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RUTH RENDELL LETTERE MORTALI (From Doom With Death, 1964) Mi hai spezzato il cuore. Ecco, ora l'ho scritto. Non perché tu legga queste parole, Minna, poiché questa lettera non verrà mai spedita, non si farà piccola e vizza al suono della vostra risata, piccole labbra piene di sussiego, riso ch'è musica di salterio... Devo parlarti della Musa che mi ha accompagnato? Avrei voluto passeggiare con te nelle sue sale dagli alti soffitti a volta. Avresti visto le fonti di Elicona! Ti avrei nutrito del cibo dell'anima, il pane che è prosa e il vino che è poesia. Ah, il vino, Minna... il sangue rosato del trovatore! Non partirò mai per quel viaggio, perché in cambio del vino tu mi hai restituito le acque dell'indifferenza. I pani che io avevo avvolti nell'oro, tu li hai nascosti nel coccio del disprezzo. Tu mi hai spezzato il cuore, e hai scagliato la coppa di vino contro il muro... 1 — Secondo me state gonfiando un po' troppo le cose, signor Parsons — disse Burden. Era stanco, e quando Parsons l'aveva chiamato stava per andare al cinema. Inoltre, la prima cosa che aveva notato entrando nella stanza erano stati i libri nello scaffale accanto al caminetto. Sarebbero bastati i titoli a mettere in agitazione anche la persona più equilibrata, a far venire l'angoscia anche senza nessuna ragione obiettiva: "Dalmer l'avvelenatore", "Il processo di Madeline Smith", "Le tre spose annegate", "Processi famosi", "Importanti processi inglesi". — Non credete che queste letture vi abbiano suggestionato? — I delitti mi interessano — rispose Parsons. —È un mio hobby. — Me ne rendo conto. — Burden non aveva nessuna intenzione di sedersi, se poteva evitarlo. — Sentite, come fate a dire che vostra moglie è sparita? Siete in casa da un'ora e mezzo, e lei non è ancora arrivata, tutto qui. Forse è andata al cinema. A dire il vero, ci stavo andando anch'io con mia moglie. Sono sicuro che la incontreremo all'uscita. — Margaret non farebbe mai una cosa del genere, signor Burden. Voi non la conoscete come la conosco io. Sono quasi sei anni che siamo sposa-
ti e non mi è mai capitato di tornare a casa e non trovarla. — Sapete che cosa farò? Passerò di qui al ritorno. Ma potete scommettere fino all'ultimo centesimo che per quell'ora sarà rientrata. — Si diresse verso la porta e aggiunse: — Sentite, fate un salto alla stazione di polizia, se credete. Non peggiorerà certo la situazione. — No, no. Era solo perché abitate qui vicino e siete un ispettore... "E fuori servizio", pensò Burden. "Se fossi medico, invece che poliziotto, potrei anche avere dei pazienti privati. Scommetto che le mie prestazioni non gli interesserebbero così tanto, se ci fosse di mezzo una parcella." Seduto al buio, nel cinema semivuoto, pensava: "Be', è strano. Le mogli normali, convenzionali come la signora Parsons, le mogli che hanno sempre il pranzo pronto per il marito alle sei precise, non se ne vanno di punto in bianco senza nemmeno lasciare un biglietto". — Da quello che mi avevi detto doveva essere un bel film — sussurrò alla moglie. — Be', secondo i critici sì. — Oh, i critici! Un altro uomo, ecco quale potrebbe essere la ragione. Ma proprio la signora Parsons? O un incidente. Aveva peccato di leggerezza a non dire a Parsons di telefonare subito alla polizia. — Senti, tesoro, non resisto proprio. Tu rimani pure a vedere la fine. Io devo tornare da Parsons. — Avrei fatto meglio a sposare quel giornalista che si era preso la cotta per me. — Stai scherzando? Sarebbe rimasto fuori tutte le notti per mettere a nanna i giornali, o magari la segretaria del direttore. Risalì rapidamente Tabard Road, e rallentò soltanto quando fu in vista della casa vittoriana dove abitava Parsons. Le luci erano spente, e le tende delle finestre a piano terra non erano state tirate. Il gradino davanti alla porta d'ingresso era imbiancato, con il bordo d'ottone tirato a lucido. La signora Parsons doveva essere stata una perfetta massaia. Doveva essere stata? Perché, non lo era ancora? Parsons aprì la porta ancora prima che lui bussasse. Aveva ancora un aspetto ordinato, nel suo abito vecchiotto, con la cravatta bene annodata. Ma in faccia era di un pallore grigiastro. A Burden fece venire a mente un annegato che aveva visto una volta all'obitorio. Gli avevano rimesso gli occhiali sul naso diventato poroso come una spugna, per aiutare una ragazza a identificarlo.
— Non è tornata — disse. Parlava come se gli stesse venendo il raffreddore, ma probabilmente era solo paura. — Prendiamo una tazza di tè — disse Burden. — Beviamo un tè e intanto ne parliamo. — Continuo a pensare a che cosa potrebbe esserle successo. Siamo così isolati ed esposti a rischi da queste parti! O almeno credo, visto che siamo in campagna. — È colpa dei libri che leggete — rispose Burden. — Non sono letture sane. — Diede ancora un'occhiata alle copertine. Su una c'era disegnata un'accozzaglia di pistole e coltelli su uno sfondo rosso sangue. — Almeno per un profano. Posso usare il telefono? — È nell'altra stanza, quella che dà sulla strada. — Chiamo la polizia. Potrebbero aver ricevuto una chiamata da un ospedale. La stanza aveva l'aria di un posto dove non entrava mai nessuno. Con un po' di sgomento, Burden ne notò l'aspetto misero ma tirato a lucido. Finora non aveva ancora visto un mobile che avesse meno di cinquant'anni. A causa del suo lavoro, aveva occasione di entrare in case di ogni genere, e sapeva riconoscere un pezzo d'antiquariato, quando lo vedeva. Ma questi non erano pezzi d'antiquariato, e nessuno li avrebbe scelti per la loro bellezza o rarità. Erano soltanto vecchi. Abbastanza vecchi da costare poco, pensò Burden, e allo stesso tempo abbastanza recenti per non costare troppo. Sentì il sibilo del bollitore e Parsons che armeggiava con le tazze in cucina. Una gli cadde a terra. Dovevano avere ancora il vecchio pavimento in cemento, a giudicare dal rumore che avevano fatto i cocci. C'era di che far venire i brividi a chiunque, pensò Burden, a starsene seduti in una di quelle stanze dai soffitti alti, a leggere storie di avvelenamenti e impiccagioni, mentre dalla scala e dalla dispensa arrivavano inspiegabili scricchiolii. — Ho riferito la sparizione di vostra moglie — disse al padrone di casa. — Non ci sono notizie dagli ospedali. Parsons accese la luce nella stanza che dava sul retro e Burden lo seguì. Sotto il paralume di pergamena che pendeva dal soffitto doveva esserci una lampadina debole. Non più di sessanta watt, pensò. Il paralume dirigeva tutta la luce in basso, lasciando il soffitto, con i suoi stucchi a forma di frutta, completamente al buio, eccetto macchie di ombra agli angoli. Parsons posò le tazze sulla credenza, un enorme aggeggio di mogano che con le sue rientranze, gallerie e mensole sporgenti, somigliava più a una casetta
per le bambole che a un mobile. Burden si mise a sedere in una poltrona con i braccioli di legno e il sedile foderato di velluto a coste marrone. Attraverso la para delle scarpe sentiva il freddo del linoleum. — Avete idea di dove potrebbe essere andata vostra moglie? — Ho cercato di pensarci. Mi sono spremuto le meningi, ma non mi viene in mente niente. — E i suoi amici? Sua madre? — Sua madre è morta, e non abbiamo amici da queste parti. Ci siamo trasferiti qui soltanto sei mesi fa. Burden mescolò lo zucchero nel tè. L'aria fuori era afosa e umida; invece lì, nella penombra di quei muri spessi, si aveva la sensazione di essere ancora in inverno. — Sentite, non mi va di chiedervelo, ma qualcuno prima o poi dovrà farlo, e potrebbe toccare a me. Non può darsi che avesse un appuntamento con un uomo? Mi dispiace, ma dovevo chiedervelo. — Naturalmente, lo so, è tutto qua dentro — rispose Parsons, indicando lo scaffale. — Domande di normale amministrazione, non è vero? Ma siete fuori strada. Non Margaret. È ridicolo. — Il sorriso gli si spense sulle labbra. — Margaret è una donna onesta. È predicatrice laica alla chiesa metodista. "Inutile insistere", pensò Burden. "Se sua moglie non sarà rientrata dopo l'ultimo treno e l'ultimo autobus, gli faranno altre domande, e indagheranno nella sua vita privata, che gli piaccia o no." — Immagino che abbiate già guardato dappertutto — chiese. Da un anno percorreva quella strada due volte al giorno, eppure non riusciva a ricordare se quella casa aveva due o tre piani. Il suo occhio da poliziotto si sforzò di ricomporre il quadro: una finestra sporgente a pianterreno, due finestre con il telaio scorrevole sopra e, si, sopra ancora, due finestre più piccole proprio sotto il tetto d'ardesia. Una brutta casa, pensò, brutta e sinistra. — Ho guardato nelle camere da letto — disse Parsons. Smise di camminare avanti e indietro, e per un attimo il viso gli si accese di speranza. — Pensate che potrebbe essere in soffitta? Svenuta, o qualcosa del genere? "Sarà un po' difficile che sia solo svenuta se è ancora lì", pensò Burden. Un'emorragia cerebrale, sì, o un incidente. — È ovvio che dovremmo dare un'occhiata — disse. — Avevo dato per scontato che l'aveste già fatto.
— Ho provato a chiamare. Non saliamo quasi mai lassù. Le stanze non vengono utilizzate. — Andiamo. Nell'ingresso la luce era ancora più tenue. La lampadina illuminava debolmente il tappeto rosa spento e il pavimento di linoleum in due toni di marrone, la povera imitazione di un parquet. Parsons si avviò per primo e Burden lo seguì su per una scala ripida. La casa era piuttosto grande, ma per costruirla erano stati impiegati manodopera e materiali scadenti. Sul primo pianerottolo si aprivano quattro porte a pannelli di compensato, che ricordavano le finestre cieche delle case di una volta. — Nelle camere da letto ho già guardato — disse Parsons. — Santi numi! Magari è caduta ed è lassù da chissà quanto tempo! — esclamò, indicando una scaletta. Burden rimase colpito da quella espressione. "Santi numi!" Chiunque altro avrebbe detto qualcosa come "Dio!" o "mio Dio!" — Ora che mi viene in mente, non ci sono lampadine in soffitta. — Andò in camera da letto e svitò la lampadina dal lampadario centrale. — Fate attenzione a dove mettete i piedi. Sulle scale era buio pesto. Burden spalancò la porta che aveva davanti. Ormai era sicuro che avrebbero trovato la donna lunga e distesa sul pavimento e voleva concludere la faccenda il più presto possibile. Mentre saliva le scale, aveva provato a immaginare la faccia di Wexford quando avrebbe saputo che non si era mai mossa di lì. Nella stanza l'aria era umida e fredda, gelo misto a odore di canfora. L'arredamento era sommario. Burden riuscì a distinguere solo la forma di un letto, contro il quale Parsons inciampò prima di riuscire a salirvi per avvitare la lampadina. Anche questa era debole; il paralume poi era tutto bucherellato e faceva sì che il soffitto e le pareti sembrassero punteggiati di macchioline giallastre. La finestra era senza tende. Il freddo chiarore lunare invase per un attimo la stanza, per poi sparire nuovamente dietro una nuvola. — Non c'è — disse Parsons. Sul telo bianco che copriva il letto come un sudario, erano rimaste le impronte delle sue scarpe. Burden sollevò il telo per un angolo e guardò sotto il letto, l'unico mobile della stanza. — Provate di là — disse. Parsons ricominciò ad armeggiare intorno alla lampadina, con una lentezza esasperante. Ora a fargli strada c'era solo il freddo chiarore che entrava dalla finestra. L'altro era un locale più piccolo e con più mobili. Bur-
den aprì un armadio e sollevò il coperchio di due bauli. Si rendeva conto che Parsons lo fissava, pensando forse a quello che lui chiamava il suo hobby e a quello che uno può aspettarsi di trovare in un baule. Ma in questi c'erano soltanto libri, libri vecchi del tipo che si trova dai rigattieri. L'armadio era vuoto, ma anche se la carta di cui era rivestito veniva via a brandelli, non c'erano ragnatele. La signora Parsons era pròprio una brava donna di casa. — Sono le dieci e mezzo — disse Burden, sbirciando l'orologio. — L'ultimo treno non arriva prima dell'una. Potrebbe essere su quello. Ma Parsons su quel punto non cedeva. — Non andrebbe da nessuna parte in treno. Mentre scendevano da basso, si fermarono in camera da letto per riavvitare la lampadina. Le scale avevano un che di sinistro, che sarebbe potuto essere facilmente eliminato tinteggiando le pareti di bianco e mettendo delle luci più forti. Mentre scendevano, Burden pensava alla donna che viveva in quella casa e che si dava da fare, senza molto successo, per rendere meno squallido tutto quel legno di colore indefinibile e il brutto linoleum. — Non so che fare — disse Parsons. Burden non aveva nessuna voglia di tornare nella sala da pranzo, resa ancora più piccola dai mobili ingombranti, a finire il tè ormai freddo. A quell'ora Jean doveva essere già tornata dal cinema. — Potreste provare a telefonare agli amici con cui va in chiesa — disse, cercando di guadagnare la porta. Se Parsons avesse avuto soltanto un'idea di quante sparizioni di donne venivano segnalate e di quanto fosse minima la percentuale di quelle che venivano ritrovate morte in un campo o tagliate a pezzi in un baule... — A quest'ora? Sembrava quasi scioccato, come se le abitudini inveterate la regola che dopo le nove di sera non si deve disturbare nessuno, non potessero essere infrante neppure in un caso speciale. — Prendete un paio di aspirine e cercate di dormire un po'. Se ci sono novità, potete telefonarmi. La polizia è stata informata. Ora non possiamo fare nient'altro. Appena sapranno qualcosa ve lo comunicheranno. — E domattina? "Se fosse una donna", pensò Burden, "mi supplicherebbe di restare. Si aggrapperebbe a me e direbbe 'Non lasciatemi sola!'." — Farò un salto qui prima di andare alla stazione di polizia. Parsons non chiuse la porta finché lui non ebbe percorso più di metà
strada. Burden si voltò indietro una volta e nel riquadro illuminato della porta distinse la faccia pallida dall'espressione attonita. Preso da un senso di impotenza per non essere stato capace di dargli un po' di conforto, sollevò una mano in un cenno di saluto. Le strade erano deserte e, come accade in campagna di notte, il silenzio vi regnava quasi come una presenza tangibile. Forse in quello stesso momento la donna stava sgattaiolando con aria colpevole fuori della stazione, cercando di rimettere insieme l'alibi che si era preparata. E avrebbe dovuto essere un buon alibi, pensò Burden, ricordando l'uomo che l'aspettava, teso tra speranza e terrore. Fece una deviazione fino all'angolo di Tabard Road con High Street. Da lì riusciva a vedere fino all'inizio di Stowerton Road, dove le ultime macchine si stavano allontanando dal parcheggio del "The Olive and Dove". La piazza del mercato era deserta; solo una coppia di innamorati si attardava sul Kingsbrook Bridge. Mentre era lì, vide comparire tra i pini all'orizzonte l'autobus che veniva da Stowerton. Mano nella mano i due innamorati corsero verso il centro della piazza, intanto che l'autobus si arrestava vicino ai banchi smontati. Ma non vide scendere nessuno. Con un sospiro, si avviò verso casa. — Non si è fatta viva — disse a sua moglie. — È strano, sai, Mike. Non l'avrei mai ritenuta capace di scappare con un altro. — Bruttina? — No, non esattamente. Il fatto è che aveva un'aria così rispettabile... Scarpe senza tacco, niente trucco, permanente e mollettine nei capelli, sai che cosa intendo. Devi averla vista. — Può darsi, ma non ci ho fatto caso. — Però non la definirei un tipo anonimo. Ha un viso particolare, un po' all'antica, una di quelle facce che si vedono negli album di famiglia. Magari non è il tuo tipo, ma se tu l'avessi vista, te la ricorderesti. — Be', non ce l'ho presente — concluse Burden. E con queste parole accantonò l'argomento e si mise a parlare del film. 2 Burden non fece fatica ad addormentarsi; ormai aveva fatto l'abitudine a episodi del genere. Anche in quella cittadina, che lui pensava di trovare monotona nei confronti di Brighton, raramente stava con le mani in mano.
Alle sette squillò il telefono. — Parla Burden. — Sono Ronald Parsons. Non è rientrata. E, signor Burden, non ha preso neppure un soprabito. — Era la fine di maggio, e per tutto il mese il tempo era stato orribile. Quel mattino, poi, un vento gelido agitava le tende della camera. Burden si rizzò a sedere sul letto. — Siete sicuro? — Non riuscivo a prendere sonno, così mi sono messo a guardare tra i suoi vestiti, e sono certo che non ha preso niente. Ha solo un impermeabile, un cappotto pesante, e un altro, vecchio, che indossa quando lavora in giardino. Burden suggerì che poteva essersi messa un tailleur. — Ha solo un abito a giacca — quel termine antiquato si addiceva a Parsons — ed è nell'armadio. Credo che avesse su un vestito di cotone, quello nuovo. — Si schiarì la gola. — Se l'era appena confezionato. — Datemi solo il tempo di infilarmi qualcosa. Tra mezz'ora sono da voi e andremo insieme alla stazione di polizia. Parsons si era vestito e si era fatto la barba. Aveva gli occhi dilatati dal terrore. Le tazze che avevano adoperato la sera prima erano state appena lavate e messe ad asciugare su uno scolapiatti fatto in casa alla meglio con delle stecche di legno. Burden non poté fare a meno di stupirsi, vedendo che neanche in un momento simile Parsons riusciva a mettere da parte le sue inveterate abitudini e continuava a preoccuparsi del proprio aspetto e della casa. Cercò di smettere di guardarsi intorno con aria curiosa, in quel buco di cucina con il paiolo di rame in un angolo, la stufa a gas antiquata e la tela cerata sul tavolo. Non c'era né lavatrice né frigorifero. La vernice scrostata delle pareti e la ruggine della stufa facevano sembrare l'ambiente sporco, e solo guardando meglio, mentre Parsons non lo osservava, Burden si rese conto che invece era fanaticamente, pateticamente pulito. — Siete pronto? — domandò mentre Parsons stava chiudendo la porta sul retro con una chiave enorme. — Avete la foto con voi? — In tasca. Quando passò dal soggiorno, Burden notò di nuovo i libri. I titoli risaltavano sulle copertine gialle e nere. Ora che la notte era passata senza che la donna ricomparisse, Burden cominciò a chiedersi se Tabard Road si sarebbe andata ad aggiungere a Hilldrop Crescent e a Rillington Place, nella lista delle strade dalla fama sinistra.
Forse un giorno, sotto la copertina di un libro simile a quelli, ci sarebbe stato il resoconto della sparizione di Margaret Parsons, con il viso attonito del marito sul frontespizio. Il volto di un assassino è il volto di un uomo come tutti gli altri. In effetti, sarebbe molto più tranquillizzante se un assassino portasse in faccia il marchio di Caino, perché tutti potessero vederlo. Ma Parsons? Lui non avrebbe avuto difficoltà a ucciderla. Aveva una buona preparazione in proposito. I libri ne erano la prova. Però tra teoria e pratica esiste un abisso. Stanco di tutto questo fantasticare che non portava a niente, Burden cercò di pensare ad altro e seguì Parsons fuori. Kingsmarkham si era svegliata e cominciava ad animarsi. I negozi erano ancora chiusi, ma gli autobus erano già in movimento da due ore. Di tanto in tanto un raggio di sole faceva capolino, per poi sparire dopo qualche istante dietro spesse nubi bianche o bluastre cariche di pioggia. La coda alla fermata dell'autobus arrivava quasi fino al ponte. La bombetta in testa e prudentemente armati d'ombrello, soli o a coppie, i pendolari che ogni giorno prendevano il treno per Londra si affrettavano lungo la strada della stazione. Burden si fermò all'incrocio e prima di proseguire aspettò che un trattore arancione passasse lungo la strada principale. — Tutto continua come se niente fosse accaduto — osservò Parsons. — Meglio cosi — disse Burden, svoltando a sinistra. — Aiuta a mantenere il senso delle proporzioni. La stazione di polizia si trovava non a caso alle porte della cittadina; una specie di bastione che, a seconda dei casi, poteva dare un senso di protezione o costituire un avvertimento. Era un edificio nuovo, bianco e quadrato, che ricordava vagamente una scatola di detersivo e, pensò Burden, era stato tinteggiato proprio con gli stessi colori delle scatole di detersivo. Tutto quel bianco e quella lucentezza, a pochi metri di distanza da una delle ultime case ottocentesche, era proprio un pugno in un occhio. L'avevano terminato proprio quando Burden era stato trasferito a Kingsmarkham, eppure la sua vista qualche volta riusciva ancora a scioccarlo. Burden spiò le reazioni di Parsons mentre varcavano la soglia; sarebbe apparso impaurito o semplicemente intimidito come qualsiasi cittadino normale? Sembrava soltanto un po' in soggezione. Non era la prima volta che quel luogo dava ai nervi a Burden. Uno si sarebbe aspettato un rivestimento di legno scuro alle pareti e un pavimento di linoleum, panni verdi sui tavoli e corridoi interminabili. In questo modo, l'insieme avrebbe messo allo stesso tempo in soggezione i criminali, e a
proprio agio i cittadini onesti. Invece, qui, i marmi e le piastrelle variegate, la bacheca per gli avvisi, il bancone nero a forma di parabola che si allungava per metà dell'atrio, sembravano suggerire che l'unica cosa che contava era l'ordine, come se il destino di coloro che entravano da quelle porte girevoli importasse meno degli impeccabili archivi dell'ispettore capo Wexford. Parsons rimase ad aspettare con aria intontita, tra un ficus e una poltrona a forma di cucchiaio, fatta di un materiale spugnoso del colore di uno sciroppo per la tosse. Era assurdo, pensò Burden, mentre bussava alla porta di Wexford, giocare un tiro del genere tra le tranquille case di High Street. — Il signor Parsons è qui, signore. — Bene. — Wexford diede un'occhiata all'orologio. — Gli parlerò subito. Wexford, più alto di Burden, robusto senza essere grasso, cinquantadue anni, sembrava un attore nella parte di un poliziotto superdecorato. Nato a Pomfret, vissuto quasi sempre in quella parte del Sussex, conosceva praticamente tutti e non c'era luogo di cui ignorasse l'esistenza, tanto da rendere la carta geografica appesa alla parete un oggetto puramente decorativo. Parsons appariva alquanto nervoso. Aveva un'aria circospetta e furtiva, e in un certo senso di sfida, come uno che sa già che il suo orgoglio sarà ferito e si prepari a difenderlo. — Capisco il vostro stato d'animo — disse Wexford con la sua voce tonante. — L'ispettore Burden mi ha detto che non vedete vostra moglie da ieri mattina. — Esatto. — Parsons tirò fuori la foto della moglie e la mise sulla scrivania di Wexford. — È lei, Margaret. — Si voltò verso Burden. — Mi avete detto che avrebbe voluto vederla. Era la fotografia di una giovane donna in camicetta di cotone e gonna tirolese, in posa, rigida, con le mani lungo i fianchi, davanti al giardino dei Parsons. Guardava dritto verso il sole, con un sorriso esageratamente largo e sembrava nervosa e ansimante, come se, interrotta nel bel mezzo di qualche attività mondana - il bucato con ogni probabilità - si fosse tolta in fretta il grembiule, si fosse asciugata le mani e avesse raggiunto di corsa il marito che l'aspettava con la macchina fotografica. Gli occhi erano socchiusi, le guance paffute, e sembrava proprio che stesse dicendo "Cheese!". Non aveva niente del delicato cammeo che le parole di Jean avevano suggerito. Wexford la guardò e chiese: — È la migliore che avete?
Parsons coprì la fotografia con la mano, come se fosse stata dissacrata. Sembrava sul punto di scoppiare in un accesso di collera, ma si limitò a dire: — Non abbiamo l'abitudine di posare davanti ai fotografi. — Niente passaporto? — Noi non possiamo permetterci vacanze all'estero — rispose l'uomo con tono amaro. Diede una rapida occhiata alle veneziane, al tappeto, alla poltroncina di Wexford con il sedile rivestito di tweed, come se non si trattasse di arredi impersonali, messi lì da qualcuno, ma stessero piuttosto a indicare l'opulenza delle persone che se ne servivano. — Gradirei che mi parlaste di vostra moglie, signor Parsons — disse Wexford. — Vi dispiace sedervi? Burden fece entrare il giovane Gates e gli disse di mettersi alla piccola e grigia macchina per scrivere. Parsons si sedette e cominciò a parlare lentamente, con un certo imbarazzo, come se gli avessero chiesto di descrivere le nudità della moglie. — Ha i capelli biondi — disse. — Biondi e ondulati, e gli occhi azzurri, chiarissimi. È graziosa. — Guardò Wexford con aria di sfida, e Burden si chiese se Parsons si fosse reso conto dell'impressione che si ricavava dalla foto. — Per me è graziosa. Ha la fronte alta — aggiunse toccandosi la sua, stretta e bassa. — Non è molto alta, circa un metro e sessanta. Wexford continuava a osservare la fotografia. — Magra? Robusta? Parsons si agitò sulla sedia. — Robusta, credo. — Arrossì d'imbarazzo. — Ha trent'anni, li ha compiuti in marzo. — Che cosa indossava? — Un vestito bianco e verde. Bianco con dei fiori verdi, e sopra un cardigan giallo. Ah, e un paio di sandali. Non mette mai le calze, d'estate. — La borsa? — Non porta mai la borsa. Non fuma e non si trucca, vedete. La borsa non le servirebbe a niente. Solo il borsellino e la chiave di casa. — Segni particolari? — La cicatrice dell'appendicite — rispose Parsons arrossendo di nuovo. Gates tolse il foglio dalla macchina per scrivere e Wexford lo scorse rapidamente. — Raccontatemi di ieri mattina, signor Parsons — disse. — Come vi sembrava vostra moglie? Agitata? Preoccupata?
Parsons abbandonò le mani sulle ginocchia divaricate, con un gesto di disperazione; disperazione ed esasperazione. — Era come il solito. Non ho notato niente. Vedete, non era una donna facile agli umori. — Si guardò la punta delle scarpe e ripeté: — Era come il solito. — Di che cosa avete parlato? — Non so, del tempo. Non ci siamo detti molto. La mattina devo uscire di casa alle otto e mezzo per andare in ufficio. Lavoro alla Southern Water Board, a Stowerton. Ho detto che era una bella giornata e lei ha risposto che sì, era bella, ma c'era troppa luce. Sarebbe piovuto, era troppo bello per durare. E aveva ragione. È piovuto per tutta la mattina. — E voi siete andato a lavorare. Come? Autobus, treno, macchina? — Non ho la macchina. Sembrava sul punto di mettersi a elencare tutte le altre cose che non aveva, così Wexford aggiunse in fretta: — Allora in autobus? — Prendo sempre quello che parte alle otto e trentacinque dalla piazza del mercato. L'ho salutata. Non è venuta fino alla porta, ma questo non significa niente, non lo faceva mai. Stava lavando i piatti. — Vi ha detto che cosa avrebbe fatto durante la giornata? — Le solite cose, credo: la spesa e le pulizie. Le solite incombenze femminili. — Poi aggiunse all'improvviso: — Sentite, non era tipo da uccidersi, non fatevi venire di queste idee. Margaret non l'avrebbe fatto. È religiosa. — Va bene, signor Parsons. Cercate di restare calmo e non preoccupatevi. Faremo tutto il possibile per trovarla. Wexford rimase a riflettere in silenzio, con un'aria insoddisfatta, e Parsons dovette interpretare la cosa a modo suo, perché balzò in piedi, tremante. — So che cosa state pensando — gridò. — Pensate che l'abbia fatta fuori io. So come lavora il vostro cervello. Mi sono fatto una cultura in questo campo. Burden si intromise prontamente, cercando di appianare le cose. — Il signor Parsons si interessa di delitti — spiegò. — Delitti? — chiese Wexford sollevando le sopracciglia. — Quali delitti? — Ora chiamiamo una macchina e vi facciamo riaccompagnare a casa — disse Burden. — Se fossi in voi, mi prenderei una giornata di permesso.
Chiamate il medico e fatevi dare qualcosa per dormire. Parsons uscì barcollando. Dalla finestra, Burden lo vide andare verso la macchina con un'andatura da sonnambulo e salire accanto a Gates. I negozi cominciavano ad aprire; il fruttivendolo dall'altra parte della strada stava sistemando la tenda, in previsione di una giornata di sole. Se fosse stato un mercoledì come un altro, pensò Burden, Margaret Parsons sarebbe stata in ginocchio a lucidare il gradino davanti alla porta d'ingresso, o intenta ad aprire le finestre per dare aria a quelle stanze umide. Dov'era invece? Si stava risvegliando tra le braccia del suo amante, o giaceva in un luogo di riposo più definitivo? — Quella ha tagliato la corda, Mike — disse Wexford. — È così che diceva mio nonno quando una donna scappava con l'amante. Comunque è meglio fare i soliti accertamenti. Potete pensarci voi, dato che la conoscevate di vista. Burden prese la fotografia e se la mise in tasca. Per prima cosa andò alla stazione ferroviaria, ma il controllore e gli impiegati della biglietteria erano sicuri che la signora Parsons non era passata di lì. Invece la donna dell'edicola la riconobbe subito dalla fotografia. — È strano — disse. — La signora Parsons viene sempre il martedì a pagare i giornali. Ieri era martedì, ma sono sicura di non averla vista. Aspettate un momento, nel pomeriggio c'era mio marito. — Chiamò: — George, vieni qui un momento! Il proprietario dell'edicola venne fuori dall'uscita che dava sulla strada. Aprì un registro e fece scorrere il dito su una pagina. — No, non è venuta. C'è un sospeso. — Diede un'occhiata curiosa a Burden, avido di spiegazioni. — È strano, paga sempre puntuale come un orologio. Burden tornò in High Street per cominciare il giro dei negozi. Entrò nel supermarket e si diresse alla cassa. La cassiera se ne stava in piedi, con le mani in mano, muovendosi appena al suono della musica in sottofondo. Quando Burden le mostrò la fotografia, sembrò ritornare di colpo in vita. Sì, conosceva la signora Parsons di nome e di vista. Era una cliente regolare, e il giorno prima era stata lì come il solito. — Alle dieci e mezzo circa — disse. — Sempre alla stessa ora. — Vi ha parlato? Ricordate che cosa vi ha detto? — Ora andate sul difficile. Aspettate un attimo, mi sta venendo in mente. Le ho detto che era sempre un problema decidere che cosa preparare per pranzo, e lei ha risposto che sì, l'insalata non va bene, almeno quando
piove. Mi ha detto che aveva comprato delle braciole e che voleva farle fritte, allora ho dato un'occhiata a quello che aveva nel cestino. Ma lei ha detto che le braciole le aveva comprate lunedì. — Vi ricordate che cosa portava? Un vestito di cotone, con un cardigan giallo? — Sicuramente no. Ieri mattina avevano tutti l'impermeabile. Aspettate un secondo, sento un campanellino. Mi ricordo che ha detto, "Acci, piove a dirotto!". Me lo ricordo per come ha detto "Acci", proprio come una scolaretta. Poi ha aggiunto: "Dovrò prendere qualcosa per ripararmi la testa". Così le ho chiesto: "Perché non una sciarpa impermeabile che abbiamo in offerta speciale?". Lei mi ha chiesto se non mi sembrava terribile dover comprare una sciarpa impermeabile in maggio. Però ne ha preso una. Ne sono sicura perché l'ho dovuta battere a parte, in quanto le avevo già fatto il conto. Uscì da dietro il banco e condusse Burden a un'esposizione di sciarpe trasparenti rosa, azzurre, albicocca e bianche, in offerta speciale. — In effetti non è che riparino proprio dalla pioggia — disse con aria complice. — Non da un acquazzone, se capite quello che voglio dire. Ma sono più carine di quelle di plastica. Sono un po' diverse. La signora Parsons ne ha comprato una rosa. Ho fatto un'osservazione a proposito del colore e lei mi ha detto che si intonava con il suo pullover rosa. — Vi ringrazio molto — disse Burden. — Mi siete stata di grande aiuto. Controllò anche i negozi tra il supermercato e Tabard Road, ma nessuno ricordava di aver visto la signora Parsons. I vicini di casa sembravano scioccati e perplessi. La signora Johnson, che abitava nella casa accanto, l'aveva vista uscire subito dopo le dieci, e tornare alle undici meno un quarto. Poi, verso mezzogiorno, o almeno pensava che fosse quell'ora, aveva visto dalla cucina la signora Parsons che andava in giardino a stendere due paia di calzini. Mezz'ora dopo aveva sentito la porta dei Parsons, quella che dava sulla strada, aprirsi e richiudersi piano. Ma questo non significava niente. Il lattaio andava sempre tardi, si erano già lamentati per questo, e la signora Parsons poteva semplicemente aver messo fuori la mano per prendere la bottiglia sulla veranda. Il pomeriggio precedente c'era stata una vendita all'asta all'angolo di Tabard Road. Burden imprecò tra sé, perché questo significava che le macchine erano state parcheggiate in doppia fila lungo il marciapiede. Chiunque nel pomeriggio avesse guardato fuori dalle finestre a pianterreno, avrebbe avuto la vista del marciapiede opposto bloccata dalla fila di mac-
chine parcheggiate a un millimetro una dall'altra. Provò al deposito degli autobus, perfino a qualche autonoleggio, senza arrivare a niente. Tornò passo passo alla stazione di polizia. Il suicidio ora sembrava del tutto fuori discussione. Una persona che ha intenzione di uccidersi, non si mette a parlare allegramente delle braciole che intende preparare al marito per pranzo; e d'altro canto una donna che va all'appuntamento con l'amante, non esce di casa senza il soprabito o la borsetta. Nel frattempo Wexford aveva ripassato la casa di Parsons da cima a fondo, dallo squallido cucinino alle due stanze sotto il tetto. In un cassetto della toeletta della signora Parsons aveva trovato due camicie da notte di nailon, vecchiotte e scolorite, ma ripiegate per bene; una di cotone stampato, e un'altra, spiegazzata e indossata forse un palo di volte, sotto il cuscino del letto a due piazze dalla parte del muro. La donna non aveva altre camicie da notte, aveva detto Parsons, e la sua vestaglia di lana azzurra, con il bordo blu, era ancora appesa a un gancio dietro la porta della camera da letto. Non possedeva una vestaglia estiva, e Wexford trovò un unico paio di pantofole riposte ordinatamente in un armadio della sala da pranzo. Sembrava che Parsons avesse ragione a proposito del borsellino e della chiave. Non ci fu verso di trovarli. In inverno la casa era riscaldata solamente da due caminetti, e l'acqua da uno scaldino a immersione. Wexford diede a Gates l'incarico di esaminare i due caminetti e il bidone dell'immondizia, che era stato svuotato l'ultima volta dal servizio municipale il lunedì, ma non c'erano tracce di cenere. Per coprire la grata nella sala da pranzo, era stato usato un foglio di giornale ripiegato, con la data del quindici aprile, sul quale si era posato un lieve strato di fuliggine. Parsons disse di aver dato a sua moglie cinque sterline, per la spesa, il venerdì precedente. Per quel che ne sapeva lui, non aveva da parte del denaro risparmiato nelle settimane precedenti. Mentre frugava nella credenza della cucina, Gates trovò due biglietti da una sterlina arrotolati in una scatola per il cacao posata su una mensola. Se la signora Parsons aveva avuto dal marito soltanto cinque sterline il venerdì, e con quelle aveva dovuto fare la spesa per sé e per il marito per quattro o cinque giorni, lasciando due sterline per il resto della settimana, era evidente che nel borsellino che non si riusciva a trovare poteva esserci, nella migliore delle ipotesi, qualche scellino. Wexford aveva sperato di trovare un'agenda, un libretto per gli indirizzi, o una lettera che potesse essere d'aiuto. Ma nella mensola d'ottone per la
posta appesa alla parete della sala da pranzo, accanto al caminetto, c'erano soltanto una fattura per il carbone, la circolare di una ditta che istallava impianti di riscaldamento centralizzato (forse, dopo tutto, anche la signora Parsons sognava), due buoni per l'acquisto di sapone, e il preventivo di un'impresa edile, per eliminare una macchia d'umidità sulla parete della cucina. — Vostra moglie non aveva nessun familiare, signor Parsons? — chiese Wexford. — Solo me. Ce ne stavamo per conto nostro. Margaret non faceva... non fa amicizia facilmente. Io sono cresciuto in un brefotrofio. Quando Margaret ha perso sua madre, è andata a vivere con una zia, che è morta quando eravamo ancora fidanzati. — Dove è accaduto questo, signor Parsons? Dove vi siete conosciuti, voglio dire? — A Londra, Balham. Margaret insegnava in una scuola elementare e io stavo a pensione da sua zia. Wexford sospirò. Balham! La rete si stava allargando. Eppure, una persona non fa settanta chilometri senza un soprabito o una borsetta. Decise di lasciare da parte Balham, per il momento. — Sapete se vostra moglie ha ricevuto una telefonata lunedì sera, oppure una lettera ieri mattina? — Non ha telefonato nessuno, non è venuto nessuno, e non è arrivata nessuna lettera. — Parsons sembrava orgoglioso della sua vita priva di relazioni sociali, come se questo costituisse una prova di rispettabilità. — Siamo stati seduti a chiacchierare. Margaret lavorava a maglia. Io credo di aver fatto le parole crociate per quasi tutto il tempo. — Aprì l'armadio dove stavano le pantofole e dalla mensola più alta prese un lavoro a maglia di lana azzurra su quattro ferri. — Mi chiedo se lo finirà mai — disse. Strinse il gomitolo di lana tra le dita, premendo i ferri contro il palmo della mano. — Non temete — disse Wexford, cercando di sfoggiare un'aria ottimista. — La troveremo. — Se avete finito con le camere da letto, credo che mi sdraierò un po'. Il dottore mi ha dato qualche cosa per farmi dormire. Wexford radunò tutti gli uomini disponibili e affidò loro l'incarico di cominciare a cercare nelle case disabitate di Kingsmarkham e dei dintorni, nei campi che si stendevano tra High Street e Kingsbrook Road, dove ancora non avevano costruito, e, il pomeriggio, nel fiume Kingsbrook. Per dragare il fiume aspettarono che i negozi chiudessero e la gente si al-
lontanasse, ma sul ponte si formarono ugualmente gruppetti di curiosi, attratti dai sommozzatori. Wexford, che detestava questo particolare tipo di curiosità da sciacalli, questa avidità di visioni spaventose, a malapena camuffata da una sottile maschera di compassione e sgomento, li guardò male e cercò di persuaderli ad andarsene dal ponte, ma non c'era niente da fare: continuavano a tornare indietro, a gruppetti di due o tre. Alla fine, al calare del crepuscolo, quando ogni centimetro quadrato di fiume da un capo all'altro della città era stato controllato, richiamò gli uomini. Nel frattempo Ronald Parsons, imbottito di sonniferi, si era addormentato sul suo letto bitorzoluto. Per la prima volta in sei mesi, sulla toeletta, sulla mensola di ferro del caminetto e sul pavimento di linoleum, aveva cominciato a posarsi la polvere. 3 Il giovedì mattina, il nuovo garzone del panettiere passò dalla fattoria di proprietà di un certo Prewett, situata sulla strada principale che da Kingsmarkham conduceva a Pomfret. Non trovò nessuno, così posò una grossa pagnotta di pane bianco e una di pane nero sul davanzale della finestra, poi tornò dove aveva parcheggiato il furgone, lasciando il cancello aperto. Una mucca sospinse il cancello con il muso e lo spalancò. Il resto della mandria la seguì e infilò il sentiero. Fortunatamente per il signor Prewett, poiché la strada verso la quale si stavano dirigendo non era cintata, la loro attenzione fu attirata dai cespugli di cardi che crescevano al limitare di un piccolo bosco. Una alla volta, le mucche attraversarono il margine erboso, strapparono i cardi e, una dietro l'altra, lentamente, si addentrarono nella boscaglia. Il roveto era fitto e nel bosco la luce arrivava molto attenuata. Non c'erano più né cardi né erba umida e succulenta. Intrappolate e attonite, le mucche si fermarono e si accovacciarono per terra. Fu in quel bosco che, all'una e mezzo, il guardiano delle mucche di Prewett trovò le bestie e il corpo della signora Parsons. Alle due arrivarono Wexford e Burden. Bryant e Gates li raggiunsero un po' più tardi con il dottor Cracker e due fotografi. Prewett e il guardiano delle mucche, Bysouth, che dagli sceneggiati televisivi avevano imparato come comportarsi in quei casi, non avevano toccato niente, e Margaret Parsons giaceva nella stessa posizione in cui l'aveva trovata Bysouth, un viluppo di cotone umido con un cardigan giallo sollevato a coprirle il volto.
Burden scostò i rami per fare un varco, poi, insieme con Wexford, si avvicinò al corpo. La signora Parsons giaceva contro una macchia di biancospino alta circa due metri e mezzo. I rami, che si protendevano tutto intorno come le stecche di un ombrello, costituivano una specie di tenda a forma di igloo, chiusa praticamente da tutti i lati. Wexford si chinò e sollevò con cura il cardigan. Il vestito nuovo aveva uno strappo proprio sotto la. gola, e sulla pelle si vedeva un cerchio rosso vivo che correva tutt'intorno al collo come un nastro sottile. Burden la guardò, con la sensazione che quegli occhi azzurri fissassero proprio lui. Un viso all'antica, aveva detto Jean, un viso che non si dimentica. Ma lui l'avrebbe dimenticato, come dimenticava tutti gli altri. Nessuno fiatò. Il corpo fu fotografato da varie angolature, e il dottore esaminò il collo e il viso gonfio. Poi le chiuse gli occhi, e la signora Parsons smise di guardarli. — Bene — disse Wexford. — Bene. — Scrollò lentamente la testa. In fondo, non c'era nient'altro da dire. Dopo qualche istante si inginocchiò e si mise a tastare tra le foglie morte. Non era una cosa piacevole, perché sotto il fitto riparo formato dai rami l'aria non circolava, però non si sentiva nessun cattivo odore. Girò il cadavere su un fianco, prendendolo per le braccia, e si mise a cercare il borsellino e la chiave. Burden lo vide raccogliere qualcosa. Era un fiammifero usato, bruciato per metà. Fuori dal cespuglio c'era abbastanza luce. — Per quanto tempo sono rimaste qui queste mucche? — chiese Wexford a Bysouth. — Almeno tre ore, signore. Wexford diede un'occhiata significativa a Burden. Il bosco era stato calpestato dappertutto, e nei pochi punti dove non crescevano i cespugli, gli escrementi delle mucche avevano ridotto il terreno a una specie di pantano. Anche se prima di colazione nel bosco si fosse svolto un incontro di lotta libera, per l'ora di pranzo le mucche di Prewett avrebbero fatto sparire ogni traccia; un incontro di lotta libera, o la lotta tra un assassino e una donna terrorizzata. Wexford incaricò Bryant e Gates di perlustrare l'intrico di rovi infestati da insetti, mentre lui e Burden tornavano alla macchina con il fattore. Il signor Prewett era quello che si dice un gentiluomo di campagna, e i suoi lustri stivali da equitazione, ora schizzati di fango, non riuscivano a dargli un'aria diversa. Le toppe di cuoio sui gomiti della giacca color tabacco dovevano essere state cucite da un sarto di grido.
— Chi si serve del sentiero, signore? — Ho una mandria di Jersey al pascolo dall'altra parte della strada di Pomfret — disse Prewett. Più che un accento campagnolo, il suo sembrava un accento da nobiluomo. — Bysouth le porta là la mattina, e le riporta indietro nel pomeriggio, passando dal sentiero. Di tanto in tanto ci passa qualche trattore. — E le coppiette? — Qualche macchina, raramente — rispose Prewett con aria disgustata. — Naturalmente è una strada privata, privata quanto il vialetto del vostro garage, ispettore, ma nessuno rispetta la privacy, di questi tempi. Non penso che i giovanotti e le ragazze del posto vengano quaggiù a piedi. I prati sono molto più, come dire, be', salùbri. Quassù ci vengono le macchine. Potreste infilare un'auto sotto quei rami, e nessuno, passandoci accanto, di sera, se ne accorgerebbe. — Mi stavo chiedendo se da martedì in avanti avete per caso notato tracce di pneumatici che non vi sono familiari. — Andiamo! — Prewett indicò con la mano ben curata il punto dove iniziava il sentiero, e Burden capì che cosa intendeva dire: il terreno era completamente coperto da impronte di pneumatici; anzi, erano proprio i solchi lasciati dai pneumatici a renderlo percorribile. — I trattori vanno avanti e indietro, il bestiame... — Ma voi avete un'automobile, signore. Con tutto questo via vai, è strano che nessuno abbia notato qualcosa di insolito. — Tenete presente che il sentiero è solo un punto di passaggio. Nessuno si sofferma da queste parti. I miei uomini hanno tutti il loro lavoro da fare. Sono bravi ragazzi e si trovano bene. In ogni caso, poi, dovete eliminare mia moglie e me. Siamo stati a Londra da lunedi fino a stamattina, e, comunque, per lo più passiamo dall'entrata principale. Il sentiero è una scorciatoia, ispettore. Va bene per i trattori, ma la mia macchina ci si impantana. — Si interruppe, poi aggiunse bruscamente: — Quando sono in città non mi va di essere preso per un bifolco. Anche Wexford si mise a perlustrare il sentiero, ma tutto quello che c'era da vedere era un pantano di fossi, solchi lasciati dalle ruote e impronte di zoccoli. Decise di rimandare il colloquio con i quattro uomini di Prewett e con la studentessa di agraria ospite di Prewett finché non fosse stata stabilita l'ora della morte della signora Parsons. Burden tornò a Kingsmarkham per dare la notizia a Parsons, visto che era quello che lo conosceva meglio. Parsons venne ad aprirgli con un'aria
inebetita, muovendosi come un nottambulo. Quando Burden, con fare impacciato, gli diede la notizia, lui non disse nulla, ma chiuse gli occhi barcollando. — Vado a chiamare la signora Johnson — disse Burden. — Le dico di venire a prepararvi una tazza di tè. Parsons si limitò ad annuire. Gli voltò le spalle e rimase davanti alla finestra, con lo sguardo fisso nel vuoto. Con una sorta di orrore, Burden vide le due paia di calzini ancora appesi fuori. — Vorrei rimanere un po' solo. — Comunque vado a dirglielo. Può venire più tardi. — Va bene, grazie. Siete molto buono. Quando tornò alla stazione di polizia, Burden trovò Wexford seduto dietro la scrivania, intento a osservare il fiammifero bruciato. — Sapete, Mike — disse con aria meditabonda — è come se qualcuno l'avesse acceso per guardarla bene da vicino. Il che significa che era buio. Qualcuno l'ha tenuto in mano quasi fino a bruciarsi le dita. — Bysouth? Wexford scrollò il capo. — C'era luce, abbastanza luce per vedere tutto. No, chiunque abbia acceso questo fiammifero, voleva accertarsi di non aver lasciato dietro di sé niente che potesse incriminarlo. — Fece scivolare il frammento di legno carbonizzato in una busta. — Come l'ha presa Parsons? — chiese. — Difficile a dirsi. È sempre uno choc, anche quando uno se l'aspetta. È così imbottito di quella roba che gli ha dato il medico, che non sembra rendersene ancora conto. — Crocker sta facendo l'autopsia. L'inchiesta è fissata per sabato alle dieci. — È riuscito a stabilire l'ora del decesso, signore? — Martedì. Questo avrei potuto dirvelo anch'io. Deve essere stata uccisa tra le dodici e trenta e... a che ora avete detto che Parsons vi ha telefonato, martedì sera? — Alle sette e mezzo precise. Stavamo per andare al cinema, e tenevo d'occhio l'orologio. — Tra le dodici e trenta e le sette e mezzo, allora. — Questo convalida la mia teoria, signore. — Sentiamo. Io non ne ho ancora nessuna. — Dunque, Parsons ha detto di essere rientrato alle sei, ma nessuno l'ha visto. Di sicuro sappiamo solo che era in casa alle sette e mezzo, quando
mi ha telefonato... — Va bene, vi ascolto. Allungate soltanto un momento la testa fuori della porta e chiedete a Martin di portarci del tè. Burden eseguì, poi continuò: — Bene, supponete che sia stato Parsons. Per quello che ne sappiamo, lei non conosceva nessuno da queste parti, e, come sempre dite voi, il marito è la prima persona da sospettare. Supponete che Parsons abbia dato appuntamento alla moglie alla rimessa degli autobus di Kingsmarkham. — Che genere di appuntamento? — Potrebbe averle detto che sarebbero andati a mangiare a Pomfret, o a fare una passeggiata, o un picnic, qualsiasi cosa. — E le braciole, Mike? Non sapeva d'avere un appuntamento quando parlava con quella donna del supermercato. — Hanno il telefono. Potrebbe averle telefonato all'ora di colazione. Il cielo aveva cominciato a schiarirsi, a quell'ora. Può averle detto di andare a prendere l'autobus a Kingsmarkham, proponendole di andare a pranzo a Pomfret. Dopo tutto, magari, lo facevano spesso. Noi sappiamo solo quello che ci ha raccontato Parsons, sulle loro abitudini. Martin entrò con il tè. Wexford si avvicinò alla finestra, con la tazza in mano, e si mise a osservare High Street. La luce del sole era accecante, e lui tirò la cordicella della veneziana e chiuse le assicelle a metà. — L'autobus di Stowerton non arriva a Pomfret — obiettò. — Non quello delle cinque e trentacinque. Si ferma a Kingsmarkham. Burden tirò fuori un foglietto dalla tasca. — No, ma quello delle cinque e trentadue sì. Va da Stowerton a Pomfret, passando da Forby e Kingsmarkham. — Si concentrò sui numeri che aveva annotato. — Mettiamola così: Parsons telefona alla moglie all'ora di colazione, e le dice di prendere l'autobus di Stowerton, che arriva a Kingsmarkham alle cinque e cinquanta, due minuti prima dell'altro, quello che si ferma al deposito. Ora, lui avrebbe potuto prenderlo, se fosse uscito dall'ufficio con uno o due minuti d'anticipo. — Dovrete controllare, Mike. — Comunque, la signora Parsons prende l'autobus. Passa da Forby alle sei e un minuto, e arriva a Pomfret alle sei e trenta. Quando arrivano alla fermata più vicina alla fattoria di Prewett, Parsons osserva che è una bella serata, perché non scendere, e fare a piedi il resto... — Sono quasi due chilometri, da lì. Comunque, potevano anche avere la passione delle passeggiate in campagna.
— Parsons dice di conoscere una scorciatoia attraverso i campi per Pomfret... — Attraverso un bosco buio, praticamente impenetrabile, con cespugli di cardi ed erba fradicia che arriva ai polpacci? — Lo so, signore. Questa parte non convince neanche me. Ma potrebbero aver visto qualcosa nel bosco, un cerbiatto o un coniglio, o qualcos'altro. Comunque, in un modo o nell'altro, Parsons la porta nel bosco e la strangola. — Ah, meraviglioso! La signora Parsons è uscita per andare a pranzare in un pub di campagna alla moda, ma non ha niente in contrario ad addentrarsi nella boscaglia a rischio di inzupparsi da capo a piedi, per rincorrere un coniglio. Per farsene che cosa, poi, per mangiarlo? Il maritino la segue, e quando lei è arrivata nella parte più fitta del bosco, le dice: "Stai ferma un attimo, cara, mentre tiro fuori un pezzo di corda dalla tasca e ti strangolo". Dio onnipotente! — Potrebbe averla uccisa nel sentiero e aver trascinato poi il corpo tra gli arbusti. Il sentiero è buio, e non c'è mai nessuno che va a passeggiare nella strada di Pomfret. Potrebbe averla portata in braccio, è un pezzo d'uomo, e sarebbe impossibile vedere le tracce dopo che ci sono passate tutte quelle mucche. — Vero. — L'autobus riparte da Pomfret alle sei e quarantuno, arriva a Forby alle sette e nove, e alla rimessa di Kingsmarkham alle sette e venti. Questo gli dà circa quindici minuti per uccidere la moglie e tornare alla fermata dell'autobus sull'altro lato della strada per Pomfret. L'autobus arriva alle sei e quarantasei. Poi Parsons risale di corsa Tabard Road e arriva a casa sua in cinque minuti, proprio in tempo per telefonarmi alle sette e trenta. Wexford si mise a sedere sulla poltroncina girevole. — Correva un grossissimo rischio, Mike. Poteva benissimo essere stato visto da qualcuno. Dovrete parlare con i passeggeri dell'autobus. Non credo che salga molta gente alla fermata vicino alla fattoria di Prewett. Che cosa ne ha fatto del borsellino e della chiave? — Li ha infilati tra i cespugli. In ogni caso, non c'era nessuna ragione di nasconderli. Il fatto è che non riesco a trovare il movente. — Oh, il movente — disse Wexford. — Ogni marito ne ha uno. — Io no — ribatté Burden con aria oltraggiata. Bussarono alla porta, poi entrò Bryant. — Ho trovato questo all'inizio del bosco, dalla parte del sentiero, signore
— disse. Tra le punte delle dita coperte dai guanti teneva un tubetto dorato. — Un rossetto — disse Wexford. Lo prese con un fazzoletto e lo sollevò per far vedere l'etichetta circolare sulla base. — "Zibellino Artico" — lesse. — E qualcosa che sembra un otto e un sei scritto con inchiostro violetto. Nient'altro? — Niente, signore. — Bene, Bryant. Tu e Gates potete andare alla Southern Water Board, a Stowerton. Vedete di scoprire a che ora esattamente, al minuto, intendo, Parsons è uscito dall'ufficio, martedì sera. — Questo fa apparire la vostra teoria maledettamente stupida, Mike — disse quando Bryant fu uscito. — Lo faremo esaminare per le impronte, ma, chiedo, vi sembra che possa essere della signora Parsons? Non porta la borsa, non si trucca, è tanto povera che non ha nemmeno gli occhi per piangere... il pranzo a Pomfret, mio Dio!... ma si porta dietro nel borsellino, o infilato nel reggiseno, il rossetto, un rossetto da otto scellini e sei centesimi, notate bene, e quando arrivano nel bosco vede un coniglio. Apre il borsellino per tirare fuori la pistola, immagino, lancia il rossetto nel fosso, corre dietro il coniglio, accende un fiammifero per farsi luce e, quando è in mezzo al bosco, si mette a sedere e aspetta che il marito la strangoli! — Però avete mandato Bryant a Stowerton. — Ha tempo da vendere. — Osservò attentamente il rossetto e aggiunse: — A proposito, ho controllato l'alibi dei Prewett. Erano a Londra, senza ombra di dubbio. La madre della signora Prewett è gravemente ammalata, e secondo quanto sostengono alla Clinica Universitaria, lei e il marito non si sono mai allontanati dal suo capezzale, da martedì prima di colazione fino alla sera tardi, e per quasi tutta la giornata di ieri, con intervalli di pochi minuti. Ieri sera la vecchia ha avuto un miglioramento, e stamattina presto i Prewett hanno lasciato l'albergo di Tottenham Court Road. Questo li scagiona del tutto. Prese il foglio di carta su cui aveva posato il rossetto e lo tese a Burden. Le impronte erano confuse, ma ce n'era una ben visibile sull'estremità in alto. — È nuovo — osservò Wexford. — È stato appena usato. Voglio trovare la proprietaria, Mike. Ora torniamo da Prewett e parliamo con quella fanciulla dei boschi o come diavolo si fa chiamare. 4
Dopo che Wexford ebbe ricevuto la notizia che le impronte sul rossetto sicuramente non appartenevano alla signora Parsons, tornarono alla fattoria, e interrogarono a uno a uno tutti gli uomini e la "fanciulla dei boschi", come Wexford, con il suo modo di esprimersi antiquato, amava definirla. Tutti, eccetto uno, il martedì pomeriggio erano stati parecchio occupati con qualcosa di eccitante e di molto diverso da un delitto. Prewett aveva dato incarico a John Draycott, il fattore, di pensare a tutto durante la sua assenza, e questi si era recato al mercato di Stowerton in compagnia di un tale di nome Edwards. Erano usciti con il furgone, passando dall'ingresso principale della fattoria. Si trattava di un giro piuttosto lungo, ma l'avevano preferito perché il sentiero che conduceva alla strada per Pomfret era stretto e fangoso, e la settimana prima il furgone ci si era impantanato. Bysouth e l'uomo che badava ai maiali di Prewett erano rimasti alla fattoria da soli, dato che la signorina Sweeting, la fanciulla dei boschi, si era presa una giornata per andare ad assistere a una conferenza al Sewingbury Agricultural College. Alle dodici e mezzo avevano mangiato in cucina il pranzo preparato come sempre dalla signora Creavery, che ogni giorno veniva da Flagford per cucinare e fare le pulizie. Dopo pranzo, all'una e un quarto, Traynor, l'uomo che si occupava dei maiali, aveva accompagnato Bysouth a vedere una scrofa che stava per partorire. Alle tre erano tornati Draycott ed Edwards, e il fattore si era messo subito a fare i conti. Edwards, che tra le altre cose doveva occuparsi anche del giardino, era andato a falciare il prato davanti alla casa. Draycott non l'aveva avuto sempre sott'occhio, ma per un'ora aveva sentito scoppiettare il motore della falciatrice elettrica. Verso le tre e mezzo Draycott era stato interrotto da Traynor, che era andato a chiamarlo perché lo preoccupavano le condizioni della scrofa. La bestia aveva partorito cinque maialini, ma ora sembrava in difficoltà, e Traynor voleva il consenso di Draycott per chiamare il veterinario. Draycott era andato nel porcile, aveva data un'occhiata alla scrofa, e, prima di telefonare al veterinario, aveva scambiato qualche parola con Bysouth, che se ne stava seduto su uno sgabello vicino all'animale. Il veterinario era arrivato alle quattro, e da quel momento fino alle cinque e mezzo Draycott, Edwards e Traynor erano rimasti insieme. Durante quell'ora e mezzo, disse Traynor, Bysouth era andato a prendere le mucche per portarle alla mungitura. Per far questo, era dovuto passare due volte dal bosco. Wexford lo interrogò a lungo, ma lui continuò a insistere
di non aver notato niente di insolito. Non aveva sentito nessun rumore particolare, e non aveva visto nessuna automobile sul sentiero né parcheggiata sulla strada per Pomfret. A quanto sostenevano gli altri tre, aveva fatto perfino più presto del solito, probabilmente perché era preoccupato per l'esito del parto. Il veterinario era andato in cucina a lavarsi le mani, poi avevano preso una tazza di tè tutti insieme. Alle sette il dottore se n'era andato, passando dall'ingresso principale, lo stesso da dove era venuto, e aveva dato un passaggio a Edwards, Traynor e Bysouth, che vivevano tutti e tre in un piccolo agglomerato di case, Clusterwell, a circa tre chilometri da Flagford. Quando i Prewett non c'erano, la signora Creavery si fermava a dormire alla fattoria. Il fattore aveva concluso il suo ultimo giro alle otto, poi se n'era andato a casa sua, a circa cinquanta metri dalla strada per Clusterwell. Dopo aver parlato con il veterinario, Wexford dovette ammettere che, a meno di un miracolo, nessuno di quegli uomini aveva avuto il tempo di uccidere la signora Parsons e nasconderne il corpo nel bosco. Bysouth era l'unico ad avere attraversato il sentiero del bosco, ma, a meno che, correndo un rischio enorme, avesse abbandonato le mucche vicino a una strada non recintata, era al di sopra di ogni sospetto. A dire il vero, la signora Creavery era rimasta sola dalle tre e mezzo alle sei e mezzo, ma era una donna di oltre sessant'anni, grassa e, lo sapevano tutti, artritica. Wexford cercò di stabilire a che ora Bysouth era passato dal sentiero all'andata e al ritorno, ma l'uomo non portava l'orologio e, a quanto pareva, si basava soltanto sull'indicazione del sole. Protestò violentemente, sostenendo di avere avuto il cervello occupato dal parto della scrofa, e di non aver visto nessuno sia nel bosco sia nei campi. Dorothy Sweeting era l'unica, di quel posto, cui poteva appartenere il rossetto. Ma il viso di una donna che abitualmente si trucca sembra quasi nudo quando non è truccato. Il viso di Dorothy Sweeting invece era abbronzato e liscio, come se non fosse mai stato protetto da creme o cipria. Gli uomini si misero a ridere quando Wexford chiese loro se le avevano mai visto il rossetto sulle labbra. — Nel corso della giornata non siete tornata alla fattoria, signorina Sweeting? Dorothy era una cui piaceva ridere. Alla domanda di Wexford scoppiò a ridere di cuore. Sembrava che considerasse l'interrogatorio come parte di uno sceneggiato televisivo o di un racconto poliziesco trasferito nella realtà.
— Non alla fattoria — rispose — ma vicino. Colpevole, vostro onore! — Ma quando vide che Wexford non sorrideva, si decise a proseguire: — Dopo la conferenza sono andata a trovare mia zia, a Sewingbury; era una giornata così bella che ho deciso di scendere dall'autobus un paio di chilometri prima di Pomfret per proseguire a piedi. Il vecchio Bysouth stava facendo rientrare le mucche e mi sono fermata a scambiare due parole con lui. — Che ora poteva essere? — Circa le cinque. Avevo preso l'autobus delle quattro e dieci, a Sewingbury. — Va bene, signorina Sweeting. Le vostre impronte saranno distrutte dopo che le avremo controllate. La ragazza scoppiò in un'altra sonora risata. Osservando le sue mani enormi, e le braccia grosse quanto quelle di un fabbro, Burden si chiese che cosa avrebbe fatto nella vita, una volta che avesse ottenuto il diploma in qualunque fosse quel ramo d'arte bucolica che lei aveva scelto. — Tenetele da parte — disse. — Mi piacerebbe avere un posticino nella galleria dei criminali. Tornarono a Kingsmarkham passando dalla strada, tranquilla e quasi deserta. Mancava ancora un'ora all'inizio dell'ora di punta. Il sole era coperto e le nuvole si erano ispessite in enormi batuffoli. Nelle siepi, sul ciglio della strada, si vedevano ancora i fiori di biancospino, appena sfumati di scuro, come se fossero stati sfiorati da un incendio. Alla stazione di polizia fecero confrontare le impronte di Dorothy Sweeting con quelle trovate sul rossetto. Come Wexford si era aspettato, erano diverse. I grossi polpastrelli della studentessa assomigliavano più a quelli di un uomo che di una donna. — Voglio scoprire a chi appartiene quel rossetto, Mike — ripeté Wexford. — Voglio che tutte le profumerie della zona siano passate al setaccio. E farete bene a occuparvene personalmente, perché non sarà una cosa semplice. — Deve essere necessariamente in rapporto con Margaret Parsons, signore? Non potrebbe essere stato perso da qualcuno che passava di lì? — Sentite, Mike, quel rossetto non è stato trovato sulla strada. Era proprio al margine del bosco. A parte il fatto che non passano abitualmente dal sentiero, la signorina Sweeting e la signora Creavery non si mettono il rossetto, e anche se lo facessero, non credo che userebbero una sfumatura rosa spento come questa. Sapete bene quanto me che una donna che mette
il rossetto soltanto nei giorni di festa e nelle grandi occasioni, chissà per quale motivo, forse per sentirsi più attraente, finisce sempre per scegliere un rosso vivo. Questo invece è il tipo di colore che potrebbe acquistare una donna ricca che avesse già una dozzina di rossetti e volesse la sfumatura ultimo grido giusto per averne uno in più. Burden conosceva bene Kingsmarkham, ma per sapere quante profumerie c'erano dovette ricorrere alle pagine gialle: scopri che ce n'erano sette soltanto in High Street, tre nelle strade secondarie e una in un paesetto che ormai era diventato periferia di Kingsmarkham. Ricordandosi che Wexford aveva parlato di una donna ricca, cominciò da High Street. Nel supermercato c'era un banco di cosmetici, ma tenevano soltanto una partita limitata delle marche più costose. La commessa conosceva la signora Parsons di nome, per aver letto della sua sparizione sul giornale. La conosceva anche di vista, ed era ansiosa di sapere se c'erano novità. Burden non le disse che il corpo era stato ritrovato, e non perse altro tempo a fare domande una volta che la ragazza gli riferì che, per quanto ne sapeva lei, da un mese a quella parte la signora Parsons aveva acquistato soltanto una scatola di talco da poco prezzo. — È una nuova linea di prodotti — disse la commessa del negozio successivo. — L'hanno appena lanciata. Tutte le tinte hanno nomi di pellicce pregiate e sono in genere tonalità morbide e sofisticate. Ma noi non li teniamo, non abbiamo la clientela adatta. Burden si incamminò verso il ponte di Kingsbrook, oltre la casa georgiana, ora sede dell'ufficio di collocamento per i giovani e la casa Queen Anne, dove c'era l'ufficio di un avvocato, ed entrò in un negozio aperto da poco, situato al piano terra di un palazzo di appartamenti. L'ambiente era pulito e luminoso, e c'era un assortimento incredibile di barattoli, vasetti e bottiglie di profumo. Gli fu detto che tenevano una grossa quantità di rossetti di quella marca, ma quei colori non erano stati ancora consegnati. L'acqua del fiume ora era calma e limpida. Burden riusciva a distinguere le pietre piatte e tonde sul fondo. Si chinò sul parapetto e vide un pesce saltare. Poi riprese il cammino, facendosi strada tra gruppi di scolari e liceali con il panama e la giacca scarlatta, cercando di evitare carrozzine e sporte della spesa. Entrò in quattro negozi prima di trovarne uno dove avevano quella marca. Ma ne avevano venduto soltanto uno, in una tinta che si chiamava "Visone", e inoltre non avevano l'abitudine di mettere i prezzi sui prodotti. La ragazza del quinto negozio, una creatura regale con i capelli biondi simili a zucchero filato, disse che anche lei usava quel colore.
Abitava in un appartamento sopra al negozio e salì a prendere il rossetto. Era identico a quello trovato nel bosco, solo che non aveva il prezzo. — È una sfumatura difficile da portare — disse. — Ne abbiamo venduti un paio di colore diverso, ma quella tinta non attira molto. Su quel lato di High Street non c'erano altri negozi, solo un paio di grosse case, la chiesa metodista, quella frequentata dalla signora Parsons, separata dalla strada da un vialetto di ghiaia, e una fila di casette dopo le quali iniziavano i campi. Burden attraversò la strada davanti a "The Olive and Dove" ed entrò nella profumeria che si trovava tra un negozio di fiori e l'agenzia immobiliare. Qualche volta vi era già andato per comprare la sua crema da barba, e conosceva l'uomo che venne fuori dal retro, e che scrollò il capo: non avevano cosmetici di quella marca. Ora ne rimanevano soltanto due: una botteguccia con la vetrina ingombra di vasetti di brillantina e spazzolini da denti, e un emporio elegante, con i gradini davanti alla porta e la vetrina a bovindo. Il proprietario del primo non aveva mai sentito nominare nessuno zibellino artico. Si arrampicò su una scaletta e prese da una mensola una scatola di cartone piena di tubetti di plastica verde. — Sono quindici giorni che non vendo un rossetto — disse. Burden entrò nel negozio con la vetrina a bovindo e la moquette color vinaccia. Aveva l'impressione che sui banchi e sui tavolini dorati fossero stati radunati tutti i profumi d'Arabia. Si sentì avvolgere da una mescolanza piacevole di muschio, ambra grigia e fieno appena tagliato. Dietro una piramide di scatole tempestate di pietre luccicanti e legate con nastri, intravide i capelli biondi e riccioluti di una ragazza che indossava un maglione color primula. Diede un colpo di tosse, e quando la giovane si voltò, Burden si accorse che invece si trattava di un maschio. — Non è una sfumatura deliziosa? — chiese il ragazzo. — Così giovane, fresca, innocente. Oh, sì, l'abbiamo proprio venduto noi. Io segno tutti i prodotti con questa — continuò, prendendo una penna a sfera violetta vicino al registratore di cassa. — Credete di poter ricordare a chi avete venduto questo? — Oh, ma io adoro fare l'investigatore. Che ne dite di darci dentro e fare un'indagine vera e propria? Aprì un cassetto con il pomello di vetro intagliato e tirò fuori un vassoio di rossetti con l'astuccio dorato. Ce n'erano diversi in ogni scomparto. — Vediamo — disse — di "Visone" ne sono andati tre. Ho cominciato
con una dozzina per colore. "Tigre Trinidad", santo cielo, nove! Un punto di rosso piuttosto comune, quello. Ed eccoci a noi: "Zibellino Artico" quattro. E ora lasciatemi mettere il mio berretto per pensare. Burden, tentando di essere incoraggiante, gli disse che gli era di molto aiuto. — Noi abbiamo una clientela regolare, il genere che potreste definire appartenente alla società bene. Non vorrei sembrarvi snob, ma cerco di evitare i prodotti da poco prezzo. Ora ricordo. Uno l'ha comprato la signorina Clements, dell'agenzia immobiliare. No, due, uno per sé e un altro per fare un regalo di compleanno. Uno l'ha preso la signora Darrell. Me lo ricordo perché aveva scelto "Visone" e quando era già sulla porta ha cambiato idea. È tornata indietro, e, mentre stava decidendo, è entrato qualcun altro che voleva un rossetto rosa pallido. Ma sì, la signora Missal! Ha dato un'occhiata, la signora Darrell aveva provato il colore sul polso, e lei ha detto: "Questo è proprio quello che fa per me!". La signora Missal ha un gusto squisito, infatti, checché ne diciate: "Zibellino Artico" è stato creato proprio per le donne con i capelli rossi come i suoi. — E questo quando è stato? — chiese Burden. — Quand'è che avete ricevuto la serie completa? — Un momento. — Il giovane controllò il registro degli arrivi e aggiunse: — Giovedì scorso, solo una settimana fa. La signorina Clements li ha comprati appena arrivati. Venerdì, direi. Sabato non c'ero, e lunedì non è venuto nessuno: giorno di bucato, capite. Il martedì pomeriggio siamo chiusi, e quanto a ieri sono sicuro di non averne venduti. Deve essere stato martedì mattina. — Mi siete stato di grande aiuto — disse Burden. — Figuratevi. Avete portato una piccola scintilla nel grigiore di un giorno di lavoro. Se può interessarvi, la signora Missal abita in quell'adorabile gioiellino di casa di fronte a "The Olive and Dove", e la signora Darrell in quell'appartamento con le tendine rosa nel palazzo nuovo di High Street. Per buona sorte, la signorina Clements aveva tutti e due i rossetti nella borsetta, uno cominciato, e l'altro, che aveva comprato per regalare, ancora avvolto nel cellofan. Quando uscì dall'agenzia, Burden guardò l'orologio. Le cinque e mezzo. Aveva fatto appena in tempo prima che chiudessero. Dopo lunghe ricerche riuscì a trovare la signora Darrell; stava prendendo il tè da una vicina, ma acconsentì di buon grado alla richiesta di Burden, e dopo cinque minuti tornò con un rossetto ancora intatto, "Zibellino Artico", che sulla base portava scritto il prezzo con inchiostro violetto.
Mentre Burden svoltava da Queen Street e attraversava il cortile di "The Olive and Dove", l'autobus che faceva il tragitto da Stowerton a Pomfret risaliva la collina. Controllò con il proprio orologio e vide che erano le sei meno dieci passate. Forse era partito in ritardo da Stowerton, o forse quel ritardo era frequente. Accidenti a quelle stupide e ai loro rossetti, pensò Burden. Deve essere stato Parsons a ucciderla. L'adorabile gioiellino di casa era una costruzione in stile Queen Anne, verniciata di bianco, con decorazioni in ferro battuto e cassette di fiori alle finestre. Ai lati della porta d'ingresso tinta di giallo, erano stati sistemati dei vasi di pietra pieni di gigli azzurri. Burden colpì la campanella in stile navale con un batacchio di rame che pendeva da una corda. Ma, come si era aspettato, nessuno andò ad aprire. Il garage, in origine una rimessa per carrozze, era vuoto, con le porte aperte. Burden ridiscese gli scalini e si avviò verso la stazione di polizia, chiedendosi se Bryant fosse riuscito a concludere qualcosa alla Southern Water Board. Wexford si mostrò soddisfatto riguardo al rossetto. Aspettarono che Bryant tornasse da Stowerton, poi andarono a pranzo a "The Olive and Dove". — Questo dovrebbe scagionare Parsons — disse Wexford. — È uscito dall'ufficio alle cinque e trenta, poco dopo. Sicuramente non prima. Non potrebbe aver preso l'autobus delle cinque e trentadue. — Certo — ammise Burden con riluttanza — e non ce ne sono altri fino alle sei e due minuti. Wexford chiese un tavolo vicino alla finestra per poter tenere d'occhio la casa della signora Missal. Avevano già finito l'agnello arrosto e attaccato la torta di uva spina, ma le porte del garage erano ancora aperte e nessuno era entrato o uscito dalla casa. Burden rimase seduto mentre Wexford andava a pagare il conto; stava per seguirlo all'uscita, quando vide una ragazza bionda con un vestito di cotone arrivare in High Street da Sewingbury Road. La vide passare davanti alla chiesa metodista e alla fila di villette, salire di corsa gli scalini della casa della signora Missal ed entrare dall'ingresso principale. — Andiamo, Mike — disse Wexford. Poco dopo colpiva la campanella con il batacchio. — Guarda quest'accidente. Queste cose non le sopporto. Aspettarono qualche minuto prima che la ragazza bionda andasse ad aprire. — La signora Missal?
— La signora Missal, il signor Missal, e i bambini, sono tutti fuori — rispose lei. Parlava con un marcato accento straniero. — Sono andati al mare. — Siamo della polizia — disse Wexford. — Per che ora saranno di ritorno? — Sono le sette... — Si voltò a guardare una grossa pendola nera. — Sette e mezzo, otto. Non so. Tornate tra un po'. Poi lei viene. — Preferiamo aspettare, se non vi spiace — disse Wexford. Entrarono in un ingresso quadrato, con il pavimento ricoperto di moquette azzurra soffice come velluto, e una scala sul fondo che a metà si divideva in due direzioni. Attraverso un arco sul lato destro della scala, Burden intravide una sala da pranzo con il pavimento lucido coperto in parte da tappeti indiani dai colori tenui. In fondo alla stanza si aprivano delle porte-finestre che davano su un giardino enorme, di cui non si riusciva a vedere la fine. L'ingresso era fresco, pervaso da un profumo sottile e penetrante di fiori rari. — Vi dispiace dirmi come vi chiamate, signorina, e che cosa fate qui? — chiese Wexford. — Inge Wolff. Sono la governante di Dymphna e Priscilla. Dymphna! A sentire quei nomi Burden si sentì raggricciare. I suoi si chiamavano John e Pat. — Bene, signorina Wolff. Mostrateci dove possiamo sederci ad aspettare, poi potrete riprendere il vostro lavoro. La ragazza aprì una porta a sinistra e Wexford e Burden si trovarono in un ampio salotto con le finestre a bovindo che davano sulla strada. La moquette era verde, le poltrone e un enorme divano foderati di tessuto verde con disegni di rododendri rosa e bianchi. Dei rododendri veri, con la corolla grande come un palmo e il gambo lungo, erano ammassati in due vasi bianchi. Burden aveva il sospetto che, finita la stagione dei rododendri, oltre a cambiare i fiori nei vasi, la signora Missal avrebbe anche cambiato le fodere delle poltrone. — Qui i soldi non mancano di certo — commentò laconico Wexford quando la ragazza fu uscita. — È questo il tipo di ambiente che avevo in testa quando ho detto che potrebbe aver comprato "Zibellino Artico" per capriccio. — Una sigaretta, signore? — Vi dà di volta il cervello, Burden? Magari vi piacerebbe anche togliervi la cravatta. Siamo nel Sussex qui, non in Messico.
Burden si rimise in tasca il pacchetto. Per dieci minuti rimasero seduti in silenzio, poi Burden disse: — Scommetto che ha il rossetto nella borsa. — Sentite, Mike, ne sono stati venduti quattro, tutti e quattro segnati con l'inchiostro violetto. D'accordo? La signorina Clements ne ha due, la signora Darrell uno. Io ho il quarto. — Potrebbe esserci una profumeria a Stowerton o a Pomfret, o a Sewingbury, dove segnano i prezzi con inchiostro violetto. — Questo è vero. E se la signora Missal sarà in grado di mostrarmi il suo, per prima cosa domattina ve ne andrete difilato a Stowerton, e comincerete a controllare i negozi anche lì. Ma Burden non stava ascoltando. Era seduto di fronte alla finestra e allungò il collo. — Sta arrivando una macchina — disse. — Una Mercedes verde oliva, 1962. Targa XPQ189Q. — Va bene, Mike. Non devo comperarla. Mentre l'automobile si arrestava sul vialetto facendo scricchiolare la ghiaia, e una portiera veniva aperta, Burden abbassò di colpo la testa. — Caspita, che bocconcino! — esclamò. Dalla macchina uscì una donna in pantaloni bianchi, che si avviò verso i gradini dell'ingresso. Aveva i capelli rossi trattenuti da un foulard in diversi toni d'azzurro, in tinta con la camicetta. Burden pensò che era proprio una bella donna, anche se aveva una faccia dura, come se la pelle abbronzata fosse tesa su una struttura di acciaio. Comunque lo pagavano per osservare, non per ammirare, e per lui la cosa più significativa era il fatto che sulle labbra non aveva un rossetto rosa spento, ma di una tinta chiara che virava al rosso dorato. Mentre distoglieva lo sguardo dalla finestra, senti la donna dire ad alta voce: — Non ne posso più di mocciosi con le ginocchia sbucciate. Scommetto quello che vuoi, Pete, che quella smorfiosa di Inge non è ancora rientrata. Sentirono la chiave girare nella serratura e i passi di Inge che correva incontro ai suoi datori di lavoro. — Poliziotti? Quanti poliziotti? Oh, non ci credo, Inge. Dov'è la loro macchina? — Immagino che vogliano me, Helen. Sai che lascio sempre la Mercedes fuori con le luci di posizione spente. In salotto Wexford sorrise. La porta si aprì di colpo, come se fosse stata spinta con un piede. Per prima entrò la donna dai capelli rossi. Portava un paio d'occhiali da sole
con la montatura di Strass, e anche se ormai non c'era più sole e la stanza era quasi al buio, lei non si prese la briga di toglierseli. Il marito era alto e grosso, il viso gonfio e già segnato da venuzze violette. Le code della camicia gli pendevano sul ventre come un vestito premaman. Burden rabbrividi alla vista della camicia a scacchi bianchi e rossi, con un disegno di piatti, bottiglie e bicchieri. — La signora Missal? — chiese Wexford, alzandosi. — Sì, sono Helen Missal. Si può sapere che cosa volete? — Siamo della polizia, signora, e stiamo indagando sulla sparizione della signora Parsons. Il marito li guardava a occhi spalancati, continuando a inumidirsi le labbra. — Sedete, prego — disse. — Non riesco a capire che motivo abbiate per parlare con mia moglie. — Nemmeno io — disse Helen Missal. — Dove siamo, in uno stato di polizia? — Spero di no, signora Missal. A quanto mi risulta, martedì mattina avete acquistato un rossetto nuovo. — E con ciò? È un delitto? — Se soltanto voleste mostrarmi quel rossetto, signora, non vi chiederei altro e non vi ruberei altro tempo. Sono sicuro che dopo una giornata al mare sarete senz'altro stanca. — Potete scommetterci — disse lei con un sorriso. Burden ebbe l'impressione che la donna fosse diventata allo stesso tempo più cauta e più cordiale. — Vi siete mai seduto su un ghiacciolo alla menta? — Fece una risatina e indicò una leggera macchia verde-blu sui pantaloni. — Meno male che c'è Inge. Non voglio più rivedere quelle piccole bastarde, stasera. — Helen! — intervenne Missal. — Il rossetto, signora Missal. — Ah sì, il rossetto. Effettivamente ne ho comprato uno, un colore strano, si chiama Artico qualcosa. L'ho perso al cinema ieri sera. — Siete proprio sicura di averlo perso al cinema? Avete chiesto al direttore, per esempio? — Che cosa, per un rossetto da otto scellini e sei? Ho un'aria così povera? Sono andata al cinema... — Da sola, signora? — Naturale. — Burden ebbe la sensazione che lei si fosse messa sulla difensiva, ma le lenti scure non gli permettevano di vederne gli occhi. —
Sono andata al cinema e quando sono uscita non avevo più il rossetto nella borsa. — È questo? — Wexford le tese il rossetto sul palmo della mano, e la signora Missal allungò le dita dalle unghie laccate d'argento. — Temo di dovervi chiedere di venire alla stazione di polizia per il rilievo delle impronte digitali. — Helen, che storia è questa? — Missal la prese per un braccio, ma lei si liberò con uno strattone, come se temesse di sporcarsi. — Non capisco, Helen. Non può darsi che il rossetto ti sia stato rubato da qualcuno... qualcuno collegato con quella donna? Lei continuò a fissare il rossetto che aveva in mano. Burden si chiese se si fosse resa conto di avervi già lasciato le proprie impronte. — Immagino che sia mio — disse lentamente. — Va bene, ammetto che deve essere mio. Dove l'avete trovato, al cinema? — No, signora Missal. È stato trovato al margine del bosco vicino alla strada per Pomfret. — Che cosa? — Missal fece un balzo. Guardò prima Wexford, poi sua moglie. — Togliti questi dannati aggeggi! — gridò, strappandole gli occhiali dal naso. Burden vide che gli occhi della donna erano verdi, un verde azzurro con pagliuzze dorate. Per un attimo vi lesse il panico; poi lei abbassò le palpebre, il solo scudo che le rimaneva, e tenne gli occhi giù. — Sei andata al cinema — disse Missal. — Mi avevi detto che eri andata al cinema. Che cosa c'entrano ora il bosco e la strada di Pomfret? Che diavolo sta succedendo? Lentamente, come se stesse inventando, Helen Missal rispose: — Qualcuno deve aver trovato il rossetto, nel cinema, poi deve averlo perso. Tutto qui. È molto semplice. Non capisco tutto questo can-can. — Si dà il caso — disse Wexford — che oggi all'una e mezzo in quel bosco sia stata trovata la signora Parsons: strangolata. Helen rabbrividì e si aggrappò ai braccioli della poltrona. Burden ebbe la sensazione che stesse facendo uno sforzo enorme per non gridare. Alla fine la donna disse: — È ovvio, no? Il vostro assassino, chiunque sia, mi ha rubato il rossetto e poi l'ha perso sulla... sulla scena del delitto. — Solo che la signora Parsons è morta martedì — disse Wexford. — Non vi tratterrò oltre, signora. Non ora, almeno. Solo un'ultima domanda: possedete un'auto? — Sì, sì, ce l'ho. Una Dauphine rossa. La tengo nell'altro garage, quello
con l'ingresso in Kingsbrook Road. Perché? — Sì, perché? — chiese Missal. — Perché tutta questa storia? Non conoscevamo neppure questa signora Parsons. Voi non intendete dire che mia moglie...? Mio Dio, vorrei che qualcuno si decidesse a spiegarmi! Wexford li guardò, prima lei, poi il marito. Quindi si alzò. — Vorrei soltanto dare un'occhiata ai pneumatici, signore — disse. Alle parole di Wexford, sembrò che il viso di Missal si accendesse; si fece ancora più rubizzo, con una smorfia simile a quella di un bambino sul punto di scoppiare in lacrime. Era un viso sul quale si leggeva la disperazione e un tipo di dolore su cui Burden non se la sentiva di posare lo sguardo. Poi sembrò compiere uno sforzo per ricomporsi. Con una voce tranquilla e pacata che sembrava implicare una moltitudine di domande e accuse taciute, disse: — Non ho niente in contrario al fatto che diate un'occhiata all'auto di mia moglie, ma non capisco che rapporto ci sia tra lei e quella donna. — Nemmeno io, signore — disse Wexford. — È quello che vogliamo scoprire. Sono al buio almeno quanto lei. — Oh, dagli la chiave del garage, Pete — intervenne la moglie. — Vi ho detto che non so altro. Non è colpa mia se mi hanno rubato il rossetto. — Mi piacerebbe un mondo potermi nascondere dietro quei rododendri e sentire che cosa le dice — osservò Wexford mentre andavano verso il garage di Helen Missal. — E che cosa lei dice a lui — aggiunse Burden. — Pensate che facciamo bene a non trattenerli stanotte, signore? La Missal avrà sicuramente il passaporto. — Immaginavo che la cosa vi avrebbe preoccupato, Mike, perciò adesso andiamo a fissare una stanza a "The Olive and Dove", per stanotte. Un lavoretto per Martin. Dovrà stare alzato tutta la notte. Mi piange il cuore per lui. Il giardino dei Missal era grande, e la sua forma ricordava vagamente quella di una losanga. A nord l'angolo era obliquo e delimitato dal Kingsbrook, e dall'altra parte una siepe di tamerici lo separava da Kingsbrook Road. Burden aprì il cancello del garage e annotò il numero di targa della Dauphine. Il finestrino posteriore era quasi interamente occupato da un tigrotto di peluche. — Voglio un campione di quello che c'è in mezzo al disegno dei pneumatici, Mike — disse Wexford. — Ne abbiamo uno del sentiero vicino alla
fattoria dei Prevett. È una fortuna per noi che laggiù il suolo sia praticamente ricoperto da sterco di mucca secco. — Caspita! — disse Burden, alzandosi con una smorfia. — È proprio una strada di milionari. — Mise il fango secco in una busta e indicò le abitazioni sui due lati della strada: una casa con le torrette, un bungalow stile ranch con due doppi garage, e una nuova costruzione a forma di chalet, con terrazzini di legno scuro intagliato. — Molto carino, se uno può permetterselo — disse Wexford. — Andiamo. Voglio fare due chiacchiere con Prewett, e se abbiamo tempo anche con il direttore del cinema. Portate quella chiave a Inge, o come si chiama, poi andate pure a casa. Io parlerò con Inge domattina. — Quando avete intenzione di rivedere la Missal, signore? — Se non ho preso una cantonata, sarà lei a farsi viva per prima. 5 La mattina, quando Wexford arrivò alla stazione di polizia, il sergente Camb stava parlando al telefono. Coprì il microfono con la mano e disse: — Una certa signora Missal, per voi, signore. È la terza volta che chiama. — Che cosa vuole? — Dice che deve vedervi. È molto urgente. — Camb sembrava imbarazzato. — Vuole sapere se potete andare a casa sua. — Ah sì, eh? Dille che se mi vuole dovrà venire qui. — Aprì la porta del suo ufficio e aggiunse: — Ah, sergente, dille che non ci sarò prima delle nove e mezzo. Dopo avere spalancato le finestre e messo in disordine la scrivania, come piaceva a lui, sporse la testa fuori della porta per chiedere il tè. — Dov'è Martin? — Ancora a "The Olive and Dove", signore. — Dio onnipotente! Che cosa crede, di essere in vacanza? Chiamalo, e digli che può andarsene a casa. Era una bella mattinata, giugno si stava ormai avvicinando; dalla sua scrivania, Wexford riusciva a vedere i giardini di Bury Street e le cassette piene di tulipani appena sbocciati alle finestre della Midland Bank. I fiori primaverili stavano finendo, quelli estivi non erano ancora in boccio, eccetto i rododendri. Proprio mentre la campana del liceo cominciava a rintoccare debolmente in lontananza, il sergente Camb arrivò con il tè, e con
la signora Missal. — Un'altra tazza, per favore. Stamattina aveva raccolto i capelli e non portava gli occhiali. La camicetta di organzino e la gonna a pieghe le davano un'aria da santarellina, e Wexford si chiese se insieme alla camicetta vistosa e ai pantaloni aveva lasciato a casa anche i modi ostili. — Temo di essermi comportata un po' da sciocca, ispettore — disse con un tono confidenziale. Wexford tirò fuori un foglio di carta dal cassetto, e si mise a scrivere con aria indaffarata. Non riusciva a pensare a niente di convincente da mettere giù, e, visto che da dove era seduta lei non poteva vedere il foglio, si limitò a scarabocchiare: Missal, Parsons; Parsons, Missal. — Vedete, non vi ho detto tutta la verità. — No? — chiese Wexford. — Non voglio dire di avervi raccontato proprio delle bugie. Voglio dire che ho lasciato fuori qualcosina. — Ah sì? — Insomma, il fatto è che non sono andata al cinema proprio da sola. Sono andata con un amico, un uomo. — Sorrise come si fa tra persone di mondo. — Non c'era niente di particolare, ma sapete come sono ossessivi i mariti. — Dovrei saperlo, visto che appartengo alla categoria. — Be', allora, quando sono arrivata a casa, non sono riuscita a trovare il mio rossetto nuovo, e credo che mi sia caduto nell'auto di questo mio amico. Ah, il mio tè. Dio mio, com'è dolce! Bussarono alla porta e dopo un istante entrò Burden. — La signora Missal mi stava raccontando di quando è andata al cinema mercoledì sera — disse Wexford. Continuò a scrivere. Ormai aveva riempito metà foglio. — Era un bel film, non è vero, signora Missal? Purtroppo io sono dovuto uscire a metà — disse Burden, guardandosi intorno per vedere se c'era una tazza anche per lui. — Che cosa è successo all'agente segreto? Ha sposato la bionda o l'altra? — Oh, l'altra — disse Helen Missal senza indugio. — Quella che suonava il violino. Lei ha inserito il messaggio in una specie di codice musicale e quando sono tornati a Londra, lo ha suonato all'MI 5. — Fantastiche le cose che arrivano a pensare! — commentò Burden. — Bene, non vi tratterrò più a lungo, signora Missal.
— Be', devo volare. Ho un appuntamento con il parrucchiere. — Se poteste soltanto lasciarmi il nome del vostro amico, quello con cui siete andata al cinema... Helen Missal guardò Wexford, poi Burden, e poi di nuovo Wexford. Questi appallottolò il foglio di carta e lo gettò nel cestino. — Oh, non posso farlo. Voglio dire, non potrei coinvolgerlo. — Io ci penserei su, signora. Fateci un pensierino mentre siete dal parrucchiere. Burden le tenne aperta la porta e lei uscì in fretta senza voltarsi. — Ho parlato con una mia vicina — disse a Wexford — una certa signora Jones, che abita al numero nove di Tabard Road. Sapete, quella che ci ha detto delle macchine parcheggiate in Tabard Road martedì pomeriggio. Bene, le ho chiesto se si ricordava la marca o il colore di qualcuna, e lei ha detto che se ne ricordava una, una macchina rosso vivo, con una tigre di peluche dietro. Non ha visto la targa. La guardava dal marciapiede, ed erano parcheggiate una appiccicata all'altra. — Per quanto tempo è rimasta lì? — Non lo sa di preciso. Ma dice che la prima volta l'ha notata verso le tre, ed era ancora lì quando i bambini sono tornati da scuola. Naturalmente non sa se c'è rimasta per tutto il tempo. — Mentre la rossa è dal parrucchiere, Mike, io vado a scambiare due parole con Inge. Come direbbe la signora Missal, meno male che c'è Inge! Sul pavimento, in soggiorno, c'era un barattolo di cera e un paio di cenci per la polvere: i tappeti indiani erano stesi fuori della finestra. A quanto pareva, Inge Wolff aveva altri compiti oltre a quello di badare a Priscilla e Dymphna. — Vi dirò tutto quello che so — esordì la ragazza con tono drammatico. — Che importa se mi mandano via? La prossima settimana, in ogni caso, tornerò a casa mia, ad Hannover. Può darsi di sì, pensò Wexford, ma a giudicare dalla piega che stavano prendendo le cose, poteva anche darsi che nei prossimi mesi Inge Wolff sarebbe dovuta restare in Inghilterra. — Lunedì la signora Missal è rimasta a casa tutto il giorno. È uscita solo la mattina per le compere. Anche martedì è uscita la mattina, perché nel pomeriggio tutti i negozi sono chiusi. — E martedì pomeriggio, signorina Wolff? — Ah, martedì pomeriggio è uscita. Prima abbiamo pranzato, all'una. Io, la signora Missal e le bambine. Ah, la prossima settimana, se ci penso,
niente più bambini! Dopo pranzo ho lavato i piatti, e lei è andata nella sua stanza a riposare. Quando è scesa, ha detto: "Inge, io esco con la macchina", poi ha preso le chiavi ed è andata verso il garage. — A che ora, questo, signorina Wolff? — Tre, due e mezzo, non so. — Scrollò le spalle. — Poi è tornata, alle cinque, o alle sei. — E mercoledì? — Ah, il mercoledì, io ho mezza giornata di libertà. Dymphna è venuta a casa per il pranzo, poi è tornata a scuola e io sono uscita. La signora Missal è rimasta a casa con Priscilla, ma è uscita verso sera, alle sette, sette e mezzo, non so di preciso. In questa casa vanno e vengono tutti. Come in un gioco. Wexford le mostrò l'istantanea della signora Parsons. — Avete mai visto questa donna, signorina Wolff? È mai venuta qui? — Ci sono centinaia di donne come questa, a Kingsmarkham. Tutte uguali, tranne quelle ricche. Quelle che vengono qui non sono come questa. — Fece una risatina beffarda. — Oh no, è buffo. Mi viene da ridere a vederla. Nessun tipo del genere viene qui. Quando Wexford tornò alla stazione di polizia, Helen Missal era seduta in anticamera, i capelli acconciati in riccioli complicati sulla sommità del capo. — Avete riflettuto, signora Missal? — chiese Wexford, facendola entrare nel suo ufficio. — Per mercoledì sera... — Francamente, signora Missal, il mercoledì sera non mi interessa molto. Parlatemi di martedì pomeriggio. — Perché martedì pomeriggio? Wexford mise la foto sulla scrivania, dove lei poteva vederla. Poi ci mise sopra il rossetto. Il tubetto dorato rotolò sulla carta lucida e si fermò. — La signora Parsons è stata uccisa martedì pomeriggio — rispose pazientemente l'ispettore — e il rossetto è stato trovato a pochi passi dal cadavere. Vedete quindi perché non mi interessa il mercoledì. — Voi non potete pensare... Oh, mio Dio! Sentite, ispettore, io ero qui in città martedì pomeriggio: sono andata al cinema. — Quel locale deve tirare avanti grazie a voi, signora. Che peccato che non abitiate a Pomfret. Lì hanno dovuto chiudere il cinema per mancanza di clienti.
Helen Missal aspirò profondamente e sospirò, intrecciando le caviglie intorno alle gambe di metallo della sedia. — Immagino che ve ne dovrò parlare — si rassegnò. — Voglio dire, forse farei meglio a raccontarvi la verità. — Dette l'impressione che per lei quella fosse un'ultima e alquanto disgustosa risorsa, invece che un obbligo morale. — Forse sarebbe meglio, signora. — Bene, vedete, ho detto di essere andata al cinema mercoledì soltanto per avere un alibi. In effetti, sono uscita con un amico — sorrise con aria di trionfo — di cui non farò il nome. — Per ora — aggiunse Wexford, senza darsi per vinto. — Dovevo uscire con questo amico mercoledì sera, ma non potevo dirlo a mio marito, capite. Così gli ho detto che andavo al cinema. In effetti abbiamo soltanto fatto una passeggiata in macchina, in campagna. Ma mio marito mi chiede sempre... be', ovviamente mi avrebbe fatto qualche domanda sul film. Così sono andata a vederlo martedì pomeriggio. — In macchina, signora Missal? Ma se abitate a cento metri dal cinema. — Immagino che abbiate parlato con quella smorfiosetta di Inge. Capite, dovevo prendere la macchina, così lei avrebbe pensato che non restavo nei paraggi. Il fatto è che non potevo dire che andavo a fare spese, perché i negozi sono chiusi il martedì pomeriggio, e lei sa che non vado mai a piedi da nessuna parte. Ho pensato che se non avessi preso la macchina, avrebbe immaginato che ero andata al cinema e poi le sarebbe sembrato strano che ci tornassi mercoledì. — La servitù ha i suoi svantaggi — commentò Wexford. — Potete dirlo forte. Be', ecco tutto. Ho preso la macchina e l'ho lasciata in Tabard Road... Oh, Dio, è lì che abitava quella donna, vero? Ma non potevo lasciarla in High Street, per... — abbozzò un sorriso accattivante — per i vostri ridicoli e inutili divieti di sosta. Wexford la interruppe bruscamente. — Conoscevate quella donna, signora? — Oh, mi avete spaventata! Fatemi vedere. Oh no, non credo. Non è il tipo di persona che generalmente frequento, ispettore. — Con chi siete uscita mercoledì sera, quando avete perso il rossetto, signora Missal? — Non ho nessuna intenzione di dirvelo. Non ve lo dirò. Non potete obbligarmi. Non potete tenermi qui. — Siete venuta di vostra spontanea volontà, signora — disse Wexford.
Poi raggiunse la porta e l'aprì, con un sorriso gioviale. — Farò un salto da voi stasera, quando c'è anche vostro marito, così vedremo se riusciamo a chiarire le cose. Il pastore metodista non era stato di molto aiuto a Burden. Non vedeva la signora Parsons dalla domenica precedente, ed era rimasto sorpreso quando non l'aveva vista alla serata sociale di martedì. No, non aveva fatto delle vere e proprie amicizie in chiesa, e per quello che poteva ricordare lui, nessuno la chiamava con il suo nome di battesimo. Burden controllò l'orario degli autobus, in garage, e scoprì che quello delle cinque e trentadue era partito da Stowerton puntualissimo. Inoltre la bigliettaia dell'autobus per Kingsmarkham, quello che partiva da Stowerton alle cinque e trentacinque, ricordava di aver visto Parsons. Aveva pagato con un biglietto da dieci scellini ed erano arrivati quasi a Kingsmarkham prima che lei avesse abbastanza moneta per dargli il resto. — Mi sono divertito un mondo con quella maledetta Missal — disse Wexford, quando Burden rientrò in ufficio. — È una di quelle donne che infilano una bugia dietro l'altra, come se niente fosse. Un'imbrogliona bella e buona. — Che cosa c'è sotto, signore? — Non chiedetelo a me. Forse aveva una relazione con Parsons. È andata a prenderlo in ufficio martedì pomeriggio e ha pagato tutta la Southern Water Board perché dicessero che è uscito alle cinque e mezzo. Forse ne ha un altro con cui esce il mercoledì, uno per ogni giorno della settimana. O forse lei, Parsons e il signor X, di cui non farà il nome (Dio onnipotente!) sono spie russe, e la signora Parsons invece aveva optato per l'Occidente. È tutto così fantastico, Mike, che mi vien voglia di vomitare. — Non abbiamo trovato l'oggetto con cui è stata strangolata — osservò Burden cupo. — Potrebbe essere stata una donna? — Per Crocker è possibile. Una donna robusta, di quelle che stanno sempre in panciolle a impiastricciarsi la faccia. — Come la signora Missal. — Stasera andiamo là, Mike, e tiriamo di nuovo fuori tutta la faccenda davanti al marito. Ma non prima di stasera. Voglio darle tutta la giornata per rimuginarci su. Ho ricevuto il rapporto della scientifica: sui pneumatici della sua macchina non ci sono tracce di sterco di vacca. Ma non è detto che abbia usato la sua auto. Suo marito commercia in automobili e ha un salone a Stowerton. Quella gente non fa che cambiare macchina. Questa è
un'altra cosa che dovremo controllare. L'inchiesta è stata fissata per domani, e prima di allora voglio avere qualcosa in mano. Burden andò a Stowerton con la propria auto e la fermò davanti al salone di Missal. Un uomo in tuta uscì dall'ufficio con le pareti di vetro che si trovava tra le file di pompe per la benzina. — Due e due, per favore — disse Burden. — C'è il signor Missal? — È fuori con un cliente. — Che peccato! Sono passato martedì pomeriggio e non c'era... — Non sta sempre qui. Va e viene. Vi do una pulita al vetro. — E la signora Missal? — Non la vedo da tre mesi. L'ultima volta è stata in marzo. È venuta a prendere in prestito la Mercedes e ha dato un colpo alla griglia del radiatore. Donne al volante! — Chissà che baruffa, vero? Ce lo vedo Pete! — Potete dirlo forte. Le ha gridato che era l'ultima volta. Né la Mercedes né nessun'altra macchina. — Bene, bene — disse Burden. Gli diede solo uno scellino perché una mancia più generosa l'avrebbe insospettito. — Il matrimonio è un campo di battaglia, quando non c'è più niente di nuovo da dire o da fare. — Gli dirò che siete venuto. Burden mise in moto e inserì la marcia. — Non preoccupatevi, lo vedo stasera. Si avviò verso l'uscita, e dovette frenare di colpo per evitare una decappottabile gialla che svoltò all'improvviso da Maryfield Road. Al volante c'era un uomo anziano; accanto a lui, Peter Missal. — Eccolo, lo volevate? — gridò il benzinaio. Burden parcheggiò ed entrò nel salone. Aspettò vicino a una Mini rossa che girava lentamente su una piattaforma. Da lì vedeva Missal che parlava con il conducente della decappottabile. Evidentemente l'affare non si era concluso, perché l'altro se ne andò a piedi, e Missal entrò nel salone. — Che c'è ancora? — chiese a Burden. — Non mi piace che mi si venga a cercare sul lavoro. — Non vi tratterrò. Sto soltanto facendo dei controlli di routine. Martedì pomeriggio senza dubbio siete rimasto qui tutto il giorno. Cioè, siete andato e venuto. — Dov'ero non vi riguarda. — Tolse un granello di polvere dalla portiera della Mini. — Se proprio volete saperlo, sono andato a Kingsmarkham a trovare un cliente. E non vi dirò altro. Io rispetto la privacy, ed è un pecca-
to che voi non facciate lo stesso. — In un caso di omicidio, signore, non sempre la vita privata di una persona è solo affar suo. Sembra che nemmeno vostra moglie l'abbia capito. — Si avviò all'uscita. — Mia moglie... — Missal lo segui e, guardandosi attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno, sibilò a bassa voce: — Togliete quel mucchio di rottami dal mio vialetto, blocca il passaggio. 6 I libri gialli erano stati tolti di mezzo, e l'ultimo ripiano della libreria era vuoto. Se Parsons era innocente, se veramente era stato un marito devoto, pensò Burden, che orribile impressione dovevano avergli fatto le copertine di quei volumi, la mattina, quando era entrato nella squallida sala da pranzo. O forse li aveva tolti di mezzo perché ormai erano serviti allo scopo? — Ispettore — disse Parsons. — Io devo sapere. È stata...? Ha...? È stata solo strangolata o c'è stato dell'altro? — Negli ultimi due giorni era invecchiato, oppure era un abile attore. — Su questo potete stare tranquillo — rispose Wexford. — Vostra moglie è stata sicuramente strangolata, ma posso assicurarvi che non le è stato fatto nient'altro. — Senza distogliere lo sguardo dalle tende verde smorto, dal linoleum consunto, aggiunse con voce impersonale: — Non c'è stata violenza sessuale. — Grazie a Dio! — lo disse come se pensasse che da qualche parte, in un cielo non conformista, ci fosse ancora un Dio, e come se lo stesse ringraziando. — Non potrei sopportare anche questo. Non potrei continuare a vivere. Sarebbe stato come ucciderla. — Poi si rese conto di quello che aveva detto, e si prese la testa tra le mani. Wexford non disse nulla finché Parsons non scostò le mani dal viso e lo fissò di nuovo con gli occhi asciutti. — Signor Parsons, posso dirvi che per quanto ne sappiamo non c'è stata colluttazione. È come se prima di essere uccisa vostra moglie stesse dormendo. La paura e il dolore devono essere stati questione di un attimo. Parsons si voltò di lato e mormorò qualcosa a bassa voce. Wexford e Burden riuscirono a cogliere solo le ultime parole: — ...poiché sebbene essi saranno puniti al cospetto dell'uomo, la loro speranza è immortale. Wexford si alzò e si avvicinò alla libreria. Senza dir nulla a proposito dei libri gialli scomparsi, prese un volume da uno dei ripiani inferiori.
— Vedo che si tratta di una guida del distretto di Kingsmarkham. — Lo aprì e Burden intravide una fotografia a colori della piazza del mercato. — Non è recente. — Mia moglie ha vissuto qui, be', non proprio qui, a Flagford, per un paio d'anni dopo la guerra. Suo zio era distaccato a Flagford con la RAF e sua zia aveva un cottage in paese. — Parlatemi della vita di vostra moglie. — È nata a Balham — disse Parsons. Fece una smorfia, nello sforzo evidente di pronunciare il nome di battesimo della moglie. — I suoi genitori morirono quando era piccola e lei andò a stare con questa zia. Quando aveva quasi sedici anni, venne a vivere a Flagford, ma non le piaceva. Poi è morto suo zio. Non è stato ucciso, niente del genere: era malato di cuore. Sua zia è tornata a Balham, e mia moglie ha continuato gli studi a Londra, dove ha cominciato a insegnare. Poi ci siamo sposati. È tutto. — Signor Parsons, mercoledì mi avete detto che vostra moglie avrebbe certamente preso con sé la chiave di casa. Quante ne avevate? — Solo due. — Tirò fuori dalla tasca una chiave Yale e la diede a Wexford. — La mia e quella di Margaret. La sua era attaccata a un anello con una catena d'argento e un portafortuna a forma di ferro di cavallo. — Poi aggiunse con semplicità: — Gliel'ho regalato quando siamo venuti qui. Il borsellino è di plastica marrone, con la chiusura dorata. — Vorrei sapere se vostra moglie aveva l'abitudine di andare alla fattoria di Prewett. Conoscevate i Prewett o qualcuno che lavora alla fattoria? C'è una ragazza che si chiama Dorothy Sweeting. L'avete mai sentita nominare, da vostra moglie? Parsons non aveva mai sentito nominare la fattoria prima di quel triste evento. E a sua moglie non interessavano né la campagna né le passeggiate nei campi, e il nome Sweeting non gli diceva niente. — Conoscete nessuno di nome Missal? — Missal? No, non credo. — Una donna alta, piacente, con i capelli rossi. Abita di fronte a "The Olive and Dove". Suo marito è un commerciante d'auto. Un tipo ben piantato, con un macchinone verde. — Noi non conosciamo... non conoscevamo nessuno cosi. — Il viso gli si contorse in una smorfia, e lui si coprì la faccia con la mano. — Ci sono un sacco di snob da queste parti. Noi non eravamo accettati nel loro giro e non lo saremmo mai stati. — La voce gli morì in gola. — Se fossimo rimasti a Londra, forse sarebbe ancora viva.
— Perché vi siete trasferiti, signor Parsons? — La vita in campagna è meno cara, o cosi si crede finché non si prova. — Quindi il vostro trasferimento non aveva niente a che fare con il fatto che vostra moglie aveva vissuto a Flagford? — Margaret non pensava neppure di venire qui, ma poi è saltato fuori questo lavoro, e i poveracci non possono permettersi di scegliere. Quando stavamo a Londra era costretta a lavorare. Ho pensato che qui poteva starsene un po' tranquilla. — Tossì e la voce gli morì in un singhiozzo. — Ed è andata proprio così, non è vero? — So che avete dei libri in soffitta, signor Parsons. Vorrei dargli un'occhiata. — Prendeteli pure — disse l'uomo. — Non voglio vedere un altro libro finché campo. Ma lì dentro non c'è niente. Lei non li guardava mai. Le scale buie ormai erano diventate familiari e avevano perso quel che di sinistro che Burden vi aveva avvertito durante la sua prima visita. Ora, alla luce del sole, si cominciava a vedere la polvere che si era accumulata negli ultimi giorni, e la casa non assomigliava più alla scena di un delitto ma semplicemente a una squallida bicocca. C'era odore di chiuso e Wexford aprì la finestra della soffitta. Soffiò via la polvere dalla superficie del baule più grosso e ne sollevò il coperchio. Era zeppo di libri. Prese quelli più a portata di mano, quasi tutti romanzi: due di Rhoda Broughton, "Evelina" nell'edizione Everyman, e "John Halifax, Gentleman" della Craik. Sulle copertine non c'era scritto niente, e neanche quando li scrollarono non ne uscì nulla. Sotto c'erano due pacchi di volumi di racconti per le scuole, e fra questi alcuni che sembravano le opere complete di Angela Brazil. Wexford li posò a terra e tirò fuori una pila di volumi in edizione di lusso, alcuni rilegati in camoscio, altri in cuoio profumato, altri ancora in seta marezzata. Il primo che aprì era rilegato in camoscio verde pallido, le pagine con i bordi dorati. Sul risvolto qualcuno aveva scritto in stampatello: Se l'amore fosse una rosa e io una spina, le nostre vite sarebbero cresciute insieme nella tristezza e nella felicità. E sotto:
"Piuttosto sentimentale, Minna, ma tu sai che cosa intendo. Buon compleanno, Minna. Con amore, Doon. 21 Marzo 1950." Burden sbirciò al di sopra della spalla di Wexford. — Chi è Minna? — Dovremo chiederlo a Parsons — rispose Wexford. — Potrebbero essere di seconda mano, a giudicare dal prezzo. Mi chiedo perché non li tenesse nella libreria di sotto. Sa il cielo se questo posto non avrebbe bisogno di essere un po' ravvivato. — E chi è Doon? — chiese Burden. — Il vostro mestiere è l'investigatore. Bene, datevi da fare. — Posò il libro a terra e ne prese un altro. Era l'"Oxford book of victorian verse", ancora con la sovraccoperta nera e grigio perla; Doon vi aveva scritto un altro messaggio. Wexford lo lesse ad alta voce: "So che ci avevi lasciato il cuore, Minna, ed è stata per me una gran gioia andare da Foyle e trovarlo ad attendermi. Buon Natale, Doon. Natale 1950." Il libro successivo era ancora più bello, rilegato in seta rossa marezzata e cuoio nero. — Diamo un'occhiata al numero tre — disse Wexford. — Le poesie di Christina Rossetti. Molto belle, con le lettere dorate e tutto il resto. Che cosa dice Doon questa volta? "Un regalo senza compleanno, cara Minna, da Doon che ti augura tanta felicità. Giugno 1950." Mi chiedo se la signora P. non abbia comperato tutto il pacco da questa Minna. — Io credo che Minna potrebbe essere la signora P., una specie di soprannome. — Mi è venuto lo stesso dubbio — rispose Wexford, sarcastico. — Sono libri molto belli, Mike. Non è certo il genere che si dà via per le vendite di beneficenza, e la signora Parsons poteva giusto permettersi qualche acquisto alle vendite di beneficenza. "Guardate un po' qui: 'Omar Khayyam, Foglie d'erba' di Whitman, William Morris. Se non prendo una cantonata, quell'Omar Khayyam deve costare almeno tre o quattro sterline. E ce n'è un altro qui: 'Le poesie di Walter Savage Landor'. Sono libri che andavano una volta e le pagine sono intonse." Lesse ad alta voce il messaggio sul risvolto:
Prometto di ricondurre con me ciò che tu accoglierai con trasporto. Il solo dono adatto a te del quale nessun mortale ti priverà. "Piuttosto adatto, Minna, non credi? Da Doon con amore. 21 Marzo 1951." — Non era molto adatto, vero? E chiunque fosse, Minna non l'ha accolto con trasporto. Non ha neppure tagliato le pagine. Scambierò ancora quattro chiacchiere con il signor Parsons, Mike, poi facciamo portare questi libri in ufficio. Questa soffitta mi dà i brividi. Ma Parsons non sapeva chi era Minna e sembrò sorpreso quando Wexford menzionò la data: il 21 Marzo. — Non ho mai sentito nessuno chiamarla Minna — disse con aria di disgusto, come se il nome fosse un insulto alla memoria della donna, — Mia moglie non mi ha mai parlato di un amico di nome Doon. Non ho mai guardato bene quei libri. Margaret e io abbiamo vissuto nella casa che sua zia le aveva lasciato, finché non ci siamo trasferiti qui, e quei libri sono sempre stati nel baule. Li abbiamo trovati qui insieme ai mobili. Non capisco quella data; il compleanno di Margaret era il ventun marzo. — Potrebbe significare tutto o niente — disse Wexford mentre salivano in macchina. — Doon parla di Foyle's. E Foyle's, se non lo sapete, mio caro provinciale, si trova a Londra, in Charing Cross Road. — Ma la signora P. aveva sedici anni, nel quarantanove e ha vissuto due anni a Flagford. Doveva abitare a una decina di chilometri da qui, quando Doon le regalava quei libri. — Vero. Forse lui viveva qui e aveva fatto solo un salto a Londra. Mi chiedo perché abbia scritto quei messaggi in stampatello, Mike. E perché la signora P. teneva i libri nascosti, come se se ne vergognasse? — Alle persone che venivano a trovarli avrebbero fatto un'impressione migliore di: "Le spose al bagno", o come diavolo si chiama — disse Burden. — Questo Doon doveva essere proprio innamorato di lei. Wexford tirò fuori dalla tasca la fotografia della signora Parsons. Era incredibile che quella donna avesse potuto ispirare una passione o un verso di poesia!
— Ti auguro tanta felicità — disse a bassa voce. — Ma l'amore non è la rosa. Mi chiedo se l'amore potrebbe essere un bosco buio e intricato, una corda attorcigliata attorno a un collo fragile. — Una corda? — chiese Burden. — Perché non una sciarpa? Quell'affare, quella sciarpa di nailon rosa. In casa non c'è. — Potrebbe essere. Scommetto la testa che la sciarpa si trova insieme al borsellino e alla chiave. C'è pieno di donne strangolate con una calza di nailon, Mike. Perché non una sciarpa di nailon? Si era portato dietro i volumi di Whitman e di Christina Rossetti. Non era molto come punto di partenza, pensò Burden: un pacco di libri vecchi e un ragazzo elusivo. Doon, pensò, Doon. Se Minna stava per qualcos'altro, anche Doon doveva essere uno pseudonimo. Doon ora non era più un ragazzo, ma un uomo di trenta o trentadue anni, magari sposato, con figli, che aveva dimenticato tutto di quel suo vecchio amore. Burden si chiese dove poteva essere Doon in quel momento. Sparito, risucchiato nel grande labirinto di Londra, o forse viveva ancora a pochi chilometri di distanza... Il cuore gli diede un balzo quando si ricordò della nuova zona industriale di Stowerton, i sentieri tortuosi di Pomfret con una casa solitaria ogni duecento metri e, a nord, Sewingbury, dove una strada dopo l'altra di case costruite dopo la guerra si irraggiavano dal nucleo della vecchia città. E poi c'erano Kingsmarkham e i paesi circostanti, Flagford, Forby... — Non mi pare che quel Missal potrebbe essere Doon — disse speranzoso. — Se lo è — rispose Wexford — è maledettamente cambiato. Il fiume dei miei anni è stato indolente, Minna, ed è fluito lentamente in un mare di pace. Ah, come bramavo molto tempo fa, il torrente della vita! Poi ieri sera, Minna, ieri sera ti ho vista. Non in sogno, come spesso mi è accaduto, ma nella realtà. Ti ho seguita, cercando i gigli che tu calpestavi. Ti ho vista, la vera d'oro al dito, catena di un amore importuno, e il mio cuore ha singhiozzato. Anch'io, anch'io ho conosciuto i terrori della notte! Ma anche il mio banchetto è sempre stato il banchetto dello spirito, e per colui che dimora nelle mie stanze, la mia carne è una candela spenta in uno scrigno sigillato. La luce della mia anima si è ritratta davanti al vento aspro. Ma sebbene lo scrigno sia atrofizzato e la fiamma non possa essere risvegliata, il luci-
gnolo dello spirito grida e brama la mano che regge il lume dell'affetto, la torcia della dolce confidenza, la scintilla degli amici riuniti. Domani ti vedrò e insieme cavalcheremo lungo le strade argentate della nostra giovinezza. Non temere, poiché la ragione governerà le mie briglie e la gentile moderazione le mie redini. Non sarà giusto, Minna, non sarà bello come il tiepido sole sui volti dei bambini? 7 Alle sette, quando Wexford e Burden arrivarono, davanti alla casa dei Missal era parcheggiata una Jaguar nera. Non era nuova, ma tenuta bene; solo le ruote erano sporche, con i cerchioni inzaccherati di fango secco. — Quella macchina la conosco — disse Wexford. — La conosco ma non riesco a collocarla. Mi sa che sto invecchiando. — Amici a cena — asserì Burden. — Un po' di vita mondana non dispiacerebbe nemmeno a me — borbottò Wexford, mentre suonava il campanello. Forse la signora Missal aveva dimenticato che sarebbero venuti, o forse Inge non era stata messa al corrente. Sembrava sorpresa, ma allo stesso tempo contenta, non senza una punta di malignità. Aveva copiato, anche se con minor successo, la pettinatura della signora Missal. Nella mano sinistra reggeva un barattolo di paprika. — Sono tutti in casa — disse. — Hanno due invitati. Che uomo! Lasciatemelo dire, è proprio un peccato che un uomo come quello sia seppellito nella campagna inglese. La signora Missal dice: "Inge devi fare le lasagne". Sarà tutto italiano, paprika, pasta... Ah, è proprio un giochetto da bambini! — Va bene, signorina Wolff. Vorremmo vedere la signora Missal. — Vi faccio strada. — Ridendo, la giovane aprì la porta del soggiorno e annunciò con l'aria di aver fatto una scoperta: — C'è la polizia! Nelle poltrone a fiori erano sedute quattro persone, e sul tavolino da tè erano posati quattro bicchieri di sherry. Per un momento nessuno si mosse o parlò, ma la signora Missal arrossì violentemente. Poi si voltò verso l'uomo che sedeva tra lei e suo marito, aprì la bocca per dire qualcosa, e la richiuse senza fiatare. Così era quello il tipo di cui parlava Inge, pensò Burden. Quadrant! Non
c'era da meravigliarsi che Wexford avesse riconosciuto la macchina. — Buona sera, signor Quadrant — disse Wexford senza nascondere la propria sorpresa nel vederlo lì. — Buonasera, ispettore capo. Ispettore Burden... Burden sapeva che era un avvocato per averlo visto spesso nel tribunale di Kingsmarkham. Almeno di vista lo conosceva da molto tempo, e inspiegabilmente non gli era mai piaciuto. Salutò con un cenno del capo lui e la donna, presumibilmente sua moglie, che occupava un'altra poltrona. In un certo senso quei due si assomigliavano: entrambi scuri di pelle, il naso dritto e le labbra accese. Quadrant gli ricordava un grande di Spagna o un monaco, in un ritratto di El Greco, ma a quanto risultava a Burden, era inglese. Poteva avere ereditato la bocca latina da qualche abitante della Cornovaglia o poteva darsi che discendesse da un marinaio dell'"Armada". Sua moglie era vestita con l'eleganza priva di ricercatezza delle persone molto ricche. Burden pensò che al confronto l'abito azzurro di Helen Missal sembrava comprato alla svendita di un grande magazzino. Aveva le mani cariche di anelli, il che sarebbe stato indice di volgarità, se le pietre fossero state false, ma Burden era sicuro del contrario. — Temo che stiamo di nuovo disturbando — disse Wexford a Missal, indugiando con lo sguardo su Quadrant. — Vorrei solo scambiare due parole con vostra moglie, se non vi dispiace. Missal si alzò, il viso stravolto di rabbia impotente. L'abito leggero, grigio argento, lo faceva sembrare più grasso che mai. Poi Quadrant fece una cosa strana. Prese una sigaretta dalla scatola sul tavolino, se la mise in bocca e l'accese dalla parte del filtro. Affascinato, Burden rimase a guardarlo mentre tossiva, e buttava la sigaretta nel portacenere. — Sono stufo di questa storia — gridò Missal. — Non possiamo neppure passare una serata tranquilla con degli amici senza essere perseguitati. Sono stufo marcio. Mia moglie vi ha dato una spiegazione e questo dovrebbe bastare. — Si tratta di un caso di omicidio — osservò Wexford. — Stavamo per metterci a tavola — disse Helen Missal con un'aria imbronciata. Si lisciò la gonna azzurra sulle ginocchia e giocherellò con la collana d'avorio. — Penso che faremmo meglio ad andare nel tuo studio, Pete. Inge andrà avanti e indietro. Maledizione, perché non mi lasciate in pace? — si voltò verso la moglie di Quadrant e disse: — Puoi scusarmi un momento, Fabia? Naturalmente sempre che tu rie-
sca a sopportare l'idea di pranzare con dei criminali. — Sei sicura di non volere che venga anche Douglas? — Fabia Quadrant sembrava divertita, e Burden si chiese se i Missal li avessero avvertiti della visita, dicendo magari che si trattava di problemi di parcheggio. — Come tuo legale, intendo — aggiunse. Ma Wexford aveva parlato di omicidio, e quando aveva acceso la sigaretta, Quadrant era sembrato spaventato. — Non impiegarci troppo — disse Missal. Andarono nello studio e Wexford chiuse la porta. — Rivoglio il mio rossetto — esordi Helen Missal. — E voglio andare a cena. Senza scomporsi, Wexford disse: — E io voglio sapere con chi siete uscita la sera che avete perso il rossetto, signora. — Era solo un amico. — La donna guardò timidamente Wexford, piagnucolando come una bambina che chieda il permesso di invitare un'amichetta per il tè. — Non posso avere degli amici? — Signora Missal, se continuate a rifiutarvi di dirmi il nome di quell'uomo, non avrò altra scelta che chiedere a vostro marito. Burden cominciava ad abituarsi a quegli improvvisi cambiamenti d'umore, ma non era preparato a uno scoppio di violenza. — Sporco bastardo! — disse la donna. — Questo genere di offese non mi fa molta impressione, signora. Sapete, sono abituato a frequentare ambienti dove questi appellativi fanno parte del linguaggio normale. Il nome, per favore. Questo è un caso d'omicidio. — Bene, se proprio ci tenete a saperlo, era Douglas Quadrant. E questo, pensò Burden, spiega perché prima Quadrant aveva rischiato di strozzarsi. — Ispettore Burden — disse Wexford — vi dispiace andare di là a chiedere al signor Quadrant la sua versione su quello che è accaduto mercoledì sera? O era martedì pomeriggio, signora Missal? — Che cosa ha intenzione di chiedere, quel tipo, davanti a mio marito? — L'ispettore Burden è una persona molto discreta. A patto che io trovi una spiegazione soddisfacente, sono sicuro che potrete convincere vostro marito che il signor Quadrant è stato consultato semplicemente come vostro legale. Questa fu infatti la linea a cui si attenne Burden quando tornò in soggiorno.
— Forse la signora Missal ha qualche problema, ispettore? — chiese Fabia Quadrant. Sembrava quasi che si stesse occupando di un ospite e gli chiedesse se voleva dei pasticcini. — Sono certa che mio marito sarà in grado di risolverlo. Quadrant si alzò a malincuore. Burden fu sorpreso che non facesse storie. Entrarono in sala da pranzo e Burden scostò due sedie dal tavolo. Era apparecchiato con un servizio all'americana, bicchieri violacei fumé, posate di acciaio svedese e tovaglioli piegati a forma di ninfee. — Un uomo deve pur vivere — rispose Quadrant con disinvoltura quando Burden gli chiese della sua passeggiata in auto con Helen Missal. — La signora Missal è felicemente sposata. Io pure. Solo che ogni tanto ci piace correre qualche piccolo rischio insieme. Una corsa in macchina, un drink... Non facciamo del male a nessuno, e siamo tutti più contenti. — Era sincero in modo disarmante. Burden si chiese perché. Tutta quella franchezza non andava d'accordo con il comportamento che aveva tenuto in precedenza. Tutti più contenti? Missal non sembrava contento... e la donna con gli anelli? Lei aveva i soldi per consolarsi. Ma che cosa c'entrava tutto questo con la signora Parsons? — Siamo arrivati fino al sentiero — disse Quadrant. — Siamo scesi dalla macchina e abbiamo fumato una sigaretta al margine del bosco. Sapete come dà fastidio il fumo in macchina, ispettore. — Si sforzava di trattare Burden da uomo di mondo. — Temo di non sapere niente del rossetto. La signora Missal è un tipo piuttosto sbadato, non presta molta attenzione alle sciocchezze. — E aggiunse, sorridendo: — Forse è proprio questo che mi piace in lei. Burden si domandò se quel giorno aveva visto Quadrant. Parte del tempo sì, ma certamente non lo aveva avuto sotto gli occhi tutta la giornata. — Immagino che tutto questo sia successo mercoledì — disse. — Non martedì pomeriggio. — Via, andiamo, ispettore. Martedì sono rimasto in tribunale tutto il giorno. Mi avete visto anche voi. — Vorremmo dare un'occhiata alle ruote della vostra auto, avvocato. — Ma si rese subito conto che era inutile. Quadrant aveva già ammesso di essere stato da quelle parti, il mercoledì. Nello studio, Wexford stava ascoltando la stessa storia da Helen Missal. — Non siamo andati nel bosco. Ci siamo fermati vicino ai primi alberi. Ho preso la borsa, perché dentro c'era una discreta somma e credo che il rossetto mi sia caduto quando l'ho aperta per prendere il fazzoletto.
— Non avete mai perso di vista la macchina? La rete era stata tesa e lei ci cadde dentro. — No, non ci siamo mai allontanati — disse. — Siamo rimasti a chiacchierare sotto gli alberi. — Che tipo apprensivo dovete essere, signora Missal, apprensivo ed estremamente prudente. Eravate con il signor Quadrant in un punto da dove potevate tenere d'occhio la macchina, ma avevate ugualmente paura che qualcuno potesse tentare di rubarvi la borsetta sotto gli occhi. Ora era spaventata e Wexford era certo che non gli aveva detto tutto. — Be', è così che è andata. Non potete pretendere che vi renda conto di tutto quello che faccio. — Temo proprio che invece possiamo, signora. Immagino che abbiate conservato il biglietto del cinema. — Oh, mio Dio! Non potete lasciarmi in pace? È ovvio che non conservo i biglietti del cinema. — Non siete molto previdente, signora. Sarebbe stato prudente conservarlo, nel caso che vostro marito volesse vederlo. Forse potete cercarlo, e quando l'avrete trovato, gradirei che me lo portaste. I biglietti sono numerati, e sarà semplice stabilire se il vostro è stato staccato martedì o mercoledì. Quadrant lo stava aspettando in sala da pranzo. Era in piedi vicino alla credenza, intento a leggere le etichette su due bottiglie di vino bianco. Burden era rimasto seduto al tavolo. — Ah, ispettore — disse Quadrant con il tono che usava per sciogliere il cuore dei magistrati meno scaltriti. — Che intricate ragnatele riusciamo a tessere quando pratichiamo per la prima volta l'arte dell'inganno! — Vorrei che riusciste a convincere la signora Missal della verità di questa massima, signore. È stata proprio una sfortuna per voi avere scelto quel sentiero per la vostra... per la vostra conversazione con lei, mercoledì sera. — Posso assicurarvi, ispettore, che è stata semplicemente questione di sfortuna. — Continuò a guardare le bottiglie di Barsac, appannate dal freddo. — Se fossi stato consapevole della presenza del cadavere della signora Parsons, sarei naturalmente venuto subito da voi. Nella mia posizione, nella mia particolare posizione, mi faccio sempre un dovere di dare tutta la mia assistenza a gente in gamba come voi. — È una posizione particolare, non è vero? Proprio quello che chiamerei un colpo di sfortuna.
Nel salotto, Missal e la signora Quadrant erano seduti in silenzio. Sembrava, pensò Burden, che avessero ben poco in comune. Helen Missal e l'avvocato entrarono, tutti un sorriso, come se avessero preso parte a un gioco di società. La sciarada era terminata, la parola era stata scoperta. Ora potevano pranzare. — Forse ora potremo metterci a tavola — disse Missal. Wexford lo guardò e gli chiese: — Immagino che siate stato a Kingsmarkham, martedì pomeriggio, vero, signor Missal? Forse sarete così gentile da dirmi dove eravate esattamente e se avete visto qualcuno. — No, non ci penso nemmeno. Che mi venga un colpo se lo faccio. Mandate il vostro scagnozzo... — Oh, Peter! — lo interruppe Fabia Quadrant. — Scagnozzo! Che termine! Burden rimase in attesa, senza scomporsi. — Mandate il vostro sottoposto a farmi fare una figuraccia davanti ai miei clienti e ai miei dipendenti. Perseguitate mia moglie. Che mi venga un colpo se vi dico che cosa faccio ogni minuto della mia giornata! — Be', io ho dovuto — disse la moglie. Sembrava soddisfatta di sé, contenta che l'attenzione si fosse ora concentrata sul marito. — Vorrei esaminare le ruote della vostra auto — disse Wexford. Burden si chiese con disperazione se si sarebbero ritrovati a grattare via fango dalle ruote di tutte le macchine di Kingsmarkham. — La Mercedes è in garage. Fate come se foste a casa vostra. Lo fate già qua dentro, perché non dovreste anche fuori? Forse vi andrebbe anche di prendere in prestito il prato per le esercitazioni degli agenti. Fabia Quadrant accennò un sorriso, e suo marito si sforzò di non ridere. Ma Helen Missal non rideva. Diede una rapida occhiata a Quadrant, e a Burden sembrò che rabbrividisse leggermente. Poi la vide alzare il bicchiere e finire lo sherry in un sorso. Seduto alla scrivania, Wexford scarabocchiava su un pezzo di carta. Era ora di andare a casa, il loro turno era finito da tempo, ma c'erano ancora gli avvenimenti della giornata, le annotazioni sparse, le risposte evasive da vagliare e discutere. Burden vide che l'ispettore capo stava scrivendo, apparentemente senza scopo, i due nomi che aveva continuato a scarabocchiare la mattina che la signora Missal era venuta a parlargli: Missal, Parsons; Parsons, Missal.
— Ma che legame c'è, Mike? Eppure deve essercene uno. — Sospirò e tirò una riga nera sui nomi. — Sapete, qualche volta vorrei che fossimo in Messico, almeno potremmo tenere una cassa di liquori in ufficio. Questo eterno tè mi fa venire la nausea. — Quadrant e la signora Missal... — cominciò Burden. — Hanno proprio una relazione fantastica — lo interruppe Wexford. — Se la spassano sul sedile posteriore della Jaguar. Burden era scioccato. — Una donna come quella? Perché non in un albergo? — Nella migliore camera di "The Olive and Dove"? Non siate ingenuo. Lui non può avvicinarsi a casa di lei per via di Inge. E lei non può per via di sua moglie. — Dove abita Quadrant? — Avete presente dove la signora Missal tiene la macchina? Bene, un po' più in su dall'altra parte della strada, all'angolo di quello che i nostri colleghi addetti al traffico chiamano l'incrocio con Upper Kingsbrook Road. Quella casa con le torrette. Lei non può andarci a causa della cara Fabia. Secondo me sono andati in quel sentiero perché Dougie Q. lo conosce bene, e ci porta tutte le sue amichette. È tranquillo, buio e brutto. Proprio il posto adatto per lui e la signora M. Quando si sono divertiti abbastanza sul sedile posteriore della macchina, vanno nel bosco... — Forse la signora Missal ha visto un coniglio — azzardò Burden con aria innocente. — Oh, per l'amor del cielo! — ruggì Wexford. — Non so per quale ragione siano andati nel bosco, ma può darsi che la signora Missal volesse fare qualche altro giochetto sotto i cespugli, all'aria aperta. Può darsi che abbiano visto il corpo... — Quadrant sarebbe venuto alla polizia. — A meno che lei non lo abbia convinto a non farlo. Può avergli detto che il suo Peter e la sua Fabia avrebbero scoperto tutto. Ha cominciato a lavorarselo e il nostro cortese Dougie, che mai donna udì dire "no"... io leggo, Mike... il nostro cortese Dougie acconsente a non parlare. Burden sembrava perplesso. Alla fine disse: — Quadrant era spaventato, signore. Era spaventato da morire quando siamo arrivati. — Immagino che avesse indovinato che sarebbe saltato fuori. C'era sua moglie. È del tutto naturale. — Allora non vi sareste aspettato che fosse più reticente sulla faccenda? Ma non lo è stato. Ha ammesso tutto con sincerità.
— Forse non aveva paura che gli chiedessimo quello. Aveva paura di quello che gli avremmo chiesto. — O di quello che la signora Missal avrebbe potuto dire. — Qualunque cosa sia, o non gliel'abbiamo chiesta, oppure la Missal ha dato la risposta giusta. Giusta dal punto di vista di Quadrant, naturalmente. — Gli ho chiesto di martedì. Ha detto di essere rimasto in tribunale tutto il giorno. Dice che l'ho visto anch'io. In effetti è vero, andava e veniva. — Anch'io l'ho visto, ma non lo stavo controllando con il cronometro, e questo fa molta differenza. Ero nell'aula uno. Lui stava difendendo quel tizio accusato per guida in stato di ebbrezza, giù al piano terra. Fatemi pensare... All'una hanno aggiornato l'udienza, e sono tornati alle due. — Noi siamo andati a colazione al Carousel. — Anche lui, l'ho visto. Però noi siamo andati di sopra, Mike, e forse anche lui, ma non ne sono sicuro. Alle due era di nuovo in tribunale, ed era senza macchina. Quando è così vicino a casa, viene a piedi. — Missal dovrebbe seguire il suo esempio, almeno butterebbe giù qualche chilo. È un essere odioso, signore. Scagnozzo! — esclamò Burden con aria disgustata. — Sottoposto, Mike — lo corresse Wexford, sorridendo. — Che cosa gli impedisce di dirci dov'era martedì? — Chissà! Ma su quelle ruote non c'era traccia di fango. — Potrebbe aver lasciato l'auto sulla strada. — Vero. — Secondo me, Helen Missal sospettava che Quadrant avesse una relazione con la signora P... Wexford cominciò a dare segni di impazienza. — Oh, andiamo! — disse. — Dougie Q. e la signora P.? Sono anni che quello lì corre la cavallina. Lo sanno tutti. Ma avete mai visto che tipi gli piacciono? Ve lo dico io: la domenica mattina High Street è piena dei suoi scarti, che si consolano della perdita della verginità o della rovina del loro matrimonio, facendo sfoggio di una nuova Mini Minor. La signora P. non era proprio il suo genere. E comunque Helen Missal non avrebbe commesso nessun assassinio per questo. Quadrant per lei era solo un modo diverso di trascorrere una serata noiosa, un gradino al di sopra del televisore. — Credevo che solo gli uomini ragionassero così. — Burden non mancava mai di stupirsi davanti alla franchezza del suo capo. Wexford, che possedeva un notevole intuito e qualche volta si lasciava perfino prendere da accessi di lirismo, all'occorrenza riusciva a essere volgare. — Rischiava
molto per una relazione di poca importanza. — Volete decidervi ad aggiornarvi un po', Mike? L'Oxford Book di poesia vittoriana di Minna è proprio quello che fa per voi. Ve lo presterò, così potrete leggervelo la sera prima di addormentarvi. Burden prese il libro e lo sfogliò: Walter Savage Landor, Coventry Patmore, Caroline Elizabeth Sarah Norton... quei nomi sembravano venire da lontano, quei poeti erano scomparsi da così lungo tempo. Quale legame possibile potevano avere con la disgraziata Minna, con i Missal così poco poetici? Amore, peccato, dolore, queste le parole che si ritrovavano quasi in ogni verso. Dopo le frivolezze di Quadrant suonavano come ridicoli anacronismi. — Un legame, Mike. È questo che cerchiamo: un legame. Ma quella sera non ne avrebbero trovati. Wexford prese altri tre libri, nel caso Doon avesse sottolineato qualcosa o scritto qualche altro strano messaggio, e uscirono. Dall'altra parte del ponte c'era ancora la macchina di Quadrant. 8 Era un merlo, così almeno pareva a Burden, l'uccello che fischiava fuori dell'ufficio di Wexford. L'aveva sempre ascoltato con piacere finché un giorno Wexford gli aveva detto che cantava le battute dell'ouverture della "Polka del tuono e del lampo", e da allora gli dava ai nervi sentirlo ripetere tutti i giorni la stessa solfa. Avrebbe voluto che salisse di tono, o almeno cambiasse una o due note. Inoltre, quella mattina ne aveva avuto abbastanza di merli, allodole e usignoli, abbastanza di fanciulle morenti imprigionate in un castello, e di innamorati anemici che cantano serenate accompagnandosi con il liuto o il tamburello. Era rimasto sveglio metà della notte a leggere l'Oxford Book e non era per niente convinto che avesse qualcosa a che fare con la morte della signora Parsons. Prometteva di essere una bella giornata, troppo bella per un'inchiesta. Quando Burden entrò in ufficio, Wexford era già seduto alla scrivania, intento a sfogliare il volume rilegato in camoscio delle poesie di Swinburne. Tutti gli altri libri di Doon erano stati portati nell'archivio di Wexford. — Avete trovato qualcosa, signore? — Niente di importante, ma mi è venuta un'idea. Ve ne parlerò quando avrete letto il rapporto che è appena arrivato da Balham.
Burden prese i due fogli protocollo scritti a macchina e cominciò a leggere: Margaret Iris Parsons, di Arthur Godfrey, infermiere, e di Iris Drusilla Godfrey. Nata a Balham, Holderness Road 213, il 21 marzo 1933. Dal 1938 al 1940 ha frequentato l'istituto elementare di Holderness Road; dal 1940 al 1944 l'istituto medio inferiore di Holderness Road. Nel 1942, a Balham, entrambi i genitori sono morti durante un'azione nemica, e Margaret è andata a vivere in St. John's Road 42, con la zia materna, sua tutrice, Ethel Mary Ives, moglie di Geoffrey Ives, maggiore dell'aeronautica, e la figlia di questi, Mary Ives, nata il 1° febbraio 1932. Nel settembre 1949 (il giorno non è noto) il maggiore Ives è stato trasferito a Flagford, nel Sussex. La signora Ives ha affittato la casa di St. John's Road e si è trasferita a Flagford con Mary Ives e Margaret Godfrey. Alla morte di Geoffrey Ives, causata da trombosi coronarica (ospedale militare di Sewingbury, luglio 1951), la signora Ives, sua figlia e Margaret Godfrey sono tornate a Balham, in St. John's Road 42. Dal settembre 1951 al luglio 1953 Margaret Godfrey ha frequentato l'istituto femminile Albert Lake a Stoke Newington, Londra. Il 15 agosto 1952 Anne Ives ha sposato nella chiesa metodista di Balham il soldato semplice Wilbur Stobart Katz, in forza presso l'esercito americano, e nell'ottobre 1952 (giorno ignoto) è partita con il marito per gli Stati Uniti. Nel settembre 1953 Margaret Godfrey ha cominciato a insegnare presso la scuola elementare di Holderness Road. Nell'aprile del 1954 Ronald Parsons (impiegato), ventisette anni, ha preso alloggio come ospite pagante nella casa della signora Ives. Nel maggio del 1957, morte per cancro della signora Ethel Ives, registrata a Balham da Margaret Godfrey. Margaret Godfrey e Ronald Parsons si sono sposati nella chiesa metodista di Balham nell'agosto dello stesso anno, e hanno fissato il proprio domicilio nella casa di St. John's Road che la signora Ives aveva lasciato in eredità a Margaret Godfrey e alla figlia. Nel novembre del 1962 la casa è stata espropriata dal comune di Balham. La signora Parsons ha lasciato l'insegnamento e si è trasferita con il marito a Kingsmarkham, Sussex (Fonti: ufficio anagrafe, Balham; reverendo Albert Derwent, Chiesa metodista, Balham; archivio dell'Aviazione Britannica; archivio dell'Aviazione Americana; dipartimento dell'Istruzione della contea di Londra; Guy's Hospital, comune di Balham). — Chissà dove sarà ora la signora Wilbur Katz! — Non avete per caso qualche cugino in America, Mike? — chiese We-
xford con un tono volutamente calmo e gentile. — Credo di sì. — Anch'io ne ho, e così almeno la metà della gente che conosco. Ma non c'è mai nessuno che sappia dove sono, o addirittura se sono vivi o morti. — Avete detto che vi era venuta un'idea, signore? Wexford prese il rapporto e puntò il suo grosso indice sul secondo paragrafo. — Mi è venuta stanotte, nell'intervallo tra Whitman e Rossetti. Sembrano nomi di una coppia di gangsters, vero? Dio mio, Mike, avrei dovuto pensarci prima! Parsons ha detto che sua moglie era venuta a vivere qui a sedici anni, e anche allora la lampadina non mi si è accesa. Avevo pensato che la signora Parsons avesse già terminato gli studi. Ma era un'insegnante, Mike, quindi deve aver fatto il tirocinio da qualche parte. Quando era a Flagford, deve essere andata a scuola. Aveva appena preso la licenza media, o come diavolo si chiama ora, e quando è arrivata qui deve aver continuato gli studi. — Ci sono solo due istituti femminili da queste parti — disse Burden. — Il Kingsmarkham County High e quel convento a Sewingbury, il St. Catherine's. — Bene. Non credo che sia andata lì. Era metodista, e per quel che ne sappiamo, lo era anche la zia. In ogni caso la figlia si è sposata in una chiesa metodista. Con la fortuna che ci ritroviamo, oggi è sabato e la scuola è chiusa. Voglio che rintracciate la direttrice: potete saltare l'inchiesta, tanto ci sarò io. La direttrice è una certa signorina Fowler e abita in York Road. Vedete quello che riuscite a scoprire. Forse hanno un archivio. Quello di cui abbiamo bisogno è una lista delle ragazze che erano nella stessa classe di Margaret Godfrey, tra il settembre del 1949 e il luglio del 1951. — Sarà un bel lavoro rintracciarle, signore. — Lo so, Mike, ma in un modo o nell'altro dobbiamo trovare una breccia. Potrebbe essere questa. Sappiamo tutto sulla vita di Margaret Parsons a Balham, e a quanto pare deve essere stata alquanto grigia. Per quel che mi risulta, le sono successe soltanto due cose sensazionali nella vita: amore e morte, Mike, amore e morte. Il fatto è che entrambe sono successe qui, nel mio distretto. Qualcuno qui l'ha amata, e quando è tornata, questa stessa persona l'ha uccisa. Può darsi che una di quelle ragazze si ricordi di un flirt, un ragazzo possessivo dotato di buona memoria. — Vorrei tanto — disse Burden — che qualche cittadino che veda di
buon occhio la polizia e fornito di senso civico entrasse in questo ufficio e ci raccontasse che conosceva la signora P. Che ci dicesse semplicemente che nel 'cinquanta uscivano insieme, o anche soltanto che la scorsa settimana l'ha incontrata in un negozio. — Per qualche secondo rilesse in silenzio il rapporto arrivato da Balham. — Non c'è che dire, scoppiavano tutti di salute, vero? Cancro, trombosi... Wexford disse lentamente: — Quando Parsons ci ha parlato della vita di sua moglie, mi sono chiesto perché avesse detto quella frase, "suo zio morì, non fu ucciso". Non sembra molto importante, ma ora capisco che cosa intendeva. I suoi genitori sono stati uccisi, ma non nel modo che intendiamo noi quando diciamo uccisi. Wexford uscì per andare al tribunale, che sì trovava dietro la stazione di polizia, e Burden telefonò alla signorina Fowler. Gli rispose una voce educata che gli disse il nome dell'abbonato e il numero. Burden fece per spiegarsi, ma la signorina Fowler lo interruppe. Sì, Margaret aveva frequentato il liceo, anche se lei non riusciva a ricordarsela bene. Comunque l'aveva incontrata di recente a Kingsmarkham e poi l'aveva riconosciuta dalla fotografia sul giornale. — Onestamente, ispettore — disse — che cosa scioccante! Parlava come se l'uccisione, più che addolorarla, l'avesse offesa o, pensò Burden, come se l'istruzione ricevuta a scuola avesse dovuto automaticamente impedire alle alunne di diventare vittime di un omicidio. Burden si scusò del disturbo e le chiese se poteva fargli avere la lista che Wexford aveva chiesto. — Dovrò prima telefonare alla signora Morpeth, la segretaria della scuola, e chiederle di fare un salto a scuola e cercare nell'archivio. Potreste passare da me verso l'ora di pranzo, ispettore? Burden le espresse tutta la sua riconoscenza. — Di niente. Non è un disturbo, onestamente — rispose la signorina Fowler. L'inchiesta si concluse in mezz'ora, di cui dieci minuti furono dedicati alla testimonianza del dottor Crocker. La morte, dichiarò il dottore, era dovuta a strangolamento per mezzo di un laccio, forse una sciarpa o un pezzo di stoffa. Per il resto, il corpo della signora Parsons non era stato toccato, e non c'era stata violenza sessuale. La signora Parsons era una donna sana, leggermente al di sopra del peso giusto in rapporto all'altezza. Quando fu il suo turno, Wexford riferì che a suo parere era impossibile stabilire se ci fosse stata o meno colluttazione, dato che il terreno nel bosco
era stato calpestato dalle mucche di Prewett. Fu chiamato di nuovo il dottore che questa volta dichiarò di aver rilevato dei graffi superficiali sulle gambe della donna. Ma erano così leggeri che lui aveva ritenuto inutile stabilire se erano stati fatti prima o dopo la morte. Il verdetto fu di omicidio per mano di ignoti. Per tutta la durata dell'inchiesta, Parsons era rimasto seduto, a tormentare un fazzoletto con le mani. Quando il coroner gli fece le condoglianze, lui rimase a capo chino, e mosse appena la testa in un cenno di assenso. Sembrava così stordito dal dolore che Wexford fu sorpreso quando l'uomo lo raggiunse, mentre attraversava il cortile, gli toccò il braccio, e disse, senza preamboli: — Stamattina è arrivata una lettera per Margaret. — Che cosa volete dire? — Wexford aveva già visto qualcuna delle lettere che la signora Parsons riceveva abitualmente: pubblicità e fatture per il carbone. — Dagli Stati Uniti, sua cugina — rispose Parsons. Tirò un respiro profondo e rabbrividì. Guardandolo, Wexford si rese conto che Parsons non era più intontito dallo choc. La sua ora era un'amarezza diversa. — L'ho aperta. Parlava con una specie di senso di colpa. Lei era morta e loro avevano messo le mani sulle sue cose. Ora anche le sue lettere, arrivate dopo la sua morte, dovevano essere aperte, e a queste sarebbe stato riservato lo stesso trattamento che era toccato al suo corpo, messo in mostra e sezionato. — Non so, non riesco a capire — disse — ma c'è un accenno a qualcuno di nome Doon. — L'avete qui? — Ce l'ho in tasca. — Andiamo nel mio ufficio. Anche se Parsons aveva notato i libri della moglie sparsi nella stanza, non lo diede a vedere. Si mise a sedere e tese una busta a Wexford. Sul retro, proprio dove Parsons l'aveva strappata per aprirla, c'era un indirizzo scritto a mano: Signora Wilbur S. Katz, 1183 Sunflower Park, Slate City, Colorado, USA. — Questa sarebbe la signorina Anne Ives — disse Wexford. — Si scrivevano regolarmente? Parsons sembrò sorpreso nel sentire quel nome. — Non direi regolarmente — rispose. — Una o due volte l'anno. Io non
ho mai conosciuto la signora Katz. — Sapete se vostra moglie le aveva scritto di recente, dopo che vi siete trasferiti qui? — Non saprei, ispettore. A dire la verità non mi importava molto di avere notizie della signora Katz. Nelle sue lettere parlava a Margaret di tutte le cose che aveva, automobili, lavatrici, quel genere di cose... Non so se Margaret ci rimaneva male. Era molto affezionata a sua cugina e non mi aveva mai detto se le dava fastido sentire tutte quelle cose. Ma io le avevo detto chiaro e tondo quello che pensavo, e lei aveva smesso di farmi leggere le lettere. — Signor Parsons, mi risulta che la signora Ives aveva lasciato la casa a voi e alla signora Katz. È vero che... Parsons non lo lasciò finire: — Abbiamo rilevato la sua parte, ispettore. Abbiamo pagato settecento sterline fino all'ultimo penny tramite una banca di Londra. Mia moglie aveva dovuto lavorare a tempo pieno per questo, e quando abbiamo pagato, proprio appena abbiamo finito di pagare, il comune l'ha comprata per novecento sterline. Avevano una specie di mandato. — Un mandato di esproprio, capisco. — Wexford si sporse dalla finestra e gridò: — Sergente Camb! Il tè per favore, con due tazze. Ora, signor Parsons, darò un'occhiata alla lettera, se non vi spiace. Era scritta su carta azzurra e sottile. La signora Katz aveva un sacco di cose da raccontare alla cugina: le prime due pagine erano occupate dal resoconto di una vacanza che i signori Katz avevano trascorso in Florida con i tre figli; la nuova automobile della signora Katz; il barbecue che il marito le aveva regalato. I signori Parsons erano invitati a trascorrere una vacanza a Lake City. Wexford cominciava a capire che cosa aveva voluto dire Parsons. L'ultima pagina era più interessante: "Caspita, Meg (scriveva la signora Katz), sono rimasta proprio stupita nel sapere che tu e Ron vi siete trasferiti a Kingsmarkham. Scommetto che è stata un'idea di Ron, non tua. E hai incontrato di nuovo Doon, vero? Mi piacerebbe proprio sapere chi è Doon. Devi deciderti a dirmelo una buona volta, invece di continuare a buttare là mezze parole. "Comunque non riesco a capire perché dovresti avere paura di Doon. Di che cosa, santo cielo? Non c'è mai stato niente tra voi (tu sai che cosa intendo, Meg). Non posso credere che a Doon non sia ancora passata. Tu sei sempre stata troppo sospettosa! Ma se gli incontri con Doon significa-
no qualche passeggiata in macchina e qualche pranzo gratis, io non mi farei troppi scrupoli. "Quando avete intenzione di farvi la macchina, tu e Ron? Will dice che non sa come facciate a..." La lettera continuava ancora per un po' sullo stesso tono, fitta di punti esclamativi e sottolineature, poi concludeva: "...Salutami Ron e ricordagli che aspettiamo con ansia tutti e due a Sunflower Park, in qualsiasi momento vi decidiate a fare un salto in Colorado. Saluti affettuosi da Nan. Greg, Joanna e Kim abbracciano forte la zia Meg". — Questa lettera potrebbe essere molto importante, signor Parsons. Vorrei tenerla. Parsons si alzò. Non aveva neppure toccato il tè. — Vorrei che non fosse mai arrivata. Avrei preferito ricordare Margaret come la conoscevo. Pensavo che fosse diversa. Ora so che era come tutte le altre, se la intendeva con un uomo per quel che poteva cavarne. — Temo che sia proprio così — disse Wexford con calma. — Ditemi, non sospettavate affatto che vostra moglie avesse una relazione con quest'uomo, questo Doon? Sembra proprio che si fossero conosciuti quando lei abitava a Flagford e che poi avessero ripreso a vedersi, quando lei è tornata. Doveva aver frequentato le scuole qui, signor Parsons, non lo sapevate? L'uomo ora aveva un'aria furtiva, o forse era solo il desiderio di restare aggrappato a quello che rimaneva della sua vita privata, del suo matrimonio rovinato dall'infedeltà della moglie, che lo faceva arrossire e agitarsi? — Non era stata felice a Flagford. Non le andava di parlarne e io avevo smesso di farle domande. Penso che fosse perché da queste parti c'era un mucchio di gente snob. Avevo rispettato la sua reticenza, ispettore. — Vi parlava dei ragazzi che aveva avuto? — Quello era un libro chiuso. Chiuso per tutti e due. Non volevo sapere, capite. — Andò alla finestra e sbirciò fuori come se fosse stata notte invece che pieno giorno. — Non eravamo quel genere di persone. Non eravamo il genere di gente che ha delle relazioni — si interruppe ricordandosi della lettera. — Non posso crederci. Non posso credere una cosa del genere di Margaret. Era una brava donna, ispettore, una donna buona e affettuosa. Non posso fare a meno di pensare che quella Katz si sia inventata tutto di sana pianta, che sia tutto frutto della sua fantasia. — Ne sapremo di più quando ci risponderanno dal Colorado. Spero di riuscire ad avere l'ultima lettera che vostra moglie aveva scritto alla signo-
ra Katz. Non c'è ragione che non vi sia mostrata. — Grazie, ma preferisco di no — disse Parsons. Esitò, sfiorò la copertina del libro di Swinburne e uscì in fretta dalla stanza. Era una breccia, pensò Wexford, una breccia, finalmente. Sollevò la cornetta del telefono e disse alla centralinista di prenotargli una comunicazione con gli Stati Uniti. Era stata una strana donna, pensava mentre aspettava la comunicazione, una donna strana e riservata, che aveva condotto una doppia vita. Per suo marito e per le persone che le stavano intorno era una donna di casa sensata e prudente, che si vestiva con abitini di cotone e sandali, un'insegnante elementare che si preoccupava di lucidare il gradino davanti alla porta d'ingresso e andava alle riunioni parrocchiali. Ma qualcuno, qualcuno generoso, romantico e appassionato, era stato tenuto sulla corda da lei e reso pazzo per dodici lunghi anni. 9 Nell'appartamento della signorina Fowler non c'erano libri e l'ambiente nel complesso aveva un aspetto decisamente non accademico. Burden, che era consapevole della propria incapacità di classificare le persone in categorie, aveva cercato di non aspettarsi una casa da zitella. Ma fu proprio quello che trovò. La stanza in cui la signorina Fowler lo fece entrare era zeppa di oggetti fatti a mano: le fodere dei cuscini erano ricamate con cura, gli acquarelli dilettanteschi eseguiti con pazienza, le ceramiche ardite. Era come se la signorina Fowler non riuscisse a sopportare l'idea di rifiutare i doni delle sue vecchie scolare; ma l'insieme non era né riposante né piacevole. — Povera, povera Margaret — disse. Burden si mise a sedere e la signorina Fowler si appollaiò su una sedia a dondolo davanti a lui, i piedi appoggiati su uno sgabello ricamato a piccolo punto. — Com'è scioccante tutta questa faccenda! E anche quel pover'uomo. Ho qui la lista che volevate. Burden guardò l'elenco di nomi scritti ordinatamente a macchina. — Parlatemi di lei — disse. La signorina Fowler rise compiaciuta, poi si morse le labbra, come se pensasse che la cosa era fuori luogo. — Onestamente, caro ispettore, non me la ricordo. Capite, ci sono cosi tante ragazze... naturalmente non le dimentichiamo tutte, ma è ovvio che ci rimangono impresse quelle che riescono in qualcosa, che ottengono i voti
migliori, o che fanno qualcosa di veramente spettacolare. Quell'anno non è stato un anno particolare. Ce n'erano molte che promettevano bene, ma nessuna è riuscita veramente. L'ho vista, sapete, dopo che è ritornata. — Qui? A Kingsmarkham? — Dev'essere stato circa un mese fa. — Prese un pacchetto di sigarette sulla mensola del camino, ne offrì una a Burden e aspirò energicamente dalla sua mentre Burden gliel'accendeva. "Non si decidono mai a crescere", pensava lui. — Ero in High Street. Proprio dopo l'orario di scuola, e lei stava uscendo da un negozio. Mi ha detto: "Buongiorno, signorina Fowler". Onestamente, non avevo la più pallida idea di chi fosse. Poi mi ha detto che era Margaret Godfrey. Vedete, ispettore, loro si aspettano che uno se le ricordi tutte. — Allora, come mai...? — Come mai l'ho collegata alla signora Parsons? Quando ho visto la fotografia. Capite, mi è dispiaciuto di non essermi fermata a fare due chiacchiere, ma non faccio che incontrare delle alunne e onestamente è difficile che mi ricordi come si chiamino e quanti anni abbiano. Potrebbero averne diciotto come trenta. Sapete com'è, è difficile dare l'età alla gente più giovane. — Guardò Burden e sorrise: — Ma voi siete giovane davvero — disse. Burden tornò alla lista. I nomi erano in ordine alfabetico. Li lesse lentamente, ad alta voce, aspettando le reazioni della signorina Fowler: "Lyn Annesley, Joan Bertram, Clare Clarke, Wendy Ditcham, Margaret Dolan, Margaret Godfrey, Mary Henshaw, Jillian Ingram, Anne Kelly, Helen Laird, Marjorie Miller, Hilda Pensteman, Janet Probyn, Fabia Rogers, Deirdre Sachs, Diana Stevens, Winifred Thomas, Gwen Williams, Yvonne Young." Sotto i nomi, la signora Morpeth aveva annotato in tono trionfante: "La signorina Clare Clarke ora fa parte del corpo insegnante della High School!!!". — Gradirei parlare con la signorina Clarke. — Abita a Nectarine Cottage, in fondo alla prima traversa di Stowerton Road, sulla sinistra. Burden disse lentamente: — Fabia è un nome molto poco comune. La signorina Fowler scrollò le spalle. Si passò la mano sui capelli grigi
arricciati dalla permanente e disse: — Non era niente di eccezionale. Solo una di quelle persone molto promettenti di cui vi ho parlato, che poi non sono riuscite. Vive da queste parti. Lei e il marito sono piuttosto noti in quelli che vengono chiamati circoli sociali. Un'altra era Helen Laird. Molto amabile, molto sicura di sé. Sempre nei pasticci. A causa dei ragazzi, capite. Onestamente, cosi sciocchina! Credevo che si sarebbe data al teatro, ma non è andata cosi, si è solo sposata. E poi la signorina Clarke, naturalmente... Burden ebbe l'impressione che se la lealtà verso il proprio corpo insegnante non gliel'avesse impedito, avrebbe incluso anche la signorina Clarke tra i fallimenti. Non la incoraggiò in questo senso. Gli aveva già fornito una traccia più stimolante. — Che cosa avete detto che è stato di Helen Laird? — Veramente non lo so, ispettore. La signora Morpeth mi ha accennato che ha sposato un commerciante d'auto. Che spreco! — Spense la sigaretta in un portacenere di terracotta pitturato alla meglio e, naturalmente, cotto in casa da una delle sue allieve. Quando riprese a parlare, nella sua voce c'era una punta di tristezza. — Vi lasciano, vedete, e voi le dimenticate. Poi, circa quindici anni dopo, vi ritrovate un frugoletto nel primo corso e pensate: "Quella faccia l'ho già vista da qualche parte". E l'avete vista, naturalmente: quella di sua madre. Dymphna e Priscilla, con tutta probabilità, pensò Burden. Non sarebbe passato ancora molto tempo e il viso di Dymphna, forse gli stessi capelli rossi, avrebbero risvegliato qualche corda da tempo dimenticata nella memoria della signorina Fowler. — Tuttavia — disse lei, come se gli avesse letto nel pensiero — c'è un limite a tutto, e tra due anni io vado in pensione. Burden la ringraziò per la lista e uscì. Appena arrivò alla stazione di polizia, Wexford gli mostrò la lettera della signora Katz. — Tutto sta a indicare che Doon sia l'assassino, signore, di chiunque si tratti. Che cosa facciamo ora? Aspettiamo di avere notizie dal Colorado? — No, Mike, dobbiamo darci da fare. È chiaro che la signora Katz non sa chi sia Doon e il massimo che possiamo sperare da lei è di conoscere qualche altro particolare e avere la lettera che la Parsons le aveva scritto prima di morire. Con tutta probabilità scopriremo che Doon è stato il suo ragazzo quando lei andava a scuola qui. Speriamo che non ne abbia avuti troppi. — Me lo sono chiesto anch'io, perché onestamente, come direbbe la si-
gnorina Fowler, quelle dediche nei libri di Minna non sembrano affatto opera di un ragazzo, a meno che non si trattasse di un ragazzo molto maturo. Sono dediche troppo rifinite, troppo rileccate. Doon poteva essere un uomo più vecchio che aveva incominciato a interessarsi a lei. — Ci ho pensato anch'io, e ho preso informazioni su Prewett e i suoi uomini. Prewett ha comprato la fattoria nel quarantanove, quando aveva ventotto anni. È una persona istruita, e perfettamente in grado di scrivere quelle dediche ma martedì si trovava a Londra. Su questo non ci sono dubbi, a meno di pensare che abbia coinvolto in una cospirazione sua moglie, due medici, un eminente cardiologo, una suora e Dio sa quante infermiere. Draycott è qui da due anni soltanto, e dal quarantasette al cinquantatré ha vissuto in Australia. Bysouth è a malapena in grado di scrivere il suo nome, non parliamo quindi di scegliere brani di poesia da mandare all'innamorata, e lo stesso vale per Traynor. Edwards è stato nell'esercito dal cinquanta fino alla fine del cinquantuno; quanto a Dorothy Sweeting non vedo come potrebbe essere al corrente di quello che succedeva dodici anni fa nella vita sentimentale di Minna. Aveva solo sette anni. — Allora sembra proprio che dovremo cavare tutto quello che possiamo dalla lista — disse Burden. — Credo che quando avrete visto alcuni nomi, la troverete piuttosto interessante, signore. Wexford prese l'elenco, e quando arrivò a Helen Laird e a Fabia Rogers imprecò. Accanto a questi nomi, Burden aveva scritto a matita "Missal" e "Quadrant" con un punto interrogativo. — Qualcuno sta cercando di fare il furbo — disse Wexford. — E questo non mi va. Rogers. I suoi sono il vecchio Rogers e la moglie, di Pomfret Hall. Sono carichi di soldi. Li hanno fatti con le vernici. Comunque non aveva nessuna ragione di dire che conosceva la signora P. Quando abbiamo parlato con Dougie Q. la faccenda di Doon non sembrava tanto importante. Ma la Missal... Era così sicura di non conoscere la signora P., e poi scopri che erano nella stessa classe! Era rosso di collera. Burden sapeva bene come il suo capo odiasse essere preso in giro. — Avevo intenzione di lasciar perdere il biglietto del cinema, Mike, ma adesso non ne sono più così sicuro. Ora ricominceremo tutto da capo con la signora Missal. Mentre io sono fuori, potete cominciare a contattare questa gente. — Figuriamoci se non ci capitava una scuola femminile, visto che le donne cambiano il cognome e gli uomini no — brontolò Burden.
— Non ci si può far niente — ribatté brusco Wexford. — Il signor Griswold è già venuto due volte dopo l'inchiesta, ad alitarmi sul collo. Griswold era il capo della polizia e Burden capì quello che Wexford intendeva. — Lo sapete com'è, Mike. Al minimo accenno a una difficoltà, comincia a gridare che vuole chiamare Scotland Yard — disse Wexford. Poi uscì e lasciò a Burden la lista e la lettera. Prima di imbarcarsi in quella caccia alla donna, Burden rilesse la lettera. Lo stupiva, perché gli rivelava un aspetto del carattere della signora Parsons che lui non aveva affatto sospettato. Si stava rivelando molto meno pura di quanto tutti avevano pensato. "...se gli incontri con Doon significano qualche passeggiata in macchina e qualche pranzo gratis, io non mi farei troppi scrupoli" aveva scritto la signora Katz. Ma non sapeva chi fosse Doon. La signora Parsons si era comportata in modo stranamente misterioso, enigmatico, nascondendo l'identità di un innamorato a una cugina che era anche stata un'amica intima. Una strana donna, pensò Burden, e uno strano ragazzo. Strano tipo di rapporto quello che aveva avuto con questo Doon, disse fra sé. "Non riesco a capire di che cosa dovresti aver paura", erano le parole della signora Katz, e, più avanti, "non c'è mai stato niente tra voi!". Che cosa voleva dire con questo? Ma la signora P. aveva paura. Di che cosa, di qualche avance sessuale? A detta della signora Katz, aveva una mente sospettosa. "Mi sembra giusto", pensò. Qualunque donna seria si sarebbe spaventata e avrebbe nutrito dei sospetti su un uomo che le avesse prestato un mucchio di attenzioni. Ma allo stesso tempo non c'era mai stato niente tra loro. La signora P. doveva avere avuto troppi scrupoli. Burden brancolava nel buio. La lettera, come la persona alla quale era destinata, era un rebus. Quando alzò la cornetta del telefono, era sicuro di due cose soltanto: Doon non aveva fatto delle avances; voleva qualcos'altro, qualcosa che spaventava la signora Parsons, ma che dal punto di vista della cugina era così innocuo, che farsi troppi scrupoli sarebbe stato indice di una mente sospettosa. Scrollò la testa con l'aria di uno che non si raccapezza davanti a un enigma complicato e staccò la cornetta del telefono. Cominciò da Bertram, perché sull'elenco non c'era nessun Annesley, e nemmeno Pensteman o Sachs. Ma il signor Bertram che gli rispose, disse di avere oltre ottant'anni e di essere scapolo. Poi fece il numero dell'unico Ditchams ma anche se lasciò suonare per un tempo interminabile, non eb-
be risposta. Il numero della signora Dolan era occupato. Aspettò cinque minuti e provò ancora. Questa volta la signora rispose. Sì, era la madre di Margaret Dolan, ma sua figlia era andata a vivere a Edimburgo. In ogni caso, non aveva mai portato a casa nessuna Margaret Godfrey. Le sue amiche più intime erano state Janet Probyn e Deirdre Sachs, e la signora Dolan le ricordava come un trio piuttosto esclusivo. La madre di Mary Henshaw era morta. Burden parlò con suo padre. La figlia viveva ancora a Kingsmarkham. Sposata? chiese Burden. Il signor Henshaw scoppiò in una fragorosa risata mentre Burden aspettava pazientemente. Poi si riprese e disse che sì, sua figlia era sposata. Ora era la signora Hedly e si trovava nell'ospedale della contea. — Vorrei parlarle. — Non potete — disse Henshaw, divertendosi un mondo. — A meno che non vi mettiate un camice. Sta per partorire, è il quarto. Pensavo che fossero loro a chiamare, per darmi la notizia. Attraverso la signora Ingram si mise in contatto con Jillian Ingram, ora signora Bloomfield. Ma lei non sapeva niente di Margaret Parsons, eccetto che ai tempi della scuola era una ragazza graziosa e riservata, le piaceva leggere, ed era alquanto timida. — Avete detto graziosa? — Sì, era graziosa, a suo modo attraente. Oh, lo so, ho visto i giornali. La bellezza non sempre dura, sapete. Burden lo sapeva, tuttavia era sorpreso. Anne Kelly si era trasferita in Australia, Marjorie Miller... — Mia figlia è morta in un incidente d'auto — disse una voce dura, in cui era stato risvegliato il dolore. — Credevo che almeno la polizia ne fosse al corrente. Burden sospirò. Pesternam, Probyn, Rogers, Sachs... le aveva già passate. Soltanto nell'elenco locale trovò ventisei Stevens, quaranta Thomas, cinquantadue Williams, dodici Young. Se si fosse messo a cercare di rintracciarle tutte, di sicuro non avrebbe finito prima di sera. Forse Clare Clarke avrebbe potuto aiutarlo. Chiuse l'elenco e partì alla volta di Nectarine Cottage. Le porte-finestre erano aperte quando Inge Wolff fece entrare Wexford nell'ingresso. Si sentivano gli strilli delle bambine che litigavano tra loro. Seguì Inge nel prato e lì per lì oltre alle bambine non vide nessun altro: la
maggiore era un facsimile della madre, gli occhi vivaci, i capelli rossi; la più piccola era grassottella, con i capelli biondi e le lentiggini. Litigavano per un'altalena rossa e gialla a forma di coniglio. Inge si precipitò gridando verso di loro. — Sono delle bambine che giocano in questo modo, o dei ragazzacci? Ecco qui un poliziotto venuto a rinchiudervi! Ma le bambine si limitarono ad aggrapparsi ancora più forte alle corde, e Dymphna, che era in piedi, cominciò a dar calci alla sorella. — Se è un poliziotto — chiese — dov'è l'uniforme? Qualcuno rise e Wexford si voltò bruscamente. Helen Missal era sdraiata su un'amaca tesa tra un gelso e il muro di un chiosco, e sorseggiava un bicchiere di tè. Dapprima Wexford riuscì a scorgere sólo il viso e un braccio dalla carnagione dorata che dondolava dall'amaca. Poi, quando fu più vicino, si accorse che la donna era in tenuta da tintarella. Indossava soltanto un bikini, una striscetta e un triangolino bianco ghiaccio sulla pelle dorata. Wexford si sentiva imbarazzato e l'imbarazzo trasformò l'irritazione in collera. — Ancora voi! — esclamò lei. — Ora capisco come si deve sentire la volpe. Non è piacevole. Missal non si vedeva, ma da dietro una siepe verde cupo arrivava il ronzìo di una falciatrice elettrica. — Possiamo andare dentro, signora Missal? Lei esitò un istante. A Wexford parve che fosse intenta ad ascoltare qualcosa, forse i rumori che venivano dall'altra parte della siepe. Il ronzio della falciatrice cessò, poi, mentre lei sembrava trattenere il respiro, riprese. Helen Missal scese dall'amaca e Wexford vide che attorno alla caviglia sinistra aveva una catenina d'oro. — Penso di sì — rispose. — Non ho scelta, vero? Lo precedette attraverso la fresca sala da pranzo dove, in occasione del loro precedente colloquio, Quadrant era rimasto a osservare le etichette sulle bottiglie di vino, e nella stanza dei rododendri. Si mise a sedere e disse: — Allora, di che cosa si tratta, questa volta? C'era qualcosa di offensivo e sprezzante nel modo in cui esibiva le proprie nudità sulla tappezzeria rosa e verde del divano. Wexford distolse lo sguardo. Era in casa sua e non poteva dirle di andare a mettersi qualcosa addosso, così tirò fuori la fotografia dalla tasca e gliela diede.
— Perché mi avete detto di non conoscere questa donna? Nei suoi occhi non c'era più paura, adesso, ma un lampo di sorpresa. — Perché è vero. — Eravate a scuola insieme, signora Missal. Helen Missal afferrò la fotografia e la osservò attentamente. — Nemmeno per sogno. — I capelli le ricaddero sulle spalle, luminosi e lucidi come un penny nuovo. — Almeno penso di no. Voglio dire, dalla fotografia sembra molto più vecchia di me. Forse era all'ultimo anno quando io ero al primo. Non saprei. — La signora Parsons aveva trent'anni, la vostra stessa età. Il suo nome da signorina era Godfrey. — Adoro questa espressione: nome da signorina. È un modo per dire certe cose e tacerne altre, non è vero? Va bene, ispettore, ora me la ricordo. Ma qui è invecchiata, è diversa... — Poi di colpo sorrise, un sorriso di puro trionfo, e Wexford si stupì che quella donna avesse la stessa età della patetica creatura che avevano trovato nel bosco. — È stato un vero peccato che non ve ne siate ricordata giovedì sera, signora Missal. Vi siete messa in una luce molto spiacevole, prima mentendo deliberatamente a me e all'ispettore Burden, e poi tenendo nascosti dei fatti importanti. L'avvocato Quadrant potrà dirvi che ho tutti i diritti di accusarvi di complicità... — Perché ve la prendete con me? — lo interruppe Helen Missal facendo il broncio. — Anche Fabia la conosceva, e... Oh, e senz'altro un mucchio di altra gente. — Ma io lo sto chiedendo a voi. Parlatemi di lei. — Se lo faccio, mi promettete di andarvene e di non tornare più? — Ditemi la verità, signora, e sarò ben felice di andarmene. Ho molto da fare. Helen Missal accavallò le gambe e si lisciò le ginocchia, levigate come quelle di una ragazzina, una ragazzina che non si sia mai arrampicata su un albero e che abbia fatto diligentemente il bagno tutte le sere. — A me non piaceva andare a scuola — esordì con tono confidenziale. — Era così limitante, se capite quello che intendo dire. Ho supplicato papà di portarmi via alla fine del primo trimestre, quand'ero al sesto... — Margaret Godfrey, signora Missal. — Ah, sì, Margaret Godfrey. Be', era una specie di nullità, non è carino come termine? L'ho trovato in un libro. Una specie di nullità. Era una di quelle persone mediocri, non particolarmente intelligente, né particolar-
mente graziosa, né niente. — Diede un'altra occhiata alla fotografia. — Margaret Godfrey. Sapete, non riesco a crederci. L'avrei detta l'ultima che poteva morire assassinata. — E chi sarebbe stata la prima, signora Missal? — Be', una come me — rispose con una risatina. — Chi erano i suoi amici, la gente con cui andava in giro? — Fatemi pensare. C'erano Anne Kelly, e una tizia foruncolosa di nome Bertram, e Diana... — Diana Stevens. — Dio mio, voi sapete tutto, non è vero? — Io intendevo amicizie maschili. — Non saprei. Ero piuttosto occupata con le mie. — Gli diede un'occhiata provocante, e Wexford si chiese per la prima volta con un briciolo di pietà da quando la conosceva, se i suoi modi provocanti si sarebbero accentuati con il declinare della bellezza, finché a una certa età sarebbe stata grottesca. — Anne Kelly, Diana Stevens, la Bertram, e Clare Clarke, Fabia Quadrant, pensate che se la ricordino? Aveva detto che odiava la scuola, ma quando cominciò a parlare, la sua voce si addolcì e l'espressione divenne più gentile. Era la prima volta che Wexford la vedeva così; e per un momento dimenticò la propria irritazione, le bugie che lei gli aveva detto, e si accinse ad ascoltarla. — È buffo, ma pensare a quei nomi mi ha riportato alla mente un mucchio di cose. Avevamo l'abitudine di sederci in una specie di giardino, un posto vecchio e abbandonato. Fabia, io, una ragazza di nome Clarke, mi è capitato di incontrarla qualche volta, Jill Ingram, la Kelly e... e Margaret Godfrey. Andavamo lì per studiare, ma non combinavamo molto. L'argomento preferito era... Oh, non so... — I ragazzi, signora Missal? — Ma appena ebbe pronunciato queste parole, Wexford si rese conto di essere stato inopportuno. — Oh, no! — ribatté lei, brusca. — Avete capito male. Non allora, non nel giardino. Era un posto solitario, Un vecchio stagno, dei cespugli, una panchina. Parlavamo di... be', dei nostri sogni, di quello che volevamo fare, di quello che avremmo fatto nella vita. — Si interruppe, e Wexford ebbe la rapida visione di un luogo verde e solitario, le ragazze con i libri, e gli parve di sentire le risate, l'anelito e la vertigine dell'ambizione. Ma fu di colpo riportato alla realtà dal cambiamento nella voce della donna. La sentì sussurrare tra i denti, come se avesse dimenticato la sua presenza: — Volevo
recitare! Ma i miei non me l'hanno permesso. Hanno voluto che restassi qui, e così tutte le speranze sono sfumate, si sono tutte dissolte nel nulla. — Scrollò indietro i capelli e con la punta delle dita si lisciò le rughe che le erano apparse sulla fronte. — Ho conosciuto Pete e ci siamo sposati. — Arricciò il naso e aggiunse: — La storia della mia vita. — Non si può avere tutto. — No, e non ero l'unica... Esitò, e Wexford trattenne il respiro. Sentiva che stava per dire qualcosa di enorme importanza, qualcosa che avrebbe risolto il caso e gli avrebbe dato la possibilità di farne un bel pacco regalo per il signor Griswold. Gli occhi verdi di Helen Missal erano più grandi, ora, e luminosi; poi, di colpo, tutta quella luce si spense e divennero quasi opachi. Nell'ingresso, un'asse del pavimento scricchiolò, e Wexford sentì l'impalpabile fruscio di un paio di scarpe con la suola di gomma sulla moquette. Helen impallidì. — Oh Dio! Per piacere, per piacere non chiedetemi il biglietto del cinema. Per piacere, non fatelo! Wexford imprecò tra sé quando la porta si aprì e Missal entrò nella stanza. Era sudato, e aveva la camicia bagnata sotto le ascelle. Guardò la moglie con una strana espressione in cui si mescolavano disgusto e concupiscenza. — Vatti a mettere qualcosa — gridò. — Su, va' a vestirti. Lei si alzò con fare impacciato e Wexford ebbe la sensazione che le parole del marito le si fossero stampate addosso come scritte oscene sulla fotografia di una pin-up. — Stavo prendendo il sole — disse. — Siete venuto a rifarvi gli occhi, non è vero? — gridò Missal a Wexford, il viso rosso per lo sforzo e la gelosia. — Quello che vide il piedipiatti. Wexford avrebbe voluto arrabbiarsi e rispondere per le rime alla collera dell'altro, ma riusciva a provare soltanto pietà. Si limitò a dire: — Vostra moglie mi è stata d'aiuto. — Ne sono sicuro — disse Missal, tenendo aperta la porta e quasi spingendo la moglie fuori della stanza. — È stata carina, vero? È la sua specialità essere carina con tutti i Tom, Dick e Harry. — Si scostò la camicia bagnata dalla pelle come se il proprio corpo lo disgustasse. — Avanti, cominciate con me, ora. Che cosa siete andato a fare a Kingsmarkham martedì pomeriggio, signor Missal? Il nome del cliente, signor Missal. La vostra macchina è stata vista in Kingsbrook Road, signor Missal. Bene, avan-
ti. Non volete saperlo? Wexford si alzò e si avviò verso la porta. I grossi fiori rosa e bianchi gli sfiorarono le gambe. Missal continuava a fissarlo come un cucciolone super-nutrito e rammollito, con una gran voglia di mettersi a piangere senza ritegno. — Non lo volete più sapere? Non mi ha visto nessuno. Potrei essere stato io a strangolare quella donna. Non volete sapere che cosa stavo facendo? Non vi interessa? Wexford evitava di guardarlo. Aveva già visto troppe anime messe a nudo per godere di quell'inutile spettacolo. — So che cosa stavate facendo — disse, lasciando perdere il "signore". — Me l'avete detto voi stesso, proprio in questo momento. — Apri la porta. — Anche senza bisogno di tante parole. La casa di Douglas Quadrant era molto più grande e di aspetto molto meno piacevole di quella dei Missal. Sorgeva su un terreno lievemente rialzato a una cinquantina di metri dalla strada. Un enorme cedro ne addolciva in parte l'aspetto austero, ma quando ebbe percorso metà del sentiero, Wexford non poté fare a meno di paragonarla a costruzioni simili che aveva visto nel nord della Scozia, vagamente gotiche, di granito, con torrette a punta su ogni lato. Il giardino aveva un che di strano, ma gli ci volle qualche minuto per capire che cosa. Il prato era ben rasato, le piante erano state scelte secondo precisi criteri di eleganza, ma l'atmosfera era cupa. Non c'era neppure un fiore. Il giardino di Douglas Quadrant ricordava un paesaggio di Monet in grigio, marrone e diverse tonalità di verde. Dopo i gigli azzurri, i rododendri veri e artificiali della signora Missal, questa veduta tetra e solenne sarebbe dovuta essere riposante, invece era terribilmente deprimente. Era chiaro che non potevano crescervi dei fiori, visto che nessuno li aveva piantati, però si aveva l'impressione che questo fosse dovuto piuttosto alla sterilità del suolo o all'inclemenza dell'aria. Wexford salì gli scalini sotto le finestre chiuse su cui si arrampicavano piante color oliva, borgogna e grigio piccione, e suonò il campanello. Gli venne ad aprire una donna di circa settant'anni, vestita di tutto punto, con la crestina e il grembiule bianco, degna rappresentante della servitù di una volta. Qui di sicuro non avrebbe trovato nessuna frivola bionda teutonica. La donna lo squadrò come se si fosse trovata davanti a un rappresentante di commercio, che avrebbe fatto meglio a suonare alla porta di servizio.
Wexford chiese della signora Quadrant e mostrò il tesserino. — La signora sta prendendo il tè — gli rispose la donna per nulla impressionata dalla mole di Wexford e dalla sua aria di giustizia fatta persona. — Vedrò se può ricevervi. — Ditele che l'ispettore capo Wexford vorrebbe scambiare due parole con lei. — Poi, influenzato dall'ambiente in cui si trovava, aggiunse: — Se non vi dispiace. Wexford entrò nell'ingresso: era una stanza molto grande, che neppure gli arazzi con scene di caccia appesi alle pareti riuscivano a far sembrare più raccolta. Anche qui la stessa mancanza di colore, ma non del tutto. Negli abiti dei cacciatori, nei palafreni dei cavalli, Wexford colse un brillio di oro antico, rosso sangue di bue e viola scuro. La vecchia lo guardò con aria di sfida, pronta a ribattere, ma mentre Wexford si chiudeva con decisione la porta alle spalle, qualcuno domandò a voce alta: — Chi è, Nanny? Wexford riconobbe la voce della signora Quadrant e ricordò il suo sorriso, la sera prima, alla battuta insolente di Missal. Nanny lo precedette alla porta, e l'aprì come lui aveva visto fare soltanto al cinema. Anche se non c'entrava niente, il gesto gli fece tornare in mente una scena ridicola e buffissima di un film di Groucho Marx. Ma la visione si dileguò non appena lui mise piede nella stanza. I Quadrant erano seduti uno di fronte all'altro, davanti a un tavolino basso coperto da una tovaglietta di pizzo. Il tè doveva essere stato appena servito, perché il libro che la signora Quadrant stava leggendo era ancora posato, aperto a faccia in giù, sul bracciolo della poltrona. La teiera antica, il bricco per il latte e la zuccheriera d'argento erano così lucidi che le mani affusolate di Fabia vi si riflettevano come in uno specchio, risaltando contro i colori cupi della stanza. Erano passati quarant'anni dall'ultima volta che Wexford aveva visto un bollitore d'ottone di quel genere, su un fornellino ad alcol. Quadrant stava mangiando pane e burro. Era solo pane e burro, ma senza crosta e sottile come un'ostia. — Questo è un piacere inaspettato — disse, alzandosi. Questa volta non ci furono goffi incidenti con la sigaretta. Posò con molta grazia la tazza e fece segno a Wexford di accomodarsi in una poltrona. — Certamente conoscete mia moglie, non è vero? — Sembrava un gatto, pensò Wexford, un micio scaltro che di giorno fa le fusa e di notte corre
sui tetti. E quella stanza, l'argenteria, le porcellane, i tendoni color vino simili a sangue tramutatosi in velluto! E al centro di tutto, la signora Quadrant, i capelli scuri, elegantemente vestita di nero, che dava la pappa al suo micio. Ma quando si accendevano le luci, lui scivolava fuori per procurarsi nell'oscurità, al riparo dei cespugli, i suoi piaceri felini. — Tè, ispettore? — chiese la signora Quadrant versando una goccia d'acqua nella teiera. — Non per me, grazie. — Ne aveva fatta di strada da quei giorni nel giardino abbandonato, o forse anche allora la sua tuta da ginnastica era di una marca più costosa di quella delle altre ragazze, e il taglio dei capelli migliore? È bella, pensò, ma sembra vecchia, molto più vecchia di Helen Missal. Senza figli, con un sacco di soldi e niente da fare tutto il giorno tranne che dare da mangiare a un gatto vagabondo. Soffriva per le sue scappatelle, se pure ne era a conoscenza? Wexford si chiese con curiosità se la gelosia che aveva acceso il volto di Missal aveva scolorito e invecchiato la moglie di Quadrant. — Che cosa posso fare per voi? — chiese l'avvocato. — Vi confesso che mi aspettavo una visita, stamattina. Da quello che dicono i giornali, non state facendo molti passi avanti. — Poi, pronto a schierarsi dalla parte della legge, aggiunse: — Un assassino elusivo questa volta, non è cosi? — Cominciamo ad avere qualche idea. A dire il vero, però, vorrei parlare con vostra moglie. — Con me? — Fabia Quadrant si toccò un orecchino di platino e Wexford ne notò i polsi sottili e le braccia con le vene in evidenza come quelle di una donna anziana. — Ah, capisco, perché conoscevo Margaret. Ma non siamo mai state molto intime, ispettore. Ci sono decine di persone che potrebbero dirvi di più di quanto possa fare io. "Forse", pensò Wexford, "se però avessi idea di dove trovarle." — Quando i suoi sono andati via da Flagford, l'ho persa di vista. Poi, qualche settimana fa, l'ho incontrata in High Street e siamo andate a prendere un caffè insieme. Abbiamo scoperto che le nostre strade erario state diverse, e, be'... "E questo", si disse Wexford, paragonando la casa di Tabard Road con quella in cui si trovava, "se si vuole minimizzare." Per un attimo, come spesso gli accadeva, le sue impressioni si concretizzarono in immagini, ed ebbe una rapida visione dell'incontro: la signora Quadrant, con i suoi anelli, i capelli lisci e bene acconciati, e Margaret Parsons, goffa e impacciata nel cardigan e nei sandali che le erano sembrati così comodi finché non
aveva incontrato la sua vecchia compagna di scuola. Che cosa potevano avere in comune, di che cosa avevano parlato? — Di che cosa vi ha parlato, signora Quadrant? — Oh, dei cambiamenti che ci sono stati qui, delle nostre compagne di scuola, cose simili. — La governante e la signora del maniero. Wexford sospirò tra sé. — Avete mai conosciuto una certa Anne Ives? — Volete dire la cugina di Margaret? No, non l'ho mai conosciuta. Non era a scuola con noi. Faceva la dattilografa, o l'impiegata, o qualcosa di simile. Soltanto un'altra rappresentante della massa, pensò Wexford, della disprezzata maggioranza, del settantacinque per cento che non conta. Seduto nella sua poltrona, Quadrant li ascoltava in silenzio, dondolando appena una gamba. La condiscendenza di sua moglie sembrava divertirlo. Finì il suo tè, appallottolò il tovagliolo, e prese una sigaretta. Wexford lo osservò mentre tirava fuori una scatola di fiammiferi dalla tasca e ne accendeva uno. Fiammiferi! Strano. Per Quadrant sarebbe stato più adatto un accendino, uno di quegli accendini da tavolo che assomigliano a una teiera, pensò Wexford, lavorando di fantasia. Accanto al corpo della signora Parsons avevano trovato soltanto un fiammifero, solo un fiammifero bruciato a metà... — Le amicizie maschili di Margaret Godfrey, signora Quadrant. Riuscite a ricordare qualche nome? Si chinò in avanti, come per sollecitare una risposta. Per un istante, negli occhi di Fabia Quadrant passò un lampo: poteva essere malizia, o solo sforzo di ricordare. Quadrant fece un profondo sospiro. — C'era un ragazzo. — Cercate di ricordare, signora Quadrant. — Dovrei... — Wexford era sicuro che infatti ricordava benissimo, l'esitazione era solo per fare un po' di scena. — Il nome era come quello di un teatro, un teatro di Londra. — Palladium, Globe, Haymarket? — chiese Quadrant divertendosi un mondo. — Principe di Galles? Fabia fece una risatina di simpatia verso il marito, e di leggera ostilità verso Wexford. Nonostante l'infedeltà di Quadrant, fra lui e Fabia esisteva un legame più forte del normale rapporto di fiducia tra marito e moglie. — Ah, ecco, si chiamava Drury. Dudley Drury. Era di Flagford. — Grazie, signora. Per un momento avevo quasi pensato che vostro ma-
rito la conoscesse. — Io? — Il tono di Quadrant era incredulo, quasi fino all'isterismo. Cominciò a ridere: era un'allegria crudele e priva di tono che sembrò sollevare una ventata malefica nella stanza. Wexford avvertì la derisione dell'uomo, che balzava dal suo petto come un animale: derisione, disprezzo, ira. — Io, conoscere quella donna? E nel modo che intendete voi? Vi assicuro di no, caro ispettore, nel modo più assoluto! Nauseato, Wexford distolse lo sguardo. Fabia Quadrant teneva gli occhi bassi, come ripiegata su se stessa in una sorta di pudore. — Questo Drury, sapete se lei lo chiamava Doon? Era la sua immaginazione che glielo faceva credere, o fu soltanto per una coincidenza che proprio in quel momento la risata di Quadrant si spense come un rubinetto prosciugato? — Doon? Oh no, non l'ho mai sentita chiamare nessuno così. Quando Wexford si alzò per andarsene, Fabia non si mosse, ma si limitò ad accomiatarlo con un cennp del capo e allungò la mano per riprendere il libro che stava leggendo. L'avvocato lo accompagnò all'ingresso, senza parlare, e gli chiuse la porta alle spalle prima ancora che lui avesse sceso gli scalini dell'entrata, come se fosse stato un venditore di spazzole o l'uomo venuto a leggere il contatore del gas. Dougie Q.! Se c'era un uomo capace di strangolare una donna e fare l'amore con un'altra a dieci metri di distanza, questo era proprio lui... Ma perché? Assorto in questi pensieri, Wexford percorse Kingsbrook Road e attraversò la strada. Avrebbe oltrepassato il garage di Helen Missal senza neppure vederlo, se lei non lo avesse chiamato. — Avete visto Douglas? — Sembrava ansiosa, ma anche più allegra, rispetto all'ultima volta che l'aveva vista. Ora invece del bikini portava un vestito di seta, scarpe con il tacco alto e un cappello a falde larghe. Wexford aveva troppa dignità per rispondere. — La signora Quadrant mi ha aiutato a colmare qualche lacuna — disse. — Fabia? Mi stupite. È una donna molto discreta. E del resto mi pare giusto, considerando la professione di Douglas. — Per un attimo il suo viso grazioso si accese di desiderio. — È meraviglioso, non è vero? È splendido. — Poi si scosse, si passò una mano sul viso, e quando la tolse, la sua espressione era tornata perfettamente normale. — Cristo — disse con la solita allegria un po' insolente — certa gente non sa quanto è fortunata! — Aprì le porte del garage e tirò fuori un paio di scarpe più basse dal cofano della Dauphine.
— Avevo l'impressione — disse Wexford — che voleste dirmi qualcos'altro. — E, dopo una breve pausa: — Quando vostro marito ci ha interrotto. — Forse si, e forse no. Ormai penso di no. — Helen si cambiò le scarpe, si avvicinò a passo di danza verso la macchina e aprì la portiera. — Di nuovo al cinema? — chiese Wexford. Lei sbatté la porta e mise in moto. — Andate al diavolo! — gridò, per superare il ruggito del motore. 10 Nectarine Cottage sorgeva al centro di una specie di conca umida, invasa dai rovi, alle spalle di Stowerton Road. Per arrivarci bisognava percorrere un viottolo serpeggiante e disagevole. Ed evidentemente la signorina Clarke non voleva correre rischi: Burden se ne accorse ben presto dagli avvisi scritti a penna su fogli di quaderno che lo accoglievano man mano che scendeva. Il primo, sul cancello, diceva: "Sollevare e spingere forte"; il secondo, circa dieci passi più avanti: "Attenti al filo spinato". A questo punto i rovi avevano ceduto il posto a qualche debole tentativo di coltivazione, di carattere prettamente utilitaristico: deprimenti file di cavoli che crescevano tra le erbacce, e una splendida pianta di zucca, protetta dai cardi per mezzo di una campana di assicelle, fatta in casa, sulla quale era stato appuntato un foglio con la scritta "Non rimuovere il vetro". Evidentemente la signorina Clarke aveva degli amici particolarmente imbranati o era spesso e volentieri vittima di intrusi. E questo lo si poteva anche capire, dato che non c'era nient'altro, a parte le verdure e gli avvisi, che indicasse che il luogo era abitato; Burden infatti arrivò in vista del cottage praticamente soltanto quando se lo trovò davanti, in fondo al sentiero. La porta era spalancata, e dall'interno venivano delle risatine gorgoglianti. Per un momento, anche se su quel sentiero non c'erano altre case, pensò di essersi sbagliato. Quando bussò alla porta, le risatine diventarono delle vere e proprie risate, e qualcuno gridò: — Sei tu, Dodo? Pensavamo quasi che non venissi più. Dodo poteva essere sia un uomo sia una donna, più probabilmente una donna. Burden fece un colpo di tosse molto mascolino, per dissipare ogni dubbio. — Oh, Dio, non è — disse la voce. — Te lo dico io, Di, deve essere il piedipiatti della vecchia Fanny Fowler, un piedipiatti con la tosse.
Burden si senti stupido come raramente gli capitava. La voce sembrava venire da dietro una porta chiusa in fondo a un corridoio. Disse ad alta voce: — Ispettore Burden, signora! La porta fu spalancata immediatamente da una donna vestita come una contadina tirolese, con i capelli biondi raccolti in due trecce attorcigliate intorno al capo. — Oh Dio! — esclamò ancora. — Non sapevo che la porta fosse rimasta aperta. Stavo solo scherzando quando ho detto che dovevate essere il piedipiatti della signorina Fowler. Mi ha telefonato per dirmi che sareste venuto. — La signorina Clarice? — E chi se no? — Burden pensò che aveva un aspetto veramente eccentrico, una donna adulta conciata come la Gretel di Humperdinck. — Venite, inoltratevi nel nostro sotterraneo — disse lei. Burden la seguì in cucina. "Attenti agli scalini" diceva un altro avviso attaccato alla porta, e Burden lo vide giusto in tempo per evitare di rotolare giù per i tre ripidi scalini fino al pavimento dalle mattonelle sconnesse. La cucina era perfino più brutta di quella della signora Parsons, e molto meno pulita. Ma fuori della finestra splendeva il sole e una rosa rossa premeva contro i vetri a losanga. La donna che la signorina Clarke aveva chiamato Di aveva, al contrario dell'amica, un aspetto decisamente comune. Seduta al tavolo a sgranocchiare pane abbrustolito, sarebbe potuta essere scambiata per la signora Parsons, se non fosse stato per gli occhiali e i capelli neri. — Di Plunkett, l'ispettore Burden — disse Clare Clarke. — Sedete, ispettore; no, non su quello sgabello, è unto, e prendete una tazza di tè. Burden rifiutò il tè e sedette su una sedia di legno che sembrava abbastanza pulita. — Non mi dispiace se parlate mentre mangio — disse Clara Clarke, scoppiando in un'altra risatina. Sbirciò in un barattolo di marmellata, e aggiunse, con aria contrariata, rivolta all'amica: — Accidenti! Viene dal Sudafrica. Sono sicura che non riuscirò a mangiarla. — Facendo il broncio, esclamò con aria drammatica: — Lo giuro! — Ma Burden notò che questo non le impediva di servirsi generosamente di marmellata, che spalmò su una fetta di pane alta tre dita. Con bocca piena, soggiunse: — Sparate pure. Sono tutt'orecchi. — Vorrei sapere soltanto se potete dirmi i nomi di qualche ragazzo che la signora Parsons frequentava prima di sposarsi, quando ancora andavate
a scuola. La signorina Clarke schioccò le labbra. — Vi siete rivolto proprio alla persona giusta. Ho la memoria di un elefante. — Puoi dirlo forte — osservò Di Plunkett. — E non soltanto la memoria. — Tutte e due le donne si misero a ridere di cuore. — Mi ricordo perfettamente di Margaret Godfrey. Cervello di seconda classe, aspetto anemico, carattere debole e altezzoso allo stesso tempo. Tuttavia, "de mortuis" e con tutto quel can can, capite. Fai fuori quella mosca, Di. C'è uno spray sulla mensola dietro il tuo sederone. Non era un tipo molto socievole, Margaret. Nessun interesse per la vita della comunità. Frequentava una tizia di nome Bertram, svanita nelle nebbie dell'oscurità. Presa, Di! Per un po' è stata l'amica del cuore di Fabia Rogers. Eh, si, di Fabia, davvero! Per non parlare poi di Diana Stevens, di sinistra memoria... La signorina o signora Plunkett scoppiò in una stridula risata e, agitando l'insetticida, fece mostra di spruzzare il liquido sulla testa di Clare. Burden si spostò fuori tiro. Con grandi risate e continuando nel suo gioco con l'amica, Clare Clarke prosegui: — ... ora nota nel distretto rurale di Stowerton con il nome di signora William Plunkett, uno dei più illustri figli di questo disgraziato borgo! — Sei proprio uno schianto, Clare — ansimò la signora Plunkett. — Veramente, invidio quelle alunne fortunate della quarta superiore. Quando penso a quello che abbiamo dovuto sopportare noi! — E dei ragazzi, signorina Clarke, che cosa potete dirmi? — Cherchez l'homme, eh? Ve l'ho detto che vi siete rivolto alla persona giusta. Ti ricordi, Di, la prima volta che sono usciti insieme e noi ci siamo sedute dietro di loro, al cinema? Dio mio, non me ne scorderò finché campo. — Tutte quelle sdolcinatezze — disse la signora Plunkett. — "Ti dispiace se ti tengo la mano, Margaret?" Credevo che ti sarebbe scoppiata una vena, Clare. — Come si chiamava? — chiese Burden. Era annoiato e irritato allo stesso tempo. Pensava che gli anni lo avessero indurito, ma ora l'immagine del viluppo bianco e verde nel bosco gli tornò davanti, insieme al viso di Parsons. Si rese conto che di tutte le persone con le quali aveva parlato, non una gli era andata a genio. Possibile che nessuno di loro provasse un
minimo di compassione, di comune pietà? — Come si chiamava? — ripeté stancamente. — Dudley Drury. Sul mio onore, Dudley Drury. — Come si fa ad andare a letto con uno che ha un nome simile? — commentò la signora Plunkett. Clare Clarke le sussurrò qualcosa all'orecchio, ma a voce abbastanza alta perché Burden potesse sentire: — Non c'è mai andata! Ci puoi scommettere quello che vuoi. La signora Plunkett notò l'espressione di Burden e si dovette vergognare un po', per cui, presa da tardiva volontà di collaborazione, disse: — Sta ancora da queste parti, se volete rintracciarlo. Abita vicino alla stazione di Stowerton. Ma non penserete mica che sia stato lui a uccidere Margaret Godfrey? Clare disse all'improvviso: — Era piuttosto graziosa. A lui piaceva molto. Allora, sapete, non era come in quella terribile fotografia del giornale. Credo di avere una foto da qualche parte. Di tutte le ragazze insieme. Burden ormai aveva saputo quello che gli interessava. Ora voleva solo andarsene. Era un po' tardi per le fotografie. Giovedì sarebbe potuto essere utile, ma ormai non ce n'era più bisogno. — Grazie, signorina Clarke — disse. — Signora Plunkett... Buon pomeriggio. — Be', arrivederci. È stato un piacere conoscervi — disse lei con una risatina. — Non ci capita spesso di vedere un uomo da queste parti, vero, Di? Quando fu a metà del viottolo invaso dalle erbacce, Burden si fermò. Una donna in calzoni da cavallerizza e camicia aperta sul collo si dirigeva fischiettando verso il cottage. Era Dorothy Sweeting. Dodo, pensò lui. L'avevano preso per qualcuno di nome Dodo, e Dodo era Dorothy Sweeting. Grazie alla sua lunga esperienza, Burden sapeva che, nonostante quello che si legge nei romanzi gialli, nella vita reale le coincidenze sono molto più frequenti di quanto si creda. — Buon pomeriggio, signorina Sweeting. Lei rispose al saluto con la sua solita aria allegra e innocente: — Oh, salve! È un piacere incontrarvi. Vengo proprio adesso dalla fattoria. Il bosco è pieno di gente, neanche ci fosse la finale di una coppa! Dovreste vederli. Non ancora abituato alla curiosità sadica della gente, Burden sospirò. — Avete presente il cespuglio dove l'hanno trovata? — continuò tutta
eccitata Dorothy Sweeting. — Bene, Timmy Traynor si è messo a vendere i rami a uno scellino l'uno. Ho detto al signor Prewett che dovrebbe far pagare mezza corona per l'ingresso. — Spero che non abbia intenzione di seguire il vostro consiglio, signorina. — Non ci sarebbe niente di male. Conoscevo un tizio nella cui proprietà era caduto un aereo. Ha finito per trasformare tutto il campo in un parcheggio d'auto, tanti erano i curiosi. Burden si appiattì contro la siepe per cedere il passo alla giovane. — Il vostro tè diventerà freddo, signorina Sweeting. — Che cos'altro tireranno fuori, ora? — chiese Wexford. — Se non facciamo attenzione, si porteranno via fino all'ultimo stecco come souvenir. — Devo mandarci un paio d'uomini, signore? — chiese Burden. — Sì, e poi prendetemi l'elenco urbano. Andremo insieme da questo Drury. — Non volete aspettare le notizie dal Colorado, signore? — Drury è una grossa possibilità, Mike. Potrebbe benissimo essere lui Doon. Checché ne dica Parsons della castità della moglie, non riesco a togliermi dalla testa che quando è tornata qui abbia ricominciato a vedere questo Doon e si sia lasciata incantare. Quanto alla ragione per cui lui l'avrebbe uccisa, be', tutto quello che posso dire è che ci sono uomini che strangolano l'amante, e la signora P. potrebbe avere accettato le passeggiate in macchina e i pranzi senza essere disposta a pagare per i servizi ricevuti. — Per come la vedo io, Mike, Doon si è incontrato con la signora P. e martedì pomeriggio l'ha invitata fuori con l'idea di persuaderla a diventare la sua amante. A casa di lei non potevano incontrarsi perché era troppo rischioso, così Doon è andato a prenderla in Pomfret Road. Lei si è portata dietro la sciarpa impermeabile perché il tempo era incerto e non contava di rimanere sempre in macchina. Anche se non voleva diventare l'amante di Doon, non le sarebbe piaciuto comunque farsi vedere con i capelli bagnati. Il fattore tempo preoccupava Burden. — Se è stata uccisa nelle prime ore del pomeriggio, perché Doon ha avuto bisogno di accendere un fiammifero per vederla? E se invece è stata uccisa dopo, perché non è andata a pagare i giornali prima di uscire con lui, e perché non ha detto a Parsons che sarebbe tornata tardi? Wexford scrollò le spalle. — Non saprei proprio — disse. — Dougie Q.
adopera i fiammiferi, li ha sempre in tasca, come moltissima altra gente, del resto. Si comporta in modo molto strano, Mike. Qualche volta sembra che voglia collaborare, mentre certe volte è apertamente ostile. Comunque non abbiamo ancora finito con lui. E la signora Missal sa più di quanto non voglia dire... — E poi c'è il marito — lo interruppe Burden. Wexford si strofinò il mento con aria pensosa e disse: — Non credo che ci sia niente di misterioso in quello che ha fatto martedì. È geloso da matti della moglie, e non senza motivo, come sappiamo. Ci scommetterei che, quando può, la controlla. Probabilmente sospetta di Quadrant e quando martedì pomeriggio lei gli ha detto che usciva, ha fatto un salto a Kingsmarkham, l'ha vista uscire, e gli è bastato il fatto che non si dirigesse verso l'ufficio di Quadrant, ma andasse nella direzione opposta, verso Stowerton. Sa che si sarebbe messa in pompa magna se avesse avuto un appuntamento con Dougie. Quando l'ha vista partire in macchina, vestita con lo stesso abito che portava al mattino, sarebbe stato pronto a scommettere che andava a Pomfret a fare spese. Lì i negozi non sono chiusi, il martedì. Si è tranquillizzato. Sono certo che è andata così. — Sarebbe in carattere — ammise Burden. — Gli si addice. Quadrant era qui dodici anni fa? — Oh sì, è vissuto sempre qui, tranne i tre anni passati a Cambridge, e, comunque, è tornato nel 'quarantanove. Però la signora Parsons non mi sembra proprio il suo genere. Gli ho chiesto se la conosceva, e per tutta risposta lui è scoppiato a ridere. Ma il modo in cui ha riso, non sto scherzando, Mike, mi ha fatto gelare il sangue. Burden gli rivolse un'occhiata piena di rispetto. Doveva essere stato qualcosa di veramente notevole, pensc per riuscire a gelare Wexford. — Potrebbe darsi che le altre siano state soltanto, be', dei gingilli, e la signora P. l'unico eterno amore. — Cristo! — ruggì Wexford. — Non avrei mai dovuto lasciarvi leggere quel libro. Gingilli, eterno amore! Mi fate venire la nausea. Per amor del cielo, scoprite dove abita Drury e muoviamoci. Secondo l'elenco della città, Drury, Dudley J. e Drury Kathleen abitavano al numero 14 di Sparta Grove, a Stowerton. Burden se la ricordava come una strada di casette popolari costruite prima della guerra, non lontano dall'autorimessa di Peter Missal. Non era il tipo di sfondo che aveva immaginato per Doon. Lui e Wexford mangiarono un paio di panini al Carousel e arrivarono a Stowerton per le sette.
La casa di Drury aveva la porta d'ingresso dipinta di giallo; con una pianta ben tenuta di rose rampicanti che fiorivano sul graticcio intorno alla veranda. In mezzo al sentiero c'era un minuscolo stagno ricavato da una vasca di plastica, sul bordo della quale era stato sistemato uno gnomo di gesso che reggeva una canna da pesca. Qualcuno doveva appena aver finito di lucidare la Ford Popular parcheggiata nel vialetto davanti al garage. Come veicolo per passeggiate clandestine, la signora Katz l'avrebbe probabilmente disprezzata, ma era certamente abbastanza luccicante da abbagliare Margaret Godfrey. Wexford sbatté forte il battente a forma di testa di leone, ma visto che nessuno veniva ad aprire, si decisero a spingere il cancelletto laterale ed entrarono dal giardino sul retro. Nell'orticello vicino alla siepe, un uomo stava seminando patate. Wexford si annunciò con il solito colpo di tosse e l'uomo si girò. Aveva il viso rosso e lucido di sudore, ma, nonostante il caldo, non aveva sbottonato neppure i polsini della camicia. Evidentemente temeva le scottature, pensò Wexford, osservandone i capelli biondicci e la pelle bianca dei polsi. Non il genere di uomo appassionato di poesia che manda versi alla ragazza di cui è innamorato, pensò Burden; e certamente non il tipo che compra libri costosi e scrive dediche stravaganti e delicate sulle copertine. — Il signor Drury? — chiese Wexford con tono pacato. Drury sembrava allarmato, quasi spaventato, ma ciò poteva essere causato semplicemente dall'invasione del suo giardino da parte di due uomini molto più grossi di lui. Aveva il labbro superiore imperlato di sudore, ma anche questo poteva essere semplicemente dovuto al lavoro che stava facendo. — Chi siete? Aveva una voce acuta e sottile, come se lo sviluppo gli si fosse interrotto durante la pubertà. — L'ispettore capo Wexford, signore, e l'ispettore Burden. Polizia di contea. Drury aveva avuto molta cura del suo giardino. A parte un paio di metri quadrati dove le patate erano già state raccolte, c'erano diversi pezzi di terra zappata di recente tutt'intorno alle aiuole. Conficcò a terra il forcone e si pulì le mani sui pantaloni. — È qualcosa che ha a che fare con Margaret? — chiese. — Credo che faremmo meglio a entrare in casa, signor Drury. Li fece passare da una portafinestra molto meno elegante di quella della signora Missal e li fece entrare in una stanza minuscola ingombra di mobili
che avevano tutto l'aspetto di residuati di guerra, dove qualcuno aveva appena consumato un pasto solitario. Sul tavolo c'era ancora la tovaglia e una pila di piatti sporchi. — Mia moglie non c'è — disse Drury. — Ha portato i bambini al mare, stamattina. Che cosa posso fare per voi? Si mise a sedere su una sedia con le gambe accorciate, offrì una sedia a Burden e, ligio al protocollo, riservò a Wexford la sola poltrona della stanza. — Come mai mi avete chiesto se la nostra visita aveva a che fare con Margaret, signor Drury? — Ho riconosciuto la sua fotografia sul giornale. La cosa mi ha un po' sconvolto. Poi, ieri sera, sono andato a una funzione alla cappella e tutti ne stavano parlando. Ho provato una strana sensazione, lasciatemelo dire, in quanto l'avevo conosciuta lì. Doveva trattarsi della chiesa metodista di Flagford, pensò Burden. Si ricordò di quella specie di baracca dipinta di marrone con il tetto di lamiera che si trovava a nord del campo sportivo del paese. Drury non sembrava più spaventato, soltanto triste. Burden rimase colpito dalla sua somiglianza con Parsons; non si trattava soltant di una somiglianza fisica, ma anche del modo di fare e di parlare. Quest'uomo non aveva soltanto lo stesso aspetto anonimo, gli stessi capelli radi e biondicci di Parsons, ma anche la stessa aria schiva e lo stesso monotono modo di parlare. Perfino la stessa contrazione all'angolo della bocca. Sarebbe stato difficile immaginare un'altra persona più diversa da Douglas Quadrant. — Parlatemi della vostra relazione con Margaret Godfrey — disse Wexford. Ora Drury sembrava nuovamente allarmato. — Non si trattava di una relazione — disse. Di cosa pensava che lo stessero accusando? si chiese Burden. — Era la mia ragazza. Andava ancora a scuola. L'ho conosciuta alla cappella e ci sono uscito, diciamo, una dozzina di volte. — Quando è stata la prima volta, signor Drury? — Molto tempo fa. Dodici anni, forse tredici... non me lo ricordo. — Si guardò le mani sporche di terriccio ormai quasi secco. — Vi dispiace se vado a darmi una lavata? Uscì dalla stanza. Attraverso il passa vivande, Burden lo vide aprire il rubinetto dell'acqua calda e sciacquarsi le mani. Wexford si allontanò da dove Drury poteva vederlo e si avvicinò alla libreria. Tra i tascabili e il
Reader's Digest c'era un volume rilegato in camoscio blu. Lo tirò fuori in fretta, ne lesse l'iscrizione e lo passò a Burden. Erano gli stessi caratteri in stampatello, lo stesso stile da innamorato. Sopra il titolo, "Il ritratto di Dorian Gray", Burden lesse: "L'uomo non può vivere di solo vino, Minna, ma questo è il miglior pane e burro. Addio, Doon. Luglio 1951." 11 Drury tornò nella stanza, abbozzando un sorriso. Si era arrotolato le maniche della camicia e aveva le mani arrossate. Quando vide il libro che Wexford aveva preso, il sorriso gli si spense sulle labbra, e disse con tono aggressivo: — Credo che vi stiate prendendo delle libertà. — Dove avete preso questo libro, signor Drury? L'uomo sbirciò la dedica, guardò Wexford e arrossi. Il tic tornò di nuovo a contrargli la mascella. — Oh Dio, me l'ha dato lei. Mi ero dimenticato di averlo. Wexford si era fatto serio. Teneva il labbro inferiore in fuori, e questo gli dava un'aria arcigna. — Sentite, mi ha dato quel libro quando uscivamo insieme. Qui c'è scritto luglio e deve essere stato allora. Sì, luglio, giusto. — Il rossore era svanito e ora la sua faccia era pallida. Si lasciò cadere su una sedia. — Non mi credete, vero? Ve lo confermerà mia moglie. Da quando ci siamo sposati è sempre stato qui. — Come mai la signora Parsons ve l'ha dato, signor Drury? — Uscivamo insieme da qualche settimana. — Fissò Wexford con gli stessi occhi di una lepre colta nella luce dei fari di una macchina. — Era l'estate del... non ricordo. Che cosa dice qui? Cinquantuno. Eravamo nella casa di sua zia. È arrivato un pacco per Margaret e lei lo ha aperto. Quando lo ha visto, è diventata improvvisamente matta e lo ha sbattuto via, per terra, ma io l'ho raccolto. Ne avevo sentito parlare e, be', pensavo che fosse un libro pornografico e mi sarebbe piaciuto leggerlo. Lei mi ha detto: "Tieni, puoi prenderlo, se ti va". Qualcosa del genere. È stato molto tempo fa, non posso ricordarmi i particolari. Minna si era stufata di questo Doon e avevo l'impressione che in un certo senso si vergognasse di lui... — Minna?
— Ho cominciato a chiamarla così, allora, per via di quel nome nel libro. Che cosa ho detto, ora? Per amor di Dio, che cosa avete da guardarmi in quel modo? Wexford si infilò il libro in tasca. — Quando l'avete vista per l'ultima volta? Drury prese a cincischiare il sedile di velluto della sedia, e a tirare fuori dei fili di cotone rosso. Finalmente disse: — Se ne è andata in agosto. Suo zio era morto... — No, no. Voglio dire ultimamente. — La settimana scorsa. È forse un delitto vedere qualcuno con cui si è stato in amicizia? Ero in macchina e l'ho riconosciuta. Era in High Street, a Kingsmarkham. Mi sono fermato un momento e le ho chiesto come stava, le solite cose che... — Andate avanti. Voglio i particolari. — Mi ha detto che si era sposata, e io le ho detto che mi ero sposato anch'io. Mi ha detto che si era trasferita in Tabard Road e io le ho detto che qualche volta avremmo dovuto vederci con suo marito e Kathleen. Kathleen è mia moglie. Le ho detto che le avrei telefonato, e non c'è stato altro. — Vi ha detto il suo nome da sposata? — Naturalmente. Perché non avrebbe dovuto? — Signor Drury, voi avete detto che l'avete riconosciuta dalla foto. Come mai non avete riconosciuto il nome? — Il nome, il viso, che importanza ha? Non sono in tribunale. Non posso stare attento a ogni parola che dico. — Pensate a dire la verità e non dovrete preoccuparvi delle parole. Le avete telefonato? — È chiaro che non l'ho fatto. Stavo per farlo; ma poi ho letto che era morta. — Dove eravate martedì pomeriggio, tra mezzogiorno e mezzo e le sette? — Al lavoro. Lavoro nel negozio di ferramenta di mio zio, a Pomfret. Chiedete a lui, vi dirà che sono rimasto là tutto il giorno. — A che ora chiude il negozio? — Alle cinque e mezzo, ma il martedì io cerco sempre di uscire un po' prima. Sentite, lo so che non mi crederete... — Provate, signor Drury. — Lo so che non mi crederete, ma sia mia moglie sia mio zio potranno confermarvelo. Il martedì vado sempre a Flagford per prendere l'ordina-
zione di verdura di mia moglie. C'è una serra, là, sulla Clusterwell Road. Bisogna andarci prima delle cinque e mezzo, altrimenti si trova chiuso. Be', martedì scorso abbiamo avuto molto da fare in negozio e ho fatto tardi. Ho cercato di uscire per le cinque, ma sono riuscito a venir via soltanto alle cinque e un quarto passate. Quando sono arrivato da Spellman non c'era più nessuno. Sono andato sul retro e ho chiamato, ma se n'erano andati. — Così siete tornato a casa senza la verdura? — No. Be', sì, ma non subito. Avevo avuto una giornata dura ed ero seccato per aver trovato quel posto chiuso, così sono andato al Cigno e mi sono fermato a bere qualcosa. Mi ha servito una ragazza. Era la prima volta che la vedevo. Sentite, è proprio necessario che mia moglie lo venga a sapere? Sono metodista, capite? Sono un membro della parrocchia, e non dovrei bere. Burden trattenne il respiro. Un'inchiesta di omicidio, e quello si stava a preoccupare del suo bicchiere clandestino! — Per andare a Flagford siete passato da Pomfret Road? — Sì. Sono passato proprio davanti al bosco dove l'hanno ritrovata. — Si alzò in piedi e si mise a cercare le sigarette sul caminetto, ma non le trovò. — Ma non mi sono fermato. Sono andato diretto a Flagford. Avevo fretta perché volevo ritirare l'ordinazione... Sentite, ispettore, non avrei mai fatto del male a Minna. Era una brava ragazza. Le ero affezionato. Non farei mai una cosa del genere, uccidere qualcuno! — Chi altro la chiamava Minne, oltre voi? — Per quel che ne so, soltanto questo Doon. Non mi ha detto mai il suo vero nome. Avevo l'impressione che in un certo senso si vergognasse di lui. Dio sa perché. Era ricco e anche intelligente. Lei diceva che era intelligente. — Si rizzò sul busto e li guardò con aria bellicosa. — Lei preferiva me! — disse. All'improvviso si alzò e rimase a fissare la sedia che aveva mutilato. Tra i piatti sporchi c'era una bottiglia di latte, piena a metà, con delle sbavature giallognole intorno al collo. Versò il latte in una tazza, facendone cadere un po' anche nel piattino, e lo bevve. — Se fossi in voi mi metterei a sedere — disse Wexford. Andò nell'ingresso e fece cenno a Burden di seguirlo nel corridoio. La moquette era tutta rovinata nel punto dove si apriva la porta della cucina, e sulla carta da parati, i bambini di Drury avevano fatto degli scarabocchi con una matita blu. — Chiamate il Cigno, Mike — disse. Gli sembrò di sentire muovere una
sedia e, ricordandosi che le finestre erano aperte, si voltò di scatto. Ma Drury era ancora seduto davanti al tavolo, con la testa tra le mani. Attraverso le pareti sottili sentì la voce di Burden e lo squillo leggero del telefono mentre lui riagganciava. Ci fu il rumore dei passi di Burden nell'ingresso, poi di nuovo silenzio. Wexford fece capolino dalla porta, tenendo d'occhio Drury attraverso la fessura. Burden si era fermato davanti alla porta d'ingresso. Sulla parete vicino alla scala c'era un attaccapanni, un affare di metallo con dei pomelli colorati invece dei ganci. Sui primi due c'erano una giacca sportiva da uomo e una mantella di plastica, da bambino, su quello più vicino alla scala, una sciarpa trasparente di nylon rosa. — Non ci possono essere impronte — disse Wexford. — Tornate al telefono, Mike. Voglio degli aiuti. Bryant e Gates dovrebbero entrare in servizio proprio ora. Prese la sciarpa, attraversò rapidamente l'ingresso e mostrò la sua scoperta a Drury. — Dove avete preso questa, signor Drury? — Deve essere di mia moglie — rispose Drury. Poi, fattosi improvvisamente arrogante, aggiunse con aria bellicosa: — Non sono affari vostri! — La signora Parsons ha comprato una sciarpa come questa martedì mattina. — Più avvilito che mai, Drury tornò a rannicchiarsi sulla sedia. — Voglio il vostro permesso per perquisire la casa, Drury. Non fraintendetemi, posso ottenere un mandato, ci vorrà solo un po' più di tempo. Drury lo guardò come se stesse per mettersi a piangere. — Oh, fate quello che volete — disse. — Però, posso avere una sigaretta? Le mie le ho lasciate in cucina. — Ve le porterà l'ispettore Burden quando avrà finito di telefonare. Cominciarono a perquisire la casa, e mezz'ora dopo arrivarono Gates e Bryant. Wexford disse a Burden di mettersi in contatto con lo zio di Drury, a Pomfret, con Spellman e con il direttore del supermarket. — La ragazza che lavora al Cigno non è di turno stasera — disse Burden. — Ma mi hanno detto che abita a Flagford, al numero tre di Cross Roads Cottages. Non ha il telefono. Si chiama Janet Tipping. — Ci mandiamo subito Martin. Vedete di rintracciare il recapito telefonico della moglie di Drury, ma senza chiederlo a lui. Non è molto lontano, Brighton o Eastbourne. Ci potete andare stasera. Quando abbiamo finito qui, vado a scambiare altre quattro chiacchiere con la signora Quadrant. Ha
detto di essere stata amica della signora P., e praticamente è l'unica ad ammetterlo, a parte il nostro amico di là. Burden tese con forza la sciarpa rosa, per provarne la resistenza. — Pensate davvero che sia lui Doon? — chiese con aria incredula. Wexford continuava ad aprire cassetti, tastando tra una confusione di matite colorate, cartoline, rocchetti di cotone, pezzi di carta pieni di scarabocchi. La signora Drury non era una massaia ordinata, e in tutti gli armadi e i cassetti regnava il caos. — Non so — rispose. — Al momento sembra così, ma rimangono un sacco di punti interrogativi. Non combacia con quello che avevo immaginato, Mike, ma visto che non possiamo basarci soltanto sulla fantasia... Passò in rassegna tutti i libri della casa - non ce n'erano più di due o tre dozzine - ma non ne trovò nessun altro con la dedica di Doon. Non c'erano volumi di poesia vittoriana e i soli romanzi, a parte "Il ritratto di Dorian Gray", erano dei gialli in edizione economica. Appeso a un gancio in cucina, Bryant trovò un mazzo di chiavi. Una apriva la porta d'ingresso, un'altra la cassetta di sicurezza nella camera da letto di Drury, altre due la porta della sala da pranzo e del soggiorno, e la quinta il garage. Le chiavi di accensione della macchina di Drury erano in una tasca della giacca appesa all'attaccapanni, e la chiave della porta di servizio era nella serratura. Di borsellini ne trovò soltanto uno, di plastica bianca e verde, a forma di gatto. Era vuoto e all'interno c'era un'etichetta con il nome, Susan Mary Drury. La figlia di Drury si era portata i risparmi al mare. Al solaio si accedeva attraverso una botola nel soffitto del pianerottolo. Wexford disse a Bryant di prendere la scala in garage e perquisire il solaio. Lasciò Gates al pianterreno con Drury e si avviò verso la macchina, fermandosi a grattar via un po' di terriccio dai pneumatici della Ford azzurra. Piovigginava. Erano le dieci e, per una sera di metà estate, era buio. Se Drury l'avesse uccisa alle cinque e mezzo, pensò, sarebbe stato ancora pieno giorno, troppo presto per aver bisogno di accendere un fiammifero. Dovevano proprio trovare un fiammifero! Di tutti gli indizi che uno poteva lasciarsi dietro, era proprio il meno incriminante! E perché non era andata a pagare i giornali? Che cosa aveva fatto in tutto quel tempo, da quando era uscita di casa, a quando si era incontrata con Doon? Però Drury aveva una paura del diavolo. Anche a Wexford non era sfuggita la somiglianza tra lui e Ronald Parsons. Era ragionevole supporre, ne dedusse, che quel tipo di personalità attraeva Margaret Parsons e che aveva sposato Parsons perché
le ricordava il suo vecchio amore. Accese i fari, tirò la levetta dei tergicristalli e si diresse verso Kingsmarkham. 12 Di sera la casa aveva un aspetto sinistro. Nel fascio di luce dei fari dell'auto, il granito grigio luccicava e le foglie del glicine senza nemmeno un fiore che cresceva sui muri della casa erano di un verde giallastro. I Quadrant avevano gente a cena. Wexford fermò l'auto accanto alla Daimler nera e salì i gradini della porta d'ingresso. Suonò diverse volte il campanello; poi, finalmente, la porta fu aperta piano, e con una lentezza quasi offensiva, da Quadrant in persona. Per andare a cena da Helen Missal aveva indossato un abito sportivo. In casa, per sua moglie e i suoi ospiti, si era messo addirittura lo smoking. Ma nella sua tenuta non c'era niente di volgare, niente panciotto eccentrico, nessuna concessione al blu notte. La giacca era nera, impeccabile, la camicia - Wexford non disdegnava una citazione appropriata quando poteva "più bianca della neve fresca sulle piume di un corvo". Non disse nulla, si limitò a guardare Wexford come se non lo vedesse, fissando il giardino alle sue spalle. Aveva un che di maestoso e al tempo stesso insolente, accentuato dalla carta da parati che gli faceva da sfondo. Wexford dovette ripetersi che dopo tutto quell'uomo non era che un avvocato di provincia. — Vorrei scambiare altre due parole con vostra moglie, signor Quadrant. — A quest'ora? Wexford guardò l'orologio e contemporaneamente l'avvocato sollevò il polso per guardare il suo, provocando uno scintillio di argento e onice nella luce soffusa; guardò il quadrante di platino e disse: — Mi sembra estremamente inopportuno. — Non accennò minimamente a far entrare Wexford. — Mia moglie non è una donna particolarmente forte e inoltre si dà il caso che abbiamo a cena i miei suoceri... Il vecchio Rogers e signora, Pomfret Hall, pensò Wexford. Non si mosse, e non sorrise. — Oh, va bene — disse Quadrant. — Ma fate in fretta, vi dispiace? Nell'ingresso, alle sue spalle, ci fu un lieve movimento. Un vestito marrone e una crestina color caffè comparvero per un istante contro gli alberi
ricamati degli arazzi, poi la Nanny della signora Quadrant si dileguò. — Sarà meglio che andiate nella biblioteca — disse l'avvocato facendolo entrare in una stanza arredata con poltrone di cuoio blu. — Dato che siete in servizio, non vi offro da bere. — Le parole erano un po' offensive. Poi, con un rapido sorriso felino, aggiunse: — Vogliate scusarmi mentre vado a chiamare mia moglie. — Si voltò lentamente, con la grazia di un ballerino, si fermò un istante e si chiuse la porta alle spalle. Così non aveva nessuna intenzione di lasciargli rovinare una riunione familiare, pensò Wexford. L'uomo era nervoso, tutto quell'autocontrollo non era che il modo, tipico delle persone della sua specie, di non dare a vedere le proprie paure. Mentre aspettava, diede un'occhiata ai libri. Ce n'erano centinaia, file su file su ogni parete. Poesia vittoriana e romanzi vittoriani in abbondanza, ma anche altrettanti volumi di poesia del diciassettesimo e diciottesimo secolo. Wexford scrollò le spalle. Kingsmarkham era circondata da case come quella, bastioni di opulenza, case con biblioteche, biblioteche con libri... Fabia Quadrant entrò quasi senza far rumore. Indossava un vestito nero lungo, e lui si ricordò che il nero non era un colore, ma un assorbimento totale di luce. Sembrava allegra, forse un tantino agitata, e lo salutò con cordialità. — Di nuovo, ispettore. — Non vi tratterrò a lungo, signora Quadrant. — Non volete sedere? — Grazie, solo un momento. — La guardò sedersi e posare le mani in grembo. Il diamante sulla mano sinistra brillava nell'incavo buio tra le ginocchia. — Vorrei che mi diceste tutto quello che ricordate di Dudley Drury — disse. — Bene, era il mio ultimo trimestre di scuola — cominciò. — Margaret mi aveva confidato di avere un ragazzo, il primo, forse. Non so. È accaduto solo dodici anni fa, ispettore, ma non eravamo come le adolescenti di oggi. Non c'era niente di strano a non avere un ragazzo a diciotto anni. Capite? — Parlava lentamente, con una voce chiara, come se stesse insegnando la lezione a un bambino. Qualcosa nel suo modo di fare irritò Wexford, e lui si chiese se le era mai capitato di dover fare qualcosa in fretta in vita sua, magari mangiare un boccone in piedi, o correre per prendere un treno. — Forse era un po' insolito, ma non strano, o fuori della norma. Margaret non me lo ha mai presentato, ma mi ricordo il nome perché era
come Drury Lane, e prima di allora non l'avevo mai sentito come cognome. Wexford tentò di reprimere la propria impazienza. — Che cosa vi ha raccontato di lui, signora Quadrant? — Molto poco. — Lo guardò come se si preoccupasse di non tradire un uomo in pericolo. — Una cosa soltanto. Mi ha detto che era geloso, geloso fino al fanatismo. — Capisco. — Non gli andava che lei avesse altri amici. Ho avuto l'impressione che fosse un tipo molto eccitabile e possessivo. "Tratti che difficilmente voi riuscireste a capire", pensò Wexford, o magari sì? Gli vennero in mente le scappatelle di Quadrant e di nuovo si chiese che tipo di donna fosse Fabia. La voce di lei, ora stranamente acuta e piena di riprovazione, interruppe le sue fantasticherie. — Era sconvolto all'idea che lei si trasferisse a Londra. Margaret mi ha detto che lui era in uno stato terribile, che la sua vita non valeva la pena di essere vissuta senza di lei. Capite quello che intendo. — Ma la conosceva soltanto da poche settimane. — Vi sto riferendo soltanto quello che mi ha detto lei, ispettore. — Sorrise, come se fosse stata lontanissima da Drury e Margaret Godfrey, anni luce, uno spazio infinito. — Ma non sembrava che a lei importasse molto. Margaret non era una persona sensibile. Si sentì un rumore di passi leggeri nell'ingresso e la porta si aprì alle spalle di Wexford. Era l'avvocato. — Oh, eccoti qui — disse Fabia. — L'ispettore Wexford e io stavamo parlando di amori giovanili. A dir la verità li definirei piuttosto uno spreco di spirito in uno scempio di vergogna. Ma quella citazione non si riferiva agli amori giovanili, pensò Wexford, cercando di ricordare da dove veniva. Era molto più simile a quello che aveva visto sul volto di Helen Missal, quel pomeriggio. — Un'ultima cosa, signora Quadrant. Sembra che la signora Parsons si interessasse di poesia vittoriana durante i due anni che è vissuta a Flagford. Mi chiedevo se questo poteva avere qualche significato speciale. — Niente di sinistro, se è questo che intendete. La poesia del diciannovesimo secolo faceva parte del programma di inglese dell'ultimo anno, quando abbiamo preso il diploma noi, nel 'cinquantuno. Credo che ora lo chiamino "Livello A". Poi Quadrant fece una cosa strana: attraversò la biblioteca, passando tra
Wexford e sua moglie, e prese un libro dallo scaffale, scegliendolo senza esitazione. Wexford ebbe l'impressione che avrebbe potuto prenderlo anche a occhi chiusi o al buio. — Oh, Douglas — disse la signora Quadrant — all'ispettore non interessa. — Guardate. Wexford guardò, e sull'etichetta incollata sul risvolto lesse: "A Fabia Rogers, per gli ottimi risultati conseguiti nel diploma di scuola superiore, 1951". Wexford sapeva che uno dei requisiti indispensabili a un ispettore di polizia era la capacità di essere sempre all'altezza della situazione, eppure ora non riusciva a trovare proprio niente da dire per incoraggiare l'orgoglio che leggeva sul viso di Quadrant, o per mitigare l'imbarazzo della moglie. — Be', penso di avervi trattenuto troppo — disse alla fine. Quadrant rimise il libro a posto, bruscamente, e prese la moglie a braccetto. Lei posò la mano sul suo braccio. All'improvviso sembrarono molto vicini, ma, nonostante tutto, sembrava un'unione stranamente asessuata. Fratello e sorella, pensò Wexford, Tolomeo e Cleopatra. — Buonanotte, signora Quadrant. Mi siete stata di molto aiuto. Mi scuso per avervi disturbata... — guardò nuovamente l'orologio — ... a quest'ora — disse, assaporando l'ostilità di Quadrant. — Nessun disturbo, ispettore — rispose lei ridendo con l'aria sicura di sé della moglie felice di un marito devoto. Lo accompagnarono insieme. Quadrant aveva riacquistato i suoi modi urbani e gentili, ma a Wexford non sfuggirono le sue mani serrate a pugno, con le nocche bianche sotto la pelle scura. Contro il muro della stazione di polizia era appoggiata una bicicletta con il cestino, un faretto portatile e una borsa per gli attrezzi rigonfia. Nell'atrio, Wexford quasi si scontrò con una donna grassa e bionda, vestita con un giubbotto di pelle e una gonna tirolese. — Scusate. — Non è successo niente. Niente ossa rotte. Non è che siete proprio voi, l'ispettore capo? Il sergente dietro il banco non riuscì a trattenere un sorrisino, che subito cercò di camuffare con un colpo di tosse, coprendosi la bocca con la mano.
— Sono l'ispettore capo Wexford. Posso esservi utile? La donna si mise a cercare qualcosa nella tracolla. — A dire il vero — disse — sono io che dovrei aiutarvi. Uno dei vostri ragazzi è venuto al mio cottage... — Signorina Clarke — la interruppe Wexford — vi dispiace entrare nel mio ufficio? Di colpo aveva ricominciato a sperare. Qualcosa era cambiato, se ora erano gli altri a venire da lui. Ma ogni speranza svanì quando vide che cosa aveva in mano quella donna. Era soltanto un'altra fotografia. — L'ho trovata in mezzo a un mucchio di altre cianfrusaglie. Se state cercando le persone che conoscevano Margaret, potrebbe esservi utile. Era l'ingrandimento di un'istantanea che ritraeva una dozzina di ragazze, disposte su due file, ed era evidente che non si trattava di una foto ufficiale. — L'ha scattata Di — disse Clare. — Di Stevens. Ci sono i migliori elementi del sesto corso. — Lo guardò e fece una smorfia, come se temesse di aver fatto una cosa stupida a portare la foto. — Potete tenerla, se credete che vi possa essere utile. Wexford se la mise in tasca, proponendosi di guardarla meglio più tardi, anche se dubitava che ormai potesse servire a qualcosa. Mentre accompagnava la signorina Clarke alla porta, incrociò il sergente Martin, di ritorno dal colloquio con il direttore del supermarket. A quanto pareva, non era possibile sapere quante sciarpe rosa erano state vendute durante la settimana; si conosceva soltanto il numero totale delle sciarpe vendute. Avevano ricevuto quella partita il lunedì e a tutto sabato sera ne avevano vendute ventisei. Secondo il direttore, quelle rosa erano circa il venticinque per cento, e in base a una stima approssimativa, ne dovevano essere andate via sei. Wexford mandò Martin a Flagford, a cercare Janet Tipping. Poi fece il numero di Drury. Gli rispose Burden. In casa non avevano trovato niente. La signora Drury era andata ad Hastings dalla sorella, che però non aveva il telefono. — Dovrò mandarci Martin. Non posso far senza di voi, qui. Che cosa ha detto Spellman? — Martedì hanno chiuso alle cinque e mezzo in punto. Drury è andato a ritirare la verdura per la moglie mercoledì. — A proposito, perché compra la verdura? Non la coltiva nel suo orto? — L'ordinazione era per pomodori, un cetriolo e una zucca, signore.
Tutta roba che lui non coltiva. — D'accordo. A proposito di giardinaggio, vi mando i fari portatili, così i ragazzi possono cominciare a scavare. Drury potrebbe aver sotterrato il borsellino e la chiave insieme con le patate. Quando Wexford tornò in Sparta Grove, trovò Drury in uno stato pietoso. Continuava a camminare avanti e indietro, ma sembrava che non si reggesse sulle gambe. — Si è sentito male, signore — disse Gates. — Oh, ma che peccato! Che cosa credi, che sia venuto a informarmi della sua salute? La casa era stata perquisita da cima a fondo, e ora aveva un aspetto molto più ordinato di quando avevano cominciato. Quando arrivarono i faretti, Bryant e Gates cominciarono a scavare nel pezzetto d'orto dove Drury aveva piantato le patate. Pallido, l'uomo li osservava dalla finestra del soggiorno, mentre sollevavano e rivoltavano le zolle di terra. "Quest'uomo", pensò Wexford, "una volta ha detto che non avrebbe potuto vivere senza Margaret Parsons. Intendeva proprio che non ce l'avrebbe più fatta a vivere se un altro l'avesse posseduta?" — Vorrei che veniste alla stazione di polizia, Drury. — Avete intenzione di arrestarmi? — Vorrei soltanto farvi qualche altra domanda, tutto qui. Nel frattempo Burden era andato a Pomfret, aveva svegliato il proprietario del negozio di ferramenta, e controllato l'alibi del nipote. — Dud esce sempre in anticipo, il martedì — borbottò lui. — Ogni settimana sempre più presto. Direi piuttosto alle cinque che non alle cinque e un quarto. — Così, secondo voi, sarebbe uscito verso le cinque, martedì? — Non direi alle cinque. Cinque e dieci, cinque e un quarto. Ero occupato in negozio. Dud è entrato e mi ha detto: "Ho finito, zio". Non mi avevano mica chiesto di controllarlo. — Secondo voi erano le cinque e dieci, o le cinque e un quarto? — Potevano essere anche le cinque e venti, per quel che ne so io. Non aveva ancora smesso di piovigginare. La strada principale era buia e viscida. Nonostante quello che aveva detto la signorina Sweeting nel pomeriggio, il sentiero e il bosco ora erano deserti. I rami più alti degli alberi si agitavano al vento. Burden rallentò il passo. Pensava a com'era strano che un angolo di campagna fino ad allora privo di qualsiasi interesse, avesse di colpo assunto, per il modo in cui qualcuno se n'era servito, signi-
ficati spaventosi e sinistri. Era diventato il punto focale di sguardi curiosi, e chissà, forse la meta per gli anni futuri di gite turistiche. Da ora in poi il bosco di Pomfret avrebbe preceduto il castello di Flagford, nella guida dei luoghi macabri. Davanti alla stazione di polizia incontrò Martin. Non erano riusciti a trovare Janet Tipping. Era uscita come ogni sabato sera con il suo ragazzo, e la madre, esibendo un'aria diffidente e aggressiva allo stesso tempo, aveva detto a Martin che non ci sarebbe stato da meravigliarsi se fosse tornata verso l'una o le due. La casa era sporca, e la signora Tipping era una sciattona. Non sapeva dov'era sua figlia, e quando le chiesero di provare almeno ad azzardare un'ipotesi, disse che probabilmente Janet e il suo ragazzo erano andati a fare una corsa in motocicletta sulla costa. Burden bussò alla porta di Wexford, e l'ispettore capo gli gridò di entrare. Drury e Wexford erano seduti uno di fronte all'altro. — Torniamo a martedì sera — stava dicendo Wexford. Burden si lasciò scivolare su una sedia senza far rumore. L'orologio alla parete, tra l'archivio dove si trovavano ancora i libri di Doon e la mappa di Kingsmarkham, indicava mezzanotte meno dieci. — Sono uscito dal negozio alle cinque e un quarto e sono andato direttamente a Flagford. Ho trovato Spellman chiuso, così sono andato sul retro e ho guardato vicino alle serre. Ho chiamato un paio di volte, ma se n'erano già andati tutti. Sentite, tutto questo ve l'ho già raccontato. Wexford non si scompose. — Va bene, Drury. Diciamo che ho la memoria labile. Ora la voce dell'uomo era acuta e tesa. Tirò fuori il fazzoletto e si asciugò la fronte. — Ho dato un'occhiata per vedere se mi avevano lasciato la spesa da qualche parte, ma non c'era. — Si schiarì la gola. — Ero un po' scocciato per il fatto che mia moglie voleva la verdura per il pranzo. Ho guidato lentamente attraverso il paese, sperando di incontrare Spellman e farmi dare la spesa, ma non l'ho visto. — Non avete incontrato qualcuno che conoscete, o che conoscevate quando abitavate a Flagford? — C'erano dei ragazzi, per la strada, ma non so chi fossero. Sentite, il resto ve l'ho già raccontato. Sono andato al Cigno e mi ha servito quella ragazza... — Che cosa avete bevuto?
— Mezza pinta di bitter — rispose Drury, arrossendo. Perché aveva detto una bugia, si chiese Burden, o perché aveva violato la regola? — Non c'era nessuno. Ho tossicchiato, per farmi sentire, e dopo un po' quella ragazza è uscita dal retro. Ho ordinato il bitter e ho pagato. Lei se lo ricorderà senz'altro. — Non preoccupatevi, glielo chiederemo. — Non si è fermata nel bar. Sono rimasto da solo. Quando ho finito di bere, sono tornato da Spellman per vedere se c'era qualcuno. Non ho trovato nessuno, così sono tornato a casa. — Saltò su e si afferrò al bordo della scrivania, facendo tremare le carte di Wexford e il ricevitore del telefono. — Sentite — gridò — ve l'ho già detto! Non avrei mai messo le mani addosso a Margaret! — Sedetevi — disse Wexford, e Drury tornò a rannicchiarsi nella sedia, il viso contratto. — Eravate molto geloso di lei, vero? — chiese Wexford con voce comprensiva. — Non volevate che avesse altri amici oltre a voi. — Non è vero. Era solo un'amica. Non so che cosa intendete, quando parlate di gelosia. Naturalmente quando stava con me non volevo che uscisse anche con altri. — Eravate il suo amante, Drury? — No. — Arrossì nuovamente, all'affronto. — Non avete nessun diritto di chiedermi queste cose. Avevo solo diciott'anni. — Non è vero che le avete regalato un mucchio di libri? — Era stato Doon a regalarle quei libri, non io. Quando ha cominciato a uscire con me, aveva appena lasciato Doon. Io non le ho mai fatto dei regali, non potevo permettermelo. — Dov'è Foyle's, Drury? — A Londra. È una libreria. — Avete mai comprato dei libri per Margaret Godfrey, in quel posto? — Ve l'ho detto, non le ho mai regalato dei libri. — E "Il ritratto di Dorian Gray"? Quello non gliel'avete dato. Come mai ve lo siete tenuto? Pensavate che l'avrebbe turbata? — Vi ho mostrato la mia scrittura a stampatello. — La scrittura cambia, in dodici anni. Ditemi del libro. — Ve l'ho detto. Eravamo nel cottage di sua zia, quando è arrivato il pacchetto contenente il volume. Lei lo ha aperto e quando ha visto chi lo aveva mandato, ha detto che potevo prenderlo io. Finalmente lo lasciarono con il sergente, e uscirono. — Ho mandato il campione di scrittura di Drury a quel perito di St.
Mary's Road — disse Wexford. — Ma è stampatello, Mike, e risale a dodici anni fa! Chiunque abbia scritto quelle dediche a stampatello, deve averlo fatto perché la sua scrittura era brutta e difficile da decifrare. La scrittura di Drury invece è tonda e chiara. Ho l'impressione che non scriva molto e che per questo la sua scrittura non sia mai maturata. — È l'unico, di quelli con cui abbiamo parlato, che chiamava Minna la signora P. — disse Burden. — E che sapeva di Doon. Aveva una di quelle sciarpe in casa. Potrebbe essere una delle altre cinque che sono state vendute, ma potrebbe anche essere quella della signora P. Se fosse uscito dal negozio di suo zio alle cinque e dieci, o anche alle cinque e un quarto, potrebbe essere arrivato da Prewett alle cinque e venti, quando Bysouth aveva già fatto rientrare le mucche da quasi mezz'ora. I telefoni avevano taciuto per molto tempo, un tempo insolitamente lungo per una movimentata stazione di polizia. Che ne era stato della chiamata che aspettavano dall'ora di colazione? Quasi possedesse poteri misteriosi, Wexford sembrò leggere nel pensiero del suo sottoposto. — Da un momento all'altro dovremmo avere notizie dal Colorado — disse. — Tenendo conto che sono circa sette ore indietro rispetto a noi, e che la signora Katz potrebbe essere rimasta fuori tutto il giorno, ormai dovrebbe rientrare. Se qui è mezzanotte e mezzo, nell'ovest degli Stati Uniti dovrebbero essere le cinque o le sei del pomeriggio. La signora Katz ha dei bambini piccoli. Immagino che sia rimasta fuori tutto il giorno con i figli, e che per questo non abbiano potuto mettersi in contatto con lei. Ma ormai dovrebbe tornare a casa, e spero che non ci metteranno molto. Burden sobbalzò allo squillo del telefono. Sollevò il ricevitore e lo passò a Wexford. Ma già dalle prime parole capì che si trattava soltanto di un'altra prova negativa. — Sì — disse Wexford. — Sì, vi ringrazio. Capisco. Non può servire. Sì, buonanotte. Poi si rivolse a Burden: — Era Egham, il perito calligrafo. Dice che non si può escludere che sia stato Drury a scrivere quelle dediche. Il problema non è che la scrittura sia stata alterata, ma secondo lui che era molto matura per un ragazzo di diciott'anni, e se fosse di Drury, si sarebbe aspettato uno sviluppo molto superiore a quello che appare dal campione che gli abbiamo dato. Inoltre c'è un altro punto in suo favore. Ho preso un campione di terra dai suoi pneumatici, e anche se non hanno ancora finito, i ragazzi della scientifica sono praticamente sicuri che l'auto non è stata mai portata su un sentiero fangoso da quando è stata comperata. Nel campione che ho
preso hanno trovato per lo più sabbia e terriccio. Prendiamo un po' di tè, Mike. Burden indicò la porta. — Una tazza anche per lui, signore? — Mio Dio, sì. Quante volte devo dirvelo? Qui non siamo in Messico. 13 Margaret Godfrey era una delle cinque ragazze sedute sulla panchina di pietra. Quelle che stavano in piedi in seconda fila avevano le mani appoggiate sulle spalle delle compagne sedute. Wexford contò dodici facce. L'istantanea che Diana Stevens aveva scattato era nitida e chiara e, nonostante fosse passato parecchio tempo, le fisionomie non erano cambiate. Burden cercò di ricordare il volto che aveva visto per terra, sul fogliame fradicio, poi, con una punta di curiosità, si mise a osservare il viso ritratto nel giardino pieno di sole. Sorridevano tutte, tranne Margaret Godfrey, sul cui volto aleggiava una seria serenità. Aveva la fronte alta e pallida, gli occhi grandi e privi d'espressione, gli angoli della bocca leggermente sollevati, e guardava verso l'obiettivo in un modo molto simile a come la Gioconda doveva aver guardato Leonardo. Non c'era solo riserbo su quel viso impenetrabile. "Questa ragazza", pensò Wexford, "ha l'aria di essere passata attraverso un tipo di esperienza che la maggior parte delle sue coetanee non avrebbe mai nemmeno potuto concepire, e questo le ha lasciato un segno che non è né di dolore né di vergogna, ma solo una sorta di compiaciuta tranquillità." La tuta da ginnastica sembrava fuori luogo. Un vestito accollato, con le maniche a sbuffo, sarebbe stato più adatto. I capelli, allora morbidi e non arricciati dalla permanente, le sfioravano gli zigomi e le ricadevano sulle tempie in due bande lucenti. Wexford sbirciò la faccia di Drury che sedeva in silenzio a qualche metro di distanza. Poi, facendosi schermo con le dita, osservò a lungo la fotografia. Quando Burden entrò, non aveva ancora finito, e il suo tè era diventato ormai freddo. Erano quasi le tre. — C'è la signorina Tipping — disse Burden. Wexford abbandonò il giardino soleggiato, coprì la fotografia con un raccoglitore, e disse: — Facciamola entrare, allora. Janet Tipping era una ragazza paffuta e ben piantata, con una massa di
capelli laccati su una faccia diffidente priva di intelligenza. Quando vide Drury, la sua espressione vuota e ottusa non cambiò affatto. — Be', non saprei — balbettò. — Voglio dire, è stato molto tempo fa. Non dodici anni, pensò Burden, solo quattro giorni prima. — Potrei anche avergli servito da bere. Voglio dire che servo bitter a centinaia di persone... — Drury la fissava a occhi spalancati, come se stesse tentando di strappare un segno di riconoscimento da quel cervellino di gallina. — Sentite — disse lei — io non voglio fare impiccare nessuno. Si avvicinò e si mise a scrutarlo come se si fosse trattato di un mostro in un museo. Poi indietreggiò scrollando la testa. — Dovete ricordarvi di me — gridò Drury. — Non è possibile che non vi ricordiate. Farò qualsiasi cosa, vi darò qualsiasi cosa, se soltanto ricorderete. Voi non capite, questo significa tutto per me... — Oh, fatemi il piacere — lo interruppe lei, spaventata. — Mi sono spremuta le meningi e non mi ricordo. — Poi, rivolta a Wexford: — Posso andare ora? Mentre Burden l'accompagnava fuori, squillò il telefono. Wexford staccò la cornetta. — Si... sì, certo che dovete portarla qui — disse. Poi, fuori dell'ufficio, spiegò a Burden: — Era Martin. La signora Drury dice di aver comprato quella sciarpa lunedì pomeriggio. — Questo non significa necessariamente... — No, e del resto Drury è rientrato alle sei e mezzo, martedì. Se lo ricorda perché la moglie lo stava aspettando con i pomodori. Voleva metterli nell'insalata, a cena. Se non stava uccidendo la signora P., Mike, bisogna dire che ci ha messo un bel po' a bere. E inoltre, per uno che sostiene di essere innocente, è fuori di sé dal terrore. — Questo non significa necessariamente... — ricominciò Burden. — Lo so, lo so. La signora Parsons aveva una passione per i tipi maldestri e non troppo svegli, vero? — Immagino che non abbiano trovato niente in giardino, vero, signore? — Cinque chiodi, circa mezzo quintale di mattoni rotti e un modellino di Rolls Royce. Dovrebbe ringraziarci, non avrà certo bisogno di zappare in autunno... Se sarà ancora qui. Tornarono in ufficio. Drury stava seduto assolutamente immobile, il viso bianco come un lenzuolo. — È stata proprio una bella bevuta la vostra, Drury — lo apostrofò Wexford. — Siete arrivato a casa alle sei e mezzo passate.
Muovendo appena le labbra, Drury borbottò: — Volevo ritirare la spesa, così sono rimasto nei dintorni. C'è un sacco di traffico verso le sei. Non sono abituato a bere e per un po' non me la sono sentita di guidare. Volevo trovare il signor Spellman. Mezza pinta, pensò Burden, e non se la sentiva di guidare? — Quando avete riallacciato la vostra relazione con la signora Parsons? — Vi ho detto che non c'è mai stata nessuna relazione. Non la vedevo da dodici anni. Poi, passando in macchina da High Street, l'ho vista e mi sono fermato. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere... — Eravate geloso del signor Parsons, vero? — Non lo conoscevo neppure. — Sareste stato geloso di chiunque avesse sposato Margaret Godfrey. Non avevate bisogno di conoscerlo. Secondo me siete uscito con lei, l'avete portata fuori in macchina. Poi lei si è stufata e ha minacciato di dirlo a vostra moglie. — Chiedete a mia moglie, allora, chiedetelo a lei. Vi dirà che non l'ho mai tradita. Il nostro è un matrimonio felice. — Vostra moglie sta venendo qui. Glielo chiederemo. Drury aveva continuato a sobbalzare a ogni squillo del telefono. Ora, quando suonò di nuovo, rabbrividì ed emise un gemito. Wexford, che era sulle spine da ore, fece un cenno a Burden. — Rispondo di là — disse. Il foglio era pieno dei geroglifici che Bryant aveva velocemente stenografato. Wexford aveva parlato con il capo della polizia del Colorado, ma ora, in piedi dietro a Bryant, non riusciva a capire nemmeno una di quelle parole strascicate che gli arrivavano attraverso la cuffia, e si limitava a guardare l'intrico di segni che cadevano sul foglio. Per le quattro era stato tutto trascritto. Mentre rileggeva la lettera, Wexford conservava la sua aria flemmatica, ma Burden ne indovinava l'eccitazione. Le parole, ora dattiloscritte su un foglio ufficiale, sembravano possedere una loro volontà di vita, la vita inquieta di una donna in una tranquilla cittadina di campagna. A notte fonda, tra i mobili d'ufficio e gli schedari di lamiera, la signora Parsons, per un momento, uno dei rari momenti da quando erano iniziate le indagini, tornò in vita e fu una persona reale. Nelle sue parole non si avvertiva nessun dramma, solamente il mormorio sommesso di una piccola tragedia. Ma, data la sua fine, la lettera era un documento terribile, l'unico frammento rimasto della sua vita intima.
Burden lesse a bassa voce. "Cara Nan, immagino la tua sorpresa nel leggere il mio nuovo indirizzo. Sì, siamo tornati a vivere qui, a due passi dalla scuola, e a solo pochi chilometri dal caro, vecchio cottage. Abbiamo dovuto vendere la casa della zia, e ci abbiamo anche rimesso un po', cosi, quando a Ron è capitata l'opportunità di un posto qui, abbiamo pensato che questa poteva essere la soluzione. La vita in campagna dovrebbe costare meno, ma, a dire il vero, non abbiamo ancora notato nessuna differenza. Nonostante quello che voi tutti pensavate, a me piaceva abbastanza vivere a Flagford. Era stata soltanto quella cosa che ben sai, che mi aveva indotto ad andarmene. Credimi, Nan, ero veramente spaventata per quella faccenda di Doon, quindi puoi immaginare la mia felicità quando un paio di settimane dopo che ci eravamo trasferiti qui, sono andata a imbattermi proprio in Doon. Anche se sono passati tanti anni, provo ancora paura e repulsione. Ho detto che era meglio lasciar perdere, ma Doon non ne ha voluto sapere. Però devo riconoscere che fa piacere uscire con una bella macchina ed essere invitati a pranzo fuori. Credimi, Nan, è come è sempre stato, soltanto un'amicizia. Quando Doon e io eravamo più giovani, non credo proprio che ci rendessimo conto che poteva trattarsi di qualcòsa di diverso, io perlomeno non me ne rendevo conto. Naturalmente, anche il solo pensiero mi disgusta. Doon vuole soltanto un po' di compagnia, ma mi fa ugualmente un po' senso. Così, state per comprare un'altra macchina! Mi piacerebbe cher potessimo permettercela anche noi, ma al momento non se ne parla neanche. Mi dispiace che Kim si sia presa la varicella subito dopo aver avuto il morbillo. Suppongo che quando si hanno dei figli, insieme ai lati positivi ci si debbano aspettare anche inconvenienti e preoccupazioni. Non credo che Ron e io avremo questo tipo di problemi e di gioie, visto che ormai da due anni non ho più avuto un falso allarme. Tuttavia io dico sempre che se un matrimonio è felice come il nostro, non si ha bisogno di figli per restare insieme. Ma forse questo è come il discorso della volpe che non arriva all'uva. Comunque noi siamo felici, e Ron sembra molto tranquillo, ora che
non viviamo più in città. Non riuscirò mai a capire, Nan, perché la gente come Doon non si accontenti di quello che ha e continui a piangere per avere la luna. Be', ora devo chiudere. La casa è piuttosto grande, e non la direi proprio fornita di tutti i comforts. Un bacione a Will e ai bambini. Saluti da Ron. Meg. Un matrimonio felice? Come poteva essere felice un matrimonio che navigava in un mare di inganni e sotterfugi? Burden posò la lettera, poi la riprese e la rilesse. Quando Wexford gli riferì il colloquio che aveva avuto con il capo della polizia del Colorado, si illuminò leggermente. — Non riusciremo mai a provarlo — disse. — Intanto potete andare a dire a Drury che Gates lo accompagnerà a casa. Se vuole farci causa, credo che Dougie Q. gli darà volentieri una mano. Però non diteglielo. E non voglio vederlo. Mi fa venire il mal di fegato. Cominciava ad albeggiare. Il cielo era grigio e nebbioso e le strade cominciavano ad asciugarsi. Wexford si sentiva tutto intorpidito per essere rimasto tanto tempo seduto, e decise di lasciare la macchina e andare a casa a piedi. L'alba gli piaceva, anche se in genere non aveva una forza di volontà tale da stare sveglio ad aspettarla, se proprio non vi era costretto. Lo aiutava a pensare. In giro non c'era anima viva. La piazza del mercato sembrava molto più grande che di giorno. Il punto dove si fermavano gli autobus era tutto una pozzanghera. Sul ponte incontrò un cane che se ne andava con fare risoluto per i suoi giri misteriosi, trotterellando svelto, a testa alta, cdme diretto verso una meta ben precisa. Wexford si fermò un attimo a guardare l'acqua da dove la sua immagine grigia e gigantesca gli restituì lo sguardo, finché il vento, smuovendo la superficie, non ruppe il riflesso. Superò la casa della signora Missal, superò il cottage... Era quasi arrivato. Sulla bacheca degli avvisi della chiesa metodista riuscì a stento a leggere le lettere tracciate in rosso: "Dio ha bisogno di voi per il suo compagno". Si avvicinò a leggere quello che stava scritto su un altro avviso attaccato sotto al primo: "Il signor Parsons invita tutti i membri della chiesa e gli amici alla funzione in memoria della moglie, scomparsa tragicamente questa settimana. La funzione sarà celebrata qui, domenica mattina alle ore dieci". Quindi quel giorno, per la prima volta dalla morte della donna, la casa di Tabard Road sarebbe stata vuota... No, pensò Wexford, Parsons era andato
anche all'inchiesta. Ma, allora... gli tornò in mente qualcosa che era accaduto nel pomeriggio, una risata che si era spenta di colpo, un libro, una violenta trasposizione di immagini, una donna vestita per un'occasione particolare. Non lo proveremo mai, aveva detto Burden. Però la mattina potevano andare in Tabard Road e tentare. Quello che ti chiedevo era così modesto, Minna. Volevo così poco, solo qualche ora delle centinaia che compongono una settimana, gorghi infinitesimali nel grande oceano dell'eternità. Volevo parlare, Minna, mettere ai tuoi piedi le pene e i dolori, l'angoscia di dieci anni di disperazione. Il tempo, pensavo, il tempo che smussa lo spigolo aspro della crudeltà, che ottunde la lama tagliente del disprezzo, che sfronda l'orlo leggero del biasimo, il tempo avrà addolcito i tuoi occhi e intenerito il tuo orecchio. Era un bosco tranquillo, quello, con un sentiero dove avevamo passeggiato tanto tempo fa, ma tu avevi dimenticato i fiori che avevamo raccolto, il cereo diadema della vitalba. Io ti parlavo sottovoce, credendoti intenta a riflettere. Per tutto il tempo ho creduto che tu stessi ascoltando, e alla fine ho fatto una pausa bramando una tua lode gentile, il tuo amore finalmente. Sì, Minna, l'amore. È così brutto, così malvagio, se si riveste dell'abito casto dell'amicizia? Ti ho guardata, ti ho sfiorato i capelli. Ma i tuoi occhi erano chiusi perché per te il sonno era stato più salutare delle mie parole, e allora ho saputo che era troppo tardi. Troppo tardi per l'amore, troppo tardi per l'amicizia, troppo tardi per qualsiasi cosa, tranne la morte... 14 Parsons indossava un abito scuro. Sulla cravatta nera, portata forse in qualche precedente circostanza luttuosa, era rimasto il segno lucido di una stiratura fatta con il ferro troppo caldo da una mano inesperta. Sulla manica aveva cucito un pezzetto di stoffa nera a forma di losanga. — Vorremmo dare un'altra occhiata alla casa, se non vi dispiace lasciarci le chiavi — disse Burden. — Fate quello che volete. Il pastore mi ha invitato a pranzo, tornerò solo
nel pomeriggio. — Cominciò a sparecchiare la tavola della colazione, attento a riporre il barattolo di marmellata e la teiera nel posto loro assegnato dalla moglie. Burden lo guardò prendere il giornale della domenica, non ancora sfogliato, raccogliervi sopra le briciole e gettarlo nel secchio della spazzatura sotto il lavello. — Venderò questa casa, appena potrò — disse. — Mia moglie pensava di andare alla funzione — disse Burden. Parsons versò l'acqua dal bollitore in un'unica tazza e un unico piattino. Poi, senza voltarsi, disse: — Ne sono lieto. Pensavo che a qualcuno avrebbe fatto piacere venire, quelli che non potranno assistere al funerale, domani. — Il lavello era pieno di macchie scure. Briciole e foglie di tè erano rimaste attaccate alla superficie unta. — Immagino che non abbiate ancora una pista. Per l'assassino, intendo. — Burden lo trovava grottesco. Poi si ricordò che cosa quell'uomo si dilettava a leggere quando sua moglie lavorava a maglia. — Non ancora. Parsons asciugò la tazza, poi si asciugò le mani sulla tovaglietta da tè. — Non ha importanza — disse con voce stanca. — Non servirebbe a ridarle la vita. Si annunciava una giornata calda, la prima giornata veramente calda dell'estate. In High Street, la calura creava già dei miraggi, laghi scintillanti che svanivano man mano che Burden si avvicinava; la strada che il giorno prima era stata inzuppata dalla pioggia, ora sembrava bagnata a causa dell'effetto ottico. Si era già formata la coda delle automobili dirette al mare, e all'incrocio a dirigere il traffico c'era Gates, che agitava le braccia nella camicia azzurra. Burden non sopportava neppure il peso della giacca. Wexford lo aspettava in ufficio dove, nonostante le finestre spalancate, l'aria era immobile. — L'aria condizionata funziona meglio con le finestre chiuse — suggerì Burden. Wexford camminava avanti e indietro annusando l'aria estiva. — Preferisco così — disse. — Aspettiamo fino alle undici, poi andiamo. La macchina che Wexford si era aspettato di trovare era parcheggiata in una traversa di Kingsbrook Road, all'incrocio con Tabard Road, in un punto dove non avrebbe dato nell'occhio. — Grazie a Dio — disse Wexford con un tono quasi riverente — finora va tutto secondo le previsioni. Si erano fatti dare da Parsons la chiave dell'ingresso di servizio, ed en-
trarono in cucina senza far rumore. Burden aveva creduto che in quella casa facesse sempre freddo, ma ora, con una giornata calda così, la stanza puzzava di cibo rancido e di biancheria sporca. Non si sentiva volare una mosca. Wexford entrò nell'ingresso e Burden lo seguì. Camminavano stando bene attenti a dove mettevano i piedi, nel timore che le vecchie tavole del pavimento potessero tradire la loro presenza. La giacca e l'impermeabile di Parsons erano appesi all'attaccapanni, e sul tavolino quadrato, in mezzo a un pacco di lettere circolari, un fazzoletto sporco e un fascio di buste aperte, videro luccicare qualcosa. Burden si avvicinò per vedere meglio, sapendo che non doveva toccare nulla. Scostò tutto il resto e vide che quello che luccicava era una chiave attaccata a una catenina che finiva con un ciondolo a forma di ferro di cavallo. — Qui dentro — sussurrò Wexford, muovendo solo le labbra. Nel soggiorno faceva caldo e c'era polvere dappertutto, ma niente era fuori posto. Gli uomini di Wexford avevano rimesso ogni cosa dove l'avevano trovata, perfino il vaso con le rose di plastica che nascondeva la grata. Nei raggi di sole che filtravano dalle imposte accostate danzavano miriadi di particelle di pulviscolo. Per il resto, tutto era assolutamente immobile. Wexford e Burden rimasero in attesa dietro la porta. Prima che succedesse qualcosa sembrò passare un'eternità. Poi, quando accadde, Burden non riuscì a credere ai suoi occhi. Dalla finestra s'intravedeva un pezzetto di strada deserta, il grigio brillante dell'asfalto nella luce forte del giorno, tagliato dalle corte ombre degli alberi del giardino di fronte. A parte il grigio e il verde, non c'erano altri colori. Poi a destra, come in un'inquadratura cinematografica, videro apparire una donna che avanzava a passo svelto. Era vestita di colori sgargianti, una regina del technicolor in arancione e verde giada. I capelli, appena più scuri della camicetta, le ricadevano ai lati del viso come un tendaggio pesante. Posò la mano dalle unghie dipinte di rosso sulle assi screpolate del cancello, lo spinse e scomparve rapidamente dalla vista. Finalmente Helen Missal era entrata nella casa della sua compagna di scuola. Era superfluo, ma a Wexford venne ugualmente l'impulso di mettersi un dito davanti alla bocca. Alzò gli occhi al soffitto, da dove era venuto un leggero rumore di passi. Qualcun altro aveva sentito il ticchettio dei tacchi di Helen. Attraverso la fessura della porta, Burden riusciva a vedere qualche millimetro della scala. Finora era stata vuota, una striscia verticale di carta da parati sopra la ringhiera di legno. Senti il sudore scorrergli sotto le ascelle.
Uno scalino scricchiolò e nello stesso istante si senti il gemito di un cardine, poi la porta fu spalancata. Burden continuò a fissare la striscia luminosa simile alla lama di una spada. Era talmente in tensione che riusciva a malapena a respirare, quando la tappezzeria e la ringhiera scomparvero per un attimo dietro un ciuffo di capelli neri, una guancia dalla carnagione olivastra e una camicia bianca. Poi più nulla. Non era neppure certo di sapere dove i due si erano incontrati, ma non doveva essere lontano da dove si trovava lui. Il silenzio si era fatto cosi pesante e carico di tensione che anche se non li aveva sentiti parlare, aveva la netta sensazione che si fossero incontrati. Si augurò di riuscire a rimanere immobile e allo stesso tempo all'erta come Wexford. Finalmente sentì di nuovo il ticchettio dei tacchi. Ora veniva dalla sala da pranzo. Il primo a parlare fu l'uomo, e Burden dovette tendere le orecchie per sentire quello che diceva. Parlava con una voce bassa e controllata. — Non dovevi venire qui — disse Douglas Quadrant. — Dovevo vederti. — La voce della donna era alta e affannata. — Mi avevi detto che ci saremmo visti ieri, ma non sei venuto. Avresti potuto venire, Douglas. — Non ce l'ho fatta. Stavo per venire, ma poi è arrivato Wexford. — La voce si allontanò, e Burden non riusci a sentire il resto della frase. — Dopo però avresti potuto. Lo so, l'ho incontrato. "E così un'altra tessera del mosaico è andata a posto", pensò Wexford con un moto di soddisfazione.. — Ho creduto... — La sentirono fare una risatina nervosa. — Ho creduto di aver detto troppo. Stavo per... — Non avresti dovuto dir niente. — E infatti non ho detto niente. Mi sono fermata in tempo. Douglas, mi fai male! Lui ribatté aspramente qualcosa che non riuscirono ad afferrare. Helen Missal non si prendeva la briga di tenere la voce bassa, e Burden si chiese come mai lui usasse tanta prudenza, e lei nessuna. — Perché sei venuto qui? Che cosa stai cercando? — Sapevi che sarei venuto. Ieri sera, quando mi hai telefonato e mi hai detto che Parsons non sarebbe stato in casa, sapevi... La sentirono muoversi nella stanza, e Burden ne immaginò il nasino dritto arricciato in una smorfia di disgusto, le mani che sfioravano i cuscini logori e tracciavano segni sul piano polveroso della credenza. La sua risa-
ta, sprezzante e priva di allegria, li colse di sorpresa. — Avevi mai visto una casa così orribile? Pensa un po', viveva qui: la piccola Meg Godfrey viveva proprio qui... Fu allora che lui perse il controllo e, dimentico di ogni prudenza, gridò: — La odiavo! Mio Dio, Helen, come la odiavo! Prima di questa settimana io non avevo mai visto quella donna, ma è stata lei a rovinare la mia vita. I soprammobili tintinnarono sui ripiani della credenza, e Burden immaginò che Quadrant vi si fosse appoggiato. Era tanto vicino, che se non ci fosse stato il muro avrebbe potuto toccarlo. — Non avrei voluto che morisse, ma ora sono contento! — Caro! — Non si sentiva più niente ora, ma Burden sapeva, come se l'avesse avuta davanti agli occhi, che lei gli si era aggrappata al collo. — Andiamo via ora, per favore. Qui non c'è niente per te. Quadrant l'allontanò con violenza. Lo capirono dal grido di lei e dal rumore della sedia che scivolava sul pavimento di linoleum. — Io torno di sopra — disse Quadrant — e tu te ne vai. Subito, Helen. Cosi conciata, riusciresti a passare inosservata quanto... — si interruppe, nel tentativo di trovare un paragone calzante — un pappagallo in una colombaia. Lei sembrò barcollare, un po' per i tacchi alti, un po' per essere stata respinta cosi bruscamente. Burden intravide qualcosa di rosso e blu attraverso la fessura della porta, e accennò a muoversi appena, ma Wexford lo afferrò prontamente per un braccio. Sopra di loro, nella casa immersa nel silenzio, qualcuno si era stancato di aspettare. Due piani sopra di loro, dei libri caddero a terra con un fracasso simile a quello di un tuono quando si sta per scatenare la tempesta. Anche Douglas Quadrant lo sentì. Balzò verso le scale, ma Wexford fu pronto a raggiungerlo, e i due si fermarono uno di fronte all'altro nell'ingresso. Helen Missal gridò, portandosi una mano alla bocca: — Oh Dio! Perché non siamo andati via quando te l'ho detto? — Nessuno va da nessuna parte, signora Missal — disse Wexford — eccetto di sopra. — Prese la chiave che aveva nel fazzoletto. Ora Quadrant era immobile, le braccia sollevate, una specie di schermidore in camicia bianca, pensò Burden, un cacciatore a sua volta cacciato e preso in trappola. Il suo viso era completamente privo di espressione. Fissò Wexford per un momento, poi chiuse gli occhi. Finalmente disse: — Vogliamo andare, allora?
Salirono le scale lentamente, Wexford in testa, Burden per ultimo. Che processione ridicola, pensò Burden. Avanzando lentamente, le mani sulla ringhiera, sembravano una squadra di poliziotti in possesso di un mandato di perquisizione, o un gruppo di parenti in visita al capezzale di un congiunto. Quando arrivarono sul primo pianerottolo, Wexford disse: — Ora andiamo tutti nella stanza dove Minna teneva i suoi libri, i libri che Doon le aveva regalato. La vicenda è cominciata in questa stanza, e forse c'è una certa giustizia poetica nel concluderla qui. Ma i libri di poesia non ci sono più, signor Quadrant. Come ha detto la signora Missal, qui non c'è niente per voi. Non aggiunse altro, ma il rumore di sopra era aumentato. Poi, mentre Wexford posava la mano sulla porta della stanzetta dove lui e Burden avevano letto a voce alta le poesie, si udì un gemito. In soffitta c'erano libri sparsi dappertutto, alcuni aperti a faccia in giù sul pavimento, altri sul dorso, altri ancora con le pagine aperte a ventaglio e le copertine strappate. Un volume, che doveva essere stato lanciato contro la parete, era rimasto aperto a una pagina con la figura di una ragazza con i capelli raccolti a coda di cavallo e un bastone da hockey in mano. La moglie di Quadrant era inginocchiata in mezzo a tutta quella confusione, e stringeva tra le dita dei fogli sgualciti. Quando vide apparire Wexford nel vano della porta, sembrò compiere uno sforzo enorme per comportarsi come se fosse stata in casa propria, intenta a cercare qualcosa nella sua soffitta, come se i quattro che erano entrati fossero degli ospiti inattesi. Per un attimo Burden ebbe la sensazione che fosse sul punto di accoglierli con una stretta di mano. Invece non disse nulla e le sue mani rimasero immobili, come paralizzate. Indietreggiò verso la finestra, sollevando le braccia lentamente, e prese a tormentarsi il viso con le dita inanellate. Inciampò con un tacco in uno dei libri sparsi a terra, un annuario per ragazze, e cadde su un baule. Sullo zigomo si poteva vedere il segno a forma di stella lasciato da un anello. Rimase lì finché Quadrant non le andò vicino e la sollevò, tenendola stretta. Allora emise un gemito e nascose il viso nella sua spalla. Helen Missal entrò con aria decisa e disse: — Voglio andare a casa! — Vi dispiace chiudere la porta, Burden? — chiese Wexford per tutta risposta. Poi si avvicinò alla finestra e l'aprì con calma, come se fosse stato nel suo ufficio. — Penso che sia meglio far entrare un po' d'aria. Era una stanzetta minuscola, una specie di scatola da scarpe, con le pare-
ti proprio dello stesso colore di una scatola da scarpe. Fuori non tirava un filo di vento, ma anche se calda, l'aria che entrava dalla finestra era perlomeno più salùbre. — Temo che staremo un po' stretti — disse Wexford, con l'aria di un sollecito padrone di casa. — L'ispettore Burden e io rimarremo in piedi, e voi, signora Missal, potete sedervi sull'altro baule. Con stupore di Burden, lei gli ubbidì. Teneva gli occhi fissi sull'ispettore capo come un soggetto sotto ipnosi. Era impallidita, e di colpo sembrava molto più vecchia della sua età. I capelli rossi sarebbero potuti essere la parrucca eccentrica di una donna di mezz'età. Quadrant, che era rimasto in silenzio, intento a occuparsi della moglie come se fosse stata una bambina permalosa, disse, con una lieve sfumatura del suo abituale sarcasmo: — Misure di sicurezza, ispettore? Come siamo melodrammatici! Wexford lo ignorò. Rimase in piedi accanto alla finestra, il viso stagliato contro il cielo terso. — Sto per raccontarvi una storia d'amore — disse. — La storia di Doon e Minna. — Nessuno si mosse tranne Quadrant, che allungò una mano verso la giacca posata sul baule dov'era seduta Helen Missal. Prese un astuccio dorato, e si accese una sigaretta con un fiammifero. — Quando arrivò qui, Margaret Godfrey aveva sedici anni — cominciò Wexford. — Era cresciuta in casa di gente all'antica, e di conseguenza aveva un'aria allo stesso tempo compita e facilmente impressionabile. Ben lungi dall'essere la ragazza londinese venuta a stupire i provinciali, era piuttosto un'orfana cresciuta in periferia, che di colpo si era trovata in un ambiente sofisticato. Non è cosi, signora Missal? — Mettetela pure così, se credete. — Per nascondere la propria goffaggine cominciò ad assumere modi curiosi, un misto di riserbo, distacco e altezzosità. Tutto questo può affascinare una persona innamorata. E lei è riuscita ad affascinare Doon. "Doon era una persona ricca, intelligente, di bell'aspetto. Non dubito che per un certo periodo Minna, questo è il nome che Doon le aveva dato, e da ora in poi la chiameremo così, sia rimasta abbagliata da tutto questo. Doon poteva regalarle cose che lei non avrebbe mai potuto permettersi di comprare, e così Doon per un po' di tempo poté comprare il suo amore, o, per meglio dire, la sua compagnia; perché si trattava di un amore tutto cerebrale, in cui non rientrava niente di fisico." Quadrant fumava con aria furiosa. Aspirò profondamente e la punta del-
la sigaretta brillò. — Ho detto che Doon era intelligente — continuò Wexford. — Forse dovrei aggiungere che la vivacità intellettuale non sempre si accompagna all'autosufficienza. E questo è stato il caso di Doon. Il successo, lo sbocciare delle ambizioni, la realizzazione delle proprie aspirazioni dipendevano in questo caso dalla vicinanza della prescelta: Minna. Ma Minna stava soltanto aspettando un'occasione migliore. Perché, vedete... — Fece girare lo sguardo lentamente, con severità, sulle persone che gli stavano davanti. — ... Voi sapete che Doon, nonostante la sua ricchezza, intelligenza e bellezza, aveva un handicap insormontabile, peggiore di qualsiasi deformità, soprattutto agli occhi di una donna dell'ambiente di Minna; handicap che né il tempo né il mutare delle circostanze avrebbero mai potuto eliminare. Helen Missal annui più volte, lo sguardo perso nel ricordo. China contro il marito, Fabia Quadrant singhiozzava sommessamente. — Così, quando arrivò Dudley Drury, Minna lasciò Doon senza pensarci due volte. Tutti i libri costosi che Doon le aveva regalato, li nascose in un baule e non li tirò più fuori. Drury era un tipo comune e mediocre. Sempliciotto è la parola giusta, non è vero, signora Quadrant? Né appassionato né possessivo. Questi sono aggettivi che mi pare si addicano piuttosto a Doon. Ma Drury, d'altra parte, non aveva l'handicap di Doon, così fu lui a vincere. "Lei preferiva me!" Burden ricordò il grido esultante di Drury nel bel mezzo dell'interrogatorio. Wexford continuò: — Quando Minna cominciò a tirarsi indietro, a non mostrarsi più disposta a lasciarsi amare, la vita di Doon fu spezzata. Agli altri era sembrata soltanto una cotta da adolescente, ma si trattava di qualcosa di ben più importante. Da quel momento, cominciò a mettere radici una nevrosi che, sebbene sembrasse placata per anni, è divampata nuovamente quando lei è tornata qui. Con lei era tornata la speranza. Non erano più adolescenti, erano due persone mature. Finalmente Minna poteva ascoltare e mostrarsi gentile. Ma non è stato così, e questo ha provocato la sua morte. Wexford si avvicinò all'avvocato. — Ed ecco che arriviamo a voi, signor Quadrant. — Se non fosse per il fatto che siete riuscito a sconvolgere mia moglie — disse l'avvocato — direi che avete trovato uno splendido modo per ravvivare una noiosa mattinata domenicale. — Il tono leggero e vagamente
arrogante contrastava con la violenza con cui lanciò la sigaretta fuori della finestra, dall'altra parte della stanza, sfiorando l'orecchio di Burden. — Continuate, per favore. — Quando abbiamo appurato che Minna era sparita, voi l'avete saputo subito. Il vostro ufficio si trova vicino al ponte, e dovete averci visto dragare il torrente. Vi siete reso conto che avremmo potuto trovare tracce del fango di quel sentiero sui pneumatici della vostra macchina. Per coprirvi, poiché nella vostra "posizione particolare", cito, eravate al corrente dei nostri sistemi, avete dovuto riportare la macchina sul sentiero con un pretesto legittimo. Andarci di giorno non sarebbe stato molto prudente, ma quella sera avevate un appuntamento con la signora Missal... Helen balzò in piedi e gridò: — No, non è vero! — Sedete — la bloccò Wexford. — Credete che lei non lo sappia? Credevate che non sapesse di voi e di tutte le altre? — Tornò a rivolgersi a Quadrant: — Voi siete una persona arrogante, signor Quadrant, e non vi importava proprio niente che noi venissimo a sapere della vostra relazione con la signora Missal. Se vi avessimo mai collegato al delitto e avessimo controllato i pneumatici della vostra auto, avreste potuto fare un po' di baccano, ma la ragione per la quale eravate andato al sentiero era così ovviamente clandestina che qualsiasi bugia o reticenza sarebbe stata attribuita a questo. "Ma quando siete andato nel bosco, dovevate guardare bene, dovevate essere sicuro. Non so quale scusa abbiate trovato per andare nel bosco..." — Mi ha detto che aveva visto un voyeur — intervenne Helen Missal, con amarezza. — ... ma comunque ci siete andato e, siccome ormai era buio, avete acceso un fiammifero per osservare il corpo più da vicino. Com'era naturale, il quadro che vi siete trovato davanti vi ha affascinato al punto che avete tenuto il fiammifero acceso finché non si è bruciato completamente e la signora Missal vi ha chiamato. "Poi siete andato a casa. Avevate fatto quello per cui eravate andato laggiù, e con un po' di fortuna nessuno mai vi avrebbe collegato con la signora Parsons. Ma in seguito quando vi ho accennato il nome di Doon - è stato ieri pomeriggio, vero? - vi siete ricordato dei libri. Forse c'erano anche delle lettere, era trascorso così tanto tempo. Appena avete saputo che Parsons non sarebbe stato in casa, avete usato la chiave della vittima per entrare, e così vi abbiamo sorpreso a cercare quello che Doon avrebbe potuto essersi lasciato dietro."
— È tutto molto plausibile — disse Quadrant. Passò una mano sui capelli scompigliati della moglie e la strinse più forte a sé. — Naturalmente non avete la benché minima possibilità di poter incriminare qualcuno sulla base di questi elementi, ma se volete possiamo provare. — Parlava come se si stessero dando da fare per trovare qualche stratagemma; come riuscire, per esempio, a tornare a casa se si rompe la macchina, o che scusa trovare per rifiutare con tatto l'invito a un party. — No, avvocato Quadrant, non ho nessuna intenzione di buttar via il mio tempo così. Se volete, potete andare, ma io preferirei che rimaneste. Vedete, Doon amava Minna, e l'amore è un sentimento che, se non esclude l'odio, esclude certamente il disprezzo. Ieri pomeriggio, quando vi ho chiesto se l'avevate mai conosciuta, voi siete scoppiato in una risata. Quella risata è stata una delle rare risposte sincere che mi avete dato, e allora mi sono reso conto che se anche Doon poteva avere ucciso Minna, non sarebbe però mai arrivato a considerare ridicola la sua passione per lei. "Inoltre, alle quattro di stamattina, sono venuto a conoscenza di un altro particolare. Ho letto una lettera, e in quel momento ho appreso che voi non potevate essere Doon, come non poteva esserlo Drury. Ho saputo con esattezza qual era la natura dell'handicap di Doon. Burden sapeva quello che il suo capo stava per dire, ma trattenne ugualmente il respiro. — Doon è una donna — disse Wexford. 15 Prima si sarebbe lasciato arrestare, pensò Burden, e li avrebbe seguiti come un agnellino. Invece, ora che era sicuro della propria immunità, tutta la sua baldanza era svanita, e nei suoi occhi si leggeva il panico, l'ultima emozione che Burden avrebbe associato a Quadrant. La moglie si staccò bruscamente da lui e si alzò. Durante il discorso di Wexford, non aveva smesso un momento di piangere, e aveva le labbra e gli occhi gonfi. Le lacrime, forse perché il pianto è una debolezza dei giovani, la facevano sembrare una ragazzina. Indossava un vestito di un tessuto costoso, ingualcibile, che cadeva perfettamente, come una tunica. Fino a quel momento non aveva aperto bocca. Ora sembrava sollevata, senza fiato per le parole non dette. — Quando ho capito che Doon era una donna — disse Wexford — praticamente tutte le tessere del mosaico sono andate a posto. Questo spiegava
il riserbo della signora Parsons, perché aveva ingannato il marito senza tuttavia avere l'impressione di farlo; perché Drury pensava che si vergognasse di Doon; perché con una sorta di disgusto verso se stessa aveva nascosto i libri... E perché la signora Katz, sapendo che Doon era una donna, ma non conoscendone il nome, fosse così curiosa, pensò Burden. Spiegava anche la lettera che li aveva lasciati così perplessi il giorno prima. "Non so che cosa dovresti temere. Non c'è mai stato niente..." La cugina, la confidente, l'aveva sempre saputo. Per lei non si trattava di un segreto, ma di un fatto di cui era stata consapevole per così tanto tempo, da non aver ritenuto necessario parlarne al capo della polizia del Colorado, finché non le era stato chiesto espressamente. Solo allora l'informazione era stata aggiunta al testo del colloquio con un poscritto di scarsa importanza. — Dite, che roba è questa? — aveva chiesto a Wexford. — Pensavate che si trattasse di un uomo? Helen Missal era ritornata nell'ombra. Il baule sul quale era seduta era appoggiato contro la parete e il sole creava una macchia luminosa sulla vivace gonna azzurra, lasciando il viso in ombra. Lei continuava a tormentarsi le mani in grembo, e le sue unghie dipinte riflettevano dieci volte l'immagine della finestra. — Il vostro comportamento mi era sembrato strano, signora Missal — disse Wexford. — Prima di tutto mi avete mentito quando mi avete detto che non conoscevate la signora Parsons. Forse dalla fotografia non l'avevate riconosciuta, ma con le persone come voi è difficile dirlo. Gridate al lupo così spesso, che alla fine si può scoprire che cosa è realmente accaduto soltanto da qualcosa detto da altri o da ciò che vi lasciate sfuggire per caso. Helen Missal gli lanciò un'occhiata furiosa. — Per l'amor di Dio, Douglas, dammi una sigaretta — disse. — Avevo pensato che aveste solo una parte secondaria in questo caso — continuò Wexford — finché venerdì sera è successo qualcosa. Sono venuto a casa vostra e ho detto a vostro marito che volevo parlare con voi. Voi vi siete mostrata soltanto infastidita, ma il signor Quadrant sembrava terrorizzato. Ha fatto qualcosa in modo molto impacciato, e mi sono accorto che era nervoso. Quando mi avete detto che eravate uscita con lui, ho pensato che forse era perché non voleva che lo scoprissimo. Ma non era affatto così. È stato franco in modo quasi imbarazzante. Così ci ho rimuginato un po' sopra e alla fine mi sono reso conto che avevo guardato la scena alla rovescia. Mi sono ricordato le parole precise che avevo usato, e chi stavo
guardando in quel momento... ma per adesso lasciamo perdere, e andiamo avanti. La vostra vecchia direttrice si ricordava di voi, signora Missal. Tutti pensavano che vi sareste data al teatro, mi ha detto. E voi mi avete confermato la cosa. "Volevo recitare!" sono state le vostre parole, e in quel momento eravate sincera. Era il 'cinquantuno, l'anno in cui Minna ha lasciato Doon per Drury. Io ragionavo in base al presupposto che Doon fosse una persona ambiziosa e che la sua separazione da Minna avesse frustrato quell'ambizione. Se cercavo un'esistenza rovinata, non avevo bisogno di andare lontano. Negli ultimi anni dell'adolescenza, Doon era cambiata; dalla ragazza acuta, appassionata e piena di aspettative che era, si era trasformata in una persona disillusa e piena di amarezza. Era un'immagine che vi poteva calzare. La vostra allegria sembrava veramente molto fragile. Oh sì, avevate le vostre scappatelle, ma anche questo poteva rientrare nel quadro. Non si trattava forse dj un modo come un altro per consolarvi di qualcosa di vero che non avevate potuto raggiungere? A questo punto Helen lo interruppe, gridando con tono di sfida: — E con questo? — Si alzò e diede un calcio a un libro, mandandolo a finire contro la parete, ai piedi di Wexford. — Siete pazzo, se pensate che io sia Doon. Io non potrei mai provare qualcosa di così disgustoso... di cosi repellente per un'altra donna! — Si drizzò sul busto esibendo i seni, come se la perversione potesse essere rispecchiata da una deformità fisica. — Io le odio queste cose. Mi fanno venire la nausea! Anche a scuola le odiavo. Ne sono sempre stata al corrente, fin dall'inizio... Wexford raccolse il libro che lei aveva scalciato e ne tirò fuori un altro dalla tasca. La lanugine sulla copertina di camoscio verde chiaro sembrava polvere. — Questo era amore — disse con voce pacata. Helen Missal respirò profondamente. — Non era né disgustoso né repellente. Per Doon era bello. Minna doveva soltanto ascoltare ed essere gentile. — Guardò fuori della finestra con aria trasognata. — Doon le chiedeva soltanto di uscire con lei, di andare a pranzo insieme, di andare in macchina lungo i sentieri di campagna, dove avevano passeggiato quando erano ragazze, ascoltare quando Doon parlava dei sogni che non si erano mai avverati. Ascoltate, era così. — Aprì il libro dove aveva tenuto il segno e cominciò a leggere: Se l'amore fosse una rosa e io una spina le nostre vite sarebbero cresciute insieme
nella tristezza e nella felicità. Fabia Quadrant si fece avanti e parlò con una voce che sembrava venire da lontano e che aggiungeva alla strofa la sensazione di un vecchio ricordo: Campi spazzati dal vento o prati fioriti verde piacere o grigio dolore... Erano le prime parole che pronunciava. Il marito l'afferrò per il polso, stringendole con forza le ossa sottili. Se soltanto ne avesse avuto il coraggio, pensò Burden, le avrebbe messo una mano davanti alla bocca. Fabia continuò: Se l'amore fosse una rosa e io una spina... Si interruppe su una nota alta, come un bambino in attesa dell'applauso che sarebbe dovuto venire dodici anni prima e che ormai non sarebbe più venuto. Wexford era rimasto in ascolto, usando il libro come un ventaglio. Con gentilezza, cercò di riportarla alla realtà: — Ma Minna non voleva ascoltare. Si annoiava. Non era più Minna, capite. Era una donna di casa, un'ex insegnante a cui sarebbe piaciuto parlare di cucina e di lavori a maglia con qualcuno come lei. Sono sicuro che ricordate — proseguì con un tono più leggero — che afa c'era martedì pomeriggio. Doveva fare molto caldo in macchina. Doon e Minna avevano fatto colazione, una colazione molto più abbondante di quelle a cui Minna era abituata... Si annoiava e si è addormentata. — A questo punto la sua voce salì di tono, ma nelle sue parole non c'era rabbia. — Non dico che abbia meritato di morire allora, ma certo se l'è cercata! Fabia Quadrant si staccò dal marito e andò verso Wexford. Si mosse con dignità verso l'unico tra loro che aveva capito. Il marito l'aveva protetta, pensò Burden, le amiche avevano provato unicamente ripugnanza. La sola persona che aveva amato si era soltanto annoiata. L'unico che non aveva riso di lei, né aveva provato repulsione, l'unico che aveva capito, era stato un poliziotto di campagna. — Meritava di morire! Lo meritava! — Afferrò un lembo del soprabito di Wexford e lo accarezzò. — Io l'amavo così tanto. Posso dirvelo, visto
che voi capite? Vedete, io avevo soltanto le mie lettere. — Aveva un'aria pensosa, ora, e parlava con voce bassa e rotta. — Nessun libro — scrollò lentamente la testa, come una bambina che rifiuti una dura lezione — nessuna poesia. Ma Douglas mi lasciava scrivere le lettere, non è vero, Douglas? Era così spaventato... — Il viso sconvolto dall'emozione che non riusciva più a contenere, le guance febbrili, continuò: — Non c'era niente da temere! — Le parole erano come note musicali in un crescendo, l'ultima un grido: — Se soltanto mi avesse permesso di amarla... amarla, amarla... — Si staccò da Wexford strappandosi i capelli con un gesto disperato. — Amarla, amarla, amarla... — Oh Dio! — gridò Quadrant rannicchiandosi sul baule. — Oh Dio! — Amarla, amarla... verde piacere o grigio dolore... — Si abbandonò ansimante sul petto di Wexford. Lui le mise un braccio intorno alle spalle, dimentico del regolamento, e chiuse la finestra. Sempre tenendola stretta a sé, disse a Burden: — Potete accompagnare la signora Missal, ora. Accertatevi che arrivi a casa sana e salva. Helen si era accasciata come un fiore appassito. Si allontanò con gli occhi bassi e Burden le fece strada sul pianerottolo e sulle scale buie. Non era ancora il momento, ma sapeva che tra poco Wexford avrebbe cominciato: — Fabia Quadrant, ho il dovere di informarvi che non siete obbligata a rispondere, ma che qualunque cosa direte... La storia d'amore era finita e l'ultimo verso della poesia era stato recitato. 16 Erano esattamente trentaquattro le lettere che Doon aveva scritto a Minna. Nessuna era stata spedita: erano ancora tutte nella biblioteca dei Quadrant, nel cassetto dello scrittoio, dove Wexford le trovò quella domenica pomeriggio. Erano avvolte in una sciarpa rosa, con accanto il borsellino color marrone con la cerniera dorata. Lui era stato in quella stanza la sera prima, e la sciarpa, il borsellino e quelle lettere erano state proprio lì, a portata di mano, a sua insaputa. Scorrendole rapidamente, Burden capì perché Doon aveva scritto in stampatello le dediche sui libri di Minna. Quella calligrafia lo intimidiva. Era disordinata e difficile da decifrare. — Penso che sia meglio portarle via — disse. — Dobbiamo leggerle tutte, signore?
Wexford le aveva esaminate più attentamente, cercando di separare quello che contenevano di importante dai segni più evidenti di follia. — Solo la prima e le ultime due, direi. Povero Quadrant, che vita d'inferno! Le portiamo in ufficio, Mike. Ho la sgradevole sensazione che Nanny stia origliando dietro la porta. Fuori l'aria era calda e luminosa, e la casa aveva un aspetto meno tetro. Sembrava un'acquaforte incisa su lastra di rame. Chi l'avrebbe comprata, ora, sapendo quale dramma vi si era svolto? Probabilmente sarebbe stata trasformata in una scuola, un albergo o una casa di riposo, pensò Burden. Forse per gli ospiti anziani non avrebbe fatto nessuna differenza chiacchierare, abbandonarsi ai ricordi, o guardare la televisione nella stessa stanza dove Fabia Quadrant aveva scritto alla donna che aveva ucciso. Attraversarono il prato e si avviarono verso la macchina. — Verde piacere e grigio dolore — disse Wexford. — È proprio in carattere con questo posto. Salirono in macchina e si allontanarono. Negli uffici della stazione di polizia, la faccenda era sulla bocca di tutti. Tutto sommato, si trattava finalmente di qualcosa di eccitante, capitato proprio a proposito, quando la gente cominciava a essere stanca dei soliti commenti sull'improvvisa ondata di caldo. Un assassinio, e il colpevole era una donna... A Brighton non avrebbe fatto scalpore, pensò Burden, ma lì! Grazie a questo, ora il sergente Camb riusciva a trovare sopportabile anche la prospettiva di essere in servizio di domenica; mentre il giovane Gates, che aveva quasi deciso di dare le dimissioni, cominciava ad accarezzare l'idea di restare. Quando Wexford entrò dalla porta girevole, provocando una leggera corrente d'aria, gli agenti raccolti nell'atrio si dileguarono tutti, come se all'improvviso fossero stati chiamati per qualcosa di urgente. — Sentite il caldo? — li apostrofò Wexford dirigendosi verso il suo ufficio. Le finestre erano rimaste aperte, ma l'aria era talmente immobile che neppure un foglio si era mosso sulla scrivania. — Le tapparelle, Mike. Tirate giù le tapparelle! — disse gettando la giacca su una sedia. — Chi diavolo ha lasciato le finestre aperte? A che cosa serve l'aria condizionata? Burden scrollò le spalle e abbassò le veneziane. Evidentemente i pettegolezzi che avevano già irritato lui erano riusciti a mandare in bestia Wex-
ford. L'indomani tutta la città si sarebbe data alle congetture e ai commenti fatti con il senno di poi. La mattina dopo avrebbero dovuto condurla al tribunale speciale... Ma era il suo giorno libero. Si illuminò pensando che avrebbe portato Jean al mare. Wexford si era seduto e aveva messo le lettere, che formavano un fascicolo alto quanto il manoscritto di un romanzo, o di un'autobiografia, l'autobiografia di Doon, sulla scrivania. L'ufficio ora era immerso nella penombra, con sottili strisce di luce che filtravano attraverso le tapparelle. — Pensate che lo sapesse quando l'ha sposata? — chiese Burden. Cominciò a scorrere le lettere, fermandosi di tanto in tanto su una frase leggibile. Con una sensazione mista di imbarazzo e meraviglia, lesse: — Mi hai spezzato il cuore e hai lanciato la coppa di vino contro il muro... Più calmo, ora, Wexford fece ruotare la poltroncina girevole e rispose: — Lo sa Iddio. Secondo me, lui doveva considerarsi una specie di manna per le donne, e deve aver pensato che una volta che l'avesse sposato, lei avrebbe dimenticato Minna. Dubito che il matrimonio sia mai stato consumato — aggiunse, indicando una lettera. Burden sembrava sul punto di sentirsi male, ma Wexford continuò ugualmente: — Anche per colui che dimora nelle mie stanze, la mia carne è rimasta una candela spenta... — Guardò Burden e aggiunse: — Eccetera, eccetera. Va bene, Mike, in effetti è un po' repellente. — Se avesse fatto meno caldo, avrebbe dato un pugno sul tavolo, invece si limitò a osservare con una specie di ferocia: — Ne faranno un bocconcino, in assise. — Deve essere stato terribile per Quadrant — commentò Burden. — Da li, la signora Missal e C. — Mi ero sbagliato su di lei. Sulla signora Missal, voglio dire. Era proprio partita per Quadrant, era pazza di lui. Quando ha capito chi era la signora P. e si è ricordata di quello che era successo a scuola, ha pensato che fosse stato Quadrant a ucciderla. Allora, naturalmente, ha collegato la cosa con il suo comportamento nel bosco. Ve la immaginate, Mike? — Wexford sembrava attento, ma al tempo stesso lontano. — Riuscite a immaginarla mentre cerca in fretta di pensare a qualcosa quando viene a sapere chi era la signora P.? Deve essersi ricordata di come Quadrant aveva insistito per andare in quel sentiero, di quando l'aveva lasciata in macchina e di quando, dopo un po', lei, non vedendolo tornare, lo aveva seguito, aveva visto la luce del fiammifero sotto i cespugli e magari lo aveva chiamato. Scommetto che quando è tornato indietro, Quadrant era bianco come
un lenzuolo. "Poi ieri sono andato da lei e l'ho colta alla sprovvista. Per una frazione di secondo deve essere stata sul punto di parlarmi di Fabia, di tutte le sue ambizioni finite in niente. Me l'avrebbe detto, solo che è arrivato Missal. Allora ha telefonato a Quadrant, in quei cinque minuti che mi ci sono voluti per arrivare a casa sua, ed è uscita per andare da lui. E io che le ho chiesto se andava al cinema! Ma lui non si è fatto vivo. Aveva il suo da fare con Fabia, probabilmente. La sera gli ha telefonato di nuovo e gli ha detto che sapeva che Fabia era Doon e che ai tempi della scuola si era presa una cotta per la signora P. Allora lui deve averle detto che voleva entrare in casa di Parsons a prendere i libri, nel caso che ci fossero sfuggiti. Tenete presente che lui non li aveva mai visti, non sapeva che cosa c'era scritto. La signora Missal aveva visto l'avviso fuori della chiesa. È proprio vicino a casa sua. Così ha detto a Quadrant che Parsons sarebbe stato fuori..." — E Fabia aveva la chiave della casa di Parsons — disse Burden. — Quella che la signora Parsons aveva lasciato in macchina, prima di venire uccisa. — Quadrant doveva proteggere Fabia — disse Wexford. — Se non poteva essere un marito a tutti gli effetti, poteva almeno proteggerla. Doveva assicurarsi che nessuno scoprisse come stavano realmente le cose tra lui e la moglie. Lei era pazza, Mike, proprio folle, e se si fosse risaputo, gli sarebbe crollato tutto sotto i piedi. Inoltre è lei che ha i soldi. Quelli che Quadrant guadagna esercitando la sua professione sono noccioline in confronto a quello che possiede lei. "Ma non c'è da meravigliarsi che lui se la svignasse tutte le sere. A parte il fatto che dev'essere uno che non disdegna affatto la compagnia femminile, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che ascoltare tutte quelle interminabili storie su Minna. Deve essere stato, a dir poco, pesante." Si interruppe per un attimo, ripensando alle due visite che aveva fatto ai Quadrant. Da quanto tempo erano sposati? Nove anni, dieci? Prima gli accenni e le scuse, poi le tempeste di passione, i ricordi che non si lasciavano cancellare, l'amaro risentimento per un'infatuazione che aveva finito per rovinare un'esistenza. Con terribile sottigliezza, più deleteria di qualsiasi goffaggine, Quadrant doveva aver tentato di spezzare l'incantesimo. Wexford si sforzò di non pensare a quei tentativi: davanti a sé aveva ancora l'immagine della donna in preda alle convulsioni, e poteva ancora sentirne il battito del cuore contro il suo petto.
Burden, la cui conoscenza dei Quadrant era meno personale, avvertì la tensione di Wexford e disse con fare pratico: — Poi Minna è tornata nelle vesti della signora P. Fabia l'ha incontrata e sono uscite insieme con la macchina di Quadrant. Martedì lui non l'aveva, ma la moglie sì. Quando è tornata a casa, martedì sera, gli ha detto di avere ucciso la signora P. Quello che lui aveva sempre temuto, che la sua follia diventasse violenta, era accaduto. Il suo primo pensiero deve essere stato quello di tenerla fuori della faccenda. Lei gli ha detto dov'era il corpo e lui ha pensato ai pneumatici. — Proprio così — lo interruppe Wexford, lasciandosi coinvolgere nuovamente dall'analisi dei particolari. — Tutto quello che gli ho detto nella soffitta di Parsons era vero. È andato nel bosco per poter giustificare il fango sui pneumatici e per vedere il corpo. Non per curiosità, o per sadismo, anche se deve aver provato un che di sadico e anche una certa curiosità nei confronti della signora P., perdio, ma semplicemente per assicurarsi che fosse davvero li. Per quel che ne sappiamo, Fabia non era sempre lucida. Poi la signora Missal ha perso il rossetto. Come dice Quadrant, la Missal è una ragazza spensierata, e non ci ha fatto caso. "Quadrant sperava che non ci sarebbe venuto in mente di interrogare Fabia, almeno per un po' in ogni caso. Poi venerdì sera io sono entrato nel salotto della signora Missal..." — Vi siete rivolto a Missal — lo interruppe Burden — ma guardavate Quadrant perché eravamo tutti e due sorpresi di vederlo lì. E quando avete detto: "Vorrei scambiare qualche parola con vostra moglie", Quadrant ha pensato che vi foste rivolto a lui. — Fino a ieri pomeriggio sospettavo di lui — disse Wexford. — Poi, quando gli ho chiesto se aveva mai conosciuto la signora P. e lui è scoppiato a ridere, ho capito che non poteva essere Doon. Ti ho detto che quella risata mi aveva gelato, e non c'è da meravigliarsene. Quella risata diceva un sacco di cose, Mike. Quadrant aveva visto la signora Parsons morta e ne aveva visto la fotografia sul giornale. Deve essersi sentito piuttosto amareggiato vedendo chi era che aveva fatto uscire di senno sua moglie e aveva rovinato il suo matrimonio. — Ha detto che da viva non l'aveva mai vista — osservò Burden. — Mi chiedo come mai non ha mai cercato di vederla. Wexford rifletté in silenzio. Piegò la sciarpa e la ripose insieme con il borsellino e la chiave. Nel cassetto sentì qualcosa di liscio e lucido. — Forse non osava — disse. — Forse temeva quello che avrebbe potuto
fare... — Tirò fuori la fotografia, ma Burden sembrava preoccupato, mentre guardava l'altra, quella che gli aveva dato Parsons. — Dicono che l'amore è cieco — disse. — Che cosa ci trovava Fabia? — Non è sempre stata così. Non pensate che una ragazza ricca, bella e intelligente come Fabia potrebbe aver trovato proprio quello che le ci voleva per spiccare ancora di più in quella... — Sostituì la foto con quella scattata dodici anni prima. — L'ho avuta dalla vostra amica, la signorina Clarice — disse. — È questa che mi ha fatto venire qualche idea, ancora prima che ci rispondessero dal Colorado. Margaret Godfrey era una delle cinque ragazze sedute sulla panchina di pietra. Quelle che stavano in piedi in seconda fila avevano le mani appoggiate sulle spalle delle compagne sedute. Burden contò dodici facce. Erano tutte sorridenti, tranne la sua, sulla quale aleggiava un'aria di calma tranquillità. Aveva la fronte alta e pallida, gli occhi grandi e privi d'espressione, gli angoli della bocca leggermente sollevati, guardava verso l'obiettivo in modo molto simile a come la Gioconda doveva aver guardato Leonardo. Burden riconobbe Helen Missal, i capelli pettinati a boccoli secondo la moda del tempo; Clare Clarke aveva le trecce. Tutte, tranne Fabia Quadrant, guardavano la macchina. Lei era in piedi, dietro alla ragazza che amava, lo sguardo posato sulla sua mano voltata con il palmo in su, una mano che pendeva inerte, lontana dalla sua. Anche lei sorrideva, ma aveva la fronte accigliata, e la mano che prima doveva aver stretto e accarezzato quella di Margaret era abbandonata sul braccio dell'amica. Burden fissava la foto, conscio del fatto che il caso gli aveva fornito una testimonianza della prima nuvola sul volto dell'amore. — Solamente un'altra cosa — disse. — Quando ieri avete visto la signora Quadrant, avete detto che stava leggendo. Mi chiedo se... mi chiedo che libro fosse. Wexford sorrise, rompendo la tensione. — Fantascienza — disse. — La gente è incoerente. Avvicinarono le sedie, sparsero le lettere sulla scrivania, e cominciarono a leggere. FINE