Wolfgang Schmid
Epicuro e
/epicureismo cristiano Edizione italiana
a cura
I taio Ronca
di
Paideia Editrice
Titolo originale dell'opera: Wolfgang Schmid art. Epikur, in Reallexikon fur
Antike und Christmtum v (r96r) 68r-8r9
Traduzione italiana di Italo Ronca
© Anto n Hiersemann Verlag, Stuttgart 1961 © Paideia Editrice. Brescia 1984
PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA
Nella dedica del fascicolo XI (I 98 I) di «Cronache Ercola nesi» alla memoria di Wolfgang Schmid, Marcello Gigante riservò un intero paragrafo (p. 6) al suo Epikur: Il culmine del suo interesse epicureo (. . . ) può ritenersi, senza ombra di dubbio, la voce Epikur nel Reallexikon fi.ir Antike und Christen tum (V 1961), che non è soltanto un preciso bilancio storiografico, ma soprattutto un approfondimento della interpretazione spiritua listica di Epicuro che ebbe in Ettore Bignone, da Schmid conosciuto e amato, uno dei più autorevoli sostenitori. Questo saggio ebbe una possibilità di essere tradotto in italiano, e sarebbe stata una fortuna per i nostri studi. Ma, svanita l'occasione, l'impresa non è stata più possibile, perché il progresso della ricerca avrebbe richiesto un ag f!.iornamento che Schmid per lo scrupolo che caratterizzava il suo modo di lavorare non ebbe la forza di affrontare. Tuttavia è auspi cabile cbe un giorno tale saggio, messo a punto, possa essere tradot to ,;ella nostra lingua, in cui malauguratamente, per pronto servili smo, è stata tradotta una compilazione del Rist. Una traduzione è tanto più auspicabile in quanto tutti sappiamo che Schmid non tra scurava i contributi degli studiosi italiani, di cui era giudice sereno.
Ecco dunque l'auspicata traduzione italiana, a giustifica zione della quale basti aver citato l'autorevole filologo par tenopeo. Vorrei solo aggiungere che essa deve la sua esisten za all'iniziativa e alla tenacia dell'amico (e maestro) Giu seppe Scarpat, e che non è sorta in séguito agli auspici di M. Gigante (a cui pure mi sento gran debitore), ma fu ini ziata oltre un decennio fa, quando il sottoscritto, che allora insegnava lingua e letteratura italiana nell'Università di Bonn, ebbe la fortuna di seguire per due semestri le lezioni 7
e i seminari su Lucrezio del compianto Wolfgang Schmid. Purtroppo l'autore, scomparso di recente ( 2 3. r r. r980), non ha potuto aggiornare e rivedere il testo, come avrebbe desiderato. Ho cercato di aderire all'originale nei limiti del possibile, talora anche a scapito di una scorrevolezza di comodo, non tanto per far cosa grata all'autore, che preferiva la 'fedeltà' al bello stile, quanto per evitare i trabocchetti di un testo irto di difficoltà di ogni genere. Naturalmente, mi sono preoccupato di interpretare piuttosto lo spirito che la lette ra. Prima di tutto ho dovuto ridurre a un minimo di sop portabilità lo stile pesantemente nominale e periodico del l'originale; poi ho dovuto spesso attenuare le eccessive sfu mature di cautela (le infinite particelle modali); quindi ho dovuto decidere quali fossero i dati parentetici da relegare in nota e quali da lasciare nel testo; infine ho cercato di 'ag g,iornare' le note entro i limiti del possibile e sempre indi cando in parentesi quadre le mie aggiunte all'originale. Quanto alla bibliografia generale, ho creduto opportuno ag giornarla con l'inclusione di opere specialmente su Epicuro e la sua scuola fino a Filodemo. Più che una bibliografia ag giornata in ordine alfabetico e cronologico, sarebbe stato ne cessario un intero capitolo supplementare dedicato a una rassegna critica, per soggetti, della bibliografia epicurea po steriore al 1960. Mi è mancato il tempo; questo compito po trà essere assolto da un futuro borsista del Centro lnterna zionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi o di qualche dot to collega del moderno Circolo Epicureo Campano. Mi auguro che questa traduzione renda accessibile agli studiosi italiani un 'opera importante, il cui originale è let tura non facile per lo stesso pubblico tedesco. Pretoria, settembre 1 9 8 3 .
lTALO RoNcA
PARTE PRIMA
VITA , OPERE, DOTTRINA, SCUOLA
CAPITOLO PRIMO
LA VITA
Epicuro nacque all'inizio del 341 a.C. e trascorse la pri ma giovinezza a Samo, dove suo padre, che la tradizione vuole maestro elementare, era andato a stabilirsi come cle ruco ateniese. All'età di 1 4 anni iniziò lo studio della filo sofia presso il platonico Panfilo 1, il cui insegnamento non poté tuttavia soddisfare lo scolaro e fu di brevissima durata. Maggiore importanza ebbe per lui il triennio ( 3 2 7-324) passato nella città ionica di Teo presso la scuola del demo criteo Nausifane, dal quale poté conoscere la dottrina de gli atomi e del piacere come fine ( "t'ÉÀoc;) ultimo 2• A I 8 anni Epicuro dovette recarsi ad Atene per pre starvi il servizio biennale di efebo. Durante questo biennio fu suo commilitone Menandro, il futuro celebre commedio grafo 3• Nel comunismo cameratesco, quale Epicuro dovette sperimentare nell'istituto dell'efebia, è stata vista l'origine prima di quel sentimento comunitario che più tardi sarà co sì intensamente coltivato da maestro e discepoli nella vita della scuola : la cosa non è improbabile, ma si può affermare con meno sicurezza di quanto non abbia fatto lo Schwartz, I. Cic. nat. deor. 1,72: Pamphilum quendam Platonis auditorem ait a se Sami auditum, ibi enim adulescens habitabat cum patre et fratribus, quod in eam pater eius Neocles agripeta venerai, sed cum agellus eum non satis aleret, ut opinor, ludi magister fuit. 2. Sulle corrispondenze terminologiche e dottrinali fra Nausifane ed Epicuro cfr. W. Schmid, Ethica Epicurea, commento a col . 13,8, e soprattutto Festugiè re, Epicurus, 23 n. 3 3· Cfr. M. Pohlcnz: Il ermes 78 ( 19-B) 274-275 ( 1 959) I/0.
c
W. Schmid: Rh. Mus.
102 l I
Epikur, 144 4 • È possibile che Epicuro, durante il suo pri
mo soggiorno ateniese dal 3 2 3 al 3 2 1, abbia occasionai mente utilizzato il tempo libero per ascoltare le lezioni di Senocrate, del quale lo indica uditore una tradizione risa lente a Demetrio di Magnesia Quando l'infelice esito della guerra lamiaca ( 3 2 3 -3 2 2 ) ebbe segnato la fine del do minio di Atene su Samo e quindi delle possibilità dei co loni attici ivi residenti, Epicuro, terminato il servizio mi litare, si recò a Colofone, dove suo padre era intanto an dato in esilio. Il decennio successivo rappresenta per Epicuro una fase di maturazione interiore, nella quale egli , come si può sup porre, cercò di chiarire e di verificare le sue idee fonda mentali nel dibattito con le filosofie platonica e peripate tica. Poco sappiamo di questo periodo; ma resta del tutto incerta per es. la tesi del De Witt, Epicurus, 5 6-6o, fon data su premesse in parte erronee, secondo la quale, subi to dopo l'efebia, Epicuro a7rebbe studiato a Rodi presso il peripatetico Prassifane 6. Le prossime tappe attestate con certezza nella vita di Epi curo sono Mitilene a Lesbo e Lampsaco sull'Ellesponto . Qui Epicuro allacciò quei rapporti di amicizia che tanta importanza avrebbero avuto per le future sorti della scuo la: Ermarco, suo primo successore, era origin:1rio di Miti5.
-4· Cfr. anch:: sotto, pp . 69 ss.
5· Usener, Epicurea, 366,3 [= Diog. L. 10,1 3 ] : �EJ..rT]'tp�oc; òé cpl)cr�v Ò Mtiy Vl)c; xoct E'Evoxpa:touc; ocù,;òv &:xoi:icroc�; più cautamente Cic. nat. deor. 1 ,72: Xenocraten audire potuit (quem virum, dii immortales!), e t sunt qui put�nt audisse; ipse non vult; credo plus nemini.
6. Questa ipotesi è riferita acriticamente dal Festugière, Epicurus, 23 n. r; ge· neralmente tuttavia si considera il nome eli Prassifane interpolato nell'unica testimonianza addotta a favore di questo discepolato di Epicuro, cioè Diog. L. 10,1 3 ; cfr. F.Jacoby, Apollodors Chronik ( 1902 ) 354, fr. 75; M. Pohlenz in: GGA 1 98 ( 1 936) 525 con nota � e C.O. Brink in: Class. Quart. 40 ( 1 946) 23 ; sull'origine dell'ipotesi del De Wi:t dà un giudizio sostanzialmente giusto il Freymuth, Recensione, 26-29 , che va qui tenuto presente. 12
lene; Metrodoro e il fratello Timocrate, Idomeneo, Leon teo e la moglie Temista , Colote e Polieno, di Lampsaco 7 • Secondo Apollodoro 8, Epicuro iniziò un'attività didattica vera e propria soltanto a 3 2 anni, durante il soggiorno a Mitilene, da dove si trasferì ben presto a Lampsaco. Il suo insegnamento a Mitilene e a Lampsaco va dal 3 r r / 3 r o al 307/ 3 06 , quando il filosofo si stabili definitivamente ad Atene con una parte considerevole dei suoi allievi. Il Bignone 9 ha creduto di poter ricavare da un papiro assai lacunoso, confrontato con lo pseudo-platonico Eryxias 3 99a e con il racconto riferito a Ermarco ed Epicuro del pa piro ercolanese edito dal Cronert, col. 9 8 , una scena che ci mostrerebbe Epicuro nella controversia con un'autorità di Mitilene intervenuta contro di lui a causa della sua dottri na. Si tratta di ingegnose combinazioni per sé non assurde, ma bisogna riconoscere che difficilmente convince il modo particolare della loro connessione con l'ipotesi di <
8. F. Gr. Hist. 2 244 fr. 4 2 Diog. L . ro,r4 : ... Ù1tocpxov'toc ò'ocu'tòv É'twv ouo xoc� 'tp�cixov'toc 1tpw'tov Év Mu't�À.iJvn xocL AocJ.l\jJocx� o-uo-'ti)o-oco-froc� o-xo· À:i)'.l Ém E'tlJ rcÉv'tE" �1tE�fr'oihwc; ELc; 'Aih'Jvocc; J.lE'tEÀfrE�v, « .. . [dice Apollodoro nelle Cronache : J A trentadue anni apri e tenne la sua scuola, prima a Mitilene e a Lampsaco, per cinque anni, poi la trasferl ad Atene . .. ». 9· L'Aristotele perduto n, 1 20 s. ro. V. Pohlenz in: GGA 198 ( 1936) 525, il quale giustamente chiama questa scuola un prodotto della fantasia, non esistendo testimonianze di alcun genere che Aristotele, prima di lasciare Mitilene nel 343/342, vi abbia istituito una scuola. ,
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13
ti di Samo e Lesbo. Il Diels , Fragment, 8 8 8 , crede di po ter dedurre da questo dato di fatto un'avversione di fondo ai circoli letterari di Atene e uno stridente contrasto col mondo degli scrittori ivi dominante: illazioni indebite, potendosi ammettere con certezza soltanto che l'ambien te avrà parzialmente influito sulla scelta dei vocaboli e sul lo stile 11• Per quanto concerne la sostanza della filosofia epicurea, nonostante la sua ricettività nei confronti dei contribu ti specifici degli Ioni ( la filosofia naturalistica ionica! ), al cuni suoi elementi appaiono addirittura espressioni tipi che dello spirito attico. Nondimeno a questa «lontananza da Atene» di Epicuro durante la prima metà della sua vi ta va attribuita un'importanza particolare, in quanto essa contribui a preparare quella che si potrebbe chiamare la dimensione ecumenica del filosofo: il quale, anche dopo essersi definitivamente stabilito ad Atene, non solo non in terrompe i contatti con i discepoli e gli amici in Asia e sul le isole, ma anzi coltiva intensamente ed amplia le sue re lazioni con le comunità lontane come «basi strategiche» della propria dottrina 12 • La decisione, nel 3o7/3o6, di fondare una scuola nel cen tro spirituale dell'Ellade non dovette essere affatto insoli ta per il cittadino ateniese Epicuro 13• Essa poté esser det tata dalla consapevolezza «che allora non c'era dottrina che potesse sperare di affermarsi e di durare, se non aves se osato rivaleggiare con le potenti organizzazioni, fondate ad Atene da Platone e Teofrasto, nella stessa Atene» 14• rr. Sulla lingua e lo stile di Epicuro, v. P. Linde, De Epicuri vocabulis e cfr. sotto, pp. 48-57. r2. Sulle lettere di Epicuro a comunità lontane v. sotto, pp. 77 s. 13. Può semmai stupire la scelta del momento storico, immediatamente dopo la caduta eli Demetrio Falèreo e la restaurazione dell'antica democrazia.
q. Schwartz, Epikur, 145: «dass keine Lehre damals Aussicht hatte, sich durch-
Del resto, sempre ad Atene, già qualche anno più tardi sa rebbe stata fondata la Stoa ad opera di Zenone, venuto ad Atene nel 3 1 2 h II Sembra che subi to dopo il trasferi mento Epicuro acquistò quel giardino (xfj1toç), dal quale non di rado ebbe il nome la comunità di scuola e di vita da lui fondata 15• Egli guidò quindi la scuola con risonan za sempre crescente per più di tre decenni e mezzo, un periodo dal quale conosciamo le date per alcune delle sue opere e lettere. Sappiamo inoltre che lasciò Atene anco ra due o tre volte per viaggi in Asia Minore 16• All'inizio vi furono diversi pericoli da superare, come dimostra il racconto di Plutarco, Vita Demetrii 34, in cui si allude ai primi tempi dell'organizzazione della scuola : durante il se condo assedio di Atene da parte di Demetrio Poliorcete nel 294, Epicuro appare nelle vesti del buon padre di fa miglia intento a distribuire le scarse razioni di viveri ai compagni della scuola 17• Di grande importanza sono i compendi biografici nel l lndex nominum degli Epicurea dell'Usener, 404-406; per i tentativi, conseguenti allo studio dei papiri , di superare in questo o quel particolare i suoi punti fermi, va qui ri cordato, come rappresentativo, almeno il nome di A. Mo migliano 18• Senza dubbio l'opera di Epicuro si era ormai consolida.
'
zusetzen
und zu dauern, die es nicht wagte, mi t den machtigen Organisationen, die Plato und Theophrast in Athen geschaffen hatten, in Athen selbst zu rivalisieren» .
15. In continuazione di espressioni come i) Év 't@ XTJ1t� s�cnp��,;, o simili. 16. Diog. L. xo,IO: lite; iì 'tptç dc; ,;oùç 1tEpL ,;-l)v 'Iwv,ocv 't61touç 1tpÒç ,;oùç cp0..ouç O�OCOpOCJ.léV'tOC, «solo due o tre volte si recò in visita dagli amici in località della Ionia». J7. Plut. Demet. 34= 't6'tE xoct 'tÒV cp�À.6tro<;>OV 'E1tlxoupov LO"'tOpoucn. s�ocfrpÉ I)ioc� 'tOÙç O"Uvi)frE� xutiJ.louç 1tpÒç cip�frJ.lÒV J.lE't'ocù'twv o�ocvEJ.léJ.lEvov, <
>.
r8. In : Riv. fil. class. 13 ( 1935) 303 ss.
15
ta, quando egli morì nel 2 70, all'età di 72 anni. Gravi sof ferenze fisiche inchiodarono a letto il vegliardo 19, che tut tavia, fedele alla sua dottrina, conservò la tranquillità e la serenità dell'anima sino alla fine. Profonda impressio ne ha fatto fin dall'antichità la sua lettera a Idomeneo, det tata sul letto di morte, un documento davvero commovente della più grande umana fortezza: «Vi scrivo queste parole mentre trascorro un giorno beato e insieme l'ultimo della mia vita. I dolori alla vescica e alle viscere sono ormai tali che non possono più crescere in intensità. Eppure tutto ciò è compensato dalla gioia del cuore al ricordo delle nostre passate conversazioni filosofiche. Ma tu, conforme alla in clinazione da te manifestata fin da ragazzo verso di me e verso la filosofia, abbi cura dei figli di Metrodoro» 20• Al trettanto celebre per la sollecitudine verso i «compagni di filosofia» (cru�
J6
co e ai suoi successori» 21 • Sull'istituzione testamentaria di un culto commemorativo in onore di Epicuro e di Me trodoro, cfr. pp. 99 ss. Un altro particolare del testamento richiede una spiegazione diversa da quella dell'Usener, se guito da F. Jacoby 22• Ci si consenta di trattarne brevemen te a motivo della grande autorità dell'Usener in tutte que ste questioni. Nella sua disposizione testamentaria (Diog. L. ro,r8 ), Epicuro indica come suo compleanno il ro di Gamelione. La data è in contrasto con quella indicata da Diog. L. ro,q ( fuori del testamento ), che la anticipa al 7 di Gamelione. L'Usener crede di poter rimuovere que sta discrepanza con la seguente considerazione: An Epi curus die VII natus quod die X susceptus erat, bune potius diem celebrabat? 23• La proposta riesce poco persuasiva. Si dovrà piuttosto supporre che l'indicazione del testamen to corrisponde alla realtà, mentre la contrastante notizia di
Diogene Laerzio potrebbe rispecchiare una tendenza di tem pi più recenti incline a festeggiare il compleanno di Epicuro in quel giorno del mese che si considerava particolarmente sacro ad Apollo, divinità con la quale il festeggiato do vette esser messo in relazione prossima 24• Quakhe cenno ancora sul ritratto di Epicuro 25, noto at traverso due esemplari menzionati in iscrizioni : una dop pia erma conservata nel Museo Capitolino e un piccolo 26
21. Così U. v. Wilamowitz, Antigonos von Karystos ( r88r),
288 s.: «nur die Servitut darauf lastete, Hermarchos unJ seinen Nachfolgern den Niessbrauch zu iiberlassen». 22. Rispettivamente in Epicurea, 405 e Apollodors Chronik ( 1902 ) , 354· 23. «Forse Epicuro, che era nato il 7, celebr:�va [il genetliaco] il ro, data in cui il neonato era stato ufficialmente r:conosciuto dai genitori?». 24. Così, giustamente, Wilhelm Schmidt, Geburtstag im Altertum ( 1908), 43 s., 89; dr. anche P. Boyancé, Le cul:e des Muses (Paris 1937), 324 n. 2.
25.]. Bernouilli, Griechische I konographie
n ( 1901 ), 122 ss.; Hek.ler-Heintze, BildniSJe beruhmter Griechen ( 1 94 0), 36 s.; L. Laurenzi, Ritratti greci ( 1941). N. 65 ; G. Lippold, Die griechische Plastik ( 1950), 314 n. 13. 26. Arndt-Amelung, Photograph. Einzelaufnahmen antiker Skulpturen . ro81 ss.
busto di bronzo proveniente dalla Villa dei Pisoni ed ora nel Museo Nazionale di Napoli , N . 5465 27• Di esso si sono potute segnalare altre 24 repliche, di cui le più importan ti si trovano a New York 28, Berlino 29, Copenhagen 30, nel Museo Capitolino 31• La testa di Epicuro appare anche su gemme 32• Originariamente essa faceva parte di una statua in posizione seduta, che si è potuta identificare dall'abbi gliamento ricorrente nel busto capitolino e di cui si sono conservate quattro repliche, la più importante ora nel Pa lazzo Margherita 33• Nell'originale, scolpito verso il 270, è ritratto un pensatore animato da un movimento interiore, dal volto nobile ed aristocratico, incorniciato da barba e capelli lievemente ondulati. La fronte, profondamente sol cata dall'intensa vita spirituale; lo sguardo interiorizzato degli occhi sereni ; le sopracciglia, bruscamente inarcate, che tradiscono una passione contenuta ; le gote infossate di chi non fu risparmiato dal dolore fisico e la bocca fine mente modellata determinano la nobiltà di questo indi menticabile volto. Per le testimonianze di antichi autori sui ritratti di Epicuro su coppe ed anelli, cfr. p. 99; per la coppa di Boscoreale, p. 128. In una composizione a tre figu re della Villa di Boscoreale 34, il filosofo appoggiato a un no doso bastone a sinistra può considerarsi senz'altro Epicu ro data la sorprendente somiglianza con i ritratti di lui sicuramente autentici , tanto più che al suo anello appare 27. Laurenzi, loc. cit. 28. Brunn-Arndt, Griechische und romische Portriits , 1089·109o; K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner und Denker ( 1 943), I I 9.
29. Brunn-Arndt, 40. 30. Arndt-Amelung, Photo[!,raphische Einzelaufnahme n antiker Skulpturen , 3 1 . Brunn-Arndt, ro81·1087. 38·39. 32. A. Furtwangler, Die an t iken Gcmmen ( r9oo), tav. 43,5. 33· G. Lippold, Griechische Portriitstatuen ( 1 9 1 2), fig. 1 7; Arndt-Amelung, Photographische Einzelau/nahmen antiker Skulpturen, 2092-209.� · 34· Cfr. L. Curtius, Die Wandmalerei Pompe;is ( 1 929), IJ8 s. e 279 s.
una E 35• Il suo sguardo incontra la figura dall' os columna tum in primo piano a destra (discepola o discepolo regale?), figura che in nessun modo può essere interpretata con il Brendel come l'etera di Epicuro Leonzio36 : lo dimostra, oltre al copricapo, lo scettro tenuto dalla figura sullo sfon do (che potrebbe essere benissimo, nell'insieme della com posizione, il bastone del filosofo) e lo scudo macedone. La composizione va considerata in relazione a quell'antitesi fi losofo-sovrano, di cui ha trattato l'Alfoldi 37• 3.5.Così anche O. Brendel in: Am. Journ. Philol . 75 (1954) 408 contro Ph. Williams Lehmann, Roma n Wallpaintings from Boscoreale (Cambridge/M. 1953), 33 n. 19 e 35 n. 30; E. Simon, Die Furstenbilder von Boscoreale ( 1 95 8 ), 36. Cfr. sotto, p. 72. x8. 37· In : Scientiis Artibusque, Acta Acad. Cathol. Hung. r (Roma 1958) 7-19; dr. anche Id. in: Late Class. and Mediaev. Studies in Honor of A.M. Friend (Princeton 1955), 1 5 ss. e tav. -4.
CAPITOLO SECONDO
LE
OPERE
I. I FONDAMENTI GENERALI DELLA TRADIZIONE
Le opere di Epicuro sono andate perdute, ad eccezione di pochi scritti (alcune lettere e una raccolta di detti) tra mandatici testualmente da Diogene Laerzio nel x libro del le Vite, dedicato alla biografia del fondatore del Giardino. Tuttavia, anche se quasi totalmente perdute, esse possono essere ricuperate in una certa misura, almeno in citazioni ed estratti, oppure ricostruite per sommi capi attraverso il racconto di altri. Un cospicuo supplemento alle notizie riportate da Dio gene Laerzio è costituito dai papiri di Ercolano. Fra questi si trovano solo esigui resti di opere originali di Epicuro; tuttavia gli scritti di tardi epicurei 1 presenti fra i papiri , anch'essi più o meno frammentari, contengono parecchi bra ni sicuramente di Epicuro: tanto più che, anche nelle fa si più tarde dello sviluppo della scuola, non è affatto inso lito il riferimento diretto al maestro e il continuo richiamo alla sua dottrina, fino a ripeterne le testuali parole. A Diogene Laerzio e ai papiri va aggiunta la monumen tale iscrizione parietale di Diogene di Enoanda, nell'Asia Minore 2• Possediamo poi diversi testi letterari , greci e la tini : fra i primi, i più importanti sono alcuni scritti conte nuti nei Moralia di Plutarco e dedicati alla discussione cri tica della filosofia epicurea; fra i secondi, il poema didascar. Filodemo, Po!istrato, Demetrio Lacone ed altri; dr. pp. 41 ss. e IIJ ss. 2• Cfr. sotto, pp. -47 s. e r3 2 .
21
lico di Lucrezio le esposizioni di interlocutori epicurei e la critica che ad essi muovono gli avversari nei dialoghi di Cicerone; finalmente questo o quel materiale epicureo in Seneca. In conclusione, nonostante lo stato di conserva zione frammentario dell'intera opera, disponiamo di suf ficiente materiale per poter ricostruire con successo la dot trina di Epicuro, anche se in non pochi particolari, come per esempio in una difficile questione riguardante la teolo gia, permangono delle oscurità. In età moderna, il primo ad assumersi il compito di tale ricostruzione è stato il filosofo Gassendi, il quale, per quan to glielo permettessero i limitati mezzi del tempo, si è reso assai benemerito negli studi su Epicuro 4• Ma è soltanto la stupenda raccolta dei frammenti dell'Usener, del I 887, che ba ampiamente rielaborato, oltre al materiale offerto da Diogene Laerzio, le esposizioni e le notizie dossografi che degli antichi, utilizzando nello stesso tempo i papiri ercolanesi . Questi, scoperti fra i l r 7 5 2 e il I 7 54 dalla me tà del secolo scorso erano divenuti oggetto di sempre più in tense ricerche. Gli Epicurea dell'Usener sono ancora oggi fondamento e punto di partenza di ogni ricerca su Epicuro e tali resteranno ancora per molto tempo, anche se, per una casuale scoperta a'Jvenuta poco dopo la loro pubblicazione (Gnomologium Vaticanum ) , in questo singolo punto sono ora superati. Del resto, sono superati anche perché lo stu dio dei papiri utilizzati dall'Usener ha compiuto un progres so non irrilevante dal tempo degli Epicurea, rendendo fra l'altro accessibile ulteriore materiale. Questo progresso è dovuto non da ultimo proprio all'opera dell'Usener. Si au spica che la già annunciata, urgente ristampa anastatica de3,
5,
3 · Cfr. sotto, pp. u r ss. 4 · Pierre Gassendi, De vita, moribus et doctrina Epicuri, Lione 1647. 5· Cfr. W. Schmid in : La Par. del Pass . ro ( 1955) 478 s. e specialmente C. Jensen in: Bonncr Jahrbiicher 1 35 ( 1 930) 49-6 1 .
22
gli Epicurea includa, in appendice, sia il Gnomologittm Va ticanum, accompagnato da un breve commento alla maniera dell'Usener6, sia una concordanza aggiornata di tutti i testi papiracei (per i quali disponiamo oggi di edizioni migliori , anche se non sempre facilmente reperibili) 7 . II . I TESTI NON FRAMMENTARI IN DIOGENE LAERZIO
In primo luogo presentiamo, nell'ordine seguito da Dio gene Laerzio e caratterizzandoli brevemente, i quattro mag giori testi di Epicuro. Ai quali facciamo seguire la silloge vaticana ( Gnomol. Vat. ), sostanzialmente simile all'ultimo brano (le Ratae Sententiae ) . Per la bibliografia essenziale, si veda infra, p. 3 5. r.
Lettera a Erodoto ( Diog. L. r o,3 5-8 3 )
Contiene le teorie fondamentali della fisica atomistica, della quale è, con il poema di Lucrezio, la fonte più comple ta e più preziosa, essendoci rimasti soltanto scarsi fram menti della principale opera fisica di Epicuro 8 • La lettera vuol essere un'epitome per coloro che non possono studia re in modo preciso ed esauriente tutto ciò che Epicuro ha scritto sulla natura, « affinché almeno conservino la memo ra dei principi fondamentali» 9, ma vuole anche essere utile «a coloro che sono già sufficientemente progrediti nella vi sione del tutto, quale compendio elementare dell'intera ma6. Analogo, nella fattispecie, ai Sententiarum selectarum testimoniJ in Epicu rea, 394-398. 7· [La ristampa anastatica degli Epicurea è uscita nel 1 966 (Verlag B.G. Tcub ner, Stuttgart), ma senza l'auspicata appendice ] . 8 . Cfr. sotto, pp. 3 6 ss. 9 . dc; "tÒ xoc"tocrrxEi:v "twv oÀ.orrxEpw"tci"twv lìo!;wv "tljv J.lVTl!..tlJ v.
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teria» 10, affinché, nel loro travaglio inteso a precisare ogni singolo particolare 11, cioè nella ricerca speciale, non perda no l'ancor più importante visione del tutto ( 10,35 -36) . Pas sati in rassegna i requisiti metodologici dell'indagine scien tifico-filosofica ( 1 0,37b - 3 8a) e i tre principi della cosmolo gia 12, sono trattati fra l'altro i seguenti argomenti: materia e vuoto come principi assoluti dell'universo; atomi; illimi tatezza dell'universo riguardo alla quantità dei corpi e alla grandezza del vuoto; moto degli atomi; numero immenso dei mondi; eidola (piccoli simulacri ) come condizione sia del processo visivo sia della comprensione dianoetica; altre percezioni sensorie (udito e olfatto) ; proprietà degli atomi; loro grandezza ; limitatezza del loro numero in un corpo li mitato; teoria del minimo; ancora moto degli atomi; quindi dei loro aggregati (cruyxpi.crw;); anima come aggregato di atomi e non come sostanza incorporea; proprietà essenziali ( cruiJ.�E�l)XO"t'a) e condizioni accidentali e transitorie ( cruiJ. TI"t'WIJ.a"t'a) di un corpo; il tempo; origine e fine dei mondi; loro forma ed essenza; origine del linguaggio come prodot to di evoluzione secondo leggi di natura; i fenomeni celesti . La chiusa della lettera ( Diog. L. 1 o,8o-8 3 ) fa chiaramen te intendere che lo studio della natura non è fine a se stes so. Significative espressioni indicano il fine ultimo al quale ogni scienza naturale ( q>vcr�oÀoyi.a) deve servire: liberare l'anima umana da tutte quelle inquietudini ed ansie che so no l'inevitabile conseguenza di opinioni errate sull'essenza dell'universo o di spiegazione insufficiente dei fenomeni na turali; insomma, assicurare l'atarassia. Senza 'fisiologia' niente atarassia. IO. [xoct 'tOÙc; 1tpO�E�l)X6'tocç OÈ: �:x:ocvwc; Èv "t'TI vwv oÀ.wv È'lt��À.Étj;E�) 'tÒV 't'V 'ItOV 'tlJc; oÀ.l)c; 'ltPOCY[lOC'tda.c; 'tÒV xa.uo-'to�xE�w[-l.Évov [oE� J.lVl}J.lOVEvav ] . I r. -rò Y.a.-roc J.1Époc; àxpL�WJ.lOC 'ltOCv. I 2 . I . Nulla nasce dal non-esistente, 2 . nulla diventa non-esistente, 3 · (come conseguenza del 2 ) l'universo, in quanto totalità dell'esistente ( ro,J8b-39a), è immutabile.
Allo scopo di illuminare alcuni punti parcicolarmente dif ficili di questa lettera, ricordiamo fin da ora specialmente C. Bailey, Epicurus, 2 5 9-74: 'Appendix. On the meaning of E'lti.�OÀ.'Ì} 'tfjc; or.avot:ac;'. Questo termine denota la compren sione dei simulacri più tenui da parte della or.civor.a, atto che va distinto dal processo di percezione sensoria propriamen te detto, ma che aggiunge all'edificio della aì:cnh)crr.c; per co si dire un altro piano 13• Per la dottrina dei minimi, con la quale Epicuro tentò di neutralizzare i pericoli incombenti sulla sua fisica da parte del Peripato e della Stoa, cfr. H. von Arnim : Almanach d. Akademie der Wiss. Wien 5 7 ( 1 907) 3 83-402 , e ora particolarmente J. Mau, Zum Problem des Infinitesimalen bei den antiken Atomisten ( 1 954). L'im portante inizio della lettera (Diog. L. 1 0,3 5 ss.) è trattato acutamente in C. Diano, Note epicuree, III ss . 2.Lettera a Pitocle (Diog. L. ro,84- r r 6 )
Tratta dci corpi celesti e dei fenomeni atmosferici ( 'tà IJ.E'tÉWpa). Che Diogene Laerzio, contrariamente al suo mo
do di procedere in altri casi, riporti questa lettera subito dopo quella ad Erodoto, non dovrebbe essere una semplice coincidenza : il tema meteorologico rappresenta in certo qual modo lo svolgimento di un punto che era stato appena accennato verso la fine della lettera precedente. È questo certamente un tema singolare, se paragonato alla più vasta tematica generale della prima lettera: di fatto è importante, data la particolare finalità della fisica epicurea 14• La pater13. Cfr. la formulazione in De Witt, Epicurus, 207 ss.: mind as supersense. 14. Espressamente ricordata nella chiusa, Diog. L. IO,I 16 [ 'tOCU'tOC o È miv'toc,
UulMx).E�c;. IJ.Vll!.t6vwcrov· xoc,;oc 1toM 'tE yocp ,;ou !J.ul)ou tx�i)crn, «tutte que· ste cose, o Pitocle, imprimitele bene in mente: in tal modo potrai per lo più sottrarti al mito» J .
nità della lettera a Pitocle è giudicata in vario modo. L'U sener ha decisamente contestato l'autenticità del brano che, a differenza della lettera ad Erodoto, presenta una struttura piuttosto disorganica, e in cui la successione slegata dei sin goli fenomeni naturali difficilmente può considerarsi condi zionata dalla materia stessa, tanto più che già gli antichi manifestarono qualche dubbio in proposito 15• Invece, von Arnim 16, seguito da Mewaldt 17, ha creduto di poter con testare i dubbi dell'Usener, ma senza riuscire a dissiparli completamente. È allettante il giudizio di H. Diels 18 , che, mentre ritiene spuria l'epistola meteorologica, la suppone per altro intessuta di materiale autentico, proveniente dal la grande opera fisica di Epicuro; per l'introduzione, l'au tore, forse un discepolo di Epicuro, si sarebbe servito di materiale proprio 19• Comunque sia, la lettera, dal punto di vista del contenuto, rispecchia fedelmente la dottrina del Maestro. Per la comprensione della lettera, disponiamo ora di nuovo, prezioso materiale rispetto a quello che fu accessi bile all'Usener: i frammenti di Teofrasto sulla meteorolo gia, editi per la prima volta da G. Bergstrasser ed utilizzati da E. Reitzenstein anche per Epicuro e Lucrezio20 • Per la loro interpretazione, oltre all'edizione di E . Boer 21, che pre15. Cfr. Filodcmo, 1tpÒç nuç (= adv. sophistas?), col. vrii Sbordonc; v. in proposito Schmid, Sammelbericht, 425. r6. Pauly-Wissowa vr/r, 138. 17 . Epikur, Philosophie der Freude, Stuttgart 1950, 22 . r8. Elementum. Ezne Vorarbeit zum griech. und latein. Thesaurus, Lcipzig 1 899, IO. 19. Cfr. W. Schmid, Epikurs Kritik der platonischen Elementenlehre, Leipzig 1 936, 58 s. 20. Ora agevolmente accessibili in traduzione inglese presso C. Bailey, Lucre tius III, 1745-1748. Sull'importanza del materiale, cfr. O. Rcgenbogen, Pauly Wissowa, Suppl. Bd. v n, 1409 s. 21. Epikur, Brief an Pythokles, Bcrlin 1953; dr. W. Schmid, Sammelbericht, 424·427 .
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sen ta un ricco apparato di passi paralleli, va ricordato Arrighetti 22•
G.
3 . Lettera a Meneceo (Diog. L. IO,I22-135) È una breve sintesi della filosofia epicurea intesa come nuovo stile di vita. Scritta con preoccupazioni 'pastora li', cioè ferma restando l'intenzione della personale cura d'anime, la lettera fu certamente concepita fin dall'inizio come una specie di 'protrettico' in forma epistolare, cioè un libello divulgativo destinato a un vasto pubblico. Dopo una premessa che esorta alla filosofia con pari sollecitudine sia i giovani che i vecchi si accenna alla necessità di com prendere ' i principì elementari necessari a una vita felice' 24• In primo luogo si tratta della teologia (Dio g. L. I o, I 2 3 s . ) : i l destinatario conservi pura, cioè non falsificata dagli acces sori deformanti della 86ça, la nozione comune, insita nel l'uomo, della divinità 25• Le opinioni del volgo sono in con trasto con la conoscenza degli dèi 26, che in quanto tale pos siede 'chiarezza evidente' 27• Alle false supposizioni dei non saggi 23 intorno agli dèi si contrappongono i 'veri concetti' 29 23,
Se. Norm. Pisa 24 ( 1955) 67-86. [Dello stesso Arrighetti, si veda ora Epicuro 21973, 524-525 (nota introduttiva alla lettera a Pitocle) e 691-705 (Appendice I, sulla struttura dell'epistola) ] . 23.1l Giardino rinuncia a d ambiziosi programmi d i formazione propedeutica come presupposto della filosofia, cosi come Epicuro attacca la [ aristocratica ed elitaria] 1tCX.�oElcx., si veda per es. il fr. r63 Us. ed anche il fr. I I ? Us. 24. Cl''rO�)(;E�CX. -rou xcx.À.wc; i;f}v. 25. [wc; 'ÌJ.] xowi] 'tou frEou v6l]cr�c; [Ù1tEypocqnJ, «secondo quanto suggerisce la comune nozione del divino>> (Arrighetti ) ] . 26. Y\IWC'Lc; 'tW\1 frEwv, resa continuamente possibile dalla percezione delle im magini divine nel contatto noetico. 27. [évcx.pyl}c;,] ÈvocpyE�cx.: uno dei concetti fondamentali della canonica epi curea. 28. Ù1toÀ.l} \jJE�c; \jJEUOE�c; [<> ( Arrighetti) J. 29-1tpoÀ.l}I\Jac; [letteralmente 'prenozioni' (così Arrighetti) ] . 22. Sull'epistola di Epicuro a Pitocle: Ann.
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dei saggi. Dalla vera nozione della divinità derivano 'van taggi' ( di natura spirituale, poiché gli dèi non intervengono nel corso della storia umana), in quanto gli dèi 'accolgono' , cioè degnano della loro comunità spirituale, gli uomini loro simili, appunto i saggi, mentre nei 'malvagi', cioè i non-sag gi, la falsa nozione della divinità comporta dei 'danni' (essa cioè di solito diviene fonte di disagi interiori )30• Questo im portante pensiero conclusivo del ben noto passo teologico è stato spesso frainteso, purtroppo, anche in edizioni e com menti recenti31• Che 'gli dèi' e non 'i saggi' sia il soggetto dell'ultima proposizione, non si dovrebbe ormai più dubi tare, come invece ha fatto ultimamente A. Barigazzi32• Al tema degli dèi segue quello della morte (Diog. L. 10,!241 2 7 ): essa, il più terribile dei mali, non è da temere, poiché non è altro che privazione della sensazione 33• E come il sag gio non si lascia turbare al pensiero di non viver più, così non sente la vita come peso 34• Poiché la vita merita di esser 30. [L'intero passo suona : �vl)Ev ex.� J.lÉy�cr,;cx.� �).ci�cx.� [cx.�,;�cx.� ,;o�ç xcx.xo�c;] ÈX l)Ewv È'ltOC"(OV'trl� xcx.t wcpÉÀ.E�a�. 'trl�c; yocp to,�c; OLXE�OUJ.lEVO� O�OC 'ltrlV'tÒç apE'tcx.i:c; 'tOÙc; OJ.lOlouc; a'ltOOÉX:OV'tCX.�, 'ltOCV 'tÒ J.l'ÌJ 'tO�OU'tOV wc; ocÀ.À.6 'tp�ov vo J.l,SOV'tEc;, «da ciò i ptù grandi danni e vantaggi si ritraggono dagli dèi; essi infatti dediti di continuo alle loro proprie virtù accolgono i loro simili, tutto ciò che non è tale considerando come estraneo� (Arrighetti)]. 3 1 . Cfr. l autoretti!ica dell Usener, Epicurea, xx s., inoltre W. Schmid, Gotter und Menschen, 97-r26; dopo di che, di nuovo nel vecchio senso tradizionale, E. Bickel: Paideia 7 (1952) 275-278. 32. Epicurea, 145-158. Importante parallelo, finora non utilizzato: Sallustio Sereno De dis et mundo 14,2; probanti naturalmente, soprattutto i loci similes epicu rei, dr. sotto, pp. 78 ss. 3 3 · ['tò J cpp�XWOÉcr'trl'tOV [ ouv J 'tWV xaxwv [ò Mv cx.'toc; oùl)èv 'ltpÒç 'i)J.liiç, É 'ltE�Oi)'ltEP éhcx.v J.lèv 'ÌJJ.lE�c; W!J.EV, Ò Mvcx.,;oc; où 'ltOCpEO''tW, ihcx.v oÈ ò l)civcx.,;oç 'ltcx.pii, ,;6l)''i)J.lE�c; oùx ÈO'J.lÉV, «Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte noi non siamo più� (Arrighetti) J. 34· Intendo ciò come protesta contro il teognideo: ['ltOCV'tWV J.lèv J.l'ÌJ x�O''tCX. 1tuÀ.cx.c; 'Alocx.o 'ltEpTjcra�,] «Non esser nati è la cosa migliore ... [e se nati varcare al più presto le soglie dell'Ade� (Theogn. 425 ss. ). Cfr. Bignone, Arist.' I, rr; Arrighetti', 54 1 ] . '
,
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'
,
vissuta in quanto tale, anche se naturalmente importa meno la quantità che la qualità degli anni vissuti . I paragrafi seguenti ( Diog. L. 1 0, 1 2 7-1 3 2) sono dedicati alla dottrina del piacere ( 1}oo'V1} ) , che muove dalla triplice distinzione dei desideri (Èml}u�i.aL) in : naturali e necessari ( cpucnxat xat a'Vayxai:aL), naturali ma non necessari, vani (XE'Vai.), cioè non naturali e non necessari. Tale classificazio ne serve a limitare i desideri e s'impone in considerazione del :fine di ogni atto di scelta o di rifiuto, che è la salute del corpo e la tranquillità o 'atarassia' dell'anima. Per poter de cidere quali siano le cose da appetire ( aÌ.pE'tci) e quali quelle da evitare ( cpEUX'tci), è tuttavia necessario soppesare le 'quantità' di piacere e di dispiacere: calcolo, questo, che non deve considerare il puntuale nunc, ma l'eudemonia co me stato durevole, per amore del quale molte volte si può bene accettare anche un dispiacere momentaneo. Cosl la filo sofia diventa misurazione e calcolo di quanto è 'convenien te' e 'nocivo' 35• Siccome piacere significa press'a poco lo stesso che 'esser privi di dolori nel corpo e di turbamento nell'anima' 36 e quindi è sufficiente a realizzarlo la semplice eliminazione di tutto ciò che non è piacere, è superfluo vo lerlo variare per mezzo di altre sensazioni di piacere miranti più spesso alla vanità ( 't'Ò XE'VO'V) anziché ad appagare i bi sogni naturali. Per questo, Epicuro può farsi avvocato della vita semplice, quale è raccomandata dal « sobrio calcolo che indaga le cause di ogni atto di scelta e di rifiuto, che scacci le false opinioni dalle quali nasce quel grandissimo turba mento che prende le anime» 37• Per tutto ciò, principio e 3r aul-4lf'tpl)J�c; xoct O"\JIJ.(pEp6v'twv xoct cio-uJ.1cp6pwv [<
e considera Zione degli utili e dei danni» (Arrighetti ) ] . 36. 't"Ò J.l'iJ'tE ci).yEi:v XOC'tOC o-Wp.oc J.lTJ'tE 'tOCpCi't'tEO"froc� xoc'toc l)iux;T]v. 3�· [Trad. Arrighetti. I I tes to è: --- vl]cpwv À.oy�(J"J.lÒc; xoct 'tOCe; ocL'tl.occ; É�EpEU VWv XciO"l)ç oc�pÉO"Ewc; xoct cpuyljc; xat 'toce; &6�ac; È�EÀ.ocuvwv, É� wv -:tÀ.ELO"'toç 't"CÌc; \jlu x;àç x�noc).ocp.�civE� fr6pu�oc; I Diog. L. r ,q2,3-6) ] .
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massimo bene è la prudenza ( q>p6vncnc;): da essa derivano tutte le altre virtù (tÌ.pE··m.L), essa insegna che la vita piacevo le (i}oÉwc; siiv) è necessariamente legata al possesso delle virtù e viceversa 38 • Qui (Diog. L. r o,r 3 3) si inserisce la lode del saggio, il quale ha trovato la giusta linea di pensiero ri guardo ai punti trattati (dèi , morte, finalità della natura) e riconosce chiaramente che «il limite dei beni è facilmente raggiungibile e agevole a procacciarsi , il limite estremo dei mali invece o è breve nel tempo o lieve nelle pene» 39• Il sag gio rifiuta di farsi schiavo della necessità di natura dei fisici , peggiore della solita mitologia, e prende anche la giusta posizione nei confronti della fortuna ( "t'UX'll ) , che non so pravvaluta né divinizza, ma che sa apprezzare nella sua im portanza come punto di partenza di grandi beni e di gran di mali . La lettera si chiude rassicurando il destinatario che l'assidua meditazione dei pensieri esposti lo porterà «a vi vere fra gli uomini come un dio, poiché non è in nulla simile a un essere mortale un uomo che viva nel possesso di beni immortali» 40• Per i suoi molteplici riferimenti ora polemici ora apolo getici ad altre posizioni filosofiche del tempo, la lettera a Meneceo va inquadrata nelle controversie sulla natura del piacere, quali ebbero luogo nel IV secolo. Questo compito ha assolto in modo encomiabile il Bignone 41• Nella recen sione al suo Aristotele perduto , il Pohlenz , pur criticando )8 . . à:px;"Ì") xoct 'tÒ �Éì'LO''tOV à:yafròv cppOVl]O'Lç ... , È� ijç OCL ÀOL'ltrlL 1tOCO'rlL 'ltEqlUXOCO'LV ocpE'tOC�, lhlìcirrxouO'oc wç oùx E O' 't LV 1]Uwç sTjv iiv<:u 'tOU cppov�[1Wç xoct xaÀ.wç xoct lìLxoc�wç, ( oùoÈ cppov��ç xoct xocÀwç xat OLxoc�wç) ocvEu 'tou i}oÉwç (Diog. L. zo,x32 ,7·1l). 39- . 'tÒ [..tÈV 'tWV à:yocfrwv 1tÉpocç wç EO''tLV EÙO'U[LT(À.ljpw-r6v 't'E xoct EÙ1tO pLO''tOV OLOCÀ.OC��civov't'Oç, -rò oÈ 'tWV xocxwv wc; tì x;p6vouç tì o;:ovouç EX:EL �poc X:Ei:c; (Diog. L. 10,133,3-5; trad. Arrighetti). SlJO'll OÈ wç frEÒç Èv à:vfr�WT(OLç, aufrÈv yocp EOLXE Wl]'t'Q S�(jl swv iiv 1-0frpw1toç Èv à:frocvci-:oLç à:yafroi:ç (Diog. L. ro,IJ5 ,7·9l + I. L'Aristotele perduto, passim. ..
..
...
vari particolari, ne approva l'idea fondamentale che «Epi curo è giunto ad assicurarsi la sua posizione centrale grazie a intense dispute con la dottrina platonica ed aristotelica del piacere» 42• A questi problemi, essenziali ad una appro fondita comprensione della lettera, possiamo qui soltanto accennare brevemente. Il Bignone ha sostenuto, fra l'altro , che la lettera vuol essere intesa come contrapposto al Pro trettico di Aristotele: fra i vari riferimenti da lui indicati, è sicuro quello che vede nell'inizio e nella fine della lettera un preciso pendant al Protrettico 43 • In particolare, il Bignone è riuscito ad interpretare in modo persuasivo il motivo del deus mortalis della chiusa epistolare come consapevole ri ferimento ad Aristotele: questi aveva presentato come idea le la vita secondo lo spirito, per cui l'uomo è uguale a un dio 44; Epicuro vuol dimostrare che questo ideale non solo è conciliabile con i fondamenti della propria filosofia, che è di tutt'altra natura, ma anche che esso è pienamente realiz zabile solo se muova dalle sue premesse. Anche la grande considerazione che Epicuro ha della q>pOV1lCrL<; vorrebbe es sere intesa dal Bignone e dal Pohlenz come l'indicazione di una posizione opposta, con cui egli in certo qual modo con tenderebbe 45• 4 · Ratae Sententiae ( Diog. L. r o , r 3 9- 1 5 4 ) 46 Questa raccolta di H errenworte, una specie di breviario 42. Gottinger Gelehrte Anzeigen ( 1936) 522.
43 - L'Aristotele perduto r, r z i - 124.134 s. 44· WO''tE OOXELV 1tpÒç 'tOC ocÀ.Àoc frEÒV dvoc� 'tÒV rivfrpW1tOV, fr. 6r Rose
=
Protr. fr. ro6 Ros s. 45- L'Aristotele perduto r , I I 7 [ = GGA ( 1 936) 5 23 ] . -. xup��� o6!;oc�, massime capitali o , forse meglio, massime di confermata va idttà (gultz.ge, verbiirgte Sdtze). Per l'uso linguistico, cfr. p. es. Platone Theaet. /i179b ; il titolo latino, dato già dal Gassendi secondo la traduzione di Òcerone, n. 2 ,20, sarà d'ora in poi abbreviato con RS.
t
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o catechismo della 'Parola del Maestro', fu famosa nell'an tichità e non soltanto presso gli Epicurei 47• I 40 aforismi, per Diogene Laerzio quasi chiave di volta e coronamento della biografia, furono considerati dall'Usener (Epicurea, XLIV) , a causa dell'ordinamento difettoso e dei doppioni , una tarda compilazione, eseguita all'interno del Giardino. Il Bignone, Epicuro , 6-26, ha cercato d'infirmare questa o pinione facendo rilevare la coerenza interna degli afori smi 48• Il suo parere non è del tutto plausibile, ma il fatto che egli abbia esaminato le RS sotto l'aspetto, poi illustrato particolareggiatamente nel successivo Aristotele perduto , della polemica con posizioni avversarie, ha notevolmente contribuito a chiarire disposizione e contenuto delle massi me. Finalmente, come ha ammesso il Diels nella sua cauta controversia con la prima offensiva del Bignone, «una rac colta di aforismi non è un manuale di matematica» 49 • Di qui, il Mewaldt definisce le RS «opera autentica dello stes so Epicuro» 50; il che non è formulato del tutto chiaramen te : che la maggior parte delle RS provenga dallo stesso Epi curo, nessuno lo ha mai messo in dubbio ; problematica è solo la questione se le RS siano opera di Epicuro nel loro stato attuale. Non potendosi completamente eliminare, per quante dispute se ne facciano, la presenza di questo o quel doppione, appare sostanzialmente probabile l'ipotesi conci liante del Diels, secondo il quale il nucleo originario della raccolta avrebbe preso corpo «sotto gli occhi, certo anche per il collega· mento di questa forma letteraria con l'importanza della 'mnemotecnica' nel Giardino, dr. sotto, pp. 96 ss. ..p. Cfr. le testllnonianze raccolte dall'Usener, Epicurea, 68-70;
-48. Cfr. anche von der Miihll in Festgabe A. Kaegi ( 1918), pp. 172 ss.; di parere contrario, e sostenitore della tesi dell'Usener, il Philippson in: PhW ( rgzo) ro23 ss. -49· Deutsche Literatur-Zeitung 41 ( 1920) 66o s.: Eine Aphorismensammlung
irt kein mathemattsches Lehrbuch. 50. Philosophie der Freude, p. 22 (cfr.
p. 50): «echte
Arbeit Epikurs selber».
con la cooperazione del maestro» e più tardi sarebbe stato accresciuto di questa o quella massima di diretti discepoli di Epicuro : tendenza certamente plausibile, che si può bene osservare in stadio avanzato nel Gnomologio Vaticano . Il Krohn, allievo del Diels, fa giustamente notare che già nel l'antichità non mancarono le voci di chi non riconobbe la paternità di Epicuro per alcune delle RS; ma egli attribui sce, senza una motivazione convincente, una parte eccessiva del materiale presente nelle RS ad Errnarco 52• Aprono la raccolta quattro massime, il cui contenuto fu considerato d'importanza 'capitale' ("t'à xupLw"t'a"t'a) e in forma abbreviata e sotto il nome di tetrafarmaco, cioè 'qua druplice medicina', fu riguardato nella scuola in certo qual modo come razione di riserva lungo il cammino della vita 53• Qualche breve nota su questo importante inizio della rac colta: RS 1 tratta la dottrina secondo cui la divinità non si cura affatto del mondo: ne consegue che essa è libera da passioni come l'ira e la benevolenza, le quali sono in con trasto con la sua beatitudine e la sua immortalità. RS 2 intende la morte come disgregazione meccanica de gli aggregati atomici : quel che si è dissolto non possiede al cuna sensazione ( "t'Ò oLaÀuiH:v &.vaLcrilr}"t'EL) , ma ciò che è insensibile non ci riguarda a!Iatto. RS 3 riassume la quintessenza del concetto epicureo di piacere : il massimo piacere ha il suo limite nell 'eliminazio ne di ciò che procur::t dolore; è quindi rimosso dall'àmbito 51
5I. «Unter den Augen, gewiss auch mit Zutun des Meisters».
52. Der Ep iku ree r Hermarchos, 1921 , 9 ; cfr. ibid., fr. 28.
5�· Si vedano i testimonia in Usencr, Epicurea, 68-70 ( un'ulteriore testimo
ruanza si vedrà quando tratteremo del tetrafarmaco, v. infra, p. 97). Si con fronti il frg. eth. Compar. [ ed. da D. Comparetti in: Rivista di filo!., vi, e ripor tato dall 'Usener, Epic. 68] col. 1 5 , 1 5 : "oc xupLW'toc'toc ... Èv 'toci:c; Kup,ocLc; 06!;ocv; 'tt'tOCX'tOCL 1tpW'toc [ «ciò che è più importante . . . è posto all'inizio nelle Massi me cap itali » ] .
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dell'illimitato e non contiene alcuna mistura di dolore 54• RS 4 riguarda la tesi, già accennata nella lettera a Mene ceo ( I O, I 3 3 ), che il dolore è facile a sopportare. La formu lazione di questo pensiero non lascia dubbì sulle sue origini medico-terapeutiche (terapia delle malattie acute e croni che) 55. 5. Gnomologium Vaticanum È una raccolta di 8 I sentenze epicuree, intitolata 'Em xoupou Tipocrq>wvrv:nç; di contenuto affine alle RS, va inse
rita qui anche se non la troviamo in Diogene Laerzio 56• Del le 8 I sentenze, circa 20 sono note anche da altre fonti, di queste I 3 dalle RS. Significativo il fatto che tre delle quat tro importanti Massime Capitali tramandate ad apertura delle RS sono poste all'inizio anche del Gnomologio Vatica no. Il quale comprende solo sentenze riguardanti l'etica e la condotta di vita; né la fisica né la canonica, che pure ha un posto considerevole nelle RS, vi sono rappresentate. Più di una sentenza proviene chiaramente da Metrodoro . Senza dubbio, l'ampliamento successivo del materiale ori ginario è qui molto più evidente che nel caso delle RS. Istruttivo il confronto di Gnomol. Vatic. I O con la reda zione citata in Clemente Alessandrino, strom. 5 ,1 3 8 (2 , 4 I 9 ,22 St.) Metrodoro, fr. 3 7 Korte: il destinatario, o=
54· Chiara presa di posizione contro Platone, che ammetteva la coesistenza Ji piacere c dolore. 5 5 · Per l'inquadramento delle R5 si veda la rassegna di luoghi paralleli in Use ncr, Epicurea, 394-398 (Sententiarum selectarum testimonia). Per il commento, accanto ai commenti generali, ricorderemo quello dedicato alle R5 dal Gigon, Epikur, I I4·I 27 (ErNiirungen zum Katechismus), stimolante nella sua conci sione e concepito come introduzione alla dottrina epicurea. 56. [ Il testo fu scoperto da C. Wotke nel Cod. Vat. Gr. 1950, fol. 40 1-404 (sec. xrv, contenente opere di Scnofonte, Marco Aurelio e altri) e pubblicato in: Wiener Studien ro ( r 888) 1 9 I · I 9 8 . ] 34
messo nel Gnomologio, compare nel passo epistolare di Clemente Alessandrino. Fondamentali le trattazioni, apparse già nell'anno del ri trovamento, dell'Usener 57 e del Gomperz 58 ; si veda anche K. Horna 59 • L'Usener dubita che il titolo tramandato sia quello originale non p�tendosi g�ustificare la presenza d�l : . _ . Va pero, constderato termine npocrcpwvT}crLc; adlocutto d
fatto che, nell'uso linguistico dei papiri, per il verbo npo O"q>WVELV è noto il significato di 'emettere direttive e ordi ni' 60. Sembrerebbe pertanto giustificabile il titolo 'Emxou pou npocrcpwvT}crLc; (o forse il plurale npocrcpwv-i)crEL<;? ) , pre messo ad una raccolta di 'parole del Maestro' (Herrenwor te). Ad ogni modo un passo di Tacito, dial. 3 r , ci permette effettivamente di supporre che una simile raccolta, da lui utilizzata, doveva intitolarsi 'Emxoupou xat MT)"t'poowpou cpwvcx.� 61.
III. PAPIRI , ISCRI ZIONI , RA CCOLTE D I FRAMMEN TI
Nel gran naufragio di tante e importanti opere di Epicu ro, come il trattato di gnoseologia intitolato Del criterio o Cànone (IIEpt xpL"t'T)pi.ou 11 Kavwv, o i trattati di etica quali
Del fin e (IIEpL "t'ÉÀ.ouc;) , Del giusto agire (IIEpL OLXIl.LOTipa yi.ac;), Dei generi di vita (IIEPL �i.wv ) , o gli scritti epistola ri, come le lettere Agli amici d'Egitto, Agli amici d'Asia, Agli amici di Lampsaco, Ai filosofi di Mitilene 62, appaiono 57. Epikurische Spruchsammlung: Wiener Studien IO (I888) I7J-20I, ora an
che in Kleine Schriften I, 297-320.
58. Th. Gomperz, Epikurische Spruchsammlung: Wiener Studien IO ( r888) 202 ss. 59· Zur Epikurischen Spruchsammlung: Wiener Studien 49 ( 193 1 ) 32-39.
6o. l..SJ 'issue directions or orders' (papiro del n sec. a.C.). 6r. Dial. 3I Epicuri et Metrodori honestae quaedam exclamationes [ già citato
dall'Usener, Wiener Studicn x o, I 90] . 62. Per le opere dottrinali e le lettere interamente perdute, ma di cui si cono SCono i titoli o i destinatari, si vedano i testimonia in Usener, Epicurea, 9 1-1 54.
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tanto più preziosi quei frammenti autenticamente epicurei che ci viene via via restituendo il campo di ruderi dei Pa piri Ercolanesi. Tali testi , ora di una certa lunghezza, ora brevi o brevissimi, vengono a integrare notevolmente quel li trasmessi direttamente da Diogene Laerzio e gli altri con servati indirettamente da autori come Seneca, Plutarco ed altri . Prima di passare in rassegna, sia pure in selezione, questi frammenti , in parte tuttora difficilmente accessibi li 6\ si raccomanda di prendere in considerazione, oltre ai pochi papiri che risalgono interamente ad Epicuro, anche quelli di Epicurei posteriori che possano contribuire a illu minare determinati aspetti nel quadro d'insieme che posse diamo di Epicuro e del Giardino. Tale procedimento, se da un lato rende inevitabili, per autori come Filodemo, certe ripetizioni o interferenze con quanto si dirà a proposito del lo svolgimento storico (v. infra, pp. I I 3 ss. ), dall'altro lato appare oggettivamente necessario anche perché non tutti gli studiosi sono d'accordo nell'attribuire ad Epicuro diversi papiri per noi particolarmente importanti . I . Il IIEp�
q>UcrEwç e i papiri fi!odemei pertinenti alla biografia del primo Giardino
Prima di tutto si deve dire di quanto resta della grande opera di filosofia naturale IIEpÌ. q>UcrEwç, la principale delle opere di Epicuro, che comprendeva 3 7 libri. Se l'Usener ri corse ai Papiri Ercolanesi solo per i titoli e la data di com posizione dei singoli libri (quando essa compaia nei papiri), rinunciando alla pubblicazione dei testi degli stessi papiri 64 , 63. [Tale giudizio v a ridimensionato ora che disponiamo della splendida serie di volumi di Cronache Ercolanesi, diretta da M. Gigante. Su certo scetticismo ancora diffuso circa l'utilità dei papiri ercolanesi per lo studio dell'epicureismo, si veda lo stesso Gigante, Atakta IV: Cron. Ercol. 12 ( 1982 ) 51-65. ] 64. Epicurea, 1 24-28; i pochissimi frammenti d i tradizione diretta ivi pub blicati provengono da altri autori.
ciò era legittimo in un tempo in cui si sarebbero potuti for nire soltanto dei dati assolutamente insufficienti sul IIEpÌ. cpuO'EW<;. Riportiamo ora i pochi dati sicuri su quei libri del IlEpÌ. cpucrEwç di cui possediamo testi papiracei continui di una certa estensione, i quali, facilitando cosi il compito al commentatore, hanno portato a risultati più o meno soddi· 65 sfacentl . [ Libro n : il tema della trattazione è costituito dai simu lacri (ErowÀ.a). Dalla chiusa si ricava che gli argomenti trat tati erano: r . esistenza dei simulacri , 2 . rapidità della loro formazione, 3 . la loro estrema velocità . ] Libro XI : tratta di cosmologia (forma della terra e que stioni riguardanti la terra nei confronti del cosmo) [ , ma gli argomenti sono limitati soltanto all'esame di alcune parti di essa; non è possibile fare ipotesi attendibili per la parte perduta. Spesso compaiono excursus metodologici ] . Libro XIV : contiene la critica di Epicuro alla teoria degl i elementi [ del Timeo platonico , la difesa di Epicuro contro varie accuse, questioni sui moti degli atomi e aggregati , la critica alle teorie degli elementi dei Presocratici . La parte più interessante è quella dedicata alla polemicn antipla tonica ] . Libro xxvm : l'unico scritto che ci sia pervenuto di Epi curo di una certa estensione dedicato a problemi di logica (canonica) . Vi si illustra la conoscenza di ciò che non rientra nel campo della percezione sensoriale . Temi principali : l'u so corretto dei mezzi espressi vi (vocaboli), la nccessi tà di una terminologia non arbi trari a [ esattezza dci concetti , po lemica contro i Megarici e il sillogismo aristotelico ] . Libro incerto (de libertate agendi) : tenta di salvare la . ertà hb della volontà nel sistema atomistico, non senza pun te polemiche anche contro Democri to [ Pap. Herc. 0 56 . =
65 · [ La rassegna è integra ta secondo i dati forniti d� A rrighe tti ' . ]
r
697, I I 9 r contenenti evidenti polemiche contro il determi nismo dei precedenti Atomisti: gli attacchi sono diretti ap parentemente contro il solo Democrito. Non mancano que stioni di terminologia e di proprietà di linguaggio. Fra tutti i testi di Epicuro, questo libro è fra i più difficili per lo stile confuso e contorto ] . Per quanto riguarda la polemica epicurea con dottrine fi losofiche del tempo, merita particolare considerazione il li bro XIV . Esso spiega fra l'altro perché l'atomista Epicuro utilizzi l'obiezione aristotelica a Platone e Democrito (se condo cui la stessa modellatura delimitante - begrenzende Formgebung - degli elementi , gr . -rò crxru.La-r!.sELV , ne e scluderebbe la divisibilità) : come Aristotele, anch'egli di stingue fra particelle elementari (platoniche) e particelle a tomiche, ritenendo i quattro elementi naturalmente divisi bili. L'utilizzazione della critica aristotelica a Platone 66 mo stra che Epicuro conosce bene le ultime argomentazioni contro la posizione atomistica ; le quali, mentre non rappre sentano alcuna seria minaccia alla sua dottrina, gli tornano a proposito per essere addotte contro Platone. La sua pole mica antiplatonica era qui certamente legata all'intenzione di difendere, in una situazione mutata, il proprio atomismo, secondo lui legittimo67 • L'ipotesi che Epicuro abbia cono sciuto non solo, come pensa Bignone, l'Aristotele ' perduto', cioè le opere essoteriche, ma anche qualcuno dei suoi scrit ti per la scuola [ le opere cioè esoteriche ] , non fa alcuna difficoltà, tanto più che possediamo esplicita testimonian za del fatto che Epicuro chiede in una lettera che gli siano fatti pervenire gli Analitici e la Fisica di Aristotele 68• 66. De caelo, forse anche impiego delle Doxae di Teofrasto. 67. Bene Ph. Merlan in: Deutsche Literaturzeitung ( 1 937) 1 28 5 . 6 8 . 'ApLO""to-tÉ[À.ouc; -r']&:vocÀ.u-rLxoc xocl [ -r à 1tEpl] cpuo-Ewc; (Cronert, Kolous und .Menedemos, 174; [ Arrighetti', fr. 127, p. 473 ] ) .
Più che dalle notizie occasionali, purtroppo rartsstme, sull'opera principale perduta, il cui notevole contenuto, an che se in forma abbreviata, ci è fortunatamente noto attra verso Lucrezio, la figura di Epicuro come capo di un soda lizio di cru�q>LÀocroq>ouv"t'E<; e direttore spirituale è illumi nata dalle notizie e dalle citazioni di brani epistolari che ci è dato di ricavare da Pap. Herc. I 76 ( scrittore epicureo in certo), 1 2 89 e I 2 3 2 (Filodemo : IIEpÌ. 'Emxoupou) , I 4 I 8 (Filodemo: Ilpay�a"t'ELaL) . I l Pap. Herc. I 7 6 69 ci ha con servato prevalentemente frammenti di lettere scritte da E picuro agli amici o viceversa. Di tali amici possiamo talvol ta ricostruire il profilo morale. Date certe innegabili somi glianze con i frammenti del IIEpÌ. Emxou p ou , il Philippson , forse a ragione, attribuì a Filodemo anche il Pap. Herc. I 7 6 . Stando al senso, lo scritto filodemeo potrebbe essere stato intitolato press'a poco «Sugli amici di Epicuro» 70• Riportiamo qualche esempio, scelto a caso e a titolo indica tivo, di argomenti trattati nei primi tre papiri sulla vita di Epicuro e dei suoi amici : ammonimento di Idomeneo al giovane Pitocle per una deviazione dottrinale dovuta all'influsso della teologia del l'astronomo Eudosso : «È al tuo meglio che miriamo noi accusatori , rifletti anche sulla . . . lettera stimolante di Epicu ro e sulla benevola comprensione presente nelle sue pa role» • ' '
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69. Pubblicato da Vogliano, Epicuri et Epicurcorum scripta ( 1 9 2 8 ) 2 3- 5 5 , con commento 108-119; recensione: Philippson, in NGG, 1930, r-23. 70. Per il poco che ci resta del liEpt 'Emxoupou: Vogliano, Epicuri... scripta, 59 ss. e 6 5-73 (commento: 1 2 1 ss. e 1 24-7 ; recensione: Philippson, NGG, 1930, 23-32); per le IIpocyJ.lCZ"tEi:oc�: Diano , Lettere di Epicuro e dei suoi ( 1946). Testo e traduzione di Di ano sono seguiti anche nella dissertazione di W. Liebich, Aufbau, Absicbt und Form der Pragmateiai Philodems, Ber!in 1960. 71. Le int�grazioni del Philippson, NGG, 1 930, 8, sono qui palesemente trop po audaci .
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comportamento di Epicuro nei riguardi dell'apostata Ti mocrate, fratello maggiore di Metrodoro 72; lettera di Epicuro a Idomeneo su una lite con Timocrate, che sembra abbia ottenuto un incarico alla corte del diado co Lisimaco per poi operarvi da denigratore 73 ; lode di Polieno come eccellente educatore e fedele consi gliere, sopraintendente alla formazione dei giovani membri del Giardino 74• Il Pap . Herc. 1 4 1 8 , contenente le Pragmatie di Filode mo, è di particolare interesse soprattutto perché mette in nuova luce le relazioni del Giardino nella sua fase più an tica con il potere politico del tempo. Diano ne ha fra l'altro ricostruito le importanti colonne sulle vicende di Mitre, che, da ministro delle finanze di Lisimaco, fu per un certo tempo di grande utilità alla scuola e che, dopo il suo falli mento in politica, non fu abbandonato da Epicuro ìs . Il Lie bich fa una distinzione fondamentale fra l'impostazione del le Pragmatie e quella per es. del Pap. Herc. 1 76 , ma questa sua tesi, fondata com'è su un materiale troppo esiguo per ché se ne possano trarre conclusioni sicure, andrà sottoposta a puntuale verifica . Il metodo seguito da Filodemo nelle Pragmatie, di compilare raccolte di citazioni epistolari in tese come exempla biografici, ricalcherebbe , secondo il Lie bich, il genere letterario peripatetico « sui generi di vita» ( 'ltEp� �i.wv), anch'esso arricchito di materiale biografico, poiché il bios filosofico del filosofo esemplare Kronios e il 72. Philippson, NGG, 1 930, 2 5 c passim; Id.: Gnomon 4 ( 1 928) 388 s . 73 · Jenscn, AGG, 1933, 55 s. e Vogliano, Prolegomena I ( 1 952) 45-5 1 . 74· Pap. Herc. 1 76, col. 22 ss.; nella col. 22: resti di una lettera eli Epicurc ; nella col. 26: resti di un encomio in onore di Pitocle morto prematuramente; vi è ricordato il buon ammaestramento toccatogli grazie ai suoi rapporti con tinui con Po!ieno. 75· Diano, Lettere ( 1946) J I ss. e S I FC, 1 949, 59-68 ( tien conto anche eli una lettera di Epicuro a Mitre ricavata da Filodemo, De divitiis) ; sulle premure di Metrodoro per Mitre; imprigionato nei pressi del Pireo, cfr. già il fr. 1 94 Us .
bios politico del politico fallito Mitre sarebbero contrappo
sti l'uno all'altro. Indipendentemente da questa tesi, risul ta comunque dai resti papiracei delle Pragmatie e delle altre opere di Filodemo citate in questo contesto che le origini del Giardino, il vivido ritratto della vita comunitaria in es so vissuta e in modo particolare il riferimento continuo alla figura del Maestro e dei discepoli a lui più vicini, tutto ciò deve avere avuto importanza esemplare per le successive ge nerazioni di Epicurei giù giù fino a Filodemo 76• 2 . Altri testi da Metrodoro ed Ermarco fino a Diogene di Enoanda
Per uno studio di questi testi sono naturalmente indi spensabili le moderne edizioni dei frammenti . Per Metrodo ro, resta fondamentale quella del Korte, JCIPh Suppl xvn ( I 89o); per Ermarco, si veda la dissertazione del Krohn , Hermarchos ( I 9 2 I ). Ai frammenti di Metrodoro ne va ag giunto uno del IIEpÌ. 'ltÀo{rr ou (de divitiis) ricavabile dal IIE pì. oì:xovo�i.ac; (de oeconomia) di Filodemo 77• Quanto al trattato etico del Pap . Herc. 8 3 I , che il Korte attribuì con qualche riserva a Metrodoro ed incluse nella sua raccolta 78 , esso è invece risultato opera di Demetrio Lacone grazie al Philippson, che ne ha scoperto il titolo IIEpÌ. �E"t'EWpLcr�ou 76. Per i vari dati biografici relativi agli esponenti del primo Giardino, si ve dano, oltre al l l ndex nominum deii'Usener ( 399-420) c all'opera fondamentale del Cronert, Kolotes, i numerosi articoli dedicati a singole figure di Epicurei in Pauly-Wissowa, RE, pe r es. : 8,1,721 s. Hermarchos (von Arnim) ; 9,1 .9 IO- I 2 ldomeneus voli Lampsakos (von Amim); 1 2 ,2,2038 s. Leon te us von Lampsa lws (Capcllc) ; 1 22,2.+47 s. Leontion (Geyer); 1 5 ,2,I477-8o Met rodoros vo1t Lampsakos ( Kroll ) ; 1 5 ,2 ,2 1 56 s. Mithres (Capcllc) ; 2 1 ,2,143 1 Polyainos ( Zic gler); 2 1 ,2 , 1 833 s. Polystratos (Mette); 5A,2,r64r Themista ( Schwahn); 6A, r , 1266-70 Timokrates ( Philippson) ed altri. 77· Cfr. la Praefatio in Jcnscn, Philod. de oecon. ( Leipzig, Tb. , 1 906 ). '
78. Metrodori fragmenta, in a rt. cit. (JCIPh Suppl. xvu, r 89o), 57 1-97.
(de elatione animi) 19• La raccolta dei testi di Ermarco com prende soprattutto: i brani degli 'Emcr'toÀ.r.xà. 'ltEpt 'E!J.'ltE ooxÀ.Éouc; tratti dal de abstinentia di Porfìrio (fr. 20-3 9 :
fra cui una discussione sulla genealogia dell'umanità e sul significato delle leggi) ; un frammento di lettera didasca lica indirizzata a un certo E>EocpEr.onc; sul rapporto delle scienze, e specialmente della retorica, con la vita pratica (fr. 4 1 ) 80; finalmente scarse citazioni, dirette o indirette, dalla corrispondenza epistolare di Ermarco (fr. 45-5 7). Il Philippson 8 1 attribui erroneamente a Ermarco il testo noto come Fragmentum ethicum Comparetti 82, che dappri ma fu ritenuto autenticamente epicureo (Comparetti, Zel ler, Sudhaus , Jensen), quindi , sulla base di osservazioni sti listiche, talora attribuito, con una certa verosimiglianza, a Filodemo 83 • Il Philippson ritiene singolare il fatto che mi nacce di sanzioni legali, di cui alla col. 1 2 ,5-10, facciano le va proprio su quel senso di paura che invece, secondo il te trafarmaco ( RS 1-4), va considerato addirittura senza fondamento: tanto più singolare, ove si consideri col Phi lippson circostanza aggravante la presenza di simili minac ce in un passo affine di Ermarco (fr. 24) . D'altra parte c'è da dire che tali comminazioni possono esser valide soltanto per gli stolti, i quali di solito non si attengono certo al tetra farmaco. Contrariamente alle altre maggiori opere di etica ricostruibili dai Papiri Ercolanesi , il Frg. eth. Comparetti =
79. Nuove p ropos t e di testi : Philippson : AJPh 6-t- ( 1 943) 148-62; cfr. Wolf. Schmid, Epicurea in mem. Bignone, 179-95.
8o. V. le note esplicative in Krohn, Hermarchos, u s., dove vengono prese in considerazione anche testimonianze minori. tematicamente affini, riguardo a u no scritto di Ermarco Sulle scienze. 8 r . Mnemosyne Ser. t u , 9 ( 1941 ) 284-92 . 82. Dal nome del suo primo editore ; si veda ora l'edizione commentata di Wolf. Schmi d , Ethica Epicurea [si tratta del Pap. Herc. 1 25 1 ] . 8 3 . Cfr. Wolf. Schmid : Rh. Mus. 9 2 ( 1 943) 39-44 e ultimamente M . Gigante, Epicurea in mem. Big1zone, 1 -28.
non tratta soltanto un settore specifico, ma contiene una e sposizione generale di etica epicurea, toccando brevemente anche teologia e filosofia del diritto: nella col. 6 troviamo espressioni direttamente collegabili con la classificazione dei desideri, come ci è nota dalla lettera a Meneceo e dalle RS; verso la fine è minuziosamente descritto il comportamento degli stolti e del saggio, ciò che, per molti riguardi, ricorda i pensieri sugli stulti e sul sapiens in Cic. de fin. 1 ,5 9-6 2 . Considerato nel suo insieme, il trattato appare relativamen te affine, senza tuttavia essere identico, alla epitome di etica greca che è alla base del I libro De finibus di Cicerone. Fra i trattati di filosofia popolare di Filodemo su temi specifici di etica, basterà ricordare il llEpL Tiapp1JcrLac; (de libertate dicendi) 84, soprattutto perché vi troviamo infor mazioni non irrilevanti sulla prassi della direzione spiritua le epicurea 85• Fondamentali per chiarire e differenziare religiosità e teo logia epicuree sono gli scritti filodemei llEpL EÙO"E�dac; (de pietate) 86 e llEpt l}Ewv (de dis ) 87• Essi mettono in luce il rapporto fra religiosità filosofica di Epicuro e religione 'po sitiva' del tempo più di quanto non sarebbe possibile con siderando soltanto il classico testo teologico della lettera a Menecco e le testimonianze di punti di vista di avversari 88 • In più di un caso appaiono in una nuova luce anche le obie zioni mosse da scuole avversarie alla teologia di Epicuro, per es. il tentativo dell'Accademia di mostrare l'assurdità 8-4. Edizionc: A. Olivieri, Lcipzig (Tb.) 1 9 q ; il t i tolo si potrà rendere con 'Della parola non dissimulata, schietta' e andrà riferito anche e soprattutto al direttore spirituale. 85. Per altri scritti di etica e per quelli di poetica, retorica, ecc. v. pp. 1 1 7 ss.
86. Ediz. T. Gompcrz, Herkulanische Studien I l , Lcipzig x 866. 87. Ediz. c commento H. Diels, Philodemos iiber die Gotter: Abhandlungen der Preuss . Akad. der Wiss., 1 9 1 5- I 6 . 88. S i veda p e r e s . Usencr, Epicurea, xxr [ d e piet . 86 , 1 3 Gomp. ] . 43
della concezione epicurea mettendone allo scoperto le anti nomie interne 89• Inoltre, in questo stesso àmbito di proble mi, i due scritti ci hanno conservato parecchi frammenti au tentici di Epicuro 90• Il De pietate ci ha conservato numero se informazioni sulla critica mossa da Epicuro tanto alla re ligione dei poeti e mitografi quanto a quella di altri indi rizzi filosofici . Questa circostanza, insieme alla considerazio ne di quanta importanza abbia avuto la critica epicurea ai miti anche per i cristiani 9 1 , fa sì che ci occupiamo più par ticolareggiatamente di questo trattato filodemeo. Esso si articola nella critica della religione tradizionale ( r-89 Gomp .) e nell'esposizione e giustificazione della dottrina epicurea della pietà religiosa (93-1 5 1 Gomp.). La prima parte comprende a sua volta: a) la critica della teologia mi tica ( r -64 Gomp.) e, conseguentemente, b) la critica della teologia filosofica ( 65-8 9 Gomp.) . La critica della mitologia (che fra l'altro ci ha conservato parecchie citazioni di poeti) vuole soprattutto sottolineare la caducità e l'infelicità degl i dèi tradizionali, siano essi quelli delle credenze popolari o quelli dei poeti, contrapponendovi le due proprietà essen ziali degli dèi veri, che sono incorruttibilità (àq>i}apcr!.a) e beatitudine (�axapLO"t'T}<;) 92• Che gli dèi popolari non siano di natura 'divina', lo prova sia la loro corporeità sia la loro bassezza morale. La sezione dedicata alla critica della teolo gia dei filosofi è invece particolarmente interessante perché, a giudicare dai testi pervenutici, la dossografìa di Filodemo presenta sorprendenti somiglianze con quella del discorso di Velleio in Cicerone, De natura deorum r ,25-4 1 . Tanto 89. V . per es. infra, p. 88.
()O. Cfr. per es. fr. 387 Us. ( = Philod . dc piet. ro8 ,
1 9 16, 896. 92. Messe in risalto per 44
es.
nella lettc�· a
a
9 1 . V. infra, pp. r87 ss. i.1en-:?c·eo, Diog. L. IO,I 2 3 .
che il Diels, nei suoi Doxographi Graeci, riproduce il testo di Cicerone e quello corrispondente di Filodemo l'uno ac canto all'altro in colonne parallele 93 • Anche la critica di Fi lodemo alla mitologia ha un parallelo, per quanto brevissi mo, nel discorso di Velleio (De nat. deor. 1 ,42 s.), solo che in Cicerone le due critiche si susseguono nell'ordine in verso. Che il I libro De natura deorum sia effettivamen te in stretto rapporto con il De pietate filodemeo, sembra fuori dubbio. Ma questo rapporto non viene sempre spie gato supponendo Filodemo fonte diretta di Cicerone. Il Philippson 94 vorrebbe far risalire a Filodemo tutte e quat tro le parti in cui si articola il discorso di Velleio (De nat. deor. 1 , 1 8-5 6 ) : cioè, oltre alle due critiche, anche il 'prelu dio' che le precede e il complesso che le segue sulla teologia epicurea. Il Diels 95 invece riconduce la parte dossografica di Cicerone e Filodemo al IIEpt i}Ewv dell'epicureo ateniese Fedro 96 • Ammessa l'esistenza di una fonte epicurea comu ne per la critica della teologia mitica in Filodemo e Cicero ne, si può dire che verso la fine del n o l'inizio del I secolo a.C. si sia concluso il processo di stabilizzazione di quella critica epicurea degli dèi tradizionali che sarà determinante non solo per lo sviluppo successivo della scuola, ma anche per gli apologeti cristiani 97• La fonte di Filodemo così rico struita si potrà considerare come una specie di bacino col lettore dei materiali al lora accessibili in fatto di critica mi tologica e provenienti sia dal Giardino (le relative opere di 93. Dox. Graeci, rist. Berlin 1958, 53 1-49. Cfr. anche von Arnim, Stoicorum Veterum Fragmenta, passim, e Philippson: Hermes 55 ( 1 920) 364-72 . 94· Symbolae Osloenscs 19 ( 1939) 15-40. 95- Dox. Gr. 122 ss. e Elementum, r899, n s. g6. [Vissuto fra il 138 c il 70 a.C., successore di Zenone di Sidone come sco larca epicureo. Per le fonti del De natura deorum in generale e della sezione dossogra!ica in particolare, si veda la magistrale edizione di A. Stanley Pease, M. Tulli Ciceronis De nat. dcor. libri III, in particolare le pp. 36-51 dell'intro duzione.] 97· V. infra, pp. r 87 ss. 45
Epicuro) che da altre scuole: comunque sia, una tradizione relativamente antica è postulabile in questo campo. Fra gli altri testi papiracei che riguardano la teologia epi curea, vanno ricordati : 1 . una lettera d i Epicuro ricostruita dallo Jensen sulle dieci colonne iniziali del x libro De vitiis di Filodemo 98; 2 . il papiro egiziano P. Oxy. 2 I 5 , indispensabile per tracciare un quadro generale della teologia di Epicuro 99• La questione dell'autore è dibattuta : il Diels pensa ad un brano originale di letteratura popolare uscito dalla pen na dello stesso scolarca, ma né i suoi argomenti di sto ria della tradizione né quelli di stilistica riescono veramente a convincere. Dal punto di vista linguistico si ha l'impres sione che non lo si possa attribuire plausibilmente nep pure a Filodemo. Quindi l'ipotesi più probabile resta tutto ra quella del Cronert , che ne fissa la data di stesura al tem po di Apoliodoro K1}7to-rupawoc; o [ del suo discepolo] Ze 1 none di Sidone 00; 3 . il papiro P. Grenf. Hunt I 5, un solo piccolo foglio di contenuto epicureo, proveniente anch'esso dall'Egitto e ora 1 1 al Brit. Museum 0 ; r 4 · il papiro P. Heid. I 740 , della raccolta di Heidelberg, 1 anch'esso di provenienza egiziana , di contenuto etico 02 ; 98. V. infra, p. rr8. 99· L'ultima edizione completa è quella del Diels in: SPAW 1916, 886-909 . Per questo papiro, particolarmente importante per il contenuto, dr. anche testo e annotazioni di A. Barigazzi, in: Acme 8 ( 1 95 5 ) 37-5 5 ; inoltre S. Eitrcm, i n : Symb. O s i . 31 ( 1 9 5 5 ) 169. [ Sui problemi testuali c di attribuzione del Pap. Oxy. 2 1 5 si vedano specialmente i due studi di Wolf. Schmid successivi al RAC: Textprobleme etc., in Rh . Mus. r o5 ( 1 962) e Chi è l'autore etc. , in Miscellanea Rostagni ( 1 963 ).] roo. W. Cronert, in : Archiv fiir Papyrusforschung r ( 1901 ) 527. 101. Ediz. Grenfell-Hunt : New Classica! Fragments and Other Greek and I..atin Papyri. Scr. 2 , 1897, 1 5 : v. in proposito Diels, in : SPAW 1916, 901 . 102. Ediz. E. Siegmann, in Festschrift Bruno Snell ( 1956 ), 167?2.
.5 . il trattato etico di Demetrio Lacone, di cui si è detto (p. 4 I ) che fu a torto inserito dal Korte nella sua raccolta di frammenti di Metrodoro : probabilmente si intitolava IIEpÌ. 1 03 • EWpLap,ou (De Il testo, più volte usa elatione animi) �E't' to dall'Usener per la sua silloge e studiato anche dal Bigno ne 104, tocca il campo della 'dietetica dell'anima' : l'autore è preoccupato di salvare chi è affetto dal 'pathos dell'anima' in senso epicureo. Particolarmente graziosa la col. I I sul 105 saggio e il suo discepolo e la col. I 4 , dove si raccomanda di riguardare alla pienezza (TIÀ:r)pw�a) del bene ricevuto. Per quanto riguarda l'uso di questi papiri da parte degli studiosi, dato che tanto in Philippson NGG I 9 2 9 , quanto in Jensen AGG I 9 3 3 , non mancano esempi di integrazione eccessivamente audace, si dovrebbero indicare esattamente i limiti delle varie integrazioni editoriali tutte le volte che si 106 citano tali passi • Il dovuto rispetto di quanto è realmen te tramandato può anche evitarci di prendere delle can 1 07 • tonate Ai papiri si affianca la monumentale iscrizione di Dioge ne di Enoanda (Diogenes Oenoandensis ). Nel n secolo d.C. uno zelante seguace della filosofia del Giardino, certo Dio gene di Enoanda, cittadina della Licia, fece incidere sulle pareti di un portico, per la salute spirituale dei concittadini suoi contemporanei e per il bene delle generazioni future e dei visitatori stranieri, una grande iscrizione comprendente alcune Massime Capitali scelte e numerosi altri testi filoso103. V. note 78 c 79 · 104. Cfr. L'Aristotele perduto I, ! J I·55 [ = 'I, 1 34-1 39 ] . 1 0 5 . V. infra, p. 96. ro6. Ciò che invece non fa per es. il Festugière, Epicurus, 28 e 43 n. 9, ci tando Jenscn, fr. r : omissione che a sua volta si riflette su Luck, Epikur und seine Gotter, 308. 107 . V. per es. l'ostinata ripetizione dell'equazione Epicuro Titano (He lios ) dal fr. q r n. Us. in Festugière, Epicurus, 41 e 50 con n. 75, nonostantt' Cronert, Kolotes und Menedemos, 14, 1 74 e Diano, Lettere, col. 25, p. n . =
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fici di contenuto epicureo 108• Per l'interpretazione e l'ordi namento di questi testi va consultato, oltre all'articolo del Philippson in Pauly-Wissowa 109, soprattutto il meritorio commento del Grilli 1 1 0 • Per la questione specifica della dot trina del fato nell'iscrizione di Diogene, è ancora utile D. Amand I l ! . Per le questioni [di lingua e stile ] connesse con la [ attribuzione della ] «lettera alla madre» inserita nell'i scrizione, si veda qui sotto (p. 54 e nota 1 2 9) . La questio ne se nel fr . 4 , col. 1 , 1 3 ss. (numerazione sia del Grilli che del William) si debba o no riconoscere il riferimento a un contesto didascalico platonizzante dell' «Aristotele perdu to» , è stata vivacemente dibattuta (fra l'altro da Bignone, Philippson, G. Pisano) 112 • IV . LI NGUA E ST ILE
Nella discussione dei fondamenti testuali , si è accennato più volte a controversie, a tutta prima sorprendenti, sulla questione dell'attribuzione di un testo a Epicuro o a segua ci epicurei posteriori. Non sembra quindi inopportuno da re uno sguardo anche alla lingua e allo stile di Epicuro, al meno entro i limiti utili a definire alcuni criteri generali di giudizio. Trattandosi di attribuire la paternità di questo o quel frammento epicureo, s'incontra spesso un grave osta colo nel fatto incontestabile che tutti i seguaci epicurei sen za eccezione, da Metrodoro, discepolo diretto di Epicuro, giù giù fino a Demetrio Lacone e Filodemo, anzi fino a Dio108. Edizioni: I. Wiiliam ( 1907 ), A. Grilli ( r 96o) [e ora anche C.W. Chilton, Diogenis Oenoandensis Fragmenta, Lipsiae (Th.) 1967 ] . 1 09. RE Suppl. V , 1 53-I70. uo. I frammenti dell'epicureo Diogene di Enoanda, nel vol. miscellaneo Studi di filosofia greca in onore di R. Mondolfo, Bari 1950, 347-435· I I I . Fatalisme et liberté dans l'antiquité grecque, Lovanio 1945, I I7-20. rr2. Si vedano gli Studi su Epicuro di G. Capone Braga, pp. 36-46.
gene di Enoanda, «hanno fatta propria la lingua della 'bib bia' della loro scuola a tal punto . . . che qualcosa di simile si ritrova soltanto nella letteratura peripatetica ed ecclesia 113• Sicché, proprio per le espressioni filosoficamente stica>> rilevanti di un dato testo, è a volte fin troppo facile addur re 'prove' dalle fasi più diverse dell 'Epicureismo. Ciò si può osservare assai bene per es. nel sommario di particolarità linguistiche che conclude l'edizione Diels del P. Oxy. 2 r 5 e che - come pure si vede costretto ad ammettere l'editore, sostenitore della paternità di Epicuro - dice in sé ben po co perché si possa decidere sul problema dell'autore. Dato che la terminologia filosofica, in conseguenza dello spirito conservatore della scuola, è così ostinatamente costante, nel giudicare vn testo è opportuno prestare la dovuta attenzio ne anche al lessico filosoficamente meno rilevante. E natu ralmente, nel tentativo di assegnare a un'opera controversa il luogo che le spetta lungo il cammino dell'evoluzione lin guistica, è d'importanza non secondaria apprezzarne conve nientemente il ductus stilistico generale. Per quanto riguar da il lessico dello stesso Epicuro, il Linde, nella già menzio nata dissertazione 11\ ha git!Stamente (anche se si fonda su una base troppo angusta) cercato di determinarne e rappre sentarnc la posizione, fissandola in una fase intermedia tra Aristotele e Polibio. Si potrà naturalmente affermare che non si tratta di una reale 'posizione intermedia', in quanto i punti di contatto di Epicuro con lo stadio linguistico elle nistico, per noi rappresentato specialmente da Polibio, so no certo meno numerosi di quelli con lo Stagirita, alla cui lingua il fondatore del Giardino, secondo la giusta osserva zione del Diels 115, sembra esser più vicino 1 16 . Il W il amoI I 3 . II. Diels, in: SPAW 1 9 16, 89 r . I I4. V. cap. r, n. r r .
r 1 5 . SPA.W 1 916, 892 . n6. Che invece Filodemo, posteriore rispetto a Polibio, sia più vicino allo 49
witz mette giustamente in rilievo che Epicuro, più di altri scrittori vissuti all'epoca di transizione dal periodo attico a quello ellenistico, si compiace di neologismi 1 17: un dato di fatto che si può almeno in parte spiegare con le esperienze vissute da Epicuro durante la prima metà della sua vita, es sendo la lingua greca comune nelle città dell'Asia Minore certamente permeata di elementi forestieri, non attici 1 1 8• Quelle innovazioni, per es. la predilezione di Epicuro, più tardi criticata da Posidonio, per i sostantivi verbali in -�a 119, che dopo Isocrate ripugnano alla prosa d'arte, non di rado sono comuni alla lingua popolare 120• D'altra parte, Epicuro adattò i neologismi di quella koinè che proprio al lora (verso il 300 a.C.) si veniva più chiaramente affer mando, alle varie esigenze dei suoi scritti filosofici e del le sue lettere in grado di volta in volta diverso: tale adat tamento appare particolarmente accentuato in quelle lette re che , originariamente indirizzate ai soli destinatari , vole vano essere, come lo sono per esempio parecchi dei fram menti conservatici da Filodemo, l'espressione di osserva zioni del tutto personali e servire, secondo l'intenzione del mittente, all'unico scopo della comunicazione del momen to. In altre parole, gli scritti di Epicuro, data la loro grande varietà, presentano una vasta gamma di forme linguistiche e stilistiche : è quindi necessario rendersi conto, sia pure sommariamente, di queste diverse possibilità espressive. Confrontiamo dapprima la lettera a Erodoto e quella a Meneceo: nella prima constatiamo una quasi completa ristadio linguistico polibiano che a quello aristotelico , almeno dove costruisce con materiale proprio, non ha certo bisogno di essere particolarmente sot tolineato. I I 7 . Gnomon 5 ( 1 929) 465 ; cfr. Gescbichte der griechischen Sprache, 1928, 40. I I 8 . L. Radcrmachcr, Koine, 1 947, 6-r r .
II9- Posidonio i n Cleomede 2,r , r 66 Zieglcr; cfr. Uscner, Epicurea, 89.
r2o. Cfr. E . Norden, Die antike Kunstprosa
r,
1 24 n.
nuncia ad artifìzi retorici ; nella seconda è evidente una 1 notevole stilizzazione artistica 12 • La stilizzazione retorica della lettera a Meneceo appare soprattutto nella costante preoccupazione di evitare lo iato, nell'uso, che ricorda Iso crate, dell'antitesi accentuata, nella ben ponderata perio dizzazione 122 • Il Bignone, movendo da considerazioni sul contenuto, sostiene che la lettera a Meneceo si trova in qualche modo, sia pure in posizione antitetica, sulla scia del Protrettico aristotelico, spiegandone cosi anche i più accen tuati intenti letterari . Le lettere a Erodoto e Meneceo, pur concepite ambedue per la pubblicazione e destinate fin dall'origine ad un'ampia cerchia di lettori, tuttavia si rivol gono a destinatari che dobbiamo supporre assai diversi l'u no dall'altro: la prima vuole essere di giovamento special mente a chi è già «progredito» nello studio della dottrina, l'ultima si rivolge anche e soprattutto all' «estraneo» , che dev'essere ancora conquistato al Giardino e che quindi non deve essere scoraggiato dalle sciatterie dello stile «ipom nematico» . La diversità formale fra le due lettere si ri duce cosi alla contrapposizione, a noi ben nota da Ari stotele, della scrittura scientifica cd <<esoterica» da un lato e lo stile «essoterico», mirante a un più ampio raggio d'a zione, dall'altro. Tuttavia lo stile dell'epistola a Erodoto si trova, per così dire, soltanto in uno stadio intermedio nel cammino verso quella scrittura scientifico-esoterica che tro verà poi l'espressione più autentica nell'opera maggiore del IIEpt cpucrEwc; . Ciò non toglie che l'oscuri tà della lettera a Erodoto talora non possa aver superato quella dell'opera maggiore, specialmente per quanto riguarda certe tipiche ux . Cfr. Usener, Epicurea, xLI ; Diels, SPAW 1916, 892 ; Bailey, Epicurus, 173 ·
122. Con tro l'ul timo punto, non può certo farsi valere la considerazione che
la chiusa della lettera ha subito qualche alterazione, con probabili aggiunte o omissioni.
formulazioni compendiose. Se è possibile distinguere in qualche modo il genere di scrittura rappresentato dalla let tera a Erodoto e quello rispecchiato dal IIEpt q>UtrEwc; e se si separa, come è pur doveroso, dai due tipi rappresen tati rispettivamente dalle lettere a Erodoto e a Meneceo il tipo di comunicazione epistolare schiettamente umana - tale cioè che o non è didascalico o lo è soltanto appa rentemente, tendendo piuttosto verso toni personali -, ec co che sarebbero attestati già quattro diversi tipi della scrit tura di Epicuro. Di questa differenziazione bisogna tener conto per classificare e valutare rettamente le antiche testi monianze sulla lingua e lo stile di Epicuro 1 23• Che i giudizi degli antichi riguardino soprat tutto gli scritti « ipomnema tici » , non ha nulla di sorprendente, dato che questi dove vano essere di gran lunga i più numerosi . Ma tali testimo nianze, se da un lato sottolineano la mancanza dell'ornato nella lingua di Epicuro, dall'altro lato sono quanto mai ina deguate come argomento in favore della non-autenticità del l' epistola a Meneceo 1 24 • È degna di menzione anche la testimonianza del retore Teone di Alessandria (Progymnasmata, in Rhetores Graeci I I , ? I ,7- I 7 Spengel) sullo stile talora «ritmico» di Epicuro, 1 2 3 . Usener, Epicurea, 88-90.
1 24. Negarono così l 'autenticità de}J 'epistola W. Arndt in Norden, Agnostos Theos 390 ( aggic•nte alla p. 9 3 ) , e Mutr.chmann, in: Hermes» 50 ( 19 1 5 ) 3 2 7 ss. Ma si veda la chi:1ra argomentazione dell'Usencr, Epicurea, p. XLII [dove, fra l'altro, è usato l 'aggettivo ipwmzematico, ripreso da Wolf. Schmid: «his obser vationibus non mircr si quis abusus propter ipsam stili elegantiam ab Epicuro non solum neglcctam :.cd ctiàm contcmptam epistulam tertiam in suspicionem vocet. nempe mui tos bodieque latct, quantum discrimen inter duo sermonis pcdestris genem intcrcedat ( ... ): eos dico libros quos publicc cdebant ( ... ) et eos quos sibi suisquc philosophi mm:ime scribebant, quos Ù1tOJ.lVTUJ.tnoc Grae ci, Romani commcntarios dixerunt. ex genere hypomnematico cum Epicuri scripta longc plcraque fu2rint, facile intellegitur guam rccte veteres eius in scribcndo neglegcnti>lm c! incuriam vituperaverint. eundcm si vellet etiam diligentcr adcoque clegmtcr scriberc potuisse quis negaverit ? » ] .
quella À.É;Lç E��E"t'poç xcd Evpul}�oc; che il Norden ha pri ma sfiorato in Antike Kunstprosa (I, 1 24 s . ) , poi approfon dito in Agnostos Theos (93 n. 2 ) 1 25 . In questo suo secondo studio, il Norden riesce a dimostrare la presenza dello stile ritmico, osservato da Teone nell'epistola a Idomeneo, an che nell'epistola a Meneceo, almeno nei passi di argomento più elevato. Così per es . il passo della lettera a Meneceo dove si afferma l'esistenza degli dèi (Diog. L. 1 0 , 1 2 3 ) , mo mento rilevante nella concatenazione logica , invita apertn mente all'analisi ritmica : itEoÌ. [J..È'V yà:p EÌ.O'L\1 l Éva.pyÌ}c; yàp !XÙ"t'WV l ÉO'"t'L\1 'Ìj "('VWO'Lc; m.
Istruttiva, soprattutto l'analisi dell'inizio «protrettico» della lettera, condotta dal Norden con particolare finezza, a cui tuttavia non possiamo che rinviare in questa sede. Purtroppo manca tuttora un'indagine complessiva sulle questioni di lingua ora toccate, che segni veramente un passo in avanti dopo il Norden e le più specifiche ricerche di F. Blass 127• Il Norden ha dato soltanto esempi di un cer1 25. Dopo il Norden, anche lo Jensen: AGG, 1933, _56.63 n. 1 . [ La testimo nianza di Teonc, già in Usener, Epicurea e Norden, Kunstpr., è riportata qui per intero dall'edizione Spengel, con l'aggiunta di emendazioni dell'Usener (Us.) e del Cronert, in: Rh. M . 1906, 422 (Cron.), queste ultime seguite da Arrighetti' (Arr.): Theo, Progymn. II,71,7-17: 'EmJ.lEÀ.l]'"i:ÉOv ( il maestro di retorica) oÈ XOC� "tljç O"UVfrEO"EWç "tWV Òvop,chwv, miv"tOC IÌLOOCO"XOV"tOC È!;, WV 8�rupEu!;ov"tocL "tÒ xocxwç O"UV"tLfrÉvoc�. xoc� J.lOCÀ.�O""tOC oÈ 't'ÌlV �J.l[l.E"tpav XOCL EV pufr!.lov À.É!;,LV' wç "tCÌ 'ltOÀ.À.CÌ "tWV 'HYlJO"�OU "tOU (n'J"topoç, xoct "tWV 'AO"�OCVWV xa.À.aU!.lÉvwv pl]"t6pwv, xoc! "tLVOC "tWv 'Emxoupou, atei 1tou xoct TipÒç 'IIìai.lEVÉoc ypciq>Ev «W 'ltocv"toc "tOCJ.lOC XLVTJJ.lOC"toc "tEP'JtVOC VOJ.lLO"OCç Èx vÉou». ( fr. 1 3 r Us., 57 Arr.) xoct ( ... ) «ÀÉYE Iii] J.lO� IIoMocwE tO"UVOC'ltÉPLJ.lfvt (�O""tLV a 'ltptv (J.Èv Us., a{O"fr'ocm:p 'ÌJJ.li:v Cron./ Arr.) [J.EyocÀlJ x;ocpoc yÉvl]'tOCL (yqÉvl}'tOCL Cron./ Arr.)>>. ( = fr. 105 Us., 87 Arr.).] 126. Due dimetri bacchei ( � ..L. _ '--' ..L. X ) cui segue il tipico colon eretico + trocheo ( _ '--' _ _ '--' ) . 127. [Die Rhythmen der Asianischen u1zd Romischen Kunstprosa, Leipzig 1905, ora rist. I lildesheim (Verlag Gerstenberg) 1972.] =
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to tipo di analisi da lui ritenuta applicabile anche ad altri scritti epicurei oltre alla lettera a Meneceo. Da quanto si è detto fìn qui risulta fondamentalmente che, nei casi in cui l'attribuzione di un testo a Epicuro o a Epicurei posteriori è tuttora controversa, chi voglia pren der posizione si trova di fronte a considerevoli difficoltà e deve usar prudenza, non solo quando si richiama al mate riale terminologico per decidere la questione dell'autore, ma anche quando per es. argomenta sulla base di certe pecu liarità della koinè. Poiché elementi propri della koinè non possono né escludere a priori la paternità di Epicuro né di mostrare con certezza quella di Epicurei posteriori : si pen si per es . alla discussione filologica nel caso della «lettera alla madre» conservata nell'iscrizione di Enoanda 128 , che la maggioranza degli studiosi , sulle orme dell'Usener (Rh Mus 47, 1 8 9 2 , 424), considerano scritta da Epicuro, men tre il William [ nell'ed. di Diogene di En . ] e A .E. Raubit schek (nella sua dissertazione dattil. Epikureische Untersu chungen, Wien 1 9 3 5 , 1 06-142) hanno supposto la paterni tà di Diogene e quindi datato il testo a circa cinque secoli più tardi . Un giudizio veramente conclusivo sulla questio ne dell'autore resta pertanto sospeso 129• I dubbi del Raubit schek sia sulla lingua che sul contenuto non sono stati fino ra interamente dissipati. Né può dirsi necessariamente con vincente l'argomento, addotto dal Philippson e dal Grilli contro il William come «criterio esterno» accessorio, che la menzione di 'mine' anziché di 'denari' non sarebbe pensa bile nell'Asia Minore del n sec . d.C. 130• Inoltre, il Raubit1 28. Fr. 62 s. Grilli= fr. 63 s. William= Diano, Ethica, fr. 162 [ = Arr. fr. 72 ] . 1 29. [ Si veda ora Arrighetti2, 675 : <
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schek fa giustamente rilevare, contro il Philippson , che, per ragioni dottrinali, la lettera difficilmente può risalire al tem po della «formazione scolastica» del giovane Epicuro, pri ma dell'impoverimento dei genitori nel 3 2 2 a .C. (egli pre suppone elementi già più o meno elaborati della dottrina di Epicuro [ per es. la é�o!.wcnc; l}EQ ] ) ; d'altra parte, do po questo periodo, durante il primo «magistero» di Epi curo, è poco probabile che i genitori abbiano spedito «rego 13 larmente» consistenti somme di denaro 1 • Per Filodemo, che per altro nella questione dello iato si attiene generalmente al modello di scrittura più accurato del Maestro, la ricerca comincia a individuare caratteristi che precise di lingua e di stile. Si veda, per es . , il caso della recente attribuzione a Filodemo, già menzionata a p. 42 , del frammento etico Comparetti (Pap. Herc. I2JI) : i cri teri su cui si fonda tale attribuzione appaiono abbastanza evidenti, perché si debba ancora tentare di datare lo scritto al periodo più antico del Giardino (la tesi 'ermarchiana' del Philippson) . Meno inquietante, dato che non sono in discussione scar ti né di mezzo millennio, come nel caso della «lettera alla madre» , né di due secoli e mezzo, come nel caso del fram mento etico Comparetti, appare la controversia sulla pa ternità della famosa «lettera a un fanciullo» (Usener fr. I 76 Diano Ethica fr. r63 Arr . fr. 2 6 1 ) . Dapprima attri=
=
mo 374, che è press'a poco dello stesso periodo; in panicolare, il Raubitschck (pp. 127 e 1 30) pensa a un rapporto con il calcolo in mine secondo il titolo rodiese, probabilmente a motivo del soggiorno di Diogene a Rodi, attestato nella «lettera di Antipatro» (fr. r6 Grilli fr. 15 William ) . 1 3 1 . S i veda i l f r . 6 3 Grilli 6 4 William, col. 2,3. [ Ora Arrighetti', 675 : « . . . bisognerà ripiegare sull'ipotesi che (la lettera) vada messa in relazione con uno dei viaggi in Asia Minore effettuati intorno al 322, anno della fine del suo ser vizio militare e della cacciata dci coloni ateniesi da Samo. La lettera in tal caso testimonierebbe delle ristrettezze finanziarie in cui era venuta a trovarsi la famiglia di Epicuro dopo questo fatto; cfr. anche Steckel, RE, 583».] =
=
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buita senz'ombra di dubbio ad Epicuro, questa lettera fu fatta risalire dal Vogliano a un diretto discepolo di Epicu ro, forse Polieno 132 • In ogni modo, il giudizio del Norden, al quale la «meravigliosa naturalezza» e il «caldo sentimen to» di questa come di altre lettere di Epicuro ricordano, mutatis mutandis , alcuni documenti della letteratura cri stiana antica, come per es . la Didachè, non è invalidato da questa controversia 133 : che se un discepolo diretto di E picuro, come Polieno, seppe esprimersi con tale immedia tezza, certo è perché egli, anche in questo, è andato a scuo la dal Maestro. Il quale era un «Conoscitore e pescato re di uomini che . . . possedeva altrettanti stili quante erano le persone a cui indirizzava le sue lettere» 134 • Comunque sia, Epicuro, più ancora che i maggiori epistolografi antichi, nelle sue lettere seppe tener conto di volta in volta dei di versi destinatari, immedesimandosi in essi. Ciò è senza dubbio in rapporto con quella componente 'psicagogica', così caratteristica di Epicuro, mirante a edificare e fortifi care [ gli animi dei discepoli ] . Ulteriori, urgenti indagini linguistiche potranno avvaler si, oltre che dei lavori fin qui ricordati, soprattutto del Glossarium Epicureum dell'Usener. Fondato su solide basi e conservato presso l'Università di Bonn, il glossario è stato già più volte copiato con il permesso della stessa universi132. [ Ora edita, tradotta e commentata da Arrighetti', 679: « ... Non è assolu tamente certo che sia di Epicuro, anzi Vogliano si oppone a questa ipotesi con ottimi argomenti (dr. Annali Cagliari 421 ss. ; Scripta, u6 ss. ; e soprattutto Mélanges Bidez I, 979 ss.); dell'opinione opposta erano invece Go. Us. Phi. (Gnomon 1 928, 392) Bi.; da ultimo, contro la paternità epicurea si è pronun ziato anche Liebich, Au/bau, 36 s.».] 133· E. Norden, A:-ztike Kunstprosa 1 , 123 [ «quanto meno non saprei dove tro vare altrove nella buona prosa greca ( fatta eccezione per qualche scritto della prima letteratura cristiana come la .6-Loocxl]) qualcosa di simile a tale meravi gliosa naturalezza, in cui si esprime un animo sensibile e fine»] . I34· Diels , SPAW , 1916, 899 «Menschenkenner und Menschenfischer, der ... sovie! Stile wie Personen besass, denen er seine Briefe widmete».
tà 135• Debitamente integrato ed aggiornato sui testi pub blicati dopo l'Usener, è da sperare che in un prossimo fu turo possa essere reso di comune accesso agli studiosi. Il Glossarium Epicureum, sulla cui struttura riferisce anche il Diels 136, consta non soltanto di un elenco alfabetico di voca boli, ma anche di una sezione particolare, intitolata Obser vationes grammaticae , contenente un compendio prospetti co degli idiotismi di Epicuro . Sul materiale di questa sezio ne sembra fondarsi il lavoro di C. Brescia, Ricerche sulla lin gua e sullo sti!e di Epicuro ( 1 9 5 5 ) , come dimostrano chiara mente certe particolarità del modo di citare e la scelta della maggior parte dei paralleli non epicurei. Sebbene il Brescia si sia ampiamente avvalso - senza purtroppo ammetterlo apertamente - del materiale apprestato (e ordinato e valu tato con sicurezza di giudizio) dall 'Usener, il suo lavoro non si può dire che risponda alle legittime esigenze della ricerca attuale e non può quindi esser considerato come quella nuo va edizione, anche solo parziale, del Glossarium che è fra gli urgenti desiderata nel campo degli studi epicurei 137• Prege vole è invece H. Widmann, Beitrage zur Syntax Epikurs ( 1 9 3 5 ) , il quale fa utili osservazioni anche sulla stilistica, per es . sulla te-:nica della variczione 138 • 135. Fra l'altro, per Berlino (Vogliano: Accademia) e per Napoli (Officina del papiro). 136. Diels, SPAW, 1916, 889 n. r, 900 n . 1 . 137· [II Glossarium Epicureum è stato pubblicato a Roma nel 1977 a cura di M. Gigante e W. Schmid; v. Bibliografia, sotto Usener.] 138. Cfr. Wolf. Schmid, in: Gnomon 12 (1936) 444 s. [Lo stesso Schmid aveva annunciato una sua recensione al lavoro del Brescia (v. il RAC, v, col. 714, riga 18 dal basso) in Gnomon 1962: tale recensione non risulta pubblicata né in quella rivista né in altre . ]
CAPITOLO TERZO
LA FILOSOFIA DI EPICURO COME DOTTRINA DI VITA E MESSAGGIO DI SALVEZZA
I. ASPETTI GENERALI, SPECIALMENTE IN RELAZIONE ' ALL ETICA E ALLA TEOLOGIA
Nella nostra rassegna delle opere di Epicuro , abbiamo toccato i vari temi settore per settore, senza considerarli nel loro complesso. Cercheremo ora di tentare un compendio di quei motivi di pensiero che appaiono più rilevanti, al fine di collocare l'Epicureismo nella storia spirituale e religio sa del mondo antico, dal duplice punto di vista della sua azione nell'ambito della koinè filosofica ellenistica e post ellenistica e delle controversie da esso provocate nei Padri della chiesa. Prescindiamo qui da una esposizione dosso grafica esauriente, tanto più che non mancano esposizioni più o meno complete delle dottrine di Epicuro 1 • 1.
Motivi principali, parti e definizione della filosofia
Già dal breve sommario della lettera a Erodoto è risulr. Si veda innanzi tutto Dberwcg-Prachtcr I, 121926, 445-61 e Zeller III, I, '1923, 39<>-494; inoltre von Arnim; Bailey, Greek Atomists e Lucretius, vol. r, 51-72 ;
Brink [ nella prima ediz. di OCD ; nella 2• l'art. Epicurus è ora di D.J. Furley] ; Cornford, 12-30; Gigon (Introd.); Hoffmann; Luck, 308- 1 5 ; Mair-Schmid; Mewaldt, Geistige Einheit; More, r8-64; Paci; Pohlen?., Hellen. Mensch, 3 3 5-7; Rivaud, 3 29-57; Schwartz, Epicureismus und Stoa; Wiersman, 273-94. Vanno altresl ricordati i lavori di Jaspers ( 1960) e Nebel ( 1948) che, mentre riflettono chiaramente moderni orientamenti filosofici e tentano in parte una specie di ricostruzione idealmente tipica della figura di Epicuro, non fanno tuttavia vio lenza ai dati storici. 59
tato che i due nuclei di pensiero più significativi dell'epicu reismo, cioè da un lato la spiegazione della natura coeren temente impegnata ad escludere tutti i 'mitici' fattori so prannaturali e specialmente ad eliminare ogni finalismo in tenzionale, e dall'altro l'elevazione del piacere a regola fon damentale di vita, non sono privi di connessione tra loro, ma che piuttosto il secondo presuppone il primo. Soltanto il giusto concetto della natura ( q>ucnc;) - vi rientra anche la negazione di ogni intervento degli dèi negli eventi terreni, quindi anche nella vita umana, e il rifiuto della tesi della sopravvivenza individuale dell'anima - permette l'inseri mento tranquillo nel corso del mondo all'Io che aspira alla liberazione dal dolore fisico e dal turbamento spirituale. In questo modo fisica ed etica si compenetrano a vicenda. Dal canto suo, la fisica raggiunge il proprio intento soltanto se la sua coscienza scientifica è illuminata dalla canonica, la quale a sua volta è in relazione con l'etica e i suoi postulati . Cosi risulta evidente il nesso che collega le tre parti princi pali del sistema. La canonica 2, in quanto metodologia e gnoseologia, ha per oggetto i fondamenti di evidenza della conoscenza, le sue norme e i suoi criteri di verità. Data que sta intima connessione fra le diverse parti del suo sistema, Epicuro può benissimo aver tenuto presente l'intera com pagine della filosofia, quando definisce quest'ultima come «ÈVÉpyw:� che ci procura la vita beata mediante ÀoyoL e oLa ÀoyLcr�o!.» 3. In che cosa soprattutto Epicuro veda consiste2. È il titolo del principale scritto di logica di Epicuro. II termine deriva da xocvwv, il filo a piombo dei muratori e dei costruttori, indispensabile al buon esito della costruzione. Cfr. Usener, Epicurea, 104·106. 3· L'espressione À.éyo� xocL o�ocÀ.oy�crtJ.O' va intesa nel senso di 'argomenti e dialoghi (discussioni)', non nel senso di 'Reden und Erwagungen' (discorsi e riflessioni) secondo Oberweg r", 447· Cfr. il parallelo della lettera a Idomeneo 52 Arr.) s�ocÀ.oy�cr� J.lVi)IJ.l), «il ricordo dei [nostri passati] (fr. I38 Us. ragionamenti filosofici» (Arr.) e, sull'argomento, v. infra, pp. 96 ss . .6.�ocÀ.oy�cr J.l6c; è dunque il legittimo dialogo in opposizione alla illegittima dialettica. =
6o
re il compito della filosofia - d'accordo con altri indirizzi fi losofici, e tuttavia seguendo una sua linea personale nella e laborazione e nella pratica applicazione del pensiero - lo ma nifesta con particolare evidenza il fr. 2 2 1 Us . ( 247 Arr.) : «È vano il discorso (À.oyoc;) di quel filosofo che non guari sce le passioni umane. Come infatti la medicina non giova a nulla se non guarisce il corpo dalle malattie, cosl anche la filosofia non giova a niente, se non caccia la passione (nci i}oç) dall'anima» . Con questa concezione della filosofia è coeren te anche la riduzione al 'quadrifarmaco' delle RS 1-4 (v. sopra, p . 3 3 ) . Da to lo scopo originario della presente e sposizione, non è stato possibile trattare con pari approfon dimento le varie sezioni principali del sistema filosofico epi cureo. Così si è dovuta escludere la 'canonica', che, nel suo genere , h:1 pure la sua importanza 4• Parimenti, si è dovuta escludere la fisica, che abbraccia anche psicologia e teologia: vi si accennerà brevemente nel prossimo paragrafo e in quel li dedicati alla religiosità e alla teologia di Epicuro. D'altra parte, il fatto che qui si metta particolarmente in rilievo la filosofia epicurea come 'dottrina di salvezza' non deve por tare come conseguenza a un mutamento di prospettiva . In altre parole : ogni eventuale approfondimento dell'aspetto 'soteriologico' può essere giustificato solo se l'interpretazio ne tien conto del sistema nel suo complesso e quindi anche della 'fisiologia ' ( cpucnoÀ.oyl,a) . =
2.
I ;·apporti con i predecessori e con l 'ambiente filosofico del tempo
Gli studi più recenti su Epicuro, se si prescinde dal fatto 4- Si veda Uscner, Epiwrca, fr . 35 s. e 242-65 (pp. 1 77-190), nonché IlEpL cpu O'EWç XXVIII (v. sopra, p. 3 7 ) ; si confronti Filodemo IlEpt O'lJJ..LELW::TEWv (al ri guardo, v. infra, p. 1 1 8 e il commento, nella edizione ivi citata, del De Lacy); cfr. anche Sandgathc. Di c Wabrheit der Kriterien Epikurs ( 1909) e P. De Lacy, Epicurean É-:: L ÀoyL:rr.à:;: AJPh 79 ( 1 958) 179 ss. 61
che la pubblicazione di nuovo materiale ha permesso di chiarire e integrare determinati aspetti della sua filosofia , mirano soprattutto a non isolare l'epicureismo ponendolo quasi al di fuori della grande linea delle 'buone' tradizioni filosofiche della grecità 5, ma a vederlo in vivace polemica con altri indirizzi filosofici, specialmente con l'Accademia e il Peripato, le due scuole fondate in Atene già prima del Giardino 6• In realtà, in non pochi casi si può parlare di un influsso di Platone e Aristotele su Epicuro, almeno nei li miti in cui questi chiaramente reagisce alla nuova proble matica creata da quelli 7• La stessa ampia recezione della fi sica di Democrito presenta non piccole modificazioni di par ticolari che mostrano come Epicuro non prenda alla leggera le obiezioni mosse dalla fisica aristotelica al fondatore del l'atomismo, e che invece è proprio tenendo presenti queste obiezioni che egli è indotto a introdurvi quelle alterazioni che dovrebbero rendere inattaccabile la posizione di Demo crito 8 . Di non poco interesse è qui un caso particolare del la cosmologia riguardante la tesi della mortalitas mundi: Epicuro rappresenta il concetto, tipicamente presocratico, dell'evoluzione del cosmo, o, più precisamente, dei cosmi come fenomeno in tutto analogo all'evoluzione di esseri or ganici 9, nient'affatto come semplice ripristinamento, ma 5· Quando ciò accade, si tratta quasi sempre di inconsci residui di uno schema polemico della Patristica, dr. infra, pp. 163 ss. 6. E. Bignone, L'Aristotele perduto, passim. Vedi sopra, pp. 30 ss. 7 · Cfr. F. Solmsen, Epicu rus and Cosmologica/ Heresies: American Journal of Philology 72 ( r9 5 r ) r-23. 8. Anche se poi questa, come sottolinea soprattutto A.E. Taylor, cpicurus, I 9 I I , 56-7 1 , i11 verità viene a perdere la sua interna omogeneità cd u:�ità. Su quanto debba ad Aristotele il llEpt cpuO'Ewç di Epicuro, v. sopra, p. 38. 9· Fr. 305 Us. [Aetius II,4,10, p. 3 3 1 ,240: 'E1tLXoupoç r:À.ELO'"tOLç ,;p61toLç "tÒ\1 X6CT].l.O\I cpl)E�pEcrfrOCL' XOC� yocp wç stÌJ:l\1 xcd wç <;JU"tÒ\1 xcd 1tOÀ.À.OCXWç. ] Cfr. Lucr. II,I I05- I I 7 2 ( nel l. v Lucrezio stranamente non si a\'\·�lc dell'argomento analogico per dimostrare la mortalitas mundi).
tenendo conto certamente della nuova situazione determi nata dal progresso delle teorie biologiche 10• E se da un lato nell'etica epicurea confluiscono elementi socratici (Aristippo) ed altri democritei o sofi.stici (Demo crito fu allievo di Protagora) , dall'altro lato questa sintesi, perfezionata ed elaborata, lascia chiaramente riconoscere la volontà di affermarsi accanto e in concorrenza con idee platoniche ed aristoteliche. Questa è anche, in sintesi, la conclusione delle ricerche vaste e ben fondate, anche se non sempre aliene da esagerazioni, del Bignone (Aristotele per duto). Si confrontino anche i commenti del Diano (Ethica, passim ), che, al contrario di Bignone, si avvale degli scritti di scuola (esoterici) di Aristotele. Si veda inoltre il lavoro 1 del Merlan 1 , che per es. interpreta la difesa di Epicuro dal l'accusa, originata da un malinteso, di voler insegnare una vita di dissolutezza (Lett. a Meneceo : Diog. L. 1 0 , 1 3 2 ) , come reazione soprattutto alla famosa critica aristotelica (Eth. Nic. A 3 , 1 095b 1 6 s . ) del �!.oc; tÌ.7tOÀaucr·nx6c; o 'vita dedita al piacere' . Anche la psicologia epicurea si muove indubbiamente, con tutte le sue divergenze, nell'ambito di quella aristote lica, cercando, se non di aderire, di imparare da essa. Que sto aspetto potrà essere illustrato da ulteriori indagini più di quanto non sia accaduto finora (come del resto c'è ancora molto da esplorare in tale direzione nel campo degli studi epicurei). Infine, va sottolineato il mutato atteggiamento della cri tica odierna nei confronti della teologia epicurea. È merito 12 soprattutto del Festugière di aver messo in luce i legami che uniscono la dottrina epicurea degli dèi e della vera reli10. Cfr. F. Solmsen, Epicurus on tbe Growtb and Decli11e of the Cosnros: A]Ph ( !953) 34-5 1 . I r . Ph. Merlan, Studies i n Epicurus and Aristotle, 1 960, 3 1 n . 40. 1 2. . A.J. Festugière, Epicurus and His Gods, Oxford 1 9 5 5 , 62. s.
giosità non solo con la religiosità della prima età ellenistica in generale, ma anche, nonostante le sostanziali differenze , con la concezione platonica. In questo campo, la distanza fra le indagini attuali e le posizioni di un tempo è particolar mente evidente 1 3 • In particolare, il libro del Festugière, che, nonostante il titolo ( «Epicuro e i suoi dèi»), non si limita alla sola presentazione della teologia e della religiosità del Giardino, risulta particolarmente indicato per un primo ac cesso allo spirito della filosofia epicurea in generale : al di là della semplice esposizione dei 'dogmi' filosofici, Festugiè re cerca di dare una risposta alla domanda più importante , cioè : come ha potuto una dottrina, al cui centro si trova un calcolo razionalmente misurato di 'quanti' di piacere e di dolore, acquistare quella forza di attrazione che poi eserci tò, come è pur documentabile, ben oltre il periodo ellenisti co ? A questa domanda non potrà esimersi dal rispondere neppure la seguente sintesi de1 le principali questioni di eti ca epicurea . 3 . La dottrina del piacere e la filosofia della vita
Una delle più importanti modificazioni attuate da Epi curo sull'edonismo preesistente è la distinzione fra piacere 'statico' o 'catastcmatico' e piacere 'cinetico' 1 4 • Secondo ta1 3 . Per le posizioni di un tempo, basterà citare, tipico rappresentante, A.E. Taylor, Epicurus ( 191 r ), 78 s. «Qualcosa di simile al punto di vista neokantia no per cui, mentre non possiamo sapere se Dio esiste o no, nel concetto di Dio si deve comunque intendere incarnato un ideale etico di perfezione». - Sui rap porti tra la concezione religiosa di Epicuro e quella di altri pensatori del primo ellenismo, come Teofrasto, si veda Wolfg. Schmid, Gotter und Menschen in der Theologie Epikurs: Rh. Mus. 94 ( 1 9 5 1 ) I J 3 · - [ Sulla teologia di Epicuro, �i veda ora in particolare D. Lemke, Die Theologie Epikurs. Versuch e in �r Relwnstruktion, Miinchcn 1973 (con ampia discussione e ulteriore biblio grafia) . ] q . Diog. L . r o , r 36 Usener, Epicurea, xxx t ; Cic. 1�::. 2 . 9 stabilitas volupta tis - voluptas in motu ; cfr. Epicurea, fr. 408 .P 5 c 4 1 6-.p S . =
le distinzione, non tutte le sensazioni di piacere sono 'tra passi' da uno stato ad un altro qualsiasi, ma piuttosto: ac canto alle voluptates che si fondano sul movimento e si pre sentano soltanto come variazioni transitorie 15 , bisogna ri conoscere un fine più alto, e cioè lo stato durevole di un ge nerale senso di serenità . Le critiche mosse all 'edonismo da Platone e Aristotele non turbano Epicuro, perché esse sarebbero applicabili sol tanto al piacere 'cinetico'. Anzi, egli a sua volta attacca i suoi critici. Così, quando Aristotele, il giovane Aristotele del Protrettico, esclude dalla sua critica alla i)oovi) le pure gioie spirituali, quelle che hanno origine dalla l}c:tvpLa o con templazione 16, Epicuro crede di poter dimostrare che que ste non sono altro che sensazioni di piacere cinetico in for ma sublimata, e che quindi non possono competere con la vera i)oovi) : «La mancanza di turbamento nell'anima e di dolore nel corpo sono sensazioni di piacere stabili; invece la gioia e la letizia si vede dalla loro attività che sono piaceri in moto» 17• Cosi il frazionamento del piacere in tanti mo menti singoli risulta problematico e il piacere durevole e sta tico è elevato a scopo reale della vita. Le sensazioni di pia cere e di dolore di natura spirituale possono avere una cer ta prevalenza di fronte a quelle di natura fisica poiché, se condo Epicuro, «la carne soffre solo per mali presenti ; l'aI } . Fr. 41 r Us. : À.Ei:r.n xcx.t 7tpOcrl)vE�ç ... xw-ftcrELç, «movimenti lisci e carez r 6 . Protrept . , fr. 1 5 Rose: "tÒ J.lOCÀ.Lcr"tcx. xcx.�pELV. zevoli''· 1 7 . Fr. 2 lls. [ c-= 7 Arr. p. r 6 r T] JJ.Èv yàp chcx.pal;La. -xal ( i} ) Ù.r:O'JkCX. Xrl"tCX. cr"tlJJ.lCX."tLXriL d:nv l]oovcx.�· ·h oÈ xar;à xaì. "h E\Jcppocruvl) XCX."tCÌ XLVl)Cl"W ÉV EP yEI.q. �À.É'ltov-:cx.L. Per la seconda proposizione si è preferita la traduzione di Arrighctti a quella dello Schmid, che suona «Freude und Frohsinn aber nimmt man als in Bewegung und Aktivitat bestehend wahr» (gioia e letizia si perce piscono come consistenti in movimento e attività ) ] ; inesatta l'interpretazione che leggiamo ncll'Oberweg" I, 458, secondo cui anche v;cevcrsa ogni piacere cinetico sarebbe da definire come x;cx.pci ed EÒcppocruvl); naturalmente esiste un piacere cinetico fisico, le già ricordate À.Ei:cx.L XLvl}crw;, c un piacere cinetico spirituale.
nima invece per mali passati, presenti e futuri ; di conse guenza le gioie dell'anima sono anche maggiori» 18 • Tuttavia, se da un lato il piacere fisico, limitato com'è al presente, è inferiore al piacere spirituale, dall'altro è anche vero che il primo è superiore al secondo, nel senso che l'a nalisi del piacere spirituale non è in grado di provare l'esi stenza di un oggetto realmente autonomo, separabile dal sensibile: «Almeno per me non so pensare il bene se ne tolgo i piaceri del gusto, quelli dell'amore , quelli dell'udito, e i soavi moti che tramite la vista ricevo dalle forme» 19• In Epicuro, accanto a passi che sembrano attestare una ' spiritualizzazione' del piacere, ce ne sono altri che in for ma più o meno grossolana accentuano l'importanza dei pia ceri sensuali come fondamento di quelli spirituali: per e sempio il fr. 409 Us . ( 2 2 7 Arr.), che presenta i «piaceri del ventre» come «principio e radice di ogni bene» (cipx'Ì) xaì. pCsa 'ltav"t'Òç ciyai}oG) 20• Tali e simili asserzioni 21 sono in fondo soltanto un'applicazione, sia pure formulata in mo=
1 8 . Diog. L. 1 0, 1 37 (fr. 452 Us. r , r 3 7 , pp . 30-31 Arr.): TI]v youv O'ocpxoc 'tÒ 1tOCpÒv p.6vov XEL�ocçELV, 't"Ì']V oÈ: IJ;ux"Ì')v XOCL 'tÒ 1tOCpd.. fròv xocL 'tÒ ':':ocpòv XOCL 'tÒ J.lÉÀÀov. Un bell'esempio di applicazione pratica si ha nella lettera di Epicuro morente a Idomeneo: fr. 1 38 Us. 52 Arr. (v. supra, p. 16). Si vedano inoltre le testimonianze ciceroniane (fin. r ,r7,55-56; e Tusc. 5,34,95) nei frr. 397 Us. (p. 27 1 , 1 5-23 ) e 439 Us. ( p. 288). I9. Fr. 67 Us. 22,1 Arr.: ouoÈ yàp i:'ywyE itxw 'tL vol]:rw 'tcÌ.yocMv, OCqlOCL rwv J.lEV 'toce; OLOC xuÀwv l}lìovcic;, èt.cpOC>.�WV lìt 'toce; OL'occppaoLO'LWV, OCqlOCLPWN oÈ. 'tCÌç oL'cixpoOCJ.lOC'tWV, &:cpocLpwv OE xocL 'tàc; OLrX J.lWPTic; XOC't'otjnv T]lìdocc; xwl]rrHc;. Si confronti la traduzione latina di Cicerone, Tusc. 3,18,,p ( p. 12o,r 8-26 Us.). 20. Non sembra opportuno porre il frammento, con l'Usener, fra le testimo nianze De voluptcte movente. [ Arrighetti Io riporta ad i!lustra2ione di Gnom. Vat. 33 (v. infra ) e fa notare, seguendo Diano, Questioni epicuree: RAL 1 2 ( 1 936) 85o-53, che con «piacere del ventre» Epicuro intendesse i l non aver fame né sete né freddo, quindi il piacere catastematico.] 21. Specialmente tipici due testi di Metrodoro: il fr. 5 K., dove è utilizzata una formula di Epicuro, e i frr. 3 9 -4 2 K., dove Metrodoro polemizza con Timo crate, assertore di opposte opinioni. =
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do provocatorio, di quella concezione fondamentale epicu rea secondo cui il piacere spirituale altro non è che il «ri specchiamento del piacere sensuale nel raziocinio» . Partico larmente avanzata la posizione di Gnom. Vatic. 3 3 : «Grida la carne : non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Chi abbia queste cose e speri di averle, anche con Zeus può ga reggiare in felicità» 22 • Sullo sfondo di una simile concezio ne, si comprende come Epicuro, in una lettera a Idomeneo, possa parlare del «sacro corpo» ( Ì.EpÒv crw�a: in nesso con i}Epa7tELa, termine del linguaggio religioso) 23: non si tratta qui del corpo del divinizzato scolarca, come pure è stato inteso 2\ né tanto meno di «our holy body» , presunta designazione dell'intero Giardino 2\ ma del corporeo come latore della pura e incondizionata sensazione di piacere . Certamente l'ambivalenza che risulta dalla valutazione del rapporto di reciprocità fra piacere sensuale e piacere spiri tuale non di rado è soltanto apparente, poiché è importante vedere ogni singola affermazione nel contesto generale di pensiero e soprattutto nel rapporto con il particolare avver sario cui Epicuro si riferisce di volta in volta : ché la neces sità di definire la propria posizione rispetto a quella di altri filosofi può facilmente condurre a eccessi paradossali 26• Ma era fatale che proprio questo punto, scabroso o ritenuto ta le, dovesse continuamente venir preso di mira nella succes siva controversia di altre dottrine con la filosofia epicurea. 22. [Traò. Arrighetti. II testo greco suona: l:ocpxàc; cpwvÌ) 'tÒ !J.Ì) 1tEWi'\v, 'tÒ !J.'ÌJ oLt)iT\v, ,;ò !J.Ì) pLyouv· 'tocu-roc yocp iixwv 'tLe; xoct EÀ.1t(t;wv El;ELv xliv ( 6.LL ) tmÈp EUOa..L!J.Ov(occ; !J.OCXÉO"llL'to.] Si confrontino anche i frr. 200 Us. ( = 225 Arr.) e 602 Us. 23. Fr. 130 Us. ( = 54 Arr . ) : m.!J.1tE ouv OC1tocpxocc; 'ÌJ!J.�V ELc; 'tÌ)V "t"OU �Epou o-W !J.OC'toc; frEpa..-r;docv Ù1tÉP 'tE OCÙ'tOU xcd 'tÉXvwv· oihw ycip !J.OL ÀÉYELV É1tÉPX:E'tOCL. 24. C. Pasca!, La venerazione degli dèi in Epicuro : Riv. Fi!ol. Istr. Class. 34 ( 1906) 2 4 I . 25. B. Russel i , History o f Western Philosophy ( 1 946), 265 e 268. 26. ]. Me\valdt, Die geistige Einheit Epikurs, 1927, 4·
Ad esso attinsero a profusione specialmente gli avversari accademici; esso fu il bersaglio prediletto degli scrittori cristiani nella loro polemica anti-epicurea (v. infra, p. r 6 7 ) . Che la derivazione del piacere spirituale da quello sensua le sia perfettamente accordabile, secondo la concezione di Epicuro, con il fortissimo rilievo dello stato spirituale del la atarassia, è un fatto che troppo spesso i critici hanno passato sotto silenzio. E tuttavia il filosofo di Samo non si stanca di sottolinearlo: si veda, oltre alle già menziona te testimonianze, il fr. 4 2 5 Us . , che fra l'altro illustra bene la metafora, più volte ripresa e rielaborata , della bonaccia ( yr.ù:r)vYJ) : «Come intendiamo per bonaccia quando nep pure il minimo alito di vento muove i flutti, così vediamo tranquillo e placato lo stato dell 'anima quando non c'è al cun turbamento che possa eccitnrla» Il particolare con cetto epicureo di edonismo è tale che affranca l'individuo dalla volontà di raffinare illimitatamente quelle semplici va riazioni di piacere, che in realtà non significano alcun accre scimento del piacere stesso (RS r 5 , Gnom. Vatic. 6 9 ). La natura ( cpucnc;), intesa in senso coerentemente antiteleolo gico 28 , merita veramente un inno di lode e gratitudine, poi ché «ha fatto le cose necessarie facilmente procacciabili e quelle difficilmente procaccia bili non necessarie» 29• Se si consideri questo pensiero insieme con l'altro, deducibile da 27 •
2 7 . [Cic. Tusc. disp. 5,6,r 6 : ut maris igitur tranquillitas intellegitur nulla ne minima quidem aura fluctus commovente, sic animi quietus et placatus statm cernitur cum perturbatio nulla est qua moveri queat . ] Per le varie etimologie di yocÀ:rJVl), cfr. J. Mewaldt, Die geistige Einheit Epikurs, 9 n. 5 · L'immagine opposta della tempesta dell'anima si ha per es. nella Lettera a Meneceo, Diog. L. ro,r28 (XE�J.lWV "fie; IJ;uxfiç) e nel /r. eth. Comparetti, col. 6,9 (xoc'toc�yLoEc;, 'gusts'). Un'altra metafora epicurea affine è quella del porto (À.�J.lTJV): così ancora, epicureizzando, Virgilio, catai. 5,8.
28. Cfr. Lucr. 5 , r 56-234, qui interprete fedele di Epicuro (v. Bignone, L'Ari stotele perduto II, 433 ss. e Capone Braga, Studi, 54 ss.). 29. Fr. 469 Us. ( 240 Arr.): xcip�c; 'tTI J.lOCXOCp'q: cpUO"E� Il..� "t'lÌ civocyxoc�oc É1tOLl)O"EV Eup6p�O"'tOC, 'tOC oÈ OU0"1t6p�O"'tOC oux civocyxoci:oc. =
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RS 1 9 , che quel che conta per l'uomo non è tanto la lunghez
za quanto l'intensità della vita vissuta, non farà meraviglia che da un freddo calcolo dei piaceri sia potuta scaturire quella disposizione elementare ed esistenziale di gratitudine per la vita, che per secoli ha costituito una irresistibile forza di attrazione verso la dottrina epicurea. È tale disposizione positiva che, al di là del 'senso scolastico' e delle sue sotti gliezze, conferisce all'epicureismo quel senso universale, co me si manifesta nella poesia latina di un Lucrezio e di un O razio 30 • Si prenda ad esempio l'inno lucreziano a Venere: per quanto abbia poco a che fare con l'esposizione della dot trina scientifica, si può dire che in ogni suo verso aleggi lo spirito della filosofia epicurea, altrettanto quanto nell'inno a Zeus di Cleante quello della Stoa 31 • Così pure è genuina mente epicureo l'oraziano motivo del carpe diem unito alla riflessione sulla caducità. Ciò si può osservare con partico lare chiarezza nell 'Ode 4,7 che illustra, contrapponendola alla reparatio cosmica, l'unicità della fugace esistenza indi viduale, per derivare proprio da questa opposizione il dirit to, anzi la necessità, di prender coscienza della gioia di vi vere contenuta nell'oggi �2• 4· L'amicizia e l'ideale di vita epicureo a) Gli ideali del Giardino Sebbene Epicuro fondi l'amicizia (q>LÀLa ) sull 'util ità ( X PELa) 33 , egli la giudica superiore a tutti i beni del mon-
30. Cfr. P. Giufirida, L'Epicureiw;o nella letteratura latina del I seco lo a.C. , Torino 1 94o-48, passim. 3 1 . Cfr. E. Hoffmann, Epikur, in M. Dessoir, Lehrb. d. Phil. I, 1925. 222-5. 32. Cfr. anche Hor., carm. 1 , 1 1 c specialmente 4 ,29,3 1 ss. : quod adest me mento l componere aequos . . . il/e potens sui l laetusque deget, cui licei in diem l dixisse <>. Su ciò v. >lnche Gnom. Vatic. 1 4 ; l'opposto comporta mento è biasimato in Fr. eth. Comparetti, col . 19,16 ss. 33 . Vedi il fr. 540 Us. ( Diog. L. ro,1 2o) [ tr,tdotto da Arr. r,uoh, p . 28 : =
do :H. Tuttavia non si può dedurre da Gnom. Vatic. 78 che egli l'abbia posta addirittura al di sopra della croq>�a, defi nendo questa valore caduco, quella bene immortale 35• Con la massima disinvoltura, Gnom. Vatic. 2 3 unisce la visione di fondo utilitarista nel giudizio sull'amicizia con la consta tazione che essa « SÌ debba scegliere per se stessa» 36• Che una dottrina , costretta a fondare sull'interesse egoistico gli elementi altruistici dell'amicizia, predichi poi il culto del l'amicizia più delicato che si possa immaginare, è stato spes so rimproverato al Giardino fin dall'antichità come incoe renza del sistema 37• Comunque, va preso in considerazione il fatto che il saggio, nel senso di Epicuro, sa dar prova del la sua saggezza anche nella scelta degli amici , accogliendo nel suo sodalizio soltanto quelli con cui è possibile la reci proca edificazione della EÙÒCX.L�ov�a. Nella vera amicizia , qmle è pensabile soltanto fra i saggi, l'interesse dell'io coin cide quindi con quello del tu '' . Così si può giungere a quel<
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la valutazione assoluta dell'ideale dell'amicizia, che è la ca ratteristica più appariscente del Giardino. L'amicizia ha bensì importanza essenziale anche per il vicino sodalizio dell'Accademia, ma, come giustamente sottolinea Festugiè re 39, la differenza fra Epicuro e Accademia in questo punto non si può disconoscere. Per Platone, Epoc; e q>LÀLa hanno solo il valore di un (J.E"t'a�v, sono cioè in un certo senso vei coli verso qualcosa di più alto: la conoscenza dell'Essere, la contemplazione delle Idee (Plat . symp . 202b4, 2 1 2b4), mentre per Epicuro la q>LÀ.La, quando diviene pura eudemo nia, può avere il suo significato per se stessa. Tutto quel che c'è ancora di genuino e sostanziale si ritrae nella comunione spirituale dei singoli e vive nel carisma della loro cerchia ri stretta . Una comunità di vita basata sull'ideale della q>LÀLa cerca di offrire ai suoi membri quel sostegno che l'ordina mento politico, divenuto ormai problematico, non è più in grado di dare. Con ciò è già detto implicitamente che né le conventicole religiose di certi quietisti moderni con il lo ro «cuore a cuore insieme uniti» né i saloni parigini degli esprits forts del XIX sec. 41 possono valere come esempi ade guati a far comprendere per analogia quel che dovette essere l'ideale del Giardino. Il Diels (Ein epikureisches Fragment, 89 5) ha parlato del :x:Yjr.oç come di una specie di Stato idea le: giudizio certamente sballato , come si avrà ancora occa sione di mostrare, ma che tuttavia contiene un momento di verità . Epicuro infatti, pur rinunciando ai sublimi ideali di un normativa modello di stato e lungi dal volere educare al40
mento utilitaristico della qnÀ.[a. e cirn1 la giusta vi.llutazione dd culto epicureo dell'amicizia, cfr., oltre a Usencr, Klei:zc Schrifteil r ( 1 9 12 ) , 305-9, specialmen te Festugiere, Epicurus, 27·4239- Fcstugiere, op. cit . , 30 c 43 n. I 'J . 40. Cfr. E . Schwartz, Epikur 1 5 2 e E tbica, 1 9 1 ( ' die Stillen im Lande ' ) . 4 1 . Così H. Gomperz, Lebemauffassung der griechischen Philosophen, 1 90+, p. 24 5 · ,
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la «virtù politica», in realtà ha saputo attualizzare il proprio ideale filosofico di umana convivenza in un social experi ment, come è stata definita con qualche ragione la comunità di vita della scuola 42• Chi è pronto a seguire gli ideali del Giardino, ha accesso alla sua comunità; anche le donne ; ad dirittura anche gli schiavi, sempre che siano suscettibili di ammaestramento 43• Fra le donne di cui abbiamo notizia, ve ne sono non solo di sposate, come Themista, moglie di Leonteo di Lampsaco, ma anche un certo numero di etère fra le quali Leontion appare spiritualmente la più importan te : il fr. ! 4 3 Us. ci mostra con quali sentimenti entusiastici Epicuro reagisce ad una delle sue lettere, e veniamo a sapere anche delle sue qualità letterarie 45. Le donne filosofeggianti del Giardino rientrano nel quadro, tracciato da .T . Vogt, del la emancipazione della donna in questo tempo 46 • A .E. Taylor, Epicurus 2 7 , accenna all'affinità della q>L }.(.a e q>LÀavl}pw'ltLa epicuree, vincolanti i singoli mem bri della comunità , con l' «amore fraterno» cristiano, un 'i dea poi ampiamente sviluppata da N.W. De Witt 4\ il quale per altro elimina gli innegabili elementi distintivi. Di qui si spiega in modo del tutto naturale l'uso del Giar dino, definito ' singolare' da R. Westmann 48, di raccoglie44,
42. Cfr. per esempio. K. Freeman : Greece and Rome 7 ( 1937·38) 1 6 1 s. 43· C. Jensen, F.in ;zeucr Brief Ep ik urs, 46·49 e A.]. Festugière , Epicurur, 29 s . ; sullo schiavo MJ'S, 1 ' . Diog. L . ro,2 r . 44· S i veda l 'elenco dci loro nomi presso Pestugière, loc. cit. -45· Usener, Epicurea, p. 101, r. 30 s. ( = Cic. nat. deor. 1 ,93). Significativa l'os servazione di Cicerone: tantum Epicuri hortus habuit lice�ttiae. Sui pette golezzi degli antichi, dr. RE r 2,2047· Per i ritratti di Leonzio, v. Plin., n.h. 35,144; in uno di essi è raffigurata Leonzio 'in meditazione': Usencr, Epicurea, p. 102,8 (et t•inxit Leo11lius 'cogitantem' Theorus ductore Plinio) . 46. Von der G!eié hwertigkeit der Geschlechter i11 der biirgerlichc1Z Gesell schaft der Grirchen : Abh. A kad. Mainz 2 ( r 96o) 2 1 3 ss., specialmente 247. 47· Epicurus ad bis philosophy, IOI-5, dove si tratta anche di sodalitas e contubernium. 48. Plutarch gcgen Kolotes: Acta philos. Fennica 7 ( 1 955) 225 s . Cfr. Th.
re contributi e offerte ( cruv't'ciçw;) dai singoli membri per provvedere al sicuro mantenimento della comunità. Il Westman sottolinea giustamente che si tratta di un vero e proprio «sistema di sussidio» (U nterstiitzungssystem ) nel quale, salvo restando il valore intrinseco della q>LÀi.r.x., as sume la sua importanza, entro i giusti limiti, anche l'at tenzione all'utilità pratica, alla xpEi.r.x. 49• Un a testimonian za particolarmente importante circa i contributi da versa re alla Scuola o allo Scolarca è contenuta in un passo delle Ilpr.x.y�CX.'t'ELCX.L di Filodemo 50 , dove sono riportate citazioni di lettere di Epicuro a Mitre e altri destinatari . Vi leggiamo di una quietanza per l'avvenuta consegna di un'attesa offer ta annuale e veniamo a sapere quale contributo Epicuro si aspetta da due suoi discepoli (centoventi dramme ogni an no). Vi è anche detto che il contributo versato dal ricco Mi tre è assai modesto; finalmente, che le condizioni presenti non solo permettono la ripartizione delle entrate, ma anche di tener conto di altri amici, probabilmente forestieri. Dai frr . r 8 2 e r 8 3 Us . ( = r 2 3 e 99 Arr.) si deduce che talvol ta si potevano fare delle offerte in natura. Anche i super stiti degli amici deceduti sono oggetto di delicate premu re 5 1 • Tutto questo non si può certo definire «Comunione di beni» . Che questa non sia stata affatto voluta da Epicuro, si desume da Diog. L. r o r r secondo cui Epicuro riteneva inammissibile dichiarare «beni comun! )> i beni degli amici ,
Gomperz, in: Hermcs 5 ( 1 87 1 ) 3 9 2 ; W . C ri.i ne n , K.olotes u1zd Menedemos, 72; C. Diano, Lettere di Epicuro e dei suoi, 38 s. e SIFC 1949, 64 s. 49 . Per la connessione d e i due concetti, cfr. Gnom. Vatic. 3 9 r «Non è amico né chi sempre cerca l'u tile, né chi mai lo congiunge all'amicizia: l'uno fa com mercio col sentimento della riconoscenza, l'altro uccide la speranza per il futuro» ( trad. Arr . ) ] . 50. P. Herc. 1418 col. 30, p . x 6 Diano ( = 1 84 Us., 1 2 r Arr. ) , d a tener presente per la rettifica di alcuni testi già pubblicati da!I 'Usencr . 5 1 . [Come per esempio i giovani figli di Metrodoro ricordati da Epicuro mo rente,] v. fr. 1 77 Us . (= 78 Arr.l. 73
(xowà "t'à cpO... wv) alla maniera dell"ordine' pitagorico, in
quanto - si badi alla motivazione tipicamente epicurea una simile regolamentazione della questione della proprietà comporterebbe una certa diffidenza, in contrasto con lo spi rito dell'amicizia 52• Il Giardino non pretende di essere altro che un sodalizio di amici per coloro che giudicano valore supremo la realiz zazione del proprio essere nella forma più alta di ciò che il Maestro insegna sull'uomo aspirante alla vera eudemonia. I quali perciò sanno che la comunità spirituale con chi è animato dagli stessi ideali può aiutare ad avvicinarsi a quel fine cui essi aspirano con entusiasmo; una comunità spiri tuale che si coltiva soprattutto nella scuola di Atene, ma che naturalmente non si limita a questa, attuandosi anche nell'unione delle comunità lontane e nella comunicazione di queste con gli amici ateniesi 53 . b) La vita filosofica e i suoi rapporti col mondo Il mondo, così com 'è nella realtà, è troppo spesso sfavo revole agli ideali del Giardino. Così Epicuro raccomanda al saggio di non uscire volontariamente dnlla sua vita ritira ta per partecipare all'attività politica : «Àtii}E �Lwcrw; , vivi ritirato» 54. È chiaro che il «non . . . volontariamente» si con_5 2 . Diog. L. ! O , r 1 ( -' A rr., pp. 8-9 ) : "t6v "tE 'Er;Lxoupov [ t.•.oxÀ:ii c; cpl]cn] 1-llÌ lil;Louv dc; "tò xowòv xcncr:LfrEo-ùa•. "toce; ouo-lac; xocfrcbtEp "tòv IIufrocy6po:" xowoc "toc cpO.. wv À.Éyov"toc' cbno-"touv"twv yocp dvocL "tÒ "toLou"to·r d lì'à.-:tl· O""tWv, ouoÈ cpLÀ.Wv [ «Epicuro inoltre non stimava che si dovessero porre in comune i beni, come diceva Pitagora che comune deve essere tutto ciò che è degli amici ; ciò infatti è proprio di gente che non si fida, c dove non vi è fiducia non vi è n em me no amicizia» trad. Arr. ] . 5 3 · Per ulteriori particolari sugli aspetti istituzionali ed organizzativi del Giar dino , si veda N.W. De Witt, Organisation and Procedure in Epicurean Groups: Class. Philol. 3 r ( 1 936) 205-1 I , ed Epicurus and his Philosophy, 89-97 . 54· Fr. 5 5 1 Us.; cfr. fr. 8 e fr. 548-6o, nonché Lucr. 2 , r r ss. e 5 , 1 1 27 ss. ; per una possibile eccezione si veda il fr. 5 55.
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trappone a un sottinteso «bensì involontariamente», co me è sottolineato per es. nel fr. 5 5 4 Us. 55 • Questa alter nativa si verificherebbe allorché, sopraggiunti eventi o cir costanze particolari , la partecipazione del saggio alla vita politica appaia necessaria alla sua sicurezza 56• Di fatto sono pensabili situazioni e ' congiunture' tali da esigere dal sag gio l'abbandono della vita ritirata, se egli vuole conservare intatta l'eudemonia non solo di sé come individuo, ma an che degli altri come «gruppo» . Da questo punto di vista è anche possibile rispondere alla frequente domanda di co mc si possa conciliare l'idea, suggerita dai testi papiracei, di un Giardino che, !ungi dall'appagarsi nella segregazione dal mondo , è anzi interessato alla partecipazione politica e so ciale , con la raccomandazione di Epicuro di tenersi lontani da ogni attività politica: per chi ha il compito di assicurare e salvaguardare, nei torbidi del tempo, la vita filosofica del la Scuola e quindi dei seguaci, il temporaneo abbandono della norma del ÀciDE �Lwcrac; viene a trovarsi al servizio di quel vero fine per cui vale l'ammonimento. D'altronde non va confusa l 'esigenza di una «vita ritirata» con un incondi zionato no all 'azione nella società umana, come invece fe cero molti critici dell'antichità, i quali poi, coerentemente, ritennero che l'atteggiamento negativo di Epicuro mettesse in pericolo l'ordinamento dello stato; anzi, che fosse addi rittura sovversivo, causando la «dissoluzione della umana società» �7 • 55 · [ Pr. 145 Arr . . . . 1twc; ·ne; Exwv .. . [llJ .-cp6crEww E� cipxTj:; Èr:t 'tà.c; 'twv 1tÀ.l)�\l cipx;cic;, << ... come spontaneamente non si accederà assolutamente alle cariche pubbliche>> . ] 5 6 . Errata l'interpretazione del Westmann 203 , contro l a quale s i veda per es. il fr. 9 Us. Seneca, de otio 3 , 2 , dove la differenza fra KTj1toc; e Stoa è cosi formulata : Epicurus ait: non accedei ad rem publicam sapiens nisi si quid intervenerit. Zenon ait: accedet ad rcm publicam nisi si quid impedierit; altu otium ex proposito petit, alter ex causa. 57. Si veda per es. Plutarco, adv. Colo!. r r z;D: EL1tEP oùv O L v 6 [l O U <; x oc t =
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L 'insegnamento di Epicuro sull 'essenza della giustma mostra abbastanza chiaramente che il fondatore del Giar dino, pur non atteggiandosi per principio a nemico della co munità, tuttavia considera le leggi dello stato non come pro dotto di natura, ma come mutue convenzioni della società umana 58• È chiaro che un simile atteggiamento lo porti a considerare con freddo distacco il senso e la legittimità del la vita politica: ogni forma di organizzazione politica non rappresenta un valore in sé, ma è utile solo in quanto crea le condizioni necessarie allo sviluppo di quel circolo di eletti in cui vive il vero carisma. In questo contesto, particolar mente importante è il fr. 5 3 0 Us. : de leggi esistono per i saggi, non perché non commettano ingiustizie , ma perché non ne subiscano» 59• Fino a quando l 'umanità non consista di soli saggi e veri amici nel senso di Epicuro ( l'attuazio ne di un simile stato ideale non è possibile) , il Giardino non potrà sopravvivere senza la protezione delle leggi e del lo stato. La Scuola dovrà quindi avvalersi di quegli ordi namenti politici che esistono nella realtà concreta , anche se , da parte sua, non contribuirà gran che al loro funzionamen to (Plut. , ad. Col. I I 27a); e rinuncerà a priori , contraria mente per es . alla Stoa di Zenone, alla costruzione di una noÀ.L-rda filosofica che ambisca a sostituirsi a quegli ordina1t O À. � "t d oc c; oc v oc � p o U V "t E c; "t Ò V � L O V oc v oc � p o U O" � "t Ò V oc v l1 p G) 1tL V O V , 'E1tLxoupoc; of: xoc� Ml)"tp6owpoc; "tOU"to -r:o�ouo-�. e La ttanzio diu. i!ISt. 3 - I / , 42 ( f r . 5 2 3 Us.) che, riprendendo un luogo comune della polcmic.1 pagana, affermò: Dicit Epicurus . . . nullam esse humanam societatem: sibi quemque con su/ere. 58. Sulla sua filosofia del diritto, cfr. R. Philippson, in : Archiv G�sch. Philos. 23 ( 1 9 10) 289-31 7 ; J. Kaerst Geschichte des He!lenismus II ( 1 926), 96-10o; O. Gigon Introd. 24-28; T.A. Sinclai r History o/ Greek Politica! Thought (London 195 1 ), 259-6 1 ; istruttiva la polemica di Grilli, Vita contemplativa, 69-84, con la tesi divergente di G. Garbo, Società e Stato nella con,-ezione d'E picuro : Atene e Roma 1936, 243 ss. 59· Ioann. Stob. 4,r ,143 H. ( 20\) An., p. 5 5 7 ) : ot v6r-to� X�!'··' -;,-;,,; rro cpwv xEi:v"toc�. oux lntwc; r.t1Ì &.o�xwo-w, fi).).'éi7twc; �ti] &.ovxwv"toc�. .
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menti. Pertanto non sembra opportuno parlare del Giardi no come ' sostituto della comunità della polis', cosa che pur troppo non di rado avviene; ma tale caratterizzazione coglie solo l'aspetto della dedizione, già rivolta alla polis e ora alla comunità filosofica sussistente accanto e al di là di quella statale. È anche notevole il fatto che Epicuro non tenga in nessun conto gli altisonanti slogans politici di coloro che andavano sbandierando la ' salvezza dei Greci' 60• Epicuro rifiuta incondizionatamcn te la tirannide (fr. 8 ) , mentre, in determinate circostanze, mostra di apprezzare la costituzio ne monarchica, sotto la cui protezione si può vivere bene 61 • Che l'epicureismo dell'età imperiale si trovi decisamente sulla linea di un cosmopolitismo ecumenico 62 quale, ai pri mordi del Giardino, s'incontra principalmente nelle teorie stoiche del 'cittadino del mondo' , è cosa del tutto naturale. In tutte le vicende storiche, la posizione bndamentale del l'epicureismo resta la stessa: esso non nega lo stato, ma gli muove parecchie riserve, ora più ora meno forti. In ar monia con l'ideale di �.micizia della comunità epicurea, la vi ta filosofica del saggio, •hc , per quanto può, si tiene lontano dall'inquietudine dell 'esistenza politica, è definita come un secum vivere Nel tentativo di definire ulteriormente la vie de retraite dell'epicureo, sarebbe meglio, come giusta mente fa osservare Ikyancé (Les épicuriens 89-99) in con trasto con Grilli (Vit&z contemplativa 3 3-8 6 ) , non parlare senz 'altro di vita contemplativa, in quanto l'ideale specifi6" .
6o. Metrodoro, fr. 41 K . : ouoÈ\1 OE� 0"0sml "tOÙ<; "E).).l]vocc;. Per l'espressione politica, allora in voga, si ved:mo fra l'altro R. Hirzel, Plutarch ( 1 9 1 2 ) , r9; Bi gnone, L'Arist. II, 250 s.; Wcstman 210 s. 6 r . Diog. L . 10,121 Usener, Epicurea xxx, 43 ( Arr. p. 29,7 ). Sulla que stione della vita politica degli epicurei romani verso la fine dell'età repubbli canà, v. infra, pp. r 2 r ss. 62. Cfr. Diogene di Enoanda, fr. 2 5 Gr. 24 Will., col. 2. 63. Fr. et h. Compare/ti, col. 2 r , I I : ocÙ"t� 1J.6vov XPfiO"l)oc�. =
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camente epicureo dell otium (crxoì.l), ncrvxia), nel rigoroso senso del termine, si riduce più a un �t:oç crxoì.acr't'r.x6ç che a un �Loç il"EWp1)'t'r.X6c;. Il ricco materiale raccolto da Grilli resta comunque pregevole, e non si può dubitare del fatto che anche per l'epicureo la il"EwpLa ha un'importanza note vole. Che Lucrezio veda nel pacata posse omnia mente tue ri ( 5 , 1 203 ) un'alta possibilità dello spirito filosofico, è da intendere nel senso di quella ' contemplazione dell'essere' (il"Ewpt:a -rou ov-roc;) comune alla scuola epicurea; unicamen te lucreziano sembra essere invece il particolare che questa itEwpr:a debba apparire, nel poema didascalico della filoso fia della natura, come contenuto della legittima pietas, qua le viene definita nella sua contrapposizione agli illegittimi atti di religiosità del volgo. In quel particolare contesto, Epicuro probabilmente non si sarebbe lasciato sfuggire l'oc casione di parlare espressamente dell'importanza degli dèi per la 'contemplazione' del saggio 64, come del resto Lucre zio fa altrove, seguendo la tradizione epicurea. Su varie questioni particolari connesse con l'ideale di vita filosofica di Epicuro, si vedano ulteriori considerazioni presso Grilli, Vita contemplativa, e Boyancé, Les épicuriens. '
5 . La dottrina della religiosità e la teologia
a) Epicuro e la religione del suo tempo Per una valutazione complessiva del rapporto di Epicu ro con gli dèi, è opportuno richiamare l'interpretazione del passo teologico contenuto nella lettera a Meneceo (supra, p. 2 8 ) . Tale interpretazione è in armonia non solo con il De pietate di Filodemo 6S, ma anche con Lucrezio 6 ,68-7 8 :
quae nisi respuis . . . , delibata deum per te tibi numina sancta
64. ar. Wolfg. Schmid, in: Rh. Mus. 96 ( I95I ) I 56 e in/ra, pp. 8r ss. 65. Philippson, in: Hermes 56 (1921) 369, 383.
saepe oberunt; non quo . . . , sed quia . . . nec delubra deum pla cido cum pectore adibis, nec de corpore quae sancto simu lacra feruntur in mentes hominum divinae nuntia formae, suscipere haec animi tranquilla pace valebis. Su questo pas so, si veda W. Schmid, Gotter und Menschen 9 7-1 2 6 , do ve è riferito a Platone, de leg. 7 1 6d, il concetto che la par
tecipazione alle pratiche religiose nuoce al «non pio», cioè a chi non preservi nella sua purezza l'autentica concezio ne del divino 66• Senza dubbio, in questo concetto è ri scontrabile un elemento di quella interiorizzazione che, secondo l'esposizione del Nilsson 67, mancherebbe inve ce completamente all'atteggiamento epicureo nei riguar di della religiosità. Il Nilsson , come pure il Wendland (Kultur 1 0 7 ) , rischia di sottovalutare eccessivamente quel «residuo di religiosità>> (Restbestand des Religiosen) la sciato dalla razionalizzazione epicurea della mitologia gre ca. Quando il Wendland per es. cita un altro passo di Lu crezio sulla vera pietas (5 , r 1 9 8-1 203 : nec pietas ullast ve latum saepe videri, etc. ) , per derivarne l'osservazione che i consueti esercizi di pietà sarebbero apparsi assurdi alla con cezione epicurea del divino, questo suo giudizio non tiene conto della necessaria differenziazione. Vero è anche il Wendland deve ammettere che Epicuro non esclude la par tecipazione alla religione tradizionale; ma quale significa to debba avere, dal punto di vista della pietà filosofica del Giardino, l'« adesione alle leggi del culto» 68 , non solo non sconfessata, ma anzi raccomandata da Epicuro, non appare del tutto chiaro dalla suddetta esposizione. Fin dall'antichi66. Sulla valutazione di ulteriori testimonianze epicuree, si veda l'articolo Gotter und Menschen, 104 s., dove, a proposito della ricca silloge di luo ghi paralleli raccolti da Diano, Ethica, 105·7, si difendono le integrazioni pro poste dal Philippson contro opinioni divergenti. 67. Geschichte der griechischen Religion II ( 1 950), 239 ss. 68 . P. Oxy. 2 1 5 (2,30), col. 2,7 : --;-i} -cwv v61.1wv OiJJ.l<.EpLcpopci . 79
tà, ad Epicuro è stata mossa la critica che il suo rapporto, re lativamente conservatore , con la religione popolare, sareb be soltanto timoroso adeguamento e in fondo pura ipocri sia 69 ; già i critici antichi, prima ancora degli studiosi mo derni, attribuirono troppo poco valore agli aspetti contrari a una simile concezione, anzi probabilmente li scansarono di proposito. Su questo problema, si veda il Westman, pp. I 9 9 ss.; altro copioso materiale sull'argomento, già popo lare prima della critica cristiana, nel commento ai passi epi curei citati da Cicerone in A.S. Pease, Cic. de nat. deorum liber I ( I 9 5 5 ) ; quanto a Plutarco, il Westman fa giusta mente notare che, dal fatto che egli ricorra al solito luogo comune polemico, non si può in alcun modo trarre la con clusione che Plutarco di fatto ignori l'intenzione di Epicuro di attribuire un senso al culto. Che essa sia generalmente sottovalutata dalla dossografia non epicurea è tanto più comprensibile quanto più ci si allontana dalla situazione re ligiosa del primo ellenismo; tanto più importante è il fatto che la dossografìa epicu�ea sulle questioni relative alla pie las (Pilodemo) abbia tenuto conto delle espressioni pro prie di Epicuro sul rapporto del saggio con la religione 'po sitiva' ; come del resto è anche fuori dubbio che il già men zionato «frammento sulla venerazione degli dèi» commen tato dal Diels 70, riproduca, in tutto quel che c'è di essenzia le, la concezione dello Scolarca, alla quale accenna anche Diogene Laerzio ( I o, I o). Innanzi tutto, vanno considerati alcuni passi di Filode mo, p. es. il fr. 3 8 7 Us. Philod . TI . EÙcrE�. I 08 .9-2 6 , p . 1 2 6Go. [ Arr. I J 4 , p . 465 ] : « Quanto a noi, dice, sacri=
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69. Cic. nat. deor. r ,85 ne [Epicurus ] in of}emionem Athenicnsium caderet; ibid. r ,r23 (seguendo Posidonio 1tEpt ilewv) : invidiae detestandae gratia; Plut., non posse suavitcr vivi 21, p . uozb ( Usener, Epicurea, IOJ,?): Ù1toxp�vE "toc� ... EÙx;cb:; xocl 1tpO:J,(UVTJO"ELC;. 70. P. Oxy. 2 I 5 (2 ,30); Dicls, Fragment, 886-909. =
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fichiamo agli dèi santamente quando lo si deve, e agiamo bene in tutto il resto secondo le leggi senza turbarci mini mamente per le vane opinioni riguardo agli esseri che sono i migliori e i più augusti» 71• Dopo questa testimonianza di retta della religiosità di Epicuro, il fr. I 3 Us . Philod. 'lt · EÙCJ'E�. I I o , p . I 2 8Go. [ Arr . una testimonianza indiret ta I 34, p. 479 ] : «Apparirà chiaro che Epicuro ha osser vato coscienziosamente tutte le regole del culto e ha rac comandato di osservarle anche ai suoi scolari, non solo per ossequio alle leggi [ v6�oL ] , ma anche per osservan za di principi naturali [ q>ucrLxr.d r.x.i.··C"tr.x.L] 72• Dice infatti nel l'opera Su ( i generi di vita ) 73 che è conforme a saggezza il pregare, non perché gli dèi si adireranno se non lo fare mo, ma per l'idea che noi abbiamo delle loro nature supe riori per potenza (bene la restituzione ouvr.x.�Lc;) e prestan za» . Questa seconda testimonianza è interessante non solo perché mette in luce l'antitesi v6�oL/q>ucrLc;, ma anche per ché attesta chiaramente un fatto tanto spesso ignorato dagli studiosi moderni (per es . nella interpretazione dell'Inno a Venere di Lucrezio) , che cioè nel campo della teologia epi curea la negazione di ogni intervento degli dèi nel mondo non toglie affatto ogni significato alla preghiera; purché si pratichi nella giusta disposizione spirituale, cioè purché si bandisca dalla rappresentazione di Dio ogni riferimento a tutto ciò che è proprio delle umane debolezze: «Se la divi nità dovesse prestare ascolto alle preghiere degli uomini, ben presto tutti perirebbero : tanto è il male che essi conti=
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; r . Contro W . Nestle, Nachsokratikcr r ( 1923), 1 9 5 : « ... i beni più nobili e sublimi>> ; not�\'ole, per la parte finale del frammento, qui non esaminata, la restituzione tcmtale del Diels, Fragm<'nt, 896, superiore a quella di Gomperz e Usencr. 72. Per I.1 rest i iuzione, cfr . : Rh. Mus. 94 ( 1 95 1 ) 1 53
n . A wstcgno della restituzione
n.
149.
( �iwv ) proposta dall'Usener, si veda
Rh .
Mus. 94 ( 1 95 1 ) 1 39 n. II5 e Philippson, in: Hermes 56 ( 1921 ) 386; di altro parere è il Fcstugière, Epicurus, p. ;o n. 54· 8r
nuamente invocano gli uni a danno degli altri» 74• In par ticolare, credere che la divinità possa dipendere dalla pre ghiera e da altre forme di culto, altro non sarebbe, come at testa il ci ta to fr. I 3 , che una umanizzazione deli'idea di Dio 75• Il vero significato della preghiera può consistere sol tanto nella rappresentazione mentale del divino, come an che, in generale, norme cultuali e riti religiosi vanno posti a servizio di ciò che costituisce la sostanza , filosoficamente legittima, dell'atto religioso. A questo riguardo si veda P. Oxy. 2 I 5 col. 2 ,2-6, secondo cui il seguace della religiosità filosofica considererà la partecipazione al culto come una possibilità di attuare la propria contemplazione ( i}Ewpla, cioè degli dèi) nelle impressioni piacevoli dei riti. Che il Diels, Fragment 894 s . , abbia fatto bene a inserire in questo contesto il fr. 3 8 5a Us . sulla voluptas in homine dea auctore creata a vedervi trattato senz'altro il piacere e quindi a interpretare il P. Oxy. 2 I 5 , col . 2 nel senso che , nel culto religioso, Epicuro altro non vuole che la celebra zione del principio divinizzato del suo sistema, appare as sai dubbio. Per il fr. 3 8 5a si darà piuttosto la preferenza al l'interpretazione dell'Usener, che vede qui in particolare il piacere procurato dalle immagini degli dèi 77• Questa inter pretazione qu adrerebbe con la tesi epicurea secondo la qua76,
74· Fr. 388 Us. [ Gnomo!. cod. Parisini I r68, fol. I I F: m "tOC�c; "tW\1 OC\I frpW1tW\I Eùxoc�c; à frEòc; xoc-cl]xaÀa�fra, frii-c-cov !iv oc1twÀÀ�.N"tO r.civ-cEc; iiv ùpw1to�. Ci\NEXW<; 1tOÀÀoc xocL XOCÀEr.oc xoc-c'ci}..).:iJÀW\1 EÙXO!lE\10� . ] 75· Wolfg. Schmid, Gotter und Menschen, 140 n. u 8 . 76. Ambrogio, ep. 6 3 , 1 3 (Migne r6, 1 244A ) : [atque hic (se. Epi<"Ztrus) qtu/11 alienus a vero sit, etiam bine deprehenditur, quod voluptatem in homine dea auctore creatam adserit principaliter, sicut Philodemus eius sectator in epi tomis suis disputai, et huius allegai Stoicos esse auctores sententiae. Sed hoc divina scriptztra redarguii. ] ; per la critica testuale e la fonte del passo, cfr. in/ra, p. 158. 77· [ App. critico, p. 3 5 6 ] ; cfr. fr. 352 Us. [ Cic. nat. deor. r , I 6 ,�9··· cum maximis voluptatibus in eas imagines mentem intentam infixamque IWS!ram intellegentiam capere . . . ] ; Lucr. 6 ,77 s. =
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82
le la contemplazione (e conoscenza, yvwcnc;) di Dio causata dal «contatto noetico» e la imitatio dei ( OIJ.OLWcnc; l}E> (frEo cp�À.,oc) del saggio epicureo, si veda Wolfg. Schmid, Gotter unJ Menschen, I 27-40, che collega questi motivi con precise corrispondenze platoniche ed aristoteliche, senza trascurare le radici storico-religiose. In proposito, Dirl meier, in : Philologus 90 ( 1 9 3 5 ) 58 ss. e E. Peterson, Der Gottesfreund: ZKG 42 ( 1923 ) r6r ss. 79. Fr. 6o2 Us . ; Gnom. Vatic. 33. 8o. RS 1 9: <
conoscenza di Dio : «Considera come bene supremamente beatifico l'avere una giusta concezione (or.aÀa��ciVELV) di quanto c'è di più nobile fra gli esseri che possa occupare il nostro discernimento (or.civor.a) » . Questa interpretazione, diversa sia da quella del Diels che da quella del Nilsson 82 , è confermata dal contesto successivo 83 • Al classico passo teologico della Lettera a Meneceo, se condo cui gli dèi 'accolgono' (ànooÉXOV"tar.) i loro simili, cioè i saggi e i 'pii' nel senso della teologia epicurea, sembra riferirsi più specificamente che altri possibili paralleli Filo demo J:épÌ. i}Ewv III col. 1 , 1 4 , p. r 6 Diels : «> (la capacità intellettiva... venerata come una pro prietà divina). 8 3 . Vedi anche Pfligersdorffer, p. 251 n. 27 e Id., in: Anz. Altert. Wiss. Wien r r ( 1958) 148 n. 4; diversa, l'interpretazione del Barigazzi, Uomini e dèi 3755 e del Capone Braga, 102 ; cfr. anche Merlan, Studies, 17 n. 23. [ Ma si ve da, ora, lo studio di I . Dionigi, Lucr. 5,I I98-r203 e P. Oxy. 2r5 col. r, 7-24: L 'epicureismo e la venerazione degli dèi: SIFC 48 ( 1976) I I9-I39·] 84. Sul rapporto di questo passo con la terminologia stoica (p. es. con Posi Jonio), si veda W. Thcilcr, Die Vorbcreitzmr. des Neuplatonìsmus ( 1 9 3 0), ror ; W. Schmid, Gotter und Afenschen, 1 3 I ; H. Merki, 'O[lOLWO"L<; frEQ ( 1 9 5 2 ) , ,
7 s., 15.
85. Cfr. P . Oxy. 2 1 5 col. 1 ,29 ss. e i l già trattato fr. 1 3 Us., verso l a fine.
è significativo il fatto che l'Epicureismo abbia conservato, sia pure trasponendolo in chiave spirituale, il concetto del la benedizione e maledizione proveniente dagli dèi . b) I problemi teologici fondamentali Se è vero che la 'divinità' del saggio non si distingue es senzialmente da quella degli dèi, essa tuttavia se ne distin
gue per quanto riguarda l'estensione nel tempo : soltanto la felicità degli dèi dura in eterno 86 • Il grande problema della teologia epicurea è come conciliare l "immortalità' degli dèi ( ciq>ìlapcrt:a) coi principi della fisica. Neli 'ambi to della su1 :fi sica, Epicuro si è preoccupato non poco di assicurare l'eter nità degli dèi , rendendo ragione del perché la legge i necce pibile della composizione atomica li abbia dispensati , ed essi soli, dall'essere mortali . È difficile esporre brevemen te i vari problemi relativi a questa antinomia. C'è chi cre de di poter derivare l'immortalità degli dèi dal semplice fatto che essi vivono negli intermundìa (!J.E'"tax6cr(J.La), spie gandone cosi erroneamente la causa con quella che inve ce è la condicio sine qua non : ché in realtà gli dèi non pos sono esser coinvolti nella fine dei XOO"!J.OL 87 • Né è certo suffi ciente constatare, con lo Schwartz , che la costruzione del si stema fisico di Epicuro sarebbe fallita proprio a motivo de gli dèi, e che tale costruzione non sarebbe altro che un dog matismo guidato da impulsi religiosi e mirante a collegare, senza tanti scrupoli, realtà incompatibili fra loro. Ché anzi Epicuro fa proprio ciò che secondo lo Schwartz sarebbe la sciato a desiderare: cioè te:1ta di superare speculativamentc la fondamentale antinomia della sua teologia . Un simile ten tativo deve misurarsi, come Epicuro ben vede, con la que86. Sulla svalutazione dell'aspetto temporale del piacere, si veda anche Mer lan, Epikur. Theol. , 2 1 6 s. 87. Fr. yi4 Us. Scneca, ben. -t, r9 ,2 . =
stione decisiva : come è possibile che le combinazioni meta cosmiche degli atomi degli dèi riescano a possedere una im mutabilità di forma 88 e quindi ad avere quella durevolezza che invece non possiedono le combinazioni cosmiche 'soli de' , cioè degli atomi degli oggetti empirici, percepiti dall'e sperienza dei sensi ( a�cr1h)crLc;) ? E se le figure degli dèi non sono quelle di 'esseri individuali' 89 nel senso valido per i corpi solidi ( cr"t'EpÉ�vLa) , possono forse esserlo in qualche altro significato ancora da stabilire e determinabile tenendo conto della particolarità della loro condizione metacosmica? Sono questi i principali interrogativi che si pongono anche di fronte alle due testimonianze, irte di difficoltà per l'ese gesi filologica (che naturalmente vi si è sempre esercitata con particolare predilezione) , rispettivamente di Cicerone, nat. deor. I ,49 ( fr. 3 5 2 Us . , p. 2 3 5 ) , e dello scolio a RS I ( fr. 3 5 5 Us. ) , due testimonianze che la critica consi dera, a seconda dell'interpretazione e della costituzione del testo, ora come contraddittorie, ora come armonizzabili 90• Ridotta ai minimi termini, la risposta di Epicuro alla sud detta questione è press 'a poco la seguente : nonostante il continuo flusso, e quindi la continua perdita, delle imma gini divine ( E�owÀa) dagli dèi agli uomini, la sostanza divi na si conserva indenne perché continuamente 'rifornita' dal l'infinito 'serbatoio' degli atomi. In questo processo di ri fornimento, la sostanza divina possiede una particolare ca pacità di assimilare quel materiale che le è affine, e di respin gere invece tutto ciò che è estraneo alla sua natura e causa =
=
88. ÒJ.lOE�OE�oc nel senso di Lucr. 5 , r q6: forma (deorum) manebat. 89. xoc,;'àpd}J.16V [sv ] , concepito aristotelicamente, lat. ad numerum. 90. Un'agevole guida alla vasta bibliografia, continuamente crescente, sull'ar gomento, in Freymuth, Gotterbilder (passim) e Merlan, Studies, 38-72; a que st'ultimo va aggiunto Pfligersdorffer, in : Wiener Studien 70 ( 1957) 235-5 3 ; per un primo avviamento ai problemi, si veda, oltre ai commenti del Diano, Ethica, r r6-r9, e del Pease, Cic. nat. deor. r, 1955, 3 1 2-23, ].P. Elder, A]Ph 77 ( 1956) 8 2 ss.
86
di rovina 91 • Essa si avvale inoltre del perfetto equilibrio tra
le forze della conservazione e quelle della distruzione : un caso particolare della legge generale dell'isonomia 92• In tal modo è opportunamente regolato l'urto degli atomi liberi, esistenti indipendentemente da qualsiasi combinazione, con gli aggregati atomici che costituiscono gli dèi; ovvero la rea zione degli aggregati all'urto. Si può dire insomma che gli dèi controllano l'afflusso e il deflusso degli atomi in modo tale che sono preservati dal destino della mortalità. In que sto senso vanno intese le due testimonianze di Cicerone (nat. deor. I ,49 ) e dello scolio a RS I : Cicerone: cum infinita simillumarum imaginum species (forse preferibile, anche se non necessaria, la congettura series) ex innumerabilibus individuis (naturalmente gli ato mi; diversamente il Pfligersdorffer, p. 243 n. I5 , che non tiene conto però dell'uso linguistico né di nat. deor. I ,I o 5 ) existat e t ad nos (cosl l'Usener, che segue il Lambino; i co dici hanno deos) adfluat. Lo scolio a RS I : « . . a causa del continuo afflusso delle immagini simili che (in ogni singolo caso) sono tali da pro durre lo stesso risultato, la stessa forma . . 93• Cosi, a fon damento dell'essere divino si trova un flusso continuo di E�OwÀa finissimi e perfettamente identici nella forma. In particolare, sembra trattarsi della concezione che gli atomi della riserva si compongono in aggregati nel preciso mo mento in cui raggiungono l'essenza divina (non prima, men tre ancora sono in cammino verso di essa, come vuole il Frassinetti, pp. I 2 9 s . ) , in séguito al perfetto meccanismo .
.
»
91. OLEPE�OEO"l)a.� 1tpòc; "tÒ cD..McpuÀ.ov, «di opporsi ad esso con fermezza»: Fi lodemo , 1tEp� »Ewv 111, fr. 32a; Lucr. 3,821 ss.: pellere aliena salutis. 92. Sull'isonomia v. infra, pp. 89 s. 93· ÉX ,;fie; o-uvEx;ouc; É1t�ppuo-Ewc; ,;wv ÒJ.lo!wv E�owÀ.wv É1tt ,;ò a.u,;ò cho"tE "tEÀ.Eopivwv. Su È1t� "tÒ a.u,;é, cfr. Cic. nat. deor. r ,ro9: ut e multis una vi deatur.
dell'assimilazione e della repulsa, in modo tale che ogni vol ta ne risulti un nuovo ELOWÀov , assolutamente simile al pre cedente. È insomma un fatto spiegabile secondo i principi della fisica quello che sta a fondamento dell'immortalità de gli dèi : condizione costante come risultato di equilibrio dinamico . La critica accademica (Carneade) , mettendo in risalto le 'contraddizioni interne', ha mosso ad Epicuro l'obiezione che questa sua concezione dell'immortalità degli dèi mal si concilia con la possibilità, da lui ammessa, che gli dèi pos seggano virtù (CÌpE-ra!.) : se la divinità è a priori inattaccabi le da elementi rovinosi (&ol} x-roç Tia1h)-rLxoi:c;), essa non potrà mai trovarsi nella situazione di dover praticare vir tù, particolarmente la fortezza, per cercare di man tenere inalterata la propria forma di esistenza. È questo uno dei casi in cui le schermaglie polemiche degli avversari del Giar dino hanno indotto Filodcmo a descrivere particolareggia tamente la dottrina dello Scolarca. A Filodemo preme di di mostrare con ben fondati argomenti che la teologia epicurea ha il diritto di considerare l" immortalità' degli dèi come lo ro merito personalissimo, effetto della loro CÌpE-ri} 94• Certe testimonianze di Filodemo in TIEpÌ. frEwv e 7tEpÌ. EÙtrE�dac;, oltre a quella di Metrodoro fr. I 2 K. ( tramandata dallo stes so Filodemo), collegate col suddetto scolio a RS I , sono ser vite come fondamento a interpretazioni intese a dimostrare che la distinzione di due categorie o specie di dèi sarebbe una caratteristica essenziale della dottrina epicurea. È tutta via significativo che i diversi interpreti intendano in diverso modo tale distinzione specifica: ingegnoso il Merlan, nel suo recente tentativo di dimostrare essenziale per Epicuro il problema della pluralità e della indistinguibilità non solo dei x6cr�oL, ma anche delle divinità, e di far apparire, ac94·
88
W. Schmid, Gotter und Mcnschen ,
141 s.;
cfr. Merlan, Studies,
59
n.
44·
canto agli dèi dall'aspetto individuale ben determinato, al tre figure divine 'indis tinguibili' 95• Certo non si può dire che queste ipotesi interpretative riescano a convincere, tan to più che dallo scolio a RS I , che nell'esegesi non sempre univoca di Filodemo costituisce, metodologicamente, il punto di partenza obbligatorio per ogni serio studio della questione, non risulta necessariamente l'esistenza di una duplice classe di dèi ; poiché la suddivisione, in quel che di ce lo scolio a proposito degli dèi , si può intendere come du plicità non tanto del soggetto, quanto del predicato, nel sen so di «da una parte . . . dall'altra» 96 • Una più esatta esposi zione della problematica, in sé essenziale, ma meno impor tante se considerata dal punto di vista della fortuna della teologia epicurea, esigerebbe un lavoro minuzioso di inte grazione e interpretazione del testo di Filodemo ; cosa che purtroppo non è possibile in questa sede. Né è possibile illu strare qui in particolare l'importanza che la legge dell'iso nomia - esposta da Cicerone in nat. deor. I .49 e sulla quale tanto spesso si son dati giudizi insoddisfacenti - ha per la teologia epicurea. L'autore del presente studio si riserva di riprendere la discussione dell'argomento in altra sede, tan to più che non è d'accordo con le opinioni correnti 97 • La legge dell'isonomia, intesa nel suo valore più generale, dice qual è la posizione della infinitas ( &:rtELpta) nella concezio ne antologica epicurea ; i.crovo(J.ta significa aequabilis tri butio, 'uguale distribuzione', cioè della materia alle passi95· Merlan, Studies, 38-72, che continua lo studio precedente della questione
in Epikur. Theol., 196-2 1 7 ; completamente diversa l'interpretazione del Gigon
(p. XLVIII), il quale per altro non riconosce all'espressione ad numerum il suo significato tecnico. 96. Cosl per la prima volta il Philippson, Gotterlehre I, 579 ss. Per la biblio grafia specifica, frattanto cresciuta considerevolmente, ancora utili Mcrlan, Studies, e Freymuth, Gotterbilder. 97 · Non convince la recente soluzione proposta da G. Preymuth, in : Philologus 98-99 ( 1954-55) ror-15; vedi K. Kleve, in: Sytnb. Osi. 36 ( r 96o) I I9.
bili forme: ogni singola forma, di cui è certa la possibilità, si realizza infinite volte. Per sé, la legge dell'isonomia non dimostra l'esistenza di esseri immortali 98; applicata tuttavia all'esistenza degli dèi come ci vien data nella immediata evi denza della prolessi, essa può render ragione del perché si sia di fatto autorizzati ad ammettere, date le epifanie degli dèi nella nostra mente (v61}crLc;), un numero infinito di esem plari di El:owÀa della medesima forma, senza i quali non sa rebbe concepibile la consistenza dei celesti. L'equilibrio tra forze conservatrici e dissolvitrici (yE\1\11}-rLxci, oLaÀv-rLxci) , presumibile per l'essere divino, non è che un caso partico lare della legge generale. c) Considerazioni conclusive Comunque s'interpreti lo scolio in relazione alla testimo nianza più o meno parallela di Cicerone, nat. deor. 1 ,49 99, è di fondamentale importanza riferire l'enunciato dei fram menti sia all'aspetto 'gnoseologico' che a quello 'antologi co' della teologia di Epicuro; ché in essi l'esperienza del di vino è presentata come correlato della sua esistenza. Ap punto per questo non sembra accettabile ciò che scrive il Pfligersdorffer (p. 2 5 2 ) , che gli dèi sarebbero debitori della loro esistenza agli uomini, essendo nient'altro che «corolla rio logico e conseguenza fisica dell'esistenza di esseri uma ni» . Come si vede, Pfligersdorffer ha portato a una svolta pericolosa un'idea che, opportunamente definita, è senz'al tro giusta : è infatti giusto considerare gli dèi , nella loro esi stenza di felicità serena e di mai turbato godimento di sé negli intermundia, come perfetta personificazione dell'idea le di vita edonistico, e quindi vedere in essi un'immagine 98. Come ha ben visto I 'Amcrio, L'epicureismo, Torino 1953, 42·4. 99· Un nuovo studio è annunciato da K. Kleve, in: Symb. Osl. 35 ( 1959) 62 n. 2. [:B il Gnosis Theon, SO suppl. 19, Osio 1963 . ]
ideale e superlativa di come l'uomo dovrebbe vivere secon do la dottrina epicurea. Ma questa idea, fondamentalmente giusta, non deve portare alla conclusione che chi giudichi lo sviluppo del sistema epicureo dalle sue proprie premesse, considerandolo per così dire dall'interno, faccia per questo anche originare dall'uomo il mondo degli dèi (così espressa mente Pfligersdorffer) , ponendolo quindi come semplice raffigurazione di idee umane 100 • Anche la dottrina della 'so lidità noetica' (7tUXVO't'1}<; VOT}'"C"r)) , del quasi corpus dei ce lesti, anzi proprio questa dottrina, considera la divinità co me causa esistenziale, non come produzione, di ciò che è dato nella v61}crLc;. Tenendo presente l'intero complesso della questione, ap pare plausibile intendere la dottrina teologica di Epicuro come una « filosofia della religione olimpica» 101 • Tale conce zione si concilia benissimo con una certa predilezione di E picuro per espressioni che ricordano la lingua dei misteri 102 • Già il Rodenwaldt 103 ha fatto rilevare il rapporto fra la teo logia epicurea, con la sua accentuazione della divina maestà (crÉ(lVWIJ.a) , e l'alta iconografia del Iv secolo a.C., le cui rap presentazioni degli dèi non si possono definire né 'irreligio se' né 'fenomeni puramente artistici' . Da questo punto di vista, condiviso da W.F. Otto 104, come pure dalla concezio ne generale fin qui discussa, si deduce che la presentazione della teologia epicurea del Nilsson 105, nonostante i suoi me riti, è suscettibile di diverse correzioni . Mentre da un lato 100. Una concezione che K. Priimm, p. 3 1 , non avrebbe dovuto attribuire al l'autore del presente lavoro. ror . Cfr. W. Schmid, Gotter und Menschen, 154 s., contro Pohlenz, Epikur, 58r. 102. Vedi infra, pp. 107 ss. ro3. G. Rodenwaldt, ®EoL pE'i.rr.. <;wov·m;, <<APAW Berlin>> 1943, 13, 24 s. 104. Vorbild der Griechen, 1949, 40; rist., in Die Gestalt und das Sein, 1955, 155· 105. Geschichte der griechischen Religion
n
(Miinchen 1950), 239 ss. 91
Epicuro cerca di dare un fondamento antologico a quel le gittimo nucleo di verità da lui riconosciuto alla religione o limpica, dall'altro egli combatte energicamente tutti gli aspetti puramente mitologici connessi con l'Ade, il giudizio delle anime dei trapassati, le pene infernali. Tutti questi mi ti, la cui irrealtà risulta irrefutabilmente dalla sua tesi del la mortalità dell'anima, egli non si stanca di denunciare co me vane fantasie perché sono essi che più d'ogni altra cosa pregiudicano l'atarassia 106• II . LA GUID A SPIRITUALE
centro della vita comunitaria epicurea si trovano i concetti di «terapia» (l}Epcbtw�) ed «esercizio» (&crxT}crLc;) , quest'ultimo inteso nel suo significato originario di «pra tica di esercizi spirituali» . È naturale che per Epicuro tutte le istruzioni e norme particolari relative alla «terapia del l'anima» siano strettamente connesse con il fatto che egli metta su uno stesso piano e identifichi la « salute» con l'i deale di vita filosofico 107• Al
r.
La psicagogia e la pratica della confessione
Una parte notevolissima nella guida spirituale dell'indivi duo era costituita dal colloquio-confessione. In un framro6. Si veda specialmente il fr. 340 Us. Diels, Doxogr. 572,r6 s. (Hippolytus philos., 22,5): «L'uomo (nella morte) si dissolve completamente, per cui no:1 esistono né giudici né tribunali nell'Ade» ( ... ci;.6).).ucrlhu OÀ.ov 'tÒV ocvl)pw1tOV. 4i cixoÀ.oul)E� r.n'].-E xplcrE�ç ELvcu Èv "A�oou J.lTJ'tE o�xoccr"tl']p�oc); oltre, naturalmente, a Lucr. 3,972-1023, Diogene di Enoanda fr. 15 Gr. ( fr. r 6 Will.) e filodemo negli scritti teologici e nel D e morte (passim)_ Importante la trattazione del tema nel commento di R. Heinze al I li libro di Lucrezio ( 1897 . 183-92). Quanto al P. Oxy. 2 1 5 col. 3,19 ss., se sono giuste le integrazioni del Diels, pare che si rivolga contro l'idea di una palingenesi dei motti : cfr. Diels, Fragment, 904 e 907, s.v. 1tOCÀ.�yyEvECl'Loc. 107. Vedi supra, p. 61 e cfr. frr. 220-21 Us. =
=
mento di Filodemo 1 08 si loda un tal Heracleides «perché non tanto si preoccupava dei rimproveri che pur sarebbero seguiti alle sue confessioni ( "tàc; Èx "tW\1 È(lq>a\IT}O"OIJ.ÉVW\1 !J.ÉIJ.\j�W;) , quanto piuttosto dell'utilità che sicuramente glie ne sarebbe derivata, e quindi non esitava a confessare ad Epicuro i suoi peccati (È!J.l}VUE\1 . . . "tàc; à(lap"ti.ac;) » . Diver so è il caso di Apollonide, riferito da Filodemo nel fram mento successivo (fr. 50, p. 24 Olivieri) , il quale cercava di evitare di confessarsi da Epicuro , finché Polieno ne riferì al Maestro, che scrisse una lettera di riprensione al pusilla nime 109. La «delazione» di Polieno, sottolinea il fr. 50, fu dettata da sentimenti di amicizia per il condiscepolo: si trat tò insomma di una fraterna delatio, mirante al maggior be ne di Apollonide. Che la pratica della confessione fosse una salda istituzione del Giardino, si è potuto accertare soltan to in séguito all'analisi dell'opera di Filodemo liEpL napp1) Questo trattato mette in rilievo l'importanza della cri.aç confessione spietatamente aperta, senza tuttavia nasconde re le difficoltà psicologiche che spesso si frappongono co me ostacoli alla rivelazione del proprio intimo 1 1 1 • Al diret tore spirituale (xa1}1}yOUIJ.EVoc;) sono date minuziose istru zioni su come disporre il discepolo alla confessione e dare al colloquio un carattere individuale e rispettoso 112 . Si tocca pure il problema della confessione reciproca dei discepoli (fr. 5 3 , p . 2 5 01 . ) . La «terapia» fa passare il discepolo che si apre al maestro spirituale attraverso tutte le umilia zioni dell 'autocritica . Stando infatti alla massima epicurea 1 10 •
Io8. llEpL 1tocpp1JO"�occ;, fr. 49, p. 23 Olivieri.
109. Sull'argomento, vedi anche llEpl �ocppl)o-�c;. fr. 73, p . 35 01 . , con corre zioni del fr. I r 8 Us. I IO. Cfr. S. Sudhaus, Epikur als Beich:vater: ARW [Archiv fiir Religionswis senschaft ] I 4 ( I 9 1 1 ) 647 S. I 1 r . Filodemo, TI Ept 7.et.ppl)O",occ;, frr. 40-6, p p . 1 2-22 0 1 . I 1 2 Per i particolari, vedi Rabbow , 269 s s . 93
tramandata da Seneca, initium est salutis notitia peccati, la conoscenza del peccato è l'inizio della guarigione e della sal vezza 113 • Quanto ci è stato tramandato da Filodemo sulla tecnica psicagogica epicurea mostra che Epicuro incoraggia va i suoi discepoli a simili manifestazioni miranti alla più a perta rivelazione dell'anima . Ciò non si spiega soltanto col fatto che queste confessioni erano un mezzo idoneo ad allac ciare un più stretto legame fra maestro e discepoli , ma so prattutto con le possibilità , oggi diremmo 'pastorali' , che esse aprivano per il miglioramento e la correzione (8L6pllw crLc;, Énavépl)wcrLc;) dell'errante . Dopo lo studio di F. Zucker, si può considerare ormai certo che nell'etica di Epicuro il concetto di coscienza ( o-u v d8T)crLc;, conscientia) aveva una posizione di rilievo. Que sto è veramente uno di quei casi in cui un pensiero origina riamente epicureo è diventato patrimonio comune del tar do ellenismo 1 14 • In questo contesto va ricordato speci al mente il fr. 5 3 1 Us . ( = Seneca, ep. 9 7 , 1 5 ) : hic consentia mus (se. cum Epicuro) mala facinora conscientia flagellari
et plurimum illi tormentorum esse eo quod perpetua illam sollicitudo urget ac verberat, quod sponsoribus securitatis suae non potest credere. È assai probabile che Seneca abbia
veramente trovato in Epicuro un equivalente per il concet to di conscientia. Che l'edonista Epicuro in determinati casi consideri la contrizione formale 1 1 5 , a causa del suo effetto catartico , co me uno stadio intermedio utile per la 8L6pl)wtn; etica , non
I I 3 . Seneca, ep. 2 S ,9 ( fr. 522 Us.) ; sul probabile originale della wrsione sc necana, cfr. p. 1 84. 1 14. Oltre allo Zucker , Syneidesis-Conscientia. 1928. 20 s . , v . W/ . Schmid , i n : Rh . Mus. roo ( 1957) 308 s.; H. DOrric, in : Philos. Rundschau 5 ( 1 9 5 7 ) 304 ; importante in generale O. Seel, Festschrift Dornseif}, 1953, 292 s. I I J . cruv,;p��lj nel significato di contritio cordis ; c f r . Rh. Mus. roo ( 1 9 5 7 ) 3 1 1·4· =
94
deve far meraviglia. Ciò che comunque conta è l'atto di auto-accusa, costituito dalle dichiarazioni delle proprie de bolezze e delle proprie colpe. Ma la «confessione» epicurea ha ben poco a che fare con l'istituzione della confessione dei peccati nelle religioni misteriche e nel Cristianesimo, co me si può giudicare dal semplice fatto che essa non esprime un bisogno religioso di salvezza. È poi notevole il fatto che le istruzioni di Filodemo sul giusto metodo della direzione spirituale sono soltanto un compendio di conferenze tenute dall'epicureo Zenone 1 16 • Non si vorrà certo ammettere che Zenone si sia messo a discutere i particolari dell'influsso te rapeutico sui seguaci epicurei in senso lato davanti a una u dienza costituita da membri di questo stesso gruppo di se guaci. È quindi alquanto probabile la tesi di Rabbow, secon do la quale le conferenze di Zenone non sarebbero state al tro che «corsi per la formazione di direttori spirituali» . È naturale che gli Epicurei posteriori abbiano sentito come paradigmatica la tecnica della «terapia» ideata dal fondatore e quindi si siano largamente attenuti a quelle norme che si conoscevano sull'argomento dalla tradizione e in particolare dalla corrispondenza epistolare del primo Giardino. Entro quali limiti si possa parlare di influssi e ripercus sioni della psicagogia epicurea all'esterno oltre che all'inter no della scuola, non è ancora del tutto chiaro. Senza dubbio esistono fenomeni simili nel tardo ellenismo e specialmen te in epoca imperiale anche al di fuori del Giardino; e si ha l'impressione che certi elementi della psicagogia teorica e pratica di Epicuro siano filtrati all'esterno della scuo la ed abbiano avuto le loro ripercussioni anche in ambien ti filosofici diversi da quelli generalmente meno ostili e più aperti al pensiero epicureo 1 17• Al versante opposto della r t G . Cfr. Sudhaus, art. cit. , 647 n. 1 ; Rabbow, 270. I Iì. Vedi Rh. Mus. roo ( 1957) 3ro ss. e infra, pp.
1 29
s.
95
<> 119• Ma questi discorsi (À.6yoL) devono non solo conquistare l'adepto allo stile di vita del Giardino: essi de vono anche e soprattutto aiutarlo a stabilizzarvisi. Ciò non è possibile senza un costante allenamento: il che avviene nella forma di una continua ripetizione delle dottrine fondamen tali della scuola imparate a memoria. Così nelle opere di E picuro più volte si accenna all'importanza della memorizza zione e della «meditazione» (IJ.EÀ.É"t'T}) di verità, argomenti e principi fondamentali per l'Epicureo: si veda per es . la con clusione della lettera a Menèceo che esorta a una meditazio ne «di giorno e di notte» (Diog. L. r o , r 3 5 ) ; a cui corrispon de sotto molti aspetti la conclusione della lettera a Pitocle (Diog. L. r o , I I 6 ) , che espressamente esorta a «memorizzar r8 . Sulle somiglianze, v. sopra, p. 56; sulle differenze si veda Gnomon 27 ( 1955) 429 e Encycl. Brit. VIII ( 1959) 649. 1 1 9. De elatione animi: P. Herc. 831 col. r r ,ro-r 5 ; cfr. per il testo W. Schmid, i n : Par. Pass. 45 (1955) 4-J.0-7 spec. 442 .
re» (p.\11)�0\IEUEL'J) ; si veda anche l'introduzione della lette 1 ra a Erodoto (Diog. L. 1 0 , 3 5 ) 20 • Ai compendi delle princi pali dottrine filosofiche, redatti in quella semplicità e chia rezza che conosciamo dalle epitomi (si vedano le tre epistole riportate da Diogene Laerzio) e particolarmente dalle rac colte di sentenze o aforismi, va attribuita notevole impor tanza pratica per la aO"XT}CJ"Lç epicurea: grazie a questi com pendi, anche i seguaci di più modesta levatura sono messi in condizione di sentire coscientemente la continua presenza delle dottrine fondamentali. Ridotti ai minimi termini e in formula essenziale, i principi fondamentali ( xupLw"ta"ta) , ripetendo concisamente i pensieri di RS 1-4, appaiono nella panacea del già menzionato quadrifarmaco o «quadruplice medicina» (i} "tE"tpaq>tip�axoc;) , che ogni epicureo deve con tinuamente tener presente : «Sempre e dovunque sia presen te il quadrifarmaco : la divinità non è cosa da temere; la mor te è da guà rdare senza angoscia sospettosa; il bene è facile a procurarsi; il male, facile a sopportare» 121 • Persia, sat. III, 8 1 ss., ha tratteggiato la caricatura dell'epicureo intento a memorizzare la sua saggezza scolastica. Rabbow fa giusta mente rilevare che gli stessi discepoli redigevano compendi per la memorizzazione ( talvolta sottoposta in forma di lette ra al giudizio del Maestro o di altro mentore). Ma egli ha torto a inferire, specie dall'inizio della lettera a Pitocle (Diog. L. 1 0,84), ma anche dalle Ilpay�a"tELaL di Filode 1 mo 22 , che il termine tecnico usa to da Epicuro per designare uo. Per ulteriori particolari, cfr. Rabbow, 336 ss. 1 2 1 . Filodemo, adversus [sophistas? ] col. 4,ID-r4, p. 87 Sb. : li.cpo�ov ò frE6c;, &.v[ u ]1t01t'tOV ò Mvcnoc;, xat "tciyocfròv J.lÈV EUX'tl]'tOV, 'tÒ oÈ OELVÒV EUEXY.OCp 'tÉpl]"toV; questo, il testo già emendato in Cronert, Kolotes u. Menedemos, 190 e Diels, Philodem r, 67 n. 5; l'Usener, Epicurea, 69, leggeva civoc�olh]"tov in vece di aVU1t01t'tOV. Per l'esortazione a tener sempre «a portata di mano» il quadrifarmaco (1tOCPE1t6J.lEvov nel senso di 1tp6xE�pov, in promptu, ad manum o simili), cfr. Rabbow, 33-4 s. 122. P. Herc. 1418 col. 29,8 p. 15 Diano (emend. della versione del fr. 2 1 2 Us.).
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la singola proposizione abbreviata e destinata alla memoriz zazione sarebbe OLaÀoyLov.6ç. Una simile limitazione termi nologica è da escludere già per il diverso uso di oLaÀoyL cr(l6ç nel ben noto passo del fr. 1 3 8 Us . , dove l'interpreta zione del Rabbow, divergente dalla nostra (v. supra, p. 6o), appare quanto mai improbabile. D'altra parte, non deve sor prendere l'eventuale uso del termine OLaÀoyLcr!J.6<; , per es . nel caso di Diog. L. 1 0 , 8 4 , anche nel senso di 'risultato, fis sato per iscritto, del oLaÀoyL�Ecrl}aL' 123• OLaÀoyLov.6ç si gnifica quindi ora piuttosto la conversazione filosofica come tale (Liddell-Scott : debate , discussion) , ora piuttosto il suo oggetto (argument o simili) . È comprensibile come l'atto puramente logico del ' ram mentare' possa facilmente divenire un 'atto di meditazione' il quale a sua volta diviene uno stato morale : lo dimo stra bene l'esempio della meditatio martis, la quale, da e sercizio mnemonico delle dottrine fondamentali sulla mor te risultanti dalla q>ucrLoÀoyt:a, diviene 'meditazione sul la buona morte' 124• All'assidua ripetizione delle principali dottrine filosofiche si accompagna la continua presenza spi rituale del Maestro: ogni atto di ciascun membro del Giar dino avviene per cosi dire alla presenza del Fondatore. Ciò è espressamente voluto da Epicuro, che in un frammento di lettera citato da Seneca ammoniva : Sic fac omnia tamquam spectet Epicurus (fr. 2 1 1 Us. Sen. ep. 2 5 ,5 ). Anche nel la sua versione più generica, come appare nel frammento 2 1 0 Us ., questo pensiero va collocato nell'ambito di quel rapporto fra Maestro e discepoli che nell'Epicureismo as sume talvolta forme religiose o quasi 125 • Se l'Epicureo è =
1 2 3 . fonl1amentalmente giusto Diano, Lett. 1 ,38. 1 24. D:og. L. �0,1 26: J.lEÀ.É"tlJ ,;où xocÀ.wç CÌ1toihr{}O"XE'''; cfr. fr. 205 Us.
125. Cfr. il paragrafo seguente. [ Il fr. z r o Us. 222 Arr .. p. 562, è il seguente passo eli Seneca, ep. r r ,8: aliquis vir bonus nobis deligendus est ac scmper =
qualcuno, lo diventa grazie all'imitazione del Maestro e de
gli altri 'padri spirituali' (xr.dhlYE!J.OVE<;) della Scuola 126 .
Caratteristica, la formula tramandata in Filodemo: «Sare mo ubbidienti ad Epicuro, secondo il cui esempio abbiamo 12 scelto il nostro modo di vivere» 7 • La preoccupazione degli Epicurei di agire sempre 'sotto lo sguardo' del Maestro e in modo degno di lui spiega, al meno in parte, la loro abitudine di avere sempre con sé ri tratti di Epicuro 128 , un'abitudine seguita del resto anche da altre scuole 129• Questo culto delle immagini, apparentemen te cosl accentuato nell'epicureismo da far pensare talvolta a veri e propri 'devozionali' epicurei, ha per scopo il riferi mento continuo al fondatore della Scuola e il richiamo mo rale ad esso inerente, come dimostrano le parole dell'epicu reo Attico in Cicerone, De finibus 5 , 3 : nec t amen Epicuri licet oblivisci, si cupiam, cuius imaginem non modo in ta bulis nostri familiares, sed etiam in poculis et in anulis ha ben!. Per comprendere questo fatto in tutta la sua portata,
bisognerà riflettere su ulteriori aspetti, al di là di quello pu ramente etico. III . EPICURO FONDATORE DI UNA COMUNITÀ QUASI-RELIGIO SA
Già ai contemporanei la vita di Epicuro sembrò sovruante oculos habendus, ut sic tamquam ilio spectante vivamus et omnia tam quam ilio vidente faciamus, hoc Epicurus ... praecepit. ] 126. Si veda per es. Metrodoro, fr. 43 K. ( Seneca, ep. 79,16) : post se et Epicurum magnum paratumque nomen habituros, qui voluissent per eadem ire vestigia. 127. IIEpL 1tOCPPlJO"�occ; fr. 45,9, p. 22 Olivieri: 'Emxaup�p, xoclfov ì;fjv ÌJpT}1-u::froc, 1tE�frocpxi]o-oJlEV. 128. Plinio, n.h. 35,5 : Epicurios voltus per cubiculos gestant et circumferunt. Ritratti di Epicuro su anelli e coppe menziona anche Cicerone, fin. 5,3. Vedi anche Furtwangler, Antike Gemmen 1 , 1900, tab. 43,.5. 129. Vedi per es. Origene, contra Celsum 7,66 ( 2,215 K.). =
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mana : ne è prova una ' sentenza vaticana' risalente alla pri ma generazione epicurea : «La vita di Epicuro, paragonata con quella di altri, si potrebbe chiamare mito per dolcezza e autosufficienza» 130• Che Epicuro sapesse ben valutare l'en tusiasmo dei suoi ed usarne per rinsaldare il rapporto fra scolaro e insegnante, equivalente in fondo a un rapporto fra discepolo e Maestro, ce lo rivela un'altra massima, sicura mente risalente allo stesso caposcuola, della medesima rac colta vaticana: «La venerazione del saggio è gran bene per il venerante» 1 31 • Abbiamo numerose prove per dimostrare che la venerazione di Epicuro assunse forme religiose, fin dall'inizio. Mentre è ancora in vita, Epicuro stesso si dichia ra banditore di salvezza. È ancora diffusa l'opinione che gli Epicurei praticassero il culto del Maestro «loro malgra do» 132 • Chi crede ciò non tiene conto di quell'atteggiamen to fra l'entusiastico e il religioso ( tipico della Scuola già pri ma di Lucrezio 1,62-79) per il quale la verità è redenzione e il suo banditore Epicuro è il primus inventar. Partecipe della divinità degli «dèi salvatori» ( i}Eot crw-rfjpEc;) , Epicuro realizza la vita divina nella propria persona, diventando il crw-rl}p di coloro che lo seguono e lo imitano nel suo stile di vita 133 • Ciò che Lucrezio bene esprime con le parole propter amorem quod te imitari aveo (d. r.n. 3 ,5 s . ) . Anche la solenne promessa contenuta nella chiusa della lettera a Meneceo 134, come del resto tutti i discorsi connessi con il 1 30. Gnomo!. Vat. 36. [ò 'E1t�xoupou �ioç 'to�c; 'twv lD..)..wv 0'\JyxpwéJ-LEvoc; EVEXEV TU.lEPÒ'tl)'toc; xoc� ocÙ'tocpxE�ocç 1.1ufroç /iv VOJ.l�Cl'frELl). La sentenza è attri buita ad Ermarco da Usener e Arrighctti. Ne ho citato il testo da Bailcy, Epicurus, I Io.] I 3 I . Gnomo!. Vat. 32 [Arr.: ò 'tOU crocpou Cl'E�OCC'J.lÒc; ocyocfròv 1-f.Éyoc 't@ Cl'E�O J.lÉV
motivo della imitatio dei 135, porta a concludere che chi è considerato perfetto saggio si sottrae in qualche modo alla sfera delle cose umane per mettersi sullo stesso pia no degli dèi . È indubbio che si tratta di una dottrina ra zionalista che si avvale di mezzi di espressione religiosi per manifestare con maggiore efficacia la sua esigenza di assolu tezza, sostituendosi così a forme genuinamente religiose. Pertanto, chi tenti di comprenderla adeguatamente, dovrà da un lato prender sul serio la stilizzazione religiosa dell'E picureismo come tale (senza cioè cercare di ridurla o magari di eliminarla con frettolose manipolazioni esegetiche), dal l'altro lato tener costantemente presente il suo carattere non religioso ma soltanto «quasi-religioso» . Queste osservazioni, premesse allo scopo di inquadrare il problema nella giusta prospettiva, sono ora da applicare alle situazi\mi concrete, quali ci sono presentate dalle fonti; e partiremo dalla constatazione che alla scuola epicurea, fin dalla sua fondazione, fu impresso il carattere di un'associa zione cultuale, come del resto anche l'Accademia e il Liceo già erano sodalizi ( l}t:acro�) delle Muse 136. È stato affermato che in questa associazione cultuale, a differenza degli altri l}t:acroL o sodalizi filosofici , non vi sarebbe stato alcun po sto per la venerazione degli dèi e che fin dall'inizio il posto centrale sarebbe stato occupato dal fondatore, subentrato agli dèi 137• Questa tesi è difficilmente accettabile : la stessa comunità ("t'Ò xow6v) dell'associazione cultuale presuppone 135. OJ.lotWC"�c; l)EQ, v. supra, p. 8 3 . 1 36. Per il carattere d i l)�ocO"oc; proprio anche del Giardino, cfr. Wilamowitz, Antigonos von Karystos ( r88r ), 289 e, più particolareggiatamente, Boyancé, Le culte des Muses chez les philosophes grecs, Paris 1936, 322-7 ; vedi anche Festugière, Epicurus, 24 s. 137 . Cosl per es. il Wilamowitz, ad loc. , e il Boyancé, op. cit. , 326, nonostante l'allusione scherzosa di Pilodemo alla venerazione delle Muse dei partecipanti alla festa del ventesimo giorno (dxcic;), Anth. Pal. I I .44,2. IOI
riti sacrificali comuni (xowà i.Epti). Così la notizia riguar dante la festa commemorativa del ventesimo giorno di ogni mese (Etxtic;), celebrata fin dalla fondazione del Giardi no 1 38 , va forse interpretata nel senso che tali feste dappri ma avranno avuto il carattere di un banchetto rituale comu ne e regolarmente celebrato, quale ben si conciliava con la concezione epicurea degli dèi , seppure con amplificazioni e note caratteristiche degli interessi essenzialmente filosofici della scuola; in seguito, questo carattere originariamente cultuale del banchetto sarà stato interpretato in senso esten sivo, tanto da trasformare la festa in cerimonia commemo rativa in onore prima di Metrodoro, poi dello stesso Epicu ro; successivamente, infine, l'aspetto commemorativo avrà acquistato importanza preponderante nelle connotazioni della festa , finché il banchetto rituale dovette diventare un banchetto commemorativo con al centro le figure del fon datore e di Metrodoro. Il ritratto fedele di un originario banchetto rituale, qua le potrebbe aver celebrato il primo Giardino come comuni tà religiosa, ci è stato conservato da Filodemo in un fram mento di un suo scritto «Su Epicuro» (fr. 8 , col. r ; cfr. su pra, p. 3 9 ) , dove tuttavia non è certo, anzi neppure proba bi le, che si tratti proprio della celebrazione delle Ei.xtioEc; : Nella celebrazione delle feste non ci si deve comportare come quel li che sono oppressi da ansie interiori , ma avendo innanzi agli oc chi le figure degli esseri perfetti e beati ( gli dèi ) , invitarli ( gli dèi) ad un banchetto di serena allegria (dnvxEi:crlhu yEÀrxvwc;) insieme a tutti i vicini ma non disdegnando neppure gli estranei ( -r:wv E�w i)Ev ) , purché siano benevoli verso di lui ( i l caposcuola che invita) c i suoi amici . Se agiremo cosl, non praticheremo quella vana ricer ca di popolarità che è contraria alla filosofia naturale, ma, attivi nel senso dei beni propri della natura, ci ricorderemo di tutti coloro che ci mostrano benevolenza, perché celebrino insieme a noi i riq 8 . Diog. L.
1 02
IO, I 8
( Testamento di Epicuro ) .
ti consueti in modo adeguato a chi si dedica alla filosofia in comune per acquistare la propria beatitudine 13<J .
Il termine yEÀ.avwç, che il Festugière e il Vo� iano riget tano preferendo una lezione insoddisfacente 1 , non vuoi significare che l'invito degli dèi è soltanto un gioco (come suppone il Philippson, collegando erroneamente l'avverbio con xaÀ.Ei:v) , ma si riferisce alla EÙq>pocruvr} del banchetto; invitare i vicini ( yEi.-rovEç) fa parte normalmente della EÙW xi.a 141 • Quanto alle Eicadi, possiamo accettare l'affermazio ne del Diels, che le fa celebrare nella scuola come un «ban chetto d'amore)> ( q nÀ.l.a , se diamo a q>LÀ.La il senso spe cificamente epicureo 142 • Mentre le Èicadi sono considerate dal Testamento di Epicuro un incontro mensile della comu nità dei filosofi ( cruvoooç -rwv cru�q>LÀ.ocroq>ouv-rwv l}y.i:v ) che serva anche alla commemorazione del fondatore e di Metrodoro , e rilentre dallo stesso Testamento sono dichiara ti altresì vincolanti per il futuro determinati giorni comme morativi in onore dei fratelli di Epicuro e di Polieno, la ce lebrazione solenne del compleanno del fondatore, divenuta consuetudine già vivente Epicuro, non solo si conservò, co m'era naturale, ma fu anch'essa elevata ad istituzione vin colante mediante disposizione testamentaria 143 • Erra il W i1 39· Philippson, Neues ii ber Epikur l i , 28 s . ; Bignone, L'Aristotele perduto 209-21 2 ; Fest., Epicurus, 22 s. e 26; Vogliano, in: Acme 1 ( 1948) r i i ss. 1 40. yEÀiiv wç, con la necessaria aggiunta di un xoct e il riferimento al Gnomo/. Vat. 4 1 [ yEì.iiv OC[lOC OE� xoct qnÀaO"C(jlEi:v . che ha però tutt'altro senso] e al fr. 394 Us. ( YEÀiiv È'l (jlLÀOO"Oq>Lt; ). n,
LJ. I . Cir.
per
es.
Luciano, Timone, 4 :; ; su OL ìi�wfrEv cfr. Jcnsen, 44 n. 3 ·
142. Per l a celebrazione delle Èicadi cfr., oltre
a \'{'ilamowiiz. op. cit . . anche Diels, Fragment, 894 s., con la restituzione di Filodemo, llEpt EÙ:rE�Eiocç, col. 74,3 s. ( 1 04 Gomperz); si vedano inoltre le testimonianze: fr. 436 Us., secondo cui Carneade, parodiando, fa leggere Epicuro dai suoi diari e simili e gli fa dire a quante Èicadi egli ha banchettato deliziosamente; le lettere eli Menippo (cinico) «Sul compleanno di Epicuro c le Èicadi da lui festeggiate (Diog. L. 6, ror); Plinio, nat. 35,5 ; Ateneo, 298d (sugli epicurei come ELxocoLO""tOC,). 1-43. Oltre al Testamento stesso, al quale si riferisce Cicerone, de finibus 2,ror,
1 03
lamowitz 14\ che, contrariamente alla chiara testimonianza del Testamento, fa cominciare la festa del compleanno sol tanto dopo la morte di Epicuro, attribuendo poi a Plinio il Vecchio l'errore di aver confuso la festa del genetliaco con la celebrazione delle Èicadi ed affermando che Cicerone a vrebbe intenzionalmente favorito un tale equivoco 145 • Le scuole filosofiche avversarie naturalmente si compiac ciono nel far rilevare la contraddizione fra la negazione epi curea dell'immortalità e le esagerate celebrazioni comme morative 146• Ma ciò che appare contraddittorio ad estranei , diventa comprensibile se considerato dall'interno del pen siero epicureo. Naturalmente gli Epicurei sanno che Epicu ro è «immortale>> solo secondo il senso più intimo della sua dottrina, che esclude per il saggio, quantunque perfetto, la durata infinita della vita; ma è proprio e soltanto a questo tipo di «immortalità» che si riferiscono quando, nel culto commemorativo, richiamano alla mente l'immagine del Maestro per partecipare alla sua divinità. Fra le testimonianze dello straordinario onore, non dis simile da venerazione o eroizzazione, reso a Epicuro dalla sua comunità 147, le più notevoli sono: Filodemo, P. Fiere. 3 4 6 , col. 4 , 1 9 , dove leggiamo « . . . celebrare con i n n i il no stro Salvatore» 1 48 ; il fr. eth. Comparetti, col. 2 2 , 2 , annovetraducendo in parte letteralmente, si veda anche Plinio, 11. h . 35,5 . 144· Antigouos von Karystos, 290 n. 27. 145. :B sorprendente che Filodemo, il quale doveva essere meglio orientato di Cicerone, indichi le :Bicadi come festa annuale (Anth. Pal. r 1 ,44,3). Se il testo è giusto e se non è sorta confusione più tardi quando, al posto di Èml-lliv�oc;, si sarà letto Èv�ocucnoç, l'imprecisione è da attribuire a qualche nesso non ancora adeguatamente interpretato. 146. Oltre a Cic. de fin. 2,ror s., cfr. anche le lettere di Menippo (citate per le :Bicadi ) e Plutarco, de occulte vh·endo 3, r r29a ( = fr. u8 Us., p. r68,2o) . 147. Cosi Wilamowitz, Der Glaz:be der Hellenen I l , 288. 148. Cfr. Cronert, in: Rh. Mus. 56 ( 1901 ) 625: U!-lVELV xoct "tÒ'J J'',r:-ijpa. "tÒV TJ!-f.É'tEpov. 1 04
ra il perfetto sapiens nella cerchia degli eroi, descrivendolo non solo secondo la comune iconografia del saggio, ma an che con tratti specificamente propri di Epicuro 149; anche la lettera di Plotina, vedova di Traiano, agli amici della scuo la epicurea di Atene dell'anno 1 2 1 d.C. 150 chiama Epicuro espressamente crw··c"r)p; Luciano, nel suo Alessandro, dedi cato all'epicureo Celso, chiama Epicuro «uomo veramente santo e divino, l'unico ad aver riconosciuto la bellezza in unione con la verità» 151 ; Diogene di Enoanda vuole offrire ai suoi concittadini le dottrine di Epicuro come «medicine di salvezza» 152 • In questo contesto rientrano anche vari pas si lucreziani, specialmente il proemio del l. v, nel quale agli dèi della religione popolare Dèmetra, Diòniso, Èrade, è contrapposto Epicuro, benefattore dell'umanità maggiore di essi, perché rivelatore di verità ancor più preziose: deus ille /uit,'deus, inclyte Memmi, qui princeps vitae rationem invenit eam quae nunc appellatur sapientia, quinque per artem fluctibus e tantis vitam tantisque tenebris in tam tranquillo et tam clara luce locavit ( 5 ,8 ss . ) .
Cicerone si esprime con vivace risentimento contro l'arro ganza degli Epicurei che presumono di dover ringraziare senza fine e di venerare come un dio il loro caposcuola, at tribuendogli la scoperta della scienza della natura : Quae quidem cogita11t soleo saepe mirari nonnullorum insolentiam philosophorum, qui naturae cognitionem admirantur eiusque inven tori et principi gratias exultantes agunt eumque venerantur ut deum; liberatos enim se per eum dicunt gravissimis dominis, terrore sem piterno et diurno ac noctttrno metu 153. 149. Vedi anche W. Schmid, Ethica epicurea, 83. I JO. Dittenberger, SIG 2, 834,2 1 ; cf r . infra, p. 1 3 1 . 1 5 1 . 'A).É�ocvlìpoc; ii tj;EU1i6J.MIV't�ç § 6r ; cfr. infra , p. 132. IJ2. 'ttX 'tfjc; Cl'W'tl)p�ocç ... cpcipp.ocxa: : fr. 2, col. 5,14 (7 W. 33 G.; cfr. supra, p. 47 e infra, p. 1 32). 153. Tusc. I ,48; il momento della liberazione è anche indicato dal citato pas=
105
Che Epicuro stesso si considerasse profeta di una rive lazione redentrice, lo indica con particolare forza espressiva quella sua grandiosa visione che W.A. Heidel 154 ha dimo strato essere realmente alla base del racconto ironicamente travisato del vescovo Dionigi di Alessandria e derivare da un'autorappresentazione di Epicuro 155• In questa visione, la descrizione del viaggio celeste di Epicuro deve avere oc cupato una posizione centrale. Fortuna vuole che le espres sioni ironiche del vescovo alessandrino bastino per poter istituire un raffronto con i versi lucreziani che rappresen tano l'ascensione di Epicuro 'conquistatore del cielo' (d. r. n . r ,6 2-78) e poter quindi cogliere da un lato i tratti genuini della visione originaria e dall'altro le alterazioni operate da Lucrezio. Anche l'autorappresentazione di Epicuro descri veva il passaggio attraverso i moenia mundi 156 e lo sconfi namento nello spazio infinito, ma non conosceva quei trat ti allusivi a un'azione di battaglia, quali sono invece pecu liari alla rappresentazione di Lucrezio. In Epicuro, scopo della escursione cosmica era di conquistare un punto di os servazione che permettesse di contemplare liberamente le sedi tranquille degli dèi , offrendo agli uomini una visione liberatrice e beatifica e rendendoli così partecipi alla vita divina Lucrezio combina l'ascesa al cielo e la conquista m.
so di Luciano, che definisce Epicuro ÈÀ.EVDEpw,;l]ç. 1 54- Zeitschrift fiir Religionspsychologie 3 ( l ') 1 o) 397. I 55· Eusebio praep. ev. 14 ,27,8 s. ( 2,336,1 5 Mras) fr. 364 Us. [ l] -.:ou x6rrr-tou 1tpoxu\j;ocç 'E1tixoupoç xoct "tÒv oùpcivLov U1tEp�àç 1tEpi�oÀ.ov f) òlh 'tL vwv xpucpiwv iiç [lavoç oLIÌEV t!;EÀ.Dwv 7'UÀ.Wv ,;o.Jç ÈV 't� xe;v� XOC'tELOE ileaùç xat "t"Ì]v 1taÀ.À.1']'J ocÙ"tWv Èr.tocxcipLO'E ,;pucpi]v xcixEi:DEv E7'LDup.lJ"tJÌç yEvé[lEvoç -;Tjç i]oovfjç xa.t ,;fjç EV ,;Q XE'o/Q slJÀ.W"tYJV OLCl.L'tl]ç CU"tW 1tOCV't(J.ç b:t 'tlJV 'ou flOCXOCPLO'J.LOU nu,;ou flE"tourria.v É!',or-toLwDT]rro[lÈvcuç ÈxeivoLç .-ai:ç �eoi:ç -c:a.pocxocÀ.EÌ: X"tÀ.. ] ; cfr. O. Regenbogen, Lukrez, 42 s. e Jensen, Brie/, 8o. 156. Dionigi alessandrino: oùpcivLoç T:Epi�oÀcç, forse nel senso dell'b:oupci. \JLOç 1t6À.oç. ,
=
·
I 57· In questo punto la visione di Epicuro è indubbiamente più vicina ai versi
r o6
della verità con il motivo del superamento della malefica potenza antagonista della religio : una concezione che sa rebbe stata sorprendente nel protoellenistico Epicuro, pre supponendo l'influsso delle religioni misteriche tardoelleni stiche e di una figurazione mitica orientale da queste tra smessa 158 • È difficile stabilire se nella originaria autorappre sentazione di Epicuro si trovasse anche il passaggio attra verso 'porte segrete' , note soltanto a lui, e usate poi come immagine per gli spiracula mundi della fisica epicurea men zionati da Lucrezio 159, o se invece in questo punto la paro dia cristiana fosse pura invenzione, senz'alcuna attinenza alla realtà. Certo è che Dionigi non dipende da Lucrezio in questo particolare. Comunque sia, possiamo ritenere per certo che il viaggio celeste di Epicuro rappresenta in lui un'espressione del linguaggio formale religioso e quindi più che una metafora isolata di un'espressione immaginosa, quale ci offre invece l'epicureo di Cicerone per lo spirito va gante nell'infinito 160• Non di rado la stilizzazione religiosa dell'espressione tra disce chiaramente reminiscenze del linguaggio dei misteri : per esempio, l'uso del termine misterico "t'ÉÀELoc; per indilucre-.dani lotum video per inane [!.eri res, appare! divum numen sedesque quie tae (DRN 3 , 1 7 s.); cfr. Dionigi: -:oùç Èv -;(jl XEv!{l frEouç e 'tfjç Év 't!{) XEv!{l ... OLCX.�'tT]ç. r58. Bene ] . Kroll, Gott und Holle ( 1 932), 506-n ; K. Kerényi , in: Archiv fiir Religionswissenschaft 29 ( 1930) 392 - 5 .
r 5 9 . DRN 6. 489-94; Dionigi Ales s . : OLOC 'tLvwv xpucp�wv ii ç 1-16voç oloEv ÈsEÀ. l}(;,V 7tUÀ.WV.
r6o. Cic. nat. deor. 1 ,54 [ Cuius (se. dei) operam profecto non desideraretis, si immensam <'l interntinatam in omnis partis magnitudinem regionum videretis, in quam se iniciens animus et intendens ita late longeque peregrin:1tur ut nul lam tamen oram ultimi videat in qua passi t insistere.] ; l'immagine affine usata da Cicerone nel de fin. 2 , 1 02 [infinitas regiones... mente peragrare ] fa certa mente parte delle non t roppo frequenti, ma chiaramente riconoscibili, remini scenze lucrcziane di Cicerone editore del d.r.n. ; cfr. Lucr. 1 ,7 4 [ atque omne immensuu peragravit me.<1te animoque ·1 . T 07
care l'iniziato che è almeno alla pari con gli dèi 161 • Quest'u so di paragonare agli dèi gli « iniziati» alla filosofia porta, per estensione, ad applicare ulteriori elementi del linguag gio misterico al contesto filosofico. Cosi, nella cerchia degli adepti di Epicuro unita intimamente dalla q>LÀLa., il �a.xa. PLOV.6c; ha la stessa funzione che ha per i seguaci dei miste ri 1 62• Ancor più chiaro è Metrodoro, che in una esortazione a Timarco afferma che i veri discepoli di Epicuro, «quasi immersi in sentimenti di unanimità col Maestro, si distac cano dalla vita terrena per immedesimarsi nei 'misteri' di Epicuro, che sono veramente rivelazioni divine» 1 63 • Questo 1 64 frammento epistolare , talvolta frainteso , viene interpre tato in vari modi: il Westman (pp. 2 1 5-20), da noi seguito nella traduzione sopra riportata, pensa a una unanimità con Epicuro; ma è anche plausibile, entro certi limiti , la tradu zione del Festugière, che preferisce interpretare «almost overwhelmed in emotions shared by all» , ammettendo quin di la presenza di un'allusione alle esperienze mistiche comu ni agli iniziati ; 1}E6<pa.v-ra. potrebbe intendersi anche in senr 6 r . Cfr. Filodcmo, 1t. DEwv 1 , col . 24, r r oÙoÈ: ,;òv 'tEÀ.dwç -rÉÀ.E�ov d l)Eot miv'tEç étJ.lOC cpo�E�v YE VOJ.l'sov'toc�, «Neppure gli dèi tutti insieme possono far paura, secondo il nostro credo, a chi è completamente perfetto»; per ulte· riori particolari si veda Diels, Philodem I, 83; R. Reitzcnstein , Die hellenisti schen Mysterienreligionen 31927, 1 3 3 ; K. Kerényi, art. cit . , 395· 1 62. [Cfr. per es. Gnomo/. Vat. 52: T] cp�À.'oc T.Ep�x;opEUE� 'tTJV olxouJ.lÉVl]V xl] punouo-oc lìl] 1tiio-w TJJ.l�V ÈyE,pEO"Doc� È1tt ,;òv J.lOCXocp�O"J.l6v, «l'amicizia tra scorre per la terra annunciando a tutti noi di destarci per felicitarsi gli uni con gli altri» (Arr., p. 1 50)] ; pe r altri riferimenti importanti, v. Festugière, Epicurus, 46 n. 45; in particolare, G. Lcjcune Dirichlet, De veterum macarismis ( 1914), 62 S .
1 63 . Metrod. fr. 38 K. Plutarco, adv. Col. r ; , u r 7 b : J.16vov où xoc'tocouv'tEç -roc�ç OJ.lo�o1tocl)E'oc�ç xoct cÌ.1tocÀ.À.ocyÉv'tEç Éx 'tou XOCJ.loct �'ou dç -rà 'Emxou pou wç OCÀ.l]l)wç l)E6cpocv'toc èipy�oc. r64. Cfr. la traduzione errata in Dc Witt, Epicurus, 109 s. e l'infelice emenda zione del Pohlenz, giustamente ripudiata dal Westman nella sua nuova in ter pretazione del testo plutarcheo. =
108
so attivo, in quanto all'esperienza iniziatica visuale 165 cor risponde nell'epicureo l'esperienza, in realtà cosl diversa, del genere di quella cantata da Lucrezio in d.r.n. 3 , 1 6 ss. In questa interpretazione, come del resto anche in altre, il Westman tende a ridurre, fino a farli quasi scomparire del tutto, gli elementi religiosi formali nel linguaggio del Giar dino: per es. il pur benemerito conoscitore degli scritti an ti-epicurei di Plutarco sorprende quando argomenta che non si può pensare ad una «ascesa dell'anima» - intesa in senso religioso - dalla condizione terrena ai misteri, per il semplice fatto che una simile ascesa è esclusa dalla psico logia epicurea. In realtà si deve chiaramente distinguere fra la connotazione che un'espressione come «la vita terre na» acquista nel linguaggio figurato ripreso dai misteri e il significato specificamente epicureo di cui essa rappresenta per cosl dire la chiave. Affine, anche se meno mistico-esta tica, è l'« ascesa verso l 'infinito e l'eternità» , dovuta alla conoscenza scientifica : vi allude un altro detto di Metro doro, anch'esso originario di una lettera 166• Negli ultimi passi citati abbiamo esempi di una stilizzazione religiosa della dizione che, pur essendo abbastanza caratteristica qui nel Giardino, non sarebbe del tutto inaudita neppure fuori di esso 167• Tuttavia bisogna riconoscere che esistono casi in cui il sentimento entusiasticamente traboccante e il rapi mento estatico degli epicurei non restano limitati alla pa rola e alla formulazione, ma coinvolgono azione e gesti. Rientra in questi casi l'ossequio-'ltpocrxuvr}cnc; di Colate, 165. Per es., nel materiale raccolto e pubblicato dal Lobeck, Aglaophamus I, 1829, 61, figurano espressioni come cpoc�vE�V ,;oc �Epti. r66. Metrod. fr. 37 K.: avÉ�l)c; "to�c; 1tEpL cpucrEwc; &ocÀ.oyLCTJ.lO�<; È1tL "tTJV CÌ.1tE� p,av xat ,;Òv oc�wvoc. 167. Si veda per es. la documentazione, pur cosi eterogenea, sul linguaggio fi gurato degli arcana philosophiae nel Lobeck, op. cit., 123 ss.
1 09
narrato da Plutarco 168 • Colate si getta ai piedi del :Vlaestro durante una sua lezione sulla filosofia della natura e gli ab braccia le ginocchia per venerarlo; al che Epicuro reagisce, a sua volta venerando il discepolo nello stesso modo. Questa «replica di venerazione» non va interpretata come interven to di Epicuro contro un abnorme culto dell'amicizia 169 , dal momento che si conoscono anche casi in cui il sovrano poli tico si inchina o addirittura si prostra davanti al popolo 170 • Un'altra è la spiegazione che tiene in debito conto l'ambien te e Io spirito del Giardino: col suo comportamento, Epi curo volle mostrare di ritenere autentica in tutta la sua por tata l'intima apertura di Colate ed appunto per questo di essere a sua volta disposto a riconoscere come un dio sulla terra il discepolo cosi «illuminato». Questa interpretazione è in armonia con quanto scrive il Pascal, che intende la «re plica della venerazione» da parte di Epicuro come riconosci mento della raggiunta qualità di sapiens di Colate. Il West man, a torto, obietta che una tale interpretazione sarebbe in contraddizione con le testuali parole di Plutarco (où . . . àv1} yopEu1}1} croq>6c;) : l'osservazione dell'anti-epicureo Plutarco, condizionata com'è da una maligna insinuazione, e comun que propria della polemica, non deve necessariamente ri specchiare la realtà effettiva. Lo stesso Westman , del resto, si vede indotto ad ammettere l'importanza cardinale della r 68. Plut. adv. Col. n qb 65 Arr., p. 433 : <
I lO
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dichiarazione di Epicuro, secondo la quale ora anche Colate può avanzare la pretesa di farsi chiamare «divino» 17 1 • Nel racconto della venerazione di Colote da parte di Epi curo risulta particolarmente evidente la straordinaria forza di suggestione del Maestro, unita alla consapevolezza della propria missione. Questi fenomeni non sono senza paralle li: si pensi per es. ai xr.dkx.p�OL di Empedocle. In questo contesto, non sembra doversi attribuire tanto valore, come invece fa il Diels, alla promessa fatta da Epicuro al corti giano aristocratico suo amico Idomeneo: «Se tu desideri la gloria, ti renderanno più famose le mie lettere che tutte quelle cose che tu hai in stima e per le quali sei stimato» 172 • Tale promessa non va sostanzialmente al di là di ciò che sappiamo anche da altre fonti antiche sulla qualità dell'atti vità spirituale che garantisce l'immortalità 1 73• Quale sia la portata, nel caso di Epicuro, dell'aspetto psicologico del «compiacimento di sé» m , è una questione indubbiamente legittima, che tuttavia non può esser sollevata in questa se de 175• In ogni caso, è sul singolare valore della filosofia del la natura (q>ucnoÀoyt:a) , bandita dal «profeta» e «vate» Epicuro, che si fonda l'inaudita dignità ed autorità del Maestro 176 • 171. é1cpfrocp't6c; J.lOL m:pL1tOC'tEL, «camminami come un immortale». 172. Pr. 132 Us. [ trad. Arr. fr. 5 5 ] Seneca, ep. 2 1 ,3 : si gloria tangeris, notiorem te epistulae meae /acient quam omnia ista quae colis et propter quae coleris. 173. Si veda ad es. I lor. carm. 4,9,30 ss. [Non ego te meis chartis inornatum silebo] . =
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1 74. «Selbstgefalligkeit>> : Diels, Fragment, 897. 175. Sulla questione dell'orgoglio come autocoscienza («Selbstbewusstsein») di Epicuro, cfr. Diels, loc. cit., e le considerazioni assai più differenziate del Gomperz, Lebensau/Jassung der griechischen Philosophen '1927, 257 s . 1 76. Per il linguaggio ora più ora meno figurato dell'annuncio oracolare» e del la «proclamazione profetica», cfr. per es. Gnomo/. Vat. 29, Cicerone, de fin. 2 , ro2 e Lucr. 3 , 1 4 s. Maggiori particolari i n Heidel, in : Zeitschrift fiir Religions psychologie 3 ( 1 9 10) 397 n. 84. III
CAPITOLO QUARTO
L'EPICUREISMO NEL MONDO PAGANO
I. CARATTERI GENERALI E SVILUPPO INTERNO FINO A FILODEMO
Fra la fondazione della scuola epicurea e la sua tarda fio ritura, rappresentata specialmente da testi etici e fisici e culminante nella monumentale iscrizione dovuta allo zelo missionario di Diogene di Enoanda, intercorre mezzo mil lennio. In questo periodo, la storia interna del Giardino è poco movimentata, assai meno di quella per esempio della Stoa. Ciò si spiega con il carattere fortemente conservatore dell'Epicureismo 1 , i cui seguaci, saldamente legati alle ori gini della scuola , al suo fondatore e ai suoi amici Metrodo ro, Polieno ed Ermarco 2, addirittura favorirono l'affermar si di una rigida ortodossia, nella quale, anche dopo parec chi secoli, erano ammesse al massimo amplificazioni margi nali e solo rarissimamente mutamenti o deviazioni di qual che rilievo. Così, dopo cinquecento anni, la posizione dot trinale di un Diogene di Enoanda corrisponde ancora so stanzialmente alla dottrina epicurea originaria 3 . La caratte ristica tendenza degli epicurei verso un credo unitario è I . Sulla wstanza, relativamente tenace, anche della terminologia filosofica, v. supra, p. 49· 2. Mctrodoro è detto «quasi un secondo Epicuro» da Cicerone, de filz. 2 ,9 2 (paene alt�r Epicurus) ; su Polieno ed Ermarco, cfr. quanto si è detto supra, p. 4 1 . 3 · S i veda per esempio i l fr. 4 9 Us. ( p . I I I ,6), per il quale contraddire Epi curo, Metrodoro ed Ermarco è considerato una specie di parricidio.
messa in rilievo già da Numenio 4• Ma anche la necessità di difendersi nella polemica con le scuole avversarie costrinse gli epicurei a riconsiderare certe tesi del Maestro e quindi a sviluppare argomentazioni complementari o addirittura innovative, come sembra sia avvenuto per esempio nella schermaglia con l'abile Carneade in una questione di teo logia Tuttavia casi del genere, venuti alla luce soprattut to in seguito alle scoperte papirologiche, non sono sufficien ti a farci correggere nella sostanza l'impressione generale: che è quella di una dottrina eccezionalmente cos tante lungo oltre cinque secoli di storia . È questa una ragione di più perché, nella rappresentazione che segue, ci permettiamo di trattare sommariamente la «storia interna» dell 'epicurei smo, per soffermarci invece più a lungo sulla «storia della fortuna». Si tratta infatti soprattutto di chiarire quali era no le idee generali correnti sull'epicureismo al momento in cui cominciarono le polemiche degli scrittori cristiani. Per i dati di fatto riguardanti lo sviluppo della scuola , specialmente nel periodo compreso fra la prima generazio ne di discepoli e il contemporaneo di Cicerone Filodemo, si rimanda, oltre che alla parte storica nella prefazione agli Epicurea dell'Usener, anche alle maggiori storie della filo sofia dello Zeller e dell'"Dberweg 6 , ma soprattutto alla mo nografia del Cronert, Kolotes und Menedemos. Il lavoro del Cronert, mentre denuncia lo sforzo della prima interpreta zione diretta di testi fino allora quasi del tutto inesplorati, riesce sorprendentemente a gettare ampi sprazzi di luce su parecchi punti oscuri di quel gigantesco campo di rovine che purtroppo è la letteratura epicurea superstite dell'epo5.
4 · Eusebio, praep. ev. 1 4 , 5 , 3 ( GCS l Dic griecbisch"n cbristlic/)('n Schrift steller der ersten Jahrhundcrte, hrsg. von der Kommission fiir spatantike Re ligionsgeschic-hte der Dcutschen Akademie der Wissenschaftcn zu Ikrlin, r 897 5 - Cf r . p . 88. ss.] 43,2,269 Mras = fr. I Thcd.). 6. Rispettivamente Ill , I , 378-90 c r , 438-4 2 , 444 s . =--
1 14
ca compresa fra il fondatore e Filodemo. Anche se spesso i materiali del Cronert stimolano la curiosità più che soddi sfada 7, tuttavia il suo grande lavoro resta un libro fonda mentale per lo studio del tardo epicureismo fino a Filodemo e può servire ad animare, entro gli esigui limiti del possi bile, i dati generalmente troppo scarni delle storie filosofi che più autorevoli . In questa sede, dovremo accontentarci di brevi cenni. Si è già parlato dei maggiori discepoli 8 e dei loro intimi amici. Di Polistrato, sappiamo che succedette a Ermarco nella guida della scuola e che scrisse un trattato intitolato 11EpL àÀ6you xa-raq>povi)crEIJJ<; 9 . Egli fu probabilmente fra gli ultimi a potersi vantare di aver conosciuto il Maestro personalmente 10• Fra le personalità più significative del n secolo spiccano Apollodoro, detto il « tiranno del Giardino» 1 1 , scrittore par ticolarmente fecondo, purtroppo completamente perduto; il suo discepolo Zenone di Sidone (c. r 6o-9o a.C.) e il già citato Demetrio Lacone, probabilmente compagno di scuo la di Zenone. Tutto ciò si evince dal catalogo degli «epicu rei illustri » (ÈÀÀoy��o�) in Diogene Laerzio. 7 · Per esempio, nel caso di brevi frammenti appartenuti a due scritti antipla tonici dell'amico di Epicuro Colate di Lampsaco («Contro il Liside di Plato ne»: Cronert, 163-167; «Contro l'Eutidemo di Platone>> : Cronert, r67-r7o; v. Westman, Plutarch, 3 1 ss.) ; o nel caso degli scarsi frammenti di Demetrio Lacone, dove riconosciamo, anche se vagamente tratteggi>�to, un rappresentante dell'epicureismo del II secolo, che Sesto Empirico annovera fra gli epicurei famosi (Cronert, r oo-25 ). 8. Gli ÈÀ.À.6yL[!OL (<
Demetrio Lacone, il cui trattato morale De e!atione anim i (IIEpt [.lE't'EWp�cr[J.OU) si è già caratterizzato (v. p. 47 ) pos
sedette interessi scientifici per singole discipline (gramma tica e matematica) più di quanto non ci si aspetterebbe da un epicureo ; ebbe anche cura del testo delle Ratae Senten tiae, che, per essere una specie di «Catechismo» , sembra sia stato esposto a notevoli alterazioni, come avviene del resto per tutti i testi dell'uso pratico, soprattutto quelli reli giosi Più ancora di Demetrio Lacone, si dedicò alla matema tica Filònide di Laodicea in Siria, se è vero che riusd a far si riconoscere da un matematico del calibro di Apollonia di Perge. Filonide occupò un posto di onore alla corte dei Seleucidi ed iniziò alla dottrina del Giardino Antioco Epi fane e suo fratello Demetrio Sotèr 13• Si adoperò perché si conservnsse il prezioso patrimonio epistolare del fondatore e dei tre « santi» della scuola , Metrodoro, Ermarco e Po lieno ( « a giovamento della pigra gioventÙ») 14, componendo un'antologia dall 'epistolario di quegli uomini, cosi esem plari per gli epicurei successivi. Questa antologia secondo l'Usener costituisce la «base di un gnomologio epicureo da cui attinsero gli autori delle antologie pervenuteci , compre so Seneca e probabilmente anche il Gnomo!. Vat. , che in certo qual modo fa concorrenza alle RS , pur essendo note volmente meno antico 16• La testimonianza di Filonide ci 12•
15,
12. Cfr. Pap. Herc. 1012, col. 24,3 ss. ; V. de Falco, L'Epicureo Demetrio La eone, 1 923, 35· I 3 · Cfr. Croncrt, in : SPAW ( 1 900) 942 ss . c Usencr, i n : Rh. Mus. 56 ( 1 90 1 ) 1 4 5 ss. I4. Fr. 14 in Croncrt, art. cit., 947: T.E1t6l)XEV ... VÉOL<; ocpyoi:c; Wq>EÀ.4J.ouc; xoct ,;occ; È1tL'tO!..uxc; ,;wv É1tLO"'toÀ.wv ecc.; dr. Usener, art. cit., 148. 15. Sui 'gnomologi' epicurei, v. Usener, Epicurea, LIV ss. r6. Cfr supra, p. 34· L'Usener giustamente considera i dati forniti dal testo di Filonide sulla sua antologia come una conferma alla sua tesi (Epicurea, uv ss.) che anche Sencca avrebbe utilizzato questo gnomologio. .
H6
informa inoltre che la sua antologia comprendeva due grup pi di lettere raccolte secondo i nomi del mittente o secondo i generi degli argomenti trattati : l'espressione xa"t'à yÉvoç è chiaramente intesa nel testo in opposizione ai nomi degli autori citati. Filonide fa parte di quel gruppo di «Epicurei di Siria» studiati nel loro complesso da W. Cronert 17• Questo grup po comprende il già menzionato Zenone Sidonio, annove rato fra gli ÈÀ.À.oyL�OL da Diogene Laerzio e udito ancora nel 79/78 a.C., ormai dotto vegliardo, da Cicerone ad Ate ne; Fedro, di illustre famiglia ateniese, udito anch'egli da Cicerone ad Atene nel 79/ 78 (e già prima, verso i1 9o, a Ro ma) 18 ; Filodemo di Gàdara , le cui lezioni e i cui estratti co stituiscono quasi due terzi dell'intera biblioteca pisoniana venuta alla luce in séguito agli scavi archeologici di Ercola no 19• Filodemo fu con Sirone, capo del cosiddetto circolo epicureo napoletano e maestro di Virgilio, il più noto rap presentante in Italia della filosofia epicurea del suo tempo. Poligrafo non molto profondo e certamente inferiore alle personalità di uno Zenone e un Fedro, Filodemo fece buo na impressione a Cicerone, che lo conobbe personalmente (come risulta dalla sua orazione in Pis. 70); egli è anche l'au tore di alcuni epigrammi dell'Antologia Palatina. Un buon compendio di quanto sappiamo sulla vita e le opere di Filo demo ci dànno Ph.H. e E.A. De Lacy nell'introduzione alla loro eccellente edizione del trattato «Sui metodi di inferen za» , importante per la metodologia dell'empirismo epicu17. Die Epikureer in Syrien: Jahreshefte des Osterreichischen Archaologisch en
lnstituts r o ( 1907) 145 ss.
r8. Cicerone ne ricorda il trattato sugli dèi (ad Att. I3,39,2); sui suoi rapporti gli scolari romani, v. A.E. Raubitschek, in: Hesperia r8 ( 1949) 96-ro3. 19. Si tratta in realtà della originaria biblioteca privata dello stesso Filodemo , che fu a lungo 'filosofo di famiglia' in casa di L. Calpurnio Pisone, suocero
con
di Cesare.
1 17
reo 20• Fra le opere di Filodemo, che già conosciamo dalla discussione dei papiri riguardanti la dottrina e la figura di Epicuro, vanno ancora ricordati innanzi tutto i trattati di filosofia popolare sui costumi e su varie questioni di etica e di vita pratica, in parte molto vicini al genere della diatri ba, come il De ira, il De morte , il De oeconomia e il De vi tiis 21• Sollecito di assicurare alle sue esortazioni etiche la maggiore efficacia possibile, Filodemo cita più volte i clas sici della diatriba. Ciò ha ben riconosciuto Ch. Jensen anche se, naturalmente, è spesso molto difficile determinare quale sia esattamente il materiale dovuto a tali classici a causa dello stato lacunoso dei testi . In qualche caso parti colarmente favorevole è tuttavia possibile decantare il ma teriale ereditato, come per es. nel caso del De vitiis, dove è utilizzata un'epitome di Aristone di Ceo sull'attenuazio ne della superbia (Ù'ltEPT}q>avt:a), cioè elementi di deriva zione peripatetica, inseriti in un contesto di norme di igie ne psichica 23• Hermann Diels ha ammonito che nello stu dio dei trattati di Filodemo, cosi poco originali, non è tan to importante seguire i «Sentieri spesso tortuosi del loro labirinto di pensieri » , quanto invece risalire alle fonti delle teorie da essi toccate. Un tale ammonimento è veramente giustificato dal carattere fortemente compilatorio delle ope re di Filodemo, il quale, sia negli scritti che nelle lezioni 22 ,
20. Ph.II. c E.A. Dc Lacy, Philodemos on Methods of Inference, 1941 [ «La Scuola di Epicuro», r, Napoli 1978; cfr. R. Philippson, De Philodemi libro qui est 1tEpL O"l)[tELwv xa.L O"l)JJ.EtWO"Ewv, diss. Bcrlin r 8 8 r . K. Lésniak, in: Stu dia logica 2, Warszawa 1955, n-u r ] ; più particolareggiato e di importanza fondamentale per la ricerca, l'articolo di R. Philippson in RE XIX, 2444-82. 21. l1EpL àpyi'iç, ed. C. Wilke, 1914; I1EpL Da.vci-tou, ed . D. Bassi, 1914, T. Kuipcr (con commento) Philodemos aver den dood, Diss. Amsterdam 1 9 2 5 ; IlEpL oLxovO[l�a.ç qui dicitur libellus, ed. Chr. Jensen, 1906; I1EpL xa.xc.Wv liber decimus, ed. Chr. Jensen 1 9 1 1 [ cfr. W. Knogel, Der peripatetische Ariston von 2 2 . Bonner Jahrbiichcr 1 3 5 ( r930) 5 7 s . Keos bei Philodem, 193 3 ] . 2 3 . Jensen, i n : Hermes 4 6 ( r 9 r r ) 3 9 3 ss. ; W. Knogcl, op. cit. ; F . Wehrli, Die Schule des Aristate/es VI, 1 952, 52-62. =
I I8
orali, si proponeva di trasmettere ai giovani romani un sa pere possibilmente vasto, che tenesse conto anche delle al tre scuole e che non fosse troppo unilaterale. Il tono catte dratico e la prolissità dei periodi di Filodemo sono spesso scoraggianti, anche se parecchi inconvenienti stilistici van no addebitati a insufficiente integrazione del testo. Filodemo appare nella sua luce migliore nel trattato De morte, che oltre a contenere pregevoli paralleli greci atti a illuminare soprattutto il III libro di Lucrezio e Seneca, ha anche una parte notevole nella rappresentazione oraziana della morte 24• A Orazio riconduce lo Jensen con la sua riuscita rico struzione del v libro della Poetica di Filodemo, importan te per la comprensione dell'Ars poetica, nel senso che il lumina la teoria poetica ellenistica compresa fra Aristotele ed Orazio 25 • Accanto alla poetica vanno ricordati i trattati sulla reto rica e sulla musica 26 • In Filodemo troviamo anche prege voli resti di una Storia della filosofia ( '"tW\1 (j)LÀ.ocr6cpwv cruv24. Bene V. Poschl, Horaz und die Politik, Hcidelberg 1956, 28 n. 6o; per l'esegesi del testo di Filodemo vanno consultati fra l'altro O. Luschnat, Zum Text von Philodems Schri/t De musica: Prolegomcna 2 ( 1953) 2 1-41 e M. Gigante, Filodemo, De morte IV 37-39 (Pap. Ilerc. IOJO) : PP 10 ( 1955) 35789 e ibid. 13 ( 1958) 5 1-76 [ora in Ricerche filodemee, Napoli 1969, 63 ss.] . 25. Chr. Jensen, Philodem O ber die Gedichte, J . Buch, 1923; per l'interpre tazione, oltre al commento dello Jcnsen, cfr. fra l'altro A. Rostagni, in: RFIC 51 ( 1923 ) 401-423; 52 ( 1924 ) 1-28; ora anche in Scritti minori I, 1955, 394446 e Io stesso Jenscn , Herakleides von Pontos bei Philodem und Horaz, 1936. [Si veda ora M. Ferrario in Cron. Ercol. 10 ( r 9 8o) 55- 1 24. ] 26. IIEpl fn1'toptxT\c;, Philodemi volumina rhetorica, cd. S. Sudhaus, 1.11. Suppl., 1892-1896 [D. Bassi, in: RFIC 38 ( 1910) 329-356; H.M. Hubbcll, in: Transact. Connect. Acad. of Arts and Scicnces 23, 1 920, 243-382 ( trad. ingl.) ] ; per l'in troduzione al soggetto, specialmente importante il Supplementum ( r 895); IIEpL J.lOUO"txT\c;, Philodemi De musica librorum quae extant, cd. l. Kemke, Lipsiae 1884; ed. commentata: D.A. van Krevclen, Phil., De Muziek, Diss. Amsterdam 1939; cfr. A.]. Neubecker, Die Bewertzmg der Musik bei Stoikcrn und Epiku reern, Bcrlin 1956.
119
't'a;tç) , fra cui i due indici dei filosofi Accademici e Stoici 27 • Rientra nella serie tradizionale dei «manuali per il princi pe» lo scritto dedicato a Pisone sull'ideale omerico del principe 28 • Lo scritto Adversus [ sophistas ? ] combinava, a quanto pare, la difesa contro attacchi dall'esterno con tratti che ta lora ricordano i papiri filodemei « Su Epicuro», di cui si è detto sopra 29• Se è giusta l'integrazione del titolo, si po trebbe pensare che quest'opera risalga ai successori di Me trodoro 30 . A proposito del circolo epicureo napoletano intorno a Sirone e Filodemo come pure a proposito di due passi etici filodemei (purtroppo non conservati indenni) sui poeti au gustei, si vedano le osservazioni su Virgilio ed Orazio. II. L 'EPICUREISMO A ROMA FINO ALL ' INIZIO DEL PRINCIPATO
Passando in rassegna gli Epicurei greci dal fondatore a Filodemo, non si è potuto fare a meno di andare anche oltre le origini dell'epicureismo in terra italica. La più antica no tizia sulla penetrazione dell'epicureismo in Roma è di na tura negativa: Eliano ed Ateneo ci informano che nell'an no 1 7 3 a .C. gli Epicurei Aldo e Filisco furono banditi da Roma 31 ; e se nel r 5 5 a.C. gli Ateniesi incaricarono della fa mosa ambasceria di filosofi ·soltanto i rappresentanti del l 'Accademia, del Peripato e della Stoa, ma non del Giar dino, ciò si spiega probabilmente come conseguenza del 27. Academicorum philosophorum index Herc. , ed. S. Mekler, 1902 ; lndex Stoicorum Herc. , ed. A. Traversa, 1952. 28. IIEpt 't"OU xafr"'Or-tTJpov &.yocfrou �oc(nÀ.Éwç, ed. Olivieri, 1909. 29. Ilpoç 't"aùç ( O"O((JLO"'t"ocç? ), ed. F. Sbordone, 1947. 30. Fr. 28 K. Plutarco, Non posse suaviter vivi secundum Epicurum, 109 r a. =
3 1 . Ael. var. hist. 9,12; Athen. 547a. I 20
provvedimento preso dal Senato contro gli Epicurei 1 8 an ni prima. Quel T . Albucio che Lucilio (vv . 8 8-94 Marx) chiamò per burla 'grecomane' deve esser tornato dal sog giorno di studi ateniese come un 'perfetto epicureo' : cosl almeno Cicerone 32• Quanto ci fa sapere l'Arpinate sui pri mi scrittori epicurei in lingua latina, Amafinio e Rabirio, non è certo tale da farli apparire in una luce favorevole, al meno per quel che riguarda le loro capacità stilistiche. Pro babilmente non erano del tutto all'altezza dell'arduo com pito toccato loro in sorte di rielaborare in latino il sistema concettuale epicureo greco. Soltanto Lucrezio riuscirà, col suo poema didascalico De Rerum Natura 3\ a strappare nuove possibilità espressive alla patrii sermonis egestas (che anch'egli indubbiamente sentì come tale) nella latinizzazione di concetti filosofici epi curei. Il poema di Lucrezio non è meno importante per con tenuto filosofico che per valore letterario. In questa rappre sentazione della fisica epicurea, probabilmente derivata in gran parte da tardi estratti dell'opera principale di Epicuro ITEpÌ. q>UcrEwc; 34, la lotta contro la religione è animata da un dinamismo ossessivo, estraneo agli scritti del Maestro 35• Ciò si potrà spiegare con il carattere dei Romani, natural mente inclini a temere gli influssi demoniaci . Lucrezio iden tifica il termine religio con OELCTLOaL�ovCa, mentre rende con pietas il positivo EÙcrÉ�ELa, la pietà nobilitata dalla filo sofia 36• La religio , personificata nel proemio del libro I , è caratterizzata fra l'altro da un'allusione tanto consapevole 32. Cic. Brut. 1 3 1 . 3 3 · I l titolo riproduce il greco l1Ep� cpuo-Ewç. 34 · In questo punto resta tuttora inconfutato H. Diels, Elementum ( 1 899), 9, 12. 35 · Cfr. F. Klingner, in: Hermes 8o ( 1 952) 18; W. Schmid, Gotter und Men schen, 155 s. 36. D.r.n. 5,1 198: nec pietas ullast velatum saepe videri ecc.
121
quanto chiara alla superstitio 37 • Dunque non è vero che Lu crezio abbia voluto evitare il termine superstitio perché, u sandolo, avrebbe potuto giustificare, almeno in parte, quel la religio che invece ripudiò in toto. Sorprende che Lucrezio non faccia quasi mai riferimento agli usi religiosi tipicamente romano-italici 38 • Ciò natural mente non toglie che il poeta non voglia colpirli. Che abbia voluto risparmiare la religione di stato romana per paura del potere politico? O che invece abbia avuto a disposizio ne, da buon epicureo, i suoi repertori esclusivamente gre ci ? Né l'una né l'altra ipotesi sono in grado di spiegare in maniera convincente perché la polemica anti-religiosa di Lucrezio non si rivolga in primo luogo contro i riti roma no-italici. J. Mewaldt ha ragione di credere che l'uditore o lettore intelligente avrà dovuto ovviamente trasporre la po lemica anti-religiosa dalla Grecia a Roma 39; ma la sua espo sizione non spiega perché Lucrezio lasci eseguire al lettare questa, sia pure ovvia, trasposizione. Probabilmente, il mo tivo va visto nella volontà di attenersi coerentemente alla concezione corrente del poema didascalico ellenistico 40• Se condo questa concezione, a un autore epico-didascalico era bensl permesso di soffermarsi a lungo in scene come il sa crificio di Ifigenia o anche in descrizioni come quella del culto della Dea Madre dell'Asia Minore, ma non di raffigu rare particolareggiatamente le forme religiose specificamen te romano-italiche. Si provi del resto a immaginare nel poe ma lucreziano, in luogo del sacrificio di Ifigenia ( I ,84- 1 0 1 ) , cioè di una scena mitologica greca, la rappresentazione di 37 · D.r.n. 1,65 : horribili super aspectu mortalibus instans. 38. I Tyrrhena carmina (6, 3 8 1 ) sono una delle poche eccezioni: si tratta degli Etruscorum ... et haruspicini et fulgurales et rituales libri, menzionati da Ci cerone ( divzn. r ,72 ). 39· Cfr. ]. Mewaldt, Der Kampf des Dichters Lukrez gegen die Religion ( 1935), r 6 s. 40. W. Schmid, in: Gnomon 20 ( 1 944) 99·
1 22
uno dei sacrifici umani, pure attestati nella storia della re ligione romana e probabilmente di derivazione etrusca, e subito ci si accorgerà dell'impossibilità di un'idea simile. Il poema, che comprende sei libri, tratta nei primi due i principi della fisica atomica, nei 11 . III e IV la psicologia e l'antropologia (anima ; percezione sensoria, pensiero e pas sione amorosa), nei 11. v e VI l'universo e i fenomeni natu rali. Alla fine del l. v è rappresentata l'evoluzione dell'uma nità e l'origine della civiltà. Non tutte le antinomie che la lettura lucreziana in chiave di critica letteraria si compiace di mettere allo scoperto si possono far derivare dallo sche ma interpretativo, tuttora abbastanza diffuso, dell'«Antilu crezio in Lucrezio» ; comunque non nel senso di chi tenti af frettatamente di abbozzare una visione del mondo lucre ziana non epicurea, credendo di poterla intravvedere sotto uno strato epicureo superficiale, voluto intenzionalmente e fittizio 4 1 • Tali antinomie sono spesso genuinamente epi curee, come per es. la coesistenza della cpucnc; &-rExvoc; con l'altra cpucnc;, celebrata con gratitudine, che provvede l'uo mo di tutto il necessario. Se si prescinde dal già sottolineato obiettivo marcatamente antireligioso di Lucrezio, che gli fa prendere a cuore molto di più la lotta contro le deliranti rappresentazioni celesti e infernali della ow:norLL�O\ILa che la dottrina filosofica della legittima adorazione divina e del la genuina pietà 42, non c'è assolutamente nulla, in nessun punto cruciale della dottrina, che potrebbe essere inteso co me deviazione dalla linea epicurea ortodossa 43• Che Lucre41. Si vedano le mie osservazioni in: Gnomon 20 ( 1944) 94 s. e in: Antike und Abendland 2 ( 1 946) 205. 42. Nonostante i luoghi classici sulla vera pietas ( 5 , I I 94-I203) e sulla visione degli dèi ( 3 , 1 8-22). 43 . [ Per tutta la questione della religiosità di Lucrezio, si vedano ora special mente i lavori di I. Dionigi, Due interpretazioni unilaterali di Lucrezio : St. Urb. 47 ( 1973) 327-363; Lucr. 5, I I98-r203 e P. Oxy. 215 col. I 7-24: l'epicu-
zio non sia quel grande solitario quale è stato talvolta rap presentato 44, che anzi in lui, accanto alla intenzione missio naria, sia presente un forte impulso alla comunicazione filo sofica, lo ha messo bene in luce P. Boyancé 45• Prima comunque di avventurarsi in profonde considera zioni storico-letterarie 4
tre scuole filosofiche giudicassero l'epicureismo; egli stesso, a cui da giovane , secondo la propria testimonianza, l'epicu reo Fedro deve aver fatto una profonda impressione non so lo come personalità, ma anche come maestro di fj.losofia 48 , provò più tardi una certa antipatia verso i l Giardino. La vi vacità polemica nei dibattiti di scuola fra Epicurei ed altri indirizzi filosofici è bene illustrata da un frammento cice roniano conservato in sant'Agostino: cm;tra ille ( se. Epicurus ) convocata de hortulis i n auxilium quasi Liber turba temulentorum, quaerentium tamen, quem incomptis unguibus bacchantes asperoque ore discerpant, voluptatis nomen, suavitatem, quietem teste populo exaggerans instat acriter, ut nisi ea beatus nemo esse posse videatur; in quorum rixam si Acade micus i n currerit , etc. 49 •
Gli Accademici , ai quali Cicerone era vicino, si distinse ro per particolare asprezza nella polemica contro la teologia del Giardino, a cui rimproveravano di essere atea; si veda per es. il discorso di Cotta nel De natura deorum I ,57I 24 30• �
De oratore, dove Cicerone, trattando dell 'utilizzazione di dottrine filosofiche, considera l'Epicureismo incompatibile con l'ideale dell'orator e argomenta che gli Epicurei fareb bero bene a tener segreta come un sacro mistero quella loro dottrina della vita ritirata, poiché altrimenti, se riuscissero a renderla di dominio pubblico, sarebbero costretti a rinun ciare al loro ritiro 53 • Tuttavia, negli anni tempestosi della repubblica, la filosofia epicurea può essere apparsa a non pochi dotti conforme alla loro mentalità. Che attraesse an che personalità attive nella vita pubblica, è un fatto che me rita di esser sottolineato. Così fu epicureo Cassio, l'uccisore di Cesare; e parecchi uomini politici che combatterono al fianco di Pompeo o che più tardi si opposero ad Antonio seguirono questo indirizzo filosofico o almeno gli furono vi cini 54• L'attività di questi epicurei romani non deve sor prendere : da un lato erano troppo romani per poter segui re coerentemente il principio epicureo di non occuparsi di politica ([.l'Ì) TIOÀL"t'EuEcrl}aL) ; dall'altro lato, l'avversione al la tirannide insita nell'epicureismo li portava ad opporsi ad ogni tipo di cesarismo. È noto che anche nel trattato IIEpL i}Ewv di Filodemo si trovava un'invettiva contro il dispoti smo di Antonio (libro I , col. 2 5 ,2 2 s.); mentre un'osserva zione sprezzante sui <
! 26
demo, sorretto da un ideale di amicizia nel senso epicureo, non mancò di esercitare la sua influenza sul giovane Virgilio che, al pari di Orazio, si mostrò incline alla filosofia di E picuro negli anni della prima giovinezza. Un rapporto par ticolarmente stretto sembra averlo unito a Sirone, la cui modesta villa napoletana egli ereditò dopo la morte del maestro. Oltre alla testimonianza dello stesso Virgilio 56, e alla notizia degli scoli i virgiliani di Servi o 57, va ricordato specialmente un frammento dal De adulatione di Filodemo, dove sono espressamente nominati Virgilio e i suoi contu bernales Quintilio Varo e L. Vario Rufo 58 . Quest'ultimo è l'autore di un poema De morte in senso epicureo 59• Che Orazio abbia realmente avuto rapporti con il circolo epi cureo napoletano 60, dipende dall'integrazione del nome proprio [ . . . ] · n::: nel papiro filodemeo di Ercolano 2 5 3 fr. 1 2 , che può anche far pensare a un Plotius. Mentre Virgilio si allontanò gradualmente dal Giardino per se guire la Stoa (la sua evoluzione progressiva è sufficien temente provata dalla concezione della figura di Enea e dall'escatologia del VI libro dell'Eneide con la discesa agli Inferi), nella vita di Orazio una parziale affinità con l'e picureismo rappresenta una costante 61 • Nonostante l'occa sionale dissociazione dalla insaniens sapientia ( carm . 1 ,3 4 , 56. Virg . catai. 5,8: nos ad beatos vela mittimus portus / magni pete!ftes doct« dieta Sironis. 57 · Per
es.
ad Ecl. 6,13 (nam vult exsequi sectam Epicuream, quam didiarat
lam Vergilius quam Varus docente Sirone) e spesso altrove.
58. Pap. Here. ro82 fr. 92, col. r r ; per le varie integrazioni, dr. Cronert, Ko lot., 1 27, c v. A. Korte, Augusteer bei Philodem: Rh. Mus. 45 ( r89o) 1 72 ss. C. Jensen, in: Bonncr Jb. 135 ( 1 930) 56 s . ; A. Rostagni, La cultura letteraria di Napoli antica: Par. Pass. 25-27 ( 1 952) 344-357· 59. V. A. Rostagni, in: Riv. Pii. 37 ( 1959) 38<>-394. 6o. Cronert, Kolot., 127; Philippson, in : Progr. Magdeburg ( r9 u ) 7 e Ro stagni, in: Par. Pass 25-27 ( 1952) 352. 6r. Per i particolari, cfr. Philippson, art. cit., II ss.; diverso, il giudizio di Merlan, Horace, 445- 5 1 ; che in epod. r6, r 5 s. si alluda a!Pepicureo CIITere la-
127
2), questa costante permane anche più tardi , quando Ora zio si rivolge più spesso alla Stoa. Così il I libro delle Epi stole, che secondo una supposizione di Richard Heinze sa rebbe stato stimolato in parte dall'epistolario di Epicuro 62 , si rivela in molti punti affine al Giardino; ed ancora la tarda ode 4,7 riprende un motivo centrale epicureo (cfr. supra, pp . 64 ss.) . In Ep. I ,4, 1 6 , con fìne ironia, Orazio applica a se stesso quell 'immagine di un Epicuri de grege porcus che probabilmente già ai suoi tempi era un luogo comune della polemica antiepicurea (diatriba cinica ? ) . Così nella coppa di Boscoreale, dove il sobrio stoico Zenone è contrapposto al crapulone Epicuro che allunga la mano verso una focac cia, è raffigurato un porcellino come attributo del pensatore edonista 63• Per il maturo Orazio, epicureismo e stoicismo sono due possibilità non tanto contrarie quanto piuttosto complementari 64. Che un medesimo spirito possa far pro pri i parziali momenti di verità in Epicureismo e Stoicismo come due diversi modi di vita pratica, adattando alle diver se stuazioni la sua disposizione di fondo e movendosi ora in questa ora in quella direzione, è sottolineato anche da K. Jaspers, u n pensatore moderno che certo non segue un me schino eclettismo 65• Poiché il credo antireligioso di Lucre zio e il ritiro individualistico dalla vita sociale raccoman dato da Epicuro non potevano adattarsi alla restaurazione augustea e al conseguente rinnovamento cultuale, lo Stoiboribus (cbtovloc), non è affatto cosi sorprendente come crede C. Becker (Gno mon 3 1 , 1959, 597 [ ree. a Ed. Fraenkel, Horace, 1 957]), che respinge una nuova interpretazione del passo oraziano. 62. R. Heinze, Vom Geist des Romertums ( 1938 ) , 240 s. [ 31960 (ed. E. Burck), 297 s. e 305.] 63. Cfr. O. Brendel, in: RM [ Mitteilungen des Deutschen Archaologischen Instituts, Roma] 49 ( 1934) 164 n. r. 64. Cfr. V. Poschl, Horaz: Pondation Hardt, Entretiens 2 ( 1953 ) 107 s. 65. K. Jaspers, «Epikur», in Weltbewohner und Weimaraner, Festschrift E. Beutler, Ziirich-Stuttgart 1960, 132 s. =
=
1 28
cismo divenne la filosofia predominante, capace di rispon dere meglio alla parola d'ordine romana dis quod minorem te geris, imperas [ Orazio, carm. 3 ,6 ,5 ] , quantunque nella vita privata di personalità di primo piano l'Epicureismo continuasse a fiorire (si pensi a Mecenate) . III. L'EPICUREI SMO NELL'ETÀ IMPERIALE
Il prevalere dello Stoicismo nell'età augustea e verosi milmente anche dopo non significa certo che l'Epicureismo non sia stato un fattore considerevole nel I secolo d.C. 66• Una particolare apertura verso la personalità e la filosofia di Epicuro, nei limiti in cui ciò è conciliabile con le fonda mentali dottrine stoiche, è presente in Seneca 67• Se si deb ba accettare o no l'ipotesi di H. Mutschmann, secondo cui Epicuro avrebbe servito da modello letterario ai primi tre libri delle Epistulae morales, si potrà decidere soltanto do po un accurato esame della tesi dell'Usener, secondo il qua le, per la conoscenza di Epicuro da parte di Seneca, avrebbe importanza decisiva la raccolta di detti che egli fa risalire ad una più antica antologia epistolare 68 • In ogni caso non c'è dubbio che Seneca nelle sue Lettere a Lucilio non solo adopera detti e motivi di origine epicurea 69, ma è condotto per così dire naturalmente ad Epicuro dallo stile generale della comunicazione epistolare. Istruttivo, a questo riguar do, il parallelismo istituito da Seneca (ep. 2 1 ,5 ) fra il rap66. Vedi le testimonianze in FriedHindcr, Sittengeschichte Roms
m,
273 n. r.
67. Cfr. H. Mutschmann, in : Hermcs 50 ( 19 1 5 ) 32 1-56; E. Howald, in: N. Jbb. [ Neue Jahrbiicher f. Philologie u. Padagogik ] 35 ( r9 1 5 ) 353 ss. e R. Schott· lander, in : Philol. 99 ( 1955) 133-48. 68. Cfr. Usener (su Filonide, v. supra, p. r r6) e già Epicurea, LV s . ; su posizioni opposte, H. Mutschmann, art. cit., 325 s.; conciliante W. Schmid, in: Acme 8 ( 1 955 ) 123 n. 3 · 69. Sulla variazione del frammento di Epicuro 204 Us. nella 1 epistola, cfr. Mutschmann, art. cit., 333. =
1 29
porto Epicuro-Idomeneo e quello fra se stesso e Lucilio. In
ep. 6,6 Seneca parla dei «grandi uomini» (magni viri). Va
altresi menzionato un motivo epicureo in una delle tragedie senecane: l'insistente variazione sul tema mors nihil ad nos nel coro delle Troadi ( 3 9 7 ss . ; dr. ad Mare. 1 9 ,4-6). L' «epi cureggiare» di Seneca non è che il suo proprio filosofare con l'aiuto di sarcinae Epicuri: nel contesto del filosofo latino non sempre il filone epicureo è utilizzato in modo confor me al pensiero di Epicuro 70• L'esegesi senecana delle sen tenze di Epicuro può esser determinata dagli aspetti sogget tivi della meditazione e della lettura in chiave psicagogica. L'assimilazione di elementi epicurei, che in Seneca ha chia ramente la funzione di introdurre una nota di umanità nell'assolutezza dell'esigenza etica, dovette naturalmente incontrare la critica di Stoici meno magnanimi; tuttavia fu possibile da parte stoica in questa fase tardiva della scuola 71 • Un'inclusione altrettanto ampia del diverso non poté in vece verificarsi nell'àmbito dell'Accademia; e questo non soltanto in casi normali (ché nessuno si aspetterebbe u na cosa simile) , ma neppure in casi eccezionali . Per quan to il metodo psicagogico di Epicuro potesse veramente pe netrare non solo nella Stoa, ma anche nell'Accademia, uno spirito come Plutarco rimase tenacemente fedele alla pole mica antiepicurea, che aveva nell'Accademia una tradizio ne antica e vigorosa, come mostrano le tre operette super stiti di Plutarco Adversus Coloten (fra il I e il II secolo) , Non posse suaviter vivi secundum Epicurum e De latenter vivendo , animate dal più deciso rifiuto dell'Epicureismo 72 • Cosl parecchie osservazioni sarcastiche della precedente cri7o. V. W. Schmid, i n : Acme 8 ( 1 955) I I 9·29. 71. Per Musonio, cfr. Usener, Epicurea, LVII e fr. 459 (p. 297,28 Us.).
72. Importanti
R. Westman, Plutarch gegen Kolotes ( 1955) e Plutarque et l'Epicurisme ( 1 959 ). 1 30
R. F!acelière,
tica accademica ad Epicuro ci sono conservate in Plutarco ; per esempio, l'idea originale di Carneade che, alludendo all'esortazione epicurea di ricordare del continuo la godu ta 1-}oov-l} , fa leggere da Epicuro stesso il suo diario quasi fosse un registro di piaceri sensuali. In Plutarco, al pathos morale suo proprio si unisce il ricorso alla massiccia tradi zione antiepicurea, senza che tuttavia resti escluso il tacito impiego occasionale di motivi epicurei 73• E certamente la forma specifica con cui Plutarco combatte la negazione epi curea della provvidenza e della immortalità è tipica per un indirizzo in cui acquista sempre più importanza l'elemento religioso e mistico. Comunque, nel corso del n secolo d.C. l'Epicureismo riesce ad assicurarsi l'appoggio di persona lità influenti. Cosi vi aderisce Plotina, moglie di Traiano, la quale, dopo la morte del marito, ottiene da Adriano il fa vore che il capo del Giardino possa nominare lui stesso il proprio successore ad Atene e destinare a questo ufficio addirittura un forestiero 74• Si noti per inciso che Adriano con fine ironia soleva chiamare tetrafarmaco il suo menù preferito, composto di quattro piatti 75• Nell'età degli Antonini l'Epicureismo ha addirittura un nuovo incremento, come si desume fra l'altro dalle testi monianze di Galeno su Epicuro. Su questo punto si veda Usener (Epicurea LXXIv) , il quale ricorda anche l'istituzio ne di una cattedra di filosofia epicurea ad Atene ad opera di Marco Aurelio 76• Questo nuovo prestigio sembra fondarsi non da ultimo sul fatto che il razionalismo si serve dell'Epi cureismo come di un alleato opportuno contro superstizione e misticismo. Ne è testimonianza significativa il pamphlet 73. Cfr., oltre al Grillo, per es. i molteplici echi epicurei nella Consol. ad ux. 6o9d-6r r a (nonostante il rifiuto all'escatologia epicurea, ibid. 6ud). 74 - CIL m , 12283; 14203, 15 ( Dessau 7784). 75. Script. Hist. Aug., Hadr. 2 1 ,4; Hel. 5 ,4 s.; Alex. 30,6. 76. V. H. Marrou, Histoire de l'éducation dans l'antiquité ( 1948), 403. =
IJI
satirico di Luciano contro il «falso profeta» Alessandro di Abonuteichos : lo scritto si chiude con la lode di Epicu ro, che, vergata nello stile degli entusiasti discepoli del fon datore, fa del medesimo un <upti�T}\1 ) e di dover piangere per il loro spreco del tem po; così giudica compito di un uomo retto aiutare tutti co loro che siano capaci di discernimento; e questo appunto è il motivo che lo spinge ad affidare alla pietra i suoi testi 78 • 77· Orig. contra Cels. r ,8 (GCS 2, 60,24) ; cfr. H. Chadwick nella traduzione inglese ( 1953), XXIV ss.; opinioni divergenti ha espresso Q. Cataudella, Celso e l'epicureismo: Ann. Scuola Norm. Sup. Pisa 1 943, 27. 78. Fr. 1, col. 2,4-3.4; v. A.D. Nock, Sallust, Cambridge 1926, xxxvi s . c Id Conversion ( 193 3), 172.
..
Un altro epicureo di questo periodo, del cui operato ab biamo ancora qualche traccia sicura, è Diogeniano, che sot topose a critica il fatalismo di Crisippo 79• Di fronte al dila gante irrazionalismo religioso, è facile comprender� come si diffonda sempre più una visione diffamatoria e denigra toria dell'Epicureismo. Due racconti testimoniano questa evoluzione: l'uno è contenuto nella Vita di Apollonia di Filostrato ( 1 ,7) e narra del sedicente pitagoreo Euxenos, che in realtà non fu un filosofo da prender sul serio, ma, schiavo del proprio ventre e dei piaceri dei sensi, conformò la sua vita alla dottrina di Epicuro 80; l'altro è il racconto or ripilante, riferito da Eliano (fr. ro) , del destino di un epi cureo sacrilego, punito con una malattia che lentamente lo tormentò e consumò fino alla morte 81 • Naturalmente, tali asserzioni insolitamente taglienti non vanno considerate senz'altro come la communis opinio del loro tempo. Basta a dimostrarlo che fu proprio allora, cioè nella prima metà del m sec. d.C., che Diogene Laerzio accolse nelle sue biografie. di filosofi ciò che oggi costituisce il nucleo fondamentale del nostro sapere intorno ad Epicuro, contribuendo così a con servarne il prezioso patrimonio attraverso i secoli . Diogene Laerzio, se non epicureo, fu certamente simpatizzante di Epicuro 82 • È probabile che nel III sec. ci siano stati altri dotti che, pur non essendo epicurei, mostrarono una certa compren sione per il messaggio di Epicuro. Una tale supposizione sembra confermata da un accenno dell'Usener: dal partico lare stato di trasmissione del G nomol. Vatic. , tramandato, come si sa, insieme alle raccolte di pensieri di Marco Aure79· Se ne vedano i frammenti preservati da Eusebio in A . Gercke, Chrysippea: ]b. Kl. Phil. Sup pl. r4 ( r 885 ) 748 ss. 8o. 'YilO''tp6c; 'tE yocp i')'t'tWV Tjv Y.cd ètcppoo�O'LWV xcd Y.G.'tOC 'tÒV 'E7tix,upov ÉO'X:1JJ.lth�O''to. 8 r . V. FriedEinder, Sittengeschichte Roms III, 1 3 2 ss. 82. Sulla questione si veda Usener, Epicurea xxn; cfr. LXX v . 133
lio ed Epitteto, l'Usener trae la conclusione che l'antologia di detti epicurei deve essere stata consapevolmente aggiunta alle due opere stoiche, sl da formare un unico corpus, intor no al m secolo d.C . da uno stoico eclettico . È difficile decidere se Porfirio, per la sua lettera-centone a Marcella, nel cui contesto sono evidentemente presenti non pochi motivi epicurei, abbia utilizzato ancora diretta mente un 'gnomologio epicureo' , oppure se il suo materia le epicureo era già contenuto nelle «raccolte pitagoree» a cui attinse 83 • In ogni caso è interessante vedere certi ele menti teologici del primo ellenismo assimilati alla religio sità filosofica tardo-antica. Un simile processo di assimi lazione è concepibile solo perché Epicuro, il vero Epicu ro del primo ellenismo, nella dottrina della pietà e nella teologia, nonostante la sua diversità di fondo, ha qualche punto di contatto, sia pure minimo, con la grande filoso fia della grecità 84• Ma l'importanza di questo curioso fe nomeno non va sopravvalutata, se non altro perché si tratta soltanto di qualche detto isolato; la visione globale dei fat ti esclude che la teologia di Epicuro, ove si consideri nel suo insieme e in tutte le sue implicazioni con l'indirizzo ge nerale del pensiero epicureo 85 , possa venire assorbita da concezioni specifiche dell'età tardo-antica, di qualunque stampo esse siano. Basta ad escluderlo la circostanza che la dottrina della contemplazione beatifica del divino è in Epi curo indissolubilmente legata all'empirismo più crudo (pa recchi argomenti sostenuti da sant'Agostino contro la dot trina delle immagini degli dèi probabilmente non avrebbe ro assunto un aspetto molto diverso nell'àmbito del più ge nuino neoplatonismo pagano, v. infra , p. r 6o). 8 3 . Vedi i l mio Gotter u . Menschen, i n : Rh. Mus. 9 4 ( 1 9 5 1 ) 144-149· 84 . Cfr. supra, pp. 78 ss.; cfr. A .H. Armstrong, in: Class. Quart. 32 ( 1938) 1 94 s. 8 5 . Si pensi per e s. a! secco rifiuto di Epicuro da parte di Plotino, enn. 2,9 , r 5 ; v. ù1jra, pp. 1 7 3 ss. I 34
All'inizio del IV sec., quando il Cristianesimo latino (per es . Lattanzio, v. infra, p. 1 54) riuscirà ad articolare una ser rata e coerente critica al sistema epicureo , se questo certa mente non è ancor morto come possibilità pratica, cioè re sta ancora attivo nella scuola e non soltanto teoricamente rappresentato nella letteratura , tuttavia è ora prevedibile il crescente prevalere di quelle forze, anche da parte non cri stiana, che, volenti o nolenti, lo respingeranno sempre più inesorabilmente. Così, anche senza essere alleate intenzio nalmente, le tendenze contrarie all'Epicureismo, sia da par te pagana che da parte cristiana , acquistano unite una forza d'urto veramente considerevole. Ciò giustificherà almeno in parte la nostra decisione di trattare la questione del tra monto dell'Epicureismo (per la quale è significativo che sia no particolarmente rilevanti una testimonianza di Giuliano l'Apostata ed una di sant'Agostino ) soltanto nel suo rappor to con lo sviluppo del Cristianesimo (v. infra , pp. 1 4 3 ss.). Qui va ancora messo in rilievo come un fatto caratteri stico che Imerio, il favorito di Giuliano, sa dare al tema «Epicuro accusato di empietà» la forma esemplare di una suasoria (ecl. 3 ) . È notevole anche il fatto che continuano ad affermarsi i motivi, spesso così triaviali , di un epicurei smo volgare, con quella grossolana etica del piacere che ben conosciamo, fra l'altro, dal romanzo di Petronio (I secolo d.C.). Ne fanno fede numerose iscrizioni sepolcrali 86• La maggior parte di queste, eseguite nello stile di CLE [ Car mina Latina Epigraphica (ed. Bi.icheler)] 8 5 6 , 1 5 ( . . . cetera post obitum terra consumit et ignis) , sono troppo banali perché si possano mettere in relazione con motivi epicurei formulati in modo ben differenziato, per cui il Bi.icheler ha 86. Sulle quali si veda per es. B. Lier, Topica carminum sepulcr. Latin. : Philol. 62 ( 1 90 3 ) 590 ss. ; Friedlander, Sittengeschichte Roms m, 302 s . ; A . Brelich, Aspetti della morte nelle iscrizioni sepolcrali dell'Impero Romano ( 1 9 3 7 ); R. Lattimore, Themes i11 Greek and Latin Ep;taphs ( 1 942), 263 . 1 35
fatto bene a rilevare i paralleli da testi epicurei solo in casi eccezionali , come per es. in CLE 1496 . Un testo epigrafi co del genere sono i versi di Lupo di Aquinco, nei quali si trovano realmente echi epicurei riconoscibili ancora come tali 87• In questo stesso contesto sorprendono alquanto le iscrizioni «sincretistiche», in cui talvolta si fondono con cetti della religione misterica con motivi dell'epicureismo volgare, come nel caso di Vincentius, sacerdote del dio Sa bazius 88• Non meno insolita è l'iscrizione di Brouzos in Fri gia, nella quale, accanto a l'invocazione monoteistica della grandezza di Dio ('"t"Ò �Éyd}oç '"t"OV i}Eoù ), appare quella dei demoni sotterranei (xa'"t"axi}ovi.ouç oai.�ovaç) ' seguita dal la formula tipica dell'epicureismo volgare «Non esistevo, nacqui ; non sarò più, non m'importa : questa è la vita» 89• Come nell'iscrizione sepolcrale di Vincentius l'elemento «epicureo» si combina singolarmente con quello «sincreti stico», così nel caso dell'epigrafe sepolcrale di Eustorgius a Hadrumetum sembra forse opportuno pensare ad un rive stimento più o meno cristiano di elementi dell'Epicureismo volgare 90• Gli stessi Padri latini non di rado polemizzarono contro certe forme di mentalità dell 'epicureismo volgare che essi credettero di trovare anche in un ambiente sedicen te cristiano. 87. Cfr. W. Schmid, Con tritio , in: Rh. Mus. roo ( 1 9 5 7 ) 3r 5 ss. 88. CIL v i, 142; dr. M.P. Nilsson, Méla'lges Ch. Picard I I ( 1 9-*9 ) . 76-* ss . c Geschichte der Griech. Religion rr ( 1950), 636 ss. 89. oùx llJ.llJV, ÈyEVOJ.llJV, oùx EO"OJ.lCX.�, où J.lÉÀ.� J.lO�. ci ��oc; "tCX.U"tCX.. Per l 'iscrizio ne di Brouzos dr.: Bulletin de Cotrespondance Hellénique , Paris 6 ( 1882) J I 5 e ]. Carcopino, Aspects mystiques d e la Rome palenne ( 1 94 1 ) , 263 n . 2 . Per le iscrizioni latine del tipo non fui, fui, non sum, non curo o simili, cfr. in gene rale ]. Carcopino, art. cit. , 229-3 2 ; A. Brelich, Aspetti della morte etc., 5 9 ; F. Cumont, Lux perpetua ( 1949 ), r 2 8 ; H. Leclercq , i n : DACL [Dictionnaire d'Archéologie Chrétienne et de Liturgie, ed. r. Cabro! - H. Lcclercq, Paris 1907 ss.] 5 , 184-8 e il passo sugli Epicurei neli'Indiculus S. Hieronymi de haeresibus Iudaeo rum 28 (PL 8 1 , 64 1 A ) [ Epicurei dicunt Deum nihil agere,
omnia constare corporibus, animam nihil aliud esse quam corpus. ] . 90. Cfr. M.L . Foucher, in: Bull. Archéol . ( 1 9 5 5-56) 4 6 ss. 1 36
PARTE S ECONDA
EPICURO E I CRISTIANI
CAPITOLO PRIMO
MATERIALI E POSSIBILI ASPETTI
Nell'index fontium degli Epicurea (pp. 42 1-39) l'Usener
indica puntualmente tutti quei passi dei Padri che egli cre dette di dover addurre per una completa dossografia epicu rea (talora soltanto come paralleli o testimonia - pp. 3 749 8 - a complemento dell'apparato critico). Nella scelta di queste citazioni, l'Usener fu certamente generoso, spesso adducendo testi di scarso valore intrinseco di testimonian za, la cui citazione gli sembrò tuttavia opportuna per com pletare i dati dossografici, per esempio trattandosi di for mulazioni particolarmente rilevanti. Ciò nonostante, predo minò in lui (e dovette predominare) l'interesse per 'la figura di Epicuro in sé', a cui andò subordinata quella dell'Epicu ro dei Padri . Così l'Usener non prese affatto in considera zione i momenti caratteristici in una data affermazione o presa di posizione di un autore cristiano tutte le volte che la posizione cristiana risultava irrilevante per determinare la dossografia epicurea; il che non avviene di rado. Qui si tratta soprattutto di delineare, almeno nei tratti fondamentali, il quadro delle controversie dottrinali cristia ne col pensiero di Epicuro e dell'Epicureismo. A questo sco po l'elemento soggettivo di un passo dei Padri che si occu pi di Epicuro può essere di grande importanza anche se il suo contenuto lasci oggettivamente a desiderare. Ciò si gnifica che qui si dovranno prendere in considerazione pa recchi passi che l'Usener poté senz'altro trascurare . Tutta via, quanto più vasto si fa il materiale da esaminare, tanto 1 39
più necessario diviene trovare punti di vista determinanti e criteri di giudizio perché si possa in qualche modo domi nare e selezionare l'immensa quantità delle testimonianze. Cosa dice l'atteggiamento cristiano di fronte a Epicuro su come l'autore cristiano vede il proprio rapporto con il resto della tradizione greca? Appaiono Epicuro o l'Epicu reismo, ragguagliati al più elevato, vero filosofare, come qualcosa di volgare e ordinario (cap. Iv,n ) ? O si evita con sapevolmente questa impressione ammettendo che anche la coerenza epicurea può senz'altro possedere un momen to di verità (cap . v)? Contro quali dottrine dell'Epicurei smo è soprattutto indirizzata la risoluta polemica dei Pa dri (cap . Iv )? È essa limitata alla pura e semplice dosso grafia oppure vi sono testimonianze di Padri che, anche se solo in senso polemico, mostrano di comprendere le es senziali caratteristiche religiose o quasi-religiose dell'Epi cureismo come dottrina di redenzione (cap. VI ,I ) ? Al complesso di problemi toccati da tutte queste doman de e che tratteremo particolareggiatamente, dobbiamo pre mettere ulteriori considerazioni (capp. n e I II ) : troviamo a fondamento di ogni posizione dell'autore cristiano un giu dizio basato su un approfondito studio delle fonti, oppure il suo ritratto di Epicuro è un cliché fisso, che egli trova pre costituito ed accetta senza discutere? Riguardo alla prima possibilità, è logico domandarci se è dimostrabile l'utilizza zione diretta di Epicuro o di altri testi classici dell'Epicu reismo; se non lo è, si dovranno eventualmente determinare le altre 'fonti', cui l'autore cristiano attinge il suo sapere sulla dottrina epicurea in questione. Tale ricerca sarà ovvia mente di particolare importanza in quei casi (del resto non molto frequenti) in cui l'autore cristiano appare come l'uni co testimone relativo a un contesto filosoficamente rilevan te e considerato genuinamente epicureo dall'Usener e altri . E ancora : in qual misura l'Epicureismo, bersaglio tanto ca1 40
ro alla polemica cristiana, è una grandezza fino allora effetti vamente esistente, un atteggiamento documentato dalla vi va, duratura efficacia di scritti epicurei e appunto per que sto una sfida alla posizione cristiana? Come si spiega la te nacia e la persistenza della polemica antiepicurea dei Padri anche ove si debba tener conto di un palese declino o addi rittura dell'estinzione dell'Epicureismo come corrente filo sofica reale e rappresentata nella scuola?
CAPITOLO SECONDO
IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ DELL'EPICUREISMO E IL SUO RUOLO DI ANTITESI AL CRISTIANESIMO
A testimoniare la graduale estinzione dell'Epicureismo, si citano di solito, con l'Usener 1 , Giuliano e Agostino. Nel l'anno 3 63 Giuliano dice: «Ai trattati di un Epicuro o di un Pirrone sia precluso l'accesso, come del resto fortunata mente gli dèi hanno già sterminato la maggioranza di que ste opere» 2• Nell'epistola CXVIII,2 r di Agostino a Diosco ro dell'anno 4 1 0 si legge: quos (se. Epicureos et Stoicos)
iam certe nostra aetate sic obmutuisse conspicimus, ut vix iam in scholis rhetorum commemoretur tantum, quae fue rint illorum sententiae 3; a questo va congiunto un passo precedente, non meno istruttivo, della stessa epistola: vide atque ausculta, utrum aliquis adversus nos de Anaximene et de Anaxagora proferat aliquid, quando iam ne ipsorum multo recentiorum multumque loquacium Stoicorum aut Epicureorum cineres caleant, unde aliqua contra fidem Christianam scintilla excitetur 4 • La grande importanza di queste testimonianze è messa
in dubbio da Friedlander 5, con riferimento a Zingerle 6, il
r. Epicurea,
LXXv s .
2. Fr. 89b (I,2,I41,24 Bidez 3o1c Spanh.): Ml]"tE 'E��xoupao; ELO"L"tW ).6yoç IJ.TJ"tE IluppWVELO<;" f}ol] !J.È'V yocp XrlÀW<; 1tOLOUV,E<; ot frEOL xat OCVTI�TJ· xaO"w, WO""tE È1t�Àdr:Ew xat ,;oc 7tÀEi:O"-.a -.wv f}Lf}ÀLwv. 3· CSEL 34, 684,23. 4· Epist. cxvm,u (CSEL 34, 676 r7). 5· L. Friedliinder, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms ecc., m, 273 . 6. SB Wien, phil. hist. Kl., vol. ro8 (1 884) 969. =
,
1 43
quale trattando delle allusioni filosofiche nel Commento ai Salmi di Ilario di Poitiers , crede bene di dover fare osser
vare come qui «parecchie cose, che, viste nel contesto, sem brano senz'altro alludere alla dottrina epicurea, spiccano in modo particolare per la loro collocazione e per la magistra le rappresentazione e potrebbero essere quindi tendenziose nei riguardi della effettiva realtà storica di tali correnti filosofiche» . Tuttavia da un attento esame di tutto il materiale ad dotto dallo Zingerle, come anche in base a considerazio ni di principio, risulta che le affermazioni di Ilario, rivol te effettivamente in primo luogo contro l'Epicureismo, in nulla eccedono le forme della polemica (v. cap. III ) che incontriamo via via nella letteratura patristica fino a tut to il secolo v e anche oltre; non si comprende perché pro prio dal trattamento riservato da Ilario ad eresie epicu ree, che si risolve tutto nello stile della solita polemica dei cristiani con Epicuro, si dovrebbe dedurre una particolare attualità delle dottrine in questione al tempo della stesura del Commento ai Salmi e nell'ambiente da esso presuppo sto. FriedHinder (loc. cit.) sembra non aver considerato che, almeno con lo stesso diritto con cui egli riporta i passi di Ilario, da lui giudicati nel senso di Zingerle, contro la va lidità della testimonianza di Giuliano e Agostino, si po trebbe addurre altresì il disegno generale della menzionata epistola CXVIII di Agostino, per dedurne la vitale conti nuità dell'antitesi epicurea : come spiegare, ci si potrebbe chiedere, la sottigliezza - insolita e così caratteristica per il trattato speciale che è l'epistola CXVIII -, della disputa agostiniana con le dottrine epicuree intorno alla problema dca de summo bono come pure della teologia, se, al tempo della stesura dell'epistola, le teorie combattute non aveva no più sostenitori reali? E tuttavia l'Usener fece bene a non dedurre dalla poleI44
mica crtstlana contro l'Epicureismo, per quanto essa sia considerevole per intensità ed estensione, una più gagliar da manifestazione reale della corrente avversata, né riguar do alla epistola CXVIII né riguardo ad altre testimonianze contemporanee o più tarde. La sua concezione generale del la graduale scomparsa dell'Epicureismo come scuola effet tivamente presente nella seconda metà del IV secolo e spe cialmente all'inizio del v secolo d.C., appare ben fondata a una verifica minuziosa e non si può scardinare neppure mediante la prova, di fatto possibilissima, che testi fonda mentali epicurei fanno parte in ogni caso del patrimonio culturale anche indipendentemente dalla polemica cristia na 7• Ma proprio se si è d'accordo coll'Usener sull'effettiva diminuzione dell'importanza dell'Epicureismo, il fatto in dubitabile che l'importanza dell'Epicureismo, come oggetto utile della polemica cristiana, resti pressoché inalterata fino all'ultima fase della tarda antichità, esige imperiosamente una spiegazione. Questa non si dovrà cercare con Hagen dahl (Latin Fathers and the Classics, 82 ss.) prevalentemen te nell 'impulso alla completezza del doxographical learning degli Apologeti , ma bisognerà ricordare che l'Epicureismo, da parte cristiana, fu per molto tempo considerato come la tipica mentalità dell'uomo «ottenebrato», che si chiude alla divina rivelazione ; in questa mentalità sembrava prefi.gu rato, in forma concentrata e sistematizzata, tutto ciò che l'homo carnalis può escogitare per opporre resistenza alla verità cristiana ; così l'Epicureismo divenne senz'altro l'an tagonista del cristianesimo rimanendo tale anche quando ormai l'intera compagine, coerentemente formata, del suo contenuto dottrinale non era più un fattore operante della Cfr. ad es. la raffigurazione poetica di RS r negli Epigr. Bob. 66 ( 1 26 Mu· o l'epicureismo fortemente eclettizzante dell'epigrammatico greco Palla· das vissuto tra il IV e il v sec.; su quest'ultimo, v. W. Schmid : Acme 8 ( 1955) 126 e G. Luck: Han·arJ Studies 63 ( 1 9 58) 4 5 5 ss. 7·
nari)
145
vita spirituale, e le sue più note espressioni letterarie, o an che soltanto l'uno o l'altro degli argomenti in esse ricorren ti, dovettero mantenere sempre un valore esemplare per le dispute della teologia o filosofia cristiana con il <(mondo». In questo contesto è di particolare interesse un passo di Lattanzio, dove il successo di Epicuro è dedotto dal fatto che egli avrebbe perfezionato una certa arte di fare appello alla debolezza dell'uomo: Epicuri disciplina multo celebrior semper fuit quam ceterorum, non quia veri aliquid adferat, sed quia multos populare nomen voluptatis i;z vitat; nemo enim non in vitia pronus est 8• Lattanzio svilupperà poi
questo argomento punto per punto in maniera assai abi le, senza peraltro limitarsi alla dottrina del piacere come tale. Secondo questa concezione, Epicuro avrebbe saputo conformarsi , nella sua filosofia, in modo quanto mai raffina to e perfino a rischio di interne contraddizioni, ai desideri e alle aspirazioni dell'uomo ' naturale', e appunto questo spiegherebbe il suo successo: homo astutus (cioè Epicuro)
ex variis diversisque moribus circulum cogit et dum studet placere omnibus, maiore discordia secum ipse pugnavit quam inter se universi.
Ma se il tono generale della controversia di Lattanzio con l 'Epicureismo non lascia alcun dubbio che il credo genuina mente epicureo era ancora largamente diffuso nei primi de cenni del IV secolo d.C. 9, è tuttavia anche certo che il brano citato dello scrittore cristiano si può addurre come esem pio significativo di una concezione ricorrente anche altro ve, secondo cui la posizione epicurea forniva un vero e proprio modello di pensiero contenente l'essenza dell'homo carnalis.
Considerato da questo punto di vista , l 'Epicureismo non
8 . Lact. inst. 3,17 ( = CSEL 1 9 , 228 s.).
9. Cosl con Usener, LXXV e A.D. Nock, Sallustius, Cambridge 1 9 26 , LXIX s . ; diversament Hagendahl , p . 84.
può affatto perdere la sua attualità; ogni battaglia vinta con tro di esso diventa una vittoria sulle forze irreligiose tout court; correnti eretiche avversarie appaiono come nuove varietà dell'Epicureismo, come corporales nostri saeculi Epicurei 10 • Che sulla base di una tale concezione il termine 'Epicu rei', 'epicureo' e simili non di rado diventi term of abuse 11 , appare senz'altro evidente . Certamente i primi sintomi di una siffatta evoluzione semantica si hanno qua e là già in campo pagano 12• Ma è appunto nel cristianesimo, nel con testo e per i motivi or ora tratteggiati, che tale evoluzione acquista ben altra rilevanza: è qui che l'etichetta 'epicureo' viene a designare in senso peggiorativo l'atteggiamento ti pico non solo del materialismo (scientifico o praticamente vissuto) e naturalismo, ma anche dell'agnosticismo che si ostina e compiace nella lontananza da Dio. Questa tendenza, che si manifesta cosl fortemente pres so i cristiani, venne senza dubbio agevolata e favorita dal fatto che già da tempo nella comune spiritualità del mon do pagano si era largamente perduto il senso per le più fini sfumature della teologia epicurea - la quale alle sue origini conteneva anche elementi positivi - e si scorgeva in essa ormai soltanto l'elemento distruttivo 1 3• Il concetto che ebbe di Epicuro il Medioevo (v. infra , p. 1 6 2 ) e in parte ancora il Rinascimento (prima che prendes sero il via gli studi autonomi dei testi antichi) presenta poi ro. Cosi ad es. Oaud. Mamcrtus, de statu animae 2 ,9 [ CSEL I I , 1 3 3 , 1 5 ) in una disputa contro argomentazioni traducianistc; v. infra, p. 176. I I . Cosi giustamente già W.R. lnge, Origen, Londra 1 946, 3 · 1 2 . lvi però, come sembra, Jimitatamr:rne all'elemento edonistico: cfr. p. es. Cic., ep. fam. 3,9,2 'E1t�xoupaov, in un significato più o meno prescindente dal fondatore o dalla scuola, quasi nel senso di 'utilitarian doctrine'; e specialmente la critica di Seneca alla concezione largamente diffusa dell'epicureismo come maschera di lussuria, v. beata 1 2 ,4. =
J3.
Contro concezioni opposte dr. sotto, pp.
r93
ss. 1 47
il definitivo consolidamento in cliché - dapprima senza alcuna correzione da parte di voci contrarie - dei princi pali luoghi comuni antiepicurei, quali sono caratteristici per la valutazione negativa di Epicuro da parte dei Padri cristia ni 14• L'Epicureismo può essere anche visto, come espres sione classica dell'eresia (v. infra, p. 1 7 3 ) , in affinità con l'Averroismo o viceversa l'Averroismo in affinità con l'Epi cureismo. Eugenio Garin illustra in maniera eccellente il sorgere nel Quattrocento, accanto alla corrente antiepicu rea, di un 'altra, che sa riscoprire per sé il vero Epicuro co me 'maestro severo d'umana saggezza' 15• Con questo natu ralmente non scompare la concezione che fa dell'epicurei smo l'antitesi del cristianesimo e perciò lo condanna in blocco : ancora il cardinale Polignac (xviii sec.) combatte contro Lucrezio-Epicuro come la quintessenza di tutte le eresie e di tutti i modernismi nocivi 16• Tuttavia difficilmen te si può dar ragione a De Witt (Epic. , pp. 3-6 e passim) , quando afferma che ancora la moderna indagine su Epicuro viene seriamente ostacolata da una tradizione per principio ostile ali 'Epicureismo 17• Ma torniamo alla presa di posizio ne degli antichi scrittori cristiani. 1 4 . Sull'Epicureismo come puro antagonista del Cristianesimo, s i veda ] . Burk hardt, Kultur der Renaissance, vol. v dell'edizione completa, 1 930, 362.
IJ. In Ricerche sull'Epicureismo del Quattrocento, pp. 2 1 7-3 1 ; alle pp. 2 3 3T riproduzione di una Defensio Epicuri contra Stoicos, Academicos et Peripate ticos, databile probabilmente a prima del 143 1 . r 6 . Cfr. W. Schmid, Antike und Abendland n ( 1946) , 1 96 s. 1 7 . Bene invece von Fritz: C!ass. Philol . 50 ( 1 955) 266 ; dr. anche W. Schmid, Gnomon 27 ( r 955 ) , 42 4 .438.
CAPITOLO TERZO
FONDAMENTI E FONTI DELLA POLEMICA CRISTIANA
Se da quanto si è detto appare senz'altro possibile una ge neralizzazione della figura di Epicuro da parte degli antichi cristiani, è pur vero che tale tendenza varia notevolmente da scrittore a scrittore. Nei casi più significativi di presa di posizione dei Padri riguardo a Epicuro, si ha l'impressione che l'autore cristiano non si contenti di usare quei luoghi comuni polemici più o meno fissi e messi a disposizione da una vincolante tradizione teologica, ma che ritorni su deter minate presentazioni già diffuse in ambienti colti pagani ostili all 'epicureismo o addirittura su documenti scritti ori ginali, per ottenere maggiore intensità polemica e per af frontare una determinata tesi avversaria non nel suo isola mento, ma nel suo condizionamento da più ampi rapporti col sistema dottrinale. Quanto più copiosi ed efficaci si face vano gli argomenti antiepicurei della teologia e della filoso fia cristiana, tanto meno si era disposti naturalmente a ri correre a certe espressioni letterarie pagane dell'epicurei smo, e tanto più spesso si era inclini alla sola recezione di quegli elementi del concetto cristiano di Epicuro che intan to si era fissato nei suoi tratti fondamentali. Se l'erudizione filosofica o storico-filosofica che è alla ba se del giudizio su Epicuro da parte di un autore cristiano, possa essere o no determinata nella sua provenienza, è una questione metodicamente importante, ma suscettibile di varie soluzioni secondo i casi ; in questa sede basti soltanto accennare alla problematica. 1 49
l. l GRECI
In campo greco, può dirsi rappresentativo per i primi apologeti Giustino. Prescindendo da Apolog. r 5 ,3 , p. 8 9 1 , dove l'aggettivo 'epicureo' è usato nella più vasta accezione di ' edonistico' e dove si parla di componimenti poetici ' nel senso di Epicuro' 2 , si deve richiamare l'attenzione soprat tutto su Apolog. 7, 3, p. 8 3 e ibid. I 2 ,5 , p. 8 8 : nel primo caso, Epicuro è messo sullo stesso piano di Sardanapalo, il prototipo del lusso e della dissolutezza, mentre le circostan ze particolari permettono di dimostrare che si tratta di una tipica 'citazione itinerante' di filosofia popolare platoniz zante 3• Nel secondo caso, che tratta della presunta presa di posizione di Epicuro a favore di uno sfrenato erotismo, pos sediamo una testimonianza che l'Usener ha riportato nella sua raccolta come curiosità, dimostrando nello stesso tem po che essa deriva da fonti piuttosto oscure (nota al fr. 535)Da Giustino a Clemente Alessandrino, la differenza di livello è enorme, anche per quanto riguarda il trattamento dei frammenti epicurei . In non pochi casi i giudizi di Cle mente sembrano derivare dalla lettura personale di Epi curo 4: più volte fornisce particolari , di cui è difficile imma ginarsi che avrebbero potuto essere ottenuti nei consueti compendi di storia della filosofia 5• Che Clemente caratterizzi il filosofo pagano, in contrad dizione con quanto dichiara lo stesso Epicuro, come « inir. Ediz.: E.]. Goddspeed, Die altesten Apologeten, 1914. 2. Su questo punto, maggiori dettagli in: ZNW 40 ( 1941 ) 1 30. 3· Cfr. W. Schmid, in ZNW 40 ( 194 1 ) 1 30 e L. Alfonsi, in: Riv. di Storia della filos. 1 ( 1948) 2 3 1 s. con rimando a Bignone, L'Arista/. I , 331 ss. 4. Interessante la sua citazione di un brano considerevole della lettera a Me neceo, ep. 3,122 ( 5 9 r ro Us.): strom. 4,8 ( 2,279, r8-26 St.). 5 · Oltre alle liste messe insieme dall'Usener (Index, 426 s.), cfr. il registro eli Stahlin (pp. 38 e ro7 s.). ,
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-
ziatore dell'ateismo» 6, non fa meraviglia : questo ritratto concorda con la communis opinio anche del mondo pagano, che da parte sua aveva già ampiamente identificato l'Epicu reismo con l' «ateismo» . Che i cristiani, nei loro tentativi di confutare Epicuro, volentieri ricorrano alle argomentazioni già svolte dalle classiche correnti filosofiche contro l'Epicu reismo, è quanto mai naturale e fu più utile che nocivo alla qualità della polemica cristiana, ché il materiale adoperato sembra sia stato spesso di considerevole valore. Così p. es. l'allievo di Origene Dionigi, che in Alessandria divenne ca po della scuola locale e vescovo, compose uno scritto 'Sulla natura' (7tEpÌ. q>ucrEwc;), dedicato appositamente alla confu tazione delle teorie epicuree atomistiche, che, con l'aiuto della teologia stoica, cercava di difendere contro Epicuro la ' somma sapienza' della Pronoia 7• Sebbene, come si può ricavare da una osservazione di Eusebio 8 , Dionigi non ci ab bia conservato più che un"epitome' del vastissimo mate riale che aveva a disposizione, è verisimile che si tratti del lo stesso materiale, dal quale teologi del calibro di un Ba silio o Gregorio Nisseno avrebbero tratto più tardi i loro argomenti a favore della teleologia 9• La grande varietà del le fonti negli scritti epicurei, riscontrabile in un'opera come la Praeparatio evangelica di Eusebio, non deve certo sor prendere, data l'impostazione generale di quello scritto. Ba sti qui constatare che in essa le osservazioni riguardanti E picuro derivano non solo da compendi di letteratura dosso grafica (come p. es. lo Pseudo-Plutarco) e da trattati di scuo la come p. es. quello del platonico Attico, ma anche da auto ri cristiani precedenti (p. es. Clemente Alessandrino e Dio nigi Alessandrino). Che a Dionigi Alessandrino risalga per 6. cifrE6"tl]"toc; xoc-:cipxwv : strom.
r,r
( 2,3,10 St.).
7· Cfr. Eus. praep. ev. 14,23-27 ; per cui v . M. Pohlenz, Stoa M. Grant, Miracle rmd Natura! Law, r 6 s.
8. Loc. cit., 26,6.9.
I
( 1 948), 431 e R.
9· V. nei particolari Pohlcnz, loc. cit.
151
così dire la 'canonizzazione dell'argomentazione cristiana antiepicurea', non si può certo affermare neppure relativa mente ai problemi principali da lui trattati. È difficile stabilire con certezza se i grandi teologi del la seconda metà del IV secolo ebbero o no la possibilità di leggere Epicuro in originale; da quando von der Miihll (Basilius, 47 ss .) felicemente scoprì nell'epistolario di Basi lio una reminiscenza di Epicuro caratteristica e lontana da ogni dossografia, non si può più senz'altro negare questa possibilità, come invece si sarebbe fatto in altri tempi. L'ini zio dell'epistola I I di Basilio 10 contiene una notevole remi niscenza della lettera che Epicuro indirizzò dal letto di mor te al suo discepolo Idomeneo (cfr. sopra, p. r 6 ) . Nono stante la diversità della situazione presupposta nei due pas si, non c'è dubbio che Basilio si sia riferito intenzionalmen te al testo originale di Epicuro; «che della lettera, citata più d'una volta da Cicerone, Seneca, Plutarco ed anche da Epit teto, Basilio sia venuto a conoscenza durante i suoi studi, non ha niente di strano, anche se non si deve sopravvalutare la sua cultura, elogiata da Gregorio Nazianzeno» 11 • Poiché la lettera faceva parte indubbiamente della biografia di Epi curo e addirittura ne dovrà essere considerata uno dei passi fondamentali, sembra potersi senz'altro affermare che Basi lio disponeva ancora di una di quelle epitomai di brani epi stolari di Epicuro e dei suoi più vicini discepoli che erano state redatte a scopi edificanti e di cui si è già parlato (pp. I I 5 ss . ) . La reminiscenza epicurea di Basilio vuol essere con siderata come frutto di erudizione, ma come tale non è con cepibile senza un sentimento di simpatia, sostenuto da au tentica tolleranza, per la grandezza umana del filosofo paga no tanto spesso diffamato, un sentimento che i consueti ro. Ediz. Y. Courtonne, S. Basile, Lettres ( 1957-6r ), 41 .
r r . Von der Miihll, Basilius, 48.
schemi della polemica evidentemente non hanno potuto e stinguere. Certamente il caso descritto non dev'essere so pravvalutato nella sua importanza. Tuttavia se ne può de durre, nonostante la già citata testimonianza di Giuliano (p. 143) sul destino di molti scritti epicurei, che anche da par te cristiana, quando ancora sussistano contatti reali con il mondo culturale della Grecità, vi sia stata la possibilità, sia pure sporadicamente, di venire a conoscere dottrine epicu ree non di seconda né da terza mano. Il. I LATINI
Nell'occidente latino la situazione relativa alle fonti na turalmente non è la stessa. Comunque se ne spieghi l'origi ne, la diversità della situazione è considerevolmente accen tuata dal fatto che, fin dalle prime polemiche degli scrittori cristiani latini con la filosofia del Giardino, già da un pezzo era noto il poema didascalico di Lucrezio, questo documen to fondamentale dell'Epicureismo latino che, per la sua rap presentazione della visione atomistica del mondo, così com plessa e abile nel trattare i più difficili nessi del sistema, possedeva una enorme forza pubblicitaria. Al De rerum natura e agli scritti ciceroniani , fra cui s'incontrano com'è noto anche elaborazioni di fonti epicuree relative all'etica (de fin. 1 ) e alla teologia (nat. deor. 1 , 1 8-5 6 ) nonché esami critici di posizioni epicuree, i latini devono soprattutto la loro conoscenza di Epicuro (se si prescinde dal ritratto piut tosto banale della communis opinio) ; talvolta anche la for mulazione di pensieri epicurei, che occasionalmente trovia mo nell'opera di Seneca, può aver lasciato tracce presso i cristiani.
r.
Latini fino a Lattanzio incluso
Se la polemica antiepicurea presente nell'opera di Lat tanzio, nel suo complesso certo la più ampia e la più signifi cativa dell'intera letteratura patristica, compresa quella gre ca , nonostante le sue innegabili debolezze 12, non di rado raggiunge un considerevole grado d'intensità, ciò è dovuto alla sua eccellente conoscenza di Lucrezio: ancora all'inizio del IV secolo Lucrezio rese accessibili al mondo latino vasti settori del sistema dottrinale epicureo in ogni suo partico lare, cosa che nello stesso tempo non era più tanto facile nel mondo greco. Già in Tertulliano, che deve non poche delle sue informazioni su Epicuro e l'epicureismo alla let teratura dossografica 1\ egli è presente 14; meno in Minu cio Felice; ché il suo unico passo, nel quale si può consta tare una certa cumulazione di elementi epicurei, la discus sione di Cecilia intorno a fenomeni naturali ( 5 ,7- 1 3 ) , non sembra rivelare contatti di qualche rilievo col patrimonio espressivo lucreziano 15. Dimensioni sorprendenti assume poi l'impiego di elementi lucreziani non solo, come abbia mo già notato, in Lattanzio, ma anche in Arnobio. In que st'ultimo non troviamo quasi mai citazioni letterali, mentre Lattanzio non solo ha in generale presenti elementi lucre ziani, che egli introduce nel testo in prosa, ma molto spesso li cita letteralmente; nelle Divinae institutiones Lucrezio viene utilizzato in misura eccezionale. 12. Su questo, bene S. Brandt, Lactantius und Luaetius: Jb. Klass. Phil. 37 ( 1 89 1 ) 245. 13. Per la citazione di RS 2 in de anima 4 2 , 1 , dr. J.II. \'{'aszink, Kommentar ( 1 94 7 ), 35 e 459· 14. Per il de anima ciò è provato da Waszink, op. cit., 46, dove si ammette una certa influenza lucrcziana per questo o quel punto relativo al trattamento del la percezione sensoriale c della dottrina della anamnesi. 1 5 . Un fatto che collimerebbe con l'ipotesi di R. Reitzenstein di far risalire l'intero brano a una fonte ignota, forse greca: Hcrmes 5 1 ( 19 1 6 ) 609-16.
1 54
Il Brandt (p. 249) ha certamente ragione a sostenere che gli assidui studi lucreziani di Lattanzio sono da far risalire all'influsso dell'insegnamento da lui ricevuto presso Arno bio : all'inizio del IV secolo, Lucrezio sembra aver goduto di un grande prestigio in Africa . L'utilizzazione di Lucrezio da parte di Arnobio e Lattanzio, specie quando sia dovuta più a ragioni letterarie che filosofiche e teologiche, non può esser discussa particolareggiatamente in questa sede 16• Qui si esaminerà piuttosto il ricco materiale allo scopo di deter minare entro quali limiti i vari rapporti con Lucrezio siano da considerare reazioni caratteristiche del pensiero cristia no a motivi rilevanti della filosofia epicurea 17 • Porre la que stione in questi termini appare assai più essenziale dei ten tativi estremamente problematici di interpretare in chiave biografica la particolare frequenza delle recezioni lucrezia ne da parte di Arnobio o addirittura di Lattanzio. Ciò è ac caduto per es . a E. Klussmann 1 8 , che ha esteso le sue lode voli osservazioni sugli elementi lucreziani in Arnobio fino a supporre che nel caso di questo apologeta si abbia chiara mente a che fare con un «passaggio al cristianesimo attra verso l'epicureismo» . Per quanto riguarda Lattanzio, E. Rapisarda crede di dover desumere che egli sia giunto al cristianesimo dall'epicureismo dal modo in cui utilizzò Lucrezio 19• L'argomentazione del Rapisarda sulla necessità di postulare una fonte epicurea non poetica (prescindendo r6. Per questo riguardo si veda [ quando sarà apparso] l'art. Lucretius in RAC. 1 7 . Vedi pp. 163 ss. e le esposizioni particolareggiate del Brandt (pp. 23o-259: Lattanzio) e Hagendahl (pp. 1 2-47 : Arnobio e poi pp. 48-76: Lattanzio); Ha gcndahl dà anche buone indicazioni bibliografiche. r8. Philologus 26 ( r 867) 362 ss. 19. Cfr. L'Epicureismo nei primi scrittori latini cristiani (1947-48), 45-52 e Arnobio ( 1 946), 1 55-6 1 c 172-82; per la tesi di una relativa stima dell'Epicu reismo da parte di Lattanzio nonostante la sua polemica non si può far valere né il fatto che egli preferisca in un caso singolo (cfr. p. 173) la dottrina epicu rea, né che applichi l'elogio di Epicuro a Cristo (cfr. p. 195).
155
dalla consueta letteratura dossografica? ) in Arnobio, non è tale da persuadere chiunque. Che per Lattanzio si debba te ner conto delle esposizioni ciceroniane della dottrina epi curea, è scontato 20• Il Brandt (p. 2 3 1 ) ha un po' sottovalu tato gli influssi ciceroniani; più equilibrato il giudizio di Hagendahl ( 7 1 s . , 86 n . 1 ) a proposito di div. inst. 3 , 1 7 , il passo più ampio e significativo per la discussione della dot trina epicurea in Lattanzio (già messo nel dovuto rilievo nella raccolta di frammenti dell'Usener) : ex Hortensio sumpta est sententiarum conlatio et acutissima et cum fide instituta.
Particolarmente interessante è il problema della fonte di Lattanzio nel caso del De ira dei 1 3 , 1 9 (fr. 3 74 Us .), dove si tocca una questione di notevole importanza per l'epicu reismo, ma per la quale purtroppo non disponiamo di altre testimonianze di scrittori antichi : il rifiuto di ogni tenta tivo di teodicea : Deus, inquit [ Epicurus ], aut vult tollere mala et non potest, aut potest et non vult, aut neque vult neque potest, aut et vult et potest. si vult et non potest, imbecillis est, quod in deum non cadit. si potest et non vult, invidus, quod aeque alienum a deo. si neque vult neque potest, et invidus et imbecillis est, ideo nec dcus. si et vult et potest, quod solum deo conveni!, unde ergo sun! mala? aut cur illa non tolti t?
L'acuta argomentazione del fr. 374 si trova , in forma so stanzialmente simile, ma senza alcun riferimento al nome di Epicuro, anche in Sesto Empirico 2 1 ; inoltre, in forma con tratta e naturamente come posizione avversaria, negli scritti ermetici 22• Si può supporre che la fonte di Lattanzio abbia 20. Usencr, Epicurea, LXX v . 2 1 . V i ha richiamato per primo l 'atten zi on e G . Pasquali. Il passo di Sesto Em p i rico è in Pyrrh. hyp. 3,9- I I ; si veda l'edi?.ione di Mutschmann-Mau-Janaczek, Lipsia 21958, ad loc. 22. Corp. Herm. 14,8; si veda G. Kutsch, In Lactantii de ira dei lib1·um quaest. ( I 9JJ), 67. 156
attribuito tale argomentazione, in maniera del tutto gene rica e senza far nomi, semplicemente agli empi . In questo caso, il passo sarà stato messo probabilmente in relazione con l'autore 'empio' per eccellenza, cioè appunto con Epi curo. Ma una tale considerazione crediamo equivalga a iper critica. Tuttavia , anche se Lattanzio non poté derivare il contenuto del fr. 3 7 4 da quei testi che altrimenti furono de terminanti per la sua conoscenza delle dottrine epicuree, cioè Lucrezio e Cicerone, mi sembra metodicamente legit timo postulare una fonte accademica che non solo generica mente risaliva a materiale epicureo, ma anche espressamen te chiamava in causa Epicuro quale autore di quella 'anti teodicea' . Che si sia trattato di un perduto scritto di Cicero ne ? Comunque sia, non è dimostrabile che Lattanzio abbia letto direttamente V arrone 23 , a prescindere forse da alcuni logistorici.
2 . Latini dopo Lattanzio Non \' 'è ragione di mettere in dubbio la conoscenza di retta di Lucrezio da parte di Girolamo 24• Tuttavia è difficile supporre che l'eloquente campione nella lotta contro ogni genere di luxuria Epicuri negli ambienti cristiani contempo ranei abbia potuto sentire la necessità di approfondire le sue idee piLl o meno stereotipe sull'edonista greco con uno studio particolare dell'aspetto filosofico dell'epicureismo, anche se occasionalmente mostra interesse non solo per la dossografia filosofica in genere, ma anche per le Lucretii 23. [ Ciò è ora confermato da R.-M. Ogilvie, The Library of Lactantius , Oxford 1978, 5o-55. Lo stesso Ogilvie attribuisce grande importanza all'influenza delle
perdute opere di Cicerone, ma non fa parola del passo in questione De ira dei 1 3,19.]
24. Inopportuno, per es ., il tentativo di presentare la sua citazione di Lucrezio 4,I I·I3 1 .936-938 (in ep. I 3 3,J,7) come di seconda mano, derivata cioè da Quintiliano. inst. 3 , 1 ,4 ; bene invece Hagendahl, Latin Fathers, 27 5 . =
157
opiniones iuxta Epicurum (adv. Rufin. 3 ,2 9 ) . Le remini scenze lucreziane rilevate da Hagendahl (pp. 274- 2 7 6 ) , se gno, in uno spirito come Girolamo (più che in altri Padri) , di una impressionante presenza delle cose lette una volta, oltre che di grande erudizione, riguardano più le risonanze letterarie che quelle filosofiche del poema di Lucrezio. Uno solo fra i contemporanei di Girolamo mostra di co noscere Epicuro attraverso anche altri testi che non le so lite fonti latine: Ambrogio. La sua lettera 6 3 , da lui indi rizzata alla comunità di Vercelli nell'anno 3 9 6 , l'ultima del la prima sezione, parla di epitomi di Filodemo 25• Poco do po, nella stessa lettera incontriamo due citazioni in tradu ;done latina dalla lettera a Meneceo, le quali sono dette provenire da Ermarco : ut Hermarchus asserit 26 . Si noti che in entrambi i passi il nome dell'autore epicureo indicato da Ambrogio come fonte è tramandato in forma corrotta dal l'intera tradizione manoscritta (Filominus, Filuminus; De marchus) . Ciò nonostante e pur restando ancora da chiari re la tradizione manoscritta nel suo complesso, le due con getture possono considerarsi evidenti. Di fatto, soltanto la seconda risulta veramente convincente; poiché nel primo caso si potrebbe anche pensare a Philonides (lezione mai presa in considerazione finora) , la cui antologia dovette si curamente contenere anche testi di Ermarco - il che vera mente non si può escludere con assoluta certezza neppure per le epitomi di Filodemo. Ma siccome da un lato non si può trovare una sicura pezza d'appoggio per dimostrare che la prima indicazione (PL r 6 , I I 9 3 A) e le due citazioni del la lettera a Meneceo ( I I 9 5 AB) debbano necessariamente derivare dal medesimo testo antologico, dall'altro lato pos siamo immaginare in possesso di Ambrogio piuttosto 'e25. PL r6, 1 1 93A fr. 385a (p. 356 sectator in epitomis suis disputa!. =
26. PL r 6, r 19 5AB
=
Us.): sicut Pbilodemus eius (se. Epicuri)
ep. ad Men. 1 3 2 . 1 30 (64, 1 2 ; 63,19
Us.).
stratti' di Filodemo che non una 'antologia' di Filonide, si dovrà preferire la congettura Philodemus . Il Philippson ha creduto di poter ravvisare le epitomi del filosofo di Gàdara citate da Ambrogio (sul contenuto delle quali ci soffermeremo nella sezione seguente) in alcuni pa piri filodemei 27, ma non ha saputo addurre motivi veramen te convincenti, come giudica anche il Liebich 28 • Poiché non è il caso di pensare a una traduzione latina delle epitomi, è ovvio supporre che anche la lettera a Meneceo usata da Am brogio dovette essere in greco e non in traduzione latina . Ma ecco la trascrizione della prima delle due citazioni: Clamat ergo ille ( se. Epicurus), ut Demarchus [ = Hermarchus ] ad seri!. quia non potationes nec comissationes nec filiorum soboles ( sic) nec fcminarum copulae [ traduzione di oùò 'ci.1t6À.cw:nc; -:: cdJ.iwv xa� yuvatxwv ] nec piscium copia aliorumque huius modi quae splendido usui parantur convivii, suavem vitam faciant sed sobria disputatio ( v-f}cp!.0V ).oytcrp.6c;) .
A proposito del fatto che il testo di Epicuro venga pre sentato come preso da Ermarco, si veda, oltre alla discussio ne dell'Usener (Epicurea XLIII), soprattutto la raccolta dei frammenti di Ermarco curata da Krohn 29, in particolare il commento al fr. 48 (p. q ) . Non a torto il Krohn suppone che Ermarco «avrà citato brani delle lettere di Epicuro per mostrare l'armonia esistente fra la vita e la dottrina del Maestro»; così come anche l'osservazione sugli ultimi gior ni di vita di Epicuro, attestata in Diog. L. 1 0 ,1 5 per la cor rispondenza epistolare di Ermarco, può essere stata sugge rita da una citazione diretta dalla famosa ultima lettera del Maestro 30. Un'altra citazione di Epicuro, che Ambrogio 27. (:fr. per es. Symb. Osi. 19 ( 1939), 40. 28. Philol. 98 ( 1 954) u8 s. 29. Già ricordata sopra, dr. p. 41 a proposito di Ermarco. 30. Diversamente e meno convincente il Mutschman n : Hermes 50 ( 1 9 1 5) 328 s.
159
non connette con Ermarco e che è sfuggita all'Usener, è nel
De bono mortis
7 31•
Se nel caso di Ambrogio è possibile dimostrare che si oc cupò di Epicureismo al di là di quanto poteva trovare nelle fonti indirette di Lucrezio e Cicerone, altrettanto non si può dire di Agostino. Nelle Confessioni ( 6 , I 6), egli afferma di aver vagheggiato pensieri epicurei in un certo periodo della sua evoluzione spirituale: et disputabam . . . de finibus bonorum et malorum Epicurum accepturum fuisse palmam in animo meo, etc. Ciò non dimostra certo che Agostino ab
bia fatto studi approfonditi su Epicuro o che abbia utilizza to altre fonti che Cicerone per la topica 'ltEPL -rEÀ.wv 32• Nep pure nella sua più serrata controversia con la filosofia epi curea, cioè neli' epistola I I 8 , indirizzata al giovane studente Dioscoro e dedicata alla questione del summum bonum nonché a problemi di teologia filosofica 33 , è dimostrabile un'utilizzazione delle fonti che vada oltre Cicerone. La sua acuta discussione anche degli aspetti più astrusi della teo logia epicurea trattati da Cicerone 34, pur toccando a vol te le più alte vette della critica epicurea cristiana 35, risul ta veramente istruttiva soltanto per lo stesso Agostino e il suo metodo di disputa filosofica, raramente per Epicuro e l'esposizione ciceroniana 36• È chiaro che da uno spirito co3 1 . CSEL 32,r, 730, r r Diog. L. ro,r 25 ( Epicurea 6 r , 8-10 Us.); cfr. inoltre Lattanzio, inst. 3,17,30 (CSEL 19, 233,20). 32. Un tardo esempio di tali reminiscenze da Cic. fin. : la figura della regina voluptas che regna sulle ancelle virtutes, civ. 5,20 (ripresa da Cic. fin. 2,69). 3 3 · Cfr. l'edizione commentata di Koopmans e la suggestiva recensione di G. Freymuth, in : DLZ 72 ( 1 95 1 ) 30o-303. 34· Per es. nei capitoli 29 e 30: la problematica delle imagines che si staccano dalla divinità e della compensazione della continua perdita di atomi; cfr. fra l'altro Cic. nat. deor. r ,49. 35· Troppo negativo il giudizio di Freymuth, art. cit., 302. 36. A parte il fatto che Agostino, se confrontato con i mss. ciceroniani a noi noti, segue un testo più antico e a volte migliore. =
r 6o
me Agostino non possiamo aspettarci a priori una ricostru zione, nel senso di inventario storico-filosofico, dell'auten tico contenuto dottrinale epicureo 37• È quindi fuori luogo sia la soddisfazione di chi pretenda di scoprire qualche affi nità del pensiero agostiniano con teorie moderne sugli dèi epicurei (Koopmans), sia la delusione di chi debba consta tare che ciò non è vero (Freymuth) . A quale origine risalgano gli elementi necessari alla for mazione del ritratto cristiano di Epicuro al tramonto del l'antichità classica, ci informa il procedimento di Isidoro di Siviglia, il quale deriva le sue nozioni epicuree da secon da e addirittura da terza mano. Questo sconcertante meto do è tanto più degno di attenzione in quanto il frequente ri corso soprattutto al v e VI libro del poema lucreziano per la spiegazione di fenomeni di scienze naturali negli Etymolo giarum libri e nel De natura rerum sembrerebbe presuppor re una solida conoscenza diretta di Lucrezio Isidoro in vece non si serve affatto del testo originale di Lucrezio per le sue sommarie esposizioni di dottrine epicuree, ma prefe risce compilare da versioni riduttive. Così non è diffi cile dimostrare che, per es . , il passo sull'atomismo (etym. 1 3 ,2, 1 ) è una con tami nazione delle argomentazioni di Ser vio sulla cosmologia della VI ecloga virgiliana ( Serv. ecl. 6 , 3 1 ) con Lattanzio, de ira dei 1 0, 5 39, dove Isidoro precisa la caratteristica lattanziana dei primordia minuta girovaganti nel vuoto con l'aggiunta di termini tecnici come èi."t'o�oL e "t'o�i} presi dal commento di Servio. Qualcosa di simile può dirsi di etym. 2 8 ,6 , 1 5 . 1 6 , un passo particolarmente illumi38•
37· Per i possibili riferimenti ncoplatonici della lettera, si veda W. Theiler, in: Gnomon 22 ( 1950) 390-392. 38. L'adattamento di versi lucrcziani alla prosa di Isidoro è ancora tangi bile in numerosi passi ; si confronti per es. Isid. nat. 29,1 (PL 83, 1oorc) con Lucr. 6,175. 39 - CSEL 27 ,1, 8,5,6; come ha mostrato J. Fontaine, Isid. de Sév. 2 ( 1959), 6,52.
nante per le idee che il vescovo di Siviglia si era fatte di E picuro; qui Isidoro semplicemente combina un motivo di rozza polemica proveniente dal commento agostiniano ai Salmi 40 con formulazioni da lui trovate in Lattanzio, opif. 2 IO 4 1 ' Contro l'« ateismo» di Lucrezio, lsidoro (etym. 8 ,3 ,7) argomenta compilando da Servio, Aen. 8 , 1 8 7 : Lucretius autem superstitionem dicit superstantium rerum, id est caelestium et divinorum, quae supcr nos stant; sed male dicit.
Nei casi in cui nozioni di filosofia epicurea giungono fino al Medioevo, se si eccettui la mediazione di qualche pen siero schematico ad opera dei Padri, si può essere ben cer ti che tale ricezione è dovuta unicamente all'influenza del poema di Lucrezio 42• Siccome poi Lucrezio è spesso citato da autori come Prisciano e Macrobio, chi affermi la diretta conoscenza di Lucrezio da parte di un certo autore medie vale, dovrà disporre di criteri metodicamente ineccepibili 43 • 40.
Cfr. in/ra, pp. r 68
s.
4 1 . CSEL 27,1, 9,I I . Per la questione,
dr. Fontaine, op. cit.
2,
722.
J. Philippe, Lucrèce 3 3 ( r896), 1 25 ss. 4 3 · Per Rabano Mauro si confronti per es. l'edizione lucreziana del Diels, VIII.
42.
CAPITOLO QUARTO
FORME PRINCIPALI DI POLEMICA
I. A S PETTI GENERALI r.
I temi
Quando Clemente Alessandrino indica nella negazione della provvidenza e nella divinizzazione del piacere gli er rori pincipali della filosofia epicurea, egli già delinea due dei tre temi particolarmente cari agli apologeti cristiani 1 • Naturalmente, i l primo tema, la negazione della provviden za, indica soltanto il punto decisivo, la conseguenza, parti colarmente scandalosa per gli apologeti cristiani, della Welt anschauung epicurea 2 • Quanto siano stati profondi gli ef fetti prodotti dalla critica cristiana all'antiteleologia epicu rea, appare per es. dall'argomentazione in Pseudo Clemen te, recogn. 8 ,r 6-r 9 , insolita nel suo genere e diretta contro l'atomismo 3, ma specialmente dalla controversia di LattanI. Vedi Oem. Aless. strom. I , I I (= 2,33,9 St.). Il terzo tema caro agli apolo geti è la negazione dell'immortalità dell'anima; cfr. infra, p. r66.
2. Oltre ai termine cx:r;po\IOT]O"Loc o simili, s'incontrano espressioni come OCU'tO [!OC'tLO"J.léc; e OCOLOLXl]O"Loc, quest'ultima per es. in Metodio, resurr. 2,ro,r (GCS 27, 350,4 ); per la terminologia latina cfr. le diverse espressioni in Ilario, in Ps. I I 9, 1 0 (CSEL 22, 5 5 1 , 1 ) : adimentes deo curam, providentiam, arbitrium, potestatem.
3· PG I , 1 379 s. fr. 282 Us. [ nella traduzione latina di Rufina: Si mundi conditor deus esse tam evidenter ostenditur, qui erit Epicuro locus introdu cendi atomos et adserendi quod ex corpusculis insensibilibus non solum sensi bilia corpora, sed et mentes intellectuales ac rationales fiant? Sed dices, ut Epi curo visum est, continua/ione atomorum indesinenti cursu venientium, per im mensa et sine fine tempora miscentium se atque in unum conglobantium cor=
zio con Lucrezio 4• I Padri rigettano la teologia epicurea
non solo perché non possono accettarne la negazione di qualsiasi intervento divino nel corso degli eventi del mon do - intervento che sembra indiscutibile ai cristiani -, ma anche perché la considerano inconciliabile con la generale concezione cosmologica epicurea. Ciò è espresso bene da Origene, in Cels. 4 , 14 (GCS 2 , 284,2 1 ) , ove è messa in ri salto l'inconciliabilità dell'eternità degli dèi con la loro struttura atomica e criticata la tesi della loro necessità di difendersi dalle forze distruttive. Non sembra opportuno catalogare qui tutti i temi tocca ti dalle controversie degli apologeti : è facile trovare testi monianze caratteristiche negli Epicurea dell'Usener sotto le varie rubriche dei frammenti, come de homine, de vita deorum beata, de rerum cura et regimine , ecc.; inoltre, pa recchie delle critiche mosse dagli apologeti cristiani ad Epi curo 5 sono già state ricordate sopra (pp. 5 9 ss .). Tentere mo invece di presentare una panoramica delle molteplici argomentazioni messe in campo contro Epicuro attenendo ci a criteri piuttosto generali e tenendo presente la que stione se una certa polemica possa o no dimostrarsi quale prosecuzione e inasprimento della critica già esistente in ambiente pagano.
para solida efficiuntur. . . aiunt enim corpuscula ipsa quae atomos appellant, di· versis esse qualitatibus, et alia quidem umida et ob hoc gravia ac deorsum tendentia, alia vero arida et terrena atque ob hoc nihilo minus gravia, alia autem ignea et ob hoc sursum semper nitentia, alia vero frigida et ob hoc pigra et semper media ] . 4· Per es. l a critica alla dottrina epicurea dell'origine dell'uomo: inst. 2 , r r (CSEL 19, 1 52,1 ), dr. Lucr. 5,783-820; dell'uomo come «creatura imperfetta"' della natura: opi/. 3 (CSEL 27, ro,1 ), cfr. Lucr. 5,222 ss. ; dell'origine della comunità umana: inst. 6,ro,13·16 (CSEL 19, 516,4), cfr. Lucr. 5,805 ss., 9311090 ecc. 5· Per es. contro il suo incoerente culto dell'amicizia, la sua presunta intenzione di abolire la societas humana, la sua partecipazione al culto.
2 . Le accuse di 'ignoranza, eversione, voluttà, demenza' Cominciamo col rimprovero di 'mancanza di cultura', mosso a Epicuro da Girolamo, ep. 70,6 (CSEL 54, 708 ,7) : qui cum Epicuro litteras non didicerunt. Esso ha numerosi paralleli nella letteratura non cristiana 6 ; fra l'altro, deve anche servire a spiegare come gli epicurei facciano presa proprio sugli incolti 7 • Quando Lattanzio commenta nel de tira dei 8,1 (CSEL 2 7 , 8o, r 8 ) : dissolvitur autem religio, si credamus Epicuro illa dicenti, e quindi continua citando i versi di Lucrezio 2 , 646-6 5 r sulla vita spensierata degli dèi non curanti delle faccende umane, egli riprende un pensiero similmente già espresso da Cicerone (nat. deor. 1 ,3 ): sunt enim philosophi et fuerunt, qui omnino nullam habere cense rent rerum humanarum procurationem deos. Quorum si vera senten tia est, quae potest esse pietas, quae sanctitas, quae religio?
L'idea di Epicuro 'eversore' ha una parte veramente consi derevole nella polemica cristiana. Cosi Lattanzio caratte rizza Epicuro, in marcata contrapposizione alle lodi che ne fa Lucrezio in I ,66 come primus inventar della verità, qua le eversore per smania di innovazione, che di fatto non ha potuto inventare niente di nuovo: quia nihil novi potuit
reperire, ut !amen dissentire a ceteris videretur, vetera vo luit evertere 8• Agostino richiama l'attenzione sulle innova
zioni arbitrarie di Epicuro rispetto al suo predecessore De mocrito con una maligna frecciata contro la dottrina del piacere :
6. Per la cbtocLOE�O"i.a di Epicuro, si vedano le testimonianze raccolte dal Mad· vig nella nota a Cic. fin. r ,26. 7· Agostino, ep. u 8, r 4 (CSEL H,2, 679,10) : Epicurei apuJ indoctam multitu dinem excellentzore auctoritate viguerunt. 8. Inst. 2 ,8,50 (CSEL 19, IJ8,r 3). Sul termine evertere usato molto spesso in simili contesti, dr. già Cic. fin. r ,25 (totam rationem et·erti), dove tuttavia è presa di mira un'antinomia della dottrina epicurea.
Nam iste li1xuriosus cum atomos quasi ancillulas suas, id est cor puscula qu.1e in tenebris lactus amplectitur, non tenere viam suam sed in alienos limites passim spante declinare permittit, totum pa trimonium etiam per iurgia dissipavit 9.
In questo passo, magistralmente formulato dal punto di vista dello stile, è suggestivamente descritta la molteplice 'corruzione' di Epicuro, dalla sua morale alla sua dottrina e visione del mondo. Tertulliano, in un passo del De anima brillante per acume e ironia, evoca l'immagine di un uni verso scardinato da Epicuro : Vana in totum somnia Epicurus iudicavit, liberans a negotiis divini tatem et dissolvens ordinem rerum et in passivitate omnia spargens et eventui exposita et fortuita 10 •
Spesso la negazione della provvidenza e dell'immortalità deli ' anima è messa in relazione di causa con la dottrina del piacere. Lattanzio cosi commenta la contestazione dell'im mortalità dell'anima da parte di Epicuro: Verum ille fortas
se impunitatem vitiis suis spopondit: fuit enim turpissimae voluptatis assertor 11; e Ilario, senza nominare esplicitamen
te la filosofia epicurea, ma evidentemente alludendovi, così esprime :
si
Pauci sunt, qui regem sibi futurum volunt credere, dum aut curam negant humanorum operum dea esse aut ad consolandam eorum quae impie egerunt conscientiam praesumpta animae et corporis abo litione nolunt divinum in bonos et malos constitutum esse iudi cium 1 2•
La negazione della provvidenza e quella della immortalità dell'anima vengono quindi attribuite alla paura della puni zione divina ; esse non sono altro che l'espressione della di sperazione del peccatore , il quale, per usare le parole di Girolamo, 9. C. acad. 3,ro,23 (PL 32, 946). ro. Tert. de anima 4 6 , 2 (CSEL 2 0 . 375,7) r r . Inst. 3 , 1 7 , 3 5 (CSEL 1 9 , 2 3-J. . r 8 ) .
1 66
f r . 328 Us. 12. In Ps. I44.4 (CSEL 22, 830,P ) ) .
=
Jtef!,le_r!,ens peccata sua desperatione fit peior et voluptatibus irretitus iungit peccato blasphemiam, ut omnem sensum viventium putet morte finiri, dice1zs illud Epicuri: «Post mortem nihil est, et mors ipsa nihil est>> 13•
Pertanto Epicuro può definirsi per il cristiano, secondo un 'espressione di Pietro Crisòlogo, come ultimus despera tionis et voluptatis auctor 14•
La dedizione al piacere si rivela dai passi fin qui citati come il primum movens della dottrina di Epicuro. Si com prende quindi anche la tendenziosità in combinazioni del tipo dicit Epicurus non esse providentiam, et voluptatem maximum bonum 15 e Epicureorum deliramenta . . . , qui sicut
voluptatem cum virtute, sic deum cum incuria ac torpore iunxerunt 16• Questo ritratto di Epicuro presuppone una
concezione unilaterale della dottrina del piacere. Mentre Seneca aveva distinto fra la sobria ac sicca voluptas della dottrina genuinamente epicurea e il suo abuso da parte di sfrenati libertini che se ne servono come patrocinium ali quod et velamentum alle loro dissolutezze 17 , ai Padri latini del I V secolo Epicuro appare generalmente come il patro nus luxuriae, il defensor voluptatis per eccellenza 18 • In questo grossolano travisamento della dottrina del pia cere, non è sempre facile poter distinguere fino a che punto si tratti di un fraintendimento dovuto all'ambivalenza delle 1 3 ln ls. 7 ,22, 1 2 (PL 24, 272C). 14. Serm. 5 (PL 52, 1 993 ) . AI fallimento degli Epicurei accenna, sebbene in altro contesto, evidentemente anche Ilario (in Ps. 63 9 CSEL 22, 230,19), quando applica a dottrine atee il verso del Salmo 63,9 : scrutati sunt iniquitates, defecerunt scrutantes scrutinio. 1 5 . G irolamo, in Is. 7,1 8,r ( PL 24, z.;;A). 16. Salviano, de gubernatio11e dei r , 5 1 (CSEL 8, 5 . 1 1 ) fr. 363 Us. 17. Seneca, de vita beata I 2 ,.f. 18. Ambrogio, ep. 63 ( PL 16, 1 1 9 5 A ; cfr. anche 1 1 99A: assertor voluptatis ); ofJ. 1,13 (PL 16, 38A ) : magister ... ebrius et volttptatis patronus; 11ssertor vo luptatis anche in Lattanzio, inst. 3 , 1 ; , 3 5 ( CSEL 1 9 , 235,1 ) e Girolamo, adv. Iovin. 1 ,48 (PL 23, 292C) . -
,
=
=
espressioni dello stesso Epicuro (dr. sopra, pp . 64 ss.) op pure di una deformazione intenzionale. Certo è che pa recchi critici cristiani ben riconobbero la necessità di una interpretazione meno grossolana della dottrina epicurea del piacere. Ne è testimone per es . Lattanzio, quando affer ma che, secondo Epicuro, «acqua e polenta» sono sufficien ti per vivere 1 9 ; ma anche Girolamo, quando osserva in to no canzonatorio che Epicuro, voluptatis assertor omnes li bros suos replevit oleribus et pomis, et vilibus cibis dicit esse vivendum 20, in contrasto con un altro passo dello stes
so libello, dove lo smisurato godimento della vita appare come conseguenza logica di una tesi epicurea fondamenta le : manducet et bibat, qui post cibos expectat interitum, cum Epicuro dicit «post mortem nihil est et mors ipsa nihil est» 21 . Per quanto riguarda Agostino, la sua interpre
qui
tazione unilaterale del piacere epicureo come piacere car nale si ritrova sia negli eleganti clichés epicurei dei Sermo ni che nel più differenziato brano 'de summo bono' dell ep . I I 8, I 3 s . che ho già caratterizzato come in molti aspetti fi losoficamente importante. Si comprende quindi come l'ap pellativo di porcus , già riferito da Agostino alla polemica :fi losofica antiepicurea (cioè precristiana, v. sopra, pp. I 24 ss.), sia poi ripreso dai cristiani e attribuito al fondatore del Giardino 22• Sintomatico il commento agostiniano al Salmo '
1 9 . Inst. 3 , 17, 5 (r. 467 Us. : qui nimium parcus est, discit [ab Epicuro1 aqua et polenta vitam posse tolerari. 20. Adv. Iovin. 2,1 1 (PL 2 3 , 3 14A) fr. 466 Us. Si veda E. Bickel , Diatribe in Senecae /ragmenta ( 1 9 1 5 ) , p. 4 I I. 2 r . Ad v. Iovin. 2,6 ( PL 2 3 , 307C). Il termine /rugalitas offre a Tcrtulliano, ad nationes 2,4,1 5 ( CSEL 20 . 1 0 1 ,20 p. 229,2 Us.), il destro per una frecciata polemica, con allusione alla grandezza del disco solare, secondo g li Epicurei non maggiore di un piede: sed Epicurus, qui dixerat quae super nos nihil ad no.>, mm et ipsc cael�<m inspicere desiderai, solis orbem peda!:••11 depre hendit. 22. Aug. in Ps. 73,2 5 ( PL 36, 944 ) : quem ipsi... pbi/osophi porwm •:r;min:t verunt. =:
==
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1 68
73 ,25 (PL 3 6 , 944) : qu i voluptatem corporis summum bo num dixit, hunc philosophum porcum nominaverunt volu tantem se in caeno carn ali. Isidoro di Siviglia (etym. 8,6 , 1 5
s . ) trasmetterà al Medioevo quest 'immagine distorta di E picuro usando quasi le stesse parole. Girolamo, polemiz zando con Gioviniano , esclama : Procul Epicurus, longe A ristippus, subulci non aderunt, feta scrofa non grunniet 21 •
Per lui, Aris6ppo, Epi curo e compagni non solo altro che le «bestie tra i filosofi » : pecudes philosophorum 24• Per concludere la pr esente rassegna, va ancora accennato alla tendenza assai diffusa negli scrittori cristiani di bollare la filosofia epicurea come traviamento spirituale. Così [ il ve scovo di Brescia ] Filas trio [ Iv sec. ] parla della Epicurea . . . dementia 25 e Girolamo della stulta Epicuri sententia u . Lat tanzio è indubbiamente il più generoso e non si stanca di qualificare con questi e simili appellativi i filosofi avversari, in modo del tutto par ticolare Epicuro e Lucrezio 27• Egli commenta per es. Lucr . 1 , 1 5 9 s . e 205-207 con l'espressio ne: quis hunc putet habuisse cerebrum, cum haec dice ret? 28 • Altrove contrappone il «delirante Epicuro» ai filo sofi che credono alla p rovvidenza 29; o gli attribuisce tutto ciò in cui «delira Lucrezio» 30• Rientra in questo contesto 23. Ep. 50,5 (CSEL 54, 394 ,1 8). Vedi, per la polemica, p. 1 77 ; cfr. anche la qualifica di porcus applicata ai seguaci di Gioviniano, I'Epicurus Christianorum , in adv. Iov. 2 ,38 (PL 2 3 , 349A ) : quoscumque formosos, quoscumque calamistra tos ... videro, de tuo armento sunt, immo inter tuos sues grttnniunt.
24. Cosi in Ecci. 9 (PL 23, I I 38c). 25. Diversarum haereseon liber, 5,2 (CSEL 38, 3,22 ) . 2 6 . I n Is. r r ,39,r6 (PL 2 4 , 3 9 5 B ). 27. Si veda per es. Brandt, Jah rb. f . Klass. Phil. 37 ( r 89 1 ) , 246 s . 28. Ira ro,r7 (CSEL 27, 87,20 ) . 2 9 . Inst. 2,8.49 (CSEL 1 9 , 1 38,r6): delirus Epicurus. 30. Opi/. 6,r (CSEL 27, 22,1 ) : non possum ... teneri quomi?tus Ep icuri stulti tiam rursum coarguam; illius enirll sunt omnia quae delirat Lucretius. Pe r il «delirio» di Lucrezio, si veda Brandt. art. cit. Da questa metafora polemica trae
l 'altro passo di Lattanzio, nel quale si afferma che la fisica atomistica di Leucippo supera per assurdità le fantastiche rie di un malato e i sogni di un dormiente: excors fuit, qui
ea loqueretur, quae nec aeger quisquam delirare nec dor miens posset somniare 31 • Similmente , Agostino parla di un innumerabiles mundos cum Epicuro somniare 32 e Paolina da Nola ammonisce ne vagus innumeros, Epicuri somnia, mundos / . . . quaeras 33 •
Le varie testimonianze fin qui esaminate permettono di riconoscere una certa continuità ed omogeneità della tradi zione antiepicurea negli scrittori precristiani e cristiani. Questa impressione generale è confermata, almeno per quanto riguarda i due aspetti di Epicuro 'sovvertitore' e 'delirante', da alcuni passi del libello Adversus Coloten di Plutarco 34• Del resto, tali accuse e polemiche antiepicuree spesso non sono altro che giuste recriminazioni per accuse e polemiche suscitate o fomentate dagli stessi Epicurei . I I . S VALUTAZIONE DI EPI CURO
RI S PETTO AD ALTRI F I L O S OFI
L'atteggiamento rozzamente sprezzante degli scrittori cristiani nei confronti dell'epicureismo suggerisce ora la domanda : come fu giudicata la filosofia del Giardino nei suoi rapporti con le altre correnti di pensiero? Prescindia mo senz'altro da quei contesti tipicamente dossografici in probabilmente origine la notizia della follia del poeta; cfr. W. Schmid, in: Gnomon 20 ( 1 944) 5.10 s., in linea con K. Ziegler, in : Hermes 7 1 ( 1936) 3 r . Ira ro,3 (CSEL 27, 8 5 , 1 ). 421 ss. 32. Civ. I I ,J (CSEL 40, 1 , 517,16). 3 3 · Carm. 22,35 s . (CSEL 30, 1 88 ). 34· Specialmente uo8f, I I 16e, I I 19ab, r 125cf, dove si incontrano le espressio ni O'UYXEÌ:\1, civa.LpEÌ:v, xoc,;a.Àuav, à.va.,;pÉTIEL\1, tutte più o meno corrispon· denti all 'evertere e il dissolvere degli apologeti cristiani; cfr. sopra, pp. 75 s . ; nel passo r r 23b-r r24a troviamo invece l e corrispondenze a Epicurus demens, dellrans e simi l i .
cui Epicuro si cita indifferentemente insieme ad altri filoso fi 35• Al confronto, un passo come Tertulliano, De anima 3 , 2 , contiene una chiara differenziazione: prout aut Platonis
bonor aut Zenonis vigor aut Aristotelis tenor aut Epicuri stupor aut Heracliti maeror aut Empedoclis /uror persua serunt 36. Fin dagli Atti degli Apostoli ( 1 7 , 1 8 ) è frequente,
spesso addirittura topico, l'accostamento del Giardino col Portico 37 . Agostino fa rivivere ai suoi ascoltatori la disputa di Paolo con gli epicurei e gli stoici sull'Areopago: itaque,
fra tres, velut ante oculos nostros Epicurei et Stoici cum apostolo contulerunt et collatione sua nos quid reicere et quid deberemus eligere docuerunt 38 • Come qui Paolo è pre
sentato in opposizione ad 'Epicurei e Stoici', così è significa tivo che Agostino contrapponga sfavorevolmente entrambe le scuole ai 'Platonici' : qui fruendum dea . . . unum atque summum bonum nostrum esse dicunt 39; certamente Ago stino avrà visto un motivo particolare nel fatto che alla di sputa di Paolo sull'Areopago non hanno partecipato i pla tonici. Per Boezio, l'Epicureum vulgus ac Stoicum rappre sentano ormai forme degeneri della Filosofia, partecipi sol tanto di qualche barlume della sua verità 40• L'apologeta Giustino ha buone ragioni per non menzionare gli edoni sti e gli scettici quando, riassumendo la sua formazione fi losofica nel prologo del Dialogo con Trifone, dice di es sere stato a scuola da Stoici, Peripatetici, Pitagorici e Pla tonici : evidentemente era convinto che edonisti e scetti ci non avevano niente da offrirgli . Che la dottrina stoi ca della provvidenza costituisca il motivo principale per ché spesso si preferisca lo stoicismo all'epicureismo, ap-
35· Per es. Tcrt. rmim. 5 , 3 (CSEL 20, 304 , q ). 36. CSEL 20, 3 0 � . 6 . 3 7 · Cfr. per e s . Tertulliano, d e pallio 5,.j. ( CSEL ;6, 1 22 .46 ) : cum ad Epicuros et Zenonas ventum est. 38. Sern1. 1 50,1 ss. ( PL 38, 807 ss.; cfr. ibid. cap. 9, PL 3 8 , 8 1 2 ) . 40. Cons. 1 ,3 ,6 39· Ep. I I 8 , r 6 (CSEL 34,2, 68 1 , 1 ) .
pare dal semplice fatto che l'opposta dottrina epicurea, cioè la negazione della provvidenza, è considerata non di ra do come la caratteristica per eccellenza del Giardino 4 1 • Cle mente Alessandrino fa notare a proposito dell'attacco pao lina contro la filosofia in Col. 2 ,8 che il passo «non intende denigrare ogni filosofia, soltanto la filosofia epicurea, men zionata dall'apostolo anche negli Atti, perché essa nega la provvidenza e divinizza il piacere» 42 . Si osserva quindi spesso un vero e proprio deprezzamen to del Giardino nei confronti con altre scuole, specialmente con il platonismo, e non soltanto da parte dei Padri pla tonizzanti . Trattando dell'affermazione e negazione della provvidenza, Tertulliano contrappone la Epicuri duritia alla Platonis humanitas 43; e a proposito dello stesso tema Lattanzio esclama enfaticamente: Denique a primis illis
septem sapientibus ad Socratem usque ac Platonem pro con fesso et indubitato habitum est, donec unus multis post sae culis extitit delirus Epicurus, qui auderet negare id quod est evidentissimum 44•
Simili contrapposizioni troviamo in campo etico: Giro lamo oppone la Pythagorae continentia alla Epicuri luxu ria 45• Il comune atteggiamento sostanzialmente edonistico spiega come Girolamo ponga Epicuro sullo stesso piano di Aristippo: Docebo inter philosophos virtutes voluptatibus,
id est Pythagoram, Platonem . . . Aristippo, Epicuro . . . ab om nibus praeferri 46• Che gli stessi filosofi non prendano sul se4 1 . Cosi per es. Agostino, civ. r 8 ,4 r (CSEL 40,2, 332,23). 43· Nat. 2,3,4 (C.SEL 2 n . 9/l .rol. 42. Strom. r , r r (2,33,8 St.). 44· Inst. 2,8,49 (CSEL 19, J 38,1 3). Ciò fa pensare a una simile critica d i Plu tarco (adv. Col. n 22f-I I 23a: (..teiXEO"l)oc� "toi:c; ÈvocpyEO"L), che ritorce sugli stes si epicurei un'accusa da loro mossa contro altri filosofi. 45. Adv. lovin. 2,38 (PL 23, 352c). 46. Adv. I ovin . I o4 (PL 23, 225A ); cfr. anche e p. 50,5 (C..'ìEL 54, 394, 1 8 ) : pro eu[ Epicurus, longe Aristippus; ep 33,6 (CSEL 5 4 , 249 , 1 5 ) : si Ep;curos et Aristippos cogitetis. Si veda anche pp. r 66, q6.
rio Epicuro, è sottolineato da Ambrogio: Epicurum magi strum velut ebrium et voluptatis patronum ipsi qui putan tur sobrii irrident philosophi 47; altrove Ambrogio osserva categoricamente : quem ipsi philosophi a suo excludunt con sortio tamquam patronum luxuriae 48•
Proprio perché Epicuro è contrapposto cosi spesso e così sfavorevolmente ai più significativi filosofi, dobbia mo ricordare un caso in cui lo si preferisce a Platone ed Aristotele : discutendo la tesi dell'eternità del mondo, Lat tanzio dice di lui : unus . . . Epicurus auctore Democrito ve ridicus in hac re fuit A torto il Rapi sarda collega questo passo con quella che secondo lui sarebbe un'affinità conti nuamente riaffìorante dell'apologeta con l'Epicureismo 50• L'espressione auctore Democrito indica già chiaramente che a Lattanzio qui non interessa tanto lodare Epicuro quanto rilevare il paradosso che filosofi ben altrimenti su periori, in quest'unica tesi dell'eternità del mondo si siano stranamente sbagliati. Altrove, lo stesso Lattanzio dice in tutta chiarezza di non trovare l'encomio di Lucr. 3 , 1 043 s . tanto ridicolo se riferito a Socrate e Platone, reges philoso phorum, quanto invece lo è se riferito ad Epicuro 5 1 • 49 •
' III. L EPI CUREI S M O MARCHIO DI ERE S I A
La valutazione negativa di Epicuro, diffusa sia fra i pa gani che fra i cristiani, condusse ben presto questi ultimi a bollare come epicurei movimenti e correnti di pensiero che sembravano loro deviare dall'ortodossia. Già Ireneo (n secolo) definisce gli eretici (gnostici) come Epicurii . . . in47· O ff. r ,r3 (PL r6, 38A-B).
48. Ep. 63,19 (PL r6, r 195A). 49· Inst. 7,I ,ro (CSEL 19, 582,2 1 ). 5o. E. Rapisarda, Arnobio ( 1 946), 155 s. 51. Inst. 3,1 7,29 (CSEL 19, 233,14).
1 73
venientes deum neque sibi neque aliis aliquid praestantem, hoc est, nullius providentiam habentem 52• Tertulliano, in
un attacco polemico di particolare forza d'urto, arriva per fino ad affermare che Marcione per la sua teologia sarebbe andato a scuola da Epicuro: . . . longum est. . . ostendere hac sententia omnes haereses danmari, quod omnes ex subtililoquentiae viribus et philosophiae regulis con stent. Sed Marcion principalem suae fidci terminum de Epicuri scho· la agnoscat, [ dominum inferens hebetem, ne timeri dicat eum, collo cans et cum deo creatore materiam de porticu Stoicorum, negans carnis resurrectim;em de qua proinde nulla philosophia consentit l 53 •
Cosi Tertulliano definisce Epicuro «Consigliere di Marcio ne» 54• L'anonimo autore dello scritto antimarcionita ed antignostico De recta in deum fide imputa a Marcione, con raggiro sofistico della linea dialogica, l'adozione della dottri na epicurea dell' <
52. Adv. haereses 3,24,2 (p. 402 ed. Sagnard [P.lvLM. Sagnard, La gnose L·alen tinienne et le témoignage de saint Irénée, Paris 1 947 ] 2,133 Harvey). [ I l trattato, originariamente in greco, reca i l titolo di "E).qxoc; xcx.� &:vcx."tpo7ri} "tfjc; \j;Euowvurtou yvwnwc;; ben presto tradotto in latino, è noto fin dal rv secolo sotto il titolo di Adversus haereses. ] =
53· Adv. Mare. 5,19,7; dr. ibid. 1 ,25,3: Si aliquem de Epicuri schola deum af}ectavit Christi nomine titulare, ut quod beatum et incorruptibile sit neque sibi neque a/ii molestias praestet (hanc enim sententiam ruminans Marcion removit ab ilio [ se. dea ] severitates et iudiciarias vires ) , aut in totum immo bilem et stupentem deum concepisse debuerat. 54· Adv. Mare. 1 ,2 5 ,5 : Epicuro no/ente, consiliario Marcionis. 55· 2 , 19 (GCS 4, roo) : cx.Ù"tO[lCX."tLO"[lÒv ooy[tCX."tLt;ouO"L xcx."toc "tÒV 'E7tLxoupov. ..
174
ridicolo virtù ( tipE"t'l}) e temperanza ( crwq>povE�v) 56 • Epicu reismo e Gnosi sarebbero in contrasto con ogni altro siste ma di pensiero postulante la divinità ed avente per fine il bello (xaÀ6v) e la virtù (tipE"t'l} ), entrambi invalidando il cosmo . In questo notevole passo, Platino pensa soprattutto a parentela morfologica, difficilmente a dipendenza storica . Quanto sia facile, nella schermaglia polemica, mettere la speculazione gnostica in relazione più o meno vaga con la teologia epicurea, è indicato da un passo di Tertulliano:
Sedet itaque Bythos iste infinitis retro aevis in maxima et altissima quiete, in otio plurimo placidae et ut ita dixerim stupentis divinitatis, qualem iussit Epicurus 57 • Tuttavia si
deve riconoscere che vi sono casi in cui questo o quell'ele mento epicureo è veramente penetrato nella speculazione gnostica. Cosi, quando Isidoro, discepolo (e figlio) di Basi lide, applica alla morale sessuale la distinzione fra desideri naturali e necessari , egli non fa che adattare al suo sistema gnostico un pensiero del Giardino 58 • Probabilmente lo gno stico Basilide deve alla mediazione della fisica di Epicuro anche quei termini epicurei di provenienza presocratica e designanti la composizione fine e quella grossolana della materia (ÀE'lt"t'O!J.Epl}c; e 'ltCX.XU!J.Epl}c;) , che egli adopera per differenziare le tre filiazioni del principio divino inteso ma-
56 . Enn. 2 ,9 , 1 5 [6 �Èv 'Er:�xoupoç "tTJV 1tp6vouiv &.vocLpwv "tTJV Tjoovi]'J xoct "tÒ i)oEtrfrocL, 01tEP Tjv À.OLr:év, "tOU"tO OLWXELV 1tOCPOCXEÀ.EUE"tOCL. 6 oÈ ).6yoç oihoç g"tL VEOCVLXW"tEpov ,;Òv ,;Tjç 1tpovo�ocç xupLav xoct ocu,;i]v "tTJV 1tp6voLocv !J.E�\)Jci�Evoç xoct 1tciv,;occ; v6�ouc; ,;ave; Év,;ocufroc oc"tL�cÌ.trocc; xoct ,;i]v cÌ.pE"tTJV -:i]v Èx r.ocv,;òc; ,;au xp6vou cÌ.VlJUPEIJ.ÉVT]'J 1:6 "tE O'WcppovEi:v "tOU"to Év yÉÀ.W"tL frÉ!J.Evoc;, rvoc �l)OÈV xocÀ.Òv Év"tocufroc oi] òcpfrdl) tmocpxov, OCVEi:À.E ,;6 "tE O"w cppovEi:v xoct "tTJV f.v "toi:c; i\frEO'LV 0'\J�cpu"tov OLXOCLOO'uVl)V "tTJV "tEÀELOU�Évl)'J Èx À.éyou XOCL cÌ.O"XlJO'EWc; xoct oì.wc; xocfr·li 0'7:0\JOCl.LO<; èbfrpw1toc; liv YÉVOt"tO J. 5 7 - Adv. Val. 7 , 4 (CSEL 4 7 , r84,r r ) ; cfr. anche ibid q , r (CSEL 4 7 , 1 9 2 ,20 ss. [in vacuum atque inane illud Epicuri] ). .
58. Clem. Alex. strom. 3 , 1 (2 ,r96,r 3 St.): «All'umanità alcune cose sono neces· sarie e naturali , altre solo naturali» (T] oÈ &.vfrpw1t6"tl)c; gxa "twoc &.vocyxoci:oc xoct cpuO"txci, ( èi).).oc oÈ cpuO'tXOC ) �6voc).
terialisticamente 59 • Ma sarebbe del tutto erroneo voler ve dere in Basilide un epicureo, dal momento che nel suo siste ma sono ugualmente presenti elementi platonici ed aristo telici, che, insieme a concezioni cristiane e mitologiche 0_ rientali, gli forniscono i materiali da costruzione per il suo fantastico edificio cosmico 60• Una somiglianza innegabile con il nucleo del citato testo antignostico di Platino risulta da un passo di Girolamo, dove Epicuro costituisce lo sfon do &Ila polemica antimarcionita: la concezione marcionita di un creatore del mondo soggetto a errore sarebbe ancor più criminale della epicurea negazione della provvidenza: dicit Epicurus non esse providentiam, et voluptatem maximum bo num. Comparatione huius sceleratior Marcion et omnes hacrctici qui vetus lacerant testamcntum. Cum e11im recipicmt provid"·!:tiam, accusant creatorem, et asserunt eum in plerisque operibus errasse, • et non ita fecisse, ut facere debuerat 61
Claudiano Mamerto (v secolo) definisce i Traducianisti , a c:ausa della loro materialistica dottrina dell'anima, isti cor pora/es nostri saeculi Epicurei et Cynici 62 • Tuttavia, consi derando che anche altre eresie dogmatiche sono spesso bol late di anatema per la loro presunta affinità con dottrine epicuree, si dovrà esser cauti nel dar credito alle varie noti zie tardive sulla ripresa di dottrine epicuree da parte cristia na. Così, per es . , quando in Suda (s. v. Markianos, 3 ) è det to che il presbitero cristiano Marciano, vissuto al tempo dell'imperatore Zenone (4 74-49 1 ) , avrebbe negato la crea5 9 · Ippolito, el. [ Elenchos Koc-toc 1tocCTwv ocipÉCTEwv iO Eyxoç] 7,22 (GCS 26, 198,26). Vedi H. Leisegang, Die Gnosis, Stuttgart ' 1 95 5 , 230. 6o. H. Leisegang, op. cit., 254. 6r. In Is. 7,r8,r (PL 24, 247A ) . A. von Hamack, Das Evangelium vom fremden Gott (21 924), 270, fa risalire questo passo a Origene; il contatto fra Origcn_c e Platino potrebbe piuttosto far pensare che il comune accostamento di Epi curo agli Gnostici risalga al comune maestro Ammonio Sacca. 62. De statu animae 2,9 (CSEL r r , I 3 3 , I J ). =
..
zione divina e il governo divino del mondo perché influen zato da un epicureismo combinato con ipotesi astrologiche, è quanto meno probabile che la sua qualifica di 'epicureo' sia sorta nel modo sopra descritto e che quindi il suo caso non vada giudicato diversamente da quello di Marcione. L'etichetta di 'epicureo' si prestava a designare una cer ta corrente specialmente quando questa sembrava fare trop pe concessioni all'uomo naturale (nel senso descritto sopra, pp. r 45 -47). A ciò contribuì non poco l'idea corrente di un epicureismo volgare, caratterizzato nella sua quintessenza dal biblico manducemus et bibamus, cras enim moriemur [ cpa:yW!-tE\1 XaL 'J'tLWI-tE\1, aupL0\1 yàp fLTiol}vflcrxo�--tE\1 ] , con cui l'apostolo Paolo allude ai miscredenti in I Cor. r 5 ,3 2 63• Quando l'ex monaco Gioviniano cercò di opporsi alle forti correnti ascetiche dilaganti dall'oriente 64, Girolamo com pose un libello di fuoco contro questo Epicurus Christiano rum 65; mentre Ambrogio, scrivendo dei seguaci di lui Sar mazione e Barbaziano nella lettera 6 3 , si chiede : Quae istos Epicureos nova schola misit? Non philosophorum, ut ipsi aiunt, sed imperitorum, qui voluptatem praedicent, delicias suadeant, castimoniam nulli usui esse ducant 66•
Finalmente, indipendentemente dall'abitudine di carat terizzare un'eresia come epicurea, questa etichetta si poté adoperare anche per designare il notevole numero di quei 'cristiani' che all'epoca delle conversioni di massa non ri spondevano in alcun modo ai requisiti della dottrina cristia na. Il tema Christiani quidam moribus Epicurei fu ripreso da Agostino: Epicurei contulerunt cum Paulo apostolo: 'sunt et Christiani Epicurei' 67 . Girolamo, chiudendo la let-
63. Così Aug., serm. 1 50,6 (PL 38 , 8 r r ) e Filastrio 1 34,3 (CSEL 38, 103,22). H . Lic zmann, Geschichte der alte n Kirche IV ( 1 944 ) , 1 7 1 e P .I l . � dden, Tbe Lzfe and Time of St. Ambrose n ( r935), 3 9 ss. 3 65- Adv. Iovin. r ,r ( PL 23 ' 2 r rA). 6 6· Ep. 63,8 ( PL r6, r r 9 r n). 67. Serm. I J0 ,6 ( PL 38, 8 I I ) .
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1 77
tera 3 3 con l'osservazione : Haec quare scripserim et ad pau peris lucernae igniculum cito, sed non cauto sermone dicta verim, potestis intellegere, si Epicuros et Aristippos cogi tetis 68, sembra volesse alludere alle dubbie attività di cer ti
suoi correligionari romani. Nell'ambito dell'Antico Testamento, il pericolo di u n presunto «epicureismo» incombeva, secondo la concezione della polemica cristiana antiepicurea, soprattutto sull'Ec clesiaste 69 . È interessante notare che un particolare note vole della fisica epicurea fu ritenuto dai cristiani effetti vamente un malinteso della nota dominante dell'Ecclesia ste, come si può desumere da un passo di Clemente Alessan drino 70• Quando invece Filastrio mette sullo stesso piano Sadducei ed Epicurei , non si riferisce ad eresia cristiana, ma ad eterodossia all'interno del giudaismo; questa identifica zione sembra avere a che fare più con un motivo polemico che con un abituale uso linguistico 7 1 • Diverso è l'uso lin guistico di epikuros ' eretico' nella tradizione rabbinica 72• Si dovrebbe indagare se quest'uso possa risalire fino a tempi relativamente vicini ai cosiddetti Epicurei siriaci (v. p. 1 1 7 ) . 68. Ep. 3 3 ,6 (CSEL 5 4 , 259,1 3 ) . J. Labourt traduce (ed. 2 ,44) : Si vous songcz à nos Epìcures et à nos Aristippes e spiega quest'espressione con la felice pam frasi «amis de la vie facile et du plaisit» (p. 194 ) . 6 9 . Cfr. per es. il monito di Girolamo, in Ecci. 12 (PL 2 3 , r r 6zc ). 70- Strom. 5,14 (2,385,!7 St. [ vat r-t1ÌV 'Emxoupt!l [LÈV 1Ì 'tOU ocu-.:O[Hl.";o·J 1tocpdcr1iucr�c; où 1tocpocxoÀ.ou!h'Jo-a:v-;-� "ti;) PTJ'ti;l yÉyovEv ÈV'tE\ji)Ev «IJ.a:"ta:\6-.:nç J.lOC'tC!:�O'tlJ'tWV, 'tOC r.tiV"tC!: [!C!:'tOCLé'tl]<;») ). 7 1 . Filastrii diversarum baereseon liber, 5,2 (CSEL 38, 3,22 [Sadducci . . . se· cundum carnem aeque solum praedicant vivendum, cirrumcidendum, corp11squc baptizandum, de lege autem divina non aliud expectantes, Epirurcam dcmc 11 tiam potius quam ditJinae legis iura sectantes] ) . 7 2 . S i confronti C.K. Barrctt, Die Umwelt des Neuen Testaments, Ti.ibingc:1 1 959, q8 ( The New Testament Background: Selected Documents, London 1 95 6 , r66); si veda anche il ]udisches Lexikon (ed. Herlitz e Kirschncr) s.v. Epikuros e la Encyclopaedia ]udaica (ed. Klatzkin) s .v. Apikoros, H . Danhy. The Mishnah, Oxford 1 9 3 3 [ rist. r 967 ] , 449, c A. Fridrichsen. Epikurci.
CAPITOLO QUINTO
GIUDIZI POSITIVI E UTILIZZAZIONE CRISTIANA
I . A S PETTI GENERALI
La caratteristica magnanimità di Clemente Alessandrino si manifesta anche nel fatto che egli, pur contrapponendo altrove la filosofia epicurea (come la sola da ripudiare in condizionatamente) a tutti gli altri sistemi filosofici, ammet te che anch'essa possa contenere valori parzialmente accet tabili : Quando parlo di filosofia, non intendo quella stoica o quella platoni ca o quella epicurea o quella aristotelica , ma chiamo filosofia ecletti camente l'insieme di tutto ciò che è stato detto bene in ognuna di . queste scuole e che insegni giustizia con pio sapere 1 •
Concorda con questa dichiarazione la lode che lo stesso Clemente espressamente fa della prefazione alla lettera a Meneceo 2 , perché in essa si esortano alla filosofia giovani e vecchi senza distinzione e, per conseguenza, perché il Giar dino è sempre aperto a tutti senza distinzione . La rinunzia di Epicuro a ogni programma ambizioso, improntato a spi rito aristocratico 3, dovette fare una certa impressione al I. Strom. 1 ,7 ( 2,24,3 1 St.) : cpLÀ.OO'OcptOCV oÈ où 't'Ì]V k'tWLX'ÌjV À.Éyw OÙOÈ 't'ÌlV ID.. oc"twvLx'Ì]v lì 't'Ì]v 'Emxoupa6v 'tE xoc� 'ApLO''tO'tE).Lxl}v, cD..).'éiO'oc ELplJ'tOC� 1tocp'èxciO"'tTI "twv octpÉO"Ewv "tou"twv xocÀ.wc;, lìLxocLoO'Uvl]v J.lE'toc EÙcrE�oi:ic; ÉmCl''tTJJ.ll]c; ÈxOLOOCO'XOV'tOC, 'tOU'tO O'UJ.l1tOCV -:ò ÈxÀEX'tLXÒV qlLÀ.OO'OqlLOCV QT]J.lLo 2· Strom. 4,8 ( 2 ,279,17-26 St.): xocÀ.wc; oùv xoc� 'E7tLXoupo:; MEvaLXEi: ypcicpwv · «J.lTJ'tE vÉoc; ·ne; wv !J.EÀ.À.É'tw cpLÀOO'OQELV, J.lTJ'tE yÉpciN intcipxwv xomci'tw cp�À.ocrocpwv X'tÀ .>> . Per l'utilizzazione cristiana del passo di Epicuro si veda per es. G. Lazzati, L'Aristotele perduto e gli scrittori cristiani, Milano 1 9 3 3 , 3 3 . 3· Cfr. E . Bignone, L'Aristotele perduto 1 , 1 2 4 ; n , 580 n. 4 ·
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cristiano, conscio del fatto che la sua religione, al pari della filosofia pratica ellenistica, si rivolge a tutti incondizio natamente 4• Nella sua riflessione sull'essenza della fede e sul rapporto fede-gnosi, Clemente Alessandrino non disde gna il ricorso ad Epicuro e concepisce la fede come una spe cie di 'prolessi' epicurea, come il concetto ancora indefinito che precede e su cui si fonda la nostra naturale inclinazione verso la chiara conoscenza di un determinato oggetto 5 • Dobbiamo ancora a Clemente Alessandrino l'informazione che Epicuro considerava l'autarchia come la massima ric chezza e l'atarassia come frutto della giustizia 6 • A quanto si è già osservato a proposito di una remini scenza di Epicuro in Basilio si può ora aggiungere un passo di Gregorio di Nazianzo, suo ex compagno di studi , che giunge ad elogiare la temperanza di Epicuro facendo notare che nel sistema dell'edonista il piacere è concepito come «premio alle fatiche» , e non esaltato per motivi di comodo, e che pertanto Epicuro può ben raccomandare la dottrina 4 · Si veda per esempio il passo di La.ttanzio, inst. 3 ,2 5 ,4 ss.
( fr. 227a Us.). dove tuttavia la lode non è limitata ad Epicuro, ma si estende anche ad altre correnti, come lo Stoi�ismo: . . . quod si natura hominis sapientiae capax rst, oportuit opifices et rusticos et mulieres et omnes denique qui humanam for mam gerunt doceri ut sapia n t popu!umque ( sapientium ) ex omni lingua et condicione et sexu et a eta t e con/lari ... senserunt hoc adeo Stoici, qui et servis et mulieribus philosophandum esse dixerunt; Epicurus quoque, qui rudes omnium litterarum ad philosophiam invitat . . . 5· Strom. 2,4 ( 2, 1 2 1 ,8 St. fr. 255 Us.}: voct J.l'ÌJV :x:oct ò 'E1tlxoupoç, ò [tri À.Lcr"toc -rl)ç cÌ.À.l)frEiocç 1tpo'tLJ.ll}crac; -ri]v l]oovl}v, 1tp6À.l)\jJLV dvocL liLocvo�occ; -ri)v 1t�Cl''tLV U1tOÀ.OCJ.l�OCVEL' 1tp6À.l)\jJLV oE ci1too�lìwcrw È1tL�oÀ.i]v È1t� 'tL É.vocpyi:c; XOCL ém 'tTJV Èvocpyfj 'tOU 1tpcÌ.yp.oc-roc; im�voLocv· 1-l'Ìl ouvoccrfrocL oÈ J.ll)OÉvoc J.ll}':c SlJ"tfjcrocL J.ll}"tz cÌ.;topl)crocL J.ll)OÈ. J.lDV oo!;cicrocL, ci).).' OÙOE ÈÀ.Éy!;,aL xwptc; 7tp0· ).1)\j;Ewc;. Su tutto il passo, vedi M. Pohlenz, Klemens von Alexandreia, in : Nachrichten der Gescllschaft der Wissenschaften, GOttingen 1943, 152. 6. Grazie alle sue citazioni di due passi che formano ora i fr. 476 e 5 19 lkgl i Epicurea: rispettivamente strom. 6,2 ( 2,441 ,r8 St. ) : 1tÀ.OUC'LW'tOC'tOV aù-;cip· :X:ELOC miv-:wv e strom. 6,2 ( 2 ,44 r ,22 S t . ) : OLXOCLOC'uvl)c; J�rlp7tÒç J.lÉYLCl'-roç à:-rrx pocl;Ca. =
=
con l'esempio della vita 7• Così non fa meraviglia che, spe cialmente in ambiente greco (dove sembra che fra i dotti si sia mantenuto più a lungo il senso per la figura reale del fi losofo-pensatore Epicuro), occasionalmente questo o quel l'elemento dell'epicureismo sia stato utilizzato dai cristiani per il perfezionamento etico e la parenesi o anche per il mi sticismo e la contemplazione. Cominciamo da alcuni esem pi nell'ambito della filosofia morale. Il pensiero di Basilio sull'invidia, che i buoni non la meritano e che i cattivi do vrebbero piuttosto essere oggetto di compassione che d'in vidia 8, dipende forse 9direttamente dalla sentenza 5 3 del Gnomologio Vaticano • Quanto al �E"t'EWpr.cr(l6c; (o IJ.E"t'EW pl�Ecroar.) inteso nel senso di 'distrazione o evasione dell'a nima' e sulla cui dannosità per la vita interiore lo stesso Ba 1 silio insiste nei Sermones ascetici 0, si potrà ricordare che esso è espressamente attestato nelle discussioni epicuree di 11 questioni di dietetica e terapeutica dell'anima • Talora la comparsa di elementi epicurei nel bel mezzo di trattati eti ci cristiani si potrà spiegare con un giudizio analogo a quel lo dell'Usener sugli Epicurea cum Pythagoricis (ve! Plato..
7 · Greg. Naz., carm. I,2,Io, 787-792 (PG 37, 736 s.) : 'E1tlxoupoç #iovi)v (.�lv i)ywvli;E'to Eiva.� 'tÒv à.lH ov 'tWV ÉJ.lOL 1tOVOUJ.lÉVwv, E�ç fìv 'tEÀ.Eu'tci miv't'a. 't'civl)phl,twv xa.À.ci. 'fie; liv OÈ J.lTJ 06sm.v 'Ì]OOvU 't'W� Ta.u't'T}V È1ta.wE�v. XOOllLwç xa.t O"Wcpp6vwç "Esl]V, aol)l)wv Éx 'tp61tou 't'Q o6yJ.lOC't�. 8. Basilio di Cesarea, invid. 5 (PG 3 1 , 381C ss.). 9· Gnom. Vat. 5 3 : oùOEvt cpl)ov1]'tÉov · &:ya.&ot yocp oùx «s�o� cpl)6vou, 1tOV1Jpot ISO'ftl liv 1-léi)..)..ov EÙ't'UX:W�, 'tOO"OU't!p J.l«i)..)..o v OCÙ'to�ç À.U!J.OCLvov'ta.�. Sull'or dinamento di questa sentenza in Epicuro, si veda Bignone, L"Aristotele per ..
li�
duto
1,
I46 .
Io. Bas., serm. ascet. 1 ,2 (PG 3 1 , 873AB) e 2,2 (PG 3 1 , 885c). I�: Tanto più che nei sermones ascetici, come ha ben visto I'Usener
(presso Korte, M trodori Epicurei fragmenta [ I 890 ] , 573 n. r ), si possono rintracciare � anche altri dementi epicu rei.
181
nicis) mixta 12• In questo cont�sto andranno anche collocati i casi di infiltrazione di sentenze epicuree in florilegi cri stiani. Si pensi per es . alla raccolta parenetica dell'abate Nilo, ove accanto a massime di varia provenienza, per lo più stoica, se ne trovano alcune di origine epicurea 13 • Fors e in questo campo è ancora possibile qualche piccola scoper ta. Così è molto probabile che abbia ragione A. Grilli a ri tenere che la sentenza riportata da Nilo &.pxi} crw··c"r]p� ac; i] Éau"t'ou xa"t'ayvwcrt.c; riproduca il testo originale di un det to epicureo finora noto soltanto nella versione latina di Sc neca : initium est salutis notitia peccati 14 • Che l'ammonimento di Epicuro a far vita ritirata 15 potes se facilmente assumere una connotazione cristiana e quindi essere favorevolmente accolto nella letteratura patristica, lo dimostra l'esempio di Teodoreto di Ciro che, in un passo affine a quello di Clemente Alessandrino citato all'inizio di questa sezione, afferma di non trovar nulla di sconvenien te nel riprendere ed assimilare l'utile 'anche dagli altri' (cioè, verosimilmente, anche da un Epicuro) 16• Per la 'cristianiz zazione' dell'otium epicureo è illuminante un passo di Gre gorio Nazianzeno, dove specialmente la frase usata nel sen so di futuri temporis bonum spe percipiendum assume una connotazione più o meno epicurea 17, sebbene riferita alla speranza nell'aldilà. Giovanni Crisostomo afferma che per la contemplazione noetica e quindi il successo dell'atto di pietà è condizione indispensabile l'esser liberi da qualsiasi forma di pathos 18 ; anche se questo pensiero dovesse con ��. '
. ,
1 2 . Epicurea, LX-LXIV. L'Usener adduce, fra l'altro, esempi da Giovanni Cri sostomo. Notevoli, gli echi (già rilevati da Pier Gassendi) del fr. 548 Us. in Giovanni Crisostomo, hom. in Rom. 1 ,4 ( PG 6o, 400) sul tema de honore et 1 3 . Nilo, Capita paraenetica (PG 79, 1 249 ss.). gloria: v . Epicurea, 325 s. 14. Sen. ep. 28,9 fr. 522 Us. r6. Ep. 62 (PG 83, 12 3 3A ) . 1 5 . Cfr. fr. 551 Us. : ).cilh: �Lwcrocc;. 1 7 . Or. 2,6 s . (PG 35, 413A-C, 4 1 6A). Cfr. P.E. More, Epicurus, in Helle nist ic Philosophies, Princeton 1923, 32 s. r8. In Io. hom. 2,4 (PG 59, 3 5 ). =
I82
nere soltanto vaghe reminiscenze di cose epicuree, magari confuse con altre di tutt'altra natura e provenienza 19, non c'è dubbio che in tale concezione le immagini epicuree del le ' tempeste' interiori (i 'J'ttiih) intesi come xu�a"t'a, stiÀT} e simili), dell'atarassia come 'bonaccia' (yaÀ'i)v1}) e della filosofia come 'porto' (ÀL�'i)v) abbiano potuto incontrare un certo favore 20• Chi, richiamandosi alla circostanza che tali immagini sono abbastanza frequenti, più tardi, anche in ambiente non epicureo, negasse un preciso nesso con l'epi cureismo in casi come per es . l'omelia 2 2 sulla prima lettera ai Corinzi di Giovanni Crisostomo 21, consideri altre espres sioni dello stesso autore ancor più caratteristiche, nelle qua li si avverte chiaramente il riferimento consapevole al lin guaggio del Giardino. Così, per es. , all'inizio del De bapti smo Christi, Giovanni Crisostomo paragona le chiese urba ne ai porti marittimi , dove i credenti trovano rifugio con tro la vita tumultuosa e possono godere della calma per fetta della bonaccia 22• Tuttavia si deve riconoscer.:! che, qui come pure altrove, l'epicureizzazione riguarda gli elementi espressivi, gli stilemi, piuttosto che la sostanza filosofica . Non bisogna inoltre dimenticare che più d'una volta anche nella caratterizzazione neoplatonica della serenità unita al piacere catastematico riecheggiano formulazioni epicuree, 19. Sulla questione, v. W. Schmid, in: Rh. Mus. 94 ( 1951 ) 143 · 20. Ciò che - vale forse la pena ricordarlo - non sembra si sia veriGcato in ugual misura in ambiente latino.
2 r . Giov. Crisostomo, in ep. I ad Cor. hom. 2 2 (PG 6 1 , r 8 8 ) : ò 'tOU'tWV 1tOCV 'tWV a1tT)À.À.ocyiJ.Évoc; 'tWV XUJ.lOC'tWV, XOCL W0'1tEP Èv À.�J.lÉV� ,;fi cptÀ.OO'Ocp� xoc
lhiJ.lEvoc;. Cfr. id., adv. Iudaeos 6,1 (PG 48, 904 s.): (o� J.l(ip,;upEç) OC1tl)À.À.oc Yl)O'ocv ,;fi e; stiÀ.l)c; 'tWV ��W't�XWV -r:pOCyJ.lchwv, dc; 'tÒV EUO�OV XOC'tÉ7tÀEUO'OCV À.�IJ.Évoc... ll. Giov. Crisostomo, de baptismo Christi r (PG 49, 363 ) : "H ciyvoE�'tE c't� ocM1tEp À.�IJ.Évocc; Èv 1tEÀ.ocya, oihw ,;occ; ÈxxÀ.lJO',occ; Èv ,;oc�c; 1t6À.E�v E1tlJSEV x Ò 9 E6c; , rvoc OC1tÒ ,;fie; socÀ.l)c; 'tWV � �'t�XWV fropu�wv Èv'tocufroc XOC'tOCqm)yov 'tEç, 'YOCÀ.T}vl)c; J.lEY�O''tl)<; a1tOÀ.OCUWJ.lEV; Oltre al termine yocÀ.i}vl), merita at . tenzione l uso cosi tipico, del verbo oc1toÀ.ocuE�V. '
,
senza che essa sia per questo epicurea Sebbene quin di queste ultime immagini e metafore non si riferiscano pro priamente a una convergenza, anche solo parziale, di dottri ne cristiane ed epicuree (ciò che invece si può ben dire del le altre esaminate nella parte principale della presente se zione) , tuttavia si deve Gncora richiamare l'attenzione sul fatto che non solo in ambiente greco un eclettico come Teo filo di Antiochia spesso soggiace, in cosmologia, ad influssi epicurei 2\ ma anche, diversamente, l'accesa polemica antie picurea di latini come Tertulliano e Lattanzio non disdegn
23. V. per es. Plotino, enn. 14, I 2 . 24. Sull'argomento, v. R.M. Grant, Miracle and Natural Law, Amsterdam 1952, IO I . 2 5 . Tertulliano, d e anima 5,6 (CSEL 20, 305,7) e adv. Mare. 4,8 (CSEL 47• 438,r6). In quest'ultimo passo, la proposizione lucreziana è usata come argo mento in favore della corporeità di Cristo risorto. 26. I fatti - eccezionalmente - non sono presentati in modo del tutto corretto dal Brandt, art. cit. Qui è da preferirsi H. Hagendahl, Latin Fathers and the Classics ( 1 958), 65.
ceroniana da religere, non è d'importanza fondamentale. Assai più controversa è la questione della portata degli in flussi lucreziani sul maestro di Lattanzio, Arnobio. Essi non vanno comunque sopravvalutati né per la teologia né per la dottrina dell'anima. Nel caso di quest'ultima, la sin golare speculazione dell'apologeta sulla medietas (specula zione che, se non è essa stessa ermetica, tuttavia reagisce a dottrine ermetiche) implica una relativa validità della tesi epicurea della mortalità dell'anima, anche se vi pone chia ramente un limite v . II. CON S EN S O NELLA CRITICA DEGLI DÈ I E D E L CULTO
La particolare situazione della controversia del cristiane simo con la filosofia greco-romana comportò che gli scrittori cristiani dovessero sostenere i loro argomenti con le stesse armi dei sistemi combattuti, in un continuo spostamento del fronte di combattimento. Cosi, mentre da un lato i cri stiani si servirono della dottrina stoica della provvidenza nella loro contraversia con la teologia epicurea 28, dall'altro lato fu proprio questa a fornir loro gli argomenti per com battere il politeismo, che la teologia allegorizzante del Por tico aveva piuttosto rafforzato che indebolito. Un esempio illuminante di come i cristiani fecero pro pria la polemica epicurea contro la tradizionale credenza ne gli dèi offre J. Dietze il quale, sulla scia dei risultati otte nuti dal Diels 30, dimostra che la critica degli dèi nel Pro trettico di Clemente Alessandrino possiede una somiglian29 ,
27 · !'-rnobio, adv. nat. 2,30 (CSEL 4, 73 , 1 7 ) : si animi le ti adeunt ianuas, Epi cu�z u_t sententia definitur; cfr. Lucr. r , r r r 2 e passim. Hagendahl non soddisfa Pienamente, poiché il trattamento di reminiscenze letterarie come tali non sta a chiarire il contenuto filosofico. 28. V. supra, p. r 5 1 . 29 - Jahrbiicher fiir Philologie und Padagogik 4 2 ( r896) 2 2 3 ss. 30. Doxographi Graeci, 1 2 1 ss.
:!aw
za innegabile, fin nei particolari della struttura e della di sposizione degli argomenti , con la sezione corrispondente del De pietate di Filodemo. Come Filodemo, Clemente A lessandrino articola le sue esposizioni critiche su due piani: da un lato la teologia dei poeti e mitografì, dall'altro la teo logia dei filosofi. Questo schema classificatorio si ritrova d'altronde anche nel De natura deorum di Cicerone (nel 1 capitolo, ma in ordine inverso) e, nella patristica, oltre che in Clemente, anche nell oratio ad Graecos ( 2 ,3 ) dello Pscu do-Giustino, nell'omonimo scritto di Taziano ( 8 , 1 -5 ), e ne gli scritti Contra Iulianum (cap . r = PG 7 6 , 5 4 1 ss .) di Ci rillo Alessandrino e Ad Autolycum ( 2 ,4- 8 ) di Teofilo di An tiochia. Un particolare strutturale rende tuttavia inoppu gnabile il rapporto Clemente-Filodemo: nella critica alla teologia dei poeti, l'Alessandrino si serve della stessa dn plice argomentazione del Gadareno, cioè da un lato fa no tare la temporalità e transitorietà degli dèi , dall'altro ne enumera le indegne azioni e passioni, con la sola differenza che in Filodemo la sequenza delle due serie di argomenti pare sia stata inversa 31• Particolarmente notevoli sono poi le corrispondenze strutturali e verbali con Filodemo nell'e lenco-catalogo in cui Clemente enumera le indegne azioni e passioni degli dèi, come si può ancora chiaramente ricono scere, malgrado la sua lacunosità, dal Pap. Herc. 1 08 5 : fe rimenti 32, incatenamento 33, asservimento 34, lotte di po tere 35. Se alcuni punti del catalogo, come l'accenno agli '
3 1 . Come ha reso plausibile R. Philippson, in: Hermes 55 ( 1920) 231 ss. 32. Clem., protr. 2,32 ( 1 ,23 St.): "tpOCUJ.lOC'tOC; Filod., de piet. 40,3 Go.: 'tL"tpW o-xov'tocL. 33· Clem., loc. cit. : OEO}tti; Filod., de piet. 41,2: cruvoEoÉoi>ocL, 41,22: O"'.N
odrrjva:L.
34· Clcm.,, loc. cit. : o�u).da:�; Filod, piet. 43,8: Ù1tEPl]'tOUV'tEç &À.À.OLç frEoi:c; , Y.. OCL frl]'tEUOV"tEç ... XOCL àvfrpw1tOLC:. 35· Clem., loc cit. : O"UJ.l1tÀ.axtic;; in Filodemo l'esposizione relativa comi n cia a p. 44·
r86
amori (Eptù'"W;) degli dèi , non trovano cm-rispondenza nel papiro di Filodemo, ciò dipende probabilmente dal suo frammentario stato di conservazione. Merita inoltre di es ser sottolineato il fatto che sia Clemente sia Filodemo ci tano il v. 3 dell'Alces ti di Euripide : il primo discutendo il politeismo, il secondo in un sommario analogo 36 • Da tutte queste concordanze risulta abbastanza chiaro che ]a critica degli dèi in Clemente Alessandrino dipende da quella epicurea. Con ciò non si vuole affermare tuttavia che Clemente abbia attinto direttamente al filodemeo De pietate, ma soltanto che egli seguì una fonte epicurea in qualche modo connessa con Filodemo. Così il Dietze non esclude la possibilità che tanto il De pietate di Filodemo (con il De natura deorum di Cicerone) quanto il Protrettico di Clemente dipendano dall'epicureo Fedro 37. Per Filode mo e Cicerone tale ipotesi era già stata avanzata dal Diels, che però faceva dipendere la critica alla teologia dei filosofi in Clemente indirettamente da Cicerone 38. In questo con testo va notato che non è possibile determinare esattamente in quale rapporto con la vasta letteratura dossografica epi curea si trovasse lo scritto epicureo postulato dal Wendland come fonte del trattato De providentia di Filone Alessan drino 39. Ma non c'è dubbio che tale scritto seguiva scrupo losamente la genuina tradizione del Giardino. In sostanza, come ha giustamente visto il Philippson, l'intera critica mitologica degli antichi dalla fine del n se colo a.C. è fondata su basi epicuree; su queste basi costrui scono anche e soprattutto gli apologeti cristiani. Tuttavia, poiché elementi della critica epicurea del mito furono ripre si anche dagli Accademici e persino dagli Stoici, si potrà 3 6. V. rispettivamente Clem., protr. 2,30,2 ( r ,22, r r St.) e Filod., piet. , q,r4. 37· J. Dietze, art. cit. (v. nota 29) 225; per Cicerone, cfr. ad Att. 13,39,2. 38. Doxographi Graeci, r2r ss. 39. P. Wend!and, Philons Schrift iiber die Vorsehung, Berlin 1 892, 59·
parlare di derivazione diretta di eventuali elementi della critica mitologica da fonti epicuree in Filone e negli autori cristiani soltanto se si disponga di criteri sufficientemente sicuri; questo si verifica di fatto nell'analisi del Wendland . Un'ampia documentazione della critica cristiana alla mito logia nell'ambiente greco, dai primi apologeti al periodo tardo, si trova nel commento ad Aristide e Atenagora del Geffcken 40• Come Clemente Alessandrino rappresenta un caso par ticolarmente significativo per i Greci , cosl Arnobio lo è per i Latini. A buon diritto il Gomperz premette alla sua edi zione del De pietate di Filodemo, accanto a un passo del De natura deorum di Cicerone, caratteristico per la critica epi curea degli dèi 41, anche una frase istruttiva di Arnobio, che presenta un 'evidente affinità con il tipo di argomentazione comune a Cicerone, Filodemo e Clemente 42• Poiché Arno bio generalmente rinuncia a citare testualmente le fonti e rielabora stilisticamente elementi recepiti , non è facile stabilire con certezza quali altri autori oltre a Cicerone lo abbiano stimolato e influenzato nella sua critica agli dèi e al culto pagano. Per quanto riguarda la notevole testimonian za di I 3 9 43, che vuol essere in tesa come retrospettiva auto biografìca della fase precristiana di Arnobio, il Klussmann 44 l'ha riferita ai versi lucreziani d.r.n. 5 ,I I 9 8 - I 2 0 2 (la qui n,
40. J. Geffcken, Zwei griechische Apologeten, Leipzig-Bcrlin 1907 [rist. I lil desheim 1970 ] . 4 1 . Cic. nat. deor. r .-F 42. Arnobio, adv. nat. 4,28 (CSEL 4, r64,q). 43· CSEL 4, 26,ro: Venerabar, o caecitas, nuper simulacra [ modo ex fornacibus prompta, in incudibus deos et ex malleis fabricatos, elephantorum ossa, pictu ras, veternosis in arboribus taenias,· si quando conspexeram lubricatum lapi dem et ex olivi unguine sordidatum, tamquam inesset vis praesens, adulabar, adfabar et beneficia poscebam nihil sentiente de trunco, et eos ipsos divos quos esse mihi persuaseram adficiebam contumeliis gravibus, cum eos esse credebam ligna, lapides atque ossa aut in huius rerum habitare materia] . 44· Philologus 26 ( r867 ) 36.5.
r 88
tessenza del rifiuto del culto superstizioso), mentre il Ha gendaW 45, con altrettante buone ragioni, ha negato questo specifico riferimento. Senza dubbio, è presente in Arnobio r ,39 un'eco lucreziana significativa e materialmente im portante . Anche per Lattanzio, la lotta contro il politeismo e il cul o è obiettivo importante; ma, diversamente dal suo pagan to maest ro Arnobio, quanto in lui proviene da Lucrezio, so prattu tto in questo contesto, appare con evidente traspa renza . Caratteristico, per es . , il passo : Quos homines idem ille philosoph us ac poeta (se. Lucretius) graviter accusa!
tamquam humiles et ab iectos, qui contra naturae suae ratio nem ad veneranda se terrena prosternant 46 ; cui segue una
citazione di Lucrezio 6, 52 s . , con la quale l'apologeta non può fare a meno di dire che Lucrezio adduce una falsa mo tivazione nel respingere la venerazione degli dèi (quoniam dii humana non curent) ; quindi , introducendo i classici ver si 5,I I 9 8- r 2o2 , soggiunge: Denique alia loco religiones et cultus deorum inane officium esse confitetur. A questo pun to Lattanzio inserisce una lunga osservazione sul fatto che i critici della religione pagana sarebbero tanto più saggi dei suoi seguaci in quanto ne scoprirebbero l'inganno; ma an che tanto più stolti, in quanto crederebbero di poter fare del tutto a meno del vincolo religioso : secondo lui, si può dubitare quos dicas potissimum stttltiores, illosne qui fal sam religionem suscipiunt, an eos qui nullam 47• Poiché la critica lucreziana del culto pagano sarebbe giunta soltanto alla conoscenza del quid non sit , e non fino al chiarimento del quid sit, Lattanzio caratteristicamente riassume quella critica negativa col motto ciceroniano : utinam tam facile ve ra inve nire possem qua m falsa convincere! 48. La polemica 45 - Lat. Fathers and the Classics, 17 n. 2 . 47- l nst. 2,3,17 (CSEL 1 9, 106, 1 3 ).
46. Inst. 2,3,ro (CSEL 1 9 , 1054). 48. Cfr. Cic. nat. deor. 1 ,9 1 .
condotta da Lattanzio su basi lucreziane contro la religione pagana dovette ben presto acquistare una particolare validi tà sotto Costantino, proclamatosi campione della nuova re ligione nello sterminio del politeismo. Come sotto Augusto, restauratore degli antichi culti, lo Stoicismo, con la sua con cezione allegorizzante degli dèi , aveva fornito la giustifica zione spirituale alla politica religiosa ufficiale nella questio ne della venerazione e del culto, così il nuovo corso poté prender coscienza, come di un fatto certo, della già esistente alleanza fra la critica cristiana del culto pagano e quel paga nesimo colto che vedeva in Lucrezio un suo portavoce In questa stessa epoca, Firmico Materno presenta un tipico sommario di critica teologica, nel quale, fra l'altro, si e vince il medesimo schema di cui si è parlato a proposi to del Dietze 50• 49 •
49· Per il collegamento della critica teologica lucreziana con le tcnJ<:nze del l'era costantiniana, dr. già ] . Philippe, Lucrèce dmlS la théologie chrétienne ,!11 3' au z]' siècle: Rev. Hist. Rei. 3 2 ( r 895) 284 s s . ; 33 ( r896) I \) ss. 1 25 s'. 50. Firm., de errore profanarum religionum 1 2,7-9; cfr. supra, pp. I R ì s .
CAPITOLO S E S TO
LA QUESTIONE DELL'AFFINITÀ DEL CRISTIANESIMO CON L'EPICUREISMO COME DOTTRINA DI SALVEZZA
' I. IL PUNTO DI VI S TA DELL ANTICHITÀ CRIS TIANA
Da quanto è stato detto fin qui dovrebbe risultare evi dente che quei motivi dell'epicureismo che ne fanno, alme no all'apparenza, una dottrina quasi religiosa di salvezza, hanno una parte del tutto secondaria nei giudizi e nelle te stimonianze degli scrittori cristiani, anche quando questi non presentino a priori la dottrina epicurea come quella che si trova agli antipodi di ogni forma di religiosità . Ciò può costituire una reale difficoltà anche per chi respinga la tesi, recentemente sostenuta, che l'epicureismo come dottrina di salvezza sarebbe particolarmente vicino al cristianesimo e addirittura avrebbe contribuito in modo essenziale a pre pararlo spiritualmente 1 • La circostanza è notevole e potrà spiegarsi solo in parte con il fatto che già la critica pagana di Epicuro c più ancora la pura dossografia (entrambe spesso determinano o quanto meno stimolano la controversia cristiana) generalmente co noscono o fingono di conoscere soprattutto l'oggetto puro e semplice della dottrina epicurea, dando scarsissima evi denza ai motivi di redenzione In realtà, neppure quando dispongano di testi che posso2.
r.
V. infra, pp. 1 94 ss.
2: Yalga ad esempio, fra molti possibili, il fatto che il tema della «divina ami c�zt� del saggio e pio» non è neppure ricordato in numerosi compendi tardo-an
tich i di teologia epicurea. Cfr. W. Schmid , in: Rh. Mus. 94 ( 195r) 156 n. 155·
no ben dirsi veri e propri documenti della dottrina epicu rea della salvezza, gli scrittori cristiani si mostrano partico larmente inclini a scorgere nel messaggio di Epicuro alcun segno di motivi religiosi o quasi religiosi, sia pure come e spressione imperfetta di un'aspirazione a ciò che soltanto il cristianesimo può dare . Da quanto si è esposto nel cap. rv di questa parte n, appare chiaro il perché di tale riluttanza: il pensiero epicureo mette sostanzialmente in dubbio, dal punto di vista degli scrittori cristiani antichi, tutto ciò che per loro è veramente importante; di qui la loro facile dispo sizione a far proprio il triviale argomento antiepicureo dei pagani, secondo cui Epicuro è incoerente e insincero tutte le volte che assume atteggiamenti religiosi. Valgano i se guenti esempi ad illustrare queste considerazioni: 1 . Clemente Alessandrino, citando un pensiero di Metro doro dal carattere evidentemente religioso-metafìsico, non nasconde la sua meraviglia di trovare cose del genere in uno scrittore epicureo 3; altrove egli ammette che di certi «mi steri» di Eptcuro non riesce veramente a capire gran che 4 . 2 . Dionigi Alessandrino prende così poco sul serio la vi sione estatica di Epicuro, da mettere il motivo affine della imitatio dei ( é�ot:wcnc; ìlEc7> ) in relazione con quello della presunta luxuria ( 't'puqrr) ) degli abitatori degli intermundii , distruggendo così, con la parodia, !'«apocalisse» epicurea 5 . 3 . Ambrogio, la cui controversia ci dà, tutto sommato, un ritratto relativamente favorevole di Epicuro, non riesce 3. Clcm. strom. 5 , 1 4 ( z,. p9,21-24 St.) e Metrod., fr. 3 7 K. Gnom. Valic. ro. [Ml)"tpaowpou "tE XOCL"tOL 'EmxoupELou yEvo[l.Évou Èvl)Éwç ,; ocu"toc YE dpn· x6,;oç· «J.lÉJ.lvl}o-o, ME.VÉC""tpa"tE, oL6"tL, l)vlJ,;Òç cpùç xoct À.a�wv �Lov WpLO'[tE vov, civoc�ocç ,;n IJ;uxn Ewç btt ,;àv ocLwvoc xoct ,;l)v ci;.:npLocv ,;wv 1tpayrt&. -twv xoc"tEi:oEç xoct ',;oc trro-6J.1Evoc 1tp6 ,;'E6v,;a'» . ] 4· C!em. strom. J ,9 ( 2 ,365,7 S t . ) . [eu [16VOL a poc o t IIu&ocy6pnaL xoct ilÀ..&."tW\1 "tOC 1tOÀ.À.oc É1tEXpU1t"tOV"tO, ocÀ.À.oc xoct ot 'EmxoupELOL cpoco-L "tLVOC xoct -:tocp a9 "tOU OC1t6pPYJ"tOC EivocL xoct !.liJ 1tiio-w È1tL"tpÉ.1tELv Év,;uyxocvnv ,;ou,;oLç "toLç yp<44J,ao-w . ] 5 · V . sopra, p p . r o6 s . =
'
-
a ricavare un senso dalla sublime concezione metafisica del la voluptas dea auctore in homine creata e, intenzionalmen te o no, la fraintende nel senso di «divinizzazione della 6 voluptas » .
4 · Quanto a Lattanzio, si è voluto vedere nel suo riferi mento a Cristo di ciò che Lucrezio dice di Epicuro 7 una prova del fatto che egli «ha capito il filosofo atomista nelle vibrazioni religiose della sua anima» 8• In realtà Lattanzio, citando il famoso inno a Epicuro, si limita a far rilevare che «tali lodi ( . . . ) non si addicono a un essere mortale, ma soltanto alla guida mandata dal Cielo» 9• Ciò che è poi con fermato dall'altra sua osservazione che i versi lucreziani suo nano addirittura ridicoli se riferiti ad Epicuro 10• Si dovrà anche considerare che la trasformazione dell'elogium Epi curi lucreziano in elogium Christi è già in Arnobio, il mae stro di Lattanzio 1 1 , con la differenza che Lattanzio, sosti tuendo Cristo ad Epicuro, vuol farlo apparire generalmente come il portatore della verità tout court, e non come il rap presentante particolare di una speculazione de rerum natu ra; Arnobio, invece, mira proprio a questo. Tuttavia, dal fatto che abbia saputo abilmente utilizzare, ampliandolo con fior di retorica, il frasario lucreziano, non bisogna con cludere che Arnobio abbia per questo «epicureizzato» la fi6. V. Epicurea, fr. 385a, p. 356 Us. [ Ambr. epist. 63,1 3 : atque hic (Epicu rus) quam alienus a vero sit, etiam hinc deprehenditur, quod voluptatem in bomine deo auctore creatam adserit principaliter (... ) sed hoc divina scriptura redarguii. ] . Cfr. il nostro giudizio già espresso sopra, pp. 82 s. 7· Inst. J,14,1 : d.r.n. 5,6 ss. e 50 s . ; inst. 3 , 1 7 ,28: d.r.n. 3 , 1 043 s.; inst. 7,27,6 : d.r.n. 6,24ss. 8. K. Biichner, Romische Literaturgeschichte ( I957 ) , 287 ( «Aber auch der Atomist wird von einem Laktanz in den religiosen Schwingungen seiner Seele verstanden»); M. Rapisarda, Arnobio, I6o. 9· Cosi, giustamente, Hagendahl, Latin Fathers ecc., 69 : «Such praises ( ... ) are applicable not to a mortai, but only to the guide scnt from Hcavcn>>. Io. Inst. 3 ,I7,28: quos equidem versus numquam sine risu legere possum. I r. Adv. nat. I ,J 8. =
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gura di Cristo: in realtà, il suo è un kerygma antilucrezia no, inteso come contrapposizione cristiana alle speculazio ni ermetiche sul cosmo, l'uomo e l'anima 12 • Usando il lin guaggio stesso di Lucrezio, Arnobio sembra voler differen ziare ancor più la rivelazione cosmologica di Cristo da quel la di Epicuro. È quindi chiaro che il suo riferimento a Cri sto dell'elogio lucreziano di Epicuro è ben lungi dal dimo strare una particolare affinità di Arnobio con l'epicurei smo. Al contrario : più ancora che in Lattanzio, dove l'ana loga trattazione appare meno insolita e scioccante in quan to non riferita alla speculazione naturalistica, in Arnobio è presente la pura volontà di correggere ( non già di compren dere), di trasformare ed assimilare intenzionalmente Lucre zio : ciò che questi afferma di Epicuro ha valore soltanto come predicazione di Cristo. Non si può sostenere che il Cristo arnobiano, mentre supera Epicuro, sia in qualche modo connesso con lui, perché in realtà lo nega. Insomma non va sopravvalutata l'importanza dell'epicureismo nella teologia di Arnobio 13• II. I L PUNTO DI V I S TA DELLA CRITICA ODIERNA
Dalla questione se e in quali casi gli scrittori cristiani antichi si accorsero della presenza di tratti quasi religiosi nell'epicureismo e, se sì, come si comportarono al riguar do, va distinta l'altra, se la ricerca attuale è o no in grado di cogliere una certa affinità dell'epicureismo con il cristiau. Cfr. W. Schmid, Christus als Naturpbilosoph bei Arnobius: Erkenntnis und Veran!tvortrmg, in Festscrift /iir Tb. Utt ( r g6o), dove fra l'altro si trover� una discussione critica dei contributi di W. Kroll (Rh. Mus. 71 [ 1 9 r 6 ] 329) ; C. Marchesi (Cristo ed Epicuro? : Atti Re. 1st. Ven. 88 [ 1928-29] ror8-24) ; H . Hagendahl (Latin Fathers ecc., r 6 ss. ) . 1 3 . Come invece sembra fare G. Bardy, !lrnobius, RAC r , 7 1 0. Sul riferimento intenzionale di ad v. nat. 2,6 r a r ,38, cfr. W. Schmid, Cbristus als Naturpbilo soph ccc., 270 s.
194
nesimo. Si tratta insomma di stabilire se le varie analogie _ cena commemorativa, costituzione comunitaria , cura d'a nime ecc. -, spesso affiorate nel corso della presente tratta zione, giustificano o meno l'ipotesi di una reale affinità dei due movimenti spirituali e quindi il tentativo di ricostruire il processo di un'evoluzione specifica dall'epicureismo al cristianesimo, come ha sostenuto soprattutto N.W. Dc Witt 1 4 • La verifica delle tesi del De Witt ha dimostrato er rata la sua teoria, secondo cui l'epicureismo avrebbe fatto da ponte tra la filosofia greca e il cristianesimo 15• I risultati a cui giunge il De Witt dalla constatazione di considerevoli somiglianze lessicali fra il Nuovo Testamento, specialmente le lettere di san Paolo, e gli scritti di Epicuro sono tutt'altro che inoppugnabili . Il suo difetto fondamentale è di aver prestato attenzione troppo unilateralmente alla filosofia di Epicuro, dimenticando quanto il lessico di Epicuro abbia in comune con quello di altre correnti di pensiero dell'età ellenistica. In quanto l'epicureismo è espressione della grecità elle nistica, è inevitabile che concetti centrali nel pensiero pao lina non lo siano meno in quello epicureo. Questo natural mente non dimostra che Paolo li riprenda da Epicuro. L'ap plicazione di un metodo sufficientemente discriminante porterà anzi a riconoscere che la maggior parte delle «paro le-chiave» ricorrenti sia in Epicuro che in san Paolo indi cano di fatto grandezze incommensurabili . Per es . , andrà sottolineato contro De Witt che è difficile considerare l'an titesi paolina di «carne» (crcipç) e « spirito» (vouc;) come continuazione della contrapposizione epicurea di «Carne» 14. Saint Paul and Epicurus, Minneapolis 1 956; ma la tesi è già nel suo Epi curus and his Philosophy, Minneapolis 1 954, 336 s . ; cfr. A.D. Simpson, Epicu rean s, Ch ristians, Atheists in the Second Century: TAPhA 72 ( 1941 ) 372-S r . 1 5 . Si veda per es. W. Schmid, i n : Gnomon 27 ( 1 9 5 5 ) 429; H . DOrrie, i n : _ Ph,lo s. Rundschau 5 ( 1957) 303 s.; E. May, i n : Theol . Studies r 6 ( 1955) 443 ss.
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( crcipç) e «anima» ( oLcivoLa) 1 6 . Comunque si consideri, la
tesi del De Witt, secondo cui l'epicureismo avrebbe in fluenzato la terminologia degli scrittori cristiani come qua si nessun'altra corrente di pensiero, appare insostenibile . Mentre si può senz'altro sostenere che il linguaggio corren te degli Stoici deve avere esercitato un influsso non trascu rabile sulla koinè filosofica paolina, lo stesso non si può cer to affermare per la terminologia epicurea. Neppure nei casi veramente rari in cui si può parlare di reale identità di sen so fra un pensiero epicureo ed uno neotes tamentario 17, si sarà inclini ad ammettere senz'altro un influsso epicureo sul Nuovo Testamento : secondo quanto si è detto, bisogna te ner conto in linea di principio della possibilità che il pen siero «epicureo» già da tempo fosse entrato nella koinè fi losofica, ammesso che non abbia a sua volta una storia pre epicurea e dunque non debba essere neppure tipicamente epicureo. In questo stesso contesto si dovrà anche notare che l'ipo tesi, avanzata dal Reinach e dal Fridrichson 18 , di una con sapevole allusione di Paolo al deus otiosus di Epicuro manca di ogni fondamento, ed è stata confutata, prima an cora che fosse concepita, da Werner Jaeger 20• Anche se Rei nach e Fridrichson errano, tuttavia la loro ipotesi, limitata com 'è a un caso singolo, non pregiudica l'esegesi paolina nel suo insieme; ciò che purtroppo non può dirsi della teo19
r6. Saint Pau! and Epicurus, 178; cfr. Rom. 7,13-25 e RS 20. [ La traduzione �iLcivow., «anima» è di 1\rrighetti.] 17. Cfr. per es. r Tim. 6,7 (auoèv yap dcrl)vÉyxocJ..LE\1 dç "tÒv x6qlo.v, éh:•. ouoÈ: ÈçE\IEYXE�\1 "t� OU\IOCJ.lEl)oc) con Gnom. Vatic. 6o (1tiiç Wcr1tEp ocp"t� YEYO· vwç h "tOU i;ljv OC1tÉPXE"tOC�) ; v. w. Schmid , in: Acme 8 ( 1955) 125 ss. 18. Indipendentemente l'uno dall'altro e rispettivamente in Cultes, mythes et religions v, Paris 1923, 301-6 e Epikureisches im NT: Symb. Osi. 12 ( 19 3 3 ) p-6. 19. Ove si legga in Phil. 2,6 li1tPOCYJ.lOV in luogo di ocp1tOCYJ.l6v, con una mani polazione congetturale veramente minima. 2o. Hermcs ;o ( 19 1 5 ) 5 3 7· 5 3 ·
ria di De Witt. Se è assurda l'ipotesi di un assorbimento dell'epicureismo da parte del cristianesimo in san Paolo, lo stesso può dirsi riguardo all'ulteriore evoluzione del pen siero cristiano in generale, nonostante influssi sporadici e parziali di Epicuro e Lucrezio : non è insomma possibile sostenere l'esistenza di un «epicureismo dei Padri>> , come invece si può parlare di un loro stoicismo e, a maggior ra gione, di un loro platonismo. Poiché, anche in quei pensa tori cristiani che sembrano «epicureizzare» per tratti rela tivamente estesi, ben presto si raggiunge il punto-limite in cui l'elemento epicureo si rivela come veicolo puramente temporaneo, e comunque subordinato, del loro genuino movimento di pensiero. Che poi una simbiosi di elementi epicurei e cristiani, con opportuni tagli e modifiche da en trambe le parti, sia pensabile nell'Umanesimo, è tutta un'al tra questione.
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J:::n a 1 9 2 8 .
INDICE GENERALE
Premessa ali 'edizione italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PARTE PRIMA.
7
Vita, opere, dottrina, scuola
Capitolo primo. La vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
II
Capitolo secondo. Le opere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2I 2I 23 23 25 27
I fondamenti generali della tradizione . . . . . . . . . . . . . . . II. I testi non frammentari in Diogene Laerzio . . . . . . . . . . 1 . Lettera a Erodoto ( Diog. L. I 0,35-8 3 ) . . . . . . . . . . . . . . 2 . Lettera a Pitocle ( Diog. L. I o ,84- 1 1 6 ) . . . . . . . . . . . . . . 3 · Lettera a Meneceo ( Diog. L. I O , I 2 2 - I 3 5 ) . . . . . . . . . . . . 4 · Ratae Sententiae (Diog. L . I O , I 3 9- I 5 4 } . . . . . . . . . . . . . 5 · Gnomologium Vaticanum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III. Papiri, iscrizioni, raccolte di frammenti . . . . . . . . . . . . . . I . I l IIEpL q>UO"Ewc; e i papiri filodemei pertinenti alla biogralia del primo Giardino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . Altri testi da Metrodoro ed Ermarco fino a Diogene di Enoanda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV. Lingua e stile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.
Capitolo terzo. La filosofia di Epicuro come dottrina di vita e
messaggio di salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . Aspetti generali , specialmente in relazione all'etica e alla teologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . Motivi principali, parti e definizione della filosofia . . . . . . 2 . I rapporti con i predecessori e con l'ambiente filosofico del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 · La dottrina del piacere e la fùosofìa della vita . . . . . . . . 4· L'amicizia e l 'ideale di vita epicureo . . . . . . . . . . . . . . . . a ) Gli ideali del Giardino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) La vita filosofica e i suoi rapporti col mondo . . . . . . . .
J1
34 35 36 4I 48 59 59 59 6I 64 69 69 74 225
5 . La dottrina della rdigiosità e la teologia . . a ) Epicuro e la religione del suo tempo . . . b ) I problemi teologici fondamentali . . . . . c ) Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . I l . La guida spirituale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I . L a psicagogia e l a pratica deHa confessione 2 . Altre possibilità psicagogiche . . . . . . . . . . .
.
.
.
.
m.
.
. . . . .
. . . . . . . . .
II.
Ili.
. . . . . . .
. . . . . . .
Epicuro fondatore di una comunità quasi-religiosa
Capitolo quarto. L 'epicureismo nel mondo pagano I.
. . . . . . .
.
. . . . . . . .
. . . . . . . .
. . . . . . . .
. . . . . . . .
. . . . . . . .
78 78 85 90 92 92 96 99
. . . . . . . . II3
Caratteri generali e sviluppo interno fino a Filodemo . . . I r 3 L'epicureismo a Roma fino all'inizio del principato . . . I 2 0 L'epicureismo nell'età imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 2 9 .
.
PARTE SECONDA.
Epicuro e i Cristiani
Capitolo primo. Ma teriali e possibili aspetti
.
. . . . . . . . . . . . .
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39
Capitolo secondo. I l problema della continuità dell'epicureismo e il suo ruolo di an ti tesi al cristianesimo . . . . . . . . . . . . . . . I 4 3 Capitolo terzo. Fondamenti e fonti della polemica cristiana . . I49 I.
I greci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 5o I latini I53 r . Latini fino a Lattanzio incluso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 54 2. Latini dopo Lattanzio . . . .. . . . . . . I57
rr.
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Capitolo quarto. Forme principali di polemica .. . 1. Aspetti generali . . . . .. . . . . . . .. . . . . . . . . . . .. . . . r . I temi . . . . . . .. 2 . L e accuse d i ' ignoranza, eversione, voluttà, demenza' II. Svalutazione di Epicuro rispetto ad altri filosofi . . . III. L'epicureismo marchio di eresia . . . . . .
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Capitolo quinto. Giudizi positivi e utilizzazione cristiana I.
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1 63 I 63 I63 I 65 170 I73 I
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Aspetti generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 79 Consenso nella critica degli dèi e del culto . . . . .. 185 .
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Capitolo sesto. La questione dell'affinità del cristianesimo l'epicureismo come dottrina di salvezza . . . . . . . . . . . I. Il punto di vista dell'antichità cristiana . . . . . II. I l punto di vista della critica odierna . . . . . . . . . . . . .
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Bibliografia aggiornata 226
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