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NICOLÒ BUCARlA
SICILIA JUDAICA GUIDA ALLE ANTICHITÀ GIUDAICHE DELLA SICILIA
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FLACCOVIO EDITORE
Ringrazio per la gentile collaborazione le Soprintendenze ai BB. Cc. AA. di Agrigento) Siracusa, Palermo) Trapani e Caltanissetta; i Musei a~'cbeologzà regionali di Agrigento, Siracusa, Messina} Palermo} Lipari e Santa Croce di Camerina; l'Accademia Zelantea di Acireale; la Galleria' regionale della Sicilia; i Musei civici di Catania, Erice e Termini Imerese; la Biblioteca Fardelliana di Trapanz~' sono altresì grato per suggerimenti ed incoraggiamenti a Leonard V.
Rutgers dell'Accademia Reale delle Scienze dei Paesi Bassz~ Ann Kzllebrew deltUniversità ebraica ··di Gerusalemme) Giancarlo Lacerenza dell'Istituto Orientale di Napol~ Cecilia Meir del Museo Eretz Israel di Tel Aviv} Rav ]osepb Sayagb, Rabbino Capo di Lussemburgo). Mariarita Sgarlata della Pontificia Commisszòne di Arcbeologia Sacra} Ispettorato di Siracusa nonché) last but not least} a Giampaolo Sorba e Angela Scandaliato.
Proprietà artlstlca e letteraria riservata all'Editore a norma della Legge 22 aprile 1941, n. 633. È vietata qualsiasi riproduzione totale o parziale, anche a mezzo di fotoriproduzione. Legge 22 maggio 1993, n. 159.
ISBN 88-7804-130-0
© 1996 copyright by S'. F. Flaccovio s.a.s. - Palermo - via Ruggero Settimo, 37 Stampato in Italia - Printed in Italy
«Tutto questo ci è accaduto t/za noi non Ti abbia1120 ditJzenticato» Salmo 44:18
PREFAZIONE
A rnetà del secolo scorso lo Zunz) nella chiusa della sua classica storia degli ebrei di Sicilia) volle affidare ad un nzitico viaggiatore in partenza per risola la risposta alrinterrogativo ((se neltoscurità della terra e dei chiostrz~ di quei ternpi antichz~ esistano ancora più di due libri ebraiCl~ e di un paio di lapidi infrante)). Era dzfatti tanto spessa la cortina di oblio addensatasi sulla vita ebraica siciliana che le giudecche) le sinagoghe) i cinziterz~ gli arredi sacrl~ i librz~ apparten uti ad una delle più antiche co rlZ un ità della diaspora) seJnbravano dissolti nel nulla. Altrettanto poveri per fortuna non apparvero altillustre storico gli arc/Jivi siciliani e spagnoli ed anzi talnzente stracolnzi di scartoffie pubbliche inquisitoriali e notarili riguardanti gli ebrei da consentire già al Di Giovannl~ a nzetà del 700) un priJno disvelaJJzerlto deltenorrne nzole documentale. E" cosz" che grazie alla storiografia siciliana ed ebraico-tedesca tra t otto e il novecento ha luogo una nziracolosa riscoperta sia pure nella ristretta cerchia degli studiosi e daltoblio si trascorre al tlzitò: quello di una Sicilia felix Jnultietnica e tollerante (terra senza crociatl~ laboratorio nornzanno-svevo di diritto ecclesiastico) terra della pax arabo-ebraica) terra della pax fredericiana ebraico-germanica ecc.).
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Prefazione
Uno straordinario r/ncalzo verrà poi dalla Ghenizah del Cairo - il cinzitero di docuJ'Jzenti ebraici del basso Mediterraneo - ed altre vecchie carte) ancor più inaccessibili e note ai soli specialisti d)0ltre1nare) ci racconteranno nella lingua· degli ebrei siciliani t antico rito isolano) i c01nl1zera: la vita di ogni giorno e persino qualcosa della letteratura. Ma sino a ieri appariva ancora vano cercare tracce visibili e slJrzboli 1nateriali nelle nostre città di Sicilia ed alla stragrande 11zaggioranza di noi siciliani era rimasta ignota persino la pernzanenza 11zillenaria di ebrei neltisola sino alteditto di espulsione del 1492. La domanda dello sbalordito conterraneo era su per gizi questa: davvero la Sicilia fu terra di ebrei e ce ne sono ancora oggi? Il secondo miracol6 è recente. È un ritorno di interesse storiografico e filologico di noi siciliani (basti t ese1npio delt infaticabile opera di 1nonsignor Rocco) 1na anche un 1noltiplicarsi di studi e di iJnpulsi che ci provengono dalla cultura israeliana (si pensi al c01npianto Sennoneta). È anche un tentativo di recupero di identità da parte degli ebrei che vivono in Sicilia - si tratta per la cronaca di sporadici insedia1nenti novecentescbi - e persino da pa,rte di taluni discendenti di antiche fa11ziglie poi convertitesi al cristianesimO per evitare t espulsione. È il 1n01nento propizio per la fondazione a Palenno deltlstituto siciliano di studi ebraici: un)associazione privata senza scopo di lucro rivolta anche alla pronzozione della ricerca storica sultebrais11z o isolano. Dentro il nziracolo t avverarsi della profezia: il nzitico viaggiatore dello Zunz ha ora il volto di David Cassuto con la sua riscoperta dei siti sinagogali e di Nicolò Bucaria con la sua preziosa guida altarcheologia giudaica frutto di rigore scientifico e di ùnpegl'lO quasi eroico fra le l1zille dtfficoltà che pizi del trascorrere dei secoli tinsipienza degli uomini frappone alla conoscenza ed alla valorizzazione delle ricchezze culturali e artistiche della Sicilia. Così anche le pietre ora parlano e si intravvede una l'nappa di
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Prefazione
cose e luoghi assai originale che si colloca a pieno diritto nel panorarìla mondiale deltarte ebraica della diaspora. . Le pietre senza alcuna enfasi Ofa addirittura gridano e ci richiamano al pericolo gravissùno de ltin curia: il tesoro così amorevolnzente descritto da Nicolò Bucaria corre il rischio infatti di finire distrutto () di rinzanere disperso e praticamente non fruibile) ancora una volta di dissolversi in un oblio questa volta irreversibile. È necessario tintervento delle autorità pubbliche nza anche t apporto volontario dei privati: occorrono restauri inZ1nediati e collocazioni più. sicure e sarebbe quanto nzai opportuna t organizzazio. ne di una Jnostra e persino di un museo. Un segno di attenzione ci giunge daltAssessorato regionale ai beni culturali: è di questi giorni la creazione di un ispettorato onorario ai beni culturali ebraici che nzi è stato affidato con il'compito anche di redigere il catalogo dello sparso patrinzonio. Un altro segno ci giunge dalla sensibilità di Sergio Flaccovio) che continua a riproporci nei suoi palinsesti editoriali t ebraisnzo di Sicilia: la pubblicazione del libro provvidenziale di Nicolò Bucaria rappresenta la pietra miliare di un canznzino assai arduo e mi auguro il più possibile fruttuoso verso il recupero di un segJnento così affascinante della nostra storia qual è indubbiamente quello ebraico. Palernzo 8 tlZaggio 1996
Salvatore Mazzamuto Presidente dell'Istituto siciliano di studi ebraici
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La ricerca che qui presento sotto forma di guida) cioè di inventario delle cose notevoli ordinato per località} è stata resa possibile da una Fellowship concessalni nelranno accadenlico 1994-95 dalrUniversità canadese di Lethbridge per realizzare un ((Survey of Archaeological Sites and Renzains of the Jewish Presence in Sicily until 1492)). Essa è stata enormenzente agevolata dal mio soggiorno presso queltistituzione} prestigiosa e originale al telnpo stesso) che è il W.F. Albright Institute of Archaeological Research· di Gerusalenzrne} di cui tengo a ringraziare il Direttore} professo?' Si Gitin. Ma la ricerca - inutile dirlo - non sarebbe stata cornpleta senza le nU11zerose verzfiche sul canzpo e i proficui contatti con le istituzioni e le persone che in Sicilia custodiscono e studiano il nostro straordin ario patrinzonio ebraico. Particolannente grato sono a Monsignor Benedetto Rocco} professore el1zerito di Sacre Scritture presso la Facoltà Teologica di Sicilia} che rni ha acconzpagnato in alcune delle l1zie escursioni e ha contribuito in lJZodo signzficativo alla parte epigrafica ebraica} con infornzazioni e suggerimenti sapientz~ frutto di lunghi anni di studio. Non mi illudo di avere ({inventariatd) tutto) anzi spero che nzolto si possa ancora scoprire. Mi auguro solo di essere riuscito a ricordare che accanto a una Sicilia greca} amba o nortnanna è esistita anche una Sicilia giudaica) alla quale dobbianzo molto di pizi di quanto non si pensi COl1zunelnente.
5. Martino delle Scale} 25 Aprile 1996
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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI ASS = Archivio Storico Siciliano ASSir = Archivio Storico Siracusano AION = Annali dell'Istituto Orientale di Napoli ASSO = Archivio Storico per la Sicilia Orientale CII = J.B. Frey, C01pUS Inscriptionum -Iudaicarum, Città del Vaticano, Val. I, 1936; Val. II, 1952. Codice diplomatico = G. e B. Lagumina, C.D. dei Giudei di Sicilz'a, Palenno, 1884-1895 (ris. Palermo 1990). DI GIOVANNI = G. Di Giovanni, L'ebraismo della Sicilia, Palermo, 1748 (ris. Bologna-, 1976). ITALIA JUDAICA V = Atti del V Convegno Internazionale di Studi Gli ebrei in Sicilia sino all'espulsione del 1492 (Palermo, giugno 1992), Roma, 1995. JPOS = Journal of the Palestine OrientaI Society JQR = Jewish Quarterly Revie\v MEFRA = Mélanges Ecole Française de Rome - Antiquités NS = Notizie degli scavi di antichità RAC = Rivista di Archeologia Cristiana RAL = Rendiconti Mor. Acc. Lincei Le notizie riguardanti i manoscritti ebraici sono tratte in gran parte dall'articolo di G. TAMANI, Manoscritti ebraz'ci copiatz' in Sicilia nei secoN XIV-XVI, "Henoch" XV, 1 (1993). Alcune traduzioni hanno richiesto una rielaborazione e possono quindi differire dalla fonte citata.
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INTRODUZIONE
Chi erano gli ebrei siciliani? Narra la leggenda che, dopo aver distrutto il Tempio, il malvagio Tito riempì tre navi di uomini e donne e le abbandonò al mare senza un capitano. Dio mandò una tempesta e le fece naufragare in tre reami: la prinla a Genova, la seconda in Sicilia e la terza in Africa. 1 Così, secondo la leggenda, comincia la storia degli ebrei in Sicilia. Secondo 1'archeologia, invece, il prinlo ebreo siciliano è documentato dalle catacombe di Roma: Amachios da Catania. Vive intorno al III secolo e porta un nome greco che è verosimilmente la traduzione di Shlomo. Nel 1492, quando saranno espulsi, secondo Fernand Braudel erano ormai, mentre per Cecil Roth denotavano, in fondo, molti tratti di una comunità nl0resca. 2 La ricerca archeologica permette di distinguere due divetse
l
A
NEUBAUER,
Tbe ear!y Settlement 01 tbe Jews in SOlltbem Italy, JQR, IV
(1892) p. 618. 2
C. ROTH, Tbe Hist01JI 01 the Jews 01 Italy, Philadelphia, 1946, p. 228.
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Introduzione
fasi dell'insediamento ebraico. La prima va dall'epoca repubblicana e attraversa il tardoantico, che in Sicilia si protrae fino alla conquista araba, cioè al IX secolo. La traccia archeologica più antica è la laminetta magica da Comiso. Vengono poi le catacombe di Siracusa, gli ipogei di Noto, le lucerne con la menorah di Lilibeo, le lapidi funerarie di Sofiana, Catania e Siracusa, la sinagoga ru pestre di Scicli. Questo ebraismo è attestato soprattutto nella Si'cilia orientale, si esprime in greco e intrattiene rapporti diretti con la Palestina e il mondo ellenistico: Yona e Sabbatia, sua moglie, ebrei di Sicilia, si recano in pellegrinaggio a Gerusalemme sul finire dell' epoca bizantina. 3 Grosso modo esso perirà con le invasioni barbariche e la crisi 'demografica del VI secolo. La lettera di papa Gregorio Magno alla badessa di Agrigento, riguardante la conversione di un gruppo di ebrei, ne rappresenta una specie di ultimo atto. Con gli ebrei ellenizzanti spariranno dalla Sicilia anche i samaritani. La seconda fase si apre con l'invasione musulmana. Gli arabi favoriscono l'immigrazione di consistenti gruppi di ebrei dal Nord Africa. Si tratta per lo più di berberi convertitisi all'ebraismo intorno al III-VI secolo, ai quali si aggregheranno più tardi gerbini e andalusi. Questo tipo di ebraismo di stampo magrebino prevarrà in Sicilia fino all'espulsione del 1492. Con esso scomparirà per sempre il mondo dei mercanti cosmopoliti della Ghenizah, che scrive l'arabo con l'alfabeto ebraico, non senza lasciare però tracce cospicue nella toponomastica, nell'onomastica, nel dialetto, nella cucina e nell'artigianato, in breve in tutto ciò che si definisce comunemente l'identità siciliana. Molto più esili sono per contro le tracce archeologiche, talché nel 1906, a conclusione di un brillante studio sulla condizio3
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CII, II. n. 1399.
Introduzione
ne giuridica degli ebrei in Sicilia, Quinto Senigaglia poté scrivere: «niente è rinzasto fuor che un nonze e una pietra». Due ne sono le cause principali. La prima è l'oggettiva difficoltà di conservare un patrimonio edilizio per lo più povero e precario a causa delle leggi che vietavano agli ebrei di erigere o restaurare sinagoghe, e sulla cui applicazione vegliava un apposito funzionario. Si sono salvate dalla rovina dei secoli solo quelle che furono trasformate in chiese, a Agira, Mazara, Salemi, o in abitazioni private come a Caltabellotta. Ma quanto di originale è realmente rimasto? Dei bagni, delle scuole e delle antiche giudecche non sopravvivono che i nomi e il ricordo qua e là per l'isola. La seconda causa è imputabile invece alla volontà deliberata di cancellare il più possibile ogni traccia di ebraismo in tempi di Santa Inquisizione. Quanto ai beni immobili è facile immaginare quale fu il loro destino una volta sottratti ai loro legittimi proprietari: i rotoli della T orah finirono per rilegare atti notarili e gli oggetti rituali rifusi o trasformati. I rimonil1Z di Cammarata sono là a darci un'idea di ciò che è ~ndato irrimediabilmente perduto. Ma quale fu in concreto la vita della Santa Conzunità che vive neltisola di Sicilia, come gli ebrei si denolninavano? Quali le attività, le speranze o le preoccupazioni del popolo che se ne sta solo e che tra le nazioni non si annovera? Il cronista degli Annales oJnniunz tenzp0l'unz, il canonico Pietro Ranzano, che nel 1469 assistette alla sfilata di quattrocento giovani ebrei durante i festeggiamenti per le nozze di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, li descrive bellissimi e avvenenti nelle loro preziose vesti di seta. Ir: Sicilia, come altrove, la vita del popolo eletto è scandita dal calendario della religione di Mosè. Il bambino nasce ed è circonciso dopo otto giorni. Il verbo circoncidere in siciliano era taciariari, dalla radice giudeo-araba thl'. Talvolta gli fa da padrino un cristiano, come ad Enna. Se è maschio si chiama coi nomi
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Introduzione
della tradizione Muxa, Vita o Brachuni; se femmina porta nomi augurali come Ricca, Bona o Gaudiosa. Nel corso degli ultimi tre secoli tuttavia le forme ebraiche finiranno per prevalere sull~ forme magrebine. Non ha ancora sei anni e impara già la lingua sacra, a far di conto e a leggere la Torah. Se è ricco dispone di un precettore privato, il più delle volte un maestro itinerante venuto dalla Spagna, dal colto Sefarad. Se è povero frequenta la scuola comunitaria finanziata coi lasciti di qualche benefattore, come a Sciacca o Caltabellotta. A tredici anni diviene figlio del precetto, raggiunge cioè la maggiore età religiosa. Legge allora una pericope della Torah dinanzi alla congregazione riunita nella sinagoga. Le sinagoghe siciliane sono modeste e in nulla ~ distinguono dalle case circostanti. Ritualmente si chiamano Bet kneset, ma tutti le indicano arabicamente col nome di 7Jzescbita o 7Jluscbitta, che vuoI dire sede dell'assemblea. Ad eccezione di Palermo e Messina, che erano quasi sicuramente .antiche moschee, sono ubicate in normali abitazioni, talvolta addirittura prese in affitto, come ad Alcamo, o scavate nel tufo, come a Scicli. Divenuto maggiorenne il giovane può contrarre matrilnonio dinanzi al rabbino. Lo scriba compila allora la ketubà in aramaico ed ebraico. Il notaio la trascrive in siciliano. Nel dialetto siciliano sopravviverà l'espressione ((né kitib né kitab per indicare una procedura solenne e lambiccata al tempo stesso. Lo stile è improntato all' allegrezza, come si conviene all'occasione. A Messina Obadyah da Bertinoro rimase incantato dalla sposa che incedeva a cavallo preceduta da un festoso corteo illuminato dalle. fiaccole. «Sii7'JZz' pi 7Jzugleri secundu la ligi di Moyse profeta e Israel popolo eletto». Così recita la fonnula n1atrimoniale degli ebrei di Palermo. L'inventario dotale è meticoloso, i divorzi non sono rari. L'uomo ripudia la moglie, ma anche la moglie può "farsi ripuJJ
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In troduzz'one
diare" per salvare il proprio patrimonio ed attendere liberamente ai propri affari. Quale differenza- di status rispetto alle donne cristiane! Nel 1400 Virdimura esercita la medicina. Ma tante altre partecipano ad operazioni commerciali che non escludono la tratta degli schiavi o la pirateria, come a Trapani; da dove partì 'intorno al 1100, diretta a Genova, la prima lettera di cambio della storia, redatta in arabo. Il rabbino è il dotto della comunità e la sua carica è a vita. Egli presiede alle cerimonie e vigila sull'esatto svolgimento dei riti. Non sempre ha compiuto studi accaden1ici che ne sanzionano il titolo. Solo a Messina i rabbini sono in contatto con i Gheonil1z di Babilonia. I rabbini di Siracusa alla fine del XII secolo rivolgono un quesitO~7a Rabbi Anatoli ben Josef di Alessandria, pregandolo di dare u+ risposta chiara e concisa perché loro non hanno fatto studi elevati. Gli risponderà Maimonide! 4 Affianca il rabbino il Hazan, chiamato in siciliano caseni, che recita l'ufficio e istruisce i bambini. N elle piccole comunità siciliane può anche svolgere le funzioni di Shohet, macellatore rituale, come a Corleone dove esercita « ... tal1z in ecclesia ... qual1z in scannando». L'organizzazione comunitaria è esemplata, grosso modo, su quella delle comunità iberiche, secondo una miscela di teocrazia e democrazia, con numerose varianti da una ah'anza all'altra. In tutte un consiglio di anziani, zekan il1Z, elegge uno o due proti, chiamati via via shaik) najid o mukdal1zil1z. Le loro competenze sono vaste tanto in campo civile quanto in quello religioso e rappresentano la comunità verso 1'esterno. Non sempre le loro decisioni sono riconosciute, essi detengono però nelle loro mani un'arma temibile: il hereln, la scomunica, usata per lo più contro gli evasori fiscali. I
S. SIMONSOHN, Gli ebrei a Siracusa e zl loro cimitero, in ASSir, IX (1963)
p. 8.
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In troduzione
Il sabato è giorno buono, come dice l'iscrizione di Taormina, cioè giorno sacro al Signore, e gli ebrei osservano il riposo. Lo prevedono anche i contratti commerciali. I lnulini di Scicli, di proprietà di ebrei, non macinano di 'sabato e gli ebrei di Mes- . sina sono eso.nerati dai turni di guardia. L'anno -liturgica' comincia con la festa della Mortilla, COlne gli ebrei siciliani chiamano Simhat Torah. La festa dei Tabernacoli è celebrata con processioni e canti detti hoshanot, per via dei molti osanna che vi si levano. Un eselnplare di queste composizioni si trova oggi al British Museum. 5 La festa più importante è però la Pasqua, la festa della libertà. «Ques(anno q'lll~ lna fanno pl'ossùno in Terra di Israele» dice il capofamiglia e benedice il vino in una coppa d'argento incisa con lettere ebraiche; il notaio G. Scannatello di Trapani ci ha tramandato la descrizione di quella appartenuta all'ebreo Sibbiteni Charreri. Gli ebrei abitano gli uni vicini agli altri, negli stessi cortili, nelle stesse platee, mai troppo distanti dalla sinagoga e dai bagni. Non che vi siano obbligati, ma sono le necessità del culto oltre che la malizia dei tempi,' a richiederlo. E tale insedialnento non è mai casuale, bensì obbedisce a talune costanti che sono la contiguità con 1'area del potere pubblico e 1'occupazione dell' asse commerciale primario. I cimiteri sono invece extra rnoenia e non sono generalmente molto curati. A Mazara vi si scuoiavano i cavalli morti. Ma non sempre la· comunità è solidale: le risse e le lotte 'intestine non sono infrequenti così come le accuse di nzalsinos. A Trapani Merdoch de Salbat viene scomunicato per aver COlnmesso un delitto dentro la sinagoga, gli ebrei di Messina si sollevano contro Mosè Bonavoglia nominato Diencbelele dal Re. Quando è .5 Hoshanot secondo il rito siciliano sono menzionati in una lettera di J. Nehama a L. Zunz; cfr. "Zeitsebrzft fii,. heb rà'is ehe Biblz'ogl'aphie" IX (1905) p. -124.
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In traduzione
chiamato a testimoniare in tribunale, l'ebreo siciliano giura ponendo la lnano sugli tzitzit e rispondendo alla formula di rito letta dal giudice con le parole: «Allà Allà ubenu ubeni lugleni» (Dio, Dio, tra me e lui siano le mie parole). Con l'acuirsi della crisi economica conseguente all'isolamento della Sicilia dai mercati nordafricani e alla penetrazione del colonialismo catalano e genovese, anche la convivenza con i cristiani diventa più difficile. I francescani e i domenicani attizzano l'odio della plebe contro le povere giudecche e non vi è neanche la colpa dell'usura a giustificarlo. Nel 1455 il Presidente del Regno aveva dovuto intervenire a favore di un ebreo di Marsala contro un usuraio cristiano! 6 Se a Erice la marmaglia passa a fil di spada chi non si converte al cristianesimo, a Modica in un solo giorno, la festa dell'Assunzione del 1474, 360 ebrei sono trucidati e a Buccheri ne vengono bruciati vivi altri. I giorni della convivenza felice delle religioni e delle lingue sotto gli emiri musulmani prima e i Re normanni dopo, sono sempre più lontani. Persino i cilniteri vengono depredati delle lapidi, usate per lastricare le strade colne a Trapani o elevare bastioni, come a Siracusa. Ma tra i beni degli ebrei c'è qualcosa che solo di rado i cristiani posseggono: i libri. I notai siciliani ne hanno registrato elenchi lunghissimi. Libri liturgici provenienti fin dalla Gern1ania, come il,na1Jzor di Caltabellotta, o compilati in loco, come il siddur di Noto. Vi sono però anche libri preziosissimi di astronomia, copiati da abili scribi a Siracusa, odi medicina tradotti dall'arabo, talvolta su committenza del Re, come il Liber continens, che veicola in Europa il concetto di vaccino. Gli ebrei siciliani sono valenti traduttori: Mosè da Palermo traduce il primo trattato di ippiatria. Flavio Mitridate, alias Guglielmo Rai-
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Co~ice
diplomatico, p. 560, n. CDXXIIL
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Introduzione
mondo Moncada, alias Yehuda Shmuel ben Nissim Abu'l Farag da Agrigento traduce in latino numerosi testi cabalistici, insegna teologia alla Sapienza ed inizia all' ebraico e al caldeo Pico della Mirandola. Ahron AbuIrabi di Catania è invece ricevuto dal papa e dai cardinali a Roma e si disputa con i caraiti a Gerusalemme. Altri libri sono per contro scritti direttamente in Sicilia, come i testi cabalistici di Abraham Abulafia. Sono questi libri che permettono agli ebrei di realizzare nel 1492 la prima prospezione mineraria della Sicilia,7 o di inventare strumenti astronomici come quello di Isaac ben Solomon Alhadib di Siracusa o di praticare la medicina. Non solo la vita. intel- . lettuale è vivacizzata dagli ebrei, ma anche i commerci e le arti sono in gran parte nelle loro mani. Solo a loro il papa permette di commerciare con la Barberia. A Corleone detengono il monopolio nel commercio dei muli, all' epoca l'unico mezzo di trasporto terrestre, a Marsala del salnitro, che vendono fino in Inghilterra, a Trapani del corallo, a Palermo e Messina della seta. Coltivano la vite per farne vino kasher, ma anche l'indaco, i datteri, l'henné e la canna da zucchero, di cui la Sicilia è grande esportatrice. A Caltabellotta gestiscono il macello in comune con i cristiani, ma sono obbligati a segnalare con un panno rosso, un uso che si conserverà fino ad anni recenti - la vendita di carne tajura, come si diceva kasher in Sicilia. Dai cristiani gli ebrei si distinguono solo per una rotella di panno rosso dalla grandezza di un sigillo o di un carlino, privilegio, quest'ultimo, di Palermo, che portano sul petto. Questo marchio è introdotto dagli arabi nell'887 per la prima volta in Europa. Ma sarà a lungo disatteso, come dimostrano i periodici richiami dei predicatori. In Sicilia sono servi della Regia Camera, appartengono C. TRASSELLI, ]VIiniere siciliane nei secoli XV e XVI, in "Economia e Storia" XI (1964) p. 515. 7
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Introduzione
cioè personalmente al Re, che dosa la sua benevolenza nei loro confronti a seconda dei donativi. Così ha stabilito Federico II seguendo un uso tedesco che risale al tempo delle crociate. Ma sono anche «71zelnbru et chitatini in li chitati et terri di lu dictu Regnu »8 e sono oberati a questo titolo di ogni tipo di balzelli e angherie. Tutte le giudecche devono provvedere a spazzare e tenere- puliti i castelli reali nonché fornirli di bandiere e stendardi. Quella di Palermo doveva fornire roba e letti agli ufficiali cittadini, quella di Mazara cinque libbre di pepe al vescovo nelle feste di Pasqua e Natale. A Palermo si pagavano quattro tarì per ogni sposalizio, un tarì per ogni figlio maschio e un carlino per ogni femmina. Tra di loro parlano un dialetto arabo-magrebino, una koiné giudeo-mediterranea, sempre più infarcito, col passare del tempo, di parole siciliane. Eppure non dimenticarono mai Gerusalemme. Nel 1455 gli ebrei di varie città si radunano e tentano, in upo slancio sionistico ante litteraln, di recarsi in Terra Santa. Ma vengono catturati e puniti. Infatti, che ne sarebbe della Sicilia senza i suoi ebrei? Così gli alti ufficiali del Regno di Sicilia, riuniti a Messina il 20 giugno 1492, scrivono al Re cattolicissimo: «in quisto regnu quasi tucti artisti su Iudey li quali tucti ad un colpo paxtendo si 71zanchira tlzultu dt' la cOl1zoditati di haviri attitudini li christiani essiti serviti di cosi 71zechanichi et specialiter di arti di ferru ». Il 12 gennaio 1493 fu l'ultimo giorno. Gli ebrei attraversarono mestamente lo stretto e si installarono in Calabria, nella speranza di un rapido capovolgimento della situazione. Forse qualcuno portò con sé le chiavi di casa, Poi nel 1541 furono espulsi anche dal Regno di Napoli e proseguirono il loro dolente viaggio ancor più lontano, fin nell'impero ottomano, a Costantinopoli, S
Codice diplomatico, I, p. 499, doc. CCCLXXXV item 10.
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Introduzione
Cipro, Safed e Gerusalemme. Alla vigilia dell'Olocausto esistevano a Salonicco due comunità di sitsiZianoi e a Damasco nel 1523, durante il suo viaggio in Terra Santa, Mosè Bassola d'Ancona visitò la sinagoga dei Siciliani. La Scbola Siciliana di Roma funzionò invece fino al 1904. . Non tutti partirono a seguito dell'editto di espulsione, anzi non pochi si convertirono e rimasero. E tra chi non rimase, molti furono quelli che ritornarono dopo qualche tempo, come quel figlio di Raffaello Trixoci che ritornò a Mazara, si convertì col nome di Giovanni Graffeo e poté così recuperare i beni paterni. L'espulsione aveva però segnato per sempre la fine di un' epoca. Qualche notaio vergò i suoi atti «post generalenz Iudeorunz expulsione anno... »', il Senato di Catania pose una lapide commemorativa e tra il popolo si usò dire per un certo tempo « printa di andari i giudei» o «et avante assai che se ne andassero li giudei ».9 Alla fine dell' 800, nell' ambito della rinascita di un certo nazionalismo isolano d'ispirazione risorgimentale e di tendenza anticlericale, si ebbe una rivalutazione alquanto romantica del ruolo degli ebrei e Giuseppe Picone scrisse, con tono ispirato: «essi partivano) e il nostro popolo ne fece baldoria) e vittinza dei falsati principl~ propagati da un governo ignorante e ingordo) e da preti non nzeno ingordi e fanaticl~ ne tripudiò! ... nza ne pianse in seguito del pianto della nziseria che gli sopravvenne!... » .10 In un certo senso era stato proprio così.
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9
A.
RIZZO MARfNO,
lO
G.
PICONE,
Gli ebrei di Mazara, Trapani, 1971, p. 39.
Memorie storicbe agrigentine, Agrigento, 1866 (ris. 1982) p. 520.
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li.
Iscrizione dal
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ACIREALE (CT) Non si hanno notizie di insediamenti ebraici a Acireale.
Accademia Zelantea. Sigillo bronzeo con lnenorab (IV-VI sec.)(n. inv. 5) Appartenuto in precedenza alla collezione privata Musumeci, fu donato all'Accademia dalla nobile famiglia Vigo. Il luogo di rinvenimento è la vicina necropoli tardoantica di Capo Mulini, da cui pure provengono altri sigilli, apparentemente cristiani, esposti nelle teche dello stesso museo. Paolo Orsi nel 1903 ne segnalò la presenza tra gli oggetti custoditi dall' Accademia, mettendone però in dubbio tanto l'origine quanto la stessa autenticità. Il sigillo si presenta come una stampiglia di bronzo (cm. 4,5 x 2,5, spesso mm. 3,5, 40 gr.) recante sul dorso un'ilnpugnatura ad anello. Le lettere sono incise in rilievo ein positivo (h. 68 mm.).
E Y P (?)
E Menorah
C (?) I
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Acireale
.
.
Rispetto all'anello di Mozia il sigillo di Acireale presenta un diverso tipo di nzenorah, tuttavia con una identica base a due piedi. Ad essa si affiancano, rispettivamente a destra e a sinistra, due disegni inintelligibili. Tra gli editori del sigillo solC? D. Noy ha notato per primo la loro presenza, riconoscendovi nel più piccolo, a sinistra, uri etl'og e nel più grande, a destra, uno sho/ar. Data però la cattiva rifinitura del disegno questa è soltanto una delle interpretazioni possibili. Infatti, se nella piccola forma ovaidale dell'oggetto più piccolo si riconosce un etrof,; perché non vedere nell'altro un lulav, che a questo tradizionalmente si aCCOlTIpagna nelle raffigurazioni artistiche? Y.i~eversa, se nell' oggetto più grande si riconosce uno sho/ar perché non interpretare quello più piccolo come una paletta dell'incenso, nzakhtah, che accanto alla nzenorah accompagna talvolta lo sho/ar, simboleggiando insieme le tre grandi feste del mese di Tishri: Rosh Hashanah, Y 071Z Ktppur e Sukkot. Un'altra peculiarità del sigillo risiede nel nome del proprietario inciso in positivo su due linee verticali parallele. Epsilon e signza lunati e il nesso ipsilol1 e rho suggeriscono un'origine bizantina e quindi una datazione successiva al IV secolo. Quanto al nome, infine, anche questo si presta ad una doppia interpretazione, con conseguenze per la sua datazione. B. Lifshitz vi legge il genitivo di un nome EYPEEIE. Un nome senza precedenti in altre iscrizioni giudaiche conosciute. H. Solin segnala 75 casi di (H)Euresis (non ebrei) a Roma, con (H)Euresi quale normale forma del genitivo e del dativo. P. Orsi· indica un ErPEEIE a Siracusa, senza specificarne il genere. Sotto il profilo cronologico il femminile (H)Euresi è attestato attraverso tutta l'antichità, mentre il maschile Heuresius, nome greco con desinenza latinizzante, viene in voga solo a partire dal III secolo. Per quanto riguarda la destinazione d'uso, la tipologia del
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2. Acireale, sigillo di Euresi (IV-VI sec.); Accademia Zelantea, n. inv. 5.
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Agira
manufatto ci induce ad accogliere senz'altro l'ipotesi avanzata per primo dal Vigo, e cioè che si tratti del timbro di un figulo. Un bollo doliare quindi, al pari degli altri quattro da lui pubblicati.. Anfore recanti impresso sull'ansa un' bollo con meno.rah sono, state trovate nello scavo di Bova e al Celio .. N ella pratica questi sigilli trovavano però un' applicazione· molto varia e potevano servire, tra 1'altro, per certificare la purezza rituale dei pani o semplicemente per indicarne l'origine. Un altro tipo d'impiego è documentato nelle catacombe romane. La tomba di Marcia nella catacomba ebraica di Villa Torlonia (III-IV sec.) ha restituito il timbro di Saprici(us) impresso ripetute volte nell'intonaco fresco. Misura cm. 2,8 x 6,3. Le lettere sono alte cm. 0,8. Al centro campeggia la menorah. Alla sua sinistra l'iscrizione in greco EYAOrlA, a destra l'iscrizione latina Saprici: Sigilli su calce sono tuttavia frequenti anche nelle catacolnbe cnstiane. Bibliografia N. BUCARlA, Anticbi anelli e sigilli giudaici in 51'cilia, in Sicilia Archeologica" 87-88-89 (1995), pp, 129-134. Il
AGIRA (EN) Agira è la patria di Diodoro siculo (80-20 a.e.v.), lo storico' che per primo in Sicilia narrò della storia e della religione degli ebrei nella descrizione della prima presa di Gerusalemme da parte dei romani (63 a.e.v.). Essa custodisce il monumento forse più prezioso dell'ebraismo siciliano: un aron in stile gotico catalano.
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Agira
Aron (h. 3,98 X 1. 2,20 m.) Il monumento è stato ricostruito oggi nella chiesa collegiata del SS. Salvatore, posta sulla sOlnmità del paesino. Vi è stato portato nel 1987 dal pericolante Oratorio di S. Croce, l'antica sinagoga, dove era stato trasformato in altare maggiore. Sul lato sinistro, a circa 50 cm di altezza, sono ancora visibili le tracce del gesso che sosteneva il piano dell' altare. Così lo descrive P. Sinopoli: «È un portale con ricche decorazionz: sostenuto da quattro pilastrini rotondi con capitelli e foglie d)acanto sui quali ricorre un arco ogivale con cornici delicatarl'lente pregiate) e nel centro lo stetluna di casa Aragona. La fascia che si stende su IFa l'CO ha un)iscrizione in caratteri ebraici». Di tale iscrizione resta oggi solo la prima parte. La seconda parte è andata persa a causa della friabilità della. pietra. Sulla base delle vecchie fotografie è però possibile ricostruire il seguente testo:
Traduzione: NelFanno «Casa di Giacobbe) venite) carnl1ZZntal1Z0 nella luce del Signore» (5214 = 1454) (Isaia, 2:5). La stessa frase era stata scelta per la sinagoga medievale di Gerona. Questo aron è quindi, in area italiana, ancora più antico di quello ligneo proveniente da Modena (1472), conservato oggi·a Parigi, al Museo di Cluny. Nell'arca santa, o hekal secondo l'uso sefardita, venivano riposti i rotoli della Torah rivestiti di ricchi broccati o pelliccie e coronati dai pomi della legge (> Cammarata). Una tenda copriva inoltre la porta oggi murata. L'aron era stato costruito sul muro orientato verso Gerusalemme e dimostra che nelle sinagoghe sici-
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3. Agira, Chiesa SS. Salvatore,
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al'Ol1
(1454).
Agrigento
liane esistevano sia aron lignei che in muratura. Si può però congetturare che nel medioevo i lnobili lignei fossero preferiti alle strutture fisse soprattutto a motivo delll'instabilità in cui vivevano le comunità. Sia le n1iniature che i reperti superstiti testimoniano in tal senso. L'Hagadah di Sarajevo (folio 34 recto) mostra J1aron in muratura di una sinagoga aragonese della fine del XIV secolo.
Sinagoga Dell'antica sinagoga, sita più a monte, dietro la chiesa del· SS. Salvatore, già trasformata in Oratorio di S. Croce, non rimangono che le spesse mura perimetrali, dalle quali tuttavia si riconoscé ancora il nartece e la nicchia che conteneva 1'aron. Interessante la presenza, nei suoi sotterranei, di una cripta con sepolture, fra le quali quella del Beato Diego da Sinagra (XVII sec.). Bibliografia B. Rocco, La sinagoga quattrocentesca di Agita. Dedica m ebraico) In "1-10 Theologos" 1 (1996) pp. 129-138.
AGRIGENTO Dal 1898 al 1931 fu vescovo di Agrigento mons. Bartolomeo Lagumina, docente di lingua ebraica all'Università di Palermo. Tra il 1884 e il 1911 aveva pubblicato con il fratello Giuseppe, impiegato presso la Biblioteca Comunale della stessa città, il Codice diploJnatico dei Giudei di Sicilia. Dopo il libro del can. Giovanni Di Giovanni, era la prima raccolta sistelnatica di tutti i doculnenti riguardanti gli ebrei tratti dai fondi della Real Cancelleria di Sicilia, del Protonotaro del Regno di Sicilia, della Conservatoria del Real Patrimonio, del Tribunale del Real Patrimonio, del Protonotaro della Camera Reginale, della Secrezia di Palermo, e dei diversi Notai del Distretto palermitano custoditi
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Agrigento
presso 1'Archivio di Stato di Palermo o 1'Archivio Storico del Comune di Palermo. Da quest'opera sono tratte anche le prime notizie riguardanti una comunità ebraica ad Agrige~to. E' una lettera di papa Gregorio Magno al defensor Fantinus, datata maggio 598. Nella lettera il papa scriveva di essere stato informato dalla badessa del convento di Santo Stefano del desiderio di molti ebrei di convertirsi al cristianesimo ed ordinava che fossero acquistate vesti battesimali per quanti non potevano permetterselo. Museo archeologico regionale Iscrizione sepolcrale (IV-V sec.) (n. inv. 5756) Di quel tempo lontano rimane solo un'iscrizione trovata nel 1941 da C. Mercurelli negli scavi delle catacombe della Grotta di Fragapane (tra il tempio della Concordia e Villa Aurea). Fu rinvenuta vicino l'ingresso della camera sepolcrale B, ad est dell'ingresso originario dell'ipogeo. Non è tuttavia certo che l'iscrizione provenisse realmente dall'ipogeo e non vi fosse invece penetrata a seguito di uno smottalnento. Nel 1950 P. Griffo trovò nella stessa area altri due frammenti, che si dimostrarono appartenere alla stessa iscrizione, che raggiunge così le dimensioni complessive di 36 x 31 x 4,8 cm. Lettere: 4,2 cm. D. Noy ne dà la seguente lettura:
[....]1 [..]KCXl cxn[ ..] I [..]cx IlV1l[ ..] [..]EnlKCXÀOV Il [.. ] I [··]llç Ellllç n[ .. ]11 [..]nEvllol KCX[ ..] 'lavo [CX1(?) ..] " . G'IU d eo " Tl'aduzl·one·. "E(')) .... ch'lamo. . (')) .... de Imlo... al poven...
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4. Farag ben Salem da Agrigento traduce in latino il trattato di medicina Al-Zahrowi consegnatogli da Carlo I d'Angiò. Forse è il primo ritratto di un ebreo. (Parigi, Bibliothèque Nationale, rns. latin 6912).
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Agrigento
N el medioevo Agrigento era il più importante centro per la tintoria e contava al mOlnento dell'espulsione tra le alianze più grandi di Sicilia. La giudecca si trovava nella parte più antica,. soprannominata la Terra Vecchia. Sinagoga Detta anche GeJna era stata edificata nel 1470, nella strada Reale e confinava con palazzo Pujades, la c·hiesa del Salvatore e le strade pubbliche. Lo storico agrigentino G. Picone attesta l'appellativo di Moschitta per la ((contrata dietro la chiesetta delf or/anatra/io)). Sotto la chiesa di S. Lucia, un podere appartenuto agli ebrei è ancora oggi denominato orto della giudecca. Cimitero Si trovava· invece sul poggio di Palaximo, fuori dalle mura civiche, sotto la porta dei Panettieri, ad est della chiesa di S. Diego. Queste indicazioni sono tratte dall' atto di vendita stipulato dagli ebrei agrigentini presso il notaio Matteo Schillaci, il 4 settembre 1492. La scuola L'esistenza di una scuola ebraica è documentata da un lascito di 70 fiorini fatto a suo favore da Salomone de Anello. Guglielmo Raimondo Moncada, figlio di un rabbino di Agrigento, la usurperà con la complicità di Sisto IV, che la trasforma in prebenda canonica. Era costumanza degli ebrei agrigentini mandare in dono alla Cattedrale ogni Giovedì santo una lampada piena d'olio. Verso il 1279 Farag Ben Salen1 di Agrigento tradusse in latino un'opera araba di lnedicina, il Kitab al-Zahrawi di AI-Razi, più nota col non1e di Liber Continens, su un testo inviato dal
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Akrai
sultano di Tunisi. Il suo ritratto raffigurato nella miniatura è probabilmente il più antico ritratto di un ebreo. I cinque volumi della traduzione, che veicoleranno in Europa il concetto di vaccinazione, sono oggi nella Biblioteca N azionale di Parigi. (Ms. latin 6912\1-5; Catalogue des manuscripts enluminés d'origine italienne II, pp. 157 -8). Farag scrisse anche opere originali, fra cui un commento alla Guida dei perplessi di Maimonide e un manuale sulle controversie religiose. Bibliografia D. Noy, ]ewisb Inscriptions o/Western EuropeI I, Cambridge, 1993, n. 160. G. PreoNE, Memorie storicbe agrigentùle} Agrigento 1866 (rist. 1982) pp. 502-520. C. SrRAT, Les traducteutS juzfs à la cour des Roù de Sz'cz'le et de Naples, in "Traduction et traducteurs au Moyen Age", Paris, 1989, pp. 169-191.
AKRAI (SR) Della fondazione di Akrai da parte dei siracusani nel 664 a.e.v. parla anche Tucidide. Nell'827 vi sostarono i musulmani in lnarcia verso Siracusa. Dopo essere stata abbondantemente saccheggiata dai "tombaroli" e dai cavatori di pietra, subì nel 1809 gli scavi disordinati del barone G. Judica, Regio custode delle antichità del Val di Noto. Dalle èatacombe di Akrai proviene anche il frammento di pluteo che J. B. Frey pubblicò come ebraico (CII 653 a) nel 1936 SU indicazione di P. Orsi, benché già nel 1907 Flihrer e Schultze ne· avessero riconosciuto il chiaro sin1bolismo cristiano, confermato nel frattempo dal ritrovamento di altri due frammenti. Nessuna traccia invece delle catacombe giudaiche segnalate da qualche studioso.
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Akrai
I {{Filatter/ di Mosè (IV-V sec.) J
Si tratta di uno dei più importanti documenti magici siciliani: una lamina in rame, recante tre formulari greci per amuleti (
uÀ.aJK1l1PtOV eo [Meocrlllç Expa[10J EV 1eo cr1EptlçE aU10V Etç 1a ayta 1eoV ayteov. E[vJ 1eo ayaYEtv aU1bv Etç 111V boçav
Bibliografia A. VOGLIANO - K.
PREISENDANZJ
I (1948) pp. 73-85.
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Laminetta magica siciliana) in ((ACME"
Alcamo
FP. RIzzo, I ((Formulari dz' Mosè n : un documento acrense delle paure e delle speranze deltuomo tardo-antico, Ace. Naz. di Sco Let. e Arti, PalernlO, memoria del 25.5.1995.
ALCAMO (TP) La comunità ebraica di Alcamo SI rIcostituì nel '300 con il trasferimento di ebrei trapanesi. Il 7 luglio 1379 Ancarella e Simone, ebr~i, a nome di tutta la giudecca, presero in enfiteusi da Vincio de Chippunerio una casa per 16 anni, con l'obbligo di pagare 12 tad annui. Poiché questa casa voleva essere una sede comune, ci troviarno dinanzi all' atto di nascita della sinagoga. Questa si trovava, con la giudecca, nel quartiere di San Calogero, nella Via Sinagoga, ribattezzata nel dopoguerra Via Matteotti. Così la descrive un contemporaneo: «In diriJnpetto della conserva di acque) dette li Cisterllazzi da tralnontana) a punta di cantonera da occidente) e con due strade pubbliche da settentrione ed occiden te ». Nessuna traccia archeologica sopravvive. Unico monumento di rilievo, esistente ancora alla fine del secolo scorso ,era, in fondo alla via «una porta sirl/i!e ad arco ellittico e corn icetta sagomata a livello delle soglie delle finestre che ricorre per tutto il prospetto e sporge sotto le impostature sopra mensolate a piral1zide rovesciata e a base ottagona ». Bibliografia Monumenti di anticbità e d)arte della provincia di Trapanz~ Trapani, 1879, p. 62 C. TRA55ELLI, Alcamo) un comune feudale alla fine del )300; in "Atti della Società trapanese' per la storia patria" XI (1972) p. 202.
G.
POLIZZI,
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Bivona
BIVONA (AG) Lo storico locale Sedita localizzò nel 1909 la giudecca nei . quartieri di Garrano e Fontana Pazza con l'argomentazione che. «rivelano tuttora caratteristiche 0J120geneee) e diverse dagli altri quartiert~ come lo provano gli US1: i costuml~ t accento C0172une fra loro due ». Sembra però poco verosimile che gli ebrei si fossero stanziati in due quartieri diversi e distanti tra loro. Bibliografia A. MARRONE, Bivona città/eudale, Caltanissetta, 1987, val. 1, p. 124.
CACCAMO (PA) Nella madrice sono esposti, conservati In una teca, alcuni siddurùn del '700, con la didascalia: «Dai libri liturgici degli Ebrei che nella JJ2età del secolo XVIII si nfugiarono in Ca cca172 o) assegnata insie7ne con Castelbuono e Cefalù con2e città di asilo) e qui restarono divenuti ferventi cristiani ». Nella biblioteca comunale sita nel palazzo del municipio, in corso Umberto, una lapide apposta nella sala di lettura ricorda l'illustre figura di «Mons. Can. Vincenzo Aglialoro) umanista) cultore di lingua ebraica », ebreo per parte materna, che alla biblioteca comunale fece dono dei siddurùn già appartenuti alla famiglia Da Tivoli.
CALASCIBETTA (EN) La memoria ebraica sopravvive in due InicrotoponImI: VIa Giudea, da piazza Umberto I al convento dei Cappuccini, e il Colle dei giudei.
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Caltabellotta
Sinagoga Nel 1493 il viceré acconsentì a che la sinagoga fosse trasformata in chiesa intitolata a S. Maria della Catena. Bibliografia CODICE DIPLOMATICO,
III, pp. 283-284, doc, MLIV
CALTABELLOTTA (AG) A ridosso delle principali vie di comunicazione, arroccata sugli acrocori sicani, in una posizione che domina il porto di Sciacca, Caltabellotta era nel medioevo un piccolo mondo a sé. Qui i baroni siciliani convennero a firmare con gli Angioini la pace che metteva fine alla guerra del Vespro. Qui, fino a tutto il Medioevo, i monaci basiliani del tlzetochio di S. Giorgio di Triocala scrivevano il volgare siciliano in caratteri greci e qui è stato rinvenuto un libro di preghiere degli ebrei tedeschi, «ltenz uno libriu di Officiu secundi li ludey di LaJnagna », og'gi nella Biblioteca palatina di Parma. Gli ebrei dovevano detenere a Caltabellotta una posizione preminente, come sembrano attestare due usi particolari, finora senza riscontro in altre città della Sicilia: potevano essere chiamati a testimoniare e firmare le minute degli atti notarili. Ketubà (ADM, Fondo Messina, perg. n. 1116, mm. 520 x
330)
È l'unica ketubà siciliana pervenutaci integra. Si trova oggi a Siviglia, nel grande Archivio della Casa Ducale Medinaceli, dove fu portata dopo la spoliazione degli archivi di Messina del 9 gennaio 1679. Vergata il 18 di Tevet 1457, celebra il matrimonio tra il signor Yakov, figlio del fu Rabbi Yom Tov, e la signorina Mas'uda,
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Ca ltabellotta
figlia del fu signor Mordechai, nella città di Caltabellotta «secondo la legge di Mosè profeta e dJlsraeleJ popolo eletto». I caratteri ebraici ingannano sulla. lingua in cui è steso l'atto; in realtà sono usate tre lingue diverse: l'aramaico, testo .di base e lingua tradizionalé' delle ketubot, l'ebraico per la presentazione dei contraenti e le sei firme dei testimoni, l'arabo magrebino, detto giudeo-arabo, per l'inventario dotale della sposa, inserito nella prima parte (righi 10-14). Dopo due citazioni bibliche a caratteri cubitali in apertura: « Chi ha trovato una Sposa ha trovato un tesoro ed ha ottenuto la compiacenza del Signore» (Prov. 18:22) «Casa e ricchezza sono Feredità dei padrz: lna la Sposa è un dono del Signore» (Prov.· 19:20), si passa alla stesura dell'atto secondo il complesso formulario tralatizio. Caltabellotta è indicata col nome biblico di J Gib at Lot (collina di Lot) che è neltlsola di Sicilia. L'inventario dotale della sposa, redàtto nel giudeo-arabo par. lato dagli ebrei, consta di 18 capi di biancheria valutati in tarì siciliani. Siciliani sono pure i termini che designano gli oggetti di uso corrente: « ... un paio di dubletti, tarì 24; tre dubleri allistati, tarì 36; un guardanappi cu listi, tarì 24; tovaglie di cannistru, tarì 8; un paio di caiuli, tarì 2; curtina bian~a, tarì 105... Totale tarì 655 ». La prima parte termina a metà pagina con la firma dei tre testimoni e la formula «E tutto questo è fernzo J chiaroJ pronto e valido ». La seconda parte aggiunge che lo sposo, signor Yakov ha donato ancora alla sposa, signorina Mas'uda «quattro braccia di terra dJlsraele per onorare la sua verginità ». E' questa una for1uula, a quanto pare, di rigore negli atti ebraici. In un memorandum del 1062 riguardante l'Heqdesh di Palermo la stessa formula diventa «quattro braccia di terra che posseggo in Sicilia» (M. Gil, Italia ]udaica V, p. 153). Il·tutto si chiude con altre tre firme, di cui la seconda «AbramoJ figlio di Rav Perahyah J inteso Bu-l-Fara& Deputato per il Servizio pubblico» potrebbe essere
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Caltabellotta
quella dell'estensore del contratto nuziale. Chiesa Madre Di origine normanna, fu eretta dal conte Ruggero dopo la vittoria sui saraceni. Tra le opere d'arte in essa custodite vi è un busto in argento di San Pellegrino contenente le reliquie- del santo. Un documento scoperto all'Archivio di Stato di Sciacca rivela che è stato commissionato nel 1471 ad un noto orafo ebreo di questa città, e mette definitivamente a tacere le teorie che volevano gli artigiani ebrei esclusi dalla fabbricazione di oggetti devozionali cristiani. Giudecca N elle carte notarili del quattrocento era chiamata «platea pubblica della terra di Caltabellotta» e corrisponde all' odierna via IV Novembre. La platea costituiva il limite nord del quartiere di li nzura, abitato prevalentemente dagli ebrei. Era costituito da un arabesco di vicoli, passaggi coperti detti sikife e cortili, oggi difficilmente riconoscibili, e comprendeva le attuali via delle Scuole, via Casentina, via Colonnello Vita, via Domenico Barbera, via Daino, spiazzo Cattano, via Barone Scunda, cortile Caruso, via Cimino, cortile Turturici e via Campione. Le case erano basse, terranee, con catogi per le granaglie. Nei cortili c'erano i pozzi e le pile (lavatoi). I ricchi possedevano case palachate, come quella dei Dajna. Vi erano ovviamente le apoteche come quella del medico Busacca de Sagictono, tesoriere della Giudecca. Sinagoga La sinagoga o - in giudeo-arabo siciliano - ?neschita era in via IV Novembre n.11, oggi palazzo Caruso. L'ha scoperta nel 1994 la Prof.ssa Ang.ela Scandaliato studiando gli atti notarili dell'Archivio di Stato di Sciacca.
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Ca ltabellotta
Nel XV secolo si trovava all'interno di un complesso che comprendeva oltre alla sala dell'assemblea, un cortile con pozzo, il ?71.iqveh) una casa in cui abitava il maestro di scuola, rabbi Nis-· sim de Sagictono, e un catogio dove abitavano alcuni poveri della comunità. L'atto di vendita stilatò nel dicembre 1492, nei giorni precedenti l' espuls~one, attesta con la sua descrizione particolareggiata dei locali, l'esistenza di un matroneo al quale si accedeva mediante una scala a chiocciola ubicata in un angolo e visibile fino a pochi anni fa. Mentre la maggior parte delle sinagoghe spagnole disponeva di un ezrat nashùn questo di Caltabellotta sarebbe, finora, l'unico conosciuto in Sicilia. E' tuttavia curioso rilevare che anche la sinagoga di Rouen, del XII secolo, presenta una tribuna cui si accede da una scala a chiocciola collocata nell'angolo di nord-ovest. Dalla descrizione è possibile immaginare una sinagoga di stile mediterraneo, rivolta ad oriente, e preceduta da un cortile, onde rispettare la prescrizione talmudica secondo cui l'ebreo deve attraversare due porte prima di entrare nella sala di preghiera. Uscendo dalla sinagoga si giri a destra per la ripida viuzza denominata Via delle Scuole. Proprio questo toponimo ha permesso di localizzare con sufficiente sicurezza la sede della sinagoga. Nessuna scuola ha mai avuto sede qui a memoria di caltabellottese, se non la stessa sinagoga, ovvero Schola come la si chiamava nell'Europa medievale. Si costeggi il muro meridionale della sinagoga e si ammiri la notevole elevazione dell'attuale edificio ottenuta per rialzo. Nella parte più bassa sono visibili tracce delle mura civiche medievali. Ancora qualche metro e la strada termina dinanzi ad un muro di cinta, oltre il quale si scorgono avanzi di un rudere. Qui era il'" macello comune a ebrei e cristiani. Nel 1467 erano gabelloti due ebrei, Sadia de Graciano e Sabatino Siragusa, aiutati nella loro attività da Filippo de Pasquale, cristiano.
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Caltelbellotta
Bibliografia A. SCANDALIATO, La giudecca di Caltabellotta nel XV secolo, in ((La Fardelliana" XII (1993) pp.47 -63. G. SED-RAJNA, I.:art juzj, Paris, 1985, p. 38. Y.T. ASSIS, Synagogues i;z Medieval Spail1, in ((Jewish Art" 18 (1992) p. 17.
Cilnitero Ritornando sulla via IV Novembre, al numero "civico 42, sotto il balcone di casa Agona-Susinno è stata murata capovolta una pietra tombale proveniente molto probabilmente dal locale cimi-' tero ebraico, di cui s'ignora oggi l'ubicazione. Di forma trapezoidale, misura cm. 37 x 25 x 15. L'iscrizione recita: 1.
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Traduzione di B. Rocco: 1. O DioJ cus(todiscilo) , abbi (pietà di lui). EJ par(tito) Yitshaq . dal 1J2ondo 3. neltanno 5239 (=1479) Anche qui l'ebraico si trova mescolato con l'aramaico. Ebraica è la prima riga: El, il nome divino; l'acrostico 5h. R. Y. formato dalle iniziali di shamar, rahem e, molto probabilmente yppetar, aramaico per « è partito ». La stessa commistione di ebraico e aramaico si ritrova nella hashkabah e in molte iscrizioni funerarie sefardite. In Sicilia è l'unica finora rinvenuta. Yitshaq è il nome del defunto, cioè Isacco. La mancanza di altre indicazioni
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Caltanissetta
può essere dovuta tanto alla sua notorietà nella piccola comunità quanto alle dimensioni della lapide. La forma trapezoidaleè particolarmente attestata a Gerona. Bib liografia B. Rocco, Lapide sepolcrale ebraica del sec. XV a Caltabellotta, in "Ho Theologos" 3 (1995) pp. 369-374.
CALTANISSETTA Sebbene degli ebrei di Caltanissetta parlino vari documenti, nessuno di essi indica i siti del loro insediamento. Solo uno storico locale ipotizza che la chiesa della Provvidenza, nel cosiddetto quartiere degli Zingari, possa insistere sulle fondamenta della sinagoga. Negli atti custoditi nell' Archivio di Stato di Caltanissetta posteriori al 1492, si trova menzione di una casa appartenuta a neofiti, sita nel quartiere di San Giovanni, nel cortile detto {(la Mussitba de li IudetJ • Bibliografia L. SANTAGATI, Storia dz' Caltanissetta, Caltanissetta, 1988, p. 47. Archivio di Stato di Caltanissetta, Notarile di Caltanz'ssetta primo versamento Notaio A. Naso reg. 5 c. 122. Cfr. anche "Italia Judaica V" p. 82. J
J
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J
CAMMARATA (AG) Gli ebrei di Cammarata non hanno lasciato dietro di sè tracce archeologiche, bensì uno dei più importanti capolavori dell'arte ebraica di tutti i tempi: i rimonim del Museo diocesano di Palma di Maiorca. Qui arrivarono grazie al mercante maiorchino Francese Puig, che li aveva acquistati dagli ebrei che partivano dalla Sicilia per inviarli in dono alla Vergine della Cattedrale di Palma nel 1493.
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Cammarata
Più tardi l'orefice Salvi li applicò come puntali a due bastoni primaziali in argento cesellato con motivi floreali gotici dalla lunghezza di m. 1.70, per essere utilizzati durante la liturgia solenne. Quest'uso è attestato almeno dal 29 novembre 1634. I rimonim di Cammarata sono i più antichi del mondo e s~no dello stesso stile di quelli che nel luglio 1492 la comunità di Catania aveva dato in pegno ai cristiani, e dei quali non ci è rimasta che una descrizione: «certi pUlni di ligi di argento dorato, lavurati ad castello cunz islnalti in punta ». Entrambi pesavano un rotolo e sette once, poco più di ottocento gran1mi ciascuno. La denominazione di ponti, traduzione di tapuhinz invece che di rùnol1i1Jz riflette una volta di più la caratterizzazione orientale dell'ebraismo siciliano. I due rimonùn misurano 31 C1TI. di altezza e lO cm. di larghezza. Sono in argento lavorato a sbalzo e hanno la forma di torre a sezione quadra, ornata in ogni facciata da una 'bifora ad archi a ferro di cavallo. Gli angoli sono stati alleggeriti con l; aggiunta di cilindri culminant.i in cuspidi, coni e cupole, in- alto e in basso, e dai quali pendono catenelle agganciate a sonagli. Il corpo centrale quadrangolare culmina invece, sia in alto che in basso, in piramidi, recanti in cima dei pomi, anch' essi d'argento dorato e filigranato. Sulla sommità del pomo superiore, dalla circonferenza di 6,2 cm, è stato fissato un grosso corallo, mentre il pomo inferiore termina in una filettatura per -avvitarlo al bastone. Tra questo pomo rivestito di argento filigranato, dalla circonferenza di 12 cm, e la piramide inferiore invertita vi è un anello dorato recante un'iscrizione ebraica. In alto e in basso di ognuna delle bifore che ornano le facciate del corpo centrale quadrangolare, sono state fissate delle lamelle con iscrizioni ebraiche. Sia le quattro facciate che i quattro cilindri presentano cuspidi dorate e filigranate. L'interno dei rimoninz è quindi vuoto, tranne che nella parte superiore, dove è stato rinforzato con stuc-
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Cammarata
co in uno e con 'legno nell'altro, ed attraversato da una sbarra metallica. Anche i coni e le semisfere che coronano i cilindri angolari sono fissati cc'n chiodini dissimulati tra le cuspidi. In un momento successivo sono stati aggiunti apparentemente due chiodi di acciaio che male s'intonano con l'insieme. Inoltre, le piramidi superiori e inferiori, le quattro pareti laterali e i cilindri angolari sono uniti con filo metallico disposto, oggi, in modo· alquanto abborracciato, sicché si può pensare che, dopo essere stati smontati, non sono più stati ricomposti a regola d'arte. La bellezza dei ri17zoni17Z è ulteriormente esaltata dalle pietre preziose incastonate in numero di quattro per lato: una sulla piramide superiore, due sopra e sotto la finestra e una sulla piramide inferiore. La tecnica artistica è chiaramente orientale, arabo-bizantina: araba la forma delle finestre a ferro di cavallo, bizantina la lavorazione a filigrana. Prima di passare alla lettura delle iscrizioni ebraiche incise su lamelle di cm. 2,2 x 1, va ricordato che queste furono sicuramente smontate e poi rimontate senza rispettare l'ordine originario. Su tutte figura il nome ineffabile del Signore raffigurato da. tre yod disposti in triangolo all'interno di una decorazione floreale. Le 16 targhette si suddividono in· un gruppo di sei recanti le parole, da destra verso sinistra: ')')') nl1Jl I ')')') Jl1,» I ')')')
'),1p~
I ')')')
Jl1~D
I ')')') JlNl') I ')')') ')\J!:l'lJD
La legge del S.; la testimonianza del S.; gli ordini del S.; i precetti del S.; il timore del S.; i giudizi del S. Abbiamo così le iniziali degli emistichi paralleli del salmo 19: 8-10:
La legge del Signore è perfetta) rinfranca f aninza)' la testimonianza del Signore è verace)
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Cammarata
rende saggio il sel1Zplice. Gli ordini del Signore sono giustl~ fanno gioire il cuore; i precetti del Signore sono linzpidl~ danno luce a.gli occhi. Il tinzore del Signore è puro} dura se1Jzpre}· i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giustl~ (più preziosi delforo) di tlzolto oro fino} più dolci del 7tziele e di un favo stillante). Restano quattro parole che occupano oggi la parte inferio.
...
re, Cloe:
«
Questi RiJ7zoni77z sono sacri al Signore ».
Infine l'iscrizione incisa sull'anello che congiunge la pirmnide rovesciata inferiore con la sfera filettata. In uno si legge:
« Nella sinagoga degli ebrei di », nell' altro:
«Cantarata) che il Signore la custodisca.. Anzen
».
L'indiscussa attribuzione di proprietà a Cammarata permette anche di affermare un' origine siciliana dell' opera d'arte, avvalorata dall' analogia con i pomi della legge di Catania, sopra descritti, e dalla presenza di una valente orificeria ebraica in tutta
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Castelbuono
l'isola. Non lontano da Cammarata, la chiesa di (» Caltabellotta commissionò ad orafi ebrei la fabbricazione della lipsanoteca di . San Pellegrino. Mentre la forma della torre ha· già indotto ad attribuirli al XIII secolo, la tecnica della filigrana milita per una attribuzione al XIV o XV secolo.
Giudecca La voce popolare indica la giudecca nella zona racchiusa tra il giardino di S. Agostino e la chiesa di S. Vito. Qui doveva essere anche la sinagoga dove il barone Abatellis rinchiuse per sei giorni gli ebrei, dopo averli denudati, per timore che fuggissero con i loro beni. Manoscritti La vitalità culturale della comunità di Cammarata è inoltre testimoniata dal manoscritto della grammatica MaJaseh e/od di Profiad Duran che Shabbetay ben Saadyah de Mansi copiò per uso personale nel 1492. Il manoscritto è oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi (ms. Hébreu 831) Bibliografia ].M. MILLAS - F. C ANTERA , Inscripdones hebraicas de Espaiia, Madrid,
1956, pp. 389-393.
CASTELBUONO (PA) Questo ameno paesino madonitico, celebre per la sua aria di montagna e il suo castello medievale, cela nei suoi archivi un segreto storico dei più intriganti: quello degli ebrei venuti a rifugiarsi sulle Madonie tra il XVII e il XIX .secolo, allorché Castelbuono fu, con Caccamo e Cefalù, città asilo di ebrei.
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Castelbuono
Ecco in breve quanto rivelano alcuni registri parrocchiali: S. Antonino Martire: dal registro amministrativo del 1652-1684 «elinzosine a favore di un turco fatto cristiano e di quarantotto ebrei »; poi, dal 1687 al 1734, gli assistiti superarono il centinaio. San Pietro Apostolo (non più esistente): dal 1619 al 1661-62, e dal 1723 al 1739, globalmente, senza numero e nomi specifici, furono assistiti oltre cento «' hebrei fatti christiani ». San Sebastiano (non più esistente): dal 1632 al 1724 altra quantità di ebrei assistiti. Sant)Antonio Abate: nel ventennio 1785-1805 non si contano le elemosine elargite a favore di ebrei convertiti alla religione cattolica. Ospedale S. Antonio Abate (trasferito a S. Antonino): anno 1702, «pagati per f elemosina fatta alfebrei fatti cristiani tarì sette e grana tre ». Nel 1727 dal procuratore Notaio Ignazio Bellone furono «pagati ad un ebreo calvinista (sic.) onze due ». Anno 1741, il procuratore Don Rosario Vittilnara «ha pagati tarì due ad un ebreo fatto christiano d)ordine del signor Governatore» e « grana 1 e soldi 5 dati a un calvinista d)ordine del signor Arciprete ». Continuando nella consultazione dei registri amministrativi dell'Ospedale, volun1e XIV, che abbraccia il ventennio 1785-1805, si trova che nel 1801 furono «dati tarì due di elel1zosina ad un ebreo convertito e dieci grana per un)ebrea convertita ». L'assistenza si mantiene nell' ordine dell' anonimato, nel 1802 compare tuttavia un tale «Don Michele Giglio ebreo convertito» assistito in Ospedale per nove giorni. Anno 1804, «per ordine delfArciprete Don Giuseppe Collotti elargiti tre tarì ad un)ebrea convertita) e fart' uno a un ebreo convertito »; nel 1805 risulta assistito dall'amministrazione dell'Ospedale l'ultimo «ebreo convertito »; Chiesa del ss. Crocifisso: nel 1747 il sac. Don Antonio D'Oddo per ordine dell' arciprete Gusman ebbe. rimborsati tarì due elemosina fatta «altebrei questuanti ». Questo tipo di annotazioni prosegue anche per le altre chie-
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Castiglione
se, ed alcune sono davvero singolari come quella del registro della Cbiesa Natività di Maria· (Matrice Nuova), in cui si jegge nel registro del 1750 « pagati sei tarì per linzosina ad un cavaliere ebraico venuto alla nostra santa fede cattolica» e poi, nel 1762, «paga-· ti ad un principe peregrino convertito alla Santa Fede ·tarì' tre »; nel 1799 era il turno di don Federico Bondì e di donna Teresa Lupì, ebrei fatti cattolici; nel 1805 dopo tanti ebrei è la volta di un «turco convertito ». Gli ebrei convertiti ·restano stranamente anonimi nella maggioranza dei casi nei registri delle chiese Madonna della Catena) San Vito) 5. Maria del Soccorso e 55. Sacranzento. Il fenomeno di queste conversioni ((tardive" non sembra però esclusiva di Castelbuono, se è vero che ancora nel 1697 casi di conversioni sono registrati dalla Curia di Mazara e, fino al XVIII secolo, anche a Naso. Molto forti sono però i dubbi circa l'autenticità di tutti questi ebrei e cavalieri, che ricordano troppo da vicino il personaggio storico di Giacomo-Aron convertitosi quattro volte nella Venezia del XVI secolo. Cortile Giona. Qui sarebbe stato il quartiere degli ebrei, come indica anche il nome inequivocabilmente ebraico. Bibliografia A MOGAVERO FINA, Gli Ebrei a Castelbuono. Pagine' di storia inedita. Kefagrafica Logiudice, Palermo, 1992. R. CALIMANI, Storie di marrani a Venezia, Milano, 1991.
CASTIGLIONE (CT) Secondo la leggenda qui si svolse l'episodio del sasso lanciato da Rabbi Biton contro il crocefisso portato in processione per la festa delle rogazioni. Il rabbino sarebbe stato ucciso subito
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Castroreale
dopo da due zelanti fedeli e il Re di Spagna avrebbe colto il pretesto per espellere gli ebrei dalla Sicilia. La giudecca doveva trovarsi nei pressi della chiesa di San Giuseppe. Ancora oggi la porta urbica di settentrione si chiama Porta ] udeca. Bibliografia L. ZUNZ, Storia degli ebrei in Sicilia, in ASS, IV (1879) p. 84.
CASTRONOVO (PA) Secondo la voce popolare la giudecca era nella Via delle prigioni. Una lettera di Ugo A. Amico al Pitré segnala la tradizione locale di sospendere la musica della banda che accompagna la processione del Corpus Domini allorché questa imbocca la Via delle prigioni. I fedeli e il clero intonano allora ad alta voce il Credo. La stessa cerimonia prevede anche una benedizione, impartita nella piazza Gentile, che sarebbe, sempre secondo la tradizione, illuogo dove sorgeva la sinagoga. Bibliografia UGO A. AMICO, in "Archivio per lo studio delle tradizioni popolari" val. VIII, Palermo, 1889, pp. 287-288.
CASTROREALE (ME) il Di Giovanni ricorda un viceregio decreto del 1485 a seguito della supplica degli ebrei di poter radunare il loro consiglio nell'Ospedale e non, come in passato, nella sinagoga. il 14 novembre 1486 il viceré Gaspare de Spes autorizzò la costruzione di una nuova sinagoga. L'attuale via Guglielmo Siracusa era fino al 1855 la via Moschita.
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Catania
Bibliografia Castroreqlee i suoi monumenti, Messina, f855 , p. 17-18. DIPLOMATICO, II, pp. 399-400.
PIRRONI SOLLIMA, CODICE
CATANIA Da Catania proviene il prilno ebreo siciliano di cui conosciamo il nome: A l1Zachios) padre di Iustos, giovane ventiduenne sepolto nella catacomba ebraica di / Villa Torlonia. All' epoca di Gregorio Magno vi viveva anche una comunità di Samaritani, stigmatizzati dal grande papa perché usavano circoncidere gli schiavi pagani. Ebrei, cristiani e pagani tutti veneravano però la tomba di. S. Agata. A differenza di molte altre città, la toponomastica catanese non ci ha tramandato il ricordo dell'ubicazione della sua ]udeca. Due eventi contribuirono a farne perdere le tracce: l'eruzione del 1669 e il terremoto del 1693; l'una per aver seppellito l'antico quartiere della Judeca soprana, col vicino cimitero fuori porta, l'altro per aver sconvolto l'antica sistemazione urbanistica e, di conseguenza, la toponomastica tradizionale. C. Fontana precisa che la ]udeca soprana si arrampicava lungo i vichi (oggi S. Barbara, Recupero) che conducevano alla Ci- . priana (oggi S. Nicolò l'Arena) e che l'edificio della sinagoga Meskita de susu, fra i vicoli D'Urso ed Avola, si trovava dinanzi alla spianata della chiesa di San Giovanni (lu Palumbaru). Congiunto alla sinagoga vi era l'ospedale degli ebrei, oggi forse via Ospedale vecchio, o via Spedaletto. Questo era al limite occidentale della giudecca, presso il bastione dell'Arcora o del Tindaro. La secolare tradizione della giudecca superiore, compresa fra i baluardi della cinta normanna, aveva lasciato il suo ricordo in una porta con torre detta Porta della ]udeca, che conduceva al cimitero dei giudei, nella cQntrada dell'Arcura (acquedotto greco).
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Catania
La ]udeca sultana si estendeva lungo il corso del fiumicello Amenano, detto perciò Judicello, allora allo scoperto, e quindi nella regione cOlnpre'sa tra la via degli Orfanelli, via Pozzo Canale, vicolo degli Angeli, San Giovanni dei Barilari e il quartiere dJ!lnnzezzo, oggi piazza S. Francesco d'Assisi. Il Policastro rilevò che la ]udeca pichula si fosse via via ingrandita a scapito della soprana, quella degli ebrei più poveri, conquistando i luoghi del commercio e avvicinandosi al mare, alle banche, alla Loggia di Città, al ceforo lunare" (mercato del lunedì) fino ai pressi del porto Saraceno.
Castello Ursino Fu costruito da Federico II nel 1239-1250 essendo praepositUJ alle fortificazioni Riccardo di Lentini. Sulla torre di nord-ovest vi sono raffigurate, con ciotoli di fiume conficcati nella calce, due rne'Jorah, mentre una stella di Salomone sovrasta il timpano del finestrale di levante. Raffigurata in quasi tutti i documenti magici di ambiente sincretistico, fra cui la laminetta di (» San Giovanni Galermo, la stella a cinque punte continuò ad essere uno dei simboli più rappresentati nel basso medioevo: nelle chiese e in punti ben precisi di un edificio quali pilastri, muri, archi e fin sul rosone delle chiese, così come si vede oggi sopra la porta degli Apostoli nelle cattedrali di Valencia e di Burgos. A Siviglia è scolpita su una delle volte sotterranee del palazzo di Alfonso X il Saggio, il re che ordinò di tradurre in castigliano lo ZO/Jar. Questi elelnenti hanno fatto supporre a molti che il suo architetto fosse ebreo, o che alla costruzione del castello avessero partecipato maestranze ebraiche. Se tutto ciò ri~ane molto difficile da provare, di certo si può dire che ci troviamo in presenza di simboli squisitamente ebraici e cabalistici nella città di Eliodoro mago e - quel che più conta - che essi hanno realmente preservato il castello da tutte le calamità che nei secoli si sono abbattute su Catania.
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Catania
Nel Museo ~ivico del castello U rsino sono custodite alcune tra le testimonianze ebraiche più antiche e significative della Sicilia.
Sala VI) 1nuro sud) n. inv. 310 Lapide dz' rnarl1ZO 19,5 x 13 cm. (IV-V secolo ?) [- -j.v; Ka [- -] 1[- -]l1ç EV [- -] I [- -] 118E K [- -] E'tro(v)
(Menorah)
[- -]
Quest'iscrizione proviene dalla Collezione Biscari e pone dubbi quanto all'origine e alla datazione. Impossibile ricostruire il testo per l'eccessiva frammentazione. Nonostante la 1nenorab non tutti ne riconoscono 1'ebraicità.
Sala VI Lapide dz' l1zarl1ZO (14 x 18 cm.) (IV-V secolo). I aarov
1t pEa~u'tE
Ipoç,
1l118Ev ç11llll roaaç 'tllV EV"[OÀ1llV ,11YopaaEV
Eaul"[ro Kal 'tOl(ç) 'tEKVlolç Eau"[ou 't'l1lv Kourcav 'taU'rlllv.
Traduzione: Giasone presbitero) senza violare la legge) c01nprò per sé stesso e i suoz' figli questo sepolcro. Quest'iscrizione è stata pubblicata per la prima volta da Libertini, senza specificare in che modo è giunta nella Collezione Biscari. Molto simile all'iscrizione seguente conservata presso l'Istituto di archeologia. Giasone è un tipico nome ebraico e il titolo di presbitero ricorre in numerose iscrizioni giudaiche.
Sala VII Lapide di Jnanno bianco (29 x 47 x 1,7 cm.) (n. inv. 540)
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5. Carania, Casrello Ursino, lJ'Imorah mosalcata nella torre di nord-ovest.
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Catania
Aurelius Sa 112 ohil cOlnparabi' I lne1120ria11.2 1ni et oxsoris l1zaee Lasi<e> Erilne) que fattl1n conplebit XII Kal(enda.s) Novebrles) diae Ve1'leris) luna; octaba) Merolbaudes iterul1Z et Satornino con Isulibus) quae vixit anJìos XX!II Ctt1n I pace. adiuro vos per victorias qui inlperant) item adiuro vos per honorles patriarcarul1z) ite1n adiuro vos I per lice112 que112 Dominus dedit Iuldeis ni quis aperiat me112oria1n· et 712ilttat corpus alienu112 supra ossa nostra. I si quis autel1z aperiverit) di! fisco argendi pondo I (menorah) dece(1n). (menorah) La lapide fu rinvenuta nel maggio 1928 nei pressi della chiesa di S. Teresa, vicino alle vecchie mura occidentali. La sua importanza archeologica è enorme, tra l'altro perché è la prima lapide sepolcrale conosciuta recante l'acclamazione «Pace su Israele », tre secoli prima di quella del 668 rinvenuta a N arbona. La prima riga è tratta dalla formula finale rispettivamente dei salmi 128 (Pace su Israele) e 72 (A l1Zen) al'nen). Il nome Samohil è una forma latinizzata dell'ebraico Samuel. Questo è l'unico epitaffio ebraico italiano che reca una data, quantunque errata. Il 21 ottobre 383 non era infatti un venerdì bensì un sabato! La luna octaba indica chiaramente l'ottavo mese del calendario ebraico, Heshwan. I patriarchi sono, molto probabilmente, i Patriarchi di Palestina. La lapide fu incisa infatti al lnOInento del loro massimo .. preStIgIo. La comminazione di una pena pecuniaria per chì riutilizzasse la tomba è nota anche da altre iscrizioni fra cui una, forse pagana, da Siracusa.
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Cato 11 ÙZ
D. Noy ha avanzato l'ipotesi che Samuele possa esser'e stato un militare, cosa che spiegherebbe l'uso del latino, della data ron1ana e la formula per victorias, riferita forse alle recenti vittorie contro i Goti o, più in generale, all'imperatore. Interessante anche licet!! per legel1z} che forse anticipa già il dialetto siciliano.
Sala VII l1zuro est (n. inv. 541) Lapide triangolare (30,5 x 19 cm.) (IV-V secolo) evl8a8e l Kt'te Ae I OVTta e'tco(v) I y'.11 ev8a8e Ktlte KaÀÀtlo1t11 e'tco(v) I (l1z~norah) t11' . (nzenorah ) (etrog?) Traduzione: Qui giace Leontia} di tre anni di età. Qui giace Calliope} di 18 anni di età. Iscrizione proveniente dalla Collezione Biscari. Ferrua ritenne che fosse originaria dalla catacomba romana di Monteverde. La formula usata però, ev8a8e Ket'tat, è comune sia a Roma che in Sicilia. Verso la metà del XVIII secolo l'iniziatore della collezione Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, acquistò alcune iscrizioni a Roma e sui mercati antiquari e diede avvio ai primi scavi di Catania nel 1770. Il nome Calliope è stato registrato anche a Beth She' arim nonchè, per una cristiana, a Siracusa. Leontia, che può essere considerato la traduzione greca di Yehudith, è registrato sia in un'iscrizione ebraica che in una cristiana. Il segno a destra della 1'nenorah di destra è stato interpretato in vari modi:· etrog; .anfora, Ipsilon, o shofar. Sala XI Lapide di tnarl1ZO (cm. 55 x 34) (n. inv. 1060) Questa lapide era stata apposta nel 1493 nel Palazzo Senatol'io, in commemorazione del primo anniversario dell' espulsione degli ebrei da Catania.
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Catania
Lett ura seco ndo P. Nico losi:
+ Rosilio capta Granlata I Iudei pulsis lneldio clarior resurl go: Ferdinando R.(ege) I Cunaq(ue) Regente MIC CCC LXX XXII I La luce rna biza ntina (cm. Il,2) in argil la grigi a con' 1?zenorah à poin tillé, appa rtenu ta alla colle zion e Bisc ari e pubb licat a da G. LIBERTINI (Il J1zuseo Biscan~ Rom a, 1930 , p. 291) , non è mai giun ta inve ce al muse o e risul ta quin di disp ersa. .
Medagliere Sigillo (n. inv. 41) intag liato in una pietr a dura quad rang ola-
re (larg hezz a n1assima 2 cm.) . Al cent ro del quad rato è incis o un pent alfa circo ndat o da lette re che sen1 bran o CAP NQ, ad ogni lato, com incia ndo dall' alto, si legge ADO NAI (tra A e Q), SAD ANE L, SION , BON OI TEO N. Bibliografia
G.
Nuov i docu ment i magici della Sicilia orientale) in RAL VIII (1963) XVII, p. 74, fig. 5, t. VI. MANG ANAR O,
Museo G. Libertinl~ Istituto di Archeologia (Un iv. di Catania) Lapide di lnanno (14 x 14 x 3 cm) (IV- V seco lo)
EtP11VEç7tpE I o~U'tEPOçll \lfaç Tl1V Ev I 10ÀllV.
I yopa oEv
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I nov, ~l1(O)EV I ~Àa-
Trad uzio ne: Irenaeus presbitero comprò il posto) senza offen-
dere la legge.
E' stata rinve nuta a Cata nia nel 1896 , sul muro di una tomba di Via A. di San Giul iano . In Sicil ia le iscri zioni che regis tra. no l'acq uisto di tomb e sono com uni tra paga ni, crist iani ed ebre i.
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Catania
Il nome Irenaeus è la traduzione greca di Shlomo. Il termine ev'toAll indica oltre che gli ordini, imperiali o divini, i Dieci comandamenti di Mosè. In ambito funerario lo si riscontra però unicamente in iscrizioni ebraiche. Se è corretta attribuzione ebraica, il comandamento riguarda forse qualche disposizione funeraria ebraica, quale il divieto di seppellire entro 50 cubiti dalla città che coincide peraltro con la legge romana delle XII Tavole.
r
Bibliografia D. Noy, Jewùb Inscriptiol1s 01 \Vestern Europe, I, Cambridge, 1993, nn. 144-150.
Lanzinetta plu17zbea da San Giovanni Galenno (V-VI sec.) (dispersa) Sul recto erano incisi con grafia assai corrotta e qualche omissione, i versi 1-3 del Sahno I, nella versione dei settanta (MaKaptOç aVllP oç OSK enopeUC01l K'tÀ) seguiti dall'indicazione avaÀUlC'tOV Kat alno8tOK'ttVovl 1tpOç 1tacrav ~apllaKtaV; sul verso scongiuri, invocazioni e lettere magiche; ambo le facce KapaK'tePlleç e cr~paYt8eç fra le quali, sul recto, il sigillo di SalolTIone, richiamato nel testo del verso «cr~paYtç L,OÀOIlOVOç ». Bibliografia G. LIBERTINI, Laminetta plumbea iscritta da S. Giovanni Galerno, in "Rivista Indo-greco-italica" XI (1927) III-IV, pp. 105-109.
Cattedrale Su una delle porte, all'interno, fu apposta nel 1500 una lapide recante il seguente testo:
«Sub divo Ferdinando rege Castellae et Arago1Zul1z) Granatae epugnatore) et judaeoru1Jz expulsore) anno Donzini MD ad laudenz Dei Divaeque Agathae) Franciscus Detz Prats nuncius Apostolicus) episcopus Catanel1sis) has portas Fieri jussit ».
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(III. V sec.) o is m . o 0 C 8 a .2 d 5 v. 1 in Oro n. in . [Filatterio 6
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, ], Siracusa
A., i BB.CC.A a a z n e d n Soprinte
Cittadella Maccari
Bibliografia
:r
NICOLOSI,
Gli ebrei a Catania, Catania, 1988, pp. 71, 144.
CAUCANA (RG) L'abitato noto nell' antichità col nome di Kaukci1'la sorge lungo la costa, non distante da Camarina, intorno al porto dal quale salpò Belisario nel 533, durante alcune operazioni della guerra greco-gotica. Gli edifici riportati alla luce, privi di coordinazione urbanistica, denotano sintomi di abbandoni repentini e una frequentazione che va dal IV al VII sec. e.v. Fra le lucerne fittili recuperate, di tipo africano, ve ne sono alcune con la 1nenorab, oggi al (» Museo arcbeologico di Ragusa. Bibliografia G. DI STEFANO, Appunti per la carta archeologica della regione catJla-
rinense in età romana) in "Kokalos" XXVIII-XXIX (1982-83), pp. 336-337.
CITTADELLA MACCARI (SR) Fondata in epoca in1periale, i reperti rinvenuti non vanno oltre l'epoca di Giustiniano. Da uno dei sepolcri a fossa in riva al mare proviene una lucerna fittile raffigurante due l1zenorab a cinque bracci, rinvenuta insieme a fioccaglie d'oro, oggi al (» Museo Archeologico di Siracusa. ' P. Orsi vi individuò un tipo di costruzione sepolcrale con volta a botte e porta bassissima sormontata da una finestrella. Senza paralleli in Sicilia, J. Ftihrer e V. Schultze l'hanno ritenuto di origine giudaica.
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Comiso
Bibliografia
J.
V 1907, p. 202. FUHRER -
SCHULTZE,
Die altcbristlz'cben Grabstà'tterz Sizzli'ens, Berlin,
COMISO (RG) Nel quartiere S. Leonardo è stata rinvenuta una laminetta magica in oro, oggi conservata alla (» Soprintelidenza BB. CC.AA. di Siracu~a. È forse il più antico reperto ebraico di Sicilia. Da Comiso proviene anche 1'epigrafe greca, conservata nel «) Museo del Castello Ursino a Catania, con le invocazioni ad Adonail e Eloim. Un' epigrafe simile è stata rinvenuta nella contrada Crucidda; è scritta in greco e fa riferimento ad Adonai e Sabaoth. Si tratta evidentemente di' testi apotropaici, intesi a proteggere i campi dei loro proprietari. Bibliografia
A.
Le comunùà ebraicbe della Sicilia nella documentazione arcbeologica, in «Henoch" III (1981) 2, p. 209. MESSINA,
ENNA Il Di Giovanni ci ricorda di Enna, al tempo Castrogiovanni, uno degli episodi più toccanti della convivenza tra ebrei e cristiani in Sicilia. Nel 1484 un ebreo, Sore Gissare, banchiere, aveva chiesto ad un cristiano di fare da padrino alla circoncisione del figlio. Perciò furono entrambi severamente castigati. Documenti ritrovati all' Archivio di Stato attesterebbero l'ubicazione della giudecca tra le attuali Via Candurra e Via Canalic-chio, sul pendio ad ovest del castello di Lombardia.
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Erice
Bibliografia P. VETRI, Storia di Henna, Palermo,1981, pp. 143, 145.
ERICE (TP) Salendo le pendici del monte, poco prima di giungere in città, la strada attraversa i campI coltivati e le vigne che nel medioevo appartennero agli ebrei. Del quartiere ebraico o rabato sopraVVIvono oggi Via Giudaica e Vicolo Giudaica. Nel 1392 venne violentemente distrutto nel corso di un tumulto ispirato da agitatori antisemiti provenienti dalla Spagna. Ai suoi abitanti fu concessa la scelta· tra la conversione o la morte. Un'importanza capitale per la sua ricostruzione storica assume il registro del notaio della Regia Curia Giovanni Majorana. Compilato tra il 1 0 febbraio 1298 e il 6 settembre 1304, contiene 150 documenti, molti dei quali riguardano gli ebrei. Nessuna traccia è rimasta della sinagoga. Giudecca « Vedeansi non ha gllari le case abitate dai Giudel~ e sultarchitrave della porta del loro atrio si osservava una lapide iscritta) da cui si arg017Zenta che proprio lì o vicinissi1no fossero il Te77zpio e la Peschiera di Apollo)' onde appellavasi il Cortile dei Giudei. Dopo la cacciata dei Giudei da tutti gli Stati di Ferdinando il cattolico Re' della Spagna e delle due Sicilie nel 1492) il casamento fu abitato dai cristianz> però ,ninacciando ruina) nel 1700 fu ristorato sin dalla base. Incontrò ai giorni nostri che) diruto e deserto in 11zassi1Jza parte il quartiere di S. Antonio) quei solidi e vetusti edzfizit~ superstiti a tanto sfacelo) vennero barattatz~ e il c01npratore li scassinò) li diroccò per trafficarne i materiali. Sicchè di presen-
63
Erice
te ne l1ziri solo gli ·aval1.zi. La lapide anzidetta si conserva entro la descritta cbiesa parroccbiale di S. Antonio Abate ».
D.V.T. INSIGNE HOC OPIFICIUM CUJIUS OLIM GENTILITAS APOLLINI SACRARAT PISCINAM JUDAEIS INDE SINAGOGA FUIT AC PALATIUM; SED HINC ANNO 1492 REGIS CATHOLICI JUSSU EXULANTES VARIASQ. POSTEA DITIONES EXPERIENTES NUNC ANNO 1700 SUB FAUSTISSIMO DIVI ANTONII OMINE PENE FUNDITUS INSTAURATUR. Della lapide in questione non resta purtroppo alcuna traccia e della chiesa medievale, restaurata goffamente negli anni '60, non rimane a mala pena che la facciata esterna. A. Cordici cita un particolare curioso in n1erito all' architettura delle case degli ebrei. Esse erano ricoperte di lastre di pietra piuttosto che di tegole di coccio a motivo delle molestie dei monelli che lanciavano sassi sui loro tetti. Questo particolare non è del tutto insignificante e rivela anzi che il ricordo degli ebrei era ancora ben vivo ai tempi in cui il Cordici scriveva. Solo che queste sassaiole non erano un innocente trastullo di monelli, bensì una crudele tradizione di origine bizantina seguita in tutta l'Europa medievale, in particolare durante la Settimana Santa. A Taormina nel 1488 fu vietata dal Presidente del Regno. Museo A. Cordici Nell' atrio del museo, al pianterreno del palazzo del Munici-
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Erice
pio, sono esposte una lapide sepolcrale ebraica ed una lapide ibrida con elementi sincretistici. La lapide ebraica, ritenuta in passato fenicia, è invece medievale e proviene certamente dal cimitero ebraico di Fontanella. È scolpita nella pietra locale in modo alquanto rudimentale. Iscrizione ebraica (60 x 35 cm) (n. inv. 739). Lettura di B. Rocco: '1':! n11n') ').f)
1n)
?Nn~
Traduzione di B. Rocco: l,
3.
Giuda) figlio di Rabbi Natan. Il suo riposo sia nelfEden 5119 (=1359)
Tra le peculiarità del testo va segnalato il nesso Alef-Lamed hella terza riga, che rende difficile la lettura, anche laddove si ammette il valore numerico che viene a formarsi: 80\8\1\30 = 119, cui si aggiungono tradizionalmente 5000, per ottenere la data ebraica dalla creazione del mondo.
Iscrizione ibrida (0 44 cm.) (n. inv. 736) Di forma ovoidale, pare provenga dalla chiesetta di S. Ippolito i cui ruderi sorgono a mezz~ costa del n10nte, a circa 2 km. dall'abitato. Apparentemente riguarda l'Annunciazione alla Vergine, solleva tuttavia ancora oggi molti interrogativi quanto al suo reale significato.
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Erice
Lettura di G. Crispi: Eheveesere Ghvevahel chav(a) Jehova' hagia Saday Soter(a) Homousion.' E av(a) o Theos Elohym Eel yon Ey. An(no) Mundi MMMMMC. E1(El) xp. Xp(lcrt.....) l (VÒ1K11ffiVOç) 11. Traduzione: Vivens (vel qui vivit) beatus Ghuevahel (Gabriel) annuntiavit Donzini sanctae OJnnipotenteln Salvatorem consubstantialenz. Ecce expetivit Deus Elohynz Dei jiliz~nzJ Qui est. An(no) Mundi MMMMC. Anno Christi MC. indictionis VIII. Bibliografia G. CRISPI, Opuscoli di lettemlura e di arclJeologia, Palermo, 1838, p. 274.
All'interno del museo, al primo piano, insieme ad altre lucerne di epoca romana custodite in una teca, vi è una lu~erna romano-giudaica (1. 6 cm. x 5) mutila con lnenorah del tipo Hayes II (n. inv.152/II), datata al IV-V secolo e.v. Chiesa di San Giuliano Trasformata nel corso dei secoli, è forse l'unica chiesa al mondo in cui si sia riunita una comunità ebraica per prendere delle decisioni. Avvenne il 7 novembre 1298, allorché la cOlTIunità nominò il fabbro Giuda, suo unico proto, collettore delle imposte (Reg. Maiorana, doc. XLIII).
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Gela
. Bibliografia G. CASTRONOVO, Erice Sacra) Palermo, 1861, pp.117-120. B. Rocco, Due lapidi sepolcrali ebraicbe, in "Sicilia Archeologica" 1 (1968) pp. 34-35. A.Iv!. BISI, Catalogo del materiale arcbeologico del Museo civico A. C01·diCl~ in "Sicilia Archeologica" 8 (1969) numero speciale. A. SPARTI , Il registro del notaio ericino Giovanni Maiorana (1297-1300), Palermo, 1982.
GELA (CL) Museo arcbeologico regionale Epitaffio di Attinis (V sec.?) (n. inv. 9.361) Lapide tufacea di forma rozzamente trapezoidale. Lettura secondo Adamesteanu: (rnenorab) A't'tlV I le; ~P€(cr)~ I 'U't€Po I e;. Traduzione: Attinis il presbitero. L'epigrafe funeraria del presbitero Attinz's fu rinvenuta nel 1954 da D. Adamesteanu durante gli scavi della necropoli orientale di (» Sofiana, sito identificato con l'antica statio di Philosopbiana. Purtroppo non può essere datata con precisione perchè già in antico era stata divelta dalla sua sede originaria e utilizzata come pietra di confine. L. Bonomi riferisce del ritrovamento, nel 1948, di un'altra iscrizione dello stesso pezzo, andata successivamente perduta. Il nome del defunto non ricorre in altre iscrizioni. Solin l'ha interpretato come Atùzius, nome attestato in Italia meridionale. Sono registrati anche i nomi di Attinas e Attinus. Diverse iscrizioni cristiane siciliane riportano nomi in le; dal latino -(I)US. Iscrizione su tufo (IV secolo ?) Lettura secondo Bonomi:
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Lentini
[I] ou8aç I La~a'n I ac;
Traduzione: Giuda Sabatias. La lastra di tufo dallo spessore di 7 -8,5 cm. è stata rinvenuta nel corso dello scavo del complesso termale di Sofiana, in cui era stata riutilizzata nell'ambiente IV come copertura del praefurniuJn. Inizialmente era destinata a coprire una tomba individuale. I caratteri dell'iscrizione sono molto diversi dalla preceden-, te. Mentre pare abbastanza certa la lettura di Iudas) meno cert'a è quella di Sabatias. La lettura alternativa di Sabanas darebbe invece un nome sconosciuto Sla 1n greco che in ebraico. Attualmente risulta dispersa. Bibliografia D. Noy, fewùb Inscriptiolls 01 Western Europe, I, Cambridge, 1993, nn. 157-158. L. BONOMI, Cimiteri paleocristiani di Soliana} in RAC, XL (1964) pp. 169-220. D. ADAMESTEANU, I primi documenti epigralici del retrolerra di Gela, in RAL X (1955) pp. 569-570.
LENTINI (SR) Il terremoto del 1693 non ha lasciato dell'antica giudecca rupestre che tracce bibliografiche. Nella sua Storia della Chiesa in Sicilia del 1880, il Lancia di Brolo localizzava le grotte in cui abitavano i giudei nella località detta le Serre di S. Pietro o della Scalderia) sotto il colle del Tirone. Questa contrada portava ancora nell'800 il nome di Giudecca. Lo stesso dimostrano i documenti degli archivi parrocchiali di S. Alfio e S. Luca nonché del comune, secondo cui gli ebrei erano insediati nella contrada della
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Lentini
Judeca seu de li barberi et Chùninia. Precisamente in questa zona si ebbe nel 1841 un interessante rinvenimento. Così lo descrive Alfio Falcia nel libro dello storico locale S. Pisano Baudo sulla Chiesa di Lentini: «In capo alla strada detta la Corsa dei Barberz~ donzentre alcuni fanciulli trastullavano) aprirono un buco in seno ad un vivo sasso guardante il Nord)· sasso su cui poggiano le basi del tempio sotto il titolo di S. Antonio Abate. Fattosi pùi spazioso questo buco) videsi essere una porta tagliata nel vivo sasso alta pabni sei e larga palnzi due ed once otto siciliani) nel cui frontone osservansi incisi due candelabri di figura sùnili a quelli Ebrei con sette ranzz: e benché alquanto logorz~ si distinguono purtuttavià abbastanza. Ralneggia sulla superficie del sasso una verde patina) prodotta al certo dalt ulnidità e dalla diuturnità del tempo. Questa porta introduce in un sotterraneo ad uso di sepolcro) e forse un sodalizio di un)intera fanziglia) la cui lunghezza non oltrepassa che solo canne tre e palmi quattro) e larga al prùno ingresso palmi sette. Nel centro però si slarga una canna e palmi tre) e nel terlnine (deltinterno) canna una e palmi sette) essendo poi tutta t altezza pal1ni sei ed once otto di Sicilia. Or nel centro di questo vano ergonsi quattro rustici pilastrz: che attaccano il suolo alla volta) tutti neltintiero masso incisi a scarpello cOlne il tetto del Col01nbario. L)imoscapo col sonZ1no scapo di questi quattro pilastri riuniscono in un insieme un sepolcro nel vivo sasso inciso) che rialza da terra paùni quattro) la cui lunghezza è di canna una) palmo uno ed once otto di Sicilia (compreso il contorno del nzasso) e la larghezza di paùni sei ed once quattro di Sicilia)' mentre il vano del sepolcro si slunga palmi sette ed once otto) e si slarga pallni due e mezzo. Questo sepolcro è diviso nella sua lunghezza da un setto di pietra viva) che vi fa indurre avere servito per le due persone principali della famiglia. L)avello in discorso è attorniato da un passet-
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Lentini
to di vivo sasso largo palJni due e Jnezzo) che lo lascia nel centro COJne una tribuna. Nelle pareti deltintiero sotterraneo ed intorno al succitato sepolcro osservansi sei edicole a volta/ e contando dalla destra ad entrare) si vede in primo una celletta al di sopra della prùna edicola) che serviva al certo di posa alle lucerne~ Questa priJna edicola è alta palmi sei. La terza della lunghezza della seconda contiene un altro sepolcro. La quarta situata in fondo del nzasso guardante la porta con tiene altri due sepolcri. Alla sinistra delFentrare osservansi prùnariaJ?zente la quinta edicola lunga palrni sette) contenente un altro sepolcro nzentre fra queste -dtte edicole a sinistra s)intennedia nelFalto una seconda celletta) la quale co/ne quella che abbian20 citato servir dovea di posa di lucerne. Illustri e dotti viaggiatori si esteri che na.zionali Fhanno visitata con amJ?zirazione e contento ». L'ipogeo fu successivamente adattato dal pro'prietario del luogo in abitazione privata. Quanto alla chiesa, da tempo non esiste più e al suo posto c' è ora la Biblioteca civica. Il modello di ipogeo a tegurio che era stato scoperto non era però l'unico della regione. Si tratta anzi di un motivo ricorrente in tutta la regione dell'altipiano acrense che G. Agnello ha descritto molto bene al momento del rinvenimento dell'ipogeo C di Stafenna, in cui sembra potersi registrare la stessa icnografia, ma senza i simboli ebraici. Alla sinagoga medievale di Lentini si riferisce un docunlento del Codice diplomatico dei giudei di Sicilia: il vescovo di Siracusa, col pretesto che le cerimonie vi avevano eccessiva pubblicità, decise di fare murare le finestre della Sinagoga! Bibliografia S. PISANO BAUDO, Storia della Cbiesa e dei martiri di Lentini, Lentini,
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Lipol'l'
1898, (ris. 1984) pp. 50-51.
G.
AGNELLO,
RAC
I monumenti deltagro netino. Gli ipogei di Stafenna,
In
pp. 204-206. CODICE DIPLOMATICO, p. 139, doc. XCIV XXXI (1955)
LIPARI (ME) Secondo un manoscritto della Gbenizah del Cairo pubblicato da N.E. Adler e successivamente da ]. Mann, qui, e non in Italia meridionale, sarebbe stata composta la cronaca ebraica conosciuta col nome di Iosippon. Si tratta della copia medievale di una lettera scritta dal capo di una comunità ebraica italiana a Hasdai Ibn Shaprut, consigliere di corte di Abd-al-Rahman III a Cordova intorno alla n1età del X secolo ed insigne personalità ebraica del suo tempo in Occidente. In tale lettera si descrivono varie vicissitudini di alcune comunità ebraiche in un periodo di persecuzioni, nonché le avventure di Mar San1uel, il servitore di fiducia che Hasdai aveva inviato in Italia. Illnittente della lettera dice di aver raggiunto Mar San1uel ad Amalfi e che questi, fuggendo le persecuzioni, era venuto a trovarsi «1::11':1» cioè a Lipari, nella forma araba Lybr (cfr. M. Amari, Bib. Arabo-sicula, p. 20). Mar Samuel viaggiò per nave da Amalfi a Lipari e vi copiò lo Iosippon in un periodo di nove mesi. Gli eventi descritti più avanti nella lettera, spiegano infatti che Hasdai lo aveva inviato in Italia con lo scopo principale di copiare il libro e di portarne una copia in Andalusia, da dove fu poi diffuso tra le comunità dell'Occidente. Mar Samuel andò a Lipari ovviamente perché sapeva che vi avrebbe trovato una copia del codice, probabilmente a quel tempo l'unica esistente, per cui non si può escludere che esso fosse stato composto, all'inizio dello stesso secolo, proprio a Lipari. Per gli ebrei della Diaspora lo Iosippon fu la principale fonte storica sul periodo del Secondo Tempio. Il libro, che si basava su fonti arabe e bizantine, fu ristampato moltissime volte
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Lipari
e godette di una vastIssIma circolazione InInterrotta dall' inizio del medioevo all' epoca moderna. La ·campagna di scavi condotta da L. Bernabò-Brea tra l'ottobre 1979 e il febbraio 1980 nella propl"ietà Zagami-Saltalamacchia, prima che vi fosse costruita la nuova via di circonvallazione esterna, ha portato alla luce una necropoli di età tardo-imperiale, che si estendeva su un terreno -in lieve pendio. Nel lato Est della necropoli fu scoperta una cisterna rettangolare di m. 4,30 x 2,20 con volta a botte, riadoperata. come· ipogeo funerario mediante l'apertura di un' angusta porta su uno dei lati lunghi verso Est. All'interno erano state disposte quattro tombe, e altre due erano state inserite negli. spazi intermedi. Tutte erano state coperte con tegole o framInenti e lastre litiche di reimpiego, accuratamente chiuse con rivestimenti di calce bianca. Sulla calce che saldava le tegole di copertura delle tombe erano stati incisi grossolanamente due motivi simbolici: una palma, ora dispersa, e una rnenorah. La cisterna-ipogeo veniva a ricadere nell'angolo Sud di un secondo recinto costruito successivamente al suo riutilizzo. Anche questo potrebbe appartenere alla stessa comunità ebraica cui è attribuibile l'ipogeo. L'area era stata infatti utilizzata dagli ebrei prima che si sviluppasse la necropoli cristiana. . Museo archeologico eoliano Lapide sepolcrale con menorah (92 x 56 cm.) (n. inv. 21.513) (IV secolo) Sulla calce di un secondo tegolone si può ancora leggere il seguente testo: [ ... ]C[..]I [..]oro[..] E ~o [.. ] I [ ..... ] Purtroppo la maggior parte dell'iscrizion~ è andata perduta, rendendo impossibile una ricostruzione.
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Marsala
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Bibliografia N. GOLB A ]udaeo-Arabic Court Document of Syracuse; a.d. 1020 In "Journal of Near Eastern Studiesl) XXXII (1973) p. 115. L. BERNABÒ-BREA I:ipogeo funerario ebraico in "Meligunis Lipara" voI. VIt Palermo 1995 Ace. N az. di Sco Lett. e Arti. 1
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MARSALA (TP) Marsala è l'antica Lilibeo, dove visse Porfirio (IV sec.e.v.), il filosofo filoebraico di Tiro allievo di Platino. Qui sposò la vedova di un amico e scrisse verso il 270 a.e.v. il suo trattato in 15 volumi Adversus Cbristianos. Giudecca Nessuna indicazione topografica sopravvive. Il notaio Aldixina localizza la sinagoga vicino la Platea judeoru1?t (oggi piazza Chirco) e quindi all'interno delle mura civiche, dove è oggi la chiesa di S. Giacomo, quale fu trasformata più tardi dal Grignani.. 1
Sinagoga La sinagoga di Marsala fu una delle poche che ebbe l'autorizzazione a essere ampliata, unendola con un'a casa dello stesso cortile in precedenza destinata a nlulino della comunità. Interessante la procedura: «i Proti si presentarono innanzi agli Ufficiali) ai Consiglieri e alle persone tutte) che rappresentando il corpo della città) erano secondo il consueto radunati nella Chiesa l1taggiore di San TOl1tl1taSo [... ] I rappresentanti deltUniversità della terra di Marsala si recarono essi stessl~ personalmente) per vedere se in realtà la sinagoga fosse insufficiente) ed avendo osservato essere vero) quanto avevano esposto i Protl~ concedono loro licenza) consenso e libera facoltà di n/are a nuovo) ingrandendola) la Chinisia che possedevano ».
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7. Lucerna con menorah da Marsala (III-IV sec.); Palermo, Museo archeologico, nego 9979.
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]vIa l'sa la
In città si trovava dunque la giudecca, dirimpetto al convento di S. Domenico, e in città erano anche il mercato (piano del Salvatore), come risulta dall' atto di notar Pietro Xenia nonché l'ospedale e la scuola, come risulta dall'inventario dei beni di Stefano Grignani, stilato da notar Nicolò Bitino il 5 giugno 1497, ove si parla di un teninzento di case chiamate La schola delli Giudici. In piazza della Repubblica, il Duomo secentesco insiste sulle fondan1enta della matrice di San Tommaso di Canterbury in cui gli ebrei erano costretti ad assistere con i rotoli della Torah alla messa celebrata per la festa di Santo Stefano protomartire.
Museo degli arazzi Vi sono esposti gli arazzi fian1minghi che l'arcivescovo Antonio Lombardo, che li aveva ricevuti da Filippo II di Spagna, donò al Duomo nel 1594. Gli otto arazzi, tessuti in seta e lana a Bruxelles, raffigurano con grande sfarzo episodi della Guerra giudaica tratti, molto liberamente, da Tacito e Giuseppe Flavio. 1. Giuseppe Flavio condotto fuori dalla grotta ove si era rifugiato dopo la presa di Giotapata (Chirbet Shefat); 2. Agrippa, re di Tiberiade, chiede a Vespasiano di risparn1iare la città; 3. Vespasiano, acclan1ato imperatore dai suoi soldati, è incoronato; 4. Vespasiàno riceve on1aggi e doni dal governatore di Siria; 5. Giuseppe Flavio liberato per ordine di Vespasiano; 6. Combattin1ento tra Gionata e Prisco; 7. Gesù ben Thebuthi, sacerdote ebreo, consegna a Tito il libro sacro e due candelabri; 8. Tito sacrifica al Dio degli ebrei. Oltre che per la rielaborazione rinascimentale di una storia ebraica, gli arazzi rivestono interesse per la seconda chiave di
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Afarsa!a
lettura, che permette di riconoscere nei personaggi antichi i protagonisti contemporanei delle guerre di religione tra cattolici e protestanti., Cimitero Si trovava fuori le mura, rimpetto al bastione S. Antonio.
Della vita culturale degli ebrei marsalesi nel medioevo ci rimane un solo manoscritto, L)Antidotario (Ha-roqeach) di Mesue il giovane. Fu copiato nel 1489 da un amanuense ignoto per Shabbetay, soprannominato Ezer. (Biblioteca Nazionale di Parigi, ms. Hébreu 1134). N el corso dei saggi di .scavo del settembre-ottobre 1965 nella zona delle fortificazioni puniche di Capo Boeo, in una vasca giacente ad una profondità di 40 cm. è stata rinvenuta, tra gli altri oggetti, «n. 44/65: lucerna in argilla verdognola con evidenti tracce d)uso) frammentata altansa e al beccuccio) decorata da un candelabro ebraico a sette braccia circondato da una banda a dischetti incisi e da una più esterna a trattini verticali ». Esemplari analoghi sono stati rinvenuti nella Cartagine romana e sono stati pubblicati da J. Deneauve. Appartengono tutti alla fine del III e all'inizio del IV secolo. Il luogo del ritrovamento dista solo qualche metro dall'insula degli scavi del 1939-40 della ]. Bovio Marconi, in cui furono ritrovati altri frammenti (inediti) di lucerne in argilla color camoscio e arancione, quasi sicuralnente ricavate dalla stessa matrice (inv. nn. 631 e 632). Nel corso dello scavo del 1966 (saggio XIII e V) è stata rinvenuta un'altra lucerna con tlzenora!J, di un n10dello leggermente diverso, lna pur sempre abbondantemente attestato per lo stesso periodo sia a Cartagine che in Sicilia. (Museo archeologico, Palermo, nego 12139).
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i\1.azara del Vallo
Bibliografia A.1VI. BISI, Lilibeo. Rz'cercbe arcbeologicbe, in NS (1966) p. 338, fig. 31 e p.344.
MAZARA DEL VALLO (TP) È tra le città di Sicilia nominate da Beniamino da T udela. La sua storia compendia quella di tutta la Sicilia medievale, della convivenza tra religioni, lingue e razze diverse ed è esemplificata dai suoi tre più illustri figli: San Vito, l'ilnam al Mazari e il poeta ebreo Angelo Callimaco Monteverdi. N elle sue stradine d'impianto islamico rivive il mondo della Gbenizab, dove peraltro furono ritrovate numerose lettere provenienti da Mazara. Benché gli ebrei siano arrivati a Mazara quasi certamente . ali' epoca della sua massima fioritura, allorché era capitale del ""Vali islamico, il documento più antico che testimonia la loro presenza è un atto giurato del 15 maggio 1273, col quale 21 testimoni, tutti viti prudentes di Trapani, forniscono informazioni dettagliate sulle decime pagate al vescovo di Mazara. Costui così il documento - esercitava la sua giurisdizione pIeno jure sulle giudaiche di Mazara, Salemi, Marsala e Trapani ab inzrl1enzorabili e gli ebrei erano tenuti a fornirgli un certo quantitativo' di pepe per le feste di Natale, Pasqua e del SS. Salvatore. N el XV secolo gli ebrei abitano nel quartiere che da loro prenderà il nOlne di Jureca, e il cui principale asse viario è stato ribattezzato dal consiglio comunale Rua della Giudecca. Le caratteristiche urbanistiche e architettoniche erano del tutto simili a quelle degli altri quartieri. Vicoli poveri e malsani, abitazioni, officine e botteghe raggruppate intorno a un cortile, il più importante dei quali era chiamato il Cortile grande o di la Jureca) a San Michele. Fu distrutto ancora prima dell'ultima guerra. Nella piazzetta del Bagno, lnnzezzu lu vagnu, si trovava proba-
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lvfazam del Vallo
biIrnente il bagno rItuale. La piazza San Michele dei Normanni era invece la Platea della ]ùreca. Le case che vi stavano intorno. erano generalmente a un piano, dagli ingressi bassi e i tetti coperti di tegole d'argilla. In questo quartiere si distingueva la cosiddetta Casa delle Gallerie, d'incerta destinazione, caratterizzata da una torre e da archi a sesto acuto. Sinagoga La sinagoga di Mazara è una delle poche di cui è sopravvissuto qualcosa di più che la memoria. Al momento dell'espulsio- . ne fu venduta dal commissario reginale Cosimo de Aflicto al nobile Simone de Mirabilis. Nel 1496 fu trasfonnata in cenobio degli Eremitani di Sant'Agostino sotto il titolo di Santa Maria del Soccorso. Rimase inalterata fino al 1750, allorché la confraternita della Buona n10rte la demolì per erigervi l'attuale chiesa di Sant'Agostino. Citazioni dell'edificio quattrocentesco sono però ancora visibili tanto all' esterno quanto all'interno. Da una relazione dell'anno 1650 dei padri eremitani di Sant'Agostino sappiamo che «.. . la fabbrica di detta chiesa è quadrata di canne undici con nove cappelle sfondate} la fabbrica è antichissinza essendo stata. per li popoli cristiani moschetta di Mori per quanto dicono Inolti vecchl~ et antichi della città... ». Nel 1767 il can. Francesco Tardìa lesse e trascrisse da una trave un'iscrizione che scambiò erronean1ente per un versetto biblico. Da un più attento esame dell' apografo contenuto nel manoscritto originale conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo, mons. B. Rocco ha ricavato il testo della dedica della sinagoga, il cui secondo rigo può essere letto in 4 lnodi diversi: 1. ''V 'J il'V))) 1'»)Jil ilt 2. a lTTn Jl)'V 2. b 1TTn Jl)'V
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lvlazara del Vallo
2.c 2.d
111n TI)'tJ 111il TI)'tJ
Traduzione: 1. Questo edzficio fu fatto b(enedizione e) p(ace) 2.a. Neltanno di ((Hadrak)) (= 1472) 2.b. Nelfanno de ((il suo penetrale)) (= 1458) 2.c. Nelfanno di "corsero trepidantt) (= 1458)'2.d. NelFanno de "la Sua Maestà)) (= 1455) La ricostruzione dell'apografo, tracciato da mano imperita, è oltremodo difficoltosa e dà luogo a tre diverse datazioni della dedica della sinagoga. C. Colafemmina osserva che nella prima riga le iniziali 1'tJ IJ. stanno per \JJ.'tJ 'tJ1nJ., ossia "Questo edificio fu fatto nel mese di Shevat dell'anno ... " (cfr. ((Sefer Yuhasin" X-XI (1994-95) p. 54). All' esterno, nella via Sant'Agostino, una lapide marmorea affissa sotto un arco murato ricorda che
Ad"perpetuanz rei ?1Ze1Jl0rianz usque ab an tiquis tenzporibus annul?z 1492 beic fui! sinagoga bebreoru71z ..1...J.. .J.. I~
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SPQS S AD lvfCMLXXXII La chiesa appartiene oggi alle Suore elisabettiane. Il bagno di servizio della sacrestia è ricavato a ridosso di uno splendido costolone quattrocentesco dell' antica sinagoga, il cui piano di calpestio doveva essere evidentemente di qualche n1etro più basso. Cinzitero Si trovava fuori dalle mura a settentrione, subito dopo Porta
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Mess in C1
Palenno, nelle vi~inanze del loro insediamento primitivo. Il Rizzo Marino segnala il rinvenimento occasionale di tombe ebraiche durante r escavazione di fondan1enta di nuovi edifici. Pare che il luogo fosse adibito allo scuoialnento dei cavalli morti, per cui fu denominato Scurciaturi. Il clima culturale di Mazara ci è reso· manifesto da interessanti rapporti commerciali librari con Napoli, sede di un 'industria libraria ebraica, che a Mazara aveva risonanza nella scuola umanistica di frate Tommaso Schifaldo, la quale riuniva cristiani e neofiti: Cornelio Filone, Gian Giacomo Adria, Callimaco Monteverde. Quest'ultimo fu la figura più illustre tra i neofiti. Umanista e poeta, fu proposto per la corona di alloro degli "Accademici selinuntini". La sua opera più apprezzata fu il De Laudibus Siciliae , poemetto in esametri latini Bibliografia A RIzzo MARINO, Gli ebrei di lvIazara) Atti della Società trapanese di Storia patria, Trapani, 1971. B. Rocco, La dedica eb1'aica quattrocentesca nella sinagoga di Mazara, in Hl-Io Theologos" 2 (1995) pp. 245-251.
MESSINA «Messina) che sorge sulla punta estrenza della Sicilia (. ..) è abitata da circa duecento ebrei. La zona abbonda di ogni ricchezza) di orti e di giardini. Qui si raccolgono per lo piÙ' i pellegrini diretti a Gerusalelnnze) essendo questo il lniglior punto per traghettare». Così la descrive Beniamino da Tudela. Qui gli ebrei combatterono al fianco degli arabi nella difesa della città assediata dai normanni. E' forse la città siciliana che più a lungo lnantenne i contatti con gli ebrei. Nel 1741 Rav Ismaele Hai Sanguinetti, che visitò la città, fu sorpreso dall' esistenza
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Messina
di un ufficiale incaricato di reprimere le ingiustizie commesse verso gli ebrei nel passato. Nel 1853 esisteva ancora una sinagoga Jv!.essina a Istanbul, nel quartiere Balat. Da Messina Rabbi Obadyah da Bertinoro ci ha tramandato una delle immagini più felici dell' ebraismo siciliano, quella del corteo nuziale che così descrive: «Trovandomi a Messina fui presente ad una celebrazione di nozze. Recitate le sette benedizioni fanno uscire la sposa e la conducono a cavallo nella piazza della città/ la c01nitiva va dinanzi a lei a piedl~' lo sposo in l1zezzo agli anziani. Ma essa sola va a cavallo) preceduta da ragaZZ1~ da fanàulll~ da bambini aventi Ù'l l1zano fiaccole ardenti e gridanti dinanZl: a squarciagola) da farl1zi credere che la terra si schiantasse per il loro vociare. Cosi' vanno intorno nel' crocicchi e in tutti i luoghi di convegno dei Giudel> i Cristiani assistono ancor essl' alla festa con piacere e nessuno apre bocca né fa schialnazzo ». Verso il 1280 si stabilì a Messina il mistico spagnolo Abraham Abulafia e vi fondò una scuola di Cabbalà estatica. Su ri- _ chiesta di due eruditi messinesi, rabbi Saadiah ben Isaac Sigilmasi e rabbi Abraham ben Shalom Comti, nonché del suo discepolo rabbi N athan ben Saadiah Haddad, compose i trattati Or haSekhe~ una specie di Apocalisse sui misteri del Tetragral1zl1taton, e Ozar Eden Ganuz, contenente molte note autobiografiche. E fu proprio a Messina che Abulafia annunciò con la massima sicurezza che l'era messianica sarebbe iniziata nel 1290. Grande doveva essere la considerazione di cui godevano i sapienti ebrei lnessinesi ancora nel XV secolo, se furono richiesti di correggere i manoscritti del commento al Pentateuco di Mosheh ben N achman, utilizzati per l'edizione apparsa a Napoli nel 1490 a cura di Josef Gunzenhauser.
Giudecca Il quartiere abitato dagli ebrei, la Giudecca,
SI
trovava lnl-
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Messina
zialmente fuori dalle mura, n~la zona Paraporto) tra il Duomo e il torrente Portalegni. Nelle prime carte a stampa del XVI secolo è ben visibile, ai margini meridionali del quartiere, un ponte della Giudecca. Il quartiere sarà inglobato "entro le mura urbiche solo nel XVI secolo, come mostra la nota pianta"di Messina stampata a Leida nel 1619.
Sinagoga Era dietro la chiesa di San Filippo Neri. Il Di Giovanni racconta che fu confiscata dalla regina Elisabetta e trasformata in chiesa della Candeloja nel 1347 per punire gli ebrei che avevano croCl/isso un fanciullo cristianQ. Alcuni di essi furono decapitati e le loro teste lasciate esposte con una lapide che diceva: SignuJ1z Perfidorum Iudaeoruln. Dopo il 1492 la lapide fu murata sulla facciata del Duomo, dove ebbe modo di vederla il Di Giovanni. La chiesa invece era già stata demolita. Altra era quindi la sinagoga che Obadyah da Bertinoro visitò nel 1487 e che descrive come segue: «La loro sinagoga ha fonna di esedra) aperta di mezzo e chiusa ai quattro latz:' alFinterno v) è un pozzo d)acque vive ». Una porta medievale era detta della Giudecca.
Biblioteca Painiana (Selnina1'io Arcivescovile) Lapide sepolcrale ebraica (1636) (50 x 22 x 19 cm.). È ornata di uno stemma con leone rampante sormontato da due stelle. Fu acquistata a Roma da mons. A. Paino negli anni '30. Lettura secondo B. Rocco: " 1.
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Traduzione: 1. Uomo anziano e persona di riguardo) 2. egli (era) il capo) il Signor Abramo 3. Finzz~ la cui nzenzoria è in benedizione. Fu chial1zato verso talto il giorno V (=giovedì) il 12 di Kislew (deltanno) 5396 (-1636 e.v.). ((La sua aninza sia custodita nello scrigno della vita)). Bibliografia B. Rocco, Due lapidi sepolcrali ebraiche, (1968) pp. 36-37.
In
cCSicilia Archeologica" 1
Museo regionale Lapide di nzarmo bianco (51 cm. x 46,5 cm. x 10cm.) (r"450) (n. cqt. 237). Lettura secondo B. Rocco: 1.
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7. 8. 9.
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Traduzione: 1. Si presentò in giudizio - e usi a lui misericordia (D.) nella sede delle anime - Azaria 2. Di Miniscz~ figlio di Sal01none Di Minisci. Sono statz' assegnati
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8. Messina, iscrizione della sinagoga (dispersa); da G.L. Castello, Sl'ctHa et objacientium insularum (. .. ), Palermo, 1784, pago 301.
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Messina
3. per la sua anùna tre ca[fisJi di olio) da versare ogni anno 4. alla sinagoga di Taormina; con questo vincolo: ecco verserà 5. Mosé Hasdai 3 cafisi di olio per il suddetto Azaria 6. carne censo ogni anno) quando (sarà) il periodo per i censi . (secondo) tuso (o il computo) 7. di Mesiano. E se questa scrittura viene rifiutata dalla sinagoga 8. di Taorl1zina) il censo stabilito torni alla sinagoga 9. di Messina. Questo avvenne nel 1nese di Tis!Jri deltanno 5215 (=1450). Il nome del defunto è Di Minisci, attèstato in vari documenti siciliani. La sinagoga è chiamata correttamente, secondo l'uso ebraico, Bet Kneset. Proviene dal monastero di S. Barbara dove era stata riadoperata come chiusino del rubinetto della cucina, come si può notare dal foro praticato tra la seconda e la terza riga e dal danneggiamento subito sul lato sinistro. Il monastero di S. Barbara, ' fondato nel 1195 col nOlTIe di S. Maria di Malfinò, si trovava originariamente vicino alla giudecca. Nel 1575 le monache si trasferirono nella nuova sede alle falde del Tirone, portando con sé, a quanto pare, quella lapide. Chiuso il monastero il 29 luglio 1901, la lapide fu rimossa e trasferita al Museo civico. La sua presenza a Messina fa pensare che la sinagoga di Taormina rifiutò di riscuotere il censo, che i messinesi invece accettarono. Molto probabilmente era affissa nella locale sinagoga. Bibliografia, B. Rocco, Iscrizione giudeo-arabo a Messina, in "Vetera Christianormn" 29 (1992) pp. 345-357.
Un'altra iscrizione ebraica, oggi purtroppo scomparsa, fu pubblicata da C. Roth ed è di grande importanza storica perché
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9. Mozia, anello signatorio con menorab (IV-V sec.); Museo J.I.S. Whitaker, n. mv. 4576.
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Messina
fa riferimento alla più grande personalità ebraica siciliana, il Diencbelele Mosé Bonavoglia, Giudice supremo delle giudecche siciliane dal 1420 al 1446 e archiatra di Alfonso V. La storicità della lapide è inoltre documentata da varie testimonianze. Il primo a segnalarla fu Johann Friedrich Breithaupt nella sua descrizione di Malta (Francoforte, 1632, p. 27). Questi riporta però la lettura che ne aveva fatto l'abbate Ignazio Landriano, predicatore di corte del Duca di Mantova. Di questa versione, in -latino, si servì L. Zunz per ricostruire il testo ebraico. Sbagliando però quasi tutto. Egli ignorava inoltre che il testo ebraico originale era già stato pubblicato un secolo prima da G.L. Castello, principe di Torremuzza, nel suo ((Sicilia e et objacientiunz insularu7n veterunz inscriptionum nova collectio)). 1. 2. 3.
4. 5. 6.
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Traduzione: 1. Questo portico e t edzficio furono edzficati con i fondi 2. delteletto Bonavoglia Mosé di sua grazia 3. in onore di suo padre cbe è 4. nel giardino deltEden) il colnzo della sua delizia) 5. il suo 11077ze era Saadiah e si conzpiacque di suo figlio 6. neltanno 5200 dalla creazione del nzondo (=1440) la sua costruzione fu ternzinata. Bibliografia C ROTH, ]ewisb Intellectual Lzle
ZI1
Medieval SiczlYJ in ]QR XLVII,
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Monreale
(1956-57) p. 326. C ROTH, Tbe Messina Synagogue Inscription: or Alas poOr Zunz} in AA.VV., "Scritti sull'ebraismo in memoria di Guido Bedarida", Firenze, 1966, pp. 187-193.
MONREALE (PA) In occasione della ricorrenza del qUinto' centenano dell'espulsione degli ebrei dalla Sicilia, gli alunni della Scuola media statale cc A. Ve_neziano" hanno piantato a San Martino delle Scale un boschetto commemorativo chiamato Boschetto della Memorta.
MOZIA (TP) Mozia, la superba città punica distrutta da Dionisio I di Siracusa nel 397 a.e.v., non ha ancora disvelato i segreti dei suoi traffici con l'oriente semitico.
Museo ].1.5. \Ylhitaker Anello bronzeo (IV-V sec.) (n. inv. 4576) Rinvenuto nel 1909, nel corso di una delle prime campagne di scavi, da Joseph L S. Whitaker nei pressi delle mura urbiche di occidente. A causa delle prinlitive tecniche di scavo dell' epoca non disponiamo di notizie più particolareggiate quanto al contesto archeologico del ritrovamento. L'anello, dal diametro interno di 1,8 cm, è un sigillo anepigrafo lavorato ad intaglio. In ottimo stato di conservazione e ricoperto da una unifonne patina verde, non presenta alcuna impurità, sbavature o altri difetti di fusione. Il castone ovale, cm 1,6 xl,!, è interamente occupato da
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lvIozia
una lnenorah, incisa in senso alto-basso parallelo alla verga. Alla sua sinistra è raffigurato un tulav, lnentre alla sua destra un graffito appena percepibile ad occhio nudo, sembra rappresentare con ogni probabilità uno sho/ar. Un esame tipologico dell'anello permette di riconoscere una forma ellissoidale, prossima ad un esagono e bon1bata verso l'esterno. Tipica del II secolo e.v., essa è attestata anche nei secoli successivi. In Sicilia sono stati rinvenuti migliaia di anelli di bronzo. Secondo Paolo Orsi erano un surrogato degli anelli d'oro per la povera gente. A Cartagine i cristiani portavano anelli, che usavano come sigilli nonostante le proibizioni di Tertulliano e, tra i bolli di piombo ivi rinvenuti, due recano l'impronta di una l1zenorah. Una accompagnata dal nome del proprietario e una anepigrafa. In epoca talmudica l'uso dei sigilli era soggetto a restrizioni per il timore che recassero motivi idolatri. Ciononostante gli ebrei producevano sigilli e amuleti raffiguranti la tJ2enorah e altri simboli distintivi della loro fede. Lo stesso Talmud fa menzione di sigilli utilizzati per scopi magici o apotropaici. Questo non è però il caso dell' anello di Mozia, che è esente da iscrizioni o silnboli di questo genere. Dopo il V secolo questo tipo di manufatti SCOlnpare, forse a causa della crisi che colpisce la toreutica contestualmente alle invasioni barbariche e il conseguente riorientamento dell' oreficeria verso m"odelli non più classici, che si manifesterà in Sicilia tra il V e il IX secolo. Bibliografia N. BUCARlA, Antichi anelli e sigilli giudaici in Sicilia, in "Sicilia Archeologica" 87-88-89 (1995), pp. 129-134.
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Noto
NOTO (SR) La Noto cui si fa qui· riferimento è quella che giace oggi coperta da uno strato di vegetazione in cima al n10nte Alveria e che qualcuno ha già definito la Po?npei siciliana. Qui fu c.opiato l'unico siddur conosciuto della Sicilia medievale. Nei margini sono stati scritti i Salmi. Numerosi fogli sono decorati con tabelle, dentro le quali sono state inserite parole iniziali a caratteri grandi dipinti di rosso, e con girari filifo~mi di vari colori. Il rito è quello della locale comunità, che doveva esprimersi in arabo, come sembrano indicare le glosse che vi figurano. Fu finito di copiare nel 1481 a Noto} neltisola di Sicilia. Oggi si trova alla Biblioteca Palatina di Parma (ms. parmense 1741/de'Rossi 570). Il paesaggio ricorda molto 1'Alta Galilea. Infatti, mentre questa fu teatro della rivolta dei giudei di Giuseppe Flavio, Noto aveva assistito, qualche secolo prilna, alla . controffensiva di Ducezio, re dei Siculi, contro i greci. Le altissime balze che tutto intorno lo circondano sono pressoché ovunque inaccessibili e fanno di questo sperone una vera fortezza naturale. Solo il terremoto ne ebbe ragione. La prima ricognizione archeologica fu compiuta un secolo fa, nel 1894, da Paolo Orsi, che vi ritornò nell' aprile 1896 per una breve campagna di scavi. I risultati furono pubblicati l'anno successivo nella rivista dell'Accademia dei Lincei ((Notizie degli Scavi di Anticbità)}.
Grotte del Carciofo e delle Centobocche. Si trovano sull'istmo che unisce il monte Alveria alle propaggini dell' altipiano acrense, nella proprietà Fiaccavel1to in cui P. Orsi individuò la Necropoli Nord del periodo greco (III-II a.e.v.) e la necropoli giudaica del periodo bizantino. Questa consiste in grotticelle artificiali ricavate dallo sfondamento delle nicchie a forno, che erano state ereditate dal terzo periodo siculo. Costruzioni cimiteriali analoghe si riscontrano a Pantalica ed al-
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10. Noto, la ((Grotta del carciofo" (IV-V sec.); sepolture giudaiche m tombe 51cane.
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Noto
tre località del Val di Noto, fino alla lontana Caltabellotta. Nel IV-V secolo e.v. le tombe sicule del Val di Noto vengono allargate e trasformate in camerette· ipogee con fosse mort·uarie. La raffigurazione della J?zenorah in alcuni di questi sepolcri, che ne garantisce la giudaicità, solleva nel contempo alcune dom~nde sulla consistenza e la qualità dell'insediamento ebraico. Questa facies è infine di grande importanza perché oltre a rivelare la presenza di nuclei ebraici in questo remoto angolo di Sicilia segnala anche che essi seguivano le tradizioni sepolcrali palestinesi del seppellimento in caverne familiari naturali o artificiali. Ed è proprio in Palestina, nell' alta Galilea, a Hevel Tefen, che si incontra lo stesso tipo di tomba ad arcosolio· scavata nella roccia, nello stesso periodo bizantino, con lo stesso tipo di menorah incisa nella roccia, che i contadini del luogo hanno scambiato per un carciofo. Va inoltre osservato che il modulo sepolcrale siculo si saldava a perfezione con la tradizione ebraica della tomba ((scavata in alto nella rupe)) come si vede ~ncora a Gerusalemme nella valle del Cedron e contro cui si scagliò [Isaia] il profeta (22:16). In queste tombe P. Orsi ha trovato anche alcune lucerne con la Jnenorah di incerta origine, ora nel Museo di Siracusa. A causa della facile accessibilità di questo settore delle necropoli, Orsi trovò già ai suoi ten1pi che la grotta delle Cento·bocche era stata trasformata in stalla e che quasi tutte le tOlnbe erano state profanate e saccheggiate in antiquo. La risultanza più notevole delle indagini dell'Orsi fu la mancanza di collegamenti tra il periodo siculo e l'ellenistico e tra quest'ultimo e il cristiano-bizantino, saltando del tutto il periodo rOlnano, in cui pure Noto è bene attestata dalle fonti. In aqni più recenti sono stati scoperti altri ipogei contrassegnati dalla J?len o'rah . . Non è stato possibile accertare un orientamento prevalente
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Noto
nelle sepolture, il loro ingresso è però rivolto a mezzogiorno e presenta ancora i fori per i cardini e la barra di chiusura. Il fatto che non è mai stata trovata una sola lapide funeraria ha indotto P. Orsi a concludere nel senso di un generale analfabetismo della locale comunità ebraica. N on va però dimenticato che proprio in questo settore di necropoli è stata attiva una cava di pietra da costruzione, che ha completato l'opera di devastazione iniziata secoli prima dai "tomb aro I1·" .
Giudecca L'insedialnento medievale ci è tramandato dai documenti della sezione dell' Archivio di Stato di Noto col nome di ]udaica parva. Nello stesso archivio è custodita la protesta in data 1464 dei due Proti della terra di Noto contro il vicevicario che aveva impedito l'ampliamento di circa sei palmi di un pezzo di muro della meschita.
Museo archeologico cOl1zunale N ella prima vetrina si conserva un filatterio inciso su lastra di calcare opistografa (cm. 27,8 x 17 x 0,5) rinvenuto sul monte Alveria nel 1940 e datato V-VI secolo . .Il testo si traduce:
«o
Signore} Michae~ Gabrie~ Urie~ Raphae~ Iaoa ... proteggete la vigna della c!Jiesa di San Zosinzo dal Signore Micchaloazokos Pisites... Conquista} o Cristo; possa Cristo assistere la vigna della chiesa» . L~ seconda facciata continua: «... per i frt,ttl~ la campagna e la vigna} t angelo del Signore} o Gabriel... ti salutiaJno} 111io Gesù Cristo} il frutto} il trib'uto della vigna della chiesa di San Zosimo... Moltiplica} 1720Itiplica. O Signore Gesù Cristo. A17zen».
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L'invocazione chiaramente cristiana del talismano lascia cionondimeno trasparire uno sfondo· sincretistico dominato· da quegli stessi ebrei che con le loro arti magiche proteggevano i campi dei cristiani e sui quali si appuntarono all'inizio del IV secqlo gli anatemi del Concilio di Elvira. Bibliografia p. ORSI, Noto vecchio, in NS (1897) pp. 69-90. C. COLAFEMMINA, Ipogei ebraici in Sicilia, in "Italia Judaica" V, pp. 304329:314. . G. SANTOCONO Russo, Il museo archeologico comunale di Noto) Noto, 1985.
PALERMO <
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è esposta l'iscrizione quadrilingue che era in precedenza alla Galleria regionale della Sicilia Iscrizione quadrilingue (1. 40 cln. x h. 32 cm.) (XII secolo) L'iscrizione è incisa in una tavola di marmo nel mezzo della quale spicca una croce greca a mosaico di pietre dure e di vaghi colori, col solito motto bizantino IC. XC. NI. KA. (Gesù Cristo vince). L'iscrizione ebraica è disposta in capo alla croce, l'araba ai piedi, la greca alla destra e la latina alla sinistra. L'iscrizione è solo apparentemente quadrilingue, in quanto quello che a prima vista sembra ebraico è in realtà giudeo-arabo, cioè arabo magrebino scritto in caratteri ebraici. 1.
N~ o\J)JD';n'-( lJDJN O)ojJ n)OlJN O)OjJJN ON n)N n)!)1n
2. 3. 4. 5.
l~)JJN n)JD)JN 01) n)jJ1!)N1 n)JjJ~1 nn1JjJ1 n1JJ)1 n)JN\J)N Jn
6.
~:rn : n))NDn1 n)ND)Jon1 ~NJN )J:l1N n)o 1D n01N 1n\!) 1D V1\!))JJN n)~ n)O)JJN nìn )JN :lNJ~JN:l NnJjJ) on: O\J)JNJN )JDN)JN:l n)
n)ND)Jon1 ~NJN )J:l1N n)o n)ND 1D V1\!))JJN n)JNO J1N NJ)D)Jn OP J)NJD ON OON )J)J n)N n)~ n)O)JJN NDD1 n)O)JJN nìn Nn1:ljJ )J)J il):l1: n)Jon1
7. VDN VDN:
NDn1J:l NnJ)J11 N1jJ 1D NJJN On1!): n)ODJN nìJN1 O)lD ilì)OJN
Traduzione: 1 Morì Anna madre del prete GrzSanto) prete del gran Re signo2 re d)Italia) Lombardia) Calabria) Sicilia ed Africa a vespro de l ven erdì' 3 venti del mese d)agosto delfanno quattrolnila novecento ed otto e fu se4 polta nella' Giami lnaggiore: indi la trasferì il suo figliolo solennemente (?) in questa chiesa di San 5 Michele) il venerdì alla prinza ora del venti di maggio delt anno quattrolnila novecento 6 e nove) e fabbricò sopra la sepoltura di lei questa chiesa
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(cappella) e la chianzò la cbiesa (cappella) di san(Anna) dal nome .della madre 7 della [nostra] Signora Maria) madre del Messia. Or abbia 77zisericordia Iddio di cbi legge [la presente] e prega a lei Jnisericordia. AJnen. AJnen. E' interessante notare come ognuna delle quattro lingue riporti la data secondo il calendario del popolo che la parlava: il 4904 secondo il calendario rabbinico, il 6658 secondo il calendario greco-costantinopolitano e il 543 dell' Egira islamica. Tutte corrispondono al 1148 dell'iscrizione latina, regnando felicemente re Ruggero. Bibliografia B. LAGUMINA, Nota sulla iscrizione quadl'ilingue, in ASS XV (1890) pp. 108-110.
Dalla Galleria regionale della Sicilia proviene anche un candeliere in ottone battuto con decorazione incisa ed incrostata in· argento, esposto al secondo piano (n. iriv. 7253). E' originario dall'Egitto, dove fu fabbricato a metà del XIV secolo, in pieno periodo mamelucco. Una discreta incisione verticale in caratteri ebraici indica che apparteneva alla sinagoga arabofona di Fustat, la stessa in cui sembra sia stato rabbino Mosé Maimonide: O):llyntJD 'P'P Altri due candelieri simili, n1a molto più piccoli, recanti marchi di proprietà delle sinagoghe di Siviglia e C,airo si trovano ancora oggi nei depositi della Galleria regionale della Sicilia (nn. inv. 7712 e 7252). Nel Ì487, cinque anni prilna dell'espulsione, soggiornò a Palermo per un breve periodo Rabbi Obadyah Yaré da Bertinoro. Le sue lettere al padre rappresentano una fotografia irripeti-
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bile della sinagoga di Palermo e del clima che vi regnava, alla stessa stregua delle incisioni di Albrecht Altdorfer per la sinagoga di Ratisbona prima della sua distruzione. «Palerl1zo è una grande città) capitale del regno di Sicilia. Vi dinzorano circa ottocentocinquanta fal1ziglie ebree) concentrate in un quartiere situato nella zona migliore della città. Si tratta di gente di 'tunile condizione: artigiani dediti alla lavorazione del .ranze e del ferro) facchini e braccianti. I gentili li hanno in spregio perché sono laceri e sporchi. Sono obbligati a portare sul petto) co/ne segno distintivo) un pezzo di stoffa rossa) della grandezza di un denaro d) oro. Il re li sottopone a pesanti servitit) costringendoli a prestare servizio in ogni nuova opera: nel trarre in secca le navl~ nella costruzione di bastioni o in altre ancora. E se qualcuno è condannato a nzorte) o a essere battuto o torturato) sono gli ebrei che lo devono torturare o sottoporre a tortura. Molti· sono) tra gli ebrel~ i delatori. Questa trasgressione è divenuta infatti per loro quasi lecita) e di continuo si accusano tuno con· t altro in pubblico) senZa vergognarsene. Se qualcuno ha in odio il proprio p 1'0 ssinz o) gli inzputa fatti che l1zai sono accaduti né esistiti. Se findagine non dà frutto) il Jnaldicente non viene perseguito) giacché le leggi e le consuetudini del paese non punùcono il calunniatore anche se la sua condotta viene dinzostrata palesenzente. Sono assai lassisti anche per quanto concerne le nonne sul 17zestruo) e la l1zaggior parte delle fidanzate giunge gravida al baldacchino nuziale. Molto rigida è invece f osservanza dei precetti riguardanti il vino prodotto dai gentili: a un tale) che un gentile aveva assoldato perché gli portasse del vino da un luogo a un altro) ho visto confiscare la paga) e sostenevano che t avrebbero scoJ1zunicato) se non avesse peccato involontaria,nente». La sinagoga di Palernzo non ha al nzondo t eguale ed è in assoluto degna di lode. Attorno alle colonne di pietra del cortile estern.o si avviticchiano piante di vite)' non ho mai veduto viti sin/ili: il
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ceppo di una di esse)· cbe io stesso bo nzisurato) era di ben cinque spanne. Da questo cortile si scende) per gradini di pietra) nella corte deltatrio) cbe si apre davanti alla sinagoga. Tale corte è circondata da tre latl~ da un portico) con graj1di sedill~ su cui siedono coloro cbe) per qualcbe motivo) non vogliono entrare nel tènzpio. Si trova colà un pozzo assai bello. La sinagoga è di fonna quadrata) lunga quaranta braccia e larga altrettanto. Nel quarto lato si apre la porta. Nel lato orientale v) è t beka~ una ·bella struttura di pietra a fornza di cappella: infatti i rotoli della Torab non vengono conservati neltaron) rna nelt beka~ su di una tavola di legno) COlltpleti del loro involucro e sonnontati dalle corone e dai pinnacoli di argento e pietre preziose. Mi è stato detto che il valore attuale deltargento) delle pietre preziose e dei tessuti rica1nati in oro è di quattromila nzonete d) oro. L)bekal ha due aperture) una a sud e una a nord) affidate a due nzenzbri della Conzunità) cbe provvedono a cbiuderle e ad aprirle. Al centro della sinagoga si eleva un palco di legno) la tevab) su cui salgono gli officianti per recitare le pregbiere. Questa conzunità 1nantiene attualnzente cinque officiantl~ cbe pregano nei sabati e nelle feste) con intonazioni e 1nelodie arnzoniose. Di sinzili a loro non ne bo veduti in nessuna delle Conzunità ebraicbe cbe bo visitato; nei giorni ferialz~ coloro cbe partecipano al servizio sinagogale sono però talnzente pocbi cbe un bmnbino potrebbe contarli. Intorno alla sinagoga vi sono nzolti locall~ tra cui un ospizio) cbe dispone di letti per gli amnzalati e per gli stranieri cbe giungono da lontano e non banno dove dornzire. V) è inoltre il bagno rituale) e la grande e bella sala dei rappresentanti della Conzunità. Essi si riuniscono a giudizio e in consiglio) per regolare un gran nZl1nero di questioni. La conzunità nonzina ogni anno dodici rappresentantl~ cui il re dà facoltà di inzporre tributl~ di infliggere anznzende e di conznzinare pene detentive. Un sinzile sistenza è laccio e pietra d) incianzpo per quella gente. Persone vili e dappo-
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co riescono infatti a ingraziarsi il Viceré con regali e a farsi nolninare rappresentanti della COlnunità: una volta ottenuta tale nOtnùza) fanno poi in nzodo di far avere al Viceré tutte le rendite della sinagoga) patriJnonio della COlnunità) su cui riescono a nzettere le nzal1Z~ affinché egli rafforzi il loro potere e pennetta loro di fare quello che vogliono. Essi impongono al popolo un giogo di ferro) e si lnacchiano di una colpa assai grave: i poveri si lanzentano per i soprusi quotidianl~ e i lanzenti della città salgono al cielo. A Palenno ho osservato questa usanza: quando muore un nzenzbro della Conzunità) la sua bara viene trasportata neltatrio della sinagoga) dove gli officianti recitano i lalnenti e gli elogi funebri. Se il defunto era una persona inzportante - in particolare un erudito - il feretro viene portato dentro la sinagoga. Viene estratto un rotolo della Torah) che è poi posto Hl uno dei quattro angoli della tevah: lz' sotto si colloca la bara. Si recitano quindi i lalnenti e gli elogi fU1Zebn~ cbe vengono ripetuti per ciascuno dei quattro angoli. Dopo ciò) il nzorto viene portato al luogo di sepoltura) fuori della città. Quando sono alla porta) gli officianti conzinciano a proclamare: ({Ascoltate) popoli tutt/)) recitando ad alta voce t intero salmo) e altri ancora) finché giungono al cimitero. Ho osservato inoltre un)altra usanza. La sera del giorno delle Espiazioni e quella di Hoshanah rabbah) quando tassenzblea ha ternzinato la preghiera serale) gli addetti della Conzunità aprono le due porte - poste a sud e a nord delthekal - e siedono colà fino al 17zattino. Le donne) falniglia per falniglia) vanno a prostarsi e a baciare i rotoli della T ol'ah) entrando da una porta e uscendo da quella di fronte. Seguitano tutta la notte: runa entra e t altra esce. Il loro rituale dzfferisce dal nostro in più punti: per eselnpio; leggono tutto lo Shenzah a voce alta) consuetudine i12valsa anche in Egitto e in Israele. Il giorno delle Espiaziol1l~ t officiante non interrompe a nzetà la preghiera per recitare le seltbot) nza conzincia queste dopo aver tenninato quella. In occasio-
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ne di questa stessa ricorrenza) essi si prostrano durante ogni preghie;·a. II 9 Av recitano lua-ya)avor più volte di quanto faccianzo noi il giorno delle Espiazioni. Il giorno di Sinzhat Torah fanno cose che non voglio ricordare. Mi trattenni a Palernzo dal 22 Tammuz 247 fino allo Shabat Bereshit 248. Quando giunsi là i rappresentanti della C0171unità rni chiesero di predicare il sabato) prinza della preghiera p017zeridiana. Cosi' fecl~ e conzinciai a predicare il sabato 1 Av 247: il Signore fece che incontrassi il loro favore) tanto che dovetti predicare ogni sabato. Questa inco1?zbenza fu per 17ze come un laccio) giacché ero venuto a Paler17zo diretto a Siracusa) che si trova alf estrenzità della Sicilia: avevo infatti sentito che in quella stagione vi facevano scalo le navi veneziane dirette a Beirut) vicino a Gerusalenzme. Essi assoldarono consiglieri per traviarmi e ingannarml~' mi inzbrogliarono e 77zi vinsero con un gran nU77zero di lusinghe) vanità e illusioni. C01ne gli uccelli presi al laccio) 171i trattennero colà) finché passarono i bastimenti diretti a Siracusa' e partirono: persi COSl~ per un cattivo affare) quel passaggio vantaggioso. Restai là) a predicare ai 17zorti alle donne e ai bambinl~ ogni sabato verso t ora terza) pri11za della preghiera della sera. Rivolsi i 17ziei ser17zoni contro i calunniatori e contro coloro che infrangono lè nonne riguardanti il periodo rnestruale) con quello che ne consegue. Gli anziani mi hanno n/erito che 17101ti sono receduti daI1?2ale) e che) durante tutto il 17zio soggiorno) i delatori si sono trattenuti: non so però se sono tornati alla loro stolta condotta. Invero) durante tutta la 17zia carriera non potrò 17zai di:.. 1110rare tra gente che 77zi a7721~ onori ed esalti tanto quanto gli ebrei di Paler77zo. Essi infatti si c077zportavano con me conze i gentili con i loro santl~ e la povera gente diceva che nzi aveva 7?2andato il Signore) e il suo spirito. Molti chiesero) per ricordo) un brandello della 77zia veste) del 77zantello e del copricapo. Colei che poteva lavar17zi e stiranni la tunica era detta felice dalle don•
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ne. In tutti i lnodi possibilz~ escogitarono Un gran ntl1nero di progetti affinché io rùnanessi con loro alrlleno un anno intero)' io non diedi loro ascolto) giacché il n'Zio cuore desiderava giungere al riposo e alteredità [del Signore). La sera della festa delle Capanne del 248) giunse a Paler17'lo la galeazza francese) diretta ad Alessandria. Su di essa si trovava t egregio l'abbi Meshullanz da Volterra) assietJ'le al- suo d017'lestico. Gli andai incontro con gioia e lni unì a lui. La notte dopo il Sabato Bereshit ci inzbarcaln1120 sulla nave) e tindomani) a 17zezzogiorno) uscintnzo da Palenno». ('Ovadyah Yare da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, Rimini, 1991, pp. 12-18). Giudecca Il Libro delle vie e dei reanzi di Ibn Hawqal ricorda che in epoca musulmana gli ebrei abitavano il quartiere che da loro prendeva il nome di Rarat al Yahud. La porta di accesso al quartiere era chiamata Porta del ferro. Sinagoga Nel 599 papa Gregorio Magno ingiunse al defensor Fantino di pagare ai giudei di Palermo il prezzo delle sinagoghe occupate dal vescovo Vittore e di restituire i codici e gli ornamenti che erano stati loro tolti. Nel 1020, cento anni dopo la conquista della città da parte degli arabi, una sinagoga è ricordata in un certificato di dedica del 1094 pubblicato dal Di Giovanni, che indica che l'edificio si trovava vicino ad un fiume.
Una sorta di fascino segreto si avverte ancora oggi ad attraversare l'Arco délla Meschita che immette nel vicolo della Meschita, sul quale si affacciano case fatiscenti da un lato e la chiesetta di Santa Maria del Sabato dall'altra. Più avanti si giunge in piazza
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della Meschita) domin'ata dall'Archivio comunale dell'Almeida. Dentro una sala del vecchio archivio comunale B. Lagumina vide un sedile in marmo che ritenne pote~se essere uno di quelli descritti da Obadyah da Bertinoro. Dove una volta era la sinagoga descritta da Obadyah si trova ora la chiesa di San Nicola da Tolentino in via Maqueda. Lo ricorda una lunga iscrizione in latino sul pilastro destro della porta centrale e di cui si riporta qui la prima parte: DOM TABERNACULUM DEI CUM HOMINIBUS SACRA REFECTA DOMUS OLIM MARE FUIT. TRISTISQ.I INDE PALUS AD HORTUM. FANUMQ: SYNAGOGA SANCTAE MARIAE POPULI TOT LABENTIBUS ANNIS TANDIS CAPPELLA PARVULA(. .. ) Traduzione: Il Tabernacolo di Dio con gli uOl1zini. Il restaurato edzficio sacro una volta fu nzare) poi triste palude presso un orto e tenzpio)' finaluzente) col passar degli annz: da sinagoga divenne piccola cappella di S. Maria del popolo (. ..).
Bagni rituali ,~ L'ubicazione del nziqveh medievale di Palermo si inferisce da un atto di donazione del 1302 di Simone e Maria Coco alla magione della SS. Trinità. Una delle case che essi donano all'ordine teutonico è sita «in regione Cassarz: et Balnei Johar secus dotlzuJ?z David Judaei». (Di Giovanni, pp. 255, 258).
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Pc/fermo
Palazzo dei Nornzanni Oggi sede del Parlamento siciliano. Ai tempi di Beniamino qui era il palazzo reale con il Tiraz dove lavorarono i setaioli ebrei che Ruggero II deportò da Bisanzio. Qui erano prodotti i preziosi indumenti, fra cui il mantello di re Ruggero, oggi nella Schatzkamrner del Kunsthistorisches Museunz di Vienna. {(Quando nel XIII secolo il Sacro Romano 111zperatore si presentava in ponzpa nzagna alle grandi celebrazioni della Chiesa) indossava tunica e dalnzatica di seta siciliana) calzari e calze rosse) anc/-/essi di seta siciliana) e guanti dello stesso colore tempestati di perle. Il nzantello era d)un rosso cupo) ricanzato in oro con la figura di un leone artigliante un canznzello (ripetuta sùnmetrica1nente)j tut(attorno al bordo si dipanava un)iscrizione in caratteri arabiCl~ a spiegare che questo nzanto era stato confezionato nel 1133-34 per il SOl1Z11Z0 re Ruggero) nella sua città di Palernzo}) (D. Abulafia, Federico II, Torino, 1990, p.5) All'interno del palazzo si trova anche la celebre Cappella Palatina) il cui tesoro custodisce due pietre calcaree usate come pesi per oro e argento nella Palestina del VI secolo a.e.v.. Hanno la fonna di cupoletta e misurano cm. 2 h. x cm. 2,7 0, con un peso di 12,3 O gr.. Mancano purtroppo dell'iscrizione ebraica originaria, che quasi sicuramente fu cancellata dall'incisione della croce, allorché in periodo crociato furono ritenute "lapides de Calvario))) cioè pietre del Calvario e portate in Sicilia quali reliquie. Bibliografia L età normanna e sveva ùz Sicilia. Catalogo della Mostra. Assemblea Regionale Siciliana. Palermo, 1994, p. 204. 1
Sulla piazza antistante Palazzo dei Nornzanni, dove oggi è la caserma dei Carabinieri, SI trovava la chiesa di San Giacomo,
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ovvero, secondo i documenti antichi, San Iacopo la Mazara. La chiesa fu costruita nel 1482 dal Senato in ringraziamento per la liberazione dalla peste. In una trave sopra 1'altare maggiore, decorata con le .armi dei re di Aragona e del Senato palermitano, si leggeva la seguen. ., te IscnZIone: «A 10 Ind. 1491 fu incorlZinciata questa Ecclesia: a 15 Ind. 1493 for11. cachati li ]udei di lu regnu di Sicilia 111. dì" di S. Caloenl». (G. Palermo, Guida istruttiva per Paler17zo e i suoi dintorni, Palermo, 1858, p. 526).
Biblioteca Centrale della Regione Siciliana Meghillah di Estel' (segnatura III D, 17) (Secolo XVI? Europa centrale?) Pergamena, mm. 172 x 1580. Divisa in dieci scomparti scritti in ebraico e decorata con miniature di carattere popolaresco tratte dal libro di Ester. Proviene dalla Biblioteca dei Gesuiti. Dal Collegio Massimo proviene invece il «Man. I, F, 1 Canticum Canticorum Salomonis; Liber Ruth; Ecclesiastes hebraice» del sec. XIV. Bibliografia
B. Rocco, Frammenti di un codz'ce ebraz'co ricuperati a Palermo, in ASS,
xx
(1970) pp. 9-18.
Museo archeologico regionale Lapide l1Zarr120rea (cm 14 x 18 x 2) (IV-V sec.) (n. inv. 8743) Z<:ocrtJ.navoul ayopacreta I ev~acreoç. I (nzenol'ah) Traduzione: Acquisto di una tOJnba di Zosltniano. Mercurelli e Frey ritennero provenisse da Agrigento, Ferrua, più giustamente, da Catania. La formula dell' acquisto della tomba è molto comune in Sicilia.
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Il. Palermo, candeliere della sinagoga dei Mustarabim di Fustat (Cairo); Galleria regionale della Sicilia, n. inv. 7252.
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pz'attello con z'scrizione ebraica (n. inv. 32077) (vetrina 242) Fu rinvenuto nel corso del saggio di scavò I, allo strato lO, eseguito nel 1973 allo Steri. L'iscrizione in inchiostro nero sul piattello di cm. 12,2 di diametro è in giudeo-arabo ":1nN~" e si traduce Scriba. Nel mondo giudeo-arabo descritto dai documenti della Ghenizah il termine Kbativ indica un titolo di una Yesbivab, una carica nell'amministrazionee un cognome, abbastanza diffuso in Sicilia nel medioevo e pronunziato comunemente Ketib. Si ricordi proprio a Palern10 la presenza dell'influente famiglia Chetibi, cui appartenne Moysi, regio familiare e medico di casa r'eale. La destinazione del piattello di maiodica è ancora ignota ed una sua interpretazione è resa difficile dalla mancanza di paralleli. Bibliografia G. F AiSONE, in AA.VV, "Eredità dell'Islanl. Arte islamica in Italia", Milano, 1993, n. 101, p. 210.
Galleria regionale della Sicilia (Palazzo Abatellis) All'ingresso è esposta la lapide sepolcrale medievale (n. inv. 5 del lapidario di S. Giovanni degli Erenziti) proveniente da (» S. Marco d'Alunzio. :1l <'jtJNJ Fu riunito (ai suoi padrz) Rqbbi n')JN l:1 n')DjJ['>] Jeqanziab figlio di Rabbi Eljab n)JjJn nJ['lJ] neltanno 5178 (=1418) Bibliografia B. LAGUMINA, Iscrizione ebraica di S. A1arco, in ASS ns. I-II (1883) pp. 188-190. B. COLAFEMMINA, Archeologia ed epigrafia ebraica nell)Italia meridionale, in "Italia Judaica l'', Roma 1983, p. 209.
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Chiesa Ss. Trinità (della Magione) Mentre le navate interne di questa chiesa del XII secolo custodiscono le tombe dei cavalieri Teutonici, che ne furono i padroni dal 1193 in poi, il suo chiostro, o meglio quanto resta di esso, ospita la pietra tombale di un giovane ebreo, già trasformata in vera di pozzo. Prima di arrivare alla Magione la pietra tomb aIe era stata adattata in tal modo nella Chiesa del Cancelliere'. Dopo la distruzione di quest'ultima durante la seconda guerra mondiale, la lapide, alquanto rovinata dall'uso improprio che ne era stato fatto per quattro secoli e mezzo, fu ricollocata nel luogo dove si trova attualmente. L'iscrizione funeraria si sviluppa sui due lati maggiori del quadrilatero mannoreo di cm. 80 x 90 x 15. Le lettere hanno un' altezza di circa 2,2 cm. e sono intervallate da un lato da uno stemma nobiliare e dall'altro da un medaglione. Il tempo e l'incuria ne hanno purtroppo danneggiato i bordi superiori e il medaglione. Lettura secondo B. Rocco: lato a: '1")'J'Tl \1\)'~ 'n':f~()'n n'>l~O (stemma) '>:Il:I ?N'»l :I\Jl l)n\J:I Traduzione: Nella sua sepoltura (giace il) florido Daniele f(iglio) di l'abbi Saadia) la sua anùna sia custodita nello scrigno della vita. Su di lui il bene e il riposo deltaniJ1za. Il suo sepolcro sia glorioso (oppure: il suo sepolcro sia nella gloria). lato b: l'>:)l:In nJl:INl (:n'~'l) nnOl o):)n ~n\V
Traduzione: L)udì tAsserl2blea e ne gioz'. [fino al] la deciJna generazione vi prenderà parte (Anno 5114 = 1353). E benedirò coloro che ti benediranno.
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Bibliografia B. Rocco, Non pozzo ma tomba) in ((Sicilia archeologica" 3 (1968) pp. 45-49.
Palazzo Chiara1nonte detto lo Steri La mole rigorosamente tetragona di questo Hosteriutlz baronale non può non richiamare alla mente i profili di altri edifici magrebini o andalusi altrettanto quadrati e chiusi. Rivelatore di questa contiguità culturale è in particolare il soffitto ligneo del Gran Salone: l'unico esempio in Italia di arte 171udejar ispanolnoresca. Tra le scene rappresentate, riveste un interesse particolare per lo studio della cultura ebraica in Sicilia la raffigurazione della Storia di Susanna, attribuita al Maestro del Giudizio di Salomone. I caratteri e i costumi dei personaggi, quale il guardiano assopito, non possono che essere stati tratti dalla strada. Ma, anche i temi aniconici (caule e rosoni vegetali) rivelano profondi contatti con il mondo ebraico, laddove si ispirano, come dimostrano le ricerche più aggiornate, ai decori di una Bibbia ebraica del 1312 (Bibliothèque N ationale di Parigi, Fonds hébr. 21) proveniente da Tripoli, oppure ad un codice ebraico contenente i testi dei profeti con il commento di Rashi (C. 149. Inf. della Biblioteca Ambrosiana, Milano) scritto e miniato a Siviglia nel 1356, in pieno ambiente 1nudejar. Bibliografia F. BOLOGNA, Il soffitto della Sala Magna allo Steri di Palermo, Palermo, 1975.
Cùnitero , L'unica notizia relativa alla sua ubicazione può trarsi dalla ((Pianta geometrica della città di Palernzd) pubblicata dal Marchese di Villabianca nel 1777. Al n. 188 vi sono indicati i {(Sepolcri de) Giudei fuori di Porta di Tennine)), quasi in prossimità del fossato, scavato
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Ragusa
dopo 1'espulsione del 1492. Una lapide sepolcrale, oggi scomparsa, fu murata nella torre di palazzo Pizzuto, in via Bandiera. B. ~occo ne dà la seguente lettura: iTJ)\J? I '>n?N ... ·jl·1·::l·t I Jl~\!J Traduzione: Neltanno / Ricordati di ... (= 1472)) o mio Dio) in bene. Bibliografia B. Rocco, Note su una lapide medievale ebraica di Palermo, in IlS efer Yuhasin" 8 (1992) pp. 41-49.
POLIZZI GENEROSA (PA) .Il primo documento riguardante gli ebrei di Polizzi è una loro petizione del 1393 a re Martino in cui chiedono di essere risarciti di una multa ingiustamente pagata per un delitto di sensualità commesso da uno di loro con una donna cristiana. La petizione fu accolta. Prima dell' espulsione gli ebrei abitavano nell'attuale Via Moschea) tra via Carlo V e via Roma. La sinagoga sarebbe stata invece trasformata in una residenza gentilizia, palazzo La Farina. Nel XV secolo a Polizzi fu copiato per Shemuel ben Shem Tov il trattato teologico Aron ha)edut di Yehudah ben Yosef alI
349.
RAGUSA Degli ebrei di Ragusa, considerati nUlnerosi, non è rin1asto che un ricordo letterario: una descrizione sibillina della loro sinagoga contenuta nel manoscritto dello storico locale L. Lauret-
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Randazzo
ta. A questo attingono solitamente gli studiosi per ricostruire la città qual era prilna del terremoto. La sinagoga si sarebbe dunque trovata nel cuore stesso della città medievale, nella piazza detta dal volgo la Chancata, su cui si affacciava nel '600 il pa~az zo dei Giurati con gli archivi, l'Ospedale dei SS. Cosma e Damiano, un possente edificio pubblico merlato, forse di proprietà del conte di Modicà e, sul lato opposto, la chiesetta dell'Annunziata, ((assai antica essendovi tradizione di essere Moschea dei Giudet~ l'avvisandosi in essa ntolti segni e caratteri ebraici JJ. Quali fossero questi segni e caratteri il documento però non dice. Una tradizione locale ricorda però che la sinagoga sarebbe sorta su una preesistente moschea edificata a sua volta con i materiali di un tempio dedicato a Diana. Nella contrada Maurino è stata rinvenuta nel 1950 un' epigrafe magica. Museo Archeologico Ibleo La sezione V, che espone i reperti provenienti dagli insediamenti romani e tardo romanici, custodisce anche alcune lucerne con la rnenol'ah provenienti dagli scavi di (» Caucana, l'antico ancoraggio bizantino. Bibliografia G. MODICA SCALA, Le comunità ebraiche nella contea di Modica) Modica, 1978, p. 38.
RANDAZZO (eT) Da Randazzo proveniva l'ultimo giudice generale delle giudecche siciliane, il Dienchelele lnastro Giosué de Manopello, medico reale, nominato a questa carica controversa il 7 novembre 1446. La giudecca, assai consistente a giudicare dall'inlporto della Gezia corrisposta per 1'esercizio del culto, si trovava sulle pendi-
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Salemi
ci del monte S. Giorgio, in prossimità dell'omonimo lTIOnastero, che dopo l'espulsione ne incamerà gli immobili. Nell'atto di vendita di una casa si dice che si trova nel quartiere "Santa Maria a la iudeca JJ , Unica testimonianza superstite è la porta aragonese denominata anche Porta degli Ebrei. Nel 1723 esisteva ancora presso il fiume Alcantara un frammento di pietra lavica recante un'iscrizione ebraica. Il testo non è stato mai tramandato e l'iscrizione risulta oggi dispersa. Bibliografia S. AGATI, Randazzo} una città medievale, Maimone, Catania, 1988. M. MANDALARI, Gli ebrei di Randazzo nel secolo XV, in "Il Vessillo Israelitico" L (1902) pp. 115-118.
ROSOLINI (SR) A pochi km a sud di (» Noto, durante un lavoro di prospezione del territorio siracusano, un' équipe di archeologi dell'Ecole française di Roma, guidati dal prof. Marc Griesheimer, ha scoperto nell'estate 1992 nei terreni della masseria Scalo Arancio un arcosolio bisomo ornato in facciata da una Jnenorah incisa nella rOCCIa. Bibliografia M. GRIESHEIMER, Syracuse: le nzusée Paolo Orsi, in MEFRA, t. 105 (1993) 1, p. 470.
SALEMI (TP) Nei docun1enti medievali era chiamata Salen2.
Sinagoga La chiesa di S. Maria della Catena era la sInagoga, come
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12. Santacroce di Camerina, epitaffio di ((Giasone il bambino" (IV-V sec.); Museo archeologico, s.nj. (foto M. Russo).
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San Fratello
risulta dall' atto col quale il viceré acconsente a che essa sia trasformata in chiesa, purché se ne paghi il prezzo a Giacomo de Naro, procuratore di Jona de Jona, proto. Dell'antica costruzione, sita originariamente fuori dalle mura, rimane soltanto l'impianto ad aula rettangolare ,con abside semicircolare. L'aspetto attuale e le strutture in elevazione risultano invece dalla ricostruzione settecentesca fatta dalla Congregazione delle Anime Sante del Purgatorio. Versando in cattive condizioni, era stata demolita in buona parte prima del terremoto del 1968. L'attuale ricostruzione si è limitata alle sole strutture portanti. Chiusa al pubblico. Giudecca La via Rapallo, fatta a scalinata, immette nell' antica giudecca, ricordata da un cippo in marmo eretto nel 1992 dal locale ((Istituto internazionale di cultura ebraica S.L.M.)) in commemorazione del V centenario dell'espulsione. Bibliografia T. Lo ]ACONO, ]udaica Salem, Palermo, 1990. CODICE DIPLOMATICO, III, pp. 280-281, doc. MLI.
SAN FRATELLO (ME) Più che per le antichità giudaiche, che qui non esistono, questo paesino gallo-italico di Sicilia merita di essere ricordato per una sua originale manifestazione folkloristica: i Giudei. Pur non avendo alcun legame con la storia ebraica siciliana, sono gli eredi delle rappresentazioni scenografiche della Settimana Santa in voga nel Medioevo, il cui scopo era quello di ricordare al popolo il ruolo degli antichi giudei nella passione di Cristo. Il popolo quasi sempre finiva però per sfogare il suo sdegnò
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San Marco d'Alunzio
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in sassaiole rituali ai danni dei giudei contemporanei. I Giudei erano inizialmente pochi e comparivano a capo scoperto e arn1ati di lance. Col passare del tempo, poiché i11oro ruolo di aguzzini di Cristo li rendeva invisi ai fedeli, che tendevano ad identificarli come i reali persecutori, pensarono bene di incappucciarsi. Nacque così la loro maschera, chiamata in dialetto sbirriuni. Si possono vedere tra il mercoledì e il venerdì della Settimana Santa sbucare da ogni dove, veloci e guizzanti nei loro bizzarri costumi scarlatti. Suonano pazze trombe d'ottone e agitano un mazzo di catene, dette discz'pline. Queste, ora ridotte ad un semplice elemento di colore, servivano in passato ad infliggere severe penitenze. I Giudei vestono un costume scarlatto, calzoni con bande doppie bianche o gialle. Calzano le zaJnpitte) le tradizionali scarpe di pelo di un tempo. La giubba rosso-scarlatto è ornata di ricami stravaganti, spalline, alamari ed altri tronzoli. Il viso è coperto da un cappuccio terminante dietro le spalle in un fiocco o una coda di cavallo. Bibliografia A.
SCIMÉ,
I gz'UJllentari di San Fratello, in llKalòs" 3 (1992) pp. 32-37.
SAN MARCO D'ALUNZIO (ME) La giudecca si trovava nella contrada detta Moschita, nei pressi della Matrice. La sinagoga era vicina alla chiesa della Madonna della Provvidenza. Nel 1880 A. Salinas vi scoprì un'iscrizione funeraria oggi custodita a (» Palermo, nella Galleria regionale della Sicilia., Bibliografia A MELI, Istoria antica e moderna della città di San Marco, II, Società Messinese di Storia Patria, Messina, 1984, pp. 16-17, 89, 100.
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Sciacca
SANTA CROCE DI CAMERINA (RG) Museo arcbeologico regionale
Questo piccolo museo, sorto sulle dune in riva al mare che circondano il sito archeologico, custodisce nei suoi depositi una pietra tombale ebraica, appartenuta in precedenza alla collezione privata di B. Pace. Era stata rinvenuta negli anni '30 nel cimitero di S. Nicolò di Giglia, l'antica Akrilla) vicino ChiaralTIonte Gulfi. Lapide di pietra (30 x 22 cm.) (IV-V secolo) s.n.i. Lettura secondo P. E. Arias: Iacrrov I 'to vrl1tt I ov (nzenorab) Traduzione: Giasone il bambino. La datazione del IV secolo e quella del V secolo sono state proposte rispettivamente da H. Solin e B. Pace, senza ulteriori motivazioni. Il nome Giasone era molto diffuso tra gli ebrei. L'uso del neutro per indicare un bambino è attestato anche a Roma e si riferiva, nei casi documentati, a bambini di età tra i 2 e gli 8 anni. Questa doveva essere dunque l'età in cui morì Giasone. Bibliografia
PE.
Chiaramonte Gulfi, in NS XIII (1937) p. 472. G. Dr STEFANO - G.. LEONE, La regione camarinense in età romana. Appunti per la carta archeologica, Modica, 1985, p. 27. ARIAS,
SCIACCA (AG) La prima notizia ~ugli ebrei di Sciacca è del 1295, anno in cui S. Alberto da Trapani vi operò inaudite conversioni. Nel XIV secolo la comunità ebraica· di Sciacca si trovava stanziata nel quartiere denominato, nei documenti medievali, Cad-
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Scicli
da « catalano call)o La Cadda presenta oggi una struttura urbanistica omogenea, articolata in un indecifrabile intreccio di viuzze e bagghi, che sono andati compartimentandosi nel corso dei secoli. La sinagoga si trovava secondo le testimonianze degli. eruditi locali (Ciaccio, Sanfilippo) nel cortile Cattano; E' interessante notare che qui,. sull'architrave di una finestra dell' edificio più antico, si può vedere inciso un versetto della lettera di S. Giacomo (1:17) ({Quod libet bonum ex 'alto)) e la data del 1548. Un'altra sinagoga fu eretta, a quanto risulta da un documento del Codice diplomatico, in contrada S. Lucia, in una casa lasciata in eredità a tal fine dall'ebreo Musa Bucherius. La comunità aveva 1'obbligo di fornire la bandiera al castello e eli dare la "posata" ai commissari e ai sindacatori del governo. Nel 1439 David ben Ahron copiò per Levi ben Yosef Shneur un Pentateuco con le Ha/tarot. Oggi è conservato a Roma, nella Bibliotec§l della Comunità ebraica. Beriché il canonico Ciaccio stimi assai grande il Cimitero ebraico di Sciacca, di esso non è nota che la localizzazione approssimativa nella rocca San Paolo. Bibliografia A SCANDALIATO- M. GERARDI, La G/udecca di Sciacca, Castelvetrano,
1992.
M. CIACCIO, Sciacca) notizie ston'che e documenti, vaL I, Sciacca, 1900.
SCICLI (RG) «Gli ebrei di questa città eranb assai ricchi: possédevano degli stabilz~ e delle 7nasserizie in abbondanza. Avevano più nzolinz: che solevano gabellare a condizione) che non ?nacinassero il Sabato)'» (Di Giovanni, p. 423)
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Siculiana
Tanto numerose le tracce archivistiche e letterarie sugli ebrei quanto inesistenti quelle archeologiche. Essi furono investiti dalla tragedia che colpì gli ebrei della contea di Modica sul finire del XV secolo. Il Di Giovanni menziona la loro ricchezza e riferisce di due sinagoghe, una delle quali, che si trovava nei pressi dell' attuale chiesa della Maddalena, appare molto interessante. Era infatti una sinagoga rupestre, di cui è noto l'atto di acquisto stipulato presso il notaio Giovanni Vaccaro nel 1461. Consisteva in una grotta situata presso Porta Modica,. nel quartiere rupestre del centro abitato, formato dai caratteristici ddieri « arabo diyar= case), in uso fino a non molto tempo fa. Un atto privato del 2 novembre 1610, conservato presso la sezione di Modica dell'Archivio di Stato la descrive così: «... solerata sila et posita in civitate Siclis in contrata dello Steri seu della Porta di Modica ...; super stantia seu loco delili} dicti de Carrera norninata la Moschita cUrJZ viridario dornibus stantiis gebbijs cisterna antris et alijs cOJ7zoditatibus contiguis et collaterali confinanti cUJ?Z rupibus di lo Castelluzzo cum plano ecclesie sancti Mathej et via publica.. .». Bibliografia R SOLARINO, La contea di Modz·ca. Ricercbe storicbe, II, Ragusa, 1905 (ris. 1973) p. 141, n. 2;
SICULIANA (AG) Nel medioevo Siculiana era un fortilizio in cui potevano rifugiarsi i ricercati di giustizia. Benché non vi sia mai esistita una vera e propria giudecca, un documento scoperto nell'archivio di Stato di Sciacca attesta la presenza di alcuni mercanti ebrei.
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Siculiana
Chiesa Madre Entrando dal portone principale si è colpiti dall'oblò in vetro nero recante il tetragramma ebraico in rosso lumiscente 'n'n che sovrasta dall' abside 1'altare maggiore.' Varcato l'ingresso si accede, a sinistra, al battistero a pianta ottagonale con otto' colonne di stucco e sei nicchie ornalnentali alle pareti. Il suo attuale aspetto risale al 1966, allorché nel corso dei lavori di restauro il fonte battesimale fu liberato delle formelle che 'lo rivestivano. Venne allora alla luce un'iscrizione ebraica racchiusa tra due blasoni in bassorilievo. Uno, a destra, raffigurante le armi della Reale Casa di Aragona in Sicilia decussato con quattro pali in capo e alla punta e aquile sveve ai fianchi, l'altro, a sinistra, della casa di Castiglia, inquartato con castello sormontato da tre torri in primo e leone in terzo e palato in secondo e quarto. L'iscrizione, che consta di 25 lettere disposte su due righe, incise su uno dei lati della vasca monolitica di marmo alabastrino e intermezzate dai due stemmi, recita: 1. n))' ·ì'J. JNHJ'lJ 'n'?'ì'n Jl)'lJ 2. ')1)
1))JJ.~
Traduzione secondo B. Rocco: 1. Nelfanno 1478: 5anzuele) figlio di Rabbi Yona 2. 5ib)on riposi in Paradiso. Due eleInenti risaltano subito: l'accuratezza dei caratteri, inCISI secondo stilemi tipici dei manoscritti italiani e la mancanza del nesso alef - lar12ed, caratteristica delle epigrafi siciliane, che induce ad attribuire l'opera ad un artista venuto dall'Italia settentrionale. Degna di nota è poi la presenza delle armi reali in un contesto indubbialnente ebraico e spiegabile probabilmente con l'unione, nel 1474, tra i regni di Castiglia e di Aragona. Mentre in
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13. Siculiana, Chiesa SS. Crocifisso, fonte battesimale; ex tomba ebraica del 1478.
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Szòtlia1ta
Spagna è ·stata finora recensita una sola iscrizione con stemma araldico, nella Sinagoga ha-Levi di Toledo, più nota come sinagoga del Transito, in Sicilia questo tipo· di decorazione sembra essere stato particolarmente preferito. Lo testimoniano, fra l'altro, l'aron della sinagoga di (»Agira e la pietra tombale nel cortile della (» Magione di Palermo. Come a Toledo, in cui le armi reali apposte nel muro orientale della Gran Sala .de Oraci6n, a destra e a sinistra dell' Arca santa, esprimono il riconoscimento della comunità toledana e di don Samuel ha-Levi a Pietro I di Castiglia per i favori dispensati, anche a Siculiana esse indicano certamente un rapporto privilegiato con il potere. Si pensi a quegli ebrei nominati esattori fiscali o addirittura medici e famigli regI. L'attuale fonte battesimale è, come abbiamo visto, un parallelepipedo lungo 72 cm., largo 49 cm. e alto 28 cm. Scavato all'interno, presenta pareti spesse circa 6 cm. Dei quattro lati solo uno, quello con l'iscrizione, sembra essere destinato all' esposizione. In epoca successiva è stato privato degli angoli inferiori per adattarlo ad una diversa collocazione, e quindi deturpato. I restanti tre lati sono appena sbozzat~. Meglio levigato è invece l'interno. Nel 1966 sono state infisse su ognuna delle otto pareti del battistero, stranamente ad altezza di ginocchio, otto bellissime formelle di marmo simile a quello del fonte. Ogni forn1ella è di dimensioni leggermente diverse, tutte comunque, approssimatiValnente di cm. 20 x 14. Sulla base delle loro misure è facile ipotizzare che formassero il coperchio della tomba, che risulterebbe pertanto un esemplare unico e senza precedenti. Nell' ordine in cui si presentano attualmente, da destra verso sinistra entrando nel battistero, raffigurano: Davide che uccide Golia, il trasporto dell' arca a Gerusalen11ne n1entre Davide suo-
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Siculiana
na la cetra, Giuseppe e i suoi fratelli, Giuseppe che riceve il padre, Giona vomitato dalla balena, Giobbe su un letamaio vicino alla moglie e a due amici, il sacrificio di Isacco, Isacco che benedice Giacobbe. Tutte di pregevolissima esecuzione, in uno stile realistico che è già in linea con i grandi maestri scultori del Quattrocento italiano. Le scene scelte non possono non rappresentare, in chiave simbolica, fatti della vita del. defunto e della sua famiglia. Così il motivo di Giona sta, quasi certamente, per il nome del padre e il sacrificio di Isacco per l'ubbidienza alla volontà divina. Infine - cosa più importante - ci troviamo dinanzi a un esempio di scultura giudaica senza paralleli nell'area mediterranea e che forse precorre le sculture funerarie dei cimiteri sefarditi d'Olanda. N ell'ufficio parrocchiale, una tela settecentesca raffigura SaneAnna con in grembo Maria bambina, che tiene in Inano una pergam~na sulla quale è scritto in ebraico: ((un pollone nascerà dalla radice di lesse)). Sopra r altare maggiore, alla base del tamburo ottagonale della cupola, una felice mano ottocentesca ha rappresentato le figure veterotestamentarie di Abele, Davide, Giacobbe, Noè, Mosè, Giobbe, Abran10 e Isacco, mentre solo più in basso sono raffigurati i quattro evangelisti. Per questa singolare raccolta di opere d'arte, la Chiesa Madre di Siculiana, che già fece esclamare a re Ferdinando II di Borbone "Che bel Tempio!", può essere certamente considerata un esempio moderno di sincretismo giudeocristiano. Bibliografia B. Rocco, Un) epigrafe ebraica inedita a Siculiana, in "Nicolaus" }G,{II (1995) 1, pp. 237-245.
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Siracusa
SIRA"CUSA Siracusa è l'unica città della Sicilia in CUI e stato registrato con certezza l'arrivo di un ebreo Saul di Tarso nel 60 e.v.. Essa però vivrà per sempre nella memoria ebraica grazie al suo Purim, che fu celebrato dalle comunità siciliane sparse per il" Levante fino alla loro distruzione. Purinl di Siracusa Detto anche Purim di Saragossa, come si chiamava Siracusa nel medioevo, è uno dei più antichi, essendo stato introdotto verso il 1425, e veniva celebrato il 17 di Sbevat. Alla precisione del giorno dei fatti commemorati non corrisponde la stessa precisione dell'anno. Si passa infatti dal 5140 (1380) al 5180 (1420) mentre la MegbillalJ stessa indica il 1352. La storia in essa raccontata è semplice e oscura al tempo stesso: «Durante il regno del Re Saragusanus il quartiere ebraico contava dodici sinagogbe ed era abitato da cinquemila uonzini adulti. Allorché il re si recava in visita nel quartiere ebraico) il Hahatll e i due Dayaninl di ciaSetOla sinagoga gli si recavano processionalnlente incontro) portando con sé i rotoli della Legge. Così era stato per tutti i dodici anni del suo regno. Il tredicesiJllo anno gli ebrei decisero) per rispetto della Torah di presentargli le sole casse vuote. Un ebreo convertito) certo Hairn Sbanli (Marcus)) rivelò al re questo preteso delitto di lesa maestà. Il re decise di accertarsene personalmente il giorno seguente) il 17 Sbevat) e) se del caso) di mettere a morte tutti gli ebrei della città. Durante la notte il profeta Elia apparve in sogno al sacresta1lO della sinagoga) Efraim Barucb) e a tutti gli altri undici sacrestanl~ rivelando loro quale disgrazia li minacciava. Essi allora rimisero pronta1nente i rotoli della Legge nelle loro casse e quando il re chiese di vederli gli furono rnostrati. Il delatore) n'conosciuto colpevole di calunnia) fu punito) l7lentre gli ebrei continuarono a godere dei favori del re ».
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Siracusa
Tentare di ritrovare le origini storiche del racconto della Meghillah è come voler ricercare la storicità del Purùn originario, di cui l'unica cosa sicura è la rassomiglianza dei nomi degli eroi ebrei Mordecai e Ester con le divinità babilonesi Marduk e Ishtar. L'unico episodio storico conosciuto che potrebbe aver ispirato il Purùn occorse a Catania: 1'11 luglio 1392 la giudecca di questa città, in cui risiedeva all' epoca re Martino, informa quest'ultimo che starebbe preparandosi un tumulto contro la giudecca di Siracusa. Il re ordina all'ultimo minuto di inviare un decreto che vieti qualsiasi violenza contro gli ebrei: «Hy nulla persona dya attelJzptare ne presumiti fari novitati non contradictioni ni :una a la dita Iudaica ynnno li dyati manutiniri et aytari con2U a servi hy su di la Carnera di la nostra exellencia ». Per molto tempo il Purinz di Siracusa fu ritenuto un Purim di Saragozza a causa della confusione tra il nome medievale di Siracusa e quello della città spagnola. L'esistenza di almeno due versioni, una con il profeta Elia e una senza, in aree cosÌ distanti come il Marocco, l'Algeria, 1'Afghanistan e la stessa Gerusalemme, dove ne fu stampata un'edizione speciale nel 1874 (P. Goodman, Purinz Anthology) 1960, p. 21) può essere spiegata con la circolazione degli ebrei siciliani nel vasto impero ottomano.· Bibliografia D. SIMONSEN, Le Pourùn de Saragosse est un Pourim de Syracuse, in "Revue des Etudes Juives" LIX (1910) pp. 90-95.
Sinagoga Secondo la tradizione della vita di S. ZOSilTIO (Acta Sanctorunz, Mar. III, Parigi, 1865, p. 839) la sinagoga sarebbe stata distrutta nel 652 da un'incursione dei Vandali. Nella sua Storia della Chiesa in Sicilia nei prinzi dieci secoli del cristianesillzo, Lancia di Brolo osserva che si trattava invece degli arabi, che nel
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Siracusa
652 non r.iuscironoa prendere la città, per cui desulne che la sinagoga dovesse trovarsi fuori dalle mura. Egli non tiene però conto del fatto che nessuna comunità ebraica esisteva all' epoca a Siracusa e che i petenti che nel 653 avevanòchiesto per il tramite di un alto dignitario bizantino di ricostruire la sinagoga, erano tutti advenae o peregrini.
Un cinzitero sottonzarino N el luglio 1962 il marchese Pietro Gargallo, archeologo subacqueo, diede notizia del ritrovamento di una necropoli ebraica sottomarina. Inizialmente i palombari avevano creduto si trattasse di un antico molo sprofondatosi per i movimenti tellurici tipici di questa zona. Poi, via via che portavano alla superficie i numerosi blocchi, notandosi che in media uno su dieci recava iscrizioni ebraiche, fu chiaro che non si trattava di un molo, bensì di un tratto della stessa necropoli ebraica dalla quale erano stati tratti i blocchi usati per i baluardi di Carlo V. L'operazione di ripescaggio durò un mese e mezzo e fra il centinaio di blocchi ne furono individuati una decina con iscrizioni ebraiche. Il cimitero si trovava dirilnpetto all'attuale Porto Piccolo. Nel 1187 gli ebrei avevano preso in affitto quattro canne di terreno dal vescovo di Cefalù per ingrandire il loro cimitero. Fece da intermediario il monaco Blasio della vicina chiesa di Santa Lucia. In cambio gli ebrei si impegnarono a corrispondere ogni anno a detta chiesa un cafiso d'olio. Il cimitero fu quindi in uso almeno dal '200. (S. Cusa, I diplonzi greci ed arabi di Sicilia, Palermo, 1868, p. 495). Abbandonato dopo l'espulsione del 1492, fu depredato delle sue lapidi nel (500, utilizzate per la costruzione dei baluardi spagnoli nello stretto che separa Ortigia dalla terraferma e verso la seconda lnetà del (500 cominciò ad essere sommerso dalle acque marine. Allorché i baluardi furono den10liti, alla fine del secolo scorso, furono recuperate dodici lapidi.
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Siracusa
B. Lagumina ne pubblicò quelle ancora decifrabili. Di queste, tre sono successivamente scomparse, quattro sono conservate nel· cortile privato della (» Galleria Regionale di Palazzo BelloJ?lo e le altre cinque sono state collocate nel vialetto d'ingresso alle catacol1zbe (» di Vigna Cassia. Bibliografia
B.
Dz' alcune ùcrzz,t"onz' ebraz'cbe scoperte nelle demolz'ziorzz' dei baluardi siracusam', in NS. (1889) pp. 198-201. B. LAGUMINA, Iscrizionz' ebraz'cbe dz' Sz'racusa, NS (1893) pp. 54-55. LAGUMINA,
Le CatacoJJzbe Insieme a quelle di Roma, le catacombe di Siracusa costituiscono il più esteso complesso cimiteriale sotterraneo del mondo antico. Oltre 1'80%) di esse è andato però distrutto per incuria o scempio oppure sepolto dai detriti e dagli scoscendimenti del terreno. Oggi è possibile visitare meno della metà delle catacombe che poterono vedere a cavallo' di questo secolo i pionieri dell' archeologia cristiana Victor Schultze; Joseph Fiihrer o Paolo Orsi. La storia delle catacombe di Siracusa è molto antica e molto esteso è il periodo della loro utilizzazione. In linea generale si può affermare che questo è inversamente proporzionale alle loro dimensioni. Infatti, mentre le grandi catacombe di S. Lucia e di S. Giovanni furono in uso per poco più di un secolo, gli ipogei più piccoli, che Orsi credette appartenessero a sette ereticali, segnano un periodo di occupazione di vari secoli, fino al medioevo. Per quanto riguarda gli ebrei, allo stato attuale delle ricerche sembra doversi piuttosto concludere nel senso di una loro indiscriminata diffusione in tutte le catacombe e non in alcune a loro specialmente riservate. L'epoca delle catacombe inizia prima dell'editto di Costantino. S. Lucia e S. Maria sono in uso già nel 220/23 O. Nel III secolo si inizia la costruzione di Vigna Cassia. Ma è solo nel IV secolo, in epoca costantiniana, che le cata-
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combe, come quelle di S. Giovanni, si espandono a ritmo sostenuto e cominciano a diffondersi anche in altre città della Sicilia, fino a tutto il periodo bizantino. In questo stesso periodo sono in uso in Palestina le catacombe di Beth Shearim, i cui arcosoli scavati nella roccia, similmente a quelli siciliani, ripetono modelli già attestati all'epoca del secondo Tempio e la cui origine va ricercata in Egitto. Nel medioevo gli ebrei abbandoneranno le catacombe per i cimiteri sub divo, come testimonia l'atto più sopra citato. L'uso di tombe scavate nella roccia è documentato ancora nel 1090 da un manoscritto della Ghenizah del Cairo, col quale un mercante ebreo tunisino chiede che gli sia costruito un ipogeo sepolcrale, chiamato in arabo magbara (ebraico 7ne arah). In quest'epoca a Siracusa non è più attestata una frequentazione catacombale ebraica. J
Il defunto veniva deposto, avvolto in un sudario, in un'arca scavata nella catacomba o in un loculo parietale, che venivano quindi coperti da grossi tegoloni, delle dimensioni di circa cm. 85 x 55, cementati da uno spesso strato di malta. Il corredo sepolcrale era inesistente, conformemente alla tradizione. Per questo motivo nelle tombe ebraiche non è stato trovato null'altro' che qualche lucerna fittile o qualche modesto monile. Nulla è rimasto delle iscrizioni e delle decorazioni parietali che certamente esistettero. L'avidità devastatrice dei 'tombaroli' non ha lasciato dietro di sé nient' altro che cUllluli di detriti e ossa disseppellite. La mappatura e lo studio delle catacombe di Siracusa, intrapresi alla fine del secolo scorso dagli studiosi tedeschi]. Fiihrer e V. Schultze, e portati avanti negli anni '50 da Giuseppe e Santi Luigi Agnello, sono lungi dall'essere conclusi. Nella confusione
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imperante tra resti cristiani ed ebraici (lucerne con la tnenorah ritrovate in catacombe essenzialmente cristiane), B. Pace ha voluto leggere 1'origine del cristianesimo a Siracusa, sorto tra la . locale comunità ebraica. Tutte le catacombe si concentrano, favorite dalla conformazi011.e del terreno, nella parte orientale di Acradina e precisaménte nella falda rocciosa detta Pietralonga, che sale da Porto Piccolo, per S. Lucia ai Cappuccini. Qui, già nell'antichità, gli ebrei ebbero il loro primo stanziamento «a costa delle grotte Pe10pee nella contrada che dicia.1'f2o S. Giovanni ». (S. Privitera, Storia di Siracusa, 1878, II, p. 129). Questi ipogei, per lo più di piccole dimensioni, sono distanti dalle catacombe più grandi quali quelle di S. Giovanni, S. Maria di Gesù e Vigna Cassia. Queste ultime, inoltre, hanno dovuto subire nel corso dell'ultima guerra mondiale le distruzioni irreparabili apportatevi dall'UNPA, che le aveva trasformate in ricoveri antiaerei, rendendone assolutamente irriconoscibile il carattere originario. Per tutti questi motivi è divenuto quantomai difficile distinguere con sicurezza le sepolture e gli elementi ebraici, per cui si è preferito farsi guidare da criteri semplicistici. Alcune furono considerate appartenenti a sette eterodosse solo perché prive di Cristogramma e distanti dalle grandi catacombe cristiane, ricche invece di croci ed altri simboli cristiani. Altre, per la contemporanea presenza di sepolture a combustione e di deposizioni, erano state considerate pagane. Gli studi più recenti hanno inficiato gran parte di queste teorie, introducendo nuovi parametri di lettura, quali le possibilità finanziarie, il gusto e la cultura. J
Ipogeo Cappuccini XI Sito in contrada S. Giuliano, nella proprietà Giuseppe Troia Fontana, è definito da P. Orsi tra i più belli di tutto il gruppo. Sembra essere giudaico a causa delle iscrizioni rinvenute. Al mo-
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Siracusa
lnento della sua esplorazione, l'ipogeo apparve in condizioni relativalnente buone, essendo stato frugato nell' antichità e non in tempi recenti. Le tombe, tutte scoperchiate, presentavano. i loro morti nel posto originario. Nella saletta di' accesso agli arcosoli) giaceva, in frammenti) un bacino a labbro con abbondanti avanzi di calce che il fossore utilizzava per suggellare le tombe. Queste, in numero di 35) sono scavate nel calcare tufaceo in forma di sarcofago. La tomba n. 34 non fu mai terminata e aveva ancora nel fondo la breccia di lavorazione. Ogni tomba conteneva uno scheletro, nella n. 3 ai piedi dell'adulto era stato deposto un bambino. Nella n. 7, accanto ad uno scheletro adulto, forse lnuliebre a giudicare da uno spillone d'argento a testa globulare giacente sul petto) vi era quello di un bambino di pochi mesi. La tomba n. 35) di dimensioni straordinarie, era tutta rivestita di stucchi. All'interno vi erano 5 chiodi di ferro, con tracce di fibre legnose aderenti, appartenenti sicuramente ad una cassa. All'altezza del petto P. Orsi aveva notato «un bel chiodo di bronzo) dritto» dalla probabile funzione apotropaica. Poche le lucerne raccolte: sei intere e due in piccoli frammenti. Due erano fissate nella n1alta di copertura delle tombe, probabilmente colne segno di riconoscimento o per evitare che fossero asportate. Una ha il bordo decorato con sette palmette, un' altra reca sul disco un guerriero con elmo ad alta cresta e lorica, le altre due, rispettivamente una lepre corrente e un leone. Le iscrizioni sono state rinvenute invece nei sarcofaghi nn. 15 e 17 (> Museo archeologico P. Orsi). Questo è l'unico ipogeo che presenta prove certe di giudaicità.
Ipogeo Belloni. E' considerato manifestamente giudaico da B. Pace) perché su 176 lucerne rinvenute, due' erano decorate con la 712enorah. Altre sette presentano il monogramma cristiano, due la croce
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pedata e una il simbolo cristi~no del pesce.
Ipogeo Bonaiuto Su qualche centinaio di lucerne ne ha restituito 27 con croci, una col Redentore e due angeli adoranti e due con la menorab. E' forse l'ipogeo meglio conservato. Attraverso tutti i loculi e i corridoi è dispersa una moltitudine di ossa umane frammiste a terriccio e calcinacci.
Ipogeo Trigilia Tra le 65 lucerne in esso recuperate una reca la nzenorah e una la croce. Tra le lucerne ebraiche, abbondantemente ritrovate a Siracusa, ve ne è anche una con lo sbofar, che Goodenough aveva interpretato come un simbolo fallico, ed una nella cui forma squadrata del disco M. Narkiss riconobbe la raffigurazione della paletta per l'incenso del Tempio, la tJzacbtah. [M. Narkiss, The SnuffShovel as a ]ewish Synzbol, in JPOS, XV (1935) p.16]. Più interessante di tutte è però una che presenta come marchio di fabbrìca una menorah combinata con una croce, ora al British Museum. R.J.A. Wilson la considera di produzione locale e ne segnala 4 forme al museo di Siracusa cfr. 128
Vigna Cassia Dieci lapidi sepolcrali provenienti dal cimitero medievale si trovano disposte nel vialetto d'ingresso alle catacombe. Le ha pubblicate nel 1963 S. Simonsohn, leggendo quanto il tempo e l'acqua del mare avevano risparn1iato. I caratteri sono in ebraico quadrato comune, con il tipico nesso di alef + lanzed. N elI' ordine in cui si trovano, dirimpetto alle cinque lapidi descritte dal Lagumina, procedendo dall'ingresso: n. lnv. 1200 R (h. 108 x 57 x 35 cm.)
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Siracusa
(Questa è) tOlnba . di Rabbi.... Amar sta t aninta sua conservatanella vita (eterna)
n. lnv. 1202 R (h. 61 x 51 x 53 cm.) 'n:l\!J .~,.)
Sbabatai la sua aninza (sia) in Eden
n. inv. 1205 R (h 46 x 69 x 56 cm.) 7\!J l:lp n't
Questa è tOlnba di .........
n. lnv. 1203 R (h 50 x 62 x 56 cm.) lìn:ln <')tJ1)
] osef il
giovane·:~::
n. inv. 1196 R (h 73 x 105 x 50 cm.) Questa è la tonzba di .. , ......7\!J l:lpn n't ...... 'n':l'~')'n n)7N 'l':):l ìp't n » t anziano·;~ figlio deltonorato Rabbi Elia sia tanùna sua conservata nella vita (eterna) 5190 ( = 1430)
Zaken, anziano, era chiamato ogni membro del consiglio dei dodici maggiorenti. -1:1: Bacbul', giovane, designava anche il membro di un sodalizio; cfr. S. D. Goitein, A Mediterranean Society, London, 1971, voI. II, p, 61. -{t
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Siracusa
n. inv. 1201 R (h 59 X 122 X 44 cm.) "J)' 'l J'lJ l:lpn n~ Questa è la tomba di Rabbi Eli 1~nn 'l':':! nì1n" il Hazan figlt'o delFonorato Rabbi Yehudah ')") ... n 1P~n t anziano'::: il... la sua anù12a (sia) in Eden n. inv. 1197 R (h 71 X 128 x 42 cm.) l J'lJ l:lpn n~ Questa è la torJ2ba di Rabbi 'l':>':l"1Jn n'lJn Moshé haLevi figlio delFonorato Rabbi ')") "1Jn N""ì)'tJ Sa)adia haLevi la sua aninza (sia) in Eden n. inv. 1199 R (h. 63 x 97 x 45 cm.) (l] J'lJ l:lpn n~ . Questa è la tonzba di (Rabbi) 1n:>n JN1n'lJ Shelnuel haCohen ,'':l figlio delFonorato Rabbi Yitshaq ')'.) 1P~n tanziano':~ la sua aninza (sia) in Eden Lapidi già pubblicate da B. Lagumina, da sinistra verso destra: n. inv. 13309M (=Lag. 12) (cm. 47 x 52) pn~"
Yitshaq
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Siracusa"
Qeres n. inv. 1330SM (=Lag. 11) (cm. 49 x 60) ('P'~ 1=1 C')OP fose! ben (figlio dz) Chaluf ìN\J~\J Titan .~,.) la sua requie (sia) t Eden n. inv. 13306M (=Lag. 9) (cm. 36 x 105) O)'\V 1=1 01Y.)~ 1J.p n1 Questa è la tomba di A17zranz ben Shalo17z n. inv. 13303M (=Lag. 6) frammento mutilo forse d'ogni lato; (cm. 23 x 63) n)J. P)J.~[\JJ (?) figlia di fA17zranz Oatani '»N\JP 01Y.)~
---
n.lnv. 13302M (=Lag.4) (cm. 54 x 41) 1J.p n1 11~J.1 O~O)
ìn~n
Questo sepolcro ... delt onorato Rabbi... Nissùn haCohel1
Bibliografia S. SIMONSOHN, Gli ebrei a Siracusa e il loro cinzitero, in ASSir IX (1963) pp. 8-20.
Catacomba di S. Giovanni N el'annesso Antiquariunz si conserva una lucernetta mutila con J'lzenorah) shofar e lulav in terracotta rossiccia (n. inv. 40.555). Proviene dalla catacomba di Vigna Cassia.
Teatro greco In un'iscrizione proveniente da un sedile dell'Anfiteatro di
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Siracusa, G. Manganaro vi legge:
[Loc(z) IudJlaeorum e la data al IV secolo. Questa lettura è respinta da R-J.A. Wilson che 1'attribuisce invece, per la forma delle lettere e per analogia con altre iscrizioni, al II secolo. I posti sarebbero appartenuti secondo quest'ultimo agli abitanti di· un villaggio o di un quartiere della città. Bibliografia G. MANGANARO, La Sicilia da Sesto Pompeo a Dioc!ezano, in (( Aufstieg und Niedergang der romischen Welt", II.11.1, Berlin, 1988, p. 60.
Museo archeologico Paolo Orsi Epigrafe Kaibell1. 534 (n. inv. '8745) EVe ] a8E l'TrE [EUo"JE~tOe; npEo"[~U'rJEpoe;, na'Cllp .... Questa iscrizione potrebbe essere integrata con le parole 'Clle; O"uvayroYlle;... A Roma sono stati ritrovati nove titoli di pater synagogae e tre di mater synagogae. Probabilmente erano titoli onorifici. Bibliografia
A.
FERRUAJ
Note e giunte alle iscrizionz' cristiane antic/Je della Sz"cz"fia, C.
del Vaticano, 1989, n. 440.
Epigrafe in pietra calcarea (30 x 23 cm.) (IV-V secolo) (n. in v. 19.651) Etpll va NUJ.l
dunque) che nessuno apra qui. L'attribuzione al giudaismo di questa iscrizione, rinvenuta nel febbraio 1900, è suggerita dal nome e dallo stile nonché, più concretamente, dal luogo di rinvenimento: l'ipogeo Cappuccini
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XI (Troja-Fontana), vicino allliscrizione di cui in appresso l sicuramente ebraica. Il primo nome è una variante di Irene l l'ebraico Shlo rnit. NU~
Iscrizione in pietra calcarea (27 5 x 23,5 cm.) [IV-V secolo] (n. inv. 19.650) KU'tU 'tou ~EÀ.IÀ.l1'tEtKoU ~1118tç UVOtçll ro8E, I O'tEt NO
Traduzione l secondo la lettura di P. Orsi: Per il (giudizio) futuro) che nessuno apra quz~ pel'ché Nopheios e Nyphe giacciono (quz). Benedetti i pii che sono qui. L'iscrizione fu rinvenuta nel 1900 nelllipogeo Cappuccini Xl (Troja-Fontana) nel febbraio 1900. Purtroppo non si conosce più llubicazione esatta. Il testo originale di cinque righe con lettere dipinte in rosso presentava poche altre parole in caratteri più piccoli negli spazi vuoti tra i simboli. Il termine futuro nelllinvocazione iniziale sem-
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bra riferirsi al giudizio universale. Il primo nome è stato Interpretato come un derivato di o Telvoeloç. La benedizione finale potrebbe essere stata aggiunta In un secondo tempo e allude probabilmente a Provo 10:7. Bibliografia D. Noy, Jewisb Inscriptions 01 Western Europe, I, Cambridge, 1993, I, p. 152.
Colonna sanzaritana In marmo (h. 56 x 34.606)
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27 cm.) (n. Inv.
Testo in base alle fotografie di P. Orsi (1918-19). (a) nO[1jJ] i11i1'
(b) 1~~'1 l:l'N
Traduzione: Sorgl~ YHWH) e siano dispersi i tuoi nenzici (Num. 10:35). La colonna è stata rinvenuta da P. Orsi nell'agosto 1913, nello strato superiore degli scavi al Seminario vecchio, nei pressi del Tempio di Athena. Non è però certo che questa fosse la sua sede originaria, giacché sappiamo che, nei numerosi rifacimenti dei palazzi ecclesiastici tra il XV e il XVIII secolo si ricorse abbondantemente a materiale edile dell' antica Siraqlsa. Le lettere sono iscritte in un cerchio su entrambi i lati della colonna. La parte superiore di ogni cerchio è andata smarrita. Non si sa quale sia stata la vera altezza della colonna, né se vi erano altre scritte. Benché la sua funzione non sia chiara, si potrebbe ipotizzare che essa facesse parte di un tabernacolo, appaiata con una seconda colonna sulla quale avrebbe potuto trovarsi la scritta successiva,tratta dallo stesso versetto biblico, ((Torna) YHTVH) alle nziriadi di Jniglz'aiadi Israele)), come nelle sinagoghe di Kaft Qal-
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lil e di Beit el-Ma. Ma questa è solo un'ipotesi. La forma delle lettere samaritana, benché stranamente squadrata. Esemplari ~imili si riscontrano in testi samaritani dal IV secolo in poi. Dopo quella di Salonicco,' questa è l'iscri~ione samaritana antica più occidentale e la prima con questo genere di iscrizione trovata fuori dalla Samaria. Il testo è inoltre molto popolare tra le iscrizioni samaritane e si ritrova anche in un testo di Nablus. Forse è una traccia della grande rinascita samaritana guidata dal riformatore Baba Rabbah, contemporaneo dell'imperatore Costantino 006-337). La loro sinagoga sorgeva verosimilmente sulla stessa Ortigia. Tranne le lettere di papa Gregorio Magno, nessun altro documento ci parla della comunità samaritana di Siracusa. Una loro seconda testimonianza epigrafica è conservata a (» Termini Imerese. Con la conquista normanna (XI-XII sec.) i samaritani figurano, per l'ultima volta, in un elenco dei vinti dai normanni, tra gli arabi e i berberi, cui sempre si erano aggregati.
e
Bibliografia V. MORABITO, I samaritani e la sinagoga di Siracusa, in ASSO LXXXVI, (1990) I-III, pp. 61-87.
Galleria Regionale di Palazzo Bellomo Dedica di Zaccaria (cm. 22 x 132 x 14) (n. inv. 250) Iscrizione greca bizantina in due trimetri giambici, pubblicata da B. Lifshitz (CIP, n. 653, p. 53) come appartenente alla sinagoga, è ritenuta cristiana da alcuni stvdiosi. Proviene dalle terre di Moscuzza. Lettura di B. Lifshitz: 'Qe; av 'LO ~TH.1a O'E1t'LOV [11], Zaxaptae;lKEKÀEtKE 'L08'L0 Il apllapOte; Eu8u'Lote;.
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Traduzione: Perchè la belna fosse protetta) Zaccaria la circondò di lnarl1ZO ben sistemato. Nel cortile sono conservate) disposte lungo i muri, quattro imponenti pìetre sepolcrali, Originarie del cimitero ebraico medievale) si sono salvate perché furono utilizzate come architravi nelle fortificazioni del XVI secolo. Sono state studiate e pubblicate da B, Lagumina) del quale si segue la lettura e.la traduzione) osservando, tuttavia) le correzioni apportate da S. Simonsohn. Procedendo dalla porta d)ingresso) da sinistra verso destra: n. inv. 13305M (=Lag. 8) (1. 90 x h. 50 x 35 cm,): 1::>:1 1:1pn nt Questa è la tOl1zba delfonorato figlio di Rabbi 1::>:1 o,,~ Shlol1zò figlio delfonorato Rabbi 'l1>1 '>l') l-,P1>1V Sa)adia) la sua requie sia fEden) giacché è noto 'N'>I che il cielo f ha accettato-1: n. inv. 13299M (=Lag. 1) (1. 150 x h. 75 x 32 cm.) N'>'>1>1V 1'~ 1:1pil nt Questa è la tOJnba di Rabbi Sa)adia ìptn 'lV" '1'::>':1 ìtnn il Hazan) figlio delfonorato Rabbi fosef f anziano -1~k n)~ 'n':1'~')'n'>I') la sua requie (sia) fEdenj la sua anil1za sia avvinta nel vincolo della vita) anno '~pn 5196 (=1436) In basso a sinistra B. Lagumina aveya notato un graffito che. int'erpretò come strumento musicale. Per analogia con gli stilemi delle pietre tombali sefardite) quali si svilupperanno soprattutto nei secCo XVI e XVII fuori dalla penisola iberica) si può pensare anche ad ,una clessidra o ad un bossolo per le elemosine che contraddistingue le tombe dei filantropi se non) più semplice* Le ultime due parole sono rispettivamente in arabo ed aramaico, *i:
cfr, sopra, p, 130,
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mente, ad una darabukka. n. inv. 13300M (=Lag. 2); (1. 153
36 cm.): Onl:lN l''V l:lpn n1 Questa è la tOlnba' di Rabbi Abl'ahr:zm ').") ìP1n :lpY'> 'l':i:l ìP1n t anziano) figlio deltonorato Rabbi Yakov t anziano':: la sua requie (sia) neltEden 'n':l'~')'n la sua anima sia avvinta nel vùzcolo della vita. X
h. 72
X
n. inv. 13301M (=Lag. 3) (1. 156 x h. _63 x 37 cm.); leggermente danneggiata a sinistra e nel primo rigo: -
Il giorno quarto [della settinza] decinzo del nzese di Tevet [dicelnbre] deltan no lntìN nly)n nl:lp) f~'p'n 5187 (=1427) fu seppellita la giovane Ester 'y':l'rJ ìP1n '>J1:l'V l:) n:l figlia deltonorato Rabbi Shabetai t anziano-:~' il suo riposo (sia) in Eden. n)'V J1:l\J 'Vin, '>l'VY:l 'i o)'>
Risultano disperse le due stele sepolcrali di cui il comm. Cavallari diede comunicazione a B. Lagumina (NS (1889) p. 200):
((della fornza prisnzatica) scolpite in anzbo i due prospettz: la più conservata misurava cnz. 64 l x 50 h) sezione 35 alla base e 15 in cima)). Nelle due facciate erano raffigurati dei lulav. Disperse anche le lapidi già pubblicate: n. 5 (cm. 66 h.
X
160 1.) Leggibili poche lettere del primo
rIgo: ,'V l:lpn n1
Questa è la tonzba di...
n. 7 (cm. 65 h. x 137 1.) con tracce di grandi lettere. ((Sotto
a sinistra resto di un sinzbolo a fornza di tavoletta a tre scolnparti
138
Siracusa
(annadio dei volumi della Legge?lJ n. 10 (cm. 36 h. x 68 1.): figlio di Shalol1z.
D1'YJ n]J ...
Bibliografia
B.
Di alcune iscrizioni ebraicbe scoperte nelle demolizioni dez' baluardi siracusani, in NS (1889) pp. 198-201; IDEM, Iscrizioni ebraiche di Siracusa) NS (1893) pp. 54-55. LAGUMINA,
Soprintendenza per i BB. CC.AA. Filatterio da COlnìso) 5 x 8 C112. (III secolo?) (n.inv. 15.280) Laminetta d'oro rinvenuta nel 1876 nel quartiere S. Leonardo a Comiso, e giunta qui dalla collezione Mezio. E' con ogni probabilità il più antico reperto giudaico in Sicilia. Che si tratti di un'iscrizione magica è stato provato dalla presenza di tracce di un astuccio di rame e dal fatto che la laminetta era accartocciata; lettere ebraico-quadrate incise con uno stilo metallico. Lettura di S. Calderone (1955) 1. . ..] '1J 1)'P HJ 2. 'N].YJ J)J' n')Y.:l)J J,n 3. )JNYJ')1 n1p n1p n') 4. t'n1 VY.:lltnV nYJJ 5. N't' DlY.:l1 Ol '1~YJ
6. 7.
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8. 9.
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Siracusa
Traduzione: 1 Con questo abbianzo fatto· scongiuro ... 2 Possa esser saggia Anztlzia sino alla soglia [di Sheol?] 3 Y AH} speranza} speranza e salvezza 4 nel tumulto che (sez) nelFalto dei cieli e guardando con tlzisericordia 5 t ulnile} alto ed eccelso} sublinze 6 vai errando} da chi ci fa sortilegio rendi incolutlze 7 lei ed i figli. - Sianò lodati 8 i Tt/ atlzyn (= i Genzellz). - Tu che sei e 9 (sez) salvezza nella devastazione} che lO (sei) nelFalto dei cieli e guardando con tlzisericordia il reprobo} Il alto ed eccelso} sublinze vai errando} 12 [da] chi ci fa sortilegio rendi incolunze} libera lei 13 ed i figli. - (El Yah 14 Yah. La lettura è spesso incerta e la traduzione, di conseguenza approssimativa, riguarda solo i passaggi più comprensibili. S. Calderone, ritiene che il copista non ne intendesse il senso. TI nome Anznzia è più volte attestato in Sicilia ed indica probabilmente la persona per la quale. è stato fabbricato l'amuleto. In alternativa potrebbe essere aramaico e significare cc con lui". Bibliografia
S.
Per la storia deltelemento giudaico nella Sicilia Z,71P eriale , in RAL VIII (1955) val. X, fase. 7-10, pp. 489-502. CALDERONE,
Shekel in piolnbo di Bar Kokbah (n. inv. 36.170) o 2,2 cm; spesso 3 mm; peso gr. 4,88. Acquistato per 3O Lit. da P. Orsi insieme ad un lotto di oggetti a Ispica il 16.12.1914, la moneta è un falso fabbricato all'inizio del secolo, in un'epoca di grandi entusiasmi per l'ar-
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14. Siracusa, epitaffio di Rabbi Sa'adia il HazeIn (1436); Museo di Palazzo Bellomo, n. inv. 13229 M.
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Siracusa
cheologia biblica. Un esèmplare simile si trova nel gabinetto dei falsi del Museo Israel di Gerusalemn1e. Verso la fine del XIV secolo Isaac ben Solomon al Alhadib, forse di origine castigliana, inventò a Siracusa un nuovo strumento astronomico, di cui dà una descrizione nel manoscritto conservato ora al British Museum (i1inn ,,::>. '::>nl~N, ms. Or. 2806). Egli compose anche altri trattati di astronomia e un libro sulle misure nella Bibbia. . Nel 1482, circa un secolo dopo, fu copiato a Siracusa, da Shalom Yerushalmi ben Shelomoh ben Saadyah ben Zakaryah ben Yaaqov, un manoscritto miscellaneo di astronomia, oggi nella Biblioteca Vaticana (ms. Vaticano ebraico 379). Nel 1484 Shemuel ben Reuven copiò per Shalom Yerushalmi, r amanuense del manoscritto precedente, il trattato astronomico ((Yesod (olaJn)) di Yitzhaq ben Josef Israeli. Oggi è alla Bodleian Library (ms. Huntington 299). Alla Biblioteca N azionale di Parigi (ms. hébreu 1069) è custodito invece un manoscritto contenente il trattato di astronomia di Immanuel ben Yaaqov Bonfils ((51Jes1J kenafayùn)) , le ((Tavole di opposizione e di cOl1.giunzione)) compilate da Yitzhaq ha-Cohen di Siracusa, un opuscolo sull' astrolabio e ancora il trattato ((Yesod (olanz)) nonché alcune tavole che illustrano le fasi delle eclissi, tutti copiati per uso personale da Avraham benYitzhaq, soprannominato Yosha. Questa fioritura di sperimentazioni e di studi astronomici non può non indurci a concludere nel senso della presenza di una vera e propria tradizione astronomica nella città di Archimede, sulla quale n10lto resta ancora da scoprire. Un altro manoscritto proveniente da Siracusa e conservato alla Biblioteca Vaticana (ms. Vaticano ebraico 91) è il commento di Levi ben Gershom a Proverbi, Daniele, Ezra-Neemia e Cronache. E' stato copiato nel 1489 da Shabbetay ben Zerah 5evanatiel (?) o Sabatanello (?) per Shalom Yerushalmi ben Shelomoh, il committente del manoscritto (('c:[esod (olal1z)). Lo stesso
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SO!ùl11a
amanuense copiò per Israel Atan i ((Tiqquné ha-Zohar JJ (solo le sezioni relative a Bereshit e a Wayyiqra, ma incomplete) e il ((Midrash Rut JJ (incompleto) (ms. Vaticano ebraico 207). Infine, un curioso manoscritto è una Bibbia in lettere ashkenazite appartenuto alla comunità di Siracusa, al margine del quale fu annotata la lettura secondo l'uso siracusano. Anche qui come a Caltabellotta abbiamo l'evidenza di rapporti con la lontan a Germania.
SOFIANA (CL) Il più importante rinvenimento archeologico dell'antica Philosophiana è -senz'altro la lapide funeraria del presbitero Attinis, oggi al Museo archeologico di (» Gela. Ad essa, certamente ebraica, si affianca una seconda scoperta, ancora in situ, presumibilmente ebraica. E' una fornace, venuta alla luce nella campagna di scavi del 1961, .databile intorno alla fine del III secolo. Apparteneva ad un grande impianto termale ed era adibita probabilmente alla lavorazione del vetro, come dimostra il deposito di vasi vitrei rinvenuti nei dintorni. A. Ragona per primo l'ha caratterizzata come ebraica, ponendola in relazione con la lapide sepolcrale. Benché non ancora suffragata da alcuna evidenza archeologica, tale congettura è degna di attenzione. Sappiamo infatti per certo che gli ebrei della tarda antichità furono molto attivi nella lavorazione del vetro, come attestano oltre alle fonti rabbiniche, gli scavi in Israele o nelle catacombe romane di Monteverde, e che portarono quest' arte in tutte le stazioni della loro diaspora. Di un' altra iscrizione scoperta nel 1948 e che secondo L. Bonomi avrebbe dovuto appartenere all'epitaffio di Attinis si sono perse le tracce. Durante lo scavo del complesso tennale fu rinvenuta nell' ambiente IV, riutilizzata quale copertura del praefurniunz, la lastra tombale di Iudas Sabatias, ora dispersa. L'edi-
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Taormina
. 1 .
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ficio è stato datato all'inizio del IV secolo. TI calidal'ium era stato trasformato in chiesa verso la fine del secolo e il resto dei locali destinati ad altri usi. Bibliografia
C.
Comunità ebraz'cbe nella Sicilia imperiale e tardo antica, in ASSO LXXV (1979) I-II, pp. 255-257. A. RAGONA, La maiolica siciliana, Palermo, 1975, pp. 17, 125. L. BONOMI, Cimiteri paleocristiani di So/iana) RAC XL (1964) pp. 169220. GEBBIA,
TAORMINA (ME) E' la patria del canonico Giovanni Di Giovanni, Inquisitore e primo storico dell' ebraismo siciliano. Nel 1748 pubblicò a Palenno ((LJEbraismo della Sicilia. Ricercato ed esposto da Giovanni J Di Giovannt . Il manoscritto è conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo. Sulla base della toponomastica si può localizzare 1'antica giudecca nella zona ad ovest della cattedrale. La sinagoga fu distrutta durante un tumulto nel 1455. Rè Alfonso ordin.ò che non fosse ricostruita nei pressi del convento dei Domenicani per non disturbare le preghiere dei religiosi.. Antiquario del Teatro greco Iscrizione su 11zatfone (cm. 20 x 34 x 5) (n. inv. 36). Le lettere, alte cm. 1,7, sono state graffite dopo la cottura. Al centro campeggia una menorah per gli uni e una croce per gli altri. Lettura secondo G. Manganaro "11~epa La~(a)'r1 (nzenorah) layà8r( Traduzione secondo D. Noy: (Il) giorno del Sabato (è) buono (?)
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I
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Termini Imerese
Una terza spiegazione potrebbe però ravvisarsi nel simbolismo gnostico dei sigilli iniziatici di ambiente giudeo-cristiano. Bibliografia D. Noy, Jewish Inscriptio11s 01 Western Europe, I, Cambridge, 1993, n. 143. E. TESTA, Il simbolismo dei giudeo-cristiaiZz~ Gerusalemme, 1981, pp. 74-76.
TERMINI IMERESE (PA) N ella Biblioteca Liciniana si conserva il grande sigillo di Pie. tro II (n. inv. 8). Della sua dimensione, cioè di «un inaSSÙJ20 sigillo regio» dal diametro di quasi 12 cm., doveva essere la rotella di panno rosso che Federico III cl' Aragona aveva imposto agli ebrei all'inizio del suo regno con un'ordinanza del 12 ottobre 1366, in cui stabiliva «quod singuli ]udei et ]udeae} babitatol'es in regno nostro Siciliae} per statutam signi portacionenz et denzonstracionem a cristianis videantur et distinguantur aperte} videlicet nzasculi in superioribus vestibus suis prope pectus et mulieres prope pectus super rindellis sive inantellis} in gubito portare debeant signùm factum cunz panno rubeo ad nzodum subscriptunz: O ». Solo gli ebrei di Palermo godevano del privilegio di portare una rotella rossa della grandezza di un. Carlino o mezzo tarì. Il 2 novembre 1435 re Alfonso stabiliva che la rotella rossa doveva essere «di panno rosso} rotonda ed avente un palmo di diametro} sempre posta in modo da essere inanzfesta} acciocché ciascuno potesse conoscere esser quella una bottega di ebrei ». Giudecca Era posta lungo 1'asse commerciale della cosiddetta Ruga} che si allargava sul retro al piano Barlaci, si apriva alla piazza
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Termini Imerese
del mercato e si estendéva dal Castello, lungo 1'attuale via Garibaldi, fino al quartiere Celtigene. Sinagoga Una prima sinagoga si trovava nel quartiere Celtigene vicino alla chiesa di S. Caterina, trasformata dopo 1'espulsione in Badia. Una seconda fu eretta dietro la Chiesa di S. Antonio, come risulta dalla richiesta di Lazzaro Sacerdoto al viceré nell'Aprile 1492. Sia il cimitero· che i bagni rituali erano invece posti extra moenta. Bibliografia
A.
La giudecca di Termini Imerese nel XV secolo: il divorzio tra Lazzaro Sacerdoto e Perna, Atti dell' Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, 1993-94. S. V. Bozza, Note storiche siciliane del secolo XIV, Palermo, 1882, p. 309. SCANDALIATO,
Museo civico Lapide funeraria in pietra grigia (cm. 17 x 48)8 x 9,8) (n. inv. 144). L'iscrizione è incisa dentro una tabella securiclata. La datazione oscilla tra il II secolo a.e.v., proposta da A. Brugnone e' il I secolo e.v. avanzata da D. Noy. Lettura secondo A. Brugnone: ratE LlltE I IltoÀEl-latE I Lal-lapEU [ XatpE.
Traduzione: Gaius Seius Tolomeo) Sa 17zaritan o) addio. L'iscrizione può essere considerata completa. Non si conoscono i dettagli del suo ritrovamento. il defunto era un cittadino' romano di Samaria, come indicano i tria nonzina. Non è chiaro però se il termine Salnaritano indichi la sua affiliazione religiosa oppure il fatto che si trattava di un colono greco residente in
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..
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Trapani
Samaria. li problema è inoltre complicato dal fatto che i Samaritani della comunità di Delos si consideravano Israeliti. La presenza di Samaritani in Sicilia è documentata fino al medioevo (cfr. Siracusa). li praenonzen Gaius è molto frequente. LlltOç dal nomen latino Seius è attestato in Sicilia da fonti numismatiche e da un'iscrizione di Erice. I1't:OAEJlOtOç è un nome greco macedone, molto comune in epoca tolemaica, mai attestato in Sicilia. La formula finale XOtpE è molto comune in Oriente, ma poco attestata in Sicilia. Bibliografia
, A BRUGNONE, Iscrizioni greche del museo dvico di Terminibnerese) "Kokalos" 20 (1974) pp. 218-264.
ln
TRAPANI ... in ques(ultima città si trova il corallo) o al-murdjan». (Beniamino da Tudela) Quasi sicuramente Beniamino non mise mai piede a Trapani, ma il corallo gli era noto dai racconti di altri viaggiatori e perché la sua lavorazione era la specialità degli ebrei. Trasformato in olivette per rosari aveva corso in Levante come moneta. Secondo gli Annali gli ebrei arrivarono a Trapani nel 320 e.v. ed andarono via nel 1493. Qui erano, percentualmente, molto più numerosi che nel resto della Sicilia, circa 2000 alla vigilia dell' espulsione. Oltre al corallo erano presenti in tutti i settori vitali: le banche, il commercio, l'agricoltura, la salagione del tonno e le tonnare, nonché la pirateria. E continuarono tutte queste attività anche dopo 1'espulsione, come neofiti. Nel Medievo gli ebrei abitavano nel quartiere S. Margherita e in particolare nella Ruga de 'li Fadaluni.
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Trapani
Palazzo Ciambra o· della Giudecca Raffigurato frequentemente con la didascalia di ((ex sinagoga}), deve la sua fama soprattutto alla bellezza della sua torre a bugne e delle sue linee gotico-plateresche. Edificato nel XVI secolo, le fondamenta e il nucleo risalgono ad una costruzione preesistente. La denominazione popolare di Spedaletto così come la presenza di un pozzo, lasciano supporre che qui sia stata la sina;goga stessa. La strada in cui sorge è stata denomInata nel 1872 Via della Giudecca. Nella Via CaIvano, chiamata nel medioevo Via de} ferrari, si allineavano le botteghe dei fabbri, dei maniscalchi e dei chiavai ebrei. Anche l'importazione di ferro dall'Elba e dalla Spagna era gestita dagli ebrei. Lo stesso si può dire di tutti gli altri rami del commercio marittimo internazionale, in particolare con i paesi del Nord Africa, per i quali,godevano di una vera e propria privativa. Non è infatti un caso che parte da Trapani, redatta in arabo, la prima lettera di cambio conosciuta o che documenti di mercanti ebrei trapanesi siano stati ritrovati nella Ghenizab del Cairo. Nel 1408 un banchiere ebreo trapanese, Samuele Sala, era tanto influente da poter trattare la pace a nome del re Martino con il sultano di Tunisi o far riscattare il vescovo di Siracusa catturato dai saraceni. La Via Tintori, un tempo sull'antico limite di ponente della città medievale, ricorda l'ebreo Nachonus Tinturi e le botteghe dei tintori di tessuti, in maggioranza ebrei, che qui erano stabilite. La chiesa di S. Domenico, sita nel punto più elevato dell'antica Trapani, nel quartiere Casalicchio, dove più densa era la presenza ebraica, deve la sua collocazione nel cuore dell' antica giudecca al fatto che nel 1221 un ebreo, convertito dai domenicani di passaggio in Trapani, donò loro la sinagoga da egli edificata e che doveva trovarsi in corrispondenza dell' attuale civico 27 della Via Carreca. Nel 1288 i Domenicani si trasferi-
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Trapani
rono nella chiesa odierna, offerta loro da re Giacomo d'Aragona. N ella sua abside, affisso sulla parete destra, in cornu epistolae, si trova il sarcofago di Manfredi, il giovane figlio di Federico III d'Aragona, morto a Trapani nel 1311 per una caduta da cavallo. Oggi si vede un semplice sarcofago in legno sormontato dai simboli della regalità, scettro e corona. Nel Medioevo era ricoperto di una ricca coltre di broccato fregiata di superbi ricami, che gli ebrei di Trapani, per una grazia che avevano ricevuto dal re Federico, si erano obbligati a mantenere perpetuamente a proprie spese. Cùnitero Il cimitero si trovava subito fuori dalle mura, a pochi passi dalla Via Giudecca) accanto alla chiesa di S. Paolo, nel terreno dato in concessione dall'arciprete di S. Pietro. Il terreno fu restituito al momento dell'espulsione e il cimitero fu smantellato nel 1495, durante la costruzione del forte detto 1'I1npossibile. Le lapidi sepolcrali furono richieste dall' arciprete Giovanni Tropiano ~i Giurati, per utilizzarle come pietre di confine. Altre, a quanto pare, furono usate per lastricare le vie cittadine. Un più antico cimitero è segnalato, da qualche storico locale, fuori dalla porta Botteghelle, aperta alla fine del XIII secolo con 1'ampliamento della città verso ovest. In fondo alla Via Torrearsa, già dei Corallari, non lontano dal pittoresco mercato del pesce, era il macello degli ebrei. Nel 1877, durante lo scavo delle fondamenta furono rinvenute due iscrizioni sepolcrali ebraiche. F. Mondello e B. Lagumina le pubblicarono nell'Archivio storico siciliano, come esistenti nella Sala S. Giacomo dell' attuale Biblioteca -Fardelliana. Oggi risultano disperse. Sopravvive tuttavia presso la suddetta biblioteca un loro apografo a cura di G. Polizzi (ms. 33: ({Le iscrizioni pubbliche esistenti in Trapant))
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Trapani
La prima pare consistesse nel solo nome: o,t' n'l'y') " Moshè Sulam. La seconda, nella lettura di B. Lagumina: '):J1lY.) MOl'dechai 'N1Y.)'l' 'l':! figlio di Rabbi Samuele n.J1:JY.)n cognolninato 1')~1:! Buzaid Bibliografia
F.
MaNDELLo,
Sopra alcune iscrizioni
trapanesz~
in ASS VIII (1883) pp.
109-110. B. LAGUMINA, Iscrizione ebraica di Trapani, in ASS XI (1887) p. 448. E. ASHTOR, The Jews 01 Trapani in the late Middle Ages, in "Studi Medievali" 25 (1984) pp. 1-30.
Un ipogeo ebraico fu scoperto a Trapani negli stessi anni in cui Giuseppe Ferro scriveva la sua Guida per gli stranieri (ivi pago 160). Si trovava sotto la villa del sig. D. Giuseppe Calvino, allorché si aprirono ((alcuni staccati sotterranet) e vi si rinvennero alcune ulucernette di fina argilla) di color rossiccio)). TI dettaglio del colore rossiccio delle lucernette denuncia la loro origine nordafricana. Nel 1965 nell' Archivio di Stato di Trapani furono scoperti 12 frammenti della Torah, alcuni dei quali molto estesi, con due o tre colonne di testo quasi intere, contenenti brani dell' Esodo, del Levitico e dei Nurneri. Buona parte del rotolo è stata recupe:': rata, mancherebbe all'appello solo il Deutoron017u'o. Biblioteca Fardelliana Custodisce un manoscritto del XIV secolo del Sefer Or haSekhel di Abraham Abulafia (ms. 12).
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GLOSSARIO
A/fama: Comunità. Arcosolio: Nicchia sepolcrale sormontata da un arco. Aron: Ricettacolo in muratura o legno per i rotoli della Torah. Ashkenaziti: Ebrei dell'Europa centrale. Av: Luglio-Agosto. Belnah: Podio o tribuna dell'officiante. Catogi: Abitazioni terranee assai umili. Dayan: Giudice. Dienchelele: Giudice generale, dall'ebro Dayan KJlal. Ezrat Nashil1Z: Matroneo. Ghenizah: Sepoltura di testi, per lo più sacti, divenuti inservibili. Particolarmente importante quella del Cairo per la mole di documenti riguardanti la vita ebraica nel Medioevo. Gheonùn: Capi delle Accademie rabbiniche di Babilonia. Ha/tarot: Sezioni dei libri dei Profeti. Hahal1z: Saggio; indica anche il rabbino. Hashkabah: Ufficio dei defunti. Hekal: Presso i Sefarditi lo stesso di Aron. Hekdesh: Fondazione caritatevole. Hoshanah rabbah: Il settimo giorno della festa di Sukkot. Kasher: Conforme alle leggi sulla purezza rituale. Ketubà: Contratto matrilTIoniale. Kiddush: Preghiera di Santificazione all' entrata del Sabato.
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Glossario
Kippur: Giorno dell'espiazione. Kislew: Novembre-Dicembre. Kokhinz: Nicchie sepolcrali scavate nel senso della profondità. Lulav: Palma. Mahzor: Formulario delle preghiere festive. Malsin: Delatore Meghillah: Rotolo pergamenaceo. Menorah: Candelabro a sette bracci. Miqveh: Bagno rituale. Phylakterion: Filatterio; in Sicilia amuleto scritto. Purinz: Commemorazione gioiosa di uno scampato pericolo. Rùnoninz: Puntali decorativi in argento dei rotoli della Torah. Se/arditi: Ebrei originari della Spagna. Selihot: Preghiere in cui si invoca il perdono dei peccati. She1nah: Ascolta (Israele). E' il credo ebraico. Shevat: Gennaio-Febbraio. Sho/ar: Corno rituale. Siddur: Formulario delle preghiere quotidiane. Szkzfe: Corridoi coperti tra i cortili e le strade. Simhat Torah: ((Letizia della Legge)). Commemora la trasmissione della Torah a Mosè. Sukkot: Festa dei Tabernacoli o delle Capanne. Tanunuz: Giugno-Luglio. Tevah: Sinonimo di Benzah. Tevet: Dicembre-Gennaio. Tishri: Settembre-Ottobre. Tzitzit: Frange dello sci~lle da preghiera. Yeshivah: Scuola talmudica. Zohar: ((Libro dello splendore)). Testo fondamentale della Cabbalà.
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INDICE
Pago
Prefazione Elenco delle abbreviazioni Introduzione Acireale (CT) Agira (EN) Agrigento Akrai (SR) Alcamo (TP) Bivona (AG) Caccamo (PA) Calascibetta (EN) Caltabellotta (AG) Caltanissetta Cammarata (AG) Castelbuono (PA) Castiglione (CT) Castronovo (PA) Castroreale (ME) Catania Caucana (RG) Cittadella Maccari (SR) Comiso (RG) Enna (Castrogiovanni) l
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7 12 13 25 28 31 35 37 38 38 38 39 44 44 48 50 51 51 52 61 61 62 62
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Indice
Erice (TP) Gela (CL) Lentini (SR) Lipari (ME) Marsala (TP) Mazara del Vallo (TP) Messina Monreale (PA) Mozia (TP) Noto (SR) Palermo Polizzi Generosa (PA) Ragusa Randazzo (CT) Rosolini (SR) Salemi (TP) San Fratello (ME) San Marco D'Alunzio (ME) Santa Croce di Camerina (RG) Sciacca (AG)· Scicli (RG) Siculiana (AG) Siracusa Sofiana (CL) Taormina (ME) T ermini Imerese (PA) Trapani
Glossario
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63 67 68 .71 73 77 80 88 88 90 94 109 109 110 111 111 113 114 115 115 116 117 122 143 144 145 147
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Fotocomposizione Publialfa Finito di stampare presso la Tipografia Bonfardino nel mese di ottobre 1996 per conto della Flaccovio Editore
Siciliana
1.
Idrisi, Il libro di Ruggero
2.
G. Bel1afiore, La Zisa di Palernzo
3. V. Agnesi, Breve s"toria dei Nornzanni in Sicilia
4. S.A. Guastella, Le Paritp. e le storie nzorali dei nostri villani 5. L. Natali, La Baronessa di Carini 6. N. Tedesco, Poeti siciliani del No!tJecento 7. F. Maurici, Breve storia degli Arabi in Sicilia 8. G. Pitré - C.F. Wentrup, Granznzatica siciliana 9. G. Tessitore, Ruggero II lO. G. Bel1afiore, Giardini e parchi della Palerrno norrnanna
11. M. Di Leo, Le storie di Giufà
12. G. Bonomo, Schiavi siciliani e pirati barbareschi
13. N. Bucaria, Sicilia ]udaica
..
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I rimonùn di Cammarata, le catacombe di Siracusa, le 1nenorah nel castello di Catania, l'arte nzudejar a Palermo, l'aron di Agira sono alcune delle tracce lasciate dagli ebrei che abitarono la Sicilia tra il II e il XV secolo. Qui misero a coltura i terreni, lavorarono il corallo e i metalli preziosi, tradussero dall' arabo importanti opere scientifiche e inserirono l'isola in 'una trama di scambi culturali ed economici che si estendeva dal Levante allà Spagna e dal N ordafrica all'Inghilterra. A quesfa originale civiltà giudeo-mediterranea mise bruscamente fine l'editto di espulsione del 1492. Cinque secoli dopo il lettore è invitato a ripercorrere le rue delle antiche Giudecche, a visitare i siti archeologici e i musei, e a ricostruire, sul filo di un viaggio appassionato ma rigorosamente documentato, la mappa di un'eredità ebraica ancora viva e pulsante nei luoghi più impensabili. E l'elenco dei monumenti giudaici, che si snoda lungo le pagine di questa Guida così insolita e seducente, non può non sorprendere, soprattutto per la storia che essi raccontano: quella di una regione italiana in cui la presenza ebraica fu un tempo tra le più antiche, capillari e feconde.
Nicolò Bucaria (Trapani, 1957) è socio dell'Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo. Nel 1994-95 è stato Research Fellow presso il WF Albright 01 Archaeological Research di Gerusalemme ed ha partecipato agli scavi di Tel Miqne/Ekron (Israele).
In copertina: I rimonim di Cammarata, XIV-XV secolo; Puntali in argento per i rotoli della Torah (Palma di Maiorca, Museo diocesano).
ISBN 88-7804-130-0
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Il788878 11111041301I L., 18.000