulla reale desti naziOne dt questa letteratura SI è dtscusso · secondo A von Hamack nel II secolo Il cnsttanestmo non aveva ptù un reale dtbatttto con ti gmdaismo , e gh scnttt polemtct erano m realtà propaganda cnshana d t retta at pagam 74 M Stmon m vece pensa che d conflitto tra cnsham ed ebrei contmuò anche nel II secolo e dopo , e che la letteratura po lemtca s'mquadra m questo contesto 7' Questa seconda 1potes1 appa re ptù plaustbde , anche se essa non stgmflca che Il messaggio d1 tah opere non fosse onentato anche at pagam , nonché agh stess1 cnsham , soprattutto a quelh che potevano essere attuati dal gmda1smo In ogm caso , d confronto e lo scontro rappresentati nel Dza/ogo (senza dubbto fittiZIO, por se tsptrato forse a reah espenenze dt Gm stmo) hanno come posta m gtoco l'mterpretazwne delle Scntture 76 71 Stona ecci 4,6,3 Su Anstone cf E SCHURER , The HIStory of the JewiSh Peo pie m the Age of Jesus ChTISt (1 75 B C -A D 135) A New Engl1sh Verswn reviSed and edlled by G VERMES - F MILLAR , l, Ed 1b u r gh 1 973 , 37-39 72 Editi da F C CoNYBEARE The Dwlogues of Athanas1us and Zachaeus and of Ttmothy and Aqu1la, edtted wuh Prolegomena and Facs1m1les , Oxford 1 898 , Il secon do ora anche da R G RoBERTSON , The D1alogue of T1mothy and Aquila, Ha rva rd
UmvefSity , Th D 1 986 (tes1) , Ann Arbor , U mv Microfilm International 73 Edita da A HARN ACK , D1e Altercat10 S1mon1S Judae1 et Theoph!/1 Chnsuam, nebst Untersuchungen uber d1e antljUdiSche Polem1k m der alten K�rche Le1pZ1g 1883
74
Cf lo studio c1t alla not a precedente , e m oltre luden tu m und JudenchriStentum mlustms Dwlogmll Trypho, Berh n 1 9 1 3 Harnack e seg uito da numerosi auto n D Ro si KEAH , Jews, Pagans and ChriSllans m conjl1ct, Jerusalem-Le1den 1 982 condivide la te si generale d1 Harnack , ma fa ecceziOne appunto per Ii D�alogo d1 GIUSTINO c he egb co n
dera come «ultimo trattato cnst1ano che, come 1 v angeli smottiCI, cerco dt persuadere I g:IU dei a metter fme alla loro ostmaziOne e ad ammettere la dlv1mta d1 Gesu>• (p 66, cf P 75 M SJMON , Versus 1srael Etude sur les relallons entre chrellens el JUI/S 01 l Em 1re Romam (135-425) , Pans 21964, 1 65 213 en 6 EdiZione d e l D1alogo E J GooosPEED, Dze altesten Apologeten , G otung r fo 1 914, 90-265 Ottima traduzione Jtabana , con mtroduzmne e note ch1are e ben m dl male , d1 G VISONA, S G1ustzno D1alogo con Trzfone, Milano 1 988 S ull ese ge si
f,
228
)7�
L 'a sse mtorno al quale tutto ruota è la dimostraziOne del contenuto cn sto logtco delle Scntture d'Israele , la quale permette anz1 precisa m e nte dt mostrare che queste Scntture non appartengono ptù a1 gm det , che non possono capule perché non hanno la chtave per pene tr arl e Gmstmo non perde occasione dt nbadue che 1 maestn ebre1 no n comprendono le loro Scntture (9, 1 , 34, 1 , 55 ,3, 1 12, 1-5, 1 14,5 , ecc) è la prova che tah Scntture non appartengono a loro , ma a1 cn suam , che ne captscono lo spmto (29 ,2) I cnstlam hanno compreso che Dto aveva annunziato una nuova alleanza , reahzzatast ora m Cnsto . dt conseguenza, sono ess1 d vero Israele , quello spmtuale ( 1 1 ,5) Gmstmo non crede , come lo Pseudo-Barnaba , che le prescn z1om della Legge non stano ma1 state vahde m senso letterale , ma n ttene che avrebbero dovuto essere accompagnate da una compren sione ptù profonda della volontà dt Dto, e che comunque ora, dopo la venuta dt Cnsto , esse debbano essere elevate su dt un ptano spm tuale. «E necessana ormai una seconda cuconctstone e V O I andate orgo gliosi d1 quella della carne , la nuova legge vuole che osservtate senza sosta 11 sabato e vot n tenete dt onorario nmanendo mopero st un umco gtorno, senza comprendere Il mottvo per CUI esso vt e stato prescntto , e se mangiate pane azztmo dtte dt ademptere la volonta dt Dto» 77
Gmstmo s1 serve mdubbtamente dt testzmoma anttcultuah come quelh utthzzatl dallo Pseudo-Barnaba , che attmgono specialmente alla tradtztone profettca d'Israele così Is 58, 1- 1 1 , contro d dtgmno , e cttat o m Dzalogo 15 ,2-6, e - hmttatamente a1 vv 4-10 - m Barnaba 3 , 1 -5 Sulla cuconctstone del cuore , Dza logo 28 ,2-3 ctta Ger 4,3-4 e 9 ,24-25 , che s1 ntrovano dt segutto m Barnaba 9 ,4-5 , e così vta DI ve rsamente da B arnaba , Gmstmo ammette che la ctrconctstone fu effe ttivamente prescntta agh ebre1 da Dto che prevede d futuro , co me segno dtstmttvo , affmché ess1 soh soffnssero ctò che ora soffrono (tl Dz alogo è ambientato alla fme della guerra gmdatca del 1 32-1 35) la desolazi One del paese , la dtstruztone dt Gerusalemme e d dtvteto -----SI v eda
GIUstmo particolare J D ANIELOU , Message evangellque et culture hellemstl ;u.e au. II' et III' s1ecles, Tourna1 1961 , 185-202 , W A SHo1WELL, The B1bl1ca/ Exege (� of/ lu.stm Martyr, London 1965 , G OTRANTO , Esegesi b1bl1ca e stona m G1ustmo 8 1 cf ra 63- 4) , Ban 1 979 Sulle tradiZIOni esegetiche e sm testlmoma usati da Gmstmo ppro fondito studio d1 O SKARSAUNE, The Prooffrom Prophecy A Study Ju de� ��;}(' s Proof-Text Tradltlon Text-Type, Provenance, Theolog/Cal Profile, Leim
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229
per gli ebrei di rientrarvi. È la punizione per aver ucciso i profe ti e poi il Cristo , e per oltraggiare e perseguitare ancora i suoi segu aci ( 16,2-4) . E se i giudei hanno ricevuto l'obbligo di osserv are le p re scrizioni della Legge, ciò fu per la durezza del loro cuore , perché fossero obbligati a ricordarsi di Dio: i sacrifici perché non adorasse ro più gli idoli , il sabato perché si ricordassero del loro Signore , l' a stensione da certi cibi perché anche mangiando e bevendo av e sse ro Dio dinanzi agli occhi ( 1 9 ,6-20 , 1 ) . Accanto a queste , vi sono le nor me che restano eternamente valide , quelle della legge naturale , e che non hanno dunque bisogno della Legge dei giudei per affermarsi (93 , 1 ) ; in sintesi , dunque , è conforme alla fede di Abramo sape re «che certe prescrizioni sono date per rendere culto a Dio e ope rare secondo giustizia e che certe altre prescrizioni e pratiche sono st ate formulate o in vista del mistero di Cristo o per la durezza di cuore del vostro popolo» ( 44 ,2) . La valutazione della Legge occupa la prima parte di questo dia logo tortuoso e ricco di digressioni al punto che è difficile individuar ne una struttura: in generale , gli studiosi sono d'accordo nell'indivi duare una seconda parte dedicata a Cristo e una terza alla chiesa co me nuovo Israele . 78 La seconda parte , la più lunga , si occupa di di mostrare che Gesù è il Cristo , attraverso l'interpretazione delle Scritture . L'enunciato metodologico fondamentale è in 1 14, 1 : «A volte , infatti, lo Spirito Santo ha fatto in modo che si produces sero visibilmente eventi che erano figura di ciò che doveva accade re , a volte invece ha pronunciato parole relative ad avvenimenti fu turi parlandone come se stesse ro succedendo in quel momen to o fossero già successi. Se chi si imbatte nelle parole dei profeti non conosce q ueste regole , non può seguirle come si conviene» .
D a una parte , dunque , i rypoi, nei quali al senso letterale dell' e vento si sovrappone il senso figurale , cristologico ; dall'altra , i logoi , cioè le profezie che non hanno altro senso che quello cristolo gico , ma che sono formulate al presente o al passato , come ls 53, 7 ( « Co: me pecora è stato condotto al macello , come agnello di fronte a ch• lo tosa») o 65 ,2, che Giustino cita come esempi di questa categori a . l 78 Cf. F. M . M . SAGNARD , «Y a-t-il un pian du "Dialogue avec Tryphon ?_" », i� Mélanges Joseph de Ghellinck. S.J. , /: Antiquité, Gembloux 195 1 , 171 - 1 82, le, dopo il prologo 1-9 , le tre parti occupano rispettivamente i cc. 1 0-29 ; 30-1 08 , 'IDa 14 1 . Per OTRANTo, rispettivamente : 10-47; 4S-108 ; 109-14 1 ; per VISO NÀ la p11 parte arriva al c. 30.
peni�:;.
230
16goi sono sviluppati - seguiamo la proposta di Sagnard - nei cc. 30
(o 3 1 ) - 39 , dove sono citati e commentati soprattutto Dn 7,9-28 e Sal l lO; 72 ; 24 ; 47 ; 99 ; 45 , ed è enunciato un altro principio fonda m e ntale . Trifone avanza un'obiezione centrale del giudaismo : il m ess ia predetto dalle Scritture è glorioso , mentre il vostro Gesù non ebbe onore né gloria, e subì perfino la crocifissione , estrema maledi zione della Legge . La risposta di Giustino è che le profezie devono essere distribuite tra le due venute di Cristo : la prima , che ha già avuto luogo , nell'umiliazione (profezia fondamentale Is 52 ,1353 , 1 2) , la seconda , ancora futura , nella gloria , per il giudizio (Dn 7, 1 3 -14 ; Zc 12, 10. 12) . 79 Giustino contesta ripetutamente l ' esegesi ebraica , che riferisce i vari passi a personaggi o eventi interni alla storia d'Israele : così , esclude (33 , l ; cf. 83) che il Sal l lO possa appli carsi a Ezechia, perché questi non è mai stato «sacerdote in eterno al modo di Melchisedek» . e che il Sal 72 si applichi a Salomone (34,2.7) , perché né tutti i re si sono prostrati a lui , né ha regnato fino ai confini della terra. Ciò che qui permette di innestare la tipologia e che sarà ripreso da I reneo e Ippolito - è la comprensione stretta mente letterale del testo , e la constatazione che esso non si è realiz zato. in tali termini, nella storia d'Israele . Analogo metodo gli per metterà di negare (67 , l ; 77 , 1 -2) che le profezie sull 'Emmanuele di Is 7 , 14; 8 ,7 si riferiscano a Ezechia, come afferma Trifone . I cc . 40-42 sviluppano invece i tjpoi: l'agnello pasquale (Es 12) , i due capri (Lv 16) , i sacrifici come figura dell'eucaristia, etc. Giustino presuppone un vasto lavoro di collezione sia dei tjpoi che dei 16goi: « È Cristo in fatti che è stato annunciato come re , sacerdote , Dio , Signore , ange lo , uomo , arcistratega, pietra, bambino generato , dapprima sotto posto al patire , per salire poi al cielo e di nuovo venire nella gloria con il regno eterno : lo posso dimostrare in base a tutte le Scritture» (3 4 ,2 ) . La sua esegesi tipologica non è ancora sistematica , ma note vole è il suo lavoro di raccolta e di organizzazione delle tipologie e de i testimonia elaborati prima di lui : si pensi alle diciassette figure della cro ce/legno riunite nel c. 86 , o agli altri tjpoi della croce pre sen t a ti n ei cc . 90-9 1 . 94 . 1 1 1 , che suppongono un'intensa elaborazio n e n e lla tradizione qui ereditata da Giustino .80 Un ulteriore nesso -12
79
a 5 2 , 3 . Sarà ripreso da IRENEO, Contro le eresie 4,33 , 1 , e d a IPPOLITO , L ·!'n3�;crl iSfitopologi 44, 1 ; Commento a Daniele 4 , 1 8 , 6 .
Il
motivo
_ mio Cf. d
è
ricorrente in
GIUSTINO, Dialogo 14,8 ; 3 1 , 1 ; 32 , 1 ; 49 ,2; 1 10 ,2 ;
a rti co l o cit . alla n o t a 48.
23 1
tra l'antica e la nuova alleanza sta nel fatto che , secondo Giustin o tutte le teofanie narrate nell'Antico Testamento erano in realtà m a : nifestazioni del Logos divino preesistente (Dialogo 56-60 ; 126-1 29; 1 Apologia 63) , una concezione suggerita dall'impostazione mediopla tonica di Giustino , attenta a salvaguardare la trascendenza di Dio e quindi tendente ad attribuire a esseri subalterni le sue manifestazi o ni agli uomini. Importante è , infine , constatare come Giustino organizzi spesso i testi intorno a circostanze della vita di Gesù che gli vengono dal la tradizione evangelica. Se nel Dialogo menziona il Vangelo solo un a volta ( 100, 1 ) , egli ha conoscenza di «Memorie (apomnemoneumata) degli apostoli>>, «che sono chiamate vangeli» (J Apologia 66,3, a proposito dell'istituzione dell'eucaristia) . 81 Le definisce otto volte in questo modo , quattro semplicemente «Memorie» ; una volta, citan do Marco 3 , 1 6- 1 7 , parla di memorie di Pietro (Dialogo 106,4) , riflet tendo evidentemente la tradizione , attestata da Papia di Gerapoli e in seguito da Ireneo , che faceva di Marco l'interprete di Pietro . Da esse ricava i suoi dati : si discute se dipenda dai Vangeli canonici e da tradizioni orali e/o scritti apocrifi , oppure da un'armonia evangelica fondata sui sinottici. 82 In Dialogo 78 , per mostrare l'adempimento di Is 8 ,4, egli evoca le circostanze della nascita di Gesù combinando Matteo e Luca ; in 88,2-4 evoca il battesimo di Gesù con il particol a re di un fuoco sul Giordano , estraneo ai Vangeli canonici ma atte stato altrove ; in 88,4 nota che Gesù fabbricò aratri e gioghi , una for mulazione che si ritrova nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso 13 , 1 . I n 102 , 5 l a frase «la mia lingua è incollata alla gola» (Sal 22, 16) è considerata come realizzata nel silenzio di Gesù davanti a Pilato (Mt 27, 13- 14) ; e l'elenco potrebbe continuare . Siamo così tornati a uno dei motivi che abbiamo sottolineato al l'inizio di questo capitolo : la costituzione del dossier dei testimonia cristologici in stretta correlazione con la trasmissione e lo svilu ppo della tradizione su Gesù . Questo rapporto , implicito nella narrazio 81 Secondo l Apologia 67 , 3 -5 , le memorie degli apostoli sono lette dura nte il culto domenicale in altern ativa agli scritti dei profeti , e su di esse si pre di � · 82 La tesi de ll'armoni a , difesa da A . J . BELLINZONI , The Sayings of Jes us m the Writings of Justin Martyr, Leide n 1967, è stata rifiutata da G. STRECKER , <<Eine Evan· r gelienharmonie bei Justin u nd Pseudoklemens?>> , in NTS, 24( 1977/78) , 297- 31 6: Pe , E. MAssAux , lnfluence de l'Evangile de saint Matthieu sur la littérature ch réuenn e avant saint lrénée, Louvain-Gembloux 1 950 , 465-570 , Giustino dipende sop rattutt o ca da Matte o . In Dialogo 8 1 ,4 GIUSTINO difende il millenarismo appellandosi aii 'Apo ·
lisse , che attribuisce a Giovanni , il discepolo del Signore .
232
n e de i V angeli , è esplicito nella trattazione di Giustino . Abbiamo a nche accennato a quanto sia problematico stabilire in quale misura t ale trat tazione sia effettivamente destinata alla polemica con i giu dei . Il fatto stesso che Giustino riutilizza largamente la prova profe t ica n ella l Apologia ( cc. 30---63 ) mostra che in ogni caso egli consi der ava questo tipo di argomentazione come adatto alla propaganda p resso i pagani . D 'altronde , sia nella l Apologia (26 ; 56; 58) che nel D ia logo (35 ; 80) è ben presente il rinvio a falsi cristiani , che bestem miano Dio : si tratta in particolare di gnostici e marcioniti . Contro di loro Giustino compose un trattato, molto influente come modello degli eresiologi successivi , perduto , al quale fanno allusione Giusti no stesso (l Apol. 26,5) , Ireneo (Contro le eresie 4,6,2) ed Eusebio di Cesarea (Storia ecci. 4, 1 1 ,8-9) . Contro gli gnostici che identifica vano con il Demiurgo , dio inferiore se non addirittura diabolico , il Dio che si rivela nell'Antico Testamento , e contro Marcione , che se parava nettamente la rivelazione contenuta nelle scritture ebraiche da quella portata da Gesù , e rifiutava totalmente la prima, è eviden te che la rivendicazione dell'Antico Testamento effettuata da Giu stino aveva una sua pertinenza non minore che contro i giudei ; si può ricordare che Pierre Prigent ha proposto di considerare il tratta to di Giustino contro Marcione e tutte le eresie come la fonte della sua argomentazione nel Dialogo con TrifoneY Ma sarebbe ridutti vo, crediamo , limitare l 'intenzione di Giustino a una sola delle cate gorie : cristiani , «eretici » , pagani , giudei . Il grande sforzo operato da Giustino per fare delle Scritture dei giudei l'Antico Testamento dei cristiani , acquisito definitivamente alla storia del cristianesimo , è , nel suo contesto storico , u n a lotta s u tutti i fronti , componente es senzia le di quel processo che condurrà, attraverso il secondo secolo , alla forma zione della «grande chiesa» . Tra la molteplicità e la fram mentarietà dei materiali esegetici esistenti prima di lui , e le grandi opere sistematiche di teologia ed esegesi che verranno con Ireneo , lppolito , Clemente e Origene , Giustino , con le sue ingenuità e i suoi li miti , ha realizzato una transizione indispensabile e di grande ric che zza.
---
. 8:
P . PRIGENT, Justin et l'Ancien Testament. L 'argumentation scripturaire du
fryapuehonde lustin contre toutes les hérésies comme source principale du Dialogue avec et
�tto questa forma a causa
de la première Apologie,
Zi oso p er lo studio dei
Paris 1 964 . La tesi sembra difficile da mantenere di varie insufficienze metodologiche ; ma il libro resta pre testimonia nell 'opera di GIUSTINO.
233
8 Gli gnostici e Marcione la risposta di Ireneo Claudio Gianotto
1.
INTRODUZIONE
Per le prime generazioni cristiane , l'interpretazione della Scrit tura si sviluppò non tanto all'interno della scuola o della liturgia, co me avveniva, per esempio , nel giudaismo contemporaneo , quanto piuttosto nell'ambito della predicazione , in particolare quella rivolta ai fratelli/rivali giudei , spesso caratterizzata da una forte carica pole mica. È in questo spirito che si formano le prime raccolte di testimo nia , un genere letterario destinato ad avere una certa fortuna anche nei secoli successivi , 1 e che si elaborano le prime interpretazioni cri stologiche di certi passi messianici dell' AT, a " olte riconosciuti come tali anche dai giudei , ma da questi non applicati al Gesù dei cristiani. Il fronte della polemica anti-giudaica impegnò duramente gli e segeti cristiani già a partire dall'epoca neotestamentaria, e in segui to soprattutto nel corso del II secolo (si pensi all'opera di autori co me lo Pseudo-Barnaba e Giustino) , ma presto cessò di coagulare in t orno a sé gli sforzi più intensi degli autori della grande chiesa , impe gnati in una battaglia ancora più aspra su di un altro fronte , che si era aperto verso la metà del II secolo , quello anti-gnostico . Anche su q u esto secondo fronte , il dibattito dottrinale si sviluppò soprat tutt o sul la base di un uso cospicuo delle Scritture / destinate , attra verso una opportuna interpretazione , a legittimare le diverse posi zioni te ologiche dei contendenti . I dottori gnostici furono esegeti e stre mamente brillanti e raffinati , e in molti casi risultarono vincenti nella competizione con i loro avversari della grande chiesa. L'inter--
1 S i pensi , per esempio , all'opera Ad Quirinum: testimoniorum libri III di CIRlA o DI CARTAGINE, (metà circa del sec. III) . È ovvio che qui ci ri fe riamo al dibattito polemico tra cristiani della grande eh · e g� ostici cristiani o più o meno cristianizzati; questo non pregiudica la possibi di . de U' e�I ste�za di sistemi o scuole gnostiche non direttamente riconducibili alla traZlone gm da1co-cr istiana , dei quali, però , in questa sede , non ci occupiamo .
p
�
lit�esa
235
pretazione delle Scritture di fatto era condotta con le stesse tecnich e e metodologie in ambedue i campi ; lo scontro polemico avvenne , dunque , a d armi pari. In questo contesto , i l successo dipendeva e s senzialmente dalla maggiore o minore abilità nell'utilizzare al me glio i mezzi a disposizione . Le due posizioni , invece , differivano ra dicalmente nei presupposti ermeneutici che guidavano le risp ettive esegesi : in sostanza , si richiamavano a due diverse teologie della r i velazione. Un discorso a parte merita il caso di Marcione , il quale , se da un lato condivideva certi presupposti ermeneutici della lettura gnost ica delle Scritture , come la contrapposizione tra AT e NT, dall'altro ne rifiutava le tecniche esegetiche di maggiore efficacia , in particolare quelle allegoriche , restando caparbiamente ancorato ad un letterali smo radicale . Il suo scontro polemico con la grande chiesa, comun que , interessò non tanto , o meglio , non soltanto i possibili modi di interpretazione della Scrittura , quanto piuttosto l'estensione della Scrittura stessa, che Marcione restrinse arbitrariamente , negando qualsiasi valore rivelativo all'AT in blocco e alla maggior parte de i li b ri del NT, fa tta eccezione per il Vangelo di Luca e alcune lettere di Paolo. Anche in questo caso , le rispettive prese di posizione sulla estensione del corpus scritturistico sono determinate da due diverse teologie della rivelazione . 2.
I GRUPPI GNOSTICI
2 . 1 . Uno sguardo particolare sul NT: l 'irrilevanza del Gesù della storia
Il principale rimprovero che gli gnostici muovono ai loro av versari della grande chiesa è diretto alla loro incapacità di coglie re il significato vero e profondo del messaggio di rivelazione port ato d� Salvatore ; il loro torto è quello di fermarsi o alla lettera del testo bt· blico , oppure alla cruda materialità degli avvenimenti della storia, senza mai riuscire a raggiungere gli «ineffabili misteri» che si c e la n o al di là dell'uno e degli altri , e che rappresentano l'essen za st es� a della rivelazione . In effetti , il postulato fondamentale della teo lo gt a della rivelazione della grande chiesa era che Dio si è rivel at o n ell _ storia e attraverso la storia, e che la sua rivelazione ha raggt unto 1 momento culminante e decisivo con l'effettiva venuta di Ge s ù sull� terra. Secondo Giustino , per esempio , il principale veicolo del la n-
�
236
vel azione divina sono gli avvenimenti stessi della «storia della sal ve zz a» (la nascita verginale di Gesù ; la sua p assione e morte sulla cro ce ; la sua risurrezione , ecc. ) , e soltanto in via subordinata le Scritt ure , che tali avvenimenti raccontano e illustrano ; anzi , la fun zione dei Vangeli e degli scritti apostolici è precisamente quella di g arantire la veridicità dei fatti , in quanto riferiti da testimoni oculari 3 atte ndibili . Un'analoga posizione assumerà qualche decennio più Ireneo .4 tardi Gli gnostici , invece , contestano radicalmente questa impostazio ne . I presupposti docetistici della loro cristologia impediscono di an n ett ere valore salvifico ai gesti che i Vangeli attribuiscono a Gesù o agli ev enti di cui egli è protagonista, comprese la sua passione , mor te e risurrezione . In questo senso , i teologi gnostici non intendono tanto negare la storicità degli avvenimenti narrati dai Vangeli , quan t o il loro valore ai fini del conseguimento della salvezza . Tutti questi avvenimenti , che peraltro coinvolgono soltanto apparentemente il Salvatore , hanno invece un significato simbolico , e insieme con i detti di Gesù, in particolare quelli trasmessi ai discepoli nel periodo successivo alla pasqua, sono i veicoli di un messaggio esoterico che soltanto gli iniziati riescono a comprendere appieno . I cristiani della grande chiesa , i quali insistono nell'affermare che il Gesù della sto ria, un uomo che visse nella carne , è il Cristo commettono un grave errore , perché si fermano all'aspetto esteriore , superficiale dei fatti , s enza coglierne il significato profondo . Questo errore , del resto, era già stato proprio degli apostoli stessi , che Gesù aveva in più occasio n i dovuto rimproverare per la loro incapacità di intendere il signifi cato profondo, simbolico delle sue parole e dei suoi gesti . 5 Non sono 3
Cf. G r usn N O , I Apol. 2 1 ·23 ; 53-54, dove l 'autore polemizza con i miti e le cre
�e nz� p agani , contrapponendo al loro carattere favolistico la veridicità dei fatti narra h da � Vange li a proposito di Gesù , veridicità garanti ta appunto dal resoconto di testi mon � oc ulari (gli apostoli) degni della massima fid u cia .
Cf. A dv. haer. 3 , 1 6 , 1 -23,6. Cf. , pe r esempio , I a E N EO , Adv. haer. 3 , 1 2 , 1 -7; 0RIGEN E , In lo , 1 3 ,35 . Quello de ll'Ig no ranza e dell'incapacità di i ntendere dei dodici , i discepoli più vicini a Gesù , è rico rrente all 'interno dello gnosticismo ; in particolare, è proprio facendo le un v� su qu sta loro caratteristica che i diversi gruppi gnostici si costruiscono una tradi lone , più o meno segret a , che permetta loro di ricollegarsi a Gesù senza passare at raverso que sti scomodi intermediari, ai qual i invece si richiamava pubblicamente la � de chie sa per fondare la propria tradizione ; si veda , a questo proposito , lo studio
5
tema
e � � a; c' PERKINS , The Gnostic Dia logue. The Early Church and the Crisis of Gnosti· Gm,, �ew York 1 980 , specialmente le parti dedicate ai personaggi della cerchia di e d Il.
d
t v e rsi dai do dici, che sono i destin atari privilegiati delle sue rivelazioni segrete ursll ante il periodo successivo alla pasqua .
237
i fatti o gli avvenimenti ad operare la redenzione, la quale è di carat, tere eminentemente spirituale , o quanto meno psichico , ma non può assolutamente interessare la corporeità e la materia; piuttosto , essi in qualche modo illustrano il processo redentivo a quanti , grazie a}, l'illuminazione gnostica, ne sappiano cogliere il significato simb oli, co . In questa prospettiva, gli autori gnostici si sono adoperati per r e, digere altri «vangeli » , di carattere più spirituale , da contrapporre ai quattro vangeli canonici , troppo interessati al «Gesù terreno» , OP' pure per sviluppare un'esegesi «spirituale» di questi stessi quattro Vangeli , al fine di dimostrare l'errore insito nell'esegesi troppo «let terale» dei loro avversari della grande chiesa . Gli gnostici , dunque , si accostano ai Vangeli tradizionali in mo do molto diverso rispetto ai cristiani della grande chiesa. Essi affer mano che i racconti evangelici , pur nella loro apparente semplicità, sono in realtà delle complesse allegorie , che illustrano in un linguag gio simbolico il processo di redenzione e altre profonde verità dottri nali . Alla stessa stregua dei poemi omerici , i Vangeli sono importan ti non tanto per i fatti che raccontano e della cui veridicità si fanno garanti , quanto piuttosto per la loro caratteristica di testi sacri , scritti in un linguaggio figurato che bisognerà decifrare attraverso il ricorso a tecniche esegetiche appropriate . 6 Ma l'abilità tecnica non basta. Per capire fino in fondo questi scritti sacri , che nascondono sotto la superficie del testo misteri di ineffabile profondità , occorre posse derne la corretta chiave di lettura , che è costituita dalla gnosi . Sol tanto colui che ha ricevuto l'illuminazione gnostica , l'iniziato , riusci rà a co gliere in tutta la sua ricchezza il senso simbolico di questi testi e a comprendere i misteri che essi racchiudono . 7 Senza questa chiave di lettura , ogni interpretazione o si fermerà al livello superficiale della lettera, oppure , qualora attraverso l'uso del metodo allegorico scandagli il testo più in profondità, riuscirà al massimo a cogliere in modo parziale , frammentario , il senso del mistero .
ti
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:
6 Cf. IPPOLITO, Ref. 5 , 8 , 1 , dove i pera sono chiamati «inventori di una nuova � lologia>> (epheuretài kainés téchnés grammatikés ; tr. di M. SIMONErn , in Testi gnosnc in lingua greca e latina , Milano 1 993 , 65) proprio in riferimento alla loro a bilità n� mani olare tecniche esegetiche particolari per l'interpretazione allegorica dei Cf. I PPOLITO, Ref. 5 ,8,27: «Questi sono i misteri arcani dello spirito che con o· sciamo noi soli» (tr. SIMONEm).
.p
238
testi·
z . z . Tra diffidenza e rifiuto radicale :
l'ambiguità dell'AT
Se il valore rivelativo del NT si imponeva da sé per il suo collega me n to , comunque lo si volesse interpretare , con Gesù, la fo nte stes sa d ell a nuova rivelazione cristiana , p iù complesso e delicato si pre se ntava invece il problema del valore da attribuire all ' AT, un com pl es so di scritti che il cristianesimo nascente aveva ereditato dal giu dais mo . Tale problema fu sentito in modo acuto anche dagli auto ri della grande chiesa, che si sforzarono di elaborare dei criteri di in te rpretazione di questi testi , tali da conferire loro un significato coe re nt e ed omogeneo con i presupposti fondamentali del nuovo mes saggio cristiano. L'obiettivo fu raggiunto attraverso l'elaborazione di una historia sa/utis articolata in due tappe principali , un'economia antica , rap p resentata dalla legislazione mosaica e dall'AT , e un'economia nuo va, inaugurata dall'avvento di Gesù . In questo modo , i contrasti e le divergenze tra il nuovo messaggio cristiano e la vecchia religione gi udaica venivano risolti in una prospettiva temporale, che giustap poneva, senza contrapporli, il prima al dopo , il vecchio al nuovo , l'incompleto al completo , il provvisorio al definitivo , salvaguardan do così l'unicità della rivelazione divina. Sulla ba s e di questi presup posti , i fatti, i personaggi , e in particolare le profezie dell' AT veni vano tutti riferiti al loro compimento futuro , rappresentato da Gesù e dall a sua opera . Si poteva sviluppare cosi quella particolare inter pretazione d eli' AT, che noi chiamiamo tipologica, secondo la quale avve nimenti , situazioni , personaggi e istituzioni dell'antica econo mia vanno letti come prefigurazioni dei loro corrispettivi nell'econo mia nuova. È questo l'atteggiamento prevalente di Giustino , Ire neo, Ippolito ; e anche quando , accanto alla tipologia, si sviluppa cont estualmente l'allegoria di tipo morale o spirituale (come avverrà in seguito molto più diffusamente presso gli esegeti della scuola ales � a nd rin a) , il presupposto ermeneutico di fondo non v iene mai messo ID di scussio ne. La p osizione dei gruppi gnostici appare , nei confronti di questo prob le ma, più diversificata. A differenza dei cristiani della grande ch i e sa, essi contrappongono , in modo più o meno radicale , le due eco nomie , considerando quella antica situata sotto l 'influenza del D e miurgo creatore (non per niente ide ntificato con il Dio dell'AT) e dei s uoi arconti , e quella nuova caratterizzata dall'opera rivelatri ce e re dent rice del Salvatore , il cui obiettivo ultimo è quello di sot239
trarre tutti gli gnostici, depositari di una particella di luce di ori gi ne divina, alla prigionia del corpo e del mondo della materia, per re in tegrarli nel pleroma celeste . In questa prospettiva, quindi , l' AT è opera di un Demiurgo arrogante , che in esso manifesta le prop ri e intenzioni malvagie nei confronti degli uomini , e dunque neces sa riamente suscita sospetto e diffidenza . Il valore dell'AT, in que sto contesto , è direttamente dipendente dal valore attribuito all'eco no mia demiurgica . A questo proposito , si registra all'interno dei diversi gruppi gno stici una variegata gamma di posizioni, non sempre riconducibili a ti pologie comuni , ma che comunque si situano tutte nello spazio com preso tra due poli estremi : quello marcionita, di netto e radicale ri fiuto del Dio creatore e della sua opera e , conseguentemente , del l'AT che ne è il riflesso ; e quello della grande chiesa, che riconduce l'AT all'interno dell'unica economia divina e gli riconosce un valore e una funzione propedeutici ai fini del conseguimento della salvezza. Tra i sostenitori delle posizioni più radicali vanno annoverati quei gruppi che negavano i n modo pressoché assoluto qualsiasi valo re alle profezie veterotestamentarie. È questo i l caso , per esempio, dei simoniani,8 del Basilide della notizia di Ireneo ,9 di Cerdone , 10 di Cerinto , 1 1 di Saturnino12 e di diversi altri ancora. Alla base di questa diffidenza profonda sta la convinzione che l'AT sia uno scritto falso, o meglio falsificato . Lo spirito profetico che dovrebbe avere parlato attraverso i libri dell'A T, infatti , non è che lo spirito del Demiurgo, lo spirito contraffatto di un principio sostanzialmente negativo, il quale non può trasmettere altro che falsità e menzogne , nel preciso intento di mantenere gli uomini lontani dalla verità e sottomessi al suo dominio . 13 Tra i testi di Nag Hammadi , questa posizione di rifi u to radicale è sostenuta, per esempio , dal Secondo trattato del Grande Seth (NHC VII , 2) , che esprime un giudizio durissimo , messo i n bocca al Rivelatore stesso Gesù , sui diversi protagonisti della storia veterotestamentaria, da Adamo , Abramo e i patriarchi fino ai re
Cf. IRENEO , A dv . h a er . 1 ,23 ,3 . Cf. Adv. h a er . 1 ,24 , 5 . Cf. IPPOLITO , Ref. 7 ,37 , 1 ; EPtFANIO, Panarion, haer. 4 1 , 1 ,6. 11 Cf. EPIFANJO, Panarion, haer. 28, 1 ,3 . 12 Cf. IRENEO , A dv. haer. 1 .24 . 3 . 13 Cf. G . FtLORAMO - C . GJANorro , «L'interpretazione gnostica dell'Antico Te· stamento. Posizioni ermene utiche e tecniche esegetiche,., in Aug, 22(1982), 53-74, spec . 56. ,•. ;
8
9 10
240
oavid e Salomone e ai profeti . Tutti costoro sono oggetto di derisio ne , perché contraffazioni della vera realtà celeste, opere dell'Eb dom ade, cioè del Demiurgo e zimbelli nelle sue mani:
i ..
,.
,.
«Oggetto d i derisione fu infatti Adamo, che fu formato dall'Eb domade sul modello di una figura umana contraffatta , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli ; noi siamo inno centi nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato. Oggetto di derisione furono Abramo , Isacco e Giacobbe , poiché essi , padri contraffatti , ricevettero il nome dall 'Ebdomade , come se fosse di venuto più forte di me e dei miei fratelli ; noi siamo innocenti nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato. Oggetto di derisione fu D avid , in quanto suo figlio ricevette il nome di Figlio dell'uo mo , sotto l'influsso dell'Ebdomade , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei compagni di stirpe . Ma noi siamo innocenti nei suoi confronti ; non abbiamo peccato . Oggetto di derisione fu Salomone , poiché pensava di essere Cristo , essendo diventato va naglorioso a causa dell'Ebdomade , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli. Ma noi siamo innocenti nei suoi confronti ; io non ho peccato. Oggetto di derisione furono i dodici profeti , poiché entrarono in scena come imitazioni dei veri profe ti . Essi furono così contraffatti a causa dell'Ebdomade, come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli . Ma noi siamo in nocenti nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato . Oggetto di derisione fu Mosè , un fedele servitore , che fu denominato "l'a mico" , poiché nei suoi confronti si rese una testimonianza empia ; egli non m i ha m a i conosciuto, n é l ui n é quelli prima di lui , da Adamo a Mosè a Giovanni il Battista, nessuno di questi ha cono sciuto me né i miei fratelli» . 14
All'estremo opposto si colloca , invece , una fonte copta , ritrova sul finire del XVIII secolo e resa accessibile al pubblico degli stu d i osi grazie ai lavori di Cari Schmidt, vale a dire la Pistis Sophia . 15 ta
1 4 NHC VII,2: 62 ,27-64 , 1 ; una traduzione italiana del trattato si trova in Testi gnostici, a cura di L. MoRALDI, Torino 1982 , 305-329. 1
�5
Cf. C.
SCHMIDT,
Coptica consilio et impensis Jnstituti Rask Oerstediani edita ,
1: P!Stis Sop hia , Hauniae 1925 ; tr. tedesca in C . ScHMIDT , Koptisch-gnostische Sch rif ten , 1 : D ie Pistis Sophia. Die beiden Bucher des ]eu. Unbekanntes altgnostisches
, 3 " ed izione rivista , per incarico della Kommission fiir spiitantike Religionsge �h�lchte der deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlinda W. TILL. Berlin 9�9; ripubblicazione del testo copto dell'edizione di Schmidt con traduzione inglese � fianco in V. McDERMOT , Pistis Sophia. Translation and Notes , (NHS 9) . Le ide n We k
M.97 8 ; t r. it. i n Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, a cura di M. ERBEITA , 1/1 , Casale onferra to 1975 , 368-5 1 5 ; e in Testi gnos tici , MORALDI, 473-743.
241
Secondo l'autore di questo trattato, attraverso i profeti e il salmist a (i soli testi dell'AT presi in esame) ha parlato lo spirito di Cristo , di quel rivelatore , cioè , che ora, alla cerchia dei discepoli raccolti i n torno a lui dopo gli eventi pasquali per ricevere la rivelazione defini tiva, comunica in modo aperto , senza parabole e senza enigmi , il senso profondo di alcuni salmi . Questi testi, infatti , alludono , in mo do però cifrato e di difficile comprensione per i non iniziati, al miste ro degli erramenti di Sophia, ora definitivamente svelato da Gesù . 16 Posizione piuttosto singolare questa della Pistis Sophia , uno scritto databile grosso modo nella seconda metà del sec. III e quindi , al me no secondo alcuni studiosi , tipico rappresenta nte di una fase di vera e propria involuzione del movimento gnostico , che tende a perdere i suoi tratti distintivi per dissolversi nella koiné dottrinale della gran de chiesa . Più sfumata e al tempo stesso più articolata , pur restando nell'ambito di un atteggiamento moderato, si presenta, invece , la posizione assunta dalla Lettera di Tolomeo a Flora , riportataci per intero da Epifanio . 1 7 Oggetto della lettera è precisamente la contro versa questione del valore da attribuire all'A T, e più specificamente alla legge mosaica. L'autore assume una posizione che si vuole inter media tra l'accettazione . acritica e senza riserve, propria dei cristiani della grande chiesa , e il rifiuto radicale proprio dei marcioniti. Alla base della sua teoria ermeneutica sta la convinzione del carattere composito dell' AT: «Per prima cosa, dunque , bisogna sapere che tutta la legge conte nuta nel Pentateuco di Mosè non è stata legiferata da uno solo: cioè non soltanto da Dio, ma vi sono alcuni precetti che sono stati stabiliti anche dagli uomini . Le parole del Salvatore ci insegnano che essa si divide in tre parti. Una parte si riporta a Dio stesso e alla sua legislazione , la seconda a Mosè (non in quanto per suo mezzo legiferava Dio, ma in quanto spinto da suo proprio pen sie ro anche Mosè ha stabilito alcuni precetti) , la terza agli anzi ani , perché si trova che anche loro hanno proposto particolari precetti. [ . . . ] A sua volta la parte che è legge di Dio si divide in tre part i : le gislazione pura non mescolata col male , che è chiamata legge in senso proprio e che il Salvatore è venuto non ad abrogare , be nsì a perfezionare (infatti non era estranea a lui la legge che egli pe rfe zionò , ma aveva bisogno di perfezionamento , perché era i mper-
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sr
Cf. G. FJLORAMO - C. GJANOTI'O, «L'interpretazione gnostica deli ' A T.. . Cf. Panarion, haer. 33 ,3-7; tr. 1t . in SIMONETI'I, Testi gnostici . . . , 267-28
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fetta) ; legislazione mescolata col male e con l'ingiustizia, che il Salvatore ha abrogato perché estranea alla sua natura; legislazio ne tipica e simbolica , legiferata ad immagine delle realtà spirituali e superiori : questa il Salvatore ha trasferito dall'ambito sensibile e apparente all'ambito spirituale e invisibile>> . 1 8
Attraverso questa serie di distinzioni , il corpus dell'A T perdeva l a sua compattezza monolitica e , scomposto in unità minori , diven tav a più facilmente manipolabile . Dato il carattere eterogeneo e co mpo sito dell'A T, anche il giudizio e le valutazioni di cui era fatto oggetto dovevano essere necessariamente diversificate : non si pote vano condividere né un'accettazione né un rifiuto in blocco , ma sol tanto un atteggiamento articolato che , operate le necessarie identifi cazioni , accoglieva alcune parti e ne rifiutava altre ; intendeva alla le ttera alcuni passi , mentre ne interpretava simbolicamente altri . In questo modo , abbandonando ogni rigidità eccessiva, tutte le difficol t à poste dall'interpretazione dell' AT potevano essere appianate . In particolare , ammettendo il carattere simbolico di alcune sue parti, si legittimava in sede teorica quella interpretazione allegorica che tan ta fortuna avrebbe avuto non soltanto in ambito gnostico , ma anche all'interno della grande chiesa (si pensi a Clemente , Origene e alla scuola alessandrina) . poi la parte simbolica , posta ad immagine delle realtà spiri tuali e superiori : parlo dei precetti stabili ti per le offerte , la cir concisione , il sabato, il digiuno , la pasqua, gli azimi e cose del ge nere . Tutte queste prescrizioni , che erano simboli e immagini , una volta manifestatasi la verità , sono state trasferite di significa to: sono state abrogate quanto all'apparenza e al la realizzazione corporea e sono state assunte secondo il significato spirituale , per ché i nomi restavano gli stessi ma cambiavano le realtà significa te>> . t9 «C'è
Il te sto , dunque, resta Io stesso , ma i significati cambiano: in q ue sto modo è possibile riconoscere un certo valore a realtà , istitu Zi_ oni e personaggi dell'A T, anche se essi sono stati di fatto totalmen te su perati dall'avvento di Gesù e della sua nuova rivelazione. Così facendo , n on si superava certo la dicotomia tra le due economie , che --18 19
n
r a rw.rion, haer. 33,4, 1 - 3 ; 5 , 1 -2 (tr. SIMONEm). Parw.rion, haer. 33,5 ,8-9 (tr. SIMONEm) .
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continuavano a restare contrapposte e rette da due regimi radi c a]. mente differenti ; ma, al tempo stesso , si ammetteva la possibil ità di un rapporto , benché minimo ed esilissimo, tra di esse . Questo att eg. giamento pi ù aperto e possibili sta nei confronti dell'AT compa re i n quei sistemi che in un certo senso rivalutano l'importanza del l'el e mento psichico accanto a quello pneumatico . È il caso , per esempio , del ramo italico della scuola valentiniana, rappresentato da Tolo. meo , autore della citata lettera a Flora, e da Eracleone . La riv aluta zione dell'elemento psichico comporta parallelamente un modo di verso di concepire la natura , le funzioni e lo stesso destino escatolo gico del Demiurgo ; e finisce poi per investire anche il giudizio sull' e conomia salvifica veterotestamentaria, che è lo scenario privilegiato precisamente dell'attività demiurgica. 20 Se ai racconti dell'A T (almeno in parte) è riconosciuto un signi ficato simbolico , sarà importante precisare quale sia il modello che detti racconti «significano» in modo figurativo . Si è detto che le real tà, le istituzioni , i personaggi dell'A T rimandano in modo simbolico ad altrettante realtà spirituali, inaugurate dall'avvento del Salvato re ; ma di quali realtà si tratta? Che cos'è che dà senso all'AT? È questo un problema che si pose a tutti gli interpreti della Scrittura che accettavano in qualche modo il principio ermeneutico dell'alle gori a , secondo il quale appunto il testo biblico rimanda a qualche cosa di diverso , di «altro» rispetto al senso immediato , letterale . Per i cristiani della grande chiesa questo «modello» che dava senso a tut to quanto l'A T era naturalmente rappresentato da Gesù e dalla sua vicenda, sia celeste (preesistenza, mediazione nell'atto creativo , ecc . ) sia terrena (nascita , morte e risurrezione) ; per gli gnostici , in vece , i quali , come si è detto , erano molto meno interessati alla vi cenda di Gesù nella storia , tale «modello» andava ricercato nei com plessi eventi pleromatici ed extra-pleromatici che avevano portat o ad una sorta di devoluzione del mondo divino , alla conseguente di spersione di sostanza luminosa nel mondo della materia , sottomesso al demiurgo , e al complesso processo di redenzione di tale sostanza ad opera del Salvatore ; in una parola, nel cosiddetto «mito gnosti co» che , pur nella sostanziale invarianza di struttura , assume le for me più diverse nei singoli sistemi dottrinali.
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Cf. FJLOKAMO
-
GJANO'JTO, «L'interpretazione gnostica dell'AT»,
58.
2 . 3 . Interpretazioni gnostiche dell'A'f'21 2.3. 1 . Interpretazioni allegoriche
Usiamo qui il termine di allegoria in senso ristretto , 22 ad indicare uel processo interpretativo che , partendo dal presupposto che il si q gnificato profondo dei testi biblici sia come nascosto dietro il velo del significato letterale , individua in ogni parola della Scrittura un ri m ando ad una realtà del mondo spirituale , attraverso associazioni e accostamenti di vario tipo . Non si tratta quindi soltanto di applicare il pas so dell' AT così com'è ad un referente diverso da quello presup posto dal contesto , ma di smontare , per così dire , il testo nei suoi va ri elementi , per individuare dietro ogni termine le relative corri spondenze . Questo metodo , molto diffuso nel mondo antico sia in ambienti pagani sia in ambienti giudaico-ellenistici e cristiani , è do cu m entato , per quanto riguarda lo gnosticismo , soprattutto dalla letteratura eresiologica. Citiamo un esempio, tratto dalla Megiile ap6phasis dei simoniani, riportata da Ippolito nelle sue Refutatio nes . Descrivendo la creazione di Adamo , assunta come prototipo della creazione di ogni uomo , sulla base del passo di Is 44 ,2 (<<Sono io che ti plasmo nell 'utero di tua madre») l'autore della Megiilè ap6phasis sviluppa una simbologia minuziosa, dove il paradiso è compa rato all'utero materno in cui Dio plasma ogni uomo: «Come e in che modo - egli dice - Dio plasma l'uomo? Nel para diso , come egli crede . Il paradiso , dunque , sia l'utero e che la cosa sta così insegna la Scrittura quando dice : "Sono io che ti plasmo nell'utero di tua madre" . Vuole infatti che questo sia il senso del passo. Mosè per mezzo dell' allegoria del paradiso ha significato l'utero , se bisogna prestar fede alla parola. Se Dio plasma l'uomo nell'utero della madre, cioè nel paradiso, come egli ha detto , il paradiso sia l'utero , Eden la placenta, il fiume che scorreva da Eden per irrigare il paradiso sia il cordone ombelicale . Questo,
21
S ul
�a dell 'A T» , in VetChr, 9( 1972) , 331-359 ; 10(1973) , 103- 126 ; A ltes Testament, Fruh problema in generale , cf. M.
SJMONEm ,
«Note sull'interpretazione gnosti
JUden tum, Gnosis, a cura di K . W . TRòGER, Giitersloh 1 980. 22 Il termine , infatti , viene anche usato in un'accezione più vasta, ad indicare no n ta nto una determinata tecnica i nt erp re t ativ a , quanto piuttosto un p re supposto
e rm���:e u tico di carattere generale : in quest'ultimo caso , e sso indica ge n e ri c a me n te o gnt hpo di interpretazione che colga, al di là del senso letterale del testo, un altro se nso (cf . l'etimologia del greco allegorein) . -• " ' " · '•
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egli dice , si divide in quattro capi: infatti , da ambedue le parti del corpo sono tese di lato le due arterie che portano il soffio e due vene che portano il sangue. 23
La descrizione prosegue minuziosa ad illustrare , sempre sul la scorta delle corrispondenze con la presentazione del paradiso ge ne siaco , l'intero apparato genitale femminile e le modalità con cui l a madre nutre il feto . Si osservi come le associazioni siano molto pre cise e ricercate fin nei minimi particolari , attraverso la scomposizio. ne del testo biblico nei suoi vari elementi . L'esempio citato non è che uno fra i tanti , e potrebbe essere affiancato da moltissimi altri. Tra le interpretazioni allegoriche si può ancora annoverare quella tipica della Pistis Sophia , cui si è già accennato , anche se bi sogna riconoscere che si tratta di un' allegoria tutta particolare , l a quale , per certi aspetti, si avvicina alla tipologia , ben nota nell'am bito della grande chiesa . Pistis Sophia riferisce alle vicende , prima dolorose (peccato , perdita delle prerogative divine , persecuzione da parte degli arconti , prigionia, ecc . ) e poi gioiose (liberazione , salvezza , reintegrazione nella condizione originaria all'interno del pleroma) di Sophia vari salmi (e alcune delle Odi di Salomone) , in terpretati figurativamente (rispettivamente salmi penitenziali e sal mi di ringraziamento) . 24 L'autore non si limita a citare per esteso i vari salmi; ma ne redige anche una parafrasi (che ricorda un po' le parafrasi targumiche) , introducendo una terminologia che orienta in senso specificamente gnostico il salmo stesso . I procedimenti tecnici che stanno alla base di questa operazione sono vari . Si va dall'introduzione di glosse , alla sostituzione di alcuni termini con altri , alle vere e proprie aggiunte al testo , e ancora ad altri inter venti redazionali di vario tipo : Ps 68, 8 (LXX) : «Sono diventato un estraneo per i miei fratelli» diventa nella parafrasi: «Sono diventato un estraneo per i miei fratelli , gli invisibili» . 25 Ps 24, 2 : «Non lasciare che i miei nemici mi deridan o>> diven ta n el la parafrasi: «Non lasciare che gli arconti dei dodici eoni, ch e mi odiano , si prendano gioco di me>>.26
23 lPPOLITO , Ref. VI , 1 4 ,7-8; tr. it. SIMONErn ; cf. FlLORAMO - GIAN OTTO , «L'in· terpretazione gnostica deli'AT», 64-65 . . a, cf. 24 Per un' analisi dettagliata dell'interpretazione dei salmi nella Pistis Sop hr A. KRAGERUD, Die Hymnen der Pistis Sophia , Osio 1967 . 25 Ed. C . SCHMIDT 1925 (cf. nota 1 5 ) , 53; 48. 26 Pistis Sophia, ScHMIDT 1925 , 82 ; 79 .
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Ps 129, 8: « E salverà Israele da tutte le sue colpe» diventa nella pa rafrasi: « E salverà tutte le potenze del chaos a motivo della mia trasgressione, poiché ho abbandonato il mio posto e sono scesa nel chaos».27
A lcune volte la parafrasi precede il salmo . In questi casi , il rap
p o rt o tra testo biblico e interpretazione è , per cosi dire , rovesciato . La parafrasi viene introdotta come un discorso pronunciato da Pistis
Sop hia e sono precisamente le parole di Sophia , cioè l' affermazione do ttr inale gnostica , ad essere presentate come mysterion , che ha bi so gno di essere interpretato , non il salmo , che invece viene introdot to come interpretazione , come soluzione delle parole di Sophia, quasi che queste potessero essere pienamente comprese soltanto al la luce della loro prefigurazione : «Pistis Sophia pianse molto. Pianse rivolgendosi alla Luce delle Luci che aveva contemplato fin dall 'inizio , nella quale aveva ripo sto la sua fiducia, e pronunziò questo discorso di pentimento di cendo . . . (Segue l'inno penitenziale di Sophia , che contiene l'e nunciato dottrinale gnostico , e si presenta come una parafrasi di Ps 68 . Al termine, prende la parola Maria e , rivolta a Gesù , dice: J Ascolta ora quello che io ti dirò a proposito del pentimento di So phia , che essa ha pronunciato raccontando del proprio peccato e di tutto quanto le era accaduto . La tua forza luminosa ha profeta to un tempo per bocca del profeta David nel salmo 68 . . . [Segue per intero il testo del salmo, che si pone in corrispondenza , verset to per versetto , con l'inno di pentimento di Sophia (parafrasi) . Dopo aver recitato il salmo , Maria esclama:] Signore , questa è l'interpretazione del mistero del pentimento di Pistis Sophia» .28
Altre volte , la parafrasi segue il salmo . In questi casi , il salmo viene introdotto come anticipazione , in forma velata, della rivela zio ne tra smessa dal Salvatore ; segue poi la parafrasi del salmo stes so, rip re so e spiegato versetto per versetto , con un procedimento che rico rda da vicino i pesharim di Qumran : «Giacomo si fece avanti e disse : "Mio Signore, a proposito dell'in terpretazione delle parole che tu hai detto la tua forza luminosa un tempo profetò per mezzo di D avid dicendo nel salmo 90 . . . ".
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Pistis Sophia, ScHMIUf 1925 , 77 ; 76. Pistis Sophia, ScHMiur 1925 , 46ss (c. 32).
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(Segue la citazione del salmo per intero. Giacomo, quindi , ri pren de la parola e dice :) Questa, o Signore , è l'interpretazione d elle parole che tu hai pronunciato . Ascolta , che io parlerò in modo chiaro . La parola che la tua forza ha pronunciato per bocca di D a vid : 'Colui che si trova sotto la protezione dell'Altissimo sarà sot to l'ombra del Dio del cielo' , significa che Sophia ebbe fiducia nel la luce ; essa fu sotto la luce del flusso di luce che è sceso dall ' a lto per mezzo tuo . E la parola che la tua forza pronunciò per bocca di David . . . [La parafrasi prosegue in questo modo per ciascun ver setto del salmo]».29
In ambedue i casi, comunque , l'atteggiamento nei confronti del la Scrittura rimane lo stesso : la parola dell'A T ha carattere profeti co, e quindi esprime la rivelazione in modo ancora germinale ; ad es sa si contrappongono le parole di Ge sù e le interpretazioni dei disc e poli , che sono invece rivelazione esplicita e diretta . Interpretazione prefigurativa dell'A T, dunque , e anche attualizzante , per il caratte re di esemplarità della vicenda di Sophia , che lo gnostico rivive nella propria esperienza . 30 2 . 3. 2 . Esegesi protestataria
L'espressione risale ad H . Jonas / 1 che in questo modo intende sottolineare il capovolgimento paradossale e aggressivo dei valori ti pico dell'esegesi gnostica, che fa assurgere al rango di eroi positivi certe figure , dal serpente a Caino , che l'A T invece presenta sotto il segno di una inequivocabile negatività . «Invece di adottare il siste ma di valori del mito tradizionale - scrive Jonas - cerca di provare la "conoscenza" più profonda rovesciando le parti trovate nell'origina le di buono e cattivo , sublime e vile , benedetto e maledetto . Non tenta di dimostrare consenso , ma, sovvertendo in modo clamo roso , tenta di scuotere il significato degli elementi della tradizione più sal damente stabiliti e di preferenza maggiormente venerati . Non può passare inosservato il tono ribelle di questo tipo di allegoria, ed essa perciò esprime la posizione rivoluzionaria che lo gnosticismo occupa
29
Pistis Sophia , ScHMIDT 1925 ,142ss (c . 67) . Dichiarazione esplicita i n Pistis Sophia , libro I l , c. 1 00 : (ScHMIDT 1925 : 247253 ) . Sul problema più generale dell'interpretazione dell'A T nella Pistis Soph 1a , cf. FILORAMO - GIANOTTO , «L'interpretazione gnostica dell'AT» , 65-69. . un 31 H. J o NA S , Gnosis und spii.tantiker Geist, 1: Die mythologische Gnosis, G ot · gen 1934 , 2 19ss; l o . , Lo gnosticismo, Torino 1973 , 106- 1 12 . . . 30
.
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32 ne l la tard a cultura classica». L'esempio che pre se n t i a mo è t ratto dal t rattato La testimonianza veritiera , del cod . IX di Nag Hammadi .
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«(45,23) Sta scritto nella Legge a questo proposito, l quando (si dice che) Dio ordinò ad Adamo: l (25) "Puoi mangiare l da ogni albero, ma l da quello che si trova in mezzo l al paradiso non man· giare , l perché il giorno in cui ne mangerai l (30) sicuramente mo· rirai". l Ora il serpente era il più astuto l (46 , l) di tutti gli esseri vi· venti l che ci fossero nel paradiso, e l convinse Eva, dicendo : l "Il giorno in cui mangerete l (5) dall'albero che si trova nel mezzo l del paradiso, l gli occhi del vostro cuore si apriranno" . l Ed Eva gli diede retta l e allungò la mano , l ( lO) prese dall'albero (un frutto) , l (lo) mangiò e ne diede insieme anche l a suo marito. Ed imme diatamente l si accorsero di essere nudi; l e presero alcune foglie di fico l ( 1 5 ) e se ne cinsero . Ma ecco che , l sul far della sera , Dio venne l a passeggiare nel mezzo l del paradiso . Quando l Adamo lo vide , si nascose . l (20) (Dio) disse : "Adamo , dove sei?" l Quel lo rispose dicendo: l "Sono venuto sotto l'albero di fico" . l E in quel preciso momento l Dio seppe che aveva l (25) mangiato dal l'albero l a proposito del quale gli aveva ordinato: "Non mangiar ne" l Allora disse : "Chi è l (47 , 1 ) che ti ha istruito?". E Adamo rispose : l "La donna che t u m i l hai dato" . E l a donna disse: l " È il serpente che mi ha istruita" . l (5) (Dio) allora maledisse il serpen te l e lo chiamò diavolo . l E (poi) disse : " Ecco , Adamo l è diventa to come uno di noi , l sì da conoscere il male l ( lO) e il bene" . Allo ra disse : / " Cacciamolo dal paradiso , l perché non prenda (anche) l dall'albero della vita, ne mangi l e viva per sempre" . Di che tipo l . ( 1 5} è dunque questo Dio? Innanzi tutto , egli l era invidioso di ' Adamo, (per timore) che l potesse mangiare dall'albero della co noscenza . l In secondo luogo, ha chiesto: "Adamo, dove sei?"; l (20} quindi , Dio non possiede / la prescienza , vale a dire non sa fin dall'inizio (come andranno le cose) . / E infine ha detto: "Cacciamolo l fuori da questo luogo l (25) perché non possa mangiare dall'albero della vita e l (così) vivere per sempre" . l Senza dubbio, in questo modo si è smascherato , l dimostrando di essere un Dio ma ligno l (30) e invidioso. Allora l (48 ,1) che razza di Dio è questo? l Grande è , infatti , la cecità l di quanti leggono e (tuttavia) non / lo conoscono . Egli ha detto : l (5) "Sono il Dio geloso . Porterò l i peccati dei padri sui figli l fino a tre (e) quattro generazioni" . l E ha detto (inoltre) : "Renderò spesso l il loro cuore e accecherò l (10) il loro intelletto , in modo che l non possano intendere l né ' �:-· .. :
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----- . ,, . . ., 32 JONAS, Lo
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flldtlicismo, 108. 249
comprendere le cose l che sono dette" . Ma queste cose / le ha det. te per quanti credono in l ui l (15) e lo servono. Ed è (ancora) Per quanti l egli possiede nella sua discendenza l che Mosè , scriv e n do in un passo, l ha reso il serpente diavolo. l In quell'altro libro , inti tolato l (20) "Esodo " , sta scritto così : l "Ha combattuto contro 1 i maghi , quando il luogo era pieno l di serpenti secondo la loro m a). vagità , l e il bastone che era nell a mano di Mosè l (25) divenn e un serpente , e divorò l i serpenti dei maghi" . Inoltre l sta scritto: 1 "Fece un serpente l di bronzo e lo appese ad un palo l (49 ,1) [ . . . ] che l [ . . . ] e l [ . . . ] poiché colui che alzerà lo sguardo l verso questo serpente di bronzo, l (5) nessuno lo potrà corrompere , e col ui che l crederà in questo serpente di bronzo l sarà salvo ; esso , infatti è Cristo. l Quanti credono in lui l hanno ottenuto la vita , e quan ti 1 (10) non credono moriranno. Che cos'è , l dunque , questa Fede? Essi non servono l [ . . . )>> . 33
La citazione del passo genesiaco (Gen 2,16-3 ,23) presenta, ri spetto al testo biblico , alcune varianti , la cui intenzionalità e i cui obiettivi appaiono immediatamente evidenti alla luce dell'argomen tazione e s e g e tica che l'autore sviluppa nel commento . Il discorso è organizzato intorno a due punti: il primo riguarda la vera identità del Dio creatore dell' AT; il secondo la prefigurazione , attraverso la figura del serpente , del Cristo rivelatore e portatore della salvezza. In ambedue i casi , si assiste ad un radicale capovolgimento dei valori sottesi al racconto biblico . Dall'analisi del passo che ha citato , e che intende in senso letterale , l'autore desume tre caratteristiche negati ve del Dio creatore , che elenca nell'ordine : innanzi tutto , si tratta di un Dio invidioso, perché ha vietato ad Adamo di mangiare dall'al bero della conoscenza (Gen 2 , 17) ; in secondo luogo , è un D i o igno rante, perché con la domanda «Adamo , dove sei?» (Gen 3 ,9) ha di mostrato di non sapere effettivamente dove questi fosse ; infine , cac ciando Adamo dal paradiso perché non mangiasse dall'albero dell a vita e non potesse così vivere per sempre , si è rivelato un Dio mali gno e invidioso . In appoggio e a conferma di questa interpretazione del racconto genesiaco della trasgressione di Adamo , sono citati al tri due passi dell'A T: Es 20,5, dove Dio stesso afferma di essere u� Dio geloso, e Is 6 , 10, dove si rivela la mancanza di misericordia dJ
33
NHC IX/3 : 45,23-49, 1 1 ; d. C. GIAN<Jft'Q ,
1990, 1 08-109.
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La �a veritiera, Brescia ·�� ,' l.·��, ;.
pio , il suo rancore e la sua volontà di mantenere gli uomini nell'i gnor anz � . La cttaztone d"1 un versetto attn" b mto a Mose' ( « E gl 1" h a fatto 1· 1 serpe nte diavolo» : 47, 17) , che però non trova riscontro nella Scrittu ra , anche se , verosimilmente , rimanda a Gen 3 , 14-15 così come letto nel corso della lunga citazione del brano genesiaco sulla trasgressio ne d i Adamo («E maledisse il serpente e lo chiamò diavolo>> : 47 ,4-5) , introducendo il tema del serpente , serve da transizione alla se conda parte dell' argomentazione , quella appunto dedicata a de crit tare il significato simbolico di questa figura . Il passo di Gen 3, 141 5 c he , secondo la lettura del nostro autore , connoterebbe negativa m ente la figura del serpente , identificandolo con il diavolo , viene presen tato come un espediente messo in atto dallo stesso Dio crea tore per mantenere , con l'inganno , i propri seguaci nell'ignoranza ; in questo modo , la sua carica negativa risulta neutralizzata. Si passa, quindi , a citare alcuni passi dell'AT che presentano il serpente come figura positiva: innanzi tutto , l'episodio di Es 7 , 1 1 - 12 , dove il basto ne di Aronne (qui di Mosè) si trasforma in serpente e divora i ser penti dei maghi ; in secondo luogo, quello del serpente di bronzo di Nm 21 ,9 , che viene innalzato e salva la vita di quanti lo guardano ; infine , probabilmente sulla scorta di Gv 3 , 14, che già aveva istituito un rapporto tipologico tra l'innalzamento del serpente di bronzo di Mosè e l'innalzamento del Figlio dell'Uomo sulla croce , il serpente viene identificato con Cristo . È probabile che il commento conti nuas se, ma , a questo punto, il testo si interrompe (mancano circa due terzi della p . 49 del codice) . ·
·
2 . 3.3. Riscrittura dei racconti b iblici
È questo un tipo di reinterpretazione che , tra i testi di Nag Ham m ad i , si ritrova sopratutto nei trattati del cosiddetto «gruppo sethia n o» , i quali presentano una rilettura in chiave gnostica dei racconti biblici della creazione del mondo e dell'uomo. Il testo biblico , in q uesti ca si , non è più direttamente riconoscibile nella sua organizza ZI_ One originaria , ma è completamente rifuso all 'interno d i un nuovo r acc ont o , che pretende di essere il «vero» racconto, che integra , cor regge e completa quello biblico, considerato una falsificazio ne. 34 -.34
Il procedimen to d1 riscrittura dei racconti biblici era noto anche alla tradizioERMES , Scripture and Tradition. Haggadic Studies, p arte 2": «The
Re &JUdaica ; cf. G . V
ewntten Bib le» , Leiden
1 % 1 , 67-1 26.
25 1
Presentiamo qui il racconto della creazione dell' uomo secondo l'Apocrifo di Giovanni, che ha inizio come reazione del mondo p ie. romatico all'autoesaltazione del Demiurgo. Questi , infatti , nella sua ignoranza , si ritiene superiore a tutti e lo proclama con orgoglio (cf. l'esegesi gnostica di Is 40 , 6) . Ma l'autoesaltazione demiurgica vie ne messa in crisi da una voce dall'alto , che proviene da Sophia e ha la funzione di ricordare al Demiurgo l'esistenza di una realtà a lu i su. periore , di quell'uomo primordiale che si porrà poi come mo dell o dell'operazione antropogonica : «Una voce venne dall'eone celeste superiore: "Esiste l'Uomo e il Figlio dell'uomo" . All 'udirla, il protarconte Ialdabaoth pen sò che la voce fosse quella di sua madre , ma non sapeva da dove venisse . E il metropatore santo e perfetto , pronoia perfetta e immagine dell'Invisibile , che è il Padre del tutto grazie al quale tutto è v enu to all'esistenza , uomo primordiale , fece sapere agli arconti che egli aveva manifestato la sua somiglianza sotto una forma uma n a. E l'eone del protarconte tremò tutto quanto , e le fondamenta de l l'abisso furono scosse , e attraverso le acque che sono sopra la ma teria la parte inferiore fu illuminata da una apparizione della sua immagine che egli aveva manifestato . Essendosi protese , tutte le potenze e il protarconte videro che tutta la p arte del lato inferiore era illuminata e , grazie alla luce , videro nell ' acqua la figura del l'immagine . E laldabaoth disse alle potenze che stavano accanto a lui: "Suvvia , facciamo un uomo ad immagine di Dio e a nostra so miglianza , affinché la sua immagine diventi luce per noi'' . Ed essi procedettero alla creazione per mezzo delle loro potenze , associa· te secondo i tratti distintivi che erano stati loro attribuiti , e ciascu na potenza impresse un marchio caratteristico sulla figura dell' im magine intravista , mediante una sorta di contraffazione psichica. Ialdabaoth creò un essere a somiglianza dell'uomo primordiale e perfetto. Ed essi dissero: "Chiamiamolo Adamo , affinché il suo nome diventi per noi una potenza luminosa" . E le potenz e si mi se· ro all'opera [ . . . ]. La moltitudine degli angeli si presentò dava nti a _ Ialdabaoth . Essi ricevettero dalle potenze i sette supporti d ell'a m n mazione , per regolare l'incastro delle membra e la coord inazi o e degli organi , come pure l'assemblaggio ordinato di cia scun m em bro [ ] . Gli angeli collaborarono tutti all'opera , finch é non por tarono a compimento , membro dopo membro , il corpo psichi co e il corpo ilico [ ] . Il loro prodotto, tuttavia , rimase to t alm e n te inattivo e inerte per lungo tempo . Desiderosa di recuperar e la P0: tenza che aveva fornito al protarconte , la madre (Sophi a) im pl oro il metropatore del tutto, padre misericordioso . Questi i nviò : sei c ondo il suo piano, i cinque illuminatori sul luogo degli ange h de . . .
. . .
252
protarconte ; essi gli fecero capire che portavano la potenza della madre e dissero a Ialdabaoth : "Soffia sul suo volto un po' del tuo soffio , e il suo corpo si alzerà" . Egli soffiò sul volto di Adamo il suo soffio , che è la potenza di sua madre ; ma questo, lui (Ialda baoth) non lo sapeva , essendo nell'ignoranza . E la potenza della madre uscì da Ialdabaoth e penetrò nel corpo psichico che essi avevano costruito sul modello dell'immagine dell'uomo primor diale . Il corpo si mosse , pieno di energia e di luce [ . . . ] . Chinandosi su di lui , essi si resero conto che il suo pensiero era sublime ; e ten nero consiglio con la moltitudine degli arconti e degli angeli. Pre sero del fuoco , della terra e dell'acqua, li mescolarono insieme e con i quattro venti di fuoco , e li amalgamarono i . nsieme , facendo una grande confusione . E trasferirono Adamo nell'ombra della morte per procedere a riplasmarlo a partire dalla terra , dall'ac qua , dal fuoco e dal soffio , vale a dire dalla materia , dall'ignoran za della tenebra, dal desiderio e dal loro l>pirito contraffatt0>> .35
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Come si vede , del racconto genesiaco resta ben poco ; neppure l'impianto generale è più riconoscibile . All'autore interessa cipro porre un nuovo racconto della creazione dell 'uomo , che ricostruisce sì a partire dal modello biblico , ma con molta libertà, conservando ne solo alcuni elementi narrativi , destinati peraltro a mutare di signi ficato nel nuovo contesto . I riferimenti espliciti al testo biblico sono in effetti soltanto due : Gen 1 ,26 («Facciamo l'uomo a nostra imma gine , come nostra somiglianza>>) e Gen 2,7 («Allora il Signore Dio modellò l'uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l 'uomo divenne un essere vivente») ; tutto il resto, dal tema della voce dall'alto a quello dell'epifania luminosa, dalle tre fasi del processo antropogonico (l'uomo primordiale , di origine pleromatica, come modello ; creazione della contraffazione psichica del modello stesso ; plasmazione dell'uomo materiale dai quattro elementi) al motivo dell'invidia delle potenze , è estraneo al racconto genesiaco e rappresenta uno sviluppo dottrinale tipicamente gnosti co . In sere ndo nuove unità narrative e utilizzando particolari proce dimen ti stilistici e formali , l'autore persegue uno scopo preciso , que llo di ricostruire il vero mito delle origini . 36 --
I I , 1 : 14, 13-2 1 , 1 0 . Una traduzione italiana dell'Apocrifo di Giovill'll'l i , si �� :�NvarHC e in Gli Apocrifi del NT: ERBETIA , 160-183 ; e in Testi gnostici: MORALDI , 35
-
FILo 36
Cc.
RAMo,
FILoRAMO - GIANOTIO , «L'interpretazione gnostica dell'AT» , 69-73 ; G . L 'a nesa deUa f�r�e. Storia della gnosi, B ari 1 983, 139-158.
253
2 . 4 . Interpretazioni gnostiche del
NT
Il lavoro di interpretazione del NT da parte degli gnostici è in tenso , e precede quello degli esegeti della grande chiesa . Sappi amo da Eusebio37 che Basilide aveva composto 24 libri sui Vangeli ; c i so . no giunti numerosi framme n ti di un commento al Vangelo di G io vanni ad opera del valentiniano Eracleone , a conferma della p re di lezione dimostrata dagli gnostici per questo Vangelo ; ma anche i si nottici non erano affatto trascurati. 38 L'esegesi paolina nel II secolo è essenzialmente esegesi gnostica . Gli gnostici si richiamano a Paolo per la loro antropologia, la loro cristologia, la loro teologia s acra mentaria. 39 I valentiniani fanno delle lettere paoline una delle fo nti primarie della loro teologia, al punto da causare un grave imba razzo nei cristiani della grande chiesa . 40 Tra i numerosissimi esempi di ese gesi gnostica del NT che si potrebbero citare , abbiamo scelto alc uni versetti del Prologo del IV Vangelo (Gv 1 ,3-4) nell'interpretazione di tre autori valentiniani . 2. 4. 1 . Eracleone
Eracleone, che, insieme con Tolomeo , è il più noto rappresen tante del ramo italico della scuola valentiniana, fu autore , intorno alla metà del II secolo d . C . , di quello che con ogni probabilità va considerato come il primo commento al Vangelo di Giovanni . Di quest'opera sono giunti a noi 5 1 frammenti, 48 dei quali riportati da Origene nel suo Commento al Vangelo di Giovanni a scopo di confu tazione , e i tre restanti tramandati da Clemente d'Alessandria e da Fozio . 41 Riportiamo qui i due frammenti relativi a Gv 1 ,3-4: 37 Hist. ecci.
IV ,7 7 Si veda in proposito C . TuCKETI, Nag Hammadi and the Gospel Tradition, E d in b u rgh 1986. 39 Cf. , per e s em pio IRENEO, Adv. h aer 1 ,8,3; IPPOLITO, Ref VI,34-35 ; Exc. ex Theo d. 22 , 1 -5 ; 48 2 ; 67 , 1 ( antropologia) ; Exc . ex Theod. 35 , 1 (cristologia ) ; Exc. ex Theod. 22, 1 - 5 ; 80 ,3 (te o l . sacramentaria) ; si veda in P �9.Posito E. PAGELS , The Gn o· stic Paul. Gnostic Exegesis of the Pauline Letters , Plll ladelphia 1975 . Ent: 40 Cf. IRENEO , Adv. h aer 4,41 ,4. Secondo H. v N CAMPENHAUSEN , Die s teh ung der chri.�tlichen Bibel, Tii bi nge n 1 968, 1 69-17 . 207-21 3 , le epistole pas tora • sarebbero state composte preci sa m e n t e per co n fe ri re a 'i nsegnamento di P�ol o q u j u l'immagine di cui la grande ch i es a aveva bisogno per c battere lo gn o stica smo . _ problema più gene ra l e della ricezione di P aolo nel I seco o. Cf. A. LtNDEMAN.N � PaUn lus im altesten Christentum. Das Bi/d des Ap ostels und die ezeption der pau lmtsch ; Theologie in der friihchristlichen literatur bis Ma rcion , Tiibi en 1 979; E. D ASS e Der Stachel im Fleisch. Paulus in der frUhchristlichen L iteratu is lreniius, Muns 1979 . Ep 41 CLEMENTE ALEssAN D RINO, Ecl. proph. 35, 1 ; ID. , Strom. 4,71-72; fo ZJO, ,
38
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, , «Ritengo che in maniera forzata e senza appoggio di testimonian ze Eracleone, discepolo di Valentino , spiegando Tutto è stato fatto per suo mezzo (Gv 1 ,3) abbia interpretato tutto riferendolo al mondo e a ciò che in esso è contenuto ed escludendo - secondo la sua ipotesi - le realtà superiori al mondo e a ciò che in esso è con tenuto . Dice infatti che né l 'eone né ciò che è contenuto nell'eone è stato fatto per mezzo del Logos , perché crede che tutto ciò è sta to creato prima del Logos. In maniera ancora più impudente , esa minando E senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3) , senza tener conto dell'ammonimento Non a ggiunger nulla alle sue parole per non essere ripreso e ritrovarti bu giardo (Pr 30,6) , a nulla aggiunge delle cose nel mondo e nella creazione . Poiché è evidente che la sua interpretazione è forzata e contro l 'evidenza, se esclude da tutto le realtà da lui credute divine e crede che tutto indichi pro priamente la realtà destinata alla totale corruzione , non dobbia mo perdere tempo a confutare queste affermazioni che rivelano di per sè la loro assurdità . Così , p.es. , dove la Scrittura dice : Senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3), egli senza sostegno scritturistico aggiunge delle cose nel mondo e nella creazione. Sono espressioni che non appaiono persuasive e pretendono di esser credute alla pari dei profeti e degli apostoli che con autorità e senza dover ren der conto a persona hanno lasciato ai loro discepoli e ai loro po steri scritti salutari . Eracleone intende in maniera particolare anche Tutto è stato fatto per suo mezzo (lo l ,3) e dice che quegli che ha offerto al Demiurgo la causa della creazione del mondo , cioè il Logos , è colui non dal quale (ou tòn aph 'hoii. è y ph 'hoii.) ma per mezzo del quale (tòn di'hoii.) sono state fatte tutte le cose , inten dendo l'espressione in maniera diversa dall'uso comune . Se infatti le cose stessero come egli pensa, avrebbe dovuto esser scritto che tutte le cose sono state fatte dal Logos per mezzo del Demiurgo , e non invece dal Demiurgo per mezzo del Logos. Io , interpretando per suo mezzo alla maniera consueta, non ho lasciato senza soste gno la mia interpretazione . Invece Eracleone , oltre a non trovar conferma nelle sacre Scritture per la sua interpretazione , dà l'im pressione di aver sospettato la verità e di essersi a lei opposto spu do ratamente. Infatti dice: "Non il Logos agiva per spinta di un al�
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�� (PG 101 ,984 C) . Tra
gli studi più recenti , segnaliamo M. SIMONEITI , « Eracleone e VetChr, 3(1966) , 1 1 1- 141 ; 4(1967) , 23-64 ; E . H . PAGELS , The Johannine
n e ne , in _» g
Gosp el rn Gno p stic Exegesis. Heracleon's Commentary on John , Nashville 1973 ; J . - M . s OFfET , L a méthode exégétique d'Héracléon e t d'Origène commentateurs de J n 4: Jé Samaritaine et /es Samaritains , Fribourg 1985 . Una traduzione in lingua italiana ra l_ll m e n i di Eracleone si trova in 0RIGENE, Commento a l Va ngelo di Giovanni , a ra d1 E. CoRSINI , To rino 1968 e in SIMONEITI , Testi gnostici . . . , 223-267 .
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255
tro , sì che così si intenda per suo mezzo ; ma spinto da lui un agiva"» (Origene , In lo 1 1 , 1 4).
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«In maniera quanto mai fonata Eracleone , giunto al passo Ciò che fu fatto in lui era vita (lo l, 4) , ha inteso in lui nel senso di per gli uomini sp irituali, ritenendo cioè che il Logos e gli spirituali si a no la stessa cosa, senonché neppure questo ha detto apertamente . E come per spiegare dice : "Il Logos infatti ha dato agli spiritu al i la prima formazione, quella secondo la nascita (katà tèn ghénesin ) , portando e rivelando a forma illuminazione e delineazione pro pria i germi seminati da un altro "» (Origene , In lo II,2 1 ) . 42
In questi due frammenti , Eracleone affronta il problem a d elle funzioni e delle attività del Logos. Mancano espliciti riferimenti alle vicende del mondo pleromatico o al mito di Sophia; l'esegeta gnosti co riferisce l'espressione di Gv 1 , 3a («Tutto è stato fatto per suo mezzo») alla creazione del mondo materiale , che però non è attri buita direttamente al Logos, ma a lui come causa prima attraverso l'opera del Demiurgo ,43 e fino a questo punto la sua es e gesi non si discosta apparentemente da quella della grande chiesa . Le divergen ze cominciano con l'interpretazione di Gv 1 ,3b («Senza di lui nulla è stato fatto») , che Eracleone intende in senso limitativo ( = n ull a «delle cose nel mondo e nella creazione») , mentre Ireneo , per esem pio , insisteva sul carattere onnicomprensivo e universale dell'affer mazione giovannea (cf. A dv. haer. I , 22, 1 : «Da questo "tutto" nulla è escluso»; questo è quanto sostiene anche Origene nella sua confu tazione di Eracleone : cf. fr. 1). Nell'ambito di attività del Logos, dunque , secondo Eracleone rientrano soltanto le realtà materiali e corruttibili , mentre ne sono escluse quelle propriamente pleromati che ; egli specifica , infatti , che il plé roma e quanto esso contiene non fu fatto per mezzo del Logos , ma esisteva già prima di lui . Il versetto di Gv 1 ,4 (che viene letto in connessione con 1 ,3c: «Ciò che fu fatto
42
Frammen ti
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e 2; tr. SIMONEm
( Testi
nostici
. . . , 223-225).
do sensibile e ra stato crea to dal Lo gos el Demiurgo (dia = causa strum en a · le) . Eracleone . come Origene non manca di fa gli osservare , è costretto a forzare l _ u 5110 so corrente dei termini per armonizzare il test giovanneo (che , usando a prop<J e la dell 'attività creat rice de l Logos la preposizion dia , gli attribuisce i m plici tam e n funzione di causa strumentale) con la dottrina v entiniana e a precisare , in mo ' ntesa la particol are str u !D elll a . dire il vero , piuttosto acrobatico . come debba e sse tà del Logos, che agl non spinto dal Demiurgo , bensì spingendo il De mi urg� , m q u d t to gli aveva fornito la dynamis necessaria alla sua opera ; per una di scussio ne J) gliata della q ues tio n e , cf. A. 0RBE, En los albores de la exegesis iohann ea (Joh. · · Roma 1 95 5 , pp . 166-273 ; SIMONEm , « Eracleone e Origene 1», 1 1 8- 1 22.
43 Secondo la dottri na valentiniana , il m (hyp6, ap6 = causa efficiente) per mezzo
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256
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in lu i era vita») è interpretato in termini di manifestazione cosmica dell a vita . In questo contesto , l'espressione «ciò che fu fatto in lui» (en a uto-i) è intesa in riferimento agli uomini spirituali , in contrap posizi one a «ciò che fu fatto per mezzo di lui» (di'autou) , inteso in vece in riferimen to al mondo sensibile . La vita di cui parla il testo gi ovann eo non è , dunque , secondo Eracleone , quella che caratteriz za tu tti i v iventi , ma uno speciale do n o di na tura divina , del L ogos ; q uesta vita non è propria di tutti gli uomini, ma di alcuni soltanto , gli spiri tuali, i quali godono di un rapporto privilegiato con il Logos stess o. Origene , cosciente delle implicazioni soteriologiche di questa inte rpretazione del versetto giovanneo, critica violentemente l'ese gesi del suo avversario gnostico , accusandolo di proporre una teoria dete rministica della salvezza, riservata ai soli spirituali (che l'Ales sandrino identifica senz'altro con il Logos , forzando un po' i termini stessi dell'affermazione di Eracleone ), senza per altro offrire con crete prove scritturistiche , ma ostinandosi soltanto a far dire al testo giova nneo cose che questo espressamente non dice . I l principio ermeneutico d i fondo che guida la lettura d i Eracleone è dunque costituito da quello che sinteticamente potremmo chiamare il «mito gnostico» , di cui egli cerca le tracce e che vuole legittimato dalla S crittura. E questo principio vale per tutta l' esegesi gnostica. Come è noto , gli gnostici , e in particolare i valentiniani , ammettevano la possi bilità di interpretare uno stesso passo della Scrittura in riferimento a di versi livelli di realtà : quella pleromatica , quella extra-pleromatica (ké nc>ma) e infine quella cosmica . Eracleone dedica il suo commento ad interpretare il Vangelo di Giovanni in riferimento al livello cosmico di realtà, 44 e privilegia quindi gli aspetti antropologici e soteriologici del mito gnostico (si pensi solo al suo ampio e articolato discorso sulle tre nature , obiettivo privilegiato degli attacchi polemici di Ori gene ) , l a sciandone in ombra quelli più propriamente teogonici e cosmogonici , che invece sono al centro dell'attenzione di altri commenti valentiniani agl i ste ssi � ersetti del IV Vangelo. ,
2. 4. 2 . Tolomeo
U na diversa esegesi degli stessi versetti di Gv 1 ,3-4 ci è stata tra mand ata sotto il nome di Tolomeo da Ireneo (Adv. haer. 1 ,8,5-6) . « Tutto è stato fatto per suo mezzo e senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3) : infatti per tu tti gli eoni dopo di lui il Logos è stato causa ------n
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Nella stessa prospettiva di Eracleone si muove l'� tli ToLOMEO U e a su a Lettera a Flo ra (in EPIFANIO , Panarion, IIGatlt' �llo4a� 1:.. 44
257
formazione e generazione . E ciò che è stato fatto in lui è vita (� 1 ,4) : qui (Giovanni) ha manifestato anche la sizigia: infatti ha det to che tutte le cose sono state fatte per suo mezzo , e invece la vit a in lui . Questa perciò che è stata fatta in lui gli era più affine (01• keiotéra) delle cose fatte per suo mezzo: sta infatti insieme con Iu 1 , e per suo mezzo porta frutti . Infatti, poiché h a aggiunto: E la vita era la luce degli uomini (Gv 1 ,4) , nominando l'uomo, insieme con l'uomo con lo stesso nome ha manifestato anche la chiesa, per di mostrare con un sol nome la comunanza della sizigia: infatti d al Logos e dalla vita nascono uomo e chiesa. Ha definito la vita l uce degli uomini perché essi sono illuminati da lei , cioè sono for mati e manifestati . Questo dice anche Paolo: Tutto ciò che è manifestato è luce (Ef 5 , 1 3)».45 di
La chiave di lettura del testo evangelico , che permette di coglier ne i significati profondi , nascosti sotto il velo della lettera , è qui for nita da quella parte del mito gnostico relativo alle vicende svoltesi all'interno del pléroma celeste . L'attività creatrice del Logos (Gv 1 ,3) è riferita alla formazione degli eoni (che erano invece stati espli citamente esclusi dalla sfera d'azione del Logos nel fr . l di Eracleo ne) , e anche l'enunciato di Gv 1 ,4 , che in Eracleone aveva connotati antropologici , è inteso in riferimento alla sizigia pleromatica di Lo gos-vita. È dunque il livello pleromatico di realtà che fa da sfondo a questa seconda interpretazione valentiniana dei versetti del Prologo giovanneo . 2. 4. 3. Teodoto
Teodoto è uno dei rappresentanti del ramo orientale della scuola valentiniana. Sotto il suo nome ci è giunto , tra le opere di Clem ente Alessandrino , un complesso di citazioni frammentarie, infram mez zate in certi casi da osservazio 1 di Clemente stesso, dal tit olo: Estratti dalle opere di Teodoto e ella scuola detta orientale all'epoca di Valentino , noto anche come E cerpta ex Theodoto . I mat erial i so: no molto eterogenei, e la loro spe ifica attribuzione a Teo doto non e sempre attendibile . Si tratta co nque di dottrine genericam en t e valentiniane , che in diversi punti ncordano con quanto noi co no -
45
258
Tr. di
SJMONETI1
( Testi gnostici . . , 283) . .
sciamo del valentinianesimo da altre fonti . Ritroviamo anche qui un acce nno a Gv 1 ,3 , interpretato in una maniera ancora diversa , sia ri spetto a Eracleone sia rispetto a Tolomeo : · '
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«Allora il Salvatore subito le (a Sophia) apporta la formazione secondo la gnosi e la guarigione dalle passioni , mostrandole a partire dal Padre ingenerato le cose del Pleroma e quelle fino a lei. Avendo separato le passioni in preda alle quali essa si trovava, la rese priva di passioni ; quanto alle passioni , avendole distinte , le custodì : e non furono disperse come quelle di colei che stava al l'interno del Pleroma, ma egli ridusse a sostanza esse e anche quelle della seconda disposizione (diathesis) . Così per la manife stazione del Salvatore , Sophia diventa libera dalle passioni e sono create le cose di fuori: infatti per suo mezzo tutto è stato fatto e se n za di lui niente (Gv 1 ,3) . Per prima cosa travasò e trasformò questi elementi da passione incorporea e accidentale in materia ancora incorporea , poi allo stesso modo in combinazioni e corpi (infatti non era possibile rendere subito le passioni sostanza) ; e introdus se nei corpi una proprietà secondo natura . [ . . . ] Quanto al Logos, che era nel Principio (cioè nell'Unigenito , nell'Intelletto [now) e nella Verità [aletheia] ) , Giovanni lo indica come Cristo , Logos e Vita (zoe) ; per cui conseguentemente defi nisce Dio anche questo , che è nel Dio Intelletto . Ciò che fu fatto in lui (nel Logs) era Vita (la consorte (syzygos]) (Gv l ,3-4) : per questo il Signore dice: Io sono la Vita (Gv 1 1 ,25)».46
La chiave di lettura del versetto giovanneo è qui fornita dalle vi cende extra-pleromatiche di Sophia . Il contesto è rappresentato dal l'at tività del Salvatore , inviato dal pléroma nel kénoma per collabo rare alla salvezza dell'eone espulso . Il primo atto compiuto consiste nella separazione di Sophia dalle sue passioni e nella sua formazione se condo la gnosi ; in seguito , il Salvatore procede alla trasformazione di quest e passioni in materia incorporea , in sostanza composita e in fine in corpi . In questo caso tà pimta di Gv 1 ,3 non si riferisce più agl i eon i del pléroma , ma alle «cose di fuori», le realtà del kénoma ; ( di'a uto u non indica più la mediazione del Logos pleromatico , ma 9 ueUa del Salvatore extra-pleromatico ; e zoé non designa più l'eone 10 siz igi a con il Logos nella Tetrade pleromatica , ma l'eone Sophia se parat o dalle sue passioni , che entra in sizigia con il Salvatore nel mondo del kénoma . ----46
Exc. ex Theod. 45-46; 6,3-4; t r .
S!MONErn
( Testi gnostici . . . , 371-373 ; 357) .
259
Queste tre diverse interpretazioni di Gv l ,3-4, che corrispo n do no ai tre stadi del mito valentiniano della redenzione (fase pleroma tica ; fase kenomatica; fase cosmica) , attestano l'estrema vers atilit à degli esegeti gnostici e la loro raffinata abilità nel manipolare i te sti biblici per piegarli e adattarli ai loro presupposti teologici . Una volta accettato il principio ermeneutico dell'allegoria , secondo il qu ale la lettera del testo è solo simbolo e figura , che rimanda ad un s en so «altro», molto più ricco e profondo , che si disvela a quanti ne pos seggano la corretta chiave di lettura , era aperta la via per la le gitti mazione scritturistica di quei sistemi dottrinali che disponesse ro di esegeti particolarmente estrosi e brillanti . 3.
MARCIONE
Marcione , originario di Sinope, nel Ponto , venne a Roma verso il 140 , durante il regno dell'imperatore Antonino Pio . Accolto dap prima nella comunità cristiana della città , ben presto destò seri so spetti a motivo delle dottrine che andava diffondendo . I sospetti si mutarono rapidamente in aperta opposizione , tanto che nel 144 egli fu formalmente scomunicato da papa Igino ( 1 35-145) . Diversamente dai movimenti gnostici , che generalmente si limitarono ad essere te stimoni e rappresentanti di determinate correnti di pensiero e si die dero al massimo un'organizzazione di tipo scolastico , dopo la sepa razione dalla chiesa di Roma Marcione fondò una sua propria chie sa , che raccolse ben presto numerose adesioni e si diffuse molto ra pidamente . La tradizione eresiologica , che rappresenta per noi l'unica fonte di informazione, collega Marcione con lo gnostico Cerdone.47 Il pro· blema dei rapporti tra Marcione e lo gnosticismo è stato vivacemen te discusso e ha diviso gli studiosi ;48 senza voler entrare nel merito di
ltl-4;
3 ,4,3; TERTULLIANO, Adv. Mare. 1 ,2,3 ; cf. 47 Cf. IRENEO, Adv. haer. anche 1 ,22 ,10; 3 ,21 , 1 ; 4,17,12. U: testimonianze sono raccolte e commentat e in A. v oN HARNACK , Marcion: das Eva gelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der k tholischen Kirche, Leipzig 2 1924 , 31 * -39 * ; su Cer done, cf. E. PETERSON , «Cerdone• in EncCatt III , 1 3 1 3- 1 3 14 . 48 VoN HARNACK, Marcion , 3 1 * 9* , dopo u n attento esame di tutte le t e stimo nianze , esclude una dipendenza diretta Cerdone per quanto riguarda il punt o cen trale del pensiero di Marcione, la dottrina del dio straniero ; R . J . HoFfMANN. Mar cion: on the Restitution of Christianity. An Essay on the Development of Radica / Pa u linist Theology in the Second Century , Chico (Calif. ) 1984 , 40-44 , ritiene che il col l � gamento di Marcione con Cerdone sia artificioso e da attribuirsi agli sche mi ste � u : pati della tradizione eresiologica. Al contrario, E. C. B LACKMAN , Marcion and HIS � fluence , London 1948 , 68-70 si dimostra critica nei confronti della tesi di Harn ac k e 0
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260
una discussione approfondita della questione, diremo soltanto che , a nostro avviso, ]a dottrina marcionita presenta tratti strutturalmen te dive rsi da quel1a gnostica , nonostante le somiglianze di dettaglio , e i n particolare anche per quanto riguarda la teoria deU'interpreta zione della Scrittura , argomento che ci interessa in q u esta sede , ra gion per cui merita un discorso a parte . 3 . 1 . La mutilazione del NT Il punto centrale della dottrina di Marcione è rappresentato dal te la oria dei due dèi: da un lato , il creato re del mondo , identificato con il dio rivela tosi nell' AT, e daU'altro , il dio ignoto , rivelato dalla p redicazione di Gesù. Il dio dell 'A T, ca ratte rizzato dalla sua impla cabile giustizia , attraverso la legge esercita un dominio tirannico su gli uomini ; l'altro dio , invece , caratterizzato dalla sua bontà senza li miti , pur essendo del tutto estraneo agli uomin i , per puro amore e misericordia ha deciso di inviare sulla terra Gesù, di rivelarsi nella sua predicazione e di riscattare dall'opprimente sottomissione al dio giusto , attraverso la morte in croce del suo i nviato , quanti vogliano aderire al messaggio di quest'ultimo . Questo sarebbe stato , secondo Marcione , il nucleo centrale della nuova rivelazione portata da Ge sù. Ma il suo annuncio era destinato ad essere ben presto interpola to , falsificato e manomesso da «falsi apostoli» , legati alla legge giu daica , al punto da farne risultare irriconoscibile il principio fonda mentale , vale a dire la contrapposizione dei due dèi e dei rispettivi regimi . Questa verità sarebbe poi tornata a rifulgere, in seguito ad una nuova rivelazione personale , nella predicazione e nelle lettere di P aolo ; anche queste, però , non sarebbero sfuggite a nuove mano miss ioni e interpolazioni da parte dei giudaizzanti.
ti en e fon data la tesi ere iologica della dipendenza di M arcione dal maestro gn ostico ; s a n alo ga la p osi zi o n e d i H. LANGERBECK , « Z ur Auseinandersetzung von Theologie
u nd Geme indeglauben in d er romischen Gemeinde in den Jahren 135- 1 65» , in lo . ,
A ufsatze zur Gnos is a cura d i H . DoKIUE , Gottingen 1967, 167- 179 ; l in qua d ram en to ,
'
de l pensiero di M arci one nell 'ambito dello gn os t ic i smo è so ste nu t o , con altri argo menti , anche da JoNAS , Lo gnosticismo , 154 ; U. BIANCH I , « M arcion : t h é o lo gi e n bibli q u e o u docteur gnostique?», in VigChr, 2 1 ( 1 967) , 1 4 1 -1 49; R . M . GRANT, Gnostici
smo e cris tia nes im o primitivo, Bologna 1976 , 134- 140; P . G . VERWEIJS , Evangeliu m nd ne ues Gesetz in der iiltesten Christenheit bis auf Marcion , U t re c h t 1960, 292-349 . . n t en t ativo di impostare in modo nuovo il pr ob lem a è quello d i B. ALAN O , « M ar c�on . Versuche e in er n eue n in te rpretation» , in ZTK, 70( 1973) , 420-447; cf. in propo s �to an che le os s erva zi oni di E. NoRELU, «La funzione di P a ol o nel pensiero di Mar cto n e .. , in Rivista biblica , 34( 1986) , 543-597, io particolare 578-586.
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261
Il primo compito che si ripropone Marcione è dunque, alla luce di queste premesse, quello di ripristinare nella sua originaria integri tà quello che egli chiama il «vangelo» di Gesù, liberandolo da tut te le aggiunte e interpolazioni intese a snaturarne il senso . A questo fi ne , egli fissa il suo canone delle scritture sacre , quelle che conte ngo no il «vangelo» di Gesù ; tale canone comprendeva soltanto il Vange lo di Luca (non intero) e l'Apostolikon , una raccolta di dieci lettere paoline ( Galati, 1 -2 Corinzi, Romani, 1-2 Tessalonicesi, Lao dicesi [ Efesini] , Colossesi, Filippesi, Filemone) . I criteri per la fissazione di questo canone sono esclusivamente interni , contenutistici: solo q uegli scritti del NT che contengono il nucleo centrale della predica zione di Gesù , vale a dire la dottrina della contrapposizione dei due dèi e delle rispettive economie , riflessa in particolare nella contrap posizione paolina di vangelo e legge , possono entrare a farvi parte; tutto il resto è frutto di interpolazioni , di falsificazioni operate dai «falsi apostoli)) . È escluso ogni riferimento ad una tradizione come garanzia di autenticità degli scritti o delle dottrine in essi contenute, argomento di importanza decisiva, invece , sia per i cristiani della grande chiesa (che rivendicavano l'autenticità della loro tradizione grazie al principio della successione apostolica , pubblicamente veri ficabile) sia per gli gnostici (che pure valorizzavano l'idea di tradi zione , anche se segreta , in contrapposizione a quella pubblica della grande chiesa) . Per Marcione, se tradizione vi è stata , si tratta di una tradizione dell'errore , della falsificazione , non della verità. I succes sori di Gesù , gli apostoli , non hanno fatto altro che falsificare il suo messaggio; Paolo lo aveva ripresentato nella sua purezza originaria, ma anche il messaggio paolino fu adulterato dai suoi successori . Solo con Marcione e con gli emend enti da lui apportati agli scritti neo testamentari si ricostituisce , l di fuori di qualsiasi tradizione , la ve rità del messaggio evange co. =
3 . 2 . Interpretazione Per giustificare la sua ttrina dei due dèi, indicando i p unti di contrasto tra l'AT e il «vang » di Gesù , Marcio ne compose le A n titesi, opera purtroppo perduta, ma comunque ancora ricost ruibile , almeno in parte, sulla base delle informazioni fornite dalla tra dizi o ne eresiologica . 49 La contrapposizione radicale tra i due dèi e i ri49 VoN HARNACK, Marc10n , 256*-31 3 * ha raccolto tutti 1 p assi verosi mil ment e p rovementi d alle Antuesi marcionite e attestati da testimonianze md1 rett e
262
spe ttivi regimi si riflette , in quest'opera , in un'analoga contrapposi zione tra i due Testamenti . Tra il «vangelo» annunciato da Gesù e la legge del dio giusto , codificata nell'AT, non vi è alcun rapporto pos si b ile . Un albero cattivo, ricordava Marcione , non può produrre buoni frutti . Del resto, l'AT stesso non nasconde le caratteristiche del dio giusto : la sua crudeltà risulta palese , per esempio , dall'episo dio di 2 Re 2 ,23-24 , dove egli permette al profeta Eliseo di vendicarsi di un gruppo di giovani che lo avevano beffeggiato facendoli sbrana re da due orse (Tertulliano , A dv. Mare. IV,23) ; e dalla prescrizione di Es 2 1 ,24: «Occhio per occhio , dente per dente . . . » (Tertulliano , Adv. Mare. 11 , 18, 1 ; IV, 16) ; la sua ignoranza è dimostrata dal fatto che egli, in Gn 3 ,9 , chiede ad Adamo : «Dove sei?» (Tertulliano , Adv. Mare. 11,25 ; IV,41 ) ;50 un dio così non può essere il padre di Gesù . La radicale contrapposizione tra legge e vangelo comportava una conse guenza importante : l'impossibilità di attribuire un qualsia si valore , fosse anche soltanto simbolico o figurativo , all'AT. Que st'ultimo si p resenta come una narrazione storica delle gesta di YHWH con il popolo ebraico, e deve essere inteso esclusivamente su questa base . Il messia di cui parla è il messia atteso dagli ebrei, destinato a ritornare sulla terra per ristabilire il potere temporale di Israele , non il messia atteso dai cristiani.51 L'A T non ammette , se condo Marcione, che un'interpretazione di tipo letterale ; esso ha senso e valore soltanto per gli ebrei , p er i quali fu scritto . In questo modo , Marcione rifiuta esplicitamente ogni interpretazione allegori ca , che permetta di riconoscere un qualche valore all' AT in funzione del messaggio cristiano . L'incompatibilità tra le due economie è in tesa in maniera così assoluta e radicale , da escludere la possibilità di qualsiasi rapporto tra di esse . L' AT non può contenere , e quindi non è in grado di comunicare , nulla che si riferisca al dio buono an nunciato da Gesù . È questa una differenza fondamentale non sol ta nto rispetto alla dottrina della grande chiesa , che riconosceva un valore rivelativo all' AT, ricupera bile soprattutto attraverso l'inter pretazione tipologica, ma anche rispetto alla tradizione gnostica, che pur con mille esitazioni e cautele , riconosceva generalmente , al � eno in ce rte parti dell'AT riferimenti , allusioni , rimandi a realtà , Si tuazi oni , personaggi del mondo divino superi ore , anche se questi (N
50
L'argomento era sfruttato anche dagli
HC IX,3 ) 47 18-23 51
Cf
TER�LLIA�O , A dv.
Mare.
4,6,3 .
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��cf. , per._mpio, '
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Test. ver.
263
misteri ineffabili , celati sotto la lettera del testo , si svelavano sol tan to agli iniziati. Questa concezione della radicale incompatibilità tra quanto pro viene dal dio giusto e quanto invece attiene al dio ignoto , rivelat o da Gesù , fece sì che Marcione si sforzasse di eliminare dal Vang el o di Luca e dall'epistolario paolino entrato a far parte del suo Aposto/i kon qualsiasi tratto che attestasse un qualche valore delle Scritture ebraiche in riferimento al messaggio di Gesù . Le testimonianze a noi giunte , tuttavia, rivelano che egli conservò alcune delle argomenta zioni di Paolo fondate sull'ATY Questo potrebbe indurre a pensare che Marcione abbia ammorbidito , in qualche caso , la radicalità delle sue posizioni . In realtà non è così . Tertulliano , Epìfanio e Adamanzio attestano concordemente la presenza di 1Cor 1 0 , 1 - 1 1 nell'Aposto likon di Marcione .53 In questo passo , Paolo conduce alcune riflessioni , a partire dal libro dell'Eso do , sul destino degli antenati ebrei , i quali, pur essendo tutti sotto la protezione di Dio , perirono in gran numero nel deserto a causa dei loro peccati . Al v. 6, Paolo scrive : Tauta dè rypoi hemon eghenéthe san e aggiunge , al v. 1 1 : Tauta dè typikos synébainen ekeinois, egra phe dè pròs nouthesian hemon . Ora Tertulliano riporta , come lettu ra di Marcione , la traduzione seguente: Haec autem exempla nobis sunt facta (v. 6) e Haec autem quemadmodum evenerunt illis, scripta sunt ad nos commonendos (v. 1 1 ) . Le differenze sono minime , ma significative . La prima variante consiste nel sostituire l'espressione paolina rypoi hemon con exempla nobis (dat . etico) . Se la frase pao lina , che usa il genit � o , presuppone una corrispondenza oggettiva di situazioni (ciò che 'ccadde allora è figura di ciò che può accadere a noi oggi ) , la lettur � marcionita , con l'introduzione del dativo , la tr� sforma in un'esort � zione a trarre in qualche modo profitto dal n· chiamo dì un fatto , �ccaduto nel passato , che può servire ad illustra· re una situazione d è\_pr�sente . La seconda variante trasforma l'a� verbio typikos dì Pao�n kath6s ( quemadmodum) ed elim i na d secondo dé ; in questo modo , i due enunciati di Paolo, che distingue vano l'evento del passato , inteso come prefigurazione , e la sua reg i· strazìone scritta nel presente , a scopo di ammonizione , diventa no un =
di
52
Cf . VERWEIJS , EvangellUm und neues Gesetz , 273-288 ; NoRELU , «La fu n zi on e
Pa ol o nel
53
pe nsiero di Marcione»,
TERTULLIANO ,
MANZIO, Dia/. 2 , 18 .
264
567-578. Adv. Mare. 5,7,12; EPIFANIO, Panarion, haer. 42, 1 1 ,8; AvA·
e nu nciato solo , dove la funzione prefigurativa degli eventi del passa to scompare . Il senso del passo paolino , secondo Marcione , doveva d un que essere approssimativamente questo : ciò che avvenne al po pol o di Israele nel passato ha una portat a che si risolve completa m e nte nell'ambito del regime del dio giusto : gli ebrei erano sottopo sti alla sua legge , la trasgred irono e ricevettero per questo la merita ta punizione . L'episodio del deserto perde il valore prefigurativo che aveva in Paolo , mancando i presupposti per un passaggio dal l' im perfetto al perfetto , dall'incompiuto al compiuto (condizioni im pre s cindibili per ogni tipologia) , limitandosi ad essere un esempio e mb lematico del comportamento del dio giusto e della condizione d egli uomini a lui sottomessi . La menzione del racconto biblico ha quindi soltanto il valore di monito per il cristiano , perché non ricada nella condizione dalla quale è stato sottratto grazie all'adesione al «vangelo» di Gesù . 54 4.
4. 1 .
I L «CONFLITIO DELLE INTERPRETAZIONI» NEL SEC . II: IRENEO DI LIONE E LA REA ZIONE DELLA GRANDE CHIESA Lo sviluppo dell'interpretazione tipologica55
L'interpretazione tipologica dell'AT si era già saldamente affer mata all'interno del cristianesimo primitivo fin dai tempi di Paolo, anche se si limitava di fatto al solo Pentateuco . Nel corso del II seco lo , con Giustino essa conosce una certa fortuna nell'ambito della po lemica antigiudaica , dove viene introdotta per dimostrare come Ge sù , rifiutato dai giudei , in realtà fosse stato preannunciato dalle pa role (16goi) dei profeti e prefigurato in tanti episodi e personaggi della Scrittura (t6poi) . La pol emica di Giustino , di fatto , si limita ad u na critica del letteralismo dell'esegesi giudaica , che per la sua im postazione troppo rigida non riesce appunto a cogliere la dimensio ne prefigurativa dei fatti e dei personaggi dell' A T. Il compito di Ire-
54 Cf. NORELLI , «La funzione di altro e semp io (Gal 4 ,22-26) .
Paol o nel pensiero di Marcione» , 570-578 per un
. 55 Sull' ese gesi di Ireneo cf. J . DANifiLOU , Message évangélique et culture hellémstr q u e, To umai 1 961 , 203 - 2 1 3 ; D. FARKASFALVY, «The Theology of S cri ptu re in S. Ire naeu � » , in RevBen , 78( 1 968) , 318-333 ; M. SIMONETll , «Per typica ad vera. N ote sull'e se ge si di lreneo» , in VetChr, 18(1 981 ) , 358-382.
265
neo , il quale si deve confrontare con gnostici e marcioniti , si presen ta invece molto più complesso e difficile in quanto i suoi avversari , a differenza dei giudei , da un lato riconoscevano il valore rivel ativo del NT, ma dall'altro ravvisavano una netta frattura tra AT e NT, considerando il primo come rivelazione non del Dio sommo , bensì di un dio inferiore , il Demiurgo . Nei loro confronti Ireneo non può limitarsi , come sul fronte antigiudaico , a far rilevare la continuità t ra AT e NT documentabile attraverso l'esegesi tipologica ; egli deve an che dimostrare all'interno di questa continuità il progresso della nuova economia rispetto all'antica . A questo fine egli sviluppa il concetto di rivelazione progressiva, ravvisando nell'azione del Logos , che opera già all'interno dell'eco nomia veterotestamentaria , una graduale preparazione del popolo giudaico al grande evento dell'incarnazione di Cristo. «Egli educava un popolo sempre incline a volgersi agli idoli , di sponendolo , attraverso pratiche di vario tipo , a perseverare nel servizio di Dio , richiamandolo attraverso realtà secondarie a quel le principali , attraverso realtà figurate a quelle vere , attraverso realtà temporali a quelle eterne , attraverso realtà carnali a quelle spirituali , attraverso realtà terrene a quelle celesti» (Adv. haer.
IV, 14,3).
In ordine al preannuncio e alla prefigurazione di Cristo e della chiesa cristiana , la distinzione operata da Giustino all'interno del l' AT tra typoi e L6goi non presupponeva alcun apparente progresso della rivelazione nel passaggio dagli uni agli altri . Un'evoluzione progressiva sembra invece sottesa , presso Ireneo , nel passaggio dai patriarchi ai prof t " e da questi ultimi a Cristo :
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«Bisognav , infatti , che alcune realtà fossero preannunciate dai patriarchi , secondo le modalità proprie dei patriarch i ; che poi al tre fosser prefigurate dai profeti , secondo le modalità proprie della Legg ; e che altre ancora infine fossero presentate in forma compiuta d à, quanti hanno ricevuto la filiazione adottiva , in con· formità con � formazione manifestata nel Cristo>> (Adv . haer.
IV,25 ,3).
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Tuttavia , l'interesse primario di Ireneo è quello di dimostrare l'unità della rivelazione divina presente nella Scrittura a fro nte de ll a frattura/contrapposizione tra le due economie teorizzata dai suo i av · versari gnostici e marcioniti . In effetti , pur essendo enunciato in for· ma molto chiara a livello teorico , il concetto ireneano di rivelazione 266
p ro gressiva non emerge in forma altrettanto chiara neJI'esegesi con creta dei numerosi passi dell' AT che affollano gli scritti dell'eresio logo . A questo liveJio , egli preferisce insistere sul carattere unitario e glo bale della rivelazione veterotestamentaria , dove ogni profezia, ogni e vento , ogni figura si inseriscono in modo armonico come le di verse membra di un unico corpo :56 «Così come l'attività di tutto il nostro corpo si esprime attraverso le nostre membra , ma la figura dell'uomo intero non si esprime at traverso un membro solo , bensì attraverso tutte le membra , allo stesso modo avveniva con i profeti : tutti prefiguravano un solo personaggio, ma ciascuno di essi compiva l'economia in quanto membro determinato , e profetizzava l'azione di Cristo che si rife riva a questo membro» (Adv. haer. IV ,33, 10) .
La tipologia di cui fa uso Ireneo è molto tradizionale ; in certi ca si, l'autore si rifà esplicitamente all'autorità dei presbiteri che lo hanno preceduto . 57 Rispetto al precedente di Giustino , tuttavia, che pure conosce molto bene , l'eresiologo lionese amplia il campo di ap plicazione della tipologia tradizionale,58 aggiungendo numerosi altri esempi e prestando maggiore attenzione all'interpretazione dei det tagli del testo biblico . Una delle tipologie più complesse sviluppate da Ireneo è quella di Giacobbe : «Se si esaminano le azioni di Giacobbe , si constaterà come non siano vane , ma piene di economie . Innanzi tutto , si vedrà come egl i , al momento della sua nascita , afferrò il calcagno di suo fratel lo e fu chiamato per questo Giacobbe , vale a dire "colui che sop pianta" , che afferra senza essere afferrato , lega senza essere lega to , combatte e trionfa, tenendo nella mano il calcagno dell 'av versario, vale a dire la vittori a . È proprio per questo , infatti , che è nato il Signore, di cui Giacobbe prefigurava la nascita e a proposi to del quale Giovanni afferma nell'Apocalisse : "Uscì vincitore e per vincere" . Successivamente , egli ricevette il diritto di primoge nitura, quando suo fratello lo disprezzò, esattamente allo stesso
56 Su questo punto insiste in particolare SIMONETII , «Pe r typica ad vera >> , 3603 63 ; cf. anche Io. , Lettera e/o allegoria. Un contributo alla s toria dell'esegesi pa ris ica , t t R o ma 1985 , 39-40. 57 Cf. A dv . haer. 4,31 . 58 Già Giustino aveva incominciato ad estendere l' applicazione della ti pologia al dJ !� f:lel Pentateuco ; con Ire neo l'area si dilata ulteriormente e comprende in pratica tutt1 l libri storici dell'AT. . . .
•
267
modo in cui il popolo più giovane ricevette il Primogenito di t utti, il Cristo, mentre il popolo più anziano lo aveva respinto dicen do: "Noi non abbiamo altro re che Cesare" . Ora , nel Cristo c'è ogni benedizione ; per questo il popolo più giovane strappò al Padre le benedizioni del popolo più anziano , così come Giacobbe ave va strappato la benedizione di Esaù . Per questa ragione il fratello fu vittima delle angherie del fratello, così come la chiesa soffre le stesse angherie da parte di quelli della sua razza . È in terra stra niera che nacquero le dodici tribù che componevano la stirpe di Israele , perché anche il Cristo avrebbe dovuto generare in terra straniera le dodici colonne che formano il sostegno della chiesa. Ricompensa di Giacobbe furono delle pecore variegate : anche il Cristo , infatti, ha come ricompensa gli uomini i quali, provenendo dalle nazioni più svariate e dissimili , si radunano nell'unico ovile della fede , secondo la promessa del Padre : "Chiedimelo , ed io di darò in eredità le nazioni , e come possedimento i confini della ter ra" . E poiché Giacobbe fu profeta del Signore per il gran numero dei suoi figli , dovette necessariamente generare figli dalle due so relle , cosl come lo fece il Cristo dai due popoli provenienti da un solo e medesimo Padre , e anche dalle due schiave, per significare che il Cristo avrebbe presentato a Dio dei figli provenienti dai li beri e dagli schiavi secondo la carne , accordando a tutti allo stesso modo il dono dello Spirito che ci vivifica . E tutte queste cose egli le compì a motivo della più giovane , Rachele, dai begli occhi . che pref1gurava la chiesa per la quale avrebbe sofferto il Cristo» (A dv. haer. IV,2 1 ,3).
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Accanto ad essa si possono ancora citare la tipologia Eva/Maria, che pure Iren sviluppa in modo originale rispetto alla tradizione precedente ;59 poi le vere e proprie novità , che non trovano riscon tro in Giustino i due figli di Thamar (Gen 38) figure dei giudei e dei cristiani ;60 il re no di Salomone ( l Re 3 - 1 1) typos del regno di Cri sto ;61 le mogli i Osea e di Mosè (Os l ; Es 2,16-21 ) simboli della chiesa .62 Una ma iore attenzione ai dettagli del testo biblico è ma nifesta, per esempt nell'interpretazione del precetto alimentare di Lv 1 1 , 3 , dove gli anima 1 puri che ruminano e hanno l'unghia divisa sono simbolo dei cristiani, i quali credono nel Padre e nel Figlio (un ghia divisa) e meditano la parola di Dio notte e giorno (il ruminare) ;
59 Cf. , per esempio, A dv. haer. 4,31, 1-3 ; 5,19,1 . C f . Adv. haer. 4,25 ,2. Cf. A dv. haer. 4,27 , 1 . 62 Cf. A dv. haer. 4 ,20, 12.
60 61
268
' gli a nimali impuri che ruminano, ma non hanno l unghia divisa sono ce simbolo dei giudei , che meditano le Scritture , ma credono nel ve in p adre soltanto ; infine , gli animali impuri che non ruminano , ma ban no l'unghia divisa prefigurano gli eretici , che non meditano la p arola di Dio, pur dicendo di credere nel Padre e nel Figlio.63 4.2.
La critica dell'esegesi gnostica e marcionita
4. 2 . 1 . Le obiezioni alle tecniche esegetiche degli gnostici64
Ai suoi avversari gnostici, Ireneo muove un'accusa di carattere generale , che fa parte degli stereotipi della polemica eresiologica : essi imitano in modo fraudolento il linguaggio dei cristiani della grande chiesa per sedurre i più sprovveduti; fanno passare per verità dottrine straniere ed errate , dopo averle opportunamente contraf fatte ; in fondo , non sono altro che dei falsari e dei truffatori, che si servono di argomentazioni speciose . Nel quadro di questa accusa di carattere generale, che costituisce, per così dire , l'impalcatura all'in terno della quale si sviluppa tutto il discorso eresiologico di Ireneo , rientra anche l'interpret azione gnostica delle Scritture , che viene presentata come una manovra di seduzione e di inganno . Il compito primario dell'eresiologo sarà dunque quello di denunciare e di con futare questa impostura , che consente di sovvertire l'insegnamento delle Scritture , camuffandolo sotto forme ingannatrici . Per caratte rizzare in modo emblematico l'atteggiamento gnostico nei confronti delle Scritture , Ireneo si serve di un termine particolare: pithanolo gia, che significa discorso specioso , argomento pretestuoso . Secon do l'eresiologo , infatti , l'obiettivo degli gnostici è quello di far passa re per verità , presentandole come attestate e confermate dalle Scrit tu re, dottrine che in realtà si sono inventate essi stessi . Questa ope razione fa violenza alle Scritture, alterandone l'ordine e la disposi zione , e ne falsa il significato: «Essi cercano di adattare in parabole del Signo re , sia gli
3
63
mo
do
oracoli
persuasivo ai l oro
scopi sia le
dei profeti , sia le paro le degli
Cf. Adv. haer. 5 ,8,3; si veda in proposito SIMONETII , «Per typica ad vera . . . » ,
67-:UO;S Io . ,
Esegesi e/o alleg o ria 40-41 . ,
1 . . u questo tema in particolare , cf. A . LE BouLLUEC, La n otion d'hérésie dans a ltttera ture grecque (Ile-l/le siècles) , 1 : De Justin à /rénée , Paris 1985 , 215-253 .
269
apostoli , in modo che la loro costruzione non si presenti priva dJ testimonianze ; in questo modo, alterano l'ordine e la conc atena zione delle Scritture e, per quanto è loro possibile , cambiano ct1 posto alle parti della verità. Spostano e modificano, e, trasfor mando ogm cosa , ingannano molte persone con questa Ill usione inconsistente che deriva dalle parole del Signore così adattate» (Adv . haer. 1,8,1 ) .
Ireneo insiste sul carattere perverso e subdolo della contraffazio ne operata dagli gnostici: la loro manipolazione dei testi biblici n on inficia la lettera dei loro enunciati , ma ne modifica il valore e la fun zione attraverso Io spostamento di singoli elementi e il loro inseri mento in contesti diversi . L'apparenza esteriore resta quella della parola di Dio , ma il significato ne risulta gravemente deformato. Per illustrare questo procedimento truffaldino proprio dell'esegesi gno stica, Ireneo ricorre ad un calzante paragone : gli gnostici trattereb bero le Scritture come chi scomponesse un mosaico raffigurante un re per riprodurre , con le stesse tessere disposte in modo diverso, l'immagine di un cane o di una volpe , e p o i pretendesse di far crede re ai più sprovveduti che la figura è la stessa di prima e rappresenta sempre un re. 65 L'eresiologo dimostra la sua tesi analizzando l'ese gesi del Prologo del Vangelo di Giovanni condotta da Tolomeo,66 dove il passo è inteso come una rivelazione sull'ogdoade pleromati ca. Il procedimento degli gnostici si rivela simile a quello degli ese geti di Omero, i quali raccolgono qua e là parole singole , frasi e frammenti dall'opera del poeta e le adducono a fondamento e con ferma i quanto essi stessi vogliono raccontare . Ma questi «centoni» omeri i o gnostici , come il mosaico dell'esempio , possono essere sottop sti anche al procedimento inverso , che consiste appunto nel ricond e al suo contesto originario le singole parole o frasi che ne erano st e sottratte, dimostrando così l'artificiosità della costruzio ne. A questo argo mento dello «smontaggio» dei testi scritturistici per costruire un senso nuovo , diverso da quello di partenza, se ne af fianca un altro, che lo completa: Ireneo accusa gli gnostici di utiliz zare , accanto agli scritti canonici , anche scritti apocrifi senza alcuna garanzia di verità: ' ··
65
66
270
Cf. Adv. haer. l , praef. Cf. supra , § 2.4.2 (I&ENEO, Adv.
haer
'
1 ,8,5-6) .
' ·
,
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«Introducono inoltre surrettiziamente una fiumana immensa di Scritture apocrife e non autentiche , che hanno creato essi stessi , per suscitare lo stupore delle persone poco mtell1genti e di quanti ignorano 1 libri della verità» (Adv. haer. 1 ,20, 1 ) .
I l ricorso a scritti extra-canonici rientra a pieno titolo i n quel dimento di contraffazione e falsificazione che Ireneo riconosce oce r p come tipico dei suoi avversari . L'obiettivo è sempre lo stesso: ca mu ffare le dottrine teologiche , cosmologiche e antropologiche gno stiche , frutto della fantasia morbosa e perversa degli eretici , sotto il trave stimento della verità cristiana. 4.2.2. Un criterio esterno di legittimazion e dell'esegesi: la nor matività della tradizione ecclesiastica garantita dal p rin cip io di successione ap ostolica
L'obiezione di uno smontaggio e rimontaggio indebiti del testo biblico mossa da lreneo ai suoi avversari gnostici , e il conseguente sm ascheramento dell'inganno sotteso a tale operazione, pur dimo strandosi senz'altro efficace ai fini della polemica , non risolveva il problema alla radice. Ireneo se ne accorse in particolare al momento di confutare l'esegesi allegorica gnostica dei numeri e dei nomi pro pri. In questi casi , l'obiezione dello smontaggio non era applicabile ; era in questione non più una procedura esegetica, ma un presuppo sto ermeneutico, quello dell'allegoria, che riconosce la possibilità di cogliere , al di là della lettera del testo, un senso «altro» , più profon do . L'imbarazzo di Ireneo doveva essere grande ; egli non poteva ri fiutare il presupposto ermeneutico in se stesso , in quanto stava alla base anche della sua esegesi , volta ad interpretare in chiave cristolo gica l'AT. La strada da imboccare era un'altra. L'eresiologo è costretto ad ammettere il carattere «ambiguo» di ce rti passi scritturistici, che si prestano ad essere interpretati in sensi dive rsi da quello letterale; in questi casi , l'obiezione mossa agli gno stici è quella di compiacersi di ciò che è poco chiaro e di dispiegare all'i nfinit o , in una ricerca tanto inutile quanto vana, le possibilità of ferte dalle «parabole e allegorie» della Scrittura: <<E non è soltanto dai Vangeli e dagli scritti dell'apostolo che si
sforzano di trarre le loro prove , snaturando le interpretazioni e falsando le esegesi, ma ricorrono anche alla Legge e ai profeti: dal momento che vi sono enunciate diverse parabole e allegorie , su scettibili di essere sviluppate nelle direzioni più svariate , essi ne
271
adattano l'ambiguità alla loro costruzione fittizia attraverso esege si abili e capziose>>(A dv. haer. 1 ,3 ,6) . «Volendo spiegare i passi oscuri delle Scritture - oscuri non i n re lazione ad un altro Dio, ma alle "economie" di Dio - si sono co struiti un altro Dio, intrecciando in questo modo corde con la sab bia, come si è detto, e facendo sorgere un problema più gran de in aggiunta ad un problema minore . Non si risolve un problema con un altro problema ; le persone intelligenti non risolvono un'ambi guità con un'altra ambiguità, né un enigma con un altro enigma ancora più grande ; queste cose si risolvono a partire da ciò che è manifesto, coerente e chiaro» (A dv. haer. Il , lO . l ) .
L'argomento della chiarezza, unità, armonia delle Scritture cui ricorre lreneo in questi passi si rivela però troppo generico e difficil mente verificabile ; tanto che il primo a non attenervisi è proprio Ire neo stesso.67 L'eresiologo si rende conto di questo , e allora imbocca l'unica via praticabile per confutare alla radice la legittimità dell'ese gesi gnostica: il ricorso ad un criterio esterno. Il contrasto tra gnosti ci e cristiani della grande chiesa sul problema dell'esegesi delle Scrit ture non si riduce ad uno scontro tra tecniche o metodologie, che spesso sono le stesse nei due campi avversi , ma tra due ermeneuti che . Quello che separa i due contendenti è l'hyp6thesis che comanda e guida le rispettive esegesi : per gli uni è il mito gnostico , per gli altri il complesso tradizionale delle dottrine tramandate dagli apostoli at traverso la successione episcopale , la regula veritatis . Su questo pia no, il contrasto è irriducibile e ogni discussione diventa superflua:
__ - -
«Così accadrà a colui che conserva in sé , in modo fermo, la regola della verità ricevuta al momento del battesimo: costui riconoscerà i nomi , le frasi e le parabole provenienti dalle Scritture , ma non ri conoscerà il sistema blasfemo inventato da quella gente» (Adv. haer. 1 ,9,4) . «Per qu�sta ragione bisogna ascoltare i presbiteri che sono ne lla chiesa;- essi sono i successori degli apostoli , come abbiam o di m o str� . e , con la successione nell'episcopato , hanno ricevuto il ca: risma sicuro della verità secondo il beneplacito del Padre . Tutti gb
B9�'
67 Il carattere apologetico di questo argomento è stato sottolineato da N. Offenbarung. Gnosis und gnostischer Mythos bei /reniius von Lyon , M ii nch e n l d ' 79-87; inoltre , il caratter e a volte molto sofisticato dell'esegesi allegorica pra uca�a � lren � o , che è ben lontana dal pre � uppo r re la « � �iarezza» del dato scritturi �t ico , e a to dimostrato da A. 0RBE, Parabolas evangeilcas en San /reneo , Madnd 197
t ·
272
altri , che sono separati dalla successione originaria, dovunque si radunino , vanno considerati come sospetti : sono eretici dallo spi rito falso, o scismati ci pieni di orgoglio e sufficienza, oppure anco ra ipocriti ch e agiscono soltanto per lucro e vanagloria» (Adv. haer. IV,26,2) .
Lo sforzo principale di lreneo è senz'altro rivolto alla confuta zi o ne dell'esegesi gnostica . Egli, tuttavia , non trascura gli altri av versari , in particolare Marcione . Contro quest'ultimo, evidentemen te , dat o il singolare atteggiamento da lui assunto nei confronti delle Scrittu re, non potevano valere le stesse obiezioni avanzate nei con fronti degli gnostici , o quanto meno non tutte . L'eresiologo, comun que , non si sottrae al suo compito. Come nell'ambito della polemica antignostica , egli deve insistere sull'unicità di Dio e la continuità della rivelazione nelle due economie ; ma per rispondere alla singo lare obiezione di Marcione , deve fare uno sforzo supplementare per inquadrare Paolo nella successione ai dodici , sottolineando la per fetta consonanza del suo insegnamento con quello degli apostoli . Anche nei confronti di Marcione , si assiste ad un ricorso massiccio agli stereotipi della tradizione eresiologica. All 'ipocrisia ingannatri ce degli gnostici viene contrapposta l'impudenza sfacciata di Marcio ne ; se quelli aggiungevano al corpus tradizionale delle Scritture apo crifi da loro stessi composti, quest'ultimo senza alcun ritegno si per mette di mutilare le Scritture (circumcidere Scripturas: A dv. haer. 1,27, 4) . Ed è proprio per contrastare questi due atteggiamenti con trapposti , ma altrettanto riprovevoli, di gnostici e marcioniti , che Ire neo fa ricorso alla famosa regola, secondo la quale non bisogna né aggi ungere né togliere nulla alla Scrittura. 68 Anche in questo ca so , il criterio di fondo resta quello del principio di tradizione , il qua le , così come garantisce la legittimità dell'esegesi , delimita anche l'e ste nsio ne del corpus scritturistico richiamandosi ad un autorità che si v u ole fondata in Gesù stesso e nei suoi apostoli.
-t'
68
C f . Adv. haer. 4 ,33,8 ; 5
1.
,30, 3��tmete: prostheinai mete aphelein ,
E BoutLU EC ,
Si veda in proposito W . C . VAN UNNI K , «De la dans l'histoire du canon», in VigChr, 3(1949) , 1-
La notion d'hérésie I , 250-253.
273
9 I Vangeli giudeo-cristiani l
l
••
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Luigi Cirillo
l
INTR ODUZIONE Le comunità giudeo-cristiane avevano Vangeli loro propri, i cui mi no sono citati dai Padri e dagli antichi scrittori ecclesiastici : Van gelo dei nazareni , Vangelo secondo gli ebrei (o degli ebrei) , Vange lo de gli ebioniti, Vangelo dei dodici . I nomi dei primi due si trovano ancor a citati nei commentari esegetici medievali. In molti casi gli au tori riportano un breve frammento o un estratto del Vangelo che ci t ano e , talvolta, indicano anche il nome dei suoi lettori , l'uso che se ne faceva e il luogo in cui lo si utilizzava. A queste poche notizie , pe raltro non sempre chiare , si riduce tutta la documentazione sui Van geli giudeo-cristiani che è riportata nella seconda parte del presente lavoro. Questi V angeli si sono perduti sia perché furono considerati apocrifi o spurii dalla grande chiesa, con la sola eccezione del Van gelo secondo gli ebrei che , stando ad Eusebio di Cesarea , Storia ec cleszastica , 3 , 25 ,5 , veniva classificato da alcuni tra i libri sacri, ma principalmente perché le comunità giudeo-cristiane si estinsero a poco a poco, trovandosi ormai ai margini della storia cristiana a par tire grosso modo dalla seconda metà del secondo secolo circa, tran ne pro ba bilmente i nazareni di Siria, come si può dedurre dalla Di dasca/ia . 1
Il lavoro che tende a ricostruire il contenuto dei Vangeli giudeo cristiani, a precisarne il numero e ad attribuire i singoli frammenti al V angelo di provenienza è estremamente arduo proprio per la man canza di notizie certe . Perciò non deve meravigliare il fatto che nella -1 Cf G STRECKER
m W BAUER, Orthodoxy and Heresy m Earliest Chrrsllamty, lo on S nd , C M Press 1972 , 244ss (tr mglese d1 Rechtglaubrgkelt und Ketzem rm alteC hrr 111en stentum , Tubmgen 21 964) , RAY A PRITZ , Nazarene Jewrsh chrrstzamty (from
sr
dee en d of the New Testament perrod untll rts drsappearance m the fourth century) , Leio 1 988
275
storia della ricerca si incontrino opinioni diverse sull'argo men to · senza alcun dubbio uno dei più intricati della letteratura c ris tian � apocrifa. Diciamo anche che nelle posizioni attuali non si reg ist rano progressi sostanziali rispetto al passato. Il «(Vangelo) giu da ico» messo in evidenza da Schmidtke (nel suo volume citato nella bi blio. grafia riportata alla fine) e i frammenti medievali pubblicati dal B i schoff (articolo menzionato nella bibliografia) non hanno apportato novità considerevoli alla documentazione già esistente. Superata la tesi antica di due diverse rielaborazioni di un un ico Vangelo giudeo-cristiano, oggi sono messe a confronto due te orie quella che parla di due e quella che tratta invece di tre Vang eli . L� prima viene così formulata: l ) Vangelo dei nazare ni Vangelo se condo gli ebrei , 2) Vangelo degli ebioniti o Vangelo dei dod ici . La seconda teoria invece è stata presentata in due modi divers i. A . Schmidtke parla l ) del Vangelo dei nazareni, 2) del Vangelo degli ebrei Vangelo degli ebioniti, 3) del Vangelo dei dodici (che non sarebbe un Vangelo giudeo-cristiano propriamente detto) . Ma la te si di Schmidtke è stata criticata, oggi non è sostenuta più da nessu no. A loro volta , H. Waitz e poi Ph . Vielhauer (nelle rispettive ope re citate nella bibliografia) hanno distinto così i Vangeli giudeocri stiani: l ) il Vangelo dei nazareni, 2) il Vangelo secondo gli ebrei, 3) il Vangelo degli ebioniti o Vangelo dei dodici . Le teorie citate si basano sulle testimonianze degli autori antichi , testimonianze che passiamo a riesaminare qui di seguito. =
=
l.
/ INTERPRETAZIONE DELLE TESTIMON �
l . Probabilmente il testo di Papia di Gerapoli sul Va ngelo di Matteo, nella sua opera perduta Esegesi delle parole del Sign ore, da tata tra il l 30/140 d . C . (testo citato da Eusebio, Hist. ecci. 3 , 39 , 16). è una testimonianza i ndiretta e la più antica del Vangelo dei naza r� ni. 2 Papia scriveva così : «Matteo dunque raccolse i detti (16goi) T lingua ebraica (hebraidi dialékto-i) e ciascuno Ii interpretò (her"! e neusen ) come ne era capace» . Questa citazione ha dato luogo ad t n· terpretazioni più diverse . I termini l6goi e hebraidi dialékto- i han no
2 A. S cHMIDTKE, Neue Fragmente und
Evangelien ( TU 37( 1 ) , Leipzig 191 1 , 46ss.
276
n
Untersuchungen zu den judench riStfIChe
fat to cre dere che l'apostolo Matteo sarebbe stato l'autore di uno scritto che raccoglieva detti separati di Gesù in dialetto ebraico (in a ra maico giudeo-palestinese) , di cui l'attuale Vangelo di Matteo in r co sa re � be un � � raduzi one e un rifacimento . Secondo alcuni stu g e _ dio s i lo scntto ongmale dJ Matteo ( proto-Matteo) avrebbe avuto u na s omiglianza con la fonte Q. Ma l'obiezione più forte che si può fa re a qu esta interpretazione del testo di Papia è che essa non tiene cont o dello scopo dell'autore e del contesto storico in cui scriveva. papi a d ifendeva il Vangelo di Matteo così come immediatamente pr im a , sempre nella citazione di Eusebio (Hist. ecci. 3 ,39 , 15) , aveva parl ato a favore del Vangelo di Marco, mettendo in evidenza che i due a utori avevano scritto in modo semplice non curandosi delle leg g i d ella retorica. 3 La difesa dei due Vangeli da parte di Papia fa sup porre che essi fossero oggetto di critiche e di attacchi da parte degli er etici . 4 In questo contesto la frase di Papia: «Matteo raccolse i lo gia» non può significare qualcosa di diverso dalla composizione del Vangelo canonico di Matteo che al tempo in cui Papia scriveva era ben noto nelle comunità cristiane. Per cui l6gia non può significare «detti separati» che Matteo avrebbe raccolto ; il termine indica inve ce l'intera narrazione evangelica: le parole e le azioni di Gesù , come nel testo precedente del resto , in cui tà hypò tou kyriou è lechthénta è prakthénta (le parole e le azioni del Signore) corrisponde esattamen te a tà kyriakà l6gia (le parole del Signore) . I «detti» , come in altri testi di quel tempo , indicano la parte per il tutto . 5 Lo conferma s . Ireneo, A dversus haereses , 3 , 1 , 1 (cf. anche Hist. ecci. 5 ,8 , 2 ) . L' auto re , il quale dipende da Papia per quanto riguarda la notizia sul Van gelo d i Matteo , scritto nella lingua propria degli ebrei , non parla più di lo gia ma appunto di Vangelo . Da cui si ricava che Papia , così co me l'ave va co mpreso I reneo, parlava del nostro Vangelo di Matteo . Ma q uando Papia diceva che Matteo aveva scritto «in lingua ebra ica» (per cui il Matteo in greco sarebbe una traduzione) si sba gliava , perché in nessun modo il Vangelo di Matteo può essere con=
-3
S� questo argomento e per quanto riguarda l'interpretazione dei testi di Papia
cf J KUR ZINGER, Papias von H1erapolis und die Evangelien des Neuen Testaments , . R b
�\�ns u rg 1 983 . Cf. anche U . H J. KoRTNER, : BAUER, Orthodoxy and Heresy . . . , 184ss.
19
rnot
Papias von Hierapolis , Gottmgen
204ss
1 Cf . R . GRYSoN , «A propos du témoignage de Papias sur Matthieu. Le sens du
ogl on ch ez les Pères du second siècle» , in EThL , 41(1965) , 530-547.
277
siderato come una traduzione di un testo anteriore in lingu a se mi ti ca. Inoltre , non abbiamo alcuna prova che Papia conoscesse un pro. to-Matteo «in lingua ebraica» , né esiste nell'antichità un testimone e garante di questo testo. 6 La fonte Q non può essere identificata cot proto-Matteo . Si aggiunga infine che tutti gli autori , i quali parlano di un Matteo aramaico , specialmente s . Girolamo (vedi dopo ) , di pendono proprio dalla falsa tradizione che prende il via d a Pa pia . Allora , che cosa può aver fatto pensare che Matteo aveva scritto il Vangelo in ebraico? Molto probabilmente la versione/revisi one ara maica del Matteo canonico , fatta dai nazareni agli inizi del II secolo ( = Vangelo dei nazareni) , testo che Papia identificò con l'originale del Vangelo canonico di Matteo . Un errore comprensibile del resto: se Matteo era un ebreo aveva scritto in lingua ebraica . In questo contesto Papia va ricordato anche perché , sempre se condo Eusebio (Hist. ecci. 3 , 39 , 1 7) , esponeva «Un'altra storia ri guardante la donna accusata di molti peccati davanti al Signore», storia di cui non si conosce l'esatta identità letteraria e che comun que non può essere identificata con la pericope giovannea (Gv 7 ,538 , 1 1 ) , anche se Rufino (nella sua traduzione di Eusebio) riteneva che si trattasse proprio della pericope «de muliere adultera» del Vangelo di Giovanni . Eusebio invece credeva che la storia esposta da Papia fosse nel Vangelo secondo gli ebrei . Ma forse si trattava in realtà del Vangelo dei nazareni , che è l'unico Vangelo giudeocristia no che Eusebio conosceva direttamente (vedi dopo) . 2. Parlando di Egesippo e della sua opera Memorie (che si può datare intorno al 180 d . C . ) Eusebio scrive: «Egli cita certe cose dal Vangelo secondo gli ebrei e dal (Vangelo) siriaco e in particolare dalla lingua ebraica, dimostrando così di essere un ebreo conve rti to» (Hist. ecci. 4,22,8). Da questo testo si deduce che Egesippo con os� va due vangeli , il Vangelo secondo gli ebrei e il siriaco . Secon do d parere cti molti, sembra che non si possa identificare il secondo col primo . Il Vangelo «siriaco» è il Vangelo dei nazareni , scritto , c ome ctirà s . Girolamo (cf. frammento n . 33) «syroque sermone se d he braicis litteris» , cioè in aramaico . E questo spiega le citazioni di Ege sippo fatte , come dice Eusebio, «dalla lingua ebraica». Il Van gelo secondo gli ebrei invece, come vedremo , era scritto in gre co . E use-
em
6
Su questo argomento cf. P.
judenchriStilches Evangelium? ,
278
i ·· · �
,
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uum
NEPPER-CHIUS11!J...t• .Jhrs Matthims Evange
Aahrus 1958.
,
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biO , i l quale conosceva molto bene il Vangelo dei nazareni (cf. fram
me nti n. 4 e 5 ) , soltanto qui lo chiama «siriaco» , probabilmente per ché I o stesso Egesippo lo denominav a così . 7 In nessun altro luogo mol tre Eusebio chiama il Vangelo secon do gli ebrei Vangelo siriaco (cf. Hist. ecci. 3 ,25 , 5 ; 27 ,4 ; 37 , 19) , per cui non è giustificato intende re «V a ngelo siriaco» come una sorta di apposizione di «Van gelo se con d o gli ebrei» . 3. Q uella di s . Ireneo, A dv. haer. 1 , 26 ,2 è la prima testimo ,
,1ianza che ci sia giunta sugli ebioniti come gruppo giudeo-cristiano eretico. La notizia redatta verso la fine del Il secolo risale ad una tra dizione di poco anteriore . La separazione di questo gruppo dalla chiesa ufficiale deve essere avvenuta durante la seconda metà del Il secolo perché s. Giustino, nel suo Dialogo con Trifone 47,2, dice che i giudeo-cristiani devono essere accolti come fratelli , da cui si dedu ce c he essi facevano parte ancora della Grande chiesa al tempo della redazione del Dialogo . Ma a differenza di Giustino, Ireneo non ave va una conoscenza diretta dei giudeo-cristiani e degli ebioniti , sape v a però , come dice nel testo indicato sopra, che gli ebioniti adopera va no soltanto il Vangelo chiamato «secondo Matteo» e che , parten do da esso , si facevano false idee riguardo al Signore . Non si trattava quindi del Vangelo canonico di Matteo, ma di un testo che rispec chiava la loro cristologia e in particolare la negazione della concezio ne verginale di Gesù (cf. Adv. haer. 3 , 2 1 , 1 ; 5 , 1 ,3) . Il presupposto di tale dottrina era, come dice lo stesso Ireneo nella prima di queste due citazioni , il testo di Isaia, 7 , 1 4, nella traduzione greca di Teodo zione e di Aquila , i quali rendevano l'ebraico 'alma' con neiinis: «Ecco una giovane donna concepirà e partorirà un figlio» . La prova scrittu ristica della concezione verginale che si basava sulla traduzio ne del l'ebraico ' alma'con parthenos era così eliminata. L'ebionita Si mm aco leggeva il testo di Isaia citato in Mt 1 ,23 , in questa forma e giunge va alla stessa conclusione (cf. Hist. ecci. 6 , 17) . 4. Cl emente Alessandrino e Origene , grosso modo nella prima me tà del III secolo , sono i principali testimoni di un Vangelo chia mat o «Secon do gli ebrei» , di cui si servivano i giudeo-cristiani del terri torio di Alessandria, in Egitto. Da questo testo Clemente cita un logion ap ocrifo di Gesù (frammento n. l a) , e dopo lo ripete in
----7
Scmaotu.,
Neue
Fragmente. . . ,
51ss.
279
una versione più lunga (n. 1 b) , ma senza indicarne la prove nienza Questa versione è il testo completo del secondo dei sei logi a che so� no citati nel Papiro di Ossirinco n . 654 e corrisponde sostanzi al m en. te al logion 2 del Vangelo di Tommaso scoperto a Nag Ham m adi B . Tale logion ha un significato gnostico ben marcato. A sua volta Origene, nel Commento al Vangelo di Giovanni e nelle Omelie sul profeta Geremia , cita un altro logion dello stesso Vangelo, in cui Gesù chiama lo Spirito Santo sua madre e dice di es sere stato preso da lui per i capelli , come Ezechiele e Abacuc , e tra sportato sul «grande monte Tabor» (frammento n. 2) . Pro bab il me n te questo logion faceva parte del contesto delle tentazioni di Gesù (cf. Mt 4, 1 - 1 1 par . ) , come diremo. Il titolo di madre di Ges ù, dato allo Spirito Santo , è una delle dottrine giudeo-cristiane più caratteri stiche , in cui è implicita la professione di fede nella concezione ver ginale di Gesù e quindi la diversa concezione cristologica di questo Vangelo rispetto a quello degli ebioniti , come si diceva sopra . II fat to che il Vangelo secondo gli ebrei sia attestato in Egitto per l a pri ma volta, da autori del luogo , come Clemente e Origene , e che u n suo logion sia affine ai logia di Gesù citati nel Papiro di Ossirinco fa supporre che fu scritto proprio in Egitto, in un ambiente cioè in cui i giudeo-cristiani erano a contatto con gli gnostici . Ciò che va messo bene in evidenza in questo contesto è che la parola «ebrei» non fa riferimento alla cultura e alla lingua ebraica, ma al popolo e alla nazionalità ebraica. «Ebrei>> sono i giudeo· cristiani di Egitto, che si gloriavano della loro appartenenza al popo lo ebraico, ma parlavano il greco come gli altri giudei di Egitto . Il lo ro Vangelo perciò era scritto in greco. Un caso analogo, nel Nu ovo Testamento , è rappresentato dalla Lettera agli Ebrei: un testo in greco destinato appunto ai cristiani di nazionalità ebraica . Va ricor dato che in questo stesso ambiente operava un altro gruppo , quello degli «egiziani» , i quali costituivano la comunità degli etnico-cristi a ni dell'Egitto ed avevano un Vangelo proprio, il Vangelo de gli e gi ziani, caratterizzato da una forte tendenza encratita.9 Nella prima omelia sul Vangelo di Luca ( 1 , 1 ) Origene menzion a un Vangelo eretico «iuxta duodecim apostolos» , 10 Vangelo che in seII EII 8 Cf. New Testament Apocrypha, a cura di E. HENNECKE - W. ScHNEE M ELC (tr. mglese a cura di R. M eL . WILSoN) , I, London 1 963 . 98ss. 9 Cf. SCHMIDTKE , Neue fragmente . . . , 50-53. JT1 1 0 M. RAuER, i n G CS 49, 5 ,2-4 , nel l a traduzione di s. Gtrolamo, «eva ngebU
iuxta d uodectm apostolos».
280
uito sarà ricordato da altri autori . 1 1 Di esso non ci è pervenuta nes g un a cit azione . H. Waitz e molti s tudiosi con lui ritengono che si del Vangelo degli ebioniti . 12 Secondo Schmidtke invece sareb
�ratti be
il Vangelo di una setta della Siri a , i Qiiqaj e Y
Nel la revisione latina del commento d i Origene a l Vangelo d i t tv{a teo (cf. frammento n . 3) s i trova una pericope che s i presenta co me un a variante di Mt 1 9 , 1 6-24 e che viene attribuita ad «un certo
vange lo dal titolo secondo gli ebrei» . Schmidtke ha dimostrato ch e l a ci tazione non è di Origene . 14 La formula : «evangelium quod dici tor s ecundum hebraeos , si tamen placet . . . » richiama piuttosto lo sti
le di Girolamo. Vielhauer ipotizza la dal Vangel o dei nazareni . 15
b)
provenienza di detta pericope
5. E usebio di Cesarea parla a) del « Vangelo secondo gli ebrei» ,
di u n Vangelo scritto i n caratteri ebraici , c) del Vangelo «siria
co)) . Il primo è menzionato quattro volte : è i l Vangelo degli ebrei
che si sono convertiti a Cristo» e che alcuni annoverano tra i libri ca
non i ci (Hist. ecci. , 3,25 ,5) ; è i l Vangelo di u n gruppo di ebioniti che professa la concezione verginale di Gesù (3 ,27 , 4) ; è il testo dal quale Papi a citava la pericope d eli' «adultera» (3 ,31 , 1 7, questo però è il pa rere di Eusebio) ; è infine un Vangelo conosciuto da Egesippo
(4,22 ,8).
Normalmente il «Vangelo secondo gli ebrei » dovrebbe cor
risp o ndere al Vangelo dei giudeocristiani di Egitto , di cui sopra ; in ogni caso non può i dentificarsi col Vangelo degli ebioniti tout court,
come dice Schmidtke , perché gli ebioniti , come risulta dalla testimo
nianza di Ireneo, rinnegavano la concezione verginale di Gesù . 16 Il
Vangelo scritto in ebraico invece è quello dal quale Euse bio nella Theophania cita due frammenti (cf. n n . 4 e 5), di cui uno ci è giunto
in greco e l 'altro nella versione siriaca di quest'opera . Anche se il Gressmann ha distinto il frammento della
Teofania in greco da quel
la che aveva conosciuto il traduttore siriaco , non ci sono dubbi che il
S . AMBROGIO , In Le ev. expos. 1 ,2 : SChr 45bis , 46 ; S. GIROLAMO, In Mt ev. 17A ; lo . , A dv . Pelag. , 3 ,2 (cf. frammento n. 33); FILIPPO D I SI ecci. : TU 512 ( 1 988) , 169 , nota 4; BED A , In Le ev. expos. l , prol . : PL 92, C ; TEOFILATIO, Enarr. m ev . Le , prol . : PG 1 23 , 692A . H. W AITZ , «Das Evangelium der Zwolf Apostel (Ebionitenevangelium) » , in d 1 3 ( 1 912) , 338ss . 14 SCHMIDTKE , Neue Fragmente . . . , 1 73s . !l SCHMIDTKE, Neue Fragmente . . . , 94-96. ,l,.!.. _ _ • • . l� P H . _YIELHAUER i n New Testament Apocrypha, I, ua · � · ' ' . ' Cf. d parere diverso di BAU ER , Orthodoxy ond �-··• ·51, nota 34. u
comm. , prol : PL 26,
� Hist.
7.�
28 1
testo greco sia un estratto della Teofania di Eusebio e ch e i d u frammenti provengano dal Vangelo scritto in caratteri ebraici , eh Eusebio aveva conosciuto quasi certamente nella biblioteca di Ces a
e
rea . Il frammento in greco si rapporta alla parabola di Mt
�
25,14-30
10,34 . Il r ap: porto col Matteo canonico fa pensare che il testo dal quale ci ta Eu sebio fosse la versione aramaica del Vangelo di Matteo fatta d ai na
mentre quello tradotto dal siriaco spiega il testo di Mt
zareni (il Vangelo dei nazareni) . I l « siriaco» infine è uno dei due vangeli di Egesippo (vedi sopra) , dal quale l ' autore prendev a le ci t a zioni ebraiche e che corrisponde perciò al Vangelo dei n az are ni . Ciò posto , non ci sono dubbi che Eusebio conoscesse il Va n gelo
aramaico meglio del Vangelo secondo gli ebrei , perché il pr im o era a Cesarea ; del resto è da esso che h a citato i due frammenti . Ci s a
rebbe da chiedersi se lo storico , almeno in qualche caso , col titolo «Vangelo secondo gli ebrei» non intendesse il V angelo de l la biblio
teca di Cesarea , scritto alla maniera ebraica o in caratteri ebraici . Questo spiegherebbe , per esempio , perché Eusebio.-J.ocalizzava la «storia» citata da Papia nel «Vangelo secondo gli ebrei»
3,39 , 17) . 6.
(Hist. ecci.
Nella traduzione copta di un discorso di Cirillo di Gerusalem
me sulla Theotokos , pubblicato dal B u d ge (cf.
infra , §2,
n.
6) , si tro
va una strana citazione del Vangelo degli e brei . M. R. J ames , rispon
dendo a V. Burch , dimostrò che questo discorso di Cirillo è spurio . 17 Cirillo racconta l 'incontro avuto con un monaco di Maiòma (presso
Gaza) , sospetto di eresi a , il quale espone come avvenne la nascita di Cristo , citando appunto il Vangelo degli ebre i . Quando Cristo volle venire nel mondo , Dio lo affidò ad una grande potenza che era nei
cieli , di nome Michele . La potenza venne nel mondo e si chiamò Mari a . Cristo dimorò nel suo seno per sette mesi e poi venne alla lu
ce . Quando al termine della sua vita mortale fu messo in cro ce , il Pa
dre lo prese in cielo con sé . La cristologia qui esposta quindi è ch ia· ramente gnostico-doceta e rimanda ad un ambiente sincre tistico d el l ' Egitto . 1 8 Per quanto riguarda l ' affermazione della nascita vergi n ale
del Cristo questo testo concorda con il contenuto del frammen to n . 2 citato da Origene , ma presenta una diversa concezione del la madr e
1 7 Cf. V. B uRCH , in JThS, 21(1920) , 310 e la risposta di M. R. JThS, 22( 1921), 160s. 18 Cf. BAuER, Orthodoxy and Heresy . . , 53 (e note ) . .
282
JAMES, « Tit ol o» . in
de l Cri sto , che nella citazione di Origene è lo Spirito S anto. Proba
te il racconto del monaco di Maiòma corrisponde ad una ver bi t rn e n sione defo rmata del Vangelo secondo gli ebrei .
7. E pifanio conosceva due Vangeli giudeo-cristiani , il Vangelo dei n azareni (Pan. haer. 29) e il Vangelo degli ebioniti (Pan . haer.
30) . D a quest 'ultimo Epifanio copiò sette frammenti (cfr . , infra , nn . 7-13) e ne è perciò il principale testimon e , anche se si ignora dove e
qu an do l'abbia conosciuto . L a trattazione che Epifanio fa dei nazareni è farraginosa . Solo al e cun noti zie sono storicamente attendibili : a) i nazareni vivono nel te rritorio di Be rea (Aleppo) in Celesiria (29 , 7, 7), b) h anno un cano ne bibl ico che comprende i libri dell 'Antico e del Nuovo Testamento (7 ,2) , leggono l' Antico Testamento in ebraico e sono degli ottimi co noscit ori di questa lingua (7 ,4) , c) per quanto riguarda il Nuovo Te s t arne nto «hanno il Vangelo secondo Matteo intero e in ebraico , che da l oro viene conservato diligentemente così come fu scritto all'inizio in caratteri ebraici» (9 ,4) . Con quest'ultima notizia Epifani o, nella li nea della falsa tradizione instaurata da Papia, identifica il Vangelo
dei nazaren i , scritto in lettere ebraiche , con l'originale e braico del Vangelo di Matteo. Ma è un'informazione che non si può accogliere , in quanto è priva di fondamento : Epifanio non conosceva diretta men t e il Vangelo dei nazareni , ne parlava solo per sentito dire . Diverso è invece il rapporto di Epifanio col Vangelo degl i ebio ni t i , di cui l' autore aveva una conoscenza diretta . Epifanio ne indica il titolo : «Secondo Matteo» , titolo già indicato da Ireneo , e lo distin gue dall' omon imo Vangelo dei nazareni , in quanto il primo è decur tato e falsificato (Pan. haer. 30 , 13 ,2) . Poi Epifanio aggiunge che gli eb i o niti lo chiamano «secondo gli ebrei» , perché soltanto Matteo predi cò e scrisse un Vangelo in caratteri ebraici (3 ,7) . Ma questa no tizi a co ntiene due errori : essa confonde il Vangelo degli ebioniti col V a gelo n «secondo gli ebrei» , di cui parlava Eusebio (Hist. ecci.
III ,2 7 , 4) e interpreta q uesto titolo sulla base della falsa tradizione ri gua rda nte il proto-Matteo ebraico (di cui per altro aveva già parlato o
s p ra : Pan. haer. 29 ,9 ,4) . Su queste basi Epifanio poteva dire che il Y n gelo degli ebioniti veniva chiamato « Vangelo ebraico» (ebrai � to ùto kaloùsin: 30, 13 ,2) . Si tratta in realtà di una serie di illa ZlO fil d ovute al fatto che Epifanio non sapeva cosa fosse il «Vangelo secondo gli ebrei » . 1 9
k�Jn �è
----;;--Not are che aell'haer. 46, 1 ,9 il titolo «secondo gli ebrei• 6 dato anche al Dia1�sar on
�·"'
di TAZIANO.
283
8.
S . Girolamo
è
l' autore che ci ha tramandato il m aggior nurne.
ro di frammenti di Vangeli giudeo-cristiani, ma la loro identificazio . ne rimane un problem a non del tutto risolto dalla critica . Inna n z it ut.
to deve esser e chiaro che Girolamo , in tutti i suoi scritti , av ev a i n mente un solo Vangelo giudeo-cristiano , il Vangelo dei n aza re n i , e
ad esso attribuiva i titoli e le citazioni di altri Vangeli, che t rov ava qua e là riportati nei testi che leggeva . Girolamo e b be mod o d i co . nascere il Vangelo dei nazareni dagli stessi nazareni (durante la sua permanenza nel deserto di Calcide dalla fine del 374 o inizio de l 375 sino al 376-77) e di vederlo con tutta probabilità nella biblio teca di Cesarea (si recò in questa città tra il 386 e il 389) . Infatti seco ndo la testimonianza di Eusebio, riportata sopra , a Cesarea vi era un esem
plare del Vangelo in caratteri ebraic i . 20
Riguardo a questo vangelo Girolamo f a u n a serie di affermazi o
ni . Lo chiama Vangelo ebraico (cf. frammenti n n .
1 4 . 1 5 . 18 . 19.20.
e dice che corrisponde al Vangelo autentico scritto da Matteo (nn . 14. 1 8 . 22 . 26) , gli attribuisce i l titolo «secondo gli apo
22 .26 . 27 . 28)
stoli» oppure «secondo Matteo» (n. 33) e lo mette in relazione con gli ebioniti (n .
22) ,
ma molto più spesso identifica il Vangelo dei
nazareni col Vangelo secondo gli ebrei (nn . 16. 17 . 2 1 . 24 . 30 . 32. 33) ; inoltre afferma di averl o trascritto col permesso dei nazareni (n.
1 8)
e di averlo tradotto in greco e i n latino (n .
17,
cf. n.
19). Ma
dato che quasi tutte queste affermazioni non corrispondono a veri
tà, alcuni studiosi , come B ardy e Vielhauer , sono molto scettici nei
confronti delle testimon ianze di Girolamo e dubitano fi nanche che
Girolamo abbia conosciuto il Vangelo in questione . Schmidtke , a sua volta , lo accusa di soverchieri a , in quanto Girolamo avreb be 2 avuto di questo Vangelo soltanto informazioni di seconda mano . 1 infatti se Girolamo avesse trascritto e tradotto veramente il Van gelo dei nazareni , si sarebbe reso conto , da buon filologo q ual er a ,
E
che questo testo non poteva essere l'originale del Matteo grec o . a Ma forse s i è troppo esigenti con Girolamo . Cerchiamo d i capire l e· s es sua posizione e di salvare nelle sue citazioni ciò che merita di re salvato . L' autore aveva conosciuto personalmente il Van gel o
i 20 Il deserto di Calcide non è lontano da Berea in Celesiria , sede dei na z aren i come sappiamo anche da EPIFANio , Pan. haer. , 29, 7 ,7 . Sui rapporti di Girol a!fi 0 co a nazareni cf. Ep. 125, 12 a Rustico. Per quanto ri guarda la conoscenza della btb ho te di Cesarea da parte di Girolamo cf. De viris 75 . 21 ScHMIDTKE, Neue Fragmente. . . , 66s.
�
284
b co e , trasportato dall'entusiasmo e più ancora dalla falsa tradi e rai
zione sul proto-Matteo , ritenne di aver scoperto l 'ori ginale scritto d a l l ' apostolo Matteo . Certamente non verificò se il Matteo greco po tev a es sere una traduzione del Vangelo dei nazareni . L'opera di Gi
rol a mo consistette nel copiare e tradurre alcuni passi di questo testo , s ec ial m ente quelli che a lui apparivano più caratteristici , ripromet p te n d osi forse di portare a compimento il lavoro in un'altra occasione . Co munq ue sbagliò parlandone come se si trattasse di una cosa già
fatt a . 22
I
titoli «secondo gli apostoli» , «secondo Matteo» e l' attribu
zion e de l V angelo dei nazareni agli ebioniti dipendono dalle letture di G irolamo . Come abbiamo visto , Origene parlava del Vangelo dei do di ci Apostoli , mentre Epifanio parl ava del Vangelo secondo Mat teo , del Vangelo dei nazareni e di quello degli e bioniti . E poiché Gi ro l amo conosceva un solo V angelo giudeo-cristian o , ritenne che tutti questi titoli si riferissero al suo Vangelo . La stessa cosa avvenne col
Van g elo secondo gli ebrei che Girolamo conobbe dai commentari di Origene , come si vede dai frammenti n.
16 . 30 . 3 1 , i n cui Girolamo ri
pete il logion che era stato citato da Origene (cf . n . 2, anche n . 17) , e pensò che l 'espressione euanghélion kath 'hebraious si riferisse al Vangelo ebraico dei nazareni , dando all' espressione stessa un signifi
cato linguistico (Vangelo scritto alla maniera ebraica) , mentre essa aveva origin ariamente un significato etnico . Sarebbe un errore per
ciò identificare
il Vangelo dei n azareni col Vangelo degli ebrei . Si
tratta invece di due vangeli distinti come indicano i due frammenti n.
28 e 33 . Dato che nel primo Gesù riceve il battesimo da Giovanni e
ne l secondo lo rifiut a , i due frammenti normalmente non dovrebbero appart e nere allo stesso Vangelo . E dato che il primo frammento pre
se nt a q ualche affinità col Vangelo secondo gli ebrei ,23 il secondo do vre bbe appartenere al Vangelo dei nazareni . 24
Vielhauer ha indicato quali sono i criteri da seguire nell'attribu zio ne dei frammenti al Vangelo dei nazareni o al V angelo secondo gli eb rei : l ) appartengono al Vangelo dei nazareni quei frammenti
-d 1 e
22
In realtà no n
esiste alcuna t ra cci a
di un lavoro di tr� scrizione o di traduzione Gtrolamo . t Lo S pi rito Santo chiama Gesù suo figlio (cf. frammento n . 2 ) e suo riposo ( n . 1 ) . E s e si considera i l fatto che esiste u n terzo frammento relativo a l �e l Vangelo degli ebioniti (cf. n. 10) , è ragio n evo l risalire a tre vangeli giudeo
�angelo dei nazareni che sare bbe st a a fatta da s. 24
�r�el�o
tsttam .
e
battesimo, 285
che hanno una base semitica e un' affi nità col materiale sinottico e
specialmente col Vangelo di Matteo , dato che tutte le testimonianz e convergono sul fatto che il Vangelo dei nazareni era una sorta di tar. gum aramaico del Vangelo greco di Matteo ; 2) si assegnano i n vece
al Vangelo secondo gli ebrei quei frammenti che presentano affi n i tà con quelli citati da Clemente e da Origene , che sono i princip ali ga. ranti di questo Vangelo , oppure q uei frammenti che presum ibil m en
te Girolamo conobbe da Origene , come nel caso del testo relativo a Giacomo e citato nel
De viris, 2
(in cui appunto si fa il nome di O ri
gene che utilizza il V angelo secondo gli ebrei) . 25
Resta comun que molto difficile decidere caso per caso . Si po. trebbero attribuire al V angelo dei nazareni a) i frammenti cita ti ne l commento a Matteo (nn . 20-25) , data appunto la natura di ques t' o pera , b) le indicazioni riguardanti le lezioni aramaiche ( cf. nn. 14.21 .24 e 26) , 26 c) l ' affermazione che alla morte di Gesù sia cro lla to l ' architrave del tempio e non il velo del tempio (cf. nn. d) i due frammenti citati da Girolamo ne ll
33 . 34) ,
'
25 . 27) , 27 Ad v. Pelag. , 3 ,2 (n n.
il primo perché proviene dal Vangelo che si conservava a Ce
sarea e che
è
affine al testo di Mt
materia di Mt
18 ,22 .
commento a
Ez 18,7
3 , 1 4 , il secondo
perché svilup p a la
Ma la derivazione dei due frammenti dal Van
gelo dei nazareni , quello citato nel commento a Ef (nn .
1 5 . 32) , è
5 ,4
e quello del
ritenuta i mprobabile . 28
Altrettanto problematico è decidere quali frammenti provengo
È probabile che appartengano a questo testo a) quelli citati nei tre commenti , a Michea , a Isai a , a
no dal Vangelo secondo gli ebrei . Ezechiele ( = nn . O rigene nel
1 6 . 30 . 3 1) , data la loro affinità col logion citato da Commento al Vangelo di Giovanni (= n . 22) , b) l' appa
rizione del Risorto a Giacomo ( mento a Origene ,
c)
=
n . 1 7 ) perché Girolamo fa riferi
il testo relativo al battesimo di Gesù nel com-
2!i
PH . VIELHAUER in New Testament Apocrypha, I , 134s. . Notare però che VIELHAUER , in New Testament Apocrypha, l, 134, giud1ca er rata la spie gazione del nome «Barabba» come «figlio del loro maestro» (cf. fra m m e n to n . 24) . Il n o m e «mahar•• al posto di epioU.Sios (n. 2 1 ) sarebbe una mera conge ttura 16
di Girolamo . . . l.:1 11 Cf. anche GIUSEPPE fLAVIO quando parla della d istruzione del te mp1o m Be /ud . 6 ,293-300. I nazareni possono aver considerato la fine del t e m pio co me la puro zione di Dio per la morte di Gesù. le 28 M al g rado il fatto che il primo logion sia introdotto dalle parol e : «Co m giamo anche nel vangelo ebraico » . a. VIELHAUER in New Testament Ap ocryp a, ' 135 .
� r
286
IJlento a Jsaia
(In ls 1 1 ,2 =
n . 28) per la sua anal o g ia con i frammenti
ci t a t i ris pettivamente da Clemente ( = n .
l)
e da Ori gene ( = n . 2) .
Mol to discussa è invece l ' appartenenza del logion citato nel De viris. 16 ( = n . 1 9) e ripetuto nel commento a Isaia ( = n. 29) al Van lo dei nazareni: «Ecco toccatemi e vedete , io non sono un de mo ge nio (un o spirito) senza corpo» . Nel De viris Girolamo commette due e rro ri: a) dice che l'intero passo , in cui è cit ato il logion , appartiene lette ra di Ignazio a Policarpo , mentre esso s i trova nella lettera esa di Smirn e , 3 , 1 s ; b) le parole : «Realmente l ' ho visto29 nel chi alla rne anche dopo la risurrezion e e credo che sia proprio lui» a ca a s l u
al l a
so no p a role di Ignazio , mentre il testo che si riferisce all ' apparizione
de l Risorto comincia da : «E quando venne da coloro che erano con Pietro , disse loro . . . ». Schmidtke ha già fatto notare che Girolamo no n leggeva direttamente le lettere di Ignazio , ma la Storia ecclesia stica di Euse bio , 3,36 , 1 1 , in cui è citata appunto la l e t tera di Ign azio alla comunità di Smirne . Il primo errore si può forse spiegare suppo nen do che Girolamo abbia creduto che l a le ttera fosse indirizzata a Pol i carpo , dato che questi era vescovo di Smirne . Notiamo però che
Eusebio non conosceva la fonte da cui Ign azio aveva citato il logion
(ouk oid'hopothen) .
Ora , secondo la testimonianza di O rigene nella
prefazione al De principiis , l' espressione : «Non sum daemonium in corporeum» era nella Doctrina Petri (che dovrebbe corrispon dere all'apocrifo
kerygma Pétrou) .
Girolamo invece dice che questa
esp re ssione si leggeva nel suo Vangelo giudeocristiano . Lagrange e Waitz hanno creduto a Girolam o . 30 Il Waitz prende in considerazio n e anche la testi mon ianza di Origene e dice che Ignazio e l a Doc
trin a Petri hanno
attinto liberamente dal Vangelo dei nazareni . Viel h aue r i nvece ritiene del tutto errata l ' attribuzione del logion ad un Va ngelo giudeo-cristiano ed esamina la possibilità che possa trattar si sem plicemente d i una formulazione diversa del testo del Vangelo di Luc a 24 ,39 dovuta a I gnazio e che d a lui sia passa t a nella cosiddet ta D octrina Petri (o l'inverso) , a parte il fatto che non è assoluta m en t e ce rto che q uesta opera sia l 'equivalente del Kerjgma Pé
tro u.3 1
In ogni caso n on sembra che il Vangelo dei nazareni esistesse
--
: Notare che Girolaii}O cambia oida in vidi . . M . LAGRANGE, « L'Evangile sel o n !es Hébre �X», m R.B 31(1992) , 32 1 . H . _ . sogennante JUdenchnstbchen Evangeben», i n �rz, « N e ue Untersuchungen iiber d1e �· 36(1 937) , 64ss . • .
W
VIELHAUER in
New Testament Apocripha, l , 129s.
287
già nella prima decade del II
secolo e che I gnazio citasse un Van ge l o
diverso dai Vangeli ufficialmente accolt i .
9. I l « (Vangelo) giudaico» . A . Schmidtke ha fatto conoscere un certo numero di varianti al Vangelo di Matteo , le quali vengono ri portate come glosse marginali da alcuni manoscritti greci dei van geli
tò Joudai'k6n Y Stando al parere di Schmidtke , il «giudaico>> era una rece nsione del Vangelo di Matt eo con delle varianti caratteristiche e si trov ava a Gerusalemm e in u na
con l'indicazione della fonte :
370 e il d . C . Il titolo fa pensare alla lingua del testo, l' aramaico , in cui era redatto il Vangelo dei nazareni (Pan. haer. 29,9 , 4, cf. 30, 1 3 , 2) .
basilica del monte Sion , ove sarebbe stato collazionato tra il
500
Non ci sono prove per dire che le varianti provengano dal comme nto di Apollinare di Laodicea al Vangelo di Matteo . La relazione d el «giudaico» col Vangelo di Matteo e il fatto che la variante a Matteo
1 8,22 ( = n . 45 ) corrisponda al logion citato da Girolamo nell'Adv. Pelag. 3 ,2 ( = n . 34) fanno pensare ad un legame stretto tra il «giu daico» e il Vangelo dei nazareni .
10. La notizia di Teodoreto d i Ciro ( t 460 d . C. circa) , Haereti carum fabula rum compendium 2 , 1 33 sugli ebioniti e il loro Vangel o , è di seconda mano , in quanto dipende da Eusebio , Hist. ecci. 3 ,27,4
(gli ebioniti accettano soltanto il Vangelo secondo gli ebrei) e da Ire
neo ,
1 ,26 ,2
(gli e bioniti utilizzano il V angelo secondo Matteo) . Poi,
nella stessa opera ,
2,2,
Teodoreto dice che i nazareni utilizzano il
Vangelo secondo Pietro : informazione comunque poco sicura per ché non ben documentata.
poli
300
11. Secondo la sticometria di Niceforo , patriarca di Costantino·
(806-81 8 d . C . ) ,
il Vangelo secondo gli ebrei contava
2 . 200 linee,
in meno rispetto a quelle del Vangelo di Matteo . 34
12. Riferimenti a vangeli giudeo-cristiani si trovano infine nella
tradizione medievale : Aimone di Auxerre (frammento n.
49) , Catechesi celtica del codice bretone Vat . Regin. Lat. 50) , Sedulio Scotto (n. 5 1 ) , i commentari irlandesi di cui il Bi-
da Riga (n.
49 (n .
32
SCHMIDTKE, Neue Fragmen te. . . , 1-32 .
34
C. DE
33
288
48) , Piet ro
PG 83 , 388s . BooR, Nicephori
archiep. Const. opuscula historica, Le1pzig
1·
1 880, 1
sch off in Sacris Erudiri 6 ( nn . 5 2- 5 7) e la Historia passionis domini (n n . 58-63) che lo stesso B ischoff ha fatto conoscere . Tutte queste tes timonianze , secondo il parere del Bischoff, risalgono ad una me =
desi ma fon te, al Vangelo degli ebrei tradotto da s. Girolamo e con servatosi in tutto o in parte nella tradizione irlandese fino al IX seco lo . Si può osservare che il frammen to citato da Aimone di A uxerre (n.
48)
corrisponde a quello della
Historia passionis fol . 55r ( n .
62) , i
tes ti del commento a Matteo (nn . 5 2 . 5 4) corrispondono a quelli del commento a Luca (nn . 56 . 57) , la precisazione riguardante la spacca
tura dell ' architrave del tempio (n.
63)
l'abbiamo già letta in s. Giro
lamo (nn . 25 . 27 ) , come anche quella riguardante il miracolo fatto al l 'uomo dalla mano paralizzata (nn . 22 e 53 ) . Ma se la fonte delle ci
tazioni medievali dei Vangeli giudeo-cristiani è s . Girolamo , si pone
anche qui il problema di distinguere le citazioni provenienti dal Van
gelo dei n azareni e quelle provenienti invece dal Vangelo degli
ebrei . 35 Il titolo «Vangelo secondo gli ebrei» si legge soltanto in Se dulio Scotto ( n .
51).
Ma dato che in quest'ultimo frammento si parla
della venuta dei magi , che
è
raccontata nel Vangelo di Matteo , ci si
chiede se questo frammento non derivi , a sua volta , dal Vangelo dei
nazareni che si basava sul Vangelo di Matteo , come è stato detto so
pra . D ' altra parte l a citazione del Vangelo degli ebrei nel frammen to n .
55
si addice di più al Vangelo dei nazareni . Se
è
così , nella tra
dizione medievale si sarebbero conservate dell e citazioni del Vange
lo dei nazareni forse proprio a causa del fatto che si trattava di un te
sto esente da contenuti ereticali . Si ricordi comunque che l ' autentici tà di queste citazioni
è
discutibile .
In conclusione , analizzando le testimonianze dell' antichità cri
stiana sembra che si possa confermare la teoria di H. Waitz come
quella che meglio si attiene alla critica delle fon t i e che si debba par lare perciò di tre Vangeli giudeo-cristiani : ni ,
2.
1.1.
il Vangelo degli ebionit i ,
3.
l.
il Vangelo dei nazare
il Vangelo secondo gli ebrei .
Il Vangelo dei nazareni
È il Vangelo rappresentato dal maggior numero di testimonian ze : d a Egesippo , Eusebio ( Theophania, nn . 4 e 5 ) , Epifanio (Pan. h aer.
gelo
29 ,9 ,4) , Pseudo-Origene (n.
3) ,
s . Girolamo (molti frammen�: i
·-
�
.... . ..
�··
.,.
..,...... , .. ..
Il Vangelo dei nazareni è ricordato ne i fraiiiJltia. lell AIJ�ci.•. A9, il Vandegli ebrei invece nei frammenti nn . 50.55. Jli;"!N"·· · • • �· ·.
35
289
ti) , dal « (Vangelo) giudaico» , e dai commentari medievali . Pr ob a bilmente il primo a parlare del Vangelo dei nazareni è Papia n el te sto sul Vangelo di Matteo , per cui la data di composizione di q uesto vangelo giudeo cristiano sarebbe di poco anteriore agli anni 1 30-140 d.C. I l titolo «Vangelo dei nazareni» non è adoperato dagli autori an tichi ; esso si trova per la prima volta nei testi medievali (cf. nn . 48 . 49 . 5 8-63) . Gli antichi indicavano questo Vangelo con espressi on i diverse che facevano riferimento o all'apostolo Matteo, a l quale ve niva attribuito , oppure alla lingua semitica , in cui era scritto , o an che ai nazareni che lo adoperavano. Era un testo scritto in caratteri ebraici Eusebio, (nn . 4 . 5 ) , detto perciò Vangelo secondo Matteo in ebraico (Epifania) , Vangelo ebraico , scritto in lettere ebraiche , Vangelo secondo Matteo (Girolamo , nn . 14. 1 5 . 18 . 23 . 27 . 28) , Van gelo che adoperavano i nazareni (Girolamo, nn. 22. 23 . 28 . 29 , cf. an che Epifania) . S . Girolamo lo chiamava anche «Vangelo secondo gli ebrei» (cf. nn . 16. 1 7 . 30) e «Vangelo secondo gli apostoli» (cf. n . 33) , riferendo al Vangelo dei nazareni titoli di altri Vangeli giudeo cristiani . Ma non è da escludere che con l 'espressione «Vangelo se condo gli ebrei» s. Girolamo alludesse alla lingua in cui era scritto i l Vangelo dei nazareni . Questo Vangelo infatti era redatto in aramaico, 36 la lingua dei nazareni della Celesiria . E fu proprio qui , nel circondario di Berea, che s . Girolamo vide questo testo. Ricordiamo che un esemplare era anche a Cesarea nella biblioteca di Eusebio . I caratteri ebraici con cui era scritto questo Vangelo e il fatto che esso era attribuito all'a postolo Matteo fecero sì che in alcuni ambienti venisse considerato come l'originale del Vangelo canonico di Matteo (come il proto Matteo , cf. Papia) . Per quanto riguarda la forma letteraria, il Vangelo dei n azareni doveva essere una versione aramaica del Matteo canonico e nel lo stesso tempo una sua rielaborazione di tipo targumico . Per qu anto attiene invece al suo contenuto, si può parlare forse di una risc rit tu ra della tradizione sinottica e mattaica in particolare , e pens are che l 'apocrifo rappresentasse uno stadio ulteriore della stessa tradizio ne . Questo Vangelo aveva un carattere secondario rispetto al Mat teo canonico e si deve perciò escludere che si trattasse del prat o-
36
290
11
... ..
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.. . .. . .. . � .. . .... .. ..
Waitij)............. ._ stato scritto in gre-
Alcuni autori , come H . co e dopo tradotto m aramaico .
.!f!,�• :
•
N. �,·,r. , ,,, ,;.,,h• Ht· �
rJ a tte o . D ai frammenti si vede che non doveva contenere dottrine
d iv er se da quelle professate da lla chiesa ufficia l e e che esprimeva be n e l ' i deologia dei nazareni , eretici soltanto perché rifiutavano l 'e
vo lu zio ne della chiesa e continuavano a vivere nella tradizione semi ti c a del cristianesimo primitivo . In alcuni casi si nota che la materia d i Matte o v i ene ampliata o sdoppiat a . Così nel frammento n. 3 , cita
to dallo Pseudo-Orige ne , la pericope di Mt 1 9 , 16-24 dà origine ad un ra cco nto che tratta di due uomini ricch i . 37 In seguito al comando di Ge sù di dividere l e proprie ricchezze e di dare il ricavato ai poveri il
n cco co minciò a grattarsi la testa indicando che tale comando non gli piacev a . È chiaro quindi che siamo davanti ad un caso di riscrittu
ra d ella pericope mattaica in forma novellistica : caratteristica evi dent e di uno stadio tardivo della tradizione . Nel frammento n . 22 riportato da Girolamo , il racconto del mi raco l o , in Mt 1 2 ,9- 1 3 , assume invece una coloritura più popolare . È det t o infatti che l 'uomo dalla mano paralizzata e ra un muratore ed aveva quindi bisogno della mano per lavorare e procacciarsi il neces
sario pe r vivere , diversamente avrebbe dovuto mendicare . I l carat
tere popolare del Vangelo dei nazareni verrà accentuato nella tradi
zione esegetica medievale ( vedi dopo) . In qualche caso si dava mag giore incisività al testo di Matteo ampliandolo , come capita nel frammento n.
34
riguardante i l perdono (cf. Mt
1 8 ,22) :
bisogna per
don are non sette volte al giorno ma settanta vol t e sette , perché an
che i più santi possono commettere una mancanza . In questo fram mento non si tratta quindi di un nuovo logion , m a d ello stesso logion mattaico ampliato . Vedere a questo proposito anche il «( Vangelo)
giudaico» (n . 45) . Alquanto diverso sembra e ssere il caso dei due frammenti n . 15 e 32 :38 in essi , partendo dalla base di Mt 5 ,22 e 1 8 ,6, v en gono creati quasi due nuovi logi a . Nel pri m o il versetto di Mat teo vi ene spie gato così : «Non siate mai lieti se non quando guardate
il vost ro frate llo co n amore » . Nel secondo invece tra i più gravi pec
cati dev e essere m essa ogni azione capace di « rattristare lo spirito d el proprio frate llo» . Si danno anche i casi in cui un testo di Matteo viene prese nta to e interp retato in modo diverso . Eusebio dice che n el Vangelo in carat te ri ebr aici vi era una parabola che richiam ava quella di Mt 25 , 14i '
, ,
37 Ma si è conservato so l tanto il dialogo tra Gesù e il secoado dei due. Nel Matteo cano nico -rinvece si parla di un uomo ricco . 38
Amme sso che denvino dal Vangelo dei nazareni!
291
30. In essa però il padrone castigav a un servo che aveva con dotto una vita dissoluta . non colui che aveva nascosto il talento . Il s erv o dalla vita dissoluta ricorda q uello di Mt 24 , 29 (cf. anche Le 15 , 30 ) .
Lo stesso Eusebi o , n e lla Teofania in siriaco (n . 5) , riporta la s pie g a zione che si dava di Mt 10,34-36 riguardo cioè alla division e de i membri all'interno di una famigli a . Il motivo della separazione è l 'e è un'idea espressa specialmente in
lezione divina ; e dato che questa
Gv 17 l ' autore ricorrev a alla te rminologia giovanne a . Il fram me nto che si le gge ne ll A d v . Pelag. , 3 ,2 (n . 33) non è una tradizione dive rs a da quella riportata da Mt 3 , 14- 1 5 , in cui Gesù si fa battezz are d a '
Giovanni . Nel nostro frammento invece è citato un Jogion di Gesù ,
il quale dichiara di non ave re peccato e di non ave re bisogno di fa rsi
battezzare . Il logion corregge Mt
3 , 15
e mette in evidenza l 'impecca
bilità di Gesù . Esso manifesta perciò l ' opinione cristologica dei na zareni a tale riguardo .39
Molti framme nti sono de l le varianti testuali del Vangelo di Mat
teo : nn .
20.23 . 25 . 26 . 35 . 36 . 38 . 39 . 40 . 4 1 . 42 . 44 . 45 ,
34; 46. Altre va 52.53 , cf. 22 ; 54 e
cf.
rian ti sono indicate nei commentari irlandesi : nn .
nella Historia passionis domini: n . 58. Tra tutte queste varianti po trebbe ave re un 'importanza particolare quella indicata nel fram mento n . 25 (cf. anche n . 26 e 63) e re lativa a M t 27 ,5 1 : alla morte di
Cristo si spezzò l' architrave del tempio (e non già il v elo del tem
pio ) . Con questo testo verrebbe fortemente acce ntuata la fine del
l ' antica Alleanza giudaica rappresentata appunto dal te mpio di Ge rusalemme . Con riferime n to a Mt
7 ,23
viene citato il seguente lo
gioo : «A nche se voi siete sul mio petto e non fate la volon tà del Pa
39 ) . La va circa d . C . ) : « A nche se s iete
dre mio che è nei cieli , io vi scacce rò dal mio petto» (n .
riante si trova anche in 2Cl e m .
4,5 (140
riuniti con me sul mio petto e non osservate i miei precetti , vi scacce
rò e vi dirò: allontanatevi da me , non vi conosco , non so donde sia t e , ope ratori di iniquità» . Que sto dunque non un è logion origin ale , ma una m escolanza di elementi sinottici e giovannei . 40 In Mt
27,65
invece un'altra variante fa dire al testo che la custodia de l sepol cro
39 La pressione di Maria e dei fratelli di Gesù su di l ui affinché si face sse ba tt ez· . zare da Giovanni era ricordata anche nel libro dal titolo <<Pauli Praedicatio » c1t at dallo PsEuoo-CIPRIANo , De rebap tismate 17 (G. HARTEL, CSCL IIIB , 90 ,17-30) . C · New Testa men t Apocrypha, II, 92 . .w Cf. A . RESCH , Agrapha. Aussercanonische Schriftfragmente, Darmst ad 1974 · 1 68 ; R. BuLTMANN , The History ofthe Synoptic Tradition (tra d . dalla seconda ed. te · desca 1931), Oxford 1972, 94 e 1 16s.
�
292
era form ata da «uomini armati» ( n . 47) . Vede re a questo proposito an che il Vangelo di Pietro , 28-34. In altri frammenti poi è detto che i l Vangelo dei nazareni citava
l'A nti co Testamento secondo il testo ebraico (cf. n. 1 8) e che indica va an che la lezione semitica corrispondente al testo di Matteo . In Mt 2 1 .9 c ' era : « Osia n n a barrama» (osan n à en tois hypsistois) (cf. n . 1 4) . �1 I n Mt 27, 16 i l nome B arabba veniva interpre tato come «Figlio del (loro) maestro» (n . 24) .42 Nella richiesta del Padre nostro , che in Mt 6, 1 è formulata così : tòn arton hemòn tòn epiousion dòs hèmin
seme ron ,
al posto dell 'agg .
epiousios c'era mahar,
per cui la richiesta
signifi ca : dacci il pane per l ' indomani ( n . 2 1 ) .43 Per questo s. Girola m o tradusse così : il nostro pane (necessario ) fino all'indomani dacce
lo gio rno per giorno. Lo stesso testo vie n e ripe tuto n e l commento al Salmo 1 35 (n . 26) , ove però Girolamo dà a «per domani» un sign ifi 44 cato escatologico : dacci oggi il pane che ci darai nel tuo regno . I testi medievali accentuano il carattere nov ellistico e popol are
del Vangelo dei nazareni amplificando talvolta i d ati della tradizione canonica . Nel frammento n .
48
di A imone di A uxerre migliaia di
giudei che erano intorno alla croce si convertiron o . L'avvenimento è citato anche nella
Historia passionis
(n.
62)
come prove nie nte dal
Vangelo dei nazareni , in cui però si precisava che i convertiti furono
ottomila e che la loro conversione avvenne dopo l a pasqua : tre mila
nel giorno di pentecoste e cinquemila poco dopo (cf. At , 2 ,4 1 ; 4,4) .45 Nel Commento al Vangelo di Matteo di Sedulio Scotto (n . 5 1 ) i m agi che vennero dal Signore erano una folla , anche s e i capi che
gui d avano questa folla erano tre , chiamati secondo alcuni Melco ,
Gaspare e Fatizard a . I magi erano v e stiti secondo il costume persia no , in quella foggia cioè in cui li rappresentava l ' arte cristiana anti ca. Se mpre in questo frammento si dice che Gesù era n ato in una
41 Cf. RESCH , Agrapha, 243 e la critica di VJELHAUER , i n New Testament Apo cryph a , l , 1 4 1 s. '2 « Eorum>> in «filius magistri eorum>> è un'aggiunta fatta da G i rolamo con l'in te nzio ne di distinguere in senso dispregiativo il maestro degli ebrei da quello de i cri � � lant . B arabba = figlio del maestro . Cf. REsc H , Agrapha , 244, LAGRANGE, «L' É van gtl e . . . >> , 329 e la critica di V!ELHAUER, New Testament Apocrypha, l , 1 4 1 ss. '3 Così intesero i t raduttori copti ( venientem , saidico . crastinum , boairico) . Cf. A.t t 1 6, 1 1 ; 20, 1 5 , in cui è adoperata la forma fe mm i ni le tè-i epioU5e-i = l'indomani . .. A nche per questo testo cf. RES C H , Agrapha , 237 e la critica di V!ELHAUER , Ne w Testament Apocrypha , l , 142. Sul termine epioU5ios cf . C. SPICQ , Note di Lessi cogra[la neotestamentaria , l , Brescia 1982 , 622ss . r ' ' N e i commentari irlandesi s u L e 1 0, 1 3 ( = n . 5 5 ) s i precisa che i miracoli o pera1 da G esù a Chorozain e a Bethsaida (cf. Mt 1 1 ,21 e Le 10, 13) furono cinquantatre .
293
è stata riportata anche da s . Giu Dialogo 78 ,5 , e nel Protovangelo di Giacomo, 18 , 1 ; 1 9 ; 21 , 3. 46 Historia passionis (n . 60) un fram mento spiega pe rché l 'apo.
grotta , secondo una tradizione che stino , Nella
sto lo Giovanni e ra conosciuto dal sommo sacerdote (come si le gge in Gv 1 8 ,5 ) : essendo figlio del pescatore Ze bedeo (cf. Mc 1 , 1 9 ) ave. va portato il pesce al palazzo di Anna e Caifa .
1 .2.
Il Vangelo secondo gli ebrei
La prima notizia intorno a questo Vangelo è quella di Egesi ppo . Su bito dopo e sso è attestato da Clemente Alessandrino (cf. fram mento n . l) e da Origene (n. 2) . S. Girolamo ne riporta alcune cita
zioni attribuendole però al Vangelo dei nazareni . Niceforo di Co stan tinopoli n e indica il numero de gli stichi . Alcuni e retici de l la Pa lesti n a m eridionale , nel IV secol o , lo avevano in grande considera
zione , ma si trattava forse di una versione deformata del Vangelo se
condo gli ebrei , come si vede dal testo copto pubblicato dal Budge e attribuito a Cirillo di Gerusalemme .
Il titolo è citato da Clemente e da Orige n e :
ghélion .
kath 'hebraious euan
Era il Vangelo dei giudeo-cristiani di Egitto (forse del terri
torio di Alessandria ) , come sembra dalle testimonianze concordi di
Clemente e di Orige ne , come anche dall' affinità del frammento n . l
con il logion del Papiro di Ossirinco . Questo Vangelo fu scritto in greco verso la metà del
II
secolo , dato che Egesippo lo utilizzava.
S econdo l a testimonianza di Eusebio,
lion kath 'hebraious
Hist. ecc/. III ,27,4, l'euanghé
e ra adoperato da un gruppo di ebioniti , che cre
d ev ano nella concezion e verginale di Gesù . Epifanio ,
XXX ,3 ,7, comprese che
Pan . , haer.
questo Vangelo fosse quello di tutta la se tta degli e bi oniti , per cui identificò il Vangelo katà Matthaion e il Van gelo kath 'hebraious. 47 Schmidtke trae argomento d a questa citazio
ne pe r identificare il Vangelo secondo gli ebrei col Vangelo degli ebioniti , 48 ma a torto perché non si spiega come i frammenti n . 2 e 6 potessero appartenere al Vangelo degli ebioniti , i quali negav an o la concezione verginale di Gesù (vedi dopo ) .
Cf. W. B AUER , Das Leben Jesu im Zeitalter der neutestamentlischen ApoTubmgen 1 909 , 6lss . 337 47 Come fa osservare K. HoLL nell 'edizione critica del Panarwn: GCS 25 . (citato da WAITZ , «Neue Untersuchungen . . . », 78). 48 SCH MIDTKE , Neue Fragmente . . . , 242ss; cf . 32-40 . 46
kryphen ,
294
L e poche indicazioni che abbiamo del Vangelo secondo gli ebrei n o n ci pe rmettono di definire la natura del testo che tuttavia non do ve va avere rapporti particolari con i Vangeli canonici e soprattutto
co n que llo secondo Matteo , se lo si confronta con il Vangelo dei n a za re ni e c o l Vangelo degli ebioniti (come vedremo dopo) . Il logion citato due volte da Clemente Alessandrino è un agra phon . Confrontandolo con il logion 2 del Vangelo di Tommaso e
con la dive rsa redazio n e greca de llo stesso logion nel Papiro di Ossi rin co 6 54, si ottiene la struttura originaria del testo , in cui venivano i n dic ate cinque tappe della vita spirituale : cercare , trovare , stupirsi , regnare , riposarsi . Ora , questi verbi assumono significati diversi a
seconda del contesto al quale appartengono . Cosl essi possono avere o il significato che dava a questi termini la tradizione semitica (per
6,25-28; 5 1 ,26s . ; Mt 7 , 7s . ; Le 1 1 , 9 s . ) , oppure il se nso con cui li adope rava la tradizione filosofica elle nistica e soprattutto la tradi
es . Sir
zione ermetica
( Corp. herm. 4 .2 ; 9 , 1 0 ; 1 3 ,20 ; 14 . 4 ) .49 In anapausis
per q uanto riguarda in particolare il te rmine
ogni caso ,
adoperato
nel logion , il suo uso da parte dei giudeo-cristiani sem bra certo , e si
tratta anche di un uso molto antico . 5° Questo termin e infatti è atte
87,5 come titolo di una profezia dei Padri della setta battista «sul riposo del corpo» e indicava l a venuta escato stato n el Codice di Mani ,
logica del Profeta di verità con particolare rife rime nto al suo riposo
dopo la corsa attraverso i secoli . 5 1 Per cui sembra che il logion del
Vangelo degli ebrei , citato due volte da Clemente Alessandrino , sia
di origine giudeo-cristiana e che da questa tradizione si a passato a
quella gnostica , proprio perché esprimeva bene l ' essere dell'uomo che nella sua e sistenza passa continuamente dal movimento ( ricer ca ) al riposo (conquista della verità) , in un processo di n atura spiri tu ale che non conosce fine .
Il frammento n . 2 (cf. n n . 30. 3 1 ) doveva forse riferirsi ad un epi so dio delle tentazioni di Gesù : preso dallo Spirito Santo , alla manie ra di Ezechiele e di Abacuc (cf. Ez
8,3
14,36) , Gesù vie n e tra 4,8: un monte molto alto) .
e Dn
sportato sul grande monte Tabor (cf. Mt
Ma l ' importanza teologica di questo testo sta nel fatto che Gesù
H . ·C H . PuECH, En quete de la Gnose , II: Sur l' Évangile selon Thomas , P ari s 76s. PH VIELHAUER, NA PA USIS. Zum gn ostichen Hintergrund des Tho lllas �vCf. angeliums», in TB , «A 3 1 ( 1965) , 2 1 5-234 . rot . Cf . Co dex Manzchm c us Colomensis, 87 ,5. Ed . L. KoENEN-C. RoEM E R (Papyoglca Colomens 1a , 1 4) , Koln 1 988. . 19
'9
78 ,
'°
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" ' ,.
295
chiama lo Spirito Santo sua madre . In questo modo i giudeo-cr is tia n i affermavano la concezione verginale di Gesù e la sua divin it à . Lo
Spirito Santo , al quale è dovuta la n ascita di Gesù già nella trad iz iO ne canonica di Le 1 ,35 , viene presentato come una donna sul la base del fatto che « Spirito» nelle lingue semitiche è di gen e re fem mi n ile
�
Il frammento n . 28 si riferisce al battesimo di Gesù e c on ti e n una cristologia diversa da quella dei Vange li sinottici e anch e d a quella del Vangelo d egli ebioniti . I suoi elementi più importa nti so
n o : a) non è la « Voce dall' alto» che rivela la divinità di Gesù (cf . Mc 1 , 1 1 ; Le 3 ,22 D) ma lo Spirito Santo che era disceso su di l ui ; b) l a
discesa dello Spirito Santo avviene dopo che Gesù ha lasciato l ' a c qua (cf. Mt 3 , 1 6 e Mc 3 , 10) ; c) il posarsi de llo Spirito corrisponde a Gv 1 ,32 ( . . . kaì émeinen ep'aut6n) ; d) que st'azione significa , a diffe re nza della tradizione canonic a , che lo Spirito ha trov a to il «riposo»
d efinitivo in Gesù . Per cui lo scopo principale del testo non
è
quello
di rivelare la divinità di Gesù (come vedremo nel Vangelo degli
ebioniti ) , ma quello di mettere in evide nza l ' unione definitiva dello
Spirito con Gesù . In questa unione viene in un certo modo riassunta tutta l a teologia della rivelazione profe tica . Dicendo che lo Spirito in
tutti i profeti attende la ven uta di suo Figlio que sto Vangelo espri meva la tesi della rivelazione ciclica portata a compimento da una
cate n a di ri velatori e che si conclude con Gesù , sigillo dei profeti .
L' «intera fonte dello SpiritO>> che si posa su di lui significa che la ri
velazione ha toccato , in Gesù , la punt a più alta della sua espressio n e . Non è forse un caso il fatto che un concetto analogo a questo ve nga espresso nella lettera agli Ebrei
l , 1- 2 ,
un testo che a sua volta
riguarda i cristiani di nazionalità ebraica (gli «ebrei>> appunto) c he
parlavano il greco . Questo concetto fondamentale d ella teologia
giudeocristiana trove rà in seguito la sua formulazione ne lla teoria pseudo-clementina del Profeta di verità che a ttrave rsa i secoli sotto nomi diversi e alla fine trova il riposo (Horn.
3 , 20, 2 ; Ree. 22 ,4) . 52
(antipausis, requies)
nel Cristo
'2 Lo Spirito Santo parla come l'ipostasi divina della Sapienza della le.t te ra tur a sapienziale giudaica . Come la Sapienza cercò mutilmente il «riposo>> in tu tti 1 po p oli pnma d1 trovarlo in Israele (cf. Sir 24 ,7) , così lo Spirito cercò il suo «riposo•• in tutti 1 profeti finché non lo trovò in Cristo . A questo contesto s1 sono ispirati qu egli a mb ien · n u che , come i battisti di Mani (cf. nota S l ) . le Pseudo-clementine e gli gnos tici h an o e parlato del Liberatore prees1stente che si incarna in un personaggio scelt o pe r nvel a r la «Conoscenza>>·salvezza . Cf. la nota 50. •.
2 96
S ta ndo al raccon to del mon aco di Maiòma nei pressi di Gaza , n e lla c itazione di Cirillo di Ge rusale mme (cf. n . 6) , il Vangelo se con do gli e brei parlav a della pree sistenza di Cristo e de lla sua nasci
ta . e spie gava inoltre perché lo Spiri to Santo è sua m adre . Quando
c ri sto volle sce ndere in te rra , Dio chiamò «una grande potenza» che è in c ielo , cioè l' arcangelo Michele , ed affidò Cristo alle sue cure . La po ten za sce se nel mondo e si chiamò Mari a . Cristo fu nel suo seno
pe r s ette mesi prima di essere generato . D a que sto testo si ricavano due dati importanti : a) l a preesistenza è la caratteristica di Cristo e di sua madre , b) la madre di Cristo è l'in carnazione dell' arcangelo Michele , che è una potenza celeste .
W.
Bauer attira l' atte nzione sul
ruolo di Michele nei Papiri magici e nei testi gnostici , 53 cosa che con ferma l ' appartenenza del Vangelo secondo gli e bre i all'ambiente
egiziano . La potenza celeste si incarna affinché i l Cristo possa diven
tare suo figlio . L a rappresentazione dello Spirito Santo come l 'ar
cangelo Michele è un elemento caratteristico della cristologia giu
di Isaia 9,33-36. Lo è di natura femminile (co
deo-cristian a , che si trova anche nell'Ascensione Spirito Santo quindi si incarna e , dato che
me si diceva sopra) , prende la forma di una donna. L'intero fram
mento esprime una cristologia gnostico-doce ta , in cui il docetismo viene esteso anche alla m adre di Cristo . Se il testo relativo a Giacomo di Gerusalemme nel De viris ,
2 fa
ceva parte veramente del Vange lo secondo gli ebre i , questo vangelo parlava anche degli avve nimenti pasquali e faceva di Giacomo il pri mo testimone del Risorto , contro la tradizione citata in 1 Cor ove i l primo testimone è Pietro . Così
è
1 5 ,7,
e vidente l'inte nzione di voler
correggere la tradizione anteriore e di voler dare a Giacomo , in
quanto capo appunto della chiesa de gli e brei , 54 l a precedenza su Pie tro . Un altro eleme nto va messo in evide nza in q uesto testo . Contra ri amente a quanto si arriva a compre ndere dall a tradizione canoni
ca , ove sembra che all 'ultima Cena abbiano preso parte solo i dodi ci , nel Vangelo secondo gli ebrei Giacomo vi partecipò e in questa circos ta nza assicurò che avre bbe osservato un digiuno totale , finché no n ave sse visto il Signore risorto dai morti . Come si osserva , questo
v oto d i Giacomo viene espre sso mediante le parole di Gesù in Mc e Mt (cioè di non bere più del frutto della vite fino al gtorn o in cui lo b e rrà , nuovo , nel regno di Dio ) . Di qui sembra che
1�, 25
---
26,29
53 Cf. la nota 18. S4 Cf. PSEUDO-CLEMENTE , Lettere Il Giacomo 1 , 1 , e
t•
.
.��;,�· · Lt:llriNI ili � ·
·
1 ,1.
297
lo scopo dell'apparizione del Risorto a Giacomo non sia stato d ì re t tamente quello dì dimostrare a Giacomo la realtà della risurrezi on e bensì quello di sciogliere il suo voto riguardante il digiuno. Prob a bii : mente l'intera pericope doveva avere attinenza con particolari p rati che cultuali dei giudeo-cristiani .
.
1 . 3 . Il Vangelo degli ebioniti
II testimone più autorevole di questo Vangelo è s . Epìfanio me diante la citazione dei sette estratti citati nell hae r 30 del Panarion (cf. frammenti nn. 7 13) . Prima di lui, verso la fine del II secol o, ne aveva parlato s . Ireneo ( 1 ,26,2; cf. 3 , 1 1 ,7) . Il titolo «Vangelo de gli ebioniti» non è originario. Nella tradizione di Ireneo questo Vange lo veniva attribuito all'apostolo Matteo e chiamato secondo Matteo e co sì anche nella testimonianza di Epifania (tò katà Matthafon evan ghélion , ( Pan . , haer. 30,3,7; cf. 1 3 ,2) . Ma , come è stato già detto so pra, Epifanio confuse il «Vangelo secondo gli ebrei» di cui parlava Eusebio , Hist. ecci. , 3 ,27 ,4 (a proposito di alcuni e bioniti) col Van gelo degli ebioniti tout court e scrisse che gli ebioniti chiamano il Vangelo katà Matthaion anche katà hebraious , spiegando poi l'iden tificazione in base al fatto che Matteo fu il solo a scrivere i1 Vangelo in ebraico e in caratteri ebraici ( Pan . , haer. 30 ,3,7) . In realtà con queste parole Epifanio identificava il Vangelo degli e bioniti anche col Vangelo dei nazareni . Probabilmente un altro titolo che si dava al Vangelo degli ebio niti era «Vangelo dei dodici (apostoli)» , titolo menzionato da Orige· ne . In realtà il Vangelo degli ebioniti , come vedremo subito dopo analizzando il primo frammento (cf. n . 7) , dava un 'importanza par· ticolare al gruppo dei dodici , in quanto erano stati scelti per dare te stimonianza a Israe le , e in questo gruppo veniva messo in risalto Matteo. L'identificazione del «Vangelo dei dodici» col Vangelo del la setta dei Qiiqàje , come voleva Schmidtke , deve essere abbando nata dopo la critica fatta dal Waitz. 55 Il Vangelo degli ebioniti era scritto in greco , come si vede dal se condo frammento (cf. n . 8) in cui il giuoco di parole tra akrides (del testo canonico di Mt 3 ,4) e enkrls (frittella) è possibile solo in greco. Anche questo Vangelo fu scritto intorno alla metà del Il seco lo , da'
.
-
55 Cf. supra le
tersuchungen
298
. .
. »,
not� 12, 13 e H. WAITZ, in ZNW, 14,(1913), 46; ID. , «Neue UJJ·
791.
to ch e Ire neo è il primo autore a parlarne . Ma non si sa dove fu re d atto . Vielhauer pensa alla Transgiordania , ove vivevano gli ebioni ti e ove Epifani o ne avrebbe copiato i sette estratti . 56 A queste citazioni di Epifanio si riduce tutto ciò che è rimasto del va ngelo. G. Strecker ha dimostrato contro Waitz che nelle Pseu d o -cle mentine non esiste alcun testo del Vangelo degli ebioniti come 57 di n essun altro Vangelo giudeo-cristiano . Il Vangelo degli ebioniti era un Vangelo di tipo sinottico . D . rtr Be and dimostra che i n esso i testi della tradizione sinottica veni va no armonizzati sulla base della narrazione del Vangelo di Mat teo . 5 8 L'autore perciò sarebbe stato un precursore di Taziano nell'a dot tare il criterio dell'«armonia» dei testi evangelici . Ma Taziano , come è noto , prenderà come trama del racconto evangelico il Van gelo di Giovanni . Il Vangelo degli ebioniti cominciava con la predicazione del Bat tista, come si vede dal frammento n. 9 con cui iniziava la narrazione . I n questo Vangelo perciò non si parlava dell'infanzia di Gesù . I l te sto di questo frammento presenta alcune analogie con Le l ,5 (cf. : «Al tempo di Erode , re della Giudea , avvenne ») , Le 3 ,2 (il sacerdo zio di Anna e Caifa) , Mc 1 ,4s. e Le 3 ,3 (la predicazione del battesi mo di penitenza) e poi di nuovo con Le l ,5 (la discendenza di Gio vanni dalla stirpe di Aronne) , con Mc. 1 ,5 e Mt 3 ,5 (tutti andavano da Giovanni per farsi battezzare) . Nel frammento n . 7 (il primo citato da Epifanio) parlano gli apo stoli e raccontano come avvenne la loro chiamata . L'autore , armo nizzando Le 3 ,23 e 6 , 1 3 , colloca l'elezione degli apostoli all'inizio del ministero di Gesù , quando questi aveva circa trent'anni, e alla luce della cristologia ebionita parla di Gesù come di «un certo uo mo» ( eghénet6 tis anér) . Una tale presentazione fa supporre che pre ce dente mente non si parlava della nascita verginale di Gesù e di tut to ciò che poteva far capire che Gesù era un uomo diverso dagli al tri. Poi , Gesù presenta i suoi apostoli . Questo avviene a Cafarnao in cas a di Simone , soprannominato Pietro . Una tale struttura del rac conto fa supporre che l'autore contin uava a seguire il testo di Luca come b ase , citando Le 4 , 3 1 (par. Mc 1 ,2 1 ) + 4 , 38 e i ntegrandolo con 56
VIELHAUER, in New Testament Apocryph a , l , 1 5 6 . STRECKER D as Judenchristentum i n der Pseudoklementinen ,
57 G .
Berl in 198 1 , 1 3 6 . ' . 58 D . A . BERTRAND , ne ure au Dwtessaron» ,
( TU 70/2) ,
«L'Évangile des ébionites : une h armo nie évan geliq ue antéin NTS, 26( 1980) , 548-563 .
299
Mt 4 , 1 8 . Importante a q uesto punto è notare che gli apostoli c i ta n o un logion di Gesù , il quale dichiara di averli chiamati mentre p a ssa va lungo il lago di Tiberiade ( Mc l , 1 6 e M t 4 , 18) , ma si riv olge di rettamente a Matteo, dando un particolare risalto alla sua chiama t a Questo logion è costruito mediante un'altra armonizzazione di testi . prendendo però come base il Vangelo di Matteo: 4 , 18 (par . Mc 1 .16 + Gv 6, 1 : lago di Tibe riade) , ( 10,2-4 : i nomi degli apostoli) , 9 , 9 (la chiamata di Matteo) . Nella list a mancano i nomi di quattro ap o s toli: Filippo , B artolomeo , Tommaso , Giacomo di Alfeo. D'alt ra pa rte Pietro non è il primo ad essere nominato e Matteo ha un tratta me n to particolare . In risalto è messa anche , nello stesso logion , la co lle gialità degli apostoli . Di qui forse il titolo del Vangelo degli eb ioniti come «Vangelo dei dodici » . Un significato particolare , infine , h a la frase con cui si chiude il frammento : gli apostoli sono stati chia m ati affinché diano testimonianza a Israele (heis martyrion tou Hisraél) . Donde la deduzione probabile che gli ebioniti esclude ssero i pa gani dalla loro attività missionaria . Nella sezione evangelica che è rappresentata dal frammento n. 8 si parlava di nuovo del Battista . Si può forse pensare che le parole eghéneto Jo{mnes baptizon fossero in qualche modo il seguito del frammento n . 9 che termina con kaì exerchonto pròs autòn pantes: tutti andavano da Giovanni a farsi battezzare e si recarono da lui an che dei farisei e tutta Gerusalemme . L'inizio di questo nuovo fram me nto richiama il testo di Mc 1 ,4 (piuttosto che quello di Mt 3 , 1 ) , ma l'arrivo dei farisei e degli abitanti di Gerusalemme per farsi bat tezzare è la materia di Mt 3 ,7 + 3 ,5 (cf. anche Mc 1 ,5 ) . La caratteri stica del frammento è la presentazione di Giovanni come un vege ta riano che viveva secondo le regole della setta ebionita . 59 Per questo , Giovanni non mangiava le cavallette , akrides , come fa invece in Mt 3 ,4 e Mc 1 ,6 . Il suo cibo è fatto soltanto da miele selvatico (m éli agrion) che aveva il gusto della manna, come un dolce cotto all'oli o. Per ottenere questo risultato l'autore del Vangelo ricorre ad un giuoco di parole , cambiando la voce akris (cavalletta) in enkris (dol ce o frittella) , un termine che era adoperato nella traduzion e greca di Es 16,31 e Nm 1 1 ,8 . Oltre al fatto che questa sostituzione e ra pos sibile solo in greco , il testo dimostra anche che l'autore del Vange lo conosceva l'Antico Testamento secondo il testo greco della Settan t a . Per quanto riguarda la sua struttura, il frammento è bas a to sul l'uso di Mc 1 ,4; Mt 3 ,5-7 ; Mt 3 ,4; Mc 1 ,6. =
59
300
Cf.
Pan. , haer. 30, 1 5 ,3 ;
PsEuoo-CLEM ENTE: Hom.
12,6,4: Ree. 7,6 ,4.
Il frammento n . 10 riguarda ancora il ministero del B attista . I l te s to di Le 3 , 21 in esso citato collegava questo frammento co l rac co n to c he precedeva e che non conosciamo: «Dopo che il popolo fu batt ez zato» ( L e 3 ,21 ) venne anche Gesù a ricevere il b attesimo di Gio vanni (Mc 1 ,9; cf. Mt 3 , 13) . Anche q uesto frammento esprime i dee c ristologiche ebionite . La sua struttura è formata dall'uso dei te st i dei tre Sinottici a rmonizzati tra loro i quali danno origine ad un nu ov o racconto , ad un nuovo testo . Alla frase iniziale , che può rap pre sen tare il titolo di questa pericope (il b attesimo di Gesù) , segue ,_
la ma teria sinottica di Mc l , 10; M t 3 , 16; Le 3 ,22: dopo il battesimo , i ci eli si aprirono e lo Spirito Santo discese in forma di colomba . Ora , me nt re i testi canonici dicono concordemente che lo Spirito <�discese su di lui » , nel Va ngelo degli ebioniti lo Spirito scese ed entrò in lui
(kaì eiselthoU.Ses eis aut6n) . Questo è un altro elemento tipico della cristologia ebionita: al momento del battesimo Gesù diventa il Figlio di Dio e la dimora permanente dello Spirito . Si tratta in fondo di una d ottrina analoga a quella espressa da Erma nella Sim. 5 ,6,5 del Pa
store: «Dio fece abitare lo Spirito santo nella carne che ave va scel
to» . È la dottrina del l ' adozionismo cristologico . Nella tradizione ca nonica Gesù è il figlio d i Dio e lo Spirito si ferma su di lui per mani festarlo a coloro che erano presenti al b attesimo . Nel Vangelo degli ebioniti invece , prima del b attesimo , Gesù non è il figlio di Dio , lo
Spirito entra in lui , ne prende possesso a partire da questo momento e lo rende figlio d i Dio. Notiamo anche che lo pneuma htigion che entra in Gesù non è il l6gos giovanneo che si incarna in lui , ma è lo Spirito S anto visto come una dotazione permanente di Gesù. Quindi la voce dal cielo ( l a Bath qol, in u n contesto giudaico come il no stro) proclama la n uova dignità di Gesù tre volte . Per ottenere que sto e ffetto , l ' autore utilizza inte gralmente il testo di Mc l , 1 1 ( «Tu sei =
il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto») , di Le 3 ,22 D in cui citato Sal . 2,7 («Poi aggiunse : Oggi ti ho generato») e di Mt 3 , 1 7 ( « Questo è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto») . Gio v a nni è il primo a riconoscere la trasform azione che si era operata i n Gesù e , a questo punto , si svolge quel dialogo tra Giovanni e Gesù , che in Mt 3 , 14- 15 precede il b attesim o stess o . Il frammento n . 11 contiene la materia di Mt 12,47- 50, ma non è ce no c he si tratti di un testo del Vange lo degli ebioniti , a) perché E pi fanio stesso non lo dice ,60 b) perché il testo non contiene parti-
è
60
H oLL nell'edizione critica del testo, p.
351 oeD'app��ntoJ 1
lJd· , .
'
301
colari elementi che dimostrano la sua natura ereticale . Anzi st and o alle parole stesse del frammento , la pericope canonica sarebbe st a ta utilizzata per dire che Gesù non è un uomo come gli altri , idea che è in contraddizione con quanto si legge nel framme nto precedente . I l logion citato nel frammento n .
1 2 parla dello scopo della venu
ta di Gesù : abolire la liturgia sacri ficale del tempio di Gerusalem me . I l logion è formato dalla materi a d i M t 5 , 17 («Non sono venuto per la Legge o i profeti») e da quella di Gv 3 ,36 («l'ira di D io rimane su di lui » ) . Q uesto logion ha rapporto con altri testi della tra dizione e bionit a . Negli Anabathmoì Jakobou (cf. Pan . , haer. 30, 16 , 7) , Giacomo predicava «contro il tempio e i sacrifici , e contro
abrogare
il fuoco che è sull' altare>> . S econdo la fonte utilizzata in Ree. 1 ,39, 1 -2 delle Pse udo-Clementine , il profeta ( = Gesù) esortava a
porre fine ai sacrifici e istituiva il battesimo che doveva prendere il posto dei sacrifici . M e ntre un testo della stessa fonte , citato in
1 ,64,2 , è
Ree.
da mettere probabilmente in relazione con la seconda parte
del presente logion del Vangelo degli ebioniti : « D ato che voi non volete riconoscere che è passato il tempo di offrire i sacrifici , il tem pio sarà distrutto» .
D all'ultimo frammento infine , n .
13 , appare che non solo i l B atti
sta ma anche Gesù viveva secondo i principi della setta ebionita. I l te sto è quello dell a preparazione della cen a pasquale secondo la tradi zione si nottica. Alla domanda dei discepoli : «Dove vuoi che ti prepa ri amo da m angiare la pasqua?» ( = Mt
26 , 1 7 ,
cf. Mc
1 4 , 1 2) ,
Gesù ri
spo nde : «Forse che ho desiderato ma ngiare carne con voi in questa pasqu a?» . Ora queste parole trasformano il senso del testo di Le
22, 15 mediante la preposizione dubitativa me messa all'inizio della frase e mediante l'inserzione dell a paro l a kréas (carne) che sostitui
tò paseha . Il testo l ucano così ritoccato fa dire a Gesù che non vuole m angiare carne du rante la Cena pasquale . Si tratta di un meto do analogo a quello adottato nel frammento n . 8 , di cui sopra, riguar· sce
do al cibo del B attist a . N otiamo intanto che anche nel frammento n .
13 i testi canonici d i Matteo e d i Luca sono armonizzati . E dato i l fat è probabile che il Vangelo
to che l'intero contesto parlava della ce na ,
degli ebioniti parlasse anche della passione e della risurrezi one de l Cristo ,61 che nella tradizione primitiva formavano un' unica narr azi o ne, essa cominciava appunto col racconto dell' ultima cena .
61
302
VIELHAUEil
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1 , 1 54.
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2.
TESTIMONIANZE E FRAMMENTI •
CLEMENTE ALESSAN DRINO
Stromati II ,9 ,45,5: la. Come è scritto anche nel Vangelo secondo gli ebrei : Colui che si stupisce regnerà, e colui che avrà regnato si riposerà. (0. STAHLIN : GCS XV , p. 137 ,4-6) .
Stromati V, 14,16,3: lb.
Simili a queste parole infatti possono essere quelle altre: Colui che cerca non cesserà (di cercare) finché non abbia trovato; quando avrà trovato sarà stupito, e dopo essersi stupito regnerà , e dopo aver regnato si riposerà. 62 (STAHLIN ,p. 389 , 14-16) .
0RIGBNE
•
4
Commentari in lohannem I I ; 12 ,87:
2. E se uno accetta il Vangelo secondo gli ebrei, in cui il Salva tore stesso dice : Poco fa mia madre , la Spirito santo ,63, mi ha preso per uno dei miei capelli64 e mi ha trasportato sul grande monte65 Tabor . (E. PREUSCHEN : GCS , p. 67 , 19-21 ) .
Lo.>stesso logion
(E.
viene ripetuto n elle Homiliae in leremiam XV, VI , p. 128 ,27s) .
KLosTERMANN : GCS ,
PSEUD0-0RIGENE
Commentarii in Matthaeum tom . XV, 14 (Mt 19, 16-30): '
3.
In un certo Vangelo chiamato secondo gli ebrei - se tuttavia lo si vuole accettare non come autorità ma per la spiegazione della
Vangelo copto d1 Tommaso, logion 2; Pap. Osszrinco n . 654, 1 . 5-9 (B.P. A.S. HuNT, Ox. Pap. W, London 1904, 3s) . W . SCHNEEMELCHER ID New Testament Apocrypha, 1 ,98ss . 63 Cf. Mc 1 , 12 ; Mt 4 , 1 . 62
Cf.
G REN FE LL 64
65
Cf. E z Cf. Mt
8 , 3 ; D n 1 4,36. 4,8.
'
J
303
questione che è stata posta - sta scritto: Un altro ricco gli do man. dò :66 Maestro che debbo fare di bene per vivere? Questi gli rispo. se: Uomo , pratica la Legge e i profeti. Il ricco gli rispose : L'ho fat to, Il Maestro gli disse : Va' , vendi tutto ciò che possiedi , distribu i scilo ai poveri, poi vieni e seguìmi. Ma il ricco incominciò a grat tarsi la testa, non gli piacque (l'invito) . Il Signore gli disse: come puoi affermare di aver praticato la Legge e i profeti ? Nella Le gge sta scritto : Amerai il prossimo tuo come te stesso ,67 ed ecco che molti tuoi fratelli , fi gli di Abramo , sono coperti di sporcizia e muoiono di fame mentre la tua casa è piena di molti beni e non ne esce proprio nulla per quelli! E rivolto al suo discepolo Simone, che sedeva accanto a lui, disse: Simone , figlio di Giona, è più faci le che un cammello passi per la cruna dì un ago, che un ncco ( en tri) nel regno dei cieli . (E. KLOSTERMANN E. BENZ : GCS XL, pp. 389, 1 5-3 90 ,7) . -
EusEBIO
m CESAREA
Theophania
IV,
22:
. . il Vangelo che ci è p ervenuto in caratteri ebraici non ri volgeva la minaccia a colui che aveva nascosto (il talento) ma a co lui che aveva condotto una vita dissoluta. (Il padrone) aveva infat ti tre servi , uno che aveva sperperato le sostanze del suo padrone con prostitute e flautiste,611 il secondo che aveva fatto fruttificare il guadagno e il terzo che aveva nascosto il talento ;69 e allora il pri mo fu accolto, il secondo fu solo rimproverato , mentre il terzo fu messo in prigione . Mi chiedo se la minaccia che secondo Matteo, stando alla lettera, nell 'ordine è comminata contro colui che non aveva fatto nulla, si riferisce non a costui ma per epanalepsi al pri mo che aveva mangiato e bevuto con gli ubriaconi. (PG 24 , 685D-688A) .
4.
.
Theophania syr. IV, 12 (su Mt 10,34-36) : 5.
Ma egli insegnò (quale fosse) la causa della divisione delle anime che doveva accadere nelle famiglie , come abbiamo trovato in qualche parte nel Vangelo che in lingua ebraica è (diffuso) tra i
66
67
68
69
71)
304
Cf. Mt 19, 16-24. Lv 1 9 , 1 8 . Cf. O x pap. 840 , Col . Cf. Mt 25 , 14-30. Cf. Gv 15,16. 19.
II
36.
giudei, in esso è detto: Io mi scelgo70 i migliori, quelli che mi dà il Padre mio71 che è nei cieli.72 (H. GRESSMANN : GCS Xl/2, p. 183,26-30) . QJtiLLO DI GERUSALEMME Discorso su Maria « Theotokos»: 6. Nel Vangelo degli ebrei sta scritto che quando Cristo volle scendere in terra dagli uomini , Dio Padre chiamò una grande po tenza che è nei cieli , di nome Michele , ed affidò Cristo alla sua cu ra. La potenza scese nel mondo e si chiamò Maria. Cristo dimorò nel suo seno per sette mesi . Poi ella lo generò (viene riassunta la vita del Cristo dalla nascita alla morte) . Dopo che l 'ebbero innal zato sulla croce , il Padre lo prese in cielo con sé - Cirillo chiese : in quale passo dei quattro Vangeli viene detto che la santa vergine Maria è una potenza? Il monaco rispose : nel Vangelo scritto per gli ebrei . Allora Cirillo replicò: sono forse cinque i Vangeli ? Qual è il quinto? Il monaco rispose : è il Vangelo che fu scritto per gli ebrei . (E . A. WALUS BuDGE: Miscellaneous Coptic Texts in the Dilllect of Upper Egypt, 191 5 , p . 60 (copto) 637 (inglese ) . EPIFANI O
Panarion, haer. XXX, 13 ,2-3: 7.
. . . nel Vangelo da loro ( = gli ebioniti) chiamato «secondo Matteo» che non è completo in tutto ma è stato falsificato e decur tato (lo chiamano ebraico) è detto: Ci fu un uomo di nome Gesù, di circa trent'annf\ il quale ci scelse .74 E giunto a Cafarnao /� andò in casa di Simone,76 soprannominato Pietro ,n apri la bocca e disse : mentre passavo lungo il lago di Tiberiade78 scelsi Giovanni e Giacomo , figli di Zebedeo , e Simone e Andrea e Taddeo e Simo ne lo Zelota e Giuda Iscariota,79 e chiamai anche te , Matteo , che
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71 72
73
Cf.
Gv 17 ,6.7 .9 1 1 . 12 ; 1 8 ,9 . l •i 7 ,21 . Le 3 ,23 . Le 6 , 1 3 . •' Mc 1 ,21 ; Le 4 ,3 1 . Mc 1 ,29; Le 4,38. Mt 4, 18. d i T1benade : Gv 6,1 .23 ; 21 . 1) . Mc 1 , 16; Mt 4 , 1 8 (laaO d i Galilea; Mt 10,2-4 par. Mancano i nomi di quìdlro apostoli : Filippo, Bartolomeo , 1 ;, Giacomo di Alfeo. •
Cf. Mt
Cf. 74 Cf. 75 Cf. 76 Cf. n Cf. 78 Cf. 79 Cf.
lommaso,
•.•
305
sedevi al telonio , e tu mi seguisti .80 Voglio dunque dodici apostoli a testimonianza per Israele.81 (K. HoLL: GCS XXV , pp. 349, 1-350,2).
che
voi si ate
Panarion, haer. XXX 1 3 ,4 : E avvenne che mentre Giovanni battezzava82 s i recarono da lui dei Farisei e furono battezzati83 e (così) tutta Gerusalem me . 84 E Giovanni aveva una veste d i peli d i cammello e una c intu ra di pelle intorno ai fianchi . E il suo cibo , dice , era del miele selv ati· co,8' che aveva un gusto come quello della manna, come una frit· tella cotta all'olio .!!() (Dicono così) per trasformare la parol a di ve. rità in menzogna e per mettere un dolce fatto con miele al post o di cavallette . (HoLL, p. 350,2-7) .
8.
Panarion, haer. XXX, 1 3 ,6: L'inizio del loro Vangelo è questo: Al tempo di Erode , re della Giudea ,87 (sotto il sommo sacerdote Caifa88 avvenne che (un certo chiamato) Giovanni venne a battezzare nel fiume Gtordano con un battesimo di penitenza89, di lui si diceva che fosse della stir pe del sacerdote Aronne e figlio di Zaccaria e di Elisabetta90, e tutti andavano da lui .91 (HoLL, p . 350, 7-12). 9.
Panarion, haer. XXX, 13 ,7-8 : IO. E dopo aver detto molte altre cose , (il Vangelo) continua (così) : Dopo che il popolo fu battezzato92 , venne anche Gesù e fu battezzato da Giovanni. 93 E quando salì dall'acqua, i cieli si apri rono e vide lo Spirito santo in forma di colomba scendere94 ed en-
110 81 82
83 84
85 86
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94
306
Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf Cf. Cf. Cf. Cf.
Mt 9,9.
Mt 10,2 .6; Mc 3 , 14; Le 6,13 . M c 1 ,4; Mt 3 , 1 . ,\ ' ' Mt 3,7. Mt 3 ,5 ; M c 1 ,5 . M t 3 ,4; M c 1 ,6. . \ ' ì, Es 16,31 ; N m 1 1 ,8. Le 1 ,5 . L e 3 ,2 . Mc 1 ,4s; Le 3 , 3 . ,, ,J · Le 1 ,5 . i Mc 1 ,5 ; Mt 3,5. L e 3 ,2la. -':-1;; 1' lt" "''.iT '7 ..,.... T: -rh' ' Le 3.21b; Mc 1 ,9; Mt 3,13. ilt·���� r)!> r1 • : 1 · · :, , Mt 3 ,16; Mc 1 ,10; Le 3 ,22. -' ·•1/ 1 1 . i '
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trare in lui. E una voce dal cielo disse : Tu sei il mio figlio diletto . in te mi sono compiaciuto . 95 e poi : Oggi ti ho generato.% E subito una grande luce illuminò il luogo. Ciò vedendo (c'è scritto) Gio vanni gli dice : Chi sei , Signore? E di nuovo una voce (venne) a lui dal cielo: Questi è il mio figlio diletto in cui mi sono compiaciu to . 97 E allora (il testo racconta) Giovanni cadde ai suoi piedi e dis se: Ti prego , Signore , tu battezzami . Ma egli (Gesù) lo distolse di cendo: Lascia, conviene che così si adem pia ogni cosa . 98 (HoLL, pp. 350, 12-351 ,6) .
Panarion, haer. XXX, 1 4,5: 11. Inoltre essi non ammettono che egli (Gesù) fosse u n uo mo, come sembra a causa di ciò che disse il Salvatore quando gli annunziarono: Ecco tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori , e cioè : chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? E stendendo la mano verso i discepoli disse : Questi sono m iei fratelli , mia madre e mie sorelle . Coloro che fanno la volontà del Padre mio sono miei fra telli , mia madre e sorelle.99 (HoLL, p . 351 ,21 -26) .
Panarion, haer. XXX, 1 6 ,5 : 12. Come dice il loro Vangelo (che ho) indicato: Sono venuto per abolire100 i sacrifici , e se non desisterete dal sacrificare , non si allontanerà da voi l'ira. 101 (HoLL , p. 354, 7-9) .
Panarion, haer. XXX, 22 ,4: 13. Ma essi , avendo cancellato di loro stessa iniziativa l'ordine della verità , hanno cambiato ciò che è detto e che è chiaro a tutti dal contesto delle parole, e fanno dire ai discepoli: Dove vuoi che ti prepariamo da mangiare la pasqua? E fanno rispondere a lui : Ho forse desiderato mangiare carne con voi in questa pasqua?102 (HoLL, p. 363 ,1-6) .
Cf. Mc 1 , 1 1 (Le 3 ,22) . 2,7; cf. Le 3,22D. Cf. Mt 3 , 17 . Cf. Mt 3 , 15 . : Cf. Mt 12 ,47-50. Cf. Mt 5 , 1 7 . Cf. Gv 3 ,36. Cf. Mt 26 , 1 7 ; Mc 1 4 , 12. 95
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307
GIROLAMO
Ep. 20,5
(a D amaso ,
383
circa d . c . ) :
14. Infine Matteo , il quale compose il Vangelo i n ebraico scrisse cosl : Osianna barrama, cioè: osanna nell'alto103• (J. LABOURT; Col/ection Budé l, p. 83 , 1 5-17)
Comm. in Ep h .
(su
5 , 4 ) ( 386-87
'
d.c.):
15. Come leggiamo anche nel Vangelo ebraico che i l Signore parlando ai discepoli disse : Non siate ma1 lieti se non qua ndo guardate il vostro fratello con amore . (PL 26, (ed. 1845 ) , 5 20 A-B)
Comm. in Mich. (su 7,6) (391
circa d . C . ) :
16. E l a nuora s i leva contro l a suocera, cosa che nel linguag gio figurato sembra difficile a comprendersi , ma se qualcuno legge il Cantico dei cant1ci e si rende conto che lo sposo dell'anima è la parola di Dio , e crede nel Vangelo che ho tradotto recentemente, (Vangelo) scritto secondo gli ebrei , in cui il Salvatore (la persona del salvatore) dice : Poco fa mia madre , lo Spirito Santo/04 mi ha preso per uno dei miei capelli , 105 non avrebbe difficoltà a dire che la parola di Dio procede dallo Spirito e che l'anima, sposa della parola, ha una suocera, lo Spirito santo , che in ebraico è di genere femminile ed è chiamato rua (ruah) . (M . ADRIAEN : CChrL. LXXVI , p. 5 13).
De vir. ili. 2 (393
d . C. ) :
17. Giacomo è colui sul conto del quale anche l'apostolo Paolo scrive ai galati : Degli apostoli poi non vidi nessun altro se non Giacomo, il fratello del Signore ; 106 di questo (argomento) , pa rla no spesso gli Atti degli apostoli ; anche il Vangelo che si chiama «secondo gli ebrei>> , che recentemente ho tradotto in greco e in la tino e del quale fa uso spesso Origene , dopo la risurrezione del Salvatore , narra: Dopo aver dato il sudario al servo del sacerdote, il Signore andò da Giacomo e gli apparve . 107 (Giacomo infatti ave-
103 104 105
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Mt
Cf. Cf . 106 C f. 107 Cf.
308
21 ,9; Mc 1 1 ,9 ; Gv 1%,13. Mc 1 , 1 2; Mt 4, 1 . Cf. -�. tnm.calo a. 2. �tc -:-�·t:: . . Ez 8,3; D n 14,36. Gal 2, 19. \ :· t , l> l �,�n , 1Cor 15 ,7. -·
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va giurato che dal momento in cui aveva bevuto il calice del Signo re non avrebbe più preso cibo fino a quando108 non l'avesse visto risorto dai dormienti) . E, poco dopo , (dice) ancora: Portate la ta vola e il cibo , disse il Signore . (A questo) è aggiunto subito dopo : prese il pane e benedisse e (lo) spezzò e (lo) diede 109 a Giacomo il Giusto, e gli disse : fratello mio , mangia il tuo pane, poiché il Fi glio dell' uomo è risorto dai dormienti . (A. CERESA-GASTALDO , 1988 , pp. 76-78) .
De vir. ili. 3 : 18. Matteo , chiamato anche Levi , d a pubblicano divenuto apostolo , fu il primo in Giudea che scrisse il Vangelo di Cristo, in lettere e parole ebraiche , per coloro che dalla circoncisione si era no convertiti ; ma chi poi lo abbia tradotto in greco non è sufficien temente accertato . Comunque (questo) stesso (Vangelo) ebraico si trova tuttora nella biblioteca di Cesarea, che il martire Panfilo raccolse con somma diligenza. I nazareni che sono a Berea, città della Siria , e che utilizzano questo libro mi permisero anche di co piarlo. Va notato che in esso ogniqualvolta l'evangelista, o diret tamente o per bocca del divin Salvatore , fa ricorso alle testimo nianze dell'Antico Testamento non segue il testo della Settanta ma quello ebraico , come nei due passi : Dall'Egitto ho chiamato mio Figlio1 10 e: Perché sarà chiamato nazireo. 1 1 1 (CERESA- GASTALDO , p p . 78-80) .
De vir. ili. 16: 19. Ignazio giunto per mare a Smirne , dove era vescovo Poli carpo , uditore di Giovanni , scrisse una lettera agli efesini , una ai cristiani di Magnesia, una a quelli di Tralles e una ai romani , poi ripartito di là scrisse ai cristiani di Filadelfia e di Smirne e in parti colare a Policarpo , raccomandandogli la chiesa di Antiochia. In quest'ultima lettera Ignazio mette anche una testimonianza sulla : persona di Cristo, prendendola dal Vangelo che ho da poco tra dotto , dicendo: Realmente io l'ho visto nella sua carne anche do po la risurrezione e credo che era proprio lui ; e quando venne da
108
Cf. Mc 14 ,25 ; Mt 26,29. Cf. Mc 14,22; Mt 26,26. Mt 2 , 1 5 . 111 M t 2 ,23 ( m a nazoraios). 109 1 10
309
Pietro e da quelli che erano con lui disse loro: Ecco toccate mi e vedete , non sono uno Spirito senza corpo . E subito lo toccaro no e credettero. (CERESA-GASTALDO, p. 106) .
Comm. in Matth. (su 2,5) (398
d.C.):
E d essi gli dissero: I n Betlemme d i Giudea. Questo è un errore dei copisti , crediamo infatti che l'evangelista all'inizio ab bia scritto come leggiamo nell'ori ginale ebraico : di Giuda e non di 20.
Giudea. 1 12
(D . HuRST
-
M. ADRIAEN : CChrL LXXVII, p. 13) .
Comm. i n Matth. (su 6, 1 1) : 21. Nel Vangelo che si chiama secondo gli ebrei al posto dì pa ne soprasostanziale ho trovato mahar che significa «per domani>>, di modo che il senso (della richiesta) è: «Dacci oggi il n ostro pa ne113 per domani , cioè (per il) futuro» . (HURST - ADRIAEN , p. 37) .
Comm. in Matth. (su 12,13) : 22.
Nel Vangelo adoperato dai nazareni e dagli ebioniti , che recentemente ho tradotto dall'ebraico in greco e che da molto è detto l'autentico (Vangelo) di Matteo , quest'uomo dalla mano pa ralizzata1 14 è un muratore e chiede aiuto con queste parole : «Ero muratore e mi procacciavo il vitto con le mie mani : Ti prego , Ge sù , di ridarmi la sanità affinché io non debba mendicare vergogno samente il cibo». (HURST - ADRIAEN , p . 90 ) .
Comm. i n Matth. (su 23 ,35): 23.
Nel Vangelo che adoperano i nazareni al posto di «Figlio di Barachia>> troviamo scritto «Figlio di Ioiada>> . 115 (HURST • ADRIAEN , p. 220).
112
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Mt 2,5. .: · - · ... . � .: . .. ..-� �.J.M. .l.. , 113 r�•. ?S: ·' f . �. Mt 6 , 1 1 . 114 M t 12,13. 115 Cf. 2Cr 24,20-22; Zc 1,1. . I Hh , ,, . ,• . • l!
310
·
Comm. in Matth . (su 27 , 16) : 24. Ma allora Pilato aveva un prigioniero insigne che si chia mava Barabba1 16• Nel vangelo che è scritto secondo gli ebrei (il nome di) costui è interpretato <
Comm. in Matth. (su 27 ,5 1 ) . 25. Nel Vangelo che abbiamo spesso menzionato leggiamo che l'architrave del tempio , di enorme grandezza , si spezzò e si divise . (HURST - ADRIAEN , p. 275).
In Ps. 135 (401 d . C . ) :
26 . Nel Vangelo ebraico secondo Matteo è scritto così : I I pane nostro per domani daccelo oggi , cioè il pane che ci darai nel tuo regno, dallo a noi oggi . (G. MoRIN : Anecdota Maredsolana , III/2 , p. 262 , 1 7-20) . Cf. fram mento n. 21 .
Ep. 1 20,8 (a Edibia, 407 d . C. ) : 27. M a nel vangelo che e scritto in lettere ebraiche leggiamo che non fu il velo del tempio 1 1 7 a spaccarsi , ma che cadde l'archi trave del tempio , di straordinaria grandezza . (J. LABOUR, Collection Budè, VI, p. 1 39, 7-9) . Cf. n. 25 .
In Isaiam (su 1 1 ,2) (408-4 1 0 d . C. ) : 28 .
S u questo fiore dunque che sorgerà subito dal tronco e dal la radice di lesse attraverso Maria vergine riposerà lo Spirito del Signore, perché in lui si compiacque di abitare corporalmente tut ta la pienezza dello Spirito santo ; e non parzialmente come accade negli altri santi ma, secondo il Vangelo scritto in lingua ebraica che leggono i nazareni, scenderà su di lui tutta la sorgente dello Spirito Santo . . . Troviamo inoltre scritto nel Vangelo sopra men zionato: Ora , quando il Signore fu uscito dall'acqua118 discese l 'in tera sorgente dello Spirito Santo , si riposò su di lui119 e gli disse:
JJ6 117 Ha
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Mt 27 , 16 . M t 21 ,st . Mt 3 ,1 6 ; Mc 1 , 10. Cf. Is 1 1 ,2; 61 , 1 .
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31 1
Figlio mio, 120 ti ho atteso in tutti i profeti perché tu venissi ed i o potessi riposare su di te . 121 Tu difatti sei il mio riposo; 122 tu, il m io figlio primogenito ,123 che regm in eternoY� (M. ADRIAEN : CChrL LXXIII, pp. 147s . ) .
In Isaiam, praef. in lib. XVIII : Poiché gli apostoli lo credettero Spirito ovvero de mone senza corpo , conforme al vangelo in uso presso i nazareni. (M. ADRIAEN : CChrL L:XXI IIA , p. 741 ) a. frammento n . 1 9 . 29.
.
In Isaiam (su 40,9) :
30. Ma anche nel Vangelo che leggono i nazareni e che è scrit to secondo gli ebrei il Signore dice: Poco fa mi ha preso mia ma dre , lo Spirito Santo. (M. ADRIAEN : CChrL LXXIII , p. 459) . Cf. frammento n. 2.
In Ezechielem (su 16,3) (410-4 1 5 d . C . ) : Anche nel Vangelo che tra gli ebrei leggono i nazareni so no poste in bocca al Salvatore queste parole: <
31.
In Ezechielem ( s u 18,7) 32. Nel Vangelo secondo gli ebrei che i nazareni hanno la con suetudine di leggere , tra i più gravi peccati è indicato questo: Co lui che rattrista lo spirito del proprio fratello. 1 2 5 ( GLORI E , p. 237) .
Dia/. adv. Pelag. III , 2 (415 d . C. ) : Nel Vangelo secondo gli ebrei scritto in lettere ebraiche ma in lingua caldaica e siriaca che tuttora utilizzano i nazareni
33 .
I ZO Nella lettera di Giacomo del cod . Jung il Cristo nsorto dice a Giacomo e discepolt <<Siate simtli al Figlio dello Spirito Santo>> ( H . -CH . PuECH - G . QulSPEL, Vig. Chr. 8( 1 954) , 1 2 . 121 Cf. S1r 24 ,7 . 122 Cf. Sal 1 32(1 3 1 ) ,14. 1 23 Sal 2,7; cf. Mc 1 , 1 1 ; Le 3 ,22 D. l . 124 , ' · ·� t' Cf. Sal 89(88) ,30; Le 1 ,33. 1 25 Cf. frammento n. 15 (e il testo di Mt 1 8 ,6). '
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(chiamato anche) <<Secondo gli apostoli>> oppure «secondo Mat teo>> , come crede la maggior parte , e che è conservato nella biblio teca di Cesarea , la storia racconta: <<Ecco , la madre del Signore e i suoi fratelli gli dicevano: - Giovanni Battista battezza per la re missione dei peccati , andiamo a farci battezzare da lui : - Ma Gesù rispose loro: Che peccati ho fatto io, per andare a farmi battezzare da lui? A meno che quanto ho detto sia ignoranza)) . (PL 23 , ed. 1845 , 570D-571A).
Dia/. adv. Pelag. III , 2: E nella stesso volume (Gesù dice : <<Se tuo fratello ha com messo qualche mancanza con parola e ti ha dato soddisfazione, ri cevilo sette volte al giorno>> . Gli replicò Sìmone , suo discepolo : <<Sette volte al giorno?>> . <
34.
.
«Il
giudaico»
(varianti testuali al Vangelo di Matteo, in: A. SCHMIDTKE, Juden christliche Evangelien, pp. 22s . ) : 35.
: Il giudaico non ha <> . 36. M t 5 22 : L a parola eiké-i i n alcuni codici manca e così anche nel giudaico . 37 . Mt 7, 5 (o meglio 7,23) : Il gtudaico qui dice così : <
126 127
Cf. Mt 18 ,22 e Le 17 ,4. -�., ,h, • J,1\ ' Cf. Mt 7 ,2 1 .
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44. Mt 16, 1 7
:
Il giudaico: Figlio di Giovanni . : Il giudaico subito dopo settanta volte sette ha: Anche net profeti infatti . dopo che furono unti con lo Spirito S an to , fu trovato in loro qualche peccato (una parola di peccato) . a frammento n. 34.
45. Mt 18,22
46. Mt 26, 74
: Il giudaico: Egli rinnegò, giurò e maledisse . : Il giudaico: E diede loro degli uomini arm ati affinché si mettessero davanti alla grotta e la custodissero giorno e
47. Mt 27, 65
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Testimonianze medievali AIMONE DI AUXERRE
Commento al profeta Isaia (su 53,12) :
48 .
Come è detto nel Vangelo dei nazareni , a questa parola del Signore ( = Padre, perdona loro) molte migliaia di giudei che erano intorno alla croce credettero. 128 (PL 1 1 6, 994) .
PIETRO DA RIGA
A urora (manoscritto del XIII secolo, nota marginale) : Nei libri del Vangelo che adoperano i nazareni s i legge: Dai suoi occhi si sprigionavano raggi dai quali furono spaventati e fuggirono . 129 49.
Catechesi celtica del cod. Vat. Reg. Lat. 49: 50. Questi otto giorni di pasqua, in cui Cristo , il figlio di Dio, è risorto , significano gli otto giorni dopo la ricorrenza no della pa squa; in cui tutta la discendenza di Adamo sarà giudicata , com e è detto nel Vangelo degli ebrei . E per questo i dotti credono che il giorno del giudizio (sarà) nel tempo di pasqua perché in quel gior-
28 1 129
1 30
Testo basato M t 21 , 12-14.
su Le 2 3 ,34
Così VtELHAUER, in (ssionem) » .
314
e
4 8 ; cf.
Vangelo di Pietro 7 , 25 .
New Testament Apocripha
l , 150;
.
lett . : «Post renu-
no Cristo è risorto, affinché nello stesso giorno risorgano anche i santi. (A. VILMART , Analecta Reginensia, (Studi e Testi 59) , 1933 , p. 58) . SED ULIO Scorro
Commento e Matteo:
51. Cosi racconta il Vangelo intitolato secondo gli ebrei : Quando131 Giuseppe guardò con l suoi propri occhi, vide una folla di pellegrini che camminavano insieme verso la grotta132 e disse : mi alzerò e andrò loro incontro. E quando Giuseppe uscì disse a Simone: 133 Mi sembra come se quelli che arrivano fossero magi , perché ecco che ad ogni momento guardano il cielo e parlano tra loro . Ma sembra anche che siano stranieri , il loro aspetto infatti è diverso dal nostro , il loro abbigliamento è molto ricco, il loro co lorito è molto scuro , hanno tiare in testa , i loro vestiti mi sembra no di seta, hanno i calzoni sulle gambe. Guarda, si sono fermati e mi guardano; ecco si sono messi in cammino di nuovo e stanno ve nendo qui . Da queste parole è chiaro che non soltanto tre uomini ma una folla di pellegrini venne dal Signore , anche se secondo al cuni i capi più illustri di questa folla si chi amassero con tre nomi precisi : Maleo, Gaspare e Fadizarda. ( B . B ISCHOFF: Sacris Erudiri, 6(1954) , pp. 203s) .
1 '
Commentari irlandesi :
in B . BISCHOFF , Sacris Eudiri, pp . 252 .262:
..
Commento a Matteo : (una donna emorroissa) d i nome Mariosa. : Un uomo (dalla mano paralizzata) di nome Maleo, era un muratore. Cf. frammento n. 22. 54 . Mt 12, 42 : La regina , cioè Meroe , del sud , cioè dell'Etiopia .
" 52. Mt 53. Mt
131
.
132
1 33
9,20 12, 10
La storia qui n a rrat a corrisponde alla perico pe
di Mt 2 ,9- 12. Cf. GIUSTINO, Dial. 78; Protovangelo di Gtacomo 18,1 ; 1 9 ; 2 1 ,3 . VIELHAUER in New Testament Apocrypha l, 1 5 1 , s u ppone che sia il «fratello»
dt Gesù di cui in Mc 6,3 .
315
Commento a Luca 55 .
no
53 . 56.
sa.
Lue 1 0, 13 : In queste città (cioè Chorozain e Betsai da) so. operati molti miracoli . 1 34 Il Vangelo degli ebrei ne con ta
stati
Le 8, 42
57 . Le 1 1 ,31
:
La figlia , cioè la sinagoga, il cui nome è :
La regina del sud , il cui nome
Ci frammento n. 54 .
è
Merue.
Historia passionis Domini
dal ms. miscellano teologico, XIV-XV sec. , fol. 8-71 , B ischoff)
Ma ri o s-
XIV
sec. (B .
E asciugò i loro piedi . 135 E come è detto nel Vangelo de i nazareni: baciò i piedi di ciascuno di loro .
58.
(fo/. 25v). 59. E come l'a ngelo confortò Cristo nella preghiera136 è detto nel Vangelo dei nazareni .
sua lotta durante la Lo stesso è nporta to anche da Anselmo nel suo lamento: Persevera Signore , perché ora viene il tempo in cui mediante la passione l'umanità venduta in Adamo sarà redenta . (fol. 32r). 60. Nel Vangelo
dei nazareni è spiegato perché Giovanni era conosciuto dal sommo sacerdote . m Dato che era figlio del povero pescatore Zebedeo, 138 spesso aveva portato il pesce nel palazzo dei sommi sacerdoti Anna e Caifa. E Giovanni andò dalla porti naia che custodiva la porta ( ? ) ed ottenne da lei il permesso che entrasse i l suo compagno Pietro, il quale piangeva ad alta voce da vanti alla porta. (fol. 35r) . 61 . Leggiamo
nel Vangelo dei nazareni che i giudei avevano corrotto quattro soldati affinché flagellassero il Signore 139 così cru delmente che il sangue doveva scorrere da ogni parte del suo cor po. Essi avevano anche corrotto gli stessi soldati allo scopo che lo crocifiggessero , come è detto in Gv 19 . . .
(fol. 44r). 62. Padre ,
perdona loro perché non sanno quello c he fan no . 140 Nota che nel Vangelo d e i nazareni si l egge che a queste pa'·
316
role virtuose del Cristo ottomila
si converti rono alla fede , cioè tre è de t to negli Atti degli apo
mila nel giorno di Pentecoste , come
s to li
Il141
(fol.
55r).
e
poi cin q uemi l a
gli apostoli
63.
X» .
, 142 di cui siam o inform ati negli Atti de
Anche nel Vangelo dei n azareni l eggiamo che l 'architrave
de l tempio , di immensa gr a nde zza
,
a l momento della morte di
Cristo di spaccò ( Gi useppe dice la s tess a cosa e aggiunge che in al to si sen t i rono voci spaventose che dicevano : Usciamo da questa dimora) . (fol.
65r).
Cf
Frammenti nn. 25 e 27.
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318
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lO L'esegesi di Ippolito
Emanuela Prinzivalli
Anche s e , allo stato attuale delle risultanze storico-filologich e , pare arduo o forse impossibi le, deline are i n modo compi uto e plau sib ile i contorni della personalità dello scrittore cristiano lppolito (II ex . III in . ) , al suo nome sono attribuite tali e t ante opere dedicate
escl usivamente al commento della Scritt ura ( alcune anche conserva te in tutto o in parte , in greco , sua lingua originale , o in traduzioni orientali ) da farne senza ombra di dubbio il primo personaggio di ri lievo, in campo ortodosso , della storia dell'esegesi biblica , anzi l'ini
ziatore dell'esegesi come genere letterario autonomo . A partire da E usebio di Cesarea (Hist. ecci. VI , 22) vari a utori , scaglionati fino al sec. XIV , hanno conservato liste intere , o sempli cemente alcuni titoli , di opere ippolitiane ,1 che rivelano appunto
1 Dopo Eusebio , che ricorda 8 tito l i , Giro l amo ( Vir. ili. 6 1 ) presenta una lista di 18 tito l i . Teodoreto ( V sec . ) 9 titoli , Fozio, patriarca di Cos tantinopoli (I X sec . ) 3 ti
toli , Ebed-Jesu (XIV se c . ) 4 t ito l i . U na lista anteriore a que�te testimonia nze , risalen te alla prima metà del secolo III, contemporanea dunque ad Ippolito stesso, fu trova ta i ncisa sul basamento di u na statua mutila rinvenuta ne1 155 1 nei pre ssi della via Ti bur tina, in località (in agro Verano) connessa con i l culto di s. Ippol i to : contiene 13 ti toli se nza indicazione di autore , che furono subi to considera ti un catalogo ippolit i ano (per i motivi che hanno portato all'identificazione cf. DPA C I I , l798-1 800 s. v. «I ppo h to , stat ua di» ) . Ne1 1 85 1 furono scoperti i Philosophumena o Elenchos , opera antie ret ica ps. origeniana , che furono da Doll inger at t ribuiti anch'essi ad Ippol i to , sulla base della coincidenza fra due titoli di opere citate dall'anonimo auto re come proprie e due titoli incisi sulla statua. L'attribuzione de i Philosophumena ad lppolito da un la to con sentì una ricostruzione b i ogra fi ca del personaggio (l'autore parlava di sé come di un uomo in vista nella chiesa di Roma, rigorista e acerri mo avversario del papa Callì sto) d all'altro fu ca usa dell'insorgere di una questione ippolitiana allorch é P. Nautin mise in luce una se rie di contraddizioni concettua l i e sti l istiche fra i suddetti fhilosophumella e il Co11tro Noeto , framme n to di uno scritto a ntiere tico ippolitiano, t e nti ficato con la parte finale di un trattato contro tutte le eresie menzionato da Euse bio , Gi rolamo e Fozio . N AUTIN finì col distingue re due autori , attribuendo ad Ippoli to il bl occo dei trattati esegetici superstiti e i l Contro Noeto, e a un certo G iosippo le op ere in dicate sul basamento d e lla statua no nché i Philosophumena (Hyppolyte et Jo stp e , P aris 1 947) . Nel 1 976 la tesi dei due blocchi è stata ripresa , con modifiche , in un con egno tenuto a Roma (Ricerche su lppolito , Roma 1 977) , quindi ulteriormente ri � me d nata e sostanzialmente confermata in un successivo incontro (Nuove ricerche su lppo/ito , Roma 1 989 ) . In questa sede M. GUARDUCCI, (ivi, 61-74) ha affermato che l a
�
319
una preponderanza degli interessi esegetici su quelli , pur prese n ti antieretici . 2 Dal loro confronto si ricava che Ippolito av rebb e
colll:
mentato pa rti della G enesi e dell' Esodo ,3 alcuni profeti ( Eze c hie l e Isaia , Zaccaria , D aniele) , libri sapienziali (Salmi , Ecclesiaste ,
Pr o:
verbi) , il Cantico dei cantici , l ' Apocalisse , oltre ad episodi spars i
d el
Vecchio (la pitonessa di E ndor) e del Nuovo Testamento, prob abl}. mente in forma omiletica .4 Tali liste hanno comunque un
valore
orientativo e non assoluto : si consideri infatti che due opere sicura . mente d1 Ippolito arrivate sino a noi , il Dav1de e Golia e il Comm en
non figurano in nes sun a . Oltre a questi d u e , gli altri scritti esegetici conservati sono il
to alle benedizioni di /sacco, Giacobbe e Mosè, Commento a Daniele,
il
commento al Cantico
e il
Sull'Anticristo
q uest'ultimo a mezzo fra il trattato di ermeneutica e quello dottrina
le . Il carattere omogeneo di tali opere
:
è evidente per cui l'attribuzio
ne ad un unico autore si impone . Inoltre rimangono sotto il nome di Ippo l ito un gran numero di frammenti , la cui paternità è però, pe r vari motivi , incerta . 5
del presunto ntrovamento della statua m Agro Verano h a sca rsa consiste n za alla luce d1 nuovi documenti Salterebbe così Il colle gamen to fra la hsta e Il l uogo d1 cul to del marti re lppohto e u na nuova oscuntà cadrebbe sulla patermtà de1 titolt m essa contenuti La questiOne è tuttora apert a . fra studiOSI che seguono la ncostruzJo ne tradiziOnale d 1 D o lhn g e r , come l 'ultimo ed ito re de1 Phliosophumena , M a rcov1ch altn che traggono le conseguenze della teona de1 due blocchi e stud i a no separata mente 1 due gruppi d1 opere , altn che restano dub biOSI cf E NoRELLI , « Int rod uz io ne», m IPPOLITO , L 'AnticriSto , a cura d1 E N o R E L L I , Firenze 1987, 9-35 2 EusEBio e GIRoLAMO d a n no entrambi ti titolo Contro Marcwne e a nche Tt:o ooRETo (Haer fab 1 ,25 e 3 . 1 ) n c ord a u n ' attJVJta d1 Ippohto antima rc10mta e a ntim colaJta Del Contro Noeto , pro bab tle frammento del Syntagma contro tutte le eres1e e de1 Phliosophumena SI è g1à detto a nota l 3 In EuSEBio SI han no 1 t1toh sull'Esamerone, su c1o che segue l'Esameron e In GIRO LAM o sull' Esamerone, su Esodo su Genesi 4 Soprattutto 1 t ito l i d1 TEODO RETO 01 CIRO, che m Eran , DUll 2 (PG 83, 1 73C- 1 76A) nporta 17 fra mme nt i , sembrano nfenrs1 a omehe ( pe r esempi o dal di scorso su «li S1gnore e li m10 pastore») L a tt i vi tà omtletica dJ lppohto e s1cu ra ' O perché tramandati con tutti gh mcertJ de lla tra d i z i on e c a t en an a o perché com volti nel problema det due bloccht d1 opere Un a mpto fr amme n to che con cerne l'm iZio d1 un'opera su1 Salmi ( titolo ben a ttestato come d1 Ippohto) pubblicato da P. NAUTIN (Le dossier d'H1ppolyte et de Méluon , Pans 1953, 1 6 l ss) è sta to d a Nautm a tj tnbu1to a un bl o cco e d a V Lo1 (m Rtcerche su Ippoluo , 7 4 ss) all ' altro Peraltro 1 fram m e nto è Importante perc h é nporta la p1ù an t 1 ca eseges1 a ll ego nc a dei utoh del Salmi La capacità c n t 1 c a del suo autore sembra comunque p1ù matura d1 qu ella at te· stata ne1 trat t ati esegetici d1 I ppo h to ( cf M SIMON EITJ , Lettera e/o allegona, Rorna 1985 , 63 , nota 1 59) Lo stesso gi U d iZ io S I deve dare d1 una sene d1 fra mme nti g1u ntl dalle catene sulla Genesi sotto ti nome d1 Ippohto , con cern en t i l e seges i d• G en 49 su iJS, CU I vert e anche ti Commento alle bened1ztom d1 /sacco e Gtacobbe (ed H AcHE H1ppolytus Werke I I , 55-7 1 ) Q u e sti fra mmenti ev1tano tutte le mgenUJtà e le carenze filologiche nscontrabll1 nel Commento alle bened!Zlom 1ppoht1ano. Cf M SIM ol'I ETfl notlZJa
,
'
'
320
Tornando agli scritti di sicura attribuzione , si tratta di commenti n nuati riguardanti luoghi scritturistici di particolare interesse , ti o c ch e non hanno però ancora assunto l'aspetto di un'interpretazione 51s te matica di libri interi . In alcuni casi il loro carattere monografico (ti D a vide e Golia concerne l Sam 17) , o comunque parziale (il Com m en to al Can tico non procede oltre Ct 3 ,7) sembra giusti ficarsi con l 'ori g i naria appartenenza al genere omiletico , poi rielaborato. Parti col armente importante l'esegesi del Cantico . Ippolito è il primo c0 mm entatore cristiano di questo insieme di canti amorosi attribuito a S alo mone : egli usufruisce della tradizionale esegesi giudaica che vedev a nei due sposi J HWH e Israele, suo popolo , e la traduce in te rmi ni cristiani , facendone Cristo e la chiesa. Nel caso del Com m en to alle ben edizioni di /sacco, Giacobbe e Mosè, cui si aggiunge vano le perdute Benedizioni di Balaam (su Nm 23-24) , l'intento di Ippolito deve essere stato quello di arricchire , completare e dare de finitiva sistemazione ad un corpus di profezie , alcune delle quali era no state già interpretate cristologicamente in epoca remota e su cui si erano moltiplicate le tradizioni orali confluite , perlomeno in par te, all'inizio del II secolo nel Testamento dei XII patriarchi, cono sciuto da l p polito , e in altri autori. 6 Dal punto di vista teorico , l'ermeneutica di Ippolito non procede oltre le acquisizioni dei principali rappresentanti della tradizione asiatica, Giustino e Ireneo . In particolare , le è estraneo il caposaldo d ell'esegesi alessandrina che , con Origene, opera il collegamento si stematico fra piano letterale e spirituale (allegorico) , concependolo platonicamente come rapporto fra due realtà di cui quella intellegi bile , superiore , ha un maggior grado di verità ontologica. Si ha per CIÒ negli scritti ippolitiani un'alternanza a-regolata di interpretazio ne letterale e interpretazione allegorica, la quale si estrinseca in con ten u ti tipologici, essendo figure e fatti dell'AT (Davide e Giuseppe) pre si a simboli , o rypoi, dì figure e fatti del NT. Ippohto estende il raggio d'azione della tipologia, attirando l'attenzione su personaggi dell ' AT fino ad allora trascurati dagli interpreti .7 Un aspetto notevoIPPO uro , Le bened1zwm d1 G w co bb e , trad mtrod , e note a cura di M StMONETTI , Ro ma 1 982, 38ss e 105-124 Interessante anche una sene di fr amm enti escatologtcL PRtN ZIVALLI , «Note sull'escatologia dt Ippohto>> , m Orpheus , N S , 1 ( 1 980) .
IO
cf E
320ss
6 Cf M
SIMONEITJ, <> ,
10 Annab della Facoltà d1 Lettere e Magtstero , ( U m versità d 1 Caghan ) , 28( 1960) , 3-71
7 1 DANIÉLO U , Messaggw evangeltco e cultura el/emsllca , Bo l o gn a 1 975 , cf c I V · « Ippohto e l ' e s t e nsw ne della upologta » , 305-321 .
321
le del tradizionalismo dell'esegesi di lppolito è la presenza nelle sue opere di simbologie complesse e dettagliate aventi con il contest o in cui sono inserite legami logici piuttosto deboli: esse appaiono come il frutto , rielaborato ulteriormente dalla fantasia di Ippolito , di t emi catechetici molto antichi e venerandi, di origine giudeo-cristia n a .s Non è un caso che i più significativi di tali simboli compaiano in Su l l'Anticristo , il cui carattere arcaico non sfuggì a Fozio (Bibl. 202) : la carne di Cristo è veste rivestita dal Logos, intessuta sul telaio de lla passione ; il suo ordito è lo Spirito Santo , il filo la grazia e così vi a (Ant. 4). Il simbolo telaio = croce rimanda a quello albero della na ve croce , e forse ne deriva;9 questo , a sua volta, è uno degli ele menti della celeberrima simbologia della chiesa come nave che lp polito (Ant. 59) introduce quale commento a ls 1 8 , 1-2: =
« E d egli (l'Anticristo) [ . . . ] co mincerà a diffondere decreti contro i santi ( . . . ] , com e dice Isai a : "Gu ai , terra , vele di barche oltre i fiu
mi d'Etiopi a , tu che mandi per mare pegni e lettere di papiro a
una � ente altera e a un popolo straniero e aspro : chi è al di là di lui? E una gente che spera ed è stata calpestata " . Qual è dunque il
popolo che spera e che viene calpestato se non noi , che sperando nel Figlio di Dio siamo pe rseguitati , calpestati dagli u omini infe deli e malvagi ? "Vele di barche" infatti sono le chies e ; " mare" poi
è
il mondo, nel q u ale la chies a , come una nave in mare ,
è sbattuta
sì dalla tempest a , ma non affonda. Ha infatti con sé l'esperto ti moniere Cristo. Inoltre, po rta in mezzo anche il trofeo che
è con
tro la morte . in q u an to procede reggendo la croce del Signore . La sua prora
è
infatti l'oriente , la poppa l'occidente , lo scafo cavo
è il
mezzogiorn o , due timoni i due testamenti , le cinghie tese intorno come l ' amore del Cristo che tiene stretta la chies a , e porta co n s é , nella forma del " lavacro della rigene razione" , un serbatoio d'ac qua che rinnova i credenti . Ha in dotazione una vela splen dente sotto forma dello Spirito che viene dal cielo , me diante il q uale
vengono sigillati quanti credono a Dio. L'accompagnano pu re delle ancore di ferro , i santi precetti dati da Cristo in persona , che sono solidi come ferro . Ha poi anche rem atori a destra e a sinistr a nella forma dei santi angeli custod i , mediante i q uali la chi esa è sempre consolidata e protetta . Vi è poi in essa una scala ch e con · duce in alto alla ci ma dell'albero , sotto fo rma di un'immagi ne del
J . DANIÉLOU , La teologia del giudeo-cristianesimo, Bologna 1 974 , 365ss . G . Q . REJJNERS , «Cross symbolism in Hyppolytus>> , in Melanges C. Moh r mann, Utrecht-Antwerpen 1973 , 1 4 ; H. RAHNER , « La croce come albero e an tenna » . in L ecclesiologia dei Padri. Simboli della chiesa , Roma 1 97 1 , 6 1 1 -689 . 8
9 '
322
·t.
segno della passione di Cristo , che trascina i fedeli fa ce ndo l i salire
per i ci e li . Le vele di cima che si u n i sco no in al t o alla pun t a del rappresentate dalle schiere di pro feti martiri e apo 10 stoli che vanno a t ro va re il loro riposo nel regno di C risto .
su
l ' albero sono
,
Questa affascinante simbolpgia per le dimensioni assunte e l'e s trins ecità del collegamento con Isaia appare un'aggiunta voluta e in qu alche modo forzata al discorso delle tribolazioni della chiesa . Nei s ucce ssivi sviluppi dell'esegesi gli interpreti più avvertiti tenderanno a ri fiutare questo svisceramento minuzioso dei dettagli impliciti di ogni singolo simbolo . Per esempio , Didimo il Cieco (IV sec . ) , espo nente della tradizione esegetica alessandrina matura, dirà con chia rezza che ogni simbolo deve essere preso in considerazione esclusi vamente per l'aspetto corrispondente alla realtà spirituale che rap pre senta e non per tutte le altre possibili implicazioni . U Rispetto al Sull'Anticristo che , presentandosi come un collage scritturistico , po teva favorire le digressioni e gli sviluppi a latere, altre opere esegeti che ippolitiane , per esempio il Commento alle benedizioni, mostra no segni di evoluzione verso una maggiore organicità : l' attenzione dell 'interprete si concentra quasi esclusivamente sui particolari di ogni versetto preso in esame . Ma si tratta pur sempre di una tenden za non perfettamente compiuta giacché l'interpretazione di qualche dettaglio testuale viene ugualmente omessa per trascuratezza o per difficoltà di inserimento : 12 non manca neppure , d'altra parte , l'am plificazione simbolica . A proposito di Gen 49 ,2 1 («Neftali è un tron co ben sviluppato che aggiunge bellezza ai suoi frutti») Ippolito inte gra in modo sottinteso Gv 15 , 1 («io sono la vera vite e il padre mio è il vignaiolo») e ciò gli permette (Ben. Giac. 25) di introdurre la sim bologia Cristo vite , con definizione allegorica di ogni elemento collegato al concetto di vite (tralci , grappoli , vendemmiatori , cesti , torchi ecc . ) . Vale anche per Ippolito l a distinzione i n prospettiva ermeneuti ca, enunciata chiaramente per la prima volta da Giustino ( Tryph. =
10
Trad. NORELLI , (Firenze 1 987) , 138- 1 41 . La pecora , per fare un esempio , è simbolo dell'anima che segue Cristo pasto re , nella prima fase della sua maturazione spirituale , in virtù della sua docilità e n? n è n ecessario prendere in considerazione il fatto che produce lana o rumina e così VI a . Cf. E . PRINZIVALLI , Didimo il Cieco e l'interpretazione dei Salmi, L'Aquila-Roma 11
1 988 , 34 . 12
Pe r esempio Ippolito non so ttolinea il pa r tico l are della cecità di !sacco che non qu adra bene con la presentazione di detto patriarca quale rypos di Dio Padre .
323
1 14,1 ) fra i rypoi sopra menzionati , presenti nelle parti stori co. narrative della Scrittura, e i l6goi (le profezie) . Tale distinz io ne comporta nel primo caso la compresenza di un doppio livello int e r pretativo , cioè il piano letterale della storia veterotestamentaria , e quello tipologico, aggiunto senza negazione del primo, che addita i n Cristo e nella chiesa l'inveramento dell a storia di lsraele . 13 Nel se condo caso , invece , la profezia non ha altro senso che quello de ri vante dalla sua interpretazione o decodificazione , che dir si vo glia , sempre cristologica per Ippolito , non concedendo egli alcuno spazio ad una parziale realizzazione delle promesse su Israele medesimo. Si seguono bene gli effetti di tale distinzione nel Co mmen to alle bene dizioni: le parti narrative sono sottoposte al doppio livello di lettu r a , quello letterale (poco sottolineato per la verità) e quello tipologico , mentre le parti profetiche (cioè tutte le parole delle benedizio ni) so no intese a un solo livello di lettura. Così Rebecca (Ben. Giac. 4-6) che manda il figlio minore , Giacobbe , da !sacco <<porta l'immagine della chiesa» e «prefigura» la futura incarnazione del Logos copre n dolo della veste di Esaù (la carne rivestita da Cristo) e delle pelli di capretto che indicano l 'assunzione dei peccati : i verbi «portare l 'im magine» e <<prefigurare» sono tipici della compresenza dei due livel li . Viceversa le parole di lode rivolte da Isacco a Giacobbe , o quelle di biasimo di Giacobbe nei confronti di Ruben , Simeone e Levi , lp polito nega che possano reputarsi realizzate nelle vite di questi pa triarchi: «Se dunque uno crede che questa benedizione si è compiuta su Giacobbe , si sbaglia» ( Ben . Giac. 7 , 10) . La contaminazione del letto paterno che Giacobbe rimprovera a Ruben non si riferisce al suo adulterio con Bila, anche perché , secondo Ippolito , la profezia può riferirsi solo ad eventi futuri , mentre il misfatto di Ruben era già stato compiuto quando il padre gli rivolge la benedizione-rimp rov e ro (Ben. Giac. 13) , bensì all'oltraggio che il popolo giudeo fa della carne di Cristo (il letto paterno) : la profezia quindi si compie esclusi vamente a livello cristologico . Ugualmente l'ingiustizia rimprovera ta a Simeone e Levi è profezia in vista delle azioni contrarie a C ris to compiute dagli scribi (discendenti da Si m eone) e dai farisei (d a Le vi) e non ha alcun nesso con lo sterminio a tradimento dei sich em iti , lodato anzi da Ippolito, che in ciò segue i l Testamento dei XII pa triarchi. 14 Evidenti in simili casi le prevaricazioni di Ippolito sul sen,
lito 13 Fermo restando che la tipologizzaz ione delle parti narrative n o n è in Ippo sistematica . 14 Seco n do una tradizione giudaica; Test. Levi 6,8-1 1 ; Giubilei 30,5 .
324
so
let terale del testo , accompagnate da un tono particolarmente po le mico nello smentire i punti di forza dell'altrui esegesi ( Ben . Giac. 2 . 1 3 ; 3 , 1 0) . Nel Commento a Daniele , allo stesso modo , le profezie sono in tes e ad un solo livello , la storia di Susanna è valorizzata tipologica m e n te come prefigurazione delle vicissitudini della chiesa persegui tata da ebrei e gentili (i due vecchioni) , altre parti narrative, invece , n on so no allego rizzate , ma si prestano ad esortazioni morali , come l a storia dei tre fanciulli nella fornac e , usata come protrettico al martiri o cristiano ( Comm. Dn II , 1 4-34) . Dal punto d i vista dei contenuti esegetici è stato giustamente os serv ato che Ippolito presenta «un'accentuata sensibilità cristologica in senso stretto» . 15 La cristologia di Ippolito presenta, nell'ambito della teologia del Logos affermatasi fra II e III secolo , una ricchezza di spunti notevole. 16 In campo strettamente esegetico questa si tra duce nella tendenza a privilegiare la figura e l'azione di Cristo , spe cie del Cristo incarnato , come referente simbolico rispetto ad altre p ossibili tipologie . Un esempio : in Pseudo-Barnaba 13 e in Ireneo (Ad v. haer. , IV, 2 1 ,2) Giacobbe ed Esaù simboleggiano rispettiva mente cristiani e giudei . Ippolito , invece , fa di Giacobbe diretta mente il typos di Cristo incarnato e redentore; Esaù , che continua ad essere simbolo dei giudei , viene quindi esortato da lsacco , secon do l 'interpretazione ippolitiana, a farsi servo di Cristo scuotendo il giogo della legge . Un aspetto particolarmen t e rilevante degli interessi cristologici di lppolito è il collegamento con l'altro punto di forza del suo pen siero: l'escato l ogia. 17 Delle cinque opere esegetiche conservate , due , peraltro strettamente affini , il Sull'A nticristo e il Commento a Daniele , sono dedicate interamente a tematiche escatologiche . L'e sito più vistoso del legame fra cristologia ed escatologia si constata nel Sull'Anticristo . In quest'opera coesistono arcaismo strutturale la composizion e appare un florilegio di passi scritturistici - e novità tematica perché in essa Ippolito porta a maturazione i dati sparsi ne gli autori precedenti , in particolare in lreneo , delineando compiuta mente dal punto di vista teologico , letterario e storico la figura del1 5 M.
sarion e.
SJMONElTI «Prospet t ive escatologiche della cristologi a di Ippolito» , in Bes La cristologia nei padri della Ch iesa , ( Academia card . Bessarionis 1 ) , Ro ma
19 79 , 85- 1 0 1 , spec. 93 . 16 17
Cf. A. ZANI, La cristologia di lppolito , Brescia 1 983 . Cf. SIIIIONErn , «Prospettive escatologiche . . . », 86ss.
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l'Anticristo . Le testimonianze scritturistiche in Ireneo e Ippolito so. no le medesime: le due visioni della statua e delle quattro besti e di Dn 2 e 7 integrate con A p 13 e 17. Mentre però Ireneo rimane n ei l 'indeterminatezza del puro dato dottrinale ereditato dalla tradizio.. ne, Ippolito dà consistenza e personalità a questo mitico perso nag. gio : da un lato infatti lo inserisce in una precisa prospettiva storico. pol i tica , quale futuro restitutor dell'impero romano decaduto ,18 e dall'altro fa di esso la contraffazione perfetta, l'immagine specula re di Cristo , precisandone ogni azione come negazione puntuale di un a corrispondente azione di Cristo (cf. Ant. 6) sì che attraverso l'ami cristologia nuovamente si ricapitola tutta la cristologia ippolitiana. Sempre sul terreno esegetico , la cristologia agisce inoltre , e que sto è anzi il dato di m aggior rilievo , quale correttivo dell'escatologia. Si è a lungo discusso circa l'appartenenza di lppolito al millenari smo : in realtà egli rappresenta una re azione al millenarismo interna a quel tipo stesso di cultura e di sensibilità che lo hanno prodotto . 19 Uno dei postulati di tale dottrina è l 'affermazione che il regno dei santi sulla terra, nel millennio , sarà situato in una Gerusalemme rin· novata sul modello di quella celeste (Ireneo , A dv. haer. , V ,35 ,2). Nel Comm. Dn II , l 3 , 1-2 Ippolito , dovendo commentare il versetto «una pietra si distaccò dalla montagna senza essere mossa da mano e frantumò la statua» , individua nella pietra il Cristo che «diventerà lui stesso montagna e città dei santi riempiendo tutta la terra» . L'in terpretazione di base (Cristo = pietra) coincide con quella di Ire· neo . Ma Cristo , significativamente , diventa anche città dei santi. Ugualmente in Comm. Ct 24 ,4, commentando l'espressione della sposa «l'ho cercato e non l'ho trovato : mi trovarono le sentinelle della città» (Ct 3 ,2-3) , Ippolito si chiede: «chi erano quelli che la tro varono se non gli angeli? E quale città custodivano se non la nu ova 18 Interessante notare come Ippol i to ottenga questo risultato m ediante una di versa dtslocazione dei contenuti e se ge ti c i della visione delle quattro bestie rispett o a l reneo . Questi non SI tmpegna a fondo nell'interpretazione di questa vis tone dt D� niele e in par ucol are omette dt definire la natur a de ll a quarta bestia che invece lppob to identifica . con celebernme e spress i oni di av vers ione , con l'impero ro man � (Comm. Dan IV.8,7) . Ire neo comunque stabilisce l ' tdentità fra la quarta best ta dt Daniele e la best t a che s ale dal mare di Ap 1 3 , e in quest'ultima ve de l' Ant i cr i st o , e nella bes ti a di terra , mtrodotta d a l testo di Ap 13 subtt o dopo , vede, con mcon grue� za l o gi ca , lo pseudoprofeta dell ' Anticnsto . Ippol i t o invece raggiun ge nsultati esegeti ci più armonici identificando la bestia del mare ( = quarta bestia di Daniele) con I'tm· pero , ferito e nsanato appunto dalla bestia di terra , ovvero l'Anticristo : lo pse u do profeta è s olo uno delle due corna della be sti a d i te rr a . 19 PRINZIVALU, «Note sull ' escatologia . . . » , 3 1 7ss .
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e Gerusal mme, il corpo di Cristo? » . Quindi la nuova Gerusalemme de i m illen aristi altro non è ch e Cristo incarnato e risorto. E ancora in Ben. Mosè (PO 27, 169) la terra santa , la terra promessa di Es 1 3 ,5 è l ' umanit à dì Cristo . In Ben. Giac. 7 I ppoli t o dipende stretta m e nt e da Ireneo (Adv. haer. , V ,33,3) per quanto riguarda il rifiuto dell 'inte rpretazione che considera la benedizione di !sacco co m piuta su Giacobbe s tesso , ma se ne distac ca nella proposta di una nuova i n t erp retazione. Per Ireneo il compimento della profezia riguarda la c hie sa nel millennio sulla terra liberata dal male , per Ippolito , anco ra una volta , il Cristo che scende dai cieli come rugiada e diventa t erra , ovvero assume la carne d alla vergine . Sono tutti segni del ri pudi o di una delle dottrine del millenarismo , attuato mediante un processo ermeneutico che concentra su Cristo i tratti che più si pre stav ano a coloriture materialistiche . In definitiva Ippolito non appare un innovatore rispetto ai cano ni esegetici della sua humus culturale . Epp ure , specie nei confronti di I reneo che è il suo punto di riferimento pri m ario , si nota una vo lontà di autoaffermazione mediante un diverso approfondi m ento dei contenuti e seget ici e , in generale , grazie all'ampiezza del lavoro ermeneutico svolto.
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11 La B ibbia e l' apologetica latina
C laudio Moreschini
Nei rapporti che le comunità cristiane ebbero di buon'ora con il mondo pagano che le circondav a , un posto preminente (almeno fin dai primi decenni del Il secolo) occupa l'apologe tica , nel suo duplice mtento di difendere il cristianesimo dalle critiche e dalle menzogne dei pagani e di istruire , in forma genericamente catechetica , i lettori sui fondamenti non solo della vita, ma anche della religione e della pratica cristiana . I n tale contesto di rapporti con i l mondo pagano l a Bibbia non ebbe , come è facile comprendere , una funzione centrale. Lo impedi va la questione di fondo , che non ammetteva che una discussione si svolgesse con il sussidio di uno strumento il cui valore e la cui autori tà erano , per l'appunto , oggetto di discussione . A questo si aggiunga il fatto che i testi sacri dei cristiani erano pressoché sconosciuti ai pa gani ; non si hanno notizie (se non sporadiche) di conoscenza dei te sti cristiani da parte di pagan i , con la sola eccezione del filosofo Cel so (seconda metà del Il secolo) . Si capisce , quindi , perché gli apolo geti cristiani , quando si rivolgono ai loro contraddittori , espongano le loro dottrine senza il solito sussidio scritturistico . Così Tertulliano non cita mai passi biblici né nel l A d nationes né nell'Apologeticum né nell'Ad Scapulam . Anche la esposizione dottrinale tracciata rapi damente in Apol. 2 1 , e che comprende non solo le origini del cristia nesimo , ma anche i suoi antecedenti e braici , è composta senza alcun preciso riferimento a testi canonici , ma consiste in un semplice rias su nto di dottrine comunemente note . Analoga è la impostazione di Minucio Felice , per quanto riguar da l'i mpiego dei testi sacri ; molto più nuova e personale , rispetto a quel la di Tertulliano , è la sua impostazione apologetica . Il suo Oc tavius non è più solamente una esposizione rivolta al pubblico dei l et to ri pagani in generale ; è addirittura un dibattito , nel quale l'in t erlocut ore pagano esprime esplicitamente le sue idee , di tipo scetti co a lla maniera di Luciano e di Sesto Empirico (di poco anteriori a Mi nu cio) e il contraddittore cristiano risponde con dottrine ricavate '
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dallo stoicismo. In tale contesto poco spazio hanno le dottrine speci ficamente cristiane : si è osservato • che , in sostanza , le dottri ne crj. stiane che ricevono l'approvazione e la dimostrazione nell' O ctaviu.s sono quelle - sostanzialmente stoiche - dell'esistenza di Dio e de l la sua provvidenza . Minuc10 doveva essere probabilmente un int e ll et tuale cristiano , della generazione posteriore a Tertulliano , che s cn ve dopo di lui (la cosa è tuttora controversa) , ma rimane ai margin i della VIta comunitaria cristiana . Con Cipriano il discorso si fa più ampio e ptù complesso . Rtman dando per ora alcuni punti che dovremo approfondire in seguito, è evidente che per lui l'impiego della scrittura in un contesto antip aga no non è fuori luogo . L'Ad Demetrianum , veramente , non è tan to un 'opera strettamente apologetica , quanto uno scritto esplicitamen te polemico nei confronti di un nemico del cristianesimo (qualcosa di analogo all 'A d Scapulam di Tertulliano , ove, tuttavia , Il discors o era completamente differente) . Conformemente al suo intento , Ci priano vuole dimostrare che i mali che colpiscono il mondo in cui vi vono lui stesso e Demetriano non sono stati inviati dagli dèi offesi dall'abbandono del loro culto , in quanto essi non esistono. All'mesi stenza degli dèi pagani si contrappone la profession e di monotei smo , che Cipnano ribadisce con il sostegno di alcune citaziOni vete rotestamentarie adatte all'uopo (Dt 6, 1 3 ; Es 20 ,3 ; Ger 25 , 6 ; ecc . ) ; la colpa di coloro che credono negli idoli è sottolineata parimenti con citaziOni ricavate dalle minacce divine al popolo ebraico (cf. Es 22 ,20 ; Es 2 ,8) (c. 16) ; la mmaccia della futura retribuzione , che per Demetriano non potrà non essere terribile , è confermata da profezie escatologiche pertin enti (c. 22 : cf. Es 1 3 ,6 .9; Mal 4 , 1 ; ecc. ; c . 24: cf. Sap 5 , 1ss; ecc . ) . 2 Ma l'apologetica ciprianea si serve anche , come fa ranno in m aggior copia gli scrittori cristiani per i loro scritti destinati alle loro comunità di fedeli , di raccolte di testimoma. 3 Cipriano è il
1 Cf. MINUCJO FELICE, Octav1us Texte établ1 et traduu par 1 BEAUJEU , Pa ns
XVI-XIX, LXXIX-XCIII Sull ' a rgo me n to de1 rapporti tra B1bb1a e apol oget ica generale 1 C L FREDOUILL E , « B J b l e et a p o l ogé t l q ue » , m Le monde latm ant1que et la B1ble , sotto la d1rez10ne d1 J FoNTAINE e CH FREDOUILLE . Pans 1985 , 479 -497 2 L ' u�o della B 1 bb 1a m un'opera apo lo ge ti ca e n mprov e r at o a C1pnano da LAT· TANZIO , D1 11 mstlt , 5 ,4,4-7 ( cf FREDOUILLE , <
1964 ,
cf
m
b h m • s vo x " » , m Forma Futuri Stud1 m onore del Cardmale M1chele Pellegnno . Ton no 1 975 , 43-52 3 Sul problema de1 test1moma b1bhc• (che Cl mteresseranno anche p1ù oltre . P P 354-355) cf P PRIGENT, Les Testlmoma dans le chrzst1amsme pnmlllf L 'ép1tre de Ba r· nabé (l a 16) et ses sources , Pans 1 961 ; J . DANIÉLOU , Etudes d'exégese 1udéo·
330
p ri m o scrittore latino che li impiega ampiamente , come vedremo : an
ch e p er quel che riguarda l'apologia del cristianesimo nei confronti del
pa g ane simo e la polemica con esso , i testimonia forniscono a Cipriano de lle utili attestazioni : il primo libro dell'A d Quirinum è tutto scritto in fu nzione antigiudaica, mentre il terzo contiene , tra molte dottrine eti che cristian e . alcuni capitoli di polemica antipagana ( cf. cc. 16 e 59) . L ' atteggiamento d i Cipriano è , sostanzialmente, unico nell'am bito dell 'apologetica latina: il suo ricorrere al testo sacro per pole mi zzare con i pagani o con gli ebrei è limitato , si può dire , esclusiva m ente a lui . Arnobio, cinquant' anni dopo , che pure scrive nel corso d e ll' ultima , sanguinosa persecuzione di Diocleziano , compone i suoi sette libri A dversus nationes senza mai fare riferimento alla Bibbia che , verisimilmente , egli doveva conoscere poco , così come era insi curo nelle sue convinzioni dottrinali . 4 Più complesso , invece , il caso di Lattanzio . La sua attività di scrittore è difficilmente inquadrabile in un genere letterario preciso - almeno per quanto riguarda le Divinae institutiones , che hanno l ' a spetto del trattato apologetico, ma , in quanto institutiones , hanno funziOne didattica e , per Il titolo stesso, richiamano l'opera di Quin tiliano. Si è osservato 5 che in Lattanzio le citazioni del Nuovo Testa mento costituiscono solo il 18% del complesso e che , tenuto conto che la m aggior parte di esse è presentata in una forma assai libera, m realtà non vi sono che due sole citazioni neotestamentarie nell 'opera di Lattanzio ; la maggior parte riguarda, dunque , il Vecchio Testa mento . Ma è su tutto il complesso della posizione di Lattanzio nei confronti della Scrittura che bisogna fare alcune osservazioni . Sem bra che i libri deuterocanonici siano sconosciuti , sostanzialmente , a Lattanzio , mentre egli impiegherebbe senza remore testi che la cri stia nità occidentale considera canonici solo dopo di lui , come l' Epi stola di Giacomo e l'Epistola agll Ebrez ; anche l'Apocalisse è impie gata assai più spesso che non negli altri scrittori cristiani . 6 Anche Latta nzio , comunque , segue il criterio degli apologe ti , di lasciare da parte le citazioni scritturistiche (soprattutto quelle dei profeti) , per il
chrétr enne, Pans 1966, Io Les ongmes d u chriStlamsme latm , Pans 1978, tr 1t Le ongmr del criStlanesrmo latmo, Bologna 1993 . 4 Le mcertezze dottnnah d1 Arnob10 erano no e fin dall'antichità: VI accenna G iRO LAMO , Ep 58, 1 0 , C f P Mo N AT Lactance e t la Brble. Une propédeuaque latme à la lecture de la Brb le dans l'Occrdent constantrmen , 2 voli . , Pans 1982, l , 20 6 Cf MoNAT, Lactance et la Brble, 22-24 . ,
t
,
331
timore che esse non siano considerate valide dalla controparte (Div. inst. 1 ,5 , 1 ) , anche se poi , (ad esempio nel corso del IV libro della medesima opera) tali citazioni sono abbondanti ; negli altri suoi tr at tati (De ira Dei e De opificio Dei) la Scrittura non entra in alcun m o do , l' atteggiamento è puramente retorico-apologetico . Tutto ciò ha fatto pensare agli studiosi che Lattanzio avesse un'assai scars a co no scenza delle scritture , e quasi esclusivamente attraverso l'interme diario del l Ad Quirinum di Cipriano : 7 questa tesi è stata scalzata , so stanzialmente , in tempi più vicini a noi da P. Monat , il quale , dedi cando un vasto esame a Lattanzio e alla Bibbia , 8 ha dimostrato un impiego più vasto e disparato dei testi sacri . Lattanzio , inoltre , da buon maestro di retorica e scrittore di dichiarati intenti letterari (e del resto l'epoca in cui scrisse e l'ambiente sociale in cui visse furono ben diversi da quelli di Tertulliano e Cipriano) , affronta anche il problema dell'aspetto letterario dei testi sacri : un problema che p o chi anni prima di lui era stato preso in considerazione dal suo mae stro (e parimenti maestro di retorica) Arnobio . Questi , infatti , ave va dovuto tenere in considerazione le accuse pagane rivolte alla Bib bia , di scorrettezze grammaticali , di scarsa elaborazione artistica , di insufficiente dignità letteraria (cf. Adversus nationes 1 ,58-59 ; già nell' Octavius (5 ,4) Min ucio Felice aveva posto in bocca al suo inter locutore pagano l'accusa di rozzezza rivolta agli apostoli ) . Arnobio si serve proprio dell' accusa di mancanza di elaborazione formale, caratterizzante le scritture cristiane , per dimostrare l'autenticità , la attendibilità dell'insegnamento cristiano , che non è stravolto e con taminato dai belletti e dalle infiorettature della retorica (l ,58) . Sia Arnobio sia Lattanzio (Div. inst. 3 , 1 , 10 e 12) spesso si servono di questo argomento per dimostrare l 'attendibilità del testo sacro , che non corre il rischio di essere falsato dalla retorica. In Lattanzio si presenta spesso anche l'argomento , comune anche all'apologetica greca (in particolare a Teofilo di Antiochia : cf. ad A uto/. 3 ,20ss , del la maggiore antichità delle Scritture rispetto a qualunque altro scrit to pagano (cf. Div. inst. 4,5-18 passimV Più difficile è valutare i con tributi lattanziani all'interpretazione e all'esegesi biblica ; tali contributi sono presentati in forma e strut· '
1
Cf. MoNAT, Lactance et la Bible, 12 s . C f . M o NAT , Lactance et la Bible, l 09ss . 27 1 ss ; <
332
tu re che devono servire a rendere accessibile il testamentum (questa è. oramai, in Lattanzio, la parola invalsa comunemente , dopo le 0sciJJazioni di Tertu1Jiano10) ai pagani e ai catecumeni cristiani . II problema del novum testamentum , che è tale nei confronti di quello an tico e canonico , si era già presentato a Cipriano , il quale in uno de i suoi Testimonia11 aveva osservato : «quod dispositio alia et testa mentum novum dari haberet»12• Ma, una volta posta questa precisa zione preliminare , è certo che , come osserva i l Monat , 13 Lattanzio pensa di doversi contentare, nell'uso della Scri ttura, di un minimo che favorisca i primi passi di un nuovo convertito ; a questo scopo egli si sarebbe servito di un libro di testimonia che non è affatto in tutto e per tutto quello che aveva composto Cipriano. Il Monat ha oss ervato che Lattanzio cita (Div. inst. 4 , 1 8 ,22) un testo sulla pa squa , e l 'attribuisce a Esdra , ma che tale testo non si trova nell'ope ra di Esdra, ma soltanto nel Dialogo con Trifone di Giustino (72 , 1 ) d a cui , tuttavia , non dipende ;14 ancora (4 ,8, 1 ) , un makarismòs di origine gnostica , 15 un versetto di un'ode di Salomone (4 , 12) ;16 Le 3,22 , stranamente contaminato con la seconda parte di Sal 2. 7 , nella forma «tu sei mio Figlio , io oggi ti ho generato» (Div. inst. 4 , 1 5 , 1 -4) ; tale forma , probabilmente nata sotto l'influsso della liturgia per il natale , rappresenterebbe una forma particolare del testo di Luca, attestata in vari manoscritti della Vetus Latina, da Giovenco e da Agostino . 17 Il presente contesto non ci permette di soffermarci più a lungo su Lattanzio , la cui originalità nella impostazione di una nuova apolo getica cristiana è stata giustamente sottolineata dal Monat e dal Fre douille . 18 Nella sua esegesi è presente , comunque , l'interpretazione w 11
Cf. più oltre , p. 335 . Cf. 1 , 1 1 . 12 Il problema, evidente mente , non e ra nuovo per le comunità cristiane ; nuovo , invece , è il fatto che esso sia posto (e risolto) in un' opera apologetica per mezzo del l'i mpiego di testimonia. Cf. com unque già TERTULLIANO, Apol. 1 9 e 2 1 . 1 3 Cf. MoNAT, Lactance et la Bible . . . , 269-270. 14 MoNAT, Lactance et la Bi b le . . . , 1 08- 1 12 ; maggiori dettagli ha messo in luce E . NoRELLJ, <
276-282 . 15 MoNAT, L a ctan ce et la Bi b le. . . , 1 12-1 1 5 . 16 MoNAT, Lactance et la Bible . . . , 115-1 1 7 . 1 7 MoNAT, Lactance e t la B ib le . . . , 1 17- 1 1 8. Cf.
anche J . DOIGNON , « L a scène eva ngélique du bapteme de J esus commentée par Lactance ( Diuinae lnstitutiones 4 , 1 5) et H il aire de Potiers (In Matthaeum 2 ,5-6)» , in Epéktaris, Mélanges . . . J. Danié lou , Paris 1 972 , 63-73 . 18 Cf. Bible et apologétique, 492-498.
333
tipologica , divenuta oramai usuale da tre secoli nel cristianesi mo a n. tico , e sono presenti tutte le «figure» più note : Giosuè è tipo di Cri sto e il suo nome sarebbe stato scelto da Mosè che prevedeva il futu. ro (Div. inst. 4 , 1 7 , 1 2) , vale a dire sotto l'influsso di una special e isp i razione (particolare , questo , che non si trova nel testo biblico , e ch e sembra essere stato desunto da Giustino e Ireneo 19) ; oppure è tipo di Cristo Giosuè figlio di losedek (4 , 14,3) ; 20 mancano , invece , tipi altrettanto famosi , come quello di Abramo e quello di Melchis ed ec. La lettura allegorica , del resto, è più ampia che non quella tipologi ca, probabilmente perché meglio si prestava a mostrare a un pagano e a un catecumeno come il Vecchio Testamento , con le sue p rescri zioni rituali e le sue norme rigorose , dovesse essere interpretato in funzione dei tempi futuri . Tali pratiche, osserva il Monat, 21 sono quelle che erano più conosciute presso i pagani, come quella del ri spetto del sabato , la circoncisione e le proibizioni di ordine alimen tare ; per esse Lattanzio propone un significato più profondo , che potremmo chiamare «spirituale» in senso lato . In effetti , anche Lat tanzio afferma, come tutti gli scrittori cristiani in polemica antigiu daica, che gli ebrei leggono le Scritture senza comprenderle (cf. Div. inst. 4 ,20 ,3) . Cosi l'osservanza del sabato fu appositamente violata da Cristo (4, 1 7, 1 ) ; la circoncisione non deve essere tanto un fatto fi sico , quanto un' azione spirituale , che elimina tutte le sovrastrutture del mondo esterno e mette a nudo il cuore dell'uomo (4 , 1 7 , 1 8) ; 22 le proibizioni relative al mangiare hanno anch'esse una motivazione spirituale, come già si insegnava dai tempi del giudeo-cristianesimo e dei più antichi ambienti cristiani . Anche in ambito teologico Lat tanzio ricorre a testi scritturistici tradizionali: Pr 8,22-31 insieme a Sal 44,2 per insegnare la prolazione del Figlio (4 ,6,6-8 ; 8 , 1 4) i passi messianici , relativi al nome dell'Emanuele e al re delle genti (4, 12) , quali sono I s 7 , 1 4 ; 9 ,5 ; 45 ,8; 63 , 10-1 1 ; ecc. ; quelli relativi alla pas sione e alla morte di Cristo (ls 50,5-6; 53,8-9 ; Sal 34, 1 5 ; 93 ,21 ; ecc. ) (4 , 1 8 , 13ss) e altri .
19
20 21
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Cf.
GIUSTINO, D ia/. 75 , 1 ; IRENEO, Demonstr. 21; 135. MoNAT, Lactance et la Bible. . . , 141 . MoNAT, Lactance et la Bible. . . , 1 53ss. MoNAT, Lactance et la Bible. . . , 157ss.
1.
LA LETTERATU RA CRISTIANA FRONTE AL TESTO SACRO
DI
1 . 1 . Te rtulliano J . J . l . L 'ispirazione delle Scritture
L'ispirazione divina delJe Scritture è un dato certo per Tertullia n o : lo Spirito ne è l'artefice soprannaturale (cf. Pat. 7 .5 ; A dv. Mare. 5 .7 ,2 ; Resurr. 1 3 , 3 ; ecc . ) . In base a questa origine comune, tutti i li bri sacri non possonQ non concordare tra di loro (cf. Orat. 20 ,2 ; Pud. 19,3). Anche ogni differenza d i autorità tra Vecchio e Nuovo Testamento è scomparsa per Tertulliano : la coordinazione e l'accor do tra i due instrumenta23 è completo : . . . si concedimus separationem istam, per reformationem , per profectum . Sicu t fructus separatur a semine , cum sit fructus ex semi ne , sic et Ev a ng e li um separatur a Lege , dum provehitur ex Lege : aliud ab illa, sed n o n alienum; diversu m , sed non contrarium» (Adv. Mare. 4, 1 1 , 1 1) ; «
amplitudinem , per
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i l Nuovo Testamento è i l «supplementum instrumenti veteris» (Herm. 20 ,4) .24 Del resto , la persona di Cristo, manifestatasi aperta mente nel Vangelo , è presente implicitamente anche ne] Vecchio Testamento : «O Christum et in novis veterem! » , è una famosa , sinte tica esclamazione di A dv. Mare. 4 ,21 ,5 . 25 Tuttavia , allorquando è in
23 Sui criteri esegetici di Tertulliano cf. soprattutto A . D'ALts , La théologie de Tertullien, Paris 1905 , 221 ss ; G. ZIMMERMANN , Die hermeneutischen Prinzipien Ter· tu /lians, Diss. Leipzig, Wii rzb urg 1937; O. Kuss, <
335
polemica con gli ebrei, Tertulliano appare , nel complesso , critico nei confronti dell'Antico Testamento ; e anche in altre occasioni sot tolinea come le prescrizioni legali e le abitudini vigenti secon do l a Legge (ad esempio , la possibilità del divorzio e del concubinato ) so no state superate dal Vangelo (cf. Ux. 1 ,2 ,2-3 ; Exhort. 6, 1 ; Mo nog . 6,3-4) ; del resto , è noto che per il Tertulliano del periodo montani sta , certe norme etiche, come quella di rinunciare alle seconde noz ze, che pure sono accettate dai cattolici, appaiono assolutam ente ineludibili. 1 . 1 . 2 . Il canone scritturistico
Il canone biblico appare ormai ben fissato per Tertulliano, anche se si è osservato26 che alcuni libri deuterocanonici non sono mai cita ti dal cartaginese (Rut , Aggeo, Ester, Tobia) : ciò potrebbe far pen sare che quei libri mancassero nel VT impiegato da Tertulliano , ma una conclusione del genere sarebbe senza dubbio precipitosa; del re sto, bisogna tener presente che Tertulliano non è animato da inte ressi di critica filologica nei confronti del testo biblico alla maniera di Girolamo . La difesa dei libri tradizionali del NT, contestati da Marcione , non ci dice molto a questo riguardo. Conviene basarsi su quello che Tertulliano esplicitamente dice . Notiamo , quindi, che tra i libri non canonici egli cita, considerandolo autoritativo , il Libro di Henoch , dal quale ricava il mito della caduta degli angeli che si uni rono alle figlie degli uomini (cf. Cult. 1 ,2 , 1 ) : egli sa , tuttavia, che quel testo è considerato spurio dai giudei e da alcuni cristiani è rifiu tato ( Cult. 1 ,3 , 1 ) , ma ciononostante lo considera di antica origine ebraica . Sembra conoscere anche il quarto Libro di Esdra (cf. Cult. 1 ,3 , 2 ) .27 Tra i libri apostolici di veneranda antichità Tertulliano con sidera anche il Pastore di Erma (cf. Orat. 1 6, 1 , con riferimento a Vis. 5 , 1 ; è noto , del resto , che questo scritto godeva di notevole fa ma già subito dopo la sua composizione : il Canone muratoriano ce lo attesta) ; tuttavia, più tardi , nella polemica antipsichica a proposito del perdono agli adulteri , Tertulliano condannerà aspramente il Pa store, perché troppo indulgente in questo campo (cf. Pud. 10,12 e 20 ,2) . Anche gli A cta Pauli sono da lui rifiutati come non genuini (cf. Bapt. 17,5) . Tra i libri canonici , la epistola agli Ebrei è posta da
26
rT
336
Cf. D'ALÈS, La théologie. . . , 223ss ; O'MALLEY , Tertullian . . . , 1 1 9-125: Cf DANIÉWU , Le origini. . . , 151- 153 (sugli apocrifi impiegati da TertuUJano) .
rertu lliano ad un livello inferiore rispetto agli altri testi , perché con s iderata di Barnaba , il discepolo di Paolo ( cf. Pud. 20,2) . 28 Si può notare anche che , negli ultimi anni della sua vita , con l'a d esione alla nuova profezia, Tertulliano impiega assai frequente m ente certi testi che , all'interno del canone , assumono per lui una m aggiore importanza : è questo il caso della profezia di Gl 2 ,28-29 (cf. A n . 47 , 2 ; Resurr. 63 ,7) ; la promessa dì Cristo dell'invio del Pa racli to, che dovrà insegnare molte cose ai discepoli , intesa come preannuncio dell'invio dello Spirito ai profeti montanisti (cf. Gv 1 6 , 1 2 ; Virg. 1 ,5 ; Fug. , 1 4 , 3 ; Mon . 2 ,2) . Contemporaneamente al professare dottrine montaniste , Tertutliano, cita «oracoli» montani sti : sono due oracoli della profetessa Prisca , di carattere ascetico : cf. Resurr. 1 1 ,2 ; Exhort. 10,5 . L'importanza che questi oracoli assumo no agli occhi dello scrittore è attestata dal fatto che addirittura egli impiega il verbo evangelizatur per indicare l'insegnamento della pro fetessa montanista . 29 1 . 1 . 3 . Testo greco o versione latina ?
I l problema del testo i n cui Tertulliano leggeva l a sua Bibbia è tra i più dibattuti del cristianesimo latino . 3° Fino a tutto l'ottocento si credeva che Tertulliano avesse a sua disposizione una versione la tina della Bibbia , e in base a tale convinzione , da nessuno messa in dubbio, H . Ronsch cercò di ricostruire filologicamente il testo stes so, ricavandolo dalle citazioni del nostro scrittore : 3 1 tali citazioni ci permettevano di ricostruire un testo «cartagineselo> , e cioè una delle più antiche versioni latine . Alla fine dell'ottocento , tuttavia , lo Z ahn32 arrivò alle conclusioni opposte: partendo dal fatto (secondo lui sicuro) che nell A dvers us Marcionem , ove discute il testo marcio nita di Luca e di Paolo , Tertullìano traduce dal greco in cui quel te sto era redatto , lo Zahn giunse poi alla conclusione che , all'epoca di Tertullìano, non esisteva una versione latina della Bibbia ; lo dimo strava anche il fatto che le citazioni eseguite dallo stesso Tertulliano '
28
29
( SChr
Cf.
DANIÉLOU , Le origini . . . o 149- 1 5 1 .
Cf. d nostro commento a d locum in : TERTULLIANO, Exhortatwn à la chastété,
3 1 9) Paris 1 985 . Per questa !ematica cf. O'MALLEY o Tertullian . . . , 4ss. 31 Cf. H. RoNSCH , Das Neue Testament Tertullians, Leipzig 1 87 1 . 3 2 Cf. TH . ZAHN , Geschzchte des neutestamentlichen Kanons, Erlangen 1 888 . ){)
50ss .
337
non presentavano un testo omogeneo : segno che il Cartaginese tra duceva dal greco sul momento. La tesi dello Z ahn non trovò il con senso del Harnack, 33 il quale sostenne vigorosamente l'idea che il te sto marcionita di Paolo era letto da Tertulliano in versione la tin a (meno sicuri si poteva essere , secondo Harnack , per il testo di Luc a, che era dato da Tertulliano in citazioni di non grande ampiezza) . n testo latino di Paolo e Luca, neli 'A dversus Marcionem , appare , in fatti , al Hamack caratterizzato da volgarismi e letteralismi gre ciz zanti , per cui non e ra possibile attribuirlo a uno scrittore così cap ace come Tertulliano ; tale versione di Marcione era affine a una re da zione occidentale del testo biblico . Le affermazioni del Harnack tro varono poi una conferma ad opera del von Soden , 34 il quale , con frontando le citazioni di Paolo contenute nel quinto libro dell 'Ad versus Marcionem con quelle che Tertulliano presentava altro ve , sempre da Paolo , osservò delle notevoli differenze tra le due serie di citazioni e giunse alla conclusione che Tertulliano leggeva in latino il testo marcionita di Paolo , un latino molto diverso da quello ricava bile dalle citazioni di Paolo nelle altre opere di Tertulliano . La tesi del Harnack fu in seguito sottoposta ad aspra critica da parte del Quispe P5 secondo il quale le citazioni dal testo marcionita di Paolo sono affini, invece , al testo della traduzione africana che doveva cir colare ai tempi di Tertulliano e che Tertulliano verisimi l mente cono sceva . Questa affinità doveva spiegarsi con il fatto che Tertulliano, traducendo personalmente i l testo greco di Marcione , doveva esser e inevitabilmente influenzato dalle versioni latine anonime già esi stenti in Africa e che egli sicuramente conosceva. La questione , dunque , appare irresolubile , mentre al problema si sono accostati altri studiosi confermando l'una o l'altra ipotesi (versione latina ano· nima preesistente o traduzione di Tertulliano sul momento? ) , tenen do in maggiore o minore considerazione il problema del testo mar· cionita . Così Higgins , 36 esaminando il testo marcionita di Luca , con· ferma sostanzialmente le conclusioni del von Soden (il quale, come
33
21924.
34
Cf. A. voN HARNACK , Marcion. Das
Evangelium vom fremden
Gott,
Lei pzig
Cf. H . voN SoDEN , «Der lateinische Paulustext bei Marcio n u n d Tertu lli an» ,
Festgabe A . Jiilicher, T ii b i ngen 1927 , 229-28 1 . 35 Cf. G . QUISPEL, De bronnen van Tertullians' Adversus Marcionem , Le iden 1943 , 80-141 . 36 Cf. A . J . B . H I GG IN S, «The Latin Text of Luke in Marcion and Tertullian » , in ve, 5( 1951 ) , 1-4 1 .
in
338
si è detto sopra, si era limitato al testo marcionita di Paolo) ; Aal ders, invece , sostenne che Tertulliano traduceva personal mente dal g reco, anche se poteva aver conosciuto varie versioni africane , che potev ano aver esercitato influsso su di lui . 37 Da vari studiosi . infatti , fi n da gli ultimi anni dell'ottocento , fu sostenuta anche una tesi inter me dia , nel senso che certi testi della Bibbia, di uso più frequente , p otev ano essere stati tradotti , in Africa , anche prima che Tertullia no i niziasse a scrivere ; Tertulliano, quindi, poteva essersi servito di tali traduzioni , salvo poi tradurre personalmente alcune parti che egli trovava opportuno citare : uno di questi testi , per i quali verisi rnilmente era esistita una traduzione già in epoca anteriore a Tertul Iiano potrebbero essere i Salmi . In effetti , talvolta Tertulliano ag giunge delle brevi glosse al testo che viene citando , in modo che esso possa essere chiaro al lettore : questo significa che egli si rende conto del fatto che il testo biblico che egli cita è diverso da quello che egli scriverebbe (ad esempio , Scorp . 7 , 1 ; A dv. Prax. 5 ,2-3 ; Pud. 4 , 1 -2) ; oppure tali glosse si trovano anche nel testo marcionita che egli cita (A dv . Mare. 3 ,24 , 3 ; 4 8 , 4 ; 1 1 , 1 2 ; 1 4 , 1 ; 40 , 2 ; ecc . ) . Ancora , avviene anche che Tertulliano rispetti l 'uso di certi termini , anche se perso nalmente non li approva : preferisce verbum a sermo , anche se, se guendo l'uso africano , usa costantemente sermo . 38 Quindi dovevano circolare in Africa traduzioni latine , almeno parziali , della Bibbia . Così l'esistenza di glosse nelle citazioni del testo marcionita potreb be significare che Tertulliano legge quel testo in latino e lo spiega ai suoi lettori con la citazione di qualche parola più calzante . Si potreb be , quindi, concludere che Tertulliano usava versioni latine della Bibbia là dove esse erano disponibili , e che la loro esistenza potreb be essere attestata per i libri di più diffusa lettura ; accanto a questi , le citazioni di un testo particolare di Luca e Paolo sembrerebbero di mostrare l'esistenza di una versione latina marcionita per quei due autori sacri . ,
1 . 1 . 4. Criteri di esegesi biblica
Primo scrittore latino cristiano di cui possediamo sicuramente le op ere , Tertulliano è anche il primo che ci abbia lasciato una serie di considerazioni , anche se disorganiche , sul problema dell'interpreta-
37 Cf. G . J . D . AALDERS , «Tertullian's Quotations from St.
n e , III , 5(1937) , 38
Cf.
241 -282 . a questo proposito BJ.AUN , Deus Christùlnorum
Luke » , in Mnemosy
. . , 256-272 . .
339
zione del testo sacro. Questo «primato» , beninteso , deve esser e in teso come valevole nell'ambito delle nostre testimonianze scri tt e : è logico , infatti , che la chiesa di Cartagine o la chiesa di Roma ass ai per tempo cercassero di definire quale fosse il metodo più valido per interpretare la Scrittura . La polemica antieretica costringeva il cr i stianesimo , al proprio interno , a giungere a una chiarificazio ne de i criteri esegetici , in quanto certe scuole eretiçhe facevano riferi me n to alle medesime scritture che costituivano il canone degli orto dossi ; i marcioniti , addirittura. avevano posto a base della loro interpreta zione un testo biblico ricostituito in base a criteri di critica interna e in base a fondamenti fissati in precedenza. Che la discussione con gli eretici riguardi innanzitutto la retta in terpretazione del dato scritturistico , è chiaro a Tertulliano fin dai primi tempi della sua attività di scrittore , tanto che egli dedica a que sto aspetto del problema un suo trattato , il De praescriptione haereti corum . Tale trattato enuncia varie praescriptiones , cioè «Obiezioni preliminari» che , secondo il significato di questo termine giuridico , rendono inutile e non valida ogni discussione ulteriore sull'argomen to . 39 In sostanza, secondo Tertulliano, solamente la chiesa cattolica ha il diritto di interpretare le scritture , in quanto solo essa possiede la regula fidei; tale regula , infatti, fu istituita da Cristo e affidata agli apostoli, i quali l'hanno data come traditio alle chiese da essi fonda· te . Le chiese ebbero poi delle figlie , le quali si basano pur esse sulla traditio apostolica: ad esse soltanto , dunque , compete la interpreta· zione del testo sacro : non certamente alle chiese eretiche , le quali non furono fondate dagli apostoli né derivano dalle chiese apostoli· che e quindi non posseggono né la traditio cristiana né la regula {idei. Un tale criterio esegetico , se portato alle estreme conseguenze , verrebbe a porre come unica regola di interpretazione la regula fi · dei, ed effettivamente secondo alcuni studiosi Tertulliano percorre questa strada : in Praescr. 1 4 , 1 in effetti , si legge :
39 Una buona discussione a questo prop os ito è q ue l la di R. F. REFOULÉ, in TER· TULLIANO, Traité de la prescription contre /es h érétiques, (SChr 46) . Paris 1 957 . 20ss .
anche D. MrcHAELIDÈS , Foi, écritures et tradition, ou les «praesc riptiones • che2 Te rtu/lien , Paris 1969 . e la breve , ma acuta sintesi di un esperto tertullianista c o me J . H . WASZINK, «Tertullian"s Principles and M eth o ds of Exegesis» , in Early Chris tia� Literature . . . Mélanges R. M. Grani, Paris 1979, 1 7-3 1 . Il Waszink colloca opport una· mente Tertulliano nella storia della esegesi pagana e de lla tecnica giuridica, che a l ui (che fosse o non fosse giurista) era particolarmente familiare (ivi, 1 8-22) .
Cf.
340
«Ceterum, manente forma eius (scl . regulae) in suo ordine quan tumlibet quaeras et tractes et omnem libidinem curiositatis effun das , si qu i d tibi videtur ve! ambiguitate pendere ve! obscuritate obumbrari . . . » . -10
La Scrittura rimane pur sempre la fonte da cui è stata ricavata la ula [idei , ma quest' ultima costituisce il criterio di interpretazio reg 41 Va tenuto presente , tuttavia , che questa presa di posizione di . ne Ter tulliano è così esplicita solo nel De praescriptione haereticorum , mentre non è poi , in sostanza , mai applicata negli altri scritti , tanto meno nelle polemiche contro gli eretici ; anzi , in alcuni passi (A dv. Mare. 3 , 1 ,2 ; 4 , 1 ,2) si afferma esplicitamente la debolezza del crite rio della praescriptio , per quanto riguarda la sua validità a confutare gli eretici . È verisimile che , come spesso avviene in Tertulliano , un'affermazione sia stata portata alle estreme conseguenze in un trattato , ma poi non più ripresa allo stesso modo nelle opere succes sive . Così anche successivamente , nelle opere montaniste , Tertullia no ribadisce di essere diventato instructior grazie all'insegnamento del Paraclito (Adv. Prax. , 2 , 1 ) , il quale non fa altro che confermare la regula [idei (Adv. Prax. 2 ,2) ; o in Resurr. 63 ,7-8 egli afferma che negli ultimissimi tempi Dio ha inviato il suo Paraclito sui suoi servi e sulle sue ancelle «et pristina instrumenta manifestis verborum et sensuum luminibus ab omni ambiguitatis obscuritate purgavi t . . . » . Ma , sostanzialmente , il Paraclito e la regula [idei costituiscono il completamento del testo sacro e non sono m ai in contrasto con es so ,42 anche perché vi sono nella Scrittura numerosi problemi che non possono essere risolti con il puro e semplice ricorso alla regula [idei: a questo punto comincia, per Tertulliano il vero lavoro esegetico , e per questo motivo bisogna fissare delle norme attendibili . 43 La polemica antieretica , che occupò Tertulliano per tutta la sua vita , lo portò a esaminare i principi dottrinali degli eretici stessi e a osservare i loro criteri esegetici . Egli sa che gli eretici , generalmen te , non acce ttano alcuni l ibri sacri , e quelli che sono accettati o ven gono modificati o sono sottoposti ad interpretazioni violente, che ne stravolgono il significato (Praescr. 1 7 , 1 -3 ) . In particolare , sembra
Cf. anche c . 13; Apolog. 47 , 10 ; A dv. Prax. 2 , 2 . Lo stabilire un «crite rio» di interpretazione è , anch'esso . un atteggiamento is pirato alla pratica giuridica , come osserva il Kuss , «Zur Hermeneutik . . . », 144. 4 1 Cf. H . KARPP, Schrift u11d Geist bei Tertullian , Giitersloh 1 955 . 43-46. 43 Così , giustamente , il WASZINK, «Tertullian's» , 26. -IO 41
341
essere caratteristica degli eretici simplicia quaeque torquere (Herm . 1 9 , 1 ) : il termine simplex è fondamentale per il tipo di esegesi che Tertulliano si prefigge . Gli eretici , infatti , non conservano le pro prietà dei singoli vocaboli (Carn. Ch. 24 , 1 ) , ma presentano cont i nuamente interpretazioni cavillose e macchinose (Resurr. 4 , 1 ) ; se n za un'errata interpretazione della Scrittura non potrebbero esiste re le eresie (Resurr. 40 , 1 ) . Fondamentale è , per essi , ritenere che esista una dottrina segreta , che gli apostoli non avevano conosciuto , e che quindi non poté essere trasmessa nella scrittura (Praescr. 22 , 2ss; 2 3 , 1 ss ) oppure che tale dottrina segreta fosse , sì, in possesso degli apostoli , ma che non fosse rivelata a tutti , ma solamente a degli e let ti (Praescr. 25 , 1 ) . Pertanto Tertulliano è bene informato sia degli in terventi di Marcione sul canone scritturistico sia delle interpretazio ni arbitrarie dei valentiniani , contro ciascuno dei quali ha scritto un trattato (e cf. anche Praescr. 37, 3 ; 38 ,8- 10) . Più in particolare , sem bra che i valentiniani , agli occhi di Tertulliano , risolvano le loro ar bitrarie interpretazioni con un costante , esasperato allegorismo . Questo loro comportamento è manifesto soprattutto nell'interpreta zione della risurrezione della carne , che quegli eretici intendono esclusivamente come risurrezione spirituale . Ogni eretico , del resto, rifiuta di riconoscere l'autorità del Vecchio Testamento (Adv. Mare 5 ,5 , 1 0) . Leggendo i passi profetici , i l cui stile usuale è di tipo allegorico e figurale - ma non sempre , tuttavia - essi ritengono che anche la ri surrezione della carne , che invece è stata preannunciata dai profeti in modo concreto ( un esempio tipico è il famoso passo di Ez 37 illu strato nel corso di Resurr . 30) , 44 debba essere distorta per mezzo di una interpretazione immaginaria, cioè simbolica; essi intendono allo stesso modo , cioè in senso spirituale , anche la morte (Resurr. 1 9 2 ) Ora , se i profeti hanno sempre parlato in via allegorica , come si sa rebbe potuto percepire che esiste un simbolo , là dove tutto è simbo lico e niente è concreto (Resurr. 2 0 1 ) ? «Atque adeo, si omnia figu rae , quid erit illud, cuius figurae?» (Resurr. 2 0 2) Dunque , non p os siamo vedere simboli dappertutto, ma anche realtà concrete , e no n soltanto umbrae , ma anche corpora . È evidente che questa proble matica implica i criteri esegetici che Tertulliano ritiene essere validi , sui quali torneremo tra breve . ,
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• Cf.
342
•
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M•drid
1987 , 6.
Caratterizzante dell'atteggiamento degli eretici è l'impiegare il de tto di Cristo : «quae rite , et invenietis» (Mt 7 ,7) per giustificare le in terpretazioni arbitrarie , il ricercare senza limiti , ispirato da una pura curiosità . Tertulliano in Praeser. 8ss polemizza duramente con l'i nterp retazione eretica di questa sentenza evangelica , negando ri solut amente che essa implichi la giustificazione di una ricerca ad ogni c osto , senza limiti e senza criteri autoritativi . Innanzitutto , que lla sentenza era valida all'inizio del cristianesimo, quando gli sttssi discepoli , non conoscendo chi fosse il Cristo , erano invitati a c;ercarlo , certi che lo avrebbero trovato (8,4-5) ; e riguardava anche i giudei , che avevano il medesimo obbligo di riconoscerlo (8 ,7ss) . Per il cristiano , invece , la situazione è radicalmente cambiata . Bisogna cercare quello che Cristo ha insegnato , e cercarlo finché non lo si è trovato ; comunque , una volta che si è cominciato a credere , cioè ad essere cristiani , si è trovato quello che si cercava ( 10 ,2-5) . La senten za evangelica , dunque , non implica per i cristiani la ricerca , di tipo esegetico , sulla Scrittura , ma presenta semplicemente la necessità , per il pagano , di cercare e trovare la retta fede . Del resto , una volta che si è trovata la fede , e quindi si conosce la regula [idei, vale quello che Tertulliano apoditticamente proclama: «adversus regulam nihil scire , omnia scire est» ( Pra es er. 1 4,5) . Infatti la fede è oramai posta nella regula , non nella exercita tio seripturarum , che consiste sola mente nella curiosità. È, questo, un altro assioma tipicamente ter tullianeo , al quale non prestò fede il suo autore per primo . Se le interpretazioni degli eretici sono viziate per la loro origine e p er la loro forma , qualcosa di analogo Tertulliano osserva per i rapporti tra il giudaismo e il testo sacro . In linea di principio , è stata tolta ai giudei la possibilità di comprendere rettamente le Scritture : noi cristiani per grazia di Dio abbiamo ottenuto la conoscenza del mistero del nome di Gesù , mentre ai giudei, «quibus adempta est sa pientia» , la cosa non è più nota (Adv. Mare. 3 , 1 6 , 1 ) . Il Signore Sa baoth portò via dalla giudea e da Gerusalemme il sapiente architet to, «spiritum scilicet sanctum» ; dal tempo in cui i giudei si sono ab bandonati alla idolatria i benefici celesti non sono più arrivati alla casa di Israele e così , s ub traetis eharismatum roribus, ha avuto fine il giudaismo e , commesso il deicidio, il popolo ebraico è stato abban donato alla distruzione (Adv. Mare. 3 ,23 ,2ss ; 5 ,8,5) . Tertulliano co nosce anche delle interpretazioni giudaiche del testo sacro , come quella della profezia di Ezechiele (37, 1 - 14) , che è riferita alla ricom posizione della nazione ebraica nel futuro ( R es u rr. 29-30) . Ma i giu dei , nelle loro interpretazioni , sperano solamente nelle realtà terre343
ne e così perdono quelle celesti (Resurr. 26,10) . Parimenti insoste n i bile , secondo Tertulliano (Adv. Prax. 5 , 1-2 ) è l 'inizio della G e ne si in ebraico : «in principio Deus fecit sibi Filium»: all'inizio , in fa tti Dio era solo , e aveva in sé (non aveva creato , quindi) la Ratio - ci oè il suo Figlio . 45 1 . 1 . 5. Principi di esegesi tertullianea
Con Tertulliano l'esegesi biblica compie un notevole progresso nell'ambito del cristianesimo occidentale , in quanto lo scrittore fis sa per sé delle regole da seguire e le sue considerazioni sul testo sa cro implicano anche il modo in cui il testo stesso debba essere in terpretato : non soltanto , quindi , una spiegazione facile e immedia ta del dato scritturistico , da adeguare all'intento didattico o pole mico che si persegue , ma anche una riflessione se il modo in cui si interpreta il testo sacro è valido . Questo problema si pone , secon-
'5 L'origine di questa interpretazione della Genesi è discussa . Essa è riferita da Tertulliano come una esegesi che egli stesso non sa a chi attribuire (quidam) : <
344
do Tertulliano, non solamente per gli eretici , ma anche per il cri st i ano stesso. Inna nzitutto , si può osservare che il criterio di interpretare la scrittura con la scrittura (un criterio tipico delle opere grammaticali dell 'antichità) è valido anche per Tertulliano : «secundum plura in tel legi pauciora» (Adv. Prax. 20 2 ) Pertanto bisognerà partire dai dati certi per inferire conclusioni accettabili relativamente ai passi o scu ri , in modo da evitare ogni contraddizione all'interno della Scrittura stessa , che altrimenti potrebbe essere accusata di inco st a nza o di superficialità (Resurr. 2 1 ,2; Pud. 1 7 , 1 8) ; non si può, co me fanno gli eretici , afferrare un passo qualunque , a nostro talen to, e non metterlo in rapporto con gli altri (Adv. Prax. 20, 1-3) . Un esempio di questa necessità di interpretare coerentemente il testo è quello costituito da Paolo , che non si limita solo a condannare la carne, ma anche ne rileva - per converso - la importanza, la santi tà , la dignità di essere tempio di Dio (Resurr. 1 0 ,3ss) . Quanto , poi , alla interpretazione che Tertulliano stesso avanza delle scritture , i n generale s i è osservato che l a sua esegesi propende per i l letterali smo («un réalisme parfois outré » , dice addirittura il D 'Alès46) . Sif fatta tendenza è percepibile soprattutto nel De resurrectione carnis , un trattato in cui Tertulliano, in polemica con le interpretazioni al legorizzanti degli gnostici circa la risurrezione della carne (da essi intesa essenzialmente come risurrezione dall'ignoranza e dal pecca to) , ribadisce la concretezza della dottrina cristiana, che vede nella risurrezione finale il ricostituirsi della carne umana , per quanto tra sformata e resa conforme alla nuova realtà soprannaturale . Il lette ralismo , naturalmente , non deve essere condotto fino alle estreme conseguenze : la interpretazione deve essere concreta , ma non la si deve estendere fino ai minimi particolari , nel senso , cioè , che è la interpretazione globale del passo (parabola , esempio , ecc . ) che conta: non si deve credere che si possa interpretare o che si debba trovare un significato per ogni particolare del brano preso in que stione . Così , esaminando le parabole della dracma perduta e del buon pastore , Tertulliano afferma che non ha senso domandarsi il s ig nificato dei dettagli: perché le pecore sono cento? Perché le die ci dracme? Perché la scopa con cui la donna che ha smarrito la dracma spazza la casa? ,
46
.
Cf. La théologie . . . , 247; O'MALLEY, Tertullian. . . , 130- 134.
345
«Sunt autem quae et simpliciter posìta sunt ad st rue n da m et sponendam et texendam parabolam, ut illuc perducantu r exemplum p r ocuratur» (Pud 9 ,3) .47 . •
di
cui
L'indagare tutti quei dettagli non è altro che vana curiosità. Ma nemmeno si deve credere che Tertulliano rifiuti a priori ogni all ego. ria: come vedremo tra poco , egli ammette, anzi , trova necessari o in terpretare allegoricamente certi testi che , altrimenti , sarebbero as surdi ; 48 sostiene però che l'allegoria , lungi dall'escludere la realt à , al contrario la presuppone e la conferma: senza l'esistenza di u na real tà non sarebbe possibile l'allegoria , perché se tutto fosse allegoria, non si potrebbe più definire nei suoi contorni l 'allegoria stessa . Cer to , molti testi scritturistici relativi alla risurrezione possono essere intesi allegoricamente (cf. Resurr. 26ss) ; in ogni caso , però, anche dall'enunciazione figurata è possibile ricavare la dottrina che la ri surrezione è corporea (Resurr. 26, 1 ) . Alcuni si sentono autorizzati dall'esistenza delle parabole per interpretare allegoricamente ogni insegnamento di Cristo , 49 ma il Vangelo non ammette tale eccesso (cf. Resurr. , 33 , 8 ; Scorp . , 1 1 ,4-S) . Cristo usava spesso le parabole parlando ai giudei , ma parlando con i discepoli usava un linguaggio concreto (cf. Resurr. 33 , 1 -5 ) . Ma non si deve credere . comunque, che Tertulliano sia sempre e assurdamente letteralista . In un passo dell Adv ers us Marcionem (3 ,5 ,3ss) egli formula delle regole esegeti che che sottoline ano la necessità di una interpretazione non letterale (e questo principio è naturale che sia rilevato in un contesto che ve de una polemica con un avversario esasperatamente letteralista) . Molte affermazioni del testo sacro «figurate portenduntur per aenig mata et allegorias et parabolas, aliter intellegenda quam scripta sunt» . Vi sono dei passi di carattere profetico , infatti, nei quali l'in terpretazione letterale condurrebbe ad un'assurdità evidente : e così nel corso della polemica con Marcione Tertulliano usa moderata mente l'allegoria. Accanto alla allegoria in quanto tale , Tertulliano impiega saltua riamente termini e procedimenti che sono estranei alla tradizione '
/
Su questa norma esegetica di Tertulliano cf. D 'ALÈS , La théologie. . . , 245 ; P . F. BEATRIC E , « I l se r m on e d e centesima sexagesima triges i ma dello Ps. Cipriano e l a teolo.§ Ia del martirio» in A ugusllmanum , 19( 1 979) , 2 1 5-243. Cf. D 'ALÈS , La théologte . . . , 244. 49 Sull'uso arbitrario delle parabole da parte degli eretici TERTULLlANO in siste polemicamente anche in Pud. 8 , 1 0- 1 2 . 47
346
'·\
dell 'esegesi cristiana, nella sua polarità allegoria-letteralismo . Un pass o interessante si incontra in A dv. Mare. 4 , 12,5, in cui il contra sto tra Cristo e il Vecchio Testamento , sottolineato da Marcione a p ro pos ito dell'episodio in cui i discepoli avrebbero colto alcune spi ghe di grano per mangiare in un giorno di sabato , e sarebbero stati gi ustificati da Cristo (cf. Le 6 , 1 -5) , viene interpretato come se si trat tas se di un tipico esempio di controversia , un caso di contrasto tra Io scrip tum (cioè la legge) e la voluntas (cioè l'intenzione del legislato re) .50 Alla legge e alla volontà del legislatore Marcione oppone il vo l e re di Cristo : da qui l' «antitesi>> marcionita tra la scrittura veterote �otamentaria e il suo stesso insegnamento . Tertulliano dimostra , in vece , che la volontà di Cristo è d'accordo con quella del legislatore (il Dio del Vecchio Testamento) , considerata nel suo complesso. 51 L'interpretazione letterale , dunque , è , per Tertulliano la più im med i ata e naturale : ma essa non esclude la possibilità , anzi , la neces sità, in certi casi , di interpretare spiritaliter: questo significa che le Scritture «praeter quam sonant sapiunt, et aliud in vocibus erit, aliud in sensibus , ut allegoriae , ut parabolae , ut aenigmata» (Scorp. 1 1 ,4) , secondo la spiegazione di allegoria già fornita da Quintiliano (Instit. orat. 8,6,44; 9 ,2,92) . È il caso, dunque , di vedere alcune di queste interpretazioni , le quali di solito in Tertulliano si contrappon gono e si escludono (in lui, cioè, non ha luogo la possibilità dei vari livelli di interpretazione , come in Origene , salvo nel caso di Orat. 6,2-4 , in cui il «pane quotidiano» della preghiera cristiana può essere inteso sia spiritaliter sia carnaliter) . 1 . 1 . 6. Allegorie
Sulla storia dell' allegoria nell'antico cristianesimo molto si è scritto ; 52 essa , prima di giungere a Tertulliano , esisteva già da alcuni secoli , sia in ambito ellenistico , sia in ambito giudaico. Il cartagine se, scrivendo in un'età di ampia diffusione della cultura , non poteva non tener conto di una tradizione esegetica oramai consolidata . Così l'allegoria è presente in Filone Alessandrino , che la impiega spesso ; è famoso il passo di Paolo , Gal 4 ,24 . Più raro sembra essere stato l'impiego del termine negli apologeti greci. Il cartaginese se ne serve
50 Su questo passo, di tipica impronta giuridica, cf. da ultimo WASZINK «Tertul , lian's Principles . . . », 23. 51 Cf. O'MALLEY , Tertulllan . . , 1 37ss . 52 Cf. O' MALLEY, Tertullwn . . , 145ss e la bibliografia ci t a ta a p. 145. nota 2 .
.
.
347
anche per designare le interpretazioni intellettualistiche pagane d ei miti (cf. Nat . . 2 , 12 , 1 7 per quanto riguarda il mito di Saturn o} . Nell'ambito degli scritti rivolti ai cristiani , Tertulliano ricorre al l'allegori a , come si è visto, là dove il testo, inteso letteralmente , da rebbe un significato assurdo. Primo campo di indagine allegorica e privilegiato è quello costi t uito dalla Bibbia , e più in particolare d al l a Legge : la Legge per mezzo dei fatti concreti («per ca malia») sig nifi ca delle realtà spiritual i . egli afferma in A dv. Mare. 4,9,4. Si è osse r vato sopra che la polemica antimarcionita ha favorito in Tertull iano la propensione alla interpretazione allegorica , che in altri testi , inve ce (ad esempio , nel De resurreetione) è sostanzialmente respinta ; co sì , ancora , nell'opera contro Marcione , per far fronte alle interpre tazioni letterali dell' eretico e dei giudei ( «haereticus . . . cum ipso iu daeo . . . a quo ducatum mutuatus . . . caecus a caeco in eandem decidit foveam» : Adv. Mare. 3 ,7 , 1 ; «desinat nunc haereticus a iudaeo, aspis , quod ai un t, a vipera , mutuari venenum . . . » : A d v. Mare. 3 .8 , 1 ) . Anche Paolo , dunque , dimostrò con il famoso esempio del «non mettere la museruola al bue che trebbia» ( 1Cor 9 ,9 Dt 25 .4; cf. A dv. Mare. 5,7, 10- 1 1 ; 3 , 5 ,4 ) , dei due figli di Abramo (cf. G a l 4 ,24) (cf. A dv. Mare. 5 ,4,8) 53 e del «magnum mysterium» di Ef 5 ,4 (cf. i vi) che la Legge è allegorica. La Legge è spirituale e profeti ca e in quasi tutti i suoi precetti è figurata ( A d v . Mare. 2 , 1 9 , 1) . In questo contesto , dunque , l 'Adversus Mareionem rappresenta lo sforzo più sistematico compiuto da Tertulliano per recuperare per via allegori ca il Vecchio Testamento . B asterà accennare ad alcune delle più importanti interpretazioni allegoriche avanzate da Tertulliano (anche se talune di esse risalgo no alla apologetica greca) . In primo luogo vengono quelle più ur ge nti , cioè le interpretazioni messianich e . L'Emanuele di cui parla Is 7 , 1 4 , che dovrà prendere la potenza di Damasco e le spoglie di Sa maria contro il re degli assiri non può essere in alcun modo int eso concretamente . �4 L'Emanuele, infatti , significa nobiseum Deus; i passi scritturistici di ls 7 , 1 4 e 8 ,4 non possono essere intesi come se ci annunzi assero un guerriero che deve venire , tanto più che l'ante cedente della profezia messianica dice che la guerra (spirituale , s'in =
53 Questa stessa allegoria è diffusamente impiegata in Monog. 6 per separare la vecchia economia, che ammetteva le seconde nozì: , dalla nuova, che non le tollerava p� . . Cristo, non ;• Ma comunque quella profezia è, per figurata: cf. Resurr. 20 , 3 . .
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e , .quant\guarda, la venuta di �.
t ende ) dovrà essere sostenuta da un fanciullo prima ancora che que st i s appia chiamare per nome suo padre e sua madre (cf. A dv. Mare. }, 13 , 1 ) . La stessa i nterpretazione di Cristo guerriero è affrontat a p oco più oltre (A dv. Mare. 3 , 1 4 , 1 ) : le parole : «accingere ensem su p er femur» di Sal 44 non devono essere intese alla lettera , tanto è vero che poco dopo si parla di magnificenza e di bellezza . Tertullia no sottolinea l'arbitrarietà dell'interpretazione marcionita facendo riferimento a un passo di Ap 19,21 in cui si incontra l 'analoga simbo Jogia della spada, e a Paolo, maestro di entrambi , Marcione e Ter tull iano , il quale parla di dardi , di elmo della salvezza e di spada del lo spirito (cf. Ef 6, 14- 18) ; lo stesso passo di Es 8,4 è interpretato al legoricamente in Adv. Mare. , 4,20, 4 . Analoga , ma non con riferi mento allo stesso testo scritturistico , è la discussione di A dv. Mare. 5 , 1 8 , 5 . Quando l' apostolo in Ef 4 , 8 dice : «captivam duxit cap tivitatem», non intende certo un Cristo armato ; è, dunque , la mede s ima serie di considerazioni che si debbono fare per i passi di interes se messianico in Isaia e nei Salmi . Altra interpretazione allegorica che Tertulliano ritiene di dover impiegare è quella relativa all'albero buono , che non può dare frutti cattivi , e all'albero cattivo, che non può dare frutti buoni (cf. Le 6,43-45 ) . Cristo , dice Tertulliano , im piegò questa immagine allegorica con riferimento agli uomini , e non ai due dèi , quello buono e quello giusto , secondo la interpretazione di Marcione (cf. anche A dv. Mare. 1 ,2 , 1 ) . Naturalmente , non è possibile ripercorrere tutte le interpreta zioni allegoriche di Tertulliano , che peraltro non sono numerose al di fuori dell A dvers us Mareionem . Il capitolo 20 del De resurreetione riprende molte delle profezie messianiche incontrate nell'Adversus Marcionem , e ne aggiunge altre minori (cf. Sal 22 , 1 6 ; 22,7 ; Zc 1 1 , 1 2 ; Is 35 , 5 -6) . Queste ultime , là ove rivelano che si sono aperti gli occhi dei ciechi o che si è aperta la lingua dei muti o che le mani dis seccate e le ginocchia slogate sono guarite , comunemente sono in terp retate , dice Tertulliano , in senso spirituale , nel senso che si trat ter ebbe di difetti spirituali che il Signore con la sua venuta avrebbe guarito (e ciononostante , siccome quei miracoli si sono verificati ef fettivamente e earnaliter, noi dobbiamo credere che i profeti predi carono tenendo conto dei due significati , «eo salvo quod plures vo ces eorum nudae et simplices et ab omni allegoriae nubilo purae de fendi possunt» : qui l'usuale tendenza al letteralismo ritorna eviden te) . E si è già detto sopra che Tertulliano rimprovera ai giudei di in terpretare con eccessivo letteralismo i testi sacri : così non si potran no intendere corporalmente come buone cose della terra i bulbi e le cipolle di Dt 8 ,3 , o la terra in cui scorre latte e miele (Es 3 , 1 7 ; cf. Re surr. , 26,10) . Teniamo presente , infine , che Tertulliano aveva scrit'
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to il De spe fidelium , un'opera andata perduta , nella quale , in po l e mica con gli ebrei che speravano in una ricostituzione concreta, rea. le della originaria condizione della Giudea , basandosi sui nomi pre cisi dei luoghi e delle regioni , e gli aveva riferito allegoricame nte a Cristo e alla Chiesa le profezie relative a tale ricostituzione . 1 . 1 . 7. Figure
Altro termine famoso dell'interpretazione cnst1ana antica è quello di figura55 e dei vocaboli affini (figurare e figuratio) ; anch'es so risale all'uso della retorica antica . Tertulliano , quando non intro duce specifiche interpretazioni figurali . unisce il termine figura spes se volte al termine allegoria ed aenigma per indicare generalme nte una interpretazione spirituale e non letterale (cf. A dv. Mare. 5 ,6, 1 ; Seorp . , 1 1 ,4 ; ecc . ) . Isolato è t'uso del termine typus , che è un greci smo assai duro (cf. Exhort. , 6 , 1 ) . S e p e r l ' allegoria o l'interpretazione allegorica in generale Ter tulliano avanza alcune definizioni, per l'interpretazione figurale ci dobbiamo basare su quanto si legge in Herm. , 34 , 3 , ove , comunque, la definizione di figura è data con esattezza: <<si quae enim figurae sunt, ex rebus consistentibus fiant necesse est, n o n ex v ac a nti b us quia nihil potest ad similitudinem de suo praestare , nisi sit ipsum quod tali similitudini praestet>> . ,
Comunque sia , l'uso della figura è assai comune in Tertulliano e nelle sue opere si trovano quasi tutte le interpretazioni figurali più comuni nel cristianesimo antico : Adamo è figura di Cristo secondo l Cor 1 5 ,45 (An. 43 , 1 0 ; Resurr. 5 1 , 1 ; 53 , 1 2 ; Monog. 5 ,5) , e così pure lo sono Giosuè (Mare. 3 , 1 6 ,3) , Giuseppe (Mare. 3 , 1 8 ,3) , il sacrificio di !sacco (Pat. 6 , 1 ; Mare. 3 . 18 ,2) , Giuda nella benedizione dei pa triarchi in Es 63 , 1 -3 (A dv. Mare. 4 ,40 ,6) ; i due capri di Lv 16 ,5- 10 (Adv. Mare. 3 ,7,7). Figurae tradizionali sono , ancora, quelle relati ve alla croce : le braccia aperte di Mosè durante la battaglia contro gli amaleciti (Adv. Mare. 3 , 18 ,6) ; il serpente di bronzo fatto costrui re da Mosè (cf. Nm 21 ,8-9; Adv. Mare. 3 , 1 8,7) . Anche l'apostolo Paolo è stato figurato nel Vecchio Testamento: Beniamino , di cui
'� Cf. O ' MALLEY, Tertul/ian . . . , 158. Su questi termini tecnici la bibliografi a è , . come è ben noto , vastissi ma, soprattutto per quanto riguarda la loro origine . Qut ac cenniamo s olo alla problematica tertulhanea .
350
p a rla Giacobbe in Gen 49 ,27, era figura di Paolo, perché perseguitò la c hiesa e poi fu suo sostegno , Paolo, originario della tribù di Be ni a mino (cf. Rm 1 1 , 1 ; Fil 3 , 5 ; A dv. Mare. 5 , 1 ,5) . La stessa i nterpre tazi one figurale di Paolo torna in Seorp. 1 3 , 1 . Come si vede , l'Ad vers us Marcionem , se è ricco di interpretazioni allegoriche come si è de tto sopra , è ricco anche di interpretazioni figurali , alle quali ricor re Tertulliano , o attingendo a una tradizione già affermata , o propo nen done di sue , per recuperare quanto più è possibile del Vecchio Testamento . Cosi , tutto il secondo libro dell A d v ers us Marcionem è ispirato dall'intento di interpretare in senso spirituale molte partico larità della storia e della religione ebraica , che Marcione , nel suo let teralismo , metteva sotto accusa . Pertanto , dopo aver spiegato il mo tivo della punizione inflitta da Dio ai nostri progenitori , che implica va i l concorrere della sua bontà con l'esigenza di conservare intatto il nostro libero arbitrio ; dopo aver detto come si debbano intendere i mali che Dio stesso dichiara di compiere (cf. Es 45 ,7) e che anche Dio deve osservare la giustizia , e in che modo si debba intendere la sua ira, di cui parla l' Antico Testamento (Adv. Mare. 2 ,2- 17) , Ter tulliano passa a spiegare quelle azioni che , apparentemente e secon do la critica ostile di Marcione possono apparire come indegne di Dio : il furto commesso dagli ebrei ai danni degli egiziani (cf. Es 1 1 ,2 ; A dv. Mare. 2 ,20) , le disposizioni e i precetti legali (come quel lo della legge del taglione) , apparentemente contraddittori tra di lo ro . La Legge , infatti, è «spiritalis et prophetica , et in omnibus paene argumentis figurata» (A dv. Mare. 2 , 19 , 1 ) . Altre interpretazioni fi gurali sono: l' arca di Noè , considerata tipo della Chiesa (ldol. 24,3-4) ; la mano di Mosè , inserita nel seno della veste ed estratta morta, poi inserita una seconda volta ed estratta viva (prefigurazio ne della risurrezione della carne , cf. Es 4 ,6-7; Resurr. 28 , 1 ) . II De oratione, dedicato alla interpretazione del Pater noster, im piega talvolta anch e interpretazioni figurali , pur insistendo so p rattutto sul significato concreto del testo . Così il «fiat voluntas tua in caelìs et in terra» (4 , 1 ) può essere , sì, inteso simpliciter (4,2) , ma p uò anche avere un significato figurato , in quanto la carne e lo spiri t o di cui siamo composti sarebbero da vedere nel cielo e nella terra ; Cris to, dunque , vuole che la volontà di Dio sia eseguita da noi . Nel De baptismo troviamo con una certa frequenza interpreta z io ni figurali . La guarigione procurata dalla piscina Betsaida prefi gurava la successiva guarigione spirituale , «ex forma qua semper carnalia in figuram spiritalium antecedunt» (Bapt. 5 , 5 ) . Gli atti ma teriali del battesimo , e cioè il crisma e l'immersione hanno valore '
35 1
spirituale (7,2) ; allorquando Giacobbe benedisse i suoi nipo ti d i scendenti da Giuseppe , cioè Ephrem e Manasse , egli incrociò le m a ni , perché esse fungessero da figura di Cristo , formando una X , e quindi indicassero la benedizione riposta in Cristo per tutti gli uo mi ni (8,2) ; la colomba uscita dall'arca di Noè dopo il diluvio , che purgò le precedenti iniquità degli uomini (quasi un battesimo del mon do) , è una figura dello Spirito Santo che discende sugli uomini i n figu ra di colomba durante il battesimo (8,3-5 ) . Così il De baptismo è il cont e sto più acconcio per interpretare il passaggio del Mar Rosso , pre fi gurazione del battesimo (9, 1 ) ; il legno di Mosè , che purifica dall'a marezza l'acqua di Marra, è la figura di Cristo , che con la sua croce rende dolce l'acqua salutare del battesimo (9 , 2) ; Cristo era la pietra che sprizzava acqua per gli ebrei nel deserto (cf. 1 Cor 10,4 ; Bapt. 9 ,3) . Sia l'arca di Noè (Bapt. 8,4) sia la navicella di Pietro sono figu ra della chiesa ( 12 , 7 ) . Persino le parole dette da Cristo , il giorno in cui voleva consumare la pasqua insieme ai discepoli ('t onvenietis hominem aquam baiulantem» : Mc 14 , 1 3 ; Le 22 , 1 0) , nel contesto co sì «spirituale» del De baptismo, indicano la figura del sangue di Cri sto , nel quale gli uomini sono battezzati (Bapt. 19, 1 ) ; gli israeliti che , dopo il passaggio del Mar Rosso , vivono nel deserto per qua rant'anni , sono la figura di Cristo che , dopo il battesimo, rimase nel deserto a digiunare per quaranta giorni . 1 . 1 . 8. Tertulliano e la tradizione esegetica
Primo scrittore (e quindi primo esegeta) delJa latinità cristiana, che noi conosciamo, naturalmente Tertulliano si rifece alla tradizio ne esegetica precedente , anche se sembra essere stato in con t rasto con l'ambiente latino , fortemente permeato di giudeocristianesimo, che lo precedette . 56 Per quanto riguarda la tradizione greca , da essa egli riprese sia i criteri dell'interpretazione spirituale (con allegorie e figure) sia certe interpretazioni singole (spirituali e «carnali») . 57 Ter tulliano sa che alcuni scrittori greci , come Ireneo , Giustino e Mil ziade , polemizzarono con i valentiniani 58 (da lreneo egli attinge ad-
56 Q uesto aspe tto è stato sottolineato i n pa rt i c ol a r modo dal DANIÉLou , Le o ri· gini . . . , 1 37ss. 57 Ad e se mp i o , il riferimento al l a passione di Cristo, co n te n ut o nei Salmi (c f. GiUSTINO, I Apo/ 37-4 1 ) , o profezie di carattere m essi an ico (c f. GIUSTINO, Dial. 1 1 3- 1 1 4) . e infinite altre che qui sarebbe troppo lungo rintracciare. 58 Cf. TERTULLIAN O , A dv. valentin 5 , 1 . • ., � , ..
49;
352
di rittu ra gran parte del suo A dversus valentinianos ) . Nella polemica con tro Marcione il cartaginese attinge a Ireneo , Giustino e Teofilo d i Antiochia;59 un esempio abbastanza sicuro di derivazione di Ter t u l li ano da Giustino in quell'opera si può incontrare in 2 ,25 , 1-3 , in c ui si spiega che le parole di Dio ad Adamo : «Adam , ubi es» , non d e vono essere interpretate come se fossero una vera e propria do m an da, quasi a manifestare una presunta ignoranza del Dio del Vec chio testamento , ma , con un tono energico e di accusa: «"Adam, ubi es ! " , id est in perditione es , id est iam hic non es» , come se fossero le p arole di uno che accusa e si dispiace .60 Altre volte Tertulliano conosce interpretazioni rabbiniche . Tale è quella del signum (messianico secondo i cristiani) contenuto nelle p arole di Is 7 , 1 4 («ecce virgo concipiet in utero et pariet filium») . Secondo i giudei , il testo non avrebbe virgo, ma iuvencula ( neànis) , come già sa Giustino ( Dia/. , 43 ,8 ; 67 , 1 ; 7 1 , 3 ; 84 , 1 . 3) ; ma Tertullia no ribatte negando che possa essere inteso come signum messianico un avvenimento così normale come il concepimento e il parto di una giovinetta (Adv. Mare. 3 , 1 3 ,4-5 ) . La violazione del sabato ad opera di Giosuè (Gs 6,3-4) in realtà non deve essere considerata come una vera e propria violazione , perché «il portare in giro l'arca non può essere giudicata un'opera quotidiana e umana (che è quella che il sa bato vieta) , ma un'opera rara e sacrosanta e senza dubbio resa divi na dall'ordine esplicito di Dio» ( Adv. Mare. , 2 , 2 1 ,2) . Per replicare a questa antitesi di Marcione Tertulliano avrebbe attinto ad una inter pretazione di origine rabbinica .61 1 .2.
Cipriano
Con Cipriano la situazione , in parte appare diversa, rispetto a quella di Tertulliano , in parte prosegue la linea dell'esegesi del car tagin ese . Relativamente al testo biblico che Cipriano avrebbe utiliz zato , sembra essere oramai accertata l'esistenza ai suoi tempi di una
59
22- 79 .
L'indagine più approfondita al riguardo
è q u ella di
QUISPEL,
De bronnen . .
.
,
La m e d e sima i n terp ret a zi o n e si trova in GIUSTINo (Dial. 99) e l R E N E o (Adv. 5 , 1 5 ,4 ) . Tertulliano r h a probabilme nte ricavata da Giustino , come abbiamo os ser va to i n «Temi e motivi d ell a po le m i ca antimarcionita di Te rtulliano», i n Studi Class. e Orient. 1 7 ( 1 968) , 1 85- 1 86. TERTU LLIANO ritorna su q u es t a interpretazione an che in Adv. Mare. 4,20,8. 61 Su Tertulliano e il giudaismo cf. CL. AZIZA , Tertullien et le judaisme , Paris 60
haer.
1 97 7 .
:
-
353
traduzione latina, che si suole chiamare Afra;62 sembrerebbe orm ai risolto , dunque , il problema della traduzione delle Scritture , nel se nso che oramai tutte sarebbero state volte nella lingua dei p arlanti latino . Nuovo , inoltre , è anche i l modo i n c u i Cipriano l e impiega : i n lui appare , infatti , ampiamente usato il sistema di ricorrere alle racco lte di Testimonia biblici Y Di essi egli si serve sia per uso personale si a per istruire i catecumeni . Assai importante è , da questo punto di vi sta , la prefazione dell'Ad Quirinum , un'opera in cui sono raccol ti in tre libri i testimonia biblici riguardanti i punti fondamentali della dottrina cristiana (cf. anche sopra) ; tali testimonia costituisco no , si può dire , la totalità dell'opera, alla quale è premessa una dedica a un certo Quirino , il quale gli aveva più volte domandato di racco gliere i magisteria divini con i quali il Signore si era degnato di edu care gli uomini, di modo che coloro che si erano convertiti potessero indirizzare la loro strada attraverso i salutari misteri della religione cristiana . E così Cipriano scrisse un libellus composto in modo suc cinto , excerptis capitulis: non vole va trattare lui stesso la materia, ma voleva fornire il materiale a coloro che avessero voluto appro fondire la conoscenza del cristianesimo, tanto più che la brevità sa rebbe stata assai utile in tale bisogna , in quanto ciascuno avrebbe potuto svolgere poi le proprie considerazioni . Il primo libro dell'o pera è diretto contro i giudei , 64 i quali , come le profezie avevano predetto , si erano allontanati da Dio e avevano perduto il suo favo re , sì che al loro posto erano subentrati i Cristiani , provenienti da tutte le genti e da tutto il mondo . Il secondo libro è dedicato alla fi gura di Cristo e il terzo espone le dottrine del comportamento cri stiano . Naturalmente , non si deve credere che questa raccolta di te stimonia significhi una composizione di materiale senza uno scopo preciso : la funzione didattica emerge nitidamente dall 'opera di Ci priano , composta subito dopo la sua elezione all'episcopato . È stato Cipriano colui che , in ambito latino , più degli altri ha usato la tecni ca del ricorrere ai testimonia , ed è evidente anche quanto siano utili questi testimonia per la ricostruzione del testo biblico che Cipriano 62 Su di ess a cf. H . V O N SoDEN, Das /ateinische Neue Testament in Afrika zur Zeil Cyprìans . Leipzig 1909. Sostanzialmente deludente è il recente studio d1 M . A . F A HEY, Cyp rian and the Bib/e: a Study in Third-Cemury Exegesis, Tùbingen 19� 1 .. 6 ' S u l pro b lema dei tes timonia i n Cipriano , cf. P . MoNAT, << Les t es ti mo nia bt bh ques de Cypri e n à L a c t a nce » , i n : Le monde latin antique . . . , 499-507. "' Più ampiamente sui testimonia di Ci pri ano cf. DANIÉLOU , Le origini . . . 273ss.
354
stava impiegando . A questa tecnica egli ricorre anche una seconda vo lta , componendo una specie di esortazione al martirio rivolgendo si a Fortunato (Ad Fortunatum ) ; in tale esortazione , dopo una breve i ntroduzione , Cipriano torna ad applicare sostanzialmente gli stessi criteri dell'A d Quirinum : esigenze di brevità ; utilità delle parole di vi ne per avere il coraggio di affrontare il martirio ; i precetti divini sono le armi dei combattenti , gli stimoli della tromba in guerra ; essi tengono deste le orecchie e preparano le menti , danno la forza all'a nim a e al corpo . Anche l A d Fortunatum ha, quindi , uno scopo evi dente : si tenga presente che Cipriano lo scrisse pochi mesi prima del s uo martirio , che egli sicuramente si attendeva . I testimonia che ven gono poi scelti istruiscono Fortunato sull'identità degli idoli con i de m oni , sulla necessità di evitare l'idolatria, sull'obbligo che ha il cri stiano di perseverare nella fede durante la persecuzione ; essi sono ricavati sia dal Vecchio sia dal Nuovo Testamento . Accanto ai testi monia Cipriano impiega anche degli esempi che erano probabilmen te canonici , perché ricorrono nelle sue opere anche altre volte : nel c . 14 vengono citati , come esempi d i innocenti perseguitati , Abele , Giacobbe , Giuseppe ; come esempi di difensori della maestà di Dio contro gli empi sono additati Elia e Zaccaria ; come esempi di rifiuto dell'idolatria, Anania, Azaria e Misaele ; quindi Daniele , perfetto «uomo di Dio» . Né poteva mancare l'esempio dei sette fratelli Mac cabei e della loro madre , derivati , probabilmente , dall'apologetica g iudaica . Q ueste figure esemplari , come si è detto , tornano anche in altre opere di Cipriano , e in modo spesso ripetitivo .65 Per q uel che riguarda l'esegesi vera e propria , Cipriano si colloca ne l solco ormai ben tracciato da Tertulliano per la cristianità occi dentale. Non si trovano in Cipriano considerazioni di cara ttere teo rico sui criteri da seguire nell'interpretazione biblica. Oramai i testi ve terotestamentari sono di pieno possesso dei cristiani - egli osser va ; - lo stesso titolo di «padre» nei confronti di Dio è impiegato a maggior diritto dai cristiani che non dagli ebrei ( Orat. 1 0 ; 1 3 ; 1 8 ) . Così Cipriano riprende l'interpretazione messianica d e l nome di Emanuele (cf. Epist. 10,4) e delle profezie di Es 50 ,5-6 (cf. Epist. 1 2 ,4) . Anche in lui si incontrano varie spiegazioni allegoriche : se nel '
65 Ad esempio ; A nania , Azaria e Misaele (Laps. 3 1 ; Fort. 1 1 ; Epist. 6,3; 58 ,5 ; 67,8) ; Daniele ( Laps. 3 1 ; Fortun. 1 1 ; Orat. 21 ; Efem. l l ; Epist. 58,5; 67 ,8) ; Abele ( O rat. 24 ; Fo rtun . 1 1 ; Pat. 10; Epist. 58,5; 59 ,2) ; Giobbe (Mort. 1 0; Pat. 18) ; Tobia ( Mort. 10 ; Orat. 32 ; Fortun . 1 1 ; Pat. 1 8) ; Abramo (Mort. 12; Pat. lO) ; Elia ( Orat. 2 1 ;
Elem . 1 1 )
e
numerosi altri cas i .
355
Pater noster noi preghiamo che sia fatta la volontà di Dio in cie lo e in terra, si può riferire il cielo a coloro che già credono e la terra a coloro che ancora non hanno cominciato a credere (Orat. 17 ) ; nel la stessa operetta si legge che le ore riservate alla preghiera, la terz a , l a sesta e la nona sono una allegoria della Trinità ( Orat. 3 4 ) ; Cris to è «sol verus et dies verus» (cf. MI 4 ,2 ; Orat. 35) . Il numero sette dei Maccabei indica la perfezione del septenarius numerus (Fortun. 1 1 ) . lnteressante è l epis tola 63 , che contiene una serie di spiegazioni al legoriche riferite all'eucarestia; il calice che Cristo dà da bere ai di scepoli e ai cristiani , e che contiene il suo sangue , è il calice ineb ria n te di Sal 22 ,5 , e produce la «Sobria ebrietas»66 (c. 1 1 ) ; in quello ste s so contesto si trova l'interpretazione allegorica dell'acqua di Ap 1 7 , 1 5 ( il popolo delle genti ; c. 12) ; il p ane disceso dal cielo è Cri sto (c. 13) . Il pastore unico e l' unico gregge di Gv 1 0 , 1 6 sono Cristo e la chiesa (Epist. 69 , 5 ) . Le interpretazioni tipologiche sono presenti anche in Cipriano . Alcune sono più antiche e tradizionali: frequen te , ad esempio , è in lui l'interpretazione tipologica della sposa del Cantico , identificata con la chiesa (cf. Orat. 3 1 ; Epist. 69 ,2 ; 74 ,4 e 6; 84 , 1 1 ) ; Rahab è tipo della chiesa ( Ecc/. 8; Epist. 63 ,3 ) , così come lo sono l'arca di Noè (cf. Ecci. 6; Epist. 69 ,2) , Anna , madre di Samue le ( Orat. 5 ) , il paradiso (Epist. 73 , 1 0) . Quanto a Cristo , sono pari menti antiche le tipologie di lui come la pietra degli israeliti (Epist. 63 8 ) , l' agnello pasquale «qui occiditur in figura Christi)> (Ecci. 8; Demetr. 22 ) , e inoltre le figure del Vecchio Testamento : Melchise dec e Salomone (Epist. 63 ,4-5 ; cf. 63 , 14) ; Elia (Op . et elem. 17). Al tre tipologie sono quella della manna , che prefigura la eucaristia (Epist. 69 , 14) ; l'ottavo giorno dalla nascita , nel quale , secondo la legge giudaica , aveva luogo la circoncisione , racchiudeva un mistero che si rivelò nella sua pienezza con la venuta di Cristo . Infatti Cristo risorse l'ottavo giorno , cioè il primo dopo il sabato , dandoci così la circoncisione spirituale «in imagine» (Epist. 64 , 4 ) Cipriano, del re sto , distingue con chiarezza tra imago e veritas nell'interpretazio ne scritturistica (cf. Demetr. 23 ; Zel. et li v. 1 7) . Nel contemporaneo corpus p seudocipraneo67 si ripresentano le medesime interpretazioni tipologiche , segno di un'ampia diffusione '
=
,
.
66 È la famosa dott rina che risale a Filone Alessandrino , e che ebbe a mpi o sv i · luppo in Origene e nei suoi i m i t a to ri (Am brogio , G rego rio di Nissa, ecc. ) : cf. H. LE· WY , Sobria Ebrietas , Giesse n 1929. Tale d o ttrina, pe rò , fu assai rara nella cristi ani tà
occidentale prima del IV secolo. 6 7 Su di esso , per i problemi relativi alla d at azi o n e e all'ambiente , cf. H. Kocfl , Cyprianische Untersuchungen, B o n n 1926, 334ss.
356
ne lle comunità cristiane dei medesimi canoni ìnterpretativi : tipo del Ia Chiesa sono l'arca di Noè (Ad Novat. 2 e 5) e Rebecca (De mont. Sina et Sion 3) ; 6� Cristo è sol salutis (cf. MI 4,2; A d Vig . 6) ; il sacra m ento del battesino fu già preannunciato da Dio, quando la colom ba fu fatta uscire dall'arca (Ad Novat. 3) . Anche il De bono pudici tiae sembra ricorrere ad una raccolta di exempla quando celebra i p regi di quella virtù (c. 8 ) ; interessante , infine, la problematica e sposta nel suo esordio dal De monti bus Sina et Sion , che stabilisce con chiarezza che gli argomenti (capi tu la ) «quae in vetere testamen to figuraliter scripta sunt per nova testam e nto spiritaliter intellegen da sunt , quae per Chrtstum in veritate adimpleta sunt» . 1 .3.
Novaziano
C on Novaziano , infine , si ripresentano , sia pure in forma più sintetica , tutti i problemi che si erano finora incontrati negli autori africani : Novaziano, infatti , in quanto presbitero romano, ci appare come il rappresentante di un altro am b iente , per cui anche per lui deve essere posto , in via preliminare , il problema del testo biblico , che non poteva essere né quello di Tertulliano (là dove esisteva) , né l'Afra . Come osserva il Loi , 69 riprendendo gli studi del D' Alès , 70 Novaziano ci attesta l'esistenza, nella chiesa romana , di un testo fis so in latino ( l a Vetus romana) , diverso dall'Afra , esistenza confer mata dal fatto che molti degli stessi fenomeni lessicologici e sintattici che si incontrano nell'opera di Novaziano sembrano essere stati de terminati proprio dal testo scritturistico da lui usato. Ma si è osser vato anche 71 che alcune peculiarità di tale testo trovano corrispon denze in certe traduzioni latine del Diatessaron di Taziano e si è pen sato che un originale del Diatessaron sarebbe stato tradotto in lati no , in Roma , in modo da influenzare il testo biblico ufficiale. Il Loi72
68 Questa operett a , v e r a m e nte è dal DANIÉLOU (Le o rigin i . . . . 22) ante datata al II s ecolo d . C . Tuttav i a , insieme co n altri studiosi , noi acce ttiamo , per ora , l a datazio
ne tradizionale (Il secolo) . h'l Per queste pagi ne cì basiamo su quanto osserva V. LO! i n : NovAZIANo , La Tri nità. Introduzione, testo critico, traduzione, commento, glossario e indici, a cura di V . Lo1 . Torino 1 97 5 , 38-4 1 . '° Cf. A. D' ALÈS , Novatien . Etude sur la théologie rom a in e au milieu du III' siè cle , Paris 1925 . " Cf. A . BAUMSTARK, «Die Evangeliencitate Novatians und das Diatessaron», in Oriens Christianus , 5 ( 1 930) , 2ss. n Cf. NoVAZIANO, La Trinità, 38-40. • >
357
è più cauto a questo proposito: tracciando un confronto tra la Vetus latina e il testo di Novaziano , osserva che quest'ultimo presenta p un ti di contatto con quella , ma anche varie lezioni peculiari a lui sol tanto ; trae infine la conclusione che il testo biblico di Novaziano non si differenzia sostanzialmente da quello della Vetus latina e dal te st o della Vulgata ; che , inoltre, la presenza di vocaboli e nessi seman tici propri del linguaggio biblico nel De Trinitate fa pensare all'esiste nza di un linguaggio biblico latino da tempo affermatosi nella chiesa d i Roma . Il testo ivi usato doveva probabilmente comprendere interi libri tradotti in latino , tra i quali dovevano figurare quasi certament e q uelli del Nuovo Testamento, senza, tuttavia, che si debba arrivare alla conclusione che esistesse addirittura un testo ufficiale della chie sa romana . Quanto alla interpretazione novazianea, troviamo un'interes sante interpretazione cosmologica della visione di Ez 1 ,5 ( De Trin . 8 ,44-45) , che doveva risalire a una tradizione anteriore e della quale si trovano elementi in Filone Alessandrino (Cher. 2 1 ; Vit. Mos. 2,97ss) ;73 le profezie messianiche del Vecchio Testamento (Dt 1 8 , 1 5 ; Is 1 1 , 1 ; 7 , 1 4 ; 35 ,5-6; 55 ,3 e 4-5) si trovano anche in Novazia no (De Trin. 9 ,48) , con la precisazione (9 ,46) che Cristo ha portato a compimento «le ombre e le immagini di tutti i misteri divini median te la presenza della verità incarnata»: concetti e termini specifici del l'esegesi allegorica . Anche Novaziano (come già Tertulliano) legge nelle profezie il parlare del profeta ex persona Patris o ex persona Fi lii (cf. Os 1 ,7 ; De Trin. 12,62) .74 I due Testamenti si sostengono l'un l'altro, fornendosi reciprocamente autorità (De Trin. 17,97) , per cui
73 A questo proposito l ' am i co Enrico Norelli mi [a sapere (cito le sue parole pre cise) che «Nella tradizione mistica gi udaica si ha la ma'aseh merkabhah, letteralm ente " opera del carro" , i n t erp r eta zi one cosmologica esoterica della visione di Ezechiele l , accanto alla ma' as eh bereshit, "opera della creazione " . interpretazione mistica co s m ologica di Gen . Testimonianze rabbiniche : Mishn a h Hagigah 2 , 1 ; Tosephta, Hag. 2 , 1 . Questa mistica sembr a praticata già n e l I seco lo d . C . nella cerchia mistica di R. Solo m on b . Zakkay , cf. Tos ep h ta cit . , e Talmud bab. , Hag . 2 , 1 . A l tre tes timo nianze nei supplementi al Targu m di Ezechiele e nel t ra tt a t o Re'huyot yeqezqel ( V isi on i di Ezechiele). Traduzione di tutti i tes ti , con studio , in N . S ED , La mystiq ue cosmologi que juive , Paris-Berlin-New York 198 1 , pp. 1 1 -73 . Fondamentali gli studi di G. ScH O · LEM , Major Tren ds in Jewish Mysticism , New York 3 1 954 e Jewish Gnosllcism, Mer kabah Mysticism ond Talm udic Tradition . New York 21 965 . V. a nche J . GRUENWAL�, Apocalyptic and Merka bah Mysticism , L eiden- Kèil n 1 980 . r testi giudaici sono re l �tt vame nte tardi, ma la prassi sembra risalire ce rtamente al I secolo {per Qumran vedi la
liturgia in C. N EwsoME , Songs of the Sabbath Sacrifice: o Criticai Edition , A tla nta (G e orgia) 1 985)» . 7 4 Questo si ntagma era g i à presente i n Tertulliano, cf. BRA UN , Deus . . . , 212-220.
358
le t eofanie del Vecchio Testamento devono essere riferite all'inter v en to del Figlio di Dio nella vita degli uomini (17 ,98ss: le teofanie a p parse a Mosè , ad Abramo presso la quercia di Mambre , ecc. ) . 75 L'opera principale di Novaziano , il De Trinitate , è rivolta soprat tutto contro alcuni eretici , cioè i monarchiani , per cui non meravi glia trovare in Novaziano certe interpretazioni che già erano s tate di Tertulliano nell'Adversus Praxeam (ad esempio , quella di Gv 10,30: «Ego et Pater unum sumus» , e altre) ; Tertulliano è inoltre presente ass ai spesso anche con molte interpretazioni dell'A dversus Marcio nem (cf. 1 ,6; 4,25 ; 5 ,28 ; 10,50-5 1 ) anche in Novaziano si trova ( 29, 1 63) riferita alla venuta dello Spirito Santo la profezia di G\ 2 ,28 («negli ultimi giorni effonderò il mio Spirito sui servi e sulle serve mie») ; Novaziano evita, però , di riferirlo, come aveva fatto invece il cartaginese , alla predicazione di Montano .
---\
15 Sono tutti motivi che già si i ncontrano in TERTII L LIANO ( cf. A dv. Mare. , 2, 27); altrettanto dicasi per le profezie m essianiche qui immediatamente indicate . Altre os servazioni sul testo biblico di Novaziano sono presentate da E . LUPIERI , «Contributo per un'analisi delle citazioni veterotestamentarie sul De Trinitate di Novaziano» . in
A ugustinianum , 22( 1 982) ,21 1 -227.
359
12 Clemente di Alessandria!
Carlo Nardi
l.
IL SUO ITINERARIO INTELLETTUALE E SPIRITUALE , E LA SCRITTURA
La biografia spirituale di Clemente di Alessandria (150-2 1 5 cir ca) è illuminata da una ricerca appassionata di Dio e di un senso ulti mo della realtà , con tutte le risorse della mente e del cuore . Forse di origine ateniese , profondo conoscitore - anche iniziato? - dei miste ri di Eleusi , probabilmente già cristiano , approda , nel suo desiderio 1 Ogni riferi mento a pa ss i di Clemente ri nvia al testo stesso e , per altre indica zi o ni e la bibliografia pertinente , ai relativi commenti delle ed izioni e t rad uzi o n i qui citate insieme a l l e abbreviazioni delle opere : Opera omnia: Clemens A lexandrinus Werke, I-Ili ; IV: Register, a cura di O . Sri\HLIN - L. FRikHTEL - U. TREu : GCS 212.217 .39.52, Leipzig-Berlin 1936-2 1972. A Adumbrationes. Eclogae propheticae: ed. C. NA R D I , Es ratti p rofetici, (BP 4 ) , EP Firenze 1985 . Excerpta ex Theo do to : ed. FR. S AGN AR D , Extraits de Théodote, ET (SChr 23) , P a ris 1948. H Hyp otyposes . Paedagogus: ed. H . -l . MA R RO U - M . HARL, Le Pédagogue /, Pd (SChr 70) . Paris 1 960 ; CL. M o N DÉSE RT - H . - l . MARRou , Le Pé dagogue Il, (SChr 108) , Paris 1%5 : CL. MoNDÉSERT - H .-I . MARROU-CH. MATRAY , Le Pédagogue III, (SChr 1 5 8) , Paris 1965 . Protrepticus: e d . Q . CATAUDELLA, Il Pro treptico , (CPS ser. Gr. Pr 3 ) , To rin o 1940 ; CL . MoN DÉSERT, Le Protreptique , (S Ch r 2), Paris 1949 : tr. it. M . GALLON I , Il Protrettico, Roma 1 99 1 . Quis dives slJlvetur: tr. it . C. NARDI, Quale ricco si salva . Il cri QDS
t
S
stiano e l'economia , Roma 1991 .
Stròmateis : ed. CL. MoNDÉSERT - M. CASTER , Stromate l, (SChr 30) , P a ris 1 95 1 ; P . -TH . CAMELoT - CL. MoN D ÉSE RT , Stro mate Il, (SChr 38) , Paris 1 954 ; A. LE B o U LLUEC - P. VouLET, Stromate V, (SChr 278), Paris 1 98 1 ; A. LE BouLLUEC, Stromate V: Commentaire, (SChr 27 9 ) , Paris 1 981 ; F. J . A . Ho RT - J . B . MAYOR, Misce/lanies VII, L o n do n 1902; tr. i t . l-VII: G . PINI, Gli Stromati. Note di vera filosofia, Milano 1 98 4 . · '
361
di sapere , ad Alessandria , dopo essersi fatto discepolo di vari ma e stri : qui incontra Panteno , come racconta con commozione in una nota autobiografica, nell'introduzione ai suoi Stromateis . «annotazioni messe i n serbo per la m i a vecchiaia, rimedio contro la dimenticanza , nient' altro che immagine e ombra di quelle paro le luminose e vive , che fm ritenuto degno d1 ascoltare , e di quegli uomini beati e davvero meritevoli d1 stima . Di questi uno . ioni co, in Grecia; altri due , nella Magna Grecia , uno oriundo della Cele siria , l'altro dell'Egit t o ; pOI altri in oriente: uno dell'Assiria, un altro in Palestina , di origine ebraica . Quando infine incontrai l'ul timo - ma per le sue capacità era il primo -, trovai ristoro. Lo ave vo rintracciato in Egitto, dove si teneva nascosto . Vera ape �icula, cogliendo i fiori del prato dei profeti e degli apostoli , generò una pura "gnosi" nelle anime degli ascoltatori . Ora , questi maestri conservavano la vera tradizione della beata dottrina e , accoglien dola di padre in figlio - pochi del resto sono quelli che assomiglia no ai padri -, la ricevevano direttamente dai santi apostoli Pietro e Giacomo, Giovanni e Paolo . Così , grazie a Dio , sono giunti a depositare anche in noi quei preziosi semi dei loro antenati e degli apostoli>> . 2
L'incontro con Panteno , tutto intento a pascersi della sapienza del Vecchio e del N uovo Testamento , i profeti e gli apostoli , è per Clemente , se non la prima , la più significativa e determinante sco perta delle Scritture cristiane , ossia di q uel corpus di scritti che egli , in base a 2Tm 3 , 1 6 , considera ispirate da Dio3 e pertanto normative in ogni ambito della vita cristiana , intellettuale e morale. Certo, q uesta pagina allusivamente autobiografica ci introduce nel suo spe cifico sentire in rapporto alla Scrittura : egli la riceve da una tradizio ne che risale agli apostoli, ma che in definitiva prende avvio dai pri mordi dell'umanità per concretizzarsi nelle profezie dell'Antico Te stamento e riflettere i suoi raggi anche sulla ricerca delle nazioni , su scitando la sapienza extrabiblica . 4 È una tradizione , che , senza alcu na opposizione a quella pubblica , episcopale , giunge a Clemente tramite anziani o presbiteri , maestri privati a titolo personale : que sti , se da un lato lo ricollegano alle fonti apostoliche , dall'altro inter pretano la dottrina data loro in consegna , avvalendosi di uno stru-
S I , 1 , 1 1 , 1-3 . S VII, 1 6 , 10 1 . 5 . 4 S l , 1 3 .57 , 1-29 , 1 82 ,3 ; II , 1 9 .97 , 1-20 , 1 26,4; V , 14 ,89 , 1- 14 1 ,4.
362
rnentario simbolico e concettuale ampi amente debitore alla filosofia greca , interessati come sono a ogni barlume di sapienza relìgiosa . 5 Tale è l'incontro di Clemente con la pagina biblica : egli concepi sce e sente la Scrittura in modo apertissimo a ogni sollecitazione in tellettuale già nel Protrettico (o Esortazione ai greci) , dove la usa per invitare i dotti pagani del tempo a prendere sul serio la proposta cri sti ana , di cui delinea lo statuto battesimale mediante i testi paolini della figliolanza adottiva. 6 Nel Pedagogo, vasta trattazione di con creta morale cristiana, la Bibbia è fonte di precettistica e parenesi . Negli Stromateis , ossia «arazzi» , vaste miscellanee dense di pensie ro , essa è fondamento all'argomentazione per la elaborazione con sapevole della scienza teologica. Le lpotiposi, di cui sono conservati alcuni frammenti (Adumbrationes) , erano invece dedicate espressa mente all'esegesi di libri biblici , a quanto riferisce Fozio. 7 Sembrano aver attinenza con le lpotip osi le Eclogae propheticae , brevi rifles sioni generalmente sulla pagina biblica ince ntrate sul progresso della vita cristiana dal battesimo all'escatologia . E per lo più sull'esegesi di testi controversi verte l'incontro scontro con lo gnosticismo negli Excerp ta ex Theodoto, estratti dalle opere del valentiniano Teodoto, che Clemente chiosa suggestivamente . 8 La Bibbia pertanto diventa per lui occasione e strumento della conoscenza religiosa dei misteri , lo spunto per l'elaborazione di una teologia dotta , che contraddistingue il cristiano clementino, intellet tualmente , moralmente e spiritualmente maturo , il «vero gnosti co» . 9 Questo , formato soprattutto nella sapienza biblica , legge tutta via il testo sacro con una precomprensione filosofica , da cui riceve i metodi per lo svil uppo di un'intelligenza razionale della fede : Cle mente non esita a chiamarla «gnosi>> 10 con un termine ambiguo e su scettibile dei più vari significati , e rivendica la legittimità di questo tipo di lettura , teorizzandone le forme e i procedimenti . Analoga mente lo «gnostico» è, a partire dalla sacra pagina, interessato a ogni questione filosofica o teologica . 1 1 5 S l , 1 3 ,57, 1-16 ,80, 5 ; I V , 2 1 , 1 30, 1-26 , 1 72 , 3 ; V, 4 , 1 9 , 1- 10,66, 5 ; VI , 9,71 , 17 , 1 4 , 1 14 ,6; VIII , 1 , 1 , 1-9,33,9; EP 27, 1-36, 2 ; fr. 24 A m 1/o. 1 , 1 . 6 Pr 9, 82,5 ; 88 , 3 ; 1 1 3 ,5 ; cf . Pd l , 6 ,33,4-34 , 1 ; S lV, 7,42,4-43, 1 ; V, 6 ,40, 1 ; VII , 1 1 ,68, 1 ; ET 27,5 ; EP 1 9 , 1-20 , 2 ; Q DS 9 , 2 . 7 Brbl. cod . 1 09 . , 8 O pe re di Clemente e uso della Scrittura : EusEBIO DI CESAREA, Hist.' ecci.
V I , 1 3 , 1-14 , 9 . 9 S I V , 3 , 1 2 , 1-8 ,62 , 3 ; 1 4 ,94 , 1 - 1 8 , 1 10 , 3 ; 2 1 , 130 , 1 -26 , 1 72 , 3 ; VI, 9,71 , 1 -14,1 1 4 ,6 ; VII , 1 , 1 , 1 - 1 4 ,88 ,7 . 10 S titolo ; II , 9,41 , 1 - 1 7 , 77 ,6 ; EP 28, 1 -36, 2 . • 1,1 11 S VIII, 1 , 1 , 1 -9,33 , 9; EP 27,6-36,2.
363
Una tradizione , dunque . che proviene da lontano . Clemente sot tolinea spesso la prevalente antichità della «filosofia barbara» , espressione con la quale intende la ri vel a zi one giudaicocristiana: 1 2 «filosofia» . per conferire un diritto di cittadinanza alla sapienza bi blica nel concerto delle filosofie accreditate nell' ambito della koine culturale dell'impero romano; «barbara» , perché non greca , eppu r foriera di una perenne tradizione che affonda le radici nella vene randa antichità dell'oriente , sempre degna di attenzione e di ris pet to , e non priva di un arcano fascino per il greco colto che sentiva rie cheggiare la benevola , seppur ironica , costatazione del sacerdote egiziano a Salone nel Timeo platonico : «Voi greci, siete sempre fan ciulli» . 1 1
2.
L E FONTI D ELLA CONOSCENZA RELIGIOSA
Né la Scrittura né la tradizione giudaicocristiana , entro la quale si inquadra la Scrittura , sono le uniche fonti del sapere teologico : a c canto alla rivelazione biblica , diremmo soprannaturale , Clemente pone le « nozioni comuni» o «naturali» , 1 4 termini e concetti stoici cui conferisce valenze gnoseologiche platonizzanti , equiparando tali no zioni alle idee innate , disseminate ovunque dal Logos divino o Sa pienza rivelatrice , effluvi appunto della Sapienza seminatrice, larga mente generosa nel dispensare verità mediante , ma anche al di là della ininterrotta tradizione storica che da Mosè giunge fino ai filo sofi greci _ 15 Grande importanza ha nella teologia clementina il Logos divino, provvidente educatore e salvatore dell'umanità , alla quale conferi sce i mezzi di salvezza e pertanto di conoscenza religiosa: Clemente si compiace delle analogie nell'esperienza religiosa di tutti i popoli , tanto d a fornirci preziose informazioni sulla religiosità dell'antico Egitto , 16 trovandovi consonanze con il dettato e il pensiero biblico,
12
S I , 1 3 ,57 , 1 - 1 6 , 80 , 5 ; 2 1 , 1 0 1 , 1-29, 182,3; V, 14,89,1-141 ,4 ; VI , 2 ,4 , 1 -5 ,43,3 ;
VIII . 1 . 1 , 1 -4 ; EP 3 2 , 1 . 13 T1m . 22b , m S l, 29, 1 80 , 1 .
14 S VIII. 1 , 2 , 4 1 5 S I , 22, 148 , 1-29 , 1 82,3. 16 s v , 4 , 19,3-2 1 , 3 .
364
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secondo un metodo comparativistico ante litteram . La filosofia , poi , è in certo qual modo per i greci quello che per gli ebrei è stato l'An tico Testamento: 1 7 Clemente attribuisce anche alla filosofia la fun zi one pedagogica rispetto a Cristo , compito che , secondo Gal 3 , 24 , assegna al Vecchio Testamento . 18 Ma l a filosofia non è del tutto indipendente rispetto al Vecchio Testament o . Clemente condivide la teoria dei furta graecorum : i fi losofi greci avrebbero mutuato la sapienza , sottraendola alla tradi zione mosaica. 1 9 L'impianto ideale non è dissimile da quello di T a ziano , feroce accusatore della cultura greca , ma lo spirito è profon damente diverso . Clemente , senza alcuna grettezza intellettuale , sottolinea con compiacimento la fecondità della sapienza biblica an che al di là dei confini storici di Israele . Sotto questo aspetto esalta il magistero universale di Mosè , conforme anche agli spunti che gli of friva il platonismo di Numenio di Apamea (II secolo) . 20 La Bibbia è espressione della profezia , concetto col quale CLE MENTE intende in senso amplissimo ogni influsso rivelativo del Logos e dello Spirito divino: profezia dunque sinonimo di rivelazione , che a sua volta tende a identificarsi con l'azione del Logos salvatore , so prattutto in quanto comunica la conoscenza del Padre . 2 1 Il Logos su scita le diverse fasi della storia della salvezza: Clemente sottolinea le varie alleanze che scandiscono l'unica storia sacra come momenti , senza iati o cesure . Del resto , contempla una progressiva assunzione dall' umano da parte del Logos: nell 'ambito di questo dinamismo di incarnazione Clemente vede il Logos prima assumere i profeti , poi u n'umanità concreta e quindi gli apostoli e la chiesa Y E con il termi ne «profeti» intende ogni personaggio dell'Antico Testamento o perché investito dal Logos di una missione rivelativa o semplicemen te perché in qualche modo prefigurazione del Cristo , secondo una lettura tipologica già tradizionale che per alcuni particolari collega la figura veterotestamentaria alla persona o all'opera del Cristo . 23
17 18
s l , 1 6 ,80 ,5--20,100,5
QDS 9 , 2 . S l, 2 1 , 101 , 1-29 , 1 82,3; V, 14,89,1-1 41 ,4, VI , 2,4,1-4,38, 1 2 . 2Q s l , 22, 148, 1-29, 182,3 . 21 Pd l, 1 ,3 , 3 ; S l, 2 ,20,3 , 20,97 ,2 ; II, 2 ,9,4 ; IV , 25 , 156, 1 , 1 62 ,5 ; V, 1 , 1 ,3 ; 12,3 ; VI, 1 5 , 1 22 , 1-123 ,3 ; VII, 2 ,2 ,2 ; 3 , 13 ,2 ; 16,6; 16 ,95 ,3 , 96 , 1 ; QDS 2,2; 6,1-7 , 1 ; 12,1 ; 23, 4 ; 27,3. 22 S VII , 2 ,8 , 1 ; E P 23, 1-3 ; QDS 37,3; E T 1 , 1 ; 26, 1 . 23 EP 6,3; 23, 1 ; S II, 16 ,73 ,3 ; III , 10,70 , 3 . 19
365
3.
LA TRADIZIONE
E
LA SCRITTURA
La Bibbia è pertanto la tradizione religiosa ispirata dallo Sp irito e suscitata dal Logos pedagogo e maestro dell'umanità /� fissata p er scritto nell'Antico e nel Nuovo Testamento . Ora, se da parte di D io vi è l 'economia del suo Logos , da parte dell'uomo , di fronte alla pro posta del Logos che si fa concreto messaggio logico e morale nella pagina biblica , occorre la fede. Clemente si dilunga spesso sulla fede per conferirle uno statuto razionale non rifiutabìle a priori dal greco contempora neo, formato dalla mentalità platonica che sulla b ase della Repubblica25 relegava la fede nell'ambito dell ' opinione e per tanto dell'apparenza , rifiutandole la dignità di scienza, capace di raggiungere il vero . Clemente invece fa leva sulla necessità di accet tare i principi primi della logica o il dato immediato della sensazione come noti di per sé e su di essi costruire l'edificio delle ulteriori di mostrazioni. Sul fondamento di queste osservazioni , di cui Clemen te è debitore alla tradizione aristotelica, rece pita ampiamente dal platonismo scolastico del tempo , equipara l'assenso della fede nelle Scritture all'assenso immediatamente dato all'evidenza dei principi o della sensazione . Pertanto la Scrittura è in luogo dei principi indi mostrabili e di per sé evidenti , fondamento inconcusso e punto di partenza per ogni argomentazione e dimostrazione. 26 Nell'ambito del Nuovo Testamento , inteso nel senso di nuova al leanza /7 Clemente , unico fra gli autori ortodossi , ammette una tra dizione apostolica privata ed esoterica, che risale agli apostoli , in particolare a Pietro , Giacomo e Giovanni , e a Cristo . 28 Questo filo ne funge anche da interpretazione teologica della tradizione aposto lica pubblica che Clemente i dentifica con la Scrittura , la quale occu pa nella sua speculazione un posto speciale per il fatto di essere pro fezia, ossia «divinamente ispirata» , secondo 2Tim 3 , 16 . 29 Certo , Cle mente intende in senso analogico il concetto di ispirazione e di pro fezia , estendendolo ad ogni sapienza religiosa: tuttavia per lui la Scrittura ha un carattere fondante e, d'altra parte , discriminante l'ortodossia dall'eresia.
24
25
Pd I, 1 , 1 ,1-4 .
VI , 5 1 1e . 1 , 1 , 1- 13,58 , 4; II, 1 , 1 , 1-7 ,35,5 ; 9,41 , 1- 1 1 ,52,7; VIII, 3 ,5 , 1-3; 6,7-7, 8 . 7:1 QDS 37,4. 28 Fr . 24 A in l lo 1 , 1 ; fr . 13 H in EusEBIO DI CESAREA , HISt. ecci. 11, 1 ,4. 29 S VII, 1 6 , 1 0 1 ,5 . 26
366
S I,
Egli ha perciò il concetto di catalogo di scritti ispirati , ricono s ciuti come tali e pertanto normativi per la fede e la vita cristiana /0 anche se il canone per Clemente è piuttosto fluido . Dell'Antico Te stamento accoglie nel corpus delle Scritture tutto quanto è trasmes so nella versione dei Settanta , compresi i cosiddetti deuterocanoni ci . In particolare cita spesso la Sapienza , ' 1 libro probabilmente del l'ambiente alessandrino platonizzannte , col quale è in speciale ac cordo per la sensibilità e i criteri esegetici . Nel Nuovo Testamento Clemente , insieme alla tradizione spiritualistica alessandrina, si tro va più in sintonia con Paolo , ma cita anche l'Apocalisse , 32 sebbene , con il testo di Mc 10,29-30 a lui peculiare , sembri rifiutare il millena rismo Y Clemente poi considera Scrittura altri testi come il Pastore di Er ma, fonte primaria per la dottrina penitenziale , 34 e l'Apocalisse'5 e la Predicazione di Pietro ,16 di cui riporta preziosi frammenti , come au torevolissima è per lui la Lettera di Barnaba , 3 7 con la quale concorda nella decisa spiritualizzazione degli eventi e istituzioni dell'Antico Testamento . 38 Tuttavia, ha il concetto di letteratura di ispirazione biblica non accettata come divina e pertanto non canonica - diremmo «libri apo crifi» , termine già usato da Clemente per indicare opere segrete gnostiche 39 -: per esempio, distingue alcuni vangeli dai quattro rico nosciuti . 40 E dagli scritti non riconosciuti Clemente attinge a larghe mani , ampiamente incentivato dalla sua solerte curiosità e passione per un certo esoterismo , trovandovi notevoli consonanze col suo pensiero . Egli sembra inoltre testimone di detti extracanonici , anche se talora è da pensare che certe frasi che attribuisce a Gesù siano in realtà sue libere rielaborazioni di passi biblici. 41 Di questa letteratu-
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QDS 5 , 1 .
Rifenmenti i n Btblia patrisuca, l , Paris 1 975 , 2 1 9-220. S IV, 25 , 1 57, 1 ; VI , 16 , 141 ,7 .
33 QDS 4 , 1 0 ; 25 , 1 . 34
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14 , 1-9.
39
S II, 1 ,3 ,5 ; 9,43,5 ; 1 2,55,3 ; VI , 1 5 , 1 3 1 ,2; EP 41 , 1 -2 . EP 4 1 ) . 2; 48 , 1 ; 49 , 1 ; in EusEBIO DI CESAREA, Hist. ecc/ VI . 14, 1 . S I , 28,182,3; VI, 5 ,39 ,1-4 1 ,3 ; VI , 48 , 1-2 . 6 ; 1 5 , 128. 1-3 ; EP 58 , 1-2 . S v, 10,63, 1 ; fr . 13 H m EuSEBIO DI CESAREA , Hest. ecci. II, 1 ,4 ; V I , 1 3 ,6 ; 1 4 , 1 . L1bri biblici citati d a Clemente : EusEBIO DI CESAREA, Hist. ecc/. VI. 1 3 ,6;
S I , 15 ,69 ,6 . S II I , 1 3 ,93 , 1 ; QDS 5 , 1 . �� Pd III , 12 ,9 1 , 3 ; S I, 1 9 ,94,5 ; 24, 1 58,2; 28 , 1 77,2; II, 1 5 ,70,5 ; III , 1 5 .97 ,4 ; V , 10,63,7; VI , 6,44,3; ET 2 , 1-3; EP 20 , 1 - 3 ; QDS 40,2. 4()
367
ra si avvale citandola o aHudendovi con somma disinvoltura e ap Libro di Enoc ,42 del Vangelo degli ebrei4� e
prezzamento , come del deiJe
Tradizioni dello Pseudo-MattiaY Di altri , di tendenza gno sti c a Vangelo secondo gli egiziani, rifiuta le concl usi o
o encratita , come il
n i , sempre però accettando quanto gli risulta positivo e vaJido . 45 De l resto , l ' attenzione per gli apocrifi è connessa all'interesse di Cle
mente per una tradizione esoterica deJ sapere : racconta quanto ha trovato nelle tradizioni relative a Giovanni sulla penetrabilit à de l corpo di Cristo , già partecipe delle prerogative del suo corpo ris or to. 46 Così in un a sua lettera recentemente scoperta , con ogni proba bilità autentica , parla di un
Vangelo segreto di Marco ,
usato dai car
pocraziani in opposizione a quello riconosciuto e canonico , riguardo a l quale dà preziose informazioni .
4.
I L TESTO BIBLICO DI CLEMENTE Non si può appurare con certezza qu ale testo biblico abbia usato
Clemente . Della Scrittura infatti h a senza dubbio una conoscenza diretta per un'assidua lettura di prima mano , ma la cita per lo più a memoria , in modo allusivo e personalissimo . Né si avvalesse anche di qualche raccolta di
è da escludere che testimonia , ossia di quei
prontuari di testi biblici per lo pi ù del Vecchio Testamento , addotti
come «testimonianze» del futuro Messia o della futura re altà cristia n a : a questo proposito
18,23 :
è
interessante ricordare la citazione di
Ez
«Non voglio la morte del peccatore , ma che si converta e vi
va» , nella forma: (
versione» ,47 variante rispetto al testo dei Settanta rintracciata anche in Clemente Romano48 e che pertanto farebbe pensare a qu alche te stimoni o . Analoga
30,
è
la situazione p e r il Nuovo Testamento . In Mc
10,29Quis dives salvetur testo che gli è proprio :
perìcope del ricco oggetto del commento del
(<
è
il ricco che si salva») , presenta un
24 A m /ud. 1 4 ; EP 2 , 1 ; 53 ,4. S II , 9,45 ,5 ; V, 14 ,96,3 . 44 S II, 9,45 , 4 ; III, 4 ,26, 3 , VII, 1 3 ,82 , 1 , 1 7 , 108 , 1 45 S III , 6 ,45 , 3 ; 9 ,63 , 2 ; 64 , 1 ; 66 , 1-2 ; 1 3 ,92,2-93 , 1 ; ET 67, 1-3 . 46 Fr 24 A m /lo. 1 , 1 . 47 Pd III , 1 2 , 86 , 1 ; S Il, 8,35 ,3 ; 15 ,65 ,3; 23,147,3; QDS 39 ,4 . 48 J Cor. 8,2. 42 43
368
Fr.
«A qual fine avere in questo tempo case [ . . . ]? Perché n el futuro cè
un a vita eterna)) : 49 ora , d ato che il passo in questione era uno dei te
sti probanti per i chi liasti dell'esistenza del futuro millennio , è da pensare che la lezione di Clemente sia fortemente condizionata dal
l'ideologia antimillen aristìca dello spiritualismo pl atonizzante ales sandrino . Anche per il N uovo Testamento Clemente mostra una grande li bertà nel citare allusivamente, adattando in certo modo il testo bibli co alle esigenze del suo argomentare , con arditi abbinamenti che
hanno indotto gli studiosi a postul arvi logia extracanonici , m entre
pare trattarsi solo di sue elaborazion i : 50 un' altra prova che t' uso che Clemente fa della Scrittura è alieno da ogni fon d amentalism o . La B ibbia in definitiva è per l ' uomo , per l a su a salvezza e non viceversa .
5.
L'ERMENEUTICA L'interpretazione clementina della Scrittura è sorretta da alcuni
principi fondamentali che si traducono in criteri esegetici . Dall' unica economia divina dell' unico Logos deriva l ' unità dei Testamenti , nel se nso che l ' antica alleanza è relativa e funzionale alla nuova , e la nuova e definitiva alleanza è «compimento della Legge » (Rm Gal
5 , 14) . 51 È
1 3 ,8;
quanto Clemente riceve dalla tradizione apostolica e
subapostolica , che sì esprime nella tipologia tradizionale per cui per sonaggi , avvenimenti , semplici nomi dell 'Antico Testamento diven tano profezie delle realtà future : così gli eventi dell 'esodo rispetto alla pasqua cristiana e al battesimo . 52 Ma l'unità dei Testamenti è riaffermata anche in de cisa opposizione allo iato gnosticomarcioni ta , per cui la storia propriamente salvifica è ridotta alla rivelazione del Padre buono ad opera di Crist o . Per Clemente invece l a Legge , con cui intende l a rivelazione veterotestamentaria , ha una funzione
propedeutica e ped agogica rispetto a Cristo : in questo senso rivalu ta, intrepretandoli filosoficamente , valori veterotestamentari come
""'
49 50
QDS
4,10 EP 2 0 1-3
=
25, 1 .
51 In QDS 9,2; 3 8 , 8 ; cf. Pd I , 1 ,3 ,3-4, 1 ; 6,30 ,3-3 1 , 1 ; 7,54 ,1-2; 1 1 ,96,3 ; 55 ,261 ,3 ; l l ,96 .3-97,2; III , 1 1 ,86.2; S l , 5 ,2 8 , 3 ; 6,30,3 ; 7 ,35 ,2; 8,91 , 1 ; Il, 7,37,2; VII , 1 , 1 , 3 ; EP 20,4. 52 Pd I. 7 ,60.2-4 ; S Il , 1 1 , 5 1 , 2 ; VII , 7,40,2; EP 6,1-2.
369
la giustizia di Dio e il relativo timore da parte dell' uomo . 53 Epp u re unità per Clemente non è univocità: come il Logos ha diverse fasi di esistenza , 54 così anche la sua rivelazione è scandita da tappe progres sive ; altro è quanto Dio dice attraverso Mosè suo servo da quanto comunica a ttraverso Gesù , suo Figlio . '5 Anzi , talora mette bene in evidenza il netto progresso della rivelazione n eotestamentaria anche nelle sue esigenze morali rispetto all'Antico Testamento . 56 Clemente condivide con la mentalità mìsterìca e filosofica del tempo l 'esigenza di una decodificazione del linguaggio religioso : il
principio del theoprepés , ossia che di Dio si deve pensare in modo de gno e conveniente , che accompagna tutta la speculazione filosofica greca , è un criterio di mediazione razionale del dato bibl ico , anzi una specie di filtro logico in certo modo superiore alla lettera bruta della Scrittura. '7 Questo principio di convenienza teologica , che aveva in
dotto Marcione a rifiutare l' Antico Testamento , ritenuto contenere cose indegne del Dio vero e buon o , e ad epurare per lo stesso motivo il Nuovo dì ampie sezioni , colloca Clemente sulla sci a di una tradizio ne esegetica già ì nvalsa in Alessandria soprattutto per opera del giu
deo platonizzante Filone , aperto alle sollecitazioni dell 'ellenismo. Questo procedimento permette però ed esige un a decodificazio ne del linguaggio biblico , che nella sua pura lettera predicherebbe cose i ndegne di Dio e darebbe ansa alle espunzioni m arcionite . Ml:l
�
Clemente condivide con il pensie ro platonizzante contemporaneo l convinzione che il testo anche biblico sia suscettibile di un'interpre tazione al dì là di quella immediata e letterale : rimandi insomma un senso profondo , nascosto ai più , rivelato a chi il Logos lo voglia tramettere . Il vero intendimento di Crist o , nutrimento spiri tuale del cristiano m aturo , lo gnostico , è afferrato dal metodo allegorico , per cui « aliud videtur et aliud intelligitun) (Agostino) , che h a appunto di mira l a scoperta di questo sottosenso : l ' e segesi biblica diventa una specie di decifrazione , per carpire alla pagina biblica il suo segreto , che non a tutti è dato dì comprendere , in definitiva a motivo della loro volont à , perché la sapienza biblica è destinata ad essere comu nicata con generosità senza preclusìoni preliminari . 58 Esoterismo e universalismo in Clemente si intrecciano .
53
S II, 8 ,36 , 1 -40,3 . Pr 1 ,6 , 5 ; 7 , 1 ·4; 10, 1 10 ,4; 1 1 , 120,2-4, QDS 6 , 1 ; ET 7,4 ; 8, 1 . 55 Pd I , 7 ,60 , 1-3 ; S I , 26 , 1 67, 1-2 ; I I , 8,42 , 5 ; QDS 8, 1 . 56 QDS 8 , 1 ; 1 1 , 4 ; 1 2 , 1 . 54
>7
S VII , 1 ,2 , 1 , Q DS 36 , 1 .
S I , 1 1 ,54 ,4 ; IV, 2 ,5 , 3 ; V , 1 , 1 1 , 1 ; 3 , 16,6 ; 12,80,6 ; 1 4 ,%,3 ; VI , 15,124,6; VIII, 1 , 1 ,2 ; Q DS 5 , 2 . 4 ; 20 ,4 ; 26, 1 ; E T 66 , 1 -2 ; EP 14, 1 ; 32 , 1-37,2. 58
370
Certo , Clemente elabora un'ermeneutica che con il suo rinvio dalla lettera allo spirito , ossia dalla ma teria all 'ide a , presuppone un
mondo metafisico e antropologico pl atonico , che contempla il mon do e l ' uomo distinti in due ambiti , sensibile e i ntelligibile , fisico e
spirituale : 59 insomma , materia e spirito nella realt à , corpo e anima ne l l ' uomo , lettera e allegoria nella Scrittura , corre l azioni in cui il
primo aspetto è di valore nettamente inferiore rispetto al secondo , perché il fondamento della realtà è spirituale e trascendente .
È l ' ap
porto della speculazione platonica , nota a Clemente sia per lettura
diretta delle opere del filosofo , sia per il medio platonismo del tem
po che per raccolte dossografiche : comunque , nella tradizione plato nica ravvisava una straordinaria conson anza col suo pensiero . I l pla
tonismo pertanto costituisce anche a livello di precomprensione in conscia la griglia erme neutica fondamentale : l ' e segesi di Cleme nte , che aprirà sostanzialmente la via alla più matura teologia di Orige ne , in questo senso almeno suo discepolo ,60 è condizion ata da un
sentire platonico , divenuto per Clemente qu asi una seconda natura .
Il movimento del rinvio da una realtà immediata , ovvia , a una velata e occulta accompagna tutta l ' attività letteraria di Clement e , che
è
in
certo modo tutta funzionale alla Scrittura . In effetti la citazio ne o
semplice all usione a un versetto biblico o a una parola chiave provo
ca una serie di altre allusioni e citazioni richiamate per associazione
di idee , attorno a un tema che viene illuminato dalla pagina biblica.
Ma il passa ggio dalla lettera al senso a llegorico esige da un lato
una disposizione morale e spirituale , e dall' altro un metodo scientifi camente corretto. Una disposizione morale e s piritu ale : si tratta di purificazione dell'occhio interiore in vista dell' assimilazione al Lo
gos che , rivelatore e autore della Scrittura , ne è anche interprete ,
come pedagogo e m aestro . L'i nterpretazione allegorica si identifica i n definitiva con l a «gnosi» , ossia con l 'intelligenza della fede , che compete al cristiano che abbia esplicitato , avvalendosi della Scrittu ra stess a , tutte le potenzialità spirituali e morali ricevute nel battesi
m o . L'interpretazione della Scrittura è nel contempo anche espe rienza mistica . Ma Clemente la collega con un'intensa attività intellettuale con
dotta con tutte le risorse della grammatica e della logica del tempo : 6 1
59
60 61
S V, 1 4 ,92,2 ; 94,2-3 .
EUSEBIO DI CESAREA , Hist. ecc/. VI, 6.
S VIII , 1 , 1 , 1-8 ,24,9.
371
l 'esegeta deve partire dall'analisi del significato dei nomi , da un' ex fino a «scovare» - un termine platonico a lui ca ro62 - l a verità , che dopo una lenta, faticosa ricerca razionale bril la
plicatio termino rum
improvvisamente all' occh io interiore del ricercatore Y Come in Pla
tone , di cui Clemente assume mentalità e immagini , la ricerca dei
vero è ad un tempo intellettuale , morale e affettiva : e il vero è occul tato nella pagina biblica in base alla bipolarità dei segni che ad un
tempo velano e svelano il mistero , per incentivare il lettore a una in stancabile continua ricerca .
È
l ' interpretazione che Clemente nel
suo socratismo dà del detto evangelico : « Cercate e troverete» (Mt
7 ,7
=
Le
1 1 ,9 ) ,
a lui particolarmente caro .64
L'ermeneutica biblica mette alla prova l ' intellettuale clementina
con tutta l a sua formazione filosofica dell' ottavo
Stromateus ,
-
è i l significato e la funzione
una propedeutica linguistica logica dialettica
alla teologia6' -, e formazione spirituale , segnata da un'appassionata e indefessa ricerca di Dio .
Ma il procedimento allegorico non è l'unico in Clemente : del re
sto , sottolinea spesso la polisemia della parola biblica, che non ha un senso univoco , ma si apre a una multiforme orchestrazione di signifi cati . 66 Clemente , che cita assai spesso i l ibri sapienziali , si avvale della Scrittu ra per avvalorare le sue considerazioni o eso rtazioni morali. Ovviamente l ' uso della Scrittura come fonte di parenesi tuato nel
gogo ,
Protrettico ,
è più accen Peda
soprattutto nei capitoli finali , mentre il
opera dagli specifici intenti etici - il Logos pedagogo guida il
cristiano nei diversi ambiti e circostanze della vita - offre numerosis simi esempi di precettistica biblica . Allegoresi o , in se nso più l ato , interpretazione spirituale , lettura morale e uso parenetico di una pericope evangelica si h a nel
ves salvetur,
QU!s di
trattato costituito probabilmente dalla rielaborazione di
due (?) omelie a commento della pericope del ricco in Mc 10, 17-3 1 , sul problema del retto uso della ricchezza : 67 lettura spirituale nel ri
fiuto di un'i nterpretazione letteralistica del detto di Cristo: « È più
62 S I , 6,35 ,4; V , 1 ,7,3; 4,23 .2; 1 1 ,67 , 2 ; 1 1 ,71 ,2 , VI , 1 1 ,90,4 ; 1 2,98,3 ; VII , 1 5 91 ,5 63 S V, 5 ,29,5-6; VII, 1 2 ,72 ,5-6; EP 32 , 3- 35 , 4 64 In Pd l, 10,91 , 3 ; III, 6,36,3 ; S V, 3 , 1 6,6, 1 4,96,3, VIII , 1 , 1 ,2-3, QDS 10,2 6' S VIII , l , 1 , 1-9,33,9 . 66 S VII I , 8 ,23, 1-24,9 ; EP 32, 1-2. 67 QDS 6, 1-27,2. ,
.
372
facile che un cammello . .
» (Mc 10,25) ;68 morale , sui criteri del retto uso69 e sull'amore cristiano /0 e infine la parenesi finale alla peniten za anch'essa nutrita di citazioni e allusioni bibliche . 71
6.
.
LA BIBBIA E IL SUO STUDIO
Lo studio della Bibbia , che investe mente e cuore , teoria e pra s si , è lo strumento privilegiato per la formazione del cristiano cle mentina , che egli con coraggio intellettuale chiama «gnostico» , il «vero gnostico>> in antitesi alla figura elaborata dalla «falsa gnosi» valentiniana e basilidiana, tutta piena di sé e gretta nel comunicare la sapienza . Clemente infatti , per altro spirito irenico e signorilmente conci liante , sa essere anche polemico : a questo scopo la Scrittura gli for nisce le armi per le sue argomentazioni soprattutto contro gnostici e marcioniti , dai quali tuttavia accoglie quanto può , vale a dire tutti gli spunti esegetici che ritiene utili per l'elaborazione di un'ortodossa seppur spregiudicata intelligenza della fede . Lo gnostico clementina invece , nutrito dì sapienza biblica, è a sua volta generoso nel comu nicarla:72 la Scrittura informa tutta la sua vita , Scrittura che egli leg ge e assimila con mente e cuore aperti ad ogni vero . Certo, la ricerca di Clemente tende proprio a che la scoperta e l'accoglienza del vero e del bene sotto qualsiasi aspetto si manifesti no. Il suo metodo suscita dì primo acchito anche qualche perplessi tà: più che in virtù di un religioso ascolto della pagina biblica, pronto a seguirla ovunque , accede alla Scrittura in base a una tesi precon cetta o almeno a una precomprensione subconscia. La Scrittura in somma più che fine è mezzo . Ma forse si tratta di un'aporia che alla mente di Clemente sarebbe parsa un po' meschina: la Scrittura per lui è in funzione della salvezza dell' uomo , utile pertanto in vista del la formazione dello «gnostico» o del cristiano perfetto , secondo gli intenti di 2Tm 3 , 16. 73 In questa figura di «testimone» 74 egli riflette la
68
09 70
71
72 73
74
QDS 1 , 1-5 ,4 QDS 6, 1-27 , 2 . Q D S 2 7 ,3-38 , 3 . QDS 38 ,4-42 ,2. , S V , 4 , 1 9.2 , 24 , 2 ; 5 , 30,5 ; VII , 2 ,7,1-2 ; 7,49,4; EP 27 , 1; 30; QDS 24 , 1 . I n Pr 9,87 . 1 -2 ; S VI I , 1 6 . 101 ,5 " .. • ·.�,r- > ' S IV, 3 , 1 2 , 1-18, 1 10 , 3 . ,. ' ' , -�,. '•lv
373
sua personalità morale che esplicitò non solo nell'attività intellettua le ad Alessandria , ma anche nel suo esilio in Cappadocia a séguito del provvedimento anticristiano di Settimio Servero del 202 fino alla sua morte verso il 2 1 5 . 75 La magnanimità di Clemente si riflette nel suo uso della Scri tt u ra. Si può a buon diritto affermare che è agli antipodi di ogni fon da mentalismo . Per lui la tradizione biblica è nell'ambito dell'universa le esperienza religiosa e filosofica dell'umanità . Inoltre la pagma bi blica abbisogna di un lento, faticoso lavoro di interpretazione . Per tanto ha tentato l'inculturazione del messaggio biblico nell'elleni smo platonizzante piuttosto sincretista ed eclettico del tempo che del resto è la mentalità a lui congeniale. È parimenti alieno da ogni fideismo , perché la lettura biblica è preceduta , accompagnata e seguita dalla mediazione razionale che si fa propedeutica filosofica e offre gli strumenti linguistici e logici per l'ermeneutica e lo sviluppo della teologia. Rifiuta ogni settansmo, per la sua apertura ed esperienza universalistica , vigile nella ricerca di una sintesi fra preparazione tecnica grammaticale ed esperienza mistica di una «luce intellettuale , piena d'amore»:76 a queste condi zioni la Scrittura è lo specchio in cui Clemente si riflette, !asciandoci un approccio quanto mai personale e originale alla Bibbia, indizio delle sue intime vibrazioni .
NOTA BIBLIOGRAFICA Oltre alle storie generali dell'interpretazione biblica (B . DE MARGERIE, Introduzione alla storia dell'esegesi , 1: l Padri greci e orientali, tr. it. Roma 1983 , 90- 105 ; M . SIMON EITI , Lettera e/o allego ria. Un contributo alla storia dell'esegesi patristica , Roma 1895 , 6673 ; cf. J . PÉPIN , Mythe et allégorie. Les origines grecques et /es conte stations judéo-chrétiennes, Paris 1976 , 265-275) o alle trattazioni su Clemente (recentemente: J . B E RNA RD Klemens von Alexandrien. Glaube, Gnosis, griechischer Geist, Leipzig 1974) , sono da segnala re , per una visione d'insieme sull'uso della Scrittura da parte di Cle mente , sulla sua considerazione del testo sacro e sui criteri dell' ese..: gesi in rapporto ai suoi molteplici interessi: CL. MoNDÉSERT, CM,
75 In EusEBIO
76
374
m
CESAREA , Hist. ecci.
Cf. QDS 37 , 1-6; EP 27, 1-37,2.
.�..,.....
·� .
.... ..
V1>, 1ll,6�;J.t,N. l
'
ment d'A lexandrie. Introduction à l'étude de sa pensée religieuse à partir de I' Écriture, Paris 1944; P T H CAMELOT, «Clément et I' É cri ture» , in RB , 53( 1946) , 242-248; e R. M o RTL EY, Connaissance reli gieuse et herméneutique chez C/ément d'A lexandrie, Leiden 1973 . Quest'ultima opera ci ricollega al multiforme ambiente culturale e alle sollecitazioni avute e assunte da Clemente : la Scrittura è nel l'ambito della scienza religiosa dell'umanità, sempre rapportata alla cultura greca, in particolare al platonismo, precomprensione concet tuale e strumento esegetico , sulla scia della proposta di Filone di Alessandria: S. LI LLA, Clement of A lexandria. A Study in christian Platonism and Gnosticism , Oxford 1 97 1 ; D . WYRWA, Die christliche Platonaneignung, Berlin-New York 1983 ; A . VAN DEN HoEK , Cle ment of A lexandria and his Use of Philo in the Stromateis. An Early Christian Reshaping of a Jewish Mode/, Leiden-New York-K0ben havn-Koln 1988. Specialmente sulla filosofia come «testamento dei greci» , la teoria del furto cf. J. MucKLE , «Clement on Philosophy as a divine Testament far the Greeks» , in Phoenix , 5(195 1 ) , 79-86 ; J . H . WASZI N K , «Observations o n the appreciation of the "Philo sophy of the Barbarians"» , in Mélanges . . . Chr. Mohrmann , Utrecht 1963 , 4 1 -56; C. NARDI , «Socratismo evangelico nell' Ottavo Stroma teus (cap. l) di Clemente Alessandrino» , in Annali del Dipartimento di Filosofia dell' Università di Firenze, 4(1988) , 23-36. I rapporti del la Scrittura con la tradizione sono esplicitati da E. 0S B OR N , «Thea ching and Writing in the First Chapter of the Stromateis of Clement of Alexandria», in JThS, n . s . 1 0( 1 959) , 335-343 ; J . D A N I É LOU , «La tradition selon Clément d' Alexandrie» , in A ugustinianum , 12 ( 1 972) , 5-1 8 ; E. MùNCH , Panidosis und graphé bei Clemens von Ale xandria , Bonn 1968 ; C . NARDI , «Tradizione subapostolica e motivi platonici in Clemente Alessandrino, ecl. proph. 2 7 » in Sileno, 1 1 ( 1985) , 9 1 - 1 00. I n relazione alla credenza i n una tradizione segreta , che Clemente condivide con i maestri gnostici come criterio di inter pretazione spirituale della Bibbia, cf. E . FoRTIN , «Clement of Ale xandria and the Esoteric Tradition» , in TU 94 Studia Patristica , 9(1966) , 41-56; M . SMITH , Clement of A lexandria and a Secret Go spel of Mark, Cambridge (Mass . ) 1973 . Questioni più tecniche sul canone , sul testo biblico usato con libertà , sull'eventuale ricorso a raccolte di testimonia sono affrontate da A. M É HAT («L'hypothèse des Testimonia à l'epreuve des Stromates . Remarques sur !es cita tions de l'Ancien Testament chez Clément d'Alexandrie» , in La Bi ble et /es Pères , a cura di A. B E N OIT - P. P RIGENT, Paris 1 97 1 , 229242) , da M. MEES (D i e Zitate aus dem Neuen Testament bei Clemens . -
.
,
=
375
von A lexandrien, Balii 1970) e da G . ZAPHIRIS ( Le texte de l'Évan gile selon Matthieu d'après /es citations de Clément d'Alexandrie, Gem bloux 1970) . Clemente è verosimile fonte di agrapha ed usa sp esso gli apocrifi : i contributi più significativi sono di J . RuwET ( «Cléme nt d'Alexandrie . Canon des É critures et Apocryphes» , in Bib , 2 9 ( 1 948) , 77-99 . 240-268 . 39 1 -408 ; «Les agrapha dans les oeuvres de Clément d'Alexandrie » , in Bib , 30( 1949) , 133- 1 60) . Più numerosi sono gli studi sui metodi interpretativi . J . D A N I É Lou («Typologie et allégorie chez Clément d'Alexandrie» , in TU 79 = Studia Patristica , 4(1959) , 50-57) ha messo in luce i debiti di Cle mente nei confronti della tipologia tradizionale , CL. MONDÉSERT («Le symbolisme chez Clément d' Alexandrie» , in Recherches de science religieuse, 26( 1936) , 158- 1 80) il suo uso e teoria del simbolo, U . TR E U («Etymologie und Allegorie bei Klemens von Alexan drien» , in TU 79 = Studia Patristica , 4(1961 ) , 190-2 1 1 ) , A. MÉHAT («Clément d'Alexandrie et !es sens de l' É criture , l" Stromate , 176, 1 e t 179 ,3 » , in Epektasis. Mélanges . . . J. Daniélou , Paris 1973 , 353 365) il molteplice livello di significati che Clemente scopre nella pa rola biblica, W . DEN BoER ( De Allegorese in het Werk van Clemens Alexandrinus , Leiden 1 940) e H.J. H o R N ( « Z ur Motivation der alle gorischen Schriftexegese bei Clemens Alexandrinus» , in Hermes , 97 ( 1 969) , 489-496) l 'allegoresi . L'interpretazione spirituale in genere è strumento per il progresso morale dall' assenso di fede nella parola biblica (P . - TH . CAMELOT, Foi et gnose. lntroduction à l'étude de la connaissance mystique chez Clément d'Alexandrie, Paris 1 945) me diante l'esperienza sacramentale fondata su specifici eventi e testi biblici , in special modo la Genesi e l'Esodo nel Vecchio Testamento (C. NARDI , Il battesimo in Clemente Alessandrino. Interpretazione di Eclogae propheticae 1 -26, Roma 1 984 ; «Osservazioni sulla teologia battesimale di Clemente Alessandrino» , in Rivista di ascetica e misti ca , 52( 1983) , 244-267 ; «Sintesi del pensiero battesimale di Clemente Alessandrino» , in Rivista di ascetica e mistica, 54(1985) , 338-345) fi no alla perfezione della vita cristiana del «Vero gnostico» (W. VoL KER, Der wahre Gnostiker nach Clemens A lexandrinus , Berlin-Leip zig 1952 ; A. LEVASTI , «Clemente Alessandrino iniziatore della misti ca cristiana» , in Rivista di ascetica e mistica , 36(1967) , 127- 147) , che a sua volta elabora consapevolmente il dato biblico in scienza teolo gica ( J . LEBRETON, «La théorie de la connaissance religieuse chez Clément d' Alexandrie», in Recherches de science religieuse, 1 8 (1928) , 457-488 ; Il disaccordo tra fede popolare e teologia dotta nella chiesa del terzo secolo , Milano 1 972) , lasciandosi guidare dall'amore cristiano (A. MÉ HAT, « Theòs agape. Une hypothèse sur l'obj et de la gnose orthodoxe» , in TU 94 = Studia Patristica , 9(1966) , 82-86) . 376
13 Ori gene
Sandro Leanza
La figura di Origene giganteggia n ella storia dell'esegesi biblica. Come teorico , egli è il creatore di un sistema ermeneutico che ha ca ratterizzato tutta l'interpretazione cristiana sino al Medio Evo ; co me interprete ha espletato un'attività esegetica senza pari, avendo commentato pressoché tutti i libri del Vecchio e del Nuovo Testa mento , nella triplice forma del commentario , dell'omelia, degli sco lii . 1 Tutta l'esegesi successiva è stata condizionata dalla sua forte personalità , e tutti gli i n te rpret i che sono venuti dopo di lui, anche i suoi avversari e oppositori , gli debbono qualcosa.2 l.
SENSO LETIERALE E SENSO SPIRITUALE
L'affermazione dell'esistenza nella Scrittura di un recondito e superiore significato allegorico e l'uso dell'allegoresi nell'interpreta zione del testo sacro sono fatti già attestati nell'esegesi preorigenia na. Il grande merito di Origene è pe rò quello di avere organicamen te raccolto gli spunti della tradizione precedente in un sistema erme neutico rigoroso e preciso . E questo egli fa nel IV libro del trattato Sui principi, che è dedicato quasi interamente alla Sacra Scrittura e alla maniera di interpretarla. Il punto di partenza di Origene è l'affermazione , non ignota co me s'è detto alla tradizione precedente , che la Sacra Scrittura pre-
Ve d i l'elenco delle o pere infra § 3 . Per l a fortuna d i Origene e l a sua centralità nella storia dell"esegesi, cf. H . D E LUBAC , Esegesi Medievale. I quattro sensi della Scrittura, l , Roma 1 962 , 367-547 . Sor prende invero non poco che nella recente collezione francese Bible de tous /es temps. che è di fatto una storia dell'esegesi biblica per saggi ordinati diacronicamente , non sia dedicato un capitolo specifico al grande Alessandrino . mentre ciò vien fatto. ad esempio, per uno scrittore come Gregorio di Nazianzo. il quale ha avuto nella storia dell'esegesi un'importanza decisamente assai inferiore a quella di Origene . 1
J
,
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senti oltre il senso letterale, destinato ai più , un più profondo signifi cato spirituale, riservato ai «perfetti» . Questa tesi , che sta alla base di tutto il sistema ermeneutico elaborato nel libro IV, Origene l'ave va chiaramente enunciata già all'inizio dell'opera: «Le Scritture, . . . composte per opera dello Spirito di Dio, . . . con tengono non quel solo significato che è manifesto, ma anche un al tro che sfugge ai più . Infatti ciò che è scritto è figura di misteri e immagine di realtà divine>> . 3
Questa concezione del senso letterale come figura e immagine di una superiore realtà spirituale, non è che il riflesso e l'applicazione in campo esegetico della più ampia e generale visione platonica del l'universo , secondo la quale le realtà sensibili e corporee sono im magine imperfetta delle realtà intellegibili . In quest'ottica , il senso letterale costituisce l'elemento materiale e sensibile della Scrittura, il senso spirituale ne rappresenta la realtà intellegibile ed eterna .* La reale e più remota motivazione d'ordine filosofico tuttavia scompa re , o resta per lo meno in ombra, dietro la più banale e immediata giustificazione addotta dall'esegeta , secondo la quale l'autore divino avrebbe intenzionalmente nascosto verità più profonde sotto il velo della lettera, per impedire che esse fossero facile conquista dei pigri e degli indegni: «Tali misteri , che lo Spirito aveva loro rivelato e fatto conoscere , profeti ed apostoli descrivevano simbolicamente sotto forma sia di imprese di uomini sia di prescrizioni e norme legali, perché non avvenisse che qualunque persona li avesse come esposti dinanzi ai suoi piedi per calpestarli , ma affinché colui che fosse in condizio ne di ricevere l'insegnamento, esaminando e applicandosi alle
3 De prìnc. , Praef 8 (ORIGENE. l Princìpì, a cura di M. SIMONErn , Torinc 1968 , 1 24) . 4 Un esplicito accostamento tra i due sensi biblici e la duplice realtà platoni ca mente intesa si ha in Comm. in Cant. 2,9: «Questo criterio (della realtà sensibile co me immagine di quella intellegibile) non si ha soltanto nelle creature , ma perfino la Sacra Scrittura è stata composta con tale artificio di sapienza . . . in relazione ad occulti misteri . . . (seguono esempi tratti dall'Esodo) . Tutto ciò . . . porta immagine e forma di alcune realtà nascoste . E trovi questo modo di fare non solo negli scritti degh antichi, ma anche nei fatti del nostro Signore e Salvatore che sono raccontati nei Vangeli. Se perciò abbiamo dimostrato che tutte le cose manifeste hanno rapporto con cose che sono nascoste . ne consegue che anche questo cervo sensibile e il capriolo di cui si tr at ta nel Cantico si riferiscono ad alcuni princìpi di cose incorporee ecc . » (tr. M. SIMO N ETII , ( C TP 1 ) , Roma 1976, 235-236) . •
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profondità del senso delle parole potesse diventar partecipe di tut to l'insegnamento riguardante la volontà divina» .5
Questa fondamentale distinzione tra senso letterale e senso s pi rituale è però - come si diceva - solo il punto di partenza, e non rap presenterebbe , da sola, nessuna novità rispetto all'esegesi preceden te . La vera novità introdotta da Origene è l a teorizzazione che egli fa i n De Princ. 4,2,4 della dottrina del t riplic e senso biblico (lettera le , morale , spirituale) , fondandola su Pr. 22 ,20,6 interpretato natu ralmente i n senso allegorico , e sull'analogia istituita tra la Scrittura e l 'uomo. Come l'uomo - argomenta dunque Ori ge ne - è composto di corpo (soma) anima (psyche) e spirito (pneuma) , secondo che inse gna s. Paolo ( l Ts 5 , 23 } , così è della Scrittura che è stata destinata al l'uomo ; e a questi suoi tre elementi co rri s po nd o n o tre maniere pro gressivamente più perfette di interpretarla, e parallelamente tre di verse categorie di interpreti , i simpliciores (o incipientes) , i progre dientes , i perfecti: «Ecco quel che a noi sembra il criterio secondo il quale ci si deve dedicare alle Scritture e comprenderne il significato , un criterio ri cavato dalle stesse parole della Scrittura. Nei Pro verbi di Salomo ne troviamo questo precetto sui pensieri divini affidati allo scritto:
Nota questi concetti tre volte nel tuo animo e nella tua mente, p er ri sp o n dere pa role di verità a quelli che ti pongono questioni (Pr
22 ,20ss) . Perciò tre volte bisogna notare nella propria anima i concetti delle Sacre Scritture; così il semplice trova edificazione , per così dire , nella carne della Scrittura - indichiamo così i l senso che è più alla mano -; colui che ha un poco progredito trova edifi cazione nell'anima della Scrittura; il perfetto . . . trova edificazione nella legge spirituale , che contiene l'ombra dei beni futuri . Come infatti l'uomo è formato da corpo anima e spirito , lo stesso dob biamo pensare della Scrittura che Dio ha stabilito di dare per sal vezza degli uomini».7
, ,
� D e Princ. 4 , 2 , 7 : SrMONETII , 507-508. Cf. 4 , 2 , 8 : «Cosa straordinaria: p e r mez zo dei racconti d1 guerre , di vincitori e vinti vengono rivelati alcuni misteri a coloro che sono in grado di investigarli ; e . cosa ancor più meravigliosa , per mezzo della legge scritta vengono preannunciati i precetti della verità: e tutti questil argomenti sono esposti in modo da essere fra loro connessi, con abilità veramente degna della sapienza di Dio» (SrMoNETII , 509-510) . Vedi sull'argomento M. HARL, «Origène et les interprétations patristiques grecques de l'obscurité biblique», in Vig . Chr. . 36 ( 1 982) , 334-37 1 . 6
7
«Nota questi concetti tre volte nel tuo animo e nella tua mente» . De Princ. 4,2.4 : SIMONETII , 501-503.
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La stessa tripartizione dei sensi biblici e la medesima analo gia coi tre elementi costitutivi dell'uomo ricorrono occasionalmente a n che altrove , ad esempio , nelle Omelie sul Levitico , dove però no n si fa più cenno alle tre categorie di fruitori del testo sacro : <> . 8
Dopo quanto detto , possiamo schematicamente rappresentare il sistema ermeneutico di Origene nel prospetto seguente : soma
senso corporeo
interpret . letterale
incipientes
psyché
senso psichi co
interpret . morale
progredientes
pneiima
senso spirituale
interpret . allegorica
perfecti
Quanto all'ambito e alla definizione dei rispettivi sensi , mentre non v'ha dubbio per il primo , quello corporeo, che indica senz'altro il senso storico-letterale , è più difficile stabilire con esattezza quale sia l'ambito preciso degli altri due sensi , anche perché Origene, in tutta la sua opera , è piuttosto discontinuo e non sempre rigoroso nell'uso della terminologia. Sembra comunque che il senso psichico si possa identificare grosso modo con quello che più tardi verrà chia mato senso tropo logico ; mentre il terzo senso , quello spirituale , in dica innanzitutto il senso più propriamente detto allegorico - cioè il senso tipo logico dei moderni , quello che ravvisa nei fatti e personag gi del VT altrettante figure del NT ma abbraccia anche quel tipo particolare di interpretazione, nella quale non è esclusa una compo nente gnostica, che ravvisava nelle vicende narrate nella Scrittura simboli di realtà e vicende del mondo celeste e pleromatico . 9 -,
8
9
In Lev. Horn. 5 , 5 : BAEHREI'IS, 344. Cf. in De princ. 4 ,3 ,8-12 il riferimento
di fatti veterotestamentari alle vicende delle intelligenze celesti e in particolare alla preesistenza delle anime. Di tal genere è anche l'interpretazione - che non è tuttavia del solo Origene - che vede nella parabo la del buon samaritano una allegoria della caduta e salvazione dell'uomo ( Gerusalem me Paradiso ; Gerico questo mondo ; il viandante Adamo decaduto ; i !adroni demoni ; il buon Samaritano Cristo ecc. ) : cf. S. LEAI'IZA, «Aspetti esegetici del l'opera di Paolino di Nola » . in Atti del Convegno per il XXXI cinquantenario della morte di S. Paolino di Nola , Roma 1 983 , 86ss , dove è anche indicata la bibliografia specifica sull'interpretazione patristica di questa parabola. =
=
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=
=
=
Questa classificazione del t riplice senso biblico rimane tuttavia un fatto più che altro teorico, giacché nella prassi dell'esegesi O ri ge ne si attiene generalmente a quella più semplice e fondamentale di stinzione tra senso letterale e senso sp i ri t uale , della quale s'è detto
all'inizio. Del senso spirituale egli coglie , secondo il tenore del testo interpretato, ora la valenza allegorico-cristologica , ora quella p sico logica , ora quella escatologica , spesso p i ù d'una assieme , ma gene ralmente in maniera non strettamente legata alla classificazione teo rica del De principiis . Ciò è dovuto al fatto che egli non considera in realtà che un solo senso spirituale , suscettibile di un app rofo n dime n to all' infinito . 10 In questo approfondimento senza fine l'ordine dei sensi biblici teoricamente enunciato in De princ. , 4 , 2 ,4 appare per Io p i ù rovesciato, in quanto O ri ge n e spesso dà prima l ' int e rpreta z i o n e allegorico-cristologica (3° senso del De principiis) , e quindi svil u ppa un'interpretazione psicologico-individu ale che corrisponde al 2° sen so dello schema del De principiis. Si ha in tal modo un triplice livello di lettura del testo, manifestamente diverso da quello prospettato nel De principiis e che risulta costituito dalla seguente succe ssio n e : interpr. letterale
+
interpr. allegorica
+
interpr. psicologica. "
Un esempio significativo di tale interpretazione a tre livelli lo ab biamo nell 'esegesi del Cantico dei cantici, nella quale alla spiegazio ne letterale e alla tradizionale i n te rpretazi o n e allegorica (lppolito) , che vedeva nella vicenda amorosa di Sal o m o n e un'allegoria delle nozze mistiche di Cri sto con la chiesa , Origene fa seguire l 'interpre tazione psicologica, nella quale la sposa del Cantico rappresenta l'a nima. Parimenti n ell ' in t erpr e ta z ione del Sal 44 - l'epitalamio regale che nell'esegesi p a tri stic a è abitualmente collegato col testo del Can tico - la regi na - sp osa è in tesa dapprima come la Chiesa e successiva-
1° Cf. H. DE LUBAC, Storia e Spirito , Roma 1 97 1 , 205-22 1 . Cf. ne l l o stesso senso M. SJMONETII , Lettera e/o allegoria , Roma 1 985 , 82: <> . 11 Di pa re re diverso è il DE LUBAC (Storia e Spirito , 2 1 0-2 1 2 ; Esegesi Med1eva/e, I, 358-360) , il quale ritiene che in questi c as i il terzo senso non corrisponda al senso psichico del De Principiù . ma sia piuttosto un ulteriore sviluppo , su un pi ano indivi duale e interiore . del senso allegorico . Ma la d i st i nzion e che egli introduce ( anima in generale e considerata in sé , alla maniera di Filone , in De p rin c . 4,2.4; anima indivi duale « crh ti ana » nella diversa successione della prassi e s ege ti ca ) ap pare a l q uant o sot tile e piuttosto artificiosa .
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mente come l'anima . 1 2 Un altro esempio di esegesi a tre livelli di tal tipo si ha nel commento del Sal 3 ,4, dove dell'esclamazione del sal mista «Tu autem Domine susceptor meus, gloria mea et exaltans ca put meum» Origene dà dapprima l'interpretazione letterale che in tende quelle parole come pronunciate da David, poi l'interpretazio ne allegorica che le riferisce alla passione e successiva esaltazione di Cristo , infine l'interpretazione psicologica che le riferisce a ciascuna anima che trova la sua gloria in Dio . 1 3 Un analogo procedimento si ha ancora - per citare un ultimo esempio - nell'interpretazione del l'olocausto e del sacrificio per il peccato prescritti nel Levitico : essi sono figura del sacrificio di Cristo , che ciascun cristiano deve a sua volta perpetuare interiormente nel suo cuore . 14 Una siffatta lettura a tre livelli non è tuttavia l'unica che riscon triamo nell'opera esegetica di Origene . Non meno frequente e non meno importante è l' altra lettura che egli dà, basata sulla distinzione e successione di ombra (skia) immagin e ( eiko n ) verità (aletheia) . Se condo quest'altra struttura ternaria , l 'ombra è costituita dal VT, l' im magine dal NT e dalla Chiesa , la verità dalla realtà escatologica . 1 5 Il testo fondamentale in cui è esposta questa concezione è un'omelia sul Sal 38 , che prende le mosse dal noto passo di Eb 10, 1 relativo alla leg ge «Ombra dei beni futuri» , forzando il valore e il significato della ter minologia ivi presente di skùi, eik on, pragmata (realtà ) : 1 6 « Paolo distingue tre gradi nella legge : l'ombra , l'immagine , la ve rità . . . (segue citaz. di Eb 10, 1 ) . La legge possiede l'ombra dei be ni futuri , ma non l ' immagine della realtà, e questo significa che l'immagine della realtà è altra cosa rispetto a ciò ch'è detto ombra della legge . Se qualcuno vuoi considerare le cerimonie del culto giudaico, consideri il tempio come un'ombra e non come immagi ne della realtà; consideri un'ombra l'altare , i capri , i vitelli con dotti al sacrificio . . . Ma chi vuole oltrepassare quest'ombra , avan zi fino all'immagine de ll a realtà e consideri la venuta di Cristo nel12
PG 1 2 , 1432, PG 12, 1 121-1 124 . 1 4 In Lev. Horn. 1 ,4-5 : BAEHRENS, 285-287 ; 2 ,3-4: BAEHRENS, 293-296. Cf. pe r tutto questo DE LuBAC, Storia e Spirito , 205-22 1 ; Id . , Esegesi medievale, l , 350-366. 1 ' C f . B. DE MARGERIE , Introduzione alla storia dell'esegesi , l , Roma 1983 , 1 131 16. 16 « L a legge , possedendo un'ombra (skian) dei beni futuri, non l'immagine stes sa (authèn tl!n eik6 na ) della realtà (ton p ragm at6n ) . . . ». Cf. Eb 8,5 : «quelli che presta no culto secondo la legge , in figura e ombra (hypodeigmall kaì skiii-i) delle cose cele sti» , un passo che Origene invoca nello stesso senso altrove. Il
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la carne , lo consideri come sommo sacerdote che offre al Padre il suo sacrifi ci o ora e per il fu t u ro ; e comprenda che tutto ciò è im magine della realtà spirituale, e che per mezzo di riti corporei so no significati riti celesti . Si chiama dunque immagine ciò che ri guarda il presente e che la natura umana è ora in grado di contem plare . Se puoi spiritualmente penetrare i cieli e seguire Gesù che è penetrato nei cieli e che ora intercede per noi presso il Padre , sco prirai i beni di cui la legge ha posseduto l'ombra , quei beni dei quali Cristo ha mostrato l immagi n e nella sua carne, quei beni che sono stati preparati per i beati e che occhio non vide né orecchio mai intese e dei quali l'uomo non ha conoscenza». 17 '
Ambrogio dipende certamente da questo e da altri analoghi luo ghi di Origene , quando propone l'identica concezione ternaria di ombra, immagine, verità , ad es. nell' Enarr. in Ps. , 38 ,25 : «Primum igitur umbra praecessit , secuta est imago , erit veritas . Umbra in lege , imago vero in evangelio, veritas in caelestibus. Umbra evangeli i et ecclesiae in lege , imago futurae veritatis in evangelio, veritas in iudicio Dei» ;18
o ancora nel De fid. resurr. , 109 : «Umbra ludaeis carnalibus, imago nobis, veritas resurrecturis. Tria enim haec secundum legem esse cognovimus : umbram , ima ginem , veritatem: umbram in lege, imaginem in evange li o verita tem in iudicio» . 19 ,
Ma tornando ad Origene , ha ragione il De Margerie quando os serva che «l'ombra ricorda il senso letterale o corporale , l'immagine i due sensi allegorico e tropologico , la verità il senso anagogico» . 20 Certamente Origene non ha mai espressamente parlato di quadru plice senso biblico secondo la classificazione che sarà poi dei medie vali : ma egli conosce singolarmente questi quattro sensi , e la teoria medievale del quadruplice senso si ottiene quanto m t: no per via di sintesi tra le diverse classificazioni da lui teoricamente enunciate o di fatto operanti nella sua opera esegetica . 21 17 18
Horn. in
21
È q uesta anche l 'opinione d i D E LuBAC:
Psalm. 38 ,2,2: P G 1 2 , 1402- 1403 . PL 14, 105 1 . 19 PL 16. 1 347. 20 DE MARGERIE, Intro duzi one. . , I, I I 3 . .
�
vedi Sto ria e Spirito , 263 : «Con ri : gene abbiamo parlato di un triplice senso della Scrittura. Combinando i suoi testi SI potrebbe dire quadruplice senso» : Esegesi medievale , l , 375 : «Nell 'uno come nell' al tro dei suoi schemi Origene dà una lista di tre membri . Pare che ci tenga a questo nu mero . Però si trovano in lui già tutti gli elementi per formare il quadruplice senso : tut ti gli elementi e tutta la sostanza » .
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Nella struttura ternaria da ultimo illustrata , che colloca il NT a mezza strada tra il VT e la realtà escatologica , si inquadra l'interpr e tazione a due livelli (senso letterale + senso spirituale) che Grig e ne dà della storia evangelica , la quale presuppone pur essa una con cezione globalmente quadruplice dei sensi biblici , e in particolare prende manifestamente in considerazione quello che sarà il senso anagogico degli interpreti e dei trattatisti medievali. Partendo anche in questo caso dalla fondamentale distinzione tra senso corporeo ri servato ai semplici e senso spirituale riservato ai perfetti , Origene fa seguire al primo livello di lettura del testo , quello storico-letterale , ora l'interpretazione psicologica ora un tipo d'interpretazione che non esiterei a definire di fatto anagogica . Nel primo caso egli parla di trasformazione del vangelo sensibile in vangelo spirituale, nel se condo di trasformazione del va ng elo sensibile in va ngelo eterno . Nel primo caso la storia evangelica è interpretata come simbolo di vicende spirituali che si rinnovano perennemente nella vita della Chiesa e nell'esperienza di ogni singola anima . Tutto quello che si è compiuto secondo la lettera nella vita di Cristo è considerato imma gine di ciò che si compie di continuo nel corpo mistico di lui che è la Chiesa . Ecco alcuni esempi , desunti dai suoi commentari a Matteo e Giovanni : 22 quando Gesù toccò il lebbroso , Io guarì certamente dal la lebbra fisica , ma ciò significava ch'egli può guarire chiunque si ri volge a lui dalla lebbra interiore ; e allorché egli ridava la vista al cie co n ato , posava anche la sua mano spirituale sugli occhi di tutti colo ro che sono accecati dall'incredulità e dall' errore ; egli non ha soltan to guarito le sofferenze e le infermità della carne , ma guarisce ancor oggi quelle dello spirito; ancor oggi egli nasce nell'anima di chi rina sce alla grazia ; ancor oggi invia pescatori di uomini , ancor oggi pian ge su Gerusalemm e , cioè su ogni anima peccatrice ; ancor oggi resu scita alla vita spirituale , come un tempo resuscitò Lazzaro ; ancor og gi si rinnovano la sua passione e la sua morte ad opera dei peccatori, degli eretici e dei persecutori della chiesa . In una parola, tutto quel lo che è accaduto corporalmente al Salvatore nella sua vita terrena , era figura di ciò che si compie spiritualmente e di continuo nella Chiesa e in ciascuna anima . 2 3 È la stessa dottrina che troviamo più tardi in Agostino , quando dice :
22
BAC ,
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Cf. DE LUBAC , Storia e spirito, 287-320 . In /s . Horn. 6 ,3 : BAEHRENS , 273 ; Hom. 7: RAuEK, 52-53. Cf. DE Lu Storia e Spirito , 309-310.
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/11 LtK:.
«Quidquid gestum est in cruce Christi , in se p u l t ura , in resurrec tione tertio die. in ascensione in caelum , in sede ad dexteram Pa tris, ita gestum est ut his rebus . . . configuraretur vita christiana quae hic geritur» .24
Secondo la t r asformazione del vangelo sensibile in vangelo eter no, i fatti della vita di Cristo sono invece visti come tipo e simbolo della realtà escatologica . Fondamentale in tal senso è un passo del De principiis :
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(
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«Rispetto alla venuta del Salvatore realizzata nell'umiltà e nella forma servi le . sarà più insigne e gloriosa la seconda venuta nella gloria del Padre suo, e la realtà pre fi gura ta nel Deuteronomio tro verà in lui il suo compimento allorché nel regno dei cieli tutti i santi vivranno secondo la legge del vangelo eterno (Ap 14 ,6) . E come Cristo, venendo ora , ha portato a compimento la legge che presenta l'ombra dei beni futuri (Eb 10, 1 ) , così con la sua venuta n ella gloria porterà a compimento e realizzazione l ' ombra rappre sentata da questa sua prima venuta . . . Come infatti l'ombra del vangelo ha portato a compimento l'ombra della legge , così . . . (sa rà) della verità del vangelo che nell 'Apocalisse di Giovanni è detto vangelo eterno (Ap 14,6) , certo in confronto con questo nostro vangelo che è temporaneo e predicato in modo e tempo destinati a finire•• . 25
In questo contesto e in questa grandiosa visione universale di ombra, immagine, verità /6 Origene parla di tre pasque (quella ebraica , q u e lla neotestamentaria , quella gloriosa eterna e definitiva che tutti i santi celebreranno con Cristo nella gloria del regno futu ro) , di tre testamenti , di tre popoli (Israele , la Chiesa , l'assemblea del Regno escatologico) . 27 Alcuni, attenti soltanto alle analogie su24 Enchir. , 5 3 . Cf. DE LUBAC, Storia e Spirito , 3 1 2 . 2' D e Princ. 4 ,3 , 1 3 : SIMONETn , 535-536. 26 La concezione di O r igene è chiara , anche se la terminologia è ancora una vol ta discontinua . Cosl , ad esempio, proprio nel passo del De Principiis più sopra citato egli designa anche la storia evangelica col te rmine ombra (abitualmente impiegato per indicare l 'economia veterotestamen taria ) , anziché con quello di immagine. 27 Cf. DE LuBAc , Storia e Spirito, 320-3 35 . Di parere diverso è M . HARL, Origè ne et la fonction révélatrice du Verbe incarné , Paris 195 8 , 1 44ss , la quale non co ndivide q ue s t a i n t e rpre ta zione del pensiero origeniano come di tre momenti sto rici successivi , e ritiene trattarsi non tanto di opposizione tra realtà presente e futu ra, quanto piutto sto tra interpretazione corporea e interpretazione spirituale della storia evangelica . Un passo d e l Comm. in Joh. sembra avvalorare questa tesi della Harl : «E un'altra co sa era necessario sapere : allo stesso modo che c'è una Legge che comprende solo l'ombra dei beni futuri (Eb 10, 1 ) , . . . così anche il Vangelo . . . ci i nsegna soltanto un'ombra dei misteri di Cristo . Invece quel vangelo , che Giovanni chiama vangelo eterno (Ap 1 4 ,6 ) e che propriamente si chiamerà vangelo spirituale, presenta, chiara-
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perficiali ed esteriori , hanno per tal motivo voluto fare di Ori gene un precursore delle speculazioni sul terzo regno e del neomillenari smo di Gioacchino da Fiore . Ma il De Lubac ha dimostrato che tra i due non c'è nient'altro in comune che la terminologia di vangelo eterno, che entrambi desumono peraltro dall'Apocalisse giovannea (14 ,6) . 2M Se raffronto legittimo si vuoi fare , bisogna farlo semmai con Tommaso d'Aquino : e il raffronto è tale , che conferma quanto la scolastica teorizzazione del quadruplice senso biblico debba - e poco importa se direttamente o i ndirettamente - al sistema esegeti co elaborato da Origene . Dice infatti l'Aquinate : «Sicut . . . lex vetus figura est novae legis, ita et ipsa nova lex . . . est figura futurae gloriae : in nova etiam lege , ea quae in capite sunt gesta sunt signa eorum quae nos agere debemus. Secundum ergo quod ea quae sunt veteris legis significant ea quae sunt novae le gis , est sensus allegoricus ; secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta . . . sunt signa eorum quae nos agere debemus, est sensus moralis; prout vero significant ea quae sunt in aeterna gloria , est sensus anagogicus>> . 29
Non v'è chi non veda come in questo testo della Summa la teoria del quadruplice senso biblico sia inquadrata in una tipologia di tipo verticale , che ricorda assai da vicino la concezione origeniana di om bra, immagine, verità ; e come la distinzione tra senso tropologico e senso anagogico richiami la duplice trasformazione origeniana del vangelo sensibile, rispettivamente in vangelo spirituale e vangelo eterno . 2.
L'ALLEGO RESI
Nell'elaborazione del sistema ermeneutico di Origene hanno avuto un loro peso fattori storico-culturali diversi e condizionamenti e istanze di carattere teologico . S'è già accen nato alla concezione
mente e in m od o piano a quelli che lo intendono, tutte le cose relative al Figlio di Dio in se stesso e, insieme , i misteri contenuti nelle sue parole e le realtà di cui erano sim boli le azioni da lui com p i u t e» ( t r . E. CoRSI N I , Comm en to al vangelo di Giovanni di Origene , To ri no 1968. 128) . 2l! Cf. DE LUBAC . St o ria e Spirito , 325 . Cf. H. CRoUZEL , « Origene», in DPA C 2, 2524: «la differenza (tra i due vangeli) non sta n e l l a hypostasis , nella sosta n z a , poiché non c'è che un solo vange lo, ma nell'epfnoia>>. 29 STh l, q. l , art. 10. Resp.
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platonica di un duplice livello di realtà , sensibile e intellegibile , che si riflette sul rapporto tra senso corporeo e senso spirituale della Scrittura . Qui bisogna aggiungere che l'allegoresi come metodo in terpretativo di testi letterari aveva avuto proprio ad Alessandria dei precedenti significativi nell'esegesi biblica di Filone e nell'interpre tazione filosofica dei poemi omerici . Ma in Origene l'allegoresi ha motivazioni teologiche del tutto nuove . Essa è infatti innanzitutto determinata dalla necessità di recuperare , reinterpretandolo in sen so cristiano , il Vecchio Testamento contro il particolarismo degli ebrei e le negazioni degli gnostici . II Simonetti ha inoltre messo mol to opportunamente l'accento sulla difficoltà che avevano i cristiani provenienti dal paganesimo ad accettare il Vecchio Testamento nel suo significato storico e letterale . 30 Ma ciò che soprattutto condizio na l'esegesi di Origene , portandola ad un allegorismo esasperato , è la sua particolare concezione deii'ophéleia biblica , 31 secondo la qua le la Scrittura deve avere un'immediata e diretta utilità spirituale , essendo inconcepibile che essa , per la sua stessa natura e origine di vina , possa contenere alcunché di inutile , di superfluo , di banale . 32 Conseguenza diretta di tale concezione è che tutto quello che nella Scrittura non è 6phélimon , cioè utile e istruttivo , nel suo significato storico e letterale , o che addirittura risulta disdicevole , assurdo , ir razionale , o per qualunque motivo non degno di Dio che ne è l' Au tore , è privo di significato letterale e deve necessariamente avere un significato allegorico che risulti 6phélimos per il lettore . È la dottri na, parallela e strettamente connessa con quella dell' 6phéleia , del defectus litterae , cioè della mancanza di senso le tterale per manifesta insostenibilità e assurdità , o anche soltanto per mancanza di utilità Y JD Cf. per tutto il problema DE LUBAC, Storia e Spirito , 65-79 ; M. SIMONEITI , ccScr turarum clavis notitia Christi», in A SE, 4(1987) , 7-19. 1 Vedi per tutta questa parte S . LEANZA, «l condizionamenti dell'esegesi patri stica» , in RSB , 2(1990)2, 25-49 . 32 È innegabile che questa dottrina dell 'ophéleia, che dopo Origene ritroveremo particolarmente operante in Gregorio di Nissa , ricorra in Filone (cf. CL. MoNDÉSERT , Philon d'Aiexandrie. Legum Al/egoriae. Paris 1 962 , 206) . Ma Origene poteva anche e più semplicemente derivarla da Paolo, 2Tm 3 , 16: «pti.sa graphè . . . òphélimos, pròs di
je
daska/ian, pròs elegm6n, pròs epan6rth6sin, pròs paideian tèn en dikaiosyne-i hina ar tios e-i ho tou theou émthròpos, pròs pàn érgon agathòn exertisménOS>> .
33 Anche quest'altra dottrina è di ascendenza paolina , gi acc h é Paolo per primo attirò l 'attenzione sull'assurdità di alcuni particolari veterotestamentari , se interpre tati in sen�o rigidamente letterale . Si pensi , ad esempio , a un passo come 1 Cor 9.9 e all'ironia ivi sottesa e tendente a screditare il significato letterale del divieto del Deu teronomio di mettere la m useruola al bue che trebbia ( « fo rse che Dio si occupa dei
buoi?» ) .
387
La dottrina della mancanza di senso letterale in alcuni luoghi della Scrittura fu teorizzata da Origene nel IV libro del De princi piis , soprattutto sul fondamento della manifesta assurdità e irrazio nalità di alcuni testi biblici . In 4,2 ,5 egli afferma drasticamente e senza mezzi termini: «Vi sono alcune parti della Scrittura che non hanno affatto senso corporeo , . . . sl che in esse bisogna cercare soltanto l 'anima e lo spirito» . 34 E poco più oltre, a coronamento di un lungo elenco di passi che ris ultano irrazionali e assurdi nel loro significato letterale , conclude in maniera non meno esplicita e inequivocabile : «Nessuno dubiterà che qui sono simbolicamente indicati alcuni misteri per mezzo di un fatto apparente , ma che in realtà non è av venuto . . . Alcuni di questi (fatti) non sono realmente avvenuti quanto alla lettera del testo , e sono anche irrazionali e irrealizza bili» ;35
per concludere con la duplice affermazione - che costituisce dia metralmente l'opposto della dottrina comunemente accolta dai mo dern P6 - della universalità del senso allegorico e della non-universa lità del senso letterale : «Tutta la Scrittura divina . . . nella sua totalità ha significato spiri tuale , ma non tutta ha significato letterale , poiché in più punti si dimostra che il senso letterale è impossibile»Y
In Horn. in Gen. , 2,6 egli vede nel particolare dell'arca , che è co struita in parte a tre piani e in parte a due piani (cf. Gen 6 , 16) , un simbolismo del fatto che la Scrittura non sempre presenta anche il senso letterale , ma talora solo gli altri due sensi , il morale e l'allego rico . In De princ. , 4,2 ,5 ravvisa un identico simbolismo nelle idrie delle nozze di Cana, le quali erano alcune di due , altre di tre metrete (Gv 2 , 3) :
34
SIMONETil, 504.
5 3 De Princ. 4 , 3 , 1-4: SIMONE1Tl, S l 4 , S18. 36 Cf. G. PERR ELLA , Introduzione generale alla 37 SIMONETil , 521 .
3 88
Sacra Bibbia, Torino 1948, 25S .
«Quest'espressione copertamente allude . . . al senso delle Scrittu re , che contengono a volte due misure , cioè il senso p st ch i c o e lo sp i rituale , a volte tre , là dove , oltre ai d u e sensi predetti , conten gono anche il se nso corpore0>> . 18
Questo aspetto del sistema ermeneutico origeniano è quello che maggiormente urta la nostra mentalità moderna ; e ciò spiega i vari tentativi che sono stati fatti (Prat , Daniélou , De Lubac , Crouzel , De Margerie , ecc . ) per minimizzare la portata delle affermazioni orige niane , o negare addirittura che Origene abbia insegnato la mancan za di senso letterale in alcuni luoghi della Scrittura. In realtà , basta dare uno sguardo alla sua opera esegetica , per rendersi conto come la pratica confermi e ribadisca l'insegnamento teorico . Più costrutti vo sarebbe , anziché negare una dottrina che non sembra potersi mettere in dubbio , cercare di capire le motivazioni teologiche che ne stanno alla base : le quali si debbono principalmente ricondurre alla duplice dottrina dell'ophéleia e del defectus littera e, il cui significato abbiamo chiarito più sopra . 39 Assai indicativa in tal senso è la critica che Origene muove al valore storico e al significato letterale della le gislazione mosaica, utilizzando quella stessa arma dell 'ironia che ab bia mo visto adoperata da Paolo a proposito del divieto del Deutero nomio di mettere la museruola al bue che trebbia . 41' Se mi attenessi alla lettera - argomenta Origene - in modo da interpretare le pre scrizioni legali nel senso in cui le intendono gli ebrei, arrossirei nel l' ammettere che Dio abbia dato simili leggi . Il Levitico ordina che le ' ablazioni siano cotte nel forno , in tegame o nella padella: ma è de gno di Dio legiferare sul forno , sul tegame e sulla padella? O quale utilità morale , quale istruzione edificante possono dare tali cose al cristiano? Quale vantaggio ne ricavano quelli che le interpretano al la maniera giudaica? Se dovessimo attenerci alla lettera, molto mi gliori di queste sarebbero le leggi dei roman i , degli ateniesi o degli spartani . 41 Da qui la necessità di un'interpretazione sp i rituale , che salvi la dignità e la maestà della parola divina. Origene, del resto, non fa neppure mistero di una presunzione di superiorità intellettuale degli interpreti allegoristi nei confronti dei
311
StMoNETII , 504 (tr. parzialmente modificata). Cf. supra , p 387. 40 Cf. supra , nota 3 3 . � � Horn . i n Lev . , passim . Cf. DE LuBAC, Storia e Spirito , 154-161 ; A. MoNACI CASTAGNO , Origene predicatore, Milano 1987 , 95- 127. 39
389
-;eguaci della lettera . Nel Perì pascha , commentando il precetto di mangiare le carni dell'agnello arrostite al fuoco , dopo aver identifi cato allegoricamente l' agnello con la Scrittura , assimila gli allegoristi agli esseri razionali , che si nutrono di carne cotta e ne traggono gio vamento e nutrimento , e gli ebrei e i letteralisti a coloro che , a guisa di bestie brute , divorano la carne cruda ricavandone danno : «Quelli che si attengono alle semplici parole mangiano le carni c rud e e mangiandole crude si proc ur ano morte e non vita , perché mangiano a guisa delle bestie e non degli uomini , giacché l'apo stolo ci insegna che la lettera uccide e lo spirito vivifica . I giudei mangiano le carni c r ud e quando si appoggiano alla sola lettera delle Scri tt u r e» 42 ,
. .
,
.
Lo stesso concetto è ribadito , con la medesima metafora , nel Commento al Vangelo di Giovanni, ancora a proposito della consu mazione rituale dell'agnello pasquale :
<
È significativo che un analogo pesante accostamento dei lettera
listi agli animali bruti , che si nutrono di cibo crudo e non opportuna
mente lavorato , ricorra in Gregorio di Nissa , che tra gli interpreti «alessandrini» è certamente quello che ha recepito e assimilato in maniera più profonda lo spirito dell'esegesi origeniana . Nel «Prolo go ad Olimpiade» delle Omelie sul Ca n ti co , mutando nei particolari la metafora origeniana, il Nisseno paragona i seguaci della lettera al le bestie , le quali , invece di mangiare come gli uomini il pane lavora to e cotto , si nutrono delle semplici biade crude e neppure ripulite della pula: «R espingere l'interpretazione spirituale , come vogliono alcuni , si gnifica fare la stessa cosa che presentare sulla mensa come cibo delle messi non lavorate , delle spighe non trebbiate o dei semi
.,
'l
42 0RJGENE, Sur la Piique, a cura di O . GutRAtdJo-P�'.'NAunN , Paris 1979, 210, e vedi pure «Introduzione», ivt , 1 29- 1 3 1 . • • · :... • � 43 Comm. 1n loh . 1 0 , 1 8: CoRSJNJ, 404 . ,. , . ·' ' ,\, �. t
390
204-
non ripuliti dalla pula, del frumento non lavorato e ri dot t o in fari na, del pane non lavorato in maniera conveniente sino a diventar
cibo commestibile . E come il prodotto non lavorato è nutri mento delle bestie e non degli uomini , così si può dire che le parole divi namente ispirate , se non sono lavorate per mezzo di una più sotti le int e rpr et azi one , sono nutrimento degno degli esseri irrazionali , non di quelli razionali» . 44
Nella foga della polemica antiletteralista e per dimostrare l'asso luta necessità di un'interpretazione allegorica «Utile», Origene talo ra accentua ed esagera a bella posta, non senza ironia, l'assurdità (o pretesa assurdità) del significato letterale di alcuni passi , fingendo di ignorare anche le norme più elementari della retorica relative al lin guaggio figurato . Così , per non citare che qualche esempio , com mendando Is 66, 1 («Così parla JHWH: I cieli sono il mio trono , la terra è lo sgabello dei miei piedi») , egli causticamente osserva : «Gli uomini carnali . . . , quando leggono che la Scrittura dice che il cie l o è trono di Dio e la t erra è l o sgabello dei suoi piedi ,.credono che Dio abbia u n corpo talmente grande che seduto in cielo arrivi con i piedi a toccare la terra» ;45 e ancora a proposito di Ez 1 6,4,8 : «Che mi rispondano (coloro che mi accusano di allegorizzare sen za m ot i v o ) : Gerusalemme ha le mammelle? . . . ; e ha l'ombelico?
ed è stata ve r amen t e rimproverata per il fatto che non le è stato t agli a t o ? Come si può comprendere questo, se non i n terpretando lo allegoricamente?» .-16
E
trova assurdo anche un testo dal trasparente significato figura
to , come Qo 2 , 14 («Il sapiente ha gli occhi nel capo , lo stolto invece
cammina nelle tenebre))): «C'è
u n ' affe r m azion e assurda nell' Ecclesiaste , che sembra stolta se non la si sa compre n de re : Il sapiente ha gli occhi nel capo . In qu al e capo ? Ogni uomo, infatti , anche lo sto l t o e l'insensat o , ha gli occh i sensibili nel capo sensibile . Eppu re qu i dice: Il sapiente . . .
44 Gregoru Nyssem Opera . . . , VI, a cura dr H . LANGERBECK, Lerden 1 960, 12. 45 In Gen. Hom. 1 , 1 3 . Cf. MONACI CASTAGN O, Origene predicatore, 98-99. 46 In Ez . Hom. 6,9. Cf. MONACI CASTAGNO , Origene predicatore, 10 1 .
391
ha gli occhi nel capo . Bisogna intendere: in Cristo; giacché Capo dell'uomo è Cristo , come dice I'apostolo» .�7
L'esemplificazione potrebbe facilmente continuare . Si potrà tra l'altro attingere anche a quel lungo elenco di luoghi e particolari as surdi , a cui s'è più sopra accennato , che è riportato nel IV libro del De principiis .48 Ma qui si vuoi soprattutto richiamare l'attenzione sul fatto che Origene spesso esagera intenzionalmente le difficoltà del testo, e trova assurdità dove in realtà non ce ne sono, col solo scopo di poter invocare la necessità dell'interpretazione allegorica . Quan do , parecchi secoli più tardi, Riccardo di San Vittore (sec. XII) insi nuava che i Padri erano ben felici di trovare assurdità nella Scrittura, perché queste legittimavano l'esegesi allegorica, aveva probabil mente di mira in modo particolare proprio Origene ; in ogni caso , le sue osservazioni a nessuno si attagliano così bene come al padre alessandrino : <
È estremamente indicativo il fatto che anche nei casi in cui non nega la storicità degli episodi e il significato letterale della narrazio ne (che sono poi , a onor del vero , la maggior parte) , 50 appellandosi 47 Dia/. cum Heracl. 20: ScHERER, 96. Cf. S . L EA NZ A . L ' esegesi di Origene al li bro dell'Ecclesiaste , Reggio Calabria 1975 , 35-36. Secondo l'inte rpretazione allegori
ca proposta da Origene , che diverrà poi un luogo comune nella successiva esegesi del l ' Ecclesiaste , in Qo 2 , 14, risultando illogico il significato letterale, gli occhi significano l'intelletto : l'intelletto del sapiente è rivolto a Cristo, mentre lo stolto cammina nelle tenebre . 4 8 S IM O NErn , 513-517. 4 9 RICCARDO D A SAN Vrrro R E , Pro/. i n vision em Ezechielis , c it . in B . SMALLEY , Lo studio della Bibbia nel Medio Evo , Bologna 1 972 , 161- 162 . Bisogna dire che , an che per questo aspetto, G regorio di Nissa ha assimilato in toto la lezione di Orige n e : c f . LEAN Z A , « [ condizionamenti . . . » , 3 ls�. '0 De Princ. 4,3,4: «Sono molto più numerosi i fatti che si sono realizzati secon do il sen�o lette rale , di quelli . . . che banno soltanto significato spirituale» (SIMONETII , 5 1 8). Ma il passo costituisce un'ulteriore esplicita affermazione della non-universalità del senso letterale . •
392
l
tuttavia al principio dell'ophéleia, Origene sostenga , se non la neces sità, almeno l'opportunità e la convenienza di interpretare pure que gli episodi allegoricamente . In questi casi l'interrogativo che ritorna continuamente sotto la sua penna è: che utilità ha per me questa sto ria? A che mi serve sapere che un oscuro re di tanti secoli addietro fu impiccato ad un legno? Che cosa mi importa della posizione delle mani di Mosè durante la battaglia con gli amaleciti ? O a che mi gio va sapere del censimento degli ebrei durante il loro esodo, o dei luo ghi in cui si accamparono nel deserto? E altri interrogativi del gene re . La risposta è che lo Spirito Santo non avrebbe permesso il ricor do di tanti fatti apparentemente insignificanti , se non in vista della loro valenza mistica ed allegorica. 51 Così la historia , anche quando non è negata , è tuttavia giustificata in nome del suo valore simbolico e del suo significato spirituale . Una tale concezione , che pur non ne gandola vanifica di fatto la storicità del VT, nasce dalla convinzione che esso non fosse principalmente e direttamente destinato agli ebrei , ma avesse come destinatari ultimi ed effettivi i cristiani . Di qui la legittimità, se non addirittura la necessità, di interpretarlo in senso cristiano . Ancora una volta questa convinzione trova fonda mento e giustificazione in s. Paolo , il quale in G al 4,21-31 aveva «de storicizzato» la vicenda di Sara e Agar, affermando che «tali cose so no dette allegoricamente» (estìn allegoroumena) in riferimento ai cristiani ; e in 1 Cor 10 aveva parimenti interpretato tipologicamente , riferendola ai cristiani, la vicenda stessa dell'esodo : «Queste cose sono state figura di noi (tauta rypoi hemòn eghe néthesan) . . . ; tutte queste cose accadde ro in figura (tauta p un ta ty pikos synébainen ) , m a sono state scritte per n ostro ammaestra mento , per noi che siamo nella pienezza dei tem pi» (lCor
10,6, 1 1 ) .
Sviluppando e generalizzando il pensiero paolino , Origene ritie ne che tutto quello che la Scrittura riferisce di Abramo , di Giacob be, di Giuda, di Giuseppe e di tutti gli altri patriarchi, e in generale tutta la storia degli ebrei, riguarda soprattutto i cristiani, perché tut to Israele è figura di cose spirituali . 52 Un tale atteggiamento , al di là 51
Cf. DE LUBAC ,
re , 120ss . 52
Cf.
Storia e Spirito, 1 54ss ;
MONACI CASTAGNO,
Origene predicato
Comm. in Rom . 4,7 (PG 1 4 , 984B e 987-988) , e vedi per tutta la questione
DE LUBAC , Storia e Spirito , 41 3-420 . Ancora una volta ritroviamo il pensiero di Orige
ne ripreso da AGosTINO, il quale nel De catechizandis rudibus giustifica pur egli i fatti veterotestamentari e la loro ricezi one nella Sacra Scrittura in virtù del loro significato cristologico ed ecclesiologico : «Neque enim ob aliud ante adventum Domini scripta
39 3
delle motivazioni di carattere teologico , tradisce il sostanziale disin teresse dell'intellettuale greco per il valore puramente storico di una tradizione - quella ebraica - che gli è culturalmente estranea. E an che questo disinteresse è certamente da annoverare tra i fattori sto rico-culturali che hanno contribuito a indirizzare l'esegesi origenia na nel senso dell'allegoresi. 3.
COMMENTARI , OMELIE, SCOLli
Come si accennava all'inizio , l'attività esegetica di Origene è sta ta prodigiosa e non ha l'eguali nell'antichità cristiana. Egli ha com mentato , con poche omissioni , p ressoché tutti i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento53 nelle tre diverse forme del commentario , dell'omelia, degli scolii , molti libri spiegando con due o anche con tutte e tre queste diverse forme di commento. Gli scolii (gr. schOlia , lat . excerpta) sono brevi note esplicative a luoghi difficili della Scrit tura, secondo l'uso diffuso anche per i testi classici ; le omelie (gr . homiliai, lat. homiliae, tractatus) sono prediche su passi o episodi si gnificativi della Scrittura , con netta prevalenza, tuttavia , dell'aspet to esegetico su quello parenetico e morale tipico di questo genere letterario ; i commentari infine (gr . tomoi, lat. volumina) sono ampi e dotti commenti sistematici , nei quali il testo biblico è spiegato mi nuziosamente e spesso prolissamente con una serie puntuale di nota zioni di carattere filologico-testuale , storico , filosofico e teologico . È in quest'ultima forma che l'esegesi di Origene ha trovato l'espres sione più felice , nonostante certi limiti connaturali alla sua ermeneu tica , dei quali s'è detto nei paragrafi precedenti . La tradizionale distinzione dell'attività esegetica di Origene nel la triplice suaccennata forma di scolii , omelie e commentari risale a
sunt omnia quae in sanctis scripturis legimus, nisi ut illius commendaretur adventus et futura praesignaretur ecclesia» (3,6: BAUER , CChrL 46, 125) ; «Omnis scriptura divina quae ante scripta est , ad prae nuntiandum adventum domini scripta est , et quidquid mandatum est litteris . . . Christum narrat» ( 4 , 8 : B AU ER , 1 28) ; <
394
Girolamo , che vi fa cenno nel «Prologo» della sua traduzione delle omelie origeniane su Geremia ed Ezechiele: «
·•
. . . et illud breviter adroone n s , ut scias Origenis opuscul a in oro
nero Scripturaro esse triplicia. Prirouro eius opus Excerpta, quae
graece scho/ia nuncupantu r, i n quibus ea quae sibi videbantur oh
scura atque habere aliquid difficultatis , suroroatim breviterque perstrinxit . Secundum horoileticum gen u s , de quo et praesens in terpretatio eius est . Tertiuro , quod ipse inscripsit tomous nos vo
lumina possurous n uncupar e , in quo opere tota ingenii sui vela
spirantibus ve ntis dedit , et recedens a t e rra in medium pe l agus au fugit>> . :l-1
Lo stesso Girolamo ci ha lasciato un prezioso elenco degli scritti origeniani nell'Ep . 33 ad Paulam ,55 che conta 800 titoli, per la mag gior parte riguardanti opere di carattere esegetico . Ma l'elenco re datto da Eusebio ( Vita Pamph. ) , purtroppo non pervenutoci , anno verava circa 2000 opere (Girolamo , Adv. Ruf. , 2,22) , e una notizia di Epifanio (Haer. 64,63; cf. Rufino, Adult. lib. Orig. 1 5 , 1 -5) parla addirittura di 6000 libri . Le note controversie origeniste e le ripetute condanne dell'origenismo , culminate negli anatematismi del conci lio Costantinopolitano II del 553 , hanno provocato la perdita della maggior parte di tanta produzione. Quello che si è salvato ci è per venuto per lo più nelle traduzioni latine di Girolamo e di Rufino. 56 Per !imitarci qui all'argomento che direttamente ci interessa , ecco un elenco sommario degli scritti di carattere specificamente esegeti co , compilato , seguendo l'ordine progressivo dei libri biblici , sulla scorta dell'elenco geronimiano (Ep. , 33) e con indicazione di quanto ci è pervenuto nell'originale o in versione latina Y Ad esso va natu ralmente aggiunto il IV libro del De principiis, che abbiamo visto es sere un trattato di ermeneutica biblica. � GIROLAMO, Transl. horn. O rigenis in Jer. et Ez. , pro! . (PL 25 , 6 l l-612). ;; Ed. LABOURT, I I , Paris 1 95 1 . 38-44. Cf. E . KLOSTERMANN , «Die Schrìften des Origenes in Hieronymus' Brief an Paula» , in Sitzungsberichte der Preuss. Akad. der Wissenschaften zu Ber/in , Berlin 1 897 , 855-870. ;6 Per il carattere e il valore di queste traduzioni cf. B. STUDER , «A propos des traductions d'Origène par Jéròme et Rufin» , in VetChr, 5( 1968) , 1 37- 155 ; F. WIN KELMANN , «Einige Bem.erkungen z u d e n Aussagen d e s Rufinus v o n Aquileia und d e s Hieronymus iib e r ihre Ubersetzungs Theorie u n d Methode» , in Kyriakan. Festschrift J. Q uas ten , I l , Mtinster 1 970, 532-547 . ; 7 Cf. A. HARNACK , Geschichte der altchristlichen L iteratu r bis Eusebius , l/1, Leipzig 1 893 , 332-405 ; P. N AU TI N , Origène. Sa vie et son oeuvre, Paris 1 977 , 225-260; M. GEERARD, Clavis Patrum Graecorum, l, Tumhout 1983 , 141-186 (= CPG) .
395
3. 1 .
Sul
Vecchio Testamento
Genesi Secondo Girolamo , Ep. 33 , Origen e compose un commentario in 1 3 libri e 16 omelie sul Genesi. L e omelie c i sono pervenute nella tradu zione latina d i Rufino (CPG 141 1 ) ;58 dell'ampio commentario si con servano vari frammenti ne l l Apo logia di Panfilo , in E u sebi o nella Filocalia , nelle Catene (CPG 1410) . Gi ro l amo menziona anche due l ibri Mistarum homiliarum sul Genesi: forse una raccolta mista d i omelie e di scoliì ( CPG 141 2) . '
,
Esodo Girolamo ricorda un commento a sc ol i i (In Exodum Excerpta) e 13 omelie sull'Esodo . Delle omelie possediamo la versione di Rufino ;w degli Excerpta vari fr a m m e nti nella Fi/ocalia e nelle Catene (CPG 1413- 1 41 4) . Levitico Secondo G iro lamo Orige ne compose su questo libro un co mmento a sc ol ii (In Leviticum excerpta) , del quale si conservano var i fram menti . e 16 o mel i e che p o ssedia m o intere nella versione di Rufino ( CPG 1415- 141 6) .60 ,
,
Numeri Girolamo menziona solo 28 omelie sui Numeri, c he possediamo nel la traduzione latina di Rufino ( CPG 1 418) ;61 ma le Catene ci conser vano sotto i l nome di Origene diversi altri frammenti su q uesto libro b i b l ic o p ro v e ni e nt i p rob a bil m e nte da altre opere o rige n i an e oppure spurii (CPG 1417) . ,
Homeltes sur la Genese a cura di L . DouTRELEAU H . D E Lu 1944 (SChr 7) ; ORIGEN E , Ome/te sulla Genes1, a cura di M . L DANIELI , (CTP 14) , Roma 1978. 59 Cf. ORIGENE, Homélles sur /'Exode, a cura di M BoRRET, (SChr 321) Paris 1985 ; ORIGENE, Omelie sull'Esodo, a c u ra d1 M . I . DANIELI , (CTP 27) , Roma 1981 60 Cf. ORIGJ:.NE, Homéltes sur le Lévlllque, a cura dJ M . BORRET, 1-11, Pans 1981 , 0RIGEN E , Omelre sul Levrt1co , M . l . DANIELI , (CTP 5 1 ) . Roma 1986. 6i Cf. 0RIGENE, Homélles sur /es Nombres, a cura di A MÉHAT, (SChr 29) , Pans 1951 ; ORIGENE, Omelie suJ Numeri, a cura dJ M . l D A N IEI.I , (CTP 76) , Roma 1988. 58
Cf ORIGENE,
BAC , Pans
396
-
Deuteronomio Girolamo conosce 13 omelie di Origene su questo libro . Ma i fram menti greci che ci sono pervenuti sono di dubbia autenticità ( CPG 14 19) . Giosuè Delle 26 Homiliae in lesum Naue menzionate da Girolamo possedia mo solo la versione latina di Rufino . 62 I pochi frammenti catenari so no di dubbia autenticità (CPG 1 420) . Giudici Anche delle 9 Homiliae in librum ludicum ricordate da Girolamo possediamo solo la traduzione di Rufino , mentre i frammenti cate nari sono di dubbia autenticità ( CPG 142 1 ) Y Ruth Su Ruth si possiede un breve frammento greco (PG 12 , 989) ; ma Gi rolamo non menziona alcun commento di Origene a questo libro bi blico . Cf. CPG 1422. Samuele e Re Girolamo menziona 4 omelie su I Re (secondo la numerazione lati na, corrispondente q uindi a 1Sam) . Oltre a vari frammenti greci nel le catene , possediamo nella versione latina di Rufino un'omelia su 1Sam 1 ,2 , e nel testo greco un'al tra su 1Sam 28 ,3-25 . Quest'ultima riguarda il noto episodio dell'evocazione dell'anima di Samuele ad opera della pitonessa di Endor, ed è assai interessante perché Orige ne, di solito allegorista, guidato qui dalla sua notevole sensibilità fi lologica sostiene invece , contrariamente ad altri interpreti antichi tra cui Eustazio di Antiochia e Gregorio di N i ssa la realtà storica dell'evocazione e apparizione di Samuele ( CPG 1423).64 ,
Giobbe Girolamo menziona 22 omelie su Giobbe. Si conservano vari fram menti greci , non tutti autentici ( CPG 1424) . Materiale origeniano si
62
Cf. 63 Cf.
stam a .
E
ORIGEN E , Homéltes sur Josu é , a cu ra di A. JAUBERT (SChr 7 l ) , Paris 1960. 0RIGENE, Omelw su1 GtudlCI , a cura di M . I DANJEU , ( CTP) , m corso di
Cf. ORiGfòN E , Homélles s u r Samuel, a cura d i P . NAUTIN - M .TH . NAUTIN (SChr 328), Pans 1 986; M. SIMONETTI , La Maga dt Endor (Ortgene, Eustaz10, Grego· no d1 NtSsa) , (BP 1 5 ) , Fuenze 1 989 .
397
conserva probabilmente pure nei frammenti (latini) dei perduti Tractatus in lob di Ilario di Poitiers, che derivavano da origene (cf. SIMON ETII in DPA C II , 1753 e Patrologia III , 5 1 ) .
Salmi Girolamo menziona 4 diverse serie di scritti sui Salmi: l) Un com mento a scolii su tutto il Salterio ( Excerpta in totum Psalterium) ; 2) un altro commento a scolii sui Sal 1-1 5 ( Excerpta in Psalmos a primo usque ad quintum decimum) ;65 3) 120 omelie su vari salmi ; 4) una serie di commentari specifici su singoli salmi . Dei 2 commen ti a scolii e dei commentari dedicati a singoli salmi restano frammen ti greci ( CPG 1 425- 1427) ; delle 120 omelie se ne conservano solo 9 nella versione latina di Rufino , e precisamente 5 sul Sal 3 6 , altre 2 sul Sal 37 e 2 sul Sal 38 , oltre a un frammento greco di un'omelia sul Sal 82 presso Eusebio ( CPG 1 42 8). 66 Recentemente V. Peri ha ri vendicato a Origene i Tractatus LIX in Psalmos di Girolamo ( 1 429) : 67 la tesi , accolta in un primo tempo con generale consenso , 68 ha successivamente sollevato forti riserve da parte di diversi studio si , tra cu i P. Nauti n , Y . M . Duval e soprattutto P. Jay . 69 Nell'Ep. 33 Girolamo ci ha lasciato un duplice elenco dettagliato e particolareggiato delle omelie e dei commentari composti da Grige ne sui singoli salmi. Eccone in sintesi un prospetto : Omelie:70 sui Salmi 3 ( l ) ; 4 ( l ) ; 8 ( l ) ; 12 ( l ) ; 13 ( l ) ; 15 (3) ; 1 6 ( l ) ; 1 8 ( l ) ; 2 2 ( l ) ; 2 3 ( l ) ; 2 4 ( l ) ; 25 ( l ) ; 2 6 (l ) ; 27 ( l ) ; 36 (5) ; 37 ( 2 ) ; 38 (2) ; 39 (2) ; 4 9 ( l ) ; 5 1 ( l ) ; 5 2 (2) ; 54 ( l ) ; 67 (7) ; 7 1 (2) ; 72 (3) ; 73 (3) ; 74 ( l ) ; 75 ( l ) ; 76 (3) ; 77 (9) ; 7 9 (4) ; 8 0 (2) ; 8 1 ( l ) ; 82 (3) ; 83 ( l ) ; 84 (2) ; 85 (l); 87 ( l ) ; 108 (l) ; 1 10 ( l ) ; 1 18 ( 3) ; 120
( l ) ; 121 (2) ; 1 22 (2) ; 123 (2) ; 124 (2) ; 1 25 (l ) ; 127 ( l ) ; 1 28 ( l ) ;
6S Secondo EUSEBIO m CESAREA , Hist. ecci. Vl,24,2 quest ' opera giungeva sino al Sal 25. La differente indicazione potrebbe esser dovuta anche ad errore nella tradi zione manoscritta di Girolamo o di Eusebio. 66 Cf. R . DEVRESSE, Les anciens commentateurs grecs des Psaumes, (StT 264) , Città d e l Vaticano 1 970, 1 -88; NAUTJN , Origène. . . , 261 -292 ; ORtGE N E , Omelie sui Sal mi, a cura di E. PRtNZIVALLI , (BP 1 8) , Firenze 1 991 . 67 V. PERI , Omelie origeniane sui Salmi, (St T 289) , Città del Vaticano 1 980. 68 Vedi per t u tt i H . CR o U ZEL Bibliographie d'Origène, Suppl. l, Steenbrugge 1 982, 286s , e GEERARD, CPG 1429. 69 Vedi per tutti la serrata disamina di quest'ultimo st u dio so : «Jérome à Betb lee m : les Tractatus in psalmos», in lérome entre l'Occident et l'Orient, (Atti del Collo q ui o di Cbiìntilly , sett . 1 986) . Paris 1988, 367-380 . 7() La cifra tra parentesi indica il numero di omelie dedicate a ci asc u n salmo.
,
398
129 (l); 1 3 1 ( l ) ; 132 (2) ; 133 (2) ; 134 (2) ; 135 (4) ; 137 (2 ) ; 1 38 (4) ; 139 (2) ; 1 44 (3) ; 145 ( l ) ; 146 ( l ) ; 147 ( l) ; 149 ( 1 ) . Commentare1 sui S al mi l ( l ) ; 2 ( l ) ; 3 ( l) ; 4 ( 1 ) ; 5 ( l ) ; 6 (1 ) ; 7 ( l ) ; 8 ( l ) ; 9 ( 1 ) ; 10 ( 1) ; 1 1 ( l ) ; 1 2 ( l ) ; 1 3 ( l ) ; 1 4 ( 1 ) ; 1 5 ( l ) ; 1 6 .( 1 ) ; 20 ( 1 ) ; 24 ( l ) ; 29 ( l ) ; 38 ( l ) ; 40 ( l ) ; 43 (2) ; 44 (3) ; 45 ( l ) ; 46 ( l ) ; 5 0 (2) ; 5 1 ( l ) ; 5 2 ( l) ; 53 ( l ) ; 57 ( l ) ; 58 ( l) ; 59 ( l ) ; 62 ( l ) ; 63 ( l ) ; 64 ( l ) ; 65 ( l ) ; 68 ( l ) ; 70 ( l ) ; 7 1 ( l ) ; 72 ( 1 : solo sull i n izi o del salmo ) ; 103 (2) . '
Proverbi Girolamo ricorda tre diverse op ere di Origene sui Proverbi: un com mentario in 3 l ib ri (In Proverbia libri III) ; un libro di Quaestiones (De Proverbiorum quibusdam quaestionibus liber l) ; 7 omelie (In Paroimias homiliae VII) . Due fra m men ti sicuramente autentici si conservano nell'Apologia di P a n fil o ; molti altri fr a m me n ti di dubbia aut en tici t à (pe r l a m a ggior parte di Evagrio ) 72 si trov a n o nelle Cate ne (CPG 1430) . Ecclesiaste Secondo la c it at a notizia di Girolamo , Origene scrisse un com m e n to a sco lii (In Ecclesiasten excerpta) e 8 omelie sull' Ecclesiaste ( CPG 143 1 ) . Se ne con serv a no frammenti nella Catena di Procopio e in al t re Catene. 73 Cantico dei cantici Sul Cantico Origene aveva già composto un co mme n t ario in 2 libri i n età giovanile ( Tomos duos quos superscripsit in adulescentia , Gi ro l a m o Ep. 33) : se ne conserva un framme n to nella Filocalia (CPG 1 434) . S ul l o stesso libro compose in età m a t u ra un ampio commen tario in 10 libri , del quale po sse d ia m o i libri 1-4 ne l la traduzione la tina di R u fi no , fino a Ct 2 , 1 5 , o ltre a vari framm enti greci nelle cate n e (CPG 1433) ; e 2 omelie , pervenuteci ne l l a traduzione di Girola mo ( CPG 1432) .74 G i ro l a mo considerava questi due scritti , e spe ci a l ,
-
7 1 La cifra tra parentesi indica il numero dei libri di ciascun commentario: l ( l ) sul Sal l u n commentario in l libro , ecc. 72 Cf. H . U . VON BALTHASAR , «Die Hiera des Evagrius» , in ZKTh , 63 ( 1 93 9 ) , 86106; M . Ri c H ARD , «Les fragments du Commentaire de s. Hippolyte sur les Proverbes de Salomon » , in Le Muséon , 78( 1965) , 257-290; 79( 1966) , 6 1 -94 ; 80(1967) , 327-364 ; EvAG Rio . Scholies aux Proverbes . a cura di P. GEHIN , (SChr 340) , Paris 1987 , In tro duzione . 73 Editi in S. LEA N ZA , L'esegesi di Origene al libro dell'Ecclesiaste , Reggio Cala bria 1975 , e CChrG 4 e 4Suppl . ( Catena di Procopio) . 74 Cf. ORIGEN E, Homélies sur le Cantique des cantiques , a c u r a di O . RouSSEAU , (SChr 37) , Pa ris 1954 ; 0RIGENE, Commentaire sur le Cantique des cantiques, a cura di L. B RÉSARD - H . CROUZEL - M. B o R RET , (SChr 375-376) , Paris 1991-1992; ORIG E N E , Commento al Cantico dei cantici, a cura di M. SIMONEm , ( CTP 1 ) , Roma 1 976; ORI=
399
mente il commentario , il capolavoro esegetico di Origene («Orige nes, cum in caeteris libris omnes vicerit , in Cantico canticorum ipse se vicit» , Praef alla traduz. delle omelie). Per l'interpretazione ori geniana del Cantico , condotta a tre livelli di lettura (interpret . lett. + interpret. alleg. + interpretaz. psicologica) , vedi supra , 383 .
Isaia Secondo Girolamo , Origene compose sul libro di Isaia un ampio commentario in 36 libri e un altro commento a scolii (ln lsaiam ex cerpta) : di entrambi restano solo frammenti (CPG 1 43 5 - 143 6) . Compose inoltre 32 omelie, delle quali ce ne restano 9 nella tradu zione dello stesso Girolamo (ma la nona è di dubbia autenticità: spu ria secondo il Baehrens, autentica secondo V. Peri): vedi CPG 1 437 . Geremia Delle 45 omelie su Geremia ne restano 20 nell'originale greco e 14 nella traduzione latina di Girolamo (tranne 2, le stesse che si possie dono anche in greco) . Si conservano inoltre frammenti greci nella Filocalia e nelle Catene (CPG 1 438) . 75 Girolamo menziona anche un commentario in 5 libri sulle Lamentazioni (In Lamentationes Hiere miae tomos V): ne restano frammenti nelle Catene ( CPG 1 439) . Ezechiele Dell'ampio commentario in 29 libri, ricordato da Girolamo , resta solo un frammento nella Filocalia . Possediamo invece 14 omelie nel la traduzione latina di Girolamo ( CPG 1 440-1 442) . 76 Osea Girolamo menziona 2 diversi commentari su Osea: ln Osee de Ef fraim liber I; In Osee commentarius . Rimane appena un frammento nella Filocalia ( CPG 1443).
GENE, Omelie sul Cantico dei cantiCi, a cura d i M l . DANIEU , (CTP 83) , Roma 1990. De1 frammenti catenari prepara l'ediz•one cntica M . A . B A R BÀR A , della quale si veda no m tanto i l avori preparatori : «Per una riedizione de i frammenti di Origene sul Can tico » , in Letture crrstwne dei libri sapienziali. Roma 1 992, 349-366: «Progetto di edi zione cr1tica de1 frammenti di O rige n e sul Cantico» , in ASE, 10(1993)2, 439-450. 75 Cf. ORIGÈN E, Homélles sur Jérémte, a cura di P. N A UTIN , 1-1 1 , (SChr 232 . 238) , P ans 1976-1 977 . 76 Cf ORJGENE, Omelie su Ezechiele, a cura di N. ANToNIONO, ( C TP 67) Roma 1987: a cura di M. 23 2BORRET, ORIGENE, Homéltes sur Ezéchiel, (SChr 3 5 2), Paris
1 989.
400
Gioele Anche del commentario in 2 libri su Gioele menzionato da Girolamo rimane un solo frammento (CPG 1444) . Altri profeti minori Oltre i commentari su Osea e Gioele , Girolamo ricorda anche i se guenti altri commentari sugli altri profeti minori , dei quali nulla ci è pervenuto : un commentario in 6 libri su Amos, uno in l libro su Gio na, uno in 3 libri su Michea , uno in 2 libri su Naum , uno in 3 libri su A bacuc, uno in 2 libri su Sofonia , uno in l libro su Aggeo, uno in 2 libri su Malachia; e inoltre un commentario in 2 libri sull 'inizio di Zaccaria (In principio Zachariae libri Il) .
3 . 2 . Sul Nuovo Testamento Matteo Dell'ampio commentario in 25 libri sul Vangelo di Matteo , ricordato da Girolamo , si possiedono in greco i libri 10-17 (contenenti l'inter pretazione di Matt. 1 3 ,36-22,33) , oltre vari frammenti di provenien za eterogenea (Eusebio, Filocalia , Panfilo, Catene) ; un'antica ver sione latin a d'ignoto autore 77 ci ha conservato inoltre un'ampia se zione dell'opera , relativa a Mt 16 , 1 3-27 ,63 , nota come Commenta rio rum in Matthaeum series ( CPG 1450) . 78 Girolamo ricorda anche 25 omelie sul Vangelo di Matteo , che sono andate perdute . Luca Girolamo menziona 39 omelie sul Vangelo di Luca , che ci sono per venute nella traduzione che egli stesso ne ha fatto (CPG 145 1 ),79 e un commentario in 15 libri , del quale possediamo solo frammenti ( CPG 1452: ma molti frammenti catenari editi non sono autentici o provengono da altre opere di Origene) .
n Sembra s1a lo st e sso che ha tradotto l ' Opus 1mp er[ectum m Matthaeum ps. cri sostomiano. Cf. R. G!ROD , «La traduction la t i n e anonyme du Com menta1re sur Mat thieu» , m Origemana , Ban 1 975 , 1 25 - 1 3 8 . 7 8 Cf. ORIGÉNE . Comment01re sur l'évangile selon Matth1eu , a cura di R . GIRO D , I . (SChr 1 62) . Paris 1 970. 79 Cf. 0R I G E N E , Homélies sur S. Luc, a cura di H . CROUZEL - F. FouRNIER - P. PÉRICHON , ( SChr 87) Pans 1962 .
401
Giovanni Girolamo menziona ancora un ampio commentario in 32 libri sul Vangelo di Giovanni e un commento a scolii in l libro ( In partes quasdam Iohannis excerptorum liber I) . Del commentario si conser vano i libri l , 2 , 6, 10, 13 , 1 9 , 20, 28 e 32. I numerosi frammenti cate nari , che il Preuschen ( GCS l O) pubblicò acriticamente come orige niani , sono per la maggior parte spuri (non pochi sono addirittura di Teodoro di Mopsuestia ! ) ; quelli autentici provengono o dai libri perduti del commentario o dal com mento a scolii ( CP G 1453 ) . 80 A tti Delle 17 omelie sugli Atti degli apostoli, ricordate da Girolamo , non resta che un solo frammento nella Filocalia ( CPG 1456) . Epistola ai Romani Dell'ampio commentario in 1 5 libri sull 'Epistola ai Romani, menzio n ato da Girolamo, resta una versione latina abbreviata ( 1 0 libri) di Rufina , e numerosi frammenti nelle Catene, nella Filocalia e altrove ( CPG 1 457) . 81 Epistole ai Corinzi Delle 11 omelie sulle Epistole ai Corinzi, ricordate da Girolamo , le Catene ci hanno conservato frammenti su 1 Cor ( CPG 1458) . Epistola ai Galati Girolamo ricorda un ampio commentario in 15 libri sull Episto la ai Galati e 7 omelie : restano pochi frammenti (CPG 1459) . '
Epistola agli Efesini Girolamo ricorda un commentario in 3 libri su Efesini, del quale ri mangono alcuni frammenti catenari . Ma l'esegesi origeniana su que st'epistola è in parte ricostruibile attraverso l'Apologia contra Rufi-
80
C f. 0RIGENE, Commento al Vangelo di Giovanni , a cura
di E .
CoRSINI , Tori no
1968; 0RJGE N E , Commentaire sur Saint Jean , a cura di C. B LANC, I-IV, (SChr
120. 157 . 222. 290) , Paris 1 966-1982 . 81 Cf. 0RIGENE, Commento alla Lettera ai Romani, a cura di F. CoccHINJ , I - I I , Torino 1985 - 1 986. Tra le e di zi on i di fram menti, i mpo rta n te q u e l l a di J . ScHERER, L e Commentair e d'Origène s u r R o m III, V , 7 , d'après /es extraits d u Papyrus n. 88748 du Musée du Caire et les fragments de la Philocalie et du Vatican graecus 762. Es�ai de reconstitution du texte et de la pensée des tomes V et VI du « Commentaire sur l'Epitre aux Romains » , Le Caire 1 957 .
5-
402
num e il commentario ad Efesini dello stesso Girolamo , il quale , co m'è noto , commentando quest'epistola paolina seguì assai da presso Origene . SZ Vedi CPG 1460.
Epistola ai Colossesi Su quest'epistola Girolamo ricorda un commentario in 2 libri : ne re stano pochi frammenti (CPG 146 1 ) . Epistole ai Tessalonicesi Secondo Girolamo , Origene compose un commentario in 3 libri su l Ts e un altro in l libro su 2Ts; inoltre 2 o melie sulle due epistole complessivamente . D i tutto questo non restano che scarsi frammenti (uno presso lo stesso Girolamo , Ep. 1 19) (CPG 1462- 1463). Epistola a Tito Girolamo ricorda un commentario in 1 libro e un'omelia su quest'e pistola: restano pochi frammenti ( CPG 1 464) . Epistola a Filemone Sul breve biglietto a Filemone Origene compose un commentario in l libro , del quale restano parimenti scarsi frammenti (CPG 1465). Epistola ai Filippesi Girolamo ricorda anche un commentario in l libro sull'Epistola ai Filippesi, del quale tuttavia nulla ci è pervenuto . Epistola agli Ebrei Girolamo ricorda 1 8 omelie sull'Epistola agli Ebrei (che però Orige ne riteneva non paolina) : 83 se ne conservano scarsi frammenti , tra cui , presso Eusebio , quello in cui Origene revoca in dubbio , per mo tivi di lingua e di stile , l' autenticità paolina dell'epistola (CPG 1 4661 467) . Apocalisse Girolamo non menziona alcuno scritto di Origene sull'Apocalisse. Diobouniotis e Harnack hanno pubblicato come origeniana una rac-
82 Cf. F. DENIAU, «Le Commentaire de Jéròme sur Ephésiens nous permet-il de connaitre celui d'Origène ? » , i n Origeniana, 163- 179. K3 Cf. W . G . KOMMEL, Il Nuovo Testamento. Storia dell'indagine scientifica sul problema neotestamentario, Bologna 1976 , 10- 1 1 .
403
colta di scolii , su questo libro biblico , su la cui autenticità è stata pe rò contestata dagli studiosi successivi . 84 Se materiale origeniano v'è in questa raccolta , proviene probabilmente non già da un commento all'Apocalisse , m a da altri scritti di Origene (CPG 1468 ) . Da ricor dare che , a differenza di Dionigi Alessandrino che la negava , 85 Ori gene riconosceva la paternità giovannea dell Apocalisse . '
3 . 3 . Altri scritti esegetici Tutta l'opera di Origene ha carattere eminentemente esegetico . In questa sede tuttavia ci stiamo interessando esclusivamente delle opere direttamente dedicate alla spiegazione della Scrittura . Oltre gli scritti più sopra menzionati , che com mentano i singoli libri biblici nella triplice forma del commentario , dell'omelia e del commento a scolii , vi sono altri scritti di carattere specificamente esegetico , che tuttavia esulano , quanto al genere letterario , dalla suddetta classifi cazione e distinzione fatta da Girolamo . Tra questi scritti va innanzitutto ricordato il trattato in 2 libri Sulla pasqua (Perì pascha: CPC 1480) , 86 che non va identificato con le 8 Omelie sullo stesso argomento menzionate da Girolamo nel l' Ep. 33 (De pascha omeliae VIII) , le quali sono andate perdute . In quest'opera , in polemica con gli autori della tradizione asiatica (Me litone di Sardi ecc . ) , i quali connettevano il termine pascha con p a schein e davano della pasqua un'interpretazione tipologico-cristolo gica , Origene dà invece un'interpretazione psicologico-antropologi ca, e richiamandosi al corretto significato del termine pasqua pas saggio vede nella pasqua ebraica un simbolo del passaggio di ciascun cristiano dalle tenebre alla luce , dal peccato (Egitto) alla perfezione spirituale (la Terra Santa ) . 87 S'è visto più sopra che l'agnello pasqua le significa per Origene allegoricamente la Scrittura. 88 =
84 Cf. J . QuASTEN , Patrologia , l, 322 ; NAUTI N , Origene . . . , 449 . Alcuni scoli sono .sicuramente identificabili come non origeniani ( n . 5 = Cle mente Alessandrino; 38 e 39 = Ireneo, ecc . ) . Rs Cf. KuMMEL, Il Nuo1•o Testamento , 1 1 . 86 Cf. ORIGEN E , Sur la PfJque, a cura di O . GuÉRAUD - P . NAUTI N , Paris 1 979 . 87 La polemica con gli autori della tradizione asiatica diventa pungente quando Origene evidenzia la loro ignoranza a proposito del significato del termine pascha : «la maggior parte dei fratelli ritengono che la pasqua sia chiamata così dalla passione del Signore . . . Or se uno dei nostri i ncontrando degli ebrei dovesse dire troppo precipito samente che la pasqua si chiama così a motivo della passione del Salvatore , essi ride ranno di lui come di uno che non sa ne ppure qual è il significato del termine» (GuÉ RAUD - NAUTIN , 154ss ) . 811 Cf. supra, p . 390. Questo non esclude tuttavia d i per s é la tipologia tradiziona-
404
Va qui ricordato anche i1 trattato Sulla preghiera (Perì euchés) , che nella seconda parte (cc . 1 8-30) contiene u n commento del Padre nostro , che è il più antico che possediamo (CPG 1477) . Degna di no ta in quest'opera è l'esegesi spirituale della quarta petizione , relativa al pane quotidiano: l'artos epiozlsios del testo evangelico è interpre tato come il nutrimento spirituale dell'anim a , che è lo stesso Logos «pane di vita » . Contenuto specificamente esegetico , sia pure d i carattere preva lentemente filologico e testuale, ha infine l'Epistola a Gi u lio Africa no ( CP G 1494) , nella quale Origene difende , contro la diversa opi nione del suo interlocutore , l'autenticità e canonicità della storia di Susanna (e insieme e conseguentemente della storia di Bel e del dra gone , nonché della preghiera di Azaria e dell'episodio dei tre giovi netti nella fornace) : tutte parti , queste , presenti nel testo greco del libro di Daniele (LXX e Teodozione) , ma mancanti nel testo ebrai co . Importante , oltre alla puntuale argomentazione storico-filologi ca , quella di carattere teologico: spetta alla chiesa definire il canone del Vecchio Testamento . K9 Per i vari frammenti di opere esegetiche conservati in tradizione armen a , si rinvia a CPG 1 505 ; per le opere spurie , vedi ivi, 1 5 1 01727 .
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le e più di ffu s a agnello = Cristo , giacché per Origene la carne stessa di Cristo signi fica spiritual m en te la Scrittura , secondo l'equivalenza da lui istituita tra Cristo-Logos e Logos-Parola di Dio (cf. DE LuBAc, Storia e Spirito, 499-554) . Per !imitarci qui al Perì pllscha: «Se l ' agnello è Cristo e s e Cristo è la Parol a , cosa sono le carni della Parola divina se non le divine Sc ri t t u re ? » ( G u �RAUD - NAUTIN , 204) . 89 Vedi l' Introduzione della recente edizione di N. DE LANGE: SChr 302.
405
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NAUTI N ,
406
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407
Indice dei nomi
Aalders G . J . D . 339 Abramowski L. 87 Achelis H. 320 Ackroyd P . R . 147 Adamanzio 264 Adriaen M . 308 310 3 1 1 312 Agostino 333 370 384 393 A imone di Auxerre 288 289 293 A land B. 11 261 Aland K . 10 18 1 1 29 181 Aletti J .-N . 75 131 Amano E . 317 Ambrogio 281 356 383 Anderson H. 1 12 1 1 5 Antonino Pio 260 Antoniono N . 400 Apollinare di Laodicea 288 Apollo 70 Aquila 65 195 223 279 Aristone di Pella 29 228 344 Arnobio 331 332 Aron R. 38 Arsinoo 27 Artaserse 15 Aziza Cl . 353 Baarlink H. 1 16 Baehrens W . A . 380 382 384 402 Balthasar H . U . v on 63 399 Balz H . 46 47 Bampfylde G . 174 Banks R. 43 Bar Qappara 223 �� Barbaglio G. 14 19 80 89
Barbàra M . A . 400 Bardy G . 284 317 Barn aba 1 99 213 226 227 229 Bar r J . 157 Barrett C . K . 147 1 53 168 174 Basilide 27 240 254 Bauckham R. 204 Bauer W . 275 277 281 282 294 297 3 1 7 394 Baumbach G . 44 Baumstark A. 357 Beasley Murray G . R . 195 Beatrice P.F. 346 Beaude P. -M . 61 62 Beaujeu J . 330 Becker J. 59 Beckwith R.T. 15 Beda 281 Bellinzoni A . J . 232 Ben Chorin S. 36 Benoit A. 375 Benz E. 304 Berger K . 10 45 47 1 13 Bernard J . 374 Bertrand D . A. 24 299 Be tori G. 126 1 36 143 Betz O . 39 43 55 128 Beutler J. 160 161 169 174 Bian ch i U . 261 Biguzzi G . 1 1 5 Billerbeck P . 46 52 9 8 183 195 Binyamin Ben Z ion 162 Bischoff B . 276 288-289 315 316 317 -
409
Bittner W . J . 174 Black M. 181 Blackman E.C. 260 Blanc C. 402 Blank J . 87 Blinzler J. 36 Boismard M . E . 157 174 Bonnard P.-E. 58 Bonnet J . 1 64 174 Bonsirven J . 65 87 1 88 Booth R . P . 47 Borgen P. 1 48 163 174 Bori P . C . 1 1 35 Bornkamm G . 37 43 Borret M. 396 399 400 Bostock G . 406 Bovon F. 126 Bowker J . W . 1 42 Brandon S . G . F. 1 1 5 Braun F . M . 1 5 1 154 169 174 179 Braun H . 39 43 48 1 48 Braun R . 335 339 358 Brésard L. 399 Broer l . 40 41 120 Brown R . E . 206 207 Brox N. 272 Brunei P . 10 Bultmann R . 14 37 45 56 60 147 1 5 1 1 55 1 99 292 Burch V. 282 Burkill T . A . 1 15 Busse U . 131 Cadbury H.J. 1 43 Callisto 319 Camelot P . -Th . 361 375 376 Campenhausen H. von 19 23 27 29 254 Carrez M. 75 95 Casalegno A. 129 Caster M . 361 Cataudella Q . 361 Cavallin H . C . 56 :· ; Cave C . H . 40
410
Celso 217 228 329 Cerdone 240 260 Ceresa-Gastaldo A . 309 310 Cerfaux L. 147 Cerinto 240 Charles R . H . 1 8 181 185-189 191 195 Charlesworth J . H . 218 Chevrel Y . 10 Childs B . S . 12 13 Chilton B. 55 1 60 1 74 Christ F. 58 Cimosa M . 1 52 174 Cipriano di Cartagine 33 210 213 217 235 330 331 332 333 353 354 355 356 Cirillo L. 24 Cirillo di Gerusalemme 282 294 297 305 Clemente di Alessandria 1 8 202 203 204 213 225 243 254 257 258 279 280 286 287 294 295 303 361 -376 404 Clemente Romano 20 21 203 368 Co echini F. 402 Congar Y . M . -J . 61 Conybeare F.C. 228 Conzelmann H. 80 144 Coppens J. 87 Corsani B . 32 1 97 Corsini E . 255 386 390 402 Craig W . L . 1 99 Cross an J . D . 207 227 Crouzel H . 386 389 398 399 401 406 407 Cullmann O . 37 Dahl N . A . 1 26 143 D' Alès A. 335 336 345 346 357 Daniélou J. 147 210 221 229 265 32 1 322 330 336 337 344 352 354 357 375 376 389 405 Danieli M . l . 396 400 Dassmann E. 254
Dautzenberg G . 32 5 1 87 Dunn J . D . G . 47 Davies W . D . 36 Dupont J . 37 39 46 5 4 55 126 133 De Am broggi P. 394 134 1 36-139 137 1 38 141 142 De Beaugrande R . A . 9 144 De Boor C . 288 Durken D . 1 3 1 132 De Gennaro G. 120 181 Duval Y . M . 398 De Lange N . 405 Ebed-Jesu 319 Del1ing J. 146 Ebeling G . 9 Del o bel J . 47 Eckert J . 48 De Lorenzi L. 75 Eckert P. 123 Del Paramo S . 87 Eco U . 10 147 377 381-387 De L u bac H . 35 Edwards R . B . 1 75 389 393 396 405 406 Efird J . M . 1 12 De Margerie B . 374 382 383 389 Egesippo 278 279 281 282 289 406 294 Demetriano 330 Eleazar ben Hasama 1 88 De n Boer W. 376 Eliezer 21 1 Deniau F. 403 Ellis E . E . 40 65 66 68 76 87 89 91 Denker J. 206 1 12 1 1 8 142 Devresse R. 398 Eltester W. 50 107 1 22 127 De Waard J. 1 52 153 174 178 Epifanio 24 240 242 257 264 283Dhanis E . 1 3 1 285 289 290 294 298 299 301 Didier M. 123 305 395 Didimo il Cieco 323 Eracleone 244 254-259 Dietzfelbinger C. 51 87 Erbetta M. 27 204 206 209 215 Dillon R.J. 131 146 241 253 3 17 Diobouniotis C . 403 Erma 27 301 336 367 Diocleziano 331 Ernst J . 1 15 146 Dionigi Alessandrino 404 Eusebio di Cesarea 17 29 228 Di Pinto B . 174 233 254 275-279 28 1-284 287Di Pinto L . 120 290 292 294 298 304 3 1 9 320 Dodd C . H . 4 1 62 105 106 154 363 366 367 395 396 398 401 155 160 210 212 403 Doeve J . W. 40 142 Eustazio di Antiochia 397 Doignon J . 333 Evagrio 399 Dorival G. 17 223 Evans C . A . 152 155 155 174 Dòllinger l . von 319 320 Evans C.F. 147 Dòrrie H. 261 Evans E . 344 l• Doutreleau L. 396 Fabris R. 1 9 43 90 Dressler W. 9 Fahey M . A . 354 Dreyfus F. 62 1 25 Farkasfalvy D. 265 Dubois J . - D . 145 Fascher E. 1 07 Dugandzig J. 87 41 1
Feld H. 87 Feuillet A. 58 157 169 Filippo di Side 281 Filone Alessandrino 68 98 99 102 161 223 224 227 347 356 358 370 375 38 1 387 Filo ramo G. 240 242 244 246 248 253 Flesseman-van Leer E . 106 Flusser D . 36 52 Fontaine J . 1 1 330 Fortin E. 375 Fortunato 355 Fournier F. 401 Fozio 254 319 322 France R . T . 38 Franco E . 62 Franke A . H . 175 Frankemolle H. 1 23 Fredouille J.Cl . 330 333 Freed E . D . 1 5 1 153 175 1 77- 179 Friedrich J . 87 Friichtel L . 361 Fuchs E. 37 Fusco V. 15 18 44 54 55 62 107 109 1 10 1 13 1 17- 120 123 124 1 26 138 140 142 143 Gaio 28 Galley K. 80 Gallicet E . 330 Galloni M. 361 Gangemi A. 1 88 Gaston L . 87 99 Geer C . T . 99 Geerard M . 395 398 406 Gehin P . 399 Genette G . 208 209 Gertner M. 147 Ghiberti G. 56 Ghidelli C. 143 146 Gianotto C . 26 240 242 244 246 248 250 253 412
Gioacchino da Fiore 386 Giosippo 319 Giovanni presbitero 29 Giovenco 333 Girolamo 33 228 278 280 281 284-29 1 293 294 308 319 320 33 1 336 344 395-406 Girod R. 401 Giulio Africano 1 8 221 Giuseppe Flavio 15 128 212 286 358 Giustino 19 21 24 32 145 153 155 158 161 1 99 210 216 219-223 228-237 239 265-268 279 294 3 1 5 321 323 332-334 352 353 Glasson T.F. 1 75 Glockner R . 138 Glorie F. 312 Gnilka J . 58 1 23 142 Gogler R . 406 Goguel M . 44 Goodspeed E . J. 228 Goppelt L . 37 43 54 55 62 80 87 147 Goters F. 87 Gourgues M. 1 05 Grant R . M . 62 261 Grasser E . 1 12 Gregorio di Nazianzo 377 Gregorio di Nissa 356 387 390 392 397 Grelot P. 36 40 157 1 77 200 Grenfell B . P . 303 Gressmann H . 28 1 305 Gruenwald J. 358 Grundmann W . 57 Gryson R . 277 Guarducci M. 3 1 9 Gubler M. -L. 106 Guéraud O . 390 4()4. '405 Gundry R . H . 1 1 9 Hagner D . A . 2 1
:
, · ... 1 · ,
Hahn F. 39 56 1 14 1 16 1 2 1 Hahnermann G . M . 27 Hanson A . T . 152 154 156- 161 175 Hanson R . P . C . 406 Harl M. 17 223 36 1 379 385 Harnack A. von 28 36 43 65 126 228 260 262 338 395 403 Hartel G . 292 Hasler V . E . 6 1 Hays R . B . 6 5 6 8 8 0 87 Hegermann H. 168 Hempel J. 60 Hengel M . 43 58 Hennecke E . 280 Heschel A . J . 52 Higgins A . J . B . 338 Hillel 51 21 1 Hinz C. 5 1 Hoffmann R . J . 260 Holl K. 294 30 1 306 307 Holtz T. 126 Hooker M. 175 Hooker M . D . 87 Horn H . J . 376 Hort F . J . A . 10 361 Hosley R . A . 70 Hubaut M. 44 Hunt A . S . 303 Hurst D. 310 3 1 1 Hiibner H. 37 46 47 99
I g i no 260 Ign azi o di A ntiochi a 21 22 23 287 288 309 Ilario di P oi t i ers 344 398 lppolito 33 219 23 1 233 238-240 245 245 254 3 1 9-327 381 lreneo di Lione 26 30 1 26 210 216 217 220 23 1 -233 237 239 240 254 256 257 260 265-273 277 279 281 283 288 298 321 325-327 334 344 352 353 404
Ishmael 2 1 1 James M . R . 282 Jaubert A . 2 1 397 Jay P. 398 J e r em i a s G . 1 12 Jeremias J .
37 39 45 49 54 55 108 109 189 Jervell J. 126 127 1 33 136 145 Jocz J. 43 Joly R. 22 J onas H . 248 249 260 Juel D . 1 05 Junod E . 17 Kaestli J . -D . 15 1 7 Kahler E . 54 Karpp H . 341 Kasemann E. 14 37 46 53 155 Keck L . E . 1 26 Kee H . C . 1 1 2 1 15 Kirchschlager W. 65 Kittel G . 183 Klauck H . -J. 1 13 Klopfenstein M . 65 K l oppe nborg J . S . 19 K l oster m a n n E . 303 304 3 17 395 Koch D . A . 65-69 71 74 76 79 81 84 85 87 Koch H . 356 Koenen L. 295 Kohler W . D . 124 Kortner U . H . J . 29 277 Koster H . 206 Kraft R . A . 221 225 Kragerud A. 246 Kninkl E. 108 145 Kraus H . -J . 36 Kremer J. 1 26 Krentz E . 1 22 Kuhn H . -W. 1 12 1 15 Kiimmel W . G . 36 41 47 60 147 403 404 413
Kurz W . S . 127 Kiirzinger J. 277 Kuss O. 335 341 Kysar R. 152 1 75 La Bonnardière A . -M . 1 1 Labourt J . 308 3 1 1 395 Laconi M. 44 Lagrange M. 287 293 317 Lamarche P . 88 Lambrecht J . 48 76 77 78 Langerbeck H . 261 391 Lapple E. 1 8 1 Larcher C. 43 Larkin W . J . 138 Latourelle R . 36 Lattanzio 33 2 1 9 330-334 Leanza S. 33 380 387 392 399 406 Le Boulluec A . 269 273 361 Lebreton J. 376 Légasse S. 36 56 123 Leloir L. 25 Lenard H. 87 Levasti A . 376 Lewy H. 356 Liebers R. 99 Lietzmann H. 27 Lightfoot R . H . 1 16 Lilla S . 375 Lindars B . 105 148 193 Lindars H . 210 Lindemann A. 254 Lindeskog G. 36 Lohmeyer E . 39 188 191 195 Lohse E. 48 50 52 Loi V. 320 357 Lona H . E . 159 1 75 Longenecker R. 105 Luciano 329 Luck U . 146 Lupieri E . 359 Lutero 17 43 Luz U . 10 20 65-67 81 120 121 204 414
Luzzaraga J. 1 52 175 Liihrmann D . 57 Magli I . 36 Mànek J. 145 Maneschig H. 175 Manns F. 1 24 Manson T. W . 59 1 18 Mara M . G . 203 204 206 Marcione 13 2 1 24 26-30 33 61 126 233 236 260-265 273 336 338 342 346-349 35 1 353 370 Marcovich M. 320 Marcus J . 1 12 Marguerat D . 20 120 Marino J . S . 99 Marrou H . - L 36 1 Martin B . L . 99 Martini C . M . 1 3 1 140 181 Marty J . 181 Martyn J.L. 126 Marucci C. 36 Marxsen W . 1 1 1 Marzotto D . 159 160 Massaux E . 1 24 232 Massimo Confessore 228 Matray Ch . 361 Matthiae K. 54 Mayor J . B . 36 1 McConnell R . S . 1 19 McDermot V. 241 McDonald J. 165 McNamara M. 92 147 158 1 72 McNeil B . 1 75 Meeks W . A . 1 65 175 Mees M. 105 375 Méhat A . 375 376 396 Meier J . P . 1 20 Melitone di Sardi 1 7 404 Menken M . J . J . 152 153 157 169 175 Merkel H . 23 36 Metzger B . M. 22 27 147 181 Michaelidès D. 340
Michel O . 65 87 89 147 Millar F. 228 Miller M . P . 147 1 75 Milziade 27 352 Mìnucìo Felice 329 330 332 Moloney F. J . 173 Monaci Castagno A. 389 391 393 406 Monat P . 33 1-334 354 Mondésert Cl . 1 1 361 374 376 387 Montano 359 Mora V. 1 23 Moraldì L. 52 210 241 253 31 7 Moreschìni C . 33 335 337 353 Morìn G. 3 1 1 Mortley R . 375 Muckle J . 375 Mueller J . R . 2 1 8 Mulder M . J . 15 Muller K . 75 Muller P.-G. 37 1 27 Muller U . B . 47 58 1 95 Munch E . 375 Munck J. 1 16 Munìer Ch . 22 Munnich O. 17 223 Muratori L . A . 26 Murphy-O'Connor J . 72 Mussner F. 45 123 Nardi C. 36 1 375 376 Nautìn M . Th . 397 Nautin P. 319 320 344 390 395 397 398 400 405-406 Neirynck F. 46 Nepper-Christensen P . 278 Nestle E. 10 18 1 8 1 Neuhausler E . 5 1 Neusner J . 49 1 1 5 201 Newsome 358 Niceforo di Costantinopoli 294 Nielen J . M . 39 Nolte J . 87
Normann F. 1 24 Notelli E . 203 204 207 210 216 2 1 9 221 261 264 265 320 323 333 358 Novaziano 33 357-359 Numenio di Apamea 365 O'Collins G. 36 O'Malley T. P . 335 336 337 345 347 350 Omero 270 Onesimo 17 29 Orbe A. 256 272 342 Origene 18 33 186 217 221 222 228 233 237 243 254-257 279 280-283 285 286 287 294 298 303 308 321 347 371 377-407 Orsatti M . 121 Osborn E. 375 Otranto G. 229 230 Overbeck F. 145 Pagels E . H . 255 Pancaro S. 152 161- 163 175 Panfilo 309 396 399 401 Panimolle S . A . 158 Panteno 362 Papia di Gerapoli 29 30 232 276278 281-283 290 P assoni Dell'Acqua A. 176 Paul A . 1 24 Paulsen H . 202 203 Penna R. 65 67 87 89 92 94 99 Pépin J . 374 Peri V. 398 402 Perkins Ph. 237 Perrella G . 388 Perriman A. 87 Perrone L . 1 1 406 Perrot Ch. 43 98 Pesce M . 1 1 41 44 62 72 87 Pesch R . 36 Peterson E. 260 Piétri Ch . 1 1 330 415
Pietro da Riga 288 Piiiero A. 102 Pini G . 361 Pinto Da Silva A . 157 176 Platone 372 Pltimacher E. 127 137 182 Poffet J.-M. 255 Policarpo 287 309 Pontificia commissione biblica 144 Pòhlmann W . 87 Prat F. 389 Preuschen E . 303 3 1 7 402 Périchon P. 401 Prigent P . 181 1 86 1 88 190 191 210 212 225 226 227 233 330 375 Prinzivalli E. 33 321 323 326 398 Prisca 337 Pritz R . A . 275 Procopio 399 Pseudo-Barnaba 206 213 214 227-229 235 325 Pseudo-Cipriano 292 Pseudo-Clemente 30 297 300 Pseudo-Matteo 208 Pseudo Origene 289 291 303 Puech H. Ch. 295 3 12 Purvis J . D . 16 -
-
Quasten J . 404 Quintiliano 33 1 347 Quirino 354 Quispel G. 3 1 2 338 353 Rad G. von 42 60 165 Rahner H. 322 Raisanen H. 47 87 Rauer M. 280 384 Refoul R.F. 340 Reij ners G . Q . 322 Reim G . 1 5 1 153 157 158 165 167 168 170 176 177 Rende l Harris J. 2 10 416
Resch A . 292 293 Rese M. 125 126 Reventlow H , Graf von 406 Riccardo da San Vittore 392 Richard M. 399 Riesner R. 38 40 41 Ristow H. 54 Rius-Camps J. 22 Robertson R . G . 228 Robinson J . M . 14 1 16 Robinson S . E 2 1 8 Roemer C . 295 Rokeah D. 228 Ronsch H. 337 Rothfuchs W. 1 19 Rousseau O . 399 Rufino 33 278 395-399 402 Ruwet J. 376 .
Sacchi P. 36 47 Sagnard F. M . M . 230 23 1 Sagnard Fr . 36 1 Sahlin H . 163 176 Sand A . 1 15 1 19 127 147 Sanders E . P . 45 53 67 99 Sanders J . A . 142 Saturnino 240 Scarpat G . 344 Schàfer P. 53 162 Schelkle K . H . 87 Schenk W. 32 Scherer J. 392 402 Schlier H. 76 Schlosser J . 54 Schmidt C. 241 246 247 248 Schmidt P. 43 Schmidtke A . 276 279-281 284 287 288 294 298 313 3 1 7 Schmithals W. 43 Schmitt J. 1 37 Schnackenburg R . 54 57 Schneemelcher W. 280 303 Schn e ider G . 46 Schniewind J. 54 37
Schoedel W . R . 22 Schoeps H . J . 45 Scholem G . 358 Schubert P . 127 13 1 143 Schulz S . 43 47 1 1 1 1 12 1 15 Schiirer E . 228 Schiirmann H . 39 56 57 58 Schweitzer A. 14 Scorza Barcellona F. 35 213 2 14 225-227 Seccombe D . 134 Sed N . 358 Sedulio Scotto 288 289 293 315 Se galla G . 167 172 176 Sellin G . 70 79 Sesto Empirico 329 Settimio Severo 374 Seynaeve J . 176 Shammai 5 1 Shotwell W A. 229 Simmaco 65 195 Simon M . 228 Simonetti M. 1 1 22 225 238 239 242-243 245 246 255-256 258 259 265 267 269 320 321 325 335 374 378 379 381 385 387 388 389 392 397 398 402 406 Simonsen H . 120 Skarsaune O . 228 Smalley B . 392 Smith D . M . 1 54 Smith M . 375 Soden H. von 338 354 Solomon ben Zakkay 358 Solone 364 Spicq C. 293 Stiihlin O . 303 36 1 Stanton G . N . 43 Stauffer E. 43 Steck O . H . 108 Stemberger G. 162 21 1 Stendahl K. 1 1 9 122 Stenger W. 37 .
Stockhausen C K 87 Stone M . E . 1 62 Strack H . L . 183 195 21 1 Strecker G . 3 1 40 43 232 275 299 Studer B . 395 Stuhlmacher P. 55 87 Stuhlmann R. 107 Suggs M . J . 1 19 Suhl A . 1 1 1 1 15 Sundberg A . C . , j r. 27 Swaeles R . 145 Swete H . B . 181 187 Swetnam J . 164 Sysling H . 1 5 .
.
Tagawa K. 1 15 Taziano 24 25 283 299 332 357 365 Teodoreto di Ciro 25 288 3 1 9 320 Teodoro di Mopsuestia 402 Teodoto 258 363 Teodozione 65 1 8 1 185 1 95 279 407 Teofilatto 28 1 Teofilo di Antiochia 332 344 353 Tertulliano 18 33 126 217-219 22 1 227 260 263 264 329 330 332 333 335-353 355 357 358 359 Theobald C. 15 Thiising W. 54 Till W. 241 Tolomeo 3 1 254 257-258 270 Tolomeo Filadelfo 1 6 220 223 224 Tommaso d ' Aquino 60 386 Torjesen K . J . 404 Tragan P . R . 80 Treu U . 361 376 Trifone 220 22 1 231 Trigg J . W . 405 Trilling W . 47 Trobisch D . 1 3 29 417
Troger K . W . 245 Tuckett C. 253 Tyson J . B . 134 U lonska H . 87 Vaganay L . 206 Valentino 27 254 Van Den Hoek A. 375 Van Der Waal C. 176 Van Dodewaard J . A . E . 125 Vanhoye A . 1 15 186 187 190 192 194 Vanni U . 1 8 1 Van Unnik W C . 141 273 Vawter B. 176 Venard L . 181 1 82 Vermes G . 36 228 25 1 Verweijs P . G . 61 261 264 Vielhauer Ph. 87 276 281 284287 293 295 299 302 314 3 1 5 317 Visonà G . 220 223 224 228-230 Vogtle A. 57 58 1 1 1 Volkel M . 128 Vòlker W . 376 Vollmer H. 65 Volz P. 3 1 Voss G. 128 Vouaux L. 215 Vouga F. 4 1 Voulet P . 36 1 .
Waibel M . 5 1
418
Waitz H. 276 28 1 287 289 290 294 298 299 3 18 Wallis Budge E . A . 282 294 30 5 Waszi nk J . H . 340 341 347 375 Weiss J . 14 77 Wenham D . 38 Wermelinger O . 15 17 Westcott B . F. 10 Westerholm S. 42 Westermann C. 38 Westphal A. 1 8 1 Wiken hauser A . 195 Wikgren A . 1 8 1 Wilckens U . 1 37 Wilcox M . 40 1 1 8 Wild R . A . 44 Wildberger H. 70 Willis W . L . 80 Wilmart A . 3 1 5 Wilson R. McL . 280 318 Winkelmann F. 395 Wullner W. 87 Wyrwa D. 375 Zahn Th . 337 338 Zani A. 325 Zaphiris G . 376 Zeller D . 57 Ziener G. 169 176 Zimmermann G . 335 Zingerle A. 344 Zumstein J. 20 121
Indice generale
A bbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
pag .
5
Introduzione
La Bibbia come problema alle origini del cristianesimo (Enrico Norelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l.
9
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35 35 38 38 40 41 42 48 54 54
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GES Ù E LE SCRITIURE DI ISRAELE
( Vittorio Fusco) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l . D IFFICOLTÀ DI RICOSTRU ZION E STORICA . . . . . . . . . . . . 2 . U N A VITA I MPREGN ATA DI S CRITTU RA . . . . . . . . . . . . . . 2. 1 . Le Scritture nella vita personale di Gesù . . . . . . . 2 . 2 . Le Scritture nel metodo didattico di Gesù . . . . . . 3. G ES Ù E LA L EGGE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 1 . Il problema storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 2. Gesù fedele alla Legge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 . G ES Ù E I PRO FETI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 . 1 . L'annunzio del Regno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 . 2 . Il mistero della morte e risurrezione del Figlio dell 'uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. G ES Ù E LA S APIENZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. CoN CLUsioNI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.
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L'USO DELLA SCRITIURA NEL PROTO-PA O LO (Giuseppe Barbaglio) . . . . . . . . . . .
l . D ATI
SOMM ARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2 . L A «TEOLOGIA BIB LICA » D E L LA 1 Co R . . . . . . . . . . . . . 2 . 1 . Sapienza umana e sapienza divina ( 1 Cor 1-3) . . . 2 . 2. Fondatezza teologica della risurrezione dei morti ( 1 Cor 15) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 3 . La lezione della generazione dell'esodo ( 1 Cor 1 0 , 1 13). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 4 . Le altre citazioni bibliche di 1 Cor . . . . . . . . . . . . .
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80 83
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3.
LA SCRITTURA IN PAOLO E NELLE COMUNIT À PAOLINE (Rinaldo Fabris) . .
l.
LE CITAZIO N I DELLA SCRITIU RA NELLE LETIERE DI PAOLO LA FORMA DEL TESTO BIBLICO CITATO DA PAOLO . . . . l TESTI BIBLICI E I CONTESTI DELLE CITAZIONI PAOLIN E L'I NTERPRETAZION E D E I TESTI BIBLICI I N PAOLO . . . . . IL RUOLO DELLA « LEGGE» IN PAOLO . . . . . . . . . . . . . . LA SCRITIU RA N ELLA TRADI ZIO N E PAOLINA . . . . . . . . .
3. 4. 5. 6. 7.
4 . LA SCRITTURA NELLA TRADIZIO NE SINOTTICA E NEGLI ATTI ( Vitto rio Fusco)
l.
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IL LAVORÌO SC RITfURISTICO DEI PRIMI CRISTIANI . . . . 1 . 1 . L a passione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 2. Le parabole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 3 . I miracoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. MARCO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . .
.
. 2. 1 . La novità di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 2 . La storia della salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 3 . Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . MATIEO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 1 . Gesù e l'AT nella prospettiva di MT . . . . . . . . . . 3 . 2 . Gesù e la legge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 3 . Gesù e i profeti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 4. Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. L'oPERA LUCANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. 1 . Israele e le Scritture nella teologia lucana della continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2. La legge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 . 3 . L'aspetto profetico delle Scritture . . . . . . . . . . . . . . 4. 3. 1 . Sotto il segno dell'adempimento . . . . . . . . . . . . . . 4 . 3 . 2 . Citazioni scritturistiche nel Vangelo lucano . . . . 4. 3.3. Cita z ion i scritturistiche negli Atti . . . . . . . . . . . . . 4 . 4 . Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 . OSSERVAZION I CONCLUSIVE GEN ERALI . . . . . . . . . . . . . .
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125 1 29 1 30 131 1 35 1 36 1 42 146
. . O. . 0.2. Metodologia e scopo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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151 15 1 151 1 52
Gv . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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153 1 53
5. O.
LA SCRITTURA NEL VANGELO E NELLE LETTERE DI GIOVANNI ( Giu-
seppe Segalla ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I NTRODU ZIONE . . . . . - - . . - . - - . . . . . . . . . . . - . . - - . . . l . L o «Status questionis» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
l . I L TESTO DELLA SCRITIURA ED I L SUO USO CRISTI A N O IN
l . l . Il testo e i testi della Scrittura . . . . . . . . . . . . . . . .
420
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1 . 2 . Le form ule introduttorie e la struttura del quarto Vangel o . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 3 . L'interp retazione della Scrittura: dalla tipologia verso l a metafora .. .... . .. 2. LE GRA N D I TRADIZIONI BIB LICHE E LA LORO I NTERPRE.
TAZIO N E CRIS OANA
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L'USO DELL'ANTICO TESTAMENTO NELL'APOCALISSE ( Bruno Corsani) . . . . .
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. . 2. 1 . 1 . L a Legge ( Torà) nel quarto Vangelo . . . . . . . . 2. 1 .2. La legge ( Torà) come storia . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 2 . I profeti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 2 . 1 . Il ciclo di << Elia- Eliseo>> . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 2 . 2 . I profeti scrittori ed Isaia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 3 . I Salmi ed i Sapienziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . LA CRISTOLOGIA : CO D ICE CON CUI Gv LEGG E LA SCRITTURA .
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3 . 1 . Critica all'interpretazione giudaica della Scrittura 3 . 2 . Uso simbolico della Scrittura . . . . . . . . . . . . . . . . .
l.
154
161 161 161 1 63 167 1 67 167 168
.
2. 1 . La Tora o Pentateuco
6.
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IL VEGG EN fE , LA S U A COM U N ITÀ , LA SUA VOCAZION E 2. G LI AVVENIM ENTI ESCATO LOGICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 1 . G i ud izi o e castigo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2. Promesse e realizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . GESÙ CRISTO , LA SUA PERSONA E LA S UA OPERA 4. l CREDENTI . LA CHIESA .
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7 . IL D IB A ITITO l.
2. 3.
CON IL GIUDAISMO NEL Il SECOLO . TESTIMONIA ; B ARNAB A ; GIUSTINO ( Enrico Norelli) . . . . . .
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I testimonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LA POLEMICA SU LLA LEGGE. L'«EPISTOLA DI BARNABA» Gi USTINO MARTIRE .
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8 . GLI GNOSTICI E MARCIONE LA RI1.
SPOSTA DI IRENEO
I NTRO D U ZION E l GRUPPI G NOSTICI •
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( Claudio Giannotto )
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2. 2. 1 . Uno sguardo particolare sul NT: l'irrilevanza del Gesù della storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . 2 . Tra diffidenza e rifiuto radicale : l'ambiguità del.
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1 'AT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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239 42 1
2. 3 . Interpretazioni gnostiche dell'AT . . . . . . . . . . . . . 2.3. 1 . Interpretazioni allegoriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.2. Esegesi protesta/aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.3. Riscrittura dei racconti biblici . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4 . Interpretazioni gnostiche del NT . . . . . . . . . . . . . . 2.4. 1 . Eracleone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4.2. Tolomeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4. 3. Teodoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . MARCIONE 3 . 1 . La m u t i l azione del NT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 2 . Interpretazi one escl usivamente letterale del l ' AT . 4. I L «CONFLITIO DELLE I NTERPRETAZIONI» N E L SEC . I l : .
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IRENIOO DI LION E E L A R EAZION E D ELLA GRA N D E CHI ESA
4. 1 . Lo svil uppo dell' interpretazione tipologica . . . . . . 4. 2 . La critica de l l 'esegesi gnosti ca e m arcionita . . . . . 4. 2. 1 . Le obiezioni alle tecniche esegetiche degli gnostici 4. 2. 2. Un criterio esterno di legittimazione dell'esegesi: la normatività della tradizione ecclesiastica garan tita dal principio di successione apostolica . . . . . 9. I
VANG ELI GIUDEOCRISTIANI
(Luigi Cirillo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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(Emanuela Prinzivalli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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L'ESEGESI DI IPPOLITO
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LA BIBBIA E L'APOLOGETICA LATINA ( Claudio Moreschini) . . . . . . . . . . . . . . . . .
LA LETIIORATU RA CRISl iANA DI FRONTE A L TESTO SACRO 1 . 1 . Tert u l l i a no . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1 . 1 . 1 . L 'ispirazione delle Scritture 1 . 1 . 2. /l canone scritturistico . . . . . . . . . . . . 1 . 1 . 3. Testo greco o versione latina? . . . . . 1 . 1 . 4. Criteri di esegesi biblica . . . . . . . . . . 1 . 1 .5. Principi di esegesi tertullianea . . . . . 1 . 1 . 6. Allegorie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 1 . 7. Figure 1 . 1 . 8. Tertulliano e la tradizione esegetica 1 . 2 . Cipriano 1 .3 . Novaziano . .
422
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1 . 1 . I l Vangelo dei nazareni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 2 . Il Vangel o seco ndo gli ebrei . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 3 . Il Vange lo degli ebioniti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. TESTIMONIANZE E FRAMM ENTI
11.
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245 245 248 25 1 254 254 257 258 260 26 1 262
275 276 289 294 298 303
l . I NTERPRETAZI O N E D ELLE TESTIMONIANZE
10.
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12. l.
C LEMENTE DI ALESSANDRIA (Carlo Nardi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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SCRIITU RA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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I L SUO ITI N ERARIO I N TELLEITUA L E E S PIRITUA L E , E
2 . LE FONTI DELLA CO N OSCE N ZA RE LIGIOSA 3 . LA fRA DIZIONE E LA ScRIITU RA 4. IL TESTO BIBLICO DI C L E M E NTE 5 . L' ERM EN EUTICA 6. LA B I B B I A E IL SUO STU DIO . . . . . . . . . . . .
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1 3 . ORI GENE (Sandro Leanza) . . . . . . . . . . . . . . l . SENSO LEITERALE E SENSO SPI RITU A LE 2 . L AL L EGOR ESI 3 . COM M E NTA RI , OMELIE, SCOLli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3. 1 .
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S u l Vecchio Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3 . 2 . Sul Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3.3.
Al tri scritti esegetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
BIBLI O GRA F IA
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Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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361
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36 1 364 366 368 369 373
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377 3 77 386 394 396 40 1 404 405
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