Kathleen Webb
La Scarpetta Rossa Cinderella's Shoe Size © 2001 COLLEZIONE HARMONY n. 1779 del 18/10/2002
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Kathleen Webb
La Scarpetta Rossa Cinderella's Shoe Size © 2001 COLLEZIONE HARMONY n. 1779 del 18/10/2002
1 Madronna Beach Gazette. ANNUNCI. PERSI E RITROVATI Cercasi disperatamente! una scarpa sinistra di raso rosso, numero trentasette, pianta stretta. Se la trovate, per favore contattate subito Cinderella, box 589. Cindy sistemò la scatola sulla mensola più alta, poi saltò giù con grazia dallo sgabello. Si era appena rimessa le scarpe quando alzò lo sguardo e vide il Principe Azzurro - sì, lui doveva proprio esserlo - in piedi davanti a lei. Il rumore del ventilatore che lavorava a piena forza per rinfrescare l'aria greve le aveva impedito di sentirlo entrare. Ma ora era lì, un sorriso che gli incurvava le labbra, lo sguardo fisso su di lei. «Posso aiutarla?» esordì cortesemente Cindy. «Se non potrà aiutarmi, allora io avrò un grosso problema» replicò l'uomo con un sorriso disarmante. Lo sconosciuto possedeva un certo fascino e ciò era fuori dubbio. Una combinazione di spalle imponenti, capelli neri e ondulati, zigomi alti e sorriso assassino, notò Cindy passandosi una mano fra la massa di capelli biondi e ricci tagliati corti nel vano tentativo di tenerli sotto controllo. «Ho bisogno di un paio di scarpe. Per mia sorella» spiegò l'uomo. «Ha in mente qualcosa di particolare?» chiese Cindy, la voce velata d'ironia. Non le interessava a chi fosse destinata la merce che una persona acquistava. La storia della sorella era piuttosto banale. L'uomo estrasse un foglio di carta dalla tasca. «Vuole un paio di scarpe Kathleen Webb
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rosse col tacco alto, eleganti, da sera, numero trentotto. Ha qualcosa del genere?» Cindy gli scoccò un'occhiata penetrante prima di girarsi, la gonna ampia che le accarezzava le gambe. «Da questa parte» lo sollecitò. Si era fatto un gran parlare di scarpe rosse da quando lei aveva pubblicato l'annuncio sul giornale, tuttavia quella giusta non era ancora ricomparsa. Se non la ritrovava prima del prossimo inventario, trecento dollari, questo era il prezzo delle scarpe che lei aveva così sventatamente spaiato, sarebbero stati detratti dal suo stipendio. Tutto questo significava che avrebbe lavorato due settimane gratis. Gli scaffali erano organizzati per colori e altezza del tacco. Alla fine c'erano gli stivali. La Scarpetta di Cristallo, questo era il nome del negozio che vantava la più ricca collezione di calzature da donna dell'intera città e in cui Cindy lavorava. Cindy non ebbe difficoltà nel trovare la scarpa corrispondente alla descrizione che l'uomo le aveva fatto. «Le piace?» domandò, mostrandola al cliente. «Ha chiesto specificatamente delle scarpe italiane. Conoscendo mia sorella questo dovrebbe significare che vuole il paio più costoso» spiegò lui ammiccando. Mancavano solo cinque minuti all'orario di chiusura, pensò Cindy rassegnata. Il suo datore di lavoro, il signor Tirchio, come lei amava chiamarlo, non le concedeva una percentuale sulla merce venduta, dunque sperava che quel cliente non le avrebbe fatto perdere troppo tempo e che soprattutto non le avrebbe chiesto di provare le scarpe per vederle indossate. A lei non sarebbero comunque andate bene. Portava controvoglia gonne molto corte, cosa che il signor Tirchio praticamente le aveva imposto. Non c'era da meravigliarsi se gli affari del negozio erano aumentati da quando era stata assunta l'anno precedente! Aveva pensato, più di una volta, di chiedere un aumento di stipendio. Ovviamente questo prima di perdere quella maledetta scarpa rossa. «Italiane, dice?» Cindy guardò gli scaffali, poi scelse una scatola, l'aprì e porse all'uomo una scarpa. «Che ne pensa di questa, allora? Decisamente molto seducente.» L'uomo osservò dubbioso il tacco eccessivamente alto. «Ma voi donne riuscite davvero a camminare con questi affari ai piedi?» chiese. «Certamente.» Personalmente Cindy non avrebbe mai messo a rischio le Kathleen Webb
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sue caviglie arrancando su tacchi del genere, ma diavolo, quello era un paese libero! «Cosa mi dice di quelle?» chiese ancora l'uomo indicando una calzatura in esposizione. «Quelle sono un modello Chanel.» Cindy azzardò un'occhiata all'orologio. E dire che il signor Tirchio era scoppiato a ridere quando lei gli aveva chiesto di retribuirle il lavoro straordinario! «Mi piace, ma credo che farò meglio ad attenermi agli ordini e a comprare scarpe da sera, giusto?» L'uomo prese dalla tasca della giacca il portafogli. «Devo proprio dirglielo» aggiunse. «Mi ha reso un uomo davvero felice. Fate per caso consegne a domicilio?» Cindy annuì. «Dieci dollari di supplemento, quindici se vuole che vengano recapitate questa sera stessa.» «Vada per stasera. Mi è sempre piaciuto fare sorprese a mia sorella.» L'uomo le porse la carta di credito e un foglietto con un indirizzo scritto a mano. «Ecco, questo è il recapito.» Cindy inserì la carta nella cassa. La transazione venne effettuata immediatamente. Parker Davis era il nome scritto sulla carta. Ovviamente godeva di un ottimo credito, pensò, e per fortuna non era uno di quei tanti balordi che ultimamente avevano visitato il negozio solo per informarsi sulla sorte della scarpa, una Louboutin fra le più costose sul mercato, che lei aveva smarrito mentre si recava a casa di Marissa. Parker Davis firmò la ricevuta, esibì un sorriso smagliante che le fece sospettare un lavoro di ortodonzia dal costo davvero esorbitante o, in alternativa, una fortuna sfacciata, aprì le porte a vetri e uscì nella soffocante afa del giugno californiano. Cindy lo vide salire su un furgone che portava impressa una scritta a caratteri cubitali su una fiancata, Trasporti Davis, poi chiuse la cassa, abbassò le saracinesche del negozio, infilò il casco e montò sulla sua bicicletta immaginando la felicità di Marissa quando avrebbe visto il paio di zoccoli di pelle maculata che Cindy aveva nel suo zaino. Dopo aver attraversato velocemente diverse strade della città, Cindy bussò alla porta ed entrò nell'appartamento di Marissa situato al primo piano. La sua amica le sorrise e le indicò le decine di lettere ammonticchiate sul tavolo della cucina. «Dunque?» esordì Cindy. Marissa alzò i suoi occhi al cielo. «Non sapevo che ci fossero tanti feticisti» mormorò. «Uno ha inviato una sua foto in scarpe rosse e calze di Kathleen Webb
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nylon. Avrebbe dovuto prima depilarsi, però. Chi ha preso la scarpa deve averlo fatto quando è caduta dal tuo zaino. Quello che non capisco è a cosa possa servire un scarpa sinistra di raso rosso!» «Come trofeo, forse?» ipotizzò Cindy. «Oppure esiste un collezionista di calzari sinistri. Anzi, no, ci sono!» esclamò. «Dovremmo andare in ospedale e cercare di rintracciare una donna con una sola gamba, la sinistra, che porta il numero trentasette, pianta stretta.» «Come fai a scherzare in un momento simile?» si lamentò Marissa. «Una cosa è sicura. Non ti chiederò più di portarmi delle scarpe.» «Davvero?» Cindy alzò il suo zaino per mostrarlo all'amica. «Ne deduco che non hai nessuna voglia di vedere cosa c'è qui dentro...» «Questo non è giusto.» «E che cos'è giusto nella vita?» Cindy aprì lo zaino. «È odore di cuoio quello che sento? No, no, pelle maculata... Sì, proprio così.» «Ti odio» commentò Marissa incrociando le braccia sul petto. «No, non è affatto vero, anzi, come ti ho già detto, tu in realtà fai un favore a chiunque comprerà queste scarpe. Indossandole per prima, ne ammorbidisci il pellame.» Cindy si inginocchiò davanti alla sedia a rotelle, sfilò dal piede di Marissa il sandalo variopinto che le aveva portato la settimana precedente e le infilò lo zoccolo. «Come ti sembra?» chiese poi. «Assolutamente fantastico» replicò Marissa, il viso radioso. «Tu sei fantastica» commentò Cindy mentre faceva scivolare la seconda calzatura sull'altro piede della sua amica: un arto che da molti anni non toccava il terreno. Marissa era bella, intelligente e gentile, non si lamentava mai per la sua infermità. Lei era così felice di avere la possibilità di farla sorridere di tanto in tanto. «Ora devo andare» aggiunse alzandosi. «Devo finire di fare i bagagli.» «Non è un bene per te, continuare a traslocare così frequentemente» osservò Marissa. «Non è colpa mia se non riesco a trovare un padrone di casa che condivida la mia passione per gli animali.» «Forse dovresti essere onesta sin dal principio. Dovresti dir loro che stai studiando per diventare veterinario e che ti capita di ospitare dei pazienti.» «Ho già provato e senza successo. Se non dico niente riesco a far passare sei, sette mesi prima di ricevere l'avviso di sfratto.» «Di questo passo andrai ad abitare in tutti gli appartamenti disponibili della città.» Kathleen Webb
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«A quel punto cambierò nome e comincerò daccapo la mia ricerca. Non preoccuparti per me.» «Mi preoccupo, invece. Sei troppo sola.» «Sono sempre stata sola» affermò Cindy, riponendo i sandali multicolori nel suo zaino. «Tu continua a rispondere alle lettere. Prima o poi riusciremo a ritrovare la Louboutin.» Cindy era seduta dietro la cassa de La Scarpetta di Cristallo e guardava con aria corrucciata la calcolatrice portatile che aveva in mano. Le sue finanze erano quasi in rosso. I continui traslochi pesavano troppo sul suo esiguo salario. Anche le serate che trascorreva lavorando per la Fino all'Ultima Briciola, un servizio di ristorazione gestito dalla sua cara amica Jan, non l'aiutavano molto. Il suo sogno, ossia l'iscrizione alla facoltà di veterinaria, si allontanava sempre di più. Con un sospiro chiuse il libretto di risparmio, lo infilò in tasca, sfoderò uno smagliante sorriso e sollevò la testa per accogliere prontamente il cliente che aveva appena fatto il suo ingresso all'interno del negozio. Quando i loro sguardi s'incrociarono il cuore di Cindy iniziò a fare capriole di gioia. «Di nuovo lei» affermò. Non una frase molto brillante, niente affatto, ma all'improvviso le sembrava di non aver alcun controllo sui suoi pensieri e sulla sua lingua. «E' di nuovo lei» confermò l'uomo esibendo il suo sorriso assassino. Un crampo le contrasse lo stomaco. Strano, dal momento che lei era immune al fascino maschile, giusto? Cindy si schiarì la voce alla ricerca del suo miglior tono professionale. «Non mi dica che le scarpe rosse non sono andate bene» disse. «Al contrario. Abbiamo creato un mostro.» «Un mostro?» «Mia sorella ne è rimasta così entusiasta da volerne subito un altro paio. Questa volta ha chiesto dei sandali, variopinti e dal tacco alto.» «E ha mandato lei ad acquistarli?» «Si fida ciecamente del mio gusto» replicò Parker sorridendo. Dunque era furba oltre essere bella. Furba abbastanza da porgli domande. Ad essere onesti, era stato lui a telefonare a Lisa per chiederle se le servisse un paio di scarpe nuove in previsione dell'imminente matrimonio di un'amica. Lisa, da vera fanatica di scarpe, era rimasta deliziata da quell'improvvisa voglia di fare compere per lei, ma lo conosceva abbastanza per capirne il Kathleen Webb
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perché. Sicuramente la commessa di scarpe era carina. «Parker» gli aveva detto con la voce vibrante di disappunto, «... proprio una commessa?» «Non fare la snob» aveva replicato lui. «Lavora in un negozio molto esclusivo.» «Non sono certa che una commessa sia molto meglio della tua ginnasta, Parker.» «La mia storia con Tammy è finita molto tempo fa, Lisa.» «Ma evidentemente non hai imparato nulla, vero, fratellone? Come la semplice verità che non riuscirai a salvare chi non vuole essere salvato.» Parker scosse la testa e tornò alla realtà. Ora la bella commessa in questione lo stava guardando con un'espressione interrogativa dipinta sul viso, come se stesse aspettando una risposta. «Mi scusi?» chiese imbarazzato. «Ho detto, non ci sono negozi di scarpe dove abita sua sorella?» «Offrono merce dozzinale, parole sue e non mie.» «Questi sono appena arrivati.» Cindy prese un sandalo ancora avvolto nell'involucro protettivo. «Italiani, roba di classe.» «Questo viene considerato un sandalo a tacco alto, multicolore e molto elegante?» «Esattamente. Molto eleganti e anche molto scomodi, impossibile portarli per un'intera giornata. Ed estremamente costosi» spiegò Cindy. Parker sospirò. «Purtroppo mi è impossibile negare qualcosa a mia sorella» si giustificò, prendendo il portafogli. «Consegnateli questa sera stessa, d'accordo?» «Ovviamente.» «Ma... potrei sapere cosa fa nel tempo libero? Cioè quando non vende strumenti di tortura come queste scarpe?» «Ho un secondo impiego... dunque non mi resta altro tempo libero.» «Anche io dedico ogni minuto al lavoro, ma a volte diventa un po' stancante. Cosa fa lei per rilassarsi? Gioca a golf, forse? O a tennis? Oppure preferisce il cinema?» Ormai aveva deciso, pensò Parker. Voleva rivederla, anche se questo avesse significato un paio di scarpe nuove per Lisa ogni giorno. «Le ripeto, non ho mai tempo Ubero. Le serve altro? Forse uno spray per proteggere il cuoio dall'acqua?» Lo stava liquidando, chiaro. Parker socchiuse gli occhi. Una sfida, Kathleen Webb
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dunque. E lui non era uno da tirarsi indietro. «Va bene così, grazie. Apprezzo la sua sollecitudine.» «Sono qui per questo.» Appena l'uomo uscì dal negozio, Cindy corse alla finestra e vide le sue gambe lunghe e muscolose fasciate dai jeans flettersi mentre saliva sul fuoristrada. «Ecco quello che si definisce un fantastico fondoschiena.» Hilary pronunciò quelle parole sottolineandole con una risatina maliziosa. Imbarazzata per essere stata colta a spiare un uomo, Cindy sobbalzò. «Ma dove sei stata per tutta la mattina?» chiese. «Alle prove, credevo di avertelo detto» spiegò Hilary respingendo una ciocca di lunghi capelli neri. «Non mi hai detto proprio nulla.» «Credevo che fosse implicito. Di mattina o sono qui o sono alle prove, questo dipende dall'umore del nostro capo.» Howie Trapanese, meglio conosciuto come il signor T - mentre Cindy l'aveva soprannominato il signor Tirchio - possedeva un teatro giù in città dove spesso recitavano anche i suoi dipendenti. Nel negozio di scarpe, chissà perché, quasi sempre doveva rimanere lei, pensò Cindy. Alcune clienti che erano entrate in quel momento le impedirono di fare un commento a tal proposito. Mentre mostrava le scarpe più eleganti disponibili, Cindy ascoltò la conversazione delle signore, che chiacchieravano a proposito di un matrimonio al quale erano state invitate. Potevano essere informazioni utili per la sua amica Jan, decise Cindy. Se Jan avesse ottenuto l'appalto per il catering, lei avrebbe potuto partecipare a una festa di quell'alta società cui non apparteneva affatto. Cindy si muoveva con disinvoltura nell'ampio salone affollato dai migliori esponenti della società di Madronna Beach. In mano aveva un vassoio pieno di tartine e indossava una camicia bianca e un pantalone nero che mettevano in risalto il suo fisico snello. «Come va?» le chiese Jan raggiungendola in cucina, dove lei stava riempiendo nuovamente il vassoio. «Chi ti aiuterà per il trasloco?» «Non voglio disturbare nessuno» replicò Cindy, «così prenderò a noleggio un furgone e farò tutto da sola.» «Parlerò con un mio amico che è qui questa sera» la informò Jan. «Sono Kathleen Webb
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certa che acconsentirà a prestarti uno dei suoi mezzi.» «Ti ringrazio per il pensiero, ma non posso assolutamente accettare.» «Perché?» «E se avessi un incidente, o cose del genere?» «Tu sei l'autista più cauta che conosco» rispose Jan. «Novità riguardo l'annuncio?» «Tantissime lettere, tante scarpe rosse ma purtroppo non quella giusta.» Circa un'ora dopo il ricevimento era giunto al suo termine. Gli ospiti erano andati via e Cindy era intenta a raccogliere i bicchieri quando Jan la chiamò. «Eccoti qui» esordì. «Ho risolto il tuo problema.» «Ti ho detto che non voglio un furgone in prestito.» «Lo so, ma il mio amico si è offerto di guidare lui stesso. Fa sempre comodo avere un uomo accanto durante un trasloco.» «Hai chiesto a uno sconosciuto di aiutarmi?» «Stai tranquilla, è un amico e mi deve un favore.» «Lo deve a te, non a me.» «Cindy, rilassati. Lascia che le persone facciano qualcosa per te di tanto in tanto. Impara ad accettare un aiuto con il sorriso sulle labbra.» Cindy sentì un antico timore impadronirsi di lei: la paura di dover ammettere di aver bisogno di sostegno, a volte. Jan era un'amica, le voleva bene, tuttavia le vecchie abitudini erano dure a morire. «Tu, più di tutti, sai che non amo chiedere piaceri.» «Io più di tutti so che sei una testarda indipendente. Ma non posso affermare di approvare questo aspetto del tuo carattere.» «Non puoi cambiarmi, Jan» replicò Cindy decisa. «Puoi solo volermi bene così come sono.» «Lo sai che ti voglio bene, ragazza, ma tu non fai mai nulla per rendere le cose più facili.» L'indipendenza era sempre stata il suo unico motivo di orgoglio, per questo non aveva mai permesso a nessuno di avvicinarsi troppo a lei, con la sola eccezione di Marissa e di pochissimi altri amici. «Non posso accettare l'aiuto di un estraneo» Cindy ribadì. «D'accordo, pensaci tu a risolvere il problema, dal momento che il mio amico sta venendo qui proprio adesso.» Cindy girò la testa. Il vassoio che aveva in mano cominciò a tremare facendo tintinnare i bicchieri. Parker Davis, bello come non mai nel suo Kathleen Webb
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smoking, stava camminando con passo sicuro ed elastico verso di loro. «Oh, no!» mormorò. «Non stavi parlando di Parker Davis, giusto?» «Lo conosci?» chiese Jan. «Meglio così allora. Non è più un estraneo.» Fu una forza estranea alla sua volontà a costringerla a correre in cucina per posare il vassoio. Al sicuro da sguardi indiscreti, Cindy si concesse un istante per riflettere. No, decise, quello era un modo vile di agire. Respirò a fondo, raddrizzò le spalle e tornò nella sala con passo sicuro.
2 Parker guardò l'avvenente bionda attraversare la sala con passo deciso diretta verso lui e Jan, l'espressione del viso leggermente contrariata, come se qualcuno l'avesse appena costretta a ingoiare una bevanda amara. Era stato impegnato tutta la sera con sua madre, organizzatrice del ricevimento, e non l'aveva notata fra la folla. Ma quando l'aveva vista e Jan gli aveva spiegato che era proprio lei l'amica che aveva bisogno di aiuto, aveva offerto la sua disponibilità con entusiasmo. In quel momento capì senza ombra di dubbio di essere il solo ad esserne felice. «Dunque conosci già Cindy» disse Jan a Parker quando lei si fermò accanto a loro. «Il signor Davis è un cliente de La Scarpetta di Cristallo» spiegò Cindy. «Piacere di rivederla, Cindy» esordì Parker tendendole la mano. Lei lo guardò come se la mano fosse contaminata, voleva evitare ogni forma di contatto fisico. Infine la buona educazione ebbe la meglio. «Spero che sua sorella abbia apprezzato i sandali» commentò, sfiorando appena le dita di Parker. «Renderla così felice mi ha ripagato dall'aver speso tanti soldi» replicò Parker. «Ha reso felice anche il mio capo. Le sue frequenti visite al negozio hanno dato un impulso decisamente positivo alle vendite di questo mese» borbottò Cindy. L'arrivo della madre salvò Parker da un momento di imbarazzo. «Jan» intervenne la donna, «volevo solo farti i complimenti per il cibo. Era tutto ottimo.» «Grazie, signora Davis.» «Quante volte ti ho chiesto di chiamarmi Robin?» Jan scrollò le spalle e sorrise. «Scusa, sai, le vecchie abitudini... Robin, Kathleen Webb
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ti presento la mia amica Cindy. Senza di lei non sarei riuscita a gestire questo impegnativo ricevimento.» Sua madre ottenne una stretta di mano decisamente più calorosa di quella che era stata riservata a lui, notò Parker. Cindy sembrava assolutamente a suo agio mentre salutava l'anziana signora. Nulla di sorprendente, pensò ancora Parker, era quello l'effetto che sua madre aveva sulle persone. Si avvicinò a lei e le appoggiò una mano sulle spalle. «La mia compagna di questa sera» spiegò, solo per chiarire che non c'era nessun'altra donna seduta in un angolo in attesa di essere riaccompagnata a casa. «Mio marito ha avuto un contrattempo in ospedale, dunque Parker si è offerto di prendere il suo posto» precisò la signora Davis. «Non che sia un problema per me andare in giro da sola, ma fa sempre comodo avere un autista a disposizione.» «Come se la cava Lisa alla facoltà di medicina?» volle sapere Jan. «Si lamenta per le lunghe ore di lavoro e per il cibo pessimo dell'ospedale, ma in fin dei conti è molto contenta. Ha già chiesto un giorno di permesso per venire al matrimonio.» «Ne sono felice» replicò Jan. «Sono impaziente di riabbracciarla.» Parker scoccò un'occhiata alla madre, che evidentemente quest'ultima interpretò correttamente, perché appoggiò la mano al braccio di Jan. «Vorrei proprio visitare la cucina, mia cara» dichiarò. Un po' sorpresa per la richiesta, Jan comunque acconsentì e si allontanò con la signora lasciando Parker e Cindy da soli. «Jan mi ha detto che deve traslocare domani e che le serviva un furgone. Ho messo a disposizione uno dei miei» si affrettò a dire Parker. «In realtà, signor Davis, sono molto mortificata perché Jan ha messo entrambi in una posizione imbarazzante» replicò Cindy. «Non signor Davis, ma Parker» la corresse lui. «Jan non aveva il diritto di prendere accordi per me. La ringrazio per l'offerta ma davvero non posso accettare» continuò Cindy. «Non sapevo che il furgone servisse a lei quando Jan me ne ha parlato. Lo avrei fatto con chiunque si fosse trovato in difficoltà.» «Dunque non mi aveva riconosciuto.» «Non ho l'abitudine di osservare le persone, in realtà eravamo qui entrambi per svolgere un compito.» «Esattamente. E il compito è stato svolto. Buonanotte, signor Davis.» Kathleen Webb
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Parker le prese un braccio per impedirle di andarsene. «Però tu, posso darti del tu, vero, Cindy? Tu mi hai aiutato con mia sorella» replicò. «Lei crede che suo fratello maggiore sia una specie di eroe sempre pronto ad accorrere in suo aiuto. Tu hai un fratello maggiore che accorrerà a soccorrerti?» Cindy scosse la testa. «Nessun fratello, nessuna sorella. Sono sola.» Parker prese dalla tasca della giacca una penna e un bigliettino da visita. «Scrivi il tuo indirizzo. Sarò da te domani mattina per le nove in punto, se va bene.» «Ha sentito una sola parola di quelle che le ho detto, signor Davis?» «Parker. Tu non hai un fratello maggiore, dunque sarai costretta ad accontentarti di me.» «Non ho bisogno del suo... del tuo aiuto.» «Ma aiutare le belle damigelle nei momenti difficili è il mio passatempo preferito» provò ancora Parker. Dall'espressione che si dipinse sul viso di Cindy capì di aver detto la cosa sbagliata ancora prima che lei replicasse. «Allora riserva le tue attenzioni alle damigelle che sono in grado di apprezzarle» replicò lei, il tono duro. «Io so badare a me stessa. Se vuoi scusarmi, ho del lavoro che mi aspetta.» Detto ciò si girò e si allontanò verso la cucina. Lui decise di lasciarle credere di avere avuto l'ultima parola. Parker lasciò il furgone nel cortile e, seguendo le istruzioni di Jan, aprì il cancello sul retro del vecchio condominio che sicuramente doveva aver visto tempi migliori. Un posto per nulla adatto a una giovane donna come Cindy, che in quel preciso istante stava correndo nel cortile a piedi nudi, inseguendo una papera starnazzante. «Chiudi il cancello!» esclamò lei quando lo vide. Parker obbedì, poi cercò di sbarrare la strada al pennuto, ottenendo come unico risultato di confondere ulteriormente il povero animale. Cindy si esibì in un balzo atletico ma riuscì ad afferrare solo l'aria. Infine i loro sforzi combinati costrinsero la papera in un angolo. Entrambi si gettarono nello stesso istante sull'animale. «Presa!» esclamò Parker. «Presa!» esclamò Cindy. Poi caddero al suolo con braccia e gambe intrecciate. Cindy era distesa su di lui, il seno alto e morbido che premeva sul suo torace, i capelli che gli solleticavano il naso. Istintivamente Parker la Kathleen Webb
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strinse a sé. Aveva un profumo fantastico, di erba appena tagliata e di mare. E mentre un raggio di sole li avvolgeva nel suo calore, provò l'irrefrenabile desiderio di baciarle le labbra, solo per accertarsi che fossero dolci come sembrava. La gomitata che lo colpì nello stomaco non fu per nulla accidentale. Parker gemette per il dolore. «Scusami» commentò Cindy con noncuranza mentre rotolava su un fianco. «Dov'è Homer?» «Homer?» «La papera. Anzi, il papero.» «È volato al di là del cancello.» «Ne sei sicuro?» «Assolutamente.» Cindy si alzò in piedi con un movimento aggraziato, le belle gambe lunghe e snelle, messe in evidenza dai pantaloni aderenti da ciclista che indossava. Aveva i piedi nudi e le unghie laccate di rosso. «Suppongo che la sua ala sia guarita prima del previsto» borbottò lei. «Non è tuo, dunque.» «No, l'ho trovato sulla spiaggia, ferito e coperto di catrame. L'ho portato a casa, ma non ero certa che ce l'avrebbe fatta.» «Non è esattamente un animale docile, giusto?» chiese Parker, alzandosi a sua volta. «È un animale selvatico. Non provare mai ad addomesticare un animale così, Parker. A proposito, che ci fai tu qui?» «Sono venuto per aiutarti a traslocare. Il mio furgone è in cortile» spiegò. Poi tacque, pronto ad ascoltare parole irate destinate a chiarirgli una volta per tutte che lei non aveva bisogno dell'aiuto di nessuno. Invece Cindy rifletté per qualche istante, poi scrollò le spalle e gli fece cenno di seguirlo nel suo appartamento, un monolocale al piano terra ampio e spazioso, completamente diverso da come lui l'aveva immaginato. I raggi del sole entravano dalle finestre poste in alto illuminando le pareti bianche, una delle quali era decorata con un grande affresco raffigurante dei fiori. «Che posto carino» commentò. «Perché hai deciso di traslocare?» «Al padrone di casa non piaceva il mio coinquilino.» Un coinquilino! Questo significava che Cindy viveva con un uomo?, si chiese Parker. «Homer» precisò lei. Kathleen Webb
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«Ma Homer è andato via» replicò Parker, quasi incapace di nascondere il suo sollievo. «Troppo tardi. Lo sfratto è esecutivo da oggi.» Parker si guardò intorno e vide una mezza dozzina di scatoloni ammonticchiati lungo una parete, un impianto stereo e un piccolo letto imbottito. «Dov'è il resto della tua roba?» chiese. «La mia bicicletta è fuori. Oltre questo non ho niente. Te l'avevo detto che potevo sbrigarmela da sola.» «Lavorando in due faremo prima» dichiarò Parker. In effetti meno di mezz'ora dopo tutti i possedimenti di Cindy erano stati caricati sul furgone. Tranne la bicicletta. «Ci incontriamo lì» dichiarò Cindy. «Io vengo in bici.» Mossa prevista. «Non dirmi che hai paura di restare sola con me» insinuò Parker. «Ma che stupidaggine. Ho solo voglia di fare un po' di esercizio.» «Hai già fatto abbastanza movimento sollevando gli scatoloni.» «E va bene» commentò lei sbrigativa prima di prendere posto sul sedile del passeggero. Nulla di troppo promettente, rifletté Parker mentre caricava la bicicletta, ma almeno lei era lì. «Dove devo andare?» chiese poi, dopo essere salito sul furgone e aver girato la chiave dell'avviamento. «Che ore sono?» «Le dieci e un quarto. Perché?» «Mi consegneranno le chiavi solo a mezzogiorno.» Qual era la mossa più strategica a questo punto?, si chiese Parker. Offrirle la colazione? Proporle una passeggiata sulla spiaggia? Infine, colto da un'ispirazione, tolse il freno a mano e inserì la marcia. «Dove stiamo andando?» «Non ho potuto fare a meno di notare che possiedi molti libri sugli animali.» «Dunque?» «Dunque c'è una persona che dovresti conoscere.» «Conosco già tutti i veterinari della città.» «Tom ha una laurea in veterinaria, ma non è un veterinario convenzionale.» «Questo cosa significa?» «Dirige il Dipartimento di Scienze Naturali per la Salvaguardia degli Kathleen Webb
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Animali Selvatici» spiegò Parker. «Abita e lavora vicino al canyon» aggiunse, poi accese lo stereo e lo sintonizzò su un canale di musica country. Apprezzava la compagnia delle donne che non sentivano il bisogno di chiacchierare continuamente, magari per impressionarlo con le loro battute argute e di spirito. Il silenzio era quello che preferiva, forse perché con Tammy non ne aveva mai potuto godere. Ormai aveva quasi trent'anni, pensò. Sapeva che i suoi genitori erano fieri del successo che aveva ottenuto in campo professionale, ma sapeva anche che il cruccio di sua madre era di non essere ancora diventata nonna. La verità era che lui al momento non aveva nessuna voglia di intraprendere una relazione seria. Gli piaceva stare da solo e certamente non gli mancava la compagnia femminile quando la desiderava. Le donne apparentemente seguivano un ritmo biologico molto diverso dal suo, inevitabilmente premevano per la sistemazione. Non aveva nulla contro quello, ma non si sentiva ancora pronto per il matrimonio. Aveva visto troppi amici affrontare divorzi molto dolorosi. Lui sapeva esattamente cosa voleva. La stessa solida e duratura vita di coppia che condividevano i suoi genitori. Solo una volta aveva creduto di averla raggiunta. Ma si era sbagliato. Il furgone sobbalzava sulla strada sterrata e piena di buche che conduceva al canyon. Parker spense lo stereo. «Come mai vivi a Madronna Beach?» chiese, spinto da una genuina curiosità. «Sono cresciuta qui.» «Davvero?» «Sembri sorpreso.» «In effetti credevo di conoscere tutti quelli che sono nati in questa città» spiegò Parker. «Mia mamma era una figlia dei fiori, nata forse un po' troppo tardi per essere ancora alla moda.» «Non dirmi che ci sono ancora hippies che vivono nella comunità a nord.» «Per quanto ne so io, mia madre, il suo fidanzato e pochi altri ci vivono ancora.» «Tu sei cresciuta lì?» Cindy annuì. «Mia madre ha cercato di farmi studiare a casa, ma siccome lei non aveva neanche portato a termine il liceo, alla fine ho continuato da sola.» Kathleen Webb
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«Quanti anni avevi quando andasti via?» «Avevo quindici anni quando la noia mi portò a trasferirmi in città. Ero abbastanza alta per mentire sulla mia età e per trovare un lavoro e un appartamento in affitto. Trascorrevo tutto il mio tempo libero sui banchi dell'università, ascoltando lezioni di qualsiasi materia. Sostenni l'esame per ottenere il diploma di maturità e l'anno scorso sono stata accettata alla facoltà di veterinaria.» Nel frattempo arrivarono alla postazione di Tom. Cindy attese con impazienza che Parker spegnesse il motore, poi saltò giù dal furgone e iniziò ad aggirarsi fra le gabbie dove erano rinchiusi animali feriti in via di guarigione. Sul viso aveva la stessa espressione che avrebbe avuto una bambina in un negozio di dolci. «Non si può mai prevedere che tipo di creature troverà il vecchio Tom» commentò Parker, congratulandosi con se stesso per quell'ottima mossa. Cindy gli era sembrata bella prima, ma in quel momento era addirittura radiosa mentre osservava rapita un cucciolo di orsetto lavatore. «Non sapevo che esistesse un posto simile» disse lei. «Non lo sa quasi nessuno. Tom fa del suo meglio per tenere alla larga gli estranei.» «È qui adesso? Credi che potrei conoscerlo?» «Deve averci visto arrivare» iniziò Parker, ma fu interrotto da una profonda voce maschile che proveniva da dietro le sue spalle. «Parker, vecchio brigante... Che ci fai da queste parti?» Tom Wilson doveva avere qualche anno più di Parker. La pelle del suo viso era scura per gli anni trascorsi al sole, vagabondando nel canyon alla ricerca di animali feriti da salvare e di specie in via di estinzione da catalogare. «Ti ho portato una mia amica» replicò Parker sorridendo. «Cindy vuole diventare veterinario.» «Tu devi essere Cindy, giusto? Sono Tom Wilson» si presentò lui allungando la mano. «Spero che non ti dispiaccia se siamo venuti a disturbarti» replicò Cindy. «Parker ha detto che non sarebbe stato un problema.» «Parker è un amico, ma sa bene che io non amo ricevere visite qui. Perdo del tempo che invece potrei dedicare al mio lavoro. A proposito, perché non sei al lavoro, Parker?» «È sabato» replicò lui alla svelta. «Sto aiutando Cindy a traslocare.» Kathleen Webb
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«Sabato, uh?» commentò Tom. Per quanto ne sapeva lui, Parker non si concedeva mai un sabato di riposo a meno che non avesse un buon motivo. Dunque quella Cindy doveva esserne la ragione. «Facoltà di veterinaria, hai detto?» continuò rivolgendosi a lei. «Non sarà una passeggiata, credimi.» «Non ho paura del lavoro duro» affermò Cindy con orgoglio. «D'accordo, allora. Venite dentro. Potete darmi una mano, tutti e due.» Mentre Parker osservava Tom e Cindy chiacchierare come se si conoscessero da sempre, ebbe la sensazione che lei ormai lo aveva perdonato per averle praticamente imposto la sua presenza quella mattina.
3 «Il tuo amico Tom è davvero molto simpatico.» Cindy era comodamente distesa sull'ampio sedile del furgone e faceva dondolare un piede nudo a ritmo di musica. «In realtà ho notato che avevate molte cose da dirvi» commentò Parker. Cindy raddrizzò la schiena. «Ti dispiace?» «Dispiacermi?» ripeté Parker scuotendo la testa. «Niente affatto. È bello vedere due persone che hanno tanto in comune.» «Ma ti è dispiaciuto non partecipare alla nostra conversazione?» insistette Cindy. «Solo quando non parlavate la mia lingua» scherzò Parker. «Tu e Tom vi conoscete da molto?» volle sapere Cindy. «Da circa dieci anni. Gli ho noleggiato un furgone quando si trasferì qui. Tom mi è piaciuto subito» spiegò Parker. «E sembra che lui tolleri la mia presenza» aggiunse con un sorriso. «L'incontro con alcune persone a volte non è casuale e te ne accorgi subito. Sai che rimarranno accanto a te per tutta la vita.» Parker annuì. «Vero. Però si corre sempre un certo rischio a lasciare che qualcuno si avvicini troppo... o abbastanza per conoscere tutte le tue debolezze.» Cindy non si preoccupò di riferirgli che aveva già deciso da tempo che una cosa del genere non le sarebbe mai accaduta. «Bisogna essere selettivi» replicò soprappensiero. «Noi due, per esempio. È molto improbabile che ci rivedremo ancora dopo oggi. Ho fame» aggiunse, cambiando bruscamente l'argomento della conversazione. «C'è qualche Kathleen Webb
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possibilità che tu mi offra un hamburger?» «Puoi scommetterci» rispose Parker senza alcuna esitazione. Rimasero in silenzio per qualche minuto. Parker bevve un sorso d'acqua direttamente dalla bottiglia, poi la passò a Cindy. Mentre appoggiava le labbra al vetro, Cindy si rese conto che solo un attimo prima Parker vi aveva appoggiato le proprie. Ricordò quando erano ruzzolati insieme per terra nel cortile, il suo respiro caldo sulla pelle e quelle stesse labbra così vicine alle sue. Ricordò i brividi che le erano corsi lungo la schiena quando lui l'aveva stretta a sé, pur se per un breve istante. Belle sensazioni, forse troppo belle. Ecco perché lei lo aveva colpito con il gomito. Non aveva nessuna intenzione d'iniziare a provare belle sensazioni che dipendevano da un uomo. «Allora, raccontami qualcosa su Parker Davis» disse, il tono della voce forse troppo acuto. «Sei anche tu di Madronna Beach, suppongo.» «Sì.» «Lasciami indovinare. Tuo padre deve essere una persona importante. Un avvocato?» «Un medico» replicò Parker. «Lo sapevo. Tu sei cresciuto in una di quelle fantastiche ville in collina con la piscina e un giardino così grande da necessitare delle cure quotidiane di un giardiniere. Tua madre ha dedicato la sua vita ai figli e alle opere di carità.» «Mamma si è sempre occupata del verde. E la presidentessa del circolo di giardinaggio, anzi, è stata proprio lei a fondarlo.» «Comunque... Hai goduto di tutti i privilegi offerti dall'ambiente dell'alta borghesia. Scommetto che eri un asso del football e che a scuola non hai mai preso un voto negativo.» «Cosa sei in realtà? Una psicologa?» «Perché non hai studiato medicina?» «Non m'interessava. Mia sorella sarà l'erede di mio padre» spiegò Parker mentre parcheggiava il furgone lungo il molo. «Dunque tu sei la pecora nera della famiglia» commentò Cindy. «Il mondo dei trasporti mi ha sempre affascinato. Credo che la prima parola che imparai da bambino sia stata camion, con grande disappunto di mia madre, ovviamente» spiegò Parker, poi scoppiò in una sonora risata. «Fortunatamente i miei genitori mi hanno sempre incoraggiato a seguire le mie attitudini.» Kathleen Webb
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Cindy si chinò per rimettere i sandali dal tacco basso. Parker era già sceso dal furgone e aveva aperto lo sportello del passeggero per aiutarla a uscire. Il veicolo era alto, Cindy si lasciò scivolare lungo il sedile ma inciampò e perse l'equilibrio. Parker fu pronto a prenderla fra le braccia per evitarle la caduta. «Tutto a posto?» chiese, dopo averla lasciata tenendo, però, stretta la sua mano. «È colpa dei miei piedi troppo grandi» borbottò lei. «Mi rendono goffa.» «Tu non sei affatto goffa. Anzi, trovo che tu sia estremamente elegante quando cammini.» Cindy ritrasse la mano e si avviò verso il chiosco degli hamburger. Chissà se il ricco signor Davis aveva mai mangiato un panino seduto sul molo con le gambe che penzolavano sull'acqua, si chiese. La risposta arrivò subito quando Jules, il proprietario del chiosco, salutò Parker chiamandolo per nome. Lo conosceva e ovviamente gli piaceva. Apparentemente Parker Davis era simpatico a tutti. «Notizie sulla scarpa?» le chiese Jules mentre le porgeva il suo panino. Cindy scosse la testa. «Terrò occhi e orecchie aperti» aggiunse l'uomo. «Grazie, Jules.» «Come vanno i tuoi furgoni, Parker?» chiese poi, mentre cospargeva di salsa piccante la salsiccia che gli aveva ordinato. «Non male, ma non guadagno tanto quanto te» scherzò Parker. «Quando vuoi far cambio...» «Tutti possono guidare un furgone, ma solo tu riesci a fare panini come questi.» «Buon appetito» augurò Jules prima di rivolgersi al successivo cliente. Si avviarono verso il molo e si fermarono vicino alla ringhiera l'uno accanto all'altro. Impossibile mangiare senza sfiorarsi con le braccia, notò Cindy. Decise d'ignorare la sua vicinanza, come se una cosa del genere fosse possibile. «Jules prepara i migliori panini della città» commentò Parker. «Hai freddo?» chiese poi. «No, mi piace il vento» rispose Cindy, offrendo il viso alla fresca brezza che soffiava dal mare. «È così... naturale, così Ubero!» «Tu non sei Ubera?» «Non ancora.» Ma lo sarebbe stata presto, giurò a se stessa. Appena fosse riuscita a disfarsi degli spiacevoli retaggi della sua adolescenza così Kathleen Webb
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insolita. Appena fosse riuscita a superare la paura di aver bisogno degli altri. «Sei pronta?» chiese Parker dopo aver ingoiato l'ultimo boccone. «Certo» replicò lei affrettandosi verso il furgone. «Non intendevo tenerti occupata tutta la giornata. Ovviamente avrai molte cose da fare.» «In realtà ti ho dedicato il mio tempo solo perché ne avevo voglia» commentò Parker. Aprì lo sportello del passeggero, prese Cindy per la vita e con un movimento veloce e inaspettato la issò sul sedile. «Di niente» aggiunse poi, interpretando il gemito oltraggiato di Cindy come una forma di ringraziamento. «Grazie a te per il fantastico pranzo» aggiunse poi, dopo aver preso posto dietro lo sterzo. «Dove ti porto?» Cindy mormorò l'indirizzo del nuovo appartamento, decidendo di non commentare l'accaduto. Meglio continuare a ignorarlo. Ma non era facile ignorare un uomo come Parker Davis. Arrivati al condominio trovò la chiave nella cassetta della posta. Aprì la porta e si ritrovò in un appartamento quasi identico a quello che aveva appena lasciato, tranne per il fatto che ora doveva iniziare tutto daccapo. Le pareti erano di un brutto colore giallo ocra. Tende di stoffa doppia alle finestre impedivano ai raggi del sole di entrare. «I libri sono tutti qui» annunciò Parker, che nel frattempo si era dato da fare per scaricare parte degli scatoloni. «Certo che ne hai molti.» «È una fatica a ogni trasloco.» «Ma ne vale la pena se per te sono importanti.» Il commento le piacque. Nessuno sembrava capire cosa rappresentassero quei libri per lei. Non le piacevano i vestiti e poteva fare a meno del televisore e dello stereo. Ma senza i suoi libri non sarebbe sopravvissuta. «Alcuni sembrano molto vecchi» commentò Parker sbirciando in uno scatolone aperto. «In genere li compro usati» spiegò Cindy. «I vecchi volumi mi affascinano» replicò Parker prendendone uno e aprendolo alla prima pagina. «Ecco, per esempio, leggi questa dedica. A Tessa nel giorno del nostro anniversario. Con amore, Thaddeus. 1927. Un piccolo frammento di storia» aggiunse guardandosi intorno. «Avresti davvero bisogno di una libreria» commentò. Cindy scrollò le spalle. «Se devo scegliere fra comprare un libro o uno scaffale, alla fine scelgo sempre un libro.» «Mi sorprende che non lavori in una biblioteca.» Kathleen Webb
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«Non potrei mai!» esclamò Cindy. «Passerei tutto il mio tempo a leggere, così mi licenzierebbero e non riuscirei mai a pagarmi la facoltà di veterinaria.» «La maggior parte delle donne preferirebbe un negozio di scarpe.» «Scarpe!» borbottò Cindy. «Alla fine ti stanchi anche di guardarle. In fin dei conti servono solo per camminare, giusto?» «Cindy! Sei in casa?» Cindy oltrepassò Parker e salì i due scalini che conducevano all'esterno. «Marissa! Sei venuta sin qui con la sedia a rotelle?» Marissa piegò un braccio per evidenziare il bicipite. «Il fatto che sia paraplegica non implica che devo restare in casa immobile. Faccio esercizio ogni giorno come tutti. Inoltre avevo buone notizie» aggiunse sventolando una busta. «Qualcuno ha trovato la Louboutin.» «Davvero?» chiese Cindy. «E' sicuro?» «Ha inviato una fotografia. È la nostra scarpa, ma c'è un problema.» «Un problema?» «Il tizio non vuole una ricompensa. Vuole un appuntamento con Cenerentola.» «Sei seria?» «Almeno questo è quello che ha scritto.» «Allora tu dovrai recitare il ruolo della bella principessa» decise Cindy. «Ti accompagnerò io. Così potrà infilarti la scarpa al piede ed sentirsi soddisfatto.» «Sappiamo entrambe che non sono io Cenerentola» osservò Marissa. «Tu sei la vera Cinderella!» «Forse è imperdonabile che io non lo sappia, ma che cos'è una Louboutin?» Cindy si girò di scatto. Aveva completamente dimenticato Parker, che in quel momento era appoggiato allo stipite della porta d'ingresso e le guardava sorridendo. Il viso di Marissa divenne scarlatto. «Potevi dirmi che avevi compagnia» borbottò. «Oh... Parker Davis mi stava solo dando una mano a traslocare. Parker, ti presento la mia cara amica Marissa.» «Conosciuta come Cenerentola?» chiese Parker, camminando verso di lei con la mano tesa. «Questo è il nome di Cindy, non il mio» lo corresse Marissa. Kathleen Webb
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«Vuoi dire che Cindy è il diminutivo di Cinderella?» replicò Parker ridendo. «Non lo avrei mai immaginato.» «Mi chiamo Cinderella, strano ma vero. È un paradosso» borbottò Cindy. «Ho i piedi troppo grandi per la famosa scarpetta di cristallo.» «Allora, Marissa, vieni a vedere il nuovo appartamento?» chiese Parker. «Non posso. Sai, le scale...» «È un problema facilmente risolvibile. Basta avere un paio di braccia forti» affermò Parker chinandosi su di lei. «Posso? Cindy porterà dentro la sedia.» «Ti dispiace, Cindy?» chiese Marissa, rivolgendo all'amica un'occhiata dubbiosa. «Niente affatto. Speravo di trovare un appartamento con l'ingresso a livello del marciapiede per rendere più facili le tue visite, ma ormai credo di aver già abitato in tutti quelli disponibili.» «Cindy viene sfrattata a intervalli di tempo regolari» spiegò Marissa. «Perché? E' un'inquilina così terribile?» «No, non lo è, ma ha l'abitudine di raccogliere ogni tipo di animale, anche quelli più strani.» «Capisco, come Homer» replicò Parker. «Sì. A proposito, dov'è Homer?» «È volato via questa mattina.» «Splendido, significa che è guarito.» Pochi minuti dopo Marissa era di nuovo seduta sulla sua sedia in casa di Cindy. «Belle scarpe» commentò Parker mentre l'aiutava a sistemarsi. Un sorriso radioso incurvò le labbra di Marissa mentre osservava orgogliosa gli zoccoli di pelle maculata. «Non è divertente?» chiese. «Io adoro le scarpe. E grazie a Cindy...» Cindy la interruppe prima che lei potesse divulgare il loro segreto. «Spero che dipingerai anche le pareti di questo appartamento» disse. «I fiori che hai disegnato l'ultima volta erano fantastici.» «Ovvio.» Parker raddrizzò la schiena. «Dunque, tornando alla mia domanda, che cos'è una Louboutin? Oppure chi è? Sembra il nome di un personaggio dei fumetti.» «È una marca di scarpe» spiegò Marissa. «Trecento dollari al paio. Quella sinistra è stata persa e noi dobbiamo ritrovarla prima che il capo di Cindy se ne accorga.» Kathleen Webb
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«Marissa!» la rimproverò Cindy. «Forse qualcuno l'ha rubata?» ipotizzò Parker. «E' scivolata fuori dallo zaino di Cindy mentre veniva da me in bicicletta.» Fortunatamente Parker non fece altre domande riguardo la scarpa smarrita. Invece si rivolse a Marissa. «Resterai per aiutare Cindy a mettere in ordine le sue cose?» chiese. «Ovviamente» confermò Marissa. «Io tornerò fra un'ora per controllare che tutto vada per il meglio» affermò Parker. «Non sei costretto a fare una cosa simile...» iniziò Cindy, ma Marissa la interruppe. «Sì che deve tornare. A meno che tu non voglia che io resti qui per sempre.» «Giusto» confermò Cindy con tono decisamente seccato, ma Parker non sembrò notarlo. Sembrava piuttosto molto impaziente di andare via. Quando Parker tornò all'appartamento di Cindy e iniziò a scaricare il furgone, era consapevole dell'inevitabile discussione che avrebbe dovuto sostenere. Quella donna era spinosa come un riccio, fiera come un'aquila e testarda come un mulo, pensò sorridendo. Forse per questo gli piaceva tanto. Trovò le due amiche in salone, impegnate ad aprire gli scatoloni. Fortunatamente le brutte tendine erano scomparse e l'ambiente aveva già assunto un aspetto più allegro. In silenzio ripose gli alimenti che aveva comprato nel frigorifero, poi tornò fuori dopo aver inserito nella presa della corrente la spina della sega elettrica. Aveva appena iniziato il suo lavoro quando Cindy lo raggiunse, le labbra che articolavano parole con la velocità del lampo. Non poteva sentire quello che diceva a causa del rumore e delle cuffie che gli proteggevano le orecchie, ma l'espressione oltraggiata dipinta sul suo viso era chiara e lampante. Il messaggio nel complesso era: cosa stai facendo? Parker spense la sega e si tolse le cuffie ma non replicò. Si limitò ad aspettare. A Cindy sarebbe bastato guardare per capire a cosa stava lavorando. «Apprezzo il gesto, davvero, ma...» iniziò infatti Cindy. «Non hai il diritto di rifiutare.» Kathleen Webb
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«Sbagli. Questa è casa mia.» «Io lo sto facendo per la tua amica. Lei ne avrà bisogno.» «Rissa ed io ci inventeremo qualcosa. Da sole, esattamente come abbiamo sempre fatto.» «Dunque per te va bene rubare un paio di scarpe dal valore di trecento dollari pur di vedere Marissa sorridere. Però se sono io a lavorare per un paio d'ore per costruire una rampa di legno che le faciliti l'accesso al tuo appartamento, così che possa sempre sentirsi indipendente, non va bene. Mi spieghi che logica è questa?» «Logica?» «Tu più di tutti dovresti capire com'è importante per Marissa essere indipendente e dovresti sapere che la tua amicizia per lei è fondamentale.» «È così. Semplicemente non mi piace essere in debito nei confronti di un estraneo.» «A questo possiamo rimediare.» «E come?» chiese Cindy, rivolgendogli un'occhiata carica di sospetto. «Vieni a cena con me questa sera così non sarò più un estraneo.» «Ho altri progetti.» «Cambiali!» «Non posso.» «Non puoi o non vuoi?» «Scegli tu.» «Allora non mi lasci altra possibilità.» «A che riguardo?» «Nessun'altra possibilità a riguardo del piccolo problema dell'estraneo» mormorò Parker stringendola a sé. E solo dopo essersi concesso tutto il tempo necessario per assaporare il piacere che quel corpo snello e atletico gli procurava, chinò lentamente la testa per baciarle le labbra.
4 Sorprendentemente trovò piacevole essere stretta fra le braccia di Parker, si rese conto Cindy sconcertata; com'era bello essere sfiorata da quelle mani grandi e forti. Infine, quando la lasciò andare, riuscì a stento a reprimere un sospiro di sollievo. Ancora qualche istante e avrebbe desiderato restare al sicuro in quel caldo rifugio per sempre. «Questo cosa dovrebbe provare?» chiese, il tono della voce acuto. Kathleen Webb
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«Non puoi continuare a definirmi un estraneo adesso che ci siamo baciati» rispose Parker. «Noi non ci siamo baciati. Tu mi hai baciata. Io non ho replicato. C'è una enorme differenza» affermò lei, poi gli voltò le spalle e tornò con passo deciso verso casa. Aveva appena varcato la soglia della porta quando il rumore delle sega elettrica riecheggiò di nuovo assordante nell'aria. Non era mai stato un problema per lei liberarsi di un uomo troppo assillante. Parker però sembrava diverso. Sarebbe stato difficile sbarazzarsene. Difficile ma non impossibile. Cindy sorrise. Durante gli anni aveva affinato la sua tecnica per scoraggiare chiunque avesse intenzione di avvicinarla. La tecnica non funzionava con Parker Davis? Bene, pensò, ne avrebbe messa in pratica una diversa. Avrebbe finto di essere dipendente e vulnerabile, una recita che lo avrebbe indotto infine a fuggire a gambe levate. «Che uomo gentile è Parker» disse Marissa forse per la quattordicesima volta nella stessa ora. «Il Principe Azzurro in carne e ossa» sbuffò Cindy, mentre tentava di appendere alla parete l'unico quadro che possedeva. «Un po' più su» la diresse Marissa. «Ora è troppo. Più a sinistra. Alza a destra...» «Vuoi deciderti?» chiese Cindy appoggiando la cornice per terra e massaggiandosi i muscoli indolenziti delle spalle. «Permetti?» Parker Davis, ancora una volta, stava accorrendo in suo soccorso. «Come va così?» chiese dopo aver appeso il quadro, diritto ovviamente. Marissa batté le mani. «Perfetto!» Sembrava che tutto fosse così facile per lui, ma a Cindy non interessava un uomo che pensava di poter fare tutto a modo suo. Sii dolce, ricordò a se stessa, organizzando mentalmente il contrattacco. «Oh, Parker!» esclamò, il tono della voce melliflua. «Non so come avrei fatto se non fossi arrivato tu ad aiutarmi... Trovi la soluzione giusta in ogni situazione.» Marissa le scoccò un'occhiata sorpresa. Forse stava esagerando, pensò. Quell'uomo non era uno stupido. Parker sorrise, ma non sembrò troppo convinto di quella lode. «Vuoi provare la rampa, Marissa?» chiese dopo un po'. Marissa entrò e uscì dall'appartamento senza alcuna difficoltà e dichiarò Kathleen Webb
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entusiasta che la rampa era perfetta. Era arrivato il momento di giocare la carta vincente. Cindy si girò verso Parker. «Vuoi ancora cenare con me questa sera?» mugolò. «Purtroppo mi sono appena ricordato di avere già un impegno. Sarà per un'altra volta.» «Certo» replicò Cindy, provando una leggera delusione al posto del sollievo che aveva previsto. «Un'altra volta» ripeté. Solo ore dopo, quando l'appetito la guidò verso il frigorifero, scoprì un'ulteriore prova della premurosità di Parker. Non doveva solo ringraziarlo, decise, gli doveva delle scuse. E lei pagava sempre i suoi debiti. Marissa guardò dal finestrino del furgone che la stava accompagnando al Hunter Green Ranch. Come sempre, quando si trovava su un mezzo di trasporto, si rallegrò di non ricordare affatto il disastroso incidente d'auto che aveva ucciso i suoi genitori e costretto lei su una sedia a rotelle quando aveva solo quattro anni. Era stata allevata da una zia zitella e da uno zio scapolo che non sapevano niente sui bambini e sul loro bisogno di essere amati. Fortunatamente, grazie all'assicurazione, dal punto di vista economico non le era mancato niente. La sua vita era trascorsa fra le terapie riabilitative, le lezioni di equitazione, la piscina, i campeggi estivi e le costose scuole private. Era stato sconvolgente per lei scoprire a diciassette anni che le sue risorse economiche si erano ormai esaurite. Aveva usato i pochi soldi rimasti per iscriversi a una scuola d'arte e per comprare il piccolo appartamento di Madronna Beach. L'equitazione era la cosa che le era mancata di più e quindi un giorno, facendo appello a tutto il suo coraggio, aveva iniziato a frequentare il ranch, offrendosi di dare lezioni gratis ai bambini portatori di handicap in cambio della possibilità di cavalcare. Non aveva mai saputo se era stata la pietà o la necessità a indurre Ruth, una donna che non si separava mai dalla sua giacca di pelle, ad accettare la sua offerta, comunque lei aveva raggiunto il suo scopo. Adorava stare in sella e lavorare con i bambini. Quel giorno era la prima lezione per un nuovo gruppo di ragazzini. «Cameron!» urlò. «Abbassa i talloni e alza la testa. Cerca di non Kathleen Webb
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contrastare i movimenti del tuo cavallo. Molto bene» aggiunse poi affiancando il ragazzino. «Ora guarda me.» Strinse le redini, esitò un istante poi incitò Cappuccino, il cavallo che montava, verso l'ostacolo. Una farfalla dalle ali gialle volteggiò sulla sua testa, una presenza lieve ma sufficiente a far spaventare Cappuccino che all'ultimo istante si rifiutò di saltare l'ostacolo. Marissa, colta di sorpresa, perse l'equilibrio e cadde al suolo sollevando un nuvolone di polvere. Mentre si sforzava di respirare e cercava di non perdere la calma, si accorse che un uomo si era inginocchiato al suo fianco, un uomo che possedeva gli occhi più dolci che lei avesse mai visto. «Stai bene?» chiese lui, appoggiandole una mano sulla spalla. Marissa annuì. «Fortunatamente non è stata una brutta caduta.» L'uomo si rialzò e si avvicinò a Cappuccino, lo prese per le redini e lo riportò a Marissa. Poi le tese una mano con la chiara intenzione di aiutarla a rialzarsi. «Temo di non essere in grado di farlo» mormorò lei con tranquilla dignità. Un'espressione preoccupata apparve sul bel viso dell'uomo. «Sei ferita?» chiese. Marissa scosse la testa. «Posso fare qualcosa?» domandò ancora lui guardandola dritto negli occhi. «Devi scusarmi se ti sto fissando» aggiunse, «ma non ho mai visto una donna bella come te.» Marissa sorrise. «In genere le persone mi osservano per ben altre ragioni.» «E queste ragioni sarebbero?» «Sono paraplegica.» L'uomo in piedi davanti a lei non girò la faccia. Nei suoi occhi non apparve l'ombra della compassione o del disagio. «Mi chiamo Tom» disse tendendole la mano destra. «Posso sapere il tuo nome, bella signora?» «Marissa» mormorò lei, allungandosi verso di lui. «Allora, posso aiutarti?» Il momento magico fu interrotto dall'arrivo di Ruth e del marito che, dopo essersi assicurati che lei stava bene, l'aiutarono a rimontare in sella. Marissa si guardò intorno, ma Tom sembrava scomparso. «Ruth, chi era quell'uomo così gentile?» domandò. «Parli di Tom? È un vecchio amico di Gil, un veterinario. Da tempo non Kathleen Webb
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esercita più, ma Gil chiama lui ogni volta che c'è un problema con un cavallo. Dice che Tom riesce a tranquillizzare ogni animale.» «Ne sono sicura» sussurrò Marissa prima di tornare verso il suo allievo. «Ecco, Cameron, quello a cui hai assistito non è assolutamente il modo giusto per affrontare un ostacolo.» Cindy alzò lo sguardo quando sentì la porta del negozio aprirsi e quasi lasciò cadere le scatole che aveva in mano per la sorpresa. Melody Manners, la giornalista più ficcanaso di Madronna Beach, era davanti a lei! Non certo per comprare un paio di scarpe nuove, pensò. La donna era nota per indossare solo jeans e stivaloni. «Cindy!» esclamò Melody con un entusiasmo assolutamente forzato. «Speravo proprio di poter scambiare qualche parola con te.» «Sono piuttosto impegnata» borbottò Cindy, avviandosi verso il magazzino nella sala adiacente. Melody, ovviamente, la seguì. «Ho fatto qualche ricerca» riprese. «I lettori sono molto interessati alla storia di Cenerentola.» «A cosa?» Cindy decise di fingere di non aver capito il riferimento. «La ricerca della scarpa scomparsa. Tutti seguono la vicenda.» Cindy sistemò con cura ogni scatola al posto giusto. «Non puoi interessarti a qualcosa di più significativo, Melody?» chiese seccata. «Neghi forse di essere la Cenerentola del giornale?» «Assolutamente.» «Comunque io scriverò un articolo. Potrei iniziare con qualche citazione del tipo: "La mia è una favola divenuta realtà", ha affermato la nostra Cenerentola mentre il bel Principe le infilava la scarpa al piede... Che ne pensi?» Cindy si girò per affrontare la giornalista. «Se davvero hai fatto delle ricerche, Mel, allora saprai di che misura è la scarpa smarrita.» Melody annuì. «Numero trentasette, pianta stretta. Te l'avevo detto che mi ero documentata.» Cindy si sfilò un sandalo, lo sollevò e lo fece dondolare davanti gli occhi dell'altra donna. «Numero quaranta, pianta larga. Non porto il trentasette da quando avevo nove anni.» «Ma almeno devi sapere chi è Cenerentola» insistette Melody. «Sei tu quella che ha venduto il paio di scarpe incriminate.» Cindy alzò una mano per indicare le centinaia di scatole esposte sugli Kathleen Webb
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scaffali. «Ma tu hai un'idea di quante clienti entrano ogni giorno in questo negozio? Pensi davvero che io possa ricordarle tutte?» «Mi autorizzi a riportare questa tua affermazione?» «E quale? La commessa del negozio non è in grado di riconoscere la misteriosa cliente? Assolutamente no» affermò Cindy scuotendo la testa. «Non c'è alcun mistero e mi rifiuto di aiutarti a inventarne uno. Perché non vai a caccia di qualche notizia davvero interessante?» «Questa è una notizia interessante. Potrebbe essere la mia grande occasione.» Con gentilezza, ma con grande fermezza, Cindy appoggiò le mani sulle spalle di Melody e la guidò verso l'uscita del negozio. «Se mi verrà in mente qualche particolare utile ti telefonerò, lo prometto.» Un attimo dopo, mentre parlava con una cliente, Cindy aveva già dimenticato Melody e il suo articolo. Normalmente Cindy non era un tipo nervoso. E il molo al tramonto non poteva definirsi un luogo pericoloso per un appuntamento. Tuttavia, mentre aspettava l'arrivo del signor Louboutin, così aveva battezzato l'uomo che aveva trovato la scarpa, non riuscì a reprimere un brivido di ansia. Lo scambio di lettere apparse sul giornale aveva avuto come risultato quell'accordo, dunque lei ora era lì, seduta sulla banchina a piedi nudi come da istruzioni ricevute, in attesa di riavere la sua scarpa. Ma non c'era bisogno di tanta preoccupazione, si disse. Madronna Beach era una piccola città, probabilmente lei conosceva già l'uomo misterioso. Avrebbero riso insieme, poi ognuno avrebbe ripreso la sua strada. In quel momento una figura uscì dall'ombra e si incamminò verso di lei. Fortunatamente il tizio sembrava essere piuttosto smilzo, notò con sollievo. Infine lo riconobbe. Era il signor Hubble, un eccentrico che viveva in una casa enorme in compagnia di un centinaio di gatti. Schivo ma innocuo, usciva raramente di giorno ma era stato visto spesso vagabondare di notte. «Cenerentola?» esordì l'uomo accostandosi a lei. «Sono Cindy, signor Hubble, la commessa del negozio di scarpe.» «Cenerentola» ripeté il signor Hubble, inginocchiandosi accanto a lei e tentando senza successo di infilarle al piede la scarpa rossa. «Tu non sei Cenerentola!» esclamò poi, alzandosi di scatto. «La vera Cenerentola è l'unica che può portare questa scarpa!» Kathleen Webb
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Successe tutto all'improvviso. Il lampo di un flash squarciò l'oscurità. Il signor Hubble, spaventato, corse via portando la scarpa con sé. Cindy non si lanciò all'inseguimento solo perché fu trattenuta da Melody Manners. «Melody!» esclamò Cindy spazientita. «Lo hai terrorizzato! Adesso non riavrò più la mia scarpa.» La donna scrollò le spalle. «Mi dispiace, ma questa storia suscita un grande interesse. Tutti in città stanno seguendo la vicenda. Vogliono sapere se Cenerentola incontrerà mai il suo Principe e io ho capito, sin dal primo momento, che tu eri coinvolta.» «Il signor Hubble non può proprio essere definito un principe delle favole! È un solitario, eccentrico, innocuo essere umano!» «Ma ovviamente è uno che crede nel destino e nel lieto fine, altrimenti non sarebbe mai venuto all'appuntamento. I lettori ne saranno entusiasti.» «Tu prova a pubblicare quella foto» minacciò Cindy puntando un dito contro la giornalista, «e io farò causa a te e al tuo editore.» «Non ne avresti i mezzi.» «Lei no, ma io sì. Dai ascolto a Cindy, Melody» consigliò Parker, che si era materializzato dall'ombra. «Persino tu non penso voglia essere responsabile di un licenziamento, perché è questo che accadrà a Cindy se tu continui a voler fare pubblicità a questa storia. Ricorda comunque che non ci vuole poi molto a rovinare la reputazione di una persona, anche quella di una giornalista affermata.» Melody l'osservò, un'espressione di pura delizia dipinta sul volto. Evidentemente non aveva dato alcun peso alla minaccia velata nelle sue parole. «Parker!» esclamò. «Non ci vediamo da molto tempo.» «Dammi il rullino, Mel» chiese lui tendendo una mano. Melody esitò. «Lo sai» mormorò poi consegnandogli la macchina fotografica «che non posso rifiutarti proprio niente.» Ignorando il doppio senso della frase, Parker prese la pellicola e le restituì la macchina. «Hai fatto la cosa giusta» commentò. «Vedrai che stanotte dormirai sonni tranquilli.» Melody si chinò verso di lui. «Io posso immaginare modi di dormire molto più soddisfacenti» sibilò in modo malizioso. Parker non replicò e non batté ciglio. Riconoscendo la sconfitta, Melody si allontanò senza neanche degnare Cindy di uno sguardo. «Hai per caso dormito con tutte le donne della città?» chiese Cindy a Parker una volta rimasti soli. Kathleen Webb
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«Con una o due» rispose lui evasivo. «Ma sei per caso impazzita, venire in un posto come questo di sera e da sola?» «Sono sorpresa che non ci sia stata anche la banda ad attendermi. Come facevi a sapere che ero qui? Te l'ha detto Marissa?» «Era preoccupata. Ora lascia fare a me. Mi farò restituire la scarpa da Hubble domani mattina come prima cosa.» «Tu non farai nulla del genere» replicò Cindy. «Ti ringrazio, ma posso riprendermi la scarpa da sola.» «Conosco Hubble, è un uomo imprevedibile» insistette Parker. «Sarebbe pronto a gettare la scarpa in mare piuttosto che darla a te.» «Questo è un problema mio, giusto?» «Ma non ti stanchi mai di rendere la vita più difficile di quanto già non lo sia?» domandò lui scuotendo la testa. «Mai, se questo significa rinunciare alla mia indipendenza.» «E' esattamente quello che mi aspettavo rispondessi. Almeno mi permetti di accompagnarti a casa?» «Solo se ci fermiamo da Hubble lungo la strada.» «Meglio andarci domani, così potremo coglierlo di sorpresa.» Cindy annuì. «Hai ragione.» Riluttante, lo seguì verso il furgone, consapevole che il debito di riconoscenza che aveva nei suoi confronti era aumentato ulteriormente. «Devo ringraziarti per aver convinto Melody a non pubblicare la foto» borbottò. «L'ho fatto solo perché non penso che Hubble possa essere il tuo Principe Azzurro» scherzò Parker. «Non dirmi che credi nelle favole!» «Non proprio, ma i miei genitori si sono conosciuti ai tempi del liceo e si sono innamorati a prima vista. Dopo trent'anni sono ancora pazzi l'uno dell'altra, questo è un esempio che mi piacerebbe emulare.» «Troppo tardi per innamorarti della compagna di banco» commentò Cindy. «O forse no. La liceale è ancora sulla scena?» «Era una ginnasta» mormorò Parker. «Una ginnasta molto brava.» Oh mamma mia! Glielo leggeva negli occhi. Parker pensava ancora al suo primo amore. Il problema era: perché la cosa la infastidiva tanto? «L'amore della tua vita, mi sembra di capire» disse Cindy con un finto sorriso. «Una volta ero convinto che lo fosse» le confidò Parker. «Il destino ha deciso altrimenti. Lei faceva di tutto per distruggere se stessa anche se non Kathleen Webb
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se ne rendeva conto.» «E tu non sei riuscito a salvarla» sussurrò Cindy. Si voltò a guardarlo e riprese a parlare con tono più deciso. «Onestamente, Parker, dovrei odiare te e la tua brutta abitudine di ficcare il naso nei miei affari.» Il sorriso che gli incurvò le labbra era del tutto inaspettato. «Sembra che sia l'unico modo per attrarre la tua attenzione» scherzò Parker. «Perché vuoi attrarre la mia attenzione?» «Io voglio sempre quello che non posso avere.» Prima di arrivare a casa di Cindy, Parker insistette per fermarsi e acquistare del cibo al ristorante cinese, poi, una volta giunti all'appartamento, entrò senza aspettare di essere invitato. Una volta dentro si guardò intorno e fischiò. «Complimenti!» esclamò. «Dovresti lavorare come architetto d'interni.» «Non io, Marissa» lo corresse lei. «E' imbattibile con i pennelli, per non parlare del cucito. È stata lei a fare quei cuscini» aggiunse, indicando il divano. «Vuoi una birra?» «Certo.» In cucina Cindy prese due bottiglie di birra dal frigorifero e preparò la tavola, mentre Parker disponeva riso e pollo fritto nei piatti. «Sei stato molto gentile» commentò Cindy, «hai riempito il mio frigo senza dirmi nulla.» «Qualcuno fece lo stesso per me quando traslocai. Io ne fui molto felice.» «Non sono abituata a persone che fanno qualcosa per me» replicò Cindy accendendo una candela. «Non so come comportarmi in questi casi.» Parker sistemò i gamberi in un piccolo vassoio ovale. «Te la stai cavando benissimo.» Cindy sentì il viso avvampare. Cibo cinese, candele, birra, lei e Parker seduti fianco a fianco. Che situazione imbarazzante. Improvvisamente scattò in piedi. «Dove vai?» «Musica. Abbiamo bisogno di musica.» «Così non sarai costretta a parlare con me?» «No. Sì... Forse» balbettò lei, giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli. «Che cos'ho fatto per metterti così a disagio?» «Esattamente la stessa cosa che stai facendo adesso. Dici quello che Kathleen Webb
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pensi.» «Ho sempre creduto che fosse il modo migliore per evitare incomprensioni» rispose Parker. Cindy rise nervosamente. «Vedi? Io invece ho sempre creduto che evitare la gente fosse il miglior modo per raggiungere lo stesso scopo.» «Tu non eviti le persone. Fai solo in modo che nessuno ti si avvicini troppo.» Cindy prese la sua bottiglia e bevve un lungo sorso di birra. «Che ne diresti di cambiare l'argomento della conversazione?» «Certo. I miei complimenti per aver rintracciato il possessore della scarpa.» «Devo ammettere che mi sentirò meglio quando la Louboutin tornerà al sicuro nel negozio» replicò Cindy. «Non dovevi andare all'appuntamento da sola.» «E perché? Faccio sempre tutto da sola.» «Ma non è sempre necessario.» «Tu come fai a sapere quello che dovrei o non dovrei fare?» Parker le prese una mano e la indusse a sedersi. Si avvicinò a lei e le sfiorò il viso con la punta delle dita. Avrebbe dovuto ritrarsi alla svelta, pensò Cindy, ma quelle carezze erano ipnotiche. Calde. Confortanti. «Non farlo» sussurrò. «Non devo fare cosa?» Cindy alzò la mano con l'intenzione di respingere quella di Parker, invece la strinse. Era passato tanto tempo da quando qualcuno l'aveva toccata. Tanto tempo da quando un uomo l'aveva guardata con l'ammirazione che adesso risplendeva negli occhi di Parker. Le sue labbra si schiusero come animate da una volontà propria. Lentamente baciò le dita di quella mano forte. Fu lei a gettargli le braccia al collo. Fu lei a baciarlo, a invitarlo, a chiedere. Paura ed esaltazione si confusero nella sua mente, mentre le loro labbra si incontravano in una festa di pura passione. Ma non bastava. Cindy si alzò, lo prese per mano e lo condusse verso il divano. Era quello che Parker stava aspettando. Senza indugiare un solo istante, le sfilò la maglia rivelando i seni piccoli ma perfetti, i capezzoli turgidi che sembravano esigere la sua attenzione. La fece distendere sotto di sé, le baciò la pelle nuda e morbida della gola, e poi più giù, verso i seni pieni. Kathleen Webb
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Un brivido le corse lungo la schiena. Un'emozione profonda s'impadronì di lei, profonda e terribile, sconosciuta. Improvvisamente Cindy alzò una mano per allontanare Parker da sé. «Ma cosa...?» «Io... io non ho mai...» balbettò Cindy. Un'espressione seria si dipinse sul viso di Parker. «Tu non hai mai... cosa?» chiese. «Non ho mai provato nulla del genere.» «Cerca di spiegarti meglio.» «Mi sento stupida» replicò lei abbassando lo sguardo. «I sentimenti non possono mai essere stupidi. Dimmi cosa provi.» «È come se fossi costretta a resistere alla mie emozioni, perché, se mi lasciassi andare, rischierei di esserne distrutta. Andrei in pezzi e nessuno riuscirebbe più a rimettermi in sesto.» Parker le prese una mano e gliel'appoggiò sul suo petto. «Lo senti come batte forte il mio cuore?» chiese. «E' lo stesso per me. Come se tutto quello che ho dentro cercasse di liberarsi in un solo istante.» Cindy annuì. «E se ti dimostrassi che questo non può condurre alla distruzione?» chiese ancora Parker. «Ho paura» ammise Cindy, lei che non tremava mai. Lei che era sempre forte, perché doveva. «Hai mai avuto paura prima d'ora?» Cindy annuì di nuovo, i begli occhi velati di lacrime. «Quando?» «Sempre.» «Come combatti i tuoi timori?» «Fingo semplicemente che non esistano.» «Ti aiuterò a capire che le tue paure non hanno fondamenta reali, se solo tu vorrai.» «Odio aver paura» affermò Cindy. «Voglio aiutarti.» «Questo significa che dovrei fidarmi di te.» «È più facile di quello che sembra» replicò Parker sfiorandole la tempia con le labbra. «Non posso...» «Mia nonna diceva sempre che tutto si può fare.» Kathleen Webb
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«Saggia donna, tua nonna.» «E molto determinata.» Cindy chiuse gli occhi. Il cuore le batteva forte. Il respiro un po' affannoso. Era così che dovevano sentirsi i paracadutisti prima di gettarsi nel vuoto, decise.
5 Cindy rimase distesa sulla schiena e guardò Parker alzarsi. Dove stava andando?, si chiese. Come riusciva a muoversi mentre lei si sentiva così debole che anche un solo passo le sembrava un'impresa impossibile da affrontare? Intanto lui si era chinato sullo stereo. Frugò fra i suoi dischi, ne scelse uno e un attimo dopo una musica dolce risuonò nella stanza. Cindy, già pentita per la piega che aveva preso la conversazione, si appoggiò su un gomito con l'intenzione di alzarsi e mettere così fine a quella farsa. In quel momento Parker tornò da lei. Le prese un piede fra le mani e iniziò a massaggiarlo. Ogni progetto di fuga svanì sotto il tocco inebriante di quelle mani esperte. Cindy si lasciò praticamente cadere sul divano, il viso contro un cuscino. «Meglio adesso?» «Mhmm...» mugolò lei. «Questi sono un impedimento» commentò Parker indicando i pantaloncini che Cindy indossava. Era vero, ammise lei silenziosamente. I vestiti erano fastidiosi. Sollevò le anche e si spogliò alla svelta. Parker continuò a massaggiarla, riportando ogni fibra del suo corpo alla vita. Cindy sentì la pressione interna aumentare, ma questa volta non ebbe paura. Se fosse stata un gatto avrebbe fatto le fusa. Il pensiero fece affiorare un sorriso sulle sue labbra. Un sorriso che svanì subito quando Parker le sfiorò i seni. Quell'uomo sembrava sapere istintivamente di cosa aveva bisogno. Sembrava percepire le sue sensazioni. Sembrava capire sin dove poteva spingersi per non spaventarla di nuovo. Le labbra di Parker presero poi il posto delle sue dita. Il respiro di Cindy divenne affannoso, la pelle iniziò a bruciarle laddove percepiva quella bocca. Urlò forte, incapace di tenere ancora sotto controllo la sua reazione. Kathleen Webb
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«È tutto a posto, non preoccuparti» sussurrò lui continuando a toccarla, a baciarla implacabile ovunque, con passione e tenerezza. Infine dei brividi scossero il corpo di Cindy e lui la tenne stretta a sé, aspettando con pazienza che si calmasse. «Si sta facendo tardi» annunciò poi. «Buonanotte, Cinderella» aggiunse sfiorandole la fronte con le labbra. Aprì la porta d'ingresso e svanì nella notte. Cindy richiuse la porta e restò per interminabili istanti a fissare il vuoto. Forse aveva solo immaginato quell'incontro, ipotizzò. Quella notte sognò la scarpa rossa che volava su di lei, chiaramente visibile ma non a portata di mano. C'era un gran da fare quel giorno al negozio. Hilary apparve per non più di una mezz'ora, ma poi andò via di corsa per non arrivare in ritardo al teatro, lasciando come al solito Cindy da sola alle prese con le clienti. Di questo avrebbe parlato con il signor Tirchio, protestando, quando sarebbe venuto per prelevare l'incasso. Questo era sicuro. «Signor T...» esordì infatti Cindy mentre l'uomo era intento a controllare la cassa. «No.» «Ma se non sa neanche cosa volevo chiederle!» «Una giornata di ferie, un aumento di stipendio, uno sconto su un paio di scarpe... È comunque no.» Cindy respirò a fondo. «Lei sa bene che un dipendente a tempo pieno come sono io ha diritto a due intervalli di quindici minuti e a una mezz'ora piena di pausa per il pranzo.» «E dunque?» «Dunque tutti gli altri sono sempre al teatro e io non posso mai godere del riposo che mi spetta.» «Se non ti fa piacere lavorare qui, sono certo che ci saranno altre opportunità per te.» «Non è questo quello che stavo dicendo. Io volevo solo...» «No» ripeté l'uomo deciso. «Non dimenticare. Voglio l'inventario pronto per la fine della settimana prossima.» Cindy sussultò. In un modo o nell'altro la scarpa rossa doveva tornare in negozio prima di allora. «Mi creda» replicò, «non penso ad altro.» «Bene. Come hai detto di chiamarti?» Kathleen Webb
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Quello scambio di battute avveniva fra loro praticamente ogni giorno. Howie Trapanese, meglio conosciuto come signor T., aveva una sua teoria. Se fingeva di non ricordare il nome dei suoi dipendenti, nessuno si sarebbe azzardato a chiedergli qualche aumento di stipendio. «Cindy. Mi chiamo Cindy, signor T.» «Va bene, Mindy» borbottò lui. «Ora vado. Tu resta a guardia del forte.» Aprì la porta del negozio, si fece da parte per lasciar passare due clienti e andò via. «La chiameremo se avessimo bisogno» affermò una delle due donne con aria di sufficienza tipica dei ricchi. Cindy scrollò le spalle e riprese a occuparsi della vetrina principale. Pur non volendo fu praticamente costretta ad ascoltare la conversazione fra le due signore appena entrate. «Cosa indosserai per il matrimonio?» «Ho deciso di comprare quel vestito stupendo che ho visto la settimana scorsa... Ovviamente Brace non è d'accordo» dichiarò una delle due ridacchiando. «E tu?» «Io ho un vestito nuovo mai messo. Sarà l'occasione giusta per sfoggiarlo.» «Indovina chi interverrà al ricevimento?» «Non ne ho idea. Dimmelo tu.» «Tammy. Proprio lei.» «No!» esclamò la donna con un tono di orrore. «Sì, invece. Mi chiedo se il povero Parker lo sappia già.» «Qualcuno dovrebbe dirglielo.» «Qualcuno dovrebbe dirlo a Lisa» la corresse l'amica, «e lasciare a lei il compito di comunicare la notizia.» «Hai visto qualche paio di scarpe di cui non puoi fare a meno?» «Non proprio. E tu?» «Niente. Ora ho proprio voglia di un bel Martini secco.» «Ottima idea. Andiamo.» Solo quando le due donne uscirono dal negozio Cindy tornò a respirare. Era rimasta immobile al suo posto nel timore di perdere anche una sola parola della conversazione. Si chiese di chi fosse quel matrimonio di cui tutti parlavano. Però una cosa la sapeva: Tammy era la donna che aveva spezzato il cuore di Parker anni prima e ora stava per tornare alla ribalta. Kathleen Webb
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Alle sei del pomeriggio, finalmente, Cindy chiuse il negozio, montò sulla sua bicicletta e pedalò verso la casa del signor Hubble con tutta la velocità che le sue gambe le permisero. Forse sarebbe riuscita a farlo ragionare, a fargli capire l'estrema importanza che aveva per lei quella scarpa. La casa di Hubble era una delle più antiche della città, tenuta male e circondata da un giardino che una volta doveva essere stato bellissimo, ma che ora aveva l'aspetto di una selva. Era una villa a tre piani ma si diceva che Hubble ne occupasse solo uno, lasciando gli altri a disposizione dei suoi gatti. Questi ultimi erano praticamente ovunque, in giardino, sul terrazzo, alcuni passeggiavano persino sul tetto. Soffiarono minacciosi quando Cindy spinse il cancello. Lei li ignorò, camminò lungo il viale d'accesso e bussò ripetutamente alla porta senza ricevere risposta. «È andato via, tesoro.» Cindy si girò. Una donna molto grassa era appoggiata alla ringhiera che delimitava il giardino. In contrasto con la vecchia casa di Hubble, il suo villino appariva pulito e ben curato. «È andato via? E dove? Quando tornerà?» «Non lo so. So solo che mi ha chiesto di dare da mangiare ai gatti durante la sua assenza.» «Grazie.» Lei tornò sui suoi passi. «Se lo vede, per favore gli riferisca che Cindy l'ha cercato» aggiunse una volta arrivata alla sua bicicletta. «Va bene, tesoro. Non viene mai nessuno a fargli visita. Veramente anch'io sono molto sola. Vuoi prendere una tazza di tè con Maude?» Un tè in compagnia di una vecchia signora era l'ultima cosa che le interessasse, ma Cindy non ebbe il coraggio di rifiutare il cortese invito, forse perché nessuno era mai gentile con lei, tranne Marissa, ovviamente, e Parker. Mentre entrava nella piccola casa giurò a se stessa che sarebbe stata molto più carina con lui. Se mai lo avesse rivisto, naturalmente. «Tu devi essere la figlia di Sheri» commentò Maude mentre riempiva d'acqua il bricco per il tè. «Come fa a saperlo?» «Sei il ritratto di tua madre quando aveva la tua età. Gli occhi no, però. Tu hai gli occhi di tuo padre.» «Lei ha conosciuto mio padre?» chiese Cindy sorpresa. Aveva chiesto notizie su di lui a sua madre praticamente ogni giorno durante la sua Kathleen Webb
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adolescenza, fin quando aveva desistito, stanca di non ottenere risposte. «Certo» rispose Maude. «Erano così innamorati... Sam e Sheri. Una tale tragedia.» «Che cos'è successo a mio padre?» domandò Cindy, accettando la tazza che la donna le stava porgendo. «La gente diceva che erano troppo giovani, scuotevano la testa borbottando lo sapevo io quando fu ovvio per tutti che tu ormai stavi per nascere. Sam lavorava nei campi, ma voleva guadagnare di più per poter offrire a te e tua madre una vita decente. Così s'imbarcò su una nave mercantile, giurando che sarebbe stato di ritorno in tempo per vederti venire alla luce.» Maude fece una pausa e sospirò. «La nave naufragò, i componenti dell'equipaggio morirono tutti. Sheri decise di non abortire, contrariamente al parere dei suoi genitori. Era una ragazza strana, ma aveva buon cuore.» «Non mi ha mai voluto raccontare nulla di mio padre» mormorò Cindy. «Ha sofferto troppo per lui. Chi ha conosciuto il grande amore e lo ha perso, si rifiuta di ricordarlo.» «Lei pensa? Ma lo sa quanti uomini ha avuto mia madre in questi anni? Dubito che persino lei possa contarli.» Maude appoggiò la sua tazza sul tavolo e si chinò su di lei. «Ma non ha concesso il suo cuore a nessuno, ecco perché le storie non sono durate. Sheri era molto giovane quando Sam morì. Ha cercato negli altri uomini solo un modo per sconfiggere la solitudine. Io, come puoi vedere, mi consolo con il cibo. Altri si dedicano anima e corpo al lavoro.» Così, rifletté Cindy mentre montava sulla sua bicicletta verso casa, Parker, che aveva perso il suo grande amore, aveva cercato distrazione nel lavoro e nel tentativo di essere utile agli altri. In quel preciso momento aveva bisogno di condividere con qualcuno le informazioni che aveva appena ricevuto. Marissa, decise imboccando la strada che conduceva a casa sua. Ma c'era qualcosa di strano, Cindy lo capì subito quando vide la sua amica. Marissa era sempre stata bella, ma quel giorno il suo viso risplendeva, come illuminato da una calda luce interiore. «Coraggio, dimmi tutto» esordì Cindy sedendosi davanti a lei. Marissa la guardò come se si fosse accorta della sua presenza solo in quell'istante. «Scusa?» «Non puoi fingere con me. È successo qualcosa. Racconta.» Kathleen Webb
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«Oh, Cindy» sospirò Marissa. «Ho conosciuto un uomo incredibile. Gentile, riservato. Mi ha parlato, mi ha trattato come...» «Come ti ha trattato, Rissa?» la interruppe Cindy. «Dove vi siete incontrati?» «Alle scuderie. Io stavo cavalcando Cappuccino.» Oh, splendido, pensò Cindy scoraggiata. Un uomo aveva visto Marissa in sella, dunque non sapeva che lei era inchiodata su una sedia a rotelle. «Cappuccino si è spaventato» riprese Marissa. «Io sono caduta.» «Marissa! Ti sei fatta male?» Marissa scosse la testa. «No, per fortuna. Ma lui è stato così gentile, anche quando gli ho spiegato perché non potevo rialzarmi da sola. Era lì per curare una delle giumente.» «Un veterinario?» chiese Cindy interessata. «L'uomo che hai conosciuto è un veterinario?» «Così mi ha detto Ruth. Io so solo che ha gli occhi grigi più belli del mondo.» «Come si chiama?» «Tom» rispose Marissa con aria sognante. «Tom, hai detto?» Il mondo era davvero piccolo. Avrebbe parlato al più presto con l'amico di Parker per rassicurarsi sulle sue intenzioni, decise Cindy. L'avrebbe fatto l'indomani stesso, dal momento che era domenica e lei era libera. La mattina seguente era in procinto di montare sulla sua bicicletta con l'intenzione di recarsi al canyon quando l'ormai familiare furgone di Parker si fermò davanti casa sua. Lui scese dal veicolo e attirò subito la sua attenzione sventolando con aria trionfante una scarpa rossa. «Parker!» esclamò lei correndo fra le sue braccia. «La Louboutin! Dove l'hai presa?» chiese, toccando la calzatura con fare quasi reverenziale. «Da Hubble, e dove altrimenti?» «Ma sono andata da lui ieri. Maude, la sua vicina di casa, mi ha detto che era fuori città.» «L'ho visto poco prima della sua partenza» spiegò Parker. «So che mi avevi detto di non interferire, ma...» Il sollievo era troppo per lasciare spazio ad altro. Cindy sorrise. «Ti piace proprio il ruolo del cavaliere sempre pronto ad aiutare gli altri, vero?» «Vero. Ma adesso spero che tu vorrai fare qualcosa per me.» Kathleen Webb
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«Che cosa?» «Devo andare a un matrimonio la settimana prossima. Mi faresti il grande onore d'accompagnarmi?» Un matrimonio! «Tu non vuoi davvero che io venga con te» borbottò Cindy. «Non te lo avrei chiesto se non lo avessi voluto.» «Io non...» iniziò Cindy ripensando alla conversazione delle due donne che aveva sentito al negozio e al fatto che Tammy sarebbe stata presente alla cerimonia. «Io non mi sento a mio agio in certi ambienti» dichiarò. «Sono persone proprio come le altre» la convinse Parker. «Cindy, per favore... Non voglio andarci da solo.» «E va bene» acconsentì lei. «Ma solo perché mi hai aiutato a traslocare e hai ritrovato la scarpa. Così saremo pari.» Una luce grigia apparve negli occhi di Parker. «No.» «No? Non mi hai sentito? Ho appena detto che verrò con te.» «Non voglio la tua compagnia se questo per te sarà solo un modo per azzerare il debito di riconoscenza che pensi di avere nei miei confronti.» Ovviamente, nell'istante in cui Parker pronunciava quelle parole, lei capì che voleva stare con lui. Provò e riprovò finché Parker capitolò, ma a questo punto aveva un grande problema. Cosa avrebbe indossato? Come al solito Marissa accorse in suo aiuto. Consultarono insieme delle riviste di moda e scelsero il modello adatto, un vestito di velluto lungo fino alle caviglie. «Morirò di caldo» si lamentò Cindy. «Toglierò le maniche» la rassicurò Marissa «e renderò la scollatura più profonda.» «Riuscirai a finirlo per la fine della settimana?» «Certo. Sono contenta che uscirai con Parker.» «Non è che uscirò con Parker» la corresse Cindy. «Semplicemente lo accompagno a un matrimonio perché non vuole andarci da solo.» «È la stessa cosa» commentò saggiamente Marissa. «Ora stai ferma che devo prenderti le misure. Chi si sposa?» «Una vecchia amica di Parker, Bambi... qualcosa.» «Esiste qualcuno che si chiama Bambi?» chiese Marissa ridendo. «In questa città? E tu e Parker andrete al suo matrimonio?» «Apparentemente lui resta in buoni rapporti con tutte le donne con cui ha avuto una relazione» borbottò Cindy. Forse lo farà anche con me, pensò, ma non lo disse ad alta voce. Perché lei non aveva e non avrebbe avuto una relazione con l'affascinante signor Kathleen Webb
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Davis, ad ogni modo non una relazione come quella che c'era stata fra Parker e la bella ginnasta che gli aveva spezzato il cuore anni prima.
6 Cindy guardò ancora una volta la sua immagine riflessa allo specchio. Aveva rinunciato a tenere sotto controllo i capelli, così come aveva ignorato la trousse di cosmetici che Marissa le aveva prestato. Aveva accettato invece, seppur con riluttanza, un paio di calze di seta nera e dei sandali col tacco più alto che avesse mai visto. Molto agitata, Cindy lasciò l'appartamento pochi minuti dopo. Camminando verso il parcheggio, si fermò al centro della strada. «Dov'è il tuo furgone?» chiese, vedendo Parker al volante di un'auto sportiva nera. «Non era adatto all'occasione» replicò lui. «Sei bellissima, solo cerca di cancellare dal tuo viso l'espressione tipica del condannato a morte. I miei genitori non sono poi così terribili.» Se Cindy non fosse stata già inchiodata al suolo, le ultime parole di Parker avrebbero avuto su di lei proprio quell'effetto. «Tuo padre e tua madre?» mormorò. «Non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche loro.» «Sono i padrini di Bambi» replicò Parker dopo essere sceso dall'auto e aver aperto lo sportello del passeggero. Cindy, dopo qualche tentennamento, riuscì a muoversi e a camminare verso la vettura con tutta la dignità che il ridicolo paio di sandali le permetteva. «Ti sei scordato di dirmi altro?» chiese dopo essersi seduta. «Nulla, almeno credo» rispose Parker con un sorriso disarmante. Giunti in prossimità del Circolo del Golf, Parker osservò di sfuggita la sua silenziosa passeggera, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per rallegrarla un po'. Desiderava che si divertisse, nonostante i pregiudizi che aveva nei confronti dei ricchi. Parcheggiò la vettura, consegnò la chiave e aiutò Cindy a scendere. La prese sottobraccio e si diresse verso l'ingresso del club. «Rilassati» le disse. «Non ti accadrà nulla di male.» «Quando sei abituata a intervenire ai ricevimenti con un vassoio in mano, ti senti praticamente nuda se non lo hai» mormorò Cindy scuotendo la testa. «Tu non sei nuda. A meno che il tuo vestito non svanisca prima di mezzanotte, andrà tutto bene.» «Ricordami di non prendere il bouquet» sussurrò lei, osservando Kathleen Webb
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intimorita il soffitto altissimo dell'atrio e le mille candele che illuminavano l'ambiente. «Bambi e Chet si sono sposati il mese scorso durante una vacanza, una cosa che ha a dir poco disgustato i loro genitori. Questa è solo una piccola festa che hanno voluto organizzare per gli amici più intimi.» «Piccola festa!» borbottò Cindy mentre varcavano la porta che conduceva al salone. «Certo, non più di trecento invitati» confermò Parker. Prese due coppe di champagne da un vassoio e ne porse una a Cindy. «Ecco, bevi questo, ti aiuterà» disse. «Non bevo mai alcolici» commentò lei, poi vuotò il suo bicchiere con un solo sorso. Parker scoppiò a ridere. «Sei un tale toccasana per me» commentò, ma Cindy a malapena sentì quelle parole. La sua attenzione era tutta per un uomo che stava camminando verso di loro. «Davis!» esordì il nuovo venuto, «E niente di men, che la nostra Cinderella.» «Lowther!» replicò Parker a mo' di saluto. Ovviamente Cindy lo conosceva e non era indifferente alla sua presenza. «Salve, Brad» rispose lei tranquillamente. «Promettimi che mi concederai un ballo, Cinderella.» «Lo sai che non faccio promesse.» «Lo ricordo bene» commentò l'uomo, poi, con un cenno del capo, si allontanò. «Dove l'hai conosciuto?» si affrettò a chiedere Parker ansioso. «Siamo usciti insieme un paio di volte» rispose lei evasiva. «Solo un paio di volte?» «Anche di meno.» Confortato da quell'affermazione, Parker tornò di buonumore. Molte persone si fermarono per salutarli, la maggior parte di loro si rivolgeva a Cindy chiamandola per nome. «Ma come fai a conoscere tutta questa gente?» volle sapere lui. «Madronna Beach è una piccola città. E io non sono propriamente un eremita.» «Ecco un aspetto di te che non conoscevo ancora» commentò Parker. «Ma ecco i miei genitori. Vieni, andiamo a salutarli.» «Sono felice di rivederti, Cindy» esordì la madre di Parker, Robin, Kathleen Webb
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accompagnando le parole con un sorriso sincero. «Parker è stato molto gentile ad invitarmi» commentò lei. «In genere in queste occasioni io sono dall'altro lato della barricata.» «È la stessa cosa che ha detto Jan» osservò Robin. «Cindy, lui è mio marito Gord» aggiunse, indicando un uomo che era in tutto e per tutto uguale a Parker, ma con qualche anno in più. «È un piacere conoscerla, dottor Davis.» «Il piacere è tutto mio» la corresse l'uomo. «Ho un paio di pazienti pronte a partorire. Le ho convinte ad aspettare fino a domani, anche se non mi sono sembrate molto entusiaste dell'idea.» «E puoi biasimarle, mio caro? Oh, ecco Lisa. Cindy, devi conoscere nostra figlia. Adora le due paia di scarpe che hai scelto per lei, sono certa che vorrà ringraziarti personalmente.» «Ma è stato Parker a decidere...» «Non è possibile, mia cara» la interruppe Robin. «Parker ne sa di scarpe da donna quanto io ne so di furgoni.» Una bella ragazza bruna abbracciò Robin, baciò la guancia di Gord e si appoggiò a Parker. «Sono Lisa» si presentò. «Sono certa che la mia reputazione mi abbia preceduto» aggiunse sorridendo. «Io sono Cindy.» «Hai un ottimo gusto in fatto di scarpe, Cindy. Mi piacciono quelle che porti.» «Credevo che una studentessa di medicina aborrisse i sandali dal tacco così alto.» «Certo, non sono adatti per lavorare, ma in certe occasioni non se ne può fare a meno» replicò Lisa, poi si girò verso il fratello. «Credo che tu sappia già che Tammy è sulla Usta degli invitati» puntualizzò. Parker scosse la testa. «No, non ne avevo idea.» «Bene, uomo avvisato è mezzo salvato.» «Perché credi che abbia bisogno di essere avvisato e addirittura salvato?» Lisa scrollò le spalle. «Lo sai com'è Tammy. Se è tornata qui con uno scopo preciso in mente...» «Non credo sia il caso di annoiare Cindy con questa vecchia storia» la interruppe Robin, «non è così, mia cara?» «Ma anche Cindy dovrebbe essere preparata» insistette Lisa. «Cindy, se una piccola rossa si avvicina, afferra Parker e cerca di trascinarlo via, Kathleen Webb
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poi...» «Lisa!» la ammonì il padre. «Ora ascoltatemi» intervenne Parker. «Apprezzo la vostra preoccupazione, ma questa è la festa in onore di Bambi. È a lei che dovremmo pensare.» «Scusate se vi interrompo.» Cindy avrebbe abbracciato Jan tanto era felice del suo arrivo, ma Lisa la precedette. Lei e Jan si baciarono, risero e cominciarono a parlare dei bei vecchi tempi. Ancora una volta Cindy fu costretta a ricordare che lei non apparteneva a quell'ambiente. Era amica di Jan, certo, ma era anche una sua dipendente. Non avevano frequentato la stessa scuola. Non erano cresciute insieme. Sentendosi più che mai emarginata, si girò verso Parker. Qualcosa nel suo sguardo le fece capire che lui sapeva esattamente cosa stesse provando. In effetti Parker passò all'azione. Mormorò qualche parola di scusa, prese Cindy per mano e si allontanò dal piccolo gruppo. «Il vestito che indossi è come un'arma letale» commentò al fine di distrarla dai suoi pensieri. «Sei irresistibile.» Quella era una delle cose che maggiormente apprezzava in lei. Cindy era assolutamente inconsapevole del proprio fascino, cosa molto gradita se pensava alle donne affettate e vanesie che aveva frequentato in passato. «Oh, ma è solo un vecchio straccio» scherzò Cindy imitando la cadenza delle signore della buona società. «Mi piacciono i tuoi genitori» aggiunse tornando seria. «Sono spontanei.» «Guarda lì.» Parker indicò il tavolo principale. «Il padre di Bambi è già ubriaco. La moglie è pronta a strangolarlo. I genitori di Chet sono accanto alla coppia felice e fingono di essere sordi e ciechi.» «La signora sembra al limite della sopportazione.» «Sei brava nel giudicare la gente, anche a prima vista.» «Non è molto difficile capire le persone... tranne te, ovviamente.» «Me?» Parker esibì un'espressione sorpresa. «Ma se sono un libro aperto!» «Forse per chi conosce la scrittura braille» replicò Cindy. «Adesso dimmi una cosa. Perché hai voluto che venissi qui con te questa sera? E cerca di inventare una scusa più credibile di volevo solo compagnia...» «Penso...» iniziò Parker, poi fece una breve pausa. «Penso, di aver voluto dimostrarti che puoi sentirti a tuo agio anche nel mio mondo.» Kathleen Webb
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Cindy annuì. «È esattamente quello che avevo immaginato. Vuoi sapere una cosa? A questo punto abbiamo un problema.» «Problema? E quale?» «Tu credi davvero che io sia una specie di essere alieno che va incoraggiato ad entrare nel tuo mondo sicuro. Ma esiste un solo mondo, Parker.» «Sei stata tu a dire di provare imbarazzo in un certo tipo di ambiente.» «Era solo il mio modo per rifiutare cortesemente il tuo invito.» «Ti dispiace essere venuta?» «Ovviamente no» replicò Cindy. «Questo ricevimento è chiaramente l'evento dell'anno.» «Io invece preferirei essere solo con te in un altro posto» borbottò Parker. «Perché?» «Perché così non dovrei tenere costantemente sotto controllo Lowther e tutti quegli altri tizi che continuano a guardarti. A proposito, perché ti sei irrigidita tanto quando Lowther si è avvicinato?» «Apparentemente non è in grado di accettare un no come risposta da una donna» spiegò Cindy imbarazzata. Parker strinse i pugni. «Ti ha costretta a fare qualcosa contro la tua volontà?» «Eravamo sulla spiaggia. Jules mi sentì urlare e mi aiutò a convincerlo che no significava proprio no. Lowther in risposta disse cose molto sgradevoli a proposito dei miei genitori e della mia stirpe. In quell'occasione decisi di non frequentare mai più persone del suo stampo. Voi ricchi siete fatti così. Siete abituati a prendere quello che volete.» «Non io» la corresse Parker. «Quello che voglio mi è sfuggito sinora, e continua a sfuggirmi.» Tammy, pensò Cindy. Ovviamente stava parlando del suo unico, vero amore. Mentre rifletteva su quell'evidente verità una voce morbida e sensuale arrivò dalle loro spalle. «Mi stavo appunto chiedendo dove ti eri nascosto.» La piccola rossa camminava con grazia felina verso di loro. Cindy si sentì all'improvviso troppo alta e troppo goffa. Cercò rifugio nell'ombra e rimase a osservare pietrificata Tammy che abbracciava Parker e lo baciava, un bacio intimo e passionale che sembrava non dovesse finire mai. Poi la rossa si girò verso di lei e le sorrise. «Scusa per l'intrusione, ma io Kathleen Webb
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e Parker ci conosciamo da molto, molto tempo. Sono Tammy.» E lui mi appartiene, avrebbe anche potuto aggiungere, tanto erano chiare le sue intenzioni. «Ho sentito parlare di te» mormorò Cindy. «Da Parker?» chiese la rossa sorridendo soddisfatta. «Da Lisa» precisò Cindy. Il sorriso di Tammy si tramutò in una smorfia. «Lisa! Nessuna donna sarà mai abbastanza per il suo amato fratello. Oppure con l'età si è ammorbidita un poco, Parker?» «Perché non vai a verificare tu stessa?» Parker si sottrasse alla mano di Tammy che ancora gli artigliava il braccio e si avvicinò a Cindy. «Sto benissimo qui dove sono» replicò lei. Cindy non si mosse e non fiatò. La prossima mossa spettava a Parker. «Mi ha fatto piacere rivederti» disse lui prendendo Cindy per mano. «Penso sia arrivato il momento di prendere posto.» E con queste parole si diresse verso i tavoli. «Sei ancora innamorato di lei?» «Perché mai mi chiedi una cosa simile?» «Recentemente qualcuno ha sottolineato l'importanza di parlale sempre francamente.» «Non mi ero reso conto che avessi dato una tale importanza alla mia affermazione» scherzò Parker. «Io l'ho amata moltissimo» riprese tornando serio. «Volevo sposarla e vivere per sempre con lei. Sognavo un matrimonio come quello dei miei genitori.» «E cos'è successo?» volle sapere Cindy. «Tammy faceva uso di droghe per migliorare la sua resa atletica. Io sono figlio di un medico, conoscevo tutti gli effetti negativi che a lungo andare quelle sostanze avrebbero avuto su di lei. Cercai di convincerla a smettere, ma non ottenni nulla. Litigammo e lei lasciò la città. Ho sofferto molto.» «Per la fine della tua relazione con Tammy o per la fine del tuo sogno?» «Per entrambe le cose, suppongo» ammise Parker onestamente. «Non è troppo tardi per recuperare.» «È troppo tardi per me e per Tammy.» Non se la bella signorina decideva diversamente, rifletté Cindy. Smisero di parlare dell'argomento una volta preso posto al loro tavolo. Per qualche minuto Cindy conversò cortesemente con la signora seduta accanto a lei, poi si scusò e si alzò per andare in bagno. «Torna presto» si raccomandò Parker. Vedere Tammy era stato un duro Kathleen Webb
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colpo, pensò, ma si era ripreso immediatamente. Non era stata altrettanto immediata la sua guarigione dopo la fine della loro storia, ricordò. Aveva iniziato a frequentare ogni donna libera della città fino a confondere i loro nomi. Nauseato dal suo stesso comportamento, infine aveva deciso di dedicare ogni sua energia al lavoro. Questo fin quando era entrato nel negozio di scarpe e aveva visto Cindy. Qualcosa dentro di lui si era ridestato all'improvviso. Forse quel desiderio di felicità che credeva morto per sempre. A proposito di Cindy, ma dove era finita? Osservò ansioso la sala senza riuscire a vederla. Seguendo un'ispirazione improvvisa, si alzò e raggiunse le cucine. Cindy era lì, in piedi accanto al lavello, avvolta in un enorme grembiule bianco. «Che cosa stai facendo?» Cindy si girò verso di lui. «Ho quasi finito. Dammi ancora un minuto e ti raggiungo al tavolo.» «Tu qui sei un ospite» borbottò lui sciogliendo il nodo che tratteneva il grembiule. «Non sei venuta per lavorare. Per oggi il tuo posto non è in cucina.» «Cosa?» replicò Cindy, gli occhi che rilucevano di indignazione. «Pensi che starò meglio lì fuori piuttosto che qui? Vuoi sapere quello che penso, Parker Davis? Penso che tu sia un dannato snob. E, per tua informazione, si è trattato di un banale incidente. Una delle cameriere è scivolata e si è rotta una caviglia. La madre di Bambi ha avuto una crisi isterica al solo pensiero del ritardo che avrebbe potuto subire la cena. Non solo io, ma una mezza dozzina di ospiti si è offerta di dare una mano, ma tu, al solito, sei arrivato a delle conclusioni errate!» Quindi Cindy si tolse i guanti di gomma con un gesto stizzito e tornò nella sala camminando a testa alta. Mortificato, Parker non si mosse, consapevole di aver meritato accuse anche peggiori di quelle che lei gli aveva rivolto.
7 L'aria fresca che l'accolse subito dopo quando uscì dalla sala ebbe un effetto decisamente calmante sui suoi nervi. «Quale auto, signora?» le chiese cortesemente un uomo in livrea. Aveva deciso di chiamare un taxi, ma cambiò idea all'improvviso. «Una Kathleen Webb
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piccola sportiva nera, una Mustang» rispose Cindy. Quando l'auto si fermò a pochi passi da lei esitò un istante, poi prese posto dietro lo sterzo. Guardò i comandi. Il cambio era manuale. Da un po' non le capitava di usarlo, ma sicuramente non doveva essere più complicato di quello della sua bicicletta. «Fammi posto.» Cindy alzò lo sguardo. Parker era chino accanto al finestrino. «Fammi posto» ripeté lui. «Ti accompagno a casa.» Lei non si mosse, non disse nulla. Trascorsero istanti lunghissimi, poi Parker scrollò le spalle, girò intorno alla vettura e si accomodò sul sedile del passeggero. «Va bene, allora. Guida tu.» «No.» «Perché no?» «È molto che non lo faccio.» «Anch'io è molto che non mi scuso, ma avevi ragione. Non è stato bello quello che t'ho detto.» Rinfrancata da quelle poche parole, Cindy inserì la marcia e spinse il piede sull'acceleratore. Guidò in direzione del mare, percorse una strada che costeggiava l'oceano fino a raggiungere un belvedere. Lì parcheggiò e spense il motore. «Ora va meglio» commentò, appoggiando la testa allo schienale del sedile. «Cosa va meglio?» chiese Parker, sfiorandole la spalla nuda con la punta delle dita. «Non riuscivo a sentire il mormorio del mare in quel salone.» «Scusami se ti ho portato in quella confusione. E scusami se sono giunto a conclusioni sbagliate.» «Non fa nulla, non preoccuparti. Sei più tranquillo adesso?» «Vuoi sapere se sono turbato per l'incontro con Tammy?» precisò Parker. «La mia famiglia era molto più in ansia di me, sicuramente.» «Tammy è stata molto importante per te.» «Che tu ci creda o meno è stato un bene che io l'abbia vista. Mi è servito per liberarmi dai sensi di colpa.» «Ti sentivi in colpa?» «Ovviamente. Mi sono ripetuto centinaia di volte che non l'amavo abbastanza e che per questo non sono riuscito ad aiutarla.» «Ma hai cercato di farlo» osservò Cindy. «E' vero, ho provato con tutte le mie forze. Temo che, se lei non fosse Kathleen Webb
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andata via, avrei continuato a tentare. Alla fine ci saremmo distrutti a vicenda.» «A giudicare da quello che ho visto stasera Tammy sembra più che disposta a concederti un'altra opportunità.» «Una cosa che ho imparato da questa storia è che a volte non si può tornare indietro» commentò saggiamente Parker. «Dove andiamo adesso?» «Aspetta e vedrai.» Cindy guidò in silenzio per qualche minuto in cerca di una piccola strada sterrata. La trovò e la imboccò, proseguì ancora, poi si fermò sul ciglio. I fanali della Mustang illuminarono un piccolo agglomerato di tende e capanne. Il borbottio di un generatore violava il silenzio della notte. L'abbaiare di un cane risuonò nell'aria. «È qui che sei cresciuta, vero?» chiese Parker. Cindy annuì. «Hai intenzione di entrare?» «L'hai detto tu, a volte non si può tornare indietro. Quando lasciai questo posto ero molto arrabbiata con mia madre. Avrebbe dovuto essere lei a fare la mossa successiva.» «Perché eri così in collera con lei?» «Non ricordo più quanti anni avevo quando mi resi conto che non era come le altre madri. Ma il suo essere diversa rendeva me diversa, e a nessun bambino piace essere emarginato. Comunque» Cindy aggiunse guardando Parker, «questa era casa mia. Era anche divertente. A quel tempo qui abitavano molte più persone e io, che ero l'unica bambina, ricevevo attenzioni da tutti. Per anni ignorai il fatto che la mia vita era completamente diversa da quella degli altri bambini. Tocca a te guidare adesso.» Cindy scese dall'auto con l'intenzione di salire dal lato opposto, ma rimase come incantata a guardare il minuscolo villaggio. Un uomo accompagnato da un grande cane uscì dall'ombra e si avviò verso di lei. «Salve, Blue» disse lei, chinandosi per accarezzare il cane che le era corso incontro. Parker scese dall'auto dietro di lei dopo aver spento il motore, ma non i fanali che con il loro raggio illuminarono il nuovo arrivato: un uomo magro con i capelli raccolti in una coda di cavallo. «Blue ti ha riconosciuto, Cindy» commentò l'uomo. «Abbaiava come un pazzo.» «Ne sono felice, Frank. Lui è Parker. Stai tranquillo, Blue, è un amico. Questo posto non è cambiato in questi anni» osservò Cindy. Kathleen Webb
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«No» confermò Frank laconico. «Mi fa piacere che tu sia ancora qui... Sheri non è sola.» Frank annuì. «Volevo solo mostrare a Parker il luogo dove sono cresciuta.» «Sheri sta meditando. Non so quanto resterà nella capanna.» «Non è un problema, non intendevo fermarmi... Parker, sei pronto ad andare?» «Quando vuoi.» «Salutami Sheri, per favore» dichiarò Cindy, improvvisamente ansiosa di allontanarsi. «Lo farò» rispose Frank. Cindy riprese a parlare solo quando la Mustang nera imboccò l'autostrada. «Volevi sapere di me» mormorò. «Ora lo sai.» «E adesso?» «Adesso voglio vedere dove sei cresciuto tu.» Il quartiere che le mostrò Parker era esattamente come lei se l'era immaginato. Strade pulite e ben illuminate, belle ville circondate da giardini molto curati. Parker parcheggiò e spense il motore. «Vuoi fare un giro?» chiese. «Certamente» replicò Cindy. Prima di scendere dall'auto si tolse scarpe e calze. L'erba che costeggiava i marciapiedi era morbida e spessa sotto i suoi piedi, quasi come un tappeto. «Questa è la casa dei miei genitori» affermò Parker seguendola a un passo di distanza. «Vieni, andiamo a vedere la piscina, è veramente molto bella.» La superficie dell'acqua scintillava invitante sotto la luce dei lampioni. «L'ultimo che si tuffa perde» urlò Cindy. «Stai scherzando, vero?» «Non hai voglia di fare un bagno di mezzanotte?» replicò lei. «Bene, io sì» aggiunse, togliendosi alla svelta il vestito e la biancheria. Un attimo dopo era immersa nell'acqua deliziosamente fresca. «Coraggio, raggiungimi!» disse a Parker. «Cindy...» «Ti sfido a farlo.» «Questo è diverso» commentò lui mentre si sfilava la giacca. «Non rifiuto mai una sfida.» Parker si tuffò e riemerse qualche istante dopo accanto a lei. «Facciamo Kathleen Webb
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una gara» propose. Vince chi arriva prima all'altro lato.» «Andiamo!» esclamò Cindy spingendosi con i piedi, sperando così di ottenere un po' di vantaggio. Con sole poche bracciate Parker la raggiunse e la superò. «Dov'è il tuo senso della competizione, Davis?» chiese lei ansimante quando infine arrivò al bordo della piscina. «Sei più forte di me.» «Ma ho vinto comunque. E al vincitore spetta un bacio» mormorò Parker avvicinando il viso al suo. La risposta del suo corpo fu immediata. Se Parker non l'avesse sorretta lei sarebbe andata a fondo come un masso, capì Cindy. Le sue labbra si schiusero automaticamente, le sue braccia si alzarono come animate da una volontà propria per cingergli il collo e... E una luce illuminò il patio all'improvviso. «Parker?» chiamò una voce di donna. «Parker, sei tu?» «Colti in flagrante» sussurrò lui. «Sì, mamma, sono io» aggiunse ad alta voce. «Sei solo?» «No, mamma.» «Sei con quella bella ragazza che è venuta con te al ricevimento?» «Sì, mamma.» «Venite dentro quando vi sarete asciugati, così posso raccontarle di tutte le volte che ti ho sorpreso in piscina di notte con una donna.» «È stata una sua idea, mamma.» «Lo hai detto ogni volta per difenderti. Non potresti inventati una scusa migliore?» «Mamma!» «Stavo scherzando. Buonanotte, Parker. Buonanotte, Cindy.» «Buonanotte, signora Davis.» La porta di casa si richiuse con un clic. Cindy nuotò in fretta verso la scaletta. «Non uscire ancora» le consigliò Parker. «Perché?» «Se conosco bene mia madre, tornerà tra qualche istante con teli di spugna e accappatoi.» In effetti Robin li raggiunse quasi subito. «Ho preparato il caffè» disse, dopo aver appoggiato gli asciugamani su una sedia a sdraio. «E la torta di pesche» aggiunse, prima di tornare in casa. Kathleen Webb
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«Ti dispiace?» chiese Parker intento ad asciugarsi. «Si sente sola quando papà viene chiamato in ospedale di notte.» «Niente affatto» replicò Cindy, ormai completamente vestita. Nella bella e spaziosa cucina prese posto su un alto sgabello. «Ci siamo persi qualcosa d'interessante al ricevimento, signora Davis?» chiese Cindy. «Niente d'importante. Il padre di Bambi era ubriaco e ha fatto una scenata, ma fortunatamente le pazienti di Gord hanno deciso di non aspettare fino a domani mattina, dunque siamo dovuti andare via. Questo è decaffeinato» aggiunse Robin porgendo una tazza a Cindy. «Gord sostiene che è preferibile che beva decaffeinato di sera.» «E da quando segui i consigli che ti dà papà?» scherzò Parker. «Per tua informazione lui non ha sempre ragione, nonostante ne sia convinto.» «È probabile, comunque non vi ho mai sentito litigare.» «Spesso abbiamo opinioni diverse, come tutte le coppie.» «Ti prego, non distruggere la mia illusione di avere genitori perfetti.» Robin scrollò le spalle. «Per favore, Cindy, non chiedermi come ha fatto a diventare così idealista» borbottò sorridendo. «Coraggio, mamma, tu e papà siete la coppia ideale» insistette Parker. «Forse non sai che ci siamo sposati contro il volere dei miei genitori.» «I nonni? Ma se adorano papà!» «Lo adorano adesso, perché hanno convenientemente dimenticato la loro iniziale opposizione alla nostra unione.» «Ma come mai?» «Sai come capita, pregiudizi sociali ed economici... Tuo padre era un orfano che lavorava notte e giorno per mantenersi agli studi quando noi ci conoscemmo. Sognava di diventare medico, ma i miei genitori erano convinti che fosse stato il denaro della famiglia a interessarlo, dunque chiarirono sin dal primo momento che dalle loro tasche non sarebbe uscito un solo centesimo. Ma io e tuo padre eravamo così innamorati da non voler sentire ragioni» spiegò Robin. «Io iniziai a lavorare per permettere a lui di frequentare l'università. I tuoi nonni pensavano che una volta che Gord avesse ottenuto la laurea mi avrebbe abbandonata.» Parker scosse la testa. «Perché non mi hai mai raccontato questa storia?» «Non volevo che giudicassi male i tuoi nonni, ormai è tutto dimenticato. Vogliono bene a Gord, hanno iniziato a farlo da quando lui fu in grado di mantenermi decentemente.» Kathleen Webb
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«E io che vi credevo immuni da qualunque problema» commentò Parker. «Sbagliavi. Le difficoltà sono state tante. Più di una volta io sono stata tentata di tornare alla vita facile e agiata che potevano offrirmi i miei genitori. Poi tuo padre iniziò a lavorare e nascesti tu. I miei genitori volevano regalarci una casa. Gord rifiutò, penso che da allora mio padre abbia cominciato ad apprezzarlo.» «Stai raccontando vecchie storie?» Gord fece il suo ingresso in cucina e baciò la guancia della moglie. «Sto cercando di spiegare a Cindy perché nostro figlio è così idealista» replicò Robin. «Apparentemente abbiamo sbagliato nascondendogli i nostri problemi.» Gord batté una mano sulla spalla di Parker. «Il segreto per conservare l'armonia in un matrimonio? Io lo conosco. Ho sempre lasciato decidere a tua madre.» «Ecco perché ti rifiuti di prendere un periodo di ferie abbastanza lungo per portarmi in crociera» puntualizzò Robin. «Lo farò, te l'ho promesso. Prima o poi.» Robin alzò gli occhi al cielo. «Certo, lo farai quando ormai sarò così vecchia da non reggermi in piedi.» «Ora basta con questa storia» la redarguì il marito. «Ne riparleremo dopo.» «Vedi Parker, come ti dicevo... Mai discutere davanti ai figli. Ma Gord, lui è abbastanza grande per sapere che la vita di una coppia non può essere sempre rose e fiori.» Dopo qualche ulteriore scambio di battute, Cindy e Parker augurarono la buonanotte e andarono via. «Sei fortunato» commentò lei una volta saliti in auto, «hai una madre meravigliosa.» «Tua madre non lo è stata?» «Mia madre aveva quindici anni quando io sono nata» spiegò Cindy. «Non fraintendermi, io la rispetto, non è facile allevare un bambino se sei ancora una bambina tu stessa. E lei si è occupata di me, lo ha fatto davvero» aggiunse, infilando le mani nelle tasche del caldo cardigan di lana che Robin le aveva prestato. «Devo tornare a casa adesso» disse. «È tardi.» «È passata la mezzanotte ma il tuo vestito è ancora intatto» constatò Parker. «Perché tanta fretta? Inoltre siamo vicini a casa mia.» Kathleen Webb
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«Abiti da queste parti?» Parker annuì. Parcheggiò, spense il motore, prese una torcia dal vano portaoggetti e scese dall'auto. Cindy lo imitò. «Non dirmi che vivi in un cottage sulla spiaggia!» esclamò. «Meglio. Vivo in un cottage sul mare» spiegò Parker con aria enigmatica mentre attraversavano una sorta di pontile di legno. Giunti davanti la porta cercò la chiave in tasca. «Accomodati pure» sussurrò poi, facendosi da parte per lasciarla passare. Accese le luci rivelando così che il cottage altro non era che un battello adattato a casa. L'interno era ampio, diviso fra la cucina e il soggiorno. Un telescopio era sistemato accanto a una grande finestra. Il pavimento di legno era quasi completamente nascosto da tappeti. Una scala di ferro battuto conduceva a quella che Cindy pensò dovesse essere la stanza da letto di Parker. «Da quanto tempo abiti qui?» chiese. «Da cinque anni» rispose Parker. «Il battello apparteneva ai miei zii. Quando il marito morì, mia zia decise di venderlo.» «Che spettacolo!» commentò Cindy, che intanto stava scrutando il cielo con il telescopio. «Se avessi saputo che da qui potevo guardare le stelle quando è passata la cometa, non saresti mai riuscito a liberarti di me.» «E chi ha detto che avrei voluto farlo?» «Oh» commentò Cindy allontanandosi dal telescopio, «sono conosciuta per essere piuttosto fastidiosa. Ora, direi che abbiamo fatto dei progressi» aggiunse. «Tu hai visto dove sono nata e cresciuta e io ho visto dove sei nato e cresciuto tu.» «E stai visitando la mia casa» precisò Parker. «Vieni su, voglio farti vedere la camera. C'è un grande lucernario sopra il letto.» «Credo di aver visto abbastanza per una sola serata» replicò Cindy reprimendo uno sbadiglio. «Si sta facendo veramente tardi.» «Hai ragione.» Parker spense le luci. La magica atmosfera della notte incantò Cindy. Non voleva davvero andare via, pensò. Sarebbe bastata una parola, una sola parola e... Ma la parola avrebbe dovuto dirla lei. La paura la paralizzò. Paura di dire la cosa sbagliata. Forse sarebbe stato peggio del non dire assolutamente nulla? Kathleen Webb
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Intanto Parker era accanto alla porta, aspettava una sua mossa. Cindy guardò il salone. I raggi della luna illuminavano l'interno del battello producendo un effetto quasi ipnotico. Non si rese conto che Parker l'aveva raggiunta fin quando lui la toccò sfiorandole un braccio con un dito dolcemente. «Certa di voler andare via?» «No. Sì. Non lo so.» Parker chinò la testa e le baciò dolcemente le labbra. «Io però voglio che tu ne sia certa.»
8 Cindy alzò una mano per sfiorargli il viso. «Chi può mai essere assolutamente certo di qualcosa?» mormorò. «Mi stai chiedendo rassicurazioni, Cinderella?» Aveva sempre saputo esattamente cosa voleva, e in quel momento voleva Parker, con tutta se stessa, decise Cindy. «E se non avessi bisogno di rassicurazioni?» chiese. «Di cosa hai bisogno, allora?» Cindy alzò lo sguardo e si perse immediatamente nella passione riflessa negli occhi di Parker. «Di te» replicò. «Ho bisogno di te.» Parker respirò a fondo, come se qualcuno avesse rimosso un peso che gli gravava sul petto. «Sono contento di sentirtelo dire.» Abbracciati, salirono lentamente le scale che conducevano alla camera. Parker non aveva esagerato quando aveva parlato di un grande lucernario. Praticamente non esisteva un soffitto, ma solo la distesa scura del cielo punteggiato da mille stelle. «Se questo posto fosse mio non uscirei mai» mormorò Cindy. «Finora sono stato il solo a goderne» replicò Parker, impegnato con la zip del suo vestito. «Voglio solo che tu lo sappia» precisò Cindy mentre gli sbottonava la camicia. «La prima volta con qualcuno è sempre una delusione. Non mi aspetto molto.» Parker inarcò un sopracciglio. «Bene, grazie» borbottò. «Voglio dire, c'è sempre un po' d'imbarazzo e cose del genere. Quindi è meglio farlo subito e non pensarci più.» «Farlo subito e non pensarci più» ripeté Parker in realtà abbastanza Kathleen Webb
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sconcertato. «Certo... comunque, se non avremo voglia di stare di nuovo insieme non sarà un problema, sei d'accordo?» Parker le afferrò i polsi. «Adesso ascoltami bene, Cinderella» disse con tono basso e deciso. «Non mi interessano le avventure di una notte. Non mi hanno mai interessato.» «Lo dichiari adesso, ma dopo? Come puoi prevedere cosa sentirai dopo? Potresti anche essere costretto a riconoscere di aver commesso un errore. E perché mai dovresti ripetere un'esperienza negativa?» Parker incrociò le braccia sul petto. «Una cosa devo riconoscertela, Cindy. Sai come rovinare un momento di seduzione.» «Bisogna essere realistici» commentò lei con fare pratico. «Essere pronti ad affrontare la realtà delle cose.» «Sei brava ad allontanare le persone da te, giusto?» «Marissa ne è convinta. Sostiene che la mia è una tattica di preservazione, non permetto a nessuno di avvicinarsi troppo finché non sono convinta che abbiano bisogno di me più di quanto ne abbia io di loro.» «E se ora ti dicessi che ho bisogno di te? Precisamente ho bisogno di te nuda nel mio letto.» «E proprio quello che volevo sentire» replicò Cindy lasciandosi scivolare il vestito dalle spalle. Quasi con reverenza, Parker le sfiorò i seni. Il momento di esitazione svanì in un instante. La sollevò fra le braccia e la fece distendere sul letto. «Sei così bella alla luce della luna» mormorò mentre le sfilava gli slip di pizzo nero. «Anche tu» replicò lei, inarcando la schiena, pronta ad accoglierlo. Parker non vide la necessità di farsi ripetere l'invito. In un unico movimento i loro corpi si unirono, poi Cindy cinse la sua vita con le gambe. Onde di piacere risalirono lungo la sua spina dorsale. Cindy decise di cancellare ogni pensiero dalla sua mente e di focalizzare la sua attenzione e tutto il suo essere su quel meraviglioso uomo che le stava facendo vivere sensazioni magiche. Cindy fu svegliata dall'aroma del caffè e dal profumo del pane appena sfornato. Allungò la mano per toccare la spalla di Parker, addormentato accanto a lei. Kathleen Webb
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«Parker» chiamò scuotendolo. «Parker!» Lui si girò sulla schiena e borbottò qualcosa d'incomprensibile. «Parker, chi sta cucinando?» «Cosa?» Parker si mise a sedere e si strofinò gli occhi con il dorso di una mano. «Qualcuno sta cucinando. Sento odore di caffè.» Parker scoppiò a ridere. «La caffettiera elettrica è regolata da un timer» spiegò, lanciandole un cuscino. «Così come il forno per il pane.» «Stai scherzando! Ti svegli così ogni mattina?» «Vai pure a controllare» replicò lui, tornando a stendersi. Cindy si alzò e si infilò il vestito. «Che cosa ti succede?» chiese Parker allarmato. «Dove vai?» «È troppo.» «Che cosa significa, è troppo?» «Tutto questo» spiegò Cindy. «Tu. Questo posto. Il tuo modo di vivere. È troppo. Ho bisogno di pensare.» «Chi t'impedisce di pensare?» «Voglio dire, devo riflettere e non posso farlo se ci sei tu.» Parker sospirò. «D'accordo. Mi vesto e ti accompagno a casa.» Cindy si passò una mano fra i capelli. Doveva tener fede alla sua decisione. Doveva andar via prima di cambiare idea. «Preferisco camminare. L'aria fresca mi aiuterà a schiarirmi la mente» affermò. «Fai come vuoi» si arrese Parker, «ma te lo devo dire. Stai rinunciando a una grande colazione.» «Allora ciao, Parker.» Cindy appoggiò il cardigan di Robin sulla spalliera del letto. «Ringrazia tua madre per avermi prestato il maglione, d'accordo?» Qualche secondo dopo Parker sentì il rumore della porta che si richiudeva. Rimase a fissare il cielo come se lì avesse potuto trovare le risposte che cercava. Poi saltò giù dal letto. Dal momento che apparentemente l'infinità celeste non poteva aiutarlo, c'era qualcun altro in grado di farlo. Sheri sembrava più la sorella di Cindy che sua madre. Stesse gambe lunghe e snelle, stessi piedi grandi, stesse mani affusolate. In quel momento quelle mani erano occupate a dar forma a un pezzo di creta umida. I capelli erano biondi come quelli della figlia, anche se ormai Kathleen Webb
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spruzzati di grigio. Anche la voce era identica, bassa e sensuale. «Cindy è sempre stata molto indipendente. Credo che sia il risultato dell'educazione che ha ricevuto, ma anche delle circostanze legate alla sua nascita.» «Perché? Cos'è successo?» «Lei dice che mia figlia le ha parlato di me?» chiese Sheri a bassa voce rivolgendogli un'occhiata penetrante. «Mi ha persino portato qui per mostrarmi il posto dov'è cresciuta.» «Non lo aveva mai fatto prima. Lei deve essere molto importante per Cindy.» «Mi piacerebbe che fosse così. Il problema è che continua a respingermi.» «Lo fa anche con me. Cindy l'ha portata qui ma non è venuta per cercare me. Questo cosa le fa capire?» «Frank ha detto che lei era in meditazione» rispose Parker. Sheri scoppiò a ridere. «È davvero ironico! Stavo meditando, certo, chiedevo alle forze dell'universo di riportarmi mia figlia e lei era qui ma non ha voluto disturbarmi. È questa l'essenza del nostro rapporto. Che cosa le ha detto di me?» «Che lei era molto giovane quando è diventata madre, ma che nonostante questo le ha dato amore e attenzioni.» «Mi fa piacere saperlo.» Sheri sospirò guardando il vaso che rifiutava di assumere una forma definita. Si alzò, affondò le mani in una bacinella piena d'acqua, poi si girò per guardare Parker. «Avevo solo quindici anni quando Cindy è nata. Tutti mi consigliarono di darla in adozione ma io rifiutai di firmare i documenti. I miei genitori non mi permisero di portarla a casa loro e a quel tempo non esistevano ostelli per ragazze madri a Madronna Beach.» «Dunque cosa successe?» «Lasciai Cindy in ospedale fin quando mi sistemai qui, poi tornai a prenderla.» «Per quanto tempo rimase lì?» «Un mese circa» rispose Sheri. «Quindi noi siamo state lontane nel momento più delicato per un neonato. Forse è per questo che non permette a nessuno di avvicinarsi. Cindy ha iniziato da sola la sua vita e probabilmente poi ha deciso che sarebbe stato meglio continuare così.» Kathleen Webb
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«Sei pronta?» chiese Cindy irrompendo a casa di Marissa. «Ho cambiato idea» replicò Marissa. «Vai da sola.» Ma cosa stava succedendo? Marissa non si tirava mai indietro davanti una sfida. Mai. «Coraggio, Rissa» la esortò Cindy. «Non fare la guastafeste. Il furgone di Jan è qui fuori. È tutto pronto.» Avevano organizzato quella gita da giorni. Sarebbero andate al canyon, nella riserva di Tom. Lei aveva dei problemi, vero, ma questo non le impediva di dare un piccolo aiuto alla sua amica. Non aveva mai visto Marissa così presa da un uomo, praticamente non faceva altro se non parlare di lui. «Apprezzo la tua premura, ma semplicemente non sono pronta.» «È perché non ti ha mai visto sulla sedia?» ipotizzò Cindy. Marissa scrollò le spalle. «Le persone mi trattano in un modo diverso. Mi parlano quasi fossi una bambina. Ma Tom... Lui è stato gentile con me.» «Allora perché non dargli una possibilità?» «Forse mi basta avere un buon ricordo.» «Non è da te comportarti da vile.» «Lo dici proprio tu.» «E questo cosa dovrebbe significare?» «Lo so che non vuoi più vedere Parker» spiegò Marissa. «Appena avete iniziato a diventare più intimi, tu ti sei spaventata e lo hai rifiutato.» «Ma io sono io. Tu sei tu. Adesso andiamo.» «Tom sa delle nostre intenzioni?» «No» replicò Cindy allegramente. «Ma sono pronta a scommettere che ne sarà felice.» Durante il tragitto verso il canyon Marissa restò silenziosa, assorta nei suoi pensieri. Le relazioni sentimentali, concluse Cindy, rendevano davvero la vita difficile. «Buongiorno, Tom!» lo salutò allegramente una volta giunte alla riserva. «Ho portato un'aiutante.» «Non mi lamenterò mai per questo» replicò Tom. «È quello che pensavo. Inoltre credo che tu conosca già la mia amica Marissa» aggiunse Cindy aprendo lo sportello del furgone dal lato del passeggero. «Spero che la mia presenza non ti disturbi» esordì Marissa, la voce che Kathleen Webb
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tremava leggermente. «Ma Cindy ha insistito. Non voglio essere d'intralcio a nessuno.» Con un sorriso che gli illuminava il volto, Tom si avvicinò al furgone, si tolse il cappello, prese una mano di Marissa e si schiarì la voce un paio di volte prima di parlare. «La tua visita è un onore per me» disse. «Per favore, vieni a trovarmi ogni volta che vuoi.» «Dunque, cosa c'è da fare oggi?» chiese Cindy dopo aver scaricato la sedia di Marissa. Ma Tom non le stava dando ascolto. Continuava a fissare Marissa come se temesse di vederla scomparire da un momento all'altro. «Tom?» «Cosa? Ah, sì, organizzati da sola. Io voglio mostrare i dintorni alla tua amica.» Detto ciò Tom sollevò Marissa fra le braccia. Lei sospirò e appoggiò la testa contro la sua spalla. Cindy dubitava che, da lì a poco, si sarebbero ricordati di lei.
9 «Come è andata?» chiese Jan mentre Cindy le restituiva le chiavi del furgone. «La missione di Cupido ha avuto successo?» «Un grande successo, direi. Ho lasciato Marissa con lui. Tom la riaccompagnerà a casa, prima o poi. Non può restare lì anche se volesse. Non è un posto adatto per chi è costretto a muoversi sulla sedia a rotelle.» «Immagino che ora ti sentirai sola» commentò Jan. «Marissa ti è sempre stata accanto quando hai avuto bisogno di lei.» «Non hai capito bene la situazione, Jan. Io non ho bisogno di Marissa. Marissa ha bisogno di me. O almeno ne ha avuto finora.» Sulla strada del ritorno verso casa, Cindy ripensò alle parole di Jan chiedendosi se non avessero un fondo di verità. Marissa aveva sempre tempo per lei e non le faceva mai mancare il suo prezioso sostegno. Era immersa nei suoi pensieri quando intravide con la coda dell'occhio un furgone che la seguiva a poca distanza. Parker Davis, il conducente era proprio lui! Madronna Beach era decisamente una piccola città. «Sei occupata?» domandò lui affiancandola. Sapendo che l'avrebbe giudicata maleducata se avesse continuato a camminare ignorandolo, Cindy si avvicinò al finestrino del furgone. «Cosa Kathleen Webb
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fai, offri un passaggio alle persone che hanno perso il bus?» chiese, cercando di mascherare con l'ironia il suo disappunto. «Salta su» replicò lui aprendo lo sportello. «Sto andando a un'asta. Svendono tutto l'arredamento e le suppellettili di una villa a Deep Bay. Dovresti decisamente venire con me.» «Non credo proprio.» «Ti sbagli. Mi hanno parlato di una biblioteca molto fornita.» «E tu a cosa sei interessato?» «Mi hanno parlato anche di una cantina fornita di ogni tipo di vino pregiato. Fra poco sarà l'anniversario di matrimonio dei miei genitori e speravo di trovare qualche bottiglia rara da regalare loro. Allora, vieni?» «Certo, perché no?» rispose lei salendo nel furgone. In effetti era entusiasta all'idea di partecipare a una vendita di libri. Era moltissimo tempo ormai che spendeva soldi solo per il necessario. Come al solito non parlarono durante i primi minuti di viaggio. Infine fu Cindy a interrompere il silenzio. «Non sono mai stata a Deep Bay. Com'è?» «E' grande più o meno come Madronna Beach. Una volta era una comunità di pescatori. E' un bel posto, mi ricorda alcune zone del Portogallo.» «Sei stato in Europa?» Domanda stupida, pensò Cindy. Ovviamente era stato in Europa. Il denaro indubbiamente offriva svariate possibilità. «E' successo molto tempo fa, subito dopo il diploma» spiegò Parker. «Ah, questo dovrebbe essere il posto» aggiunse, imboccando un lungo viale alberato. «Che bello, qui» commentò Cindy mentre Parker parcheggiava il furgone accanto a un'altra mezza dozzina di vetture. «Chi ti ha parlato di questa vendita?» «Un mio amico possiede un negozio d'antiquariato. È sempre al corrente su tutte le aste della zona.» «Sono contenta di averti incontrato» replicò Cindy, ed era la verità. In genere trascorreva il tempo libero con Marissa. Ora le sembrava che Tom le avesse usurpato quel privilegio. Parker sorrise. «Non è stato un incontro casuale, Cindy. Ero già stato a casa tua e avevo lasciato un messaggio nella cassetta della posta. Poi ho incontrato Jan che mi ha detto che ti aspettava perché ti aveva prestato il suo furgone. Ero deciso a vederti e a convincerti a trascorrere un po' di Kathleen Webb
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tempo con me.» «Chi ti ha dato la certezza che avrei accettato?» «Avevo il cinquanta per cento delle possibilità. È già qualcosa quando si tratta di te.» Suo malgrado, Cindy scoppiò a ridere. «Sei davvero unico, Parker Davis.» «Grazie. Vogliamo andare?» La casa era una costruzione che risaliva al 1920, presidiata da diversi addetti in uniforme, uno dei quali li accompagnò in biblioteca. «Oh, mamma mia!» esclamò Cindy con un filo di voce quando vide l'enorme stanza le cui pareti erano letteralmente tappezzate di scaffali pieni di libri. «Divertiti» la canzonò Parker stringendole una mano. «Io vado in cantina, a meno che tu non voglia venire con me.» «Sono certa che la cantina sarà ugualmente affascinante, ma preferisco restare qui, grazie.» Quando tornò da lei, non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato da quando Parker l'aveva lasciata in quel mondo da sogno. «Trovato qualcosa che ti piace?» le chiese. Cindy sospirò. «Questi libri sono fantastici, ma sono troppo costosi per me. C'è un'intera collezione di racconti di Natale, quelli che preferisco. Ironico, vero? Mi affascinano proprio perché, quando ero piccola, per me Babbo Natale non è mai esistito.» «Tutti abbiamo bisogno di sognare, anche da adulti» commentò Parker. «Ma... hai visto questi?» aggiunse indicando uno scaffale. «Libri sugli animali pubblicati nel diciannovesimo secolo. E non costano molto.» «Sono bellissimi» replicò Cindy sfogliandone uno. «Tu hai trovato quello che cercavi?» Parker le mostrò una bottiglia di Chateau Latour del 1920. «Un vero gioiello» spiegò. «Bene. Credi che i tuoi genitori berranno questo vino o che lo conserveranno?» «Lo stapperanno per festeggiare il loro anniversario, ne sono sicuro. Una cosa che i miei genitori mi hanno insegnato è godere del momento perché non si può mai sapere cosa ti riserva il destino.» «Questo perché tuo padre è un medico?» «In parte, ma credo si tratti essenzialmente di una semplice filosofia di vita.» Kathleen Webb
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Alla fine andarono via. Cindy era felicissima della sua serie di volumi sugli animali domestici e di alcune riviste del XIX secolo. Parker, sorprendentemente, aveva acquistato un racconto di Natale. «Non credevo che ti interessasse» commentò Cindy mentre sistemava con cautela la scatola contenente i libri e il vino fra i due sedili del furgone. «C'è molto che non sai di me. Forse un giorno leggerò questa storia ai miei figli.» «Mi sono divertita molto» puntualizzò Cindy, quando erano ormai arrivati nei pressi di Madronna Beach. «Grazie per aver pensato a me.» «Io penso sempre a te» replicò Parker. «Solo non so cosa posso fare d'altro.» «Oh.» Anche lei pensava costantemente a Parker, rifletté Cindy muovendosi a disagio sul sedile, anche se non era ancora pronta ad ammetterlo in modo troppo palese. Parker le strinse lievemente una mano. «Ma non voglio parlarne adesso. Sono solo contento di aver trascorso la giornata con te.» Continuò a guidare in silenzio per qualche minuto, poi, improvvisamente, schiacciò il pedale del freno. Con uno stridio di gomme il furgone si bloccò al centro della strada. «Che succede?» chiese Cindy allarmata mentre Parker rimetteva in moto il veicolo per parcheggiarlo sul ciglio della strada. Fu allora che notò sulla carreggiata opposta strisce nere che segnalavano una recente e brusca frenata. La balaustra era abbattuta. Parker le porse il suo cellulare, poi scese dal furgone. «Prendi questo. Forse sarà necessario chiamare aiuto» disse, prima d'iniziare a correre verso il luogo dell'incidente. Cindy lo seguì. Un'automobile era bloccata a metà del fianco della collina. Parker aveva già aiutato il conducente a scendere dalla vettura. «Sta bene?» chiese quando lo raggiunse. «Tu resta con lui» ordinò Parker. «La sua fidanzata è ancora nell'auto» aggiunse, già in procinto di aprire l'altro sportello. «Come ti chiami?» chiese Cindy allo sfortunato automobilista. «Mike Mitchell.» «Sai che giorno è, Mike?» «È domenica.» «Dove sei?» «Fra i cespugli» rispose l'uomo con un sorriso amaro. «Temo di aver affrontato l'ultima curva un po' troppo velocemente. Sandy come sta?» Kathleen Webb
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domandò, guardando preoccupato la sua auto. «L'ho sentita gridare quando siamo usciti di strada.» «Direi che sta bene» rispose Cindy, dal momento che Parker stava camminando verso di loro sorreggendo una ragazza. «Lo sapremo fra un istante.» Parker tornò al suo furgone per prendere la valigetta del pronto soccorso, poi disinfettò e bendò i tagli e le escoriazioni dei due ragazzi. «Avete idea di quanto siete stati fortunati?» chiese. «A giudicare dai segni della frenata sull'asfalto dovevate procedere a una certa velocità.» «Avviserà la polizia?» chiese Mike preoccupato. «È quello che dovrei fare» confermò Parker. «Mi toglieranno la patente. Non potrò più andare al lavoro» si lamentò il ragazzo. «Troppo tardi per pensare a questo, giusto?» commentò Parker, poi rifletté qualche istante. «D'accordo» concesse poi, «non chiamerò la polizia, ma a una condizione. Dovrai prendere di nuovo lezioni di guida e ripassare i limiti di velocità consentiti.» «Questo lo posso fare» replicò Mike. «Bada bene che io ti controllerò.» Cindy e Sandy si fecero da parte mentre Parker accostava il suo furgone al ciglio della strada, agganciava l'automobile di Mike con il cavo da traino e la riportava sulla carreggiata principale. La giovane coppia ringraziò, salutò e ripartì dopo pochi minuti. «Sei stato molto gentile con loro» commentò Cindy. «È una cosa naturale per te, vero? Aiutare la gente, intendo.» Parker annuì. «Cerco di dare una mano quando è possibile. Credo sia ora di andare.» «Certo» confermò Cindy montando sul furgone. «Grazie per tutto quello che hai fatto per me.» «Non ho fatto nulla di speciale» replicò lui scrollando le spalle. Era sincero, pensò Cindy. Aiutare gli altri ed essere gentile era per Parker naturale come respirare. Il giorno seguente Cindy si recò sulla spiaggia pronta, come ogni anno in occasione del solstizio estivo, a ripetere il suo piccolo rituale. Si tolse i sandali e camminò verso il bagnasciuga, in mano una rosa rossa. Mosse qualche passo nell'acqua gelida. I suoi desideri erano sempre semplici: la Kathleen Webb
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pace interiore e una buona consapevolezza di se stessa. Quella mattina esitò, cercando di non essere troppo avida. Cosa poteva chiedere? Di vincere la maratona per poter finalmente avere il denaro necessario per i tanto sognati studi di veterinaria? Oppure di innamorarsi? Sobbalzò a quel pensiero e all'immagine, apparsa nella sua mente, del viso di Parker. L'amore significava dipendenza, giusto? Lanciò la rosa più lontano che poté, tornò sulla spiaggia e rimase a osservare i petali rossi che simboleggiavano i suoi desideri galleggiare e poi sparire alla sua vista. Solo allora riprese a camminare, diretta al negozio di scarpe. Parker era in piedi sulla soglia della porta de La Scarpetta di Cristallo. Già da qualche minuto stava osservando Cindy alle prese con una cliente particolarmente esigente. Aspettò che la signora uscisse prima di entrare nel negozio. «Salve» esordì. «Salve» replicò Cindy senza però alzare lo sguardo. «Ho pensato a te.» «Anch'io.» «Allora perché non hai risposto ai messaggi che ti ho lasciato in segreteria?» «Te l'ho appena detto.» «Perché hai pensato a me?» «Esattamente» confermò Cindy, inginocchiandosi al centro della stanza per rimettere le scarpe nelle loro scatole. «Mi sembrava di avertelo detto. A me non interessano avventure di una notte.» «Mi sembrava di avertelo detto. Ho bisogno di pensare.» «E perché credi che sia rimasto in disparte per tanto tempo?» chiese Parker con veemenza. «Forse non siamo stati bene insieme a Deep Bay?» «Siamo stati bene» confermò Cindy, sempre assorta nel suo lavoro. «Ma questo non ti dà il diritto di venire qui e di accampare pretese. Ti ho detto che t'avrei chiamato quando fossi stata pronta.» «Sono un impaziente, che vuoi farci?» scherzò lui, ma l'espressione del viso di Cindy rimase dura. Questo non l'avrebbe scoraggiato, decise Parker. Cindy gli piaceva come nessun'altra donna gli era piaciuta. Un annuncio appeso allo specchio attirò la sua attenzione. Si parlava della maratona annuale sui pattini a rotelle e accanto c'era un foglio per le iscrizioni. Il nome di Cindy era nell'elenco. Kathleen Webb
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«Ti stai allenando?» chiese Parker con tono casuale. «Ogni sera» confermò lei. «E vincerò.» «Ho sentito che l'amministrazione locale ha intenzione di mettere in palio una borsa di studio.» «La cosa mi farebbe estremamente comodo.» L'atteggiamento di Cindy era ancora freddo e distante, ma almeno aveva smesso di affaccendarsi con quelle stupide scatole. «Ti alleni sul lungomare?» le chiese. «A volte.» «Allora ti aspetto lì questa sera dopo il lavoro. Verso le diciotto e trenta, d'accordo?» «Che cosa significa?» domandò Cindy socchiudendo gli occhi. «Hai detto che volevi vincere.» «No, io ho detto che vincerò.» «Pensare in positivo è già un buon inizio. Ma con me come allenatore tutto sarà più semplice e...» «Io non voglio un allenatore.» «Forse non lo vuoi, ma ne hai bisogno. In realtà tu hai bisogno di me.» «Cosa te lo fa pensare?» «Hai partecipato alla gara dell'anno scorso?» Cindy scosse la testa. «Peccato» riprese Parker, «altrimenti mi avresti visto tagliare il traguardo per primo.» «Ma non c'è il tuo nome fra i concorrenti di quest'anno» osservò lei. «Perché ho deciso di non iscrivermi, ma ci sarò comunque, per te. Che cos'hai da perdere, in fin dei conti?» «La mia indipendenza?» ipotizzò Cindy. «No, nessuno può toglierti l'indipendenza senza il tuo consenso» la corresse Parker. «Io non ci proverei mai. È uno degli aspetti fondamentali del tuo carattere, uno fra quelli che preferisco anche se, a volte, per me è un po' frustrante» concluse, poi azzardò un sorriso. Non ottenne alcuna replica. In genere non era costretto a insistere così per avere l'attenzione di una donna. In realtà, l'ultima volta che aveva dovuto faticare tanto per mantenere una relazione... era successo con Tammy, ammise con se stesso. Una lotta contro il suo volere per farla smettere di assumere droghe. Aveva creduto di poterla salvare con la forza del suo amore. Si era sbagliato. E se fosse stato anche adesso in procinto di commettere lo stesso errore con Kathleen Webb
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Cindy? Lui voleva aiutarla, ma non solo. Voleva frequentarla, stare con lei. Decise per l'approccio migliore: essere onesti. «Ammetto di volerti vedere più spesso» disse poi, «e ammetto anche che mi piace essere utile quando è possibile. Ma tu rendi dannatamente difficile la realizzazione di questi due desideri.» «Vuoi aiutare o sopraffare?» chiese Cindy lanciandogli un'occhiata scettica. «Aiutare, solo questo. Te lo dimostrerò se me ne darai la possibilità.» Cosa aveva da perdere? Si chiese Cindy più tardi quello stesso giorno. Durante il suo rituale aveva chiesto di vincere la gara. Sembrava che Parker fosse apparso poco dopo proprio per sostenerla in quel senso. Perdere la competizione non era previsto, ma neanche perdere il controllo di se stessa era per lei accettabile. Eppure temeva che le sarebbe accaduto proprio quello se avesse permesso a Parker, con i suoi modi gentili e il suo altruismo, di avvicinarsi troppo. Parker era troppo paziente. Troppo comprensivo. Troppo seducente. Allora perché aveva accettato il suo aiuto?, si chiese di nuovo mentre indossava le protezioni per le ginocchia e i gomiti. Allacciò le stringhe degli stivaletti e si mise in piedi. Aveva accettato la sua proposta solo perché doveva vincere il premio. Era tutto lì, tentò di rassicurare se stessa. Avrebbe collaborato anche con il diavolo se questo le avesse assicurato la vittoria. Giunta sul lungomare ammirò il sole che ancora splendeva alto nel cielo. Un crampo inaspettato le contrasse lo stomaco quando vide Parker scendere dal suo furgone. Quella strana sensazione rese il suo equilibrio instabile mentre pattinava per raggiungerlo, e aumentò quando un sorriso apparve sulle labbra dell'uomo. Lei invece aveva la bocca secca. Sembrava incapace persino di parlare. «Ti sei già riscaldata?» chiese lui mentre allacciava i pattini. Riscaldata? Quella sì che era una domanda azzeccata! Era praticamente in fiamme, pensò Cindy. «Puoi scommetterci» replicò laconica. «Allora andiamo.» Kathleen Webb
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Cindy scattò in avanti, ansiosa di mettere della distanza fra lei e Parker e desiderosa di dare prova della sua abilità, nella speranza che lui capisse che la sua assistenza era del tutto superflua. Pochi istanti dopo Parker l'affiancò e la prese per un braccio costringendola a fermarsi. «Cosa stai facendo?» «Cosa faccio?» ripeté lei. «Mi alleno, ovvio.» «Dunque, dal momento che sono qui per questo, ti darò qualche consiglio» replicò Parker. «Per prima cosa la tua posizione è sbagliata. Devi tenere le spalle più curve, così» spiegò, piegandosi in avanti. «Secondo, ho sempre trovato più utile misurare le forze, evitando di sprecarle nello sprint iniziale. Devi comportarti come il gatto che gioca con il topo. Prendi il tempo che ti serve per osservare gli avversari, per capire chi vuole assumere il comando. Se sei furba abbastanza puoi metterti alle spalle del più veloce e stancarti di meno, visto che così il tuo avversario creerà un corridoio in cui correre senza affrontare l'impatto con il vento e l'aria.» «Non è giocare sporco, questo?» obiettò Cindy. «Niente affatto. I concorrenti più bravi prenderanno il comando sin dal principio, e tu sarai fra loro.» «Cos'altro?» «Bevi acqua prima della competizione, ma non troppa se non vuoi correre il rischio di crampi muscolari. E fai attenzione alla paglia.» «Alla paglia?» «Ci sono sempre delle balle di paglia lungo il percorso di gara. Il vento può spostarne dei fili e rendere così l'asfalto insidioso per le rotelle dei pattini. E fai attenzione ai granelli di sabbia fastidiosi, per gli occhi.» Cindy sospirò. «E io che credevo che bastasse essere la più veloce!» «Veloce, furba e fortunata» precisò Parker. «Coraggio, vediamo cosa sei capace di fare.» Questa volta Cindy non iniziò a correre all'impazzata, ma si concentrò sui consigli appena ricevuti. Curvò la schiena fino a raggiungere una posizione innaturale, ma dopo pochi istanti sentì i muscoli rilassarsi. Pattinando dietro Parker scoprì che effettivamente faceva meno fatica. Procedettero a una bella velocità fin quando accadde qualcosa. Una ruota del pattino incontrò una resistenza, lei perse l'equilibrio e allargò le braccia per non cadere. Svelto, Parker girò su se stesso e l'afferrò, appena in tempo per evitarle Kathleen Webb
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un rovinoso ruzzolone. «Che è successo?» chiese lei senza fiato. «Una pietra, probabilmente.» «E cosa dovrei fare io in una situazione del genere? Supponiamo che non ci fossi stato tu...» «Per prima cosa non devi lasciarti prendere dal panico. Hai sentito un pattino scivolare via dall'assetto, giusto? In questi casi devi portare alla svelta tutto il peso del corpo sull'altro piede.» «Grazie del consiglio» borbottò lei. «Di niente» replicò Parker continuando a stringerla a sé. Aveva insinuato le dita sotto la sua maglia, si rese conto Cindy, e quel contatto le faceva perdere il senso dell'equilibrio molto di più di una scivolata sui pattini. Lo guardò in viso, le sue braccia si alzarono per cingergli il collo quasi animate da una volontà propria, chiuse gli occhi pronta a ricevere il suo bacio... E fu investita da un getto di acqua fredda. L'espressione sorpresa dipinta sul suo volto era uguale a quella di Parker mentre entrambi si voltarono a guardare il sistema d'irrigazione di un giardino lì accanto che mettendosi in azione aveva regalato loro quella inaspettata doccia.
10 La maglia di lycra che indossava bagnandosi le aderì addosso come una seconda pelle. Avrebbe dovuto mettere il reggiseno, pensò Cindy sconsolata guardando i capezzoli che premevano contro la stoffa. Parker era nelle stesse condizioni, più seducente che mai, la maglia bianca resa trasparente dall'acqua che evidenziava le spalle larghe e il torace ampio e muscoloso. «Vorrei poterti fotografare» scherzò lei. «Vorrei un telo di spugna» replicò Parker. «Andiamo» aggiunse, prendendola per mano. «Andiamo dove?» «A casa mia. Ci asciugheremo e ci cambieremo i vestiti.» «Preferisco asciugarmi all'aria, grazie.» «E rischiare di ammalarti prima della gara? Non mi sembra una buona idea, mia cara.» Kathleen Webb
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«Avevi organizzato tutto, Parker Davis?» «Organizzato cosa? Questa doccia gelida?» Parker scosse la testa. «Questi non sono i miei metodi, Cindy. Oltretutto dovresti sapere che effetto ha l'acqua fredda sulla libido di un uomo.» Il battello era molto più vicino di quanto avesse immaginato. Mentre lui apriva la porta, Cindy si tolse casco, protezioni e pattini. «Puoi usare la doccia per prima» disse lui sfoderando un sorriso ammaliatore. «Non ho bisogno di una doccia. Mi serve solo un telo di spugna.» «Come preferisci.» Parker le porse un asciugamano e una camicia di jeans, poi la spinse verso il bagno. «Passami la maglia e i pantaloni. Li stenderò sul ponte ad asciugare» aggiunse. In bagno, Cindy si sfilò gli indumenti bagnati, poi indossò la camicia di Parker che era talmente lunga da arrivarle alle ginocchia. Si guardò allo specchio e cercò di sistemare alla meno peggio i capelli, poi scrollò le spalle. Era inutile preoccuparsi dell'aspetto. Lei era come era. A piedi nudi camminò sul pavimento di legno del salone. Le persiane delle due grandi finestre erano alzate, dandole l'impressione di essere in mare aperto. In realtà le sarebbe piaciuto, lei e Parker soli nell'infinità dell'oceano. Si chiese come avrebbe reagito lui se avesse potuto leggere i suoi pensieri. In quel momento Parker si girò per guardarla. «Camicia fortunata» mormorò. «Il bagno è tutto tuo» annunciò Cindy. «Che cosa hai detto a proposito della camicia?» Parker le si avvicinò e le sfiorò la base del collo con la punta delle dita. «Ho detto che questa è la mia camicia portafortuna. E che non mi è mai sembrata così bella.» Cindy rabbrividì, non tanto per il contatto con le sue mani, ma per il tono basso e seducente della sua voce. «Sei tutto bagnato, Parker Davis» disse, nel tentativo d'ignorare la tensione sensuale che si era creata fra di loro. «Lo so. Torno subito.» Cindy uscì sul ponte e si appoggiò alla battagliola. «Potrei vivere qui per sempre» sussurrò osservando il cielo infuocato mentre il sole stava tramontando. Persa in quella contemplazione, non si rese conto dell'esatto momento in cui Parker arrivò alle sue spalle. Ma di nuovo quella sensazione, simile a Kathleen Webb
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una scossa elettrica che risaliva lungo il corpo, l'avvertì della sua presenza. Lentamente si girò verso di lui. Indossava un accappatoio, i capelli erano ancora bagnati. Aveva in mano una bottiglia di vino e due bicchieri. «Potrei restare qui fuori per ore» esordì. «In realtà lo faccio spesso.» «Hai idea di quanto tu sia fortunato?» chiese Cindy. «Credo che ultimamente lo sia stato ancora di più.» Parker aprì la bottiglia e versò il vino nei bicchieri. «È un Merlot» spiegò, «prodotto su questa costa.» «Delizioso» commentò Cindy dopo aver bevuto un sorso. «Quando ho iniziato a lavorare come cameriera il mio primo datore di lavoro m'insegnò tutto quello che sapeva sul vino. Purtroppo il pover'uomo ebbe una brutta sorpresa scoprendo che ero minorenne.» «Ti licenziò?» «No, ma purtroppo fu costretto a chiudere il ristorante un anno dopo per le sue gravi condizioni di salute.» «Strano» mormorò Parker soprappensiero, «a volte le persone entrano nella nostra vita per uscirne subito dopo. In genere a tutto c'è una spiegazione, solo che noi non ne siamo mai consapevoli.» «E tu perché credi di essere entrato nella mia vita proprio adesso?» Cindy non poté evitare di chiedergli. «Forse solo per condividere questo meraviglioso momento... per ammirare il tramonto insieme.» «Questo significa che una volta che il sole sarà scomparso del tutto il nostro rapporto cesserà?» «Oh, no, almeno non prima di vederti tagliare il traguardo come vincitrice questo fine settimana» scherzò Parker. «Va bene, ma non mi hai ancora detto perché sono entrata nella tua vita.» Parker allungò una mano e le sfiorò i capelli. «Forse tu sei qui per ricordami qualcosa.» «Cosa?» insistette Cindy. «I semplici piaceri della vita. Un buon vino. Una piacevole compagnia.» Cindy strinse il suo bicchiere fra le mani e lo portò alle labbra. «Non farlo mai» le consigliò Parker. «Prendi sempre il calice dal suo stelo. In questo modo non altererai il vino con il calore delle tue mani.» «Lo sapevo» mormorò Cindy. «Avevo solo bisogno di stringere qualcosa.» Kathleen Webb
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«Cosa ci sarebbe di male nello stringere me?» «Tutto.» «Temo che dovrai essere un po' più precisa.» «Ho paura.» «Non avevamo già risolto le tue paure?» «Questa è una nuova.» «Hai paura di me?» «No. Ho solo paura che, se iniziassi ad appoggiarmi a te, infine non saprei più rinunciarci e non riuscirei più a fare le cose da sola» spiegò Cindy. «Hai mai sentito parlare dell'amicizia?» chiese Parker sollevandole il mento con un dito. «O del migliore amico, che sa sempre esattamente cosa pensi e cos'hai nel cuore?» «Io non voglio un migliore amico così» affermò Cindy raddrizzando le spalle. Per un istante si era persa, aveva dimenticato la sua determinazione. Com'era potuto succedere? Come aveva potuto desiderare di nascondersi fra le braccia di Parker, quasi lei fosse una patetica, insicura piccola donna? Perché lei era completamente diversa. Era forte, capace, autosufficiente. E, più di ogni altra cosa, era una solitaria. Si allontanò di scatto. «Vado a cambiarmi» dichiarò. «Grazie per il vino e per le belle parole.» Pattinarono in silenzio fino al furgone. Parker offrì a Cindy un passaggio a casa e fu oltremodo sorpreso quando lei non rifiutò. «Stesso posto, stessa ora, domani?» chiese quando si fermò davanti il condominio dove abitava. «Non sei costretto a farlo, Parker. Non è affar tuo se io vincerò o meno la gara.» «Sono abbastanza egocentrico da pensare che un bravo allenatore possa fare la differenza» rispose lui. «Vorrei che tu non distruggessi la mia illusione.» «A domani, dunque» replicò Cindy sorridendo. «Dimmi ancora perché ho gli occhi bendati.» Stavano viaggiando su un veicolo, questo significava che Marissa aveva un complice. Cindy sperò che non si trattasse di Parker. Se fosse diventato troppo intimo con la sua amica, allora per lei sarebbe stato davvero un problema tenerlo a distanza. Kathleen Webb
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«Perché, non ti piacciono le sorprese?» chiese Marissa divertita. «Perché non posso averne il controllo» Cindy rispose quasi automaticamente. La verità era che nessuno le aveva mai fatto una sorpresa. Sicuramente non Sheri. Per lei non c'era mai stato Babbo Natale o il dono nascosto nell'uovo di Pasqua. Sheri non aveva mai avuto segreti per lei tranne, ovviamente, l'identità di suo padre. «Ehi, sento il mormorio delle onde!» esclamò. «Siamo al porto?» «Indovinato» commentò Marissa mentre toglieva la sciarpa dagli occhi di Cindy. Cindy sbatté le palpebre per abituarsi alla luce del sole. Erano sul molo, nel furgone di Tom e non di Parker, davanti a un noleggio barche. «Come ha fatto Marissa a coinvolgerti in tutto questo?» chiese a Tom. «Lo sai che non posso resisterle» replicò l'uomo arrossendo in viso. «Andremo in canoa» annunciò felice Marissa. «Io ho preparato il cesto da pic-nic e...» «Assolutamente no» la interruppe Cindy. «È troppo pericoloso e tu hai paura del mare aperto.» «Mi hai sempre raccontato che è meraviglioso andare in canoa» protestò Marissa. «Ma le canoe possono rovesciarsi» insistette Cindy. «È tempo che io superi le mie paure» ragionò Marissa. «Tom mi aiuterà.» «Rissa, non posso credere che ti stia appoggiando così completamente a qualcuno.» Marissa rise. «È una bella sensazione. Dovresti provarla anche tu per capirlo.» «E va bene» concesse Cindy. Era inutile tentare di far cambiare idea a Marissa, dunque le restava solo da sperare che non accadesse nulla d'imprevisto. S'imbarcarono dalla spiaggia, Tom e Marissa in una canoa doppia, lei in una singola. Era una giornata luminosa e tranquilla, il mare era calmissimo e mentre vogava con lena Cindy si sentì felice e rilassata come riusciva ad essere solo in mare. «Oh, guarda» commentò Marissa dopo poco. «Non è Parker quello?» Ovviamente era lui, pensò Cindy. Come aveva potuto non prevedere la loro destinazione? «Parker!» Marissa agitò una mano per salutarlo. Kathleen Webb
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«Salve!» replicò lui alzando un braccio in piedi sul ponte del suo battello. «Vuoi venire con noi?» lo invitò Marissa. «Abbiamo un enorme cesto per il pic-nic.» «Come potrei rifiutare un'offerta del genere e la compagnia di due belle donne?» scherzò Parker. «Datemi solo cinque minuti.» Nell'attesa Cindy continuò a remare in circolo nel tentativo di alleviare la tensione che si era immediatamente impadronita di lei alla prospettiva di trascorrere un'intera giornata con Parker. «Dove siamo diretti?» chiese Parker quando li raggiunse. «Al parco Race Rocks» rispose Tom. «In genere non è molto affollato.» «Perfetto» confermò Parker, poi si affiancò alla canoa di Cindy. «Che bella giornata» commentò. «Il mare è Uscio come l'olio.» «Io però sono preoccupata per Marissa» borbottò lei. «Tom non permetterà che qualcosa accada alla tua amica. Puoi contarci.» «A volte accadono cose che noi non possiamo controllare.» «Cosa?» volle sapere Parker. «Cosa ti è mai accaduto che tu non sei riuscita a controllare?» Innamorarmi di te, per esempio, ma saggiamente Cindy si astenne dal dare voce ai suoi pensieri. «Perdere la scarpa, ecco cosa mi è capitato» disse invece. «Ma alla fine tutto si è risolto per il meglio» le fece notare Parker. «Solo grazie al tuo intervento.» «E a te non piace essere aiutata, giusto?» «Giusto. Odio sentirmi in debito.» «Non credi di essere un po' egoista? Ad alcune persone fa veramente piacere rendersi utili ma tu, con il tuo atteggiamento, continui a negare loro questa gioia.» «Noi due vediamo il mondo in modo molto diverso, Parker» sottolineò Cindy, poi, senza aggiungere altro, remò con maggiore vigore per allontanarsi da lui. Arrivò per prima al molo del parco. Ormeggiò la canoa e aspettò che gli altri la raggiungessero. Aiutò Tom ad assicurare la loro canoa, poi si incamminò verso la spiaggia, certa che Parker se la sarebbe cavata benissimo da solo. «Se non volevi che io mi unissi a voi potevi anche dirlo» le sussurrò lui all'orecchio per non farsi sentire da Tom e Marissa, che erano già seduti Kathleen Webb
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accanto al tavolo da pic-nic. «Perché mi dici questo?» «Mi hai rivolto a stento qualche parola e praticamente non mi hai guardato affatto.» «Scusami» replicò Cindy. «Ho molti pensieri che mi frullano nella mente.» «Condividili con me» la invitò lui sfiorandole un braccio. «Perché mai dovrei renderti partecipe dei miei pensieri più intimi?» «Si chiama comunicazione» spiegò Parker. «Forse, se ci provassi, potresti scoprire che ti piace.» «Non ho mai saputo che la prepotenza fosse una forma di comunicazione» insistette lei. «Prepotenza? Ma se sono stato invitato!» «Non sto parlando di oggi» spiegò Cindy. «Sto parlando di quando sei apparso dal nulla per aiutarmi a traslocare. E di quando hai voluto diventare il mio allenatore anche se io non volevo. Oppure di come hai scelto le scarpe per tua sorella. Questo è il tuo modo di agire. Prendi decisioni per tutti, solo perché credi che sia giusto così.» «Ma cosa c'è di così sbagliato nel voler essere utili?» protestò Parker, pur costretto ad ammettere a se stesso che c'era un fondo di verità in quelle parole. «Nulla, ma imporre la tua volontà agli altri è sbagliato, e molto. Ma non sei il solo a farlo» aggiunse alla svelta Cindy, colpita dall'espressione turbata che era apparsa sul viso di Parker. «Anche io cerco di decidere al posto di Marissa, affermando di agire solo per il suo bene. Ma c'è voluto Tom per renderla felice come è in questo momento, anzi, per questo devo ringraziarti. Tu mi hai fatto conoscere Tom e...» «Se posso ricordartelo, quei due si sono incontrati da soli.» Cindy annuì. «È giusto. Forse è stato solo merito del destino.» «Voi due!» chiamò Marissa. «Io ho fame. Non volete provare la mia famosa insalata di pollo?» «È bella e sa anche cucinare» commentò Tom con orgoglio quando Parker e Cindy presero posto accanto a loro. «La prossima volta sarà il mio turno. Cucinerò io per te, Marissa.» «Hai sentito, Cindy?» chiese Marissa. «Tom ci ha appena invitati tutti a cena.» Parker scoppiò a ridere. «Veramente io l'ho sentito invitare solo te, Kathleen Webb
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Marissa.» «È così, Tom?» chiese lei rossa in viso. «Una cena per due?» «Era quello che avevo in mente, ma voi due sarete i benvenuti, ovviamente.» Continuarono a mangiare e a chiacchierare del più e del meno fin quando Parker si alzò e cominciò a raccogliere le stoviglie. «Vieni, Cindy» disse, «dal momento che Marissa ha cucinato tocca a noi lavare i piatti.» Cindy lo guardò sorpresa ma non commentò e lo seguì obbediente. Tom e Marissa non sembrarono neanche notare che si erano allontanati. «Ho pensato di lasciarli soli per un po'» spiegò tranquillamente Parker. «Dunque non sei stato colto da un improvviso desiderio di dedicarti ai lavori domestici. Mi stavo preoccupando!» «Se ben ricordi me la cavo bene in casa. Mamma ha insegnato a me e a Lisa le stesse cose.» Erano giunti accanto alla fontana. Parker mise i piatti nel lavello, poi appoggiò le mani sulle spalle di Cindy e la costrinse a guardarlo in faccia. «Volevo solo dirti che avevi ragione prima. A volte sono troppo insistente» ammise. «Capisco che tu sia animato da buone intenzioni» replicò lei, «ma non a tutti piace essere comandati.» «Comunque vorrei ancora essere il tuo allenatore, a patto che tu sia d'accordo.» «Apprezzo molto la tua offerta. Ora laviamo i piatti» concluse Cindy nel tentativo di sottrarsi al suo sguardo. «Dobbiamo pure trovare un modo per tenerci occupati mentre Tom e Marissa continuano la loro tenera conversazione.» «Sicura che non ti sia dispiaciuto che Marissa abbia invitato anche me?» Cindy scrollò le spalle. «Almeno mi hai salvato dal ruolo del terzo incomodo.» «Così come la tua presenza mi ha salvato dall'imbarazzo di comparire da solo al matrimonio di Bambi.» «Dunque siamo pari.» Parker sospirò esasperato e la lasciò andare. «Ma perché hai questa mania di pareggiare i conti?» chiese. «Pensi davvero che ci sia qualcuno interessato al punteggio?» «No, non lo credo.» Sorprendendo prima di tutti se stessa, Cindy si avvicinò a lui. «Nessuno di noi due fa caso a queste cose» confermò. «Così va molto meglio» sussurrò Parker prima di baciarle le labbra. Kathleen Webb
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Baciava divinamente, pensò Cindy mentre alzava le braccia per cingergli il collo. Purtroppo lo squillo del telefono cellulare di Parker interruppe bruscamente l'incantesimo. «Pronto... Connie? Ora calmati, respira a fondo. Vengo subito.» Parker interruppe la comunicazione poi guardò Cindy con aria sconsolata. «Mi dispiace tanto ma devo andare» disse. «Va tutto bene. Vai pure.» «Scusa se non ti aiuto a lavare i piatti.» «Non preoccuparti. Fai quello che devi.» «Certo.» Un ultimo, lieve bacio, poi Parker corse verso Tom e Marissa, scambiò qualche parola con loro e un attimo dopo era già sulla sua canoa. Non era stata rifiutata, si disse Cindy. Non doveva sentirsi abbandonata. Una donna, una tale Connie, aveva la priorità per Parker in quel momento, tutto lì. E perché mai si era aspettata che le cose sarebbero andate diversamente?
11 Continuarono ad allenarsi per tutta la settimana. Il giorno prima della competizione Parker notò che Cindy era molto più a suo agio in sua compagnia. Non dipendeva da lui, ovviamente, ma non si ritraeva come un animaletto spaventato quando lui le si avvicinava e qualche volta rideva persino delle sue battute. «Non avrai bisogno di questi stasera» disse, gettando i pattini sul sedile posteriore della Mustang. «Che significa?» Parker aprì lo sportello del passeggero e la fece accomodare, poi girò intorno alla vettura, prese posto a sua volta, inforcò gli occhiali da sole e avviò il motore. «Hai lavorato molto questa settimana. È arrivato il momento di divertirsi un po'» spiegò. «Divertirsi?» ripeté Cindy. «Ma sei per caso impazzito? La gara è domani. Questa sera è l'ultima possibilità che ho per allenarmi» aggiunse, la mano già pronta sulla maniglia. «Cindy, io sono il tuo allenatore. Mi hai dato ascolto per tutti questi giorni, dunque continua a farlo. Sei pronta per partecipare alla maratona. Ora hai solo bisogno di rilassarti un po'.» «Allora cosa proponi?» «Propongo di prendere un paio di cavalli da un tizio che conosco e di fare una bella passeggiata in collina. Sempre che tu sappia andare a Kathleen Webb
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cavallo.» «Stai scherzando? Adoro andare a cavallo.» «Perfetto.» Non più di quindici minuti dopo erano alle scuderie, i due cavalli pronti che li aspettavano. «Cosa hai portato?» chiese Cindy, già in sella a una bella cavalla color caramello, osservando Parker che armeggiava con una borsa di cuoio. «Qualcosa di cui avremo bisogno» rispose lui, montando in sella con un balzo acrobatico a Lucky Dollar, un baio grosso e imponente. «Qualcosa di che genere?» insistette Cindy. «Genere alimentare. Formaggio, pane e una bottiglia di vino.» Cindy scoppiò a ridere e spronò Caramel Cora fino ad affiancare il baio. «E io che avevo pensato a una cassetta del pronto soccorso!» scherzò. «Hai intenzione di farti male?» «Assolutamente no, ma ho creduto che forse tu avessi in mente evoluzioni un po' complicate che avrebbero rese utili fasce e disinfettanti.» «Mhmm...» Parker le rivolse una lunga occhiata penetrante. «Nel caso potremmo tagliare a strisce la tua camicia e farne delle bende, però non so se valga la pena fratturarmi un braccio solo per vederti nuda.» «Sei proprio matto» borbottò Cindy, poi incitò la giumenta che partì al galoppo sollevando un gran polverone. Parker la raggiunse dopo pochi istanti. «Non potresti smettere di tenermi a distanza, Cindy? Non mi piace.» «Trovo che tu sia già troppo vicino.» «Che caratterino! Dal momento che siamo qui per farti rilassare, permetteresti a me e a Lucky Dollar di fare strada?» «Se proprio vuoi...» Il vero motivo per cui Parker voleva andare avanti era che la strada per il luogo in cui voleva portare Cindy, un posto molto bello sull'orlo di un precipizio, era apparentemente inaccessibile. Trovarsi lì al tramonto in compagnia di una persona speciale era il suo sogno da molto tempo, e ora lo stava per realizzare. Dal canto suo Cindy era felice di seguire il grosso baio. Non aveva cavalcato spesso da quelle parti e non conosceva le asperità del terreno, dunque allungò le redini della giumenta e osservò i dintorni. La vegetazione era rigogliosa, un lieve vento mitigava la temperatura che doveva essere stata caldissima durante la giornata. Era tutto perfetto, come ogni cosa che Parker organizzava. Kathleen Webb
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Da quando lo aveva conosciuto la sua vita si era trasformata in una serie di piccole ma divertenti sorprese. Come mai un uomo del genere non si era ancora sposato?, si chiese osservando le larghe spalle di Parker. Doveva avere ormai circa trent'anni, pensò, l'età in cui tutti gli uomini sentono la necessità di avere un erede. Ma era anche possibile che i sentimenti per Tammy fossero ancora così vivi in lui da impedirgli di innamorarsi di un'altra donna. «Come mai non ti sei ancora sposato?» Parker si girò sulla sella. «Ho sentito bene?» chiese sorpreso. «Benissimo. Non sei stato tu a sottolineare l'importanza di essere sempre chiari e diretti?» «Forse, dopotutto, ho una pessima influenza su di te» scherzò Parker, ma subito dopo l'espressione del suo viso tornò seria. «Io credo che esista un solo motivo che possa spingere un uomo e una donna a un passo importante come il matrimonio, e cioè il desiderio di trascorrere ogni momento della loro vita insieme.» «Me lo stavo solo chiedendo, considerata la tua età.» «Giusto, ma meglio essere solo piuttosto che in compagnia della persona sbagliata. Devo aggiungere che finora ho conosciuto solo donne sbagliate.» «Non ti arrendere» commentò Cindy allegramente. «Alla fine troverai quella giusta.» «Ci conto. Sono troppo carino per restare scapolo.» Proprio carino, concesse Cindy. E dannatamente sexy. Socchiuse gli occhi. La testa le girava, i muscoli erano contratti da una tensione sensuale. Forse era colpa dell'altitudine. Forse erano saliti in alto e lei non se ne era resa conto. «Guarda lì» proruppe, indicando una roccia. «Il panorama deve essere fantastico lassù.» Un sorriso soddisfatto apparve sulle labbra di Parker. «In effetti quella è la nostra destinazione.» «E come facciamo a raggiungerla? Non vedo sentieri che la collegano.» «Le apparenze a volte ingannano» commentò Parker con aria saggia. Parker e Lucky Dollar continuarono a far strada lungo un viottolo stretto e insidioso. Ogni tanto Caramel Corn scivolava sui massi seminascosti dalla polvere. «Tranquilla, piccola» mormorò Cindy accarezzandole il collo. «I ragazzi sanno cosa stanno facendo.» Caramel Corn ovviamente si fidava di Lucky Dollar perché continuava a Kathleen Webb
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seguirlo senza opporre resistenza. In un certo senso la invidiava, pensò Cindy, avrebbe voluto anche lei essere capace di affidarsi a qualcuno senza riflettere e analizzare le sue azioni costantemente come invece faceva. Sospirò. Solo così era riuscita a sopravvivere da sola per tanto tempo. La salita sembrò durare un'eternità ma infine giunsero sull'altopiano roccioso. Cindy trattenne il fiato. La vista era davvero spettacolare, la fiancata della collina coperta dalla lussureggiante vegetazione degradava dolcemente verso l'oceano. La sua superficie scintillava colpita dai raggi del sole al tramonto. «Mi sento così piccola» commentò con un filo di voce. «Perché stai sussurrando?» «Credo che non dovremmo essere qui. Siamo degli intrusi in questo luogo magico. Mi aspetto che da un momento all'altro una grande mano ci afferri e ci riporti in basso, al nostro posto.» «Lo splendore della natura può intimidire» replicò Parker sorridendo. «Ma tu non mi sembri affatto intimidito.» «Questo lo dici tu» affermò Parker togliendosi il cappello. «Io credo che nulla ti abbia mai intimidito, Parker Davis, nessuna situazione in tutta la tua vita» dichiarò Cindy smontando di sella. «Ma sei certo che tutto questo esercizio mi farà bene?» chiese poi, muovendo qualche passo con difficoltà. «Ho i muscoli delle gambe intorpiditi.» Parker scese da cavallo a sua volta e si avvicinò a lei. Le mise una mano sulla spalla, un lieve tocco che la fece fremere. «Massaggerò i tuoi muscoli indolenziti più tardi» promise. «Non sarà necessario» replicò Cindy sulla difensiva, ricordando come Parker a volte desse per scontata la sua reazione. «In effetti non credo che sarà necessario, ma penso che sarà sicuramente molto divertente. Non dirmi che non ti è piaciuto quando ti ho massaggiato la prima volta.» Quella sera nel suo appartamento, ricordò Cindy, quando Parker si era preso delle libertà che lei aveva preferito dimenticare. «Cosa vuoi da me, Parker?» chiese, il tono della voce duro. «Niente di particolare. Solo far abbassare le tue difese e farti smettere di respingermi per paura.» «Ma di cosa stai parlando?» «Sai benissimo di cosa sto parlando! Non hai bisogno di mettere in Kathleen Webb
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pratica le tue tattiche con me. Ne abbiamo già discusso, se ricordi.» Mentre parlava, Parker affondò le mani nelle massa di capelli di Cindy, massaggiandole lievemente la nuca. «Come fai a sapere sempre di cosa ho bisogno?» «Mi lascio guidare dall'istinto» mormorò Parker un istante prima di baciarle le labbra. Un brivido gli corse lungo la schiena. Si sentì fluttuare in aria. Quali poteri aveva Cindy per comunicargli quelle sensazioni con un solo, piccolo bacio? Ma non si trattava di un piccolo bacio. Un enorme calore si scatenò dalle loro labbra unite, la passione lo pervase e lo indusse a desiderare di più... Ma non avrebbe avuto nulla se non si fermava subito. Riluttante, appoggiò le mani sulle spalle di Cindy e l'allontanò da sé. «Sediamoci» ordinò. «Ora apro il vino.» Lo sguardo sorpreso di Cindy era il risultato della sua confusione. Un attimo prima la reclamava, l'attimo dopo la respingeva. Ma lui aveva seguito una sua logica. Voleva Cindy, la voleva con tutte le sue forze, ma non si sarebbe accontentato di un istante di passione. Desiderava che lei lo volesse perché le era necessario, come l'acqua o l'aria che respirava. O così, o meglio non averla affatto. Stese una coperta sull'erba, tagliò una fetta di pane e una di formaggio e iniziò a mangiare. «Qualcosa in questo posto mi ricorda un episodio della mia infanzia» mormorò Cindy. «Mia madre aveva un fidanzato allora, un uomo che si definiva un predicatore e che sicuramente sapeva parlare bene. Una volta ci portò sulle colline, dove c'era una caverna che somigliava a una cappella. Bourne, questo era il suo nome, pregò per tutta la giornata. C'erano tantissime persone che lo ascoltavano. Verso sera apparve un arcobaleno. Era bellissimo, io cercai persino di toccarlo. Pensai di essere in Paradiso. Poi, il giorno dopo, sentii Bourne e Sheri parlare. L'arcobaleno era solo un effetto creato con cristalli e fasci di luce. Da quel giorno diffidai sempre dell'apparenza delle cose.» «Perdesti la tua innocenza» commentò Parker, sfiorandole il viso con la mano. Cindy indicò il meraviglioso panorama che si estendeva sotto di loro. «E tutto questo è vero? Oppure è un'illusione che hai creato tu?» «E' vero, come sono vero io.» Kathleen Webb
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Cindy appoggiò la fronte alla sua spalla. «Allora tu mi hai restituito il dono più prezioso di tutti. Qualcosa che pensavo di aver perso per sempre.» «Cosa?» «Mi hai ridato la possibilità di credere ancora a quello che ti offre la vita.» «Tu non hai mai perso questa capacità. Eri solo troppo confusa per riconoscerla.» Cindy alzò il viso per guardarlo negli occhi. «Hai mai fatto l'amore al tramonto?» chiese. Parker non rispose. Non avrebbe potuto perché Cindy gli aveva già sbottonato la camicia e gli stava coprendo il petto di piccoli baci. Poi slacciò la cintura dei suoi pantaloni e abbassò la zip. Parker trattenne il fiato. Gocce di sudore gl'imperlarono la fronte. Guardò Cindy che lentamente, sensualmente, si stava spogliando per lui. La desiderava troppo. Allungò una mano verso di lei quasi fosse un naufrago alla ricerca disperata della terraferma. Cindy si stava avvicinando a lui, la sua dea, la sua regina. I loro corpi si unirono accarezzati dalla luce tenue del sole al tramonto, le loro anime s'incontrarono in un tripudio di gioia creduta sino ad allora irraggiungibile. Parker continuò a stringerla a sé per parecchio tempo, cullandola fra le braccia, quasi avesse paura che qualcuno o qualcosa potesse portargliela via all'improvviso. Il percorso della maratona attraversava tutta Madronna Beach, il parco come punto di partenza e di arrivo. Le strade erano chiuse al traffico, sorvegliate da volontari in divisa gialla. Centinaia di partecipanti erano pronti alla partenza, molti di loro non tanto interessati alla competizione quanto alla festa che sarebbe stata offerta dopo. Cindy era bellissima nel suo completo aderente verde mela. Quando risuonò lo sparo che annunciava il via, Parker capì di essere più teso di quanto lo era stato l'anno precedente, quando lui stesso aveva partecipato alla gara. Seguiva una sua logica. Se Cindy avesse vinto la maratona, lui avrebbe ottenuto il suo amore. Una logica piuttosto stupida, in realtà. Non aveva alcun senso, tuttavia lui non riusciva a pensare ad altro. Guardò Cindy che sfrecciava sui pattini fin quando la perse di vista, poi Kathleen Webb
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si affrettò a raggiungere l'arrivo. Fra i tanti spettatori scorse Sheri e il suo compagno Frank. Lei lo riconobbe e agitò la mano per attrarre la sua attenzione. «Come faceva a sapere che Cindy avrebbe partecipato alla maratona?» chiese Parker. «Che lei ci creda o meno, Cindy mi ha telefonato e mi ha chiesto di essere presente» spiegò Sheri. «Mi sembra un inizio promettente.» «Ed è anche la prova che a volte le preghiere vengono ascoltate. Per anni non mi ha rivolto la parola, ma ora credo che mi stia invitando di nuovo a far parte della sua vita. Pensa che abbia qualche possibilità di vincere?» «Lei sa come è determinata Cindy quando vuole davvero qualcosa» replicò Parker. «Ma so anche come reagisce quando le cose non prendono il corso che lei aveva previsto.» «Sarà delusa se non taglierà il traguardo per prima, ma si limiterà a scrollarsi la polvere di dosso e a cercare una nuova impresa cui dedicarsi.» Sheri gli rivolse un'occhiata penetrante. «Deve fare attenzione. Parla come se conoscesse Cindy meglio di quanto lei stessa si conosca.» «Cosa intende per fare attenzione?» «Mia figlia non deve mai sapere una cosa del genere, altrimenti fuggirà.» Parker sorrise. «Lo avevo già capito.» Sheri annuì. «Le auguro buona fortuna, allora. Perché Cindy non perdona se sospetta che qualcuno le faccia un torto, pur se animato dalle migliori intenzioni. Ma nonostante questo, vale la pena provare.» Parker continuò a sorridere. «Sapevo anche questo.»
12 Dapprima Cindy non fu in grado di riconoscere le miriadi di sensazioni che si affollavano nella sua mente. Sapeva solo di aver spinto il suo fisico al limite delle possibilità. Ma provava anche una grande calma. Ottimismo, non arroganza. Una nuova serenità. Aveva sempre affrontato le sue sfide con rabbia, animata dalla forza della disperazione. Ora era diverso. Sentiva in sé una nuova energia e aveva la certezza che non avrebbe fallito. Kathleen Webb
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Mentre guadagnava distanza nei confronti dei pattinatori che conducevano il gruppo capì che la forza della disperazione non poteva sostenerla per tutta la durata della gara. Doveva fare attenzione invece, più di quanta ne avesse mai fatta in situazioni simili, e mettere in pratica tutte le strategie che Parker le aveva insegnato. Era sempre andata dritta per la sua strada, il suo unico scopo era raggiungere la meta prefissata. Ora Parker in qualche modo era riuscito a far mutare quel suo atteggiamento. Le aveva mostrato un modo diverso di vivere, le aveva fatto capire che pensare alla strada per arrivare in un luogo era altrettanto importante della destinazione stessa. Osservò gli altri concorrenti, mentre fino a poco tempo prima non li avrebbe neanche visti, se non nelle vesti di ostacoli sul suo cammino. Cerano madri che pattinavano spingendo le carrozzine dei loro figli neonati. E padri che accompagnavano bambini che arrancavano sulle rotelle per il solo gusto di godersi la giornata e la compagnia delle loro famiglie. Alcuni pattinatori le ricordarono la vecchia Cindy, i volti tesi nello sforzo di superare gli altri per arrivare primi. Lei continuò a sorridere e a sfrecciare leggera come una piuma, la voce di Parker che le risuonava nella mente. Le diceva quando rallentare e quando spingere al massimo e soprattutto le ricordava che per lui esisteva solo una vincitrice al di là del risultato finale. Una rinnovata fiducia in se stessa conferì una nuova forza ai suoi muscoli. Il sorriso divenne ancora più smagliante. Davanti a lei, in lontananza, apparve la striscia arancione del traguardo. Gli incitamenti che si levavano dalla folla non erano più di un indistinto brusio alle sue orecchie. Ancora un piccolo sforzo e oltrepassò il traguardo. Ce l'aveva fatta? Era arrivata prima? I giudici rimasero al loro posto mentre gli altri pattinatori si avvicinarono a lei per congratularsi. Ma dov'era Parker? Era proprio lì, a pochi passi da lei, con Robin e Marissa. Non sembravano felici. Quando Cindy sentì la voce del giudice di gara risuonare nell'aria amplificata dal megafono capì il perché del loro malumore. «Ti hanno derubato della vittoria» borbottò Marissa quando la raggiunse. «Non m'importa quello che dicono i giudici, io t'ho vista tagliare il traguardo per prima.» Kathleen Webb
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Cindy scrollò le spalle. «Era solo una gara, Rissa.» Si voltò verso Parker. Ma perché lui non l'aveva presa fra le braccia? Perché non si congratulava con lei per la bella gara condotta? Il non essere arrivata prima la classificava ai suoi occhi come una perdente? «Mi dispiace» mormorò lui. «Avrei scommesso qualsiasi cosa sulla tua vittoria. Eri di sicuro la più forte!» «Non ha nessuna importanza.» «Non devi fingere con me. Sapevo quanto fosse importante per te questa maratona.» «No, davvero» ripeté Cindy. «Non m'importa. E' stata comunque una bella competizione.» «Ora vado a dire quattro parole ai giudici» decise Marissa, girando la sua sedia a rotelle con un poderoso colpo di braccia. Cindy aprì la bocca con l'intenzione di fermarla, poi ci ripensò. Sapeva com'era la sua amica quando aveva qualcosa in mente. In quel momento voleva proteggerla, apparentemente inconsapevole del fatto che lei non aveva bisogno di alcuna protezione. Avrebbe voluto spiegare a Parker che aveva guadagnato qualcosa di molto più importante di una borsa di studio, ma le parole le morirono in gola. Lui non le avrebbe creduto. Non avrebbe creduto alla metamorfosi che aveva appena subito, perché persino per lei era difficile farlo. Rimase in piedi, ferma e silenziosa. Ormai aveva capito. Non avrebbe mai potuto essere una donna completa senza Parker al suo fianco. Erano due persone che si sostenevano a vicenda, esattamente come i coniugi Davis. Esattamente quel tipo di coppia che Parker aveva dichiarato di sognare. Agendo d'impulso gli baciò la guancia. «Grazie per tutto quello che hai fatto per me» disse. «Sei stato uno splendido allenatore.» Parker sembrava sorpreso, e indubbiamente lo era. In genere era lei ad allontanarsi quando lui si avvicinava. «Puoi rifarlo?» chiese. «Dammi solo il tempo di fare una doccia. Aspettami.» Per la prima volta nella sua vita Cindy aveva organizzato tutto. Aveva portato dei vestiti di ricambio e li aveva lasciati nelle roulotte adibite a spogliatoi. Per una volta voleva essere bella per Parker. Dopo essersi lavata e cambiata tornò fuori. Parker era esattamente dove l'aveva lasciato. Le dava le spalle. Il cuore iniziò a batterle all'impazzata. L'orlo del vestito a fantasia floreale che indossava le sfiorava le caviglie Kathleen Webb
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facendola sentire estremamente femminile. Una femminilità che si adattava totalmente alla forte virilità personificata da Parker. «Sei bellissima» esordì lui voltandosi. «Grazie. Ma ora andiamo a mangiare. Ho una fame terribile.» La festa nel parco che si organizzava ogni anno per il solstizio d'estate a Madronna Beach era nel pieno del suo svolgimento. Artisti da strada allietavano i presenti con la loro musica, e l'odore della carne arrosto si levava dai tanti barbecue posti sotto gli alberi. «Dimentica il cibo» disse Cindy all'improvviso. «Voglio ballare» aggiunse togliendosi i sandali. «Potrei pestarti i piedi» obiettò Parker. «Non è quello che hai fatto fin da quando ci siamo conosciuti? O almeno quello che hai cercato di fare.» «Cosa ho cercato di fare?» chiese Parker confuso. «Di pestarmi i piedi. Di organizzarmi la vita, come fai con tutti.» «È troppo persino per un cavaliere senza macchia e senza paura!» «Io ti vedo piuttosto come il Principe Azzurro. E Il Principe Azzurro sa sicuramente ballare.» «In realtà sono una vera frana» ammise Parker. «T'insegno io, non temere.» Cindy lo prese per mano e lo condusse sull'improvvisata pista da ballo. «Rilassati» gli consigliò cingendogli il collo con le braccia, «e segui i miei movimenti.» Parker le scoccò un'occhiata carica di sospetto. «Dimmi, cosa ti è successo durante la gara?» «Cosa significa?» domandò Cindy, appoggiando il viso sulla sua spalla. «Sei diversa.» «Diversa come?» «Non saprei definirlo.» «Forse perché sono a piedi scalzi.» «Tu sei sempre a piedi scalzi. No, percepisco un cambiamento. Nulla che si possa vedere a occhio nudo, ma sento che sei diversa.» Aveva ragione, ovviamente. Era cambiata profondamente e neanche lui poteva immaginare quanto. A dispetto di ciò che gli piaceva pensare non erano così intimi. Non si conoscevano così bene. «Smettila adesso» gli disse sorridendo. «Mi spaventi. Mi guardi come se non mi avessi mai visto prima.» «Certo, è così» commentò Parker. «Sai, pensavo che fossi molto delusa per aver dovuto condividere la tua vittoria» commentò. Kathleen Webb
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«Delusa? E perché? Io e l'altra donna avremo ognuna una metà del premio, è già qualcosa. Lei è una ragazza madre, ha due figli e poco denaro. Si è allenata per mesi per partecipare alla maratona. Se solo fosse stata così fortunata da avere te come allenatore avrebbe vinto senza dubbio.» «Non sapevo che ti sentissi fortunata. Praticamente ho dovuto costringerti ad accettare il mio aiuto.» I genitori di Parker si avvicinarono a loro volteggiando a suon di musica. «Bella gara, Cindy» si complimentò Gord. «Siamo tutti molto orgogliosi di te.» «Grazie, dottor Davis.» «E tu quando diventerai dottore? Parker ci ha detto che vuoi iscriverti alla facoltà di veterinaria.» «Spero di poterlo fare in autunno. Tutto dipende dalle finanze, ovviamente.» «È difficile fare tutto da soli, senza nessun aiuto» commentò Gord Davis. «Oh, io me la caverò benissimo.» «Non ne avevo dubbi.» Il padre di Parker si avvicinò un po' di più e si chinò verso di lei, come se fosse in procinto di rivelarle un segreto. «Anch'io e Robin abbiamo avuto anni difficili. Non è stato semplice per me accettare l'aiuto di mia moglie. Credevo di potercela fare da solo. Ma accettare il suo sostegno non mi ha reso più debole, tutt'altro! Il nostro matrimonio si è fortificato sempre di più durante gli anni. Ti auguro buona fortuna.» «Grazie, dottor Davis» replicò Cindy, non sapendo cos'altro dire. «Non possiamo smettere di ballare adesso?» propose Parker a Cindy una volta rimasti soli. «Ti offro un panino.» «Affare fatto.» Mano nella mano si avvicinarono a un barbecue. Mangiarono e bevvero tè ghiacciato, poi passeggiarono nei viali del parco fin quando Cindy si fermò all'improvviso. «Cosa succede?» chiese Parker. «Laggiù. C'è Sheri, mia madre.» «L'ho vista prima. Ha assistito alla gara.» «Davvero? È molto più di quanto abbia mai fatto per me da quando ero una bambina.» Kathleen Webb
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«Forse solo ora è pronta per essere madre» ipotizzò Parker. «Vuoi dire che è abbastanza matura? Oppure che è tormentata dai sensi di colpa?» «Voglio solo dire che è pronta.» Cindy si girò verso di lui. «Chissà, forse siamo in due a essere pronte» dichiarò, poi si allontanò e andò ad abbracciare la madre. «Cindy» mormorò Sheri, la voce vibrante di commozione. «È bello vederti.» E mentre guardava la madre, Cindy notò che le somigliava molto. Avevano la stessa altezza, la stessa corporatura. Sheri era bella, ma non solo. Dalla sua persona s'irradiava serenità, quella stessa serenità cui lei adesso anelava. «Sono contenta anch'io, mamma» replicò. «Il mio amico Parker mi ha detto che hai assistito alla gara.» «Ah, sì, Parker. Un caro ragazzo.» «Non sapevo che tu lo conoscessi.» «Un giorno è venuto a trovarmi» spiegò Sheri. «Mi ha detto che tu gli avevi mostrato il villaggio.» «Quand'è successo?» «Non ricordo esattamente. Forse un paio di settimane fa. Ho immaginato che fra voi esistesse un legame serio, sai, perché tu gli avevi parlato di me.» «Perché pensi una cosa del genere?» Cindy avrebbe dovuto essere cieca, sorda e stupida per non accorgersi dell'espressione di dolore che si era dipinta sul viso di sua madre mentre pronunciava quelle parole. All'improvviso ai suoi occhi Sheri non era più condannabile solo perché era diversa dagli altri genitori. Era solo una persona che lei amava incondizionatamente. Una madre che aveva fatto del suo meglio per la sua bambina. In quel momento cercò d'immaginarsi con una figlia di otto anni che dipendeva in tutto e per tutto da lei. L'idea la spaventò. Per tutta la sua vita era stata sola, aveva dovuto provvedere semplicemente a se stessa e alle sue necessità. Sheri aveva pensato per due. Aveva provveduto a lei. Non l'aveva abbandonata. «So di non essere stata la madre che desideravi» mormorò Sheri. «So di averti delusa a volte. E so anche che ti sei vergognata di me.» «No» replicò Cindy scuotendo vigorosamente la testa. «No, non mi sono mai vergognata di te!» Kathleen Webb
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«Probabilmente ho sbagliato» continuò Sheri, giocando nervosamente con una ciocca di capelli che era sfuggita alla lunga treccia. «Forse avrei dovuto darti in adozione, come tanti avevano suggerito. Forse avrei dovuto offrirti la possibilità di crescere in una famiglia sana e regolare.» «Tu sei l'unica famiglia che desidero, Sheri» replicò Cindy sorridendo. «Se sono diventata la donna di adesso lo devo solo a te.» «Sono sempre stata così orgogliosa di te... Non te l'ho mai detto, ma la verità è che tu m'intimidivi. Già da quando eri piccola eri più intelligente, più forte e più indipendente di me e di come io avrei mai potuto essere.» «Anch'io sono orgogliosa di te, Sheri» mormorò Cindy. «Tu hai sempre fatto quello che credevi giusto nonostante quello che dicevano gli altri. Io sono esattamente come te.» Lacrime di commozione brillavano negli occhi di Sheri. «Mi sto appena abituando al ruolo di madre. Non è che hai intenzione di rendermi nonna subito, vero?» scherzò. «Non devi preoccuparti di questo.» «Ho visto come ti guarda Parker. Quell'uomo è pazzo di te.» Cindy scrollò le spalle. «Ma io sono troppo giovane. Non ho intenzione di coinvolgermi seriamente per adesso. Ho cose più importanti cui pensare» spiegò, poi le raccontò del suo sogno di diventare veterinario. «Non mi sorprende affatto questo tuo progetto» replicò Sheri. «Da bambina avevi l'abitudine di portare a casa tutti gli animali randagi che trovavi. Ma ora promettimi che mi verrai a fare visita presto.» «Lo farò.» Cindy abbracciò la madre con slancio, poi tornò da Parker che l'aspettava con un sorriso stampato sulle labbra. «Pronta ad andare?» «Andare dove?» «A festeggiare. Oggi è un giorno davvero importante e...» Parker fu interrotto dallo squillo del suo cellulare. «Resisti ancora un poco, Connie» disse dopo aver risposto. «Io arrivo subito.» Interruppe la comunicazione e rivolse a Cindy un'occhiata impotente. «Scusami, c'è stato un cambiamento di piani» spiegò, poi le baciò la fronte e corse via. Cindy prese un'altra fetta di pizza dal vassoio di cartone. Seduta davanti a lei accanto al tavolo, Marissa si asciugò le labbra con un tovagliolo di carta. «Pensavo che saresti andata in qualche bel ristorante con Parker per trascorrere una serata romantica» commentò quest'ultima, «invece sei qui a Kathleen Webb
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dividere con me una pizza e una bottiglia di acqua minerale! Non ti capisco.» «Anch'io credevo la stessa cosa» replicò Cindy. «Sto iniziando a pensare alle interruzioni di Connie come a una benedizione.» «Spiegati meglio.» «Ogni volta che mi rendo conto di desiderare pazzamente Parker, quella donna telefona. Le mie difese si indeboliscono quando mi trovo accanto a lui.» «Le tue difese non sono mai deboli» osservò pungente Marissa. «Con Parker è diverso. Lui mi spaventa, Rissa. Riesce a vedere dentro di me, a interpretare i miei pensieri. Nessuno l'hai mai fatto prima.» «Solo perché tu non lo hai mai permesso.» Marissa bevve un sorso di Coca-Cola. «Non sono un'esperta in questo campo, ma direi che voi due siete innamorati.» «Non dire stupidaggini. Non ho nessuna intenzione di innamorarmi, almeno non per dieci anni ancora.» «Non credo che le cose funzionino così, mia cara.» «Funzioneranno così se lo decido io» insistette Cindy. «Parker è...» «Bellissimo» la interruppe Marissa. «Premuroso. Seducente.» «Esatto. Una preda ambita per chi è alla ricerca del compagno ideale. Io non lo sono.» Marissa masticò un boccone di pizza con aria assorta. «Mi definiresti una persona debole?» chiese infine. «Tu?» Cindy scoppiò a ridere. «Tu possiedi più forza di carattere di chiunque io conosca.» «Esattamente, ma ho comunque bisogno della gente. A volte ho bisogno d'aiuto per fare cose che il mio fisico non mi permette di fare da sola. Non lo nego, ma soprattutto non lo interpreto come un segno di debolezza.» «Dove vuoi arrivare?» «A questo. Io riconosco di avere delle necessità. Tu, invece, non lo fai.» «Perché non ne ho, Rissa. Io non ho bisogno di nessuno.» Marissa sospirò con aria rassegnata. «Amica mia, non ho mai provato pena per te, ma ora non posso far altro. Sai cosa ti dico? Che parli solo per gelosia, perché Parker per ben due volte ti ha piantato in asso per correre da Connie.» «Parker adora aiutare gli altri» replicò Cindy. «Evidentemente questa Connie deve avere grossi problemi. Almeno non si chiama Tammy.» Kathleen Webb
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«Parker ti ha mai parlato di lei?» «No, d'altra parte io non gli ho mai fatto domande.» Cindy scrollò le spalle. «Non sono affari miei, dopotutto.» «Per fortuna io e Tom comunichiamo molto meglio di quanto fate voi due. Solo per informazione, Connie è il fratellino di Parker.» «Io pensavo che avesse solo una sorella.» «È una specie di fratello per lui. Un ragazzo difficile che ha deciso di aiutare. A quanto mi ha raccontato Tom, Connie riesce sempre a cacciarsi nei guai e Parker deve correre in suo aiuto, qualsiasi cosa stia facendo.» Cindy rifletté qualche istante sull'informazione che aveva appena ricevuto. Poi la sua attenzione fu attratta dal significato celato nelle parole della sua amica. «Dunque tu e Tom state comunicando piuttosto bene, vero?» Un ampio sorriso illuminò il viso di Marissa. «Dovresti provarci anche tu. È una sensazione splendida.»
13 Cindy appoggiò la borsa della spesa per terra e bussò alla porta. Nessuna risposta. Eppure sia la Mustang sia il furgone erano parcheggiati accanto al molo, il che doveva significare che Parker era in casa. Il cuore le martellava nel petto. Stava rischiando molto in quel momento. Stava rischiando di essere rifiutata. Dopo aver bussato, l'uscio si schiuse lentamente. Parker apparve e non sembrò molto felice di vederla. «Sei impegnato?» chiese Cindy sforzandosi di parlare con tono allegro. «Più o meno.» «Va bene, allora. Non resterò a lungo.» Cindy si costrinse a muovere qualche passo in avanti. Almeno lui non le aveva chiuso la porta in faccia. «Ho comprato una bottiglia del mio vino preferito e ho pensato di dividerla con te» si giustificò. Parker le fece strada verso il salone, poi accese una lampada, si lasciò andare sul divano e appoggiò le gambe sul tavolino da caffè. «Temo di non essere una buona compagnia» borbottò. Esibendo una sicurezza che non provava affatto, Cindy andò in cucina, rovistò nei cassetti finché trovò un cavatappi. Prese due bicchieri dalla credenza e tornò in salone. «Da come la vedo io dovremmo riprendere i Kathleen Webb
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festeggiamenti che avevamo pianificato per la sera della maratona» spiegò, fermandosi davanti a lui. «Dunque io sono qui e ho portato la materia prima.» «L'ho notato.» Cindy sistemò ogni cosa sul tavolino, aprì la bottiglia, versò il vino nei bicchieri e ne offrì uno a Parker. Mentre normalmente avrebbe scelto la sedia più lontana, si accomodò sul divano accanto a lui. Parker indossava una camicia spiegazzata e sbottonata sul petto. Il suo viso era ombreggiato da una barba di almeno due giorni. Chiaramente stava soffrendo e lei avrebbe fatto di tutto per cancellare quel dolore. Scartò l'idea senza esitazioni. Quel tipo d'atteggiamento non erano proprio nel suo stile. «Sono venuta perché Marissa mi ha spiegato chi è Connie» disse poi. «Pensavo che potevamo discuterne.» Parker tolse le gambe dal tavolo e raddrizzò la schiena. «Questa visita non è per caso uno di quei favori che senti di dovermi solo per pareggiare i conti?» Cindy scosse la testa e bevve un sorso di vino. «Ma devo ammettere che questo è un ruolo nuovo per me. In genere rifuggo dalle persone che hanno bisogno di aiuto.» «Mentre io non l'ho mai fatto, dunque entrambi stiamo sperimentando un nuovo comportamento.» «Impariamo qualcosa?» suggerì Cindy. Parker sospirò. «Pensavo di avere già imparato la lezione con Tammy. Ci sono delle persone che non vogliono essere salvate, o anche solo aiutate.» Cindy tese una mano per sfiorargli il braccio. «Connie» mormorò. «Il tuo fratellino.» «Connie adesso ha sedici anni, ma io l'ho conosciuto quando ne aveva solo nove. Ho fatto del mio meglio per fargli capire che almeno io gli volevo bene.» «E' una cosa molto importante» confermò Cindy. «Ogni volta che si mette in un pasticcio io lo tiro fuori. L'altra notte, per esempio, è stato preso mentre scorrazzava su un'auto rubata. Ho capito che s'aspettava che io sistemassi tutto come ho sempre fatto.» «Invece hai preferito cambiare tattica.» Parker nascose il viso fra le mani. «È stato difficile, credimi, voltargli le spalle e andare via. Ma è ora che impari a cavarsela da solo. Deve assumersi le sue responsabilità e accettare le Kathleen Webb
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punizioni che si è meritato. Temo solo che diventerà più ribelle di quanto già non lo sia.» «Oppure potrebbe finalmente capire quello che nessuno gli può spiegare. Una lezione dura ma che ricorderà per sempre. In tutti questi anni ha avuto te, che gli hai dato tutto senza mai chiedere niente. È un rapporto piuttosto sbilanciato.» «Non è un cattivo ragazzo» protestò Parker. «È solo un po' confuso.» «Ma non lo siamo tutti?» Cindy si chinò su di lui, abbastanza da baciargli le labbra. Non doveva aver paura se Parker aveva bisogno di lei, si disse mentre gli cingeva il collo con le braccia. Non doveva aver paura di restargli accanto. E mentre ripeteva mentalmente quel ritornello, sentì tutti i suoi timori svanire, quasi non fossero mai esistiti. «Cos'hai in mente?» chiese lui. «Ho pensato che, anche con l'aiuto di una buona bottiglia di vino, sarei riuscita a sedurti. Questa era la mia intenzione.» «E non ti sei arresa vedendomi in questo stato di prostrazione?» «Vuoi dire che non ti stai presentando al massimo come sempre?» Cindy gli accarezzò la guancia. «Mi piace la tua barba» affermò. «E dire che stavo per radermi.» «Non osare farmi un torto simile!» scherzò Cindy, ma fu subito messa a tacere dalle labbra di Parker che reclamarono avidamente le sue. Si distese sul divano attirandolo a sé, permettendosi il lusso d'indugiare a lungo con le mani sul suo petto muscoloso, sulla sua pelle dorata dal sole. Presto le carezze non le bastarono più. Baciò gli stessi punti che aveva toccato, raggomitolandosi sotto di lui, gemendo in preda a una sensazione troppo forte per essere controllata. Dal momento che Parker non si decideva a spogliarla decise di farlo da sola, sbottonandosi la camicia con gesti frenetici e impazienti. Le mani di Parker fermarono le sue. Lentamente la respinse. Tutti i vecchi timori che aveva creduto sconfitti per sempre tornarono prepotentemente alla ribalta. Cindy lo guardò sorpresa, aspettandosi un rifiuto che sarebbe durato per sempre, questa volta. Ma Parker sorrise. «Devo prima fare una doccia, Cinderella» disse. «Allora fai presto. Ti aspetto in camera.» Ma nello stesso instante in cui sentì l'acqua scrosciare, Cindy entrò nel bagno in punta dei piedi, aprì la porta della doccia e scivolò accanto a lui. «Il tuo arrivo è stato uno dei doni più belli che abbia ricevuto nella mia Kathleen Webb
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vita» mormorò lui prendendola fra le braccia. «Il mio arrivo in casa tua o nella tua doccia?» «Qui, e basta.» Parker s'insaponò le mani, poi si dedicò a una lenta, sensuale esplorazione del suo corpo. Le massaggiò le spalle, le braccia, i seni indugiando a lungo sui capezzoli eretti, il ventre piatto, le cosce snelle e affusolate. La serata era iniziata perché Parker aveva bisogno di lei. Ma adesso era lei che bruciava di desiderio, capì Cindy, tanto da non potere più aspettare, ma non osò muoversi, non osò sottrarsi alle sue attenzioni mentre le mani di Parker continuavano a percorrere tragitti immaginari sulla sua pelle, sino a giungere al centro stesso della sua femminilità. Cindy inarcò la schiena. Un gemito di pura gioia le sfuggì dalle labbra. Gli strinse le braccia intorno al collo, allacciò le gambe intorno alla sua vita e si unirono in modo appassionato. Le mattonelle che rivestivano la parete della doccia erano fredde contro la sua pelle, in un drastico contrasto con le fiamme che divampavano in lei. Dopo aver raggiunto l'estasi rimasero ancora l'uno fra le braccia dell'altro, ansimanti, quasi increduli, finché Parker recuperò la lucidità necessaria per chiudere il rubinetto. «Ti prendo un telo di spugna» mormorò. Avvolta in un morbido asciugamano bianco, Cindy tornò in camera. «Ti dispiace se indosso di nuovo la tua camicia fortunata?» chiese aprendo l'armadio. Un secondo dopo trattenne il fiato. Proprio davanti ai suoi occhi, su uno scaffale, c'era una scatola che conteneva una sola scarpa di seta rossa, quella destra esattamente, numero trentasette, pianta stretta. «Hai trovato la camicia?» chiese allegramente Parker avvicinandosi a lei. «Ti dispiacerebbe spiegarmi cos'è questa?» replicò Cindy con tono irato, voltandosi con la scarpa in mano. Un'espressione che non fu in grado di determinare con precisione si dipinse sul viso di Parker. «Che tu mi creda o meno» replicò lui, «la spiegazione è molto semplice.» Non c'era mai nulla di semplice nella sua vita. Come aveva fatto a dimenticarlo?, si chiese Cindy. «Perché adesso non ci rivestiamo, così possiamo parlare con calma?» propose. «Così tu potrai raccontarmi di come mi hai mentito e ingannato» aggiunse, poi gli voltò le spalle e cominciò a indossare i suoi vestiti. Kathleen Webb
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«Tu hai rifiutato il mio aiuto» iniziò Parker concitato mentre infilava una camicia pulita. «Io non volevo che ti licenziassero.» Ormai completamente vestita, Cindy raddrizzò la schiena, una luce dura che le ardeva negli occhi. «Dov'è l'altra scarpa? E, cosa più importante, dove le hai prese?» Le tremava la voce tanto era in collera. Perché erano la collera e l'indignazione ad animarla in quel momento, non certo la sofferenza causata dal suo cuore infranto, si disse. «L'altra, come di sicuro avrai immaginato, è quella che ho detto di aver avuto da Hubble. Ho comprato le scarpe in un negozio di Los Angeles di cui non ricordo neanche più il nome.» «E perché mai hai fatto una cosa del genere?» «Hubble sembrava sparito e tu eri terribilmente in ansia per la scarpa. Ho solo pensato di semplificarti la vita. Non è successo nulla di tanto terribile, se ci rifletti bene.» «Nulla di terribile? Tu credi che avermi mentito non sia terribile?» «Ho sbagliato, d'accordo» ammise Parker. «Ho commesso un errore, ma credevo che fosse un bene aiutare le persone, almeno quelle che per me sono importanti.» «Lo sapevi che non avrei mai accettato la scarpa a queste condizioni. Mai, neanche per salvare il mio posto di lavoro.» «Le mie intenzioni erano buone» insistette Parker, «anche se forse i mezzi che ho usato sono discutibili.» «Discutibili? Non c'è niente di discutibile riguardo quello che hai fatto, Parker. E non c'è neanche più niente che noi due dobbiamo dirci.» «Cosa vuoi che ti dica, Parker?» «Ripetimi che quella donna mi ha già causato troppi problemi. Che l'intero genere femminile ne causa, forse con l'eccezione di Marissa. Sembra che voi due abbiate legato piuttosto bene.» «Non mi hai mai dato ascolto prima» rispose Tom. «Perché questa volta dovrebbe essere diverso?» «Credevo che tu fossi mio amico.» «Lo sono. Ecco perché ti sto consigliando di arrenderti e di lasciarla in pace.» «Cindy mi aveva avvertito» mormorò Parker soprappensiero. «Mi aveva detto di non tentare neanche di addomesticare una creatura selvatica.» «Non le stai rendendo onore definendola una creatura selvatica. A me sembra decisamente civilizzata. Concedile solo il tempo per calmarsi. Kathleen Webb
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Sono certo che puoi riuscirci.» «Se solo non avesse trovato quella dannata scarpa nel mio armadio... Gliene avrei parlato io al momento giusto.» «Ci sarebbe mai stato un momento giusto?» Per tutta risposta Parker scrollò le spalle. «Dalle tempo» ripeté Tom. «Cindy sa che in fin dei conti non sei una persona cattiva.» «Quando hai imparato a conoscere così bene l'animo umano per spingerti a darmi consigli sulle donne?» «Sei stato tu a chiedere la mia opinione» gli ricordò Tom. «Le persone non sono poi così diverse dagli animali che io raccolgo feriti e che cerco di guarire. È una questione di fiducia. Dunque faresti meglio a domandarti se sei in grado di ricostruire la fiducia che Cindy aveva in te.» Parker scosse la testa. «Non mi ero reso conto prima di quale dono prezioso mi avesse fatto» mormorò. «Si dice che non si apprezza mai abbastanza qualcosa finché non la si perde» commentò una voce femminile. «Marissa!» esclamò Parker voltandosi verso di lei. «Non sapevo che tu fossi qui.» Marissa fermò la sedia a rotelle accanto a Tom. «Volevo lasciarvi parlare un po' da soli» spiegò. «Non ho ascoltato i vostri discorsi, stavo dipingendo. Sono solo venuta a chiedervi se anche voi avevate fame.» Tom scattò in piedi. «Scusami, tesoro. Parker, mangi qualcosa con noi?» Parker scosse la testa. Doveva andare subito da Cindy, costringerla ad ascoltarlo e chiarire definitivamente ogni equivoco... «È la cosa peggiore che potresti fare» commentò Marissa quasi gli avesse letto nel pensiero. «Continuare a discutere con Cindy dell'accaduto, intendo.» Parker annuì. «Forse hai ragione. Allora, cosa dipingevi?» chiese, cambiando discorso. «Una natura morta» rispose Marissa. «Sai, Tom mi ha organizzato uno studio sul retro della sua casa.» «Dunque voi due fate sul serio» osservò Parker, poi tacque all'improvviso. «Dillo, Parker» lo esortò Marissa. «Esprimi la tua opinione, qualsiasi essa sia.» Parker si schiarì la voce. «Non vorrei offendere nessuno, ma Kathleen Webb
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apparentemente ci sono molte circostanze contrarie alla vostra relazione.» «Che sarebbero?» «Tom vive quassù, completamente isolato. Tu non guidi e questa casa non è stata costruita per una persona nel tuo stato.» Marissa gli appoggiò una mano sulla gamba. «Quelli di cui parli sono solo ostacoli esterni, Parker» replicò. «Nulla che non riusciremo a sconfiggere grazie al sentimento che proviamo l'uno per l'altra.» «Hai ragione» sussurrò Parker dopo una breve esitazione. «Cindy mi disprezza. Questo è più difficile da risolvere rispetto a costruire una rampa per la sedia a rotelle.» Faceva molto caldo nel canyon, le gambe le dolevano dopo aver percorso un tragitto così lungo in bicicletta. Era rimasta sorpresa quando Tom le aveva telefonato e aveva insistito per vederla in giornata. Poteva trattarsi di una cospirazione, pensò. Probabilmente Parker aveva chiesto aiuto a Tom per... Per fare cosa? Convincerla a concedergli un'altra possibilità? Accettare le sue scuse? Se quello era lo scopo dell'incontro, lei avrebbe chiarito immediatamente la sua posizione, decise Cindy. Doveva accettare la fine della sua relazione con Parker e riprendere la sua vita. Era sempre stata sola, perfettamente a suo agio in quella condizione. Ora, all'improvviso, c'era tanta gente intorno a lei. La famiglia di Parker. Maude. Sheri e Frank. Tom. Il suo telefono non smetteva mai di squillare. Oh, ma come desiderava che la lasciassero in pace! Come desiderava che smettessero di tormentarla! Ma da chi stava fuggendo fu costretta a chiedersi. Da loro o da Parker? Da lui, ammise. Dal ricordo delle sensazioni che aveva provato stando accanto a lui e fra le sue braccia, e di come lui era riuscito ad abbattere le sue difese tradendola solo alla fine. Giunta davanti al cottage di Tom, smontò dalla bicicletta e si sedette a terra, all'ombra di un grosso albero. Si sentiva esausta. Tom apparve un istante dopo, con due sedie pieghevoli e una bottiglia di birra ghiacciata. «Grazie per essere venuta così in fretta, Cindy» esordì lui. «È piacevole avere compagnia.» «Non saprei» replicò Cindy. «Se io avessi la fortuna di abitare in un posto simile, credo proprio che non permetterei a nessuno di violare questa pace.» «L'isolamento non è sempre così piacevole.» «Ma tu non sei Kathleen Webb
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isolato. Sei Ubero di andare e venire, giusto?» «Il problema consiste nel fatto che restare soli troppo a lungo ti porta a preferire, alla fine, la solitudine.» «Lo capisco bene.» «Noi invece siamo fatti per vivere in società.» «Le persone il più delle volte deludono» commentò Cindy con tono amaro. «Questo non è sempre vero. È un istinto naturale per noi cercare il compagno ideale, qualcuno con cui ridere e affrontare ogni problema.» Cindy scosse la testa. «Io preferisco stare da sola.» «Anch'io per molti anni ho preferito la compagnia degli animali a quella degli uomini.» «Giusto. Gli animali non complottano alle tue spalle. Non mentono e non tradiscono.» «Ma non ti incoraggiano neanche a provare di nuovo. Non ti concedono una seconda possibilità» aggiunse Tom. «Cosa c'è di sbagliato nel non voler correre rischi?» «Nulla, ma così facendo si perdono molte cose belle della vita. Ad esempio, tu stessa nutrivi dei dubbi riguardo me e la tua amica.» «Devo ammetterlo» concesse Cindy, «al principio ero preoccupata. Non volevo che Marissa soffrisse. In seguito ho provato anche un po' di gelosia. Ora che ci sei tu nella sua vita non ha più bisogno di me.» «Ha sempre bisogno di te, ma in modo differente. Allora, quando inizierai a seguire i corsi di veterinaria?» chiese Tom, cambiando bruscamente argomento di conversazione. «In autunno, spero. Ho pagato la tassa di iscrizione.» «Ho una proposta importante per te. Puoi fare il tuo internato qui, lavorando con me. Io faccio parte del gruppo docenti della facoltà, dunque posso diventare il tuo relatore.» «Mi piacerebbe tanto» sospirò Cindy, «ma non posso. Devo lavorare per mantenermi agli studi e non voglio chiedere denaro in prestito.» «Il che ti fa onore, ma alle volte siamo costretti a decidere diversamente dalle nostre convinzioni. Cosa pensi, che questo posto si sia costruito da solo? Ho dovuto stringere molte mani, esibire tanti sorrisi falsi, accettare favori da persone che detestavo, ma il mio sogno infine è diventato realtà. Dunque, tu puoi continuare a fare la commessa nel negozio di scarpe oppure dedicare il tuo tempo e le tue energie alla carriera di veterinario. Cosa mi rispondi?» «Devo rifletterci» replicò Cindy. Tom si alzò di scatto. «Ritiro la mia offerta. Ovviamente non sei Kathleen Webb
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abbastanza motivata.» «Ti sbagli!» esclamò Cindy balzando in piedi. «Non c'è nulla di male nell'accettare un aiuto» riprese Tom. «Molti di questi animali non sarebbero sopravvissuti senza il mio aiuto, ma questo non sminuisce la loro natura e la loro fierezza. Sanno che rifiutare una mano tesa comporta la possibilità di non farcela.» Cindy scosse la testa. «Sono così confusa» mormorò. «Ma sai chi sei e dove vuoi arrivare. Vedrai che la confusione sparirà presto.» Dopo aver bevuto la seconda bottiglia di birra, e poi la terza, quando ormai il cielo si tingeva dei colori pastello del tramonto, Cindy tentò di muovere qualche passo senza riuscirci perché la testa le girava. «Vieni dentro» le suggerì Tom. «Ti preparo qualcosa da mangiare. Hai bevuto troppo a stomaco vuoto.» «Non ci riesco.» «Non riesci a fare... che cosa?» «Non riesco a stare in equilibrio.» Tom la sollevò fra le braccia. «Ti porto in casa. Non puoi andartene in bicicletta in questo stato.» Il silenzio della sera fu violato dal rumore del motore di un furgone. Uno sportello si aprì e si richiuse. «Vieni, Parker» disse Tom all'uomo che stava camminando verso di loro. «Io e Cindy abbiamo appena fatto una bella chiacchierata.»
14 «Non voglio parlare con Parker» borbottò Cindy, il viso premuto contro la spalla di Tom. Parker scosse la testa. «Era questa la tua idea, Tom? Farla ubriacare?» «Come facevo a sapere che non sopportava gli alcolici?» replicò Tom. «Ecco, prendila. Portala a casa e falla dormire.» «Perché dovrei?» «Perché sei stato tu a sbagliare con lei e tocca a te adesso riparare alla situazione che hai creato.» «Finché è incapace di parlare, intendi» sottolineò Parker. «Hai ragione, a questa signora piace avere l'ultima parola. Ma almeno le ho suggerito qualcosa su cui riflettere.» Kathleen Webb
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«Se mai ricorderà qualcosa di quello che le hai detto oggi.» Cindy si svegliò poco prima dell'alba con un mal di testa terribile. Si rigirò nel letto. Le tempie le martellavano dolorosamente, gli occhi le bruciavano. Cercò di ricordare. Era andata da Tom, lui le aveva offerto birra ghiacciata. Avevano parlato di qualcosa d'importante. Ma di cosa? Infine si alzò per prendere un bicchier d'acqua e inciampò in qualcuno che dormiva sul pavimento. Parker! «Cosa ci fai tu qui?» chiese. «Mi assicuro che tu stia bene» replicò lui socchiudendo gli occhi. «Perché non dovrei star bene?» «Perché hai bevuto troppo.» «Ora è tutto a posto. Scostati, devo prepararmi per andare al lavoro... Oh, santo cielo!» esclamò Cindy mentre perdeva l'equilibrio e cadeva proprio sul petto di Parker. «Ti sei disteso sul pavimento perché sapevi che sarebbe successo proprio questo!» lo accusò. «Ho pensato che avresti reagito molto peggio se mi avessi trovato addormentato nel tuo letto, accanto a te.» Parker si liberò di lei e si rimise in piedi. «Prendi un'aspirina e mangia qualcosa. Ti sentirai subito meglio.» «Mi sento già meglio.» Lui le scoccò un'occhiata carica d'ironia. «Come no» commentò. Un attimo dopo era già uscito di casa. Per fortuna, pensò Cindy sollevata. Ma lo era davvero? Certo che lo era. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di avere Parker intorno, di sentire i suoi ragionamenti e le sue eventuali parole di scuse. Tornò a letto e nascose il viso contro il cuscino. Non era un uomo degno di fiducia. Come era possibile che lei si fosse innamorata di qualcuno di cui non si fidava? Cindy si sedette a gambe incrociate davanti alla scrivania, la calcolatrice in mano, carta e penna pronte per annotare i conti sui quali si sarebbe basata la realizzazione del suo sogno. Dunque avrebbe iniziato l'università in autunno o al più tardi in inverno, a costo di studiare di giorno, lavorare di notte e non dormire mai. Aprì il cassetto per prendere il suo libretto di risparmio e provò un attimo di panico quando non lo trovò. Doveva averlo lasciato al negozio, ragionò con calma. Poteva riprenderlo l'indomani, ma un po' di esercizio fisico l'avrebbe aiutata a rilassarsi e a smettere di pensare a Parker. Kathleen Webb
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Capì che qualcosa non andava appena arrivata davanti al negozio. La luce era accesa, non quella dell'insegna, bensì il grande neon che lei non usava mai, neanche nelle più cupe giornate di dicembre. Smontò lentamente dalla sua bicicletta e si avvicinò alla vetrina. Il signor T. era dentro e gesticolava freneticamente parlando con un uomo che le dava le spalle. Poteva esserci una rapina in atto, pensò Cindy spingendo la porta a vetri. Aveva mosso solo un passo all'interno del negozio quando l'altro uomo si voltò verso di lei. Cindy sussultò. Il signor Hubble! E davanti a lui, sul bancone, c'era una sola scarpa, una Louboutin rossa. «Mindy» esordì il signor T. quando la vide, «Hubble mi ha appena restituito qualcosa che mi appartiene. Questa scarpa per l'esattezza, che afferma di aver trovato una sera sul marciapiede fuori al negozio.» «Oh» mormorò Cindy. «Molto strano» riprese il Signor T., «specialmente perché dall'inventario risulta che noi abbiamo in deposito un solo paio di queste scarpe, stesso numero, stesso colore, un paio che è esattamente dove dovrebbe essere, cioè nella sua scatola. Hubble mi ha detto che tu l'hai contattato per riavere la scarpa che lui aveva trovato. Ti dispiacerebbe spiegarmi cosa sta succedendo?» Cosa poteva dire a quel punto?, si chiese Cindy sollecitando inutilmente la sua mente a una reazione. «Bene, di sicuro io...» «Di sicuro c'è solo che non posso permettermi di avere una dipendente di cui non mi fido» la interruppe. «La spiegazione è semplice» replicò Cindy improvvisando. «La scarpa appartiene a una mia amica che sarebbe molto, molto felice di riaverla» aggiunse, tendendo la mano verso la Louboutin. «Non così in fretta» la fermò il signor Trapanese. «Hubble vuole che questa scarpa torni nelle mani del legittimo proprietario, non è così, Hubble?» Il signor Hubble annuì. «Questo non è un problema» replicò Cindy. «Mi basta solo fare una telefonata.» Sollevò il ricevitore e compose il numero di Marissa. «Pronto?» «Pronto» rispose la voce assonnata di un uomo. «Mi scusi, devo aver sbagliato...» Kathleen Webb
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«Cindy? Sono Tom. Marissa è in bagno.» «Tom, ascoltami bene» riprese Cindy in tono concitato. «Io sono al negozio; Marissa deve venire qui subito con l'altra scarpa rossa. È a casa di Parker, nell'armadio. Mi sono spiegata bene? Deve venire al più presto possibile!» «Cindy, sei certa di star bene? Mi sembri strana.» «Ora non posso dilungarmi, ma tutto andrà meglio quando arriverà Marissa» concluse Cindy prima di interrompere la comunicazione. «Visto?» disse poi, rivolgendo un sorriso brillante ai due uomini. «Tutto sistemato.» «Staremo a vedere» replicò il Signor T. con aria sarcastica, «perché, a giudicare da questo libretto di risparmio che ho trovato sulla cassa, qualcuno sta cercando di raggirarmi.» Cindy non replicò. «Come mai la tua amica non acquista le scarpe da noi?» insinuò il signor T. «È una bella vendita che abbiamo perso, trecento bigliettoni, giusto? Il che induce un datore di lavoro a interrogarsi sulla lealtà dei suoi impiegati.» Cindy preferì continuare a tacere e ad aspettare. I minuti trascorsero con la lentezza delle ore. Infine scoppiò il pandemonio. La porta si spalancò e un gruppo di persone fece irruzione nel negozio. Non solo Marissa e Tom, ma anche Parker e i suoi genitori e persino Sheri con Frank. Seguirono Hilary con il suo fidanzato e Maude, la vicina di casa di Hubble. Melody Manners doveva aver avuto sentore di uno scoop perché c'era anche lei. Praticamente mezza Madronna Beach era raggruppata nel negozio, e tutti parlavano insieme e animatamente. «Silenzio!» ordinò il signor T. Tutti tacquero. «Credo che si tratti di una cospirazione ai miei danni» sentenziò. «Lei» aggiunse, puntando un dito contro Marissa, «voglio vedere se la scarpa è della sua misura.» Tom si inginocchiò davanti a Marissa e le infilò la scarpa rossa al piede. Il signor T. non sembrava affatto impressionato. «Mi scusi la domanda, ma che bisogno ha di scarpe così costose?» Marissa sorrise. «Per me sono un ottimo investimento. Non si rovinano mai.» «Ma dov'è l'altra scarpa?» tuonò il signor T. Parker si fece avanti. «Eccola.» «E come mai è in suo possesso?» Kathleen Webb
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«Che lei ci creda o meno, è stata la compagna di questa scarpa a condurmi dalla compagna della mia vita» spiegò Parker porgendo la Louboutin a Cindy. La scarpa era pesante, troppo, notò Cindy. «Cosa c'è dentro?» chiese sospettosa. «Guarda e lo saprai.» Cindy infilò la mano nella scarpa e trovò un piccolo astuccio di velluto scuro. «Parker?» «Aspetta» replicò lui. «Tu hai avuto fiducia in me e io tu ho delusa. Forse non merito una seconda possibilità, ma non credo che avrai il coraggio di rifiutarmi davanti tutta questa gente. Ti voglio nella mia vita, Cinderella. So che non desideri il mio aiuto, ma guarda i miei genitori. Loro ce l'hanno fatta. Io ti prometto che non ti mentirò mai più come ho fatto con la storia della scarpa. Neanche se fosse per il tuo bene. Per favore, concedimi la possibilità di dimostrarti di essere degno del tuo amore e della tua fiducia.» Cindy aprì l'astuccio. Sul fondo di velluto nero risplendeva il più bell'anello con brillante che avesse mai visto in vita sua. Tutti i presenti mormorarono e sorrisero. Robin le strinse una mano. Sheri annuì. «Sposami, Cindy.» Per un solo istante l'antica paura tornò a impadronirsi di lei, ma poi evaporò come la nebbia al mattino. Parker si era reso vulnerabile e ora toccava a lei fare altrettanto. Cindy tese la mano sinistra, che sorprendentemente non tremava. Parker le fece scivolare l'anello al dito. Tutti applaudirono. «Vorrei che fossimo soli» sussurrò Cindy all'orecchio del suo fidanzato. «Lo saremo presto» promise Parker mentre Sheri, Frank, Gord e gli altri si congratulavano con loro. «Ehi, ma lei non è quella pittrice?» chiese il signor T. guardando Marissa come se la vedesse in quel momento per la prima volta. «Sono quella fantastica pittrice» specificò lei. «Se le può interessare occuparsi delle scenografie del mio teatro venga pure a trovarmi.» «Lo farò.» Marissa alzò la testa per sorridere a Tom. «Quando torneremo dal nostro viaggio di nozze.» Altri applausi e congratulazioni seguirono l'annuncio. Per festeggiare l'occasione il signor T. stappò persino una bottiglia di Champagne che Kathleen Webb
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conservava nel frigorifero del suo ufficio. L'orologio segnò la mezzanotte. «Mezzanotte» disse Parker stringendo Cindy fra le braccia. «Non hai per caso intenzione di scappare via?» «Nient'affatto!» rispose Cindy decisa. «Adesso ho tutto quello di cui ho bisogno.»
Epilogo Il dottor Davis e sua moglie sono lieti di annunciare il matrimonio del figlio Parker con la dottoressa Cindy Stephens. La cerimonia è stata celebrata in forma privata alle Isole Bermuda: i testimoni della sposa erano sua madre, la signora Sheri Stephens, e la sua migliore amica Marissa Wilson. La coppia, apparsa straordinariamente felice, ha stabilito la propria residenza a Madronna Beach.
Kathleen Webb
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