ISBN 8825001894
ABBREVIAZIONI
AAS
«Acta Apostolicae Sedis»
BAC
Biblioteca de Autores Cristz'anos
CCEE
io delle Conferenze Episcopali Europee Consial o
CCL
Corpus Christianorum Latinorum
DPAC
Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, Marietti
DS
Enchiridion Symbolorum Definitionum et Declaration�tm (curato da H. DENZINGER e A. SCI-IONMETZER, da cm le iniziali della abbreviazione)
HDG
Handbuch der Dogmengeschichte
KEK
Konferenz Europaischer Kirchen (Conferenza delle Chiese Europee)
NDT
Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline
PG
Patrologia Graeca
PL
PatrologiC! Latina
RGG
Die Religion in Geschichte tmd Gegenwart
SCh
Sources Chrétiennes
wcc
World Council of Churches (Consiglio Ecumenico delle Chiese)
Le abbreviazioni sono contenute al massimo. Nelle citazioni bibliche sono di norma seguite le abbreviazioni della Bibbia-CEI.
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INTRODUZIONE LE TAPPE FONDAJ"V1El'JTALI DEL CREDO CRISTIAl\TO
Uno schizzo sintetico introduttivo può offrirsi come premessa orientativa onde abbracciare in rapido sguardo la storia del credo cristiano e concentrare poi l'attenzione sui nostri decenni: senza difficoltà vanno individuati tre periodi abbastanza fisionomizzati, anche se mossi nel loro interno 1. Tralasciando il momento biblico normativa (che in qualche modo si propone come «Preistoria» del credo), nella casca ta delle generazioni cristiane i vari accenti sul contenuto del messaggio cristiano e i destinatari a cui il credo viene pro posto si diversificano al punto da poter diventare facilmen te criteri di distinzione dei vari periodi. Certo, va ribadito che l'atto di fede termina sempre in Dio Trinità Santa: co me tale resta sempre carico di un palpito e di un rinvio al IVIistero difficilmente esprimibili in parole umane2; e tutta1 Li abbiamo sinteticamente già elencati in Fede e formule di fede, «Cre dereoggi» 4 (4/1981), pp. 57-70; cf. anche L. SAJUORI, Verso una professio ne comune di fede tra confessioni cristiane?, «Studia Patavina» 28 (1981) 2, pp. 257-269. Per una prima introduzione al problema cf. Agitazione intorno alla confessione di fede (a cura del Segretariato generale), «Concilium» 6 (1970) l, pp. 163-188; l'intero numero 2 di «Studi Ecumenici» del 1986 e H. HARING, Esperienze con le «formule brevi» della fede, «Concilium» 25 (1989) 4, pp. 83-101. Su un piano di seria divulgazione si possono rivelare utili i nn. 14 (2/1983) e 16 (4/1983) di «Credereoggi» (nella numerazione progressiva della rivista), rispettivamente dedicati a La chiesa nella storia e a I concili tappe di un cammino dottrinale. 2 Cf., ad esempio, l'affermazione incisiva di Tommaso d'Aquino, tante volte citata nei manuali di introduzione alla teologia: «Actus fidei non termi natur ad enuntiabile, sed ad rem» (Summct Tbeo!., II-II, q. 1, art. 2,2), cioè l'atto di fede si rivolge al Mistero di Dio più che alla sua espressione verbale.
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via è proprio attraverso il ponte del e parol� umane che la _ fede cristiana prende consistenza e s1 comumca nella stona.
l. PER I pADRI: TESSERA DI RICONOSCHv1ENTO Tenendo presenti questi dati, possiamo affe:mare eh� . in un primo periodo, coincidente con l'epoca del Padn nel primi 6-7 secoli, il credo cristiano assum� la p�eval�nte _ _ fisionomia di tessera di riconoscimento e dz zdenti/zcazzone spe liturgia nella Dio a detta intraecclesiale. La fede viene cialmente battesimale e assume perciò una notevole valenza dossoloo-ico-adorante; ma insieme viene avvertita e vissuta intensa ente la dimensione ecclesiale: il cristiano esprime la sua fede di fronte e assieme ad altri credenti, dentro una chiesa che confessa il suo Signore in momenti di alto profi lo religioso. La formula di fede assume perciò facilmente un valore anche catechistico-annunciante, fino al punto da proporsi come «norma fide » e prima anc_ora come «sym _ bolum fidei», quasi parola d ordme con cm nconoscers1 tra cristiani 3. Il termine «simbolo di fede» (che in qualche modo riecheggia l'alleanza biblica come la sacramentalità odierna) addita un duolice dinamismo: richiama la fede come a teo-o-iamento di �ccoglienza della rivelazione di Dio (detta sco sticamente /z"des qua creditur, la fede �on cui s crede), perché si irrobustisca a contatto con altn credenti che insieme manifestano la loro disponibilità a giocarsi nel-
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Tra i teologi contemporanei può essere utile rile�gere l_e prime dense pagine di H. DE LUBAC, Meditazione sulla chiesa, Paoline, Milano 1955, pp. 30-52 (recentemente riedite a cura della Jaca Book) e l'articolo di L. SARTORl, Fe de, obbedienza e pluralismo nel Vaticano II, «Humanitas» 24 (1969) 1-2, pp. 95-116, che vi si appoggia. . . fede» 3 Per un primo approccio su termini come «credo» e «Simbolo cf. G. GROPPO, Simboli di fede, in Dizionario di Catechetzca (a cura d1]. GE VAERT), ElleDiCi, Leumann (Tori.11o) 1987, pp. 582-583; TH. _SCHNEIDE�, La nostra fede. Una spiegazione del Simbolo apostolico, Querimana, Brescia 1989, pp. 12-14.
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la sequela di Cristo. 1.\;la esige anche la fede precisata come messaggio (la cosiddetta /ides quae credzlur, la fede che vie ne creduta), perché si chiarisca ulteriormente nella testa e nel cuore del
" Così vien definito il periodo patristico in un interessante documento ecumenico firmato da cattolici e protestanti dal titolo Vers une Profession de Fai commune, «Document de Foi et Constitution», no. 100, Genève 1980): l'affermazione «période édificatrice» si trova a p. 3; la traduzione italiana si può leggere in Enchiridion CEczmzenicum (a cura di S. Voicu e G. Cereti), I, EDB, Bologna 1985, pp. 451-464: l'affermazione è a p. 455, ma la traduzio ne italiana ivi riportata non rende la forza dell'aggettivo francese, che ben caratterizza l'epoca patristica rispetto al periodo apostolico (riconosciuto come <<normativa»). 5 Tipico il caso di Cirillo di Gerusalemme: dalle sue catechesi prebatte simali, predicate attorno al 348, si può ricostruire il credo gerosolimitano di quegli anni. Cf. ancora Agitazione intorno alla confessione di fede, «Con cilium» 6 (1970) l, pp. 168ss, in cui si rilevano i simboli prevalentemente settenari della chiesa siriaca, mentre le chiese greche e romane preferiscono esprimere la propria fede in credo a dodici articoli. Purtroppo noi ignoria mo la testimonianza di fede delle antiche chiese orientali: cf. almeno F.S. PERICOLI RrDOLFINI, Le professioni di fede della Chiesa siro-orientale, «Stu di e ricerche sull'Oriente Cristiano» 1990, n. 3, pp. 123-147, che riporta la traduzione italiana commentata delle formule di fede della chiesa nestoriana influenzata da Teodoro di Mopsuestia.
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All'interno di questa lunga tappa patristica del credo si possono individuare due semitappe, che alm eno indiret tamente condizionano la fisionomia del simbolo di fede6. Una prima fase, coincidente con i primi 3-4 secoli, registra nella chiesa mediterranea uno stile di vita di fede imper niato sulla fraternità, sia tra i vari credenti all'interno delle singole comunità, sia tra le varie comunità relativamente piccole, sparse nell'ambiente mediterraneo. La sinodalità (o conciliarità) della chiesa antica esprime e concretizza il desiderio non primariamente di radunarsi per discutere e produrre formule, ma piuttosto di scoprirsi unanimi nella fede anche se appartenenti a lingue e culture diverse, quasi come segno di una perenne Pentecoste: prima che pensato re e ragionatore, il credente è testimone della propria fede ricevuta e vissuta nella sua chiesa locale. Tertulliano addita tale sensibilità quando afferma lapidariamente: «Quod apud multos zmum invenitur) non est erratum sed traditum: ciò che presso molti si trova unico, non è frutto di errore ma di tradizione» (De praesa. 28,3). I simboli di fede mostrano prevalente fisionomia liturgico-battesimale e servono a fa vorire e verificare il consenso fraterno in orizzontale: il che risulta abbastanza facile finché le comunità cristiane resta no relativamente piccole e ben amalgamate. Quando pian piano, nella svolta costantiniana successi va alla «pax Ecclesiae» fiorita con l'editto di Milano del 313, l'evangelizzazione coinvolge le masse, l'ascolto reci proco tra tutte le chiese locali diventa problematico. Risulta più facile verificare e incentivare il consenso nella fede pri � vilegiando le chiese-madri (patriarcati, chiese metropoli tane...). Così accanto alla fraternità in orizzontale emerge sempre più importante la dipendenza in verticale, espressa anche attraverso la bellissima immagine della maternità di
6 Qui seguiamo L. SARTORr, La «ricezione» nella chiesa credente, «Cre dereoggi» 8 (2/1982), pp. 47-58.
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certe chiese rispetto ad altre 7. I grandi concili del IV e V secolo (Nicea e Calcedonia, per esempio) sono vissuti come grandi momenti di liturgia �e di verl.fica di consenso, ma insieme si rivelano momenti di produzione di consenso con valore di «norma di fede». Pian piano alla fraternità suben tra robbedienza a una «norma di fede» 8' quasi cartina di tornasole della propria fede ortodossa.
2. PERIODO DELLE DIVERGENZE: SEGNO DI DIVISIONE Un secondo periodo per la fisionomia del credo cristia no inizia già con le grandi controversie dei concili cristolo gici patristici e si accentua fino ad esasperarsi nel secondo millennio cristiano. Anche per motivi catechistici9, ma so prattutto per puntualizzare la fede nei confronti di posizio� ni ereticali emerge sempre più l'esigenza di precisare la «/i des quae». Il credo si allunga in rifiniture teologiche sui 7 La chiesa di Roma come «chiesa madre» particolarmente verso l'Occi dente mostra una tradizione abbastanza composita: da una parte si colora di un accento mistico a morivo del sangue di due apostoli martiri a Roma, Pietro e Paolo; dall'altra non dimentica l'accento imperiale come forma giuridica di comportamento concreto. Negli atteggiamenti e nelle forme di intervento è spesso difficile scindere le due tradizioni. Cf. ].-M. TILLARD, Il vescovo di Roma, Queriniana, Brescia 1985, spec. pp. 85-97 e 110, per la fondazione sul martirio dei due apostoli. Probabilmente qualcosa di analogo si è verificato in altre chiese, ad esempio ad Alessandria in Egitto con Cirillo al tempo del concilio di Efeso. Per ciò che segue cf. anche L. FERRONE, Da Nicecz (325) a Calcedonzà (451), in G. ALBERIGO (a cura), Storzà dei concili ecumenici, Queriniana, Brescia 1990, pp. 11-118. 8 Per l'esatto significato patristico di «regula fidei-veritatis» d. la breve ma densa «voce» Regula /idei firmata da V. GROSSI in DPAC (dir. da A. Dr BERARDINO), II, Marietti, Casale Monferrato 1984, pp. 2981-2982; anche R.P.C. HANSON, Confessioni e simboli di fede, ivi, I (1983), spec. pp. 757758; D.F. WRIGHT, In che cosa credevano i primi cristzàni, in Storia del cri .\tùmesimo. Guida illustrata, ElleDiCi, Leumann (Torino) 1992 (ed. orig. inglese riveduta 1990), pp. 114-118.
. 9 Cf. ].N.D. KELLY, I simboli di fede della chiesa antica. Nascita, evoluzzone, uso del credo, Ed. Dehoniane, Napoli 1987, p. 64. 11
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punti contestati dagli avversari della fede ortodossa: assu progressivamente un'accentuata fisionomia dottrinale. Già il simbolo di Calcedonia àel 451 non è più cantabile nella liturgia: esprime la fede cristologica attraverso una formulazione che si rivela un capolavoro teologico, ma che è frutto di precisazioni doverose quanto lontane dal mo mento orante comunitario 10. Tale funzione apologetica della retta fede, con venature polemico-controversistiche, si accentua in particolare nel secondo millennio cristiano dopo la svolta carolingia, con il progressivo allontanarsi del contropeso della chiesa orien tale caratterizzata da uno spiccato senso dell'v1istero. Si ar riverà così su _?:u'fino alla «professio fidei tridentina» del 13 novembre 1564 e al giuramento antimodernista all'alba del nostro secolo. Prende consistenza un oaradosso sorpren dente: si confessa a Dio la propria fede �ddirittura per� divi derci come cristiani 11; iniziano le chiese confessionali12• Il simbolo di fede, nato per unire, diventa (particolarmente nel momento della riforma protestante) segno di divisione e di scomunica reciproca. Il credo, nato in ambiente liturgi co battesimale, non ha più a che fare con la liturgia: servirà tutt'al più per i catechismi, ma soprattutto assume la fisio nomia di giuramento di lealtà e di fedeltà alla propria chie sa specialmente quando vi si inizia un incarico ufficiale 13. me
1° Cf. R. CA�TALAl'vlESSA, Dal Cristo del Nuovo Testamento al Cristo della chiesa: tentativo di interpretazione della cristologia patristica, in Il pro blema cristologico oggi, Cittadella, Assisi 1973, pp. 131-182: la constatazione è scritta a p. 165 come conclusiva di attente pagine precedenti. 11
Cf. ancora Agitazione intorno .. . , cit., «Concilium» 6 (1970) l, p. 171.
Può essere interessante per un cattolico sapere che, nell'arco breve di tempo a ridosso dei grandi riformatori, le confessioni evangeliche di fede si moltiplicano: Valdo VrNAY nella Enciclopedia delle Religioni, II (Firenze 1970), pp. 322-324 porta l'elenco di sette confessioni di fede luterane e di ciassette riformate, tra cui almeno due valdesi italiane; cf. anche B. LOHSE, Bekermtnis - Teologiegeschicbtlich, RGG\ I, Tiibingen 1957, pp. 993-994. 13 Spontanea è una perplessità sul «iusiurandum fidelitatis» a cui si è obbligati, dal marzo 1989, nell'assumere incarichi particolari nella chiesa 12
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In tale paradosso il peso umano si evidenzia maggior mente: le specifiche teologie confessionali sembrano assu mersi il compito di allargare i fossati, interpretando la fede biblica con ottiche diverse, se non divergenti, e sancendo così i punti di divisione14. I destinatari del credo sempre . più preciso, almeno implicitamente, diventano gli avversari, contro i quali si esprime la fede con notevole carica polemi ca. La formula richiama l'obbedienza ai pastori della chiesa attraverso una elaborazione chiara, incisiva e autorevole che lascia sullo sfondo la fraternità cristiana; si impone sempre più la dimensione giuridica della proposta, nella preoccupazione dei «maiores in fide» verso i «rudes» di agostiniana memoria.
3. I
NOSTRI DECENNI: UN RITOR.l"'JO INTERESSANTE
La marginalità e la irrilevanza della fede cristiana, sof ferte negli ultimi decenni particolarmente dai credenti in vari ambienti europei e nordamericani caratterizzati da agnosticismo sereno e da indifferenza postcristiana15, provocano a ridire globalmente in modo nuovo la fede al cattolica, come parroci o professori nei seminari e facoltà teologiche: risulta un segno di speranza o di paura? Cf., per un esame accurato, G. THILS, La profession de foi et le serment de /idélité (Cahiers de La Revue Théologique de Louvain, 23), Louvain-La-Neuve 1989. 14 Cf. l'osservazione intelligente di]. RATZINGER in Storia e Dogma, Jaca Book, Milano 1971, p. 60 (nel contesto di pp. 51-70): «La differenza delle confessioni cristiane non viene dal Nuovo Testamento... deriva piuttosto dal fatto che ognuno ha letto il Nuovo Testamento con padri diversi... Tommaso d'Aquino e Lutero sono soltanto padri, ognuno per la propria parte».
15 Cf. la rassegna proposta da H. ScHNIIDT, Credere e professare in un mondo areligioso, «Concilium» 9 (1973) 2, pp. 165-186, e la relazione intro duttiva proposta ad Accra (Ghana) il24 luglio 1974 da R. MARLÉ all'inizio dei lavori di «Fede e Costituzione» sul tema Rendere conto della. speranza cbe è in noi: il testo di padre Niarlé in italiano lo si può leggere ad esempio in Professioni di fede e catechesi (a cura della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale- Sezione parallela di Padova), Padova 1977, pp. 12-17.
12.
nzondo contemporaneo, all'intera famiglia umana. Ivlostrare che la fede non è insignificante ma si prospetta incisiva nel positivo dell'amore e della speranza come nel chiaroscuro problematico del dolore, della morte e della prigionia sem bra essere il compito delle varie teologie (in qualche modo «pastorali») degli ultimi decenni, come la teologia della speranza, della liberazione, del dolore. Ritorna urgente nel le comunità credenti il tema della testimonianza e ripalpita la funzione kerigmatica dell'annuncio luminoso della pro pria esperienza di fede come «novitas fascinans», accanto alla funzione storico-escatologica di mostrare la fede co me progetto-superamento delle angustie presenti. Ripalpita perciò maggiorata la fides qua come progetto di vita e at teggiamento di disponibilità, rispetto alla precedente pre occupazione dottrinale puntata sulla fides quae. In tale contesto riesplode anche nella chiesa cattolica durante gli anni Sessanta e Settanta una notevole creatività di formule di fede: non solo in persone teologicamente ben preparate, ma soprattutto in ambienti di esperienza viva di preghiera, in piccole comunità, in movimenti e gruppi di credenti, desiderosi di dire la propria fede spesso col can to 16. Vorremmo qui semplicemente aggiungere alcuni aste16
Una documentazione più precisa sarà offerta più avanti. Al momento sia sufficiente segnalare la nostra sintesi di tono positivo dal titolo «Formule brevi» difede, oggi, «Rassegna di Teologia» 20 (1979) 6, pp. 449-460, assie me alle indicazioni di H. HARrNG, Esperienze con le «formule brevi» della fede, «Concilium» 25 (1989) 4, pp. 83-101, meno positive ma anche troppo limitate all'ambiente tedesco. Utili anche le osservazioni di R. BLEISTEIN nella «voce» Professione di fede stampata nel Dizionario di Catechetica (a cu ra di]. GEVAERT), ElleDiCi, Leumann (Torino) 1987 (orig. 1986), pp. 518520; cf. pure la stessa «voce» firmata da A. DoNGHI nel Nuovo Dizionario di Liturgia (a cura di D. SARTORE e A.M. TRIACCA), Paoline, Roma 1984, pp. 1)19-1129. E da aggiungere che il progetto ecumenico di «Fede e Costituzione» partito ufficiaLmente ad Accra nel '74 (utilissin1o perché ha incentivato la raccolta dei vari credo fioriti nelle comunità cristiane sparse nel mondo inte ro) si è concentrato ormai sulla ri-recezione del Credo niceno-costantino politano piuttosto che sulla produzione di un nuovo credo ecumenico: cf. la
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rischi esplicativi su tale pullulare di credo, riservandoci un r:same più attento nel prosieguo del nostro cammino. Anzitutto si può notare un progressivo superamento delle strettoie dell'identità confessionale, in un itinerario verso la riconciliazione o almeno verso il riavvicinamento dei credenti e delle comunità che confessano Cristo come Sianore. La preoccupazione di precisare nei minimi detta ali la propria identità confessionale di cattolico-protestan �e-ortodosso, pur con sussulti e ritorni a ondate, sembra la sciare il posto durante gli anni Settanta al desiderio di una identità cristiana precisata nel nucleo comune a tutte le confessioni. Lo si può facilmente annotare già nelle corren ti teologiche degli ultimi trent'anni: cattolici e protestanti si ritrovano insieme su certe sensibilità (teologia della spe ranza, teologia della liberazione) e semmai la distinzione avviene in trasversale più che in verticale. Si potrebbe forse affermare che nei credo brevi proposti negli ultimi decenni non si dimentica la presente identità confessionale, ma la si proietta inconsciamente in una identità futura che porta i tratti della riunificazione. Abbiamo così accennato anche alla seconda caratteristi ca dei credo brevi recenti: l'esigenza di riconcentrazione sull'essenziale della fede cristiana, da riesprimere poi nella pluralità delle culture. Per il cattolico si tratta di concretiz zare il principio della «gerarchia delle verità» dettato dal concilio Vaticano II (cf. il decreto Unitatis redintegratio, 11), e per tutti di tener conto della gerarchia anche dei «tempi» cristiani 17: in ogni caso il nucleo luminoso trinitarecente proposta Con/esser la fai commune. Vers une explication cecuménique de la fai apostolique exprimée dans le Syrnbole de N icée-Constantinople (381), «Document de Foi et Constitution», no. 140, Genève 1988: purtroppo non è fìnora tradotta in italiano neppure l'edizione definitiva inglese Confessing the One Faith. An Ecumenica! Explication o/ the Apostolic Faith as it is Confessed in the Nicene-Constanti;zopolitan Creed (381), «Faith and Order Paper», no. 153, WCC Publications, Geneva 1991. 17 A questa interessante «gerarchia di tempi» fa cenno il documento ecumenico segnalato alla nota 4. 1C::
rio e cristologico del credo ritorna a brillare e la sua luce viene rifratta sul pellegrinaggio umano della chiesa e dell'in tera umanità. Un'ultima caratteristica che i credo brevi del nostro periodo suggeriscono va individuata nell'istanza etica di impegno incisivo: appare ben presente la valenza utopico profetica, quasi «rivoluzionaria» della fede dinanzi alle mol teplici sfide mondiali come la pace, la giustizia e la salva guardia del creato 18. I credo brevi spesso salgono da comu nità del Terzo mondo, che vivono uno «status confessionis et martirii»: sono perciò testi molto gravidi di umano, ma pur nella loro provvisorietà e «regionalità» si rivelano mis sionari, in grado di dire una testimonianza forte, attraente e insieme disturbante per il non-credente. Vi si può anche in tuire un recupero di spiritualità fraterna più ampia, tipica dei primi secoli, in un mutuo scambio della verità vissuta: i credo vengono proposti senza alcuna pretesa di esaustività o di sostituzione degli antichi simboli di fede; emergono dai contesti e dalle voci più disparate, con un sapore agostinia no nel confessare a Dio i propri peccati ma soprattutto la propria gioia e la propria speranza, coinvolgendo i fratelli di fede nel comune canto e nel comune pellegrinaggio. Questa pagine iniziali già tracciano implicitamente tut to il cammino che vorremmo percorrere: una prima parte storica rinarra passo passo le espressioni fondamentali della nostra fede lungo i secoli cristiani; una seconda oarte vor rebbe fermare 1' attenzione sul fenomeno non a"'ilcora del tutto spento dei credo brevi degli ultimi decenni: affinché nulla vada perduto. 18 Testimone di tale sensibilità è C.F. VON WEIZSACKER in Il tempo stn.nge. Un'assise mondiale dei cristia;zi per la giustizia, la pace e la salvaguar dia della creazione, Queriniana, Brescia 1987. L'assise si è tenuta a Basilea
nel maggio 1989, patrocinata dalla Conferenza delle chiese europee (la KEK protestante e ortodossa) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (la CCEE cattolica): per un primo approccio cf. il n. 62 (2/1991) di «Crede reoggi» dal titolo Basilea e Seui interpellano le chiese.
PARTE PRIMA
LA STORIA
C.t-\PITOLO I LA PREISTORIA BIBLICA DEL CREDO CRISTIANO
Per tutte le generazioni cristiane sotto ogni cielo il pun di riferimento normativo resta la sacra Scrittura: da lì at tingiamo continuamente la luce per illuminare il cammino credente nella storia. La Scrittura tuttavia non contiene se non allusioni al credo: per questo motivo abbiamo titolato queste righe come «preistoria». In effetti varie formule di fede si possono leggere nella Scrittura sia vetero che neote stamentaria; ma tali formulazioni non pretendono di sinte tizzare la fede in maniera normativa come sarà per i credo cristiani del periodo patristico. Val la pena di aggiungere, sempre come premessa, che la professione di fede non è esclusiva del filone ebraico cristiano: anche l'antica religione iranica registra formule di fede, così come il buddismo offre formule di conversione e di affidamento al Buddha, per non parlare dell'Islam in cui è awertibile almeno l'int1usso ebraico 1. Tuttavia è difficil mente pensabile una formula di fede come proclamazione preghiera-conversione nelle grandi religioD.i cosmiche asia tiche, monsoniche e cicliche, non legate a un evento storico e ad una persona concreta, dove tutto si svolge secondo lo schema dei corsi e ricorsi. Almeno per quello che un occi dentale può cogliere dell'espressione religiosa orientale, lo schema-base della formula di fede <�io credo in te» non si addice a religioni come l'Induismo con le sue fluide conceto
1 Lo documenta brevemente già P. BRUNNER in Natura e funzione delle confessioni di/ede, in AA.VV., Un credo invecchiato?, Cittadella, Assisi 1971,
pp. 5-9: si tratta di un volumetto indubbiamente invecchiato ma che ritenia mo ancora prezioso per il nostro cammino.
zioni del divino2. Una confessione di fede sembra conge niale soltanto là dove la fede si articola chiaramente in fatti, persone ed eventi che toccano sul vivo l'uomo e provocano il fenomeno della sequela e del discepolato. In tale luce la formula di fede esprime normalmente anche una dimensio ne comunitaria e profetico-missionaria 3. Un rapido sguar do sull'Antico Testamento ce lo può già confermare. 1. ANTICO TESTA.l'vlENTO
Per esaminare correttamente e comprendere con un mini mo di profondità le formule di fede offerte dall'Antico Patto, su cui anche il Nuovo si radica, risulta indispensabile richia mare il retroterra culturale israelitico che va individuato nella storia di Dio con il suo popolo4• Nell'ambiente ebraico la fisio nomia di Dio non è dedotta da una metatLtsica astratta: Dio si fa riconoscere dal suo popolo attraverso awenirnenti ben pre cisi; noi possiamo rivolgerei a lui perché egli per primo si è ri volto a noi. Profeti e salmi sono testimoni di questa luminosa convinzione durante tutta una storia che trova il suo nucleo i.njziale nell'Esodo. L'ambiente ideale, anche se non l'unico, per la fioritura di formule di fede si rivela il culto, momento di preghiera corale per la comunità credente. 2 Cf. H. FRIEs nel volume La fede contestata, Queriniana, Brescia 1971, pp. 82-85, più tardi ripreso in Teologia fondamentale, sempre della Queri �iana, Brescia 1987, pp. 73-96 e ir: Professione di/e �- Cot essi�nr:, :� gzòsa 1ll P. ErcBER (a cura), Enczcloped:a teologzca, Quenmana, nre:;oa Dò'1, pp. 803-810; per la fine degli anni Sessanta cf. anche J. RATZINGER (ma con lo sguardo rivolto prevalentemente alla cultura europea) in Introduzione al cri stianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Queriniana, Brescia 19691 (più volte riedito pure in traduzione italiana), pp. 2ì-47.
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3 Cf. Agitazione intorno alla confessione di fede, cit., «Concilium» 6 (1970) l, pp. 165-168. " Cf. ]. ScHREINER, Lo sviluppo del «Credo» israelita, «Concilium» 2 (1966) 6, pp. 135-147; B. LANG, Confessioni di fede dell'Antico e del Nuovo Testamento, «Concilium» 14 (1978) 8, pp. 21-32; TH . SCHNEIDER, La no stra fede, cit., pp. 27-34.
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In tale luce si può richiamare il dato iniziale su cui si in nesta la risposta di fede ebraica. In Es 20,2 come in Dt 5,6 il proemio alla legge del decalogo suona: «Io sono Jahvè tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione di schiavitù». All'inizio sta un fatto salvifico di liberazione, su cui si inserisce la richiesta di fedeltà all'al leanza concretizzata nell'osservare i comandi del Signore. La risposta corale del popolo ebraico <<]ahvè è Dio» la si può trovare ripetuta in alcuni passaggi cruciali della sua storia: ad esempio, in Gs 24,16-18 nella rinnovazione del l'alleanza iiJ. Sichem dopo il passaggio del fiume Giordano; in 1Re 18,39 a conclusione del drammatico confronto tra Elia e i quattrocentocinquanta profeti di Baal sul monte Carmelo; nella preghiera dei Salmi come il 105,ì e il 136. Perciò la confessione di fede ebraica si configura come ri sposta su qualcosa, o meglio su qualcuno, s� cui fondare l'esistenza: assume una connotazione decisiva e impegnati va in ordine alla ·impostazione della propria vita, iscritta nella struttura dell'alleanza. Non manca l'accento di lode e di adorazione, ma la scelta quasi giuridica che si esprime nella formula di fede afferma. in prima istanza l'impegno esistenziale in un aut-aut che colora intensamente la vita del credente. Va aggiunto che tale risposta si colloca nella storia, sulla stessa lunghezza d'onda delle gesta storiche di Dio, salvifiche per il suo popolo. Da tali awenimenti si pre cisa la fisionomia di Dio come «colui che ti ha condotto fuori dalla terra d'Egitto, dalla condizione di schiavitù»5, Su tale sfondo si possono privilegiare per la lettura com mentata due formule veterotestamentarie di fede: Dt 26,5-9 nel contesto dei vv. 1-11, e Dt 6, spec. w. 4-8. La prima coincide con un «piccolo credo storico» recitato dal conta dino ebreo che si reca al santuario per offrire al sacerdote Il che non è insignificante per il cristiano, che in tale orizzonte si tro verà a suo agio quando nel Nuovo Testamento la fisionomia di Dio si confi gurerà come «colui che ha risuscitato Gesù». 5
le primizie del raccolto. Nella traduzione interconfessionale il testo suona così: Il mio antenato era un nomade senza patria, andò in Egitto e abitò là con un piccolo gruppo di persone; diventarono un popo lo grande, forte e numeroso. Gli egiziani ci maltrattarono e ci op pressero, ci costrinsero a una dura schiavitù. Invocammo l'aiuto del Signore, Dio dei nostri padri: ascoltò le nostre grida, vide la nostra sofferenza, la fatica e i maltrattamenti. Il Signore ci liberò dall'Egitto, usò potenza grande e straordinaria, riempì tutti di terrore, compì miracoli strepitosi. Ci ha condotti in questo posto, ci ha dato questo paese, paese dove scorre latte e miele. Per que sto offro le primizie della terra che il Signore mi ha dato.
Si tratta di un credo cultuale orale che precede la tradi zione scritta e che in qualche modo è norma per la redazione scritta: il credente narra, passando con naturalezza dal prono me singolare al plurale, dall'io personale al noi comunitario) awertendo di essere coinvolto personalmente nelle vicende del suo popolo guidato da Dio, adesso come allora. Il nucleo lumir1oso della fede, che motiva il gesto dell'offerta, sta nell'e sperienza storica della misericordia eli un Dio liberatore che ascolta il grido del suo popolo. Anche nell'insegnamento fa miliare, per spiegare il significato delle leggi e delle norme ebraiche, il papà dirà al suo bambi110 l'identico motivo lumi noso: «Noi eravamo schiav--i del faraone in Egitto, e il Signore con la sua potenza, ci fece uscire dall'Egitto. Sotto i nostri occhi il Signore fece segni e miracoli grandi e terribili ... » (Dt 6,20-24). Alle tribù d'Israele radunate in Sichem dopo il pas saggio del fiume Giordano, nel chiedere una ratifica dell'al leanza e un servizio fedele a Dio, Giosuè ritorna sugli stessi motivi storico-teologici iniziando così: «Nei tempi antichi i vostri antenati...» (cf. Gs 24,2-13). La seconda formula è il credo centrale nella liturgia ebraica della sinagoga postesilica, recitato ogni mattino e ogni sera dal pio ebreo: lo Shema Jsrael6• 6
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Cf. M. \V'YSCHOGROD, The «Shema Israel» in ]udaism and the New
Ascolta, Israele: Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo! Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. Le parole di questo coman damento, che oggi ti do, restino nel tuo cuore: le ripeterai ai tuoi figli, le dirai quando ti corichi e quando ti alzi. Le legherai come un segno sulla tua mano e le porterai come un pendaglio davanti agli occhi. Le scriverai sugli stipiti della tua casa e all'ingresso delle città.
La formula si prospetta teologica e cultuale nel porre l'accento sul monoteismo del]ahvè} e Jahvè soltanto, ma in sieme esprime una forte connotazione esistenziale: la fede in Dio esclude tutti i possibili concorrenti che pretendono assolutezza. Le realtà terrene, anche le più preziose, resta no realtà penultime. Il credo sottende la convinzione di un permanente «vivere con Jahvè» che permea in modo incisi vo l'intera vita familiare e pubblica. Può apparire paradossale il fatto che in ambedue le for mule riportate non sia nominata l'alleanza del Sinai come momento particolarmente signi±ìcativo a fondazione della vita spirituale e morale del popolo. Probabilmente nella formula di fede ebraica resta in primo piano soltanto la li berazione dalla schiavitù egiziana, ·per riaffermare l'attualità dell'alleanza con «noi viventi» 7• La costante persuasione d'Israele in ogni generazione afferma: «Il Signore nostro Dio ha concluso con noi un'alleanza sul monte Oreb; non l'ha conclusa con i nostri padri, ma proprio con noi che sia mo ancora vivi» (Dt 5)). Questi rapidi cenni permettono di affermare che la pro fes:-.;iGne di fede veterotestamentaria richiama e riesprime una scelta fondamentale di tutto il popolo nell'entrare nella terra promessa: Jahvè e non altre divinità! In primo piano emerge questo valore esistenziale che colora intensamente Testament, in The roots o/ our common /aith. Faith in the Scriptures an d in the early Clmrch, «Faith and Order Paper» no. 119, Geneva 1984, pp. 2.3-32. ì Così pensa J. SCHREINER, Lo sviluppo del Credo israelita, «Concilium» 2 (1966) 6, p. 144, citando gli studi di von Rad sulla «Storia delle forme».
l'esistenza, relativizzando tutte le realtà della vita e relazio nandole a Dio; accanto emerge subito il valore «politico» di tale formula di fede contro i vari idoli umani concorrenti di Dio e pretendenti un ruolo centrale nel cuore della crea tura. l\lla i profeti e i salmi non dimenticano il valore spon taneamente orante dossologico-litanico che scaturisce dalla presa di coscienza delle opere salvifiche di Dio verso il suo popolo: il salmo 136 invita a ripetere ad ogni versetto il ritornello «eterno è il suo amore per noi» (cf. spec. i w. 1024). Nella deportazione il richiamo alla liberazione dalla schiavitù sarà la base per il rimprovero dell'attuale infedel tà e per la speranza di una nuova liberazione (cf. Ez 20) e diventerà solenne preghiera nel pubblico digiuno dei rim patriati (cf. Ne 9, spec. w. 7-24). 2. Nuovo lESTA.1v1ENTO Tutto il Nuovo Testamento risulta incentrato sulla per sona del Signore Gesù e ne è una testimonianza di fede; lo stesso doppio nome «Gesù Cristo» sottintende in realtà un verbo che congiunge i due termini «Gesù è il Cristo, il l\;Iessia»; l'abbinamento esprime dunque una confessione di fede abbastanza evidente8. Anche per un serio balbettio sul Nuovo Testamento proponiamo una breve premessa per poi leggere con attenzione due formule di fede della primitiva tradizione apostolica. Pur sotto forme svariatissime, la professione di fede neotestamentaria si risolve sempre in una risposta alla do8 Cf. W. KASPER, Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia 19773, pp. 10-17. Per questo tratto ogni buon testo di cristologia può essere utile: !imitandoci a segnalare alcuni studiosi italiani, cf. sul piano biblico G. SEGALLA, La cri stologia del Nuouo Testamento, Paideia, Brescia 1985 (seconda edizione del lo studio proposto in Il problema cristologico oggi, Assisi 1973, pp. 15-143); sul piano teologico B. FORTE, Gesù di Nazareth, storia di Dio, Dio della storia, Pao lin e, Roma 1981 I, pp. 88-132; M. BORDONI, Gesù di Nazareth. Presenza, memoria. attesa, Queriniana, Brescia 1989, spec. pp. 61, 249, 385.
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manda che già i discepoli del Battista rivolsero a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (lVlt 11 ,.3). Gli scrittori del N uovo Test amento si trovano già dinanzi ad una prima presa di posizione tragicamente negativa nei confronti di Gesù, concretizzatasi nella croci fissione. Paolo stesso riporta l'eco del drammatico aut-aut dinanzi alla persona e alla vicenda umana del Nazareno nelle due formule accostate «Gesù è anatema, maledetto l Gesù è Signore!» (cf. lCor 12,1-2). La presa di posizione credente neotestamentaria è condensata nella formula luca na a conclusione del giorno di Pasqua: «Realmente il Si gnore è risorto ed è apparso a Simone» (Le 24,34). A monte della predicazione apostolica, delle riflessioni teologiche e degli scritti cristiani sta questa affermazione centrale del credo: Gesù è il risorto! Da tale nucleo si ridi segna la fisionomia di Dio come colui che si è schierato dal la parte del crocifisso contro la confessione negativa dell'e secuzione capitale, come colui che ha risuscitato Gesù dai morti. I discorsi di Pietro nei primi capitoli degli Atti come vari cenni delle Lettere paoline affermano che la Pasqua è la cifra del credo cristiano in Dio e nel suo Messia, nel qua le le promesse di Dio sono «SÌ» e· <�amen», cioè hanno tro vato realizzazione concreta (cf. 2Cor 1,19-20)9.
Su questo sfondo due brevi formule di fede vanno lette con particolare attenzione, perché verbalizzano l'identità della fede cristiana e la rendono conoscibile e trasmissibile, nella fedeltà attenta alla tradizione apostolica 10. La prima è ,-.. � J: : l 1 •1 lllUlVluuaoue m 1�or D,l-J: s1 tratta della tormula pm an·-
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9 Cf. D. STA.t'\JLEY, Lo schema tradizionale della predicazione primitiua, «Concilium» 2 (1966) 6, pp. 148-161;]. CA.tviBIER, Paolo e la tradizione, ivi, pp. 162-176;]. GUILLET, Le prime parole della fede, EDB, Bologna 1979.
1° Cf., per questo tratto, i «frammenti di credo» segnalati da ].N.D. KELLY, I simboli di fede della chiesa antica, cit., pp. 6-28, e da TH. SCHNEI DER, La nostra fede, cit., pp. 35-38. Noi seguiamo più dà vicino P. BRUN NER, Natura e funzione delle confessioni di fede, cir., pp. 26-49. 25
tica, ben stilizzata, linguisticamente gerosolimitana e perciò prepaolina, a cui Paolo si attiene e chiede alle sue comunità di attenersi coD fedeltà. Il testo dice così: Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ri cevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunciato. Altrimenti avreste creduto invano. Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
I verbi iniziali «ricevere» (paralambanein) e «trasmette re» (paradid6nai) caratterizzano il fatto della tradizione cri stiana: la formula di fede che essi introducono si prospetta normativa per le comunità paolit1e, quasi indicazione cano nica per la predicazione del vangelo che si allargherà come sviluppo di questa formula fondamentale. L'insistenza sul l'aspetto ecclesiale della trasmissione fedele, ribadito poco prima nella stessa lettera anche per l'eucaristia (cf. l C or 11,23), dice l'importanza della formula che immediatamen te segue. Se teniamo presente che per la cultura ebraica ve terotestamentaria, accentuatamente storica, la chiave di un testo si trova nei verbi, possiamo senz'altro individuare le due «colonne» attorno a cui si struttura la formula di fede cristiana: due verbi appartengono al dramma del venerdì santo («morì e fu sepolto»), due verbi additano la luminosi tà del mattino di Pasqua («è risuscitato e apparve»); attor no a questi quattro fatti storici si concentra l'evangelo in una formula che diventa un piccolo catechismo orale a fon damento della vita della comunità. Va aggiunta la chiara connotazione soteriologica della morte di Gesù («per i no stri peccati») e la coscienza che in Gesù morto e risorto si realizzano le promesse veterotestamentarie di Dio («secon do le Scritture»). In due versetti (3 -5) l'apostolo riporta la «regula fidei» valida anche successivamente per le genera26
zioni cnstlane: esprime in modo libero ma insieme vinco lance le gesta centrali salvifiche di Dio che in Cristo hanno cambiato la storia dell'umanità; la formulazione resta libe ra, perché la paradosis non chiede dei pappagalli ripetenti formule fisse: ma fissi restano i fatti storici e il contenuto della fede. Altre formule paoline si possono accostare a conferma: ad esempio, 1 Ts 4,14 (lo scritto più antico del Nuovo Te stamento) afferma: «Noi crediamo che Gesù è morto e ri sorto»; Rm 4,24-25 suona la stessa sinfonia nel commentare il versetto biblico rivolto ad Abramo padre nella fede: «gli fu accreditato come giustizia», perché l'apostolo aggiunge: dVla anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione». La seconda formula degna di particolare lettura ci viene segnalata in fu-n 10,9-10, dove l'apostolo scrive: Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e cre derai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
La salvezza cristiana è condizionata a una confessione aperta, pubblica (omologhéin) e a un credere profondo nel cuore (pistéuein): i due livelli segnalano un aspetto dossolo gico (che coinvolge il cuore in senso biblico) davanti a Dio, e un aspetto quasi forense pubblico davanti alla comunità, agli uomini. Ma oltre alla forma ci interessa il contenuto di fede, chiaramente delineato in quel «Gesù è il Signore» e il suo corrispettivo teologico «Dio lo ha risuscitato dai mor ti». Tenendo presente il contesto storico in cui il termine Kyrios veniva attribuito alle divinità pagane e all'imperato re 11 e a J ahvè stesso nell'ambiente ebraico della traduzione u Cf. illvlartirio di san Policarpo 8,2 (cf. anche 9,3), dove la formula 27
dei Settanta, possiamo intuire nella formula «Signore è Ge sù» una delle confessioni di fede più antiche e più espressi ve della specificità cristiana. Nel termine «Signore» o «IVIar (a)» si condensa l'esperienza palpitante del discepolato pre pasquale caratterizzato dalla convivenza capace di captare l'autorità straordinaria del Gesù storico nei miracoli e nei discorsi; vi si accompagna l'esperienza comunitaria post pasquale dell'attesa del Signore che deve ritornare come giudice della storia (cf. il Maranatha, «Signore nostro, vieni!» di 1Cor 16,22; cf. Ap 22,20 ; Didachè 10,6). Tra i «tempi» della prima e seconda venuta, nell'oscuro interval lo caratterizzato dal silenzio di Dio, egli è con noi, soprat tutto nella cena eucaristica, invocato come Signore assente presente: «Ogni lingua proclami che Gesù è il Signore» (Fil 2,11). Egli resta al di sopra di tutte le potenze cosmiche: noi siamo sua proprietà in vita e in morte. Tale conv mzio �e conclude anche il quarto vangelo nel la confessione di fede pasquale dell'apostolo Tommaso: «Signore mio e Dio mio!» (Gv 20,28), preceduta da un'a naloga formula conclusiva del capitolo 6 sul pane di vita e detta da Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68) 12• La figura di Pietro richiama spontaneamente anche la professione di fede a Cesarea di Filippo, posta a metà dell'esperienza di discepolato con il Gesù terreno secondo i sinottici (cf. Mc 8,29; l\llt 16,16; Le 9,20). Per avviarci alla conclusione del nostro breve sguardo sulle formule di fede offerte dal Nuovo Testamento, dob«Kyrios Kaìsar» è proposta al martire come formula di rirmegamento della fede cristiana (cf. il testo greco nella collana francese delle Sources Chrétien nes n. 10, Paris 1969, pp. 220 e 222 e in quella spagnola della BAC, Padres Apostolicos, Madrid 1965, pp. 678-679): lo segnala ancheJ.N.D. KELLY ne I simboli di fede della chiesa antica, p. 14 nella nota �8. 12 In realtà tutto il vangelo di Giovanni è risposta concretata in vari tito li cristologici all'autorivelazione di Gesù: cf. E. Kl\.�-\tiL_/�u.Y, Beleenntnis ltn .
N.T.,
28
RGG\
I, pp.
991-992.
-
biamo ancora segnalare i possibili sviluppi trinitari del cre do cristiano: nella quindicina di formule triadiche, che si possono rilevare nelle lettere paoline e cieuteropaoline, almeno due testi abbastanza comuni vanno ricordati. Si tratta della benedizione tripartita con cui si conclude la se conda lettera ai Corinzi (2 Cor 13,13) e con cui spesso si inizia la liturgia eucaristica cattolica: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi». La seconda formula si trova nel mandato battesimale di lVIt 28,19: «Andate dunque e am maestrate tutte le nazioni> battezzandole nel nome del Pa dre e del Figlio e dello Spirito Santo». Da questo «mandato» spontaneamente prenderanno avvio i credo della chiesa nascente, dato che l'ambiente privilegiato della formula di fede sarà offerto proprio dalla celebrazione del battesimo. _,_A_..tti 8,3 7 (nel versetto interpo lato di probabile provenienza occidentale) 13 è ancora testi mone di una formula accentuatamente cristologica per il battesimo: «Credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio». Il nucleo del credo neotestamentario resterà cristologi co-pasquale, pur con notevoli arricchimenti soteriologici («per noi, per la nostra salvezza, per la nostra giustificazio ne») e con esplicitazioni come la discesa agli inferi e l'asce sa al cielo (cf. lPt 3,19 e 22). I modelli progressivamente diventeranno più definiti con Ignazio d'Antiochia, Giusti no, Melitone di Sardi, ma maturando processi teologici di precisazione già di.11amicamente presenti nel Nuovo Testa mento, almeno fino ad Ireneo 14. Infatti, se le lettere di Pao13 Il versetto 3 ì viene abitualmente omesso anche nelle traduzioni uffi cìali come quella della CEI, perché assente nei più importanti manoscritti greci e perché linguisticamente non lucano. Tuttavia già Ireneo e Cipriano citano gli Atti con il v. 3ì, a testimonianza dell'antichità della formula dì fede attribuita all'etiope battezzato da Filippo: probabilmente il v. 37 è l'eco di una antichissima liturgia battesimale. ·
14 Cf. R. CANTALAMESSA, Introduzione all'edizione italiana dì ].N.D. KELLY, Il pensiero m:Stiano delle origini, Mulino, Bologna 1972, pp. XVIII-XX; 29
lo costituiscono il nocciolo iniziale della fede puntata sull'e vento della Pasqua, già i vangeli segnalano il progressivo arretramento: Marco inizia dal battesimo di Gesù al Gior dano, l\;latteo e Luca arretrano l'inizio alla nascita terrena di Gesù e il quarto vangelo inizia dalla preesistenza del Verbo; gli Attf invece proseguono la vicenda di Gesù nel l' ascensione e l'Apocalisse prospetta la seconda venuta del Signore 15. Al centro resta comunque il fatto pasquale, da cui si dipana la fisionomia di Dio come colui che ha risusci tato il Figlio suo dalla morte, e i.11sieme si precisano i linea menti dell'uomo e della storia umana come vivificata da Dio in Cristo, e perciò suscettibile di salvezza. Progressivamente emergono anche le varie funzioni che una formula di fede può assumere già dal Nuovo Testa mento: il credo si propone come cellula germinale dell'an nuncio evancrelico, e dunque si colora di una funzione ke ricrmatico-ca�echistica; diventa norma della predicazione, q�asi formula dogmatica concentrata, ed espressione della scelta esistenziale, prendendo anche una funzione forense, senza dimenticare la funzione liturgica in relazione al batte simo e alla santa cena come base dell'istruzione battesimale e stimolo all'acclamazione innica; diventerà in seguito fon damentale una funzione apologetica di difesa dall'eresia, crià i.t1dividuabile nella 1Gv 2,22; 4,15; 5,1.4ss. o La nostra è una breve rassegna biblica senza eccessivi apProfondimenti: e tuttavia non pensiamo inutile aver trac d;to la �<preistoria>> su cui progressivamente si clisegnano i credo della chiesa antica e di ogni tempo.
IDEM Dal Cristo del Nuovo Testamento al Cristo della chiesa, cit., pp. 152153; �f. anche il più umile J.N. BEZANçON-J.M. ONFRAY-PH. FERLAY, Per dire il credo, Borla, Roma 1988, pp. 9-17. 15 Cf. R. CANTALAtvlESSA, Dal Cristo del Nuovo Testamento al Cristo della chiesa, cit., spec. pp. 136-138; in breve anche L. LONGOBARDO, Intro duzione all'edizione italiana di J.N.D. KELLY, I simboli di fede della chiesa antica, cit., pp. XVI-XVIII.
CAPITOLO II IL CREDO CRISTIANO NEI SECOLI DEI PADRI
I primi secoli della vita della chiesa restano particolar mente significativi per le generazioni successive: segnalano il passaggio dal kérigma al dogma, dall'annuncio narrativo degli eventi luminosi della storia di Gesù alla proposta di fede della chiesa caratterizzata dal cammino della verità cri stiana, dal suo «divenire» attraverso termini e categorie cul turali abbastanza diversi dalla sensibilità pratico-salvifica iniziale. Pur nel tracciato sempre cangiante della storia, lo sfor zo di accostare in modo corretto il mistero di Dio rivelatosi in Cristo percorre tutte le gen�razioni cristiane, specie nel passaggio dal Nuovo Testamento ai credo della chiesa: si tratta di mantenere il paradosso dell'identità nella contrad dizione; affermare che Gesù è Signore significa che la vicen da umana di Gesù è vicenda di Dio tra noi, realmente gesti ta da Dio. Tale affermazione, che al cristiano attuale appare scontata almeno come ipotesi possibile, non lo era affatto per il mondo culturale mediterraneo a cui si rivolgevano i primi credenti in Cristo, come subito accenneremo. Qui ci interessa ribadire la preoccupazione costante delle prime generazioni verso un corretto accostamento delle fonti, nel la coscienza che si trattava dell'identità stessa della chiesa 1• 1 Cf. i trattati attuali di cristologia, nella parte storico-patristica, come _ ad esempiO B. FoRTE, Gesù di Nazareth, storia di Dio, Dio della stor;ia, cit., pp. 133ss. In genere le trattazioni sistematiche si rifanno a studi storici seri: noi qui teniamo presenti specialmente R. CANTAL�'VIESSA, Dal Cristo del
l. IvloMENTO SUBAPOSTOLICO A ridosso della predicazione apostolica i credo della chiesa avvertono il flusso vivace della cristologia pasquale, in una sostanziale omogeneità di fondo con l'asse della Scrittura, «a dimostrazione dell'annuncio evangelico» (IRE NEO, Adversus Haereses, 3 e 6). Tre annotazioni possono esplicitare il progressivo formarsi del credo nei primi de cenni dopo i tempi del Nuovo Testamento. Anzitutto si registra un arretramento daJla Pasqua verso la vicenda terrena di Gesù e i suoi inizi, fenomeno già av vertibile a livello di Nuovo Testamento: nei primi Padri questo accento porta ad evidenziare la figura della Vergine Maria quasi a difesa della reale vicenda umana di Gesù contro possibili di.111inuzioni gnostiche. Ignazio di Antio chia, che muore martire verso il 110 a Roma, insiste: Siate sordi se qualcuno vi parla senza Gesù Cristo, della stir pe di Davide, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiò e bevve, fu veramente perseguitato sotto Ponzio Pilato, fu vera mente crocifisso e morì, sotto lo sguardo di esseri celesti, terrestri e degli inferi, che fu veramente risuscitato dai morti, poiché suo Padre lo risuscitò . . . (Trall. 9; cf. anche E/ 18,2 e Smirn. 1,1-2).
Melitone di Sardi afferma in un'omelia verso la fine del secondo secolo:
Nuove Testamento al Crzsto della chiesa, cit., pp. 143-197; A. GruLLMEIER, Gestì zl Cristo nella fede della chiesa. vol. I. tomo I e II: Dall'età aoostolica al conczùo di Calcedonia, Paideia, Bres�ia 1982 (testo monumentale di 1060 pa gine nella traduzione italiana, operata sull'edizione tedesca Jesus der Chrzstus im Glauben der Kirche del settembre 1979 (Freiburg-Basel-Wien, con corre zioni e nuove integrazioni dell'a.); IDEM, Ermeneutica moderna e crùtologia antica, Queriniana, Brescia 1973; ].N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle origini, Il Mulino, Bologna 1972; P. SMULDERS, Sviluppo della crùtologia nella storia dà dogmi e nel magùtero, in Mysterium 5alutz5, V, Queriniana, Brescia 1971, pp. 493-597. In particolare per le Confessioni e Simboli difede nel primissimo periodo patristico cf. questa «voce» nel DPAC (dir. da A. DI BERARDINO), I, Marietti 1983, pp. 757-758, firmata da R.P.C. HANSON.
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Questi è colui che si incarnò ne a V ergine, che fu appeso al . terra, che nsorse dai morti e fu assunto legno, che fu sepolto m nelle altezze del cielo (Perì tozl Pascha, 70)2.
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PriJ?a d lui, a a metà del secondo secolo, una splendi da test1momanza m contesto battesimale viene offerta da Giustino martire (cf. Apol. I, 13 e 61) 3. . Una s�conda annotazione, che caratterizza il periodo a ndosso del tempi. del Nuovo Testamento, segnala una fiori . tura dei credo come frutto dello sviluppo della liturgia bat . . tesm:ale sulla linea del «mandato» riportato da j\;lt 28,19. Il n�cc10l� d el �redo ormai trinitario appare li.rnpido dai pri . mi brevissimi credo battesimali, come quello giunto a noi attraverso la �ecensione copta etiopica di un'opera apocri fa, detta Epzstula Apostolorum, scritta attorno al 160 in Asia Minore (l'attuale Turchia): i cinque articoli del credo so�o spiegati in analogia con i cinque pani del miracolo della moltiplicazione e sono esplicitati così: [Credo] nel Padre dominatore dell'universo,/ e in Gesù Cri sto salva�ore nostro, l e nello Spirito Santo il Paraclito, l e nella santa chresa, l e nella remissione dei peccati -1_
. Analoga. indicazione offre il. simbolo in lingua greca gm�to � noi attraverso un frammento egiziano che riporta la hturg1a della metà del IV secolo, ma il cui credo appare senz'altro molto più antico: r�do � Di? padre don:inatore di tutto (pantokréttor) l e nel suo J.Iglio unrgemto nostro S1gnore Gesù Cristo l e nello Spirito il
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2 C�. il bel tratto dell'Ome!za sulla Pasqua di MELITONE DI SARDI, ve scovo, nportato come seconda lettura nella Liturgia delle Ore al Giovedì Sant?: �l_ breve brano da noi riprodotto sta alla fine della lettura proposta dal brevrano. 3• Per tu�� i �esti significativi dei Padri apostolici, particolarmente di T .Lgnaz1o � d1_ vmsn�o martire cf. ].N .D. KELLY, I simboli di/ede della chiesa antzcf, clt., pp. 64 15: da quelle pa�ine abbiamo tratto la traduzione italiana. � . Cf. testo la tmo m DS l; tr. It. dal KELLY, I simboli. . , p. 81. .
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santo l e nella risurrezione della carne nella santa cattolica chiesa5.
Sulla stessa li11ea si possono accostare� s:imbol� �:h f.J-ra� te della Siria orientale che propone un confronto �ntlco �on il vivace giudaismo teologico, e la p�ecisa te�timoma�za d1 Ire� neo in un contesto con_nesso con il batteslffio (d. 1 due testi riportati dal KELLY ne I simboli. .., pp. 77-78: dall'Epidez:Xz5 al c. 6 e dall'Adv. Haer. I, 10,1: PG 7,549) 6. . Il credo greco del papiro egiziano Dér-Bahzeh, trado�t� qualche riga sopra, avverte ulteriormente c�� le c�mumta _ il credo Ql due 1nfluss1: arricchiscono ... '"'-�r+�,-,�= alla11�Stiche r· . dalla teologia pagana accolgono un aggettivo �on cm nslo nomizzare il Padre come pantokrator, cioè onmpoten�e, do m1natore (dal verbo kratéin che richiama la prospettiva del d�minio); dalla frequentazione biblica ricevono il richia�o L.t.l�L..lallL
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come traguardo della vicenda umana c�e �oinvolg� l'u�mo . intero. Ma si può affermare che nel pnm1 �ecenm de� �v ventura della chiesa nella storia sotto il sofrio dello Sp1nt? il centro del credo resta cristologico: vi si ribadisce la SI gnoria salvifica di Gesù, a cui si aggiunge un cenno ali? Spirito Santo e alla chiesa . Questo nucleo .iniziale prog�essl vamente si svilupperà nel contesto battesimale, per esige? ze catechistiche e anche sotto lo stimolo critico delle eres1e.
2. IL SIMBOLo
IN OcciDENTE
In Occidente, anche per il prestigio della chiesa_ di Roma � lo sviluppo del credo si prospetta liD. eare, a differenza di quanto ;�errà in Oriente dove il dibattito culturale registrerà s�ossonJ e difficoltà con ripercussioni evidenti sul credo. Cf. testo greco in DS 2; tr. it. dal KELLY, I simboli... , pp. 87-88. Il secondo testo di Ireneo, il più noto, si può leggere per esteso anche in TH. SCHNEIDER, La nostra fede, cit., p. 49. 5
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La forma occidentale, che prende av--vio nella multiraz ziale comunità romana, si costruisce come sintesi siro palestinese narrativa e insieme greca sis t emati ca che darà luogo, progressivamente in varie tappe, al Simbolo apostolz� co 7• Il suo nucleo iniziale espresso in stile di domanda risposta battesimale (quasi pr�-forma del simbolo romano) si può leggere nella Traditio apostolica di Ippolito e suo na così: [Credi in Dio Padre onnipotente?] l Credi in Gesù Cristo, Figlio di Dio, che è nato di Spirito Santo da Maria vergine, e fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e morì e fu sepolto, e risorse il terzo giorno vivo dai morti, e ascese nei cieli e siede alla destra del Pa dre, (e) verrà a giudicare i vivi e i morti? l Credi nello Spirito Santo, e la santa chiesa e la risurrezione della carne? 8.
La formula (segnata dagli specialisti con la sigla H dal nome dell'autore che la riporta: Hippolytus) si propone evidentemente trinitaria, ma con sviluppo notevole della parte cristologica caratterizzata dallo stile paratattico narra tivo semita, espressa con linguaggio biblico e illuminata da uno spunto escatologico («verrà a giudicare i vivi e i mor ti») . Poiché Ippolito è un deciso conservatore nella difesa della tradizione, la formula di fede da lui riportata all'alba del III secolo probabilmente riecheggia la fede trinitaria vissuta ed espressa attorno al 150, contro il docetismo va lentiniano e marcionita. La forma dichiarativa del simbolo romano (forma R per gli specialisti), adatta per la traditio e redditio Symboli (con segna e riconsegna del Simbolo ai catecumeni nella quaresi7 Per quanto segue ci si può appoggiare in prima battuta a A. ADA.J.Vl, Apostolikum, RGG', I, pp. 510-513 e a lvi. LACKO, Cristianesimo, in Enci clopedia delle Religioni, II (Firenze 1970), pp. 466; IDEM, Simbolo apostoli co, ivì, V (Firenze 1973), pp. 1085-1087; più recentemente a S. SABUGAL, Io credo. La fede della chiesa, Dehonìane, Roma1990 (orig. del1986), spec. pp. 11 21ì .L.J.•..JV.
8
Cf. testo latino in DS 10.
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), si .co�tr�is�� ma immediatamente precedente il battesimo si e msistltl preci ben i punt di serie una nel III secolo in � �vere hri�tur_n» e contro due possibili linee ereti�ali nel «SO . nduziOnlS�O nmo n distruggere il paradosso cristl�nO .l? n che cl t gnos tisn �ga�an'? l� � era rappresentato dai doce aLa d1 Dw tamm mcon sfera la re salva manità di Cristo onde . ra ne andie b a' por! rispetto alla materia; il secondo �rovava � .. Il uo�o sol e o Cnst � gli ebioniti adozianisti affermanti che . leia, Aqui d1 prete o, Rufm da tato testo latino di R ci è ripor olum apostolo verso il 404 nel suo Commentarius in symb (con parec eca g . rum (CCL 20,133-182) e nella redazi�ne � Cappado m rra _Anc d1 chie varianti) dal vescovo l'v1arcello . zzata ver� indin gia o l apo sua nella cia (nell'attuale Turchia) . m DS 11). Il testo dr greco (testo I o Giuli so il 340 a papa Rufino dice: e in Cristo Gesù suo uni Credo in Dio Padre onnipotente; l
dallo Sp�ito Santo e dalla co Figlio, nostro Signore, che è nato . Ponz10 Pilato e fu. sepolto . sotto isso Vero-ine Maria' che fu crocif e al cielo, siede alla des�ra Il te�zo o-iorno risuscitò dai morti, asces . e i morti ; l e �ello Spm vivi i care giudi a del Pad;e, donde verrà . e ez10n nsurr la ti, dei pecca to Santo, la santa chiesa, la remissione della carne 9•
diatamente Un confronto· sinottico tra H e R fa imme e in tra anch aggio lingu di ze glian somi balzare agli occhi le te sup� ttame corre fa ne atazio � const tale na: duzione italia r�drcl ne prop le porre che l'antico credo roma�o a��nd� . l cns�o la � de ne itaziO esphC l � nella metà del II secolo, salvo , as1 u ne azl oclam «pr una 9 come � gia che tuttavia si offre . � . o che / cns� 1a:u stereotipa de�a buona. novella �u 1Cnst , nte ma1terata, dagll aposLoh» avevano ereditato, pratiCame10• (KELLY, I simboli..., p. 128) testo latino in DS 12. pre yresente lo studio fonda In questo tratto abbiamo tenuto se� da cui abbwmo pre�o anche l� tra�u mentale diJN.D. KELLY, I s i mboli... , 88-91, confronta m lettura smotuca zioni. Kelly relaziona su Ippolito alle pp. 9 Cf 10
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N el corso del quarto secolo il credo romano si colora di alcune sfumature offerte da varie chiese locali il cui simbo lo sostanzialmente deriva da quello romano 11; nel tratto cristologico, ad esempio, si precisa il «conceptus de Spiritu Sancto - natus ex lVIaria virgine», e si aggiunge (iniziando da Aquileia) il «descendit ad inferna» ad indicare che Gesù è realmente morto e che la sua signoria si estende anche al mondo sotterraneo dei morti, secondo la cosmologia a tre stadi tipica del tempo. Su Dio Padre si aggettiva con «im mortale e invisibile»; la chiesa viene definita nelle comunità della Gallia (l'attuale Francia) come «communio sanc torum», con probabile sfumatura sacramentale-eucaristica all'inizio («comunione alle cose sante») 12•
Ma con queste specificazioni progressivamente si giun ge alla cristallizzazione definitiva della formula romana nel cosiddetto textus receptus (segnato con la lettera convenzio nale T), precisato nella Gallia (cf. DS 27) e nella Spagna vi sigota (cf. DS 23). Il credo recita:
H con R a p. 113, offre un'introduzione critica all'antico credo romano alle pp. 99-128 e dà una prima introduzione teologica sul contenuto alle pp. 129-163. Una traccia dello sviluppo del credo romano verso l'Apostolicum è segnalata in Bd:enntnisse der Kirche. Bekenntnistexte aus zwanzig ]ahr hunderten, Brockhaus, Wuppertal 1970, pp. 15-17 e 19. Una piccola nota, che ricalca queste pagine, l'abbiamo scritta anche noi in «Testimoni nel mondo» 17 (1991) 6, pp. 64-69. 11 Cf. il DS 13 per la chiesa milanese di i\mbrogio, il DS 14 e 21 di Agostino che riecheggia la chiesa di Milano in cui fu battezzato più che la sua chiesa afro-romana, il DS 15 per la formula di Ravenna con Pier Crisolo go, il DS 16 per le specifiche caratteristiche della chiesa di Aquileia attraver so gli scritti di Rufina, per scendere nella chiesa della Mesia Superiore (Ju goslavia sud-orientale) con il DS 19 nella testimonianza del vescovo Niceta di Remesiana (attuale Bela-Palanka) e nell'Mrica cartaginese del vescovo Quodvultdeus, alunno e amico di Agostino, nel DS 22. Il Kelly (I simboli. , pp. 170-179) aggiunge altri credo, sempre derivati da R. ·u Cf. ].N.D. KELLY, I simboli... , cit., pp. 383-392. Anche sulla «com munio sanctorum» abbiamo scritto una breve nota in «Testimoni nel mon do» 18 (1992) 2, pp. 10-17. ..
Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e delia terra; l e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il qua le fu concepito di Spirito Santo, nacque da Mar�a Ve�gine, pat� sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; d1scese agh inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. l Credo nello Spirito Santo, la santa chiesa cattolica, la co munione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna 13•
Con queste precisazioni il credo romano fu imposto in Europa come unico credo occidentale dall'imperatore Car lo Magno, che intuiva nell'unico credo e nell'unica liturgia latina �n ottimo «instrumentum regni» per fondere insieme genti di diverse culture e razze. L'imperatore Ottone I lo kpose a Roma dove dal VI secolo si usava esprimere la fe de cristiana con la formula niceno-costantinopolitana. In Occidente l'Apostolicum, partito dalla chiesa di Roma e ri tornatovi arricchito di precisazioni nel suo pellegrinaggio europeo, fu considerato conclusivo della predicazione degli apostoli, e perciò coerentemente chiamato Simbolo aposto lico 14. Come tale fu recepito anche dalle chiese della Rifor-
13
14
Cf. il testo latino in DS 30; tr. it. nell'attuale Messale Romano, p. 306.
La leggenda, che percorre tutto il medioevo, della sua composizione . da parte degli apostoli risulta perciò un falso storico, ma una prof?nda :'�n tà teologica: cf. H. DE LUBAC, La fede nel Padre, zn Crzsto, netlo Spmto. Saggio sulla struttura del Sz'mbolo apostolzco, Marietti, Torino 1970, pp. 23ss; . anche J. LONGÈRE, L'enseignement du «Credo»: conciles, synodes et canonz stes médiévaux jusqu'au XIIIe siècle, «Sacris Eruditi» 32 (1991) 2, pp. 309341 (spec. pp. 319ss). . . . I recenti commenti europei al credo, non solo da parte cattolica, s1 lm perniano sul Simbolo apostolico; ne risegnaliamo alcuni: AA.VV., Un credo invecchiato?, Cittadella, Assisi 1971, specialmente le pp. 51-94 firmate da G. FRIEDRICH e J. RATZINGER; G. CrTÌ'ADINI, Credo risorgerò. Una r� �ss ione . sul Simbolo apostolico, Morcelliana, Brescia 1984 (volumetto catechistico); H. DE LUBAC, La/oi cbrétienne, Aubier, Paris 1970 (tr. it. della prima parte La fede nel Padre, in Cristo, nello Spirito. Saggio sulla struttura del Simbolo apostolico, Marietti, Torino 1970); W. PANNENBERG, Das Glaube�sbekennt nis ausgelegt und verantwortet vor den Fragen der Gegemuart, S1ebenstern
f!
wa 15, 2.entre per i fratelli ortodossi resta un credo proba bilmente prezioso ma tipicamente occidentale. La nreziosi -'tà della formula sta nella chiara affermazione dell 'identità cristiana centrata sull'apparente contraddizione «Dio-Uo mo» in Cristo, che sta alla base della nostra salvezza e del nostro coinvolgimento nella vita divina.
Taschenbuch Verlag, Hamburg 1972 (tr. it. , Il aedo e la fede dell'uomo d'oggi, Morcelliana, Brescia 1973); il fortunato J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Queriniana, Brescia 19691 (più volte riedito anche in traduzione italiana); S. SABUGAL, lo credo. La fe de della chiesa Il simbolo della fede - Stona e interpretazione, Dehoniane, : Roma 1990 (glà citato testo monumentale, al fine di commentare il credo con i suoi stessi commentatori, Padri e Magistero); TH. ScHNEIDER, La no stra fede. Una spiegazione del Simbolo apostolico, Queriniana, Brescia 1989. Utile come inquadramento anche K. LEHlVIANN, Presenza della fede, Queri niana, Brescia 1977, pp. 129-237 (già prima in AA.VV ... Un credo invecchia to?, ciL, pp. 95-142); M. LACKO, Simbolo apostolico in Enciclopedia delle Religzònz� V (Firenze 1973), pp. 1086-1087. 15 Cf. lo studio a cura del Segretariato generale di «Concilium», Agita zzòne mtorno alla con/esszòne dz'/ede, cit., p. 170, dove si riporta l'afferma zione chiave di L mero riguardo all'Apostolicutn: «Questa è la mia Bibbia. .. non mi lascio guidare oltre» (W.A. 37,55). Anche la Confesszo augustana del 1530, redatta dall'irenico Melantone ma ispirata dalla passione di Lutero, conclude il terzo articolo di fede sul Figlio di Dio con le parole «secondo il Simbolo degli Apostoli»: cf. la traduzione italiana di M.R. Serafini nell'edi zione curata d� G. TOURN nel 450° anniversario: La confessione augustana, . Claud1ana, Tonno 1980, p. 118: Sul valore e sull'uso in ambiente protestan te cf. G. HoFFMANN, Apostoiz'kum - Im Protestantismtts in RGG', I.. pp. 513-516. �ul valore ecumenico attuale cf. E. LANNE, The apostoli c faith as �xpressed m the Apostles' Creed, especially compared with tbe Nicene Creed, m Tbe Roots of Our Common Faitb, «Faith and Order Paper», no. 119, WCC, Geneva 1984, pp. 95-103. Per il Carattere storicamente condizzònato del credo apostolico cf. il breve studio di A. HERON proposto sotto questo titolo in «Conciliu m» 14 (1978) 8, pp. �4-53; per un lteriore c?nfromo con il credo niceno più teologico c: . dogmatlco �meno ke gmatlco-hturgico cf. E. VILANOVA , La/ede nell'epoca :� postapostolzca, «Concihum» 9 (1973) 2, pp. 52-65.
3. IL SIMBOLO IN ORIENTE L'evoluzione del credo cristiane 11ell'Oriente mediter raneo si prospetta molto più impegnativa e travagliata ri spetto a quanto avvenne in Occidente 16. I cristiani medio rientali erano più inclini alla discussione e in tal senso più «rissosi»: il pagano Celso, sul finire del II 'secolo, rimprove ra ai cristiani di perdersi in dispute infinite. La semplicità narrativa dei vangeli riesce indigesta e scandalosa al genio greco del IV secolo, che preferisce le disquisizioni filoso±ì che e la contemplazione di grandi orizzonti. Con questo «genio» culturale bisognava fare i conti do po l'editto di Milano del 313 e la pax Ecclesiae: l'impatto con il mondo greco-romano, ormai favorito anche politica mente, sviluppa una evangelizzazione in grande stile 17. Per far capire l'annuncio cristiano bisognava suonarlo su tastie ra greca, con registro sonoro meno storico semita e più filo sofico metafisica e cosmico: ma l'impresa non si prospetta va facile. In particolare su Dio la mentalità greca ne affer mava la trascendenza in termini tali da escludere qualsiasi ipotesi di comunicazione con il mondo materiale e umanO: in tale orizzonte l'incarnazione di Dio si prospetta sempli16
Cf., per una prima introduzione, R.P.C. HANSON, Confessioni e Sim boli di fede, DPAC, I, Marietti 1983, spec. pp. 759-764. 17 Per un approf ondimento e una documentazione di quanto segue cf. ].N.D. KELLY, Il pensiero cristiano delle origini, Il Mulino, Bologna 1972, pp. 275-308 (La crisi nicena); lDE:\1, I sÙJtboli di fede delltz chiesa ctntù.:a, Dehoniane, Napoli 1987, pp. 203-260 (Il credo di Nicea; sui credo orientali cf. già prima, pp. 179-20 l). Per il significato di Nicea (325) nella storia del cristianesimo cf. lo studio con questo titolo di CH. MNNENGIESSER in «Concilium» 14 (1978) 8, pp. 54-65; anche L. FERRONE, Da Nicea (325) a Calcedonia (451). I primi quattro concili ecumenici: istituziom; dottrine, pro cessi di ricezio;ze, in G. ALBERIGO (a cura), Storia dei concili ecumenici, Que riniana, Brescia 1990, pp. 11-118 (per Nicea 13-45). Sul valore ecumenico auuale cf. V. C. SAMUEL, The Nzcene Creed compared to the Apostles'·Creed, tbe Quicumque Vult and the New Testament, in Tbe Roots o/ Our Common Faitb, cit., pp. 82-91. ·
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cemente impensabile. Se un contatto si può stabilire tra Dio e il mondo, ciò avverrà attraverso la mediazione di un demiurgo: di fatto l'arianesimo imboccherà questa strada. E se si insistesse sull'incarnazione di Dio, bisognerebbe su bito aggiungere che Dio in qualche modo fa finta di essere uomo, ma non lo diventa veramente: il docetismo insisterà a lungo su questa seconda via. In ogni caso per la mentalità greca l'infi�ito non può diventare finito, l'eterno non può entrare senamente nel tempo: un vero contatto risulta im possibile e impensabile. In tale contesto culturale, che pilota facilmente ad op posti riduzionismi trinitari e soprattutto cristologici, l'an nuncio cristiano si sforza di difendere simultaneamente due dati biblici particolarmente dirompenti, ribaditi già da Ire neo verso i1170 nella sua «regula veritatis», e che costitui scono il criterio fondamentale di discernimento. Sulla linea dell'antichissima teologia giudeo-cristiana, l'annuncio affer ma che Cristo è realmente un theòs pròs hemas, un Dio aperto a noi, che condivide realmente la nostra avventura umana pur restando realmente Dio; e nel suo condividere con noi l'esistenza umana rimane heis kaì aut6s, uno e il medesimo, senza perdere la sua identità personale. Si può così affermare la reale dualità in Cristo, che si presenta co me vero Dio e vero uomo, e insieme la sua reale unità come unico Signore e Salvatore. l\Aa nel mantenere intatta la fede in questi dati fondamentali, l'ambiente 2"reco reo-istrerà una continua oscillazione, sotto una perman�nte spi� ta di rivin cita della filosofia greca riduttiva delia fede cristiana.
4. LA FEDE DI NICEA (325) La svolta niceno-costantinopolitana nella lunga contro versia trinitaria prospena l'impegno notevole e sofferto del le comunità cristiane mediterranee, in ordine ad un annun cio del vangelo incisivo sulla mentalità greca ma insieme 41
salvante il paradosso cristiano: nella vicenda umana di Ge sù è presente Dio stesso. La crisi ariana nei primi decen�i . . del IV secolo si concretizza nella proposta d1 un nduzlOm smo accattivante di tipo medio-platonico, in linea con l'a dozianismo maturo del III secolo tendente a salvare la tra scendenza assoluta di Dio. Il Figlio perciò viene creduto come creato dal Padre prima della creazione del mondo, con un ruolo mediatore nella creazione stessa: in quanto creatura, essenzialmente diverso dal Padre, egli può «spor carsi le mani» con la materia fino ad incarnarsi, prendendo il posto dell'anima nell'uomo Gesù. Così Ario, prete di Alessandria in E2:itto all'alba del IV secolo, con l'intenzio ne di annunciar; in modo accettabile l'Evangelo ai greci, dissolve nella sua predicazione lo scandalo cristiano dell'i dentità nella contraddizione tra il Nazareno crocifisso e il Figlio di Dio. Il credo m·ceno è risposta culturale della corretta fede cristiana all'arianesimo: la formula di fede si prospetta per ciò trinitaria, ma specialmente cristologico-trinitaria. Sce gliendo, nella varietà dei credo orientali, il simbol? �i Eu sebio di Cesarea in Palestina e completandolo con 1l simbo lo della chiesa di Gerusalemme, il concilio dei 318 Padri disse la sua fede così: Crediamo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore di tut te le cose visibili e invisibili; l e in un solo Signore, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato dal Padre, un�genito, �ioè ?ella sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, D10 vero da D1o vero, gene rato e non creato, della stessa sostanza del Padre (bomoousion tò patrì), per mezzo del quale tutte le cose venner� alla ':it.a, le cose del cielo e le cose della terra, che (tòn) per no1 uom1m e per la nostra salvezza discese e s'incarnò e divenne uomo, e patì e il ter zo giorno risuscitò, ascese ai cieli, e verrà di nuovo a giudicare i vivi e i morti; l e nello Spirito Santo . Ma coloro che dicono del Figlio di Di.o: vi era un tempo .L.1 cui Egli non era, e prima di esse're g�nerato non era, ed è venut? da cose che non erano, o è di un'altra sostanza o essenza, o e 42
c:;:-;::atc c
mutevole o diverso: h chiesa cattolica e apostolica li ana
18• tematizza
Si può
notare
facilmente che la formula di fede, nel
tratto più lungo riguardante la cristologia, consta di due sezioni fisionomizzanti il Cristo in sé e il Cristo per noi: la orima precisa la preesistenza del Signore Gesù, uguale al Padre, con un ruolo suo tipico nella creazione; la seconda descrive la storia dell'Incarnato, Crocifisso, Risorto. Le due sezioni sono raccordate, con una ardirissL.'Tia operazione teologico-grammaticale, da un semplice pronome relativo: tòn (lui, all'accusativo nella formula greca). Il Cristo nell'e terna vita del Padre è lo stesso che condivide la nostra vi cenda umana. L'innovazione di Nicea in rapporto agli in terrogativi della crisi ariana è evidentemente leggibile nella prima sezione del credo. Sulla lunghezza d'onda del quarto evangelo, ma in linguaggio astratto e concettuale e con una serie di enunciati essenziali, si mettono in luce i rapporti tra Padre e Figlio, dogmatizzando la divinità di Cristo attraver so l'enunciato della consustanzialità del Fi2:lio. La fisiono mia del Padre e dello Spirito Santo non fanno problema nel momento niceno. Così la fede cristiana prende le distanze dall'ellenismo: l'istanza di fondo ri..'Tiane di tipo soteriologico; la prima se zione sulla preesistenza del Figlio sfocia nella parte storica («lui per noi uomini e per la nostra salvezza discese e s'in carnò ... »), anche se il linguaggio distingue chiaramente i due tratti, il primo metafisica-verticale, il secondo storico-
18 Cf. il testo greco i..11 DS 125-126. La traduzione italiana del credo è presa dal K...ELLY, I simboli , p. 213; per l'anatematismo antiariano cf. IDEM, Il pensiero cristiano , p. 286: l'abbiamo preferita a quella proposta in Conciliorum CEcumenicorum Decreta (a cura dell'Istituto per le Scienze reli giose, Bologna 1991, p. 5) perché leggermente più vicina al testo greco. Per un'esauriente ricerca critica di tutte le testiinonianze sul simbolo di I\.Jicca cf. G.L. "DossETTI, Il simbolo di Nicea e di Costantinopoli, Herder, Roma Preiburg-Basel-Barcelona-Wien, 1967. . . .
. . .
43
narrativo. Il concilio di Nicea nel 325 conserva sostanzial mente nel suo credo i due poli della «contraddizione» pa squale per i greci, senza ridur�e il paradosso cristiano.-
5. VERSO CALCEDONIA (451) Dal 350 al 400 si avverte sempre di più nella vita con creta della chiesa mediterranea l'irrompere di due fattori fi no a quel momento relativamente estranei: la cultura e la politica. Comunque nel labirinto fecondissimo di quei de cenni, caratterizzati da tensioni e litigi ma anche da grande creatività liturgica e da intensa spiritualità, i termini filoso fici usati a Nicea come cartina di tornasole per la retta fede vengono percepiti come pericolosi perché dividono i cre denti 19. Dovendo precisare la fisionomia dello Spirito San to in rapporto al Padre20, oltreché difendere l'umanità vera di Cristo contro Apollinare, il concilio Costantinopolitano I del 381 pensò inopportuno l'uso dei termini filosofici e preferì precisare la sua fede così, aggiungendo agli otto articoli niceni cinque articoli di fede sullo Spirito Santo:
19 Cf. il travagliato dopo-Nicea e il successo dell'arianesimo in KELLY, Il pensiero cristiano . , pp. 291-308; IDEM, I simboli difede .. , pp. 252-291; L. PERRONE, Da Nicea (325) a Ca/cedonia (451), cit., pp. 46-56. .
.
.
2° Cf., per l'apporto di riflessione teologica dei Padri Cappadoci sullo Spirito Santo, il Y...ELLY, Il pensiero cristiano.. , pp. 317-332; L. PERRONE, Da Nicea (325) !1 Ca/cedonia (451), pp. 57-70. Nel rerzo incontro ecumenico KEK-CCEE (Riva del Garda-Trento 3-8 ottobre 1984) su Confessare insieme la nostra fede, /onte di speranza, W. Laser citò uno dei migliori esperti attua li sul copcilio di Costantinopoli, \\7.-D. Hauschild, riportandone l'afferma zione: «E un errore considerare la dottrina trinitaria dei padri cappadoci e il dogma del 381. ad essa legato, come "ellenizzazione del cristianesimo'' ... La forma apparentemente ellenica del dogma della Trinità è un uso strumentale della lingua e del pensiero filosofici, non un'ellenizzazione della sostanza»: cf. Il Regnu-do cu memi» 30 (1'71$5) l, pp. Yl-62 (la citazione è a p. 58). Sulla prosecuzione del discorso in ambito ecumenico cf. A FrLIPPI, Oggi le parole dt Nzcea, «Il Regno-attualità» 33 ( 1988) 10, pp. 276-277. .
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Crediamo in un solo Dio, Padre, onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo Signore, Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e s'incarnò per opera dello Spiri to Santo e della vergine Maria e si fece uomo, fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto, e risuscitò il terzo gior no secondo le Scritture, e salì al cielo, siede alla destra del Padre, e di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. E nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita (tò kyrion kaì zoopoi6n), e che procede dal Padre, che con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mez zo dei profeti; in una sola chiesa, santa, cattolica e apostolica. Professiamo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspet tiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen21.
Al linguaggio filosofico essenzialista di Nicea i padri del Costantinopolitano I preferiscono il sapore scritturistico del linguaggio narrativo (lo Spirito è «datore di vita ... pro cede dal Padre ... ba parlato per mezzo dei profeti») e so prattutto la prospettiva liturgica ·(«è Signore ... con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato»)22. Nella crisi postnicena la lezione della storia di quei decenni travagliati si rivela preziosa (anche se non sembra aver fatto successivamente 21 Cf. il testo greco in DS 150. Riproduciamo la traduzione italiana da KELLY, I simboli difede. . , pp. 294-295; cf. anche Conciliorum CEcumenico .
rum Decreta, 24. 22 Cf. sempre il KELLY, I simboli di/ede... , pp. 334-340; anche la breve introduzione in Bekenntnisse der Kinhe, Wuppertall970, pp. 21-24. Per un possibile collegamento di NC (il credo niceno-costantinopolitano) con R (il credo romano, secondo la redazione scritta in greco da Marcello di Ancira), con HS (il credo gerosolimitano spiegato da Cirillo nelle catechesi prima del 350) f' con N (il credo niceno del 325) si può legg�:re un interessante con fronto statistico sui termini in R. STMTS, Die romische Tradition im Svmbo! von 381 (NC) und seine Entstehung au/ der Synode von Antiochien 379, «Vi giliae Christianae» 44 (1990) 3, pp. 209-221.
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gr2J:: SJri:un� nella lunga vira della chiesa): jJ linguaggio bi blico-pastorale unisce, il linguaggio tecnico filosofico-teolo gico rischia di rompere. Va perciò ridestata l' at::enzione a non rnaggiorare il dogma come regola linguistica rispetto alla Bibbia e alla vita delle comunità sempre ricca di impre vedibili risorse23. Neli'oscillazione ormai scopertamente cristologica tra il nestorianesimo calcante l'umano in Cristo e il monofisismo sottolineante il divino, l'esasperazione si accentua al punto da costringere il concilio di Ca/cedonia ( 451) a riusare il vo cabolario e le categorie greche per difendere il paradosso cristiano di una vicenda umana vissuta realmente da Dio. Il credo calcedonese riprende i simboli di Nicea e di Costan tinopoli e, dopo un preambolo di raccordo, aggiunge:
Seguendo dunque i santi Padri, concordemente insegniamo a professare un unico e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, il medesimo perfetto nella divinità e il medesi.r:no perfetto nell'umanità, veramente Dio e veramente uomo, il medesi1110 [co stituito] di anima razionale e corpo, consostanziale al Padre se condo la divinità e il medesimo consostanziale a noi secondo l'u manità, sotto ogni rispetto simile a noi all'infuori del peccato, prima degli eoni generato dal Padre secondo la divinità, e negli ultimi giorni il medesimo per noi e per la nostra salvezza [nato] da Maria la Vergine, la genitrice di Dio, secondo l'umanità, unico e medesimo Cristo Figlio Signore Unigenito, da riconoscersi in due nature, senza confusione, senza mutazione, senza divisione,
23 Si può trovare una buona documentazione di avvio già ii1 Credo in Spirztum Sanctum. Atti del Congresso Teologico Internazionale di Pneumato logia (Roma, 22-26 marzo 1982), Libreria Editrice Vaticana, Vatican City 1983: particolarmente nelle comunicazioni di CH. PIETiv, Le débat pneuma tologique à la vezlle du Conczle de Constantinople (358-381), I, pp. 55-87; di ]. WOLINSKI, La pneumatologie des Pères Grecs avant le Conczle de Constan tùzople I, I, pp. 127-162; di R.P.C. HANSON, The Holy Spirit in Creeds and Con/essiom o/ /aith in the early Church, I, 291-302; senza dimenticare la splendida relazione di R. CANTA.LANlESS/1., de Spz;-itu Sancto ex Maria Vzrgine». Cristologia e pneumatologia nel Simbolo costantino politano e nella patristica, I, pp. 101-125.
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senza separazione, senza che in alcun modo la dit erenza delle nature sia stata annullata a causa dell'unione, ma pm�tosto co? cP1""''at" l'l oroorietà di ciascuna delle due nature ancne quanoo co ro � a f�rmare] una sola persona e una sola ip? stasi, n�n . ripartito o divi_so in due persone, ma unico e m�desrm� F�gli? . antrchi dali sm come Cnsto, Gesù Sio-nore Dio Loo-os l Un:genito . o . o ..I st�ss?, Gesu' .m ed eg.]' tà i profeti [annunCiarono] nguardo a l' . Cristo, ci insegnò e come il simbolo de1 nostn Padn Cl ha tra smesso24.
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La formula ormai non è più liturgica: non si può can tarla o oroclamarla nel momento orante della comunità. Resta u� autentico capolavoro di finezza teologica p�t�isti ca, recuperante un mosaico di affermazion� della trad�zwne antica e recente, orientale e occidentale. Nel puntuahz�are la fisionomia di Cristo manca completamente la seziOne , , -. : ' 1 11 TT l oaua v ergme. La �a narrativa, salvo 1l cenno aLa na::;c1ta renza di verbi attivi storici dice l'orientamento ontolowco speculativo: vi si precisa la str,uttura metafisica . del Cnsto, . dichiarandolo una Persona m due nature, un umco e mede dei predicati divini e umani. L'identità nella s;mo soac-etto bb • 1 v1ene sal vata contraddizione. nella seconda parte del creao, con un movim�nto di affermaziorù e negazioni che eviden ziano l'unità di persona (chi è il Cristo) e la duali�à d.i �atu re ( cos)è il Cristo): un unico Io in due strument��l o�n, l un_a . . contradd1z1one, ti L.11finita e l'altra finita. L'identità nella pica delle formule pasquali dinamich� del �Tuovo Testa mento, trova una traduzione in categone st�tlC?-c?n�ettua li; i due «tempi» di Nicea diventano a Calcedoma le due «nature». '
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24 Cf. il testo greco in DS 301-302. Per la traduzione italiana abbiamo preferito il testo p;oposto da A. GRILLMEIER, G�sù zl Cristo nelliljede della 956-958 accanto al testo ong ::wle greco. Cf. anc e Conchiesa, Tomo II, _ Deaetil, pp. 1)6-87 (per l mtero test? greco, �atmo � ci!icrum italiano della orofessione di fede: pp. 83-87). Per una breve mtroduzwne et. Bekenntnisse ;ier Kirche, ci t., pp. 25-27; per la vicenda storica L FERRONE, Da Nicea (325) a Calcedonia (451), cit., pp. 71-107.
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Semplific:lndo l'itinerario del credo nei p�imi secoli, onde cogliere le linee di tendenza della prima grande in culturazione cristiana per evangelizzare il mondo greco, potremmo schematizzare così: il Nuovo Testamento si con centra sulla Pasqua del Signore Gesù con nessi vitali re troattivi e prospettici subito esplicitati e progressivamente precisati. Nicea nel 325 addita i due momenti cristologici della preesistenza del Cristo nell'eternità del Padre e della sua vicenda umana nella nostra storia. Costantinopoli nel 3 81 mette a fuoco la fisionomia trinitaria e l'azione cosmica ed ecclesiale dello Spirito Santo. Calcedonia nel 451 preci sa le due nature di Cristo sullo sfondo antologico greco. In questi progressivi passaggi il prezzo pagato è stato alto, ma solo così il cristianesimo si è fatto «greco con i gre ci», lievitando la loro cultura e il loro vocabolario al punto da renderli capaci di dire l'Evangelo cristiano senza tradir lo. Una «destoricizzazione» del kèrigma pasquale è com pensata da una crisi positiva del pensiero greco nella con cezione personalistica di Dio, nell'enfasi sulla libertà di Dio, e prima ancora sul concetto di persona e di storia di segnata ormai in termini lineari e non più circolari. Calce donia resta la leetio dzf/icilior dell'evangelo ellenizzato, non una svendita, in quanto i termini greci sono stati forzati per esprimere un nuovo contenuto25. 25 Per il rapporto tra il simbolo di Calcedonia e la cultura ellenistica cf. alcune pagine sintetiche particolarmente significative di M. BORDONI, Cri stologia, NDT, Paoline, Alba 19771, pp. 237-244. Inoltre cf. lo studio già ci tato di R. CANTALAtviESSA, Dal Crzsto del Nuovo Testamento al Crùto della chiesa: tentativo di interpretazione della crzstologia patrùtica, in AA.\rv., Il problema cristologico oggi, Cittadella, Assisi 1973, pp. 143-194; IDEM, La cri stologia patristica come soluzione del problema della trascendenza e dell'imma nenza di Dio, «Teologia» 4 (1976), pp. 338-354; A. GRILLMEIER, Ermeneuti ca moderna e crzstologia antica, Queriniana, Brescia 1973, pp. 88-114; B. SE SBOÙÉ, GestÌ Cristo nella tradizione della chiesa. Per una attualizzazione della crzsto!ogia di Ca/cedonia, Paoline, Roma 1987, pp. 132-159; per una divulga zione seria, fondata sulla bibliografia appena citata, cf. B. MAZZOCATO, Il dogma di Ca/cedonia. Esempio tipico di inculturazione della fede, «Credereog gi» 59 (5/1990), PP: 14-23.
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Ribadita la necessità e la correttezza dell'inculturazione patristica del credo, va tuttavia aggiunto che il dogma non cattura l'inesauribile ricchezza evangelica; definendo dei «DO» nei confronti delle posizioni ereticali, dice un «SÌ» provocando a una comprensione più grande. Il credo patri stico si offre come una mediazione storica della trasmissio ne della Parola di Dio: mediazione preziosa e normativa, ma da verificare continuamente nella luce e nel giudizio di quella Parola. Si impone in qualche modo un rituffo delle precisazioni dogmatiche nel tutto della Tradizione, in un recupero di contatto vivace con le sorgenti bibliche e con le comunità viventi quella fede precisata nel credo. Questa istanza viene richiamata oggi dal termine ri-recezione, con il quale si invita il credente (singolo e specialmente comunità) a ricominciare sempre tutto daccapo ripercorrendo il cam mino percorso, «affinché nulla vada perduto»26•
6. DoPo CALCEDONIA L'atteggiamento spirituale appena delineato non carat terizza i simboli di fede successivi a Calcedonia, che sem brano preoccupati di proporrè un discorso particolareggia to sulla verità cristiana, allineandosi ad un orizzonte in pre valenza intellettuale-filosofico, pur cristianamente lievitato. Già l'Explanatio del simbolo di Nicea da parte dell'abile Epifania per l'Oriente (cf. DS 44-45) e il cosiddetto simbo lo / tanasiano (detto anche Quicumque dalla parola iniziale) per l'Occidente filo-agostiniano delle Gallie (cf. DS 75-76) sono spie dell'esigenza di «mantenere integra e inviolata» la fede cristiana, lasciando in sottofondo il valore salvifico esistenziale-profetico. Nello stesso ambiente della Gallia meridionale e del nord della Spagna fioriscono, nei secoli ..
26 Cf. L. SARTòRI, La ri-recezione del dogma, «Credereoggi» 59 (5/ 1990), pp. 71-85.
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V e VI, le formule di fede dette Fides Damasi (cf. DS 7l72) e Clemens Trinitas (cf. DS 73-74) caratteristiche per le precisazioni filosofico-teologiche insistite sulla Trinità e sull'Incarnazione. Vanno ricordati su questa linea anche i simboli dei vari sinodi di Toledo per la Spagna visigota, specialmente l'XI (cf. DS 525-541) e il :AVI (cf. DS 568-575), la Fides Vigilii a sostegno degli antichi concili (cf. DS 412) e la Fides Pe lagii papae (et DS 441-443): tutte formule in cui il dogma trinitario appare come un capitale fondamentale della fede evangelica e apostolica, con l'ulteriore riflessione sull'Incar nazione e l'aggiunta della sanzione finale al momento del «venturus iudicare vivos et mortuos» (cf. DS 443). In tutti questi simboli la presa di posizione segnala una forte opposizione a qualsi2.si attentato verso l'ortodossia: tale preoccupazione si accompagna a� ' esigenza di esporre . l'ideale cristiano interpretato e comm1surato con 111 tesoro culturale pagano, i cui termini tecnici vengono usati tran quillamente per esplicitare la fede cristiana. Il �imb?l? di fede stabilisce così un nesso robusto tra la fede 1mphc1ta e la fede esplicita culturalmente espressa, abbinando il «cre dere» e il «confiteri» del simbolo Atanasiano nel mettere a fùoco la natura dottrinale della fede assieme alla di..mensio ne etico-esistenziale. Il credo appare una «brevis fidei chri stianae complexio» (pseudo-Boezio), prospettiva già difesa a suo tempo e valorizzata in tale senso da Cirillo di Gerusa lemme nella quinta catechesi sulla fede e il simbolo (ai nn.
12-13; PG 33,519-523). Per il valore esemplare storico-liturgico che il simbolo pseudo-atanasiano Quicumque ha avuto in Occidente (e tuttora ha nelle comunità anglicane) 27 val la pena di ripor27 Non va dimenticato il suo valore anche ecumenico, se un Handbook /or Study come quello edito a cura di H.-G. LrNK Apostolic Faith today: «Faith and Order Paper», no. 124, WCC, Geneva 1985, lo annovera fra 1 testi antichi fondame�tali assieme al niceno-costantinopolitano e all'apostoli co. Cf. l'introduzione e il testo anche h1 Bekcmztnisse der Kirche, pp. 28-30.
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t�itDe uD::i t:-adGzione, onde cogliere direttamente da un testo autorevole l'evidente preoccupazione della «regula fi dei» nei secoli V e VI:
Chiunque vuoi essere salvo, è indispensabile che prima di tutto tenga la fede cattolica: che se uno non la conserva integra e inviolata, senza dubbio perirà in eterno. La fede dunque cattolica è questa: che noi adoriamo un solo Dio nella Trinità e la Trinità nell'unità, senza confondere le persone né dividere la sostanza: una infatti è la persona del Padre, un'altra quella del Figlio, un'altra quella dello Spirito Samo; ma unica è la divinità del Pa dre, del Figlio e dello Spirito Santo, uguale la gloria, egualmente eterna la maestà. Quale il Padre, tale il Figlio, tale lo Spirito San to: increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo; immenso il Padre, immenso .il Figlio, immenso lo Spirito Santo; eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo; e tuttavia non tre eterni, ma un solo eterno come pure non tre increati, né tre immensi, ma un solo increato e un solo immenso. Allo stesso modo onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo; e tuttavia non tre onnipotenti, ma un solo onnipo tente. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; e tuttavia non tre dèi, ma un unico Dio. Così il Padre è Signore, il Figlio è Signore, lo Spirito Santo è Signore; e tuttavia non tre Si gnori, ma uno è il Signore: poiché, come la verità cristiana ci fa confessare Dio e Signore ciascuna. persona, così non possiamo se condo la religione cattolica parlare di tre Dèi o Signori. Il Padre non è fatto né creato né generato da nessuno; il Figlio è dal Pa dre solamente, non fatto né creuto, ma generato; lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, non fatto, né creato, né generato ma pro cedente. Dunque un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli; un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi. E L'1 questa Trinità niente è prima o poi, niente è maggiore o minore, ma tutt'e tre le persone sono egualmente eterne e tra loro eguali; così che in tutto, come già è stato detto, l'unità sia adorata nella Trinità e la Trinità nell'unità. Chi vuoi dunque essere salvo, così deve pensare (sentiat) della Trinità. Ma per l'eterna salvezza è anche necessario credere fedel mente all'incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo. Questa è dunque la retta fede: credere e confessare che il nostro Signore 51
Gesù Cristc, Figlio èi Dio, è parim.enti Dio e uomo: è Dio gene rato dalia sostanza del Padre, dall'eternità, e uomo nato dalla so stanza della madre, nel tempo; perfetto Dio e perfetto uomo, composto di un'anima razionale e di un corpo umano; eguale al Padre secondo la divinità, inferiore al Padre secondo l'umanità. Benché sia Dio e uomo, tuttavia è un solo Cristo, non due; uno però non perché la divinità si sia cambiata nella carne, ma perché Dio ha assunto l'umanità; uno non attraverso la mescolanza delle nature, ma per l'unità della persona. Come infatti l'anima razio nale e la carne sono un solo uomo, così Dio e uomo è un unico Cristo. Il quale patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò dai morti, ascese al cielo, siede alla destra del Padre; di là verrà per giudicare i vivi e i morti. Alla sua venu ta tutti gli uomini risorgeranno con i loro corpi e renderanno ra gione delle loro azioni: quelli che avranno operato il bene an dranno alla vita eterna, quelli invece che avranno operato il male nel fuoco eterno. Questa è la fede cattolica. Chi non la crede con fermezza e fedeltà non potrà essere salvo 28.
Il credo consta probabiLmente di due confessioni di fe de sui due misteri principali, la Trinità e l'Incarnazione, fu se insieme all'inizio del VI secolo nella Gallia meridionale, nell'ambiente della tradizione agostiniana particolarmente viva. Non si tratta di una formula battesimale: il credente si sente poco coinvolto; contempla solo ciò che va creduto. Una lettura rawicinata della Lumen gentium del Vaticano II ai nn. 2-4 sulla Trinità fa percepire abbastanza freddo il credo appena riportato, che resta tuttavia sintomatico di un'esigenza di completezza dottrinale.
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Cf. il testo latino in DS 75-76; il testo latino, italiano e armeno in
Conciliorum CEcumenicorum Decreta, EDB, Bologna 1991, pp. 551-553
(inserito nel Decreto di unione con gli Armeni nel concilio di Firenze nel novembre del 1439). Il testo latino veniva ogni domenica recitato all'Ora di Prim::� -nel Breviarium Romanum precedente la riforma iniziata nel i954 e successivamente detto nella festa della Santissima Trinità.
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CAPITOLO III IL lV1EDIOEVO OCCIDENTALE
l\Aentre il vicino Oriente cnst1ano si mantiene tuttora sostanzialmente ancorato ai primi sette concili e alla teolo gia dei Padri, affezionato con fedeltà al credo niceno costantinopolitano, l'Occidente opera una svolta culturale di notevole L.J.tensità con l'awento dei Carolingi, a conclu sione di quelle migrazioni dei popoli che noi latini usual mente qualifichiamo come «invasioni barbariche», al tra monto dell'impero romano d'Occidente. Si tratta di una svolta europea per certi versi ridu.ttiva nei confronti del pa trimonio biblico-patristico mediterraneo, dovuta alla cultu ra accentuatamente cosale e gerarchizzata dei nuovi venuti dal nord-Europa. Ma proprio accettando realisticamente i rischi riduttivi, la fede cristiana riuscì a lievitare missiona riamente anche la cultura nordica europea: il che non di spensa dalla fatica di una perenne attenzione al tutto della Tradizione o all'analogia /idei, onde evitare l'atteggiamento di «adoratori» di una sola inculturazione e di una sola con seguente formulazione della nostra fede.
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L'.AlviBIS:NTE EUROPEO MEDIEVALE
Per disegnare con buona approssimazione l'ambiente europeo, specie dopo la svolta carolingia, si deve anzitutto segnalare una serie di progressive riduzioni geografico teologiche avvenute in quei secoli 1. La progressiva rottura 1 Proprio per essere più oggettivi come mediterranei, ci si può appog giare a studiosi nordici nel delineare la fisionomia della cristianità medievale:
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cou l'Orieute cristi<J.no a:c.:c.'...lllò i «contropesi» preziosi che servivano a riequilibrare l'eccessiva inclinazione etico-giuri dica occidentale: una chiesa orientale accentuatamente mo nastico-liturgica additava continuamente il mistero di Dio anche attraverso la sua teologia apofatica, indubbiamente utile nel richiamare il silenzio biblico di Dio e nell'esclude re una identificazione facile tra chiesa e regno di Dio. Un ulteriore impoverimento della cristianità occidenta le fu dovuto all'espansione araba dell'Islam che fece lette rahnente «evaDor �re» le chiese dell'Africa del Nord, so prattutto dell'Africa Proconsolare e della Numidia (nell'at tuale Tunisia e Algeria) 2. Quelle comunità avevano dato un contributo non indifferente anche sul piano teologico all'e laborazione della cultura cristiana d'Occidente: basterà ci tare nomi come Tertulliano, Cipriano e Agostino, e mar tiri come Perpetua e Felicita. Anche per la loro psicologia per esempio, agli estensori della Storia della chies� diretta da H. JEDIN, l�g aibile in edizione italiana curata da Jaca Book, ne1 voli. IV (Il przmo medzoe o. Prooressivo distacco da Bisanzio -L'epoca carolirlgia- Gli Ottoni e la ri forma regoriana: VI II-XII secolo, Milano 1978) e V /1 \ Civitas ::.zedioeval�. . La scolastica- Gli ordini mendicanti: XII-X IV secolo, Milano 19 ;6). Smtetl camente vicirli alla trattazione teologica P. FRANSEN, L'Occidente cristiano, irl jl,;fysterium Salutis, vol. L"X, Querirliana, Brescia 1975, pp. 94-130; più sul versante dei sacramenti A. GERKEN Teologia dell'eucaristia, Paoline, Alba 1977 (recentemente riedito), pp. 105-139. . 2 Il fatto che l'Islam abbia letteralmente spazzato via irl pochi decenni le chiese cristiane così fiorenti nei primi cirlque secoli fa riflettere gli studiosi sul tipo di inculturazione della fede nell'Africa del Nord, a differenz� 4ell'E gitto-e dell'Etiopia: cf., per iniziare, K. BAUS, Il cristianesimo nordajricano dall'inizio del dominio vandalico fino all'invasione islamica, irl Storia della chiesa (diretta da H. Jedirl), vol. III, Jaca Book, Milano 1978, pp. 218-231: la puntualizzazione firlale è ripresa da M. OPoça-:sKY in La �héologie :uro péenne mise en question par la communauté a::cumenzq�e '}londzale, Conferen ce des Eglises européennes, Genève 197_6, J::P· 10 -10/ ' lnt�ressante la «Bre . . ve sintesi della storia della chiesa cattolica m Afnca» 1nsenta come mtrodu zione storie� nei linearnenta per il prossLmo sLnodo de1 v�scovi africani: cf. Lineamenta del sinodo per l'A/n"ca, irl «Il Regno-documenti» 26 (1991) 1, pp. 35-37· come cenno puntuale ripreso già da A. FILIPPI in «
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sernpte in tensione con Roma (tensione probabilmente ca ratteristica del «complesso» figlia-madre), le comunità afro romane non permettevano aria stagnante o livellamento da parte di una autorità centrale. Infine Carlo Magno con la sua politica provocò l'annul lamento progressivo di tutte le chiese locali particolarmente vivaci in Occidente, come Arles e Nimes nella Gallia meri dionale o Iv1ilano e Aquileia nell'Italia settentrionale. Impo nendo un'unica lingua e un'unica liturgia romana su tutto il territorio dell'impero come elemento di coesione, Carlo l\1agno si mostrò un abile politico, ma non rese alla chiesa d'Occidente un servizio profetico: piuttosto diede inizio a quella sensibilità, culminata nel movimento di Cluny, per cui l'Europa cristiana medievale si considerò un'unica dio cesi dipendente dal vescovo di Roma. L'orizzonte culturale conseguente all'impatto della sen sibilità mediterranea con il vincente mondo franco-germa nico si deli11ea caratterizzato da una compattezza pesante3. Una società spiritualmente omogenea dà enorme valore alla consuetudine (la common law), alle tradizioni e alle auc toritates provenienti dalle precedenti generazioni: compor ta una reazione viscerale contro i novatores che rompono, anche solo ipoteticamente, i fili con la tradizione. Il dissen ziente o il contestatore viene avvertito come un pericolo pubblico, anche se si scosta solo parzialmente dalla costel lazione di valori della vita comune. Tale orizzonte impone l'esigenza di tenere fermo il credo cristiano tradizionale, ma con delle aggiunte in grado di precisare la fede contro i novatores fin dentro la sede filosofica delle loro proposte. 3 In realtà lo stesso P. FRANSEN segnala la convivenza di varie lirlee e linguaggi nel medioevo europeo: alla scolastica aristotelica essenzialistica re s�a affi�n �ata la scuola ranc:scana st?�i �a e 12-.e\s?nalist�a, per non parlare � , m1snca renana e nammmga con lVleister .tcKnart e v .Kuysbroec , ae11a a pre valente linguaggio psico�ogico-sirnbolico; però si tratta di una convivenza sempre entro limiti sopportabili dalla sensibilità centroeuropea generalizza ta: cf. Mysterium Salutis nel volume già citato, alle pp. 98-99.
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Sul piano più strettamente teologico si nota uno sposta mento di accento dal Cristo alla chiesa, percepibile già du rante il VII secolo nei credo dei concili di Toledo 4 e dive. 1 1· nuto sempre p1ù pesante ne1 tardo memoevo. N l e1· conrront1 r · di Cristo Salvatore la chiesa ufficiale dà la sensazione di quasi-autosufficienza, in una quasi-identificazione con il re gno di Dio; d'altro canto le masse povere e diseredate nella loro religiosità popolare ritornano volentieri al Christus pauper, creandosi un proprio credo paraliturgico 5 attraver so le devozioni (ad esempio al mistero del Natale e alla Pas sione) e mediante i movimenti spirituali, sorretti spesso e rettificati dagli ordini religiosi tradizionali o nascenti, come il francescanesimo. Dentro l'accento sulla chiesa assume una centralità sempre più marcata il vescovo di Roma nel suo magistero contro eretici (albigesi, valdesi, catari...) e scismatici (greci, armeni, giacobiti... ): la suprema istanza di giudizio nella chiesa viene invocata in ogni situazione difficile europea, quasi a ribadire un'esigenza infantile di rassicurazione, tipica di un periodo di ignoranza e di superstizione diffusa 6. Le istanze intermedie locali perdono autorevolezza e incidenza. 4 Cf. spec. i testi latini, nelle aggiunte ai credo trinitari, in DS 493 per il concilio VI di Toledo del gennaio 638, in DS 540 per l'XI dell'anno 675, in DS 575 per il XVI del m;ggio 693.
5 Il catechismo degli adulti Signore, da chi andremo) Ed. Conferenza Eoiscooale Italiana. Roma 198 L a o. 13 3 recuoera auesto credo devozionale · c � me reziosa rettifica del «se�su; fidelium» all' astmttezza teologica e cri stologica del medioevo ufficiale. Sull'appoggio, spesso criticamente costrutti vo, dato dagli ordini religiosi alle devozioni popolari cf. M. BORDONI, Cri stologia, NDT, Paoline, .AJba 1977. pp. 246-251; J. PELIKAN, Geszì nella sto ria, Laterza, Bari 1989, pp. 109-180.
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6 Cf. J. GILCHRIST, Legge ecclesiastica e fede cristiana nell'epoca scolasti «Concilium» 12 (1976) 7, pp. 51-63, con i due testi di Y. CONGAR citati in nota: La ricezione come realtà ecclesiologica, «Concilium» 8 (1972) 7, pp. 75-106, e L'ecclésiologie du haut Moyen-Age, Po.ris 1968. Per il significato dell'espressione «chiesa romana» nei secoli, in particolare m;l tardo medioe vo, cf. ancora Y. CoNGAR, «Ecclesia romana», «Cristianesimo nella storia» 5 (1984) 2, pp. 224-244. c'a,
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Conseguentemente l'ambiente medievale europeo regi stra un timore abbastanza evidente nei confronti della fides qua per il rischio di sbandare dalla tradizione, connesso �on l'implicito invito ad assentire liberamente alla verità di vina. Risulta più congeniale l'i11sistenza sulla /ides quae, su cui il controllo sociale e l'invito all'obbedienza possono esercitarsi con maggior pressione, lasciando scarso margine alla libertà individuale. Il far accettare un corpo statico di dottrine e di verità da credere risulta in ultima analisi meno pericoloso che non l'insistere sull'atteggiamento personale di fede, ritenuto d'altra parte facile e ovvio in una societas christiana; ma l'autorevole proposta ecclesiale della fede può correre l'altro rischio, tutt'altro che ipotetico, di porsi come diaframma tra la Scrittura e il popolo di Dio.
2.
I CREDO MEDIEVALI
Le confessioni di fede di questo periodo non si disco stano dalla linea tardo-patristica nel precisare il mistero di Dio Trinità Santa e dell'Incarnazione del Figlio 7: i simboli di fede di Toledo ne sono una riprova lampante. Ma, pur ricalcando il tracciato e la sensibilità precedenti, aggiungo no elemem:i di risposta a interrogativi ed errori che pro gressivamente si presentano nelle chiese d'Occidente. Ne diamo una piccola panoramica, evidentemente non esausti va, ma esemplare del nuovo clima culturale e dei nuo,ri orizzonti di oensiero. l'Jon tenendo conto di tutti i co.ndi zionamenti e.. delle controversie del tempo, il nostro tentati vo potrà sembrare unilaterale: ma non lo pensiamo eccessi vamente lontano dalla realtà. 7 Cf. come introduzione la panoramica proposta da]. LONGÈRE, L'en seignement du «Credo»: conczles, synodes et canonistes médiévaux jusqu'au XIII' siècle, «Sacris Eruditi» 32 (1991) 2, pp. 309-341. Più sul piano storico
generale cf. A. MELLONI, I setie concili «papali» medioevali, in A. ALBERI GO (a cura), Storia dei concili ecumenici, cit:, pp. 183-218.
a) Nella primavera del 1053 il papa Leone IX invia al patriarca di Antiochia, che ne aveva fatto richiesta ( offren do la sua professione di fede) un credo globale significativo (cf. DS 680-686). Sul mistero trii1itario le precisazioni quasi scolastiche si concretizzano in una aggettivazione filosofico essenzialistica nella linea nicena e calcedonese della Trinità in sé, ben poco relazionata a noi; sul Figlio il linguaggio cal cedonese è accompagnato da una certa insistenza sulla umanità reale e da una enumerazione storico-cronologica sulla passione, risurrezione, ascensione e pentecoste. Un analogo accento realistico cade sulla chiesa (cf. DS 684). Ma l'aggiunta, che segnda l'ingresso di un tipico problema antropologico occidentale, sta nel DS 685 che afferma: Credo pure che unico è l'autore del Nuovo e del Vecchio Te stamento, della legge e dei profeti e degli apostoli, il Dio e Signo re onnipotente. [Credo] che Dio ha predestinato solo al bene (praedestinasse solummodo ad bona), ha presaputo sia il bene che il male (praescivisse autem bona malaque). Credo e professo che la grazia di Dio previene e segue l'uomo, ma in modo tale da non dover negare alla creatura umana la libera scelta (liberum arbi trium rationali aeaturae). Credo e predico che l'anima non è una parte di Dio, ma creata dal nulla e soggetta al peccato originale senza il battesimo.
Questo breve tratto del credo, che abbiamo tradotto dall'originale latino, risente dell'i�cipiente dibattito sulla predestinazione nel centro Europa (per opera anche del monaco Gottschalk), con cambio di registro magisteriale ri spetto ai precedenti documenti solitamente antipelagiani. Distinguendo tra predestinazione e prescienza si tende a salvare assieme il primato di Dio e la libertà umana nel cammino salvifico cristiano. Vengono tenuti sempre sotto controllo anche il dualismo e il panteismo medievali. Il cre do di papa Leone conclude lanciando l'anatema su ogni eresia �h� si levasse contro la santa chiesa cattolica (� d verJus sanctam Ecclesiam catholicam) e che amplificasse il canone biblico delle Scritture stabilito dalla chiesa (cf. DS 58
686). I quattro primi concili vengono paragonati ai quattro evangeli su cui la chiesa è fondata saldamente, senza di menticare gli altri t re concili della chiesa unita del primo millennio (cf. sempre DS 686). Una certa preoccupazione per l'unità della chiesa sembra trasparire anche in prece denza nella enumerazione delle note della vera chiesa, dove l'unam è messa al quarto posto perché grammaticalmente evidenzi una sottolineatura dell'unità (cf. DS 684). b) Appena pochi anni più tardi, di fronte a prese di posizione eccessivamente simbolico-spiritualiste sul mistero eucaristico da parte di Berengario, canonico di Tours nel nord della Francia, due sinodi romani (cf. DS 690 e 700) difendono la fede nella presenza reale in termini cosali così statici da rendere la stessa professione di fede piuttosto «indigesta», specie nel primo caso, in una formula redatta dal cardinale Umberto da Silva Candida. Con la bocca e con il cuore professo che... il pane e il vino che si pongono sull'altare, dopo la consacrazione sono non solo il sacramento, ma anche il vero corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e attraverso i sensi (sensualiter) non solo nel sacra mento ma in verità sono toccati e spezzati dalle mani del sacerdo te e masticati dai denti dei fedeli...
Al di là della controversia eucaristica tale formulazione a noi interessa perché significativa dell'orizzonte culturale nordico, anche se la formula è dettata a Roma: la realtà o è materialmente percepibile attraverso i sensi o non è reale; la conoscenza vera avviene solo per mezzo dei sensi, in una accentuata opposizione tra sacramentum e figura (immagi ne) da una parte e veritas (realtà) dall'altra. La stessa no zione di sacramento viene posta sotto accusa, ormai inca pace di additare una dimensione reale. La sacramentalità di tipo reale-interpersonale, tra il Signore risorto e la sua comunità pellegrina nel tempo, viene messa in penombra a favore di una sacramentalità filo-materialista letta nelle
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8 Per un contesto più preciso e un approfondimento cf. A GERKEi'.J, Teologia dell'eucaristia, cit., pp. 122-139: dipende, anche se in modo critico, da ].R. GEISEUviANN, Die Eucharistie der Vorscholastik, Paderborn 1926 e da � · NEUN�EUS�R, Eucharistie in Mittelalter zmd Neuzeit (HDG IV, 4 b), Frerburg 196.J. Pm recentemente C. GIRAUDO in Eucaristia per la chiesa. Prospettive teologiche sull'eucaristia a partire dalla «lex orandi» Greo-orian �niversity Press-Morcelliana, Roma-Brescia 1989, pp. 527-52 9 , richiama grustamente l'opera preziosa di H. DE LuBAC, Co1pus mysticum. L'eucaristia . nel Medioevo, Gribaudi, Torino 1968 (recentemente riedita da e la chzesa Jaca Book).
9 Per una conoscenza delle proposte teologiche e ascetiche del moVlllento valdese, ridisegnate sullo sfondo politico, economico e culturale dell'incipiente XIII secolo, cf. la Storia dei Va!desi in tre volumi firmati ri spettivamente da A MoLNAR (l. Dalle origini all'adesione alla Riforma), da AA HUGON (2. Dal sinodo di Chanforan all'Emancipazione) e da V. Vr NAY (3. Dal movimento evangelico italiano al movimento ecumenico (184819!8)), e pubb�cata dalia Claudiana: particolarmente interessante per noi il pn�o vol. (Tonno 1974), spec. alle pp. 9-73, dove non è dimenticata la pro fessione d1. fede oggetto del nostro esame (cf. p. 71) e il concilio Lateranense N del 12 15 . N�l terz� volume (Torino 1980) si trova in appendice (pp. 483490) la co?fess:one d1 fede della chiesa valdese del 166.2; per le precedenti formule dr fed� cf. G. q-oNNET, Le confessioni di fede valclesz. prima della Riforma, Claudwna, Tonno 1967. •
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riferimento della fede, tre simboli: l'apostolico, il costanti nopolitano e il simbolo pseudoatanasiano Quicumque vult; nei confronti del manicheismo medievale iDsiste sul Dio creatore di tutte le cose e autore di ambedue i Testamenti· contro spiritualismi esagerati insiste sulla realtà umana d i Cristo; propone un ecclesiocentrismo e una oggettività sa cramentale forte fino ad additare nella gerarchia quasi un momento di mediazione indispensabile per leggere le Sacre Scritture in ordine ad una predicazione «controllata»; alcu ne precisazioni sull'escatologia, i suffragi e le decime con eludono la lunga formula indicata come cartina di tornaso le per chi vuole veramente «essere dei nostri» (DS 797). Il passaggio, per noi maggiormente significativo dei nuovi ac che centi medievali, va identificato nel tratto ecclesioloaico o suona così: Crediamo nel cuore e con la bocca confessiamo una sola chi�sa nor:- degli eretici, ma santa romana cattolica, [santa], apo stolica [e Immacolata], fuori della quale nessuno crediamo possa salvarsi (extra quam neminem salvari aedimus). Non abbiamo poi nulla da dire contro i sacramenti che in essa si celebrano, con l� cooperazione del dinamismo inestimabile e invisibile dello Spi nto Santo, anche se amministrati da un sacerdote peccatore... Crediamo che la predicazione sia molto necessaria e lodevole tuttavia crediamo che si debba esercitare con l'autorità o la licen� za del sommo pontefice o con il permesso dei prelati ... Lodiamo insieme e umilmente veneriamo le rubriche (ordines) ecclesiasti che e tutto ciò che si legge o si proclama come sancito dalla santa romana chiesa 10.
Gli interlocutori, a cui la formula di fede è indirizzata, non sono degli atei bensì dei credenti in Cristo: nei loro confronti viene richiamata la legge della comunione nella fede, ma sottesa alla loro esclusione dalla salvezza eterna sta l'identificazione tra la «sancta romana ecclesia» e il re10
Cf. il testo latino in DS 792 e 796; la tr. it. è nostra.
gno finale cii Dio. La compattezza visibile istituzionale nella chiesa viene ulteriormente rafforzata dall'oggettività sui sa cramenti, particolarmente sul sacrificio eucaristico, per la cui celebrazione è indispensabile un presbitero «regulariter ordinatus», non essendo sufficiente un laico anche se «ho nestus, religiosus, sanctus et prudens» (DS 794). Il control lo gerarchico si estende sulla predicazione per la quale i valdesi chiedevano libertà di parola. d) Pochi anni dopo, nell'autunno del 1215, il più im portante concilio della cristianità medievale, il Lateranen se IV (sempre con papa Innocenza III) propone una pro fessione di fede che risente degli stessi problemi e delle stesse difficoltà alle prese con albigesi, catari e valdesi, mes si tutti nella categoria degli eretici 11: contro le tendenze dualiste dei catari il concilio proclama: Crediamo fermamente e confessiamo semplicemente che uno solo è il vero Dio ... Padre, Figlio e Spirito Santo ... , principio uni co di tutto (unum universorum principium), creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e materiali. Con la sua onnipo tente forza (virtute) fin dal principio del tempo creò dal nulla l'u no e l'altro ordi11e di creature: quello spirituale e quello materia le, cioè gli angeli e il mondo, e poi l'uomo, quasi partecipe dell'u no e dell'altro, composto di anima e di corpo... Una inoltre è la chiesa universale dei fedeli, fuori della quale nessuno assoluta mente ( omnino) si salva. In essa lo stesso Gesù Cristo è sacerdote e vittima, il suo corpo e il suo sangue sono contenuti realmente nal c.,,-.....,."rn�n+-ro. rl.all'..,lt-f'l,....c:. 1.:::::. cort...o..r';.o rl.o1 .-lc..l 'fT;.....,r"\. -'1:-''-\...l.� J:-'a.Ll\ �-l\.....1
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V.l.ilV)
transustanziati il pane nel corpo e il \lh'l.o nel sangue per divino potere; cosicché per adempiere il mistero dell'unità, noi ricevia mo da lui ciò che egli ha ricevuto da noi. Questo sacramento non può compierlo nessuno, se non il sacerdote che sia stato regolar mente ordinato, secondo i poteri della chiesa (secundum claves Ecclesiae) che lo stesso Gesù Cristo concesse agli apostoli e ai lo ro successori 12• u Cf. il testo latino in DS 800-802. 12 I corsivi in latino sono presi dal testo riportato in DS 800 e 802, men-
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Delia lunga professione di fede abbiamo scelto alcuni passaggi che toccano i problemi sul tappeto: si trattava di s2lvare il valore del mondo materiale di fronte a gruppi ac centuatamente spiritualisti, giunti al punto da disprezzare anche il matrimonio, che il concilio difende con l'intera creazione (cf. DS 802 alla fine: anche gli sposati possono «ad aeternam beatitudinem pervenire»). Il concilio accoglie pure il linguaggio scolastico sulla transustanziazione eucari stica, nella dialettica tra substantia e species, per difendere il realismo della presenza; come pure ribadisce l'oggettività sacramentale nel ministero del prete «rite ordinatus» (cf. ivi). I\lla soprattutto va indicato l'assioma dell' «extra eccle siam nullus omnino salvatur», usato nei confronti di inter locutori cristiani, che si pensa abbiano infranto l'unità della fede e della disciplina canonica. L'assioma in tale contesto evidentemente non va assolutizzato per ogni caso: è co munque spia di una chiesa che si identifica sempre di più con il regno di Dio, difendendo appassionatamente il pro prio aspetto oggettivo-istituzionale e la comunione visibile con l'autorità di Roma. L'aggettivo «santa>> cade sponta neamente sul termine «chiesa», come appare nello stesso concilio di fronte a quei greci che cominciano a disprezzare i riti sacramentali latini: Secondo il parere del sacro concilio comandiamo loro seve ramente che cessino di agire in tale modo, confermandosi come tre la traduzione italiana riproduce quella di R. Galligani proposta in G. AL BERIGO (a cura di), Decisioni dei concili ecumenici, Classici UTET, Torino 1978, pp. 221-222: ci siamo permessi di correggere un evidente errore di trascrizione al centro della pagina 222, dove si legge «transustanziati. . . il san gue nel vino. . »: identico errore si ripete nella traduzione a cura di A. NICO RA ALBERIGO (traduzione molto vicina alla precedente anche perché prove .
niente dall'identico ambiente di studio dell'Istituto per le Scienze Religiose di Bologna animato dal professar G. Alberigo) in Conci!iorum (Ecumenico rum Decreta, edizione bilingue, EDB, Bologna 1991, p. 230. Il testo del La teranense IV è leggibile in traduzione tedesca con una breve introduzione in Bekermtnisse der Kirche, cit., pp. 34-36.
figli obbedienti della sacrosama romana chiesa, loro madre, per ché vi sia un solo ovile e un solo pastore 13. e) Quasi al tramonto della grande scolastica, il concilio secondo di Lio11e nella primavera del127 4 precisa la sua fe de trinitaria sulla processione dello Spirito Santo in questi termini: Con fedele e devota professione, confessiamo che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio non come da due principi, ma come da uno solo; non per due spirazioni, ma per una sola. Questo ha ritenuto finora, ha predicato e insegnato, questo crede fermamente, predica, confessa e insegna la sacrosanta chiesa ro mana madre e maestra di tutti i fedeli. Questo crede l'immutabi le e v �ra opinione dei padri e dottori ortodossi, sia latini che gre ci. Ma poiché alcuni, ignorando l'irrefragabile verità ora accenna ta, sono caduti in vari errori, noi, desiderosi di precludere la via a questi errori, con l'approvazione del santo concilio, condanniamo e riproviamo tutti quelli che osano negare che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio, o anche asserire te merariamente che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come da due principi e non come da uno solo 14.
La precisazione della teologia latina sull'annoso proble ma del Fzùoque riemerge anche nella professione di fede dell'imperatore greco Michele Paleologo (cf. DS 851-861), letta in concilio nel luglio di quell27 4 dinanzi al papa Gre gorio X: vi si si ribadisce la fede trinitaria con l'aggiunta del Filioque (ricordiamo che il concilio registrò il tentativo di unione, suggerita da motivi prevalentemente politici, cari all'imperatore); vi si aggiunge una precisazione sul purgato rio come purificazione esigita dalla giustizia di Dio; vi si enumerano per la prima volta i sette sacramenti, ribadendo
13 Decisioni dei concili ccu;rzctzici, cit., p. 229; corum Decreta, cit., p. 236; testo latino anche in 14 Decisi� ni dei concili ecumenici, cit., pp. CEcumenicorum Decreta, cit., p. 314; testo latino
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cf. Conciliorurn CLcttJta:ni DS 810.
293-294; cf. Conciliorum anche in DS 850.
sotto forma verbale il termine «transustanziazione» per di fendere la presenza eucaristica. Ma ciò che più impressiona è l'insistenza auasi ossessiva sulla «sacrosanc�a romana ec clesia»: proprfo sulla chiesa si conclude affermando: La stessa santa romana chiesa ha il sommo e pieno primato e principato sull'universa chiesa cattolica, primato che essa rico nosce con veracità e umiltà di aver ricevuto con la pienezza del potere (cum plenitudine potestatis) dallo stesso Signore nella per sona del beato Pietro principe e vertice degli apostoli. E poiché essa è obbligata soprattutto a difendere la verità della fede, se nascono questioni sulla fede, devono essere definite con suo giu dizio. Ad essa può appellarsi chiunque ha problemi pertinenti il foro ecclesiastico; al suo giudizio si può ricorrere in tutte le cause spettanti all'esame ecclesiastico; e ad essa tutte le chiese sono soggette, vi prestano riverenza e obbedienza i loro prelati. A que sta [chiesa] la pienezza di potere (potestatis plenitudo) è così ine rente (sic consistit), che rende partecipi alla sollecitudine anche tutte le altre chiese; molte delle quali, e specialmente quelle pa triarcali, la stessa romana chiesa ha onorato con diversi privilegi, tuttavia sempre salva la sua prerogativa tradizionale (observata) nei concili generali e in alcuni altri 15•
È proprio la nozione di plenitudo potestatis della chiesa romana una categoria giuridica che rende il papa fonte di ogni potere sulla terra: tutto ciò che Dio dona all'umanità, passa attraverso il papa e la sede apostolica; non si tratta 15 La traduzione del testo latino di DS 861 è nostra: non essendo do cumento del concilio, la professione di fede letta dinanzi al papa dall'impe ratore greco Michele Paleologo il 6 luglio 127 4 non è riportata in Decisioni dei concili ecumenici citato sopra, come pure manca in Conciliorum CEcume nicorum Decreta nelle pp. 309-331 dedicate alle decisioni del Lionese II. L'e spressione «sancta romana ecclcsia» o «sacrosancta romana ecclesia» si trova ripetuta in vari capoversi della professione di fede (cf. DS 855, 859, 860, 861), come già nella costituzione della seconda sessione del concilio nel maggio 1274 sulla processione dello Spirito Santo (cf. DS 850). Per il contesto storico è senz'altro utile U. PROCH, L'unione al secondo concilio di Lione e al concilio di Ferrara-Firenze-Roma, in G. ALBERIGO, Sto ria dei concili ecumenici, cit., pp. 283-299.
solo di un potere ricapitolativo, di riferimento ultimo, per tutta la vita che circola nel popolo cristiano. Si possono fa cilmente intuire le co nsegìlenz e che tale ilTlpostazione poli tica e spirituale comporta in una societas christiana di nome ma di fatto problematica dinanzi al vangelo e impastata di diritto romano e germanico 16•
f) Un ultimo cenno lo meritano le varie bolle di unione sottoscritte al concilio di Firenze dal1439 al 1445. Nel de creto pe� i greci (cf. DS 1300-1308) la professione di fede trinitaria dichiara lecita e ben motivata l'aggiunta del Filio que nel credo (licz'te et rationabzliter Symbolo fuisse apposi tarn); sul purgatorio si richiama l'utilità dei suffragi; nell'e numerare le sedi patriarcali si ribadisce il primato del pon tefice romano «in universum orbem» in quanto è il successore del beato Pietro principe degli apostoli, è au tentico vicario di Cristo, capo di tutta la chiesa, padre e dottore di tutti i cristiani: ...nostro Signore Gesù Cristo ha trasmesso a lui, nella persona del beato Pietro, il pieno potere (plenam po testatem) di pascere, reggere e governare la chiesa universale17• 16 Per il significato, giuridico e mistico insieme, di «plenitudo p�testatis» cf. gli studi di Y. CoNGAR come L'ecclésiologie du haut Aioyen-Age, Paris 1968, e Il posto del papato nella devozione ecclesiale dei rz/ormatori del XI se colo, in: J. DANIÉLOU-H. VoRGRil'vlLER, Sentire Ecclesiam, Paoline, Roma 1963, I, pp. 329-363. Su questi studi si fonda anche H. FRIES per descrivere i 1VIutamenti dell'immagine della chies.< ed evoluzione storico-dogmatica in 1\!Iy sterium Salutis, vol. Vli, Queriniana, Brescia 1972, spec. pp. 289-301. Cf. ul timamente A. ANTON, El !\;fister:O de la lglesia. Evolucion historica de las ideas eclesiologicas, BAC Mayor, nn. 26 e 30, Madrid-Toledo 1986-1987, s.i.p., spec. vol. I, c. /0• Particolarmente utili per il versante teologico le osser vazioni di L. SARTORl sul tema della «suprema potestas» pubblicate su «Stu dia Patavina» 27 (1980) 2, pp. 309-312 in un simposio su Marsilio di Padova, e sulla stessa rivista 28 (1981) 3, pp. 545-548 in un simposio sui Sermones di sant'Antonio da Padova. Per una lettura rapida dal terzo mondo cf. L. BoFF, Chiesa· carisma e potere, Borla, Roma 1983, pp. 86-100, che richiama, tra gli altri studiosi, G.B. LADNER, The Concepts o/ «Ecclesia» and «Christianitas>> and their Relations to the Idea o/ Papa! «plen:itudo potestatis» from Gregory VII to Bom/ace VIII, in «Miscell. Hist. Pontif.» 18 (1954), pp. 49-77. lì
66
Conciliorum CEcumenicorum Decreta, 528; testo latino anche in DS 1307.
N ella bolla per gli armeni si offrono socrattutto delle precis�zi?ni scolastico-tomistiche sui sacram�nti con preoc cupaziOni prevalentemente rituali �� ricm"'rr1 _è:' >1"ti la matFria forma-ministro 18. l\.�ella ulteriore bolla di unione con i copti, i giacob iti, i caldei e 1. maroniti di Cipro la «sacrosanta romana eccle si�. ·: fi�miter credit, profitetur et praedicat» la propria fede tnmtana espressa in linguaggio anselmiano, con anatem a tismi contro eretici ormai lontani nel tempo; riafferm a la bontà della creazione, ricordando la relatività dell'An tico Testamento ma anche la sua preziosità in termini di rinvio tipologico verso il Cristo e i sacramenii della chiesa· dice reale l'Incarnazione e necessario il battesimo· ribadi� ce la necessità assoluta della chiesa in questi termi�i: ___
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Crede ferr_namente, confessa e predica che nessuno di quelli . cattolica, non solo pagani, ma anche c�e s�no fu�n dell� chresa . gmder o eretiCI e scismatici, possano acquistare la vita eterna, ma che a�drann? nel fuoco eterno, preparato per il demonio e i suoi angeh, se pnma della fine della vita non saranno stati aaaregati '=' ad essa; e che è. tanto importante l'unità del corpo della �hi �sa, . che solo a quelli che nmangono in essa giovano per la salvezza i . sacra�e�t� eccl��i �stici i digiuni e le altre opere di pietà, e gli ; . . eserciZI della milizia cnstlana procurano i premi eterni. Nessuno - pe� quante elem�sine abbia potuto fare, e perfino se avesse ver s�to il sangue per il nome di Cristo - si può salvare, qualora non nmanga nel seno e nell'unità della chiesa cattolica 19.
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. 1 ��� u1 ...J; : rr se1111v p01, quesLe arrerm az1on1 wsc1ano l'amaro in bocca per _l� visione ristretta della salvezz a, pur renendo conto che gh mterlocutori sono ritenuti scisma tici e i grandi valori richiamati toccano l'unità della chiesa: ma T o<+ o JLA .. L.L<... '-
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C DS 1310-1328; testo latino, armeno e italiano in Conciliorum CEcumemcorum Decreta. 534-559. . 19 Decisioni dei concili ecumenic i, cit., p. 505; testo latino, copto e italia no m Conczlzorz m CEcumemcorum Decreta, cit., p. 578 (tutta la Bolla di � . umone alle pp. )67-583); testo latino anche in DS 1351.
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qui il mistero della chiesa si identifica non solo con la chie _ _ sa cattolica d'Occidente, ma anche con eccessiva sicurezza con il regno finale.
3. AccENTUAZIONI
Più
EVIDENTI
Dal nostro breve sondaggio su alcune formule di fede medievali si può cogliere il prezzo piuttosto alto pagato dalla fede cristiana per inculturarsi nel mor:do fran�o . germanico disceso a coprire anche il mondo latmo 1spamco e italiano dal secolo V in poi. .. Si può annotare anzitutto un pratico spostamento d1 at tenzione dalle verità-fine alle verità-mezzo della nostra fede. Certo, all'inizio di tutte le professioni sono se�pr� ri�hi� mate la Trinità Santa e l'Incarnazione come m1sten prmcl pali della nostra santa fede; ma progressivam�nte l'interes _ se cade sulla chiesa e sui sacramenti della chiesa anche m quanto ci mettono in comunione con i credenti tuttora L11 purgatorio attraverso i suffra�i. . In questo contesto va nbad1ta l 1mpress10ne pesante che lascia nel lettore l'insistenza sulla «sancta romana eccle sia» che è definita santa quasi a prescindere dalla sorgente divi..;a e da una attenta verifica etica dei frutti dello Spirito realmente in essa presenti: col senno di poi si può afferma re che una spruzzatina di valdismo e dell'antico donatismo, richiamanti l'esigenza dell'apostoLica vivendi forma, sare� b_e stata rugiada preziosa. L'insistenza s�l valor� oggettivo del _ l'istituzione «chiesa», quasi in term1m sacrah, doveva (e po reva) coniugarsi con l'attenzione alla traspa:enz� delle per sone che sono la chiesa. Con buona appross1maz10ne s1_ puo, ,.
.
affermare che una maggior incidenza del francescanesimo nel tessuto ufficiale della chiesa poteva rivelarsi salutare: ma per quanto si può cogliere dalle formule di fede prese _ _ in esame pare piuttosto scarsa l' attenzwne al «soggettivo» nella chiesa. 68
2 c
Va infine additata la cultura e il linguaggio accentuata mente essenzialisti: della storia si parla solo per sottolineare la realtà dell'Incarnazione di Gesù contro i dualismi spi ritualisti medievali, in ordine a rafforzare una sponda di realismo per la chiesa istituzionale-gerarchica, che giuridi camente si propone fissa e stabile. Da papa Alessandro III (1159-1181) in poi i papi sono quasi tutti giuristi: senza colpa incoraggiano una riflessione permeata dallo spirito giuridico e ben poco preoccupata di significati e aspirazioni spirituali 20. 1V1a queste esistevano e circolavano nella chiesa: prima o poi avrebbero assunto la forza sufficiente per veni re a galla, purtroppo in maniera dirompente nei confronti delle consuetudines, delle traditiones e dell'aspetto visibile della chiesa stessa: non incanalate e valorizzate in tempo, molte di queste aspirazioni esplosero con la forza del tappo del vulcano.
2° Cf. Y.M.]. CONGA,�, La fede e la teologia, Desclée, Roma 1967, p. 245; ]. GILCHRlST, Legge ecclesiastica e fede cristiana nell'epoca scolastica, cit., pp. 56-57.
CAPITOLO IV PJF0Rl\1A PROTESTANTE E IvlOIVIENTO TRIDENTINO
Una robusta sterzata nella vita della chiesa europea tar do-medievale, in ordine a un forte recupero di ispirazione evangelica e a una verifica concreta sui frutti dello Spirito, era auspicata da varie istanze e in varie zone 1. Non riuscì a sufficienza dentro la chiesa latina: si realizzò, al di là delle intenzioni dei protagonisti, contro la chiesa spezzando l'u nità religiosa dell'Occidente. La polemica risulta la nota do minante percepibile nelle confessioni di fede protestanti e cattoliche del 1500 europeo: il «contra» caratterizza (spes so in filigrana, talvolta apertamente) l'espressione della fe de. Nel mondo nordico europeo, in particolare nel policro mo mondo germanico, si sviluppa progressivamente una reazione viscerale contro ogni forma di gerarchismo e di consuetudine; contro la Roma papale (las von Rorn!), che sembrava incarnare tali deformazioni religiose ecclesiasti che, prende il sopravvento la spiritualità dirompente di un rapporto verticale «coram Deo» tendente ad annullare de cisamente tutte le mediazioni ecclesiastiche, alla luce di una G. .ALBERIGO a Decisioni dei concili 1 Cf. ad esempio l'Introduzione di e al concilio Lateranense V s'inti ecumenici, cit., pp. 69-73: le pagine dedicat 517): un concilio fallito (cf. tolano significativamente Lateranense V (1512-1
non solo aveva lasciato insoluti p. 69) e concludono così: «Il Lateranense V ine della chiesa romana e della tutti i problemi, ma aveva peggiorato l'immag vertice come alla base della al , riforma alla ere provved di ità incapac sua concilio Lateranense V e il Triden Il , VENARD M. anche Cf. 73). (p. chiesa» ecumenici, Queriniana, Bretino, in G. ALBERIGO (a cura), Storia dei concili . scia1990; spec. pp. 323-329
70
tbeologia crucis di appassionata intensità, sottolineante il
«sub. contrari� specie;> contr o il ragionamento a base di fi _ o di buon s en s o umano:2.
bsoft:J. scolastica l.
LE ACCENTUAZIONI DELLA NFOR.lv1A
Tenendo pr�sente il tessuto medievale di pensiero pro spettat? nel capitolo precedente, si può facilmente rilevare la reaziOne dei riformatori nordici, quasi a polarizzazione opposta. Anzitutto contro ur:-a chiesa, che si autodefinisce santa, . viene affermato che Dzo solo è santo3: il orimato di Dio e della sua parola si rivela il «cantus firmus>; di ogni riforma tore prmestante. La sovranità e l'immediatezza di Dio ven gon� p�rcepite, vissute e affermate contro ogni forma di 1 _ rr:-ed1azwne ecclesiale, sacramenti compresi. La Scrittura v1en_e con tr apposta ad ogni apparato sacrale mediatore e ad . . ogm tradlz�o.r:_e. Contr� le consuetudini e i meriti, intravisti . . . «costnzwm» _ per Dio stesso, l'attributo divi come pos�1bU1 no poler�:ucamente più sottolineato risulta essere la libertà (�entre il �attoli �esimo si affida maggiormente alla fedeltà _ . d1 Dw): D�o e, hoero, «Spiritus ubi vult spirat» (Gv 3,8), «de potentia absoluta» Dio può fare quello che vuole. .
2
Per questo richiamo globale ci è utile ancora P. FRANSEN in ivhste· ., Sa!utzs, vol. IX ' Queriniana , Brescia 1°-/)./ , pp . 130- 153 ; pm recenten:e?t� anch � PS VANZAN, Lutero tra contrapposizione e mediazione «La CIVilta �attol�ca»134 (1983/4), pp. 220-238. Per un confronto tra gli . confessrona del penodo resta tuttora fondamentale J.A. MbLHER, Simbo m!!n
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lz a o esposzzzone de le antitesi dogmatiche tra cattolzci e protestanti secondo ,oro scnttz con/esszonalz pubblici (a cura di ].R. Geiselmann)' Jaca Boo<:, 1
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Mila?o 1984 (traduzione sull'edizione tedesca del1958). ) �a polemi�a r�nde evidentemente ciechi di fronte ad affermazioni nquillamen�e nbadrte ar:-che dai cattolici, come ad esempio nel Gloria in , c,,cc!szs Dea cella mes�a dove per secoli si è cantato: «Quoniam tu solus sanctus, tu soh.J� dommus, tu solus altissimus, Jesu Christe»: ma eviden . te:nente la lit':lrgra, ovattata nel latino, non diceva gran che sul piano lino-ui"' strco e teologrco-catechisrico.
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La conseguenza spirituale è facilmente intuibile: pri vilegiando il filo diretto con Dio, che salta i gradini delle mediazioni comunitarie in nome d ell evo.ngelo contro ogni legge ecclesiastica, si introduce una spiritualità soggettiva accentuatamente individualistica. Si deve comunque dare atto alla Riforma di aver indotto un formidabile senso di Dio e della sua trascendenza, ponendo l'uomo di fronte al la divina maestà, in una sete di autenticità sana, anche se accompagnata dal rischio di una fuga platonico-agostiniana nell'Invisibile. Una seconda accentuazione emerge nella dialettica op posizione tra Dio e l'uomo: una antropologia notevolmente pessimistica indica significativo solo il movimento «von oben», dall'alto. Solo Dio proietta sull'uomo le sue inten zioni di salvezza: dal basso, dall'uomo non viene nulla di buono, non esiste possibilità di risposta positiva in un «re ditus ad Deum»; l'uomo resta in ogni caso «simul iustus et peccator». Tuttavia questa negatività radicale viene superata in un exitus mysticus, attraverso la fede vissuta come abbandono totale nel Cristo, che unisce misticamente a sé la creatura prendendone il posto sulla croce. In questo balzo in Dio, in tale coinvolgimento spirituale si viene assunti nella comu nione trinitaria. Il «Christus pro me» induce una sicurezza spirituale in ordine alla salvezza, mentre l'accento sulla oersonale, la volontà e il «fides aua» valorizza l' esoerienza L sentime�to religioso; con notevole �utonomia e libertà etica per il credente nei confronti di una chiesa tardomedievale che tutto vuole precisare nel cammino verso Dio. n cattolico legge in tale impostazione un certo estrinse cismo della giustificazione e una scorciatoia preziosa ma pericolosa qualora l'appello all'esperienza diventi sinonimo di fuga dalla fatica del pensare; dalla pazienza del confron to comunitario e con l'autorità 4. Ma .bisogna riconoscere '
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Il rischio sembra essere attuale per vari movimenti religiosi anche cat-
che una sterzata in tal senso sarebbe stata prov\ridenziale per tutte le comunità cristiane in un clima fraterno tra le varie chiese locali. Purtroppo in quel momento il clim2. ecclesiale era tutt'altro che idillico. Si instaurarono così, nel polemico dialogo tra sordi fra nord e sud Europa, due for me di cristianesimo rapidamente divergenti a forbice, due climi e due mentalità, quasi due «geni» religiosi nel risuo nare diversamente dinanzi allo stesso messaggio evangeli co5. I padri del concilio di Trento non sembra abbiano ca pito fino in fondo il messaggio dei riformatori; e i riforma tori a loro volta ricambiarono con analoga incomprensione, quando ebbero tra mano le indicazioni conciliari.
2. I
CREDO CONTRAPPOSTI:
LA « CONFEssro
AuGUSTANA»
Nel clima appena delineato tutte le chiese europee mantengono come espressione della propria fede i tre sim boli tradizionali (l'apostolico, il niceno-costantinopolitano, tolici, accentuanti (e magari esasperanti) l'aspetto esperienziale: cf., per un rilievo iniziale, ad esempio il n. 17 (5/1983) di «Credereoggi» dal titolo I movimenti ecclesiali. Esperienza e teologia. 5 Utile, per capire le due mentalità, un documento non molto lontano del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste in Italia. Rela:::.ione sull'ecumeni smo e sui rapporti con il cattolicesimo, riportato da «
> 26 (1981) 21, pp. 692-695 in stesura provvisoria, e in stesura definitiva (più ricca dal punto di vista teologico ed ecumenico) nel n. 17 dell'annata succes siva, pp. 552-556. Utile ripetere qui una osservazione già annotata di]. F..AT· ZINGER in Storia e Dogma, Jaca Book, Milano 1971, p. 60 (nel contesto delle pp. 51-70): «La differenza delle confessioni cristiane non viene dal Nuovo Testamento - benché vi si possano trovare fondamenti per cammini diversi - deriva piuttosto dal fa o che ognuno ha letto il Nuovo Testamento con padri diversi ... Tommaso d'Aquino e Lutero... sono soltanto padri ognuno per la propria parte». Prima e durante il concilio di Trento venne chiesto più volte di acquisire una precisa conoscenza della dottrina dei riformatori sui vari punti i11 discussione, ma solo nel dicembre 1546 si iniziò a raccoglie re un catalogo di «articuli haereticorum» per la discussione sui sacramenti: cf. P. FRANSEN in Mysterium Salutis; cit., pp. 155-156 e 168.
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il calcedonese), ma li leggono con accentuazioni e prospet tive differenti, che emergono chiare nei simboli luterani e nelle principali confessioni di fede riformate 6. l\Jel lute ranesimo la formula del simbolo si propone come somma rio della dottrina salvifica (compendiaria doctrinae forma), pur sottoposta al giudizio della Scrittura; nel calvinismo la formula si riduce a un indice puntato sulla parola di Dio contenuta nella Bibbia: non ha consistenza da sola 1. Le for mule servono comunque a pilotare la predicazione e a pre cisare la dottrina contro la chiesa romana e di fronte agli anabattisti e ai movimenti spiritualisti del XVI secolo. Il «simbolo di questo tempo» resta la Con/essio Augu stana del giugno 1530, che merita attenzione particolare. Su incarico dei prill_cipi tedeschi passati al luteranesimo, fu scritta Ìil latino e in tedesco dall'irenico Filippo l\1elantone (anche se ispirata dall'impetuoso Lutero) e letta in lingua tedesca dinanzi all'imperatore Carlo V nella dieta di Augs burg: concretizzò un tentativo di comprensione reciproca quando la frattura poteva prospettarsi ancora superabile 8• �
6 V. VINAY, all'interno della voce Confessione e confessionalismo (Enci clopedia delle religioni, vol. II, Vallecchi, Firenze 19/0, pp. 322-324), sui te sti riconosciuti nell'ambito della Riforma, elenca sette confessioni di fede lu terane e diciassette riformate (tra cui due valdesi italiane), quasi tutte scritte in un breve arco di tempo a ridosso dei grandi riformatori. Sul significato della «confcssio fidei» al temoo della Riforma e a Barmen cf. S. RoSTAGNO. Storicità e specificità della co�/essione di fede, in AA.VV., Tra la croce e l� svastica. Il messaggio di una cbiesa confessante per il nostro tempo (Barmen 1934-84), Claudiana, Torino 1984, pp. 61-75. Sempre di S. RosTAGNO è utile la sintetica introduzione a Chiesa presbiteriana n/armata a Cuba, Confessione di fede 1977 (Brevi studi, 3), Claudiana, Torino 1980, pp. 5-15. 7 Cf. anche B. LOHSE, Bekenntnis - Theologiegescbicbtlich, RGG\ I, pp. 993-994.
8 In queste righe seguiamo il pregevole volume curato da G. T o URJ"' La confessione augustana del 1530, edito dalla Claudiana in occasione del 450" anniversario della CA (Testi della Riforma, 9, Torino 1980), con la ver -sione di M.R. Serafini e le introduzioni di A. Agnoletto, M. Cassese, U. Ca staldi, J. Kleemann, P. Ricca: i corsivi L'1 latino sono ripresi in gran parte dalle note che accompagnano la traduzione italiana. La CA è definita «the ,
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Il lungo testo consta di una prefazione, di 21 articoli di fede e di 7 articoli in cui si passano in rassegna gli abusi corretti dai riformatori. Pur luterana e sostanzialmente vicina al cattolicesimo 9, basic confession of the German Reformation» in H.-G. LINK (a cura), Apo stolic Faitb Today. A Handbuch /or Study, WCC, Geneva 1985, p. 29: alle pp. 30-37 vengono riportati i 21 articoli dottrinali della CA. Per il testo te desco completo, accompagnato da una breve introduzione, cf. Bekenntnisse der Kirche, Wuppertal 1970, pp. 38-61. Per l'approfondimento cf. la rassegna esemplare proposta da A. MoDA sotto il titolo 1\.fartin Lutero. Un decennio di studi (1975176-1986187) attorno ad un centenario (1483-1983), Quaderni di «0 Odigos» (Centro Ecumenico S. Nicola di Bari) 8 (1989) 3, spec. pp. 203-216. In particolare vanno segna lati: AA.VV., La Confession d1Attgsbourg - 450° Amziversaire («Le Point théologique», 37), Beauchesne, Paris 1980; L. SARTORJ, Osservazioni sulla Confessione d'Augusta, in Al\.VV., Morte e risurrezione in prospettiva del Re gno, ElleDiCi, Leumann-Torino 1981, pp. 396-400; V. VINAY, La Confessio ne Augustana in una visuale ecumenica, «Studi Ecumenici» l (1983) 1-2, pp. 9-36; utile tutto il numero della rivista dell'aprile-giugno 1986, che sarà se gnalato ulteriormente più avanti. 9 L'interesse nei confronti della CA nel 450° anniversario si è rivelato abbastanza significativo anche da parte cattolica, addirittura con la proposta di un riconoscimento cattolico postumo. La proposta, caldeggiata tra gli altri da J. Ratzinger in una conferenza a Graz n�l 1976, riconosce il consenso di fondo tra la CA e le professioni di fede della tradizione cattolica. Cf., per un cenno complessivo delle celebrazioni, L. PACCHIN-L. PREZZI, La Con/essio Augustana documento ecumenico, «Il Regno-attualità» 25 (1980) 14, pp. 304306. La commissione mista della chiesa cattolico-romana e della federazione luterana mondiale ha pubblicato il 23 febbraio 1980 un documento sulla CA
con una valutazione storico-ecclesiale, che evidenzia i punti più sig11ificati·vi
di accordo e quelli tuttora in discussione: cf. il testo tedesco Unter einem Cbristus, «Katholisches Sonntagsblatt», 6 Juli 1980, p. 2 e il testo italiano Tutti sotto uno stesso Cristo, «Il Regno-documenti» 25 (1980) 15, pp. 376377. La stessa rivista bolognese dei Dehoniani ha ospitato almeno due testi interessanti sulla CA letti in Italia (il primo al centro «Pro Unione» di Roma, il secondo alla Università Cattolica di Milano) in occasione del 450° anniver sario: D. OLIVIER. Il vangelo e la chiesa, «Il Regno-documenti» 25 (1980) 3, pp. 78-83: l'a. considera la CA un testo «trattabile» perché redatto prima che fosse consumata la divisione; W. L-\SPER, La teologia cattolica e la «Con/essio Augustana», ivi 26 (1981) 7, pp. 236-241: l'a. considera la CA una valida base per giungere ad un accordo, se la CA è ancora il testo fon damentale per tutte le denominazioni di matrice luterana. Oltre. agli studi segnalati nella nota precedente, da non dimenticare anche Y. CONGAR,
la confessione augustana permette di cogliere le opzioni più evidenti nell'impostare in maniera nuova il rapporto del credente con Dio: Sante Scritture e pura parola di Dio al posto della santa chiesa e delle varie t�adizi�ni, consuetudi ni e norme ecclesiatiche (la prefazione e la conclusione sul l'ultimo «abuso» del potere ecclesiastico non lasciano dub bi in proposito); fede in un Dio che è libero dalle nostre «costrizioni» (meriti, sacramenti, tradizioni: cf. ad esempio l'art. V); fede in un solo Cristo salvatore contro tutte le «opere» e contro tutte le forme di culto ai santi (cf. ancora la prefazione e l'art. .lLXI); difesa della secolarizzazione contro l'ideale del monachesimo, e valorizzazione delle ca riche pubbliche e sociali come i magistrati (cf., ad esempio, l � a�t. �VI). Tra le righe si può facilmente leggere una iden tificaziOne tra il pesante cattolicesimo tardomedievale e una veterotestamentarizzazione farisaica nel senso duro del ter mine: i monaci vengono letti come farisei tendenti (e pre tendenti) alla conquista di Dio per mezzo dei loro meriti e opere personali, e poco fiduciosi nella gratuita grazia divina (cf. gli artt. XV-XVI). Abbastanza evidenti risultano anche i «padri» che vengono privilegiati per l'ermeneutica prote stante della Scrittura: l'apostolo Paolo e sant'Agostino. Se accostiamo rapidamente alcuni spezzoni significativi del testo della CA, dopo i tre articoli fondamentali su Dio, il peccato originale e il Figlio di Dio, la diversità di impo stazione emerge nelle opposizioni dialettiche dell'articolo IV sulla giustificazione:
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o stesso modo [i predicato�i protestanti] insegnano che gli uomm1 non possono essere giustificati al cospetto di Dio in virtù
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Chroniqt cumenique: Sur la Confession d'Augsbourg (25 juin 1980), . ?!,_ «Rev.Sc.l:h.lh.» 64 (1980) 2, pp. 255-264 (con la sbalorditiva ricchezza bibliografica che caratteriz?a anche i bollettini di Congar) e V.P., Confessio Augustana - Symposium in Augsburg, «Herder Korrespondenz» 33 (1979) 10, pp. 488-490.
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delle proprie forze, dei propri meriti, delle proprie opere, ma so no giustificati gratuitamente, per opera di Cristo, mediante la fe de, in quanto credano di essere accolti nella grazia e che i loro peccati siano rimessi per opera di Cristo, il quale, con la sua mor te, diede soddisfazione per i nostri peccati. Questa fede Dio ci mette in conto (imputat) come giustizia al suo cospetto, dice Pao lo ai romani ai capitoli 3 e 4.
Il V articolo tocca un punto sensibile della controver sia, il ministero della chiesa, riletto in un quadro di accen tuata libertà di Dio rispetto agli strumenti umani, pur con terminologia ancora rispettosa della tradizione scolastica: Perché si possa ottenere questa fede è stato istituito il mini sterio di insegnamento dell'evangelo e di amministrazione dei sa cramenti. Infatti, per mezzo della parola e dei sacramenti, come mediante degli strumenti, ci viene donato lo Spirito Santo che, dove e quando Dio vuole (ubi et quando visum est Dea), produce la fede in coloro che ascoltano l'evangelo; il che vuoi dire che Dio, non in virtù dei nostri meriti ma in virtù di Cristo, giustifica coloro che credono di essere accolti nella sua grazia per l'opera di Cristo: «af±ìnché riceviamo la promessa dello Spirito per mezzo della fede», Galati 3. Condanniamo gli anabattisti e gli altri i quali credono che lo Spirito Santo sia dato agli uomini senza la parola esterna, ma solo mediante le loro particolari preparazioni e opere.
Il primato assoluto di Dio emerge anche dall'articolo VI sulla nuova obbedienza imperniata sulla fede, in polemica opposizione alle opere meritorie, in ordine alla salvezza: Allo stesso modo insegnano che una fede di quel genere deve produrre buoni frutti e che bisogna compiere le buone opere co mandate da Dio perché così egli vuole e non già perché noi con fidiamo in esse al fine di meritare la giustificazione al cospetto di Dio. Infatti la remissione dei peccati e la giustificazione si otten gono per fede, come conferma la voce stessa di Cristo: «Quando avrete fatto tutte queste cose, dite: siamo servi inutili». La mede sima cosa insegnapo anche gli antichi Padri della chiesa. Ambro gio infatti dice: «E stato stabilito da Dio che chi crede in Cristo sia salvo, senzà le opere, per b sola fede, ricevendo gratuitamente la remissione dei peccati». 77
L'articolo VII sulla chiesa si rivela spia interessante del le diversità di accenti ormai duramente opposti, qui in sen so democratico nella totale assenza di elementi bo-erarchici e . . . orgamzzat1v1: Allo stesso modo insegnano che la chiesa una e santa sussi sterà in perpetuo. Invero la chiesa è l'assemblea dei santi nella quale si insegna l'evangelo nella sua purezza e si amministrano correttamente i sacramenti. E per la vera unità della chiesa è suf ficiente l'accordo sull'insegnamento dell'evangelo e sull' ammini strazione dei sacramenti. Non è invece necessario che siano ovunque uniformi le tradizioni istituite daa-li uomini cioè i riti o le cerimonie come dice Paolo: «Una sola f de, un soÌo battesimo ' un solo Dio e padre di tutti. .. ».
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Il testo prosegue con le puntualizzazioni discretamente mediane sui sacramenti del battesimo. della Cena del Si gnore e della confessione (cf. gli artt. viii-XII) ' ner esplicitarne la funzione globale cos� "-
Sulla funzione dei sacramenti insegnano che i sacramenti so no stati istituiti, non tanto perché siano un contrassegno distinti vo della nostra professione [di fede] tra gli uomini, ma piuttosto . perché srano segni e testimonianze della volontà di Dio nei nostri confronti, proposti a noi per suscitare e rafforzare la fede in colo ro che se ne avvalgono (ut signa et testimonia voluntatis Dei eraa
nos, a4 exci�andam et confirmandam /idem in his, qui utuntz;r, p�oposzta). Bisogna perciò servirsi dei sacramenti al fine di perve
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mre a u�a fede eh� creda alle promesse che sono a noi presenta te e d1ch1arate medrante i sacramenti.
Nell'esplicitare la funzione dei sacramenti s'intuisce la sa na preoccupazione delia Riforma di reagire al «meccanici smo» sacrale del tardo medioevo, in cui la parola di Dio appa re un puro accessorio (cf. in particolare l'art. X:V sui riti della chiesa, i voti e le tradizioni riguardanti i cibi, i giorni ... istituiti per meritarsi la grazia e dare soddisfazione per i peccati). lVIa �ul sacramento viene purtroppo messo tra parentesi lo stile e la spiritualità dell'Incarnazione: si accentua maggiormente Fa spetto di promessa che di realtà divina già coinvolgente.
Si aggiungono poi alcuni articoli sulla vita nella società civile, sul ritorno di Cristo per il Giudizio, sul libero ar bitrio e la causa del peccato, per ritornare al nucleo cen tra le della polemica luterana «fede e buone opere» con un lunghissimo Y0{ articolo che ribadisce:
... È necessario fare buone opere, non perché nutriamo la speranza di meritare con esse la grazia, ma perché sono volute da Dio. Solo per fede si ottiene la remissione dei peccati e la grazia. E poiché per fede si riceve lo Spirito Santo, ecco che i cuori si rinnovano e si rivestono di nuovi desideri, onde poter compiere le opere buone. La parte «dogmatica» viene conclusa cnt1camente sul culto dei santi che offusca il solus Christus come nostro me diatore, riconciliatore, sommo sacerdote e intercessore. Fino a questo punto, con una certa buona volontà, ci si poteva intendere fra le due parti e ritornare alla pace. La rottura avvenne, paradossalmente ma significativamente, su «alcuni pochi abusi» che toccavano la prassi concreta delle chiese e che i riformatori ritenevano di non poter accoglie re. I protestanti insistevano (cf. gli articoli XXII-L'CVIII) sulla Cena del Signore partecipata con ambedue le specie eucaristiche anche dai laici; sul matrimonio permesso ai sa cerdoti; sulla riduzione delle messe celebrate privatamente per denaro; sulla confessione generica delle colpe. Elimina vano riti,. digiuni, modi di vestirsi, e giorni festivi in grado di offuscare la centralità della fede in Cristo salvatore; scio glievano i voti monastici che ponevano in ombra i coman damenti di Dio e il vero culto; riducevano il potere eccle siastico alb predicazione dell'evangelo, alla remissione dei peccati e all'amministrazione dei sacramenti. In tutti questi articoli, secondo i prb1cipi e rappresen tanti firmatari della CA il25 giugpo 1530 ad Augusta, trova «espressione la nostra confessione di fede e ... l'essenziale della dottrina di coloro che insegnano presso di noi».
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Per cogliere le preoccupazioni e gli accenti luterani, resi espliciti già mesi prima della CA, vanno letti i due catechi smi preparati da Lutero nella primavera del 1529 allo sco po di superare la diffusa ignoranza religiosa attraverso un annuncio comprensibile a tutti. Considerati «la Bibbia dei laici in cui c'è tutto quello che nella Sacra Scrittura vien detto ampiamente e che è necessario che un cristiano cono sca se vuole salvarsi» 10, i due testi portano non tanto una testimonianza di fede per chi stava fuori del protestantesi mo, quanto piuttosto l'educazione popolare all'interno del protestantesimo stesso 11.
3. LA «PROFESSIO FIDEI TRIDENTINA» Il concilio di Trento ha risposto, o almeno ha tentato di rispondere, alla contestazione nordica con gli strumenti culturali tipici in quel momento del mondo latino, special mente italiano e spagnolo, in uno sforzo tutt'altro che di sprezzabile: resta il rammarico che tale sforzo non abbia caratterizzato il concilio Lateranense V, celebrato appena qualche decennio prima. 10 Cf. la citazione riportata nel dossier Professioni di fede e catechesi, Pa dova 1977, p. 47, nelle righe introduttive a Il Piccolo Catechismo di Lutero del 1529. 11 Cf., per Il Piccolo Catechismo per pastori e predicatori indotti (intitola to anche E:1chiridion), l'introduzione e il testo in italiano in: Facoltà Teolo gica dell'Italia Settentrionale - Sezione di Padova, Professioni di fede e cate chesi, Padova 1977, pp. 46-63: la traduzione è condotta sul testo tedesco ri portato in Bekenntnisschrz/ten der Evangelisch-lutherischen Kirche, Berlin 1930, pp. 501-541 (cf. anche Bekenntnisse der Kirche, cit., pp. 79-90). Più completa la traduzione italiana proposta in Scritti Religiosi di Martin Lutero, a cura di V. VINAY, Classici UTET, Torino 1967, pp. 673-697. Per i succes sivi testi della .Riforma, utili a cogliere l'evolversi dottrinale delle formule di fede, cf. almeno Bekenntnisse der Kirche, cit., pp. 61-248; anche Apostolic Faith Today, cit., pp. 38-49. Va ricordato che esiste nei Classici UTET, in due volumi a cura di G. ToURN (Torino 1971), anche l'Istituzione della Re ligione cristiana di G. Calvino.
Il Tridentino non ha proposto una sua formula di fede: implicitamente ne incarica il papa nel capitolo 2 del decre to De re/ormatione generali 12. Pio IV, a ridosso del concilio concluso l'anno precedente, il 13 novembre 1564 con la Bolla Iniunctum nobz's propone un breve e puntuale som mario delle decisioni tridentine in risposta (e in opposizio ne) alla riforma protestante 13. La formula, che inizia con il credo niceno-costantinopolitano, si concretizza in una lun o-a dichiarazione di obbedienza e di lealtà alla chiesa catto hca, di cui si accetta tutto il «corpus» dottrinale precisato dal Tridentino (cf. specialmente DS 1869-1870). Risulta evidente il clima a cui si deve far fronte: davanti al pericolo di un pluralismo di frammentazione e di fuga si impone il richiamo alla compattezza, in una istanza di unità che coin cide con l'uniformità dentro la chiesa romana, madre e maestra di tutte le chiese. Conseguentemente la virtù per eccellenza viene intuita nella vera obbedienza al romano pontefice. Sul piano del contenuto la formula punta decisamente su ciò che differenzia la visione cattolica da quella prote stante, in un dualismo che oggi appare esasperato, ma che permette la chiarezza della distinzione (e purtroppo della divisione, in quel momenro). Non vi appare l'istanza kerig matica dell'annuncio: domina solo la preoccupazione apo lmretica. al nunto che la <<professio fidei» diventa un giur ramento di fedeltà alla propria ch1esa. I protestanti afrermano il «sola scriptura»; la chiesa cattolica antepone le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le costituzioni u
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12 Cf. Conciliorum CEcumenicorum Decreta, 785. Per le vicende storiche del concilio di Trento e dintorni cf. almeno M. VENARD, Il concilio Latera nense V e il Tridentino, cit., pp. 330-361. 13 Cf. il testo latino in DS 1862-1870, redatto dal papa sotto l'influsso di Pietro Canisio. Il testo è riportato in traduzione inglese nel già citato Aposto lic Faitb Today alle pp. 50-52, e in traduzione italiana nel dossier pure citato Professioni di fede e catechesi, pp. 64-65.
della chiesa, onde cogliere il senso autentico delle Scritture. Per i protestanti il vero sacramento è la parola di Dio: sui sacramenti in particolare essi non vanno oltre il battesimo e la santa cena (e forse la confessione); per i cattolici i sacra menti sono sette, di cui tre, oltre a conferire la grazia, dan no anche il carattere, per cui non si possono reiterare senza sacrilegio. Sul peccato originale e sulla giustificazione viene accettato dal cattolico tutto ciò che il concilio ha definito e dichiarato. Sull'eucaristia i protestanti negano il carattere sacrificale e si mostrano parzialmente renitenti sulla pre senza reale; per i cattolici la messa è un vero e proprio sacrificio, come è veramente, realmente e sostanzialmen te presente il Signore nost.to Gesù Cristo per via di tran sustanziazione; la comunione è sufficiente sotto una sola specie. n «noi» solidale cattolico riemerge chiaro nel tratto sul purgatorio e sull'intercessione dei suffragi, sulla venera zione dei santi e delle loro immagini, sulla dottrina delle indulgenze, sull'accento forte della chiesa santa cattolica, apostolica, romana, «madre e maestra di tutte le chiese», sul giuramento di obbedienza al romano pontefice. Insom ma tutto ciò che fa parte del patrimonio della chiesa catto lica viene accolto, mentre viene respinto tutto ciò che è contrario: se si tiene conto del clima polemico e della situa zione concreta, si può capire il perché. Pur avendo proposto una sintesi abbastanza esaustiva, leggiamo in italiano il testo integrale della Pro/essio /idei tri dentina 14.
14 Seguiamo, con piccole varianti, la traduzione del testo latino proposta nel dossier Professioni di fede e catechesi, pp. 64-65: tipograficameme al po sto dei maiuscoli abbiamo preferito i corsivi; nel testo latino l'evidenziazione di certi termini è fatta· spaziando i caratteri, in quanto nel DS i corsivi ser vono di regola per indicare le varianti del testo originale.
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Io N. con ferma fede credo e confesso tutte e singole le af � fermazioni che sono contenute nel Simbolo di fede che la santa romana chiesa conserva, cioè: [Segue il credo niceno-costantino politano]. Accette e abbraccio fermissirnamente le tradizioni apostoli che ed ecclesiastiche e le altre norme e costituzioni della stessa chiesa. Parimenti accetto la Sacra Scrittura secondo quel senso che tenne e tiene santa madre chiesa, a cui spetta stabilire quale sia l'autentico significato e l'interpretazione delle Sacre Scritture; né mai interpreterò e riterrò la [Sacra Scrittura] se non secondo l'unanime consenso dei Padri. Dichiaro inoltre che veramente sono sette i sacramenti della Nuova Legge istituiti da Gesù Cristo Signore nostro, e, anche se non tutti per le singole persone, necessari alla salvezza del genere umano, e cioè battesimo, confermazione, eucaristia, penitenza, estrema unzione, ordine e matrimonio; essi conferiscono la grazia e tra questi battesimo, confermazione e ordine non possono esse re reiterati senza sacrilegio. Accolgo pure e confermo i riti della chiesa cattolica recepiti e approvati per la solenne amministrazio ne di tutti i sopraddetti sacramenti. Accetto e abbraccio tutto ciò che singolarmente fu definito e dichiarato nel sacrosanto Sinodo Tridentino riguardo al peccato . originale e alla giustificazione. Dichiaro parimenti che nella rnessa viene offerto a Dio il sa crificio vero e reale, propiziatorio per i vivi e per i defunti e inol tre [dichiaro] che nel santissimo sacramento dell'eucaristia è pre sente veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue uniti all'anima e alla divinità del Signore nostro Gesù Cristo, e che tutta la sostanza del pane si trasforma in corpo, e tutta la so stanza del vino si trasforma in sangue: la chiesa cattolica chiama questa trasformazione transustanziazione. Riconosco pertanto che sotto ognuna delle due specie è assunto tutto e integro Cristc e quindi l'intero sacramento. Fermamente ritengo che esiste il purgatorio, e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli; simil mente ritengo che si debbano venerare e invocare i santi regnanti insieme con Cristo, che essi possono offrire preghiere a Dio per noi, che sono da venerare le loro reliquie. Fermamente affermo
che le immagini di Cristo e della sempre Vergine Madre di Dio, come pure di tutti gli altri santi si debbano avere e conservare, e che si deve tributare loro un debito onore e venerazione; affer mo anche che da Cristo fu lasciata nella chiesa la potestà delle indulgenze, e che il loro uso è sommamente salutare al popolo cristiano. Riconosco la chiesa romana santa cattolica e apostolica ma dre e maestra di tutte le chiese; e prometto e giuro vera obbe dienza al romano pontefice successore del beato Pietro principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo. Parimenti accetto e professo senza dubbio alcuno tutte le altre [affermazioni] tramandate, definite e dichiarate dai sacri canoni e dai concili ecumenici, e specialmente dal sacrosanto Sinodo Tridentino; e nello stesso tempo, in egual misura io con danno, respingo e anatematizzo tutto ciò che è contrario e qua lunque eresia condannata, respinta e anatematizzata dalla chiesa. Questa vera fede cattolica, fuori della quale nessuno può sal varsi, che ora spontaneamente professo e sinceramente tengo, io stesso N. prometto, voto e giuro, per quanto dipende da me, di preoccuparmi di conservare e confessare fermissimamente, con l'aiuto di Dio, la stessa [fede] integra e immacolata fino all'ulti mo respiro della vita e di far[la] conservare, insegnare e predica re dai miei sudditi, e da coloro che saranno affidati alle mie cure; cosl mi aiuti Dio e questi santi vangeli di Dio.
Il testo della Pro/essio /idei Tridentina offre dunque una «fides quae» precisata nei particolari antiprotestanti e conclusa con dichiarazione di obbedienza. Va annotata la diversificazione di verbi nel dire l'adesione ( «firmissime admitto et amplector, profiteor, recipio et admitto, am plector et recipio, fateor, constanter teneo, agnosco, i11du bitanter recipio atque profiteor»), come pure il termine «fede cattolica, fuori della quale nessuno può salvarsi» al posto di «chiesa cattolica»: tuttavia la terminologia e gli ac centi sembrano chiaramente pilotati ad ottenere la massi ma compattezza e omogeneità di fronte a una situazione di sfaldamento. 84
4. VERSO I NOSTRI GIORNI
Con questo testo inizia praticamente il h.mgo periodo postridentino, caratterizzato da un poderoso e generoso sforzo di catechizzazione cattolica, ma insieme anche da una concezione statica e stretta dell'identità della nostra fede con la fede degli antichi Padri, senza un mini..mo di percezione della pluralità e della storicità delle formule lin guistiche 15. Trionfalistico e unanimista nell'aspetto esterno (lo stile barocco ne è una spia indicativa), il lungo periodo di quattro secoli non è attrezzato a sentire e ad accogliere i nuovi problemi in maniera positiva; solo delle élites affron teranno di volta in volta la rivoluzione francese, la questio ne operaia e la cultura i.11 .. dustriale. La crisi modernista all'alba del nostro secolo, pur nata da istanze giuste, anziché aiutare un superamento, esasperò le polarizzazioni estreme e accentuò un clima di diffidenza paurosa verso la modernità. Il giuramento antimodernista si prospetta come il caso-limite del credo redatto sullo sche ma polemico dell'an ti, che maggiora, esasperandola, la pro pria identità 16. Si può annotare senza difficoltà nel testo del
15 È probabilmente eccessivo il giudizio espresso in Agitazione intorno alla confessione di fede (a cura del Segretariato generale), «Concilium» 6 (1970) l, pp. 171-173, dove si qualifica il postridentino come un periodo di «paralisi permanente», tralasciando aspetti indubbiamente positivi; tuttavia non si può dimenticare il senso di fissità della verità sottolineato anche dal l'uso del latino nelle formulazioni teologiche e liturgiche: cf. le pagine più obiettive di M. VENARD, citato nelle note precedenti, in Storia dei concili ecumenici, pp. 361-367; nello stesso volume G. ALBERlGO, concludendo le pagine su Il conczlt"o Vaticano I (1869-1870), afferma: «Neppure tale conci lio, pur contribuendo a preparare la dilatazione al di là dell'eurocentrismo, ha saputo trascendere l'impostazione difensiva e la psicosi dell'assedio che affliggevano il cattolicesimo» (p. 394); cf. anche H. FR1ES, lvfutamenti del l'immagine della chiesa ed evoluzione storico-dogmatica, in JV[ysterium Salutis, vol. VII, Brescia 1972, spec. pp. 311-330.
16 Di ciò si rendeva conto già Ilario di Poitiers (315-376 ca.) nella con troversia ariana, quando in difesa della fede nicena scriveva: «l\!Ia gli errori
giuramento (specialmente nel tratto che corrisponde a DS 3537) 17 che la «fides qua» diventa atteggiamento interiore ,.;vr-1.-" a; Pa"t-r.·.-; ,. ,,1ù cl:e a Dio' in un atto di profonda leala st ra e della chiesa. Tene do conto dei tempi si possono anche capire le opzioni fondamentali del giuramento: l'opzione contro lo storicismo porta ad affermare che tutto nella fede è fermo e assoluto fin dal tempo dei Padri antichi, con accento sulla oo-aettività come istanza contro il progresso; l'opzione con o tr l'individualismo elitario degli studiosi porta a sottoli neare il <<noi» comunitario cattolico centrato sulla figura dei pastori della chiesa; l'opzione contro il senti�el!to e il . cuore nell'esperienza di fede cristiana porta a pnvileg1are l'aspetto intellettuale e dottrinale della verità e�angelica. Gli spunti principali antimodernisti si concretizzano nel difendere la conoscibilità e la dimostrabilità di Dio risalen do daali effetti alla causa (ribadendo il dettato del Vaticano I in d esa dell'uomo razionale); si afferma che i segni della Rivelazione sono adatti all'intelligenza umana nella ricerca della verità; si definisce la chiesa custode e maestra della parola rivelata, chiesa istituita dal Cristo storico dirett� mente su Pietro e i suoi successori; si afferma che la dottn na di fede degli apostoli è trasmessa intatta fino ad oggi (contro una possibile evoluzione dei dogmi e contro una ipotetica capacità creativa dell� c_os_cienza umana lungo la _ storia)· si definisce infine che la f:ede non è una press10ne cieca del cuore, ma un «verum assensum mteilectus ventatl
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degli eretici e degli empi ci costringono a fare cose che �on d �w �e ero essere lecite, ad ascendere vette rischiose, a parlare di cose mesp� um ih, ad osare argomenti vietati ... siamo costretti ad allargare il �o�tro umile 1scorso a auelle cose che sono inesprimibili e dall'errore altrm swmo forzat! a cor " rere il rischio dell'errore» (De Trinitate, II, 2: tr. it. ripresa da La Trinità di sant'Ilario di Poitiers, a cura di G. TEZZO, Classici UTET, Torino 1971,
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p. 118). 17
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Cf. il testo latino in DS 35.37-3550.
extrinsecus acceptae ex auditu». Sostanzialmente non si ac coglie il variare delle culture e l'apporto umano nel cammi no verso la verità: piuttosto si afferma sul piano soggettivo il «carisma veritatis certum» della successione apostolica e sul piano oggettivo la «absoluta et immutabilis veritas ab initio per Apostolos praedicata». Chi è stato formato nella catechesi e nella teologia ispi rata da questo testo e da questo clima, ha trovato e trova istintivamente e logicamente difficoltà a collocarsi sulla lun ghezza d'onda di documenti del Vaticano II che accolgono le istanze lasciate in ombra nel periodo antimodernista e prima ancora nel postridentino 18. La costituzione Lumen gentz'um parla di riforma nei termini cattolici di «rinnova mento e purificazione», conferma il pellegrinaggio nella fe de non solo come singolo credente ma come intera chiesa; la costituzione Dei Verbum riprende l'attenzione all' escato logia nella ricerca della verità affermando: «Ecclesia scili ce� , volventibus saeculis, ad plenitudinem divinae veritatis iugiter tendit, donec in ipsa consummentur verba Dei» (Dei Verbum, 8b). E la costituzione Gaudium et spes, collo cando fin dal titolo «la chiesa nel mondo contemporaneo», afferma la prospettiva di un dialogo reciproco fecondo. Ma la riforma dentro la chiesa e la modernità lievitata dal van gelo si rivelano prospettive di un cattolicesimo capace di recuperare le istanze vere della riforma protestante e del mod�rnismo. '� .Lo annota i.mplicitamente uno storico come G. ALBERIGO nelle pagi· ne dedicate a Il concilio Vaticano II (1962-1965), in Storia dei concili ecume mà, cit., pp. 397-448, sia all'inizio (cf. le pp. 399-400) sia alla fine, conclu dendo a p. 446: «Rispetto sia al Tridentino che al Vaticano I, il clima nel quale si concludevano i lavori conciliari era incomparabilmente più sereno ... Il Vaticano II però, fedele all'impostazione «pastorale» ricevuta da Giovanni XXIII, non imponeva alla chiesa norme rigide, comportamenti uniformi né prevedeva sanzioni discipli.11ari: esso sollecitava il cattolicesimo a rinnovarsi in un confronto sincero con l'evangelo condotto alla luce della fede e sotto l'impulso dei segni dei tempi . ..».
5. SE LA STORIA È MAESTRA Letta col senno di poi e nella piccola dimensione della nostra ricerca, la storia del credo permette di cogliere non uno sviluppo armonioso, un'a-rcata sinfonica serena, ma piuttosto un cammino con involuzioni e oscuramenti par ziali che fanno intuire nell'acculturazione della fede un fe nomeno notevolmente impegnativo e richiedente un discre to prezzo da pagare. Nell'impatto tra l'annuncio evangelico semita e il mondo ellenistico l'acculturazione dei Padri fu lunga e laboriosa: solo con i cappadoci si può dirla riuscita, verso la fine del IV secolo; di questa acculturazione le chie se ortodosse vivono tìno ad oggi. Per noi occidentali la svolta carolingia resta una eredità più problematica, perché discretamente riàuttiva a imbuto cosale e gerarchico, con l'aggravante dell'an ti nei confronti della riforma protestan te e della proposta modernista. All'esigenza abbastanza avvertita di un rituffo nel tut to della Tradizione bimillenaria della chiesa, in un catto lico mediterraneo può accoppiarsi una certa «rabbia» nei confronti della reazione viscerale protestante contro l'ac culturazione precedente: in fondo il nord-Europa reagì contro un'acculturazione che lo stesso nord-Europa aveva imposto ai mediterranei attraverso l'influsso carolingio e ottoniano. 1
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1\.esw comunque 1a aomanaa m ronco: e un oene o un male l'acculturazione della fede? La sensibilità protestante, che invita alla purezza evangelica, resta piuttosto perplessa dinanzi ai tentativi di sporcarsi le mani con la cultura; la sensibilità cattolica si mostra più accogliente e possibilista, pur con il rischio di assolutizzare poi alcuni passaggi e for me storiche di incarnazione del messaggio cristiano. Tutta via, almeno in linea di principio, ambedue le sensibilità af fermano che la acculturazione è una necessità se vogliamo che l'evangelo lieviti la nostra storia. lVla insieme si concorn
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da nel rilevare che l'acculturazione non si riduce a una semplice operazione intellettuale: è necessaria un'esperien za ecclesiale vivacissi.ma di preghiera e di carità, di studio e di ri±1essione contemplativ�, di esemplarità reciproca e di liturgia partecipata; è necessaria anche la presenza lievitan te di leaders spiritualmente robusti e intellettua1uente ben preparati, capaci di filtrare la ricchezza del vissuto comuni tario e di tematizzarlo con chiarezza e senza imposizioni ri duttive.
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PARTE SECONDA
ANNI SETT!\NTA E DINTORl\JI
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CAPITOLO v LA SVOLTA COl\JTEIVIPORANEA E DUE CREDO-SPONDA
La sensibilità medievale e postridentina si rivela, a di stanza, accentuatamente dualista: nel ribadire la fede, viene messa a fuoco la posizione dell'avversario, a cui almeno im plicitamente ci si rivolge; poi la formula del credo impone in qualche modo un secco aut-aut per l'appartenenza alla chiesa e insieme regala una notevole carica di securizzazio ne nella compattezza e nella obbedienza. Da alcuni decenni il nostro tempo si caratterizza sem pre più, sul piano culturale ma an ;he religioso, piuttosto come complesso e pluralista: senz'altro meno gratificante ma forse potenzialmente più evangelico. Verso un terzo millennio cristiano risuona più incisivo e desiderato l'antico appello alla fraternità e alla carità ·anche nel vivere e nell'e sprimere la fede, pur senza mettere tra parentesi l'autorità onde evitare che il tutto finisca in una babele delle lingue. Più che una dogmatizzazione puntuale, la nostra epoca sembra desiderare (e aver bisogno di) una evangelizzazione globale 1 che porti a nscopnre i nuclei più luminosi della
1 In un breve contributo dal titolo Il dogma «pietra miliare» nel cammi no della chiesa, «Credereoggi» 8 (2/1982), pp. 59-70, spec. pp. 68-69, l'ave vamo segnalato anche noi all'inizio degli anni Ottanta. In seguito, anche per la spinta del nostro papa, la bibliografia su una nuova evangelizzazione è diventata oceanica: per un primo approccio cf. l'Invito alla lettura scritto da L SoRAVlTO nel n. 67 (1/1992) di «Credereoggi», dedicato a La nuova evangelizzazione, pp. 105-110. Il termine ha avuto una discreta fortuna anche nel Triveneto a motivo del convegno ecclesiale di Aquileia nella primavera 1990: per gli atti di tale convegno cf. CONFERENZA EPISCOPALE
fede capaci di avviare a soluzione i problemi che s1 Im pongono a raggio mondiale. Per disegnare con sufficiente approssiiuazione la svolta dei nostri decenni enumerian1o anzitutto i movi..rnenti cosiddetti «compensatori» rispetto al periodo postridentino e preparatori del concilio Vatica no IF, per poter poi aggettivare più da vicino la sensibili tà degli anni Sessanta e Settanta, senza dimenticare due Credo-sponda particolarmente autorevoli che fanno intuire già in precedenza il nuovo clima.
l. MOVIMENTI DEGLI At'\JNI TRENTA Le avvisaglie della pritnavera attorno al Vaticano II si possono individuare con facilità nei movimenti o «risvegli» che fecondano il cattolicesimo mitteleuropeo dagli anni Trenta in poi. Il movimento liturgico, segnalando prezioso tutto l'anno liturgico con le varie scadenze e non solo l'ini zio (Natale) e la fine (la Pasqua), invita a dare rilievo a tutta la vita terrena del Signore come itinerario in cui progressi vamente si evidenzia la scelta messianica di Gesù che sfoce rà nella croce e nella pasqua passando attraverso il battesi mo al Giordano, le tentazioni, la predicazione, i miracoli, la trasfigurazione. Il movimento biblico-patristico aggiunge la riscopertn della Bibbia come narrazione di una storia (del TRIVENETA, Comunità cristiane e futuro delle Venezie. Atti del F Convegno ecclesiale, Aquileia-Grado 28 aprile-l" maggio 1990 (a cura di G. Dr'\L FER RO e P. DONI), Messaggero, Padova 1991. Su un piano quasi giornalistico ma molto attento e istruttivo val la pena di non dimenticare W. BDHL l'v:!ANN, La terza chiesa alle porte, Paoline, Alba 1974. 2 Cf., ad esempio, l'enumerazione dei movimenti compensatori propo sta da R. LAURENTIN in un settore particolarmente sensibile per la teologia cattolica come la Mariologia: Maria nella storia della salvezza, Marietti, Tori no 1972, pp. 73-76; sinteticamente anche G. ALBERIGO in Storia dei conàli ecumenici, cit., p. 400, e in precedenza H. FRIES, Mutamenti dell'immagine della chiesa, cit., pp. 331-332. ·
popolo ebraico, di Gesù, della chiesa apostolica) e non solo come cava da cui ricavare materiale da costruzione per le proprie sintesi teologico-catechistiche: la storicità e la nar ratività riemergono come congeniali all'annuncio e alla ca techesi cristiana. Il movimento ecclesiologico-mz"sszònario aiuta, da parte sua,--a--recuperare la solidarietà fra le chiese nei vari continenti (con la loro particolare storia ed espe rienza di itinerari di fede), fra le varie fedi viventi e fra i popoli, in un reciproco dare-ricevere: in tale contesto la figura di Cristo assume la funzione di capocordata per una umanità nuova come «primogenito» della nuova creazione e ricapitolator� della storia u;:iversale. Irline il movimento ecumenico chiede anche al credente cattolico di spaziare su tl.ltta·h-p roposta del messaggio cristiano e della vita della chiesa, in un «rituffo» nel tutto della tradizione risalente ol tre il concilio di Trento: invita alla spiritualità umile della «kénosis» (svuotamento) e del confronto, nel tentativo di individuare come la fede dia senso alla nostra storia. La ri flessione cristiana che ne emerge risulta più discreta e più con le sue sfide e i suoi attenta alla storia contemporanea «segni dei tempi». Questi «risvegli» riflettono in qualche modo i cambia menti progressivamente intervenuti nella sensibilità euro pea più vasta, percepibile nelle filosofie attente (talvolta in modo esasperato) alla storicità e alla soggettività, ma anche ormai i..'1dividuabile nelle sfide universali che allar gano ulteriormente e velocemente l'orizzonte. A loro volta i movimenti compensatori avvertono incipiente una prima vera intraecclesiale capace di superare la lunga onda postri dentina. _ _
2. LE CARATTERISTICHE DELLA SVOLTA
Le proposte di credo che accosteremo più avanti risen tono in maniera abbastanza evidente di alcune caratteristi-
che dei nostri decenni Sessanta e Settanta, leggibili come una svolta nella storia della chiesa ca-ctolica: vale la pena di rilevarle subito. Si tratta anzitutto di una svolta teologica, meno attenta al momento giuridico e istituzionale postri dentino per dar risalto maggiore al «soggettivo» personale e comunitario: l'infl1JSS() delpersonalismo cristiano permet te il recupero della categoria biblica dell'Alleanza come centrale nella ri..Bessione e valorizzante la fatica umana nel cammino di fede verso Dio; aggiunge importanza alla nar ratività storica del «Dio con noi» per la vita del mondo. Una spia significativa del nuovo clima va intravista nell'im portanza assunta daL problema ermeneutico: da una Ì.ll.ter pretazione fissa e astorica si è passati a forme di interpreta zione dinamica tendente a cogliere il senso orofondo conte nuto in una formula antica p�rché sia significativa per noi. I credo degli anni Sessanta e Settanta, più che regole di fe de e verifica dell'ortodossia, si propongono come canto personale-comunitario e confessione di fede a Dio e al , mondo. Di fronte a problemi planetari che scuotono le varie fe di viventi nel proprio interno e nel reciproco difficile con fronto, la svolta si prospetta anche -�_I!!_menica. Le urgenti provocazioni che salgono dal terzo inondo--fanno saltare le antiche contrapposizioni fra cristiani, al punto che «è sorta una strana nuo,.va comunione: una comunione di problemi e di ricerca, una comunione di accordo fondamentale e, per taluni aspetti, anche di visibile incertezza, una comu nione di conflitti nuovi, ma non ancora veramente risolti»3. Resta il fatto che la tradizione antica è più ampia dei credo e che anche nell'antichità nessun credo si impose come perfetto o pretese l'esclusività nella chiesa. Analogamente
3
Così si esprime uno dei pionieri del movimento ecumenico,
L.
Vr
SCHER, nella sintesi conclusiva di un interessante numero della rivista «Con
cilium>; dal titolo Una confessione dzfede ecumenica?: cf Tentativo di sintesi, «Concilium» 14 (1978) 8, p. 154.
op-o-i nessuna professione di fede, nuova o antica, può pre un effetto unitivo imr:.1ediato tra cristis.ni: e tuttavia le formule possono avere una funzione unìtiva in qualche modo anticipatrice e stimolativa.
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Un'ulteriore presa di coscienza qualifica la svolta con temporanea come pluralista, nel senso di una impegnativa convivenza tra più acculturazioni compresenti della fede cristiana (e cattolica in particolare) e di una indispensabile coesistenza di tali tentativi, in grado di dialogare tra loro in profondità e di rettificarsi reciprocamente4. Se sul piano storico diacronico si possono senza difficoltà rilevare le va rie acculturazioni cristiane nel contatto dell'identico vange lo con culture successive, il convivere simultan.eo di diverse acculturazioni della fede non può non comportare qualche difficoltà ed esigere maturità maggiore nei protagonisti, non essendo le nostre chiese allenate a simile fenomeno.
Infine la svolta punta A dito sui problemi etici che sem brano imporsi come i più urgenti ed inquietanti, per le po sitive possibilità di sperimentazione offerte dalla tecnica e per i gravi rischi di superare soglie di «non ritorno». Dai diritti della persona uman:.< alla· biogenetica e all'ecologia mondiale si precisa una litania di problemi che chiedono luce. Il fatto religioso viene invocato e coinvolto per proiet tare luce su un futuro che potrebbe significare un'umanità 4 Il caso più eclatante va probabilmente individuato nella controversia sulla teologia della liberazione, tra l'impostazione del cardinale]. Ratzinger e la risposta di L. Boff: cf. una prima documentazione in «Il Regno documenti» 19 (1984) 17, pp. 522-557, da cui traspaiono modi diversi di pensare l'inculturazione del cristianesimo. Un caso analogo si può cogliere nella controversia sulla trasmissione della fede ai nostri contemporanei tra il cardinale Ratzinger e il progetto catechistico francese: cf. per un primo ap proccio G. DuPERR."'-Y, Une nouvelle crùe de la catéchèse (19ì1-1983), «Lu mière et Vie» 33 (1984), n. 169, pp. 5-23 (ma è utile tutto il numero mano grafico); altri cenni sulla controversia in «Etudes» n. 15 8 (giugrio '83), spec. pp. 829-843; in «Concilium» 4/'84, spec. pp. 47-59; in «Il Regno-attualità» 2/'85, spec. pp. 14-17. Più in generale cf. C.-J. PINTO DE OLIVEIR.i\, Chzesa, ortodossia e società pluralista, «Concilium» 6 (1970) l, pp. 119-132.
più solidale ma che può anche far correre il pericolo della dissoluzione totale dell'umanità. In tale contesto sembra ipotizzabile una nuova «pax constantiniana» che convochi le religioni per la soluzione degli immensi problemi attua li 5: una professione di fede viene percepita come valida se si inserisce incisivamente dentro tali sfide e in qualche modo ne fa intuire la soluzione; addirittura lo stesso atto di fede può talora fiorire proprio al termine di un itinerario etico della persona. A questo punto dobbiamo fare un passo indietro per non perdere due credo-sponda, che già si propongono co me risposta a delle sfide non più strettamente intraecclesiali e che già segnalano una formulazione oltre il clima postri dentino: la prima è una formula tipicamente protestante degli anni Trenta, la seconda una formula tipicamente cat tolica degli anni Sessanta; le sfide a cui rispondono chiedo no un ripensamento e una riproposta in qualche modo glo bale della fede. Vediamole.
3. LA «DICHIARAZIONE TEOLOGICA» DI BARlVIEN (1934) Per cogliere l'importanza di questo splendido e corag gioso credo protestante tedesco, è indispensabile spendere una parola sul contesto storico-politico in cui è sbocciato. Salito al potere i..'1 Germania nel gennaio 1933, Adolf Hitler riduce le 29 chiese regionali protestanti ad un'unica chie sa (i «Cristiani Tedeschi»), con un unico vescovo sotto il diretto controllo dello Stato nazista. Alla chiesa del Reich l'ideologia nazista ripete il ritornello: «Con l'avvento di
5
Cf. ad esempio la già cirata proposta cristiana di C.F. VON WEizsAc Il tempo stringe, Queriniana, Brescia 1987, che ha avuto un seguito in campo europeo a Basilea e in campo mondiale a Seui: cf. i due volumetti cu rati da A. FILIPPI per le Dehoniane: Basilea: Giustizia e pace e Seul: Giusti zia, pace e salvaguardia del creato, Bologna 1989 e 1990. KER,
Hitler i temni sono compiuti per il popolo tedesco. Infatti, attraverso Hitler, Cristo, Dio IV1ediatore e Salvatore, si _è rivelato con potenza in mezzo a noi. Pe1.· questo il nazional� . socialismo è il cristianesi.1no positivo dell'azione» 6. Dmanz1 al nuovo pao-anesimo rivestito di parole cristiane, nasce il o ' fenomeno della resistenza anche nelle comunità protestanti che scrivono con la chiesa confessante (la Be,kennende iirche) alcune delle pagine martiriali più sofferte e �orag� giose del nostro secolo, con centinaia di past?�i ( t �a 1 ql!a� Dietrich Bonhoeffer) e studenti teologi ucc1s1 da1 naz1st1. La necessità di contrapporre alla menzogna paganeggiante e alla violenza razzista �una chiara affermazione di fede (che in situazione di emero-enza riesprima l'identità cristiana, pena la perdita del «�entro»), porta alla «Dichiarazione . . teoloo-ica sulla situazione attuale della chiesa Evangelica Tede�ca». Discussa e accettata all'unanimità dai 139 dele gati delle 18 chiese regionali nel primo Sinodo confessante di Barmen (29-31 maggio 1934), la formula risale a un pro getto elaborato da K. Barth in collabc:razic:ne con H. Asmussen e T. Breit: della protesta barth1ana m nome del �
6 La citazione è di K. BLASER, riportata accanto ad altre in AA.VV., Tra la croce e la svastica. Il messaggio di una chiesa con/essanteper il nostro tempo (Barmen 1934-84), Claudiana, Torino 1984, p. 92. Il volume, curato da S. ROSTAGNO nel quadro della celebrazione del cinquantenario della confes: sione di fede di Barmen (il cui testo in italiano è stampato alle pp. 79-86), s1 propone come un buon riferimento per cogliere il significato d'insieme e delle singole affermazioni della Dichiarazione: nel nost!o �reve comment � . lo terremo continuamente presente. Il testo tedesco lo s1 puo leggere nel g1a citato Beleenntnisse der Kinhe. Bekenntnistexte aus :::.wanzz'g ]ahrhunderten, edito da H. STEUBING e coli., Brockhaus, Wuppertal 1970, pp. 287-289: a p. 287 viene ricordato come bibliografia Die ers�e Beleennt1�zssynode der . Deutschen Evangelzschen Kirche zu Barmen, ed1to m 2 volumi da G NIE MOLLER nel 1959, citato anche nel dossier Professioni di fede e catechesz, Pa: dova 1977, p. 74. Sulla dichiarazione teologica di Barmen c me rr:odello de1 ? simboli attuali cf. ]. GUHRT, Professione di fede e con/esszom dz fede oggz, «Studi Ecumenici» 4 (1986) 2, spec. pp. 204-212; utile anche S. CAVALLOT TO, L'ecclesiologia cristologica di Barmen, «Rassegna di teologia» 19 (1978) 5, pp. 398-405. .
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«solo evangelo» la formula mantiene tutto il vibrante vigore che la rende significativa tuttora in parecchie chiese evan geliche reg·ionali e leggibile cou frutto an.cl-1e in ain.biente cattolico. Il testo della dichiarazione si articola in 6 tesi ritmare ognuna in tre passaggi: la citazione biblica ispirante, l' affer mazione del credo cristiano, la conseguenza negativa con tro il nazismo. Il testo intero 7 merita l'ascolto meditato, on de coglierne l' af±1ato coinvolgente e la forza dirompente; aggiungeremo poi qualche nostra esplicitazione di tipo sco lastico. Di fronte agli errori dei cristiani tedeschi e dell'attuale diri genza ecclesiastica del Reich, errori che devastano la chiesa e quindi provocano anche la disunione della chiesa evangelica te desca, ci riconosciamo nelle seguenti verità evangeliche: l. «> (Gv 10,1.9). Gesù Cristo, così come viene attestato nella Sacra Scrittura, è l'unica parola di Dio. Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo obbedire in vita e in morte. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa, a fianco e al di là di quest'unica parola, potrebbe e dovrebbe usare come base della propria predicazione anche altri eventi e forze, figure e verità, riconoscendo loro il carattere di rivelazione di Dio. 2. «Gesù Cristo ci è stato fatto da Dio sapienza e giustizia e santificazione e redenzione» (l Cor 1,30). 7 Preferiamo riprodurre, con qualche lievissima modifica, il testo pro posto in italiano da uno studioso protestante come S. ROSTAGNO alle pp. 81-86 del volume segnalato nella nota precedente, tralasciando il tratto in troduttivo della dichiarazione, che viene omesso anche in Bekenntnisse der
Kirche. 100
Come Gesù Cristo rappresenta la grazia senza condizioni del perdono di mtti i nostri peccati, così, con eguale serietà, egli è l' espression.e della forte pretesa che Dio fa valere nei confronti di tutta la nostra vira. Per mezzo suo ci accade di sperimentare una felice liberazione dagli empi legami di questo mondo per un libe ro,· riconoscente servizio alle sue creature. Respingiamo la falsa dottrÌJ."1a secondo cui ci sarebbero set�ori della nostra esistenza nei quali non apparterremmo a Gesù Cnsto ma ad altri signori; settori, in cui non ci sarebbero necessarie la sua giustificazione e la sua santificazione. 3. «Siate al servizio della verità nell'amore e in tal modo cre scete sotto ogni aspetto verso quello che è il capo, Cristo, a parti re dal quale tutto il corpo è collegato insieme» (Ef 4,15-16). La chiesa cristiana è la comunità di fratelli in cui Gesù Cristo nella parola e nel sacramento mediante lo Spirito Santo agisce in modo presente come il Signore. Essa ha da testimoniare con la sua fede come con la sua obbedienza, con il suo messaggio come con il suo ordinamento, in mezzo al mondo del peccato come chiesa dei peccatori perdonati, che essa è soltanto sua proprietà e che vive e desidera vivere soltanto della sua consolazione e della sua direttiva, nell'attesa delia sua manifestazione. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe lasciar determinare la forma del proprio messaggio e del proprio ordinamento dalle proprie preferenze e dal variare delle convÌJ."1zioni ideologiche e politiche di volta in volta domi..11anti. 4. «Voi sapete che i principi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra voi; anzi, chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà il vostro servi tore» (Mt 20,25-26). I diversi ministeri nella chiesa non legittima no alcuna supremazia degli uni sugli altri, bensì sono alla base el l' esercizio del servizio affidato e comandato a tutta la comumtà. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe darsi o permettere che le vengano dati dei capi di tipo parti�olare muniti di autorizzazione all'esercizio di un potere che esula dal servizio stesso della chiesa.
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5. «Temete Dio, rendete onore al re» (lPt 1,17).
La Scrittura ci dice che lo stato, per divina disposizione, nel mondo non ancora redento, nel quale anche la chiesa si trova, ha
il compito - per quanto rientra nelle prospettive e nelle possibi lità umane e senza escludere la minaccia e l'uso della forza - di provvedere al diritto e alla pace. La chiesa, con gratitudi.J.e e timore verso Dio, riconosce il beneficio di questa disposizione divina. Essa fa appello al regno di Dio, al suo comandamento e alla sua giustizia, e perciò ricorda ai governanti e ai governati le loro responsabilità. Essa si affida e obbedisce alla potenza della parola mediante la quale Dio regge ogni cosa. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui lo stato, al di là del suo compito particolare, dovrebbe e potrebbe diventare il so lo e totale ordinamento della vita umana tanto da assolvere anche la funzione cui è destinata la chiesa. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa, al di là del suo compito particolare, dovrebbe e potrebbe attribuirsi ca ratteri, compiti e dignità propri dello stato, tanto da diventarne essa stessa uno degli organi. 6. «Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dell'età presente» (Mt 28,20).
«La parola di Dio non è incatenata» (2Tm 2,9). Il compito della chiesa, fondamento della sua libertà, consi ste nel rivolgere a tutto il popolo, in luogo di Cristo e dunque a servizio della sua parola e della sua opera, per mezzo della pre dicazione e dei sacramenti, la notizia della libera grazia di Dio. Respingiamo la falsa dottri..'1a, secondo cui la chiesa, agendo con umana arroganza, potrebbe porre la parola e l'opera del Signore al servizio di qualche desiderio, obiettivo o piano, corri spondente alle sue autonome scelte.
Il Sinoào confessante della chiesa evangelica tedesca dichiara di ravvisare nel riconoscimento di queste verità e nel rifiuto di questi errori l'indispensabile base teologica che permette alla chiesa evangelica tedesca di essere una Lega delle chiese confes sionalmente distinte. Esorta tutti coloro che possono aderire alla sua Dichiarazione a tenerne presenti le prosp ettive teologiche in occasione di loro decisioni concernenti la politica ecclesiastica. Prega tutti coloro per i quali la cosa ha rilevanza di ritornar� all'unità della fede, dell'amore e della speranza. «Verbum Dei manet in aeternum». 102
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La formula non lascia indifferenti né sul piano emotivo né sul piano teologico, tenendo anche co�to che chi la sot _ toscriveva rischiava la vita. Qualche pree1sazwne, anche se fredda rispetto al testo, può aiutare a coglie�ne maggior mente il significato teologico permanente e stlmolante per il lettore cattolico. La prima tesi, intensamente cristologica (Gesù Cristo è la Parola unica di Dio!), esclude la teoria della seconda fon te di Rivelazione cristiana, opponendosi alla teologia del l'et... et e a possibili enfatizzazioni di popoli messianic � d classi sociali (ricchi o poveri) quasi portatori automat1c1 d: salvezza; accetta la teologia dei segni dei tempi come lamp1 evangelici dentro il chiaroscuro della . ston� umarr�, ma chiede estrema attenzione per un loro d1scermmento m ba-
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se all'unico evangelo. . . La seconda tesi relaziona fede ed etica sulla propombr.htà e praticabilità del cristianesimo in ogni circostanza_ e sfera della vita. Barmen, in momento di emergenza ecceziO nale, scavalca la tradizionale dottrina protestante dei due recrni o «domini» della creazione (in cui domina lo stato) e ' de la redenzione (identificata nella chiesa in cui regna Cri sto con la sua logica): si afferma che Cristo regna nell'uno e nell'altro «dominio», rendendo cogente il rapporto tra la salvezza in Cristo e la vita cristiana nella sua interezza, im ponendo in certi casi una presa di posizione politica. Rima ne una certa tensione tra la prima e la seconda parte della tesi risolvibile più facilmente nella riflessione cattolica (co e ad esempio nella teologia della l berazione), �he _le_g ge la salvezza cristiana oltre ma anche oentro la stona c�vile _ umana 8. In ocrni caso Barmen vuole reapre alla separaziOne quali il giudizio dei alcuni netta dei var settori della vita, in . normativi sarebbero non e la signoria di Dio .
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8 Va letto con attenzione il puntuale commento che ne fa in questo sen so lo stesso professar RosTAGNO alle pp. 117-142 (spec. pp. 133-142) del volume da lui curato.
La terza tesi propone una definizione protestante di chiesa nei tre elementi della presenza operante di Cristo come attuale Signore, della frateruità tra i membri della co munità (quasi «fraternità cristocratica»), della testit-nonian za di essere e vivere solo come «possesso di Lui». Il lettore cattolico può apprezzare la rivalorizzazione di particolari momenti cultuali attorno alla parola e al sacramento, risco perti come preziosi e incoraggianti in situazioni di emer genza; può trovare un po' pesante l'espressione «in mezzo al mondo del peccato», perché il mondo è anche destinata rio dell'amore di Dio e dell'annuncio evangelico; ma insie me deve accogliere l'accento che la chiesa è solo proprietà di Cristo, a cui far riferimento continuo perché da Lui vie ne il perdono per tutti («chiesa di peccatori perdonati»). La quarta affermazione sui ministeri nella chiesa tocca l'organizzazione interna, fondata sulla pari dignità derivan te dal battesimo e dal sacerdozio universale: nessun prima to di un ministero sull'altro! Così come suonano, le frasi vanno contro il «Fii�rer-Prinzip», il principio del capo ge rarchico unico con poteri assoluti. Ma possono anche ren dere attento il credente cattolico verso le proprie possibili patologie, pur senza slittare verso forme di democrazia bat tesimale: non aveva tutti i torti Lutero nel richiamare la successione apostolica spirituale (la «apostolica vivendi for ma») accanto (e normalmente legata) alla successione apo stolica sacramentale e giuridica; così come Calvino addita va nel corretto e fedele esercizio di un ministero l'elemento principale per un suo riconoscimento ecclesiale, anche se poi lo contrapponeva polemicamente all'ordinazione sacra mentale. In ogni caso la sottomissione alla parola di Dio, qui esplicitata in l\1t 20,25-26, non accetta nessun altro capo con poteri L.1dipendenti al di là del servizio della chie sa stessa. La quinta �esi precisa i rispettivi ruoli della chiesa e dello stato. L'eredità storica della Germania segnala pesan temente ìl territorialismo confessionale in base al principio
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«cuius regio, eius et religio»: la religione del . capo. co? z o na la relio-ione di tutta la popolazione. In chma gmnsdiZlO nalista l' lemento politic� revale sul relig ?so. Bar�en su nera l'eredità precedente proponendo un Impostazwne nu va con un attento ripensamento in ordine a liberare la chiesa da interferenze. Con vaglio attento viene scelto un testo biblico che accorpa due comandamenti, di cui il pri mo è sorgente e condizione del secondo: �icono.scim�nt? il n nd1menswna insieme e indica rivelazione nella di Dio spetto e il riguardo dovuto all'autorità civile. Pur accoglien do lo stato come indispensabile per la pace terrena e la chiesa come indirizzata ;ila profezia, Barmen rifiuta questo stato nazista perché totalitario e questa chiesa dominante
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perché succube dello stato. . Infine la sesta tesi conclude sulla missione della ch1esa, intuita nel servire la causa dell'evangelo: l'annuncio della li bera �Zrazia di Dio. I destinatari non si riducono a una raz za, a n popolo, a una terra. Contro ogni discrimin�z c:ne ? . compromesso, contro ipotetiche superiontà o poss1bil1 pn e la sa�ta cena tesimo b il vilegi, l'annuncio evangelico, �� . sono per tutto il popol� e per t1..1tt11 P ? poli : La ch1esa co fessante si vive come d1aspora, con gh altn, aperta a tuhl, decisa a non ridursi a fabbrica di consenso sociale per il re
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gime nazista. Proprio perché confessante (e non confe�sionale), il credo di Barmen chiede ai cristiani di entrare m una ecu1 1_ J menicità nuova rispetto a trontlere prececenn, segna1::u1uu una novità inaspettata nel protestantesimo europeo. La chiesa del dissenso verso un regime totalitario provoca un autentico dramma in molti tedeschi, tradizionalmente sen sibili a un forte richiamo nazionale. Ma Barmen sa imporre la distinzione tra la fedeltà alla patria e la critica al regi.me totalitario, puntando solidamente i piedi sulla roccia evan1 gelica, con una fortissima autocoscienza cnstlana, a1 punto da far esclamare in quegli anni a D. Bonhoeffer: <�Fuo�i dalla chiesa confess<mte non c'è salvezza». Luteram e nr
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10rmau SI sono nrrovan nella dlch1araz10ne d1 Harmen praticamente superando davanti al nazismo le confessioni storiche in una confessione contemporanèa incisiva nella s1t�azione nuova di emergenza: Barmen dice una parola eh� diVenta la parola di Dio qui e ora, in grado di tagliare la storia e le coscienze 9• �
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4. IL «CREDO (1968)
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DEL POPOLO DI Dro» DI PAPA PAOLO
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La sera del 30 giugno 1968, durante una solenne cele brazione eucaristica in piazza San Pietro a conclusione del l' «Anno della fede», papa Paolo VI pronunciò un lungo credo che val la pena di non dimenticare. La situazione di quel1968 riflette già un certo disagio del dopo-concilio, al meno da parte degli anziani che di fronte a certi testi del Vatica�o II non si ritrovano più: contro un possibile scolla mento Il papa ritiene indispensabile un credo che rassicuri la loro appartenenza alla chiesa cattolica 10: infatti la carat-
9 Non è P_leonastico porsi l domanda (cf. Tm la croce e la svastica, pp. � 12- t 5) �e ogg1 non possano esistere nel nostro mondo status con/essionis .
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ar:aloghi a Barmen, J? eu si� indispensabile precisare la propria identità cri . snana di fronte a situazwm anomale: per additare qualche esempio, una . . P o�sibile guerra nucleare (su cui vari episcopati cattolici hanno preso po . _ SlZlOl!e, verso una cultura di pace: la guerra del Golfo dell'inverno 1991 ha �lten�rmente provocato uno scontro e una riflessione anche i11 camp o catto . . lico), pr?blema ecolog1co (che sembra esigere una con/essio /idei verso una . n;ortific�zwne su larga scala, fonte di equilibrio personale, comunitario e p1anetano: anche se la Conferenza di Rio de Janeiro della primavera 1992 n�m sembra aver inciso nell'opinione pubblica mondiale)· forse lo stesso mo vrmento ecumenico (in vista del superamento del conte zioso storico euro peo: cf. �d esempio il nostro piccolo contributo dal titolo «Con/essio /idei», ��o� es�;o peccatz>> _e �mfegno d:·. conversif};ye, «Credereoggi» 62 (2/1991), pp . '+1-_)L: u numero e c1ec11cato alle assemblee ecumeniche di Basilea e Seul). , 10 Per questa provvidenziale funzione cf . L. SARTORJ, Il «credo>> di Pao . lo VI, «Communw», marzo-aprile 1972, pp. 43-50; in parte anche R. BLEI STEIN, Pro/esszone di fede, in Dizionario di Catechetica, ElleDiCi, Leumann
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terisi:ica preminente della confessione di fede proposta in quella sera di giugno sta nel ribadire che un ricco passato è
tuttora presente 11. Anche se «anagraficamente» datata agli anni Sessanta, la formula di papa Iv1onti..D.i riassume l'eco lunghissima del cammino della chiesa. Il credo si presenta essenzialmente retrospettivo: raccoglie frammenti da tutti i secoli cristiani privilegiando le formulazioni dottrinali sen za distinguere i vari secoli e i motivi storici delle varie ac centuazioni raccolte in un «collage» di indubbio valore. -<. Forse «vecchio» nella composizione (e c'era un motivo!), il lungo credo si prospetta <
(Torino) 1987, p. 518. Riprendiamo in queste righe anche alcune osservazio ni sintetizzate e documentate in Agitazione intorno alla confessione di fede, «Concilium» 6 (1970) l, spec. pp. 176-177 e 182-183, dove si può anche trovare una breve bibliografia per iniziare l'approfondimento. 11 Cf. «L'Osservatore Romano», 1-2 luglio 1968, p. l, dove nel discorso introduttivo al credo il papa stesso chiarisce la sua confessione di fede come «una ripetizione della formulazione che fa parte della tradizione immortale della santa chiesa di Dio», alla quale però «sono state aggiunte alcune affer mazioni richieste dalle esigenze del nostro tempo» .
12 Il testo della traduzione italiana è ripreso da «L'Osservatore Roma no» del 1-2 luglio 1968: lo si può trovare stampato in fascicolo, ad esempio nella collana «Documenti del Magistero» editata dall'Opera della Regalità di Milano sotto la dicitura: PAOLO VI, Professione di fede, Vita e Pensiero, Milano, luglio 19682, che ripropone anche l'omelia del papa introduttiva al
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le note sono inserite nel testo, anche se nella formulazione più breve della traduzione italiana, perché particolarmente utili a individuare i framme�ti di tradizione bimillenaria te nuti presenti dal papa. Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (cf. DS 3002), e Creatore in ciascun uomo dell'anima spirituale e immortale . Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nel la sua essenza infinitamente sant:1 come iiJ. tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua prov videnza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, co me Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (cf. Es 3,14); ed Egli è Amo re, come ce lo insegna l'apostolo Giovanni (cf. l Gv 4,8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che «abitando in una luce inaccessibile» (l Tm 6,16), è in se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelli genza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell'oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpe tua, l'eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le Tre Persone, le quali sono ciascuna l'unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinita mente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l'umana misura (cf. DS 804 e .3016). Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l'Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità. Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Fi glio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Ficredo e le 40 note a cui il testo papale rinvia. Per il testo latino ufficiale della (comprendente l'omelia e la pro/essio /idei) cf. AAS LX (1968), pp. 433-445, con le note più complete.
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glio come loro eterno Amore. In tal mo_:i_?, nelle tre Persone d � vine coaeternae sibi et coaequales (DS 1)), sovrab�ondano e .,r con;umano, nella sovreccellenza e nella gloria propne dell'Essere iLcreato, la vita e la beatitudi11e di Dio perfettamente ul!�; e s�m . pre «deve essere venerata l'Unità nella Trinità e la Tnmta nell U nità» (DS 75 J. :rNoi crediamo in Nostro Signore Gesù Cri:>to, �i�lio d� Dio. Fa-li è il Verbo eterno nato dal Padre prima dr tutti 1 secoli, e al �dre consustanziale, h omoottsios tò Patri (DS 15 0 ) ; e per �e�z? di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spm �o Santo nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la di�inità, e inferiore al Padr� sec? n do l'umanità (cf. DS 76), ed egh stesso uno, ��n p�r qua.l.che 1m possibile confusione delle nature ma per l'umta della persona (cf. DS 76). ,. . . , . . . Ea-li ha dimorato in mezzo a no1, p1eno dr grazia e a� venta. Egli h� annunciato e instaurato il regno di Dio, e in Sé ci ha fatto c;noscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Coman?am�nto nuovo, di amarci a-li uni o-li altri com'Egli ci ha amato. Cr ha msegnato la via delle Beatitulini del vangelo: povertà� sp�r�to, �ite�za, �o . m1sencord1a, lore sopportato nella pazienza, sete della gmstlzla, . er ta soffe � p la purezza di cuore, volontà di pace,. persecuzrone . �10 che �h Agnello ilato, Ponzro sotto patito ha Egli giustizia. porta su di sé i peccati del mondo, ed e morte p�r nor sulla Cro ce, salvandoci con il Suo Sangue redentore. _Egh e stato sepo�to e, per suo proprio potere, è risor�o n�l terzo gror::10, e.le_vandocl �on la sua Risurrezione alla partecipazione della v1ta d1vma, che e la vita della grazia. Egli è salito al ciel?, � verrà nuovamen�e, nell� gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo l. propn , , . meriti; sicché andranno alla v1ta eterna coloro che hanno nsp
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Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Sign\'re e don� l� ;i . ta· che è adorato e glorificato col Padre e col F1glio: Egh Cl na , p�rlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da C:nsto dop� l.a . . sua Risurrezione e la sua Ascensione al Padre: Egh illumma, v1v1-
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Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il S�� crificio della croce ci ha riscattati dal peccato origit�ale e da tutt11 peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera t�le che- secondo la parola dell'Apostolo- dà dove aveva abbonda, to il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). . Noi crediamo in un solo battesimo, istituito da Nostro Signo re Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo dev'es sere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinasca�o «dall'acqua e dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cnsto (cf. DS 1514). N oi crediamo nella chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di _ ter�estre organi gerarchici, e comunità spiri�uale; essa è la �h1esa : _ ncolma de1 bem popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la chiesa celesti; essa è il germe e la primizia del regn_o di Dio, �er mezz� del quale continuano, nella trama della stona u�ana, l opera e l dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (cf. Lumen gentium 8 e 50). Ne� _ corso del tempo, il Signore Gesù forma h sua chiesa med1an �e 1 sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (cf. Lumen gentu�m_ 7 e 11). È con essi che la chiesa r_ende i propri membri partee1p1 del Mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo, nella gra zia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (cf. Sacrosanctum Concilium 5, 6; Lumen gentium 7, 12, 50). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccat�ri, giacché es�a non possiede altra vita se non quella della graz1a: appunto VlVe?do della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi al la sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscon? l'irradiazione della sua santità. Perciò la chiesa soffre e fa pem tenza per tali peccati, da cui peraltro ha potere �i guarire i suoi _ figli con il Sangue di Cristo e il dono dello Spmto Santo. Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell'Israele di �u� c�stodisce C() n amor� le _ Scritture e venera i patriarchi e i pro±etl; f:ondata sugh apostoli_ e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sei?pre vi�a e . dei loro poteri di pastori nel successore di Pietro e ne1 vescovi m 111
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�;-'�HLHJ.lviic '-V�l 1 u1, <....O�Laùcem�nre assrsnra aallo òplnto :::,anto, la . . cmesa ha la mrss1one dr custodrre, msegnare , spiegare e diffonde re la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata p�r. mezz.o dei profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. N01 credramo tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio, scrit ta o tramandata, e che la chiesa propone a credere come divina me�te �ivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero . ordmano e umversale (cf. DS 3011). Noi crediamo nell'infallibili tà, di cui fruisce il successore di Pietro, quando L."lsegna ex cathe d?a come Pastore e Dottore di tutti i fedeli (cf. DS 3 07 4), e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il . magistero supremo (cf. Lumen gentz'um 25). .-.
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N?i crediamo che la chiesa, che Gesù ha fondato e per la qual� ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e n�l �mcol d lla c munione gerarchica (cf. Lumen gentium � � 8 e � 1 o-2.J; Unztalzs redmtegratio 2). Nel seno di questa chiesa, sia la . ncca v_a�ietà e.i riti liturgici, sia la legittima di\:ersità di patrimoni teolog1c1 e spmtuali e delle discipline particolari lungi dal nuoce r� alla � ua u�ità, I� mettono in maggior evidenza (cf. Lumen gen tzum 2J; Orzentalzum Ecclesiarum 2, 3, 5, 6). Riconoscendo poi, al di fuori dell'oro-anismo della chiesa di Cristo, l'esistenza di numerosi elementi d verità e di santificazio ne che le appartengono it1 proprio e tendono all'unità cattolica (cf. Lumen gentium 8), e credendo all'azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l'amore per tale unità (cf. �umen gentium 15), noi nutriamo speranza che i cristiani, i quah non sono ancora nella piena comunione con l'unica chiesa ci ,...;,""rt.;� -.. �:��� .L.lLHHLa1111u uu 151U1Hu 111 un so1o gregge con un solo .t"'astore . Noi cre i�mo che la chiesa è necessaria alla salvezza, perché . Cnsto, che e il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende Presente per n �i el suo Corpo, che è la chiesa (cf. Lumen gen . . � tzum 1 4). Ma 1l drsegno divino della salvezza abbraccia tutti gli . . uo�mm: e coloro he, senza propria colpa, ignorano il vangelo di � Cnsto e la sua chresa, ma cercano sit1ceramente Dio e sotto l'in flusso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà rico nosci�ta nei dettami della loro coscienza, anch'essi, in un numero , cne D10 solo conosce, possono conseguire la salvezza (cf . Lumen gentium 16).
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Noi crediamo che 1a messa, celebrata dal Sacerdote che rap presenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sa cramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo wistico, è il Sacrificio del Calvario reso sa cramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, co me il pane e il vino consacrati dal Signore nell'Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla croce, allo stesso modo il pane e vino consacrati dal saceidote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale
e sostanziale (cf. DS 1651).
Pertanto Cristo non può essere presente in questo sacramen to se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stes sa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi . Tale conversione misteriosa è chiamata dalla chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di pene trare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han ces sato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino (cf. DS 1 642 , 1651-1654; PAOLO VI, Enc. Jvlysterium /idei), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi iil nutrirnento e per associarci alljunità del suo Corpo l\J!istico (cf.
5. Th III, 73,3). L\:nica e indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo
·� moltiplicata, ma è resa presente dal sacramento nei nume rosi luoghi della terra dove si celebra la messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel santo sacramento, che è, nel ta bernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nel P�tne santo, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi nbn posso no vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi non
a noi.
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Con essi�mo che il regno di Dio, cominciato quaggiù nella . c,nresa d1 Cnsto, non è di questo mondo (cf. Gv 18,36), la cui . frgura passa (cf. l Cor l ,31); e che la sua vera crescita non può es sere confusa con il progresso della civiltà, della scienza -e della . tecmca u:nane, ma consiste nel conoscere sempre più profonda n rr:� ;e le rmpers�ruta ili ric�hez�e di Cristo, nello sperare sempre . pm ronemente 1 bem eterni, nel nspondere sempre più ardente mente all'amo:e di Dio, e nel dispensare sempre più abbondante mente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora (cf. Eb 13,14), essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro città ter rena, � promu?vere la giust�zia, l� pace e la fratellanza tra gli . . u? mmi, a pro I�are il loro amto ai propri fratelli, soprattutto ai . , pm poven e ai piÙ bisognosi. L'intensa sollecitudine della chiesa _?posa di Cristo, 12er le necessità degli uomini, per le loro gioie le loro speranze, 1 loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra _ suo grande desiderio di essere loro presente per illu c�sa c�e il mmarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro Sal vatore. ale sollecitudine non può mai significare che la chiesa onform1 se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca � l ardore dell'attesa del suo Signore e del Regno eterno.
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Noi crediamo la vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora essere purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso come egli fece Per il buon ladrone. costituiscono il "Ponolo rii ni� nell'aldilà della� morte, la quale sa�à definitiv;�e;;-t� ����fi�� giorno della Risurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi. Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riuni . te rntorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la chiesa del cie lo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è (cf. r�� '2 -"'). T)C' 1Af'\r\\ , '-.:Tv � , .::. ; �.::> _!_uv�_), e aove sono anche assoClate, m diversi gradi, con l sant1 Angeli al governo divino esercitato da Cristo alorioso interceèìendo per noi ed aiutando la nostra debolezza co la lor� fraterna sollecitudine (cf. Lumen gentz'um 49).
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Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che com piono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola chiesa; noi crediamo che in questa co munione l'amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete (cf. Le 10,9-10; Gv 16,24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Sia benedetto Dio santo, santo, santo. Amen.
Co Al testo aggiungiamo qualche rapida annotazione. come offre si VI Paolo papa di credo il me si può rilevare,
a di tipicamente cattolico, caratterizzato da quella esigenz tra nostra nella completezza per cui tutto può trovar casa i ospitat o vengon o rispett do dizione di fede: con un profon sul Santa, Trinità sulla tici dogma concili dei i testi antichi magari at Signore Gesù come Figlio e sullo Spirito Santo, del gentium traverso la ricezione già operata dalla Lumen testi ienza accogl o trovan o Vaticano II; con �nalogo rispett a umana e più recenti del Tridentino, incentrati sulla vicend no I, Vatica del ci giuridi testi e te, creden del entale sacram II. no Vatica del ne anche questi talora citati nella ricezio riassun sforzo lo È evidente in questa formula di credo resta ogia mariol la ttivo: ritradu tivo meno invece quello VI nel sost�nzialmente unit; alla cristologia, anche se Paolo sulla Ver one riflessi la re colloca rato deside aveva o concili a1nP .if'ntro 1::� rifl�ssione sulla chiesa; la Scrittura è valoriz �;�; ��l�; -����-d�i �acramenti, me�tre durante il concilio a buon .fi fu grande merito del papa rivalutare e condurre quasi a porta stica eucari a siologi l'eccle ; Verbum Dei ne la o concili il e durant identificare la chiesa con Cristo: eppure e ionabil indilaz suo il e l'accento sulla povertà della chiesa analo papa; il ibile insens trovato aveva rinnovamento non ano un gamente i tre luminosi cenni all'ecumenismo sembr ofaveva po' troppo brevi per un papa che a Gerusalemme . ora Atenag ca ferto il primo abbraccio al patriar 11<:;:
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tuti:avla, pur g1à wntarw nella sua for.r:uulazione questo �re ?o porta il ti:nbro di un papa capace di pa ; iente med1az10ne nella chiesa e soprattutto maestro della tra scende�za di Dio: l'aggettivazione di papa Ivlontini si fa _ carattenstlca là dove si accosta il mistero di Dio «infinita mente _santo ... ineffabilmente... al di sopra di ogni no me... » b. Il profondo senso di Dio viene in qualche modo m1t1gat� da un'�lteriore sensibilità pure profonda, il senso del «nOI» cattolico, che avverte nella comunione dei santi un �ntreccio orante di reciproca intercessione in grado di aggmngere speranza anche nei momenti di sofferto silenzio di Dio. Per questo riteniamo il credo di papa Paolo VI cer tamente datato, ma degno di citazione, nonostante la sua lunghezza. . _La di�hiarazione di Barmen per il mondo protestante e . il credo di papa Paolo VI per l'ambiente cattolico sono for mule di notevole autorevolezza 14 per il momento in cui fu rono redatte, ma anche ii1 proiezione: avvertono, ciascuna a suo modo, che la fede deve diventare fermento nella storia um ana, deve concretizzarsi (anche nella sua formulazione _ scntta e detta) come risposta a nroblemi realmente sofferti riaccogliendo il passato cristi;no per superare l'angusti� prese?te ve_rso un avvenire di speranza. Per questo li abbia mo ntenut1 «credo-sponda», avvisaglie di un modo con temporaneo di dire la fede, pur con caratteristiche diverse. A_ q�est\) punto_ possiamo riagganciarci alle prime an notazwm del capitolo sulla svolta contemporanea e in qual , che modo completarle. .c
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. 13 Si tratt� una to�alicà caratteristica di papa Paolo VI, rilevabile (assl:me alla fragilita dell , esistenza umana) anche nel testamento, scritto tre an _ m ynma del credo, il 30 giugno 1965, e successivamente confermato nel 19J2 e 1973: c il testo ir: «
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torevol�zza ecclesiologica dei testi: del resto per le comunità protestanti il _ testo d1 un smodo (nel nostro caso quello di Barmen ) ha un'autorevolezza . . molto v1cma a un credo detto. dal papa per la chiesa cattolica.
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5. IL PULLUL.fu.� DI NUOVI CREDO Letti con attenzione i due credo-sponda, possiamo inol trarci nel giardino degli anni Sessanta e Settanta, dove in allegra confusione sono nati tanti credo da vari ambienti credenti: noi privilegieremo le formule di impronta cattoli ca, ma senza dimenticare di segnalare anche formule emer se da ambienti protestanti e ortodossi. Il fenomeno nel suo complesso è interpretabile come segno di notevole vitalità della fede nei dintorni del concilio Vaticano II, pur tra le oscillazioni e gli sbandamenti che più o meno tutti cono _ sciamo. Non prive talora di lampi interessanti, tali formule ri spondono al bisogno di cantare la prooria fede a Dio ma insieme di dirla afmondo contempo�an �o, onde rispondere alle sfide che salgono dall'umanità odierna e superare l' «ir rilevanza» qua e là sofferta dai credenti di11anzi a nroblemi ormai planetari già segnalati quali, ad esempio, la fame nel mondo, la minaccia atomica, il dissesto ecologico. Prit11a di inoltrarci nella lunga panoramica dei tentativi di «formule brevi» dei recenti decenni 15, v alla pena di ribadirne ancora le caratteristiche e di segnalarne i limiti, così come di fre quente sono stati percepiti dagli stessi autori. .L
15 Al tramonto degli anni Settanta disegnammo anche noi una piccola mappa dei tentativi, con un abbozzo di valutazione critica: cf. «Formule brevi» di fede, oggi, «Rassegna di teologia» 20 (1979) 6, pp . 449-460: non dimentichiamo quelle pagine in questa panoramica. In precedenza H. SCHiviiDT, doc.:nte alla P. Università Gregoriana e all'Ateneo di Sant'Ansel mo a Roma, aveva scritto pagine valide in «Concilium» 9 (1973) 2, pp. 1 65186 su Credere e professai-e in un mondo areiigioso, segnalando anche «Pro· fessioni di fede moderne» (cf. da p. 1 73 in poi). 117
6. C.é\.1?J\TTERlSTICI-ìE DEI
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Nessuna proposta di credo recenti pretende l'esaustivi tà nell'esprimere la fede cristiana 16: anzi quasi tutti si mani festano abbastanza artigianali nell'invenzione e nella stesu ra, fisionomizzati dalle i1npronte digitali e dal palpito pro prio degli estensori, oltreché dalle occasioni più varie che hanno provocato la nascita della formula: incontri di pre ghiera, riunioni di gruppo, celebrazioni particolarmente so lenni di un sacramento. Se l'estensore è un pastore o un teologo, si può notare una certa «preoccupazione» di com pletezza, quasi catechistica 17; in genere si accentua la gioia e la novità portata dalla fede cristiana, come segno di una chiesa viva e come motivo di una esistenza riuscita. Radicati in un'esperienza specifica del nostro tempo, i tentativi accettano una certa «soggettivizzazione» della fe de: il filtro per dire la fede è offerto dalFesperierzza di alcu ne sfide attuali più che dall'esigenza di ortodossia. La con seguenza si traduce in una notevole libertà nell'articolazio ne degli «articoli» di fede: basti pensare, come caso-limite, a qualche credo della Solle proposto sull'onda della conte stazione del Sessantotto. Possiamo ulteriormente qualificare questi credo come abbastanza regionali nelle loro accentuazioni accettabili in un mondo pluralista. Di fatto un certo tasso di regionalità ormai caratterizza ogni affermazione cristiana dinanzi a problemi concreti vissuti con particolari accenti in una data 16 Per le caratteristiche che seguono si può utilmente leggere il n. 145 di «Lumière et vie» del novembre-dicembre 1979 sul tema Redire la /oi. Con /essions et controverses actuelles: particolarmente interessanti l'articolo di W. DE BROUCKER, Nouveauté des con/essions de /oi actuelles?, pp. 7-22 e la panoramica di M. BACH-GÉNY, Paro/es de croyantes, pp. 41-54. 17 Formule brevi di fede si possono trovare anche in passato, ad esem pio h'1 B. Pascal, Spener e Zinzendorf: cf. Agitazione intorno alla confessione di fede, cit., p. 165 nota 5, dove si cita K. Lehmann e soprattutto H. Dorries in Das Bekenntnis in der Geschichte der I
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zona; nella stesura di un credo si avverte in particolare che non si può dire ogni volta tutto della nostra f� de, pena a mancanza di iiKisività. La fecondità della chiesa m vane chiese locali e in vari soggetti ecclesiali (ambienti e perso . ne) rende parziale e preziosa insieme ogni traduziOne con creta della fede. L'attenzione generalizzata cade piuttosto sul Credo... Amen: si apprezza certo la ricerc� de�'identità cristiana, come pure si coltiva l'attenzione al nucleo neotestam�nt� rio (centrato su Cristo come manifestazione della m1sen-. cordia del Padre) nell'orizzonte della sensibilità attuale. lVLi-' insieme si profila un genere letterario nuovo rispetto all'esi genza di precisione giuridica postriden�in�: �iù she «re�ula fidei» o tessera di ortodossia le professwm d1 feae degli an ni Settanta si avvicinano alle «confessioni» di agostiniana memoria ' quasi un canto di riconoscenza a Dio per testi. r1' moniare e contagiare in senso positivo altn compagm. u.I l'esistenza. nte evangelicame colorarne a ordine in , viaaaio bb . Infine si registra un evidente ritorno a l momento z·zturgz.: . co, pregato e cantato, come «habitat». ella profes.slOn� d1 fede: aià il credo di papa Paolo VI uffiCialmente remsensce la pro essione di fede nella liturgia e�cari�tica . l\Aa la fo�t�� nata accoglienza di proposte, sullo stile d1 Symbolum 7 l m P.A. Sequeri, nelle parrocchie italiane in tutta la lunghezza dello Stivale evidenzia il desiderio di ridire la fede in ter mini più liturgico-narrativi e meno calcedonesi. L'unità di fede ricercata ed espressa orienta alla speranza per tutta l'umanità, precisando il campo dei va ori fina. vers<;> cui camminare insieme, più che le mete d1 fede g1a raggmnte dalla comunità credente.
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7. PROBLEMI
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APERTI
Fin dagli inizi degli anni Settanta d si rese conto che la stesura di nuove formule di fede comportava anche qual110
che problema da tener presente almeno per puntualizzare e ridimensionare evangelicamente il fenomeno. Da qualche parte si avverti cbe la
nost:--2
società euro
pea e nordamericana, senza storia e senza ricordi (geschicb tlos, erinnerunglos), spesso affascinata dall'effimero, sop porta male il c re do cristiano: una «memoria sovversiva» esige dal singolo e dalla comunità l'inserimento cos cient e e c oerente in una lung a storia di m artirio probabilmente in 18• digesta alla maggioranza delle s ocietà occidentali Accanto a questo punto di domanda prevalentemente di taglio culturale se ne profila uno più interno allo stesso credo: nella progressiva rilevanza ass�nta dalle chiese locali ci si deve chiedere: quanto va conservato a tutti i costi del vange lo che desidera «farsi indigeno»? La «regionalità» delle chiese locali chiede comu nque di prender coscienza che c'è un equilibrio da conservare fra il «depositum fidei» (la veritas aetema) e una certa funzionalità alla prassi (la ve ritas salutaris). La fede si situa dentro le speranze storiche del territorio, ma restando fede cristiana, anche se l identi ficazione p re cis a di un nucleo comune si prospetta ogo-i oiù laboriosa che in passato, in un contesto di mission� r fetà vissuta come tentativo di investire la fede ir1 diverse cultu re. In altre parole, per non slittare verso ferme di eccessiva soggettivizzazione della fede, in che d o s aggio il contenuto di fede si c o niu g a con l'esperienza, onde esprimersi in un linguaggio comprensibile e incisivo nella prassi concreta, ma senza minimizzare lo specifico cristiano? 19 '
18 La difficoltà è stata più volte segnalata da ].B. METZ: cf. ad esempio ancora Agitazione intorno alla confessione di fede, cit., co. 184-185. Per la cultura radicale montante in Italia ir1 quegli anni segnalÌ;mo una buona ri flessione proposta nel Veneto: M. MORELLATO-G. PoNCHIO-L. SARTO ru-C. SciLIRONI, Fede cristiana fra radicalità ed effimero. Dossier informativo e critico, Gregoriana, Padova 1985. Da non diffienticare, agli inizi degli !lnni Settanta, le os�ervazioni del gi2 citato H. SCI-J:JviiDT, Credere e professare ùz mz mondo areligioso, «Concilium» 9 (1973) 2, pp. 165-186.
19 Il problema venne avvertito anche in Italia in preparazione al conve-
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Un ulte riore problema, di taglio a prirn.a vista giuridico, chiede di richiamare, su stimolazione Darticolar:mente dei frat�lli ortodossi) che il soggetto in g:::-�do di proporre la con±essione di fede valida e vi11.co lan te per tutti i cristiani resta il so lo concilio ecumeni co : altri soggetti possono offri re proposte provvisorie, talora anche molto opportune ed espressive, ma non vincolanti. Resta poi il fatto, tutt'altro che disprezzabile, della «ricezione» da parte del popolo di Dio che con il suo «sensus fidelium» può ulteriormente dare un contributo teologicamente rilevante alla validità di una formula di fede. Probabilmente altri punti di domanda potrebbero ag giungersi a quelli segnalati20: ma per Lt"ltrodurci può bastare così. Pazienti affronteremo ora la -"oanoramica dei credo nati attorno agli anni Settanta.
gno ecclesiale di Loreto della primavera 1985 su «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini»: risultava piuttosto evidente che l'appartenenza alla chiesa come istituzione si rivelava anche in Italia meno sofferta di un tempo. Si parlò in quegli anni di «appartenenza parziale» e non h1condizionata: cf. il sussidio preparatorio La for:.a della riconciliazione del 1984 al n. 2.3 .3 a) e d): nella stesura proposta dalle Edizioni Paoline alle pp. 46 e 50. D'altra parte le indicazioni della Lumen gentium ai nn. 13 e 23 permettono di ripen sare l'unità delia chiesa come un bene dinamico che si esprime nella diversi tà e in forza della diversità anche di formulazioni linguistiche. 20 Sint�ticamente _abbiamo aggiunto qualcosa anche noi in quegli anni: cf. Fede e formule di fede, «Credereoggi» 4 (4/1981), pp. 57-70: su che cosa dovrà confessare un futuro credo ecumenico non abbiamo dimenticato le varie risposte confessionali apparse su «Concilium» 14 (1978) 8, pp. 91-127, dove sui nuovi tentativi di formula7ioni di fede hannu scritto H. VAN DER LINDE e R. lVlAi-zLÉ. Sempre in orizzonte ecumenico C. VALENZIANO ha proposto Suggestioni linguisticbe circa l'ipotesi di «Formulazione di un m. credo» verso una comune professione di fede, in /1.A.VV., Credo in Spirit, Sanctum, Libreria Editrice Varicana, Vatican City 1983, I, pp. 365-3/'L 1'J1
CAPITOLO VI CREDO TEOLOGICI
Nel visitare il giardino dei nuovi credo fioriti attorno agli anni Settanta dobbiamo necessariamente percorrere dei sentieri: ci si deve per fo!"za limitare ad alcune proposte ritenute più significative per le sfide affrontate e per il con tenuto cristiano precisato. Una scelta si impone: senza dimenticare un possibile criterio cronologico-storico o geografico\ preferiamo qui privilegiare la fisionomia culturale dei tentativi proposti, ponendo in nota altri testi e autori che completano il qua dro. Il primo sentiero ci condurrà alla lettura di formule in prevalenza teologiche; successivamente leggeremo alcuni credo nati nel clima della contestazione; poi di seguito una serie di formule sostanzia1'11ente serene e rasserenanti, alcu ni credo liturgici e catechistici, per concludere con uno sguardo particolare sui credo brevi latino-americani. Su ogni proposta spenderemo qualche riga per l'autore e so prattutto per il commento al testo, onde coglierne l'ispira zione biblica e precisarne l'incidenza attuale. Con pazienza iniziamo il nostro cammino.
1 Per aree geografico-culturali abbiamo proposto una panoramica, già citata, in «Rassegna di teologia» 20 (1979) 6, pp. 451-458, ma senza i testi dei credo.
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l. PROFESSIONE DI FEDE DI UN INTELLETTUALE (R. lVlARLÉ) Il gesuita René lVIarlé è nato in Normandia nel 1919: biblista ed ecumenista, docente all'Istituto Cattolico di Pa rigi, da sempre interessato al problema ermeneutico in teo logia ma con acuta sensibilità verso l'odierna cultura fran cese, ha tenuto ad Accra (Ghana) nel luglio 1974 la relazio ne introduttiva all'assemblea di «Fede e costituzione» sul tema Rendere conto della speranza che è in noi: nell'occasio ne ha riproposto un credo2, da lui già pubblicato nella rivi sta «Études» nell'ottobre 1972 (pp. 456-458); si tratta di una formula insieme teocentrica e antropocentrica, in reci proca compenetrazione, incentrata sul termine «amore». Leggiamola 3• 2 Noi riportiamo il testo di padre MARLÉ nella traduzione proposta nel dossier Professioni difede e catechesi, Padova 1977, pp. 19-21: nello stesso fascicolo, alle pp. 12-17, si può leggere anche la pregevole introduzione ge nerale tenuta dallo stesso autore ad Accra il 24 luglio 1974.
3 Va comunque subito ricordato che la palma di pioniere e primo pro ponente di formule brevi di fede di tipo teologico intellettuale va probabil mente assegnata a K. RAHNER: nel credo del lontano 1965 (quasi sintesi del suo laborioso iter teologico attorno a cinque nuclei: Dio, il più vicino e il più lontano; la grazia divinizzante: amore che si dona; la storia della salvez za; Cristo e il mistero trinitario; la chiesa) il teologo tedesco mostra quanto le buone intenzioni si distanzino dal risultato, che non rispetta né la brevità né la comprensibilità: cf. il testo in tr. it. in Nuovi Saggi, Paoline, Roma 1969, pp. 182-189. La brevità invece è rispettata nelle tre formule dell970, con notevole ricchezza di sottintesi, ma l'impostazione antropologica tra scendentale rende le tre formule accessibili solo agli addetti ai lavori. Le ri portiamo L'1 traduzione italiana, apparsa su Nuovi Saggi, IV, Roma 1973, pp. 313-332 e nel Corso fondamentale sulla fede, Roma 1977, pp. 576-580. Formula breve teologica.- L'orizzonte inabbracciabile della trascenden za umana, la quale si attua esistentivamente e originariGmente non solo itJ. maniera teoreÙca o puramente concettuale - si chiama Dio e si comunica esistentivamente e storicamente all'uomo come suo proprio compimento in un amore perdonante. n vertice escatologico dell'autocomunicazione storica di Dio, in cui tale comunicazione si rivela come irreversibilmente vittoriosa, si chiama Gesù Cristo. -
Sono convinto che la mia fede non riempie gli spazi aperti dal dogma cattolico, particolarmente dai simboli della chiesa pri mitiva e dalle confessioni dei concili trinitari e cristologici. Ma mi sembra conveniente e utile, per me stesso e per gli altri, di preci sare l'angolo sotto il quale si presentano a me le realtà della fede, di fronte alle interrogazioni e alle provocazioni del mondo atrua le, diventando così principio di vita. Penso che sia mio dovere sforzarmi di formulare, se non tutto ciò in cui credo, almeno ciò che arrivo personalmente a dire della mia fede.
Formula breve antropologica. L'uomo perviene realmente a se stesso in un' autoattuazione genuina solo quando mette radicalmente L'l gioco se stesso per gli altri. Quando egli fa questo, coglie (atematicamente o esplicita mente) ciò che noi intendiamo per Dio quale orizzonte, garanzia e radicalità di tale amore, (Dio) che nell'autocomunicazione (esistentiva e storica) si fa lo spazio della possibilità di tale amore. Questo amore lo si intende intimo e sociale e nella radicale unità di questi due momenti esso è il fondamento e l'essenza della chiesa. Formula breve juturologica. Il cristianesimo è il mantenere-aperta la questione sul futuro assoluto, il quale vuole darsi proprio come tale nell'au tocomunicazione, ha fissato questo suo volere escatologicamente irreversibi le in Gesù Cristo e si chiama Dio. Il linguaggio ermetico in prima battuta può scoraggiare una valorizza zione delle tre formule; con pazienza meditativa si può intuire ndl'uomo il punto di partenza rahneriano per leggere ogni realtà: Dio stesso diventa di cibile e comprensibile nel suo rapportarsi e comunicarsi all'uomo. Dio è in teso essenzialmente come «autocomunicazione», categoria che diventa di mensione costitutiva anche dell'uomo. Rahner non è staccato, oltreché dal maestro suo M. Heidegger, da autori come M. Buber e E. Levinas, attenti alla «relazione» e all'altro come «volto che mi interpella». Il ritorno frequen te della parola «amore», nella sua radicalità di «amore perdonante», permet te di definire l'Essere specifico di Dio e il suo modo proprio di porsi anche ad extra: Egli diventa la condizione di possibilità di ogni altro amore, com preso quello dell'uomo. Il vertice di tutta la re:1ltà, punto d'incontro dell'«o rizzonte» di Dio e della singolarità dell'uomo, è Gesù Cristo come definitiva realizzazione storica della autocomunicazione di Dio e condizione di possi bilità effettiva della capacità umana di amare. Irreversibilmente con Cristo il destino dell'umanità e della divinità vanno nella stessa direzione. Accettando una miriade di orovornioni delb. culturrr storicista e immauentisra mitteleu : ropea, Rahner t ichiama profeticamente la misteriosità di Dio e la dimensio ne trascendente dell'uomo, la non-opposizione tra Dio e l'uomo, la novità del vangelo che valorizza l'uom.o nelle sue dimensioni costitutive di libertà e di apertura creativa e che valorizza Dio come autocomunicazione d'amore. -
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Penso di non possedere per nulla, né la prima né l'ultima pa rola. Ma credo che ci sia una prima e un'ultima parola che sono 1n realtà identiche.
Credo che questa prima e quest'ultima parola è Amore. Ma so di non poter scoprire ciò che è effettivamente l'Amore se non decifrando il segno con il quale esso si è manifestato in pienezza: la croce di Gesù Cristo morto e risuscitato. La morte di Gesù Cristo m'insegna che non c'è più grande amore che donare la propria vita per chi si ama. La sua risurrezione mi dice che l'A more è più forte di tutto, che ha già avuto e avrà l'ulti..ma parola. N on avrebbe mai avuto questa, se non avesse ugualmente avuto la prima parola, e se nella sua presenza storica come nella sua esistenza nascosta, Gesù non fosse interamente proceduto dalla potenza dell' Amore che palpita eternamente nel seno del Dio trinitario. La mia fede non può svolgersi che all'interno della sto ria e del discorso dell'Amore che si articolano attorno all'evento pasquale. Questo capovolge i nostri giudizi, sconquassa tutti � sistemi, e non allarga i nostri orizzonti se non sprofondandoCl nella notte. Credo che la realtà non si costituisce solamente a partire da ciò che essa è già, frutto del caso e della necessità, ma che essa deriva da un'altra sorgente e che essa è mossa da una forza che proviene da altrove. Credo che il- nostro essere umano non è fatto unicamente di pulsioni e di desideri, ma si scopre come risposta alla chiamata di un Altro. Credo nello Spirito di Dio, per la potenza del quale appare ciò che non era, che raddrizza il movimento spontaneo dei nostri desideri, e viene a «rinnovare la faccia della terra». La sua ma nifestazione risulta propriamente dal «miracolo» poiché essa ca povolge l'ordine dato: se non direttamente la «natura» quale la considera la scienza, e che corrisponde a una semplice astrazione rispetto alla totalità del reale, certamente il «cosmo», quest� tota lità armoniosa e chiusa che la libertà attraversa per determmarne il senso. Credo alla Parola che mi permette di non restare incatenato alle servitù del oassato, che mi�permette di non restare avvelenato dagli errori (miei o altrui) che hanno oscurato o appesantito il mio universo interiore ed esteriore. Credo alla Parola che propo-
ne una nuova partenza, una nuova giovinezza, creando in me «Un cuore nuovo e uno spirito nuovo». Credo che questa liberazione può �s�ere effe�tuata diversamente che da qualun . que tecnica psi ca�alltlca: con l'incontro o il ricordo della Parola di perdono e la chramata al cammi110 in avanti.
Credo all'efficacia del «Verbo», malgrado il cattivo uso di ciò che avrebbe dovuto esprimere parole di fede, malgrado tutte le inflazioni verbali che hanno spesso cercato e cercano di velare l'impossibilità di dominare la realtà, o il timore di lasciarsi spez zare da essa. Credo alla possibilità di fare di più che il puro deci. . L.--. . uare _aer meccamsmr: alla possrbillta dr essere presente a tutto crò che sr muove nel mondo, di esservi interpellato, di veder produr si l'«avvenimento» di una parola inaudita, e nella mia risposta, di contrassegnare con la mia singolarità tutti i meccanismi del lin guaggio e della vita. l
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Credo al valore del lavoro che crea solidarietà, e con il quale l'uon:-o concorre alla genesi del mondo, e al tempo stesso alla sua cresCita. lVIa credo anche che il lavoro può rendere schiavo l'uo mo e lacerarlo. E ciò avviene quando lo prende come il senso ul timo della sua condizione e dimentica che, se deve passare per il lavoro per provvedere alla sua sussistenza e rendere il mondo più �mano, egli è fatto ancora più fondamentalmente per respirare, fm da adesso, la libertà e dilatarsi nell'ammirazione, nel gioco, n_ella festa e nella gioia. Credo che è nella preghiera, nell'adora Zione e nella lode che noi penetriamo nel cuore delle cose, rico noscendo che ciò che è più reale è senza ragione. Credo che i no stri sforzi, le nostre pene, le nostre lotte non sfuggono alia vanità o alla durezza inumana se non quando sono portati e continua mente attraversati da un universo di grazia. Credo che la sofferenza è un modo di essere la cui fecondità non è per nulla inferiore a quella dell'azione. Credo che ivi l'uo mo provi la realtà, e vi si provi lui stesso, in maniera privilegiata. Nella sofferenza, in effetti, si incontra più che solo una resisten za: una irriducibile alterità senza la quale non si saprebbe trovare esperienza d'amore. Credo che nella sofferenza ci attende e ci fa segno Colui che nessuno può vedere senza morire, e che si è rive lato lui pure a noi attraverso una passione e una morte. 126
Continuando a vivere nell'oscurità che fa ant1c1pare la mia morte nella mia esistenza, sbattendo così sulla contraddizione as soluta dei miei desideri e dei miei progetti più profondi, io credo che Dio sarà presente in questa morte come lo è stato nella mia vita. Credo che Egli ha stabilito la sua Signoria fino al profondo degli inferi e che non rinnega nella sua eternità coloro con i quali una volta si è legato nell'Amore.
La lunga formula, non priva di un cerro afflato 4, tiene 4 Non palpitano dello stesso afflato le due riletture del Simbolo niceno costantinopolitano proposte, nello stesso ambiente francese un po' elitario ma culturalmente vivace, da J. GuiTTON, figura di spicco fra gli intellettuali d'Oltralpe e uditore laico al concilio Vaticano II fin dalla prima sessione. Lo scopo di questi credo è espressamente catechistico: «Una catechesi amica-e nuova potrebbe senz'altro partire da questi testi germinali» (Il cattolicesimo, Cittadella, Assisi 1973, p. 98): uno lungo («circa tre minuti», dice J. Guit ton) e uno più breve («un minuto soltanto»). Trascriviamo il testo breve: «Credo in Dio, l'amore infinito. l Credo nel Padre onnipotente che dal nulla ha fatto cielo e terra, l'universo visibile e invisibile. l Credo in Gesù Cristo, il Figlio unico, nato dal Padre in un presente eterno, vero Dio nato dal vero Dio, che per .noi uomini e per la nostra salvezza si è incarnato, per opera dello Spirito Santo, nella Vergine Maria e si è fatto uomo, ha vissuto in mezzo a noi pieno di grazia e di verità; che ha sofferto sotto Ponzio Pila to, è morto ed è risuscitato nella gloria del Padre, donde verrà per giudicare i vivi e i morti. l Credo nello Spirito Santo, che con il Padre e il Figlio riceve la stessa adorazione e la stessa gloria. l Credo che la chiesa è il corpo di Cristo e continua la sua opera e la sua presenza. l Credo che iJ sacrificio della Messa riproduce misteriosamente il sacrificio della croce. Credo che Cristo è realmen te- presente nell'eucaristia, nutrimento celeste. l Credo nella remissione dei pec cati, nel progresso dei giusti nell'amore, nella comunione dei vivi e dei morti. l Spero nell'unità di tutti i cristiani. l Credo nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. l Attendo il momento in cui Dio sarà tutto in tutti». Pur essendo un filosofo, Guitton rimane rigorosamente all'interno di un discorso intraecclesiale tradizionale: solo sulla chiesa lo sguardo di fede si precisa e vede nella comunità il corpo di Cristo, il prolungamento della sua incarnazione (probabile l'influsso della «teologia del corpo mistico» all'apice negli anni Trenta); coerentemente l'accento ritorna sull'eucaristia, senza dimenticare un breve anelito ecumenico. I due testi, proposti da]. Guitton come <
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ben presenti le sfide culturali tipiche della Francia anni '70: la discussione sull'origine delh realtà (frutto del caso, se condo l'evoluzionismo che si richiama a Darwin o secondo la visione proposta dal premio Nobel per la biochimica Jac ques Monod in Il caso e la necessità nel1971, senza dimen ticare la proposta marxista e nietzschiana); la visione sul l'uomo stesso e le tecniche di liberazione umana secondo le teorie empiriste e le forme più esasperate di psicoanalisi, secondo lo strutturalismo del linguaggio e della vita; l'ideo logia del lavoro sovraesaltato in vista di un protagonismo antropocentrico. IV1arlé replica L11 maniera impegnativa alle provocazioni. culturali, facendo propri e additando alcuni nuclei lumino si della fede, dopo una iniziale professione di umiltà. La Pasqua di morte e risurrezione del Signore Gesù dà conte nuto cristiano alla parola-chiave «Amore». La molteplice e intensa ispirazione biblica (ricordiamo che Marlé è un bi blista ben preparato�) pe:mette di affermare che l'Amore è «la prima e ultima parola» della storia umana. Lo Spirito eli Dio «rinnova la faccia della terra» (Sal104,30) e può inter venire sulla realtà umana e subumana, creando e raddriz zando la creazione fino al <<miracolo»: riaccende così la speranza in una rispostn umana positiva ad una chiamata irrevocabile di Dio (cf. fun 11,29; lCor1,26), ad una Paro la che fa nuovi nella riconciliazione (cf. 2Cor 5,19-20, senza dimenticare Is 55,101 - 1), e permette di ripartire con fiducia
(cf. Le 7,36-50; Gv 7,53-g,l). L'uomo- nella visione di l\;1arlé- è presente in maniera attiva nel mondo: con la propria originalità nel lavoro (cf. Gn 1,28: ma senza farne un mito); con la libertà che divie ne festa, gioia, ammirazione; persino con la sofferenza, paradossale forma di fecondità, pur nel divario tra i nostri desideri e la «via crucis» della seauela di Cristo: IVIarlé recupera così il «descendit ad infero; » del Simbolo aposto lico antico. 128
Con un dignitoso linguaggio esperiel1.ziale l'autore met te a fuoco il nucleo evangelico sul Dio-Amore che si rivela in Gesù morto e risorto5, indicandone l'istanza etici conse-
5 Poeticamente il nucleo pasquale viene espresso nel lampo di fede cristiana con i colori caldi di un'icona russa, offertoci da O. CLÉMENT nel libretto autobiografico L'altro sole, Jaca Book, l'v1ilano 1977, pp. 156-157: la testimonianza assomiglia a un breve credo cristocentrico, d'intensità con templativa tipicamente orientale, anche se redatta da un francese giunto allo stupore riconoscente della fede cristiana dopo un lungo travaglio, sofferto fino alle soglie del suicidio e concluso con il battesimo a 30 anrj nella chiesa ortodossa russa. «Dio è morto nella carne perché l'uomo sia risuscitato. l Perché la car ne sia risuscitata. l Credo nella risurrezione della carne. l E ormai l nell'in teriorità dell'uomo l senza fusione né separazione, l nell'incandescenza delle cose, l senza confusione, per l'eucaristia, l nel grido di Giobbe della storia, l ma Dio stesso si fa Giobbe l e lievito di liberazione, l nel deserto della tra scendenza l ma rifiorisce nel Tuo sangue, l nel Volto dei volti, l sfigurato, trasfigurante, l noi ti lodiamo, ti rendiamo grazie, l o Sapienza eterogenea, l o Soffio che tutto vivifica, l o Cristo che tutto riunifica, l o abisso infine rivelato l fonte di ogni amore, di ogni libertà, l abba, il seno del Padre!». La formula è una esclamazione, comprensibile all'i.1 J. terno dell'intera te stimonianza autobiografica: disancorata dall'insieme del racconto, perde in comprensione e in intensità. Tuttavia si può almeno intuire: il nucleo, attor no a cui annodare tutta la feàe, sta nel Dio morto e risorto perché anche l'uomo risusciti alla fine: il «novissimum» «credo nella risurrezione della carne» diventa il principio, inserito nella croce del Risorto. Alla sfida di Nietzsche sul dolore innocente Clément risponde con l'affermazione «Dio si fa Giobbe», condividendo fino in fondo la sofferenza dell'uomo anche inno cente; alla sfida del collettivismo marxista offre quale alternativa l'eucaristia intesa come convivenza di persone che si riconoscono corpo di Cristo e nel dono reciproco realizzano la loro a;rventura umana, coinvolgendo tutte le realtà umane e cosmiche nel mistero della risurrezione pasquale già operan te: l'intera creazione è chiamata a diventare corpo di Cristo. Il tema biblico del «volto» permette di affermare l'irruzione di Dio nella passione ài Cristo, che è «volto» prima sfigurato e poi trastìgurato e trasfigurante; per questo anzi Cristo rimane «Volto dei volti», momento ricapitolativo di un dinami smo vitale cosmico in cui lo Spirito è soffio che tutto vivifica. Nella seconda parte lo stupore diventa un inno di lode (<<noi ti lodiamo, ti rendiamo grazie...»), con una dossologia trinitaria che attribuisce un titolo a ciascuna delle tre Persone divine aggiungendo un titolo globale («o Sa pienza eterogenea», la multiforme sapienza di Dio di Ef 3,9-11, il piano sal vifico concretizzatosi storicamente in Cristo Gesù nostro Signore). Una «formula lunga» di O. Clément, che ricalca i temi di questa escla-
guente: donare la vita per chi si ama l\!Iarlé si sforza di ri camare la proposta trinitaria e cristologica, intrecciandola nella seconda pan:e con un credo antropologico: la creatura umana rimane originale nella sua risposta da tessere pazien temente e costruire indipendentemente dai meccanismi che possono tarparne le ali. Il gesuita francese accoglie così an che qualche stimolazione dalla «theologia crucis», che ac cetta il paradosso del «sub contraria specie» nel percorso della vita umana. La proposta di lVIarlé si fa apprezzare come meditazio ne sintetica della nostra fede, articolata secondo le sfide percepite dal cattolicesimo francese 6• .
mazione di fede stupita, si può leggere (assieme a varie altre, riecheggian ti l'ambiente culturale francese degli anni Settanta e forse meritev�li di �aggiore attenzione) in Une brassée de con/essiom de /ai, présentées par H. FRESQUET, du Seuil, Paris 1979, pp. 37-41. Per illuminare ulteriormente la formula di Olivier Clément, oltre ai suoi scritti, si può leggere L'ortodossia, di P. EvvOKIMOV, Il Mulino, Bologna 1965, poi riedita, autore non assente, con N. Berdjaev e V. Lossky, nella ma turazione religiosa di Clément; come sul tema del «volto» può essere di aiu to il pensiero di E. Lévinas: cf., per una introduzione sintetica, ad esempio G. RrPANTI, Emmcznue! Lévinas: una metafisica inattuale, «Il Regno attualità» 26 (1981) 10, pp. 236ss; A. BMNCHI (a cura), Emmanuel Lévinas: il volto dell'altro e il Dio della consolazione, ivi, 31 (1986) 2, pp. 44-45. 6 Per concludere una panorrrmica almeno approssimativa della poliedri ca sensibilità cattolica francese sul finire degli anni Settanta, non va dimenti cata una proposta ufficiale redatta da un cardinale e quattro vescovi, accolta favorevolmente anche in ambienti non-cattolici: Il est grand le mystère de la foi (du Centurion, Paris 1978) aggancia il credo al momento eucaristico, esponendo le verità della fede come commento ad alcuni spezzoni della quarta prece eucaristica; il credo parte da una «formula breve» di preghiera, perché ne venga assunta consapevolmente tutta la ricchezza di fede ivi con tenu�a, nella c_onvinzione che «la chiesa crede allo stesso modo in cui prega. Ogm celebrazione eucaristica è una professione di fede». La formula breve è paradossalmente quella liturgica di partenza; la lunga spiegazione, semplice e immediata, di taglio tipicamente catechistico, si esplicita in un ventaglio eli verhi signific::.tivi per la feJe, come: <<noi adoriamo, noi benediciam�, noi crediamo, noi riconosciamo, noi invochiamo, noi speriamo». Cf. il testo in tr. it. Mistero della fede. Preghiera e fede della chiesa cattolica in «
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2. IL CREDO DI PrET ScHOONENBERG Un secoiJ.do studioso gesuita testimonia coil un credo molto breve la sua fede ottimistica nel Dio-uomo che co struisce la storia con noi. Nato ad Amsterdam nel 1911 , Schoonenberg entra nel1930 nella Compagnia di Gesù: re sponsabile dal1957 del Centro catechistico di Nimega, im posta il famoso catechismo olandese. L'insegnamento teo logico, dal '64 al '76, nell'Università cattolica di Nimega gli permette di partecipare attivamente al dibattito cristologi co, nel desiderio di superare l'impostazione della Scolastica e di integrare il pensiero evoluzionista nel crocevia della cultura olandese del postconcilio. Quasi eremita nel suo studio, sensibilissimo all'influsso di Teilhard de Chardin e all'umanesimo cristiano, Schoonenberg non dimentica l'esi genza di decodificare e reinterpretare il dogma calcedonese per poterlo correttamente riesprimere in nuovi modelli. Il credo, da lui proposto a conclusione del discusso volume Un Dio di uomini (Queri.11iana, Brescia 1971, pp. 211-212), paradossaLmente va annoverato tra le formule più chiare e riuscite, e sostanzialmente più tradizionali. Lo schema trinitario e la brevè ·narrazione storico-salvifica «sfumano» il modello cristologico antiocheno di «presenza irJ.tersoggettiva» usato da Schoonenberg, al punto da per-
do nuovo» della ElleDiCi, n. 21. In traduzione inglese è riportato integral mente in H.-G. LINK (a cura), Confessing our Faith around the World, II, «Faith and Order Paper», no. 120, WCC, Geneva 1983, pp. 19-43. Per co glierne il valore all'interno della progettazione catechistica episcopale france se cf. G. DuPERI'�Y, Une nouvelle crise de la cathéchèse, «Lumière et vie» 33 (1984) n. 169, pp. 5-23: il nostro testo è citato a p. 9. Va segnalata anche la «professione di fede» che monsignor MARcEL LEFEEVPJ:: inviava da Roma i124 novembre 1974 ai membri della «Fraterni tà sacerdotale San Pio X», riportata da «La Doc. Cath.» 72 (1975), pp. 244245 e Ì.i1 tr. it. da di Regno-attualità» nel n. 16 del 1976 a p. 365: è tipica per cogliere la mentalità che porterà allo scisma lefebvriano, anche se risulta difficile leggervi una vera «professione di fede».
mettere al lettore il fenomeno della «comooslzlOne» che completa le eventuali parzialità dell' autor�. Il gesuita di l'·Tixnegc. vi c.ggiunge i concetti di crec.zione continua e c!i tensione escatologica che rispettano insieme la responsa bilità dell'uomo e la guida dello Spirito Santo nella storia salvata. Il linguaggio, biblico e attuale, rende la formula dicibile anche in ambiente liturgico di preghiera. Credo in Dio che nello Spirito di Gesù possiamo chiamare con il nome di «Abba, Padre», creatore degli L"1izi e del futuro. Ed in Gesù, suo Servo e Figlio amato. Che è giunto a noi procedendo interamente da Dio e nel quale abita l'intera pienezza della divinità. Che ha operato per la nostra salvezza; ha rotto ogni barriera umana e proferito parole di vita eterna. Che non venne quindi accolto, ma per la nostra liberazione ha patito ed è morto sulla croce. Che è risono per opera di Dio, per vivere in noi e nel futuro verso cui l'intera creazione tende. Credo nello Spirito di Dio e di Gesù, che parla attraverso i profeti e ci conduce alla piena verità. Credo nel regno di Dio ora e nell'eternità, e nella chiesa, che deve attendere questo regno e ad esso servire. Credo nella liberazione dai peccati e nella forza di amare. Credo nella nuova creazione, dove abita la giustizia e Dio sa rà tutto in tutti 7.
Il clima del Sessantotto non è assente da una formula stesa nell'anno successivo, anche se apparsa in italiano due anni dopo. Vi sono percepibili, come sfide, la crisi della paternità (vi si ribadisce l' «Abba, Padre»), il problema del significato universale della vita di Gesù e le permanenti tentazioni nazionalistiche (a cui si contrappone: «ha rotto
7 Cf. il testo originale anche nella raccolta di E. PRUIM, Credo's onder weg, DeLft 1971, p. 14; citato come «si11tesi di vecchio e nuovo, di Scrittura e di tradizione» da H. VAN DER LINDE in Nuovi simboli di fede, «Conci lium» 14 (1978) 8, pp. 136-137.
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ogni barriera umana»), l'interpellanza delle scienze cosmi che e antropologiche per una visione meno statica e più storico-progressiva (sulla cui s c ia si afferma la fede �1 un «creatore degli inizi e del futuro» e in una «chiesa che deve attendere questo regno»). Divisibile in tre parti, a schema trinitario, la formula è tuttavia caratterizzata da alcuni termini tipici (come: futu ro, creazione, servo-servire) che le imprimono un dinami smo notevole. Accenti di novità si possono intuire nel collegamento tra la paternità di Dio e la libertà dell'uomo, nella sottoli neatura dell'umano in Gesù8, «nel quale abita l'intera pie nezza della divinità» (con riferimento letterale a Col2,9); a cui si possono aggiungere l'atteggiamento del servizio (in Cristo, nella chiesa, nel cristiano) come trasparenza dell'a more di Dio e l'ottimismo suggerito dalla convinzione che il Signore risorto «vive in noi e nel futuro verso cui l'intera creazione tende» e confermato dal fatto che lo Spirito «parla attraverso i profeti» anche oggi.
3. IL CREDO DI E. ScHILLEBEECKX A conclusione di un volume di mille pagine, dal titolo Il Cristo. La storù1 di una nuova prassi9, il domenicano fiammingo, nato ad Anvers:1 (Belgic) nel tardo autunno del 8 Una buona ii1troduzione al dibattito cristologico mitteleuropeo degli anni Settanta è scritta da P.C. Boru, La riflessione cristologica in alcuni recenti contributi da parte cattolica, in AA.VV., Conoscenza storica di Gesù, Paideia, Brescia 1978, pp. 121-154. Per una introduzione al pensiero di P. Schoonenberg cf. L. BANKER, Piet Schoonenberg, in P.S. VANZAN e H. ScHULTZ (a cura), Lessico dei teologi del secolo XX, in l\;iysterium Salutis vol. XII, Queriniana, Brescia 1978, pp. 530-537. 9 Edito in italiano dalla Queriniana, Brescia 1980 (il credo si trova alle pp. 1001-1002); orig. olandese del 1977 con il titolo Gerechtigeit en fie/de,
genade en bevrijding (Giustizia e amore, grazia e soddisfazione). 1 L 7
191410, rielabora e integra il testo del poeta IVIichel van der Plas proponendolo come proorio Credo riassuntivo assieme ad una prec:e eucaristica ric:asata sugli stessi temi del credo che presentiamo subito. .L
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·:Credo in Dio Padre: l'onnipotenza dell'amore. Egli è il creatore del cielo e della terra ' di questo universo intero, con tutti i suoi misteri; di questa terra su cui viviamo, degli astri verso cui viaggiamo. Egli ci conosce fin dall'eternità e mai dimentica che siamo stati fatti con la polvere della terra e che un giorno ritorneremo a Lui come polvere. Credo in Gesù Cristo, il Figlio prediletto di Dio. Per l'amore che ha avuto per noi tutti egli ha voluto condividere assieme a noi la nostra storia, la nostra esistenza. Credo che Dio abbia voluto essere in modo umano, anche Dio per n ;i. Da uomo ha abitato in mezzo a noi, luce fra le tenebre. lV1a le tenebre non l'hanno compreso. Noi l'abbiamo conficcato sulla croce. Ed è morto ed è stato sepolro. Lui, però, ha affidato a Dio l'ultima parola, ed è �isorto _una volta per tutte, e ha detto che sarebbe andato a prepararci un posto nella casa di suo Padre, dov'egli ora abita. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita. E per i profeti che stanno in mezzo egli è lingua, forza e fuoco.
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10 Un breve I:rofilo di E. Schillebeech è disegnato da B. WILLEMS nel Lesszco dez teologz del secolo XX, cit., pp. 698-ì05.
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Credo che tutti insieme ci troviamo in cammino, pellegrini, chiamati e congregati, per diventare popolo santo di Dio, poiché io professo la liberazione dal male, il compito di operare per la giustizia, e il coraggio dell'amore. Credo nella vita eterna, nell'amore che è più forte della morte, in un nuovo cielo e in una nuova terra. E credo di poter sperare in una vita vissuta con Dio e insieme agli altri per tutta l'eternità: gloria a Dio e pace agli uomini 11.
11 Cf. il testo originale in Gerechtigeit en lie/de, genade en bevrijding, Bilthoven 1977, pp. ì82-ì83. Quasi contemporaneo alla formula di Schille beeckx e per certi versi vici.'lo alla sensibilità fiduciosa di Schoonenberg, è il «credo ecumenico» di AVERY DuLLES, con cui il gesuita statunitense, lau reato alla Gregoriana di Roma nel 1960, conclude la sua «risposta cattolica» alla domanda Che cosa dovrà confessare un futuro credo ecumenico? contenu ta nella rivista «Concilium» 14 (19ì8) 8, pp. 122-127, nel fascicolo dedicato alla confessione di fede ecumenica: il credo è stampato a p. 12ì ed esplicita così la fede con accenti cattolici: «Noi crediamo che il mondo intero, quantunque ferito dal male e dal peccato, è opera del solo vero Dio, che continuamente lo sostiene e lo guida verso la meta nrefissata. l Noi crediamo che Dio ha benedetto il mondo con la presenza df Gesù, figlio suo e di Maria, che ha mostrato la strada della salvezza mediante la sofferenza e l'amore. l Noi crediamo che Gesù Cristo Signore risorto continua la sua opera di salvezza mediante lo Spirito Santo abbondantemente riversato sugli apostoli che erano con Pietro. l Noi cre diamo che la chiesa, sotto la direzione di guide apostoliche, raccoglie in unità i credenti di ogni parte del mondo come segno e anticipazione del veniente regno di Dio. l Noi crediamo che tutti i credenti battezzati sono chiamati a condividere i compiti che Dio affida alla chiesa e a partecipare al Cristo vivente nel banchetto eucaristico. l Noi crediamo che a tutti quelli che accettano la sua offerta di perdono e rispondono alla sua chiamata per un �ervizio nell' am�xe p�ocl�ma�a �ed �ante Cristo e la chiesa, Dio promette la vlta eterna con 1 sann neua gwna. .tl.men». Dopo i primi tre capoversi evidentemente tri.nitari (la creazione con tinua del mondo da parte del vero Dio, la benedizione per la presenza di Gesù, la santificazione iniziata nella pentecoste), il credo di A. Dulles, di taglio dottrinale, si colora cattolicamente nel tratto ecclesiologico ed etico-
La limpida struttura tnmtaria, accompagnata cialla esnlicitazione escatologica conclusiva, evidentemente «ha "" pe r fondamento il Credo più antico della chiesa» (p. 1000, nota 7). lVIa l'ispirazione giovannea suggerisce nel termine . «amore» il filo e la sintesi della formula: il Padre è «l'onm ootenza dell'amore», Gesù Cristo è «il Figlio prediletto ( amatissimo) di Dio», lo Spirito è colui che dona «il corag o-io di amare» ) la vita eterna consiste «nell'amore che è più I:J forte della morte».
Il mondo culturale a cui Schillebeeckx propone la fede cristiana è altrettanto chiaramente il mondo euro-atlantico alla metà degli anni Settanta, ancora abbastan�a ottimist�, . in grado di «viaggiare verso gli astri», e secolanzzato, clli il progresso tecnico inarrestabile permette di aprire orizzonti senza conf.wi nel micro e nel macrocosmo: l'uomo non sente di dover rendere conto ad alcuno del suo operare, quasi ai limiti dell'onnipotenza sognata da Feuerbach e Nietzsche. Ma il ricordo pur lontano della esperienza dura e pro vocatoria della seconda guerra mondiale non è assente dal suo-o-erire all'autore affermazioni come «io professo (desi de�� ) la liberazione dal male, il compito di operare per la giustizia e il coraga-io dell'amore». Anche la mancanza di b ' affermazioni più esplicite sulla chiesa e sui sacramenti, con il richiamo ai «Profeti che stanno in mezzo a noi» e al «cammino .. . per -diventare popolo santo di Dio», può con tenere un'implicita contestazione (o ridimensionamento) postconciliare verso la chiesa qualora il suo essere vivente «memoria Christi» si riduca a ricordare il passato senza preoccuparsi del presente e del futuro. L..
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sacramentale, per aprirsi di nuovo nell'escatologi�. L'a�tore s�esso c�ratte . della rizza il contributo cattolico per l' oikouméne con 1 tem1 eccleswlog1c1 chiesa come «sacramento», come �
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Se esaminiamo le singole affermazioni di fede, il primo accento cade sulla si2:noria universale di Dio Padre, a cui niente e nessuno ouè sotuars1: la com:rappos1z10ne abbastanza evidente tr ; l'onnipotenza di Dio e la realtà dell'uo mo «fatto con la oolvere» e destinato a ritornare a Dio come polvere suon� invito a realistica umiltà. La parte crz' stologz'ca, pur riaffermando la profonda am? iguità dell'uo mo e la drammaticità dell'esistenza umana d1 Gesù, recupe ra l'umano in Cristo alla luce del suo amore e della �u_a condlV1SWne, ---con-li -prosp-ettiva -finale . . per· tuttr di un «postonella casa di suo Padre, dov'egli ora abita». I��E_�a zione come condivisione totale di tutto ciò che è umano, e risurrezione come novità che tocca profondamente il desti no--aèiPuomo, orientandolo verso una prospettiva di comu nione con Dio, sono i due nuclei cristologici della struttura della fede. Il tratto dedicato allo Spirito Santo, P:Y..t_tigll cando il credo niceno-costantinopolitano, accentua l'attua lità del profetismo «in rnez_2:()_�;I poi» e, recuperando varie imm�gini -bi1Jlld1epent-ecostali, - mett e in risalto il dinami smo del cammino il «tutti insieme» nel pellegrinaggio, l'i�p�oo·!1ò--a�l�;;���are ner la g:iustizia» e «il coraggio dell'amore» contro la logica umana istintiva dell'«occhio per occhio, dente per dente» (cf. Es 21,24 e lVIt 5,38). L'influsso giovanneo si evidenzia anche nel tratto finale y
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del credo: Zoè az'6nzòs è termine frequente nel quarto van. " d .[• . . gelo per indicare 1a comumone e11n1t1va con D'lo, tondata sull' «amore più forte della morte»; «il nuovo cielo e la nuo va terra» sono ispirati dall'Apocalisse giovannea (Ap 21,1; cf. anche 2Pt 3, 13), per ribadire il desiderio e la fiducia vetero e neotestamentaria in una realtà finale nuova «vissu ta con Dio e con gli altri», più luminosa del presente (cf., . _.] l• au esemp1o, 1s oo,LL}. un versetto dosso og1co completa l a con/esszò /idei et laudz's, caratterizzata dall'agape come realtà costitutiva di Dio ma non meno propria dell'uomo e profe tica per l'umanità odierna. r
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Se cerchiamo elementi profetico-stimolativi nella for mula di Schillebeeckx, possiamo intuirli nel robusto ancoin unél dA,--1<00 a;-1-oj)'?;Ql'"lP a11' a'"'JbiAn1-P ragc-�o a11a �f',_.;._,,,-;''1c '" -- '" cul ral e r e l g pri o nt , go chiede._di riscoprire la portata teologico-etica del termine <�amore») / eredere neil' amore s1gnif.1ca accog1·1ere 1a sf.d 1 a che Dio-Iancia all'uomo provocandolo nel nucleo più pro fondo della sua personalità. Sul secondo, Schillebeeckx chiede l'umiltà di accettare il mistero aldilà di tutte le sco perte offerte dalla tecnica e di riaffermare la trascendenza oltre il materialismo più o meno consumistico; il coraggio di accettare la logica del condividere, oltre gli interessi par ticolari, in ordine a una «liberazione» piena e per una «giu stizia» completa; occhi li111pidi per cogliere nell'oggi la sal vezza di Dio che ci proietta oltre, facendoci camminare. Schillebeeckx ha in comune con lVIarlé l'ispirazione cri stiana che la prima e l'ultima parola del mond� e della sto ria si può esprimere con il termine «amore». A
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4. LA «FORlviULA BREVE» DI W. KAsPER L'area germanica, come l'Olanda, è particolarmente fe 12. conda di formule brevi suggerite da teologi e catechisti 12 Per una panoramica globale che comprende le proposte di credo bre vi in ambito evangelico come in ambiente cattolico all'inizio degli anni Set tanta cf. ancora H. Sc.HiviiDT, Credere e professare in un mondo areligioso, cit., spec. le raccolte segnalate alle pp. 174-184. Di tali raccolte preziosa è stata per noi quella L'1 due volumi curata da R. BLEISTEIN, Kurz/ormel des Glaubens, Wurzburg 1971: le formule brevi di K. Rahner si trovano nel vol. II, pp. 86-94, mentre quelle di F. Varillon, H. Schuster, W. Nastainczyk, W. Kasper, R. Bleistein e H. Ki.ing alle pp. 94-102. Ricordiamo che R. Bleistein firma la «voce» Professione di fede nel Dizionario di Catechetica della ElleDi11 Ci; stampato nel 1986, alle pp. 518-520. Per il dibattito ix1 quegli anni cf. la discussione serena e documentata di K. LEHMANN, Confessione di fede e formule abbreviate di fede, in Pre senza della fede, Queriniana, Brescia 1977, pp. 129-237 (l'orig. è del1974).
1.., _)o o
Alla molteplice proposta di K. Rahner, già segnalata prece dentemente in nota, aggiungiamo i due «abbozzi» di \YJ. Kasper (teologo caratteristico della «centralità» 13 e attuale vescovo di Rottenburg-Stoccarda): sono significativi per la notevole rilevanza antropologico-etica della cristologia. Le due brevi formule presuppongono la conoscenza e la fede
Lehmann riporta a p. 224 una bella «dichiarazione di fede» elaborata per uso liturgico dalla Chiesa Unita di Cristo (United Church of Christ) nel si nodo generale di Berli..1o del 1959 e poi ripresa da diverse formulazioni evangeliche; pur mancando della tensione tipica della teologia evangelica del decennio successivo, merita una citazione per il ritmo storico-salvifico e la varietà di linguaggi e di schemi teologici: «Noi crediamo in Dio, Spirito eterno, Padre di nostro Signore Gesù Cristo e nostro Padre, e attestiamo le sue opere: Egli chiama i mondi all'esi stenza. / Chiama l'uomo ad essere secondo la sua immagine e gli indica la via che conduce alla vita ed alla morte. / Egli vuole, nel suo santo amore, liberare tutti gli uomini da una vita vissuta senza obiettivi e nel peccato. / Giudica gli uomini e i popoli secondo la sua volontà, che ha annunciato at traverso i profeti e gli apostoli. /.È y�nuto a noi in Gesù Cristo, l'uomo di Nazareth, il nostro Signore crocifisso ·'e risorto. / Ha assunto il nostro comu ne destino, vince il peccato e la morte, e riconcilia il mondo con sé. / Ci conferisce il suo santo Spirito, il quale crea e rinnova la chiesa di Gesù Cri sto. l Unisce nella sua alleanza tutti i credenti di ogni tempo, lingua e razza. / Ci chiama nella sua comunità, affinché paghiamo il prezzo della sequela e ne sperimentiamo pure la gioia. / Ci rende suoi collaboratori, ponendoci al servizio degli uomini. / J2er mezzo di noi vuoi comunicare il suo vangelo al mondo intero, e ci rende foiù tòntro le potenze del male. / Ci permette di partecipare al battesimo di Gesù e di sedere alla sua mensa. / Ci associa alla sua passione ed alla sua vittoria. / A tutti coloro che hanno fiducia in lui egli promette la remissione dei peccati e grazia su grazia. /Infonde coraggio nel la lotta per la giustizia e per la pace. / Si rende presente nel momento della tentazione e in quello della gioia. / Ci consente di rimanere sotto la sua si gnoria che non conosce fine. / A lui la lode, l'onore e la riconoscenza. Amen». 13 Per un breve profilo teologico di W. Kasper cf. R. GIBELLINI, Walter Kasper: una teologia tra i fronti, «Il Regno-attualità» 30 (1985) 18, p. 513, con l'intervista apparsa sulla stessa rivista nel n. 20 del 1989, pp. 551-554. Naturalmente gli scritti di Kasper sono l'introduzione più indicat:1 al «cre do» che tuttavia cronologicamente li precede: ad esempio Introduzione alla fede (orig. del 1972), Gestì il Cristo (orig. del 1974) e Il Dio di Gestì Cristo (orig. dell982); in italiano tutti e tre questi testi sono presentati dalla Queri niana di Brescia. ·
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in ciò che Gesù ha detto e farçp nella sua esisr�nza.terrena: così egli v�resentato co�� J1?Dde!/Q- d.i.�m _ _anità, se guendo il quale acquista senso la vita umana, la lib���à di venta servizio agli altri, si accende l'impegno e la speranza di un «amore che abbraccia vita e morte, a cui appartiene ogni futuro». Il testo del primo «abbozzo» in italiano si ouò t radurre così: __
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[Credo che] Gesù di Nazareth ci ha donato in modo singo lare, indeducibile e insuperabile un modello di umanità. Qui è aperta per noi una nuova possibilità di comprendere il senso del1':-rmanità e della libertà umana come servizio per gli altri. Gesù d1 Nazareth è dunque il modello ultimo e definitivo dell'uomo . l\11a l'indeducibile definitivo «Nuovo» in questa libertà, che . qm erompe, è in definitiva (im Grund) solo un altro modo per dire ciò che noi chiamiamo Dio. Per questo colui che aderisce a questo modello, colui che ad�risce a Gesù di Nazareth, può sperare contro ogni speranza, pmché egli qui coglie una possibilità, per la quale può impegnarsi con tutta la vita e, quando è necessario, fino alla morte, perché egli sa che questa avventura rischiosa è resa possibile e sorretta da una Libertà e da un Amore che abbraccia vita e .GJorte e a cui appartiene ogni futuro 14.
Alcuni termir1i riecheggiano con sufficiente chiarezza l'ambiente culturale tedesco a cavallo degli anni Settanta, quand o Kasper iniziò il suo insegnamento teologico a Tu binga_. dopo alcuni anni di impegno accademico a 1\1i.inster: la domanda centrale tipica nel mondo europeo occidentale punta sul senso della vita e sulla concezione della libertà. La risposta del credo di Kasper assume andamento atipico rispetto alle professioni di fede tradizionali: tutt a l' attenzio ne verte sulla significatività che il Cristo assume per l'uomo d'oggi. Parole sconosciute alla Scrittura 15 servono per addiH
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Cf. il testo originale tedesco in R. BLEISTEIN, cit., II, p. 100. Di tali parole è maestro insuperabile K. Rahner, come abbiamo visto
tar<:: h pregn<::.nza e novità della figura del Cristo co!De mo dello di umanità. Un eventuale valore pro/etico della formu
la va individuato proprio nell'implicito richiamo giovanneo al «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) e nella con-�---
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in una nota precedente. Il suo influsso non è assente dalla stesura del lungo ma significativo Synode Credo preparato da ].B. METZ per il sinodo delle diocesi della Repubblica federale tedesca, celebrato dal 1971 alla fine del 1975. Edito dall'aurore nella stesura da lui proposta (cf. il volumetto Un cre do per l'uomo d'o ggi, Queriniana, Brescia 1976) e, con alcune precisazioni, fatto proprio dal sinodo tedesco con il titolo significativo La nostra speranza (cf. «Il Regno-documenti» 21 (1976) 19, pp. 439-448), il documento esprime nella prima parte un autentico credo provocatorio nei confronti della borghese chiesa cattolica tedesca, attento ai presupposti di accettabilità del cristianesimo nell'ambiente germanico odierno, molto «situato» nelle colpe storiche della Germania e nelle responsabilità di nazione ricca verso le gene razioni future e le chiese povere. Pur non presentandosi come formula breve (e perciò non sfruttabile per il momento liturgico, ma senz' altro indicativo per la catechesi) il credo proposto da Metz riassume bene la ricchezza (non solo teologica) e la stanchezza problematica della chiesa tedesca; insieme suona invito alla resistenza sui punti più robusti della fede, finché non spun· ti l'aurora di un nuovo bisogno di trascendenza. Le tre sfide a cui il testo ri sponde si possono intravedere nelle colpe storiche (soprattutto l'olocausto del popolo ebraico), nei doveri verso le chiese sorelle più povere del Terzo mondo e nei doveri verso le generazioni future in termini di trasmissione di valori ma anche di risorse naturali risparmiate. Il vero interlocutore nascosto è il marxismo critico, che per Meti suona come c:unpanello di una «nuova controriforma» contro i rischi dell'addormentarsi borghese capitalistico e della deresponsabilizzante «fuga dalla società»; il perenne problema della sofferenza sgonfia la società dei consumi. La speranza assume allora il volto concreto di Gesù Cristo, con il passaggio obbligato nel suo dolore e nella sua morte che sfocia nella pasqua di risurrezione. La «memoria passionis» orienta al compLmento del F egno e L.�sieme contesta scelte storiche fatte dagli uomini in modo difforme dal progetto di Dio. La chiesa è comunità portatrice di una speranza che non deve tenere per sé, ma donare agli altri senza chiudersi nelle sue certezze e nelle sue istituzioni: la spiritualità da seguire va individuata nella strada dell'obbedienza alla croce, della povertà, della gioia e della semplicità. Nella formula del Synode Credo ripalpita un ricordo di Barmen in situazione molto diversa. Per il clima del sinodo cf. A. FILIPPI, Sinodo tedesco: oltre la chiesa nazionale.-;, «
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ccziou.e della libe.ttà co me «SeiVlZlO pe.i.'», e dunque mezzo e non fine a se stante. Attraverso la cristologia si precisa il volto dell'uomo e si delinea la fisionomia di Dio 16. Se si può concludere con un cenno provvisorio il pic colo panorama teologico tracciato, ci sembra di poter se gnalare in queste formule teologiche una accentuazione individualistica notevole, che mortifica in qualche modo la di.111ensione liturgico-comunitaria: viene riservata poca at tenzione alla chiesa (addirittura assente in alcuni credo), 16 Dallo stesso ambiente culturale e da analoga sensibilità iniziale emer ge a�� � la proposta di credo di H. KDNG, nato in Svizzera cinque anni pri ma dr .K.asper, ma ambientato culturalmente a Tubinga dopo aver studiato teologia alla Gregoriana di Roma e aver insegnato a Munster. Accostando in una tre brevissime professioni di fede. che iniziano sempre «Nella luce e nel la forza di Gesù», H. Kung presenta il Cristo come re no di Dio personifi cato, che diventa modello perché l'uomo sia in grado di diventare vero uo mo: sostenuto così l'uomo può agire, soffrire, morire nel mondo odierno in modo veramente umano; in un confessante contrapporsi, può liberarsi dalle potenze-idoli, confidare in un senso della storia, i.iwocare e incontrare Dio come mistero dell'amore e vii1citore del peccato e della morte. Ecco il testo in nostra traduzione da R. BLEISTEIN, Kur::/ormel des Glaubem, II, p. 102 (cf. anche il Libro del Congresso, Queriniana, Brescia 1971, pp. 114-125): «[Credo che] nella luce e nella forza di Gesù l noi possiamo vivere, agi re, soffrire, morire nel mondo d'oggi i_n_ modo veramente umano: l perché completamente sostenuti da Dio l fino in fondo impegnati per gli uomini. l Nella luce e nella forza di Gesù l noi possiamo liberarci dalle potenze (schiavitù dell'economia, della scienza, dello stato), l dagli idoli (persone) e dalle idolatrie (adorazione del possesso, piacere e potere) del mondo. l Nel la fede in Dio, né ostili né votati al mondo, / possiamo servirlo, confidando in un senso della storia l e nel futuro di un mondo riconciliato. l Nella luce e nella forza di Gesù noi possiamo nel mondo odierno l invocare Dio come nostro Padre, il mistero dell'amore l che sostie�e tutti gli uomini, l che perdona i colpevoli l e si mostrerà alla fine vi.J.xitore l sul peccato e sulla morte». I tre momenti (antropologico: vivere in modo veramente umano; stori co: dar senso alla storia del mondo; teocentrico: invocare Dio come Padre nostro) non nascondono il taglio cristologico evidente nel «ritornello» inizia le: la persona di Gesù resta centrale nella sua valenza antropologica ed etica nella liberazione dalle varie schiavitù e nell'apertura a quel Dio �he alla fine anche per il discusso teologo di Tubinga, si rivela come amore perdonante e perciò vincitore.
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meiJ.tre la concentrazwne cristologica balza agli occhi, co n la sua stimolazione di speranza e di impegno nella nostra storia come «tempo di Dio». Non si tratta di un semplice ritorno alla concentrazione biblica neotestamemaria: sem bra piuttosto risposta a un'esigenza culturale dovuta alla secolarizzazione, a cui già la teologia della morte di Dio de siderava rispondere 17. In realtà la teologia sottesa a queste formule è ancora molto europea.
17 L'ambiente teologico tedesco, di Tubinga in particolare, permette almeno di segnalare qui una proposta italiana di credo, cronologicamente molto posteriore, ma che trova probabile ispirazione oltre le Alpi e riceve il luminazione dal sole del nostro Sud: ci riferiamo al credo di B. FoRTE con clusivo della Introduzione all'edizione italiana, scritta da L. LO NGOBARDO per il testo di J.N.D. KELLY, I Simboli della chiesa antica. Nascita, evoluzio ne, uso del credo, Dehoniane, Napoli Ì9S7, pp. X..,'(L\:-XXXI, ristampato h'1 B. FORTE, Piccola introduzione alla fede, Paoline (ed. speciale riservata ai lettori di «]esus»), Cinisello Balsamo (MI) 1992, pp. 119-122. B. Forte ha trascorso lunghi periodi di ricerca a Ti.ibingen, dove è nata l'amicizia con \Y/. Kasper, da cui lo studioso e docente napoletano (ancora relativamente gio vane, essendo nato a Napoli nel 1949) ha atth'1to ispirazione filosofica e teo logica anche per la formula del credo, che non riportiamo perché molto più recente e facilmente reperibile. La ricchezza di termini evocativi, la varietà di immagini bibliche e patristiche, soprattutto nella terza parte dedicata allo Spirito Santo (paradossa111ente ma significativamente la più lunga e ricama ta) ne fanno una formula talmente curata da farla percepire elitaria, addirit tura lontana a chi ha pastoralmente seguito da vicino il cammino della chiesa italiana in questo dopoconcilio. Senza dubbio suggestivo per chi possiede una buona cultura filosofica e teologica, il credo di B. Forte rivela una note vole spiritualità sostanzialmente contemplativa più che pastorale, evidente nell'uso (e abuso?) del termii1e «A...more» e suoi derivati (Amante, Amato... ) che va a scapito di una narratività probabilmente più significativa nella sto ria dei nostri decenni.
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CAPITOLO VII CREDO CONTESTATORI
Un s�condo sentiero, più breve ma per certi aspetti più nuovo, cl permette d1. accostare alcuni credo fortemente ca ratterizzati dalla dialettica della fine anni Sessanta. Il clima culturale del Sessantotto europeo (con la sua carica agares siva, ricc� di cont�stazione e di speranza) e il travagliato . cattolico (con i tipici influssi e riflussi di ogni postconcilio . pnmavera, quando il nuovo deve amalgamarsi con l'antico c�nfrontandos� non sempre in pacifica tenzone) fanno d� s�ondo e da stlillolo a queste formulazioni di fede, i.1 ' dub bamente problematiche ma altrettanto suo-o-estive nell'inbb . s1eme de11e proposte. Due credo (il primo di matrice pro. testante, ù secondo di matrice cattolica) sembrano offrirsi come particolarmente significativi del clima sessantottino e del difficile equilibrio tra vecchio e nuovo nella ricezione de?li st.i�oli �el :'Zaticano II: «rinnovamento», «dialogo», «diverslta nell umta» non sono parole indolori se trovano gente che, pur con le migliori intenzioni, ha fretta di tra durle immediatamente dentro antiche strutture.
l. «PROFESSIONE DI FEDE DI UN CREDENTE LV1PEGl'JATO»
(D. SbLLE)
L'l ottobre 1968 . si tenne nella Antoniterkirche una . ch1esa protestante di Colonia, una liturgia ecumenica dedicata alle vicende della Cecoslovacchia, del Vietnam e di Santo Domingo in quei mesi particolarmente sofferte dalla "
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'
gioventù europea. La liturgia doveva svolgersi in chiesa cat tolica, ma il cardinale F rings pose il veto a motivo dei testi di preghiera <
Lo sfondo del testo che prendiamo in considerazione va ricercato anzitutto nella «teologia della morte di Dio» di matrice angloamericana, con la sua proposta di trascenden za orizzontale di profilo immanentista3: nel silenzio di Dio, particolarmente sofferto nella nostra società secolarizzata, l'unica cifra per andare a Dio ri.rnane il Cristo uomo come suo «rappresentante», in grado di indicare se stesso come d'essere per gli altri» e di i.rwitare a camminare sulla stessa via. Un elemento di ispirazione più prossima va individuato senza difficoltà nella severa critica sessantottina verso le istituzioni, sia civili che ecclesiastiche, ispirata dalla scuola di Francoforte e dai presupposti sociali di Habermas in particolare: ne nasce una teòlogia politica (o meglio forse
1 Cf., per queste annotazioni iniziali, il dossier della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale - Sezione di Padova, Professioni di fede e catechesi, Padova 1977, pp. 22-24, dove è riprodotto in traduzior..e italiana anche il credo della Solle. 2 Cf. il bel profilo della Salle tracciato da G. PENZO nel Lessico dei teologi del secolo XX, Queriniana, Brescia 1978, pp. 829-839. Della Salle G. �enzo ha cur�to la presentazione e la traduzione eli Rappresentanza. Un capztolo dz. teo!ogza dopo la «morte di Dio>>, Queriniana, Brescia 1970 ( orig.
1965).
3 Tra le molte pagi..'1e scritte su quella corrente teologica nordamericana resta ancora fondamentale il volumetto di TH. W. 0GLETREE, La controver sia sulla morte di Dio, Queriniana, Brescia 1967 (orig. 1966). Cf. anche B. MoNDIN, I teologi della morte di Dio. Storia del movimento dell'ateismo cri stiano e diagnosi delle sue dottrine, Boria, Torino 19702•
erwerJ.euLica politica) che pro!Jegue i:r: q"C.alche mede l2 critica di Lutero contro le «opere» intraviste adesso nelle
una
chiese sia protestanti che cattoliche; la conseguenza si risol ve in una -critica molto severa all'obbedienza nelle chiese. Leggiamo il testo del credo 4: Io credo in Dio che non ha creato il mondo già finito come una cosa che deve restare sempre così che non regge secondo leggi eterne che valgono immutabili non secondo ordini naturali di poveri e ricchi esperti e ignoranti gente che esercita il potere e gente che lo subisce. Io credo in Dio che vuole la protesta di ciò che vive e il cambiam�nto di tutte le condizioni attraverso il nostro lavoro attraverso la nostra politica. =
Io credo in Gesù Cristo che aveva ragione, quando lui «un singolo che non può far nulla» proprio come noi lavorò al cambiamento di tutte le condizioni e in quest'opera ci rimise tutto; prendendo lui come metro riconosco come la nostra intelligenza zoppica la nostra fantasia soffoca il nostro sforzo fallisce perché noi non viviamo più come visse lui; ogni giorno io ho paura che egli sia morto invano 4 Riprendiamo la traduzione proposta nel dossier Professioni di fede e catechesi, pp. 23-24, con qualche piccolo segno ortografico in più, già usato in Fede e formule di fede, «Credereoggi» 4 (4/1981), pp. 63-64. Testo origi nale in D. SòLLE-F. STEFFENSKY, Politiscbes Nachtgebet in Koln; Sruttgart 1971, pp. 26-27.
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perché
è. sepolto nelle nost!."e chiese perché abbiamo tradito la sua rivoluzione p er obbedienza e paura davanti alle autorità. Io credo in Gesù Cristo
che risorge nella nostra vita perché noi diventiamo liberi da pregiudizi e orgoglio da paura e odio e conduciamo avanti la sua rivoluzione verso il suo regno. Io credo nello Spirito che è venuto nel mondo con Gesù nella comunione di tutti i popoli e nella nostra responsabilità per quello che la nostra terra diventerà una valle di miseria fame e violenza o la città di Dio. Io credo nella pace giusta che può essere costruita nella possibilità di una vita piena di senso per tutti gli uomini nel futuro di questo mondo di Dio. Amen.
Scandi.ta in sei passaggi introdotti da «io credo», la formula ha ritmo trinitario, di tipo tuttavia «economico funzionale» immanentista. La creazione di Dio diventa continua costruzione di un mondo nuovo e diverso, possi bile per mezzo dell'impegno dell'uomo nel lavoro e nella politica, contro caste o leggi ritenute «eterne». Su tale linea politica-rivoluzionaria Gesù si propone come il modello, in ordine ad una imitazione in grado di far cadere obbedie.n...za e paura davanti alle autorità: anche le chiese appaiono co me «tomba di Dio»5 («è sepolto nelle nostre chiese», non 5 Il tema della «tomba di Dio» appare anche in pubblicazioni italiane in quegli anni, particolarmente quelle curate da F.V. ]OANNES (con altri) ed
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esattamente nel senso liturgico del sabato san.w), con. un senso di colpa notevole perché parlando di Dio come cri stiani abbiamo coperto le aggressioni all'uomo. Un profu mo itrnmanentista emana anche dal modo in cui Gesù «ti sorge nella nostra vita», per stimolarci a «condurre avanti la sua rivoluzione verso il suo regno». Identica responsabi lità impegnativa nel quinto «io credo» si proietta verso il futuro del mondo, il cui destino negativo («una valle di mi seria fame e violenza») o positivo («la città di Dio») sembra dipendere esclusivament� dal pilota umano. Lo Spirito Santo entra nel credo sommessamente. con ooca voce in capitolo, e la preghiera cristiana sembr� ridu ;si al parteci pare attivamente alla riforma della chiesa e della società («la comunione di tutti i popoli»). L'escatologia non apre orizzonti molto più in là «di questo mondo di Dio» 6: regno di Dio e cambiamento della società sembrano coincidere. Nonostante i liJ.'Tiiti abbastanza evidenti, la proposta della Solle rit11ane come brillante testimonianza di un pe riodo e di un modo non proprio noioso di ridire la fede dentro le sfide di quel periodo. La forza critica, propria della fede biblica, viene in qualche modo riattivata in que sto testo: il suo graffio non lascia tranquilli e «beati possi dentes» nei confronti della fede e della propria posizione nella chiesa e nella società.
edite da Mondadori nella collana «ldoc Documentinuovi»: cf. ad esempio M. DALY, Perché le chiese possono diventare tomba di Dio, in AA.VV., Le due chiese, Mondadori, Milano 1969, pp. 35-47. 6 Per una lettura critica ulteriore cf. ancora il piccolo dossier Professioni di fede e caNcchesi e H. ScHIVIIDT, Credere e professare in un mondo areli gioso, «Concilium» 9 (1973) 2, p. 178, dove si cita M. HAuG, Ist das Glau bensbeleenntnis von Frau Dr. Salle noch ein christùches Bekenntnis?, Stutt gart 19692; anche R. BLEISTEIN, Professione di fede, in Dizionario di Cate chetica (a cura di J. GEVAERT), ElleDiCi, Leumann (Torino) 1987, pp. 518-519.
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2. IL
CREDO DI G" FR..-\NZONI
Retroterra di questa formula di fede è tutta la vicenda personale dell'abate Franzoni, non disgiunta da quella della Comunità cattolica San Paolo nata nel contesto delle comu nità di base italiane e formata da monaci, laici e sacerdoti 7• N el desiderio di una fede inserita dentro il tessuto socio politico della Capitale a metà degli anni Settanta, il primo problema che si affaccia consiste nel tentativo di comporre l'unità della fede con la diversità di scelte politiche: diver sità che implicitamente significa apertura ai partiti della sinistra italiana. Nel clima infuocato di quegli anni (vanno ricordati il referendum sul divorzio del 12 maggio '7 4; le elezioni amministrative del '75, le politiche del '76 con il 7 Per le vicende, che qui riassumiamo, una sufficiente progressiva docu mentazione si può accostare leggendo P. MocciARo (a cura), La comunità dell'Abate Franzoni, Napoleone, Roma 1973; L. AccATTOLI, I cristiani per il socialismo e la realtà di cui sono espressione, «Il Regno-attualità» 19 (1974) 14, pp. 464-474; G. FRANZONI, Le Comunità di Base, Lanterna, Genova 1975; L. AccATTO LI, Sui risultati del 15 giugno, «Il Regno-attualità» 20 (1975) 14, pp. 290-291; IDEM, La Cei richiama l'Aci, «
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possibile «sorpasso» comunista), la figura dell'abate Fran zoni ha un suo rilievo.
Nato in Bulgaria 1'8 novembre 1928, il futuro monaco passa l'infanzia e la giovinezza a Firenze dove frequenta il liceo scientifico; successivamente all'Università Gregoriana di Roma completa gli studi filosofici. Accolto tra i monaci benedettini, nel 1964 a soli 36 anni è eletto abate di San Paolo fuori le mura. Fa opera di coscientizzazione sui pro blemi sociali nel suo monastero e, attraverso l'omelia do menicale, anche sui laici della parrocchia. Egli concepisce la vita monastica ben salda sul momento della preghiera, ma altrettanto sensibile alla realtà sociale: nell'equilibrio tra questi due aspetti- secondo Franzoni- il monaco diventa segno profetico per il mondo.
La comunità di base, nata attorno alla sua predicazione, prende posizione su problemi sociali locali (handicappati, violenza minorile... ), attaccando il potere politico ed eco nomico della capitale e ricevendo in cambio l'accusa di co munismo. Nel '73 Franzoni si dimette da abate e nel '74 in occasione del referendum sul divorzio si schiera con la sua comunità di base per la non abrogazione della legge. Viene sospeso «a divinis» il 19 luglio '7 4 per errori dottrinali circa la teologia dei sacramenti e l'ecclesiologia cattolica. In ri sposta Franzoni pubblica la lettera Il mio regno non è di questo mondo, ponendo in luce che la chiesa come tale non deve intervenire nella vita politica italiana. Nel '75, in occa sione dell'indi?:ione dell'Anno Santo, pubblica la lettera La terra è di Dio (condivisa dalla sua comunità di base), chie dendo alla chiesa di rimettere in questione le conseguenze sociali della proprietà privata. La tensione, già evidente da anni, scoppia alle elezioni del '76, quando Franzoni dà apertamente l'adesione al Pci (ritenuto più credibile nei fat ti rispetto alla Dc), precisando che la sua è una scelta pura mente politica e non di fede. 1117 giugno '76 con una «pre cisazione pubblica» interviene il cardinale Poletti vicario di 150
Koma, che, come suo vescovo, accusa tra l'altro Franzoni di provocare continuamente la chiesa e di simarsi «de fac to>; fuori dalla chiesa con la sua scelta. Il20 giugno succes sivo il cardinale invia una lettera personale a G. Franzoni, con una specie di «ultimatum». LFranzoni non riconosce suoi gli errori dottrinali imputatigli e risponde il30 giugno con una lettera contenente la professione di fede8, abba stanza tipica del momento, tenendo anche conto che il 2 agosto successivo l'ex abate di San Paolo viene ridotto allo stato laicale «in poenam» e il 4 agosto viene emanata una «dichiarazione verbale delia sala stampa», specificante i suoi errori dottrinali. A noi interessa rileggere la formula di fede che fa parte della lettera: Intendo quindi attestare davanti a Dio ed agli uomini la mia fede in Dio Padre, il Dio dell'Alleanza con Israele, popolo di schiavi: servi due volte, la prima perché asserviti e sfruttati dai domi11atori, la seconda perché rassegnati a questa condizione; popolo che il Signore guidò con mano forte verso una terra di li bertà e di giustizia; popolo cui il Signore chiese fede e che rimase fedele anche nelle vicende più oscure e contraddittorie, insegnan doci così che l'amore di Dio passa attraverso una tenace lotta che lascia il giudizio definitivo solo ·al futuro, che non abbandona mai Faltra parte a se stessa e che non estingue alcuna fiammella che significhi ancora speranza.
t:· Credo in Gesù, Figlio del Dio vivente concepito nel seno di l\1aria, vergine d'Israele, che accolse con fede questa nascita sor prendente, accettando di condividere col Figlio la dura strada della profezia e della denuncia dell'arroganza dei ricchi, dei po tenti e dei sacerdoti, che doveva portare lei e Gesù fi11o all'ultima ignominia, quella della croce.
8 Com -Nuovi Tempi, 4 luglio 1976 (n. 25) a p. 5 riporta la lettera del cardinale Paletti fìrmata il20 giugno 1976, la dichiarazione della Comunità di San Paolo del28 giugno e la successiva lettera di Franzoni del30 giugno: da quella pagina prendiamo il testo della professione di fede.
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Credo che Gesù sia risorto e vivente, avvenimento perciò unico nella vita della ekklesia dei suoi discepoli, che annunciano e testimoniano fino alla fine dei tempi la sua parola di amore. Credo che l'amore di Cristo non sia né un vago sentimei1to, né ignava rassegnazione, ma scelta di vita e di lotta con i poveri, gli umili, gli oppressi e gli sfruttati di ogni tempo. Credo che alla fine dei tempi saremo giudicaLi sulla nostra disponibilità a con dividere la vita con gli altri e non sulle osservanze religiose e gli adempimenti rituali. L'albero che porta frutto sarà potato e ne porterà ancora; l'albero che occupa inutilmente il posto sarii ab battuto e gettato nel fuoco. \):-Credo che l'assemblea dei credenti sia incessantemente e fedelmente convocata dallo Spirito che il Padre e Gesù inviano nella chiesa, perché essa sappia che parole usare per resistere ai potenti e ai dotti e cresca nella ricchezza dei gesti e delle testimo nianze, producendo carismi, sacramenti e mi..11isteri, e lil.trodu cendo così i discepoli del Signore nella pienezza delia verità. Ser vitori dell'obbedienza al Cristo nello Spirito, l'unica possibile ed evangelica, sono i vescovi tra i quali ho sempre ritenuto che il papa, vescovo di Roma, avesse un primato non meramente di onore (parola tra l'altro scarsamente evangelica) ma di servizio ministeriale. Ho quindi vissuto sempre la mia fede nella chiesa cattolica romana, verso la quale mi sento debitore di tante grazie e di tante gioie che volentieri pago con momenti di angustia, causati dal divario - per me grave - fra le competenze dei vescovi che i.n qualche modo si possono ricondurre al vangelo e l'effettiva prassi dell'autorità ecclesiastica storicamente consolidatasi ed oggi manifestamente i.n crisi.
Il testo si prospetta, in prima lettura, suggestivo e graf fiante: porta l'eco di intense speranze indotte dal concilio Vaticano II e bruscamente frenate; risente di spunti teolo gici protestanti e di scelte politiche militanti a sinistra in partiti (almeno in parte) idealizzati. Sfide più precise si possono individuare anzitutto nel teso rapporto «fede e politica» risolto con un accento maggiorante il secondo ter mine, alla luce di una teologia della liberazione trasposta 152
un po' semplicistican:ente nell'ambiente italiano. Ulteriore sfida va co�ta nel rapporto «fede e rito», letto questo secon _ d_o m mam�ra negativa alla luce di ur:;.a polemica antigerar _ c�lc� e antlsacerdotale abbastanza pungente. L'ispirazione b1bhca veterotestamentaria, proveniente dall'Esodo e dai profeti, orienta all'insistenza sul mutamento della condizio ne attuale. 1 . 1 tt -un� --- �e��ura pm attenta puo ev1denz1are ta siruitura triniiaria del testo, pur con una conclusione nersonale del l'autore sulla_ figura dei vescovi e sulla loro ipotetica competenza ±uori dell'ambito abbastanza preciso dell'e vangelizzazione. La prima parte assume una colorazione particolarmente veterotestamentaria nel disegnare il rap _ porto hberatore del Dio dell'alleanza con il suo ponolo doppiamente schiavo (cf. Es 3,19; 24,8; Ez 32,21). La parte relativa al Figlio Gesù si articola su quattro «credo» e sulla citazione finale del Battista mentre battez za�Ta. Il primo «credo» pone Gesù in relazione a Dio (fi gliolanza) �. �-�M�E�a (concepimento) e ne presenta la vita terrena sullo schema profetico della denuncia che fruttifica fino alla croce: la Madre, vergine d'Israele, ne condivide il cammino. Il secondo «credo>> si concentra sull'avvenimen tQ._@}_�.Q �_ella risurrezione, punto di partenza d;r(nnami smo dei diSèepoll.-Titerzo·-·pone in contrasto l'amore come sentimento e rassegnazione ignava con l'amore vero che è scelta di vita e di lotta per i poveri e oppressi, sulla linea di Le 4,18-19. Il quarto <
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(cf. l\11c 13,11 e Le 12,12) e stimolativo dei gesti e delle te stimonianze attraverso carismi, sacramenti e mL'.l.isteri nel cammino verso la cienezza della verità (cf. Gv 16,13). Il cenno finale ai vesc� vi mette il dito sulla piaga: per l'autore l' <
proposti da termini come «condivisione, liberazione, servi zio, solidarietà, profezia». Alla fine resta un filo di simpatia verso l'idealismo, forse un tantino it!genuo e senz' altro sco modo, di Franzoni e la sofferenza per un suo tramonto non proprio luminosissimo.
CAPITOLO VIII CFEDO RASSEFFNANTI
Un terzo sentiero, riposante, ci permette di accostare una aiuola di formule nelle quali la fede cristiana si mostra capace di offrirsi come momento di ricarica rasserenan te: aiuta a leggere l'av-ventura umana in termini positivi e rincuoranti ogni creatura nelle varie situazioni. Alcune formule di fede degli ultimi decenni ce lo mostrano in particolare: la pri.rna è firmata da una sL.rnpatica figura ita liana di cardinale-parroco, la seconda da una scrittrice nor damericana che rilegge il credo dal punto di vista delle donne, la terza da un teologo metodista sudafricano capace di recuperare la tradizione religiosa locale come un proprio «antico testamento» già pronto per la pri..'Tiavera cristiana in. una fioritura impensata di semi del Verbo. Leggiamole, accompagnate da una breve introduzione e da un cenno di commento.
1. «CREDO IN DIO» DEL CARDINALE G. BEVILACQUA Una formula di fede sprizzante gioia e ottimismo, acco glienza e serenità è firmata da un «figlio» di san Filippo Neri, il cardinale-parroco Giulio Bevilacqua, docente ed amico di papa l\;1ontini. Nel suo credo, oltre all'indole gio viale e allegra dell'autore, si può percepire in rifrazione il clima socio-politico e culturale ricco di speranze e di futu li anni Sessanta, come oure l'atmosfera e cdero ' tipico dea b siale i11iziata dal Vaticano II. .
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Nato a Isola delia Scala (Verona) nel 1881, laureato a Lovanio in Scienze sociali nel 1905, G. Bevilacqua 1 entra nel 1908 nell'Ordine di san Filippo Neri a Brescia e viene ordinato prete. Coraggioso ufficiale-cappellano degli alpini durante la prima guerra mondiale, non smentisce il suo ca rattere durante il ventennio fascista: nel1928 viene allonta nato dalla sua sede e chiamato a Roma come direttore della Pontificia Opera per la protezione della fede; vi rimane fi no al1933. Negli anni del Vaticano II partecipa al concilio come «perito» della Liturgia e nel 1965 viene nominato cardinale dal discepolo-amico Paolo VI: accetta la nomina a condizione di poter restare parroco di Sant'Antonio a Brescia, una parrocchia di sfrattati; vi muore il giorno di Pasqua dello stesso anno 1965. G. Bevilacqua rimane una personalità di notevole rilievo nel risveglio religioso-cultu rale bresciano: un interprete sensibile e valido delle inquie tudini del mondo cattolico contemporaneo e un infaticabile pastore per la rinascita liturgica; si è mostrato capace di dialogare senza difficoltà con giovani e operai della perife ria romana e bresciana, pur dotato di una formazione elita ria lovaniense e di una profonda cultura personalistica fran cese. Il simbolo di fede del cardL.1ale Bevilacqua si prospetta tipicamente antropologico, ma in filigrana anche teologico, quasi una lode indirizzata al Creatore parlando della crea1 Per una scheda sul cardinale G. Bevilacqua cf. Bevilacqua Giulio in Enciclopedia Europea, Garzanti, Milano 1976, II, p. 297; per un profilo più attento cf. almeno «Humanitas» 20 (1965) nn. 6-7 (giugno-luglio): l'intero fascicolo è dedicato al cardinale Giulio Bevilacqua; A. FAPPANI, Padre Giulio Bevilacqua, il cardinale-parroco, Queriniana, Brescia 1979; G. STEL LA, Padre Bevilacqua maestro di libertà e di amore, �
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tura. Il diretto riferimento a Dio compare all'inizio e alla fi ne, come sorgente e sbocco conclusivo verso il quale scorre l'esistenza umana: non senza un richiamo significativo a Cristo. Ecco il testo2: Credo in Dio e credo nell'uomo quale immagine di Dio. Credo negli uomini nel loro pensiero nella loro sterminata fatica che li ha fatti essere quello che sono. Credo nella vita come gioia e come durata: non prestito effimero dominato dalla morte ma dono definitivo. Credo nella vita come possibilità illimitata di elevazione e di sublimazione. Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione di ogni tappa di ogni aurora di ogni tramonto di ogni volto di ogni raggio di luce che parta dal cervello dai sensi dal cuore. Credo nella possibilità di una grande famiglia umana quale Cristo la volle: scambio di tutti i beni nello spirito e delle mani nella pace. 2 Cf. M. Tosco-L. RosADONI (a cura), Salmi dell'uomo d'oggi, Gribau di, Torino 1971, pp. 97-98: ripreso in H. SCHJWDT, Credere e professare in un mondo areligioso, «Concilium» 9 (1973) 2, pp. 185-186 e nel dossier Pro fessioni di fede e catechesi, Padova 1977, p. 78. 1�0 l...) O
Credo in
me stesso nella capacità che Dio mi ha conferito perché possa sperimentare la più grande fra le gioie che è quella del donare e del dona�si.
Il testo non ha evidentemente alcuna pretesa di com pletezza come simbolo di fede: assomiglia piuttosto a un salmo o a un i11no, illuminato da un raggio intenso, quasi adolescenziale, di fede e di giovinezza sognante; si fa ap prezzare nella sua solarità mediterranea, capace di abbrac ciare tutta l'umanità e il cosmo intero, lasciando tra pa rentesi l'aspetto di limite-croce. Teilhar d de Chardin non è assente dall'ispirare a G. Bevilacqua termini e orizzonti biblici, ulteriormente confermati dal clima della «Nuova frontiera» kennedyana e dei «segni dei tempi» del concilio vaticano n, con una forte carica di speranza progettante per la storia del mondo 3. 3 Val la pena di riportare almeno in nota Una confessione australiana di spaanza, che esplicitamente si rifà al credo di padre Bevilacqua, pur con evidenti accenti nuovi geografico-culturali, ecologici e qualche spunto bibli co evocativo: «
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Il «salmo» di padre Bevilacqua va cantato come sta; ma se si vuole studiarlo un istante, probabilmente si può foca lizzare la sua struttura generale attorno a cinque realtà: Dio, uomo, vita, famiglia umana, me stesso. Lo schema bi blico dell'alleanza pone all'inizio la fede in Dio (che è l'ii1i zio) e insieme nell'uomo letto in tre prospettive fondamen tali: immagine di Dio (con riferimento a Gn 1,27), pensiero e fatica. La realtà della vita si precisa nelle caratteristiche della gioia e della durata, dono definitivo e possibilità illi mitata di elevazione e di sublimazione. Nonostante il dram ma allucinante di due guerre mondiali vissuto i..11 prima per sona, l'autore punta decisamente a una progettualità positi va sempre crescente4; la gioia è evocata con immagini della Il testo in inglese si può leggere in Uniting in Hope, Accra '71-, WCC, Geneva 1975, Paper no. 72, p. 78; anche in traduzione francese, sempre a cura di «Fede e Costituzione» del Consiglio Ecumenico delle Chiese, in Rendre compte de l'esperance qui est en n�us, un fascicolo ciclostilato del marzo 1975; qui noi abbiamo riprodotto la traduzione italiana �resentata nel dossier patavino Professioni di fede e catechesi, pp. 79-80. In Con/essmg our Faith arozmd the Vvorfd, II, cit., a p. 17 si può leggere un'altra breve ma lu minosa «affermazione di fede» proveniente dalle comunità presbiteriane e metodiste d'Australia. " La sensibilità ottimistica di padre Belilacqua emerge ancor più evidente se la si accosta ad un'altra «confessio fidei» di un vescovo italiano, M. PELLEGRINO, frequentatore assiduo della Scrittura e dei Padri partico larmente prima della responsabilità pastorale come arcivescovo a Torino. Quasi al tramonto della sua esperienza il cardinale piemontese offre la sua confessione di fede in Cristo durante una conferenza dal titolo Un vescovo con/essa Cristo (cf. «Il Regno-attualità», n. 12/1978, pp. 269-273). Il discorso si dipana su otto domande-risposte: all'interno del quarto passaggio è facil mente individuabile un credo cristologico, confessato assieme a tanti maestri della Tradizione. La splendida sinfonia di voci e di testimonianze non elimi na una lieve nota pessii'Tiistica personale di Pellegrino: l'infinita distanza del l'uomo da Dio è colmata in Cristo, ma non tutti godono della luce di tale annuncio; un chiaroscuro che rivela quanto le difficoltà pastorali e le ango sce di una comunità pesino realisticamente sul cuore di un pastore, attento e critico verso il suo stesso ministero. Reinserire nella propria spiritualità la ricchezza lumi..11osa del passato cristiano può rivelarsi ottimo correttivo di una eccessiva sensibilità esistenzialistica contemporanea: ma non eli.rnina la nota personale ir1 una globale sapienzialità di speranza. 160
natura e delia vita umana. Nel penulti..rno <
2. «ÌL CREDO DELLE DONNE»
DI R.C.
WALBERG
Rachel Conrad Walberg, àmericana, offre nel 1977 un poetico esempio di come potrebbe ridisegnarsi la tradizio ne linguistica e teologica occidentale, se la riflessione fem minile venisse accolta con pieno diritto di cittadinanza nel la chiesa. Questa breve e serena formulazione si propone come eco conclusiva di una appassionata controversia e di una lunga garbata polemica sulla posizione della donna nel la chiesa tra un «Comitato congiunto delle organizzazioni interessate allo status delle donne nella chiesa» e l'episco pato statunitense5. La stessa autrice pone tra parentesi una
. 5 I significativi documenti della controversia si possono leggere in italia no m «Il Regno-documenti» 18 (1973), pp. 457-479 sotto un titolo giornali stico comune: L'accesso all'ordinazione è un fatto di giustizia?: sinteticamente 1 (-,l
telegrafica introduzione al suo credo con queste parole: «Dopo aver riflettuto sul Credo apostolico ed essermi me ravidiata di come poteva essere se alcune donne l'avessero scritto» 6• In effettf anche la sensibilità femminile può pro porsi come filtro prezioso per rileggere e riproporre la fede cristiana se fruttifica in un testo che suona così ì: Credo in Dio che creò la donna e l'uomo a sua propria immagine che creò il mondo e affidò ad ambedue i sessi la responsabilità della terra. Credo in Gesù figlio di Dio eletto di Dio generato dalla donna Maria
li abbiamo presentati anche noi in I ministeri nella proposta cattolica in L. SARTORI (a cura), I ministeri ecclesiali oggi. Problemi e prospettive, Boria, Roma 1977, pp. 151-152. Per uno sguardo più generale al problema cf. almeno M.-T. VAN LuNEN-CHENU e R. GIBELLINI, Donna e teologia, Que riniana, Brescia 1988 (con editoriale di A. VALERIO dal titolo La donna, inquietudine teologica); anche A. GE�TILI, Se non diventerete come donne. Il femminile nell'esperienza religiosa, Ancora, Milano 1987; G. LEONARDI, Apostoli al femminile, Messaggero, Padova 1992. A livello di proposta ma gisteriale cf. la lettera apostolica Mulieris dignitatem, firmata dal papa GIOVANNI PAOLO II il 15 agosto 1988 in occasione dell'anno mariano, con i vari commenti che ne sono seguiti. 6 Cf. Confessing our Faith ;round the World, I, «Faith and Order Fa per», no. 104, WCC, Geneva 1980, p. 77.
i Riproduciamo con qualche ritocco la traduzione italiana già proposta in Fede e formule di fede, «Credereoggi» 4 (4/1981), pp. 64-66. Il testo in glese si può trovare nel quaderno di «Fede e Costituzione» segnalato nella nota precedente, alle pp. 77-79: tutta-v-ia in questo testo inglese si tralasciano quattro righe sullo Spirito Santo, probabilmente per una svista del tipografo, mentre il testo è completo in un precedente quaderno dello stesso diparti mento del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Giving Account of the Hope together, «Faith and Order Paper», no. 86, Geneva 1978, pp. 102-104), che segnala in nota l'edizione originale in Woman and Worship, L�V'F-USA Committee, New York 1977 e in fesus and Freed Woman, Paulist Press, New York 1978.
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che prestò ascolto alle donne ed ebbe simpatia per esse che sostò fra le loro mura domestiche che trattò con loro del Regno che fu seguito e aiutato economicamente da discepole donne. Credo in Gesù che dialogò di teologia con una donna presso un pozzo e per la prima volta confidò ad essa la sua messianicità che la spronò ad andare ad annunciare il suo grande messaggio alla città. Credo in Gesù che ricevette l' unzione da una donna in casa di Simone e che rin1proverò gli ospiti uomini che la disprezzavano. Credo in Gesù che proclamò che questa donna sarebbe stata ricordata per ciò che fece ministro di Gesù. Credo in Gesù che si comportò coraggiosamente per cancellare l'infamante tabù del sangue delle società antiche sanando la donna audace che lo toccò. Credo in Gesù che guarì una donna ii1 giorno di sabato e la raddrizzò perché era un essere umano. Credo in Gesù che parlò di Dio come di una donna che cerca la moneta perduta come di una donna che spazzò tutta la casa per trovare ciò che aveva perduto. Credo in Gesù che pariò della gravidanza e del parto con riverenza
non come una punizione, ma come di un lacerante evento una metafora per indicare la trasformazione generata continuamente dall'angoscia cambiata in gioia. Credo in Gesù che parlò di se stesso come di una chioccia-madre che avrebbe raccolto i suoi pulcit1i sotto le sue ali. Credo in Gesù che apparve prima che ad altri a Maria .Niad alena . e che la mandò con un messaggio gonfio di promesse
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Va'
e
.
annuncia ...
Credo nell'universalità del Salvatore nel quale non c'è né giudeo né greco né schiavo né libero né maschio né femmina poiché siamo tutti uno solo nella salvezza. Credo nello Spirito Santo che aleggia sopra le acque della creazione e sopra la terra. Credo nello Spirito Santo . . che femminilmente brama con ardore dentro di no1 di pregare per quelle realtà troppo profonde per essere espresse a parole. Credo nello Spirito Santo lo spirito-donna di Dio che come una chioccia ci creò e ci partorì e ci copre con le sue ali. 164
Dal testo non emerge una profonda originalità. La \X/al berg raccoglie accuratamente gli spunti biblici più significa tiv1 soorattutto eva.ngelici offerti da Luca (cm-ne l' eoisodio d�lla p�ccatrice in casa di Simone e le parabole di Le 15) e da Giovanni (il dialogo con la samaritana al pozzo di Gia cobbe, l'amicizia di Betania con le sorelle di Lazzaro, l'in contro del Risorto con la lv:Iaddalena), senza dimenticare il resto della Scrittura: il tutto viene compattato secondo uno schema trinitario. E tuttavia si legge volentieri questa pagi na, perché firmata teologicamente da una donna capace di selezionare in positivo i dati normativi della fede contro una possibile (e, almeno in parte, �eale) sele�i?�e precede�te in neaativo verso le donne, seleziOne che illlZlava dalla figura di Eva seduttrice. Qui la donna diventa la precorritrice del mistero, la metafora prediletta per dire Dio e gli atteggia menti divini di ricerca, di attenzione e di tenerezza verso l'umanità. La sensibilità personalistica permette all'autrice di prospettare la donna come «partner» di Gesù in un dia logo a pari, senza esclusione di temi e di settori ipotetica mente riservati agli uomini. Il termine ebraico femminile per dire «spirito» suggerisce un'esplicitazione sullo Spirito Santo del testo paolino, già di per sé palpitante, di Rm 8,26. Probabilmente la teologa statunitense non si è mai so gnata di proporre la sua formulazione come alternativa al simbolo apostolico: ha semplicemente voluto richiamare al le chiese «l'altra metà del cielo» come soggetto attivo da re cuperare a tutti i livelli nella vita ecclesiale e come possibile profezia (in parte dimenticata) sul valore del sentimento e dell'intuizione rispetto alla razionalità fredda e calcolatrice maschile. La sottile venatura polemica sottintesa sembra solo funzionale a questo traguardo: e perciò anche questo credo lo si può elencare come rasserenante e «cattolico» nel desiderio di totalità 8.
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Così lo commenta serenamente anche CoNSTANCE F. PARVEY in
3. «lo SON UN AFRICANO»
DI G.M. SETILOANE
Un teologo metodista africano di Gaborone nel Bots wana 9 ha proposto una formula narrativa di fede con con notazioni suggestive degne di essere conosciute anche da un europeo per le assonanze bibliche e per un tipo di let tura della propria storia africana in termini poetici e ras serenanti di sceranza «filo cristiana». Il testo inizia con un' autopresenr'"azione dell'autore, si articola su due lunghe domande-risposte riguardanti la fede in Dio e in Cristo, per sfociare in una preghiera conclusiva 10.
un'appendice dal titolo Toward an Account o/ Hope /rom Women nel dossier preparatorio alla Commissione di «Fede e Costituzione» di Bangalore dell'a gosto 1978 (F0/78:6 - Juin 1978) sotto il titolo generale Rendre raison de l'espérance quz' est en nous, Appendi." VIII, pp. 2-4. Cf. un ulteriore com mento (un po' più polemico) della stessa autrice in Bangalore 1978, Sharing in One Hope, «Faith and Order Paper», no. 92, WCC, Geneva 1978, spec. pp. 165-168. 9 Gabriel M. Setiloane, teologo sudafricano, ha compiuto gli studi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Negli anni Settanta è stato uno dei dodici vi cepresidenti del Consiglio metodista mondiale, dopo essere stato segretario per la Gioventù della Conferenza delle Chiese per tutta l'Africa. Il suo nome figura tra i teologi membri di «Fede e Costituzione» all'assemblea di Banga lore nell'estate 1978: cf. l'appena citato Bangalore 1978. Sharing in one Ho pe, p. 289 e più chiaramente nel volumetto completiva no. 93 dello stesso anno, p. 79.
1° Cf. il testo originale in Uniting in Hope (ciclostilato a cura del Consi glio Ecumenico delle Chiese) Geneva 1975, pp. 59-61: noi qui riproduciamo con piccole varianti la traduzione italiana del dossier Professioni di fede e catechesi, pp. 81-84: le varianti sono controllate anche sul testo francese stampato a cura di «Fede e Costituzione» del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel marzo 1975 in un fascicolo dal titolo Rendre compte de l'esperan ce qui est en nous, pp. 34-36; anche in una precedente voluminosa raccolta di testi (ciclostilati parte in francese, parte in inglese) in preparazione ad Ac cra '74 (contiene tra l'altro il credo di padre Marlé e della Solle: raccolta in teressante ma impossibile a citare perché priva di numerazione progressiva delle pagine) il testo di G. Setiloane è riportato in traduzione francese a cura del Segretariato COE: a noi quel ciclostilato è servito per le scarne notizie biografiche sull'autore. Poiché il credo di Setiloane ha andamento di raccon to, può essere utile segnalare un accostamento attento a Il racconto a/ricatto come quello firmato da SILVANO GALLI (anche se riporta l'esperienza della
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«Africano», così mi si chiama:
E tale io sono, in verità.
Rude figlio della terra d'P.lrica, Nero di pelle come mio padre, e come fu suo padre prima di lui, come mia madre, le mie sorelle e i miei fratelli, viventi o già morti.
Mi si interroga sulle mie credenze ... la mia fede. Certu..ni si LT�rnaginai1o pure che io possa vivere senza alcuna fede, Come fanno gli animali dei campi. «A proposito del Dio Creatore, Rivelato all'umanità attraverso gli ebrei di una volta, Jahvè: Colui che è, È stato e sempre sarà, Puoi tu dire di credere in lui?». I miei antenati, i loro avi, generazioni passate
Lo avevano conosciuto Si inginocchiavano davanti a lui, Gli davano diversi nomi, Sebbene egli fosse sempre il Dio solo e unico. Lo chiamavano
Uvelingqaki, Il Primo,
Colui che precedette la comparsa di ogni cosa;
Unkulunkulu,
L'Essere i.1Jlmenso, Di una immensità tale che nessuno spazio lo può mai circoscrivere;
Modimo, Perché la sua dimora si trova in alto, nei cieli.
Costa d'Avor�o), EMI, Bologna 1977. Per altri credo afi-icani, più affini ai credo eu�ope�, c�. on/essing our Faith around the World, II, cit., pp. 1-8: . du� dich1araz1o�1 d1 fede sudafricane in funzione antiapartheid (una presbi ter�ana e �na r!formata) fanno compagnia alla dichiarazione di fede della �h1esa Umta d1 Zambia, ad una breve confessione sinodale evangelica del logo e a una dichiarazione di fede della Chiesa di Gesù Cristo in Ma dagascar.
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Credo in me stesso Perché è lui che creò tutte le cose, Et lesa, n solo spirito capace di dare all'uomo il suo soffio vitale. Tuttavia i miei antenati raccontano.. Ed essi lo ricevono dai loro avi, Che questo Dio una volta risplendesse di uno splendore così potente Che i loro occhi ne furono accecati... Così... Lasciò lui stesso questa terra, Uvelingqaki, Perché nessuno accedesse alla sua divina presenza Se non attraverso la morte (perché il suo cuore si lasciava inondare di pietà). Solo gli antenati, avendo lasciato questa terra, accedono alla sua divina presenza, l\11odeste divinità presentano le preghiere e le suppliche Dei loro piccoli al Dio di maestà... «Completa le tue spiegazioni, tu, l'Africano; Si tratta di Gesù, il Cristo, Nato a Betlemme Figlio dell'Uomo e Figlio di Dio. Credi tu in lui?». Per secoli, egli si sottrasse a noi, questo Gesù di Betlemme, Figlio dell'Uomo, Cominciando con il raggiungere l'Asia, l'Europa, e l'emisfero occidentale; Alcuni dicono che egli cercò di venire tra noi, Mandando i suoi messaggeri d'un tempo ... Ma... Il deserto, le grandi montagne dell'Etiopia li fermarono! Alcuni viaggiatori d'oltre queste montagne Hanno raccontato dei fatti singolari ai nostri avi, Che li hanno raccontato ad altri. Dei racconti relativi all'Uomo di Betlemme, Che faceva del bene durante il suo cammino! Il contenuto delle verità che egli portava si è perso con le ninne nanne Al canto delle quali le donne si sono addormentate, addormentando i loro piccoli. 168
Più tardi, ecco, egli arrivò, questo Figlio dell'Uomo: Come un bambino in ritardo, ci è arrivato. Condotto dall'Uomo bianco. Era pallido, non era affatto il Figlio abbronzato del Deserto; Ci è arrivato bambino. Neonato, picc8lo picc�lo, tutto fasciato. Se almeno egli avesse avuto l'aspetto di Mosè, Bimbo abbrustolito dal sole, steso sulla riva del Fiume a Dio consacrato, Noi l'avremmo riconosciuto. Questo Gesù, Figlio dell'Uomo, si sottraeva ancora a noi. Le sue parole sono così soavi, Dolci e rinfrescanti come la linfa della palma, Che germoglia e cresce sotto il sole d'Africa. Le Verità che il suo Verbo annuncia sono fatte per tutti, per tutti i tempi. Tuttavia, per noi, questo si verifica quando egli, Questo Gesù di Nazaret, è i11 croce, mani perforate, Fianco squarciato, come una bestia offerta in sacrificio, Quando è spogliato come noi di tutti i vestiti, Imbrunito, grondante gocce d'acqua e sangue, sotto un sole cocente �enza dire nemmeno una parola, E allora che noi non si riesce affatto a resistergli. Com'è a nostra somiglianza, questo Gesù di Nazaret, Che sopporta pazientemente battiture e tortura, imprigionamento, sputi e colpi di randello, Rinnegato dai suoi e ricercato di notte come un ladro, Disprezzato, reietto, come un cane coperto di pulci, Senza alcun motivo. Senza alcun motivo, se non il fatto di essere il Figlio del suo divin Padre. Oppure allora ... c'era una ragione per questo? Ce n'è certamente una. Come quando noi offri�mo in sacrificio un montone o una capra Che mantiene il silenzio, non eleva alcun grido. Il suo sangue purifica la terra sparo-endovisi, l:? purificando anche noi, Riconciliandoci con i nostri antenati, scomparsi da lungo tempo. -
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L'Agnello
è
Lui!
Il suo sangue sa purificare purificare noi stessi, purificare il nostro clan, purificare la tribù, lV1a purificare anche l'intero genere umano, Purificare tutti gli uomini, Siano essi neri o bianchi, bruni o rossi. Oh� ... Gesù, Signore, Figlio dell'Uomo e Figlio di Dio, Possano il tuo sangue, il tuo sudore, le tue sofferenze, Possa Dio, Uvehngqakz� Unkulunkulu, esserci riconciliato da te, Malgrado i peccati del genere umano, quelli dei nostri avi, i nostri, Affinché con l'umar1ità intera e con te, invocando un unico Padre, Noi possiamo nello stesso tempo con te dire all'Altissimo nelle nostre preghiere: Padre, voglia tu concedere il tuo perdono.
Per l'autore essere cristiani e africani nello stesso tempo non costituisce problema: nei desideri e nelle attese della tradizione religiosa africana si possono intuire senza diffi coltà gli elementi orientanti verso la rivelazione cristiana. Nella domanda su Dio, Setiloane afferma la fede come «OV via» perché è l'elemento distintivo dell'uomo rispetto agli animali dei campi; e nella risposte?. il monoteismo africano viene affermato con forza pur attraverso la pluralità di nomi dati a Dio: «il pri.111o, l'immenso, il trascendente, il creatore, l'origine della vita spirituale, il presente e il mi sericordioso». Lo stesso culto degli antenati viene riletto in analogia alla «communio sanctorum» cristiana e awici nato all'intercessione dei santi dinanzi all'unico «Dio di maestà». Nella seconda domanda- risposta su Gesù il Cristo, Setiloane implicitamente richiama Atti 8, 26-40 (l'episodio di Filippo e dell'eunuco funzionario di Candace, regina dell'Etiopia): dopo il lungo cenno poetico all'attesa e al 170
Na'i:ale («neonato, piccolo pic colo, tutto fasciato») e il bre ve cenno al suo messaggio universale e universalista («le sue parole sono... dolci e rinfrescanti come la linfa della palma, che germoglia e cresce sotto il sole d'Africa»), è proprio il testo isaiano che sta al centro dell'episodio degli Atti a costituire l'ossatura del credo cristologico: l'africano oppresso («com'è a nostra somiglianza, questo Gesù diNa zaretl ») trova nel crocifisso sofferente la via spontanea di accesso alla fede («è allora che noi non si riesce affatto a re sistergli») e riconosce: «l'Agnello è Lui!». Da Lui scaturi sce la purificazione universale e la riconciliazione, che ren de spontanea la corale invocazione conclusiva di perdono. Anche la formula di fede proposta dal teologo sudafri cano non ha pretese di completezza: manca quasi tutto il tratto sullo Spirito Santo, la chiesa, i sacramenti e l'escato logia; e tutta;ia il forte respiro universalista e la notevole rilettura poetica della tradizione africana accentuatamente comunitaria (già percepibile nell' autopresentazione delle prime righe) compensa almeno in parte ciò che non viene esplicitato, e rende anche questo testo notevolmente rasse renante.
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CREDO LITURGICI
Il quarto sentiero, nell'ideale giardino di credo brevi fioriti negli anr.J Settanta, ci permette di accostare il settore folto dei credo liturgici, settore aoprezzato anche dal popo lo di Dio nella sua ricezione can�ra. Proprio l'alto indie� di gradimento in Italia ci suggerisce di esaminare per primo un credo cantato che ha fatto fortuna lungo tutto lo Stivale; . pm faremo una puntatina in Brasile e rientreremo in Italia per concentrare l'attenzione su una formula ecumenica. l. «SYMBOLUM '77» DI P.A. SEQUERl «I canti di questa raccolta sono nati in occasioni molto diverse, ma ogni volta la circostanza ha avuto il medesimo interlocutore: i ragazzi me li hanno chiesti e per i ragazzi sono stati composti. Ed è la loro straordinaria capacità di in�end�re e di apprezzare testi anche assai impegnativi che m1 ha Incoraggiato a percorrere la strada di una scrittura spesso abbastanza "densa" di contenuti» 1: così un docente
1 P.A. SEQUERl, In cerca d'Autore. Canti per quelli che cercano e per quel!� che hanno trovato, Rugginenti, Milano 1985, p. 1. In copertina un ultenore sottotitolo evidenzia Con una proposta per la professione difede del l'ado ��ente nella comunità �nstiana: il riferimento privilegiato è a Symbo lum l l, stampato a p. 11 e mtrodotto dal commento di R. Martinelli che così esplicita: «Questo canto può essere considerato la professione di ' fede appassiOnata ma non sentimentale, profonda ma non arida dell'adolescenza che così risponde al manifestarsi del "Mistero" nascosto d; secoli e ora rive lato (Col 1,26). A questo proposito la fede della chiesa da tempo si era già
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milanese ancora relativamente giovane, impegnato nell'in segnamento filosofico e teologico ma non assente da una pastorale più umile e mmed � ta, caratterizza le ��_: �ropo� ste in canto, alcune de.J.e quau (come Symbolum l l cne no1 privilegiamo in qu�st� �ighe) pro�ettate l?er il sabato :·n tra� ditione symbolz. dei d1c1ottenm milanesi. m Duomo dmanz1 al cardinale arcivescovo. Nel panorama della riforma litur gica italian� le propo��e di P A Se9ueri ar;no ?ttenu: to sorprendente accoglienza m tutta la pemsola e m ogm fascia d'età, resistendo alla possibile usura degli anni. L'autore, our dotato di una formazione culturale elitaria, ha indovi�ato un linguaggio immediato e comprensibile, componendo insieme parole e musica 2, come nell'antico gregoriano. Forse nel caso di Symbolum '77 la musica �r� vale sul testo, che tuttavia rimane, con la sua struttura t1p1-
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espressa in Simboli autorevoli. Non è sem brato tutta·via in�tile tr�scriv�rne . le verità essenziali nel canto, con quella discreta accentuaz10ne es1stenzrale, opportuna per questa età». . Pier Angelo Sequeri è nato a Milano nel 1944, ha compmto gli stud1 filosofici e teologici a Milano e a Roma dove ha conseguito il dottorato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Insegna filosofia teo retica e storia della teologia contemporanea nel Seminario arcivescovile di Milano e teologia fondamentale presso la Facoltà teologica dell'Italia Setten trionale. Tra le sue prime pubblicazioni va ricordata Escatologia e teologia. Infrastruttura concettuale del dz5corso di Dio come futuro del 1975 e alcune importanti voci (analogia, ermeneutica, uomo) nel Dizionario Teologico In terdz5ciphnare edito da Marietti nel 1977. Collabora particolarmente con le riviste «Teologia» e «La Scuola Cattolica». 2 Sul fenomeno del canto religioso l'autore si rivela molto attento: «
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camen�e «corale», un tentativo degno di essere segnalato. Avvert1amo pure che dedicare attenzione al solo testo senza la musica spezza l'unità del canto com'è stato composto e prop?s�o: tenendo presente anche questo limite, vale la pe na d1 nportare le quattro strofe e tentarne una lettura ap . propnata. Tu sei la mia vita altro io non ho, Tu sei la mia strada la mia verità. Nella tua parola io camminerò finché avrò resoiro fino a quando Tu vorrai. Non avrò paura sai, se Tu sei con me: io ti prego resta con me. Credo in Te Signore nato da l\!Iaria, Figlio eterno e santo, uomo come noi. Morto per amore vivo in mezzo a noi: una cosa sola con il Padre e con i tuoi fino a quando - io lo so Tu ritornerai per aprirci il regno di Dio. '_
Tu sei la rria forza altro io non ho Tu sei la mia p �ce la mia libertà. Niente nella vita ci separerà: so che la tua mano forte non mi lascerà. 174
So che d2. ogni male Tu
mi libererai
e nel tuo perdono vivrò.
Padre della vita
noi crediamo in te, Ficrlio Salvatore nol speriamo in Te; Spirito d'amore vieni in mezzo a noi: Tu da mille strade ci raduni in unità. E per mille strade, poi, dove Tu vorrai, noi saremo il seme di Dio.
Il credo cantato si rivela cristocentrico nel precisare la fede sulla linea quasi dell'innamoramento, attraverso termi ni evocativi non solo per un ragazzo: <
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dialogato. Le ultime bàttute annu:iJ.ciaDo la wission.e coGJ.e possibile solo se radunati nell'unità dello Spirito. Se si desidera ulteriormente precisare l'ispirazione bi blica sottesa, si avverte anche di non poter dimenticare il credo niceno-costantinopolitano. La prima strofa si apre con l'appoggio a Gv 15,6 (<
del tuo giorno, o Dio; l luce in ogni cosa io non vedo ancora: l ma la tua parola mi rischiarerà! Il Quando le parole non bastano all'amore, l quando il mio fratello domanda più del pane, l quando l'illusione promette un mon do nuo,ro, l anch'io rimango incerto nel mezzo del cammino. . . l E tu Figlio tanto amato verità dell'uomo, mio Signore, l come la promessa di un perdo no eterno, l libertà it1finita sei per me. l Io so quanto amore chiede. .. Il Chiedo alla mia mente coraggio di cercare, l chiedo alle mie mani la forza di donare, l chiedo al cuore incerto passione per la vita l e chiedo a te fratello di credere con me! l E tu forza della vita, Spirito d'amore, dolce Iddio, l grembo d'ogni cosa, tenerezza immensa, l verità del mondo sei per me. l Io so quanto amore chiede...». L'ultima riga del ritornello «Ma la tua parola mi rischiarerà» dà il tono conclusivo all'atto di fede, che intuisce nel Padre l'eterno presente, l'oggetto del desiderio senza confini (cf. come ispirazione diffusa Is 49,23-26 e Rm 8,38), il traguardo della speranza; nel Cristo la verità dell'uomo perché «Figlio tanto amato» (cf. Iv1t 3,17 e par.; Gv 3,3-5; 2Pt 1,17); nello Spirito Santo la «forza della vita» (cf. Gn 16,19; Ab 3,19; Gv 6,63) nel progettare un'esistenza personale e comunitaria: sullo Spirito i termini usati uniscono alla forza la dolcezza e la tenerezza (cf. Dt 1,31; Sal 145,9; Ger 31,20; Os 11,3-5). La decisione radicale che ogni creatura deve prendere nella vita è scegliere «se ritenere che la vita è dove io comincio a vedere e dove io fi nisco di vedere, oppure che sia un mistero più grande di quello che i miei occhi raggiungono» (cf. P.A. SEQUEIU, Come un desiderio, p. 3).
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ci ba 2.n:ato e ba dato se siesso per noi ... »); «vivo in mezzo a noi�> fa riferimento alla risurrezione come nuova presenza tra i suoi sulla traccia di Nlt 18,20 («Dove due o tre si riuniscono nel mio nome, io sono in mezzo a loro»); «una cosa sola con il Padre e con i tuoi» trova ispirazione in Gv 17,21 «Come tu Padre sei in me e io in te, siano an eh' essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato») 4• La terza strofa sembra tener presente in maniera parti colare l'esperienza veterotestamentaria dell'Esodo 5, dove il credente canta: d'v1ia forza e mio canto è il Signore» (Es 15,22) e ricorda «Il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente» (Dt 6,21) per un cammino di libertà e di pace verso la terra promessa. Tuttavia alla memoria vetero testamentaria si accompagnano spunti neotestamentari co me il «Chi ci separerà dall'amore di Cristo?» di Rm 8,35 e il «Libera ci cldl male» di Mt 6, 1.3. La quarta strofa, scritta al plurale, diventa corale nel ridire la fede trinitaria nel Pa dre origine della vita, nel Figlio Salvatore, e nello Spirito d'amore che provoca nella chiesa i due movimenti della co munione («Tu da mille strade ci raduni in unità») e della missione («E per mille strade poi, dove tu vorrai noi sare mo il seme di Dim>). stc
4 Nel testo del Symbolum '77, proposto in In cerca d'autore a p. 11, la seconcb e la quarta strofa sono stampate in grassetto, presumibilmente non sokl per motivi editoriali, tenendo conto del modo in cui sono stampati anche g:li altri canti della raccolta: sono le strofe in cui vengono riespresse in modo concentrato le verità cristologiche e trinitarie del credo. B. Forte giunge a citare per intero il testo di Sequeri come conclusione del suo libro di cristologia: B. FoRTE, Cesii di Nazareth, storia di Dio, Dio qella storia. Saggio di una cristologia come storia, Paoline, Milano 19855, pp. \ 334-335. 5 Non è ipotesi solo nostra, se teniamo conto della pregevoJe introdu zione a In cerca d'autore, pp. 2-3, firmata da Romano Martinelli: s:otto il tito lo Adolescenza: un esodo? l'esperienza umana dell'adolescenza viene riletta in stretta e attenta analogia con l'esperienza biblica dell'Esodo.
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Linguaggio biblico e profonda sensibilità umana av viano il giovane credente a percepirsi e spendersi come il seme di Dio (con evidente riferituento a Gv 12,24-25), sen za diminuire il dialogo intenso della fede ribadito da ogni «Tu-Io» del credo, dialogo che radica il credente nella sua identità.
2. PROFESSIONI DI FEDE CANTATE IN BRASILE I credo cantati in casa nostra i..nducono a cercare se an che altrove esistono formule di fede in canto, particolar mente in comunità che per «genio» culturale si esprimono cantando. Varchiamo per un momento l'oceano e anticipia mo alcuni credo cantati latL.'l.o-americani, sui quali più avanti ritorneremo in un capitolo particolare. Le prossime tre formule sono infatti canzoni comunemente usate nelle comunità cristiane del Brasile centrale, anche se non rico nosciute ufficiaLmente come confessiopj ecclesiali6. La pri ma esprLlie una fede tri11itaria correlata con l'attuale paro la-sintesi delle speranze latino-americane: liberazione; la seconda si incentra sul mistero dell'Incarnazione e della presenza eucaristica, che rende fratelli e sorelle coloro che vi partecipano; nella terza la forza della fede si scontra con i dubbi provocati dali' esperienza sofferta dell'odio e del dolore. Le riportiamo, accompagnandole con qualche riga di commento.
6 Purtroppo non possediamo i testi originali in portoghese brasiliano: traduciamo dall'inglese proposto da «Fede e Costituzione» in H.-G. LINK (a cura), Con/essing our Faith around the World, IV, South America, «Faith and Order Paper», no. 126, WCC, Geneva 1985, pp. 25-29: in calce sono anno tate le fonti da cui i testi sono presi e una breve introduzione a p. 25 li con testualizza.
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a)
!o credo in Dio il Pad?e
Io credo in Dio il Padre che guida il nostro popolo alla ;icerca della lib�ràzione. Noi crediamo, Signore, che tu salverai il tuo popolo. Io credo in Cristo che salva il nostro popolo da una vita di schiavitù. Noi crediamo, Signore, che tu salverai il tuo popolo. Io credo nello Spirito
che sostiene il nostro popolo sul sentiero della liberazione. Noi crediamo, Signore, che tu salverai il tuo popolo.
Il canto breve ed essenziale esprime una grande fiducia, so ttolineata dal ritornello che è probabile risposta corale al la proposta di un solista: significativo in tal senso il cambio da «io credo» a «noi crediamo». La sfida che la fede tri nitaria incontra si intuisce nella situazione di schiavitù; l'appello biblico fa evidente perno sull'esodo; la valenza sti molativa del testo va nel senso della speranza in Dio Padre Figlio e Spirito che guida-salva-sostie"lle nel cammino dell� liberazione.
b) Io credo in un Dio di speranza Io credo
in un Dio fatto uomo fatto di dolori e anche di ideali. Io credo nel suo messaggio, nella certezza di pace, nel coraggio del bene. 179
Io
credo
in un Dio di speranza che fu anche un piccolo bambino, c.n fanciullo. Il quale come un povero ragazzo nacque forestiero nella grotta di Betlemme. u
Io credo, credo, credo nel mio Dio salvatore, io credo, credo, credo che sono rinato nell'amore.
Io credo in un Dio che si è spezzato e distribuito nella forma del pane. Che fa di se stesso il nostro cibo che prende gli esseri umani e li fa suoi fratelli e sorelle. Io credo nel sangue, sofferto, che scorre dolorante, versato per amore. Io credo che sono rinato da un Dio che è un Padre di amore infinito.
Questo canto è molto più libero rispetto al precedente, anche se i nuclei teologici appaiono marcati i11 senso cristo logico ed etico: quel Gesù che condivise ii? tutto la nost�a . condizione umana portando il suo amore e 11 suo messagg1o tra la gente, continua ad essere presente in mezzo alla sua comunità nell'eucaristia che crea fraternità; il ritornello spezza ed evidenzia i due tempi. La sfida a cui il canto ri sponde può essere intuita nell'esigenza di solidarietà, che è . l'oro dei poveri; il richiamo biblico fa diventare la memona _ di un Gesù solidale una «compagnia» pr�sente nell'eucan stia, capace di stimolare profeticamente alla condivisione. 180
c) Ic crede, ma acaesci la mia fede Io credo, anche se Io credo, anche se perché ho radicato in un Dio che non
ogni cosa ti nasconde alla mia fede. ogni cosa mi grida No! la mia fede in un Dio immutabile, cambia, un Dio che è amore.
Io credo, anche se ogni cosa può sembrar morire. Io credo, anche se io non vorrei vivere ancora, perché io ho fondato la mia fede su una parola sincera, sulla parola di un Amico, sulla Parola di Dio. Io credo, anche se ogni cosa riempie di ripugnanza il mio essere. Io credo, anche se mi sento solo nel dolore, perché un cristiano che ha il Signore per Amico non vacilla nel dubbio, sta saldo nella fede. Io credo, anche se vedo gli uomini che si odiano. Io credo anche se vedo piangere i bambirli, perché ho imparato con certezza che egli viene per incontrarci nelle ore più dure, con il suo amore e con la sua luce. Io credo, ma accresci la mia fede.
Si tratta di una confessione poetica di straordinaria e sofferta efficacia: ormi strofa si introduce con un'esperienza negativa per sfocia�e successivamente L'1 un abbandono to tale in Dio. Le prime tre strof� richiamano implicitamente il mistero trinitario. Le sfide sofferte riguardano progres sivamente l'inevidenza della fede, la morte, la sofferenza appesantita dalla solitudine, e infine la cattiveria dell'uomo. L'ispirazione biblica sembra rifarsi allibro di Giobbe, all'e sperienza di Geremia profeta perseguitato ma saldo nel suo Dio, alla fiducia di Abramo provato nei sentimenti più radicali. La conclusione-ritornello copia Mc 9,24 («Credo, Signore, aiutami nella mia incredulità») e si radica sulla promessa di Gesù espressa nel versetto precedente: «Tutto è possibile per chi crede». Il testo fa intuire nella fede un possibile senso nei frequenti non -sensi della storia propria e altrui, il tentativo di andare oltre la storia: sE tale linea, la fede si propone anche come protesta contro l'ingiustizia, indicandone la radicale provvisorietà. 181
Sui crede latino-a:w.e;:icaui ri�orue�ewc tra b;eve: per le confessioni brasiliane in canto al momento siano sufficienti queste poche righe ... come assaggio.
3. PROFESSIONE DI FEDE DI UN GRUPPO ECUMENICO Torniamo in Italia. Da uno degli ambienti laicali più vi vaci del dialogo ecumenico italiano, il Segretariato Attività Ecumeniche (SAE) 7, è uscita una formula felice di fede che ricalca volutamente da vicino la quarta prece eucaristica cattolica. Frutto di un gruppo di studio durante le sessioni estive di formazione ecumenica a metà degli anni Settanta, organizzate dal SAE tra le Dolomiti al Passo della Mendo la, il testo imita il modello orientale di anafora narrativa della storia della salvezza culminante nella missione del Fi glio tra noi. Stile e vocabolario sono biblici, con evidente accento sull'azione divina di salvezza nei confronti dell'u manità; il che permette alle varie sensibilità confessionali cristiane di ritrovarsi nel testo che esprime la fede così 8:
I.
Noi crediamo in Te, Padre Santo e Ti lodiamo per la tua grandezza: Tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore, a tua immagine hai formato gli uomini, alle loro mani operose hai affidato l'universo, perché tutte le creature tossano '-' 2:odere dei beni �on rendimento di grazi�.
7 Cf. una rapida scheda di presentazione della presidente del SAE, pro fessoressa Maria Vingiani (e indirettamente dello stesso SAE) su «Il Regno attualità» 35 (1990) 22, pp. 708-709, in un inserto sui Personaggi all'interno dello studio del mese 1990: chiesa e società in Italia (pp. 702-717) firmato a più mani da L. PREZZI, G.F. BRUNELLI e L. AccATTOLI: nella scheda sinte tica sono segnalate le Editrici che nei vari cicli delle sessioni estive del SAE, tenute in varie parti d'Italia, ne hanno pubblicato gli Atti. 8 Il testo è stampato su «Vita Monastica» di Camaldoli nel n. 129/1977, pp. 16-19; è riportato, con l'introduzione del gruppo di studio della Mendo la, anche nel dossier Pm/essioni di fede e catechesi, pp. 25-28.
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II. E quando per la loro disobbedienza
ali uomini persero la tua amicizia, in -potere della morte,
Tu non li hai abbandonati �a, nella tua misericordia,
sei venuto incontro a tutti, perché coloro che Ti cercano, Ti possano trovare. Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza e per mezzo dei profeti hai insegnato a sperare nella salvezza.
III. Padre Santo, hai tamo amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi,
il tuo unico Figlio come Salvatore.
Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergi..11e Maria: ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana: aioie, fatiche, speranze. P..i poveri ha annunziato il vangelo di salvezza la libertà agli oppressi, agli afflitti la gioia. Avendo amato i sùoi che Tu gli avevi dato, li amò sino alla fine: tradito, si consegnò volontariamente alla morte e fu crocifisso per noi peccatori. Con la sua risurrezione vinse Ia- morte e rinnovò la vita. Come liberatore entrò nel mondo dei morti; tornò a Te, o Padre, e fu costituito Signore dell'universo, pegno di risurrezione e promessa di vita eterna per tutti i credenti. IV. Attendiamo nell'amore la sua manifestazione gloriosa, quando giudicherà con giustizia tutti gli uomini e trasformerà il nostro corpo mortale ad immagine del suo corpo glorioso. V.
Crediamo nel tuo Spirito, che è Santo, Signore, e dà la vita; parla per bocca dei profeti, testimonia e glorifica C risto e conduce tutti i credenti nella pienezza della grazia e della verità.
VI. Crediamo la tua chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, chiamata a vivere la comunione eterna con Te, o Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo. L'hai scelta prirna della fondazione dei mondo, la convochi con la tua Parola, la sostieni con i doni dello Spirito perché sia fermento della vera dignità umana, ir1 fratellanza, giustizia e libertà, e perché annunzi il tuo amore, o Padre, in Gesù Cristo nostro Signore, che nello Spirito Santo apre agli uomini il regno che viene. Amen. Alleluia.
La struttura di sei articoli rivela un ritmo strettamente storico-salvifico e liturgico-dossologico con sensibilità bi blico-narrativa e testimoniante 9. Per gli estensori di questo 9 Da un ambiente ecumenico-monastico tutto particolare vengono le sette professioni di fede proposte dalla comunità ecumenica di Bose, villag gio in provincia di Vercelli, dove dall968 vive appunto una comunità di cri stiani di diverse confessioni, riuniti per vivere l'evangelo nel celibato, nella vita comune e nell'ospitalità, offrendo il loro ministero monastico nella ricer ca dell'unità dei cristiani: traccia la fisionomia della comunità uno degli ani matori, E. BIANCHI, in Una comunità intercon/essionale in Italia: Base, «Concilium» 9 (1973) 9, pp. 134-143 (il numero della rivista è dedicato ai risvegli spirituali). Per la sensibilità ecumenica le formule di fede di Base si possono accostare alla proposta del gruppo di studio del SAE: cf. CoMUNI TÀ ECUMENICA DI BosE, Davanti a Dio, Gribaudi, Torino 1977, pp. 127133. Esplicitando un'esigenza di cristianesimo giovanile e radicale (l'angolo prospettico è offerto dal binomio «Dio è buono, l'uomo è ingrato») e ne�o sforzo di recuperare la fede della chiesa indivisa, le formule proposte dall'm tera comunità accentuano una cristologia del servo-schiavo umiliato in rap porto al Padre e agli uomini, del fratello partecipe fino in fondo del destino dell'uomo: ma proprio per questo liberatore e ricapitolatore della storia. Del Padre si sottolineano gli aggettivi «uno e uno solo, l'unico, il vivente», di _ forte sapore monoteista veterotestamentario. Qualche evocativa sotto�nea�u: ra del vicino Oriente cristiano trasoare riguardo allo Spirito Santo, d1 cm sl accentua l'attuale continua e vivific�nte presenza nella storia dell'umanità at traverso i profeti anche attuali. Il tema del Regno permette un allargamento di orizzonti e una maggior attenzione verso le altre fedi viventi e tutta l'urna-
credo la via oggi percorribile per dire la fede insieme tra cristiani va individuata nella liturgia: essa si propone unifi cante ancor prima dell'agire insieme richiesto dai problemi concreti che travagliano l'umanità. lVIa bisogna anche subi to aggiungere che più di un problema odierno rimane fuori tiro in un contesto che privilegia il memoriale e l'attesa escatologica, mettendo tra parentesi l'impegno etico attua le. Certo il richiamo alla grande storia della salvezza induce a rileggere anche la nostra attuale «piccola» storia come storia di salvezza: ma qui sta la difficoltà, nel ridire la fede di sempre come lievito per la nostra attuale situazione. Di fronte alla specifica sfida ecumenica il gruppo di stu dio del S.A_E ha fatto bene a percorrere la via biblico liturgica per una proposta che possa ottenere l'Amen da tutte le confessioni cristiane, con un Alleluia che tuttavia
nità in cammino. Per il loro andamento storico-salvifico e la struttura breve lituraica, le proposte di Bose si prestano facilmente alla preghiera comunita ria. fuproduciamo qui la quarta formula di Davanti a Dio, p. 130, vicina al testo del SAE (ricordando che la prima coincide con il simbolo apostolico: d. p. 127): «Crediamo in Dio, uno e uno salò,/ l'unico Signore che noi adoriamo e serviamo. l Egli ha creato per amore tutto il mondo l e ha fatto l'uom8 a sua immagine e somiglianza l dandogli il compito di governare e sottomettere l il cielo e la terra. l All'umanità rivoltata contro di lui e alienata l Dio ha pro messo benedizione e liberazione. l Egli ha scelto Abramo e i suoi discenden ti l come depositari di queste promesse per le genti. l E quando i figli di Abramo erano oppressi L'l. Egitto l egli ha ascoltato il loro grido e le loro preghiere. l Ricordandosi della sua promessa l ha liberato il suo popo�o l e ha stretto alleanza con lui nella giustizia l e nella verità. l E dopo aver mvia to i profeti per ricordare l'Alleanza, l ha inviato il Messia promesso: Gesù. l Egli ha annunciato il perdono dei peccati l e la riconciliazione dell'umanità peccatrice con Dio. l Riconosciamo in Gesù la vera umanità l nella sua pie nezza, l perché egli non ha lasciato che la tentazione l gli impedisse di ama re Dio con tutto il cuore l e il prossimo suo come se stesso. l Vivendo come un servo è andato alla morte, l manifestando l'amore che appartiene a Dio solo. l Ma Dio lo ha risuscitato l e lo ha costituito Signore per sempre. l Per continuare la sua opera, l ha mandato lo Spirito Santo l che regge la chiesa e prepara l'unità dei figli dispersi l nel Regno eterno, l benedetto nei secoli. l Amen». ·
suona più speranza che festa. In effetti proprio l'articolo sulla chiesa risulta il punto critico del credo cristiano: sce ta p�ima della creazione del mondo, secondo Ef 1,3-14, a v_IVersl come comunione sulla linea dell'amore indiviso della Trinità santa, essa legge la propria vocazione ancor lontana da una realizzazione plausibile che si possa propor re come testimonianza stimolativa a un mondo diviso. Un cattolico può anche soffrire l'omissione, nel testo ecume nico, del cenno alla Vergine l\llaria, che nei credo antichi ribadiva la realtà dell'Incarnazione del Figlio e che nel la quarta prece eucaristica cattolica punta allo stesso tra guardo. Tuttavia nel panorama italiano degli anni Settanta an c e qu�sto tentativo merita la citazione perché porta a ri dlmenswnare le differenze e avvia a una osoitalità attenta e rispettosa almeno tra cristiani nel morr{ento liturgico orante.
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CAPITOLO x CF.EDO CATECHISTICI
La nostra rassegna non è del tutto lineare: ci rendiamo conto che, sotto un identico titolo, vengono assemblate formule di fede non solo di diversa provenienza geografico ecclesiale, ma anche di indirizzo e tonalità variegati. In real tà, lo scopo di questa nostra rassegna, che copre soprattut to gli anni Settanta, porta ad evidenziare la ricchezza di un fenomeno primaverile che si prospetta così policromo da prestarsi con difficoltà a una suddivisione scolastica preci sa. Anche sotto il titolo credo catechistici (alcuni dei quali già accennati tra i credo teologici) elenchiamo formule pre valentemente ancora liturgiche e successivamente alcuni tentativi esplicitamente appartenenti allo sforzo catechisti co italiano di questi decenni. Vediamoli.
l. I CREDO
DEL
«LIBRO
DELLA
PREGHIERA»
Quasi a cerniera tra il momento liturgico e il momento catechistico si propongono in Italia alcuni credo riportati in un Libro della Preghiera voluto dall'episcopato triveneto con la collaborazione del centro catechistico salesiano di Torino-Leumann 1• Almeno due di questi credo meritano 1 Cf. Libro della Preghiera. Per le Diocesi della Regione Triveneta, ElieDiCi, Torino-Leumann 19772, con la Presentazione firmata dal cardinale Albino Luciani, patriarca di Venezia (la prima edizione è del 1973): i due credo presi in considerazione si trovano alle pp. 576-577 e 601-602. Formule analoghe di credo per la preghiera si possono trovare in altre confessioni cristiane: cf., ad esempio, i quattro credo della· chiesa riformata
un istante di attenzione, perché proposti per «categorie a rischio»: i giovani e i sofferenti (cf. nn. 576 e 617). Il primo profuma molto di personalismo cristiano, stimolativo a un ' esodo da sé, oltre �la barriera del peccato e dell'egoismo, verso un futuro caratterizzato da amore, giustizia e libertà. Il secondo è centrato sul Cristo sofferente e sulla fecondità del dolore accettato per amore. Si tratta di formule risalenti agli anni Sessanta, caratterizzate dal richiamo agli ideali as soluti di libertà, giustizia e fraternità (valori evocati già dal la rivoluzione francese), di novità e passione per il futuro (valori della rivoluzione tecnica): non vi si risente la caduta di tensione della fine anni Settanta, quando nel ridire la fede cristiana si preferisce l'andamento storico-biblico ri spetto a termini e categorie astratte e assolute. Leggiamoli egualmente. Sotto il titolo Atto di fede in Dio Padre creatore e liberatore (n. 576), il primo invita i giovani credenti ad esprimersi così:
O Dio, io credo (noi crediamo) che tu sei un Tu, persona vivente; non un padrone, ma un Padre, la cui gloria è l'uomo pienamente uomo. Tu nostro creatore,
fai esistere la nostra creatività e responsabilità di uomini di cui siamo così fieri. Tu, la novità assoluta, sei presente nella nostra inquietudine che ci spinge a «superare» continuamente l'ieri nell'oggi e l'oggi nel domani. di Francia riportati in H.-G. LINK (a cura), Con/essing our Faith around the World, II, WCC, Geneva 1983, pp. 44-47; e alle pp. 91-97 un credo tedesco per studenti, un'affermazione di fede deli'innario metodista statunitense, una dichiarazione di fede dell'Alleanza riformata mondiale, un altro credo per studenti, e un credo liturgico battesimale della Chiesa Unita del Canada.
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. Tu sei Li� ert� . ost re hberta. che suscin e liben le � _ ,
e, Tu., Dio dell'esodo, Dro liberator
;ei il nostro avvenire ass?luto e la sorgente del nostro Impegno . per fare tutto, nuovo, per libera�e l u?mo da cro che e «vecchiO», ahenazrone da 0crn b . .i . l' . ,
,
.
che è 11 peccato e
1
egmsmo
Tu amore sempre nuovo e innovatore
nuovi ci solleciti ad essere uomini dell'amore, novità la mondo nel no orta p e ch libertà. della e tizia della aius 0 Di�, la nostra passione per il futuro rende testimonianza a te. Tu, eterna giovinezza, allieti la nostra giovinezza.
Il credo non ha struttura tnmtaria: si rivolge a Dio come Persona, Creatore, Liberatore, Amore; ogni breve strofa sottolinea un «titolo» e ne segnala la conseguenza sti molativa sul piano antropologico. Se Dio è persona, valo rizza l'uomo perché sia pienamente uomo; se è Creatore, stimola la creatività e la responsabilità umana; se è Libera tore, fa crescere la nostra libertà; se è Amore, sollecita a portare amore nel inondo. Vibra in queste righ� qualche _ accento imolicitamente «polemico» nei confronti della fi sionomia di Dio come re�epita dalla catechesi anche in un recente passato: un Dio padrone. Ripalpita anche qualche bel richiamo biblico: ad esempio, all'esodo e al battesimo nel liberarsi dall' <momo vecchio». Si aggiunge qualche pe culiarità giovanile, come la passione per il futuro e, alla conclusione, la fisionomia di Dio come eterna giovinezza 2• 2 AJtre professioni di fede per giovani riecheggiano analoghi motivi e aprono utili orizzonti: cf. ad esempio il Credo nell'uomo, nell'amore, nella vi ta proposto da B. PIUBELLO, in Comunione di maturità, ElieDiCi, Torin <;> Leumann 1974, pp. 143-149, e ripreso nel testo usato per la scuola med1a 1 QC)
Il credo probabilmente tiene presenti le sfide dei maestri del sospetto Freud, Nietzsche e 1\1arx, insistendo su una struttura relazionale della fede cristia.D.a che legge in Dio la sorgente dei valori fondamentali e nell'uomo la creatura che ne partecipa responsabilmente. Sotto il titolo Credo dell'uomo che soffre (n. 617) il testo invita a pregare così: Credo, mio Dio, che Cristo, agnello innocente, portò sulla croce i nostri peccati, e che noi siamo stati redenti dalle sue piaghe. Credo che Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci l'esempio, perché anche noi seguiamo le orme di lui. Credo che Cristo crocifisso, pazzia per la sapienza di q�esto mondo, è la potenza e la sapienza di Dio. Credo che accettando con amore la sofferenza compio in me la passione di Cristo per la crescita del corpo di lui che è la chiesa. Credo che tutto coopera al bene per coloro che amano Dio. Credo che la nostra tribolazione momentanea e di breve peso, ci procura uno smisurato peso di gioia.
Progetto Uomo, vol. I, ElieDiCi, Torino-Leumann 1975; cf. anche la formula
più recente proposta dal vescovo E. lVlA.SSERONI a conclusione dell' opusco . tra presente e futuro, «Maestri delia fede» n. 191 Elle letto Gzovanz e chzesa DiCi, Torino-Leumann 1989, pp. 59-60. Non andrebbero nat� ralme�te di m�nticate le professioni di fede scritte da giovani, anche se possono prestarsi e�Identei?ente a gualch� perplessità, come i credo riportati da M. LE SAUX, L educazzone alla preghzera nella catechesi, «Concilium» 18 ( 1982) 9, pp. 96-97 e 102 e più recentemente dal Centro Nazionale Francese deli'inse gnameJ?-to reli�i?so, Per parlare di Dio. Grandi testi scelti e commentati per gzovanz, Querm1ana, Brescia 1989 (orig. frane. 1988), pp. 116-118.
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Credo che colui che soffre con Cristo con lui sarà glorificato: "'ali renderà il nostro corpo di miseria i ile al suo corpo di glo ria.
;�
Credo che chi muore con Cristo con lui pure risorgerà. Cre do che Dio farà cieli nuovi e terra nuova in cui asciugherà ogni lacri_rna dai nostri occhi: e allora la morte non ci sarà più, né lutto né pianto ci saranno più. C redo che vedremo Dio faccia a faccia; che nella mia carne contemplerò il Signore mio redentore e mia salvezza.
Il credo è un centone di riferimenti biblici molto fitti, vetero e neotestamentari, in cui prevale la cristologia pao lina. Le prirne tre strofe presentano l'azione di Cristo di fronte alla sofferenza; seguono due strofe che trattano il soffrire degli uomini qui e ora in solidarietà con il Cristo, mentre le successive tre strofe pongono la sofferenza in re lazione alla vita futura; gli ultimi due passaggi proiettano oltre la vita presente, con L1J1magipj di consolazione e di speranza. Il testo, nel suo nucleo centrale, ribadisce la fecondità della sofferenza, purché vissuta in chiave cristologica: lo sfondo che sostiene il nucleo centrale è offerto infatti da una cristologia di solidarietà, non di signoria. Dio è presen tato come creatore di «cieli nuovi e terra nuova», in grado di togliere ogni sofferenza, lacrime, pianto, morte. Il cristia no è invitato a leggere la propria esistenza nella realtà del corpo di Cristo, la chiesa, a cui può dare un apporto positi vo di crescita attraverso un'esperienza umana apparente mente solo negativa, com'è il dolore. Questi due credo del «Libro della Preghiera» non pre sentano particolari lampi di originalità, come del resto tutto il libro: fanno parte (e forse sta qui il loro valore!) della 191
�<prospertiva àel semplice fedele ... che si sforza di collegare quotidianamente religione e vita, che realizza ed esprime la sua fede nella comunità niù immediata come la famiglia e il gruppo, per celebrarla p oi in modo più completo nell' as semblea liturgica» 3•
2. IL CREDO DEL CATECHISMO DEI GIOVANI Il nross1uo credo vuol sintetizzare l'esperienza di fede cristia�a soprattutto per coloro che hanno cammi1'1ato nella fede con il Catechismo dei giovani Non di solo pane, alla fi ne del quale si trova stampato 4• Per poter assumere valore in qualche modo ufficiale a livello di chiesa italiana, il testo perde una freschezza vivace e poetica ipotizzabile per una professione di fede giovanile personalmente firmata. Tutta via si propone come un credo ricco di contenuti biblici e di risonanze liturgico-dossologiche, di connotazioni esisten3 Cf. la Prefazione del «Libro della Preghiera», firmat:1 dalla Commis sione liturgica triveneta, p. 9.
4 Commissione episcopale per la Dottrina della fede, la Catechesi e la Cultura, Non di solo pane. Il catechismo dei giovani, Ed. Conferenza episco pale italiana, Roma 1979, pp. 311-314. La formula del credo conclude in particolare l'ultimo capitolo, il ventitreesimo, del Catechismo dei giovani, intitolato significativamente Una formula breve della fede, pp. 298-310: il breve capitolo prospetta gli elementi essenziali del dibattito odierno sul cre do. Cf., per un primo commento, D. ZAGAR'\, Il Credo nel catechismo dei giovani, «Via, Verità e Vita» 32 (1983) n. 94, pp. 38-4.3. Può essere utile qualche cenno bibliografico di ciò che fu scritto a ridosso della pubblicazione del catechismo: G. ANGELINI, I contenuti del Catechismo dei giovani. Linee strutturali del loro sviluppo, «Catechesi» 40 (1979) n. 79, pp. 25-40 (particolarmente significativo per il credo conclusi vo, essendo Angelini uno dei redattori più impegnati del catechismo stesso); F. BR'\.tv1BILLA, Introdurci al Catechismo dei giovani, «Evangelizzare» 4 (1979) n. 4, pp. 208-213; F. C OSTA, Per un itinerario di fede alla sequela di Cristo, «Via Verità e Vita» 28 (1979) n. 71, pp. 37-49; F. PA]ER, Un cater.hi smo maggiorenne. Limiti e chances del Catechismo dei giovani, «Via Verità e Vita» 28 (1979) n. 71, pp. 8-19; G. PIANA, Il Catechismo dei giovani: strut tura e contenuti, «Evangelizzare» 4 (1979) n. 4, pp. 204-207.
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ziali (il «per me») che non dimenticano le dimensioni co smiche delia salvezza cristiana. Qualche sccmpenso va pro babilmente individuato in un eccessivo ottiT'.n.ist..'!o per le decisioni personali del giovane e in una certa dimenticanza della «speranza d'Israele» nella parte dove si parla di Dio Padre. Anche se lungo, il credo va riprodotto: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente creatore di tutte le cose, di quelle che vediamo e di quelle che non vediamo ancora. Nulla di tutto ciò che è o accade può sottrarsi alla sua volontà, infinitamente provvidente e misteriosa. Nulla può impedire che si realizzi anche per me la sua volontà: che io sia per lui come un figlio, che lo conosca in una luce senza ombra alcuna, che lo ami nella gioia eternamente nuova della sua presenza. Nulla può impedirlo se non la mia incredulità, il mio rifiuto, la mia meschina presunzione di figlio di Adamo che pretende di misurare i doni di' Dio. Credo in luz� e rinuncio a /armi misura del bene e del male: a lui chiedo luce per la mia intelligenza incerta} forza per la mzà volontà fragile) adempi-mento della mia illimitata sperama di vita. Credo in Gesù Cristo, Figlio unigenito immagine perfetta del Padre prima di tutti i tempi: in lui e per lui tutto è stato creato, per lui noi stessi siamo fatti a immagine di Dio, in lui siamo destinati ad essere figli. Il Figlio venne in mezzo a noi mandato dal Padre, assunse la nostra condizione umana,
in tutto simile a noi tranne che nel peccato, p erché fosse vinto il peccato dei figli di Adamo e a tutti si manifestasse la giustizia e la misericordia del Padre.
Gesù fu concepito per opera dello Spirito Santo e nacque da Maria Vergine. Annunciò il vangelo di salvezza per ogni uomo: perdono per i peccatori, libertà per i prigionieri, gioia per gli afflitti, riscatto per i perseguitati, vita eterna per tutti. Confermò la sua parola con segni prodigiosi, testimoniando la verità delle promesse di Dio e la potenza del suo amore di Padre. A Gerusalemme si consegnò volontariamente alla morte, ma promise ai suoi che mai li avrebbe abbandonati. Giudicato dal sinedrio e da Ponzio Pilato ' fu condannato alla croce. lVIorì secondo le Scritture. Il terzo giorno per dono del Padre e l'invincibile forza dello Spirito è risuscitato dai morti; nella sua umanità crocifissa e riscattata dalla schiavitù della morte è stato costituito Figlio in potenza, partecipe della signoria del Padre su tutto il creato.
Il Risorto si manifestò a quelli che lo avevano seguito nelle sue prove, confermò LIJ. pienezza la loro fede nel Dio vivo e li costituì testimoni viventi dell'invincibile forza di Dio che libera dal potere del peccato e dal tirnore della morte. Ai discepoli e a tutti quelli che credono in lui
confermò la promessa
di essere con loro ogni giorno e in ogni tempo,
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.finch� i giotni e i teri1pi
più non si succederanno.
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errà di nuovo nell� gloria per il giudizio: s�.a � .. quelli cne gll avranno creduto no accolto nella persona di oani avran o e l fratello "' regneranno con lui nella vita eterna·' quelli che non gli avranno creduto e non lo avranno accolto conosceranno la seconda morte che non ha fine. Credo in Gesù) mio Signore e mio Dio) e voglio vivere la vita ad imitazione di lui nella fedeltà alla sua parola e nel segno della sua dedizione.
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Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, che dal Padr� e �!al Figlio procede prima di ogni temoo. . In _molti modr e m molti tempi egh ha parlato per mezzo dei nroferi e inf�e,. nel tempo decisivo, p�r boc�a del Figlio. Da lm nsono . egli è inviato ad ogni credente per condurlo alia conoscenza della verità tutta intera. L
Per opera dello Spirito da ogni nazione, lingua e cultura è convocata la chies2. una, santa, cattolica � apostolica; essa è nel mondo seo-no e strumento della riconciliazione di tutto il genere umano·' essa è profezia e inizio della Gerusalemme celeste um'ana' della città impossibile all' onera 'ma possibile a Dio.
Dali? Spi�ito rinasce ogni credente,
n:edrante � b ttesimo per la remissione dei peccati . � . Nello Spmto I credenti si radunano 19�
per annunciare la morte del Signore Gesù, per proclamare la sua risurrezione nell'attesa della sua ven nta. Dallo Spirito viene la libertà: per essa i cristiani non vivono più sotto la schiavitù della legge, ma nella fede operante mediante la carità, nel servizio reciproco e nell'amore per tutti gli uomini. Dallo Soirito vem:ono i molti mirtisteri mediante i quali ;i edifica l'unica chiesa di Cristo. Dono dello Spirito è il ministero dei vescovi, custodi con il successore di Pietro dell'eredità apostolica e garanti in questa terra della comunione ecclesiale nell'unica fede e nell'amore fraterno.
Credo nello Spirito Santo, e da lui invoco ogni giorno fede, carità e speranza, per vivere nella comunione del Padre e del Figlio, con tutti gli uomini miez' /ratellz� ora e sempre. Amen.
La struttura del credo, limpidamente trinitaria, ricalca la traccia del simbolo apostolico5 e niceno-costantinopoli tano: per ogni persona divina alcune righe iniziali colgono
5 Nell'ultima pagina del catechismo Non di solo pane �recedente la for _ d1: mula del credo si afferma: «
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l'aspetto antologico immanente, aggiungendo poi in sintesi l'azione peculiare salvifica nei nostri confronti; la conclu -:i.�.TJ.e in corsivo di ogni parte svolge la funzione di coinvol ;;;e . il credente nell'adesione convit1ta ai contenuti di fede o .
orima espressi. Uno sguardo rapido ai contenuti permette di sottolinea re sinteticamente qualche aspetto. Di Dio Padre e Creatore si evidenzia la dinamica volontà prov-videnziale e misterio sa, interessata al creato e all'uomo: un Dio che vuoi fare storia con l'uomo come un padre con il figlio. La cristolo gia si presenta ricca: la prima strofa disegna il Figlio nell'e terna vita presso il Padre e con lui origine e fine di tutto; la seconda strofa presenta Gesù vero uomo, in tutto eguale a noi tranne che nel peccato; se ne traccia la vicenda umana come tentativo radicale di dialogo di Dio con l'umanità con una svolta decisiva: il Figlio stesso si fa uomo. La pneuma tologia si prospetta dinamica e relazionale: l'opera dello Spirito Santo è tesa a continuare l'opera di Cristo e il pro getto di solidarietà e condivisione del Padre. L'ecclesiolo gia si radica nella cristologia (è da rileggere la quinta stra fetta) e si sviluppa nell'ambito della pneumatologia: se ne sottoli..11ea la sacramentalità («segno e strumento») e la pro fezia, e tra i ministeri emerge quello episcopale nel garan tire l'eredità apostolica e la comunione ecclesiale. Anche l'antropologia si prospetta impegnativa: all'uomo viene ri chiesta grande responsabilità nel rispondere alla volontà provvidente e misteriosa di Dio, nel seguire il modello di Cristo, nell'accettare lo Spirito nel cammino verso la verità. Analogamente l'escatologia è pilotata strettamente dalla cristologia (da rileggerne le righe conclusive), con la consa pevolezza di un giudizio finale collegato con il nostro pre sente impegnato e credente. Da tutta la lunga formula emerge l'esplicito desiderio di raccordare gli atteggiamenti di fede cristiana attuali con la memoria cristiana dei simboli antichi. l\lla nel complesso, senza nulla togliere allo sforzo degli estensori (o dell'estenL
sore), resta netta un'impressione: che in questa paziente opera di cerniera manchi la creatività indispensabile perché . ...3' �-: ,;_a ,��s""-"" qn=Pf-0 ì • 1 • • I V.i...l.Llui g1oV2n.1 1e� LOri u o�Y_! DO;-,L)a..!..!V G.!.!.\... <\.L!.V o a i f d e vi ossa o iconoscere l'incidenza della fede nei problemi attuali personali e sociali 6. Resta una formula (come quelle teologiche) stesa a tavolino, utile più per gli addetti ai lavori che per i giovani. ��
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3. LE PROPOSTE DI E. FRANCHINI All'ambiente catechistico italiano, senza dubbio uno dei più vivaci del postconcilio nella penisola, appartengono anche i tentativi dr E. Franchi.11i, religioso dehoniano di ori gine bergamasca ma bolognese di adozione per motivi di lavoro. È stato per lunghi anni redattore de Il Regno: per questa rivista ha curato alcuni «studi del r:nese:> �untuali soprattutto nell'indicare il cammino della ch1esa 1ta 1an� ne dopoconcilio 7; or a dirige Settimana, sempre per le v1vac1 Edizioni Dehoniane di Bologna. Impegnato nella stesura dei catechismi nazionali italiani, non ha dimenticato la spi ritualità della propria congregazione religiosa 8, anzi nelle
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6 AI:taloga impressione dobbiamo esprimer� leggendo pr�poste, cro r:o logicamente successive, di teologi come quella d1 .A . CONT_RI, m Gesu, Cr�sto . � teo o�za. szste Figlio di Dio e Salvatore. Saggio di cristologia patmtzco-stonca matica, ElleDiCi, Toti..'1o-Leumann 1985, p. 205; o (anche se mdubbiamente più suggestivo per chi ha una buona formazione filosofico-teologica e u�a spiritualità un tantino intimista) il già citato credo proposto da B. FORTE, In L. LONGOBARDO, Introduzione all'edizione italiana a J.N.D. KELLY, I Simboli di fede della chiesa antica, Dehoniane, Napoli 1987, pp. X..XIX: �'CI, e ripreso in Piccola introduzione alla fede, pp. 119-122.
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in particolare Evangelizzazione nuova riforma, « l Reg.n?-attua
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20 (1975) n. 16, pp. 373-383; Un nuovo cristianesimo soczale7, IVl 21 (19;6) n. 2, pp. 31-41; Catechesi come «plantatio Ecclesiae», ivi 22 (1977) n. 20, pp. 444-452; Un sinodo per ricominciare, ivi 25 (1980) n. 20, pp. 478-489.
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8 Un bel profilo della spiritualità del fondatore de Deho?iani padre L. Dehon è proposto da Franchini stesso in un altro degli «studl del mese»:
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proposte di credo contenute n un vol umett�: ed c�t? . . all'équipe redattnce del catechismo degli adult1 v1 s1 nfa limpidameme 9. Le tre formule, a cui Rinnovare. zl messag (Jio approda, si radicano nella cristologia del Vaticano II (la ic apitolazione in Cristo, per cui tutto è redL'Tlibile), nella visione dell'uomo nuovo (che attraverso le virtù cristiane offre la visibilità quotidiana del regno di Dio nell'imita zione di Cristo, e addita la vera promozione umana), nel rinvio all'anno liturgico (che attraverso le feste cristiane concretizza un credo iconografico). l'vfa per cogliere le risonanze delle proposte di Fran chini bisogna probabilmente risalire oltre, alla spiritualità «sacerdotale» dehoniana incentrata sul Sacro Cuore, quasi simbolo fisicizzato del «puro amore» che si abbandona fi duciosamente a Dio, disinteressato anche della propria ani ma, dei propri meriti e delle proprie colpe. In tale luce si possono ulteriormente illuminare il tema della ricapitola zione del tutto in Cristo, l'ottimismo accentuato («il pecca to non è l'ultii"IJa parola», pur partendo da una visione della realtà ben connotata dai limiti), il Cristo come modello dell'antropogenesi definitiva . Nella loro densità i credo di Franchini (salvo il terzo, sull'annò liturgico) ri..'Tlangono
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cf. «Il Regno-attualità» 23 (1978) n. 12, pp. 274-283; più recentemente alcu� ne significative pagine sull'impegno sociale di L. Dehon sono firmate da Y.-M. HrLAIRE e G. CAt'v1PANINI, sotto il titolo globale Leone Dehon e la «Rerum novarum», «Il Regno-attualità» .38 (1991) n. 10, pp. 332-339. 9 Cf. E. FRMTCHINI, Rinnovare il messaggio . Per una riacculturazione dell'annuncio cristiano, EDB, Bologna 1978; la dedica iniziale suona così: «Ai componenti l'équipe redattrice del Catechismo italiano per gli adulti nel tentativo di giustificare alcuni contributi a loro sottoposti». In realtà il volu me di modeste proporzioni è composto di annotazioni rapide, raccolte in pagine che assomigliano talora a schede accostate sul problema dell'accul turazione della fede: quanto Franchini scrive è però tutt'altro che banale e ovvio. Per valorizzare il catechismo per gli adulti, pur manifestando alcune risetYe sull'ultima stesura, E. Franchini firma con G. Villani anche il voleme Il catechismo degli adulti. Dieci anni di ricerca per un itinerario difede, EDB, Bologna 1981 (dedicato alla stessa équipe).
proposte per piccoli gruppi abbastanza elitari 10• Ci limitia mo a riportare e commentare con un cenno meditati•JO la formula che FYanchini aggettiva come dossologica: in realtà si rivela profondamente teologico-cosmica, anche se atipica rispetto ai credo tradizionali, mentre la seconda che trala sciamo è maggiormente ricamata sull'antropologia dell'uo mo nuovo. Cristo Uomo-Dio è il programma inciso nel tessuto vita le dell'universo. La sua morte-risurrezione è il punto critico del mondo, è il focolaio di una vita nuova, è la legge di ogni divenire. Fondati su questa fede, noi proclamiamo nella speranza: l.
Crediamo che il mondo è libero, malgrado la pesantezza del le leggi naturali che sembrano vietargli ogni sortita verso un futuro inaspettato. Non esistono potenze tanto alte o profon de che ci impediscano di credere alla novità come miracolo di abolizione dei condizionamenti della materia.
2.
Crediamo che il mondo è percorso da un'energia di comu nione, che noi chiamiamo amore, e che nella natura è la forza più potente di trasformazione, il vertice della libertà.
3.
Crediamo che il nome concreto di questa energia di comu nione è Gesù Cristo, centro costitutivo del mondo, meta rica pitolatrice di ogni cosa: dall'inizio della creazione fino alla consumazione delle cose, un solo evento si svolge: l'incarna zione di Dio nell'uomo.
4.
Crediamo che lo Spirito che ha costituito Cristo si rende visi bile nella missione della chiesa di rivelare il disegno di ricapi tolazione, cioè il mistero del mondo chiamato a saldarsi in un unico corpo, mistero ignorato dagli angeli e dagli uomini fin ché non è annunciato dalla chiesa.
5.
Crediamo che lo Spirito, nella chiesa, non solo annuncia, ma opera. La chiesa ha il potere di trasformare sacerdotalmente se stessa e le cose portandole da materiali a spirituali, come
10 Le proposte di Franchini si trovano in Rinnovare zl messaggio rispet tivamente alle pp. 123-124 la formula dossologica, alle pp. 145-147 per il progetto cristiano dell'uomo nuovo, alle pp. 163-178 si ipotizza la formula iconografica.
200
l'acqua di Cana si è trasformata in vino e il pane si trasforma in eucaristia. Questo potere di trasformazione donatoci dallo Spirito noi chiamiamo sacramemalità. 6.
7.
Crediamo che ogni sforzo compiuto nello Spirito e dallo Spi rito, nella chiesa e fuori della chiesa, è destinato al successo. Nessun gesto «spirituale» è inutile, nessuno sforzo di pro gresso è sprecato. Questo noi chiamiamo immortalità. Crediamo che perfino il male e la morte possono essere cam biati di segno: non aboliti, ma trasformati; non distrutti ma rovesciati in positivo. Questa è la risurrezione.
8.
Resta all'uomo la possibilità del rifiuto radicale davanti al quale Dio si ferma con rispetto. TI male ha una sua tragica negativa grandiosità, una sua consistenza non annullabile, quanèo diventa scelta libera, ultima manifestazione della glo ria di Dio e della sua giustizia, che non tollera che sia abolita la capacità elettiva dell'uomo.
9.
Crediamo che Dio subordinerà misteriosamente ogni cosa, male compreso, alla signoria onnipotente di Cristo, ultimo evento della creazione, perché venga il suo regno ed egli sia tutto in tutti.
La vita causata da Cristo con la forza del suo Spirito ritornerà alla fine nel seno del Padre. Il vortice iniziato da Cristo, sulla spinta dello Spirito, rapisce la storia umana in Dio. Si riproduce così fin d'ora sulla terra quella circolazione incessante che ha il suo vertice nella Trinità. La Trinità è lo spazio aperto alle pos sibilità dell'uomo, perché l'uomo si dilati a questa dimensione definitivamente libera, radicalmente eversiva dei condizionamenti fisici materiali ll.
Il difficile tentativo di Franchini merita un cenno medi tativo. L'autore si sforza di rispondere ad alcune sfide tipi che degli anni Settanta individuabili nell'insistito determi nismo del mondo scientifico, nel pessimismo della società verso momenti storici e soggetti ritenuti lrrecuperabili, nel11 Abbiamo riprodotto il testo di Rinnovare il messaggio, pp. 123-124; i contenuti delia formula sono anticipati nelle pp. 107-122.
l'eterno problema del male e della morte. Prendendo ispi razione da Ef 1,3-14 e Coll,l3-20, Franchini ribadisce �a tegorie tradizionali è.ella rifless io ne cristiana, come libertà a�ore, incarnazione, sacramentalità, imm ortalità, risurre� z.Ion_e e ri cap itolazi one, rileggendole con sfumature origina li alla luce della Pasqua di morte e risurrezione, divenuta «legge di ogni divenire». Pur riconoscendo al male «una sua tragica neg ativa grandiosità», l'autore orienta verso una sostanziale apocatastasi della storia uman a e cosmica, dovu ta al «vortice iniziato da Cristo» che «rao isce la storia uma na in Dio» e conclusa nella «circolazion incessante che ha il suo vertice nella Trinità». Qualcosa della speranza cristia na della Gaudium et spes del Vaticano II ripalpita evidente mente nel testo di Franchini, assieme a qualche influsso di �e Sar de C�ardin che permette di acc�ntuare passi pao lim mv1tant1. alla speranza cosmica universale, anche tenen do conto dell'azione dello Spirito dentro e fuori la chiesa 12. Più che una professione di fede, il credo di Franchini è un atto di speranza, come egli stesso precisa nell'introduzione ai singoli punti della formula.
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12 Per la notevole ispirazione biblica (documentata nel testo stesso) e per l' accentua�a caratu�·a �i speranza universale e cosmica si può accostare . . alla formula dr Franchmr il sostanziOso Credo russo di ALEKSANDR l'vlEN' tradotto da Russkaja Mysl' e ripreso dal Centro Russia Cristiana in «L'altra Europa» 16 (1991) n. 6, pp. 6.3·66: il bel testo biblicamente documentato ?ffre tipiche assonanze e accentuazioni slave a suona la sil"ltonia cristian m modo molto vicino al catecheta italiano.
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CAPITOLO XI CP.EDO BF�VI LATINO-A.Ll\1EillCANI
Pur avendo già segnalato tra i credo liturgici, per con sonanza accanto alle proposte di P.A. Se queri alcune pro fessioni di fede cantate in Brasile, pensiamo utile dedicare un capitolo all'America Latina degl i anni Settanta: qui le comunità cristiane, in stragrande maggioranza di tradizione cattolica, hanno tentato una inculturazione contemporanea della fede cristiana tra le più interessanti, percepibile anche nei credo brevi di quegli anni. Nativamente i popoli latino-americani si autopresen tano poeti e contemplativi, cantori e gi o colieri : basta ri chi amare il loro stile nel gioco del calcio o rivedere qualche immagine del carnevale di Rio per individuare il denomina tore comune a tutto il variopinto crogiolo latino-americano proprio nell'intenso desiderio ·di godere la vita. Nei nostri decenni (e probabilmente pure in passato, anche se forse con minor consapevolezza) a tale innato at teggiamento si accosta e si coniug a insieme la drammatica presa di coscienza di trovarsi alia «periferia del mondo»\ ,
1 L'espressione è usata in questo senso da L. BoFF in La fede nella peri feria del mondo (dedicato al vescovo dom Pedro Casaldaliga), Cittadella, As sisi 1980: con una punta di amarezza, la diagnosi è ribadita Ìt"'1 Con la lzbe? tad del Evangelio, Nueva Utopia, Madrid 1991, che anticipa l'ultimo tratto della parabola ecclesiale dell'autore, l'abbandono dell'ordine francescano e del ministero presbiterale annunciato il 27 giugno 1992 con una «lettera ai compagni e alle compagne di cammino e di speranza>> (cf. «Adista» 15 luglio 1992, pp. 3-5 e «Il Regno-documenti» nel n . 15/1992, pp. 500-502). In tale orizzonte, forse parziale ma tutt'altro che disprezzabile, viene ri letto da vari scrittori latino-americani il quinto centenario della «scoperta» dell'America, ad esempio in �
dove i popoli poveri sono sempre più mar.o-inalizzati e sfruttati, umiliati e defraudati della loro cultur� -prima che delle proprie risorse economiche. Nelle comunità cristiane è emersa una conseo-uente esperienza di chiesa che si compromette in maniera i�cisiva per la gestazione di una società più giusta e fraterna: tale esperienza, se da un lato può preoccupare il mondo euro peo e soprattutto nord-americano, ha stimolato i.tJ. loco una notevofe ri�ession� t�ologico-catechistica a sostegno. L'iter ?e�a nf1�ss1one cnst1ana prende le mosse appunto da una Indignazione etica suggerita dall'esperienza relio-iosa (tut �'al�ro che superficiale) della sequela del Cristo Servo, che �v1ta � risc�prire �a dign!tà um�na in ogni creatura; segue _ stonca soCio-analitica _ l anahs1 de1 meccanismi scandalosi ri let�i attraverso gli strumenti delle scienze sociali; infine la f�d� sugg�risce piste di azione liberatoria per un processo d1 hberaz10ne integrale, privilegiando mezzi non-violenti, ma non escludendo la violenza inevitabile come caso limite2.
19?2- La voce delle vittime. Non va dimenticata qualche voce africana, che si alhnea �on sofferenza sulla stessa diagnosi, ad esempio quella dello scompar so c�rdmale Mal;lla d� �(inshasa, �he pure aveva ispirato e appoggiato la co raggw�a presa dr posrz1one (quasi una confessione di fede cristoloo-ica) dei v��cov� dello Zaire r�g uardo all'autenticità della fede in rapporto all\utenti _ cita za1rese, per rettificare sbandamenti in un difficile momento storico: il g_ov�rno �":'eva soppresso i nomi cristiani di origi.1' e non africana, i movirnen tl giOvanili confe?sionali, il crocifisso nei luoghi e uffici pubblici.. . (cf. «Il Regno-docum�nti» l/1975, pp. 163-167: la stagione difficile è presentata in due doc�menn: Dz_ fronte alla situazione presente e La nostra fede in Geszì (;_rzsto; SI possono le�gere in inglese in Giving account o/ the hope together, _ , nvolta alle comunità cristiane nel proprio interno la let c1t., pp. b-22); pm tera pastorale d1 un altro vescovo zairese, E. MBANGA, dal titolo Anch'io sono un uomo del marzo 1976 (tr. it. nella collana «Maestri della fede» della ElleDiCi, n. 109). 2 Sinteticame?te L. BOFF in Igreja. Carisma e poder, Petr6polis 1981, PP-. 39-41, dove m nota sono presenti altri autori latino-americani (in it. _ Chzesa: carzsma e potere, Boria, Roma 1983, pp. 34-36 da leggere nel con' . testo �I pp. 23-36). Più in generale R. GrnELLINI, Il dibattito sulla teologia . della lzberazzone, Queriniana, Brescia 1986.
cristiana as In tale ambiente la riespressione della fede evidente risente che , nalità» sume un forte tasso di «tegio ente facilm è non e ana americ latinoone mente della situazi no. La teologia cristia o mond del zone altre in ribile rrasfe metodo induttivo-circolare più assume come congeniale il sviluppa dentro una forte e si vicino alla vita pastorale; locale; accetta di rilegge chiesa di enza esperi coinvolgente opache ormai croniche come re cristianamente anche realtà o; prospetta la necessità la sofferenza dovuta al sottosvilupp regno di Dio qui e ora del i» pazion improrogabile di «antici a leggere e a creare ativa stimol alità spiritu attraverso una oltre una spiritualità andare ad do invitan tempi, dei ni seg pur�mente consolatoria. del E orobabile che si debba tener conto storicamente so» «diver nato è icano -amer latino o cesim cattoli fatto che il e: è scaturito dalla rispetto al nostro europeo continental icani, gesuiti, domen , predicazione di religiosi (francescani almente spiritu storica onta l'impr carmelitani ...); ne porta 3, ma in fondo Maria ergine V alla e isso Crocif al ancorata locali. Si può. leg anche più libera e attenta alle situazioni ad esempio, nella se, succes gere una analogia con quanto parte dei monaci da niche Britan Isole catechizzazione delle tuttora la rimane ye» «Abba la che punto al i, benedettin più pre i cattedrale, come per r .A.merica Latina i vescov dei refile dalle finora parati e significativi provenivano 1:_:��:4
ug1u::.1 .
3 «L'i\.merica Latina è stata evangelizzata nel segno di .Maria e nella fecondità della croce di Cristo»: così riaffermava nella conclusione il «pano rama» dell'evangelizzazione in America Latina, spumeggiante di speranza e insieme duramente realistico, presentato al Sinodo episcopale dell'autunno 1974 (sull'evangelizzazione nel mondo contemporaneo) e letto in aula da E. Pironio: cf. «Il Regno-documenti» 19 (1974) 19, pp. 508-512: l'affermazione si trova al n. 25 a p. 512.
4 Il passagaio dalla spiritualità ispanica di tipo consolatorio e ritualistico a una spirituali�à più impegnata eticamente risulta marcato in Ainerica Lati . na proprio dai religiosi, più capaci di muoversi sul tracciato del Vat1c:mo II
Ca.tatte.rizz.:iti da tale contesto nmevolmeme «confes sD.nte» e «combattente»5, i credo brevi proposti da vescovi come Casaldaliga, da chiese diocesane come i canti battesirispe�to al, clero _di_ocesano formato in Seminari guidati in gran parte da preti _ �trame�L E possrbile che l'ecclesiologia latino-americana risenta, ad esempio, m ma�uer_a acc �ntu� ta della fraternitas francescana provocante ad una logica . eccleswstica plU onzzontale e partecipativa, creando qualche problema di governabilità per la chiesa universale. Tuttavia gli interventi di Roma firmati dal cardinale J. Ratzbger sulla teologia della liberazione latino-americana s�mb�ano più preoccupati delle sue ascendenze marxiste, nella lettura della situazione per mezzo delle scienze sociali e nell'insistenza sulla prassi: la vo ce di Rom� è senz' altro utile stimolo di verifica per la riflessione, particolar mente per la pars destruens, cioè sui rischi di una lettura riduttiva della Bib bia. Cf. per una prima documentazione il dossier Teologie della liberazione sotto accusa, «
. 5 Forse anche per tale stile teologico-catechistico a punta «Fede e Costi tuzw?e» ha ra�colt� �olenti_eri in alcuni quaderni i credo brevi ispano . amencam, quasi tutti di matrice cattolica, in Confessing our Faith around the Wo�-ld III (Th� Carribean and Centrai America) e IV (South America), «Fmth and Oraer Paper», no. 123 e no. 126, Geneva 1984 e 1985; già pri �a, a esempio, in Con/essing , I, no. 104, Geneva 1980, p. 65 (un credo _ _ de \Jrcara?ua) e ID R endre raz on de l'espér�nce qui est en nous del giugno _ _ 19; o (tra 1 documenti proposti ID preparazione alla sessione di Bangalore: 16-30 agosto 1978), Appendix IV, p. 16 (un credo peruviano di Homero Perrera [sic�], preso da «Cancionero Abietto» no. l - ISEDET - Instituto Superior Ev�ng�lica de Estudios Teologicos di Buenos Aires, p. 21) che leg _ geremo tra 1 pnmr. Tradurremo prevalentemente i testi dei credo proprio dalla r �ccol�a gl��e di «Fede e Costituzione», non avendo purtroppo tra mano 1 testi ongmah ID spagnolo e portoghese; solo in alcuni casi esiste aià b la tra uzione ii?- italiano, che citeremo. Il senso dei testi dovrebbe comunque _ appanr� �uffi�Ie?-�emente chiaro e (speriamo) fedele anche attraverso due , passaggi Hngmsticr.
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base mali della diocesi di Lins 6, da gruppi e comunità di una fede impe di io annunc e ia denunc di in1pasto un sono ata a trasformare il mondo attuale; mostrano la vitalità an t) . 1 . 1 oltre JJ. sac;_·anJ.ental.levangellzzatnce di una cn1esa cne va zare nulla di ciò disprez senza pur lo, smo coloniale spagno il desiderio di con ma , P?ttato ha a cristian ne tradizio la che una nuova bere l'acqua alla fonte pura. E evidente anche nte più lentame e le pastora ermeneutica dei testi biblici, più che gioiose, e iiate persegu ità comun di collettiva da parte li. Aposto degli Atti degli schema sullo vivere di cano cer e br credo dei Dovendo proporre una selezione rapida in scritti a cattolic matrice di vi, privilegiamo alcuni testi icare proposte varie nazioni latino-americane, senza diment almeno di mo tentere che ioni confess altre di i ressant inte segnalare in nota. ,
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1. CREDO LITURGICI Il valore e il possibile apprezzamento delle formule e so seguenti è indubbiamente vario, secondo i proponenti deg!le te propos ue omunq c · prattutto il contenuto: restano nte nella liturgia bat 6 Sono testi trinitari molto semplici, usati abituaL-ne guidata da un tesimale della diocesi brasiliana di Lins (stato di San Paolo), dalla precarietà e segnata basso, dal parte fede La . salesiano vescovo bravo indicare un signi dalla tensione, per sfociare in alto nella speranza capace di traduciamo la pri ficato che va oltre le realtà penultime. A titolo di esempio, IV, pp. 21-24: ma delle tre confessioni battesimali riportate da Con/essing. particolare affetto «Noi crediamo che Dio è Padre, l che si prende cura con sfruttati. l Io l dei sofferenti, dei piccoli, l degli emigranti, dei poveri e degli _che Gesù credo, Signore, l ma vieni e aumenta la mia fede. l Noi crediamo dare la vista ai venne «per annunciare l la Buona Novella ai poveri, l per credo, Signore, l ciechi, l e per liberare quelli che erano maltrattati». l Io Santo rivela l ma vieni e aumenta la mia fede. l Noi crediamo che lo Spirito l con i il suo amore ai piccoli l e ci dona la forza l di lottare fianco a fianco la volontà del nostri compagni l per forrnare un mondo fraterno l secondo Amen». Padre. l Io credo, Signore, l ma vieni e aumenta la mia fede. ..
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di atte!:!zicne per le sforzo di .::-idi.te la fede persino in canto com'è congeniale in America Latina, sotto costellazioni eh� non sono le nostre abituali europee. Iniziamo da tre «testi monicmze» eucaristiche peruviana, nicaraguense e cilena. a)
Io credo in Dio (dalla )\;fessa Jazz di
H.
Ferrera) ì
I n P erù, �aese I?-at�ralmente molto ricco per la presen . . za d1 mmerah prez1os1 e petrolio, ma i11 realtà fortemente indebitato con l'estero e caratterizzato da larghe fasce di disoccupazione e miseria diffusa nonché ultimamente dal fenomeno del terrorismo di «Sendero lumin.oso», è nato questo canto proposto per il momento eucaristico: l.
Io credo nel Dio vivente, negli alberi, nei fiori, nella gente che ora vede più chiaramente.
Io credo nel Dio di libertà, che ci re_nde liberi dali' oppressione, nelle fabbriche, nell'università, attraverso la gente che oggi brama di essere umana. Rit.: Io credo... in Dio, Io credo la sua potenza liberatrice; Egli ci diede vita e luce per mostrare in modo più splendente il suo grande amore. 2.
Io credo nel Dio di pace, che ci salva dall'autodistruzione ' in guerra in morte per fame, attraverso la gente che oggi combatte per la propria libertà. Io credo nel Dio di potenza, che nella sua forza vuole fare cose più o-randi in ciascuno di noi, nel mondo intero, o quant'è maestoso e glorioso il suo grande nome!
1 ì Da Co z essirzg our Faith around the World, IV, p. 110. Ci resta qual : C�1e perplesslta sul nome esatto dell'autore e sul testo del credo abbastanza diverso in Rendre raison de l'espérance qui est en nous, cit., a p. 16.
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Ri.t.: Io credo...in Dio, Io credo la sua potenza liberatrice; Egli ci diede vita e luce per mostrare in modo più splendente il suo grande amore. Coda: Lui ci farà liberi . . . (4 volte).
Nonostante l'afflato poetico, una parentela spirituale con la teologia della liberazione (Gustavo Gutierrez è pe ruviano!) si rivela nei vari termini derivati dal verbo «libe rare» e affermanti nel canto la fame e sete di giustizia con tro le diverse forme di violenza che questa giustizia deve subire. Pur indicato per un momento tipicamente cristiano, il credo propone accenti prevalentemente veterotestamentari deuteronomisti di grandezza di Dio e di sofferenza dell'uo mo: anche nella tribolazione il popolo non cessa di invoca re Dio (Sal25; 44 . . . ), perché comunque «santo e terribile è il suo nome» (Dt25,58) e Dio resta il vivente (Gs 3,10; Sal 42), colui che ha condotto il popolo ebreo dalla schiavitù alla libertà. Da questa fede ribadita scaturisce l'impegno a leggere la presenza attiva di Dio nel cosmo e nell'uomo e insieme a combattere attivamente per la libertà. Nell'abbondanza di affermazioni teocentriche l'appello al Cristo e allo Spirito non è neppur evocato, così come manca un richiamo alla chiesa e alla vita spirituale. L'escatologia è rivolta prevalen temente al presente: la speranza è prossima al compimento nell'impegno di umanizzazione attraverso il lavoro (le fab briche), la ricerca scientifica e lo studio, e le asp irazioni umane che portano i popoli a combattere per la libertà. La fisionomia di Dio stL"TTola l'uomo ad essere se stesso e a ol trepassare i soliti orizzonti proprio perché Dio «vuole fare cose più grandi».
La vicenda storica recente del Nicaragua nel Centro Arnetica, con la lun.ga e dura guerriglia sandinista. com:ro il dittatore Anastasio Somoza, la presa del potere del «fronte sandinista» nel novembre 1979 e le conseguenti difficoltà della chiesa locale è sufficientemente nota. Il credo «conta dino» risulta una buona testimonianza del clima anche di preghiera che accompagnava la guerriglia 8, una preghiera che ha un timbro i..r1dubbiamente proprio e per certi versi parziale: ascoltiamolo. Credo, Signore, fermamente che dalia tua prodigiosa m'=nte tutta questa creazione è nata, che dalla tua mano d'artista di pittore primitivo la bellezza è sbocciata: le stelle e la luna le casette, i laghi, le barchette naviganti sul fiume verso il mare, le immense piantagioni di caffè le bianche distese di cotone 8 La messa contadii1B nicaraguense è opera di Carlos Mejìa Godoy; il testo integrale del credo è riportato dal brasiliano C.A. LIBANIO CHRISTO in Diario di Puebla (GdT 116, Queriniana, Brescia 1979, pp. 25-26), dopo averlo ascoltato di notte in un accampamento ai confini con il Costarica, in clima di preghiera. Parzialmente il testo è riportato i.'1 Con/essing ... , I, p. 65, e completamente in Con/essing , III, pp. 53-55, accompagnato da una bre ve introduzione che lo contestualizza e dal canto d'inizio; al testo campesifio ' viato alla Conferenza episcopale ni fa compagnia, alle pp. 69-70, il credo i.l caraguense dai religiosi entrati come mi.'1istri a far parte del governo sandini sta (Ernesto e Fernando Cardenal e Miguel d'Escoto con Edgar Parrales). Da un analogo ambiente di socialismo reale centroamericano viene una lunga «confessione di fede>> della chiesa presbiteriana riformata a Cuba, si gnificativa per il rapporto tra promozione umana e salvezza cristiana: cf. Confessing . , I, pp. 41-64; in tr. it. di F. Comba con Nota-commento di S. ROSTAGNO in Confessione difede 1977, «Brevi Studi», 3, Claudiana, Torino 1980, pp. 17-56. . . .
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210
e le foreste mG.tilate dalia scure criminale. Credo in te architetto, ingegnere, artigiano, falegname, muratore e carpentiere, credo in te costruttore del pensiero della musica e del vento delia pace e dell'amore. Credo in te, Cristo operaio, luce da luce e vero figlio unigenito di Dio che per salvare il inondo nel ventre umile e puro di lVIaria s'incarnò. Credo che fosti colpito con scherno torturato sulla croce martirizzato essendo Pilato pretore il romano imperialista cinico senz'anima che, lavandosi le mani, volle diffondere il terrore. Credo in te, compagno, Cristo umano, Cristo· operaio, sulla morte vincitore col sacrificio immenso generasti l'uomo nuovo per la liberazione. Stai risuscitando in ogni braccio che si alza per difendere il popolo dal dominio sfruttatore perché sei vivo nel tugurio, nella fabbrica, nella scuola, credo nella tua lotta senza tregua credo nella tua risurrezione. 211
Analogamente ad altri credo, la formula si sofferma su Dio (Padre) e su Cristo, senza richiamo allo Spirito e alla chiesa. Dio è visto con l'occhio con.templativo del cs.mpesi fio, come creatore di una natura bellissima: ma la poesia scompare di colpo di.11anzi all'insidia tutt'altro che ipotetica dello sfruttamento «criminale» delle foreste «mutilate» dai disboscamenti intensivi delle multinazionali. Di Gesù, rico nosciuto nella sua divinità come «luce da luce», «vero figlio unigenito di Dio» e nella sua umanità reale, si sottolinea soprattutto la funzione liberatrice e soteriologica a livello . 1 soCla�e. Nato in circostanze di particolare gravità per la negazio ne dei diritti umani fondamentali, il credo espri.me coscien za impegnata della propria dignità e piena fiducia in Dio che realizza le giuste speranze; dice una fede popolare in Cristo che agisce e alla fine trionfa nella storia; e insiste sul la risultante storica di una liberazione integrale che Cristo opera nel cuore dell'uomo anche attraverso la sofferenza e la lotta. Non s:i possono con facilità individuare ascendenze di theologia crucis, però la fecondità della sofferenza verso la risurrezione nori è taciuta: l'uomo nuovo non nasce dal nulla e senza sforzo.
c) Io credo che dietro la nebbia il sole attende Dopo il violento colpo di stato militare del 1973 il Cile ha conosciuto un periodo travagliato di repressione anche culturale sotto il governo militare del generale Pinochet, al l' insegna degli ideali della «sicurezza nazionale» e dell' anti comunismo ossessivamente inculcati. In clix:na di violazione continua dei diritti umani e di possibile risposta altrettanto violenta contro la repressione, la chiesa cilena sotto la gui da del cardinale Silva Henriquez resta unita e si propone come buon punto di riferimento per la speranza. 212
Al termine del Simposio internazionale sui diritti del l'uomo, tenutosi a Santiago nel novembre 1978, il cardinale arcivescovo invita i partecipanti ad una messa di chiusura per la sera del 25: la messa viene celebrata alla luce delle candele ad indicare la speranza nonostante l'oscurità e il ri cordo di Caino e Abele. Il credo viene cantato con queste parole9: Io credo che dietro la nebbia il sole attende. Io credo che oltre la notte buia c'è una pioggia di stelle. Io credo nei vulcani segreti e nel mondo sotterraneo. Io credo che questa barca perduta giungerà ad un porto. Loro non mi ruberanno la speranza, essa non sarà spezzata, essa non sarà spezzata, essa non sarà spezzata; la mia voce è piena da scoppiare nel desiderio di cantare, il desiderio di cantare. Io credo nella ragione dell'uomo e non nella forza delle armi; io credo che la pace sarà seminata da una capo all'altro della terra. Io credo nella nobiltà dell'uomo, creato ad immagine di Dio, e nella libera volontà dell'uomo alla ricerca dei cieli. Loro non mi ruberanno la speranza, essa non sarà spezzata, essa non sarà spezzata.
9
Testo inglese in
Con/essing
. . .
, IV, p. 65.
La formula riflette un clima di chiesa militante che avverte il bisogno di dare ali alla speranza nel difficile compito di difesa dei diritti umani: la prili:a strofa sfrut ta immagini cosmiche molto sug gestive e incoraggianti oltre il presente oscuro; la seconda punta più decisamente l'o biettivo sull'uomo riletto come immagine di Dio; la con clusione (che è anche il tema centrale insistito) coincide con la riaffermazione che la speranza non sarà spezzata. L'impronta etica del testo risulta evidente, esplicitata più nei fondamenti che nella prassi concreta: la formula infatti ha struttura teocentrica e tuttavia stimola un cammino di liberazione dell'umanità alla luce del fatto di essere tutti uomini creati ad «immagine di Dio»: il che permette la pre ghiera corale e l'abbandono fiducioso alla speranza.
2. I
«CREDO - NON CREDO»
La struttura «annuncio-denuncia» si ma nife sta chiara in altre formule di fede latino-americane, che graffiano sulla realtà in nome di una fede che, se affermata, esige per con trasto un immediato «non-credo» come reazione a fatti e affermazioni della realtà quotidiana 10. Alcune formule fir mate da intere comunità e da -singoli credenti sono illumi nanti. a) Noi crediamo in Dio illz'beratore (Colombia) Governi deboli, per Io più militari, e guerriglia fanno da sfondo al vero potere b Colombia, detenuto da pochi ric chi che attraverso la rete mafiosa dello smercio della coca (da ricordare «il cartello di Medellin») controllano anche la 10
Una simile struttura del credo non è esclusiva dell'Amer ica Latina: basta richiamare Il Dio in cui non credo del vaticanista spagnolo ]. ARIAS, Cittadella, Assisi 1969. ·
214
o·ente e la terra. Disoccupazione e delinquenza, pr�stituzio �e e drmza fanno parte della vita d'ogni giorno. La gente • o. 11 ..[ ,-! ,..,� � .,......, ,...:!� ! ._.r4...., �--COffiìJJJ.e s1 ag g rappa aua .t�ue 111 ;:,!tua.Z �'J:le �.l l_.J.!.V.!.VL.!.Ja. ,!��giustizia strutturale, espnmendola tnmtanamente cos1 . ll
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Noi crediamo ii1 Dio, la sorgente della vita, che ci libera da tutte le schiavitù e conduce tutti alla pienezza. Iv1a noi non crediamo a un sistema che ci nega la vita, che lascia più di cento bambini della nostra gente 1 • • ._. morire og�i giorno, . che lascia il 6 7 per cento de1. nostn bam01m sottonutr1Ll e il 50 per cento della popolazione a soffrire senza cure mediche. Noi crediamo in Dio, il Signore della storia, che è solidale col povero attraverso il suo disegno di liberazione e di unità. Noi crediamo che le persone devono realizzare il suo piano nella storia. Ma non crediamo nei progetti del ricco e dei nostri governanti che pagano salari di fame e confondono la sicurezza nazionale. con la sicurezza di poche famiglie che si appropriano la ricchezza delia gente. Noi crediamo in Gesù Cristo, nostro fratello maggiore, che camminò come un uomo povero (schierandosi) dalla parte della sua gente. Noi crediamo nella sua missione liberante, che e chiaramente affermata nell'evangelo di Luca, <(Il s:.gnore mi ha mandato ad annunciare buone notizie m e a dare libertà agli oppressi». 11 Cf. il lungo credo in inglese in Confessùzg. , IV, pp. 7�-79; già prima in tedesco in H. GoLDSTEIN, Tage zwischen Tod un_d A�qersiehu:J�, PI:· 274ss, su cui si fonda la traduzione inglese: nonostar:-te 1 van P assaggllmgm , non usando stici il testo dovrebbe essere riprodotto con sostanziale fedeltn, termini tecnici con particolari significati. . .
Noi crediamo in Gesù Cristo che fu perseguitato e crocifisso e che morì perché la sua vita era guidata dalla volontà di giustizi2. e dall'amore del Padre suo per il suo popolo. Noi crediamo che la sofferenza e la morte di Gesù continua oggi nella persecuzione e nella morte di lavoratori, sindacalisti, agricoltori, passanti, scolari, studenti, indigeni, preti e professionisti e di tutti coloro che stanno chiedendo i diritti della gente. Noi crediamo in Gesù Cristo che è di nuovo risorto ed è presente in mezzo a noi, il Figlio del Padre che inaugura la nuova umanità e la nuova società dove re2:na magaior aiustizial D D li,berta ed, eguagli·anza. �
,
Noi crediamo nello Spirito Santo, la promessa di Gesù garanzia di liberazione ovunque esiste ingiustizia e schiavitù. Noi crediamo che la giustizia si sta creando attraverso la lotta dei sindacati, nei gruppi di solidarietà del villaggio e del vicinato e negli scioperi. ·
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l\1a non crediamo in una società dove il 25 per cento della popolazione che cerca lavoro non trova nessun lavoro da fare e il 25 per cento dei bambini non riceve educazione.
�Joi
crediamo nello Spirito Santo, e il difensore di coloro che sono perseguitati ingiustamente.
l' awocato del povero
l\1a non crediamo i.n. tutti coloro che sostengono la legge marziale, né i.1 coloro che difendono quelle riforme legali che servono solo gli interessi delle classi dominanti. Noi crediamo nella chiesa che cresce n�ll'opzione preferenziale per il povero ed è segno di fraternità per ogni gente.
Ma non crediamo in una chiesa che è divisa tra ricco e povero. Noi crediamo nella cbiescz della quale gli Atti degli Apostoli ci dicono: «E tutti i credenti vivevano insieme e avevano ogni cosa in comune; e vendevano i loro beni e possedimenti e ne distribuivano a tutti, �econdo il bisogno». Noi crediamo nei cristiani della Colombia che sanno, nel comportarsi secondo il vangelo, che il loro impegno dev'essere, come quello di Cristo, un impegno per il povero.
Nella lettura del lungo credo impressionano da una oarte la struttura tri.t'1itaria ed ecclesiologica biblicamente ben fondata, dall'altra la crudezza di una storia che, cifre alla mano, sembra completamente sottratta all'amore di Dio e degli uomini. «Gente» è il termine più frequente, sul la cui pelle si misurano le percentuali impressionanti della fame, della malattia e dei salari insufficienti, e si consuma no le ingiustizie fatte in nome della sicurezza nazionale e della divisione delle ricchezze.· Il soggetto orante prega e soffre con il suo popolo e ai suoi fratelli offre il credo, con tutto il potenziale di rabbia e di dolore, come atto di coraggio e di speranza. L'ancorag gio biblico è solido: Dio è la sorgente della vita (Sal 36; Pro 14,27) che libera da tutte le schiavitù (Dt 26,6); è il signore della storia (Sal 77; 78; 105; 106), solidale con il povero (Gb 34,28). Gesù Cristo è il fratello maggiore (Rm 8,29), colui che sta con i poveri e i peccatori (Mt 5 e Le 6,20 e 7,7; anche Le 4,18 con Is 61,1-2), fedele alla volontà del Padre fino alla croce (Mt 26,53; Gv 16,32), colui che inau gura la nuova umanità (Ef 2,15). Anche lo Spirito è la pro messa di Cristo (Gv 16,7), caparra di liberazione totale (2Cor 1,22; 5,5), awocato e paraclito (Gv 14,16 e 16,7). La chiesa viene sognata nello schema degli Atti 2,42.
Teologicamente il credo colombiano è molto ricco, an che se accentuatamente condizionato dalla situazione: in filigrana si legge senza difficoltà urla specie di sncramentalità proiettata sulla figura del povero come icona di Cristo sof ferente, pestato dai signori di questo mondo (sulla linea di l\1t 25) 12; viene valorizzato come forma di martirio l'impe gno ìnsonne e pericoloso in favore della povera gente. Una certa gerarchia delle verità scende gradualmente da Dio Pa dre al singolo credente colombiano, impegnati tutti per il povero. b) Il Dio in cui credo (di Frei Betto)
Nel caleidoscopio di razze che abita il Brasile, lacerato da stridenti contraddizioni sociali ma con una chiesa molto viva e impegnata, la poesia offre un ottimo strumento per dire anche l'indicibile della fede. Carlos Alberto Libanio Christo, frate domenicano meglio conosciuto con il nome di Frei Betto, scrittore, giornalista (famosa una sua inter vista a Fidel Castro!) e teologo, rinchiuso in carcere per sei anni con l'accusa di aver favorito una f..1ga di terroristi, fitma la sua fede in una poesia giocata sulla denuncia annuncio 13: Io non credo nel dio dei magistrati né al dio dei generali o della retorica patriottica. 12 Sul brano di Mt 25 è giocata una commovente formula brasiliana leg gibile in Confessing.. , IV, p. 42: ogni strofa inizia con Il suo nome è Gesù Cristo, ma vi si descrive il volto e la vita dell'indigeno e dell'afro-americano, del contadino e dell'operaio che abita negli slums, del sottoproletario, del bambino senza famiglia e del vecchio inutile in una società tecnica: per concludere alla fine «Avevo fame... Vieni, benedetto, e prendi possesso del Regno preparato per te». .
13 Testo inglese in Conjessù1g .. , IV, pp. 30-31: il nome di Dio scritto con l'iniziale minuscola nella prima parte del credo sta nel testo inglese, a sottolineare l'idolatria di certi appelli a Dio. .
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Io non credo nel dio degli inni tetri né al dio dei tribunali o dei preamboli delle costituzioni e degli epiloghi di eloquenti discorsi. Io non credo nel dio della buona fortuna del ricco né al dio della paura dell'opulento né al dio della felicità di chi spoglia la gente. Io non credo nel dio della falsa pace né al dio della giustizia che non sia della gente né al dio delle venerabili tradizioni nazionali. Io non credo nel dio di vuoti discorsi né nel dio di auguri formali o di matrimoni senza amore. Io non credo nel dio fatto ad immagi11e e somiglianza del potente né al dio inventato come sedativo alla miseria e alla sofferenza del povero. Io non credo nel dio che dorme dentro le mura della chiesa o giace nascosto nei tesori della chiesa. Non credo nel dio del Natale consumista né in un dio di accattivante pubblicità. Io non credo nel dio fatto di bugie fragili come vasi d'argilla né al dio dell'ordine stabilito che si basa sul disordine e lo accetta. Il Dio in cui credo nacque in una grotta. Fu un ebreo. Fu inseguito da un re straniero e fu ricercato attraverso la Palestina. Egli rese la gente suoi compagni e diede pane agli affamati luce a chi era nelle tenebre libertà a coloro che erano LIJ. schiavitù e pace a chi pregava per la giustizia. "J10
Il Dio in cui credo pone gli esseri umani prima della legge e l'amore al posto delle tradizioni antiche. Non ha una pietra dove posare la sua testa e si confonde con i poveri. Le uniche sue discussioni con g:ente istruita si v�rificarono quando fu mess� in dubbio la sua parola. Egli fu presentato davanti ai giudici che cercarono di coglierlo in fallo. Fu visto in mezzo ai poliziotti come un arrestato. Entrò nel palazzo del governatore per essere flagellato. Il Dio in cui credo portò in capo una corona di spine. La sua tunica fu i11teramente intrisa di sanaue. ;:, T'l l .r:.ooe la scorta per tenere sgombra la strada davanti a lui verso il Calvario, dove morì, tra ladri, sulla croce. Il Dio in cui credo non è altro che il figlio di Maria, Gesù di Nazareth. Ogni giorno egli muore crocifisso dai nostri atti egoistici. Ogni g io rno risorge da morte per la forza del n o stro amore.
. La
f�xmula
è eviden temente costruita in due spezzo
m, quas1 a pars destruerts di denuncia dura e construens di
annuncio scarno, cristologicamente centrato. Nel primo spezzo 1e !a lunga serie di denunce punge anzitutto il pote � re costl�mto �he strumentalizza Dio ai prop ri fini, per poi denunciare l'Idolatria dei potenti e dei ricchi che vivono in una dorata ambiguità, senza dimenticare la chiesa ufficiale che addormenta Dio stesso. Nel secondo la confessione di fede cristologica (mancano riferimenti al Padre, allo Sp irito 220
Santo e alla chiesa) disegna la fisionomia di un Dio forte mente compromesso con l'uomo, un Dio incarnato solidale con tutte le miserie uma:ue: nato in una grotta, perseguitato fin dall'inizio nella strage degli innocenti, è un Dio che sfa ma, dona pane, luce, libertà e pace. La sofferenza e la pas sione che Gesù ha dovuto subire sono causate dalle stesse categorie di persone denunciate all ' inizio del credo: nel no me di Dio uccidono Dio. La storia di Gesù si ripete nella storia del popolo brasiliano e nella storia di frei Betto: il cenno alla polizia che lo sorveglia vale più per l'autore che per Gesù. L'autobiografia colora indubbiamente la formula che può apparire demonizzante in certi passaggi della prima oarte: resta comunque il fatto che la passione di Cr isto �onfuta la mediocrit :l e l'ambiguità di ogi1i potere di questo mondo, soprattutto qualora osi proporsi come surrogato di Dio, farsi arbitro dei fondamentali diritti alla vita, alla li bertà, alla dignità di un ' e sistenz a umana. La formula suona come chiaro invito a non rassegnarsi, perché, alia luce della fede, Dio è presente in Cristo nella nostra storia presente: nella storia di ogni giorno Egli muore e risorge. Seguendo la prassi di Gesù, l'uomo fa risorgere C risto al p osto delle false divinità tuttora presenti. c) Credo nella nuova umanità (di dom Pedro Casaldaliga) La forma antitetica e critica nel ridire la fede cristiana come significativa oggi nel cammino verso una nuova uma nità si adatta molto bene alla penna di un vescovo pastore e poeta come Pedro Casaldaliga. Prelato di Saò Felix nel IVIa to Grosso, ha p ro fu so il suo impegno a favore dei campesi fios oppressi p ag an do di persona in tutti i sensi, anche con un tormento personale. La confessione di fede conclude un libro autobiografico 14 e dice così: 14
Cf. P. CASALDALIGA, Credo nella giustizia e nella speranza,
«Quader-
Credo vemmente nella causa dell'uomo nuovo .
Credo � un'umanità diversa, più fraterna (iillinauao-o-io poli. 00 b 1 h ,, � l.._ lr'""' r t r �� :�l:� l'h� u"-C!li>a � :ouc li::!l�LZaWJ. 11 monco a bisogno dl resprtare ���v armomosamente m mamera umana. Gli uomi.1' i tutti devono arri _ v�r� a nconoscersi gli uni gli altri come uomini, come fratelli drssr - nell'utopia della fede. �. h,... -·�'-'
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Credo nell'impossibile e necessario uomo nuovo!
l'!o?. credo neli� s��regaz�?ne razziale o classista. (Perché una
_ sola e lunmagme m, .uro nell'uomo). No? credo in nessuna schiavitù. (Perché tutti abbiamo il di . r!tto e _il dovere di vivere nella libertà di figli con cui Cristo ci ha hberan).
Non credo iil nessun capitalismo. (Perché il vero capitale umano è l'uomo). No� credo nello svil_uppo delle minoranze né nello sviluppo . «��fo�mrsta» della magg10ranza. (Perché questo sviluppo non è pm l uomo nuovo della pace). Non credo nel progresso a qualsiasi prezzo. (Perché l'uomo è stato comprato al prezzo del sangue di Cristo). Non credo nella tecnica meccanizzante di «coloro che dicono
al computer: Tu sei nostro padre». (Perché soltanto il Dio vivo è
nostro Padre). Non credo nella logorante società dei consumi. (Perché sol tanto sono beati quelli che hanno fame e sete di giustizia).
ni ASAL» 27, Roma 1976, pp, 210-211; un altro breve credo più biblico che comple�a guello riportato in testo, sta alle pp. �19-220. L'autobiografia pro segue cvn La morte che_ da, se'!so al mzo credo, Cittadella, Assisi 1979, interes sante per le note autobiOgrafiche e per il diario degli anni 1975-1977. Più re cente�e?te, dopo �na v�sita piuttosto sofferta a Roma e un pellegrinaggio ad Assrsr, non v� drmentrcato il_ testo dal titolo Io, peccatote e vescovo, con /esso a e<:mcluswne delia lettera Continuiamo a camminare, «
quo. (Perché il Non credo nel cosiddetto ordine dello status terra nuova). una e nuovo cielo un è i uomin regno di Dio e degh
terrena. (Per f\Ton credo nella città celeste a spese della città cielo). al portare può ci che strada ché la terra è l'unica celeste. (Per Non credo nella città terrena a spese della città o verso andiam e nente perma città una qui o ché «non abbiam quella che deve venire»). nell'uomo Non credo nell'uomo vecchio. (Perché credo nuovo). Amen. Alleluia!
e com Non si tratta di una <
•1
concludersi con un semplice scambio delle patti: alla vec chia ingiustizia si sostituirebbe semplicemente un'altra ana loga ingiustizia. L'orizzonte penultL'no deve ap:tirsi ad una speranza più grande e a un disegno che non viene da noi ma che dona a noi la più grande dignità: Dio è Padre di tutti e tutti sono sua immagine.
3. IL
CREDO DI
PuEBLA 1979
Verso la fine degli anni Settanta (27 gennaio-13 feb braio 1979) si è svolta a Puebla de los Angeles in l\!lessico la terza Conferenza dell'Episcopato latino-americano su L)evangelizzazione nel presente e nel futuro deltAmerica Latina 15. Nonostante timori e qualche controversia attorno alla teologia della liberazione, i vescovi riuniti a Puebla riaf fermano la linea assunta dalla chiesa già a 1\t1edellin, procla �ando l'op�ione preferenziale per i poveri. Nel JV!essaggio az popolz_ deltAmerica Latina 16, l'episcooato ribadisce che la giustizia è compresa nell'essenza del va�gelo e che la civiltà dell'amore desiderata da ogni popolo e da ogni persona di buona volontà richiede l'abbandono della soç-gezione e del la dipendenza. Il messaggio conclude con un� breve e sem plicissima professione di fede nella presenza di Gesù Cristo il liberatore: la trascriviamo con tutto il paraarafo 9 che la o contiene 17.
15 Cf. Puebla. L'evangelizzazione ne! presente e ne! futuro dell'America . Latz'!a. Testo definitivo, EMI, Bologna 1979 (la stessa Editrice aveva tem p estlyamente pubbli to in volume qualche mese prima anche il testo prov �� . . VIsono a motivo dell Interesse susc1tato dalla Conferenza stessa). 16 Cf. ivi, pp. 57-66. lì Cf. ivi, p. 66. Il Messaggio è ritenuto importante anche da chi ha rac colto le fo�m �le in Conj�ssing . . . : infatti in III, pp . 76-79 buona parte del _ messaggro e nportato assieme al breve credo conclusivo di p 79. .
224
A Medellin terminammo il nostro messaggio con la seguente affermazione: «Abbiamo fede in Dio, negli uomini, nei valori e nel futuro dell'America Latirra». A Puebla, riprendendo questa professione di fede divina ed umana, proclamiamo: Dio è presente, vivo, in Cristo liberatore, nel cuore dell'Ame rica Latina. Crediamo nella potenza del vangelo. Crediamo nell'efficacia del valore evangelico della comunio ne e de:lla partecipazione, per generare la creatività, promuovere esperienze e nuovi progetti pastorali. Crediamo nella grazia e nella potenza del Signore Gesù che penetra la vita e ci spinge alla conversione ed alla solidarietà. Crediamo nella speranza che nutre e fortifica l'uomo nel suo cammino verso Dio, nostro Padre. Crediamo nella civiltà dell'amore. Che Nostra Signora di Guadalupe, Patrona dell'America La ti.il.a, ci accompagni, sollecita come sempre, in questo pellegrinag gio di Pace.
Come spesso nelle comunità ispanoamericane 18, il cre do di Puebla è cristocentrico e non trinitario: la fede si con densa nella figura di Cristo vero Dio e vero uomo, vicino alla sofferenza umana e sostegÌ10 nelle giuste lotte; è la gra zia e la potenza di Gesù a provocare nell'uomo la capacità di conversione personale verso una solidarietà comunitaria. Ai valori evangelici della comunione e della partecipazio ne si attribuisce la funzione generatrice di creatività e pro
motrice di progetti pastorali anche arditi: è un autoinvito dei vescovi latino-americani a provvedere a scelte all'altezza delle situazioni preoccupanti del continente . 18 Cf., ad esempio, il credo guatemalteco, rivolto al Padre e con un bel cenno allo Spirito Santo, ma tutto concentrato in Gesù uomo risorto, scritto nell'anniversario dell'incarcerazione di due credenti da parte di una violenta oppressione militare in Guatemala: testo inglese in Confessing . , III, p. 37; tedesco in Barmen und die Okumene: Beleenntnis zmd Widerstand im Dritten Reich und in der Dritten Welt, Ev. Missionswerk, Hamburg 1984, p. 67. .
.
La pace resta il traguardo sognato del sofferto pelle grinaggio latino-americano di questi decenni, anche nei D:lornen.ti più duri di lotta e di tensione 19. L'appello alln Vergine di Guadalupe è originale del cattolicesimo latino americano: in tutti gli altri credo, anche dell'emisfero Sed, la Vergine Maria è presente come Madre di Gesù a garan zia della realtà dell'Incarnazione20.
Un cenno sintetico provvisorio si Impone spontanea mente a lettura conclusa di questi credo latino-americani. Non nascondiamo una motivata simpatia per il palpito di preghiera e di attesa, di implorazione e di speranza, anche di protesta e di sfogo con Dio di fronte alla sofferenza, al l'ingiustizia e alle contraddizioni. Più in profondità indivi duiamo una riflessione cristiana che risale volentieri alla fonte biblica per raccordarla con i problemi immediati ur genti, senza troppa attenzione al bagaglio culturale della tradizione cristiana, tipica di un europeo, capace forse di offrire un tantino di equilibrio sapienziale alla formulazione delb fede cristiana: ma questo fa parte del. . . senno di poi. 19 Nonostante la tendenza istintiva, specialmente in situazione di con traddizioni e tensioni, a dividere l'umanità in buoni e cattivi, in parecchi credo latino-americani l'ispirazione evangelica orienta a pensieri di pace. Trascriviamo, sempre a titolo di esempio, due passaggi conclusivi di uno splendido credo trinitario delle Comunità di base di un tormentato paese centroamericano come il Salvador: « ...Noi crediamo di doverci amare l'un l'altro, ma anche di doverci correggere fraternamente l'un l'altro, accettando gli uni gli errori e le debolezze degli altri nel nostro sforzo di far diventare realtà il nostro cammino di conversione... Noi crediamo anche che il volto di Cristo è presente nei nostri fratelli e sorelle schiavizzati dalle loro passioni. Noi preghiamo per la loro conversione e per poterli persino amare benché essi ci calunnino, ci perseguitino e ci uccidano. Noi ci impegniamo di cerca re le strade per aiutarli affinché un giorno anch'essi siano partecipi dell'umi le popolo di Dio»: Con/essing . , III, p. 20. .
20
.
Tra quelli non citati finora cf., ad esempio, la prima strofa del credo della «Messa della gente emargiil2ta» in Honduras, trinitario, molto poetico: Con/essing , III, p. 45. . . .
credo Va riconosciuto che il mistero trinitario in questi a divent ma si, discor alti si riduce a un cappello per non cristo La e. l'azion per ione ispiraz � orgente significativa di , presenta un lmzia, rioensata prevalentemente «dal basso» che umane e ristich caratte tipiche pos�ono far elle � sto c ri ma �»: illanto� da sfondo e da stimolo allo «sporcarsi le . cenn� :n cm nel a, siologi crator resta molto lontano L'eccle hica; la gerarc poco itaria, comun emerge, si ridisegna molto una quanto zzata appre a sembr non rituale à sacramentalit si�tent�m�nt� legge � che ziale esisten tipo di à entalit sacram n s1tuaz�om di la presenza reale di Cristo nelle persone . � partlc?lare rilievo e un disaai o. L'antropologia perciò assum conu�u� Dio» di gine «imma dell' alla luce di una teologia ra. lnf1� creatu ogni di à dignit la e fondar per mente ribadita e dr egno d'imp carica forte una e imprim ologia ne l'escat �ove ma e o m speranza attiva nell'oggi, �o.ve già. esi��e la . �� la nsuraltrettanto dev'essere ant1c1pata il pm possibile rezione. . o Resta qualche problema aperto: e va richiamato propr: m?lte ll d at s�ffoc n resti � ? � credo di o test_ � .un perché ? 1 A_ m dell ficoltà 1mmed�ate e locah; e probabile che 1 cnstla eur i no di nti coscie ?p�1. merica Latina ne siano molto più . cnstla vita la e a entific ne�'id � Ij rischio più vistoso si corre al fede la ndurre nel e socrale ia aiustiz di na con l'esiae b . b nza sempre momento socio-politico. Il miglior correttivo resta Lu (nella II la cattolicità dinamica insegnata dal Vaticano f�a ione correz u men gentium 13 e 23), che si t�aduc� in �� tl crede fra c1ta rec1pro ? .e terna continuamen,te cercata m m sivissuta a cristian fede entica fra chiese, sorretti dall'id tuazioni diversissime.
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CAPITOLO XII PER UNA CONCLUSIONE PROVVISORIA
Il fenomeno primaverile dei credo brevi, apparsi un po' dappertutto nell� vivaci comunità cristiane attorno agli an ni Settanta, sembra essersi per il momento attenuato 1. N on dovrebbe tuttavia andar perduta l'istanza profonda che lo ha fatto nascere, cioè lo sforzo di ridire la propria fede con 1 «Nel frattempo l'interesse formale per le formule brevi è notevolmen te diminuito»: così annota HERLviA01N HARING, in Esperienze con le
o
parole e gesti che la rendano significativa e contemporanea, ben dentro la nostra storia personale e comunitaria. La let tura meditata della Scrittura, sempre più ovvia anche in ambiente cattolico, dovrebbe suscitare una concentrazione attorno ai nuclei più luminosi del messaggio evangelico, e insieme allenare a formule di fede che preparano e già in qualche modo esprimono la risposta di preghiera sponta nea, non lontana dal tessuto della vita: il tutto senza mini mamente togliere il valore normativa dei primi credo cri stiani, che permangono punto di riferimento imprescindi bile per tutte le comunità credenti nel Signore Gesù. Vorremmo, a conclusione del nostro cammino, ribadire (a costo di ripeterei) una semplice valutazione critica sui credo brevi, indicando poi i nuclei cristiani a cui sostanzial mente anche il fenomeno degli anni Settanta ci riporta 2, e che dovrebbero rimanere ben chiari nel rapido mutare de gli scenari mondiali e delle sensibilità all'interno delle varie grandi religioni 3•
1. ABB OZZO
DI VALUTAZIONE CRITICA
Attraverso i tentativi di credo si possono facilmente re gistrare le oscillazioni teologiche e le sensibilità culturali vissute con gioia e talora con sofferenza in anni recenti. La fede espressa nei tentativi di credo segnalati si rivela ideal mente inserita nei risvolti socio-economici e politici della vita concreta al punto da riceverne una particolare <�colora zione». Forse è proprio l'accentuazione della valenza etica della fede un primo elemento evidente nei credo brevi: la 2 Seguiamo da vicino alcune annotazioni già scritte in «Formule brevi» di fede, oggi, «Rassegna di Teologia» 20 (1979) 6, spec. pp. 458-460 e Fede e formule difede, «Credereoggi» 4 (4/1981), pp. 57-70. 3
Cf., ad esempio, il panorama euro-mediterraneo tracciato da G. KE in La rivincita di Dio, Rizzoli, Milano 1991. La stessa enciclica Centesi mus annus ha un capitolo intitolato con una data: L'anno 1989, per indicare significativamente il crollo dei muri all'Est europeo.
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fede espressa segnala d'istinto un certo primato della pras si, di una fede cioè che tende a farsi storia e a fare storia nella speranza attiva e nella carità. Talora, nei nostri decen ni, il momento tipicamente religioso è scattato a conclusio n� di un'esperienza intensa d'impegno etico per gli altri. Risulta evidente il rischio che si corre in situazioni simili: una riduzione della fede a politica non sempre è stata evita ta negli anni Settanta (cf. il credo di Franzoni, tanto per ri cordarne uno di casa nostra). l\!1a, probabilmente, il rischio merita di essere corso (con le dovute precauzioni di attenta riflessione, certo) se si vuole superare l'irrilevanza della fe de sofferta in vari ambienti. Una seconda annotazione, non lontana dalla orima porta a ribadire la non-completezza e la ;zon-esaustiv;'tà del credo brevi contemporanei; la pretesa di dire tutto sulla fe de cristiana non fa parte dell'orizzonte di nessun estensore e di nessuna comunità; piuttosto, più o meno apologetica mente (non polemicamente!), tutti si ritrovano nell'affer mazione che la storia umana ha senso in Cristo. Il rimbalzo luminoso della fede sull'uomo e la sua storia interessa parti colarmente, tanto che le formule sono marcatamente fisio nomizzate dall'habitat umano da cui nascono: i credo lati no-americani danno da soli un esempio sufficiente. lVIentre le formule nate nel centro-Europa soffrono di «eccesso cristologico e di grande povertà pneumatologica» le comu nità più aperte alla sensibilità ecumenica e ai prob lemi mis sionari del Terzo mondo avvertono che la presenza dello Spirito Santo nella storia non si può relegare ad aooendice ... del credo. Il vento dei nuovi orizzonti, imposti dal confronto con altre fedi viventi, chiede ulteriorn;ente di spostare il ba ricentro dell'attenzione dal memoriale cristiano al futuro cnst1ano. Non va certo dimenticata la storia «passata» del Gesù storico, che resta normativa per ogni generazione di credenti; ma insieme non va dimenticata la presenza del Signore risorto attraverso il suo Spirito sollecitante ogni "
generazione a costruire (spesso con un pizzico di cocciutag gine) un cielo nuovo e una terra nuova nella storia sempre cangiante dell'umanità. In simile prospettiva, l'unità nella fede facilmente diventa tunità nella speranza4: la passz'o humana va condivisa e rispettata dal credente nella sua gra dualità di approccio a Dio; fede e non-fede possono convi vere per un certo tratto del cammino e comunoue una fede matura presuppone un iter che non salta i prob lemi, ma vi sa innestare una proiezione di speranza verso una soluzione o almeno verso una «sopportazione» umana. Per tale palpito di speranza parecchie formule si con cretizzano in con/esszòni di profumo agostiniano, guidate dal desiderio di dire a Dio e a se stessi cosa si crede ouasi in un canto, per contagiare poi e testimoniare ad al�r ( una luce progressivamente intravista: la formula del cardinale Bevilacqua ha fatto scuola. La preoccupazione dell'orto dossia e della completezza sembra in genere abbastanza lontana: ciò permette a vari credenti, laici e donne compre si, di riesprimere la loro fede consci che la loro formula non è linguaggio «pubblico» per la comunità, ma possiede un forte valore di contagio benefico perché proviene e orienta a una specie di status con/essionis o di innamora mento spirituale. In tale sensibilità è normale che il punto di partenza 4 A Bangalore nell'agosto del1978 «Fede e Costituzione» (in questo ca so i 130 teologi ecumenisti delle varie denominazioni cristiane che ne fanno parte come esperti) ci ha regalato una Affermazione comune della speranza, che merita la citazione per il coraggio di una fede che accetta di esprimersi tra i rischi e i problemi sofferti nel subcontinente indiano, non temendo il confronto pur di diventare lievito. Il documento non contiene formule brevi di fede, ma è tutt'altro che scontato o banale: cf. il testo 1,, «Il Regno documenti», n. 19/1978, pp. 447-450. Delio stesso drammatico contesto, riletto con forte accento confessante, risentono la dichiarazione teologica di Hong-Kong 1974 sui diritti umani (firmata dal Gruppo di lavoro delia Conferenza Cristiana di Asia), il cosid detto «Manifesto dei cristiani coreani» del 1973 e il bel credo studentesco indiano: testi riportati in Confessing , II, pp. 11-14.
...
della formula di fede sia offerto dalle domande poste dalla situazione, per risallre all'ispirazione normativa biblica in terpellata dai problemi attuali) con maggior c minor senso delia Tradizione cristiana. Anche qui un grosso rischio può essere corso, se si dimentica la storia. La conoscenza delia storia della chiesa e dei vari modi di interpretare la Scrittu ra in diverse culture nella cascata di generazioni credenti si orooone come prezioso elemento di rieouilibrio, special �e�te se accolto in contesto di profondo ;enso storico e di comunione con tutte le comunità credenti nel tempo e nel lo spazio. Per le loro forti ascendenze bibliche e per il valo re di testimonianza di una chiesa indivisa, i credo antichi, in analogia con la Scrittura, restano punto di riferimento ineludibile sotto ogni cielo. Anche questo rischio va probabilmente accettato: una formula che tenti oggi di dire il tutto della fede, cercando l'equilibrio tra molte sensibilità, corre sul filo della generici tà ;storica, cosa che le formule degli anni Settanta evitano a ogni costo; esse preferiscono accentuare l'esigenza di una forte presa di coscienza dei problemi e della possibile rispo sta evangelica puntuale. E tuttavia il «tutto» della fede va tenuto presente, esplicito (soprattutto nei pastori, respon sabili del linguaggio pubblico della fede) o implicito. Nelle righe che seguono vorremmo precisamente delineare i nu clei fondamentali del credo cristiano (anche se sembreran no 0\i"'!i), senza dimenticare linguaggi liturgici e artistici che m olto meglio del linguaggio parlato dicono la nostra fede.
2. l «DATI» PE&\!IANENTI DEL CREDO CRISTIANO Nel leggere la realtà dell'avventura umana il cristiano riceve luce soprattutto da questi cinque «dati»5, che impli5 La numerazione è puramente indicativa: altri scrittori, più titolari di noi, aumentano o diminuiscono i «dati», ma è una concentrazione corretta e
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cano coerenti scelte culturali prima che etiche. P tl.Zitutto va ribadita la creazione come effetto di un primo grande atto d' auore, da proseguire nella storia. Per il cristiano, chi vive e parla è già nell'amore preveniente di un Altro e di altri. A monte di tutte le vicende storiche fosche o luminose dell'umanità sta un progetto che coin volge tutto e tutti e che si manifesta successivamente nella rivelazione storica. Tale «dato» cristiano si offre come fon damento di ogni essere e di ogni esserci. L'uomo come im mao-ine di Dio scopre la sua dignità nella relazione «re � spoDsoriale» (per dirla con un bel termine litu�gi�o antico), con-creatore del suo destino e della sua stona; m quanto progettante la sua esistenza, in �ma autonomia pur rela�i�a, l'uomo ne diviene il responsabile. Il cosmo, come poss1blle coro di voci rinvianti al ÀCreatore, non si propone in quanto realtà primariamente da s fruttare, ma piuttosto da rispetta re nei suoi equilibri e addirittura da contemplare nella sua possibile simbolicità che rinvia oltre: l'uomo vi si colloca �ome custos più che come dominator. Il futuro dell'umanità e del cosmo dipende proprio da questo equilibrio da favo rire, con attenzione alle risorse da non dilapidare. Gandhi vedeva nell'uomo il tutore dell'inferiore regno animale. Le conseguenti categorie di pensiero (o scelte culturali implici.....
possibilmente completa che conta; ad esempio, J.W. FowLER, in Introduzio: ne graduale alla fede, «Concilium» 20 (1984) 4, pp. 88-89 elenca sette punn fermi (tutto il n. è dedicato allo sforzo di Trasmettere la fede alla nuova ge nerazione); E. FRANCHINI, in Rinnovare il messaggio, cit., pp. 171-177, ne enumera otto suo-aestivamente individuati in otto feste liturgiche, nella con vinzione che «la rmula davvero riassuntiva del cristianesimo è il ciclo litur gico: si potrebbe benissimo riscrivere un credo adoperando semplicemente, . nell'ordine, il titolo delle feste cristiane, che contengono e annunciano la Presenza Reale cioè Dio nella storia» (pp. 166-167): almeno indirettamente anche noi ci r acciamo alia suggestione di Franchini. Indicazioni preziose si possono ottenere rileggendo i due documenti ecumenici segnalati alla r:-ota 1: Verso una professione di fede comune, spec. nel lungo n. 4 e La testzmo nianza comune, spec. nn. 15-31: cf. i testi in Enchiridio;; CEcumemcum, I, EDB, Bologna 1986, rispettivamente pp. 458-461 e 472-479.
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te) vanno ben oltre il funzionalismo marxisra o l'individua lismo idealista, e mettono ir1 crisi anche il dispendioso con sumismo attuale che non si interessa dei posteri. Termini come solidarietà, complementarietà, amicizia con il creato non solo richiamano la fraternitas di sapore fortemente francescano, ma possono diventare punto di dialogo vivo con le grandi religioni moniste asiatiche, onde rettificare l'individualismo esasperato eurooeo. Il secondo «dat;», che coif1:cide con lo specifico cri stiano 6, ci afferma che «il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda fra le nostre» (Gv 1,14): è entrato veramente nella nostra storia per farne parte fino a diventare «pecca to» per noi (cf. 2 C or 5 ,21). Dio ha preso sul serio l'uomo al punto da farsi suo «prossimo» concreto. Contro falsi spiritualismi o fughe più o meno orientaleggianti il natale del Figlio di Dio tra noi Ì.tupone al cristiano di guardare in faccia gli uomini e le situazioni concrete, con-dividendo e com-patendo in un amore spesso creatore che sa assumere le proprie responsabilità dentro la storia concreta. Però l'uomo corre semFre il pericolo di diventare o di crearsi un nuovo idolo. La fede cristiana non chiude gli occhi sul la realtà umana concreta che non è normale: l'ago della bussola della nostra vita oscilla in un campo magnetico strano. 6 Si tratta di uno «specifico» indubbiamente ricco di speranza per il credente ma anche duro nella sostanza: per la dignità di Dio sembra più «pensabile» una trascendenza pura e radicale, come viene prospettata dall'I slam. Forse, nella luce dell'Incarnazione, una riflessione va approfondita an che a livello di archetipi cristiani: ad esempio, si può notare la preferenza dei cattolici per la Vergine Maria come pura icona della chiesa, mentre la spiritualità protestante dà più rilievo agli apostoli che si sono «sporcate le mani» nella dura evangelizzazione. A prescindere dalle accentuazioni confes sionali, il sogno ideale va coniugato dentro la storia con tutte le limitazioni che la storia comporta. Forse siamo superficiali, ma la difficoltà di intendersi tra la teologia usata dal magistero romano (la Congregazione per la dottrina della fede) e la teologia latino-americana della liberazione sta, a nostro avvi so, anche in questi archetipi .che ci condizionano in profondità.
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Il terzo «dato» cristiano ci riporta infatti alla Pasqua, al la morte e alla risurrezione dell'uomo it1 Cristo Gesù. L'e vento oascuale rivela la radicalità del male dell'uomo che, eccat�re �pesso inebetito dal progresso, non riesce a rea lizzare ciò che si ripromette (cf. Rm 7,15-19): vuol restare «individuo» separato dal Dio incarnato e dagli altri uomini (anche se nella realtà è unito in mille modi), in un sostan ziale rifiuto dell'alleanza che chiede di viaggiare in costella zione e non come stelle vaganti. 1\!Ia la Pasqua insiste so prattutto sulla possibilità di vittoria sul male, p�rc é Dio non ci lascia nella morte: a patto che l'uomo cessi d1 essere figlio dell'uomo, chiuso nel proprio egoismo, per iventare _ figlio di Dio 7• Se l'uomo nel battesuno deve monre come '' in-dividuo e smettere di separarsi dagli altri, il richiamo alla Pasqua diventa necessariamente critica ad ogni idolatria di individui o di gruppi, di ogni assolutizzazione o autosuffi cienza: suona invito alla riconciliazione di tutti i cristiani in ordine a una omologhia universale e a una diakonia comune verso il mondo. Tali atteggiamenti caratterizzano il tempo della chiesa, il tempo tensionale che va dalla prima alla seconda venuta del Signore Gesù: il tempo della missione nata nella Pente coste. Si tratta di un tempo altamente impegnato nell'an nuncio cristiano e h'1 abbozzi (magari piccoli ma profetici) della nuova creazione già nella nostra storia tarata dalla morte: la chiesa porta avanti il gemito della creazione (cf. Rrn 8,9ss). Il continuo appello al Cristo risorto, «primizia di coloro che dormono», fa maturare i frutti primaverili
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7 La letteratura paolina parla di < quella � > _ giov�nnea preferisce a categ?ria d rina�cita ��a anche la e:nm?manz� sl . nottlca che racconta il batteslillo d1 Gesu al u-wrdano lasc1a mturre nell lill magin dei «cieli aperti» la comunicazione ristabilita tra il mondo di Dio e la storia umana. La responsabilità dell'uomo non è tarpata, tutt'altro: sarebbe ro da rileggere, ad e�empio, il credo di Barmen e i cred? firmati d� Marlé e _ _ _ libera da Bevilacqua sulla libertà umana necessariamente rettificata e perc10 ta verso orizzonti della carità in senso forte.
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dello Spirito. Attraverso i segni dei tempi e i profeti con temporanei 8 lo stesso Spirito parla alle chiese nel cammino (r � 1/ 1,.,\ ìo.!T 1 ve se la venta rutta Incera cr. vv 10, LJ ; . lv1a, ms1eme, ta1e tempo si prospetta profondamente arante, nell'invito ad in sistere sul «Vieni, Signore Gesù!», che caratterizza tutta la liturgia cristiana come invocazione e accoglienza del dono di una Gerusalemme finale non costruibile da noi: dopo tutto siamo «serJi L�utili>> (Le 17,10). Alla sorgente e alia foce dell'universo e della storia sta per il credente, il mistero amico della Trinità Santa, com� tre «Io» che si danno del «Tu» per formare un «Noi» in un eterno dirsi e in un eterno darsi. I banchetti del vangelo . suggenscono che tutta la creazione è invitata a partecipare al colloquio, in cui ogni essere appare tale non tanto per la sua identità quanto piuttosto per la sua capacità di amore e di comunione. La vera unità finale dell'universo, la «ricapi tolazione» conclusiva è prodotta dall'amore che trabocca dal calice della vita interna di Dio. Il Padre dal suo mistero luminoso manifesta il suo progetto nelle due missioni tra noi del Figlio e dello Spirito Santo tendenti a renderei «cit tadini del cielo e membri della casa di Dio», ospiti nella luce e nella pace del Padre. Il credo francese di padre l\;lar lé e alcune formule latino-americane sono riusciti a «bal bettare» in maniera significativa per l'oggi il mistero trinita _ no sul tracciato degli antichi padri Cappadoci: il Dio in cui crediamo non è isolamento, deserto, freddo, ma comunità carat�erizzata da un amore gratuitamente espansivo e pro gressivamente estensivo a tutta la creazione. Coerentemen te la parola «amore» e l'esperienza che essa richiama diven tano quasi par�digma fondamentale per i credo contempo _ ranei esammatl, dalla formula teologica proposta da Marìé _
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_8 Parecchi credo contemporanei mettono al presente il «parlare» dello . Spmto, che appunto parla alla chiesa attraverso i profeti anche oggi: cf. ad e�empio il credo proposto da Schoonenberg, dal Gruppo SAE, dalla comu _ mta, dr Bose, senza dimenticare la sensibilità emergente dall'America Latina.
ai credo catechistici di Franchini. Pluralità e unità appaio no come valori radicati in Dio Trinità Santa e recioroca mente complementari nella vita cristiana ideale a ogni livel lo e in ogni espressione, all'insegna del «chi ama, non ha paura» (cf. lGv 4,18). L'appello alla Trinità resta il princi pio dell'ecumenismo, dell'ospitalità così impegnativa nei confronti di chi non appartiene alla nostra chiesa, al nostro partito, alla nostra razza 9. Probabilmente questi cinque nuclei di fede, attorno a cui si può costruire una formula dotata di una certa com pletezza, vanno ribaditi qualora, come nel fecondo periodo patristico, un credo anche provvisorio si offra come sche ma-base della catechesi da proporre in comunità. Insieme non va disattesa l'istanza dei credo brevi dei nostri decenni, che invitano a reinserire la fede nella storia come l'evangeli co fermento in grado di far lievitare la massa.
3. lL PERCHÉ DI UN TITOLO La pagina conclusiva della nostra rassegna ritorna al titolo posto all'inizio, che riecheggia Rm 10,9. Per coglierne il senso va probabilmente riCordato che ogni fede autenti ca) nei momenti forti, sfiora il fenomeno dell'innamora mento: diventa un lampo luminoso, un palpito che fa intui re in una persona il senso della propria vita. Tale stato na scente ed effervescente esige di «dirsi» in mille parole e con mille immagini: la bocca canta «ex abundantia cordis». Ep pure ogni «credente» è il primo a rendersi conto che nessu na parola è in grado di esprimere e comunicare fino in fon do l'esperienza che egli vfVe: la parola viene avvertita come indispensabile e, nello stesso tempo, insufficiente. 9 Cf. qualche breve cenno più maturo di teologia trinitaria, allo scadere degli anni Settanta, da parte di un teologo ecumenista come L. SARTORI, in Trinità, «Servizio della Parola» n. 118 (g-iugno 1980), pp. 48-55.
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Anche a livello di fede nel Signore Gesù il «dirsi» della fede ha assunto fin da pri.J.1cipio una varietà di espressioni, onde narrare e coinvolgere altri nella stessa esperienza: l'in no di lode nell'assemblea liturgica, la professione di fede e la preghiera eucaristica) l'esortazione fraterna e il ricordo nella narrazione evangelica. Eppure fin dal pri.11cipio la chiesa apostolica ritenne la parola indispensabile e, in qual che modo, sempre insufficiente (cf., ad esempio, lCor 3,6 e
Gv 6,63).
In questo nostro «viaggio» abbiamo accostato le formu le più o meno brevi con cui, lungo i secoli, le varie genera zioni cristiane hanno condensato l'annuncio dell'identica fede per il loro contesto socioculturale. È apparso chiaro che l'esperienza della fede è ricca al punto da non identifi carsi totalmente con una formulazione: e tuttavia la formu la risulta indisnensabile per precisare la fede a se stessi e oer comunicarla ad alt!:( Dalla bocca al cuore e dal cuo ;e alia bocca è il continuo percorso della trasmissione della fede, tenendo conto del significato biblico di «bocca» e «cuore». «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo»: l'apostolo Paolo, richiamando in Rm 10,9 i due momenti inscindibili della fede cristiana perché sia salvifica, ci ha suggerito il titolo, sotto il quale hanno trovato richiamo credo antichi e recenti. Certo, se la com petenza di chi firma queste pagi.11e fosse più vasta, si poteva richiamarne molti altri: ma- «si licet parva componete ma gnis», con un pizzico di presuntuosa speranza- «questi so no stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome»
(Gv 20,3l). Neli'alveo cattolico della «Traditio viva» anche la cita zione giovannea può collocarsi alla conclusione della nostra fatica, senza diventare irriverente. 238
SPIEGAZIONE DI ALCUl\H
N elle nostre pagine abbiamo usato ripetmamente alcuni ter mini come sinonimi, anche se ognuno porta in realtà una propria sfumatura originale. Vorremmo precisarla, come ci riesce. Confessione di fede: significa la dichiarazione o proclamazio ne pubblica della fede (dal latino con/iterz). E termine usato per i..r1dicare i simboli di fede soprattutto nella sfera linguistica te desca ( Glaubensbekenntnis): nell'ambiente germanico le chiese ' ale nate dalla Riforma hanno indicato la loro posizione dottrL.1 attraverso confessioni-dichiarazioni pubbliche di fede onde di stinguersi e differenziarsi da altre chiese. Tuttavia il termine può anche richiamare le «confessioni» di sant'Agostino (il termine la tino con/iteri è suscettibile di svariati signific2-ti: basti pensare al linguaggio liturgico): in tal caso il significato è notevolmente diverso, prevalentemente di lode riconoscente a Dio, com'è in parecchi credo contemporanei. Credo: parola con cui generalmente i.t1iziano le professioni di fede: perciò può indicare tutta la formula. Il significato origi nale latino della parola «credo/crèdiamo» privilegia l'affidarsi, il donarsi a Dio: dunque accentua l'aspetto personale più che dot trinale. Formula di /ede: è l'espressione verbale-linguistica della pro fessione di fede. Sentieri probabilmente più percorribili per la gente semplice sono offerti dal linguaggio artistico della fede nel le pitture e nei mosaici, evocativi di una «Biblia pauperum» di medievale memoria. Tuttavia il linguaggio detto e scritto costrin ge a una indiscutibile precisione (e a una certa igiene linguistica) che l'evocazione poetica e artistica non possiedono. Professione di fede: la dizione sottolinea che la formula del credo va pronunciata pubblicamente davanti (pro-fiterz) alla comunità credente (particolarmente nel battesimo della Chiesa p atristica e attualmente nell'eucaristia domenicale), e davanti al mondo pagano (con il rischio del martirio).
Regula fideilveritatis: già per JLreneo e Tertulliano i ndicava «la
nonna
che delimitava l'ambito della ricerca cristiana della ve
rità» (V. Grossi) nei confronti delle varie filosofie. È più ampia del simbolo di fede, anche se vi si radica: abbraccia, ad esempio, l'osservanza di usi affennatisi nella chiesa e la predicazione stessa della chiesa. Non ha solo valore negativo nell'escludere l'eresia: può assum.ere il valore di giuda metodologica per orientare la ricerca credente nel continuo processo dell'acculturazione diver sificata in varie zone del mondo e per proporre formulazioni di fede significative per tutti i credenti (e non solo per gli addetti ai lavori).
Simbolo di fede: dal gre. co symb�lein (mettere di nuovo i..."lSie me, far combaciare), il termi.111e accentua la valenza comunitaria del credo come tessera eli riconoscimento e di appartenenza al gruppo dei credenti i.q Cristo. Il simbolo da
un
lato propone sin
teticamente i contenuti fondamentali della fede i.."'l Cristo, diven
rundo cosl segno di nccnoscimento tra i cristiani; e dall'altro esprime l'i..vnpegno di conversione che inserisce il singolo nella comunità di tutti i credenti L'l Cristo Signore.
INDICI
INDICE DEI NOMI 1
ABELE, 213
BAAL, dio, 21
ABRAlviO, patriarca, 27, 111, 181, 185
BACH-GÉNY M., 118
AccATTOLI L., 149, 182
BARTH K., 99
lillAM A., 35
BAt'IKER L.) 133 BAUS K., 54
ADAtviO, 110, 159, 193, 194
BERDIAEV N., 130
AGNOLETTO A., 74
BERNARDI G., 149
AGOSTINO d'lppona, (13), 37, (52), 5 4, (72), 76, (119), 239
BETTAZZI L., 149
ALBERIGO G., 11, 40, 57, 63, 65, 70, 85, 87, 94 ALBIGESI, 56, 62 ALESSANDRO III, papa, 69 AMBROGIO di Milano, 37, 77 ANGELINI G., 192, 196 ANSELMO d'Aosta, (67) ANTON A., 66 ANTONIO di Padova, 66 ·
APoLLINARE di Laodicea, 44
BERENGARIO di Tours, 59 BETTO ( Frei) , vedi LIBANIO C:B.-RISTO BEVILACQUA G., 156-161, 231, 235 BEZANçON ].N., 30 BIANCHI A., 130 BL"'.NCHI E., 184 BLASER K., 99 Bi-EISTEIN R., 14, 106, 138, 140, 142, 148 BoEZIO (Pseudo-), 50
A.'UANESIMO, 41, 85
BoFF L., 66, 97, 203, 204
ARIAS ]., 214
BoNHOEFFER D., 99, 105, 145
Aruo di Alessandria, 42
BoNIFACIO VIII, papa, 66
ARMENI, 52, 56, 67
BoRDONI M., 24, 48, 56
AsMUSSEN H., 99
BoRI P.C., 133
ATANASIO (sant'), 49, 50, (61)
BRA.l\llBILLA F., 192
ATENAGORA, patriarca, 115
BREIT T., 99
1 I numeri si riferiscono alla pagina; sono posti fra parentesi quando il nome non è ricordato esplicitamente. Sono state omesse le seguenti voci: Dio, Cristo, Spirito Santo, Maria, angeli e apostoli in genere. Oltre alle persone sono inseriti i nomi di alcuni movimenti o sette (armeni,. catari, francescanesimo, Riforma, valdesi, ecc.).
BROUCKER
W.
BUBER M., 124
de, 118
BRUNELLI G.F., 182 BRUNNER P., 19,25
BUDDHA, 19 BùHLMANN
W., 94
CoNSIGLIO delle Conferenze epi scopali europee (CCEE), 16, 44,
160, 162 CONSIGLIO ecumenico delle Chiese (CEC), 166 CONTRI A., 198
BULTMANN R., 145
CoPTI, 67
CAINO, 213
CRISOLOGO Pier, 37
COSTA F., 192
CALDEI, 67
CALVINO G., 80, 104
CA.i\1BIER ]., 25
CA.lviPANINI G., 199
CANDACE, regina, l 70
CA.l'\JISIO p.' 81
CANTALAI\1ESSA R., 12, 29 .30, .31,
46,48 CARDENAL E., 210 CARDENAL F., 210
CARLO V, imp., 74
CARLO MAGNO, imp., .38, 55
CAROLINGI, dinastia, (12), 53
CASALDALIGA P., 20.3,206,221-224
CASSESE M., 74
CASTRO F., 218
DAL FERRO G., 94
DALY M., 148
DAMASO (san), papa, 50 DANIÉLOU ]., 66 DARWIN CH., 128 DAVIDE, re, 32 DEHON L, 198-199 DE LUBAC H., 8, 38, 60
DENZINGER H.]., 6, 33-38, 43, 45,
47, 49,50,52, 56,58-67,81,82, 86,108-114 Dr BERARDINO A., 11,32 DocETISMO, 41 DONATISMO, 68
CATA...U ' , 56, 62
DONGHI A., 14
CELSO, 40
DORRIES H., 118
CIPRIANO (san), 29, 54
DULLES A., 135
CAVALLOTTO S.,99
DONI P., 94, 149
CERETI G., 9, 54
DossETTI G.L., 43
CIRILLO d'Alessandria, 11
DUPERRAY G., 97,131
CITTADINI G., .38
EcKHART (Meister), 55
CIRILLO di Gerusalemme, 9, 45, 50
CLÉMENT 0., 129-1.30
COMBA F., 210
C0!\.1UNITÀ ecumenica di Base ) 184'
236 CONFERENZA delle Chiese europee
(KEK), 16,44
EICHER P., 20 ELIA, profeta, 21 EMORROISSA, (163) EPIFANIO (sant'), 49 EscoTo M. d', 210
CONFERENZA episcopale triveneta,
EusEBIO di Cesarea, 42
93, 149,192 CoNGAA Y., 56, 55,69, 75-76
EVDOKIMOV P., 130
244
EvA, 110, 165
FAPPANI A., 157
GIOVANNI XXIII, papa, 87
160, 166, 178, 206, 228, 231 FELICITA (santa), 54
GIRAUDO C., 60
FEDE E COSTITUZIONE, 9, 13-15,
FERLA'{ Pr-..r., 30
FERRABINO A., 157 FEUERBACH L., 136
FILIPPI A., 44, 54, 98, 141 FILIPPO, diacono, 29, l 70
FILIPPO Neri (san), 156,157 FoRTE B., 24, 31, 143, 177, 198
FOWLER
J.W., 2.33
FRANCESC"�'\JESli�O, 00, 68
FRANCHil'·JI E., 198-202, 233, 237 FRANSEN P., 54, 55, 71, 73
GIOVANNI PAOLO Il, 162 GIUDEI, 67 GIULIO I, papa, 36 Giustino (san), 29,33 GOLDSTEIN H., 215 GONNET G., 60 GOTTSCHALK, monaco, 58 GREGORIO VII, papa, 66 GREGORIO IX, papa, (54) GREGORIO X, papa, 64 GRILL:V1EIER A., 31, 47,48 GROPPO G., 8
FRANZONI G., 149-155,230
GROSSI V., 11, 240
FREUD S., 190
GUILLET
FRIES H., 20,66, 85, 94
GUTIERREZ G.) 209
FRESQUET H., 130
GUHRT ]., 99
]., 25
GUITTON ]., 127
FRIEDRICH G., 38
FRINGS ]., card., 145
HABE&'vfAS ]., 145
GALLI S., 166
HANSON R.P .C., 11, 32, 40, 46
GALLIGANI R., 63
GANDHI Nl.K., 233 GASTALDI U., 74
. HARING H., 7, 14, 228 HAUG lVI.,148
GEISELMANN ].R., 60,71
HAuscmLD
GEREMIA, profeta, 181
HERON A., 39
GENTILI A., 162
GERI<EN A., 54, 60
W.-D., 44
HEIDEGGER M., 124, 145 HILAIRE Y.-M., 199
GEVAERT ]., 8, 14, 148
HITLER A. 98, 99, (106)
GLI\COBITI, 56, 67
HUGON A.A., 60
GIACOBBE, patriarca, 165 GIBELLINI R., 139, 162, 204 GILCHRIST ]., 56, 69 GIOBBE, 129, 181
HoFFMANN G., 39
IGNAZIO d'Antiochia, 29, 32, 33
GIOSUÈ, giudice, 22
ILARIO di Poitiers (sant'), 85-86
GIOVANNI
lPPOLITO (sant'), 35, 36
GIOVANNI BATTISTA, 25, 153 (san),
evangelista,
28 (30), 108, (136,137), 165, (235, 238)
lNNOCENZO III, papa, 60, 62 IRENEO di Lione (sam'), 29, 32,
34, 41
ì.J."\
]E:8IN H., 54
IvlALULA ]., card., 204
]OANNES F.V., 147
MANICHEI, 60, 61
KAEANGA E., 204 K.AcviLAH E., 28 K'\NNENGIESSER CH., 40 MSPER W., 24, 75, 138-143
IvlARCIONE (doceta), 35 .1\tiARco (san), evangelista, 30
MARCELLO di Ancira, 36, 45
KELLY J.N.D., 11, 25, 28-31, 33, 34, 36, 37, 40, 4.3-45, 143, 198 KEPEL G., 229
MARIA di Betania, (165) MARIA. di Magdala, (163), 164, 165 IvL'\.J<.LÉ R., 13, 121, 123-130, 138, 166, 228, 235, 236 !vLiliONITI, 67
KLEEi'viANN ]., 74
MARSILIO da Padova, 66
KùNG H., 138, 142
IvlARTA DI BETAJ.'!IA, (165) MARTINELLI R., 172, 177
LACKO M., 35, 39
J\1AR.'( K., (128, 129, 141), 145, 190
LADNER G.B., 66
l'v1ASSERONI E., 190
LANG B., 20
MATTEO (san), evangelista, 30
LANNE E., .39
MAZZOCATO B., 48
LAURENTIN R., 94
MEJÌ.il. GoDOY C., 210
LAZZARO di Betania, 165
MELANTONE F., 39, 74
LEFEBVRE M., 1.31 LEHi'viANN K., .39, 118, 1.38, 139 LEONARDI G., 162
MELITONE di Sardi, 29, 32, 33 MELLONI A., 57 MEN' A., 202
LEONE X, papa, 58
IvlETODISTI, 73, 166, 188
LE SAUX M., 190 LÉVINAS E, 124, 130
METZ ].B., 120, 141
LIBANIO CHRISTO C.A., 210, 218221
MODA A., 75
MICHELE PALEOLOGO,imp., 64,65
LINDE H. van der, 121, 132
IvlODERNISMO, 12, 88
LINK H.-G., 50, 7.5, 131, 178, 188 LOHSE B., 12, 74 LONGÈRE ]., 38, 57
MbLHER ].A., 71 MOLNAR A., 60 MoNDIN B., 145
LONGOBARDO L., 30, 143, 198
MoNoD J., 128
LbSER W., 44
MoNTINI G.B., vedi PAOLO VI
LOSSKY V., 130 LucA (san), evangelista, (29), 30, 165, 215 LUCIANI A., 127, 187 LUNEN-(HENU l\11.-T. van, 162 LUTERANESIMO,
vedi
RrFORivL:\
protestante LUTERO M., 13, 39, 71, 73-75, 80, 104, 145, 146
246
l\IIORELLATO M., 120 MOSÈ, 108, 169 MosNA C., 141 NAST�AJNCZYK W., 138 NEUNHEUSER B., 60 NICETA di Remesiana, 37 NICORA ALBERIGO A., 63
NIEMOLLER G., 99
PLAS M. van der, 134
NIETZSCHE F.W., (128), 129, 136, 190
PLATONE, (72)
0GLETREE TH.W., 145 0LIVI.ER D., 75 ONFMY ].M., 30 OPoçENSKY M., 54 OTTONE I, imp., 38, (54) PACCHIN L., 75 PANNENBERG W., 38
POCCIAl:ZO P., 149 ..
POLETTI U., 149-151 PoLICARPO (san), 27 PoNCHio G., 120
PRESBITERIANI. 166 PREZZI L., 75, 182 PR OCH U., 65 PROTESTANTESIMO, vedi Rl:FOR.t\1A
protestante
PAOLO (san), apostolo, 11, 25-30, 76-78, (165), 235
PRUIM E., 132
PAOLO VI, papa, 106-116, 119,156, 157
QuoDVT.JLTDEUS, vescovo, 37
PAJER F., 192 PARRALE S E., 210 PARVEY C.F., 165 PASCAL B., 118 PELAGIO, eretico, (58) PELAGIO II, papa, 50
PELIKAN ]. 56 ,
PELLEGRINO M., 160 PENZO G., 145 PERICOLI Rl:DOLFINI F.S., 9 PERPETUA (santa), 54 PER..RERA H., 206, 208-209 PERRONE L., 11, 40, 44, 47 PIANA G., 192
RAD G. von, 2.3 RAHNER K., 123, 124, 138-140 MTZINGER].,13,20, 38,39, 73,75, 97, 206 REISER-SCHOENBOR.l\1 . , 222 RiccA P., 74 RrFOR.t'vL'\ protestante, 9, 12, (15), 38, 70-82, 87, 88, 98-106, 116, 145, 152, 166, 234, 239
RlPANTI G. 130 RosADONI L., 158 RosTAGNO S., 74, 99, 100,103, 210
RUFINO di Aquileia, 36, 37
PIETRI CH., 46
RUYSBROEC G., 55
PIETRO (san), apostolo, 11, 25, 26, 28,65,66, 84, 86,111,112,135, 196
SABUGAL S., 35, 39
PIETRO CANISIO (san), vedi Cani
sio P. PILATO Ponzio, 32, 35, 36, 38, 45, 109, 127, 194, 211 PINOCHET A., 212 PINTO DE 0LIVEIRA C.-J., 97 PIO IV, papa, 81
PIRONIO E., 205 PIUBELLO B., 189
SA.!V1ARITANA, (163), 165 SA.!vlUEL V. C., 40 SARTORE D., 14 SARTORI L., 7, 8, 10,49,66, 75, 106, 120, 162, 237 ScHAFER PH., 228 SCHILLEBEECK.'< . E., 1.33-138 ScHMIDT H., 13, 117, 120,138, 148, 158
SCHNEIDER TH., 8, 20, 25, 34, 39
TILLARD J.-M, 11
ScEONMETZER A., vedi DENZIN
ToMìVIASO (san), apostolo, 28
GER H.].
ToMcvlASO d'Aquino, 7, 13, 73
SCHOONENBERG P., 131-133, 135, 236 SCHREINER
].,
20, 23
SCHULTZ H., 133 SCHUSTER H., 138
Tosco M., 158 TOUR.;."\1 G., 39, 74, 80 TRIACCA A.M., 14 TURA E.R., 5, (7, 14, 37, 93, 106, 117, 121, 122, 162, 229)
SCILIROl'�I C., 120 SEGALLA G., 24 SEGRETARLUO Attività Ecumeni che (SAE), 182, 236
UMBERTO da Silva Candida, 59
SEGRETARIATO COE, 166
VALDESI, 12, 56, 60-62, 68, 73, 74
SEGRETARIATO generale di «Concilium», 7, 39, 85
VALENZIANO C., 121
SEQUERI P.A., 119, 172-177, 203 SERA...l:;'INI M.R., 39, 74 SESBOÙE B., 48 SETILOANE G.M., 166-171 SILVA HENRIQUEZ, card., 212 SllvlONE fariseo, 163 S.MULDERS P., 31 SOLLE D., 118, 144-148, 166 SOMOZA A., 210 SORAVITO L., 93 SPENER PH., 118 STAATS R., 45 STANLEY D., 25
VALENTINO (doceta), 35 VALERIO A., 162 VANZAN P.S., 71, 133 VARILLON F., 138 VENA,."'D M., 70, 81, 85 VrGILIO, papa, 50 VILANOVA E., 39 VILLANI G., 199 VINAY V., 12, 60, 74, 75, 80 VINGIANI M., 182 VISCHER L. 96 Vorcu S., 9 VORGRIMLER H., 66
STEFFENSKY F., 146 STELLA G., 157 STEUBING H., 99 TASSANI G., 149 TEILHARD DE CHARDIN P., 131, 159, 202 TEODORO di Mopsuestia, 9 TERTULLIANO, 10, 54
WALBERG R .C , 161-165 .
WEIZSACKER C.F. von, 16, 98 WILLEMS B., 134 WOLINS:Kl J., 46 WRIGHT D.F., 11 \Xi'YSCHOGROD M., 22
TEZZO G., 86
ZAGARA D., 192
THILS G., 13
ZINZENDORF N.L., 118
INDICE GENERALE
Presentazione
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Abbreviazioni Introduzione: LE T.A..PPE
FONDA1v1ENTALI DEL CREDO CRISTIA.t"'\JO
l. Per i Padri: tessera di riconoscimento
.....
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pag.
5
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6
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7
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8
2. Periodo delle divergenze: segno di divisione
»
11
3. I nostri decenni: un ritorno interessante ....
»
13
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19
PRIMA
PARTE
LA STORIA I.
LA PREISTORIA BIBLICA DEL CREDO CRISTIANO .
l. Antico Testamento .
2. Nuovo Testamento II.
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IL CREDO CRISTIANO NEI SECOLI DEI PADRI
l. l\1omento subapostolico
2. Il simbolo in Occidente 3. Il simbolo in Oriente 4. La fede di N ice a (325) 5. Verso C alcedonia (451) 6. Dopo Calcedonia •
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III. IL
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MEDIOEVO OCCIDENTALE
l. L'ambiente europeo medievale
2. I cre do medievali 3. Accentuazioni più evidenti 0
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53
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57
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68
IV.
RrfO&'YlA PROTESTANTE E MOfv1ENTO TRIDENTINO
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1. Le accentuazioni della Riforma
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71
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70
2. I credo contrapposti: la «Confessio Augustana» 3. La «Professio fidei Tridentina»
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73
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80
4. Verso i nostri giorni
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85
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94
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95
3. La «Dichiarazione Teologica» di Barmen (1934) .....................................
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98
4. Il «Credo del popolo di Dio» di papa Paolo VI (1968) .....................................
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106
5. Il pullulare di nuovi credo .................
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117
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5. Se la storia è maestra
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PARTE SECONDA
ANNI SETTANTA E DINTORNI V.
LA
SVOLTA
SPONDA
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CONTENITORANEA .
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E
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l. 1V1ovimenti degli anni Trenta
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DUE
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CREDO.
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2. Le caratteristiche della svolta ..............
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6. Caratteristiche dei nuovi credo ............
VI.
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7. Problemi aperti .............................
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CREDO TEOLOGICI
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122
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l. Professione di fede di un intellettuale (R. .Marlé)
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123
2. Il credo di Piet Schoonenberg .............
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131
3. Il credo di E. Schillebeeckx ................
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133
4. La «formula breve» di W. Kasper .........
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138
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14"-1
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144
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149
VII. CRED O
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CONTESTATORI ....................... .
l. «Professione di fede di un credente impegna-
to» (D. Solle) ............................. 2. Il credo di G. Franzoni 250
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VIII. C REDO
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RASSERENANTI
l. «Credo in Dio» del cardinale G. Bevilacqua
2. «Il credo delle donne» di R. C. \valberg . 3. do son un africano» di G.M. Setiloane .... .
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156
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156
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166
161
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172
l. «Symbolum '77» di P.A. Sequeri .......... .
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172
2. Professioni di fede cantate in Brasile ....... 3. Professione di fede di un gruppo ecumenico
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178 182
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187
l. I credo del «Libro della Preghiera» ........ 2. Il credo del Catechismo dei giovani ........ .
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187 192
30 Le proposte di E. Franchini ...............
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198
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203
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207
IX. CREDO
X.
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CREDO
LITURGICI
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CATECHISTICI
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XI. CREDO
BREVI
LATINO-AMERICANI .............
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l. Credo liturgici .............................
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a) Io credo in Dio (dallt! 1\!Iessa Jazz di H. Ferrera) ...................................
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208
b) Credo della Messa contadina nicaraguense
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210
c) Io credo che dietro la nebbia il sole attende 2. I «credo- non credo» ....................
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212 214
a) Noi crediamo in Dio il liberatore (Colombia) b) Il Dio in cui aedo (di Frei Betto) .......
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214 218
c) Credo nella nuova umanità (di dom Pedro Casaldaliga) ............................
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221
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30 Il credo di Puebla 1979 ..................
XII. PER
UNA CONCLUSIONE PROVVISORIA
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1. Abbozzo di valutazione critica ............. 2. I «dari» permanenti del credo cristiano ....
3. Il perché di un titolo ...................... Spiegazione di alcuni termini
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INDICE DEI NOMI ................................. .
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