RENNIE AIRTH MAREA ROSSA (The Blood-Dimmed Tide, 2004) Per i Moorehead - Caroline e John e Boo - con gratitudine La corr...
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RENNIE AIRTH MAREA ROSSA (The Blood-Dimmed Tide, 2004) Per i Moorehead - Caroline e John e Boo - con gratitudine La corrente torbida di sangue è scatenata, ovunque Il rito dell'innocenza è sommerso W.B. Yeats, Il Secondo Avvento PARTE PRIMA 1 Fu soltanto il caso, quel giorno, a portare i Madden a Brookham. Erano andati in auto a Reigate per un pranzo, e normalmente sarebbero rientrati direttamente percorrendo la strada principale per Guildford. Ma il bel tempo li aveva convinti a fare una tappa e seguire uno stretto sentiero per le passeggiate a cavallo che risaliva i ripidi fianchi di Colley Hill fino alla cima dei North Downs. Era una passeggiata che avevano già fatto diverse volte (la vista dalla cresta era giustamente celebre) e per più di un'ora avevano camminato a braccetto sotto il sole di tarda estate, fermandosi di tanto in tanto per far vagare lo sguardo su un'ampia distesa di Inghilterra meridionale, un mosaico di campi e siepi e boschi che si allungava fino al lontano orizzonte. Una terra in pace in quel 1932. Quando avevano fatto ritorno alla loro auto, tuttavia, era pomeriggio inoltrato e la strada era invasa dai lenti automobilisti della domenica. Era stato allora che i Madden avevano deciso una deviazione su tranquille strade secondarie. Madden aveva guidato con un occhio alla strada e l'altro al cielo sempre più cupo. Da qualche ora a occidente si stavano ammassando nubi scure, e malgrado la mietitura fosse finita e la fienagione conclusa, una grandinata avrebbe causato gravi danni agli ortaggi che stavano ancora maturando nei campi. Alzando gli occhi al cielo attraverso il parabrezza, avrebbe oltrepassato la schiera di cottage senza notare alcunché di strano se Helen non gli aves-
se toccato il braccio. «John! Guarda...» Stavano attraversando un piccolo villaggio chiamato Brookham, a qualche chilometro da casa. Un gruppo di uomini si era assembrato di fronte a uno dei cottage. Alcuni erano nel giardino, altri davanti allo steccato. Su di loro aleggiava un'atmosfera di attesa. Madden fermò l'auto. «Di che si tratta, secondo te?» Helen era un dottore, e la prima cosa che aveva pensato era che potesse esserci bisogno dei suoi servizi. Madden non rispose. La scena faceva vibrare una corda nella sua memoria. Aveva una tetra familiarità, anche se erano anni che non vi si imbatteva più. In quel momento la porta del cottage si aprì, e la figura di un agente di polizia in uniforme emerse dall'interno. Alto nel suo elmetto, torreggiava sugli uomini che lo fronteggiavano. «Buon Dio!» esclamò Helen, senza fiato per la sorpresa. «È Will!» Will Stackpole era il poliziotto del villaggio di Highfield, dove vivevano i Madden. «Cosa diavolo ci fa da queste parti?» Riluttante ad azzardare ipotesi, Madden si limitò a scuotere la testa. Ma già avvertiva il brivido freddo del presentimento. La bambina si chiamava Alice, spiegò loro Will Stackpole. Alice Bridger. Lei e un'amica si erano incamminate poco prima di mezzogiorno per il vicino villaggio di Craydon, a poco meno di due chilometri di distanza, lungo un sentiero che costeggiava la strada tra i due centri. «Dovevano pranzare con un'amica, e poi andare insieme a una festa di compleanno.» Vedendo Madden e Helen mentre scendevano dall'auto, l'agente si era allontanato subito dal gruppo di uomini e aveva attraversato la strada per parlare con loro, la fronte aggrottata dalla preoccupazione. Non aveva nascosto il proprio sollievo nel vederli. A quanto sembrava Alice, che aveva da poco compiuto dodici anni, e la sua amica, una bambina di nome Sally Drake, avevano percorso soltanto la metà del tragitto quando Sally si era resa conto di aver dimenticato il regalo di compleanno che sua madre aveva impacchettato per lei quella mattina, una scatola di dolcetti caramellati al cioccolato. Era tornata quindi di corsa a prenderlo a Brookham, lasciando Alice in un punto in cui il sentie-
ro costeggiava un tratto di fitto bosco conosciuto come Capel Wood. Erano d'accordo che Alice l'avrebbe attesa lì, aveva riferito in seguito Sally, ma quando era tornata, non più di dieci minuti dopo, della sua amica non c'era traccia. Pensando che avesse deciso di proseguire da sola, Sally era ripartita per Craydon, dove però aveva scoperto che Alice non era arrivata a casa dell'amica e che nessuno l'aveva vista. «La famiglia ha chiamato i Bridger, e Fred stesso si è messo in marcia per Craydon alla ricerca di sua figlia», riferì Stackpole ai Madden. «È il responsabile della produzione casearia di una grossa fattoria della zona. Comunque, stavano per chiamare il poliziotto del villaggio quando si sono ricordati che era in licenza, e così si sono messi in contatto con me, il più vicino. Tutto questo accadeva tre ore fa.» Mentre l'agente parlava, i tuoni brontolavano in lontananza. Gli uomini raccolti sull'altro lato della strada si erano voltati verso di loro, e Helen vide che i loro sguardi erano puntati su suo marito. Prima che si sposassero anche Madden era stato un poliziotto, un ispettore di Scotland Yard, e il suo nome e la sua reputazione erano notissimi nella zona. «I volontari non sono mancati», disse Stackpole asciugandosi la fronte. Con l'avvicinarsi del temporale, l'aria si era fatta soffocante. «Abbiamo percorso la strada avanti e indietro, abbiamo perlustrato i campi sui due lati e anche il bosco, ma non c'è traccia della piccola. Tutto quello che abbiamo trovato è il suo regalo.» «Il suo regalo?» domandò Helen. «Il regalo che stava portando alla bambina che compiva gli anni. Un paio di manopole impacchettate con carta colorata. Erano nel fosso lungo il sentiero, vicino al punto in cui l'aveva lasciata la sua amica.» Helen scoccò un'occhiata a suo marito, che non aveva ancora manifestato alcuna reazione, limitandosi ad ascoltare. «Dove sono i Bridger?» domandò. «Fred ha partecipato alle ricerche, ma adesso è tornato da sua moglie. Alcune delle donne le hanno tenuto compagnia. Quello è il loro cottage.» L'agente rivolse un cenno alle sue spalle, poi si asciugò di nuovo la fronte. La tensione delle ultime tre ore stava cominciando a farsi sentire. «Il loro medico è stato informato, Will? Brookham è nel territorio di David Rowley, mi sembra.» «Si è presentato mezz'ora fa e ha dato un sedativo alla signora Bridger. Poi ha annunciato che se c'era bisogno di lui l'avremmo trovato al golf.» Il labbro di Stackpole tradì un tremito.
«Non ci resterà molto a lungo», osservò Helen mentre un lampo striava le nubi sempre più vicine e un altro tuono rimbombava subito dopo. «Andrò io a visitarla.» Ma rimase dov'era senza sfilare il braccio da sotto quello del marito, sempre più a disagio e restìa a lasciarlo in quella situazione. «C'è qualcosa che posso fare, Will?» Madden aveva aperto bocca per la prima volta. Si era accorto anche lui delle occhiate che gli uomini gli stavano rivolgendo. Ne aveva già salutato con un cenno del capo un paio che conosceva di vista. «Grazie, signore, ma ho avvertito Guildford e ci stanno mandando rinforzi. Sembra che dovremo ampliare l'area di ricerca.» «E gli investigatori?» Il cipiglio di Madden era inconsapevole. Segnalava la sua preoccupazione. «Li ho richiesti, e mi hanno detto che stanno arrivando anche due uomini in borghese.» Nell'incrociare lo sguardo di Madden, anche Stackpole tradì una smorfia. «Ah, non c'è niente di peggio in questo lavoro, vero, signore? Niente di peggio di quando scompare un bambino. Tutto quello che possiamo fare è informare le altre stazioni e continuare a cercarla.» Per quanto fosse angosciata, Helen fu sollevata nell'udire che non c'era bisogno di suo marito. Fece delicatamente pressione sul suo braccio. «Vado a vedere come sta la signora Bridger», disse, ma proprio in quel momento qualcosa sul lato opposto della strada attirò la sua attenzione, facendola indugiare. La porta di uno degli ultimi cottage si era aperta e ne era uscito un uomo dai capelli biondorossi, che si stava guardando intorno in preda all'agitazione. «Non è Dick Henshaw, quello?» domandò Helen. «Lui e Molly abitavano a Highfield. Lei era una mia paziente.» Stackpole si voltò, e in quel momento l'uomo lo vide e s'incamminò a passo rapido verso di loro. «Certo che è Dick.» L'agente si accigliò. «E adesso cosa c'è?» Si allontanò e intercettò l'altro in mezzo alla strada. Era più alto di lui di diversi centimetri, e dovette piegarsi per ascoltare ciò che diceva. Restarono in quella posizione per un paio di minuti mentre Madden e sua moglie, accanto alla loro auto, li osservavano. All'improvviso l'agente girò sui tacchi e tornò a grandi passi verso di loro. «A quanto pare avremo bisogno del suo aiuto, signore.» Si rivolse a Madden con un tono basso; controllato, ma non riuscì a celare l'urgenza nei suoi modi.
«Che c'è, Will? Che è successo?» Le dita di Helen si serrarono sul braccio del marito. «Glielo dirò fra un momento, signora Helen. Ma potreste venire con me, tutti e due? Allontanatevi con calma. Non voglio che il gruppo laggiù si accorga di niente.» Accompagnati da Henshaw, percorsero il viottolo sino alla fine della schiera di cottage e poi, seguendo il poliziotto, continuarono per un sentiero che portava al retro delle case. Non appena furono fuori dalla portata visiva del gruppo di uomini, Stackpole si arrestò. «Corri a dire a Molly che stiamo arrivando, Dick. E mi raccomando, discrezione.» Attese che Henshaw si allontanasse abbastanza da non poterli udire, ma Helen non riuscì a trattenere la propria ansietà. «Che c'è, Will?» bisbigliò. «Cosa sta succedendo?» L'agente scosse la testa con un gesto che mostrava tutta la sua frustrazione. «Non lo so di preciso. So soltanto che nella cucina di Molly Henshaw è seduto un vostro vecchio amico, e che si sta comportando in modo strano.» Rivolse loro un'occhiata significativa. «Si tratta di Topper», soggiunse. Nell'udire il nome, Helen inarcò le sopracciglia. Scoccò un'occhiata al marito. «Non sapevo che fosse tornato. Lo aspettavamo da settimane. Stavo cominciando a preoccuparmi.» «Ha visto la bambina?» chiese Madden con impazienza. «Il problema è proprio questo, signore. Non lo so...» Il volto di Stackpole si era incupito. «C'è qualcosa che riguarda una scarpa. Molly ci dirà di più. Ma il fatto è che Topper è ammutolito. Voi lo conoscete, il vecchio Topper. Gli basta fiutare un'uniforme per chiudersi a riccio. Allora mi stavo chiedendo, signore, ci proverebbe lei? A cercare di farlo parlare?» Mentre attendeva una risposta si udì un altro tuono, più forte dei precedenti, e la luce del pomeriggio divenne ancora più fioca. «Se vuoi, Will, ci proverò», disse Madden dopo una pausa. Sembrava incerto. «Ma l'hai chiesto alla persona sbagliata.» Sorrise e rivolse un'occhiata alla moglie. «È Helen che ci può aiutare. Se c'è qualcuno con cui Topper è disposto a parlare, questo qualcuno è lei.» 2 «Grazie al cielo sei venuto, Will.» Le fattezze paffute e materne di
Molly Henshaw erano arrossate dalla preoccupazione. Prima ancora che Stackpole avesse tolto il chiavistello del cancello apparve all'ingresso posteriore del suo cottage, con il marito alle spalle, e attraversò a passo rapido il cortile in mattoni verso di loro. «Non riesco più a tenere seduto il vecchio Topper. È pronto a darsela a gambe. Dottoressa Madden...!» Nel vedere Helen s'illuminò in volto e abbassò la testa in un saluto. «Molly, cara, come stai? Che cosa terribile.» Helen le strinse la mano. «Conosci mio marito?» La risposta di Molly Henshaw venne coperta da un nuovo tuono. Stackpole rivolse un'occhiata ansiosa al cielo. «Presto, gioia, prima che entriamo: raccontaci di questa scarpa. Te l'ha data Topper?» «Me l'ha data?» Molly non sembrava aver capito la domanda. «Di sua spontanea volontà?» Era la prima cosa che diceva Madden, e la donna lo guardò come se fino ad allora non si fosse resa conto della sua imponente e autorevole presenza. «Ah, ho capito... sì, signore, proprio così.» Annuì con vigore. «Ha bussato alla porta, sarà stata una mezz'ora fa, e io l'ho fatto entrare. Conosciamo Topper, Dick e io.» Rivolse un cenno del capo al marito accanto a lei. «Sono anni che viene da queste parti, specialmente in estate. Se c'è qualcosa da fare in giardino ci dà una mano, altrimenti gli offro semplicemente un pasto e una tazza di tè. Non dice mai molto. Certe volte non si riesce a cavargli neanche un sussurro. Ma gli piace sedersi qui con noi. Credo che sappia che è il benvenuto.» «La scarpa, Molly», la incalzò Stackpole. La signora Henshaw si morse il labbro, quindi si pulì nervosamente le mani nel grembiule. «Appena ho aperto la porta ho capito che c'era qualcosa che lo agitava, ma con tutto quello che sta succedendo non ne ero sorpresa. L'ho fatto entrare e lui è andato subito a sedersi in un angolo. Poi ho notato che reggeva in mano qualcosa, con entrambe le mani, e quando le ha tese verso di me ho visto cos'era...» «Una scarpa da bambina?» Fece un rapido cenno affermativo con il capo. «Sai se appartiene ad Alice?» «Oh, no, non ne sono sicura.» Deglutì. «Ma Jenny Bridger gliene aveva comprato un paio nuovo proprio l'altro giorno. Alice era venuta a farmele vedere. Erano nere e lucide, con bottoncini di madreperla sui laccetti, proprio come quella che ha portato Topper.»
«Ma non vuole dire dove l'ha trovata?» «No, e non dice nient'altro.» Molly Henshaw si asciugò un occhio velato di lacrime. «E così gli ho offerto una tazza di tè per tenerlo occupato e sono corsa a cercare Dick.» «Eravamo appena tornati dai campi, Will, e ho visto Molly che si sbracciava», proseguì a raccontare il marito. «Mi ha detto cos'era accaduto e sono andato da Topper per cercare di farlo parlare. Ma non è servito a niente. Non ha detto una parola. E così sono venuto a chiamarti.» Notando le lacrime che percorrevano le guance di sua moglie, le cinse le spalle con un braccio. «Su, su, vecchia mia», disse in tono burbero. «Adesso non ti agitare.» Stackpole attirò lo sguardo di Helen. La sua espressione era accesa dall'impazienza. «Molly, cara, possiamo entrare?» Helen fece pressione sulla mano che aveva nella sua. «Devo parlare con Topper.» La stanza era immersa nella penombra, e l'unica illuminazione era costituita da un raggio di fioca luce grigia proveniente dalla finestra sul retro. Si riversava sul tavolo della cucina, dove una scarpa da bambina, nera e lucida, spiccava sul piano di legno levigato. Osservando la scena dalla soglia, Helen udì il mormorio della voce di Stackpole. Era al telefono con il quartier generale della polizia del Surrey a Guildford. Madden era appena dietro di lei nell'angusto corridoio, fuori dalla portata visiva della cenciosa figura seduta su una sedia dallo schienale dritto nell'angolo più lontano della cucina. Helen sentì la mano rassicurante del marito sulla propria spalla, sollevò la sua e gliela premette. Poi attraversò la stanza e raggiunse Topper. Lui non fece mostra di accorgersene. Era nel pieno della mezz'età, o forse l'aveva addirittura superata a giudicare dalle profonde rughe sulle guance sbiancate da una barba corta e ispida, e se ne stava afflosciato sulla sedia con il mento posato sul petto e le dita mollemente intrecciate sulle ginocchia, apparentemente ignaro di ciò che lo circondava. Come molti di coloro che avevano avuto modo di incontrare il vecchio vagabondo, Helen lo conosceva soltanto come Topper, soprannome che gli derivava dal suo copricapo, un malconcio cappello da sera dalla tesa incrinata e dal cocuzzolo ridotto a metà, ma a cui una piuma di fagiano maschio infilata in una fascia di velluto rosso dava un'aria elegante e speciale. Il modo in cui Topper lo portava, dritto e ben calato sulla testa, gli conferiva l'aspetto di un connotato permanente, e di rado lo si vedeva senza. Indossava una giacca
di panno nero, pantaloni a righe e pesanti scarponcini dai tacchi consumati e chiusi da una combinazione di corde e stringhe rotte. «Ciao, Topper», disse Helen con un filo di voce. Nell'udirla, l'uomo alzò la testa. Helen accostò una sedia alla sua. «Come stai?» Topper diede una lieve scrollata di spalle, ma non fornì altra risposta. «Stai bene?» Annuì. Un sorriso gli spuntò sulle labbra, e i suoi occhi fissarono Helen con un'espressione di timido affetto. «Ci sei mancato, per la mietitura. Perché non sei venuto a trovarci?» «Stavo venendo...» Le parole borbottate diedero vita a un lieve sussulto proveniente dalla soglia alle spalle di Helen, dove Molly Henshaw era apparsa e li stava guardando. «Prima dovevo vedere Beezy...» «Beezy?» Il vagabondo tornò ad annuire. «Chi è Beezy? E dove dovevi incontrarlo?» Gli occhi grigi di Topper si offuscarono e si distolsero da lei. Helen lo guardò in silenzio per alcuni istanti. Poi gli prese la mano sinistra nella sua. «Fammi vedere il braccio.» Sollevò la manica della giacca e poi quella della logora camicia di flanella, rivelando una cicatrice recente lunga almeno quindici centimetri che dal polso gli percorreva l'avambraccio bruciato dal sole in direzione del gomito. «Guarda, Molly», disse da sopra la spalla. «È qui che Topper si è tagliato il braccio l'anno scorso. Ci stava aiutando con la raccolta del fieno e la falce gli è scivolata di mano. Ho dovuto ricucirlo.» «L'ha sistemato...» Il vecchio vagabondo ridacchiò e tornò a guardarla negli occhi. «Ha rammendato il vecchio Topper.» «Era un brutto taglio, ma si è rimarginato bene.» Continuando a reggere la mano dell'uomo nella sua e a carezzargli il braccio, Helen riprese. «Hai fatto bene a portare la scarpa, Topper. Ma abbiamo davvero bisogno di sapere dove l'hai trovata. Ci puoi aiutare?» Sentì irrigidirsi le dita che reggeva e vide la paura negli occhi del vagabondo. Topper distolse lo sguardo e lo spostò dietro le spalle di lei. Helen tornò a voltarsi. Madden era entrato silenziosamente in cucina insieme a Molly Henshaw. La figura in uniforme di Stackpole si tratteneva sulla soglia alle loro spalle, e non appena Topper la vide abbassò gli occhi a terra e si afflosciò ancora più in basso sulla sedia. «Su, non fare scene», brontolò il poliziotto. «Mi conosci, Topper. Non
c'è bisogno di agitarsi.» Helen tornò a voltarsi verso Topper. «La scarpa», disse piano. «Dove l'hai trovata? Me lo devi dire, Topper. Per favore...» Non aveva lasciato la presa sulla mano, e dopo un istante avvertì una rinnovata pressione sulle dita. Si piegò in avanti e lui le sussurrò qualcosa all'orecchio. «Cos'hai detto?» Helen si sforzò di udire il suo sussurro rauco. «Hai detto Capel Wood?» Dietro di lei, Stackpole si irrigidì sulla soglia. «Ci abbiamo già guardato», mormorò a Madden. «Ne è sicuro?» chiese a Helen. «Capel Wood?» Helen scandì bene il nome e guardò il vagabondo negli occhi per averne conferma. Lui annuì. «Ci porteresti lì?» gli chiese. «Ci mostreresti dove l'hai trovata?» Un tremito percorse il corpo di Topper, e le sue dita si serrarono su quelle di Helen. Scosse il capo con violenza. Helen lo studiò in volto per qualche istante, poi tornò a chinarsi verso di lui. «Dove nel bosco, Topper?» Sulle prime, silenzioso, lui si limitò a guardarla. Ma poi, come trascinato dallo sguardo deciso di Helen, si sporse in avanti e riprese a sussurrare. Helen si guardò alle spalle. «Lungo il torrente, dice...» Si alzò e si avvicinò a Stackpole. «Will, ci vorrà del tempo, e non sono neanche sicura di cos'altro riuscirò a tirargli fuori.» Stackpole si accigliò. «Signore?» si rivolse a Madden. «Possiamo scambiare due parole?» I due andarono in corridoio. L'agente indicò la cucina con un gesto. «Che ne pensa? Dovrei provare a spremerlo?» Madden scosse il capo. «Helen lo conosce meglio di chiunque altro. Sprecheresti il tuo tempo.» «Lungo il torrente...» Stackpole fece una smorfia. «Non è molto. E ci siamo già stati. C'è un sentiero che lo costeggia. Attraversa il bosco. Mi sono portato dietro alcuni uomini e l'abbiamo percorso per l'intera lunghezza, chiamando a gran voce la bambina. Appena si abbandona il sentiero non si vede più niente.» Scosse la testa disperato. Mentre consultava il suo orologio un lampo illuminò per un istante il corridoio buio, e il tuono che gli rispose fece tremare i vetri della cucina. «Gli investigatori di Guildford dovrebbero arrivare a momenti. Sarà meglio aspettarli, suppongo...» La sua occhiata sembrava tuttavia suggerire un'altra linea di condotta, e Madden rispose a tono. Malgrado la formalità con cui l'agente insisteva a rivolgerglisi, erano amici di vecchia data. «No, Will, non possiamo. Dobbiamo andarci subito. Penso che Topper
abbia trovato più di una scarpa.» 3 Le prime grosse gocce di pioggia colpirono il parabrezza dell'auto di Madden mentre questi svoltava dalla strada asfaltata su una pista sconnessa che attraversava una distesa di siepi e alberi incombenti, aggirando il fianco oscuro di Capel Wood. La luce bigia del pomeriggio aveva ceduto il passo a una plumbea oscurità. Nubi gonfie e nere si avvicinavano rapide da ovest. «Non manca molto», annunciò Stackpole strizzando gli occhi e sollevando lo sguardo attraverso il vetro. Gettò un'occhiata al rotolo di tela sul sedile posteriore come per assicurarsi della sua presenza. Era stato Madden a suggerire di portarlo. «Non so cosa troveremo, Will, ma potresti averne bisogno per coprire l'area.» Il telone era stato fornito da Dick Henshaw. L'anno precedente l'aveva usato per riparare uno squarcio nel tetto provocato da una tempesta di vento autunnale che aveva divelto alcune tegole. Mentre andava a prenderlo nel capanno in giardino, Helen era uscita dalla cucina per parlare con Madden. «Devo andare a vedere come sta Jenny Bridger. Non le dirò niente di Capel Wood.» Guardò suo marito con aria triste, dispiaciuta nel vedere che lo stavano coinvolgendo. La vita di poliziotto di Madden apparteneva al lontano passato, ed era una vita che lei non desiderava rammentare. «Ti conviene tenere d'occhio Topper, Will», aveva detto all'agente. «Se ne avrà l'occasione, se la squaglierà.» Stackpole aveva incaricato gli Henshaw di fare la guardia al vagabondo e li aveva ammoniti di non dire nulla ai vicini fino all'arrivo dei rinforzi da Guildford. «Non voglio che si sparga la voce. Non prima che ci siamo resi conto di ciò che c'è da vedere.» «Voglia Dio che la troviate», aveva mormorato Molly Henshaw mentre Stackpole e Madden partivano. La speranza, o per meglio dire la preghiera, che la bambina fosse soltanto ferita e bisognosa di soccorso aveva accelerato i loro preparativi, ma guardando di sottecchi l'espressione di Madden mentre guidava l'automobile sulla pista stretta e segnata dai solchi Will Stackpole avvertiva un co-
mune, cupo presentimento circa le sorti della piccola. «Seguiremo lo stesso percorso di Topper, giusto?» La voce sommessa di Madden si udiva a malapena al di sopra del motore dell'auto che avanzava in prima. «Sì, signore. Se stava andando a Brookham, dovrebbe essere entrato nel bosco dall'altra parte e averlo attraversato seguendo il sentiero che costeggia il torrente. Porta dritto a Brookham.» Avevano discusso se fosse il caso di seguire loro stessi quel sentiero, coprendo il percorso di Topper al contrario e avvicinandosi al bosco a piedi dal villaggio. Ma la probabilità che così facendo sarebbero stati sorpresi all'aperto dal temporale in arrivo li aveva persuasi a usare la macchina, seguendo la strada per un chilometro fino a Craydon e poi svoltando nei pressi del punto in cui Alice Bridger era stata vista per l'ultima volta. Mentre la pista su cui si trovavano proseguiva intorno al bosco, le siepi su entrambi i lati s'interruppero rivelando un campo aperto su cui una mandria di frisone pascolava a ranghi stretti. I corpi robusti bianchi e neri erano visibili a malapena nella luce morente. Sebbene la pioggia continuasse a cadere a gocce isolate, il temporale si stava rapidamente avvicinando e numerose mucche si erano già coricate in previsione del diluvio. Ora la pista procedeva rasente il bosco, i lunghi rami delle querce e dei castagni strusciavano contro la fiancata dell'auto e la strada curvava lentamente a sinistra prima di terminare in uno spiazzo circolare di fango rappreso in cui due covoni di fieno dalla forma ad alveare si ergevano uno accanto all'altro nei pressi dello steccato di un campo. Arrestando l'auto, Madden controllò il cruscotto e vide che avevano percorso poco più di tre chilometri da Brookham. Scese e ispezionò brevemente il terreno attorno a loro. La striscia di terra nuda mostrava soltanto i solchi profondi creati dalle ruote dei carri. «Sta pensando che qualcuno potrebbe averla portata qui?» chiese Stackpole. «Venendo dalla nostra stessa direzione?» Era sceso dall'auto anche lui e si stava rimettendo l'elmetto. Parzialmente nascosto dai covoni, il punto in cui si trovavano si affacciava sui campi deserti e su un lontano panorama di collinette boscose. «È un luogo tranquillo», osservò l'agente. «La domenica non c'è nessuno che lavora nei campi. Nessun motivo per venirci.» «È possibile.» Madden scrollò le spalle. «Ma è soltanto un'ipotesi. Muoviamoci, Will. Non c'è tempo da perdere.» Il poliziotto indossò la sua mantella, poi prese il rotolo di tela dal sedile
posteriore dell'auto e se lo mise sottobraccio. Indicò un filare di salici e bassi cespugli davanti a loro che serpeggiava attraverso il campo verso il limitare del bosco. «Quello è il nostro torrente, signore. Attraversa il folto d'alberi e sbuca dall'altra parte, non lontano da Brookham.» Si incamminarono con l'agente a fare strada, aprendosi un sentiero nell'erba alta fino alle ginocchia e costeggiando il bosco finché non giunsero al torrente. Una pista lo fiancheggiava sulla riva opposta, e i due lo attraversarono sfruttando un tronco abbattuto. Sollecitati dai tuoni che risuonavano in ogni direzione, si affrettarono a cercare riparo nella foresta. Quando vi arrivarono, Stackpole si scostò dal sentiero. «Faccia strada, signore. I suoi occhi sono migliori dei miei.» Madden lo precedette e presto si ritrovò nella penombra del folto tetto di foglie, che si incupì a mano a mano che avanzavano nel bosco. La pioggia picchiettava sul fogliame sopra di loro ma non raggiungeva il terreno, che restava asciutto. Uno strato di foglie umide e ammuffite attutiva il suono dei loro passi. Il sentiero proseguiva parallelo al torrente, che restava quasi sempre visibile, scomparendo brevemente solo dietro ai tronchi o ai rami sporgenti. Madden non distolse lo sguardo dal corso d'acqua, sapendo che Topper doveva aver seguito quello stesso percorso essendo diretto a Brookham e che qualsiasi cosa avesse trovato non doveva essere distante dall'acqua. «Quanto è grande il bosco, Will?» domandò da sopra la spalla. «Quanto impiegheremo ad attraversarlo?» «Almeno venti minuti. È abbastanza esteso.» Ne erano già trascorsi dieci e non avevano ancora visto alcunché che fosse degno di nota, a parte un guado di pietre che attraversava il torrente e su cui Madden aveva chiesto informazioni. Stackpole gli aveva detto che portava a un sentiero secondario che arrivava alla strada fra Brookham e Craydon. «Quindi Alice Bridger potrebbe essere entrata nel bosco?» Stackpole annuì. «O qualcuno potrebbe avercela portata. Ho preso io stesso quel sentiero insieme agli altri, quando abbiamo perlustrato questa zona.» Non lontano da quel punto la pista cambiava direzione, attraversando il torrente grazie a un'altra serie di pietre e poi allontanandosi apparentemente dal corso d'acqua per penetrare nella foresta. Madden si arrestò. «Topper ha detto lungo il torrente...»
Il poliziotto lo raggiunse. Capì cosa voleva dire Madden. «Si separano solo per poco, signore. Il sentiero e il torrente. Poco più avanti si ricongiungono.» Madden scosse la testa poco convinto. «No, voglio stare vicino all'acqua.» Scrutò il corso del torrente,ma la vista era impedita dalla fitta vegetazione e dai rami sporgenti degli alberi. La pioggia stava aumentando con regolarità, e i tuoni si erano fatti più sonori. Madden rimase fermo qualche istante con le mani piantate sui fianchi, guardandosi intorno. Aguzzò lo sguardo sulla boscaglia che costeggiava il sentiero, osservando le felci e i cespugli nani che riempivano il terreno fra gli alberi. «Guarda...!» Si accovacciò. L'agente sbirciò da sopra la sua spalla «Qualcuno ha abbandonato il sentiero in questo punto, oppure vi è tornato.» Madden indicò una felce spezzata alla base e, poco distante, un ramoscello di quercia piegato di traverso. «Se Topper stava seguendo il torrente e non il sentiero potrebbe essere passato di qui.» «Ma perché l'avrebbe fatto?» Stackpole era confuso. «Non è facile, farsi strada lì dentro.» Indicò la fitta boscaglia. «Non ne ho idea.» Madden si chinò per esaminare il terreno nella speranza di trovare la traccia di un'impronta, ma lo strato di foglie ammuffite era troppo morbido per poterla conservare. Si rialzò. «Will, io proseguo lungo il torrente su questo lato. Tu resta sul sentiero. Se quello che dici è vero, dovremmo incontrarci più avanti.» In circostanze diverse, le sue parole avrebbero potuto provocare un sorriso sul volto di Will Stackpole. Senza saperlo Madden aveva ripreso il suo vecchio ruolo, assumendo il comando. Si stava comportando come l'ispettore di polizia che era stato un tempo. «Va bene, signore. Mi chiami se vede qualcosa.» L'agente attese che il suo compagno si incamminasse nella boscaglia e poi riprese la marcia, attraversando il torrente sulle pietre nel guado e seguendo il sentiero, che inizialmente abbandonava il corso d'acqua ma poi curvava di nuovo e riprendeva a costeggiarlo anche se a una distanza maggiore di prima. Scoprì che, pur essendo ancora in grado di udire lo scrosciare dell'acqua, gli alberi e una barriera di intricati cespugli gli impedivano di scorgerla. «Will?» «Sono qui, signore.» Stackpole si fermò. La voce di Madden l'aveva raggiunto con chiarezza dal lato opposto del torrente. Non era lontano.
«Qualcuno è passato di qui, poco ma sicuro... C'è una specie di sentiero...» Stackpole spostò il rotolo di tela da un braccio all'altro. Attese un istante, poi riprese la marcia, ma dopo pochi passi udì di nuovo la voce di Madden. «Che cosa indossava, Will? Di che colore erano i suoi indumenti?» L'agente rifletté. «Aveva una gonna azzurra, signore. Gonna azzurra, camicetta bianca, scarpe nere.» La bocca secca, attese in preda all'ansia. «Vedo un filo impigliato in un rovo. Potrebbe essere azzurro... è difficile capirlo, con questo buio...» La voce di Madden si affievolì. Poi, all'improvviso, riprese forza: «No, aspetta! C'è qualcos'altro!» Stackpole rimase impietrito, in attesa delle prossime parole di Madden. Le orecchie tese, fissava il fitto muro di fogliame che gli impediva di vedere il torrente, e di lì a poco sprofondò in una sorta di trance che venne bruscamente spezzata quando un fulmine squarciò le nubi basse sopra di lui, seguito quasi immediatamente dall'esplosione di un tuono. L'aria intorno a lui parve emettere una vibrazione, e Will fiutò una zaffata di ozono. Curiosamente, negli ultimi secondi il picchiettio della pioggia sulle foglie sopra di lui era diminuito, ma il cielo continuava a incupirsi. Era come se gli elementi naturali si stessero radunando per scatenare un attacco, e l'agente avvertì un simile accumulo di forze dentro di lui, una marea montante di tormentosa tensione che chiedeva a gran voce uno sfogo. «Will?» «Signore!» Nell'udire il brusco accento della voce di Madden si sentì rizzare i peli sulla nuca e trattenne il respiro. «Non riuscirai mai ad attraversare quei cespugli di agrifoglio, Will. Ti conviene tornare al punto in cui ci siamo separati e rifare il mio percorso.» «Di che si tratta, signore?» domandò con voce strozzata, temendo di udire la risposta. «L'ha trovata, allora...?» I pochi secondi che Madden impiegò a rispondere parvero allungarsi in eterno. Poi, finalmente, parlò. «Sì, Will, l'ho trovata.» Non aggiunse altro. Ma la sua voce diceva tutto. Era stato soltanto per caso che Madden aveva visto il corpo. Poco prima, avanzando lentamente attraverso la boscaglia e i rovi che gli si abbarbicavano addosso, la sua attenzione era concentrata sugli abbondanti segni che una o più persone erano passate di lì: ramoscelli spezzati e
felci piegate all'indietro e calpestate evidenziavano il varco che qualcuno si era aperto a forza nel sottobosco. L'intrusione sembrava recente (alcuni dei ramoscelli spezzati erano verdi e ancora umidi di resina), e probabilmente si era verificata nel corso delle poche ore precedenti. Un esame più approfondito avrebbe potuto dirgli qualcosa di più, ma non c'era tempo da perdere e Madden aveva proseguito lungo il corso d'acqua finché la sua attenzione non era stata attirata dal filo di lana impigliato in un rovo all'altezza della vita. In quel caso si era fermato a esaminarlo, ma l'oscurità causata dal temporale in arrivo era tale da impedirgli di stabilirne con sicurezza il colore, e aveva deciso di lasciarlo dove si trovava. Fino a quel momento aveva tenuto il torrente sempre in vista, malgrado le apparizioni dell'acqua fossero intermittenti e ostacolate dalla fitta vegetazione che si arrampicava sugli argini. Ma poco più avanti un varco improvviso fra i cespugli gli aveva offerto una vista più chiara del corso d'acqua. Si trovava sul limitare di un piccolo rettangolo di terreno cosparso di foglie che confinava con il torrente, la cui riva opposta era nascosta dai rami sporgenti di un salice dietro il quale, poco più in alto sull'argine, un muro di agrifogli formava una barriera impenetrabile. Riparato dalla pioggia e dal sole grazie al ramo di una quercia, gli era parso un luogo tranquillo, e stava osservando un cerchio irregolare di sassi ricoperti d'erba a un'estremità del rettangolo, chiedendosi se fossero stati sistemati lì da mano umana, quando il suo sguardo era stato attirato da un altro oggetto sul terreno, più vicino al punto in cui si trovava. «No, aspetta!» aveva gridato all'agente. «C'è qualcos'altro!» Ciò che stava guardando non era altro che una foglia di quercia, e aveva impiegato qualche istante prima di capire il motivo per cui la stava fissando. Il colore, marrone scuro nella luce tetra, stava cominciando a stemperarsi. Madden si era immediatamente accovacciato e aveva raccolto la foglia con delicatezza, reggendola per il gambo. La patina che ne ricopriva la superficie era stata diluita dalle gocce di pioggia; la crosta secca stava tornando alla sua forma liquida. Madden non aveva il minimo dubbio su cosa fosse. Guardandosi intorno aveva visto altre chiazze di sangue, altre foglie che evidenziavano i segni rivelatori. Anche l'erba verde mostrava minuscole chiazze color ruggine.
Indietreggiando leggermente fra i cespugli, Madden si era messo a quattro zampe e aveva abbassato la testa in modo da poter esaminare con attenzione il terreno, ed era stato mentre si trovava in quella posizione, come un segugio intento a seguire un odore, che aveva visto sbucare da sotto i rami del salice sulla riva opposta del torrente, allo stesso livello dei suoi occhi, un piede calzato. L'istante successivo un fulmine aveva squarciato il cielo sopra di lui, seguito a ruota dal tuono. Prima ancora che l'ultima eco del boato si fosse spenta, Madden era scattato in piedi, si era tolto scarpe e calze e aveva guadato il corso d'acqua gelida e alta fino alle caviglie, giungendo sulla riva opposta. Scostando le fronde cadenti del salice aveva trovato il corpo di una bambina disteso su un fianco in una stretta lingua di terra. Senza speranza si era chinato su di lei e aveva tastato il sottile polso bianco che giaceva sul fianco della piccola. Non c'era alcuna pulsazione. Era morta. Era stato allora che Madden aveva chiamato Stackpole. Durante il loro scambio verbale, i suoi occhi si erano dati da fare. La posizione del corpo, incagliato sotto una sporgenza dell'argine e protetto dai rami cadenti del salice, indicava che l'assassino aveva cercato di nasconderlo. E avrebbe potuto restare celato più a lungo, pensò Madden, se un pezzo della sponda su cui giaceva non si fosse sgretolato, cadendo in acqua e facendo sì che il piede della bambina scivolasse allo scoperto. Era quella la posizione in cui Topper l'aveva trovata? Le aveva tolto lui stesso la scarpa? Sembrava improbabile. La causa della morte sarebbe stata determinata in seguito da un'autopsia, ma a giudicare dai capelli intrisi di sangue che le coprivano il volto sembrava aver subito un colpo alla testa, e le tracce indicavano che l'aggressione fosse avvenuta sull'erba insanguinata alle sue spalle... Madden continuò con calma a prendere i suoi appunti mentali, consapevole che stava agendo per abitudine, comportandosi come un tempo era addestrato a fare, tenendo le proprie emozioni separate dal processo di osservazione. Ma il suo autocontrollo lo abbandonò un attimo dopo, quando scostò i capelli intrisi di sangue per guardare il volto della bambina. «Mio Dio!» Un rantolo di orrore gli sfuggì dalle labbra. Avvezzo alla morte violenta, Madden aveva visto più di una vittima di omicidio crudelmente massacrata, e nel corso di due anni in trincea era stato testimone di indescrivibili ferite: aveva visto corpi lacerati, scorticati, fatti a pezzi. Ma nulla l'aveva preparato alla visione del volto di Alice Bridger, ridotto a una rossa poltiglia in cui non restava alcuna traccia di fat-
tezze umane. Mentre lo fissava incredulo udì la voce di Stackpole che lo chiamava dalle vicinanze. «Ci sto arrivando, signore?» «Continua a seguire il torrente, Will.» Chissà come, trovò la forza di parlare. «Ci arriverai. Ma sbrigati, fra un minuto verrà il diluvio.» Mentre parlava un altro tuono rimbombò come una grancassa e la pioggia aumentò di intensità. Madden scoccò un'occhiata inquieta al torrente in cui si trovava. La lingua di terra su cui giaceva il corpo della bambina era stata già intaccata dall'acqua, e non c'era modo di sapere quanto il livello del fiumiciattolo sarebbe aumentato a causa del diluvio che minacciava di scendere. Si chinò rapidamente per studiare il corpo, prendendo nota della sua posizione e badando ai dettagli. La gonna azzurro pallido sollevata attorno ai fianchi era imbrattata di sangue, così come le cosce bianche. Chiazze scure che si stavano trasformando in lividi si stagliavano sulle piccole natiche nude. Nell'acqua ai piedi di Madden erano sparpagliati sassi e pietre, e Madden immaginava che uno di essi potesse essere stato usato come arma. In quel caso, l'acqua doveva avere ormai cancellato ogni traccia. Esaminando la posizione del corpo si rese conto che aveva potuto osservare gli effetti di ciò che era stato fatto al volto della piccola poiché la sua testa era girata in una posizione innaturale. Probabilmente aveva il collo spezzato. Era stato in quel modo che era morta? Madden lo sperava. Il pensiero che potesse essere stata viva e cosciente quando la pietra era stata sollevata sopra la sua testa era quasi insostenibile. «Ah, Cristo, no!» Madden si guardò alle spalle. L'alta sagoma di Will Stackpole era sbucata dai cespugli sulla riva opposta. L'acqua sgocciolava dalla pesante mantella blu del poliziotto. Il suo sguardo si trattenne sulla patetica figura accartocciata dietro i rami scostati del salice. «Che cosa le ha fatto?» Indicò. «È la sua faccia, quella?» «Sì, gliel'ha massacrata. Dio sa perché.» Madden lasciò ricadere i rami, nascondendo il corpo alla vista. Pallido sotto il suo elmetto, Stackpole non si mosse. Sembrava incapace di assorbire ciò che aveva visto. «C'è del sangue sull'erba, Will», indicò Madden. «Ti conviene tenertene alla larga. Probabilmente è stata uccisa lì. E stuprata, a giudicare dalle apparenze.» Le parole che aveva scelto, tanto quanto il tono brusco con cui le aveva pronunciate, servirono a riportare l'agente alla realtà. Ascoltò quello che
gli stava dicendo Madden. «Possiamo proteggere il prato o cercare di coprire il corpo. Ma non entrambe le cose.» Annuendo per mostrare che aveva capito, Stackpole alzò gli occhi al cielo. Malgrado la pioggia stesse cadendo sempre più fitta, il temporale non li aveva ancora colpiti con tutta la sua forza. L'agente si sfilò il telone da sotto il braccio. Incapace di prendere una decisione, spostò lo sguardo dal punto in cui giaceva il corpo all'erba ai suoi piedi e poi di nuovo sul torrente. Una raffica improvvisa di pioggia gli sferzò il volto. «Lei che ne pensa, signore?» Il suo sguardo era implorante. Madden rispose aggrottando la fronte. «Il livello del torrente salirà, quindi dovremo comunque spostare il corpo.» Esitò, soppesando mentalmente la questione. «Copriamo l'erba», decise. Mentre Stackpole si occupava di srotolare il telo, Madden riattraversò il corso d'acqua, raccolse alcuni sassi dal letto e li posò insieme all'agente agli angoli del telo, che la pioggia aveva preso ormai a tempestare con regolarità. «I poliziotti di Guildford non arriveranno mai qui da soli. Dovrò andarli a prendere.» Madden dovette gridare per farsi udire al di sopra di una raffica di tuoni mentre lottava per rimettersi calze e scarpe, tenendosi in equilibrio prima su un piede e poi su un altro. Dopo essere rimasto così a lungo nell'acqua gelida, non sentiva più le dita dei piedi. «Tieni d'occhio il torrente, Will. Una volta che l'acqua avrà cominciato a salire, non avrai molto tempo.» Attese un altro istante guardandosi intorno, combattuto fra la necessità di affrettarsi a chiamare gli investigatori e il compito altrettanto importante che si era assunto, quello di cercare qualsiasi indizio che l'assassino poteva aver lasciato, prove che il temporale ormai esploso avrebbe potuto cancellare o trascinare via. Mentre se ne stava lì in piedi, rabbrividendo nella sua fradicia giacca di tweed, una cortina di pioggia si riversò sul bosco, sommergendolo nel giro di un secondo con una nebbia di spruzzi e gocce che penetravano dal fragile tetto di foglie. Sorpreso dal diluvio, Madden fece scorrere di nuovo lo sguardo sul cerchio di pietre che aveva notato in precedenza. Negli ultimi minuti gli era venuta in mente una risposta al quesito che si era posto fin da quando era entrato nel bosco, e ora si guardò intorno alla ricerca di altri indizi che potessero confermarla. Ma la sua ispezione della scena offuscata dalla pioggia era appena cominciata quando venne interrotta da un grido di Stackpo-
le. Alzò gli occhi appena in tempo per vedere l'agente tuffarsi nel torrente con gli stivali ancora ai piedi. Proprio come aveva previsto, il livello dell'acqua era aumentato con rapidità allarmante, e Stackpole, già immerso fino alle ginocchia nella corrente schiumante, si stava sforzando di restare in piedi mentre si toglieva la mantella. «Passala a me, Will!» Madden raggiunse la riva in un istante e rimase in attesa mentre il poliziotto scostava i rami del salice e sollevava il corpo minuto di Alice Bridger dall'acqua che lo lambiva, lo avvolgeva nella mantella e si girava in precario equilibrio per passargli il fagotto. Anche avvolto nel pesante tessuto impermeabile, il corpo della bambina era un fardello irrilevante. Indietreggiando con cura per evitare di calpestare il telo, Madden lo posò a terra accanto a esso. La mantella si scostò, e la vista delle fattezze distrutte della bambina lo colpì di nuovo. La ricoprì frettolosamente. Stackpole, nel frattempo, era uscito dal torrente e si stava scuotendo come un cane mentre una cascata d'acqua colava dal suo elmetto. Aggirò a passi lievi il fazzoletto di terra, cercando di non lasciare impronte sull'erba fradicia, e raggiunse Madden al limitare dei cespugli. Osservarono la corrente, che aveva ormai coperto la sporgenza su cui giaceva il corpo e minacciava già di allagare la riva dove si trovavano loro e il telo. «Sembra che potremmo perdere tutto, signore.» Stackpole strizzò i risvolti dei suoi pantaloni, che aderivano agli scarponcini fradici. «No, Will, non penso. Sta passando, guarda.» Madden indicò il cielo, che si stava rasserenando in fretta. Anche la pioggia stava diminuendo in modo visibile, e all'improvviso, senza alcun preavviso, cessò. La luce del sole fece capolino da dietro le nubi sempre più rade, stendendo sul bosco e sulla rapida corrente del fiumiciattolo la soffusa luce della sera. Il silenzio intorno a loro era invaso dagli sgocciolii. L'agente estrasse di tasca un fazzoletto e si asciugò il viso. «Stava andando a chiamare gli investigatori, signore?» «Sì, fra un momento.» La mente di Madden era tornata a concentrarsi sul problema con cui era alle prese poco prima. Guardandosi intorno, aveva posato gli occhi su una betulla fuori dal cerchio di cespugli il cui pallido tronco era parzialmente nascosto dalla boscaglia. La indicò. «Voglio solo dare un'occhiata a quella.» Confuso, l'agente lo seguì percorrendo il perimetro del prato fino a raggiungere la betulla, dove Madden si accovacciò e scostò i rami di un alloro
nei pressi dell'argine. «Sì! Ecco... guarda, Will!» Sbirciando sopra la spalla di Madden, Stackpole vide che il tronco era segnato da incisioni, strani disegni runici realizzati con un coltello o un altro strumento appuntito. «Sono opera dei vagabondi. Questo è uno dei loro bivacchi. Ecco perché Topper ha abbandonato il sentiero. Stava venendo qui...» Madden spostò il peso da una gamba all'altra e indicò alle proprie spalle con il pollice. «Quel cerchio di sassi sul terreno è il punto in cui accendono il fuoco. Non lo si può vedere perché l'erba è cresciuta fino a coprirlo. Ma guarda questi segni... quello è di Topper.» Socchiudendo gli occhi, l'agente riconobbe l'incisione di una croce circondata da un rozzo cerchio sul tronco della betulla. «È un biglietto da visita. Il segno che è stato qui. Esattamente come gli altri.» Stackpole fece scorrere le dita sui solchi filiformi. «Ma sono vecchi, signore, direi che non ce n'è uno fatto quest'estate...» «Eccetto questo.» Madden indicò un simbolo intagliato nel tronco decisamente più in basso degli altri. Era un triangolo attraversato da una linea. «Sì, questo è recente», ammise Stackpole. Lo studiò meglio. «La superficie è appena stata scortecciata. Il legno è ancora bianco. Diamine, potrebbero averlo fatto oggi stesso...» «Probabilmente è così.» Madden si rialzò. «Topper ha detto a Helen che avrebbe dovuto incontrare qualcuno da queste parti, un certo Beezy, probabilmente un altro vagabondo. Questo potrebbe essere il suo segno.» «Intende dire che questo Beezy potrebbe essere stato qui?» Stackpole spostò lo sguardo dal tronco intagliato al punto in cui giaceva il corpo della bambina, avvolto nella sua mantella. Quando il significato di ciò che stava dicendo gli divenne chiaro, la sua espressione mutò. Madden annuì. «Era qui eccome, a giudicare dalle apparenze. La questione è, dove si trova adesso?» 4 La mattina dopo, convocata prima dell'alba da una levatrice per un parto, Helen rientrò a casa soltanto dopo le nove. Venti minuti prima Will Stackpole aveva chiamato con le notizie apprese al telefono dalla polizia di Guildford, e Madden le riferì a sua moglie mentre consumavano una tarda
colazione nella sala da pranzo rischiarata dal sole. «Non hanno ancora ricevuto il referto del patologo, ma non sembrano esserci dubbi che sia stata stuprata e strangolata. Il medico della polizia ha confermato ciò che pensavo: aveva il collo spezzato. È morta così.» I segni della notte insonne sul volto del marito riportavano Helen a più di un decennio prima. Era stato un altro caso di omicidio, il brutale massacro di un'intera famiglia avvenuto proprio a Highfield nel 1921, a dare origine alla loro unione, e il cipiglio preoccupato di Madden era un tetro ricordo di quei giorni terribili. «Come interpreteranno il modo in cui l'assassino le ha ridotto il volto, non ne ho idea. A me è sembrato deliberato.» «Deliberato?» «Sistematico. Ho dato solo un'occhiata, ma mi è parso che abbia voluto distruggere le sue fattezze. Cancellarle.» Madden posò la tazza. «Il padre ha visto il corpo stamattina. È crollato, pover'uomo.» La sera prima erano rientrati tardi da Brookham. Il buio era calato prima ancora che Madden facesse ritorno da Capel Wood, e Helen aveva voluto portarlo subito a casa e fargli togliere gli indumenti bagnati. Aveva trascorso le ore precedenti nella cucina degli Henshaw, tenendo compagnia a Topper, ma in due occasioni aveva visitato il cottage dei Bridger, dove la madre della bambina scomparsa era sprofondata in un sonno agitato grazie al sedativo che le era stato somministrato. Da parte sua, il signor Bridger l'aveva rifiutato. Helen l'aveva trovato seduto con i vicini nel salotto immerso nella penombra, un uomo basso e tozzo dai capelli radi e dal volto pallido tormentato da paure inespresse. Alice, aveva saputo, era figlia unica. «Ho sentito che sono arrivati dei poliziotti da Guildford e che sono andati da qualche parte», le aveva chiesto Bridger in tono ansioso quando si era presentata da loro. «Ne sa qualcosa, dottoressa Madden?» Il suo sguardo implorava una risposta sincera, ma Helen aveva potuto soltanto tergiversare. «Per la verità no, signor Bridger, ma mio marito dovrebbe essere di ritorno da un momento all'altro. È con l'agente Stackpole. Potrebbero avere qualche notizia.» Di fatto, Madden era rientrato in auto da solo, lasciando Stackpole con i due investigatori che aveva incontrato al limitare del bosco e aveva condotto sul luogo del delitto. Su loro pressante richiesta aveva chiamato il quartier generale della polizia del Surrey e chiesto che un patologo e una
squadra della Scientifica venissero inviati a Brookham senza indugi insieme a un'ambulanza e ad altri agenti in uniforme equipaggiati con lanterne e torce in modo da cominciare subito una perlustrazione del bosco. «E i Bridger?» aveva domandato a Helen. Erano l'uno accanto all'altra nel piccolo corridoio del cottage degli Henshaw, dove si trovava il telefono. «Cosa gli è stato detto?» «Niente, per quanto ne sappia.» Sconvolta dalle notizie che suo marito aveva riportato da Capel Wood, Helen desiderava soltanto riportarlo a casa. Intuendo le sue intenzioni, gli aveva posato una mano sul braccio. «Lascia che se ne occupi la polizia, caro. Non ti riguarda più.» Madden, tuttavia, aveva rifiutato di lasciarsi distogliere dal suo programma. «Bisogna informarli», aveva insistito. «Non possono esserne lasciati all'oscuro. Non è giusto. Chissà a che ora tornerà la polizia.» E così lei l'aveva accompagnato al cottage dei Bridger, lasciandolo in cucina ad aspettare mentre andava a cercare il padre della bambina assassinata, rimpiangendo di non poter alleviare il fardello che si era accollato. Qualche minuto dopo, dal giardino, attraverso la finestra illuminata aveva osservato suo marito pronunciare parole che non poteva udire e aveva visto l'altro uomo calarsi con violenza le mani sulle orecchie come in preda a uno spasimo e posare la testa sul tavolo davanti a sé come per un sacrificio. Ora, incrociando lo sguardo di Madden, Helen sorrise nella speranza di allontanare il suo cattivo umore. «Che ne è stato di Topper?» domandò. «La polizia lo sta ancora trattenendo?» «Ha passato la notte in cella a Guildford. Solo su loro invito, bada bene, visto che non avevano il diritto di trattenerlo, ma la cosa sembra avergli sciolto la lingua. Ha detto tutto ciò che sapeva ed è stato rilasciato stamattina. Ha l'ordine di presentarsi all'inchiesta giudiziaria venerdì.» «Lo farà?» Helen sembrava scettica. «Ne dubito. Per citare Will, è più probabile che a quel punto si trovi già in un'altra contea. A meno che non passi a salutarti, naturalmente.» «Se non lo farà, ne rimarrò ferita.» Le sue parole portarono un sorriso sulle labbra di Madden, proprio come lei aveva sperato, e risero insieme. Il vecchio vagabondo era comparso nelle loro vite diversi anni prima, bussando alla porta di servizio un pomeriggio d'estate, uno fra i tanti esponenti della legione di senzatetto: barboni, accattoni, uomini senza fissa dimora nel linguaggio dei tribunali, il cui numero era enormemente aumen-
tato negli anni della Depressione. La cuoca dei Madden, la signora Beck, aveva l'ordine di offrire cibo e bevande a tutti coloro che si presentavano. Farli entrare o meno in cucina dipendeva da lei, ma quel pomeriggio Helen era tornata a casa dal suo giro di visite e aveva trovato Topper seduto al tavolo con il cappello accanto a sé e il suo fagotto sul pavimento, intento a maneggiare coltello e forchetta sotto lo sguardo di approvazione della cuoca. Al suo ingresso si era alzato e si era esibito in un raffinato inchino. «Un vero gentiluomo, questo, signora», aveva approvato soddisfatta la signora Beck. Chiedendo che il suo tè le venisse servito in cucina, Helen si era seduta con il vecchio, ottenendo da lui poco più di un nome e di qualche racconto sui suoi recenti spostamenti ma sentendosi attratta dalla polverosa figura segnata dai viaggi e dall'assurdo abbigliamento. Malgrado Topper non le avesse detto nulla di sé, né allora né in seguito, Helen era rimasta colpita dal suono della sua voce sommessa e dai suoi modi gentili. I suoi occhi grigi, cercando quelli di lei attraverso il tavolo con sguardi timidi e sfuggenti, raccontavano una storia di dolore e di perdita, di un passato a cui non avrebbe mai potuto far ritorno. Quando Topper aveva terminato il pasto, Helen gli aveva spiegato come raggiungere la loro fattoria e gli aveva consegnato un biglietto per suo marito. Topper era rimasto una settimana, dando una mano con la mietitura e dormendo in un angolo del granaio. La mattina in cui se n'era andato, la signora Beck aveva trovato sui gradini dell'ingresso di servizio un vecchio barattolo di marmellata pieno di licnidi rosa e di germogli gialli di iperico raccolti dalle siepi. Infilato sotto il barattolo c'era un pezzetto di carta con un messaggio scarabocchiato a matita: Per la signora. La cuoca aveva mostrato il barattolo a Helen durante la prima colazione, aprendosi in un sorriso. «A quanto pare ha fatto una conquista, signora.» «Cos'ha detto Topper?» domandò ora Helen a Madden. «Ha detto che era entrato nel bosco dalla nostra stessa parte, dai campi, e aveva abbandonato il sentiero per raggiungere quel bivacco di cui ti ho parlato. Molti di quei vecchi vagabondi hanno luoghi isolati in cui nascondersi per un po'. Amano tenerli segreti, specialmente se si trovano in proprietà private. Capel Wood appartiene all'agricoltore per cui lavora Bridger. Topper ha detto alla polizia che erano anni che usava quel luogo. Quando vi è arrivato ieri ha visto la scarpa sulla riva opposta. Poi ha visto il piede della bambina.» «È un miracolo che non sia fuggito all'istante.»
«Avrebbe facilmente potuto farlo», convenne Madden. «Doveva essere terrorizzato. Invece ha raccolto la scarpa e l'ha portata a Brookham. È stato un gesto coraggioso.» Rivolse un altro sorriso a sua moglie. «E la polizia come ha reagito? Gli credono?» «Oh, penso di sì. Ma volevano saperne di più su quel Beezy. A sentire Topper, si sono conosciuti l'inverno scorso in un dormitorio pubblico di Londra. La base estiva di Beezy di solito è il Kent, dove trova lavoro durante la raccolta del luppolo. Ma quest'anno, per qualche motivo, ha deciso di unirsi a Topper e di scendere nel Surrey. Stavano venendo verso di noi: Topper ha detto alla polizia che tu lo stavi aspettando. 'Non potevo piantare in asso la dottoressa Madden', ha detto.» «E ha ragione.» Helen annuì con decisione. «Ma Beezy si è ammalato mentre svolgevano qualche lavoretto in una fattoria nei pressi di Dorking. Ha preso la bronchite e per una settimana è rimasto nel granaio della fattoria. La moglie del fattore si è presa cura di lui. Topper ha proseguito, avendo saputo che c'era lavoro a Coldharbour, ma avevano stabilito di rivedersi questo fine settimana. Topper gli ha spiegato come arrivare a Capel Wood e come trovare il bivacco.» «Ma lui non ci è mai arrivato, giusto? Beezy, intendo dire?» «Invece sì.» Aggrottando la fronte, Madden posò la sua tazza di caffè. «Ho visto il suo simbolo al bivacco.» «Il suo simbolo?» «Molti di questi vagabondi hanno un loro segno personale. Li intagliano sugli alberi nei luoghi d'incontro.» «Ah, quelli.» Helen annuì. «Topper usa una croce all'interno di un cerchio. Prosegui.» «Ho notato diverse incisioni sul tronco di una betulla accanto al bivacco, ma una sola era fresca: un triangolo attraversato da una linea. A sentire Topper, è il segno di Beezy.» Helen assorbì l'informazione in silenzio mentre tornava a riempire le tazze. «Dunque, se Beezy è stato lì prima che Topper trovasse la scarpa della bambina, vuol dire che è un sospetto», disse. «È inevitabile, temo.» Madden aggrottò la fronte fissando la tovaglia davanti a sé. Si portò una mano alla fronte, dove una pallida cicatrice irregolare, il ricordo di un proiettile di artiglieria durante la guerra, spiccava sulla carnagione abbronzata. Ignaro che così facendo stava segnalando la propria preoccupazione a sua moglie, la toccò con la punta delle dita. «Sarai lieta di sapere che Topper è stato scagionato», proseguì. «Ieri pomerig-
gio ha preso un passaggio su un camion da Coldharbour a Shamley Green. La polizia ha già parlato con il camionista: Topper non sarebbe potuto arrivare a Capel Wood prima delle tre, e cioè ore dopo la scomparsa di Alice Bridger.» «La sola idea!» Il tono di sdegnoso rifiuto di sua moglie riportò il sorriso sulle labbra di Madden. Ciò malgrado Helen vide che nei suoi pensieri restava una preoccupazione inespressa, e l'avrebbe interrogato più a fondo se lo sguardo del marito non si fosse spostato proprio in quel momento sulla finestra aperta dietro di lei. «Guarda, è Rob», disse Madden indicando con la tazza. «È stato su nei boschi?» «È uscito di casa insieme a me.» Girandosi sulla sedia, Helen seguì lo sguardo del marito attraverso la terrazza soleggiata, giù per il lungo prato fino al frutteto ai piedi del giardino, dove il figlio, un bimbo di dieci anni, in pantaloncini corti, stava emergendo dagli alberi con in mano una lampada della polizia. «Mi ha detto che Ted Stackpole voleva mostrargli una tana di tassi che aveva scoperto. Pensavano che arrivandovi prima dell'alba avrebbero potuto vedere i piccoli.» Madden grugnì, osservando la faticosa avanzata della piccola figura sul prato in salita. «Per un po' dovranno smettere», disse a malincuore. «Non possiamo lasciare che si aggirino soli per i boschi. Non in questo momento.» Incrociò lo sguardo di Helen. «Quando arriva gli dirò dell'omicidio. E lo dirò anche a Lucy. Nel villaggio si spargerà la voce. Meglio che lo sappiano da me.» 5 Malgrado Brookham distasse solo otto chilometri, il tragitto lungo le strette strade di campagna percorse dai mezzi agricoli era lento, e Madden impiegò quasi venticinque minuti per giungere a destinazione. Un'auto della polizia senza contrassegni parcheggiata sul margine erboso della strada davanti ai cottage segnalava la presenza degli investigatori nel villaggio. Probabilmente vi sarebbero rimasti a lungo. A meno che le procedure fossero cambiate dai suoi tempi, Madden sapeva che dopo un crimine di quella natura tutti gli abitanti del luogo dovevano essere interrogati. La polizia avrebbe voluto conoscere ogni loro movimento e sapere se fosse stato visto qualche sconosciuto nelle vicinanze. Il ritorno di Madden a Brookham non era programmato; era una sorpre-
sa, perfino per lui stesso. Malgrado avesse scambiato soltanto poche parole con gli uomini del CID, il Dipartimento Indagini Criminali, inviati il giorno prima da Guildford, aveva promesso una deposizione e quella mattina, prima di colazione, aveva già steso un rapporto completo su ciò che aveva visto e aveva fatto dal momento in cui lui e Will Stackpole avevano messo piede a Capel Wood. Completato il rapporto, non aveva alcun motivo per tornare a Brookham. La deposizione avrebbe potuto essere trasmessa al quartier generale della polizia del Surrey. Ma in John Madden era rimasto abbastanza del vecchio poliziotto da far sì che non si accontentasse di ciò. Un fastidioso senso del dovere, la sensazione di un lavoro svolto solo a metà, l'aveva perseguitato sin da quando se n'era andato da Brookham, e quella notte aveva passato diverse ore insonni ripassando gli avvenimenti relativi alla scomparsa della bambina e richiamando alla mente ogni dettaglio della scena del delitto. La mattina non aveva portato alcun sollievo, e Madden si era alzato provando il peso di un senso di colpa che all'inizio aveva imputato alla propria incapacità di capire il significato degli indizi evidenti a prima vista. L'istinto, affinato in passato e ancora presente, gli diceva che la scena del delitto aveva da offrire più di quanto fosse riuscito a dedurre fino a quel momento. Ma per quanto quella considerazione lo turbasse, non era niente in confronto al disagio che provava, un disagio che sembrava avere radici più profonde ed essere collegato all'orribile immagine del volto sfigurato di Alice Bridger. Ciò nonostante, Madden non aveva in programma di immischiarsi in quella che ormai era un'indagine poliziesca né di modificare la sua routine, ed era partito con l'intenzione di passare la mattinata alla fattoria come suo solito. Era stato soltanto dopo che Helen si era recata al suo studio e che lui stesso era uscito di casa che un impulso improvviso l'aveva spinto a cambiare direzione, a imboccare la strada che varcava il lungo crinale boscoso chiamato Upton Hanger, ai piedi del quale si accoccolava Highfield, e a percorrere stradicciole serpeggianti e costeggiate di siepi per fare ritorno a Brookham. Osservato da Madden, Galloway raccolse un grosso sasso dal letto del torrente e lo esaminò con attenzione, studiandolo da sopra gli occhiali di corno. Corpulento e paonazzo in volto per lo sforzo, indossava un paio di stivaloni da pesca ed era immerso fino agli stinchi nella corrente. «Ho pensato anch'io che poteva aver usato un sasso», osservò Madden
dall'argine. «Ma poi mi sono detto...» «Ti sei detto cosa, John?» Peter Galloway alzò gli occhi con espressione interrogativa. Era il capopatologo dell'ospedale di Guildford. Madden lo conosceva tramite Helen. «Ha fatto un lavoro così completo sulla faccia che penso possa aver usato un attrezzo. Magari un martello?» Era la prima volta che formulava il pensiero che l'aveva tormentato nel corso della lunga notte: l'idea a malapena credibile che l'assassino potesse avere con sé uno strumento per distruggere un volto umano. «Si dà il caso che potresti avere ragione.» Respirando a fatica, Galloway gettò via la pietra che reggeva in mano e si piegò alla ricerca di un'altra. Il suo abito di tweed era sgualcito come se vi avesse dormito. «Ho passato metà della notte in bianco a cercare di determinare proprio questo sulla base delle prove disponibili, vale a dire la carne spappolata. Ma non ho raggiunto alcuna conclusione. E così, dopo averla fotografata, ho ordinato a un assistente di rimuoverla mentre io venivo qui. Al mio ritorno ho intenzione di esaminare la struttura ossea, o quel che ne è rimasto, per vedere se riesco ad arrivare a un verdetto più preciso. Sono queste le gioie della vita per un patologo. Ti dispiace?» Stanco della sua ricerca, tese una mano e con l'aiuto di Madden riportò la sua pesante mole sull'argine, dove si fermò oscillando goffamente negli stivaloni e ansimando. «Se posso dirlo, è il peggior caso di questo genere che abbia mai visto», proseguì dopo aver ripreso il fiato. «Non è rimasto niente delle sue fattezze. Grazie a Dio, quelle ferite sono state inferte dopo la morte.» «Mi hanno detto che è stata strangolata. È così, vero?» Madden aveva bisogno di rassicurazioni, e Galloway annuì. «La causa del decesso è asfissia. Certo, le ha anche spezzato il collo. Nello stesso tempo, forse. Difficile esserne sicuri. Quando il corpo è arrivato da me, il rigor mortis era già avanzato. Direi che è morta fra le dodici e le due, non più tardi.» Trattenne uno sbadiglio. «Già che dovevo venire sul posto, ho pensato di esaminare qualche sasso. Alcuni dei colpi sembrano indicare una forma. Ma l'istinto mi dice che è un vicolo cieco. È più probabile che abbia usato un martello.» Madden si guardò intorno. Al suo ritorno a Capel Wood aveva trovato il bivacco segreto di Topper trasformato in un formicaio di attività, con non meno di quattro uomini in borghese intenti a perlustrare il fazzoletto di erba fradicia che la sera prima lui e Stackpole avevano cercato di coprire e a esaminare la riva opposta, dov'era stato nascosto il corpo. Le loro attività,
dirette da Galloway, erano coordinate da un quinto investigatore, il responsabile delle indagini del CID, che aveva salutato calorosamente l'arrivo di Madden. «Signor Madden, signore! Speravo proprio che passasse. Mi chiamo Wright. Ispettore investigativo.» Si erano stretti la mano. Non si conoscevano, ma il nome e il volto di Madden erano ben noti ai membri della polizia del Surrey; anche gli altri uomini avevano interrotto le loro attività per salutarlo, togliendosi il cappello in segno di rispetto. Fra loro c'erano i due giovani investigatori che Madden aveva conosciuto la sera prima e che aveva accompagnato sulla scena del delitto. «Ci sono alcuni dettagli che ho bisogno di ripassare con lei, signore.» Wright aveva un modo di fare sicuro e dinamico. Era sulla quarantina, magro, muscoloso e leggermente stempiato. «La posizione del corpo quando l'ha trovato, per esempio. Prima che lei e l'agente foste costretti a spostarlo. Cose di cui avrò bisogno per il mio rapporto e per l'inchiesta. Immagino che sappia cosa intendo.» In tutta risposta Madden gli aveva consegnato la deposizione scritta che aveva portato con sé. «Ogni cosa è qui dentro, ispettore. Ho scritto tutto ciò che ho visto prima del temporale. Leggendolo prima risparmierà del tempo. Se poi avrà altre domande, sarò a sua disposizione.» «Grazie, signore. Lo farò subito, se non le dispiace.» Mentre l'ispettore leggeva la sua deposizione, Madden aveva rivolto l'attenzione alla scena che lo circondava. Al suo arrivo aveva lasciato l'auto accanto ai covoni, dove due veicoli della polizia erano parcheggiati l'uno dietro l'altro, e aveva proseguito a piedi nel bosco, abbandonando il sentiero nello stesso punto del giorno prima e seguendo la pista ormai abbondantemente calpestata fino alla scena del delitto. Avvertiva che in quel luogo c'era ancora qualcosa da scoprire, anche se il suo aspetto era enormemente cambiato nel giro di poche ore. Il torrente schiumante e il cielo scuro e striato di pioggia del giorno prima erano scomparsi. Ora il gorgoglio del corso d'acqua si udiva a malapena, coperto dal gioioso schiamazzare degli uccelli che echeggiava dal bosco. E la boscaglia era immobile, indisturbata dalia brezza che muoveva le cime degli alberi. Lo sguardo di Madden si posò su una valigetta di pelle che giaceva aperta sul terreno. Era piena di bottigliette di vetro etichettate, frutto, supponeva Madden, dell'attività mattutina degli investigatori. Galloway, notando la sua occhiata, indicò il terreno.
«Avete fatto un ottimo lavoro con quel telo, tu e l'agente. Grazie a voi possiamo dire con certezza che l'aggressione si è verificata qui, in questo punto preciso. Ho raccolto un bel po' di campioni di sangue dall'erba. Dovranno essere esaminati, ovviamente, ma non ho dubbi che il sangue provenga dal corpo della bambina. Nonché i frammenti ossei. Ho fatto anche raccogliere manciate di terra», soggiunse indicando diverse buche scavate nel rettangolo erboso, «che andranno al laboratorio governativo per le analisi. Deve aver perso molto sangue, gran parte del quale è stata probabilmente assorbita dal terreno.» I pensieri di Madden avevano preso una direzione parallela. «Doveva aver bisogno di un posto come questo, giusto? Isolato, intendo dire.» Per un attimo venne distratto dalla comparsa improvvisa di un martin pescatore che sfrecciò davanti a loro come un fulmine azzurro lasciandosi dietro il suo caratteristico chii-chii. Galloway, nel frattempo, sembrava aver trovato sgradevole l'immagine evocata dal suo interlocutore. Fece una smorfia. «Considerato quello che aveva in mente, direi di sì», rispose. «Stupro. Omicidio. E quello che dopo ha fatto al suo volto. No, non doveva desiderare un pubblico.» «Stavo pensando la stessa cosa, signore.» Wright alzò gli occhi dalla deposizione che stava leggendo. «Conosceva già questo posto, giusto?» Madden gli rivolse un'occhiata interrogativa. «Il barbone, signore. Beezy. Possiamo stabilire che è stato qui prima che l'altro trovasse il corpo... come si chiama, Topper? L'incisione sull'albero...» Indicò la betulla lungo la riva del torrente. «Dobbiamo ringraziare lei, signor Madden. Non sono sicuro che l'avremmo notata. O che avremmo capito cosa significa.» Insensibile all'elogio, Madden si accigliò. «Quindi considerate Beezy un sospetto?» «Be', sì, signore... fino a prova contraria. È la possibilità più logica. Non abbiamo ancora avuto segnalazioni su altri estranei nella zona, soltanto automobilisti di passaggio, il solito traffico della domenica. E anche se non possiamo escludere che sia stato un abitante del luogo, sono incline a dubitarne. Era domenica, penso verrà fuori che erano quasi tutti a casa e che sono in grado di provarlo.» «Dunque, se ci fosse stato un estraneo nei paraggi, è poco probabile che sia stato visto», obiettò Galloway. Wright si strinse nelle spalle. Sembrava più interessato al parere di Madden, che non era stato ancora espresso.
Galloway insistette. «Non trova strano che abbia cercato di nascondere il corpo in un luogo nel quale aveva già lasciato il proprio segno?» «Sì, signore, lo trovo strano.» Wright si voltò verso di lui. «E come se non bastasse, un luogo in cui più tardi avrebbe dovuto incontrare un altro vagabondo. Ma si tratta di un punto di vista razionale, e un crimine di questo tipo non si verifica così.» Tornò a posare lo sguardo su Madden. Sembrava sperare che da quelle parti provenisse una risposta. «Posso dirle come potrebbe essere andata», soggiunse. «Quel Beezy si presenta all'appuntamento con Topper, scopre di avere un po' di tempo, incide quel segno per far vedere che è stato qui e poi va a esplorare la zona. Non dimenticate che non era mai stato da queste parti. Ora, da qui si può arrivare facilmente alla strada per Craydon. C'è una deviazione dal sentiero principale che attraversa il bosco e sbuca sulla strada non lontano dal punto in cui Alice Bridger è stata vista per l'ultima volta» Scrollò le spalle. «Non dico che ciò provi qualcosa, ma è un'opportunità. Potrebbe averla incontrata, potrebbe aver perso la testa e averla aggredita, facendole perdere i sensi oppure strangolandola e poi riportandola qui. Abbiamo le prove che è stata trasportata...» «Prove?» Mentre ascoltava, Madden non aveva fatto che guardare a terra. Ora alzò il capo. «Sì, signore, quel filo di tessuto che ha trovato impigliato su un rovo.» Wright parve sollevato nel sentirlo finalmente parlare. «Proveniva dalla sua gonna, l'abbiamo stabilito. Se ricorda, si trovava più o meno all'altezza della vita, e il fatto che il filo provenga dalla parte inferiore dei suoi indumenti, dalla gonna, mi fa pensare che in quel punto l'assassino la stesse trasportando.» Madden annuì, ma non fece altri commenti. «Ora, come stavo dicendo, dalla strada quel Beezy potrebbe averla portata qui, in un luogo dove sapeva che nessuno li avrebbe visti. E se è così che è andata, non credo che a quel punto abbia pensato all'incisione che aveva fatto sull'albero. Sarebbe stato l'ultimo dei suoi pensieri. Come ho detto, in un delitto come questo non ci si può aspettare un comportamento razionale. Guardate cos'ha fatto alla sua faccia, per l'amor del cielo! Non è così, signore? Deve aver affrontato casi simili, in passato.» A mano a mano che l'ispettore andava avanti a parlare la sicurezza cominciava ad abbandonarlo, e c'era una punta di disperazione nell'appello che in quel momento aveva lanciato a Madden, il quale era tornato ad assumere l'atteggiamento di qualche tempo prima e fissava il terreno con le braccia incro-
ciate sul petto senza dare la minima indicazione di cosa gli passasse per la testa. Osservando il poliziotto del Surrey, Peter Galloway ricavò una punta di divertimento dal suo disagio. Conosceva John Madden da diversi anni, e lo considerava un esemplare raro. A un'aria di naturale autorità, già di per se stessa eccezionale, univa una qualità ancora più sconcertante: un'attitudine al silenzio che sconfinava nell'inumano. Una volta che sprofondava nelle sue meditazioni o riflessioni, dava l'impressione di essere sordo a qualsiasi ragionamento o argomentazione. Trovandosi di fronte a quei due fenomeni gemelli, Wright stava cominciando a blaterare. «E c'è un'altra cosa che non si può ignorare, signore, il fatto che se ne sia andato in fretta...» «Davvero?» Madden tornò a sollevare la testa di scatto. «Come fa a saperlo, ispettore?» «Be', grazie a quel vecchio coltello a serramanico che abbiamo trovato...» «Coltello a serramanico?» «Sì, signore, non lo sapeva? L'abbiamo trovato ieri sera lungo il torrente, non lontano da qui.» Nel rendersi conto di aver detto a Madden qualcosa che non sapeva, Wright mutò espressione. «Era per terra, avvolto in una vecchia bandana. Dev'essergli caduto dal fagotto o dalla tasca. Non vedo come possa essere successo se non per il fatto che aveva fretta e non aveva preso le precauzioni necessarie. Stamattina li abbiamo mostrati a Topper, sia il coltello che la bandana, e lui ha confermato che appartengono a Beezy.» «Per terra, ha detto?» Madden sembrava colpito dalla scoperta. «Mi chiedo come ho fatto a non vederli.» «Oh, non erano dalla parte da cui siete arrivati lei e l'agente», si affrettò a spiegare Wright. «Erano dall'altra parte.» Indicò il torrente più a valle. «Dev'essersi allontanato lungo la riva in quella direzione.» «Verso Brookham? Strano. Dall'altra parte si arriva nei campi.» «Be', se lo chiede a me, a quel punto doveva essere in preda al panico e potrebbe facilmente essersi confuso.» Si strinse nelle spalle. «Ma doveva soltanto tornare sul sentiero, e lo si può fare in entrambe le direzioni, seguendo il corso del torrente o risalendolo. Una volta raggiunto il sentiero, potrebbe aver fatto dietrofront ed essere uscito dal bosco dalla stessa parte da cui vi era entrato, dai campi.» Indicò l'intrico di agrifogli sulla riva opposta e vi tracciò un'immaginaria linea trasversale con un dito.
Madden l'aveva ascoltato con grande attenzione, e ora annuì. «Sì, è così», concesse. «Capisco cosa vuol dire, ispettore. Dev'essere andata così.» Vedendo che aveva finalmente fatto breccia, Wright proseguì. «Ma la cosa che desta più sospetti, signore, è la sua scomparsa. Stiamo perlustrando le vicinanze da ieri sera, e non ce n'è la minima traccia. Non c'è dubbio che abbia tagliato la corda, e bisogna chiedersi perché.» Madden rifletté in silenzio sulle parole dell'ispettore, poi annuì. «Già, perché? È questo il punto.» L'improvviso cambiamento nei suoi modi colse di sorpresa entrambi gli interlocutori, e l'espressione sollevata di Wright dimostrò chiaramente che questi pensava che la sua opinione e il suo ragionamento avessero prevalso. Le successive parole di Madden non fecero che rafforzare quell'impressione. «A proposito, ha ragione per quanto riguarda il vagabondo. Bisogna trovarlo, e al più presto.» Più tardi quella mattina, mentre era diretto alla fattoria, Madden aveva molti pensieri per la testa ma poco tempo per esplorarli. Di ritorno da Brookham era passato un attimo da casa, attimo che si era tuttavia dimostrato abbastanza lungo da fargli acquisire un passeggero sotto forma della sua bambina di sei anni. Lucy era stata lasciata sola con la signora Beck fin dalla prima colazione, e la cuoca aveva urgente bisogno di ricevere il cambio. «Oggi posso giocare con Belle?» Biondissima alla nascita, Lucy Madden aveva ora capelli color miele come quelli di sua madre. Era una bambina instancabile, e durante l'estate la sua carnagione chiara aveva assunto una tinta brunita grazie alle ore trascorse all'aria aperta. «Non lo so», rispose Madden da sopra la spalla all'agitata presenza sul sedile posteriore. «Vedremo. Sabato aveva ancora la tosse. Potrebbe non essere ancora in grado di uscire.» «Allora chiederò a May se possiamo giocare dentro.» «Vuoi dire la signora Burrows?» L'ultima tata di Lucy se n'era andata da sei settimane dopo meno di un anno, adducendo urgenti motivi di famiglia per il suo improvviso ritorno a Bradford. Secondo la diagnosi di Helen, si era persa d'animo. Non era stata ancora trovata una sostituta, e i Madden avevano pensato che forse, con l'aiuto del personale domestico, sarebbero riusciti a gestire da soli la bam-
bina. Presto Lucy avrebbe cominciato la scuola, e ciò, aveva osservato Madden, li avrebbe alleggeriti di una parte del peso. «Alleggerito noi e appesantito la povera signorina Tinsley», era stata la pessimistica previsione di Helen. «Possiamo andare a vedere gli straccetti zingari?» «Straccioni. E non chiamarli così. Per te sono il signore e la signora Goram.» Gli occhi di Lucy, blu come zaffiri, sfidarono quelli di Madden nello specchietto retrovisore. «Sì», rispose lui dopo un istante. «Partiranno presto, e prima che se ve vadano voglio parlare con il signor Goram.» «Di cosa?» «Tu non ti preoccupare.» La strada sterrata che conduceva alla fattoria scintillava di pozzanghere fangose. La terra su cui si trovava, sovrastata da Upton Hanger, distava poco più di un chilometro e mezzo da casa Madden e poco meno di cinque da Highfield. I Madden l'avevano acquistata da Lord Stratton, un proprietario terriero della zona, poco dopo il loro matrimonio, quando Madden aveva lasciato Scotland Yard per fare ritorno alla vita che aveva condotto da ragazzo. Malgrado la pioggia del giorno prima fosse caduta con violenza anche lì, Madden vide con sollievo che i filari dei pomodori tardivi che costeggiavano la strada non avevano subìto danni. Quando lui e Helen avevano acquistato la proprietà, il suo principale raccolto era il frumento. Da allora, il grano a buon mercato proveniente dal Canada e dall'Australia aveva fatto scendere i prezzi e Madden, come molti altri agricoltori della zona, stava destinando ogni anno sempre più terra alla coltivazione di frutta e ortaggi, che avevano trovato un mercato ricettivo. Mentre l'auto passava davanti alla fattoria di legno e mattoni, May Burrows li salutò con un cenno dalla soglia della cucina. La prima volta che Madden era stato a Highfield si chiamava May Birney; suo padre possedeva l'emporio del paese. In seguito aveva sposato George Burrows, un bracciante di Lord Stratton, e i due si erano trasferiti nella casa acquistata dai Madden insieme alla terra, un semplice casotto che era diventato, con l'aggiunta di altre due stanze e l'installazione di un impianto idraulico, una confortevole abitazione per una giovane coppia. Madden aveva nominato George direttore della fattoria, anche se non senza qualche remora. Non c'era mai stato alcun dubbio sul fatto che lui e Helen non avrebbero lasciato la casa in cui abitavano, una bella costruzione per metà in legno che apparteneva alla famiglia di lei da tre generazioni.
Ma vivere a distanza dalla propria terra, lasciandola ogni sera nelle mani di un altro, a volte faceva sentire Madden alla stregua di un gentiluomo di campagna, causandogli periodici sensi di colpa che leniva dedicandosi ai lavori manuali più duri che riusciva a trovare, quali lo scavo dei fossi, il taglio delle siepi, la falciatura dell'erba e l'imballaggio del fieno, dopo i quali tornava a casa la sera con le vesciche alle mani e i muscoli doloranti, esausto ma felice sotto lo sguardo perplesso di sua moglie. «Signor Madden, signore! Speravo proprio di vederla oggi», gridò Joe Goram dai gradini di uno dei suoi carri mentre Madden, a cavallo, entrava nell'accampamento. Goram era un uomo corpulento dai capelli scuri e dalle guance non rasate, e il suo volto ostentava un cipiglio che sembrava permanente finché non scorse Lucy appollaiata sulla sella davanti a suo padre con un abitino azzurro e un nastro nei capelli. L'accampamento degli zingari si trovava lontano dalla fattoria, nei pressi del corso d'acqua che scorreva ai piedi di Upton Hanger. Madden aveva parcheggiato l'auto davanti alle stalle e aveva proseguito a cavallo. «Buongiorno a te, signorina.» Agitando la mano in segno di saluto, Goram scese gli scalini. Il suo ampio sorriso rivelava i numerosi denti mancanti. «Salve, signor Goram.» Lucy gli scoccò un sorriso abbagliante. «Posso vedere i cuccioli, per piacere?» «Ma certo, cara. Sono legati laggiù, dietro il carro.» La bambina scese a terra e si allontanò di corsa. «Non gliene offra uno, Joe, la prego», si affrettò a dire Madden. «A casa abbiamo già due cani, e una di loro ha già avuto una cucciolata.» Smontò di sella, strinse la mano allo zingaro e gli consegnò le redini della vecchia giumenta che usava per spostarsi nei campi e che Goram esaminò con la consueta occhiata sprezzante. Gli aveva offerto diverse volte di rimpiazzarla con una delle sue bestie, ma Madden, tutt'altro che un cavallerizzo, aveva suggerito che Joe cercasse invece una cavalcatura che in un futuro imprecisato potesse essere adatta a Lucy. «E non accenni nemmeno al pony, per favore. Ne parleremo la prossima volta che verrete.» Goram non nascose la propria delusione. «Non c'è niente di male nel viziarli quando sono ancora piccoli», azzardò. Essendo un'argomentazione che lui stesso usava di tanto in tanto, e che Helen faceva oggetto di particolare scherno, Madden pensò fosse meglio
non rispondere. Si guardò invece intorno, notando i segni di trambusto e attività nell'accampamento. I vari membri della famiglia di Joe Goram (la moglie, i due figli, la figlia e il cognato) erano occupati a raccogliere e caricare oggetti su un trio di carri parcheggiati sul limitare della radura all'ombra di un faggio. Un nipotino, lo sguardo fisso a terra, batteva l'area raccogliendo pezzi di carta e altri rifiuti e infilandoli in un sacco. «Ha detto che sperava di vedermi?» «Sì, signor Madden, signore. Partiremo domattina presto, e volevo ringraziarla di nuovo per averci permesso di restare.» Gli zingari erano comparsi per la prima volta quattro estati prima. Joe Goram si era presentato a Madden, berretto bisunto in mano, e gli aveva chiesto il permesso di parcheggiare i suoi carri su un prato ombreggiato dagli alberi lungo il corso d'acqua e far pascolare i cavalli nella pastura a valle, che doveva aver visto libera. Vincendo le energiche obiezioni di George Burrows (gli zingari, sosteneva, avevano la meritata fama di essere lesti di mano, e permettere loro di accamparsi sui propri terreni significava andare in cerca di guai), Madden aveva acconsentito. Malgrado il proprio condizionamento da poliziotto, era rimasto aggrappato alla convinzione con cui era cresciuto: che le persone, in generale, si comportavano a seconda di come venivano trattate. Di lì a pochi giorni due briglie e una serie di staffe erano scomparse dalle stalle, e George aveva notato che una delle sue falci mancava all'appello. Alla fine della settimana tutti gli attrezzi erano miracolosamente riapparsi al loro posto, e Joe Goram aveva trascinato il figlio maggiore Sam per il colletto della camicia fino all'aia della fattoria e l'aveva costretto a chiedere scusa a Madden di fronte ai Burrows e agli altri due braccianti. Sam, sfoggiando un occhio nero e un dente traballante, aveva giurato che non sarebbe più accaduto. Da allora la famiglia era tornata ogni anno, accettando l'ospitalità che le veniva offerta e in cambio riparava pentole e padelle, affilava coltelli e svolgeva lavoretti vari nella fattoria. Madden si era abituato a vedere il fumo dei loro bivacchi levarsi dalla cortina di querce e faggi e fiutare il profumo delle spezie e degli aromi sconosciuti che si diffondevano dalle loro pentole annerite. «C'è una cosa che deve sapere, Joe. Ieri a Brookham è stata uccisa una bambina.» «L'ho saputo, signore. Il signor Burrows ce l'ha detto stamattina. Poveri-
na...» Lo zingaro scrutò con attenzione il volto di Madden. «La polizia interrogherà gli abitanti della zona. In particolare i vagabondi, ma anche gli ambulanti. Potrebbero fermarvi.» Joe annuì, il volto impassibile. «So che ieri è stato tutto il giorno alla fattoria.» «Esatto, signor Madden. Ho portato i ragazzi a salutare la signora Burrows, che ci ha offerto una tazza di tè.» «Bene. Ne sono lieto. Vuol dire che non avrà problemi con la polizia. Ma se accadesse, dica pure di rivolgersi a noi. Al signor Burrows o a me.» «Grazie, signore. Lo farò, se mi è consentito.» Joe Goram torse il berretto fra le dita. Non riusciva a trovare un modo per ripagare quell'uomo che gli aveva mostrato tanta benevolenza. Che quando si erano conosciuti gli aveva stretto la mano. «Un'altra cosa, Joe...» Accigliandosi, Madden osservò uno dei figli di Goram smontare una corda per il bucato e gettare i bastoni in una rastrelliera sotto uno dei carri. «Hai mai conosciuto un certo Beezy? Un vagabondo amico di Topper?» Goram scosse la testa. «Mai sentito, signore. Beezy, ha detto?» «È un soprannome, immagino. Ieri si trovava nella zona di Brookham, nei pressi del punto in cui è stato trovato il corpo della bambina.» «Allora la polizia lo sta cercando?» Il volto di Goram era inespressivo. «Sì. Pensano che possa essere stato lui.» Madden esitò, riflettendo su come formulare ciò che stava per aggiungere. «Potrebbe venire a conoscenza di dove si trova», suggerì. Le fattezze scure dello zingaro si fecero ancora più cupe. Il suo sguardo si abbassò a terra. Madden lo studiò in silenzio. Aveva più di un sospetto riguardo a cosa gli stesse passando per la testa. «Non c'è bisogno di andare alla polizia», osservò dopo un istante. «Basta che lo faccia sapere a me.» Goram si rasserenò e alzò gli occhi. «Oh, se vuole lo farò, signore.» Enormemente sollevato, osò porgere la propria mano a Madden, che la strinse all'istante. «Tutto quello che sentirò, b saprà anche lei. Ha la mia parola.» 6 L'inchiesta del coroner sulla morte di Alice Bridger che si tenne a Guildford il venerdì successivo si concluse in fretta. In qualità di responsabile
delle indagini, l'ispettore Wright descrisse senza enfasi la scena del delitto e illustrò a grandi linee le misure prese dalla polizia del Surrey fin dall'inizio delle indagini. A parte gli interrogatori di routine, erano più che altro volte a rintracciare gli sconosciuti visti il giorno del delitto nelle vicinanze di Brookham. Era stata segnalata la presenza nell'area di diversi vagabondi, alcuni dei quali erano stati identificati e interrogati senza risultato. La ricerca degli altri era stata estesa. «Sono autorizzato a informare la corte che stiamo cercando un uomo in particolare», dichiarò Wright. «Prevediamo di rintracciarlo e di essere in grado di interrogarlo nel prossimo futuro.» Il dottor Galloway fu altrettanto stringato. Associando allo stupro di Alice Bridger il solo aggettivo «brutale», il patologo descrisse brevemente le ferite interne ed esterne che la vittima aveva subito nel corso dell'aggressione, leggendo una dichiarazione scritta senza alzare gli occhi, conscio forse della presenza in aula dei genitori di Alice. La ragazzina era stata in seguito strangolata, e a giudicare dalla quantità d'acqua nei polmoni era probabile che l'assassino l'avesse tenuta sommersa nel torrente. Il suo volto era stato «gravemente danneggiato», disse Galloway, ma non fornì ulteriori dettagli. «Darò il meno che potrò alla stampa londinese», aveva informato Madden e Helen quando li aveva incontrati fuori dall'aula prima dell'udienza. «Quella gente tiene sempre d'occhio queste udienze.» Chiamato tra i primi a testimoniare, Madden descrisse in modo esauriente il ritrovamento del corpo lungo il corso d'acqua. Il coroner, in carica da poco, era palesemente confuso dal suo coinvolgimento nella vicenda. «Per quale motivo si trovava lì, signor Madden?» domandò. «Avevo dato un passaggio all'agente Stackpole da Brookham. Pensava che il bosco dovesse essere perlustrato al più presto, senza attendere l'arrivo degli investigatori da Guildford.» «Sì, ma lei perché è stato coinvolto nella ricerca? Non è insolito che un comune cittadino si impegni a quel livello in un'indagine di polizia?» «È del tutto insolito», convenne Madden in tono solenne, lasciando il suo interlocutore perplesso, scontento e non meno confuso di prima. «Per un attimo ho pensato che stesse per metterla ai ferri, John.» Il sovrintendente capo Boyce, un uomo sulla sessantina dai capelli argentei responsabile del CID di Guildford, bloccò Madden in strada alla fine dell'udienza. Erano vecchie conoscenze. «Sei mesi alla pensione e ci arriva un
caso simile! Certo, se non altro è chiaro.» Attese una risposta, ma non ne arrivò alcuna. «Non è d'accordo?» Inarcò un sopracciglio, poi si voltò di lato per togliersi il cappello e chinare il capo. «Dottoressa Madden!» «Signor Boyce... come sta?» Helen gli strinse la mano. Si era avvicinata dopo aver parlato con la signora Bridger, la madre della bambina assassinata, che si era fermata sulla scalinata del tribunale circondata dagli abitanti di Brookham e si aggrappava al braccio del marito quasi avesse bisogno del suo sostegno per reggersi in piedi. Lo stesso Bridger, pallido, lo sguardo vitreo, era a malapena più saldo sulle gambe. Molly Henshaw ronzava loro intorno, pronta ad assisterli. «Sono prossimi al collasso, tutt'e due», disse Helen rifugiandosi nel tono spassionato del medico. «Il dottor Rowley non lo gradirà, ma gli scriverò due righe. Bisogna che si prenda cura di loro.» Durante l'udienza, Madden aveva notato Fred Bridger seduto fra il pubblico in seconda fila. I loro sguardi si erano incrociati per un attimo, e lui aveva avvertito la forza dell'angoscia di quell'uomo mentre ascoltava i piatti racconti degli ultimi, tormentosi istanti di vita di sua figlia resi dai vari testimoni. «Quest'uomo che state cercando», disse Helen a Boyce, «è il misterioso Beezy?» «Sì, e non capisco come mai non l'abbiamo ancora preso.» Il capo della polizia del Surrey sembrava depresso. «Quei vagabondi sanno nascondersi... hanno rifugi dove non penseremmo mai di cercare. Ma prima o poi dovrà farsi vedere. Dovrà trovare qualcosa da mangiare, se non altro.» Madden aveva visto la descrizione diffusa dalla polizia del Surrey. Era stata inviata non soltanto agli agenti dei villaggi nel distretto ma anche agli agricoltori e ai guardacaccia, e Will Stackpole gli aveva portato una copia del manifestino. Beezy veniva descritto come un uomo di mezz'età, barbuto e malvestito: caratteristiche, aveva osservato l'agente, che potevano applicarsi a un bel po' di vagabondi. Aveva tuttavia un segno particolare notato dall'agricoltore di Dorking per cui aveva lavorato di recente: gli mancava il lobo dell'orecchio destro. «E da quando l'abbiamo rilasciato, non sappiamo più nulla nemmeno di Topper», si lamentò Boyce. «Wright ha dovuto cancellare il suo nome dalla lista dei testimoni di oggi. Mi chiedo dov'è sparito.» L'occhiata sospettosa che rivolse a Helen nel pronunciare quelle parole
non provocò alcuna reazione, a parte un sorriso divertito. «Qualunque cosa stia pensando, si sbaglia», dichiarò Helen. «Non lo vedo da quella sera a Brookham, e non ho la più pallida idea di dove si trovi.» Entrambe le dichiarazioni erano vere, rifletté Madden, anche se, da vecchio poliziotto qual era, avrebbe potuto avere la tentazione di rinfacciare a sua moglie di non essere stata del tutto sincera. Il giorno prima il loro giardiniere, Tom Cooper, aveva trovato un mazzo di rametti di rosa canina e vitalbe tenuto insieme con un ramoscello di salice e posato sull'erba fuori dal cancello ai piedi del frutteto. Era rimasto alquanto contrariato nel notare anche un rozzo disegno intagliato sulla vernice verde del cancello, una croce circondata da un cerchio, e stava per prendere pennello e vernice per riparare il danno quando Helen l'aveva fermato. «Lo lasci lì», aveva ordinato. Madden era rimasto confuso dal gesto del vagabondo, ma sua moglie gliel'aveva spiegato. «Si sta nascondendo», aveva detto. «Sa che la polizia lo cercherà di nuovo. Avrebbero dovuto trattenerlo quando ne avevano la possibilità.» «Sì, ma visto che era qui perché non è passato a trovarti?» «Perché in quel caso avremmo dovuto decidere cosa fare, se informare la polizia oppure no, e non ha voluto metterci in quella posizione. La signora Beck aveva ragione. È un vero gentiluomo, il mio Topper. Ma sono preoccupata per lui. Sta diventando troppo vecchio per vagabondare di continuo.» Boyce, nel frattempo, aveva riportato la propria attenzione su Madden. «Tornando a quello che stavo dicendo, John: a parte le ferite della bambina, pensa che ci sia qualcosa di insolito in questo omicidio?» Ascoltando il poliziotto del Surrey, Helen provò una punta di disagio. Era consapevole della stima che un tempo suo marito suscitava nei colleghi, e non soltanto quelli dello Yard, e sapeva che le sue opinioni sarebbero state ricercatissime, specialmente in un caso serio come quello. Ma assistervi di persona la riempiva di cattivi presagi. «Oh, è scioccante, glielo concedo», proseguì Boyce vedendo che non era riuscito a stimolare una risposta immediata. «Non ho mai visto niente come la faccia di quella povera bambina. Ma dieci a uno che quel Beezy è il nostro uomo. O qualcuno di molto simile a lui.» «Un vagabondo, intende dire?» Madden sembrava sorpreso. «Be', sì, suppongo di sì. Quel genere di persona.» Il sovrintendente capo
contrasse le labbra. «Sa, non è inconcepibile, vista la vita che conducono... barboni... mendicanti... hanno così poco... non hanno occasione...» Rivolse un'occhiata imbarazzata a Helen, la quale aveva intuito la fonte del suo disagio. «Sta suggerendo che hanno carenza di rapporti sessuali», disse. «Be', sì. Se vogliamo metterla così.» Il capo della polizia di Guildford cercò rifugio in un fazzoletto e si soffiò il naso facendo un gran fracasso. «E una sensazione del genere può diventare sempre più forte, giusto? La pressione aumenta, e quando la diga cede, be', può essere qualcosa di improvviso e feroce. Credo che sia ciò che è accaduto in questo caso. Chiunque ha ucciso quella bambina ha perso il controllo.» «Ne è certo?» La sommessa domanda di Madden sorprese entrambi i suoi interlocutori. Boyce lo fissò. «Cosa sta dicendo, John?» domandò. «Cosa sta suggerendo?» «Non ne sono sicuro.» Madden si accigliò, apparentemente in preda ai dubbi. «Non voglio gravarla di idee campate in aria.» «Non si preoccupi.» Boyce si accigliò a sua volta. «Mi dica solo cosa pensa.» E quando Madden restò in silenzio: «Sta dicendo che dovrei chiamare lo Yard?» Helen si accorse che suo marito aveva previsto la domanda. Ma la risposta non fu quella che lei si era aspettata. «Non vedo come potreste per adesso», disse Madden. «Non ancora. Potreste avere ragione riguardo al vagabondo. E in ogni caso bisogna trovarlo. Ma mi assicurerei che lo Yard ne sia informato.» Il suo tono si fece più sicuro: aveva preso una decisione. «E non sprecherei tempo, Jim, se fossi in lei. Mi metterei subito in contatto con loro.» Il viaggio di ritorno a Highfield fu silenzioso. L'abitudine di Madden di ritirarsi in se stesso quand'era assorto nei propri pensieri era profondamente radicata, e Helen aveva imparato per esperienza a essere paziente. Quando si erano conosciuti, aveva impiegato diverse settimane per venire a conoscenza dei dettagli del suo passato. Per tirargli fuori la storia della giovane moglie e della figlia appena nata che lui aveva visto morire di influenza prima della guerra; per sentire dalle sue stesse labbra il racconto della sua successiva discesa nell'inferno delle trincee, esperienza da cui era riemerso così ferito nello spirito che finché il destino non l'aveva gettato fra le braccia di lei aveva cessato di nutrire qualsiasi speranza o fede nel proprio futuro.
Ormai dissipate, quelle ombre non tormentavano più le loro esistenze. Ciò che preoccupava Helen era la paura irrazionale che aveva provato nel vedere suo marito trascinato di nuovo in un'indagine poliziesca dopo una così lunga assenza dalla professione. La decisione di lasciare la polizia e cominciare una nuova vita insieme a lei non era stata presa con leggerezza. E non gli aveva mai causato rimpianti. Se John si stava lasciando coinvolgere in quel caso poteva solo essere a causa di qualche profonda ansietà, e quella consapevolezza manteneva in lei un fondo palpitante di inquietudine. Gli anni felici che avevano passato erano nati dalla tragedia, e questo lei non avrebbe mai potuto dimenticarlo. Il pensiero era ancora fresco nella sua mente mentre attraversavano il villaggio, passando davanti al prato pubblico, alle mura ricoperte di muschio del cimitero della chiesa e alla rada schiera di cottage che portava alle alte mura di mattoni di Melling Lodge. Presa in affitto da una serie di inquilini nel corso degli ultimi anni, la villa era al momento disabitata, e il cancello chiuso e il vialetto scuro costeggiato di olmi le davano un aspetto lugubre. Il tempo aveva attenuato il dolore di quella mattina d'estate di più di dieci anni prima, quando l'urgente appello di Will Stackpole aveva portato Helen, il medico del villaggio, a precipitarsi oltre quello stesso cancello e ad affrontare l'inimmaginabile realtà del brutale massacro di un'intera famiglia, di cui faceva parte la sua più cara amica. Ora, passandovi davanti, era a suo marito che pensava. Eppure i due pensieri erano legati in modo inestricabile. Era stata la successiva indagine di polizia che li aveva fatti incontrare, e malgrado l'amore che era sbocciato fra loro avesse tracciato una riga sotto il tormentato passato di Madden, il loro futuro insieme era stato pagato molto caro. Il caso, uno dei più sanguinosi negli annali dello Yard, gli era quasi costato la vita. 7 A disagio nel suo gessato grigio e nella sua lobbia da città, l'ispettore capo Angus Sinclair si fermò al limitare del prato per osservare la scena che gli si parava davanti. Nei pressi del punto in cui si era fermato, uno striscione teso fra due pali annunciava FIERA DEI FIORI E DELLE VERDURE DI HIGHFIELD a chiare lettere maiuscole, e al di là l'ampio prato circondato di cottage era invaso da bancarelle su cui erano esposti i frutti della lunga estate.
Verdure in alte cataste di cesti, fagioli, piselli, patate e carote, stavano fianco a fianco con enormi cucurbite, e accanto a queste c'erano tavoli straripanti di mazzi di rose tardive e crisantemi. Zucche, mele, pere, more, noci, uova brune e maculate: la varietà degli articoli esposti non sembrava avere fine, e le corsie fra le bancarelle erano invase dagli abitanti del villaggio nei loro abiti della domenica. Perlustrando la folla, lo sguardo dell'ispettore capo si posò su una figura alta ed elegante vestita con un abito di lino color panna e un cappello di paglia a tesa larga in piedi accanto a un tavolo su cui erano impilati barattoli di marmellate. Sinclair emise un grugnito di approvazione. Ormai vedovo da anni, considerava Helen Madden la più bella donna che conosceva, e provava sempre un piacere speciale nel vederla. Le lunghe trecce che Helen portava quando l'aveva conosciuta, secondo la moda e forse come eredità dell'infanzia, erano svanite ormai da tempo, ma l'ispettore capo trovò consolazione nel sottile collo bianco che la loro scomparsa aveva rivelato. Il suo umore, incupito quella mattina dal referto del patologo e dalle fotografie che aveva dovuto esaminare alla stazione di polizia di Guildford, migliorò nell'istante in cui la vide. Ma fu un sollievo di breve durata. Accortasi del suo arrivo, Helen posò il barattolo di miele che stava reggendo. «Mi stavo chiedendo quando saresti apparso, Angus.» Colto di sorpresa (si era aspettato quanto meno un'accoglienza amichevole), Sinclair si bloccò confuso. «Si tratta dell'omicidio di quella povera bambina, vero? È per questo che sei qui.» Rimasto senza parole, l'ispettore capo cercò rifugio nell'azione. Chinandosi sotto la tesa del cappello di paglia di Helen, le piantò un bacio deciso sulla guancia. Il profumo di gelsomino che aveva sempre prediletto era un ricordo di più liete occasioni. «Lo ammetto, ho passato tutta la mattina a Guildford a parlarne con Jim Boyce.» «E adesso vuoi vedere John. Angus, non lo trascinerai in questa storia. Non lo permetterò.» Gli occhi blu scuro di lei non facevano concessioni. «Trascinarlo! È stato John a trovare il corpo, per l'amor del cielo.» Sinclair si interruppe. Era un argomento delicato. Proseguì cambiando tono. «Mia cara, devo parlare con lui. Sono sicuro che lo capisci.» Il sorriso che le offrì era conciliante, ma in realtà non era che un gesto. Pur non avendo mai dubitato dell'intensità di ciò che Helen provava per
suo marito, alla stessa stregua non le aveva mai perdonato il ruolo che aveva svolto nel convincere l'uomo che amava a lasciare la polizia e cominciare una nuova vita insieme a lei. L'idea che un poliziotto con il talento del suo ex collega dovesse abbandonare il corpo bruciava ancora, e per quanto volesse bene alla moglie di Madden, Sinclair non riusciva mai ad assolverla fino in fondo delle sue responsabilità in quella perdita per il bene pubblico. «E va bene. Vedo che non ho scelta.» Arrendendosi, Helen restituì il bacio. Malgrado le loro divergenze, erano ottimi amici. «È qui intorno, probabilmente in quel tendone.» Indicò un padiglione marrone rossiccio sovrastato da alcune bandiere verso il fondo del prato. «Quest'anno ha dovuto accettare la presidenza della giuria. Dovrebbe essere compito di Lord Stratton, ma il furbacchione è riuscito a farsi venire la gotta.» Fece una pausa. «Resta a pranzo, Angus. Non ti vediamo abbastanza.» «Vorrei poterlo fare, mia cara.» L'ispettore capo riconobbe il ramo di ulivo che gli era stato offerto e declinò l'offerta a malincuore. «Sfortunatamente ho un impegno a Londra. Devo rientrare.» «In tal caso, devi venire da noi per un fine settimana. Ti scriverò par farti sapere quando.» Il sorriso di Helen diede a Sinclair un momentaneo sollievo, ma poi la sua espressione tornò a farsi seria. «Forse penserai che sto esagerando, ma conosco John. Ormai non volterà più le spalle al caso. Si sente coinvolto, e questo mi preoccupa. Non riesco a spiegare perché, ma mi sento minacciata. So che gli devi parlare, ma ti prego, non lasciare che la cosa si spinga più in là.» Lo guardò negli occhi, e non per la prima volta l'ispettore capo avvertì l'effetto della sua personalità, quella speciale combinazione di bellezza e determinazione davanti alla quale si sentiva impotente. Ma proprio mentre stava per rispondere con l'intenzione di rassicurarla vennero interrotti. «Mi scusi, signore... Signor Sinclair?» Le sopracciglia brizzolate di Angus Sinclair si inarcarono in un'espressione di finto stupore. Scrutò il giovane volto entusiasta che si era materializzato davanti a loro. «Robert Madden? Sei tu?» Malgrado i suoi quarant'anni nel corpo di polizia, l'ispettore aveva conservato l'accento della sua infanzia ad Aberdeen. «Non credo ai miei occhi. L'ultima volta che ci siamo visti eri quindici
centimetri più basso. Come stai, ragazzo mio?» Si strinsero solennemente la mano. «È venuto per l'omicidio, signore?» Malgrado un naso sbucciato e una crosta sul ginocchio, il figlio di Madden riuscì a esprimere la serietà della sua domanda. Il suo cipiglio, l'immagine di quello del padre, portò un sorriso triste alle labbra di Sinclair. Con loro grande dolore, lui e sua moglie non avevano avuto figli. «È stato papà a trovare il corpo, sa?» «Sì, lo so.» L'espressione dell'ispettore capo era grave. «La polizia sta cercando un vagabondo.» «Vedo che sei bene informato.» «Papà vi aiuterà a prenderlo?» L'espressione speranzosa del bambino si spense nel vedere che Sinclair scuoteva la testa. «Scotland Yard non è coinvolta, Robert. Se ne sta occupando la polizia del Surrey. Sono solo di passaggio...» Sinclair incrociò lo sguardo di Helen. «Ma già che ci sono, mi piacerebbe scambiare due paroline con tuo padre. Sai per caso dove si trova?» «Devi aver messo la pulce nell'orecchio a Jim Boyce. Venerdì mi ha telefonato subito dopo la fine dell'udienza, agitatissimo. Non sono riuscito ad andare a Guildford prima di stamattina, ma lui si è presentato in ufficio per mostrarmi l'incartamento. E di domenica!» «Ho pensato che fossero giunti a una conclusione troppo rapida per quanto riguarda il vagabondo. Volevo che ci ripensasse.» Madden aggrottò la fronte. Condotto dalla sua guida, Sinclair aveva trovato la preda fuori dal tendone, accanto a un tavolo carico di coppe d'argento e altri trofei. L'ispettore capo si era fermato un istante ad assorbire lo spettacolo del suo collega di un tempo vestito con un pratico abito di tweed, un cappello floscio e scarpe dalla suola spessa e immerso in una conversazione con un gruppo di personaggi di entrambi i sessi analogamente vestiti. Incrociando lo sguardo di Madden, gli aveva strizzato l'occhiolino. «Ho appena adocchiato una zucca eccezionalmente meritevole», gli aveva confidato mentre si stringevano la mano. «Vuoi che te la indichi?» «Cosa ci fai qui, Angus?» Sorridendo, Madden aveva evitato di abboccare. «È per l'omicidio di Brookham? Non mi dire che lo Yard è stato già coinvolto.» «No, non siamo coinvolti. Non ancora. Se ne sta occupando il Surrey. Ma ci sono un paio di punti che vorrei discutere con te. Ho il via libera
delle autorità.» «Avevi bisogno del permesso dello Yard?» chiese Madden con una punta di sorpresa. «Mi riferivo alla tua dolce metà.» Sinclair ridacchiò della propria stessa battuta. «Perdonami, non ho potuto resistere. Un attimo fa ho incontrato Helen, e come sempre ha parlato chiaro. C'era anche Robert. Parola mia, è proprio un bel giovanotto.» La gioia che illuminò il volto di Madden a quelle parole era una ricompensa sufficiente per l'ispettore capo, che poteva ricordare un tempo in cui gli occhi del suo vecchio amico tradivano un'espressione di costante tormento; quando sembrava che l'eredità della guerra e le sofferenze che aveva sopportato in trincea l'avrebbero perseguitato fino alla tomba. «Cosa posso fare per te, Angus? Hai detto di aver visto il dossier?» Madden l'aveva tratto di lato, lontano dalle orecchie della folla accalcata davanti alla tenda, e nel vederlo assumere la sua tipica posizione, le braccia incrociate sul petto, la testa china, il volto nascosto dall'ombra proiettata dalla tesa del cappello, Sinclair venne assalito da un doloroso senso di familiarità, dall'improvvisa consapevolezza di quanto in quegli anni gli fosse mancata la presenza di quell'uomo al suo fianco. «Ho esaminato i rapporti e letto gli interrogatori. Sulla base di quello che so, direi che il vagabondo è il sospetto più probabile.» «È vero», convenne Madden. «E in ogni caso devono trovarlo. Potrebbe rivelarsi il loro testimone chiave.» «Cosa te lo fa pensare?» «Le prove, è ovvio.» Madden si accigliò sotto la tesa del cappello. «Dipende tutto da come le si legge, Angus. La polizia del Surrey ha la sua versione. Wright pensa che il vagabondo abbia preso la bambina sulla strada per Craydon...» «Wright...?» «È il responsabile delle indagini. È un buon investigatore. Sveglio. Non stupido. Secondo lui il vagabondo ha portato la bambina nel bosco e dopo averla uccisa e nascosta è fuggito a gambe levate seguendo il corso del torrente, lasciando cadere nella confusione il coltello e la bandana.» «E...?» Sinclair lo ascoltava con attenzione. «Come teoria regge, fino a un certo punto. Ma c'è un altro modo di interpretare i fatti. Vedi, Beezy, l'altro barbone, è fuggito nella direzione sbagliata...» «La direzione sbagliata... come fai a saperlo?»
«Perché originariamente doveva essere entrato nel bosco dai campi. Aveva appuntamento a un bivacco con un altro vagabondo di nome Topper.» «Un vostro amico, a quanto ho saputo», annuì Sinclair. «Quando Beezy è fuggito, non l'ha fatto nella direzione da cui era arrivato ma in quella opposta, verso Brookham, il che non ha senso a meno che non si assuma il punto di vista di Wright, e cioè che Beezy era confuso, in preda al panico e non sapeva dove stava andando.» «Potrebbe esserci un'altra spiegazione?» «Sì, è possibile che abbia udito avvicinarsi qualcuno dalla boscaglia. E dalla stessa direzione da cui era venuto, dai campi. Visto che stava aspettando l'arrivo di Topper, la cosa non avrebbe dovuto allarmarlo. Quindi se a quel punto è fuggito, e nella direzione opposta, il motivo potrebbe essere che ha visto qualcosa che l'ha spaventato.» «Un uomo con una bambina tra le braccia? L'assassino?» Madden annuì in silenzio. Sinclair fece un sospiro. La mattina stava diventando più calda. Si tolse la lobbia e la usò per farsi aria. «Quello che dici è interessante, John. Ma sono comunque supposizioni.» «Non più della versione di Wright. Tutte le prove sono indiziarie.» «Sì, ma non puoi trascurare il fatto che è scomparso. Questo Beezy, intendo dire. Si sta nascondendo. Non è il comportamento di un innocente.» «È il comportamento di un vagabondo, Angus. Di un emarginato. Li conosco, quegli uomini. Non hanno alcuna fiducia nei tribunali o nel nostro sistema giudiziario. È possibilissimo che non si presenti alla polizia perché teme di essere accusato del delitto. E se così fosse, non avrebbe tutti i torti.» Sinclair grugnì mentre la frecciata andava a segno. «D'accordo, ma sono ancora confuso. Da quello che ho capito, la polizia del Surrey deve trovare quell'uomo in ogni caso. Non è un lavoro per lo Yard. Perché hai suggerito a Boyce che si mettesse in contatto con noi?» Madden non rispose subito. Prese a fissare il terreno davanti a sé. A mano a mano che il silenzio si prolungava, Sinclair sentì crescere in sé un presentimento. Sapeva di non aver ancora trovato il vero motivo della preoccupazione del suo amico. Ma pensava che forse quel momento si stesse avvicinando. «Hai visto le fotografie del volto?» Madden alzò gli occhi. «Quello che ne restava. Il livello dei danni inflitti è senza eguali, in base
alla mia esperienza. Posso solo immaginare che l'assassino sia stato preda di un raptus.» «Forse. Ma hai notato quanto è stato accurato?» «Accurato?» Sinclair manifestò disgusto per la parola. «Ha voluto cancellarle i connotati. L'impressione è questa. Non si è trattato di un semplice abuso sul corpo di una vittima. È stato qualcos'altro. Hanno stabilito cosa ha usato come arma? Qualche giorno fa ho parlato con il patologo, e pensava potesse trattarsi di un martello.» «È confermato», annuì Sinclair. «L'ho letto nel dossier. Ha potuto misurare le ferite aperte nel cranio. Pensa che sia stato usato un comune attrezzo da manovale.» Rivolse un'occhiata a Madden. «Non c'è motivo per cui il vagabondo non dovesse averne uno nel suo fagotto.» «Vero. Mentre se è stato qualcun altro, qualcuno che l'ha fatta salire in macchina, le implicazioni diventano molto diverse.» L'ispettore capo si concesse qualche istante per assicurarsi di aver capito bene ciò che aveva detto il suo ex collega. La direzione che stava prendendo quella conversazione non gli piaceva affatto. «Ti stai chiedendo, se è stato qualcun altro, per quale motivo dovesse avere con sé un martello. Supponendo che sia questo il caso, per te cosa significa?» «Che le violenze sul volto della bambina erano programmate.» Madden parlò piano, ma la sua voce si era fatta tesa, e l'ispettore capo, avvertendo un brivido improvviso, lo guardò con attenzione. «Che era ciò che aveva in mente fin dall'inizio.» Sinclair estrasse un fazzoletto dal taschino della giacca e si tamponò la fronte sudata. La folla che occupava il prato aveva cominciato a convergere davanti al banco della giuria, nella loro direzione, e l'ispettore capo si avvicinò istintivamente a Madden e abbassò la voce. «Fammi capire bene. Stai suggerendo che stesse seguendo uno schema ben preciso? Che avesse già fatto qualcosa di simile?» Madden annuì in silenzio. «Ma se fosse questo il caso, ce ne saremmo accorti. Un crimine del genere?» L'ispettore capo si accigliò a sua volta. Il suo compagno scrollò le spalle. «Questo non posso spiegarlo. Ma non dimenticare che ha cercato di nascondere il corpo di Alice Bridger. Se non fosse stato per l'inconveniente di aver scelto un bivacco di vagabondi per commettere il delitto, forse la staremmo ancora cercando.» «Dunque pensi che potrebbe avere ucciso altrove a nostra insaputa...»
Sinclair rimuginò su quel pensiero. «Di bambini scomparsi ce ne sono, questo è vero.» Madden si accorse che la sua argomentazione stava guadagnando terreno e insistette. «La polizia del Surrey non può seguire una pista simile. Il vagabondo è il sospetto più ovvio, devono continuare a cercarlo. Ma per lo Yard è diverso. Può permettersi di assumere un punto di vista più ampio.» «Ed è per questo che hai spinto Boyce a chiamarci? Sì, ora capisco.» Un'isola di immobilità nella folla in movimento che li circondava, i due uomini rimasero in silenzio mentre Sinclair rimuginava sulla cosa. Sovrastando il ronzio delle voci della campagna, il pianto improvviso di un neonato fu come un segnale di chiamata. L'ispettore capo tornò in sé con un grugnito. «Le tue argomentazioni sono valide, John. Non dico che tu mi abbia convinto, non ancora. Ma quasi convinto...? Sì... forse.» Incrociò lo sguardo di Madden. «Quello che è certo è che prenderò in esame la questione.» Il sorriso di sollievo sul volto di Madden era la conferma di un peso di cui si era liberato, e l'ispettore capo ne rimase toccato. Gli tornarono in mente le parole di Helen, e ammise che erano vere. Fra le molte ragioni per cui rimpiangeva la presenza del suo vecchio collega c'era la profondità della sua dedizione al lavoro, un impulso nato dal senso del dovere che sembrava provare nei riguardi del prossimo, di coloro le cui esistenze lo toccavano. Era una qualità rara per un poliziotto: una qualità rara ovunque. 8 Alle dieci in punto del venerdì successivo, come da appuntamento, Sinclair si presentò nell'ufficio di Sir Wilfred Bennett, vicecommissario della divisione criminale, le cui responsabilità presso Scotland Yard comprendevano la direzione generale del CID. Sommerso com'era da questioni politiche e amministrative, normalmente Bennett non si sarebbe occupato della questione di cui l'ispettore capo voleva parlare. Ma l'assenza del suo vice, che aveva di recente subito un intervento alla cistifellea e si stava godendo una lunga convalescenza in seguito a un attacco di peritonite, gli aveva fatto balenare un'opportunità a cui non era riuscito a resistere. «È come ai vecchi tempi, ispettore capo.» Sir Wilfred occupava la stessa serie di locali allo Yard da più di un decennio. Il suo ufficio si affacciava sull'Embankment alberato e sul Tamigi.
In passato lui e Sinclair vi si riunivano spesso, e Bennett provava nostalgia per i giorni in cui, nelle vesti di sostituto dell'allora vicecommissario, era più coinvolto nella gestione quotidiana del CID. La promozione gli aveva procurato il cavalierato e l'ingresso negli alti ranghi della Polizia Metropolitana, ma a volte si chiedeva se non gli avesse fatto perdere più di quanto gli aveva fatto guadagnare. «Ho chiesto al sovrintendente capo Holly di unirsi a noi. Lo trovo un atto di gentilezza. Di recente mi ha detto che da quando è stato 'trasferito ai piani alti' si sente un po' escluso, sentimento che condivido.» Sir Wilfred incrociò lo sguardo di Sinclair, e i due si scambiarono un sorriso ironico. «Arthur non è più in vacanza, signore?» «È rientrato ieri. Ma visto che non avrà avuto ancora modo di dare un'occhiata alla pratica, suggerisco che lei cominci illustrandoci il caso.» Il vicecommissario condusse Sinclair al lucido tavolo di quercia accanto alle finestre, dove era solito condurre le sue riunioni di lavoro, incontri che sembravano ormai comportare soltanto tortuose dispute burocratiche. Mentre si sedevano uno di fronte all'altro, Sir Wilfred osservò, non senza una punta di invidia, i luminosi occhi grigi e l'aria sveglia del suo visitatore. Malgrado avesse compiuto i sessant'anni, Angus Sinclair aveva l'aria di un uomo che aveva ancora un forte appetito per il proprio lavoro. Bussarono alla porta, e subito dopo il sovrintendente capo fece il suo ingresso. Era un uomo corpulento sui cinquantacinque anni, abbronzato e dai lineamenti rozzi. «Buongiorno, Holly. Bentornato.» Bennett si alzò e gli strinse la mano. «Spero che abbia passato una buona vacanza.» «Grazie, signore. Il tempo è stato eccellente. Lo dico sempre io, non esiste un altro posto come le isole Scilly in questo periodo dell'anno.» Le 'r' lievemente arrotate del sovrintendente capo tradivano le sue origini rurali. Da anni ormai la Polizia Metropolitana arruolava i propri uomini nelle regioni occidentali del Paese, considerando i londinesi troppo disinvolti, troppo furbi per diventare poliziotti. I robusti campagnoli, invece, se dotati di mentalità aperta e malleabile, venivano considerati il materiale ideale, e il sovrintendente capo Holly ne era un esemplare di prima qualità. «Parola mia, Arthur, hai messo su qualche chilo.» Sinclair guardò il collega con sospetto. «Dovrò parlarne con Ethel. Dobbiamo metterti a dieta.» Holly arrossì. Era ormai il sovrintendente di grado superiore di tutto il corpo, e tecnicamente il superiore di Sinclair. Ma non avrebbe mai potuto dimenticare che un tempo lavorava agli ordini dell'ispettore capo, che ave-
va sperimentato il pungiglione della sua lingua a volte acida e che aveva fatto di tutto per guadagnarsi la sua approvazione. Erano passati anni da quando Angus Sinclair aveva declinato qualsiasi ulteriore promozione, facendo sapere che era soddisfatto del grado di ispettore capo. Nello Yard ce n'erano cinque: godevano tutti di una sorta di prestigio da specialisti e venivano risparmiati per le indagini più difficili e impegnative. Holly era lieto che Sinclair gli desse del tu, e sapeva per esperienza che quando l'ispettore capo avesse avuto intenzione di correggerlo l'avrebbe chiamato «signore». «Quindi domenica scorsa è andato a Guildford?» Bennett aveva atteso che si fossero sistemati tutti prima di parlare. Pallido in volto, con capelli scuri e ormai radi, aveva modi sbrigativi e decisi che rispecchiavano la mente che vi si celava dietro. «Spero che si sia mosso con i piedi di piombo, ispettore capo.» «Come se stessi camminando sui gusci d'uovo, signore.» Sinclair aprì la sua cartella. «Jim Boyce è un vecchio amico. Abbiamo deciso di trattarla come una visita ufficiosa.» «Dunque posso dormire sonni tranquilli? Non aprirò il giornale di domani per leggere che gli investigatori di Scotland Yard si stanno aggirando per le contee intorno a Londra senza essere stati invitati?» domandò Bennett con un sorriso. Nel corso degli anni aveva sviluppato una grande considerazione per l'azzimato ispettore capo. Non avevano soltanto collaborato su alcuni casi in passato; erano alleati in un senso più ampio, essendosi impegnati, ciascuno nella propria sfera, per traghettare l'istituzione per cui lavoravano nel mondo moderno, impresa che Sir Wilfred aveva più volte equiparato al tentativo di smuovere un mulo recalcitrante. Sinclair non fece commenti, limitandosi a inarcare un sopracciglio. Si dava il caso che l'incartamento che reggeva in mano, con il suo fascio di fogli ordinatamente dattiloscritti, fosse il frutto di un'iniziativa che lui e il vicecommissario avevano intrapreso insieme qualche anno prima. Scotland Yard vantava ora un archivio in cui personale civile compilava dossier sulla base del materiale fornito dagli investigatori, risparmiando loro la perdita di tempo. «Guildford?» Arthur Holly aggrottò la fronte. «Il nome non mi è nuovo. Non è stata uccisa una bambina nel distretto? Mi pare di averlo letto sul giornale.» «Sì, una ragazzina. È stata stuprata e strangolata. È accaduto mentre lei era via.» Bennett si sistemò meglio sulla sedia. «L'ispettore capo ha attira-
to la mia attenzione sul caso. Trova che vi siano alcuni aspetti dell'omicidio che non possiamo ignorare.» Rivolse un cenno a Sinclair, invitandolo a proseguire. «Si tratta della natura del crimine, Arthur, nonché delle circostanze.» Sinclair diresse le sue osservazioni al collega. «Le ferite inflitte al corpo della bambina dopo la morte erano davvero gravi. Il suo volto era distrutto, completamente devastato. Dopo attento esame, il patologo ha stabilito che l'assassino aveva usato un martello, un attrezzo da tagliapietre a giudicare dalle dimensioni delle ferite.» «Mio Dio!» Lo shock si palesò sul volto di Holly. «Mai sentita una cosa simile.» «Fra le varie conclusioni che si potrebbero trarre da un atto simile, quella che più mi turba è che sembra che l'aggressione sia stata pianificata. Se l'assassino aveva con sé un martello, vuol dire che aveva intenzione di usarlo. È una delle ragioni per cui penso che questo crimine meriti la nostra attenzione. Potrebbe essere più complesso di quanto non sembri.» Le sue parole vennero seguite dal silenzio. Dopo qualche istante, l'ispettore capo riprese: «Per il momento tutto quello che posso dirvi è che la polizia del Surrey sta cercando un vagabondo in relazione all'omicidio, un uomo che risponde al soprannome di Beezy. Si sa che era nel bosco in cui è stato trovato il corpo della bambina intorno al momento in cui è stata uccisa. La sua descrizione è stata diffusa nel Surrey, nelle contee circostanti e alla Polizia Metropolitana». «Che cosa sappiamo di lui?» domandò Holly. «Un buon numero di cose.» Sinclair sfilò un foglio dalla cartella. «Queste informazioni sono arrivate ieri da Guildford. Il suo vero nome è Harold Beal. È di origini londinesi, e una volta lavorava come impiegato assicurativo. Dodici anni fa sua moglie è morta all'improvviso. Lui ha cominciato a bere forte, ha perso l'impiego e alla fine si è dato alla strada. Da allora è un vagabondo, e come molti di loro è un abitudinario. Fino a quest'anno passava le sue estati nel Kent, lavorando nelle fattorie e tornando a Londra per l'inverno. Ha diversi precedenti di ubriachezza molesta e una condanna sulla fedina. L'anno scorso è stato condannato per esibizionismo dalla pretura di Canterbury.» «Davvero?» Holly si drizzò a sedere. «E tu che ne pensi?» Quando Sinclair non rispose subito, soggiunse: «È un'indicazione, giusto?» «Potrebbe esserlo, ma non ne sono sicuro.» L'ispettore capo stirò un muscolo della schiena. «Di colpevoli di reati sessuali minori ce n'è a bizzeffe,
dopo tutto. Fra lo sbottonarsi la patta in pubblico e quello che è stato fatto a quella povera bambina c'è una grande differenza. Un salto enorme.» «Vero. Ma cominciano tutti da qualche parte», insistette il sovrintendente capo. «Controlla i precedenti di qualsiasi colpevole di gravi reati sessuali, Angus, e molto probabilmente scoprirai che una volta era un guardone o qualcosa del genere.» «Questo lo accetto», convenne Sinclair. «Ma lascia che ti dica qualcos'altro su Beal. Una maestra di Canterbury sostenne che lui si fosse sbottonato su una strada pubblica mentre lei passava con una doppia fila di alunne. Alla corte Beal disse che stava semplicemente orinando e che non si era accorto del loro arrivo. Sosteneva di essere duro d'orecchi, cosa che sembra confermata dalle trascrizioni del processo. Continuava a chiedere di ripetere le domande. A giudicare dalle apparenze direi che era un'incriminazione che non avrebbe mai dovuto essere formulata, ma il giudice lo dichiarò colpevole e lo condannò a due mesi di detenzione. È tutto nel dossier.» L'ispettore capo picchiettò il dito indice sulla cartella. «Non lo escludo, Arthur.» Incrociò lo sguardo del sovrintendente capo. «Forse è per questo che Beezy aveva deciso di andare nel Surrey invece che nel Kent», osservò Bennett in tono ironico. «Ovunque si trovi adesso, se ne sarà pentito. Boyce cosa ne pensa? Crede che il vagabondo sia il loro uomo?» «Non con la stessa convinzione dei primi giorni. Non dopo aver sentito l'opinione di John Madden.» «Madden?» Le sopracciglia di Holly schizzarono verso l'alto. «Come mai è coinvolto?» «È stato lui a trovare il corpo. Stava aiutando il poliziotto del luogo a perlustrare il bosco. Domenica ho fatto due chiacchiere con lui a Highfield.» «Ottimo uomo, John Madden», borbottò il sovrintendente capo. «Non avresti mai dovuto lasciarlo andare, Angus.» «Non vedo come tu possa pensare che avessi qualche voce in capitolo.» Punto sul vivo, l'ispettore capo rispose in tono secco. «È stata sua moglie a persuaderlo a lasciare la polizia. Non credo che tu l'abbia mai conosciuta, Arthur.» «Io sì», intervenne Bennett. «A una cena a Londra, qualche anno fa. Ricordo bene l'occasione. Era poco dopo che il parlamento aveva finalmente deciso di permettere che le donne lavorassero nella pubblica amministrazione, e le chiesi se fosse contenta. 'Senza parole per la gratitudine', fu la
sua risposta, ma non penso che dicesse sul serio.» Ridacchiò. «È una bellissima donna, fra l'altro... Dunque Madden ha visto la scena del delitto? Che cosa ne pensa? Presumo che non sia d'accordo con la teoria del vagabondo?» Sinclair scosse la testa e si tirò pensosamente un lobo. «Madden ha sempre avuto la specialità di osservare le cose con chiarezza, di non lasciarsi ingannare, di vedere al di là. Un tempo, quando lavoravamo insieme, credevo fosse una sorta di sesto senso, ma adesso mi chiedo se non sia semplicemente che ci vede meglio di altri. Il significato delle cose...» Si strinse nelle spalle. «No, Madden non pensa che sia stato Beezy a uccidere quella ragazzina. Quando ha visto quel volto, o quello che ne restava, ha fiutato un altro tipo di assassino. Un tipo che potrebbe essere molto più difficile da trovare.» «Per quale motivo?» «Pensa che i danni inflitti al volto della bambina fossero deliberati, opera di un uomo che potrebbe aver già fatto qualcosa di simile, più che l'aberrazione di un vecchio barbone che è incappato in una bambina sola e ha improvvisamente perso la testa. Per di più, le conclusioni del patologo tendono a confermare il suo punto di vista.» Holly si accigliò. «Non sono a conoscenza di alcun delitto recente che corrisponda a queste caratteristiche, Angus. Hai trovato qualcosa in archivio?» «No, nulla.» L'ispettore capo scosse la testa. «Nemmeno il più piccolo dei collegamenti, temo. Ma la cosa non finisce qui. C'è un altro elemento che è giunto alla mia attenzione, lo si potrebbe definire un segnale, e sento di dovervene mettere al corrente.» Holly e Bennett si scambiarono un'occhiata. «La prego di farlo», disse in tono ironico il vicecommissario. Sinclair guardò i suoi due ascoltatori. «Tre anni fa, per essere precisi nel luglio del 1929, una ragazzina di dodici anni di nome Susan Barlow scomparve a Henley-on-Thames. Il suo corpo è stato trovato soltanto quest'anno, per la precisione sei settimane fa. Si presumeva che fosse annegata, considerato che era stata vista per l'ultima volta nei pressi della riva, e il corpo è stato ripescato dal fiume. Era rimasto incagliato in un'insenatura sotto un tronco d'albero arenatosi a riva. Inutile dire che il cadavere era in un avanzato stato di decomposizione.» «Non ci starai dicendo che era stata stuprata.» Holly si accigliò. «Di sicuro non possono saperlo.»
«È vero. Né possono dire se sia stata strangolata, se vogliamo paragonarlo al delitto di Brookham. Immersa in acqua dolce, la carne doveva essersi trasformata in adipocere entro i primi sei mesi. Ma il viso raccontava una storia diversa.» «Era stato colpito?» Il sovrintendente capo si fece scuro in volto. «Senza ombra di dubbio. Ma non allo stesso livello di quello di Brookham, il che potrebbe essere un dettaglio importante. Il naso e uno degli zigomi erano fratturati e il cranio era incrinato.» Per qualche istante vi fu silenzio. «Sì, ma un corpo rimasto così a lungo in acqua... danni simili potrebbero avere molte cause», brontolò Holly. «Certo, è un mistero», ammise Sinclair. «Un mistero che sta tenendo in esercizio le menti della polizia dell'Oxfordshire. Devo tuttavia informarvi che non ne siamo stati ufficialmente informati. Non è stata iniziata alcuna indagine per omicidio. Ne ho sentito parlare per caso.» Fece una pausa, raddrizzando un foglio di carta sul tavolo davanti a sé, poi si rivolse a Bennett. «Sa chi è George Ransom, signore? È patologo all'ospedale St Mary's di Paddington.» «Lo conosco di nome.» «Questa settimana l'ho incontrato per caso ed è stato lui a dirmi del corpo ripescato dal fiume a Henley. Me l'ha riferito più che altro come una curiosità, ma con il ricordo del caso di Brookham ancora fresco la cosa mi ha fatto drizzare le orecchie. Ransom è venuto a saperlo durante una cena a cui ha partecipato, una riunione annuale fra dottori. Potreste trovarlo uno strano argomento di conversazione conviviale, perfino fra patologi, ma Ransom era seduto proprio accanto a colui che aveva effettuato l'autopsia, un medico di Oxford di nome Stanley, e così ha sentito l'intera storia. Stanley diceva di essere convinto che i danni fossero stati causati da colpi al volto, almeno una mezza dozzina a giudicare dalle fratture ossee, il che indicava un'aggressione. Ha detto a Ransom che per il momento la polizia dell'Oxfordshire non si sbottonava, in attesa di trovare un'altra spiegazione.» Sinclair si carezzò il mento. «Non posso biasimarli. Non andiamo alla ricerca degli omicidi, giusto?» Rivolse un'occhiata ai suoi ascoltatori. «Prima cerchiamo una spiegazione naturale. Ma in questo caso è difficile trovarne, o così pensa Stanley.» «Il traffico fluviale?» Bennett cambiò posizione sulla sedia. «È un tratto del Tamigi molto battuto. Per una buona metà dell'anno pullula di imbarcazioni da diporto.»
«Sta pensando a un'elica, signore? Dovrebbe averla colpita diverse volte.» Sinclair annuì. «È un'ipotesi che hanno preso in considerazione, ma Stanley è dell'opinione che i segni sulle ossa non corrispondano alla forma delle pale di un'elica. Più in là non ha voluto spingersi.» «E un battello a ruota?» suggerì il sovrintendente capo. «È il Tamigi, signore, non il Mississippi.» Sconfitto, Holly mormorò: «Ma ci saranno altre cause possibili. Non possiamo essere certi che si tratti di omicidio». «È vero, non possiamo.» «E non ci sono due domande da porsi?» insistette il sovrintendente capo in tono burbero. Non si era ancora ripreso. «Primo, si tratta di omicidio? E secondo, ha qualche collegamento con quello di Brookham?» «Giustissimo, Arthur.» Sinclair cercò di placare il suo superiore. «E non sto insistendo che lo sia, nemmeno per un istante. Ma non possiamo ignorare i fattori comuni ai due casi: l'età delle vittime e i danni inflitti ai loro volti.» Esitò. «Certo, anche il lasso di tempo trascorso è un problema. Un intervallo di tre anni fra delitti di questo genere è molto insolito. Sto facendo controllare i registri delle carceri nella lontana possibilità che l'assassino possa aver trascorso il periodo in prigione, sempre dando per scontato che si tratti dello stesso uomo, ma non sono troppo ottimista. Sono sicuro che se fosse stato arrestato per un grave crimine sessuale ne avremmo sentito parlare.» Incrociò lo sguardo del vicecommissario. «Per il momento è tutto, signore.» «Bene.» Bennett consultò il suo orologio. «Fra cinque minuti ho un'altra riunione. Vediamo se riusciamo a giungere a una conclusione provvisoria prima di salutarci.» Si alzò, andò alla finestra e vi si fermò davanti, le mani sui fianchi e lo sguardo diretto all'esterno. Gli altri due lo osservarono in silenzio. «Il vagabondo è ancora la chiave di volta, giusto? Beezy? Penso che dovremmo aspettare che lo trovino. Che lo interroghino e che si venga a sapere se è il colpevole del delitto di Brookham. La polizia del Surrey è capacissima di gestire un'inchiesta semplice, se è di questo che si tratta. Non voglio che lo Yard si intrometta, dando l'impressione di volerla mettere in ombra. Ma voglio che mi si tenga informato sugli sviluppi delle indagini. Non hanno sollevato obiezioni per l'interesse che abbiamo mostrato, suppongo?» Si guardò alle spalle. «Al contrario», gli assicurò Sinclair richiudendo la cartella. «Dopo aver
parlato con Madden, Jim Boyce è nervoso come un gatto. Al primo segno che il caso potrebbe andare al di là della sua sfera d'azione mi telefonerà.» «Eppure sembra insoddisfatto, ispettore capo.» «Oh, no, signore. Non è questo.» Sinclair abbandonò il cipiglio che il suo superiore aveva notato. «Che cerchino pure Beezy. Anzi, se si potrà dimostrare che l'assassino è lui, sarei incline ad archiviare la questione, se non altro per quanto riguarda lo Yard.» «Non pensa che possa essere coinvolto nel caso di Henley?» «Difficile. Beal è sulla cinquantina. Si sa che ha trascorso le estati degli ultimi dieci anni nel Kent. Non me lo vedo spostarsi di punto in bianco nell'Oxfordshire.» Sinclair scosse il capo. «No, se il loro uomo è Beezy sarei incline ad abbandonare le indagini.» «Di che si tratta, allora? Che cosa la preoccupa?» L'ispettore capo sospirò. «È quello che pensa Madden a preoccuparmi. Ha la sensazione che abbiamo soltanto sfiorato la superficie del caso, che accadrà di peggio. E se devo credere alle esperienze passate, in queste cose di solito il suo istinto non si inganna.» 9 La casa dei Madden sorgeva in fondo a un vialetto ombreggiato di limette. Quando Sinclair vi si fermò di fronte, Helen, messa all'erta dal suono dell'auto che si avvicinava, lo aspettava sotto il portico. «Angus... sono contenta di vederti.» Indossava un grembiule e una camicetta bianca con le maniche arrotolate, e mentre si scambiavano un bacio all'ispettore capo venne fatto di pensare che quando il padre di Helen era ancora in vita e abitava con la figlia e il genero, i visitatori venivano invariabilmente accolti da una domestica in uniforme: i tempi stavano davvero cambiando. «Mary è in cucina, sta aiutando la signora Beck», spiegò Helen come in risposta al suo tacito pensiero. «È tutta la mattina che stiamo imbottigliando. Vieni, ho una sorpresa per te. Franz Weiss è qui da noi per qualche giorno.» «Davvero?» Nell'udire quel nome, Sinclair si illuminò in volto. Psicoanalista di fama, Weiss era un vecchio amico del padre di Helen. Nato a Vienna ma residente a Berlino, era un uomo per cui l'ispettore capo provava non soltanto affetto, ma un eccezionale rispetto. «Non ne avevo idea. E come sta, il buon dottore?»
«Abbastanza bene, ma è preoccupato. La situazione in Germania è così instabile. Non avrebbero mai dovuto lasciare Vienna.» Helen lo trascinò in casa e gli fece percorrere il corridoio fino al salotto. «Vieni fuori. Ti sta aspettando.» Quando uscirono sulla terrazza lastricata, una figura emerse dall'ombra del pergolato coperto di rampicanti che campeggiava a un'estremità. Canuto e ormai alquanto curvo, l'ultrasettantenne Franz Weiss si fermò e si produsse in un cortese inchino d'altri tempi. «Ispettore capo! Un piacere inaspettato.» «Proprio così, signore.» Sinclair avanzò per stringergli la mano. «Ma il piacere è mio.» Malgrado fossero passati non meno di due anni dal loro ultimo incontro, in occasione di una cena data dai Madden quando Weiss si trovava a Londra per una conferenza sulla psicoanalisi, era lieto di vedere che il dottore non aveva perso neanche un briciolo della sua prontezza, e che i suoi occhi scuri e aggrinziti agli angoli brillavano con lo stesso miscuglio di intelligenza e ironia che l'ispettore capo rammentava con tanto piacere dagli incontri passati. Si erano conosciuti più di un decennio prima, ai tempi delle indagini sugli omicidi di Melling Lodge, quando Weiss si trovava per caso in Inghilterra e Madden, tramite Helen, aveva ottenuto da lui una consulenza che in seguito si era rivelata fondamentale per l'individuazione dell'assassino che lui e Sinclair stavano cercando. L'episodio aveva profondamente colpito l'ispettore capo, che a causa di esso era giunto a credere che le intuizioni sui comportamenti criminali offerte dalla nuova disciplina della psicoanalisi potessero essere utili al lavoro di polizia. Era un argomento che aveva continuato a sviscerare con l'analista nelle rare occasioni in cui si erano rivisti. «Si tratterrà a lungo in Inghilterra, signore?» domandò. «Speravo di pranzare insieme la settimana prossima a Londra.» «Ahimè, riparto domani per Berlino.» Weiss allargò le braccia in un gesto dispiaciuto. Il suo inglese, per quanto spedito, era caratterizzato da un forte accento. «Ma abbiamo l'intera giornata davanti a noi. Non dubito che troveremo occasione di parlare.» Si rivolse a Helen. «Il lavoro dell'ispettore capo è fonte di eterno fascino per me. La mia occupazione, temo, dovrà sembrare arida a confronto della sua. Ma lui è abbastanza gentile da fingere altrimenti.»
Sorrise alla padrona di casa. «E ora, mia cara, mi perdoni? Mi sono trattenuto solo per salutare il nostro amico, ma ora devo rimettermi al lavoro. Ci rivedremo a pranzo, sì?» Rivolse un inchino a entrambi e abbandonò la terrazza. Helen lo seguì con lo sguardo. «Franz è stato già due volte a Londra per parlare con dei vecchi colleghi», informò Sinclair. «Dottori che hanno chiuso i loro studi in Germania e si sono trasferiti qui. Vorrebbe fare lo stesso, ma ci sono delle difficoltà. Tanto per cominciare, Mina non sta bene. Non è sicuro che sia abbastanza in forze per viaggiare.» «La situazione a Berlino è così brutta?» «Abbastanza. E probabilmente peggiorerà per gli ebrei, o almeno così pensa Franz. Crede che i nazisti arriveranno presto al potere. E a quel punto, chi può sapere cosa accadrà? Sono preoccupata per loro.» L'ispettore non ne era sorpreso: sapeva che da ragazza Helen aveva trascorso sei mesi a Vienna con il dottore e sua moglie per imparare il tedesco, e che loro l'avevano trattata come una figlia. Era ancora alla ricerca di qualche parola di rassicurazione quando la vide spostare lo sguardo in direzione del giardino e la imitò, assorbendo il panorama del lungo prato delimitato dalle siepi e dalle aiuole e dominato sul retro dal bosco di Upton Hanger. Era una vista che nel corso degli anni era giunto ad amare, e che associava alle molte ore felici trascorse in quella casa. «John è giù nel frutteto. Ti sta aspettando.» L'ispettore capo non disse nulla. Aveva avvertito un lieve mutamento nei modi di Helen, e aveva un cattivo presentimento. Il ricordo della loro recente conversazione alla fiera del villaggio era ancora vivo, e si chiese se fosse sul punto di essere rinfrescato. «Troverai Lucy con lui. Non lasciarti ingannare dalle apparenze. È caduta in profonda disgrazia.» «Oh, santo cielo...» Sollevato, Sinclair si lasciò sfuggire un sorriso. «Potrai anche sorridere, ma non c'è niente da ridere.» L'espressione di Helen suggeriva tutt'altro. «Il primo giorno di scuola ha versato l'inchiostro su un'altra bambina ed è stata messa in castigo. Un'intera boccetta, nientemeno. Sono tutti così gentili a dirmi che alla sua età ero esattamente come lei, ma mi rifiuto di crederci. Chiedi a John di rimandarla a casa, ti dispiace? Per lei è quasi ora di pranzo.» A quel punto esitò, e Sinclair avvertì i suoi occhi su di sé.
«A quel punto potrete parlare. Ma non dilungatevi, ti prego. E ricorda quello che ti ho detto.» «Sulla strada mi sono fermato a Guildford a bere una tazza di tè con Jim Boyce. Non solo non hanno ancora messo le mani su Beezy: non hanno avuto una sola segnalazione. Ma il vostro amico Topper è stato avvistato la settimana scorsa nei campi intorno a Basingstoke. L'agente del villaggio ha avuto una partenza un po' lenta. Ha inviato un messaggio di richiesta istruzioni al quartier generale, ma ora che gli hanno risposto di fermarlo, Topper era scomparso di nuovo.» Sinclair aveva sorpreso il suo anfitrione senza la giacca e con le maniche della camicia arrotolate, impegnato a segare un vecchio susino. Il raccolto nel frutteto era già stato effettuato, ma nell'ombra screziata dal sole aleggiava il profumo dolciastro dei frutti caduti a terra e marciti, e il rumore della sega era accompagnato dal contrappunto del ronzio più delicato delle vespe, ormai rade e apparentemente stanche mentre l'estate si avvicinava alla sua conclusione. «Tom Cooper ha i reumatismi», aveva spiegato Madden interrompendo il lavoro per accogliere il suo ospite. «Lo sto sostituendo.» Il nome noto portò un sorriso sulle labbra dell'ispettore capo. Cooper era l'ex giardiniere di Melling Lodge, un protagonista minore della tragedia che li aveva portati a Highfield anni prima e un esempio vivente della piccolezza del mondo in cui il suo vecchio collega si era ritirato e in cui aveva trovato un così profondo appagamento. Dopo aver riferito il messaggio che gli era stato affidato, Sinclair si era seduto sul muretto di pietre che delimitava il giardino, aveva estratto di tasca pipa e tabacco e aveva atteso che Madden recuperasse sua figlia, che stava giocando nel ruscello vicino e le cui grida di gioia mentre sguazzava nell'acqua alta fino alle caviglie rivelavano scarsi segni di pentimento. Poco dopo padre e figlia erano comparsi mano nella mano, seguiti dai due compagni di giochi mattutini di Lucy, due goffi cuccioli che, infradiciati dalla nuotata con la padroncina, si erano dimostrati generosi con la quantità d'acqua distribuita scrollandosi. Su invito del padre, la bambina si era fermata per dare il benvenuto al loro ospite. L'ispettore capo si era visto offrire una guancia bagnata da baciare e un sorriso così radioso che il suo cuore aveva perso un battito. «E ricorda di lavarti i piedi sotto il rubinetto prima di entrare in casa.» Osservando la grave tenerezza dell'espressione di Madden mentre si ri-
volgeva alla figlia, Sinclair rammentò con una stretta al cuore la perdita che il suo vecchio amico aveva subito molti anni prima. La bambina e la moglie che aveva visto morire. Era stato quel doppio colpo, pensava l'ispettore capo, a spingere il suo ex collega a cercare l'oblio in trincea. Madden aveva atteso che fossero soli prima di parlare. «Allora, Angus... cosa puoi dirmi del caso di Brookham?» Ora ascoltava mentre l'ispettore capo, fumando la sua pipa, rivelava i pochi risultati che avevano prodotto le sue indagini. «Come ti ho detto, in archivio non risulta nulla. C'è soltanto questa faccenda di Henley-on-Thames, che non è ancora stata registrata come omicidio. I danni al volto indicano un collegamento con Brookham, te lo assicuro, e inoltre sembra sia stato fatto un tentativo di nascondere il corpo. Ma ci sono ancora dei problemi a collegare i due casi, non ultimo l'intervallo di tre anni che li separa. Se si tratta dello stesso uomo, cos'ha fatto per tutto questo tempo?» Madden si lasciò sfuggire un grugnito. «Presumo che abbiate controllato i registri delle carceri?» Stava fissando il terreno di fronte a sé. «Dettagliatamente. Siamo convinti che non fosse in prigione.» «Non potrebbe essere stato all'estero?» Sinclair si strinse nelle spalle. «Certo, è una possibilità. Ma non una su cui io possa indagare, non prima che il caso sia ufficialmente nelle mie mani e anche allora non prima di aver accumulato altre prove.» Fece una smorfia, picchiettò la pipa sul muretto e rimase a osservare mentre Madden rimuginava passando la punta delle dita sulla lama della sega. Era evidente che si era aspettato di udire notizie migliori, e l'ispettore capo sospirò. «Mi dispiace, John. Ma senza elementi nuovi è difficile immaginare i futuri sviluppi. Tutto quello che possiamo fare a questo punto è aspettare mentre danno la caccia a quel vagabondo.» La sensazione, per quanto irrazionale, di aver deluso il suo vecchio collega continuò a tormentare l'ispettore capo per tutto il giorno ed era ancora abbarbicata come l'edera in fondo ai suoi pensieri quando, mentre l'orologio sopra il caminetto segnava le cinque e le ombre in salotto si facevano più scure, alzò gli occhi e vide Franz Weiss in piedi sulla soglia. «Eh, eccola, signor Sinclair! Speravo di trovarla solo. Non abbiamo ancora avuto modo di parlare.» Sorridendo, l'analista attraversò la sala fino al punto in cui l'altro ospite
era seduto davanti al caminetto con un libro sui fiori selvatici aperto in grembo. «È vero che i padroni di casa ci hanno abbandonato?» «Temo di sì, signore.» Sinclair si alzò per riceverlo. «Ma non per molto. John è andato a prendere Robert a Guildford. E si è portato dietro Lucy.» Quel giorno il figlio dei Madden aveva un incontro di cricket con la squadra della scuola. «E poco dopo Helen è stata convocata da un paziente. La fortezza è stata affidata a me.» Era la prima volta che i due uomini si trovavano soli. A parte una breve apparizione all'ora del tè, quando si era unito agli altri in terrazza, il dottore era rimasto tutto il pomeriggio a lavorare in camera sua. Scusandosi per la propria assenza, aveva spiegato di dover preparare una relazione che al ritorno a Berlino avrebbe dovuto presentare a un simposio. «Argomento della discussione saranno alcuni aspetti della psicopatologia, in particolare il trattamento di pazienti che si abbandonano a comportamenti aggressivi e irresponsabili, un tema difficile su cui esprimersi di questi tempi, quando un così gran numero di concittadini manifesta poc'altro.» Aveva accompagnato quell'osservazione con un caratteristico sorriso ironico, ma le sue parole avevano colpito l'ispettore capo, riecheggiando una discussione che si era svolta a pranzo quando Weiss si era dilungato sulla situazione in Germania e sui suoi timori per il futuro. Pur essendo informato dai giornali riguardo ai fermenti in quel Paese che così di recente era stato nemico del suo, Sinclair aveva ascoltato sgomento mentre l'ospite straniero dei Madden tracciava un quadro ancora più nero di quanto avrebbe potuto immaginare di una società turbata dai conflitti sociali e sull'orlo del collasso politico. Il racconto che più l'aveva turbato era stato quello dell'aggressione da parte di una squadra d'assalto delle camicie brune ai danni di un gruppo di simpatizzanti comunisti, a cui il dottore aveva assistito per caso nei pressi del suo studio di Berlino. Palesemente angosciato dal ricordo, Weiss aveva descritto a vivide immagini l'impudenza degli aggressori e la loro indifferenza nei riguardi dei feriti che avevano abbandonato a terra mentre il loro sangue si asciugava sui ciottoli. «Quando l'uomo civilizzato ricorre così facilmente alla brutalità, si può solo temere il peggio.» Nel pronunciare quelle parole Weiss aveva fissato gli occhi scuri su Sinclair, vedendolo forse come un guardiano della legge. «Che freni gli rimangono, ci si chiede? Di quali crimini è capace?»
L'analista non aveva nascosto la propria preoccupazione per i suoi cari e il desiderio sempre più forte di lasciare la Germania. «Tutti i segni dicono che lì la mia gente non è più la benvenuta. O quanto meno presso coloro che fanno la voce più grossa e le cui mani si stanno già allungando sul potere.» Rendendosi conto che non era la propria nazionalità austriaca a cui Weiss si era riferito, Sinclair aveva provato un'ondata di turbamento, e il ricordo di quel momento servì ora a tenere a bada il suo primo istinto, che era di riprendere l'argomento del pranzo. Avrebbe voluto interrogare più a fondo l'analista, ma dopo avergli versato da bere, averlo fatto accomodare accanto al fuoco ed essere tornato al suo posto esitò, e fu Weiss, il volto pallido rischiarato dalle fiamme, a spezzare il silenzio. «Mi dica, ispettore capo, questo caso di cui si sta occupando, quello della bambina assassinata, le sta causando molta ansia?» Pur essendo rimasto momentaneamente sorpreso dalla domanda, Sinclair si rese conto che Madden doveva aver parlato dell'aggressione con il dottore, cosa che Weiss confermò subito dopo. «Glielo chiedo perché John è sembrato così preoccupato, quando me ne ha parlato l'altra sera. È evidente che il delitto l'ha turbato. Non ci siamo dilungati. Era presente anche Helen, e ho avuto la sensazione che l'argomento la infastidisse.» «Pensa che John si sia lasciato coinvolgere troppo», brontolò Sinclair, che aveva ormai superato la sorpresa. «Non ha mai dimenticato che anni fa ha rischiato di morire. Non vuole che venga implicato di nuovo in qualcosa di simile. Ma John non molla l'osso.» Weiss annuì. «Lo vede come un dovere, come ciò che deve al prossimo, qualcosa che gli è stato conferito, che lui non ha cercato ma che accetta. Il nostro amico è come il Buon Samaritano: non riesce a passare oltre. È una delle ragioni per cui Helen lo ama, ovviamente, per cui lo stima tanto. E ciò crea difficoltà per entrambi.» La penombra nella stanza si era infittita mentre parlavano, e Sinclair si alzò e accese un paio di lampade da tavolo. Aggiunse un altro ceppo al fuoco e guardò una nube di scintille innalzarsi nel camino. Dietro di lui, anche il dottore fissava assorto il fuoco. Sinclair fece ritorno al proprio posto. «Che ne pensa, signore? Del delitto in sé, voglio dire. Come probabilmente saprà, John crede che l'assassino abbia già ucciso.» «Così ha detto. E posso capire perché. Bisogna stare attenti a trarre con-
clusioni basandosi su prove puramente indiziarie, ma ci sono forti segnali che non si tratti di un predatore ordinario», disse Weiss. «Si riferisce all'aggressione post-mortem, presumo?» Sinclair si sedette in avanti sulla poltrona, incuriosito. Weiss annuì. «La distruzione del volto della bambina è molto insolita. Malgrado gli abusi sui corpi delle vittime siano comuni in questo genere di casi, esprimendo spesso il disprezzo dell'assassino per il corpo che è servito al suo scopo, un'aggressione così deliberata ha un'apparenza rituale. E non bisognerebbe nemmeno trascurare l'attenzione con cui l'assassino si è preparato. Ho ragione a credere che abbia trasportato il corpo della bambina per un lungo tratto fino al luogo che aveva scelto per infierire su di lei?» «Sì. E attraverso una fitta boscaglia.» «Fino a un corso d'acqua. Dettaglio importante. Forse aveva già un'immagine mentale di quello che sarebbe seguito. Forse sapeva che, a cose fatte, avrebbe dovuto lavare via il sangue dal proprio corpo. Se consideriamo tutto questo come parte di uno schema di comportamento, è difficile credere che quest'uomo non abbia commesso crimini simili in passato.» Il dottore si interruppe. Aveva distolto lo sguardo dal fuoco e stava fissando Sinclair, il quale era assorto in riflessione. «C'è una cosa che lei non sa, signore.» L'ispettore capo si accigliò. «Ne ho informato John soltanto stamane. Siamo giunti a conoscenza di un caso che potrebbe essere collegato con il delitto di Brookham. Riguarda una ragazzina scomparsa tre anni fa a Henley-on-Thames, che si presumeva fosse annegata. Il suo corpo è stato ripescato di recente dal fiume, e si è scoperto che il volto era sfigurato. Secondo il patologo che ha esaminato i resti, le ferite sono state causate da forti colpi. È troppo tardi per capire se sia stata violentata, ovviamente, o anche solo come è morta, ma i danni facciali indicano una violenta aggressione.» «E lei pensa che i due casi possano essere collegati?» L'espressione di Weiss mostrava interesse. «Di sicuro è una possibilità, e l'unico indizio che abbiamo. Ma visto che non vi sono altre indicazioni che un assassino come questo sia stato attivo in passato, e visto che nei nostri archivi non ce n'è alcuna traccia, le probabilità sono a sfavore di un collegamento. Non gliel'ho ancora detto, ma le indagini sul caso di Brookham non sono affidate a me, non ancora; sono nelle mani della polizia del Surrey. Mi aspetto tuttavia che arrivino presto sulla mia scrivania, e quando ciò accadrà dovrò decidere come procedere.» Sinclair esitò, e i suoi occhi incrociarono quelli dell'analista.
«Che c'è, ispettore capo?» Weiss posò il suo bicchiere. «C'è qualcosa che vuole chiedermi?» «Si tratta più che altro di un favore, signore.» Sinclair fece una smorfia. «Potrà trovarla una richiesta strana, ma avrei bisogno di una consulenza particolare, che soltanto un esponente della sua professione potrebbe offrirmi.» «E di cosa potrebbe trattarsi?» Weiss sorrise. «Sono curioso di scoprirlo.» L'ispettore capo esitò. Lanciò un'occhiata al suo compagno. «Supponiamo che John abbia ragione: che si tratti di un uomo che ha già ucciso, e che potrebbe addirittura essere attivo da tempo a nostra insaputa. Andiamo ancora più in là e supponiamo che la bambina di Henley sia una delle sue vittime. Ora, di regola i maniaci sessuali tendono a dare nell'occhio. Diventano dei solitari, dei paria. Uomini che si fanno notare nella comunità. Anche quando non riusciamo a incriminarli, sappiamo chi sono. Quello che voglio chiederle è questo: quante probabilità esistono che un uomo simile sia riuscito a sfuggirci? Che abbia potuto celare la sua vera natura e passare inosservato? È anche soltanto possibile?» Sinclair attese che Weiss rispondesse. L'analista l'aveva ascoltato fissando il fuoco, e aspettò qualche istante prima di replicare. «Nella maggior parte dei casi, la risposta alla sua domanda sarebbe 'no'», disse infine. «Ma in questo caso devo specificare. Se l'individuo che lei immagina esiste, significa che abbiamo a che fare con un caso eccezionale, non soltanto uno stupratore e assassino compulsivo ma un uomo dotato di una consapevolezza di sé sufficiente a garantirgli di sottrarsi alla cattura per un periodo relativamente lungo. Definirlo psicopatico significa soltanto sfiorare il problema che individui simili presentano per la mia professione, e a essere sinceri bisogna che le dica che malgrado i nostri sforzi migliori dobbiamo ancora giungere a una vera comprensione del fenomeno. In linea generale, la psicoanalisi si occupa della cura delle nevrosi, con pazienti che sono consapevoli dei loro disturbi e desiderano essere curati. Ma laddove il buio dell'anima è completo, laddove manca qualsiasi senso di ciò che è giusto o sbagliato, anche gli approcci clinici più sofisticati si sono dimostrati inefficaci. Per metterla in termini semplici, sembra che i criminali di questo tipo siano nati per essere quello che diventano, che la loro condizione sia organica e vada al di là del nostro potere di curarla o decifrarla.» Il cipiglio sul volto del dottore si era fatto più profondo.
«Le sto dando la mia opinione, intendiamoci, non un parere medico ufficiale. La questione è ancora dibattuta, e siamo lontani da un consenso. Da parte mia, tuttavia, sono giunto alla conclusione che esistano individui nati con la predisposizione a commettere atti che per il resto di noi sono agghiaccianti e con una natura da cui è esclusa qualsiasi traccia di coscienza. Sebbene un trauma infantile non si possa mai escludere, in questi casi non è affatto una costante, e anche quando è presente non può spiegare in modo adeguato gli estremi comportamentali in cui ci imbattiamo. Alla fine ci troviamo a fronteggiare un mistero che non ha ancora una soluzione. In realtà, se si stesse cercando la prova dell'esistenza del male (e non è una ricerca che io abbia mai intrapreso, né in cui voglia credere), non ci sarebbe bisogno di andare al di là di questi mostri, che di diritto non dovrebbero esistere al di fuori dei nostri incubi.» Weiss fece qualche istante di pausa, tornando a spostare lo sguardo sul fuoco. Preso alla sprovvista da ciò che aveva udito, l'ispettore capo attese che proseguisse. «Ma ci stiamo allontanando dalla domanda che mi ha fatto. Torniamoci sopra.» Con un sospiro, il dottore si risistemò sulla poltrona. «Stiamo dando per scontato che quest'uomo esista e sia attivo da un certo numero di anni. Se è così, è evidente che possiede qualità solitamente non associate a questo tipo di individuo. Autodisciplina, tanto per cominciare. Malgrado la ferocia del delitto di Brookham sembri suggerire il contrario, è possibile che sia stato in grado di reprimere i propri impulsi per periodi relativamente lunghi, e che la violenza stessa dell'aggressione post-mortem sia un segno di tale repressione. Prima ho fatto riferimento a un rituale, e la distruzione del volto della vittima potrebbe essere il suo modo di esprimere l'emozione dominante della sua esistenza, un impulso che deve lottare per tenere sotto controllo.» «Un'emozione, ha detto?» Messo all'erta dal termine, Sinclair socchiuse gli occhi. «Che intende dire di preciso?» Weiss si morse il labbro. Sembrava incerto su come proseguire, e le sue parole successive lo confermarono. «Qui non ci sono certezze. Quella che le offro è soltanto un'idea. Ma mi sembra che quest'uomo sia preda soprattutto di un sentimento di odio. Che non ci sia altro modo di interpretare l'omicidio di Brookham. La distruzione del volto della vittima è un atto che sfida qualsiasi spiegazione razionale. A meno che non si ipotizzi che l'aggressione sessuale che l'ha preceduta non fosse altro che un preludio a quello che per lui era il vero culmine
dell'atto: l'ultimo, frenetico assalto. Se è così, dev'essere l'unico modo in cui riesce a soddisfarsi.» «Ma l'odio... non capisco. Odio per la bambina? È molto probabile che non l'avesse mai vista prima.» Il dottore scosse il capo. «L'emozione di cui parlo non è personale. La guardi più come una malattia dell'anima.» Vide la confusione ancora dipinta sul viso del suo compagno. «Non deve cercare di applicare un normale metro di giudizio a un individuo come questo, ispettore capo. Lui è estraneo alla sua specie, e se è sopravvissuto a lungo come crediamo deve averlo fatto soltanto nella consapevolezza di avere tutti contro. In questo caso non dovrebbe essere sorprendente che egli stesso nutra una forte ostilità verso gli altri, né che questa trovi espressione nella sfera sessuale, in cui gli viene negata qualsiasi soddisfazione. Per quale ragione abbia scelto come prede le bambine, donne incomplete nella migliore delle ipotesi, non posso dirlo, tranne che vittime simili sono deboli e facili e che pervertiti di questo genere sono raramente in grado di confrontarsi con quell'area dell'esistenza se non attraverso la violenza. Ma il rituale in sé, la distruzione del volto della vittima, proviene quasi di sicuro da un evento nel suo passato, forse addirittura dall'infanzia, e visto che egli cerca di ripeterlo si può solo presumere che gli abbia procurato piacere. Un piacere a cui ritorna spesso. Per quanto terribile possa essere l'idea.» Nel silenzio che seguì il crepitio di un ceppo risuonò fragoroso, e l'improvvisa fiammata fece avvampare il volto pallido dell'analista. «Ma tutte queste sono mere congetture.» Weiss fece un gesto come a volerle accantonare. «E dobbiamo ancora rispondere alla sua domanda: come può un uomo simile essere passato inosservato così a lungo?» «Lei ha parlato di autodisciplina.» Sinclair si concesse qualche istante per riordinare i propri pensieri. Aveva ascoltato con sgomento ciò che gli aveva detto Weiss. «Forse è stato in grado di applicare quella qualità ad altre aree della sua vita. A presentare al mondo una sorta di facciata.» «Oh, senza dubbio», convenne subito il dottore. «Non dubito che, se quest'uomo esiste, sia a modo suo notevole. Soprattutto deve avere la capacità di organizzare la sua vita, di programmare in anticipo, il che non è affatto il caso per gran parte di quelli come lui. È molto probabile che abbia cercato di mascherarsi e di adottare, se non un modo di vita, quanto meno abitudini che tendano a celare la sua vera natura. Ma anche così, è difficile immaginare come sia riuscito a passare inosservato così a lungo. Vista la sua diversità dagli altri, questa bestia che giace attorcigliata dentro
di lui, la sua mera presenza in qualsiasi gruppo dovrebbe essere causa di disagio, e individui simili di solito attirano l'attenzione delle autorità. Visto che ciò non è accaduto, dobbiamo cercare una spiegazione, e il lungo intervallo fra i due delitti potrebbe fornirci un indizio. Ha preso in considerazione la possibilità che abbia passato del tempo all'estero? Che viaggi?» L'ispettore capo annuì. «John e io ne stavamo parlando proprio stamattina. Il problema è che non si tratta di una possibilità che io possa facilmente esplorare. Non prima che il caso giunga ufficialmente nelle mie mani.» «È un peccato.» Weiss si mordicchiò il labbro. «Ma ci sono altre aree che vale la pena di esplorare. Il suo retroterra, per esempio.» «Il suo retroterra...?» «La sua classe, se vuole.» Si strinse nelle spalle. «Mi corregga se sbaglio, ma in questo Paese più che in qualsiasi altro si pensa che un uomo sia definito dalla sua posizione sociale. I comportamenti e i modi di fare vengono spesso trascurati, in particolare fra le classi alte, dove la differenza di rango può a volte elevare un uomo al di sopra di ogni sospetto. Ma forse sto esagerando...» Aveva notato il cipiglio dell'ispettore capo. Stava per riprendere, ma esitò nell'udire il suono della porta d'ingresso che si chiudeva. Dei passi echeggiarono nell'atrio lastricato. Si udì la voce di Helen che si rivolgeva a Mary, la domestica. Gli sguardi dei due uomini s'incontrarono. «Dobbiamo concludere, vero?» mormorò Weiss. «Ho solo un altro suggerimento. È poco più di un pensiero, ma mi viene in mente che un assassino di questo tipo potrebbe aver trovato protezione, o meglio anonimato, in un sistema di vita non ortodosso, al di fuori della legge.» «Intende dire che potrebbe essere un criminale... di professione?» Per un attimo Sinclair rimase colpito dall'idea, ma poi scosse la testa. «No... No, non penso. Abbiamo molte fonti in quel mondo. Se un assassino simile fosse stato in libertà, ne avremmo sentito parlare. Anzi, dirò di più: ci sarebbe stato consegnato.» «Sicuramente ha ragione.» Ma il dottore non sembrava convinto. «Tuttavia è riuscito in qualche modo a sopravvivere, e forse vi converrebbe prendere in considerazione la possibilità che abbia trovato un impiego adatto alla sua natura, che gli è servito da maschera e gli ha evitato di farsi notare da voi.» «Adatto alla sua natura! Sono sicuro di no.» Temendo che Helen comparisse da un momento all'altro, Sinclair tenne la voce bassa. Ma il suo tono era deciso. «Pensi a quello che sta dicendo, dottore. È un assassino di
bambine!» «Sì, certo. Ma lei mi ha frainteso.» Preoccupato dal modo in cui le sue parole erano state interpretate, Weiss si sporse verso l'ispettore capo. «Le stavo suggerendo di considerare il quadro generale. La ferocia dei suoi crimini ci dice qualcosa di quest'uomo, qualcosa di importante. È una creatura priva di qualsiasi remora morale, capace di sicuro di commettere altri atti ugualmente spietati. Altri crimini.» «Ho capito cosa intende, signore.» Nell'udire un suono di passi che si avvicinavano, anche Sinclair si sporse in avanti. «Ma questo dove ci lascia? Che ruolo potrebbe aver trovato per se stesso?» «Questo non glielo so dire.» Il dottore scosse il capo con un sospiro. «Tutto ciò che posso fare è esortarla a non accantonare l'idea.» Abbassando ulteriormente la voce, fissò l'ispettore capo nel buio incipiente. «Potremmo anche desiderare che non accada, ma il mondo si serve di uomini simili. È sempre stato così.» PARTE SECONDA 10 «Dovrà essere breve, ispettore capo. Fra mezz'ora ho una riunione a Whitehall.» Il vicecommissario Bennett fece accomodare Sinclair su una sedia di fronte alla sua scrivania e notò i suoi modi risoluti. «Ha parlato con i suoi colleghi del Surrey e del Sussex, suppongo? Sono lieti che entriamo in gioco?» «Segretamente estasiati sarebbe una descrizione più precisa, signore.» Sinclair si sedette senza esitare. Arrivava di fretta dal suo ufficio. «Questo caso sarà diabolicamente difficile da risolvere. Nessuno sembra sapere bene come procedere.» Prima che potesse aggiungere altro la porta si aprì, rivelando la mole rassicurante e le rubiconde fattezze di Arthur Holly. «Si accomodi, sovrintendente capo.» Bennett indicò una seconda sedia. «Ha saputo la notizia, immagino.» «Angus mi ha avvertito poco fa, signore.» Holly indicò l'ispettore capo con un cenno della testa. «Dunque ne hanno trovata un'altra? Nei pressi di Bognor Regis, giusto?» «Esatto. La polizia del Sussex ha scoperto il corpo due giorni fa. Il loro
capo ci ha contattati il giorno dopo. Ora è ufficialmente un caso dello Yard. Il signor Sinclair ne sarà il responsabile e ci terrà regolarmente informati. A che punto siamo, ispettore capo? In poche parole, se non le dispiace. Non ci sono dubbi, vero?, che il caso sia collegato con quello di Brookham?» «Nessuno, signore.» Sinclair aveva già aperto la cartella in grembo. «Entrambe le ragazzine sono state stuprate e strangolate, entrambi i volti sono stati sfigurati allo stesso modo a morte già avvenuta. Ma c'è una differenza.» Alzò gli occhi. «Il corpo trovato nei pressi di Bognor Regis ha rivelato tracce di cloroformio nei polmoni. Presumibilmente è ciò che l'assassino ha usato per immobilizzare la bambina.» «Nel rapporto sul caso di Brookham non se ne faceva alcun cenno.» Bennett aggrottò la fronte. «No, ma ne ho parlato con il dottor Galloway, il patologo che ha esaminato il corpo, e lui mi ha fatto notare che in quel caso l'assassino aveva affogato la bambina oltre a strangolarla. È possibile che qualsiasi traccia di cloroformio nei polmoni o in ciò che era rimasto del setto nasale fosse stata cancellata dall'acqua.» Bennett fece un grugnito. «Prosegua, ispettore capo.» «Ora, per quanto riguarda l'arma usata sui volti, Galloway ha ipotizzato un martello e mi sembra di capire che il patologo del Sussex sia della stessa opinione. Certo, il suo cadavere è in condizioni molto peggiori.» «Per quale motivo?» intervenne Holly. «Giusto, Arthur, tu non lo sai», disse Sinclair rivolto al suo collega. «L'omicidio del Sussex precede quello di Brookham, forse addirittura di un mese. Questo secondo il parere dei medici, confermato peraltro dalla data della scomparsa della bambina, la fine di luglio. Il suo corpo è stato trovato sulla costa, nelle vicinanze di Bognor Regis. Si chiamava Marigold Hammond, a proposito. È un tratto di costa piatto e abbastanza deserto, e il corpo era sepolto in una fossa poco profonda in una macchia di giunchi e sterpaglia, coperto di terra e di ciottoli provenienti dalla spiaggia, a non più di cinquanta metri dal mare. Anche in quel caso l'assassino si era dato da fare per nasconderlo. A Brookham siamo stati fortunati. Il corpo è stato trovato nel giro di poche ore grazie a Madden.» L'ispettore capo si fece scuro in volto. «Vorrei solo che avessimo sfruttato meglio il tempo. La polizia del Surrey ha sprecato il mese intero alla ricerca di quel dannato vagabondo. E per di più non l'ha ancora trovato.» «Perché potrebbe essere un testimone, intendi dire?» domandò Holly.
«Esattamente. In realtà, più penso alla lettura della scena del delitto che ha fatto John più mi convinco che abbia ragione. È probabile che quel Beezy abbia visto l'assassino. È per questo che è fuggito, lasciando cadere alcune delle sue cose. Dio solo sa dove si trova, a questo punto. Di sicuro non nelle nostre mani.» L'espressione dell'ispettore capo era torva. I suoi occhi incrociarono quelli di Bennett. «Sì, signore, chiedo scusa. In breve, tutto ciò di cui a questo punto possiamo essere sicuri riguardo al nostro assassino è che non è Beezy, il quale per tutto il mese di luglio è rimasto nel Surrey, spostandosi entro un'area relativamente ristretta, ed è molto improbabile che girasse con una bottiglia di cloroformio. L'altro aspetto probabile è che l'assassino possieda un'automobile. Con il senno di poi, sembra verosimile che entrambe le ragazzine siano state raccolte lungo la strada, una fra Brookham e Craydon e l'altra nei pressi di Bognor Regis. Come le abbia persuase a salire sulla sua auto è pura congettura, ma una volta a bordo potrebbe aver usato il cloroformio per addormentarle.» Mentre Sinclair si fermava per schiarirsi la gola, Holly interruppe il racconto. «Hai detto che era scomparsa in luglio, la bambina di Bognor Regis. La polizia la stava cercando da allora?» «La risposta alla tua domanda è no, Arthur. Anche se è giusto che tu la ponga. La scomparsa della bambina non è stata denunciata che una settimana fa. È una vicenda straordinaria. Credeteci, se ci riuscite.» L'ispettore capo scosse la testa. «I genitori sono gente del circo. Non sono artisti, la madre gestisce un'attrazione secondaria, ma nei mesi estivi percorrono la costa meridionale e quando la bambina scomparve si trovavano a Bognor Regis. Tranne che al momento non venne considerata una scomparsa. Aveva litigato con la madre e il suo compagno - il padre se n'era andato tempo prima, non c'entra in questa storia - e aveva annunciato che sarebbe andata a stare da una zia, la quale lavorava in un circo che al momento si trovava a Eastbourne. A quanto pare l'aveva già fatto, e più o meno per gli stessi motivi.» «Già fatto?» Il sovrintendente capo era incredulo. «E quanti anni aveva? Dodici o giù di lì?» «No... e questo è un elemento interessante.» Sinclair si tirò il lobo di un orecchio. «Marigold Hammond aveva quattordici anni, ma ne dimostrava meno. Questo assassino sembra attratto da ragazzine prepubescenti.» Incrociò lo sguardo di Holly. «Sì, Arthur, lo so, anche quattordici anni sembrano pochi, ma tutto quello che posso dirti è che quando fece la valigia e
annunciò che avrebbe preso il pullman per Eastbourne la madre non parve preoccuparsi.» «Ma quando non ha più avuto notizie di lei...?» «Anche in quel caso...» Sinclair scosse il capo per la disperazione. «Dobbiamo capire... quella gente vive in modo diverso da noi. Non ha telefoni con cui comunicare, e dubito che corrisponda per lettera. La signora Hammond ha dato semplicemente per scontato che sua figlia avesse raggiunto la zia a Eastbourne e soltanto sei settimane dopo ha scoperto che non ci era mai arrivata. A quel punto ne ha denunciato la scomparsa. Il circo con cui lavorava si era ormai spostato nel Devon, ma la donna ha fatto ritorno a Bognor Regis per aiutare la polizia, che ha cominciato immediatamente le ricerche. Hanno impiegato un'altra settimana per trovare il corpo.» «Che mi venga un colpo!» Holly era senza parole. Bennett si schiarì la gola. «E adesso, ispettore capo? Come procediamo? Presumo che non intenda interferire con le indagini della polizia del Sussex?» «Oh, no, signore. E nemmeno con quelle nel Surrey. Come ho detto, devono ancora trovare il vagabondo. Potremmo avere un testimone dell'omicidio di Brookham. Per il momento, il nostro ruolo migliore sarebbe quello di coordinamento. Ho in programma di andare nel Sussex domani stesso per parlare con gli investigatori. Dio sa che non li invidio. La pista sarà ormai freddissima.» «E il caso di Henley? La bambina il cui corpo è stato ripescato dal Tamigi? Intende fare qualcosa a proposito?» «Sì, signore. Badi bene, è ancora un argomento delicato. Ho parlato con la polizia dell'Oxfordshire. Non sono più propensi a considerarlo un caso di morte accidentale, ma non sanno bene come far partire l'indagine, viste specialmente le condizioni del corpo. Sono stato tuttavia informato in via confidenziale che hanno in programma di aprire presto un'inchiesta per omicidio. Una volta che diventerà ufficiale, saranno più che lieti di accettare il nostro aiuto. Per il momento ho detto che vorremmo indagare con discrezione, e loro hanno informato la polizia di Henley. Manderò un uomo domani.» Bennett consultò il suo orologio. «Posso concederle altri tre minuti, ispettore capo. In che situazione siamo con la stampa?» «Come noi, signore, sta indagando.» Sinclair richiuse la cartella. «Grazie al cielo, non ha dato troppo risalto al delitto di Brookham. Ma con la
scoperta di quest'altro corpo e il coinvolgimento dello Yard, se ne interesserà di sicuro. Ciò malgrado, per i giornali non è un argomento facile. I crimini sessuali ai danni di minori sono qualcosa da cui tutti si ritraggono istintivamente, e i loro lettori non sono diversi. Per ora, i dettagli pubblicati sui danni al viso sono stati ridotti al minimo, e se i miei desideri verranno esauditi continueranno a esserlo. Inutile dire che non hanno idea che le indagini potrebbero risalire indietro nel tempo. È una cosa che gradirei nascondere in modo particolare. Bisognerà vedere come procedere.» Bennett annuì. «Molto bene, per il momento è sufficiente.» Si alzò. «Signori...» Mentre facevano ritorno ai loro uffici, Holly aggrottò l'ampia fronte. «Pensi davvero che valga la pena di indagare sul caso di Henley, Angus? Il collegamento mi sembra molto debole.» «Forse. Ma voglio comunque andarci a fondo. È molto probabile che il nostro uomo sia attivo da più tempo di quanto pensiamo, e se fosse coinvolto anche in questo la faccenda assumerebbe un aspetto molto diverso.» Il ricordo della recente conversazione con Franz Weiss era ancora vivido nella mente dell'ispettore capo. «Be', ti auguro buona fortuna.» Erano giunti all'ufficio del sovrintendente capo, e Holly vi si fermò davanti. «A proposito, chi ci manderai?» «Un uomo su cui ho messo gli occhi da tempo, un sergente investigativo.» Sinclair aprì la porta al suo superiore. «Ora che ci penso, ha svolto il suo primo incarico importante agli ordini di John Madden. John pensava un gran bene di lui.» «Ne sono debitamente colpito.» La profonda risata del sovrintendente capo tuonò nel corridoio. «A questo punto non mi resta che sapere il suo nome.» «Ma è Styles, ovviamente.» Sinclair fece un gran sorriso. «Billy Styles. Pensavo che te ne saresti ricordato, Arthur.» 11 Quella mattina il traffico era scorrevole, e Billy ne era lieto. La vecchia Morris che gli era stata assegnata dal parco auto dello Yard aveva le marce stanche e la tendenza a spegnersi. Non che Billy se ne lamentasse, chiaro. I tempi in cui le automobili fornite agli investigatori erano più rare degli unicorni erano ancora freschi nella sua memoria. Il concetto stesso dell'uso delle auto nel lavoro di polizia non aveva pre-
so piede nella Polizia Metropolitana che all'inizio degli anni '20. Le prime pattuglie erano limitate a squadre di agenti in uniforme che venivano trasportati in giro per la capitale, fermandosi in punti prestabiliti per telefonare al quartier generale, in un paio di furgoncini di seconda mano acquistati dalla RAF. Uno spiritosone l'aveva soprannominata la «Squadra Volante», e il nomignolo aveva attecchito. Ora una flotta di auto dotate di radio si aggirava giorno e notte per le strade di Londra, e sui tetti di Scotland Yard era spuntata una foresta di antenne. Malgrado tutto ciò, normalmente il compito assegnato a Billy non avrebbe richiesto l'uso di un'auto. Il sergente avrebbe potuto facilmente prendere il treno per Henley, ma l'ispettore capo Sinclair voleva che una volta sul posto avesse libertà di movimento. «Non presti troppa attenzione a quello che le dirà la polizia locale», gli aveva consigliato. «Hanno diverse cose da spiegare. Si guardi intorno da solo, se ci riesce. E ricordi, se è lo stesso uomo dovrebbe aver usato un'auto.» La convocazione nell'ufficio dell'ispettore capo era arrivata senza preavviso, e Billy vi aveva risposto con prontezza. Dopo una dozzina d'anni nella Polizia Metropolitana aveva già alle spalle una carriera variegata, nella quale era stato coinvolto in un'ampia gamma di indagini. Nessuna, tuttavia, si era avvicinata alla drammaticità del caso di Melling Lodge, e Billy non aveva mai dimenticato le snervanti settimane trascorse in compagnia dell'allora ispettore Madden alla ricerca di un feroce assassino. L'inchiesta era stata condotta sotto la guida di Sinclair, e da allora Billy aveva nutrito la speranza che l'ispettore capo lo stimasse in modo speciale. Ogni volta che si incontravano, come di tanto in tanto capitava, in uno dei corridoi dello Yard, l'uomo più anziano si fermava a scambiare qualche parola con lui, e Billy provava di nuovo la sensazione, risalente al loro primissimo incontro, di essere sotto il vaglio costante del deciso sguardo grigio pietra di Angus Sinclair. L'accoglienza, quando il giorno prima era entrato nell'ufficio di Sinclair, era stata calorosa. «Sergente! Ne è passato di tempo. Come sta?» Sinclair si era alzato da dietro la scrivania per stringergli la mano. «Ho trascorso il fine settimana dai Madden. John ha chiesto di lei. Spero che si tenga in contatto.» «Oh sì, signore.» Billy aveva preso posto sulla sedia che l'ispettore capo gli indicava. «Vado a trovarli abbastanza spesso.» A volte per l'intero fine settimana proprio come aveva fatto l'ispettore
capo, avrebbe potuto aggiungere, anche se la prima volta era così nervoso all'idea della cena che i suoi anfitrioni avrebbero dato quella sera che aveva avuto a malapena il coraggio di presentarsi in salotto, e ci era voluta tutta l'abilità di garbata provocatrice di Helen Madden per fargli riacquistare la sua tipica allegria. «Lei non è sposato, vero?» si era informato Sinclair. «Oppure mi sbaglio?» «Non del tutto, signore. Fidanzato, per essere precisi», aveva risposto Billy con un sorriso. «Bene, bene! Congratulazioni.» L'ispettore capo si era sporto in avanti e gli aveva stretto formalmente la mano. «E come si chiama la signorina?» «Elsie Osgood, signore. Ci siamo conosciuti a Clapham, dove sono stato assegnato per un certo periodo l'anno scorso. Ha un piccolo negozio di abbigliamento laggiù. Ci sposeremo la prossima primavera.» «Vi faccio i miei auguri.» Sinclair aveva rivolto al giovane un'occhiata benevola, ma poi la sua espressione era mutata. «Ha sentito del ritrovamento del corpo di quella bambina da parte di Madden, suppongo?» «Il delitto di Brookham? Sì, signore. Ne parlava tutto lo Yard.» Billy si era raddrizzato sulla sedia. Immaginava di essere sul punto di scoprire il motivo della convocazione. «E adesso ce n'è un altro, ho visto. Giù dalle parti di Bognor Regis.» «Esatto. È la ragione per cui lei è qui. I due casi sono chiaramente collegati, e lo Yard è stato chiamato in causa. Ma c'è dell'altro. È possibile che l'assassino avesse già ucciso. A Henley, tre anni fa. Ed è lì che lei si recherà domani.» Billy aveva provato un formicolio di eccitazione. Il nome di Madden gli aveva riportato alla mente il giorno, lontano ma ancora fresco nella sua memoria, in cui loro due erano stati spediti di corsa alla stazione di Waterloo per prendere il treno per Highfield. Aveva osservato l'ispettore capo sollevare una cartella color camoscio dalla scrivania ed esitare prima di riprendere, come a voler sottolineare l'importanza di quanto stava per dire. «Non si tratta soltanto di una questione seria, sergente. È anche particolarmente urgente. Come di certo saprà, i criminali sessuali hanno la tendenza a ripetersi, soprattutto quando le aggressioni riguardano i bambini. L'uomo a cui stiamo dando la caccia è estremamente pericoloso. E violento. Ma la cosa che più mi preoccupa è che potrebbe pensare di essere al sicuro, che nessuno sia sulle sue tracce. Sono sicuro che lei ne afferri le implicazioni.»
Billy aveva annuito. «Significa che molto probabilmente sta già cercando un'altra vittima.» «Esattamente.» L'ispettore capo aveva soppesato per un istante la cartella, poi l'aveva consegnata a Billy. «Gran parte di quello che sappiamo è qui dentro. La prenda e se la legga. Torni fra un'ora e le dirò cosa voglio che faccia.» La stazione di polizia di Henley era situata in un palazzo di mattoni a due piani al centro del paese, a pochi minuti a piedi dal fiume. Il sergente di guardia stava aspettando Billy, che aveva telefonato avvertendo del suo arrivo, e lo indirizzò a un ufficio al piano superiore, dove lo attendeva un poliziotto in borghese dal volto arcigno di nome Deacon. «Vorrà vedere questo, suppongo.» Deacon gli gettò un dossier attraverso la scrivania, e i documenti si riversarono fuori mentre Billy l'afferrava. Canuto e sulla cinquantina, Deacon sembrava contrariato dalla scoperta che erano entrambi sergenti investigativi. Il malcontento alloggiava in pianta stabile agli angoli della sua bocca, piegata all'ingiù in un sogghigno. «E così ora lo chiamano omicidio...» Scrollò le spalle con aria di sfida. «Lei non è d'accordo?» Billy gli porse il suo pacchetto di sigarette, ma Deacon scosse il capo. Notando che sulla scrivania non c'era alcun posacenere, il giovane rimise in tasca il pacchetto. Voleva mantenere il colloquio su un piano amichevole. «Non ho opinioni né in un senso né nell'altro.» Gli occhi castano chiari di Deacon erano inespressivi. «Possono chiamarlo come vogliono. Ma voglio vederli provare che è stato un omicidio.» «E le ferite al volto? Potrebbero essere state accidentali?» Sfogliando il dossier, Billy si accorse di conoscerne già gran parte dei contenuti. Sinclair ne aveva ottenuto un riassunto da Oxford. Ricordò che Deacon era l'ufficiale responsabile del CID quando il corpo di Susan Barlow era stato ripescato dalle acque due mesi prima. «Sì, visto che me lo chiede.» Deacon si sporse in avanti, posando i gomiti sulla scrivania. «È scomparsa nel mese di luglio. Lei probabilmente non sa com'è il fiume in estate. Lasci che glielo dica io, figliolo. È pieno zeppo di imbarcazioni. In seguito all'annegamento, il corpo non sarebbe riemerso che ore dopo, probabilmente durante la notte. Potrebbe essere stato investito e colpito ripetutamente senza che nessuno se ne rendesse conto.» E ogni volta in faccia? Andiamo! pensò Billy, ma continuò ad ascoltare
con la stessa aria amichevole e leggermente confusa i tentativi di giustificarsi di Deacon. Mentre cercava di spiegare il motivo per cui aveva commesso un errore così basilare: classificare la morte di Susan Barlow come accidentale senza fermarsi a riflettere. Era il genere di sbaglio che Billy non commetteva più, e se il suo collega più anziano fosse stato più attento avrebbe notato, nell'investigatore dal volto fresco appena arrivato da Londra, una calma interiore mentre se ne stava lì seduto ad annuire, apparentemente d'accordo con ogni parola che Deacon diceva, senza offendersi per i suoi modi annoiati e scostanti. Billy faceva risalire la propria maturazione al breve periodo che aveva passato lavorando agli ordini di Madden. Le fondamenta della sua carriera di investigatore erano state posate allora, ma a suo modo di vedere la lezione più preziosa imparata dal suo superiore era che ciò che facevano non avrebbe mai potuto essere un semplice lavoro. Che era necessario prendersi le cose a cuore. «Ho notato che il corpo è stato trovato a circa un chilometro a monte del paese. Non ne è rimasto sorpreso?» Le sopracciglia di Deacon, malgrado fossero inarcate, non suggerivano una simile reazione. Indicavano più che altro incredulità nei riguardi di ciò che udiva. «Non il sottoscritto, figliolo. Bisogna partire dalla premessa che fosse caduta nel fiume, ma mi creda, in questo non c'è niente di strano. Non da queste parti. Succede di continuo, in particolare ai bambini. Gli argini possono essere instabili... infidi. Ti avvicini troppo, o ti allunghi per recuperare qualcosa dall'acqua, e prima che ti renda conto di cosa è successo ti ritrovi nel fiume e in balia della corrente.» «Sì, ma così a monte...» Billy voleva chiarire il suo punto di vista. «La casa dei Barlow si trovava a quanto, poco più di un chilometro dal centro di Henley? Anche supponendo che Susan avesse percorso la riva del fiume e fosse caduta in acqua, la corrente non avrebbe dovuto trascinare il corpo verso il paese, o addirittura più a valle?» Dopo aver letto un paio di volte l'incartamento a Londra, Billy aveva concluso che i movimenti di Susan Barlow quel giorno di agosto avevano ben poco di misterioso. Tutto ciò che era in dubbio, in realtà, era il percorso che aveva seguito per tornare a casa dopo aver svolto una commissione per sua madre, che le aveva chiesto di fare un salto a Henley e comprare qualche arancia, cosa che lei aveva dimenticato di fare. La casa in cui abitavano (la signora Barlow era una vedova di guerra) si trovava lungo un
sentiero che risaliva il corso del Tamigi, costeggiandone la riva per qualche chilometro prima di immettersi sulla strada principale per Reading. Era alle porte del paese, e la bambina avrebbe dovuto impiegare più o meno un quarto d'ora per arrivare ai negozi. Il suo arrivo a destinazione era stato confermato dal fruttivendolo che le aveva venduto le arance. Susan era uscita dal negozio ben prima delle undici e mezzo con i suoi acquisti avvolti nella carta marrone, senza dare alcun segno che intendesse fare altro che tornare direttamente a casa. Passato mezzogiorno senza che vi fosse traccia di sua figlia, la signora Barlow era andata di persona a Henley e aveva parlato con il fruttivendolo, il quale aveva confermato che la bambina era stata nel suo negozio di recente. Poi si era aggirata per il villaggio, chiedendo ad amici e conoscenti se avessero visto Susan, e infine era rientrata a casa nella speranza che la figlia fosse nel frattempo riapparsa. Vedendo che non era così e ormai sconvolta, aveva finalmente chiamato la polizia e gli ingranaggi di una ricerca organizzata si erano lentamente messi in moto. Era stato a quel punto che la questione di come Susan fosse tornata a casa, di quale percorso avesse seguito, era diventata fondamentale. La strada più veloce sarebbe stata la stessa dell'andata, lungo il sentiero, ma avrebbe anche potuto risalire la riva del fiume per un chilometro e mezzo e poi aver preso uno dei numerosi sentieri pedonali per ricongiungersi con quello principale, seguendo un percorso indiretto. L'opinione di Deacon era che Susan avesse ovviamente scelto la seconda alternativa. (Era anche la conclusione a cui la polizia, pur con qualche riluttanza, era giunta tre anni prima.) Susan Barlow doveva essere caduta nel fiume nel corso del suo tragitto verso casa, e il suo corpo era stato trascinato via dalla forte corrente e per qualche motivo non era riemerso. «Come ho detto, avrebbe facilmente potuto risalire il corso del fiume per un chilometro e mezzo per poi tagliare attraverso i campi e tornare a casa della madre. Quanto meno era quello che aveva in mente, se non che a un certo punto è caduta nel fiume. A quel punto non si può sapere cosa sia accaduto con la corrente. A volte i corpi vengono trasportati fin quaggiù, altre volte rimangono incagliati sotto gli argini come è successo in questo caso.» «Era stata vista sul sentiero lungo il fiume, giusto?» Malgrado avesse letto con attenzione il dossier dell'ispettore capo Sinclair, Billy era ancora confuso su quel punto, e la risposta di Deacon non fece nulla per chiarire i suoi dubbi.
«Sì e no. Alcuni testimoni pensavano di averla vista, lei o qualcuno che le somigliava.» Il poliziotto si strinse nelle spalle. «È accaduto prima del mio arrivo da queste parti, ma so che avevamo una descrizione di quello che indossava resa dalla madre. Era un vestito rosa. Ma ha idea di quante bambine percorrono quella strada durante l'estate? E di quante avrebbero potuto indossare un vestito rosa?» Billy rifletté su ciò che aveva appena udito. Faceva una certa differenza. «Lo terrò ancora un po', se posso», disse picchiettando un dito sul dossier. «Ma ora vorrei andare a dare un'occhiata alla zona. Vuole farmi compagnia?» «Non posso, figliolo. Fra dieci minuti devo presentarmi in tribunale. E temo che i miei due agenti investigativi siano fuori.» «Non si preoccupi», disse Billy badando a nascondere il proprio sollievo. «Me la caverò da solo.» «Oh, questo non possiamo permetterlo. Ho un agente che le farà da guida. Si chiama Crawley.» Deacon si produsse in un sottile sorriso. Era il primo della mattinata. Billy si tolse il cappello e si asciugò il viso sudato con un fazzoletto. Malgrado il sole di ottobre avesse ormai perso gran parte del suo vigore estivo, ne sentiva l'effetto sulla pelle. La carnagione chiara che aveva ereditato da sua madre insieme ai capelli rossastri lo rendeva incline alle scottature. «Non mi lascerò corteggiare da un'aragosta», aveva mormorato di recente Elsie spalmandogli olio solare sulla schiena e sulle spalle. Erano andati a Brighton per la giornata ed erano distesi in costume da bagno sulla spiaggia di ciottoli. Ripensando al morbido tocco delle dita di Elsie sulla propria pelle, Billy avvertì un calore diverso invadergli le guance. Osservò una coppia di cigni che si lasciava trasportare dalla corrente. «È tutto, sergente? Abbiamo finito?» L'agente Crawley si parava accanto a Billy a braccia conserte, seguendo con gli occhi da sotto l'elmetto il passaggio di un trio di ragazze vestite con leggeri abitini di raso che lasciavano scoperte braccia e gambe. Le guance coperte di una delicata peluria, Crawley sembrava a stento abbastanza vecchio da poter indossare una divisa. «Non ancora, agente.» Billy non aveva bisogno di rammentare il sorriso di Deacon per capire che gli era stato rifilato un bidone. Anche per gli standard della polizia di Henley, il giovane sbirro era un fessacchiotto. Billy lasciò vagare lo sguardo lungo la riva del fiume. Vicino a loro sulla
sinistra c'era la terrazza lastricata di un pub dai cui tavolini si godeva la vista delle acque color bronzo del Tamigi. Appena oltre il fiume era attraversato da un ponte, e al di là, più a valle, vi era il tratto rettilineo in cui ogni estate si teneva la famosa regata. Qualche anno prima Billy era andato a vederla con degli amici. Avevano trascorso la giornata a bere birra in uno dei padiglioni eretti per l'occasione, facendo il tifo con il resto della folla mentre le sottili imbarcazioni, sospinte dai remi balenanti, sfrecciavano sull'acqua. Gran parte delle attività turistiche, notò, era concentrata in quel luogo. La regata era ormai lontana nel tempo, ma nei prati più a valle c'era ancora qualche campeggiatore, le cui tende si stagliavano sull'erba verde, mentre il fiume, pur non essendo più «pieno zeppo», era ancora solcato da imbarcazioni da diporto e di altri tipi. A monte, nella direzione opposta, la vista era diversa. Erano vicini alla periferia del paese, su un tratto di strada asfaltata che di lì a poco si riduceva a un sentiero pedonale di terra battuta che proseguiva lungo la riva alberata del fiume. Per diversi chilometri, a sentire l'agente Crawley. Billy si era già fatto mostrare il punto dove il corpo di Susan Barlow era stato ripescato. Oltre a quello, non era riuscito a combinare molto altro. «Sono qui solo da sei mesi, sergente», aveva spiegato Crawley in tono difensivo quando Billy si era informato su come era stata condotta la ricerca originaria. Per saperne di più aveva dovuto consultare il dossier, e aveva scoperto che le squadre di ricerca si erano concentrate sul tratto di fiume a valle del ponte, il che sembrava sensato. Era la direzione che un oggetto galleggiante avrebbe preso, dopo tutto. Era stato solo il caso a far incagliare il corpo di Susan Barlow lungo la riva più a monte. Billy aveva trascorso qualche tempo a esaminare il luogo, una piccola insenatura lungo una curva esterna del fiume. Il tronco d'albero sotto il quale erano stati trovati i resti di Susan era ancora lì, tirato a secco, un pezzo di legno marcito e privo di corteccia. Era possibile immaginare come la corrente, che in quel punto cambiava direzione, avesse potuto trasportare il corpo semisommerso in quell'insenatura poco profonda. Incagliato sotto il tronco e semisepolto nel fango, sarebbe rimasto indisturbato dai successivi cambiamenti del livello dell'acqua. Una fascia di boscaglia che separava l'insenatura dal sentiero lo nascondeva alla vista da terra, e la sua presenza era stata notata soltanto poche settimane prima, quando una coppia a bordo di una barca a remi si era avvicinata alla riva ed era stata accolta dal macabro spettacolo del braccio della bambina, o di ciò che ne restava, che spun-
tava dal fango. Supponendo che si trattasse di un omicidio, come era arrivata lì? Non nel modo più ovvio. Non camminando lungo il fiume e incappando in uno sconosciuto intenzionato a violentare e uccidere. Dopo aver esaminato il sentiero con attenzione, Billy ne era ormai certo. Malgrado fosse riparato sul lato del fiume dai cespugli e dai rami degli alberi, era quasi sempre visibile dai prati che costeggiava sul versante interno, prati che, a giudicare dai segni rimasti, durante l'estate venivano usati dai campeggiatori. Per di più si trattava palesemente di un sentiero molto battuto. Quel giorno stesso, malgrado la stagione estiva fosse ormai finita, i due poliziotti avevano incrociato due famiglie con bambini piccoli e superato un gruppo di escursionisti accampato in uno dei prati lungo il fiume. Billy non riusciva semplicemente a dipingersi quell'uomo, quel circospetto assassino mentre afferrava la bambina in pieno giorno, la sottometteva e la trascinava in un luogo isolato rischiando per tutto il tempo di essere visto. No, non poteva essere andata in quel modo. «Coraggio, Crawley.» Billy voltò le spalle al fiume e precedette l'agente su una rampa di bassi gradini di pietra e attraverso un giardinetto dal fondo di ghiaia delimitato da aiuole fino alla stradicciola in cui aveva lasciato l'auto. Era la stessa che Susan Barlow aveva percorso per andare a Henley a comprare le arance; e la stessa lungo la quale era tornata a casa. O almeno così Billy credeva. Solo che a casa non era mai arrivata. Si fermò sull'asfalto, facendo scorrere lo sguardo in entrambe le direzioni lungo la stretta stradicciola. Un'immagine stava prendendo forma nella sua mente, e non era un'immagine piacevole. Vide la ragazzina nel suo vestito rosa, con il pacchetto di carta marrone stretto in mano, camminare all'ombra lungo il ciglio erboso. Vide l'auto avvicinarsi lentamente alle sue spalle... Quali parole aveva pronte, lo sconosciuto dall'amabile parlantina? Quale invito si era rivelato così irresistibile che Susan Barlow si era lasciata convincere a salire sul sedile anteriore di quell'auto? Billy si fece scuro in volto al pensiero. «Si torna alla stazione?» chiese speranzoso Crawley. «Si sta avvicinando l'ora di pranzo.» Un'ora dopo, lo stomaco dell'agente brontolava per la fame e Billy stesso era insoddisfatto. Stava cominciando a pensare che Deacon potesse avere
ragione. Non c'era alcun modo di provare che la morte di Susan Barlow fosse la conseguenza di un omicidio. Sinclair l'aveva avvertito riguardo alle probabilità che il suo viaggio si rivelasse inutile. «Temo che questo caso sia ormai troppo vecchio. Saremo fortunati se troveremo qualche elemento nuovo. Ma faccia attenzione a qualsiasi somiglianza con l'omicidio di Brookham.» Billy era partito dalla supposizione che Susan Barlow fosse stata una vittima delle circostanze. Era evidente che l'assassino non poteva sapere che quella mattina sarebbe andata a piedi in paese. Tuttavia doveva essere a caccia, pensava Billy, alla ricerca di una preda, e ciò faceva pensare che avesse già in mente dove portare la bambina che fosse finita tra le sue mani. Visto il luogo in cui era stato trovato il corpo, significava che aveva già perlustrato la riva del fiume e aveva trovato un punto a monte in cui parcheggiare l'auto senza dare nell'occhio. Tornato alla sua macchina, Billy aveva trascorso l'ora successiva in compagnia di un sempre più infelice Crawley a esplorare la strada serpeggiante e alberata che conduceva a quello che, gli aveva assicurato l'agente, era un tempo il cottage della signora Barlow. Billy sapeva già che la madre si era trasferita dopo il lutto, incapace di sopportare le associazioni mentali che quel luogo le suscitava. Dopo una breve sosta era ripartito, notando diversi punti in cui un'auto avrebbe potuto abbandonare la strada e fermarsi al riparo degli alberi e dei cespugli, ma nessuno che sembrasse offrire la sorta di riservatezza che l'assassino doveva aver cercato. Billy dava per scontato che questi avesse fatto perdere i sensi alla bambina, usando forse il cloroformio poco dopo averla fatta salire in macchina (se era quello che era successo). Non poteva certo passare davanti a casa della piccola senza provocare una sua reazione. Ma dove l'aveva portata? Mentre si poneva questa domanda, Billy continuava a far dardeggiare gli occhi verso il contachilometri. Avevano già percorso quattro chilometri dal centro del paese. Di sicuro non era tornato verso Henley. Dunque doveva essersi diretto oltre il cottage dei Barlow. Ma sebbene ciò corrispondesse ai dati concreti, se così si potevano chiamare, ovverossia il fatto che il corpo poteva essere stato trasportato dalla corrente per un tratto del fiume prima di incagliarsi lungo la riva, Billy non riusciva a dipingersi l'assassino che la portava lontano. Al di là dell'urgenza del suo desiderio, doveva essere conscio del pericolo che la bambina rappresentava. Che fosse cosciente o no, ogni secondo
che lei passava a bordo della sua auto gli faceva correre un rischio enorme, e ciò doveva averlo spinto a fare ciò che doveva fare il più velocemente possibile per sbarazzarsi della sua compromettente presenza. Gli occhi di Billy tornarono a posarsi sul cruscotto. Quasi cinque chilometri. Secondo la cartina che aveva studiato prima di cominciare, di lì a poco avrebbero dovuto immettersi sulla strada principale per Reading. Era sufficiente. Cercò un punto in cui fare inversione e più avanti notò un cartello. Riportava un nome, WALTHAM MANOR, stampato a caratteri dorati su uno sfondo verde, e sotto, più in piccolo, la scritta RISERVATO AI SOCI. «E questo cos'è?» domandò frenando e svoltando su una striscia di terra battuta. Più avanti scorse un cancello aperto in un alto muro di pietra. L'agente Crawley, che nell'ultima mezz'ora, malgrado il suo stomaco si fosse fatto sentire, non aveva più detto una parola, produsse un suono che in circostanze diverse Billy avrebbe potuto scambiare per una risatina. «Agente?» «È una specie di club, sergente. Si fanno chiamare gim... gimno... gimno qualcosa...» Tremava tutto, sforzandosi di reprimere una risata. «Cosa sta cercando di dire?» domandò Billy. Cristo! Ma dove li trovavano? pensò. «Che genere di club? Che cosa fanno?» Crawley fece una risata sguaiata. «Si spogliano...» gorgogliò. «Vuol dire che è un club di nudisti?» L'agente annuì, ormai incapace di parlare. Le sue guance coperte di peluria erano diventate paonazze. Billy fermò l'auto e lo fissò. Scosse la testa e inserì la retromarcia con l'intenzione di tornare sulla strada asfaltata, ma avvertì subito che lo sterzo faceva resistenza. «Diavolo!» Scesero entrambi dall'auto. Proprio come Billy sospettava, la gomma anteriore destra era stata forata da una pietra aguzza. Qualche istante più tardi, dopo aver aperto il bagagliaio, fecero un'ulteriore scoperta. «Non c'è il cric», annunciò Crawley. «Brillante deduzione, Holmes.» Billy sferrò un calcio alla ruota in preda alla frustrazione. Stava pensando al lungo viaggio di ritorno per Londra. «Andiamo.» Oltre il cancello di Waltham Manor, dove un cartello li avvertiva che si trovavano in una proprietà privata e che i trasgressori sarebbero stati puniti a norma di legge, un vialetto costeggiato di olmi portava a un'imponente
villa di pietra con un bel portico. Un altro cartello con la scritta RECEPTION li condusse a un parcheggio di ghiaia sul fianco della casa, da cui si vedeva una lunga palizzata bianca. «È lì che si tolgono i vestiti?» domandò Billy. Nel parcheggio c'era soltanto una dozzina di auto. Gli affari dovevano andare a rilento, si disse. L'agente annuì. «Dietro la villa c'è un terreno recintato. Non si può vedere all'interno da nessuna parte. Mi hanno detto che all'inizio usavano tutto il giardino, ma poi i ragazzi del posto hanno cominciato ad arrampicarsi sul muro per guardare, e hanno dovuto costruire quella palizzata.» Emise la sua peculiare risatina. «Adesso fanno tutto lì dentro, e hanno abbandonato il resto.» Indicò con un cenno del capo il parco più in là, dove i cespugli si erano trasformati in una fitta boscaglia e l'erba non tagliata arrivava alle ginocchia. Un sentiero di mattoni all'estremità del parcheggio conduceva a una porta sulla fiancata della casa. Billy la aprì e fu sorpreso nel vedere un giovane, apparentemente nudo, seduto a un lungo tavolo al centro del locale e intento a leggere una rivista. Al loro ingresso alzò gli occhi, e nel vedere l'uniforme di Crawley la sua espressione da annoiata si fece atterrita. «Mi chiamo Styles. Sergente investigativo Styles.» Billy gli mostrò il suo tesserino. «Abbiamo forato fuori dal vostro cancello e siamo sprovvisti di cric. Mi chiedevo se qualcuno potesse darci una mano.» «Dovrò chiederlo a Dorrie», rispose il giovane alzandosi; malgrado tutto, indossava un costume da bagno. «Solo un atti...» Scomparve oltre una porta in fondo alla sala, lasciandoli soli. «Accidenti! Che ne pensa, sergente?» Il sorriso di Crawley si allungava da un orecchio all'altro. Billy lo ignorò, rivolgendo invece la propria attenzione a un rotolo incorniciato e trattato affinché sembrasse pergamena che era appeso alla parete dietro il tavolo. Era intitolato Il credo del gimnosofista e si dilungava per numerosi paragrafi. La porta si aprì rivelando una giovane donna vestita con un camice di lino bianco stretto in vita da una cintura e lungo fino alle ginocchia. Aveva capelli castani corti con le punte arricciate sulla nuca e uno sguardo vivace e brillante. «Salve, ragazzi. Qual è il problema?» Sorrise come per scusarsi della familiarità del suo tono. Billy spiegò di nuovo la loro situazione. «Sergente, giusto?» Sorridendo, lei lo guardò con interesse.
«Sì... Styles. E lui è l'agente Crawley.» «Io sono Doris... Doris Jenner.» Porse la mano a Billy, e i lembi del camice si scostarono rivelando un seno nudo. Tutt'altro che turbata, la ragazza lo coprì subito. «Chiedo scusa... si diventa sbadati, lavorando in questo posto.» Non smise di sorridere. «Allora, è di un cric che avete bisogno? Il signor Rainey dovrebbe averne uno. È il direttore, ma al momento è fuori. Facciamo così, proverò a chiedere ai soci. Aspettatemi qui.» Spostò per un attimo gli occhi sull'agente accanto a Billy e represse una risata. Poi si voltò e si allontanò. Billy guardò il giovane agente. Fissava la ragazza a bocca aperta, il volto del colore di un pomodoro maturo. «Per l'amor del cielo, agente!» scattò Billy. «Si controlli. Non ha mai visto una donna nuda prima d'ora?» «No, sergente, mai.» «Che diamine!» Un minuto dopo Doris Jenner tornò con un mazzo di chiavi e li precedette nel parcheggio, dove recuperò un cric dal baule di una delle auto. Billy lo consegnò all'agente. «Forza. Cambi la ruota e porti qui la macchina.» Provava il bisogno irresistibile di separarsi da quell'individuo, anche se solo per un quarto d'ora. «Come, sergente, io?» «Sì, lei, Crawley.» Venne colpito da un improvviso sospetto. «Lei sa guidare, vero?» «Sì, naturalmente», rispose offeso il giovane. «Allora si muova.» Le mani sui fianchi, Billy lo osservò allontanarsi a grandi passi, facendo scricchiolare gli scarponcini sulla ghiaia. Si voltò e vide che Doris Jenner li stava osservando con un sorriso storto. «Come ci è finito con quello?» Incapace di trovare una risposta adeguata, Billy cambiò argomento. «Non avrebbe per caso una tazza di tè?» «Ma certo, sergente, venga.» Gli fece attraversare la sala esterna, dove il giovane in costume da bagno aveva ripreso posto al tavolo, e lo condusse in un ufficio adiacente in cui vi erano una scrivania e alcune poltroncine raggruppate attorno a un basso tavolino. Alle pareti erano appesi dipinti che mostravano uomini e donne come Dio li aveva fatti intenti a danzare all'aria aperta o distesi in pose artistiche sull'erba.
«Ninfe e pastori», commentò ironicamente la signorina Jenner lanciando loro un'occhiata. «Si metta comodo. Torno fra un minuto.» Billy sfruttò la sua assenza per ripassare mentalmente i risultati delle indagini del giorno. Erano scarsi. Sentiva di poter riferire a Sinclair con una certa sicurezza che le circostanze relative alla morte di Susan Barlow erano abbastanza sospette da richiedere ulteriori indagini. Ma al di là di ciò, poteva offrire soltanto congetture senza il sostegno di alcuna prova. «È la sua prima volta in un club di nudisti?» Doris Jenner era tornata con il vassoio del tè e un piatto di biscotti. Declinò l'offerta di una sigaretta, ma fece scivolare un posacenere sul suo lato del tavolino di vetro. «Sì, ma ne ho letto.» Billy prese la sua tazza. «Credevo che la moda stesse scomparendo.» «È così, infatti.» Doris si era seduta davanti a lui, stringendosi pudicamente il camice al petto ma infilando i piedi sotto le cosce, e Billy si ritrovò a fissare una coppia di rosee ginocchia. Lo sguardo della ragazza aveva un che di provocante, e lui era lieto di non dover raccontare quell'incontro a Elsie Osgood, la quale possedeva una vena di gelosia da non prendere sottogamba. «Un paio d'anni fa il parcheggio sarebbe stato pieno. Mandavamo via la gente. Ora gli concedo al massimo un anno di tempo.» «È qui fin dall'apertura?» Billy si accese una sigaretta. Doris annuì. «Lavoravo in un ufficio a Henley quando ho sentito che cercavano personale. Non è un brutto lavoro, se non ti dà fastidio metterti nuda.» Il suo sorriso storto rivelò la punta aguzza dei piccoli denti. «Be', seminuda. Solo i soci si spogliano del tutto.» «Non lo sapevo.» Sbocconcellando un biscotto di pasta frolla, Billy ricambiò il sorriso. Il pensiero dei morsi della fame dell'agente Crawley non gli suscitava alcun rimorso. «Allora, cosa porta la legge da queste parti?» Doris posò la sua tazza. «Indagini di routine.» Il comico tono da sbirro le portò una risata spumeggiante alle labbra. «Ma è vero», proseguì Billy in tono più serio. «Una bambina di Henley è scomparsa qualche tempo fa, e il suo corpo è stato ripescato dal fiume solo di recente. Stiamo cercando di determinare i suoi movimenti sulla base del punto in cui è stata trovata. Non è facile. Sono passati tre anni da allora.» Doris Jenner aveva spostato lo sguardo fuori dalla finestra. «Povera bambina... ricordo quando accadde... Susan... Non si chiamava così?» «Ha una buona memoria.» Billy era colpito. «Non è questo... La ragione è un'altra, una cosa che mi era successa quel
giorno... o meglio che non mi era successa...» Fece un sorriso malizioso. «Ma non mi faccia cominciare, sergente.» Tese il braccio attraverso il tavolino e tornò a riempirgli la tazza. Billy attese che proseguisse. La conversazione lo stava divertendo. I modi di quella ragazza avevano un che di civettuolo che lusingavano la sua vanità maschile. «Prosegua», la incitò. «Non c'è bisogno che lei sappia.» «Forse sì.» In parte stava flirtando anche lui, ma nelle sue parole c'era un seme di verità. Uno dei motivi per cui era un bravo investigatore, a parte ciò che aveva imparato, era la fondamentale curiosità della sua natura. Le persone lo interessavano, le ragioni per cui erano quello che erano. Non doveva forzarsi in quella direzione. Gli veniva naturale. E come sempre ascoltava, ormai per abitudine, allo stesso modo in cui un tempo aveva visto fare a John Madden. Doris Jenner si raggomitolò sulla poltrona. I suoi occhi castani brillarono. «E va bene. Ma ricordi, l'ha voluto lei.» La sua occhiata era provocatoria. «Riguarda il mio ragazzo di allora. Si chiamava Jimmy. Era un socio di questo club. Era stato così che ci eravamo conosciuti. Jimmy viveva a Birmingham, ma ogni sabato veniva qui al volante di un macchinone di lusso. Era inconfondibile, e io me ne stavo seduta alla reception e aspettavo il suo arrivo guardando fuori dalla finestra.» Sorrise, lo sguardo velato dal ricordo. «Non lo dicemmo a nessuno, ovviamente. Al personale non è permesso fraternizzare con i soci. Ma io avevo sempre la domenica libera, e quando il sabato finivo di lavorare montavo in bicicletta e partivo per Henley, e dopo pochi minuti Jimmy mi raggiungeva al volante del suo macchinone, caricavamo la bici nel baule e partivamo.» Fece una risata. «Pensavo che mi avrebbe sposata, davvero... l'aveva come lasciato intendere...» Stirò le braccia e sospirò. «Comunque sia, quel sabato lo aspettai tutta la mattina seduta al banco della reception, ma lui non arrivò. Continuavo a guardare fuori dalla finestra nella speranza di vederlo. A un certo punto credetti di scorgere la sua auto, ma era la macchina di qualcun altro, e per poco non scoppiai a piangere. Non riuscivo a credere che mi avesse tradita. Due giorni prima avevo compiuto gli anni, e Jimmy mi aveva promesso che quella sera saremmo andati a Londra. Saremmo andati a ballare. Ero sicura che mi avrebbe fatto la domanda fatidica...» Inarcò un sopracciglio e si strinse nelle spalle. «Ora riesco a riderne, ma non mi ero mai sentita così male in vita mia, e quella
sera quando tornai a Henley ero pronta a gettarmi nel fiume. Fu allora che seppi della bambina... di Susan...» Prese a fissarsi le mani. Billy rimase in silenzio. «A quei tempi abitavo in una camera ammobiliata, e la padrona di casa mi disse che la polizia aveva bussato a ogni casa lungo la strada chiedendo se qualcuno l'avesse vista. La mia padrona di casa conosceva sua madre. Disse che malgrado stessero ancora cercando in paese, tutti sapevano che la povera bambina doveva essere caduta nel fiume. Salii in camera e mi gettai sul letto a faccia in giù, e dovevo essere lì da una mezz'ora quando all'improvviso me ne resi conto. Ero lì a piagnucolare e commiserarmi, ma cosa doveva passare la madre di quella bambina? E proprio in quello stesso momento! Ecco perché ricordo quel giorno, perché mi ha insegnato qualcosa», concluse Doris con un'occhiata di sfida. Billy spense la sigaretta, pensando a ciò che lei gli aveva detto. «E Jimmy che fine ha fatto?» Doris Jenner roteò gli occhi. «Mi scrisse una lettera piena di scuse e disse che non sapeva quando sarebbe riuscito a tornare. Mi informai e scoprii che era sposato. Non so come fosse riuscito a ingannare sua moglie per tutto quel tempo, venendo ogni fine settimana giù al club, ma da allora non l'ho più rivisto.» La porta si aprì e il giovane della reception fece capolino da dietro. «Il suo agente è qui», annunciò. «Gli dica che esco fra un minuto.» Billy non distolse gli occhi da Doris Jenner. Attese che la porta si richiudesse, poi le parlò. «Ha accennato a un'altra macchina, non quella di Jimmy. Può dirmi qualcosa di più?» «Come?» Doris batté le palpebre. «Di cosa sta parlando?» «Ha detto che credeva di aver visto la sua auto mentre lo aspettava, ma che era quella di un altro...» «Sì?» Lo fissò, e la sua espressione si indurì. «È una domanda da sbirro, questa?» domandò. «Sì, è una domanda da sbirro.» Billy la guardò negli occhi. «Riguarda Jimmy? È nei pasticci?» Scosse la testa. «No, riguarda l'auto. È tutto quello che mi interessa.» Esitò. «Vede, prima ha detto che Jimmy aveva una macchina di lusso. 'Era inconfondibile', ha detto. Eppure lei si confuse. Significa che non aveva mai visto un'auto simile?» Rossa in volto, Doris spostò lo sguardo fuori dalla finestra. Le sue labbra si erano compresse in una linea severa. «Se era venuto a fare domande, a-
vrebbe dovuto dirlo subito.» «Non ero venuto per quello. È stato il suo racconto.» «Credevo che fosse una conversazione amichevole», disse evitando di guardarlo. Billy provò a pensare a un modo di ricomporre la frattura. «Doris, lasci che le spieghi qual è lo scopo di tutto questo.» Si sporse in avanti. «Riguarda quella bambina, Susan Barlow.» Lei tornò a guardarlo, le sue fattezze ancora ammantate di un rosso profondo ma la sua espressione meno ostile. «Non vedo come», disse. «Devo sapere se quel giorno uno sconosciuto ha parcheggiato qui la sua automobile. La prego, provi a pensarci. Mi dica esattamente cos'ha visto.» Doris Jenner deglutì. Sembrava indecisa se rispondere o no, ma poi scrollò le spalle. «Ero seduta alla reception, come le ho detto, e ho visto quella che credevo fosse la macchina di Jimmy entrare nel parcheggio. Mi sono messa in attesa, aspettandomi di vederlo entrare dalla porta, ma lui non è arrivato. Non riuscivo a capire come mai, visto che è l'unico modo di accedere al club, e così sono uscita e ho visto quella che mi è sembrata la sua auto parcheggiata in fondo al piazzale, sotto un albero. Credevo ancora che fosse quella di Jimmy. Ha ragione, non l'avevo mai vista prima, né al club né altrove.» «Di che marca era?» «Non lo so. Non posso aiutarla. Era straniera, è tutto quello che ricordo.» «Straniera? Ne è sicura?» Annuì. «Jimmy ne andava fierissimo. Diceva che per le strade non ce n'erano molte come quella. Aveva dei bellissimi sedili in pelle.» Fece una risata cinica. «Lo sa di cosa profumava, per me? Di soldi.» «Tornando all'altra automobile, la vide parcheggiata in fondo al piazzale...?» «Sì, ma di Jimmy non c'era traccia. Pensai che fosse andato nei giardini, anche se non riuscivo a capire perché. Già a quei tempi avevano smesso di curarli. In ogni caso, alla fine scesi a dare un'occhiata alla macchina, per sincerarmi che fosse la sua.» Billy cambiò posizione sulla sedia. «Be', non lo era.» Doris si strinse nelle spalle. «Come faceva a saperlo? Era di un colore diverso?» «No, il problema era proprio quello.» Agitò una mano con fare spazientito. «Era il motivo per cui mi ero sbagliata. Era blu scuro come quella di
Jimmy. Ma quando mi avvicinai, vidi che era diversa. Erano i rivestimenti interni. Quelli di Jimmy erano marrone chiaro, ma questi erano blu. Blu scuro come la carrozzeria.» «Non pensò al conducente?» Parve confusa dalla domanda. «Al motivo per cui non passò mai dalla reception?» «Ah, ora capisco.» Scosse la testa. «No, non ci pensai. Avevo in mente una cosa sola... Jimmy.» Roteò di nuovo gli occhi. «E così sbirciò all'interno dell'auto?» «Lo feci?» Il suo buonumore era tornato, insieme al sorriso storto. «Vide i rivestimenti interni. Dovrà aver notato se c'era qualcosa sui sedili.» «Mi faccia il piacere, sergente.» Il suo accento americano proveniva dritto dal cinema. «Sono passati tre anni.» Billy accese un'altra sigaretta. Sembrava ormai rilassato. «Andiamo, Doris. A me non la dà a bere. Che cosa vide?» Doris scoppiò a ridere. «Non molto. Sul sedile del passeggero c'era un cappello da uomo. Quello lo ricordo. Ma non posso dirle di che colore fosse o cose simili.» «E sul sedile posteriore?» Inclinò la testa su una spalla, studiandolo attraverso le ciglia socchiuse. «Quanto è importante, sergente Styles?» «Non lo so. Prima devo sentire di cosa si tratta, non trova?» Billy ricambiò il sorriso. «E se le dicessi che c'era un corpo?» «Direi che oltre a una buona memoria ha anche una buona immaginazione.» Doris rovesciò la testa all'indietro e si lasciò sfuggire un'altra risata. «Be', non era un corpo. Solo un pacchetto di frutta.» «Frutta?» Billy si irrigidì, ma lei non se ne accorse. «Sì, in un pacchetto marrone, ma la carta si era strappata e la frutta si era sparsa sul sedile. È come se la vedessi adesso», disse sorridendo soddisfatta. «Che genere di frutta?» domandò Billy in tono noncurante. «Riesce a vedere anche questo?» «Ma certo. Ho una buona memoria, no?» Le brillarono gli occhi. «Erano arance. Deliziose arance dorate...»
12 «Ma pensi che avrebbe davvero scelto un luogo così pubblico in cui lasciare l'auto? In un club di nudisti?» Il sovrintendente capo Holly restava aggrappato ai propri dubbi. «Non pensi che sarebbe stato notato?» «No, Arthur, è proprio questo il punto.» Di umore effervescente, Angus Sinclair era disposto a perdonare il suo lento superiore, che quel giorno si stava dimostrando insolitamente cocciuto. «L'area del club è recintata. Non si vede niente, né dall'esterno né dall'interno. L'assassino potrebbe facilmente essere entrato nel parcheggio, aver lasciato l'auto in mezzo alle altre e aver portato la bambina in fondo ai giardini, vicino al fiume, senza essere visto. I giardini, dice Styles, erano, e sono ancora, abbandonati e invasi di vegetazione. La polizia dell'Oxfordshire sta setacciando il terreno. Sono passati tre anni, lo so, ma potrebbero trovare qualcosa.» L'ispettore capo spostò lo sguardo su Bennett, seduto alla sua scrivania. «È stata un'ottima, rapida deduzione, signore. Tutto quello che Styles aveva era un accenno fatto dalla ragazza durante la loro conversazione. Molti non se ne sarebbero neanche accorti. Quando questa storia sarà finita, signore, segnalerò il suo nome per un elogio ufficiale.» «Sì, sì, e io sarò lieto di approvarlo», replicò Bennett con un tono insolitamente brusco. «Ma a tempo debito, ispettore capo. Abbiamo ancora molta strada da fare.» Il vicecommissario era di umore irritabile. Era stato fuori città per due giorni, presiedendo un convegno di polizia a Manchester, e al suo rientro quella mattina aveva trovato sulla scrivania l'urgente richiesta di appuntamento di Sinclair. Colpevolmente conscio della massa di scartoffie che lo attendeva, Sir Wilfred aveva convocato l'ispettore capo e inviato un messaggio ad Arthur Holly. Per quanto desiderasse mantenere i contatti con le indagini, stava cominciando a rendersi conto che quella particolare autoindulgenza significava tempo rubato ad altri impegni, impegni oltretutto più adatti alla sua posizione. «Allora, a che punto siamo?» Bennett tamburellò le dita sulla scrivania. Aveva ascoltato il dettagliato rapporto dell'ispettore capo nascondendo a malapena la propria impazienza. «È evidente che l'auto è un indizio importantissimo. Una Mercedes-Benz, ha detto?» «Sì, ed essendo straniera in questo Paese non ne gireranno molte. E per di più conosciamo anche il modello.» «Com'è possibile?» domandò Holly con più di una traccia di incredulità
nel suo tono. Il sovrintendente capo era stato di recente messo a dieta da sua moglie, come egli stesso aveva confessato a Sinclair, e il regime sembrava avere un brutto effetto sul suo umore. «Non riesco a credere che la ragazza abbia detto anche questo a Styles.» «No, ma gli ha dato il nome del suo ex», ribatté allegro Sinclair. Al contrario degli altri due, era di ottimo umore. La breccia improvvisa in quella che prometteva di essere la più intrattabile delle indagini era giunta in modo del tutto inaspettato. «Un certo James Stoddart di Birmingham. Su mia richiesta, è già stato interrogato dalla polizia locale. Non ha più quell'auto, ha dovuto venderla quando sua moglie l'ha cacciato di casa un anno fa. A quanto pare era lei ad avere i soldi. Ma mio Dio, se ne conserva il ricordo!» La risatina dell'ispettore capo era spietata. «Ora, a quanto pare quel particolare modello, quello che Stoddart possedeva, è stato messo in vendita per la prima volta in questo Paese nel 1929. L'informazione mi è stata fornita dall'importatore della Mercedes, insieme alle caratteristiche dell'auto.» Sinclair estrasse un foglio dalla cartella e lo consultò socchiudendo gli occhi. «Sei cilindri, duecentoventi cavalli, valvole in testa... può raggiungere i centosessanta chilometri orari, ci credete? Ne abbiamo anche una foto.» Fece scivolare una fotografia su carta lucida verso Bennett. «La sto facendo riprodurre e distribuire nella zona di Brookham, nel caso qualcuno ricordi di averla vista. Qualcuno con la passione per le auto. Ce ne sono sempre, e la nostra macchina è abbastanza insolita da dare nell'occhio.» Sir Wilfred osservò con attenzione la foto dell'elegante berlina dal cofano allungato. «Di sicuro sembra un esemplare lussuoso», concesse. «Non certo un modello per l'automobilista medio, vero?» «Non a questo prezzo!» Sinclair fece un sorriso sornione. «Viene venduta a poco più di duemila sterline.» Il malumore di Holly si diradò per un attimo, e il sovrintendente capo emise un fischio. «Hai ragione, Angus. Non possono essercene molte in giro.» «No, e il vantaggio per noi, ovviamente, è che dovremo controllare soltanto gli acquisti fatti tra la primavera del 1929, quando il modello è arrivato sul nostro mercato, e l'estate in cui la piccola Barlow è stata uccisa. Quelli della Mercedes me ne invieranno un elenco nel pomeriggio. Non è lungo...» Sinclair fece una pausa di riflessione. «Certo, è sempre possibile che l'uomo che cerchiamo non possieda più l'auto che aveva allora. Ora potrebbe guidare qualcos'altro. Ma non fa alcuna differenza. Se il suo no-
me è su quella lista, lo troveremo.» «Sì, capisco. Davvero straordinario.» Bennett stava recuperando il proprio entusiasmo. «Se necessario, tutti coloro che figurano su quella lista potrebbero essere interrogati.» «Potrebbero», convenne Sinclair. «Ma dubito che sarà necessario. Probabilmente potremo eliminarne un buon numero fin dall'inizio, per un motivo o per l'altro.» «E gli altri come li affronterà?» Il vicecommissario era ormai ansioso di saperne di più. «Dopo tutto, non ha molti elementi su cui procedere. Un'auto con un pacchetto di arance sul sedile posteriore...?» «Tanto per cominciare, chiederemo semplicemente di rendere conto dei loro movimenti.» «Di tre anni or sono?» Arthur Holly si rianimò con un brontolio di incredulità. «No, no, signore...» Sinclair si sforzò di tenere a bada la propria impazienza. Si chiese se fosse davvero la fame a istupidire il sovrintendente capo quella mattina. «Inizialmente, tutto quello che vorrò sapere sarà dove si trovavano e cosa stavano facendo nei giorni di luglio e settembre in cui le due bambine sono state uccise a Bognor Regis e a Brookham. Se uno qualsiasi di loro dirà che non ricorda... be', con lui faremo un discorsetto speciale.» Holly borbottò contrariato. «Qual è il problema, Arthur?» «Non puoi fermare cittadini innocenti per la strada e interrogarli, Angus.» Il sovrintendente capo contrasse la mascella. «Non in questo Paese.» «Credi che non lo sappia?» Ferito dall'osservazione, Sinclair si fece rosso in volto. «Ma visto che hai sollevato la questione, esaminiamola. Tanto per cominciare, non ci sarà alcun interrogatorio finché non sarò sicuro di aver trovato l'uomo che stiamo cercando. E pur riconoscendo che le informazioni di cui abbiamo bisogno potrebbero presto essere nelle nostre mani, sapere chi è potrebbe essere una cosa, ma provarlo un'altra. A meno che non ci arrivi qualche prova materiale, ci ritroveremo con un problema strutturale: come dimostrare la sua colpevolezza. In quel caso potremmo essere costretti ad andare nell'unica direzione rimasta, vale a dire quella dell'interrogatorio.» Spostò gli occhi su Bennett. «Questi individui crollano», soggiunse in tono deciso. «L'abbiamo già visto. Se si martella abbastanza a lungo la facciata che hanno eretto, prima
o poi la si scheggia...» «È vero, ma è una decisione che possiamo prendere più avanti.» Mentre l'ispettore capo parlava, Bennett era diventato sempre più irrequieto. Conscio di avere altri impegni urgenti, aveva continuato a guardare il suo orologio. «Dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo. Prima rintracciamo il proprietario dell'auto. A quel punto potremo decidere il da farsi.» Raccolse una matita e trasse a sé una pila di documenti. «È tutto, ispettore capo?» chiese abbassando gli occhi. «Non proprio, signore.» Infastidito dalla brusca interruzione, Sinclair non si affrettò a richiudere il suo dossier. «C'è un passo ulteriore che vorrei compiere. Ma ho bisogno della sua autorizzazione.» Messo sul chi vive non soltanto dalle parole ma anche dal tono in cui erano state pronunciate, il vicecommissario rialzò gli occhi di scatto. «Di che si tratta?» domandò. «Voglio inviare un telegramma alla Commissione Internazionale della Polizia Criminale di Vienna. Vorrei che facessero un controllo nei loro archivi.» «Aspetti un minuto!» Sir Wilfred posò la matita. «La Commissione Internazionale! Cosa diavolo c'entra con questa storia?» «Forse nulla, signore.» L'ispettore capo piegò una gamba sull'altra badando bene a non rovinare la riga dei calzoni. «Ma dobbiamo ancora capire cosa ha fatto quest'uomo, quest'assassino che non è un vagabondo e che quasi di certo possiede un'automobile, fra l'estate del 1929 e la fine di luglio di quest'anno, quando ha stuprato e ucciso Marigold Hammond. È quasi inaudito che un criminale sessuale di tale tipo resti inattivo tanto a lungo. Abbiamo controllato i periodi di detenzione dei colpevoli di reati sessuali che conosciamo, ma non abbiamo trovato niente. Un'altra possibilità è che il nostro uomo sia stato all'estero. Se così fosse, potrebbe aver ucciso una o più bambine in qualche altro Paese. E in tal caso dobbiamo ottenere l'informazione.» «Andiamo, ispettore capo...» Bennett aveva ripreso a tamburellare le dita sulla scrivania. «Conosce bene quanto me la nostra posizione riguardo alla Commissione. Ed è una posizione governativa, lasci che glielo ricordi. Vogliamo averci il meno possibile a che fare.» «Ciò malgrado siamo membri dell'organizzazione, giusto?» Sinclair ostentò un'espressione confusa. «Sembra un peccato non sfruttare il collegamento. Dopo tutto, il loro ufficio internazionale mantiene una lista aggiornata dei criminali sessuali in tutta Europa, dei loro modus operandi e
dei loro movimenti.» «Questo lo so bene», scattò Bennett. Consultò il suo orologio e fece una smorfia. «Ma il fatto è che la Commissione è una creatura del governo austriaco. Il personale è composto soltanto da membri della polizia austriaca. Abbiamo motivo di credere che operi come un servizio spionistico per lo Stato austriaco.» «Davvero?» L'ispettore capo sembrava sorpreso. «Strano che nessuno degli altri Paesi membri della Commissione, che ormai dovrebbero essere una trentina, sembri pensarla così. Ma loro non godono dei nostri speciali vantaggi, vero, signore?» «E quali vantaggi sarebbero?» La voce del vicecommissario aveva assunto un tono pericoloso, e le sue guance pallide si stavano colorendo. «Ma come, il fatto che in quanto britannici abbiamo il privilegio di appartenere alla migliore forza di polizia al mondo, e non abbiamo niente da guadagnare o da imparare da una banda di stranieri!» «Ora basta!» Bennett calò il pugno sulla scrivania. «Angus!» Arthur Holly redarguì il suo collega agitando un dito. «Ora calmatevi entrambi», soggiunse quindi per buona misura. Rosso in volto, Bennett lo aggredì. «Non mi venga a dire di calmarmi, sovrintendente capo!» Holly gli rivolse un'occhiata tranquilla, e dopo un istante il vicecommissario riprese il controllo. Battendo le palpebre, tornò ad abbandonarsi sulla sedia. «Era un bel po' che non la sentivo intervenire», osservò sprezzante. «Non ha una sua opinione?» «Sì, signore, a dire il vero ce l'ho.» Holly si schiarì la gola. «Normalmente, se la questione fosse chiedere aiuto a una banda di stranieri, sarei il primo a votare contro.» Sorrise. «Ma in questo caso penso che Angus possa avere ragione. È l'automobile, vero?» «L'automobile, sovrintendente capo?» Bennett lo guardò con sospetto. «Mobilità, signore», brontolò Holly. «È di questo che parlo. È la maledizione del poliziotto moderno. Una volta, quando una cassaforte veniva scassinata o una casa svaligiata, potevi infilare una mezza dozzina di nomi in un cappello con la certezza che il colpevole fosse uno di loro, perché erano quelli che vivevano nel tuo distretto. Ora non più. Adesso che ogni malvivente possiede un'automobile, non si può sapere dove farà il suo prossimo lavoretto.» Guardò entrambi i suoi interlocutori. «E non è forse questo il problema che ci troviamo ad affrontare? Per quanto ne sappiamo, quest'uomo ha ucciso tre bambine: una nell'Oxfordshire e due a sud, ma in
contee diverse. Dunque qualsiasi altra cosa faccia, è uno che viaggia. Per di più sappiamo che possiede una macchina, e a quanto pare una gran bella vettura. Per quale ragione non potrebbe essere andato all'estero per un po'? Non possiamo ignorare questa possibilità.» Si rivolse al vicecommissario. «Signore, finché non l'avremo identificato con sicurezza penso che dovremmo gettare reti le più ampie possibili.» «Ben detto, Arthur!» esclamò Sinclair con un gran sorriso. «Io stesso non avrei saputo esprimermi meglio.» Ancora accalorato, Bennett guardò prima l'uno e poi l'altro; consultò quindi il suo orologio e gemette. «Mio Dio! Guardate l'ora!»» Si alzò puntando un dito contro Sinclair. «E va bene. Può scrivere un telegramma per Vienna. Ma non può inviarlo prima di avermelo mostrato. È chiaro?» «Perfettamente, signore.» Il sorriso di Sinclair era benevolo. Senza aggiungere altro, Bennett si allontanò a grandi passi verso la porta. Holly attese di udirla sbattere, poi si stiracchiò e guardò Sinclair con la coda dell'occhio. «Ti sei avvicinato un po' troppo al limite, vero, Angus?» L'ispettore capo emise un grugnito. «Bennett è un bravo vicecommissario, siamo fortunati ad averlo. Ma dobbiamo fare in modo che capisca bene quali sono le priorità. Al diavolo la politica governativa! Ciò che importa qui è che quell'uomo venga catturato prima che uccida di nuovo.» Sorrise al suo superiore. «A proposito, grazie, Arthur. Non mi aspettavo che mi saresti venuto in aiuto.» Holly arricciò il naso. «Sei sempre stato troppo sicuro di te stesso.» Ridacchiando, Angus Sinclair accettò di buona grazia il rimprovero. «Volevo chiederti», riprese il sovrintendente capo alzandosi. «Cosa farai con Styles a questo punto? Lo terrai impegnato sul caso?» «Sì.» Si alzò anche Sinclair, e insieme raggiunsero la porta. «In realtà l'ho già spedito a Guildford con l'incarico di guardarsi intorno. È vero, l'indizio dell'auto potrebbe risolvere il caso, ma non si può mai sapere, e nel frattempo non voglio che restiamo inattivi. Il delitto di Brookham è il più recente, il più fresco, se vuoi, e voglio avere qualcuno sul posto. E ho anche un'altra ragione, ma deve restare fra noi, Arthur.» «Di cosa parli?» Holly lo guardò. «Ho detto a Styles di non farsi remore a sfruttare le idee di John Madden appena se ne presenti l'occasione. John ha un istinto raro per casi come questo, e voglio sapere cosa ne pensa.» «Non ci vedo niente di male.» Il sovrintendente capo era ancora confuso. «Forse no. Ma lo sto facendo con una certa discrezione. Non posso co-
involgere John direttamente. Se lo venisse a sapere, Helen non me lo perdonerebbe mai. Ma la posizione di Styles è diversa. I suoi legami con Madden risalgono a quando lavorava ai suoi ordini, è un amico di famiglia, e per di più Helen ha un debole per lui. Spero che gli darà un minimo di corda, quando andrà a visitarli.» Sinclair si accigliò. «Ma ho la pessima sensazione di camminare sui gusci d'uovo.» 13 Avanzando con cautela sulle gobbe e sulle buche, Billy raggiunse la fattoria. Scese dall'auto, evitando per un pelo di mettere il piede in una delle pozzanghere color rame che erano apparse sulla strada sterrata dopo la pioggia della notte prima. Aveva appena imboccato il sentiero che conduceva alla casa, tuttavia, quando venne fermato. «Non mi porti in casa le sue scarpe infangate, sergente Styles.» May Burrows gli si parava di fronte a braccia conserte sul vano della porta. «Salve, May.» Sorridendo, Billy si fermò. «Davanti al cancelletto alle sue spalle vedrà due zerbini. Si pulisca i piedi e potrà entrare.» «Sto cercando il signor Madden», le disse. «Lo immaginavo. È nell'aia insieme agli altri. Oggi caricano i maiali.» Il tono brusco di May era tradito dal suo sorriso. Molti anni prima, Billy aveva dovuto raccogliere la sua deposizione. Ai tempi era ancora un imberbe agente investigativo insicuro della propria autorità e aveva cercato di fare il prepotente, e May non gli aveva mai permesso di scordarlo. «Troverà anche Belle e Lucy. Dica loro che il tè sarà pronto fra cinque minuti. Venga pure a berne una tazza, se le va.» «Grazie, May, lo farò.» Billy fece dietrofront e si incamminò verso l'aia, superando a balzi le pozzanghere. Animale metropolitano fino al midollo, nel corso delle sue rare visite in campagna era giunto a diffidare della semplicità apparente delle espressioni rurali, molte delle quali, pensava, erano appositamente studiate per ingannare orecchie come le sue. Ma «caricare i maiali» sembrava un'operazione abbastanza semplice, e tale si dimostrò. Giunto sotto la volta dell'ingresso all'aia, si ritrovò di fronte a una scena di brulicante attività. Due braccianti armati di bastoni stavano sospingendo un maialino sull'acciottolato in direzione di un autocarro che attendeva al centro dell'aia, già pieno a metà di maiali strillanti. Affascinato, Billy os-
servò gli uomini gettare a terra i bastoni, afferrare la bestia un orecchio per ciascuno e poi, intrecciandole le mani libere sotto il ventre, sollevarla e caricarla sul retro del camion. Nessuno dei due si era accorto del suo arrivo, e nemmeno George Burrows, che si trovava al cancelletto del porcile e controllava il passaggio. Ma qualcun altro l'aveva visto. Una minuscola figura in blu, con due gambe chiazzate di fango e capelli dorati che scintillavano al sole, attraversò di corsa l'aia nella sua direzione. «Billy!» La bambina gli si tuffò senza paura fra le braccia, confidando nel fatto che lui l'avrebbe presa al volo. Billy la fece roteare nel vuoto e poi la rimise a terra. «Ciao, Lucy!» «Cosa ci fai qui?» «Sono venuto a trovarvi...» La loro amicizia era stata suggellata durante uno dei fine settimana che Billy aveva trascorso a Highfield, quando Lucy Madden aveva scoperto, nel corso di una passeggiata nei boschi, che il sergente non era soltanto ignaro dell'esistenza del liù piccolo, ma che non sapeva che differenza passasse fra un'averla e un toporagno. Non avendo mai incontrato una tale ignoranza in un adulto, Lucy si era impietosita e da allora l'aveva reso oggetto delle proprie speciali attenzioni. «Vieni a vedere i maiali», disse trascinandolo per mano verso il camion. «Stanno andando al macello», lo informò con gioia. «Macello?» Billy la guardò dubbioso. «Sì, ci sarà un sacco di sangue.» George Burrows, vigoroso e rubizzo, agitò il braccio in un saluto. Sua figlia Belle, una bambina dai capelli scuri, era rimasta timidamente al suo fianco. «Il signor Madden è nei paraggi?» gli gridò Billy. «Sì, lo è...» La voce di Madden giunse da dietro il cancelletto dove si trovava George. L'ex ispettore emerse dal buio, spazzolandosi la paglia dai calzoni e pestando i piedi a terra per staccare il fango dagli scarponcini. «Billy, che piacere vederla. Avevo sentito che era nei paraggi. Helen e io speravamo che trovasse il tempo di passare.» Si strinsero la mano, o meglio ci provarono. Lucy non aveva intenzione di rinunciare a quella che teneva, e Billy si vide costretto a porgere la sinistra a Madden. «Billy è venuto a trovarci.»
«Vuoi dire il sergente Styles?» Suo padre la guardò di traverso. «No... Billy!» rispose lei dondolandosi appesa al suo braccio. «Sono dovuto restare a Guildford, signore, per aggiornarmi sui dettagli del caso. Ma oggi pomeriggio sono riuscito ad andare a Brookham, e così ho pensato di fermarmi sulla via del ritorno. Spero di vedere anche Will.» Prima di abbassare gli occhi sulla testolina dorata di sua figlia, Madden incrociò lo sguardo del giovane. «La signora Burrows ha detto di dirti che il tè è pronto, Lucy», la informò Billy. «Per te e per Belle.» «E tu non vieni?» chiese lei senza lasciargli la mano. «Fra un minuto.» «Corri, tesoro», disse Madden. «Andate tutt'e due. Va' a chiamare Belle.» Attese che le due bambine fossero uscite dall'aia, mano nella mano, poi riprese: «Ho saputo che avete finalmente un indizio. Il signor Sinclair mi ha telefonato all'inizio della settimana. Ha detto che a Londra hanno ottenuto una lista di nomi che stanno controllando, e che l'assassino potrebbe essere uno di loro. Ha anche detto che è un motivo di orgoglio per lei». Il sorriso di congratulazioni di Madden fece arrossire Billy di piacere. «Ho avuto un colpo di fortuna, signore. La settimana scorsa l'ispettore capo mi ha mandato giù a Henley. Sapeva che il corpo di una bambina era stato ripescato dal fiume in quella zona?» «Il signor Sinclair me l'aveva detto. Mi piacerebbe sentire l'intera storia.» Madden schioccò la lingua spazientito. «Ma dobbiamo rimandare a più tardi. Devo andare a prendere Rob. Ha trascorso il pomeriggio a Godalming da un amico. Resterà a cena, vero?» Dando per scontato il lieto sorriso di accettazione del sergente, proseguì: «Così avremo modo di parlare. Ma mi accompagni alla macchina. Mi dica in breve come stanno le cose». Più che lieto di accontentarlo, Billy si imbarcò in un breve riassunto della sua visita a Henley, gustandosi il grugnito di approvazione che ottenne quando spiegò come gli era venuta l'idea che l'assassino avesse fatto uso del parcheggio di Waltham Manor. La stima che nutriva per Madden non era mai diminuita, né aveva dimenticato il debito di riconoscenza che aveva nei riguardi del suo vecchio mentore, sotto il cui sguardo un tempo severo aveva imparato alcune delle più importanti lezioni della sua vita. E non tutte riguardavano il mestiere di poliziotto. «Dunque l'ha caricata in macchina per caso. Non poteva sapere che lei
sarebbe stata su quella strada. Ma di sicuro sapeva dove portarla.» Si erano fermati all'ingresso dell'aia. Il cipiglio di Madden riportò indietro Billy di un decennio. «Non riesco a farmi un'idea precisa di quell'uomo. Sulle prime pensavo che avesse visto la bambina a Brookham e fosse tornato a cercarla, ma adesso ne dubito.» Con un sospiro, Madden controllò l'ora. «Billy, devo andare. Cosa diceva riguardo a Will Stackpole?» «Gli ho telefonato e gli ho detto che mi sarei fermato qui. Ha risposto che avrebbe cercato di passare.» «Bene! Prenda una tazza di tè con May. Potrà parlare con Will al suo arrivo. Poi venga a casa.» Madden raggiunse la sua auto a passi rapidi. Sorridendo, tornò a rivolgersi a Billy. «Potrebbe farmi un piacere e riportare a casa Lucy. Lo prenderà come un regalo, venire in macchina con lei.» «Dovrebbe sentire cos'ha da dire Will sulla ricerca di quel vagabondo da parte della polizia del Surrey, signore.» Billy sorrise. «Sostiene che non abbiano la minima idea di come si fa.» Il grugnito di Madden era enigmatico. Accovacciato davanti al caminetto, pungolò le fiamme con un attizzatoio. Illuminato soltanto da una coppia di lampade, il salotto era immerso nella penombra. «Dice che non conoscono le campagne, quanto meno la maggior parte di loro, e che non capiscono come quella gente riesca a scomparire a proprio piacimento.» Dopo aver aggiunto un altro ceppo al fuoco, Madden si alzò spazzolandosi le mani. Si fermò alla luce delle fiamme, torreggiante, e abbassò gli occhi su Billy, seduto in poltrona. «Non è come cercare un uomo in un paese o in una città», disse. «In quel caso ci si rivolge ai suoi familiari, ai suoi amici o ai suoi complici, se ne ha. Si perlustra il suo quartiere. Ma questi vagabondi non si fermano mai a lungo in un singolo luogo, e quando decidono di tagliare la corda è difficile capire dove cominciare a cercarli.» «Will ha detto che molto probabilmente viene aiutato da altri vagabondi, da altri accattoni.» «Ha ragione.» Madden si sedette sull'altro lato del caminetto rispetto a Billy. «Badi bene, se Beezy avesse ucciso quella bambina e loro lo sapessero, l'avrebbero consegnato alle autorità. O quanto meno non l'avrebbero protetto. Avrà bisogno di cibo, ovviamente, e ciò significa che qualcuno glielo sta procurando. Topper, molto probabilmente. Se lo chiede a me, si sono rivisti. Ho cercato di fargli arrivare un messaggio.»
«A Topper, signore?» Billy era tutto orecchi. «Come ha fatto?» «Molti di questi vagabondi frequentano lo studio di Helen: molto tempo fa lei ha sparso la voce che in caso di bisogno avrebbero ricevuto le sue cure. Ho chiesto a un paio di loro di dire a Topper di mettersi in contatto con noi. Per ora senza successo.» Billy bevve un sorso di brandy. La giornata gli aveva riservato molti piaceri. Aveva trascorso un'ora alla fattoria chiacchierando con May Burrows mentre lei puliva i fagiolini in cucina. Guardando il suo volto roseo e tranquillo si era ricordato dell'adolescente dai capelli a caschetto che un tempo aveva dovuto interrogare; ora May era una giovane madre di famiglia con due figli, il minore dei quali, un maschio, era ancora nella culla. May l'aveva fatto sedere al tavolo dove le due bambine erano ancora occupate a consumare il loro tè, che a casa Burrows era un pasto generoso comprendente elementi della colazione e del pranzo, e dove Billy non aveva potuto fare altro che piegarsi all'istinto materno di Lucy Madden, che aveva preso la forma di un'insistita somministrazione di cucchiaiate di uovo à la coque e pane tostato generosamente imburrato e immerso nel miele. Più tardi era apparso un altro vecchio amico. Will Stackpole era arrivato in bicicletta dal villaggio, e Billy aveva passato un po' di tempo a parlare del caso con l'agente, che aveva conosciuto anni prima durante le indagini sul massacro di Melling Lodge. Quando aveva percorso il vialetto costeggiato di limette, ormai rivestite di foglie gialle, stava facendo già sera; Helen lo aspettava sulla soglia di casa per alleggerirlo della presenza dell'ancora eccitatissima Lucy, la quale era tornata mezz'ora più tardi, reduce da un bagno caldo e in pigiama, per dare la buonanotte, processo che aveva allungato con una serie di sperimentati stratagemmi, portando suo fratello, che stava cercando di fare i compiti, a roteare gli occhi per la disperazione. Alla fine, Helen aveva perso la pazienza. «Lucinda Madden! Basta così. Da' la buonanotte al sergente Styles.» «Non è il sergente Styles. È Billy!» Mentre Madden aiutava suo figlio a lottare con un problema di aritmetica, Billy era uscito sulla terrazza e aveva fatto scorrere lo sguardo al di là del giardino sui boschi scuri di Upton Hanger, illuminati quella sera da una scheggia di luna, rammentando una visita che aveva fatto qualche mese prima in cui l'aria, in quello stesso punto, era raddolcita dai profumi intrecciati dei gelsomini e delle rose. Ora era soltanto il debole odore di foglie bruciate a giungergli alle narici.
Poco dopo Helen era ridiscesa dopo aver messo a letto Lucy, e a quel punto era stato il turno di Rob. Con sua grande delusione: era sicuro che suo padre e Billy avrebbero parlato del delitto di Brookham e aveva sperato di poter origliare. Messi a letto i bambini, Helen aveva fatto accomodare i due uomini a cena, e l'argomento della conversazione era diventato il prossimo matrimonio di Billy. I Madden dovevano ancora conoscere la sua fidanzata, e Helen aveva insistito che si rimediasse quanto prima. «È ora che tu ci porti Elsie. Bisogna fare in modo che Lucy accetti la situazione.» Era raro che Helen resistesse alla tentazione di prendere in giro il sergente, la cui stima per suo marito, pur commuovendola, lo rendeva a volte muto al loro cospetto. «Ti rendi conto che è convinta che tu le appartenga, vero? Spero che non si sentirà respinta.» Una volta terminata la cena, tuttavia, con la scusa che l'indomani avrebbe avuto una giornata pesante, aveva augurato loro la buonanotte, riservando le sue ultime parole per l'ospite. «Non ti chiederò di cosa parlerete tu e John, anche se posso indovinarlo. E per quanto tu sia sempre il benvenuto, Billy caro, avverto una mano nascosta dietro la tua visita. Puoi dire ad Angus Sinclair che non mi inganna.» Su quella nota, e con Billy ammutolito nella sua poltrona, li aveva lasciati davanti al fuoco. Il giovane represse uno sbadiglio. Doveva ancora tornare a Guildford, dove aveva preso alloggio, ma prima di andarsene c'era una domanda che voleva rivolgere al suo anfitrione. «Questo pomeriggio, signore, quando eravamo alla fattoria, ha detto che all'inizio aveva pensato che l'assassino avesse già visto la piccola Bridger, che l'avesse, come dire, presa di mira. So che ha cambiato idea, ma cosa gliel'aveva fatto pensare? Se non le dispiace che glielo chieda...» «No, Billy, non mi dispiace.» Madden sorrise, come se avesse riconosciuto il segno che l'abitudine di prestare attenzione aveva messo solide radici nel suo protetto. «In realtà l'intera faccenda mi confonde, e sto cercando di trovarvi una logica. Lasci che le spieghi...» Billy si sporse in avanti, doppiamente all'erta. «Sulle prime, quando ho trovato il corpo di Alice Bridger, ho pensato che il fatto che l'assassino avesse commesso il delitto in un bivacco di vagabondi fosse una strana coincidenza. Mi sono reso conto soltanto dopo che probabilmente lo conosceva già. Per arrivarci aveva trasportato il cor-
po della bambina attraverso una fitta boscaglia. Era poco probabile che l'avesse trovato per caso. È stato questo che mi ha fatto pensare che l'avesse già individuata come preda, e che avesse cercato un luogo vicino in cui portarla. «Ma poi ho scartato l'idea. Implicava il fatto che si fosse trattenuto per qualche tempo nei paraggi di Brookham per aspettare l'occasione giusta, e non c'erano semplicemente prove che la confermassero. Nessuna segnalazione di sconosciuti nella zona, né quel giorno né il precedente. E così ho deciso che doveva aver attraversato il villaggio, esattamente come avevamo fatto noi, e che doveva averla incontrata per caso. Ma ciò lasciava senza risposta la prima domanda... come era arrivato al bivacco dei vagabondi?» Aggrottando la fronte, Madden si passò le dita sulla cicatrice che vi si stagliava. Nel notare il gesto familiare, e sapendo per esperienza che segnalava una profonda preoccupazione, Billy sorrise fra sé. «Capisce cosa sto dicendo? Non è un semplice cacciatore di opportunità, quest'uomo. Agisce solo quando è preparato.» Il cipiglio di Madden si incupì. «A giudicare da ciò che mi ha detto, direi che a Henley avesse già ispezionato i terreni di Waltham Manor, forse il giorno stesso, e che sapesse di potervi portare la sua vittima. Per quanto riguarda Bognor Regis, conosco il tratto del fiume in cui venne rapita la bambina. Ci sono lunghi tratti di canne e cespugli lungo la riva. I nascondigli non mancano di certo, e scommetto che lui lo sapeva.» «E a Brookham dev'essere stato lo stesso, è questo che sta dicendo», intervenne Billy. «L'ha fatta salire in macchina soltanto perché sapeva che nelle vicinanze c'era un luogo in cui portarla. Il prato lungo il torrente.» «Se il suo comportamento segue delle costanti, sembrerebbe così», convenne Madden. «Ma ciò significa che doveva essere già stato a Capel Wood, per qualche altra ragione, e mi sto scervellando per capire quale potrebbe essere.» Billy ci rifletté per un istante. «Potrebbe trattarsi di un escursionista, signore. Le campagne ne sono piene.» «Sì, ci ho pensato anch'io.» Madden scosse la testa. «Ma non spiega ancora come abbia trovato il bivacco. Non è certo un luogo in cui si capiti per caso. Avrebbe dovuto abbandonare il sentiero, tanto per cominciare, e non è una cosa facile. La boscaglia è molto fitta, scoraggiante. No, deve avere avuto un motivo, come ho detto, uno scopo speciale.» Aggrottò di
nuovo la fronte. «È questo che mi lascia perplesso. Come l'aveva trovato? Cosa l'aveva condotto lì?» 14 Erano quasi le due quando quel venerdì Sam Watkin giunse alla fattoria Coyne. Era stato trattenuto a Midhurst per fare il suo rapporto settimanale al signor Cuthbertson, il quale a sua volta era stato impegnato con un cliente chiacchierone e aveva costretto Sam a passare mezz'ora e forse più a girarsi i pollici fuori dal suo ufficio. Aveva sfruttato il tempo per scrivere un rapporto sul suo taccuino riguardo ai lavori da fare alla fattoria Hobday, dalle parti di Rogate, che aveva visitato quella mattina. Uno dei comignoli della fattoria era crollato dall'ultima volta che vi era stato, fracassando le tegole del tetto e facendo un buco grande come una testa fino alla stanza di sotto, il cui pavimento era rimasto danneggiato. Le riparazioni avrebbero dovuto essere fatte prima della prossima pioggia, che poteva arrivare da un giorno all'altro (il periodo di bel tempo ottobrino che stavano godendo negli ultimi giorni non poteva durare ancora molto), e se i proprietari non avessero voluto ritrovarsi per le mani una proprietà deprezzata avrebbero fatto meglio a intervenire in fretta. Erano state quelle, in ogni caso, le notizie che Sam aveva riferito al signor Cuthbertson quando era stato finalmente ammesso nel suo ufficio, un locale gradevole e arioso che si affacciava sulla vecchia Market Square e sulla St Ann's Hill al di là. Il signor Cuthbertson si era strofinato il mento. «Oh, non saranno lieti di sentirlo.» Aveva incrociato lo sguardo di Sam e aveva ridacchiato insieme a lui. «Odiano così tanto pagare.» Stava parlando delle banche, che ormai possedevano numerosi terreni da quelle parti. Il terribile crollo dei prezzi agricoli del 1929 aveva causato fallimenti a destra e a manca. Lo stesso Sam era fra le vittime. Un tempo possedeva una piccola fattoria, parte di quella che era stata una grande proprietà sul versante opposto di Easeborne, che aveva acquistato quando era tornato dalla guerra. Con l'aiuto di un prestito bancario, ovviamente. Be', ora la fattoria non c'era più. Ma Sam era stato più fortunato di altri. La gestione della fattoria era stata affidata al signor Cuthbertson della Tally and Cuthbertson, una società immobiliare di Midhurst specializzata in proprietà agricole, e malgrado le dolorose circostanze, che avevano visto Sam e la sua famiglia costretti a
fare armi e bagagli, accatastando tutto ciò che avevano su un carro, e che di diritto avrebbero dovuto trasformarli in nemici, lui e Sam erano andati subito d'accordo e Sam era partito con l'offerta di un impiego da parte del signor Cuthbertson. Veniva pagato per tenere d'occhio le fattorie nella zona amministrate dalla società. Fattorie che erano in vendita ma che non attiravano alcun compratore, non nelle attuali condizioni. La Depressione era penetrata a fondo nel Paese, e gli agricoltori avevano sofferto come tutti gli altri. Bisognava resistere, se si poteva, e sperare in tempi migliori. Sam trascorreva le proprie giornate passando da una proprietà all'altra, ispezionando gli edifici alla ricerca di eventuali danni, stando attento che non vi fossero intrusi indesiderati, soprattutto zingari, e allontanandoli laddove necessario. Il signor Cuthbertson lo chiamava «il nostro fattore» quando lo presentava ai suoi clienti. «Questo è il nostro fattore, il signor Watkin.» Il termine faceva ridacchiare Sam. Ai suoi tempi era stato molte cose: bracciante, ragazzo di stalla, per un'intera estate pugile in una fiera, e bracconiere come attività secondaria. Era stato perfino un ufficiale, con sua eterna meraviglia. Sopravvissuto chissà come a due anni di trincea, era ancora vivo e vegeto quando i pezzi grossi avevano inaugurato la loro politica di promozioni dal basso. E a un tratto Sam Watkin si era ritrovato sottotenente! Un «gentiluomo temporaneo», come si diceva allora. L'espressione gli faceva ancora salire un sorriso ironico alle labbra. Dopo la guerra aveva pensato di emigrare in Canada, o magari in Australia, ma Ada Witherspoon, figlia del padrone del Dog and Duck di Elsted, aveva dichiarato: «Be', Sam Watkin, puoi andare pure dove vuoi, ma quando torni non sperare di trovarmi qui ad aspettarti». E così avevano finito per comprare una fattoria, e adesso Sam era un fattore, e se qualcuno gli avesse chiesto cosa pensava della vita avrebbe risposto che non aveva alcun senso. Era solo un accidente dopo l'altro. La questione del tetto era stata presto risolta. Il signor Cuthbertson aveva detto a Sam di procurarsi un operaio, se ne aveva bisogno, ma di occuparsi in prima persona della riparazione. Era inutile chiamare un'impresa. Sarebbe solo costata un occhio della testa. Non essendoci altro di cui parlare, Sam se n'era andato di lì a poco, facendo ritorno al furgoncino che aveva parcheggiato giù in piazza. Qualche anno prima l'aveva comprato di seconda mano da quelli dell'ufficio postale e l'aveva dipinto di verde scuro, un colore che gli piaceva. Era perfetto per fare i suoi giri e trasportare gli attrezzi e le altre cose di cui aveva bisogno
per il suo lavoro. Era perfetto anche per Sally, il suo vecchio labrador, che lo seguiva ovunque. Quando era risalito al volante era stato accolto dal tonfo della sua coda sul fondo del furgone. A Sal piaceva montare sul retro, raggomitolarsi sulla sua coperta e sonnecchiare in attesa che arrivasse il momento di fare due passi. O meglio ancora, di sgranocchiare qualcosa. Il cane più ingordo del mondo, diceva sempre Sam. «Ora faremo un salto alla fattoria Coyne», le aveva detto partendo. «Forse là mangeremo qualcosa.» Ma li aspettava un altro intoppo. Poco dopo aver abbandonato la strada per Petersfield in direzione di Elsted avevano incontrato dei lavori stradali. Una squadra di operai era impegnata ad ampliare un tratto della superficie asfaltata, impresa che doveva essere cominciata da pochi giorni visto che l'ultima volta che Sam era passato di lì il cantiere non c'era. Quando vi arrivò gli uomini erano in pausa pranzo, seduti in fila sul terrapieno, e avevano lasciato uno di loro a dirigere il traffico. Nel tratto di strada su cui stavano lavorando la circolazione avveniva a senso unico alternato su una sola corsia, e il tizio stava controllando il flusso in entrambe le direzioni usando bandierine rosse e verdi per avvertire i mezzi in arrivo. Sam l'aveva guardato con un certo interesse, e quando questi gli aveva segnalato di procedere si era fermato accanto alla logora figura. «Ehi, Eddie!» aveva esclamato. «Cribbio!» Un volto setoloso l'aveva scrutato attraverso il finestrino abbassato. «Sei proprio tu, Sam?» Si chiamava Eddie Noyes, e l'ultima volta che Sam l'aveva visto era disteso su una barella a faccia in su con il davanti della giubba intriso di sangue e gli occhi sgranati per lo shock. A Wipers, era stato. Quel giorno Eddie aveva ottenuto il suo biglietto di rientro in patria. Non aveva fatto più ritorno al battaglione. «Cosa ci fai da queste parti?» La ragione per cui Sam gliel'aveva domandato era che sapeva che Eddie veniva da una zona diversa del Sussex (da Hove, più giù lungo la costa, se ricordava bene), ma non appena aveva aperto bocca se n'era pentito. Era ovvio, dopo tutto, cosa stava facendo un poveraccio quando lo sorprendevi in tuta da operaio e con una peluria di due giorni sul mento intento ad agitare bandierine ai margini di una strada. Stava accettando qualsiasi lavoro riuscisse a trovare. Le cose erano ancora così difficili.
Ma Eddie non si era vergognato di parlarne. (Ciò era accaduto quando Sam aveva parcheggiato sul ciglio della strada e si era seduto con lui sul terrapieno, dopo che uno dei compagni di lavoro di Eddie si era offerto di dirigere il traffico.) L'anno prima aveva perso l'impiego di rappresentante per una cartiera, che era fallita, e non era riuscito a trovarne un altro. Soltanto lavori saltuari, fra cui quello con la squadra di manutenzione stradale. Viveva ancora a Hove, aveva detto, dove si prendeva cura della vecchia madre e della sorella, che aveva perso il marito in guerra. I soldi erano pochi, aveva spiegato con una scrollata di spalle, ma se la cavavano. L'unico problema di quel lavoro era che era troppo lontano per tornare a casa la sera e che lo costringeva a passare la notte con alcuni dei colleghi nel capanno che avevano eretto per gli attrezzi. A quel punto aveva sorriso. «Mi riporta indietro con la memoria, Sam, lascia che te lo dica. Ho provato crateri di granata più salubri.» Il primo impulso di Sam era stato quello di infilarsi la mano in tasca, ma si era controllato. Non si potevano offrire soldi a uno che aveva vinto una medaglia al valor militare. Che non superava di molto il metro e cinquanta, ma che non indietreggiava di fronte a nessuno. «Devi venire a cena da noi, Eddie. Lascia solo che avverta Ada. Ti vorrà preparare un banchetto.» Avrebbe voluto offrirgli anche un letto, ma tanto per cominciare lui e Ada abitavano a Halfway Bridge, sul versante opposto di Midhurst, cosa che non avrebbe fatto al caso di Eddie, e in secondo luogo nel loro cottage non c'era proprio posto, con i bambini che crescevano e Ada che si era messa a fare vestiti per amici e vicini, trasformando quello che passava per il loro salotto in una sala di cucito piena di modelli e manichini. Ma l'immagine di Eddie disteso come una sardina insieme agli altri uomini sul pavimento di un capanno per gli attrezzi lo infastidiva, non gli sembrava giusta, e ancora prima di giungere alla fattoria Coyne Sam aveva pensato a una soluzione. «Capisci, Sal? Sarebbe perfetto per Eddie. È un luogo caldo e asciutto, e c'è abbondanza di fieno con cui fare un giaciglio.» In piedi nell'enorme fienile, Sam teneva un comizio per un singolo spettatore. Era di natura socievole, trovava un po' pesante la solitudine delle sue giornate lavorative e aveva preso l'abitudine di trattare Sally come una confidente. «E non avrebbe nemmeno il problema dell'acqua. C'è il rubinetto nell'a-
ia. Te lo dico io, questo posto è fatto per lui.» Era stata la vicinanza della fattoria Coyne al cantiere stradale in cui lavorava Eddie a fargli venire l'idea. La svolta per la fattoria si trovava a circa un chilometro dai lavori, anche se Sam in realtà non seguiva mai quel percorso visto che da quando la fattoria era stata abbandonata il sentiero fangoso era impraticabile. Non volendo rischiare di rovinare le sospensioni del suo vecchio furgone, si fermava prima della svolta, in un punto in cui la strada asfaltata era attraversata da un vecchio sentiero pedonale che superava il crinale boscoso dietro la fattoria Coyne e conduceva nella valle in cui questa era situata. Il sentiero, che si chiamava Wood Way e che secondo le guide turistiche risaliva agli antichi romani, procedeva dritto come una freccia su per un versante della valle e giù per l'altro prima di scomparire fra i profili ondulati dei South Downs, che si ergevano poco più in là a riempire l'orizzonte. Segnava i confini della fattoria Coyne, e per arrivarci dovevi semplicemente seguirlo fino a giungere a un varco nella siepe che lo costeggiava, passare dall'altra parte, attraversare un frutteto di meli e un orto ed eccoti arrivato nell'aia di ciottoli alle spalle della casa, con il fienile a meno di una trentina di passi di distanza sul lato opposto. Il fienile di Eddie! Sam aveva cronometrato il tragitto a piedi. Aveva impiegato dodici minuti esatti dal punto in cui aveva parcheggiato il furgone, e durante il tragitto gli era venuta in mente un'altra cosa. Poco dopo il varco nella siepe, un altro sentiero che si biforcava dal primo conduceva a un paesello, più che altro un villaggio, di nome Oak Green, dove Eddie avrebbe potuto acquistare tutte le provviste di cui aveva bisogno. Non che Ada non avrebbe fatto sì che avesse quasi tutto ciò che desiderava. Ora che aveva raggiunto l'aia, Sam aveva già deciso di parlare di Eddie al signor Cuthbertson. Non sarebbe stato giusto agire alle sue spalle, sistemando lì Eddie senza dire niente. Ma non pensava che il suo principale avrebbe avuto obiezioni. La fattoria Coyne era una proprietà di prima scelta: una delle migliori di quelle da lui amministrate, diceva sempre il signor Cuthbertson. Trovandosi giusto al limitare dei Downs era un'ottima terra per l'allevamento ovino, ed era stata redditizia fino a due anni prima, quando il proprietario era morto. Non avendo figli che potessero prenderla in mano (i suoi due ragazzi erano morti in guerra), l'aveva lasciata a un nipote di sua moglie; ma questi, che già possedeva un caseificio alle porte di Petersfield, era interessato soltanto a venderla, ragione per cui era stata messa sul mercato.
Il signor Cuthbertson aveva detto a Sam che si aspettava di ottenere una buona cifra quando le cose fossero riprese, e che il proprietario attuale aveva già rifiutato due potenziali acquirenti perché, consigliato da lui stesso, aveva reputato troppo basse le loro offerte. Il fatto di avere una persona fidata sul luogo, per così dire in sede, non era un'opportunità da rifiutare. Il fienile si ergeva a un'estremità dell'aia, situato ad angolo retto rispetto a una di quelle case di mattoni modellati tipiche di quella regione. Era un'altra struttura di legno usata come deposito prima che la fattoria venisse abbandonata, e le sue porte erano chiuse da un lucchetto per dissuadere gli intrusi dalla tentazione di svaligiarlo. Sam aveva la chiave del lucchetto, e dopo aver tirato la leva spalancò entrambe le porte invadendo l'interno di luce, rivelando le cataste di steccati usati come recinzioni provvisorie, fondamentali per l'allevamento ovino, che percorrevano entrambi i lati del capannone per quasi tutta la sua lunghezza. Laddove terminavano, verso il fondo del fienile, lo spazio restante era occupato da una quantità di altri oggetti, fra cui i mobili della casa coperti da teli per proteggerli dalla pioggia che penetrava dal tetto e un assortimento di utensili agricoli in casse e cesti di vimini. In fondo, in un angolo, c'era un vecchio calesse da pony con le stanghe sollevate come le braccia di un soldato che si arrendeva. Era nell'angolo opposto che Sam si era recato e aveva passato qualche minuto a sgombrare una zona del pavimento di terra battuta. Ora afferrò un forcone che spuntava da un cesto di vimini e cominciò ad ammucchiare il vecchio fieno sparso sotto i suoi piedi. «Vedi, questo sarà il suo letto», disse a Sal, che l'aveva accompagnato nel capannone e stava osservando le sue attività con controllato interesse. «Eddie avrà delle coperte, visto che dorme già per terra, e questa paglia farà da materasso.» Durante i mesi della sua gestione aveva esplorato i tesori del fienile, e ricordava di aver visto uno o due articoli che ora gli sarebbero tornati utili. Concluso il lavoro con il forcone si mise alla loro ricerca e poco dopo tornò trascinandosi dietro un vecchio lavabo vittoriano con una brocca e un catino di smalto in bilico precario sulla sommità di marmo. Una seconda spedizione fruttò una coppia di lampade a petrolio, che Sam esaminò e giudicò in buone condizioni. A quel punto gli venne un'altra idea, e si voltò verso un grosso armadio di mogano che si ergeva nei paraggi, coperto da un telo. Vi aveva già sbirciato dentro, rammentava, e a meno che la memoria non lo ingannasse...
Scostò i lembi del telo dalle ante e le aprì. Sì, eccolo! Lo specchio baluginò negli scuri recessi dell'armadio. Un tempo fissato al lato interno di una delle ante, ora era staccato, appoggiato al fondo. Sam lo tirò fuori e lo trasportò con fare trionfale nell'angolo in cui aveva preparato il giaciglio per Eddie. Lo addossò al muro accanto al lavabo. «Deve potersi pettinare la mattina», spiegò a Sal. «Tutte le comodità di casa, è il nostro motto.» Soddisfatto di ciò che aveva ottenuto, Sam guardò la propria immagine riflessa nello specchio, sorridendo per il modo in cui la superficie incrinata distorceva le sue poco attraenti fattezze, donando una curva in più al naso rotto che si portava dietro da vent'anni, ricordo dei tempi in cui menava i pugni nelle fiere. Una cosa era sicura: Ada non l'aveva sposato per la sua bellezza. «Non sei certo un dipinto a olio, Sam Watkin», gli ripeteva lei più che a sufficienza. «Ma sei un brav'uomo.» Sam non sapeva se era un brav'uomo oppure no, ma si sentiva infervorato al pensiero di quello che stava facendo per Eddie, che poco prima, quando si erano seduti sul terrapieno, gli era sembrato più vecchio dei suoi anni. Stanco, come se la vita lo avesse logorato. Cristo, erano tempi duri.! «Ecco, così va meglio.» Sam si accese la pipa e si abbandonò all'indietro con un sospiro. Quel giorno il loro pranzo era giunto insolitamente in ritardo. Ma i panini al formaggio che Ada gli aveva preparato erano andati giù che era un piacere, e il pezzo di salsiccia fredda e il biscotto che lui stesso aveva messo da parte per Sal avevano suscitato reazioni altrettanto positive. Ora Sal era coricata a terra accanto a lui e dormiva della grossa, contraendo i muscoli del muso mentre rincorreva conigli nei suoi sogni. Dopo aver finito nel fienile, Sam aveva dovuto fare il suo regolare giro di ispezione della casa e dei fabbricati annessi, ed erano quasi le tre quando si erano allontanati dall'aia e avevano risalito la collina fino alla cresta alberata alle spalle della fattoria. Arrancando su per il pendio scivoloso, Sam aveva ridacchiato nel vedere quanto la sua compagna mostrasse di patire la scalata. «Ecco cosa succede quando si mangia troppo, ragazza mia.» Era grassa come il burro, Sal.
Una volta giunti in cima il tragitto era diventato più facile. Il terreno era imbottito da generazioni di foglie cadute, e l'aria immobile conservava ancora i profumi dell'estate. Sam si era fermato ad ammirare i granelli di polvere danzanti nei raggi di sole che foravano la volta del fogliame. Adorava i boschi. Lo riportavano alla sua infanzia, che vedeva come un'età dell'innocenza prima della guerra, un'età in cui il mondo sembrava diverso. Lo facevano tornare ai tempi in cui cacciava di frodo, tempi che anche ora gli sembravano irreprensibili, quando faceva il ragazzo di stalla in una fattoria su nei pressi di Radford e la sera penetrava in segreto nella foresta immersa nella penombra. Attraversando una macchia di felci avevano stanato un maschio di fagiano, il cui frenetico battere d'ali li aveva fatti trasalire. I latrati eccitati di Sally avevano spezzato il profondo silenzio fra gli alberi. Il luogo in cui si erano finalmente fermati, sotto un'alta betulla ai limitare del bosco, era uno dei preferiti di Sam. Da lì poteva vedere l'intera valle e più in là le profonde cavità dei Downs, le cui creste erbose risplendevano ancora della luce del tardo pomeriggio. «I Downs smussati, chini, a dorso di balena.» Sam amava citare il verso di Kipling udito per la prima volta dalla figlia maggiore Rose, che l'aveva imparato a scuola. Ora, ogni volta che il suo sguardo si posava sulle ampie colline verdi, pensava a quanto fossero simili a gigantesche creature marine. Non erano soltanto gli edifici delle fattorie che Sam doveva sorvegliare. Il signor Cuthbertson voleva che tenesse d'occhio anche i terreni, e dal punto in cui era seduto Sam poteva far scorrere lo sguardo su una vasta area, a ovest in direzione di Elsted e a est fino ai tetti rossi di Oak Green. Quel giorno la valle sembrava deserta. L'unica figura che vide era quella di un uomo solitario in lontananza, intento a scrutare il cielo con un binocolo dalla cresta brulla del crinale opposto. Sam spostò lo sguardo sul corso d'acqua che solcava la valle alla ricerca di pennacchi rivelatori di fumo, di un segno qualsiasi che indicasse che era stato acceso un fuoco lungo la rada schiera di salici e l'intrico di cespugli che segnavano il percorso del torrente. In modo tutt'altro che sorprendente, le fattorie abbandonate attiravano i vagabondi come calamite, e il signor Cuthbertson si era raccomandato che Sam li tenesse il più possibile alla larga e in ogni caso si assicurasse che non provassero a stabilirsi negli edifici. E non aveva torto. Una volta che arrivava il freddo e loro cominciavano
ad accendere fuochi per riscaldarsi e non solo per cucinare, c'era il pericolo che incendiassero involontariamente il fienile o la stalla in cui si erano rifugiati. Sam affrontava il problema a modo suo. Ogni volta che incontrava qualche vagabondo si fermava a chiacchierare, facendogli capire in modo amichevole che c'era qualcuno che sorvegliava la proprietà. Se volevano fermarsi per un po' erano i benvenuti, diceva, a patto che non facessero danni; ma non potevano trattenersi troppo, non potevano sistemarsi. Soprattutto dovevano tenersi alla larga dagli edifici delle fattorie; in caso contrario sarebbero stati denunciati per invasione di proprietà privata. Non era una parte del suo lavoro che gradiva. Molti di quei vagabondi li conosceva, erano volti noti del passato. Li vedeva per la maggior parte come brava gente che aveva avuto sfortuna, e più spesso che no gli incontri si concludevano con Sam impoverito di un fiorino o due. Gli zingari erano un altro paio di maniche, astiosi e taciturni quando li si incrociava, l'ostilità nei loro sguardi radicata in un terreno di risentimento antico di secoli. Se ciò fosse dovuto alla loro natura, al loro modo di vita, o a come venivano trattati dagli altri (da persone come lui stesso, a pensarci bene), era una questione che Sam non aveva mai risolto, e in mancanza di una risposta soddisfacente quando doveva avere a che fare con loro faceva ricorso a una facciata spiccia e concreta. Ma la cosa gli lasciava l'amaro in bocca, ed era sempre sollevato quando vedeva allontanarsi i loro carri. Sam controllò l'ora. Erano le quattro meno un quarto. «Coraggio, Sal. È ora di andare.» Svuotò la pipa e si rimise in piedi, ma dovette attendere che Sal si rialzasse con un gemito. Poverina. I reumatismi stavano cominciando a diffondersi nelle sue articolazioni. Sam sperava che non arrivassero al punto da costringerlo a sopprimerla. Non era sicuro di esserne capace. «Bene, si parte.» Il tragitto più breve fino al furgone percorreva il crinale fino alla sella dove si trovava il sentiero. Vi arrivarono quasi subito, e Sam si fermò un attimo e spostò lo sguardo sul sentiero. Stava pensando a quanto sarebbe stato facile, per Eddie, giungere lì a piedi dopo il lavoro. «Sally!» Il grido acuto proveniva da dietro, e Sam si voltò. Una ragazzina in uniforme scolastica e con una cartella sulle spalle si stava avvicinando a passo rapido dalla direzione della strada. Sam la salutò con la mano. «Guarda, Sal, c'è la tua amica.»
Sally, la cui vista non era più quella di un tempo, non sembrava convinta. Emise un latrato interrogativo, ma poi cominciò a scodinzolare. «Oh, Sally, non mi avevi riconosciuto?» La bambina li raggiunse. Si sbarazzò della cartella e del cappello bianco di paglia, si inginocchiò e gettò le braccia al collo di Sal. Sam li guardò dall'alto in basso, sorridendo. «Pensavo che oggi non ti avremmo vista», disse. Si chiamava Nell. Nell Ramsay. Abitava a Oak Green ma andava a scuola a Midhurst, da dove tornava ogni giorno con la corriera. L'avevano incontrata per la prima volta sulla Wood Way all'inizio della primavera, e da allora lei e Sal erano diventate grandi amiche. «Mi scusi, signor Watkin. Avrei dovuto salutare prima lei.» Sorridendo, Nell alzò gli occhi scostandosi i capelli scuri. «Come stai, tesoro?» «Benissimo, grazie.» Malgrado la sua parlata forbita non si dava arie, e nel corso dell'estate Sam era rimasto incantato dai suoi modi semplici e dalla franchezza con cui gli si rivolgeva ogni volta che si incontravano/A dire la verità gli ricordava la sua Rosie, che era un anno più piccola e bionda laddove Nell era scura di capelli, ma che aveva la stessa eccitazione nello sguardo. L'espressione che le ragazzine assumono quando stanno per diventare donne. Grazie alla sua mancanza di timidezza sapeva già tutto di lei e della sua famiglia. Si erano trasferiti da Midhurst a Oak Green tre anni prima, ma suo padre continuava a lavorare in paese come revisore contabile e ogni mattina l'accompagnava a scuola. Fino a quell'anno sua madre era sempre andata a prenderla nel pomeriggio. Ma da quando aveva compiuto tredici anni (Nell era la figlia minore dei Ramsay, i suoi due fratelli erano entrambi all'università) era stata giudicata abbastanza grande da poter tornare a casa da sola. «Avevo messo da parte un biscotto per te, Sally. Ma adesso non sono più sicura che dovrei dartelo. Stai diventando così grassa.» Nell'udire la parola «biscotto» Sal aveva drizzato le orecchie, e come se fosse sotto l'incantesimo dei suoi umidi occhioni castani Nell infilò la mano alla cieca nella cartella e ne tirò fuori un biscotto allo zenzero, che venne tolto rapidamente di mezzo. Sam poté soltanto scuotere la testa e sospirare. Il cane più ingordo del mondo. «Scusami, ma oggi devo scappare», disse Nell prendendo le sue cose da terra. «La zia Edith viene a prendere il tè e la mamma non vuole che arrivi
in ritardo.» Piantò un bacio sulla morbida peluria della testa accanto a sé e si alzò. «Arrivederci, signor Watkins. Ciao, Sally.» Sorridendo, Sam agitò la mano in segno di saluto e poi la guardò procedere giù per il sentiero, caricandosi in spalla la cartella e tenendo stretto il suo cappello. Si voltò e fece per riprendere la marcia, ma dovette fermarsi di nuovo: Sally si era accovacciata dietro di lui, intenta a grattarsi un orecchio. O a provarci. Raggiungere quello scomodo punto era diventato difficile, e ce la stava mettendo tutta. «Lascia fare, vecchia mia. Ci penso io», disse Sam. Ma pur dandole una bella grattata non ottenne il risultato desiderato, e non appena ebbe finito Sal ricominciò da dove aveva smesso, non lasciandogli altra scelta che aspettare che fosse pronta a rimettersi in marcia. Sam tornò ad abbassare gli occhi sul sentiero e vide che Nell ne aveva percorso un bel tratto e si stava avvicinando alla biforcazione che l'avrebbe portata a Oak Green. Poi notò qualcos'altro. L'uomo che aveva visto prima sul crinale opposto, sull'altro versante della valle. Quello con il binocolo. Era ancora lì. Sam l'aveva preso per un birdwatcher. Ce n'erano un sacco nei dintorni, specialmente d'estate, ed erano facili da individuare. Erano sempre intenti a scrutare il cielo, a volte prendendo nota di quello che vedevano. Ma qualunque cosa stesse guardando in quel momento quel tizio, non era un uccello. Aveva puntato il binocolo sulla valle sotto di lui, il che era strano, si disse Sam, visto che laggiù non c'era niente da vedere. Niente di interessante. A meno che non stesse osservando la figurina di Nell che aveva abbandonato il sentiero e attraversava di corsa i campi aperti verso i tetti rossi di Oak Green, facendo ballonzolare il suo cappello come un fiore trascinato dalla corrente. 15 «Vane? Philip Vane?» Bennett fissò incredulo l'ispettore capo. «Dice sul serio?» «Assolutamente, signore. Lo conosce?» La fotografia che Sinclair aveva appena estratto dalla sua cartella rimase nelle sue mani. Bennett indicò la stampa su carta lucida con un cenno spazientito e Sinclair gliela porse. Proveniva dall'archivio di un periodico ed era un ritratto in studio di un uomo sulla quarantina dai sottili lineamenti patrizi composti
in un'espressione annoiata. Elegante nel suo abito da sera, portava al collo il nastro di una qualche decorazione. Il vicecommissario fissò la foto per qualche istante, poi annuì. «È Vane», confermò. «Ci siamo incontrati in diverse occasioni.» Guardò l'ispettore capo, poi rivolse un'occhiata di traverso a Holly, seduto di fianco a Sinclair. La fioca luce autunnale che penetrava dalle finestre dell'ufficio conferiva una sfumatura plumbea ai loro volti. «Avete la minima idea di chi sia?» domandò in tono neutro. «Mai sentito nominare, signore.» Se la risposta di Holly era stata rapida, Sinclair si concesse invece qualche istante. Messo sul chi vive dai modi del suo superiore, scelse con cura le parole. «So che lavora al ministero degli Esteri», disse. In realtà era molto meglio informato riguardo a quell'individuo, ma nel vedere l'espressione di Bennett capì che avrebbe fatto meglio a tenere per sé le informazioni, quanto meno per il momento. «Oh, è un po' più importante di quello.» Il tono di Bennett era suadente, ma l'ispettore capo non si lasciò sfuggire la nota di avvertimento. «Vane è uno specialista di affari europei, una figura di primo livello.» Sinclair fece in modo di sembrare colpito. «E per di più pranza a palazzo. Questo lo sapeva?» «No.» Considerate le circostanze, la menzogna sembrava lecita. «Sì, e va a caccia a Sandringham.» L'occhiata di Bennett era penetrante. «Parola mia!» Holly fece un fischio. «Ed è lui il tizio della macchina?» Bennett lo ignorò, continuando a fissare Sinclair. L'ispettore capo si era presentato alla riunione, convocata dietro sua richiesta, in uno stato di discreta tensione. Ora rispose schiettamente. «Con rispetto, signore, la questione non è se Philip Vane sia tenuto in grande stima al ministero degli Esteri - sono sicuro che lo sia - e nemmeno se sia sulla lista degli invitati a palazzo. Il problema è semplice. È o non è un assassino?» Bennett trasse un secco respiro, e l'ispettore capo si preparò all'esplosione che scorgeva all'orizzonte. Aveva trascorso metà della sua esistenza lavorando ai margini di Whitehall, e sapeva fin troppo bene l'effetto che anche un semplice sentore di scandalo poteva avere sulle alte cariche. Ma la brusca reazione del suo superiore l'aveva comunque sorpreso, e per un ansioso istante si domandò se in gioco non ci fosse ancora più di quanto aveva presunto. Bennett, nel frattempo, stava lottando per mantenere la calma. Rispose
in tono controllato. «A parte il fatto che possiede un'automobile della stessa marca, ha qualche ragione per credere che possa esserlo?» «Signore, al momento tutto quello che ho sono informazioni...» «Può davvero pensare che un uomo come Philip Vane sia colpevole di crimini così bestiali?» lo interruppe il vicecommissario fissandolo negli occhi. «In tutta onestà, ispettore capo.» «Diamine, non ho un'opinione piuttosto che un'altra.» Sinclair si sincerò di sembrare scandalizzato dall'insinuazione. Capì di aver messo piede in un campo minato. «Ma quello che devo sottolineare è che è molto probabile che l'uomo che cerchiamo abbia un retaggio insolito. In caso contrario l'avremmo già preso. E nessuno può essere escluso semplicemente per la sua posizione, la sua classe...» Mentre parlava gli erano tornate in mente le parole di Franz Weiss. «Detto questo, al momento tutto ciò che mi interessa sono i fatti. Lasciate che vi dica cosa ho scoperto.» Aveva già aperto la cartella che teneva sulle ginocchia, e proseguì prima che Bennett potesse interromperlo di nuovo. «Vane ha acquistato una Mercedes-Benz del modello in questione nel giugno 1929, e ricorderete che la piccola Henley è scomparsa nel luglio di quell'anno. In ottobre è stato assegnato all'ambasciata britannica a Berlino, dove è rimasto fino al luglio di quest'anno, quando è stato richiamato a Londra.» Alzò gli occhi. «Eravamo perplessi per il lungo lasso di tempo fra il primo caso e il delitto di Bognor Regis, che si è verificato alla fine di luglio, e abbiamo parlato della possibilità che l'assassino avesse trascorso tale periodo all'estero.» Tornò ad abbassare lo sguardo. «Oh, a proposito, il motivo per cui ha acquistato una Mercedes invece di un'auto britannica era precisamente la sua trasferta in Germania. A quanto pare pensava che in quel modo sarebbe stato più semplice farla revisionare e riparare.» Il silenzio calò sull'ufficio. Holly guardò entrambi i suoi colleghi. Il vicecommissario era impallidito. Quando riaprì bocca, sembrava a malapena in grado di controllare la propria rabbia. «Ha chiesto informazioni su Vane ai suoi colleghi e ai suoi amici, ispettore capo?» «Cielo, no. È un funzionario pubblico, signore. È tutto documentato.» Sinclair picchiettò un dito sulla cartella. «Come lo è l'acquisto dell'automobile.» «E le sue ragioni, i suoi motivi personali per acquistare un'auto tedesca? Erano anch'essi documentati?» «Pettegolezzi, signore. Voci che girano.» Sinclair non si scompose. «Il suo nome era sull'elenco inviatoci dalla Mercedes. È l'unico che non ab-
biamo controllato. Normalmente ci avrei forse già parlato, se al momento non si trovasse all'estero. Ma mi hanno assicurato che sarà di ritorno al più presto.» «Meglio per lei che non l'abbia fatto», disse Bennett con un filo di voce, e Sinclair inarcò le sopracciglia per la sorpresa. «La avverto, ispettore capo. Faccia attenzione. Se questa faccenda le esploderà in faccia, saranno guai grossi. E da questo momento sta camminando sul filo del rasoio.» «Davvero, signore?» In preda egli stesso alla rabbia, Sinclair sfidò freddamente l'occhiata accalorata del suo superiore. «E sia. Da questo momento, Philip Vane è un sospetto. Dovrà rendere una descrizione dettagliata dei suoi movimenti nei giorni in questione di luglio e settembre e se possibile fornirne le prove.» «E che spiegazione propone di dargli per una simile intrusione nella sua vita privata?» «Nessuna, a meno che non la richieda, nel qual caso gli dirò la verità.» Bennett trasse un profondo respiro. Il pallore era diminuito, ma al suo posto sulle guance erano comparse due chiazze rosse nette come segnali di allarme. Fissò l'ispettore capo battendo rapidamente le palpebre. Holly si schiarì la gola. «Mentre ci riflette, signore, c'è un'altra cosa che forse potrebbe prendere in considerazione.» «Che cosa, Arthur?» Fu Sinclair a porre la domanda, lo sguardo fisso sul vicecommissario. «Potremmo tenerlo d'occhio.» «Pedinare Philip Vane?» Bennett diede libero sfogo alle sue emozioni calando un gran pugno sulla scrivania. «È impazzito?» «No, signore. Credo di essere ragionevole. Affamato, questo sì.» Holly fece un sorriso dolente, alleviando leggermente la tensione. «Ma finché non deciderà se sia il caso che Angus parli con quell'uomo, che male c'è nel seguirne i movimenti?» «Non se ne parla neanche. Sono stato chiaro?» «In questo caso, posso suggerire un compromesso?» intervenne Sinclair senza indugio. «Vane possiede ancora quell'auto. La tiene in garage qui a Londra. Quello che raccomanderei, signore, e in modo deciso, è che quanto meno la macchina venga sorvegliata fino a nuovo avviso. E se Vane la usa per andare fuori città, che venga seguito.» Ostentando l'espressione di chi era stato costretto a mandar giù una dose di cianuro, Bennett annuì. «Va bene, questo glielo concedo. Ma nient'altro.»
«E c'è la questione dell'interrogatorio.» Sinclair si rifiutava di arrendersi. «Le chiedo l'autorizzazione a parlare con Philip Vane, e al più presto. Se è innocente, tanto meglio. Potremo cancellare il suo nome dalla cartella.» Ingobbito sulla sua poltrona, il vicecommissario compresse le labbra in una linea sottile. «Sono costretto a rammentarle che non ha alcuna prova contro di lui.» «Lo so, signore.» «Sì, ma capisce davvero cosa sta proponendo? Non si tratta soltanto della posizione di Vane al ministero degli Esteri. Ha amici e sostenitori potenti in altre sedi.» «Sono sicuro che non stia suggerendo che è per questo che non dovremmo interrogarlo, signore.» Le labbra di Bennett sbiancarono per la rabbia. Holly guardò prima l'uno e poi l'altro in preda all'ansia, chiedendosi se fosse il caso di intervenire. Stava cominciando a preoccuparsi per il suo amico. «Voglio rifletterci», disse il vicecommissario in tono piatto. Si stava sforzando di mantenere la calma. «Giusto, signore. Ma non troppo a lungo, spero.» «Ispettore capo! Ci ha detto come la pensa. Ora non insista!» Bennett gli rivolse un'occhiata truce. «Ci rivediamo alle cinque. È tutto.» Sinclair e Holly si alzarono e uscirono dall'ufficio in silenzio. Avevano appena superato l'anticamera ed erano giunti in corridoio quando Holly afferrò l'altro per un braccio. «Che ti prende, Angus? Stai puntando al pensionamento anticipato?» «Pranza a palazzo. Va a caccia a Sandringham!» Holly si rese conto di essere stato ingannato dalla glaciale compostezza del suo amico nell'ufficio di Bennett. Le guance dell'ispettore capo erano rosse di rabbia. I suoi occhi grigio pietra, normalmente freddi, facevano scintille. «Calmati, per l'amor del cielo», lo esortò. «Hai affrontato la cosa come un toro appena uscito dal cancello. Non è da te. Dagli un po' di tempo per rifletterci.» Cupo in volto, Sinclair attese in silenzio mentre due investigatori passavano loro accanto in corridoio. Rispose ai loro saluti con il più rapido dei cenni del capo. «Sta cercando una scappatoia. Vedrai, non mi permetterà di avvicinare Vane.» «Questo non lo sai.» Holly agitò un dito ammonitore. «Dagli una possi-
bilità. Fra l'altro, lo sapremo molto presto. Ha detto alle cinque.» Ma non dovettero attendere così a lungo. Almeno un'ora prima dell'orario previsto, Sinclair ricevette una telefonata con cui lo si convocava d'urgenza nell'ufficio del vicecommissario. Scendendo in fretta le scale e imboccando il corridoio vide il sovrintendente capo, dimagrito dopo le settimane di dieta, che avanzava a passo rapido nella stessa direzione. «E adesso che succede?» Sinclair lo raggiunse nell'anticamera dell'ufficio, dove attesero insieme che la segretaria di Bennett lo informasse del loro arrivo. «Non credevo che il nostro signore e padrone avesse fretta di risolvere la questione.» L'ispettore capo si era preparato psicologicamente a riprendere la battaglia, deciso a non cedere, ma non appena entrò nell'ufficio si rese conto che la situazione era mutata. Bennett, più pallido del solito, era seduto alla scrivania. L'innaturale luminosità del suo sguardo quando alzò gli occhi suggeriva uno shock recente. Il suo volto tradiva un'espressione di profonda ansietà. «Prego, signori, sedetevi.» Obbedendo, Sinclair notò una pila di telegrammi sul piano di carta assorbente della scrivania. Quando lui e Holly erano entrati in ufficio Bennett li stava guardando e ora tornò a farlo, sfogliandoli per alcuni secondi prima di rialzare gli occhi sui colleghi. «Dopo il nostro ultimo incontro ho ricevuto una risposta alla richiesta che abbiamo inviato alla Commissione Internazionale della Polizia Criminale. Ricorderete che avevamo chiesto qualsiasi informazione avessero su delitti simili a quelli su cui stiamo indagando.» «Risultano casi simili a Vienna?» Sinclair non riuscì a nascondere la propria ansia di sapere. «Sì... immagino di sì... ora...» Bennett esitò. «Ma questo telegramma proviene da Berlino. Mi è stato inviato da Arthur Nebe.» Alzò lo sguardo e incrociò quello di Sinclair. «Nebe?» disse Holly, lottando con la pronuncia poco familiare. «Un tuo omonimo, Arthur.» Sinclair non distolse gli occhi dal volto del vicecommissario. «È il capo della polizia di Berlino, il responsabile del loro CID.» Bennett deglutì. La sua voce tradiva una punta di raucedine. «Nebe è stato informato della nostra richiesta dalla Commissione. Ha chiesto di poterci rispondere direttamente, adducendo 'speciali circostanze'... Dal suo
messaggio non si capisce bene quali siano.» Si morse il labbro. Sinclair lasciò vagare lo sguardo sulla finestra, oltre la quale era già calato il buio. Le luci degli edifici sulla riva opposta del fiume si scorgevano a malapena. La foschia che si era accumulata nel corso dell'intera giornata si stava trasformando in nebbia. «A quanto pare», proseguì Bennett, «la polizia tedesca ha indagato su casi simili ai nostri. Nebe non dice quanti, ma mi informa che si estendono per un periodo di due anni a partire dal 1929...» Alzò lo sguardo e incrociò di nuovo quello di Sinclair. «Sì. Precisamente. Corrisponde al periodo dell'incarico di Vane in Germania.» L'ispettore capo rimase in silenzio. Non provava alcuna sensazione di trionfo, ma soltanto comprensione per il suo superiore, la cui ordalia era appena cominciata. «Nebe non sapeva, prima che lo informasse Vienna, che stavamo indagando su casi simili.» Il vicecommissario era tornato a guardare il telegramma. «Suggerisce che le nostre polizie collaborino in questa 'faccenda eccezionale', parole sue, e dice di aver inviato un uomo a Londra 'per informarvi a fondo sulle indagini svolte in Germania e offrirvi tutto l'aiuto possibile'. Premuroso da parte loro, considerate le circostanze. Mio Dio, mi domando quanto sappiano. Quanto abbiano intuito.» Bennett scosse la testa disperato. «L'uomo di Berlino è in viaggio. Sarà a Londra domani.» Mise da parte i telegrammi, chiuse gli occhi, posò il mento sulle mani e per diversi istanti rimase immobile come una statua. Con il prolungarsi del silenzio, Holly rivolse un'occhiata interrogativa a Sinclair, che si portò un dito alle labbra e scosse il capo, Bennett riaprì gli occhi. «Le devo le mie scuse, ispettore capo.» «Niente affatto, signore. Sono sconvolto quanto lei.» Nell'istante stesso in cui pronunciava la doverosa risposta, Sinclair ebbe la sgradevole consapevolezza di quanto Philip Vane corrispondesse almeno a uno dei ritratti immaginari schizzati dal dottor Weiss nel corso della loro discussione a Highfield. Un uomo protetto dalla sua posizione e in grado di confondere le proprie tracce. Il vicecommissario si raddrizzò sulla poltrona. «Passiamo ai problemi concreti. Il nome di Vane non dovrà trapelare per nessun motivo finché non avremo avuto modo di parlare con lui. Su questo siamo d'accordo?» «D'accordissimo, signore.» «Diceva che è all'estero?» «Mi hanno detto che è in viaggio per il governo, e io non ho fatto altre
domande. Sarà di ritorno la settimana prossima.» «Bene. A quel punto avremo parlato con il nostro collega tedesco e ci saremo fatti un'idea migliore della situazione. Ma ci conviene prepararci al peggio. Potrebbe essere vero che il colpevole di questi delitti sia un importante pubblico funzionario, e che fra le sue vittime vi siano cittadini del Paese presso cui era accreditato. Non c'è bisogno di dire che è una situazione che non abbiamo mai dovuto affrontare prima d'ora. Ma dovremo farlo. Signori...» Bennett rimase seduto ma alzò una mano in uno stanco saluto mentre gli altri due si alzavano e toglievano il disturbo. Giunto alla porta, Sinclair si guardò indietro e lo vide intento a sfogliare di nuovo i telegrammi. Rimase colpito nel vedere quanto il volto del vicecommissario fosse invecchiato nel corso di quell'ultimo quarto d'ora. 16 «Krim... Krimin...?» Arthur Holly fissò strizzando gli occhi il cartoncino bianco che Sinclair gli aveva appena consegnato. Malgrado fossero solo le due passate, le luci nell'ufficio di Bennett, compresa la lampada da tavolo dal paralume verde, erano tutte accese. Fuori la coltre di nebbia premeva alla finestra, riducendo quel poco di illuminazione che proveniva dal cielo a un fioco bagliore uniforme color acqua sporca. Erano trascorse meno di ventiquattro ore dal loro ultimo incontro. «Krim-in-al...?» Holly aggrottò la fronte. La parola con cui stava lottando, kriminalinspektor, gli era ignota, e faceva fatica a pronunciarne la serie apparentemente infinita di sillabe. «È un ispettore della polizia tedesca, Arthur», lo soccorse Sinclair. «Uno sbirro come noi.» Holly sbuffò, niente affatto colpito. Dall'ultimo incontro del giorno prima aveva avuto qualche ripensamento riguardo al buonsenso di condividere le loro riflessioni su un argomento così delicato con uno straniero, dubbi che aveva riferito in privato a Sinclair. Il fatto poi che il visitatore fosse un tedesco, o un «unno» come preferiva esprimersi il sovrintendente capo, non faceva che peggiorare le cose. «Probs... Prost...» Ora stava lottando con il nome. «Probst! Ci sono. Hans-Jo.... Hans-Joa?» «Hans-Joachim Probst! Per l'amor del cielo, sovrintendente capo!» scat-
tò Bennett spazientito. Era tutta la mattina che aveva i nervi a fior di pelle. «Grazie, signore.» Imperturbabile, Holly si alzò e posò il biglietto da visita sulla scrivania del suo superiore. Era arrivato pochi minuti prima, inviato dalla reception con il messaggio che il proprietario attendeva nell'atrio al pianterreno. Bennett aveva ordinato che venisse immediatamente condotto nel suo ufficio al primo piano. L'emissario di Nebe era in ritardo (lo aspettavano da quella mattina), ma non per colpa sua. La nebbia sulla Manica aveva ritardato i traghetti, e quando Sinclair aveva telefonato alla stazione Victoria era stato informato che il treno da Berlino sarebbe arrivato soltanto dopo l'una. All'una e venti, l'ispettore Probst aveva chiamato per annunciare il proprio arrivo. Dimenticando che la nebbia avrebbe costretto anche i taxi ad avanzare a passo d'uomo, Bennett aveva convocato subito Holly e Sinclair, e i tre erano rimasti a girarsi i pollici nel suo ufficio. Osservando il vicecommissario, Sinclair ne notò lo sguardo preoccupato e il pallore. Si domandò che notte avesse trascorso. La sua era stata tutt'altro che tranquilla. Nessun poliziotto poteva pensare senza trepidazione all'arresto di un importante pubblico funzionario, men che meno di un uomo che aveva accesso alle cerchie sociali più alte del Paese. Viste le terribili accuse che presto avrebbero potuto essere formulate ai danni di Philip Vane, il caso aveva tutti i crismi di un incubo. Avrebbe dovuto essere a tenuta stagna: da quel punto di vista, l'ispettore capo non si faceva illusioni. Le conseguenze sfavorevoli di un'indagine fallita sarebbero state rapide e spietate. E fra loro tre, quello che aveva più da perdere era il vicecommissario. La segretaria di Bennett bussò delicatamente e fece capolino da dietro la porta. «Il signore tedesco è qui.» «Lo faccia entrare, signorina Baxter, la prego.» Bennett si alzò e gli altri due lo imitarono. Mentre il loro visitatore entrava nell'ufficio, il vicecommissario aggirò la scrivania e gli porse la mano. «Ispettore Probst?» «Sir Wilfred!» Si strinsero la mano, e Probst accompagnò il gesto con un rigido inchino. Era sui quarant'anni, con capelli biondi e ricci che partivano da una fronte alta. Di corporatura esile, indossava un abito dal taglio antiquato e una camicia dal colletto alto e rigido. A Sinclair sia i suoi modi che il suo aspetto parvero pignoli e pedanti finché non vennero presentati, quando si ritrovò a guardare due occhi azzurri freddi e circospetti quanto i propri ma non privi, nel profondo, di una traccia di umorismo. Messo sul chi vive, osservò con attenzione il visitatore mentre Bennett
lo conduceva al tavolo delle riunioni. L'impressione iniziale di rigidità e formalità venne presto dissipata. In realtà, tenuto conto che aveva appena fatto un viaggio lungo e stancante e che ora doveva presentare un difficile rapporto a tre sconosciuti, e in una lingua che non era la sua, la padronanza di sé di Probst era notevole. Mentre gli altri gli si sedevano intorno slacciò con calma le cinghie della sua valigetta, ne estrasse una gonfia cartella chiusa da un nastro nero e la posò sul tavolo. «Prima che cominciamo, ispettore... posso offrirle un rinfresco? Un caffè? Un tè? Magari qualcosa da mangiare?» Bennett si era seduto a un'estremità dello stretto tavolo di quercia e aveva fatto sistemare Holly e Sinclair su un lato e Probst sull'altro. Lungi dall'essere calmo, il vicecommissario si agitava nervosamente sulla sedia, facendo dardeggiare lo sguardo sulla nebbia alla finestra come se vi cercasse ispirazione, mentre il loro visitatore disponeva con calma i documenti del suo dossier aspettando che la riunione avesse inizio. «Grazie, Sir Wilfred, ma ho pranzato in treno. Un bicchiere d'acqua sarà sufficiente.» Con un sorriso e un cenno del capo, Probst afferrò la caraffa che campeggiava sul tavolo e si riempì un bicchiere. «Mi consenta di dirle fin da subito quanto sono sollevato nel sentire che parla così bene la nostra lingua.» Riluttante a giungere al punto, il vicecommissario insisteva a cercare scuse per tergiversare. «In caso contrario avrei dovuto richiedere un interprete, cosa che nelle attuali circostanze preferirei non fare.» Rivolse un'occhiata significativa all'ispettore, sperando forse di scoprire in anticipo se la scioccante scoperta fatta dai suoi investigatori fosse già nota ai loro colleghi di Berlino. Il discreto cenno del capo di Probst, tuttavia, non fece alcuna luce sulla questione, né in un modo né nell'altro. «È gentile a complimentarsi con me per il mio inglese, Sir Wilfred, ma il merito è di una persona a Berlino, la signorina Adamson di Durham. Per anni sono andato da lei due volte alla settimana, ed è grazie a lei che conosco le parole di Sir Walter Scott e Robert Louis Stevenson, che mi faceva leggere a voce alta. Un piacere per me, può esserne certo, ma forse non per la povera signorina Adamson, visto che sembravano gli unici libri che usava e che aveva numerosi allievi.» Divertito, Sinclair si accorse che era l'ospite che cercava di mettere a proprio agio i padroni di casa. «Ma forse sarete interessati a sapere dove ho imparato i primi rudimenti della lingua», proseguì Probst. «È successo in un campo di prigionia. Agli
inizi della guerra, era il 1915, venni fatto saltare in aria... è l'espressione giusta, vero, 'saltare in aria'?» I suoi occhi azzurri emisero uno scintillio. «Mi risvegliai in un ospedale da campo britannico e passai il resto della guerra in un campo di prigionia nei pressi di Carlisle, imparando non soltanto l'inglese ma anche a intrecciare vimini e a posare mattoni. Di rado mi è capitato di passare il mio tempo in modo più utile, prima e anche dopo.» Il lungo discorso, notò Sinclair, sembrava aver avuto l'effetto sperato su Bennett. Il vicecommissario ascoltava con attenzione, reggendosi il mento con una mano. Un'occhiata a Holly, accanto a lui sul lato opposto, rivelò un quadro diverso. A quanto sembrava, il fatto che uno straniero, e per di più un unno, parlasse l'inglese con tanta padronanza l'aveva colto alla sprovvista. Sui suoi rozzi lineamenti era stampata un'assoluta incredulità. Bennett si risistemò sulla sedia. «Bene, al lavoro.» Si rivolse a Probst. «Nel suo telegramma il signor Nebe ci ha informati che in Germania vi siete occupati di alcuni omicidi che potrebbero essere collegati a delitti simili su cui stiamo indagando. Siamo molto interessati a quello che potrebbe dirci sugli omicidi e su qualsiasi altra cosa.» Probst annuì. «Sono venuto armato di tutte le informazioni pertinenti, Sir Wilfred. Gli omicidi che sto per descrivere hanno tutti una 'firma' riconoscibile, una firma che potreste trovare familiare. In tal caso siamo pronti a offrirvi il nostro aiuto per assicurare quest'uomo alla giustizia. Parlo non soltanto a nome dei miei superiori a Berlino, ma anche della polizia bavarese.» «La polizia bavarese?» Bennett era sorpreso. «Sì, due degli omicidi sono stati commessi lì. Gli altri quattro in Prussia. Sono avvenuti in poco più di due anni, fra il dicembre 1929 e l'aprile di quest'anno, dopodiché non ne sono stati segnalati altri, quantomeno finché non abbiamo saputo della vostra richiesta alla Commissione Internazionale.» «Quindi ce ne sono stati sei in totale?» Il vicecommissario faceva fatica ad accettare la lugubre cifra. «Sei, sì... anche se potrebbero essere di più.» Probst alzò gli occhi su di loro. «Che cosa glielo fa dire?» si fece udire Holly. «Due considerazioni, sovrintendente capo. Primo, dopo avere ucciso l'assassino nasconde i corpi delle vittime, o cerca di farlo. Crediamo che il suo scopo sia quello di cancellare le proprie tracce e di allontanarsi prima che i corpi vengano scoperti. Perciò potrebbero essercene altri che aspetta-
no di essere ritrovati.» Probst scrollò le spalle. «Quindi ci sono bambine scomparse, mi chiederete? Bambine di cui non si conosce la sorte? Tristemente, la risposta è sì, ma i motivi sono molti e non hanno necessariamente a che fare con questo o con qualsiasi altro caso criminale.» Si fermò, aggrottando la fronte. «Sono sicuro che sappiate tutti che il mio Paese ha passato tempi difficili dopo la fine della guerra. Prima c'è stato il crollo della nostra moneta, poi la Depressione. Abbiamo avuto riparazioni di guerra da pagare. Tutto ciò si riflette sulla nostra situazione politica. La società tedesca si è spaccata, e uno degli effetti è stata la disgregazione delle famiglie. Abbiamo visto mendicanti... giovani gettati in mezzo alla strada. Non c'è bisogno che prosegua. Se quest'uomo era alla ricerca di vittime la cui scomparsa passasse inosservata, non avrebbe potuto scegliere un terreno di caccia migliore della Germania negli ultimi anni.» «D'accordo, ispettore...» Bennett cambiò posizione, messo a disagio dall'occhiata fredda e per nulla accusatoria del poliziotto tedesco. «Ma non potrebbe fornirci qualche dettaglio sugli omicidi? Dobbiamo capire se somigliano ai nostri.» «Io penso di sì», fu la pronta risposta di Probst. «Anche a giudicare da quel poco che abbiamo capito della richiesta che avete inviato a Vienna, sembra quasi certo che abbiamo a che fare con lo stesso assassino. Ma lo lascerò decidere a voi, Sir Wilfred.» L'ispettore aveva estratto dal taschino della giacca un antiquato pince-nez, che si sistemò sul dorso del naso consultando i suoi documenti. Le lenti cerchiate d'oro ne aumentavano l'aspetto professorale e lo facevano sembrare più anziano dei suoi anni. «In Germania le vittime sono tutte bambine fra i dieci e i tredici anni. Nessuna era ancora giunta alla pubertà. In tutti i casi si è trattato di stupro e strangolamento, seguiti dal deturpamento del volto della vittima usando, secondo le conclusioni dei nostri patologi, sempre la stessa arma o una serie di strumenti identici.» «Vale a dire un martello?» domandò a bassa voce Sinclair. «Sì, un normale attrezzo da tagliapietre.» Probst alzò gli occhi. «Lo stesso vale per le vostre vittime? La richiesta di informazioni alla Commissione non era chiara, su questo punto.» Bennett intervenne prima che Sinclair potesse rispondere. «Le nostre conclusioni sono molto simili alle vostre. Penso che possiamo dire che con ogni probabilità si tratta dello stesso uomo. Qui stiamo indagando su due casi. Ma sarò più preciso in seguito. Continui, se non le dispiace...» Incro-
ciò lo sguardo dell'ispettore capo. Probst tornò a chinarsi sulla sua cartella. «Le prove che siamo riusciti a raccogliere ci fanno credere che le bambine siano state fatte salire in macchina, di solito lungo una strada, e siano state condotte in un luogo del delitto che era stato presumibilmente già scelto. Nei primi due casi, sembrava che prima della violenza sessuale le bambine fossero state stordite soffocandole o colpendole alla testa. Ma nei quattro casi successivi, nei polmoni delle vittime sono state trovate tracce di cloroformio.» L'ispettore rialzò gli occhi. «Questa prova di un affinamento, se così posso dire, nella tecnica dell'assassino ci è parsa particolarmente sinistra, come senza dubbio sembrerà anche a voi. In quanto poliziotti, sappiamo bene quanto pericolosi possano diventare uomini simili quando sviluppano un metodo in cui predomina la ripetizione.» Fece una pausa umettandosi le labbra, poi passò gli istanti successivi a riordinare le carte nella sua cartella. Osservandolo, Sinclair si rese conto che i suoi modi asciutti e precisi erano una sorta di maschera: che malgrado si esibisse in una nuda elencazione dei fatti, in realtà ciò che stava dicendo lo turbava a fondo. «I nostri primi due omicidi si sono verificati in Prussia, nessuno dei due a grande distanza da Berlino», riprese a raccontare Probst. «Il terzo è avvenuto in Baviera, nella regione di Monaco. Sfortunatamente, il collegamento fra i tre delitti non è stato notato subito. Sono sicuro che sappiate che la Germania non ha una forza di polizia unificata né un'organizzazione centrale come Scotland Yard che possa coordinare le indagini. Gli Stati e i Lander agiscono in modo indipendente. Purtroppo siamo stati lenti nello scambio di informazioni. «Ma con il quarto e il quinto omicidio, verificatisi di nuovo nelle vicinanze di Berlino, è risultato chiaro che si trattava di un unico assassino, e da allora le autorità prussiane e bavaresi stanno collaborando strettamente. Ed è stato il sesto omicidio, avvenuto in Baviera nell'aprile di quest'anno, che ci ha finalmente fornito un indizio di una certa consistenza. Anche se temo che a farne le spese siate stati voi.» Rivolse un'occhiata ironica ai suoi ascoltatori. Bennett si accigliò. «Intende dire che quest'uomo ha trasferito le sue attività in Inghilterra?» «Sì, ci sembra probabile che le nostre indagini l'abbiano forzato a cercare altrove le sue vittime. Ma ciò non ci aiuta.» Probst diede un altro colpetto con il dito sul tavolo. «C'è un mistero che circonda quest'uomo.»
Nel silenzio che seguì la sua osservazione, dal fiume giunse la nota prolungata e lamentosa di una sirena dà nebbia. Sinclair avvertì il crescente imbarazzo di Bennett per la piega che stava prendendo la conversazione e vi si intromise. «Un indizio consistente, ha detto. Ce ne parli, ispettore. Che cosa è successo nell'ultimo omicidio? In Baviera, giusto?» «Sì, la vittima era la figlia di un contadino del distretto di Allershausen, a nord di Monaco. Il corpo è stato trovato in un'area boscosa a poca distanza dalla strada principale. Il delitto ha rischiato di avere un testimone. La moglie di un taglialegna stava attraversando il bosco a piedi e ha udito le grida della bambina, seguite da una serie di forti colpi. Immaginando che si trattasse di un qualche atto di violenza, stava per tornare di corsa a casa per chiedere aiuto quando ha sentito avvicinarsi qualcuno. In preda al terrore si è nascosta coricandosi a terra a faccia in giù, troppo spaventata per alzare gli occhi mentre quel qualcuno le passava accanto. Quando non ha più udito nulla, ha guardato e ha visto la figura di un uomo un po' più in là. Le dava la schiena, inginocchiato sulla riva di un corso d'acqua che lei stessa aveva appena attraversato. Era nudo dalla vita in su.» «Nudo!» si ravvivò Arthur Holly con un brontolio. «Si era tolto la camicia...» L'ispettore esitò. «Bisogna capire lo stato d'animo di quella donna. Il terrore più assoluto non sarebbe una definizione esagerata. Ha visto solo che le braccia dell'uomo erano macchiate di sangue e che si stava sciacquando nel ruscello, sia le braccia che il petto, anche se ovviamente il davanti non lo poteva vedere.» «E nemmeno il volto, immagino.» Sinclair avvertì, più che udire, il lieve sospiro di sollievo di Bennett. «Ahimè, no. L'istante successivo ha riabbassato la testa ed è rimasta così, immobile, finché non l'ha sentito riavvicinarsi dal sentiero lungo il quale si era nascosta, a passo rapido ma senza correre. Solo quando ha avuto la certezza che l'uomo non fosse più nei paraggi si è rialzata ed è corsa a casa sua, a un chilometro e mezzo di distanza.» Probst alzò gli occhi e incrociò quelli di Sinclair. «Quando abbiamo ricevuto il rapporto della polizia bavarese, voglio dire quelli di noi a Berlino che si stanno occupando di questa indagine, ci siamo lasciati prendere dalla disperazione. Sembrava che ci fosse sfuggita un'occasione d'oro per identificare il nostro uomo. Ma in realtà la donna aveva visto più di quanto credeva.» L'ispettore capo emise un grugnito. «So che a volte accade», osservò. «Dopo ripetuti interrogatori da parte degli investigatori di Monaco, la
donna è stata in grado di aggiungere importantissimi dettagli a ciò che aveva detto inizialmente. La cosa interessante è che fin dall'inizio ha definito 'Herr' l'uomo nel bosco, un gentiluomo, se volete; alla fine è venuto fuori che il motivo era il suo abbigliamento. Aveva intravisto la giacca, stesa a terra accanto a lui insieme alla camicia e alle scarpe, e dovevano esserle sembrate di buona qualità.» Probst alzò le mani come a soppesare ciò che aveva detto. «Non era un granché, ma gli investigatori si sono messi comunque al lavoro. Visto che l'omicidio si era verificato nei pressi di una strada principale, la via più diretta fra Monaco e Berlino, hanno dato per scontato che l'assassino la stesse percorrendo quando aveva incontrato la sua vittima. Ma in quale direzione? Nord o sud? Se stava andando a sud, verso Monaco, le possibilità di rintracciarlo erano scarse. Presto sarebbe stato inghiottito dalla città. Ma verso nord la situazione era diversa.» L'ispettore fece una pausa. «Non dimenticate che a quel punto avevamo collegato i delitti fra loro e sapevamo che nel corso degli ultimi due anni l'assassino doveva aver passato molto tempo a Berlino e nei paraggi. Dunque era ragionevole presumere che, se si fosse diretto a nord dopo aver ucciso la bambina, stesse in realtà facendo ritorno alla capitale.» Trasse un profondo respiro. Sembrava cominciare a sentire gli effetti della lunga giornata; estrasse un fazzoletto dal taschino e si tamponò la fronte. «Uno degli investigatori di Monaco ha avuto un'idea. Visto che l'omicidio era avvenuto fra le dieci e le undici della mattina, perché non percorrere la strada per Berlino per due ore e poi cercare un luogo in cui l'assassino poteva essersi fermato a pranzo? E così hanno cominciato la ricerca. Hanno controllato alberghi, locande, ristoranti entro un tratto di una trentina di chilometri e ovunque hanno fatto la medesima domanda: qualcuno ricordava un uomo benvestito che aveva pranzato da solo quello stesso giorno? «E non si sono limitati a questo. Hanno pubblicato inserzioni sui giornali invitando gli automobilisti che quel giorno viaggiavano sulla stessa strada a farsi avanti. Identica cosa è stata fatta a Berlino. Se vi dicessi che la risposta è stata travolgente potreste restarne sorpresi, anche se non dovreste.» Gli occhi azzurri di Probst brillarono dietro le lenti. «Noi tedeschi siamo un popolo rispettoso della legge. Fin troppo, si potrebbe obiettare. È raro che gli appelli delle autorità non vengano ascoltati. Molti si sono presentati non soltanto per informarci della loro presenza sulla strada, ma per dirci cosa avevano notato e cosa ricordavano. In questo modo siamo stati
in grado di farci un'idea sorprendentemente completa di coloro che si erano fermati a pranzo in quei locali e di eliminarli grazie ai controlli incrociati. Ci siamo ritrovati con una manciata di individui non identificati che non si erano fatti avanti di loro spontanea volontà. Fra questi, uno in particolare ha attirato la nostra attenzione.» L'ispettore si concesse una pausa per bere un sorso d'acqua. Bennett consultò automaticamente il proprio orologio. Il suono intermittente delle sirene da nebbia aveva proseguito ad accompagnare il racconto; le note lamentose risuonavano da vicino e da lontano, echeggiando su e giù per il fiume pullulante di imbarcazioni. «Era stato notato da diversi testimoni che avevano pranzato in un albergo sulla strada nei pressi di Norimberga. Era stato giudicato sulla quarantina, e si era seduto da solo a un tavolo in un angolo leggendo un libro mentre pasteggiava. Né la cameriera che l'aveva servito né gli altri testimoni sono stati in grado di fornircene una descrizione soddisfacente, ma non è stata una sorpresa. A volte ci si ricorda di caratteristiche insolite: un naso grosso, diciamo, o una cicatrice. Ma a meno di non avere un motivo speciale per guardare una persona, generalmente ce ne facciamo semplicemente un'impressione... no? E l'impressione di tutti era che nell'aspetto di quell'uomo non vi fosse niente di fuori dall'ordinario. Era rimasto seduto a capo chino, leggendo il suo libro. Perfino la cameriera non ricorda di aver mai incrociato il suo sguardo. Ha ordinato, ha mangiato in fretta, ha pagato e se n'è andato. I nostri tentativi di ottenere un ritratto del suo volto con l'aiuto di un disegnatore sono stati un completo fallimento. Alcuni dei testimoni non sono stati in grado di dirci nulla, altri hanno prodotto immagini così diverse fra loro che nella pratica si sono rivelate inutili. «Una cosa soltanto ci è sembrata insolita... degna di nota.» Probst annuì fra sé con una smorfia. «In quanto prova conta poco. È troppo vaga... troppo imprecisa. E ci siamo tornati sopra solo in seguito, dopo che la Commissione Internazionale ci ha messi al corrente della vostra richiesta. È una cosa che ha detto la cameriera nel corso della sua prima deposizione.» Esitò, poi rivolse un'occhiata intensa ai suoi ascoltatori. «Quando le è stato chiesto da dove potesse provenire quell'uomo, se avesse riconosciuto l'accento di una regione nella sua voce, lei ha risposto di no. 'Sembrava che non provenisse da nessuna parte.' Sono le sue precise parole, tradotte dal tedesco. Abbiamo chiesto ai nostri colleghi bavaresi di interrogarla di nuovo, e questa volta è stata un po' più precisa.» L'atmosfera attorno al tavolo si era fatta tesa. Messo in allarme da una
nota nuova nella voce dell'ispettore, Bennett si sporse in avanti sulla sedia fissando il volto dell'investigatore tedesco. Probst si era fermato di nuovo, forse per sottolineare l'importanza di ciò che stava per dire. Poi riprese. «Ha detto che non sapeva nemmeno se fosse un tedesco.» «Voleva dire che era un forestiero?» Sinclair aveva riacquistato la favella prima degli altri due. Scoccò un'occhiata a Bennett e lo vide immobile come una sfinge. Holly, accanto a lui, aggrottava la fronte. «Forse, anche se lei non ha detto questo. Non esplicitamente. Vedete, il tedesco dell'uomo era perfetto... quanto meno per lei. No, siamo di nuovo alle impressioni. La ragazza aveva semplicemente la sensazione che non fosse uno di noi.» L'ispettore scosse la testa dispiaciuto. «In precedenza, come ho detto, non avevamo dato molta importanza a quell'aspetto della sua deposizione. Dopo tutto, sembrava così insicura. Ma quando siamo venuti a sapere delle vostre richieste a Vienna, abbiamo avuto motivo di ripensarci.» Probst si tolse il pince-nez. Guardò i tre colleghi l'uno dopo l'altro, posando finalmente lo sguardo sul vicecommissario. «Pensiamo che la campagna sui giornali abbia spinto quell'uomo a lasciare la Germania, Sir Wilfred. Negli ultimi sei mesi, nel mio Paese non sono più stati segnalati omicidi come quelli di cui abbiamo parlato. Nel frattempo, tuttavia, sembrerebbe che l'assassino abbia cominciato a colpire qui. Ricordando ciò che ha detto la cameriera di quell'albergo e visto che ha scelto di venire in questo Paese piuttosto che in un altro, direi che c'è una domanda che dovremmo porci: l'uomo che stiamo cercando potrebbe essere inglese?» Bennett si abbandonò all'indietro sulla sedia, e le maglie dorate della catenella del suo orologio brillarono sullo sfondo scuro del panciotto. A mano a mano che il pomeriggio avanzava e il buio della giornata nebbiosa aumentava, le luci nell'ufficio erano aumentate di intensità. Il vicecommissario represse uno sbadiglio. «È stata una lunga giornata, e abbiamo tutti molto su cui riflettere. Non so voi, ma io gradirei una bella notte di riposo. Propongo di rivederci domani mattina nel mio ufficio per organizzare la nostra futura collaborazione prima che l'ispettore Probst faccia ritorno a Berlino.» Sinclair fu sollevato nell'udire le parole di Bennett. Era un pezzo ormai che se ne stava lì seduto a fumare la sua pipa, riluttante a prendere ulteriormente parte a quella che vedeva sempre più come una farsa. In prece-
denza c'era stata un'interruzione dell'incontro, proposta da Sir Wilfred sulla base di un paio di impegni urgenti e senza alcun legame con quel caso che non poteva rimandare, un pretesto così trasparente, quanto meno agli occhi di Sinclair, che l'ispettore capo si era domandato se anche Probst l'avesse visto per quello che era. Ma l'ispettore berlinese l'aveva accompagnato senza fare commenti in una vicina sala d'aspetto riservata ai visitatori importanti. La sua scelta di rinfresco, a seguito dell'offerta di Sinclair, era stata tè «all'inglese», come aveva specificato con un luccichio divertito nello sguardo. «Dalla signorina Adamson prendevamo sempre tramezzini e torta al Madeira.» L'ispettore capo aveva dato istruzioni al personale della mensa, augurando mentalmente al loro ospite buona fortuna con i risultati, e poi era rapidamente rientrato nell'ufficio di Bennett, dove aveva trovato il vicecommissario e Holly in preda alla disperazione. «Sei omicidi, dice! E potrebbero essercene stati altri. È una faccenda terribile, ispettore capo.» A questo, quanto meno, Sinclair non aveva nulla da obiettare. Ma aveva comunque una rimostranza da fare al vicecommissario. «Con rispetto, signore, perché gli ha detto che ne abbiamo soltanto due per le mani? È praticamente sicuro che il caso di Henley sia collegato, e il fattore tempo mette l'intera faccenda sotto tutt'altra luce.» «In questo caso, ispettore capo, la parola chiave è 'praticamente'», era stata la secca risposta di Bennett. Era chiaro che la nota accusatoria nella voce di Sinclair non gli era piaciuta. «Ascolti, hanno già ipotizzato che l'assassino sia britannico. Se diciamo a Probst che nel 1929 è stato commesso un delitto simile da un uomo che poi è scomparso per tre anni, nel corso dei quali in Germania si sono verificati altri sei omicidi, è molto probabile che si chieda che genere di individuo possa condurre un'esistenza simile: vivere prima in un Paese e poi in un altro, e trovarsi perfettamente a proprio agio. Ed è altrettanto probabile che giunga alla conclusione che si tratti di un diplomatico o di un altro individuo accreditato. Finché non saremo sicuri riguardo a Vane, finché non l'avremo interrogato, non permetterò che venga a galla alcun indizio che l'autore di questi delitti potrebbe essere un pubblico funzionario britannico.» «Saggia precauzione, Angus», era stato il contributo di Holly. «È inutile essere precipitosi. Pensa solo alle implicazioni!» Sinclair non le aveva scordate, e a quanto pareva nemmeno Probst. E
malgrado il punto di vista del poliziotto tedesco fosse necessariamente diverso dal loro, i timori che espresse alla fine del lungo pomeriggio erano fastidiosamente simili a quelli della sua controparte britannica. Ma prima che si giungesse a quel punto, quando la riunione era ripresa dopo l'interruzione ordinata da Bennett, all'ispettore era stato fornito un riassunto dettagliato delle indagini ancora in corso sui delitti di Bognor Regis e di Brookham. Imbeccato da Bennett, e sotto il suo sguardo vigile, Sinclair aveva condotto passo per passo il collega tedesco attraverso la storia delle indagini in Gran Bretagna, dalla scoperta del primo corpo nel Surrey al lento formarsi della consapevolezza che non si trattava di un comune delitto a sfondo sessuale. «Ci siamo resi conto di cosa stavamo affrontando solo dopo il ritrovamento del secondo corpo, nei pressi della costa del Sussex. Fino ad allora le indagini si erano concentrate sulla ricerca di quel vagabondo. Temo che la polizia del Surrey si fosse lasciata ingannare.» «Che cosa vi ha spinti a mettervi in contatto con Vienna, se posso chiederlo? Avevate motivo di pensare che l'assassino fosse stato all'estero?» La domanda era ovvia, ma poiché una risposta onesta avrebbe rivelato dettagli relativi al sospetto omicidio di tre anni prima a Helney, Sinclair era stato costretto a rifugiarsi dietro una cortina di fumo. «Nessun motivo preciso. Ma ci sembrava che l'assassino potesse avere già ucciso. I delitti avevano una loro compiutezza: la violenza sui volti, il fatto che avesse con sé un martello per portarla a termine. Nel nostro Paese non risultavano altri casi simili, e così abbiamo pensato di controllare altrove.» Scoccando un'occhiata a Bennett mentre forniva quel miscuglio di menzogne e mezze verità, l'ispettore capo aveva notato con piacere che se non altro il suo superiore aveva avuto la delicatezza di arrossire. Probst, nel frattempo, aveva seguito il racconto con grande attenzione. «Potrebbe interessarvi sapere cos'ha da dire su questi delitti uno dei nostri più importanti psicologi legali», aveva detto. «Il professor Hartmann dell'università Friedrich Wilhelm di Berlino. Hartmann pensa che sebbene il movente originario dei delitti possa essere stato il desiderio sessuale dell'assassino, il bisogno di infierire a posteriori sui corpi delle vittime è diventato il motivo dominante della sua psicosi, da cui i rituali sempre più elaborati che applica alla distruzione dei volti.» Rammentando il simile, profetico giudizio che aveva udito dalle labbra di Franz Weiss soltanto poche settimane prima, Sinclair aveva tradito una smorfia ma non aveva detto nulla.
Alle cinque Bennett decretò la fine dell'incontro, e mentre lo scampanio del Big Ben risuonava fioco, andando alla deriva nella nebbia da Westminster, il loro visitatore parlò per l'ultima volta, formulando un appello che colpì almeno un membro del suo pubblico, anche se non alleviò il senso di colpa che avvertiva ma riuscì soltanto ad alimentarlo. Angus Sinclair non provava alcuna soddisfazione al pensiero che lui e i suoi colleghi fossero riusciti a nascondere i loro più oscuri sospetti al kriminalinspektor. «I miei superiori mi hanno chiesto di sottolineare quanto considerino importante risolvere il caso al più presto. A parte la tragedia umana che esso comporta, pensano che presenti dei pericoli di cui dovremmo essere tutti al corrente. Sono queste le 'speciali circostanze' a cui si riferiva il signor Nebe nel suo telegramma, Sir Wilfred. Anche se non conosciamo l'identità dell'uomo che stiamo cercando, reputiamo probabile che sia tedesco oppure inglese. Quale dei due non ha importanza. La cosa importante, crediamo, è che crimini così brutali commessi da un cittadino di un Paese contro i bambini di un altro possano essere visti sotto la luce peggiore, e considerata la storia recente delle nostre due nazioni potrebbero esserci individui, da entrambe le parti, pronti a sfruttare il più possibile una situazione agghiacciante come questa. Da parte nostra vogliamo evitarlo a tutti i costi, e sono autorizzato a offrire a Scotland Yard la completa collaborazione delle autorità prussiane e bavaresi per assicurare quest'uomo alla giustizia.» Probst si azzittì, ma il suo atteggiamento rivelava che non aveva ancora finito, e gli altri attesero pazienti mentre l'ispettore berlinese, gli occhi bassi, raccoglieva le idee. Quando rialzò lo sguardo, Sinclair rimase colpito dalla sua intensità. «La mia abilità con la lingua inglese è la ragione principale per cui sono stato scelto per questa missione. Ma alcuni dei miei colleghi, consapevoli del fatto che condivido le loro simpatie, mi hanno chiesto di farvi capire bene la gravità delle nostre preoccupazioni.» Fece un'altra pausa, conscio dell'accresciuto interesse dei suoi ascoltatori. «Detto questo, devo mettere in chiaro che non ho la minima autorità per discutere dell'argomento che intendo sollevare, al punto che quella che sto per riferirvi deve essere considerata un'opinione personale non ratificata dai miei superiori. Ho già accennato alla situazione in Germania. Sapete senza dubbio quanto sia instabile il nostro scenario politico sin dalla fine della guerra. Nelle ultime settimane non è migliorato. Né io né nessun altro possiamo dire quale governo avremo fra tre mesi, ma potrebbe benissimo essere nelle mani di un partito i cui leader sono privi di qualsiasi princi-
pio.» «Sta parlando dei nazisti, suppongo?» domandò Bennett, e Probst annuì. «Ma le mie non sono accuse di parte. Sono constatazioni di fatto. Loro se ne vantano. Vedono quella che altri considerano umana decenza come una debolezza da sfruttare. Non so dire come una polizia diretta da gente simile potrebbe affrontare una situazione come quella di cui abbiamo parlato. Ma una cosa è certa: se questi arriveranno al potere in Germania cambieranno molte cose, e sia io che le persone per conto delle quali sto parlando vogliamo sottolineare quanto reputiamo importante che questo terribile caso venga risolto prima che tali cambiamenti ci travolgano.» Li guardò tutti e tre, l'uno dopo l'altro. «Facciamo tutto ciò che è in nostro potere per identificare quest'uomo, per arrestarlo e per assicurarlo alla giustizia», li pregò. «E facciamolo presto.» PARTE TERZA 17 «Che ne dici, papà? Abbiamo qualche possibilità?» «Abbiamo qualcosa di meglio, spero.» Madden rallentò nel vedere una squadra di operai che riasfaltava la strada davanti a loro. Il viaggio fino a Guildford si era ormai ridotto a meno di venti minuti dalla mezz'ora che era necessaria quando era arrivato per la prima volta a Highfield. «Abbiamo una buona squadra, penso.» «Sì, ma solo se riusciamo a tenere fuori Bradman!» Il cupo pensiero li ridusse entrambi al silenzio, un evento raro nei loro viaggi. Madden accompagnava ogni mattina suo figlio a scuola a Guildford, e paventava già il giorno, a cui per fortuna mancavano ancora due anni, in cui Rob sarebbe andato via di casa per frequentare una scuola privata nell'Hampshire. «Probabilmente a casa sua giocherà meglio che mai», predisse pessimisticamente il ragazzo. Stavano parlando delle prospettive della squadra di cricket dell'MCC nell'imminente tournée in Australia. «Pensi che potremo sentire le cronache alla radio?» «Non lo so. È molto lontana, e c'è la differenza di fuso orario. Starai dormendo, quando giocheranno.» «Forse è meglio così.» Rob incrociò lo sguardo di suo padre e scoppiò a
ridere. Madden gli rivolse un sorriso solidale. Aveva notato che le battute di suo figlio stavano cominciando ad assumere un sapore adulto. «Cosa sta succedendo con questi delitti, papà?» «Perché me lo chiedi?» «Ho letto sul giornale che la polizia pensa che siano stati commessi dallo stesso uomo. Perché non hanno ancora arrestato nessuno?» «Non ne ho idea.» «Il nome Sinclair non ti dice niente?» «Perché dovrebbe? Non sono più un poliziotto.» Il sospiro di Robert Madden era carico di rimprovero. Come avesse fatto suo padre ad abbandonare la professione di investigatore, e per giunta di Scotland Yard, per ridursi a fare l'agricoltore era un mistero più grande di qualsiasi altro, e il fatto che gran parte dei suoi compagni di scuola fossero d'accordo con lui non lo consolava. Alcuni avevano perfino azzardato l'ipotesi che suo padre fosse un po' tocco. «Perché non lo domandi a Ted Stackpole?» suggerì Madden riferendosi al figlio del poliziotto di Highfield. «Potrebbe sapere qualcosa.» «Non ne sa niente. Dice che la polizia del Surrey sta ancora cercando quel vagabondo.» «Be', allora non c'è altro.» Conscio di non essere stato del tutto sincero con suo figlio, Madden fece ritorno a Highfield assorto nei propri pensieri. Malgrado ciò che aveva detto sperava di ricevere notizie da Sinclair, di sapere se era stato fatto qualche progresso nelle indagini. Continuava a essere tormentato dall'ansia, un profondo disagio che risaliva al momento in cui si era imbattuto nel corpo di Alice Bridger e ne aveva visto il volto maciullato. L'immagine era rimasta impressa nella sua mente, ricollegandosi a precedenti ricordi di guerra e degli orrori di cui era stato testimone. Pur sapendo che era una sensazione irrazionale, sembrava che l'omicidio e lo scempio del volto di quella bambina avessero riaperto in lui una porta sul mondo di ferocia e barbarie che le sue amare esperienze gli avevano insegnato a riconoscere appena al di là della fragile intelaiatura della società civile. Per quanto si sforzasse non riusciva a scrollarsi di dosso i propri timori, e sentiva sempre più che i placidi ritmi della sua vita, conquiste che aveva pagato care e che gli erano preziose, venivano turbati da interrogativi irrisolti e dal pensiero dell'assassino ancora in libertà.
Con l'avvicinarsi dell'aratura autunnale voleva sbarazzarsi delle scartoffie che si erano accumulate sulla sua scrivania, e quella mattina, più distratto del solito, lasciò in ritardo la fattoria per tornare a casa a pranzo. Al suo arrivo trovò Mary, la domestica, che lo attendeva impaziente nell'atrio. «La signora Beck vorrebbe vederla, signore.» «Vedere me?» Madden era perplesso. Era Helen a occuparsi del personale domestico, ma sua moglie quel giorno era andata a Londra a fare acquisti e non sarebbe rientrata prima del tardo pomeriggio. «Sì, signore. La sta aspettando.» Gli occhi castani di Mary Morris sfoggiavano una sospetta espressione innocente. Il suo sorriso represso suggeriva che stesse accadendo qualcosa di illecito. Messo sul chi vive, Madden entrò in cucina, dove trovò la cuoca piantata a braccia conserte davanti alla porta di servizio, come a volerla sbarrare. Il suo volto ostentava un'espressione battagliera. «C'è una persona che vuole vederla, signore.» «Una persona, signora Beck?» Madden posò sul tavolo il pacchetto di burro e uova che aveva portato dalla fattoria. «Chi è?» «Non gli ho chiesto il nome, signore.» Il tono della cuoca era intriso di disapprovazione. «Dove si trova?» «Fuori, in cortile.» Scuotendo la testa sdegnata la signora Beck si scostò dalla porta, e Madden la oltrepassò per aprirla. Gli bastò un'occhiata alla cenciosa figura scompostamente seduta su un barile rovesciato accanto al cancelletto dell'orto per avere tutto chiaro. Nel corso degli anni, e su insistenza dei suoi datori di lavoro, la signora Beck aveva imparato ad accettare l'occasionale presenza in cucina di accattoni e vagabondi. Ma gli zingari no! «Salve, Joe.» Madden uscì sorridendo in cortile, e Goram alzò gli occhi. «Qual buon vento la riporta a Highfield?» «Beezy, ha detto? Ne è sicuro? Proprio lui?» «Be', signore, il problema è proprio questo.» Goram si carezzò il mento ispido. «Non posso esserne certo.» Erano seduti l'uno davanti all'altro al tavolo della cucina, separati dagli avanzi di uno sformato di vitello e prosciutto e da una schiera di bottiglie vuote di sidro. I due giorni di duro viaggio avevano stimolato l'appetito di Joe Goram. «Siamo accampati nel Dorset, signore, sul versante opposto di Blan-
dford. Sono riuscito a farmi dare uno o due passaggi, ma più che altro ho dovuto camminare.» Era stato questo che aveva detto a Madden quando erano ancora in cortile, e nel vedere le foglie e i ramoscelli impigliati ai pantaloni spigati e le chiazze d'erba sulla lurida camicia senza colletto Madden aveva capito che lo zingaro aveva dormito all'addiaccio e gli aveva portato una saponetta e un asciugamano con cui pulirsi. «Fra un momento andremo in cucina a mangiare qualcosa. Sembra distrutto, Joe.» Le sue parole avevano rischiarato per un istante l'espressione torva dello zingaro, il cui volto si era aperto in un sorriso sdentato. «Mi sa che è meglio che resti dove sono, signore. La signora non mi farà entrare nella sua cucina, glielo dico io.» «Oh, lo farà.» Le coraggiose parole di Madden erano state messe molto presto alla prova. Ci erano voluti tutti i dieci minuti che Joe aveva impiegato per rendersi presentabile perché Cora Beck si lasciasse convincere che la proposta del suo padrone era seria e preparasse la tavola per due. Fatto questo aveva abbandonato la scena con espressione ferita, asserendo che in lavanderia c'era una montagna di cose da stirare che abbisognava delle sue attenzioni. Goram aveva già detto di avere notizie, e Madden gli aveva domandato come mai non avesse telefonato per riferirgliele. «Non posso dire di averlo mai fatto, signore», aveva risposto Joe grattandosi la testa. «Usare il telefono, dico. Mai avuto motivo. No, ho pensato che era meglio venire di persona.» Quella mattina si era fatto dare un passaggio fino a Highfield. «Ho controllato allo studio della dottoressa Madden, ma lei non c'era.» «È partita di buon'ora per Londra.» Madden aveva fatto sedere al tavolo il suo ospite. Vedendo che Joe osservava con diffidenza coltello e forchetta, si era affrettato a tagliare a fette lo sformato e ne aveva presa una con le mani. «Ha bisogno di lei, Joe? Sta poco bene?» «Oh, no, signore, io sto bene.» Lo zingaro arrossì. «Il motivo era un altro. Avevo un messaggio di Topper per lei.» «Topper?» Nell'udire il nome, Madden inarcò le sopracciglia. «L'ha visto?» «Sì, appena tre sere fa. Eravamo seduti attorno al fuoco e lui è sbucato fuori dal buio. Sulle prime non mi ero accorto che era lui.» Joe ridacchiò. «Non aveva addosso il suo cappello.» «Sapeva che eravate accampati lì?»
«Doveva saperlo, signore. È lo stesso punto in cui ci fermiamo ogni anno. C'è un fattore che ci lascia usare i suoi terreni. In ogni caso, il vecchio Topper mi ha chiesto se potevo riferire un messaggio alla dottoressa Madden.» «Che messaggio?» Goram si fece scuro in volto. «Mi ha fatto promettere di mantenere il segreto», borbottò. «Ma immagino che a lei posso dirlo, signore. Ha detto di dirle che con lui c'era qualcuno che stava male e aveva bisogno di aiuto. Mortalmente male, ha detto.» «E tu credi che possa essere Beezy?» Madden si sporse in avanti, posando i gomiti sul tavolo. «Be', come ho detto, non posso esserne sicuro...» Lo zingaro fece una smorfia. «Ma potrebbe esserlo, no?» Guardò Madden con fare ansioso. «Lei che ne pensa, signore?» «Penso che tu abbia ragione. È lui. Avevo la sensazione che si sarebbero rincontrati. Che cosa ti ha detto Topper di preciso?» «Che non appena la dottoressa Madden fosse arrivata, avrei dovuto spedire uno dei miei ragazzi a Boar's Hill. È lì che si trova Topper. Non è lontano.» Il cipiglio dello zingaro si incupì. «Era sicuro che lei sarebbe venuta.» «Aveva ragione.» Madden sbuffò. «Ma è sfortunato. Helen sarà di ritorno solo più tardi.» Consultò il proprio orologio. «Blandford, ha detto? Disterà almeno tre ore, di più se troveremo nebbia. Topper le ha detto qual era il problema del suo amico?» Joe scosse la testa. «Sa com'è fatto quel vecchio. Due parole è tutto quello che gli strappi, tre se sei fortunato. Ha detto solo che l'uomo era malato e aveva bisogno di aiuto. E non è rimasto più di un minuto, fra l'altro. Ha accettato un po' di cibo da mia moglie e se n'è andato.» Madden soppesò la questione. «Potremmo essere costretti a ricoverare quell'uomo in ospedale, chiunque egli sia», osservò dando voce ai suoi pensieri. Aveva già preso una decisione. «La riaccompagnerò in macchina, Joe», annunciò. «Ma quando arriviamo dovrà mostrarmi la strada per Boar's Hill. Ci sta?» «Suppongo di sì, signore.» Goram sfoggiò di nuovo il suo sorriso sdentato. Liberatosi finalmente del suo fardello, si rilassò sulla sedia e ruttò. «Basta che resti con lei.» «E voglio ringraziarla per ciò che ha fatto. È stato bravo a fare tutta questa strada per parlare con me.»
«Le avevo detto che l'avrei fatto. Che tutto quello che sentivo l'avrebbe sentito anche lei. Le avevo dato la mia parola.» Lo zingaro arrossì nel dire questo, e Madden chinò il capo in un grave cenno di ringraziamento. «Lo so, Joe. Non l'ho dimenticato.» «Aveva detto di portare la signora quando arrivava.» Il volto pallido e barbuto si distingueva a malapena nel buio. «Non ha parlato di due uomini.» «Sono il marito della dottoressa Madden. Quando è arrivato il messaggio di Topper, mia moglie non era in casa.» Malgrado avesse una lampada, Madden la tenne discosta dagli occhi dell'uomo. Dietro di lui, Joe Goram schioccò la lingua spazientito. «Ha detto che aveva bisogno di aiuto. Siamo qui per questo.» Il messaggero di Topper li stava aspettando ed era sbucato silenziosamente da una macchia di cespugli mentre si avvicinavano, e prima che si riabbassasse per sottrarsi alla luce Madden aveva intravisto ciocche di capelli unti sotto un lacero berretto di stoffa. Alle sue spalle, stagliata nel cielo buio della sera, si ergeva una protuberanza scura coperta di alberi e cespugli che Joe aveva indicato come Boar's Hill. La loro destinazione finale era ancora lontana, ma avevano già impiegato diverse ore a giungere fin lì: il viaggio da Highfield era stato rallentato prima da una nebbia bassa sulla strada e poi dall'incipiente penombra del tardo pomeriggio. A casa Madden aveva scarabocchiato un breve messaggio per Helen, informandola di quel poco che sapeva e aggiungendo che sperava di essere di ritorno prima dell'alba. Non sarebbe stata lieta di sapere che si era lasciato di nuovo coinvolgere nel caso, se ne rendeva conto, ma sperava che l'appello di Topper l'avrebbe persuasa che aveva agito nel modo giusto. Helen sarebbe comunque passata a prendere Rob a scuola rientrando da Londra, e visto che Lucy stava passando il pomeriggio con Belle Burrows, Madden non aveva dovuto fare altro che telefonare a May e chiederle di badare a sua figlia fino all'arrivo dei soccorsi. La sua ultima iniziativa prima di partire era stata prendere la lampada della polizia (un ricordo dei tempi passati di cui si era ormai appropriato suo figlio) e convincere la paziente signora Beck a preparare qualche panino e un thermos di tè per il viaggio. «Il signor Goram mi ha espressamente chiesto di ringraziarla per il pranzo. Ha detto che raramente ha mangiato meglio.»
La varietà di emozioni che lottavano per avere la meglio sul volto paonazzo della cuoca aveva rallegrato il momento della partenza, e Madden aveva sorriso fra sé nel guardare il proprio compagno di viaggio, che si era ormai arreso alla stanchezza e russava nel sedile accanto al suo, la testa china sul petto. Erano partiti da Highfield intorno alle due, ma erano già le sei passate quando avevano varcato il fiume Stour dopo aver attraversato lo Hampshire e aver sconfinato nel vicino Dorset. Mentre passavano dalla cittadina mercantile di Blandford Forum, Joe si era destato con un grugnito, sorpreso di trovarsi a bordo di un veicolo in movimento e vicino al punto da cui era partito due giorni prima. Di lì a poco, seguendo le indicazioni del suo passeggero, Madden aveva abbandonato la strada per Dorchester e per i successivi tre chilometri aveva dovuto avanzare lentamente su stradine strette e costeggiate da siepi, sondando il buio con i fari, finché non avevano svoltato in un sentiero fangoso che conduceva all'accampamento degli zingari. Mentre Madden si riscaldava le mani con la tazza scheggiata di tè che gli aveva offerto la moglie di Goram, un donnone dalla carnagione scura come quella del marito e un orecchino d'oro, Joe aveva delineato gli ostacoli che dovevano ancora affrontare. «Impiegheremo una mezz'ora buona a piedi, signore. In macchina non ci si può arrivare.» Da parte sua, Joe aveva voltato le spalle ai rinfreschi tradizionali a favore di una bottiglia di gin, che sorseggiava con misura dopo averla offerta al suo ospite. «Topper ha detto che ci sarebbe stato qualcuno in attesa. Dobbiamo sperare che sia vero.» Nel frattempo, un'altra difficoltà aveva assorbito i pensieri di Madden. «Potremmo essere costretti a trasportare Beezy, o chiunque sia il malato. Si porti un coltello, Joe, nel caso dovessimo tagliare dei paletti per una barella.» La proposta era stata ben accolta dallo zingaro, anche se non per la stessa ragione. Quando Madden era tornato dall'auto, dov'era andato a prendere la sua lampada, aveva trovato Goram e i suoi figli intenti a esaminare due bastoni estratti dai bauletti sotto i carri che circondavano il bivacco. «E quelli a cosa le servono?» aveva domandato. «Ho pensato che è meglio portarceli dietro, signore. Un coltello in due non basta.» Joe aveva roteato il bastone facendolo sibilare nell'aria. «Ha una nomea, Boar's Hill...» «Una nomea?»
«Sì... vede, non appartiene a nessuno. È un territorio incolto, un terreno pubblico.» Lo zingaro si era fatto torvo in volto. «C'è gente rognosa, da quelle parti, signore, o così ho sentito dire. Sì, e alcuni di loro sono ricercati.» «Non ha importanza. Non ci andremo armati.» Madden non aveva voluto sentire ragioni. «Rimetta giù i bastoni.» Pur senza provare paura, non appena si erano avventurati nel buio fitto al di fuori del cerchio di luce del fuoco, Madden aveva perso l'orientamento e si era affidato alla sua guida, arrancando su pendii cosparsi di rocce e in ripide gole, e nel profondo silenzio che li circondava aveva riconosciuto lugubri reminiscenze delle ricognizioni notturne in terra di nessuno, quando il buio poteva essere rischiarato in qualsiasi istante da un razzo segnaletico e il silenzio spezzato dalla pallottola di un cecchino. In breve avevano intravisto davanti a loro il profilo scuro di Boar's Hill, e dopo che Madden aveva acceso e spento a ripetizione la lampada nella speranza che ciò venisse riconosciuto come un segnale, il messaggero di Topper si era materializzato. «È tutto il giorno che aspetto», brontolò. «Non sarete i benvenuti, nessuno dei due.» Erano ormai diversi minuti che tergiversava in preda all'indecisione; a un tratto, senza alcun preavviso, girò sui tacchi e si incamminò rivolgendosi a loro da sopra la spalla: «Be', se proprio dovete venire, venite». Lo seguirono su per la collina lungo un sentiero a malapena visibile nella boscaglia, e presto il tetto di foglie sopra di loro cancellò quel poco di luce che poteva provenire dal cielo. Mentre la loro guida sembrava sapere dove andare a occhi chiusi e Madden aveva la sua lampada, Joe Goram era costretto a seguirli nella quasi totale oscurità, e le sue imprecazioni si facevano udire. «Maledetti barboni, quante fesserie...» Finalmente un bagliore apparve fra gli alberi davanti a loro, e il terreno si fece pianeggiante. Mentre Madden si guardava intorno, la figura davanti a loro si fermò. «Restate qui. Non vi muovete.» Senza controllare se il suo ordine veniva rispettato riprese il cammino verso il fuoco. Ansimando, Goram raggiunse Madden, e insieme udirono i suoni di un alterco, voci maschili alterate dalla rabbia. «Andiamo, Joe.» Anche Madden aveva perso la pazienza. «Facciamola finita con questa storia.»
Ripresero ad avanzare e dopo pochi passi si fecero strada fra i cespugli e giunsero in una radura di terra battuta di forma approssimativamente circolare. Un fuoco era stato acceso al centro del cerchio, circondato da una dozzina di uomini barbuti e cenciosi, fra i quali la loro guida, impegnati in un'accesa discussione. Alcuni si erano alzati, altri sedevano su pietre sparse attorno al fuoco, ma tutti sembravano gridare. Quando Madden mise piede nel cerchio di luce calò un gran silenzio. Volti ostili si girarono nella sua direzione, e il gruppo venne percorso da un basso brontolio che aumentò gradatamente di volume. Una delle figure sedute si alzò, un omaccione dai capelli brizzolati che indossava una lurida pelle di pecora allacciata in vita. Avanzò verso di loro brandendo un pesante bastone. Goram infilò la mano in tasca, pronto a estrarre il coltello, ma Madden lo anticipò. «Lo metta giù!» La sua voce schioccò come una frusta sovrastando il baccano, e il loro aggressore si fermò. Tutti gli altri si azzittirono. «Ho detto di metterlo giù.» Alto e immobile, in giacca e cappello, Madden non arretrò di un passo. Non fece alcun gesto, ma dopo un istante l'uomo abbassò il bastone e si allontanò borbottando per raggiungere i suoi compagni accanto al fuoco. Il mormorio delle voci riprese. Joe Goram osservava la scena a bocca aperta. Gli avevano raccontato la storia di Madden, ma lui non l'aveva mai creduta del tutto. Ora ne aveva avuto la prova. «Una voce da sbirro se mai ne ho udita una», bisbigliò fra sé, pensando già al racconto che avrebbe fatto ai suoi figli. Madden, nel frattempo, si stava guardando intorno. «Sono venuto a parlare con Topper», annunciò in tono chiaro. «Qualcuno di voi può dirmi dove si trova?» Non vi fu risposta. I borbottii non cessarono. «Ha mandato un messaggio a mia moglie, chiedendole aiuto...» «Sua moglie?» La voce proveniva dal buio al limitare del cerchio, al di là del bagliore del fuoco. Madden si voltò e vide avanzare un uomo alto, rugoso e ingobbito. Due occhi scuri e incavati e una mascella forte conferivano carattere al suo volto magro. I capelli bianchi e lunghi erano infilati sotto il colletto di un vecchio cappotto militare che gli arrivava sotto le ginocchia. Le mani erano immerse nelle tasche.
«Sì... la dottoressa Madden.» Il nome venne accolto da un mormorio. Diverse teste si voltarono. L'uomo dai capelli bianchi non disse nulla. Parve assorbire l'informazione. «Ah, in questo caso è diverso», concesse dopo un istante in un tono di voce diverso. Si avvicinò a Madden porgendogli la mano. «Mi chiamo McBride.» Aveva un marcato accento scozzese. «John Madden...» Si strinsero la mano. «E questo è Joe Goram, che mi ha condotto qui.» McBride spostò lo sguardo sullo zingaro. Malgrado il colletto sollevato del cappotto, Madden intravide una cicatrice frastagliata alla base del collo. «Volevate vedere Topper? Be', al momento sta dormendo.» McBride indicò con un cenno del capo il buio da cui era emerso, e Madden distinse una forma avvolta in una coperta e distesa a terra. «O forse è meglio dire che ha perso i sensi.» Lo scozzese emise una secca risatina. «Ha passato le ultime due notti in bianco. Non gli caverà fuori niente di sensato.» Madden emise un grugnito di delusione. «C'era qualcun altro con cui speravo di poter parlare», ammise. «Un suo amico, un certo Beezy. È qui con voi?» Le sue parole fecero calare il silenzio. Madden osservò i volti attorno al fuoco. Quando tornò a guardare McBride, vide che l'espressione dello scozzese si era indurita. «John Madden...» rimuginò McBride. «Ho sentito dire che un tempo era un poliziotto.» «È vero. Ma non più.» «Non è che sta facendo il loro lavoro, vero?» «Dipende da cosa intende dire.» Avvertendo l'atteggiamento di sfida del suo interlocutore, Madden cercò di fissarlo fino a fargli abbassare lo sguardo. Ma gli occhi scuri dello scozzese non batterono ciglio. «So che Beezy è ricercato dalla polizia, ma credo che ora non sia più per omicidio.» «Abbiamo soltanto la sua parola per questo.» «È più probabile che lo vogliano come testimone.» Madden si strinse nelle spalle. «Quanto meno, è quello che penso.» «Sì, signor Madden, ma stiamo parlando di un'operazione di polizia. Glielo chiedo un'altra volta: lei cosa c'entra?» McBride si scostò leggermente come a volerlo osservare meglio, con più chiarezza. Madden esitò. Guardò i volti attorno a lui. Segnati com'erano dall'età e
dalla stanchezza (e da qualcosa di più, una perdita di speranza che non poteva essere guarita), mostravano comunque interesse. Sembrava che per loro le sue prossime parole contassero qualcosa. Che volessero sentire la sua risposta. «Come ho detto prima, non sono più un poliziotto», disse dopo qualche istante. «Ma sono stato io a trovare il corpo della bambina uccisa a Brookham, e il ricordo mi sta tormentando. Non ho mai creduto che Beezy fosse l'assassino, anche se altri la pensavano diversamente, ma è possibile che lui quel giorno abbia visto qualcosa. Forse il volto dell'assassino. Ho provato a rintracciarlo con i miei mezzi e continuerò a farlo, costi quel che costi.» McBride fece un grugnito. «Be', è una risposta onesta», concesse. «Ma quello che sta facendo è il lavoro delle autorità, e Beezy non aveva alcun motivo di aiutarle. Ai loro occhi, lui era colpevole.» Guardò Madden con attenzione. «Mi dica la verità. Quanto potrebbe valere la sua parola, per lei? La parola di un vecchio barbone come lui?» «Quanto quella di chiunque altro.» Madden aveva risposto a voce bassa, ma un rinnovato mormorio proveniente dal fuoco gli fece capire che aveva un pubblico attento. «È lei che dovrebbe spiegarsi, McBride», proseguì. «Ha detto che Beezy non aveva motivo di aiutare la polizia. Che cosa sta insinuando? Che per lui questa faccenda non significava nulla? Che non gli importava che fosse stata uccisa una bambina? Sinceramente, non le credo. Ma se è questo il caso, lasci che si alzi e me lo dica lui stesso.» Le sue parole fecero sospirare gli ascoltatori attorno al fuoco. McBride alzò gli occhi dalle fiamme. «Ah, questo non può farlo, pover'uomo», disse in un filo di voce. «Anche se volesse, cosa di cui dubito. Ma aveva qualcosa da dire, ha ragione, qualcosa da dire a chiunque volesse ascoltarlo, e potrebbe essere stato lei stesso, signor Madden. Ma purtroppo Beezy è morto proprio qui, meno di tre ore fa.» «Il segno del demonio? Che cosa intendeva dire? Non ha descritto l'uomo?» Le speranze di Madden, in un primo momento alimentate, erano state infrante dalle parole dello scozzese. «Oh, alla fine aveva molto da dire, poveraccio, ma per la maggior parte erano discorsi senza senso. Una volta che l'abbiamo coricato a terra laggiù, non si è più rialzato.»
McBride indicò con un cenno del capo le fiamme ormai basse, attorno alle quali molti degli uomini che prima erano seduti si erano distesi; alcuni erano intenti a conversare a voce bassa tenendosi sollevati sui gomiti, altri russavano profondamente addormentati. Seduto fra loro, con le ginocchia piegate davanti al petto e la testa china entro il cerchio delle braccia, c'era Joe Goram. Lo zingaro si era unito al gruppo qualche tempo prima, offrendo ciò che restava del suo gin come biglietto di ammissione. La bottiglia aveva fatto il giro e gli era stata restituita vuota, e Joe, dopo averla ispezionata con fare cupo, si era sistemato in quella posizione, preparato ad attendere che Madden portasse a termine le sue faccende. Prima che ciò accadesse, McBride aveva condotto Madden al limitare della radura, oltre il punto in cui dormiva Topper, e scostando le felci gli aveva mostrato il corpo di Beezy. Madden aveva illuminato il cadavere con la sua lampada, percorrendolo lentamente dagli scarponcini crepati ai calzoni di tela stretti in vita con uno spago e risalendo sul busto coperto da una lacera camicia di flanella e un panciotto privo di bottoni fino a giungere al volto barbuto. Aveva retto la lampada con fermezza mentre si chinava a esaminarne le fattezze, notando il lobo destro mancante menzionato nella circolare diffusa quell'estate dalla polizia. «Non sono un medico, ma a prima vista direi che è morto di bronchite.» McBride non aveva cercato in alcun modo di fargli fretta, tenendo scostate le felci mentre Madden svolgeva il suo lento esame dei resti del vagabondo. «Topper ha detto che quest'anno aveva già avuto un attacco. Continuava a tossire, ma non riusciva a liberarsi il petto. Alla fine dev'essere soffocato. Quando ha visto che non sembrava esserci alcuna speranza che migliorasse, Topper ha pensato di mandare un messaggio a sua moglie. Ma a quel punto era ormai troppo tardi.» Soddisfatto dal suo esame, Madden aveva dato le spalle al corpo e i due si erano avvicinati al fuoco, sedendosi su suggerimento di McBride sopra due pietre piatte accanto al punto in cui riposava Topper. «Domani ci divideremo gli indumenti e le cose di Beezy. È quello che facciamo sempre. Poi lo seppelliremo.» Madden aveva scosso la testa. «La polizia non ne sarà contenta, glielo posso dire fin da subito. Vorrà recuperare il corpo.» «Certamente.» McBride non sembrava preoccupato. «Ma conoscono questo posto. Una volta o due all'anno riceviamo la visita della legge. Può dir loro che sarà in una fossa poco profonda fra i cespugli, dov'è disteso adesso. A quel punto ce ne saremo andati. Un goccio di whisky, signor
Madden?» Lo scozzese aveva estratto di tasca una bottiglia di scotch e l'aveva offerta al suo compagno. Madden ne aveva bevuto un sorso a canna per educazione, poi l'aveva restituita al suo proprietario. McBride aveva suscitato la sua curiosità. Pur mostrando tutti i segni dell'accattonaggio nei suoi indumenti e nel suo aspetto, era palesemente un uomo istruito. «Ognuno di noi ha la sua storia, suppongo, anche se quella di Beezy non l'ho mai saputa.» Era come se avesse letto nei pensieri di Madden. «Ma immagino che la sua esperienza non sia stata molto diversa dalle nostre.» «E qual è la sua storia, signor McBride?» Madden aveva accettato la bottiglia che l'altro gli aveva offerto e aveva bevuto un altro sorso. Lo scozzese aveva ridacchiato. «Mi chiedevo se me l'avrebbe domandato. Ma non ho un gran racconto da fare. Malgrado abbia collezionato qualche ricordo della guerra», aveva detto portandosi la mano alla cicatrice sul collo, «ne sono riemerso in un pezzo solo. Ma a quanto pare avevo comunque smarrito qualche pezzo per strada. Mi dicono che anche altri abbiano avuto esperienze simili. Basti dire che il mondo mi sembrava diverso.» Quando una brezza improvvisa aveva percorso la radura, si era sollevato il colletto del cappotto. «Mia moglie, nel frattempo, era partita per un viaggio. Per il Canada, di preciso, e non da sola.» Era stato scosso da una risata silenziosa. «Ma non è stato per questo che mi sono dato alla strada. No, ero partito con l'idea di fare una camminata, e questa si è allungata. Badi bene, ho avuto qualche aiuto lungo il percorso...» Aveva picchiettato un dito sulla bottiglia. «Ho fatto una sola scoperta. Nelle nostre vite c'è una linea invisibile, e una volta che questa viene varcata non si può più tornare indietro. O meglio, invisibile finché non l'abbiamo varcata. A quel punto diventa fin troppo chiara.» Si era voltato verso Madden e lo aveva guardato in silenzio. «Ma per tornare a Beezy...» Aveva drizzato la schiena, stiracchiando i muscoli contratti. «Di lui non so quasi niente. Era la prima volta che ci vedevamo. Sono arrivati una settimana fa, lui e Topper, e già allora non era nelle condizioni di reggere una conversazione.» «Dunque non ha mai parlato dell'omicidio?» Madden non era riuscito a celare la propria delusione. «Aveva lasciato cadere alcune delle sue cose nei pressi della scena del delitto, e ciò mi aveva fatto pensare che avesse visto qualcosa che l'aveva messo in fuga.» «Oh, suppongo che abbia ragione», aveva annuito McBride. «Me l'ha
fatto capire lui stesso.» «Allora gliene ha parlato?» Madden si sforzava di capire cosa intendesse dire lo scozzese. McBride aveva scosso la testa. «Non sono stato chiaro. Non abbiamo avuto una conversazione vera e propria. Tre giorni fa, quando Topper è partito per andare dal suo amico zingaro, mi ha chiesto di badare a Beezy, e io l'ho fatto. Gli portavo l'acqua e cercavo di tenerlo al caldo. Parlava molto, ma le cose che diceva avevano ben poco senso.» Aveva esitato, aggrottando la fronte. «Ovviamente ero a conoscenza del delitto di Brookham. Lo sapevamo tutti. E sapevo che la polizia stava cercando quell'uomo. E così sono riuscito a intuire di cosa stava delirando. Continuava a parlare di sangue...» «Di sangue?» «Era la parola che continuava a ripetere. E poi c'era un uomo che cercava di sciacquarlo via. Il suo non era un racconto, capisce, era un delirio.» Aveva rivolto un'occhiata intensa a Madden. «'L'ho visto lavarsi via il sangue...' Questo l'ha detto molte volte. 'L'ho visto lavarsi via il sangue, ma il sangue non se ne andava... no... no...'» aveva proseguito imitando la voce roca e inespressiva di un uomo esausto. «Continuava a ripetersi, fra un attacco di tosse e l'altro. Poi ha detto qualcos'altro, in un tono diverso, qualcosa che mi ha colpito. 'Aveva il segno del demonio su di sé...' Ha detto questo. 'Il segno del demonio... l'ho visto bene.'» «Nient'altro?» «No. Ma l'ha detto più di una volta, e l'ho sentito chiaramente. Può starne certo.» McBride aveva offerto di nuovo la bottiglia a Madden, che aveva declinato scuotendo il capo. «Il segno del demonio? Che cosa intendeva dire? Non ha descritto l'uomo?» Nel vedere la frustrazione di Madden, McBride si sforzò di spiegare. «Deve capire, non erano discorsi razionali, erano vaneggiamenti. Ma una cosa posso garantirgliela: penso che stesse cercando di farmi sapere qualcosa, di liberarsi la mente da un fardello, se vuole.» «Forse a Topper ha detto di più?» Madden guardò l'uomo che dormiva accanto a loro. «A quanto pare no. Quanto meno, è quello che dice Topper. Certo, potrebbe anche essere che non gliel'abbia mai chiesto.» Lo scozzese ridacchiò, poi bevve una gran sorsata di whisky. «Uno strano personaggio, il nostro Topper, non trova? Lui sì che è un tipo chiuso...» Rimuginò in si-
lenzio per qualche istante. «Quando è arrivato qui, una settimana fa, l'ho preso in disparte e gli ho detto che se il suo amico aveva ucciso la bambina se ne sarebbero dovuti andare. Non li avremmo accettati. Ha risposto che Beezy aveva giurato di essere innocente e che lui gli credeva. Tutto lì, ma gli ho creduto sulla parola... o meglio, mi sono fidato del suo giudizio. Credo che l'avrebbe fatto anche lei.» «È possibile.» Madden sorrise nel buio. «Mia moglie non avrebbe avuto alcun dubbio.» «Sia come sia, a quanto sembrava non erano più tornati sull'argomento. Topper era stato occupatissimo a trovare da mangiare per entrambi mentre Beezy si nascondeva. Mi è parso di capire che l'idea di rivolgersi alla polizia lo terrorizzasse. Era sicuro che avrebbero accusato lui del delitto. Era già stato arrestato e condannato per una falsa accusa, o almeno così aveva detto a Topper. Fra l'altro era alquanto sordo, poveretto, e Topper è l'essere umano che ha meno da dire che io abbia mai conosciuto. Dubito che si scambiassero delle gran confidenze. Ma erano amici, questo lo si capiva. Quando è morto, Topper era davvero a pezzi.» McBride scrollò le spalle. «Lo svegli pure se vuole, signor Madden, ma non otterrà più di quello che le ho detto.» Madden vi aveva riflettuto a lungo e aveva già preso la sua decisione. Scosse la testa. «Lasciamolo dormire.» Si alzò e si stiracchiò. «Ma gli darà un messaggio da parte mia? Gli dirà che quando è arrivata la sua richiesta di aiuto mia moglie non era in casa? Si chiederà come mai non sia accorsa di persona. E gli dica che è preoccupata per lui e che lo vuole vedere. È importante che lo sappia. Mia moglie gli è molto affezionata, e si preoccupa che lui non stia bene e non sia in grado di badare a se stesso.» «Può star certo che glielo riferirò.» Alzandosi a sua volta, lo scozzese chinò il capo come a voler suggellare la promessa. «Anche se devo confessarle una punta di invidia. Non so cosa pensi il resto del mondo della dottoressa Madden, ma per noi non esiste nessuno che le sia superiore.» «In tal caso, spero che un giorno o l'altro lei passerà da Highfield per fare la sua conoscenza. La nostra porta è sempre aperta. Grazie dell'aiuto, signor McBride.» I due uomini si strinsero la mano e Madden rivolse un segnale a Joe, che si alzò sbadigliando. «Lasciate che vi faccia strada giù per la collina», si offrì McBride, ma Madden scosse il capo. «Ce la faremo.» Si voltò e fece per andarsene, poi si fermò. «È sicuro
che stesse cercando di dirle qualcosa? Beezy, intendo dire? Che non stesse semplicemente delirando?» «L'impressione era quella.» McBride lo guardò con attenzione alla luce del fuoco. «Dunque il segno del demonio potrebbe essere qualcosa di reale? Qualcosa che ha visto?» «Potrebbe. O che ha immaginato.» Per un momento, lo scozzese parve insicuro. «Tutto quello che posso dire è che per lui sembrava reale a sufficienza.» 18 Mentre Probst tirava fuori la valigia dall'abitacolo del taxi, Holly chiamò con un cenno uno dei facchini in attesa nei paraggi. Il sovrintendente capo aveva voluto accompagnare Sinclair alla stazione Victoria per dare l'addio al visitatore tedesco, che avrebbe preso il treno e il traghetto per rientrare sul continente. «Mi sembra di essere appena arrivato, e già devo partire.» Fermandosi nell'atrio, Probst trattenne lo sguardo sull'imponente arcata della stazione e sui marciapiedi al piano inferiore, come per registrare l'immagine. «Ho sognato spesso di visitare Londra. Pur essendo di Durham, la signorina Adamson aveva trascorso molti anni qui prima di venire a Berlino, e durante le ore di conversazione me la descriveva spesso.» «Che cosa l'aveva portata a Berlino?» gli domandò Sinclair. «Era stata assunta come governante. Quando il suo lavoro si è concluso, invece di tornare in Inghilterra è rimasta, mantenendosi con le lezioni private. Lo devo a lei, se sono affascinato da tutto ciò che è inglese.» Probst sorrise. «Magari tornerà. Se lo farà, anche se non sarà una visita ufficiale, la prego di farmelo sapere.» Sinclair ricambiò il sorriso. Quel giovane gli piaceva; i suoi modi amabili celavano una fra le menti più acute che avesse mai incontrato nella sua professione. E un'altra dote che gli si era gradualmente rivelata era quella che avrebbe definito statura morale, portata senza ostentazioni e molto distante dal facile cinismo che accompagnava così spesso il lavoro di polizia. Il poliziotto di Berlino gli aveva rammentato Madden, il cui nome era venuto fuori nei loro colloqui e che quella mattina occupava decisamente i pensieri dell'ispettore capo. Il telefono del suo appartamento di Shepherd's Bush aveva squillato an-
cora prima che si sedesse per fare colazione, e per i successivi venti minuti Sinclair era rimasto incollato alla cornetta mentre l'ex collega gli descriveva la propria avventura notturna e rivelava ciò che aveva scoperto al bivacco dei vagabondi. Prima dell'ultimo incontro con Probst, l'ispettore capo aveva fatto rapidamente visita al vicecommissario, ma l'aveva trovato di un umore meno che magnanimo. «Signore, si tratta di una prova concreta, un elemento di cui possiamo informare Berlino.» Sinclair aveva provato un rinnovato moto di frustrazione. «Mi corregga se sbaglio, ma l'argomento del mio incontro con Probst dovrebbe essere la nostra collaborazione.» «Mi risparmi il suo sarcasmo, ispettore capo.» Una serie di notti insonni aveva intensificato il normale pallore di Sir Wilfred. Due ombre scure avevano preso residenza stabile sotto i suoi occhi. Sinclair aveva provato una punta di momentanea compassione per il suo superiore, che con l'avvicinarsi dell'incontro con Philip Vane stava palesemente soffrendo le pene dell'inferno. La sera prima il ministero degli Esteri aveva chiamato per confermare l'appuntamento: era previsto per le tre di quel pomeriggio. «Non lo condurrà a Vane, signore. In realtà non è nemmeno una prova ammissibile in tribunale. È puro sentito dire. Qualunque cosa abbia visto il vecchio vagabondo, non la può più confermare. È morto.» Sinclair aveva tenuto a freno la rabbia. «Ma sarebbe un modo per assicurarci che stiamo cercando lo stesso uomo, la polizia tedesca e noi. Quella donna in Baviera, la moglie del taglialegna, dev'essere reinterrogata. Ricorda? Ha visto l'assassino nudo dalla vita in su.» «Ma solo da dietro...» Bennett si stava lasciando coinvolgere suo malgrado. «E se questo 'segno del demonio' si trovasse sul davanti? Sempre che non sia frutto dell'immaginazione del barbone...» Aveva posato la matita. «Madden cosa ne pensa?» Aveva lanciato un'occhiata all'ispettore capo. «Crede sia una pista che valga la pena di seguire?» «Non ne era sicuro finché non ha sentito l'opinione di sua moglie.» Sinclair aveva ridacchiato. «Mi perdoni, signore, ma Helen Madden non gradisce il fatto che John si lasci implicare in quello che lei vede come un problema della polizia. Quando Madden è rientrato a casa, erano le due di notte, l'ha trovata in piedi ad aspettarlo. Le aveva lasciato un biglietto, ovviamente, ma non era bastato, ed è stato costretto a sedersi e riferirle l'intera storia.» L'ispettore capo si era pizzicato un lobo dell'orecchio, sorridendo ancora
al ricordo delle parole con cui Madden aveva raccontato l'inquisizione a cui era stato sottoposto in piena notte. «Il buffo è che originariamente il messaggio era destinato a lei, e conoscendo Helen, se fosse stata lei a riceverlo sarebbe partita senza pensarci due volte. Cosa che John le ha fatto notare, ma che non gli è servito a molto...» L'ispettore capo aveva tradito un'altra risatina. «In ogni caso, quando si è calmata ha cominciato a mostrare interesse per il racconto, e quando John è arrivato alle ultime parole di Beezy gli ha offerto una spiegazione. O una possibile spiegazione. Ha suggerito che Beezy potesse aver visto una voglia.» «Una voglia! Sul volto o sul corpo dell'assassino?» «Sì, ma di un tipo speciale.» Sinclair aveva consultato il proprio taccuino. «Il termine medico è emangioma. Quella che lei e io chiameremmo una macchia di vino porto. È color fragola, e può essere ampia e deturpante. Helen Madden crede sia possibile che Beezy stesse parlando di una cosa simile. L'uomo si stava lavando via il sangue, ma il segno era rimasto. Poteva sembrare sangue, sangue impossibile da cancellare. E per rispondere alla sua domanda, signore, Madden è dell'opinione che sia un indizio concreto. Anche se il vagabondo stava delirando, continuava a ripetere le stesse parole. Aveva in mente qualcosa, questo è certo. E sembrano esserci pochi dubbi sul fatto che avesse assistito all'omicidio, o quanto meno a ciò che l'aveva seguito...» «E lei pensa che dovremmo dirlo a Probst?» Sir Wilfred non sembrava più così contrario all'idea. «D'accordo. Se non altro terrà occupati i nostri colleghi tedeschi. Si rende conto che l'intera faccenda potrebbe risolversi questo pomeriggio?» Aveva scoccato un'occhiata penetrante a Sinclair. «Me ne rendo conto fin troppo bene, signore. Ma nel frattempo dovremmo continuare a condurre le indagini nel modo normale. La polizia del Surrey è stata informata delle rivelazioni di Beezy: Madden li ha chiamati per primi. Stanno coinvolgendo anche le autorità del Sussex e faranno in modo che quelle del Dorset recuperino il corpo del vagabondo. È giusto dire anche questo ai tedeschi.» La concessione strappata al vicecommissario aveva reso l'ultimo incontro fra Sinclair e il poliziotto di Berlino più gradevole dei precedenti, nei quali l'ispettore capo aveva dovuto badare a non dare l'impressione che Scotland Yard fosse in possesso di informazioni che non era disposta a divulgare. Una o due volte, in realtà, avvertendo quella che gli era parsa una
scintilla di ironia nello sguardo calmo e riservato dell'ispettore, si era domandato se Probst non l'avesse capito. Se questi era rimasto sorpreso dalle relazioni insolitamente dettagliate sulle indagini in corso che gli erano state elargite (esagerando, secondo l'invelenito punto di vista dell'ispettore capo), era riuscito a non darlo a vedere. «Molto interessante. I collegamenti con i nostri casi si moltiplicano. Sento che ci stiamo avvicinando all'assassino.» Probst aveva ascoltato rapito il racconto di Sinclair. «E chi sarebbe questo John Madden?» «Un ex collega. Un ottimo investigatore, che però si è messo in testa di darsi all'agricoltura. Un gran peccato. Collegamenti, ha detto. A cosa pensava di preciso?» «Il racconto della nostra testimone riguardo all'uomo che si è tolto la camicia sembra trovare conferma anche qui. Forse fa parte anche questo del rituale. I colpi al volto delle vittime devono produrre schizzi di sangue. Forse è un pignolo. O forse soltanto un tipo pratico.» «La voglia, se è una voglia, potrebbe essere sul volto.» «Non se si tratta dello stesso uomo che è stato visto pranzare in quell'albergo sulla strada. Almeno qualcuno fra i testimoni avrebbe ricordato un segno simile. No, a mio parere suggerisce una macchia color sangue sul corpo.» Probst si era alzato dalla sedia davanti alla scrivania di Sinclair e aveva preso a camminare avanti e indietro per l'ufficio. «Si lava via il sangue dalle braccia e dal petto, le zone che dovrebbero essere state colpite maggiormente dagli schizzi. Il sangue viene via, ma la voglia rimane. Il vagabondo non poteva avere una visuale molto chiara. Di sicuro si stava nascondendo...» «Sì, è stato stabilito che era sordo, dunque è probabile che avesse sentito avvicinarsi l'assassino soltanto quando questi era ormai a due passi da lui. Doveva aver trovato il primo nascondiglio disponibile nella boscaglia.» Sinclair cominciava a essere contagiato dall'entusiasmo del suo visitatore. «Poi c'è la questione del torrente...» «Ah, sì, il torrente.» Probst si era fermato e aveva gettato un'occhiata all'ispettore capo. «Sceglie i luoghi con cura, a quanto sembra, sempre nelle vicinanze dell'acqua. Dimostra un gran sangue freddo nel modo in cui si prepara, per quanto dopo possa cedere al parossismo. È un uomo dotato di un raro autocontrollo.» L'ispettore aveva riflettuto. «Pensa che lo troveremo, in questo modo?» «Grazie alla sua voglia, intende dire? Sempre che ne abbia una.» Sinclair aveva impiegato un istante a capire dove volesse arrivare il collega. «Dif-
ficile, direi.» «Già...» Probst si era accigliato, riflettendo sulla propria stessa affermazione. «Dopo tutto, davanti a chi si spoglia un uomo? Di sicuro davanti a sua moglie o alla sua amante. Ma noi dubitiamo che questo assassino abbia l'una o l'altra.» In quel momento, nella mente dell'ispettore capo si era formata l'immagine dei lineamenti sottili, quasi da maschera, di Philip Vane. Le sue discrete indagini, che non erano cessate nei giorni che aveva dovuto attendere per fissare un incontro con lui, avevano rivelato che Vane era scapolo. In quel momento il pensiero gli aveva provocato un involontario spasmo al volto, ma Probst, ancora intento ad affrontare l'interrogativo che lui stesso aveva sollevato, non se n'era accorto. «Al suo dottore, forse?» Non erano andati oltre con le loro congetture. Controllando l'ora, Sinclair aveva visto che era giunto il momento di andare, e cinque minuti dopo i due erano stati raggiunti nell'atrio da Arthur Holly, che aveva espresso il desiderio di accompagnarli alla stazione. Alla stazione Victoria il sovrintendente capo scomparve per qualche minuto, tornando con una selezione di giornali e una tavoletta di cioccolato che offrì al loro visitatore. «Qualcosa per il viaggio, ispettore», disse. Sembrava voler rimediare a qualsiasi precedente mancanza nei riguardi dell'ospite. «È stato un piacere averla con noi.» Accompagnò Probst sul treno e gli rivolse un ultimo cenno di saluto attraverso il finestrino. «Ottima persona, trovo.» Rimase a guardare il treno che usciva dalla stazione e suggellò le proprie parole con un sommesso grugnito di approvazione. «Per uno straniero, voglio dire.» Era un'enorme concessione da parte del sovrintendente capo, ma il suo compagno non la afferrò. I pensieri di Sinclair, non privi di una certa trepidazione, erano già concentrati sulla visita che lui e Sir Wilfred Bennett avrebbero fatto quel pomeriggio al ministero degli Esteri. «Ispettore capo... si accomodi.» Bennett indicò una sedia di fronte alla propria scrivania e Sinclair vi prese posto, curioso di conoscere il motivo di quella convocazione. Il colloquio con Vane era fissato per le tre, e l'ispettore capo si aspettava di incontrare il suo superiore nell'atrio quindici
minuti prima per poi recarsi insieme nella vicina Whitehall. Invece aveva ricevuto un messaggio in cui il vicecommissario chiedeva di vederlo prima di uscire. Erano le due e un quarto. «Ho qualcosa da dirle...» Bennett si alzò. Fece cenno a Sinclair di restare seduto, poi andò alla finestra accanto al tavolo riunioni, si fermò con le mani sui fianchi e spostò lo sguardo sulla grigia giornata di novembre. «So che lei pensa che sia stato inutilmente ostruzionista per quanto riguarda Philip Vane... no, non c'è bisogno che lo neghi», disse zittendo con un gesto la protesta istintiva che era salita alle labbra dell'ispettore capo. «Il suo atteggiamento è comprensibile. Fossi stato nei suoi panni, avrei provato la stessa sensazione. Ma in questa faccenda ci sono in gioco questioni di cui lei non è al corrente, e delle quali finora non mi sentivo nella posizione di informarla.» Guardò Sinclair negli occhi. «Ma ora la situazione è cambiata. Visto che incontreremo Vane insieme, è necessario che lei sappia quello che so io... o quanto meno che sospetto.» Si morse il labbro. «Ma non dovrà dirlo a nessuno, nemmeno al sovrintendente capo. Gli ho spiegato che non voglio travolgere Vane con la forza dei numeri, che una delegazione di tre ufficiali dello Yard potrebbe sembrare un tentativo di intimidazione. Ma in realtà ho un altro motivo, e posso solo sperare che non si sia offeso.» Sinclair sorrise. «Arthur non è propenso a offendersi, signore. Il termine sereno potrebbe essere stato coniato apposta per lui.» «È vero...» Il sorriso di Sir Wilfred alleviò per un istante la tensione. Dando le spalle alla finestra, il vicecommissario tornò alla sua scrivania e si sedette. «Nell'amministrazione pubblica, ispettore capo, non tutto quello che uno sa proviene dai canali ufficiali. Certe cose non sono scritte, e nemmeno comunicate direttamente. Ci si arriva grazie ad allusioni fatte durante questa o quella conversazione. Mi segue?» «Fino a un certo punto, signore.» Sinclair rimase seduto immobile. «Come credo di averle già detto, ho visto diverse volte Philip Vane. L'ho anche sentito nominare... in ambienti inaspettati. Naturalmente ne sono rimasto incuriosito, e ho fatto qualche domanda...» Si strinse nelle spalle. «Le risposte non sono arrivate, ma è stata fatta qualche allusione...» Bennett si schiarì la gola. «La mia riluttanza a permettere che venga trascinato in questa indagine non nasce solo dal desiderio di evitare uno scandalo», soggiunse. «Non posso darle informazioni precise, ispettore capo. Posso solo dirle quello che sospetto fortemente: che il lavoro di Vane al ministero degli Esteri non
sia quello che sembra. Credo sia un importante membro dei servizi segreti.» 19 «Il signor Vane è pronto a ricevervi.» Il giovane si alzò dalla sua scrivania nell'anticamera e si avvicinò a una porta interna. L'epitome della diplomazia, all'arrivo di Bennett e Sinclair, si era profuso in educatissime scuse per l'austerità del suo minuscolo ufficio. Prendendo i loro cappelli e cappotti li aveva invitati, di nuovo con mille scuse, ad accomodarsi su due sedie governative dallo schienale dritto mentre informava il suo superiore della loro presenza. Era la prima volta che l'ispettore capo metteva piede al ministero degli Esteri e delle Colonie, e le sue impressioni erano finora sfuggenti. L'ingresso dal pavimento di marmo al pianterreno era abbastanza imponente, così come i portieri in uniforme che li avevano accolti. Ma una volta che erano state stabilite le loro identità e determinati i motivi della loro visita, era stato convocato un impiegato per accompagnarli al primo piano. Qui una serie di corridoi dai tappeti sottili, sui quali i loro passi riecheggiavano sordi, li aveva condotti a una porta priva di contrassegni dove la loro guida si era fermata, aveva bussato con delicatezza e infine li aveva fatti entrare. Nel corso dei cinque minuti che avevano dovuto attendere prima di essere ammessi alla presenza di Vane, Sinclair aveva avuto il tempo di ripercorrere il tortuoso sentiero che li aveva condotti a quell'incontro. La rivelazione in extremis sulla probabile vera professione di Vane non aveva modificato la situazione, quanto meno per quanto lo riguardava, anche se poteva ben capire la costernazione che avrebbe potuto provocare in altre sedi governative. Sinclair aveva ben chiaro qual era il suo dovere, ma riusciva ad accordare una punta di comprensione al proprio superiore, seduto in silenzio accanto a lui. La tensione degli ultimi giorni era impressa con chiarezza sulle tese fattezze di Sir Wilfred, la cui esile corporatura sembrava piegata dalla preoccupazione. Sinclair si rendeva conto che il vicecommissario avrebbe potuto fare di più per evitare di lasciarsi implicare nell'interrogatorio che stavano per svolgere, con tutti i conseguenti pericoli per la propria carriera. Il suo stesso diretto superiore, il commissario della Polizia Metropolitana, era stato messo al corrente della cosa e, sapendo forse riconoscere un calice avvelenato quando qualcuno glielo offriva, non aveva mosso un dito.
Ma se Bennett avesse voluto, avrebbe potuto far sì che lui e altri condividessero il rischio che stava correndo in quel momento. Invece aveva scelto di affrontare la questione da solo, e per questo l'ispettore capo lo ammirava. Il segretario di Vane, se di un segretario si trattava, aprì la porta interna e fece un passo indietro per permettere ai due ufficiali di Scotland Yard di entrare nell'ufficio. Si affacciava su un cortile interno ed era più spazioso dell'anticamera ma comunque di dimensioni modeste, arredato con una frugale eleganza che sembrava rispecchiare quella del suo occupante il quale si alzò ad accoglierli da dietro una scrivania lucida ma priva di ornamenti. «Sir Wilfred... è un bel po' che non ci vediamo.» Philip Vane fece un piccolo inchino, ma non accennò ad aggirare la scrivania per stringere loro la mano. «Come sta, Vane?» Il vicecommissario mantenne un tono neutrale. «Le presento l'ispettore capo Sinclair. È un ufficiale del CID.» Vane sollevò leggermente le sopracciglia indicando una coppia di sedie uguali, che Sinclair non fu in grado di identificare a livello di stile o periodo ma che di sicuro non provenivano da alcun magazzino governativo. L'attenzione dell'ispettore capo aveva abbandonato soltanto per un istante la figura dietro la scrivania, che rimase in piedi finché i suoi visitatori non si furono accomodati. Vane era un uomo di altezza media e corporatura esile, e le sue fattezze sottili e aristocratiche erano state catturate bene dalla fotografia del periodico ottenuta dallo Yard; ma ciò che l'immagine non poteva esprimere era la padronanza, la sicurezza del suo soggetto. Non sembrava avere alcuna fretta mentre attendeva che Sinclair e Bennett si sedessero, e se la sua espressione tradiva una certa noia nei riguardi della situazione, Sinclair supponeva che non fosse altro che un atteggiamento. Aveva già intuito, in Philip Vane, un certo tipo di uomo inglese, abbastanza comune fra le classi alte, con il quale grazie al cielo lui aveva poco a che fare, tanto nel lavoro quanto nella vita privata. «Il CID?» Vane lasciò che il suo volto esprimesse una sfumatura di curiosità. «Non lo Special Branch? Ebbene, Sir Wilfred, ora mi ha incuriosito.» Si rilassò sulla sedia e li osservò entrambi. «Per quale ragione volevate vedermi?» «Per una delle nostre indagini in corso», rispose subito Bennett come se non volesse concedersi il tempo di riflettere. «O meglio, una serie di indagini condotte da diverse forze di polizia del Paese sotto la guida di Scot-
land Yard. Non c'è bisogno di aggiungere che non saremmo qui se non si trattasse di una questione seria o se avessimo avuto modo di risolverla senza coinvolgerla direttamente. Con riluttanza sono giunto alla conclusione che non l'avevamo. In breve, abbiamo bisogno del suo aiuto.» Guardò Vane negli occhi. «Se acconsente, chiederò all'ispettore capo Sinclair di scendere nei dettagli.» «Ispettore capo?» Vane spostò gli occhi socchiusi sull'altro uomo che lo fronteggiava. Sembrava perfettamente a proprio agio. Angus Sinclair aprì la cartella che reggeva su un ginocchio. Pur conoscendone alla perfezione il contenuto, gli piaceva averla con sé e non era alieno dall'usarla, come stava facendo in quel momento, per creare una pausa artificiale fingendo di sfogliarne i documenti. Tornò ad alzare gli occhi. «Le indagini a cui si riferisce Sir Wilfred riguardano una serie di brutali omicidi commessi nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni. Il primo risale al 1929. Altri due sono più recenti, e si sono verificati la scorsa estate. Le vittime erano tutte ragazzine, bambine di poco più di dodici anni. Sono state violentate e strangolate. L'elemento comune a tutti gli omicidi è un'aggressione post-mortem ai danni dei volti delle vittime. Nei due casi più recenti, l'assassino li ha ridotti in poltiglia.» L'ispettore capo aveva pronunciato soltanto alla fine quelle che reputava le parole più rivelatrici, e rimase deluso nel non scorgere la minima traccia di reazione da parte del suo ascoltatore. «Prosegua.» Vane cambiò leggermente posizione sulla sedia. «È il primo degli omicidi quello di cui volevo parlare con lei. È stato commesso nel luglio 1929, ma poiché il corpo della vittima era stato gettato nel Tamigi ed è stato recuperato soltanto di recente si è giunti solo ora alla consapevolezza che era stato commesso un crimine. Ciò malgrado, abbiamo avuto modo di determinare l'accaduto con una certa sicurezza. In breve, l'assassino aveva fatto salire in macchina una ragazzina di dodici anni e l'aveva condotta sulla scena del delitto, un club di nudisti chiamato Waltham Manor, alle porte di Henley nell'Oxfordshire. Nonostante sia passato molto tempo, abbiamo anche potuto identificare la marca dell'auto usata dall'assassino. Per fortuna, quanto meno per noi, si tratta di un'auto di produzione straniera, abbastanza rara sulle nostre strade, e siamo stati in grado di risalire a un modello che era stato messo in vendita in Inghilterra soltanto nella primavera di quell'anno. L'elenco degli acquirenti è breve, e non abbiamo avuto problemi a rintracciarli.»
«Di che automobile stiamo parlando?» domandò Vane in tono piatto. I suoi occhi erano fissi su quelli dell'ispettore capo. «Di una berlina Mercedes-Benz.» «E ovviamente sapete che io ne possiedo una.» Vane continuava a non tradire alcuna espressione. Sinclair annuì. «E acquistata proprio nel periodo di cui stiamo parlando.» Vane si portò una mano al mento. Non aveva ancora abbassato gli occhi. «E basandosi soltanto su questo, lei si sente giustificato a considerarmi un sospetto? A interrogarmi? La prego, Sir Wilfred...» soggiunse alzando la mano quando Bennett fece per intervenire. «Lasci che sia l'ispettore capo a rispondere.» «No, signor Vane. Non mi baso soltanto su questo.» Per quanto sperasse di apparire calmo, Sinclair si era reso conto dell'improvviso aumento della tensione fra loro: era diventata quasi palpabile. E malgrado avesse un profondo pozzo di esperienze a cui attingere per confronti di quel genere, fu a fatica che riuscì a mantenere una facciata tranquilla. «Fin dal momento in cui questi delitti sono giunti alla nostra attenzione, e parlo tanto del più vecchio quanto dei più recenti, siamo rimasti perplessi nel vedere che erano separati da una lunga pausa. Solo di recente abbiamo ottenuto informazioni che potrebbero spiegarla. E sottolineo la parola potrebbero. Indagini come questa sono più che altro un processo di eliminazione dei sospetti. È quello che sto facendo ora.» Per un istante l'ispettore capo aveva perso il proprio sangue freddo, ma Vane non rese onore alla sua parziale ritirata né gli concesse alcuna tregua. «Mi perdoni se esprimo qualche dubbio a riguardo, signor Sinclair. Penso che lei sia venuto con in mente un altro obiettivo. Ma stava dicendo, o quanto meno accennando, che aveva ulteriori motivi per sospettare di me. La prego di spiegarsi.» I modi di Vane erano diventati glaciali. «Ma certo.» Infuriato per la propria momentanea debolezza, Sinclair ricambiò deciso l'occhiata dell'altro. «In seguito a nostre richieste di informazioni all'estero, siamo venuti a sapere che la polizia tedesca sta indagando su una serie di delitti simili a quelli che ho descritto. Tali delitti corrispondono a un lasso di tempo molto preciso: il primo risale al dicembre del 1929, il sesto e ultimo all'aprile di quest'anno. Sappiamo che durante lo stesso periodo lei era assegnato all'ambasciata britannica a Berlino. La coincidenza è indubbiamente notevole, quanto meno dal nostro punto di vista. Lei si è trasferito a Berlino nell'ottobre del 1929, non è vero? Ed è rientrato in Inghilterra all'inizio dell'estate di quest'anno?»
Il silenzio che seguì le sue parole fu così completo che l'ispettore capo riuscì a udire il fruscio delle ali di un piccione in cortile. Lo sguardo di Vane rimase fisso su di lui, ma la sua espressione si era fatta vitrea. Rendendosi conto che doveva aver subito uno shock, Sinclair attese che parlasse. Si era già formato l'opinione che Philip Vane non fosse un individuo facile al crollo, ma la risposta di quest'ultimo, quando giunse, si rivelò una delusione. «Cos'è che mi vuole domandare, ispettore capo?» A parte un rapido passaggio della lingua sulle labbra, Vane non mostrò segni di aver perso la calma. «Di preciso, intendo dire.» «Tanto per cominciare, vorrei che ci dicesse dove si trovava in due diverse date di quest'estate. Il ventisette luglio e l'otto settembre.» Vane annuì come se la richiesta fosse del tutto normale. «Suppongo siano le date dei due omicidi più recenti.» Parlava in tono piatto, e Sinclair non riuscì a leggere alcunché sul suo volto. «Sì, signore. Il primo è stato commesso nel Sussex, a Bognor Regis. Il secondo nei pressi di un piccolo villaggio del Surrey.» Vane si alzò di scatto, aggirò la scrivania e raggiunse un tavolo di legno lucido su cui alcune fotografie incorniciate campeggiavano fra pile di volumi della sua biblioteca. Da una di queste pile prese un sottile quaderno di pelle rossa, con cui tornò verso la scrivania. «Il ventisette luglio, ha detto...» Ancora in piedi, sfogliò le pagine con calma. «Sì, signore. E l'otto settembre.» Mentre Vane chinava la testa sul quaderno, Sinclair guardò di sottecchi Bennett, seduto accanto a sé. Lo sguardo del vicecommissario era fisso sulla figura dietro la scrivania. I suoi occhi leggermente sgranati lasciavano intravedere la tensione a cui anch'egli era sottoposto. «Il ventisette era un sabato, a quanto vedo. Quel fine settimana sono rimasto in città, il che è insolito. Ora ricordo, avevo del lavoro da sbrigare. Non ho segnato alcun impegno. Con ogni probabilità ho trascorso la giornata nel mio appartamento - si trova all'Albany, anche se immagino che già lo sappiate - e ho cenato al mio club. Per anticipare la sua domanda, ispettore capo, a parte la cena no, non credo che i miei movimenti possano essere confermati. Devo aver concesso il fine settimana libero al mio domestico. Lo faccio sempre quando resto in città.» Vi fu una pausa mentre Vane sfogliava le pagine. Sinclair continuò a osservarlo con attenzione. Non riusciva ancora a decifrarlo, ma aveva l'im-
pressione sempre più netta che stesse giocando, recitando una parte. «L'otto settembre era una domenica. Ho passato il fine settimana con amici nell'Hampshire, vicino a Winchester. Posso fornirle i loro nomi, se desidera. Ha detto che l'altro delitto è stato commesso nel Surrey... non così lontano, dunque. E domenica sono partito prima di pranzo per rientrare a Londra.» Vane richiuse l'agenda e si sedette. «Non è certo un alibi, vero?» Sarebbe potuto apparire sereno, visto che per tutto il tempo il suo tono di voce era rimasto piatto, se non fosse stato per il dito che aveva cominciato a tamburellare sulla scrivania di fronte a sé. Per l'ispettore capo, quello era un segno di ansietà. Eppure aveva la curiosa impressione che per ciò che in quel momento passava per la mente di Vane lui e Bennett fossero diventati irrilevanti. A giudicare dal modo in cui questi lasciò vagare lo sguardo verso la finestra, sembrava essersi addirittura dimenticato della loro presenza. La luce stava abbandonando il cortile. «L'omicidio di cui ha parlato prima, quello che è stato commesso vicino a Henley... può darmi una data?» Il suo tono era strascicato, e sconfinava nell'insolenza. Ma i suoi occhi, quando tornò a voltarsi, raccontavano una storia diversa; la fissità del suo sguardo rifletteva un tormento interiore tenuto ancora rigidamente sotto controllo. «Sì, signore, naturalmente. Ma non le chiederei mai di rispondere qui e ora dei suoi movimenti in un passato così lontano.» All'ispettore capo era appena venuto in mente che ciò che il suo interlocutore aveva fatto in quegli ultimi minuti era stato prendere tempo. Vane scosse la testa spazientito. «Mi dica la data.» Il cambiamento dei suoi modi fu repentino, e Sinclair inarcò le sopracciglia per la sorpresa. «L'otto luglio», rispose dopo un'esitazione. Vane fece scivolare la mano sotto il bordo della scrivania, e un campanello suonò nell'ufficio esterno. La porta si aprì alle spalle dei due poliziotti. «Peter, mi porterebbe la mia agenda personale del 1929, per favore?» Senza disturbarsi ad alzare gli occhi, Vane rimase seduto fissando la propria scrivania finché il giovane rientrò dall'anticamera con un quaderno di pelle rossa identico al precedente e lo posò di fronte al suo superiore. «Grazie. È tutto.» Vane aprì l'agenda prima ancora che la porta si richiudesse, e gli altri due rimasero a osservarlo mentre cercava la pagina. Quando la trovò la fissò a lungo, immobile. Sinclair scoccò un'altra occhiata a Bennett e incrociò la sua. Quando tornò a voltarsi verso Vane, questi aveva ancora il capo
chino sull'agenda ma stava annuendo, come se avesse avuto conferma di un sospetto. Sfogliò qualche altra pagina, all'indietro e in avanti, poi annuì di nuovo. «La bambina è stata uccisa l'otto, ha detto. Il giorno prima mi ero recato da Oxford a Birmingham. Mi sono trattenuto da alcuni amici prima di proseguire per la Scozia, dove ho trascorso il resto di luglio e la prima settimana di agosto. Naturalmente, tutto questo può essere confermato.» Richiuse il volume. Ammutolito dalla rivelazione, Sinclair batté le palpebre. Passarono diversi istanti prima che riuscisse a ritrovare l'uso della voce. «Dunque si trovava nella zona di Oxford?» Non riuscì a pensare a nient'altro da dire. «Sì, in vacanza. Ero ospite di Sir Robert Hancock e di sua moglie nella loro casa nei pressi di Woodstock. È un collega. Se volete chiedergli di confermare la mia versione, fate pure.» Il tono di Vane era cambiato. Con grande sorpresa dei suoi interlocutori aveva abbandonato l'atteggiamento ostile. Ma come a volerli ulteriormente confondere, non mostrava alcun sollievo per essersi discolpato. Semmai, i segni di ansietà che aveva manifestato in precedenza si erano intensificati. Il suo dito aveva ripreso a picchiettare rapidamente sulla scrivania. Osservandolo con attenzione, l'ispettore capo avvertì che dietro il suo strano comportamento si celava l'indecisione. «Non voglio mettere in dubbio la sua parola, signore, ma ha viaggiato fino a Birmingham e poi in Scozia in macchina?» Per la prima volta, Vane parve avere difficoltà a formulare una risposta. «No, ispettore capo», disse alla fine. «Non in macchina. In treno.» «E l'auto è rimasta in garage a Londra?» La domanda rimase sospesa fra loro finché non divenne chiaro che, per un motivo o per l'altro, Vane non avrebbe risposto. Il suo sguardo era diventato introspettivo, e l'ispettore capo ebbe ancora una volta la sensazione che i suoi pensieri fossero altrove. Bennett si mosse, spezzando il proprio lungo silenzio. «Sono domande che devono trovare risposta», ribadì. Ma Vane continuò a non aprire bocca, e Sinclair capì che vi sarebbe stato bisogno di qualcosa di speciale per infrangere il muro di ostinazione che si trovavano a fronteggiare. Quando riprese a parlare lo fece in tono più tagliente, facendo ricorso alle aspre consonanti del suo accento per sottolineare le parole che aveva scelto. «Signore, l'indagine in cui siamo impegnati è unica nella mia esperienza.
Quest'uomo ha ucciso nove bambine. Nove di cui siamo al corrente. Un uomo che di queste cose dovrebbe intendersi l'ha definito un mostro, a malapena umano, e io non vedo il motivo di mettere in discussione il suo giudizio. Le chiedo solo di riflettere su cosa c'è in gioco. Se c'è qualcosa che può dirci... anche il più piccolo dettaglio...» «Ispettore capo! La prego!» L'appello angosciato di Vane prese di sorpresa Sinclair, che lo fissò ammutolito. Era l'ultima cosa che si aspettava di udire. «Non c'è bisogno di proseguire. Capisco cosa c'è in gioco. Ma la situazione non è quella che crede. Non sto proteggendo nessuno. Vi voglio aiutare, mi creda, ma temo che sia troppo tardi.» La cartella grigia era contrassegnata da un'ampia striscia rossa su un angolo. Vale l'aveva posata sulla propria scrivania qualche istante prima, e da allora lo sguardo dell'ispettore capo non l'aveva mai abbandonata. Poco prima, Vane l'aveva estratta da una cassaforte in un armadietto di tek in fondo all'ufficio, usando una chiave selezionata da un anello che portava appeso a una catenella da orologio. Erano trascorsi alcuni minuti dalla sua esplosione, ma malgrado avesse ripreso rapidamente il controllo e avesse chiesto scusa a entrambi, non era stato in grado di nascondere gli effetti della forte emozione che aveva appena provato e che si manifestava nel suo pallore e nella spasmodicità dei suoi gesti. Al tempo stesso, il suo atteggiamento nei loro confronti era mutato. L'aria di fredda superiorità su cui l'ispettore capo aveva avuto da ridire al loro arrivo era scomparsa. Il suo modo di fare era ora caratterizzato dall'ansia, e sembrava essersi fatto più umano. «Noi ci conosciamo soltanto socialmente, vero, Sir Wilfred?» Vane alzò gli occhi dalla cartella che stava fissando. «Mi chiedo se sia al corrente della particolare posizione che ricopro qui al ministero.» «Al corrente... no. Non ufficialmente, quanto meno.» Bennett si concesse un piccolo sorriso. Il sollievo che aveva manifestato pochi minuti prima nell'apprendere che Vane non era il loro uomo era stato notato dall'ispettore capo, il quale aveva cercato un'immagine con cui immortalare la luce mistica che emanava dal volto pallido ma non più afflitto del suo superiore: l'incontro di san Paolo sulla via di Damasco era la prima cosa che veniva in mente. «Ma ammetto di aver provato una certa curiosità, Vane. Ho fatto qualche indagine, e ho ricevuto risposte circospette. Qualche ora fa ho detto al signor Sinclair che secondo me è coinvolto in attività spionisti-
che.» «Davvero?» Il sopracciglio elegantemente inarcato di Vane era un segno che stava recuperando l'autocontrollo. «Be', se non altro ciò sgombra il campo da equivoci.» Li guardò entrambi. «Tutti e tre siamo pubblici ufficiali abituati alle esigenze di segretezza. Ma devo sottolineare che gran parte di ciò che sto per dirvi è strettamente riservato e non dovrà uscire da queste pareti, e nell'eventualità che venga reso pubblico sarà quasi certamente smentito. Più in specifico, niente di tutto questo potrà essere usato in tribunale. Prevedete che sarà un problema?» Bennett, apparentemente insicuro, rivolse un'occhiata interrogativa all'ispettore capo. «Non penso», rispose Sinclair. Con l'avvicinarsi del momento cruciale, faceva fatica a mantenere una facciata calma. «Per quanto riguarda la polizia questo è un caso di omicidio puro e semplice. Sono sicuro che l'accusa non ammetterebbe alcun collegamento con il lavoro nel campo dello spionaggio, e se la difesa cercasse di tirarlo in ballo ci sarebbe sempre la soluzione di un procedimento in camera di consiglio. Ovviamente, non so cosa potrebbe accadere se l'assassino venisse processato all'estero.» «In tal caso, facciamo il possibile per evitarlo.» Il tono di Bennett era secco. «La prego, prosegua», disse rivolgendo un cenno del capo a Vane, che raddrizzò la cartella davanti a sé quasi a riordinare i propri pensieri. «Comincerò col fornirvi qualche informazione di base», disse. «Necessariamente, dovrò limitarmi a ciò che reputerò necessario rivelarvi. Suppongo che non sia una sorpresa per nessuno dei due che il ministero degli Esteri sia coinvolto nella raccolta di informazioni. È sempre stato così, anche ora che esiste un servizio segreto a livello dipartimentale. Personalmente venni destinato anni fa a questa attività, e la Germania è diventata la mia area di responsabilità.» Fece una pausa, come se volesse scegliere con cura le parole. «Lo spionaggio presenta diversi aspetti, ma in questo caso mi riferisco a uno in particolare: una categoria di individui che usiamo per ottenere un certo tipo di informazioni e per svolgere particolari missioni. Agenti, in poche parole, o se preferite spie, professionisti esperti nel campo spionistico e impiegati a quello scopo. I servizi britannici hanno a loro disposizione un certo numero di questi uomini e donne. Vengono usati principalmente per portare a termine azioni discutibili in cui nessun diplomatico o pubblico ufficiale potrebbe permettersi di essere implicato.» Esitò di nuovo, questa volta per alzare gli occhi su di loro.
«Mi duole dovervi informare che l'uomo che state cercando è uno di questi.» «Un agente al soldo del nostro Paese?» Sinclair voleva averlo ben chiaro, e Vane annuì. «Mi darebbe il suo nome?» Vedendo che l'altro esitava, l'ispettore capo si affrettò a soggiungere: «La devo avvertire, non ha alcun diritto legale di nascondercelo». «No, non è questo. Lei non capisce.» Vane scosse la testa. «Certo, vi darò il suo nome. Ma quale? Ne ha usati talmente tanti. Noi lo conosciamo come Wahl, Emil Wahl; è il nome con cui figura in questo dossier.» Picchiettò con un dito sulla cartella davanti a sé. «Ma il suo vero nome è Gaston Lang. È così che è stato battezzato.» «Lang, ha detto?» Sinclair aprì il suo taccuino. Mentre infilava la mano in tasca alla ricerca della penna, vide Vane scuotere il capo. «Lo scriva pure, se vuole, ispettore capo, ma non le servirà. Fra tutti i nomi che Lang potrebbe usare in questo momento, le posso assicurare che questo non lo adotterà mai più.» «Quando lo conobbi, nell'estate del 1929, lavorava per noi già da molti anni. Ma la sua collaborazione con i servizi segreti risale alla guerra, ed è importante che sappiate come cominciò.» Vane guardò i suoi due ascoltatori. «A quei tempi, lo spionaggio britannico aveva un agente eccezionale, uno svizzero di nome Ernst Hoffmann. Faceva base a Ginevra, e grazie a lui e ai suoi vari contatti e sottoagenti eravamo in grado di ottenere una straordinaria quantità di preziose informazioni dall'interno della Germania. Lang era il suo segretario.» Si accigliò. «Di lui sapevamo poco. A quanto sembra era cresciuto in un orfanotrofio. Ciò malgrado, e nonostante un'istruzione che doveva essere stata molto limitata, era riuscito a farsi notare da Ernst Hoffmann, e quando i nostri erano giunti in contatto con lui aveva già imparato diverse lingue, nonché altre cose che il suo principale doveva aver ritenuto necessarie per la sua istruzione.» Le sue sopracciglia inarcate suggerivano un significato che le parole non rivelavano. «A proposito, Hoffmann era un mercante d'arte: era un'attività genuina, e lui la usava come copertura per le altre. Lavorava già per noi prima della
guerra, e durante quel periodo usava Lang come corriere e intermediario per tenersi in contatto con i suoi agenti in Germania. «Quando scoppiò la guerra si trovava dunque in una posizione ottimale per aiutarci, ma nel 1917 morì inaspettatamente di infarto mentre era seduto in un caffè e Lang ereditò la sua attività. Con risultati soddisfacenti, quanto meno per i nostri. La morte di Hoffmann li aveva gettati nel panico, e furono ben lieti di scoprire che quel giovane era in grado di andare avanti al posto suo e con altrettanta efficacia. «Ma circa un anno dopo, nella primavera del 1918, Lang comparve senza alcun preavviso in Francia e si spinse fino al settore britannico del fronte, a nord, dove fece rapporto al nostro servizio segreto. Aveva una curiosa storia da raccontare. Disse che era stato smascherato come agente britannico dal controspionaggio tedesco in Svizzera, che era riuscito a denunciarlo con false accuse alla polizia svizzera. Era sfuggito all'arresto per miracolo ed era riuscito a entrare clandestinamente in Francia.» «Denunciato?» Sinclair non si era lasciato sfuggire la parola. «In quanto spia, intende dire?» Vane scosse il capo. «Era ricercato per omicidio. La vittima era una ragazzina.» «Buon Dio!» Bennett non riuscì a nascondere il proprio sbigottimento. Accanto a lui, l'ispettore capo aveva socchiuso gli occhi. «E loro gli credettero? Questi cosiddetti responsabili della raccolta di informazioni?» Vane scrollò le spalle. «Sarebbe stato difficile, se non impossibile, controllare la veridicità del suo racconto. Il mondo degli agenti segreti, delle spie, è nei migliori dei casi nebuloso. Non sarebbe stata la prima volta che uno di loro veniva screditato in quel modo. Ed eravamo ancora in guerra, non dimenticatelo. Lang raccontò anche altre cose. Disse che quegli stessi tedeschi, insieme a due investigatori svizzeri da loro assoldati, avevano cercato di ucciderlo. Dopo una lotta era riuscito a fuggire, lasciandosi dietro una vittima, uno degli investigatori, morto accoltellato. Lang era armato di pugnale.» «Dunque c'erano due accuse di omicidio a suo carico.» Sinclair riusciva a malapena a parlare. Vane notò la sua espressione. «Cerchi di capire come la situazione dovette apparire ai nostri. La guerra infuriava più cruenta che mai. Nessuno immaginava che sarebbe terminata di lì a pochi mesi. Lang aveva portato con sé una gran quantità di informazioni preziose. Era l'unico a conoscere i dettagli della rete tedesca di Hoffmann. I nomi dei suoi agenti. In quel par-
ticolare momento aveva un immenso valore per la causa alleata.» «E allora? Cosa accadde?» «Lang scomparve. Di lui non si seppe più nulla. Al suo posto comparve Emil Wahl, cittadino belga.» «Con tutte le credenziali giuste, suppongo.» Vane scrollò di nuovo le spalle. «Posso soltanto ripetere che era una situazione speciale. Queste cose non accadrebbero, se non si combattessero le guerre.» «No, signor Vane, la devo correggere.» La voce dell'ispettore capo era indurita dallo sdegno. «Queste cose non accadrebbero se certi individui non decidessero di porsi al di sopra della legge. Ciò che hanno fatto quegli uomini è stato condonare un crimine e commetterne un altro. È una faccenda vergognosa. Vergognosa, mi ha sentito?» Bennett fece un cenno con la mano, cercando di calmare il suo collega, ma Vane non mostrò alcun segno di essersi offeso. La sua dolente scrollata di spalle parve anzi una tacita accettazione del verdetto. Fece un sospiro e riprese a parlare. «A questo punto dovrei dire che malgrado Lang avesse lavorato per noi in un buon numero di Paesi europei, a causa di questo episodio durante la guerra, o della versione che lui ne diede, non venne mai assegnato a missioni in Germania. Dopo una dozzina d'anni, tuttavia, si pensò che i rischi di esporlo di nuovo alle attenzioni del loro controspionaggio fossero diminuiti, e lui stesso non mosse obiezioni a un incarico in Germania. «Venne deciso di trasferirlo a Londra, cosa che prima non era mai accaduta, come segno, se volete, di quanto preziosi fossero considerati i suoi servigi. Quanto meno in certe sedi.» Il volto di Vane era privo di espressione. «Il nostro primo incontro avvenne in un ristorante alla presenza di altri, e lì colsi l'occasione per fissare un secondo appuntamento, necessario per impartirgli le istruzioni di cui avrebbe avuto bisogno prima che andasse a Berlino. Visto che non volevo che si presentasse al ministero e che io stavo per partire per le vacanze, gli diedi appuntamento fuori Londra.» «Si trovava in Inghilterra da molto?» Sinclair aveva ripreso il controllo. «Vorrei farmi un'idea dei suoi movimenti.» «Venni a sapere che era arrivato da alcune settimane e aveva visitato diverse parti del Paese. Aveva voluto concedersi una vacanza prima del nuovo incarico. Non posso dirle dove fosse andato, ma so che è un birdwatcher, una sorta di esperto, credo. È nel suo dossier, una delle poche cose che sappiamo di lui.»
«Grazie.» L'ispettore capo chinò la testa. «Stava dicendo che aveva fissato un secondo appuntamento con lui?» Vane annuì. «Dovevo andare a stare da alcuni amici fuori Oxford, e visto che il nove sarei dovuto partire per il nord presi appuntamento con Lang per il giorno prima. Lui acconsentì ad arrivare in treno a Oxford e disse che aveva in programma di trascorrervi una notte o due in albergo prima di rientrare a Londra. Andai a prenderlo alla stazione e lo condussi in un pub di Woodstock dove avevo riservato una saletta per il pranzo e dove gli diedi dettagliate istruzioni sul suo incarico.» Si interruppe e rimase seduto a fissare il piano della scrivania di fronte a sé. Mentre il silenzio si prolungava, Sinclair e Bennett si scambiarono un'occhiata. Passò un minuto o più prima che Vane rialzasse la testa. I suoi occhi tradivano lo stesso sguardo sfocato di qualche minuto prima. «Non lo nego, ero curioso di conoscerlo. Fino ad allora, per me era sempre stato solo un nome. Ma conoscevo la sua reputazione, e mi ero avvicinato al nostro incontro con cautela.» Fece un'altra pausa. «Suppongo non ci sia bisogno di dirvi che le qualità richieste dal tipo di lavoro che Lang svolgeva per noi sono... alquanto speciali. Non è una professione per ipersensibili. Ciò malgrado esistono dei limiti... o dovrebbero esistere.» Vane picchiettò un dito sulla cartella scamosciata davanti a sé. «Sfortunatamente, non posso mostrarvela. Infrangerei la legge. Ma ci sono cose, qui dentro, che trovereste sconvolgenti. Lo spero, quanto meno. Per me di sicuro lo sono state. Se dovessi definirlo, direi che si tratta del dossier non tanto di un uomo senza scrupoli, quanto di un individuo privo di senso morale. Dunque mi capirete se vi dico che l'idea di lavorare con lui mi preoccupava notevolmente. Né il nostro incontro fu molto rassicurante.» Rifletté per un istante, come se stesse ricordando. «Non è facile descrivere l'effetto che ebbe su di me. Sotto molti punti di vista è un uomo alquanto ordinario. Ha una voce calma, modi quasi diffidenti. E il risvolto lavorativo della faccenda si svolse senza intoppi. Lo trovai eccezionalmente pronto ad afferrare ciò che gli dicevo. Non ci fu bisogno di ripetere nulla. Ma era come se fra noi vi fosse una barriera. Qualcosa di concreto ma trasparente, come un vetro. Lui era da una parte e io dall'altra, e fra noi non c'era alcuna connessione. Nessun legame umano. Ripensandoci a posteriori, mi resi conto che la sensazione proveniva dal suo sguardo. Dai suoi occhi. Erano privi di vita.» Vane ripensò a ciò che aveva detto, poi scrollò le spalle. «Dovette essere più tardi, mentre arrivavamo in macchina a Oxford, che
feci riferimento alla mia auto. Era nuova, come sapete, e l'avevo acquistata perché pensavo che la manutenzione in Germania sarebbe stata più semplice e che avrebbe dato meno nell'occhio di un veicolo di produzione britannica. Era sorto un piccolo problema con il cambio, e dovetti esprimere la mia irritazione per il fatto che il giorno dopo non avrei potuto usarla per andare in Scozia, come era stato nelle mie intenzioni, ma che avrei dovuto lasciarla in garage a Oxford o trovare il modo di riportarla a Londra affinché venisse riparata mentre ero via. «Qualunque cosa avessi detto, Lang si offrì di occuparsene. Disse che aveva in programma di trascorrere un giorno o due nella zona di Oxford, ma che in seguito avrebbe riportato volentieri l'auto a Londra per conto mio. La cosa peggiore è che per poco non rifiutai la sua offerta, per il solo motivo che l'avevo preso così in antipatia. Ma la mia reazione mi parve sproporzionata, e così alla fine accettai. Se solo avessi seguito il mio istinto!» Visibilmente turbato, spostò lo sguardo all'esterno, dove si potevano scorgere le luci accese dietro le finestre affacciate sul cortile. «Come accadde? La fece salire in macchina per strada?» domandò senza voltarsi. «Sì, a Henley. La ragazzina stava svolgendo una commissione per sua madre. I negozi distavano soltanto un chilometro e mezzo.» Con un sospiro, Vane tornò di nuovo a fronteggiarli. Sembrava ancora più pallido di prima. «L'auto venne consegnata al mio garage di Londra come promesso. Quando feci ritorno dalla Scozia, Lang era già in Germania. Quell'ottobre assunsi il mio incarico a Berlino. Passarono più di due anni prima che lo rivedessi.» «Malgrado si trovasse in Germania?» Sinclair era incredulo. «Sì, ma erano gli accordi. Non era inteso che ci incontrassimo. L'incarico di Lang riguardava le informazioni politiche, e i suoi ordini erano di arruolare e controllare agenti, dirigerli, in un certo senso, e farmi arrivare i loro rapporti. Naturalmente, era importante che non avesse contatti con la nostra ambasciata a Berlino. La mia posizione sulla carta era quella di attaché di primo livello con responsabilità in campo economico, e feci in modo che le nostre strade non si incrociassero. Lang mi presentava rapporti scritti.» «La sua missione lo portò per caso a Monaco?» domandò Sinclair. «Certamente.» Vane esitò, mordendosi il labbro. «Ascoltate, non c'è motivo che non vi dica cosa stava facendo Lang per noi in Germania, a patto
che manteniate il segreto. Le sue istruzioni specifiche erano quelle di sviluppare contatti all'interno del partito nazista. È una realtà di cui ci siamo resi conto in ritardo. Come altri, tendevamo a considerarla gentaglia. Ora invece sembra che faranno parte del prossimo governo. O, Dio ce ne scampi, che ne saranno a capo. «Lang venne inviato a Berlino sotto le mentite spoglie di un rappresentante tessile austriaco. Il suo compito era quello di infiltrarsi negli ambienti del partito allo scopo di identificare coloro che avrebbero potuto rivelarsi utili ai nostri scopi. Era una missione delicata, per la quale aveva mostrato grande abilità. Sapeva individuare le persone che potevano essere comprate o persuase a collaborare con altri mezzi, non tutti gradevoli e che lascio alla vostra immaginazione.» Fece una smorfia. «Basti dire che non aveva scrupoli, cosa che avevamo notato in passato. «Avevamo fatto sì che l'azienda che Lang avrebbe dovuto rappresentare svolgesse affari a Monaco, in modo che lui avesse una scusa per recarvisi, frequentare le birrerie e farsi conoscere.» Notò l'occhiata che i suoi due visitatori si erano scambiati. «Perché? È importante?» «Per noi sì», annuì Sinclair. «Due degli omicidi di cui le ho parlato hanno avuto luogo nella regione di Monaco.» Vane assorbì la notizia aggrottando la fronte, ma non fece commenti. «Be', questi erano i nostri piani. Ora vi dirò cosa accadde. Per il primo anno o giù di lì funzionò tutto alla perfezione. Lang svolse il suo lavoro con la consueta efficienza. A tempo debito si iscrisse al partito, e dopo aver individuato alcune figure la cui conoscenza avrebbe potuto dare frutti in futuro, cominciò a coltivarle. A parecchi di loro prestò del denaro. Tutto stava procedendo bene. Ma poi, verso la metà del secondo anno, il suo rendimento cominciò a peggiorare. Fu un cambiamento graduale ma abbastanza netto. I suoi rapporti diventarono irregolari - cosa inaudita, era sempre stato metodico fino all'eccesso - e quando mi arrivavano mostravano segni di un impegno ridotto. Gli scrissi diverse volte per farglielo notare, ma senza alcun effetto, e stavo cominciando a pensare che sarebbe stato necessario un faccia a faccia quando ricevetti un messaggio in cui Lang chiedeva esattamente la stessa cosa. Voleva vedermi con urgenza.» Fece un gesto stanco. «C'era poco che potessi fare se non accettare, e così ci incontrammo in un alberghetto di campagna fuori Berlino. Lang mi disse che voleva mettere fine alla sua missione e lasciare la Germania. Motivò la richiesta con il crescente sospetto di essere stato nuovamente identificato come un agente britannico. Insistette che era in pericolo e che non
era più in grado di proseguire il suo lavoro.» «Quando è accaduto?» intervenne Sinclair. «Riesce a essere preciso?» «All'inizio di giugno di quest'anno. Le dice qualcosa?» «Sì, l'ultimo della serie di omicidi era stato commesso in aprile. Le autorità bavaresi avevano trovato un indizio e insieme alla polizia di Berlino avevano organizzato una campagna per identificare l'assassino. Fra le altre cose, avevano coinvolto i giornali. Lang doveva saperlo.» Sinclair fece una pausa, incuriosito. «E lei come interpretò il suo comportamento?» domandò. Vane si strinse nelle spalle. «Del fatto che fosse stato scoperto ero tutt'altro che convinto. Dopo tutto, le sue attività non erano dirette contro lo Stato. Ma c'era qualcosa che non andava. Era palesemente teso.» Esitò, mordendosi il labbro. «Non fingerò di aver provato comprensione. Lo trovai non meno ripugnante del solito. Ma non potevo sottovalutare la possibilità che stesse crollando, e subito dopo il nostro incontro mi misi in contatto con Londra e venne deciso di ritirarlo, quanto meno per il momento. Lang fece sapere di essere stato richiamato a Vienna con un pretesto qualsiasi e lasciò Berlino.» «Ma venne in Inghilterra?» L'ispettore capo ascoltava attentamente. «Sì, lo riportammo qui in segreto. Volevamo tenerlo d'occhio finché non avessimo deciso come procedere. Colsi l'occasione per fare ritorno io stesso a Londra. Avevo le mie opinioni sull'argomento, e tutte le intenzioni di renderle note.» «E Lang dove si trovava, mentre accadeva tutto questo?» «In una clinica nei pressi di Lewes, nel Sussex. È un istituto con cui abbiamo un... collegamento. Gli venne raccomandato di riposarsi per qualche settimana. Facemmo in modo che ricevesse delle cure durante la sua permanenza in clinica.» «Per cosa, di preciso?» «I medici diagnosticarono un esaurimento nervoso, il che non era una sorpresa. Avevamo visto altri agenti reagire in modo simile alle pressioni del loro lavoro. È una professione pericolosa, dopo tutto. Ma a me interessava più sapere cosa aveva da dire il loro psicologo, un certo Bell. Era palesemente affascinato da Lang. Nel suo primo referto lo definiva un paziente insolito, dalla personalità allarmante ma difficile da penetrare. Opaca, fu il termine che usò.» «Era tutto quello che aveva da dire?» Sinclair si accigliò. «A quello stadio sì. E visto che Bell non mise in discussione la diagnosi
più generale, Lang ricevette soltanto le cure per l'esaurimento. Venne incoraggiato a rilassarsi. Su consiglio dei medici gli avevamo fornito un'automobile, e mi risulta che passasse il tempo a girare per le campagne.» «Ma davvero?» I modi di Sinclair erano ridiventati freddi. «Be', suppongo che abbia avuto modo di passare da Bognor Regis. Uno dei due omicidi di cui le ho parlato è avvenuto in quei paraggi, come potrà ricordare.» Vane si irrigidì in volto, ma non disse nulla. Dopo un istante proseguì. «A tempo debito ricevemmo il referto completo della clinica, che comprendeva le osservazioni di Bell. Malgrado usasse ancora una certa cautela, quello che aveva da dire era allarmante. Sosteneva di nutrire pochi dubbi sul fatto che Lang soffrisse di un grave disturbo psicologico e ci consigliava prudenza.» «Per l'amor del cielo!» Spazientito, Bennett si calò una manata sulla coscia. «Non poteva essere più preciso?» «Io di sicuro credevo di sì. Gli telefonai per vedere se riuscivo a saperne di più, ma lui si limitò a ripetere ciò che aveva già detto: che avremmo fatto bene a mantenere le distanze da Lang. Gli chiesi di punto in bianco se lo reputasse normale, ma lui rispose che non era un termine gradito a coloro che svolgevano la sua professione e che in ogni caso non voleva dare un giudizio categorico, visto che il paziente non si era voluto sottoporre a un vero e proprio esame.» Vane fece un sorriso triste. Incrociò lo sguardo del vicecommissario. «Dopo essersi liberato la coscienza, tuttavia, se era quello che stava facendo, mi disse che diversi aspetti della personalità di Lang gli avevano dato motivo di preoccuparsi. Li chiamava segni rivelatori, soprattutto uno, che definì 'una mancanza di adeguate reazioni emozionali', condizione che molti psicologi considerano impossibile da curare. Un estremo distacco dalle conseguenze delle proprie azioni, la si potrebbe descrivere in altri termini. Coloro che ne manifestano i sintomi spesso non si sentono in colpa o responsabili di ciò che hanno fatto, mi spiegò, aggiungendo che era uno dei classici segni di una personalità psicopatica.» «Che mi venga un colpo!» Bennett era senza parole. Sinclair, invece, non pareva sorpreso. «E che effetto ha avuto tutto ciò sui suoi colleghi, sempre che ne abbia avuto uno?» domandò. «Ne sono rimasti allibiti?» «Dipende da cosa intende.» Vane lo fissò. «Certo, alcuni di noi sono rimasti sconvolti. Ed essendo io colui che doveva gestirlo, toccava a me convincere le autorità a rinunciare ai suoi servizi. Basando le mie argo-
mentazioni sulle parole di Bell, ho insistito sul fatto che non potevamo più fidarci di lui e che era giunto il momento di mettere definitivamente fine ai nostri rapporti.» Fece un'aspra risata. «Credevo di essere stato convincente, ma presto mi sono reso conto della realtà. Le mie argomentazioni non hanno convinto quelli che contano, e a quanto pare nemmeno le opinioni di uno psicologo. Mi è stato rammentato che Lang era uno dei nostri migliori agenti, con una lunga lista di successi alle spalle. Per quanto riguardava i suoi difetti, non erano più di quanto ci si potesse aspettare da un individuo che svolge una professione così equivoca.» Si voltò e prese a fissare fuori dalla finestra. Passarono alcuni istanti prima che riprendesse. Sinclair e Bennett ne approfittarono per scambiarsi un'occhiata, ma nessuno dei due si sentiva incline a parlare. «Suppongo che non troverete facile digerire ciò che vi ho detto.» Vane si rivolse al buio esterno. «Forse vi chiederete addirittura come abbia fatto un individuo simile a trovarsi alle dipendenze del nostro servizio segreto. Al di là di questi bestiali delitti, intendo dire. Posso rispondervi soltanto riferendovi le argomentazioni di coloro che l'hanno appoggiato all'inizio e che da allora l'hanno sempre difeso. Direbbero che la guerra ha cambiato il mondo in modi che il popolo del nostro Paese non ha ancora afferrato. In parole semplici, il mondo è diventato selvaggio, non rispetta più le regole del gioco, e uomini come Gaston Lang e l'uso che se ne può fare sono semplici sintomi di questo cambiamento. Non è un punto di vista condiviso da tutti, non ancora, ma se le cose continueranno a seguire questa piega è probabile che si diffonda sempre più.» Tornò a voltarsi verso di loro. «Dove eravamo...? Ah sì, il futuro di Lang. Be', la questione è stata rapidamente risolta. È stato deciso di rimandarlo a Berlino. La sua asserzione di essere stato smascherato si era dimostrata priva di fondamento. Eravamo riusciti a ottenerne una conferma da fonti indipendenti. Pertanto Lang è stato convocato a Londra, dove gli è stato rammentato che aveva preso un impegno con noi e ordinato di tornare in Germania senza indugi e riprendere il proprio incarico.» «E lui come ha reagito? Ha accettato la decisione?» «Così sembrava. Non ha sollevato obiezioni, quanto meno. Ma osservandolo mi è tornato in mente il nostro incontro a Woodstock, e mi sono reso conto con più forza che mai che non avevo la minima idea di chi fosse o di cosa gli passasse per la mente.» Vane rifletté sulle proprie parole, poi scosse il capo.
«Tuttavia, la questione sembrava risolta. Lang è tornato a Lewes a fare i bagagli e prepararsi alla partenza. Ci aspettavamo di ricevere conferma dei suoi programmi di viaggio, ma due giorni dopo è arrivata per posta quella che possiamo chiamare una lettera di dimissioni. Lang diceva di aver riesaminato la propria posizione e deciso che non poteva più continuare a lavorare per noi. Avrebbe fatto ritorno a Bruxelles, dove risiedeva ufficialmente, e avrebbe lasciato l'auto che gli avevamo fornito in un garage di Dover. Dove, detto per inciso, è stata recuperata in seguito. Le indagini presso le biglietterie dei traghetti hanno confermato che un uomo che corrispondeva alla sua descrizione aveva attraversato la Manica il giorno prima.» «Tutto qui? Mi sta dicendo che non è stato fatto alcun tentativo di fermarlo o riportarlo qui?» Sinclair era incredulo. Vane scrollò le spalle. «Per quanto forte reputassimo la nostra presa su di lui, in realtà c'era ben poco che potevamo fare. Puoi solo condurre un cavallo alla fonte, dopo tutto. Non potevamo costringerlo a lavorare per noi. E c'era anche un'altra considerazione. Lang sapeva molte cose sulle nostre attività spionistiche; l'ultima cosa che volevamo era inimicarcelo. Tutto sommato, si è pensato fosse meglio lasciar correre.» «Quindi non avete più avuto contatti con lui?» «Nessuno, anche se abbiamo cercato di rintracciarlo. Intendiamo proseguire le operazioni in Germania, e ci sono alcuni aspetti che dobbiamo chiarire. Ma a Bruxelles non c'è traccia di lui, e nemmeno in qualsiasi altro luogo del continente in cui potevamo aspettarci di trovarlo.» «Tutt'altro che sorprendente, visto che è chiaro che è rimasto in Inghilterra.» L'ispettore capo non si sforzò di nascondere la propria mortificazione. «Quell'uomo si è beffato di lei, signor Vane. Di lei e dei suoi insopportabili colleghi. Non vede cos'ha fatto? Vi ha convinti a farlo uscire dalla Germania senza lasciare alcuna traccia. È la seconda volta che salvate la sua miserabile pellaccia.» «Lo so fin troppo bene, ispettore capo.» Vane resse lo sguardo del proprio accusatore senza battere ciglio, ma il suo rimorso era evidente. «Ho bisogno che mi dia qualche data, signore.» Sinclair cercò di mettere a freno il proprio malumore. «Quando è entrato in clinica e quanto ci è rimasto?» «È arrivato dalla Germania verso la fine di giugno ed è scomparso a metà agosto.» «Il delitto di Bognor Regis è stato commesso alla fine di luglio, dunque
quando era ancora un paziente. Ma quello di Brookham è avvenuto in settembre, molto dopo il suo teorico ritorno a casa. Perché ha deciso di restare nel nostro Paese? Me lo può dire? E ancora più importante: dove posso cercarlo? Come posso trovarlo?» Vane si abbandonò sullo schienale della sedia con un sospiro. La tensione del lungo pomeriggio era evidente sulle sue pallide fattezze. Sull'altro lato della scrivania, Bennett consultò il proprio orologio. Era ormai da qualche minuto che cercava di attirare l'attenzione del suo compagno, volendo porre fine all'incontro; ma lo sguardo di Sinclair restava fisso sulla fotografia che poco prima Vane aveva estratto dalla cartella e gli aveva consegnato. Era una normale istantanea di un uomo vestito con un soprabito e un cappello floscio neri davanti a uno sfondo anonimo, forse il muro di un palazzo. Come se fosse stato colto di sorpresa, al momento dello scatto aveva sgranato leggermente gli occhi, simili a due buchi neri nel bianco del suo volto ben rasato. Senza rivelare alcun'altra espressione, Gaston Lang fissava l'obiettivo. «È l'unica immagine che abbiamo di lui, temo», si era scusato Vane presentandola. «Come potete vedere, non se l'aspettava. Non è uno a cui piaccia farsi fotografare.» Aveva poi reso una descrizione della loro preda, di cui l'ispettore capo aveva preso nota. «Ha poco più di quarant'anni, è di altezza media, snello e in forma. Muscoloso. Mi è sembrato più forte di quanto appaia. Ma il suo aspetto è comune: capelli castani, occhi castani, nessuna cicatrice o altri segni particolari.» «Nessuna voglia?» aveva domandato Sinclair senza mezzi termini. «Ci risulta che potrebbe averne una. È stato visto seminudo da una testimone di uno dei delitti.» «Non saprei...» Vane aveva aggrottato la fronte. «Ma aspetti un attimo... alla clinica devono averlo sottoposto a un esame completo. Avevamo insistito.» Aveva aperto la cartella e aveva cominciato a sfogliarne il contenuto. «Sì, eccola qui...» Aveva preso un foglio e l'aveva studiato. «Questa poi... ha perfettamente ragione. Una voglia sulla parte superiore del petto. Un grosso emangioma.» Aveva alzato gli occhi su Sinclair, annuendo. «Cos'altro? Non le viene in mente niente di fuori dall'ordinario? Una
qualsiasi peculiarità?» Il tono dell'ispettore capo era rimasto controllato. Malgrado si fosse sforzato di moderare la ruvida franchezza dei suoi modi, provava ancora una gran rabbia. A suo modo di vedere, quella che avevano appena sentito era una storia meschina. «A parte il fatto che il suo inglese è accentato, non ne ha. In una folla si confonderebbe facilmente. Ma da vicino è un altro paio di maniche. Quella strana caratteristica di cui vi ho parlato, quella specie di assenza di vita... è inquietante.» Riguardo al cruciale interrogativo su dove potesse trovarsi Lang, Vane aveva potuto offrire soltanto un cauto consiglio. «Sono passati tre mesi dalla sua scomparsa. Quali fossero le sue intenzioni, nessuno può saperlo. Forse l'unica cosa utile che posso dirvi è che probabilmente ha cambiato nome. Non si chiamerà più Emil Wahl. Sarà impegnato a coprire le proprie tracce.» «Sicuro?» Bennett aveva messo in dubbio l'asserzione. «Da quello che mi risulta, la polizia tedesca non l'ha identificato. E sui nostri giornali non c'è nulla che colleghi le due serie di omicidi.» «Forse no. Ma le sue azioni raccontano una storia diversa. Guardate solo con quanta cura ha cercato di farci credere che stesse tornando sul continente. Non è forse la reazione di un uomo che è già in fuga, quanto meno nella propria testa, e che si sforza di far perdere le proprie tracce ai suoi inseguitori?» Vane si era accigliato. «Detto questo, altri aspetti del suo comportamento sembrano irrazionali. Sto pensando ai due omicidi commessi prima di arrivare qui. Vanno contro qualsiasi ragionevolezza. Doveva rendersi conto che rischiava di attirare l'attenzione, no?» Mentre parlava aveva rivolto un'occhiata a Sinclair, forse nella speranza di ottenere qualche delucidazione, ma l'ispettore capo si era limitato a ripetere la domanda che aveva posto prima. «Quello che mi interessa è il motivo per cui ha scelto di restare. Perché non se n'è andato?» A quanto sembrava, Vane si era posto lo stesso interrogativo. In ogni caso, aveva risposto senza esitare. «Se vuole la mia opinione, e non è più di un'opinione, il motivo è che aveva già deciso che in nessun caso sarebbe tornato in Europa. Era lì che aveva più probabilità di essere catturato, se fosse stata scatenata una caccia all'uomo in grande stile. Era il suo terreno, se volete. Era più al sicuro restando in Inghilterra, quanto meno a breve termine.» «A breve termine?»
«Sì, non si tratterrebbe a lungo... o almeno così penso. Non è un Paese in cui si sente a proprio agio. Considerata la situazione dal suo punto di vista, dovrà per forza cercare rifugio ancora più lontano. In un luogo in cui il suo volto non è noto. In un altro continente, magari. E ha avuto tutto il tempo di fare ogni preparativo necessario.» Con un sospiro, Vane aveva scosso la testa. «Posso solo ripetere ciò che ho già detto. Temo che sia troppo tardi.» L'ispettore capo aveva emesso un grugnito. «Per quanto possa contare, sono propenso a darle ragione», aveva detto. «Ma non è una premessa che posso adottare in questo momento.» Ora agitò la fotografia che reggeva in mano. «Questa la tengo, se posso. Voglio farla circolare insieme alla sua descrizione.» «Lo faccia, la prego. E le prometto che passerò al setaccio il dossier per vedere di trovare qualsiasi informazione che potrebbe esserle utile.» Vane picchiettò di nuovo il dito sulla cartella, poi guardò l'ispettore capo infilare la fotografia tra le sue carte. Bennett si era già alzato. «Dovrò informare i miei colleghi di questo incontro.» Vane lo imitò. «È meglio che vi avverta fin da subito: non la prenderanno bene. L'idea che Lang possa essere processato a porte aperte farà suonare un bel po' di campanelli d'allarme. Alcuni potrebbero giungere fino alle vostre orecchie. La esorto di nuovo a procedere con cautela.» Aveva indirizzato l'ultimo appello a Sinclair, che non si era ancora alzato, e troppo tardi si rese conto dell'errore. L'espressione dell'ispettore capo si era indurita. «Sarò franco, signor Vane. Non ho alcuna comprensione per i suoi colleghi o per i loro timori. Ma mi viene in mente che potrebbero pensarla diversamente se avessero idea di cosa potrà comportare questa indagine. Suppongo che fra loro ci siano i sostenitori di Lang?» Alzò gli occhi su Vane, che annuì. «Compresi quelli che lo protessero all'inizio? Quelli che anni fa lo sottrassero alla polizia svizzera?» Lo sguardo di Sinclair era diventato glaciale. «Alcuni di loro, sì.» «Bene. Può cominciare spiegando che i criminali sessuali come Lang sono l'incubo di ogni poliziotto. Uccidono a caso, le vittime in quanto individui non significano niente per loro, e questa assenza di collegamenti li rende gli assassini più difficili da trovare. Tutto ciò che cercano è l'opportunità di uccidere.»
L'ispettore capo richiuse la sua cartella. «È provato che uomini come lui agiscono in modo compulsivo, come di sicuro potrebbe confermarle uno psicologo, che non possono impedirlo, e ciò potrebbe spiegare gli aspetti irrazionali del comportamento di Lang di cui lei parlava. Con il passare del tempo, le inibizioni che potevano provare, anche quelle causate dalla cautela, sembrano indebolirsi, con il risultato che gli intervalli fra un delitto e l'altro tendono ad abbreviarsi.» Sinclair si alzò e cominciò ad abbottonarsi il cappotto. «Sono sicuro che i suoi colleghi proveranno una certa preoccupazione quando farà loro notare che dall'omicidio della bambina di Brookham sono passati più di due mesi, un lungo periodo in casi come questo, e che ovunque Lang si trovi a questo punto, qui o all'estero, è molto probabile che stia cercando una nuova vittima.» L'ispettore capo fece una pausa. Il suo ascoltatore era impallidito. «Sfortunatamente, dovrà anche dir loro che non c'è nulla che io o chiunque altro possiamo fare. Eccetto pregare che non l'abbia già trovata.» 20 Il cielo si era finalmente schiarito dopo diversi giorni di pioggia e, dopo aver mangiato un boccone a Midhurst, Sam Watkin era partito per la fattoria Hobday, nei pressi di Rogate, per controllare come reggeva il tetto che aveva riparato. Alla fine ci aveva pensato lui, risistemando da solo il comignolo e sostituendo le tegole rotte. Aveva anche rappezzato il pavimento al piano inferiore con un paio di mattoni nuovi, e fu lieto di trovare l'interno asciutto come un osso. «Hai visto, Sal? Potrei mettermi in proprio. Riparazioni e decorazioni.» Si erano fermati quel tanto che bastava per ammirare il suo lavoro. Una volta sinceratosi che fosse tutto a posto, Sam era risalito al volante del furgoncino. Aveva un'altra commissione, una commissione che non aveva nulla a che fare con il suo lavoro ma che era altrettanto importante. O almeno così pensava Ada. «Mi raccomando, Sam, passa dalla fattoria Coyne. Voglio che Eddie abbia questa coperta in più. Le notti diventano sempre più fredde. Gli ho incartato anche uno sformato di maiale, un pezzo di formaggio e una saponetta, se ne ha bisogno. Vedi di farglieli avere.» Malgrado fosse mercoledì e non martedì o giovedì, i giorni in cui di solito passava per la fattoria Coyne, a Sam la deviazione non dispiaceva. I
suoi piani per migliorare la vita a Eddie avevano avuto successo al di là delle più rosee previsioni. C'era qualcosa, nel suo vecchio amico dei tempi della guerra, forse la dignità, il contegno con cui affrontava le avversità, che piaceva alle donne, al loro lato materno (o almeno così pensava Sam). Di sicuro con Ada aveva funzionato. E non solo con lei. Il giorno dopo il loro incontro, come promesso, Sam era andato a prendere Eddie al cantiere stradale e l'aveva portato a cena a casa sua. Durante il tragitto di andata gli aveva dato la buona notizia riguardo al fienile vuoto della fattoria Coyne e al fatto che il signor Cuthbertson aveva accettato che vi pernottasse. «Davvero, Sam?» Il viso di Eddie si era illuminato come quello di un bambino, e in quel momento Sam si era reso conto quanto dovesse aver odiato passare le notti in quell'angusto capanno insieme agli altri uomini. Il giorno successivo era tornato a prenderlo dopo il lavoro e l'aveva condotto su per il sentiero che superava la cresta e arrivava fino alla fattoria. Gli aveva mostrato il varco nella siepe che dava sul frutteto e sull'orto cintato, oltre il quale c'era l'aia su cui si affacciava il fienile. Aveva aperto la doppia porta. «Ecco, tienila tu.» Aveva lanciato a Eddie la chiave del recinto. «È un doppione. Assicurati di chiudere a chiave ogni mattina quando vai al lavoro. Ho detto al signor Cuthbertson che avresti fatto la guardia.» Ora, in viaggio da Rogate, Sam si fermò al cantiere stradale il tempo sufficiente a informare Eddie della propria missione e avvertirlo che avrebbe lasciato nel fienile le cose che Ada gli mandava. «È gentile da parte sua, Sam, ma non doveva. Ho tutto quello di cui ho bisogno, ormai. E anche di più, grazie a voi. Non glielo puoi dire?» Malgrado fosse lurido e sudato (stava lavorando di piccone sul bordo della strada, divellendo pietre), Eddie si aprì in un gran sorriso. Sembrava una persona diversa. «Diglielo tu, Eddie. Io non oso.» Sam gli fece l'occhiolino e ripartì. Non doveva fare molta strada. La squadra di operai stava avanzando, ed era ormai molto più vicina all'incrocio con la Wood Way, dove era stato creato uno spiazzo di ghiaia per il parcheggio. Nei fine settimana estivi era a volte pieno zeppo, poiché molti escursionisti lasciavano lì l'auto per proseguire a piedi sui Downs. Quel giorno c'era soltanto un'altra auto, parcheggiata in fondo allo spiazzo, seminascosta dai rami sporgenti di una quercia. Sam lasciò il furgoncino ai margini dello spiazzo, vicino alla strada, e si
incamminò per la Wood Way, superando la cresta con Sal alle calcagna e portando sottobraccio il fagotto di Ada. Malgrado avesse smesso di piovere nel corso della notte l'aria era ancora umida, e una bassa nube grigia gravava sulla valle. Nel fienile trovò diversi punti in cui il tetto aveva cominciato a sgocciolare, ma nessuno nell'angolo sul retro occupato da Eddie. Il giorno in cui l'aveva accompagnato sul posto avevano impiegato poco a sistemarlo. Era una cosa che imparavi quando facevi il soldato, come metterti comodo, e lui ed Eddie si erano guardati e avevano sorriso pensando alla stessa cosa. «Ti fa tornare indietro coi ricordi, vero?» Lo sguardo con cui Eddie esaminava il suo nuovo alloggio era già più lieto. E non erano nemmeno arrivati a mani vuote. Memore delle lampade che aveva trovato, Sam aveva portato con sé una latta di petrolio e anche un braciere, mentre Eddie, oltre alle sue cose, si era caricato in spalla il sacco di carbon fossile di cui avrebbe avuto bisogno per accendere un fuoco. «Non ti preoccupare, Sam. Lo svuoterò ogni mattina prima di andarmene. Non incendierò il fienile, te lo prometto.» Aveva mantenuto la parola, vide Sam notando immediatamente il braciere. A dire il vero, Eddie aveva lasciato ben poche tracce della propria presenza. Il fieno che usava come materasso era stato ordinatamente ammucchiato in un angolo, ma le coperte e il resto delle sue cose non si vedevano e dovevano essere stati riposti da qualche parte, forse in uno degli armadietti. Quando avevano fatto tutto ciò che dovevano nel fienile, Sam aveva suggerito di andare a piedi fino a Oak Green per mostrare il villaggio a Eddie, ignaro del fortunato incontro che li aspettava. Giunti al piccolo gruppo di case, la porta dell'emporio si era aperta e Nell Ramsay era uscita nella stradina. Nel vedere Sally, che camminava lemme lemme accanto a loro, la bambina aveva emesso un grido di gioia ed era accorsa a salutarli. Sam non si era accorto che era accompagnata finché non aveva udito una voce adulta alle proprie spalle. «Mi sembra di capire che nessuno farà le presentazioni, signor Watkin.» Una donna li aveva raggiunti sorridendo. «Sono la madre di Nell. Erano mesi che sentivo parlare di lei e di Sally. Sono lieta di conoscerla, finalmente.» La signora Ramsay, scura di capelli come la figlia, aveva stretto loro la mano, e Sam si era immediatamente reso conto da dove proveniva la bellezza di Nell. Quella, e la sua spigliatezza con la gente.
Venuta a sapere che Sam ed Eddie erano giunti a piedi dalla fattoria Coyne, la signora Ramsay aveva insistito che prima di tornare andassero a bere un tè da loro. Sam aveva accettato senza riflettere, quindi si era chiesto se la donna fosse consapevole, come avrebbe dovuto esserlo lui, del disagio che quella prospettiva aveva creato in Eddie, il quale indossava ancora la tuta da lavoro ed era sporco e non rasato. Ma la preoccupazione per l'amico si era rivelata infondata. Appena avevano raggiunto la casa, una bella costruzione a due piani a pochi minuti di cammino dal villaggio con un giardino che scendeva fino a un fiumiciattolo, la signora Ramsay aveva condotto Eddie in bagno. «Dovrà avere una gran voglia di darsi una ripulita, signor Noyes», aveva detto. «Faccia pure con calma. Berremo il tè in cucina, dove fa un bel calduccio e dove Sally potrà unirsi a noi.» Aveva immaginato che Eddie si sarebbe sentito a disagio in salotto, vestito com'era, e aveva risolto la situazione con grazia. Esattamente come ci si sarebbe aspettati da una signora. (Una vera signora, non una di quelle di cui Sam avrebbe potuto fare i nomi, quelle che si davano tante arie.) Nei pochi minuti in cui erano rimasti soli, Sam le aveva spiegato tutto di Eddie. I motivi per cui alloggiava alla fattoria Coyne e per cui sembrava così malridotto. «Ha perso il lavoro senza ragione, come succede di questi tempi. È l'uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto. In guerra gli hanno dato una medaglia al valor militare, e adesso è costretto ad accettare lavoro dove lo trova. Non è giusto.» Sam aveva parlato in toni accorati, ma era rimasto sorpreso dall'intensità della reazione della signora Ramsay. «Sono così d'accordo con lei, signor Watkin.» Quando Eddie era tornato, molto più pulito ma ancora timido e insicuro, la padrona di casa si era subito sentita in dovere di farlo parlare, chiedendogli da dove veniva e qual era la sua storia. Sam era rimasto sorpreso nel vedere con quanta rapidità era stata in grado di rompere il ghiaccio. Di lì a poco Eddie si era messo a chiacchierare, parlandole della sua casa vicino a Hove e di sua madre e sua sorella, una malata di angina e l'altra ancora in lutto per il marito che aveva perso. Ascoltandolo, Sam aveva visto un altro aspetto del suo vecchio compagno d'armi, un aspetto che se non fosse stato per le gentili insistenze della signora Ramsay forse non gli si sarebbe mai rivelato. Quello che Eddie aveva fatto era stato assumersi il compito di badare a quelle due donne, la-
sciandosi così sfuggire qualsiasi possibilità di farsi una propria vita. Sam immaginava che la signora Ramsay se ne fosse accorta. Comunque fosse, il suo sguardo, quando si posava sul volto di Eddie, traboccava di comprensione. E quando lui le aveva detto che programmava di passare saltuariamente da Oak Green per acquistare qualche provvista, non aveva voluto sentire ragioni. «Non può passare l'intera giornata al lavoro e poi non fare una vera e propria cena. Anche quando non ci sarò, Bess avrà qualcosa in caldo per lei.» «Ma certo, signora Ramsay.» La cuoca dei Ramsay aveva fatto un sorriso incoraggiante. Paffuta e rossa in volto, aveva ascoltato con interesse la loro conversazione. «Lei infili dentro la testa. Io sarò qui in cucina.» Caro, vecchio Eddie: non sapeva da che parte voltarsi, con le due signore che lo circondavano di premure come chiocce. E che non volevano sentire rifiuti. Era ormai quasi buio quando erano ripartiti per la fattoria Coyne. Nell li aveva preceduti fuori (per mostrare il giardino a Sally, aveva detto), e loro avevano aggirato la casa insieme alla signora Ramsay fino al lato anteriore e avevano osservato la bambina correre qua e là nella penombra incipiente, coraggiosamente inseguita da Sal. Era la prima volta che Sam la vedeva senza l'uniforme scolastica. Vestita con una gonna a quadri e un maglione dell'isola di Fair, sembrava più grande. Ma gli strilli acuti che si levavano dall'ampio prato erano ancora quelli di una bambina. Sua madre sembrava condividere i suoi pensieri. Sam le aveva parlato di Rosie e Josh, i figli suoi e di Ada, e ora lei lo stava guardando con un'espressione malinconica. «Crescono così in fretta», aveva detto con un sospiro. Sorridendo al ricordo, Sam consultò il suo orologio. Erano quasi le quattro. Presto Nell sarebbe rientrata a casa da scuola. Forse l'avrebbero incontrata sul sentiero. Dopo aver chiuso a chiave il fienile, lui e Sally erano saliti sulla cresta alle spalle della fattoria. Sam aveva lasciato il fagotto di Ada sulla toletta rotta, dove Eddie avrebbe potuto vederlo. «Peccato per lo sformato di maiale, Sal», aveva osservato con un po' di rimpianto. «Avremmo potuto farlo fuori io e te. Dubito che Eddie avrà spazio per più di una forchettata.»
Non ora che quasi tutte le sere andava a cena a Oak Green. Dopo un'iniziale riluttanza a farsi avanti, aveva preso il coraggio a due mani e aveva infilato la testa nella cucina di Bess come gli era stato detto di fare, ed era diventato un visitatore regolare. Sam l'aveva anche preso in giro. «Mi sa che ti ha messo gli occhi addosso.» Eddie ne aveva riso. «Mi piace andare da loro», aveva ammesso. «Mi fanno sentire il benvenuto.» Malgrado i capelli radi e il volto segnato lo facessero ancora sembrare più vecchio di quello che era, Eddie non sembrava più logorato dalle preoccupazioni. «L'altro pomeriggio ho conosciuto il signor Ramsay. Sapevi che era anche lui al fronte, più a nord di noi, vicino alla costa? È stato ferito due volte. È fortunato a essere tornato. E quella Nell è proprio dolce. Quando sono lì viene a sedersi accanto a me in cucina, e mi fa un sacco di domande. Gran bella famiglia.» Sam era felice per il suo vecchio amico, ma non poteva fare a meno di chiedersi se le serate a Oak Green non avessero portato Eddie a pensare alla sua vita e alle occasioni che si era lasciato sfuggire. «No, Sal, non metterti comoda. Dobbiamo proseguire.» L'aveva vista aggirare un fazzoletto di terra umida, preparandosi a coricarsi. Il suo sguardo era fisso sulla valle, e stava percorrendo il corso del fiumiciattolo alla ricerca di qualsiasi segno di vita. In quell'istante, il silenzio che li circondava venne spezzato da un coro di rauche strida. Sam alzò gli occhi in tempo per vedere una coppia di cornacchie spiccare il volo dal limitare del bosco. Quando tornò a guardare verso valle, ebbe una sorpresa: un uomo era apparso nell'aia della fattoria e si era fermato al centro dell'acciottolato, guardandosi intorno. Indossava un completo di tweed e portava a tracolla un binocolo in una custodia di pelle che a Sam parve familiare. Non era lo stesso uomo che aveva adocchiato sulla cresta opposta, sull'altro versante della valle, un paio di settimane prima? Quello che aveva preso per un birdwatcher? Sulle prime immaginò che il tizio stesse risalendo la Wood Way, avesse notato il varco nella siepe e deciso di vedere dove portava. Succedeva spesso, con gli escursionisti. Usavano il sentiero per andare e venire dai Downs, e di tanto in tanto vagavano nella fattoria. Ma presto divenne chiaro che quell'uomo non si trovava lì per caso, a giudicare dall'interesse che stava mostrando per l'aia. La prima cosa che fece fu avvicinarsi a un rubinetto sul muro accanto all'ingresso sul retro e girarlo, apparentemente per controllare se funzionasse. Poi attraversò l'ac-
ciottolato per ispezionare le stalle, procedendo a passo rapido e scomparendo per diversi minuti. Osservando dall'alto, Sam immaginò che avesse sentito dire che la fattoria era in vendita e che fosse andato a vederla. Si stava addirittura chiedendo se non fosse il caso di scendere e offrirgli assistenza, magari dandogli il nome del signor Cuthbertson, quando accadde qualcosa che allontanò dalla sua mente qualsiasi idea di gesto amichevole. Pochi istanti prima, l'uomo aveva rivolto la propria attenzione al fienile. Trovando le porte chiuse a chiave aveva cominciato a maneggiare il lucchetto, soppesandolo nel palmo della mano e studiandolo con attenzione. E ora, sotto gli occhi increduli di Sam, estrasse dalla tasca della giacca quello che sembrava un temperino e prese a scassinarlo. «Ehi!» Senza essere nemmeno sicuro di essere a portata di orecchio, Sam diede sfogo al proprio sdegno. «Basta così! Coraggio, vecchia mia...» Non attese che Sal gli si affiancasse e si lanciò a passo di marcia giù dal pendio, con tutte le intenzioni di dire due paroline all'intruso. Di chiedergli cosa credeva di fare. Sì, e dirgli di tenere giù le zampe dalle proprietà altrui. Ma quando abbandonò la cresta perse di vista la figura in tweed, e ora che arrivò nell'aia, malgrado non fossero passati che pochi minuti, l'uccello aveva preso il volo. L'acciottolato era deserto. «Dannazione!» Sam si guardò intorno in preda alla frustrazione. Notò che il cancelletto che dava sull'orto recintato era aperto. A quanto pareva, l'uomo se n'era andato nella stessa direzione da cui era arrivato. Fermandosi soltanto il tempo necessario a controllare che il lucchetto del fienile fosse ancora chiuso, Sam si lanciò all'inseguimento, attraversando a passo rapido il giardino e il frutteto e poi varcando la siepe che dava sulla Wood Way. Lì lo attendeva una delusione. Aveva sperato di trovare vicina la sua preda, invece vide che l'uomo l'aveva già distanziato. Era arrivato quasi in cima al sentiero e si stava avvicinando alla cresta a grandi passi, dandosela a gambe. «Ehi! Tu!» gli gridò dietro di nuovo, ma senza ottenere più risultati di prima. O il tizio non l'aveva sentito, oppure aveva deciso di non voltarsi. «E va bene! Squagliatela pure!» Mentre dava voce alla sua frustrazione, Sam venne distratto dalla vista di un'altra figura sul sentiero davanti a quella dell'uomo. La riconobbe: era Nell. Inconfondibile nel suo cappello bianco e nel grembiule blu della scuola, aveva appena superato la cresta proveniente dalla strada sul versan-
te opposto, dove l'aveva lasciata la corriera. Sotto gli occhi di Sam, i due si incrociarono senza fermarsi. Qualche istante dopo l'uomo scomparve oltre il bordo della collina. Nell, nel frattempo, si stava avvicinando, mettendosi a trotterellare quando giunse sul punto più ripido della discesa e agitando un braccio. «Salve, signor Waktin... ciao, Sally.» Senza fiato, le guance rosee come mele, la bambina li raggiunse e si afflosciò a terra. I guaiti di benvenuto di Sally vennero premiati con un abbraccio. Sam guardò la scena sorridendo. «Sembri distrutta», osservò. «Lo sono. Per poco non ho perso la corriera», rispose Nell ansimando. «L'ho dovuta rincorrere per un bel tratto. Ho ancora le fitte.» Si strinse un fianco. «Stavamo facendo le prove per la rappresentazione di Natale. Io sarò uno dei re magi. Avrò barba e baffi. Mamma e papà moriranno dal ridere.» Sam attese che riprendesse fiato, poi chiese: «Quel tizio che hai incrociato sul sentiero...» «Quello a cui lei gridava dietro?» Nell alzò gli occhi su di lui. Il rossore le stava abbandonando le guance. «L'avevi mai visto? Nei dintorni, voglio dire?» «No, non penso... perché?» Si scostò i capelli dagli occhi. «L'ho sorpreso a curiosare nell'aia e cercare di entrare nel fienile.» «Doveva avere la coscienza sporca. Avrebbe dovuto vedere l'occhiata che mi ha dato.» Scoppiò a ridere. «Occhiata? Quale occhiata?» Nel pronunciare quelle parole, Sam aggrottò la fronte. «Oh, ha presente... un'occhiata.» Nell aveva notato la sua reazione. «Niente di speciale... davvero.» Cambiò posizione sulle ginocchia scoperte voltandosi verso Sally, che negli ultimi istanti era stata occupata a fiutare la sua cartella. «Cosa ti fa pensare che abbia qualcosa per te?» le chiese severa. Per tutta risposta, Sal agitò vigorosamente la coda. «Non immaginerai certo che abbia un bis-cot-to, vero?» La parola sillabata venne accolta con un latrato di incoraggiamento. «E va bene, lo ammetto. Mi è rimasto un pezzettino di pan di zenzero.» Sam rimase a osservare mentre la leccornia veniva offerta... e subito eliminata. Il cipiglio non aveva ancora abbandonato il suo volto. «Oh, Sally...! Potresti almeno fingere di masticare.» Nell scosse la testa
fingendosi disperata, poi cominciò a raccogliere le sue cose. «È bello avere il signor Noyes a casa nostra dopo il lavoro.» Alzò gli occhi. «Bess lo adora. L'altra sera il papà si è seduto in cucina insieme a noi. Sa, lui non parla mai della guerra, ma con il signor Noyes ha cominciato a scambiarsi storie, cose che erano accadute a tutt'e due, e io sono rimasta lì ad ascoltarli, silenziosa come un topolino. Il signor Noyes dice che a Natale il cantiere sarà finito e lui tornerà a Hove. Non so cosa farà la povera Bess, quando se ne andrà.» «Eddie sentirà la vostra mancanza.» Sam la aiutò a rialzarsi e le raddrizzò la cartella. «Me l'ha detto lui stesso.» «Davvero? Be', ci mancherà anche lui. Vero, Sally?» Nell si chinò per elargire il solito bacio sulla testa del cane. «Ma spero che non scompaia alla fine del lavoro, spero che torni a trovarci ogni tanto. Arrivederci, signor Watkin», disse premiandolo con il sorriso di sua madre. «Ciao, tesoro.» Sam la guardò allontanarsi, aspettando finché non la vide imboccare la biforcazione per Oak Green. Poi si voltò e, affiancato da Sally, risalì il sentiero in direzione del furgoncino. «Le ha dato un'occhiata, eh?» Era ancora preoccupato per quello che gli aveva detto Nell. Non gli piaceva affatto. Non più di quanto gli fosse piaciuta la scena a cui aveva assistito poco prima. «E cosa ci faceva lì nell'aia a curiosare? Che intenzioni aveva, Sal?» Per quanto ci provasse, non riusciva a trovare una spiegazione. Ma una cosa era certa. In futuro avrebbe tenuto gli occhi bene aperti. E avrebbe chiesto a Eddie di fare lo stesso. E se uno dei due l'avesse sorpreso di nuovo ad aggirarsi per la fattoria, gli avrebbe dato il benservito. In triplice copia. Gli avrebbe detto di sparire. 21 «Sarò sincero, John. Dubito che lo prenderemo mai. Anche supponendo che si trovi ancora in Inghilterra, da dove cominciamo? Non ha amici, non ha famiglia, non ha un'occupazione riconosciuta come tale e nessun legame con una zona qualsiasi del Paese. La sua vita è un mistero. Per quanto riguarda il tipico sbirro inglese, potrebbe anche venire da un altro pianeta.» Angus Sinclair aveva a malapena dato a Madden il tempo di salutarlo e prendergli il cappello prima di lanciarsi in una lista di lamentele e autocri-
tiche. «Ho appena trascorso la mattina a spiegare a un gruppo di poliziotti oberati di lavoro di essere sicuro che una ricerca ben organizzata ci porterà a Lang, quando in realtà non lo penso affatto.» L'ispettore capo era giunto in macchina a Highfield da Guildford, dove su sua richiesta era stata indetta una riunione di investigatori di grado elevato delle polizie del Surrey e del Sussex. Quando era partito da Londra, all'inizio della giornata, non aveva in programma di vedere Madden, ma con il procedere della mattinata e il montare della propria insoddisfazione per ciò che stava facendo, la tentazione di far visita al suo vecchio amico e collega, e l'idea di trovare almeno un orecchio solidale con cui sfogarsi, erano diventate irresistibili. Una telefonata alla fattoria aveva portato a un invito a pranzo, proposta che Sinclair era stato doppiamente lieto di accettare quando aveva saputo che Helen non sarebbe stata dei loro. «È andata a Chiddington a sostituire un amico.» L'ispettore capo non si faceva illusioni su come la moglie di Madden avrebbe reagito a un suo ulteriore tentativo di coinvolgere il marito nelle indagini. Voleva inoltre essere libero di parlare, cosa che non avrebbe potuto fare alla presenza di Helen. In realtà, la sua franchezza suscitò un certo disagio nello stesso Madden. «È giusto che tu mi dica tutto questo, Angus? Non dovrebbero essere informazioni protette dalla legge per la Sicurezza del Regno?» «Al diavolo il Regno, al diavolo la legge e al diavolo i servizi segreti britannici, chiunque essi siano!» Rinvigorita da un forte bicchiere di whisky, la lingua di Sinclair era diventata ancora più sciolta. «Grazie a certi individui, a cui non verrà mai chiesto di rendere conto delle proprie azioni, uno spietato assassino è stato lasciato a piede libero per anni e ha sempre goduto della protezione dei servizi segreti di questo Paese. Quegli uomini sapevano che era un assassino e hanno scelto di ignorarlo. Se per caso verrà arrestato all'estero, succederà il finimondo e qualche nodo potrà tornare al pettine. Prego che mi venga risparmiato di assistere.» L'umore dell'ispettore capo era già stato rovinato all'inizio della settimana, quando aveva ricevuto da Philip Vane le informazioni che questi aveva promesso di estrarre dal dossier confidenziale di Gaston Lang. Per quanto si fossero rivelate ricche di dettagli, avevano lasciato Sinclair con la sensazione di aver ricevuto una saponetta troppo scivolosa perché fosse in grado di afferrarla. Vane gli aveva fornito una lista dei Paesi in cui Lang aveva lavorato, completa delle date e degli pseudonimi che poteva aver usato nel-
le varie missioni. «È come una guida turistica dell'Europa Centrale», aveva detto a Bennett e Holly quando si erano riuniti per fare il punto sui progressi delle indagini. «È stato molto occupato, il nostro signor Lang. Senza dubbio valeva il suo prezzo. Dal loro punto di vista, quanto meno. Ma non c'è niente, qui, che possa mostrarci che tipo di uomo è. È un guscio vuoto. Dove sono le sue abitudini, le sue eccentricità?» «Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, i Balcani... hmmm.» Il vicecommissario aveva sfogliato la lista. «Che cosa vuole farne?» aveva domandato a Sinclair. «Tanto per cominciare, mi metterò in contatto con le polizie di quei Paesi per vedere se risultano crimini irrisolti simili ai nostri. Avranno già ricevuto la nostra precedente richiesta tramite la Commissione Internazionale, ma spiegherò loro che l'assassino potrebbe essere attivo da anni. Poi invierò la lista di pseudonimi alla Commissione, insieme alla descrizione e alla fotografia di Lang, con la richiesta che vengano diffuse. Voglio stendere una rete su tutta l'Europa e al di là. Più gente coinvolgeremo nella ricerca di quest'uomo, meglio sarà. La polizia tedesca dovrà esserne informata separatamente; hanno il diritto di sapere cosa stiamo facendo.» «Sì, ispettore capo, ma faccia attenzione.» I timori di Sir Wilfred erano tornati in superficie. «Penso che Vane stia rischiando grosso, fornendoci queste informazioni. Non dovremo mai, per nessun motivo, rivelare il collegamento fra Lang e i nostri servizi segreti. Non dimentichi che gli abbiamo dato la nostra parola.» «Stia tranquillo, signore, non passerò il segno. Anche se, a proposito di parole date e ricevute, dubito che Vane e i suoi colleghi vi diano molto peso, se non come un mezzo per ingannare il prossimo.» Le labbra di Sinclair avevano tradito un fremito di disgusto. «E dovremo dare a Berlino qualche indicazione riguardo alle fonti di ciò che diremo. Suggerisco di attribuirlo a informatori del mondo criminale. Dopo tutto, non è così lontano dalla verità.» «Andiamo, non le sembra di essere troppo severo?» Bennett l'aveva fissato. «Dio sa che non sto difendendo il modo in cui Lang è stato gestito in origine dai nostri servizi segreti. Ma le loro priorità sono diverse dalle nostre, e i loro problemi sono molto particolari. Dobbiamo essere grati di non essere noi a dovercene occupare. Ha sentito quello che ha detto Vane: nessuno segue più le regole.» «Così vorrebbero farci credere.» Il tono di Sinclair era glaciale. «Mi
permetto di pensarla diversamente.» Sir Wilfred aveva emesso un sospiro. Aveva rivolto un'occhiata di sottecchi ad Arthur Holly, aspettandosi per abitudine di ricevere un po' di aiuto da parte sua, ma si era subito reso conto della futilità delle proprie speranze. Il sovrintendente capo era stato informato sulla sostanza del loro incontro con Vane, aveva ascoltato in silenzio il rapporto di Sinclair, e soltanto alla fine aveva espresso il proprio punto di vista. «Ho sempre pensato che la responsabilità fosse alla base della pubblica amministrazione, signore.» Brontolando la sua disapprovazione, il sovrintendente capo si era rivolto a Bennett. «Ci viene dato un potere, e in cambio dobbiamo rendere conto di come lo esercitiamo. In questo caso, non vedo alcun segno di ciò. Questa gente sembra pensare di poter piegare la legge ai propri interessi.» In preda alla disperazione, il vicecommissario aveva cambiato argomento. «Tornando a noi, ispettore capo, cosa possiamo fare nel nostro Paese? Presumo che stia organizzando una caccia all'uomo?» «Sì, ma senza troppa convinzione. L'ultimo omicidio risale ai primi di settembre; sono passati più di due mesi dall'ultima volta che si è fatto vivo, se così si può dire.» Nell'udire le proprie stesse parole, Sinclair aveva tradito una smorfia. «È probabile che abbia già lasciato il Paese. Ma non possiamo esserne certi, e dobbiamo agire con la premessa che fino a prova contraria si trovi ancora qui. Non credo che quella fotografia ci servirà a molto. Se è in fuga come pensa Vane, c'è da scommettere che ha cambiato aspetto. Ma la sto diffondendo a tutti i dipartimenti del Paese, insieme alla descrizione e a un elenco di nomi che ha usato in passato. E farò in modo che vengano tenuti d'occhio i porti, naturalmente.» «E la stampa? Possiamo usarla?» «No, signore, non penso. Non in questo caso. Sarebbe come aprire il vaso di Pandora. Non si può prevedere cosa potrebbe uscirne. E da un punto di vista puramente pratico, non ci servirebbe a niente. Pubblicare la fotografia e la descrizione di Lang sul giornale non farebbe altro che avvertirlo che siamo sulle sue tracce, cosa di cui non può ancora essere sicuro. Non dimentichi che si tratta di un uomo che ha sempre vissuto nell'ombra. Nessuno meglio di lui sa come coprire le proprie tracce. Voglio che la caccia resti il più possibile ristretta alla sola polizia. E voglio concentrarla nelle contee in cui Lang ha già colpito. C'è la possibilità che si sia trattenuto nell'area del Surrey e del Sussex. John Madden, tanto per fare un nome, la pensa così.»
«Ancora Madden?» Nell'udire quel nome familiare, Bennett si era rischiarato in volto. «Cosa aveva da dire?» «Diverse cose, in verità.» Il cipiglio di Sinclair, che l'aveva accompagnato per tutta la mattina, era momentaneamente scomparso, e il sorriso che ne aveva preso il posto mostrava una punta di autocompiacimento. La mossa di inviare Billy Styles dal suo mentore aveva dato quanto meno un risultato utile. «Non avevo ancora avuto modo di dirvelo, ma John ha fatto un'osservazione preziosa. Pensa che Lang dovesse aver esplorato a fondo le campagne attorno a Brookham prima dell'omicidio. Come avrebbe fatto altrimenti a sapere dove portare la bambina? Non è capitato lì per caso. E se ha avuto il tempo di guardarsi intorno, ciò suggerisce che forse alloggiasse nell'area. In un albergo o in una pensione privata, forse. Cominceremo da lì. È un lavoro per la polizia di contea. Domani ho un incontro con gli investigatori del Surrey e del Sussex.» Era stata quella riunione a Guildford a incupire l'umore di Sinclair e a spedirlo alla ricerca di Madden. La consapevolezza di non essere stato del tutto sincero con i suoi colleghi lo metteva a disagio, e l'ispettore capo non ne faceva un segreto. «Si sono sicuramente accorti che non stavo dicendo loro tutto ciò che sapevo. Come minimo si saranno chiesti come avevo fatto a ottenere tutte quelle informazioni sui viaggi all'estero di Lang.» «Hanno chiesto che lavoro faceva?» «Sì, e io ho risposto che non sapevo dirglielo. Ma sono poche le professioni che si accompagnano a una simile quantità di pseudonimi. Immagino che abbiano fatto due più due. Tutto quello che ho potuto fare io è stato sottolineare l'aspetto poliziesco della faccenda. La nostra unica preoccupazione, ho detto loro, è catturare un assassino, e ho messo in evidenza quanto è pericoloso quest'uomo e quanto è diverso dal tipo di criminale con cui abbiamo normalmente a che fare.» «Sei preoccupato, vero?» Si erano spostati dal salotto alla sala da pranzo, dove la signora Beck aveva servito loro il pranzo e dove la luce grigia e opaca della giornata autunnale si riversava dalle finestre e si stendeva fredda sulla tovaglia bianca. Madden aveva detto poco fino a quel momento. «Molto. È armato di coltello, e sa come usarlo. Le povere bambine che ha massacrato non sono le sue sole vittime. Anni fa ha ucciso un investigatore, e Vane ci ha fatto capire che nella sua carriera ci sono stati altri morti.
Sto insistendo che la ricerca venga condotta da agenti in borghese. Non voglio che un qualsiasi poliziotto di villaggio si metta in testa di arrestarlo. Potranno cominciare dai portieri di albergo e dalle affittacamere, cercando uomini soli che corrispondono alla descrizione. Se riterranno necessario un interrogatorio, dovranno essere presenti almeno in due. E stare in guardia. Se sarà costretto, se si sentirà minacciato, Lang ucciderà. L'ha già fatto.» Accantonando ogni discrezione, l'ispettore si era imbarcato a quel punto in una dettagliata descrizione della visita che lui e Bennett avevano fatto al ministero degli Esteri. Il suo racconto si era protratto per tutto il pranzo e il caffè, e non si era ancora concluso quando erano usciti a prendere una boccata d'aria in terrazza, accolti da un banco di fitta nebbia che fluttuava a valle da Upton Hanger e risaliva il prato. Il frutteto ai piedi del giardino ne era già stato inghiottito, e del grande faggio che si ergeva lì accanto erano visibili soltanto pochi rami che sbucavano dalla cortina di grigio. «Dunque la situazione è questa, John. E non ho la minima idea di come procedere.» Madden emise un grugnito. Ignaro delle goccioline di brina sui capelli e sulle sopracciglia, aveva ascoltato in un cupo silenzio. «Dunque la voglia che Beezy aveva visto esiste veramente. Siete riusciti a fare uso dell'informazione?» «Non esattamente.» Sinclair scosse il capo. «La voglia è sul petto, coperta dagli indumenti. Ma ho deciso di fare un tentativo. Stiamo distribuendo volantini presso tutti i dottori del Surrey e del Sussex per chiedere se di recente hanno avuto in cura un uomo con un'ampia voglia color vino, non un paziente regolare, ovviamente, e avvertirli che è pericoloso. Helen ti potrà mostrare il suo quando arriverà. Dovrebbe essere questione di giorni.» L'ispettore capo aveva sperato che il suo ex collega potesse offrirgli qualche intuizione sui problemi che si trovava a fronteggiare. Ma Madden aveva soltanto un consiglio da dargli, e per sua stessa ammissione si trattava della «più azzardata delle congetture». «Mi ha colpito quello che vi ha detto Vane sul fatto che Lang sia un birdwatcher. Spiega un elemento che mi lasciava perplesso.» «Vale a dire?» Sinclair si asciugò il volto fradicio con un fazzoletto. «Mi chiedevo come facesse a sapere del bivacco dei vagabondi nei pressi di Brookham, il luogo in cui ha portato la bambina. Non poteva esserci capitato per caso. Ma ora capisco. Quando ci sono tornato il giorno dopo, il bosco era pieno di cinguettii. Ricordo di aver visto un martin pescatore.»
Gli occhi di Madden si velarono al ricordo. «E pensi che Lang vi fosse stato prima?» Madden annuì. «Doveva essere passato in auto da Capel Wood e aver pensato che fosse un luogo promettente. Potrebbe aver facilmente esplorato il corso del torrente. Quando Billy Styles è venuto a trovarmi, abbiamo parlato proprio di questo, del fatto che l'assassino sembrasse conoscere la campagna. Ci chiedevamo se non avesse un hobby che gli faceva passare del tempo all'aria aperta.» Inarcò un sopracciglio in direzione di Sinclair. «Forse varrebbe la pena di approfondire la cosa, Angus.» «Non vedo come.» L'ispettore capo si grattò la testa. «Stavo pensando alle varie associazioni... di birdwatching, voglio dire. Ce ne devono essere diverse, in entrambe le contee. Potreste fare in modo che passino al vaglio i loro soci, vedere se hanno notato dei volti nuovi in campagna, uomini che corrispondano alla descrizione. Potrebbero ricordarsi qualcosa.» Sinclair fece un grugnito. Sembrava poco convinto. «È una possibilità, suppongo. E visto che ci stiamo comunque arrampicando sui vetri...» Incrociò lo sguardo di Madden e sorrise. «Sai che ti dico? Darò l'incarico a Styles. In questo momento si sta girando i pollici a Guildford.» Restarono in silenzio mentre la nebbia si addensava attorno a loro. A un tratto, dalle labbra di Sinclair provenne un gemito. «Dannazione, non basta. Ci vorrà più della fortuna, per catturare quell'uomo. Non c'è altro che possiamo fare?» Il silenzio con cui Madden rispose parve più fragoroso di qualsiasi parola, e per l'ispettore capo il suo sguardo cupo e introverso fu una conferma delle proprie peggiori paure, a cui diede voce con una rabbia causata dal suo stesso bisogno di esprimerle. «Dobbiamo aspettare che uccida di nuovo?» 22 Erano quasi le cinque e stava calando il buio quando Eddie Noyes lasciò il cantiere, rivolgendo un cenno di saluto ai suoi due amiconi McCarthy, Pat e Jimmy, entrambi della contea di Mayo in Irlanda, ma a sentir loro non imparentati, e rispondendo alle mani alzate di alcuni degli altri. Era venerdì, la fine della settimana lavorativa, e gli uomini avevano impiegato più del solito a raccogliere i loro attrezzi e rimettere in ordine pri-
ma di andarsene. L'ultimo compito di Eddie era stato sistemare i cartelli mobili alle due estremità del cantiere stradale per avvertire gli automobilisti di rallentare. Alti un metro e ottanta e con basi di cemento, erano difficili da spostare, ma Eddie aveva imparato il trucco di inclinarli e farli rotolare fino al punto desiderato. Agli inizi non era stato facile integrarsi in quel gruppo. Era stato subito etichettato come un estraneo, un tipo non uso al lavoro manuale, e prima di venire accettato aveva dovuto dimostrare di essere all'altezza assumendosi alcuni fra i compiti più duri e sporchi, come sfondare il vecchio manto stradale con una mazza o mescolare e versare il catrame. Ma erano brave persone, una dozzina di uomini in tutto, metà dei quali irlandesi, e a Eddie la loro compagnia aveva rammentato più di ogni altra cosa i tempi in cui era soldato. Fino al caposquadra, Joe Harrigan: era una copia esatta del suo sergente maggiore, un irlandese dalle sopracciglia nere del Donegal, il quale era un vero bastardo se lo contrariavi ma si prendeva cura dei suoi uomini. Dooley, si chiamava. Jack Dooley. Un proiettile di mortaio tedesco l'aveva fatto fuori a Mons. Eddie si era unito alla squadra qualche mese prima, quando questa stava lavorando nelle vicinanze di Hove, dove abitava. Aveva sentito dire che cercavano manodopera, si era proposto nella speranza di essere preso e lo era stato, anche se Harrigan non gli aveva lasciato alcun dubbio su ciò che ci si aspettava da lui. «Non mi sembri all'altezza», aveva detto schiettamente, osservazione che Eddie aveva immaginato si riferisse alla sua bassa statura e forse alle mani troppo morbide, che il caposquadra aveva afferrato nelle palme callose e aveva esaminato con fare critico. «Ma ti metterò alla prova. Bada, non si fanno favori.» Da quando aveva perso l'impiego di rappresentante il dicembre precedente Eddie non era più stato in grado di trovare un lavoro fisso, ed era pronto ad accettare al volo qualsiasi cosa gli venisse offerta. Il fardello del mantenimento di sua madre e sua sorella, che condividevano con lui la piccola casa di Hove, era molto pesante, e il terrore di venir meno ai propri doveri nei loro confronti era sempre presente nei suoi pensieri. Incamminatosi lungo la strada, Eddie era giunto all'incrocio con il sentiero che scavalcava la cresta della collina e conduceva alla fattoria Coyne. Pieno di escursionisti nelle temperate settimane autunnali, ora che l'inverno si avvicinava era deserto. Guardandosi indietro, Eddie vide che i suoi compagni avevano raccolto i loro attrezzi e si erano incamminati in fila
sparsa nella direzione opposta, verso il capanno di lamiera ondulata a quasi un chilometro di distanza che ospitava il cubicolo che Harrigan usava come ufficio, lo spazio per gli attrezzi e qualche metro quadrato di terra battuta su cui quelli che sceglievano di risparmiare i soldi di un alloggio a buon mercato stendevano le loro coperte. Eddie era stato uno di loro. Erano state proprio le lunghe ore di buio, risuonanti del russare e dei gemiti degli altri, le più difficili da sopportare. Insonne fra i corpi pressati, respirando l'aria fetida, Eddie sentiva crollare il proprio morale, e ogni mattina doveva dar fondo alla propria forza di volontà per alzarsi e affrontare il nuovo giorno. Ciò malgrado, quando gli era stata offerta la possibilità di sfuggire a quel purgatorio aveva esitato, temendo che gli altri si potessero risentire per la sua buona stella. Ma aveva scoperto di averli giudicati male. Strizzandogli l'occhiolino, Pat McCarthy l'aveva pregato di sputargli in mano, nell'eventualità che la sua buona sorte fosse contagiosa. E tutti, come un sol uomo, l'avevano incitato ad approfittare di quella fortuna inaspettata. Al pensiero di quanto era cambiata la sua situazione dalla sorprendente comparsa di Sam Watkin il sorriso sul volto di Eddie divenne ancora più ampio, facendogli venire in mente l'immagine di un sasso che cadeva in uno stagno. Ripensò con gioia al momento in cui il furgoncino verde delle Poste gli si era fermato accanto e lui aveva udito il festoso saluto dell'uomo al volante. «Ehi, Eddie!» La felicità che aveva provato quell'istante proveniva da altri tempi, dai giorni peggiori della guerra, quando il naso storto di Sam pareva un simbolo della sua stessa pugnacia, del suo rifiuto di arrendersi a ciò che la vita gli scatenava contro, e nell'orrore fangoso che era diventata la loro esistenza quotidiana il suo spirito, come un'antica magia tribale, aveva gettato un incantesimo su tutto ciò che lo circondava. «Ehi, Eddie!» Tutto ciò che era accaduto in seguito a quel loro incontro casuale, dal suo trasferimento alla fattoria Coyne alla gentilezza della famiglia Ramsay, pareva a Eddie una sorta di estensione del meraviglioso potere del suo vecchio amico, e gli aveva dato una nuova fiducia. Ancora una volta aveva ripreso la sua lunga battaglia per sfuggire a quella che vedeva come la mano morta del passato, una forza misteriosa che minacciava sempre di trascinarlo a fondo. Per anni aveva provato una sensazione di inerzia, una mancanza di forza
di volontà che gli aveva impedito non solo di vivere la sua vita fino in fondo, ma anche di accantonare per il futuro. Ignaro che fosse un malessere condiviso da migliaia di sopravvissuti alla guerra, Eddie l'aveva attribuito invece a un evento particolare: credeva che originasse dal momento in cui aveva subito la ferita quasi mortale che aveva messo fine alla sua carriera militare. Ricordava ancora l'impatto del proiettile del cecchino che l'aveva colpito come un pugno di ferro, perforandogli la cassa toracica e mandando schegge d'osso a conficcarsi in uno dei polmoni. Chiari nella sua memoria erano anche i minuti successivi. Mentre le voci degli uomini attorno a lui si affievolivano era rimasto disteso a fissare il cielo sempre più buio, in attesa dell'oblio. Rendendosi conto che per lui era finita. E malgrado quella convinzione si fosse rivelata falsa, il ricordo di essa era tornato come un'eco spettrale pochi giorni dopo, quando aveva ripreso conoscenza in una corsia di ospedale e aveva scoperto cosa gli era accaduto in quel mentre. «Lei è il tizio che è tornato dall'aldilà», gli aveva detto con un gran sorriso il medico di guardia. «L'avevano già caricata sul carro dei morti quando uno dei ragazzi si è accorto che le tremava una palpebra. Buon per lei, perché in caso contrario si ritroverebbe a vedere l'erba dalla parte delle radici.» Durante la sua lenta guarigione, in cui per settimane era rimasto disteso come in sogno, indifferente al proprio futuro e perfino alla consapevolezza che non avrebbe più fatto ritorno al fronte, su di lui era calato un fatalismo che nel corso degli anni successivi non era cambiato di molto e che sorgeva dalla convinzione, già radicata nella sua mente, di vivere anni che non gli appartenevano. Raggiunta la cresta della collina, Eddie accelerò il passo. I lunghi crepuscoli estivi erano ormai cosa del passato, e in quel periodo dell'anno il buio calava in fretta. Ma il cielo si era rasserenato dopo un periodo piovoso e negli ultimi giorni era sorta una luna nuova che più tardi avrebbe rischiarato il suo percorso fino a Oak Green. Restio sulle prime ad accettare l'invito dei Ramsay, Eddie provava ormai un gran piacere a trascorrere le ore nella loro cucina, dove il calore del loro benvenuto sembrava un rimbrotto alla malinconia che così spesso lo affliggeva. Sentiva addirittura che in un certo senso era diventato un membro della
famiglia, o quanto meno della casa, e la sua presenza serale al tavolo della cucina era così accettata che quando la signora Ramsay si presentava, come faceva sempre, per scambiare qualche parola con lui si sedeva, impedendogli di scattare in piedi, e cominciava immediatamente a parlare di qualsiasi cosa le passasse per la testa come se stesse riprendendo una conversazione interrotta, senza perdere tempo con le formalità e affrontando subito l'argomento. Spesso gli chiedeva consiglio, e il suo sorriso e l'amichevolezza dei suoi modi mettevano Eddie così a proprio agio che si sorprendeva a pontificare sugli argomenti più disparati, fra cui cose di cui lui sapeva ben poco. Non che sembrasse avere importanza. «Ottima idea, signor Noyes. Penso che seguirò il suo consiglio.» A quel punto la signora Ramsay si rivolgeva a Bess chiedendole cosa ne pensava, e la cuoca, che conosceva bene la sua padrona, offriva un'opinione schietta cercando nel frattempo di incrociare lo sguardo di Eddie e di scambiare con lui una strizzatina d'occhio. Quello che Sam aveva detto scherzando era vero: Bess sembrava avere un debole per lui, ma finora questo si era manifestato soltanto nei rossori con cui lo accoglieva ogni sera, illuminandosi in volto come una lanterna nell'istante in cui lui faceva capolino dalla porta. Non sapendo bene come affrontare quelle dimostrazioni di affetto (le peculiari circostanze della sua vita gli avevano concesso scarse esperienze in fatto di donne), Eddie la trattava come avrebbe trattato un'amica, e Bess sembrava accontentarsene. L'attuale pensiero della signora Ramsay, di cui aveva parlato di nuovo soltanto la sera prima, era se avrebbe dovuto lasciare che sua figlia continuasse a tornare a casa da sola dopo la scuola. Le giornate sempre più brevi erano una ragione per cui stava pensando di mettere fine alla cosa, unite al fatto che ora che l'autunno era quasi finito e l'inverno bussava alle porte il sentiero che Nell prendeva per giungere a Oak Green dalla fermata della corriera era sempre più deserto. «So che ci impiega solo dieci minuti, ma sta diventando così solitario. Credo proprio che dovrei dire basta, quanto meno fino alla primavera, ma Nell non sente ragioni. Ha un'età in cui non vuole più essere trattata come una bambina, ed è riuscita ad attirare suo padre dalla propria parte. Lei che ne pensa, signor Noyes?» Malgrado fosse segretamente d'accordo con la signora Ramsay (certi giorni, quando tornava al fienile dopo il lavoro, non vedeva anima viva sul sentiero), Eddie era riluttante a dirlo. Fin dall'inizio Nell si era comportata
come se loro due si conoscessero da anni, confidandosi con lui con un candore che avrebbe fatto sembrare un tradimento qualsiasi cosa Eddie avesse detto alle sue spalle. E pur riconoscendo che i modi aperti della bambina erano probabilmente un'inconsapevole imitazione di quelli della madre, Eddie trovava difficile resistervi allo stesso modo in cui gli era difficile resistere a quel suo dono di vivere nel momento, una grazia che a lui e forse a tutti gli adulti era negata ma che Nell manifestava ancora con una prontezza di spirito che conquistava tutti coloro di cui faceva la conoscenza. Qualche settimana prima, quando Eddie era ancora restio ad accettare l'invito che gli avevano fatto (si era recato soltanto due volte a casa loro, lasciando passare diversi giorni fra una visita e l'altra), dopo la scuola Nell aveva raggiunto a piedi il cantiere dalla fermata della corriera per rinnovare l'invito per conto di sua madre. Riferito il messaggio, si era trattenuta a guardare gli uomini al lavoro, impegnati ad asfaltare un tratto di strada, interrogandoli con la sua consueta spontaneità e dando per scontato che loro avrebbero accolto con favore la sua curiosità, cosa che era successa al punto che persino il vecchio Harrigan aveva abbandonato il torvo cipiglio con cui aveva inizialmente reagito alla vista della sua sottile figura che dardeggiava fra gli uomini e si era preso carico di iniziarla ai misteri delle strade asfaltate. Da allora in avanti la squadra attendeva il suo arrivo ogni pomeriggio, alzando gli occhi dal lavoro al passaggio della corriera proveniente da Midhurst per salutare il volto sorridente affacciato al finestrino. «Guardate, c'è Nell», gridavano. «Ciao, Nell!» Quello stesso giorno, al suo passaggio, Pat McCarthy si era levato il cappello e inchinato, e Nell, ridendo, aveva risposto al suo saluto con un cenno regale, facendo spanciare l'intera squadra. Ridacchiando al ricordo, Eddie accelerò ulteriormente il passo. Era impaziente di arrivare a Oak Green. Due settimane prima, il signor Ramsay gli aveva detto che fra i suoi clienti vi era una grossa ditta di cancelleria con sede a Chichester e clienti in un buon numero di cittadine costiere, e che se Eddie voleva avrebbe potuto informarsi con discrezione, quando se ne fosse presentata l'occasione, sulla possibilità che lo assumessero come rappresentante. In seguito, la signora Ramsay l'aveva informato che il marito stava ora certificando i libri contabili proprio di quella stessa ditta, e che sperava di potergli dire qualcosa per il fine settimana.
Abbassando gli occhi su di sé mentre camminava a passo rapido lungo il sentiero, Eddie sentì ampliarsi il proprio sorriso. Era difficile immaginare che esistesse qualcuno di meno simile a un rappresentante di lui. Lurido dopo la giornata di lavoro e vestito con i suoi indumenti più vecchi e logori, sembrava più un barbone. Ma prima di recarsi a Oak Green sarebbe passato dal fienile a lavarsi e cambiarsi. Era una cosa di cui ora andava fiero, rendersi presentabile. Lo vedeva come un simbolo della sua nuova determinazione a farsi una nuova vita, a liberarsi dall'ombra che gravava su di lui fin dalla guerra. Negli ultimi tempi aveva cominciato a chiedersi se la depressione di cui soffriva non fosse una vera e propria malattia, una condizione sulla quale non aveva alcun controllo ma per cui poteva esistere una cura; erano pensieri che gli venivano soprattutto alla fine della giornata, quando, rientrato nel fienile dal calore della cucina di Oak Green, si preparava a coricarsi accendendo il braciere che gli aveva dato Sam e poi stendendo le coperte sul materasso che avevano preparato con il fieno. Disteso nel buio fresco e odoroso, in un silenzio spezzato soltanto dai movimenti dei piccioni appollaiati sopra di lui e dal raschiare dei topi nella paglia, Eddie si meravigliava della trasformazione che era già avvenuta in lui: dello spirito di resistenza che Sam l'aveva aiutato a riaccendere e del mondo di piccoli piaceri su cui da allora aveva aperto gli occhi. Con la consapevolezza di entrambi era giunta una fioritura di nuova speranza. Infilatosi nel varco lungo la siepe, Eddie superò il fossato con un balzo e attraversò il frutteto su cui aleggiava intenso l'odore dolce delle mele cadute e mai più raccolte dall'abbandono della fattoria. L'orto recintato si trovava solo alcuni passi più avanti, e dopo aver varcato il cancello di legno Eddie attraversò il terreno ricoperto di erbacce seguendo un sentiero di ghiaia di cui distingueva a malapena i bordi nella penombra della sera ma che conosceva a memoria. Un altro cancelletto sul lato opposto del rettangolo di terra dava sull'aia, e qui Eddie si fermò un istante, lo sguardo catturato dalla luna che sorgeva come una falce dorata sopra la sagoma incombente del fienile. La luce che proiettava era ancora fioca, ma una volta che fosse sceso il buio, e ormai mancava poco, avrebbe illuminato più che a sufficienza il suo cammino nei campi. Eddie si rimise in moto, e aveva percorso forse la metà dell'aia quando si
rese conto che c'era qualcosa di strano nelle porte del fienile. La penombra incipiente, che non era più giorno ma nemmeno sera, gli rendeva difficile vederci chiaro, ma poco dopo si rese conto di cosa si trattava. Malgrado entrambe le porte fossero regolarmente chiuse, la fessura fra loro era evidenziata da un filo di luce proveniente dall'interno. Eddie si arrestò. La prima cosa che gli venne in mente fu che Sam fosse passato a trovarlo, ma la accantonò subito. Oggi era venerdì, non martedì o giovedì, i giorni in cui di regola passava dalla fattoria Coyne, e oltretutto nel piazzale accanto alla strada non c'era traccia del suo furgone. Poi rammentò qualcos'altro. Solo pochi giorni prima Sam gli aveva raccontato di aver sorpreso un uomo a curiosare attorno all'aia. L'aveva chiamato, rammentò ora Eddie, ma il tizio se l'era svignata. «Era più o meno della mia taglia, e vestito da signore.» Nel riferirgli l'incidente, Sam aveva aggrottato la fronte. Era chiaro che qualcosa l'aveva turbato. «Il suo aspetto o il suo comportamento non mi sono piaciuti; se vedi qualcuno di simile aggirarsi lì intorno, digli di togliersi dai piedi.» Ormai sul chi vive, Eddie attraversò l'aia a passo rapido, facendo risuonare i tacchi degli scarponcini sui ciottoli. Quando raggiunse il fienile vide il chiavistello tirato e il lucchetto aperto che ne penzolava. Aprì le porte e guardò all'interno. C'era una luce in fondo al fienile, ma non si riusciva a capire da dove provenisse. «Chi è là?» chiamò. Il silenzio accolse le sue parole. «Vieni fuori. So che sei lì.» Di nuovo non vi fu risposta. Eddie tese le orecchie, cercando di distinguere un suono qualsiasi proveniente dall'interno, ma non udì nulla. Il silenzio rimase inviolato. Senza perdere altro tempo entrò nel fienile e percorse a grandi passi l'ampio corridoio fra gli steccati che formavano su entrambi i lati cataste più alte di lui. Alla fine del corridoio artificiale, il resto di ciò che si trovava nel fienile, mobili coperti da teli e componenti di attrezzi agricoli, era stato accumulato alla bell'e meglio, e trasformava l'area immersa nella penombra in una corsa a ostacoli che Eddie dovette attraversare lentamente per giungere in fondo al capannone. Qui lo attendeva un'ulteriore sorpresa. La fonte di luce si rivelò essere una delle sue lampade a olio. Era appesa a un chiodo sopra l'angolo in cui dormiva, un punto in cui lui non l'avrebbe mai messa. Si era messo d'accordo con Sam sul fatto che tanto le lampade quanto il braciere dovessero
essere tenute a distanza dal giaciglio di paglia per non correre il rischio di far scoppiare un incendio. Dell'intruso non c'era traccia. Alla luce che rischiarava l'intera area in fondo al fienile, Eddie poteva vedere che era deserto. Ma se il suo visitatore aveva tagliato la corda, era altrettanto evidente che non era stato inattivo. Il mucchio di fieno che Eddie usava come materasso era stato allargato fino al doppio delle sue dimensioni originarie e riempiva l'angolo. Eddie notò che il forcone che doveva essere stato usato a quello scopo era disteso a terra con i denti rivolti verso l'alto, come se fosse stato abbandonato in tutta fretta. Si grattò la testa. A prima vista sembrava che chiunque fosse penetrato nel fienile stesse cercando un luogo in cui passare la notte. Ma la cosa non aveva senso. O meglio, non corrispondeva al ritratto che Sam aveva fatto del presunto intruso. Un signore, l'aveva chiamato. Eddie si strinse nelle spalle. Inutile scervellarsi. Era chiaro che il tizio se l'era svignata. Il mistero sarebbe rimasto irrisolto. Tutto quello che poteva fare era riferire a Sam ciò che aveva trovato e lasciare che fosse lui a decidere cosa fare. Nel frattempo, si disse, avrebbe fatto meglio a controllare i suoi averi e sincerarsi che fossero al sicuro. Ordinato per natura, aveva riposto i suoi articoli da toilette nell'armadietto sotto il lavabo che gli aveva procurato Sam, mentre le sue coperte e i suoi cambi d'abito si trovavano in un alto armadio di mogano che si ergeva lì accanto. Andò come prima cosa al lavabo, ma mentre si piegava ad aprire l'armadietto ebbe un'intuizione improvvisa che gli fece rizzare i capelli sulla nuca. Era una sensazione strana, ma non ignota. Aveva provato la stessa cosa in guerra, nei pochi secondi prima che gli sparassero, quando si era reso istintivamente conto, anche se troppo tardi, di essere nel mirino di un cecchino. Girò su se stesso. La figura di un uomo era apparsa dietro di lui, come dal nulla. Seminascosto nella penombra, se ne stava al limitare del cerchio di luce proiettato dalla lampada, in uno degli stretti passaggi che conducevano alle cataste di mobili. «Ah, allora ci sei!» Infuriato per lo spavento preso, Eddie diede libero sfogo alle sue emozioni. «Non avevi sentito che ti chiamavo?» L'uomo non rispose. Era ben vestito, con un cappotto di tweed e un cap-
pello floscio dello stesso tessuto calato sulla fronte. «Che ti prende?» Il tono di Eddie si fece ancora più tagliente. «Sei sordo?» Stavolta ottenne una risposta, anche se non quella che aspettava. L'uomo si mosse, avanzando alla luce e offrendogli una visuale migliore del volto pallido e inespressivo sotto la tesa del cappello. «Cosa ci fai qui?» Eddie si accigliò. C'era qualcosa che non capiva, in quella situazione. Era evidente che fino a quel momento l'uomo fosse rimasto nascosto nel buio per non farsi scoprire. Avrebbe potuto facilmente allontanarsi, uscire dal fienile e fuggire, e invece aveva deciso di mostrarsi. «Non sai che questa è proprietà privata?» gli chiese. Fino ad allora, l'uomo non aveva mostrato alcuna reazione. Era come se non stesse ascoltando. Ma i suoi occhi, intensi dietro gli occhiali dalla montatura dorata, erano indaffaratissimi. Studiava Eddie con attenzione, osservandolo dalla testa ai piedi, e finalmente parlò. «Chi sei?» domandò. La sua voce era bassa e stridula, l'accento gutturale e straniero. «Non ha importanza chi sono.» Eddie stava montando su tutte le furie. L'occhiata imperturbabile a cui veniva sottoposto lo rendeva consapevole del proprio aspetto, dei suoi indumenti laceri e delle sue mani sporche. Era possibilissimo che l'uomo l'avesse preso per un vagabondo, il che avrebbe spiegato l'apparente serenità con cui aveva reagito al fatto di essere stato sorpreso a sconfinare in una proprietà privata. «Sei tu quello che sta infrangendo la legge. Avrei proprio voglia di chiamare la polizia.» Alla parola «polizia», l'uomo mutò atteggiamento. Parve irrigidirsi, e quando i loro sguardi si incrociarono per la prima volta Eddie provò un brivido di allarme. Fino a quel momento, il comportamento di quel tizio gli era sembrato semplicemente strano. Ma ora, guardandolo negli occhi leggermente infossati che riflettevano i luccichii gialli della lampada, avvertiva qualcos'altro, qualcosa a cui non riusciva a dare un nome ma che di nuovo gli fece rizzare i capelli sulla nuca. Aveva fatto appena in tempo a prendere nota della propria reazione quando l'uomo cambiò ancora posizione, spostandosi leggermente verso la sua destra fino a sistemarsi davanti alla lampada. A Eddie parve una mossa ostile: ora aveva la luce negli occhi. Ma aveva già affrontato scene simili, una lunga lista di confronti cominciati nel cortile della scuola e proseguiti anche dopo che si era arruolato, quando aveva dovuto farsi valere nella du-
ra società della caserma. Vedendolo così minuto gli altri pensavano di poter fare i prepotenti, ed Eddie aveva imparato presto che l'unico modo di badare a se stessi era sfidarli a testa alta. «Senti, ne ho abbastanza di te, chiunque tu sia», dichiarò con decisione. Cosa ci faceva un estraneo in un fienile altrui? si chiese. «È l'ultimo avvertimento. Smamma subito, se non vuoi prenderle.» Facendo seguire i fatti alle parole fece un passo avanti, riducendo la distanza fra loro e guardando l'intruso negli occhi. Malgrado questi non avesse accennato ad alcuna mossa violenta, standosene lì in piedi con le mani nella tasca del cappotto, il suo era un atteggiamento di sfida, e ora Eddie vide con piacere che le cose stavano cambiando. L'uomo fece un passo indietro levando la mano destra in un gesto di resa. Si voltò e cominciò a incamminarsi verso la porta. Sollevato nel vedere che la crisi era superata, Eddie si rilassò. Aveva i nervi a fior di pelle, e i suoi muscoli erano tesi come corde di violino. Ora li decontrasse, tornando a spostare il peso sui talloni, e così, quando l'uomo colpì, non poté opporre resistenza. Senza alcun preavviso, lo sconosciuto girò su se stesso, estraendo di tasca la mano sinistra e affondandola come un pugile nel fianco esposto di Eddie. Il movimento fu così rapido che Eddie intravide soltanto il coltello prima che gli venisse affondato nella carne. Ma la violenza del colpo lo fece boccheggiare, e quando la lama venne estratta e poi riaffondata appena sotto il costato un dolore come non aveva mai provato gli percorse le viscere. Scivolò in ginocchio, ma non riuscì a reggersi in posizione eretta e cadde in avanti come un albero abbattuto. Semiparalizzato dalle coltellate, per un istante di confusione credette di trovarsi di nuovo in trincea, disteso sul fango dopo essere stato colpito dal proiettile del cecchino. Poi la sua mente si schiarì e capì cos'era accaduto, anche se non ne comprese la ragione. Era sopraffatto dalla sorpresa. Non riusciva a trovarvi una logica. Soltanto una cosa era certa, fuori questione, ed Eddie, disteso immobile a terra, se ne rese conto. Questa volta non poteva esserci alcun dubbio. Per lui era finita. Il pavimento del fienile era a pochi centimetri di distanza dai suoi occhi aperti, e alla periferia del suo raggio visivo Eddie notò due scarpe rivolte verso di lui. Mentre guardava, una di loro indietreggiò e poi scattò in avanti. I suoi sensi, annegati dall'ondata di dolore che si spargeva come fuoco dal centro dello stomaco, registrarono a malapena il colpo violento al fian-
co. Udì un grugnito dall'alto, seguito da parole in una lingua straniera. Aspre e rabbiose, servirono a riscuoterlo proprio mentre stava per perdere i sensi. Due mani lo afferrarono per gli indumenti, e subito dopo Eddie si sentì sollevare e rovesciare sulla schiena e vide il fienile roteare follemente davanti ai suoi occhi. Di nuovo perse quasi conoscenza: le ondate di dolore dentro di lui non sembravano avere limiti. Ma quando riacquistò le proprie facoltà mentali, vide il soffitto del fienile e avvertì un movimento vicino al punto in cui giaceva. Girando leggermente la testa riuscì a scorgere la figura del suo aggressore, che gli dava la schiena e stava liberando un passaggio fra i mobili accatastati, scostando strisce di tela e sollevando alcuni dei pezzi più piccoli. Subito al di là dei propri piedi, Eddie scorse il forcone accanto al mucchio di fieno, ma era troppo lontano per poterlo afferrare e qualsiasi sforzo fisico era al di là della sua portata. O almeno così credeva, finché non udì tornare l'uomo e non lo intravide, attraverso le palpebre socchiuse, piegarsi per afferrargli le gambe. A quanto pareva aveva intenzione di trascinarlo altrove, ma il suo primo tentativo venne vanificato dagli scarponcini di Eddie, che gli impedirono di fare presa sulle caviglie. Borbottando qualcosa, l'uomo slacciò le stringhe e gettò via le calzature. Si era tolto cappotto e cappello, riuscì a vedere Eddie attraverso la nebbia di dolore che lo avvolgeva, ma per il resto era poco più di una sagoma mentre, illuminato da tergo dalla lampada, tornava ad afferrargli le caviglie e proiettava il peso all'indietro. Era il momento che Eddie aspettava. Con ciò che restava delle proprie forze liberò il piede destro dalla stretta dell'uomo e gli sferrò un gran calcio, colpendolo in piena fronte con il tallone e facendolo cadere all'indietro. Il suo disperato tentativo venne premiato dal grido di dolore con cui l'uomo rotolò via dai denti del forcone, portandosi le mani alla schiena per liberarsene e imprecando. Eddie non poteva fare altro. Svuotato e stranamente in pace con se stesso, osservò il suo aggressore rimettersi in piedi a fatica e avanzare stringendo e sollevando il forcone per colpirlo. Si preparò al colpo mortale che sapeva in arrivo, deciso a non gridare. Ma alla fine, quell'ultima prova di coraggio gli venne risparmiata. Mentre fissava senza battere ciglio la sagoma che lo sovrastava, i sensi lo abbandonarono e la luce che aveva brillato così intensamente nei suoi
occhi si spense. 23 «Vorrei avere notizie migliori da darti, John. O anche una notizia qualsiasi. Stiamo controllando gli alberghi e le pensioni, ma di lui non c'è traccia.» Il tono fermo di Angus Sinclair non riusciva a nascondere la sua stanchezza. All'altro capo del filo, Madden lo ascoltava con animo pesante. «Non abbiamo ancora finito, e sto estendendo la ricerca alle contee confinanti. Prego che non stiamo perdendo il nostro tempo.» Era passata oltre una settimana da quando l'ispettore capo si era sfogato con il suo ex collega, e da allora non si erano più parlati. «Nessuna notizia dall'estero?» «Nessun avvistamento, se è questo che intendi. Ma gli svizzeri hanno reagito con prontezza. La polizia di Ginevra ha confermato che Lang è ricercato per duplice omicidio. È passato talmente tanto tempo che il caso era stato archiviato. Ma adesso sono ansiosi di mettere le mani su di lui.» «Sono al corrente delle sue attività spionistiche?» domandò Madden. «Non l'hanno detto. Ma hanno promesso di inviarci le informazioni che hanno raccolto su di lui, quindi vedremo. Abbiamo anche preso contatto con la polizia belga. Lang, o Wahl come si faceva chiamare, aveva un piccolo appartamento a Bruxelles. È vuoto da quando Lang è andato in Germania, ma la portinaia aveva l'incarico di badarvi. Non ha più notizie di lui da quasi un anno. Sembra proprio che abbia ragione Vane: se l'è svignata.» «Hanno perquisito l'appartamento?» «Sì. Non hanno trovato prove incriminanti, né nulla che indicasse che tipo di uomo era o quale potesse essere la sua occupazione. I nostri amici della Sureté erano ovviamente incuriositi dal suo retroterra, ma non sono stato in grado di illuminarli.» La risatina di Sinclair sembrava vuota. «Ma ci sono due elementi interessanti. In Belgio non ci sono stati omicidi con il suo marchio di fabbrica. Sapeva che gli conveniva fare il bravo a casa propria.» «Hai detto due elementi...?» «Sì, sugli scaffali hanno trovato diversi volumi di ornitologia. Dunque il collegamento con il birdwatching è confermato. Fra l'altro, ho incaricato Styles di indagare fra le associazioni di appassionati come hai suggerito. Non è venuto fuori ancora niente, ma la speranza è l'ultima a morire.» Il sospiro dell'ispettore capo sembrava indicare diversamente. «Mi saluti
Helen?» La telefonata era giunta a metà pranzo, e Madden era lieto di non doverne riferire i contenuti alla moglie, la quale quella mattina era partita per Londra in risposta a un appello di sua zia Maud, che aveva più di ottant'anni e la sera prima era caduta facendosi male all'anca. Fin troppo consapevole dell'effetto che il proprio coinvolgimento nel caso aveva avuto su Helen, Madden provava un senso di colpa reso ancora più pesante dal debito di gratitudine che sapeva di avere con lei. Tornato distrutto dalla guerra, quanto meno a livello psicologico, sapeva che la profonda felicità che aveva trovato, il senso di completezza che aveva riguadagnato provenivano dalla sicurezza che l'amore di Helen gli aveva dato, e seguire i desideri di lei e rompere i ponti con il passato era stato il suo modo di riconoscerlo apertamente. Ma il brutale omicidio in cui era incappato era stata una chiamata che lui aveva trovato difficile ignorare. L'istinto del cacciatore, che era rimasto così a lungo in letargo, si era risvegliato, e a mano a mano che le settimane passavano e le indagini della polizia non sembravano avvicinarsi alla preda Madden si era reso conto che non avrebbe avuto pace finché l'uomo che aveva ridotto in poltiglia il viso di Alice Bridger non fosse stato costretto a risponderne. Come il suo vecchio capo, era tormentato in particolare da un'ansia: il fatto che più l'assassino restava a piede libero più aumentavano le probabilità che tornasse a colpire. Ma quando la notizia di un'altra tragedia lo raggiunse alla fine di quella giornata, lo fece da una fonte inaspettata. «È stata Molly Henshaw a trovarlo, signore. Gli portava da mangiare ogni giorno, da quando sua moglie se n'era andata...» «La signora Bridger aveva lasciato il marito?» Madden faceva fatica ad assorbire quello che gli stava dicendo Will Stackpole. L'agente di Highfield, alto nel suo elmetto, si parava come un pilastro nel vialetto immerso nella nebbia. Poco distante c'era una vecchia Morris con il cofano sollevato. Billy Styles si stava sporgendo dal parafango, controllando il motore. «Non esattamente, signore. Non l'aveva abbandonato. Ma diceva che non poteva andare avanti a vivere in quella casa, con la figlia che non c'era più e tutti quei ricordi. Era andata a stare da sua sorella a Liphook. Bridger era rimasto. Aveva il suo lavoro, suppongo, ma anche lì le cose non stavano andando troppo bene. Aveva cominciato a bere. In ogni caso, poco
tempo fa il padrone della fattoria l'ha licenziato, e a quel punto, dice Molly, Bridger è crollato. Stavano cercando di convincere la moglie a tornare, o lui ad andarsene, ma immagino che a quel punto Jim avesse già deciso. Povera Molly, però. Trovarsi davanti un uomo che si è impiccato alle travi di casa! Ha sbagliato... avrebbe dovuto pensare a cosa stava facendo... a chi l'avrebbe trovato.» Senza parole, Madden guardava a terra. Era rientrato a casa da poco, dopo essere andato a prendere Rob a scuola, in tempo per ricevere la telefonata con cui Helen lo avvertiva che la zia Maud stava creando qualche difficoltà e che non sarebbe riuscita a tornare prima dell'indomani. Mentre posava la cornetta aveva udito il motore affaticato di un'auto che si avvicinava. «Gli Henshaw hanno avvertito sua moglie, che è in arrivo. Ho lasciato sul posto Bert Thomas, l'agente di Craydon.» Madden scosse la testa con fare impotente. Nella sua mente c'era il ricordo del corpo della bambina che giaceva sulla riva del torrente mentre sopra di lei scoppiava un tuono. Incrociando lo sguardo dell'agente, si accorse che stavano condividendo lo stesso amaro pensiero. «Non è mai soltanto la vittima, vero?» Il ringhio di Stackpole gli sorgeva dal profondo del petto. «È tutto quello che segue, il dolore che diffonde, i danni che provoca... Cosa non darei per mettere le mani al collo di quel bastardo!» Nell'udire dei passi che si avvicinavano, Madden alzò gli occhi. «E lei come mai si trovava lì, Billy?» «Si dà il caso che fossi ad Albury, signore.» Il sergente si pulì le dita macchiate di lubrificante con un panno. «Ho sentito che a Brookham era successo qualcosa, e così ci sono andato... e ho incontrato Will.» «Bert Thomas mi aveva chiamato», spiegò Stackpole. «Ero riuscito a farmi dare un passaggio dal furgone delle Poste, ma quando sono arrivato ho visto che non c'era molto che potessi fare.» I tre rimasero qualche istante in silenzio, poi Madden si riscosse. «Entrate, beviamo un goccio insieme.» «Non per me, signore, grazie. Devo rientrare.» L'espressione di Stackpole rimase triste sotto l'elmetto. «Lascia almeno che ti accompagni al villaggio, Will.» «Se non le dispiace, signore, preferirei camminare.» L'agente drizzò la schiena. «Sì, una boccata d'aria fresca potrebbe farmi bene.» Strinse la mano a Madden e diede una pacca sulle spalle al suo collega. «Grazie del
passaggio, Billy. Ci rivediamo presto.» Girò sui tacchi e si incamminò giù per il vialetto. Madden osservò la sua figura scomparire nel buio inghirlandato di nebbia. «Albury?» Rivolse un'occhiata interrogativa a Billy. «Ero andato a parlare con un birdwatcher, signore. Un'idea sua, giusto?» Il sergente sorrise. Si era tenuto volontariamente in disparte mentre i due uomini più anziani parlavano, avvertendo che forse avrebbero voluto manifestare il loro dolore in privato. Ma l'espressione angosciata con cui Madden aveva udito le parole dell'altro non gli era sfuggita. «Il signor Sinclair mi ha detto che se ne stava occupando lei. Ha avuto fortuna?» «Finora no. Abbiamo diverse segnalazioni di sconosciuti avvistati qua e là, ma nessuno è stato in grado di identificare Lang. Sto girando molto, visitando le campagne.» Il sergente fece un gran sorriso. «Certo, nel prossimo futuro non sono sicuro di andare da nessuna parte.» Indicò la Morris con un cenno del capo. «Lo Yard me l'ha data per andare a Henley. Stamattina ha cominciato a fare le bizze. Will e io siamo stati fortunati ad arrivare fin qui.» Apparentemente indifferente alla nebbia sempre più fitta, Madden era assorto in qualche riflessione. «Resti qui stanotte», disse all'improvviso. «No, Billy, sul serio. Helen è via. Sarò lieto di avere compagnia. E anche i ragazzi. Domattina farò vedere la macchina da qualcuno del villaggio.» «Be', signore, se è sicuro che non sia un disturbo.» Il sergente era lieto di accettare l'invito. Sapeva che il suo ex capo non avrebbe voluto stare solo. Non quella sera. «Al contrario.» La fronte di Madden si rischiarò. «La sua presenza sarà festeggiata da tutti. Rob ha una lunga serie di domande da porle, lo so, e per quanto riguarda Lucy basta la sua comparsa per trasformare la giornata in una festa. Ne sarà felicissima.» 24 «Per il momento non c'è molto che possiamo fare, Sal. Tranne aspettare. Ma c'è una cosa che mi lascia perplesso. Se Eddie ha un problema, perché non si è fatto vivo?» Preoccupato, Sam consultò di nuovo il suo orologio. Erano le dieci passate e non c'era ancora traccia del cliente che il signor Cuthbertson gli aveva chiesto di incontrare. Quella mattina lui e Sal si erano recati a Tillin-
gton, in una fattoria appena prima di Petworth per la quale c'era un possibile acquirente. Era una parte del lavoro di cui di solito si occupava il signor Cuthbertson, far visitare le proprietà ai clienti. Ma quella mattina aveva un appuntamento dal dentista, e si trattava di un impegno che non poteva rinviare. «È un dente del giudizio, Sam, e deve essere estratto al più presto.» Il signor Cuthbertson gli aveva telefonato la sera prima con una strana voce, come se la lingua gli fosse diventata più grande della bocca. Aveva detto che la mascella gli si era gonfiata come un palloncino. «Si chiama Hitchens. Avrei annullato l'appuntamento, ma viene da Horsham e si porta dietro sua moglie per mostrarle la casa. Sembra pronto a fare un'offerta, e non voglio scoraggiarlo.» Sam gli aveva assicurato che non c'era alcun problema, anche se in realtà recarsi a Tillington quella mattina era un disturbo, visto che di solito i martedì li passava sull'altro versante di Midhurst, visitando le proprietà a ovest della cittadina, fra cui la fattoria Coyne. Ma aveva capito che non si poteva fare altrimenti, e aveva già deciso di modificare l'itinerario pomeridiano quando era intervenuto un fatto nuovo. «Le chiedo scusa per averla chiamata così presto, signor Watkin. Ho trovato il suo numero sull'elenco. Siamo un po' in pensiero per il suo amico, il signor Noyes. Lei non sa per caso dove si trovi?» Se Sam era rimasto sorpreso nell'udire la voce della signora Ramsay al telefono, quello che lei aveva detto nei dieci minuti successivi l'aveva davvero sconcertato. A quanto pareva, Eddie era scomparso. E cosa ancora più strana, se n'era andato senza dire niente a nessuno. «Ci aspettavamo di vederlo venerdì sera ma non si è mai presentato, ed è strano perché sapeva che avremmo potuto avere buone notizie per lui. Vede, il signor Ramsay ha fatto il suo nome a una ditta con cui lavora a Chichester, e venerdì aveva saputo che loro erano interessati a incontrare Eddie e forse avrebbero addirittura potuto offrirgli un impiego. Siamo rimaste così sorprese dalla sua assenza, Nell e io, che domenica siamo andate a piedi alla fattoria Coyne. Non c'era alcuna traccia di lui, e ieri, quando Nell è tornata a casa da scuola, vedendo che Eddie non era con i suoi colleghi del cantiere è tornata indietro dalla fermata della corriera e ha parlato con il caposquadra, un certo signor Harrigan, e lui le ha detto che Eddie non si era presentato al lavoro e che non sapeva dove fosse.» La signora Ramsay gli aveva fatto il suo racconto senza quasi prendere fiato, e Sam era rimasto commosso dalla preoccupazione che mostrava per
il suo vecchio amico. Ma si era anche chiesto se non stesse un po' esagerando. La situazione non gli sembrava poi così grave. «L'unica spiegazione a cui posso pensare è che sia andato a casa per il fine settimana, intendo dire a Hove, e vi si sia trattenuto per un'emergenza di famiglia. Non crede sia possibile? Ma voglio che sappia di Chichester. Significherebbe moltissimo per lui, trovare un vero impiego. Speravo che lei sapesse come mettersi in contatto.» Mentre la signora Ramsay parlava, i pensieri di Sam avevano imboccato quella stessa direzione. Ma prima aveva dovuto spiegare che aveva soltanto l'indirizzo di Eddie a Hove. I Noyes si erano fatti staccare il telefono qualche tempo prima per risparmiare. «Facciamo così. Manderò loro un telegramma. Se Eddie è lì, mi telefonerà a casa. Se non c'è, sua madre o sua sorella potrebbero essere in grado di aiutarci.» Le aveva detto che sarebbe passato dalla fattoria Coyne più tardi, dopo aver finito a Tillington, e che le avrebbe fatto sapere cosa aveva scoperto. «Lo farebbe, signor Watkin? Le sarei così grata. Sono preoccupata per lui, non so perché. Sfortunatamente questo pomeriggio devo giocare a bridge, ma Bess sarà in casa. Potrà lasciarle qualsiasi messaggio per me.» La telefonata della signora Ramsay era giunta proprio quando stava uscendo di casa, e Sam era andato fino a Petworth, un paio di chilometri più in là, per spedire il telegramma dall'ufficio postale. Se Eddie, sua sorella o sua madre avessero telefonato nel corso della mattinata, ci sarebbe stata Ada a rispondere. Più ci pensava, tuttavia, più gli sembrava probabile che la signora Ramsay avesse ragione. Per qualche motivo Eddie era tornato a casa e vi era stato trattenuto. E se era strano che non avesse detto niente ai Ramsay, specialmente considerata la faccenda di Chichester, forse aveva dovuto partire di fretta. Per prendere una corriera o un treno, magari. Più preoccupante, per Sam, era il fatto che Eddie non si fosse preso la briga di avvertire Harrigan che quel lunedì avrebbe potuto non presentarsi al lavoro. Non era da lui. Avrebbe avuto un bel po' di spiegazioni da dare, questo era chiaro. «Potrebbe sorgere qualche problemino», informò Sal, coricata alle sue spalle sulla propria coperta nel retro del furgone. «Ma non c'è molto che possiamo fare finché non sapremo cos'ha combinato Eddie.» Erano parcheggiati fuori dal cancello della fattoria, così da poter vedere il cliente in arrivo. Quella notte aveva fatto freddo, e alla mattina una neb-
bia densa l'aveva accolto quando era partito da casa. Hitchens sarebbe molto probabilmente arrivato in ritardo da Horsham, e con quel tempaccio avrebbe potuto facilmente oltrepassare il cancello senza nemmeno rallentare. Sam si soffiò sulle dita. Rimpiangeva di non essere uscito con qualcosa di più pesante della vecchia giacca di velluto che aveva addosso. Ma poi si rallegrò al pensiero che sulla via del ritorno verso Midhurst sarebbe passato da casa, nell'eventualità che Ada avesse avuto notizie da Hove, e avrebbe preso il soprabito prima di uscire di nuovo. Era una giornata fredda, e a meno che più tardi la nebbia non si fosse diradata sarebbe rimasta tale. 25 Non avendo più dato notizie di sé dal giorno prima, dopo colazione Billy chiamò lo Yard per riferire dove si trovava e scoprì che Sinclair non era in ufficio e che tutte le telefonate riguardanti il caso Lang venivano smistate al sovrintendente capo Holly. «Ieri il signor Sinclair è andato nel Sussex a parlare con il commissario centrale della contea. Devono decidere fin quando proseguire le ricerche. È stato sorpreso dalla nebbia e ha deciso di passare la notte a Chichester. Mi dica quali saranno i suoi movimenti per la giornata, sergente. Potrebbe volerla contattare.» Billy spiegò che non ne era ancora sicuro. «Ieri la mia auto ha avuto un guasto, signore. Il signor Madden è stato così gentile da ospitarmi per la notte. La stanno riparando proprio ora.» Chiamato per telefono, il meccanico del villaggio, un certo Pritchard, si era presentato a casa Madden poco dopo l'alba ed era ripartito al volante della Morris di Billy, procedendo a sobbalzi in prima dopo aver promesso di fare rapporto non appena avesse capito l'entità del problema. La notizia del suicidio di Fred Bridger era già arrivata a Londra, e il sovrintendente capo ebbe parole commosse riguardo alla tragedia. «Pover'uomo. Spero non abbia pensato che l'avevamo abbandonato. Come minimo doveva sperare che venisse fatta giustizia.» Chiese a Billy il numero telefonico dei Madden. «Se ci sono novità la chiamo lì. Oh, e mi saluti John, le dispiace? Sono passati molti anni. Lo ringrazi del suo aiuto. Immagino che desideri quanto noi che questo demonio venga preso.»
Su quello c'erano pochi dubbi. Il coinvolgimento di Madden nel caso era evidente, e la sera prima l'ex ispettore aveva messo Billy al corrente dei cattivi presentimenti che lo tormentavano. «È inutile illuderci. È possibilissimo che quest'uomo non venga mai catturato. Tendiamo a dare per scontato che assassini come Lang si tradiscano. Che non riescano a stare a lungo a piede libero. Ma lui non è come gli altri. Deve aver imparato molto presto a fare perdere le proprie tracce. Deve averglielo insegnato la sua professione.» Per Billy, quello era stato il primo segno che il suo vecchio capo conosceva la vera identità della loro preda. «Se scomparirà, potrebbero volerci anni prima che la polizia lo ritrovi. Ha avuto tutto il tempo di pianificare un nuovo futuro. E a questo punto ha il mondo intero in cui sconfinare.» Era stato soltanto sul tardi, quando si erano seduti da soli davanti alle ultime braci del fuoco in salotto con la casa immersa nel silenzio, che Madden si era lasciato andare. In precedenza sembrava fin troppo pronto a cercare sollievo alle sue ansie nell'allegria che l'arrivo inaspettato di Billy aveva causato nei suoi figli, i quali erano riusciti, in assenza di qualsiasi decisa obiezione genitoriale, a tirare molto più tardi dell'ora a cui erano soliti andare a letto. Come aveva previsto suo padre, era stata Lucy a provare una gioia speciale per la presenza del sergente. Costante nella sua devozione all'amico prescelto, l'aveva fatto sedere al suo fianco durante la prolungata e chiassosa cena che avevano condiviso in cucina, e quando questa si era conclusa aveva insistito che lui la accompagnasse di sopra per gli ultimi, solenni rituali della sua giornata. Billy le era rimasto accanto mentre lei si lavava faccia e denti, e prima di metterla a letto aveva ascoltato le sue preghiere e udito il proprio nome fra quelli per cui la piccola chiedeva una benedizione. Abbassando gli occhi sulla figurina inginocchiata, che rivelava i capelli dorati di sua madre e qualcosa dell'intensità che lui aveva sempre avvertito in Helen, dell'ardore dei suoi affetti, Billy aveva rivisto l'espressione con cui Madden poco prima a tavola aveva guardato sua figlia, il modo in cui la sua tenerezza era parsa offuscata da un'altra emozione, un'emozione che Billy aveva identificato come dolore e che l'aveva confuso finché non si era reso conto che non era il volto allegro sollevato verso il suo quello che Madden stava vedendo in quel momento, bensì il cottage ormai deserto di Brookham e le vite che un tempo conteneva e che erano state così feroce-
mente distrutte. Dalla sua camera da letto al primo piano Billy udì squillare il telefono e si chiese se fosse Pritchard che chiamava per la sua automobile. Il meccanico si era fatto sentire un'ora prima, riferendo la scoraggiante notizia che la Morris non aveva soltanto un problema alla frizione, cosa che il sergente aveva già intuito, ma anche alla scatola del cambio. «Non prevedo che sarà pronta prima del pomeriggio nella migliore delle ipotesi, signore. E anche in quel caso, non andrei troppo lontano senza una vera e propria revisione.» Costretto all'immobilità, Billy aveva trascorso la mattinata occupandosi delle scartoffie, stendendo brevi rapporti sui colloqui effettuati nell'ambiente del birdwatching per gli archivi dello Yard. Era stato un esercizio scoraggiante. La caccia a Gaston Lang non aveva dato ancora alcun frutto, e guardando il giardino dalla finestra della stanza il sergente aveva visto il proprio pessimismo rispecchiarsi nella grigia scena che si presentava ai suoi occhi all'esterno, dove la nebbia celava ogni traccia della cresta boscosa al di là del fiumiciattolo e il cielo era nascosto da una coltre di nubi basse. E il suo stato d'animo non era stato rallegrato da un'altra telefonata, annunciatagli da Mary che era salita a bussare alla sua porta. Helen Madden, chiamando da Londra per informare il personale domestico dei suoi movimenti, aveva scoperto la sua presenza in casa, e vista l'assenza di Madden, che era andato ad accompagnare i figli a scuola, era toccato a Billy informarla del suicidio di Bridger. «Oh, che cosa orribile! Quella povera famiglia...» Ma per quanto fosse addolorata, il primo pensiero di Helen era stato per suo marito. «John ne soffrirà terribilmente. Sentirà che avrebbe dovuto fare di più. Devi parlargli, Billy. Fargli capire che la responsabilità non è sua.» Gli aveva detto che sarebbe stata di ritorno per l'ora di pranzo, nebbia permettendo, e che sperava di trovarlo ancora lì. Il telefono aveva smesso di squillare, e poco dopo Billy udì il suono di passi affrettati in corridoio. Vi fu un colpetto alla porta, che si aprì a rivelare la figura della domestica dei Madden, rossa in volto e senza fiato. «Ti conviene stare attenta, Mary», disse sorridendo il sergente. Lui e Mary erano vecchi amici. «Ti farai venire un attacco di cuore, salendo di corsa quelle scale. La telefonata è per me?»
«Sì...» Ansimando, Mary annuì. «Ed è lei che dovrebbe correre. È un certo signor Holly di Scotland Yard. Dice che è urgentissimo.» Il telefono era nello studio, e Billy si affrettò giù per le scale. Mentre afferrava la cornetta udì il suono di un'auto nel vialetto e vide attraverso la finestra che Madden era appena tornato. «Qui Styles, signore.» «Ah, sergente!» La voce profonda di Holly gli risuonò nell'orecchio. «Grazie a Dio l'ho trovata. Lang è stato localizzato.» «Localizzato! E dove, signore?» «A Midhurst. Ieri è stato medicato da un dottore del luogo. Aveva una ferita alla schiena. Ha dovuto togliersi la camicia, e l'infermiera ha visto la voglia. Ha telefonato alla polizia stamattina, e qualcuno è andato a mostrarle la foto. Ha identificato Lang senza ombra di dubbio.» L'abituale calma del sovrintendente capo era scomparsa. La sua voce tuonava nella cornetta. «Ho appena parlato con il signor Sinclair a Chichester. È già in viaggio per Midhurst, e vuole che lei lo raggiunga lì.» Mentre Holly parlava, l'occhio di Billy si era posato su una mappa incorniciata appesa dietro la scrivania. Mostrava il Surrey e le contee vicine, e vi si poteva vedere Midhurst. Non era lontana, si trovava appena dopo il confine con il Sussex. Billy si accorse che Madden si era fermato sulla soglia dello studio e lo guardava. «Signore, la mia auto è guasta.» Stava parlando al telefono, ma incrociò lo sguardo di Madden e gli rivolse un cenno con il pugno chiuso. «Dovrò prendere il treno.» «Faccia come meglio crede, sergente. Ma si presenti lì.» La comunicazione si interruppe. Billy balzò in piedi. Il cuore gli martellava nel petto. «Era il signor Holly, signore. Lang è stato visto a Midhurst. Hanno riconosciuto la voglia di cui parlava lei.» Sorrise. «Devo andarci immediatamente. Sa se c'è un treno...» Si interruppe, zittito dall'espressione di Madden. «Ha detto Midhurst?» Il sergente annuì, paralizzato dall'intensità dello sguardo dell'altro. «È stato riconosciuto?» domandò piano Madden. «Così ha detto il signor Holly. Da un'infermiera. Le hanno mostrato la sua foto.» «Al diavolo il treno.» Nell'udire il suo tono ringhioso, Billy si sentì rizzare i capelli in testa. «L'accompagno io.»
26 Lasciato il furgone nel piazzale vuoto accanto alla Wood Way, Sam si incamminò a passo svelto sulla strada deserta, tornando verso il cantiere stradale. Passandovi davanti aveva sperato di vedere la figura di Eddie in mezzo agli altri operai. C'era sempre la possibilità che il suo amico fosse tornato nel corso della notte. Ma era stato lo sguardo di Harrigan che aveva incrociato, e ora il caposquadra lo stava aspettando con le braccia muscolose incrociate sul petto e la fronte corrucciata. «Allora, dov'è? Ha saputo qualcosa?» L'irlandese non si prese il disturbo di specificare chi intendesse. Dietro di lui, gli altri membri della squadra si avvicinarono per sentire. Avevano appena finito di asfaltare un tratto di strada, e l'aria era pervasa dall'odore pungente del catrame caldo. «Non ho notizie, se è questo che intende.» Sam trovava inutile menare il can per l'aia. «Ma ho spedito un telegramma alla sua famiglia, nel caso sia dovuto tornare a casa. Sto ancora aspettando una risposta.» Era tornato da Tillington poco dopo mezzogiorno e aveva saputo che non c'era ancora risposta da Eddie, nessun messaggio da Hove, e si era trattenuto a casa il tempo sufficiente a mandare giù un panino e un pezzo di formaggio condiviso con Sal. «Cosa può essere successo?» Ora era Ada che cominciava a preoccuparsi. Quando era ripartito l'aveva accompagnato fino al furgone, la fronte segnata dall'ansia. «È un comportamento così strano. Andarsene in questa maniera, senza dire una parola.» Aveva ragione, ovviamente, e Sam se ne rendeva conto. Ma spesso gli apparenti misteri della vita avevano una spiegazione semplicissima. Senza dimenticare, fra l'altro, che a volte le persone facevano strane cose per strani motivi. Nel corso della mattinata gli erano venute in mente entrambe le possibilità, ed era pronto a prenderle in seria considerazione. Quella che non accettava, tuttavia, quella che non voleva sentire, era l'insinuazione che stava per fuoriuscire dalle labbra di Harrigan. «L'avevo preso per un tipo onesto, qualcuno di cui potevo fidarmi.» Corpulento e con un paio di baffi che armonizzavano con le sopracciglia scure, il caposquadra era torvo in volto. «Non mi era sembrato il genere di persona che ti frega.» «Non ha motivo di dire una cosa simile», ribatté coraggiosamente Sam. «Non prima di conoscere i fatti.» Fu lieto di udire il mormorio di approva-
zione che la sua sfida aveva suscitato negli uomini attorno a loro. Harrigan emise un grugnito. «Staremo a vedere.» La sua espressione sembrava ostile, poco convinta. «Quando è stata l'ultima volta che l'ha visto?» Sam non distolse gli occhi da lui. Il caposquadra scrollò le spalle. «Venerdì sera alla fine del turno, come al solito.» «Aveva detto di avere programmi speciali per il fine settimana?» Harrigan rivolse un cenno del capo a uno degli uomini vicini, un tipo piuttosto giovane con capelli ricci biondi e una barbetta corta e ispida. Sam lo riconobbe: era un amico di Eddie, un certo Pat McCarthy. «Niente di speciale.» Pat si strinse nelle spalle. «Aveva detto che forse sarebbe venuto a bere un bicchiere con noi sabato sera. C'è un pub giù a Elsted che frequentiamo. Ma non si è fatto vedere.» «Ieri, quando Eddie non si è presentato al lavoro, ho mandato Pat a cercarlo nel fienile in cui dorme.» Harrigan indicò la cresta boscosa che fiancheggiava la strada. «Le porte erano ben chiuse e non c'era nessuno. Non è vero?» Guardò l'uomo più giovane, il quale annuì. «Ho bussato forte e tutto il resto.» «Be', sono diretto proprio lì», disse Sam riscuotendosi. «Ho una chiave del fienile.» Si toccò la tasca del cappotto. «Darò un'occhiata all'interno, poi voglio andare a Oak Green. C'è una signora che conosce Eddie ed è in pensiero per lui.» «La madre di Nell?» Il viso di Harrigan aveva perso il rancoroso cipiglio di poco prima. Sam si rese conto che la sua bellicosità era soltanto una maschera: era preoccupato quanto gli altri. «La piccola è passata ieri a chiedere di lui.» «Sì, la signora Ramsay.» Sam fece scorrere lo sguardo sulla cerchia di uomini. «Torno più tardi», promise. «Stiamo ancora aspettando notizie da Hove. Con un po' di fortuna, potrei avere qualcosa da dirvi.» Vide il dubbio nei loro occhi. «Ascoltate, ci deve essere una spiegazione», insistette. «Le persone non scompaiono in questo modo. Rispunterà fuori, date retta a me.» «Coraggio, vecchia mia, non ciondolare...» Sam chiamò Sally dalla cresta della collina. La povera bestia era ancora lontana, intenta ad arrancare su per il sentiero. Cominciava a sentire il freddo che le penetrava nelle articolazioni. Ma per una volta, la pazienza di
Sam lasciava a desiderare. «Andiamo...» Senza aspettare che Sal lo raggiungesse cominciò la lunga discesa, spostando automaticamente lo sguardo verso la fattoria Coyne che era visibile malgrado la nebbia che aderiva ancora al terreno, smussando i contorni del paesaggio e diffondendo un gran silenzio nel bosco che Sam aveva appena attraversato e che di solito era invaso dai cinguettii degli uccelli. La coltre di nubi non si era ancora squarciata, e Sam dubitava che per quel giorno avrebbero visto il sole. Giunto al varco nella siepe si fermò di nuovo, ma era chiaro che Sal seguiva una tabella di marcia tutta sua. La poteva scorgere a una certa distanza lungo il sentiero, il muso immerso in un mucchio di foglie. Senza attendere oltre, Sam varcò la siepe e attraversò il giardino cintato fino all'aia. Era stato uno shock, parlando con Harrigan e con gli altri, rendersi conto di cosa stavano pensando. Che quell'uomo che avevano preso in simpatia e su cui avevano fatto affidamento, che avevano trattato come uno di loro, se ne fosse andato senza dire una parola, lasciandoli lì a domandarsi cosa gli fosse accaduto. Sam si diceva che si sbagliavano, che conosceva Eddie troppo bene e sapeva che non si sarebbe mai comportato in quel modo, ma attraversando l'aia a grandi passi verso il fienile poteva avvertire un fremito di tensione nello stomaco. Non si poteva sapere cosa avrebbe trovato lì dentro. Il suo ingresso venne rallentato da qualche difficoltà con il lucchetto. Per qualche istante parve rifiutarsi di funzionare, e furono necessari diversi tentativi, infilando e sfilando la chiave e muovendola nella serratura, per far scattare la molla e liberare il braccio ricurvo. Anche con la doppia porta spalancata l'interno del fienile restava buio, visto che il grigio all'esterno forniva ben poca luce, e quando Sam ebbe superato le cataste di steccati e i mobili ricoperti di teli ed ebbe raggiunto l'alloggio di Eddie in fondo al capannone si ritrovò immerso in una plumbea penombra. Per la sua missione, tuttavia, non faceva alcuna differenza. Ciò che era venuto a cercare non sarebbe stato comunque in piena vista. Ma sapeva dove cominciare la ricerca, e senza esitare si avvicinò all'alto armadio di mogano che si ergeva verso il fondo del fienile, lo stesso mobile da cui aveva recuperato lo specchio per Eddie. Il telo era ancora scostato, e gli permise di aprire le ante senza ostacoli. Quando vide ciò che con-
teneva, fece un sospiro di sollievo. Aveva trovato ciò che cercava: le coperte di Eddie. Erano ancora ordinatamente piegate su uno degli scaffali che occupavano metà dell'armadio, l'altra metà del quale era destinata ai capi da appendere. I suoi indumenti di ricambio si trovavano sullo scaffale superiore. Eddie non se n'era andato. Le prove erano in piena vista. Non era andato da nessuna parte. Se non forse a Hove per il fine settimana, come aveva suggerito la signora Ramsay. Ma non c'era nulla che Sam potesse fare al riguardo. Poteva solo attenderne il ritorno e la spiegazione per la sua improvvisa partenza che, ne era certo, Eddie avrebbe fornito. Rassicurato, si guardò di nuovo intorno. Ora che i suoi occhi si erano abituati alla penombra, Sam fu in grado di riconoscere alcuni dettagli, e vide subito che Eddie aveva apportato dei cambiamenti al proprio alloggio. Il letto di paglia era diventato più del doppio del materasso originario di forma rettangolare preparatogli da Sam. Ora si era allargato in un ampio triangolo che occupava un angolo del fienile. E non era tutto. Lo specchio, quello che Sam aveva recuperato, era stato spostato. Prima era addossato alla parete posteriore dietro il vecchio lavabo, in modo che Eddie potesse usarlo quando si radeva. Ora, invece, si trovava nell'angolo dove c'era il giaciglio, e rifletteva la paglia davanti e poco altro. Sam si grattò la testa. Che senso aveva metterlo lì? Poi gli parve di vedere una spiegazione, anche se si trattava di una spiegazione che gli fece aggrottare la fronte. Una delle lampade a olio che aveva trovato per Eddie penzolava da un chiodo sopra il letto di paglia, e quello che dispiaceva a Sam era il fatto che fin dall'inizio, quando Eddie si stava sistemando nel fienile, avevano convenuto che sarebbe stato rischioso appenderla in quel punto, visto che bastava che scivolasse via dal chiodo e cadesse sulla paglia per incendiare tutto quanto: fieno, steccati, mobili e fienile. Eppure eccola lì, esattamente dove avevano deciso di non metterla, e l'unica cosa che Sam poté pensare era che avesse a che fare con lo specchio e con la sua nuova posizione. Sistemati com'erano, la luce della lampada si sarebbe riflessa in modo più ampio, illuminando l'area in cui era stata raccolta la paglia. Anche se gli sfuggiva il motivo per cui Eddie avrebbe voluto fare una cosa simile.
Sam schioccò la lingua spazientito. Era stufo di cercare di capire cosa significava. Se lì c'era un mistero, la soluzione avrebbe dovuto attendere il ritorno del suo amico. Era più preoccupato dalla lampada. Avrebbe dovuto lasciarla dov'era o spostarla in un punto più sicuro? Gli furono sufficienti pochi istanti di riflessione per convincersi che era meglio lasciare le cose come stavano. Non voleva che Eddie sentisse che l'aveva controllato. La lampada spenta non presentava alcun pericolo. Al ritorno del suo amico, gli avrebbe parlato con calma. Si voltò per andarsene, ma toccò qualcosa con la punta della scarpa e abbassando gli occhi vide uno scarponcino da lavoro. Il suo compagno giaceva poco distante. Sam si accovacciò e li raccolse. Erano vecchi e logori, e dovevano appartenere a Eddie. La stringa di uno dei due era spezzata. In preda a una perplessità tutta nuova, Sam li esaminò, guardando prima l'uno e poi l'altro come se le suole consumate e il cuoio segnato potessero offrire qualche risposta al mistero che si trovava a fronteggiare. Eddie se n'era forse andato in tutta fretta? Sam se lo immaginò mentre si strappava gli scarponcini dai piedi, spezzando una stringa nel farlo, per prendere al volo una corriera oppure un treno. Già, ma ciò non spiegava il problema che gli era già venuto in mente. Come faceva Eddie a essere stato raggiunto da una convocazione urgente, isolato com'era alla fattoria Coyne? Una sensazione di disagio stava cominciando a crescere in Sam, come un grumo freddo alla bocca dello stomaco. Qualcosa non quadrava. Il silenzio stesso del fienile sembrava trattenere un segreto. Era come se tutte le piccole cose che aveva notato (lo specchio, la paglia, la lampada, e adesso gli scarponcini gettati a terra in un modo che sembrava andare contro l'innato ordine di Eddie) fossero indizi di un mistero che doveva ancora risolvere. Accovacciato, Sam perlustrò la semioscurità attorno a sé alla ricerca di qualche ulteriore segno che potesse chiarirgli le cose. Arricciando il naso per l'odore stantio che proveniva dal pavimento coperto di polvere, si piegò per sbirciare sotto il lavabo, e in quel momento udì un fievole suono alle sue spalle e avvertì una fonte di calore sulla nuca. Spaventato, girò rapido su se stesso. Il muso umido di Sal era a un paio di centimetri dal suo. La sua lingua rosa gli sfiorò la guancia. «Accidenti! Vuoi farmi venire un infarto, vecchia mia?» Le carezzò la
testa. «Strisciarmi alle spalle in quel modo?» Sal scodinzolò, poi si voltò per annusare qualcosa sul pavimento. Sam la guardò seguire la traccia che aveva trovato, qualsiasi essa fosse, attraversando la superficie polverosa e cosparsa di paglia verso la zona in cui era accatastata la mobilia. «Be', ora basta.» Si rialzò dalla posizione accovacciata, gemendo per lo sforzo. Impiegò un istante a sciogliersi i muscoli contratti delle cosce. «Qui non troveremo alcuna risposta», osservò rivolto alla sagoma di Sal che scompariva. «È meglio andare a Oak Green.» Era impaziente di telefonare ad Ada per sapere se c'erano notizie da Hove. Per scoprire se Eddie era lì, e se non c'era, che cosa sapevano di lui sua sorella e sua madre. Nutriva ancora la speranza che l'intera faccenda si potesse risolvere in un batter d'occhio. Dando un'ultima occhiata intorno, notò un forcone che giaceva a terra vicino alla parete posteriore, e si rese conto che Eddie doveva averlo usato per raccogliere il fieno con cui ampliare il suo materasso. La vista del forcone lo portò a guardare di nuovo l'ammasso di paglia che riempiva l'angolo del fienile e a scuotere la testa perplesso. «Non ha senso.» Pronunciò le parole a voce alta, poi si voltò e si allontanò, penetrando fra i mobili fino alle cataste di steccati e fischiando per chiamare Sal. Quando vi arrivò non vide alcun segno di lei, e così tornò sui suoi passi chiamandola per nome. «Sally! Dove sei?» Si guardò intorno e la intravide su un lato del fienile. Stava annusando qualcosa: un oggetto lungo e basso, molto probabilmente una cassapanca, coperto da un telo come tutti gli altri. «Cos'hai trovato? È un topo?» Fischiò di nuovo, ma Sal non gli prestò attenzione, restando ostinatamente ferma dov'era e percorrendo la cassapanca avanti e indietro con il naso, tanto che alla fine Sam fu costretto a raggiungerla e trascinarla via. «Non possiamo trattenerci, vecchia mia», disse tirandola per il collare. «Non c'è tempo da perdere. Dobbiamo trovare Eddie.» 27 Sinclair si fermò sulla soglia e osservò la scena che gli si parava davanti. Quasi una ventina di investigatori affollava una stanza che forse avrebbe
potuto ospitarne la metà. Alcuni avevano trovato delle sedie, ma la maggior parte era in piedi o seduta sui bordi delle scrivanie. L'angolo più lontano era stato liberato e una mappa in grande scala della città di Midhurst era stata sistemata su un cavalletto. Il ronzio delle conversazioni, abbastanza forte da farsi udire al piano superiore da dove era appena sceso Sinclair, si ridusse a un mormorio quando i più vicini all'ingresso si accorsero della comparsa dell'ispettore capo e dell'ufficiale al suo fianco, un ispettore in uniforme di nome Braddock che comandava la stazione di polizia di Midhurst. «Signori, attenzione.» Il collega di Sinclair diede l'ordine a gran voce e il silenzio calò sulla stanza. «Sarò breve con le presentazioni. Per i nuovi arrivati, questo è l'ispettore capo Sinclair di Scotland Yard. È il responsabile delle indagini sugli omicidi delle bambine, ed è su sua richiesta che abbiamo condotto la ricerca del sospetto, Lang, in tutto il Sussex. Secondo informazioni ricevute questa mattina, ora sembra probabile che abitasse qui, a Midhurst o nei paraggi. Da questo momento in poi sarà il signor Sinclair a dirigere le ricerche, e voi riceverete ordini da lui. Signore...» Si volse verso l'ispettore capo. «Grazie, signor Braddock.» Sinclair gli rivolse un cenno del capo, poi raggiunse rapidamente il cavalletto. Appesa alla parete alle sue spalle c'era una copia del manifestino che era stato inviato a tutte le stazioni di polizia. Ricavato dall'istantanea sgranata fornita da Philip Vane, mostrava un primo piano ingrandito di Gaston Lang. L'ingrandimento metteva in crudo risalto le fattezze del ricercato, aumentandone il pallore e trasformandone gli occhi leggermente sgranati in scuri cunicoli. «Cercherò anch'io di essere breve.» Sinclair si voltò verso l'adunata di investigatori. «Sebbene esistano tutti i motivi per pensare che Lang si trovi nelle vicinanze, non è affatto chiaro quanto intenda restarvi. In realtà potrebbe essere in procinto di partire, e anche se non lo fosse non passerà molto prima che la caccia che stiamo per scatenare divenga di dominio pubblico e che lui capisca di essere in pericolo. Per questo, il tempo è un fattore determinante.» Mentre parlava, la porta si era aperta e altri uomini erano entrati. Tenendo a freno l'impazienza, l'ispettore capo attese che lo strascicare di piedi cessasse. Accompagnato da una squadra di uomini in borghese, era arrivato da Chichester soltanto un'ora prima dopo un tragitto attraverso i Downs
rallentato dalla nebbia residua. Prima di partire si era accordato per telefono con il capo della polizia del Sussex sul coinvolgimento di altri uomini. Ostacolati dal medesimo problema che aveva rallentato il suo viaggio, questi erano giunti a Midhurst da soli o in coppie, chiamati dai paesi vicini, e avevano invaso la piccola stazione di polizia con il suono delle loro voci e il fracasso delle loro scarpe sui pavimenti di legno. Costretto ad attendere l'arrivo di tutti, Sinclair ne aveva approfittato per escogitare il piano che ora stava per illustrare. «Poiché non abbiamo idea di dove si trovi di preciso Lang, e visto che gli alberghi e le pensioni sono già stati controllati, a Midhurst come altrove nella contea, la mia intenzione è quella di perlustrare la città stessa, di passarla al setaccio. Scenderò nei dettagli fra un istante. Ma prima vi riferirò quello che sappiamo.» Venne nuovamente interrotto quando la porta si aprì e gli uomini che vi si paravano davanti furono costretti a scostarsi, con conseguente scompiglio e tramestio. L'ispettore capo lanciò un'occhiataccia verso il fondo della stanza, ma sgranò gli occhi sorpreso nel vedere Madden, che si stava facendo largo alle spalle di Billy Styles. Batté le palpebre e proseguì. «L'uomo che crediamo sia Gaston Lang si è presentato ieri nello studio di Midhurst di un certo dottor Driscoll per farsi medicare una ferita alla schiena. È arrivato verso la fine dell'orario di visita, appena prima di mezzogiorno, spiegando che non conosceva la regione, che era uno straniero in visita escursionistica. Il suo problema, che il dottore ha esaminato brevemente prima di medicare, era una piccola ferita alla schiena, un brutto taglio la cui posizione gli aveva impedito di occuparsene lui stesso. Nel corso del loro breve, brevissimo colloquio (l'uomo, ha detto Driscoll, non era propenso alla conversazione), ha rivelato di essersi procurato la ferita inciampando e cadendo di schiena su un forcone che, guarda caso, giaceva a terra alle sue spalle.» Il mormorio di scetticismo che accolse quelle parole era echeggiato dalle sopracciglia sollevate dell'ispettore capo. «Sì, ho avuto anch'io la stessa reazione. Curiosamente, però, il dottor Driscoll sostiene che a giudicare dalla ferita era probabilmente la verità. C'erano due contusioni ben distinte, e una terza dove la pelle era stata squarciata, disposte in linea retta. Potevano benissimo essere state causate dai rebbi di un forcone. Come si sia procurato una simile ferita è un mistero su cui non intendo attardarmi. Basti dire che il taglio ha richiesto una pulizia e una medicazione. Driscoll andava di fretta, avendo una serie di
visite a domicilio da fare, e ha affidato il paziente alla sua infermiera pregandola di ottenere le informazioni necessarie e dirgli che avrebbe dovuto farsi rivedere dopo tre giorni per cambiare la medicazione. È stato a quel punto che la storia ha preso una svolta interessante.» Sinclair fece scorrere lo sguardo sul mare di volti davanti a lui finché non incrociò lo sguardo di Madden in fondo alla stanza. Più alto di chiunque altro, il suo vecchio collega si ergeva con le braccia incrociate sul petto e il volto inespressivo. «Lang - lo chiameremo Lang - aveva dovuto togliersi la camicia per farsi medicare, e quando se n'era andato il dottore l'aveva lasciato in un angolo dello studio riparato da un paravento perché si rivestisse. Non aveva avuto modo di vedere frontalmente Lang, visto che questi si era coricato supino per sottoporsi alla medicazione. Ma l'infermiera, la signora Hall, l'ha intravisto mentre si rimetteva la camicia e ha notato un'ampia voglia sulla parte superiore del petto.» Quelle parole suscitarono un altro mormorio fra i suoi ascoltatori. «Come sicuramente sapete, l'uomo che stiamo cercando ha un segno simile sul corpo. Quello che forse non sapete è che a tutti i medici del Surrey e del Sussex è stata inviata la richiesta di fare attenzione a qualsiasi nuovo paziente con una voglia. Sfortunatamente, quella indirizzata al dottor Driscoll è arrivata soltanto con la posta di stamattina. La signora Hall l'ha aperta dopo che il dottore era uscito e si è ricordata di ciò che aveva visto. Dato che gli avvisi dicono che il ricercato è pericoloso, l'infermiera ha avuto il buonsenso di avvertire immediatamente la polizia invece che attendere l'arrivo del suo principale. Il signor Braddock si è recato di persona a parlarle insieme al sergente investigativo Cole, che sono sicuro tutti conoscete.» Sinclair indicò con il capo un uomo in piedi davanti al gruppo di investigatori, poi si volse verso Braddock al suo fianco. «Perché non prosegue lei, ispettore?» Braddock si schiarì la gola. Era sulla cinquantina e semicalvo, ma aveva l'occhiata sveglia e l'aspetto vigoroso di un uomo più giovane. «Si dà il caso che Peter Driscoll sia il mio dottore, e che io conosca molto bene tanto lui quanto la sua infermiera. Prima di venire qui, la signora Hall era caposala all'ospedale di Chichester. È una donna giudiziosa e intelligente. Quando le abbiamo mostrato la fotografia di Lang, l'ha guardata bene e poi ha confermato che era lui, senza alcun dubbio, anche se aveva un aspetto differente. Portava gli occhiali, ha detto, e aveva i capelli più
lunghi e pettinati all'indietro in uno stile diverso. Ma pensava proprio che fosse lui.» «Aveva dato un nome, signore?» La domanda giunse dalla folla di ascoltatori. «Sì, ma non il suo. Hendrik De Beer, ha scritto sul modulo che gli è stato chiesto di compilare. De e poi Beer, come birra, cosa che immagino non dimenticherete», disse l'ispettore concedendosi un sorriso, «ma di cui è meglio che prendiate nota comunque.» Fece una pausa mentre per la stanza si diffondeva il fruscio dei taccuini. «Per anticipare la prossima domanda», riprese, «sì, ha lasciato anche un indirizzo, ma di Amsterdam. Come ha riferito il signor Sinclair, ha detto che era un turista e che si sarebbe trattenuto temporaneamente nella zona, ma non ha specificato dove.» Scambiò un'occhiata con Sinclair, che annuì e riprese la parola. «Ho già dato istruzioni di contattare la polizia di Amsterdam, ma sono abbastanza sicuro che scopriremo che nemmeno loro ne hanno mai sentito parlare e che l'indirizzo è falso. A proposito, Lang non è olandese. Si fa passare per belga, ma al momento non scenderò nei dettagli sulle sue origini se non per dire che deve essere stato costretto a scegliere una falsa identità straniera perché, malgrado parli bene l'inglese, ha un forte accento. Tenetelo a mente quando cominciate a cercarlo, cosa che accadrà molto presto.» «Chiedo scusa, signore», intervenne un'altra voce dal gruppo. «Come facciamo a sapere se il nome che ha dato all'infermiera è lo stesso che sta usando qui?» «Ottima domanda», rispose Sinclair voltandosi nella direzione da cui era giunta. «Non appena il signor Braddock mi ha chiamato a Chichester, dove casualmente mi trovavo stamattina, e mi ha riferito la scoperta, abbiamo deciso che il primo luogo da controllare era l'ufficio postale. Se Lang risiede da qualche tempo nella zona, e abbiamo motivo di credere che si trovi in Inghilterra da qualche mese, è molto probabile che abbia usato il servizio di fermo posta per ricevere la sua corrispondenza. Si è rivelata una buona intuizione. Sergente Cole?» Sinclair incrociò lo sguardo dell'uomo in piedi davanti a lui. «Ha detto bene, signore.» Cole, un uomo tarchiato con un abito color senape, si girò per fronteggiare i suoi ascoltatori, alzò la voce e si rivolse alla stanza affollata. «Dopo aver parlato con l'ispettore capo, il signor Braddock mi ha mandato all'ufficio postale. Nessuno è riuscito a riconoscere Lang dalla foto,
non sulle prime, ma quando ho pronunciato il nome che aveva dato, De Beer, l'impiegato al banco se n'è ricordato. Ha dato un'altra occhiata al manifestino e ha detto che sì, poteva essere lui, anche se aveva un aspetto diverso. Ne ricordava il nome, primo perché era straniero, e secondo perché nell'ultimo mese era passato tre volte alla settimana, regolare come un orologio, chiedendo se era arrivata posta per lui. Non c'era mai stato niente fino a mercoledì scorso, quando finalmente aveva ricevuto qualcosa. Un pacchetto, ha detto l'impiegato.» Rivolse un'occhiata a Sinclair, il quale annuì. «Grazie, sergente.» L'ispettore capo riprese. «Ora capite perché pensiamo che quest'uomo risiedesse in questa zona e non fosse semplicemente di passaggio. Tuttavia, come ho detto prima, potrebbe essere in procinto di partire. Un motivo di crederlo ci viene fornito da qualcosa che ha detto alla signora Hall. Quando lei l'ha informato che avrebbe dovuto ripresentarsi per farsi cambiare la medicazione, ha risposto che non avrebbe potuto farlo perché stava per ripartire, ma che se ne sarebbe occupato quando fosse giunto ad Amsterdam.» Sinclair fece una pausa. La sua espressione era riflessiva. «Ora, è vero che potrebbe aver mentito riguardo alla partenza, ma non ne vedo la ragione. Perché non tornare a farsi cambiare la medicazione, se è necessario? Non c'è nulla che glielo impedisca, a meno che non sia effettivamente in partenza. Poi c'è la questione del pacchetto che aspettava, e a quanto pare con una certa impazienza. Sembra che la decisione di partire sia collegata al suo arrivo. In ogni caso è così che intendo leggere la situazione, dando per scontato che abbiamo pochissimo tempo per mettere le mani su di lui. Il che ci porta alla questione dei mezzi...» Si guardò intorno, e ancora una volta incrociò lo sguardo di Madden. «Quello che vogliamo, naturalmente, è il suo indirizzo, o in mancanza di esso una qualsiasi indicazione sui suoi movimenti, di dove potrebbe essere stato visto a Midhurst e nei paraggi nel corso delle ultime settimane e degli ultimi mesi. Queste indagini sono già cominciate. Tre dei quattro investigatori di questa stazione sono stati già attivati; uno sta raccogliendo le deposizioni dettagliate del dottor Driscoll e della signora Hall, gli altri due stanno facendo visita alle agenzie immobiliari della zona per informarsi sugli appartamenti o sulle case affittate a uomini soli negli ultimi mesi. Poiché sappiamo che Lang non alloggia in un albergo o in una pensione, è una strada che deve essere battuta. Ma è soltanto l'inizio. Dobbiamo stendere una rete più ampia. Nel corso delle prossime ore visiterete negozi e
uffici, mostrando la foto di Lang e facendo il nome di De Beer a tutti coloro che incontrerete. È importante perlustrare sistematicamente la città, strada per strada, e in questo verrete assistiti dal sergente Cole, che assegnerà un quartiere a ciascuna coppia di investigatori e a cui farete riferimento, e da uomini in uniforme che vi accompagneranno. Senza dubbio ciò causerà un certo subbuglio, ma non si può evitare. È il modo più semplice di ottenere un risultato. E come ho detto prima, il tempo è un fattore fondamentale.» L'ispettore capo si azzittì, ma il suo cipiglio rivelava chiaramente che non aveva ancora finito; dopo una breve pausa, riprese con voce alterata. «Un'ultima cosa. Mi rendo conto che molti di voi hanno la sensazione di non essere stati informati fino in fondo, che fin dall'inizio di questa ricerca, sia qui che nel Surrey, alcuni interrogativi riguardo a Lang non hanno avuto risposta. Interrogativi che avevate tutto il diritto di porre ai vostri superiori. Posso soltanto chiedervi scusa e dirvi che, per motivi che di nuovo mi è impossibile rivelare, non abbiamo potuto evitarlo. C'è tuttavia un punto che vorrei sottolineare: riguarda l'avvertimento che tutti voi che siete coinvolti in questa operazione avete già ricevuto riguardo al pericolo che Lang rappresenta. E intendo il pericolo che rappresenta per voi.» Sinclair fece un'altra pausa, lasciando che le sue parole venissero assorbite. «Potrà accadere che nel corso della giornata uno o più di voi incontri quest'uomo, o qualcuno che gli assomiglia, e che reputi sia il caso di interrogarlo. Nel caso ciò dovesse accadere, state in guardia.» Le parole fuoriuscirono dalle labbra dell'ispettore come una frustata, e fecero trasalire diversi fra i suoi ascoltatori. «Lang non è soltanto un maniaco sessuale assassino, e quelle povere bambine non sono le sue uniche vittime. È un criminale di un genere che nessuno di noi ha mai incontrato prima; con ogni probabilità non mostrerà alcuna sorpresa quando lo accosterete, e potrebbe perfino dare l'impressione di voler collaborare. Non lasciatevi ingannare. È armato di coltello, e posso dirvi che l'ha già usato, proprio ai danni di un investigatore, e con conseguenze fatali. Visto che per lui l'arresto significa una sicura condanna a morte, per sfuggire alla cattura non si fermerà davanti a nulla.» L'ispettore capo spostò ancora una volta lo sguardo verso il fondo della stanza, dove Madden si parava in piedi a braccia conserte. Gli parve di vederlo annuire. «Dunque ve lo ripeto un'altra volta, e vi invito a ricordarlo. State atten-
ti!» Il telefono squillò e Braddock rispose. «È per lei, signore.» Posò la cornetta sulla scrivania di fronte a sé, si alzò lasciando il posto a Sinclair e aggirò la scrivania per andare a sedersi accanto a Madden, che in quel momento era immerso nella lettura delle deposizioni complete del dottor Driscoll e della sua infermiera consegnate dall'investigatore incaricato. Mentre Sinclair cominciava a parlare al telefono, bussarono alla porta e un agente entrò con un vassoio su cui erano posate tre tazze di tè fumante e un piatto di tramezzini. Al cenno di assenso del suo superiore posò il vassoio sulla scrivania e uscì richiudendosi piano la porta alle spalle. «Grazie, Arthur, è chiaro... ci sentiamo più tardi.» Sinclair riagganciò e guardò gli altri due. «Era il sovrintendente capo Holly. Dice che tutti i porti sono stati avvertiti. Li abbiamo informati che Lang ha un aspetto diverso; hanno già le loro copie del manifestino.» «E se stesse soltanto cambiando base?» Braddock si era rimesso in piedi. Offrì una delle tazze a Madden, che scosse la testa, troppo occupato a leggere le deposizioni. «È possibile, glielo concedo. Ma è più probabile che se ne stia andando. Che stia lasciando l'Inghilterra. Qui non può confondersi tra la gente. Non può nascondere il fatto che è straniero. Vorrà andare dove dà meno nell'occhio.» Sinclair fece per alzarsi, ma Braddock lo fermò con un cenno. «Tanto vale che resti lì, signore. E prenda un tramezzino, se ne ha voglia. Probabilmente, oggi sarà l'unico pranzo che riusciremo a fare.» Seguendo il proprio stesso consiglio, l'ispettore di Midhurst prese una delle tazze di tè e fece scivolare un tramezzino sul piattino prima di rimettersi a sedere accanto a Madden. «Quel pacchetto che Lang aspettava... cosa pensa che fosse?» «Documenti di viaggio, forse.» Sinclair si strinse nelle spalle, poi guardò Madden. «Tu che ne pensi, John?» L'inaspettata comparsa dell'ex collega l'aveva preso alla sprovvista, e stava ancora cercando di valutarne le implicazioni, delle quali non tutte erano rassicuranti. Qualunque fosse stato il loro legame in passato, la presenza di un civile nel bel mezzo di un'operazione di polizia così delicata (per non parlare della segretezza) non poteva certo essere giustificata appellandosi alle regole, e pur sapendo che quand'era necessario le regole po-
tevano essere forzate per coinvolgere un uomo con la reputazione di Madden, Sinclair era anche sgradevolmente consapevole che la faccenda non sarebbe affatto finita lì. C'era un altro aspetto che andava considerato, un aspetto che lui non poteva ignorare e a cui aveva infatti accennato subito dopo aver salutato l'ex collega alla conclusione della riunione e aver saputo il motivo per cui era arrivato insieme a Styles. «Helen sa che sei qui?» Quando Madden gli aveva spiegato che sua moglie aveva trascorso la notte in città e alla loro partenza da Highfield non era ancora arrivata, e che di conseguenza lui aveva dovuto lasciarle un biglietto in cui spiegava la loro assenza, Sinclair aveva inarcato le sopracciglia in un silenzioso commento, riflettendo sulla quasi assoluta certezza che quando fosse giunto il momento della resa dei conti, a pagare sarebbe stato lui. Considerato quanto spesso si era rivolto all'ex collega nel corso delle indagini, tuttavia, non poteva certo lamentarsi della situazione attuale, ed era abbastanza onesto da riconoscere il conforto che gli recava la presenza di quella familiare figura, alla cui opinione stava di nuovo facendo appello. «Documenti di viaggio?» Il cipiglio concentrato di Madden si sollevò per un istante dal rapporto. «Sì, Angus, direi di sì. Documenti per la sua nuova identità... forse un passaporto. Dovrebbe sapere dove procurarsene uno falso, giusto? Magari non qui, ma sul continente?» «Perché lo dice?» La domanda, inevitabilmente, era giunta da Braddock, il quale si era reso conto che gli altri due stavano parlando di cose di cui era all'oscuro. L'ispettore di Midhurst non aveva mostrato alcuna intenzione di obiettare sulla presenza di Madden. Al contrario, quando erano stati presentati si era illuminato in volto e gli aveva stretto la mano. «La conosco bene di nome, signore. Speravo proprio di incontrarla.» Ma ora, nel vederlo aggrottare la fronte, Sinclair capì che si sentiva escluso, e la consapevolezza lo condusse a una rapida decisione. «Ispettore, le dirò una cosa che non dovrei dirle. Ma dovrà tenerla per sé, adesso e in futuro. Come avrà immaginato, Lang non è un normale maniaco sessuale. In realtà era un agente impiegato all'estero in missioni di spionaggio, missioni in cui ha ottenuto grandi successi. Ho già sottolineato quanto è pericoloso, ma c'è anche un altro lato da prendere in considerazione: la sua abilità nel dissimulare la propria identità. In passato, nel suo lavoro ha usato molti pseudonimi: è una cosa che è abituato a fare. E sono
altrettanto sicuro che abbia alterato il proprio aspetto. Per questo stiamo trattando con tanta urgenza la faccenda. Se ci sfugge adesso, Dio sa quando noi o chiunque altro riusciremo a ritrovarlo.» «Cristo onnipotente!» esclamò Braddock senza volerlo. Poi scosse la testa con fare dolente. «Stavo cominciando a chiedermi... E pensare che gira da mesi per Midhurst. Potrei addirittura averlo incrociato per strada!» Le conferme della presenza del ricercato nella zona non avevano tardato ad arrivare dopo la partenza delle squadre di investigatori. Nel giro di venti minuti era stato riferito che un uomo che rispondeva ai connotati di Lang, uno straniero, aveva in diverse occasioni acquistato dei sigari in una tabaccheria non lontano dall'ufficio postale. Malgrado la giovane commessa non fosse stata in grado di identificarlo con certezza come l'uomo del ritratto, aveva detto che gli assomigliava, aggiungendo anche di averlo trovato sgradevole. «Il modo in cui mi guardava», erano state le sue parole. Poco dopo era arrivata una seconda segnalazione: il proprietario di una cartoleria aveva riconosciuto l'uomo del manifestino, a cui circa tre mesi prima aveva venduto del materiale da disegno, blocchi e matite. «Ricorda che lo stesso uomo è tornato due settimane fa. Avevano finito i blocchi che cercava, ma quando il cartolaio gli ha chiesto nome e indirizzo per poterlo informare dell'arrivo di una nuova fornitura, Lang gli ha risposto che presto sarebbe tornato in Olanda e avrebbe trovato lì ciò che gli serviva.» L'informazione era stata riferita da Billy Styles, che stava aiutando il sergente Cole nell'ufficio del CID al piano inferiore. Con l'avvicinarsi dell'ora di pranzo i negozi avevano cominciato a chiudere per la pausa e gli uomini erano lentamente rientrati alla stazione. Fra loro vi erano i due investigatori locali incaricati di consultare le agenzie immobiliari, ma nessuno dei due era tornato con informazioni che valesse la pena approfondire. «Hanno affittato poche case a uomini soli, e nessuna a stranieri.» «Intendono solo in città o anche nei dintorni?» Era stato Sinclair a porre la domanda. «Entrambe le cose, signore. Tutte e tre le agenzie hanno anche dei cottage ammobiliati nei loro elenchi, ma nessuno che sia stato affittato di recente e nessuno a uomini soli.» Nell'udire la notizia Sinclair aveva fatto una smorfia, e ora, nel vedere che era l'una passata, tradì un altro spasmo di malcontento. Facevano presto a dire di essere sulla strada giusta, che Lang si trovava lì o nei paraggi,
ma questi continuava a essere sempre oltre la loro portata, e l'ispettore capo era tormentato dal pensiero che la presenza di così tanti poliziotti impegnati a setacciare la cittadina sarebbe presto venuta alla luce e che non sarebbe passato molto tempo prima che la loro preda se la svignasse da Midhurst. Nel frattempo era arrivata l'ora di pranzo e le squadre di investigatori stavano facendo ritorno alla stazione, la loro presenza segnalata dal rumore che aumentava al pianterreno e dalle voci e dai passi che echeggiavano sulle scale. L'ispettore capo guardò fuori dalla finestra alle sue spalle, osservando la piazza del mercato che quella mattina al suo arrivo era piena di bancarelle e pullulava di compratori e che ora era quasi deserta. Tornando a voltarsi, vide che lo sguardo carico di aspettativa di Braddock era fisso su di lui. Madden stava ancora leggendo le deposizioni scritte. «Che c'è, John? Qual è il problema?» Gli anni passati insieme avevano insegnato a Sinclair a interpretare il volto del suo ex collega. Il cipiglio preoccupato di Madden era stato rimpiazzato da un'espressione diversa: sempre aggrottata, ma accompagnata da un'ombra di perplessità. Si era portato le dita alla cicatrice sulla fronte. «Questo libro che Lang aveva con sé... quello di cui parla l'infermiera...» «Il manuale di ornitologia? Sì, l'ho visto. Cosa ti fa pensare?» Mentre Madden apriva la bocca per rispondere, vennero interrotti da un suono di rapidi passi in corridoio e da un bussare affrettato alla porta, che venne spalancata. «Signore!» Davanti a loro si parava un ansimante Billy Styles. «Che succede, sergente?» Sinclair alzò gli occhi su di lui. «Due degli uomini appena rientrati... hanno parlato con un farmacista...» Billy lottò per riprendere fiato. «Ha detto che Lang è passato dal suo negozio proprio ieri, verso mezzogiorno... Dev'essere stato appena dopo la visita dal dottore...» «Sì? E allora?» Senza volerlo, l'ispettore capo aveva perso la pazienza. L'espressione sul volto del giovane gli aveva fatto venire i brividi. «Sappiamo che è qui...» «Non è questo, signore... è il motivo per cui ci è andato, quello che ha comprato...» Billy deglutì. Incrociò lo sguardo di Madden. «Era una bottiglia di cloroformio.» 28
Sam ripose la cornetta con un gemito. Mentre parlava aveva fissato il dipinto appeso alla parete di fronte: mostrava due cavalli che brucavano l'erba verde di un prato. Non era ancora pronto a muoversi, e lasciò vagare lo sguardo per il salottino, che a giudicare dalla cesta per il cucito che campeggiava sul divano lasciando sbucare dal coperchio un campione di tessuto azzurro e dal delicato scrittoio doveva essere quello della signora Ramsay. Il suo sguardo venne catturato dal ritratto a pastello di una sorridente bambina dai capelli scuri di uno o due anni. Nell da piccola, immaginava. «Oh, Cristo!» L'esclamazione gli uscì improvvisa. Sospirando si alzò. Le tendine a fiori scostate da una finestra a ghigliottina lasciavano intravedere il giardino, e Sam si trattenne qualche istante a fissare uno stagno di gigli la cui superficie immobile come un manto grigio rifletteva il cielo fosco. «E adesso?» si chiese a voce alta, ben sapendo qual era la risposta ma non volendo ancora affrontarla. Uscì dal salottino e percorse il corridoio fino alla cucina sul retro della casa, dove Bess, la cuoca dei Ramsay, lo aspettava. Aveva tenuto d'occhio il cancelletto posteriore in attesa del suo arrivo, rossa in volto e in preda all'ansia, e varcandolo Sam ne aveva visto il volto rubizzo alla finestra. Prima ancora che lui e Sal avessero attraversato il cortile acciottolato, la porta si era aperta e la figura grassoccia in bianco di Bess si era parata sulla soglia. «Oh, Sam, mi dica... ha qualche notizia?» La sua padrona le aveva detto di mostrargli il telefono affinché lui potesse chiamare Ada. Ora, rientrato in cucina, Sam la trovò intenta a sgusciare piselli seduta al tavolo, e immaginò che stesse cercando di tenersi occupata. Quando lo vide, il suo volto tradì la delusione. «Ada ha parlato con la sorella di Eddie. Ha telefonato mezz'ora fa. La settimana scorsa hanno ricevuto una cartolina, ma non diceva niente di un suo ritorno a casa. Non sanno dove sia.» «Ma com'è potuto scomparire nel nulla? Non ha senso.» I lineamenti scialbi di Bess erano distorti dall'angoscia. Sembrava sull'orlo delle lacrime. Sam non poté fare altro che scuotere la testa. Aveva riflettuto sulla cosa, tuttavia, rigirandosela nella mente ancora prima di giungere a Oak Green. Mentre camminava, soffiandosi sulle dita per ripararle dal freddo pungente che era ridisceso con la fine del pomerig-
gio, si era reso conto che a Eddie doveva essere capitato qualcosa, sulla strada per Hove se aveva effettivamente deciso di tornare a casa oppure altrove. Che doveva aver avuto un incidente, magari investito da un'auto o ferito in qualche altro modo, e che ora poteva essere all'ospedale. In stato di incoscienza, di sicuro, poiché altrimenti avrebbe fatto sapere chi era e la polizia si sarebbe messa in contatto con i suoi familiari. Sulle prime, Sam aveva rifuggito quei pensieri. Non aveva smesso di sperare che il mistero si sarebbe risolto quando avesse parlato con sua moglie, che lei avesse ricevuto qualche buona notizia da Hove. Ma ora, dopo aver saputo il peggio, era costretto a riprendere il ragionamento di prima, per inquietante che fosse. La situazione, lo capiva, andava affrontata di petto. «Quando pensi che sarà di ritorno la signora Ramsay, cara?» domandò gentilmente a Bess. Non voleva renderla partecipe dei suoi timori. La poverina era già abbastanza sconvolta. Era chiaro che aveva un debole per Eddie, cosa che per quanto riguardava il suo vecchio amico poteva non essere che una fantasia ma che non per questo per Bess era meno reale. Ora era seduta al tavolo e fissava la zuppiera piena di piselli sgusciati davanti a sé con gli occhi luccicanti di lacrime trattenute. «Mi ha detto che andava a giocare a bridge.» «È vero...» Bess tornò in sé con un mezzo singhiozzo. Si infilò una ciocca di capelli sotto la cuffia bianca. «È andata a Petersfield. Ha detto che cercava di non fare troppo tardi...» Sam emise un grugnito. Aveva sperato che la padrona di casa fosse presente, per poter condividere le sue preoccupazioni o, ancora meglio, per sentirsi dire che i suoi timori erano infondati. Ma ora vide che avrebbe dovuto agire per conto proprio. «Posso fare un'altra telefonata?» Si rimise in piedi. «Non è un problema?» «Il telefono? Sì, certo... ma perché?» Bess alzò gli occhi battendo le palpebre. «A che scopo, Sam?» «Mi dispiace, cara. Dev'essere fatto.» Sam non poteva più nasconderle la sua preoccupazione, e con un sospiro allungò la mano attraverso il tavolo per darle un colpetto sulla spalla. «Dobbiamo sapere se gli è successo qualcosa. Avvertirò la polizia.» 29
Billy prese un tramezzino alla pasta di pesce, l'unica varietà rimasta, e tornò a riempire di tè la sua tazza. L'ufficio del CID, fino a dieci minuti prima pullulante di uomini in borghese, era deserto. C'era solo il sergente Cole, impegnato a infilare puntine colorate sulla mappa di Midhurst contrassegnando le zone già controllate dalle squadre di investigatori, la cui breve pausa pranzo era appena terminata e i cui incarichi avevano ormai assunto un'urgenza che non c'era alcun bisogno di sottolineare. La notizia che Billy si era precipitato a riferire al piano superiore aveva stimolato l'ispettore capo all'azione. Dopo aver chiesto cosa ne pensassero sia Braddock che Madden e aver saputo che condividevano la sua opinione, aveva telefonato a Bennett a Scotland Yard con una nuova, radicale proposta. «Dobbiamo rendere pubblica la cosa, signore. Dobbiamo fare in modo che i giornali di domani parlino dell'indagine, specialmente del fatto che stiamo cercando uno straniero, e diano la descrizione di Lang. Detesto farlo: temo che non servirà che a metterlo in fuga. Ma è preferibile all'omicidio di un'altra bambina.» Billy era rimasto a guardare dal vano della porta mentre Sinclair, apparentemente dimentico della sua presenza, ascoltava la replica di Bennett aggrottando la fronte e serrando il pugno sulla carta assorbente davanti a sé. «Sì, signore, tutti i giornali nazionali, e il signor Braddock e io ci occuperemo di quelli locali qui nel Sussex.» C'era stata una pausa, nella quale l'ispettore capo aveva tamburellato le dita sulla scrivania. Poi aveva ripreso a parlare. «Sembra improbabile, glielo concedo. Ma non si può leggere nel pensiero di un uomo simile. L'informazione dev'essere presa alla lettera: dobbiamo presupporre che abbia intenzione di uccidere di nuovo.» Al termine della telefonata, pochi minuti dopo, Sinclair si era rivolto a Madden. «Bennett si stava chiedendo se Lang sarebbe davvero disposto a rischiare proprio ora che è in procinto di andarsene. Tu che ne pensi, John?» Billy aveva udito il grugnito di Madden e aveva visto il suo volto farsi scuro. «Non ne sono sicuro, Angus. A giudicare da quello che ti ha detto Vane, sembra che Lang stia facendo sempre più fatica a dominarsi. Non è per questo che ha dovuto fuggire in tutta fretta dalla Germania? Dal delitto di Brookham si è controllato, ma non dev'essere stato facile. Ora che sta per andarsene, forse pensa di poter correre il rischio. Potrebbe perfino pensare
di avvantaggiarsene, lasciando che la polizia indaghi su un altro delitto cercando l'assassino in Inghilterra mentre lui effettua la sua fuga.» Nel silenzio che era seguito, lo sguardo dell'ispettore capo era caduto su Billy, ancora in piedi sulla soglia. «Posso fare qualcosa, signore?» «Riferisci a Cole da parte mia di dire agli uomini di insistere. Le ricerche proseguono come prima. Qualsiasi ulteriore avvistamento di Lang dovrà essere riferito all'istante, senza la minima indecisione.» Billy aveva già riferito il messaggio, e ora si avvicinò alla mappa per vedere i progressi compiuti. Come increspature sull'acqua, i cerchi di puntine rosse si stavano avvicinando alla periferia della cittadina, e Billy si piegò in avanti per leggere nomi che annunciavano l'inizio della campagna: Beggars Corner, June Meadows, Nine Acres, Guillard's Oak. Finora aveva trovato ben poco di utile da fare. La sua posizione di ufficiale di Scotland Yard lo rendeva diverso dagli altri, quanto meno ai loro occhi, costringendolo a starsene a guardare mentre uomini che si conoscevano e conoscevano bene la città svolgevano il loro lavoro. E c'era un'altra cosa che lo tormentava: il ricordo della reazione dell'ispettore capo quando lui e Madden si erano presentati alla stazione quella mattina. Per un attimo gli era parso che non fosse contento, o quanto meno che disapprovasse, e aveva avvertito che il suo biasimo era rivolto a lui. «La sua auto si è guastata, ha detto?» L'ispettore capo era riuscito a modulare la domanda come se fosse un'accusa, scoccando un'occhiata di traverso a Madden che stava parlando con Braddock. «E non poteva trovare un altro modo di arrivare?» L'idea che il suo superiore avrebbe potuto non gradire la presenza di Madden non aveva mai sfiorato la mente di Billy, e se in circostanze normali lo stato di civile di Madden avrebbe rappresentato un problema, la scena a cui il sergente aveva appena assistito al piano superiore, quando l'ispettore capo si era rivolto al suo vecchio amico con la naturalezza di un collega, sembrava contraddirlo. Ma allora cosa significava la sua reazione? Il sergente stava ancora rimuginando sul mistero quando la porta si aprì a rivelare Madden. «Ah, Billy! Eccola qui...» Indossava il soprabito e stringeva in mano il cappello. «Se ne sta andando, signore?» Billy posò la sua tazza. «Sì, devo tornare a casa. Questa faccenda potrebbe dilungarsi, e Helen comincerebbe a preoccuparsi.» Avanzò nella stanza. «Ma prima c'è una
cosa che voglio fare, e forse potrebbe darmi una mano. Renderla un'operazione di polizia faciliterebbe le cose. Ha da fare?» «Tutt'altro», rispose Billy con un sorriso. «Non voglio disturbare il signor Sinclair, è già abbastanza impegnato. Lui e il signor Braddock stanno stendendo un comunicato da diffondere ai giornali. Ma c'è qualcosa che dovremmo controllare...» Madden si accorse che Cole si era voltato verso di lui e lo guardava incuriosito. «Mi chiamo Madden, sergente.» Gli si avvicinò porgendogli la mano. «Un tempo facevo il poliziotto.» «Lo so, signore.» Il viso di Cole era solcato da un gran sorriso. «La voce si è sparsa per la stazione. Ricordiamo tutti Melling Lodge. Dio, che storia!» Si strinsero la mano. «Il sergente Styles ha lavorato con me su quel caso. Eravamo colleghi.» Il piacere di Billy nell'udire quel termine venne intensificato dall'occhiata che ricevette dal poliziotto di Midhurst e dal suo grugnito di riluttante riconoscimento. «Posso fare qualcosa per lei, signore?» chiese Cole, e Madden annuì. «Ho bisogno di indicazioni.» Indicò la mappa. «Ci mostrerebbe dove si trova la vostra biblioteca?» Sulla strada, Madden spiegò cosa aveva in mente. «Penso che ieri Lang possa essere passato dalla biblioteca. Ha letto la deposizione della signora Hall, l'infermiera dello studio medico? La deposizione completa, intendo dire? Quella che ha reso all'investigatore inviato più tardi dall'ispettore Braddock?» Billy scosse il capo. Stavano attraversando a grandi passi la piazza del mercato, passando davanti a una serie di vecchi ceppi e a una gogna, le mani immerse nelle tasche dei cappotti per ripararsi dalla nebbia gelida che non aveva allentato la sua morsa sulle campagne. Il sergente Cole aveva detto loro che la biblioteca distava solo pochi minuti a piedi. «Le è stato chiesto di ricordare tutto quello che poteva di Lang, e lei ha parlato di un libro che aveva con sé, che teneva in grembo mentre era seduto in sala d'aspetto. Quando era stato chiamato nello studio del medico se l'era portato dietro, e più tardi lei l'aveva visto sulla scrivania e ne aveva letto il titolo. Era un libro sugli uccelli, ha detto, e credeva che il nome dell'autore potesse essere Howard, anche se probabilmente era Coward. T.A. Coward. I suoi libri sono molto noti. Volatili delle Isole Britanniche.
A casa ne abbiamo una serie. Appartenevano al padre di Helen.» Madden si era fermato un istante a controllare un cartello. Seguendo le indicazioni di Cole, avevano superato la piazza ed erano giunti in una strada curva di case dall'intelaiatura di legno, alcune delle quali avevano ancora le finestre strette e invetriate di un'era precedente. «Quando ho letto la deposizione, mi sono domandato cosa se ne facesse. Lang, voglio dire.» Billy si grattò la testa. «Be', signore, sappiamo che è un birdwatcher...» «Sì, ma cosa se ne faceva proprio lì? Nello studio medico?» chiese Madden gesticolando mentre avanzavano. «Forse se l'era portato dietro per sfogliarlo mentre aspettava.» Billy non riusciva ancora a capire dove volesse andare a parare il suo vecchio capo. «Non è quello che ha riferito l'infermiera. È una buona osservatrice, e ha detto che Lang l'aveva con sé. A mio modo di vedere, ciò suggerisce che l'aveva portato con qualche altro scopo. Ma se avesse avuto intenzione di fare una passeggiata nei boschi dopo la visita e avesse avuto bisogno del libro, l'avrebbe lasciato in macchina. Lo studio di Driscoll non è lontano da qui, sulla strada per Petersfield. Ho controllato sulla mappa. Dopo che Lang se n'è andato, mentre chiudeva a chiave la porta dello studio dopo la fine dell'orario di visita la signora Hall l'ha visto allontanarsi verso North Street, la via principale. Stava tornando in centro.» «Dove si è fermato in farmacia», rammentò Billy a se stesso con un brivido. Madden si accigliò. «Sì, ma il punto è che aveva ancora con sé il libro, e così mi sono chiesto dove poteva essere andato, se non poteva essere venuto proprio qui.» Erano giunti a destinazione. Si trattava dell'ennesima casa dall'intelaiatura di legno, ma questa aveva una targa accanto alla porta che la presentava come la BIBLIOTECA PUBBLICA DI MIDHURST. Quando Billy provò ad aprire la porta, la trovò chiusa a chiave. Non erano ancora le due. «Vede, non aveva motivo di non iscriversi alla biblioteca.» Madden si soffiò sulle dita. «Non aveva la polizia alle calcagna. Per quanto lo riguardava, l'uso di un nome falso era una semplice precauzione. Se avesse voluto mettere le mani su un qualsiasi volume di consultazione, questo era il posto giusto. E forse ieri ne stava restituendo uno. Dopo tutto, sta per partire. O almeno così sembra.» Le luci dietro le finestre della biblioteca si erano accese. Billy esitò un
altro istante. «Ma se ne sarebbe preso il disturbo, signore? Un uomo come Lang? Non se lo sarebbe semplicemente tenuto?» «Oh, no, non penso.» La risposta di Madden fu rapida. «Il suo scopo nella vita è evitare di attirare l'attenzione. Se aveva preso in prestito il libro, è più probabile che l'abbia restituito.» «Dunque, se si è iscritto, la biblioteca dovrà avere il suo nome. O meglio, quello di De Beer. È questo che pensa, signore?» «Di più.» Il tono di voce di Madden si era indurito. «Dovrà aver fornito un indirizzo. E se è possibile che ne abbia lasciato uno falso, tendo a dubitarne. È il genere di cosa che suscita interrogativi e sospetti. Se viene alla luce, intendo dire. No, se si è iscritto alla biblioteca, ed è un grosso 'se', penso che abbia dato il suo vero indirizzo. Ma lo scopriremo presto...» Billy controllò l'archivio per la seconda volta, facendo scorrere le schede con le dita e passando in rassegna le B. «È inutile, signore. Non c'è.» Aveva già controllato le D. «Non c'è nessun De Beer.» Madden emise un grugnito. Era fermo a braccia incrociate accanto alla scrivania, intento a osservarlo. Billy scorse la delusione sul suo volto. «Pensa che possa aver usato un altro nome?» domandò, ma Madden scosse il capo. «Ne dubito. Usare un nome falso è già abbastanza difficile; è una cosa che devi tenere a mente di continuo. Un secondo nome non farebbe che peggiorare le cose. So che Lang ci è abituato, ma dubito che correrebbe rischi inutili. E come ho detto prima, non aveva motivo di sentirsi in pericolo.» Malgrado la biblioteca non fosse ancora aperta (sembrava che l'orario previsto fossero le due e un quarto), quando Billy aveva bussato erano stati fatti entrare da una donna che si stringeva al petto una pila di libri. Gentile ma apparentemente stremata, aveva detto di chiamarsi Miss Kaye e di non essere la responsabile ma semplicemente l'assistente della capobibliotecaria, una certa Miss Murdoch. «Agatha non c'è, temo. È andata a Chichester in giornata a visitare sua madre. La poverina non sta bene. Mi ha lasciata qui a gestire la baracca, e sto facendo del mio meglio.» Minuta, con capelli rossi raccolti in una crocchia sulla nuca e occhi verdi
le cui palpebre battevano dietro gli occhiali, li aveva preceduti oltre un'asse di legno sollevata lungo il banco e condotti a una scrivania su cui campeggiava un armadietto di legno dotato di cassetti. «È il nostro archivio dei soci. Consultatelo pure.» Gli occhiali di corno appollaiati sul dorso del naso le davano un aspetto gufesco. Aveva declinato l'offerta di Billy di controllare il suo tesserino. «Ma dovete scusarmi. Sono venuta prima per riordinare un po'.» Madden consultò il suo orologio. «Mi dispiace, Billy, l'ho trascinata qui per niente. Devo andare.» Guardandosi intorno, vide la signorina Kaye che si avvicinava dalla direzione degli scaffali reggendo una pila di vecchi giornali e sollevò l'asse del banco per farla passare. Ringraziandolo con un sorriso, lei lasciò cadere il suo carico in una grossa cesta di vimini che traboccava di cartastraccia. «Avete avuto fortuna?» domandò. «Temo di no. L'abbiamo disturbata per niente. Ma grazie lo stesso», rispose Madden sorridendo. «Chi è quest'uomo che cercate?» chiese lei mentre Billy si alzava dalla scrivania. Sembrava restia a lasciarli andare. «Uno straniero di nome De Beer», rispose Madden. «Pensavamo che potesse essersi iscritto di recente. Ma il suo nome non è nell'archivio.» Esitò come se stesse riflettendo. «Il sergente Styles ha una sua foto. Potrebbe mostrargliela?» «Ma certo.» La signorina Kaye si voltò con fare zelante verso Billy, che aveva già estratto il manifestino dalla tasca della giacca e lo stava spiegando sulla scrivania. Ma dopo averlo osservato per qualche istante, la donna scosse il capo. «No, temo di no. Non ricordo di averlo mai visto.» Sembrava dispiaciuta di averli delusi, e nel vedere la sua reazione Billy sorrise. Non era la prima volta che osservava gli effetti della personalità di Madden su un testimone, anche se i suoi ricordi risalivano a molti anni prima. Il suo ex capo possedeva una qualche qualità, forse una gravità, una profonda fonte di serietà che sembrava attirare una risposta nei suoi interlocutori. Come se questi avessero accettato senza ombra di dubbio l'importanza di ciò che stava loro chiedendo e la necessità di essere di aiuto. «Sempre che sia passato di qui, dovrebbe averlo fatto ieri, appena prima dell'una.» Madden le rivolse un altro sorriso di incoraggiamento, ma lei scosse la testa.
«Dovrà chiederlo ad Agatha, temo. Alla signorina Murdoch. È stata qui al banco tutta la mattina. Io ero più che altro sul retro a riporre i libri.» Indicò gli scaffali. «Ma perché proprio ieri?» «Pensiamo che stia per lasciare il distretto.» Madden si abbottonò il cappotto e rivolse un cenno del capo a Billy, che aveva ripiegato e rimesso in tasca il manifestino. «È stato visto con un libro che pensiamo potrebbe aver preso in biblioteca. Mi è venuto in mente che poteva essere venuto a restituirlo, ma a quanto pare mi sbagliavo. Grazie di nuovo.» Sollevò l'asse del banco per Billy, che rivolse un cenno di ringraziamento alla donna e lo seguì. Mentre si incamminavano verso la porta, lei li interpellò di nuovo. «Avete detto che sta partendo?» «Sì, così crediamo...» Madden si fermò, Billy al suo fianco. «In tal caso potrebbe averlo comunicato... alla signorina Murdoch, intendo?» disse lei con fare esitante. «Potrebbe averle detto che se ne andava?» Madden la fissò per un istante. Sembrava sorpreso. «Non ci avevo pensato», ammise. «E avrei dovuto farlo. Ha ragione, è esattamente quello che avrebbe fatto.» Soggiunse rivolto a Billy: «Avrebbe voluto che il nome di De Beer venisse cancellato dall'archivio». «Glielo chiedo perché se è passato ieri e l'ha detto ad Agatha, lei avrebbe tolto e strappato la sua scheda. Pulire i cespugli, lo chiama lei.» La signorina Kaye sorrise. «Ma sì, certo, capisco.» Madden scosse la testa contrariato. «Dunque siamo arrivati con un giorno di ritardo.» «Oh, no... non necessariamente.» Gli occhi verdi della signorina Kaye brillarono. Il suo volto si era illuminato. «Se Agatha ha strappato la scheda, i frammenti dovrebbero essere ancora qui in mezzo alla carta straccia.» Indicò la cesta di vimini dietro di lei. «Viene svuotata solo una volta alla settimana.» Fu Billy a trovare il primo frammento. Passando al setaccio una catasta di vecchi periodici, reggendoli e scuotendoli l'uno dopo l'altro, venne premiato dalla vista di un pezzo di cartoncino a righe azzurre come quelli appena visti nell'archivio che scivolava fuori dalle pagine di una rivista. «Signore! Ne ho trovato la metà.» L'occhio gli era caduto sulle lettere «eer» tracciate con un'ordinata calligrafia sul lato superiore della scheda, appena accanto allo strappo. Sulla riga sotto c'era la parola «view», e sotto di essa le lettere «ane». L'ultima ri-
ga rivelava soltanto una «d». Consegnò il frammento a Madden. Erano entrambi in ginocchio sui due lati di un mucchio di vecchi giornali, riviste e carta straccia. Su suggerimento della signorina Kaye, Billy aveva spostato la cesta da dietro il banco e ne aveva rovesciato il contenuto sul pavimento, in un angolo libero accanto agli scaffali. «Qui c'è più spazio.» Rosea in volto per l'eccitazione, la donna aveva indugiato attorno a loro finché un colpetto alla porta le aveva rammentato che era giunto il momento di aprire. Aveva accolto due anziane signore, a cui aveva fornito una breve spiegazione di ciò che stava accadendo e che ora si trattenevano a breve distanza, guardando a bocca aperta i due uomini impegnati nella loro ricerca. «Ane...» Aggrottando la fronte, Madden trasformò le lettere in una parola. «Potrebbe essere 'lane'. E 'view' è seguita da una virgoletta. Dev'essere il nome di una casa.» Mentre lui posava il frammento di cartoncino, la signorina Kaye trasalì. Si trovava accanto a lui, china verso il pavimento. «Lì!» Puntò il dito, e Madden scorse un angolo di cartoncino bianco che spuntava da sotto il bordo di un foglio di carta carbone. Lo tirò fuori. Raccolse l'altra metà della scheda e fece combaciare i due bordi lacerati. Billy osservava trattenendo il fiato. «Dovremo usare il telefono, signorina Kaye», disse Madden con calma. Porse con cautela le due sezioni accostate della scheda a Billy, che le ricevette con dita tremanti. Senza quasi credere ai suoi occhi, il sergente lesse ciò che vi era scritto: H. DE BEER, «DOWNSVIEW», PIT LANE, VICINO A ELSTED. 30 «Bene, ispettore. Facciamola finita.» Sinclair rivolse un cenno del capo a Braddock, e il poliziotto di Midhurst assentì con un grugnito. Si voltò verso il sergente Cole, fermo insieme agli altri al limitare del bosco a pochi passi di distanza, e fece un segnale con la
mano. Il sergente mormorò qualcosa agli uomini e si incamminò con loro giù per il declivio. «Non sembra averci visti», borbottò Braddock. Si sistemò il berretto sul capo. «Quando sentirà il mio fischio, significa che stiamo entrando.» Si allontanò a passi rapidi dietro i suoi uomini. Sinclair trasse un respiro profondo ed espirò lentamente. Osservò gli uomini dividersi in due gruppi, uno diretto verso la parte anteriore del cottage, che era riparato su tre lati da una siepe di tasso ad altezza d'uomo, mentre l'altro prendeva posizione sul retro, dietro un capanno di legno. Otto in tutto, erano cinque investigatori (i più vicini alla stazione quando era giunta voce dell'indirizzo di Lang) e tre agenti in uniforme. La squadra era stata formata in tutta fretta su ordine di Sinclair e fatta salire su due auto. Ma non prima che a due degli investigatori, i più esperti, venissero assegnate altrettante rivoltelle. «Non ho motivo di pensare che Lang sia armato di pistola», aveva detto l'ispettore capo ai suoi colleghi di Midhurst. «Ma non correrò il rischio.» Ora, rammentando le proprie parole, rivolse un'occhiata a Madden, che era al suo fianco insieme con Billy Styles. Prima di partire da Midhurst, Sinclair aveva chiesto e ottenuto dal suo ex collega l'esplicito impegno a non partecipare all'azione di polizia che stava per essere effettuata. «Non ti preoccupare, Angus», aveva risposto Madden, divertito. «È l'ultima cosa che desidero. Mostratemi soltanto quell'uomo ammanettato. È tutto ciò che chiedo.» Rassicurato ma non volendo lasciare nulla al caso, Sinclair aveva trovato il tempo di prendere in disparte il giovane sergente. «Resti sempre con il signor Madden», aveva avvertito Billy. «Non dovrà esporsi ad alcun rischio. Sono stato chiaro?» Scendendo dall'ufficio di Braddock, l'ispettore capo aveva trovato il suo ex collega ad aspettarlo nell'ufficio del CID insieme agli investigatori già arrivati. La voce che era stato scoperto l'indirizzo di Lang si era sparsa, ma apparentemente ignaro delle occhiate di cui veniva fatto oggetto Madden si parava a braccia conserte davanti al manifestino del ricercato, fissando quel volto così pallido e i due occhi sgranati. Rendendosi conto che soltanto un suo esplicito ordine avrebbe potuto evitare che Madden li accompagnasse, Sinclair aveva optato per la seconda migliore alternativa e aveva suggerito di fare il viaggio insieme sull'auto di Madden, accompagnati da Braddock e Styles. Accodandosi al convoglio si erano diretti a ovest della cittadina seguendo le indicazioni per Petersfield,
ma presto avevano svoltato verso sud su una strada secondaria che percorreva una valle dominata da una lunga cresta boscosa. L'indirizzo fornito dalla scheda della biblioteca non era stato difficile da trovare. Riportato come un semplice sentiero sulla carta topografica militare, Pit Lane, come il nome stesso suggeriva, portava a una cava di gesso ormai abbandonata. Si trovava ai confini dei Downs, a non più di un chilometro e mezzo dal villaggio di Elsted. «Uno dei miei ragazzi crede di conoscere il cottage», aveva bisbigliato Braddock all'orecchio di Sinclair sporgendosi dal sedile posteriore. «Ha una ragazza a Elsted. Un giorno ci sono passati davanti a piedi. Lei gli ha detto che apparteneva a una vecchietta che aveva dovuto trasferirsi in ospizio e l'aveva dato in affitto. Questo succedeva sei mesi fa.» «E come mai non si trovava negli elenchi delle agenzie immobiliari?» aveva domandato Sinclair. «Di sicuro non lo so, ma potrebbe aver pubblicato un annuncio individuale sul giornale. E adesso che succede?» L'ispettore aveva aggrottato la fronte quando le auto davanti a loro si erano fermate; sembrava esserci un rallentamento. Stava per scendere a controllare quando il convoglio era ripartito, e l'equipaggio dell'auto aveva visto che la causa era un cantiere stradale. Un gruppo di uomini armati di pale e picconi aspettava in disparte mentre uno di loro regolava il passaggio delle auto. I loro sguardi erano rimasti incollati alle uniformi visibili attraverso i finestrini. Un chilometro e mezzo più in là il convoglio aveva nuovamente rallentato, stavolta per svoltare dalla strada asfaltata su uno stretto sentiero segnato dai solchi e privo di indicazioni al di là di un cartello bianco con il nome DOWNSVIEW accompagnato da una freccia. Il sentiero valicava il crinale, e sul versante opposto di quest'ultimo si scorgeva un cottage situato lungo il declivio. Costruito in mattoni com'era nello stile della regione, si affacciava su un'ampia distesa di pascoli che portava ai lontani Downs, le cui creste tonde e verdeggianti erano nascoste dalla nebbia e dalle nubi basse. Le auto si erano fermate a una certa distanza dalla casa, al limitare degli alberi, e Sinclair era sceso insieme a Braddock per studiare la situazione. Avevano immediatamente notato un filo di fumo che fuoriusciva dal comignolo sul tetto di tegole. Sinclair aveva ordinato agli uomini di scendere dalle auto e raggrupparsi sul bordo del bosco. Mentre questi lo facevano una luce si era accesa in cucina, sul retro del cottage, e alla finestra si era
intravista la figura di un uomo. «Entreremo da entrambi i lati, anteriore e posteriore.» A un cenno di assenso di Sinclair, Braddock aveva dato le istruzioni necessarie ai suoi uomini. «Non aprite bocca finché l'operazione non si sarà conclusa. Nemmeno una parola, chiaro? Al mio fischio fate irruzione. Non c'è bisogno di bussare. Entrate e catturatelo.» Ora, osservando gli uomini che prendevano posizione più a valle, Sinclair sentì accelerare il proprio battito. Un'occhiata di traverso a Madden lo mostrò altrettanto teso, intento a fissare la scena con gli occhi socchiusi. Gli uomini sul retro della casa erano già in posizione; gli altri, condotti da Braddock, stavano avanzando a passi felpati e a capo chino lungo la fiancata del cottage. Raggiunto l'angolo della siepe svoltarono a destra e scomparvero. «Bene, ci siamo.» L'ispettore capo si ritrovò a un tratto senza fiato. «Ci avviciniamo?» Con cautela, senza fretta, percorsero il declivio erboso fino al punto in cui il sergente Cole e due degli investigatori erano nascosti dietro il capanno sul retro della casa. Il sergente stava sbirciando oltre l'angolo della costruzione; nell'udire i loro passi si voltò, lo sguardo acceso dall'eccitazione. «Nessun segno di lui», bisbigliò. «Ma dentro la luce è ancora accesa.» In quel momento il silenzio venne lacerato dal suono penetrante di un fischietto della polizia. Cole reagì come un levriero davanti a cui si era aperto il cancelletto di partenza. «Avanti!» gridò scattando. «Meno di un'ora fa... ne è sicuro, signor Meadows?» Telefono in mano, Sinclair rivolse la domanda alla sgualcita figura sul divano. Ricevuto un cenno di assenso, tornò a parlare nella cornetta: «Non può essere arrivato da nessuna parte, Arthur. Di sicuro non ai porti sulla Manica, e nemmeno a Southampton. Ma voglio che siano allertati... Sì, so che è già stato fatto. Ma questo è un avviso specifico. Sappiamo che sta arrivando. E voglio che venga diffuso anche altrove. A Bristol, a Liverpool, ovunque possa trovare un passaggio via mare». L'ispettore capo fece una pausa per ascoltare la replica del collega, mordendosi il labbro e poi rivolgendo un'occhiata a Madden, che se ne stava davanti al caminetto con le braccia incrociate sul petto e il cipiglio scolpito sulla fronte. Accanto a lui, Billy Styles era inginocchiato davanti al focolare, intento a setacciarne le ceneri ancora fumanti pur avendo scarse speran-
ze di trovare alcunché. Fino a quel momento non era stata trovata la minima traccia della loro preda, nessuna prova materiale che potesse essere fatta risalire a Gaston Lang: né nel salotto in cui si trovavano ora né nel resto della casa, nella quale ancora echeggiavano i passi degli investigatori. Tutto ciò che sapevano di sicuro era che meno di un'ora prima Lang si trovava lì. E che ora era scomparso. «Sì, un certo signor Henry Meadows...» Sinclair aveva ripreso a parlare. Gettò un'occhiata all'uomo sul divano, il quale, impegnato a infilarsi la camicia nei pantaloni, fece per alzarsi come se stesse rispondendo al proprio nome. «Lavora per un avvocato di Midhurst, un certo Bainbridge. La proprietaria del cottage è una cliente, e Bainbridge gestisce l'affitto della casa. Aveva fatto pubblicità su un giornale locale. Lang, o De Beer come lo conoscevano loro, si è presentato nel loro ufficio senza alcun preavviso all'inizio di agosto e ha fatto un'offerta. A quanto pare, Bainbridge non era convinto, visto che Lang era privo di referenze, ma quando questi ha offerto il pagamento anticipato e in contanti ha accettato. Venerdì Lang li ha chiamati avvertendoli che era in partenza. Malgrado avesse pagato sino alla fine dell'anno, non ha chiesto indietro niente. Ma Bainbridge ha pensato di mandare comunque uno dei suoi impiegati a fare un inventario. Meadows dice che avrebbero dovuto farlo insieme, ma che al suo arrivo Lang gli ha annunciato che era in partenza e che Meadows avrebbe dovuto pensarci da solo. Direi che l'abbiamo mancato per mezz'ora, non di più.» L'amarezza della pillola che l'ispettore capo aveva dovuto ingoiare traspariva dalla sua espressione tesa. Arrabbiato e frustrato, aveva avuto bisogno di tutto l'autocontrollo di cui era capace per affrontare lo sventurato Meadows, il quale, scioccato dall'improvvisa irruzione degli investigatori e dal ruvido trattamento ricevuto, si era rivelato un testimone di scarso valore. «L'automobile con cui è partito, di che marca è?» Sinclair aveva cominciato a interrogare l'impiegato quasi prima che questi si fosse ripreso. «Che modello?» «Mi dispiace, signore. Davvero, non lo so...» Biondo e grassoccio, Meadows era stato aiutato a sedersi sul divano e aveva ottenuto un bicchiere d'acqua, ma nessuna delle due cose aveva calmato i suoi nervi. Sorpreso in salotto dagli investigatori che avevano fatto irruzione dall'ingresso principale, era stato scaraventato a terra e immobilizzato per diversi secondi, e malgrado i poliziotti si fossero presto resi conto che non si trattava del loro uomo l'esperienza gli aveva praticamente
tolto la parola per alcuni minuti preziosi, costringendo l'ispettore capo ad attendere percorrendo il salotto avanti e indietro. «Non ho mai avuto una macchina, capisce. Giro in bicicletta...» Ancora boccheggiante, Meadows si era interrotto per armeggiare con la cravatta che si era stortata nella lotta, e solo in seguito si era accorto dell'occhiataccia di Sinclair. «Ma era nera... la macchina, voglio dire. Il signor De Beer l'aveva tirata fuori dalla rimessa. Quando sono arrivato vi stava caricando il baule, spingendolo sul sedile di dietro.» «Il baule, ha detto... può descriverlo? Dimensioni... colore... qualsiasi cosa?» Il volto carnoso di Meadows era diventato ancora più paonazzo. Ormai prossimi alle lacrime, i suoi occhi avevano incrociato quelli del suo aguzzino. «Potrebbe essere marrone, signore, ma non ne sono sicuro. Era solo un baule...» Sinclair aveva già fornito quelle informazioni al sovrintendente capo Holly a Londra, chiedendo che venissero diffuse a tutte le autorità portuali, compresi gli agenti doganali. «L'auto è evidentemente una berlina a quattro porte, non che questo ci aiuti molto.» Ora, con un'occhiata al suo orologio, l'ispettore capo mise fine alla conversazione telefonica. «Devo chiamare questo Bainbridge, l'avvocato di Midhurst, e metterlo al corrente dell'accaduto. Potrebbe avere altre informazioni. Ci tratterremo qui un po'. Voglio che la Scientifica passi al setaccio questo posto. Sembra che Lang l'abbia ripulito, ma potremmo trovare un'impronta.» Mentre Sinclair riagganciava, Braddock entrò nel salotto. Era andato nella rimessa per vedere se la loro preda avesse lasciato qualcosa. Un rapido cenno di diniego fece capire a Sinclair che la sua ricerca era stata infruttuosa. «Non c'è bisogno che si trattenga, ispettore.» Sinclair infilò la mano in tasca in cerca di pipa e tabacco. «Può portarsi via gli agenti in uniforme, se desidera. Ma riporti l'auto, se non le dispiace. Ne avremo bisogno più tardi.» Meadows si mosse sul divano con aria dolente. «E io, signore? Posso andare? Dovrei fare rapporto al signor Bainbridge.» «Lo potrà fare tra un momento, quando gli telefono. Ma per ora ho bisogno che resti. Potrebbe venirle in mente qualcosa di utile.»
Il tono brusco delle parole dell'ispettore capo era stato involontario, ma nell'udirlo Meadows arrossì e la sua mortificazione parve aumentare. Ignaro di ciò, Sinclair incrociò lo sguardo di Madden e indicò la porta d'ingresso, invitandolo a uscire in giardino. «L'avevamo in mano, John. E adesso, per Dio, ci è sfuggito», si sfogò Sinclair non appena la porta si richiuse alle sue spalle. «Non è detto, Angus.» Vedendo l'angoscia sul volto dell'amico, Madden cercò di mitigarla. «Potrebbero ancora catturarlo in uno dei porti.» «Ne dubito. A questo punto non proverà a partire. Sa che lo stiamo cercando.» «Ne sei sicuro?» Sinclair scrollò le spalle. «Hai sentito cosa ha detto Meadows. Non ha voluto aspettare. Stava tagliando la corda.» Gli occhi bassi, l'ispettore capo fissava il piccolo giardino davanti a loro. Alla luce morente del pomeriggio, grigia come piombo, il prato fradicio costeggiato di cespugli e aiuole aveva un aspetto malsano e poco accogliente. Era da qualche minuto che Sinclair armeggiava con la busta del tabacco, cercando di riempire la pipa, ma a un tratto vi rinunciò come se la semplice impresa fosse superiore alle sue forze e ricacciò entrambe in tasca. Madden emise un grugnito. «Quindi pensi che avesse saputo della caccia all'uomo di Midhurst?» «È la spiegazione più ovvia, no?» Sinclair fece una smorfia. «La voce si sarà diffusa in fretta. Forse Lang era addirittura in città. Ha una fortuna del diavolo, quell'uomo.» Scosse il capo con amarezza. «Da ieri gira con una bottiglietta di cloroformio in tasca. Significa che ha in mente di colpire ancora? O è soltanto una precauzione? In un caso o nell'altro, posso solo sperare di averlo spaventato al punto di metterlo in fuga. Ma non me lo vedo che cade in trappola, a questo punto. Non Gaston Lang. Troverà un altro luogo in cui nascondersi e aspettare che i clamori si spengano. Toccherà a qualcun altro catturarlo. Se mai ci riusciranno.» Rialzando gli occhi, li spostò al di là della siepe e verso i Downs in lontananza. «Non ho alcuna predilezione per il capestro. È una pratica barbara. Ma non c'è mai stato un uomo su cui abbia avuto più desiderio di mettere le mani. E che abbia più sperato di vedere impiccato. Ma ci siamo lasciati sfuggire la nostra occasione, e non ne otterremo un'altra. Se n'è andato per sempre.»
31 Giunto al cancello, Sam si voltò e fece un fischio. «Vieni, Sally. Datti una mossa, vecchia mia.» Il cane esitò sulla soglia illuminata, restio ad abbandonare il tepore della cucina. Appena dietro, Sam poteva scorgere l'ansiosa figura di Bess. Il viso roseo della cuoca, ancora più acceso del solito dalle lacrime versate, irradiava angoscia come un segnale di allarme. «Ci farà sapere cosa diranno, vero, Sam?» gli gridò dietro. «Ma certo, cara. Anzi, farò in modo che si diano una mossa. Di' anche questo alla signora Ramsay.» Sam si calò una manata sulla coscia. «Adesso basta, Sal. Coraggio!» In meno di un'ora sarebbe sceso il buio, e voleva tornare al fienile sinché vi fosse stata un po' di luce. «Sally!» Finalmente si mosse, la povera bestia, attraversando suo malgrado il cortile con quell'andatura strascicata che mostrava i tormenti dell'artrite. Con un ultimo cenno di saluto a Bess, Sam si chiuse il cancelletto alle spalle e si allontanò. Fumava ancora di rabbia. Il tentativo di interpellare la polizia di Midhurst per vedere se vi fossero notizie di Eddie era stato un fiasco: la sua telefonata era stata presa da un giovane agente inesperto, o almeno quella era stata l'impressione che gli aveva fatto, un pivello che sembrava non sapere nemmeno che giorno della settimana fosse. E quando Sam aveva chiesto di parlare con un suo superiore, si era sentito rispondere che al momento non c'era nessuno. «Sono tutti fuori», aveva detto il ragazzo, e Sam aveva rischiato una crisi apoplettica. «Sto cercando di segnalare la scomparsa di una persona», aveva ruggito nella cornetta. «Una persona che potrebbe aver avuto un incidente. Non avete degli elenchi?» Se li avevano, a quanto pareva nessuno ne aveva informato il giovane sbirro. «Dovrò chiedere», aveva risposto in tono insicuro. «Se può lasciarmi il suo numero, signore...» «Lasci stare. Verrò di persona.» Sam aveva riagganciato con violenza, ma subito dopo se n'era pentito. Il
giovane sbirro stava senza dubbio cercando di fare del suo meglio, ma non era proprio una gran cosa che le stazioni di polizia venissero affidate a neonati e poppanti. E non c'erano ancora notizie di Eddie. La rabbia di Sam era in parte alimentata dalla paura. Nel bel mezzo della telefonata alla polizia gli era tornata in mente una cosa relativa alla sua visita al fienile, e aveva sentito un brivido risalirgli la spina dorsale. Gli indumenti da lavoro di Eddie... dov'erano? Aveva trovato gli scarponcini, tutti e due, sul pavimento, come se qualcuno ve li avesse gettati. Come se Eddie avesse avuto fretta di andarsene. Ricordava che una delle stringhe era spezzata. Ma dov'erano i suoi indumenti sporchi? Eddie non si sarebbe mai tolto soltanto gli scarponcini. Non sarebbe partito per Hove, o per qualsiasi altra destinazione, con gli stessi luridi indumenti che portava ogni giorno al lavoro. Sam aveva visto abiti puliti nell'armadio, ma ora ricordava chiaramente che di quelli sporchi non c'era alcuna traccia. Il che non significava che non fossero lì, si era detto subito cercando di rassicurarsi. Ficcati in un angolo, magari, o nell'armadietto sotto il lavabo. Ma era una cosa che doveva controllare, se non altro per mettersi il cuore in pace. Perché se gli indumenti sporchi non erano nel fienile significava che Eddie non era andato da nessuna parte, e quindi che gli era davvero successo qualcosa, un incidente, e forse più vicino di quanto chiunque avesse immaginato. Forse nel fienile stesso, o nei paraggi. La luce stava velocemente calando, e dopo aver concluso la telefonata in tutta fretta Sam era rientrato in cucina, dove aveva scoperto che il crepuscolo impensieriva anche Bess, seppure per un motivo diverso. «Nell dovrebbe essere già arrivata.» Era in piedi davanti alla finestra, lo sguardo diretto verso il sentiero che attraversava i campi dalla Wood Way. «La corriera sarà stata in ritardo. Le giornate sono diventate così brevi...» Sam le aveva annunciato che se ne sarebbe andato, ma non le aveva spiegato perché. Il suo era un timore che non poteva condividere con lei. «Ha parlato con la polizia?» gli aveva domandato Bess. Quando si era voltata, Sam aveva visto che piangeva. «Le hanno dato qualche notizia?» Aveva scosso la testa. «Alla stazione di polizia sta succedendo qualcosa, sono in pieno caos. Ci dovrò andare di persona. Lo farò tornando a casa.»
Si era accorto che lei aveva sperato che restasse, ma aveva già indossato il cappotto. «Non preoccuparti per Nell», le aveva detto mentre apriva la porta di servizio e chiamava Sally. «Mi guarderò in giro. Vado proprio da quella parte.» Ora percorreva il sentiero a passi svelti, alzando gli occhi sul cielo ammantato di grigio e chiedendosi quanto sarebbe durata la luce. Avrebbe potuto accendere una delle lampade a olio, se si fosse presentata la necessità di svolgere una ricerca, si disse stringendosi i lembi del soprabito. Nell'ultima ora aveva cominciato a soffiare un venticello. Avrebbe finito per diradare la foschia e la nebbia, ma per il momento non faceva che aumentare il freddo pungente, e Sam era lieto di essere riuscito a passare da casa di ritorno da Tillington e aver preso il cappotto. Era lo stesso che aveva usato per l'intera durata della guerra, ma dopo che Ada ci aveva messo le mani era in condizioni migliori. Vi aveva cucito una bella imbottitura interna, e quando era abbottonato come adesso lo riparava anche dalle temperature più rigide. Sam si fermò per guardarsi indietro e vide che Sal si era già fatta distanziare. «Andiamo, vecchia mia!» Stava passando una brutta giornata (era il freddo, che le irrigidiva le articolazioni più del solito), e vi faceva fronte nell'unico modo che conosceva: prendendosela con calma. Sam riprese la marcia aumentando il passo. Poteva scorgere la cima della Wood Way, il punto in cui sbucava dagli alberi sul crinale, ma non c'era ancora alcun segno di Nell. Era vicino al punto in cui i due sentieri si incontravano, e per qualche istante un boschetto gli bloccò la visuale. Uscendone alzò lo sguardo sulla Wood Way e a un tratto la vide scendere dalla cresta, facendo ballonzolare il cappello bianco della scuola mentre procedeva a passo svelto vicino al punto in cui il varco nella siepe conduceva alla fattoria Coyne. Le rivolse un cenno di saluto, che lei ricambiò. Voltandosi verso Sal, vide che si era fermata a una certa distanza per annusare un cespuglio e prendere fiato. Sorrise, decidendo di lasciarla in pace. L'avrebbe raggiunto a tempo debito. Tornò a voltarsi in avanti, riprese la marcia... e si arrestò. Non c'era più traccia di Nell. Era scomparsa. Non credendo ai propri occhi, Sam scrutò il sentiero.
Solo un attimo prima, Nell stava saltellando giù per il sentiero nella sua direzione. A un tratto si accorse di un'altra cosa. Scrutando con gli occhi socchiusi nel crepuscolo, notò un oggetto che giaceva a terra più avanti: una forma bianca e rotonda. Il cappello scolastico di Nell. Ebbe appena il tempo di rendersene conto. L'istante successivo gli giunse alle orecchie un grido. Per quanto fioco e subito interrotto, fu sufficiente a spezzare l'incantesimo che l'aveva immobilizzato. E a dargli una scossa, facendolo passare all'azione. «Nell!» ruggì chiamandola. Il cappello giaceva in corrispondenza del varco nella siepe, e Sam si lanciò di corsa sul sentiero gridando il suo nome. «Nell... Nell!» 32 Madden imboccò la stradina sterrata in retromarcia così da puntare il muso nella direzione giusta e rivolse un cenno a Billy Styles, che aspettava lì accanto. Abbassò il finestrino. «Quasi me ne scordavo. Fammi un favore, Billy, ti dispiace? Appena puoi, fa' una telefonata a Helen e dille che sono in viaggio. Sarà in pensiero.» «Sì, certo, signore», disse il sergente con un sorriso. «Non so dove finirai per passare la notte. Ma se riesci a tornare a Highfield, c'è un letto che ti aspetta.» «Grazie, signore. Se non stanotte, domani di sicuro. C'è quell'auto che devo ritirare.» Con un ultimo saluto, Madden partì. Si era trattenuto quanto aveva potuto, sperando fino all'ultimo che venisse scoperto qualche indizio sui movimenti di Lang e offrendo nel frattempo tutto il sostegno morale che poteva, restando in ascolto mentre Sinclair telefonava a Bainbridge, l'avvocato di Midhurst che si era occupato dell'affitto del cottage, ma intuendo dall'espressione dell'amico, ancora prima che la conversazione terminasse, che da quella fonte non sarebbe giunto nulla di nuovo. «A quanto pare, Lang gli aveva raccontato una bella storia. Aveva detto di essere tornato di recente da Batavia, dove lavorava per un'azienda della gomma, e che avrebbe trascorso alcuni mesi in Inghilterra prima di rientra-
re in Olanda. Gli aveva confidato che il birdwatching era il suo hobby e che stava scrivendo un trattato sulle abitudini migratorie di alcune specie dell'Europa settentrionale. Vedendo che tutto ciò non era bastato a persuadere Bainbridge, che l'aveva preso decisamente in antipatia, aveva aggiunto che in Oriente il colera gli aveva portato via la moglie e che cercava un luogo isolato in cui piangerla. Il nostro amico sembra aver sbagliato professione: dovrebbe scrivere romanzi rosa. Bainbridge dice di aver resistito finché Lang non ha offerto di pagare in anticipo e in contanti l'affitto del cottage sino alla fine dell'anno. Era un'offerta troppo buona perché potesse rifiutarla. La sua cliente è vedova, e ha bisogno dei soldi.» Al termine della conversazione Sinclair aveva passato il telefono a Meadows, ma l'impiegato aveva scambiato soltanto qualche parola con il suo principale, che era già stato informato della situazione dall'ispettore capo. «Il signor Bainbridge mi ha detto di restare finché avrà bisogno di me, signore», aveva riferito a Sinclair in tono rassegnato dopo aver riagganciato. «Dovrò comunque chiudere casa.» «Non si preoccupi, signor Meadows, ci pensiamo noi.» Sinclair aveva ormai superato l'irritazione nei riguardi dell'impiegato, e si stava pentendo di essere stato così aspro. «Se ne può andare. Ha la sua bicicletta, giusto?» «Oh, sì, signore.» «Allora le conviene partire. Presto farà buio.» «Be', signore, se ne è sicuro...» Meadows si stava già guardando intorno alla ricerca di cappotto e valigetta. La luce stava cominciando a calare quando Madden aveva risalito la cresta boscosa insieme a Billy in direzione del punto in cui aveva lasciato la sua auto, avanzando a passi rapidi nella brezza fredda che si era levata. Guardandolo con la coda dell'occhio, Billy aveva scorto la familiare espressione preoccupata sul volto del suo ex capo. «Non tema, signore. Lo prenderemo.» «Lo spero, Billy. Lo spero.» Madden si era fermato accanto all'auto e aveva sorriso. «Be', quanto meno sarò fuori dai piedi.» «Signore?» «Ho l'impressione che lei mi stesse tenendo d'occhio, sergente Styles. È stato il signor Sinclair a ordinarglielo?» Billy si era aperto in un gran sorriso, ma non aveva risposto. «Be', potete rilassarvi. Me ne sto andando.» Madden aveva ridacchiato. Ora, giunto nei pressi della cima della cresta, avanzando con cautela sul
sentiero pieno di solchi, vide la figura di Henry Meadows. L'impiegato stava spingendo la bicicletta su per la salita, che nell'ultima ventina di metri diventava ripida. Corpulento nel suo cappotto e con il peso aggiuntivo della valigetta assicurata con una cinghia al portapacchi posteriore, avanzava a fatica. Nell'udire il motore dell'auto alle sue spalle, si scostò. Madden si fermò. «Vuole un passaggio, signor Meadows? Midhurst è sulla strada.» «Oddio, signore... grazie.» L'espressione dolente scomparve all'istante dal volto carnoso dell'impiegato, rimpiazzata da un sorriso di sollievo. «Possiamo caricare dietro la bicicletta.» Così fecero, rimettendosi in marcia e raggiungendo in pochi minuti la strada asfaltata. «Che pomeriggio, signore! Non l'ho ancora superato.» Seduto accanto a Madden con il cappello in cui aveva infilato le mollette da bicicletta rovesciato sulle ginocchia, Henry Meadows sembrava incline a rivivere l'esperienza. «Gli uomini che hanno fatto irruzione in quel modo. Non credo di aver mai preso un simile spavento.» Esitò, non sapendo se fosse il caso di insistere. «Signore, cos'ha fatto il signor De Beer? Nessuno ha voluto dirmelo.» «Non posso rivelarglielo, temo.» Madden gli scoccò un'occhiata. «Ma può credermi se le dico che è un uomo pericoloso.» Zittito da quelle parole, l'impiegato deglutì. «A lei che impressione ha fatto?» Madden accese i fari. Malgrado non fosse ancora sceso il buio, la luce era fievole e fosca. «Nessuna, signore. Voglio dire, non ci siamo quasi rivolti la parola. Doveva sapere che sarei passato, perché aveva lasciato un biglietto insieme alle chiavi sul tavolo della cucina. Se fossi arrivato dieci minuti più tardi, non l'avrei nemmeno visto. Ma non mi ha salutato o cose del genere; è partito e basta.» «Andava di fretta, vero?» «Oh, sì, non c'è dubbio», annuì Meadows. «Ricordo che ha guardato due volte l'orologio nei pochi minuti che abbiamo passato insieme. Era come se dovesse andare da qualche parte, come se dovesse trovarsi in qualche altro posto.» «In qualche altro posto?» ripeté Madden. La sua attenzione era però rivolta alla strada, dove era comparsa una corriera che bloccava la loro avanzata. Vide una squadra di uomini armati di attrezzi sul bordo della strada accanto al veicolo e si rese conto che erano giunti al cantiere, dove la
superficie stradale si restringeva. La corriera era ferma; l'autista sembrava attendere che Madden gli facesse largo. «C'è un'area di parcheggio appena dietro di noi, signore.» Meadows si era reso conto del problema. «È per la Wood Way, Gli escursionisti la usano per raggiungere i Downs.» Girandosi sul sedile, Madden vide lo spiazzo a cui si riferiva l'impiegato e inserì la retromarcia. Giunto all'ingresso del piazzale di ghiaia ruotò con decisione il volante e vi si infilò, evitando un furgoncino parcheggiato. La corriera aveva già ricominciato a muoversi. «Signore?» disse Meadows. Mentre Madden faceva retromarcia si era girato, e stava ancora guardandosi dietro. «Sì?» Gli occhi di Madden erano fissi sulla corriera che avanzava a fatica. «La macchina del signor De Beer... quella di cui mi chiedeva l'ispettore capo. Voleva sapere il modello, ma io non ho saputo dirglielo...» «Sì, me lo ricordo... perché me ne parla?» Madden inserì la prima e l'auto ripartì. «Era uguale a quella laggiù.» Madden calò il piede sul freno. Si girò sul sedile, scrutando attraverso lo stretto lunotto posteriore, e vide, sul lato più lontano del parcheggio, seminascosta dai rami sporgenti di una quercia, la vettura che Meadows stava indicando. Inserì di nuovo la retromarcia e attraversò il piazzale a gran velocità, facendo girare a vuoto le gomme sulla ghiaia. Quando giunsero nei pressi dell'auto, vide che era una berlina Ford nera. «Venga. Diamole un'occhiata.» Meadows era sul lato più vicino, e quando aprì la portiera per scendere emise un grido eccitato. «È la sua! È la stessa auto. Guardi, è il suo baule! Quello che ho visto», disse indicando. Madden aveva già adocchiato l'oggetto. Rifinito in ottone e privo di qualsiasi contrassegno, occupava il sedile posteriore. Mentre il cuore gli batteva sempre più rapido con il passare di ogni secondo, non perse tempo: provò ad aprire le portiere, ma le trovò chiuse a chiave. «Signor Meadows, tiri fuori la sua bicicletta!» Lo disse a bassa voce, ma l'impiegato reagì come se l'avesse punto un insetto e si precipitò a obbedire. Estrasse il suo mezzo dall'auto, poi si voltò verso Madden e vide che era salito sul predellino dell'altra automobile e si guardava intorno. I suoi occhi tracciarono una lenta circonferenza; prima
si posarono sugli alberi che delimitavano lo spiazzo sul lato più vicino, poi si spostarono sui campi aperti sul versante opposto, e infine si levarono verso il crinale boscoso parallelo alla strada dalla quale erano arrivati. «Non lo vedo», mormorò Madden fra sé. Spostò lo sguardo sull'impiegato, che si parava accanto a lui con la bicicletta pronta ma l'espressione stordita di chi non sapeva bene cosa gli avrebbero chiesto di fare. «Ho bisogno del suo aiuto, signor Meadows.» Madden scese dal predellino. «Deve tornare al cottage più in fretta che può e dire al signor Sinclair, l'ispettore capo, che l'auto di De Beer si trova qui.» «Tornare al cottage?» Se Henry Meadows provava sgomento all'idea, riuscì a non darlo a vedere. Aveva passato una giornata dura, ma ora non si tirò indietro. «Sì, naturalmente... ci vado subito.» Mentre si chinava a sistemarsi le mollette sui pantaloni udì un sibilo, e alzando gli occhi vide che Madden si era inginocchiato e stava sgonfiando uno degli pneumatici della Ford. «Può dire al signor Sinclair che non andrà da nessuna parte.» «Sì, signore. Giusto, signore.» In quei pochi secondi Meadows si era sfilato il cappotto e l'aveva gettato sul sedile posteriore dell'auto di Madden. Sollevando una gamba grassoccia sopra il sedile, montò sulla bicicletta e partì, dapprima barcollando sulla ghiaia ma prendendo poi velocità. «Signor Meadows!» gli gridò dietro Madden. «Cosa, signore?» rispose l'impiegato da sopra la spalla. «Pedali come una furia!» Madden spostò l'auto verso l'ingresso del piazzale di ghiaia e la parcheggiò accanto al furgone. Affrettandosi sulla strada verso il gruppo di operai, vide che avevano concluso la loro giornata e stavano raccogliendo gli attrezzi, più che altro pale e picconi, e sistemando i cartelli mobili. La sua rapida avanzata non era passata inosservata, e quando li raggiunse uno di loro, chiaramente il caposquadra, un uomo robusto dai folti baffi neri, gli venne incontro. «Mi chiamo Madden. Ero con la squadra di polizia che è passata prima. Immagino l'abbiate notata.» Madden gli porse la mano. «Harrigan», si presentò l'altro stringendogliela. «Sì, l'ho vista.» Aveva un accento irlandese e un tono circospetto. «Stiamo cercando l'uomo che gira al volante di quell'auto.» Madden indicò l'angolo più lontano del parcheggio alle sue spalle, ormai quasi invisibile alla luce morente della sera. «Non la si vede bene, ma è laggiù. Una
Ford nera. Qualcuno di voi ha notato il suo arrivo? Avete visto da che parte è andato?» Percorse con lo sguardo i volti degli uomini che si erano raccolti attorno a loro mentre parlava. Molti di essi erano truci, nessuno particolarmente amichevole. «Per cosa è ricercato?» La domanda era giunta da un uomo più giovane degli altri. Aveva occhi azzurri e capelli biondi ricci. Le sue guance erano coperte da una barba corta e ispida. «Omicidio», rispose schietto Madden, guardando il caposquadra negli occhi. «Gesù!» Harrigan impallidì, e gli uomini attorno a lui cominciarono a borbottare. L'atmosfera era cambiata. «Penso di averlo visto», disse il caposquadra. Si era piantato di fronte a Madden, le braccia incrociate sul petto. «Sarà stato un'ora fa. Ha preso quel sentiero.» Madden seguì la direzione del suo dito. «È la Wood Way?» «Penso di sì», annuì Harrigan. «Dove porta?» «Ai Downs.» Scrollò le spalle. «Ma ci sono anche delle fattorie, sull'altro versante del crinale. E un villaggio, Oak Green.» «Avete visto qualcun altro?» «Che ha preso il sentiero, intende dire?» Madden annuì. «Un tizio che conosciamo, un certo Sam Watkin, è andato da quella parte qualche tempo prima, intorno alle due. È il suo furgone quello accanto al quale ha parcheggiato.» «Nessun altro?» Harrigan rifletté. «Non mi sembra», disse quindi con un'altra scrollata di spalle. Con un cenno di ringraziamento del capo, Madden si voltò per allontanarsi. Aveva deciso di attendere fra gli alberi accanto al parcheggio, da dove poteva tenere d'occhio la Ford. Ma mentre se ne andava, udì gli uomini borbottare fra loro. «Eccetto Nell», disse una voce più forte delle altre. Madden si arrestò sui suoi passi e si voltò. «Chi è Nell?» domandò piano.
«Una bambina.» Era lo stesso giovane dai capelli ricci che aveva parlato poco prima. «Abita a Oak Green. Ogni giorno torna da scuola con la corriera. Sarà passata un minuto fa. Abbiamo fatto due chiacchiere.» «Mi sta dicendo che ha preso il sentiero?» Nel vedere l'espressione del suo inquisitore, il giovane impallidì. Fece un cenno di assenso. «Mio Dio!» esclamò Madden sbalordito. «È alla caccia della bambina.» «Cos'ha detto?» Era stato Harrigan il primo a reagire. Fissò Madden. «Chi è alla caccia di Nell?» «Quell'uomo. È un assassino.» Madden afferrò il caposquadra per un braccio. «Mi ascolti. Non posso restare...» Si voltò e si mise a correre lungo la strada, rivolgendosi agli operai da sopra la spalla. «Sta arrivando la polizia. Dovete aspettarla. Dite loro che Lang è su nei boschi. Lang, avete capito? Dite loro della bambina. Diteglielo!» Ma era già troppo lontano per udire l'unica risposta di Harrigan. «Gesù!» 33 Madden correva su per la collina, perlustrando con lo sguardo i boschi su entrambi i lati del sentiero alla ricerca di qualsiasi segno di vita nel profondo della macchia, tendendo le orecchie per captare il minimo suono. Tormentato al pensiero del barbaro atto che avrebbe potuto essere in pieno svolgimento a un tiro di schioppo da dove si trovava, al riparo del crepuscolo incipiente, chiamava di continuo il nome della bambina. «Nell... Nell...» Sperava di disturbare l'aggressore nel caso si trovassero nei paraggi, ma era torturato dal timore che fosse già troppo tardi, che l'orrore in cui era incappato a Brookham si stesse ripetendo. Giunto senza fiato in cima alla collina si fermò, il petto squassato dai battiti del proprio cuore, a osservare la vasta distesa delle campagne lontane, di cui si distinguevano ancora le linee malgrado la luce ormai scarsa. Davanti a lui il sentiero scendeva a valle in un perfetto rettilineo verso i lontani Downs, nascosti alla vista da una tenace nebbiolina. Alla sua sinistra si vedevano le luci di un villaggio, che immaginava fosse Oak Green, e sulla destra, a una certa distanza dal sentiero e separata da esso da una siepe di biancospino, si ergeva una fattoria dalle cui finestre non proveniva alcuna luce. Nei campi non si muoveva nulla: le campagne sembravano
deserte. Madden si rimise in marcia, correndo verso valle e guardandosi a destra e a sinistra, ma aveva fatto pochi passi quando si fermò, il suo sguardo calamitato da un oggetto che giaceva sul sentiero davanti a lui. Era ancora a una certa distanza, ma se ne poteva distinguere la sagoma biancheggiante nel buio sempre più fitto. In preda a un pessimo presentimento, Madden si lanciò di corsa giù dalla collina, ma ancora prima di giungere a destinazione si rese conto che i suoi timori si erano avverati. Boccheggiando, raccolse il cappello bianco scolastico con il suo tipico nastro. L'elastico sotto la tesa era spezzato. «Nell!» tornò a gridare disperato. «Nell!» Non ebbe risposta. Ma in un silenzio rotto soltanto dal sibilo del proprio respiro affannoso udì un lieve suono proveniente dal lato opposto della siepe, e dopo aver teso le orecchie per qualche istante si rese conto che era il guaito di un cane. «Chi è? Chi è là?» Chiamò di nuovo, e stavolta venne premiato da un latrato. Cercò di farsi largo nella siepe, che sulle prime gli parve impenetrabile, finché non trovò un varco nel fitto fogliame. Vi si tuffò e si ritrovò in un frutteto di meli, oltre il quale si ergeva quello che sembrava il muro di mattoni di un orto a cui si accedeva da un cancello. Udì di nuovo il guaito del cane, a cui stavolta si unì il gemito di un uomo. Proveniva dall'orto. Madden attraversò di corsa il frutteto e varcò il cancello aperto, ma qui giunto inciampò in qualcosa rischiando di cadere. Si guardò indietro, vide una mano tesa verso l'alto e si rese conto che un uomo stava cercando di trascinarsi fuori da una vecchia fossa per il concime accanto al sentiero. Un cane mugolava accovacciato sul bordo della fossa. «Aspetti!» Madden si voltò ad aiutarlo, ed estraendo l'uomo dalla fossa si accorse che la sua testa era intrisa di sangue. Ma era il ventre quello che si stringeva gemendo mentre Madden lo posava a terra. Preoccupato da ciò che vedeva, il cane, una vecchia femmina di labrador, ringhiò mostrando i denti. «Buona...» Madden la calmò, poi la trascinò accanto al ferito, che continuava a stringersi lo stomaco. Scostando il suo vecchio cappotto militare, Madden scoprì un'ampia chiazza di sangue sulla camicia. «Resti immobile», gli disse. Ma l'uomo cercò di opporre resistenza, sollevandosi sulle braccia. «Non
io... non io», boccheggiò cercando di rialzarsi mentre il cane uggiolava accanto a lui. «Nell!» Indicò il lato opposto del giardino. «Nell!» «Dove?» Madden si volse nella direzione del suo dito. Non vedeva nulla. «Cosa ne ha fatto?» Provava il febbrile impulso di proseguire, ma esitò. Sentiva di non poter abbandonare il ferito. Si tolse il cappotto e cercò di stenderlo sulla figura distesa. «Stia fermo», lo pregò. «Sta sanguinando.» Ma l'uomo non gli diede ascolto. «Non io», ripeté gridando disperato. «Nell... Nell...» Continuava a indicare qualcosa. Madden lesse l'angoscia sul suo volto. «Non si muova», gli disse. «La troverò.» Balzò in piedi, attraversò a razzo l'orto e giunse a un altro cancelletto anch'esso aperto. Al di là c'era un'ampia aia dominata da una fattoria, la stessa che Madden aveva visto dalla cima della cresta. Ansimando, si fermò un istante ai confini dell'acciottolato e si guardò intorno. Negli ultimi minuti era sceso il buio, ma poteva ancora distinguere una serie di stalle alla sua destra, sul lato opposto alla casa. Più in là, in fondo all'aia, si scorgeva un fienile il cui alto tetto si stagliava sullo sfondo della luna che stava sorgendo. Gli edifici non mostravano alcun segno di vita. Madden stava per rimettersi a correre ma esitò, turbato da qualcosa che aveva avvertito più che visto, un cambiamento così lieve che sulle prime non fu affatto sicuro di non averlo soltanto immaginato. La percezione era giunta l'istante in cui il buio era sembrato intensificarsi nell'aia, e ora, scrutando con gli occhi socchiusi l'oscurità davanti a sé, vide di cosa si trattava: dall'interno del fienile proveniva una vaga traccia di illuminazione, una scheggia verticale di luce nel punto in cui le porte si incontravano, così sottile che sembrava quasi non esserci. Madden attraversò l'aia di corsa, facendo risuonare i passi sui ciottoli. Giunto davanti alla porta, spalancò i due pesanti battenti di legno e scorse un bagliore proveniente dal fondo della cavernosa costruzione. «Gaston Lang!» ruggì con tutto il fiato che aveva nei polmoni. «Fatti vedere!» Avanzando a grandi passi fra cataste di steccati che percorrevano il fienile su entrambi i lati, gridò di nuovo: «Lang! Gaston Lang!» Intenzionato soltanto a fermare ciò che forse stava accadendo al di là delle forme ricoperte di teli che scorgeva davanti a sé, indifferente al fatto che avrebbe potuto mettere in guardia l'uomo per cui era giunto fin lì, a-
vanzava deciso sperando di sorprenderlo. Scorgendo un passaggio fra gli oggetti accatastati davanti a sé lo imboccò, guardando da una parte e dall'altra ma non prendendo altre precauzioni: aveva troppa fretta di raggiungere il fondo del fienile, dove la luce era più intensa. Giunse davanti a una sagoma alta a cui era stato tolto il telo di protezione e vide che era un armadio. L'area illuminata in fondo al fienile si trovava appena al di là, e nel raggiungerla Madden si fermò circospetto. Vide che la luce proveniva da una lampada a olio appesa a un chiodo in un angolo, sopra un mucchio di paglia. Il suo sguardo perlustrò l'area. Vide un vecchio lavabo e un cesto di vimini colmo di attrezzi da giardinaggio; appena accanto vi era un calesse da pony sistemato con le stanghe rivolte verso l'alto. Di Lang e della sua vittima non vide alcuna traccia. O almeno così pensava, finché non tornò a posare lo sguardo sulla lampada e non vide lo specchio addossato al muro appena sotto. Riflessa nello specchio scorse un'immagine che gli portò un grido alle labbra. «Oddio!» Il corpo di una bambina giaceva scompostamente sulla paglia, che arrivava quasi a nasconderla. Il suo grembiule era stato sollevato a rivelare le sottili gambe bianche. «No!» Madden le corse accanto, si accovacciò e le posò le dita sul polso. Avvertì una fioca pulsazione. Nel suo respiro leggero sentì una traccia di anestetico. «Povera piccola...» Il volto della bambina era rivolto dall'altra parte, e Madden vide che era ancora intatto. Quando tese le mani per riabbassarle il grembiule si accorse che le mutandine bianche erano ancora al loro posto, e il sollievo gli velò gli occhi di lacrime. Coprendole le gambe si chinò per raccoglierla, intravedendo il proprio volto allo specchio... e dietro di esso l'immagine sconvolgente di una figura seminuda che balzava fuori dalle ante socchiuse dell'armadio con un braccio sollevato sopra la testa e si lanciava a coprire il breve spazio che li separava. Lanciando un grido, Lang sferrò il suo colpo. Ma Madden aveva visto calare il martello e rotolò su un fianco, evitando l'impatto per un pelo e lasciando che il suo aggressore venisse trascinato dalla forza stessa del colpo sulla paglia, dove perse l'equilibrio e cadde in avanti, battendo la testa contro lo specchio e incrinandolo. Stordito, la
fronte sanguinante, Lang lasciò cadere il martello, e il tempo che impiegò per raccoglierlo affondando la mano nella paglia concesse a Madden i pochi secondi di cui aveva bisogno per rialzarsi. Mentre il suo aggressore si voltava pronto a colpire di nuovo gli si fece sotto, afferrandogli il polso con una mano, serrandogli l'altra attorno alla gola e poi, quando sentì che le sue dita erano penetrate nella carne, scuotendolo con violenza come un ratto, da una parte e dall'altra, in preda a una rabbia così violenta che avrebbe potuto facilmente staccargli la testa dalle spalle. Lang cercò di reagire. Era nudo fino alla cintola, il suo corpo reso scivoloso dal sudore e dal sangue che gli colava dalla fronte, e artigliò il braccio di Madden nel tentativo di spezzarne la ferrea stretta e di liberare la mano per poterlo colpire con il martello. Ma la sua forza non poteva niente contro quella dell'avversario, e gradualmente, boccheggiando per la mancanza di ossigeno, scivolò in ginocchio sulla paglia. Rapidissimo, Madden cambiò posizione, piegando il braccio che stringeva dietro la schiena del nemico. Il martello impugnato da Lang era ora intrappolato fra loro, e Madden lasciò la presa sulla gola e lo immobilizzò passandogli il braccio libero intorno al collo. Inginocchiandosi dietro di lui scorse i loro due volti allo specchio, uno accanto all'altro; il suo era paonazzo e teso per lo sforzo, quello di Lang insanguinato e distorto dal dolore. «Lascialo andare», ringhiò Madden all'orecchio dell'altro, ansimando egli stesso per la fatica; ma le sue parole non sortirono alcun effetto. L'unica reazione di Lang fu un violento scatto all'indietro della testa, nel tentativo di sorprenderlo. «Lascialo andare, ho detto.» Madden serrò la morsa sul polso e lo torse con più forza. Il volto allo specchio gli rivolse un'occhiata truce, e Madden aumentò ancora la pressione, facendo scaturire un grido dalle labbra del suo prigioniero. «Lascia la presa o ti spezzo il polso.» Sperava in un qualsiasi segno di resa, ma non ne vide alcuno. Quando i loro occhi si incontrarono nello specchio, Lang mostrò i denti in un ringhio. Con un violento strattone, Madden mise in pratica la sua minaccia. Il suono delle articolazioni che si spezzavano venne echeggiato da un urlo lancinante. Il martello scivolò dalle dita insensibili di Lang, che crollò bocconi sulla paglia.
Rivolgendo i suoi pensieri alla bambina che giaceva immobile dietro di lui, Madden si fermò soltanto per raccogliere il martello e lanciarlo nel buio alle sue spalle. Perquisì rapidamente Lang alla ricerca di altre armi, trovò un piccolo coltello inguainato in una delle tasche dei calzoni e lo gettò nella stessa direzione del martello. Sentendosi più sicuro, si riavvicinò barcollando alla bambina e si chinò per sollevarla. Ma l'impresa era superiore alle sue forze. Indebolito dalla lotta che aveva appena affrontato, poteva soltanto aspettare in ginocchio sulla paglia e sperare che il tremore alle braccia cessasse e gli tornassero le forze. Il suono di un movimento alle sue spalle lo fece voltare. Vide che Lang si era rotolato sulla schiena e fissava la lampada appesa alla parete sopra di lui. Respirava a rantoli e borbottava fra sé in una lingua straniera incomprensibile. Madden tornò a chinarsi sulla bambina e questa volta riuscì a sollevarla dal materasso di paglia su cui era stata sistemata. Chiamando a raccolta tutte le proprie forze, stava per rimettersi in piedi quando si accorse che dietro di lui stava accadendo qualcosa. Si voltò e vide che Lang si era rimesso in ginocchio. Come un animale ferito, caricava tutto il peso su un braccio mentre l'altro gli penzolava molle lungo il fianco. I suoi chiari occhi castani brillavano giallognoli alla luce della lampada. «Resta dove sei.» Non sapendo bene quali fossero le intenzioni di Lang, Madden mise in chiaro le proprie. «Non ti avvicinare.» Non provava pietà per il ferito, ma rifuggiva dall'idea di infliggergli altre sofferenze. Mentre Madden parlava, Lang si era lentamente raddrizzato e aveva spostato il proprio peso sui talloni. Un segno rosso sulla gola testimoniava della stretta di Madden; sotto, sul petto, campeggiava la sua voglia. Alla luce della lampada era rosso fragola, e si mescolava al sangue che gli colava dalla fronte. Nel vedere lo stato in cui era, Madden gli si rivolse di nuovo. «È finita, Lang. La polizia sarà qui a momenti. Sanno chi sei e cos'hai fatto. È meglio per te se ti arrendi.» Le sue parole non suscitarono alcuna risposta immediata. Gli occhi gialli restarono fissi sui suoi. Avvertendo l'odio nelle loro pallide profondità, Madden si preparò al peggio. Osservò l'altro umettarsi le labbra insanguinate. «C'est fini, tu dis?» Riuscì appena a distinguere le parole mormorate, e prima ancora che le avesse assorbite vide che l'espressione di Lang mutava. Un sorriso gli apparve sul volto. Spettrale come un teschio, balenò sulle sue fattezze. Le labbra gli si ritrassero sui denti.
«Bien, alors...» Senza alcun preavviso, con uno scatto convulso, Lang tese la mano dietro di sé e staccò la lampada dal chiodo a cui era appesa. Sfruttando la spinta del braccio in discesa la fece roteare come l'elica di un aeroplano, una volta, due volte... poi, senza fermarsi, la lanciò contro la parete posteriore del fienile, vicino al punto in cui Madden era accovacciato con la bambina in braccio. Mentre il vetro andava in frantumi, il grido di Lang lacerò il buio. «C'est fini!» In quello stesso istante la paglia prese fuoco. Costretto a una reazione immediata, Madden si allontanò con un tuffo, stringendo a sé la bambina. Rotolò insieme a lei sul pavimento del fienile, allontanandosi dall'inferno ruggente in cui la paglia si era trasformata nel giro di pochi secondi. Alimentato dall'olio della lampada il fuoco li inseguiva, trasportato dalla paglia sparsa sul pavimento. Rimettendosi in piedi a fatica Madden vide che il telo più vicino prendeva fuoco; subito dopo, ogni cosa venne inghiottita da una gonfia nube di fumo. Guidato soltanto dal proprio senso dell'orientamento, avanzò barcollando in quella che sapeva essere la direzione della porta e subito andò a sbattere contro l'ammasso di oggetti stipati e coperti di teli che dovevano essere stati immagazzinati nel fienile e che formavano un percorso a ostacoli attraverso il quale cercò di farsi strada, tenendo stretto al petto il corpo della bambina e cercando di proteggerle il volto dal fumo che aveva già riempito il fienile e da cui sapeva di doversi allontanare al più presto se non voleva soccombervi. Il fuoco gli era alle calcagna, e un pezzo di legno in fiamme staccatosi dal soffitto e caduto a poca distanza da loro gli disse che di lì a poco l'intera costruzione sarebbe crollata. Ma l'avvicinarsi delle fiamme si rivelò anche una benedizione, portando luce oltre all'insopportabile calore, e grazie a esse Madden fu in grado di raggiungere l'ampio corridoio fra le cataste di steccati già in fiamme, varcare le porte spalancate e uscire nell'aia. Nella sera benedetta. Stordito, in preda alle vertigini, sputando fumo e saliva, Madden si allontanò barcollando dall'edificio in fiamme, e in quel momento udì delle voci alterate e vide un gruppo di uomini, uno di essi armato di lampada, sbucare dall'orto. Soltanto quando scorse il fardello che trasportavano e notò il cane che si trascinava dietro di loro rammentò l'uomo che aveva aiutato a uscire dalla fossa. Era passato tanto di quel tempo, gli sembrava.
Alcuni degli uomini si erano già messi a correre verso di lui sull'acciottolato: Madden riconobbe il caposquadra dalle sopracciglia scure con cui aveva parlato. Ma tutto ciò apparteneva ormai a un lontano passato. «È salva?» La voce di Harrigan si fece udire al di sopra delle altre. «L'ha trovata? È lei?» Si assembrarono attorno a Madden per vedere la bambina, ma lui non riuscì a trovare le parole per rassicurarli. Si sentiva sommerso da un'enorme stanchezza, avrebbe voluto coricarsi e dormire. Ma sapeva che non poteva farlo finché la bambina fosse stata affidata alla sua responsabilità, e si stava sforzando di risolvere il dilemma quando i suoi pensieri vennero interrotti da un suono improvviso e scioccante come il verso di un animale in agonia. «Nel nome di Dio, cosa...?» Harrigan si girò, e gli altri con lui. Guardando il fienile in fiamme videro sbucare dalla porta, barcollando e ruotando su se stessa come un demone fuoriuscito dalle profondità infernali, una figura in fiamme. Bruciando come una torcia avanzò nell'aia verso di loro, ondeggiando da una parte e dall'altra, una figura che ormai aveva ben poco di umano, ma continuando a strillare il proprio dolore finché all'improvviso si fermò e crollò in un cumulo fumante da cui si levò il tanfo fetido e pungente di carne bruciata. Ammutoliti dallo shock, gli uomini fissarono la scena. Fu Harrigan a ritrovare per primo la parola. «È lui?» domandò. Madden annuì. Aveva preso a vacillare. «Fate qualcosa... aiutatelo, se potete.» Da parte sua diede le spalle alla scena e si incamminò con tutta la velocità che le sue gambe irrigidite gli consentivano verso la schiera di stalle dov'era stato trasportato il ferito del giardino e dove si vedeva una luce. Un istante prima aveva sentito la bambina muoversi nelle sue braccia, e sapeva di doverle risparmiare qualsiasi altro orrore. Gli altri uomini si trattennero, e alcuni cercarono inutilmente di spegnere le fiamme che continuavano a lambire il corpo che bruciava lentamente. Ma non per molto. Dopo aver osservato i loro tentativi per circa un minuto, tenendosi in disparte senza sollevare un dito, Harrigan diede l'alt. «Lasciate perdere», ringhiò. «Uno di voi vada a prendere dell'acqua e la porti nelle stalle. Ce ne sarà bisogno.» Gettò un'ultima occhiata ai resti fumanti che giacevano ormai informi nel buio.
«Che bruci, il bastardo.» 34 Era tardi quando giunsero al villaggio, le nove passate, e Billy chiese ai due investigatori di lasciarlo al cancello di casa Madden. Erano entrambi del CID di Guildford, e Billy aveva riconosciuto i loro volti familiari alla stazione di polizia di Midhurst. Sorpreso nel vederli lì, aveva saputo che stavano indagando su una rapina a Haslemere, appena dopo il confine con il Surrey, quando erano stati messi al corrente di ciò che era accaduto alla fattoria Coyne ed erano accorsi nel Sussex per vedere con i loro occhi cosa stava succedendo. «È finita», aveva detto Billy. «Presto porteranno il corpo di Lang. Ma visto che tornate a Guildford, potreste farmi un favore e darmi un passaggio. Se non arrivo a Highfield entro stasera, la mia vita non avrà più alcun valore.» Non stava esagerando. Quando l'ispettore capo aveva saputo della scomparsa di Madden dall'aia era andato su tutte le furie, e Billy aveva avuto la sfortuna di trovarsi sotto tiro. «Mi sta dicendo che gli ha permesso di andarsene? Nelle condizioni in cui era?» Sinclair era bianco di rabbia. Quello che Billy avrebbe voluto dirgli era che non aveva permesso a nessuno di andare da nessuna parte. Che con il caos provocato dall'invasione di poliziotti e vigili del fuoco, per non parlare dei curiosi che era stato necessario condurre via, era impossibile tenere d'occhio tutto quello che accadeva. Che lui non aveva una sfera di cristallo, e che non avrebbe mai immaginato che al suo ex capo potesse venire in mente di andarsene senza nemmeno chiedere il permesso. Ma se una dozzina d'anni nella polizia gli avevano insegnato qualcosa, era che c'erano momenti in cui non potevi fare altro che morderti la lingua, e Billy era rimasto zitto. «Preghi solo che non gli sia successo niente durante il viaggio, sergente.» L'ispettore capo era furente. «Che non abbia avuto un incidente o sia uscito di strada.» Gli aveva ordinato di recarsi immediatamente a Highfield, aggiungendo che lui, Angus Sinclair, voleva sentire entro la fine della serata che Madden era arrivato a casa sano e salvo, e che se il sergente avesse avuto una notizia diversa da riferirgli avrebbe fatto bene a prendere in considerazione
una nuova carriera. «E già che c'è, potrebbe rammentargli che abbandonare la scena di un crimine senza il permesso della polizia è un reato perseguibile per legge, e che dovrebbe saperlo.» Il che, quanto meno, aveva dato a Billy un motivo per sorridere. La questione di come Billy sarebbe tornato a Midhurst, per non parlare di Highfield, non era stata presa in considerazione dall'ispettore, ma la fortuna l'aveva assistito, facendogli incontrare l'ispettore Braddock nell'area di parcheggio vicino alla strada. Nell'udire cosa stava accadendo il comandante di Midhurst si era precipitato lì dalla stazione, e non avendo immediato bisogno dell'auto e dell'autista aveva dato a quest'ultimo il permesso di accompagnare Billy in paese. «Dopodiché temo che dovrà cavarsela da solo.» Qualsiasi dubbio Billy potesse aver nutrito riguardo alla furtiva dipartita del suo ex mentore era stato fugato quando aveva parlato con il sergente in uniforme che dirigeva le operazioni nel parcheggio, il quale aveva scambiato qualche parola con Madden quando questi era ripartito al volante della sua auto. «Mi ha chiesto di porgere le sue scuse all'ispettore capo, se l'avessi visto. Di dirgli che sentiva di dover tornare a casa.» Niente di tutto ciò era una sorpresa, si era detto Billy, se si pensava a ciò che era accaduto nelle ultime ore. Lui stesso era tuttora scosso da quello che aveva passato, e poteva rivivere l'apprensione che aveva provato nel sapere dall'operaio lasciato al cantiere dal caposquadra che Madden si era lanciato da solo all'inseguimento di Lang. Lasciando sul luogo la squadra di poliziotti che si stava riunendo alle sue spalle, Billy si era precipitato sul sentiero, e non appena aveva raggiunto la cima del crinale boscoso aveva visto il vasto incendio che infuriava nella valle alla sua destra. Ostacolato sulle prime da una siepe che costeggiava il sentiero, aveva finalmente trovato il passaggio che conduceva a un'aia, nella quale la scena che si era parata davanti ai suoi occhi gli aveva ghiacciato il sangue nelle vene. Sullo sfondo di un fienile in fiamme si stagliavano le figure di due uomini, fra i quali giaceva una sagoma fumante. Prima ancora di raggiungerli, Billy si era reso conto che quelli che vedeva erano i resti di un essere umano. «Chi è?» aveva gridato rivolto ai due uomini, incapace di trattenere la sua ansia. «Polizia...» aveva aggiunto quando questi gli avevano rivolto le loro occhiate interrogative.
«Un bastardo che aveva cercato di uccidere una bambina», gli aveva risposto brusco uno dei due, un tipo dall'aria truce con una barba di qualche giorno sulle guance ma che Billy in quel momento avrebbe volentieri abbracciato e baciato. Pochi istanti più tardi, dopo che i due gli avevano indicato una stalla illuminata su un lato dell'aia, il suo sollievo era diventato completo. Vi aveva trovato Madden, il volto deformato da un gonfiore alla tempia e annerito dalla cenere e il dorso di una mano ustionato, seduto sul pavimento coperto di paglia con una bambina fra le braccia. Accanto a loro, distesa sui ciottoli, vi era un'altra figura, quella di un uomo vestito con un cappotto militare, gli occhi chiusi e la mano posata sulla testa di un vecchio labrador accovacciato al suo fianco. Erano circondati da un gruppo di uomini dai rozzi indumenti, e Billy aveva dovuto farsi largo per raggiungere il suo ex capo, il cui volto nel vederlo si era illuminato. «Ah, Billy, è arrivato.» Pallide sotto la crosta di cenere, le fattezze di Madden rivelavano il marchio della stanchezza. Era in maniche di camicia, e Billy aveva visto che aveva usato la giacca di tweed per coprire la bambina, la cui testa era posata sulla sua spalla. «Dorme, povera creatura.» Billy si era offerto di prenderla, ma Madden era sembrato restio a lasciarla andare. «Meglio non svegliarla.» I suoi occhi brillavano sgranati, e le pupille dilatate rivelavano che era in stato di shock. Era stato a quel punto che uno degli uomini nella stalla aveva preso Billy in disparte. Era un irlandese dalle folte sopracciglia di nome Harrigan, e si era presentato come il caposquadra del cantiere stradale. «Ho mandato un uomo a Oak Green perché chiamasse un'ambulanza. Questo dopo aver trovato Sam Watkin», disse indicando la figura con il cappotto militare con un cenno del capo. «Sam stava strisciando nell'orto, cercando di raggiungere l'aia. È stato accoltellato. Già, e colpito alla testa. Immagino che avesse cercato di salvare la bambina. Ma se la caverà. Quel suo cappotto è imbottito. La ferita non è troppo profonda.» Aveva spiegato a Billy che lui e gli operai della sua squadra si erano messi in marcia subito dopo Madden, diretti al villaggio, ma che arrivati a metà strada si erano accorti dell'incendio ed erano tornati precipitosamente indietro.
«Dovrà chiedere a lui cos'è successo», disse indicando Madden. «Noi non gli abbiamo fatto domande. È sfinito, lo si vede a occhio nudo. Ma una cosa gliela posso dire: alla bambina non è stato fatto... del male.» Era arrossito e aveva distolto lo sguardo per l'imbarazzo. «Sa cosa intendo. Si è svegliata un attimo e ci ha detto che aveva la nausea, ma nient'altro. Il vostro uomo ha detto che è per via del cloroformio che le ha fatto respirare. Il bastardo là fuori», aveva soggiunto facendo dardeggiare il pollice in direzione della porta. «Be', non lo farà a nessun'altra, giusto?» Mentre parlavano, il suono degli stivali sui ciottoli aveva segnalato l'arrivo della polizia. La vista delle uniformi blu che invadevano l'angusta stalla era sembrata confortare Madden, e Billy era riuscito quanto meno a persuaderlo a consegnare il suo fardello a un corpulento sergente che aveva avvolto la bambina nella propria giacca e si era sistemato in un angolo con lei. Madden aveva cercato di rialzarsi. «Non so cosa mi sia preso. Mi dia una mano, Billy, le spiace?» Rimessosi in piedi era parso instabile sulle gambe, e Billy l'aveva condotto fuori, dove l'aria fredda l'aveva rianimato. Aveva trovato un secchio rovesciato e aveva convinto Madden a sedersi. «Ho dovuto spezzargli il polso, Billy. Non voleva saperne di arrendersi.» Accasciato sulle proprie ginocchia, fissando il terreno fra i piedi, Madden aveva fatto un breve, frammentario racconto dell'accaduto a un pubblico che ormai comprendeva diversi fra gli uomini di Midhurst. Il suo sguardo non si era mai spostato verso la figura informe e annerita che, sorvegliata da un paio di agenti, giaceva fumante sui ciottoli non molto lontano. «È stato Lang a dare fuoco al fienile. Doveva sapere che non sarebbe mai sopravvissuto. Ma voleva ucciderci a qualsiasi costo.» Non aveva ancora trovato una spiegazione per l'esperienza, non l'aveva ancora accettata. Billy se n'era accorto, ma non c'era stato tempo di parlarne. Proprio allora era arrivato l'ispettore capo, entrando nell'aia dall'orto, e Billy l'aveva chiamato con un gesto. Senza fiato per la camminata ma informato da un messaggio del ruolo che Madden aveva svolto nel salvataggio della bambina, Sinclair gli si era parato davanti senza parole. «Ah, John...!» Nel vedere lo stato in cui versava il suo ex collega, gli aveva ordinato di starsene seduto ad attendere l'arrivo di un mezzo di trasporto, ordine a cui
Madden era sembrato lieto di obbedire. Portando Billy con sé, l'ispettore capo aveva attraversato l'aia per esaminare i resti della loro preda. Il cadavere fumante di Lang giaceva supino con una mano sollevata e le dita piegate ad artiglio. Dove un tempo vi era stato il volto restava soltanto un ammasso di carne carbonizzata. «Non è certo una cosa che mostreresti alla tua zietta nubile, vero?» Al cospetto del sinistro spettacolo, Sinclair aveva storto la bocca. «Ma per alcuni sarà di conforto. Non potrà più presentarsi in tribunale.» Billy gli aveva riferito ciò che aveva saputo da Madden. «Lang ha cercato di ucciderli.» Sinclair aveva assorbito l'informazione senza fare commenti, poi aveva scrollato le spalle. «Mi chiedo come sia finito qui. In questo posto, intendo dire.» La risposta non aveva tardato ad arrivare. Poco dopo il sergente Cole si era avvicinato, riferendo loro di aver parlato con Sam Watkin, l'uomo pugnalato in giardino, il quale aveva diverse informazioni da riferire. «Dice di aver sentito gridare la bambina e di essere accorso in suo aiuto. Lang lo aspettava dietro il muro dell'orto. L'ha colpito con un martello e poi l'ha accoltellato. Ma il fatto è che Watkin l'aveva già visto nella fattoria, mentre cercava di penetrare nel fienile e controllava il rubinetto esterno. E se si considera che la bambina, Nell Ramsay, torna a casa da scuola ogni giorno alla stessa ora e facendo la stessa strada... e che Lang abitava a poco più di un chilometro e mezzo di distanza...» Cole aveva concluso la frase con un gesto. «Ma non è tutto. Il motivo per cui Watkin si trovava qui oggi pomeriggio era la scomparsa di un suo amico. Un certo Eddie Noyes. Faceva parte della squadra di operai di quel cantiere. Watkin lavora per un agente immobiliare di Midhurst. Aveva sistemato Noyes nel fienile, e soltanto l'altro giorno gli aveva detto di tenere gli occhi aperti nel caso qualche estraneo fosse venuto a curiosare e di farlo smammare.» «Dunque è possibile che si siano incontrati e che Lang l'abbia eliminato. È in tema con il personaggio.» L'ispettore capo aveva fatto una smorfia. «Di sicuro non voleva che i suoi piani venissero rovinati. Non dopo aver messo gli occhi sulla bambina.» Era rimasto in silenzio per qualche istante, riflettendo. Poi aveva emesso un sospiro. «C'è un'autopompa in arrivo, presumo?» «Sì, signore. Ho mandato un agente a Oak Green a telefonare.» «Dica di perlustrare con attenzione ciò che resta del fienile. È molto
probabile che vi troveranno un altro corpo.» «In America, signore. A Baltimora, di preciso. È lì che era diretto. Aveva prenotato la traversata su un mercantile in partenza domani da Southampton. Me l'ha detto uno dei ragazzi di Midhurst. Hanno aperto la sua auto e hanno trovato il biglietto e diverse altre cose in una valigetta.» Billy capiva dall'espressione di Madden che questi faceva fatica a seguirlo. Gli occhi del suo ex capo erano ridotti a due fessure, e la testa gli ciondolava sul petto. Molto probabilmente, da un momento all'altro l'avrebbe posata sul tavolo della cucina davanti a sé e si sarebbe addormentato. «Mercantile, ha detto...» Madden aggrottò la fronte nel tentativo di seguirlo. «Non su uno dei transatlantici. A quanto pare stava agendo con cautela. Hanno trovato un passaporto?» «Sì, signore. Francese. Intestato a un certo Victor Lasalle. C'era anche una cartella di corrispondenza di lavoro, lettere e fatture. Lasalle avrebbe dovuto essere un mercante d'arte. Alcune delle lettere erano di gallerie e istituzioni simili, su carta dalle intestazioni eleganti. Tutte false, molto probabilmente, il che potrebbe spiegare il pacchetto che Lang aspettava. Come mai aveva impiegato così tanto ad arrivare.» Billy gettò un'occhiata alla porta alle sue spalle. Si stava chiedendo quando sarebbe apparsa Helen. Lui era arrivato dieci minuti prima, percorrendo a piedi il vialetto immerso nel buio fino alla casa, dove aveva visto l'auto di Madden davanti all'ingresso e per la seconda volta dall'inizio di quella giornata aveva tirato un sospiro di sollievo. Il timore che Madden avesse avuto un incidente lungo il viaggio di ritorno da Midhurst, il terrore che non fosse stato nelle condizioni di guidare, aveva caricato di ansia il tragitto stesso del sergente. Vedendo che l'atrio era immerso nel buio, Billy aveva aggirato la casa fino alla cucina, dove aveva trovato una luce accesa e aveva visto Madden seduto davanti ai resti della sua cena, solo e assonnato. «Venga, Billy, venga...» Battendo le palpebre, Madden aveva accennato ad alzarsi. Il sergente non riusciva a immaginare il motivo per cui fosse ancora sveglio. «Helen è al telefono... sta cercando di sapere qualcosa di quella bambina per conto mio... di farsi dire se sta bene. E anche dell'uomo accoltellato. Sarei dovuto restare, lo so. Ma dovevo tornare a casa.» Billy era grato di avere la possibilità di rassicurarlo. Sorridendo gli aveva descritto l'arrivo dell'ambulanza, che era giunta sul posto proprio men-
tre lui se ne andava. «Ha impiegato un po' ad arrivare. C'è una strada che porta alla fattoria, ma è in pessimo stato, non viene usata da anni. Qualcuno era andato a Oak Green a chiamare la madre della piccola, e può immaginare in che stato era la povera donna. Ma la bambina stava bene. Era ormai sveglia, e più che altro era in pensiero per l'uomo che era stato pugnalato, Sam Watkin. Per lui e per il suo cane. È venuto fuori che si conoscevano tutti. Quando è arrivata l'ambulanza, allora, Nell non ci è voluta salire a meno che non vi facessero montare anche il cane. E ha tenuto duro finché non hanno accettato.» Billy aveva fatto una risatina. «È una bambina speciale, signore, piena di carattere. Non risentirà dell'accaduto, vedrà.» Le ultime parole le aveva aggiunte di suo, sapendo che avrebbero fatto piacere al suo vecchio mentore, e ne aveva udito il grugnito di approvazione. Ma poi gli era parso che esitasse. «Troverà Helen agitata», aveva detto Madden tastandosi il bernoccolo sulla tempia. Aveva assunto le dimensioni di un uovo di piccione e, rosso di tintura di iodio, dava al suo volto un aspetto sbilenco. «Ha sorpreso Rob qui in cucina che cercava di sapere cos'era successo e gli ha dato una tremenda lavata di capo. Abbia pazienza, d'accordo?» Era un genere di osservazione che Billy non aveva mai udito dalle labbra di Madden, e si stava ancora domandando come interpretarla quando udì un rapido avvicinarsi di passi in corridoio. «Sono andati a Petersfield, non a Chichester...» Helen cominciò a parlare ancora prima di aprire la porta della cucina. «Ho parlato con il medico che ha visitato la bambina. È praticamente illesa. Un lieve stato di shock, niente di più. Stanotte la terranno in ospedale...» Entrando in cucina, vide Billy e si fermò. Lui si era già alzato, ma il saluto che stava per rivolgerle gli morì sulle labbra nel vedere il colorito del volto e la rabbia negli occhi di Helen. «La ferita di coltello dell'uomo è grave, ha perso molto sangue, ma non abbastanza profonda da aver danneggiato organi vitali.» Ignorando Billy, Helen continuò a rivolgersi a Madden. «Ha riportato anche una frattura al cranio. Ma il dottore ha detto che è forte e in buona forma, e che dovrebbe riprendersi presto.» Si fermò accanto al tavolo, lo sguardo abbassato sul marito. Dopo un istante tese la mano e gli girò la testa da una parte per esaminare il gonfiore sulla tempia. «Sa, Billy, non riesco a ricordare com'è accaduto», disse Madden attra-
verso la curva del braccio di Helen. «Potrebbe essere stato un frammento del tetto caduto mentre uscivamo dal fienile. Ma proprio non ricordo.» Billy si rese conto che ciò che Madden stava facendo era metterlo in guardia. Che il suo tono noncurante era un tentativo di disinnescare una bomba che stava per esplodere. Il silenzio di Helen, il suo rifiuto anche soltanto di guardarlo avevano lasciato il sergente confuso e perplesso. Quando si accorse di cosa stava per succedere, era ormai troppo tardi. «Come hai potuto?» Senza alcun preavviso, Helen gli si scagliò contro. «Come hai potuto permetterlo?» Billy rimase senza parole. «Ci eravamo parlati proprio stamattina. Ti avevo pregato di prenderti cura di lui.» «Cara...» Madden cercò di calmarla, ma lei scostò la sua mano. «Non avevi alcun diritto di metterlo in pericolo. Non dovevi permettergli di avvicinarsi a quell'uomo. E invece hai lasciato che accadesse.» Il fatto che le sue accuse fossero ingiuste non faceva alcuna differenza. Non era una questione di equanimità, e Billy se ne rendeva conto. L'angoscia, la rabbia che Helen aveva provato nel sapere cos'era accaduto a suo marito bastavano in se stesse a giustificarla. La situazione richiedeva un capro espiatorio, e non vi erano altri candidati presenti. Ma le sue parole lo ferirono in profondità. La buona opinione di Helen aveva sempre contato molto, per lui, e Billy sapeva che la sua perdita l'avrebbe impoverito per sempre. «Pensavo di potermi fidare di te. Credevo che finché fosse rimasto con te sarebbe stato al sicuro. Allora, dimmi, com'è potuto accadere?» Helen pretendeva una risposta, scrutandolo in volto senza distogliere lo sguardo. «Lo sto chiedendo a te, Billy... a te. Come hai potuto...» «Basta, mamma.» Interrotta dal grido della bambina, Helen si voltò. Vide sua figlia in piedi davanti alla porta. Gli occhi colmi di lacrime di Lucy rivelavano il gonfiore di chi si era appena svegliato. La cintura della sua vestaglia azzurra strisciava sul pavimento dietro di lei. «Perché sei così orribile con Billy?» «Lucinda Madden!» Presa alla sprovvista, Helen si sforzò di riprendere il controllo. «Torna subito a letto.» «No.» La bambina avanzò con fare di sfida e prese posizione di fronte al sergente. Pallida per l'enormità della propria ribellione, fronteggiò sua madre.
«Prima devi promettere», dichiarò con voce tremante. «Promettere cosa?» «Che non sarai più orribile con lui.» «E perché dovrei farlo?» «Perché è nostro amico.» Helen guardò sua figlia. Sembrava in stato di shock, e Billy ebbe l'improvvisa intuizione che la sua rabbia non era che una maschera, qualcosa a cui aggrapparsi. Che la scoperta che quel pomeriggio Madden aveva rischiato di morire le avesse scatenato un gran subbuglio interiore, rischiando di farla crollare. E fu con uno sforzo enorme che Helen si ricompose e riaprì bocca. «Perché è nostro amico?» Guardò come perplessa la piccola figura davanti a sé. Poi un sorriso le comparve sulle labbra. «Ma certo che lo è. E grazie per avermelo ricordato, tesoro. Prometto di non essere più orribile.» Si abbassò e baciò la bambina. Quando si raddrizzò, Billy vide che le lacrime avevano cominciato a solcarle il volto. Madden si era già alzato, e subito le si affiancò. La prese fra le braccia facendola allontanare dal tavolo, e rimasero così, senza dire una parola, stringendosi con tale forza che avrebbero potuto essere una persona sola. Sgranando gli occhi, Lucy si volse verso Billy in cerca di spiegazioni. Il sergente si posò un dito sulle labbra. «Andiamo di sopra», le bisbigliò all'orecchio, e mano nella mano si allontanarono in punta di piedi. EPILOGO Fu soltanto nella primavera dell'anno seguente che Angus Sinclair archiviò finalmente la cartella dedicata a Gaston Lang e ai suoi numerosi pseudonimi. Malgrado le settimane di pazienti ricerche, era emerso poco altro che potesse dare corpo alla figura il cui misterioso passato, alla stessa stregua della singola foto sgranata fornita da Philip Vane, non offriva più di una vaga impressione dell'uomo dietro la maschera. «Abbiamo scoperto tutto quello che potremo mai scoprire, signore. Penso sia giunto il momento di scrivere la parola fine.» Sinclair aveva emesso il suo verdetto dopo che il vicecommissario Bennett l'aveva convocato nel suo ufficio insieme al sovrintendente capo Holly per metterli al corrente dei contenuti di una lettera proveniente da Berlino.
«È piena di rassicurazioni sul fatto che le indagini procedono, ma non aggiunge niente di nuovo a quello che ci hanno già detto. 'Nel corso di queste indagini sono sorte molte difficoltà, e la verità potrebbe non venire mai a galla.' Credo che Nebe ci stia avvertendo di non trattenere il fiato.» Bennett passò la lettera a Sinclair, che la studiò per un istante. «Reichskriminaldirektor.» Le sillabe rotolarono lievi dalla lingua dell'ispettore capo. «Ecco un bello scioglilingua, Arthur.» Porse la missiva al sovrintendente capo seduto accanto a lui. «A quanto pare, almeno uno dei nostri colleghi berlinesi ha capito da che parte tira il vento. Nessuna sorpresa, fra l'altro», soggiunse rivolto a Bennett. «Hanno ottime ragioni per non insistere. Ho ricevuto anch'io una lettera sullo stesso argomento. Ci arriverò fra un attimo. Ma prima lasciatemi riassumere quello che abbiamo raccolto a livello di informazioni. Nel corso della mia assenza si sono accumulate.» L'ispettore capo era appena rientrato da Manchester, dove era stato impegnato nelle indagini su un caso di frode aziendale. «La polizia svizzera ha scavato un po' più a fondo nel retroterra di Lang e ha scoperto un dettaglio agghiacciante. A me, quanto meno, ha fatto rizzare i capelli sulla testa.» Fece una smorfia. «Ricorderete quello che ci avevano già detto. Il fatto che Lang era figlio illegittimo. Sua madre faceva la domestica in un villaggio non lontano da Ginevra, e se sapeva chi era il padre di suo figlio non lo disse mai. In ogni caso morì poco dopo la nascita di Lang. Questi venne preso in casa dal pastore del villaggio e da sua moglie, che gli diedero il loro nome e lo allevarono come un figlio insieme alla loro bambina.» «Sì, questo lo ricordo.» Bennett sorseggiò il tè che aveva fatto servire. «Ma poi lo affidarono a un orfanotrofio. Ci chiedevamo come mai.» Holly borbottò la sua conferma. «Stavano ancora indagando, se ricordo bene.» «Sì, il problema era che avevano perso di vista il pastore. Si chiamava Lang, ovviamente. Sua moglie era morta e lui era scomparso dal villaggio. Di più: è venuto fuori che non era più un uomo di chiesa, che aveva lasciato il sacerdozio.» «E la figlia?» Holly aggrottò la fronte. «Dovrà aver saputo qualcosa.» L'ispettore capo emise un grugnito. Stava fissando la tazza di tè che teneva in equilibrio su un ginocchio. «Fa parte di quello che devo dirvi.» Rialzò gli occhi. «È ciò che ha scoperto la polizia svizzera quando ha trovato Lang. Il pastore, intendo dire.
Viveva in un'altra zona della Svizzera, in un villaggio di montagna vicino a Davos. Era diventato un recluso, e sulle prime era restio a rispondere alle loro domande. In particolare, non voleva sentir parlare del ragazzo, del figlio che lui e sua moglie avevano cresciuto.» Si strinse nelle spalle. «Ma a poco a poco sono riusciti a vincere le sue resistenze, e alla fine ha parlato.» L'ispettore capo esitò. Sembrava intento a scegliere con cura le parole. «Mi sembra chiaro, leggendo fra le righe, che non avevano idea del fardello che si erano accollati. Il pastore e sua moglie, intendo dire. Di quale calamità avevano portato nelle loro esistenze. A mano a mano che il bambino cresceva, si resero conto che era diverso dagli altri: che non aveva né il desiderio né la capacità di creare quei legami che sono necessari nella vita sociale, che era solo al mondo e contento di esserlo. Ma il quadro era più cupo. Molto presto scoprirono in lui una vena di deliberata crudeltà. Doveva essere tenuto a distanza dagli animali domestici, che aveva la tendenza a torturare, ed essere tenuto d'occhio quando si trovava con gli altri bambini.» Sinclair scosse il capo. «È un tema che ormai conosciamo. Viene fuori di continuo nei casi che coinvolgono criminali violenti, particolarmente quelli sessuali. A volte si ritiene che le esperienze infantili siano alla fonte di questi estremi comportamenti antisociali. Ma non è affatto la regola, e sembrerebbe assente in questo caso, in cui i genitori adottivi non mostrarono altro che gentilezza. Gli era accaduto qualcosa in precedenza, potreste chiedere, durante i mesi trascorsi con la madre?» Scrollò le spalle. «A questo non posso rispondere. In realtà, non posso offrire alcuna spiegazione al di là dell'agghiacciante osservazione che la nostra specie sembra possedere una ferocia che sfida qualsiasi ragione. Che questi semi devono risiedere in ognuno di noi. E che questa è una lezione che la storia ci insegna di continuo, e che noi non sembriamo mai imparare.» L'ispettore capo tossicchiò per mascherare l'imbarazzo. Non era sicuro del perché avesse detto ciò che aveva appena detto, tranne che in qualche modo aveva a che fare con la conversazione che aveva avuto con Franz Weiss a Highfield, nonché con una più ampia consapevolezza che fino a quel momento era ignaro di possedere. «Perdonatemi, mi sto perdendo in digressioni. Per tornare a ciò che stavo dicendo, il tipo di comportamento che vi ho descritto si protrasse per l'intera infanzia del bambino, che fu caratterizzata in particolare da una crescente ostilità nei riguardi della sorellastra. Sembrava del tutto immotivata, e logicamente la bambina finì per ricambiarla e crescendo fece causa
comune con gli altri bambini del villaggio, che sembravano unanimi nell'antipatia che provavano per Gaston. Lui stesso cominciò fin da piccolo a condurre una vita solitaria, e avendo sviluppato un interesse per gli uccelli cominciò a vagare per le campagne, trascorrendo ore lontano da casa.» L'ispettore capo sospirò guardando i suoi due ascoltatori. «Si può solo provare pietà per i genitori e i loro tentativi di affrontare la catastrofe che li aveva investiti. Oggi, senza dubbio, le cose sarebbero andate in modo diverso. Avrebbero potuto chiedere aiuto a medici qualificati. Ma la loro era una semplice esistenza rurale, e il pastore Lang era apparentemente propenso a considerare tutte le difficoltà che gli si presentavano come espressioni della volontà divina, un mettere alla prova la sua fede. Sembrava deciso a fare la cosa giusta con il ragazzo. Ma a un certo punto la situazione divenne ingestibile. Il ragazzo aveva dodici anni ed era sempre più difficile da controllare. Forse avvertiva la debolezza dei genitori adottivi, la loro mancanza di decisione. In ogni caso, i Lang stabilirono che se ne sarebbe dovuto andare e Lang fece in modo che venisse accettato da un istituto gestito dalla Chiesa, una sorta di orfanotrofio a Ginevra. Ne informò il ragazzo. «'Lui mi guardò con quei suoi occhi chiari senza dire nulla.'» L'improvviso cambiamento nel tono di voce dell'ispettore capo sorprese i suoi ascoltatori. «È una dichiarazione tratta dal rapporto che ci ha inviato la polizia svizzera. Mi è rimasta impressa.» Sinclair li guardò entrambi. «Sarebbe dovuto partire di lì a due settimane. Gli venne assicurato che sarebbe rientrato a casa per le vacanze a intervalli regolari. Lui continuò a non mostrare alcuna reazione. Pochi giorni prima della sua partenza, la sorella scomparve. Venne organizzata una ricerca e il suo corpo venne trovato in un burrone vicino. Sembrava che fosse caduta e si fosse spezzata il collo. Il suo volto aveva subito gravi ferite: il naso era rotto, le fattezze sfigurate.» «Buon Dio!» Holly era esterrefatto. «Ed era stato il ragazzo? È questo che stai dicendo? Ma perché, perché?» «Per ripicca? Per il piacere di farlo?» Sinclair scrollò le spalle. «Nessuno può dirlo, Arthur. Nessuno al di fuori di Lang. E lui si è portato dietro i suoi segreti.» Bennett fissava la carta assorbente sulla sua scrivania. «Venne interrogato?» domandò. «Si sospettò di lui?» «A quanto sembra no. Si era allontanato, come faceva spesso, prima che
accadesse, e lo venne a sapere al suo rientro. O così finse. La polizia venne coinvolta, ma concluse che era stato un incidente. La bambina sembrava essere precipitata da una certa altezza e rotolata giù per il burrone. Non vi erano prove di violenza, sessuale o di altro tipo, e non erano stati avvistati sconosciuti nelle vicinanze.» «Ma il patrigno, il pastore, pensava che fosse stato il ragazzo?» «È quello che ha detto alla polizia quando l'hanno rintracciato. Ma non posso dire se lo pensasse anche allora. Forse la consapevolezza è arrivata più tardi. In ogni caso, non vi era alcuna prova. Basti dire che né lui né sua moglie rividero più il figliastro. Lei morì un anno più tardi, e poco dopo lui lasciò la Chiesa. Agli investigatori che l'hanno interrogato ha detto che aveva perso la fede e ha spiegato perché. Ha detto che il ragazzo era nato oltre la portata della misericordia divina, e poiché una cosa simile non poteva accadere, o non poteva nel mondo in cui lui aveva creduto, non aveva più potuto mantenere il sacerdozio. Aveva smesso di pregare, se non per la morte.» Bennett si alzò e andò alla finestra. Era una giornata piovosa, e il vicecommissario guardò il cielo coperto di nubi. «Che ne fu di Lang? Del ragazzo, intendo dire.» «Venne mandato all'orfanotrofio com'era in programma. La cosa interessante è che lì non accadde niente di speciale. Non causò problemi, e venne giudicato intelligente ma insensibile. Di nuovo non fece amicizie, e poco prima di compiere sedici anni fuggì. Uscì dall'istituto e nessuno lo vide più. Non abbiamo modo di sapere come abbia passato gli anni successivi, anche se è probabile che abbia vissuto di mezzucci. Non c'è nemmeno alcun indizio relativo alla sua vita sessuale. Forse era nulla. Fino all'omicidio per cui era ricercato, che commise quando aveva già più di vent'anni, non risulta alcun crimine irrisolto con caratteristiche simili, quanto meno in Svizzera. Certo, a quel punto lavorava già da tempo per Hoffmann, spesso in qualità di corriere, dunque non sto dicendo che non abbia potuto trarre vantaggio dai suoi viaggi all'estero. Per quanto possa contare, sono propenso a credere che quanto meno durante quei primi anni fosse riuscito a controllarsi. Il tipo di vita in cui era scivolato era già abbastanza pericoloso. Di sicuro non voleva aumentarne i rischi. L'omicidio per cui era ricercato dalla polizia svizzera potrebbe benissimo essere stato il primo. Ma come vi ho detto, le informazioni che abbiamo ricevuto dalle varie forze di polizia europee sono nei migliori dei casi lacunose. Tutto ciò che possiamo dire con certezza è che nei Paesi in cui sappiamo che si è recato ci sono
numerosi casi irrisolti di crimini sessuali, alcuni dei quali non molto diversi dalle aggressioni in cui si era specializzato.» L'ispettore capo si interruppe per posare la tazza di tè, che non aveva nemmeno assaggiato, sulla scrivania di fronte a sé. Bennett non si allontanò dalla finestra, ma si era voltato ad ascoltare. «La tentazione è quella di far risalire la sua fissazione con lo sfiguramento dei volti all'omicidio della sorellastra, e senza dubbio uno psicologo darebbe molto peso all'ipotesi. La crescente ferocia degli episodi suggerisce che stavano cominciando a dominarlo. Di sicuro rischiava di più. Se lo scorso novembre non si fosse trattenuto a Midhurst per aggredire quella bambina, forse sarebbe riuscito a sfuggirci. Mio Dio! Immaginatevelo in giro per l'America! Le dimensioni di quel Paese. Mi domando se saremmo mai riusciti a prenderlo.» Holly emise un brontolio di consenso. Mentre ascoltava, un cupo cipiglio gli era calato sul volto. Bennett fece ritorno alla scrivania. «Ha detto che aveva ricevuto una lettera, ispettore capo. Presumo che riguardi l'atteggiamento tedesco nei confronti dell'indagine?» «Sì, signore, l'ho qui con me...» Sinclair si sfilò di tasca una busta e ne estrasse alcuni fogli scritti a mano. Se li stese sulle ginocchia. «È dell'ispettore Probst, sono sicuro che se ne ricorda. Vuole che tutti i dettagli del caso vengano resi noti, ed è per questo che mi ha scritto. È una lettera che preferirei non archiviare ufficialmente. Non si può dire quali saranno i rapporti che finiremo per avere con il nuovo ordine a Berlino una volta che la confusione sarà finita, anche se da parte mia spero che saranno ridotti al minimo, ma non vorrei che un giorno finisse nelle mani sbagliate.» «Capisco...» Gli occhi di Bennett si erano ridotti a due fessure. «Ma non sta correndo un rischio, scrivendole all'insaputa dei suoi superiori?» «Certo che sta rischiando. Ma non fa più parte della polizia, dunque non è una questione di insubordinazione. Ha dato le dimissioni non appena i nazisti sono giunti al potere a fine gennaio. 'Un poliziotto non può essere al servizio di criminali: è una contraddizione in termini'», lesse Sinclair ridacchiando. «Non ha peli sulla lingua, vero? Certo, non sarebbe durato molto. Una delle prime cose che hanno fatto i nazisti quando hanno preso il potere è stato epurare la polizia. Probst scrive cose divertenti al riguardo. Be', forse 'divertenti' non è il termine giusto...» L'ispettore capo socchiuse gli occhi per proseguire a leggere. «'Goering è venuto di persona ad Alexanderplatz a stringere un po' di
mani'», citò. «'Dicono che sia di buona compagnia, gioviale, l'eroe di guerra dai modi semplici. Io, guardandolo negli occhi, ho visto un assassino nato. E conosco bene il tipo.'» Tornò a posarsi il foglio sul ginocchio. «Ma riguardo alle indagini su Lang, Probst dice che erano proseguite fino al cambio del governo. Vale a dire che avevano continuato a indagare sul suo retroterra. Non dice se avessero capito che era un agente segreto oppure no, ma definisce 'oscuro' il suo passato e dice che non era quello che sembrava: in altre parole, non era il rappresentante di una ditta tessile austriaca. Ricostruendo i suoi movimenti fra Berlino e Monaco ne avevano anche scoperto i contatti con il nazismo, ed è stato a questo punto, o poco dopo, che le indagini si sono interrotte. Non è chiaro se Nebe abbia agito di sua iniziativa o se qualcuno gli avesse detto qualcosa. Ma a quanto pare aveva capito come andavano le cose. Probst dice che le indagini non sono più in corso, né saranno riaperte in futuro.» Bennett assorbì le informazioni in silenzio. «Ovviamente si era iscritto al partito, giusto? Ce lo disse Vane.» «Esatto, signore.» «E l'ultima cosa che i nazisti potrebbero desiderare sarebbe farsi macchiare la reputazione da un caso simile soltanto pochi mesi dopo aver preso il potere.» «Sono sicuro che ci abbiano pensato, signore.» «Dunque, anche se scoprissero un collegamento con i nostri servizi segreti, è improbabile che lo rivelerebbero. Il fango ti resta appiccicato addosso, dopo tutto.» «Proprio così. E da questa parte non c'è alcuna possibilità che venga fuori altro, vero? Per quanto riguarda la nostra stampa, il passato di Lang rimane un mistero. La mia impressione è che abbiano rinunciato a scavare. Penso che i suoi amici di Whitehall possano dormire sonni tranquilli.» «I miei amici, ispettore capo?» Bennett gli elargì un'occhiata glaciale. «Un lapsus, signore.» Sinclair aveva ricavato un certo divertimento dal minuetto in cui si era appena esibito per il suo superiore. Lo stesso non si poteva dire di Holly, che si schiarì rumorosamente la gola. «Be', io la trovo una dannata disgrazia», sbottò. «L'intera spregevole vicenda. E quel che è peggio è che nessuno verrà chiamato a risponderne.» Nel silenzio imbarazzato che seguì, Sinclair tornò a infilarsi in tasca la lettera di Probst.
«E nemmeno noi abbiamo motivo di congratularci con noi stessi.» Il sovrintendente capo era ormai lanciato. «C'è una sola persona che esce da questa storia con qualche merito: John Madden. Spero che tu glielo dica la prossima volta che lo vedrai, Angus. E ringrazialo da parte mia.» «Lo farò, Arthur», gli promise Sinclair rivolgendogli un'occhiata affettuosa. «E prima di quanto pensi. Andrò a Highfield proprio questo fine settimana.» Quando il treno di Sinclair giunse a Highfield, sul marciapiede vi era una solitaria figura. Mentre il vicecommissario scendeva dallo scompartimento, un raggio di sole su una testa di capelli dorati attirò il suo sguardo. Helen Madden avanzò verso di lui per accoglierlo. «John aveva in programma di venirti a prendere, ma i bambini hanno preteso una spedizione nel bosco. Con la pioggia che abbiamo avuto, erano chiusi in casa da giorni. Torneranno fradici, lo so.» Gli acquazzoni di cui parlava Helen avevano cominciato a cedere il passo al sereno intorno all'ora di pranzo, e il treno dell'ispettore capo aveva attraversato campi illuminati dal sole e colorati di fiori primaverili. «Al momento la casa è piena di gente. Spero che per te non sia troppo. Franz era così contento, quando ha saputo che saresti venuto. Ma non lo vedrai prima di stasera. Sta passando la giornata a Londra, in cerca di casa.» Il blu del vestito di lana di Helen, notò Sinclair, era uguale a quello dei suoi occhi. Il piacere che egli provava per la sua compagnia non era diminuito con il passare degli anni, e quando lei lo prese sottobraccio avvertì che il proprio passo si faceva più lieve. Uscirono dalla stazione e raggiunsero l'auto. «So che sei stato via, ma sembra che sia passato un secolo dall'ultima volta che ti abbiamo visto. Temo di aver impiegato un bel pezzo a dimenticare quella terribile storia. Ho avuto bisogno di tempo per riprendermi.» Gli rivolse un'occhiata di traverso. Stavano attraversando i giardini pubblici. «Ma ho pensato spesso a te, specialmente quando siamo andati a Midhurst. Quella famiglia... i Ramsay... ci aveva invitati. E non era la prima volta, poveri cari. Volevano ringraziare John, ma prima di quel giorno non mi sentivo in grado di vederli. Temevo di restarne troppo turbata. Ma alla fine è stata una giornata deliziosa. La signora Ramsay aveva organizzato un picnic per i bambini sui Downs, e aveva invitato anche Sam Watkin,
l'uomo che era stato accoltellato, e la sua famiglia. Il corpo che era stato trovato nel fienile bruciato era quello del suo amico. Eddie, si chiamava. Ma lo conoscevano tutti, a quanto pare, e hanno parlato di lui con un tale affetto, in particolare Nell, la bambina, e sua madre... Stavano aiutandolo a trovare un impiego stabile, i Ramsay, voglio dire, e si vedeva che erano ancora sconvolti per l'accaduto.» Rimuginò in silenzio per qualche istante. «Dopo abbiamo camminato fino alla fattoria. I bambini volevano assolutamente vederla, e Nell ha raccontato loro l'intera storia. Inutile dire che ne sono rimasti ammaliati. Hanno voluto sapere tutti i dettagli più sinistri. Era il povero John che non riusciva ad ascoltarla. Sapeva meglio di chiunque altro quanto vicini si fosse arrivati alla tragedia. Quelli che non lo conoscono lo credono distaccato e imperturbabile, a causa del suo modo di fare. Ma non è affatto così. Anzi, è l'opposto.» Si asciugò una lacrima nell'angolo dell'occhio, poi si voltò verso Sinclair con un sorriso. «Ma non è certo a te che devo dirlo, giusto?» Nel pronunciare quelle parole gli sfiorò la guancia con le dita, un semplice gesto che riempì di gioia il cuore dell'ispettore capo, facendogli capire che alla fine era stato perdonato. «Tutto questo è successo un mese fa, e pochi giorni dopo sono partita per la Germania.» «Sì, l'ho saputo da John. Mi ha telefonato.» Il tono di Sinclair divenne eccitato. «E hai riportato qui il dottor Weiss e la sua famiglia?» «Sono andata ad aiutarli con il trasloco. Mi sembrava la cosa più sensata, visto che sono io quella che parla il tedesco, e temevo che Franz non riuscisse a organizzare tutto da solo. Sua moglie è morta, lo sapevi?» «Me l'ha detto John.» «È successo poco dopo Natale. Ed era accaduto qualcos'altro di terribile. I Weiss hanno due figli, un maschio che studia in America e una figlia, Lotte, che era sposata con un professore universitario a Berlino, un giovane di nome Josef Stern. Faceva politica, forse sin troppo, e nelle settimane prima che i nazisti prendessero il potere era rimasto coinvolto in un tafferuglio con una banda di camicie brune ed era stato massacrato di botte. Non aveva mai ripreso conoscenza, ed era morto in ospedale. Quindi è una fortuna che io sia andata a Berlino. Erano entrambi sconvolti, Franz e sua figlia, e incapaci di affrontare la situazione, e così me ne sono occupata io stessa. «Avevano una casa sul Wannsee, fuori Berlino. È sul lago, e d'estate, quando gli alberi hanno le foglie, è un luogo delizioso. Ma in tutto il tempo
che ci sono rimasta non abbiamo mai visto il sole, soltanto un cielo plumbeo di nubi. C'è un muro sul retro della casa, e il giorno del mio arrivo ho visto che qualcuno vi aveva tracciato una stella di Davide in giallo. L'ho fatta cancellare. Il giorno dopo era tornata, e di nuovo ho detto al giardiniere di lavarla. E così via, giorno dopo giorno. Non ho mai visto l'autore: in giro non c'era anima viva. Ma ogni giorno, la stella era di nuovo lì. Quando finalmente sono riuscita a svuotare la casa e portare via i mobili, ho provato una sensazione terribile. Due anni fa John e io avevamo trascorso una vacanza dai Weiss, e tutto quello a cui riuscivo a pensare era quanto fossero felici.» Helen cadde in silenzio, e l'auto proseguì per le vie del villaggio, passando davanti al cancello di Melling Lodge. Poco dopo svoltò nel familiare vialetto, i cui alberi di limetta verdeggiavano di nuovo fogliame. «Franz sta cercando casa a Hampstead. Vuole aprire uno studio. Lotte abiterà con lui. Ha una figlia, Hana, di sei anni. Lucy l'ha presa in grande simpatia. Ha una tale passione per le persone, la mia Lucy. Sapevi che uno dei suoi preferiti è Billy Styles?» Erano giunti all'ingresso. Il sorriso era tornato sulle labbra di Helen. «Non molto tempo fa, Billy ha portato la sua fidanzata per farcela conoscere. Elsie, si chiama. Povera ragazza, per lei dev'essere stata dura. Essere messa in mostra non è mai facile. Ma a peggiorare le cose, Lucy ha trascorso l'intera giornata facendole la posta come una pantera, guardando ogni suo piccolo movimento. Dio solo sa quando troverà il coraggio di tornare.» Dieci minuti dopo essere stato accompagnato nella sua stanza, Sinclair ridiscese e trovò la padrona di casa seduta in una sedia da giardino sulla terrazza, da cui si potevano vedere tutti i colori della primavera nelle aiuole che delimitavano il prato e su cui aleggiava un dolce profumo di caprifoglio. Qualcosa si mosse tra gli arbusti in fondo al giardino, e poco dopo un uomo ne emerse spingendo una carriola. L'ispettore capo scrutò in quella direzione. Stava per dire qualcosa quando Helen gli fece un cenno e indicò. «Eccole.» Seguendo il suo dito, Sinclair distinse due figure sfreccianti che erano apparse come per magia in fondo al prato, volteggiando come folletti nel frutteto, due forme distinte ma apparentemente unite nei loro movimenti.
«Sono le due bambine», spiegò Helen nel vedere la fronte aggrottata dell'ispettore capo. «Lucy è quella sulla sinistra. Le ho detto che il padre di Hana è morto, e in tutta risposta non se la lascia sfuggire un istante. Per farle vedere che lei è qui e non scomparirà. Almeno credo che il ragionamento sia questo.» Osservarono le due figure cambiare direzione all'improvviso e lanciarsi all'inseguimento dell'uomo con la carriola, che stava scomparendo in un'altra parte della macchia di arbusti e i cui movimenti l'ispettore capo stava seguendo con grande attenzione. Le sue osservazioni vennero tuttavia interrotte di nuovo dalla comparsa di Madden, che proprio in quell'istante sbucò a passo deciso dagli arbusti in compagnia di una coppia di ragazzini, uno dei quali, vide Sinclair, era il figlio del suo amico. «Chi è l'altro?» domandò a Helen riparandosi gli occhi. Il sole era ormai basso nel cielo, e la luce del pomeriggio stava calando. «È Ted, il figlio di Will Stackpole. Significa molto, per me, che lui e Rob siano così amici. Will è una persona che amo. È stato il primo ragazzo che mi ha baciata.» Il ricordo la fece sorridere. «Avevo l'età di Lucy, sei o sette anni. Mi aveva fatto gli occhi dolci per l'intera estate. Mi piace vederli insieme, i due ragazzi. Ma mi crea anche un po' d'ansia. Continuano a crescere...» «E per quale motivo dovresti preoccupartene?» «Perché ci sarà un'altra guerra.» Lo disse in un tono così naturale che l'ispettore capo impiegò un istante o due per rendersi conto delle sue parole. «Oh, sono sicuro di no», rispose automaticamente. «Voglio dire, non puoi esserne certa... possono succedere tante di quelle cose...» Cadde in silenzio. Helen non sembrava averlo udito. «Non posso dirti quanto mi sono sentita male a Berlino.» I suoi occhi erano fissi sulle figure che avanzavano sul prato. «Le bandiere, le uniformi, l'incedere impettito. E il continuo farneticare. Ho visto un'uniforme. Era nera, nera dalla testa ai piedi. Il distintivo sul berretto era un teschio. Riesci a immaginarlo?» Affondò il volto nelle mani. «In quel momento ho capito...» Sinclair non disse nulla. Dandole il tempo di riprendersi, rivolse un saluto a Madden, che ricambiò e fece un gesto a indicare le sue intenzioni. Queste divennero chiare poco dopo, quando lui e i ragazzi cambiarono traiettoria e si diressero verso il lato della casa in cui si trovava la cucina. «Lasceranno lì le scarpe infangate ed entreranno da quella parte.»
Helen si fece scorrere le dita nei capelli. L'istante successivo il sorriso le era ricomparso sulle labbra, e Sinclair vide che qualcos'altro aveva attirato la sua attenzione. Le due bambine erano riemerse dagli arbusti dov'erano scomparse e stavano correndo mano nella mano su per il prato nella loro direzione. Quella con i capelli più chiari, nelle cui fattezze l'ispettore capo ora riconobbe Lucy, reggeva in mano un mazzo di giunchiglie gialle. Mentre salivano i gradini della terrazza, Helen si alzò ad accoglierle. «Per te, mamma», dichiarò Lucy senza fiato cacciandole in mano i fiori sgocciolanti. Completamente infangate, le due bambine sembravano avere fretta di proseguire la loro corsa a capofitto, ma Helen le trattenne. «Cosa avete combinato? Guarda la povera Hana.» Rivolse qualche parola in tedesco alla bambina dai capelli scuri, che rispose ansimando nella stessa lingua. Entrambe le creature scalpitavano per ripartire dalla terrazza. «È ora di farsi il bagno», disse Helen tornando a rivolgersi a sua figlia. «Mary ti sta aspettando di sopra. Porta Hana con te. E non strapparle il braccio...!» L'avvertimento era giunto troppo tardi. Strillando all'unisono, le due bambine saettarono via, attraversando di corsa la terrazza ed entrando in casa come se fossero incollate una all'altra. «Temo che le presentazioni dovranno attendere.» Mentre la padrona di casa era impegnata a scuotere l'acqua dal mazzo che le era stato regalato, Sinclair si alzò e raggiunse il bordo della terrazza. Abbassò lo sguardo sul giardino immerso nel crepuscolo. La figura che aveva notato in precedenza stava risalendo nella loro direzione, spingendo la carriola. L'ispettore capo non riuscì più a tenere a freno la curiosità. «E quello chi diavolo è?» domandò. «E cos'ha in testa?» «Non riesci a indovinarlo?» rispose Helen in tono canzonatorio. «È Topper. Sono sicura che te ne ricordi.» «Non ho avuto il piacere di conoscerlo, ma ricordo bene il nome. Mi sbaglio o era stato chiamato a testimoniare a Guildford... e non si è mai presentato?» Sinclair si voltò verso la padrona di casa. «Diamo asilo ai ricercati, dottoressa Madden?» Helen sorrise. «Sì è presentato di punto in bianco subito dopo Natale. John l'ha sistemato in una delle stalle alla fattoria con un bel po' di coperte e una stufa. Per fortuna Tom Cooper ha avuto un attacco di reumatismi proprio allora. Dico per fortuna, perché a parte qualche pasto ogni tanto
Topper non accetta elemosina. E così l'abbiamo trasformato in una specie di sostituto giardiniere, e lui sembra gradirlo.» Si fermò. La figura si era arrestata appena sotto la terrazza, e Sinclair osservò lo spettacolo del cappello con l'elegante piuma di fagiano. Rimase a guardare mentre Topper se lo toglieva e faceva un inchino, a cui Helen rispose con un sorriso. «Buonanotte, Topper. E grazie dei bellissimi fiori.» Rimettendosi in testa il cappello, Topper si rimise in cammino senza dire una parola e scomparve dietro l'angolo della casa. «John dice che uno di questi giorni farà fagotto e se ne andrà, ma io spero di no. Non mi piace il pensiero che vagabondi qua e là. È troppo vecchio. Ha bisogno di una casa.» Helen stava guardando le giunchiglie che reggeva in mano, e Sinclair la vide passarsi le dita sulla guancia. «La mia speranza è che a questo punto trovi difficile andarsene. Ama così tanto i bambini.» «I bambini?» Sinclair posò l'occhio sui fiori, poi sul suo volto. «Già, i bambini...» «Oddio...» Helen non cercava ormai più di mascherare le lacrime che le colavano dagli occhi. «Perdonami, Angus. Non ho ancora superato quella terribile faccenda. Per un po' ho perso tutto il mio sangue freddo, e non sono sicura di averlo recuperato. Ho paura per il futuro. Vedo cose orribili davanti a noi. Guarda quello che è accaduto al povero Franz e ai suoi cari. Quanti altri soffriranno allo stesso modo? Chi aiuterà loro? È come se una terribile notte scura stesse per calare su noi tutti, e io vorrei proteggere le persone che amo e a cui voglio bene ma non so come fare, non so nemmeno se posso...» «Mia cara...» Nel vedere la sua angoscia, Sinclair la cinse con un braccio e cercò di confortarla. «Dici così perché sei ancora sconvolta. Queste ferite impiegano molto a rimarginarsi.» «Sì, certo...» Lei gli toccò la guancia. «Caro Angus...» Si era ripresa. «Devo mettere i fiori nell'acqua. Vieni dentro, se vuoi, oppure resta a guardare il tramonto. Adoro il modo in cui gli alberi cambiano colore con il calare della luce. John sarà qui fra un momento, ma ti avverto, sarà occupatissimo. Non appena le bambine saranno scese, dovrà leggere loro una storia. Lucy sta cercando di insegnare l'inglese a Hana, e pensa che leggerle Il vento fra i salici sia la soluzione giusta. Credo che il signor Toad stia per partire al volante della sua automobile, quindi le cose potrebbero farsi
rumorose. Ma vieni presto. Voglio che stiamo tutti insieme.» Sinclair attese che Helen fosse rientrata in casa, poi tornò a voltarsi verso il giardino deserto. I suoi pensieri erano assorbiti da ciò che lei aveva appena detto. Là giornata era giunta quasi al termine, e soltanto gli alberi sulla cresta di Upton Hanger brillavano ancora alla luce morente del sole. Il resto del lungo crinale boscoso era già immerso nella tetra penombra, e l'ispettore capo non era incline a trattenersi. In quel momento vide formarsi una chiazza di luce ai suoi piedi, proveniente dalle lampade del salotto che erano state appena accese, e udì gli strilli acuti delle bambine. Attirato dal pensiero del tepore di quella casa e dei volti amati che l'abitavano, non esitò oltre e volse la schiena alla fine della giornata. E alla notte scura in arrivo. FINE