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Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) *** File Asci ad uso esclusivo per non vedenti. LA VOCE DEL TUONO. WILBUR SMITH. Sean Courteney sta tornando dalla foresta col frutto della propria carabina: le zanne di cinquecento elefanti. E ricco, ma sente che qualcosa è cambiato, che l'epopea delle grandi cacce nella savana sta svolgendo ai termine e che si sta approssimando una nuova era. E' stanco della vita errabonda, preoccupato per il figlio Dirk, che è cresciuto senza madre, con un carro come casa e l'avventura come scuola. Sean è ancora un leone, ma un leone ormai adulto, e la guerra anglo-boera che scoppia di lì a poco ancora una volta gli toglie tutto, mettendo a dura prova il suo coraggio e la sua lealtà. La pagina di Smith assume in tal modo una colorazione ancor più drammatica e si carica di una nuova tensione emotiva, accostandoci a un personaggio più umano, in lotta con se stesso prima che con gli altri, tormentato da passioni e rimorsi, alle prese con i vecchi rancori del fratello Garrick e con il figlio Dirk, il quale già «ruggisce più forte dei leone che lo ha generato». Dopo cinque anni di vedovanza, Sean s'innamora di nuovo, però Ruth è un tipo di donna che gli è sconosciuto: tenera ma autonoma, intraprendente, ribelle. E la donna del «tempo nuovo» presentito e che si è definitivamente instaurato, con il quale Sean è chiamato a misurarsi. Grazie al cieco gioco dei destino ha riconquistato tutto: accanto alle stalle dei cavalli adesso ha parcheggiato la Rolls, i recinti delle mandrie hanno lasciato il posto alle piantagioni e agli stabilimenti, e Sean deve tenere a freno i pugni (non riuscendovi sempre) ora che la lotta si è spostata dagli sterminati spazi selvaggi al terreno della politica. Non è una lotta meno dura o più avara di colpi di scena: questi anzi si susseguono con il ritmo incalzante tipico di quel gran maestro della suspense che è Wilbur Smith. WILBUR SMITH. Wilbur Smith è nato nel 1933 nella Rhodesia dei Nord (l'attuale Zambia), ma è cresciuto e ha studiato nella Repubblica Sudafricana. La stampa lo definisce il più importante scrittore di avventura del nostro tempo». LA VOCE DEL TUONO. Questo libro è per i miei figli Shaun, Lawrence e Christian Laurie. Pagina 1
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) 1. Quattro anni di viaggio nella foresta, lontano da ogni strada, avevano ridotto i carri a malpartito. Molti raggi e timoni erano stati rifatti con legno dei bushveld; i teloni di copertura avevano tante toppe che la stoffa originale era appena visibile; decimati dai predatori e dalle malattie, i tiri erano ridotti da diciotto a dieci buoi per carro. Tuttavia quella piccola ed esausta carovana trasportava le zanne di cinquecento elefanti: dieci tonnellate d'avorio, il frutto della carabina di Sean Courteney; avorio che, appena arrivato a Pretoria, egli avrebbe convertito in circa quindicimila sterline d'oro. Sean era di nuovo un uomo ricco. I suoi indumenti erano sformati, coperti di macchie e tenuti insieme da rozzi rammendi; gli stivali dalle tomaie terribilmente logore erano risuolati con pelle di bufalo non conciata; una lunga barba incolta gli copriva metà dei petto, e i capelli neri gli scendevano sul collo, dove erano stati tagliati, all'altezza del bavero della giubba, con un paio di forbici che non dovevano essere troppo affilate. Ma, a dispetto delle apparenze, Sean era ricco d'avorio, oltre che dell'oro depositato nei sotterranei della Volkskaas Bank di Pretoria. Fermò il cavallo su un rialzo dei terreno di fianco alla strada e guardò i carri che avanzavano ondeggiando. Ora posso sistemarmi, pensò con soddisfazione. Trentasette anni, non sono piú un giovanotto. E' arrivato il momento di comprare la fattoria. Aveva già scelto il terreno e il luogo preciso in cui avrebbe costruito la sua casa: vicino al bordo della scarpata, in modo da potersi sedere in veranda, la sera, a guardare oltre i pianori, nella lontananza blu, il fiume Tugela. « Domattina presto arriveremo a Pretoria. » La voce accanto a lui interruppe le sue fantasticherie, e Sean si girò sulla sella per guardare lo zulu accoccolato di fianco al cavallo. « E' stata una buona caccia, Mbejane. » «Sì, Nkosi, abbiamo ucciso molti elefanti», annuì Mbejane, e Sean notò per la prima volta i fili d'argento nella cupola crespa dei suoi capelli. Neppure lui era piú un giovanotto. « Abbiamo fatto molte marce», aggiunse Sean, e Mbejane chinò di nuovo il capo in segno di assenso. «Alla lunga un uomo si stanca del trek », rifletté Sean a voce alta. «Arriva un momento in cui desidera con tutta l'anima dormire due volte nello stesso posto. » «E sentire il canto delle sue mogli che lavorano nei campi », rincarò Mbejane, « e vedere le sue bestie che rientrano nel kraal al crepuscolo, condotte dai suoi figli. » «Questo momento è arrivato, per noi, amico mio. Torniamo a casa, a Ladyburg. » Le due lance risuonarono sullo scudo di pelle non conciata, mentre Mbejane balzava in piedi, i muscoli guizzanti sotto il velluto nero della pelle, alzava la testa verso Sean e schiudeva le labbra in un sorriso: un miracolo di denti bianchi e di splendore. Sean non poté fare a meno di ricambiarlo, e i due si guardarono sogghignando come due ragazzi che abbiano appena portato a buon fine una birbonata. « Se forziamo l'andatura dei buoi in quest'ultimo giorno, Nkosi, possiamo arrivare a Pretoria stasera. » «Proviamo», lo incoraggiò Sean, dirigendo il cavallo verso la scarpata per intercettare la carovana. Mentre muoveva verso quella nello splendore candido del mattino africano, una certa agitazione, a partire dalla coda, si diffuse rapidamente lungo la colonna; i cani latrarono e i servi levarono grida d'incitamento al giovane cavaliere che sfrecciò loro accanto, galoppando verso la testa della carovana. Piegato sulla sella, spronava il pony con i gomiti e i talloni, il cappello ciondolante dal laccio di cuoio intorno al collo, i capelli neri scompigliati dalla velocità della corsa. «Quel cucciolo ruggisce piú forte del leone che l'ha generato», borbottò Mbejane, ma c'era una grande tenerezza sul suo volto, mentre guardava il ragazzo raggiungere il carro di testa e fermare il Pagina 2
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) cavallo con una brusca impennata. « E rovina la bocca di tutte le bestie che monta.» La voce di Sean era dura come quella di Mbejane, e altrettanto tenera l'espressione dei suoi occhi, mentre guardava il figlio tagliare la fune che assicurava al pomo della sella il corpo bruno di un'antilope, lasciandolo cadere sulla strada, accanto al carro. Due dei conducenti si affrettarono a raccoglierlo. Dirk Courteney incitò il pony con i talloni e galoppò verso il punto in cui Sean e Mbejane aspettavano la carovana. « Una sola? » chiese Sean, mentre Dirk arrestava l'animale e lo faceva ruotare sulle zampe posteriori per mettersi al suo fianco. «Oh, no. Ne ho abbattute tre. Con tre colpi. I portatori hanno le altre due. » Disinvolto, come considerando naturale che a nove anni dovesse procurare la carne per tutta la carovana, Dirk si sistemò un pò di sghembo sulla sella, tenendo le redini con una mano e posando negligentemente l'altra su un fianco, in fedele imitazione del padre. Aggrottando un poco la fronte per nascondere l'intensità del proprio orgoglio e del proprio amore, Sean esaminò, senza darlo a vedere, il figlio. La bellezza di quel volto era quasi indecente, l'innocenza degli occhi e la pelle perfetta si sarebbero meglio adattate a una ragazza. Il sole traeva riflessi rossicci dalla massa dei riccioli bruni, gli occhi verdi, ben distanziati fra loro, erano orlati da lunghe ciglia nere e sormontati dalla linea delicata delle sopracciglia. Occhi di smeraldo, pelle dorata, rubini nei capelli: una testa modellata da un gioielliere. Poi Sean guardò la bocca e provò un certo disappunto. Era eccessivamente grande, con labbra troppo larghe e morbide. Per la sua forma irregolare si aveva sempre l'impressione che il ragazzo stesse per mettere il broncio o per frignare. «Oggi marceremo tutto il giorno, Dirk. Niente soste finché arriviamo a Pretoria. Torna indietro e dillo ai conducenti. » «Manda Mbejane. Non sta facendo niente. » « L'ho detto a te. » « Accidenti, papà! Ho sgobbato abbastanza per oggi.» «Va', maledizione! » ruggì Sean con eccessiva violenza « Sono appena tornato, non è giusto che... » cominciò Dirk, ma Sean non lo lasciò finire. «Ogni volta che ti chiedo di fare qualcosa, ti metti a discutere. Ubbidisci! » Si fissarono negli occhi; Sean irritato e Dirk risentito. Sean ravvisò con sgomento quel l'espressione, preludio delle prove di forza che stavano diventando sempre piú frequenti fra di loro. Si sarebbe conclusa come la maggior parte delle precedenti, con Sean che doveva ammettere la propria sconfitta e ricorrere allo sjambok? Quand'era stata l'ultima volta? Due settimane prima: Sean aveva rimproverato Dirk per cose di poco conto riguardo alla cura dei suo pony. Dirk era rimasto in silenzio, accigliato, ad attendere che Sean finisse di parlare, poi se n'era andato tra i carri. Senza piú pensare alla cosa, Sean stava chiacchierando con Mbejane, quando nell'accampamento era risuonato un guaito di dolore e Sean era corso a vedere. Al centro del cerchio di carri c'era Dirk. Il suo viso era ancora infiammato di rabbia e ai suoi piedi uno dei cagnolini non ancora svezzati si rotolava e guaiva, con le costole spezzate da un calcio del ragazzo. Furioso, Sean aveva picchiato Dirk, ma, nonostante la sua collera, aveva usato una corda e non lo sjambok di pelle l'ippopotamo. Poi gli aveva ordinato di andarsene sul carro. A mezzogiorno l'aveva mandato a chiamare perché chiedesse scusa, ma Dirk, senza piangere, le labbra e le mascelle contratte, si era rifiutato. Sean lo aveva picchiato di nuovo con la corda... Questa volta a freddo, non in un impeto di collera. Dirk non si era piegato. Infine, vinto dal disappunto, Sean aveva preso lo sjambok. Per dieci sibilanti colpi, ognuno dei quali si concludeva con un penoso schiocco sulle sue natiche, Dirk non aveva disserrato i denti. Il suo corpo sussultava lievemente a ogni frustata, ma il ragazzo non parlava, e Sean aveva continuato a colpirlo, con un senso di nausea allo stomaco e coi sudore della vergogna e del senso di colpa che gli Pagina 3
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) colava negli occhi, alzando e abbassando meccanicamente lo sjambok, le dita contratte intorno all'impugnatura, la bocca piena di saliva acida. Quando Dirk finalmente aveva gridato, Sean aveva lasciato cadere l'orribile frusta e si era appoggiato alla fiancata di un carro, cercando di ricacciare indietro la nausea che gli saliva alla gola. Dirk aveva continuato a gridare, allora il padre lo aveva stretto a sé, abbracciandolo forte. «Mi spiace, Pa'! Mi spiace. Non lo farò piú, te lo prometto. Ti voglio bene, ti voglio bene piú che a chiunque altro. Non lo farò piú, davvero, davvero», urlava Dirk, mentre si tenevano stretti. Per giorni, in seguito, nessuno dei servi aveva sorriso a Sean, né gli aveva rivolto la parola, salvo che per assentire a un ordine. Infatti non c'era nessuno tra loro, Mbejane incluso, che non fosse pronto a mentire, ingannare e rubare perché Dirk Courteney avesse tutto quello che desiderava nel momento stesso in cui lo desiderava. E potevano odiare chiunque glielo rifiutasse, compreso Sean. Ciò era accaduto due settimane prima. Ora dovremo ripetere tutto? pensò Sean, guardando quella bocca sgradevole. Invece, a un tratto, Dirk sorrise. Fu uno di quei bruschi cambiamenti d'umore che lasciavano Sean un pò sconcertato. Infatti, quando il figlio sorrideva, la sua bocca diventava bella. Allora diventava irresistibile. «Vado, papà. » Allegramente, come se lo facesse di propria volontà, Dirk spronò il pony e tornò al trotto verso i carri. « Piccola canaglia insolente!» borbottò Sean per salvare la faccia agli occhi di Mbejane, ma dentro di sé pensava alla propria parte di colpa. Aveva allevato Dirk con un carro coperto come casa, il veld come scuola, uomini adulti come compagni e l'autorità su di essi come proprio, indiscutibile diritto di nascita. Poiché sua madre era morta cinque anni prima, Dirk non aveva conosciuto l'influenza moderatrice di una donna. Non c'era da meravigliarsi che fosse un selvaggio. Sean scacciò il ricordo della madre di Dirk. Anche questo si accompagnava a un forte sentimento di colpa, contro il quale aveva lottato per anni. Lei era morta, ormai. Non c'era nulla da guadagnare a torturarsi. Scacciò anche l'umor nero che stava sommergendo la felicità di pochi minuti prima, colpì con le briglie il collo dei cavallo e lo condusse sulla strada: verso sud, in direzione della bassa linea di colline all'orizzonte, verso sud, in direzione di Pretoria. E' un selvaggio, ma una volta sistemati a Ladyburg si raddrizzerà, pensò Sean. A scuola gli toglieranno i grilli dalla testa e a casa io gli insegnerò le buone maniere. Si raddrizzerà, di sicuro. Quella sera del 3 dicembre 1899 Sean fece scendere i carri dalle colline e formò il laager sul bordo del fiume Apies. Dopo mangiato, mandò Dirk a dormire nel carro adibito ad abitazione, poi salì da solo sulla cresta di un colle e si voltò a guardare dietro di sé, a settentrione. Grigio-argento nella luce della luna il veld si stendeva silenzioso e sconfinato. Quella era la vecchia vita. Bruscamente fece dietro front e scese verso le luci della città che gli ammiccavano dalla vallata sottostante. 2. L'ordine di restare coi carri aveva provocato un piccolo litigio con Dirk, perciò Sean era di malumore quando, la mattina dopo, attraversò il ponte sull'Apies ed entrò in città. Accanto a lui, Mbejane correva per tenere il passo col cavallo del padrone. Assorto nei suoi pensieri, Sean arrivò fino in Church Street, prima di notare l'insolita attività che lo circondava. Una colonna di cavalieri lo costrinse a fermare il suo animale su un lato della strada. Sean la guardò passare con interesse. Erano tutti boeri, abbigliati con un miscuglio d'indumenti acquistati e fatti in casa, e cavalcavano in quella che con un pò di fantasia si poteva chiamare colonna per quattro. Ma fu il loro numero a suscitare la curiosità di Sean. Perdio, dovevano essere almePagina 4
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) no duemila, ragazzi giovanissimi e uomini dalle barbe grigie, ciascuno con due cartucciere incrociate sul petto e, accanto al ginocchio sinistro, il calcio di un Mauser a ripetizione che spuntava dal fodero. Coperte arrotolate e legate alle selle, pentolini e borracce che sbattevano gli uni contro le altre, sfilarono lungo Church Street. Non potevano esservi dubbi. Quei cavalieri andavano alla guerra. Dai marciapiedi le donne e alcuni uomini lanciavano grida d'incoraggiamento. « Geluk hoor! Mirate giusto. » « Spoedige terugkoms. » I cavalieri ridevano e rispondevano sullo stesso tono. Sean si chinò su una graziosa ragazza che si trovava accanto al suo cavallo. Agitava una sciarpa rossa e Sean vide che, benché sorridesse, aveva le ciglia imperlate di lacrime, simili a rugiada su fili d'erba. «Dove vanno?» chiese, urlando per sovrastare il frastuono della cavalcata. La ragazza alzò la testa e quella mossa liberò una lacrima che scivolò lungo la guancia e si staccò dal mento, lasciando una macchiolina umida sul davanti della camicetta. «Al treno, naturalmente. » « Al treno? Che treno? » «Guardi, ecco i cannoni.» Sbigottito, Sean alzò lo sguardo sui due pezzi d'artiglieria che passavano con gran fracasso. Cannonieri in uniformi blu, guarnite d'alamari d'oro, sedevano rigidamente sugli affusti, i cavalli chinavano la testa per effetto dell'immenso peso dei cannoni. Alte ruote cerchiate di ferro, bronzo scintillante delle culatte in contrasto con il grigio scuro delle canne. « Mio Dio! » bisbigliò Sean. Poi si voltò di nuovo verso la ragazza e le afferrò una spalla, scuotendola in preda all'agitazione. « Dove vanno? Me lo dica, presto! » «Menheer!» esclamò lei, irritata, liberandosi dalla sua stretta. « La prego, mi scusi! Dovevo saperlo! » le gridò dietro Sean, mentre la ragazza spariva tra la folla. Per un minuto Sean rimase stupefatto, poi il suo cervello riprese a lavorare. Dunque c'era la guerra. Ma dove e contro chi? Nessuna insurrezione tribale poteva richiedere un simile spiegamento di forze. Quei cannoni erano le armi piú moderne che Sean avesse mai veduto. No, era una guerra tra bianchi. Contro la Repubblica dell'Orange? Impossibile, erano alleati. Contro gli inglesi, allora? L'idea lo sgomentò. Eppure... Eppure cinque anni prima erano circolate voci di un possibile conflitto. Ed era già accaduto in passato. Ricordò il 1895 e il raid di Jameson. Poteva essere avvenuta qualsiasi cosa durante il lungo periodo in cui Sean era rimasto tagliato fuori dalla civiltà. E adesso, ignaro di tutto, c'era piombato nel mezzo. Valutò rapidamente la propria posizione. Egli era inglese. Nato nel Natal sotto l'Union Jack. Sembrava un boero, parlava come un boero, cavalcava come un boero, era nato in Africa e non l'aveva mai lasciata; ma tecnicamente era altrettanto inglese che se avesse visto la luce entro la City di Londra. Ammesso che la guerra fosse tra la Repubblica e la Gran Bretagna e supponendo che i boeri lo catturassero, cosa avrebbero fatto di Sean Courteney? L'avorio e i carri sarebbero stati certamente confiscati e lui gettato in prigione, magari fucilato come spia! « Devo filarmela da qui», mormorò, poi disse a Mbejane: « Andiamo. Torniamo ai carri, presto! ». Ma, prima di raggiungere il ponte, cambiò idea. Doveva sapere con certezza cosa stava accadendo. C'era una persona cui poteva rivolgersi e decise di correre il rischio. «Mbejane, corri al campo. Trova lo Nkosizana Dirk e tienilo là, legato, se occorresse. Non parlare con nessuno e, se ti è cara la pelle, impedisci che Dirk parli con chicchessia. Capito?» «Capito, Nkosi.» Poi Sean, secondo tutte le apparenze boero tra boeri, si aprì lenPagina 5
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) tamente la strada tra la folla e la ressa dei carri verso un grande emporio ai margini della città, vicino alla stazione ferroviaria. Dall'ultima volta che l'aveva vista, l'insegna sopra la porta era stata ridipinta a nuovo in rosso e oro: « I. Goidberg. Importazione & Esportazione, Rappresentanza di Macchine Minerarie, Commercio al Minuto e all'Ingrosso, Si acquistano Oro, Gemme, Pelli, Avorio e Altri Prodotti Naturali ». Nonostante la guerra, o grazie a essa, l'emporio del signor Goldberg faceva buoni affari. Il locale era gremito, e Sean scivolò inosservato tra i clienti, alla ricerca dei proprietario. Lo trovò che contrattava un sacco di caffè in chicchi con un tipo chiaramente scettico riguardo alla qualità del prodotto. La discussione sui pregi del caffè dei signor Goldberg, in confronto a quello del suo concorrente al lato opposto della strada, stava diventando tecnica e appassionata. Sean si appoggiò a uno scaffale colmo di mercanzia, riempì la pipa, l'accese e osservò il signor Goldberg in azione. Avrebbe dovuto fare l'avvocato, le sue argomentazioni erano così appassionate che convinsero prima Sean e infine il cliente. Quest'ultimo pagò, si caricò il sacco in spalla e, brontolando, si aprì un varco fino all'uscita, lasciando il signor Goldberg sudato e rosso in volto. « Vedo che non è dimagrito, Izzy », disse Sean a mo' di saluto. Goldberg lo scrutò incerto da sopra gli occhiali, cominciando a sorridere, poi lo riconobbe e il sorriso si spense. Sbatté le palpebre per la sorpresa, mosse il capo in un cenno d'invito che gli fece tremolare le guance e sparì nel retrobottega. Sean lo seguì. «E' pazzo, signor Courteney?» lo accolse Goldberg, tremando per l'agitazione. « Se la prendono... » «Senta, Izzy. Sono arrivato ieri sera e sono quattro anni che non parlo con un bianco. Cosa diavolo sta succedendo? » « Non sa niente? » « No, maledizione! » « C'è la guerra, signor Courteney. » « Questo lo vedo. Ma dove? E contro chi? » « Su tutti i confini... Il Natal, il Capo. » « Contro? » « L'Impero Britannico. » Goldberg scosse la testa, come se non credesse alle proprie parole. « Siamo in guerra contro tutto l'Impero Britannico. » « Siamo, chi? » « La Repubblica del Transvaal e lo Stato libero d'Orange. Abbiamo già ottenuto grandi vittorie... Ladyburg è assediata, Kimberley, Mafeking... » « E qual è la sua posizione personale, Izzy? » « Io sono nato a Pretoria. Sono un boero. » « Intende denunciarmi? » « No, certo che no. Come potrei denunciare un uomo che è stato mio buon cliente per tanti anni? » « Grazie, Izzy. Senta, devo andarmene da qui il piú presto possibile. » « Sarebbe una saggia decisione. » « Cosa dice del mio denaro alla Volkskaas? Posso ritirarlo? » Izzy scosse tristemente la testa. « Hanno congelato tutti i conti inglesi. » « Maledizione! » imprecò Sean, « maledizione! » Poi: « Izzy, ho venti carri e dieci tonnellate d'avorio appena fuori città... Le interessano? ». « Quanto? » « Diecimila per tutto; buoi, carri, avorio... Tutto. » «Non sarebbe patriottico, signor Courteney», tentennò Goldberg, « commerciare con il nemico... Inoltre, chi mi assicura che siano proprio dieci tonnellate? » « Accidenti, Izzy, io non sono l'esercito britannico... Tutta quella roba vale almeno ventimila sterline! » «Vuole che compri a scatola chiusa, pronta cassa e nessuna domanda? D'accordo. Le darò quattromila sterline. In oro. » « Sette. » « Quattro e mezzo», replicò Izzy. Pagina 6
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « No, dannazione. Cinque! » ringhiò Sean. « Cinque? » « Cinque! » « Va bene, cinque. » « Grazie, Izzy. » « Piacere mio, signor Courteney. » Sean gli spiegò in fretta dove si trovavano i carri. «Può mandare qualcuno a prenderli. Io partirò per il Natal appena farà buio. » « Si tenga lontano dalle strade e soprattutto dalla ferrovia. Joubert ha trentamila uomini nel Natal settentrionale, ammassati intorno a Ladyburg e sulle alture dei Tugela. » Goidberg andò alla cassa e prese cinque sacchetti di tela. « Vuole contarle? » « Mi fido di lei, come lei si è fidato di me. Arrivederci, Izzy. » Sean si ficcò i pesanti sacchetti nella camicia e li distribuì al di sopra della cintura. « Arrivederci, signor Courteney. » 3. Restavano due ore di luce, quando Sean finì di pagare gli uomini. Spinse l'esigua pila di sterline attraverso la ribalta del carro verso l'ultimo dipendente ed eseguì il complicato rituale dell'addio, il battito delle palme e la stretta di mano, la ripetizione delle frasi formali; poi si alzò dalla sedia e lanciò un'occhiata tutt'attorno. Gli uomini stavano pazientemente accoccolati e lo guardavano con inespressive facce nere; ma, riflesso da quei volti, Sean vedeva il suo stesso dolore per quella separazione. Uomini con cui aveva vissuto e lavorato e condiviso mille pericoli. Non era facile lasciarli, ora. «Finito», disse. « Yebho, finito», assentirono in coro, ma nessuno si mosse. « Andate, accidenti a voi! » Lentamente, uno tra loro si alzò e raccolse il fagotto dei propri beni, un kaross (l'indispensabile coperta di pelle), due lance, una camicia donatagli da Sean. «Nkosi!» disse, e alzò il pugno in segno di saluto. « Nonga », rispose Sean. L'uomo si voltò e uscì dal laager. « Nkosi! » « Hlubi. » « Nkosi! » « Zama. » Una specie di appello: Sean pronunciò i loro nomi per l'ultima volta e, a uno a uno, gli uomini uscirono dal cerchio di carri. Sean lì guardò allontanarsi nel crepuscolo. Nessuno si voltò indietro e ciascuno andò per proprio conto. Era finita. Stancamente Sean si voltò verso il campo. I cavalli erano pronti. Tre con le selle, due carichi d'involti. « Prima mangeremo, Mbejane. » « E' pronto, Nkosi. Hlubi ha cucinato, prima di andarsene. » « Vieni, Dirk. A cena. » Il ragazzo fu l'unico a parlare durante il pasto. Chiacchierava allegramente, eccitato dalla nuova avventura, mentre Sean e Mbejane ingurgitavano il grasso stufato di Hlubi, senza quasi sentirne il sapore. Lontano, nella crescente oscurità, uno sciacallo ululò, un urlo solitario nel vento della sera che ben s'accordava con l'umore di un uomo che aveva perduto amici e ricchezza. «E ora. » Sean infilò la giacca di pelle di montone e l'abbottonò, mentre si alzava per soffocare il fuoco coi piedi. Ma all'improvviso s'arrestò e rimase in ascolto, la testa piegata di lato. C'era un nuovo rumore nel vento. «Cavalli», confermò Mbejane. « Presto, il fucile! » Lo zulu balzò in piedi, corse ai cavalli e sfilò dal fodero l'arma di Sean. «Allontanati dalla luce e tieni la bocca chiusa», ordinò Sean, spingendo Dirk nell'ombra, tra i carri. Poi afferrò il fucile dalle mani di Mbejane, lo caricò e si accoccolò accanto al figlio e al negro, in attesa. Pagina 7
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sassi che rotolavano sotto gli zoccoli, lievi fruscii di rami smossi. «Un uomo solo», bisbigliò Mbejane. Uno dei cavalli col carico lanciò un breve nitrito e ricevette un'immediata risposta dal buio. Poi ancora silenzio, un lungo silenzio rotto alla fine dal tintinnio di una briglia, quando il cavaliere smontò. Allora Sean intravide una figura snella che emergeva lentamente dalla notte, e alzò il fucile per tenere lo sconosciuto sotto tiro. C'era qualcosa d'insolito nella sua andatura, aggraziata ma con uno strano dondolio dei fianchi, le gambe erano lunghe come quelle di un puledro, e Sean capì che era giovane, molto giovane a giudicare dalla statura. Con sollievo si drizzò dalla scomoda posizione ed esaminò a proprio agio il nuovo arrivato, che si fermò incerto accanto al fuoco, scrutando il buio. Il ragazzo portava un berretto a visiera calato sugli occhi e una costosa giacca di camoscio color miele. I pantaloni da cavallerizzo erano confezionati alla perfezione e aderivano strettamente alle natiche. Sean si disse che quel fondoschiena era troppo voluminoso e del tutto sproporzionato ai minuscoli piedi che calzavano lucidi stivali inglesi da equitazione. Un vero damerino, si disse ancora, e fu in tono sprezzante che intimò: « Fermo dove sei, amico. Che cosa cerchi? ». La domanda di Sean ebbe un effetto inatteso. Il ragazzo saltò, le suole dei suoi scintillanti stivali si sollevarono di parecchi centimetri dal suolo e, quando vi ricaddero, si ritrovò di fronte a Sean. « Parla. Non ho tutta la notte a disposizione. » Il ragazzo aprì la bocca, la richiuse, si passò la lingua sulle labbra e disse a bassa voce: « Ho saputo che andate nel Natal ». « Chi te l'ha detto? » « Mio zio. » « Chi è tuo zio? » « Isaac Goldberg. » Mentre assimilava questa informazione, Sean esaminò il volto del ragazzo. Glabro, pallido, con grandi occhi scuri e una bocca fatta per sorridere, anche se, in quel momento, era assottigliata dalla paura. « E se anche fosse? » chiese Sean. « Voglio venire con voi. » « Scordatelo. Rimonta sul tuo cavallo e tornatene a casa. » « La pagherò... La pagherò bene. » Fosse la voce o il portamento, Sean si disse che c'era qualcosa di molto strano in quel ragazzo. Teneva con entrambe le mani una piatta borsa di cuoio sul petto, quasi che volesse difendere, come se stesse proteggendo... Che cosa? E a un tratto Sean capì. « Togliti il berretto », ordinò. « No. » « Toglilo. » Il ragazzo esitò ancora un momento, poi, con gesto quasi di sfida, si strappò il berretto dal capo: due folte trecce nere, rilucenti al bagliore delle fiamme, ricaddero fino alla vita, trasformando il goffo ragazzo in una donna stupenda. Benché lo avesse immaginato, Sean non era pronto allo shock di quella rivelazione. A provocarlo non fu tanto la bellezza della ragazza, quanto il suo abbigliamento. Sean non aveva mai visto una donna in calzoni, e rimase a bocca aperta. Calzoni, perdio, tanto valeva che fosse nuda dalla cintola in giú... Anzi, in quest'ultimo caso sarebbe stata meno indecente. « Duecento sterline... » Ora la ragazza avanzava verso di lui, porgendo la borsa. A ogni passo la stoffa dei pantaloni si tendeva sulle cosce, e Sean dovette fare uno sforzo per riportare gli occhi sul suo volto. « Si tenga il suo denaro, signora.» Gli occhi della ragazza erano grigi. Grigio fumo. «Duecento in acconto, e altrettante quando arriveremo nel Natal. » « Non sono interessato. » Ma lo era: a quelle morbide labbra che cominciavano a tremare. « Quanto allora? Dica il suo prezzo. » Pagina 8
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Senta, signora, non sto guidando un corteo. Siamo già in tre... e uno è un bambino. Ci aspetta un duro viaggio a cavallo, e fra qui e il Natal c'è un esercito di boeri. Le nostre probabilità sono già abbastanza esigue così. Se si aggiungesse una quarta persona, e oltre tutto donna, diventerebbero pressoché nulle. Non voglio il suo denaro, desidero soltanto portare mio figlio al sicuro. Torni a casa e aspetti che questa guerra sia finita... Non durerà a lungo. » « Io vado nel Natal. » «E va bene, ci vada... Ma non con noi. » Sean non era sicuro di poter resistere ancora per molto al fascino di quegli occhi grigi e si rivolse a Mbejane. «A cavallo», ordinò, allontanandosi da lei. La giovane donna non gli staccò gli occhi di dosso mentre salivano in sella. Sembrava molto piccola e sola quando Sean la guardò dall'alto del cavallo. «Mi spiace», grugnì. «Adesso torni a casa, da brava», e, voltato il cavallo, scomparve al trotto nell'oscurità. Cavalcarono per tutta la notte in direzione est, nella pianura illuminata dalla luna. Mentre passavano accanto a una casa buia, un cane abbaiò; fecero una piccola deviazione, poi puntarono di nuovo a oriente, tenendo alla loro destra la Croce del Sud. Quando Dirk si addormentò in sella e scivolò di lato, Sean lo afferrò prima che toccasse il suolo, lo prese in grembo e lo tenne così per il resto della notte. Prima dell'alba giunsero a una macchia di cespugli sulla riva di un corso d'acqua, impastoiarono i cavalli e si accamparono. Mbejane aveva messo a bollire il gavettino su un piccolo fuoco ben schermato e Sean aveva appena avvolto il figlio addormentato nelle coperte, quando la ragazza emerse dalla macchia e balzò giú di sella. «Vi ho quasi perduto due volte», disse, ridendo e togliendosi il berretto. «Ho avuto una paura terribile. » Le trecce lucenti caddero di nuovo fino alla vita. «Caffè! Oh, bene, sono affamata. » Sean si alzò minacciosamente in piedi e la fissò stringendo i pugni, ma, senza lasciarsi intimidire, la ragazza impastoiò il suo cavallo e lo lasciò libero prima di dedicare nuovamente la sua attenzione a Sean. «Non faccia cerimonie, si sieda, prego.» E ridacchiò con tanta malizia negli occhi grigi, scimmiottando, con le mani su quei fianchi indecenti, la posa di Sean, che Courteney si sorprese a sorridere. Cercò di trattenersi, perché era come ammettere la resa, ma i suoi sforzi erano così vani che fu la ragazza a scoppiare in un'allegra risata. « Com'è la sua cucina? » le domandò Sean. « Così così. » « Farà meglio a darle una ripassata, perché d'ora in poi dovrà guadagnarsi il passaggio. » Piú tardi, dopo che ebbe assaggiato il primo boccone, Sean ammise a malincuore: «Non male... Date le circostanze », e in un baleno vuotò il piatto, ripulendolo con un pezzo di pane. «Troppo gentile, signore», lo ringraziò la ragazza, poi portò la sua coperta all'ombra, la stese, si sfilò gli stivali, agitò le dita dei piedi e si sdraiò con un sospiro. Sean sistemò con cura il proprio giaciglio in modo che, socchiudendo appena gli occhi, potesse vederla senza muovere la testa, da sotto la tesa del cappello che gli ricadeva sul volto. Si svegliò a mezzogiorno e vide che la ragazza dormiva con una guancia poggiata sulla mano aperta. Le lunghe ciglia erano arruffate e alcune ciocche brune, liberatesi dalle trecce, le attraversavano il volto sudato e arrossato dal caldo. Sean la contemplò a lungo, prima di alzarsi pian piano e attraversare il campo per prendere qualcosa dalle sacche della sella. Quando scese al corso d'acqua, portava con sé una busta di tela con l'occorrente per la toletta, l'unico paio di calzoni decenti che gli restavano e una linda camicia di seta. Seduto su una roccia accanto all'acqua, nudo dopo il bagno, contemplò il proprio volto nello specchio d'acciaio lucente. «E' una vera impresa», sospirò, cominciando a tagliare la foresta di peli che da tre anni non conosceva le forbici. All'imbrunire, pieno di sé come una fanciulla nel suo primo abito da sera, Sean tornò al campo. Erano tutti svegli. Dirk e la ragazza sedevano insieme sulla coperta di lei, così immersi in un'animata Pagina 9
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) conversazione che nessuno dei due si accorse del suo arrivo. Mbejane stava attizzando il fuoco; accosciato com'era, spostò il peso del corpo dalla punta dei piedi ai talloni ed esaminò Sean senza cambiare espressione. «Sarà meglio che mangiamo e partiamo subito. » Dirk e la ragazza lo guardarono. Gli occhi di lei si restririsero, poi si spalancarono, pensosi. Dirk lo fissò a bocca aperta. « La tua barba è diventata buffa... » dichiarò, e la ragazza tentò disperatamente di reprimere il riso. «Arrotola le tue coperte, ragazzo», bofonchiò Sean, tentando di fargli cambiare argomento, ma, come un mastino, Dirk non demorse: « ... E come mai ti sei messo i vestiti buoni, Pa? » 4. Cavalcavano a fianco a fianco nel buio, Dirk tra Sean e la ragazza, Mbejane dietro coi cavalli da soma. Il terreno saliva e scendeva sotto di loro come i fiutti di un mare sconfinato, e il modo in cui l'erba si muoveva al vento notturno rafforzava l'illusione delle onde. Le masse scure dei kopjes erano isole e l'urlo di uno sciacallo era il grido di un uccello marino. La ragazza ruppe il silenzio, e la sua voce si fuse con il morbido suono dei vento: « Non ci stiamo spingendo troppo a est? ». « Deliberatamente », rispose Sean. « Voglio attraversare l'estremità della catena del Drakensberg passando molto alla larga dalle concentrazioni boere intorno a Ladyburg e dalla strada ferrata. » La guardò al di sopra della testa di Dirk: cavalcava con il volto levato verso il cielo. « Conosce le stelle? » le chiese. « Un pò. » « Io le conosco tutte», si vantò Dirk, e puntò il dito verso la parte meridionale dei cielo. « Quella è la Croce dei Sud con i due bracci, quell'altra è Orione con la spada alla cintura, e quella è la Via Lattea. » « Dimmene qualche altra », lo incitò la ragazza. « Le altre sono stelle comuni... Non contano. Non hanno nemmeno un nome. » « Oh sì, invece, e la maggior parte ha anche una storia. » Ci fu una pausa. Ora Dirk si trovava in una posizione difficile; doveva ammettere la propria ignoranza - ma era troppo orgoglioso per inghiottire quel rospo con facilità -, oppure rinunciare a quella che prometteva d'essere una bellissima serie di storie. Per quanto grande fosse il suo orgoglio, la sua sete di storie lo era ben di piú. « Raccontamene qualcuna », finì col dire. «Vedi quel gruppo di stelline lassú, sotto quella grande e luminosa? Si chiamano le Sette Sorelle. Devi sapere che una volta, tanto tempo fa... » Pochi minuti dopo Dirk era completamente avvinto dalla narrazione. Erano storie ancora piú belle di quelle di Mbejane... Probabilmente perché erano nuove, mentre Dirk avrebbe potuto recitare a memoria l'intero repertorio dello zulu. Si buttava su ogni punto debole della trama come un pubblico ministero. « Ma perché non hanno sparato alla vecchia strega?» « Non avevano armi da fuoco a quei tempi. » « Allora con arco e frecce. » « Non si può uccidere una strega con l'arco. La freccia le passa attraverso... Psst... Senza ferirla. » « Accidenti! » Era una cosa davvero impressionante, ma prima di accettarla Dirk stimò necessaria l'opinione di un esperto. Si rivolse a Mbejane, traducendogli la questione in zulu. Quando anche lui sostenne la ragazza, Dirk non ebbe piú dubbi, perché Mbejane era un'indiscussa autorità in materia di sovrannaturale. Quella notte Dirk non si addormentò in sella, e quando si accamparono, prima dell'alba, la ragazza era rauca a forza di raccontare, ma la sua conquista di Dirk era completa e quella di Sean molto prossima. Pagina 10
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Per tutto quel tempo, ascoltando la sua voce e i bassi scoppi di risa che la costellavano, Sean aveva sentito che il seme piantato al momento del loro primo incontro stava mettendo radici nei suoi lombi e allungando viticci nel suo petto. Desiderava quella donna al punto che, in sua presenza, diventava stupido. Molte volte durante la notte aveva tentato di prender parte alle discussioni, ma Dirk aveva sempre ignorato i suoi sforzi pungolando avidamente la ragazza. Verso l'alba Sean aveva fatto la seccante scoperta d'esser geloso del proprio figlio... Geloso dell'attenzione che Dirk otteneva e che lui desiderava con tanta forza. Mentre bevevano il caffè dopo la colazione del mattino, sdraiati sulle coperte in un boschetto fitto, Sean osservò: « Non ci ha ancora detto il suo nome». E naturalmente fu Dirk a rispondere: « A me si. Si chiama Ruth... Non è vero? ». « Vero, Dirk. » Con sforzo Sean controllò la rabbia insensata che ribolliva in lui, ma, quando parlò, la sua voce ne conservava ancora forti tracce. « Ti abbiamo ascoltato abbastanza tutta la notte, ragazzo. Ora metti giú la testa, chiudi gli occhi e la bocca, e resta così. » « Ma io non ho sonno, Pa'. » « Fa' quello che ti dico! » ringhiò Sean e, balzato in piedi, uscì a grandi passi dall'accampamento e salì sul kopje sovrastante. Ormai era giorno fatto ed egli scrutò il veld da ogni parte. Nessuna traccia di uomini o di abitazioni. Ridiscese e controllò le pastoie dei cavalli, prima di tornare nella fitta macchia d'alberi. Nonostante le proteste, Dirk dormiva già, raggomitolato come un cucciolo, e da un grosso involto di coperte, vicino al fuoco, usciva l'inconfondibile russare di Mbejane. Ruth era sdraiata un pò discosta da loro, con una coperta gettata sulle gambe: il davanti della sua camicetta che si alzava e si abbassava in modo ritmico diede a Sean due buone ragioni per non prendere sonno. Giacque puntellato su un gomito, saziandosi gli occhi e la fantasia. Erano quattro anni che non vedeva una bianca, quattro anni senza il suono della voce di una donna o il conforto del suo corpo. All'inizio era stato un tormento: inquietudine, crisi di depressione che si alternavano agli accessi di collera... Poi, a poco a poco, nei lunghi giorni a cavallo e a caccia, lottando contro la siccità e la pioggia, gli animali e gli elementi, aveva ripreso il controllo dei proprio corpo. Le donne erano svanite nell'irrealtà, vaghi fantasmi che lo tormentavano soltanto la notte, quando si contorceva sudando e gridando nel sonno, finché la natura gli procurava sollievo e i fantasmi fuggivano nel loro regno, a riacquistare forza per la visita successiva. Ma non era un fantasma colei che ora gli giaceva accanto. Allungando una mano avrebbe potuto accarezzarle una guancia e sentire la seta tiepida della sua pelle. Ruth aprì gli occhi, di un grigio offuscato dal sonno, mettendoli lentamente a fuoco finché incontrarono quelli di lui e ricambiò il suo sguardo. Ciò che vi lesse le suggerì di estrarre la mano sinistra dalla coperta e di esporla alla vista di Sean. Non portava i guanti da cavallerizza. Per la prima volta Sean notò il cerchietto d'oro all'anulare. «Ho capito», mormorò, e poi, in tono di protesta: «Ma lei è troppo giovane... Troppo giovane per essere sposata ». «Ho ventisei anni », disse Ruth dolcemente. « Suo marito... Dov'è? » Forse il bastardo aveva tirato le cuoia era la sua ultima speranza. « Lo sto raggiungendo. Quando capì che la guerra era inevitabile andò nel Natal, a Durban, per cercarvi un lavoro e una casa. Io dovevo seguirlo... Ma le ostilità scoppiarono prima di quanto ci aspettassimo. E io rimasi bloccata. » «Capisco.» Ti sto portando da un altro uomo, si disse amaramente, ma espresse il proprio pensiero con parole diverse. « Così se ne sta tranquillo a Durban, aspettando che lei lo raggiunga attraversando le linee. » Pagina 11
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « E' con l'esercito del Natal. Una settimana fa è riuscito a farmi pervenire un messaggio. Voleva che restassi a Johannesburg ad attendere che gli inglesi prendessero la città. Dice che con un esercito così forte saranno a Johannesburg entro tre mesi. » « Perché non ha aspettato, allora? » Ruth fece spallucce. « La pazienza non è una delle mie virtú. » I suoi occhi ebbero un lampo di malizia. « Inoltre, ho pensato che sarebbe stato divertente attraversare le linee... Mi annoiavo tanto a Johannesburg. » « Lo ama? » chiese improvvisamente Sean. La domanda la sbalordì e spense il sorriso sulle sue labbra. « E mio marito. » « Questo non è una risposta alla mia domanda. » « Una domanda che non ha alcun diritto di farmi.» Adesso era irritata. « Deve dirmelo. » « Lei ama sua moglie?» ribatté Ruth. « L'amavo. E' morta da cinque anni. » Così com'era apparsa, la collera di lei svanì. «Oh, mi spiace. Non sapevo. » «Non ci pensi. E non pensi neppure a quello che le ho chiesto. » « Sì, è meglio. Ci stiamo ficcando in un tremendo pasticcio.» La mano che recava l'anello era ancora tra loro, posata sul morbido tappeto di foglie cadute. Sean allungò un braccio e la sollevò. Era una mano molto piccola. «Signor Courteney... Sean, è meglio se... non possiamo... Credo che dovremmo dormire adesso. » E, ritirata la mano, si voltò sull'altro fianco. A metà pomeriggio furono destati dal vento. Ruggiva da est, appiattendo l'erba sulle colline e agitando i rami al di sopra delle loro teste. Sean guardò il cielo; il vento gli gonfiava la camicia e gli arruffava la barba. Si chinò in avanti per contrastarlo, torreggiando su Ruth, così che la giovane donna si rese improvvisamente conto di quanto egli fosse alto e forte. Sembrava un dio del temporale, con le lunghe, poderose gambe divaricate e i muscoli del petto e delle braccia superbamente rilevati sotto la seta bianca della camicia. « Le nuvole si ammassano », gridò sovrastando il fischio del vento. « Niente luna stanotte. » Ruth balzò in piedi, e un'improvvisa e violenta raffica le fece perdere l'equilibrio. Barcollò contro Sean, e le braccia dell'uomo si chiusero intorno alla ragazza. Per un momento si trovò premuta contro il suo petto, poté sentire la magrezza, l'elasticità del suo corpo e il suo odore d'uomo. Quel contatto inaspettatamente intimo fu uno shock per entrambi, e quando Ruth si scostò i suoi occhi erano grandi e cupi per il timore, di fronte all'emozione che aveva provato. « Mi spiace », mormorò. « Non l'ho fatto apposta. » Il vento le scompigliò i capelli, spingendoli sul volto della ragazza in un danzante groviglio nero. « Selleremo i cavalli e proseguiremo finché ci sarà luce », decise Sean. « Stanotte non potremo muoverci. » Le nuvole avanzavano accavallandosi, cambiando forma e scendendo verso terra. Nubi scure e livide, grevi della pioggia che trasportavano. La notte calò presto. Il vento ruggiva ancora, schiaffeggiandoli nell'oscurità. «Andrà ancora avanti così per circa un'ora, poi comincerà a piovere. Dobbiamo trovare un riparo prima che sia buio completo. » Sul lato riparato di un kopje scoprirono una sporgenza rocciosa e vi a mucchiarono sotto il bagaglio. Mentre Sean legava i cavalli per le cavezze affinché non fuggissero spaventati dal temporale, Mbejane tagliò dell'erba e l'ammucchiò formando una specie di materasso al di sotto della sporgenza. Infagottati nelle loro tele cerate mangiarono carne secca e pane di mais, dopo di che Mbejane si ritirò con discrezione all'estremità piú lontana del riparo e scomparve sotto le coperte. Aveva la facoltà animale di addormentarsi istantaneamente e completamente anche nelle condizioni più avverse. Pagina 12
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Bene, ragazzo. Ficcati tra le coperte. » « Non potrei ... » cominciò a protestare Dirk come ogni sera. « No, non puoi.» « Ti canterò qualcosa», si offrì Ruth. « Perché? » chiese Dirk, perplesso. « Per farti addormentare... Non ti hanno mai cantato una ninnananna?» « No. » Ma era interessato. « Cosa canterai? » « Prima sdraiati per bene tra le coperte. » Seduta accanto a Sean nel buio, conscia del corpo di lui e del contatto delle loro spalle, accompagnata dal ruggire attutito del vento, Ruth cantò. Prima le canzoni popolari olandesi Nooi, Nooi e Jannie met die Hoepel been, poi Frère Jacques e altri vecchi motivi. La sua voce diceva qualcosa di diverso a ciascuno di loro. Svegliatosi, Mbejane ricordò il vento sulle colline dello Zululand e il canto delle ragazze nei campi al tempo del raccolto. E si sentì felice, perché stava tornando a casa. Per Dirk era la voce della madre che aveva appena conosciuta. Un suono che dava sicurezza... E ben presto si addormentò. «Non smettere», bisbigliò Sean. Così Ruth cantò solo per lui. Una canzone d'amore di duemila anni prima, piena di tutta la sofferenza del suo popolo, ma anche di una strana gioia. Il vento cessò, mentre la giovane donna cantava, e la sua voce morì con esso nel vasto silenzio della notte. Scoppiò il temporale. Un fulmine zigzagò tra le nubi e si udì il fracasso dei primo tuono. Dirk emise un lieve gemito, ma continuò a dormire. Nella cruda luce azzurra, Sean vide che le guance di Ruth erano bagnate di lacrime, e, quando l'oscurità li riavvolse, la giovane donna cominciò a tremare. Sean la strinse fra le braccia. Ruth gli si aggrappò, piccola e calda contro il suo petto: le sue labbra avevano il sapore salato delle lacrime. « Sean, non dobbiamo. » Ma egli la sollevò tra le braccia e s'incamminò nella notte. Un altro lampo provocò un tale chiarore che Sean poté vedere i cavalli, che si addossavano gli uni agli altri con le teste abbassate, e il profilo frastagliato del kopje sopra di loro. Sentì le prime gocce sul volto e sulle spalle. La pioggia era calda, e Sean continuò a camminare portando Ruth. Poi l'aria si colmò di pioggia, che apparve come una nebbia perlacea alla luce del lampo successivo, e la notte si saturò dell'odore di terra bagnata... Un profumo caldo e pulito. 5. Nel mattino sereno, reso talmente limpido dalla pioggia che si potevano vedere le montagne, azzurre e nitide all'orizzonte meridionale, Sean e Ruth sedevano insieme sulla cresta del kopje. « Quella è l'estremità del Drakensberg, ce ne siamo tenuti lontani una quarantina di chilometri. E' poco probabile che una pattuglia boera si spinga fin qui. Presto potremo rimetterci sulla via piú diretta e incontrare la ferrovia al di là delle linee. » Per la bellezza del mattino, per la terra che ancora gocciolava nella grande, verde coppa del Natal e per la donna che gli stava al fianco, Sean era felice. Per la prospettiva della fine di quel viaggio e dell'inizio di un altro con Ruth come compagna, Sean era felice. Quando parlò, lei si voltò lentamente a guardarlo, sollevando il mento verso il molto piú alto Sean. E questi si accorse che il proprio stato d'animo non si rifletteva negli occhi della giovane donna. «Sei bellissima», disse. Ruth rimase silenziosa, e Sean capì che quelle ombre nei suoi occhi erano di pena, o di qualcosa di ancora piú forte. « Ruth, verrai con me? » «No», rispose lei, scuotendo la testa lentamente. Con rammariPagina 13
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) co. Il grosso e nero pitone di capelli si snodò attraverso le sue spalle e ricadde sul camoscio color miele della giacca. « Devi. » « Non posso. » « Pensa a stanotte. » « Stanotte è stata una follia... Il temporale... » « E' stato giusto. Lo sai. » « No. E' stato il temporale. » Distolse gli occhi da quelli di lui per guardare il cielo. « E adesso è finito. » A stato molto piú di questo. Non puoi negarlo. Fin dal nostro primo incontro... » « Una follia. Una follia basata sull'inganno. Qualcosa che dovrò nascondere sotto una cortina di menzogne... Come stanotte l'abbiamo nascosta nel buio. » « Mio Dio, Ruth, non parlarne così! » « Hai ragione. Non ne parlerò in alcun modo, mai piú. » « Non può essere finita fra noi. Sai anche tu che non è possibile. » Per tutta risposta, Ruth sollevò la mano sinistra in modo che la vera d'oro scintillasse al sole. « Ci diremo addio qui, su un'altura, alla luce del sole. Anche se cavalcheremo insieme ancora un pò ... è qui che ci diciamo addio. » « Ruth... » cominciò Sean, ma la donna gli pose la mano sulla bocca. Egli sentì il metallo della vera sulle labbra e gli parve gelido come il terrore che gli attanagliava l'anima all'idea della rinuncia che Ruth voleva imporgli. « No », mormorò Ruth. « Baciami un'ultima volta e poi lasciami andare. » 6. Mbejane fu il primo a vederla, e avvertì con calma Sean: a pochi chilometri sulla loro destra, simile a fumo grigio che si alzava dietro la cresta piú vicina, così lieve che Sean impiegò qualche secondo a scoprirla. Voltò subito il cavallo in direzione opposta, cercando freneticamente un riparo. Il piú vicino era un affioramento di pietra rossa a un chilometro di distanza. Troppo lontano. « Cosa c'è, Sean? » chiese Ruth, notando la sua agitazione. « Polvere », rispose. « Uomini a cavallo. Vengono verso di noi. » « Boeri? » « E' probabile. » « Cosa dobbiamo fare? » « Niente. » « Niente? » «Quando appariranno sulla cresta, io andrò loro incontro. Inventerò qualche frottola. » Si voltò verso Mbejane e gli parlò in zulu. « Io andrò da loro. Osservami attentamente, ma continua ad allontanarti. Se alzo il braccio, lascia andare i cavalli col carico e galoppa ventre a terra. Io li tratterrò piú che posso, ma, quando alzerò il braccio, sarà finita. » Slegò rapidamente la borsa da sella che conteneva l'oro e la diede a Mbejane. «Con una buona partenza dovreste riuscire a non farvi raggiungere prima di notte. Accompagna la Nkosikazi dove ti dirà lei, poi tu e Dirk tornate da mia madre a Ladyburg. » Si voltò di nuovo verso la cresta, giusto in tempo per veder apparire due cavalieri. Sean alzò il binocolo: nel campo rotondo delle lenti i due uomini stavano a fianco a fianco, rivolti verso di lui. Sean distinse la forma degli elmetti, lo scintillio delle loro bardature, le dimensioni dei cavalli, le selle caratteristiche, e gridò con sollievo. « Inglesi! » Come per conferma, uno squadrone di cavalleria ordinatamente disposto in doppia fila si profilò all'orizzonte, con gli stendardi che sventolavano elegantemente su una foresta di lance. Con Dirk che fischiava per l'eccitazione, Ruth che rideva accanto a lui e Mbejane che li seguiva conducendo i cavalli da soma, Sean si alzò sulle staffe e galoppò incontro ai soldati sventolando il cappello al disopra della testa. Pagina 14
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Insensibili al loro entusiastico saluto, i lancieri, imperturbabili, li guardarono avvicinarsi, e l'ufficiale subalterno alla loro testa accolse Sean con sospetto. «Chi siete, signore?» domandò, ma parve meno interessato alla risposta di Sean che ai pantaloni di Ruth e al loro contenuto. Durante le spiegazioni che seguirono, Sean concepì per l'ufficiale una crescente antipatia. Benché la pelle liscia, arrossata dal sole, e i baffetti biondi avessero la loro parte in quel sentimento, la causa principale erano gli slavati occhi azzurri. Forse erano strabuzzati per natura, ma Sean ne dubitava. Si fissavano su di lui soltanto per il breve tempo in cui Sean gli riferiva che non avevano mai incontrato i boeri, poi tornavano subito su Ruth. « Non la tratteniamo oltre, tenente», grugnì Sean, tirando a sé le redini per voltare il cavallo. «Siete ancora a una ventina di chilometri dal fiume Tugela, signor Courteney. In teoria quest'area è occupata dai boeri e, anche se siamo lontani dal grosso del loro esercito, sareste molto piú sicuri se passaste le linee britanniche sotto la nostra protezione. » « No, grazie. Voglio evitare entrambi gli eserciti e raggiungere Pietermaritzburg il piú presto possibile. » Il tenente si strinse nelle spalle. «Sta a lei decidere. Ma se si trattasse di mia moglie e di mio figlio... » Senza concludere, si voltò sulla sella per segnalare alla colonna di proseguire. « Andiamo, Ruth », disse Sean. La donna non si mosse. «Non vengo con te», dichiarò con voce piatta, stornando lo sguardo. «Non fare la sciocca.» Sbigottito, Sean parlò con una durezza che provocò scintille di collera negli occhi di lei. « Posso unirmi a voi? » chiese Ruth al tenente. « Be', signora», esitò l'ufficiale, lanciando una rapida occhiata a Sean. « Se suo marito... » «Non è mio marito. Lo conosco appena», lo interruppe Ruth, ignorando l'esclamazione di protesta di Sean. « Mio marito combatte nel vostro esercito. Desidero che mi portiate con voi, per favore. » «Ebbene, questo cambia le cose», disse l'ufficiale con voce affettata, e la pacata arroganza del tono malcelava il suo piacere per la prospettiva della compagnia di Ruth. «Sarò felice di scortarla, signora.» Con le ginocchia, Ruth fece arretrare il cavallo fino a portarsi di fianco all'ufficiale. Questa piccola manovra la collocò direttamente di fronte a Sean... Come dall'altra parte di una barriera. « Ruth, ti prego. Parliamone. Concedimi qualche minuto. » « No. » La sua voce era inespressiva, come il suo volto. « Solo per salutarti », la supplicò Sean. «Ci siamo già salutati. » Passò con lo sguardo da Sean a Dirk, poi fissò il vuoto. Alzato un pugno, il tenente gridò: « Colonna, avanti! » e, mentre il suo grosso e lucido cavallo si metteva in marcia, sogghignò a Sean, toccandosi il bordo del casco in un ironico cenno di saluto. « Ruth! » Ma la donna non lo guardava piú. I suoi occhi erano fissi davanti a sé, mentre si allontanava alla testa della colonna, il mento sollevato, la dolce bocca fatta per sorridere stretta in una linea sottile, la grossa treccia ballonzolante sulla schiena a ogni passo dell'animale. « Sfortuna, amico! » gridò un lanciere in fondo alla fila... Piegato sulla sella, Sean guardò la colonna che si allontanava. « Tornerà, Pa? » chiese Dirk. « No, ragazzo. » « Perché? » Sean non udì la domanda. Guardava Ruth, aspettando che si voltasse. Ma attese invano, perché ben presto la donna fu alla sommità e quindi al di là del piú vicino rialzo del terreno, seguita, qualche secondo dopo, dall'intera colonna. Allora non rimase che il vuoto immenso della terra e del cielo sopra di essa... Immenso quanto il vuoto nell'animo di Sean Courteney. 9. Pagina 15
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sean cavalcava in testa. Gli altri lo seguivano a una decina di metri; Mbejane tratteneva Dirk affinché non si avvicinasse di piú al padre, perché capiva che in quel momento Sean doveva esser lasciato solo. Molte volte, negli anni che avevano trascorso insieme, Mbejane e Courteney avevano viaggiato in quella formazione: Sean davanti col suo dolore o la sua vergogna, Mbejane dietro, aspettando pazientemente che le spalle del suo Nkosi si raddrizzassero e che il mento si sollevasse dal petto. Non c'era coerenza nei pensieri di Sean, soltanto un alternarsi di rabbia e disperazione. Rabbia contro la donna, una rabbia che quasi si trasformava in odio prima di diventare disperazione, non appena egli realizzava che Ruth non c'era piú. Poi la collera si riaccendeva fino al limite della follia, ma questa volta contro se stesso per averla lasciata andare. E di nuovo il crollo nella disperazione quando si rendeva conto che non avrebbe avuto modo di trattenerla. Cosa poteva offrirle? Se stesso? Novanta chili di ossa, muscoli e cicatrici a sostegno di una faccia scolpita nel granito? Bella roba! I suoi beni terreni? Un sacchetto di sterline e il figlio di un'altra donna... Perdio, questo era tutto ciò che aveva. A trentasette anni, non possedeva altro! Di nuovo la collera divampò. Una settimana prima era un uomo ricco... La sua rabbia trovò un nuovo bersaglio. Aveva qualcosa su cui vendicarsi, c'era un nemico tangibile da colpire, da uccidere. I boeri. I boeri gli avevano rubato i carri e l'oro, lo avevano costretto a fuggire; a causa loro la donna era entrata nella sua vita e sempre a causa loro gli era stata strappata. Ebbene sia, pensò con rabbia, questo è ciò che mi riserva il futuro. La guerra! Si raddrizzò sulla sella, le sue spalle divennero ampie e quadrate. Sollevò la testa e, nella vallata sottostante, vide un sinuoso nastro d'argento. Avevano raggiunto il Tugela. Senza fermarsi, Sean portò il cavallo sull'orlo della scarpata e, fra un gran rotolio di pietre, il terzetto cominciò a discendere. Con impazienza Sean seguì il fiume nel senso della corrente, cercando un guado. Ma, fra le rive a picco, il Tugela scorreva liscio, rapido e profondo, largo una ventina di metri e ancora grigio per il fango provocato dal temporale. Nel primo luogo in cui la riva opposta si appiattiva abbastanza da promettere una facile risalita dall'acqua, Sean fermò il cavallo e disse bruscamente: « Passeremo a nuoto ». Per tutta risposta, Mbejane guardò allusivamente Dirk. « L'ha già fatto prima», ribatté Sean, mentre scendeva di sella e cominciava a sfilarsi gli indumenti. «Forza, Dirk, svestiti. » Mandarono avanti i cavalli col carico, costringendoli a saltare dalla riva a picco e attendendo con ansia che le loro teste riemergessero dall'acqua per puntare verso la sponda opposta. Poi, tutti e tre nudi, coi vestiti avvolti nelle tele cerate e assicurati alle selle, risalirono sulle rispettive cavalcature. « Prima tu, Mbejane. » Un gran tonfo sotto la sponda. « Va', Dirk. Ricorda di tenerti forte alla sella. » Un altro tonfo; Sean sferzò il cavallo che recalcitrava, saltellando lateralmente lungo la riva. Un improvviso balzo in avanti e la lunga caduta prima che il fiume si richiudesse su loro. Sbuffando acqua, riaffiorarono alla superficie, e Sean vide con sollievo la testa dei figlio che ballonzolava accanto a quella del cavallo e udì le sue grida di eccitazione. Qualche momento dopo erano sulla sponda opposta, ridendo a crepapelle per i loro corpi nudi e grondanti. A un tratto il riso si strozzò nella gola di Sean. Allineati lungo la riva sopra di loro, sorridendo per contagio, ma coi Mauser pronti a far fuoco, c'erano una dozzina di uomini... Grandi e grossi, barbuti, muniti di cartuccere a bandoliera, vestiti con rozzi indumenti e con una varietà di copricapi che andavano dal casco a visiera alla bombetta. A imitazione di Sean, sia Mbejane sia Dirk smisero di ridere e alzarono gli occhi verso la schiera di uomini armati lungo la riva. Un silenzio assoluto avvolse la scena. Pagina 16
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Lo ruppe l'uomo in bombetta, che indicò Sean con la canna dei Mauser. «Magtig! Ci vorrebbe un'ascia ben affilata per tagliare quel ramo! » «Non farlo arrabbiare», lo ammonì il tipo col casco. « Se ti colpisce sulla testa con quello, ti sfonda il cranio! » e tutti scoppiarono in una fragorosa risata. Sean non sapeva che cosa fosse piú sconfortante: quell'intima discussione sulla sua nudità o il fatto che fosse condotta in Taal, olandese del Capo. Nella sua impazienza, si era buttato, o piuttosto tuffato, dritto nelle braccia di una pattuglia boera. Restava un'esilissima speranza di riuscire a metterti nel sacco, e Sean aprì la bocca per provarci. Ma Dirk lo precedette. « Chi sono, Pa', e perché ridono?» chiuse nel suo chiaro inglese argentino, e la speranza di Sean morì tanto bruscamente come il riso dei boeri, allorché udirono quella lingua aborrita. « Ah, è così! » grugnì l'uomo in casco, facendo un gesto eloquente col Mauser. « Mani in alto, amico, per piacere. » «Mi permette d'infilarmi i calzoni, prima? » chiese educatamente Sean. « Dove ci stanno portando?» Per una volta Dirk appariva intimidito, e nella sua voce c'era un tremito che commosse il boero col casco, il quale rispose al posto di Sean: «Adesso non preoccuparti, ragazzo, ti porto a conoscere un generale. Un vero generale in carne e ossa. » L'inglese di Casco era abbastanza buono, e Dirk esaminò l'uomo con interesse. «Con medaglie e tutto? » « Nee amico. Noi non usiamo quella robaccia. » Venuto meno ogni interesse, Dirk si voltò di nuovo verso Sean: «Pa', ho fame». Casco intervenne ancora una volta. Tirò fuori di tasca una lunga striscia di carne secca e l'offrì a Dirk. «Affilati i denti su questa, Kerel. » Con la bocca piena, Dirk era sistemato; Sean poté concentrarsi sui boeri. Costoro erano convinti d'aver catturato una spia e parlavano dell'imminente esecuzione. Molto cortesemente, permisero a Sean di partecipare al dibattito e ascoltarono con rispettosa attenzione la sua difesa. Questa s'interruppe allorché guadarono il Tugela e risalirono la scarpata, ma Sean la riprese durante la cavalcata in gruppo lungo la cresta. Alla fine li aveva convinti della propria innocenza... Con sollievo dei suoi giustizieri, che in realtà non avevano alcuna voglia di fucilarlo. Passarono così ad argomenti piú piacevoli. Era una giornata stupenda, il sole riluceva sulla valle verde e dorata. Sotto di loro, il fiume scorreva e scintillava, aprendosi la strada tortuosa nella parete azzurro-fumo del Drakensberg, che s'innalzava lungo il lontano orizzonte. Alcune nuvole rigonfie scivolavano nel cielo, e una lieve brezza mitigava la calura. I piú giovani della pattuglia ascoltavano avidamente, mentre Sean raccontava delle mandrie di elefanti oltre il Limpopo e dell'immenso territorio che aspettava soltanto di essere rivendicato. « Dopo la guerra... » dicevano, e ridevano nel sole. Poi un mutamento del vento e una particolare disposizione delle colline recarono un debole ma inquietante rumore che spense le loro risate. «Cannoni », disse uno. « Ladyburg », aggiunse un altro. Ora toccava a Sean fare domande. Seppe così che i boeri avevano attaccato Ladyburg, mettendo in fuga le truppe spiegate per respingerli. Amaramente la sua scorta ricordò come il vecchio Joubert avesse trattenuto la cavalleria, limitandosi a osservare l'esercito inglese sconfitto che rientrava in città. «Per l'Onnipotente! Ci avesse dato il via, li avremmo ricacciati in mare! » «Se al posto dei vecchio Joubert ci fosse stato Oom Paul, la guerra sarebbe già finita... Invece ce ne stiamo qui con le mani in mano. » A poco a poco Sean ebbe un quadro completo dei conflitto nel Pagina 17
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Natal. Ladyburg era assediata. L'esercito del generale George White era imbottigliato, con tanto di tappo, all'interno della città. Metà delle forze boere si erano spinte avanti lungo la ferrovia, creando una linea difensiva a cavallo dell'Escarpment, dominante il fiume e il minuscolo villaggio di Colenso. Sotto di loro, nella grande pianura del Tugela, il generale Buller stava ammassando truppe per aprire una breccia nella linea e soccorrere Ladyburg. « Che ci provi... Oom Paul lo sta aspettando. » « Chi è Oom Paul?... Di certo non Kruger! » disse Sean, perplesso. Per quel che ne sapeva, Oom Paul era il nomignolo dei presidente della Repubblica Sudafricana. «Nee, amico! Si tratta di un altro Oom Paul. Questo è il VechtGeneraal Jan Paulus Leroux del commando Wynberg. » Sean trattenne il respiro. A un omaccione con i capelli rossi e un caratteraccio? » Una risata, poi: « Ja! è proprio lui. Lo conosci? ». « Si. Lo conosco. » Dunque mio cognato è un generale adesso, si disse Sean, ridacchiando fra sé, poi chiese: « E' Oom Paul il generale da cui ci state portando? ». « Se riusciamo a trovarlo. » Il giovane Dirk conoscerà suo zio finalmente... E Sean pregustò il piacere di quell'incontro. 8. La spessa tela della tenda poteva ben poco contro il volume della voce all'interno: Sean, che aspettava fuori con la scorta, udiva chiaramente ogni parola. «Devo prendere il caffè e scambiare strette di mano con ogni rooinek che viene catturato? Lavoro già per dieci, non vi pare abbastanza? Portatelo davanti a un giudice militare! Mandatelo a Pretoria, che lo ficchino in gattabuia! Fate quel che vi pare di lui, se è una spia... Ma, in nome della divina provvidenza, non portatelo da me. » Sean sorrise allegramente. Di sicuro Jan Paulus non aveva perso la voce. Ci fu un momento di relativa calma, mentre Casco borbottava qualcosa all'interno della tenda. Poi di nuovo un sordo muggito. « No! Non voglio! Portatelo via! » Sean si riempi i polmoni, portò le mani a imbuto intorno alla bocca e urlò in direzione della tenda: «Ehi tu, maledetto olandese! Hai paura d'incontrarmi di nuovo? Temi forse che ti faccia saltare tutti i denti, come l'ultima volta che ci siamo visti? ». Qualche istante di silenzio sbigottito, poi il fracasso di uno sgabello rovesciato e lo schiocco della tenda aperta con violenza. In pieno sole, sbattendo le palpebre per la luce intensa, ma guardando torvo, con una corona di capelli rossi che ardevano come fuoco intorno a una chiazza di calvizie, le spalle minacciosamente curve in avanti, apparve Jan Paulus. Girò la testa da una parte e dall'altra, cercando di scoprire da dove proveniva l'insulto. « Qui», urlò Sean, e Jan Paulus impietrì. Incerto, scrutò Sean. « Tu! » Fece un passo verso il cognato, poi: « Sei proprio tu, Sean! ». E cominciò a ridere. La sua mano destra, stretta in un pugno enorme, si dischiuse e scattò in avanti. « Sean! Per l'inferno, amico! Sean! » Si strinsero forte la mano, sorridendosi a vicenda. «Vieni nella tenda. Vieni, Sean. » Appena furono entrati, la prima domanda di Jan Paulus fu: « Dov'è Katrina? Dov'è la mia sorellina? ». Subito il sorriso scomparve dal volto di Sean. Si sedette pesantemente su uno sgabello di reimpje e si scoprì il capo prima di rispondere: « E' morta, Paulus. Sono già cinque anni ». Lentamente l'espressione di Jan Paulus cambiò, diventando tetra e dura. « Come? » chiese. E ora cosa gli rispondo, pensò Sean. Posso dirgli che sua sorella si è uccisa per un motivo che nessuno saprà mai? Pagina 18
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Febbre », mentì. « Febbre malarica. » « Non ci hai neppure scritto. » « Non sapevo dove trovarvi. I tuoi genitori... » « Anche loro sono morti», lo interruppe bruscamente Jan Paulus, e girò la testa dall'altra parte, fissando la tela bianca della tenda. Ci fu silenzio tra loro, mentre ricordavano la morta con un dolore reso piú acuto dall'impotenza. Poi Sean si alzò e si avvicinò all'ingresso della tenda. « Dirk. Vieni qui.» Mbejane spinse avanti il ragazzo, che raggiunse il padre e lo prese per mano. Sean lo fece entrare. «Il figlio di Katrina », disse. Jan Paulus abbassò lo sguardo sul nipote. « Avvicinati, piccolo. » Esitando, Dirk obbedì. Bruscamente Jan Paulus si accoccolò, così che i suoi occhi furono al livello di quelli del bambino. Prese il volto di Dirk tra le mani e lo studiò attentamente. « Sì », disse. « Questo è il tipo di figlio che Katrina avrebbe generato. Gli occhi... » La sua voce si spezzò. Ancora per un secondo guardò gli occhi di Dirk. Poi parlò di nuovo. « Siine fiero» disse e si alzò. Sean indicò l'ingresso della tenda e, pieno di gratitudine, Dirk sgattaiolò fuori, dove l'aspettava Mbejane. «E adesso? » domandò Jan Paulus. « Voglio oltrepassare le linee. » « Cioè raggiungere gli inglesi?» « Io sono inglese», disse Sean. Aggrottando la fronte, Jan Paulus soppesò questa dichiarazione, prima di chiedere: « Mi dai la tua parola che non combatterai al loro fianco? ». «No», dichiarò Sean, e Jan Paulus annuì. Non si aspettava altra risposta. «Io sono in debito verso di te», disse Jan Paulus. « Non ho dimenticato quando mi salvasti dall'elefante. Questo pareggia il conto. » Raggiunse lo scrittoio portatile e affondò la penna nel calamaio. Senza sedersi, scarabocchiò qualche riga, sventolò il foglio e lo porse a Sean. «Va'», disse. «Spero di non incontrarti piú, perché la prossima volta ti ucciderò. » « Oppure io ucciderò te», replicò Sean. 9. Quel pomeriggio Sean condusse i suoi compagni al di là del ponte ferroviario sul Tugela, poi attraverso il villaggio abbandonato di Colenso e ancora addentro nella pianura. In lontananza davanti a loro, disseminate sul verde come margherite in un prato, biancheggiavano le tende dell'immenso accampamento inglese di Chievely Siding. Molto prima di arrivarci, Sean incontrò un posto di guardia presidiato da un sergente e quattro uomini di un glorioso reggimento dello Yorkshire. « Ehi, tu! Dove diavolo credi di andare? » «Sono un suddito britannico», lì informò Sean. Il sergente lanciò un'occhiata alla barba e alla giacca rattoppata. Spostò lo sguardo sul pony, terribilmente ispido, e considerò la direzione dalla quale era arrivato. « Dillo di nuovo », fece. « Sono un suddito britannico » ripeté Sean, compiacente, ma con un accento che non poteva non suonare sospetto all'orecchio di un figlio dello Yorkshire. «Già! E io sono giapponese», disse il sergente in tono ilare. « Molla il fucile, amico. » Per due giorni Sean languì tra il filo spinato d'un campo di prigionia, mentre il Servizio Informazioni telegrafava all'ufficio di stato civile di Ladyburg e aspettava la risposta. Due lunghi giorni durante i quali Sean continuò a rimuginare, non sull'indegno trattamento inflittogli, ma sulla donna trovata, amata e perduta in così breve tempo. Quella forzata inattività arrivava proprio nel momento peggiore. Ripetendosi all'infinito ogni parola che si erano scambiati, risentendo ogni contatto delle mani e dei corpi, rievocando il Pagina 19
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) suo volto e soffermandosi su ogni particolare, incise così profondamente nel proprio spirito il ricordo di Ruth, da renderlo incancellabile. Non conosceva nemmeno il suo cognome, ma non l'avrebbe mai dimenticata. Quando, con molte scuse, fu liberato, e gli furono restituiti cavalli, fucile, danaro e bagagli, Sean era in uno stato di depressione che soltanto l'alcool o la violenza fisica potevano alleviare. Il villaggio di Frere, il primo a sud verso la costa, prometteva entrambe le cose. «Porta Dirk con te», ordinò a Mbejane. «Accampatevi fuori città, di fianco alla strada, e accendete un grosso fuoco, in modo che possa trovarvi al buio. » « Tu cosa farai, Nkosi? » Sean si avviò verso la piccola e scura bettola che provvedeva ai bisogni degli assetati di Frere. «Io vado là», rispose. « Vieni, Nkosizana », disse Mbejane a Dirk. Mentre proseguiva col ragazzo lungo la strada, lo zulu si chiedeva quanto tempo avrebbe dovuto lasciare a Sean, prima di tornare a prenderlo. Erano anni che non lo vedeva dirigersi con tanta determinazione verso un bar, ma bisognava dire che in quegli ultimi giorni Sean aveva passato un bel mucchio di guai. Gli ci vorrà fino a mezzanotte, si disse Mbejane, poi potrò portarlo a dormire. Dalla porta Sean esaminò l'interno della bettola. Era un unico vasto locale con un banco su cavalletti lungo la parete di fondo, uno stanzone caldo, gremito, odoroso di sigari e di liquori. Sempre sulla soglia, Sean infilò una mano in tasca e contò di nascosto il denaro che conteneva: si era concesso dieci sovrane, piú che sufficienti per le bevande che intendeva consumare. Mentre si faceva strada tra la folla verso il bancone, osservava gli uomini che lo circondavano. Militari per lo piú, appartenenti a una dozzina di reggimenti diversi. Truppe imperiali e coloniali, quasi tutti soldati semplici, ma c'era anche un gruppetto di sottufficiali seduti a un tavolo a ridosso di una parete. Poi c'erano alcuni civili, che Sean giudicò conducenti di carri, appaltatori e uomini d'affari; in compagnia degli ufficiali, due donne sulla cui professione non sussistevano dubbi; e una dozzina di camerieri negri. «Cosa ti do, tesoro?» chiese il donnone dietro il banco, quando il nuovo arrivato l'ebbe raggiunto. A Sean non piacquero né i mustacchi dell'ostessa, né l'appellativo che gli aveva rivolto. « Brandy. » Non era dell'umore adatto ai convenevoli. La donna capì subito di che cosa aveva bisogno. «Vuoi la bottiglia, caro? » « Tanto per cominciare», assentì Sean. Bevve tre buoni bicchieri, ma si accorse che non gli facevano alcun effetto... O piuttosto eccitavano la sua immaginazione, tanto che, davanti ai suoi occhi, apparve chiaramente il volto di Ruth, completo di ogni particolare, compreso il piccolo neo su uno zigomo e il modo in cui gli angoli degli occhi si sollevavano quando sorrideva. Aveva bisogno di un piú rapido approccio all'oblio. Appoggiato sulla schiena, con entrambi i gomiti sul banco e il bicchiere stretto nella mano destra, Sean studiò di nuovo gli uomini che lo circondavano. Valutava ciascuno come possibile fonte di distrazione, poi lo scartava e passava a un altro, finché non gli rimase che il gruppetto seduto attorno al tavolo da gioco. Erano in sette e giocavano a poker; con poste modeste, da quel che Sean poteva vedere. Afferrò la bottiglia, attraversò il locale per unirsi alla cerchia di spettatori e si piazzò dietro un sergente della guardia nazionale a cavallo che stava prendendo una solenne batosta. Poche mani, e il sergente chiese una carta per completare un colore, gli andò buca e tentò il bluff, rilanciando due volte finché fu visto da una doppia coppia. Il sottufficiale buttò le carte e sbuffò con aria contrariata: « E con questo sono ripulito». Raccolse dal tavolo le poche monete rimaste davanti a lui e si alzò. «Sfortuna, Jack. Qualcuno vuole prendere il suo posto?» chiese il vincitore, rivolto alla cerchia di uomini in piedi. «Una partitina amichevole, soldi sul tavolo. » « Entro io », disse Sean. Si sedette, piazzò bicchiere e bottiglia in posizione strategica alla Pagina 20
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) propria destra e ammucchiò davanti a sé cinque sovrane. « Ehi, questo ci porta dell'oro! Benvenuto. » Sean passò nella prima mano, perdette due sterline contro tre regine nella seconda e ne vinse cinque nella terza. Da quel momento la fortuna fu dalla sua e Sean giocò con fredda concentrazione: quando gli occorreva una carta, pareva che dovesse soltanto desiderarla. Com'era il vecchio adagio? «Sfortunato in amor, fortuna a carte. » Con un sorriso truce, completò una scala minima con un sette di cuori, batté un tris di regine e trasse a sé il piatto, ingrossando il mucchio delle sue vincite. Era sopra di circa trenta o quaranta sterline. Ora cominciava a divertirsi. «Siamo rimasti in pochi, signori. » Durante l'ultima ora tre giocatori si erano ritirati, ed erano rimasti in quattro. «Che ne direste di dare ai perdenti la possibilità di rifarsi? » «Vuoi aumentare la posta?» chiese Sean al tizio che aveva parlato. Era, oltre a Sean, l'unico vincente, un omaccione dalla faccia rossa che emanava un forte odore di cavallo. Conducente di carri, con tutta probabilità. « Sì, se siamo tutti d'accordo. Alziamo il minimo a cinque sterline. » « Ci sto», grugnì Sean, e un mormorio di approvazione risuonò intorno al tavolo. Con tanto denaro in ballo, da principio prevalse un'aria di cautela, poi lentamente il gioco si riscaldò. La fortuna di Sean girò un poco, ma in capo a un'ora una serie di piccole vincite aveva portato il suo malloppo a un totale di settantacinque sterline. Quindi Sean distribuì una mano alquanto singolare. Il primo giocatore alla sinistra di Sean rilanciò, lo stesso fece Odor di Cavallo, il terzo vide e Sean aprì a ventaglio le sue carte. Con un senso di euforia scoprì il sette, l'otto, il nove e il dieci di fiori... Con un asso di quadri. Una cara, dolcissima scala servita. «Copro le vostre venti, piú altre venti» annunciò, suscitando un piccolo moto di eccitazione tra gli astanti. «Ci sto. » Il numero uno era a corto di contante. « Anch'io. » Odor di Cavallo buttò il proprio oro nel piatto. «Io vado. » Il numero tre e posò le proprie carte e le spinse di lato. Sean guardò il numero uno. «Quante carte? » «Giocherò con queste.» Sean avvertì la prima premonizione di disastro. « E tu? » chiese a Odor di Cavallo. « Anch'io sto bene così. » Due serviti contro la sua scala; e, a giudicare dalla distribuzione dei semi, dato che lui aveva quattro fiori, era probabile che uno dei suoi avversari avesse in mano un colore. Con una sensazione di nausea allo stomaco, Sean capì d'essere nei guai, di avere una mano perdente. Rompere la scala nella speranza di pescare un altro fiori... Non sarebbe stato ancora sicuro di vincere, ma valeva la pena di tentare. « Una carta », disse. Buttò l'asso di quadri tra gli scarti e si servì da sopra il mazzo. « Sta a me parlare », disse il numero uno. La sua faccia irradiava fiducia. « Rilancio di... Altre quaranta. Ragazzi, vedermi vi costa ottanta sterline. Fatemi sentire il suono dei vostri quattrini. » « Mi piacerebbe farti sudare... Ma è il limite. Vedo. » La faccia di Odor di Cavallo era completamente inespressiva, ma la sua fronte luccicava. « Lasciatemi leggere», disse Sean, poi riunì le proprie carte e, da dietro le altre quattro, spinse in fuori quella che aveva pescato. Nero... La scoprì un pò di piú... Un fante nero. Sentì la pressione salire lentamente dentro di sé, come acqua in ebollizione all'interno di una caldaia. Tirò un lungo respiro e scoprì completamente la carta. « Vedo anch'io », disse, buttando fuori il fiato. « Poker! » gridò il numero uno. « Poker di regine... Battetemi un pò questo, razza di bastardi! » Odor di Cavallo sbatté rabbiosamente le carte sul tavolo, con il faccione rosso contratto in una smorfia di disappunto. « Maledizione... Sfortuna delle sfortune. Avevo colore con l'asso. » Il numero Pagina 21
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) uno ridacchiò per l'eccitazione e stese una mano sul denaro. « Un momento, amico », disse Sean, e spiegò le sue carte sul tavolo. « E' colore. Il mio poker di regine lo batte », protestò il numero uno. « Ehi, non sai contare? » fece Sean, picchiando un indice su ogni carta via via che la nominava, «sette, otto, nove, dieci e fante... tutti fiori. Scala reale! Vieni secondo a una giornata di marcia. » Sollevò la mano dell'altro dai quattrini, li trasse a sé e cominciò a disporli in pile di venti. Il volto ancora contratto dalla rabbia, Odor di Cavallo volle dire la sua: « Tu e la fortuna siete culo e camicia ». « Già », assentì Sean. Duecentosessantotto sterline. Niente male. «Curioso come ti assista quando il piatto è grosso», continuò Odor di Cavallo. «E specialmente quando sei tu a dare le carte. Quale hai detto che è la tua professione? » Senza alzare gli occhi, Sean cominciò a trasferire le pile di sovrane nelle varie tasche. Sorrideva lievemente. La giusta conclusione di una serata perfetta, si disse. Una volta messo al sicuro il denaro, Sean guardò Odor di Cavallo, allargando un poco il sorriso. « La sistemiamo fuori questa faccenda, amico? » « Sarà un piacere. » Odor di Cavallo spinse indietro la sedia e si alzò. Quindi cominciò a scendere la scala che portava al cortile sul retro, seguito da Sean e da tutti gli avventori del locale. Arrivato in fondo si fermò, prestando orecchio ai passi di Sean sui gradini di legno... Poi si girò di scatto e colpì, accompagnando il pugno con tutto il peso del corpo in rotazione. Sean ruotò la testa, ma il pugno lo colse alla tempia ed egli stramazzò all'indietro, sulla folla che si pigiava alle sue spalle. Mentre cadeva vide Odor di Cavallo scostare la falda della giacca ed estrarre un coltello, che brillò come argento satinato alla luce che trapelava dalle finestre dell'osteria... Un coltello per scuoiare, ricurvo, con una lama di venti centimetri. La folla si sparpagliò, lasciando Sean disteso sui gradini, e l'uomo avanzò per ucciderlo, sferrando dall'alto un colpo goffo, da dilettante. Appena un pò intontito, Sean seguì con facilità il guizzo argenteo della lama, e il polso dell'omaccione sbatté rumorosamente nella sua mano aperta. Per qualche istante Odor di Cavallo restò sopra Sean, il braccio col coltello immobilizzato nella stretta dell'avversario, mentre Courteney raccoglieva le forze... E si doleva per quell'incontro impari. Odor di Cavallo era piuttosto grosso, ma il ventre premuto contro quello di Sean era flaccido, e troppo ossuto il polso stretto nella sua mano, senza la salda elasticità dei tendini e dei muscoli. L'omaccione ce la stava mettendo tutta, tentando di liberare la mano destra, il sudore gli coprì il volto e cominciò a gocciolare... emanava un puzzo di burro rancido che mai si amalgamava con l'afrore equino. Sean aumentò la stretta sul suo polso, usando dapprima soltanto la forza dell'avambraccio. « Aah! » Odor di Cavallo smise di affannarsi. Allora Sean fece forza con tutto il braccio, tanto da sentire i muscoli della spalla contrarsi e fremere. « Cristo! » Con uno scricchiolio, l'osso del polso si spezzò, le dita si schiusero e il coltello cadde sui gradini di legno. Sempre stringendo l'avversario, Sean si mise seduto, poi si alzò lentamente in piedi. « Fila, amico. » Gettò l'uomo nella polvere del cortile. Sean respirava pesantemente, ma era ancora freddo e distaccato, mentre guardava Odor di Cavallo che si sollevava sulle ginocchia, sostenendo il polso spezzato con l'altra mano. Forse fu il primo accenno di fuga da parte dell'avversario a scatenare Sean... O forse era il liquore che aveva ingurgitato a distorcere i suoi sentimenti, accrescendo il suo senso di frustrazione e incanalandolo in quell'accesso di odio insensato. Improvvisamente gli parve di avere davanti la fonte di tutti i Pagina 22
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) suoi guai... Quello era l'uomo che gli aveva tolto Ruth! « Sporco bastardo! » ringhiò. L'uomo avvertì il mutamento in Sean e si alzò in piedi, guardandosi disperatamente intorno alla ricerca d'una via di scampo. «Sporco bastardo maledetto! » gridò Sean con voce stridula, sopraffatto dalla nuova emozione. Per la prima volta in vita sua desiderava uccidere. Avanzò lentamente verso l'uomo, i pugni che si aprivano e chiudevano, il volto contratto, parole insensate che gli uscivano dalla bocca. Un grande silenzio si era creato nel cortile. Nell'ombra, gli uomini trattenevano il fiato, raggelati dal fascino spaventoso della scena. Anche Odor di Cavallo era impietrito, soltanto la testa si muoveva e nessun suono usciva dalla sua bocca spalancata... E Sean si avvicinava col movimento ondeggiante di un cobra pronto ad attaccare. All'ultimo momento l'uomo cercò di scappare, ma aveva le gambe deboli e appesantite dalla paura. Sean lo colpì al petto, e il tonfo fu simile a quello di un'ascia sul tronco di un albero. Odor di Cavallo cadde, e Sean gli si buttò addosso; continuò a colpirlo ruggendo frasi incoerenti. Una sola parola era comprensibile: il nome della donna che amava. Nel suo furore sentì la faccia dell'uomo che si spaccava sotto i suoi pugni, sentì lo schizzo caldo del sangue sul suo volto e le sue braccia, udì le grida della gente. « Lo ucciderà! » « Tiratelo via! » « Per l'amor di Dio, datemi una mano... è forte come un bue infuriato! » Le mani della gente su di lui, il braccio stretto da dietro intorno alla sua gola, il trauma quando qualcuno lo colpì con una bottiglia, la pressione dei corpi che si lanciavano su di lui. Benché avesse due uomini a cavalcioni sulla schiena e una dozzina d'altri aggrappati alle gambe e alle braccia, Sean si alzò in piedi. « Buttatelo giú, accidenti! » « Mandatelo gambe all'aria! » Con uno sforzo convulso, Sean fece cozzare gli uni contro gli altri coloro che gli tenevano le braccia. Lo lasciarono andare. Scalciando, liberò la gamba destra, e coloro che gli tenevano la sinistra scapparono da tutte le parti. Portando le mani al di sopra delle spalle, si strappò gli uomini dalla schiena e rimase solo, il petto che si alzava e si abbassava per l'affanno, il sangue che sgorgava dalla ferita prodotta dalla bottigliata in testa, scorrendo sul volto e intridendo la barba. « Prendete un'arma! » gridò qualcuno. « C'è un fucile sotto il banco dei bar. » Ma nessuno si allontanò dal circolo che attorniava Sean, il quale lanciava occhiate selvagge da quella maschera di sangue che era il suo volto. « L'hai ammazzato! » lo accusò una voce. Queste parole riuscirono a penetrare attraverso il furore di Sean; il suo corpo si rilassò un poco, mentre tentava di tergere il sangue con il palmo della mano aperta. Gli altri notarono il mutamento. «Calmati, amico. Divertirsi è un conto, ammazzare la gente è un altro. » « Basta, adesso. Vediamo come l'hai conciato. » Sean guardò il corpo e dapprima si sentì confuso, poi, di colpo, spaventato. L'uomo era morto... Non aveva il minimo dubbio in proposito. «Oh, mio Dio! » bisbigliò, arretrando; cercò di asciugarsi gli occhi, ma riuscì soltanto a diffondere il sangue. «Ha tirato fuori il coltello. Non preoccuparti, amico, siamo tutti testimoni. » L'umore della folla era mutato. «No», mormorò Sean; non capivano. Per la prima volta in vita sua aveva abusato della propria forza, servendosene per uccidere senza scopo. Uccidere per il piacere di farlo, uccidere come uccide il leopardo. In quel momento l'uomo si mosse lievemente. Girò la testa, una gamba ebbe una contrazione. Sean sentì rinascere la speranza. «E' vivo! » Pagina 23
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Chiamate un dottore! » Timorosamente Sean si avvicinò all'uomo e, inginocchiatosi, si tolse il fazzoletto che portava al collo, usandolo per ripulirgli dal sangue la bocca e le narici. « Se la caverà... Lasci fare al dottore. » Il medico arrivò, un uomo scarno e di poche parole che masticava tabacco. Alla luce gialla di una lanterna esaminò il ferito, mentre gli altri facevano ressa intorno, cerrando di guardare al di sopra delle sue spalle. Infine si alzò. « Okay. Può essere mosso. Portatelo nel mio ambulatorio. » Guardò Sean. « E' stato lei? » Sean annuì. « Mi ricordi di non farla mai irritare. » « Non volevo... è successo senza che me ne rendessi conto. » « Davvero? » Uno schizzo giallo di tabacco si spiaccicò sulla polvere del cortile. « Mi faccia dare un'occhiata alla sua testa. » Abbassò il capo di Sean alla propria altezza e spartì i capelli intrisi di sangue. « Ha leso una vena. Non c'è bisogno di punti. Lavi la ferita e ci metta un pò di iodio. » « Quant'è, dottore, per l'altro tizio? » « Paga lei? » Il medico lo guardò con aria interrogativa. « Sì. » « Mascella spezzata, idem la clavicola, circa due dozzine di punti e qualche giorno di letto per la commozione cerebrale... Facciamo due ghinee. » Sean gliene diede cinque. «Abbia cura di lui, dottore. » « E' il mio mestiere », disse il medico, e seguì gli uomini che trasportavano Odor di Cavallo fuori del cortile. « Immagino che le ci voglia un cicchetto adesso. Venga, offro io », disse qualcuno. La gente ama i vincitori. « Sì », ammise Sean. « Ne ho proprio bisogno. » I bicchieri furono piú d'uno. Quando Mbejane venne a prenderlo, a mezzanotte, fece una fatica del diavolo a issarlo sul cavallo. A metà strada dall'accampamento Sean scivolò di lato e cadde sulla strada. Mbejane lo caricò di traverso alla sella, la testa e le braccia ciondoloni da una parte, le gambe dall'altra. « Domani ti pentirai di questo », gli disse solennemente lo zulu, mentre lo scaricava accanto al fuoco e, ancora con gli stivali e coperto di sangue, lo avvolgeva nelle sue coperte. Aveva ragione. 10. All'alba, mentre Sean si ripuliva la faccia con un panno bagnao in una ciotola d'acqua calda, guardandosi nello specchietto di metallo, la sola cosa che gli desse un pò di soddisfazione erano le duecento e piú sovrane che aveva salvato dalla bisboccia della sera prima. « Stai male, Pa? » Il grande interesse di Dirk per le sue condizioni di salute accrebbe notevolmente il suo malumore. «Mangia la tua colazione», ringhiò. Il tono malevolo di Sean era calcolato, al fine di scoraggiare ulteriori domande. «Non c'è cibo», ribatté Mbejane, investendosi del consueto ruolo di protettore. Sean mise a fuoco sullo zulu gli occhi iniettati di sangue. «Come mai? » «Qualcuno fra noi considera l'acquisto di liquori e altra roba del genere piú importante dei cibo per suo figlio. » Sean prese una manciata di sovrane da una tasca della giacca. « Va'! » ordinò. «Compra cibo e cavalli freschi. Fila alla svelta, affinché, oltre al mio male, io non debba sopportare anche la saggezza dei tuoi consigli. Porta Dirk con te. » Mbejane esaminò il denaro e sogghignò. «La notte non è andata sprecata.» Quando si furono avviati verso Frere, Dirk che trotterellava accanto all'enorme zulu seminudo, cianciando con una voce che svanì soltanto a cento metri di distanza, Sean si versò un'altra tazza di caffè e, stringendola con entrambe le mani, fissò le braci che ardevano fra la cenere. Era certo che Mbejane avrebbe usato bene il dePagina 24
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) naro, lo zulu aveva, nel contrattare, la pazienza tipica della sua razza: poteva dedicare due giorni all'acquisto di un bue. Non era questo che lo preoccupava adesso, erano piuttosto gli eventi della sera prima. Ancora angosciato per quell'esplosione di rabbia omicida, tentò di giustificarla. Considerando la perdita di quasi tutto ciò che possedeva, il frutto di anni di duro lavoro che gli era stato strappato in un sol giorno, la fuga e l'incertezza che erano seguite, l'alcool, infine, e la tensione nervosa del poker... Non c'era da stupirsi se aveva perso il controllo. Ma non era tutto qui, Sean sapeva d'aver evitato la causa principale. Ruth. Pensando a lei, un'ondata di desiderio lo travolse, una tenera disperazione che non aveva mai sperimentato prima. Si lamentò ad alta voce e alzò gli occhi alla stella dei mattino che illanguidiva sopra l'orizzonte rosato, via via che il sole ne emergeva. Per qualche minuto si abbandonò alla dolcezza del suo amore, rammentando il modo in cui Ruth camminava, la scura serenità dei suoi occhi, la sua bocca che sorrideva e la sua voce che cantava... finché i ricordi minacciarono di soffocarlo con la loro tenerezza. Allora balzò in piedi e prese a camminare avanti e indietro sull'erba, accanto al fuoco. Dobbiamo andarcene di qui, pensò, dobbiamo togliere il campo e via... Al più presto. Devo trovare qualcosa da fare, qualcosa che m'impedisca di pensare a lei e riempia queste mie mani che ora dolgono dal desiderio di stringere il suo corpo. Sulla strada apparve una lunga colonna di fanteria, diretta a nord, verso Colenso. Sean smise di andare su e giú e la guardò passare. Ogni uomo marciava chinato in avanti sotto il peso dello zaino e del fucile. Sì, pensò, andrò con loro. Forse nel luogo verso il quale marciano troverò quello che ho cercato invano ieri sera. Andremo a casa, a Ladyburg, con cavalli freschi faremo presto. Lascerò Dirk con mia madre, poi tornerò indietro a combattere questa guerra. Riprese a camminare su e giú con impazienza. Dove diavolo era Mbejane? Dalle alture che lo sovrastavano, Sean guardò Ladyburg. Il villaggio si allargava a cerchio perfetto intorno alla guglia della chiesa. Un tempo questa guglia brillava come fuoco nel suo rivestimento di rame nuovo, ma dopo diciannove anni di clima africano era diventata di un caldo color marrone. Diciannove anni. Non sembrava che fosse passato tanto tempo. C'erano depositi di merci, adesso, intorno alla stazione, un nuovo ponte di calcestruzzo sovrastava il Baboon Stroom, gli eucalipti della piantagione dietro la scuola erano piú alti e le poinciane lungo la strada principale erano scomparse. Con strana riluttanza Sean girò il capo e guardò a destra, oltre il Baboon Stroom, quasi a ridosso di una scarpata, dove aveva lasciato la grande fattoria di Theunis Kraal con la sua casa dall'alto frontone all'olandese, il tetto spiovente di paglia intrecciata e le persiane di legno giallo. C'era ancora, ma diversa da come la ricordava. Anche da quella distanza poteva vedere che i muri erano scrostati e macchiati d'umidità; il tetto era ispido come il pelo di un terrier, una, delle persiane pendeva un poco da un cardine rotto, i prati erano secchi, con chiazze di terra nuda. La latteria dietro la casa era in rovina, il tetto mancava e quanto restava dei muri arrivava appena alle spalle di un uomo. « Dannato piccolo bastardo! » s'infuriò Sean, vedendo come suo fratello gemello aveva trascurato la vecchia casa. « E' così pigro che non uscirebbe da un letto neanche dopo averci pisciato. » Per Sean non era soltanto una casa. Era il posto che suo padre aveva costruito, il posto in cui Sean era nato e aveva trascorso tutta la sua fanciullezza. Quando il padre era stato ucciso dalle lance zulu a Isandlawana, metà della fattoria e della casa era passata a Sean; quante serate aveva trascorso nello studio, coi ceppi che bruciavano nel caminetto di pietra e la testa di bufalo appesa sulla cappa che gettava strane ombre guizzanti sugli stucchi dei soffitto. Anche se aveva ceduto al fratello la sua parte, Theunis Kraal era sempre casa sua. Garry non aveva il diritto di lasciarla andare in rovina a quel Pagina 25
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) modo. « Maledetto! » ringhiò Sean, dando voce ai propri pensieri... Ma quasi subito provò una fitta di rimorso. Garrick era mutilato, una carabina lasciata cadere da lui, Sean, gli aveva maciullato un ginocchio, rendendo necessaria l'amputazione. Mi libererò mai da questa colpa? Quanto deve durare ancora la mia punizione? protestò Sean. Ma quella non è stata l'unica cattiva azione che hai commesso contro tuo fratello, gli rammentò la sua coscienza. Chi ha generato il ragazzo che Garry chiama figlio? Quali lombi hanno prodotto il seme che ha fecondato il ventre di Anna, la moglie di tuo fratello? « E' passato tanto tempo, Nkosi. » Mbejane aveva notato l'espressione sul volto di Sean, mentre guardava verso Theunis Kraal e ricordava cose che sarebbe stato meglio dimenticare. « Sì. » Sean si riscosse e raddrizzò le spalle. « Tanto tempo e tanta strada. Ma adesso siamo tornati a casa. » Si voltò di nuovo verso il villaggio e perlustrò con gli occhi il quartiere oltre la via principale e l'albergo, cercando il tetto di quel piccolo cottage in Protea Street. Quando lo scorse, tra le alte e arruffate chiome degli eucalipti, si sentì di colpo lieto ed eccitato. Chissà se Ada viveva ancora là? Chissà com'era diventata? Un pò grigia, senza dubbio... Ma i suoi cinquanta anni l'avevano segnata profondamente, oppure erano stati gentili con lei, come Ada lo era con tutti coloro con cui veniva a contatto? L'aveva perdonato d'esser partito senza dirle addio? Non gliene voleva per tutti quegli anni di silenzio? Capiva perché non le aveva mai fatto sapere nulla... Né una lettera, né un messaggio, salvo quel dono anonimo di diecimila sterline, che Sean aveva fatto versare sul suo conto in banca? Diecimila miserabili sterline, una festuca in confronto a tutti i milioni che Sean aveva guadagnato e perduto in quei giorni lontani, quando era uno dei piú grossi proprietari di giacimenti auriferi di Witwatersrand. Di nuovo il senso di colpa s'impossessò di lui... Proprio perchè sapeva con assoluta certezza che lei aveva capito, che lei aveva perdonato. Così era Ada, la donna che suo padre aveva sposato in seconde nozze... E che Sean amava al di là dell'amore naturale dovuto a chi ci ha generato. « Scendiamo », disse, spingendo il cavallo al piccolo galoppo con un colpo di ginocchia. « Laggiú, papà? » gridò Dirk, raggiungendolo. « Sì, ragazzo. Siamo arrivati a casa. » « Ci sarà la nonna? » « Lo spero », rispose Sean, e aggiunse a bassa voce: « Lo spero con tutte le mie forze ». Sean e Dirk, seguiti da Mbejane e dal mulo col carico, cavalcarono oltre il ponte sul Baboon Stroom, oltre i recinti del bestiame lungo i binari, oltre il vecchio bosco e l'edificio di ferro della stazione con il cartello bianco e nero scolorito - LADYBURG, ALTITUDINE 745 METRI SOPRA IL LIVELLO DEL MARE - a sinistra nella polverosa strada principale, abbastanza larga per potervi girare con un carro trainato da una pariglia di buoi, e giú lungo Protea Street. All'angolo Sean mise il cavallo al passo, prolungando il piacere dell'attesa, finché si fermarono davanti a uno steccato bianco. Il giardino era verde, ben curato, con allegre aiuole di margherite Barbeton e rododendri. Il cottage era stato ingrandito, sul lato piú lontano avevano aggiunto una nuova stanza ed era intonacato di fresco. Un'insegna sul cancelletto diceva in lettere d'oro su fondo verde: MAISON ADA - COSTUMIERE. Sean ridacchiò. « La vecchia ragazza si è data al francese. » Poi, a Dirk: « Aspetta qui ». Scese da cavallo, porse le redini al figlio e varcò il cancello. Davanti alla porta sostò, imbarazzato, aggiustandosi nervosamente il fazzoletto da collo. Abbassò lo sguardo sul severo abito di panno scuro e i nuovi stivali che aveva comprato a Pietermaritzburg, si spolverò i calzoni, diede una sistematina alla barba pareggiata da poco, si arricciò i baffi e infine bussò. Venne ad aprirgli una giovane donna, che Sean non riconobbe. Lei invece reagì all'istante, arrossendo un poco, tentando di sistemarsi i capelli senza attirare l'attenzione sul loro disordine, nasconPagina 26
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) dendo dietro la gonna il lavoro di cucito che aveva in mano e mostrando tutti i segni di confusione tipici di una donna nubile che si trovi, a un tratto e senza aspettarselo, alla presenza di un uomo attraente e ben vestito. Ma Sean non provò che un moto di pena alla vista del suo volto deturpato dalle cicatrici rosse dell'acne. Si tolse il cappello. « La signora Courteney è in casa? » « E' nel laboratorio, signore. Chi devo annunciare? » « Non le dica nulla... è una sorpresa», fece Sean, sorridendole, e la ragazza alzò timidamente una mano per nascondere la rovina della faccia. «Entri, prego », mormorò, spostando il viso di lato, come per esporne la minor superficie possibile. « Chi è, Mary? » chiese una voce dalle profondità del cottage. Sean sussultò. Non era cambiata... E fu come se tutti quegli anni non fossero trascorsi. « Un signore, zia Ada. Vuole vederti. » « Vengo subito. Fallo accomodare e porta del caffè, Mary, per piacere. » La ragazza fuggì, sollevata, e Sean rimase solo nel piccolo salotto, rigirando il cappello nelle grandi mani brune, gli occhi fissi sul dagherrotipo di Waite Courteney appeso sopra il caminetto. Benché non se ne rendesse conto, il volto del ritratto era quasi il suo stesso volto... Gli stessi occhi sotto le folte sopracciglia brune, la stessa arroganza nella piega della bocca, perfino la stessa ostinazione nel protendersi della mascella dissimulato dalla barba a punta... E il grande naso aquilino dei Courteney. La porta del laboratorio si aprì e Sean si voltò di scatto. Ada Courteney entrò sorridendo, ma, appena i suoi occhi si posarono sul volto di Sean, la donna s'immobilizzò e il sorriso le morì sulle labbra, mentre diventava bianca come un cencio. Portando una mano alla gola, emise un piccolo suono soffocato. «Mio Dio», bisbigliò. «Ma'», fece Sean, agitando goffamente i piedi. «Ciao, Ma'. E' bello vederti. » « Sean! » Il colore riflui sulle sue guance. « Per un momento ho pensato... Sei identico a tuo padre. Oh, Sean! » E corse verso di lui. Sean buttò il cappello sul sofà e l'accolse tra le braccia. « Ti aspettavo. Sapevo che saresti venuto. » Sean la sollevò dal pavimento, la baciò ridendo di gioia, ruotò su se stesso. « Mettimi giú », ansimò Ada. Sean obbedì e lei gli buttò le braccia al collo. «Sapevo che saresti tornato. In principio leggevo ogni tanto di te sui giornali e la gente mi raccontava cose... Ma in questi ultimi anni non c'è stato nulla, assolutamente nulla. » « Mi spiace », disse Sean. «Sei un ragazzaccio». Ada era eccitatissima, dalla crocchia allentata una ciocca le era caduta su una guancia. « Ma è così bello averti di nuovo qui... » e improvvisamente scoppiò in lacrime. « No, Ma'. Per piacere, no. » Non l'aveva mai vista piangere. « E' perché... Una sorpresa simile! » Si asciugò le lacrime con un gesto brusco. « Non è niente. » Sean cercò disperatamente qualcosa per distrarla. « Ehi! » esclamò poi, sollevato. « Ho un'altra sorpresa per te. » « Piú tardi », protestò la donna. « Una alla volta. » « Questa non può aspettare », rise Sean. La condusse alla porta e poi fuori, sui gradini, tenendole un braccio intorno alle spalle. « Dirk », gridò. « Vieni qui. » La sentì irrigidirsi, mentre guardava Dirk risalire il sentiero. « Questa è tua nonna», disse. « Perché piange? » chiese Dirk, guardandola con visibile curiosità. Poco dopo, padre e figlio sedevano al tavolo di cucina, mentre Ada e Mary li rimpinzavano di cibo. Ada Courteney credeva che la prima cosa da fare, con un uomo, fosse nutrirlo. Mary era eccitata quasi quanto Ada. Aveva approfittato dei pochi minuti in cui era rimasta sola: ora i suoi capelli erano ben pettinati e portava una nuova camicetta, ma la cipria con cui aveva tentato di coprire i brutti segni della pelle non faceva che attirare l'attenzione su di essi. Impietosito, Sean evitava di guardarla e Mary se Pagina 27
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ne accorse. Timidamente si dedicò a Dirk... Il quale accolse le sue gentilezze come se fossero nell'ordine naturale delle cose. Mentre mangiavano, Sean raccontò quello che aveva fatto negli anni di cui Ada non sapeva nulla, sorvolando sulla morte della madre di Dirk e altre cose di cui non poteva essere orgoglioso. Infine concluse: « E così eccoci qui: A casa torna il marinaio dall'alto mare, A casa torna il cacciatore dalla collina... Dirk, non riempire troppo la bocca e tienila chiusa quando mastichi ». « Quanto tempo ti fermerai? Mary, guarda se sono rimaste delle paste nella credenza... Dirk ha ancora fame», disse Ada. « Gli farai prendere un'indigestione. Non so quanto resterò; non molto comunque... C'è una guerra in corso. » « Vuoi arruolarti? » « Sì. » « Oh, Sean. Devi proprio? » Ma conosceva già la risposta. Mentre sceglieva un sigaro, Sean esaminò attentamente Ada per la prima volta. C'era dei grigio nei suoi capelli, come s'era aspettato, anzi c'era piú grigio che nero, soprattutto alle tempie; la pelle, perduta la freschezza giovanile, si era raggrinzita intorno agli occhi e tesa sul dorso delle mani, rivelando le vene e rendendo piú prominenti le nocche. Era anche piú grassa, il petto era pieno e tondeggiante, le mammelle avevano perso la loro identità separata e formavano un tutto unico. Invece le altre qualità, il cui ricordo Sean aveva tenuto caro per tanto tempo, non solo permanevano, ma sembravano accentuate; il controllo di sé rivelato dalla compostezza delle mani e del corpo, ma mitigato dal senso dell'humour che aleggiava intorno alle labbra; lo sguardo che esprimeva umana pietà e sicura comprensione per tutto ciò su cui si posava. Ma soprattutto quell'indefinibile aura di bontà che la circondava... Guardandola, Sean sentì di nuovo che, dietro quegli occhi, nessun pensiero distruttivo poteva vivere a lungo. Accese il sigaro e parlò, mentre il fumo gli avvolgeva il viso. « Sì, Ma'. Devo andare. » E gli occhi di Ada, il cui marito era morto in guerra, si colmarono per un istante d'infinita tristezza. « Già. Suppongo che tu debba. Garry è già partito... E Michael sta facendo il diavolo a quattro per seguirlo. » « Michael? » chiese Sean. « Il figlio di Garrick... Nacque poco dopo... La tua partenza da Ladyburg. Quest'inverno compirà diciott'anni. » « Com'è? » La voce di Sean era colma di ansia. Michael... Pensò, dunque è così che si chiama mio figlio. Il mio primogenito. Perdio, il mio primogenito, e non ne ho saputo nemmeno il nome finché non è stato quasi un uomo fatto. Ada lo stava guardando con una grande domanda inespressa negli occhi. « Mary, accompagna Dirk in bagno, per piacere, e ripuliscigli un pò la bocca da tutto quel cibo. » Quando se ne furono andati, rispose alla domanda di Sean. « E' uno spilungone, molto alto e magro. Bruno come la madre, ma serio. Sempre il primo della classe. Io lo adoro. Viene spesso qui. » Tacque per un momento, poi mormorò: « Sean... ». Subito il figliastro la interruppe. « E come sta Garry? » Sapeva cosa stava per chiedergli. « Non è cambiato molto. Ha avuto un periodo sfortunato... Povero Garrick, le cose sono andate male alla fattoria. La peste bovina gli ha sterminato le mandrie; ha dovuto chiedere un prestito alla banca. » Esitò un istante. « E credo che abbia cominciato a bere forte. Bada, non posso esserne sicura... Anche prima di partire veniva di rado in città e io non l'ho mai visto toccare alcool. Ma credo che sia così. » « Quando sarò a Colenso, cercherò di sapere dove si trova. » « Non ti sarà difficile. Garry è tenente colonnello e presta servizio nello stato maggiore dei generale Buller. Ha avuto la promozioPagina 28
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ne la settimana scorsa, assieme al Distinguished Service Order, per fare il paio con la Victoria Cross. E' incaricato dei collegamenti fra le truppe imperiali e coloniali. » « Buon Dio! » Sean era sbalordito. « Garrick colonnello! » «Il generale Buller lo stima molto. Anche lui ha la Victoria Cross. » « Ma tu sai come Garry ha ottenuto quella decorazione », protestò Sean. « Si è trattato di uno sbaglio. Se Garrick è nello stato maggiore del generale... Allora il Signore abbia pietà dell'esercito britannico! » « Sean, non devi parlare così di tuo fratello. » « Colonnello Garrick Courteney», fece Sean, e rise a gola spiegata. « Non so cosa ci sia fra te e Garry, ma lo trovo orribile... E non voglio nulla di simile in casa mia. » Il tono di Ada era molto duro. Sean smise immediatamente di ridere. « Scusa. » « Prima di chiudere la questione, voglio metterti in guardia. Ti prego, sta' molto attento a come ti comporti con Garry. Qualunque cosa sia accaduta fra voi... E io non voglio saperne nulla... Garry ti odia ancora. Un paio di volte aveva cominciato a parlarne e io l'ho fermato. Ma conosco il suo odio da Michael... Che ne ha subito il contagio. E' quasi un'ossessione per lui. Quindi sta' attento. » Ada si alzò. «E adesso parliamo di Dirk. Che bel bambino, Sean! Ma ho paura che tu l'abbia viziato. » « E' una tigre», ammise il padre. « Che istruzione ha avuto? » « Be', sa leggere un poco... » « Resterà qui con me. Tra non molto inizia l'anno scolastico e lo iscriverò. » « Stavo per chiedertelo. Ti lascerò del denaro. » « Dieci anni fa qualcuno ha fatto un grossissimo e misterioso versamento sul mio conto in banca. Non erano soldi miei... Così li ho depositati a interesse. » Sorrise a Sean, che assunse un'aria colpevole. « Possiamo usare quelli. » « No », fece Sean. «Sì», lo contraddisse Ada. «E adesso dimmi quando pensi di partire. » « Presto. » « Quanto presto? » « Domani. » 11. Da quando erano usciti da Pietermaritzburg, salendo la strada della World's View, Sean e Mbejane avevano viaggiato in allegria e concordia. Il sentimento che li univa era forte, consolidato dal tempo, dalle avversità e dalle risate condivise in un guscio protettivo di affetto sincero... E adesso erano felici come soltanto due uomini possono esserlo insieme. Le battute erano vecchie e le risposte quasi automatiche, ma l'eccitazione era nuova, come è nuovo il sole ogni mattina. Perché stavano andando alla guerra, a un altro incontro con la morte, e tutto il resto diventava insignificante. Sean si sentiva libero, il fardello di pensieri che l'aveva oppresso in quegli ultimi mesi gli era scivolato di dosso. Come una nave sul mare calmo, filava leggero incontro alla propria sorte. Sorrise con indulgenza della propria immaturità. Gesù, siamo come due ragazzi che hanno marinato la scuola, pensò... E improvvisamente si sentì sollevato. Per il suo stato d'animo: perché aveva ancora la capacità di dimenticare ogni cosa e cogliere l'attimo con trepidazione infantile. Per qualche minuto si abbandonò all'autocompiacimento: non sono piú giovane e ho imparato molto, accumulandolo mattone per mattone lungo la via e cementandolo in un'alta muraglia. La fortezza della mia virilità non è compiuta, ma ciò che ho costruito finora è solido. D'altra parte, lo scopo di una fortezza è proteggere e conservare al sicuro ciò che si possiede di prezioso; se, durante la costruzione, un uomo perde e butta via le cose che desidera proteggere, allora l'intera fortezza è una beffa. Io Pagina 29
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) non ho perduto tutto, ho soltanto usato qualcosa come merce di scambio. Ho dato un pò di fede in cambio della conoscenza del male; un pò di allegria in cambio della familiarità con la morte; un pò di libertà in cambio di due figli (e questo si è rivelato un buon baratto)... Ma c'è stato anche molto spreco. Al suo fianco Mbejane si accorse che Sean aveva cambiato umore e cercò d'intaccare la sua malinconia. «Nkosi, dobbiamo sbrigarci se vuoi raggiungere il tuo abbeveratoio a Frere. » Con uno sforzo Sean scacciò i pensieri neri e rise. Cavalcarono di nuovo allegri verso nord e il terzo giorno arrivarono a Chievely. Sean ricordò il suo innocente stupore quando, giovanissimo, aveva raggiunto la colonna di Lord Chelmsford all'inizio della guerra zulu. Aveva creduto che una maggiore concentrazione di uomini non fosse possibile. Ora guardò l'accampamento dell'esercito britannico davanti a Colenso e sorrise; la piccola armata di Chelmsford si sarebbe sperduta nel solo parco dell'artiglieria, non parliamo poi di quella tendopoli che si stendeva per due miglia. File e file di tende bianche coi cavalli tra l'una e l'altra... E, in fondo, interi ettari disseminati di veicoli da trasporto, a migliaia, con le bestie da tiro sparpagliate a pascolare nel veld quasi a perdita d'occhio. Era uno spettacolo impressionante non solo per le proporzioni, ma anche per l'ordine e la funzionalità della disposizione, per il sincronismo delle squadre compatte impegnate nelle esercitazioni, per lo scintillio collettivo delle baionette, allorché gli uomini cambiavano direzione. Quando Sean cominciò ad aggirarsi per il campo e lesse i nomi dei reggimenti in testa a ogni fila di tende, percepì in essi la risonanza della gloria. Ma le nuove uniformi color cachi e i caschi coloniali lì avevano ridotti a una massa uniforme. Soltanto la cavalleria conservava un pò del vecchio incanto negli stendardi che sventolavano allegramente sulle punte delle lance. Uno squadrone lo sorpassò al trotto, e Sean guardò con invidia quei cavalli. Grandi animali lucidi, arroganti come gli uomini che portavano in groppa. E la lunga lancia dalla punta scintillante conferiva a cavallo e cavaliere un'aria di crudeltà disumana. Una dozzina di volte Sean ripeté la sua domanda: «Dove posso trovare le guide? » e, sebbene le risposte gli fossero date nei dialetti di Manchester e del Lancashire, o con i quasi incomprensibili accenti della Scozia e dell'Irlanda, c'era sempre in esse un fattore comune: nessuno ne aveva la minima idea. Si fermò per osservare un gruppo che trainava una delle nuove mitragliatrici Maxim. Goffa, si disse, neppure paragonabile con una bella carabina. In seguito avrebbe ricordato quel giudizio e si sarebbe sentito un pò sciocco. Per tutta la mattina vagò nell'accampamento, seguito da Mbejane, e a mezzogiorno era stanco, impolverato e di pessimo umore. Il Corpo delle guide del Natal pareva un'unità mitica. Sean si fermò all'estremità del campo e guardò il veld, pensando alla sua mossa successiva per procedere nella ricerca. A un chilometro di distanza, nella pianura coperta d'erba, una piccola colonna di fumo attirò la sua attenzione. Saliva da una striscia di vegetazione che evidentemente seguiva il corso di un fiume. Chiunque avesse scelto quel posto per accamparsi sapeva come sistemarsi comodamente nel veld. In confronto al territorio desolato su cui sorgeva il campo principale, quello doveva essere un paradiso: protetto dal vento, vicino all'acqua e alla legna da ardere, lontano dagli occhi degli ufficiali superiori. La sua ricerca era finita. Sean sogghignò e si avviò verso la pianura. La sua ipotesi fu convalidata dallo sciame di servi negri che si aggiravano tra gli alberi. Potevano essere soltanto coloniali, ciascuno con il proprio inserviente. Inoltre i carri erano radunati nella tipica formazione circolare del laager. Come sentendosi in casa propria, Sean si accostò al primo bianco che vide. Costui sedeva in un semicupio all'ombra d'un albero di mimosa, immerso fino alla vita, mentre un servo aggiungeva acqua calda versandola da una grande pentola nera. «Salve», lo salutò Sean. L'uomo alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, si tolse il Pagina 30
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) sigaro di bocca e restituì il saluto. « Sto cercando le guide. » « Le hai trovate, amico. Siedi», invitò. Poi disse al servo: « Porta allo Nkosi una tazza di caffè ». Grato, Sean si lasciò cadere sulla sedia reimpje vicina alla vasca e allungò le gambe davanti a sé. L'altro, messo da parte il libro, cominciò a insaponarsi il petto peloso e le ascelle, e intanto esaminava Sean con schietto apprezzamento. « Chi comanda qui? » domandò Sean. « Vuoi vederlo? » « Sì. » L'altro spalancò la bocca e urlò: «Ehi! Tim! ». « Che c'è? » rispose una voce dal carro piú vicino. «Un tizio vuole vederti. » « Perché? » « Dice che ti deve parlare di sua figlia. » Ci fu un lungo silenzio, mentre l'uomo all'interno del carro assimilava l'informazione, poi: «Che tipo è? ». « Un pezzo di marcantonio, con un fucile. » « Mi stai prendendo in giro! » « Col cavolo! Dice che, se non esci, verrà lui a prenderti. » Il telo di copertura del carro fu sollevato cautamente, e un occhio brillò dietro la fessura. Il feroce barrito che seguì fece scattare in piedi Sean. Il telone venne aperto con violenza, e l'ufficiale comandante delle guide balzò giú dal carro per muovere incontro a Sean, allargando le braccia come un lottatore. Sean lo guardò, poi urlò a propria volta e si piegò sulle ginocchia, in posizione di difesa. « Yaa!» L'uomo caricò e Sean sostenne l'urto, petto contro petto, bloccandogli le braccia con le proprie. «Tim Curtis, miserabile bastardo! » gridò, in parte ridendo e in parte gemendo, perché Tim tentava di strappargli la barba alla radice. « Sean Courteney, maledetto figlio di puttana!» ansimò l'altro, coi polmoni svuotati dalla stretta del vecchio amico. Sean gli tirò un pugno. « Facciamoci un goccetto. » Tim gli torse un orecchio. «Facciamoci una bottiglia. » Infine si separarono, e rimasero l'uno di fronte all'altro, ridendo come pazzi, per la gioia di rivedersi. L'inserviente tornò con il caffè per Sean, ma Tim lo respinse con un gesto di disgusto. «Via questa robaccia! Va' a prendere una bottiglia di brandy nella mia cassetta. » « Pare che voi due vi conosciate», disse l'uomo nel semicupio. «Conoscerci! Gesù, ho lavorato cinque anni per questo tipaccio! » sbuffò Tim. « A estrarre il suo maledetto oro. Il peggior principale che abbia mai avuto. » « Be', adesso puoi rifarti», sogghignò Sean, « visto che sono venuto a lavorare per te. » « Hai sentito, Saul? L'idiota vuole arruolarsi. » « Mazeltov. » L'uomo che Tim aveva chiamato Saul immerse la punta del sigaro nell'acqua, lo buttò via e, alzatosi in piedi, porse a Sean una mano insaponata. « Benvenuto nella legione dei dannati. Il mio nome è Saul Friedman. Mi pare d'aver capito che il tuo è Sean Courteney. Appena arriverà quella bottiglia, festeggeremo il tuo arrivo. » Il baccano aveva fatto uscire gli altri dai carri e Sean fu presentato a ciascuno di loro. A quanto pareva, l'uniforme delle guide era costituita da una giubba color cachi senza mostrine e senza gradi, pantaloni da cavallerizzo e cappello floscio. Erano in dieci, un gruppetto dall'aria dura. Sean li trovò di suo gradimento. Nudo, a parte un asciugamano intorno ai fianchi, Saul riempì i bicchieri, dopo di che si sistemarono tutti all'ombra, preparandosi a una buona bevuta. Per i primi venti minuti Tini Curtis li intrattenne con una spiegazione biografica e biologica della carriera di Sean, alla quale Saul aggiungeva commenti che sollevavano tempeste di risate. Non c'erano dubbi sul fatto che Saul fosse l'umorista della compagnia, un ruolo che ricopriva con distinzione. Sui venticinque anni, era il piú giovane del gruppo e, fisicamente, il piú minuto. Aveva un corpo sottile, pelosissimo, e in un suo modo simpatico era estremaPagina 31
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) mente brutto. A Sean piacque molto. Un'ora piú tardi, quando il brandy li ebbe portati a quello stadio di gravità che precede la ridarella, Sean disse: « Capitano Curtis... ». « Tenente, e non dimenticarlo », lo corresse Tim. «Tenente Curtis, qual è il nostro lavoro, e quando lo facciamo? » Tim guardò torvo il bicchiere vuoto, poi fece un cenno a Saul. « Diglielo tu », ordinò. «Come ho accennato prima, noi siamo la legione dei dannati. Gli altri ci guardano con un misto di pietà e imbarazzo. Passano dall'altra parte della strada quando c'incontrano, facendosi il segno della croce e borbottando scongiuri contro il malocchio. Ce ne stiamo qui nel nostro piccolo lebbrosario. » « Perché? » « Be', innanzi tutto, dipendiamo dal piú miserabile omuncolo dell'intera armata del Natal. Un tipo che, nonostante una formidabile serie di medaglie, non ispirerebbe fiducia a un coro di giovinette. E' l'ufficiale capo dei collegamenti fra le truppe coloniali e lo stato maggiore. Il tenente colonnello Garrick Courteney. » Saul fece una pausa e la sua espressione cambiò. «Nessuna parentela con te, spero? » « No», mentì Sean, senza la minima esitazione. «Grazie a Dio », riprese Saul. «Comunque, è per questo che gli altri hanno pietà di noi. Il guaio è che nessuno ci riconosce un'esistenza ufficiale. Anche per ritirare le razioni Tim deve sostenere col quartiermastro un dialogo da opera buffa. Ma siccome ci chiamiamo 'guide', tutti si aspettano che ci diamo una mossa e guidiamo un pò di gente da qualche parte... Così, in qualche modo strambo, il fatto che il generale Buller non sia avanzato di cento metri in tre mesi viene imputato a noi. » Saul si riempì il bicchiere. «A ogni modo, non siamo ancora rimasti senza brandy. » «Vuoi dire che non combiniamo niente?» chiese Sean, incredulo. « Mangiamo, dormiamo e beviamo. » «Occasionalmente facciamo qualche visita», aggiunse Tim. «E questo è un momento buono come un altro. » « Chi andiamo a trovare? » « C'è una signora molto intraprendente nella zona, a pochi chilometri da qui. Possiede una specie di circo viaggiante... Quaranta carri e quaranta ragazze. Seguono il grosso dell'esercito per confortarlo e incoraggiarlo. Perché non andiamo a ricevere un pò di conforto e incoraggiamento? Se partiamo adesso, saremo tra i primi della fila... Chi presto arriva ben alloggia. » « Io ci rinuncio», disse Saul, alzandosi. « E' un bravo ragazzo», fece Tim, guardandolo allontanarsi. « Perché non viene? E' contro la sua religione? » « No, ma è sposato e prende la cosa molto sul serio. Che mi dici di te? » « Non sono sposato. » « Allora andiamo. » Parecchie ore dopo cavalcavano verso il campo alla luce della luna, entrambi piacevolmente malinconici per l'alcool e l'amore. La ragazza che aveva portato Sean nel suo carro era cordiale, con un paio di grosse tette materne. « Mi piaci », gli aveva detto, dopo. « Anche tu », aveva risposto sinceramente Sean. Benché non provasse piú vergogna o senso di colpa che dopo aver soddisfatto un qualsiasi altro bisogno fisico, Sean sapeva che mezz'ora con una sconosciuta era un ben misero surrogato. Cominciò a mugolare la melodia che Ruth aveva cantato la sera del temporale. 12. I tenente colonnello Garrick Courteney sì tolse la giubba dell'uniforme e l'appese con cura all'attaccapanni dietro la sua scrivania. Come una massaia fiera della propria casa raddrizza un quadro sulla parete, così Garry spostò lievemente il nastro di seta Pagina 32
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) purpurea dal quale pendeva la pesante croce di bronzo. Muovendo le labbra rilesse per l'ermesima volta l'iscrizione: «Al valore», e sorrise. Grazie allo champagne che aveva bevuto a cena, si sentiva il cervello come un enorme diamante incastonato nel cranio, duro, acuto, nitido. Si sedette, girò la sedia di sbieco e allungò le gambe sulla scrivania. « Fa' entrare, attendente! » gridò, e abbassò lo sguardo sugli stivali. Assolutamente uguali, si disse. Nessuno avrebbe potuto dire, osservando le gambe, quale era di carne e ossa sotto il cuoio lucido... E quale invece di legno, con una caviglia ingegnosamente articolata. « Signore... » La voce lo fece sussultare, e subito ritirò le gambe con aria colpevole, nascondendole sotto la sedia. « Curtis! » Alzò lo sguardo sull'uomo in piedi davanti alla sua scrivania. Tim stava rigidamente sull'attenti, fissando con aria inespressiva un punto al di sopra della testa di Garry, il quale si guardò bene dal dargli il riposo. Traeva un'enorme soddisfazione dal fatto che quel grosso e impacciato bastardo dovesse usare quelle sue gambe poderose per mostrare rispetto a Garrick Courteney. Lasciamolo sull'attenti. Aspettò finché Tim non mosse nervosamente i piedi e si schiarì la gola. « Riposo! » Ora non potevano piú sussistere dubbi su chi detenesse il potere. Garry prese il tagliacarte dal piano della scrivania e lo rigirò tra le dita mentre parlava. «Sì starà chiedendo perché l'ho mandato a chiamare», disse, sorridendo con aria affabile. « Bene, la ragione è che ho un lavoro per voi, finalmente. Oggi ho fatto colazione col generale Buller. » Tacque un momento, per dar modo a Tim di assimilare la notizia. « Abbiamo parlato dell'offensiva. Desiderava la mia opinione circa certi piani che... Ma questo non c'entra. Voglio che lei vada in ricognizione con i suoi uomini lungo entrambe le sponde dei fiume, a Colenso. Guardi», continuò, stendendo una mappa. « Ci sono guadi qui e qui. » Pugnalò la mappa col tagliacarte. «Trovateli e segnateli con precisione. Controllate i ponti... Tutt'e due, quello stradale e quello ferroviario, e assicuratevi che siano intatti. Fatelo stanotte. Voglio un rapporto completo domattina. Può andare. » « Sissignore. » «Ah, Curtis... » Garry lo fermò, mentre stava per uscire dalla tenda. « Non fallite. Trovatemi quei guadi. » Il telo della tenda si richiuse dietro l'americano. Garry aprì il cassetto della scrivania e tirò fuori una fiaschetta d'argento adorna di cornaline. Svitò il tappo e annusò il contenuto prima di bere. Con la prima luce, a due a due, le guide tornarono al campo. Sean e Saul furono gli ultimi a rientrare. Scesero di sella, consegnarono i cavalli agli inservienti e raggiunsero il gruppo intorno al fuoco. « Allora?» chiese Tim, che se ne stava accoccolato con una tazza di caffè bollente tra le mani. I suoi vestiti erano fradici e fumavano asciugandosi al calore delle fiamme. «Hanno distrutto il ponte della ferrovia... Ma quello stradale è intatto. » « Sei sicuro? » « L'abbiamo attraversato. » « E' già qualcosa », brontolò Tim. Sean inarcò le sopracciglia con aria scettica. « Credi? Non ti è passato per la mente che l'abbiano lasciato in piedi perché vogliono che noi passiamo di là? » Nessuno rispose e Sean continuò: «Quando abbiamo controllato i ponti, Saul e io siamo andati un pò in esplorazione sull'altra riva. Proprio al di là del ponte ferroviario c'è una fila di piccoli kopjes. Molto cautamente, li abbiamo aggirati strisciando ». « E ... ? » « Ci sono piú boeri su quei kopjes che aculei sulla schiena di un porcospino. Chiunque tenti di attraversare il ponte alla luce del giorno si ritroverà sforacchiato come un colabrodo. » Pagina 33
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Delizioso pensiero! » grugnì Tim. «Già. Di una dolcezza da vomitare. E tu cos'hai scoperto? » « Acqua », rispose Tim, abbassando gli occhi sulla sua uniforme fradicia. « Acqua profonda. » « Nessun guado », anticipò cupamente Sean. « Nessuno. Ma abbiamo trovato una chiatta sfondata sulla riva. Forse è per questo che hanno segnato un passaggio sulla carta. » «Così adesso puoi andare dal nostro amato colonnello a dargli la buona notizia », disse Saul. « Ma scommetto cinque a uno che non servirà a niente. Secondo me, Buller attaccherà Colenso entro i prossimi due giorni. Chi lo sa, potrebbe anche riuscire a portare un paio di migliaia d'uomini oltre il fiume, allora avremmo qualche possibilità. » Tim lo guardò torvo. «E le guide saranno le prime ad attraversare. Tutto bene per te. Il rabbino ha ridotto considerevolmente il bersaglio... Ma noialtri? » « Eppure è segnato sulla mappa », protestò il tenente colonnello Garrick Courteney. Era a capo chino, così che Tim poteva vedere la cute rosa attraverso i solchi lasciati dal pettine tra i capelli color sabbia. « Io ho visto draghi e mostri marini segnati sulle carte, signore», rispose Tim, e Garry lo guardò freddamente coi suoi pallidi occhi azzurri. « Non è pagato per fare dello spirito, Curtis. » « Mi scusi, signore», disse Tim, e Garry si accigliò. Curtis sapeva far suonare la parola «signore» come un insulto. « Chi ha mandato a controllare? » « Ci sono andato personalmente. » «Può esserle sfuggito a causa del buio. » « Se ci fosse un guado, ci sarebbe una strada o almeno un sentiero che porta alla riva. E quello non mi sarebbe sfuggito, signore. » « Ma di notte chiunque si può sbaghare», insistette Garry. « Magari non si vede qualcosa che, alla luce del giorno, salterebbe agli occhi. » « Be', signore... » « Ottimo », lo interruppe bruscamente Garry. « Adesso, i ponti. Lei dice che sono intatti. » «Soltanto quello stradale, ma... » « Ma cosa? » « Gli uomini che ho mandato in ricognizione hanno riferito che le colline oltre il fiume sono fortemente difese. Quasi come se il ponte fosse stato lasciato in piedi per attirarci in una trappola. » «Curtis.» Con gesto studiato Garry posò il tagliacarte sulla mappa spiegata davanti a sé. Il suo naso era troppo grande per lo spazio tra gli occhi, e quando increspava le labbra in quel modo sembrava un uccello... Un passero, si disse Tim, un passerotto marrone. «Curtis», ripeté Garry a voce bassa. «Mi sembra che lei abbia ben poco entusiasmo per questo lavoro. Io le ho affidato un incarico e lei ritorna con un lungo elenco di scuse. Non credo che lei si renda conto di quanto sia importante... » Cip, cip... Passerotto, sogghignò Tim in cuor suo. Garry continuò: «Fra l'altro... Chi ha mandato a controllare i ponti? Tipi attendibili, spero! » « Molto attendibili, signore. » « Chi? » « Friedman. » « Ah, quell'avvocatucolo ebreo. Bella scelta, Curtis, proprio una bella scelta », disse Garry, sbuffando col naso e riprendendo il tagliacarte. Mio Dio? si stupì Curtis, anche antisemita! li nostro passerotto ha tutte le virtú! « Chi altri ha mandato?» « Una nuova recluta. » « Una nuova recluta!... Una nuova recluta! » esclamò Garry, lasciando cadere il tagliacarte e alzando le mani in un gesto d'increduPagina 34
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) lità. « Ho lavorato per lui prima della guerra. Lo conosco bene, signore. E' un tipo molto in gamba. Mi fido di lui piú di chiunque altro. In realtà, stavo per chiederle di approvare la sua promozione a sergente.» « E come si chiama questo campione? » «Per uno strano caso, signore, ha il suo stesso cognome. Benché affermi che non siete parenti. Si chiama Courteney. Sean Courteney.» Lentamente, molto lentamente, il volto di Garry cambiò espressione. Divenne piatto, scialbo. Pallido anche, il traslucido, inanimato pallore di un cadavere. Anche dai suoi occhi scomparve ogni vita... Guardavano all'interno, nei recessi segreti di un lontano passato. I luoghi bui. E vedevano un bambino che si arrampicava su una scarpata. Saliva l'erta tra la fitta boscaglia, le sue gambe erano giovani e forti. Ombra intorno, nelle narici l'odore del terriccio, nelle orecchie il ronzio degli insetti, mattino d'estate nel Natal, caldo, sudore, gli occhi fissi davanti a sé, cercando nel folto il bushbuck cui stavano dando la caccia, con Tinker che tirava bramosamente il guinzaglio e lo stesso desiderio impaziente che pulsava nella gola di Garry. Tinker abbaiò una sola volta, e subito si udì il fruscio di un grosso corpo che si muoveva davanti a loro, il rumore di uno zoccolo contro un sasso, poi il bushbuck irruppe dal folto. Il colpo secco di uno sparo, e il bushbuck ferito comincia a belare come un agnello nell'erba, mentre la voce di Sean si leva alta e ferma: « L'ho preso! L'ho preso al primo colpo! Garrick, Garrick! L'ho preso, l'ho preso! ». Il cane trascina Garry nel sole. Sean, fuori di sé dall'eccitazione, corre giú per la scarpata verso di loro, con la carabina in mano. A un tratto cade, l'arma gli sfugge, risuona un secondo sparo che mette fuori uso la gamba di Garry. Ora è seduto sull'erba e si fissa la gamba. Le piccole schegge d'osso nella carne a brandelli e il sangue che sgorga scuro, forte e denso, quasi cremoso. « Non volevo... Oh Dio, Garry, non volevo. Sono scivolato. Davvero, sono scivolato. » Garry rabbrividì, uno spasmo violento, quasi sensuale di tutto il corpo. Anche la gamba sotto la scrivania si contrasse. « Si sente bene, signore? » C'era una punta di preoccupazione nella voce di Tim. « Benissimo, grazie, Curtis. » Si lisciò i capelli sulle tempie, dove c'erano due ampi semicerchi di calvizie. «Continui, prego. » « Be', come stavo dicendo... Sembrerebbe una trappola. Hanno lasciato quel ponte perché... » «Il suo compito è raccogliere informazioni, Curtis. Valutarle spetta allo stato maggiore. Mi pare che, con questo, il suo rapporto sia finito. Bene, può andare. » Doveva bere adesso, le sue dita erano già sulla maniglia del cassetto. « Ah, Curtis. » La voce gli uscì gracchiante dalla gola riarsa. «Quella promozione di cui parlava è approvata. Faccia di quell'uomo un sergente. » « Molto bene, signore. » «Naturalmente, nel caso di un attacco frontale sui ponti, sarà lui a condurre il primo assalto. » « Signore ... ? » « Capisce che è necessario, vero?» Tim non l'aveva mai sentito parlare con un tono così colmo di lusinga. Pareva che volesse la sua approvazione. Come se cercasse di giustificare la propria decisione. « Voglio dire, lui conosce quel ponte. Lo ha attraversato. E' l'unico che l'ha fatto, vero? » « Sì, signore. » « E, dopotutto, è un sergente. Intendo dire che bisogna mandare un graduato... Non uno qualsiasi. » « Potrei andare io, signore. » « No. No. Avremo bisogno di lei al guado. » « Come vuole. » « Non se ne dimenticherà, vero? Manderà lui, eh? » Ora il suo Pagina 35
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) tono era quasi supplichevole. « Manderò lui», assentì Tim, e uscì dalla tenda. Garry tirò con violenza la maniglia. Graffiò il legno nella furia di afferrare la fiaschetta. 13. Al generale Sir Redvers Buller, comandante in capo, Corpo di spedizione britannico nel Natal. A Chievely 19 dicembre 1899. Signor generale, ho l'onore di riferire che, in osservanza degli ordini ricevuti, gli ufficiali e gli uomini del Corpo delle guide dei Natal hanno effettuato una ricognizione nella notte del 18 dicembre, con i seguenti risultati: Guado contrassegnato « A » sulla mappa allegata: Sebbene il guado permetta il passaggio, è difficile da localizzare al buio e se ne sconsiglia l'uso durante la notte. Ponte contrassegnato «B»: E un ponte stradale in metallo. Al presente è intatto, probabilmente grazie alla sua solidità, che non ha consentito la demolizione da parte del nemico. Ponte contrassegnato «C»: E un ponte ferroviario, anche questo in metallo, ma il nemico lo ha demolito. Osservazioni generali: Una limitata penetrazione della zona al di là del Tugela da parte di elementi dei Corpo delle guide dei Natal ha rivelato la presenza del nemico sulle alture contrassegnate «D» ed « E ». Non vi sono prove, però, circa la presenza di artiglieria o di forte concentrazione di truppe. Tenente colonnello G. Courteney, comandante del Corpo delle guide del Natal, sul campo. Estratto dagli ordini di battaglia emanati e firmati dal generale Sir Redvers Buller nella notte del 19 dicembre 1899. ... Le truppe comandate dal generale di brigata Lyttelton avanzeranno e cattureranno il villaggio di Colenso; quindi s'impossesseranno del ponte metallico e lo attraverseranno, scacciando il nemico dalle alture sulla riva opposta (vedere mappa allegata). 14. Stavano sdraiati sull'erba, a fianco a fianco, e la rugiada aveva inzuppato la parte posteriore delle giubbe. La notte era tranquilla e silenziosa. Nel cielo sereno brillavano stelle enormi. Le alture del Tugela, profilandosi sullo sfondo della Via Lattea, avevano assunto un'aria minacciosa. Saul sbadigliò rumorosamente e subito Sean fu costretto a imitarlo. Non si trattava di stanchezza, benché non avessero chiuso occhio per tutta la notte, ma della tensione nervosa alla prospettiva di lanciarsi contro i fucili boeri... « Manca un'ora e mezzo all'alba», bisbigliò Saul, e Sean grugnì. Era inutile contare le ore. Alle sei e quarantasette minuti il sole sarebbe spuntato e, alle loro spalle, l'esercito inglese sarebbe avanzato nella pianura coperta d'erba scura. Ancora una volta Sean si sollevò sulle ginocchia ed esaminò il terreno davanti a sé, seguendo lentamente la riva con lo sguardo, scrutando il ponte che non distava piú d'un centinaio di passi, controllando che i cespugli sulla sponda non si fossero mossi o moltiplicati. Poi, soddisfatto, tornò a sdraiarsi. « Buon Dio, che freddo! » Sentiva Saul tremare accanto a sé. « Presto farà anche troppo caldo », replicò Sean, sogghignando nel buio. Il limpido cielo notturno aveva assorbito tutto il calore del giorno passato, l'erba e i loro indumenti erano bagnati, perfino l'acciaio dei fucili era sgradevolmente freddo al tatto... Ma Sean aveva Pagina 36
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) imparato da un pezzo a ignorare il disagio fisico. Poteva, se necessario, restare disteso completamente immobile mentre le mosche tse-tse gli si posavano sul collo e affondavano gli aculei brucianti nella pelle tenera dietro le orecchie. Tuttavia provò sollievo quando il cielo cominciò a schiarire e fu tempo di muoversi. « Io vado », bisbigliò. « Buona fortuna... Troverai pronta la colazione al tuo ritorno. » Era lavoro per un uomo solo. Un lavoro che a Sean non piaceva affatto. Si erano accertati che non ci fossero nemici da questa parte del fiume e, all'ultimo minuto, quando fosse stato troppo tardi perchè i boeri potessero cambiare le proprie disposizioni, qualcuno doveva attraversare il ponte e rilevare la consistenza della difesa nemica. Un paio di mitragliatrici Maxim a breve distanza dallo sbocco, o magari delle cariche pronte a esplodere, e le possibilità di successo, anziché esigue, sarebbero state nulle. Buttatosi il fucile di traverso sulla schiena, Sean avanzò carponi nell'erba. Due volte si fermò, tendendo l'orecchio per qualche istante, ma non aveva molto tempo... Il sole sarebbe spuntato in meno di un'ora. Raggiunse il ponte e rimase disteso nella sua ombra, scrutando la riva opposta. Niente si muoveva. Alla luce delle stelle, i kopjes sembravano scuri dorsi di balena in un mare d'erba. Sean attese cinque minuti... Abbastanza perché un'eventuale sentinella inquieta producesse qualche rumore... Ancora nulla. « Andiamo », bisbigliò a se stesso, e improvvisamente ebbe paura. Per un momento non riconobbe la sensazione, perché l'aveva provata soltanto tre o quattro volte in vita sua, e mai per così poco. Si accovacciò accanto alle travi d'acciaio del ponte, con le gambe deboli e una sostanza vischiosa che premeva nel suo ventre. Fu soltanto quando sentì quel gusto in gola... Olio di pesce misto al fetore d'una carcassa putrida... Che capì di che cosa si trattava. Ho paura. La sua prima reazione fu di sorpresa, che si mutò presto in allarme. Era così che accadeva. Così era accaduto ad altri. Aveva sentito molti uomini che ne parlavano intorno ai fuochi di bivacco, ricordava le parole e la pena che si celava dietro quelle. « Sì, fu il suo portatore a ricondurlo al campo. Tremava come se avesse la febbre e si lamentava. Pensai che fosse ferito. 'Daniel'. Gli dissi, 'Daniel, cos'è successo?' « 'Si è rotto', rispose, con le lacrime che gli colavano sulla barba. 'Mi si è rotto qualcosa qui, nella testa, l'ho sentito rompersi. Allora ho gettato il fucile e mi sono messo a correre.' « 'L'elefante ha caricato, Daniel?'gli chiesi. « 'No' amico. Non l'ho nemmeno visto, l'ho soltanto sentito che brucava nella boscaglia. Poi qualcosa si è rotto e io stavo scappando.' « Non era un codardo. Eravamo andati a caccia insieme una infinità di volte e l'avevo visto affrontare a piè fermo la carica di un elefante, facendolo stramazzare così vicino da poterlo toccare con la canna del fucile. Era in gamba, ma aveva tirato troppo la corda. All'improvviso qualcosa si ruppe nella sua testa e la caccia ebbe fine per lui. » Ho accumulato paura come una vecchia nave ammassa alghe e molluschi sotto la linea di galleggiamento, pensò... Ora quel «qualcosa» era pronto a spezzarsi anche in lui, se ne rendeva conto con estrema lucidità. Come si rendeva conto che, se fosse fuggito, non avrebbe cacciato mai piú. Accoccolato al buio, sudando nel freddo dell'alba, Sean fu assalito dalla nausea. Stava male, respirava pesantemente dalla bocca, quella roba molle nel ventre era prossima a cercare uno sfogo, si sentiva così debole che le gambe presero a tremargli, e dovette sostenersi a un traliccio. Rimase così per un minuto che parve un'eternità. Poi cominciò a lottare, irrigidendo le gambe e costringendole a muoversi in avanti. Con forza di volontà controllò il rilassamento dello sfintere... Tanto vicino era arrivato all'estrema umiliazione. Ora sapeva che la vecchia storiella sui codardi era vera. E applicabile anche a lui. Salì sul ponte; ogni volta sollevando il piede con un atto della Pagina 37
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) volontà, spingendolo avanti, posandolo e spostandovi sopra il peso del corpo. Anche la respirazione era premeditata, Sean inspirava ed espirava a comando del cervello. Non poteva piú fidarsi dei proprio corpo nemmeno per assolvere la piú semplice delle funzioni... Non dopo essere stato tradito da esso in modo così atroce. Se fossero stati in attesa, i boeri l'avrebbero ucciso quel mattino. Senza la minima cautela, Sean raggiunse lentamente il centro del ponte. Il suo corpo era un grosso, vistoso bersaglio alla luce delle stelle, e ogni suo passo risuonava sul metallo. Sotto i suoi piedi l'acciaio lasciò il posto alla ghiaia. Era sull'altra sponda. Continuò a camminare, quasi al centro della strada, seguendone l'ampia curva verso i colli scuri. Camminava con il suo terrore, che gli riccheggiava nella testa come il fragore del mare. La cinghia del fucile gli scivolò dalla spalla e l'arma cadde con fragore al suolo. Sean rimase immobile per un minuto buono prima di chinarsi a raccoglierla. Poi si voltò e tornò indietro. Camminando lentamente, contando i passi, misurandoli... uno al secondo... Ritmandoli con la massima attenzione per impedire a se stesso di mettersi a correre. Perché se avesse cominciato a correre, sarebbe stata la fine. Anche lui non avrebbe cacciato mai piú. « Tutto a posto? » Saul lo stava aspettando. Sean gli si lasciò cadere accanto. « Sì. » « Visto qualcosa? » « No. » Saul lo fissò. « Sei sicuro di star bene? » chiese. Sean sospirò. Gli era già successo una volta. La paura lo aveva colto in un pozzo di miniera crollato. In seguito si era imposto di tornarvi e l'aveva lasciata là, nel pozzo, uscendo da solo alla luce del giorno. Anche adesso aveva sperato di lasciare la paura sull'altra riva del fiume, ma questa volta essa l'aveva seguito. Ormai sapeva con assoluta certezza che non se ne sarebbe piú liberato. Gli avrebbe sempre ansimato sul collo. Dovrò domarla, si disse. Dovrò metterle barbazzale e cavezza. « Sì, sto bene », rispose a Saul. « Che ore sono? » « Le cinque e mezzo. » « Mando indietro Mbejane. » Si alzò e raggiunse il luogo in cui lo zulu aspettava con i cavalli. Gli diede un piccolo quadrato di stoffa verde: il segnale convenuto indicante che né il ponte né il villaggio erano difesi in forze. Il quadrato rosso lo ripose nel taschino sul petto. «Tornerò subito», gli disse Mbejane. Sean scosse la testa. « No. Non hai piú nulla da fare qui. » Mbejane slegò i cavalli. «Sta' tranquillo. » «Va' in pace. » Sean era contento che Mbejane non fosse là a vedere, qualora la paura l'avesse colto di nuovo. Ma non deve succedere, si disse cupamente. Oggi sarà la giornata decisiva. Se riesco a superare questo giorno, allora forse l'avrò domata. Tornò nel punto in cui Saul l'aspettava nel buio e, sdraiati l'uno accanto all'altro, attesero il sorgere del sole. 15. L'oscurità si ritirava, ampliando sempre piú il loro campo visivo. Ora si scorgevano anche le strutture superiori del ponte, un nitido disegno geometrico contro la mole scura delle colline. Poi divennero visibili i cespugli, sullo sfondo chiaro della roccia e dell'erba. La prima luce falsava le distanze, facendo apparire i colli lontani e non piú ostili. Uno stormo di aironi volava in formazione allungata sopra il letto del fiume, abbastanza in alto per catturare i raggi del sole e risplendere del suo fulgore, uccelli d'oro in un mondo d'ombra. E con l'alba si alzò un venticello freddo la cui voce tra l'erba si fuse col mormorio dei fiume. Poi il sole raggiunse i kopjes, come per benedire l'esercito della Repubblica. Al suo calore, la nebbia in fondo alle gole si contorse in spasimi d'agonia, si sollevò nel vento e svanì. L'orlo infuocato spuntò dall'orizzonte e la luce divenne brillante Pagina 38
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) e chiara sulla terra lavata dalla rugiada. Sean studiò col binocolo la cresta delle colline. A un centinaio di passi c'erano tracce di fumo, come se l'esercito boero stesse preparando il caffè. « Credi che possano vederci? » domandò Saul. Senza abbassare il binocolo, Sean scosse la testa. Due piccoli cespugli e il sottile schermo d'erba che avevano preparato durante la notte li nascondevano perfettamente. « Sei sicuro di sentirti bene?» domandò ancora una volta Saul. Dalla faccia sembrava che Courteney fosse preda di un tormentoso dolore fisico. « Ho dei crampi allo stomaco», grugnì Sean. Fa' che cominci presto, li prego, fa' che cominci. Aspettare è la cosa peggiore. Poi il terreno tremò sotto il suo petto, una vibrazione leggerissima, e Sean si sentì invadere dal sollievo. «Ecco i cannoni», disse. Tenendosi al coperto di uno dei cespugli, si alzò e guardò dietro di sé. In un'unica colonna, a breve distanza l'uno dall'altro, i cannoni stavano entrando in scena. Avanzavano rapidamente, ancora minuscoli per la distanza; gli uomini in arcione ai cavalli di testa sollecitavano i poderosi tiri, e presto furono abbastanza vicini perché Sean potesse scorgere le braccia con le fruste che si alzavano e si abbassavano, e sentire le grida dei serventi miste allo stridore delle ruote. Sedici pezzi d'artiglieria, centocinquanta cavalli per trainarli e un centinaio d'uomini per servirli. Ma, nella vastità della pianura davanti a Colenso, la colonna sembrava piccola e insignificante. Sean guardò oltre di essa e vide i fanti che la seguivano, una fila accanto all'altra, come pertiche di una palizzata, migliaia di uomini che avanzavano lentamente nella pianura. Sean sentì ridestarsi la vecchia, selvaggia esaltazione. Sapeva che lo spiegamento seguiva la linea di segnali lasciati da lui e da Saul durante la notte e che loro due sarebbero stati i primi ad attraversare il ponte... I primi di tutte quelle migliaia di uomini. Ma era un'esaltazione di tipo diverso da quelle sperimentate in precedenza. Piú acuta e intensa, insaporita dal peperoncino della paura. Così, per la prima volta, Sean apprese che la paura poteva essere una sensazione piacevole. Guardò le schiere di uomini e di cannoni spiegate sul tavolo da gioco color ocra... Gettoni buttati a caso, per essere vinti o perduti senza rimedio nel lancio di dadi della battaglia. E anch'io sono uno di quei gettoni, pensò, spaventato e insieme stranamente euforico per tale consapevolezza. I cannoni erano vicini ora. Sean poteva percepire il significato delle grida, vedere i volti dei soldati e perfino leggervi le sue stesse emozioni. Vicini, troppo vicini forse. Preoccupato, Sean si voltò a guardare le alture oltre il fiume e valutò la distanza. All'incirca milleottocento metri, la portata di un buon fucile a canna lunga. E i cannoni continuavano ad avanzare. « Cristo! Ma sono matti? » chiese a voce alta. « Devono attaccare, adesso. » Anche Saul intuiva il pericolo. « Non possono avvicinarsi di piú. » Ma si avvicinavano. Il rumore della loro avanzata era simile al brontolio del tuono; dalla terra impregnata di rugiada la polvere si alzava con riluttanza sotto le ruote; i cavalli schiumavano facendo forza sulle tirelle. «Sono a tiro ormai. Devono fermarsi. Devono!» ringhiò Sean. E infine la colonna si aprì, i cannoni girarono rispettivamente uno a destra e uno a sinistra, spiegandosi di fronte ai fucili boeri in attesa. «Cristo!» imprecò Sean, osservando quella folle manovra. «Li massacreranno! » Uomini in piedi sulle staffe, voltati indietro per controllare gli affusti... Altri - i capocannonieri - che balzavano dai cavalli, lasciandoli liberi, mentre loro correvano ai pezzi per cominciare a staccarli e puntarli... In quel momento di completa inermità, mentre gli artiglieri sciamavano verso le bocche da fuoco, i cavalli correvano da tutte le Pagina 39
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) parti, nitrendo in preda a un'eccitazione isterica, quando ancora le munizioni dovevano essere scaricate e ammucchiate accanto ai cannoni... Proprio allora la fucileria boera aprì il fuoco. Fu un suono che mancava di violenza, stranamente poco guerresco, ridotto dalla distanza al crepitio d'un centinaio di petardi, e dapprima non si vide alcun effetto. L'erba era abbastanza fitta per nascondere la sferzata delle pallottole e la terra era troppo appesantita dalla rugiada per sollevarsi là dove cadevano i proiettili. Poi uno dei cavalli attaccati a un affusto fu colpito e cadde, trascinando con sé il compagno. Due uomini accorsero per liberare quest'ultimo, ma uno non lo raggiunse: a un tratto si sedette nell'erba, con la testa reclinata. Altri due cavalli caddero, un terzo s'impennò e scalciò selvaggiamente, con una delle zampe anteriori che dondolava come un batacchio, spappolata da un proiettile al di sopra del ginocchio. « Indietro! » ruggì Sean. « Portatevi fuori tiro finché siete in tempo », ma la sua voce non raggiunse gli uomini ai pezzi, sovrastata dalle loro grida e dai nitriti dei cavalli feriti. Quindi si udì un suono inconsueto, che Sean non riuscì a identificare, una specie di crepitio di grandine su un tetto sottile, dapprima isolato, poi piú frequente, finché divenne simile al rumore di cento tamburi che rullassero insieme... E Sean capì: erano i proiettili che colpivano l'acciaio dei cannoni. Allora, un cannoniere si riversò in avanti e bloccò la culatta finche i compagni lo trascinarono via; un soldato lasciò cadere il proiettile che trasportava e avanzò barcollando, con le gambe che gli si piegavano sotto, finché cedette e giacque immobile; un cavallo si liberò da un affusto e galoppò per la pianura trascinandosi dietro un ammasso aggrovigliato di finimenti. Uno stormo di fagiani selvatici si levò dall'erba nei pressi delle batterie e tracciò un'ampia curva lungo il fiume prima di rituffarsi al coperto. Dietro i cannoni, in file regolari, la fanteria avanzava placidamente verso quel gruppetto di casupole abbandonate che era Colenso. Poi, con un fragore che fece sussultare la terra e con sedici lunghi sbuffi di fumo azzurro, l'artiglieria entrò in azione. Sean puntò il binocolo sulla cresta delle colline, in tempo per veder esplodere le prime granate. Le fumate giallo-verdastre della liddite salirono verso il sole, poi fluttuarono dense nel vento. I cannoni tuonarono ancora, ancora... A colpi sempre piú ravvicinati, che si trasformarono presto in un rombo continuo, mentre la nitida cresta della collina era offuscata dalla polvere e dalle fumate della liddite. C'era anche altro fumo, una sottile bruma grigiastra lungo i pendii... Il fumo di migliaia di fucili. Rapidamente Sean regolò l'alzo del suo Lee-Metford a mille metri e, sistematosi bocconi, cominciò a sparare alla cieca nel fumo. Accanto a lui Saul stava facendo lo stesso. Sean vuotò due caricatori, prima di voltarsi a guardare i cannoni. Il ritmo di fuoco era rallentato. La maggior parte dei cavalli era stesa tra l'erba. Molti cadaveri giacevano riversi sugli affusti; feriti gravi stavano acquattati al riparo dei carrelli, e, mentre prima ogni pezzo era servito da sei uomini, adesso erano in tre o quattro a prendere i proiettili, caricare e far fuoco. « Idioti, maledetti idioti», bisbigliò Sean, girandosi di nuovo verso il nemico e concentrando tutta la sua attenzione nell'atto meccanico di tirare indietro l'otturatore, farlo scivolare in avanti, puntare nel fumo e sparare. Non contava i colpi. Quando l'arma faceva cilecca, prendeva a tentoni un altro caricatore dalla bandoliera e ricaricava. Stava sudando adesso, sentiva le gocce scivolare sotto le ascelle; le orecchie gli ronzavano per il rimbombo del fucile e la spalla cominciava a pulsare. A poco a poco un senso d'irrealtà prodotto dal tuonare dei cannoni e dall'odore della polvere bruciata s'impadronì di lui. Gli sembrava che non dovesse mai piú fare altro che starsene sdraiato sul ventre e sparare, sparare al fumo. Poi il mondo si ridusse a un mirino, unica cosa concreta in un'informe distesa di nebbia. Nelle sue orecchie, un vasto silenzio ronzante copriva tutti i suoni della battaPagina 40
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) glia. Era solo e sereno, intontito dal vorticare ipnotico della nebbia e dall'atto ripetitivo di caricare e sparare. Bruscamente l'incanto si ruppe. Qualcosa passò sopra le loro teste con un fruscio come di ali gigantesche, poi vi fu un gran botto, quasi che Satana avesse sbattuto la porta dell'inferno. Sbigottito, Sean si voltò a guardare e vide una sfera di fumo bianco librata sopra i cannoni, che ruotava vorticosamente e si allargava nel cielo come un fiore. « Che diavolo... » « Shrapnel », grugnì Saul. « Ora sono fottuti. » Ancora un botto e un altro e un altro, mentre i Nordenfelt boeri piazzavano i loro fiori di fumo bianco sopra la pianura, sferzando i cannoni e gli uomini che ancora li servivano con una sibilante pioggia d'acciaio. Poi si udirono delle voci. Confuse e attutite dal rombo dei cannoni: Sean impiegò un minuto a localizzarle. Aveva dimenticato la fanteria. « Serrate laggiú! » « Serrate sulla destra! Mantenete lo schieramento! » « Non correte. Calma, ragazzi. Non correte. » Lunghe file di uomini, file che s'allungavano o s'accorciavano, si riordinavano subito alle esortazioni degli ufficiali. Regolarmente spaziati, avanzando in silenzio coi fucili tenuti di traverso sul petto, i soldati superarono i cannoni. Nell'erba, dietro di loro, rimanevano fagotti color cachi, alcuni immobili, altri che si contorcevano e urlavano. Appena nelle file si formavano dei vuoti, venivano subito riempiti al grido di « Serrate! Serrate laggiú sul fianco ». « Stanno andando verso il ponte della ferrovia. » Sean ebbe una prima intuizione del disastro. « Non sanno che è stato distrutto? » « Bisogna fermarli », disse Saul, balzando in piedi. « Perché mai non hanno seguito i nostri segnali?» gridò Sean, sapendo che la sua domanda non avrebbe avuto risposta. L'aveva formulata soltanto per guadagnare tempo, per ritardare il momento in cui avrebbe dovuto lasciare il suo inconsistente riparo d'erba e uscire allo scoperto. « Andiamo, Sean. Dobbiamo fermarli. » Saul cominciò a correre. Sembrava una piccola scimmia ossuta, mentre saltellava verso le ondate avanzanti di fantaccini. Sean inspirò profondamente e trattenne un attimo il fiato prima di seguirlo. Una ventina di metri davanti alla prima fila, stringendo in pugno una spada e camminando svelto su gambe da trampoliere, c'era un ufficiale. « Ehi, lei! » gridò Sean, agitando il cappello per attirarne l'attenzione. L'ufficiale lo fissò con un paio d'occhi azzurri penetranti come baionette, e le punte impomatate dei suoi baffi vibrarono. Si avviò a grandi passi verso Sean e Saul. « State andando verso il ponte sbagliato », gli gridò Sean, con voce stridula per l'agitazione. « Quello ferroviario l'hanno fatto saltare, non passerete mai di là. » L'ufficiale li raggiunse e si fermò di fronte a loro. « Ma voi chi diavolo siete, se è lecito? » « Siamo gli esploratori... » cominciò Sean, e fece un balzo mentre la pallottola di un Mauser colpiva il terreno fra le sue gambe. «E metta via quella maledetta spada... Tutti i boeri sul Tugela faranno a gara per sforacchiarla. » Il tizio » un colonnello, stando alle spalline - aggrottò le sopracciglia. « Non è così che ci si rivolge a un ufficiale, sergente... » « Al diavolo queste sciocchezze! » lo investì Sean. «Faccia una conversione verso il ponte stradale. » Indicò la sovrastruttura metallica che si scorgeva a sinistra, attraverso gli alberi. « Se proseguite verso quello ferroviario, vi faranno a pezzi. » Il colonnello fissò ancora un momento Sean con il suo sguardo a baionetta, poi portò alle labbra un fischietto e soffiò, traendone un suono lacerante. « A terra! » gridò. « A terra! » Subito la prima fila si buttò tra l'erba. Le altre perdettero la loro rigidità, esitanti. Pagina 41
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Raggiungete il villaggio », strillò Sean. «Riparatevi negli edifici. » I ranghi si ruppero e un migliaio d'uomini corse verso Colenso, riversandosi nell'unica strada e tuffandosi dentro porte e finestre. Nel giro di trenta secondi erano tutti al coperto. «Dunque, di che si tratta?» domandò il colonnello, voltandosi di nuovo verso Sean. Con impazienza, Sean ripeté le proprie spiegazioni, spiacevolmente conscio del fatto che, in mancanza di altri bersagli, l'attenzione dei boeri si stava concentrando su di loro. « Ne è sicuro? » « Maledizione! Certo che sono sicuro. Il ponte è distrutto, non solo, ma hanno strappato tutti i recinti di filo spinato e li hanno gettati in acqua. Non riuscirete mai ad attraversare il fiume. » « Venga», disse il colonnello, avviandosi verso la casetta piú vicina. Sean gli camminò al fianco. In seguito non capì mai come fosse riuscito a superare quel centinaio di metri senza mettersi a correre. « Per l'amor dei cielo, metta via quella spada», ripeté rabbiosamente al colonnello, mentre procedevano tra i sibili e i tonfi delle pallottole. « Nervoso, sergente? » domandò l'ufficiale, sorridendo per la prima volta. « Può giurarci che lo sono, maledizione! » « Anch'io. Ma non bisogna darlo a vedere agli uomini, le pare? » Infilò la spada nel fodero. «Come si chiama, sergente? » «Sean Courteney, Corpo delle guide del Natal. E lei?» fece Sean, abbassandosi istintivamente mentre una pallottola fischiava sopra la sua testa. Il colonnello sorrise di nuovo per la confidenza di quel graduato. «Acheson. John Acheson. Secondo Battaglione fucilieri scozzesi. » Raggiunsero la casupola. Non riuscendo piú a trattenersi, Sean infilò di botto e con sollievo la porta della cucina. Saul era già là. Porse un sigaro a Sean e glielo accese. «Questi scozzesi sono tutti matti», commentò. «E tu non sei migliore... Camminare come se andassi a spasso nel bel mezzo di una battaglia! » Il colonnello entrò in quel momento. « Bene, Courteney. Esaminiamo la situazione. » Ascoltò in silenzio, mentre Sean gliela esponeva nei particolari. Doveva gridare per sovrastare il frastuono dell'artiglieria boera e il crepitio di mille fucili Lee-Metford che rispondevano al fuoco dalle finestre e dalle porte del villaggio. La cucina in cui si trovavano era stata adibita a posto di pronto soccorso, e i gemiti dei feriti si aggiungevano al fracasso della battaglia. Quando Sean ebbe finito, Acheson gli voltò le spalle e raggiunse la finestra. Guardò oltre i binari della ferrovia, dove si trovavano i cannoni. Erano spiegati in formazione perfetta, da piazza d'armi. Ma non sparavano più. I cannonieri superstiti correvano a zigzag verso un profondo crepaccio alle spalle delle batterie, trascinandosi dietro i feriti. « Poveri disgraziati », mormorò Sean, guardando uno degli uomini in ritirata stramazzare colpito alla testa, mentre il suo casco balzava in aria roteando e il sangue si sprigionava sotto forma di fugace nuvoletta rosa. Quella vista parve scuotere anche Acheson. «D'accordo», disse. «Avanzeremo sul ponte stradale. Forza, Courteney, andiamo. » Dietro di lui qualcuno gridò e Sean udì un tonfo, ma non si voltò a guardare. Teneva lo sguardo inchiodato sul ponte. Sebbene le gambe si muovessero meccanicamente sotto di lui, l'alta struttura metallica sembrava sempre alla stessa distanza. I biancospini erano piú fitti vicino al fiume e fornivano un certo riparo contro i cecchini appostati sull'altra sponda. Tuttavia gli uomini continuavano a cadere, mentre gli shrapnel sibilavano ed esplodevano sopra le loro teste. «Attraversiamo. Occuperemo i posti migliori sull'altra riva», gridò Saul accanto a lui. «Forza, allora», disse Sean, e corsero insieme. Furono i primi sul ponte, con Acheson subito dietro di loro. Le pallottole lasciavaPagina 42
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) no cicatrici chiare sul metallo verniciato di grigio... E a un tratto, miracolosamente, si trovarono dall'altra parte. Avevano attraversato il Tugela. C'era un fosso di drenaggio di fianco alla strada, e i due vi si tuffarono, ansimanti. Sean guardò indietro. Sul ponte si riversava una massa color cachi; perduta anche la minima parvenza d'ordine, i fanti si affollavano in quel collo di bottiglia, con le palle che piovevano su di loro. Appena attraversato il ponte, i primi sì sparpagliavano lungo il fiume, acquattandosi sotto la bassa scarpata, mentre dietro di loro continuava il massacro. Una massa d'uomini furiosi e spaventati che correvano, imprecavano, morivano. « E un macello », disse Sean sbigottito per ciò che vedeva. Fanti morti e feriti cadevano oltre il basso parapetto, piombando nelle acque brune del Tugela per poi affondare o raggiungere goffamente le rive. Ma un flusso costante di uomini riusciva ad attraversare ponte e a mettersi al coperto. Era chiaro che l'attacco stava perdendo il suo impeto. Quando gli uomini saltavano nei fossati, Sean vedeva dalle loro facce e dal modo in cui si appiattivano al suolo che non avevano piú il fegato per continuare. La terribile prova del ponte aveva distrutto quella disciplina che li aveva fatti avanzare in file ordinate verso un obiettivo impossibile. Ufficiali e truppa erano inestricabilmente mischiati in una ressa spaventata ed esausta. Non esistevano piú contatti tra i vari gruppi appostati nei fossi o sulla riva... E il già poco spazio al coperto per gli uomini che continuavano ad attraversare il ponte s'era notevolmente ridotto. Il fuoco, dalle posizioni boere, non diminuiva, e adesso il ponte era ostruito dai corpi dei caduti, così che ogni nuova ondata doveva passarvi sopra: i soldati calpestando morti e feriti senza distinzione, mentre la tempesta del fuoco nemico li sferzava come pioggia spinta dal vento. Rivoli di sangue scorrevano lungo i sostegni del ponte in orrendo contrasto con la vernice grigia, e chiazze color cioccolato si allargavano sulla superficie del fiume, andando lentamente alla deriva. Qua e là la voce di un ufficiale si levava sopra il baccano di gemiti e grida, nel disperato tentativo di radunare gli uomini. « Qui il Ventunesimo. Riformare intorno a me il Ventunesimo. » « Fuoco isolato. Sulle alture. Dieci colpi in rapida successione. » « Barellieri! » « Bili! Dove sei, Bili? » « Gesú! Gesú Cristo! » « Alzarsi, ragazzi! In posizione! » « Avanti il Ventunesimo. Innestare le baionette. » Alcuni stavano con la testa e le spalle fuori del fosso, rispondendo al fuoco boero, altri bevevano dalle borracce. Un sergente lottava con un fucile inceppato e imprecava a bassa voce senza alzare gli occhi, mentre accanto a lui un soldato semplice sedeva con la schiena contro la parete del fossato, a gambe larghe, e guardava il proprio sangue che colava da una ferita al ventre. Sean si alzò e avvertì lo spostamento d'aria d'una pallottola in prossimità di una guancia. Il rettile ripugnante della paura lo avvinse piú forte allo stomaco. Tuttavia si arrampicò sulla parete del fosso. « Avanti! » gridò, cominciando a correre verso le colline. Ora si trovava allo scoperto, in una distesa d'erba, e davanti a lui una vecchia cinta di filo spinato si reggeva a stento su pali marciti. Sean la raggiunse, sollevò un piede e la colpì col tallone. I paletti si piegarono a livello del suolo, la cinta si abbatté e Sean la superò con un salto. «Gli altri non arrivano», gridò Saul accanto a lui. Sean si fermò. Erano soli in mezzo alla radura... E i fucili boeri li cercavano con bramosia. « Corri, Saul! » gridò Sean . Poi, strappatosi di testa il cappello, lo agitò verso gli uomini dietro di lui. «Avanti, bastardi! » Un proiettile lo mancò per così poco che lo spostamento d'aria lo fece barcollare. « Da questa parte! Seguiteci! Venite! » Saul non lo aveva abbandonato. Saltellava per l'eccitazione, agitando le braccia. Pagina 43
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Tornate indietro. » La voce di Acheson volò fino a loro. Era nel fosso di drenaggio, e ne emergeva con tutto il busto. «Indietro, Courteney! » L'attacco era finito. Sean se ne rese conto in quell'istante e capì che Acheson aveva preso la decisione giusta. Avanzare ancora nella prateria sottostante le alture era un suicidio. La risolutezza che l'aveva sostenuto fin lì si afflosciò, e la paura spezzò la frusta con cui Sean l'aveva tenuta sotto controllo. Corse indietro alla cieca, gemendo, piegato in avanti, i gomiti che si muovevano al ritmo dei piedi sospinti dal terrore. Poi, accanto a lui, Saul fu colpito al capo. L'impatto del proiettile lo gettò in avanti, mentre il fucile gli schizzava di mano. Emise un gemito di dolore e di sorpresa, quindi cadde piegandosi sul ventre. Sean continuò a correre. « Sean! » La voce di Saul dietro di lui. « Sean! » Una disperata invocazione d'aiuto. Ma Sean chiuse la sua mente a quella e corse verso la sicurezza del fossato. « Sean. Ti prego! » Si fermò e rimase incerto, con i Mauser che abbaiavano sulle alture e le pallottole che falciavano l'erba intorno a lui. Lascialo, urlava a Sean il suo terrore. Lascialo. Corri! Corri! Saul strisciava verso di lui, con la faccia coperta di sangue e gli occhi fissi sul suo volto. « Sean! » Lascialo. Lascialo. Ma c'era speranza su quel pietoso viso insanguinato, e le dita di Saul artigliavano l'erba fino alle radici, mentre si trascinava in avanti. Era al di là di ogni ragionevolezza. Ma Sean tornò indietro. Spronato dal terrore, trovò la forza di sollevare Saul e di correre con lui. Odiandolo come non aveva mai odiato prima, Sean trasportò barcollando il compagno verso il fosso di drenaggio. La tensione nervosa rallentava il ritmo del tempo e gli parve di correre per un'eternità. « Maledetto! » disse a Saul, odiandolo. « Che tu possa finire all'inferno! » Le parole gli venivano facilmente alla bocca, espressione immediata del suo terrore. Poi il terreno gli mancò sotto i piedi. Caddero insieme nel fossato, e Sean rotolò lontano dal compagno. Giacque sullo stomaco, premendo il viso contro il suolo e tremando come se avesse la febbre alta. Lentamente tornò dal luogo remoto in cui la paura l'aveva sospinto e sollevò la testa. Saul sedeva appoggiato alla parete del fosso. La sua faccia era rigata di sangue misto a sporcizia. « Come va? » gracchiò Sean, e Saul lo guardò con aria assente. Faceva molto caldo al sole e la luce era accecante. Sean svitò il tappo della borraccia e l'avvicinò alle labbra di Saul, che inghiottì penosamente. L'acqua fuorusciva dall'angolo della bocca e correva sul mento e sulla giubba. Dopo bevve Sean. Quando si fu dissetato, emise un sospiro di sollievo. « Diamo un'occhiata alla tua testa. » Tolse il cappello a Saul, e il sangue che si era accumulato intorno alla fascia interna colò a fiotti lungo il collo del ferito. Spartendo i neri capelli impastati, Sean trovò il solco prodotto dalla palla. «Un colpo di striscio », grugnì, cercando le bende nella tasca della giubba di Saul. Mentre gli avvolgeva una specie di turbante intorno alla testa, notò che uno strano silenzio era caduto sul campo di battaglia, un silenzio accentuato, anziché rotto, dal mormorio degli uomini intorno a lui e da qualche colpo di fucile dalle alture. La battaglia era finita. Almeno abbiamo attraversato il fiume, pensò amaramente Sean. L'unico problema che ci rimane ora è quello di tornare indietro. « Ti fa male? » Aveva bagnato il fazzoletto e aveva tolto un pò di sangue e di polvere dalla faccia di Saul. « Grazie, Sean. » Improvvisamente Courteney si accorse che gli occhi del compagno erano pieni di lacrime, e la cosa lo imbarazzò. Distolse lo sguardo. « Grazie... Per essere tornato a prendermi. » Pagina 44
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Dimenticalo. » « Non lo dimenticherò mai. Finché avrò vita. » « Tu avresti fatto lo stesso. » « No, non credo. Non ne sarei stato capace. Ero così spaventato, così terrorizzato, Sean. Tu non puoi sapere. Tu non saprai mai cosa significhi avere tanta paura. » « Dimenticalo, Saul. Lascia perdere. » « Dovevo dirtelo. Sono in debito... D'ora in poi sarò in debito verso di te. Se non fossi tornato a prendermi, sarei... Sarei ancora là fuori. Ti devo la vita. » « Chiudi il becco, maledizione! » Sean vide che gli occhi di Saul erano mutati, le pupille si erano ridotte a due minuscoli punti neri e il ferito muoveva la testa in modo idiota. La pallottola lo aveva scosso. Ma Sean non riuscì a trattenere la propria rabbia. « Così, io non saprei cos'è la paura! Ero talmente terrorizzato là fuori che... Ti odiavo. Mi sentì? Ti odiavo! » Poi la sua voce si raddolcì. Doveva spiegarlo a Saul e a se stesso. Doveva parlarne, giustificarlo e sistemarlo saldamente nell'ordine delle cose. A un tratto si sentì molto vecchio e saggio. Teneva nelle sue mani la chiave dei grande mistero della vita. Era tutto così chiaro, per la prima volta lo capiva e poteva spiegarlo. Sedevano vicini nel sole, isolati dagli uomini intorno a loro e la voce di Sean si abbassò fino a diventare un precipitoso bisbiglio, mentre tentava di parlare a Saul, di trasmettergli quella conoscenza che abbracciava tutta la verità. Di fianco a loro giaceva un caporale dei fucilieri. Era disteso sul dorso, morto; le mosche sciamavano sui suoi occhi per deporvi le uova, piccolissimi grani di riso attaccati alle ciglia. Saul si appoggiava pesantemente a una spalla di Sean e lo ascoltava, scuotendo di tanto in tanto il capo, confuso. Ascoltava la voce di Sean, dapprima smozzicata, incerta, poi sempre piú rapida man mano che le idee emergevano e si affollavano nella sua mente; udì la disperazione in essa, mentre Sean lottava per conservare qualche granello della conoscenza che era stata sua fino a pochi istanti prima. La sentì trasformarsi in silenzio e in pena quando Sean si accorse di averla perduta. « Non so », ammise Courteney alla fine. Allora parlò Saul, la sua voce era atona e, da sotto il turbante di bende macchiate di sangue, gli occhi non riuscivano a mettere bene a fuoco il volto di Sean. « Ruth », disse. « Parli proprio come Ruth. A volte di notte, quando non riesce a dormire, cerca di dirmi qualcosa. Io sono sul punto di capire, lei è sul punto di esprimerla, poi s'interrompe. 'Non so', finisce col dire. 'Proprio non so'. » Sean si staccò bruscamente da Saul e lo guardò in faccia. « Ruth? » chiese con calma. « Mia moglie. Ti piacerebbe, Sean... E tu piaceresti a lei. Così coraggiosa... Mi ha raggiunto attraversando le linee boere. Tutta la strada da Pretoria... A cavallo, da sola. E venuta da me. Non riuscivo a crederci. Tutta quella strada. Un giorno te la vedo entrare nel campo: 'Ciao, Saul'... Così! Ti piacerà quando la conoscerai, Sean. - E' così bella, così serena... ». Come quando, in una tranquilla giornata d'ottobre, il forte vento comincia a soffiare... Il tempo è stato caldo e secco per forse un mese, poi lo sentì arrivare da lontano: un ruggito sommesso che aumenta rapidamente, la polvere vola rossiccia nell'aria e gli alberi si piegano, agitando i rami. Lo vedi arrivare, ma ogni tuo preparativo risulta vano, quando colpisce. L'immenso ruggito e la polvere ti avvolgono, rendendoti sordo e cieco con la loro violenza... Allo stesso modo Sean vide arrivare, riconobbe la furia assassina con la quale aveva già quasi ucciso un uomo, ma non poté nulla contro di essa. A un tratto essa fu sopra di lui, il suo ruggito gli riempì la testa e gli restrinse il campo visivo, limitandolo al volto di Saul Friedman. Questo volto era di profilo, perché Saul stava guardando indietro, verso le linee inglesi al di là della pianura di Colenso. Sean prese il fucile del caporale morto e se lo posò in grembo. Pagina 45
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Col pollice tolse la sicura, senza che Saul notasse il movimento. «Adesso è a Pieterrnaritzburg, ho ricevuto una lettera la scorsa settimana», mormorò Saul, e Sean sollevò il fucile in modo che la canna puntasse contro un lato del petto di Saul, sotto l'ascella. « L'ho mandata a Pietermaritzburg perché ha uno zio là. » Saul alzò una mano e si toccò la testa. Sean piegò l'indice sul grilletto. « Vorrei che la conoscessi, Sean. Le piaceresti molto. » Ora Saul guardava Sean in faccia e i suoi occhi erano colmi di patetica fiducia. «Quando le scriverò, le racconterò di oggi.. Di quello che hai fatto. » Sean continuò a premere il grilletto finché avvertì l'ultima resistenza. « Siamo entrambi in debito verso di te... » Saul s'interruppe e sorrise timidamente. «Voglio soltanto che tu sappia che non lo dimenticherò mai. » Uccidilo, ruggì una voce nella testa di Sean. Uccidilo ora... Subito. Non lasciarlo parlare. Era il primo ordine articolato che il suo istinto gli avesse impartito. Ora! Fallo ora! Ma il dito si rilassò sul grilletto. Quest'uomo è l'unico ostacolo che si frappone fra te e Ruth. Fallo, fallo adesso. Il ruggito nella sua testa diminuì. Il forte vento era passato, e Sean lo sentì recedere. Abbassò il fucile e lentamente rimise la sicura. Nella quiete che seguì il forte vento, Sean seppe a un tratto che da quel momento egli era responsabile di Saul Friedman. Essendo arrivato così vicino a togliergliela, la vita di Saul era diventata un debito d'onore. Mise da parte il fucile e chiuse stancamente gli occhi. « Sarà meglio pensare a come tirarci fuori da qui», disse calmo. « Altrimenti non riuscirò mai a conoscere la tua bella. » 16. Hart si è messo in un bel pasticcio laggiú! » La voce del generale Sir Redvers Buller s'intonava alla pomposa protuberanza del ventre, mentre si piegava all'indietro per bilanciare il peso del grosso cannocchiale da campo. « Che ne pensa lei, Courteney? » « Be', certo non ha raggiunto il guado, signore. Devono averlo inchiodato all'ansa del fiume », assentì Garrick. « Maledizione a lui! Eppure i miei ordini erano chiari», grugnì Buller. « E che ne è dei cannoni?... Riuscite a vedere qualcosa? » Immediatamente tutti i cannocchiali dello stato maggiore ruotarono verso il centro, dove i tetti di lamiera ondulata di Colenso spuntavano dai biancospini, offuscati dalla polvere e dal fumo. « Non riesco a... » cominciò Garry, ma sussultò violentemente quando un 4,7 da marina fece fuoco dalla postazione accanto a loro. Ogni volta che aveva sparato, quel mattino, Garrick aveva fatto un salto. Se soltanto lo sapessi in anticipo, si disse, e di nuovo sussultò mentre il cannone tuonava. « I pezzi non vengono piú serviti», intervenne un altro ufficiale, e Garrick lo invidiò per la compostezza e la calma della voce. Le sue mani tremavano tanto che doveva usarle entrambe con tutta la forza per tenere il cannocchiale puntato sul villaggio. Ogni volta che il cannone da marina sparava, la polvere sollevata dal rinculo fluttuava sopra di loro; anche il sole picchiava forte e Garrick aveva sete. Pensò alla fiaschetta in una borsa della sella, e lo sparo successivo lo colse completamente impreparato. Questa volta entrambi i suoi piedi si staccarono dal suolo. « ... E' d'accordo, Courteney? » chiese la voce del generale. Ma Garry non aveva udito l'inizio della domanda. « Completamente, signore.» « Bene. » Buller si rivolse al proprio aiutante di campo. « Mandi una staffetta da Hart con l'ordine di togliersi di là prima che accada il peggio. Il piú presto possibile, Clery. » In quel momento Garry fece un'importante scoperta. Dietro la maschera imperscrutabile del volto, dietro i magnifici baffi argentaPagina 46
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ti, dietro gli occhi sporgenti e inespressivi... Il generale Sir Redvers Buller era agitato e indeciso al pari di Garrick Courteney. I suoi continui appelli al parere di Garry lo confermavano. S'intende che Garry non prendeva in considerazione la possibilità che il generale si rivolgesse a lui, piuttosto che agli altri ufficiali dei proprio stato maggiore, perché soltanto da Courteney poteva aspettarsi un incondizionato e completo consenso. « Questo sistema il fianco sinistro. » Buller apparve chiaramente sollevato dalla propria decisione, mentre spostava il cannocchiale verso destra, puntandolo sulla mole bassa e rotonda di Hlangwane Kopje. « Sembra che Dundonald abbia fatto piazza pulita.» Prima, dal fianco destro, erano partite raffiche disordinate di fucileria e colpi di cannone. Ora regnava il silenzio. « Ma il centro... » Come se avesse voluto rimandare quel momento, Buller rivolse infine la propria attenzione all'inferno di polvere, fiamme e shrapnel che avvolgeva Colenso. « Andiamo », disse, chiudendo il cannocchiale con un colpo secco. « Sarà meglio dare un'occhiata piú da vicino a quelli laggiù. » Si avviò verso i cavalli, seguito dallo stato maggiore. Badando che nessuno usurpasse il suo posto alla destra del generale, Garry zoppicò accanto a lui. Al quartier generale di Lyttelton, sistemato in un profondo avvallamento a un chilometro dalle prime case di Colenso, Buller impiegò mezzo minuto a scoprire cosa era successo. Ne rimase sgomento. «Teniamo il villaggio, signore. Tre compagnie sono avanzate sul ponte stradale e lo hanno preso. Ma non possiamo sperare di tenerlo. Ho mandato una staffetta con l'ordine di ripiegare su Colenso. » « Ma perché i cannoni non sparano? Che ne è del colonnello Long? » « Le batterie sono state ridotte al silenzio. Long è gravemente ferito. » Mentre Buller sedeva a cavallo, assimilando lentamente queste informazioni, un sergente dell'artiglieria del Transvaal diede uno strappo alla cordicella del suo Nordenfelt a tiro rapido e lasciò partire il proiettile che doveva trasformare un rovescio inglese in una disfatta la cui eco si sarebbe propagata nel mondo intero. Dalle accidentate e rocciose colline sulla riva settentrionale del Tugela il proiettile volò verso l'alto, sopra il fiume battuto e offuscato dagli shrapnel e dal sangue, sopra le batterie servite soltanto da cadaveri, sopra le teste dei cannonieri acquattati nelle retrovie con i loro feriti, costringendoli ad abbassare il capo come già mille volte prima, iniziando poi la sua discesa verso il villaggio di Colenso, dove uomini esausti attendevano, verso i biancospini, le mimose e l'erba bruna dei veld disseminato di cadaveri, per cadere infine con un'alta colonna di polvere e fumo nel bel mezzo dello stato maggiore del generale Buller. Il cavallo di Garry, ucciso sul colpo, stramazzò sotto di lui, immobilizzandogli una gamba che, se fosse stata di carne e ossa, invece che di legno di quercia, si sarebbe immediatamente spappolata. Garry sentì il sangue che gli intrideva la giubba e gli schizzava sul viso e sulla bocca. « Mi hanno colpito. Aiutatemi, Signore aiutami, sono ferito », strillò, contorcendosi nell'erba e asciugandosi il sangue dal volto. Mani sgarbate lo liberarono, trascinandolo lontano dal cavallo. « Non è sangue suo, signore. Lei è a posto. Il sangue è di quel povero diavolo. » Carponi sulle mani e sulle ginocchia, Garry fissò inorridito il maggiore medico che poco prima si trovava al suo fianco e che gli aveva fatto da scudo. Lo shrapnel lo aveva decapitato, e il sangue fiottava dal collo come da un tubo tagliato. Tutt'intorno gli uomini lottavano coi cavalli che s'impennavano e nitrivano in preda al panico. Buller stava piegato in due sulla sella, e si comprimeva un lato del torace. « Signore, signore! E' ferito? » Un aiutante di campo afferrò le redini del suo cavallo e lo calmò. Due ufficiali accorsero per aiutare il generale a scendere. Buller rimase in piedi tra di loro, il viso contorto dal dolore, e la sua voce, quando parlò, era rauca e tremante. « Disimpegnarsi, Lyttelton! Disimpegnarsi su tutto il fronte.» Pagina 47
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Signore », protestò il generale di brigata, «Colenso è nelle nostre mani. Se mi lascia coprire i cannoni fino al tramonto, possiamo riportarli nel nostro... » «Maledizione, Lyttelton. Mi ha sentito? Faccia indietreggiare immediatamente la sua brigata. L'attacco è fallito. » Il respiro gli sibilava in gola ed egli continuava a comprimersi il petto con entrambe le mani. «Ritirarci adesso significa dover subire perdite piú pesanti di quelle attuali. L'artiglieria nemica è schierata molto accuratamente... » « Porti indietro i suoi uomini, mi ha capito? » La voce di Buller divenne un grido. « I cannoni... » tentò ancora Lyttelton, ma Buller si era già rivoIto al proprio aiutante di campo. « Mandi delle staffette a Lord Dundonald. Deve ritirarsi immediatamente. Non gli lascio alcun margine di discrezione, deve disimpegnare subito i suoi uomini e ritirarsi. Gli dica... Gli dica che l'attacco è fallito sulla sinistra e al centro, che i cannoni sono perduti e che corre il rischio d'essere circondato. Vada. Ventre a terra. » Ci fu un mormorio tra gli ufficiali, inorriditi all'udire quegli ordini. Tutti gli sguardi puntarono su Lyttelton, appellandosi silenziosamente a lui, come al piú alto in grado. « Generale Buller. » Lyttelton parlò in tono calmo, ma con un'insistenza che riuscì a catturare l'attenzione dell'ormai sconvolto generale. « Mi lasci almeno tentare di recuperare i cannoni. Non possiamo abbandonarli. Cercherò dei volontari... » Nell'ansia di farsi avanti, un giovane subalterno spinse da parte Garry col gomito. « Vado io, signore. Per piacere, mi lasci provare. » Garry lo conosceva, come tutti, poiché oltre a essere il giovane ufficiale piú promettente e popolare del comando di Buller, era anche l'unico figlio del leggendario Lord Roberts. Sorretto dall'aiutante di campo, Buller raggiunse l'ombra d'un albero di mimosa e si sedette pesantemente, con la schiena appoggiata alla ruvida corteccia dei tronco. Poi alzò uno sguardo inespressivo sul giovane Roberts. « Va bene, Bobbie, Lyttelton ti darà degli uomini. Va' pure. » Così Buller pronunciò la sua sentenza di morte. Il giovane Roberts rise, eccitato, e corse verso il proprio cavallo. « Credo che abbiamo tutti bisogno di rifocillarci. Volete unirvi a me per un sandwich e una coppa di champagne, signori? » Buller fece un cenno all'aiutante di campo, che corse a prendere quanto richiesto nelle sacche della sua sella. Un proiettile vagante esplose a venti metri di distanza, facendo piovere zolle sul gruppo di ufficiali. Imperturbabile, Buller si tolse un filo d'erba secca dai baffi e scelse un sandwich al salmone affumicato. 17. Sean scese carponi lungo il fossato verso la riva del fiume. Un proiettile esplose sul bordo, facendo piovere zolle sulla sua schiena. Si fermò per togliersi dai baffi un ciuffo di radici, poi proseguì fino al punto in cui il colonnello Acheson se ne stava sdraiato su un fianco, in serio colloquio con un capitano dei fucilieri. «Salve, colonnello Acheson. Credo che non abbia piú bisogno di me, vero?» Il capitano parve sconcertato da quello strano modo di rivolgersi a un ufficiale, ma il volto di Acheson s'illuminò di un repentino e largo sorriso. «E' appena arrivata una staffetta. Ci è stato ordinato di ritirarci. » «Un vero peccato!» grugnì Sean in tono sarcastico. «Proprio quando stavamo per far vedere i sorci verdi ai nostri vecchi fratelli boeri », e tutt'e tre abbassarono la testa, mentre una mitragliatrice spazzava l'orlo del fosso. Sean riprese dal punto in cui era stato interrotto. « Bene, in questo caso... Io me ne vado per i fatti miei. » « Dove? » chiese sospettosamente il capitano. «Non attraverso il ponte. » Sean si tolse il mezzo sigaro spento dalla bocca e lo puntò verso l'alta struttura grigia, ora con nuove Pagina 48
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) strisce di colore rosso. « Ho un ferito con me. Non ce la farebbe mai. Ha un fiammifero?» Automaticamente il capitano ne estrasse dal taschino una scatola. «Grazie. Lo porterò a nuoto giú per il fiume, finché troveremo un posto migliore per raggiungere l'altra riva. » Sean riaccese il sigaro, sbuffò una nuvoletta di fumo e restituì i fiammiferi al capitano. « Colonnello Acheson, è stato un piacere conoscerla. » « Ha il mio permesso di abbandonare le file, Courteney. » Si guardarono ancora un istante negli occhi, e Sean provò un forte desiderio di stringere la mano a quell'uomo, ma si voltò e riprese a muoversi carponi lungo il fosso. « Courteney! » Sean si fermò e guardò il colonnello da sopra la spalla. « Come si chiama l'altra guida? » « Friedman. Saul Friedman. » Acheson scribacchiò qualcosa su un taccuino, poi lo rimise in tasca. « Sentirà parlare ancora di questa giornata... buona fortuna. » « Anche a lei, signore. » Arrivato nel punto in cui l'attendeva Saul, staccò con la baionetta un ramo verde e frondoso da un albero che si protendeva sul fiume. «Andiamo», disse, e Saul si lasciò scivolare accanto a lui sulla scarpata argillosa della riva, finendo in piedi con l'acqua alla vita. « Lascia il fucile. » Obbediente, Saul lo lasciò cadere nel fiume. « A che serve il ramo? » « A coprirci la testa. » « Cosa stiamo aspettando? » « Che Acheson crei una diversione, quando tenterà di riattraversare il ponte. » In quel momento un fischio acuto si levò sulla riva sovrastante. Subito ebbe inizio un violento fuoco di copertura, e un gruppo d'uomini in cachi si lanciò tumultuosamente sul ponte. « Ora », grugnì Sean. Si buttarono insieme nell'acqua tiepida, tenendo fuori soltanto le teste nascoste dal fogliame. Aiutando il compagno, Sean nuotò dolcemente verso il centro del fiume, e la corrente li catturò. Nessuno dei due si voltò a guardare la straziante carneficina sul ponte, mentre scivolavano alla deriva. Venti minuti piú tardi e circa un chilometro piú a valle, Sean nuotò verso i resti del ponte ferroviario, che offriva un ottimo accesso alla riva sud, mentre il terrapieno su cui passavano i binari li avrebbe coperti nella ritirata attraverso la pianura. I piedi di Sean toccarono un fondo melmoso, e pochi istanti dopo erano sotto uno spezzone di ponte inclinato, come pulcini sotto l'ala di una chioccia. Sean abbandonò il ramo e trascinò Saul sulla riva, in mezzo alle travi d'acciaio. « Cinque minuti di riposo», disse, e si accoccolò accanto a Saul per sistemare la fasciatura che gli era scivolata sulle orecchie. Le uniformi grondavano acqua fangosa e Sean pensò con rimpianto ai sigari nella tasca della giubba. C'era un altro fosso di drenaggio lungo l'alto terrapieno ghiaioso della ferrovia. Lo percorsero camminando accosciati, Saul davantì e Sean che lo pungolava da dietro e urlava ogni volta che quello tentava di raddrizzarsi per dare sollievo alla schiena dolorante. A un certo momento un cecchino appostato sui kopjes alle loro spalle piazzò una pallottola nella ghiaia, vicino alla testa di Sean, il quale imprecò debolmente e proseguì toccando quasi le ginocchia col naso. Saul non se ne accorse nemmeno. Con le gambe che gli cedevano, si trascinava davanti a Sean, finché cadde e si abbandonò sul fondo del fosso, come un fagotto sporco e scomposto. Sean gli allungò una pedata. «Alzati, maledizione! » «No, Ruth. Lasciami dormire ancora un pò. E' domenica. Non devo andare al lavoro stamattina. » Parlando molto chiaramente e in tono persuasivo, Saul alzò lo sguardo verso Sean, ma i suoi occhi erano opachi e le pupille ridotte a capocchie di spillo. «Alzati. Alzati! » Il nome di Ruth infiammava Sean. Prese Saul per una spalla e lo scosse. La testa del giovane sobbalzò selvaggiamente e del sangue fresco filtrò attraverso la fasciatura. Subito pentito, Sean lo riadagiò al suolo con dolcezza. « Saul, ti prego. Devi tentare. Solo un altro piccolo sforzo. » Pagina 49
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Opaco », mormorò Saul. « Non brilla. Non lo voglio. » E chiuse gli occhi, mentre le labbra si aprivano e il respiro formava bollicine di saliva. Una disperazione soffocante si abbatté su Sean, mentre studiava la faccia di Saul. Gli occhi erano sprofondati in cavità color prugna, stirando la pelle degli zigomi e del grande naso adunco. Non perché l'ho quasi ucciso, non perché glielo devo. Ma perché... Ma perché? Come si possono definire i propri sentimenti per un altro uomo? Tutto quello che puoi dire è... Perché è un mio amico. Dunque, siccome è mio amico, non posso lasciarlo qui. Esausto, Sean si sedette accanto a Saul, si passò un braccio dell'altro intorno alle spalle e si alzò. Saul rimase appeso al suo fianco, la testa ciondoloni sul petto, e Sean guardò avanti. Poteva vedere i sopravvissuti al massacro sul ponte che attraversavano il villaggio, trascinandosi dietro i feriti. Per quanto era vasta la pianura, da soli o in due o in tre, incalzati dagli shrapnel, gli uomini in cachi si allontanavano dal Tugela; battuto, spezzato, il potente esercito di Buller era in ritirata. E là, a meno di cento metri da dove stava acquattato Sean, ordinatamente schierati sull'erba, abbandonati, c'erano i cannoni. Rapidamente Sean ne distolse lo sguardo e cominciò ad arrancare in direzione opposta al fiume. Sopra una spalla teneva un polso di Saul e coi braccio libero lo sorreggeva alla vita. A un tratto si rese conto che il fuoco boero stava di nuovo aumentando d'intensità. I proiettili che erano caduti a casaccio tra gli uomini in ritirata cominciavano a concentrarsi su un'area precisa, proprio davanti a Sean, e alle sue spalle il fuoco di fucileria, che aveva scoppiettato irregolarmente sulle alture, si trasformava in un forte, continuo crepitio, simile a quello di un incendio nella foresta. Appoggiato alla parete dei fosso, Sean scrutò attraverso gli alberi di mimosa e la tempesta di polvere sollevata dalle esplosioni. Vide dei cavalli, due tiri bardati, e uomini che correvano attraverso i biancospini, alzando altra polvere che si confondeva con quella degli shrapnel. Molto innanzi a loro, guidandoli verso i cannoni abbandonati, galoppava una figura su un gran cavallo baio. « Sta ridendo.» Sbalordito, Sean osservò il cavaliere che spariva oltre la colonna di polvere prodotta da un'esplosione, soltanto per riemergere di li a poco facendo ruotare il cavallo con la grazia di un giocatore di polo. La sua bocca era aperta e Sean vide un balenio di denti bianchi. « Quel pazzo sta ridendo a crepapelle! » E a un tratto Sean si accorse che stava applaudendo freneticamente. « Cavalca, uomo, cavalca! » gridò tra i sibili e gli scoppi degli shrapnel. « Sono venuti a prendere i cannoni. Saul, sono venuti per i cannoni! » Ed ecco che, senza sapere come, Sean era uscito dal fosso e correva, correva con Saul privo di sensi appeso a una spalla, correva sull'erba verso i cannoni. Quando raggiunse la batteria, il primo tiro di cavalli vi era già arrivato, e gli uomini stavano lottando per farlo arretrare verso l'affusto del cannone numero uno. Sean si lasciò scivolare dalla spalla il corpo inerte di Saul e lo depose sull'erba. Due soldati cercavano di sollevare la coda d'affusto, ma era un lavoro per quattro uomini. « Scostatevi!» gridò Sean, poi, messosi a cavalcioni della lunga coda a forma di cuneo, agguantò le impugnature e lentamente, con uno sforzo immane, la sollevò. « Portate il carrello.» In un lampo i soldati infilarono l'asse staccabile e le ruote sotto la coda e li collegarono. Sean fece qualche passo indietro, ansimando. « Bravo! » gridò il giovane ufficiale, chinandosi in avanti sulla sella. « Sali sul carrello. » Ma Sean corse da Saul, se lo caricò in spalla e tornò indietro. « Prendetelo!» disse ai due soldati che erano già a bordo. Gli artiglieri sollevarono il ferito e lo sistemarono sul sedile del carrello. « Non c'è piú spazio per te, amico. Perché non prendi il posto di Taffy su uno dei cavalli di testa?» gridò uno dei soldati. In effetti i conducenti stavano montando, ma una delle selle era vuota. « Bada a lui », disse Sean all'uomo che sorreggeva Saul. «Non preoccuparti, lo tengo stretto», gli assicurò l'altro. Poi, Pagina 50
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) con precipitazione: «Sbrigati a trovarti un posto... Ce ne stiamo andando ». « Bada a lui », ripeté Sean, e si avviò verso i cavalli di testa. In quel momento la fortuna che l'aveva protetto per tutta la mattinata lo piantò in asso. Un proiettile esplose accanto a lui. Non sentì dolore, ma la gamba destra gli cedette e Sean cadde sulle ginocchia. Tentò di alzarsi... Il suo corpo non voleva saperne di obbedire. « Avanti!» gridò il giovane ufficiale, e il cannone si mosse, guadagnando velocità tra grandi scosse e sobbalzi, mentre i conducenti frustavano i cavalli. Sean vide che il cannoniere che sosteneva Saul si voltava a guardarlo, con la faccia contratta in una smorfia d'impotenza. « Bada a lui! » gli gridò. « Promettimi che baderai a lui! » Il cannoniere aprì la bocca per rispondere, ma un altro proiettile esplose tra di loro, alzando una cortina di polvere che nascose l'affusto. Questa volta Sean sentì lo shrapnel lacerargli la carne. Sentì le schegge affondare come lame di rasoi e si piegò su un fianco. Mentre cadeva notò che anche il giovane ufficiale era stato colpito. Lo vide alzare la braccia, abbattersi all'indietro sulla groppa dei cavallo, poi scivolare di lato e colpire il terreno con una spalla. Ma un piede gli era rimasto impigliato nella staffa, e il giovane fu trascinato sul terreno finché il cuoio non si ruppe. Poi giacque inerte. Il cavallo continuò a galoppare all'inseguimento del cannone. Anche Sean si trascinò nella stessa direzione. «Bada a lui! » urlò ancora una volta. « Per l'amor di Dio, bada a Saul. » Ma nessuno udì il suo grido. Erano già spariti tra gli alberi, spariti nella polvere con gli shrapnel che facevano loro da scorta, come un drappello di fragorosi demoni. Sean continuava a trascinarsi. Steso sul ventre, portava una mano avanti e artigliava il suolo, spostandosi centimetro per centimetro. L'altro braccio strisciava lungo il fianco, e Sean sentiva la gamba destra scivolare dietro di sé, finché rimase impigliato in qualcosa che arrestò la sua avanzata. Sean lottò per liberarsi, ma la punta dei piede era affondata in un grosso ciuffo d'erba e non riusciva a districarla. Si voltò su un fianco, il braccio spezzato sotto di sé, e si curvò per osservare la gamba. C'era molto sangue, una lunga scia, viscida e rossa, sull'erba appiattita... E altro ne sgorgava. Ma nessun dolore, soltanto una grande sonnolenza, una specie di nebbia nella testa. La gamba era piegata e formava un angolo con il tronco; lo sperone attaccato allo stivale puntava bellicosamente verso l'alto. A Sean venne da ridere, ma lo sforzo era troppo grande, e abbassò le palpebre per proteggersi dal fulgore del sole. Sentiva qualcuno gemere accanto a sé, e per un pò credette che fosse Saul. Poi ricordò che l'amico era in salvo e che si trattava del giovane ufficiale. A occhi chiusi, Sean lo ascoltò morire. Fu un susseguirsi di lamenti orribili. 18. Sulla cima di una delle alture sovrastanti il Tugela, il comandante in capo Jan Paulus Leroux si tolse il cappello Terai. La sua testa era calva alla sommità, con un bordo di capelli fulvi al di sopra delle orecchie e piú fitti sulla nuca. Il cuoio capelluto era liscio e di un bianco cremoso là dove il cappello l'aveva protetto dal sole, ma il volto era così abbronzato e segnato dagli elementi che sembrava una rupe di pietra rossa. « Portami il mio pony, Hennie », disse al ragazzo che gli stava al fianco. « Ja, Oom Paul », rispose questi, e corse giú per il pendio opposto al fronte, fino a raggiungere il laager dei cavalli. Nella trincea ai piedi di Jan Paulus uno dei suoi burghers alzò gli occhi e lo guardò. « Il Signore ha ascoltato le nostre preghiere, Oom Paul. Ci ha concesso una grande vittoria. » Jan Paulus annuì gravemente, e la sua voce, quando rispose, era bassa e umile, senza la minima traccia di esultanza. «Ja, Frederik. Nel nome di Dio, una grande vittoria. » Pagina 51
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Ma non così grande come avevo previsto, aggiunse fra sé. Così distante da esser quasi invisibile a occhio nudo, un cannone tuonò; gli ultimi disgregati resti dell'esercito britannico rimpicciolivano nella lontananza color ocra. Se soltanto avessero aspettato, pensò con amarezza. Avevo spiegato tutto così chiaramente, ma loro non mi hanno dato ascolto. La sua intera strategia era imperniata sul ponte. Se solo i suoi ragazzi appostati sul kopje sotto le alture avessero aspettato ad aprire il fuoco, lasciando che gli inglesi lo attraversassero... Allora Dio avrebbe concesso loro nemici a migliaia anziché a centinaia. Chiusi nell'anfiteatro delle alture, con il fiume alle spalle, nessuno di essi sarebbe scampato allorché l'artiglieria avesse distrutto il ponte. Tristemente guardò la trappola che aveva preparato con infinita cura. Da lassú poteva vedere tutte le trincee, mimetizzate e abilmente sovrapposte, dalle quali un fuoco insostenibile avrebbe spazzato la conca erbosa in cui egli aveva sperato di attirare il centro dell'esercito britannico. La trappola che non poteva piú scattare perché sapeva che i nemici non sarebbero tornati. Hennie arrivò con il pony, e Jan Paulus balzò in sella. Con i suoi quarantadue anni, Leroux era molto giovane per quel comando. A Pretoria c'era stata una certa opposizione alla sua nomina, quando il vecchio Jubert si era dimesso, ma il presidente Krugher aveva sparato a zero, costringendo il Volkraad ad accettarla. Dieci minuti prima, Jan Paulus gli aveva spedito un messaggio telegrafico che giustificava quella fiducia. Ora, sciolto e rilassato sulla sella dalle lunghe staffe, sjambok appeso al polso, cappello a larga tesa che gli ombreggiava il viso, Jan Paulus scendeva a raccogliere i frutti della battaglia. Quando raggiunse i kopjes e cavalcò tra essi, tutti i suoi burghers emersero dalle trincee per acclamarlo. Le loro grida si fusero in un tremendo ruggito, che echeggiò sotto il cielo africano, simile alla voce del leone che ha ucciso una nuova preda. Imperturbabile, Jan Paulus scrutava i volti degli uomini, mentre passava. Erano coperti di polvere rossa e di pirite bruciata, sulle quali il sudore era colato in rivoletti scuri. Un tale usava il fucile come gruccia, e c'erano profondi solchi di dolore intorno alla sua bocca mentre acclamava il comandante in capo. Jan Paulus fermò il pony. «Sdraiati, amico, non fare lo sciocco! » L'uomo sorrise e scosse la testa. «Nee, Oom Paul, vengo con te a prendere i cannoni. » Bruscamente, Jan Paulus fece un cenno agli uomini che stavano accanto al ferito. « Portatelo via. Al posto di soccorso», e si allontanò al trotto, raggiungendo il punto in cui l'aspettava il comandante Van Wyk. « Avevo detto che i nostri uomini non dovevano aprire il fuoco finché gli inglesi non avessero attraversato il ponte », disse a mo' di saluto. Il sorriso di Van Wyk svanì. « Ja, Oom Paul. Lo so. Ma non ho potuto tenerli a freno. Sono stati i giovani a cominciare. Quando si sono visti i cannoni proprio sotto il naso... Non ho potuto fermarli. » Van Wyk si voltò per indicare l'area al di là del fiume. « Guarda com'erano vicini! » Jan Paulus guardò oltre il Tugela. Le batterie erano schierate nella pianura, vicinissime, e così lievemente schermate dai biancospini che Oom Paul poteva contare i raggi delle ruote e vedere il luccichio degli anelli di rame delle culatte. «Era una tentazione troppo forte», concluse Van Wyk, balbettando. « Ah! Comunque ormai è fatta, e non si può disfare con le parole. » Severamente, Jan Paulus decise che quell'uomo non avrebbe mai piú avuto un posto di comando. «Forza, andiamo a prenderli. » Al ponte, Jan Paulus fece arrestare la lunga colonna di cavalieri che lo seguivano. Benché nulla trasparisse dal suo volto, l'orrore della scena gli dava la nausea. «Spostateli», ordinò. Trenta uomini smontarono da cavallo per andare avanti a sgombrare il ponte. « Maneggiateli con garbo», aggiunse Jan Paulus. « Sollevateli... Non trascinateli come sacchi di Pagina 52
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) granturco. Erano uomini. Uomini valorosi. » Accanto a lui, il ragazzo, Hennie, piangeva senza ritegno. Le lacrime cadevano sulla sua giacca di tweed con le toppe di pelle. « Calmati, Jong», mormorò gentilmente Jan Paulus. «Le lacrime sono cose da donne. » E spinse il suo pony nello stretto passaggio tra i cadaveri. Sono la polvere, il sole e il fumo della pirite a irritare i miei occhi, si disse con rabbia. In silenzio, senza l'atteggiamento trionfante dei vincitori, ì boeri raggiunsero le batterie e si sparpagliarono tra i pezzi. In quel momento risuonò un colpo di fucile, un burgher vacillò e si aggrappò alla ruota di un affusto. Facendo voltare di scatto il pony e appiattendosi contro il suo collo, Jan Paulus parti alla carica verso il cratere dietro i cannoni dal quale era partito il colpo. Un'altra pallottola sibilò sopra la sua testa, ma ormai Jan Paulus aveva raggiunto il cratere. Arrestato di colpo il cavallo, balzò di sella e fece saltar via con un calcio il fucile dalle mani del soldato inglese, prima di afferrarlo per la giubba. « Si è già ucciso anche troppo, pezzo d'idiota. » Inciampando nelle parole inglesi, la lingua ostacolata dalla rabbia, ruggì in faccia al soldato: E' finita. Arrenditi». Poi, rivolgendosi ai cannonieri sopravvissuti ammassati nel cratere: « Arrendetevi, arrendetevi tutti! » Per un minuto buono nessuno si mosse, quindi, lentamente, a uno a uno, i soldati si alzarono e uscirono dal cratere. Mentre una parte dei burghers conduceva via i prigionieri e gli altri cominciavano ad attaccare ai cavalli i pezzi d'artiglieria e il carro delle munizioni, i barellieri inglesi emersero alla spicciolata dagli alberi di mimosa. Ben presto figure in cachi si mescolarono dovunque ai boeri, cercando i feriti come segugi. Due di essi, scuri indiani della Sanità, avevano trovato un uomo disteso sul fianco sinistro, che stava dando loro filo da torcere. Jan Paulus tese le redini del pony a Hennie e si avviò verso il gruppetto. «Lasciatemi stare, bastardi», e una secca sventola fece stramazzare uno degli indiani. Jan Paulus, riconoscendo la voce e il pugno, affrettò il passo. « Calmati, o te ne arriva uno sul naso », brontolò, appena li raggiunse. Intontito, Sean girò la testa e cercò di mettere a fuoco il nuovo arrivato. « Chi sei? Va' all'inferno! » Jan Paulus non rispose. Stava guardando le ferite e aveva voglia di vomitare. « Date qua », disse, prendendo le stecche dalle mani dei barellieri. Si accoccolò accanto al cognato. « Vattene! » gridò Sean. « So che cosa vuoi fare. Vuoi tagliarmela! » « Sean! » Jan Paulus gli afferrò il polso e lo tenne fermo, mentre Sean imprecava e si agitava. « Ti ucciderò, sporco bastardo. Ti ucciderò, se me la tocchi! » « Sean! Sono io. Guardami! » Lentamente, il corpo di Sean si rilassò, i suoi occhi lo fissarono. « Sei tu? Sei davvero tu? » mormorò. « Non lasciare che... Non lasciare che mi prendano la gamba. Come hanno fatto con Garry. » «Sta' calmo o ti spacco quella stupida testa», grugnì Jan Paulus. Come la faccia, le sue mani erano rosse, vigorose, grosse mani con dita simili a salsicce callose, ma adesso si muovevano con delicatezza, come quelle di una madre sul corpo del suo bambino. Infine, toccando la caviglia, guardò Sean. «Fatti forza, adesso. Devo raddrizzarla. » Sean tentò di sorridere. La sua faccia era grigia sotto lo strato di sudiciume della battaglia, e sulla sua fronte apparvero minuscole gocce di sudore. « Non blaterare tanto, maledetto olandese. Fallo! » Le due estremità dell'osso spezzato scricchiolarono dentro la carne lacerata di Sean, che boccheggiò. Tutti i muscoli del suo corpo si contrassero, poi si rilassarono, mentre Sean perdeva i sensi. « Ja », bofonchiò Jan Paulus. « Meglio così », e per la prima volta i suoi lineamenti tradirono la compassione. Finita rapidamente la fasciatura, egli rimase ancora per qualche secondo accoccolato accanto a Sean svenuto. Poi mormorò a voce così bassa che i barellieri non distinsero nemmeno una parola: « Dormi bene, fratello mio. E che il Signore possa risparmiarti la gamba ». Pagina 53
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Si alzò. Ogni traccia di pietà e di dolore era scomparsa dietro la pietra rossa dei volto. «Portatelo via », disse, e attese che i due indiani stendessero Sean sulla barella e la sollevassero. Tornando là dove aveva lasciato il pony, strascicava un pò i piedi sull'erba. Dalla sella guardò ancora una volta verso sud, ma i due barellieri erano scomparsi col loro carico tra gli alberi di mimosa. Allora toccò con gli speroni i fianchi dei suo cavallo e seguì il lungo corteo di carri, di prigionieri e di cannoni che tornava verso il Tugela. Gli unici suoni erano il tintinnio dei finimenti e il malinconico rotolare delle ruote. 19. Garrick Courteney guardava lo champagne che veniva versato nella coppa di cristallo. Le bollicine vorticavano in arabeschi dorati, catturando la luce della lanterna. Il caporale addetto alla mensa sollevò la bottiglia, raccolse destramente una goccia di vino col tovagliolo e passò dietro a Garry per riempire il bicchiere di Lyttelton. « No », rifiutò il generale, posando una mano sulla propria coppa. « Avanti, avanti, Lyttelton », lo incitò Sir Redvers Buller. « un'annata eccellente. » « Grazie, signore, ma lo champagne va bene per le vittorie... Forse dovremmo mandarne una cassa al di là del Tugela. » Buller arrossì pian piano e affondò lo sguardo nella coppa. Ancora una volta un pesante silenzio gravò sulla tavolata. Garry cercò di romperlo. « Però la ritirata si è svolta in buon ordine. » « Oh, concordo pienamente», disse ancora Lord Dundonald con gelido sarcasmo. « Ma, in tutta onestà, colonnello, bisogna dire che viaggiavamo alquanto leggeri al ritorno. » Questo indiretto riferimento ai cannoni concentrò tutti gli sguardi sul volto di Buller. Dundonald mostrava una certa noncuranza nei confronti dei ben noto temperamento del generale comandante. Ma, come Pari del Regno, poteva permetterselo. Con cortese insolenza incrociò lo sguardo fiammeggiante di Buller e lo sostenne finche i pallidi occhi sporgenti si spensero e si abbassarono. «Signori», disse Buller, «è stata una giornata dura per tutti e abbiamo ancora parecchio lavoro da fare. » Lanciò un'occhiata all'aiutante di campo. «Clery, vuol essere così gentile da proporre il brindisi alla Regina? » Dopo quest'ultimo bicchiere, Garry uscì dal padiglione della mensa. Le tende piú piccole, con le lanterne accese all'interno, formavano una grande schiera di coni luminosi, e sopra di essi la notte era un drappo di raso nero punteggiato d'argento. Il vino bevuto durante la cena gli tambureggiava in testa, così che non si accorse del cupo silenzio che avvolgeva il campo, mentre zoppicava verso il proprio quartier generale. Quando vi entrò, un uomo si alzò dalla sedia accanto alla scrivania. Alla luce della lanterna la sua faccia appariva tirata e la stanchezza trapelava da ogni suo lineamento. «Ah! Curtis. » « Buonasera, signore. » « E' venuto a fare il suo rapporto? » « Sissignore. Per quello che vale. » « Parli, Curtis... Quante perdite? » C'era una bramosia, dietro questa domanda, che Tim trovò mostruosa. Osservò con aria pensierosa il volto di Garry prima di rispondere. « Molto gravi, signore; su venti uomini abbiamo avuto quattro morti, due dispersi e cinque feriti ... Tre dei quali gravi. » « Ha fatto una lista? » « Non ancora. » « Be', me la faccia a voce. » « I caduti sono Booth, Amery ... » Ormai incapace di controllare la propria impazienza, Garry domandò: « E quel sergente?». « Intende... Courteney? » « Sì. Sì. » Ora, all'impazienza si univa un terrore che gli provocava un senso di vuoto allo stomaco. Pagina 54
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Ferito, signore. » Il sollievo di Garry fu così intenso che dovette chiudere gli occhi e tirare un respiro profondo. Sean era vivo! Grazie a Dio. Grazie a Dio per questo. « Dove si trova adesso? » «Nell'ospedaletto vicino alla ferrovia. Sarà mandato indietro col primo convoglio di feriti gravi. » « Gravi? » Il sollievo si mutò in preoccupazione, e Garry chiese con voce rauca: « E' ferito grave? Quanto grave? ». « E' tutto quello che mi hanno detto. Sono andato all'ospedale ma non mi hanno permesso di vederlo. » Garry si lasciò cadere sulla sedia e istintivamente tese la mano verso il cassetto, ma si trattenne. « Molto bene, Curtis. Può andare. » « Il seguito del rapporto, signore? » « Domani. Me lo farà domani. » Con l'alcool che gli ardeva nel ventre, Garry s'incamminò nella notte per raggiungere l'ospedale. Ora non importava piú ch'egli avesse sperato e progettato la morte di Sean. Non ci pensava, si affrettava attraverso l'immenso accampamento spinto da un disperato bisogno. Misconosciuta ma intensa, in lui c'era la speranza di poter ancora attingere da quella fonte conforto e forza, come tanto tempo prima. Cominciò a correre, rigidamente; la punta di uno degli stivali strisciava, a ogni falcata, nella polvere. Cercò disperatamente per tutto l'ospedale. Si affrettò lungo file di barelle, esaminando i volti dei feriti; vide il dolore, la mutilazione, la strisciante morte lenta che filtrava come inchiostro rosso attraverso le bende. Udì il gemito, il borbottio, il riso isterico dei deliranti, sentì il puzzo del sudore dell'agonia misto alla pesante dolcezza della putrefazione e del disinfettante... Ma quasi non se ne accorse. Cercava un volto, uno solo. E non lo trovava. « Courteney. » L'inserviente esaminò la lista, tenendola inclinata verso la lanterna. « Ah, si! Eccolo. Vediamo... Se n'è già andato, partito con il primo treno un'ora fa... Non saprei, signore, forse a Pietermaritzburg. Hanno appena costruito un grande ospedale laggiú... Non posso dirle nemmeno questo, temo, ma qui c'è scritto pericolosa... Sempre meglio che critica, comunque. » Avvolto nella propria solitudine come in un mantello, Garry tornò all'accampamento. « Buonasera, signore », lo salutò il suo attendente. Garry li faceva sempre aspettare alzati. Un tipo nuovo, questo. Cambiavano cosi in fretta. Mai che riuscisse a tenerne uno per piú di un mese. Garry lo spinse da parte e si lasciò cadere sulla branda. « Resti lì, signore. Lasci che la metta a letto. » La voce dell'attendente era subdolamente servile, il tono che si usa in genere con gli ubriachi. Il contatto delle sue mani infuriò Garry. « Vattene. » Colpì con il pugno una guancia dell'uomo. « Fuori di qui. Fila! » L'attendente si strofiuò la guancia ammaccata, arretrando con aria incerta. « Fuori! » sibilò Garry. « Ma, signore... » « Vattene, dannazione. Esci di qui!» L'uomo ubbidì, chiudendo piano il telo della tenda. Garry andò a bloccarlo con le cinghiette. Solo. Non possono vedermi ora. Non possono ridere di me. Non possono. Oh Dio, Sean! Si voltò verso l'interno della tenda. Il piede di legno inciampò sul fondo ruvido e Garry cadde. Una delle cinghie si ruppe e la gamba si piegò al di sotto del moncone. Muovendosi su mani e ginocchia, con la gamba che ballonzolava e ruotava in modo grottesco dietro di lui, Garry raggiunse il lavabo, sollevò il bacile di porcellana e prese la bottiglia. Le sue dita erano troppo maldestre per riuscire a togliere il turacciolo. Lo strappò coi denti e lo sputò sul pavimento. Poi si portò la bottiglia alla bocca e il pomo d'Adamo sussultò ritmicamente mentre egli tracannava. Un pò di brandy si versò sulla giubba, macchiando il nastro della Victoria Cross. Abbassò la bottiglia, ansimando per il morso dei liquore. Poi bevve ancora, piú lentamente. Il tremito alle mani cessò. La respiraPagina 55
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) zione divenne regolare. Alzò un braccio e prese il bicchiere da sopra il lavabo, lo riempì, posò la bottiglia sul pavimento e si voltò in posizione piú comoda, con la schiena appoggiata al mobile. Davanti a lui si stendeva la gamba di legno, piegata in modo innaturale. Garry la contemplò, sorseggiando lentamente il brandy e sentendo le papille della lingua che s'intorpidivano. La gamba era il perno della sua esistenza. Insensato, immobile, era l'occhio del ciclone intorno al quale ruotava tutto il disordine della sua vita. La gamba... Sempre la gamba. Sempre e soltanto la gamba. Sotto il cullante incantesimo del liquore che aveva bevuto, dal centro immobile costituito dalla sua gamba, Garry andò con la mente alle gigantesche ombre del passato, e le trovò perfettamente conservate, non distorte né offuscate dal tempo, intere e complete in ogni dettaglio. Mentre sfilavano davanti a lui, la notte si ritirò in se stessa come le parti di un cannocchiale, e il tempo non ebbe piú significato. Le ore sembravano minuti, mentre il livello del liquore calava nella bottiglia e Garry sedeva appoggiato al lavabo e sorseggiava dal grosso bicchiere, osservando le ombre del passato. All'alba, l'ultimo atto si stava svolgendo davanti a lui. Lui che cavalca nell'oscurità sotto la pioggia leggera e fredda verso Theunis Kraal. In una finestra l'alone giallo di una lanterna; buio il resto nell'ancor piú buia massa della fattoria. L'inspiegabile premonizione di un orrore incombente che lo avvolge, leggero e freddo come la pioggia, il silenzio rotto soltanto dal calpestio degli zoccoli del suo cavallo sulla ghiaia del viale d'accesso. I tonfi della sua gamba di legno mentre sale la scala esterna e il freddo del pomo d'ottone nella sua mano mentre lo gira e apre la porta su quel silenzio. La sua voce impastata dall'alcool e venata di preoccupazione: « Salve. Dove siete tutti quanti? Anna! Anna! Sono tornato!». La fiammella azzurra del fiammifero e l'odore di zolfo e paraffina bruciati mentre accende la lampada, poi lo scalpiccio frettoloso della sua gamba di legno lungo il corridoio. «Anna, Anna, dove sei?» Anna, sua moglie, stesa sul letto nella camera buia, seminuda, sposta rapidamente il corpo dal fascio di luce, ma lui ha veduto il pallore, le labbra gonfie e insanguinate. Dal tavolino da toilette la lampada getta grandi ombre sulle pareti, mentre Garry si avvicina al letto, copre con le gonne le sue nudità e poi la volta verso di sé. « Tesoro, Anna, tesoro, cos'è successo? » Dalla camicia strappata sbucano le mammelle di donna incinta, turgide e coi capezzolo scuro. « Sei ferita? Chi è stato? Dimmelo. » Ma lei si copre il viso e le labbra spaccate con le mani. « Tesoro, mio povero tesoro. Chi è stato... Uno dei servi? Ti prego, Anna, dimmi cosa è successo. » A un tratto le braccia di Anna sono intorno al suo collo e le sue labbra contro il suo orecchio. « Lo sai, Garry. Lo sai chi è stato. » « No, ti giuro di no. Dimmelo, te ne prego. » Infine la voce di lei, dura e arrochita dall'odio, che bisbiglia quella parola, quell'unica incredibile e orrenda parola: « Sean! ». « Sean! » esclamò nella sua desolazione. « Sean. Oh, Dio! » Poi, selvaggiamente: « Lo odio. Lo odio! Che muoia pure... Ti prego, Signore, fallo morire». Chiuse gli occhi, perdendo il senso della realtà, e avvertì una prima, lenta sensazione di capogiro, mentre l'alcool aveva la meglio su di lui. Troppo tardi, ormai, per aprire gli occhi e metterli a fuoco sul letto dall'altra parte della tenda, la vertigine era cominciata... Non poteva piú respingerla. Il gusto caldo, agrodolce dei brandy gli salì alla gola, alla bocca, al naso. 20. I suo attendente lo trovò a metà mattinata. Garry giaceva completamente vestito sul letto, con i radi capelli arruffati, l'uniforme macchiata e sgualcita, la gamba di legno abbandoPagina 56
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) nata in mezzo al pavimento. L'attendente la prese, uscì, rientrò dopo qualche minuto ed esaminò il suo superiore, fiutando l'odore acidulo di brandy stantio e di vomito. « Te la sei presa brutta stavolta, eh? » mormorò con indulgenza. Raccolse la bottiglia ed esaminò i tre centimetri di liquore rimasto. « Alla tua fottuta salute, amico », disse, accennando a Garry, e scolò la bottiglia, poi si passò la mano sulle labbra e aggiunse: «Bene! Vediamo un pò di dare una ripulita a questo tuo porcile ». « Lasciami in pace », grugnì Garry. « Sono le undici, signore. » « Vattene. Va' via. » « Beva un pò di caffè, signore. » « Non lo voglio. Via! » « Il suo bagno è pronto, signore, e le ho preparato un'uniforme pulita. » Garrv si alzò a sedere. Vacillando. « Che ore sono? » « Le undici, signore », ripeté con pazienza l'attendente. « La mia gamba? » Si sentiva nudo, senza. « Il sellaio sta sistemando le cinghie, signore. Sarà pronta quando lei uscirà dal bagno. » Anche in posizione di riposo, stese sul piano della scrivania, le mani di Garry tremavano lievemente, e le palpebre gli bruciavano. La pelle dei volto era tesa come quella di un tamburo sul dolore sordo che pulsava dentro il suo cranio. Infine, egli sospirò e prese il rapporto del tenente Curtis dall'esile fascio di documenti che attendevano di essere esaminati. Ne lesse qualche riga qua e là. Pochi dei nomi menzionati significavano qualcosa per lui. Sean stava in testa alla lista dei feriti, seguito dal piccolo avvocato ebreo. Dopo aver accertato che il rapporto non conteneva nulla che potesse andare a discredito del colonnello Garrick Courteney, lo siglò e lo mise da parte. Prese il documento successivo: una lettera indirizzata a lui, quale ufficiale comandante del Corpo delle guide del Natal, da un certo colonnello John Acheson dei fucilieri scozzesi. Due pagine di nitida, appuntita calligrafia. Stava per scartarla e per riporla tra le pratiche per il suo aiutante, quando un nome nel testo attirò la sua attenzione. Si chinò in avanti, aggrottando la fronte, e lesse rapidamente dal principio. « ... Piacere di sottoporre alla sua attenzione ... Condotta al di là di ogni lode... Sotto un intenso fuoco nemico ... Per la seconda volta iniziò l'avanzata... Sebbene ferito... Sprezzo del pericolo personale... Due membri del suo Corpo delle guide: sergente Sean Courteney e soldato Saul Friedman... Caldamente si raccomanda... Distinguished Conduct Medal... Grande valore e capacità di comando. » Garry lasciò cadere la lettera e si appoggiò allo schienale, fissando il foglio come se si trattasse della sua sentenza di morte. Per alcuni minuti rimase immobile, mentre il dolore gli pulsava alle tempie. Poi riprese la lettera. Ora le sue mani tremavano così violentemente che il foglio sbatteva come l'ala di un uccello ferito. «Tutto quello che era mio, qualsiasi cosa io abbia mai posseduto... Lui me l'ha presa.» Abbassò lo sguardo sui nastri delle decorazioni. «E adesso questa... Anche questa. » Una goccia cadde sulla lettera, sbavando l'inchiostro. «Lo odio», mormorò, strannando i fogli in due. «Spero che muoia », e li strappò ancora e poi ancora, riducendoli in minuscoli frammenti che strinse rabbiosamente nel pugno. «No. Non l'avrai. E' mia... è l'unica cosa che abbia mai avuto! » Lanciò la pallottola di carta contro la parete della tenda e posò la testa sulle braccia. Le sue spalle sussultavano mentre singhiozzava: «Non morire. Ti prego, Sean, non morire». 21. Semplicemente puntandole contro una spalla e sospingendo una bambina da parte, Dirk Courteney liberò la soglia e fu il Pagina 57
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) primo a scendere la scala nel sole. Senza voltarsi a guardare la scuola, corse verso il buco nel recinto posteriore, pensando che gli altri l'avrebbero seguito. Lo raggiunsero mentre stava scegliendo un klei-lat dal salice. « Sbrigatevi», ordinò. «Dobbiamo arrivare al fiume per primi, altrimenti ci prenderanno i posti migliori. » Chiacchierando come un branco di scimmie eccitate, i ragazzi si sparpagliarono lungo la cinta di piante. « Prestami il tuo coltello, Dirkie. » « Ehi, guarda il mio klei-lat », disse Nick Peterson, brandendo la corta bacchetta di salice che aveva tagliato e scortecciato. Sferzò l'aria. Il sibilo era soddisfacente. «Non è un klei-lat », l'informò Dirk, «è un Lee-Metford. » Lanciò un'occhiata circolare al resto della banda. «Ora ricordatevi... Io sono Lord Kitchener e voi dovete chiamarmi 'My Lord'. » « E io sono il generale French», annunciò Nick. Era giusto, in fondo, considerato che Nick era il luogotenente di Dirk. A quest'ultimo erano occorse soltanto due settimane e cinque sanguinose scazzottate per raggiungere la posizione di capo indiscusso. « Io il generale Methuen! » strillò uno dei membri piú giovani. « Io il generale Buller! » « Io il generale Gatacre! » « Non potete essere tutti generali», disse Dirk. « Soltanto Nick e io siamo generali. Voi siete tutti soldati semplici. » « Accidenti, Dirkie! Perché devi sempre rovinare le cose? » « Tu chiudi la bocca, Brian. » Dirk fiutò l'insubordinazione e si affrettò a distrarli. « Forza, andiamo a cercare le munizioni. » Dirk prese quella che per loro era la via « igienica », cioè il sentiero in cui era improbabile incontrare degli adulti ed essere inviati altrove a tagliar legna o a curare il giardino sotto il controllo di qualche genitore. « Le pesche sono quasi mature », osservò Nick, mentre passavano accanto a un frutteto. « Ancora una settimana », assentì Dirk, e s'infilò carponi attraverso la siepe nella piantagione dei Van Essen, che si estendeva fino alla riva del Baboon Stroom. « Eccoli! » gridò qualcuno, mentre emergevano dagli alberi. « Boeri, generale! » Sulla destra, lungo la riva, c'era un'altra banda di ragazzi, appartenenti alle famiglie olandesi del distretto. « Io andrò a parlare con loro », disse Dirk. « Voi raccogliete munizioni. » I compagni trottarono verso la riva e Dirk gridò loro dietro: « Ehi, Nick, preparami della buona argilla ». « Agli ordini, My Lord. » Con la dignità di un generale o di un Pari dei Regno, Dirk si avviò verso il nemico, fermandosi a qualche passo di distanza. « Salve, Piet, siete pronti? » chiese in tono altero. Piet Van Essen era suo secondo cugino. Un ragazzo robusto, ma meno alto di Dirk. «Ja. » « Stesse regole? » domandò Dirk. « Ja, stesse regole. » « Niente vestiti », avvertì Dirk. « E niente sassi », ribatté Piet. « Quanti siete? » domandò Dirk, cominciando a contare sospettosamente il nemico. « Quindici... Come voi. » « Tutto bene, allora », annuì Dirk. « Tutto bene. » Nick lo stava aspettando nell'acqua bassa. Dirk saltò accanto a lui e prese la grossa sfera d'argilla che l'altro gli porgeva. « E' perfetta, Dirkie, non troppo bagnata.» « Bene... Prepariamoci. » Rapidamente, Dirk si tolse i vestiti, sfilò la cintura dai passanti dei calzoni e se l'affibbiò alla vita, per infilarvi le bacchette di riserva. « Nascondi i vestiti, Brian », disse, e controllò i suoi ignudi guerrieri. Quasi tutti avevano ancora le forme femminee della fanciullezza, torace stretto, stomaco sporgente, natiche grasse e bianche. Pagina 58
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Verranno giú lungo il fiume, come sempre», disse Dirk. « Questa volta tenderemo loro un'imboscata. » Parlando, trasformava manciate di creta in palle e le infilava sulle estremità delle bacchette. « Io e Nick aspetteremo qui. Voi lassú, tra quei cespugli. » Stava cercando un bersaglio per esercitarsi e lo trovò in una tartaruga acquatica che risaliva faticosamente la riva opposta. S'interruppe: « Guardate! » disse, indicando l'animale; fece un passo avanti, alzò la mano armata di klei-lat ben dietro la testa, poi sferzò l'aria. La palla di creta sfuggì sibilando dall'estremità della bacchetta e si abbatté sul lucido carapace nero con tanta forza da lasciarvi un segno bianco a forma di stella. La tartaruga ritrasse la testa e le zampe, ruzzolando indietro, nel fiume. « Bel colpo! » « Ora provo io. » Dirk lì fermò: « Basta così. Fra poco potrete tirare quanto vorrete. Adesso state a sentire! Quando verranno, io e Nick li tratterremo qui per un pò, poi correremo indietro lungo il fiume e loro c'inseguiranno. Aspettate finché saranno proprio sotto di voi... Poi dategli addosso ». Dirk e Nick si accoccolarono l'uno accanto all'altro, con l'acqua fin sotto il naso. Un ciuffo di canne nascondeva la parte superiore della testa e, a portata di mano, su terreno asciutto, c'erano i kleilats. Sott'acqua, Dirk sentì Nick che gli dava di gomito e annuì. Anche lui aveva udito un mormorio di voci dietro l'ansa del fiume e il rotolare di una zolla smossa da piedi incauti. Girò la testa e rispose al sorriso di Nick con un altro non meno assetato di sangue, poi sbirciò da dietro le canne. A una ventina di passi davanti a lui, una testa spuntò cautamente da dietro la sponda; l'espressione del viso era tesa, nervosa... Dirk si ritrasse svelto dietro il ciuffo di canne. Un lungo silenzio, rotto improvvisamente da un: «Qui non ci sono». Una voce stridula, tipica dell'adolescenza e della tensione. Era Boetie, un ragazzo delicato, piccolo per la sua età, che insisteva a unirsi agli altri in giochi che andavano oltre le sue forze. Un altro lungo silenzio, poi il rumore di molti piedi che avanzavano furtivamente. Dirk strinse un braccio al compagno - adesso il nemico era allo scoperto - e trasse la bocca fuori dell'acqua. « Ora!» bisbigliò, ed entrambi afferrarono i klei-lats. La sorpresa fu completa ed ebbe un effetto devastante. Quando Dirk e Nick emersero gocciolanti dal fiume, pronti a lanciare, gli assalitori si ammassarono in grappolo e non poterono né fuggire né difendersi. I proiettili d'argilla volarono nel mucchio, abbattendosi con forti schiocchi sulla carne nuda. «Diamogli il fatto loro», gridò Dirk, tirando senza scegliere il bersaglio, alla cieca, nella massa di gambe, braccia e schiene rosa. Accanto a lui, Nick caricava e lanciava con frenesia, in silenzio. La confusione durò forse quindici secondi, poi gli urli di dolore si trasformarono in grida di rabbia. « Sono soltanto Dirk e Nick. » « Prendiamoli... Sono soltanto due. » Il primo proiettile sfiorò un orecchio di Dirk, il secondo lo colpì in pieno petto. «Corri! » boccheggiò tra una fitta e l'altra di dolore, e si lanciò verso la sponda. Chinato in avanti per risalire dall'acqua, era terribilmente vulnerabile, e un proiettile lanciato con un forte tiro rasoterra lo colpì in quella parte anatomica che egli presentava al nemico. Il dolore lo fece letteralmente schizzare sulla sponda, mentre le lacrime gli annebbiavano la vista. «Inseguiamoli! » « Bombardiamoli! » La muta latrava dietro Dirk e Nick, i proiettili sibilavano intorno a loro e li colpivano, mentre fuggivano lungo il fiume. Prima che raggiungessero la curva successiva, le schiene e le natiche erano pomellate di chiazze rosse, che il giorno dopo si sarebbero trasformate in lividi. Senza precauzione alcuna, infiammati dalla caccia, gridando e ridendo, gli assalitori si riversarono nella trappola che, non appena Pagina 59
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) furono alla svolta del fiume, si chiuse spietatamente su di loro. Dirk e Nick si fermarono per fronteggiarli, e nello stesso momento la riva sopra le loro teste si orlò d'ignudi selvaggi urlanti e danzanti, che li bombardarono di proiettili. Per un minuto resistettero, poi, in rotta completa, si arrampicarono sulla sponda e corsero in preda al panico verso il rifugio della piantagione. Uno solo rimase indietro, inginocchiato nel fango, singhiozzando piano. Ma, in obbedienza alle tacite leggi che li governavano, era l'unico su cui non si dovesse infierire. « E' soltanto Boetie », urlò Nick. « Lasciatelo stare. Venite! Inseguiamo gli altri! » Si arrampicò sulla sponda e guidò i compagni dietro il nemico in fuga. Gridando per l'eccitazione, corsero sull'erba verso il punto in cui Piet Van Essen stava disperatamente cercando di arrestare la fuga e di radunare i propri uomini per far fronte alla carica sull'orlo della piantagione. Ma un altro ragazzo era rimasto al fiume: Dirk Courteney. Adesso erano soltanto loro due, nascosti dalla sponda. Boetie sollevò lo sguardo e, attraverso le lacrime, vide Dirk che avanzava lentamente verso di lui. Osservò la bacchetta di salice nella sua mano e l'espressione sul suo volto. Sapeva di essere rimasto solo. «Ti prego, Dirk», mormorò. «Mi arrendo. Ti prego. Mi arrendo. » Dirk sogghignò. Con studiata lentezza modellò una palla di creta e caricò la bacchetta. «Ti darò tutto il mio pranzo, domani», supplicò Boetie. «Tutto, non soltanto il dolce. » Dirk lanciò il proiettile. L'urlo di Boetie gli fece correre un brivido lungo tutto il corpo. Cominciò a tremare per il piacere. « Ti darò il mio temperino nuovo. » La voce di Boetie era sottocata dai singhiozzi e dalle braccia incrociate sul volto. Dirk caricò di nuovo l'arma, lentamente, per assaporare quel senso di potere. « Ti prego, Dirkie, ti prego. Ti darò qualsiasi cosa... » e urlò di nuovo. « Togliti le mani dalla faccia, Boetie. » La voce di Dirk era stridula per il piacere. « No, Dirkie. Ti prego, no. » «Togliti le mani dalla faccia e ti lascerò stare. » «Promettilo, Dirkie. Prometti che mi lascerai stare. » «Prometto», bisbigliò Dirk. Lentamente Boetie abbassò le braccia, che erano sottili e molto bianche: portava sempre maniche lunghe per proteggerle dal sole. « Hai promesso. Io ho fatto quello che... » e la palla di creta lo colpì in pieno naso, facendogli scattare la testa all'indietro. Subito il sangue cominciò a scorrere da entrambe le narici. Boetie si portò le mani al volto, diffondendo il sangue sulle guance. « Avevi promesso », guaì. « Avevi promesso. » Ma Dirk stava già modellando un altro proiettile. Dirkie tornò a casa da solo. Camminava piano, sorridendo lievemente, coi morbidi capelli che gli ricadevano sulla fronte e uno sbaffo d'argilla su una guancia. Mary lo aspettava nella cucina del cottage di Protea Street. Lo guardò dalla finestra che sgusciava attraverso la siepe e attraversava il cortile. Mentre si avvicinava alla porta, notò il sorriso sulle sue labbra. Il petto della ragazza riusciva a contenere a stento l'emozione che provava contemplando l'innocente bellezza di quel volto. Gli apri la porta. « Ciao, caro. » « Ciao, Mary », la salutò Dirk, e il suo sorriso divenne così luminoso che Mary dovette abbracciarlo. « Santo cielo, sei coperto di fango. Sarà meglio che ti faccia un bel bagno prima che torni la nonna. » Dirk si svincolò dall'abbraccio e si avvicinò alla scatola dei biscotti. « Ho fame. » «Uno solo», acconsentì Mary, e Dirk ne prese una manciata. Pagina 60
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Poi ho una sorpresa per te. » « Che cosa? » Dirk pareva piú interessato ai biscotti. Mary aveva sempre una sorpresa per lui, quando tornava da scuola, e il piú delle volte si trattava di qualcosa di stupido, tipo un paio di calze sferruzzate con le sue mani. « Te lo dirò quando sarai nella vasca. » « Oh, va bene. » Masticando, Dirk s'avviò verso la stanza da bagno. Cominciò a svestirsi lungo il corridoio, lasciando cadere prima la camicia, poi i pantaloni, perché Mary li raccogliesse mentre lo seguiva. « Qual è la sorpresa? » « Oh, Dirk, hai giocato di nuovo a quell'orribile gioco. » Mary s'inginocchiò accanto alla vasca e passò dolcemente un piccolo panno insaponato sulla schiena e le natiche contuse. «Ti prego, promettimi che non lo farai piú. » « Va bene.» Non era difficile ottenere una promessa da Dirk; quella, in particolare, l'aveva già fatta parecchie volte. «Ma adesso dimmi qual è la sorpresa. » « Indovina. » Mary sorrideva ora, un sorriso misterioso e allusivo che catturò l'attenzione di Dirk. Il ragazzo studiò la sua faccia butterata, la sua brutta faccia piena d'affetto. « Dolci? » azzardò. Mary scosse la testa, accarezzando il suo corpo nudo con il panno. « Non saranno altre calze! » « No. » La ragazza immerse il panno nell'acqua saponata e cominciò a strofinargli il petto. «No, non sono calze», bisbigliò. Allora Dirk capì. « E'... E' ... » «Sì, Dirkie, si tratta di tuo padre. » Il ragazzo cominciò immediatamente a dibattersi. «Dov'è, Mary? Dov'è? » « Prima infila la camicia da notte. » « E' qui? E' tornato a casa? » «No, Dirk. Non ancora. E' a Pietermaritzburg. Ma lo vedrai presto. Prestissimo. La nonna è appena andata a prenotare i posti sul treno. Partirete domani. » Pieno d'eccitazione, il corpo caldo e bagnato del ragazzo cominciò a tremare fra le braccia di Mary. 22. Il un certo senso, signora Courteney, forse è stato un bene che non siamo riusciti a metterci in contatto con lei prima. » Il maggiore medico pigiò il tabacco nella pipa e cominciò a frugare metodicamente in tutte le tasche. Ada gli venne in aiuto: « I fiammiferi sono sulla scrivania ». « Oh, grazie! » L'uomo accese la pipa e continuò. « Capisce, suo figlio era aggregato a un'unità irregolare... Non esistevano registrazioni riguardo al parente piú prossimo, e quando è arrivato qui da Colenso, sei settimane fa, non era - diciamo così - in condizione di fornirci il suo indirizzo. » « Possiamo andare da papà ora? » Dirk, che da cinque minuti si agitava sul divano accanto ad Ada, non riusciva piú a trattenersi. «Vedrai tuo padre fra qualche minuto, giovanotto», disse il medico, e si rivolse di nuovo ad Ada. « Stando così le cose, signora Courteney, si è risparmiata parecchia angoscia. In principio dubitavarno di poter salvare la vita di suo figlio, per non parlare della gamba. Per quattro settimane è stato in bilico, diciamo. Ma ora... » e sorrise con legittimo orgoglio, « be', lo vedrà lei stessa. » « Sta bene? » chiese ansiosamente Ada. « Che costituzione formidabile ha il suo figliolo, tutto muscoli e forza di volontà! » Annuì, sempre sorridendo. « Sì, è in via di guarigione. Forse la gamba destra resterà un pò rigida, ma non è niente in confronto a quello che sarebbe potuto capitare... » Scosse le mani in un gesto eloquente. « Ora l'infermiera vi accompagnerà da lui. » « Quando potrà tornare a casa? » chiese Ada dalla soglia. « Presto... Fra un mesetto, forse. » Una profonda e ombrosa veranda, rinfrescata dalla brezza che Pagina 61
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) soffiava dai prati dell'ospedale. Cento alti letti di metallo lungo la parete, cento uomini in camicia da notte di flanella grigia appoggiati a cuscini bianchi. Alcuni dormivano, pochi leggevano, altri chiacchieravano a bassa voce o giocavano a scacchi e a carte sulle assi sistemate tra i letti. Uno solo se ne stava per conto proprio, fissando, senza poterle vedere, il punto in cui una coppia di averle lanciava strida rauche, forse disputandosi una rana sul prato. La barba era sparita, rasata quando egli era troppo debole per protestare, su ordine della caposala, che la considerava antigienica, e il risultato era un deciso miglioramento che perfino Sean, in cuor proprio, ammetteva. Protetta per tanto tempo, la pelle della parte inferiore del viso era liscia e bianca come quella di un ragazzo; quindici anni erano stati rasati assieme a quell'ispido groviglio nero. Adesso erano le folte sopracciglia che risaltavano e, a loro volta, dirigevano l'attenzione sui suoi occhi, di un azzurro cupo, come l'ombra di una nuvola su un lago di montagna. Ancora piú cupo in quel momento, mentre egli rifletteva sul contenuto della lettera che teneva nella mano destra. Era arrivata tre settimane prima e già la carta scadente si stava lacerando lungo le pieghe. Era una lunga lettera, dedicata in gran parte a una minuta descrizione dell'infruttuosa guerra di logoramento in cui l'esercito di Buller era impegnato lungo il fiume Tugela. Non mancavano accenni alle emicranie periodiche di cui lo scrivente soffriva, come risultato della ferita che esternamente si era ormai rimarginata, e molti riferimenti alla profonda gratitudine che Saul provava per Sean. Questi imbarazzavano talmente Sean che egli li saltava sempre, quando rileggeva la lettera. Ma c'era un paragrafo sul quale tornava ogni volta e che leggeva lentamente, bisbigliando, in modo da assimilare ogni parola: Ricordo di averti parlato di Ruth, mia moglie. Come sai, è fuggita da Pretoria e ora si trova a Pietermaritzburg, presso uno zio. Ieri ho ricevuto da lei una lettera con splendide notizie. Il prossimo giugno saremo sposati da quattro anni e ora, finalmente, come risultato del nostro breve incontro al suo arrivo nel Natal... Sto per diventare padre! Ruth mi scrive che è certa che sarà una bambina (benché io sia sicuro che sarà un maschio) e che sa già come chiamarla. E' un nome piuttosto insolito, a dir poco... So che mi ci vorrà parecchia diplomazia per farle cambiare idea (tra le sue molte virtú c'è un'ostinazione da età della pietra). Vuole chiamare la povera piccina Storm - Storm Friedman - e la prospettiva mi atterrisce! Benché tu e io siamo di religioni diverse, ho scritto a Ruth chiedendole di acconsentire a scegliere te come sandek... Che è l'equivalente del vostro padrino. Non riesco a immaginare nessuna obiezione da parte di Ruth (soprattutto considerando il debito che entrambi abbiamo nei tuoi confronti) e ora occorre soltanto il tuo sì. Ce lo darai? Nella stessa lettera le ho spiegato la tua attuale situazione e le ho dato il tuo indirizzo (presso Greys Hospital), chiedendole di venirti a trovare per ringraziarti personalmente. Ti avverto che sa sul tuo conto tutto quanto so io... Non sono tipo da nascondere i miei entusiasmi! Disteso con la lettera stretta in mano, Sean guardava oltre i prati, nel sole. La gabbia di vimini che sosteneva la sua gamba gonfiava le coperte come il ventre di una donna incinta. « Storm! » bisbigliò, ricordando la luce dei lampi che fluttuava azzurra e bianca sul corpo di Ruth. « Perché non viene? » L'aveva aspettata per tre settimane. « Sa che sono qui, perché non viene da me? » « Visite per lei. » L'infermiera si fermò accanto al suo letto e sistemò le coperte. « Chi? » chiese Sean, facendo uno sforzo per sollevarsi su un gomito. L'altro braccio era ancora fasciato e appeso al collo. « Una signora. » Sean sentì che il cuore gli balzava in gola. « E un bambino. » Il gelido riflusso della delusione, quando si rese conto che non era lei. Poi un immediato senso di colpa... Ada e Dirk, come poteva sperare che si trattasse di qualcun altro? Pagina 62
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Senza la barba, Dirk non lo riconobbe finché non fu a una decina di passi. Allora partì alla carica, il berretto volò via e i capelli neri, nonostante la brillantina, si arruffarono mentre correva. Urlando parole prive di senso, raggiunse il letto, si arrampicò addosso al padre e gli si avvinghiò al collo. Passò un pò di tempo prima che Sean potesse liberarsi e guardarlo. « Bene, ragazzo », disse, e poi di nuovo, « bene, ragazzo. » Non volendo esibire il proprio amore per il figlio sotto gli occhi di tutti - c'erano almeno cento uomini che li osservavano sorridendo Sean cercò un diversivo rivolgendosi ad Ada. La donna aspettava pazientemente, come aveva aspettato per metà della propria vita, ma, quando Sean si girò verso di lei, il suo sorriso era colmo di tenerezza. « Sean. » Si chinò per baciarlo. « Cosa ne è stato della tua barba? Sembri così giovane! » La donna e il ragazzo rimasero accanto al letto per un'ora, la maggior parte della quale fu occupata da un monologo di Dirk. Negli intervalli, mentre il ragazzo riprendeva fiato, Ada e Sean poterono scambiarsi le notizie. Infine Ada si alzò. « Il treno parte fra mezz'ora, e Dirk ha scuola domani. Verremo a trovarti ogni settimana, finché non potrai tornare a casa. » Portar fuori Dirk dall'ospedale fu come strappare un ubriaco da un bar. Da sola, Ada non poteva farcela e dovette chiedere aiuto a un portantino. Scalciando e lottando in preda a una collera cieca, Dirk fu portato fuori della veranda, e le sue grida giunsero fino a Sean anche parecchio tempo dopo che il ragazzo era scomparso dalla sua vista. « Voglio mio padre! Voglio restare con mio padre! » 23. Beniamin Goldberg era il curatore del patrimonio del fratello. Tale patrimonio era costituito dal quaranta per cento delle azioni della Goldberg Bros., Ltd., una compagnia che possedeva una fabbrica di birra, quattro piccoli alberghi (e un quinto molto piú grande sulla Marina Parade di Durban), sedici macellerie e una ditta produttrice di salsicce di maiale, pancetta e prosciutto affumicato. Questi ultimi beni di consumo procuravano a Benjamin un certo imbarazzo, ma la loro produzione era troppo proficua per essere abbandonata. Benjamin era anche presidente del consiglio d'amministrazione della Goldberg Bros., con il sessanta per cento delle azioni. La presenza di un esercito di venticinquemila uomini affamati e assetati nel Natal aveva aumentato il consumo di birra e pancetta aggravando il disagio di Benjamin, perché egli era un uomo che amava la pace. I grossi profitti procuratigli dalle ostilità lo turbavano e deliziavano insieme. Questa stessa duplice emozione era suscitata dalla presenza in casa sua della nipote Ruth. Benjamin aveva quattro figli maschi e nessuna femmina, mentre suo fratello Aaron aveva lasciato una figlia con la quale Benjamin avrebbe scambiato volentieri tutti e quattro i suoi ragazzi. Non perché fossero dei buoni a nulla: tutti si erano sistemati molto bene negli affari. Uno dirigeva il Port Natal Hotel, il maggiore si occupava della fabbrica di birra e gli altri due gestivano il settore carni. Ma... E qui Benjamin sospirava... Ma Ruth! Quella era la ragazza che ci voleva per la vecchiaia di un uomo! Benjamin la guardò al di là del legno lucido della tavola apparecchiata per la prima colazione con l'elegante apparato d'argenti e porcellane, e sospirò di nuovo. «Adesso, zio Ben, non ricominciare. Per piacere», disse Ruth, imburrando una fetta di pane tostato. « Ciò che voglio dirti è che abbiamo bisogno di lui qui. E' una cosa tanto terribile? » « Saul è un avvocato. » «Nu? E allora? E' un avvocato, e a noi occorre un uomo di legge. Sapessi gli onorari che pago a quegli altri schmoks! » « Saul non vuole entrare nella compagnia. » « D'accordo. Sappiamo che non vuole la carità di nessuno. Sappiamo che non vuole servirsi del tuo denaro. Sappiamo tutto del suo orgoglio... Ma adesso ha delle responsabilità. Dovrebbe pensare Pagina 63
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) a te... E al piccolo... Non solo a quello che lui vuole o non vuole. » Sentendo menzionare il bambino, Ruth si accigliò un poco. Benjamin se ne accorse; erano poche le cose che egli non notava. Giovani! Se soltanto si riuscisse a far capire loro... Benjamin Goldberg sospirò di nuovo. « Bene. Lasceremo perdere finché Saul non torna in licenza», disse stancamente. Ruth, che non aveva mai parlato a Saul delle offerte d'impiego di suo zio, provò per un momento a immaginare la sua vita a Pietermaritzburg... Abbastanza vicina per affogare nella marca d'affetto emanata dallo zio Benjamin, presa come una mosca nella ragnatela vischiosa dei vincoli e dei doveri familiari. La prospettiva la fece rabbrividire. «Se accenni la cosa a Saul, non ti parlerò mai piú in vita mia! » Le guance le s'infiammarono e gli occhi mandarono lampi. Perfino la pesante treccia di capelli neri parve prender vita, come la coda di una leonessa infuriata, frustando l'aria mentre la ragazza scuoteva il capo. Oi Yoi Yoi! Benjamin cercò di mascherare il proprio piacere chiudendo le palpebre. Che temperamento! Che donna! Potrebbe mantenere giovane un uomo per sempre! Ruth balzò in piedi. Solo allora Beniamin notò che indossava un abito da cavallerizza. « Dove stai andando? Non intenderai cavalcare anche oggi? » « Proprio così » « Il bambino! » « Zio Ben, quando imparerai a badare ai fatti tuoi? » E si avviò verso la porta. Il suo ventre non era ancora ingrossato e la ragazza si muoveva con una grazia che sconcertò Benjamin. « Non dovresti permetterle di trattarti così. » Mitemente, com'era suo solito, sua moglie gli parlò dall'altro capo della tavola. « Quella ragazza ha qualcosa che la tormenta. » Il vecchio si ripulì con cura i baffi imbrattati di tuorlo d'uovo, posò il tovagliolo, consultò l'orologio d'oro da taschino e scostò la sedia. «Qualcosa di grosso. Non dimenticare le mie parole. » Era venerdì: strano come questo giorno fosse diventato il perno intorno al quale ruotava l'intera settimana. Ruth spronò lo stallone sauro e l'animale allungò l'andatura sotto di lei, balzando in avanti con tanto vigore che Ruth dovette frenarlo un poco, riportandolo al piccolo galoppo. Era in anticipo e dovette aspettare dieci interminabili minuti nel viale di querce dietro il Greys Hospital prima che, come una cospiratrice, la piccola infermiera sgusciasse attraverso la siepe. « Ce l'ha? » chiese Ruth. La ragazza annuì, si guardò furtivamente intorno ed estrasse una busta dal grembiule grigio da infermiera. Ruth la scambiò con una sterlina d'oro. Stringendo la moneta nel pugno, la ragazza si avviò verso la siepe. « Aspetti», la fermò Ruth. Era il suo unico contatto materiale con Sean ed ella era riluttante a spezzarlo così presto. « Come sta? » « E' tutto scritto lì, signora. » «Lo so... Ma mi dica che aspetto ha. Cosa fa, cosa dice », insistette Ruth. «Oh, l'aspetto è splendido adesso. Ha gironzolato coi suoi bastoni per tutta la settimana, aiutato da quel suo grosso selvaggio nero. Il primo giorno è caduto, e avreste dovuto sentirlo imprecare. Signore! » Le due donne risero insieme. « E' proprio un bel tipo. Ieri ha avuto un altro bisticcio con la sua infermiera, quando si è presentata per lavarlo. Le ha dato della baldracca spudorata. Lei gli ha risposto per le rime. Ma si vedeva che era tutta contenta e non faceva che raccontarlo a chiunque fosse disposto ad ascoltarla. » La ragazza esultava e Ruth l'ascoltava incantata, finché: «E sapete cos'ha fatto ieri, mentre gli cambiavo le bende? » arrossì lievemente. « Mi ha pizzicato il didietro! » Ruth sentì un'ondata di collera salirle alla testa. A un tratto notò che la ragazza era graziosa, benché un pò insipida. « E poi ha detto... » « Grazie! » Ruth dovette trattenere la mano che impugnava il frustino. « Devo andare ora. » Di solito la lunga gonna da amazzone l'ostacolava nel montare in sella, ma ora si trovò in groppa senza il minimo sforzo. Pagina 64
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Venerdì prossimo, signora? » « Sì » e colpì lo stallone sul collo. L'animale balzò in avanti con tanta violenza da costringerla ad afferrarsi al pomo della sella. Ruth lo strapazzò come non aveva mai fatto con un cavallo, usando gli speroni e il frustino finché scure chiazze di sudore e schizzi di schiuma apparvero sui fianchi e sul collo dell'animale. Quando Ruth raggiunse un punto isolato sulla riva del fiume Umgeni, molto fuori città, la sua gelosia si era placata ed ella si vergognò di se stessa. Allentò il sottopancia dello stallone e lo vezzeggiò un poco prima di legarlo a un salice piangente. Quindi scese al suo tronco favorito, sul bordo dell'acqua. Qui si sedette e aprì la busta. Se soltanto Sean avesse saputo che il grafico della sua temperatura, i segni di miglioramento, le prescrizioni dei medico e il contenuto di saccarosio della sua urina erano studiati così avidamente, con ogni probabilità avrebbe aggiunto agli altri suoi mali un travaso di bile. Infine Ruth piegò i fogli, li infilò nella busta e ripose quest'ultima nella tasca della giacca. Doveva sembrare così diverso, senza barba! Fissò il gorgo sotto di sé: il volto di Sean si formò nell'acqua verde e le restituì lo sguardo. Ruth toccò la superficie con la punta di uno stivale, le increspature si allargarono e l'immagine si frantumò. A Ruth non rimase che il proprio senso di solitudine. « Non devo andare da lui », mormorò a se stessa, temprando la determinazione che l'aveva tenuta fuori dal Greys Hospital fin da quando aveva saputo che Sean era là. Così vicino... Così terribilmente vicino. Con uno sforzo di volontà fissò di nuovo l'acqua e tentò di evocare il volto del marito. Tutto ciò che vide fu un pesce giallo, con un disegno a denti di lima sui fianchi, che scivolava tranquillo sul fondo melmoso. Ruth gettò un sasso nel fiume e il pesce sfrecciò via. Saul. Il piccolo allegro Saul con la sua faccia da scimmia, che la faceva ridere come una madre ride dei proprio bambino. Io lo amo, si disse. Ed era vero, lo amava. Ma l'amore ha molte forme: alcune sono le forme delle montagne, alte e grosse e accidentate; mentre altre sono come nuvole, senza contorni netti, si muovono dolcemente attorno alla montagna, l'avvolgono e fuggono via, ma la montagna non ne è modificata. La montagna rimane per sempre. «La mia montagna», mormorò, e vide di nuovo Sean con estrema chiarezza, come quando egli la sovrastava nella tempesta. « Storm », bisbigliò, e premé le mani aperte sul ventre, ancora piatto e duro. «Storm», ripeté, e avvertì una sensazione di calore. Si diffondeva dal suo utero, e il desiderio di rivedere Sean crebbe con essa fino a diventare incontrollabile. Con la gonna svolazzante, corse verso lo stallone: le sue mani tremarono sulle cinghie del sottopancia. « Solo una volta », promise a se stessa. « Solo un'altra volta. » Con frenesia si issò sulla sella. « Solo questa volta, lo giuro! » e poi, con voce rotta, « non posso farne a meno. Ho tentato... Oh Dio, se ho tentato! » Un mormorio di apprezzamento la segui dai letti lungo la parete, mentre Ruth percorreva la veranda dell'ospedale. C'erano grazia e ansia insieme nel modo in cui teneva raccolta la gonna con una mano, nel rapido e regolare ticchettio degli stivali appuntiti sull'impiantito di cemento, nel dondolio appena accennato dei fianchi. C'era un'aperta impazienza nello scintillio degli occhi e nel protendersi del seno sotto la giacca rosso-vino. La furiosa cavalcata che l'aveva condotta fin li le aveva acceso le guance e arruffato i capelli sulle tempie e sulla fronte. Quegli uomini malati e soli reagirono come se davanti a loro fosse passata una dea, eccitati dalla sua bellezza, ma anche rattristati per la sua irraggiungibilità. Ruth non li notò, non avvertì i loro occhi avidi su di sé, non udì il dolente bisbiglio delle loro voci... perché aveva visto Sean. Veniva avanti piano attraverso il prato, usando maldestramente il bastone per compensare la rigidità della gamba destra. Teneva gli occhi bassi e aggrottava la fronte, assorto in qualche pensiero. A Pagina 65
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Ruth si mozzò in gola il respiro. Com'era cambiato! Non lo ricordava così alto, con le spalle ossute e larghe come la traversa di una forca. Non aveva mai visto prima la linea prominente della mascella, né la pallida levigatezza della pelle, con l'ombra azzurrina della rasatura. Ma rammentava gli occhi appesantiti dalle sopracciglia nere e il gran naso adunco sopra la larga bocca sensuale. Sull'orlo del prato Sean si fermò, puntò il bastone tra le gambe divaricate, stringendo l'impugnatura con entrambe le mani, alzò lo sguardo e la vide. Per parecchi secondi nessuno dei due si mosse. Sean rimase appoggiato al bastone, con le spalle curve e il mento sollevato, e la fissò. Ruth, nell'ombra della veranda, sorreggeva ancora la gonna con una mano... Ma l'altra era intorno alla gola, nel tentativo di placare le emozioni che vi si agitavano. Gradualmente le spalle di Sean si raddrizzarono, finché egli si erse in tutta la sua statura. Buttò da parte il bastone e tese le braccia verso di lei. E all'improvviso Ruth si trovò a correre sul prato verde e liscio... Si trovò sul suo petto, tremando in silenzio, mentre egli la stringeva. Con le braccia intorno alla vita di Sean e il viso premuto sul suo torace, Ruth poteva sentire il suo odore d'uomo e i muscoli duri che la cingevano... E sapersi al sicuro. Finché fossero restati così, nulla, nessuno avrebbe mai potuto toccarla. 24. Sul pendio della montagna con la cima piatta che sovrasta la città di Pietermaritzburg c'è una radura circondata da acacie australiane. E' un luogo segreto, dove perfino il piccolo e timido blue buck esce a pascolare alla luce del sole. Nelle giornate calme si può sentire molto debolmente lo schiocco delle fruste dei carrettieri sulla strada sottostante o, ancora pìú lontano, il fischio di un treno. Ma sono le uniche intrusioni della civiltà in quel luogo selvaggio. Una farfalla attraversò il prato col suo incerto volo oscillante, passò dal sole alle mobili chiazze d'ombra sul bordo della radura e si posò. « Porta fortuna », mormorò pigramente Sean, e Ruth sollevò la testa dalla coperta su cui stavano distesi. Mentre la farfalla muoveva le ali, spiegandole con garbo, i disegni gialli e verdi splendevano nel raggio sottile che filtrava attraverso il tetto di foglie, cadendo su di essa come la luce di un riflettore. « Fa il solletico », disse Ruth, mentre l'insetto si muoveva come un gioiello vivente sul liscio candore del suo ventre. Raggiunto l'ombelico, si fermò. Poi la sua minuscola lingua a viticcio si srotolò e lambi il velo di umidore che l'amplesso aveva lasciato sulla pelle di Ruth. « E' venuta a benedire la piccola. » La farfalla evitò la profonda e piccola cavità delicatamente cesellata e si mosse verso il basso. « Non ti pare che si stia spingendo un pò troppo oltre? Non dovrà benedire anche quella, spero», disse Ruth. «Certo sembra che sappia bene dove andare», ammise Sean, perplesso. La farfalla trovò la strada verso il sud bloccata da una foresta di riccioli scuri, allora fece laboriosamente dietro front e tornò sui propri passi. Ancora una volta girò intorno all'ombelico, poi puntò verso l'avvallamento del seno. « Proseguì dritta, amica», l'ammonì Sean, ma all'improvviso la farfalla fece una svolta e risalì l'erto pendio, finché si fermò trionfante sulla vetta. Sean la osservò agitare lievemente le ali e risplendere sul capezzolo di lei, e si sentì di nuovo eccitato. « Ruth », mormorò con voce roca. La donna voltò la testa per guardarlo negli occhi. « Vattene, farfallina», disse, e scacciò con la mano l'insetto dal seno. Pagina 66
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Piú tardi, dopo che ebbero dormito un poco, Ruth svegliò Sean e i due sedettero l'uno di fronte all'altra sulla coperta con un paniere da picnic aperto tra loro. Mentre Sean stappava il vino, Ruth armeggiava sulla cesta con la concentrazione di una sacerdotessa intenta a preparare un sacrificio. Sean la guardò tagliare i panini e spalmarli di burro giallo e salato, poi svitare i coperchi dei barattoli. Fagioli marinati, barbabietole e cipolle sott'aceto. Un cuore di giovane lattuga frusciò, mentre Ruth ne strappava le foglie, ponendole in una ciotola di legno e versandovi sopra il condimento. I capelli sciolti ricadevano come un'onda nera sul candore marmoreo delle spalle. Con il dorso della mano Ruth li allontanò dalla fronte, poi alzò gli occhi e sorrise. « Non fissarmi così. Mi metti in imbarazzo. » Prese il bicchiere che Sean le porgeva e sorseggiò il fresco vino bianco, poi lo mise da parte e continuò il suo lavoro, trinciando un bel pollo dal petto grasso. Gli occhi di Sean non si staccavano dal suo corpo, ma Ruth finse di ignorarlo e cominciò a cantare sottovoce la stessa canzone d'amore della notte del temporale, mentre il seno occhieggiava timidamente attraverso la cortina nera dei capelli. Infine si ripulì accuratamente le dita con un tovagliolo di lino, riprese il bicchiere e, chinata un poco in avanti con i gomiti sulle ginocchia, ricambiò lo sguardo con pari baldanza. « Mangia », disse. «E tu? » « Fra poco. Voglio guardarti. » Sean era affamato. « Mangi nello stesso modo in cui fai l'amore... Come se dovessi morire domani. » « In questi giorni non c'è pericolo. » « Sei coperto di cicatrici, come un vecchio gattaccio che combatte troppo. » Si curvò e gli toccò il petto con un dito. «Cosa ti è successo qui? » « Un leopardo. » « E qui? », toccandogli un braccio. « Un coltello. » « E qui? », indicando un polso. « La vampata di un fucile. » Ruth abbassò la mano e accarezzò la cicatrice fresca che girava intorno alla gamba come un grottesco rampicante purpureo. « Questa so cos'è», mormorò, e i suoi occhi divennero tristi. Per farle cambiare umore, Sean si affrettò a parlare. « Ora sta a me fare domande. » Allungò un braccio e posò la mano aperta sul ventre di Ruth, avvertendo il primo lieve rigonfiamento che premeva, caldo, contro il suo palmo. «Cosa è successo qui? » chiese, e Ruth fece una risatina prima di rispondere: «La vampata di un fucile... O era un cannone? » Quindi ripose ogni cosa nel cesto e s'inginocchiò accanto a Sean, che stava sdraiato sul dorso con un lungo sigaro nero tra i denti. «Sei sazio? » gli chiese. « Mio Dio, sì » e sospirò, beato. « Io no, invece! » Si chinò su di lui, gli tolse il sigaro dalla bocca e lo gettò tra i rovi. Con il primo debole rossore della sera nel cielo, una lieve brezza scese dalla montagna, facendo frusciare il fogliame sopra di loro. I piccoli peli degli avambracci di Ruth si rizzarono sotto l'effetto della pelle d'oca, e i capezzoli puntarono in fuori, bruni e duri. « Non devi tornare in ritardo all'ospedale proprio il primo giorno che ti lasciano uscire », disse, allontanandosi da Sean e raccogliendo i propri indumenti. « La capoinfermiera mi farebbe impiccare, trascinare da un cavallo e squartare. » Sean annuì. Si rivestirono in fretta, Ruth era già lontana da lui. Ogni allegria era scomparsa dalla sua voce e il suo viso era freddo, inespressivo. Sean si piazzò dietro di lei per allacciarle il busto. Odiava imprigionare quel bel corpo in una gabbia di stecche di balena, e stava per dirlo, quando Ruth gli annunciò: « Domani arriva Saul. Un mese di licenza ». La sua voce era dura. Le mani di Sean si arrestarono e i due rimasero così, senza muoversi. Era la prima volta che uno di loro menzionava Saul da quel mattino di un mese prima, quando Ruth era andata all'ospedale. Pagina 67
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Perché me lo dici soltanto adesso? » Anche la sua voce era dura. « Non volevo rovinare la giornata. » Ora gli stava di fronte, ma teneva gli occhi fissi sulle alture oltre la città. « Dobbiamo decidere che cosa dirgli. » « Non c'è niente da dirgli», replicò Ruth in tono calmo. « Ma cosa faremo? » Ora nella voce di Sean c'era paura mista a senso di colpa. «Faremo, Sean? » Ruth si voltò lentamente. Il suo viso era sempre freddo e inespressivo. « Non faremo nulla... Assolutamente nulla. » «Ma tu appartieni a me! » protestò Sean. « No », rispose Ruth. « Il bambino... è mio! » A queste parole gli occhi di Ruth si restrinsero e la linea morbida delle sue labbra s'indurì per la collera. « No, accidenti, non lo è! Non è tuo... Anche se l'hai generato. » Lo guardava con occhi fiammeggianti. Era la prima volta che si arrabbiava con lui, e Sean ne rimase sgomento. « Il bambino appartiene a Saul... E io appartengo a Saul. Non ti dobbiamo niente. » Sean la fissò: « Non parli sul serio», disse a voce bassa, e la collera di Ruth svanì. Lui cercò di approfittarne. « Ce ne andremo insieme. » « Scapperemo... Vuoi dire! Ce la svigneremo come una coppia di ladri! E cosa porteremmo via con noi, Sean? La felicità di un uomo che ci ama e si fida di entrambi... Questo, e il nostro senso di colpa. Non mi perdoneresti mai, né io perdonerei te. Già adesso eviti di guardarmi. Cominci già a odiarmi un poco. » « No! No!» «E io odierei te», mormorò Ruth. «Fa' portare il mio cavallo, per piacere. » « Tu non lo ami. » Questa accusa disperata gli era stata strappata dal petto, ma fu come se Sean non avesse parlato. Ruth continuava a vestirsi. « Vorrà vederti. Metà di ogni sua lettera riguarda te. Gli ho scritto che sono venuta a trovarti all'ospedale. » « Glielo dirò », gridò Sean. « Gli dirò tutto. » « Non lo farai », ribatté Ruth con calma. « Non l'hai salvato a Colenso per distruggerlo adesso. Perché lo distruggeresti... E noi con lui. Per piacere, fa' portare il cavallo. » Sean fischiò e rimasero l'uno accanto all'altra, senza toccarsi, senza parlarsi, perfino senza guardarsi. Finché Mbejane uscì dalla macchia sotto la radura tenendo i cavalli per le briglie. Sean aiutò Ruth a montare. «Quando? » domandò piano. « Forse mai piú », rispose Ruth, avviandosi. Non si voltò indietro, così Sean non vide le lacrime che scorrevano sul suo volto. Lo scalpitio soffocato degli zoccoli coprì i suoi singhiozzi e Ruth irrigidi la schiena e le spalle, affinché Sean non capisse che stava piangendo. 25. I Consiglio di guerra finì molto dopo che si era fatto buio, e quando i comandanti furono partiti a cavallo per i loro laagers tra le colline, Jan Paulus sedette da solo accanto al fuoco. Era stanco, come se il suo cervello fosse il flaccido, freddo corpo di una piovra i cui tentacoli gli avvinghiavano tutte le membra. Ed era solo. Ora che comandava cinquemila uomini, si sentiva piú solo di quanto gli fosse mai accaduto nella vasta solitudine dei veld. Per questo i suoi pensieri andarono a Henrietta, la donna che da vent'anni era la sua compagna, e sorrise nel buio, mentre la nostalgia smussava il filo della sua determinazione. Vorrei tornare alla fattoria, magari soltanto per una settimana. Giusto per assicurarmi che stiano tutti bene. Vorrei legger loro la Bibbia e guardare i volti dei bambini alla luce della lampada. Vorrei sedere con i miei figli sulla veranda e sentire le voci di Henrietta e delle ragazze che lavorano in cucina. Vorrei... Bruscamente si alzò, scostandosi dal fuoco. Ja, tu vorresti quePagina 68
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) sto e vorresti quello! Va' allora! Concediti la licenza che hai rifiutato a tanti altri. Contrasse le mascelle, mordendo il cannello della pipa. Oppure siediti qui a sognare come una donnicciola, mentre venticinquemila inglesi si riversano oltre il Tugela. Uscì a grandi passi dal laager; il terriccio rotolava sotto i suoi piedi, mentre risaliva il pendio verso la cresta. Domani, si disse. Domani. Dio è stato misericordioso, facendo si che gli inglesi non attaccassero le alture due giorni fa, quando avevo solo trecento uomini per difenderle. Ma adesso ne ho cinque migliaia contro le loro venticinque... E dunque che vengano! Quando raggiunse la cresta, la vallata del Tugela apparve all'improvviso ai suoi piedi. Morbidamente illuminata dalla luna, così che il fiume sembrava un nero squarcio nel terreno. Jan Paulus esplorò con lo sguardo il suo corso, finché vide i fuochi di bivacco ai due lati del guado della fattoria Trichardts. Erano passati. Dio mi perdoni per averlo permesso, ma non potevo affrontarli con trecento uomini. Per due giorni ho atteso come in agonia che le mie colonne coprissero le venti miglia da Colenso. Per due giorni ho guardato la loro cavalleria, i loro fanti e i loro carri attraversare il guado, senza poterli fermare. Adesso sono pronti. Domani verranno su. E questo è il punto in cui attaccheranno: tentare altrove sarebbe una follia, una sciocchezza troppo grande anche per gli inglesi. Non possono salire sulla destra, perché per raggiungere la cresta devono passare attraverso il nostro fronte. Con poca copertura e chiusi tutt'intorno dal fiume, esporrebbero il fianco ai nostri fucili, da soli duecento metri. No, non possono tentare sulla destra... Nemmeno Buller lo farebbe. Lentamente girò il capo e guardò a sinistra, dove alti picchi emergevano dalle colline. La conformazione dei terreno somigliava al dorso di un gigantesco pesce. Jan Paulus si trovava sulla testa, sul pendio relativamente dolce dei Tabanyama... Ma sulla sua sinistra s'innalzava la pinna dorsale. Questa era formata da una serie di picchi: Vaalkrans, Brakfontein, Twin Peaks, Conical Hill e, piú alto e piú imponente di tutti, lo Spion Kop. Ancora una volta, avvertì il tormentoso aculeo del dubbio. Ma no, certamente nessuno, nemmeno Buller, avrebbe scagliato un esercito contro quella linea di baluardi naturali. Sarebbe stata un'azione senza effetto: un'onda che si frange contro una scogliera di granito. Eppure il dubbio permaneva. Forse Buller, quell'uomo pedestre e dei tutto prevedibile, che pareva eternamente legato alla strategia dell'attacco frontale, forse questa volta avrebbe capito che i pendii del Tabanyama erano in maniera troppo logica l'unico punto in cui poteva sfondare. Forse avrebbe sospettato che l'intero esercito nemico sarebbe stato lì ad attenderlo con tutti i suoi cannoni. Forse avrebbe immaginato che soltanto venti burghers guardavano ognuno dei picchi sul fianco sinistro, perché Jan Paulus non aveva osato assottigliare il fronte e aveva rischiato tutto sul Tabanyama. Sospirò. Ormai non c'era piú tempo per i dubbi. Egli aveva fatto la sua scelta e domani avrebbe saputo. Domani, van more. Pesantemente si voltò e cominciò a scendere il pendio verso il laager. La luna stava calando dietro il massiccio nero dello Spion Kop, la cui ombra nascondeva il sentiero. Pietre sparse rotolavano sotto i suoi piedi. Jan Pafflus inciampò e quasi cadde. « Wies Daar?» gridò qualcuno da una sporgenza di granito di fianco al sentiero. « Un amico », rispose Jan Paulus. Ora vedeva l'uomo: stava accovacciato con la schiena appoggiata alla roccia, il Mauser tenuto basso all'altezza dei fianchi. « Di che commando sei? » « Wynbergers, sotto Leroux. » « Dunque conosci Oom Paul? » domandò la sentinella. « Sì. » « Di che colore ha la barba? » « Rossa... Rossa come le fiamme dell'inferno. » La sentinella rise. « Digli da parte mia che gliel'annoderò la prossima volta che lo vedo. » « Sarà meglio che ti radi prima di provarci... Potrebbe fare lo Pagina 69
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) stesso con te », l'ammonì Jan Paulus. « Sei un suo amico?» « E anche suo parente. » « All'inferno anche te, allora», rise la sentinella. «Vuoi bere un caffè con noi? » Era un'ottima occasione per mischiarsi ai suoi uomini e saggiarne il morale in vista dell'imminente battaglia. Jan Paulus accettò l'invito: «Dankie». « Bene. » La sentinella si alzò e Jan Paulus vide che si trattava di un omaccione, reso ancora piú alto dal tipico cappello di feltro nero con la tesa rialzata ai lati. «Karl, c'è rimasto del caffè?» gridò nel buio dietro le rocce, ricevendo immediatamente risposta. «Perdio, dovete proprio urlare così? Questo è un campo di battaglia, non un comizio. » « Gli inglesi non sono da meno. Li abbiamo sentiti per tutta la notte. » « Gli inglesi sono stupidi. Dovete esserlo anche voi? » « Proprio perché sei tu... » La sentinella abbassò la voce, riducendola a un bisbiglio sepolcrale, poi ruggì di nuovo: « Allora, arriva questo maledetto caffè? ». Non si può dire che manchi di fegato, sogghignò Jan Paulus fra sé, mentre la sentinella, sempre ridacchiando, gli metteva un braccio intorno alle spalle e lo conduceva verso il fuoco nascosto dietro le rocce. Tre burghers stavano accoccolati intorno a esso, con le coperte sulle spalle. Discorrevano tra loro, mentre la sentinella e Jan Paulus si avvicinavano. «Fra mezz'ora la luna sarà calata», disse uno di loro. «Ja... E io non sarò contento di vederla sparire. Se gli inglesi hanno in mente un attacco notturno, verranno quando il buio sarà piú profondo. » « Chi c'è con te? » chiese Karl alla sentinella. « Un amico. » « Di quale commando? » «Wynbergers», rispose Jan Paulus, e Karl annuì, mentre prendeva dal fuoco la caffettiera di metallo smaltato. « Dunque, stai con Oom Paul. Quali probabilità pensa che abbiamo domani? » « Quelle di un uomo in una macchia fitta, con un solo proiettile in canna e un bufalo che lo sta caricando. » « E la cosa lo preoccupa? » « Solo un pazzo non sarebbe preoccupato. Oom Paul ha paura. Ma cerca di non mostrarlo, perché la paura è piú contagiosa della difterite», rispose Jan Paulus, accettando la tazza di caffe sedendosi contro una roccia non raggiunta dalla luce delle fiamme, affinchè gli uomini non lo riconoscessero. « La mostri o no, poco importa », grugnì la sentinella, riempiendo la propria tazza. « Ma scommetto che darebbe un occhio per trovarsi nella sua fattoria a Wynberg, con la moglie accanto nel letto a due piazze. » Jan Paulus si sentì avvampare di collera e ribatté con voce aspra: « Lo credi un codardo? ». « Quello che credo è che piacerebbe anche a me starmene sulla vetta di una collina ben lontana dal fuoco nemico e mandare gli altri a farsi ammazzare », ridacchiò la sentinella. « L'ho sentito giurare che domani si troverà là dove il combattimento sarà piú aspro », brontolò Jan Paulus. « Oh, ha detto così? Perché noi si combatta piú di buon animo? Ma quando i Lee-Metford ti aprono la pancia... Come fai a sapere dove si trova Oom Paul? » « Ti ho detto che è mio parente. Quando insulti lui, insulti me. » L'ira aveva serrato la gola a Jan Paulus, e la sua voce suonò strozzata. « Bene! » La sentinella balzò in piedi « Sistemiamo la faccenda subito! » «Calma, imbecilli», intervenne Karl, irritato. «Conservate la vostra rabbia per gli inglesi. » Poi, con voce piú bassa: «Siamo tutti un pò nervosi, in vista di ciò che ci aspetta domani. Lasciate perdere ». Pagina 70
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Ha ragione », assenti Jan Paulus, ancora rauco per la collera. « Ma quando ti rincontrerò... » « Come mi riconoscerai? » chiese la sentinella. « Ecco!» Jan Paulus si strappò dal capo il cappello Terai e lo buttò ai piedi dell'altro. « Porta questo e dammi in cambio il tuo. » « Perché? » La sentinella era perplessa. « Se un uomo verrà da me e mi dirà: 'Tu porti il mio cappello', sarà come se dicesse: 'Jan Paulus Leroux è un codardo!'» Con un sogghignò che gli fece brillare i denti alla luce delle fiamme, la sentinella lanciò il proprio feltro nero contro il petto di Jan Paulus e raccolse il Terai. In quell'istante, portato dal vento, lieve come un crepitio di ramoscelli secchi, si udì il fuoco di molti fucili. « Mauser! » gridò Karl e balzò in piedi facendo volare la caffettiera. « Sulla sinistra », gemette Jan PauIus con angoscia. « Oh, Dio ci aiuti! Hanno attaccato sulla sinistra! » Il coro dei fucili crebbe d'intensità; ora, misti al rapido crepitio dei Mauser, si udivano i botti piú cupi dei Lee-Metford. « Lo Spion Kop! Sono sullo Spion Kop », e Jan Paulus si precipitò giú dal sentiero, con l'ampio feltro calcato sulle orecchie. 26. La nebibia era fitta sullo Spion Kop quel mattino, e l'aurora si annunciò con una luce fluida, perlacea. Un qualcosa d'incerto e morbido che vorticò intorno a loro, condensandosi in minuscole gocce sul metallo dei fucili. Il colonnello John Acheson stava facendo colazione con panini al prosciutto abbondantemente spalmati di Gentleman's Relish. Sedeva sopra un masso, coi cappotto dell'uniforme sulle spalle, e masticava col volto imbronciato. « Ancora nessun segno dei vecchi, cari boeri », annunciò allegramente il capitano. « Questa trincea non è abbastanza profonda », borbottò Acheson, osservando il fosso scavato durante la notte nel terreno pietroso e ora pieno d'uomini nei piú svariati atteggiamenti di riposo. « Lo so, signore. Ma non possiamo fare di piú. Siamo arrivati alla roccia e ci vorrebbe una carica di dinamite per andar giú di altri trenta centimetri. » Il capitano scelse un panino e vi capovolse sopra la bottiglia di Relish. « Dei resto, tutto il fuoco nemico proverrà dal basso e i parapetti lo copriranno. » Infatti, sul ciglio frontale dei fosso erano state ammassate terra e pietre per un'altezza di sessanta centimetri. Un misero riparo per duemila uomini. « E mai stato su questo monte prima? » chiese con garbo Acheson. « No, signor colonnello. Naturalmente no. » «Allora come può essere così sicuro che il fuoco proverrà dal basso? Non si vede niente in questa maledetta nebbia. » « Be', signore, noi siamo sulla cresta, e questo è il picco piú alto... » cominciò il capitano. Ma Acheson lo interruppe in tono irritato. « Dove sono quei dannati esploratori? Come mai non sono ancora tornati? » Balzò in piedi e, col cappotto che gli si gonfiava dietro, camminò a grandi passi lungo la trincea. « Ehi, voi. Alzate il parapetto qui. » Ai suoi piedi alcuni uomini si scossero e cominciarono di malavoglia ad ammucchiare pietre. Erano esausti per la lunga arrampicata notturna e la scaramuccia che aveva scacciato la guarnigione boera dalla montagna, e Acheson li sentì borbottare scontrosamente alle sue spalle mentre proseguiva. « Acheson! » Nella nebbia davanti a lui si profilò la figura del generale Woodgate, seguito dal proprio stato maggiore. « Signore! » « I suoi uomini sono trincerati? » « Come meglio è stato possibile. » « Bene. E il nemico? I suoi esploratori sono tornati? » « No, sono ancora fuori. » Acheson indicò il mare di nebbia che Pagina 71
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) riduceva la visibilità a meno di cento metri. « Mhm... Comunque dovremmo essere in grado di resistere finché arrivano i rinforzi. Mi faccia sapere quando... » Si udirono rumori nella nebbia alle loro spalle e Woodgate s'interruppe. « Che succede? » « I miei esploratori, signor generale. » Saul Friedman cominciò a fare il proprio rapporto mentre era ancora a sei metri di distanza. Emergendo dalla nebbia, il suo viso apparve stravolto dall'eccitazione. « Falsa cresta! Siamo sulla falsa cresta. La vera sommità si trova a duecento metri piú avanti e c'è un rialzo del terreno sul nostro fianco destro, una specie di montagnola coperta di aloe, che prende d'infilata tutta la nostra posizione... E ci sono boeri dovunque. L'intera maledetta montagna formicola di nemici. » « Buon Dio, soldato! Ne sei sicuro? » «Colonnello Acheson», ordinò seccamente Woodgate, «giri il fianco destro per fronteggiare la montagnola» e, mentre Acheson si allontanava, aggiunse sottovoce: «se ne ha il tempo! » perché il turbinare della nebbia annunciava l'alzarsi del vento. 27. Jan Paulus era in piedi accanto al suo pony. La nebbia si era condensata sulla sua barba in goccioline di rugiada, che brillavano come minuscole perle incastonate nel rosso-oro. Due pesanti cartucciere s'incrociavano sul suo petto e il Mauser sembrava un giocattolo nelle sue enormi mani pelose. Mascella protesa in avanti, egli passava in rassegna gli schieramenti. Per tutta la notte Jan Paulus aveva lanciato il proprio cavallo di Iaager in laager, per tutta la notte aveva ruggito e sbraitato e spinto gli uomini su per i pendii dello Spion Kop. Ora la montagna formicolava di cinquemila burghers in attesa, e dietro di lui, in un arco di centoventi gradi, erano piazzati i cannoni. Dalla Green Hill a nord-ovest fino al pendio opposto dei Twin Peaks a est, i suoi artiglieri stavano acquattati accanto ai Nordenfelt e ai Creusot, pronti ad aprire il fuoco sulla cresta dello Spion Kop. Tutto è pronto, e ora devo guadagnarmi il diritto di portare questo cappello. Sogghignò fra sé e si calcò piú saldamente il feltro nero sulle orecchie. « Hennie, riporta il mio cavallo al laager. » Il ragazzo condusse via l'animale e Jan Paulus attaccò l'ultima salita verso la cima. La luce stava aumentando e i burghers appostati tra le rocce riconobbero l'insegna fiammeggiante della sua barba. « Goeie Jag, Oom Paul », dicevano, e « Kom saam om die Rooi Nekke le skiet. » Due uomini scesero di corsa verso di lui. «Oom Paul, siamo appena andati all'Aloe Knoli. Non ci sono inglesi sulla montagnola! » « Siete sicuri?» Sembrava un dono troppo generoso della fortuna. «Ja, Oom Paul. Sono tutti sul retro della montagna. Li abbiamo sentiti scavare e parlare. » « Di che commando siete?» chiese Oom Paul agli uomini ammassati intorno a lui nella nebbia. «Carolina», risposero piú voci. «Avanti», ordinò Jan Paulus. «Venite tutti con me. Andiamo all'Aloe Knoll. » Gli uomini lo seguirono. Costeggiando la vetta, centinaia di piedi frusciavano tra l'erba, i fiati si condensavano nell'aria, finché davanti a loro si erse la sagoma scura dell'Aloe Knoll. I burghers sciamarono sulla montagnola, scomparendo tra le rocce e i crepacci come una colonna di formiche che rientra nel nido. Steso sul ventre, Jan Paulus accese la pipa, pigiò il tabacco con un pollice così calloso da essere insensibile al fuoco, tirò una lunga boccata e scrutò la bianca cortina di nebbia. Nel silenzio incantato che era caduto sulla montagna il suo stomaco gorgogliò forte, ricordandogli che non mangiava dal mezzodì dei giorno precedente. Nella tasca del cappotto aveva una striscia di carne secca. Il leone caccia meglio a stomaco vuoto, pensò, e si riempì la bocca di fumo. « Ecco che si alza il vento», bisbigliò una voce accanto a lui, e Pagina 72
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Jan Paulus ne udì il sibilo tra la vegetazione sopra la sua testa: aloe alti quanto un uomo, simili a candelabri dalle molte braccia, verdi con le punte color oro e cremisi che ondeggiavano lievemente nella brezza mattutina. « Ja. » Jan Paulus sentì che nel proprio petto si agitava quel misto di paura ed esaltazione che spazzava via ogni stanchezza. « Sta arrivando. » Vuotò la pipa, se la ficcò, ancora bruciante, in tasca e sollevò il fucile dalla roccia davanti a lui. Teatralmente, così come si scopre un monumento, il vento spazzò via la nebbia. Di un morbido marrone dorato, nella prima luce del sole, sotto un cielo blu-cobalto, apparve il picco tondeggiante dello Spion Kop. Era attraversato da una ferita rossa, lunga circa mezzo chilometro. «Almagtig! » boccheggiò Jan Paulus. « Li abbiamo in pugno! » Sopra il rozzo parapetto della trincea, simili a uccelli sulla traversa di uno steccato, così vicini che egli poteva distinguere ogni singolo bottone e sottogola, i caschi chiari contrastavano nettamente con i toni piú scuri della terra e dell'erba. Piú indietro, completamente esposti dalla testa ai piedi, fermi allo scoperto o impegnati a trasportare acqua e munizioni, c'erano centinaia di soldati inglesi. Per alcuni interminabili secondi il silenzio si protrasse, come se i burghers, che fissavano al di sopra dei fucili quell'incredibile bersaglio, non riuscissero a premere i grilletti. Gli inglesi erano troppo vicini, troppo vulnerabili. Un'universale riluttanza mantenne i Mauser silenziosi. « Fuoco! » ruggì Jan Paulus. « Skiet, Kerels, Skiet », e la sua voce arrivò fino agli inglesi dietro la trincea. Jan Paulus vide che ogni movimento cessava di colpo, facce bianche che si voltavano a guardare nella sua direzione... Ed egli mirò con cura sotto una di esse. Il fucile sobbalzò contro la sua spalla e l'inglese cadde nell'erba. Quell'unico sparo ruppe l'incanto. I fucili crepitarono istericamente all'unisono e il fregio di sagome cachi lungo la trincea si contrasse in movimenti convulsi, mentre le pallottole piovevano su di esso. Da quella distanza qualunque burgher di Jan Paulus poteva abbattere quattro antilopi in corsa con cinque colpi. Nei pochi secondi che occorsero agli inglesi per tuffarsi nella trincea, almeno cinquanta uomini rimasero sul terreno, morti o feriti. Ora c'erano soltanto caschi e teste al di sopra del parapetto, e questi bersagli non stavano mai fermi. Si abbassavano, si piegavano di lato e sobbalzavano, mentre gli uomini di Woodgate sparavano e ricaricavano, e settecento Lee-Metford univano le loro voci al pandemonio. Poi la prima bomba, sparata da un cannone dei pendio opposto della Conical Hill, sibilò sopra le teste dei burghers ed esplose in una nuvola di fumo e polvere a una quindicina di metri davanti alla trincea inglese. Una pausa, mentre, sotto la cresta, i segnalatori di Jan Paulus, muniti di eliografo, indicavano alla batteria come doveva correggere il tiro, poi un secondo proiettile scoppiò al di là della trincea; un'altra pausa e la terza bomba colpì il bersaglio. Un corpo umano fu sbalzato in aria, braccia e gambe roteavano come i raggi della ruota d'un carro. Quando la polvere si dissipò, c'era uno squarcio nel parapetto e una mezza dozzina di uomini cercavano freneticamente di colmarlo. Tutti i cannoni boeri aprirono il fuoco. Al rombo costante dei grossi proiettili faceva da contrappunto il crepitio delle mitragliatrici. E di nuovo la nebbia avvolse il picco: questa volta era una sottile e stagnante cortina di polvere e fumo di liddite, che offuscava il sole e irritava i nasi, le gole e gli occhi degli uomini per i quali era cominciato un lungo, lunghissimo giorno. 28. Il tenente colonnello Garrick Courteney stava maledettamente scomodo. Al sole si moriva dal caldo. Il sudore scorreva in rivoletti sotto la giubba e inumidiva il moncone, che era già alquanto irritato. Il binocolo da campagna aumentava il bagliore luminoso, mentre Garry scrutava la grande gobba della montagna circa otto chilometri al di là del Tugela. La luce che colpiva i suoi occhi acuiva Pagina 73
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) il dolore alla testa, effetto della sbornia della sera precedente. « Sembra che Woodgate resista benissimo. I rinforzi dovrebbero arrivargli abbastanza presto. » Sir Redvers Buller appariva soddisfatto, e nessuno del suo stato maggiore ebbe niente da aggiungere. Impassibili, guardavano coi cannocchiali il picco, ora lievemente offuscato dalla polvere e dal fumo della battaglia. Garrick stava di nuovo rimuginando sul sistema indiretto di responsabilità che Buller aveva stabilito per l'attacco allo Spion Kop. Al comando dell'attacco vero e proprio c'era il generale Woodgate, che ora stava «resistendo benissimo» sul picco; tuttavia Woodgate non rispondeva a Buller, ma al generale Charles Warren, il quale aveva il proprio quartier generale oltre il guado Trichardts, dove la colonna aveva attraversato il fiume. A sua volta Warren rispondeva a Buller, che si trovava molto al di qua del fiume, su una graziosa collinetta chiamata Mount Alice. Tutti allo stato maggiore sapevano che Buller odiava Warren. Perciò, secondo Garrick, il generale comandante aveva affidato a Warren la responsabilità di un'operazione che considerava molto rischiosa, così che, se fosse fallita, il suo nemico sarebbe stato screditato e costretto a dimettersi; mentre, se avesse avuto successo, Sir Redvers Buller, essendo comunque il comandante supremo, ne avrebbe avuto tutto il merito. Era una logica che Garrick non aveva difficoltà a seguire, perchè, qualora si fosse trovato nella posizione di Buller, avrebbe fatto esattamente lo stesso. Questa segreta consapevolezza gli dava molta soddisfazione e, stando accanto a Buller sulle pendici di Mount Alice, si sentiva in perfetta sintonia con lui. Anche Garry sperava che lo Spion Kop si trasformasse presto in un sanguinoso macello e che Warren riattraversasse il Tugela in disgrazia. Non dimenticava quel giorno in cui, a mensa, Sir Charles l'aveva definito un « irregolare, e un dannato irregolare coloniale... Oltre tutto! » Le sue dita si contrassero mentre fissava con ira la montagna. Era così immerso nel proprio risentimento, da non accorgersi quasi dell'uomo che arrivava correndo dal carro in cui si trovava il telegrafo da campo che collegava il quartier generale di Buller con quello di Warren al di là del fiume. « Signore! Signore! Un messaggio dal generale Warren. » La precipitazione del tono attirò l'attenzione di tutti. Contemporaneamente, tutti gli ufficiali dello stato maggiore abbassarono i binocoli e si voltarono verso il nuovo arrivato. « Da' qua! » sibilò Buller, strappando il foglietto dalle mani del telegrafista. Lo lesse lentamente, poi guardò il colonnello Courteney. C'era qualcosa in quei pallidi occhi sporgenti, un piacere, una luce di complicità, che fece quasi sorridere Garry. « Che ne dice di questo, Courteney? » Porse il foglio a Garry e aspettò che l'avesse letto. « Messaggio del colonnello Crofton dallo Spion Kop. Inviate rinforzi subito o tutto è perduto. Generale Woodgate morto. Chiedo istruzioni. Warren. » « Mi sembra, signore », Garry parlò lentamente, tentando di mascherare la propria esultanza, « che Sir Charles Warren sia sull'orlo del panico. » « Sì, pare anche a me. » Ora BuIler gongolava apertamente. « Suggerirei di mandargli un messaggio che gli risollevi il morale, signore. » « Già, sono d'accordo. » Buller si rivolse al telegrafista e cominciò a dettare: « Il monte deve essere tenuto a tutti i costi. Non ritirarsi. Ripeto non ritirarsi. Rinforzare coi reggimenti Middlesex e Dorset». Esitò, lanciando un'occhiata circolare al proprio stato maggiore. «Cosa sapete di quel Crofton? E' l'uomo giusto per comandare sul picco? » Si udirono vaghi borbottii di diniego, finché A'Court, aiutante di campo di Buller, dichiarò: « Signore, c'è un uomo eccellente lassú... Acheson... Il colonnello John Acheson. Ricorda come si è comportato a Colenso? ». Buller annuì pensosamente e, voltatosi di nuovo verso il telegrafista, completò il messaggio. « Mettere al comando sul picco un ufficiale abile e valoroso. Suggerisco promuovere Acheson maggiorPagina 74
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) generale. » 29. Davanti alla trincea l'erba era schiacciata dai ripetuti contrattacchi, macchiata dal sangue degli inglesi che erano riusciti a tornare, trascinandosi, dalle posizioni boere lungo la cresta, e cosparsa dei corpi contorti di quanti non avevano potuto farlo. A intervalli di pochi secondi, i proiettili d'artiglieria esplodevano lungo la linea britannica, trasformata in una selva mobile di scoppi, e gli shrapnel sibilavano come sferze azionate da giganti. John Acheson si costrinse ad alzarsi, si arrampicò sul parapetto e gridò: «Avanti, ragazzi. Questa volta non ci fermeranno!» Nella trincea ai suoi piedi i morti e i feriti giacevano l'uno sull'altro, in cumuli di due o tre, tutti rivestiti da uno strato di polvere rossa. La medesima polvere copriva i volti che si alzarono a guardarlo, quan do egli riprese a gridare: «Trombettiere, suona la carica. Forza, ragazzi, avanti. Facciamogli assaggiare le nostre baionette! ». La tromba squillò, acuta, incalzante. Acheson saltò fuori dal parapetto come una vecchia, ossuta cicogna e agitò la spada. Dietro di sé udì la risata di una dozzina di persone, non il riso di gente normale, ma quello agghiacciante della follia. « Seguitemi, soldati dei Lancashire! Seguitemi! » La sua voce proruppe in un urlo acutissimo e gli uomini cominciarono a emergere dalla trincea. Rossi spettri con gli occhi iniettati di sangue, lordi di polvere e sudore. Il loro riso e le loro bestemmie si mescolarono al balbettio dei feriti, lo sovrastarono e divennero un coro di selvagge acclamazioni. Senza ordine, dilagando a macchia d'olio, la carica cominciò a procedere in direzione della cresta. Quattrocento uomini avanzarono barcollando sotto un fuoco d'inferno. Acheson inciampò in un cadavere e cadde. Si torse una caviglia e la fitta di dolore che provò frustò i suoi sensi intorpiditi. Recuperò la spada, si rizzò in piedi e proseguì zoppicando verso il bastione di massi che segnava la cresta. Ma stavolta non la raggiunsero per esserne ricacciati indietro, come in precedenza. La carica si estinse prima di aver coperto metà della distanza. Invano Acheson agitò la spada, urlando finché la sua voce divenne un rauco gracidio. Gli inglesi rallentarono, ondeggiarono e infine corsero di nuovo giú per il pendio spazzato dalle pallottole, buttandosi nella trincea. Con lacrime di rabbia e di frustrazione che gli scorrevano sulle guance, Acheson zoppicò dietro di loro. Cadde oltre il parapetto e giacque a faccia in giú sui cadaveri che ormai coprivano il fondo della trincea. Qualcuno gli scosse una spalla e Acheson balzò a sedere, tentando di controllare il respiro. Confusamente riconobbe l'uomo accoccolato accanto a lui. « Cosa c'è, Friedman? » ansimò. La risposta fu coperta dall'arrivo di un altro shrapnel e dalle urla folli di un uomo ferito al ventre. « Parla! » « Un messaggio eliografico da Sir Charles Warren », urlò Saul. « L'hanno promossa generale. Ora ha lei il comando del picco. » Poi, facendo brillare un sorriso nella faccia coperta di polvere e striata di sudore: « Complimenti, signore ». Acheson lo fissò sbalordito. « Cosa ne è del generale Woodgate? » « E' morto due ore fa. Una palla in testa. » « Non lo sapevo. » In tutte quelle ore Acheson non aveva saputo nulla di ciò che succedeva al di fuori del suo piccolo settore. La sua intera esistenza si era chiusa in un centinaio di metri di terra spazzata dalle pallottole e dagli shrapnel. Guardò la carneficina che lo attorniava e mormorò: « Il comando! Nessun uomo comanda qui. E' il diavolo che dirige questa battaglia ». « Sir Charles ci manda altri tre battaglioni di rinforzo », gli urlò Saul in un orecchio. « Sapremo certo come impiegarli », grugnì Acheson, poi: «Friedman, ho preso una storta alla caviglia. Tira piú che puoi i lacci dello stivale... Avrò ancora bisogno di questo piede prima che la giornata sia finita ». Senza discutere, Saul s'inginocchiò e si mise all'opera. Uno degli Pagina 75
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) uomini che sparavano dal parapetto fu scagliato di lato. Cadde in grembo ad Acheson e, da una ferita alla tempia, il contenuto dei cranio schizzò su entrambi. Con un'esclamazione di sorpresa e disgusto, Saul si ritrasse e si fregò la faccia, poi allungò le mani per spostare il cadavere del soldato dalle gambe di Acheson. L'altro lo fermò: « Lascialo », disse seccamente. « Occupati dello stivale». Mentre Saul obbediva, Acheson sciolse il fazzoletto di seta che portava al collo e avvolse la testa mutilata. Era una ferita che aveva visto centinaia di volte quel giorno, sempre sul lato destro del capo. «Aloe Knoll», bisbigliò con ferocia. « Se solo avessimo occupato l'Aloe Knoll. » Poi, in tono piú dolce: « Poveri ragazzi ». E con delicatezza scostò la testa fracassata dal proprio petto. 30. Ora sono cotti a puntino, andiamo a prenderli!» Con cinquecento dei suoi burghers Jan Paulus aveva lasciato il riparo dell'Aloe Knoll, strisciando ventre a terra attraverso le rocce fino a una specie di canalone che si trovava in un angolo morto appena sotto la falsa cresta. A una ventina di metri davanti a loro c'era l'estremità destra della trincea inglese. Non potevano vederla, ma udivano distintamente le grida incoerenti dei feriti, i richiami - « Barellieri! Barellieri! » « Qua altre munizioni » - e, oltre al crepitio dei fucili, anche gli scatti degli otturatori. « Dobbiamo dare il segnale all'artiglieria, Oom Paul », gli ricordò il burgher che gli stava accanto. «Ja», Jan Paulus si tolse il cappello e lo agitò verso l'Aloe Knoll. Di là fecero altrettanto, e Jan Paulus seppe così che l'ordine di cessare il fuoco sarebbe stato trasmesso con l'eliografo alle batterie. Una lunga fila di uomini era in attesa, pronta alla carica. Jan Paulus fece scorrere lo sguardo su di loro e vide che ognuno teneva gli occhi fissi davanti a sé. Per lo piú volti mascherati da lunghe barbe di cinquanta sfumature diverse, ma qua e là anche ragazzi troppo giovani per quel lavoro, troppo giovani per nascondere la paura. Grazie a Dio mio figlio maggiore non ha ancora dodici anni, altrimenti sarebbe qui. Con un senso di colpa fermò il corso di quei pensieri e concentrò la propria attenzione sul fuoco d'artiglieria che infuriava sulla trincea inglese. Bruscamente le esplosioni cessarono e, nel relativo silenzio, il crepitio dei fucili parve stranamente sommesso. Jan Paulus lasciò passare alcuni interminabili secondi, contando silenziosamente fino a dieci, poi si riempì i polmoni e ruggì: « Vrystaat! Avanti, uomini dello Stato libero! ». Facendo eco al suo grido, i burghers si lanciarono oltre la falsa cresta, contro il fianco destro della linea nemica. Emersero così vicini, sbucando come una solida muraglia da sotto il parapetto inglese, che l'impeto della carica li portò istantaneamente tra i resti del traumatizzato, assetato e intontito reggimento del Lancashire. Furono sparati soltanto pochi colpi e, benché alcune scaramucce rallentassero il fluire della carica, quasi tutti gli inglesi risposero al grido di « mani in alto! » gettando il fucile e alzandosi lentamente in piedi con le braccia tese sopra la testa. Giubilanti, i burghers li circondarono e li spinsero oltre il parapetto, verso l'Aloe Knoli. Una ressa confusa di burghers e soldati inglesi copriva circa cinquanta metri di trincea. « Presto! » gridò Jan Paulus sovrastando il baccano. « Catturateli e portateli via. » Si rendeva conto ch'era soltanto una vittoria molto parziale, che riguardava forse la decima parte del nemico. Già grida di « il Lancashire si arrende! » « Dove sono gli ufficiali? » « Indietro, ragazzi» si stavano propagando lungo la linea. Egli aveva lanciato tra gli inglesi il germe della disfatta, ora occorreva diffonderlo, per poter conquistare l'intera posizione. Freneticamente fece richiedere tramite i segnali dei rinforzi alle posizioni boere lungo la cresta, e due secondi dopo centinaia di burghers si precipitavano giú dall'Aloe Knoll. Altri cinque minuti e dal caos sarebbe affiorata la vittoria totale. « Dannazione a lei, signore! Cosa crede di fare? » La voce alle Pagina 76
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) sue spalle era piena d'autorità, inequivocabilmente quella di un alto ufficiale. Jan Paulus girò sui tacchi e si trovò di fronte un vecchio gentiluomo furibondo, i cui grigi baffi appuntiti fremevano di rabbia. Il colorito scarlatto, quasi congestionato, del volto stonava orribilmente con la polvere rossastra che lo ricopriva. «Porto via i suoi uomini che si sono arresi », rispose Jan Paulus incespicando nelle parole straniere. « Che io sia dannato se lo farete, signore. » Pesantemente appoggiato alla spalla di un ometto ossuto coi capelli neri, l'ufficiale stese un braccio e agitò l'indice davanti al naso di Jan Paulus. « Non ci sarà nessuna resa su questo picco. Abbia la cortesia di rimuovere la sua marmaglia dalla mia trincea! » «Ah, marmaglia, è così! » ruggì Jan Paulus. Intorno a loro boeri e inglesi avevano cessato ogni attività e osservavano con interesse la scena. Jan Paulus si rivolse al burgher piú vicino: « Vat hulle weg! Portateli via! » accompagnando l'ordine con un gesto inequivocabile. «Noi non lo permetteremo, signore! » E Acheson lo fulminò con gli occhi, prima di ordinare: «Soldati, tornate in trincea e riformate i ranghi col reggimento Devonshire. Indietro. Indietro ». «Ehi!» gridò Jan Paulus, alzando una mano. «Questi sono mia... » annaspò cercando le parole: « mia preda! » « Signore. » Acheson lasciò la presa sulla spalla di Saul, si eresse in tutta la sua statura e piantò gli occhi in quelli di Jan Paulus. « Le do cinque minuti per evacuare la trincea... Altrimenti lei sarà mio prigioniero. » E si allontanò zoppicando. Jan Paulus lo seguì con lo sguardo, incredulo, finché, fatti una cinquantina di passi, Acheson si voltò e incrociò le braccia, aspettando che scadessero i cinque minuti. Aveva raccolto intorno a sè una manciata di uomini esausti ed era chiaro che intendeva mettere in atto la sua minaccia con quel pietoso drappello. A Jan Paulus venne da ridere... Quel vecchio caprone ossuto. Ma si rese conto con sgomento che molti prigionieri stavano già sgattaiolando indietro per unirsi ad Acheson. Doveva fare qualcosa, ma cosa? L'intera faccenda stava degenerando in una farsa. «Fermateli!» gridò ai suoi burghers. «Trattenete quegli uomini... Sono usciti con le mani alzate. Ora non possono cambiare idea. » Poi, di colpo, le posizioni si rovesciarono. Alle spalle di Acheson e del suo misero drappello apparve una massiccia falange di uomini freschi in uniforme cachi. I tre battaglioni inviati da Sir Charles Warren erano infine arrivati. Acheson guardò al di sopra della spalla e li vide avanzare. La scura cartapecora della sua faccia si contorse lateralmente in un largo maligno sorriso. «Innestare le baionette! » grido, sguainando la spada. «Trombettieri, suonate la carica. Carica, ragazzi! Carica! » Saltellando e inciampando come una cicogna con una gamba rotta, guidò i propri uomini al contrattacco. Dietro di lui, come la cresta scintillante di un'onda, una fila di baionette irruppe fuori dalla trincea. Gli uomini di Jan Paulus odiavano l'arma bianca, e poi erano in cinquecento contro duemila. Girarono sui tacchi e sparirono come fumo nel vento. I prigionieri corsero con loro. Jan Paulus raggiunse la cresta e si buttò dietro un masso che riparava già tre uomini. «Fermiamoli! Arrivano! » ansimò. Mentre l'ondata inglese rallentava, frangendosi contro la barriera dei Mauser nascosti, e rifluiva di nuovo flagellata dagli shrapnel, Jan Paulus capì che per quel giorno non sarebbe piú entrato nella trincea inglese. Lo scoraggiamento s'impadroniva dei suoi uomini. Sapeva che i piú pusillanimi stavano già scappando per raggiungere i loro pony ai piedi della montagna. Aveva perduto lo Spion Kop. Certo, gli inglesi avevano pagato un prezzo altissimo - dovevano essercene millecinquecento tra morti e feriti sparsi sul picco - ma si erano aperti un varco. Però egli aveva perduto lo Spion Kop e attraverso quella breccia venticinquemila uomini si sarebbero riversati su Ladyburg per liberare la città dall'assedio e ricacciare i boeri fuori dal Natal, nel Transvaal. Avevano perduto. Era finita. Pagina 77
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Nella trincea, John Acheson stava tentando disperatamente d'ignorare il dolore alla caviglia e il coro dei feriti che chiedevano acqua. Non c'era acqua sul picco. Distolse lo sguardo da quel tragico fossato dove gli uomini, istupiditi dalla stanchezza, incuranti del bombardamento che ancora infuriava su di loro, dormivano stesi sui corpi dei loro compagni morti o morenti. Guardò invece il sole, quel grande globo sanguigno, appena velato da lunghe strisce di nubi. Tra un'ora sarebbe stato buio... Ed egli sapeva di aver perduto. Il messaggio che teneva in mano ne era l'ammissione, i grotteschi cumuli di morti che ostruivano la trincea ne erano la prova. Rilesse il messaggio, con difficoltà perché i suoi occhi non riuscivano a metterlo a fuoco: «Se non può resistere fino a domani, si ritiri a sua discrezione. Buller ». Domani. Cosa avrebbe portato l'indomani, se non una ripetizione dell'orrore di oggi? Avevano perduto. Sarebbero scesi da quella montagna. Avevano perduto. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa alle ruvide pietre del parapetto. Il nervo di una palpebra cominciò a contrarsi insistentemente. Acheson non riuscì a controllarlo. 31. In quanti sono rimasti? pensava. La metà, forse. Non so. Metà dei miei uomini se ne sono andati, per tutta la notte ho udito i loro pony che galoppavano, il fracasso e il cigolio dei loro carri, senza poterli fermare. Jan Paulus alzò gli occhi e osservò la montagna alla luce dell'alba. « Spion Kop. » Pronunciò il nome con disgusto. I contorni del picco erano confusi perché egli non riusciva a metterlo a fuoco: i suoi occhi erano cerchiati di un rosso intenso e agli angoli avevano accumulato grumi di muco giallo. Jan Paulus si abbandonò stancamente sulla sella, mentre ogni muscolo e ogni nervo del suo corpo reclamavano il riposo. Poter dormire. Oh Dio, poter dormire un pò. Per tutta la notte, con una dozzina dei suoi leali comandanti, aveva tentato di fermare l'esodo che stava dissanguando a morte il suo esercito. Aveva cavalcato di laager in laager, infuriandosi, supplicando, cercando di far vergognare chi intendeva fuggire. Con molti aveva avuto successo, con molti altri no... E una volta era stato egli stesso a provare vergogna. Ricordò il vecchio con la lunga barba bianca che gl'invadeva la gialla faccia rugosa, i suoi occhi luccicanti di lacrime alla luce delle fiamme. «Tre figli ti ho dato oggi, Jan Paulus Leroux. I miei fratelli sono saliti sulla tua maledetta montagna per supplicare gli inglesi affinché restituiscano i loro corpi. Tre figli! Tre forti e bravi figlioli! Che altro vuoi da me? » Dal luogo in cui sedeva, con la schiena contro una ruota del proprio carro, si era alzato faticosamente in piedi, avvolgendosi la coperta attorno alle spalle. « Mi chiami vigliacco, Leroux. Dici che ho paura. » Si era interrotto, con il respiro affannoso, e quando aveva ripreso a parlare la sua voce era roca. « Ho settantotto anni e tu sei il primo che mi ha chiamato cosi... Ma, se Dio è misericordioso, sarai anche l'ultimo. » Aveva fatto un'altra pausa. «Settantotto anni. Settantotto anni! E tu mi chiami vigliacco! Guarda, Leroux. Guarda bene! » Aveva lasciato cadere la coperta e Jan Paulus si era irrigidito sulla sella vedendo il groviglio insanguinato di bende che attraversavano il petto del vecchio. «Domattina sarò con i miei figli. Li sto aspettando. Scrivi sulle nostre tombe, Leroux! Scrivi VIGLIACCHI sulle nostre tombe! » E dalle vecchie labbra era uscita una schiuma di bollicine rosa. Ora, con gli occhi arrossati, Jan Paulus fissava la montagna. Rughe di fatica, di vergogna e di sconfitta erano profondamente incavate ai lati delle narici e intorno alla bocca. Quando le brume si fossero dissipate, egli avrebbe visto gli inglesi sulla cresta e, con la metà degli uomini, sarebbe tornato indietro. Toccò il pony con gli speroni e cominciò a salire il pendio. Il sole indorò la nebbia, che fluttuò e cominciò a diradarsi. Debolmente, nel vento dei mattino, Jan Paulus udì delle acclamazioni e aggrottò la fronte. Gli inglesi si rallegrano troppo presto, pensò. Credono forse che non torneremo? Spronò il cavallo, ma, poiché Pagina 78
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) l'animale si stava arrampicando sul pietrisco, egli barcollò come un ubriaco sulla sella e dovette afferrarsi al pomo. L'intensità delle acclamazioni aumentava e Jan Paulus scrutò la cresta, senza capire. Contro il cielo si profilavano figure che saltellavano e agitavano i cappelli, e improvvisamente udì delle voci tutt'intorno a lui: «Se ne sono andati». «La montagna è nostra». «Abbiamo vinto! Sia lode al Signore, abbiamo vinto. Gli inglesi se ne sono andati ». Uomini si affollarono intorno al suo pony e lo strapparono dalla sella. Jan Paulus sentì che le gambe gli venivano meno, ma c'erano delle rozze mani pronte a sostenerlo e, metà trascinandolo, metà portandolo di peso, lo condussero sul picco. Ora Jan Paulus sedeva su un masso e li guardava raccogliere i frutti della battaglia. Non poteva andare a dormire, almeno non prima che quel triste lavoro fosse stato compiuto. Aveva permesso ai barellieri inglesi di salire sulla sua montagna e ora li vedeva all'opera lungo la trincea, mentre i suoi burghers raccoglievano i loro morti tra le rocce della cresta. Quattro di essi si accostarono a Jan Paulus, reggendo ciascuno un angolo di una coperta di lana grigia, come fosse un'amaca. Barcollando sotto il peso, raggiunsero l'ordinata fila di cadaveri già distesi sull'erba. « Chi conosce quest'uomo? » domandò uno di loro, ma non venne risposta dal gruppo di burghers silenziosi che attendevano insieme con Jan Paulus. I quattro sollevarono il corpo dalla coperta e lo stesero accanto agli altri. Uno di loro tolse dalle dita contratte del cadavere un largo cappello Terai e glielo posò sul volto. Poi si raddrizzò e chiese: « Qualcuno lo reclama? ». A meno che un parente o un amico non ne richiedesse il cadavere, esso sarebbe stato sepolto in una fossa comune. Jan Paulus si alzò e li raggiunse. Raccolse il cappello e lo sostitui con il feltro nero che portava in capo. «Ja. Io lo reclamo », disse gravemente. « E' un parente o un amico, Oom Paul? » « Un amico. » « Come si chiama? » « Non so come si chiama. E' soltanto un amico. » 32. Saul Friedman agitò nervosamente i piedi. Nella sua impazienza era arrivato con mezz'ora di anticipo sull'orario di visita e adesso ne stava scontando le conseguenze nella squallida saletta d'attesa del Greys Hospital. Sedeva sul bordo di una sedia dallo schienale dritto, rigirando il casco tra le dita e fissando il grosso cartello sulla parete opposta: I SIGNORI SONO PREGATI DI NON FUMARE. Ruth non aveva voluto accompagnarlo, adducendo a pretesto un'emicrania. Senza confessarselo, Saul ne era contento. Sapeva che la presenza della moglie avrebbe disturbato il suo incontro con Sean Courteney. Non voleva un'educata conversazione sul tempo, sul « come si sente ora », per finire col « deve venire a cena una sera ». Sarebbe stato seccante non poter imprecare se ne avessero avuto voglia... E ancora piú seccante, considerato l'atteggiamento di Ruth. Il giorno precedente, il primo della sua licenza, egli aveva parlato di Sean con entusiasmo. Quante volte era andata a trovarlo? Come stava? Zoppicava molto? Non pensava che fosse una persona meravigliosa? «Due volte», aveva risposto Ruth e «bene», «no, non molto», «sì, molto simpatico». Ma Saul aveva intuito la verità. Sean non piaceva a Ruth. Dapprima non era riuscito a crederci, aveva tentato di continuare la conversazione. Ma ognuna delle monosillabiche risposte di lei aveva confermato il suo primo sospetto. S'intende, lei non l'aveva dichiarato, ma era evidente. Per qualche ragione, Ruth aveva concepito nei confronti di Sean un'antipatia che rasentava la ripugnanza. Ora Saul, seduto nella sala d'aspetto, si spremeva il cervello per scoprirne il motivo. Eliminò la possibilità che Sean l'avesse offesa. In questo caso, Sean avrebbe avuto il fatto suo, e poi Ruth gli Pagina 79
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) avrebbe raccontato l'intera faccenda con gusto e allegria. No, si disse Saul, doveva trattarsi di qualcos'altro. Come un nuotatore che sta per tuffarsi nell'acqua gelida, Saul tirò metaforicamente un lungo respiro e s'immerse nell'ignoto oceano della psiche femminile. La mascolinità di Sean era così strapotente da risultare offensiva? La sua attenzione per Ruth era stata inferiore alla media? (Ruth era abituata a reazioni esagerate alla sua bellezza.) Poteva essere questo? Oppure, al contrario, Sean aveva ... ? Saul sprofondava in un mare d'incertezza quando, improvvisamente, come la vittima di un naufragio che emergendo alla superficie per l'ultima volta, scorga una grande nave che sta calando scialuppe da tutti i ponti, trovò la soluzione: Ruth era gelosa! Saul si appoggiò allo schienale, stupito per la profondità della propria intuizione. La sua bella, focosa moglie era gelosa dell'amicizia tra lui e Sean! Ridacchiando teneramente, Saul cominciò a far progetti per placarla. Doveva essere meno caloroso nelle sue lodi per Sean. Doveva farli incontrare e, in presenza di Sean, prestare una speciale attenzione a Ruth. Doveva... I suoi pensieri rimbalzarono in un'altra direzione. Come sempre quando pensava troppo intensamente a Ruth, egli provava un senso di stupefazione, simile a quello di un uomo senza un soldo che vinca un grosso premio alla lotteria. Aveva incontrato Ruth all'ippodromo di Johannesburg il giorno del Gran Premio d'Estate e se n'era innamorato da cinquanta passi di distanza, così che, quando le era stato presentato, la sua lingua, di solito sciolta, gli era rimasta come inchiodata al palato. Il cordiale sorriso che lei gli aveva rivolto lo aveva fatto avvampare. Quella notte, solo nel proprio alloggio, aveva predisposto il piano d'attacco. Per realizzarlo aveva stanziato la somma di cinquecento ghinee, la metà esatta dei suoi risparmi. Il mattino dopo aveva cominciato a indagare e in capo a una settimana aveva raccolto una quantità enorme di notizie. La ragazza aveva diciotto anni e si trovava a Johannesburg in visita presso certi parenti, una visita che sarebbe durata ancora sei settimane. Apparteneva a una ricca famiglia di fabbricanti di birra e proprietari di alberghi del Natal, ma era orfana e uno zio le faceva da tutore. A Johannesburg andava a cavallo tutti i giorni, mentre ogni sera si recava a teatro o a ballare con un assortimento di accompagnatori, salvo il venerdì, dedicato alla sinagoga in Jeppe Street. La prima mossa di Saul fu quella di noleggiare un pony e aspettarla al varco mentre faceva la quotidiana cavalcata con il cugino. Ruth non si ricordava di lui e avrebbe proseguito per la propria strada, ma finalmente la lingua di Saul, affilata da tre anni di pratica al tribunale di Johannesburg, si mise all'opera. Nel giro di due minuti Ruth stava già ridendo e un'ora dopo lo invitava a casa dei suoi parenti per il tè. La sera seguente Saul andò a prenderla con una splendida carrozza, la portò a pranzo al Candy's Hotel e poi al balletto, in compagnia d'un gruppo di amici. Due sere dopo Ruth si recò con lui al ballo dell'Ordine degli Avvocati e scoprì che Saul era un ballerino superbo. Elegantissimo, in un abito da sera nuovo di zecca, con un volto non bello, ma vivace ed espressivo, di circa tre centimetri piú alto del metro e sessantasette di lei, con uno spirito e un'intelligenza che gli avevano guadagnato una larga cerchia di amici, Saul faceva da contrasto perfetto alla sua bellezza. La mattina successiva Ruth si recò in tribunale e lo ascoltò difendere con successo un gentiluomo accusato di aggressione. Ne rimase molto impressionata e si convinse che col tempo Saul avrebbe raggiunto i vertici della professione. Una settimana dopo Saul aveva nuovamente dato prova della sua padronanza dell'espressione verbale con un'appassionata dichiarazione d'amore. La sua istanza fu accolta favorevolmente, e a questo punto non restava piú che informare le famiglie e spedire gli inviti. Ora, finalmente, dopo quattro anni di matrimonio, stavano per Pagina 80
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) avere il loro primo figlio. Saul sorrise felice a quel pensiero. La mattina successiva avrebbe iniziato l'opera di dissuasione riguardo alla scelta del nome Storm. Sarebbe stato un caso difficile, un'impresa degna della sua abilità. In quei quattro anni di matrimonio Saul aveva imparato che, quando Ruth piantava i suoi dentini carididi in qualcosa, aveva una presa da bulldog. Occorreva molta sottigliezza per fargliela allentare, senza suscitare la sua collera. E Saul nutriva un sacrosanto rispetto per la collera di sua moglie. « Sono le quattro. » La piccola infermiera bionda sporse la testa oltre il battente della porta e gli sorrise. « Ora può andare. Lo troverà sulla veranda. » La sua impazienza si ridestò, e Saul dovette contenersi per non lanciarsi troppo impetuosamente lungo la corsia. Scorse subito la mole di Sean, in uniforme cachi, seduto su una poltroncina di bambú e occupato a chiacchierare con gli uomini sdraiati sui letti davanti a lui. Saul si piazzò dietro lo schienale. « Comodo, sergente. Ti permetto di salutarmi restando seduto. » « Saul! » Sollevandosi dalla poltrona e ruotando agilmente sulla gamba sana, Sean afferrò Saul per le spalle nella vecchia dimostrazione d'affetto. Il piacere che illuminava il suo volto era sincero, e questo era sufficiente per Saul. « E' bello rivederti, vecchio bastardo! » Ricambiò la stretta di Sean, sorridendo gioiosamente. Non si accorse con quanta rapidità svaniva il piacere dell'altro, lasciando il posto a un falso, nervoso sorriso. « Beviamo qualcosa. » Furono le prime parole che vennero in mente a Sean. Doveva avere il tempo di raccapezzarsi. Ruth gli aveva parlato? Saul nutriva qualche sospetto? « Acqua? » chiese Saul con una smorfia. « Gin », bisbigliò Sean, e poiché il senso di colpa lo rendeva ciarliero, continuò in un goffo tentativo umoristico: « La caraffa dell'acqua è piena di gin. Per l'amor di Dio, non dirlo alla caposala. L'ho portato dentro di straforo. Devo litigare con l'infermiera ogni volta che tenta di cambiarla... 'Anche l'acqua si guasta', brontola, e io: 'Mi piace l'acqua guasta, sono cresciuto con acqua guasta, è un'acqua molto indicata in tutti i casi di ferite alle gambe!'» « Danne un pò anche a me, allora », rise Saul. Mentre gli riempiva un bicchiere, Sean presentò Saul all'occupante dei letto vicino, uno scozzese il quale fu d'accordo con loro nel ritenere l'acqua guasta il rimedio sovrano per le ferite di shrapnel al petto... E il terzetto si apprestò a iniziare un trattamento intensivo. Incitato da Sean, Saul cominciò un lungo resoconto sulla battaglia dello Spion Kop. La trasformò in qualcosa di molto divertente. Poi descrisse lo sfondamento finale a Hlangwane, la liberazione di Ladyburg da parte di Buller e il suo prudente inseguimento dell'esercito boero, che era adesso in piena ritirata all'interno del Transvaal. Parlarono dell'offensiva di Lord Roberts, che era risalito dal Capo, aveva liberato Kimberley, conquistato Bloenifontein e ora si stava preparando per l'assalto finale attraverso il Transvaal, fino a Pretoria, che ne era il cuore. « Nel giro di tre mesi sarà tutto finito », disse lo scozzese. « Credi? » Il tono beffardo di Sean provocò un'animata discussione, resa ancora piú fervida dal gin. Col diminuire del liquido nella caraffa, il tempo dei discorsi seri passò e i tre divennero sentimentali. Saul s'informò affettuosamente delle loro ferite. Lo scozzese stava per essere rimpatriato e l'idea della separazione li rattristava. Sean sarebbe ritornato l'indomani a Ladyburg in permesso di convalescenza. Al termine, se i medici avessero deciso che le schegge di shrapnel nella sua gamba erano soddisfacentemente incistate (due parole che egli pronunciò con qualche difficoltà), sarebbe tornato a combattere. Il verbo «combattere» risvegliò il loro patriottismo. Sean e Saul, ciascuno con le braccia sulle spalle dell'altro, giurarono solennemente di arrivare insieme, come compagni d'armi e fratelli di sangue, al termine di quella guerra. Incuranti d'ogni fatica e pericolo, Pagina 81
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) avrebbero cavalcato a fianco a fianco contro il nemico. Il loro stato d'animo richiedeva un adeguato accompagnamento canoro, e lo scozzese attaccò Il giovane selvaggio coloniale. I suoi occhi erano umidi e la voce gli tremava per l'emozione. Sean e Saul eseguirono in duetto Cuori di quercia, una canzone molto commovente, ma non del tutto appropriata all'occasione, poi tutt'e tre si lanciarono in una vivace interpretazione di Sei sveglio, Johnny Cope? La caposala arrivò nel bel mezzo del terzo coro, quando ormai non solo Johnny Cope, ma nessun altro nel giro di cento metri sarebbe stato in grado di dormire. « Signori, l'orario di visita termina alle cinque. » Era una donna terribile, con una voce che rimbombava come una carica di cavalleria, ma Saul, che aveva tenuto testa a giudici terribili, si levò intrepido in difesa dei compagni. « Signora. » E accompagnò quell'esordio con un inchino. « Questi uomini - anzi, diciamo meglio - questi eroi hanno compiuto grandi sacrifici in nome della libertà. Il loro sangue è scorso come gin in difesa di questo glorioso ideale... La libertà! Tutto ciò che chiedo è che un pò di quel bene prezioso sia loro concesso. Signora. Io mi appello a lei in nome dell'onore, della giustizia e della gratitudine», concluse, con un pugno premuto sul cuore e la testa tragicamente china. « Accidenti, che tirata! » « Bravo! Bravissimo! » I due eroi esplosero in uno spontaneo e caloroso applauso, ma sul volto della caposala scese un gelido velo di sospetto. Sollevò lievemente il naso e fiutò. « Lei è ubriaco! » accusò. « Oh, assurda calunnia! Oh, mostruosa falsità! » esclamò Saul, facendo tre passi indietro per mettersi fuori portata. « Bene, sergente », disse lei, rivolgendosi a Sean. « Dov'è? » « Cosa? » Il tono di Sean era quello della piú pura innocenza. « La bottiglia! » rispose la donna, e sollevò le coperte, dando inizio alla perquisizione. Saul prese il casco, salutò gli altri da dietro le spalle della caposala e si allontanò in punta di piedi lungo la veranda. 33. La licenza di Sean a Ladyburg passò presto, troppo presto. Mbejane era scomparso per un misterioso viaggio nello Zululand, che Sean immaginava collegato alle due mogli e ai figli che lo zulu aveva volentieri spedito dai suoceri, quando lui e Sean erano partiti da Ladyburg tanti anni prima. Dirk era costretto a scuola tutte le mattine, così Sean era libero di vagabondare da solo sulle colline e nel veld intorno alla città. Trascorreva la maggior parte del tempo esplorando il grande ranch in abbandono chiamato Lion Kop, proprio sopra la scarpata. Dopo un mese conosceva ogni piega dei terreno e il corso di ogni ruscello. La sua gamba si rinforzò con l'esercizio. Non gli faceva piú male, e la cicatrice passò dal rosso violaceo a un colore piú simile a quello della sua pelle. Via via che la forza ritornava e che la carne rifioriva sulle spalle e sul viso, si risvegliava in lui anche l'inquietudine. Il suo pellegrinaggio quotidiano al Lion Kop divenne un'ossessione. Vagava per le stanze vuote della vecchia casa, immaginando come sarebbero state con un nuovo tetto di paglia che le riparasse dalla pioggia e con l'intonaco rinnovato e ridipinto. Davanti al caminetto vuoto e annerito dal fumo immaginava la luce e il calore che avrebbe potuto diffondere. Battendo i piedi sui pavimenti polverosi, giudicava che i parquet erano altrettanto sani quanto le travi massicce che sostenevano il soffitto. Poi tornava a esplorare la tenuta, fermandosi di tanto in tanto per raccogliere una manciata di terra e saggiarne la consistenza argillosa. Nel maggio del 1900 si recò all'ufficio del catasto ed esaminò di straforo il diritto di proprietà. Scoprì che i quindicimila acri del Lion Kop Ranch facevano parte del patrimonio del defunto Stephanus Johannes Erasmus ed erano stati acquistati dalla Ladyburg Banking & Trust Co. Ldt. Il passaggio di proprietà era stato firmato dall'egregio signor Ronald Pye, nella sua qualità di presidente Pagina 82
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) della banca. Sean sogghignò. Ronny Pye era il suo piú caro nemico d'infanzia. La cosa prometteva d'essere alquanto divertente. Sean sprofondò nella morbida poltrona di cuoio ed esaminò con interesse l'ufficio tappezzato di pannelli di legno. «Qualche cambiamento dall'ultima volta che sei stato qui, eh, Sean? » disse Ronny Pye, interpretando correttamente i suoi pensieri. « Qualcuno. » Gli affari della Ladyburg Banking & Trust dovevano andare piuttosto bene, a giudicare dall'arredamento. E la sua prosperità risultava anche dall'aspetto del suo presidente. Carne in abbondanza sotto la massiccia catena d'oro dell'orologio, una giacca costosa e scura per equilibrare il panciotto stravagante, stivali fatti a mano da quindici ghinee. Tutto molto bello, finché non si guardava la faccia: così pallida che le efelidi risaltavano come monetine d'oro, occhi avidi, orecchie come i manici di una brocca... In questo Ronny non era cambiato. Ma, sebbene avesse soltanto due anni piú di Sean, c'era molto grigio nelle basette rossicce, e gli occhi erano circondati da rughe causate dalle preoccupazioni. « Sei già stato a Theunis Kraal a trovare tua cognata? » C'era un'espressione maligna sul suo volto, mentre faceva questa domanda. « No. » « Appunto, come immaginavo. » Ronny annuì con aria comprensiva, facendogli capire che lo scandalo, per quanto vecchio, non era ancora morto. Sean provò un moto di ripugnanza che lo costrinse a cambiare posizione. I baffetti rossicci accentuavano la somiglianza di Ronny con un topo campagnolo. Ora Sean desiderava soltanto concludere l'affare e uscire di nuovo all'aria aperta. «Senti, Ronny. Mi sono informato sulla proprietà del Lion Kop. E' vostro », esordì bruscamente. «Lion Kop?» Il mattino precedente l'impiegato del catasto era corso dal signor Pye con una notizia che gli era valsa una sterlina d'oro. E già molti altri l'avevano informato che Sean visitava la fattoria ogni giorno, da un mese. Ma ora Ronny finse di dover frugare nella memoria per ritrovare quel nome. «Lion Kop? Ah, sì! Il vecchio ranch degli Erasmus. Già, l'abbiamo comprato noi dall'asse ereditario. Pagandolo troppo, temo. » Sospirò con rassegnazione. «Ma possiamo tenerlo per un'altra decina d'anni in modo da recuperare i nostri quattrini. Non abbiamo alcuna fretta di vendere. » «Lo voglio», dichiarò Sean, tagliando corto con i preamboli, e Ronny scoppiò in una risatina. «Sei in buona compagnia. Metà degli agricoltori del Natal lo vogliono... Ma non abbastanza per accettare il nostro prezzo. » « Quanto chiedete? » Il prezzo standard per il terreno da pascolo nella zona di Ladyburg era di uno scellino e sei penee per acro. Dieci minuti prima Ronny aveva deciso di chiedere due scellini. Ma ora, guardando negli occhi Sean, ricordava un pugno che gli aveva spaccato il naso, il sapore del proprio sangue, la risata arrogante che respingeva i suoi approcci amichevoli. No, pensò con odio. No, grosso bastardo presuntuoso, ora pagherai per tutto. «Tre scellini », disse. Sean annuì pensosamente. Sapeva benissimo che cosa stava passando per la testa di Pye. A un tratto sorrise. « Mio Dio, Ronny, avevo sentito dire che sei un duro in affari. Ma devo aver capito male. Se hai pagato tre scellini per il Lion Kop, ti hanno fatto proprio calare le braghe. » Ronny arrossì. Sean lo aveva ferito profondamente nel suo orgoglio. « Ho pagato nove pence », ringhiò. « E vendo a tre scellini. » « Stendi un contratto di vendita per 2.250 sterline. Compro.» Maledizione! Maledetto l'inferno! imprecò Ronny dentro di sé. Avrebbe pagato anche cinque scellini. «Queste soltanto per il terreno. Poi ci sono mille sterline per le migliorie. » « Nient'altro? » « No. » Sean calcolò rapidamente: poteva pagare il prezzo richiesto, compresa la tassa sul passaggio di proprietà, e gli sarebbero anche rimaste alcune centinaia di sterline. « Ci sto. » Pagina 83
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Ronny lo fissò, mentre il suo cervello si torceva come un serpente. Non mi ero reso conto che ci tenesse tanto... Avrei potuto prendergli anche la camicia. « Naturalmente, il consiglio dovrà approvare la vendita. In realtà dipende tutto da loro. » Il consiglio d'amministrazione di Ronny era formato da lui stesso, da sua sorella minore Audrey e dal cognato, Dennis Petersen. Ronny possedeva l'ottanta per cento delle azioni, e Sean lo sapeva benissimo. Il giorno prima aveva esaminato anche lo statuto della Compagnia. «Ascoltami bene, caro amico d'infanzia», disse, chinandosi sulla scrivania e afferrando un pesante portasigari d'argento. «Tu mi hai fatto un'offerta. Io l'ho accettata. Oggi pomeriggio alle quattro sarò qui con il denaro. Fammi trovare i documenti pronti. » Strinse il portasigari nel pugno e cominciò a schiacciarlo. I muscoli dell'avambraccio si contraevano come pitoni in amore, e la scatola si accartocciò, aprendosi in corrispondenza delle giunture. Sean posò quel pezzo di metallo contorto sulla carta assorbente davanti a Ronny. « Non fraintendermi, Sean. » Ronny sorrise nervosamente e distolse gli occhi da quella che era stata una scatola. « Sono certo di poter convincere il consiglio. » 34. I giorno seguente era un sabato. Dirk non doveva andare a scuola e Sean lo portò con sé nella sua cavalcata quotidiana al ranch. Felice di trovarsi solo con il suo dio, Dirkie spronò il pony, sorpassò il padre, poi fece ruotare il cavallo in pieno galoppo e ritornò a fianco di Sean. Ridendo eccitato, chiacchierò come se fosse in estasi per qualche minuto, poi non riuscì piú a controllare la propria euforia e galoppò avanti. Prima di arrivare all'incrocio sotto la scarpata, Sean incontrò una piccola carovana di viaggiatori che provenivano dalla direzione opposta. Salutò solennemente l'uomo alla testa. « Ti vedo, Mbejane. » Lo zulu aveva l'aria stanca e un pò imbarazzata di un gatto che sia rimasto fuori tutta la notte. « Anch'io ti vedo, Nkosi. » Ci fu un lungo, impacciato silenzio, mentre Mbejane prendeva un pizzico di tabacco da fiuto e fissava il cielo al di sopra della testa di Sean. Questi stava esaminando le compagne di viaggio di Mbejane. Due avevano raggiunto la mezza età, che si aggira intorno ai trentacinque anni, per le donne zulu. Entrambe portavano l'alta acconciatura di capelli impastati con argilla che denota la condizione di matrona. Benché mantenessero un portamento eretto, orgoglioso, le mammelle erano flosce e pendule, e la pelle del ventre era segnata dalla gravidanza. Poi c'erano due ragazze che avevano appena superato la pubertà, con le facce rotonde e la pelle splendente di gioventú, dritte e ben fatte, natiche come meloni maturi e seni sodi e rotondi. Tenevano la testa bassa e ridacchiavano timidamente. « Forse pioverà stasera », osservò Mbejane. « Forse. » « Sarà un bene per i pascoli », continuò lo zulu. « Chi diavolo sono queste donne? » Sean non riuscì piú a contenere la curiosità, e Mbejane si accigliò per quella mancanza d'etichetta. Le osservazioni sul tempo e sui pascoli sarebbero dovute continuare per almeno cinque minuti. «Nkosi, queste due sono mie mogli. » Indicò le matrone. « E le altre sono tue figlie? » «No.» Mbejane fece una pausa, poi continuò gravemente. « Non è opportuno che un uomo della mia età abbia soltanto due consorti, troppo vecchie per lavorare e generare. Così ho comprato due mogli piú giovani. » «Capisco», disse Sean, sforzandosi di restare serio. Mbejane doveva aver investito in quell'acquisto buona parte del proprio capitale. « E cosa ti proponi di fare con tutte le tue mogli? Sai che presto dobbiamo tornare a combattere? » « Quando arriverà il momento, torneranno al kraalk dei loro padri e mi aspetteranno là. » Mbejane esitò con discrezione. « Le porterò con me finché non sarò sicuro di aver camminato sulla luna di entrambe. » Pagina 84
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Camminare sulla luna di una donna era l'espressione zulu che significava «interrompere il suo ciclo mestruale». Mbejane si stava assicurando che il suo investimento rendesse. « C'è una fattoria sulle colline lassú. » Sembrava che Sean volesse cambiare argomento. Ma Mbejane capì, e una luce di attesa brillò nei suoi occhi. « Già molte volte, Nkosi, tu e io ne abbiamo parlato. E' una buona fattoria? » Sean lo tenne ancora un poco in sospeso. Poi disse: « Una fattoria eccellente e molto bella. L'acqua è piú dolce del succo della canna da zucchero, la terra piú ricca della carne di un giovane bue, l'erba piú fitta e piena di promesse del pelo sul pube di una donna». Ora gli occhi di Mbejane splendevano di felicità. Nel suo vocabolario, « fattoria » era un posto in cui un uomo se ne stava seduto al sole con una brocca di birra accanto a sé e ascoltava le mogli cantare nei campi. Significava bestiame, l'unica vera ricchezza, e molti piccoli figli maschi per guidarlo. Significava la fine di una lunga e faticosa strada. « Prendi con te le tue mogli e scegli il posto in cui desideri costruire il tuo kraal. » «Nkosi. » Nella lingua zulu non esiste un termine equivalente a «grazie». Avrebbe potuto dire «io ti lodo», ma la formula non avrebbe espresso ciò che sentiva Mbejane. Finalmente trovò le parole: « Bayete! Nkosi, Bayete! » Il saluto al re. Il pony di Dirk era legato davanti alla casa, e il ragazzo stava usando un bastone con la punta bruciacchiata per scrivere il proprio nome a grandi lettere maiuscole sul muretto della veranda. Benché tutta la casa dovesse essere intonacata e ridipinta a nuovo, Sean si sentì vibrare di collera. Balzò da cavallo, urlando e brandendo lo sjambok, e Dirk scomparve dietro l'angolo dell'edificio. Sean aveva ritrovato ben presto la calma e sedeva sul muretto della veranda, abbandonandosi all'orgoglio del proprietario, quando arrivò Mbejane. Chiacchierarono un poco, poi lo zulu condusse via le sue donne. Sean poteva star certo che Mbejane avrebbe costruito le capanne del suo kraal sulla terra piú ricca di Lion Kop. L'ultima ragazza della fila era la moglie piú giovane e graziosa di Mbejane. Tenendo un grosso involto in equilibrio sul capo, la schiena dritta, le natiche nude a parte la striscia di stoffa sulla fenditura, camminava con una grazia così inconsciamente regale che il pensiero di Sean corse, suo malgrado, a Ruth. La sua esultanza svanì. Si alzò e si allontanò dalla vecchia costruzione. Senza Ruth, quella dimora non sarebbe mai stata una casa. Si sedette da solo sul pendio di una collina. Di nuovo gli tornò in mente Ruth. Quel luogo somigliava molto alla loro radura segreta. Salvo che, naturalmente, non c'erano acacie a Lion Kop. 35. Acacie! » esclamò Ronny Pye, fissando con ira la sorella e il cognato. « Sta piantando acacie. » « A che scopo? » chiese Dennis Petersen. « Per la corteccia, mio caro! C'è una fortuna nella corteccia. Venti sterline la tonnellata! » « E a che serve? » « L'estratto viene usato per conciare il cuoio. » « Se vale tanto, perché nessun altro... » cominciò Dennis, ma Ronny l'interruppe con un gesto impaziente. « Mi sono informato bene. Lion Kop è il terreno ideale per le acacie, alto e nebbioso. L'unico altro posto veramente buono del distretto è la fattoria di Mahoba Kloof, a Theunis Kraal. Grazie a Dio, sei tu il proprietario! Perché è là che noi pianteremo le nostre acacie. » Guardò Dennis, ma senza osservarne il volto, mentre continuava. « Ho parlato con Jackson alla Natal Wattle Company. Ci fornirà gli alberelli alle stesse condizioni di vendita che ha stabilito con quel bastardo di Courteney e comprerà la nostra corteccia... Tutta la nostra corteccia al prezzo garantito di venti sterline la tonnellata. Ho assunto due uomini per dirigere la piantagione. La maPagina 85
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) nodopera sarà il problema piú grosso; Sean si è accaparrato tutti gli indigeni nel giro di cinquanta chilometri. Ne ha un esercito lassú... » S'interruppe di colpo. Aveva visto l'espressione di Dennis. «Cosa c'è che non va? » « Mahoba Kloof! » gemette Dennis. « Oh Dio! Oh mio Dio! » « Spiegati. » « Sean è venuto da me la settimana scorsa... Voleva un'opzione per l'acquisto della fattoria. Un'opzione di cinque anni. » « Non gliel'avrai data? » gridò Ronny. « Mi ha offerto tre scellini l'acro... Sei volte quello che l'ho pagata! Come potevo rifiutare? » « Idiota! Maledetto idiota chiacchierone! Fra cinque anni quella terra varrà... » Ronny inghiottì a vuoto, « varrà almeno cinque sterline! » « Nessuno me l'aveva detto! » piagnucolò Dennis, esprimendo il lamento dell'eterno fallito su ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. « E nessuno l'ha detto a Sean. » Era la prima volta che Audrey apriva bocca, e c'era qualcosa nella sua voce che fece voltare di scatto Ronny verso l'attraente sorella. « Ma si, ma si... Tutti sappiamo di te e Sean. Però lui, allora, non è rimasto nei paraggi abbastanza a lungo perché tu potessi accalappiarlo, vero? » Ronny s'interruppe e guardò Dennis con aria colpevole. C'erano voluti anni perché Audrey perdesse ogni speranza nel ritorno di Sean a Ladyburg e accettasse la corte discreta ma insistente di Dennis. Ora questi tossì imbarazzato e si guardò le mani posate sulla scrivania. « In ogni modo », mormorò, « Sean ha avuto l'opzione e non c'è piú niente da fare. » « Credi?... All'inferno! » Ronny spinse un taccuino verso il cognato e lo aprì. « Ecco come la vedo io. Sean ha preso in prestito diecimila sterline dalla madre... Sai, quei quattrini che abbiamo tentato di farle investire nell'affare Burley. » Tutt'e tre ricordavano bene l'affare Burley e parvero vergognarsi un poco. Ronny si affrettò a continuare. « E altre cinquemila se le è fatte prestare dalla Natal Wattie... Jackson se le è lasciate scucire. » Ronny proseguì con i propri calcoli. Quando ebbe finito era di nuovo sorridente. «Il signor Sean Courteney cammina sul filo del rasoio. Uno scivolone, soltanto uno e... zac! » Fece un movimento di taglio con la mano aperta. «Noi possiamo aspettare! » Scelse un sigaro dalla scatola di cuoio che aveva sostituito quella d'argento e lo accese prima di continuare: « Del resto... Non è stato ancora congedato dall'esercito. Visto come sta andando la guerra, avranno certo bisogno di buoni combattenti. Quella sua gamba mi sembra a posto. Forse una parolina nell'orecchio giusto, una piccola pressione... ». Ora Ronny sogghignava compiaciuto. Il suo sigaro aveva un sapore delizioso. 36. I medici del Greys Hospital fecero l'ultima visita a Sean prima di Natale, stimando la sua inabilità intorno all'uno per cento: zoppicava un poco solo quando era fisicamente stanco. Questo gli toglieva il diritto a una pensione per ferita di guerra e lo rendeva disponibile per il ritorno immediato in servizio. Una settimana dopo il capodanno del 1901 arrivò la prima lettera dall'esercito. Sean doveva presentarsi subito al comandante dei Fucilieri a cavallo dei Natal: il reggimento che aveva assorbito il Corpo delle guide. La guerra era entrata in una nuova fase. In tutto il Transvaal e nello Stato libero d'Orange i boeri avevano dato inizio a una campagna di guerriglia davvero allarmante per le dimensioni che aveva assunto. Il conflitto era ben lontano dall'essere finito, e la presenza di Sean era urgentemente richiesta per ingrossare le file di un esercito che contava già 250.000 uomini. Sean scrisse chiedendo una proroga della licenza ed ebbe in risposta la minaccia d'accusa di diserzione, qualora non si fosse trovato a Johannesburg il primo febbraio. Pagina 86
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Le ultime due settimane furono d'intensa attività. Sean riuscì a portare a termine l'impresa, iniziata il maggio precedente, di piantare ad aceri diecimila acri di terra. Ottenne un nuovo grosso prestito dalla Natal Wattle Company per pagare la manodopera necessaria alla cura dei suoi alberi. Le riparazioni e gli ammodernamenti del ranch Lion Kop furono completati, e Ada vi si trasferì dal suo villino in Protea Street per occuparsi delle faccende domestiche e per dirigere la tenuta durante l'assenza di Sean. Ora, mentre vagava da solo sulla propria terra in una sorta di cavalcata di commiato, Sean aveva la possibilità di pensare ad altre cose. La piú importante di queste era sua figlia. La sua prima e unica figlia. Ora aveva due mesi. Si chiamava Thunder ed egli non l'aveva mai vista. Saul Friedman gli aveva scritto una lunga, gioiosa lettera dal fronte, dove egli l'avrebbe presto raggiunto. Sean gli aveva inviato le piú calorose congratulazioni e poi aveva tentato ancora una volta di mettersi in contatto con Ruth. Le aveva scritto senza ricevere risposta e, alla fine, aveva abbandonato il lavoro al Lion Kop per andare a Pietermaritzburg. Quattro giorni aveva aspettato, recandosi mattina e pomeriggio a casa Goldberg... Ma ogni volta Ruth era fuori o era indisposta. Le aveva lasciato un biglietto molto amaro ed era tornato a casa. Profondamente triste, cavalcava tra le sue piantagioni. Grandi riquadri di giovani alberi, una fila dopo l'altra, coprivano le alture dei Lion Kop. Gli esemplari piú vecchi, piantati dieci mesi prima, erano già alti fino alla cintola, con cime verdi e rigonfie. Era stata un'impresa di proporzioni quasi sovrumane, costata dieci mesi di durissimo e incessante lavoro da parte di duemila indigeni. Adesso era finita. Sean aveva trattenuto un gruppo di cinquanta zulu, che avrebbero lavorato sotto la supervisione di Ada, tenendo pulito il terreno tra i filari e badando che non scoppiassero incendi. Non c'era altro da fare; quattro anni di attesa, finché gli alberi avessero raggiunto la maturità, poi si sarebbe cominciato a scortecciarli. Immerso nei suoi pensieri, varcò senza accorgersene il confine del Lion Kop e proseguì lungo il piede della scarpata. Attraversò la strada e la linea ferroviaria. Davanti a lui il mormorio delle Cascate Bianche si fondeva coi soffio del vento tra l'erba, ed egli colse l'improvvisa visione dell'acqua che precipitava da un'alta roccia nello splendore dei sole. La chioma delle acacie in fiore sembrava una nebbia dorata e sovrastava tristi ombre segrete. Attraversò il fiume sotto la pozza delle cascate. La scarpata gli si parò davanti, ripida, striata di fitti cespugli e alta oltre trecento metri, così da nascondere la luce del sole. La pozza era il regno delle felci e del muschio; le rocce erano nere e scivolose per gli spruzzi. Un luogo freddo, senza sole... E l'acqua ruggiva precipitando in un bianco, mobile velo simile a fumo. Sean rabbrividì e spronò il cavallo, salendo all'ambio la scarpata. Allora seppe che era stato l'istinto a guidarlo. Nella sua angoscia, egli era tornato alla prima casa che aveva conosciuto. Era terra dei Courteney, quella sotto i suoi piedi, terra dei Courteney fino al Tugela. La nostalgia s'impadronì di lui mentre saliva, finché raggiunse il bordo della scarpata e poté contemplare l'intera estensione di Theunis Kraal. Cercò i luoghi familiari: la casa con le stalle e gli alloggi della servitú dietro di essa; i recinti coi cavalli che pascolavano a testa bassa, agitando di tanto in tanto la coda; le cisterne tra gli alberi... A ogni cosa era legato qualche ricordo particolare. Smontò, sedette sull'erba e accese un sigaro, mentre la sua mente rovistava tra i frammenti del passato. Passò un'ora, poi un'altra prima che egli tornasse al presente e sfilasse l'orologio dal taschino del panciotto. « L'una passata! » esclamò, balzando in piedi. Si ripulì il didietro dei pantaloni e si calcò il cappello in testa prima di iniziare la discesa. Invece di guadare il fiume alla pozza, rimase su Theunis Kraal, con l'intenzione di incrociare la strada da quella parte dei fiume. Di tanto in tanto vedeva dei bovini che pascolavano in mandrie di meno di dodici capi; erano tutti in buone condizioni, ingrassati dall'erba fresca, ma i pascoli non erano certamente sfruttati al pieno della loro capacità. Mentre passava, gli animali sollevaPagina 87
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) vano la testa e lo guardavano con quella loro vacua, bovina espressione d'impassibilità. La foresta s'infitti, poi cessò di colpo e davanti a lui si stese una di quelle piccole depressioni paludose prodotte dal fiume. Guardando dall'alto della scarpata, quell'area restava nascosta dagli alberi, quindi Sean non aveva veduto il cavallo sellato e legato sul lato opposto dell'acquitrino. Ne cercò con gli occhi il proprietario e lo scorse in mezzo alla vegetazione palustre... Ma subito scomparve, le cime dei papiri si agitarono e si udì il grido terrorizzato di un animale. Sean girò rapidamente intorno all'acquitrino, finché raggiunse il cavallo. La testa e le spalle dell'uomo riapparvero e Sean si accorse che erano coperte di fango. « Ehi, cosa succede? » gridò. La faccia dell'uomo si voltò verso di lui. « C'è una bestia impantanata. » « Tenga duro, vengo a darle una mano. » Si strappò di dosso giacca, panciotto e camicia, li appese a un ramo assieme al cappello ed entrò nel pantano. Affondando fino alle ginocchia nell'acqua melmosa, che ribolliva ed eruttava gas, e scostando il groviglio di canne con entrambe le braccia, Sean riuscì a raggiungerli. L'animale era una vecchia vacca nera: le sue zampe di dietro erano sprofondate in una buca e quelle davanti si agitavano a vuoto al di sotto del petto. «E' allo stremo », disse l'uomo. Sean lo guardò e si accorse che era ancora un ragazzo. Alto per la sua età, ma di struttura esile, con i capelli neri tagliati corti... E il grande naso dei Courteney. Con una tensione innaturale alle viscere e col fiato corto, Sean capì che stava guardando suo figlio. « Non stia lì impalato », disse il ragazzo in tono aspro. Era coperto dalla cintola in giú da un lucente e fetido strato di melma, il sullore gli colava sulla faccia, sciogliendo i grumi di fango sulla fronte e sulle guance, e respirava affannosamente, mentre stava piegato sull'animale per tenerne il muso sollevato al di sopra della superficie. « Dobbiamo rovesciarla », disse Sean. « Tienile su la testa. » Si portò dietro le zampe posteriori della vacca e la melma gli gorgogliò intorno alla cintola. Poi affondò le braccia nel fango, cercando a tentoni le zampe intrappolate. Le sue mani riuscirono a circondare l'osso e il tendine del garretto. Aggiustò la stretta, si piegò all'indietro e tirò verso l'alto, impegnando gradualmente tutta la forza che possedeva, finché sentì che qualcosa nel suo inguine era sul punto di lacerarsi. Rimase così, con la faccia contorta, la bocca spalancata e il respiro che saliva rauco alla gola, i grossi muscoli del petto e delle braccia inchiodati in una contrazione ferrea. Per due minuti mantenne quella posizione, mentre il ragazzo lo guardava con un misto di spavento e di meraviglia. Poi una gorgogliante fuga di gas si sprigionò intorno al petto di Sean, e l'animale cominciò a muoversi. Dapprima piano, con difficoltà, dall'acqua melmosa emerse la parte posteriore della groppa... poi si sollevò sempre piú rapidamente, via via che il fango allentava la sua presa, finché, con un ultimo gorgoglio, la morsa della melma cedette: Sean si raddrizzò, tenendo le zampe dell'animale al di sopra della superficie, e la vacca stramazzò esausta su un fianco. « Sangue di Giuda! » mormorò il ragazzo con ammirazione. Per qualche istante la mucca giacque immobile, poi, rendendosi conto che le sue gambe erano libere, cominciò a dibattersi per sollevarsi. « Tienile la testa », gridò Sean, e si mosse faticosamente di lato per afferrarIe la coda e impedirle di alzarsi. Quando l'animale fu di nuovo tranquillo, Sean cominciò a trascinarlo, camminando all'indietro, verso la terra ferma. Il grosso corpo scivolò facilmente sul fango e sulle canne schiacciate, finché s'arenò. Allora Sean si spostò, mentre la vacca cominciava a scalciare per sollevarsi; poi l'animale stette un attimo immobile e infine si allontanò traballando fra gli alberi. Ansimanti, sfiniti, ancora nel fango fino alle caviglie, Sean e suo figlio la guardarono sparire. « Grazie. Non ci sarei mai riuscito da solo, signore. » La forma e il tono con cui il ragazzo gli si era rivolto toccarono Sean nel profondo. « Era un lavoro per due uomini », assentì. « Come ti chiami? » Pagina 88
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Courteney, signore. Michael Courteney. » Gli tese la mano. Sean la strinse. «Molto piacere, Mike. » « Io la conosco, vero, signore? Sono sicuro di averla già vista... è un pò che mi sto lambiccando il cervello. » « No, non credo. » Con uno sforzo, Sean evitò che la sua emozione trasparisse dal volto o dalla voce. « Sarebbe... Sarebbe un onore per me conoscere il suo nome. » Mentre Michael pronunciava queste parole, una strana timidezza s'impadronì di entrambi. Cosa posso dirgli? pensava Sean. Non debbo mentirgli... Ma non posso nemmeno confessargli la verità. «Mio Dio, come siamo conciati », rise. « Puzziamo come se fossimo morti da dieci giorni. » Michael parve notare per la prima volta le loro condizioni. Anche lui rise. « A mia madre verrà un colpo, quando mi vedrà!» Poi aggiunse: « Venga a casa nostra. Non è lontana da qui. Pranzerà con noi e potrà ripulirsi... I servi le laveranno i vestiti ». « No. » Sean scosse la testa. « Devo tornare a Ladyburg. » « Per piacere. Vorrei che conoscesse mia madre. Papà non è qui... è in guerra. Ma, per favore, venga a casa con me. » Lo desidera davvero. Guardando il figlio negli occhi, il sentimento affettuoso che si era sforzato di reprimere gli gonfiò il petto, e Sean si sentì arrossire di gioia. «Mike», scandì lentamente, cercando le parole giuste. «Oggi non posso proprio accettare il tuo invito. Ma mi piacerebbe rivederti, e uno di questi giorni verrò a trovarti. Va bene? » « Oh! » Michael non nascose la sua delusione. « Comunque, l'accompagnerò fino al ponte. » « Bene. » Sean prese la camicia e la usò per togliersi di dosso un pò di fango, mentre Michael slegava i cavalli. Cavalcarono lentamente, dapprima in silenzio, ancora impacciati dalla timidezza. Poi cominciarono a discorrere e ben presto venne meno ogni reticenza. Con un senso d'orgoglio piuttosto ridicolo, date le circostanze, Sean si rese conto che Michael aveva un'intelligenza pronta, una facilità d'espressione eccezionale per un ragazzo della sua età e una visione delle cose molto matura. Parlarono di Theunis Kraal. « E' una buona fattoria. » C'era dell'orgoglio nella voce di Michael. « La mia famiglia la possiede dal 1867. » « Il bestiame però non è molto », borbottò Sean. « Papà ha avuto un periodo sfortunato. La peste bovina ha decimato le mandrie, ma le ricostituiremo... Aspetti e vedrà. » Tacque per un momento, poi disse: « In realtà mio padre non è un allevatore; invece di comprare bestiame, preferisce spendere i quattrini in cavalli... Come Beauty. » Diede qualche colpetto sul collo della sua splendida giumenta color oro. « Ho tentato di discutere con lui, ma... » A questo punto si accorse che stava diventando sleale e si riprese: « Non mi fraintenda, papà è un uomo eccezionale. Ora presta servizio nell'esercito... è colonnello, uno degli uomini piú vicini al generale Buller. Ha la Victoria Cross per il valore dimostrato nella guerra zulu e gli hanno anche dato il Distinguished Service Order per quello che sta facendo ora ». Già, pensava Sean, anch'io ho difeso Garry; molte volte, tanto spesso quanto lo farai tu prima di arrivare alla mia età. Pieno di comprensione, cambiò argomento. Parlarono del futuro. « Così vuoi fare l'allevatore? » « Amo questo posto. Sono nato qui. Per me non si tratta soltanto di un pezzo di terra e di una casa. Fa parte della tradizione alla quale appartengo... Modellata da uomini di cui sono orgoglioso. Dopo papà, ci sarò io solo a continuarla. Non voglio mancare a questo dovere. Ma... » Erano arrivati sul bordo della scarpata che costeggiava la strada, e Michael si fermò per guardare Sean, come se cercasse di decidere se doveva confidarsi con quell'estraneo. « Ma? » lo incitò Sean. Michael lo fissò ancora per un momento, chiedendosi perché quell'uomo gl'ispirava tanta sicurezza... Addirittura l'assoluta convinzione di potersi fidare di lui piú che di ogni altro uomo sulla terra. Gli pareva di averlo conosciuto da sempre e fra loro c'era qualcosa di così forte... Di così buono e forte da essere Pagina 89
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) quasi tangibile. « Ma», si decise, « questo non è tutto. Voglio qualcosa di piú della terra e del bestiame. E così difficile da spiegare. Mio nonno era un grand'uomo; lavorava con la gente, oltre che con gli animali. Aveva... Lei mi capisce, vero? » « Credo di sì», annuì Sean. « Vorresti trovare un tuo posto nel mondo. » « Già. Vorrei prendere decisioni che non siano soltanto quando marchiare e mettere aIl'ingrasso le bestie, o dove costruire una nuova cisterna. » « E cosa pensi di fare in proposito? » « Be', frequento l'università di Cape Town, Sono al terzo anno... il prossimo Natale avrò la laurea. » « E dopo? » « Non so, ma troverò qualcosa. » Sorrise. « Ho ancora molto da imparare prima. Quando penso a quante cose ancora devo imparare, provo un pò di paura. » Scesero da cavallo e proseguirono a piedi verso la strada, talmente assorti nella conversazione che nessuno dei due si accorse del calessino che stava arrivando dalla parte di Ladyburg finché questo non li ebbe quasi raggiunti. Allora Michael si voltò a guardarlo. « Ehi! Ecco mia madre! Ora potrà conoscerla. » Con terrore, Sean capì di essere in trappola. Non aveva scampo... Il calessino era a meno di cinquanta metri ed egli vedeva Anna che allungava il collo dietro il cocchiere negro e li fissava. Il ragazzo gridò: « Ciao, Ma'! ». « Michael! Cos'hai fatto? Guarda come sei conciato! » La sua voce era stizzosa. Gli anni l'avevano trattata come meritava, indurendo i suoi lineamenti e marcando il taglio felino degli occhi. Puntò lo sguardo su Sean e si accigliò. Questa espressione le scavò rughe profonde sulla fronte e mise in risalto le grinze sotto il mento. « Chi c'è con te? » chiese a Michael. «Un amico. Mi ha aiutato a liberare una vacca impantanata. Avresti dovuto vederlo, Ma'. L'ha completamente sollevata dalla melma. » Sean notò che Anna era vestita lussuosamente, in modo addirittura eccessivo per la moglie di un allevatore in un giorno feriale. Velluto e piume di struzzo... Quelle rarità dovevano esser costate a Garry una piccola fortuna. Il calessino era nuovo, laccato di nero con filetti scarlatti e finiture d'ottone... Qualche altro centinaio di sterline. Sean andò con lo sguardo ai cavalli: una coppia di bai, trottatori di razza... Gesú! pensò. Anna lo stava ancora guardando con le sopracciglia aggrottate, ancora incerta della sua identità. Poi cominciò ad arrossire, le sue labbra tremarono. « Salve, Anna. » « Sean! » La parola fu come uno sputo. « E' passato molto tempo. Come stai? » Gli occhi di lei si strinsero rabbiosamente. Mosse appena le labbra, mentre diceva a Michael: « Allontanati da quell'uomo! ». «Ma... » L'espressione sconcertata sul viso del ragazzo ferì Sean come un colpo di lancia. « Fa' come dice tua madre, Michael. » « Lei è... Tu sei mio zio Sean? » « Sì. » « Allontanati da lui », strillò ancora Anna. « Non rivolgergli mai piú la parola. Mi sentì, Michael? E' il diavolo... Il diavolo! Non lasciare che ti si avvicini. Ti distruggerà. » Ansimava, tremando per l'odio e la rabbia, e farfugliava come una pazza. « Vattene dalla nostra terra, Sean Courteney. Vattene da Theunis Kraal e non rimetterci piú piede. » « D'accordo, Anna. Me ne vado. » « Michael, monta a cavallo », gridò la donna al ragazzo. « Presto. Allontanati da lui » » Michael balzò in sella. « Via. Via, presto », ordinò Anna al cocchiere. Al primo schiocco di frusta, i due bai balzarono in avanti e Anna ricadde contro lo schienale imbottito. « Andiamo, Michael. A casa, immediatamente. » Pagina 90
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Michael guardò Sean. Era sconcertato, indeciso. « Io non... Non credo che tu... » « Ne parleremo un'altra volta, Mike. » Ma a un tratto l'espressione del ragazzo cambiò, gli angoli della bocca s'incurvarono e i suoi occhi s'incupirono per il rammarico d'aver trovato e subito perduto... « No », disse, alzando la mano in un gesto di commiato, e voltò la giumenta. Chino sul collo dell'animale, inseguì a spron battuto il calessino. « Michael! » chiamò Sean, ma il giovane parve non sentirlo. 37. Così Sean tornò in guerra. L'addio fu una dura prova. Ada si mostrò così coraggiosa che Sean avrebbe voluto scuoterla e gridarle: « Piangi, accidenti! Sfogati! ». Dirk si lanciò in una delle sue esibizioni piú teatrali. Si aggrappò al padre e urlò fin quasi a soffocare. Quando il treno partì, Sean era fuori di sé dalla rabbia e rimase di quell'umore fino al suo arrivo a Pietermaritzburg, quattro ore dopo. Placò la sua collera al bar della stazione con una dozzina di brandy. Poi, assieme a Mbejane, che portava il bagaglio, sì fece Iargo tra la folla che gremiva il marciapiede, cercando un posto libero sull'espresso per il nord. Siccome il treno era riservato ai militari, i suoi compagni di viaggio erano tutti in uniforme cachi. Una vasta moltitudine giallastra picchiettata dei colori vivaci delle donne che vedevano partire i loro uomini per la guerra e non ne erano certo contente. I loro gemiti si mischiavano al brusio delle voci, alle risate degli uomini e a qualche strillo di bambino. A un tratto Sean sentì che qualcuno lo stava chiamando. Si guardò intorno e vide un braccio che si agitava freneticamente al di sopra della folla. « Sean! Ehi, Sean! » La faccia di Saul appariva e scompariva, mentre il giovane saltava su e giú. Sean si fece largo fino a lui e i due si strinsero la mano. « Che diavolo ci fai qui? » chiese Saul. « Torno in servizio... E tu? » « Ho appena finito una licenza di una settimana. Vieni a vedere la piccola. Dio, che fortuna averti scorto in questa ressa! » « Ruth è qui? » non poté trattenersi dal domandare Sean. «Aspetta fuori in carrozza. » « Mi piacerebbe dare un'occhiata alla bambina. » « Certo! Prima troviamo un paio di posti sul treno e sistemiamo il bagaglio. Mancano ancora venti minuti alla partenza. » Sean la scorse appena uscirono sulla scalinata davanti alla stazione. Sedeva in una carrozza aperta, e un ragazzo negro le faceva ombra con un parasole. Era vestita di grigio e rosa: l'abito era grigio-tortora, mentre rosa erano gli sbuffi che uscivano dagli spacchi delle maniche e i fiori che coprivano il largo cappello. Il volto era di profilo, lievemente chino sul fagotto di pizzo bianco che sorreggeva in grembo. Sean si sentì balzare il cuore in gola, guardando i lineamenti calmi di quel viso. Si fermò mormorando: « Dio, com'è bella! » e al suo fianco Saul rise di contentezza. « Aspetta di vedere mia figlia! » Troppo assorta nella contemplazione della piccola, Ruth non li vide avvicinarsi alla carrozza. « Cara, ho una sorpresa per te », disse Saul. Ruth alzò gli occhi e vide Sean che la guardava. S'irrigidì per lo shock, fissandolo, mentre il colorito svaniva dal suo volto. « Salve, Ruth. » Lei non rispose immediatamente. Sean la vide mascherarsi dietro una pallida impassibilità. « Salve, Sean. Che sorpresa. » Tutte quelle emozioni erano sfuggite a Saul, che si stava sedendo accanto alla moglie. « Vieni a dare un'occhiata. » Ora, chino sulla piccola, stava scostando lo scialle di pizzo, con il viso splendente d'orgoglio. In silenzio, Sean salì in carrozza e si sedette di fronte alla coppia. « Dagliela in braccio, Ruth », sorrise Saul. « Che possa vedere bene la bambina piú bella dei mondo. » E non notò come Ruth s'irPagina 91
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) rigidisse di nuovo, stringendo la piccola con aria protettiva. « Prendila, Sean. Ti prometto che non ti bagnerà... Non troppo, almeno », continuò gioiosamente Saul. Sean tese le braccia, fissando Ruth negli occhi che lo guardavano con aria di sfida, ma anche con paura. « Per piacere », disse. Le iridi grigio-azzurre divennero piú scure, le linee severe intorno alla bocca si ammorbidirono e le labbra tremarono, rosee e umide. Ruth si chinò in avanti e depose la figlia nelle braccia di Sean. 38. Fu un lungo, lento viaggio verso Johannesburg; un viaggio interrotto da interminabili soste. A ogni raccordo c'era una fermata, talvolta di mezz'ora, ma in genere molto piú lunga. Di tanto in tanto, senza ragione apparente, il treno si bloccava in mezzo al veld. « Cosa diavolo c'è adesso? » « Hanno sparato al macchinista. » « No, di nuovo! » Facce rabbiose si sporgevano dai finestrini, urlando proteste e commenti. Quando il capotreno trotterellava lungo il terrapieno ricoperto di ghiaia verso la testa del convoglio, era inseguito da un coro di fischi e ululati. « Per piacere, signori, un pò di pazienza. Dobbiamo controllare i tunnel e i ponti. » «Ma la guerra è finita! » « Di cosa avete paura. » « I vecchi, buoni boeri stanno correndo così in fretta che non hanno certo il tempo di occuparsi dei ponti. » Gli uomini scendevano sul terrapieno e sostavano in impazienti gruppetti finché risuonava il fischio di partenza. Allora risalivano in vettura, mentre il treno sobbalzava e riprendeva ad avanzare. Sean e Saul sedevano in un angolo d'uno scompartimento affollato e giocavano a klabrias. Poiché la maggioranza considerava l'aria fredda e pulita dell'alto veld con lo stesso orrore che si riserva ai gas di cianuro, i finestrini erano tenuti ermeticamente chiusi. Lo scompartimento era azzurro per il fumo di pipa e fetido per l'odore d'una dozzina di corpi non lavati. Conversare era inevitabile. Confinate un gruppo di uomini in un piccolo spazio ed entro dieci minuti staranno chiacchierando. Nel caso particolare, i compagni di viaggio di Sean e Saul avevano una vasta esperienza in materia di pornografia. Un sergente che aveva prestato servizio per tre anni a Bangkok conquistò il suo uditorio dopo una spedizione in corridoio, dalla quale tornò con un vecchio compagno di avventure in Oriente. Questo esperto mostrò fotografie che furono studiate minuziosamente. Esse servirono anche a ricordare a un caporale, che aveva trascorso un periodo di servizio in India, la sua visita al Tempio di Konarak. Quest'argomento fece loro trascorrere un'altra ora e aprì la strada a una discussione sulla famosa Casa dell'Elefante di Shanghai, che li tenne occupati da mezzogiorno al tramonto. Intanto Saul si era stancato di guardare le fotografie e, preso un libro dal suo sacco, cominciò a leggere. Sean si annoiava. Pulì il fucile. Si stuzzicò i denti con un fiammifero, guardando fuori del finestrino i piccoli branchi di gazzelle che pascolavano lungo la ferrovia. Ascoltò un resoconto dettagliato delle prestazioni fornite dalle signore della Casa dell'Elefante e decise di starne alla larga qualora gli fosse capitato di andare a Shanghai. Infine chiese all'amico: « Cosa stai leggendo? ». « Mhm? » Saul sollevò gli occhi con aria vaga e Sean ripeté la domanda. « Il sistema di governo di Westminster. » «Gesú! Come mai ti rimpinzi di quella roba? » « M'interessa la politica », disse Saul mettendosi sulle difensive, e riprese la sua lettura. Sean continuò a osservarlo per un pò, poi chiese: « Hai qualche altro libro con te? ». Saul riaprì la sacca. « Leggi questo. » Pagina 92
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « La ricchezza delle nazioni. » Il tono di Sean era dubbioso. « Di cosa tratta? » Ma Saul era di nuovo immerso nel suo libro. Sean aprì il pesante volume e guardò pigramente la prima pagina, sospirando di rassegnazione. Era passato molto tempo da quando aveva letto qualcosa di diverso da una lettera o da un rendiconto bancario. Poi i suoi occhi cominciarono a scorrere avanti e indietro sulle righe come la spola di un telaio. Senza saperlo, stava tessendo i primi fili di una stoffa destinata a coprire una parte della sua anima che fino a quel momento era rimasta nuda. Dopo un'oretta Saul lo guardò. « Cosa te ne pare? » chiese. Sean borbottò qualcosa senza alzare gli occhi. Era completamente assorto nel libro. Verano cose importanti. Il linguaggio di Adam Smith aveva una sua maestosa chiarezza. Con alcune di quelle conclusioni Sean non era d'accordo, tuttavia il ragionamento suscitava un corso di pensieri nel suo cervello, stimolandolo a correre avanti e ad anticipare, a volte con esattezza, ma spesso giungendo a conclusioni molto distanti da quelle cui mirava l'autore. Procedeva rapidamente, sapendo che l'avrebbe riletto, perché quella era soltanto una prima esplorazione nel territorio sconosciuto della scienza economica. Senza staccare gli occhi dalla pagina, frugò nelle tasche della giubba, trovò un mozzicone di matita e sottolineò un passo su cui voleva ritornare. Poi proseguì la lettura. Ora usava spesso la matita. « No!» scrisse in margine a una frase. E' « Giusto », vicino a un'altra. Saul alzò di nuovo gli occhi e aggrottò la fronte, vedendo che Sean stava sciupando il libro. Poi notò l'espressione di Sean, così concentrata, e la sua faccia si distese. Osservò l'amico di sottecchi. Il suo sentimento per quell'uomo muscoloso, dagli umori violenti e dalle dolcezze inattese, aveva superato l'affetto e ora rasentava l'adorazione. Non sapeva perché Sean avesse steso su di lui le sue ali protettive, né gl'interessava. Ma era bello starsene seduto in silenzio, senza piú leggere, a guardare il volto di quel colosso che era ben piú di un amico. Soli in mezzo a una moltitudine, sedevano l'uno di fronte all'altro. Il treno serpeggiava verso nord attraverso la prateria, lasciandosi dietro un pennacchio di fumo grigio-argento, mentre il sole affondava stancamente dietro l'orizzonte, imporporando le nubi. Quando fu scomparso, l'oscurità calò rapidamente. Mangiarono carne in scatola stesa sul pane nero con la lama delle baionette. Non c'era luce nello scompartimento, così, dopo che ebbero mangiato, si avvolsero nelle coperte e chiacchierarono al buio. Intorno a loro ogni conversazione cessò e fu sostituita dai rumori del sonno. Sean aprì uno dei finestrini e l'aria fredda rischiarò e risvegliò le loro menti, cosicché continuarono a discutere con un'eccitazione che erano di tanto in tanto costretti a reprimere. Parlarono degli uomini, della terra e degli Stati come unione di entrambi; e di come tali Stati dovevano essere governati. Discussero un poco della guerra e molto della pace che l'avrebbe seguita; della ricostruzione di ciò che era stato distrutto da qualcosa di molto piú forte. Previdero l'odio che sarebbe cresciuto come un'erbaccia malefica sul sangue e sui cadaveri, ed esaminarono i mezzi con cui si sarebbe dovuto sradicarlo prima che strangolasse il tenero virgulto di un paese che poteva diventare grande. Non avevano mai parlato così. Saul si stringeva le coperte intorno alle spalle e ascoltava la voce di Sean nell'oscurità. Come in quasi tutti gli ebrei, la sua sensibilità era estremamente acuita, così che poteva cogliere in quell'uomo una nuova dimensione, un nuovo orientamento. Io ho contribuito a questo, pensò, con un moto d'orgoglio: Sean è un toro, un toro selvaggio, che carica qualunque cosa si muova; carica senza scopo, poi si ferma e devia verso un altro bersaglio; usa la sua forza per distruggere perché non ha mai imparato a servirsene altrimenti; confuso e rabbioso, muggisce per le picche conficcate nelle sue spalle; dà la caccia a tutto e perciò non cattura nulla. Forse posso aiutarlo, mostrargli uno scopo e una via d'uscita dall'arena. Parlarono fino a notte inoltrata. L'oscurità aggiungeva una nuova dimensione alla loro esistenza. Invisibili, le loro forme fisiche Pagina 93
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) non li limitavano piú e pareva che le menti fossero libere di incontrarsi nel buio, di fondersi in un intreccio di parole che alimentava nuove idee. Finché, di colpo, quella delicata struttura si infranse e si dissolse con l'esplosione della dinamite e coi fischio dei vapore che fuoriusciva dalla caldaia, col fracasso del legno e del vetro che si spezzavano, con la confusione dei bagagli e dei corpi gettati violentemente gli uni sugli altri, mentre il treno s'impennava, ondeggiava e usciva dai binari. Quasi contemporaneamente un altro suono si uni al fragore: colpi di fucile a distanza ravvicinata e il continuo tambureggiare di una mitragliatrice Maxim. Sean, al buio, rimase inchiodato sotto un peso immane, incapace di respirare. Lottò selvaggiamente, per liberarsi dei corpi e dei bagagli che lo sommergevano, con le gambe ancora avvolte nelle coperte. Il peso diminuì abbastanza da permettergli di respirare, ma un ginocchio lo colpì in faccia con tanta violenza che le sue labbra si spaccarono e la bocca gli si riempì di sangue. Menò un colpo alla cieca e conficcò il braccio in uno spezzone di vetro. Nell'oscurità, uomini urlavano di paura e di dolore, mescolando le loro grida all'orrendo coro di lamenti, di imprecazioni e di spari. Sean riuscì a liberarsi e sentì dei corpi che si dibattevano sotto di lui, mentre si alzava in piedi. Ora il tonfo sordo delle pallottole contro il legno delle vetture risuonava molto piú forte ai suoi orecchi di quello degli spari. Qualcuno barcollò contro di lui e Sean lo afferrò. « Saul! » « Lasciami, lasciami andare. » Era uno sconosciuto. « Saul. Saul. Dove sei? » « Sean. » « Sei ferito? » «No.» « Tiriamoci fuori da qui. » « Il mio fucile. » « All'inferno il fucile. » « Dov'è il finestrino? » «Bloccato.» Infine Sean riuscì a farsi un'idea della situazione. Il vagone era rovesciato su un fianco coi finestrini contro il suolo e con tutti i loro compagni morti o feriti ammucchiati sopra. Lo sportello era sopra le loro teste, probabilmente inceppato. « Dovremo uscire dal tetto. » Tastò davanti a sé alla cieca, poi imprecò e ritirò di scatto la mano - una scheggia di legno gli si era conficcata sotto un'unghia ma sentì sul viso un soffio d'aria fresca. « C'è un buco. » Tastò di nuovo ansiosamente e trovò quello che cercava. « Una delle assi si è spaccata. » Subito ci fu un protendersi di corpi in avanti, alcune mani lo avvinghiarono, mentre una mezza dozzina d'uomini lottavano per guadagnare l'apertura. « Indietro, bastardi. » Sean sferrò pugni alla cieca e sentì che andavano a segno. Stava ansimando, e il sudore gli colava lungo la schiena. L'aria era pesante per il calore dei corpi e il respiro di tutti quegli uomini in preda al terrore. « Indietro. Lasciate fare a me. » Infilò le mani nella fessura e divelse l'asse sfondata. Per un momento lottò con la tentazione di premere il viso contro la stretta feritoia e aspirare l'aria fresca. Poi afferrò l'asse vicina, puntò i piedi contro il tetto e tirò con tutte le sue forze. L'asse non si spostò di un millimetro. Sentì che il panico si stava di nuovo impadronendo di lui. « Qualcuno mi trovi un fucile », gridò sovrastando il frastuono. «Eccolo», rispose Saul, e l'arma fu spinta nelle sue mani. Sean inserì la canna nell'apertura e fece leva con tutto il suo peso. Sentì il legno spezzarsi, spostò la canna e spinse di nuovo. Funzionò. Sean tolse la seconda asse e attaccò la terza. « Bene. Uno alla volta ora. Prima tu, Saul. » Dominando a stento il panico Sean spinse rudemente ciascun uomo attraverso l'apertura dai bordi irti di schegge. Un grassone vi rimase incastrato. Sean gli puntò uno stivale nel fondoschiena e spinse. L'uomo urlò e schizzò fuori come il tappo d'una bottiglia di champagne. «C'è qualcun altro? » gridò nell'oscurità. « Sean », Saul lo chiamava da fuori, « esci di lì! » « Tu mettiti al coperto », replicò Sean. Il fuoco boero batteva ancora il treno distrutto. Sean ripeté la Pagina 94
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) domanda: « C'è qualcun altro? » e un uomo gemette accanto ai suoi piedi. Lo trovò in fretta. Era ferito gravemente, la sua testa ciondolava. Gli tolse di dosso un cumulo di bagagli e lo distese. Impossibile muoverlo, si disse, è piú sicuro qui, finché non arriva un medico. Si staccò da lui e inciampò in un altro corpo. «Maledetti», singhiozzò nella sua terribile ansia di uscire. Costui era morto; Sean se ne accorse dalla pelle, vischiosa e fredda come quella di un serpente. Lo lasciò e dal buio completo dello scompartimento emerse sotto il cielo notturno. Le stelle illuminavano la terra di una luce perlacea, e Sean vide il vapore sospeso sopra la locomotiva come un alto, vorticante banco di nebbia, i vagoni di testa incastrati come parti di un cannocchiale, gli altri rovesciati e contorti in forme bizzarre. Qua e là pochi fucili rispondevano debolmente al fuoco boero. « Sean! » chiamò Saul, dal punto in cui stava accovacciato. Sean corse da lui e alzò la voce, sovrastando il frastuono. «Tu resta qui. Io vado in coda a cercare Mbejane. » « Non lo troverai mai in questo caos. Era con i cavalli... li senti? » Dagli ultimi vagoni arrivava un suono che Sean si augurò di non dover sentire mai più. Duecento cavalli intrappolati e in preda al terrore... ben peggiore delle grida e dei gemiti degli uomini ancora imprigionati tra i rottami. « Mio Dio! » bisbigliò Sean. Poi la rabbia superò la paura. « Quei bastardi », disse con voce rabbiosa, e sollevò gli occhi verso il rialzo dei terreno su cui era appostato il nemico. I boeri avevano scelto un punto in cui la ferrovia curvava lungo la riva di un fiume. Il corso d'acqua impediva la fuga da un lato, mentre dall'altro il terreno saliva ripidamente in due gobbe sovrapposte che dominavano completamente i binari. Lungo la piú bassa erano schierati i fucilieri, almeno duecento, a giudicare dall'intensità del fuoco, mentre su quella superiore era piazzata la Maxim. Sean la guardò con rabbia per un minuto, poi alzò il fucile, che non aveva abbandonato, e vuotò il caricatore contro la mitragliatrice. Immediatamente le fiammate della Maxiin divennero piú nitide, man mano che l'arma ruotava nella sua direzione per scovarlo. L'aria intorno alla testa di Sean si riempì degli schiocchi di cento fruste. Sean si abbassò per ricaricare, poi si alzò e riprese a far fuoco. « Bastardi », gridava, e la sua voce dovette arrivare fino al nemico, perché subito anche i fucili aiutarono la Maxim a scovarlo. Ed erano maledettamente prossimi a riuscirci. Sean si accosciò di nuovo. Accanto a lui, anche Saul stava sparando. « Dove hai trovato quel fucile? » « Sono tornato dentro a prenderlo », rispose Saul, senza smettere di far fuoco, e sogghignò mentre le sue dita armeggiavano coi caricatore. « Un giorno o l'altro ci lascerai la pelle », borbottò Sean. « Sentì chi parla», lo rimbeccò Saul. Ancora una volta Sean sparò tutti i suoi colpi senza alcun risultato, ma il rinculo dell'arma risvegliò in lui la collera. Mancava solo la voce di Mbejane per scatenarlo completamente. « Nkosi. » « Dove diavolo ti eri cacciato? » chiese. « Avevo perduto le lance. Ho impiegato molto tempo a trovarle al buio. » Sean tacque per un momento, studiando il terreno. Sulla sinistra c'era un vuoto nella schiera dei tiratori boeri, là dove si apriva uno stretto crepaccio che scendeva verso la ferrovia. Non era impresa da poco risalire quel canalone e passare dietro la linea di fuoco nemica. Ma da quel punto la solitaria mitragliatrice sulla cresta sarebbe stata molto vulnerabile. « Prendi le lance, Mbejane. » « Dove andate? » chiese Saul. « Voglio tentare di raggiungere la Maxim. Tu resta qui e tieni occupati quei signori coi fucili. » Cominciò i muoversi lungo il treno verso l'imbocco del crepaccio. Percorse una cinquantina di metri. Prima di accorgersi che Saul li aveva seguiti. « Dove credi di andare? » Pagina 95
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Con te. » « Un accidenti! » « Davvero? » Nella voce di Saul c'era quella particolare nota di ostinazione che Sean aveva imparato a riconoscere, e non c'era tempo per discutere. Riprese a correre finché fu di fronte al crepaccio. Li si riparò dietro un vagone rovesciato per esaminare un'ultima volta il terreno. La spaccatura appariva stretta ma profonda, e i cespugli che la colmavano li avrebbero nascosti alla vista dei boeri. « Si può fare », decise a voce alta, poi disse agli altri due: « Io andrò avanti per primo, tu seguimi, Saul, e bada a dove metti i piedi». Aveva l'impressione che tra i sopravvissuti al disastro si stesse organizzando una specie di resistenza. Sentiva gli ufficiali che radunavano gli uomini, e ora un centinaio di fucili rispondevano al fuoco nemico. « Bene... Io vado. » Si alzò. « Seguitemi appena avrò attraversato. » In quel momento risuonò un'altra voce. « Ehi, cosa fate lì? » « Che t'importa? » ribatté Sean con impazienza. « Sono un ufficiale. » Allora Sean riconobbe la voce e la figura allampanata che impugnava una sciabola. « Acheson! » Un attimo di esitazione, poi anche Acheson lo riconobbe. « Courteney! Cosa sta facendo? » « Voglio risalire quel crepaccio per attaccare la Maxim. » « E crede di arrivarci? » « Ci posso provare. » « Bene... Vada allora. Noi saremo pronti a darle man forte, se ce la farà. » «Ci vediamo in cima», disse Sean, correndo verso l'imbocco dei canalone. Salirono silenziosamente in fila indiana; gli spari e le grida coprivano i deboli rumori della loro avanzata. Sean poteva sentire sempre piú distintamente le voci dei burghers via via che saliva, adesso erano vicinissime... Proprio di fianco a loro, dall'altra parte del crepaccio... Infine alle loro spalle, e... Ecco, erano passati. Il canalone in quel punto era meno profondo, e continuava ad appiattirsi man mano che s'approssimava alla cresta. Sean lanciò un'occhiata oltre il bordo. Sotto di lui, le sagome dei boeri distesi tra l'erba erano appena visibili, ma i loro fucili eruttavano lunghe fiammate color arancione, mentre le risposte inglesi erano semplici puntini di luce dietro le forme scure dei vagoni. Sean concentrò la propria attenzione sulla Maxim e capì perché i colpi del suo fucile fossero stati così inefficaci. Piazzata su una sporgenza del pendio appena sotto la cresta, era protetta da un muretto arrotondato di pietra e terra. La grossa canna col manicotto d'acqua sporgeva da una stretta feritoia, e i tre uomini che la manovravano stavano accovacciati dietro il muretto. «Andiamo», bisbigliò Sean, e uscì dal crepaccio strisciando sul ventre. Uno dei mitraglieri lo scorse quando si trovò a pochi metri da loro. «Magtig! Pasop, daars'n... » Sean balzò in avanti impugnando il fucile a due mani, e l'uomo non riuscì a terminare il suo avvertimento. Per qualche secondo la piazzola fu invasa da un groviglio di corpi, poi tutto finì e si udì soltanto l'ansimare dei tre. « Sai come funziona questo arnese, Saul? » « No. » « Nemmeno io. » Sean si piazzò dietro la mitragliatrice, strinse le due impugnature e automaticamente i suoi pollici si posarono sul pulsante di sparo. « Wat makeer julle daar bo? Skiet, man, skiet! » gridò un boero da sotto, e Sean di rimando: « Wag maarn oomblik... dan skiet ek bedonderd. » « Wie's daar? Chi sei? » domandò il boero, e Sean abbassò la bocca della Maxim. Era troppo buio per usare il traguardo di puntamento, quindi Sean mirò approssimativamente e premette i pollici sul pulsante. Immediatamente le sue spalle sussultarono come quelle di chi stia Pagina 96
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) usando un martello pneumatico, ma Sean riuscì a mantenere bassa la bocca dell'arma. Un uragano di grida e di proteste scoppiò tra le linee boere, e Sean rise con gioia selvaggia. Il fuoco nemico sul treno cessò come per miracolo, mentre gli uomini balzavano in piedi e si sparpagliavano sotto la pioggia di proiettili. I piú corsero dove avevano lasciato i cavalli, dietro la cresta, girando ben al largo dalla Maxim, mentre una schiera esultante di fanti inglesi cominciava a risalire il pendio. Dando a Sean quel sostegno che Acheson gli aveva promesso. Solo un esiguo ma deciso gruppetto di boeri si diresse verso Sean, urlando rabbiosamente e facendo fuoco mentre avanzava. Proprio sotto la piazzola c'era un angolo morto, dove Sean non poteva raggiungerli con il fuoco della Maxim. «Andatevene da qui. Correte ai lati», gridò Sean a Saul e a Mbejane, mentre sollevava la pesante mitragliatrice sul bordo del muretto per ampliare il settore di tiro. Ma il movimento fece aggrovigliare il nastro alimentatore e, dopo la prima raffica, l'arma s'inceppò senza rimedio. Sean la sollevò al di sopra della testa, rimase per un attimo in quella posizione e infine la scagliò tra gli uomini sotto di lui. Due furono colpiti e restarono immobili sull'erba. Sean afferrò dal bordo dei muretto una pietra grossa come una zucca e la lanciò dietro alla Maxim... Quindi ne scagliò un'altra, e un'altra ancora. Con un ghigno che tradiva la paura e l'eccitazione, egli continuò a tempestare di pietre i nemici. E costoro cedettero. La maggior parte deviò lateralmente, unendosi a coloro che già fuggivano verso i cavalli. Soltanto un uomo continuò ad avanzare, un colosso che si arrampicava rapido e silenzioso. Le due ultime pietre di Sean avevano fallito il bersaglio e, improvvisamente, l'uomo fu troppo vicino... non piú di tre metri. Sean lo vide fermarsi e alzare il fucile. Anche al buio, da quella distanza non poteva mancarlo: si lanciò dal muretto. Un istante di caduta libera, poi, con un urto che mozzò il fiato a entrambi, Sean si abbatté sul petto del burgher. Rotolarono giú per il pendio, scalciando e tentando di afferrarsi a vicenda, finché un piccolo cespuglio li fermò. « E' finita per te, maledetto olandese! » ringhiò Sean. Non aveva dubbi sull'esito di quel corpo a corpo. Confidando nella propria superiorità, allungò una mano verso la gola dell'uomo, ma con stupore si sentì afferrare il polso da una stretta che gli fece scricchiolare le ossa. « Kom, ons slaat aan! » La bocca del burgher era a due centimetri dall'orecchio di Sean: quella voce era inconfondibile. « Jan Paulus! » « Sean! » La sorpresa gli fece allentare la stretta per un attimo, e Sean riuscì a liberare la mano. Solo una volta nella sua vita Sean aveva incontrato un uomo forte quanto lui... E ora si trovavano di nuovo l'uno contro l'altro. Puntò il palmo della destra sotto il mento di Jan Paulus, spingendogli la testa indietro, contro il proprio braccio sinistro: gli avrebbe spezzato il collo. Ma Jan Paulus circondò con le braccia il petto di Sean, appena sotto le ascelle, e strinse. Nel giro di pochi secondi, Sean sentì che la sua faccia si gonfiava, che la bocca si spalancava e che la lingua sporgeva tra i denti. Non poteva respirare, ma riuscì ugualmente a mantenere la pressione sul collo di Jan Paulus... Stava per farcela, ancora un paio di centimetri e gli avrebbe spezzato le vertebre. La terra pareva sussultare e girare sotto di lui, Sean sapeva d'essere agli estremi perché macchie piú oscure del buio circostante gli annebbiavano la vista: tale consapevolezza gli diede un pò piú di forza. La concentrò tutta sul collo dell'avversario. Jan Paulus emise un grido selvaggio e strozzato, e la sua stretta sul petto di Sean si allentò lievemente. Di nuovo, si disse Sean, di nuovo. E raccolse tutte le energie che gli restavano per lo sforzo finale. Prima che potesse esercitarlo, Jan Paulus si mosse rapidamente, cambiando presa. Puntò le ginocchia sotto il bacino dell'avversario e con uno sforzo convulso ne spinse in alto e in avanti la parte inferiore del corpo, facendola ruotare: Sean dovette lasciare la presa sul collo di Jan Paulus e usare le mani Pagina 97
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) per ammortizzare la propria caduta. Una pietra aguzza lo colpì all'osso sacro, e il dolore scaturi in lui come un lampo in un cielo estivo. Confusamente udì le grida della fanteria inglese, molto vicina ora, e vide che Jan Paulus si alzava carponi e guardava giú per la scarpata, dove le baionette scintillavano alla luce delle stelle, e cominciava ad arrampicarsi verso la cresta. Sean si sollevò in piedi a fatica e tentò d'inseguirlo, ma il dolore alla schiena glielo impedì; Jan Paulus raggiunse con una decina di passi la cresta davanti a lui. Ma, mentre correva, un'altra forma scura gli si accostò di fianco, nel modo in cui un buon cane attacca un rybuck in corsa. Era Mbejane, e Sean lo vide alzare la lancia. «No!» gridò. «No, Mbejane! Lascialo! Lascialo andare!» Mbejane esitò, rallentò la corsa, si fermò e si voltò a guardare Sean. Questi lo raggiunse e gli si affiancò, le mani sulla schiena e il respiro che gli usciva come un rantolo dalla gola. Dal fondo della scarpata dall'altra parte del colle giunse alle loro orecchie lo scalpitio di un unico cavallo. Poi, l'eco della fuga di Jan Paulus svanì in lontananza, e i due furono raggiunti dai fanti inglesi che avanzavano. Sean si voltò e ridiscese la china attraversando le loro file. 39. Arrivarono a Johannesburg due giorni dopo, con un treno sussidiario. «Suppongo che dovremmo presentarci a qualcuno», suggerì Saul, in piedi con Sean e Mbejane sul marciapiede della stazione, accanto al poco bagaglio che erano riusciti a salvare dal disastro. « Tu va' pure, se ne hai voglia », ribatté Sean. « Io preferisco dare un'occhiata in giro. » « Ma non abbiamo i permessi », protestò Saul. « Segui lo zio Sean. » Johannesburg era una città corrotta, nata dal connubio tra l'Oro e l'Ingordigia; tuttavia vi regnava un'atmosfera di gaiezza, d'eccitazione e di frenetica attività. Essendone lontani, la si poteva anche odiare, ma bastava rimettervi piede per restarne di nuovo contagiati. Proprio come Sean in quel momento. Condusse i suoi compagni fuori della stazione e sorrise rivedendo la via principale, quella Eloff Street che ricordava così bene. Era molto affollata. Tra la doppia fila di case a tre o quattro piani, le carrozze si contendevano il passo coi tram a cavalli. Lungo i marciapiedi, le uniformi d'una dozzina di reggimenti facevano risaltare i colori sgargianti degli abiti femminili. Sean si fermò sulla scalinata della stazione e accese un sigaro. In quello stesso momento, i rumori delle ruote e delle voci umane furono sovrastate dal lamentoso ululato della sirena di una miniera, e a esso se ne aggiunsero immediatamente altri. Mezzogiorno. Con gesto meccanico, Sean estrasse il proprio orologio da taschino per controllarlo e sorrise di nuovo, notando lo stesso movimento da parte di tutti i passanti. Johannesburg non era cambiata gran che: sempre le vecchie abitudini, la vecchia atmosfera. I mucchi di scorie delle miniere un pò piú alti di quanto Sean li ricordasse, qualche edificio nuovo, un pò piú di eleganza, ma, sotto sotto, sempre la stessa spietata puttana... E là, all'angolo di Commissioner Street, adorno come una torta nuziale, con le sue fantastiche decorazioni in ferro battuto e il tetto a cornicione, c'era il Candy's Hotel. Con il fucile su una spalla e lo zaino sull'altra, Sean si aprì un varco tra la folla che gremiva il marciapiede, seguito da Saul e Mbejane. Raggiunse l'albergo ed entrò per la porta girevole di vetro. «Davvero imponente», disse, guardandosi intorno e lasciando cadere lo zaino sullo spesso pelo del tappeto. Lampadari di cristallo, tende di velluto trattenute da cordoni d'argento, tavoli di marmo, grandi poltrone di felpa, palme e urne di bronzo. « Che ne dici, Saul? Vogliamo provare questo dormitorio? » La sua voce riempì l'atrio, zittendo il mormorio delle conversazioni educate. « Non parlare così forte », lo ammonì Saul. Pagina 98
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Un generale seduto in una delle poltrone di felpa s'irrigidì e voltò la testa per fissarli attraverso il monocolo, mentre il suo aiutante di campo si chinava verso di lui bisbigliando: « Coloniali ». Sean gli fece l'occhiolino e si avvicinò al banco della ricezione. « Buongiorno, signore. » Lo sguardo dell'impiegato era gelido. « Avete le prenotazioni per me e per il mio capo di stato maggiore. » « Il nome, signore? » « Spiacente, non posso rispondere a questa domanda. Stiamo viaggiando in incognito », disse Sean, serissimo, e sul volto dell'impiegato apparve un'espressione stranita. Sean abbassò la voce fino ad assumere un tono da cospiratore. « Ha visto entrare un uomo con una bomba? » « No. » Gli occhi dell'altro divennero vitrei. «Nossignore. No, non l'ho visto. » «Bene.» Sean parve sollevato. « In questo caso prenderemo la Suite Victoria. Ci faccia portare il bagaglio di sopra. » « Il generale Caithness occupa la Suite Victoria, signore. » Ora l'uomo dall'altra parte del banco pareva disperato. « Cosa? » ruggì Sean. « Come osate! » « Io non... Noi non abbiamo avuto alcuna... » Balbettando, l'impiegato arretrò di due passi. « Chiami il proprietario », ordinò Sean. « Sissignore. » E l'impiegato scomparve dietro una porta con la scritta PRIVATO. «Sei impazzito?» Saul, al colmo dell'imbarazzo, scalpitava. « Non possiamo permetterci un posto simile. Andiamocene da qui. » Sotto lo sguardo interrogativo degli ospiti presenti nell'atrio, egli era molto conscio delle loro uniformi stazzonate e sudicie. Prima che Sean potesse rispondere, una donna uscì dalla porta contrassegnata PRIVATO, una donna molto bella ma anche molto arrabbiata, con occhi che sprizzavano lampi azzurri come gli zaffiri che portava al collo. «Sono la signora Rautenbach... La proprietaria. Lei ha chiesto di vedermi? » Per tutta risposta Sean sorrise, e la collera della donna svanì lentamente mentre cominciava a riconoscerlo, nonostante la giubba lurida e la mancanza della barba. « Mi vuoi sempre bene, Candy? » « Sean? » La donna era ancora incerta. « Chi altri? » «Sean! » E corse ad abbracciarlo. Mezz'ora dopo il generale Caitimess era stato sfrattato, e nella Suite Victoria si erano comodamente installati Sean e Saul. Rinfrescato dal bagno, con solo un asciugamano intorno ai fianchi, Sean sedeva in poltrona con la testa piegata all'indietro, mentre il barbiere gli radeva l'ispida stoppia di tre giorni. « Vuoi dell'altro champagne? » Candy non gli staccava gli occhi di dosso da dieci minuti. « Grazie. » Candy riempì il bicchiere, glielo rimise in mano, poi gli toccò i grossi muscoli dei braccio. « Sempre di ferro », mormorò. « Hai sconfitto il tempo. » Le sue dita si spostarono sul petto. « Solo un pò di grigio qua e là... Ma ti dona. » Poi, al barbiere: « Non ha ancora finito? ». « Ancora un minuto, signora. » Diede qualche'ulteriore sforbiciata lungo la linea di una tempia, fece due passi indietro e ammirò la propria opera; poi, con modesto orgoglio, sollevò lo specchio davanti al volto di Sean, chiedendone silenziosamente l'approvazione. « Molto bene. Grazie. » « Può andare ora. Si occupi dei signore nell'altra camera. » Candy aveva atteso abbastanza. Appena la porta si chiuse dietro il barbiere, la donna diede un giro di chiave. Sean si alzò e i due si fissarono attraverso la stanza. « Mio Dio, come sei grande. » La sua voce era roca, spudoratamente avida. « Mio Dio, come sei bella », replicò Sean, e avanzarono lentamente l'uno verso l'altra. Dopo, giacquero per un pò in silenzio, mentre l'oscurità si adPagina 99
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) densava nella camera col calar della sera. Poi Candy sfiorò con le labbra una spalla di Sean e, come una gatta che pulisce i propri piccoli, gli passò delicatamente la lingua sui lunghi graffi rossi nel collo. Quando la stanza fu completamente buia, la donna accese una delle lampade a gas e fece portare biscotti e champagne. Infine, seduti sul letto disfatto, cominciarono a parlare. Dapprima ci fu un certo imbarazzo, a causa di ciò che era appena accaduto tra loro, ma presto passò, e i due rimasero svegli fino a notte inoltrata. E' raro che un uomo trovi nella stessa donna un'amante e un'amica, ma con Candy questo era possibile. E Sean si liberò con lei di tutto quanto urgeva e fermentava nel suo animo. Le parlò di Michael e dello strano legame che li univa. Le parlò di Dirk, accennando alle apprensioni che nutriva a suo riguardo. Le parlò della guerra e di ciò che avrebbe fatto quando fosse finita. Le parlò dei Lion Kop e della piantagione di acacie. Una sola cosa non le confidò. Non poteva parlare di Ruth né dell'uomo che era suo marito. 40. I giorno seguente Sean e Saul si presentarono al quartier generale del comandante di zona, ma non ricevettero né permessi né ordini di servizio. Adesso che erano arrivati, nessuno sembrava interessarsi di loro. Dovevano presentarsi a rapporto ogni giorno e, per il resto, facessero pure quel che volevano. I due tornarono al Candy's Hotel, dove passavano la maggior parte della giornata giocando a biliardo o a carte e la maggior parte della serata mangiando, bevendo e chiacchierando. Una settimana con questo andazzo, e Sean era annoiato a morte. Cominciava a sentirsi come uno stallone da monta. Anche una dieta di manna celeste viene a noia, dopo un pò ... Così, quando Candy gli chiese di accompagnarla al pranzo con cui Lord Kitchener intendeva festeggiare la propria promozione a comandante supremo dell'esercito in Sudafrica, Sean accettò con piacere. «Sei bello come un dio», disse Candy, allorché Sean entrò nel suo appartamento attraverso la porticina segreta che lo univa alla camera da letto di lui nella Suite Victoria. Quando la donna gli aveva mostrato come, toccando una certa molla, il piccolo, discreto pannello scivolava silenziosamente di lato, Sean aveva respinto la tentazione di chiederle quanti altri uomini se ne erano serviti. Era assurdo risentirsi per gli ospiti senza nome che avevano varcato quella stessa porticina per insegnare a Candy quei giochetti con i quali adesso lo deliziava. « Anche tu non sei niente male. » Candy era vestita di seta azzurra, la stessa sfumatura dei suoi occhi, e portava una splendida collana di diamanti. « Come sei elegante! » Lo raggiunse e accarezzò i risvolti di seta della sua nuova giacca da sera. « Ma vorrei che ti fossi messo le tue medaglie. » « Non ho medaglie. » «Oh, Sean! Devi averne! Con tutte quelle cicatrici di pallottole, devi avere delle medaglie. » « Spiacente, Candy. » Sean sorrise. A volte la sua amica era così lontana dalla brillante, sofisticata donna di mondo. Benché avesse un anno piú di lui, il tempo non aveva compromesso quella fragile qualità di pelle e di capelli che nella maggior parte delle donne va così presto perduta. Il corpo era snello come un tempo e i lineamenti non si erano appesantiti. « Non importa... Anche senza medaglie, sarai l'uomo piú bello della serata. » « E tu la piú bella ragazza. » Mentre la carrozza procedeva lungo Commissioner Street, verso l'Hotel Grand National, Sean se ne stava seduto a proprio agio, con le spalle appoggiate al morbido schienale di cuoio. Il suo sigaro tiraPagina 100
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) va bene, l'unico brandy che aveva bevuto prima di uscire ardeva piacevolmente sotto il rigido sparato della camicia, un lieve aroma di liquore aleggiava intorno a lui, e la mano di Candy era posata morbidamente sulla sua gamba. Tutte queste cose gli davano un senso di serena e profonda contentezza. Rideva con facilità alle chiacchiere di Candy e lasciava che il fumo indugiasse tra le sue labbra, gustandolo con un piacere quasi infantile. Quando la carrozza si fermò davanti all'ingresso dell'albergo, dondolando lievemente sul suo superbo molleggio, Sean balzò a terra e rimase accanto alla ruota posteriore per controllare che Candy non inciampasse nella gonna mentre scendeva. Poi, con le dita di lei sul suo avambraccio, la condusse su per la scalinata esterna e oltre le porte a vetri. Lo splendore dell'atrio non era pari a quello del Candy's Hotel. Ma era lo stesso abbastanza imponente... Al pari della fila di persone che attendevano di accogliere gli ospiti. Mentre aspettavano il loro turno per essere presentati al comandante in capo, Sean parlottava con un aiutante di campo. Infine: «Mylord, mi permetta di presentarle il signor Courteney e la signora Rautenbach ». Lord Kitchener aveva un aspetto davvero formidabile. La sua mano era fredda e dura, ed era alto quanto Courteney. Gli occhi, che fissarono per un istante quelli di Sean, esprimevano un'inquietante forza di volontà. Poi si volsero verso Candy, e la loro espressione si addolcì mentre egli si chinava sulla sua mano. « E' stata molto gentile a venire, signora. » Quindi si ritrovarono tra lo sfarzo dei velluti, delle sete e delle alte uniformi. L'insieme era dominato dallo scarlatto delle guardie e dei fucilieri, ma c'erano anche il turchino con alamari d'oro degli ussari, il verde dei forestali, i kilt d'una mezza dozzina di reggimenti delle HighIands, così che l'abito da sera nero di Sean appariva vistosamente tradizionale. Tra il luccichio delle medaglie e delle decorazioni, splendevano i gioielli e la pelle delle donne. In quel salone erano riuniti i fiori piú preziosi di quell'immenso albero che era l'Impero Britannico. Un gigante che si innalzava su tutti gli altri alberi della foresta. Due secoli di vittorie in guerra l'avevano nutrito, duecento milioni di uomini erano le sue radici, che succhiavano i tesori di mezzo mondo e li inviavano attraverso gli oceani in quella città grigia a cavalcioni del Tamigi che ne era il cuore. E là questa ricca linfa veniva assimilata e trasformata in uno speciale tipo di uomini. Erano quei gentlemen il cui pigro eloquio e la cui studiata noncuranza riflettevano la mediocrità soddisfatta di sé e l'arroganza che li avevano fatti odiare e temere anche dal tronco del grande albero di cui essi erano il fiore. Mentre le piante piú basse gli si stringevano attorno, allungando le loro radici per sottrargli parte della sua sostanza, la malattia aveva già rosicchiato il legno al di sotto della corteccia del gigante. America, India, Afghanistan e Sudafrica avevano iniziato quel processo d'inaridimento che un giorno lo avrebbe fatto crollare e spaccato in mille pezzi, mostrando così che non era un albero di teak, ma un molle pino. Guardando gli uomini che lo circondavano, Sean si sentiva diverso da loro, piú vicino in spirito a quei barbuti guerriglieri i cui Mauser ruggivano ancora come sfida disperata, dalla selvaggia immensità del veld. Ma questi pensieri minacciavano di guastargli l'umore, quindi li scacciò, scambiò il suo bicchiere vuoto con un altro pieno di dorato vino frizzante e tentò di unirsi alla conversazione scherzosa dei giovani ufficiali che attorniavano Candy. Riuscì soltanto a concepire un ardente desiderio di sferrare un diretto tra i baffi ben curati d'un tenentino. Stava assaporando quest'idea, quando qualcuno gli toccò un braccio. «Salve, Courteney. A quanto pare, la si trova dovunque ci sia da combattere o da bere gratis. » Stupito, Sean si voltò per guardare la faccia austera, ma con occhi incongruamente ammiccanti, del maggior-generale Acheson. « Salve, generale. Noto che anche lei frequenta gli stessi ambienti», sogghignò Sean. « Lo champagne è pessimo. Il vecchio K. Deve essere in vena di Pagina 101
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) economie. » Fece scorrere lo sguardo sull'impeccabile abito da sera di Sean. « E' difficile intuire se ha ricevuto le ricompense per le quali l'ho raccornandata. » Sean scosse la testa. « Sono ancora un sergente. Non ho voluto mettere in imbarazzo i pezzi grossi con i miei miseri galloni. » « Ah! » Gli occhi di Acheson si strinsero un poco. « Deve esserci stato qualche intoppo. Cercherò di scoprirlo. » « Le assicuro che sono contento così. » Acheson annuì e cambiò argomento. « Lei non conosce mia moglie, vero? » Questo era un segno di grande benevolenza. Sean non poteva sapere che Acheson lo considerava un pò come il suo portafortuna personale. La sua rapida ascesa datava dal loro primo incontro. Sean sbatté le palpebre per la sorpresa prima di rispondere: « Non ho avuto questo onore ». « Venga, allora. » Sean si scusò con Candy, che lo congedò con un colpetto di ventaglio, e Acheson lo guidò attraverso la folla verso un gruppo in fondo alla sala. Quando furono a una dozzina di passi, Sean si arrestò di colpo. « Qualcosa non va? » domandò Acheson. « No. Nulla », rispose Sean, riprendendo a camminare, ma ora fissava come affascinato uno degli uomini che facevano parte dei gruppo verso il quale si stavano dirigendo. Una figura sottile nell'uniforme blu dei Fucilieri a cavallo del Natal. Capelli color sabbia pettinati all'indietro, in modo da lasciar libera una fronte alta, un naso troppo grande rispetto alla bocca e al mento, le spalle un pò curve, e, sul petto, la porpora e il bronzo della piú alta ricompensa al valore, accanto al nastrino a strisce del Distinguished Service Order, mentre il cordone e le spalline indicavano il grado di colonnello. Lentamente, il senso di colpa si risvegliò in lui, e Sean abbassò lo sguardo sulle gambe dell'uomo. Un pò interdetto, le vide perfettamente uguali, ciascuna col suo lucido stivale nero. Solo quando l'altro si mosse lievemente, egli notò la pesantezza della destra e comprese. « Mia cara, desidero presentarti il signor Courteney. Credo d'averti parlato di lui. Era con me a Colenso e poi sul treno, qualche settimana fa. » « Ma certo. Signor Courteney, è un vero piacere conoscerla. » La signora Acheson era una donna rotondetta e cordiale, ma Sean stentò a mormorare la risposta di prammatica, tanto era conscio dell'altro sguardo fisso sul suo volto. « E questo è il maggiore Peterson, del mio stato maggiore. » Sean fece un cenno col capo. « Probabilmente conosce il colonnello Courteney, dato che portate lo stesso nome... Per non parlare dei fatto che è il suo comandante. » Per la prima volta, dopo diciannove anni, Sean guardò in faccia l'uomo che aveva mutilato. « Salve, Garry», disse, e tese la mano. Restò così, in attesa. Le labbra di Garry Courteney si mossero. Curvò un poco le spalle e la sua testa oscillò lievemente da una parte all'altra. Prendila, Garry. Per piacere, prendi la mia mano, lo incitò silenziosamente Sean. Rendendosi conto della propria espressione tesa, si costrinse a sorridere. Era una povera cosa incerta, quel sorriso, con la bocca che tremava lievemente agli angoli. In risposta, le labbra di Garry si rilassarono, e per un attimo Sean lesse negli occhi del fratello un tremendo desiderio di aggrapparsi alla sua mano. « Quanto tempo, Garry. Troppo davvero. » Spinse un pò piú avanti la mano. Prendila. Oh Dio, ti prego, fa' che la prenda. Poi Garry raddrizzò la schiena. In questo movimento, la punta dello stivale destro raschiò lievemente il pavimento di marmo. Quel lampo di desiderio scomparve dai suoi occhi, e gli angoli della sua bocca si sollevarono in qualcosa di simile a un ghigno. « Sergente», il tono della sua voce era troppo alto, quasi stridulo. « Sergente, lei non indossa la tenuta regolamentare! » Poi si voltò, facendo perno sulla gamba artificiale, e si allontanò lentamente tra la folla. Pagina 102
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sean restò con la mano tesa e il sorriso che gli si gelava sul volto. Non avresti dovuto farlo, Garry. Tutt'e due lo volevamo... Tu lo desideravi quanto me, lo so. Abbassò la mano lungo il fianco e la strinse a pugno. « Lo conosce? » chiese Acheson a voce bassa. « E' mio fratello. » « Capisco », mormorò l'altro. Sì, capiva molte cose... E una di esse era la ragione per cui Sean Courteney era ancora un sergente. Il maggiore Peterson tossicchiò e accese un sigaro. La signora Acheson toccò il braccio del marito. « Caro, Dapline Langford è arrivata ieri. Eccola là con John... Dobbiamo invitarli a pranzo. » « Certo, cara. Lo farò stasera. » Parlavano tra loro per dare a Sean il tempo di riprendersi. « Il suo bicchiere è vuoto, Courteney, e anche il mio. Suggerisco di passare a qualcosa di piú sostanzioso dello champagne da cucina di Kitchener. » Brandy, infuocato brandy del Capo, ben diverso da quel vinello frizzante che facevano in Francia. Un liquore pericoloso da bere, nel suo stato d'animo, poiché un solo impulso restava a Sean dopo quello che Garry gli aveva fatto: una fredda rabbia omicida. Il suo viso era impassibile, egli rispondeva con garbo alle gentilezze della signora Acheson, una volta sorrise a Candy attraverso la sala, ma sentiva che il brandy, un bicchierino dopo l'altro, scendeva a nutrire la collera che gli ribolliva nelle viscere: i suoi occhi seguivano la figura in blu che zoppicava da un gruppo all'altro. L'aiutante di campo incaricato dei posti a tavola non poteva sapere che Sean era soltanto un graduato. Come accompagnatore della signora Rautenbach, lo credette un civile influente e lo sistemò tra Candy e la signora Acheson, con il maggiore Peterson un posto piú in giú e un generale di brigata e due colonnelli di fronte. Uno dei colonnelli era Garrick Courteney. Sotto gli sguardi quasi ininterrotti di Sean, Garry divenne nervosamente loquace. Evitando con cura gli occhi del fratello, si rivolgeva ai commensali piú importanti, e quella croce di bronzo sospesa al nastro purpureo, che ballonzolava sul petto ogni volta che egli si curvava in avanti, dava un peso alle sue parole, come risultava evidente dall'attenzione accordatagli dagli ufficiali di grado superiore. Il cibo era eccellente. Aragoste di scoglio sfuggite al controllo del blocco boero tra Johannesburg e il Capo, grassi fagianotti e altra cacciagione, quattro salse assortite... Anche lo champagne era di qualità superiore. Ma Sean mangiò pochissimo, facendo invece lavorare a pieno ritmo il cameriere addetto al vino, che volteggiava dietro la sua sedia. «Pertanto», stava dicendo Garry, mentre sceglieva un sigaro dalla scatola in legno di cedro che gli veniva offerta, « sono convinto che le ostilità cesseranno entro tre mesi al, massimo. » «Sono d'accordo con lei», annuì il maggiore Peterson. «Saremo di ritorno a Londra per la season. » « Bubbole! » Sean diede il suo primo contributo alla conversazione. Era una parola che aveva imparato da poco, ma che gli piaceva. D'altronde, c'erano delle signore presenti. La faccia di Peterson assunse lo stesso colore scarlatto della giubba, Acheson cominciò a sorridere ma poi cambiò idea, Candy fremette di eccitazione perché era arrivata al limite della noia, e un gelido silenzio cadde su quel settore della tavola. « Prego? » Garry guardò per la prima volta il fratello. « Bubbole », ripeté Sean. Il cameriere fece un passo avanti e riempì di champagne la sua coppa di cristallo, operazione che aveva ripetuto almeno una dozzina di volte dall'inizio del pranzo, ma che in quel momento attirò l'attenzione di tutti. « Devo forse presumere che non sei d'accordo con me? » lo sfidò Garrick. « No. » « Perché, se è lecito? » « Perché ci sono ancora diciottomila boeri in campo, perché hanno ancora un esercito ben organizzato, perché non hanno subito Pagina 103
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) una sola sconfitta decisiva... Ma soprattutto per il carattere di quei diciottomila combattenti. » « Tu non... » cominciò Garry in tono arrogante, ma Acheson lo interruppe.. « Mi scusi, colonnello Courteney. » Poi, rivolgendosi a Sean: « Pare che lei conosca bene quella gente... » esitò e aggiunse: « Se non sbaglio, si è anche imparentato con loro per matrimonio ». «Mio cognato è a capo del commando Wynberg», affermò Sean. Il vecchio era piú informato sul suo passato di quanto egli non sospettasse... Doveva aver fatto qualche indagine. Ne fu lusingato, e l'asprezza scomparve dalla sua voce. « Secondo lei, quale sarà la loro linea di condotta d'ora in poi? » Acheson intendeva approfondire l'argomento. Sean bevve un sorso di champagne mentre ponderava la risposta: « Si sparpaglieranno, dividendosi nelle loro unità di combattimento tradizionali: i commando ». Acheson annuì. Data la sua posizione nello stato maggiore, egli sapeva che era già accaduto. « In questo modo eviteranno di doversi trascinare dietro una colonna di rifornimenti. Una volta arrivata la stagione delle piogge, quelle piccole unità non avranno problemi a foraggiare i cavalli. » Sean s'avvide che ora tutti lo stavano ascoltando. Rifletté rapidamente, maledicendo il vino che gli aveva intorpidito il cervello. « Eviteranno lo scontro aperto, indietreggeranno, poi faranno dietro front per colpirci ai fianchi e fuggiranno di nuovo. » «Ma... I rifornimenti? » chiese il generale di brigata. « Il veld è la loro dispensa, e ogni fattoria nel veld è un rifugio. » « Munizioni, armi, indumenti? » insistette il generale. « Ogni soldato inglese che cattureranno o uccideranno fornirà loro un Lee-Metford nuovo di zecca e proiettili a sufficienza per riempire cento volte il caricatore. » « Ma per quanto tempo possono vivere cosi? » chiese Garry in tono indulgente, come se parlasse a un bambino. «E fin dove possono fuggire? » Lanciò un'occhiata agli altri, cercando il loro sostegno, ma tutti stavano guardando Sean. « Per quanto grande è il veld... Ecco fin dove possono fuggire », ringhiò Sean, irritato dal suo tono. «Mio Dio, eppure li conosci. Le privazioni sono il loro modo di vita. E l'orgoglio è la forza che lì farà resistere fino all'ultimo uomo. » « Proprio un bel quadro », disse Garry, con un sorriso ironico. A raro trovare una simile comprensione dell'alta strategia tra la bassa forza. » E si rivolse ai superiori, con un'enfasi che escludeva Sean dalla conversazione. « Come stavo dicendo, generale Acheson, io credo... » « Un momento, prego, colonnello Courteney. » A propria volta Acheson escluse Garry e si rivolse a Sean: « Se stesse a lei decidere, quale linea d'azione adotterebbe? ». Dall'altra parte del tavolo, Garrick Courteney tossicchiò in modo tale da lasciar intendere che suo fratello stava per fare la figura dello stupido. La cosa non sfuggì a Sean. « La questione s'impernia su un unico fatto: la mobilità del nemico », disse in tono deciso. «Un'intuizione davvero profonda », borbottò Garry. « Il problema piú urgente è contenerlo, e poi logorarne la resistenza », continuò Sean, cercando di ignorare le interruzioni beffarde del fratello. « Contenerlo? » chiese il generale di brigata. « Costringerlo in un'area limitata », spiegò Sean. « Come? » « Per esempio, con un sistema di fortificazioni », suggerì Sean. « Correggimi se sbaglio... Proporresti di dividere il veld in recinti e rinchiudervi i boeri come se fossero mucche da latte? » Garry continuava a sorridere. « Le nuove linee di fortini lungo la ferrovia si sono dimostrate efficaci. Si potrebbero estendere nel veld... Così, ogni volta che il nemico dovrà attraversarle, sarà tartassato dalle guarnigioni, e noi sapremo sempre esattamente dove si trova. » « I costi sarebbero enormi », osservò Acheson. Pagina 104
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Sempre inferiori a quelli necessari a mantenere in campo un esercito di un quarto di milione di uomini per altri cinque anni », ribatté Sean, tutto preso dal proprio piano. «Poi, entro queste aree definite, piccoli corpi di uomini con buoni cavalli, senza l'impedimento di artiglieria e carriaggi, potrebbero combattere efficacemente i commando... Infierendo con continue incursioni e imboscate, spingendoli verso le linee di fortini, logorando i loro cavalli, non dando loro la possibilità di riposare, insomma, usando le loro stesse tattiche. Combattere i commando con dei gruppi anticommando. » Acheson annuì pensosamente. « Continui. » «Infine, evacuare le fattorie», proseguì incautamente Sean. « Portare via le donne e i vecchi, i cui raccolti nutrono i commando. Costringerli a operare nel vuoto. » Negli anni a venire Sean si sarebbe rammaricato per l'impulso che l'aveva spinto a parlate in quel modo. Forse Kitchener avrebbe fatto comunque terra bruciata, forse Sean non ebbe alcuna parte nella creazione di quei campi di concentramento dai quali si sarebbe sprigionato un odio per mitigare il quale Sean si sarebbe dovuto impegnare per il resto della propria vita. Ma non avrebbe mai potuto esserne certo. D'accordo, era ubriaco e furioso... Ma in seguito non avrebbe considerato ciò una giustificazione. A un tratto si sentì come svuotato, quasi per una premonizione del seme mostruoso che aveva gettato, e cadde in un meditabondo silenzio, mentre gli altri si palleggiavano le sue idee, ricamandovi sopra e già cominciando a far piani. Quando tutti si alzarono per prendere il caffè, fece un ulteriore tentativo di abbattere la barriera che lo divideva dal fratello. Andò da Garry col suo orgoglio in mano e gliel'offri. « Il mese scorso ero a Ladyburg. Va tutto bene. Ada mi scrive che... » « Ricevo una lettera alla settimana non solo da mia moglie e da mio figlio, ma anche dalla mia matrigna. Sono perfettamente al corrente delle ultime notizie da casa. Grazie », rispose Garrick, guardando oltre una spalla di Sean. « Garry... » « Scusami. » Con un rapido cenno di saluto, Garry si allontanò per andare a parlare con un suo parigrado. La sua schiena era inesorabilmente volta verso il fratello. « Andiamo a casa, Candy. » « Ma, caro... » « Andiamo. » Quella notte Sean dormi pochissimo. 41. Il comando del settore orientale era molto opportunamente situato negli uffici di una fabbrica di birra in Plein Street. Il maggiore Peterson stava aspettando Garry da un pezzo, quando finalmente questi arrivò. « L'ho mandata a chiamare due ore fa, signore. » « Ero indisposto », disse Garry. « Il vecchio Acheson non è molto di buon umore stamane... Meglio non farlo attendere oltre. Venga. » Lo condusse fino a una porta in fondo a un corridoio, bussò una sola volta ed entrò. Acheson sollevò gli occhi dagli incartamenti. « Il colonnello Courteney è arrivato, signore. » « Grazie, Peterson. Entri, Courteney. » Peterson si chiuse la porta alle spalle, lasciando Garry in piedi sullo stesso tappeto persiano davanti alla scrivania di Acheson. « L'ho mandata a chiamare due ore fa, Courteney. » Acheson usò le stesse parole del maggiore, e Garry, a disagio, spostò goffamente la gamba finta. « Non stavo troppo bene stamane, signore. Ho dovuto chiamare il medico. » Acheson portò le dita ai baffi bianchi, mentre esaminava i cerchi neri sotto gli occhi di Garry e il colore terreo della sua faccia. « Si sieda », ordinò. In silenzio, Acheson continuò a osservarlo, ma Garry evitò il Pagina 105
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) suo sguardo. Si sentiva debole a causa dell'alcool ingurgitato la sera prima, la sua pelle era secca e sensibile, non riusciva a star fermo sulla sedia. La sua mano destra si contraeva nervosamente sul cappello che teneva in grembo. Infine Acheson parlò: « Voglio uno dei suoi uomini ». « Certo, signore », annuì Garry. « Quel sergente... Courteney. Voglio affidargli un comando indipendente. » Garry impietrì. « Sa di chi parlo? » insistette Acheson. « Sissignore. » « Lo credo bene », mormorò seccamente Acheson. « L'ho personalmente raccomandato due volte per la promozione e per una medaglia. » Diede un colpetto al fascio di documenti davanti a sé. « Sissignore. » La mano destra di Garry continuava ad aprirsi e a chiudersi. « Vedo che lei non ne ha tenuto conto in nessuna delle due occasioni. » « Nossignore. » « Posso chiedere perché? » « Io non... Non ho ritenuto che le circostanze lo rendessero opportuno. » « Cioè ha pensato che il mio giudizio fosse errato? » chiese garbatamente Acheson. «Nossignore. No, naturalmente», si affrettò a rispondere Garry. « Bene, allora? » Gli occhi azzurri di Acheson erano due punteruoli di ghiaccio. « Ho parlato col sergente. Mi sono congratulato con lui. Dopo Colenso gli ho concesso una licenza. » « Molto gentile da parte sua... Considerate le ferite che aveva riportato. » « Non volevo... Capisce, è mio fratello. Era difficile... Non volevo essere accusato di favoritismo », farfugliò Garry, contorcendosi sulla sedia e agitando le mani in aria, come per cercarvi le parole. « Suo fratello? » chiese Acheson. «Sì. Mio fratello. Io lo conosco, lo conosco bene... Lei no. Non può sapere. » Sentì che la struttura dei suoi pensieri si disintegrava, e la sua voce suonò stridula ai suoi stessi orecchi. Doveva spiegare, far capire ad Acheson. «La mia gamba», strillò, «la mia gamba. La vede? Guardi! E' stato lui a farlo. Lei non sa. E' malvagio! Le assicuro che è malvagio! » L'espressione di Acheson non era cambiata, ma i suoi occhi erano piú freddi, piú vigili. Garry doveva fargli capire. « Anna. » Le labbra di Garry erano bagnate e tumide. «Mia moglie Anna. E' stato lui a farle... Qualunque cosa tocchi... Lei non può sapere com'è. Io sì. E' malvagio. Io ho tentato, ho sperato che a Colenso... Ma non si può distruggerlo. E' lui il distruttore! » «Colonnello Courteney! » La voce di Acheson interruppe la sua invettiva, e Garry sussultò violentemente. Si portò una mano alla bocca e pian piano si afflosciò sulla sedia. « Volevo soltanto spiegarle. Lei non capisce. » « Credo di sì », sibilò Acheson. « Le concedo una licenza a tempo indeterminato per motivi di salute. » « Non può farlo... Io non rinuncerò al mio grado. » « Non glielo chiedo », ringhiò Acheson. « Le manderò i documenti in albergo nel pomeriggio. Può prendere il treno di domani per il sud. » «Ma... Ma, signore... » « E' tutto, Courteney. Grazie. » Acheson si concentrò di nuovo sui propri incartamenti. 42. Quel pomeriggio Sean trascorse due ore con Acheson, poi tornò al Candy's Hotel e trovò Saul nella sala del biliardo. Scelse una stecca. Saul dispose due palle contro la sponda di fondo e si raddrizzò. Pagina 106
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Be? » chiese, mentre Sean ingessava la stecca. « Non ci crederai mai. » « Tu parla, e lascia giudicare a me. » Sorridendo misteriosamente, Sean fece due carambole e mandò in buca la rossa. « Da sergente senza portafoglio a maggiore con un comando indipendente », annunciò. «Tu?» « Io. » Sean ridacchiò e sbagliò una carambola. « Devono essere matti. » « Matti o no, d'ora in poi dovrai alzarti in mia presenza, assumere un tono rispettoso... E sbagliare questo tiro. » Saul lo sbagliò. « Se sei un ufficiale e un gentiluomo, perché non ti comporti di conseguenza e non tieni la bocca chiusa quando devo tirare? » « Anche tu hai cambiato condizione. » « Cosa? » « Ora sei tenente », lo informò Sean. « No! » « Con in piú una patacca. » « Una patacca? » « Una medaglia, sciocco. » « Sono sopraffatto. Non ho parole. » Quindi Saul si abbatté sul biliardo e cominciò a ridere. A Sean piaceva quella risata. « Che specie di patacca?... E per cosa? » « Distinguished Conduct Medal, per la notte del treno. » « Ma sei stato tu a... » « L'hanno data anche a me », lo interruppe Sean. « Il vecchio Acheson si è lasciato prendere la mano. Ha cominciato ad appiccicare medaglie e promozioni a qualunque cosa si muovesse, con lo stesso fervore con cui un attacchino incolla manifesti ai muri. C'è mancato poco che desse una medaglia anche all'attendente che ha portato il caffè. » « Ti ha offerto il caffè? » « E un sigaro », aggiunse Sean. « Non ha badato a spese. Eravamo come due innamorati a un appuntamento. Mi ha chiamato più d'una volta 'mio caro ragazzo'. » « E che genere di comando ti ha dato? » Sean smise di ridere. « Tu e io dobbiamo dirigere il primo gruppo anticommando. Piccole unità con equipaggiamento leggero per dare la caccia ai boeri, tormentarli, logorarli, spompare i loro cavaIli e tenerli in movimento finché non incoccino in una delle nostre colonne. » Il mattino seguente andarono col maggiore Peterson a ispezionare i volontari raccolti per loro. «Una specie di fritto misto, temo, Courteney. Ne abbiamo messi insieme trecentoquindici. » Il tono era piú gongolante che di scusa. Peterson non aveva scordato quel « bubbole! ». «Già», assentì Sean, «immagino che non sia stato facile. Avevate soltanto 250.000 uomini fra i quali scegliere. E per quel che riguarda gli ufficiali? » « Mi spiace. Soltanto il tenente Friedman. Ma le ho procurato una vera perla. Un sergente-maggiore. L'ho sgraffignato al reggimento del Dorset, si chiama Eccles. Di prim'ordine, assolutamente di prim'ordine. » « E Tim Curtis... Colui che avevo chiesto? » « Spiacente di nuovo. Hanno riaperto i giacimenti auriferi. Tutti gli ingegneri sono stati congedati e rispediti al lavoro. » « Maledizione... Mitragliatrici? » « Quattro Maxim. Maledettamente fortunato ad averle. » « Cavalli? » « Non è stato facile... Ma può andare alla rimonta e sceglierseli. » Sean continuò a interrogare Peterson durante tutta la cavalcata fino a Randfontein. La sua eccitazione per quel comando aumentava sempre piú. Lo stava prendendo davvero sul serio. L'ultima e piú importante domanda la pose mentre passavano oltre le sentinelle del grande accampamento ai margini di Johannesburg. Pagina 107
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Acheson ha deciso in quale area opereremo? » « Sì. » Peterson abbassò la voce. « Il sud-est del Transvaal. » « Dove c'è Leroux! » « Esatto. Il tipo che ha fatto saltare il suo treno. » Di nuovo Jan Paulus! « Siamo arrivati, Courteney. » Un pò discoste dall'accampamento principale c'erano tre file di tende bianche. A un'estremità fumava una cucina da campo, e intorno a essa erano radunati gli uomini di Sean. « Mio Dio, Peterson. Altro che fritto misto! Ha razziato tutti i cuochi e gli attendenti dell'esercito. E quelli cosa sono?... Gesú, marinai! » Peterson fece un sorrisetto e si agitò sulla sella. « Arruolati con la forza », ammise. « Erano artiglieri sulla Repulse. Ah, ecco il suo sergente-maggiore. » Eccles si avvicinò: baffi neri, la struttura di un toro, era alto quasi un metro e novanta e si teneva rigidamente eretto. Peterson li presentò e i due si piacquero. « Un bel mucchio di spazzatura, signore. » « Avremo parecchio lavoro da fare, Eceles. » « L'ha detto, signore. » « Allora sarà meglio cominciare subito. » E si guardarono con mutuo rispetto e simpatia. Una settimana dopo erano pronti a partire. Saul aveva ideato il nome « Guide combattenti di Courteney». Avevano tutti buoni cavalli, benché alcuni montassero in modo piuttosto curioso... Specialmente i delegati della Marina Reale. Intimidendo il quartiermastro, Sean era riuscito a ottenere un'uniforme standard simile a quella dei cavalleggeri imperiali: cappello a tesa, giubba cachi, pantaloni da cavallerizzo, bandoliere, mollettiere e stivali stringati. Avevano quaranta muli sani e ben nutriti e quattro mitragliatrici Maxim. Eccles aveva addestrato gli uomini addetti a servirle. Acheson aveva approvato la richiesta di Sean di usare Charlestown come base. Organizzò il trasporto ferroviario fino a quel minuscolo villaggio vicino al confine del Natal, ottenne una promessa di aiuto da parte dei grossi distaccamenti che operavano in quell'area e informò Sean che si aspettava «grandi cose» da lui. Suonò come una minaccia. 43. Ma, tesoro, non ti hanno dato una vera uniforme. Hai un'aria così... Scialba? » Candy, che lo guardava vestirsi dal letto a due piazze, aveva idee molto precise su come doveva essere una vera uniforme. Galloni e alamari d'oro con, mettiamo, una Stella dell'Ordine della Giarrettiera su campo scarlatto... « Guarda quei bottoni... Non luccicano nemmeno! » « Le cose che luccicano piacciono ai boeri. Sono un buon bersaglio nel sole», rispose Sean, lanciandole un'occhiata al di sopra di una spalla. I capelli arruffati di Candy parevano una nuvola dorata e la vestaglia azzurra era sistemata in modo da provocare piú che nascondere. Sean si affrettò a riportare gli occhi sulla propria immagine riflessa nello specchio a tutta altezza e si spazzolò indietro i capelli. C'era un pò di grigio ora. Ma mi dà un'aria distinta, pensò. Peccato il naso. Lo strinse tra due dita e lo raddrizzò... Ecco, così sarebbe stato un signor naso... Ma, quando lo lasciò, esso riprese subito la propria inclinazione originale. « Bene, ora ti devo lasciare », disse. Candy si alzò in fretta, e il riso si spense sulle sue labbra, che tremarono un poco. « Ti accompagno giú. » Sistemò rapidamente la vestaglia. « No. » « Sì. Ho un regalo d'addio per te. » Nel cortile dell'albergo c'era un carretto tirato da quattro muli. Candy lo raggiunse e sollevò la copertura di tela cerata. «Ecco, qui ci sono alcune cose che forse potranno esserti utili. » Contro il freddo, Candy gli aveva procurato un cappotto di Pagina 108
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) montone, sei belle coperte di lana, una trapunta di seta, un materasso, due cuscini di piume, una cassa di brandy Courvoisier e una di champagne Veuve Clicquot. Contro la fame, c'erano salmone in scatola, marmellata di fragole, caviale in vasetti e altre ghiottonerie, il tutto accuratamente chiuso in cassette di legno. Per la salute, una cassetta di pronto soccorso completa e una serie di strumenti chirurgici. Contro i boeri, una sciabola d'acciaio di Toledo in un fodero di cuoio con decorazioni d'argento e una coppia di Colt in una scatola di mogano. « Candy... » balbettò Sean. « Sono senza parole. » La donna sorrise lievemente e si appese al suo braccio. « C'è anche qualcos'altro. » Fece un cenno a un uomo della scuderia, che scomparve nelle stalle e tornò recando uno stallone arabo con una sella inglese da caccia. « Mio Dio! » esclamò Sean. Lo stallone si spostò lateralmente e il sole splendette sul velluto del suo mantello. Poi soffiò dalle narici rosa, roteò gli occhi e s'impennò, facendo ruzzolare lo stalliere. « Candy, mia cara », disse ancora Sean. « Arrivederci, Sean. » Gli porse le labbra, poi si staccò da lui e rientrò quasi correndo in albergo. Mentre Sean lanciava osceni incoraggiamenti, Mbejane e lo stalliere afferrarono la testa del cavallo. Sean montò, gli altri lasciarono libero l'animale e Courteney lottò per calmarlo. Pian piano riusci a persuaderlo a muoversi in direzione della ferrovia. Eccles li guardò avvicinarsi con aria impassibile. « Perché cavolo ride, sergente-maggiore? » « Non stavo ridendo, signore. » Sean smontò e affidò con sollievo lo stallone alle cure di due sol« Un bel pezzo di carne equina, signore. » « Quanto crede che possa valere? » « Intende venderlo, signore? » Eccles non poté fare a meno di mostrarsi sollevato. « Ci può scommettere. Ma è un regalo, quindi non posso farlo qui a Johannesburg. » « Bene, a Charlestown c'è il colonnello Jordan che è sempre disposto a comprare un bel cavallo. Credo di poter ottenere un buon prezzo, signore. Vedrò che cosa posso fare. » Il colonnello Jordan acquistò non solo lo stallone, ma anche le pistole e la sciabola. All'addetto alla mensa ufficiali della guarnigione di Charlestown venne l'acquolina in bocca quando Eccles tolse l'incerata che copriva i doni mangerecci di Candy. Quando la colonna di Sean s'inoltrò nella bruna prateria invernale, verso il massiccio frastagliato del Drakensberg, il carretto rotolava alla retroguardia portando le Maxirn e una dozzina di casse di munizioni. 44. Faceva freddo quella prima notte, e le stelle erano chiare, brillanti e lontane. La mattina dopo, la terra era bianca e friabile nella morsa del gelo; ogni filo d'erba, ogni ramoscello o foglia caduta si erano trasformati in capolavori d'arte araba. Una sottile crosta di ghiaccio copriva la pozza presso la quale si erano accampati. Mbejane e Sean erano seduti a gambe incrociate l'uno di fronte all'altro, lo zulu avvolto nel suo kaross di scimmia e Sean col cappotto di montone abbottonato fino al mento. «Stasera ci accamperemo sotto quella montagna», disse Sean, indicando il cono blu che si stagliava contro il turchino piú chiaro del cielo a occidente. « Ci troverai là. » «Nkosi», assentì Mbejane, chinando il capo sulla sua scatola di tabacco da fiuto. «E quelli», continuò Sean, indicando col mento i quattro indigeni armati di lance che attendevano pazientemente sul bordo della pozza, « sono uomini? » Mbejane si strinse nelle spalle. «So poco di loro. Erano i migliori tra coloro con i quali ho parlato, credo. Ma lavorano per il guaPagina 109
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) dagno... E dei loro cuori non so nulla. » Prima di continuare, osservò i loro indumenti; portavano quegli abiti smessi europei che stavano rimpiazzando dappertutto il costume tribale. « Vestono senza dignità. Ma, forse, sotto gli stracci ci sono degli uomini. » « Non ne abbiamo altri, e dovremo accontentarci di loro. Ma vorrei che fossero con noi quelli che adesso stanno ingrassando accanto alle loro mogli. » Mbejane sorrise. Una settimana prima aveva consegnato il messaggio al « telegrafo » del veld e sapeva che tanto Hlubi quanto Nonga stavano smaltendo gli accumuli di grasso trottando verso nord dai loro kraals lungo il fiume Umfolozi. Sarebbero arrivati presto. « Questo è il modo in cui cacceremo », gli disse Sean. « I tuoi uomini si sparpaglieranno davanti a noi e cercheranno le tracce. I cavalli degli uomini che cerchiamo non hanno ferri agli zoccoli. Se scoprite una pista fresca, seguitela finché non saranno chiare la velocità e la direzione. Poi tornate di corsa da me. » Mbejane annuì e fiutò un pizzico di tabacco. « Mentre cercate, fermatevi ai kraals che incontrate lungo la strada. Parlate con la gente che li abita; se i Mabunu sono qui, essa lo saprà di certo. » « Farò come dici, Nkosi. » « Ecco il sole. » Sean lo guardò risplendere sulle cime, mentre le valli restavano in ombra. « Va' in pace, Mbejane. » Lo zulu ripiegò il kaross e lo legò con una striscia di cuoio, poi raccolse la lancia e si buttò su una spalla il grande scudo ovale da guerra. « Va' in pace, Nkosi. » Sean lo osservò mentre parlava con gli altri cacciatori, ascoltando il sonoro alzarsi e abbassarsi della sua voce. Poi gli indigeni si sparpagliarono, avanzarono al trotto nel veld, rimpicciolirono e scomparvero. « Eccles. » « Signore. » « Finita la colazione? » « Sissignore. » Gli uomini erano in piedi accanto ai loro cavalli, con le coperte arrotolate e le carabine sulle selle, i cappelli ben calcati sulla fronte e i baveri dei cappotti rialzati contro il freddo. « Andiamo. » La colonna si serrò in fila per quattro, con muli e carro al centro, e le avanguardie davanti per controllare il terreno. Era un piecolo distaccamento. Che non superava i centocinquanta passi di lunghezza inclusi gli animali da soma, e Saul sorrise ricordando la massiccia colonna lunga trenta chilometri che aveva marciato da Colenso allo Spion Kop. Però bastava a solleticare il suo orgoglio. Guide combattenti di Courteney. Ora si trattava di giustificare la seconda parola della denominazione. Ripiegò una gamba sulla sella, vi posò sopra il taccuino e, mentre cavalcavano, egli e Sean progettarono l'organizzazione della colonna. Quando fecero sosta, a mezzogiorno, la misero in atto. Un gruppo di dieci uomini fu incaricato dei muli. Per questa mansione Sean scelse i tipi grassi, vecchi o inabili a cavalcare. Questi soldati si sarebbero anche occupati dei cavalli, quando l'unità avesse combattuto a piedi. Tra i marinai scelse i capisquadra destinati alle Maxim. I fucilieri furono divisi in gruppi di dieci, e gli uomini piú in gamba vennero promossi sergenti capipattuglia. Era passato da un pezzo il tramonto, quando si fermarono sotto la mole scura della montagna. Mbejane stava aspettando coi suoi uomini accanto a un piccolo fuoco ben schermato. « Ti vedo, Mbejane. » « Ti vedo, Nkosi. » Alla luce del fuoco, Sean notò che le gambe dello zulu erano coperte di polvere fino alle ginocchia e che la faccia era grigia per la stanchezza. « Che notizie mi porti? » Pagina 110
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Vecchie tracce. Forse di una settimana fa, molti uomini accampati laggiú oltre il fiume. Venti fuochi, non allineati come quelli degli accampamenti militari, e non hanno lasciato scatolette, come fanno invece i soldati dopo averle vuotate della carne. Niente tende, ma giacigli d'erba tagliata... Molti giacigli. » « Quanti? » Era una domanda oziosa, perché Mbejane non sapeva contare come un bianco. Lo zulu si strinse nelle spalle. « Tanti quanti gli uomini che sono con noi? » domandò Sean, cercando un paragone. Mbejane rifletté attentamente prima di rispondere: « Di più ». « Quanti di piú? » insistette Sean. » « Forse il doppio... Ma non di più. » Probabilmente cinquecento uomini, si disse Sean. « In che direzione si muovevano? » Mbejane indicò il sud-ovest. Dietro di loro, verso Vryheid e la protezione del Drakensberg. Sì, senza dubbio facevano parte del commando Wynberg. « Che notizie dai kraals? » « C'è molta paura. La gente parla poco e soltanto di cose senza importanza. » Mbejane non fece alcun tentativo per nascondere il disgusto, il disprezzo che lo zulu prova per ogni altra tribú dell'Africa. « Hai fatto un buon lavoro, Mbejane. Ora riposa, perché ripartiremo prima dell'alba. » Per quattro giorni si mossero verso sud-ovest, con le avanguardie che esploravano il terreno fino a una ventina di chilometri ai lati della colonna, senza trovare nulla. Il Drakensberg s'innalzava come il dorso dentellato di un mostro preistorico lungo l'orizzonte meridionale. Sui picchi c'era la neve. Sean addestrò i suoi uomini alle manovre da eseguire in caso di attacco a sorpresa. I fucilieri dovevano fare una conversione, smontare da cavallo e schierarsi in modo da coprire il trasferimento delle Maxim sull'altura piú vicina. Gli addetti ai muli dovevano radunare i cavalli e portarli al coperto. Ripeterono queste manovre innumerevoli volte. Sean li faceva lavorare finché non li vedeva piegarsi in avanti sulle selle per massaggiarsi il fondoschiena, maledicendolo a denti stretti. Li condusse sull'orlo dell'esaurimento e quindi a una nuova forma fisica. Le loro barbe crebbero; le facce si arrossarono e si spellarono, prima di diventare brune di sole; anche le loro uniformi si scurirono, ma di sporcizia. Ora non maledicevano piú Sean. C'era una nuova corrispondenza tra loro, ridevano di piú e sedevano saldi in sella, dormivano sodo tutta la notte nonostante il freddo e si svegliavano pieni di zelo. Sean era abbastanza soddisfatto. La mattina dei decimo giorno Sean andò in avanscoperta con due soldati. Si erano appena fermati a riposare tra un affioramento di rocce, quando Sean notò un movimento nella pianura. Pregustando la gioia di avvistare il nemico, balzò giú dal masso su cui stava seduto e corse al cavallo per afferrare il binocolo. « Maledizione! » esclamò, deluso, quando scorse le punte delle lance scintillare nel campo rotondo delle lenti. « E' la nostra cavalleria. » Mezz'ora dopo incontrarono una piccola pattuglia di lancieri, appartenente a una delle grosse colonne partite dalla linea dei fortini e dirette a sud. Il giovane ufficiale subalterno al comando offrì a Sean un sigaro e gli fornì le ultime notizie sulla guerra. De la Rey e Smuts infuriavano a nord di Johannesburg, nel Magaliesberg, e quarantamila uomini davano la caccia ai loro tremila. A sud, nello Stato libero, era in atto un'altra grande caccia a De Wet. Ma questa volta lo avrebbero catturato, assicurò a Sean il giovane subalterno. Cinquantamila fanti e cavalieri avevano spinto il suo commando nel cuneo tra la linea di fortini e il fiume Riet in piena. All'est la situazione era piú tranquilla. I commando di quella zona mancavano di un vero capo e se ne stavano rintanati sulle montagne intorno a Komatipoort. « Finora c'è stata calma anche qui, signore. Ma è una quiete che Pagina 111
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) non mi piace. Quel Leroux è un brutto tipo, intelligente anche. Per il momento ha limitato la sua attività a poche incursioni. Dieci giorni or sono cinquecento dei suoi uomini hanno assalito una delle nostre colonne di rifornimenti vicino a Charlestown. Hanno fatto fuori le guardie e si sono impossessati di parecchie munizioni, poi sono fuggiti verso le montagne. » «Già», annuì cupamente Sean. «Abbiamo rintracciato uno dei suoi campi. » « Da allora nessun segno di lui, signore. Abbiamo perlustrato la zona, ma senza fortuna. » « Di quanti uomini dispone? » chiese Sean. « Può radunarne, diciamo, un tremila. La mia idea è che si stia preparando per qualcosa di veramente grosso. » Quella sera Mbejane tornò al campo dopo mezzanotte. Andò da Sean, che dormiva sotto il carro delle Maxim; con lui c'erano due uomini. « Nkosi. » Sean si girò su un fianco, istantaneamente sveglio al lieve tocco dello zulu. « Mbejane? » Uscì carponi da sotto il carro e si alzò in piedi. C'era la luna, alta, rotonda e lucente. Alla sua luce, riconobbe gli altri due indigeni ed esclamò con gioia: « Perdio! Hlubi! Nonga! ». Poi, ricordando le buone maniere: « Vi vedò». Avanzò con un largo sorriso per afferrare le loro spalle, prima di Hlubi, poi di Nonga. E ognuno di essi rispose gravemente, mentre restituiva l'abbraccio: « Ti vedo, Nkosi». « Stai bene? » « Io sto bene. E tu? » Il protocollo del saluto zulu può essere prolungato per tutto il tempo che si ha a disposizione. Era passato piú di un anno da quando Sean li aveva congedati, fuori Pretoria, perciò doveva chiedere a ciascuno notizie del padre, dei fratelli, delle mandrie e del viaggio, prima di poter porre una domanda che interessasse a lui. « Siete passati per Ladyburg? » « Sì, Nkosi, abbiamo fatto quella via », assentì Hlubi. « Avete visto lo Nkosizana Dirk? » Per la prima volta entrambi sorrisero, un balenio candido nella luce della luna. «Ci siamo seduti a consiglio con lo Nkosizana», ridacchiò Hlubi. « Cresce come un torello. Porta già cicatrici di battaglia e aveva un occhio onorevolmente annerito. » « Cresce anche in saggezza », aggiunse Nonga. « Ci ha detto ad alta voce le cose che sono scritte nei libri. » « Manda i suoi saluti allo Nkosi suo padre », continuò Hlubi, « e chiede che gli sia permesso di lasciare la scuola e unirsi di nuovo a lui. Ormai è ben istruito in materia di libri e di numeri. » Sean rise. « E la Nkosikazi mia madre? » domandò. « Sta bene. Ti manda questo libro. » Hlubi tirò fuori dal perizoma una busta insudiciata dal viaggio. Sean la ripose nella giubba per leggerla dopo con comodo. «Ora», poiché la cerimonia del saluto era finita, Sean poteva tornare al presente. «Cosa mi dite dei Mabunu? Avete trovato tracce? » Mbejane si accosciò, posando accanto a sé la lancia e lo scudo. Gli altri seguirono il suo esempio. Ora si sedeva a consiglio. « Parla », ordinò Mbejane a Hlubi. « Siamo venuti per la via piú corta, che è quella attraverso le montagne », spiegò Hlubi. « Sulle colline sottostanti abbiamo trovato una strada fatta da molti cavalli e, seguendola, siamo arrivati a un luogo pianeggiante circondato da rocce. I Mabunu sono là, con buoi e carri. » « Quanto è lontano questo posto? » chiese con ansia Sean. « Una giornata di viaggio. » « Quanti sono i Mabunu? » domandò ancora Sean, e Mbejane rispose: « Tanti quanti erano accampati nel luogo di cui ti ho parlato ». Era logico, pensò Sean, che Jan Paulus dividesse le proprie forze in unità piú piccole, per ragioni di sussistenza e occultamento, fiPagina 112
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) no al momento in cui non avesse avuto bisogno di tutti i suoi uomini per un'azione importante. « Allora ci andremo subito », disse, balzando in piedi. Eccles si svegliò all'istante. «Sergente-maggiore, le guide hanno trovato il laager di un piccolo commando boero sotto le montagne. Faccia montare gli uomini in sella. » « Sissignore! » I baffi di Eccles, arruffati dal sonno, fremettero come quelli di un cane da caccia. Mentre intorno a lui cominciava l'agitazione della partenza, Sean ravvivò a calci il fuoco e, alla sua gialla luce guizzante, strappò una pagina dal suo taccuino e leccò la punta di una matita. A tutte le truppe inglesi nella zona: Sono in contatto con un commando boero di cinquecento uomini. Tenterò d'impedire loro la fuga fino al vostro arrivo. Il latore della presente vi farà da guida. 5 agosto 1900, ore 0,46. Maggiore S. Courteney «Hlubi», chiamò. « Nkosi. » Sean gli porse il messaggio. «Prendi questo. Ci sono dei soldati laggiú. » Alzò il braccio verso il nord. « Consegnalo a loro. » 45. Raggruppati in colonna compatta, con l'elegante carretto di Candy, che avanzava sobbalzando alla retroguardia, le Guide combattenti di Courteney procedevano verso nord al piccolo galoppo, tra la bruna erba invernale che sfiorava le loro staffe. Con Saul al fianco e i due zulu davanti che perlustravano come cani da caccia, Sean cavalcava in testa. Sedeva un pò di sghembo sulla sella, tentando con entrambe le mani di tener ferma la lettera di Ada, agitata dal vento della corsa. Era strano leggere parole gentili e rassicuranti, mentre galoppava verso la battaglia. Tutto andava bene a Lion Kop. Gli alberi crescevano in fretta... niente incendi, siccità o malattie. Ada aveva assunto un assistente che lavorava soltanto il pomeriggio, perché il mattino era occupato nella scuola di Ladyburg. Dirk si guadagnava il suo principesco salario di due scellini e mezzo la settimana e sembrava che il lavoro gli piacesse. La pagella del secondo trimestre aveva destato qualche preoccupazione. I voti erano buoni, ma tutti erano seguiti dall'annotazione « Potrebbe fare molto meglio » o « Non si concentra abbastanza ». Il giudizio generale era riassunto dal direttore con le parole: « Dirk è un bambino molto vivace e molto popolare tra i compagni. Ma bisogna che impari a controllare il proprio carattere e ad applicarsi con piú diligenza in quelle materie che non sono di suo gusto ». Di recente aveva avuto un'epica scazzottata con il ragazzo dei Petersen, di due anni piú grande di lui, e ne era uscito insanguinato e ammaccato, ma vittorioso... E Sean avvertì una nota d'orgoglio dietro la formale riprovazione di Ada. Seguiva mezza pagina di messaggi dettati da Dirk, il quale, fra mille dichiarazioni di ubbidienza e amore filiale, chiedeva un pony, un fucile e il permesso di porre fine alla propria carriera scolastica. Ada continuava informandolo concisamente che Garry era tornato a Ladyburg, ma non si era ancora fatto vivo con lei. Infine, lo esortava a prendersi cura della propria salute, invocava su di lui la protezione dell'Onnipotente, si augurava che tornasse presto al Lion Kop... E terminava salutandolo con tutto il suo amore. Sean piegò con cura la lettera e l'infilò in una tasca dei cappotto, poi si abbandonò ai propri pensieri, mentre i chilometri scorrevano regolarmente sotto gli zoccoli del cavallo. C'erano tanti fili sciolti o aggrovigliati da seguire: Dirk e Ada, Ruth e Saul, Garrick e Michael... E ciascuno di essi gli dava pena. A un tratto lanciò un'occhiata a Saul e si raddrizzò sulla sella. Pagina 113
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Non era il momento di rimuginare. Erano entrati in una delle valli che salivano verso i contrafforti innevati del Drakensberg, seguendo un fiume le cui rive strapiombavano per tre metri sull'acqua che gorgogliava e ribolliva tra i massi del fondo. « Quanto manca, Nonga? » gridò. « Poco, Nkosi, molto poco. » In un'altra valle che correva parallela a quella percorsa da Sean, al di là di due frastagliate creste rocciose, un giovane boero poneva la stessa domanda. « Quanto manca, Oom Paul? » Prima di rispondere, il Vecht-Generaal Jan Paulus Leroux si voltò a guardare il commando di mille burghers che stava conducendo al laager tra le montagne. Cavalcavano in una compatta massa che copriva completamente il fondovalle: uomini barbuti in una varietà di scuri indumenti fatti in casa, su cavalli ispidi nei loro mantelli invernali... Eppure, guardandoli, Jan Paulus sentì l'orgoglio gonfiargli il petto. Quelli erano i duri a morire, veterani di cento combattimenti, uomini forgiati e temprati nella fornace della battaglia, affilati come rasoi e resistenti come il miglior acciaio. Poi guardò il ragazzo al suo fianco... Ragazzo soltanto per gli anni. Perche i suoi occhi erano già vecchi e saggi. « Poco, Hennie, molto poco. » « Eccles, ci fermiamo qui. Abbeverate i cavalli. Allentate i sottopancia senza togliere le selle. Niente fuochi, ma gli uomini possono mangiare e riposarsi. » « Bene, signore. » « Io andrò avanti a dare un'occhiata al laager. Mentre sono via, distribuisca cento colpi supplementari a ciascun uomo. Controlli le Maxim. Dovrei essere di ritorno fra un paio d'ore. » « Quando ci muoveremo, signore? » «Al tramonto. Voglio essere in posizione per attaccare appena sorge la luna. Può dirlo fin d'ora agli uomini. » Mentre Sean e Nonga lasciavano la colonna e proseguivano a piedi su per la vallata, due uomini lì osservavano dalla cresta. Erano sdraiati bocconi tra le rocce. Entrambi avevano lunghe barbe. Uno portava un cinturone da ufficiale inglese sulla giacca di pelle rattoppata, ma il fucile posato sulla roccia davanti a lui era un Mauser. «Mandano spie al laager», bisbigliò, e il suo compagno rispose in Taal: « Ja, lo hanno trovato ». « Va'! Corri da Oom Paul e avvertilo che ci sono trecento cachi maturi, pronti per essere colti. » L'altro sogghignò e strisciò indietro, per non farsi scorgere. Quando fu sotto la cresta corse al suo cavallo e prima di montarvi lo condusse là dove cominciava l'erba, che avrebbe soffocato lo scalpitio. Un'ora dopo, Sean tornò dalla ricognizione. « Sono in trappola, Eccles», disse, sorridendo con ferocia a Saul e al sergente-maggiore. « Sono circa due miglia piú avanti, in una conca nascosta tra le colline. » Si accostò e lisciò il terreno col palmo della mano. « Ora, ecco come faremo. » Prese un ramoscello e tracciò rapidamente dei segni. « Questa è la nostra valle. Noi siamo qui. Il laager è in questo punto, con colline qui, qui e qui. Questo è l'ingresso della conca. Ora, noi piazzeremo due Maxim qui, con un centinaio d'uomini davanti a loro, a un livello piú basso, così. Voglio che... » A un tratto la sua mappa saltò in aria, proiettandogli terra negli occhi e in bocca. « Che diavolo... » cominciò, portandosi le mani al volto, ma il resto della frase si perse nel frastuono dei Mauser. Attraverso le lacrime, Sean guardò la cresta. « Oh, mio Dio! » Il fumo dei fucili vi aleggiava sopra come una fitta nebbia. « Nel fiume. Portate i cavalli nel fiume! » La sua voce sovrastò gli spari, il sibilo acuto dei rimbalzi, i continui tonfi dei proiettili che si abbattevano al suolo e sulle carni. « Nel fiume. Entrate nel fiume! » Corse lungo la colonna, gridando quest'ordine agli uomini che cercavano di estrarre i fucili dai foderi, lottando con i cavalli atterriti. Le palle Pagina 114
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) boere piovevano su di loro, bestie e uomini gemevano nell'erba. Cavalli sciolti si sparpagliavano nella vallata, le redini sul collo e le staffe vuote che rimbalzavano contro i fianchi. « Lasciateli! Lasciateli andare! Saltate nel fiume! » Due muli feriti erano a terra e scalciavano, impigliati nelle tirelle dei carro. Sean tagliò i lacci del telone e sollevò una Maxim. Un proiettile scheggiò il legno sotto le sue mani. « Tu! » gridò a uno dei marinai. « Prendi questa! » Gli passò l'arma. L'uomo corse via, tenendola fra le braccia come un bambino, verso l'argine dei fiume. Con una cassa di munizioni sotto ciascun braccio, Sean lo seguì. Gli sembrava di correre con l'acqua fino alla vita, ogni falcata gli costava un penoso sforzo di volontà, la paura lo avvinghiava alla schiena. Un proiettile gli calò il cappello sugli occhi e, in preda al panico, le ginocchia piegate dalle casse, proseguì alla cieca verso il fiume. A un tratto la terra gli mancò sotto i piedi e cadde, un breve volo, poi un tonfo che si ripercosse nella spina dorsale, mentre egli precipitava a faccia in giú nell'acqua gelida. Subito si rialzò e, continuando a stringere le munizioni della Maxim, si buttò al riparo della ripida sponda. Sopra di lui infuriava il fuoco boero, ma molti dei suoi uomini avevano trovato scampo nel letto del fiume, e altri vi stavano saltando. Ansimando e grondando acqua, Sean si appoggiò con la schiena alla sponda, mentre riprendeva il controllo di sé. L'afflusso dei sopravvissuti al fiume diminuì, quindi cessò. Anche il fuoco boero si ridusse a un balbettio, poi nella valle cadde un improvviso silenzio, rotto soltanto dai gemiti e dalle imprecazioni dei feriti. Il primo pensiero coerente di Sean fu per Saul. Lo scorse che teneva una coppia di muli carichi sotto la sponda. Altri due animali erano stati portati al riparo da Nonga e Mbejane. Sean gridò a Saul di portarsi all'altra estremità della linea. Poi urlò: «Sergente-maggiore! » e con sollievo udì non lontana la voce di Eccles: « Qui, signore. » « Disponga gli uomini lungo la riva e faccia scavare delle buche. » «Sissignore», e immediatamente cominciò: « Qui, voialtri! Avete sentito il maggiore? Muovete le chiappe! » Nel giro di dieci minuti c'erano duecento fucili allineati lungo la riva e la Maxim era piazzata dietro un muretto di pietre e terra. Gli uomini che avevano perduto le armi si stavano occupando dei feriti, che erano stati radunati al centro della linea. Con le schiene appoggiate contro la sponda, sedevano nella melma fino alla vita e il loro sangue si spandeva nell'acqua in rivoletti color rosa cupo. Sean si arrampicò accanto a Eccles e alzò cautamente la testa per guardare oltre il ciglio. Davanti a lui, lo spettacolo era pietoso. Cavalli e muli morti, some spaccate, coperte e provviste sparse sull'erba. Animali feriti stavano in piedi a testa bassa o si dibattevano impotenti al suolo. « C'è ancora qualcuno vivo là fuori? » gridò, ma dai corpi distesi non ricevette risposta. Un cecchino sulla cresta ficcò un proiettile nel terreno proprio davanti alla sua faccia, e Sean si affrettò ad abbassare la testa. «Quasi tutti sono riusciti a trascinarsi fino al fiume, signore. Quelli che non ce l'hanno fatta stanno meglio là fuori che in questo fango. » « Quanti ne abbiamo perduti, Eccles? » « Una dozzina, signore, e circa il doppio sono feriti. Ce la siamo cavata con poco. » « Già », annuì Sean. « Il loro fuoco iniziale era troppo alto. E un errore che fanno anche i tiratori piú in gamba, quando devono sparare in discesa. » « Ci hanno proprio colti con le braghe calate », borbottò Eccles, e a Sean non sfuggì la lieve nota di rimprovero. « Lo so. Avrei dovuto mettere delle sentinelle sulla cresta. » Non sei Napoleone, si disse, e quei cadaveri ne sono la prova. «Quante armi abbiamo perduto? » chiese ancora. « Ci restano duecentodieci fucili e una Maxim, signore, e avevo distribuito le munizioni extra, secondo i suoi ordini, poco prima dell'attacco. » « Dovrebbero bastare », decise Sean. « Ora si tratta soltanto di Pagina 115
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) tener duro finché la mia guida indigena non ci porta i rinforzi. » Per mezz'ora non accadde nulla, a parte qualche sporadico sparo, dalla cresta. Sean percorse la linea parlando agli uomini. «Come va, marinaio? » « Alla mia vecchia verrebbe un colpo, signore. 'George,' mi direbbe, 'star seduto nel fango non può far bene alle tue emorroidi', così direbbe, signore. » L'uomo aveva una pallottola nello stomaco, e Sean si sforzò di sorridere. « Non mi spiacerebbe una fumatina, però. » Sean si frugò in tasca, gli porse un sigaro umido e passò oltre. Un ragazzo, uno dei coloniali, piangeva silenziosamente, tenendo contro il petto l'ammasso di bende inzuppate di sangue che era la sua mano. « Ti fa male? » chiese Sean con dolcezza. Il ragazzo alzò verso di lui la faccia imbrattata di fango e di lacrime. « Se ne vada », mormorò. « Per piacere, vada via. » Sean proseguì. Avrei dovuto mettere delle sentinelle, si ripeté. Avrei dovuto... « Bandiera bianca sulla cresta, signore », gridò un uomo in tono eccitato, e Sean si arrampicò al suo fianco. Immediatamente un brusio di commenti percorse la linea. « Stendono il bucato. » « I bastardi vogliono arrendersi. » « Sanno che li abbiamo fregati. » Sean salì sulla sponda e agitò il cappello. Subito un uomo a cavallo scese al trotto verso di lui. «Middag, Menheer», lo salutò Sean. L'altro rispose soltanto con un cenno e gli porse un biglietto. Menheer, attendo da un momento all'altro l'arrivo dei mio cannone Hotchkiss. La vostra situazione è molto precaria. Suggerisco che deponiate le armi per evitare ulteriori spargimenti di sangue. Vecht-Generaal J. P. Leroux. Il messaggio era scritto in olandese antico su un brandello irregolare di carta da pacchi. « I miei saluti al generale, Menheer, ma noi resisteremo qui ancora un poco. » « Come vuole », disse il boero, « prima però dovete controllare se qualcuno di quegli uomini », e indicò le figure cachi sparse tra i muli e i cavalli morti, « è ancora vivo. E dovete uccidere gli animali feriti. » « Molto gentile da parte vostra, Menheer. » « S'intende che non farete alcun tentativo di raccogliere armi o inunizioni. » « S'intende. » Il boero rimase con loro, mentre Eccles e mezza dozzina d'uomini perlustravano il campo, uccidendo gli animali storpiati ed esaminando i soldati caduti. Ne trovarono uno ancora vivo. L'aria usciva sibilando dalla trachea recisa, assieme a una schiuma di bollicine rosse. Lo deposero su una coperta e lo portarono nel letto del fiume. « Undici morti, signore », riferì Eccles a Sean. «Eccles, appena la tregua sarà finita verremo a recuperare un'altra Maxim e due cassette di munizioni. » Erano accanto al carro, e Sean accennò col capo alla grossa mitragliatrice che spuntava da sotto l'incerata. « Sissignore. » « Voglio quattro volontari pronti sotto l'orlo della sponda. Si assicuri che ogni uomo abbia un coltello per tagliare le corde. » « Sissignore. » Eccles sorrise come un allegro tricheco e tornò verso il fiume, mentre Sean si avvicinava al boero. « Abbiamo finito, Menheer. » « Bene. Appena io sarò scomparso dietro la cresta, riprenderemo a sparare. » « D'accordo. » Sean si avviò verso il fiume, passando tra i cadaveri. Già le mosche li ricoprivano, verdi e metalliche, sollevandosi al suo passaggio come uno sciame migrante di api, per poi tornare a Pagina 116
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) posarsi. Sean raggiunse la riva e vide Saul accoccolato sotto di essa, alla testa d'un quartetto di uomini senza fucili. In piedi dietro di loro c'era un Eccles molto immusonito, coi baffi spioventi per il disappunto. Sean capì all'istante cos'era successo: Saul era ricorso al proprio grado per assumere il comando dei volontari. « Cosa diavolo credi di fare? » domandò a Saul, che lo fissò con quella sua espressione cocciuta. « Tu rimarrai dove sei. E' un ordine! » Si rivolse a Eccles: « Assuma lei il comando, sergente-maggiore », ed Eccles sorrise. Non era il momento di discutere. Già il boero era a metà della salita. Sean alzò la voce per gridare alla lunga fila di uomini sotto la sponda: «Ascoltate tutti. Nessuno spari finché non lo farà il nemico. Così forse riusciremo a guadagnare un pò di tempo». Poi, a voce piú bassa, rivolgendosi a Eccles: «Non correte, uscite camminando con aria indifferente». Saltò nel letto del fiume restando in piedi tra Saul ed Eccles. Tutti e tre fissarono il pendio e videro il boero raggiungere la cresta, agitare il cappello e sparire. « Andate! » disse Sean, e tutti scattarono. Eccles, i quattro volontari... E Saul. Sbalordito, Sean guardò i sei uomini camminare verso il carretto. Poi la sua rabbia esplose. Quello stupido, piccolo bastardo, e anch'egli uscì dal letto del fiume. Raggiunse gli altri nei pressi del carretto. Nel teso silenzio della sfuriata incombente, ringhiò a Saul: « Te la farò pagare! » e l'amico sorrise con aria di trionfo. Sulla cresta c'era ancora un silenzio perplesso... Ma non poteva durare molto. Insieme, Saul ed Eccles tagliarono le corde che trattenevano l'incerata, Sean la sollevò e prese la mitragliatrice. « Tieni », disse, passandola all'uomo dietro di lui. In quel momento un colpo d'avvertimento sibilò sopra le loro teste. « Prendete una cassa ciascuno e correte! » Dalla cresta e dal fiume il fuoco di fucileria esplose come un lungo rullo di tamburi, e i sette corsero a zigzag verso la riva, piegati in due sotto i loro fardelli. L'uomo che portava la Maxim cadde a testa in avanti. Sean lanciò la sua cassetta di munizioni, che si abbatté vicino alla sponda, rotolò in avanti e precipitò oltre l'orlo. Rallentando a stento la sua corsa, fece dietro front, raccolse la Maxim e galoppò di nuovo verso il fiume. Davanti a lui, prima Eccles, poi Saul saltarono al sicuro e Sean lì segui coi tre soldati sopravvissuti. Era finita, Sean sedeva immerso fino alla cintola nell'acqua gelata, stringendo al petto la mitragliatrice, e tutto ciò che gli passava per la mente erano insulti per Saul. Gli lanciò un'occhiata fulminante, ma Saul ed Eccles stavano inginocchiati l'uno di fronte all'altro, ridendo e dandosi manate sulle cosce. Sean porse l'arma al soldato piú vicino e si avvicinò a Saul. La sua mano gli afferrò brutalmente una spalla e lo sollevò. «Tu... » Non riusciva a trovare parole abbastanza dure. Se Saul fosse rimasto ucciso là fuori, Ruth non avrebbe mai creduto che era uscito di propria iniziativa. « Maledetto idiota » sibilò, e forse l'avrebbe colpito, se non l'avessero distratto le grida dalla piazzola di tiro dietro di lui. « Povero disgraziato! » « Sì è alzato. » « Sta' giú, per l'amor di Dio, sta' giú. » Sean lasciò andare Saul, balzò sulla piazzola e guardò attraverso la feritoia del muretto. Allo scoperto, il soldato che aveva portato la Maxim si era alzato in piedi. Si muoveva parallelamente alla riva, con le mani ciondoloni lungo i fianchi e una strana andatura dinoccolata. I boeri gli sparavano addosso dalla cresta. Nessuno degli inglesi, paralizzati dall'orrore, andò ad aiutarlo. L'uomo fu colpito e barcollò, ma continuò a camminare sotto il fuoco boero, tracciando una curva in direzione opposta al fiume. Fu colpito di nuovo e stramazzò in avanti. Il fuoco nemico cessò e, nel silenzio, gli uomini di Sean cominPagina 117
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ciarono ad agitarsi e a parlare di banalità, evitando gli uni gli occhi degli altri, vergognosi d'aver osservato una cosa così intima e nuda come la morte di quell'uomo. La collera di Sean era svanita, rimpiazzata da un senso di colpevole gratitudine per il fatto che, là fuori, non era rimasto Saul. 46. Nel lungo periodo di stasi che seguì, Sean e Saul rimasero seduti l'uno accanto all'altro con la schiena appoggiata alla sponda. Benché non parlassero, il vecchio senso di cameratismo si era ristabilito tra loro. Con uno scoppio e un fischio, il primo proiettile d'artiglieria lacerò l'aria e, come tutti gli altri, Sean abbassò istintivamente la testa. La bomba esplose con un alto spruzzo brunogiallastro sul pendio opposto. La costernazione si diffuse lungo il fiume. « Cristo, hanno avuto il cannone! » « Prenotami un posto sul primo treno, amico! » « Ragazzi, non c'è motivo di preoccuparsi », gridò Sean in tono rassicurante. « Non possono raggiungerci con quel pezzo... » E il secondo proiettile esplose proprio sull'orlo della sponda, rovesciando su di loro una grandinata di zolle e sassi. Per un secondo rimasero storditi, tossendo per la polvere, ma nell'attimo successivo già scavavano nella parete di terra come una banda di becchini in gara tra loro. La polvere formò sul fiume una specie di nebbia color ocra, che fece sgranare gli occhi ai boeri sulla cresta. Poco prima che arrivasse la terza bomba, ciascun uomo si era scavato una piccola nicchia nella quale appiattirsi. I tiri boeri erano stranamente irregolari. Due o tre volavano altissimi ed esplodevano in pieno veld. Il successivo colpiva in pieno il fiume, sollevando una colonna di acqua e fango. Allorché avveniva questo, l'eco di lunghe acclamazioni giungeva debolmente dalla cresta, seguito da una pausa, durante la quale era presumibile che i cannonieri ricevessero le congratulazioni dei compagni. Poi il bombardamento ricominciava con rinnovato entusiasmo, declinante a poco a poco verso un'altra lunga pausa, di cui tutti approfittavano per riposare. Durante uno, di questi intervalli, Sean scrutò la cresta attraverso la feritoia del muretto. Da una dozzina di punti salivano pallide colonne di fumo. « Pausa per il caffè, lassú, Eceles. » « Da come stanno conducendo l'azione, non mi meraviglierei se comparisse un'altra bandiera bianca e se un paio dei loro ragazzi venisse giú a offrirlo anche a noi. » « Ne dubito », sogghignò Sean. « Ma che vengano giú è piú che certo. » Sean guardò l'orologio. « Le quattro e mezzo. Due ore al tramonto. Leroux deve prendere una decisione prima che faccia buio. » « Se vengono, ci attaccheranno alle spalle », annunciò Saul, indicando un pendio che minacciava la loro retroguardia. « Per fronteggiare una carica da quella parte, dovremmo allinearci lungo la sponda opposta e offrire la schiena ai cecchini rimasti sulla cresta. » Sean considerò il problema per un minuto, poi esclamò: « Ci sono! Il fumo! ». « Scusi, signore? » «Eccles, faccia preparare dei fuochi lungo questa sponda, con erba e rami pronti a essere accesi », ordinò Sean. « Se arrivano da dietro ci nasconderemo con il fumo. » Dopo quindici minuti di frenetica attività il lavoro era finito. A intervalli di dieci passi, lungo il letto del fiume gli uomini di Sean avevano preparato cumuli di pietre con la sommità piatta che s'innalzavano al di sopra del livello dell'acqua. Su ogni cumulo era pronto un grosso fascio d'erba e di cespugli strappati dalla sponda. Un pò prima del tramonto, quando le ombre si addensano e la luce è ingannevole, complice la nebbia che si alzava nell'aria immobile e fredda nascondendoli, Leroux mandò all'attacco i suoi cavalieri. Sean udì un sordo tambureggiare di zoccoli, simile al passaggio Pagina 118
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) di un treno in lontananza, e balzò in piedi. « Eccoli che arrivano! » gridò qualcuno. « Quei bastardi ci attaccano alle spalle! » Col sole basso che proiettava ombre enormi e distorte davanti a loro, i cavalieri caricavano in lunga fila da occidente. « Accendete i fuochi! » ruggì Sean. I boeri, un mezzo migliaio, stavano appiattiti sui cavalli e avanzavano al gran galoppo, sparando. « Le Maxim! » urlò Sean. « Portate le Maxim dall'altra parte dei fiume! » Le squadre di mitraglieri tolsero le pesanti e poco maneggevoli armi dalle piazzole e arrancarono attraverso la corrente. Da ogni fuoco saliva una nuvola di fumo azzurro. Tossendo e imprecando, gli uomini raggiunsero l'altra sponda. Dalla cresta un furioso fuoco di copertura batteva il fiume, e il cannone aveva ripreso il bombardamento, ora molto piú intenso e preciso. « Fuoco a volontà! » urlò Sean. « Colpite quei bastardi. Colpiteli. Fategliela pagare. » Il frastuono era spaventoso: la fucileria e le bombe, il tambureggiare delle Maxim, le urla d'incitamento e di dolore, il tuono degli zoccoli, il crepitio delle fiamme. Sopra tutto questo, una densa coltre di fumo e polvere. Coi gomiti sulla ruvida argilla della sponda, Sean puntò, sparò e un cavallo cadde, lanciando in aria cavaliere e fucile. Senza togliere il calcio dalla spalla, azionò l'otturatore e sparò di nuovo. Preso! ecco che si piega e ondeggia sulla sella. Va' giù, bastardo! Oplà... scivola in avanti e cade. Spara ancora, ancora. Vuota il caricatore. Ogni colpo a segno. Accanto a lui, il marinaio spostava a destra e a sinistra la bocca della Maxim. Mentre ricaricava, Sean la guardò tracciare il suo arco di distruzione, massacrando uomini e cavalli, finché tacque di colpo e il mitragliere si chinò su di essa per inserire un nuovo caricatore. Un colpo dalla cresta, sparato alla cieca nel fumo, lo colpì nella parte posteriore del collo. L'uomo cadde riverso sull'arma, e il suo sangue fiottò dalla bocca aperta sul manicotto della canna, mentre gli arti sussultavano e si contorcevano negli spasimi della morte. Sean lasciò il fucile, allontanò il corpo dalla Maxim, sistemò il caricatore e premé i pollici sul pulsante. I boeri erano vicini, adesso. Sean spinse verso il basso le impugnature per alzare il tiro, mirando al petto dei cavalli. Il sangue del marinaio friggeva sulla canna rovente e l'erba davanti alla bocca si appiattiva e tremava sotto le continue raffiche. Davanti a lui, una schiera di cavalli in corsa si stagliava contro il cielo sempre piú scuro; gli uomini in groppa facevano piovere proiettili sul gremito letto del fiume. Cavalli feriti cadevano oltre la sponda, rotolando e scalciando nel fango. « Smontate! Smontate! Dentro anche noi, nel fiume! » gridò un vecchio boero dalla bella barba bionda. Sean ruotò la Maxim per colpirlo. L'uomo lo scorse attraverso il fumo, ma era inerme nell'atto di scendere di sella, con la gamba destra già fuori della staffa e il fucile nella mano sinistra. Sean vide che i suoi occhi erano grigi e impassibili mentre fissavano la bocca della Maxim. La raffica lo colse in pieno petto, cadde all'indietro sollevando le braccia e il cavallo lo trascinò via. L'attacco s'interruppe. Il fuoco boero diminuì, i cavalli fecero dietro front e galopparono verso il rifugio delle colline. Il vecchio burgher ucciso da Sean andò con loro, trascinato sulla schiena. La sua testa rimbalzava sulle irregolarità del terreno, lasciandosi dietro una lunga scia di erba schiacciata. Intorno a Sean, gli uomini acclamavano, ridevano e chiacchieravano al colmo della gioia. Ma nel fango ce n'erano molti che non esultavano e, con un moto di stupore colpevole, Sean si accorse che i suoi piedi poggiavano sul cadavere del marinaio. « Questo round è nostro! » disse Eccles con un sorriso raggiante. Insensibile tra i morti come può esserlo solo un vecchio soldato. « Già », assentì Sean. Oltre la sponda un cavallo si alzò e rimase immobile, il corpo scosso da brividi, una gamba spezzata. Un burgher ferito cominciò a tossire nell'erba, rantolando e boccheggiando, soffocato dal proPagina 119
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) prio sangue. « Sì, questo round è nostro, Eccles. Alzi la bandiera. Devono scendere a raccogliere i feriti. » I burghers dovettero usare le lanterne per cercare nell'oscurità i compagni ancora vivi e uccidere i cavalli. «Nkosi, nel punto in cui il fiume gira e le sponde sono basse hanno piazzato molti uomini», riferì Mbejane, di ritorno da una ricognizione. « Non possiamo andarcene da quella parte. » « Lo immaginavo», annuì Sean, e porse a Mbejane una scatoletta di carne. « Mangia. » « Cos'ha detto, signore? » chiese Eccles. « Che il fiume a valle è presidiato. » Sean accese uno dei sigari che aveva recuperato dalla sella del proprio cavallo abbattuto. « E' maledettamente scomodo starsene qui seduti nel fango», insinuò Eccles. «Pazienza, sergente-maggiore», sorrise Sean. «Daremo loro tempo fino a mezzanotte. Per quell'ora la maggior parte dei burghers sarà scesa dall'altra parte della cresta, a bere caffè intorno ai fuochi. » « Vuole attaccare, signore? » Era evidente che Eccles approvava. «Sì. Lo dica agli uomini. Tre ore di riposo, poi prenderemo d'assalto la cresta. » « Bene, signore. » Sean appoggiò la schiena alla sponda e abbassò le palpebre. Era stanchissimo, gli occhi gli bruciavano per la polvere e il fumo, la parte inferiore del corpo era bagnata e fredda, gli stivali appesantiti dal fango. I vapori di liddite gli avevano provocato un mal di testa lancinante. Avrei dovuto mettere una sentinella sulla cresta, pensò ancora una volta. Mio Dio! Che casino ho combinato! Il mio primo comando, e ho già perduto metà degli uomini e tutti i cavalli. Avrei dovuto mettere una sentinella sulla cresta. 47. Presero la cresta pochi minuti dopo la mezzanotte, quasi senza incontrare resistenza. Le poche sentinelle boere si precipitarono giú per il pendio e Sean osservò dall'alto i laagers nemici. I fuochi splendevano in fila irregolare lungo la valle, circondati da uomini in piedi che guardavano verso la cresta. Sean li disperse con una dozzina di raffiche, poi gridò: « Cessate il fuoco. Eccles, sistemi gli uomini in posizione. Presto avremo visite ». I boeri avevano innalzato lungo la cresta dei muriccioli che risparmiarono molto lavoro ai soldati di Sean. In dieci minuti le Maxim erano piazzate, e i duecento uomini rimasti illesi aspettavano dietro le scabre pareti di roccia il contrattacco nemico. Ci volle un pò di tempo perché questo avesse luogo, poiché la situazione rendeva necessario un rapido consiglio di guerra. Infine gli inglesi udirono il primo furtivo accostarsi degli attaccanti. « Eccoli che arrivano, sergente-maggiore. Aspettate a sparare. » I burghers avanzavano con cautela, e quando Sean riuscì a percepire i loro bisbigli tra le rocce decise che erano abbastanza vicini e scoraggiò una maggior intimità con un fitto fuoco di fucileria e di tutte le Maxim. I boeri risposero con ardore e, nel pieno dello scontro, il cannone Hotchkiss fece udire la propria voce dalla vallata. Il primo proiettile passò ad appena un metro dalla testa di Sean ed esplose nella valle dietro di lui. Il secondo e il terzo colpirono in pieno gli attaccanti, suscitando un tale ululato di imprecazioni che i cannonieri, non vedendo apprezzati i loro sforzi, mantennero un distaccato e offeso silenzio per il resto della notte. Sean si aspettava un attacco deciso, ma presto fu chiaro che Leroux era ben consapevole del rischio che comporta impegnarsi da vicino nel buio. Quindi si accontentò di tener sveglio Sean per tutta la notte, mandando a turno i suoi burghers a continuare il duello di fucileria a distanza ravvicinata... E Sean cominciò a nutrire qualche dubbio circa la buona impostazione della propria offensiva. L'alba l'avrebbe trovato su una cresta rocciosa, di fronte a un nemico nuPagina 120
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) mericamente superiore, con una linea esposta a entrambe le estremità e abbastanza corta per essere facilmente circondata o colpita d'infilata. Ricordò lo Spion Kop... E la cosa non gli diede conforto. L'altra possibilità era quella di ritirarsi di nuovo sul fiume, e questo pensiero gli fece rizzare i capelli in testa. A meno che non arrivassero presto i rinforzi, la sconfitta era certa... Meglio lassú che nel fango. Resteremo, decise. All'alba ci fu una pausa, rotta soltanto da qualche colpo di fucile, ma Sean avvertì un aumento di attività tra i boeri. Sinistri fruscii e rumori attutiti di uno spostamento sui fianchi confermarono i suoi timori. Ormai era troppo tardi per ritirarsi sul fiume, i boeri erano già appostati sulle colline. Sembravano molto vicini; vicini quanto l'invisibile e ostile moltitudine acquattata sul pendio, in attesa che la luce aumentasse. Sean si alzò. « Prendi il mio posto », bisbigliò all'uomo accanto a lui, indicandogli la Maxim. L'aveva usata per tutta la notte: le sue mani erano artigli contratti nella posizione di sparo e le spalle gli dolevano in modo intollerabile. Le fletté, mentre percorreva la linea, fermandosi per scambiare qualche frase con gli uomini stesi bocconi dietro i muretti e tentando di dare un tono convincente alle sue parole d'incoraggiamento. Nelle loro risposte avvertiva il rispetto che essi cominciavano a nutrire per lui come combattente. Piú che rispetto, era qualcosa di simile a un affetto tollerante. Lo stesso sentimento che il generale Buller suscitava nei propri soldati. Il vecchio commetteva errori, molti uomini morivano quando era Buller a guidarli, ma la truppa lo amava e lo seguiva volentieri. Sean raggiunse l'estremità della linea. « Come va, Saul? » chiese a bassa voce. « Abbastanza bene. » « Qualche segno del nemico? » « Sono vicini... Un paio di minuti fa li abbiamo sentiti parlare. Se vuoi la mia opinione, sono pronti ad attaccare. » « Come state a munizioni? » « Ne abbiamo a sufficienza per arrivare alla fine. » Arrivare alla fine! Questo sarebbe spettato a lui deciderlo. Una volta cominciato il massacro, quanto doveva farlo durare, prima di chiedere quartiere e uscire dai ripari con le mani vergognosamente alzate? « E' meglio che tu ti metta al coperto, Sean. La luce aumenta rapidamente. » « Ehi, chi è la bambinaia qui? » ridacchiò Sean. « Bada, non voglio altri atti d'eroismo da parte tua », e s'incamminò verso il proprio posto. Il mattino giunse di colpo, come avviene soltanto in Africa. I laagers boeri erano spariti. E così pure l'Hotchkiss. Sean sapeva che il cannone e i cavalli erano stati spostati dietro la cresta che ora fronteggiava la posizione inglese. Sapeva inoltre che il torrente roccioso sotto di lui brulicava di nemici, che altri erano appostati ai suoi fianchi e probabilmente anche alle sue spalle. Lentamente, come un uomo che si osservi attorno prima di cominciare un lungo viaggio, Sean contemplò i monti, il cielo e la valle. In quella luce morbida, lo spettacolo era splendido. Poi i suoi occhi si volsero all'imbocco della valle, verso le praterie dell'alto veld. La sua testa ebbe uno scatto per la sorpresa. Sean sentì che l'eccitazione gli faceva rizzare i peli degli avambracci. L'ingresso della valle era ostruito da una massa scura. In quella luce incerta sarebbe potuta sembrare una piantagione di acacie: oblunga, regolare e nera contro l'erba pallida. Ma una piantagione che si muoveva, si allungava, cambiava forma. I primi raggi dei sole scivolarono giú dalla cresta e illuminarono le punte delle lance, traendone un migliaio di piccole scintille. « La cavalleria! » ruggì Sean. « Perdio, guardate! » Il suo grido fu ripreso e rilanciato lungo la linea; urlando e acclamando selvaggiamente, gli inglesi cominciarono a sparare sulle minuscole figure brune che fuggivano a rotta di collo, incontro agli uomini lasciati a guardia dei cavalli che si precipitavano giú dalla cresta opposta, ognuno tirandosi dietro una dozzina di animali. Pagina 121
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Poi, sopra le acclamazioni, gli spari, il rumore degli zoccoli e le grida di panico, risuonarono le note di Bonnie Dundee: chiara, penetrante, incalzante la tromba suonò la carica. I fucili di Sean tacquero. Le acclamazioni s'acquietarono e si spensero. A uno a uno, i suoi uomini si alzarono per guardare i lancieri. Passo. Trotto. Piccolo galoppo. Galoppo. Le punte delle lance scattarono in basso. Tenute all'altezza dei ventre, volavano come lucciole dinanzi alle file serrate di cavalieri, e quella cosa terribile si stava precipitando verso il groviglio di uomini e di animali in preda al panico, che si rifiutavano di essere montati. Ora alcuni boeri erano in sella, voltavano i cavalli, scappavano come selvaggina davanti ai battitori. « Mio Dio! » alitò Sean, irrigidendosi nell'attesa del rumore tremendo che avrebbe riempito l'aria quando la carica si fosse abbattuta sul bersaglio. Ma vi fu soltanto il tambureggiare degli zoccoli... nessun arresto, nessuna mutazione dello schieramento, mentre gli squadroni cavalcavano attraverso i boeri. Poi voltarono e tornarono indietro. A terra le lance spezzate, in pugno le sciabole, lunghe e lucenti. Sean notò un burgher che correva disperatamente a zigzag, inseguito da un lanciere. Lo vide mentre, all'ultimo momento, si girava e si abbassava coprendosi la testa con le mani. Il lanciere si alzò sulle staffe e sferrò una sciabolata di rovescio. Il burgher cadde. Come un giocatore di polo, il lanciere fece ruotare il cavallo e tornò indietro, sporgendosi di nuovo per colpirlo mentre ancora stava inginocchiato sull'erba. « Quartiere! » ringhiò Sean, poi la sua voce divenne un grido di orrore e di disgusto. « Date loro quartiere! Per l'amor di Dio, date loro quartiere! » Ma non lo fecero. Continuarono il massacro con fredda metodicità da parata. Fendi e taglia, urta e calpesta, finché le lame grondarono sangue e la valle fu disseminata di corpi straziati da decine di ferite. Sean distolse gli occhi e guardò i resti del commando di Leroux che si sparpagliavano su per le creste, dove i grossi cavalli dei lancieri non potevano seguirli. Poi si sedette su una roccia e strappò coi denti la punta di un sigaro. Il fumo aspro lo aiutò a ripulirsi la bocca dal sapore della vittoria. Due giorni dopo le Guide combattenti di Courteney entravano a Charlestown. La guarnigione le applaudì e Sean sorrise osservando la reazione dei propri uomini. Mezz'ora prima sembravano fantocci di pezza, tristemente affiosciati sulle loro cavalcature prese in prestito. Ora sedevano eretti e spavaldi, assaporando l'applauso e trovandolo di loro gusto. Poi il sorriso svanì dal volto di Sean, mentre egli osservava come le sue file si erano assottigliate e si voltava a guardare i quindici affollati carri che trasportavano i feriti. Se solo avessi messo delle sentinelle sulla cresta... 48. Un'urgente convocazione di Acheson attendeva Sean, che, venti minuti dopo essere arrivato a Charlestown, saliva sull'espresso del nord, odiando Saul per il bagno bollente in cui l'aveva lasciato, per l'uniforme che Mbejane gli aveva fatto lavare e stirare da una paffuta ragazza zulu, e ancor piú ferocemente per l'invito a partecipare in qualità di ospite d'onore, quella sera, alla mensa ufficiali... Dove l'amico si sarebbe goduto il Veuve Clicquot e il Courvoisier che una volta erano appartenuti a lui. Quando arrivò a Johannesburg, la mattina dopo, con la fuliggine della locomotiva che aggiungeva un ulteriore e sottile tocco alla fragranza accumulata durante due sozze settimane nel veld, Sean trovò ad aspettarlo un attendente, che lo condusse nell'appartamento di Acheson all'Hotel Grand National. Il maggiore Peterson rimase educatamente allibito per la tenuta di Sean. Sbirciò le macchie, gli strappi e il fango secco con aristocratico orrore, per il contrasto che facevano con la linda tovaglia di lino e la splendida argenteria della tavola apparecchiata per la priPagina 122
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ma colazione. L'odore gli guastò l'appetito, e continuava a portarsi al naso un fazzoletto di seta. Ma Acheson parve non accorgersi di nulla, il suo umore era a dir poco festoso. «Bella impresa, Courteney. Oh sì, maledettamente bella. Ha convalidato in pieno la sua teoria. Per un pò non avremo molti guai da quel Leroux, può starne certo. Gradisce un altro uovo? Peterson, gli passi il bacon. » Sean finì di mangiare e si riempì la tazza di caffè prima di avanzare la propria richiesta. « Voglio essere esonerato da questo comando, ho combinato un maledetto pasticcio. » Sia Acheson sia Peterson lo fissarono inorriditi. « Buon Dio, ha ottenuto un successo ragguardevole... Il piú grosso da parecchi mesi a questa parte. » «Fortuna », lo interruppe bruscamente Sean. «Altre due ore e ci avrebbero annientati. » « Gli ufficiali fortunati, a mio avviso, sono piú preziosi di quelli intelligenti. La sua richiesta è respinta, colonnello Courteney. » Così adesso sono colonnello, pensò, un leccalecca per tenermi inchiodato sulla poltrona del dentista. Sean era quasi divertito. Dei colpetti alla porta gli impedirono di protestare. Un attendente entrò e tese un messaggio ad Acheson. « Dispaccio urgente da Charlestown », mormorò. Acheson prese il foglio e lo usò come se fosse la bacchetta di un direttore d'orchestra, mentre continuava il proprio discorso. « Ho tre ufficiali subalterni, per lei, e gli uomini necessari a rimpiazzare le perdite. Mi trovi i boeri e li tenga impegnati fino all'arrivo della mia cavalleria. Non le chiedo altro. Mentre lei farà la sua parte, le nostre colonne inizieranno una nuova serie di battute. Questa volta rastrelleremo ogni palmo di terreno tra le linee di fortini. Distruggeremo i raccolti e il bestiame, bruceremo le fattorie, prenderemo ogni uomo, donna o bambino e li chiuderemo in campi di prigionia. Quando avremo finito, non sarà restato che il nudo veld. Costringeremo i commando a operare nel vuoto e intanto li perseguiteremo con incessanti battute e incursioni. » Diede una manata sul tavolo, facendo tintinnare il vasellame. « Logoramento, Courteney. D'ora in poi sarà una guerra di logoramento! » Quelle parole suonarono sgradevolmente familiari alle orecchie di Sean. E, a un tratto, un quadro di desolazione si formò nella sua mente. Vide la terra - la sua terra - annerita dal fuoco e scheletri di fattorie nell'immensità dei campi incolti. Il suono del vento sul veld era il pianto degli orfani e il lamento di un popolo disperso. « Generale... » cominciò, ma Acheson stava leggendo il dispaccio. « Dannazione! » ringhiò. « Ancora Leroux - Ha fatto dietro front e ha chiuso in trappola la colonna di rifornimenti di quegli stessi lancieri che avevano tagliato a fettine i suoi uomini. L'ha annientata ed è scomparso tra le montagne. » Posò il messaggio sul tavolo. «Courteney», disse, senza staccare gli occhi dal foglietto, «torni laggiú e, questa volta, catturi quel bastardo! » 49. La colazione è pronta, Nkosi. » Michael Courteney alzò gli occhi dal libro per sorridere al servo indigeno. « Grazie, Joseph, vengo subito. » Quelle due ore di studio mattutino passavano così presto. Guardò l'orologio sul ripiano sopra il suo letto. Già le sei e mezzo. Chiuse il libro e si alzò. Mentre si spazzolava i capelli, guardava la propria immagine senza prestarvi attenzione. La sua mente era tutta presa dagli eventi che avrebbero riempito quella nuova giornata. C'era molto lavoro da fare. Il suo riflesso gli restituiva lo sguardo con seri occhi grigi da una faccia i cui contorni eleganti erano guastati dal grande naso dei Courteney. I capelli erano neri e ribelli. Posò la spazzola e, mentre infilava la giacca di pelle, sfogliò il libro per controllare un certo passo. Lo lesse attentamente, poi si voltò e uscì nel corridoio. Pagina 123
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Anna e Garrick Courteney sedevano ai capi opposti della lunga tavola da pranzo di Theunis Kraal, ed entrambi alzarono gli occhi quando il figlio entrò. « Buongiorno, mamma. » La donna porse la guancia per ricevere suo bacio. « Buongiorno, Pa'. » « Salve, figliolo. » Garry era in alta uniforme, completa di decorazioni, e Michael provò un senso di fastidio. Era così maledettamente pomposo. Inoltre gli ricordava che aveva diciannove anni e che c'era una guerra in corso, mentre egli se ne stava seduto a tavola nella fattoria di famiglia. « Vai in città, Pa? » chiese. « No, voglio lavorare un pò alle mie memorie. » « Ah. » Michael guardò di nuovo l'uniforme, e Garry, arrossendo lievemente, si concentrò sul proprio piatto. Anna ruppe il silenzio. « Come va lo studio, caro? » « Abbastanza bene, grazie, mamma. » « Sono certa che supererai gli esami finali con la stessa facilità degli altri. » Anna gli sorrise con aria possessiva e allungò un braccio per toccargli una mano. Michael la ritrasse e posò la forchetta. « Mamma, voglio parlarti del mio arruolamento. » Il sorriso di Anna si gelò. All'altro capo del tavolo Garry si raddrizzò sulla sedia. « No », disse con insolita violenza. « Ne abbiamo già parlato. Sei ancora minorenne e devi fare come ti si dice. » « La guerra è quasi finita, caro. Ti prego, pensa a tuo padre e a me. » E cominciò. Un'altra di quelle lunghe discussioni, piene di suppliche e di lusinghe, che disgustò e frustrò Michael al punto che si alzò di scatto e uscì dalla stanza. Il suo cavallo era già sellato, in cortile. Il giovane gli balzò in groppa, lo spronò verso il cancello, glielo fece saltare, atterrando fra i polli che scapparono da tutte le parti, e galoppò verso la cisterna principale. Nella sala da pranzo Anna e Garry ascoltarono quel furioso scalpitio svanire in lontananza. Poi Garry si alzò. « Dove stai andando? » chiese Anna in tono aspro. « Nel mio studio. » « Dalla bottiglia di brandy nel tuo studio », lo corresse sprezzantemente la moglie. « Ti prego, Anna. » « Ti prego, Anna », ripeté lei, facendogli il verso. « Non fare così, Anna. E' tutto quello che sai dire? » La sua voce aveva perduto l'intonazione aristocratica coltivata con tanta cura. Ora vi risuonava tutta l'amarezza accumulata in vent'anni. « Per piacere, Anna. Gli impedirò di partire. Te lo prometto. » « Gli impedirai di partire! » rise Anna. « In che modo? Facendo tintinnare le tue medaglie? Come glielo impedirai... Tu, che non hai mai fatto una sola cosa utile in tutta la tua vita? » Rise di nuovo, in maniera stridula. « Perché non gli mostri la tua gamba e dici: 'Ti prego, non abbandonare il tuo povero babbo mutilato'. » Garry s'irrigidì. La sua faccia era pallidissima. « Mi darà ascolto. E' mio figlio. » « Tuo figlio! » « Anna, per piacere... » « Tuo figlio! Ah, questa è buona! Non è tuo figlio. E' figlio di Sean. » « Anna! » Garry tentò di farla smettere. « Come potresti fare un figlio, tu? » Stava ridendo di nuovo, e Garry non riuscì a sopportarlo. Si slanciò verso la porta, ma la voce di lei lo seguì, ferendolo nei due punti piú sensibili della sua anima: la sua menomazione e la sua impotenza. Entrò barcollando nello studio, sbatté la porta e dette un giro di chiave. Poi raggiunse in fretta il solito mobiletto che stava di fianco alla scrivania. Riempì per metà il grosso bicchiere cilindrico e bevve fino all'ultima goccia. Poi si lasciò cadere sulla sedia a braccioli, chiuse gli occhi e tese di nuovo la mano verso la bottiglia. Si versò con cura un'altra dose di brandy e riavvitò il tappo. Questa l'avrebbe sorsegPagina 124
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) giata lentamente, facendola durare anche un'ora. Aveva imparato a mantener viva la fiamma. Si sbottonò la giubba e se la tolse, si alzò, l'appese allo schienale della sedia, si risedette, bevve un sorso e infine trasse a sé una pila di fogli manoscritti. Colenso: un resoconto della campagna nel Natal sotto il generale Buller. Del colonnello Garrick Courteney. Sollevò il primo foglio, lo mise da parte e si concentrò sul successivo. Lo aveva letto tante volte che aveva finito col crederci. Era buono. Sapeva che era buono. E lo sapevano anche i signori Heinemann di Londra, ai quali aveva mandato un abbozzo dei primi due capitoli e che erano ansiosi di pubblicarlo al piú presto. Lavorò tranquillamente e con gioia per tutta la mattina. A mezzogiorno il vecchio Joseph gli portò il desinare nello studio. Pollo freddo e insalata in stoviglie di porcellana di Delft e una bottiglia di vino bianco del Capo avvolta in un tovagliolo candido. Garrick continuò a lavorare mangiando. Verso sera, quando ebbe corretto l'ultimo paragrafo dell'ultima pagina e deposto la penna nel calamaio, sorrise per alcuni istanti, poi infilò la giubba e disse a voce alta: « Ora andrò a trovare il mio tesoro ». Theunis Kraal s'innalzava su un rialzo del terreno sotto la scarpata: un grande edificio coi muri imbiancati a calce, il tetto di paglia e un timpano all'olandese. Davanti si stendeva un prato a terrazze, con aiuole di azalee e rododendri tutt'intorno, limitato sulla destra dai recinti dei cavalli: due grandi recinti per le fattrici e i puledri. Garry si fermò davanti al basso cancello a guardare i puledri che alzavano il muso sotto il ventre delle madri, strofinandolo contro le poppe. Poi zoppicò lungo lo steccato fino a un recinto piú piccolo, chiuso da pali alti due metri e imbottiti di tela, che ospitava il suo stallone da razza. Gipsy, che lo stava aspettando, agitò la testa, così che il pelo risplendette con riflessi dorati nel sole dei tardo pomeriggio, abbassò le orecchie e poi le raddrizzò, danzando un poco per l'impazienza. «Ehi, amico. Qui, Gipsy», chiamò Garry, e lo stallone infilò la testa tra i pali per mordicchiargli una manica. «Lo so cosa vai cercando tu... lo zucchero», ridacchiò Garry, e gliel'offrì nel palmo della mano. «Zuccherino, tesoro», mormorò Garry, provando un piacere sensuale al contatto di quelle labbra soffici sulla sua pelle, e Gipsy drizzò le orecchie per ascoltare la sua voce. « Basta. Non ce n'è piú. » Lo stallone sfregò il muso contro il suo petto e Garry lo accarezzò sul collo con entrambe le mani. «Non ce n'è piú, tesoro. Adesso corri per me. Fammi vedere come sai correre. » Fece un passo indietro e batté forte le mani. «Corri, bello, corri. » Lo stallone ritrasse la testa e s'impennò, nitrendo e fendendo l'aria con gli zoccoli anteriori. Grosse vene spiccavano lungo il ventre e sopra la doppia borsa dello scroto teso. Rapido, maschio e potente, ruotò sulle zampe posteriori. « Corri per me! » incitò Garrick. Lo stallone partì al galoppo lungo il solco tracciato dai propri zoccoli e sfrecciò intorno allo steccato, col terriccio che gli volava intorno e la luce che danzava sul suo mantello al guizzo dei grossi muscoli rigonfi. « Corri! » Addossato alla palizzata, Garrick lo guardava con un'espressione di ardente bramosia. Quando l'animale si fermò, con le prime chiazze scure di sudore sulle spalle, Garrick si voltò e gridò in direzione della stalla: «Zama, porta la giumenta! ». Con una lunga corda, due stallieri condussero la cavalla verso il recinto. Le narici di Gipsy si dilatarono e divennero due ardenti caverne color rosa cupo; gli occhi si rovesciarono fino a mostrare il bianco. «Pazienza, tesoro», bisbigliò Garry, con voce arrochita dall'eccitazione. 50. Pagina 125
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Michael Courteney smontò da cavallo tra le rocce sul punto piú alto della scarpata. Per una settimana aveva resistito all'impulso di tornare in quel luogo. Gli sembrava un tradimento, in certo modo... Una slealtà verso i suoi genitori. Molto piú in basso, nella foresta, c'era la macchiolina bianca di Theunis Kraal. Ai margini della tenuta la ferrovia piegava ad angolo verso quello sparso e irregolare raggruppamento di tetti che era Ladyburg. Ma Michael non guardava da quella parte. Stava in piedi dietro la sua giumenta e fissava, oltre le prime colline nude, la gigantesca coltre d'alberi che copriva quelle piú a nord. Le acacie erano alte ora, tanto che i viottoli intersecanti la piantagione non si vedevano piú. Era un'unica distesa verde scuro, ondulata come i flutti di un mare ghiacciato. Non si era mai avvicinato di piú a Lion Kop. Era un territorio proibito, come la foresta incantata delle favole. Prese il binocolo dalla borsa appesa alla sella e osservò attentamente, finché giunse al tetto del ranch. La paglia nuova, dorata e ancora indenne dalle intemperie, spiccava sul verde delle acacie. La nonna vive là ora, pensò. Potrei andarla a trovare, non ci sarebbe niente di male in questo. Lui non c'è. Lui è alla guerra. Lentamente ripose il binocolo nella borsa e seppe che non sarebbe andato a Lion Kop. Era incatenato dalla promessa che aveva fatto a sua madre. Come da tante altre che si era lasciato strappare. Con cupa rassegnazione ricordò la discussione del mattino e si rese conto che anche quella volta avevano vinto loro. Non poteva lasciarli; sapeva che senza di lui sarebbero languiti nell'angoscia. Non poteva seguire l'altro in guerra. Sorrise ironicamente, pensando alle fantasie cui si era abbandonato. Caricare con lui in battaglia, parlare con lui la sera accanto al fuoco di bivacco, gettarsi davanti a una baionetta rivolta contro il suo petto. Durante le ultime vacanze di Natale, egli aveva trascorso intere ore, ogni giorno, nel proprio osservatorio sulla scarpata, attendendo di cogliere qualche fugace immagine di Sean Courteney. Con un senso di colpa ricordò il piacere che provava quando la sua alta figura appariva nel campo visivo del binocolo ed egli la seguiva nei suoi movimenti tra i filari appena piantati. Ma ora non c'è. Non ci sarebbe niente di male, se andassi a trovare la nonna... Salì sulla sua superba giumenta dorata e rifletté profondamente. Infine, con un sorriso, girò la testa dell'animale verso Theunis Kraal. Non devo piú salire quassú, pensò risolutamente, soprattutto quando lui sarà tornato a casa. 51. Sono stanchi, stanchi fino al midollo delle ossa, pensò Jean Paulus, osservando lo stato letargico dei suoi burghers mentre toglievano le selle e impastoiavano i cavalli. Sono spossati da tre anni di cavalcate e di combattimenti, dalla certezza della sconfitta, dalla pena per gli uomini che hanno sepolto, dalla compassione per le donne e i bambini. Non ne possono piú della vista dei veld disseminato di case bruciate e di scheletri di pecore. Forse è finita, pensò ancora; togliendosi il vecchio cappello Terai. Forse dovremmo ammettere che è finita e scendere in campo per l'ultima battaglia. Si strofinò il volto col fazzoletto da collo, che ritrasse sporco di sudore e di polvere della terra arida. Lo ripiegò e se lo infilò in tasca, guardando i resti anneriti dal fuoco di una fattoria costruita su uno sperone roccioso sovrastante il fiume. Le fiamme erano arrivate fino agli alberi della gomma e le foglie erano secche, gialle, morte. « No », disse ad alta voce. « Non è finita... Non prima d'aver fatto quest'ultimo tentativo », e s'incamminò verso il gruppo di burghers piú vicino. « Ja, Hennie. Come va? » chiese. « Non troppo male, Oom Paul. » Il ragazzo era pelle e ossa: coPagina 126
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) me tutti, del resto. Aveva steso sull'erba la coperta che usava come sottosella e ci si era sdraiato sopra. « Bene. » Jan Paulus annuì e si sedette accanto a lui. Tirò fuori la pipa e cominciò a succhiare. Dal fornello vuoto arrivava ancora il gusto del tabacco. « Vuoi fumare, Oom Paul? » Uno dei burghers si alzò e gli tese un sacchetto in pelle di antilope. «Nee, dankie. » Distolse gli occhi dal sacchetto, respingendo la tentazione. « Conservalo per festeggiare quando attraverseremo il Vaal. » « O quando entreremo a Cape Town», scherzò Hennie, e Jean Paulus gli sorrise. Cape Town distava duemila chilometri a sud, ma era là che stavano andando. «Ja, conservalo per Cape Town», assentì, e il sorriso sul suo volto divenne amaro. Le pallottole e le malattie gli avevano lasciato seicento uomini malridotti su cavalli mezzi morti di fatica per conquistare una provincia grande quanto la Francia. Ma era l'ultimo tentativo. Riprese a parlare. «Jannie Smuts è già nel territorio del Capo con un grosso commando. Anche Pretorius ha attraversato l'Orange; De la Rey e De Wet lo seguiranno... E Zietsmann sta aspettando che ci uniamo a lui sul Vaal. Questa volta i burghers del Capo si solleveranno. Questa volta... » Parlava lentamente, chino in avanti con i gomiti sulle ginocchia, uno scarno gigante d'uomo con l'irsuta barba color zenzero impastata di polvere e striata di un bianco giallastro sotto la bocca. I risvolti delle sue maniche erano macchiati dal vomito dei compagni malati. Molti burghers si fecero avanti dagli altri gruppi, accoccolandosi in cerchio intorno a lui per ascoltarlo e trarne conforto. « Hennie, vai a prendere la mia Bibbia nella borsa della sella. Leggeremo qualche pagina. » Il sole stava calando, quando Jan Paulus chiuse la Bibbia e guardò i suoi uomini. Avevano trascorso un'ora in preghiera, un'ora che si sarebbe forse potuta impiegare in modo piú proficuo; ma, quando guardò i volti dei burghers, Jan Paulus capì che non era stato tempo sprecato. « Dormite adesso, Kerels. Domani all'alba dobbiamo ripartire. » Ma egli non riuscì ad addormentarsi. Seduto con la schiena appoggiata alla sella, rilesse per la centesima volta la lettera di Henrietta. Portava una data di quattro mesi prima e aveva impiegato sei settimane a raggiungerlo tramite la catena di spie e di commando che recapitavano la posta ai guerriglieri. Henrietta era malata di dissenteria e i due figli piú piccoli, Stephanus e Paulus, erano morti di witseerkeel. Questa malattia infuriava nel campo di concentramento ed Henrietta temeva anche per i figli piú grandi. Anche l'ultimo barlume di luce svanì e Jan Paulus non poté piú leggere. Rimase seduto, stringendo la lettera tra le mani. Col prezzo che abbiamo pagato, avremmo dovuto ottenere qualcosa. Forse c'è ancora una possibilità. Forse. « In sella! In sella! Arrivano i cachi! » L'allarme fu gridato dalla cresta oltre il fiume, dove Jan Paulus aveva piazzato le sentinelle. Risuonò chiaramente nella quiete della sera. « In sella! Arrivano i cachi!i » Il grido rimbalzò da un capo all'altro del campo. Jan Paulus si chinò sul ragazzo, steso accanto a lui, che la stanchezza aveva sprofondato in un sonno di piombo, e lo scosse. « Sveglia, Hennie. Dobbiamo andarcene da qui. » Cinque minuti dopo conduceva il proprio commando sulla cresta e poi a sud, nell'immensità notturna. 52. Vanno ancora a sud », osservò Sean. « Sono tre giorni che cavalcano senza cambiare direzione. » « Si direbbe che Leroux abbia in mente qualcosa », annuì Saul. Pagina 127
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Fermiamoci una mezz'ora per far riprendere fiato ai cavalli. » Sean alzò un braccio e, dietro di lui, la colonna si disgregò, gli uomini scesero di sella e portarono le bestie all'ombra. Benché l'intera unità avesse avuto nuovi cavalli una settimana prima, i poveri animali stavano già perdendo la loro freschezza a causa delle lunghe ore di fatica quotidiana. Gli uomini invece erano in forma, coi corpo asciutto e l'aria decisa. Sean li ascoltò punzecchiarsi bonariamente e osservò il modo in cui si muovevano e ridevano. Li aveva trasformati in una forte unità combattente, rotta a ogni fatica, e avevano dato buona prova di sé una dozzina di volte dopo il fiasco di un anno prima, quando Leroux lì aveva colti di sorpresa sulle montagne. Sean sorrise. Si erano guadagnati la loro fama. Poi porse il cavallo a Mbejane e s'incamminò verso l'ombra di un piccolo albero di mimosa. « Hai idea di che cosa ha in mente Leroux? » chiese a Saul, offrendogli un sigaro. « Forse un assalto alla ferrovia del Capo. » « Forse », assentì Sean, sedendosi con sollievo su una pietra piatta e allungando le gambe davanti a sé. « Buon Dio, sono stufo di questa guerra... Perché diavolo non vogliono ammettere che è finita... Perché devono continuare? » « La roccia non si piega », disse Saul con un sorriso amaro. « Ma credo che ormai sia molto vicino il momento in cui dovrà spezzarsi. » « Lo dicevamo anche sei mesi fa », ribatté Sean, poi guardò alle spalle di Saul. « Sì, Mbejane, che cosa c'è? » Lo zulu stava dando inizio al rituale che precedeva un discorso serio. Si era accosciato a una dozzina di passi dal punto in cui sedeva Sean, aveva posato con cura le proprie lance accanto a sé sull'erba e ora si accingeva a fiutare un pizzico di tabacco. « Nkosi. » «Sì?» lo incoraggiò Sean, e attese che Mbejane raccogliesse un pò di polvere bruna con l'unghia. «Nkosi, questa zuppa ha un sapore strano. » Fiutò e starnutì. « Sì? » « Mi sembra che l'odore sia cambiato. » Spazzò via il residuo di tabacco dalle narici con il palmo rosa della mano. « Parli per enigmi, Mbejane. » « Gli uomini che seguiamo cavalcano in modo diverso da prima. » Sean rifletté per qualche secondo, poi capì. Sicuro! Mbejane aveva ragione. Mentre prima il commando di Leroux aveva lasciato una pista d'erba schiacciata larga una quindicina di metri, da quel mattino cavalcava in doppia fila, come se si trattasse di cavalleria regolare. « Cavalcano come noi, Nkosi, così che gli zoccoli di ogni cavallo si posino sulle tracce dell'animale che precede. In questo modo è difficile dire quanti uomini stiamo seguendo. » « Sappiamo che sono circa seicento... Un momento! Credo di capire quello che... » «Nkosi, dico che forse non sono piú seicento gli uomini davanti a noi. » « Mio Dio! Potresti avere ragione. » Sean balzò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro. « Sta spezzettando il suo commando. Abbiamo incrociato almeno una dozzina di luoghi rocciosi in cui può aver distaccato piccoli gruppi di burghers. Da qui a stasera non avremo davanti a noi piú di cinquanta uomini... E stanotte ci metteranno nel sacco: dopo essersi sparpagliati, si dirigeranno in gruppetti isolati verso un punto di ritrovo prefissato. » Picchiò il pugno contro il palmo dell'altra mano. « E' così, perdio! » Si rivolse a Saul: «Ricordi il torrente che abbiamo attraversato a circa due chilometri da qui.... Quello sarebbe potuto essere un posto ideale ». «Corrì un grosso rischio», lo avvertì Saul. «Se torniamo indietro e poi risulta che ti sei sbagliato, non riacchiapperai piú Leroux. » « Ho ragione », disse Sean. « Ne sono sicuro. Ordina agli uomini di risalire in sella. Torniamo indietro. » Sean arrestò il cavallo sulla sponda del torrente e guardò giú nelPagina 128
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) l'acqua chiara che scintillava sui piccoli massi tondi e sulla ghiaia del fondo. «Devono essere andati a valle, altrimenti vedremmo le tracce di fango sollevato dagli zoccoli. » Si rivolse a Saul. « Prenderò con me cinquanta uomini, in modo da non alzare troppa polvere. Dammi un'ora di vantaggio, poi seguimi con il resto della colonna. » « Mazeltov », gli augurò Saul sorridendo. Con un battitore zulu su ciascuna riva, Sean, Eccles e cinquanta uomini seguirono il torrente in direzione nord-ovest. Dietro di loro il Drakensberg era un'irregolare sagoma azzurra contro il cielo e, intorno, il secco veld invernale si estendeva nella sua accidentata complessità di alture e valli. Sul terreno roccioso lungo le creste l'aloe innalzava i suoi fiori multipli, simili a candelabri rosso cremisi, e, nella valle, i rovi si ammassavano lungo il corso dei torrente. Alte, fredde nubi oscuravano il cielo. Non faceva caldo alla pallida luce del sole, e il vento tagliava come un coltello. Qualche chilometro a valle rispetto al guado Sean cominciò a dar segni d'ansietà, chinando di continuo il capo per controllare il terreno già esaminato da Mbejane. Infine lo chiamò: «Mbejane, sei sicuro di non essertele lasciate sfuggire? ». Mbejane si raddrizzò dalla sua posizione accosciata e si voltò lentamente, lanciando a Sean un'occhiata austera. Poi spostò lo scudo da guerra sull'altra spalla e, senza degnarsi di rispondere, riprese la propria ricerca. Cinquanta metri piú a valle si raddrizzò di nuovo e disse: «No, Nkosi. Non me le sono lasciate sfuggire». Quindi indicò con l'assegai i segni profondi lasciati dai cavalli nel punto in cui avevano risalito la sponda e il fango che l'erba, ora appiattita, aveva asportato dalle loro zampe. « Li teniamo! » esultò Sean, enormemente sollevato; dietro di lui, l'eccitazione si diffuse tra gli uomini. « Bel colpo, signore. » I baffi di Eccles fremettero, mentre egli sorrideva. « Quanti, Mbejane? » « Venti, non di piú. » « Quando? » « Il fango è secco. » Mbejane considerò il problema, chinandosi per toccare la terra e determinarne la composizione. « Sono passati di qui quando il sole era a metà del suo corso mattutino. » Metà mattina: avevano un vantaggio di cinque ore. « La pista è abbastanza chiara da permettere di seguirla correndo? » « Lo è, Nkosi. » « Allora corri, Mbejane. » Con la colonna che lo seguiva al piccolo galoppo, lo zulu puntò a ovest, poi svoltò e proseguì in direzione sud. A sud, sempre a sud. Sean esaminò la situazione... Che cosa sperava di fare Jan Paulus con soli seicento uomini? A meno che!... Il cervello di Sean cominciò a lavorare febbrilmente su una vaga idea. A meno che non intendesse sgusciare attraverso le colonne di fanteria e cavalleria che aveva davanti, per puntare su una preda piú ricca. La ferrovia, come aveva suggerito Saul? No, Sean eliminò rapidamente questa ipotesi. Jan Paulus non avrebbe rischiato il suo intero commando per una posta così bassa. Allora cosa? Il Capo? Perdio, sicuro... Il Capo! Quel ricco e incantevole paese di vigneti e campi di grano. Quella terra serena, che impigriva nella sicurezza d'un secolo di dominio inglese... E tuttavia popolata da uomini che avevano lo stesso sangue di Leroux, di De Wet, di Jan Smuts. Smuts aveva già condotto il proprio commando oltre il fiume Orange. Se Leroux l'avesse seguito, se De Wet l'avesse seguito, se i burghers del Capo avessero rotto la loro inquieta neutralità, unendosi ai commando... La mente di Sean si rifiutò di andare oltre. Lasciò perdere i grandi « se » per tornare al presente. Dunque, Jan Paulus intendeva entrare nel Capo con soltanto seicento uomini? No, doveva averne di piú. Certo si stava recando a un luogo d'appuntamento con uno degli altri commando. Ma quaPagina 129
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) le? De la Rey? No, De la Rey era nel Magaliesburg. De Wet? No, De Wet era molto piú a sud, impegnato a giostrare con le colonne inglesi che gli davano la caccia. Zietsmann? Ecco, Zietsmann! Zietsmann coi suoi millecinquecento uomini. Sicuro! Ma dove si sarebbero incontrati? Su un fiume, evidentemente, considerato che dovevano avere acqua a sufficienza per duemila cavalli. L'Orange era troppo pericoloso... Quindi non poteva essere che il Vaal; ma in quale punto del Vaal? Occorreva un posto facilmente riconoscibile. Uno dei guadi? No, questi erano usati dalla cavalleria inglese. Nel punto d'incontro con uno degli affluenti? Certo, doveva essere così. Aprì in fretta la borsa appesa alla sella e tirò fuori l'astuccio delle mappe. Tenendo la pesante carta di tela impermeabile piegata su una coscia, si mise di traverso sulla sella per studiarla. «Siamo in questo punto», borbottò tra sé, e mosse l'indice verso sud. Poi: «E chiaro! » esclamò. « Il Padda! » « Diceva, signore? » « Il Padda, Eccles, il Padda! » «Sissignore», assentì Eceles, nascondendo la propria perplessità sotto la maschera impassibile del volto. Nella buia vallata sottostante l'unico fuoco sfolgorò brevemente, poi si ridusse a un tenue barlume. « Tutto pronto, Eccles? » mormorò Sean. « Signore. » Senza alzare la voce, Eccles conferì alla parola un'enfasi affermativa. « Io scendo. » Resistette all'impulso di ripetere gli ordini dati in precedenza. Avrebbe voluto spiegargli di nuovo quanto fosse importante che nessuno riuscisse a fuggire, ma aveva imparato che, con Eccles, una sola volta bastava. Invece bisbigliò: « Restate in attesa del mio segnale ». I boeri avevano messo soltanto una sentinella. Sicuri che il loro stratagemma avesse ingannato il nemico, dormivano intorno a un fuoco malamente schermato. Sean e Mbejane scesero silenziosamente il pendio e si accoccolarono a venti passi dall'alta roccia su cui sedeva la sentinella. La sua sagoma scura si stagliava nettamente contro il cielo stellato e Sean l'osservò per un minuto buono prima di decidere: «Dorme». Mbejane borbottò qualcosa. «Agisci in silenzio», bisbigliò Sean. «Bada che il fucile non scivoli a terra.» Mbejane si mosse, ma Sean lo trattenne ancora, posandogli una mano sulla spalla. «Non ucciderlo, non è necessario.» Poi sollevò la mano e Mbejane scattò silenzioso come un leoparlo. Sean attese, aguzzando gli occhi nel buio. I secondi passavano lenti... A un tratto il boero scomparve dalla roccia. Un anelito, il suono soffocato di un corpo che scivola, poi il silenzio. Senza far rumore, così com'era partito, Mbejane tornò. « Fatto, Nkosi. » Sean posò il fucile, sollevò le mani a coppa sulle labbra, prese fiato ed emise il lungo fischio modulato di uccello notturno. Accanto al fuoco uno dei dormienti si agitò, borbottando. Piú lontano un cavallo scalpitò e sbuffò dalle narici. Poi Sean udì un sasso rotolare, un cauto fruscio di piedi tra l'erba, piccoli rumori che si perdevano nel vento. « Eccles? » mormorò. « Signore. » Sean si alzò, mentre i suoi uomini circondavano il campo. « Sveglia, signori. La colazione è pronta », urlò Sean in Taal, e ogni burgher, destandosi, trovò un uomo torreggiante su di lui e la bocca di un Lee-Metford. Premuta sul petto. « Ravvivate quel fuoco » ordinò poi. « Disarmateli.» Parlava bruscamente, irritato per la delusione. Era stato troppo facile. « Mbejane, va' a prendere la sentinella... voglio vedere come l'hai trattata. » Mbejane trascinò il corpo alla luce del fuoco e le labbra di Sean si contrassero di fronte al corpo del tutto inerte. « E' morto », ringhiò in tono di accusa. « Dorme, Nkosi », lo contraddisse Mbejane. Sean s'inginocchiò accanto al boero, esponendone il volto alla luce. Non era un uomo, ma un ragazzino con un volto magro e afflitto e le guance cosparse di lanugine chiara e rada. Nell'angolo di Pagina 130
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) un occhio un orzaiolo era scoppiato, impregnandogli le ciglia di pus. Il ragazzo respirava. Sean guardò gli altri prigionieri. Li stavano radunando all'estremità opposta del campo, affinché non potessero ascoltare. « Dell'acqua, Mbejane. » Lo zulu andò a prendere una borraccia, mentre Sean esaminava il gonfiore sopra la tempia del ragazzo. «Ci cascherà», borbottò, arricciando le labbra per il disgusto in previsione di ciò che avrebbe dovuto fare appena il ragazzo si fosse ripreso. Occorreva farlo mentre era ancora confuso e intontito dal colpo. Con la mano a coppa gli buttò acqua fredda sul volto e il ragazzo boccheggiò, volgendo il capo. «Sveglia», lo incitò Sean pacatamente, in Taal. «Sveglia, ragazzo. » « Oom Paul? » farfugliò il boero. « Su, svegliati. » Il ragazzo si sollevò faticosamente a sedere. « Dove? ... » Poi riconobbe l'uniforme: « Un inglese! ». «Sì», disse Sean in tono duro. «Siamo inglesi. Sei stato catturato. » « Oom Paul? » Il ragazzo si guardò intorno smarrito. « Non preoccuparti di lui. Lo ritroverai sulla nave per Saint Helena. Leroux e Zietsmann sono stati catturati ieri sul Vaal. Li aspettavamo alla confluenza del Padda e sono caduti dritti in trappola. » «Oom Paul catturato! » Gli occhi del ragazzo, ancora stordito e incapace di concentrarsi, erano sgranati per lo shock. « Ma... Come avete saputo? Qualcuno deve aver tradito. Come potevate conoscere il luogo d'incontro? » S'interruppe di colpo, cominciando a riflettere su quanto aveva appena detto. « Ma cosa... Oom Paul non poteva ancora essere al Vaal, l'abbiamo lasciato soltanto ieri. » Poi, inorridito, si rese conto di ciò che aveva fatto. «Era un trucco», bisbigliò. « Mi avete imbrogliato. » «Scusami», disse soltanto Sean. Si alzò e andò da Eccles, che stava legando i prigionieri. «Quando arriva il capitano Friedman, gli dica di portare la colonna alla guarnigione di Vereeniging e di aspettarmi là. Io vado avanti col mio servo », disse bruscamente, poi chiamò Mbejane. « Vammi a prendere il cavallo. » Non si fidava di nessuno per portare la notizia ad Acheson. Il pomeriggio seguente raggiunse la linea ferroviaria, ben guardata dai fortini, e prese al volo un treno diretto a nord. Il mattino dopo, con gli occhi infiammati dalla fuliggine, stanco e sporco, scendeva alla stazione di Johannesburg. 53. Jan Paulus Leroux fermò il suo cavallo, e i pochi burghers che lo seguivano urtarono gli uni contro gli altri, guardando ansiosamente davanti a sé. Il Vaal è un fiume largo, color ocra, con banchi di sabbia attraverso i quali scorrono i suoi canali. Le sponde sono ripide, e lungo di esse crescono radi e brutti rovi che non possono fornire la minima copertura a un esercito di tremila uomini a cavallo. Ma Leroux aveva scelto con giudizio il punto d'incontro. Qui il Padda scendeva serpeggiando tra un complesso di piccoli kopjès per unirsi al Vaal, e tra quelle collinette un esercito si sarebbe potuto nascondere... Se solo avesse fatto un pò d'attenzione. Ma questo non era il caso di Zietsmann. Il fumo di una dozzina di fuochi formava un lungo banco chiaro sul veld, i cavalli erano stati portati ad abbeverarsi su una secca in mezzo al fiume, un centinaio di uomini stavano facendo chiassosamente il bagno lungo una sponda, mentre il bucato pavesava i cespugli di rovo. «Idiota», ringhiò Leroux, colpendo il cavallo con i calcagni. Pochi secondi dopo irrompeva nel laager, balzava di sella e ruggiva A Zietsmann: « Menheer, devo protestare ». Zietsmann aveva quasi settant'anni. La sua barba era bianca come la neve e scendeva fino al quinto bottone del panciotto. Era un ecclesiastico, non un generale, e il suo commando era sopravvissuto tanto a lungo perché era così inefficiente da non causare agli inglesi Pagina 131
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) alcun serio fastidio. Soltanto la forte pressione di De la Rey e di Leroux l'aveva costretto a partecipare a quel piano temerario. Negli ultimi tre giorni, mentre aspettava Leroux, era stato tormentato dalle apprensioni e dai dubbi... Dubbi condivisi anche dalla consorte, poiché Zietsmann era il solo generale boero che tenesse ancora la moglie con sé al campo. Costui si alzò dal proprio posto accanto al fuoco e fissò torvamente quel gigante dalla barba rossa, che procedeva verso di lui con la faccia chiazzata per la rabbia. « Menheer », sibilò, « ti prego di ricordare che stai parlando non solo a un uomo piú anziano di te, ma anche a un pastore della Chiesa. » Così fu fissato il tono della lunga discussione che avrebbe riempito i successivi quattro giorni, durante i quali Leroux vide il proprio audace disegno affondare in un pantano di futilità. Non si risentì per la perdita dei primo giorno, che fu speso in preghiera: anzi, si rese conto che era essenziale. Senza la benedizione e il positivo intervento di Dio, l'impresa era destinata al fallimento, perciò quel pomeriggio tenne un sermone di oltre due ore su un passo scelto dal libro dei Giudici: «Debbo di nuovo uscire in battaglia contro i figli di Beniamino, mio fratello, o devo desistere.» E il Signore rispose: 'Va' pure, che domani li darò nelle tue mani'». Zietsmann lo superò di quaranta minuti. Ma, come fecero notare gli uomini di Leroux, Zietsmann era un professionista, mentre Oom Paul era soltanto un predicatore laico. Poi si trattò di eleggere il comandante supremo dell'operazione combinata. Zietsmann era piú anziano di trent'anni, un fattore importante che andava a suo vantaggio. Inoltre, egli aveva portato milleseicento uomini al Vaal, contro i seicento di Leroux. D'altra parte, quest'ultimo era il trionfatore di Colenso e dello Spion Kop, e, dopo quelle battaglie, non aveva mai cessato di combattere e di mietere successi, fra i quali erano da annoverarsi la distruzione di otto treni e l'annientamento di quattro colonne di rifornimenti. Zietsinann era stato comandante in seconda al fiume Modder, ma da allora la sua unica preoccupazione era stata quella di conservare intatto il proprio commando. La diatriba continuò per tre giorni; Zietsmann si rifiutava ostinatamente di porre la questione ai voti finché non avesse avuto la certezza di un risultato a lui favorevole. Leroux, dal canto suo, voleva assolutamente il comando; non solo per soddisfazione personale, ma anche perché sapeva che, sotto quel vecchio prudente e testardo, sarebbero stati fortunati se avessero anche soltanto raggiunto il fiume Orange... Non parliamo poi di forzare l'ingresso al Capo. La carta vincente, però, l'aveva in mano Zietsmann, e, per ironia della sorte, la possedeva proprio grazie alla sua inattività negli ultimi diciotto mesi. Quando Lord Roberts aveva occupato Pretoria, due anni prima, gli era stata opposta soltanto una resistenza simbolica, perché il Governo della Repubblica del Sudafrica si era ritirato a Komatipoort. Con esso se n'era andato l'intero contenuto della tesoreria di Pretoria, che ammontava a due milioni di sterline in sovrane d'oro di Kruger. Piú tardi, quando il vecchio presidente Kruger era partito per l'Europa, ne aveva portato con sé una parte, ma il resto era stato diviso tra i capi dei commando per continuare la guerra. Mesi prima, gran parte della fetta di Leroux era stata spesa per acquistare provviste dalle tribú e munizioni dai mercanti d'armi portoghesi, oltre che per pagare gli uomini. Il resto, assieme al suo Hotchkiss, a venti uomini e a un centinaio di preziosissimi cavalli, era andato perduto durante una disperata azione notturna contro una colonna inglese. Zietsmann, invece, era venuto all'appuntamento con un mulo che trasportava trentamila sovrane. Il successo dell'invasione sarebbe dipeso in larga misura da quell'oro. Quindi, la sera del quarto giorno, il vecchio pastore era stato eletto comandante con una maggioranza di duecento voti e, nel giro di dodici ore, aveva dimostrato quanto fosse adatto al compito. «Allora ci muoveremo in mattinata», borbottò uno dei burPagina 132
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ghers seduti accanto a Leroux. « Era ora », commentò un altro. Stavano facendo una colazione a base di biltong - strisce di carne secca - perché Leroux era riuscito a convincere Zietsmann che i fuochi erano pericolosi. « Nessun segno degli uomini di Van der Bergh? » chiese Jan Paulus. « Non ancora, Oom Paul. » « Dev'essere capitato qualcosa, altrimenti sarebbero arrivati giorni fa », continuò Leroux. « Devono aver incontrato una delle colonne. » Venti uomini in gamba, ed Hennie con loro. Voleva bene a quel ragazzo, tutti gliene volevano. Era diventato la mascotte del commando. « Almeno loro ne sono fuori, adesso... Maledetti imboscati. » L'uomo aveva parlato senza riflettere e Leroux ribatté subito: « Puoi buttare il fucile e andare incontro agli inglesi con le mani alzate, nessuno te lo impedisce ». La mitezza della voce non dissimulò la ferocia dello sguardo. « Non dicevo sul serio, Oom Paul. » « Be', allora sta' zitto », ringhiò Leroux, e avrebbe continuato, ma un grido dell'uomo di guardia sul kopje davanti a loro li fece balzare tutti in piedi. « Arriva uno degli esploratori! » « Da che parte? » gridò Leroux rivolto alla sentinella. « Lungo il fiume. Galoppa ventre a terra! » Il silenzio e l'immobilità improvvisi furono gli unici segni esteriori della paura che s'impadronì di loro. In quei giorni un cavaliere che arrivasse a spron battuto poteva portare soltanto cattive notizie. Lo guardarono mentre correva sollevando spruzzi nelle acque basse e mentre scivolava di sella per nuotare accanto al cavallo attraverso il canale piú profondo. Poi pony e cavaliere, entrambi grondanti acqua, si arrampicarono sulla sponda e irruppero nel campo. « Cachi », gridò l'uomo. « Arrivano i cachi! » Leroux corse a bloccare il cavallo afferrandolo per il morso e domandò: « Quanti? ». « Una grossa colonna. » « Mille? » « Di piú. Molti di piú... Sei, settemila. » « Magtig! » imprecò Leroux. « Cavalleria? » « Fanteria e cannoni. » « A che distanza? » « Saranno qui prima di mezzogiorno. » Leroux troncò la conversazione e corse giú per il pendio verso il carro di Zietsmann. « Hai sentito, Menheer? » « Ja, ho sentito », rispose il vecchio, annuendo lentamente. « Dobbiamo andarcene », lo sollecitò Leroux. « Forse non ci troveranno. Forse ci passeranno accanto senza vederci. » Parlava in tono esitante. Leroux lo fissò con occhi sgranati. « Sei pazzo? » bisbigliò, e Zietsmann scosse la testa: era visibilmente confuso. « Dobbiamo montare a cavallo e scappare a sud. » Nella sua agitazione, Leroux afferrò Zietsmann per i risvolti della giubba e cominciò a scuoterlo. « No, a sud no... E' finita. Dobbiamo tornare indietro », farfugliò il vecchio; poi di colpo la sua insicurezza scomparve. « Dobbiamo pregare. Il Signore ci libererà dei Filistei. » «Menheer, io esigo... » cominciò Leroux, ma un altro grido dal kopjè lo interruppe. « Cavalleria! A sud! » Leroux corse al cavallo piú vicino, lo montò a pelo, afferrandosi a un ciuffo di criniera, lo diresse verso il kopje e lo spronò coi calcagni su per il ripido pendio roccioso, scivolando sul pietrisco, finchè raggiunse la vetta e saltò a terra accanto alla sentinella. « Là! » indicò il burgher. Come una formazione di formiche, piccoli e insignificanti nell'immensità delle colline e del cielo, ancora a una decina di chilometri di distanza, gli squadroni avanzavano da meridione. «Impossibile andare da quella parte. Dobbiamo tornare indietro. » Si voltò di scatto verso sud. « Di là. » Pagina 133
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Poi vide la polvere e si sentì rivoltare lo stomaco. Si muoveva lentamente, così sottile che sarebbe potuta sembrare foschia provocata dal calore... Ma Jan Paulus sapeva che non lo era. « Vengono anche da nord », mormorò. Acheson li stava circondando. Non c'era via di scampo. « Van der Bergh », bisbigliò amaramente Leroux. « Si è consegnato agli inglesi e ci ha traditi! » Ancora per un momento fissò la polvere, poi si concentrò rapidamente sul problema della difesa. «Il fiume è la nostra unica linea difensiva», borbottò. «Coi fianchi ancorati su questo kopje e su quell'altro laggiú.» Percorse con lo sguardo la piccola valle del Padda, memorizzando le particolarità del terreno, già piazzando le Maxim, scegliendo un luogo riparato per i cavalli, decidendo dove avrebbe tenuto le riserve. « Cinquecento uomini possono difendere il kopje a nord, ma ce ne vorranno un migliaio sul fiume. » Con un volteggio saltò sul pony e disse alla sentinella: « Resta qui. Manderò su degli uomini per costruire un paio di muretti... lì e lì». Poi spinse l'animale giú per la discesa. « Dov'è Zietsmann? » domandò, appena arrivato in fondo. « Nel suo carro. » Leroux lo raggiunse al galoppo e aprì di scatto il telo d'ingresso. «Menheer... » cominciò, ma s'interruppe. Zietsrnann era seduto sul letto accanto alla moglie. Una Bibbia era aperta sul suo grembo. «Menheer, c'è poco tempo. Il nemico si avvicina da tutte le parti. Fra due ore ci sarà addosso. » Zietsmann lo guardò e dall'espressione vacua dei suoi occhi, Leroux capì che non l'aveva sentito. «'Tu non temerai la freccia che vola di giorno, né la paura che cammina di notte'», mormorò il vecchio. «Assumo il comando, Menheer», disse Leroux. Zietsmann riabbassò lo sguardo sulla Bibbia e sua moglie gli mise un braccio intorno alle spalle. Possiamo resistere per oggi, e forse domani, si disse Leroux, sdraiato bocconi sul kopje piú alto. La loro cavalleria non può salire su queste alture, quindi dovranno caricare alla baionetta. Dobbiamo temere prima i cannoni, poi le baionette. « Martinus Van der Bergh », disse a voce alta « quando ci incontreremo, io ti ucciderò per questo.» E guardò le batterie che, piazzate fuori portata dei fucili, al di là dei fiume, formavano un preciso disegno geometrico sulla prateria color ocra. «Nou skiet hulle», borbottò un burgher accanto a lui. «Ja», assentì Leroux. «Ora apriranno il fuoco», e uno sbuffo di fumo uscì dalla bocca di uno dei cannoni nella pianura. Il proiettile esplose fragorosamente alla base dei kopje e per un attimo il fumo della liddite danzò come uno spettro giallo, gonfiandosi e girando su se stesso, prima che il vento lo sollevasse fino a loro, facendoli tossire con il suo lezzo acre. Il secondo proiettile colpì la cresta, sollevando in aria terra e roccia; immediatamente tutte le batterie aprirono il fuoco. I boeri giacevano dietro i ripari di terra costruiti in fretta e furia, mentre l'artiglieria batteva il crinale. Gli shrapnel sibilavano e facevano sprizzare scintille dalle rocce, la terra sussultava sotto i loro ventri, le loro orecchie erano così assordate dalle esplosioni che percepivano a stento le grida dei feriti. Lentamente, una grande nube di polvere e fumo salì nel cielo sopra le loro teste. Una nube così alta che Sean Courteney poteva vederla dal luogo in cui stava in attesa, una trentina di chilometri a nord del Vaal. « Sembra che Acheson li abbia beccati », mormorò Saul. «Già, sono in trappola», assentì Sean; poi, senza asprezza: « Poveri disgraziati ». «Potevano almeno farci partecipare alla festa», grugnì Eccles. Il rombo lontano dell'artiglieria aveva risvegliato i suoi istinti bellicosi, e i suoi baffi fremevano per la delusione. « Non mi sembra giusto. E' un anno e mezzo che diamo la caccia a quel vecchio boero... Il meno che potevano concederci era di essere presenti alla sua fine. » « Noi facciamo da copertura, Eccles. Il generale Acheson sta tentando di spingerli a sud, verso la cavalleria, ma se parte della selPagina 134
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) vaggina sfuggisse ai battitori, allora sarà nostra », disse Sean. « Non mi sembra giusto lo stesso», ripeté Eccles; poi, ricordando a un tratto le buone maniere: « ... Se mi consente, signore ». 54. Esultante, il generale Acheson stava seguendo col binocolo la linea delle colline. Attraverso il fumo e la polvere, riusciva a scorgerne vagamente le creste. « Una bella retata, signore! » osservò Peterson con un largo sorriso. « Può ben dirlo », assentì Acheson. Dovevano urlare per riuscire a sovrastare il boato dei cannoni e lo scalpitare dei cavalli. Una staffetta arrivò al galoppo, salutò e porse un messaggio a Peterson. « Cosa c'è? » chiese Acheson, senza abbassare il binocolo. « Sia Nichols sia Simpson sono pronti ad attaccare. Sembrano impazienti di entrare in azione, signore », lo informò Peterson. Poi, guardando l'inferno di fiamme e di polvere sulle cime delle colline: « Potranno dirsi fortunati se troveranno ancora qualcuno con cui combattere ». « Lo troveranno », gli assicurò Acheson. Non si lasciava incantare dalla furia ingannevole del bombardamento. Sullo Spion Kop era stata anche peggiore, eppure erano sopravvissuti. « Passiamo all'attacco, signore? » insistette gentilmente Peterson. Acheson studiò le colline per un altro minuto, poi abbassò il binocolo ed estrasse l'orologio dal taschino sul petto: le quattro, ancora tre ore di luce. « Sì! » disse. E Peterson scribacchiò l'ordine, porgendolo poi ad Acheson per la firma. «Hier Kom Hulle!» Nell'incessante ruggito delle bombe, Leroux sentì il grido passare di bocca in bocca lungo la linea. «Arrivano! » «Pasop! Vengono su. » Leroux si alzò e si sentì lo stomaco sottosopra. Intossicato dalle esalazioni di liddite, lottò contro la nausea e, quando l'ebbe controllata, osservò il fiume. Per un secondo il velo di polvere si squarciò ed egli poté scorgere le minuscole schiere cachi che avanzavano verso le colline. Sì, stavano arrivando. Corse lungo la linea, continuando a gridare: « Aspettate che siano a tiro! Non sparate finché non sono arrivati ai segni! ». Da quell'angolo del kopje egli dominava tutto il campo di battaglia. « Ja, proprio come pensavo! » mormorò. « Arrivano da due direzioni per dividerci. » Avanzanti sul fronte del fiume c'erano quelle piccole linee cachi che s'incurvavano, si raddrizzavano e tornavano a incurvarsi, ma si avvicinavano sempre piú. La prima fila stava già oltrepassando i segni dei mille metri, fra cinque minuti sarebbe stata a tiro. «Spiccano distintamente», borbottò Leroux, spostando lo sguardo da un segno all'altro. Mentre la maggior parte dei suoi uomini costruiva i ripari di terra lungo i kopjes e il fiume, altri avevano misurato a passi le distanze dalle opere di difesa. Ogni duecentocinquanta metri avevano eretto quei piccoli cumuli di pietre, spalmandoli poi di fango grigiastro. Era un trucco che gli inglesi sembravano non aver mai capito e che permetteva ai boeri di sapere con esattezza quando il nemico era a tiro. « Il fiume è sicuro », decise Leroux. « Da quella parte non possono sfondare», e si concesse un sorriso. «Non impareranno mai. Ogni volta arrivano dalla parte peggiore. » Poi spostò la sua attenzione sul fianco sinistro. Là stava il pericolo, e là doveva intervenire di persona; quindi tornò di corsa alla sua posizione originale, mentre la tempesta di proiettili e liddite continuava a infuriare. Si buttò bocconi tra due dei suoi burghers, si contorse per slacciare la bandoliera, poi la stese su un masso, a portata di mano. « Buona fortuna, Oom Paul », gridò una voce. « Anche a te, Hendrik », rispose Leroux, mentre regolava l'alzo del Mauser a mille metri. « Sono vicini adesso », mormorò il burgher alla sua destra. Pagina 135
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Molto vicini. Mira giusto e buona fortuna. » A un tratto la tempesta cessò e ci fu silenzio. Un vasto, angoscioso silenzio, piú impressionante dei sibili e dei tuoni delle cannonate. La polvere e il fumo scivolarono via dalle creste e, dopo tutta quella bruma, la luce del sole splendette di nuovo sui colli e sulla pianura dorata, accendendo migliaia di scintille sulle acque del Vaal e illuminando spietatamente ogni minuscola figura cachi. Leroux puntò il fucile. C'era un uomo che aveva continuato a tenere d'occhio, un uomo che camminava un pò avanti rispetto alla propria fila. Per due volte Leroux l'aveva visto fermarsi come per gridare un ordine a coloro che lo seguivano. « Prima tu, amico » e inquadrò l'ufficiale nella tacca di mira, facendo collimare perfettamente il mirino col tronco dell'uomo. Con dolcezza premette il grilletto e il calcio scattò contro la sua spalla. Al violento e caratteristico scoppio del Mauser che pareva rompesse i timpani ogni volta, Leroux guardò l'uomo cadere sull'erba. « Ja! » disse, accingendosi a ricaricare. Questa volta non si ebbe il continuo e selvaggio crepitio di Colenso, ma un insieme di colpi distinti: segno che ogni bersaglio veniva attentamente mirato. «Hanno imparato», mormorò tra sé Leroux, mentre tirava indietro l'otturatore e il bossolo saltava tra le rocce. « Hanno imparato bene », e colpì un altro uomo. Da due punti della cresta le Maxim cominciarono a tambureggiare. Prima di raggiungere la seconda serie di segnali, la prima fila di fanteria non esisteva piú, era sparpagliata sull'erba, completamente annientata dalla terribile precisione del fuoco boero. La seconda fila continuò ad avanzare scavalcando i corpi. « Ma guardateli! » esclamò un burgher. Benché non fosse per loro un fatto nuovo, quei rozzi allevatori restavano sempre impressionati dalla passiva, meccanica avanzata della fanteria inglese. «Quelli non combattono per vincere, ma per morire», borbottò l'uomo alla destra di Leroux. « Allora aiutiamoli! » gridò Leroux, mentre sotto di lui, nella pianura, le lente, inesorabili figure cachi avanzavano verso la terza serie di segnali. «Fuoco, Kerels. Mirate giusto», ruggì Leroux; adesso poteva scorgere le baionette. Sostituì il caricatore e, con il dorso della mano, si asciugò le goccioline di sudore attaccate alle sopracciglia; puntò il fucile e, coi successivi sei colpi, abbatté quattro uomini. Poi avvertì il mutamento. Nel punto centrale la fila s'incurvava, poiché gli uomini acceleravano l'andatura, ma si sgretolava ai fianchi là dove i soldati tornavano indietro o si accoccolavano dietro miseri ripari. « Sono in rotta! » urlò Leroux, eccitato. « Non raggiungeranno i pendii. » Il movimento in avanti esitò; incapaci di sopportare oltre il trattamento che stavano ricevendo, gli uomini voltarono le spalle o si buttarono a terra, mentre i loro superiori correvano lungo le file incitandoli. In tal modo proclamavano ai tiratori boeri il proprio rango di ufficiali e, a quella distanza, non sopravvissero a lungo. « Sono finiti! » gridò Leroux, e un debole scoppio di acclamazioni percorse la cresta, mentre l'intensità del fuoco boero aumentava, fiagellando la fanteria in rotta. « Colpiteli, Kerels! Continuate a colpirli! » Le ultime file sorpassarono le prime, ma a loro volta esitarono e si ruppero sotto il fuoco dei Mauser e delle Maxim. Nella pianura una tromba cominciò a gemere e, a quel suono luttuoso, l'ultimo spasmodico movimento in avanti cessò e gli inglesi si ritirarono oltre i corpi dei morti e dei feriti. Un proiettile d'artiglieria fischiò sopra le teste dei boeri esplodendo nella vallata sottostante e subito, come in un accesso di rabbia provocato dallo smacco, ricominciò il bombardamento. Ma, tra i sibili e le esplosioni degli shrapnel, i burghers acclamavano e ridevano, agitando i fucili, di fronte alla ritirata della fanteria. « Com'è andata sul fiume? » gridò Leroux nel tumulto, e dopo un pò gli pervenne la risposta. « Non lo hanno raggiunto. Anche là si sono ritirati. » Pagina 136
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Leroux si tolse il cappello e si ripulì la faccia dal sudore e dalla polvere. Poi contemplò il tramonto. « Dio onnipotente, ti ringraziamo per questa giornata. Concedici la tua misericordia e la tua guida nei giorni a venire. » L'artiglieria sferzò le colline con l'impeto di un mare in burrasca fino al calar della notte. Poi i boeri videro i fuochi dei bivacchi inglesi sbocciare come fiori gialli nella pianura. 55. Dobbiamo aprirci un varco stanotte », disse Leroux, fissando Zietsmann al di là del fuoco. «No», rispose il vecchio a bassa voce, senza neppure guardarlo. « Perché? » domandò Leroux. « Possiamo tenere queste colline. Non riusciranno a scacciarci da qui. » « Ja! Possiamo tenerle domani... Due giorni, una settimana... ma poi sarà la fine. Oggi l'artiglieria ha ucciso cinquanta dei nostri uomini. » « Loro ne hanno perdute molte centinaia. Il Signore li ha castigati, essi sono periti. » Zietsmann alzò gli occhi su Leroux e la sua voce acquistò forza. « Resteremo qui e riporremo la nostra fiducia in Lui? » Un mormorio di approvazione si levò dall'uditorio. «Menheer. » Leroux si coprì gli occhi, premendoli con le dita per calmare il dolore. Gli dolevano a causa della liddite, ed era stanco... Stanco fino in fondo all'anima. Sarebbe piú facile rimanere, pensò. E non sarebbe stato disonorevole, perché avevano combattuto come nessun altro prima di loro. Altri due giorni e sarebbe finita senza vergogna. Si tolse le mani dal volto. «Menheer, se non ce ne andiamo stanotte, non lo faremo piú. Domani sera non ne avremo la forza. » Si fermò, perché le parole venivano lente e un pò indistinte dal suo cervello intorpidito dal martellamento dei grossi cannoni. Non sarebbe stato disonorevole. Un ultimo combattimento, poi sarebbe stata finita. « Ma non è una questione d'onore », mormorò fra sé. Poi si alzò e gli altri lo guardarono in silenzio, in attesa di ciò che avrebbe detto. Tese le mani aperte, in una specie di muto appello, e il fuoco illuminò il suo viso dal basso lasciando in ombra gli occhi, buchi scuri come le orbite cave di un teschio. Rimase così per qualche istante, con gli indumenti che pendevano sul grande corpo smagrito. « Burghers... » cominciò. Ma non c'erano parole. Non c'era nulla, salvo il bisogno di continuare a combattere. Abbandonò le mani lungo i fianchi. « Io vado », disse soltanto, « appena la luna sarà calata, me ne andrò da qui», e si allontanò dal fuoco. Una dopo l'altra, altre figure si alzarono per seguirlo: tutti gli uomini del suo commando. Sei burghers stavano seduti in cerchio e guardavano la luna sfiorare la cresta delle colline. Dietro di loro i cavalli erano sellati, coi fucili che spuntavano dai foderi. Accanto a ognuno dei seicento animali stava sdraiato un uomo completamente vestito, avvolto nella coperta, nel vano tentativo di dormire. Benché i pony scalpitassero e si muovessero di continuo, non si udiva alcun tintinnio, perché i morsi erano stati fasciati con cura. « Ripetiamo di nuovo tutto, per essere certi che ciascuno di noi conosca bene la propria parte », disse Leroux. « Io mi muoverò per primo con un centinaio di uomini e seguirò il fiume verso est. Qual è la tua direzione, Hendrik? » « Sud, attraverso la cavalleria, fino all'alba, poi dirigerò per le montagne. » Leroux annuì e chiese all'uomo accanto a Hendrik: « La tua? ». « Ovest, lungo il fiume. » « Ja, e la tua? » Interrogò a turno ciascuno dei presenti e, quando tutti ebbero risposto, concluse: « Il punto d'incontro è il vecchio laager al Colle di Inhlozana. Siamo intesi? » Quindi attesero, guardando la luna e ascoltando gli sciacalli che Pagina 137
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) si contendevano i cadaveri degli inglesi sparsi nella pianura. Poi la luna calò dietro le colline e Leroux si alzò rigidamente. « Totsiens, Kerels. Buona fortuna a tutti. » Prese le redini del suo pony e cominciò a scendere verso il Vaal, con cento uomini che conducevano in silenzio i loro cavalli dietro di lui. Quando arrivarono al carro isolato sulla riva del Padda, il vecchio Zietsmann, che li stava aspettando, si fece avanti con un mulo carico. « Ve ne andate? » domandò. « Ja, Menheer. Dobbiamo », rispose Leroux. « Il Signore vi accompagni. » Zietsmann tese la mano e i due si scambiarono una rapida stretta. « Il denaro è sul mulo. Prendetelo voi. Noi non ne avremo bisogno qui. » « Grazie, Menheer », disse Leroux, facendo cenno a uno dei suoi uomini affinché prendesse il mulo. « Buona fortuna. » « Buona fortuna, generale », rispose Zietsmann, attribuendogli il suo titolo per la prima volta. Leroux raggiunse il perimetro delle difese boere e uscì nel veld, dove gli inglesi aspettavano. Con la prima, pallida promessa dell'alba nel cielo, erano passati. Nonostante che per due volte, durante la notte, un crepitio di spari nell'oscurità dietro di loro avesse indicato che non tutte le bande in fuga erano state altrettanto fortunate. 56. Sean e Saul erano in piedi accanto al carretto, quando Mbejane portò loro il caffè. « Buon Dio, fa così freddo che si potrebbe congelare il batacchio anche a una scimmia d'ottone», brontolò Sean. Strinse le mani a coppa intorno alla tazza e bevve un sorso rumorosamente. «Be', per lo meno il tuo è al coperto, di batacchio », scherzò Saul. « Ma, sul serio, faremmo meglio a muoverci prima che le suole ci s'incollino al terreno per il gelo. » « Manca solo un'ora all'alba », annuì Sean. « E' tempo di iniziare il nostro giro », e si voltò per gridare a Mbejane: « Spegni il fuoco e portami il cavallo ». In doppia fila, col carretto che sobbalzava in coda, le Guide combattenti di Courteney partirono in perlustrazione. Negli ultimi quattro giorni non avevano fatto altro che percorrere avanti e indietro il settore assegnato loro da Acheson. L'erba, resa friabile dal gelo, scricchiolava sotto gli zoccoli dei cavalli. Coi battitori zulu che correvano davanti ai soldati tristemente ingobbiti nei loro cappotti, Sean e Saul ripresero la loro interminabile discussione dal punto in cui l'avevano lasciata la sera prima. Già si erano spinti tanto avanti nel futuro da parlare di una federazione sotto un governo degno di fiducia che comprendesse tutti i territori a sud dello Zambesi. « E' quello che Rhodes va proponendo da dieci anni a questa parte», osservò Saul. «Non parlarmi di quell'astuto bastardo», protestò Sean. «Ci terrebbe legati per sempre alle gonne di Sua Maestà britannica... no, da' retta a me, piú presto ci libereremo di lui e di Milner, meglio sarà. » « Vorresti svincolarti dal dominio imperiale? » chiese Saul. « Naturalmente; finiamo questa guerra e rimandiamoli tutti oltremare. Dei nostri affari ci occuperemo noi. » «Colonnello, ho l'impressione che tu stia combattendo dalla parte sbagliata », osservò Saul, e Sean ridacchiò. «No, davvero, Saul... » ma non riuscì a finire. Mbejane emerse dal buio, correndo in un modo talmente silenzioso che Sean arrestò il cavallo e si sentì accapponare la pelle degli avambracci. « Mbejane? » « Mabunu! » « Dove? Quanti? » Ascoltò l'affrettata spiegazione di Mbejane, poi si rivolse al sergente-maggiore, che stava respirando pesantemente dietro di lui. « La sua selvaggina, Eccles. Sono un centinaio, a circa due chilometri, e vengono dritti nella nostra direzione. » Parlava con la gola Pagina 138
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) stretta dalla stessa eccitazione che faceva contorcere come bruchi i baffi di Eccles sull'ovale impassibile del volto. « Disponga gli uomini su una sola linea. Ci stanno venendo in braccio. » « Li dispongo a terra, signore? » « No », rispose Sean. « Caricheremo appena si mostreranno. Ma, per l'amor di Dio, non fate rumore. » Mentre Sean restava fermo sul proprio cavallo con Saul al fianco, le due file si aprirono ai loro lati. Non si udirono voci; solo i suoni prodotti dagli zoccoli ferrati sulla roccia, dagli uomini che si toglievano i pesanti cappotti, dagli otturatori aperti e richiusi. « Di nuovo sulla breccia, amici », bisbigliò Saul, ma Sean non rispose perché stava lottando con la propria paura. Nonostante il freddo dell'alba, le sue mani erano sudate. Se le asciugò sulle cosce e sfilò il fucile dal fodero. « Le Maxim? » chiese Saul. « Non c'è tempo per piazzarle. » Sean si accorse che la sua voce era roca e si schiarì la gola prima di continuare. « Dei resto non ne avremo bisogno, siamo sei contro uno. » Guardò la fila silenziosa dei suoi uomini. Una linea scura contro l'erba che impallidiva nell'alba. Tutti stavano curvi in avanti sulla sella con il fucile di traverso sul grembo. La tensione si poteva quasi toccare con mano nella semioscurità; perfino i cavalli ne erano contagiati, scartavano, muovevano la testa dall'alto in basso. Ti prego, mio Dio, fà che nessun animale nitrisca proprio adesso. Poi scrutò nel buio davanti a sé. Aspettando. La sua paura unita a quella dei suoi uomini era così forte che i boeri dovevano certamente percepirla, in qualche modo. Una chiazza piú scura nell'alba, di fronte alla loro linea, un pò a sinistra rispetto al centro. Sean la fissò per qualche secondo e la vide muoversi, lentamente, come l'ombra che un albero proietta sul veld in una notte di plenilunio. « Sei sicuro che siano boeri? » bisbigliò Saul, e Sean fu colto dal dubbio. Mentre esitava, l'ombra si allungò verso di loro e Sean poté udire il suono degli zoccoli. Sono boeri? Disperatamente attese qualche segno che gli permettesse di ordinare l'attacco. Sono boeri? Ma non ci furono segni: soltanto la scura avanzata e i suoi deboli suoni, i tonfi attutiti e gli scricchiolii nell'alba. Erano vicini ora, a meno di cento metri, sebbene non si potesse averne la certezza, con quella massa scura in movimento che pareva galleggiare e fluttuare. « Sean... » il bisbiglio di Saul fu interrotto dal forte, nervoso nitrito del suo cavallo. Il suono fu così inatteso che Sean udì sussultare l'uomo al suo fianco. Quasi immediatamente giunse il segno che aspettava. « Wie's daar?» chiese una voce aspra in Taal. « Carica! » urlò Sean, colpendo il proprio cavallo con i talloni. Istantaneamente l'intera fila balzò in avanti, lanciandosi sui boeri. Tra il tambureggiare degli zoccoli, urlando, col continuo crepitio dei fucili che sputavano fuoco e lasciandosi la paura alle spalle, Sean si buttò contro il nemico. Col calcio dei fucile stretto sotto l'ascella destra, sparando alla cieca, unendo la sua voce alle urla di altre seicento gole, un pò piú avanti rispetto agli altri, al centro della fila, Sean guidò il commando verso i boeri. Costoro volsero le spalle alla carica. Dovettero, farlo, perché non potevano sperare di reggerne l'urto. Fecero compiere un dietro front ai loro cavalli esausti e li spinsero di nuovo a sud. « Serrate! » ruggì Sean. « Serrate su me! » E la sua linea si strinse a un punto tale che i soldati caricavano ginocchio contro ginocchio: una compatta muraglia d'uomini, cavalli e fiammate di fucili, davanti alla quale i boeri fuggirono disperatamente. Proprio sul cammino di Sean c'era un pony ferito che lottava per rialzarsi, col cavaliere inchiodato sotto di lui. Incastrato tra gli altri, Sean non poteva scartarlo. « Su, bello! » incitò. Il suo cavallo saltò l'ostacolo, inciampò nell'atto di posare di nuovo le zampe a terra, ma continuò a galoppare nel crescente clamore della carica. Pagina 139
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Stiamo guadagnando terreno! » urlò Saul. « Questa volta non ci sfuggiranno. » Il cavallo accanto a lui finì con uno zoccolo in una buca, cadde e una zampa si spezzò con un rumore simile a una pistolettata. Il soldato fu scagliato in alto, capriolando in aria mentre cadeva. La fila si serrò per riempire il vuoto, continuando a spingersi avanti nella prateria. « C'è un kopje laggiú », urlò Sean, scorgendo una cresta frastagliata contro il cielo schiarito dall'alba. « Non devono raggiungerlo! » e fece scorrere gli speroni sulle costole del cavallo. « Non riusciremo a prenderli », disse Saul. « Si rifugeranno tra le rocce. » « Dannazione! Dannazione! » ringhiò Sean. Negli ultimi minuti la luce era aumentata. Il giorno nasce in fretta in Africa. Così Sean vide chiaramente gli uomini in testa al gruppo boero spingersi tra le rocce, balzare di sella e buttarsi al coperto. « Piú presto! » gridò disperato. « Piú presto! », rendendosi conto che la possibilità di un rapido successo gli stava sfuggendo di mano. Ma già i Mauser rispondevano dalle pendici inferiori del kopje e gli ultimi burghers si stavano acquattando tra le rocce. Pony sciolti galoppavano selvaggiamente contro gli uomini di Sean, le staffe vuote che ballonzolavano contro i fianchi, gli occhi spalancati dal terrore, costringendo i loro cavalli a scartare gli uni contro gli altri e disperdendo l'impeto della carica. Un mulo con una piccola soma sul dorso si arrampicò fra le rocce finché una pallottola vagante lo uccise e lo fece rotolare in un profondo crepaccio. Nello stesso momento, Sean sentì il cavallo sobbalzare tra le sue gambe, e fu disarcionato con una tale violenza che le cinghie delle staffe si spezzarono come fossero di cotone. Fu sospinto in alto, rimase sospeso a mezz'aria per un attimo terribile, poi precipitò colpendo il suolo con il petto, una spalla e un lato del volto. Mentre giaceva sull'erba, la carica s'infranse come un'ondata sul kopje, poi si disintegrò e defluì nel piú completo disordine. Stordito dalla caduta, Sean sentiva vagamente il trepestio degli zoccoli accanto alla sua testa, gli spari dei Mauser e le grida dei propri uomini colpiti. « A terra! Smontate! Avanti, avanti! » La voce di Saul e il suo tono scossero Sean. Puntando le mani sotto il petto si sollevò a sedere. La parte scorticata della faccia gli bruciava, aveva un'emorragia al naso e il sangue trasformava il terriccio che gli riempiva la bocca in un impasto granuloso. Il suo braccio sinistro era intorpidito fino alla spalla e aveva perduto il fucile. Meccanicamente sputò quella pasta dalla bocca e intanto guardava il caos che lo attorniava, tentando di riordinare le idee. Scosse la testa, per riprendersi dallo stordimento, mentre tutt'intorno i suoi uomini venivano abbattuti dal fuoco dei Mauser. « Smontate! Smontate!» L'urgenza espressa dalla voce di Saul lo indusse ad alzarsi in piedi. « Scendete di sella, bastardi! » gridò a propria volta. « Smontate e attaccateli. » Il lieve urto di un cavallo lo fece barcollare, ma riuscì a mantenere l'equilibrio. Il soldato balzò di sella e gli scivolò accanto. « Tutto bene, colonnello? » Allungò una mano per sorreggerlo, ma un proiettile lo colpì al torace al di sotto del braccio teso, uccidendolo all'istante. Sean fissò il corpo e il suo cervello si schiarì di colpo. Ringhiando: « Bastardi! » afferrò il fucile del caduto, poi: « Avanti! » ruggì di nuovo. « Seguitemi! » e condusse gli uomini al di là del caos dei cavalli feriti o terrorizzati, verso le rocce. Nella mezz'ora successiva, con spietatezza e determinazione, essi sfruttarono la superiorità numerica per spingere i boeri verso la cima dei kopje. Ogni affioramento di roccia era una linea difensiva da conquistare col sangue. Su un fronte di forse duecento metri, l'attacco si trasformò in una serie di scaramucce isolate, sulle quali Sean non poteva esercitare il controllo. Radunò gli uomini piú vicini a lui e, masso per masso, si aprirono la strada verso la vetta, mentre i burghers cercavano di mantenere le posizioni il piú a lungo possibile, rifugiandosi piú in alto di volta in volta. Pagina 140
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) La cima del kopje era piatta, con circa quindici metri di terreno ripido e scoperto tutt'intorno e, alla fine, sessanta burghers raggiunsero quella fortezza naturale, difendendola con la determinazione di chi sa che sta combattendo l'ultima battaglia. Per due volte costrinsero gli inglesi a ritirarsi dall'orlo della cima e a scivolare al riparo delle rocce sottostanti. Dopo il secondo tentativo, un profondo, innaturale silenzio si stabilì sul kopje. Sean si sedette con la schiena appoggiata a un masso e prese la borraccia d'acqua che un caporale gli offriva. Si sciacquò la poltiglia di sangue e saliva dalla bocca, sputandola, poi bevve due sorsate assaporandole con gli occhi chiusi. «Grazie», disse, restituendo la borraccia. « Ne vuole ancora? » chiese il caporale. « No. » Sean scosse la testa e guardò giú per il pendio. Il sole, adesso, era già alto e gettava lunghe ombre dietro i cavalli che pascolavano lontano, nel veld. Ma ai piedi del kopje giacevano gli animali morti, per lo piú su un fianco, con le gambe stese e rigide come pezzi di legno. I rotoli di coperta si erano aperti, sparpagliando sull'erba i miseri oggetti personali dei caduti che, nei loro indumenti cachi, erano tanto poco vistosi quanto inucchi di foglie morte sull'erba. Per lo piú erano inglesi, ma qua e là un burgher giaceva in mezzo a loro, nella fratellanza imposta dalla morte. «Mbejane», disse Sean al grosso zulu accoccolato vicino a lui, « trova lo Nkosi Saul e portamelo qui. » Lo guardò mentre si allontanava carponi. Mbejane era rimasto indietro all'inizio di quella selvaggia galoppata, ma, prima di arrivare a metà salita, Sean, voltando la testa, lo aveva visto inginocchiarsi a due passi da lui, pronto a porgergli una cartucciera non appena ne avesse avuto bisogno. Nessuno dei due aveva rivolto la parola all'altro fino a quel momento. Tra loro le parole erano di rado necessarie. Tastandosi la parte escoriata del viso, Sean ascoltava le conversazioni a bassa voce degli uomini che gli stavano attorno. Per due volte udì distintamente le voci dei boeri sulla cima piatta e una volta sentì anche un burgher ridere. Erano molto vicini; Sean si mosse con un senso di disagio contro il masso. Pochi minuti dopo Mbejane era di ritorno con Saul, che lo seguiva procedendo a quattro zampe. Quando vide Sean, la sua espressione cambiò. « Cos'hai sulla faccia? Sei sicuro di star bene? » « Mi sono tagliato radendomi », sogghignò Sean. « Siediti. Mettiti comodo. » Saul percorse carponi gli ultimi metri e si sistemò accanto all'amico. « Ora cosa si fa? » chiese. « Dieci minuti di riposo, poi saliremo di nuovo », rispose Sean, «ma questa volta in un modo un pò piú intelligente. Voglio che tu ti porti dall'altra parte del kopje con metà degli uomini. Prendi Eccles con te. Attaccheremo sull'intero perimetro nello stesso momento. Quando sei in posizione, spara tre colpi in rapida successione, poi conta lentamente fino a venti. Io ti sosterrò da questo lato. » « Bene », annuì Saul. « Ci metterò un pò di tempo a girare intorno alla vetta, non essere impaziente. » Sorridendo, si alzò in ginocchio e si sporse in avanti per battere sulla spalla dell'amico. Sean lo avrebbe sempre ricordato così: una grande bocca con due pieghe agli angoli, denti bianchi tra la barba di tre giorni, cappello spinto sulla nuca e capelli che gli ricadevano sulla fronte, punta del naso spellata dal sole. Il masso dietro di loro era spaccato. Se Saul non si fosse piegato in avanti per fare quel gesto d'affetto, non si sarebbe esposto. Il cecchino sulla vetta aveva visto la cupola del suo cappello sporgere dalla roccia e teneva il fucile puntato sulla spaccatura. Nel momento in cui le dita di Saul avevano toccato la spalla di Sean, la sua testa era apparsa nella fenditura e il boero aveva sparato. La pallottola era penetrata nella tempia destra, aveva attraversato diagonalmente il cervello ed era uscita dietro l'orecchio sinistro. Le loro facce distavano soltanto una quarantina di centimetri, e Sean sorrideva guardando l'amico negli occhi, quando il proiettile colpì Saul. La sua testa fu deformata dall'impatto, gonfiandosi e Pagina 141
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) scoppiando come un pallone. Le labbra si stirarono al punto che, per un istante, il sorriso si trasformò in un'orribile cosa di gomma, poi il corpo si abbatté di lato, scivolando lungo il pendio e fermandosi con la testa e le spalle misericordiosamente nascoste da un ciuffo d'erba grigia che cresceva tra le rocce; ma il torso sussultava e le gambe scalciavano convulsamente. Per una decina di secondi, Sean non si mosse, né cambiò espressione. Tanto gli ci volle, per credere a ciò che aveva visto. Poi il suo volto si corrugò. « Saul! » La sua voce era un gracidio. « Saul! » Piú alta adesso, resa acuta dalla coscienza della perdita. Si alzò lentamente in ginocchio. Ora il corpo di Saul era immobile, immobile e rilassato. Di nuovo Sean aprì la bocca, ma questa volta il suono che ne uscì era inarticolato. Come muggisce un vecchio bufalo colpito al cuore: così Sean diede espressione al proprio dolore. Un grido basso, raccapricciante, che giunse non solo agli uomini intorno a lui tra le rocce, ma anche ai boeri sulla vetta dei kopje. Non tentò di raggiungere Saul. Continuò a fissarlo. «Nkosi», supplicò Mbejane, atterrito dall'espressione del suo padrone. La giubba di Sean era rigida, impregnata di sangue secco. L'escoriazione sulla guancia era gonfia e trasudava un umore chiaro. Ma era il suo sguardo che preoccupava Mbejane. «Nkosi», ripeté lo zulu, tentando di calmarlo, ma Sean non lo udì. I suoi occhi erano appannati da una cieca follia succeduta al dolore. Teneva la testa incassata nelle spalle e ringhiava come un animale. « Addosso! Addosso a quei bastardi! » E con un volteggio Sean balzò oltre la roccia, tenendo contro il petto il fucile con la baionetta inastata. « Avanti! » ruggì, e si lanciò su per il tratto scoperto così velocemente che soltanto un proiettile lo colpì. Ma non si fermò e, dopo un attimo, era sul bordo, urlando, roteando il fucile e affondando la baionetta. Dalle rocce, quattrocento uomini sciamarono dietro di lui e si slanciarono verso la cima. Ma, prima che la raggiungessero, Sean si trovò a faccia a faccia con Jan Paulus Leroux. Questa volta non erano alla pari. Jan Paulus era esausto e malato. Era soltanto l'ombra dell'uomo di un tempo. Il suo fucile era scarico e stava armeggiando con il caricatore. Alzò lo sguardo e vide Sean, enorme e coperto di sangue. Vide la baionetta nelle sue mani e la follia nei suoi occhi. « Sean! » disse, sollevando il fucile per sviare la baionetta. Ma non resse al colpo. Con tutto il peso di Sean che premeva, la lama sgusciò sul calcio e si abbassò. Jan Paulus sentì l'acciaio penetrare nella carne e cadde all'indietro. « Sean! » gridò di nuovo. L'altro, torreggiante su di lui, estrasse la baionetta. Poi sollevò di nuovo il fucile con entrambe le mani, pronto a dargli il colpo di grazia. Si fissarono l'un l'altro. L'assalto inglese li aveva superati ed erano soli. Uno, ferito a terra, e l'altro, ferito ma in piedi, con la baionetta alzata e lo sguardo folle. Il vinto, che aveva combattuto e sofferto e sacrificato le vite di coloro che amava, sull'erba. Sopra di lui il vincitore, che aveva combattuto e sofferto e sacrificato vite preziose per il suo cuore. Il gioco era la guerra. Il premio era un paese. La pena per la sconfitta era la morte. «Maak dit klaar! Falla finita! » disse pacatamente Leroux. E la follia in Sean si spense come la fiamma di una candela. Abbassò il fucile e lo lasciò cadere. Improvvisamente fu colto dalla debolezza causata dalla ferita e barcollò. Con stupore, si guardò il ventre e strinse le mani sul foro del proiettile, poi cadde a sedere accanto a Jan Paulus. Sulla cima piatta dei kopje il combattimento era finito. 57. Siamo pronti a muoverci, signore. » Eccies stava in piedi acPagina 142
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) canto al carro e guardava Sean dall'alto. Un duro cipiglio nascondeva la sua preoccupazione. « Sta comodo? » Sean ignorò la domanda. « Chi ha l'incarico di seppellire i morti, Eccles? » « Smith, signore. » « Gli avete detto di Saul... Del capitano Friedman? » « Sissignore. Lo seppellirà separatamente. » Sean si sollevò con pena su un gomito e per un minuto osservò le due squadre di uomini che, nudi fino alla cintola, stavano scavando le fosse comuni. Poco piú in là c'erano le file di cadaveri avvolti in coperte. Una bella giornata di lavoro, pensò amaramente. « Ci avviamo, signore? » chiese Eccles. «Ha trasmesso a Smith i miei ordini? Tutti i nostri uomini in una fossa e i burghers nell'altra? » « Sissignore. » Sean si distese sullo strato di coperte che rivestiva il fondo del carro. « Per favore, Eccles, mandi qui il mio servo. » Mentre aspettava Mbejane, cercò di evitare lo sguardo dell'uomo sdraiato accanto a lui. Sapeva che Jan Paulus lo stava osservando. « Sean... Menheer, chi pregherà sulla tomba dei miei uomini? » « Non abbiamo un cappellano », rispose Sean senza guardarlo. « Potrei dire io due parole. » « Generale Leroux, ci vorrà un altro paio d'ore prima che le fosse siano finite. Ci sono molti feriti ed è mio dovere portarli a Vereeniging il piú presto possibile. Quegli uomini seppelliranno i caduti e poi ci raggiungeranno. » Sean parlava sdraiato sul dorso e fissava il cielo. «Menheer, io chiedo ... » cominciò Jan Paulus, ma Sean si voltò rabbiosamente verso di lui. « Apri le orecchie, Leroux. Ti ho detto che cosa intendo fare. Le fosse saranno debitamente segnalate e al termine delle ostilità la commissione per le sepolture di guerra manderà un cappellano. » C'era pochissimo spazio nel carretto ed entrambi erano piuttosto robusti. Ora, mentre si guardavano l'un l'altro in cagnesco, le loro facce non erano piú di trenta centimetri di distanza. Sean avrebbe voluto continuare il discorso, ma, quando aprì bocca, la ferita si fece sentire ed egli dovette stringere i denti, mentre grosse gocce di sudore gli imperiavano la fronte. « Stai male? » chiese Jan Paulus, mutando atteggiamento. « Mi sentirò meglio quando arriveremo a Vereeniging. » «Ja, hai ragione. Dobbiamo andare», assentì Leroux. Eccles tornò con Mbejane. «Nkosi, mi hai mandato a chiamare? » «Mbejane, voglio che tu rimanga qui e segni il posto in cui seppelliranno lo Nkosi Saul. Ricordalo bene, perché dopo dovrai riportarmici», borbottò Sean. «Nkosi», disse Mbejane, e si allontanò. « Bene, Eccles. Possiamo partire. » Era una lunga colonna. Dietro il carro con le provviste e le munizioni cavalcavano i prigionieri, molti in coppia sullo stesso animale. Seguivano i feriti, ognuno su una barella di pali e coperte trainata da un cavallo; dietro di essi il carretto di Candy e, infine, Eccles con duecento uomini. L'avanzata era lenta e triste. Sean e Leroux non aprirono piú bocca. Le ferite dolevano ed essi se ne stavano distesi, cercando di attutire le scosse, sotto un sole spietato. Nello stato di dormiveglia causato dal dolore e dalla perdita di sangue, Sean pensava a Saul. A volte si convinceva che nulla era accaduto, e provava una sensazione di sollievo, come se si fosse appena svegliato da un incubo, scoprendo che Saul era vivo. Poi la sua mente si schiariva e Saul, di nuovo, era morto. Saul stava avvolto in una coperta sottoterra e tutti i loro progetti erano sepolti con lui. Allora Sean tornava a rifugiarsi nel delirio. « Ruth! » gridò una volta, e Jan Paulus sussultò preoccupato. « Tutto bene, Sean? » Ma l'altro non lo udì. Adesso c'era Ruth. Ruth da sola. E Sean provò gioia per la morte di Saul, una gioia subito schiacciata dal Pagina 143
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) senso di colpa. Per un momento era stato felice che Saul non ci fosse piú, e per quell'atto di slealtà provò un dolore pari alla sofferenza causata dal proiettile nelle sue viscere. Ma Ruth c'era ancora, e Saul era sottoterra. Non devo pensare a questo. Non devo pensare affatto! E si alzò penosamente a sedere, aggrappandosi alla sponda del carro. « Sta' giú, Sean », gli disse dolcemente Jan Paulus. « Ricomincerai a perdere sangue. » « Tu! » gli urlò Sean. « Tu l'hai ucciso. » «Ja», annuì Leroux, premendo la barba rossa contro il petto. « Io ho ucciso, ma anche tu... Tutti noi. Ja, noi li abbiamo uccisi. » Alzò una mano e, afferrato Sean per un braccio, lo costrinse a stendersi di nuovo sulle coperte. « E adesso sta' quieto, o seppelliremo anche te. » « Ma perché, Paul? Perché? » domandò Sean a bassa voce. « Ha importanza? Sono morti. » Sean si portò una mano alla fronte per riparare gli occhi dal sole. « E ora che cosa succederà? » « Continueremo a vivere, ecco tutto. Tireremo avanti. » « Ma la ragione, Jan Paulus? Perché abbiamo combattuto? » « Non lo so. Una volta avevo idee chiare in proposito, ma adesso non so piú», rispose Jan Paulus. Tacquero per parecchio tempo, poi ripresero a parlare: cercando insieme, con fatica, la nuova realtà che avrebbe dovuto sostituire quella degli ultimi tre anni. Per due volte, durante il pomeriggio, la colonna si fermò: uno dei feriti era morto e occorreva seppellirlo. Questo e l'altro decesso - un burgher - dettero nuovo impulso e nuovo senso alla conversazione sul piccolo carro. La sera incontrarono una pattuglia in ricognizione che precedeva le grosse colonne di ritorno dal Padda. Un giovane tenente si accostò al carretto e salutò militarmente Sean. « Ho un messaggio per lei dal generale Acheson, signore. » « Dica, tenente. » « Quel Leroux ci è sfuggito, al Padda. Zietsmann, l'altro capo boero, è stato ucciso, ma Leroux l'ha fatta franca. » « E' questo il generale Leroux », disse Sean. « Buon Dio! » Il tenente fissò Jan Paulus. «L'avete preso! Voglio dire... Le mie congratulazioni, signore. Le mie piú sentite congratulazioni. » Negli ultimi due anni Leroux era diventato un personaggio leggendario per gli inglesi, e ora il giovane lo guardava con visibile curiosità. « Qual è il messaggio? » tagliò corto Sean. « Chiedo scusa, signore. » Il tenente distolse a fatica gli occhi da Jan Paulus. « Tutti i capi boeri si riuniranno a Vereeniging. Daremo loro un salvacondotto. Il generale Acheson voleva che lei tentasse di contattare Leroux... Ma questo ormai non è piú un problema. Di nuovo mi congratulo, colonnello Courteney. » «Grazie, tenente. Per favore, dica al generale Acheson che saremo a, Vereeniging domani. » Guardarono la pattuglia allontanarsi e sparire dietro una piega del terreno. « Dunque », mormorò Leroux, « è la resa. » « No », lo contraddisse Sean, « è la pace! » 58. Nella scuola elementare di Vereeniging, trasformata in ospedale per gli ufficiali, Sean stava disteso sul lettino da campo e guardava il ritratto del presidente Kruger appeso alla parete di fronte. Lo faceva per rimandare il momento in cui avrebbe dovuto continuare la lettera che stava scrivendo. Non era ancora andato oltre l'indirizzo, la data e le parole: « Mia cara Ruth ». Da dieci giorni la colonna era tornata dal veld, e i chirurghi gli avevano aperto la pancia, ricucendo quelle parti dei suo intestino che la pallottola aveva attraversato. Tornò con lo sguardo al foglio e scrisse: Pagina 144
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) sono ricoverato per una piccola ferita ricevuta due settimane fa vicino al fiume Vaal, ma sto già bene, quindi non ti preoccupare per il mio attuale indirizzo. Dio sa quanto vorrei che le circostanze in cui ti scrivo fossero meno dolorose per entrambi. Ormai avrai ricevuto la notifica ufficiale della morte di Saul, quindi non vi è nulla che io possa aggiungere, salvo che è caduto da valoroso. Mentre guidava una carica alla baionetta, è stato colpito da una pallottola ed è morto all'istante. So che vorrai rimanere sola col tuo dolore. I medici non mi permetteranno di viaggiare prima che siano trascorse alcune settimane, ma, quando verrò a Pietermaritzburg, mi auguro che ti sarai abbastanza ripresa da permettermi di vederti, nella speranza di poterti dare un pò di conforto. Spero che la piccola Storm continui a crescere in peso e in bellezza. Sono impaziente di rivederla. Rifletté a lungo sulla chiusa, poi si decise per «Il tuo sincero amico ». Firmò, piegò il foglio, lo infilò nella busta e posò quest'ultima sul comodino. Infine si adagiò sui cuscini, abbandonandosi alla solitudine e al sordo dolore nel ventre. Dopo un pò il male fisico ebbe il sopravvento e Sean si guardò furtivamente intorno, assicurandosi che non ci fossero infermiere. Poi scostò il lenzuolo, sollevò la camicia da notte e cominciò ad armeggiare con le bende, finché ebbe scoperto l'orlo rosso della ferita, con i punti di nero crine di cavallo che sporgevano rigidi come i nodi in un recinto di filo spinato. Un'espressione di comico disgusto comparve sulle sue labbra. Sean odiava la malattia in genere... Ma specialmente se interessava il suo corpo. Poi il disgusto cedette pian piano il posto a una rabbia impotente, e Sean stava fissando la ferita con aria torva, quando una voce disse: « Lascia perdere, vecchio mio. Non la farai guarire, guardandola ». Sean era così assorto su quel crudele taglio allo stomaco che non l'aveva sentito avvicinarsi. Del resto, nonostante il bastone e la rigidezza della gamba destra, Leroux si muoveva molto silenziosamente per un uomo della sua mole. Ora stava accanto al letto di Sean e gli sorrideva timidamente. « Paul! » Con un'espressione colpevole Sean si ricoprì. « Ja, Sean. Come va? » « Non troppo male. E tu? » Leroux scrollò le spalle. « Dicono che avrò bisogno di quest'aggeggio ancora per un bel pezzo. » Batté il puntale del bastone sul pavimento. « Posso sedermi? » « Certo. » Sean si spostò per liberare l'orlo del letto, e Leroux si sedette, tenendo la gamba destra stesa davanti a sé. I suoi abiti erano freschi di bucato, coi polsini della giacca rammendati e toppe nuove ai gomiti; il lungo strappo su un ginocchio era stato ricucito con rozzi punti da una mano maschile. La sua barba era stata accorciata e pareggiata. Aveva bende macchiate di iodio intorno ai polsi piagati, ma una lunga zazzera rossa gli pendeva sul colletto, e le ossa della fronte e delle guance spuntavano aguzze sotto la pelle secca e abbronzata. « Eccoci qua! » disse Sean. « Eccoci qua! » ripeté Leroux, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Poi tacquero, impacciati e incapaci di esprimersi, perché nessuno dei due aveva facilità di parola. « Vuoi fumare, Paul? » chiese Sean, prendendo i sigari dal comodino. « Grazie », accettò Leroux. Entrambi si esibirono nell'operazione di scelta e di accensione, poi il silenzio ricadde su di loro. Leroux guardò accigliato la punta del sigaro. « Buon tabacco », grugnì. « Già », assentì Sean, fissando il proprio sigaro con uguale cipiglio. Leroux tossì e giocherellò col bastone. « Toe maar, ho pensato di venire a trovarti », disse. « Mi fa piacere », replicò Sean. « Così, ora stai bene, eh? » Pagina 145
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Benissimo. » « Ottimo » Leroux annuì con aria solenne. « Be'... Allora », si alzò lentamente, « sarà meglio che vada. C'è un'altra riunione fra un'ora. Jannie Smuts è arrivato dal Capo. » « Ho saputo. » Anche in ospedale circolavano voci su ciò che stava accadendo nella grande tenda piantata sulla piazza d'armi vicino alla stazione. Sotto la presidenza del vecchio Steyn i capi boeri discutevano dei futuro. C'erano De Wet, Niemand e Leroux. C'erano Botha, Hertzog, Strauss e altri i cui nomi erano echeggiati nel mondo durante quegli anni di guerra. E ora era arrivato anche Jannie Smuts. Aveva lasciato il proprio commando ad assediare la piccola città di O'Kiep, nella parte settentrionale dei Capo, e aveva raggiunto Vereeniging con la ferrovia controllata dagli inglesi. Adesso c'erano tutti. Se non avevano ottenuto altro, in quei terribili anni, almeno ora la Gran Bretagna li riconosceva come capi dei popolo boero. Quel piccolo gruppo di uomini stanchi e logorati dalla guerra stava trattando con i rappresentanti della piú grande potenza militare del mondo. «Ja, ho saputo», ripeté Sean, e, impulsivamente, tese la mano. « Buona fortuna, Paul. » Leroux la strinse con forza e le sue labbra si mossero sotto la spinta dell'emozione. «Sean, dobbiamo parlare. E' necessario! » esplose. « Siedi », gli disse Sean. Leroux ritirò la mano e si lasciò cadere di nuovo sul letto. « Cosa posso fare, Sean? » chiese. «Sei tu che devi consigliarmi. Non quei... Quei tizi arrivati dall'Europa. » « Hai visto Kitchener e Milner. » Non era una domanda, perché Sean sapeva di quell'incontro. « Cosa pretendono? » « Tutto », rispose amaramente Leroux. « Vogliono la resa senza condizioni. » « Accetterai? » Leroux rimase in silenzio per un minuto, poi alzò la testa e guardò Sean dritto negli occhi. « Finora abbiamo combattuto per vivere », disse. Sean non avrebbe mai dimenticato ciò che lesse nel suo sguardo in quel momento. « Ora combatteremo per morire. » « E, in questo modo, che cosa otterrai? » « La morte è il male minore. Non possiamo vivere da schiavi. » La voce di Leroux si alzò di tono. « Questa è la mia terra! » gridò. « No », disse Sean con durezza. « E' anche la mia terra, e quella di mio figlio », poi la sua voce si addolcì: « E il sangue di mio figlio è il tuo stesso sangue ». « Ma gli altri... Quel Kitchener, quel perfido Milner... » « Quelli non c'entrano », disse Sean. « Tu però hai combattuto con loro», lo accusò Leroux. « Ho fatto una quantità di sciocchezze », ammise Sean. «Ma mi hanno insegnato molto. » « Cosa intendi dire? » domandò Leroux, e Sean vide balenare la speranza nei suoi occhi. Devo scegliere bene le parole, pensò Sean, devo essere molto cauto. Tirò un lungo respiro. «Così come stanno le cose ora, il tuo popolo è disperso, ma vive. Se continuate a combattere, gli inglesi resteranno finché tutti avrete trovato quella morte che andate cercando. Se invece smettete, presto se ne andranno. » « Tu te ne andrai? » chiese con rabbia Leroux. « No. » « E tu non sei forse inglese? Gli inglesi resteranno... Resterete tu e gli altri come te. » Allora Sean sorrise. Un sorriso così inatteso. E irresistibile che Leroux ne fu sconcertato. « Ti sembro un rooinek io, Paul? Parlo come un rooinek? » chiese in Taal. « Quale metà di mio figlio è burgher e quale inglese? » Confuso da quell'abile attacco, Leroux lo fissò a lungo, prima di abbassare lo sguardo e di riprendere a giocherellare col bastone. «Via, Paul», riprese Sean. «Metti fine a questa follia. Tu e io abbiamo parecchio lavoro da fare. » « Tu e io? » chiese sospettosamente Leroux. « Sì. » Pagina 146
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Jan Paulus scoppiò in una gran risata mugghiante. «Sei uno slim Kerel», ruggì. «Dovrò riflettere su ciò che hai detto.» Si alzò. Adesso sembrava piú alto. Il riso gli riempiva le guance scarne e gli arricciava il naso. « Dovrò rifletterci su molto attentamente. » Tese di nuovo la mano e Sean la strinse. « Tornerò e ne riparleremo. » Poi, fatto un brusco dietro front, si allontanò zoppicando lungo la corsia, col bastone che risuonava sul pavimento. Jan Paulus mantenne la promessa. Tornò a trovare Sean ogni giorno, trattenendosi per un'oretta, e continuarono a discutere. All'indomani della resa boera, egli portò con sé un altro burgher. « Sean, questi è Jan Christian Niemand. » « Forse è una fortuna per me non averla incontrata, prima, colonnello Courteney. » La sua voce, di timbro alto, era scattante e autoritaria. Parlava l'inglese perfetto che aveva imparato a Oxford. « Non ti pare, Oubas? » aggiunse, rivolgendosi a Leroux con un titolo scherzoso che con tutta evidenza apparteneva a un loro vocabolario privato. Jan Paulus ridacchiò. « Molto fortunato. Altrimenti anche tu potresti ritrovarti ad aver bisogno di un bastone. » Sean esaminò Niemand con interesse. I duri anni di guerra gli avevano sviluppato i muscoli delle spalle e la sua andatura era quella di un vero soldato; tuttavia, sopra la bionda barba a punta, il viso era quello di uno studioso. La pelle era di un pallore giovanile, quasi femminea, ma gli occhi erano di un azzurro penetrante, l'azzurro spietato di una lama di Toledo. La sua mente aveva la flessibilità di quello stesso acciaio e, nel giro di pochi minuti, Sean dovette far appello a tutte le proprie capacità intellettuali per rispondere alle domande di Niemand e mantenersi al suo livello. Era chiaro che il boero lo stava sottoponendo a una specie di esame. In capo a un'ora, Sean capì che l'aveva superato. « Ora che progetti ha? » gli chiese Niemand. «Devo tornare a casa», rispose Sean. «Ho una fattoria, un figlio... E presto, forse, una moglie. » « Le auguro ogni felicità. » « Veramente... Non c'è nulla di stabilito », confessò Sean. « Alla donna devo ancora chiederlo. » Jannie Niemand sorrise. « Bene, allora le auguro di aver fortuna con la dama. E di avere la forza per costruirsi una nuova vita. » Di colpo divenne serio. « Bisogna ricostruire ciò che è stato distrutto. » Imitato da Leroux, si alzò dal letto. « Ci sarà bisogno di uomini in gamba negli anni a venire. » Tese la mano a Sean. « Noi due ci incontreremo di nuovo. Può contarci. » 59. Mentre il treno passava accanto ai grandi, bianchi depositi di scorie minerarie, Sean si affacciò al finestrino per osservare il profilo familiare di Johannesburg, e ancora una volta si chiese come mai quella brutta città avesse il potere di riattirarlo sempre a sé. Era come se fosse legato a essa da un elastico cordone ombelicale che gli lasciava un'ampia libertà di movimento, ma che era anche pronto a tirarlo inesorabilmente indietro, quando egli ne raggiungeva il limite. « Due giorni », promise a se stesso. « Resterò soltanto due giorni. Giusto il tempo di rassegnare al vecchio Acheson le mie dimissioni formali e di salutare Candy. Poi tornerò a Ladyburg... E lascerò questa città cuocere nel suo brodo velenoso. » Lì nei pressi si levò l'ululato della sirena di mezzogiorno da una delle miniere e immediatamente il suo urlo fu ripreso dalle altre. Sembrava che un branco di lupi affamati percorresse la valle in cerca di preda... I lupi dell'avidità e dell'oro. Le miniere, che erano state costrette a chiudere durante le ostilità, avevano ripreso la produzione, e il fumo delle loro ciminiere offuscava il cielo, trasformandosi in sudicia nebbia oltre le colline. Il treno rallentò, il sobbalzo sugli scambi ruppe il ritmo della sua corsa. E subito scivolò lungo il marciapiede di cemento della stazione di Johannesburg. Sean prese il bagaglio dalla reticella sovrastanPagina 147
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) te i sedili e lo passò a Mbejane attraverso il finestrino. Lo sforzo non si ripercosse piú nelle sue viscere; a parte la brutta cicatrice nei pressi dell'ombelico, egli era completamente guarito. Una carrozza pubblica li depositò davanti al quartier generale di Acheson. Sean lasciò Mbejane a guardia del bagaglio e, fattosi strada nell'atrio affollato, salì le scale fino al primo piano. « Buongiorno, colonnello. » L'attendente lo riconobbe subito e scattò sull'attenti con tanta foga da ribaltare lo sgabello su cui stava seduto. «Salve, Thompson», rispose Sean. I segni di rispetto dovuti al suo grado continuavano a imbarazzarlo. Thompson si rilassò e chiese con sincero interesse: «Come sta, signor colonnello? Mi è spiaciuto sapere della sua ferita, signore ». « Grazie, Thompson. Ora sto bene. C'è il maggiore? » Peterson fu lietissimo di vederlo. S'informò affettuosamente sul funzionamento del suo intestino, poiché l'irregolarità era spesso uno tra i postumi piú spiacevoli delle ferite al ventre. Sean lo rassicurò e Peterson continuò: «Prenda una tazza di tè. Il vecchio è occupato in questo momento, ma la riceverà fra dieci minuti », e, prima di tornare a parlare della ferita, gridò a Thompson di portare del tè. « Le sarà rimasta una bella cicatrice, eh, vecchio mio? » Sean slacciò il cinturone, sbottonò la giubba ed estrasse la camicia dai calzoni. Peterson girò intorno alla scrivania per esaminare da vicino il ventre di Sean. Poi diede la propria opinione di esperto. «Molto pulita. Davvero un bel lavoro. Io sono stato ferito a Omdurman... Uno di quei dannati selvaggi mi ha infilzato con la sua sporca lancia. » E, a sua volta, si svestì parzialmente, esponendo il pallido petto glabro. Per comune senso di cortesia, Sean dovette schioccare la lingua e scuotere la testa alla vista della piccola cicatrice triangolare, benché in cuor suo fosse assai poco impressionato. Poi la sua attenzione si spostò su un'altra parte del corpo di Peterson. « E qui ne ho beccata una seconda... Maledettamente dolorosa, anche! » Si slacciò la cintura e aveva i pantaloni a mezz'asta, quando la porta di comunicazione si aprì. « Spero di non disturbare, signori! » disse garbatamente Acheson. Ci fu un attimo di confusione, mentre entrambi tentavano di rivestirsi e di eseguire un corretto saluto militare. Peterson dovette prendere una delicatissima decisione, non contemplata dal regolamento. Fu uno dei pochissimi casi della storia militare in cui un comandante di divisione fu accolto da un ufficiale superiore in rigida posizione d'attenti coi calzoni afflosciati intorno alle caviglie. Il maggiore Peterson in mutande di flanella rossa era uno spettacolo davvero degno di nota. Non appena Acheson ebbe capito la ragione di quel poco conveniente abbigliamento fu molto tentato di unirsi all'esibizione, perché anch'egli aveva qualche bella cicatrice da mostrare, ma si contenne in modo ammirevole. Condusse Sean nel proprio ufficio e gli offrì un sigaro. «Bene, Courteney. Spero che non sia venuto a cercare un impiego. » « Al contrario. Desidero tirarmi fuori da questo tipo di attività, signore. » « Credo che possiamo sistemare la cosa. L'ufficiale pagatore sarà contento », annuì Acheson. « Dirò a Peterson di preparare i documenti. » « Voglio partire domani », insistette Sean, e Acheson sorrise. «Quanta fretta! D'accordo. Peterson potrà spedirglieli per la firma. La sua unità è già stata sciolta, quindi non c'è ragione perché lei rimanga a gingillarsi qui intorno. » « Bene! » Sean si era aspettato una certa resistenza e sorrise di sollievo. «Ci sono soltanto tre cosucce ancora», continuò Acheson, e Sean si accigliò, subito insospettito. «Ah! » « Prima di tutto, un dono d'addio da parte di Sua Maestà. Il Distinguished Service Order per la cattura di Leroux. Ci sarà una ceriPagina 148
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) monia la prossima settimana. Lord Kitchener ci terrebbe molto alla sua presenza. » « Accidenti, no! Se devo restare a Johannesburg... Ci rinuncio? » Acheson ridacchiò. « Che ingratitudine! E va bene, Peterson potrà spedirle per posta anche quella. Secondo punto: ho esercitato un pò della mia influenza sull'Ufficio Risarcimenti. Benché il Parlamento non abbia ancora approvato la legge, hanno anticipato i tempi e riconosciuto il suo credito. » « Buon Dio! » Sean era sbalordito. Su consiglio di Acheson aveva inoltrato un reclamo per diecimila sterline, cioè per l'ammontare del suo deposito alla Volkskaas Bank, incamerato dai boeri all'inizio della guerra. Non si aspettava di cavarne nulla e se n'era subito dimenticato. « Non mi rifonderanno l'intera cifra, immagino? » «Non sia ingenuo, Courteney», ridacchiò di nuovo Acheson. «Soltanto il venti per cento e forse qualcosa di piú quando la legge sarà passata. Comunque, duemila sterline sono sempre meglio di un pugno in un occhio. Ecco l'assegno. Deve firmarmi una ricevuta. » Sean firmò ed esaminò il rettangolino di carta con crescente piacere. Quel denaro l'avrebbe aiutato a pagare il debito con la Natal Wattle. Alzò rapidamente gli occhi. « E la terza cosa? » chiese. Acheson spinse un cartoncino attraverso la scrivania. « Il mio biglietto da visita... E un invito permanente a essere mio ospite per tutto il tempo che vorrà ogni volta che si troverà a Londra. » Si alzò e gli tese la mano. « Buona fortuna, Sean. Non voglio pensare che si tratti di un addio. » Nello stato d'euforia prodotto dalla libertà e dalla prospettiva di un amoroso commiato da Candy Rautenbach, Sean fece prima fermare la carrozza alla stazione ferroviaria per prenotare un posto sul treno per il sud del giorno dopo e spedire un telegramma ad Ada. Poi, dopo la breve corsa lungo Commissioner Street, giunse nell'atrio dei Candy's Hotel e chiese della proprietaria. «La signora Rautenbach sta riposando, signore, e non può essere assolutamente disturbata », lo informò l'impiegato. «Grazie, buon uomo.» Sean gli allungò mezza ghinea e, ignorando le sue proteste, salì lo scalone di marmo. S'introdusse silenziosamente nell'appartamento di Candy e si diresse verso la camera da letto. Voleva farle una sorpresa... E, senza dubbio alcuno, vi riuscì al di là di ogni aspettativa. Candy Rautenbach non stava riposando. Al contrario, era impegnatissima nell'intrattenere un gentiluomo la cui giubba, appesa allo schienale di una delle sedie di velluto rosso, lo qualificava come un ufficiale subalterno dell'esercito di Sua Maestà. Sean basò le proprie azioni successive sull'ipotesi che Candy fosse sua esclusiva proprietà. Nell'ondata di virtuosa indignazione che lo travolse, non tenne in alcun conto il fatto che la sua visita era un gesto d'addio, che la sua relazione con Candy era stata, a dir tanto, vaga e intermittente, che l'indomani mattina sarebbe partito per chiedere in moglie un'altra donna. No, tutto ciò che vide fu un cuculo nel proprio nido. Per non far torto al coraggio del subalterno e all'onore del suo reggimento, bisogna ricordare che la sua conoscenza della situazione familiare di Candy, come pure della sua anatomia, era incompleta. Gli era stata presentata come la signora Rautenbach e, in quel terribile ritorno alla realtà, l'ufficiale suppose che il gigante infuriato che si stava precipitando sul letto non fosse altri che il signor Rautenbach di ritorno dalla guerra. Così fece i preparativi di partenza, che iniziarono con una rapida discesa dall'alto letto a quattro piazze dalla parte opposta a quella da cui stava arrivando Sean. Grazie all'estrema lucidità mentale prodotta dalla sovrabbondanza di adrenalina in circolo, il subalterno si rese subito conto che la propria nudità gli impediva la fuga verso un luogo pubblico come il corridoio di un albergo, che la minacciosa avanzata dei signor Rautenbach rendeva tale fuga imperativa e, infine, che lo stesso gentiluorno indossava l'uniforme con i gradi di colonnello. Fu quest'ultima considerazione a influire in modo determinante sul giovane, poichè, nonostante la sua età, proveniva da un'antica famiglia rispettosa delle tradizioni militari ed egli ne teneva in gran conto le regole, Pagina 149
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) fra le quali una delle piú rigide era: non copulare con la moglie di un superiore. Quindi: « Signore », disse, irrigidendosi con dignità, «posso spiegare... » « Razza di stronzo », replicò Sean, in un tono dal quale risultava chiaro che la sua spiegazione avrebbe avuto un ben scarso effetto. Prendendo la via piú corta, che era quella che attraversava il letto, Sean gli si lanciò addosso. Candy, che in quei pochi secondi era stata troppo occupata a coprirsi per prendere parte attiva agli avvenimenti, strillò e sollevò di scatto il copriletto di seta in modo che rimanesse impigliato negli speroni di Courteney che, proprio in quel momento, stava volando al di sopra dei letto. Sean cadde con uno schianto che riecheggiò in tutto l'edificio, facendo sussultare i clienti nell'atrio, e rimase per qualche secondo stordito, con i piedi sul letto e la testa e le spalle sul pavimento. « Scappa! » gridò Candy al subalterno, mentre Sean cominciava a riprendersi. Poi la donna raccolse una bracciata di coperte e le lanciò addosso a Sean, avvolgendovelo fin quasi a soffocarlo. « Presto, per l'amor di Dio, presto», supplicò, mentre il suo giovane amico saltellava su una gamba sola, con l'altra infilata nei pantaloni. « Esci di qui o ti farà a pezzi.» E si buttò sull'ammasso imprecante e scalciante di lenzuola e coperte. « Non preoccuparti degli stivali! » Il giovane ufficiale se li ficcò sotto un braccio, si buttò la giubba su una spalla e si calcò il casco sulla nuca. «Grazie, signora», disse, e poi, con molta galanteria: «Sono davvero desolato per i fastidi che posso aver provocato. La prego di porgere le mie scuse a suo marito ». « Vattene, idiota», implorò lei, aggrappandosi disperatamente a Sean che sgroppava e bestemmiava. Dopo che il giovane fu uscito, Candy si alzò e attese che Sean affiorasse. « Dov'è? Lo ucciderò. Farò fuori quel piccolo bastardo! » mugghiò Sean, balzando in piedi e guardandosi attorno con rabbia. Ma la prima cosa che vide fu Candy, e Candy era scossa da una risata irrefrenabile. C'era un bel pò di roba che scuoteva in lei, e la maggior parte era bianca, liscia e rotonda, così che, sebbene il suo riso fosse un pò isterico, costituiva sempre uno spettacolo molto piacevole. « Perché mi hai fermato? » chiese Sean, ma il suo interesse si stava rapidamente trasferendo dal giovane ufficiale al petto di Candy. « Ha creduto che tu fossi mio marito », boccheggiò lei. « Quel piccolo bastardo», ringhiò ancora Sean. « Era simpatico », disse Candy. E improvvisamente smise di ridere. « Comunque, chi diavolo credi di essere per irrompere qui in questo modo? Ti ritieni padrone del mondo? » « Tu appartieni a me. » « Col cavolo che ti appartengo! » esplose Candy. « Adesso esci dalla mia camera, grosso bue fracassone che non sei altro. » « Mettiti qualcosa addosso. » Le cose stavano prendendo una piega imprevista. Sean si era aspettato che Candy si mostrasse colpevole e contrita. « Fuori! » urlò lei, sempre piú furibonda. Sean non l'aveva mai vista in quello stato e riuscì a malapena ad afferrare al volo il grosso vaso che Candy aveva lanciato contro la sua testa. Frustrata nel suo desiderio di spaccare qualcosa, afferrò un altro proiettile, uno specchio ornamentale, che s'infranse con discreta violenza contro la parete alle spalle di Sean. Il suo boudoir era arredato con fastoso gusto vittoriano e costituiva una riserva quasi illimitata di munizioni. Nonostante l'agile gioco di piedi, Sean non poteva restare illeso per sempre e alla fine, fu colpito dal ritratto in cornice dorata d'un qualche ignoto ufficiale. Candy aveva una predilezione particolare per i guerrieri. « Stupida puttana », ruggì Sean, sfregandosi la fronte, e si lanciò al contrattacco. Candy fuggì, nuda e urlante, ma Sean l'agguantò e la ributtò sul letto. « E adesso, ragazza mia », borbottò, mettendosela bocconi sulle ginocchia, « t'insegnerò un pò di buone maniere. » La prima sculacciata lasciò una perfetta impronta rossa della mano sulla natica, la seconda fu meno forte, la terza, soltanto un Pagina 150
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) colpetto affettuoso. Ma Candy singhiozzava da spezzare il cuore. Con la mano a mezz'aria, Sean si rese conto con sgomento che, per la prima volta in vita sua, stava picchiando una donna! «Candy», disse con voce incerta, ma, con suo enorme stupore, la donna si voltò, gli buttò le braccia al collo e premette una guancia bagnata contro la sua. Un fiotto di parole gli urgeva in gola, voleva scusarsi, chiedere perdono... Poi il buon senso prevalse ed egli domandò seccamente: « Sei pentita della tua condotta? ». Candy inghiottì a vuoto e annuì vivacemente. « Perdonami, caro. Me lo sono meritata. » Le sue dita gli sfiorarono la gola, le labbra. « Ti prego, perdonami, Sean. Mi spiace terribilmente. » Quella sera cenarono a letto. Il mattino presto, mentre Sean si crogiolava nella vasca da bagno incassata nel pavimento, immerso nell'acqua calda che gli faceva bruciare i graffi sulla schiena, parlarono. «Prendo il treno dei mattino, Candy. Voglio essere a casa per Natale. » « Oh, Sean! Non puoi restare per qualche giorno? » « No. » « Quando tornerai? » « Non so. » Vi fu un lungo silenzio, prima che Candy parlasse di nuovo. « Devo dedurre che non sono inclusa nei tuoi progetti per il futuro? » « Sei mia amica, Candy! » protestò Sean. « Be', questa è proprio bella », disse lei, e si alzò. « Vado a ordinarti la colazione. » In camera da letto si fermò davanti allo specchio. I suoi occhi avevano la stessa tonalità azzurra della vestaglia di seta ma, a quell'ora, il collo era solcato da rughe sottili. Sono ricca, si disse, resterò sola soltanto se lo vorrò. E si allontanò. 60. Sean risaliva lentamente il viale ghiaioso verso casa Goldberg. Camminava tra due file d'alberi circondate da prati verdi che si arrampicavano con una serie di terrazze verso la facciata rococò della casa. Era una mattinata calda e i colombi sugli alberi tubavano sonnacchiosi. Da un boschetto ornamentale gli giunse il suono argentino di una risata. Si fermò ad ascoltare e a un tratto perse ogni coraggio. Come l'avrebbe accolto? Non aveva risposto alla sua lettera. Facendosi animo lasciò il viale e attraversò il tappeto erboso fino all'orlo di un anfiteatro. Nella conca sotto di lui c'era una copia in miniatura dei Partenone. Terse, candide colonne di marmo, attorniate da una vasca circolare. Sean vide le forme delle carpe nuotare lentamente nell'acqua verde, sotto le foglie delle ninfee, i cui fiori si dispiegavano in petali bianchi, dorati e color porpora. Ruth sedeva sull'orlo della vasca. Era vestita di bianco, dal collo alla punta delle scarpette, ma le braccia erano nude e le tendeva in avanti, dicendo a voce alta: «Cammina, Storm. Alzati e vieni dalla mamma». A dieci passi di distanza, col didietro saldamente incollato all'erba, Storm Friedman osservava seria la madre da sotto una frangia di capelli neri. « Vieni, piccola », la incitò Ruth, e, con decisione, la bambina appoggiò le mani a terra. Lentamente alzò il sederino grassoccio finché questo fu puntato verso il cielo, esibendo un indumento tutto pizzo e nastri sotto la corta gonnellina. Restò così per alcuni secondi, poi, con sforzo, si alzò in piedi e rimase in precario equilibrio sulle gambette rosa. Ruth batté le mani e Storm sorrise, trionfante, mostrando ben quattro denti bianchi. «Su, vieni dalla mamma», rise Ruth, e la piccola fece una dozzina di passi, prima di abbandonare quell'assurda e scomoda forma di locomozione. Quindi si lasciò cadere sulle mani e sulle ginocchia, completando il percorso a quattro zampe. Pagina 151
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Hai barato! » la accusò Ruth, alzandosi per afferrarla sotto le braccia e sollevarla di scatto al di sopra della sua testa. La bambina strillava di gioia. « Ancora! » ordinò. « Ancora! » Sean avrebbe voluto ridere con loro. Correre giú e stringerle entrambe tra le braccia. Perché di colpo capì che là c'era il vero significato della vita, la ragione dell'esistenza. Una donna e un bambino. La sua donna e la sua bambina. Ruth alzò lo sguardo, vide Sean e impietrì, con la piccola stretta al petto. Il suo volto era privo d'espressione, mentre lo guardava scendere i gradini dell'anfiteatro. « Salve », disse Sean, fermandosi di fronte a lei e rigirando goffamente il cappello tra le mani. « Salve, Sean », mormorò lei, poi gli angoli della sua bocca si sollevarono in un timido, incerto sorriso e il sangue le affluì alle gote. « Ci hai messo così tanto che credevo non venissi piú. » Sean s'illuminò e fece un passo avanti, ma in quel momento Storm, che aveva continuato a guardarlo con curiosità, cominciò a saltare tra le braccia della madre strillando: « Uomo! Uomo! ». Con i piedi puntati contro lo stomaco di Ruth, si spingeva verso l'alto. Poi si buttò in fuori, in direzione di Sean, decisa a raggiungerlo, e Ruth fu colta di sorpresa. Sean dovette lasciare il cappello e afferrare la piccola prima che cadesse. « Ancora! Ancora! » gridava Storm, continuando a saltare tra le braccia di Sean. Una delle poche cose che Sean sapeva sui bambini piccoli era che essi hanno sulla sommità della testa un punto molle ed estremamente vulnerabile, quindi stringeva a sé la figlia, con la paura di lasciarla cadere e, nel contempo, di comprimerla troppo. Finché Ruth smise di ridere e lo liberò del suo fardello, dicendo: « Raggiungiamo gli zii sulla veranda. E' giusto l'ora del tè ». Attraversarono pian piano il prato, tenendo ciascuno una mano di Storm, così che la piccola non doveva pìú concentrarsi sull'equilibrio e poteva dedicare tutta la sua attenzione al modo affascinante in cui i suoi piedi apparivano e sparivano alternativamente sotto di lei. « Sean. C'è una cosa che devo sapere innanzi tutto. » Ruth guardava la figlia, non lui. « Hai... » Fece una pausa. « Saul... Avresti potuto impedire quello che è accaduto? Voglio dire, tu non hai... » La sua voce tremò e si spense. « No », rispose semplicemente Sean. «Giuramelo. Per la tua speranza nella salvezza eterna, giuramelo. » « Te lo giuro, Ruth. Lo giuro su... » Cercò qualcosa, non la propria vita, perché non era abbastanza importante. « Lo giuro sulla vita di nostra figlia. » E Ruth sospirò di sollievo. « Per questo non ti ho scritto. Dovevo sapere, prima. » Sean moriva dalla voglia di dirle che ora l'avrebbe portata via con sé, di parlarle del Lion Kop e dell'immenso edificio vuoto che aspettava lei per diventare una vera casa. Ma sapeva che non era il momento... Non subito dopo aver parlato di Saul. Avrebbe aspettato. Aspettò, mentre veniva presentato ai Goldberg e quindi lasciato con loro quando Ruth entrò in casa per affidare la piccola alla governante. Aspettò, mentre sorseggiava una tazza di tè e faceva conversazione con gli zii, cercando di evitare che potessero leggere nei suoi occhi, quando guardava Ruth. Aspettò finché furono soli sul prato, e allora disse: « Ruth, tu e Storm verrete a casa con me ». Ruth si fermò davanti a una pianta di rose, colse un bocciolo giallo chiaro e, con la fronte lievemente aggrottata, strappò tutte le piccole spine rosse prima di guardare Sean. « Davvero, Sean? » chiese con aria innocente, ma Sean si sarebbe dovuto allarmare per lo scintillio di diamante degli occhi. « Certo. Nel giro di qualche giorno possiamo sposarci. Non ci vorrà di piú per ottenere un permesso speciale e preparare i tuoi bagagli. Poi ti porterò a Lion Kop. Ti ho parlato di ... ? » « Accidenti », disse lei a voce bassa. « Accidenti alla tua arroganPagina 152
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) za. Accidenti alla tua presunzione. » Sean la guardò a bocca spalancata. « Arrivi qui con la frusta in mano, la schiocchi una volta e ti aspetti che io abbai e salti attraverso il cerchio. » Ruth si stava infervorando. « Non so quali siano stati i tuoi rapporti con le donne fino a oggi... Ma io non sono una di quelle che seguono le truppe, e non intendo essere trattata come tale. Ti è mai passato per la testa anche solo per un secondo che potrei non essere disposta ad accettare il gran favore che intendi accordarmi? Per caso hai dimenticato che sono vedova da soli tre mesi? Quale suprema mancanza di sensibilità ti ha fatto credere che sarei corsa dalla tomba di un uomo alle braccia amorevoli di un altro? » « Ma, Ruth, io ti amo », disse Sean, cercando di arrestare quel fiotto di parole. Ruth lo interruppe. « Allora provamelo, dannazione! Provalo con la gentilezza. Provalo trattandomi come una donna e non come un oggetto. Provalo con la comprensione! » La sorpresa in Sean cedette il posto a una collera non meno intensa di quella di Ruth e, a propria volta, le parlò con rabbia. « Non hai fatto tante dannate storie la sera del temporale... E neanche dopo! » Come se l'avesse schiaffeggiata, Ruth fece un passo indietro e il bocciolo di rosa le cadde di mano. « Mascalzone », disse tra i denti. « Vattene, e non tornare mai piú. » « Servo suo, signora. » Sean si ficcò il cappello in testa, girò sui tacchi e si allontanò. Arrivato sul viale, i suoi passi rallentarono; infine si fermò, lottando con la rabbia e con l'orgoglio. Lentamente, si voltò. Il prato era vuoto. Lei se n'era andata. Ruth corse su per lo scalone di marmo, ma, quando raggiunse la finestra della sua camera, Sean era a metà del viale. Dall'alto del secondo piano la sua figura, accorciata dalla prospettiva, appariva massiccia, e il vestito scuro spiccava nettamente sulla ghiaia. Raggiunse il cancello e si fermò. Ruth si sporse dal davanzale della finestra, così che Sean potesse vederla piú facilmente, quando si fosse voltato. Lo vide accendere con lenti gesti un lungo sigaro nero, buttare via il fiammifero, aggiustarsi il cappello sul capo, raddrizzare le dietro la quale era scomparso. Poi, lentamente, si staccò dalla finestra e andò a sedersi sul letto. « Perché non ha capito? » si chiese a bassa voce. Sapeva che avrebbe pianto, dopo, durante la notte, quando sarebbe cominciata la vera solitudine. 61. Sean arrivò a Ladyburg nel pieno di una giornata nebbiosa tipica dell'inverno nel Natal. Mentre il treno sbuffava sull'orlo della scarpata, Sean stava in piedi sulla piattaforma esterna in fondo al vagone e guardava la grande macchia verde sulle colline di Lion Kop. Quella vista lo emozionava, ma il suo orgoglio era venato di tristezza. Sono arrivato a metà della corsa. Fra qualche mese compirò quarantun anni. Da tante lotte e assurdità dovrà pure venir fuori qualcosa. Tiriamo un pò le somme. In contanti ho poco piú di duemila sterline (omaggio dell'Ufficio Risarcimenti di Guerra). Possiedo quindicimila acri di terra, piú un'opzione sull'acquisto di altrettanti. Ho diecimila acri piantati ad acacie che, fra un anno, saranno pronte per la scortecciatura. I prestiti che ho ottenuto grazie a questa garanzia sono pesanti, ma non opprimenti, per cui posso definirmi un uomo ricco. Fisicamente, ho qualche capello grigio, una collezione di cicatrici e il naso rotto. Ma sono ancora capace di sollevare e trasportare un sacco di granturco da ottanta chili sotto ciascun braccio e di mangiare mezzo agnello a pasto; senza binocolo posso contare le teste di un branco di antilopi a tre chilometri di distanza; e Candy, che se ne intende, non si è mai lamentata della mia virilità. No, non sono ancora vecchio. A parte ciò, ho un figlio che mi appartiene (e un figlio e una figlia che non mi appartengono). Benché abbia perduto il migliore, ho Pagina 153
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) degli amici... Ho forse piú amici che nemici. Ma altrettanto importante quanto tutto questo è lo scopo, la direzione che finalmente ho dato alla mia vita. Ora so che cosa voglio. La mia rotta è segnata e il vento è in poppa. Questo l'attivo. Ciò che è mio, da usare e da godere. E il passivo? Denaro preso in prestito, l'odio di un fratello e di un figlio, e Ruth. Ruth non c'è! Ruth non c'è! sferragliavano le ruote sotto il vagone. Ruth non c'è! Ruth non c'è! sembravano beffarlo. Sean aggrottò la fronte e cercò di sviare quel pensiero. Vento in poppa! Vento in poppa! cominciò a ripetersi mentalmente. Nei mesi che seguirono Sean dedicò tutta la sua energia allo sviluppo di Lion Kop. Pianificò il taglio della corteccia, decidendo di scortecciare un terzo delle piante un anno prima che giungessero a maturità e un altro terzo in ciascuno dei due anni successivi. Per provvedere un avvicendamento, usò le duemila sterline non per rifondere i prestiti, ma per piantare ad acacie il resto della terra. Quando ebbe finito, dovette cercarsi qualcos'altro da fare. Acquistati un teodolite e un manuale di topografia, disegnò la mappa della sua tenuta, indicando ogni filare, e progettò nuove strade di accesso alle piantagioni per il momento in cui sarebbe iniziata la scortecciatura. Di nuovo si trovò senza occupazione, quindi andò a trovare Dennis Petersen e passò un'intera giornata a litigare per l'acquisto di Mahoba Kloof, la tenuta su cui aveva l'opzione. Non aveva contanti, e Jackson, della Natal Wattle, sobbalzò sulla sedia, quando Sean gli fece capire che avrebbe gradito un altro prestito. Quando Dennis rifiutò di prorogare i termini di scadenza dell'opzione, Sean andò a trovare Ronny Pye alla Ladyburg Banking & Trust. Era un tentativo disperato, e Sean rimase molto sorpreso quando Ronny, offertigli un sigaro e una tazza di caffè, ascoltò gentilmente le sue proposte. « Stai puntando tutto su un unico cavallo, Sean », lo ammonì. « Ce n'è uno solo in questa corsa. Non posso perdere. » « Molto bene », disse Ronny, annuendo. « Ecco ciò che posso fare per te. Ti anticiperò l'intero prezzo d'acquisto di Mahoba Kloof, piú altre diecimila sterline per svilupparlo. In cambio mi firmerai una prima ipoteca su Mahoba Kloof, e una seconda su Lion Kop, dopo che avrai rifuso il prestito alla Natal Wattle.» Sean accettò. Una settimana dopo, Ronny Pye andò a trovare Jackson a Pietermaritzburg. Dopo le schermaglie preliminari, Ronny chiese: « Mi dica, signor Jackson, è tranquillo riguardo a quei prestiti che ha fatto a Courteney? » L'altro esitò. « La garanzia è buona... Però mi sembra che si stia esponendo un pò troppo. » Al che Ronny insinuò con delicatezza: « Forse potrei essere disposto a rilevarli », e Jackson si fregò pensosamente il naso per nascondere il sollievo. Sean lanciò con entusiasmo il suo esercito di zulu sulle terre vergini di Mahoba Kloof. Si beava delle lunghe file di negri sudati che cantavano aprendo la ricca terra rossa e mettendo a dimora i fragili virgulti. In quei giorni Dirk era il suo fedele compagno. Le sue presenze a scuola divennero sempre piú sporadiche. Convinto che il figlio non sarebbe mai diventato uno studioso, Sean faceva finta di credere ai disturbi gastrici che la mattina impedivano al figlio di andare a scuola, ma che sparivano come per miracolo pochi minuti dopo, permettendogli di seguire il padre nelle piantagioni. Dirk imitava i gesti di Sean, il suo modo di stare a cavallo, la sua lunga falcata. Ascoltava attentamente le frasi del padre e poi le ripeteva, senza omettere le imprecazioni. Nel tardo pomeriggio andavano a caccia di quaglie, fagiani e faraone sui pendii della scarpata. La domenica, quando Sean si ritrovava coi vicini per cacciare il bushbuck, per giocare a poker o semplicemente a bere brandy e a conversare, Dirk era sempre con lui. Nonostante le proteste di Sean, Ada era tornata con le sue ragazze nel villino di Protea Street. Così la casa sul Lion Kop era un granPagina 154
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) de guscio vuoto. Sean e Dirk usavano soltanto tre delle quindici stanze, e anche quelle erano sommariamente arredate. Niente tappeti sui pavimenti, né quadri alle pareti. Qualche sedia a braccioli di cuoio, letti di ferro, tavoli fatti con assi d'abete, un paio di armadi a muro. In un angolo erano ammucchiati i libri, in un altro le canne da pesca. Due fucili e una carabina stavano nella rastrelliera di fianco al caminetto. Sul pavimento di legno non lucidato c'era parecchia polvere, con lanugine sotto le sedie e i letti, e macchie scure lasciate dai cuccioli di pointer; la camera di Dirk, dove Sean non entrava mai, era un caos di vecchi calzini, camicie sporche, quaderni di scuola e trofei di caccia. Sean non nutriva alcun interesse per la casa. Era un posto in cui mangiare e dormire, con un tetto per ripararsi dalla pioggia, un camino per riscaldarsi e qualche lampada per coltivare la sua nuova passione per i libri. Col naso sormontato da occhiali da lettura acquistati da un commesso viaggiatore, Sean trascorreva le sue serate immerso in volumi di politica e di viaggi, di economia e di topografia, di matematica e di medicina, mentre Dirk, apparentemente occupato nei suoi compiti di scuola, non gli staccava gli occhi di dosso. Certe sere, quando si dedicava alla corrispondenza, Sean si dimenticava di lui, e Dirk restava alzato fin dopo mezzanotte. Sean era in rapporto epistolare tanto con Leroux quanto con Jannie Niemand, che erano diventati un importante binomio politico nel Transvaal e già esercitavano su Sean una gentile pressione. Volevano che organizzasse e dirigesse nel Natal l'equivalente del loro Partito sudafricano. Ma Sean esitava. Non ancora, forse piú avanti, diceva. Una volta al mese riceveva una lunga lettera da John Acheson. Il generale era tornato in Inghilterra e alla gratitudine della nazione. Adesso era Lord Caisterbrook e, dal suo seggio alla Camera dei Pari, teneva informato Sean sugli affari di stato e sugli umori del popolo britannico. Ogni tanto, piú spesso di quanto fosse opportuno, Sean pensava a Ruth. Allora diventava intrattabile e triste e si sentiva disperatamente solo. Il desiderio di una donna cresceva in lui, impedendogli di dormire, finché si risolveva a recarsi da un'affettuosa vedova che viveva in uno dei cottage vicini ai nuovi depositi ferroviari. Tuttavia si considerava felice, fino a quel giorno dell'inizio di settembre del 1903, quando ricevette un elegante cartoncino stampato in rilievo. Esso diceva semplicemente: La Signorina Storm Friedman ha il piacere di invitare il Colonnello Sean Courteney alla festa per il suo terzo compleanno. 26 Settembre, ore 16,00. The Golds, Chase Valley, Pietermaritzburg. R.S.V.P. Nell'angolo a destra in basso c'era l'impronta di un polpastrello sporco d'inchiostro, grande all'incirca come una moneta da tre penny. 62. I giorno ventiquattro Sean prese il treno per Pietermaritzburg e, dalla stazione, Dirk tornò con Ada nel villino di Protea Street. Quella notte Mary era sveglia e lo sentì piangere per la partenza del padre. Soltanto un sottile tramezzo di legno li divideva. Il cottage della signora Courteney non era stato progettato come sartoria e come alloggio per le lavoranti; quindi Ada aveva risolto il problema chiudendo la grande veranda sul retro e dividendola in stanzette abbastanza grandi da contenere un letto, un armadio e un lavabo. In una di queste dormiva Mary, e quella notte Dirk occupava la stanzetta accanto alla sua. Per un'ora Mary rimase distesa ad ascoltarlo, pregando silenziosamente che quel lungo pianto spossasse il ragazzo e Dirk finisse con l'addormentarsi. Due volte sperò che fosse accaduto, ma, dopo Pagina 155
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) un silenzio di pochi minuti, i singhiozzi ricominciavano. E ognuno di essi era simile a un ago che le trafiggesse il petto, così che se ne stava immobile e rigida, stringendo i pugni fino a sentir male. Dirk era diventato il centro della sua esistenza. Era l'unica torre splendente in un deserto desolato. Lo amava con devozione ossessiva, perché era così bello, così giovane, pulito e franco. Amava la levigatura della sua pelle e la seta dei suoi capelli indocili. Quando guardava Dirk, non pensava piú al proprio volto. A quella faccia butterata e rovinata. I mesi durante i quali era stata separata da lui le erano parsi simili a un'agonia, un periodo cupo e solitario. Ma ora egli era tornato e aveva di nuovo bisogno del suo conforto. Mary sgusciò fuori del letto e rimase in ascolto, tesa, in un atteggiamento che era l'immagine della compassione. E così pietosa era nei suoi confronti la luce della luna che, filtrandò attraverso la zanzariera della finestra, sfumava i segni delle cicatrici che le deturpavano il volto, mostrandolo come sarebbe potuto essere. Sotto la leggera camicia da notte, il suo corpo ventenne era snello, ma col seno ben sviluppato, immune dai segni che le rovinavano il viso. Un corpo giovane e morbido, avvolto in un bianco alone lunare, come quello di un angelo. Il ragazzo singhiozzò di nuovo e Mary gli si avvicinò. «Dirk», bisbigliò, inginocchiandosi accanto al suo letto. «Dirk, ti prego, non piangere, ti prego, caro. » Dirk soffocò un grosso singhiozzo e si voltò dall'altra parte, incrociando le braccia sul viso. «Sst, tesoro. Va tutto bene adesso», disse Mary, accarezzandogli i capelli. Il suo gesto suscitò una nuova effusione di dolore, un dolore che lacrimava e sussultava nel buio. «Oh, Dirk, ti prego... » E Mary s'infilò nel suo letto. Le lenzuola erano calde e umide nel posto già occupato dal ragazzo. Mary lo abbracciò, strinse il suo corpo caldo contro il proprio petto e cominciò a cullarlo. La sua solitudine la stava travolgendo. La sua voce divenne roca, mentre bisbigliava parole di conforto. Si avvinghiò a lui, spinta da un bisogno molto piú forte di quello del ragazzo. Un ultimo singhiozzo convulso e Dirk tacque. Mary sentì la tensione sparire dalla schiena e dalle natiche dure e rotonde premute contro il suo ventre. Lo strinse ancora piú forte, mentre le sue dita scivolavano dalle guance alla gola di lui. Dirk si voltò verso di lei, girando nel cerchio delle sue braccia. Mary sentì il petto del ragazzo sollevarsi in un sospiro, poi la sua voce soffocata dalla pena: « Papà non mi vuole bene. E' andato via e mi ha lasciato ». « Io ti voglio bene, Dirk », mormorò Mary. « Ti voglio tanto bene... Tutti te ne vogliamo, caro. » E gli baciò gli occhi, le guance, la bocca. Le sue calde lacrime sapevano di sale. Dirk sospirò di nuovo e chinò la testa sul petto di lei. Mary gli posò una mano sulla nuca e lo trasse piú vicino. » « Dirkie... » La sua voce era come inaridita dallo strano, nuovo calore che le cresceva dentro. L'indomani Dirk si svegliò lentamente, con un senso di meraviglia. Rimase un poco sdraiato a pensare, dapprima incapace di identificare lo strano senso di benessere che lo possedeva. Poi sentì Mary muoversi dietro il tramezzo, lo scroscio dell'acqua versata dalla brocca nel catino, il fruscio delle vesti. Infine il suono della porta che si apriva e si richiudeva pian piano, i passi verso la cucina. Gli eventi della sera prima emersero nella coscienza di Dirk, nitidi e precisi in ogni particolare. Non del tutto compresi, ma così presentì da oscurare qualsiasi altra cosa nella sua mente. Scostò le coperte, si alzò sui gomiti e, sollevata la camicia, contemplò il proprio corpo come se non l'avesse mai visto prima. Sentì dei passi che si avvicinavano. Si ricoprì in fretta e finse di dormire. Mary entrò silenziosamente e posò sul comodino un piatto con una tazza di caffè e qualche biscotto. Dirk aprì gli occhi e la guardò. « Sei sveglio », disse Mary. « Sì. » « Dirk... » cominciò Mary, e il sangue le affluì al volto, chiazPagina 156
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) zando la pelle butterata delle guance. La sua voce divenne un bisbiglio tremante per la vergogna. « Non devi dirlo a nessuno. Devi dimenticare... Quello che è successo. » Dirk non rispose. « Promettimelo, Dirkie. Ti prego, promettimelo. » Dirk annuì, senza parlare. Assaporava la sensazione di dominarla. « E' stato uno sbaglio, Dirkie. Una cosa terribile. Non dobbiamo nemmeno piú pensarci. » Raggiunse la porta. « Mary. » « Sì. » La ragazza si fermò senza voltarsi, il corpo teso come quello di un uccello pronto a spiccare il volo. « Non lo dirò a nessuno... Se ritorni stanotte. » « No », sibilò lei violentemente. « Allora lo dirò alla nonna. » « No! Oh, Dirkie. Non vorrai fare una cosa simile! » Era tornata accanto al letto e ora s'inginocchiava, gli prendeva una mano. « Non puoi, non devi. Me l'hai promesso. » « Verrai? » chiese Dirk con calma. Mary scrutò il suo viso, la serena perfezione della pelle abbronzata, gli occhi verdi, la seta nera dei capelli che si arricciavano sulla fronte. « Non posso. E' una cosa terribile quella che abbiamo fatto. » « Allora lo dirò », concluse Dirk. Mary si alzò e uscì lentamente dalla stanzetta, con le spalle curve, in atteggiamento di resa. Sapeva che quella sera sarebbe tornata. 63. Il una carrozza presa a nolo Sean arrivò puntualmente alla residenza dei Goldberg. Giunse carico di doni, come il corteo dei Re Magi, coi sedili della vettura coperti di pacchi. Tuttavia, la sua scarsa conoscenza dei gusti d'una bambina di tre anni si rifletteva nella scelta dei doni. Ogni singolo pacco conteneva una bambola. Grandi bambole di porcellana che chiudevano gli occhi quando si piegavano all'indietro, bambole di pezza con le trecce bionde, una che faceva pipi, un'altra che piangeva quando le si schiacciava il pancino, bambole in una dozzina di costumi nazionali e bambolotti in fasce. Mbejane seguiva la carrozza recando il dono che Sean considerava un capolavoro d'originalità. Era un pony Shetland pezzato, completo di martingala, redini e una sella inglese lavorata a mano. Il viale d'accesso era ingombro di vetture. Sean dovette fare a piedi gli ultimi cento metri, con una pila di pacchi sulle braccia. In quelle condizioni procedeva con difficoltà. Prendendo come punto di riferimento il tetto della casa sovraccarico di ornamenti, che poteva appena intravedere al di sopra della pila di pacchi, avanzò alla cieca attraverso il prato all'inglese. A un certo punto cominciò a sentire degli strilli continui e acuti, sempre piú forti via via che procedeva, e quindi avvertì una mano che gli tirava con insistenza i pantaloni. Si fermò. « Sono miei quei regali? » chiese una voce da qualche parte, sotto il livello delle sue ginocchia. Sean piegò la testa di lato e abbassò lo sguardo su un faccino da madonna in miniatura, alzato verso di lui: grandi occhi luminosi in un ovale d'innocente purezza incorniciato di riccioli neri. Il cuore di Sean sussultò. « Dipende da come ti chiami » esitò. « Sono la signorina Storm Friedman, della tenuta The Golds Chase Valley, Pietermaritzburg. Adesso sono miei quei regali? » Sean si accoccolò, così che il suo volto fu quasi all'altezza di quel faccino da madonna. « Cento di questi giorni, signorina Friedman », disse. « Oh, bene! » La piccola si buttò sui pacchi, tremando per l'eccitazione, mentre intorno a loro una cinquantina di altri bambini continuavano a strillare. Storm aprì i pacchetti in rapidissima successione, usando i denti dove le dita non riuscivano. Uno dei suoi piccoli invitati tentò di aiutarla, ma lei gli balzò addosso come un cucciolo di pantera urlando: « Sono i miei regali! » e il marmocchio batté Pagina 157
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) prontamente in ritirata. Infine, seduta tra una confusione di carte e di bambole, indicò il pacchetto rimasto nelle mani di Sean. « E quello? » domandò. Sean scosse la testa. « No, questo è per tua mamma. Ma, se guardi dietro di te, forse troverai qualcos'altro. » Mbejane, con un largo sorriso, teneva per le briglie il cavallino pezzato. Per qualche secondo Storm restò sopraffatta dall'emozione e fu incapace di parlare, poi, con un grido stridulo balzò in piedi. Abbandonando l'esercito di bimbe appena adottate, corse dal pony. Dietro di lei uno stormo di bambine calò sulle bambole, come un branco di avvoltoi quando il leone abbandona una preda. « Mettimi su! Mettimi su! » gridava Storm, saltando con frenetica impazienza. Sean la prese in braccio e, al contatto di quel corpicino caldo che si dibatteva, il suo cuore sussultò di nuovo. Dolcemente la sistemò sulla sella, le mise in mano le redini e, tenendo il pony per il barbazzale, la condusse verso la casa. Come una regina in parata, seguita da un esercito di attendenti, Storm raggiunse la terrazza superiore. Ruth era in piedi davanti a un lungo tavolo pieno di cibi prelibati, insieme con i genitori dei piccoli ospiti di Storm. Sean cedette il pony a Mbejane, raccomandandogli: « Stalle bene attento », e attraversò l'ultima striscia di prato. Conscio delle decine di occhi puntati su di lui, ringraziò il cielo per l'ora trascorsa quel mattino dal barbiere e per la cura dedicata al proprio abbigliamento: un completo di costosa lana inglese, stivali lucidissimi, una bella catena da orologio d'oro massiccio sul panciotto e un garofano bianco all'occhiello. Si fermò davanti a Ruth e si tolse il cappello. La donna tese la destra a palmo in giú. Sean sapeva che ciò che si aspettavano da lui non era una stretta di mano. « Sean, grazie d'essere venuto. » Sean prese la mano. Fu una misura dei suoi sentimenti per lei il fatto che si piegasse a sfiorarla con le labbra: un gesto che egli considerava « francese », cioè fatuo e poco dignitoso. « Grazie d'avermi invitato, Ruth. » Sean tolse la scatola da sotto il braccio e gliela porse. Ruth l'aprì senza dire una parola e le sue guance arrossirono di piacere quando vide il fascio di rose a gambo lungo che conteneva. « Oh, che gentile! » E il cuore di Sean trasalì ancora, mentre Ruth sorrideva, guardandolo negli occhi. Poi la donna lo prese a braccetto: « Vieni, voglio farti conoscere i miei amici ». Quella sera, quando gli altri ospiti se ne furono andati e Storm, prostrata dalla stanchezza fisica e nervosa, fu a letto, Sean si trattenne a cena. Ormai sia mamma sia papà Goldberg avevano capito che l'interesse del signor Courteney per la loro nipote non era dovuto soltanto ai suoi precedenti rapporti con Saul. Per tutto il pomeriggio Sean aveva seguito Ruth in giro per il prato come un enorme cane di San Bernardo appiccicato alla coda di una graziosa barboncina. Durante la cena Sean, che si sentiva piuttosto contento di se stesso, di Ruth, dei Goldberg e della vita in generale, riuscì a convincere mamma Goldberg e perfino il vecchio e sospettoso Ben di non essere un avventuriero senza un soldo. Rimasti soli con il brandy e i sigari, i due uomini parlarono di Lion Kop e di Mahoba Kloof. Sean fu estremamente sincero riguardo al rischio finanziario che correva. Ben rimase impressionato dall'ammontare della posta in gioco e dalla sua fredda valutazione delle probabilità. Era stato grazie a un colpo del genere che Ben Goldberg era arrivato alla sua posizione attuale. Questo ricordo gli destò un vago sentimento di nostalgia dei bei tempi passati, così che, quando raggiunsero le signore, il vecchio gli dava colpetti sulla spalla e lo chiamava « ragazzo mio ». Sulla scala esterna, quando fu sul punto di andarsene, Sean chiese: « Posso tornare, Ruth? » e lei rispose: « Ne sarei felice ». Allora cominciò quella che per Sean fu una nuova forma di corteggiamento. Con sua sorpresa, scoprì che, in fondo, gli piaceva. Ogni venerdì sera prendeva il treno per Pietermaritzburg e s'installava al White Horse Hotel. Da questa base conduceva il suo attacco. Ci furono pranzi, a The Colds, in casa di amici di Ruth o nei riPagina 158
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) storanti della città, dove Sean fungeva da anfitrione. Ci furono balli, pomeriggi all'ippodromo, picnic e cavalcate sulla collina, con Storm sul suo pony che trotterellava in mezzo a loro. Durante le assenze del padre da Ladyburg, Dirk si trasferiva nel villino di Ada, e Sean era molto sollevato, perché ora il ragazzo sembrava accettare la cosa di buon grado. Quindi arrivò il momento in cui i primi lotti di acacie furono pronti per l'ascia, e Sean decise di usare questo fatto come pretesto per attirare Ruth a Ladyburg. I Goidberg divennero di ghiaccio non appena Sean aprì bocca, ma si sciolsero quando egli consegnò loro una lettera in cui Ada invitava Ruth a trattenersi come sua ospite per una settimana. Sean continuò spiegando che si trattava di una specie di festa per la prima scortecciatura, che sarebbe iniziata al termine di quella settimana, e aggiungendo che, in seguito, egli non avrebbe potuto lasciare Ladyburg per alcuni mesi. Mamma Goldberg, in cuor suo felicissima d'avere Storm tutta per sé per un'intera settimana, esercitò una sottile influenza su Ben, il quale, sebbene molto a malincuore, finì col dare il proprio consenso. Sean decise che Ruth sarebbe stata trattata come un membro della famiglia reale in visita... E che quel soggiorno avrebbe segnato l'apice del suo corteggiamento. 64. Come uno dei piú grossi proprietari terrieri dei distretto e in qualità di colonnello insignito di due decorazioni, Sean occupava un posto molto elevato nella complessa struttura sociale di Ladyburg. Perciò i preparativi per la visita di Ruth produssero un clima di eccitazione e di curiosità che contagiò l'intero distretto. Quando Sean cominciò a distribuire gli inviti per la serie di intrattenimenti che stava organizzando, tutte le donne fecero una rapida ispezione ai propri guardaroba e misero mano ai cestini da lavoro. Gli allevatori che vivevano ai limiti del distretto chiedevano ospitalità ai parenti e agli amici piú vicini alla città. Altri membri importanti della comunità, temendo per il proprio prestigio, si recarono a Lion Kop con offerte di svariati intrattenimenti per le tre giornate che Sean aveva lasciato libere da impegni. Per non offenderli Sean dovette acconsentire, benché coltivasse certi suoi progetti privati. Ada e le sue ragazze furono sommerse da ordinazioni, ma trovarono ugualmente un pomeriggio libero per salire a Lion Kop armate di piumini per la polvere, spazzoloni e barattoli di cera. Sean e Dirk furono cacciati di casa e trascorsero il pomeriggio cavalcando per la tenuta, in cerca del posto migliore per la grande battuta al bushbuck che avrebbe costituito il clou della settimana. Con i suoi zulu, Mbejane abbatté il fitto intrico di arbusti intorno alla casa e scavò la buca per il barbecue. Il Consiglio d'amministrazione della cittadina si riunì in segreto e i suoi membri, contagiati dall'eccitazione generale e forniti di rigorose istruzioni da parte delle consorti, votarono all'unanimità un'accoglienza civica alla stazione e un gran ballo per la sera stessa. Dennis Petersen, che si era già messo d'accordo con Sean per un barbecue a casa sua proprio la sera dell'arrivo di Ruth, fu placato con la promessa che sarebbe stato lui a tenere il discorso di benvenuto alla stazione. Sean andò a trovare Ronny Pye e fu di nuovo molto sorpreso quando il banchiere gli concesse senza alcuna difficoltà un altro prestito di mille sterline. Ronny firmò l'assegno con l'aria soddisfatta di un ragno che sta tessendo l'ultimo filo della propria tela, e Sean partì immediatamente per Pietermaritzburg, in cerca di un gioielliere. Tornò a casa con cinquecento sterline di meno, ma, nella tasca interna della giacca, aveva un minuscolo pacchetto con un enorme diamante quadrato montato su platino. Dirk era venuto a prenderlo alla stazione. Sean gli diede una rapida occhiata e lo spedì dal barbiere. La sera precedente l'arrivo di Ruth, Sean e Mbejane piombarono su Dirk di sorpresa e, nonostante le sue proteste, lo trascinarono Pagina 159
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) nella stanza da bagno. Sean rimase sbalordito dalla quantità di sporcizia che rimosse dalle orecchie di Dirk e dal modo in cui la sua abbronzatura si dissolse prontamente sotto l'effetto del sapone. Il mattino dopo, quando il suo vagone si fermò con una brusca scossa davanti alla stazione di Ladyburg, Ruth si trovò davanti una gran folla che circondava un'area delimitata da cordoni. Soltanto una famiglia non era rappresentata nel comitato di ricevimento, che includeva tutti gli allievi maschi e femmine della Ladyburg High School vestiti a festa. Rimase incerta sulla piattaforma esterna del vagone, mentre dalla folla si alzava un mormorio di apprezzamento. Ruth aveva attenuato il lutto con un largo nastro rosa intorno al cappello, guanti rosa e un velo diafano dello stesso colore, che conferiva al suo volto un tocco di magico mistero. Faceva davvero colpo. Convinta che ci fosse qualche equivoco, stava per ritirarsi nella carrozza, quando vide avanzare una delegazione lungo il passaggio delimitato dai cordoni. Era guidata da Sean, il quale aveva assunto un'espressione accigliata per nascondere il suo acuto imbarazzo. Ruth fu colta da un improvviso desiderio di ridere, ma riuscì a trattenersi, limitandosi a rivolgere un lieve sorriso a Sean, quando questi salì accanto a lei e le prese una mano. « Ruth, mi spiace terribilmente. Non sono stato io a organizzare questa idiozia... La situazione mi è un pò sfuggita di mano», le spiegò in un frettoloso bisbiglio, poi presentò Dennis Petersen, che era pomposamente salito dietro di lui. Fu allora che Dennis si voltò verso la folla e allargò le braccia in un gesto probabilmente simile a quello di Mosè di ritorno dal monte Sinai. « Signore e signori, cittadini di Ladyburg, amici ... » cominciò, e dall'esordio Sean capì che ne avrebbe avuto per una buona mezz'ora. Lanciò un'occhiata a Ruth e vide che sorrideva. Con sorpresa, si rese conto che la donna si stava divertendo. Sollevato, si rilassò un poco. « E' per me un immenso piacere porgere il benvenuto della nostra bella città a questa incantevole signora, amica di uno dei nostri piú eminenti ... » Le dita di Ruth s'insinuarono furtivamente nella mano di Sean. Che si rilassò ancor piú. Poi egli scorse il cappello di Ada tra la folla e le sorrise. Ada rispose lanciando un'occhiata a Ruth e facendo un cenno di approvazione. Per un curioso volo pindarico, Dennis stava parlando del nuovo impianto di filtraggio dell'acqua e dei benefici che ne sarebbero derivati alla comunità: «... Ma questa, amici miei, è soltanto la prima di una serie di migliorie progettate dal vostro Consiglio! » e fece una pausa. « Bravo! Bravo! » disse Sean a voce molto alta, battendo le mani. L'applauso fu raccolto dalla folla e Sean fece un passo avanti, mettendosi tra Dennis e la ringhiera della piattaforma. «Da parte della signora Friedman e mia, vi ringrazio tutti per la vostra amicizia e per questa meravigliosa accoglienza. » Poi, piantando Dennis in asso, Sean fece scendere Ruth, la guidò di volata attraverso un profluvio di presentazioni e strette di mano, recuperò Ada e Dirk e spinse tutti quanti in carrozza. Mentre Sean e Mbejane si occupavano dei bagagli, le due donne si sistemarono gonne e cappelli prima di guardarsi negli occhi. «Sean me lo aveva detto, ma non mi aspettavo che fosse così bella», disse Ada. Arrossendo per il piacere e il sollievo, Ruth si chinò istintivamente in avanti per posarle la mano su un braccio. « Desideravo moltissimo conoscerla, signora Courteney. » « Se prometti di chiamarmi Ada, io ti chiamerò Ruth. » Sean salì in carrozza, nervoso e sudato. « Filiamocela di qui », disse. Quella settimana sarebbe stata ricordata per molti anni. Gli usuali festeggiamenti natalizi apparvero quasi insignificanti al confronto. Le donne gareggiarono nel cucinare montagne di cibo, preparato secondo ricette di cui conservavano gelosamente il segreto. Negli intervalli tra le fatiche culinarie coltivavano vecchie faide, ne cominciavano di nuove e si preoccupavano per le loro figliole. Pagina 160
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) I giovanotti gareggiarono allo stadio e sul campo di polo. Dirk Courteney risultò il piú abile e veloce dei suoi coetanei nel piantare una tenda. Poi capitanò la squadra di rugby della sua scuola contro i ragazzi del Pietermaritzburg College, che stravinsero per trenta a zero. Le ragazze gareggiarono con uguale ferocia, dissimulata dietro rossor e risatine, e il successo dei loro sforzi fu indicato dal numero di fidanzamenti e di scandali collezionati durante quella settimana. Gli uomini piú anziani sorridevano con indulgenza, finché, animati dall'alcool, mettevano da parte ogni dignità e saltellavano ansimando intorno alla pista da ballo. Ci furono tre incontri di pugilato... Ma si svolsero tra vecchi nemici e nessuno di essi fu realmente degno di nota. Soltanto una famiglia non partecipò ai festeggiamenti, e piú di una ragazza sentì la mancanza di Michael Courteney. Durante uno dei rari momenti di calma, Sean riuscì a staccare Ruth da Ada e a portarla nella grande casa sul Lion Kop. Ruth passò in silenzio da una stanza all'altra, studiandole con occhi attenti e pensosi, mentre Sean le girava attorno sicuro che quel silenzio indicasse disapprovazione. Al contrario, Ruth era in estasi; un guscio, un magnifico guscio vuoto, senza alcuna traccia di altre donne, che aspettava soltanto lei, Ruth, per prendere vita. Ella sapeva già con precisione che tipo di tende occorreva; i suoi tappeti persiani, che lo zio Isaae le aveva spedito da Pretoria e che ora erano in magazzino, avrebbero fatto una splendida figura non appena i parquet fossero stati lucidati. La cucina, naturalmente, doveva essere ricostruita... con una nuova doppia stufa Agar. La camera da letto... Incapace di trattenersi, Sean domandò: « Allora, ti piace? ». Ruth si voltò lentamente, mentre le ombre dei pensieri svanivano dai suoi grandi occhi grigi. « Oh, Sean! E' la casa piú bella del mondo. » In quel momento magico, Sean pronunciò le parole che si era riproposto di dirle quella sera. « Ruth, vuoi sposarmi? » E Ruth, che aveva pensato di esitare e di chiedere un pò di tempo per riflettere, rispose istantaneamente: « Oh sì, Sean, certo! L'anello destò la sua piú viva meraviglia. 65. I gran finale della settimana fu la caccia al bushbuck di Sean Courteney. Sean e Dirk arrivarono in Protea Street all'alba, su un carro tirato da buoi. Indossavano rozzi abiti da caccia, e le custodie di cuoio dei fucili giacevano sul fondo dei carro, dietro i piedi di Sean. Ci volle quasi un quarto d'ora per trasferire Ruth, Ada e le sue ragazze dal villino al carro. Era come spingere un gruppo di galline verso la porta del pollaio. Sean riusciva a farle muovere lentamente davanti a sé, chioccianti e gesticolanti, in direzione del cancello; quando erano in prossimità del recinto, all'improvviso una di esse lanciava un gridolino: « Oh, il mio parasole... Oh, il mio cestino da lavoro », e tornava indietro, arrestando l'avanzata generale. La terza volta che questo avvenne, Sean sentì qualcosa scattare dentro di sé. Lanciò un urlo rabbioso. Un profondo silenzio cadde tra le signore e due di esse parvero sul punto di piangere. « Ora non farti prendere dalla collera, caro », disse Ada, tentando di calmarlo. « Non mi sto facendo prendere dalla collera. » A Sean tremava la voce, nello sforzo di dominarsi. « Conterò fino a dieci, e se non sarete tutte sul carro... Diventerò una belva. » Al cinque erano tutte sedute, e Sean incitò i buoi... Sembrava davvero un gallo arruffato. L'intera popolazione dei distretto di Ladyburg li stava aspettando, in un confuso groviglio di carrozze e di carri tirati da buoi, nel campo vicino ai depositi ferroviari. Sean passò loro accanto, suscitando un mormorio di saluti e commenti. A una a una le vetture girarono, mettendosi in fila dietro di lui, e il lungo convoglio part alla volta di Mahoba Kloof. La grande caccia era cominciata. Al centro della fila qualcuno cominciò a suonare un organetto, e piano piano un canto si propagò da un carro all'altro, fondendosi Pagina 161
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) col rumore delle ruote, degli zoccoli e delle risate. A poco a poco l'irritazione di Sean si calmò. Sul sedile posteriore, le ragazze di Ada stavano cantando Boland Se Nooinentje. Dirk era saltato giú dal carro e con alcuni amici correva davanti ai cavalli. Con un gesto timido, la mano di Ruth sfiorò una gamba di Sean che, infine, sorrise. « Che splendida giornata, Sean. » « Mi spiace di averla quasi rovinata. » « Oh, sciocchezze! » Ruth gli si avvicinò e a un tratto Sean si sentì felice. Era valsa la pena di fare tanti preparativi. Accanto a lui Ruth rise piano. « Cosa stai meditando? » chiese Sean, prendendole una mano. « Nulla. Ho solo voglia di ridere », rispose Ruth. « Guarda come tutto è verde! » aggiunse, per far distogliere lo sguardo di Sean dal suo e poterne studiare il volto. Il piccolo sotterfugio funzionò. « La terra sembra così giovane », disse Sean e, mentre osservava la campagna, i suoi occhi assunsero quell'espressione dolce che era tanto familiare a Ruth. Ormai la giovane donna sapeva riconoscere molti dei suoi stati d'animo e stava imparando a suscitarli o a modificarli. Era un uomo semplice, e proprio in quella semplicità stava la sua forza. Là come una montagna, pensò Ruth: sai come sarà nel sole del primo mattino. Sai che quando il vento soffia da sud ci sarà nebbia sulla cresta e che, la sera, le ombre cadranno seguendo un preciso disegno lungo i pendii e le gole. Eppure sai anche che la forma della montagna rimane sempre la stessa, che non cambierà mai. « Ti amo, mia montagna », bisbigliò, e immaginò la sua espressione di sorpresa prima ancora che gli balenasse sul volto. « Come? » « Ti amo, mio uomo », si corresse Ruth. « Oh! Anch'io ti amo. » E adesso Sean pareva imbarazzato. Mio Dio, potrei mangiarlo! E se ora mi stringessi a lui e lo baciassi davanti a tutti... Segretamente assaporò l'idea. « Cosa diavolo stai architettando? » chiese Sean in tono burbero. Non era possibile che egli leggesse nel suo pensiero con tanta precisione. Ruth lo fissò sbalordita. Di colpo la montagna aveva mostrato di capire esattamente ciò che Ruth sentiva quando lo guardava. «Niente», negò, confusa. «Io non... » Prima che Ruth si rendesse conto di ciò che stava accadendo si trovò seduta sulle ginocchia di Sean. « No, Sean, no! » sussultò, ma subito la sua protesta fu soffocata. Sentì le risa delle ragazze di Ada, le grida d'incoraggiamento e gli applausi dagli altri carri e cominciò a dibattersi, puntando una mano contro il petto di Sean e tentando di tenere a posto il cappello con l'altra. Quando Sean la ridepose sul sedile, Ruth era a testa nuda, coi capelli sciolti, le guance e le orecchie in fiamme. Nessuno l'aveva mai baciata in quel modo. « Bel colpo, Sean! » « Bis! Bis! » Le grida e le risate aumentarono la confusione di Ruth. « Sei terribile! » Usando il cappello per nascondersi, la donna cercò di controllare il proprio rossore. «E davanti a tutta questa gente, poi! » « Così imparerai a non stuzzicarmi, ragazzina! » E improvvisamenee Ruth non fu piú tanto sicura della forma della sua montagna. Il corteo lasciò la strada principale per imboccare un sentiero accidentato, guadò il fiume, risalì la sponda opposta e si sparpagliò tra gli alberi. I servi, che aspettavano fin dalla sera precedente, corsero ad afferrare per il morso i cavalli dei loro padroni. Da ogni carro uscivano chiassose masnade di bambini e cani, seguite da piú dignitosi drappelli di adulti. Le donne si avviavano senza esitazione verso le due enormi tende montate tra gli alberi, mentre gli uomini scaricavano i foderi e cominciavano a montare i fucili. Senza muoversi dal carro, Sean aprì la lunga custodia di cuoio e, mentre le sue mani univano con gesti meccanici le canne al calcio, Pagina 162
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) osservò i preparativi con una certa dose di soddisfazione. Aveva scelto quel luogo non solo per il boschetto di lillà, che addensava una fresca ombra su un morbido tappeto di foglie cadute, o per la vicinanza del fiume, al quale buoi e cavalli si sarebbero potuti abbeverare, ma anche perché era situato ad appena quindici minuti di cammino dal luogo in cui doveva iniziare la battuta. Nei giorni precedenti, Mbejane e i suoi zulu avevano ripulito dalla vegetazione tutto il terreno sotto gli alberi, avevano eretto le tende e i tavoli, avevano scavato le buche per i fuochi e costruito perfino due latrine protette da pareti d'erba, discretamente discoste dall'area principale del campo. Ora nelle buche divampavano grossi fuochi di legna, che per mezzogiorno si sarebbero ridotti a strati di brace. I tavoli, intorno ai quali le donne avevano già cominciato ad affaccendarsi, erano stracolmi di cibarie. Da quella parte ferveva davvero una grande attività... Svolta soprattutto dalle lingue. Dagli altri carri gli uomini cominciavano a dirigersi verso quello di Sean, allacciandosi i cinturoni, armeggiando coi fucili e chiacchierando con iridifferenza nel tentativo di mascherare l'eccitazione. Istruito da Sean, Dirk aveva radunato i ragazzi troppo giovani per usare i fucili, ma troppo grandi per restare con le donne. Costoro non facevano sforzo alcuno per dissimulare l'eccitazione. Armati di sikelas, i bastoni da combattimento zulu, davano segni di impazienza. Già un ragazzino piangeva forte, massaggiandosi il punto in cui aveva ricevuto una bastonata scherzosa. « Bene... Ehi, fate silenzio! » urlò Sean. « Dirk vi accompagnerà dai battitori. Ma ricordate! Appena la caccia comincia, restate nella fila e fate ciò che vi sarà detto. Se colgo uno di voi che se ne va in giro per conto suo o precede la fila... Gliene farò passare la voglia a bastonate, di persona. Capito? » Il discorso fu urlato a squarciagola e, alla fine, Sean aveva il volto acceso. Ciò aggiunse ulteriore peso alle sue parole, e il risultato fu un rispettoso coro di: « Sì, signor Courteney ». « Andate, allora.» Urlando e incitandosi reciprocamente a correre, i ragazzi sparirono tra gli alberi e un pò di quiete calò sul campo. « Mio Dio, quegli scalmanati potrebbero spingere davanti a loro, non dico i bushbuck, ma tutti gli elefanti, i bufali e i leoni dell'Africa », osservò Dennis Petersen. « Bene, Sean... Quali sono le nostre posizioni? » Sean attese, per rispondere, che tutti gli prestassero attenzione. Poi annunciò: «Prima andremo all'Elands' Kloof. Mbejane e duecento zulu aspettano il segnale all'imbocco della gola. Noi ci schiereremo all'estremità opposta ». « In che ordine? » « Calma, calma », ridacchiò Sean. « So che non sarebbe necessario ripetere le regole di sicurezza, ma... » e passò a elencarle. « Niente carabine... Solo fucili. Sparerete soltanto in un arco di quarantacinque gradi direttamente davanti a voi... Niente tiri laterali. Capito, reverendo? » aggiunse con enfasi, e l'ecclesiastico, che si lasciava notoriamente trascinare dall'entusiasmo, assunse un'aria mortificata. «Un mio fischio segnalerà che i battitori sono troppo vicini: alzerete i fucili e scaricherete immediatamente. » « Sì sta facendo tardi, Sean. » « Passiamo alle posizioni. » « D'accordo. Io sarò il fucile di centro. » Ci fu un mormorio d'approvazione. Era abbastanza giusto che il posto migliore toccasse all'uomo che organizzava la caccia. Nessuno poteva trovarvi da ridire. « Alla mia sinistra, nell'ordine: il reverendo Smiley... Dato che, senza dubbio, l'Onnipotente manderà il grosso della selvaggina dalla sua parte, forse ne potrò approfittare. » Tutti scoppiarono a ridere, mentre il reverendo esitava tra l'orrore per la bestemmia e la gioia per l'ottimo posto assegnatogli. « Poi Ronny Pye, Dennis Petersen, Jan Vermaak, Gerald e Tony Erasmus - voi due accordatevi da bravi fratelli -, Nick... » e Sean continuò a leggere l'elenco che teneva in mano. Era, in senso stretto, il registro sociale di Ladyburg, basato su un esatto e appropriato metro di ricchezza e influenza, popolarità e anzianità. A parte l'aver messo se stesso al Pagina 163
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) centro, Sean non aveva avuto molta parte nella compilazione della lista... Giustamente, Ada non si era fidata dei suo senso delle differenze sociali. « E con questo abbiamo sistemato il fianco sinistro. » Sean alzò gli occhi dal foglio. Era stato così preso dalla lettura che non si era accorto dell'atmosfera di tensione e d'attesa che si era creata nell'uditorio. Un cavaliere su un magnifico purosangue aveva attraversato il guado ed era entrato al passo nell'accampamento. Sceso di sella, aveva consegnato l'animale a un paio di servi, che l'avevano condotto via. Ora l'uomo avanzava verso il carro di Sean, fucile in mano. Sean guardò da quella parte e lo vide. I suoi occhi si dilatarono, mentre la gioia cresceva lentamente in lui e le labbra si atteggiavano a un largo sorriso. «Garrick, come sono contento che tu sia venuto! » esclamò con spontaneità, ma il viso di Garry rimase inespressivo. Si limitò a chinare seccamente il capo in un cenno di saluto. Ma almeno è qui, esultò Sean; ha fatto il primo Passo. Ora tocca a me. « Puoi prendere la prima posizione alla mia destra, Garrick. » « Grazie. » Ora Garry sorrideva, ma in modo strano e gelido, e subito gli voltò la schiena per parlare con l'uomo piú vicino. Un piccolo moto di disappunto percorse la folla. Si erano aspettati qualcosa di spettacolare. Tutti sapevano del cattivo sangue che correva tra i fratelli Courteney. Ora, con un senso di delusione rivolsero di nuovo la loro attenzione a Sean. Questi finì di leggere la lista e saltò giú dal carro, mentre la folla si stava già muovendo in direzione del terreno di caccia. Sean cercò Garrick e lo vide molto lontano, quasi in testa alla lunga fila di uomini che aveva imboccato il sentiero che conduceva all'Elands' Kloof. Impazienti, i cacciatori camminavano svelti. Sean capì che non sarebbe riuscito a sorpassare gli uomini davanti a lui per raggiungere Garry. Aspetterò finché arriveremo alla gola, si disse. Mio Dio, che splendida conclusione per questa settimana. Ho Ruth; se solo potessi riavere anche mio fratello e, con lui, Michael! Dalla sommità della gola Sean guardò l'Elands' Kloof. Era una profonda spaccatura, lunga tre chilometri e larga circa cinquecento metri a quell'estremità, ma che, salendo, si restringeva a cuneo, fino a perdersi nell'altopiano. Il fondo era completamente coperto di fitti arbusti verde scuro, una massa che sembrava impenetrabile, sopra la quale pochi alberi si tendevano verso l'alto, alla ricerca del sole. Lassú sulla cresta l'aria era secca e salubre, ma in basso si sarebbe avvertito il tanfo di terra bagnata e di vegetazione marcescente. Indugiando, come se all'improvviso fossero restii a scendere nella sgradevole umidità della gola, i cacciatori si radunarono sulla cresta. Facendo schermo agli occhi con la mano, guardavano verso la punta del cuneo, dove i battitori apparivano simili a una fila di macchioline scure contro il verde dell'erba primaverile. « Guardate i ragazzi », disse qualcuno, puntando l'indice. Dirk stava guidando la propria banda verso la schiera di zulu. Sean si avvicinò al fratello gemello. « Be', Garry, come vanno le cose a Theunis Kraal? » « Non male. » « Ho letto il tuo libro... Lo trovo eccellente. Certo merita l'accoglienza che ha avuto a Londra. Lord Caisterbrook mi ha scritto che il tuo capitolo conclusivo sta fornendo al Ministero della Guerra materia di riflessione. Bel lavoro, Garrick. » « Grazie. » Ma c'era un tono evasivo nella risposta di Garry, che pareva deciso a lasciar cadere la conversazione. « Michael non è venuto con te oggi? » « No. » « Come mai? » insistette Sean. Garry sorrise in modo freddo e sprezzante. « Non ha voluto. » « Oh' » Per un attimo sul suo viso si lesse una pena cocente, poi Sean si rivolse agli altri cacciatori. « Bene, amici, scendiamo. » Ed eccoli in posizione, una fila di uomini silenziosi nell'ombra fitta e nel calore stagnante. Ciascuno di loro può vedere il vicino Pagina 164
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) soltanto come una forma indefinita tra le foglie, i rampicanti e gli alberi caduti. Pochi particolari nitidi: la tesa di un cappello, lo scintillio fugace di un raggio di sole sulle canne di un fucile, una mano che sbuca dalle foglie verde scuro. E un silenzio greve quanto il calore... Rotto dal fruscio di un ramo, da un colpo di tosse rapidamente soffocato, dallo scatto di un otturatore. A un tratto, Sean tirò indietro col pollice entrambi i cani del suo fucile, puntò le canne verso il tetto di foglie e sparò due colpi in rapida successione. I tonfi cupi dell'arma rimbombarono contro le pareti della gola, echeggiando e frammentandosi mentre rimbalzavano indietro. Poi tornò il silenzio. Sean rimase immobile, tendendo l'orecchio, ma udì soltanto il ronzio di un insetto e lo squittio di un piccolo roditore. Scrollò le spalle. Evidentemente la distanza e la massa di vegetazione soffocavano le grida dei battitori e il fracasso dei loro bastoni che percuotevano gli arbusti. Ma stavano venendo, ne era sicuro, non potevano non aver udito gli spari. Li immaginava mentre procedevano in fila, duecento zulu inframezzati dai ragazzi bianchi, che salmodiavano la domanda antica quanto la caccia: «E' yapi?» ripetuta instancabilmente, con l'accento sulla prima metà della parola. « E' yapi?» Dove vai? » E, fra lui e i battitori, nell'intrico della boscaglia, si diffondevano i primi segni di allarme: corpi leggiadri, screziati di grigio, che si alzano dai loro segreti giacigli di foglie cadute; zoccoli appuntiti che affondano nel soffice terriccio sotto la spinta dei muscoli tesi; orecchie ritte; occhi neri e lucidi; narici umide che fremono e fiutano; corna a spirale rivolte all'indietro. Tutti i segni d'una fuga imminente. Con l'odore della polvere che gli pizzicava il naso, Sean estrasse i bossoli. Poi prese altre due cartucce dal cinturone, le inserì, richiuse il fucile e armò i cani. Ecco che si muovevano. Prima le femmine, screziate di bruno, con accanto i piccoli dalle gambe affusolate. Poi i maschi, gli inkonka, neri, grossi e silenziosi come ombre. Le ginocchia piegate, la testa incassata fra le spalle, si allontanavano dalle deboli grida dei battitori, spingendo le compagne e la prole lontano dal pericolo... verso i fucili in attesa. « Ho sentito qualcosa! » La voce del reverendo era roca, come se qualcuno lo stesse strangolando col suo stesso colletto bianco che spiccava nell'ombra fitta. « Zitto, deficiente! » ringhiò Sean, mettendo a repentaglio la propria salvezza eterna. Ma non aveva di che preoccuparsi, perché l'epiteto fu sommerso dalla doppia detonazione del fucile di Smiley: così forte e inattesa che Sean sobbalzò. « Preso? » chiese, con voce un pò malferma per lo spavento. Non ottenne risposta. « Reverendo, lo ha preso? » insistette. Non aveva visto né sentito nulla che potesse far pensare alla presenza di un bushbuck. «Bontà divina, quasi imprecavo... » rispose Smiley, con un tono di voce funereo. « Credo di essermi ingannato. » Ci risiamo, pensò Sean con rassegnazione. « Se rimane senza cartucce, me lo dica », suggerì Sean, e sorrise al silenzio offeso del reverendo. Gli spari dovevano aver indotto gli animali a tornare verso i battitori; adesso avrebbero cominciato a girare in tondo alla ricerca di una via di scampo. Forse si sarebbero spostati sui fianchi. Quasi a conferma dei suoi pensieri, un fucile tuonò sulla sinistra, quindi un altro, poi altri due sulla destra. Lo spasso era cominciato sul serio. Nel breve silenzio che seguì si sentirono le grida dei battitori, attutite ma insistenti. Un movimento confuso davanti a lui, oltre lo schermo dei rami, soltanto un guizzo grigio scuro: Sean alzò il fucile... Lo sparo, il rinculo sulla spalla, e qualcosa cadde, si rotolò e scalciò nella macchia. « Preso! » esultò Sean. Dall'intrico dei rami emersero la testa e le spalle di un bushbuck ancora non completamente adulto. La bocca aperta, sanguinante, si agitava al suolo, lasciando una larga striscia tra le foglie morte. Un altro sparo, il colpo di grazia, e giacque immobile, la testa picchiettata dalle minuscole ferite dei pallini, le palPagina 165
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) pebre frementi, il subitaneo fiotto di sangue dalle narici. Il fracasso degli spari si mescolava alla cantilena degli zulu, alle urla dei cacciatori, alle corse e ai tonfi degli animali terrorizzati nella macchia. Un inkonka, grosso, nero come il demonio, con tre giri di corna e occhi sgranati, balzò allo scoperto e si fermò con la testa alta e le zampe anteriori divaricate, ansimante, folle di terrore. Piegato in avanti sul fucile, trattenendo il respiro, Sean fece fuoco. Il tempo di assorbire il rinculo e vide l'inkonka piombare a terra, nettamente, istantaneamente, senza scalciare. Preso! Ed eccone un altro, dritto nella linea di tiro, accecato dal panico, che balza fuori dalla macchia, quasi addosso a Sean. E' una femmina con dietro i piccoli... Lasciamola andare. L'animale guardò l'uomo e si diresse sulla sinistra, per passare tra Sean e Garrick. Mentre gli sfrecciava al fianco, Sean si voltò a guardarlo e scorse il fratello. Garrick aveva lasciato il proprio posto e si era avvicinato a Sean. Stava un pò chino in avanti, col fucile stretto da entrambe le mani, i cani armati... E gli occhi fissi sul fratello. Garrick era rimasto in paziente attesa durante le fasi iniziali della battuta. Il tronco d'albero su cui sedeva era marcio e soffice, coperto di muschio e delle lingue bianche e arancione dei funghi d'albero. Dalla tasca interna della giacca aveva estratto la fiaschetta d'argento intarsiato di cornaline. La prima sorsata gli aveva fatto lacrimare gli occhi e gli aveva intorpidito la lingua. Mi ha preso tutto quello che avevo di piú caro. La mia gamba: Garry l'aveva guardata, stesa rigidamente davanti a lui, col tacco affondato nel terriccio umido. Aveva ingollato in fretta un altro sorso, chiudendo gli occhi per il bruciore provocato dal brandy. Mia moglie: socchiudendo le palpebre l'aveva rivista così come Sean l'aveva lasciata, stesa sul letto con le vesti strappate, le labbra tumefatte e sporche di sangue. La mia virilità: perché a causa di ciò che lui le fece quella notte, Anna non mi ha piú permesso di toccare il suo corpo. Fino a quel momento c'era speranza. Ma adesso ho quarantadue anni e sono vergine. E' troppo tardi. La mia posizione: quel porco di Acheson non mi avrebbe mai estromesso, se non fosse stato per Sean. E adesso mi toglierà Michael. Si era ricordato della sinistra premonizione che aveva avvertito quando Anna gli aveva detto dell'incontro di Michael e Sean a Theunis Kraal. Questo era stato l'inizio, seguito poi da tanti piccoli incidenti. Il giorno in cui Michael aveva guardato le annotazioni sbiadite ma precise sul registro dei conti. « E' la calligrafia dello zio Sean? » Quella sella malconcia che Michael aveva trovato nel fienile sopra la stalla; l'aveva amorosamente lucidata, rinforzando le cuciture, applicando nuove cinghie per le staffe, e l'aveva usata per un anno, finché Garry aveva notato le rozze iniziali incise nel cuoio della falda. S.C. Quella notte Garry l'aveva presa e gettata nella caldaia. Otto mesi prima, quando Michael aveva compiuto ventun anni, Garry l'aveva chiamato nel suo studio, dalle pareti rivestite di pannelli di legno, e con riluttanza lo aveva messo a conoscenza della donazione fattagli da Sean. Michael aveva letto il foglio ingiallito, muovendo silenziosamente le labbra. Poi aveva alzato gli occhi, chiedendo con voce esitante: « Lo zio Sean mi ha ceduto la propria metà di Theunis Kraal ancor prima che fossi nato. Perché, papà? Perché ha fatto una cosa simile? » e Garry non aveva potuto rispondergli. Quell'ultima settimana, poi, aveva segnato il culmine della crisi. C'era voluta tutta l'influenza combinata di Garrick e di Anna per impedire a Michael di accettare gli inviti di Sean. Quindi il mandriano zulu che aveva l'incarico di seguire il giovane e di informare immediatamente Garrick qualora avesse varcato i confini di Theunis Kraal, gli aveva detto che ogni pomeriggio Michael saliva a cavallo sulla scarpata e restava là seduto fin dopo il tramonto, guardando nella direzione di Lion Kop. Pagina 166
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sto per perderlo. E' mio figlio, anche se è Sean che lo ha generato. A mio figlio, ma, a meno che non glielo impedisca, Sean me lo porterà via. A meno che non glielo impedisca. Aveva portato ancora una volta la fiaschetta alle labbra e con sorpresa aveva scoperto che era vuota. Intorno a lui erano cominciati gli spari e le grida. Aveva preso il fucile posato sul tronco accanto a sé e lo aveva caricato. Poi, alzatosi, aveva armato i cani. Sean lo vide: avanzava lentamente, zoppicando un poco, la schiena curva, senza preoccuparsi di scostare i rami che gli si paravano dinanzi al viso. « Non serrare su di me, Garry, rimani al tuo posto. In quel modo lasci un vuoto nello schieramento. » Poi notò l'espressione del fratello. Pareva che la pelle gli si fosse ritirata sugli zigomi e sul naso, così che le narici apparivano bianche, esangui. Le mascelle si contraevano nervosamente e un sottile velo di sudore gli imperlava la fronte. Sembrava che stesse male o che qualcosa l'avesse terrorizzato. « Garrick, ti sentì bene? » Allarmato, Sean fece qualche passo verso di lui... Poi si arrestò. Garry aveva alzato il fucile. « Mi spiace, Sean. Ma non posso permetterti di portarmelo via », disse. Le bocche delle canne erano tutto ciò che Sean vedeva dei fucile, e, sotto di esse, le nocche di Garry bianche per la tensione con cui stringeva il calcio. L'indice era piegato sul grilletto. In quel momento Sean ebbe paura. Non si mosse, perché le sue gambe erano diventate pesanti, intorpidite. « Devo farlo. » La voce di Garry era gracchiante. « E' necessario... Altrimenti me lo prenderai. Distruggerai anche lui. » Con movimenti impacciati e lenti per la paura, Sean voltò deliberatamente la schiena al fratello e camminò verso la sua postazione. I muscoli del dorso gli dolevano, tanto erano irrigiditi e contratti nell'attesa del piombo. I battitori erano vicini adesso, li sentiva gridare e percuotere la macchia coi bastoni. Si portò il fischietto alle labbra e vi soffiò tre volte. Immediatamente le grida cessarono e, nel relativo silenzio che s'impose, udì un suono dietro di sé, a metà tra un singhiozzo e un grido di dolore. Con esasperata lentezza, Sean girò la testa per guardare indietro. Garrick non c'era piú. Le sue gambe cominciarono a tremare, mentre il muscolo di una coscia si contraeva spasmodicamente. Cadde a sedere sul morbido tappeto di foglie umide. Accese un sigaro, ma dovette usare entrambe le mani per tener fermo il fiammifero. « Papà! Papà! » Disk balzò fuori dal folto. « Papà, quanti ne hai presi? » « Due », rispose Sean. « Soltanto? » E la voce del ragazzo si affievolì per la delusione e la vergogna. « Perfino il reverendo Smiley ti ha battuto. Ne ha presi quattro. » 66. Ruth ripartì per Pietermaritzburg il pomeriggio successivo alla battuta di caccia, e Sean insistette per accompagnarla. Ada, Dirk e molte delle amiche che Ruth si era fatte in quella settimana andarono a salutarli alla stazione. Sean cercava di sottrarre Ruth all'animato e vivacissimo colloquio in cui tutte le donne sembrano impegnarsi nell'imminenza di una separazione. I suoi ripetuti: « Faremmo meglio a salire, Ruth », e « hanno già alzato la bandierina, cara », furono ignorati da tutte, finché Sean ritenne necessario prendere Ruth per un braccio e spingerla sul vagone. La sua testa riapparve immediatamente al finestrino, per riprendere il discorso nel punto esatto in cui Sean l'aveva interrotto. Questi stava per seguirla, quando il suo sguardo cadde su Dirk. Con un improvviso senso di colpa, si rese conto di quanto l'avesse trascurato in quella settimana. « Ciao, Dirkie», disse in tono burbero. Il ragazzo corse da lui e gli strinse forte le braccia intorno al collo. «Suvvia, Dirk. Tornerò domani mattina. » Pagina 167
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Voglio venire con te. » « Domani hai la scuola », disse Sean, cercando di allentare la stretta del ragazzo. Le donne li guardavano, in silenzio ora, e Sean si sentì arrossire per l'imbarazzo. Accidenti, non è piú un bambino... Ha quasi quindici anni. Ostentando un tono calmo, mormorò: « Basta ora. Cosa penserà la gente di te? ». « Portami con te, papà. Ti prego, portami con te. » Il suo corpo tremava contro quello del padre. Il treno fischiò e le donne alzarono di nuovo il viso verso Ruth, mettendosi a parlare tutte insieme. « Credi che sia orgoglioso di te, quando ti comporti in questo modo? » sibilò Sean. « Ora controllati e stringimi la mano come si deve. » Dirk gliel'afferrò, con gli occhi pieni di lacrime. « Basta così! » Sean si voltò bruscamente e balzò sul predellino nell'attimo in cui il treno, con uno scossone, cominciava a muoversi lungo la banchina. Dirk fece qualche passo dietro il convoglio, poi si fermò, con le spalle che gli tremavano convulsamente, gli occhi fissi sul volto del padre affacciato al finestrino. «Tornerà domani, Dirkie», disse Ada, posandogli una mano consolatrice su una spalla. « Non mi vuol bene », mormorò il ragazzo. « Non me ne ha mai voluto... » « Ma certo che ti vuol bene », lo interruppe rapidamente Ada. « E' solo che questa settimana era... » Ma Dirk non aspettò che finisse. Sottraendosi alla mano della donna, saltò giú dal marciapiede; attraversò i binari, sgusciò sotto un recinto di filo spinato e corse nei campi, per incrociare il treno mentre percorreva la prima lunga curva sul pendio della scarpata. Corse con espressione alterata tra l'erba alta che gli graffiava le gambe; gli avambracci che scattavano avanti e indietro al ritmo dei suo passo... E, a un tratto, il treno fischiò lugubremente sbucando da dietro la piantagione dei Van Essen. Gli stava passando davanti, ancora a cinquanta metri di distanza, e guadagnava pian piano velocità per l'attacco alla scarpata. Non l'avrebbe raggiunto... Anche se il vagone di Sean era uno degli ultimi, non poteva raggiungerlo. Si fermò, ansimante, cercando di cogliere una fugace immagine dei padre... Ma il finestrino del suo scompartimento era vuoto. « Papà! » gridò, pur sapendo che la sua voce si sarebbe perduta nello sferragliare delle ruote e nel rauco sbuffare dei vapore. « Papà! » insistette, agitando scompostamente le braccia sopra la testa. «Papà! Sono io! Io... Dirk! » Lo scompartimento di Sean sfilò lentamente davanti a lui. Per qualche secondo ne scorse l'interno. Sean era in piedi, di fianco al finestrino, e stringeva Ruth tra le braccia. La testa buttata all'indietro, la donna aveva perduto il cappello, e la folta chioma nera appariva in disordine. Rideva, i denti candidi e gli occhi radiosi. Chinandosi in avanti, Sean le coprì la bocca aperta con la sua. E l'immagine svanì. Dirk restò immobile, con le braccia alzate. Poi le abbassò lentamente lungo i fianchi. La tensione delle labbra e degli occhi si allentò. Ogni espressione scomparve dal suo sguardo, mentre osservava il treno che risaliva il pendio finché, con un ultimo trionfante sbuffo di vapore, sparì all'orizzonte. Dirk attraversò i binari e imboccò un viottolo che si arrampicava sulle colline. Coi pollici si asciugò le lacrime sulle guance. Poi si fermò, con aria indolente, a guardare uno scarabeo stercorario. Grosso come un pollice d'uomo, di un nero lucente, e cornuto come un demonio, era alle prese con una palla di sterco di vacca tre volte piú grande di lui. Ritto sulle zampe posteriori, spingeva la sfera con quelle anteriori, intento unicamente a trasportarla in un posto segreto, per seppellirla e deporvi le uova. Con la punta di uno stivale Dirk lanciò lo sterco lontano, tra l'erba. Privato dell'unico scopo della propria esistenza, lo scarabeo rimase immobile. Poi cominciò a cercare. Avanti e indietro, da una parte e dall'altra, con la corazza lucida che, sfregando contro la duPagina 168
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ra terra del sentiero, produceva un lieve crepitio. Mentre osservava incurante quei frenetici andirivieni, il volto di Dirk era sereno e bello. Alzò un piede e posò pian piano il tacco sullo scarabeo. Lo sentì contorcersi sotto lo stivale, finché con uno scricchiolio la corazza si ruppe, spruzzando un liquido scuro simile a sugo di tabacco. Dirk vi camminò sopra e riprese a salire verso la cima della collina. Sedeva solo nella notte, le braccia strette intorno alle gambe e la fronte posata sulle ginocchia. Attraverso il fogliame, i raggi lunari erano bianchi e freddi, come il sentimento che irrigidiva il corpo di Dirk. Alzò la testa. La luna gli illuminò il viso, accentuando la perfezione dei lineamenti: la fronte liscia e ampia, le scure linee delle sopracciglia che quasi si congiungevano alla radice dei naso grande, ma delicatamente modellato La bocca però era stretta dal dolore, da una fredda pena. « Lo odio. » Le labbra non mutarono la smorfia dolorosa, mentre bisbigliava queste parole. « E odio anche lei. Non gl'importa piú niente di me... Non pensa ad altro che a quella donna. » Il rabbioso sibilare del respiro attraverso le labbra era la voce della sua disperazione. « Ho sempre cercato di dimostrargli... Soltanto a lui, ma non gliene importa niente. Perché non capisce... Perché? Perché? Perché? » Tremava come se avesse la febbre. « Non mi vuole. Non sono niente per lui. » Il tremito cessò e la sua bocca passò dalla smorfia di pena a un ghigno. «Gli farò vedere. Se lui non mi vuole, allora gli farò vedere. » E le parole seguenti le sputò come se fossero una cosa sporca. « Lo odio. » Intorno a lui i rami delle acacie stormivano al vento. Balzò in piedi e cominciò a correre, seguendo il sentiero illuminato dalla luna che costeggiava la piantagione. Un meerkat che cacciava solitario lungo la strada lo scorse e si rifugiò tra gli alberi, simile a un piccolo furetto grigio. Ma Dirk continuò a correre, piú svelto ora, spinto dall'odio, respirando a singhiozzi ogni volta che un piede toccava il suolo. Correva con l'arido vento dell'ovest sulla faccia. Aveva bisogno del vento. La sua vendetta avrebbe galoppato nel vento. « Ora la vedremo », gridò, senza rallentare la corsa. « Tu non mi vuoi... Allora ecco cosa avrai! » E gli alberi e il vento gli risposero con un suono simile a quello di voci lontane. Alla seconda stradina di accesso svoltò, addentrandosi nel cuore della piantagione. Corse per venti minuti e, quando si fermò, ansimava come un animale braccato. « Maledetto... Maledetti tutti. » La voce uscì a scatti dalla bocca secca. «Sì, maledetto », e abbandonò la stradina, facendosi largo tra gli alberi. Ormai avevano due anni, il fusto era ancora basso, e i rami intrecciati gli disputavano il passaggio: mani che tentavano di trattenerlo, piccole mani disperate che lo afferravano, gli tiravano le vesti, come dita supplichevoli di un mendicante. Ma Dirk le respingeva e se le scrollava di dosso, finché fu ben lontano dalla strada. « Qui! » disse con voce rauca, e s'inginocchiò sullo strato scricchiolante di ramoscelli e di foglie secche che ricopriva il terreno. Col palmo delle mani ne rastrellò un mucchietto, e intanto singhiozzava, così che il suo borbottio era rotto e incoerente. « Secco, è secco. Te la farò vedere... Tu non mi vuoi... Tutto quello che ho fatto non... Ti odio... Oh, papà! Perché? Perché non... Cosa ho fatto di male? » E scosse la scatola che aveva estratto dalla tasca. Due volte sfregò il fiammifero e due volte gli si spezzò tra le dita. Il terzo si accese, sprigionando minuscole scintille di zolfo, un odore acre e una fiamma azzurra, poi gialla, ondeggiante nelle mani a coppa. « Ecco cosa avrai! » E spinse il fiammifero tra i fuscelli. La fiamma vacillò, parve sul punto di spegnersi, poi aderì a un ciuffo d'erba. Consumatala in un baleno, il fuoco non aveva piú alimento e morì... Quasi... Ma ecco una foglia, ecco che la fiamma si allunga, appiccandosi alle punte di alcuni fuscelli. Dopo il primo, lieve scopPagina 169
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) piettio, la vampa si estese di lato, mentre una foglia incendiata volteggiava nell'aria. Dirk si ritrasse, mentre il fuoco si levava baldanzoso verso il suo viso. Ora il ragazzo non singhiozzava piú. « Papà », mormorò. Le fiamme avevano raggiunto le foglie vive di un ramo che si protendeva sopra di esse. Una raffica di vento lo scosse, spargendo faville e minuscole lingue arancione verso i rami vicini. « Papà. » La voce di Dirk era incerta. Si alzò e si ripulì le mani sulla camicia. « No. » Scosse la testa, smarrito, mentre la piccola acacia s'incendiava con un lieve crepitio. « No», la voce di Dirk divenne piú acuta, « non volevo... », ma si perse nei rumori secchi del legno vivo attaccato dalle fiamme, ora ruggenti. « Basta », gridò. « Oh, Dio, non volevo. No! No! » E si buttò avanti, nel calore, nel fulgore arancione, tirando calci a fuscelli in fiamme, che si sparpagliarono e appiccarono il fuoco tutt'attorno. « No, per piacere. Fermo! » E afferrò l'alberello ardente, tirandolo, spingendolo, finché il calore lo ricacciò indietro. Corse a strappare un ramo da un altro albero e lo batté sul fuoco, riprendendo a singhiozzare. Cavalcando gioiose il vento dell'ovest, ruggendo, rosse, arancione e nere, le fiamme si estesero tra gli alberi, lasciandolo solo tra il fumo e il turbinio della cenere. « Oh, papà! Mi spiace, mi spiace... Non volevo! » 67. Una persiana sbatteva piano nel vento, ma non era questa la sola ragione per cui Michael Courteney non riusciva a dormire. Si sentiva in trappola, incatenato da obblighi di lealtà che non poteva spezzare. Intorno a lui, la casa era una mole scura e oppressiva. Una prigione, un luogo in cui regnavano l'odio e l'amarezza. Si rivoltava inquieto nel letto, e la persiana continuava a sbattere. All'improvviso, egli scostò l'unico lenzuolo, e le assi del pavimento scricchiolarono mentre si alzava dal letto. « Michael! » La voce dalla stanza accanto era acuta e sospettosa. « Sì, mamma. » « Dove stai andando, caro? » « C'è una persiana che sbatte. Vado a chiuderla. » « Mettiti qualcosa addosso, tesoro. Non prendere freddo. » Con un senso di soffocamento e cominciando a sudare per il profondo disagio fisico, Michael capì che doveva uscire da quella casa, nella fredda libertà del vento e della notte. Si vestì rapidamente, ma senza fare il minimo rumore; poi, con gli stivali in mano, percorse il lungo corridoio e uscì sull'ampia scalinata davanti alla casa. Trovò la persiana e la chiuse, poi si sedetté sui gradini e s'infilò gli stivali, prima di avviarsi attraverso i prati. Si fermò in fondo al giardino. Intorno a lui il vento dell'ovest soffiava, scuotendo gli alberi, e la sua inquietudine fece crescere quella del giovane. Doveva uscire dalla valle... Salire sulla scarpata. Costeggiò in fretta i recinti dei cavalli. Nel cortile davanti alle stalle si arrestò di colpo. C'era un bagliore, un tenue bagliore arancione sulle lontane colline di Lion Kop. Allora cominciò a correre, urlando mentre passava davanti agli alloggi degli stallieri. Spalancò la porta di un box e strappò la briglia dal piolo, mentre balzava verso la sua cavalla. Con manovre maldestre per la fretta, le infilò il morso e allacciò la fibbia sotto l'orecchia. Quando uscì nel cortile, trovò due stallieri, ancora intontiti dal sonno. « Il fuoco! » gridò, indicando le colline. « Svegliate tutti e correte ad aiutare. » Balzò sulla groppa della cavalla non sellata e li guardò. « Tutti, capito? Prendete il carro grande. Fate piú presto che potete. » Poi affondò i calcagni nei fianchi della giumenta. Venti minuti dopo si fermò sulla cresta della scarpata. La cavalla ansimava sotto le sue ginocchia. A una decina di chilometri di distanza, splendente anche nel chiarore del plenilunio, un cerchio di fuoco aleggiava sulle piantagioni scure del Lion Kop; sopra di esso Pagina 170
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) una nube nera saliva e si allargava nel vento, nascondendo le stelle. « Oh Signore... Lo zio Sean! » Fu come un grido per un dolore fisico. Colpì di nuovo coi talloni i fianchi della cavalla, spingendola alla cieca attraverso il guado del Baboon Stroom, le cui acque schizzarono in tutte le direzioni come vetro che si frantumi, e si arrampicò sulla riva opposta, galoppando lungo le colline. La giumenta cominciava a incespicare quando Michael le fece varcare il cancello del cortile di Lion Kop, ingombro di carri e gremito di negri muniti di asce. Michael arrestò l'animale tirando le redini con tale violenza che la giumenta quasi stramazzò. « Dov'è lo Nkosi? » gridò a un grosso zulu in cui riconobbe il servo personale di Sean. « E' andato a Pietermaritzburg. » Michael scivolò giú dalla cavalla e la lasciò libera. « Manda un uomo al villaggio a chiedere aiuto. » « L'ho già fatto », rispose lo zulu. « Bisogna portar via il bestiame dai recinti piú alti e far uscire i cavalli dalle stalle. Il fuoco potrebbe estendersi da questa parte. » « Ho già mandato le mie mogli. » « Sei stato bravo. Allora andiamo. » Gli zulu si stavano ammassando sui carri, stringendo le asce dal lungo manico. Michael e Mbejane salirono sul primo. Il giovane prese le redini. In quel momento due cavalieri entrarono al galoppo nel cortile. Michael non poteva riconoscerne i volti nel buio. « Chi siete? » gridò. « Broster e Van Wyk. » Erano i confinanti. « Meno male! Volete condurre gli altri carri? » I due smontarono di sella e corsero a cassetta. In piedi, a gambe divaricate, Michael brandì la frusta e la fece schioccare a pochi centimetri dall'orecchio del mulo di testa. Gli animali scattarono in avanti e il carro uscì sobbalzando dal cortile. Mentre galoppavano lungo la strada principale di accesso alle piantagioni, incontrarono le donne e i bambini zulu che sfollavano dall'accampamento dei lavoranti e, passando, incitavano gli uomini sui carri. Ma Michael quasi non li udì. Sempre in piedi, con gli occhi inchiodati alla colonna di fiamme e fumo che si alzava dal cuore delle piantagioni di Sean. «E' scoppiato tra gli alberi che abbiamo piantato due anni fa», disse Mbejane. « Ma ormai sarà quasi arrivato alla piantagione piú vecchia. Non possiamo piú fermarlo da quella parte. » « Dove, allora? » « Verso di noi ci sono gli alberi giovani e la strada è piú larga. Possiamo tentare lì. » « Come ti chiami? » chiese Michael. « Mbejane. » « Io sono Michael. Il nipote dello Nkosi. » « Lo so », disse Mbejane, annuendo. Poi: « Svolta alla prossima strada che si addentra nelle piantagioni ». Arrivarono al punto indicato. Era il settore degli alberi giovani: alti tre metri, col fusto grosso come un braccio. Una massa scura di rami intrecciati. Oltre di essa, dove le acacie erano piú alte, il fuoco divampava, una muraglia di fumo e faville che avanzava rapidamente nel vento. A quella velocità, in meno di un'ora l'avrebbero avuta addosso. Un incendio simile poteva scavalcare una strada di nove metri senza arrestarsi... Occorreva abbattere gli alberi giovani e creare uno spazio largo almeno tre volte tanto. Michael portò il carro fuori strada e fermò i muli. Poi balzò a terra, facendosi incontro agli altri che stavano arrivando. «Prosegua per duecento metri, poi cominci ad abbattere gli alberi dalla parte del fuoco - Dobbiamo allargare la strada », gridò a Van Wyk. « Bene. » « Signor Broster, lei arrivi fino al margine opposto di questo settore e lavori spostandosi nella nostra direzione. Bisogna tagliare gli alberi per almeno diciotto metri. » Senza frapporre indugi, Broster s'avviò. Benché avessero il doppio della sua età, quei due uomini gli riconoscevano senza discutere il diritto al comando. Pagina 171
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Prendendo un'ascia dalle mani dello zulu piú vicino, Michael impartì gli ordini correndo verso gli alberi. Poi ne scelse uno, si mise in posizione e vibrò un colpo in basso, su un lato del tronco. L'albero vibrò, facendo piovere foglie su di lui. Con un movimento armonico, invertì la presa sull'ascia e colpì sull'altro lato. La lama affondò nel legno tenero e la giovane acacia si piegò lentamente all'indietro e si schiantò al suolo, stridendo. Michael passò a quella vicina. Ai suoi fianchi gli zulu lavoravano in una lunga fila parallela alla strada, e la notte risuonava dei colpi delle loro asce. A quattro riprese, nella mezz'ora successiva, nuovi carri arrivarono, carichi di indigeni e guidati dai vicini di Sean, finché furono quasi quattrocento uomini a lavorare di accetta sugli alberi che Sean aveva amorosamente piantato e curato. Spalla contro spalla, li abbattevano con muta frenesia, li scavalcavano, attaccavano la fila successiva. A un tratto un uomo urlò di dolore. Michael alzò gli occhi e vide due zulu che trascinavano verso la strada un terzo indigeno, con una gamba quasi troncata di netto. Il sangue appariva scuro nell'azzurra luce lunare. Uno dei bianchi corse a occuparsi del ferito e Michael riprese la sua opera di distruzione. Un colpo, cambio di mano, un altro colpo... E crac! l'albero al suolo. Passarci sopra, districare i piedi dal groviglio dei rami, attaccare il successivo. La lama affonda e le narici si riempiono dell'odore dolciastro della linfa, mentre le spalle dolgono e i palmi delle mani si coprono di vesciche. Poi all'improvviso quell'altro odore, acre, nel vento. Fumo. Michael si fermò e guardò oltre le chiome delle giovani acacie. Gli uomini ai suoi fianchi fecero lo stesso, e la luce delle fiamme balenò sui loro toraci nudi e madidi di sudore. Su un fronte di quattrocento metri, l'incendio avanzava verso di loro. Non era l'accecante fulgore bianco di una foresta di pini in fiamme, bensì la cupa maestosità dell'arancione e del rosso scuro, assieme a un'onda di fumo nero e a sciami di faville. Gradualmente il rumore delle asce cessò, mentre gli uomini si fermavano per osservare quella cosa tremenda che andava loro incontro. Ora il fuoco illuminava chiaramente i volti, rivelando il terror panico che li dominava. Già si sentiva l'alitare dell'incendio, forti zaffate di calore che facevano tremare i piccoli alberi davanti alle fiamme. All'improvviso un capriccio del vento fece calare un banco di fumo nero sull'immobile schiera di uomini, nascondendoli gli uni agli occhi degli altri. Poi, rapida come era venuta, la nube scivolò via, lasciandoli a tossire e a boccheggiare. « Indietro! Tornate sulla strada! » gridò Michael, e il suo grido fu raccolto e rilanciato lungo la fila. Muovendosi a stento tra l'intrico di rami alto fino alla vita, si riunirono in stanchi gruppetti lungo la carreggiata, con le asce ormai inutili nelle mani nere, spaventati da quella muraglia avanzante di fumo e di fuoco. « Tagliate dei rami per soffocare le fiamme! » urlò Michael, cercando di scuotere la loro apatia. « Schieratevi lungo il bordo della strada. » Correva su e giú come un cane da pastore, allineandoli, minacciandoli, imprecando contro la loro e la propria paura. « Forza, le fiamme si abbasseranno quando arriveranno agli alberi tagliati. Copritevi le facce con le camicie. Ehi, tu... Non startene li impalato! » Con rinnovata determinazione ogni uomo si munì di un ramo verde, e tutti tornarono a schierarsi lungo la strada. Attesero silenziosi nel fulgore da giorno fatto dell'incendio: volti neri impassibili, volti bianchi ansiosi e congestionati dal calore. Michael scorse quello di Broster. « Crede che riusciremo a... » cominciò, ma s'interruppe. L'altro non poteva rispondere piú di lui alla domanda che stava per fare. Invece disse: « Sono già andati perduti trecento acri, ma se non riusciamo a fermarlo qui... ». Meccanicamente entrambi lanciarono un'occhiata agli alberi piú alti che crescevano alle loro spalle. « Lo fermeremo », dichiarò Broster, ostentando una sicurezza che non possedeva. « Spero che abbia ragione », mormorò Michael; poi all'improvviso Broster gridò: Pagina 172
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Cristo!... Guardi laggiú! » Dapprima Michael non vide nulla, a causa del fumo e del bagliore accecante del fuoco. L'incendio avanzava irregolarmente. Qua e là si protendeva in grandi lingue tra strisce di alberi ancora in piedi, che tremavano e annerivano nel calore. Da una di queste, barcollante tra i rami aggrovigliati degli alberi abbattuti, era emersa una figura umana. « Chi diavolo ... » mormorò Michael. L'uomo era irriconoscibile. Con la camicia ridotta a brandelli dai rami, che gli avevano anche sferzato la faccia fino a trasformarla in una maschera di sangue, vacillò, fece ancora due passi, poi cadde e scomparve sotto le foglie. «Nkosizana!» La voce di Mbejane sovrastò il fragore delle fiamme. « Dirk! E' Dirk Courteney! » Michael si lanciò avanti. Il calore gli bruciava la pelle del viso. Quanto doveva essere piú intenso laggiú, dove giaceva Dirk! Come se sapessero che la loro preda era inerme, le fiamme si precipitavano verso il ragazzo, trionfanti, ansiose di divorarlo. Chiunque avesse cercato di sottrarlo ai loro morsi, avrebbe dovuto affrontare la loro furia. Affondando tra i rami, Michael correva verso il punto in cui Dirk si agitava debolmente, quasi accerchiato dal mortale abbraccio del fuoco... E il calore gli veniva incontro, come per dargli il benvenuto. Accanto a lui correva Mbejane. « Torna indietro », gridò lo zulu. « Basta uno di noi. » Michael non gli rispose e i due continuarono a correre a fianco a fianco, lottando con il fuoco per sottrargli Dirk. Mbejane raggiunse per primo il ragazzo e lo sollevò tra le braccia. Fece un passo verso la strada, cadde, si rialzò ondeggiando sulla massa di rami. Perfino la sua enorme forza fisica poteva poco in quell'inferno. La sua bocca era spalancata, una voragine rosa nel lucido ovale nero del viso; il petto si sollevava spasmodicamente in cerca d'aria, ma nella gola entrava soltanto calore. Calore... Michael si lanciò in avanti, contro di esso, per raggiungere lo zulu. Era quasi una cosa solida, una barriera rossastra e tremolante che gli gonfiava il viso, gli tirava la pelle, gli seccava gli occhi. « Io lo prendo per le gambe. Tu tienilo sotto le ascelle », disse. Una chiazza marrone apparve su una manica della sua camicia... una strinatura, come quella che può produrre un ferro da stiro. Sotto di essa, il calore affondò nella carne come filo spinato. Una dozzina di passi insieme, con Dirk tra loro, poi Michael inciampò e cadde, trascinando con sé Mbejane. Impiegarono molto tempo a rialzarsi, intorpiditi dalla fatica, storditi dal fumo. Quando furono in piedi, scoprirono d'essere accerchiati. Due lingue di fuoco avevano raggiunto l'area degli alberelli abbattuti. Questa aveva rallentato la loro avanzata e diminuito la loro furia; ma il gioco del vento le aveva fatte ritorcere l'una verso l'altra, chiudendo Michael e Mbejane in un danzante recinto di fiamme. « Dobbiamo passarci in mezzo! », sibilò Michael, con la gola gonfia e ustionata. E avanzarono verso il fuoco. Al di là di esso, indistinti e irreali, vedevano gli uomini che battevano i rami sulle fiamme, tentando disperatamente di aprir loro un varco. Mbejane indossava soltanto un perizoma, e non calzoni, giacca e stivali come Michael. La sua resistenza era giunta al limite. Poi, guardando Michael al di sopra del corpo di Dirk, assisté a uno strano spettacolo. I capelli del giovane s'incresparono lentamente e cominciarono a fumare... bruciando senza fiamma come un vecchio straccio. Michael gridò di dolore, un suono orrendo che sovrastò il ruggito e il crepitìo dell'incendio. Ma la sofferenza fisica fu la molla che liberò le sue ultime riserve di energia. Il giovane strappò il corpo di Dirk dalla stretta di Mbejane, come fosse una bambola di pezza, se lo caricò sulle spalle e si buttò nel fuoco. Le fiamme lo avvolsero fino alla vita, artigliandolo avidamente mentre il fumo gli turbinava intorno... Ma passò. « Aiutate Mbejane! » gridò agli zulu, mentre raggiungeva l'altro lato della strada. Lasciò cadere Dirk e gli batté gli indumenti con le mani nude. I suoi stivali erano carbonizzati e gli abiti bruciavano in Pagina 173
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) svariati punti. Infine si buttò a terra e si rotolò brutalmente nella polvere. Due zulu andarono in aiuto di Mbejane. Due negri senza nome, braccianti dello Nkosi Sean... Uomini di nessuna importanza. Non portavano stivali. Raggiunsero Mbejane, che barcollava verso di loro, e, sorreggendolo uno per parte, lo trascinarono verso la strada. In quel momento Michael si alzò in ginocchio, nonostante la propria sofferenza, e li osservò con un misto di orrore e di ammirazione. Conducendo Mbejane tra loro come fosse un cieco, camminavano a piedi nudi sulle fiamme, sollevando a ogni passo un nugolo di faville. Poi il fumo si abbassò su di loro, nascondendoli alla vista. « Mbejane! » mugolò Michael, e tentò di alzarsi in piedi per correre in suo aiuto... « Oh Dio... Oh, grazie Signore! » Mbejane e uno degli zulu emersero dal fumo e caddero tra le braccia degli uomini che li aspettavano. Nessuno si lanciò nel fuoco per l'altro zulu. Nessuno andò a cercarlo, fino a due ore piú tardi, quando già l'alba rischiarava il cielo, l'incendio era stato fermato sulla strada e gli alberi adulti erano salvi. Allora Ken Broster guidò un piccolo drappello d'indigeni in quel nero deserto di ceneri ancora ardenti. Trovarono lo zulu steso bocconi. Le parti di lui che erano rimaste a contatto col suolo erano ancora riconoscibili come appartenenti a un essere umano. 68. Saremo a Ladyburg fra venti minuti, signor Courteney», disse il capotreno, infilando la testa nello scompartimento. Sean alzò gli occhi dal libro. « Grazie, Jack. » « Ho letto sul giornale di stamane che sta per sposarsi! » « Sì. » « Bene, allora fate una cosina pulita, niente colpi bassi e buona fortuna a tutt'e due. » Sean sorrise, mentre il capotreno si allontanava lungo il corridoio. Quindi ripose il libro nella valigetta e lo seguì. Uscito sulla piattaforma esterna del vagone, Sean accese uno dei suoi lunghi sigari, poi si appoggiò alla ringhiera e guardò il veld, aspettando di scorgere la prima fugace immagine di Lion Kop. Era ormai il rituale di ogni suo ritorno a Ladyburg. Quel mattino si sentiva soddisfatto come non lo era mai stato in vita sua. La sera prima, dopo aver conferito con mamma e papà Goldberg, Ruth aveva fissato a marzo la data delle nozze. Per quel mese Sean avrebbe finito il primo taglio della corteccia e si sarebbero potuti concedere un mese di luna di miele al Capo. Cosa può desiderare di piú un uomo? pensò sorridendo e in quel momento vide il fumo. Si raddrizzò e gettò il sigaro. Il treno serpeggiava verso l'orlo della scarpata, rallentando via via che la salita diventava piú ripida. Quando raggiunse la cresta, che dominava l'intera vallata di Ladyburg, Sean vide la grande macchia irregolare tra il verde dei suoi alberi, dalla quale si alzavano innumerevoli fili di fumo grigio. Scavalcò la ringhiera della piattaforma e balzò giú dal treno. Toccò terra, scivolò e rotolò giú per la scarpata, sbucciandosi le ginocchia e i palmi delle mani sulla ghiaia. Mezzo secondo dopo stava già correndo. Lungo la strada sulla quale era stato fermato il fuoco, gli uomini aspettavano, seduti in silenzio o immersi nel sonno, tutti coperti di cenere e di fuliggine. Avevano gli occhi arrossati dal fumo e i corpi indolenziti. Ma aspettavano, mentre la distesa nera fumava e ardeva senza fiamma. Se il vento avesse ripreso a soffiare, avrebbe ravvivato il fuoco che ancora covava sotto la cenere... Ken Broster sollevò la testa dal braccio e subito balzò in piedi. « C'è Sean! » disse. Gli uomini intorno a lui si agitarono, poi si alzarono lentamente. Guardarono Sean che si avvicinava con le gambe molli e incerte di chi ha corso a piedi per parecchi chilometri. Sean si fermò a qualche passo di distanza, ansimando. « Come... Com'è successo? » Pagina 174
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Non lo sappiamo, Sean », rispose Ken Broster. E subito distolse gli occhi dal volto di Courteney. Non si guarda in faccia un uomo che soffre. Sean si appoggiò a uno dei carri. Non poteva indursi a guardare di nuovo l'enorme distesa di ceneri fumanti, con i monconi dei tronchi che spuntavano da essa come dita contorte e annerite di una mano artritica. «Uno dei tuoi uomini è morto», proseguì Ken a bassa voce. « Uno zulu. » Esitò un istante, poi riprese con decisione: « Altri sono rimasti feriti, gravemente ustionati ». Sean non rispose, sembrava che non capisse. « Tuo nipote e il tuo ragazzo... Dirkie. » Sean continuava a fissarlo ottusamente. « Anche Mbejane. » Questa volta Sean fece un movimento, come se volesse allontanarsi da lui. « Li ho fatti portare a casa... Il medico si sta occupando di loro. » Ancora nessuna risposta da parte di Sean, che ora si passava il palmo della mano sulla bocca e sugli occhi. « Mike e Dirk stanno abbastanza bene, ustioni superficiali... Ma i piedi di Mbejane sono proprio conciati male», continuò rapidamente Ken Broster. «Il tuo ragazzo è rimasto intrappolato davanti al fronte dell'incendio. Mike e Mbejane sono andati a prenderlo... accerchiati... Giú ... Sulle spalle... Cercato di aiutare... Inutile... Gravemente ustionato ... I piedi... » Sean udiva soltanto parole sconnesse, senza significato. Tornò ad appoggiarsi al carro. Si sentiva debole, privo di volontà. A troppo. Lascia perdere. Lascia perdere tutto. « Sean, stai bene? » Le mani di Broster sulle sue spalle. Sean si raddrizzò e si guardò intorno. « Devo andare da loro. Prestami un cavallo. » « Certo, va' pure. Resteremo noi qui. Non preoccuparti, faremo buona guardia. » « Grazie, Ken. » Guardò le altre facce ansiose e compassionevoli. « Grazie », ripeté. Quando arrivò alla fattoria, Sean entrò al passo nel cortile davanti alle stalle. C'erano molti carri e servi, donne e bambini negri, ma si fece un gran silenzio quando lo riconobbero. Vicino al muro opposto al cancello c'era una rozza barella circondata da donne. Sean scese da cavallo e la raggiunse. « Ti vedo, Mbejane. » «Nkosi. » Le sue palpebre erano bruciacchiate, cosa che conferiva al suo viso un'espressione mite e un pò perplessa. Le mani e i piedi erano avvolti da bende di un bianco candido, con macchie gialle là dove era filtrato l'unguento. Sean si accoccolò dietro di lui. Non riusciva a parlare. Allungò una mano, quasi con esitazione, e gli toccò una spalla. « E' grave? » chiese. « No, Nkosi. Non troppo. Le mie mogli sono venute a prendermi. Tornerò quando sarò guarito. » Parlarono ancora un poco. Mbejane gli disse di Dirk e di come Michael l'avesse salvato. Poi mormorò: « Quella donna è la moglie dell'uomo che è morto ». Sean non l'aveva notata prima. Sedeva solitaria su una coperta stesa a ridosso dei muro. In piedi accanto a lei e proteso in avanti, un bimbetto nudo stringeva con entrambe le mani una delle sue grosse mammelle e succhiava. La donna sedeva impassibile, con le gambe ripiegate sotto di sé, un mantello di pelle color giallo ocra posato sulle spalle. Sean le si accostò. Il piccolo alzò verso di lui grandi occhi scuri, ma non staccò dal capezzolo la bocca con gli angoli bianchi di latte. « Era un uomo », fu il saluto di Sean alla vedova. La donna chinò gravemente il capo. « Era un uomo! » assentì. « Dove andrai ora? » domandò Sean. « Al kraal di mio padre. » L'alta acconciatura di creta conferì dignità alla pacatezza della risposta. « Sceglierai venti capi di bestiame dalle mie mandrie e li porterai con te. » «Ngi Yabonga... Ti lodo, Nkosi. » Pagina 175
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Va' in pace. » « Rimani in pace. » Si alzò, sollevò il bambino su un fianco e uscì lentamente dal cortile, senza voltarsi indietro. « Ora vado, Nkosi », disse Mbejane. Aveva la faccia grigia per la sofferenza. « Quando tornerò, pianteremo altri alberi. E' stato soltanto un piccolo incendio. » « Certo, un piccolo incendio », annuì Sean. « Va' in pace, amico mio. Bevi molta birra e diventa grasso. Verrò a trovarti. » Mbejane ridacchiò piano e fece segno alle proprie mogli di mettersi ai quattro angoli della barella. Esse ubbidirono e lo sollevarono, giovani donne rese forti dal lavoro nei campi. « Rimani in pace, Nkosi. » Mbejane si sdraiò completamente sulla morbida coltre di pelliccia e le quattro mogli lo trasportarono fuori del cortile. Appena varcato il cancello, cominciarono a cantare, erette e maestose, i dorsi nudi lucenti d'olio, le natiche che ondeggiavano all'unisono sotto i corti perizoma; unirono le loro voci alte e orgogliose nell'antico canto di benvenuto al guerriero che torna dalla battaglia. Radunati sulla veranda c'erano molti vicini di Sean con le rispettive mogli, venuti per dimostrargli la loro amicizia e per offrire aiuto. Ada lo aspettava in cima ai gradini. « Dirk? » « Sta bene, dorme ora. Laudano. » « Michael? » « Ti sta aspettando. Non ha voluto prendere il calmante. L'ho messo nella tua camera. » Percorrendo il corridoio, Sean si fermò davanti alla porta di Dirk e guardò all'interno. Il ragazzo era steso sul dorso con le mani bendate incrociate sul petto. La faccia era gonfia e striata da brutte righe rosse là dove i rami delle acacie lo avevano graffiato. Sulla sedia accanto al letto Mary sedeva in paziente veglia. La ragazza guardò Sean e fece l'atto di alzarsi. Sean scosse la testa. « No. Tornerò quando è sveglio. » Proseguì lungo il corridoio fino alla propria camera. Tre delle ragazze di Ada svolazzavano e cinguettavano intorno al letto di Michael, simili a uccelli i cui nidi siano minacciati. Videro Sean e ammutolirono di colpo. Tutte le lavoranti di Ada nutrivano nei suoi confronti un misto di terrore e di ammirazione. « Oh, signor Courteney. Le sue povere mani... » cominciò una piccola bionda, poi diventò rossa come un papavero, fece una frettolosa riverenza e fuggì dalla stanza. Le altre la seguirono di volata. Sean si accostò al letto. « Salve, Mike », disse con voce roca. Su una guancia di Michael c'era una grossa vescica. « Ciao, zio Sean. » Le altre scottature sul viso e sulle labbra erano coperte di unguento giallo. Sean si sedette cautamente sull'orlo del letto. « Grazie, Michael », disse. 69. Ronny Pye si presentò il mattino seguente, di buon'ora. Era accompagnato da Dennis Petersen ed entrambi indossavano abiti da città. «Che eleganza», disse Sean a mo' di saluto. «Affari o visita di cortesia? » « Be', entrambe le cose. » Ronny si fermò sull'ultimo gradino. « Possiamo entrare? » Sean li condusse in fondo alla veranda, e non aprirono bocca finche non furono seduti. « Ho saputo dell'incendio, Sean. Brutta faccenda. Mi hanno detto che un indigeno è rimasto ucciso e che sia Dirk sia Michael hanno riportato ustioni. Brutta faccenda», ripeté Ronny, scuotendo la testa. «Saprai anche che ho perso quattromila acri di alberi», ribatté Sean. « Già, già », annuì con solennità Ronny. « Brutta faccenda. » Ronny e Dennis si scambiarono un'occhiata furtiva, poi abbassaPagina 176
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) rono lo sguardo sulle proprie mani. « Molto brutta », ripeté Ronny. Seguì un lungo silenzio. « C'è qualcos'altro che ti preoccupa? » chiese con garbo Sean. « Be', visto che hai sollevato la questione... » Infilò una mano nella giacca ed estrasse dalla tasca interna un grosso fascio di carte piegate e legate con un nastro rosso. « Bada, non è necessario discuterne oggi. Vuoi rimandare a quando ti sentirai un pò meglio? » « Parla! » brontolò Sean. « Clausola otto. » Ronny spiegò i fogli sul tavolo fra le tazze di caffè. « Nel caso che detta garanzia, vale a dire la piantagione di acacie nota come settore numero 2 della tenuta di Lion Kop, dell'estensione approssimativa di... » Ronny esitò. « Immagino non ci sia bisogno di leggerla tutta. Sai cosa dice. Quegli alberi facevano parte della garanzia per il prestito. » « Quanto tempo mi dai per trovare il denaro? » chiese Sean. «Be', Sean, tu capisci che il contratto non prevede alcuna dilazione. Credo che dovrai darcelo subito. » « Voglio un mese », disse Sean. « Un mese! » Ronny fu colpito e irritato da una simile pretesa. « Vediamo un pò, Sean. In tutta onestà non... Cioè, sono certo che hai il denaro. Quindi perché hai bisogno di un mese? Basta che tu ci firmi un assegno. » « Sai benissimo che non ho denaro. » «Allora... » replicò Ronny delicatamente, « credo che, se non hai il denaro adesso, è piuttosto improbabile che tu lo abbia fra un mese. Senza offesa, Sean, ma dobbiamo considerare la cosa da uomini d'affari. Mi segui? » « Ti seguo », annuì Sean. « E voglio un mese. » « Daglielo », interloquì Dennis Petersen. Era il suo primo contributo alla discussione, e Ronny si girò verso di lui con la faccia contratta in una smorfia rabbiosa. La lotta che sostenne dentro di sé per distendere i lineamenti e ritrovare un tono di voce normale durò almeno cinque secondi. « Scusa, Dennis », mormorò, « ma questo è un modo alquanto insolito di vedere le cose. Io credo che... » « Ho parlato con Audrey prima di venire qui. Le ho promesso... comunque, io e lei siamo d'accordo. » Incapace di sostenere lo sguardo del socio, Dennis guardava fuori della veranda. A un tratto Ronny Pye ridacchiò. Ma sì, perdio! E' molto meglio cosi, vedrò quel grosso bastardo arrogante andare in giro a chiedere l'elemosina, con il cappello in mano. Si sarebbe dapprima rivolto a Jackson, e Ronny gli aveva telegrafato il pomeriggio precedente. Lo stesso aveva fatto con Nichols della Standard Bank. Ormai la notizia si stava diffondendo in tutta la rete bancaria dei Sudafrica. Sean Courteney non sarebbe riuscito a farsi prestare nemmeno i soldi per pagarsi un pasto. « E va bene, Sean. Come concessione speciale avrai un mese. » Poi il sorriso scomparve dalla sua faccia e Ronny si chinò in avanti sulla sedia. «Hai esattamente trenta giorni. Dopo di che, perdio, ti manderò in rovina. » Dopo che se ne furono andati, Sean rimase seduto sulla veranda. Il sole sulle colline era caldo, ma all'ombra faceva freddo. Sentiva le ragazze di Ada chiacchierare da qualche parte nella casa, poi una di esse fece una risatina stridula. Quel suono irritò Sean, che assunse un'aria ancora piú cupa; tirò fuori da una tasca della giacca una vecchia busta stropicciata e la spianò su un bracciolo della poltroncina. Rifletté un momento, mordicchiando un mozzicone di matita. Poi scrisse: «Jackson. Natal Wattle». E ancora: «Standard Bank ». Infine: « Ben Goldberg ». Si fermò a considerare quest'ultimo nominativo. Poi borbottò qualcosa e lo cancellò con due tratti energici di matita. Non dai Goldberg. Lasciamoli fuori da questa faccenda. Scarabocchiò ancora un nome: «Candy» e, sotto, «Tim Curtis». Nessun altro. John Acheson era in Inghilterra. Ci sarebbero voluti due mesi per ricevere la sua risposta. Nessun altro. Sospirò piano e infilò la busta in tasca. Poi accese un sigaro, si appoggiò allo schienale e posò i piedi sul muretto della Pagina 177
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) veranda. Partirò domattina, decise. Le finestre alle sue spalle erano aperte. Dalla camera da letto, Michael Courteney aveva sentito ogni parola del colloquio precedente. Si alzò a fatica e cominciò a vestirsi. Uscì dal retro e nessuno lo vide andarsene. La sua giumenta era nella scuderia e, presa a prestito una sella, tornò a Theunis Kraal. Anna lo vide arrivare e uscì di corsa nel cortile. «Michael! Oh, Michael. Grazie a Dio sei salvo. Abbiamo saputo... » Poi vide le ustioni sul viso del figlio e s'irrigidì. Michael smontò lentamente di sella e uno stalliere portò via la giumenta. « Michael, tesoro. La tua povera faccia. » E gli si appese al collo. « Non è niente, mamma. » « Niente! » Si staccò bruscamente dal figlio, con le labbra tese in un'espressione dura. « Scappi nel cuore della notte per andare da quel... Quel ... Ti ripresenti dopo giorni con la faccia e le mani ridotte da far pietà ... E dici che non è niente! » « Mi spiace, mamma. La nonna mi ha curato. » « Sapevi che sarei morta di preoccupazione, seduta qui a immaginare le cose piú terribili. Ma non mi hai fatto sapere niente, mi hai lasciata a... » « Saresti potuta venire a Lion Kop », disse Michael a bassa voce. « A casa di quel mostro? Mai! » Il giovane distolse gli occhi dalla madre. « Dov'è papà? » « Nel suo studio, come al solito. Oh, caro, non sai quanto mi sei mancato. Dimmi che mi vuoi bene, tesoro. » « Ti voglio bene », ripeté automaticamente Michael, e di nuovo avvertì quel senso di soffocamento. « Devo vedere papà. E' molto urgente. » « Sei appena arrivato. Lascia che ti prepari qualcosa da mangiare... E che dia un'occhiata alla tua povera faccia. » « Devo vedere papà subito. Scusami. » Michael le passò a fianco e si avviò verso la casa. Garry era seduto alla scrivania, quando il figlio entrò nello studio. Michael detestava quella stanza. Odiava l'alto soffitto macchiato di fumo, l'opprimente colore scuro delle pareti rivestite di pannelli, i grossi trofei di caccia, perfino i tappeti e l'odore di polvere e di carta vecchia. Di là erano usciti i decreti e le decisioni che avevano limitato e predeterminato la sua vita. Quella stanza era il simbolo di tutto ciò da cui desiderava fuggire. Entrando, si guardò intorno con aria di sfida, come se fosse davanti a un essere vivente: sono tornato per riprendere ciò che mi devi, hai avuto molto da me, ora mi ripagherai! « Michael! » Lo stivale di Garrick grattò il parquet, quando egli si alzò per salutarlo, e il giovane trasalì a quel suono. « Ciao, papà. » « Tua madre e io siamo stati così in pena. Perché non ci hai fatto sapere qualcosa? » La voce era ferita, offesa. Automaticamente Michael aprì la bocca per scusarsi, ma gli uscirono parole diverse da quelle che intendeva dire. « Ho avuto da fare. Non mi è stato possibile. » « Siediti, ragazzo mio », disse Garrick, indicando una delle lucide poltrone di cuoio. Si tolse gli occhiali con la montatura di metallo, ma non guardò di nuovo la faccia ustionata dei figlio. Non voleva pensare a Sean e Michael insieme. « Sono felice che tu sia tornato. Sai, stavo lavorando ai primi capitoli del mio nuovo libro. E' la storia della nostra famiglia fin dall'arrivo del tuo trisavolo al Capo. Ci terrei ad avere la tua opinione. Sai che ha un grande valore per me. Il ponderato giudizio di un laureato dell'Università del Sudafrica. » La trappola si stava chiudendo. Era così evidente che Michael si agitò. Poteva quasi sentire le pareti rivestite di legno stringersi intorno a lui. « Papà, devo parlarti », cominciò a controbattere. Ma già Garrick si rimetteva gli occhiali e rimestava le carte sulla sua scrivania, parlando rapidamente. « Credo che ti piacerà. Dovrebbe interessarti. » Lo guardò al di sopra delle lenti, sorridendogli con l'ansia di un bambino che porta un dono alla mamma. « Ecco qui. Comincerò dall'inizio. Tieni conto che è la prima stesura. C'è ancora da fare tutto il lavoro di lima. » E cominciò a leggere. Alla fine di ogni paragrafo cercava l'approvazioPagina 178
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ne dei figlio, con un sorriso colmo di aspettativa. Finché Michael non poté piú sopportarlo e gridò, a metà di una frase: « Voglio che tu mi dia l'equivalente in denaro della mia parte di Theunis Kraal ». Ci fu una momentanea pausa nella lettura di Garrick, appena una sospensione della voce per indicare che aveva sentito poi continuò, ma il suo tono ora era spento, senza vita. Finì il paragrafo, mise il foglio da parte, si tolse gli occhiali e li ripose nel loro astuccio. Il coperchio scattò con un rumore secco, e Garry alzò lentamente la testa. « Perché? » « Mi occorre il denaro. » « Per farne che? » « Mi occorre. » Garry si alzò e andò alla finestra. Con le mani strette dietro la schiena, osservò i prati digradanti fino allo steccato che delimitava il giardino, una distesa verde sulla quale le poinsezie si stagliavano con vivide macchie scarlatte. Poi il terreno riprendeva a salire, tra pascoli dorati e lembi di foresta, sopra i quali si stavano addensando nuvole argentee e bluastre. « Stasera pioverà », mormorò Garrick, ma Michael rimase in silenzio. « Ne abbiamo bisogno. Tre settimane senza una goccia d'acqua... I pascoli si stanno inaridendo. » Ancora nessun commento. Garrick tornò alla scrivania. « Ho saputo che è scoppiato un incendio l'altra notte sul Lion Kop. » « Già. » « Dicono che sia la fine per tuo zio. Che quest'incendio lo ha rovinato. » « No! » negò rapidamente Michael. « Non è vero! » « E' per questo che vuoi il denaro? » « Sì.» « Intendi darlo a Sean? » « Voglio comprare una parte della piantagione. Non si tratta di un regalo... Una semplice proposta d'affari. » « E Theunis Kraal? E' casa tua. Sei nato qui. » « Ti prego, Pa'. Ho preso la mia decisione. « E' stato Sean a suggerirtela? » « No! Lui non ne sa nulla. » « Dunque è una tua idea. Tutta farina del tuo sacco. Sei pronto a rovinare tuo padre e tua madre per lui. Mio Dio, che ascendente ha su di te, perché tu possa fare una cosa simile? » Scuro in volto, Michael calciò indietro la sedia e balzò in piedi. « Lo fai sembrare un... un tradimento. » « E lo è! » gridò Garrick. « E' un'azione da Giuda! Tua madre e io ti abbiamo dato tutto. Ci siamo sacrificati per mandarti all'università, abbiamo costruito la nostra intera esistenza intorno a te, lavorando per il giorno in cui saresti tornato a Theunis Kraal, e... » S'interruppe, ansimante, e si asciugò dal mento gli schizzi di saliva. « Invece tu scappi di casa in piena notte per andare da quel... Quel porco. Come credi che ci siamo sentiti? Non capisci che ci hai quasi spezzato il cuore? Fra tutte le persone, proprio da lui! E ora, ora vuoi metà di Theunis Kraal per regalarla a quell'individuo, per comprare il suo.. . » « Basta così! » lo ammonì seccamente Michael. « E prima di continuare ricordati da dove proviene la mia parte di Theunis Kraal; pensa a chi me l'ha donata in origine. » Quindi, raccolti cappello e frustino, s'avviò verso la porta. « Michael. » Il tono di Garry lo bloccò. « Che c'è? » « La tua parte... Non è gran cosa, sai. Non te l'ho mai detto, ma ci fu un periodo, quando eri molto piccolo... La peste bovina. Fui costretto a... » Non poté continuare. « Cosa stai cercando di dirmi? » « Siediti, Michael. Siediti e capirai. » Con riluttanza, temendo ciò che stava per sentire, Michael tornò indietro e si appoggiò a un bracciolo della poltrona. Garry scelse una chiave dal mazzo appeso alla catena dell'orologio e aprì il primo cassetto della scrivania. Prese un documento arroPagina 179
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) tolato, lo sfilò dal nastro che lo avvolgeva e, senza una parola, lo porse al figlio. Michael lo stese e lesse le parole sul primo foglio. « Atto di ipoteca ». Con un senso di nausea, voltò pagina. Non lo lesse tutto. Certe parole e gruppi di parole, stampati in grassetto, furono sufficienti: « La Ladyburg Trust & Banking Co. ... Un terreno dell'estensione approssimativa di 25.000 morgen situato nel distretto di Ladyburg, Divisione giudiziaria di Pietermaritzburg, noto come fattoria di Theunis Kraal... Nonché tutte le costruzioni, i fabbricati e le migliorie... All'interesse dell'otto e mezzo per cento ». « Capisco. » Michael restituì il documento al padre e si alzò. « Dove vai? » « Torno a Lion Kop. » « No! » bisbigliò Garry. « No, Michael. Ti prego, figlio mio. No... Oh Dio... No! » Michael uscì dalla stanza chiudendo delicatamente la porta dietro di sé. Quando Anna irruppe nello studio, Garry era seduto dietro la scrivania, con le spalle curve. « Lo hai lasciato andare! » sibilò la donna. Garry non si mosse, sembrava che non avesse sentito. « Ci ha lasciato. E' andato da tuo fratello... E tu gliel'hai permesso. » La sua voce divenne acuta, stridula. « Maledetto ubriacone buono a nulla. Sempre seduto li a giocare coi tuoi libercoli. Non eri abbastanza uomo per generarlo... Tuo fratello ha dovuto farlo per te! E ora non sei abbastanza uomo per tenerlo, di nuovo ti lasci soppiantare da tuo fratello! Lo hai lasciato andare. Mi hai tolto mio figlio. » Garry sedeva immobile. Non vedeva nulla. Non sentiva nulla. Nella sua testa c'era una nebbia grigia che soffocava ogni suono e cancellava ogni immagine. Era qualcosa di caldo... Di caldo e sicuro. Nessuno poteva raggiungerlo, finché essa l'avvolgeva, proteggendolo. Era in salvo. « Ecco tutto ciò che sai fare », continuò Anna, afferrando una manciata di fogli manoscritti sulla scrivania. « I tuoi foglietti di carta. Sogni e storie di altri uomini... Veri uomini! » Lacerò i fogli e glièli buttò addosso. I frammenti di carta ondeggiarono e si posarono come foglie morte sulla sua testa e sulle sue spalle. Garry non si mosse. Ansimando per l'ira e il dolore, Anna prese il resto dei manoscritto e lo stracciò, sparpagliandolo poi per la stanza. 70. Michael e Sean erano sotto la pensilina della stazione. Non parlavano. L'avevano fatto per gran parte del giorno e della notte precedente e non c'era piú nulla da dire. Stavano semplicemente insieme... E chiunque, guardandoli, avrebbe capito subito che erano padre e figlio. Benché Michael non fosse alto come Sean, e apparisse molto esile al suo confronto, la carnagione e il colore dei capelli erano gli stessi. Entrambi avevano il grande naso dei Courteney e la bocca larga e carnosa. « Ti telegraferò appena avrò i quattrini. » Sean aveva spiegato particolareggiatamente a Michael la situazione finanziaria di Lion Kop. Gli aveva anche detto come intendeva procurarsi il denaro che l'avrebbe salvato dalla rovina. « Intanto io mi occuperò di tutto qui. » Michael doveva cominciare la scortecciatura degli alberi scampati all'incendio. Il pomeriggio precedente avevano cavalcato attraverso le piantagioni e segnato i lotti di piante da abbattere. « Buona fortuna, zio Sean. » « Dato che ora lavoriamo insieme, Mike, suggerirei di lasciar perdere lo 'zio'. E' troppo scomodo. » Michael sorrise. « Buona fortuna, Sean. » « Grazie, Mike. » Si scambiarono una forte stretta di mano, poi Sean salì sul vagone. Jackson fu cordiale, ma irremovibile, come pure Nichols della Standard Bank. Così Sean andò a Johannesburg per sparare le sue due ultime cartucce. « Colonnello Courteney, che piacere rivederla! » L'impiegato del Candy's Hotel uscì da dietro il banco della ricezione per salutare Sean. «Parlavamo di lei proprio la settimana scorsa, Bentornato a Pagina 180
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Johannesburg. » « Salve, Frank. Stiamo mettendo su pancia, eh? » disse Sean, puntandogli l'indice contro il gilè. L'altro ridacchiò. « Dimmi, Frank, Candy... La signora Rautenbach è in albergo? » « Ah! Ci sono stati alcuni cambiamenti dopo la sua partenza, signore », sorrise l'impiegato, con un'ombra di malizia. « Non c'è piú alcuna signora Rautenbach. Adesso è la signora Heyns... La moglie del signor Jock Heyns! » « Buon Dio! Ha sposato Jock! » « Proprio così. Due settimane fa: il piú grosso matrimonio che si sia visto a Johannesburg dopo la guerra. Duecento invitati. » « E ora dov'è? » « In mare. Passeranno sei mesi di luna di miele in Inghilterra e in Europa.» « Spero che sia molto felice », mormorò Sean, ricordando la solitudine che aveva letto negli occhi di Candy quando era partito. « Con tutto il denaro del signor Heyns? Come potrebbe non esserlo? » chiese l'impiegato con vera sorpresa. « Si trattiene da noi, colonnello? » « Se avete una camera. » « Ce n'è sempre una per gli amici. Per quanto tempo, signore? » « Due giorni, Frank. » Tim Curtis era ingegnere capo alla City Deep. Quando Sean gli parlò di un prestito, scoppiò a ridere. « Cristo, Sean, io sono soltanto un dipendente... Non il proprietario di quella maledetta miniera. » Anche Tim si era sposato da due anni e Sean fu costretto a pranzare con lui e la moglie. Dietro le loro insistenze, dovette anche vedere il loro bebè e complimentarsi, ma in cuor suo si disse che il pupo somigliava a un cucciolo di bulldog non ancora svezzato. Prolungando il proprio soggiorno a Johannesburg, fece il giro delle banche. Molto tempo prima aveva trattato affari con la maggior parte di esse, ma il personale era cambiato da allora, per cui Sean si stupì notando che tutti i direttori sembravano aver sentito parlare di lui. «Colonnello Courteney. Dunque lei sarebbe il colonnello Sean Courteney, titolare delle Lion Kop Wattle Estates, giú nel Natal. » E, quando Sean annuiva, vedeva i loro occhi serrarsi come imposte sprangate contro i ladri da un prudente padrone di casa. L'ottava sera si fece portare del brandy in camera: due intere bottiglie. Bevve senza sosta e disperatamente. Invece di calmare il violento conflitto che aveva luogo nel suo cervello, il brandy parve stimolarlo, distorcendo i problemi e accrescendo la sua malinconia. Continuò a bere finché l'alba fece impallidire la luce gialla delle lampade a gas. Il liquore gli ronzava nella testa e Sean desiderava ardentemente un pò di pace: la pace che aveva trovato soltanto nell'immenso silenzio e nello spazio sconfinato del veld. A un tratto nella sua mente si formò l'immagine di una tomba solitaria ai piedi di una piccola collina. Udì il vento gemere su di essa e vide ondeggiare l'erba giallastra. Quella era la pace. Si levò a sedere sul letto. « Saul », disse. Provava un immenso rimorso per quel pellegrinaggio che si era ripromesso di fare e che non aveva compiuto. «Ci andrò adesso. Qui ho finito», decise. Quando si alzò in piedi, ebbe un capogiro e dovette sostenersi alla testiera del letto per ritrovare l'equilibrio. 71. Riconobbe il kopje quando si trovava ancora a otto chilometri di distanza. La sua forma gli era impressa indelebilmente nella memoria: la pendenza simmetrica dei fianchi irti di massi e la cima piatta, circondata da un tratto di terreno roccioso e scoperto: l'altare su cui si era compiuto il sacrificio alla stoltezza e all'avidità umane. Arrivato piú vicino, distinse le piante di aloe, corone di foglie carnose ingioiellate di fiori rossi. Sulla pianura sotto il kopje, tra l'erba bassa color ocra, si scorgeva una fila di macchioline bianche. Pagina 181
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sean cavalcò verso di esse e, col diminuire della distanza, ogni macchia divenne un tumulo di pietre biancastre, su cui si ergeva una croce di metallo. Intorpidito dalla lunga giornata in sella, Sean smontò lentamente. Impastoiò i cavalli, tolse loro la sella e gli altri fardelli e li lasciò liberi di pascolare. Restio ad avvicinarsi subito alle tombe, accese un sigaro. Il silenzio del veld l'avvolgeva dolcemente, non rotto, anzi, intensificato dal fruscio del vento sulla pianura. Il rumore che produsse il suo cavallo, cominciando a brucare l'erba secca, sembrava sacrilego in quel luogo, ma riscosse Sean dai suoi pensieri. Raggiunse la doppia fila di tombe e si fermò davanti a una di esse. Incise rozzamente sul metallo c'erano le parole: QUI GIACE UN VALOROSO BURGHER. Si mosse lungo la fila di croci e su ognuna lesse la medesima scritta. Qua e là le lettere erano irregolari; su una, al posto della «r» di burgher, c'era una «g». Sean si fermò a fissarla, odiando l'uomo che per la fretta e l'indifferenza aveva trasformato l'epitaffio in un insulto. « Mi spiace », disse a voce alta, come scusandosi con il boero che giaceva sotto quella croce. Poi si sentì imbarazzato, in collera con se stesso per quella debolezza. Solo un pazzo può parlare ad alta voce a un morto. Si spostò verso la seconda fila di tombe. MARINAIO SCELTO W. CARTER, R.N. Il grassone. CAPORALE HENDERSON C.F.S. Colpito due volte al petto e una al ventre. Camminò lungo la fila, leggendo. Alcuni restavano soltanto nomi, di altri, invece, ravvisava i volti. Rivedeva le loro facce ridenti o spaventate, il modo in cui cavalcavano, udiva il suono delle loro voci. Questo mi deve ancora una ghinea, pensò, rammentando la scommessa. « Puoi tenertela », disse a voce alta, e di nuovo si rimproverò. Percorse tutta la fila rallentando via via che si avvicinava al tumulo eretto un pò discosto dagli altri, secondo i suoi ordini. Lesse l'iscrizione. Poi si sedette sui talloni e rimase là finché il sole calò dietro l'orizzonte e il vento divenne freddo e lamentoso. Soltanto allora tornò dove aveva lasciato la sella e srotolò le coperte. Non c'era legna per accendere il fuoco e così dormì soltanto a tratti nel freddo della notte. Di un gelo ancora piú intenso erano i suoi pensieri, nei momenti di veglia. Il mattino tornò alla tomba di Saul. Notò per la prima volta che l'erba cresceva tra le pietre del tumulo e che la croce s'era un pò inclinata di lato. Si tolse la giacca e, inginocchiatosi, lavorò come un giardiniere, estirpando le erbacce con il coltello da caccia, fino alle radici. Poi rimosse le pietre intorno alla croce, la estrasse dal suolo, scavò un nuovo buco e ve la conficcò, assicurandone la base con sassi e terra, prima di ammucchiare di nuovo saldamente le pietre bianche. Fece due passi indietro, ripulendosi le mani, ed esaminò il lavoro compiuto. Non era ancora perfetto: mancava qualcosa. Ci pensò un pò, con la fronte aggrottata, finché trovò la risposta. « Fiori », biascicò, alzando la testa verso le piante di aloe. Cominciò ad arrampicarsi tra i massi. Il suo coltello affondò facilmente nei grossi steli teneri e la linfa sgorgò in abbondanza dalle ferite. Quando ne ebbe raccolto un mazzo iniziò la discesa. A un tratto, una macchia di colore attirò il suo sguardo: una spruzzata di bianco e rosa tra i massi. Erano bignonie: ognuna di esse una piccola, perfetta tromba con una gola rosa e una fragile lingua gialla. Deliziato da quella scoperta, Sean posò a terra i fiori di aloe e, chino come una spigolatrice, cominciò a raccogliere le bignonie, procedendo in direzione di un crepaccio. Quando l'ebbe raggiunto, si raddrizzò per riposarsi la schiena. Era abbastanza stretto da poterlo saltare senza sforzo, ma molto profondo. Vi guardò dentro senza grande interesse. Semisepolte nella sabbia c'erano le ossa di un grande animale. Ma non furono queste a indurlo a calarsi nella spaccatura, bensì un voluminoso oggetto di cuoio che s'intravedeva in mezzo a esse. Scivolando sul didietro nell'ultimo tratto della discesa, raggiunse il fondo ed esaminò ciò che aveva scorto. Era la bisaccia di un muPagina 182
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) lo, con due borse di cuoio dalle fibbie quasi completamente arrugginite. Le sollevò dalla sabbia e si stupì per il loro peso. Il cuoio era secco e screpolato. Sean tagliò il risvolto di una borsa con il coltello e ne uscì una cascatella di sovrane. Caddero sulla sabbia l'una dopo l'altra, formando un allegro mucchietto d'oro. Sean le fissò, incredulo. Lasciò cadere le borse e si accosciò. Timidamente, raccolse una moneta ed esaminò il ritratto del vecchio Presidente, prima di portarla alla bocca e di morderla. I suoi denti intaccarono il metallo tenero. « Be', che io sia dannato », disse, e rise forte. Appoggiandosi sui talloni e alzando la faccia al cielo, gridò tutta la sua esultanza e il suo sollievo. Ma a un tratto la risata si spense e Sean ridivenne serio. Riempiendosi d'oro le mani si domandò: « Da dove diavolo salti fuori? ». La risposta stava nell'effigie arcigna modellata in rilievo su ogni moneta. Oro boero. « E a chi diavolo appartieni? » La risposta era ancora la stessa, e Sean si lasciò scivolare le sovrane tra le dita. Oro boero. « Nient'affatto! » esplose con ira. « Da questo momento è oro di Courteney. » E cominciò a contarlo. Il cervello lavorava altrettanto rapidamente quanto le dita, preparando la difesa di Sean contro le accuse della propria coscienza. I boeri gli dovevano i quattrini che aveva perduto vendendo sottocosto i suoi carri pieni d'avorio; gli dovevano i suoi depositi alla Volkskaas Bank, una ferita di shrapnel a una gamba e una pallottola nel ventre; gli dovevano tre anni di fatiche e di pericoli; e infine gli dovevano un amico. Mentre ammucchiava le sovrane in pile di venti, esaminò il proprio caso, si sentì giustificato ed emise una sentenza in favore. « L'appellante ha ragione », annunciò, e concentrò tutta l'attenzione sul denaro. Un'ora e mezzo dopo aveva finito di contarlo. C'era un enorme cumulo di monete sulla pietra piatta che aveva usato come tavolo. Accese un sigaro e il fumo che gli riempì i polmoni lo rese euforico. La sua coscienza si era arresa senza condizioni e ora egli provava un gran senso di benessere: tanto piú intenso, quanto piú terribile era stato il periodo di depressione che l'aveva preceduto. «Sean Courteney accetta dal Governo dell'ex Repubblica del Transvaal la somma di 29.200 sterline, quale saldo totale di tutti i crediti e risarcimenti dovuti al suddetto. » Di nuovo ridacchiò e cominciò a riporre l'oro nelle borse di cuoio. Con la pesante bisaccia buttata su una spalla e le mani piene di fiori selvatici, Sean scese dal kopje. Sellò il cavallo e caricò l'altro prima di andare a deporre i fiori sulla tomba di Saul. Creavano una bella macchia di colore sull'erba bruna. Si attardò un'altra ora, aggiustando di quando in quando la sua composizione floreale e resistendo alla tentazione di ringraziare Saul a voce alta. Poiché adesso pensava che l'oro non fosse un dono del Governo repubblicano, ma di Saul Friedman... Cosa che gli rendeva ancora piú facile accettarlo. Infine salì in sella e se ne andò. Mentre l'uomo e i suoi cavalli si riducevano a due punti piú scuri nell'immensa pianura color ocra, un turbine di polvere avanzò danzando dal sud. Un'altra, roteante colonna d'aria calda, di polvere e di frammenti d'erba secca, che fluttuò ondeggiando verso il cimitero al di sotto dei kopje. Dapprima pareva che dovesse evitarlo, ma all'improvviso cambiò direzione e investì la doppia fila di croci. Afferrò i fiori sulla tomba di Saul, li sollevò, strappandone i petali, e li sparpagliò nella pianura. 72. Con Michael al suo fianco, che portava una pesante sacca da viaggio, Sean scese dal calessino ed entrò negli uffici della Ladyburg Banking & Trust Co. « Oh, colonnello Courteney! » esclamò la giovane signora incaricata di accogliere i clienti. «Avverto subito il signor Pye che lei è qui. » « Non si dia pensiero, cara. Gli porterò io stesso la bella notizia. » Pagina 183
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Ronny Pye alzò lo sguardo con aria allarmata, quando la porta del suo ufficio si spalancò e i due uomini entrarono nella stanza. «Buongiorno, Ronny», lo salutò allegramente Sean. « Come te la passi? Hai già cavato il sangue a qualcuno oggi, o è ancora troppo presto? » Sulle difensive, Ronny si alzò, borbottando una risposta inintelligibile. Sean scelse un sigaro dalla scatola di cuoio sulla scrivania e lo fiutò. « Hai qui una buona marca di sterco di cavallo », osservò, asportandone la punta con i denti. « Fiammifero, prego. Sono un cliente, Ronny; dove sono finite le tue buone maniere? » Con riluttanza, pieno di sospetto, Ronny gli accese il sigaro. Sean si sedette e piazzò i piedi sulla scrivania, incrociando le caviglie. « Dunque, quanto ti devo? » chiese. La domanda rafforzò i sospetti di Ronny, i cui occhi si posarono sulla sacca da viaggio nelle mani di Michael. « Vuoi dire tutto insieme? Capitale e interessi? » « Capitale e interessi », confermò Sean. « Be', dovrei fare qualche calcolo. » « Dimmelo in cifra tonda. » « Ecco, molto approssimativamente, dovrebbero essere circa... oh, non so... Diciamo... » Fece una pausa. L'aspetto pesante di quella sacca lo confondeva. Appariva rigonfia, e i muscoli del braccio di Michael erano tesi. « Diciamo, 22.860 sterline e quindici scellini. » Mentre enunciava la cifra esatta, la sua voce si abbassò ossequiente, simile a quella di un indigeno che invochi il nome del proprio dio. Sean abbassò i piedi e, chinatosi in avanti, spinse di lato le carte che coprivano il piano della scrivania. « Molto bene. Pagalo, Michael. » Con fare solenne il giovane posò la sacca nello spazio liberato da Sean. Ma quando questi gli strizzò l'occhio, la sua solennità andò a farsi benedire e Michael fece un largo sorriso. Senza tentare di nascondere la propria agitazione, Ronny affondò entrambe le mani nella sacca e tirò fuori due borse di tela greggia. Ne aprì una e rovesciò l'oro sulla scrivania. « Dove l'hai preso? » domandò con disappunto. « Dove finisce l'arcobaleno. » « C'è una fortuna qui », dichiarò Ronny, frugando di nuovo nella sacca. « Una bella somma, lo ammetto. » « Ma, ma... » Annaspava tra le monete, cercando di scoprire il segreto della loro provenienza, come una gallina a caccia di vermi. Sean, però, aveva passato una settimana a Johannesburg e due giorni a Pietermaritzburg, facendo il giro di tutte le banche per cambiare piccole quantità di sovrane di Kruger in valuta inglese, portoghese e d'una mezza dozzina di altri paesi. Per un minuto osservò gli sforzi di Ronny con un sorriso di compiaciuto disprezzo. Poi si congedò. « Ora ce ne torniamo a casa. » Mise un braccio intorno alle spalle di Michael e si diresse verso la porta. « Deposita il resto sul mio conto, Ronny, da bravo. » Con un'altra frase che gli morì sulle labbra e con un misto di disperazione e frustrazione nell'animo, Ronny Pye guardò dalla finestra la Lion Kop Wattle Estates che saliva sul calessino, si calcava con decisione il cappello in testa, agitava la frusta in segno di cortese saluto e trottava serenamente lontano dalle sue grinfie. Per tutta l'estate le colline di Lion Kop echeggiarono dei colpi secchi delle asce e del canto di centinaia di zulu. Via via che gli altreri vacillavano e cadevano con un fluttuare di rami frondosi, uomini armati di machete si facevano avanti per strappare la ricca corteccia e legarla in fasci. Ogni treno che partiva per Pietermaritzburg ne trasportava interi vagoni fino allo stabilimento di estrazione dei tannino. Di giorno in giorno, i vincoli tra Sean e Michael si rafforzavano. Elaborarono un linguaggio tutto loro, caratterizzato dalla massima economia di parole. Senza lunghe discussioni ciascuno s'incaricò d'una sfera distinta dell'attività di Lion Kop. Compito di Michael erano la manutenzione dell'attrezzatura, il Pagina 184
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) carico e la spedizione, tutto il lavoro d'ufficio e le ordinaiioni di materiale. Dapprima Sean lo tenne d'occhio, poi, vedendo che se la cavava benissimo, non se ne preoccupò piú. Si separavano soltanto nei fine settimana, quando Sean andava, per ovvie ragioni, a Pietermaritzburg e Michael, per dovere, a Theunis Kraal. Il giovane odiava quei ritorni a casa, odiava le interminabili accuse di slealtà da parte di Anna e i suoi occasionali accessi di pianto. Ma ancor piú insopportabile era il muto rimprovero stampato sulla faccia di Garry. Ogni lunedì mattina di buon'ora, con la gioia di un galeotto liberato, Michael riprendeva la strada di Lion Kop, dove Sean l'accoglieva con frasi del tipo: « Che ne è di quei dannati manici d'ascia che abbiamo ordinato la settimana scorsa, Mike? ». Soltanto la sera Sean e Michael chiacchieravano liberamente, seduti sui gradini della veranda. Discorrevano di denaro, di guerra, di politica, di donne, di alberi... E parlavano da pari a pari, senza riserve, da uomini che lavorano insieme per uno scopo comune. Dirk sedeva in silenzio nell'ombra e li ascoltava. Aveva quindici anni, ma una capacità di odio assolutamente sproporzionata alla sua età e tutta rivolta contro Michael. Sean lo trattava sempre allo stesso modo; la frequenza scolastica di Dirk restava sporadica, il ragazzo seguiva Sean nelle piantagioni e riceveva la sua parte di rude affetto e di ancora piú rude disciplina... Ciò nondimeno avvertiva nel rapporto tra Sean e Michael una tremenda minaccia alla propria sicurezza. Solo per ragioni di età e per la sua scarsa esperienza egli era escluso dalle conversazioni serali sulla veranda. I suoi rari contributi erano accolti con indulgente attenzione, poi il discorso riprendeva come se lui non avesse parlato. Allora Dirk sedeva in silenzio, progettando fin nei particolari piú perversi l'assassinio di Michael. Quell'estate a Lion Kop si verificarono molti piccoli furti e atti di vandalismo, tutti aventi Michael come oggetto. I suoi migliori stivali da equitazione sparirono; quando volle indossare la sua unica camicia da sera per il ballo mensile nella scuola, la trovò strappata sulla schiena; la sua cagna partorì quattro cuccioli che dopo una settimana morirono misteriosamente. Ada e le sue ragazze cominciarono i preparativi per il Natale dei 1904 a metà dicembre. Ruth e Storm arrivarono da Pietermaritzburg il venti, e con le sue frequenti assenze da Lion Kop, Sean scaricava una gran parte di responsabilità sulle spalle di Michael. Nel villino di Protea Street regnava un'atmosfera di mistero. Sean era rigorosamente escluso da certe lunghe sedute nelle stanze private di Ada, dove costei e Ruth si ritiravano per preparare l'abito da sposa, ma non era questo l'unico segreto. Doveva esserci anche qualcos'altro, che teneva le donne in uno stato di costante euforia. Spiandole, Sean capì che la cosa doveva avere a che fare coi suo regalo di Natale da parte di Ruth. Comunque egli aveva altre preoccupazioni, prima fra tutte mantenere il proprio posto nella feroce competizione per guadagnarsi i favori della signorina Storm Friedman. Ciò comportava grosse spese in dolciumi, regalati all'insaputa di Ruth. Il pony Shetland era stato lasciato a Pietermaritzburg e a Sean veniva richiesto di sostituirlo, a prezzo della propria dignità e di grandi macchie d'erba sulle ginocchia dei pantaloni. Come ricompensa era invitato a prendere il tè ogni pomeriggio con la signorina e le sue bambole. Favorita fra tutte era una pupattola con capelli veri e un'espressione insulsa sulla larga faccia di porcellana. Storm pianse come una fontana il giorno in cui la trovò rotta in mille pezzi. Con l'aiuto di Sean, seppellì la bambola nel cortile sul retro, saccheggiando il giardino di Ada per ornare di fiori la tomba. Un pò in disparte, Dirk osservava con espressione torva il funerale. Ormai del tutto consolata della perdita, Storm si divertì tanto alla cerimonia da insistere perché Sean esumasse il cadavere e si ricominciasse tutto da capo. In totale la bambola venne sepolta quattro volte e, alla fine, sembrava che sul giardino di Ada fosse calato uno sciame di locuste. 73. La giornata di Natale cominciò presto per Sean. Insieme a Mihael sovrintese alla macellazione di dieci grossi buoi per i lavoti, ranti zulu, poi distribuirono le paghe e i doni: a ogni uomo Pagina 185
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) una camicia e un paio di pantaloni corti color cachi, a ognuna delle loro mogli due manciate di perline colorate. Gli indigeni cantavano e ridevano. Mbejane, alzatosi da letto per l'occasione, fece un discorso di alto contenuto drammatico. Incapace di reggersi sui piedi appena rimarginati, scosse le lance, allargò le braccia e gridò una serie di domande ai suoi compagni zulu. « Vi ha picchiato? » «Ai-bho!» fu la tonante risposta negativa. « Vi ha nutrito? » « Yhe-bho!» « C'è oro nelle vostre tasche? » « Ye-bho! » « il vostro padre? » « il nostro padre! » Benché non tutto andasse preso troppo alla lettera, Sean sorrise. Poi fece qualche passo avanti per accettare la grande ciotola colma di birra di miglio che la prima moglie di Mbejane gli offriva. Era un punto d'onore vuotarla senza staccare le labbra dall'orlo, un'impresa che Sean prima e Michael poi compirono senza sforzo. Infine salirono sul calessino; Mbejane prese le redini e, con Dirk al fianco, imboccò la via di Ladyburg. Dopo la prima ondata di saluti e di auguri, Ruth condusse Sean nel cortile sul retro. Tutti gli altri li seguirono e si trovarono davanti a un grosso oggetto coperto da un'incerata. Quando questa venne cerimoniosamente rimossa, Sean restò a bocca aperta alla vista dei dono di Ruth. Scintillante nel sole, tutto vernice lucida, metallo e cuoio rosso... C'era un veicolo a motore! Impresse sui mozzi delle ruote e sotto la statuina d'argento che ornava il radiatore c'erano le parole ROLLS-ROYCE. Sean aveva visto quelle stupende macchine a Johannesburg, e fu sopraffatto dal medesimo senso di disagio che gli avevano ispirato allora. « Mia cara Ruth, non ho parole per ringraziarti. » E la baciò con trasporto, per ritardare il momento in cui si sarebbe dovuto avvicinare a quel mostro. « Ti piace davvero? » « Se mi piace? E' la cosa piú bella che io abbia mai visto. » Da sopra la spalla di Ruth notò con sollievo che Michael stava prendendo le redini della situazione. Come unico ingegnere presente, si era seduto al volante e parlava autorevolmente alla folla che lo attorniava. « Sali! » ordinò Ruth. « Prima lascia che la guardi. » Porgendo il braccio a Ruth, Sean girò intorno alla Rolls, tenendosi sempre a una mezza dozzina di passi. I grossi fari lo fissavano con malignità e Sean stornò gli occhi. Il suo disagio si stava lentamente trasformando in autentica paura al pensiero che avrebbe dovuto non solo salire su quell'aggeggio, ma anche controllarne la direzione e la velocità. Non potendo rimandare oltre, si avvicinò all'auto e diede qualche colpetto sul cofano. « Ehilà! » disse severamente. Quando si ha a che fare con un animale selvaggio, bisogna stabilire fin dal primo contatto chi è il padrone. « Sali! » Michael era sempre al volante e Sean fece accomodare Ruth al centro del sedile anteriore, sistemandosi a propria volta vicino alla portiera. Seduta in grembo alla madre, Storm ballonzolava e strillava per l'eccitazione. Il tempo che Michael impiegò a consultare il libretto d'istruzioni non bastò certo a rassicurare Sean. «Ruth, non credi che sarebbe meglio lasciare a terra la piccola per questa volta? » « Oh, a lei piace! » Ruth lo guardò con aria interrogativa, poi sorrise. « Non c'è davvero alcun pericolo, caro. » Nonostante queste parole, Sean s'irrigidì, quando il motore rombò; e rimase in quella posizione, con gli occhi fissi davanti a sé, durante la trionfale avanzata lungo le vie di Ladyburg. Riversandosi fuori delle case, bianchi e negri si assieparono ai lati delle vie, lanciando esclamazioni di piacere e di meraviglia. Quindi tornarono in Protea Street e, quando Michael arrestò la Pagina 186
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) vettura davanti al villino, Sean balzò fuori come un uomo che si desti da un incubo. Bocciò con fermezza la proposta di andare in chiesa in auto, definendola una cosa irriverente e di cattivo gusto. Il reverendo Smiley fu molto lusingato dal fatto che Sean restasse sveglio per tutta la durata del sermone e, dalla sua aria preoccupata, suppose che quel satanasso di Courteney cominciasse finalmente a temere per la propria anima. Dopo la funzione Michael andò a Theunis Kraal per consumare il pranzo di Natale con i suoi genitori, ma nel primo pomeriggio tornò per cominciare a dare lezioni a Sean. L'intera popolazione di Ladyburg uscì per osservare Sean e Michael che giravano a passo d'uomo intorno all'isolato. Verso sera Michael reputò che Sean fosse pronto per un « a solo » e scese dall'auto. Seduto al volante, con la fronte madida di sudore, Sean scrutò il mare di volti intorno a sé e vide Mbejane che sorrideva sullo sfondo. « Mbejane! » gridò. « Nkosi! » « Vieni con me. » Il sorriso scomparve dalla faccia dello zulu, il quale arretrò un poco. Non era naturale che un veicolo si muovesse da solo... E Mbejane non voleva averci niente a che fare. «Nkosi, le gambe mi fanno ancora molto male. » Tra la folla c'erano molti lavoranti zulu di Lion Kop, scesi dalla collina quando la notizia dei miracolo li aveva raggiunti, e uno di essi rise in un modo che pareva mettere in dubbio il coraggio di Mbejane. Ergendosi in tutta la sua statura, Mbejane lo fulminò con lo sguardo, poi s'avviò con fierezza verso la Rolls, vi salì, sedette al fianco di Sean e incrociò le braccia sul petto. Sean trasse un lungo respiro e strinse il volante con entrambe le mani, un pò chino in avanti, con gli occhi socchiusi e le sopracciglia aggrottate. « Abbassare la frizione! » borbottò fra sé. « Inserire la marcia! Via il freno! Giú l'acceleratore! Su la frizione! ». La Rolls balzò in avanti così violentemente che tanto Sean quanto Mbejane furono quasi scagliati oltre lo schienale. Cinquanta metri piú avanti l'auto si bloccò per mancanza di carburante: un vero colpo di fortuna, perché non era probabile che Sean ricordasse le manovre per arrestarla. Cupo in volto e malfermo sulle gambe Mbejane scese dalla Rolls per l'ultima volta. Non ci salì mai piú... E in segreto Sean lo invidiò per la sua libertà. Comunque, fu molto sollevato nell'apprendere che sarebbero decorse alcune settimane per far arrivare altro carburante da Cape Town. 74. Tre settimane prima del matrimonio di Sean, un mattino presto, Ada Courteney uscì a raccogliere un pò di frutta per la prima colazione. Nel frutteto, coperta soltanto dalla camicia da notte bianca, trovò Mary appesa per il collo al grande albero di avocado. Ada tirò giú il corpo della ragazza e mandò una serva a chiamare il dottor Fraser. Insieme trasportarono il cadavere di Mary nella sua stanzetta e lo deposero sul letto. Mentre il dottor Fraser eseguiva un rapido esame, Ada fissava quel volto che la morte aveva reso ancora piú pietoso. «Quale abisso di solitudine può averla indotta a compiere un gesto simile», mormorò. Il dottor Fraser coprì il cadavere con il lenzuolo e guardò Ada. « Non è stato quello il motivo... Al contrario, forse sarebbe stato meglio se avesse avuto meno compagnia. » Trasse di tasca la borsa del tabacco e cominciò a caricare la pipa. «Chi era il suo ragazzo, zia Ada? » « Il suo ragazzo? Nessuno. » « Eppure doveva averlo. » « Come fai a dirlo? » « Zia Ada, Mary era incinta di quattro mesi. » Fu un piccolo funerale, solo la famiglia Courteney e le lavoranti di Ada. Mary era orfana e non aveva altri amici. Due settimane prima delle nozze, Sean e Michael portarono a Pagina 187
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) compimento la scortecciatura e fecero ripiantare dagli zulu gli alberi distrutti dall'incendio. Insieme valutarono profitti e perdite. Unendo le loro rudimentali nozioni di contabilità e discutendo fino alle ore piccole, giunsero infine alla conclusione che da 1500 acri di acacie avevano ricavato 1480 tonnellate di corteccia, con un profitto lordo lievemente superiore alle 28.000 sterline d'oro. Ma a questo punto i loro calcoli differivano. Michael insisteva nell'affermare che le spese per le scorte di materiale e per piantare nuovi alberi non andavano detratte, cosa che portava a un profitto netto per quell'anno di novemila sterline. Sean, invece, voleva inserire tutte le spese nella colonna delle perdite, ottenendo in tal modo un profitto di appena un migliaio di sterline. Per trarsi d'impaccio, spedirono tutti i registri a un esperto contabile di Pietermaritzburg, il quale diede ragione a Michael. Considerarono quindi le prospettive per la stagione a venire e provarono quasi un senso di turbamento quando si resero conto che ci sarebbero stati quattromila acri di alberi da scortecciare, per un profitto lordo valutato intorno alle ottantamila sterline d'oro... sempre che non scoppiassero altri incendi. Quella sera, all'insaputa di Sean, Michael scrisse due lettere. Una a un produttore di macchine industriali di Birmingham, il cui nome e indirizzo il giovane aveva furtivamente copiato da una delle i enormi caldaie usate nello stabilimento della Natal Wattie Company. L'altra alla libreria Foyle di Charing Cross Road, Londra, richiedendo l'immediata spedizione di tutta la letteratura esistente sulla lavorazione della corteccia d'acacia. Michael Courteney aveva preso da Sean non solo l'abitudine ai grandi sogni, ma anche quella di impegnarsi subito a trasformare i sogni in realtà. Tre giorni prima delle nozze Ada e le sue ragazze presero il treno per Pietermaritzburg, mentre Sean, Michael e Dirk le seguirono con la Rolls. Il terzetto arrivò impolverato e furibondo davanti allo White Horse Hotel. Era stato un viaggio snervante. Sean non aveva fatto altro che lanciare avvertimenti, istruzioni e bestemmie a Michael, che fungeva da autista. « Rallenta, accidenti, rallenta! Vuoi ammazzarci tutti? » « Attento! Guarda quella vacca! » « Non andare così vicino al bordo della strada! » Dirk aveva fatto la propria parte chiedendo di fermarsi per orinare, sporgendosi dalle fiancate, arrampicandosi instancabilmente sullo schienale per passare da un sedile all'altro e incitando Michael a superare il limite di velocità stabilito dal padre. Alla fine, furibondo, Sean aveva fatto fermare l'auto per somministrargli una severa punizione con un flessibile ramo di Melkbos tagliato sul bordo della strada. All'arrivo Ada portò via Dirk, che frignava a gola spiegata. Michael prese la Rolls e scomparve in direzione dello stabilimento della Natal Wattie, dove intendeva trascorrere la maggior parte dei tre giorni successivi ficcando il naso dappertutto e facendo domande, e Sean andò a trovare Jan Paulus Leroux, arrivato da Pretoria per le nozze. Il giorno del matrimonio Michael aveva riempito un quadernetto di appunti sulla lavorazione della corteccia e Jan Paulus aveva fornito a Sean un minuzioso resoconto degli scopi e delle attività del Partito sudafricano. Ma, in risposta alle sue sollecitazioni, Sean si era limitato a promettere che « ci avrebbe riflettuto sopra ». La cerimonia aveva destato viva preoccupazione in tutti. Benché Sean non avesse niente da ridire circa lo sposarsi in una sinagoga, si rifiutava assolutamente di sottoporsi alla piccola, dolorosa operazione che gli avrebbe permesso di farlo. La sua non troppo convinta proposta che Ruth si convertisse al cristianesimo incontrò un reciso rifiuto. Infine ci si accordò su un compromesso, e Ben Goldberg convinse il giudice di pace a celebrare un matrimonio civile nella sala da pranzo di The Golds. Ben Goldberg diede il braccio alla sposa e mamma Goldberg versò qualche lacrimuccia. Ruth era magnifica nel modello creato da Ada: raso verde con applicazioni di perle. Storm indossava un'esatta copia in miniatura dell'abito di Ruth e litigò con le altre piccole damigelle durante la cerimonia. Michael, in qualità di testimone, Pagina 188
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) si comportò con estrema padronanza di sé. Sedò il tumulto tra le bambine, porse l'anello al momento giusto e fece da suggeritore allo sposo quando questi si confuse con le battute. Al ricevimento nel parco parteciparono un'immensa folla di amici e soci d'affari dei Goldberg e una buona metà della popolazione di Ladyburg, inclusi Ronny Pye, Dennis Petersen e le loro famiglie. Garrick e Anna Courteney non c'erano e non avevano risposto all'invito né con un dono né con un semplice biglietto di auguri. Un sole splendido benedisse la giornata, i prati erano verdi e lisci come tappeti preziosi. Su lunghi tavoli facevano bella mostra di sé i prodotti della cucina di mamma Goldberg e della fabbrica di birra del vecchio Ben. Storm passò di gruppo in gruppo, alzando la sottana per mostrare i nastri rosa alle mutandine, finché Ruth l'acchiappò. Dirk assaggiò lo champagne per la prima volta e gli piacque tanto che ne scolò sei coppe nascosto dietro i cespugli di rose. Naturalmente si sentì malissimo. Per fortuna Michael lo trovò prima di Sean e lo ficcò in una delle camere per gli ospiti, lasciandovelo a soffrire in solitudine. Con Ruth al braccio, Sean passò in rassegna i regali di nozze, restandone davvero impressionato, poi circolò tra la folla degli invitati finché raggiunse Jan Paulus e s'impegnò in una vivace discussione politica. Ruth lo lasciò per andare a cambiarsi. La piú bionda e piú graziosa delle ragazze di Ada afferrò al volo il bouquet. Subito dopo incrociò lo sguardo di Michael e divenne rossa come i garofani che aveva in mano. Tra un brusio di commenti elogiativi e una nevicata di confetti, Ruth riapparve in abito da viaggio e, come una regina che ascende al trono, prese posto sulla Rolls. Accanto a lei Sean, in spolverino e grossi occhiali tondi, fece appello a tutto il suo coraggio, borbottò i soliti scongiuri e mise in moto. Nelle sue mani l'auto parve impennarsi sulle ruote posteriori come un cavallo selvaggio, quindi balzò in avanti sul viale d'accesso, facendo schizzare via ghiaia e ospiti. Ruth, che si teneva disperatamente il cappello guarnito di piume di struzzo, e Sean, che urlava alla Rolls: « Yaaa! Buona, buona! » imboccarono la strada che, attraverso la Valle delle Mille Colline, conduceva a Durban e al mare, scomparendo in un'alta colonna di polvere. 75. Tre mesi piú tardi, dopo essere passati da mamma Goldberg. per prendere la piccola Storm, Sean e Ruth tornarono a Lion Kop. Sean era ingrassato ed entrambi avevano quell'espressione beata che si vede soltanto sui visi delle coppie di ritorno da una luna di miele perfettamente riuscita. Sulla veranda e nelle dipendenze della fattoria c'erano un'infinità di casse di ogni dimensione, contenenti i regali di nozze, il mobilio e i tappeti di Ruth, nonché i pezzi d'arredamento e i tendaggi che la nuova signora Courteney aveva acquistato a Durban. Abilmente assistita da Ada, Ruth cominciò con entusiasmo a togliere gli imballaggi e portar dentro ogni cosa. Sean iniziò un giro d'ispezione nella tenuta, per determinare quanto avesse sofferto durante la sua assenza, e si sentì vagamente deluso quando scoprì che Michael se l'era cavata benissimo anche senza di lui. Le piantagioni erano in perfetto ordine e ripulite dal sottobosco, la grande cicatrice nera lasciata dall'incendio era quasi scomparsa sotto i nitidi filari di virgulti, la mano d'opera aveva aumentato la produttività grazie al nuovo sistema di pagamento (una forma molto semplificata di cottimo) introdotto da Michael d'accordo con il contabile. Sean impartì al giovane una lezioncina sul come « non diventare troppo intelligente » e sul come « imparare a camminare prima di correre », che si concluse con poche parole di lode. Così incoraggiato, una sera Micliael raggiunse Sean nel suo studio. Sean si trovava nello stato di piacevole benessere prodotto dall'enorme lombata che stava digerendo; dal fatto che Ruth aveva finalmente acconsentito a fargli adottare Storm, la quale, in tal modo, si sarebbe chiamata Courteney e non piú Friedman; e dalla prospettiva di raggiungere la moglie nel gigantesco letto matrimoniale, Pagina 189
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) non appena avesse finito il brandy e il grosso sigaro avana confezionato a mano. « Entra, Michael. Siedi. Versati un bicchierino », lo salutò Sean. Quasi con aria di sfida, Michael attraversò il tappeto persiano e posò un voluminoso incartamento sulla scrivania, davanti a lui. « Cos'è questo malloppo? » chiese Sean, sorridendogli. « Leggilo e vedrai. » Michael andò a sedersi all'altro capo della stanza. Senza smettere di sorridere, Sean guardò l'intestazione sul primo foglio. « Lion Kop Estates. Progetti e preventivi per un impianto di estrazione del tannino. » Il sorriso svanì. Sean voltò pagina e, via via che leggeva, il suo viso diventava sempre piú accigliato. Quando ebbe finito, riaccese il sigaro e rimase in silenzio per cinque minuti, cercando di superare lo shock. « Chi ti ha messo in testa quest'idea? » « Nessuno. » « Dove venderesti il tannino? » « Pagina cinque. Gli sbocchi sono elencati lì... Insieme con i prezzi degli ultimi dieci anni. » « Per questo impianto occorrono ventimila tonnellate di corteccia l'anno... Anche se piantassimo ad acacie ogni metro quadrato di Lion Kop e di Mahoba Kloof, noi potremmo fornirne soltanto la metà. » « Compreremmo il resto dalle nuove piantagioni lungo la valle... noi potremmo fare un prezzo migliore di Jackson, perché risparmieremmo il trasporto fino a Pietermaritzburg. » « E chi dirigerebbe lo stabilimento? » « Io sono ingegnere. » « Sulla carta », mormorò Sean. « Come ti procureresti l'acqua? » « Con una diga sul, Baboon Stroom, sopra la cascata. » Per un'ora Sean tentò di attaccare qua e là il progetto, cercando un punto debole. E, man mano che Michael rispondeva con calma a tutte le sue domande, l'agitazione di Sean cresceva. «Okay», borbottò alla fine. « Hai fatto un bel compitino. Adesso rispondi soltanto a questo: come pensi di procurarti le settantamila sterline necessarie per finanziare il tuo piccolo progetto? » Michael chiuse gli occhi, come se pregasse, le mascelle contratte e un'espressione dura e vigorosa. E a un tratto Sean si chiese come mai non avesse notato prima la forza di quel volto, la sua ostinata, quasi fanatica determinazione. Michael riaprì gli occhi e disse a bassa voce: « Con un prestito di venticinquemila sterline su Lion Kop e Mahoba Kloof, un'ipoteca sullo stabilimento per altrettanto... E un'emissione di azioni per il resto ». Sean balzò in piedi e ruggì: « No! ». « Perché no? » chiese Michael, ancora calmo e ragionevole. « Perché per metà della mia vita sono stato nei debiti fin qui! » esclamò Sean, portandosi una mano alla gola. « Perché adesso finalmente me ne sono liberato e non voglio impantanarmici di nuovo. Perché so che cosa significa avere piú denaro di quanto me ne occorra, e non mi piace. Perché sono contento di come stanno andando le cose e non voglio afferrare un altro leone per la coda, col rischio di vedermelo rivoltare contro. » S'interruppe, ansimando, poi riprese: « Perché, fino a una certa quantità, il denaro ti appartiene; ma, oltre quella, sei tu che appartieni al denaro. E io non voglio piú essere così ricco! ». Con l'agilità di un giovane leopardo, Michael raggiunse la scrivania e vi picchiò sopra coi pugno. Vibrante come una freccia e rosso di collera sotto l'abbronzatura, il giovane fissò Sean. « Ma io sì! Io voglio diventarlo! E la tua sola obiezione al mio progetto è che può renderci un mucchio di quattrini! » esplose. Sean sbatté le palpebre per la sorpresa, poi sostenne il suo sguardo con altrettanta durezza. «Se lo diventerai, non ti piacerà!» gridò. E il giovane, con la stessa intensità di voce: « Questo sarò io a giudicarlo! ». In quel momento la porta dello studio si aprì e Ruth li guardò dalla soglia. Sembravano due galli da combattimento con le penne del collo arruffate. « Cosa succede qui? » domandò. Sia Michael sia Pagina 190
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sean la sbirciarono con aria colpevole, poi, lentamente, si rilassarono. Michael si sedette e Sean tossì, imbarazzato. « Solo una piccola discussione, mia cara. » «Be', avete svegliato la piccola e c'è mancato poco che faceste crollare il tetto. » Sorrise e attraversò la stanza per infilare il braccio sotto quello di Sean. « Che ne direste di lasciar perdere fino a domani? Poi potrete riprendere la vostra 'piccola discussione' a venti passi di distanza con un paio di pistole. » I pigmei delle foreste dell'Ituri cacciano l'elefante con minuscoli dardi. Quando la punta è affondata nella carne, seguono pazientemente l'animale, accampandosi notte dopo notte sulla sua pista, finché il veleno arriva al cuore e lo uccide. La freccia di Michael si era piantata a fondo nella carne di Sean. 76. A Lion Kop Ruth andò incontro a una felicità che non si era mai aspettata, che non credeva esistesse. Fino ad allora la sua esistenza era stata ordinata e determinata da un padre adorante ma severo, e poi, alla stessa maniera, da Ben Goldberg. I pochi anni con Saul Friedman erano stati felici, ma ora apparivano irreali come ricordi d'infanzia. Ruth era sempre stata avvolta in un bozzolo di ricchezza, circondata da tabil sociali e dagli obblighi imposti dal decoro della famiglia. Perfino Saul l'aveva trattata come una bambina, per la quale egli doveva prendere tutte le decisioni. La vita era stata tranquilla e ordinata, ma mortalmente piatta. In due sole occasioni Ruth si era ribellata, quando era fuggita da Pretoria e, di nuovo, quando era andata a trovare Sean all'ospedale. La noia era stata la sua costante compagna. Ora, all'improvviso, si trovava a capo di una complessa comunità. In principio la sensazione l'aveva un pò sopraffatta e, per abitudine, si era rivolta a Sean, delegandogli le cento decisioni che ogni giornata comportava. « Farò un patto con te », aveva risposto lui. « Tu non dirmi come devo far crescere le mie acacie e io non ti dirò come devi dirigere la casa... Mettila dove ti pare quella dannata credenza! » Esitante dapprima, poi con crescente fiducia e infine con orgoglio e sicurezza Ruth fece di Lion Kop una casa bella e confortevole. Gli arbusti e le erbacce intorno alla fattoria lasciarono il posto a prati verdi e aiuole di fiori, i muri esterni sorrisero sotto un nuovo rivestimento di intonaco. All'interno, i parquet diventarono brillanti come ambra, facendo risaltare i tappeti Buchara e le tende di velluto drappeggiato. Dopo alcuni disastrosi esperimenti, dalla cucina cominciarono a uscire pasti che mandavano in estasi Michael e che perfino Sean giudicò commestibili. Tuttavia, con una dozzina di domestici, Ruth aveva tempo anche per altre cose. Per leggere, giocare con la figlia e cavalcare. Il regalo di nozze di Sean alla moglie era stato un equipaggio di quattro cavalli palomino. C'era tempo anche per fare lunghe visite ad Ada Courteney e per riceverne. Tra le due donne si era stabilita un'armonia piú forte che tra madre e figlia. C'era tempo per i balli e i barbecue, c'era tempo per i divertimenti e per le lunghe, quiete serate, quando Sean e Ruth sedevano da soli nella veranda o nello studio, a chiacchierare. C'era tempo per amare. Il corpo di Ruth, invigorito dalle passeggiate e dalle cavalcate, era sano e ardente. Una scultura rivestita di velluto e fatta per l'amore. C'era soltanto un'ombra nella sua felicità: Dirk Courteney. Quando i suoi approcci caddero nel vuoto e i piccoli doni gastronomici ch'ella gli aveva confezionato furono respinti, Ruth capì la causa della sua avversione. Sotto i begli occhi e la faccia appassionata del ragazzo, vide l'amara gelosia che lo rodeva come un cancro. Per lungo tempo preparò il suo discorso e infine le si presentò l'occasione di farlo, il giorno in cui Dirk capitò in cucina mentre ella vi si trovava da sola. Vedendola, il ragazzo si voltò per Pagina 191
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) andarsene, ma Ruth lo fermò. « Dirk, ti prego, rimani. C'è qualcosa di cui vorrei parlarti. » Il ragazzo tornò lentamente sui propri passi e si appoggiò al tavolo. Allora Ruth si accorse di quanto fosse cresciuto in quell'ultimo anno: le spalle erano robuste come quelle di un uomo e le gambe sbocciavano forti e affusolate dai fianchi stretti, che Dirk protendeva con calcolata insolenza. « Dirk... » cominciò e fece una pausa. A un tratto non si sentiva piú così sicura di sé. Quello non era un bambino, come aveva immaginato; nel suo bel viso c'era una sensualità che la turbava... Si muoveva come un felino, consapevole della propria bellezza. Ruth provò un moto di paura e deglutì nervosamente prima di continuare: « Mi rendo conto che è stato difficile per te... Da quando io e Storm siamo venute a vivere in questa casa. So quanto ami tuo padre, quanto lui significhi per te. Ma... ». Parlava lentamente. Il discorso preparato con tanta cura era svanito dalla sua memoria ed ella brancolava alla ricerca delle parole giuste. Voleva spiegargli che non erano in competizione per l'amore di Sean; che tutti loro Ruth, Michael, Storm e Dirk - formavano un insieme, che loro interessi erano di tipo diverso, ma che ognuno di loro dava a Sean e riceveva da lui una forma diversa d'amore. Quando, dopo un ultimo balbettio, la sua voce si spense, Ruth capì che il ragazzo non l'aveva ascoltata e non aveva nemmeno tentato di capire. « Dirk, tu mi piaci e anch'io vorrei piacerti un poco. » Con una spinta delle natiche contro il tavolo, Dirk si raddrizzò. Poi sorrise e fece scorrere il proprio sguardo lungo il corpo di lei, lentamente. « Posso andare adesso? » chiese. Ruth s'irrigidì. Ora si rendeva conto che non ci sarebbe stato alcun compromesso, che avrebbe dovuto lottare con lui. « Sì, Dirk. Puoi andare. » Era malvagio, adesso Ruth lo sapeva con assoluta certezza. Se non avesse vinto quella lotta, Dirk avrebbe distrutto lei e sua figlia. E Ruth, ora, non aveva piú paura. Con la sensibilità di un gatto, Dirk parve avvertire il mutamento. Per un attimo la donna credette di scorgere un'ombra di dubbio, d'incertezza nei suoi occhi... Poi lui le volse le spalle e uscì indolentemente dalla cucina. La crisi scoppiò prima di quanto Ruth immaginasse. Ogni pomeriggio la giovane donna usciva a cavallo nella piantagione, tenendo per la cavezza il pony di Storm. Si divertivano a cercare Sean e Michael nel labirinto di strade che s'incrociavano tra i filari di acacie, guidate dalle vaghe indicazioni delle squadre zulu, finché li trovavano e consegnavano loro le borracce di caffè e il cesto coi panini imbottiti. Poi tutti e quattro facevano uno spuntino sul soffice tappeto di foglie cadute sotto gli alberi. Un pomeriggio, in tenuta da amazzone e col cesto in mano, Ruth uscì nel cortile delle cucine. La giovane bambinaia zulu se ne stava seduta all'ombra del muro e scherzava con uno stalliere. La piccola non si vedeva, e Ruth chiese in tono aspro: « Dov'è la signorina Storm? ». « E' andata con lo Nkosizana Dirk », rispose la donna. Ruth avvertì un'acuta premonizione di pericolo. « Dove sono? » La donna fece un cenno vago in direzione delle stalle e di altre dipendenze costruite sul versante posteriore della collina. Gridando: « Vieni con me! » Ruth lasciò cadere il cesto e corse verso la prima fila di stalle. Si precipitò dentro, guardando in ogni box; poi passò alle mangiatoie, tra l'odore di avena, melassa ed erba medica misto al lezzo di letame e di cuoio ammorbidito col sego; quindi di nuovo fuori, nel sole, e di corsa verso i granai. Storm urlò di terrore, una sola volta, ma così forte che il silenzio che seguì pareva conservarne le vibrazioni. La selleria. Senza rallentare la corsa, Ruth girò su se stessa. Dio, ti prego, no! Fa' che non accada. Ti prego! Ti prego! Raggiunse la porta spalancata. C'era oscurità e freddo tra gli spessi muri di pietra, e in un primo momento la scena che le si parò davanti non ebbe senso per Ruth. Incastrata nell'angolo piú lontano, Storm si copriva il volto con le mani - piccole dita rigide, aperte a ventaglio, come le penne di un'ala d'uccello - il corpo scosso da muti singhiozzi. Accoccolato davanti a lei, Dirk chino in avanti con una mano Pagina 192
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) tesa, come se offrisse un dono. Rideva. Poi Ruth vide muoversi la cosa che Dirk aveva in mano e si sentì agghiacciare. Attorcigliata al polso, si snodava allungandosi lentamente verso la piccola, la testa ritratta all'indietro a semicerchio, la minuscola lingua nera vibrante tra le fauci rosa. Ruth gridò e Dirk balzò in piedi, volgendosi verso di lei e nascondendo la destra dietro la schiena. Dall'angolo Storm si precipitò verso la madre e nascose la faccia nella sua gonna, piangendo. Ruth la prese in braccio e la strinse forte contro una spalla, senza staccare gli occhi dal volto di Dirk. « E' solo un rooi-slang. » Il ragazzo rise, ma nervosamente. « Sono innocui... Stavo solo scherzando. » Trasse il serpente da dietro la schiena, lo lasciò cadere sul pavimento di pietra, gli schiacciò la testa col tacco di uno stivale e lo calciò contro la parete. Poi, con un gesto irritato, si scostò i riccioli neri dalla fronte e si mosse per uscire. Ruth gli bloccò il passo. « Tata, porta a casa la signorina Storm. » Dolcemente porse la piccola alla bambinaia zulu, poi chiuse la porta alle sue spalle e tirò il catenaccio. Adesso era ancora piú buio nel locale, due strali di sole pieni di atomi danzanti di Pulviscolo cadevano dai due alti finestrini, e il silenzio era rotto soltanto dal respiro alterato di Ruth. « Era solo uno scherzo », ripeté Dirk, sorridendo con aria di sfida. « Immagino che ora correrai a dirlo a mio padre. » Da decine di pioli, tutt'intorno alle pareti, pendevano selle e finimenti. Accanto alla porta era appeso il temibile sjambok di Sean, due metri e mezzo di pelle intrecciata che, dal grosso manico, finivano in nulla. Ruth l'afferrò e, con un colpetto, stese la lunga frusta sul pavimento, tra sé e il ragazzo. « No, Dirk. Non lo dirò a tuo padre. Questa è una faccenda fra te e me. » « Cosa intendi fare? » « Sistemarla una volta per tutte. » « Come? » Sogghignando, Dirk si posò le mani sui fianchi. Sotto le maniche arrotolate, i bicipiti sporgevano bruni e levigati come se fossero appena stati unti d'olio. « Così. » Ruth scostò la gonna di lato e fece un passo avanti. Con uno scatto repentino mandò la punta della frusta ad arrotolarsi intorno a una caviglia di Dirk, quindi diede uno strattone. Il ragazzo cadde all'indietro, battendo la testa contro la parete. Per avere l'opportunità di muovere la frusta all'indietro, si spostò al centro del locale. Era in preda a una rabbia gelida che dava forza alle sue braccia, già irrobustite dalle lunghe cavalcate quotidiane, e che spegneva in lei ogni misericordia. Ora era soltanto un animale femmina che difende la propria vita e quella della sua prole. Il primo colpo lacerò la camicia di Dirk dalla spalla alla cintola. Il ragazzo strillò di rabbia e si sollevò sulle ginocchia. Il secondo lo sfregiò alla base del collo e lungo tutta la spina dorsale, paralizzandolo nell'atto di alzarsi. Il terzo lo artigliò alle ginocchia, ricacciandolo a terra. Steso sul ventre, Dirk allungò una mano verso un forcone appoggiato alla parete, ma la frusta gli si attorcigliò intorno al polso. Il ragazzo strillò di nuovo e rotolò su se stesso, stringendosi la mano contro il petto. Ruth colpì ancora e Dirk strisciò, contorcendosi, verso di lei, come un leopardo con le zampe posteriori sfracellate dalle pallottole. Un passo dopo l'altro, Ruth arretrava davanti a lui, mentre la frusta continuava a sibilare e a schioccare. Senza pietà, lo colpì finché la camicia gli pendette a brandelli dalla cintola e dalle spalle, scoprendo la liscia pelle bianca orribilmente striata di rosso; Lo colpì finché i suoi strilli divennero urla e infine singhiozzi. Lo colpì finché giacque tremante, gemendo e muovendosi debolmente, col sangue che si spargeva in nere chiazze sul pavimento di pietra. Solo allora arrotolò la frusta e aprì la porta. Radunati nel cortile, muti e curiosi, c'erano tutti gli stallieri e i servi di casa. Ruth ne scelse quattro. « Portate lo Nkosizana nella sua camePagina 193
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ra. » Poi, a uno stalliere: « Prendi un cavallo e corri dallo Nkosi. Digli di venire subito a casa ». Sean arrivò, adirato e ansioso, e quasi scardinò la porta della camera di Dirk nella fretta di aprirla. Ma rimase impietrito sulla soglia, guardando con orrore la schiena del ragazzo. Nudo fino alla cintola, Dirk giaceva bocconi sul letto e Ruth gli puliva le ferite con una spugna. Sul comodino c'era una bacinella che fumava, e un odore acuto di disinfettante riempiva la stanza. « Buon Dio! Cosa gli è successo? » « L'ho frustato con lo sjambok », rispose Ruth con calma. Sean la fissò a bocca spalancata, poi guardò di nuovo la schiena del figlio. « Tu hai fatto questo? » « Sì. » La collera fece serrare le labbra di Sean. « Cristo! L'hai fatto a pezzi. Me l'hai mezzo ammazzato.,» E la guardò. « Perché? » « Era necessario. » L'assoluta sicurezza e l'assenza di rimorso che trapelavano dalla risposta confusero Sean, che sentì vacillare la propria collera. « Cosa aveva fatto? » « Questo non posso dirtelo. E' una faccenda privata tra noi due. Devi chiederlo a lui. » Sean attraversò rapidamente la stanza e s'inginocchiò accanto al letto. « Dirk. Dirkie, figliolo, cos'è successo? Cos'hai fatto? » Il ragazzo sollevò la testa dal guanciale e guardò il padre. « Ho fatto uno sbaglio. Non importa. » Dopo affondò di nuovo il viso nel guanciale e la sua voce ne fu soffocata, così che Sean poté fingere di non aver capito. « Cos'hai detto? » domandò. Una breve pausa, poi Dirk rispose molto distintamente: « Ho detto che è stata colpa mia ». « Ah, allora avevo sentito bene. » Sean si alzò, con un'espressione perplessa, poi si rivolse a Ruth. « Non capisco perché mi hai mandato a chiamare. Mi sembra che tu abbia perfettamente in mano la situazione. » Si mosse verso la porta, si voltò come per aggiungere qualcosa, cambiò idea, scosse la testa e uscì. Quella sera, nei quieti, esausti minuti prima del sonno, Sean mormorò contro la guancia di Ruth: « Credo che oggi tu abbia fatto ciò che io avrei dovuto fare molti anni fa». Poi, con una risatina assonnata: « Be', per lo meno nessuno potrà piú aver dubbi su chi è la padrona a Lion Kop ». 77. Sean aveva un modo di affrontare la vita che era di una semplicità quasi ingenua: nella sua mente qualsiasi problema si dissolveva al contatto con l'azione diretta. Se sei ossessionato da una donna, fanne la tua amante. Se non ci sente da quell'orecchio, sposala. Se vuoi un pezzo di terra o un cavallo o una casa o una miniera d'oro, tira fuori i quattrini e comprali. Se non hai soldi, va' fuori e procurateli. Se ti piace un uomo, bevi con lui, va' a caccia con lui, ridete insieme. Se non ti piace, prendilo a pugni in faccia o schiaccialo col sarcasmo e con l'ironia. In entrambi i casi, non avrà dubbi sui tuoi sentimenti. Se un figlio ti dà del filo da torcere, cavagli la pelle a frustate, poi fagli un regalo costoso per dimostrargli il tuo affetto. Sean, riguardo a questo, ammetteva di non essere stato abbastanza tempestivo con Dirk; ma Ruth aveva fatto un ottimo lavoro. Ora a lui non restava che chiamare il ragazzo nel proprio studio e sbraitare un pò. E così fece. Una settimana dopo tornò da un viaggetto a Pietermaritzburg e, con un cipiglio imbarazzato, presentò a Dirk le sue offerte di pace. La prima era una cassetta in cuoio con rinforzi in rame, contenente un fucile fatto a mano dal famoso Greener di Londra: calcio in noce, intarsi in argento, canne damaschinate intercambiabili. La seconda era una puledra di due anni allevata nella scuderia Huguenot di Worcester, al Capo. Figlia di Sun Lord e di Harvest Dance, Sun Dancer aveva il miglior sangue delPagina 194
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) l'Africa ed era velocissima, oltre che stupenda. Sean l'aveva pagata mille ghinee e pensava d'aver fatto un affare. Per quel che lo riguardava, non c'erano piú problemi con Dirk e poteva dedicare tutte le sue energie alle tre grandi imprese in cui era impegnato. La prima consisteva nel mettere incinta Ruth. Qui Sean aveva tutta la collaborazione che poteva desiderare. Ma gli sforzi dei due coniugi, a parte il fornir loro una buona dose di sano esercizio fisico e di piacere, furono singolarmente improduttivi. Rammentando il risultato dei loro primo incontro, Sean era alquanto perplesso, e Ruth, che aveva sviluppato una fiducia superstiziosa nella potenza del tuono, suggerì di tenere il ritmo fino alla stagione delle piogge. Durante uno dei suoi viaggi a Pietermaritzburg Sean vide una statuetta in legno del dio Thor nella vetrina di un rigattiere. La comprò per Ruth e da allora il dio fece bella mostra di sé sul comodino accanto al loro letto, stringendo tra le mani il martello e contemplando i loro amplessi con un sorriso così malizioso, che Ruth finiva col voltargli la testa verso la parete. Poi c'era lo stabilimento di estrazione del tannino di Michael. Questi era ricorso a un tiro mancino che aveva colto di sorpresa Sean, togliendogli, a suo dire, ogni fiducia nell'umanità. Di nascosto dallo «zio», Mike era andato a trovare tutti i nuovi piantatori della vallata, uomini che avevano seguito l'esempio di Sean, e, impegnandoli al segreto, aveva offerto loro una partecipazione azionaria alla Società. Costoro si erano mostrati entusiasti e, con Michael alla testa, si recarono a Lion Kop in deputazione formale. L'incontro si svolse in una tale tempesta di tuoni e fulmini verbali che il grande dio Thor in persona avrebbe potuto presiederlo. Ma alla fine Sean, che in tutti quei mesi aveva rimuginato sul progetto e ora ne era entusiasta quanto gli altri, acconsentì a lasciarsi convincere. Tenne per sé il settanta per cento delle azioni, e il resto fu diviso tra gli altri piantatori. Si elesse un consiglio di amministrazione, con Sean come presidente, e il contabile fu incaricato di procedere alla registrazione della Ladyburg Wattle Cooperative Ltd. Sean esercitò per la prima volta il suo diritto maggioritario per mettere a tacere gli altri azionisti e nominare ingegnere capo il signor Michael Courteney. Dopo di che, insieme con un membro piú anziano del consiglio di amministrazione in qualità di moderatore, Michael fu imbarcato sul primo postale della Union Castle in partenza per l'Inghilterra, con una delega in tasca e molti avvertimenti e sagge parole di Sean in testa. Infatti, ricordando se stesso a ventitré anni, Sean aveva ritenuto necessario precisargli che veniva mandato a Londra per acquistare macchinari e migliorare la sua conoscenza dei medesimi, non per incrementare le nascite nelle Isole Britanniche o per fare il giro delle osterie e delle case da gioco. Il signor Jackson della Natal Wattle reagì prontamente, inviando una lettera circolare in cui deprecava che i contratti tra i piantatori della vallata del Tugela e la sua compagnia non fossero stati rinnovati e informava che, data la crescente domanda da altre parti, non poteva piú fornire semi o virgulti. Ma a quel punto i vivai di Sean erano abbastanza progrediti per soddisfare le necessità dell'intera vallata... E, con un pò di fortuna, il loro stabilimento sarebbe entrato in funzione all'inizio della stagione successiva. Prima che Michael e il suo accompagnatore tornassero, tronfi per il successo della loro missione, Sean ricevette un'altra visita. Jan Paulus Leroux, stanco della discussione che egli e Sean stavano trascinando da ormai tre anni con l'ausilio delle Poste Imperiali, venne a Ladyburg e dichiarò che non sarebbe ripartito finché Sean non avesse accettato di capeggiare la sezione dei Natal del Partito sudafricano e di presentarsi come candidato alle prossime elezioni per l'Assemblea Legislativa. Due settimane piú tardi, dopo che lui e Sean ebbero fatto strage di antilopi, fagiani e faraone; dopo aver consumato quantità enormi di caffè e dosi appena un pò moderate di brandy; dopo che ebbero discusso fino a perdere la voce, Jan Paulus salì sul treno per Johannesburg con queste parole di commiato: « Toe Maar! Allora siamo d'accordo ». Il programma di base dei Partito sudafricano prevedeva una Federazione che riunisse il Capo, il Transvaal, il Natal e lo Stato libePagina 195
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ro d'Orange sotto un governo approvato da Whitehall. A esso si opponevano gli estremisti inglesi e olandesi: i jingoes che gridavano « Dio salvi il Re » e i repubblicani i quali desideravano che l'Onnipotente riservasse a detto Re un trattamento ben diverso. Dopo una riunione con gli uomini iscritti in un elenco che Jan Paulus gli aveva consegnato, Sean diede inizio alla propria campagna. Il suo primo proselito fu Ruth Courteney, conquistata piú dalla prospettiva dell'eccitazione connessa a una battaglia elettorale che dall'oratoria del marito. Ogni mese, adesso, passavano una settimana o piú viaggiando da un capo all'altro del Natal, per partecipare a raduni politici. Ruth faceva provare a Sean i suoi discorsi in realtà ne fece soltanto uno - finché la sua dizione era perfetta; baciava i bambini e intratteneva le mogli, compiti per i quali il candidato non aveva una particolare attitudine; sedeva accanto a lui sul podio e gli impediva di scendere tra la folla a zittire gli oppositori con un pugno sui denti. Il suo sorriso e il modo in cui camminava non fecero certo perdere voti al Partito sudafricano. Da Londra Lord Caisterbrook promise il proprio sostegno e pareva che Sean potesse contare su ventidue dei trenta seggi dell'Assemblea. Sul terreno pianeggiante ai piedi della scarpata, vicino al Baboon Stroom, lo stabilimento della Ladyburg Wattie Cooperative stava prendendo forma. Gli impianti coprivano ben dieci acri di terreno e sotto di essi, in bell'ordine, sorsero i villini dei dipendenti. Nonostante le veementi proteste di Michael, Sean s'inchinò alla volontà degli altri membri del consiglio d'amministrazione e assunse un ingegnere in qualità di consulente, finché lo stabilimento non fosse entrato in funzione. In effetti senza di lui avrebbero perso il raccolto di un anno, perché, sebbene instancabile e pieno di buona volontà, Michael era ancora del tutto privo di esperienza pratica. Anche con l'aiuto dell'ingegnere anziano, lo stabilimento era ben lungi dall'essere pronto poco prima che iniziasse l'epoca del taglio. Quando finalmente l'alta ciminiera argentea cominciò a sputare fumo e le fornaci rischiararono la notte con barbagli infernali, c'erano migliaia di tonnellate di materia prima sotto le tettoie dello stabilimento. Fu una stagione stupenda. Abbondanti piogge avevano reso la corteccia ricca di linfa, e, quando l'anno finì, la cooperativa aveva guadagnato diecimila sterline. Il profitto della Lion Kop Estates fu quattro volte superiore. Sean si era indebitato e sdebitato con la rapidità con cui un ragazzo visita la stanza da bagno quando lo si spedisce a lavarsi la faccia. Nonostante le abbondanti piogge, ci furono soltanto tre grossi temporali quell'estate. E ogni volta Sean era assente da Lion Kop per affari. Mentre il fulmine guizzava attraverso le colline e il tuono esplodeva sulla valle, Ruth stava dietro la finestra della camera da letto, rimpiangendo l'occasione perduta. Mbejane fu molto piú fortunato: tutti i suoi semi diedero frutto e il suo raccolto stagionale fu di quattro grassi figli maschi. 77. Fu un anno molto intenso anche per Dirk Courteney. Dopo la sua clamorosa sconfitta a spese dello sjambok, il ragazzo e Ruth vivevano in uno stato di diffidente neutralità... Anche perchè Dirk non si opponeva piú al dominio della donna su Lion Kop. Ignorava Storm, salvo quando la bambina stava in braccio a Sean o a cavalluccio sulle sue spalle. Allora li osservava di nascosto, finché trovava un pretesto per interrompere i loro giochi o andarsene da Lion Kop. Le sue assenze diventavano sempre piú frequenti. C'erano viaggi a Pietermaritzburg e nei distretti vicini per giocare a polo o a rugby, e c'erano misteriose escursioni notturne a Ladyburg. Ogni giorno partiva a cavallo all'alba. Sean credeva che andasse a scuola, finché ricevette un biglietto con cui il preside lo convocava nel proprio ufficio. Dopo avergli mostrato il registro delle presenze e i voti riportati da Dirk in quell'ultimo periodo, il signor Besant si appoggiò allo schienale e attese i commenti di Sean. « Non troppo bene, eh? » Pagina 196
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Giusto, signor Courteney. Tutt'altro che bene. » « Non si potrebbe mandarlo in qualche collegio, signor Besant? » « Certo, si potrebbe », assentì dubbiosamente Besant, « ma a che cosa servirebbe... Se non a fornirgli un miglior istruttore di rugby? » « Ma in quale altro modo potrebbe ottenere l'ammissione all'università? » Sean era rimasto impressionato da ciò che l'istruzione superiore aveva fatto per Michael e la considerava una panacea per tutti i mali di gioventú. « Signor Courteney... » Il preside ebbe un attimo di esitazione. Aveva sentito parlare dei caratteraccio di Sean e non ci teneva ad averne una dimostrazione pratica. « Alcuni giovani non sono tagliati per l'università. » « Io voglio che Dirk ci vada », ribatté Sean. «Ebbene, dubito che le università di Stellenbosch o di Cape Town condividano le sue aspirazioni. » Le maniere da aula scolastica avevano ripreso il sopravvento, e il direttore parlò con secco sarcasmo. « Intende dire che è stupido? » ringhiò Sean. «No, no», si affrettò a blandirlo il signor Besant. A solo che, diciamo... Non ha inclinazione per lo studio. » Sean ci pensò un pò sopra: la distinzione gli pareva molto sottile, ma lasciò perdere e chiese: « Lei cosa suggerisce? ». Il suggerimento del signor Besant era che Dirk se ne andasse al diavolo fuori della sua scuola... Ma lo formulò piú gentilmente. « Benché Dirk abbia soltanto sedici anni, è molto maturo per la sua età. Non crede che, se lo avviasse nella Wattle Company?... » « Dunque mi consiglia di toglierlo da scuola? » chiese pensierosamente Sean. Il signor Besant soffocò un sospiro di sollievo. Dirk Courteney fu assegnato come apprendista al capocalderaio della fabbrica. La prima cosa che fece fu di mettere l'uomo al corrente del fatto che, un giorno, sarebbe stato lui il padrone là dentro: « Dunque come la mettiamo? ». L'operaio che conosceva la reputazione di Dirk, lo guardò con aria di commiserazione, poi sputò un lungo schizzo di sugo di tabacco a pochi centimetri dalla punta di uno dei suoi scintillanti stivali e gli rispose per le rime. Infine, indicando un bollitore sulla forgia dell'officina, ordinò a Dirk di preparargli una tazza di caffè e, già che c'era, di non rompere i coglioni. Nel giro di una settimana i due erano amiconi, e l'operaio, il cui nome era Archibald Frederick Longworthy, cominciò a istruire il ragazzo su tutto fuorché sull'arte di fabbricare lastre d'acciaio. Archy aveva trentasei anni. Era venuto in Africa dopo aver trascorso un lustro nella prigione di Leavenworth per l'oscuro reato di Crimen Iniuriae... E quando spiegò a Dirk che cosa significava, il ragazzo fu deliziato. Archy presentò Dirk a una delle sue amiche, Hazel, una paffuta e cordiale donzella che lavorava come barista al Ladyburg Hotel e dispensava i propri favori nella stessa allegra maniera con cui distribuiva i boccali di birra. Dirk divenne ben presto il suo favorito e imparò da lei parecchi giochetti spassosi. Archibald Longworthy aveva accortamente esaminato la situazione e si era detto che, dall'amicizia con l'erede di Sean Courteney, non potevano venirgli che vantaggi. Fra l'altro il ragazzo era un simpaticone. Sapeva far la festa a una pollastra e tracannare gin come pochi altri... E le sue tasche erano sempre piene di sovrane. Da parte sua Dirk considerava Archy una specie di eroe e dirottava su quel suo primo vero amico gran parte dei sentimenti che nutriva per il padre. Non curandosi dei polsi e dei collo grigiastri, che rivelavano l'antipatia di Archy per l'acqua e il sapone, dei sottili capelli biondicci attraverso i quali si intravedeva la cute rosa, dei denti neri, Dirk gli attribuiva il fascino esaltante di un pirata dei bei tempi andati. Quando Dirk si scoprì affetto da un disturbo che non faceva male ma puzzava assai, fu Archy ad assicurargli che si trattava di un semplice scolo e ad accompagnarlo da un medico a Pietermaritzburg. Al ritorno, sul treno, tra grandi risate e amichevoli prese in giro, progettarono la loro vendetta. Hazel, sorpresa di vederli entrare nella sua camera a metà d'un pomeriggio di domenica, si alzò svelta a sedere sul letto. « Dirkie, Pagina 197
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) non dovresti venire qui di giorno. Tuo padre potrebbe scoprirlo. » Faceva caldo in quella squallida stanzetta. L'odore di profumo a buon mercato e di un vaso da notte mezzo pieno si mischiava sgradevolmente con quello della traspirazione femminile. La sottile e umidiccia camicia di Hazel aderiva ai seni pesanti e al cuscinetto di ciccia attorno alla vita. Aveva gli occhi cerchiati e un ricciolo impastato di sudore attaccato alla guancia, la cui pelle appariva segnata dal guanciale. I due erano rimasti in piedi appena oltre la soglia, sorridendole, e, grazie alla propria esperienza, Hazel ravvisò la crudeltà da lupi che si celava sotto quei sorrisi. « Cosa volete? » Ora aveva paura e istintivamente si coprì con una mano il profondo solco tra le mammelle. « Dirkie vuol fare due chiacchiere con te. » Archy chiuse con cura la porta e girò la chiave nella serratura, poi si avvicinò al letto. Le sue braccia avevano muscoli di ferro e le mani che pendevano lungo i fianchi erano sproporzionatamente grandi e coperte di ispidi peli biondi. « Tu sta' lontano da me, Archy Longworthy. » Hazel tirò giú le gambe dal letto, scoprendo le cosce bianche e grasse. « Io non voglio guai, lasciatemi in pace. » «Tu hai fatto a Dirkie un regalino. Ora, Dirkie è mio amico e non gli piace quello che gli hai dato. » « Non sono stata io! Non posso esser stata io! Sono sana... Lo giuro! » Si alzò, continuando a tener chiusa la scollatura della camicia, e arretrò. « Tu sta' lontano da me. » Poi, mentre Archy balzava verso di lei: « No... Non lo fate! Io ... ». E aprì la bocca per gridare, ma la mano di Archy gliela coprì come un grosso ragno peloso. Hazel vi affondò le unghie, lottando disperatamente. « Vieni, Dirk», ridacchiò Archy, serrando col braccio libero la vita di Hazel. Esitante, vicino alla porta, Dirk non sorrideva piú. « Avanti, amico. Io te la terrò ferma. » Con un rapido movimento dei braccio buttò la ragazza bocconi sul letto, comprimendole il volto sul cuscino. Poi, con la mano libera, si sfilò la larga cintura di cuoio guarnita di borchie metalliche. «Forza, Dirk, usa questa. Mettila doppia. » « Accidenti, Arch... Credi che dobbiamo? » Dirk esitava ancora, la cintura pendeva fiaccamente dalle sue mani. « Che cos'hai... Paura? » lo sfidò l'altro. La bocca di Dirk s'indurì. Fece due passi avanti e, sollevando il braccio al di sopra della testa, colpì quel corpo sussultante. Hazel s'irrigidì per il dolore e lanciò un urlo soffocato dal cuscino. « Così si fa... Ancora! » Archy infilò il pollice nello scollo della camicia e la strappò da cima a fondo, mettendo a nudo le grasse natiche bianche e tonde. « Ora dacci dentro! » Di nuovo Dirk alzò la pesante cintura e restò un attimo in quella posizione, assaporando una sensazione d'immensa potenza che lo innalzava al livello degli dei, dandogli le vertigini. Quindi impiegò tutta la sua forza per sferrare il secondo colpo. 79. Non ha avversari », mormorò Ronny Pye e, accanto a lui, Garrick Courteney si agitò nervosamente. « Hai sentito che cosa dice? » insisté Ronny. « No. » « Vuole consegnare il Natal a quella masnada di olandesi dello Stato libero e del Transvaal. » « Sì, lo so. » « Tu sei d'accordo? » Garry non rispose subito, apparentemente assorto nelle esibizioni di un piccolo branco di puledri dai mantelli ancora lanuginosi, i quali s'inseguivano l'un l'altro su zampe che sembravano avere troppe giunture. « Manderò venti puledri di un anno alla mostramercato di Pietermaritzburg. Dovrei ricavarne quattro, cinquecento sterline a testa, perché sono tutti animali di prima classe. Allora potrò pagarti buona parte degli interessi. » « Non preoccuparti di questo ora, Garry. Non sono venuto a chiederti quattrini. » Gli porse l'astuccio dei sigari e, quando Garry Pagina 198
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) ebbe rifiutato, ne scelse uno per sé, cominciando a prepararlo con cura. « Sei d'accordo con questa idea di un'Unione? » « No. » « Perché? » chiese Ronny, senza sollevare gli occhi dal sigaro. Non voleva scoprire troppo presto il proprio gioco. « Ho combattuto contro di loro: Leroux, Niemand, Botha, Smuts. Abbiamo lottato e abbiamo vinto. Adesso loro se ne stanno tranquilli a Pretoria e complottano per impadronirsi di tutto il paese... Non solo dello Stato libero e dei Transvaal, ma anche del Natal e del Capo. Qualunque inglese che li aiuti è un traditore dei Re e della patria. Dovrebbe essere messo al muro e fucilato. » «Sono molti qui intorno a pensarla così... Molti. Eppure Sean Courteney non ha oppositori. Sarà una passeggiata per lui entrare all'Assemblea. » Garry si voltò e si mosse zoppicando lungo il recinto, in direzione delle stalle, seguito da Ronny. « Io e gli altri pensiamo che occorra mettergli contro un tipo in gamba... Uno con molto prestigio. Che si sia distinto in guerra, abbia scritto dei libri e, oltre che intendersi di politica, sappia usare le parole. Se riuscissimo a trovare un uomo simile, noi saremmo felicissimi di fornire il denaro per le spese. » Accese un fiammifero e aspettò che lo zolfo si fosse consumato prima di accostarlo alla punta dei sigaro. Poi riprese, parlando tra sbuffi di fumo: « Mancano solo tre mesi alle elezioni, dobbiamo organizzarci subito. Sean terrà un discorso nella scuola la settimana prossima ». La campagna politica di Sean, che era proceduta tranquillamente senza suscitare eccessivo interesse, assunse all'improvviso un carattere nuovo e drammatico. Al suo primo convegno a Ladyburg partecipò la maggior parte della popolazione locale. Erano tutti così desiderosi di svago da esser disposti ad ascoltare il discorso di Sean pur avendolo già letto, riportato parola per parola, sulla maggior parte dei giornali del Natal. Con ferreo ottimismo, speravano nel dibattito che sarebbe seguito... E alcuni avevano preparato domande su questioni di grande attualità quali il costo delle licenze di caccia, il sistema delle biblioteche pubbliche e il controllo delle malattie dei piedi e della bocca. Alla peggio, era un'opportunità per incontrare gli amici che vivevano ai margini dei distretto. Ma, a parte queste persone, che Sean conosceva bene, ne arrivarono altre, sconosciute, che occupavano le prime due file di banchi. Erano tutti giovani che Sean non aveva mai visto e che osservò con pesante disapprovazione quando cominciarono a ridere e a scherzare chiassosamente, durante i preliminari. « Da dove viene quella masnada? » chiese al presidente. «Li hanno visti arrivare col treno del pomeriggio, tutti in combriccola. » « Mi sembra gente in cerca di guai », borbottò Sean, notando in loro l'eccitazione lievemente febbrile di uomini che si preparano alla violenza. « La maggior parte ci ha dato dentro con la bottiglia. » « Per piacere, Sean. » Ruth si chinò verso di lui e gli posò una mano su un ginocchio. « Devi promettermi di restare calmo. Non accettare provocazioni. » Sean aprì la bocca per rispondere... E così rimase, mentre Garry Courteney attraversava il gruppo di uomini in piedi davanti all'ingresso e si sedeva accanto a Ronny Pye nell'ultima fila. « Chiudi la bocca, caro », mormorò Ruth. Sean obbedì, poi sorrise e agitò una mano in direzione del fratello. Garry rispose con un cenno del capo, e subito s'immerse in una profonda discussione con Ronny Pye. Tra colpi di tosse e scalpiccii, il presidente si alzò per presentare Sean agli uomini che erano stati suoi compagni di scuola, avevano bevuto il suo brandy e avevano cacciato con lui. Spiegò come Sean avesse vinto la guerra anglo-boera praticamente da solo, come avesse portato la prosperità al distretto con le sue piantagioni e il suo stabilimento, concludendo con alcune osservazioni che indussero l'eroe in questione ad agitarsi sulla sedia e a infilarsi nervosamente due dita nel colletto. « E dunque, signore e signori dei nostro bel diPagina 199
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) stretto... Vi presento un uomo di grande sagacia e preveggenza, un uomo dal cuore grande come i suoi pugni... Il vostro e mio candidato, colonnello Sean Courteney! » Sean si alzò sorridendo, subito investito da una salva di fischi e versacci sparata dalle prime file. Il suo sorriso svanì e le sue mani, sul tavolo, diventarono magli nocchieruti. Guardò con ferocia la masnada di giovinastri, cominciando a sudare per la collera. Una tiratina a un lembo della giacca moderò la sua rabbia, e i suoi pugni allentarono un poco. Cominciò a parlare, cercando di sovrastare gli « A sedere! » « Lasciatelo parlare! » « Diamogli un'opportunità » e il frastuono dei piedi battuti all'unisono sul pavimento di legno. Per tre volte, in quel bailamme, perdette il filo del discorso e dovette far appello a Ruth, scarlatto per la rabbia e la mortificazione, tra una tempesta di risate. La seconda parte la lesse dal proprio taccuino... E fece poca differenza che inciampasse e si perdesse tra le righe, perché, oltre il metro di distanza, nessimo poteva sentire una parola. Infine si sedette e un improvviso silenzio calò sulla sala, un'aria di aspettativa che gli fece comprendere come la cosa dovesse esser stata accuratamente preordinata... E che il bello doveva ancora venire. « Signor Courteney. » In fondo alla sala Garry si era alzato e tutte le teste si erano girate verso di lui. « Posso farle alcune domande? » Sean annuì lentamente. Dunque era così. Era stato Garry a preparare quell'accoglienza. « La mia prima domanda è: può dirci qual è il nome adatto a un uomo che vende il proprio paese ai nemici dei suo Re? » « Traditore! » ululò la banda di giovinastri. « Boero! » Tutti in piedi, gridavano contro di lui. Il pandemonio durò circa cinque minuti. « Ti porto fuori di qui », bisbigliò Sean a Ruth, e fece per prenderle un braccio, ma Ruth si ritrasse. « No, rimango. » « Ti prego, fa' come ti dico. Qui si sta mettendo male. » Ruth lo fulminò con lo sguardo: « Dovrai portarmi fuori di peso », sibilò, furiosa e bellissima. Sean stava per ribattere alla provocazione, quando il fracasso cessò di colpo. Di nuovo, tutte le teste si voltarono verso suo fratello, che si accingeva a porre la seconda domanda. Nel silenzio, Garry sorrise maliziosamente. «Un'altra cosa: le spiace dirci quali sono la nazionalità e la fede religiosa di sua moglie? » La testa di Sean scattò all'indietro. Con lo stomaco che gli si contorceva, fece per alzarsi. Ma Ruth era già in piedi e gli posava una mano su una spalla. « Credo di poter rispondere personalmente a questa domanda, Garry. » La voce di Ruth era chiara, con appena una traccia di asprezza. « Io sono ebrea. » Il silenzio si prolungò. Continuando a tenere la mano sulla spalla di Sean, eretta e orgogliosa al suo fianco, Ruth sostenne lo sguardo di Garry attraverso la sala. L'uomo fu il primo a cedere. Col rossore che gli affluiva dal collo, abbassò gli occhi e spostò goffamente la gamba di legno. Tra i giovani delle prime file la stessa reazione colpevole seguì le parole di Ruth. Si guardarono l'un l'altro e poi stornarono gli occhi, dimenandosi sulle sedie per la vergogna. Uno di loro si alzò e si avviò lungo il passaggio verso la porta. A metà strada si voltò. «Spiacente, signora. Non sapevo che si sarebbe arrivati a questo», e proseguì verso l'uscita. Passando accanto a Ronny Pye, gli buttò in grembo una sovrana. Un secondo si alzò, sorrise imbarazzato a Ruth e sgattaiolò fuori. In coppia o isolati altri lo seguirono. Gli ultimi uscirono in gruppo, e Sean notò con piacere che non tutti restituirono la sovrana a Ronny. In fondo all'aula Garry esitava, incerto se andarsene o rimanere a cercare di rabberciare alla meglio una situazione che aveva così seriamente compromesso. Alzandosi lentamente, Sean mise un braccio intorno alla vita di Ruth e si schiarì la gola, stretta dall'orgoglio che provava per lei. « Non solo », gridò, « ma è anche una delle migliori cuoche di questo dannato distretto! » Tra le risate e gli applausi che seguirono, Pagina 200
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Garry zoppicò fuori della sala. 80. Il giorno successivo Garrick Courteney annunciò la sua intenzione di entrare in lizza per il seggio di Ladyburg come indipendente, ma nemmeno i giornali lealisti gli davano la minima probabilità di vittoria... Fino a sei settimane prima delle elezioni. Quella sera molto dopo il tramonto, Dirk legò Sun Dancer all'abbeveratoio davanti all'albergo e, dopo averle allentato il sottopancia e sfilato il morso dalla bocca, s'incamminò lungo il marciapiede. Arrivato all'altezza del bar, guardò attraverso il vetro della grande finestra su cui campeggiava lo slogan in lettere rosse e oro: SE AVETE SETE, BEVETE BIRRA GOLDBERG! ed esaminò rapidamente la clientela. Non c'era nessuno dei capisquadra di suo padre - che costituivano sempre un rischio - né il signor Petersen o il signor Pye o il signor Erasmus. Riconobbe due o tre meccanici dello stabilimento, un paio di ferrovieri, un impiegato di banca e un altro mezzemaniche della Compagnia tra una dozzina di sconosciuti... E decise che non c'era pericolo. Nessuno di loro stava abbastanza in alto nella gerarchia di Ladyburg per poter riferire a Sean che suo figlio beveva. Arrivò in fondo all'isolato, rimase fermo per qualche secondo, poi tornò sui propri passi con aria indifferente: in realtà scrutando le ombre alla ricerca di qualche spione. Ma quella sera la strada principale era deserta, così, quando arrivò all'altezza della porta girevole, fece una rapidissima svolta e si trovò nella calda luce gialla del saloon. Amava quell'atmosfera... Amava l'odore di segatura, di liquore, di fumo di tabacco, di maschio. Era un posto da uomini. Un posto di voci rozze e di sghignazzate, di battute grossolane e di cameratismo. Alcuni degli uomini seduti lungo il banco lo salutarono. «Ehi, Dirk. » « Abbiamo sentito la tua mancanza... Dove sei stato tutta la settimana? » Dirk ricambiò il saluto di Archy e, mentre procedeva lungo il banco per sedersi sullo sgabello accanto al suo, si tenne eretto, con aria baldanzosa... Perché quello era un posto da uomini. Il barista si affrettò a servirlo. « Buonasera, Dirk. Cosa ti do? » « Salve, Henry... Niente da segnalare stasera? » chiese Dirk, abbassando la voce. « Niente. Nessun ficcanaso in vista », lo rassicurò Henry. «Comunque la porta dietro di te non è chiusa a chiave. » Il posto di Dirk, nell'angolo, era stato scelto con cura. Di là il ragazzo poteva scorgere chiunque entrasse nel locale, restando nascosto dalla fila di avventori seduti al banco. Dietro di lui una porta conduceva, attraverso il lavatoio, nel cortile sul retro: una precauzione necessaria quando si hanno diciassette anni e tanto la legge quanto il padre proibiscono gli alcolici. « Bene », annuì Dirk. « Allora dammi il solito. » « Sei uscito tardi stasera », osservò Henry, mentre gli versava una dose di gin e colmava poi il bicchiere con una bibita allo zenzero. « Sei stato di nuovo a caccia? » Henry era un piccoletto sulla cinquantina, con la faccia pallida e un paio di occhietti azzurri, e in quel momento, mentre poneva la domanda, ne strizzò uno ad Archibald Longworthy. « Hai preso qualcosa? » chiese subito Archy, raccogliendo l'imbeccata. Dirk portò un indice a lato del naso. « Tu che dici? » sogghignò, e tutti gli altri risero, deliziati. « Chi era? Madame? » domandò Archy, facendo la commedia per gli altri clienti, che ridevano chini sul banco. « Oh, quella! » Dirk scrollò le spalle con aria sprezzante. Madame era il nome in codice della moglie di un ferroviere. Suo marito guidava il treno notturno per Pietermaritzburg a giorni alterni. Non era considerata una gran conquista. « Chi allora? » chiese Henry. Pagina 201
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Ve lo farò sapere quando mi sarò piazzato stabilmente», promise Dirk. « carina? » insistettero gli altri. « Giovane, eh? » « A posto... Non male. » Dirk assaggiò il suo gin. « Amico, hai tanta roba buona che non l'apprezzi nemmeno piú », lo rimproverò Archy, sorridendo al pubblico, e Dirk cercò di nascondere il proprio piacere. « Dài, Dirk, raccontaci tutto, amico. E un tipetto caldo? » Per tutta risposta, Dirk tese cautamente un indice, toccò il proprio bicchiere e subito lo ritirò, sibilando, come se se lo fosse scottato. Gli altri scoppiarono in una risata e Dirk sghignazzò con loro, arrossendo, felice di essere apprezzato. « Racconta... » insistette Henry. « Non c'è bisogno che tu ci dica il nome, bastano i particolari. Dove l'hai portata? » « Be'... » esitò Dirk. « Dài, ragazzo. Raccontaci. » E, naturalmente, Dirk lo fece, dilungandosi nei dettagli, così che il tono indulgente delle loro risate cambiò e tutti si protesero verso di lui ascoltando avidamente. « Gesú! Ha detto questo? » « Allora cosa hai fatto? » lo incitavano. E Dirk lo disse. Sapeva raccontare, e tenne viva la suspense finche intorno a lui si creò una piccola isola di silenzio attento. Ma nel resto del locale le risa e il chiasso erano più forti di quando era entrato. Un gruppo, in particolare, stava subendo gli effetti dell'alcool. « ... Così le ho preso la mano », stava dicendo Dirk. «'Ho una sorpresa per te', le faccio. E lei: 'Cos'è?' 'Chiudi gli occhi e te la faccio toccare' ... » A quel punto, una voce si levò dalla parte opposta del locale: « ... Prendete per esempio quel grosso bastardo di Courteney. Non sa fare altro che scorrazzare con la sua dannata Rolls e tenere discorsi ». Dirk s'interruppe a metà della frase. Il suo volto era diventato pallido. L'uomo che aveva parlato era uno del gruppo all'altra estremità dei banco. Indossava una tuta di tela blu e non era piú tanto giovane, coi segni di una vita dura intorno agli occhi e alla bocca. « E sapete chi gli dà il suo denaro? Ve lo dico io... Noi glielo diamo. Senza di queste », e alzò le mani callose, dalle unghie sporche e spezzate, « sarebbe finito... Non durerebbe un mese. Ecco da dove prende il suo denaro. Colonnello Sanguisuga Courteney. » Dirk lo fissava, con le mani serrate sul banco. Ora nel locale era scesa una gran calma, così che le successive parole dell'uomo risuonarono ancora piú forti. « Sapete quanto paga un caposquadra? Trentadue sterline al mese! Trentadue sterline! » « Il minimo del salario è venticinque », osservò seccamente uno dei suoi compagni. « Nessuno t'impedisce di metterti a fare un lavoro migliore... Se lo trovi. Quanto a me, non mi muovo. » « Non è questo il punto. Quel grosso bastardo si sta facendo una fortuna col nostro lavoro. Io penso che possa permettersi di pagarci di piú. Io penso... » « Tu pensi di valere piú di trentadue sterline? » Dirk scese dallo sgabello e fissò l'uomo. Ci fu un moto di eccitazione, e tutte le teste si voltarono verso di lui. «Lascia perdere, Dirk, è ubriaco», bisbigliò Henry, inquieto, poi, alzando la voce e rivolgendosi all'altro: « Hai bevuto abbastanza, Norman. Là ora che te ne torni a casa. La tua vecchia ti starà aspettando per la cena ». « Perdio! » Norman stava scrutando in direzione di Dirk, con gli occhi annebbiati. « Perdio! E' il ragazzo di Courteney. » La faccia di Dirk s'irrigidì. Cominciò a camminare lentamente verso l'uomo. « Lascialo perdere, Dirk. » Archy cercò di fermarlo, afferrandogli un braccio, ma il ragazzo si liberò con uno strattone. « Hai insultato mio padre. Lo hai chiamato bastardo. » «Giusto», fece l'altro. «Tuo padre è un bastardo, sicuro. Un Pagina 202
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) grosso bastardo fortunato che non ha mai fatto un giorno intero di lavoro in vita sua. Una grossa, fortunata sanguisuga. E ha messo al mondo un cucciolo altrettanto fannullone, che passa il suo tempo... » Dirk lo colpì sulla bocca e l'uomo cadde all'indietro, precipitando dallo sgabello e colpendo il pavimento con le spalle. Lentamente si alzò in ginocchio, sputando un dente spezzato. « Piccolo bastardo... » mormorò con la bocca piena di sangue. Dirk fece un passo avanti col piede sinistro e gli sferrò un calcio, accompagnandolo con tutto il peso del corpo. La punta dello stivale colpì l'uomo al petto, facendolo tornare con le spalle a terra. « Cristo, fermatelo», gridò Henry da dietro il banco. Ma tutti erano come paralizzati, mentre Dirk prendeva lo sgabello su cui era stato seduto l'uomo, lo sollevava al di sopra della propria testa e poi lo abbassava, piegando tutto il corpo come se stesse tagliando un ceppo. Il pesante sedile colpì l'uomo al centro della, fronte. Avendo la nuca a contatto del pavimento, egli non poté attutire il colpo spostandosi all'indietro. Il cranio si spaccò di netto e due grossi grumi di sangue schizzarono dalle narici sulla segatura sparsa a terra. Una sola frase ruppe il lungo silenzio che seguì. « Lo hai ucciso. » « Sì », disse Dirk. L'ho ucciso, ho ucciso un uomo, cantava una voce dentro di lui. Un'intensa emozione gli riempì il petto, così che riusciva a stento a respirare. Guardava il cadavere come se non volesse perdere un solo istante di quell'esperienza. Si sentiva tremare le gambe, e i muscoli delle sue guance erano tanto tesi dall'eccitazione che parevano sul punto di lacerarsi. «Sì, l'ho ucciso», ripeté con voce soffocata dal piacere. La sua visuale si restrinse fino a contenere soltanto il volto del morto. La fronte era profondamente ammaccata e gli occhi sporgevano dalle orbite. All'improvviso, intorno a lui, tutti cominciarono a muoversi e a parlare. « Bisogna mandare a chiamare suo padre. » « Io me la batto! » « Resta dove sei! Nessuno deve andarsene. » « Perdio, chiamate il dottor Fraser. » « Non serve il dottore... Ci vuole la polizia. » « E' stato così veloce... Un dannato leopardo... » « Cristo, io me la filo. » Due uomini si chinarono sul cadavere. « Fermi! » ringhiò Dirk. « Non toccatelo. » Sembrava un giovane leone geloso della propria preda. Istintivamente, i due uomini obbedirono. Si rialzarono e si scostarono dal corpo. Lo stesso fecero gli altri, lasciando Dirk isolato. « Bisogna chiamare suo padre », ripeté Henry. « Qualcuno monti in sella e vada a Lion Kop. » Un'ora dopo Sean irrompeva nel locale. Indossava un soprabito sopra la camicia da notte, e gli stivali erano calzati sui piedi nudi. Si fermò appena varcata la soglia e si guardò intorno, coi capelli scompigliati dal sonno... E, al suo ingresso, l'atmosfera nella stanza cambiò. Il silenzio divenne meno teso e tutte le facce si voltarono ansiose. Verso di lui. « Signor Courteney, grazie a Dio è arrivato », esclamò il giovane poliziotto che stava in piedi accanto al dottor Fraser. « E' molto grave, dottore? » chiese Sean. « E' morto, Courteney. » « Pa', lui ti ha insul... » cominciò Dirk. « Chiudi il becco! » gli ordinò Sean. Poi si rivolse al poliziotto: « Chi è? ». « Norman Van Eek, uno dei suoi operai: un aggiustatore meccanico. » « Quanti testimoni? » « Quattordici, signore. Hanno visto tutti. » « Okay, porti il corpo al posto di polizia », ordinò Sean. « Le deposizioni può prenderle domattina. » « E riguardo all'accusato... Voglio dire, a suo figlio, signore? » si corresse il poliziotto. Pagina 203
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Risponderò io di lui. » « Non so se... » L'agente scrutò l'espressione sul volto di Sean. « Be', immagino che vada bene », assentì con riluttanza. « Pa'... » riattaccò Dirk. « Ti ho detto di tenere la bocca chiusa. Hai combinato abbastanza guai per una sola sera », ringhiò Sean senza guardarlo; poi si rivolse al barista: « Vada a prendere una coperta ». E al poliziotto: « Si faccia aiutare da qualcuno di quelli », disse, indicando la grande finestra, dietro la quale si vedevano quattro file di facce curiose. « Bene, signor Courteney. » Quando furono usciti con il cadavere avvolto nella coperta, Sean guardò significativamente il dottor Fraser. « Sarà meglio che io vada con loro... Per completare gli esami. » « Bene. Poi ti raggiungo », disse Sean. Il medico raccattò la borsa e uscì. Sean chiuse la porta dietro di lui e serrò le imposte della finestra. Poi si rivolse agli uomini in piedi davanti al banco. « Allora, com'è andata? » Gli uomini si mossero con inquietudine, guardandosi l'un l'altro. « Parla tu, George », disse Sean a uno dei propri meccanici. «Be', signor Courteney, il suo ragazzo ha fatto cadere Norman dallo sgabello con un pugno. Poi gli ha tirato un calcio mentre cercava di alzarsi e per finire lo ha colpito in testa con lo sgabello. » « Quel Norman l'aveva provocato? » chiese Sean. « Ecco, aveva detto che lei... Mi scusi, signor Courteney... L'ha chiamata 'grosso bastardo' e 'sanguisuga'. » Sean aggrottò la fronte. « Ah, mi ha chiamato così! E che altro ha detto? » « Che lei è uno schiavista, che affama i suoi uomini e che uno di questi giorni gliel'avrebbe fatta pagare. » Era stato Archy Longworthy a prendere la parola. C'era una nota interrogativa nella sua voce, mentre guardava gli altri in cerca di sostegno. Dopo alcuni istanti tutti annuirono, anche se con aria un pò colpevole, e alcuni borbottarono qualche parola di assenso. Archy si sentì incoraggiato. « Ha accennato qualcosa circa la sua intenzione di farle la posta, una di queste sere. » « Ha detto proprio così? » La presenza di Sean dominava la stanza con una così palese autorità che quando Archy si guardò di nuovo attorno in cerca di assenso, lo lesse sui volti di tutti. « Ha detto: 'Una di queste sere farò la posta a quel grosso bastardo... E gl'insegnerò un paio di cosette'. » Archy citò a Sean le parole precise. Nessuno. Protestò. « Be', ha cominciato a prendersela con Dirk. 'Ecco qua il lazzarone di Courteney', fa. 'Un verme come suo padre, ci scommetto!'» « E Dirk? » « Be', signor Courteney, si è solo messo a ridere... Da vero signore che non se la prende. 'Falla finita', ha detto, 'mi sa che hai bevuto un pò troppò. » Un pensiero improvviso attraversò la mente di Sean. « A proposito, cosa ci faceva Dirk qui? » « Ecco, è andata così, signor Courteney... Qualche settimana fa il suo ragazzo mi ha prestato un paio di sterline e io gli ho detto che se fosse passato di qui stasera gliele avrei restituite... ecco tutto. » « Allora non stava bevendo? » domandò sospettosamente. « Buon Dio, no! » Archy sembrava così sconcertato alla sola idea che Sean annuì. « Va bene... E poi cos'è successo? » « Be', Norman ha continuato a stuzzicarlo, dandogli del vigliacco e via discorrendo... Non ricordo le parole esatte. Così che alla fine Dirk ha perso le staffe: l'ha raggiunto all'altro capo del banco e gli ha mollato un pugno. Be, Norman se lo meritava, secondo me... Voi che ne dite, ragazzi? » « E' vero... Mi ribolliva il sangue a sentirlo punzecchiare Dirk in quel modo », dichiarò il meccanico, e gli altri lo sostennero con mormorii di assenso. « A quel punto », riprese Archy, «Norman si ritrova sul pavimento e, a un tratto, tira fuori il coltello. » Ci fu un moto di stupore lungo il banco. Un tizio aprì la bocca e sollevò una mano in sePagina 204
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) gno di protesta, ma, subito colto da un improvviso imbarazzo, portò a compimento il gesto fingendo di massaggiarsi il collo. « Un coltello? Che coltello? Dov'è adesso? » chiese Sean, protendendosi con ansia. Ritto accanto a lui, Dirk cominciò a sorridere. Quando sorrideva, il suo volto era bellissimo. « Eccolo. » Henry, il barista, allungò un braccio sotto il banco e tirò fuori un grosso coltello a serramanico. Tutti gli uomini presenti nel locale lo guardarono con aria attonita. « Com'è finito lì? » chiese Sean, e per la prima volta si accorse dell'espressione colpevole stampata su tutti i volti. Allora seppe con certezza che si trattava di una menzogna. « L'ho tolto io a Norman, dopo. Abbiamo pensato che lei dovesse essere il primo a sapere la verità... Visto che è il padre, e via discorrendo», disse Archy, scuotendo le spalle con aria ingraziante e sorridendo agli altri testimoni. Lentamente Sean si voltò verso l'uomo che gli era piú vicino, l'impiegato di banca. « E' questo il coltello con cui Norman Van Eek ha minacciato mio figlio? » « Sì, signor Courteney », rispose l'altro, con voce innaturalmente stridula. Sean guardò l'uomo accanto all'impiegato e ripeté la domanda. « Sì, è questo, signore. » « Nessun dubbio... è questo? » « Sissignore. » Interrogò a turno tutti i presenti e ricevette la stessa risposta. « Dirk. » Per ultimo si rivolse al ragazzo. Pose la sua domanda con lentezza e in tono grave, guardando nei chiari occhi innocenti dei figlio: « Com'è vero che Dio ti vede: Norman Van Eek ti ha minacciato con questo coltello? ». Ti prego, figliolo, di' di no. Dillo ora, in modo che tutti possano sentirti. Se ti è caro il mio amore, dimmi la verità adesso. Per piacere Dirk, per piacere, supplicava dentro di sé, cercando di trasmettere quei pensieri al ragazzo con la pura forza dello sguardo. «Com'è vero che Dio mi vede, Pa'», disse Dirk, senza aggiungere altro. « Non hai risposto », insistette Sean. Ti prego, figliolo. « Ha tirato fuori quel coltello dalla tasca posteriore della tuta. Era chiuso e l'ha aperto col pollice della mano sinistra, Pa'», spiegò Dirk con calma. « Ho tentato di farglielo saltare di mano con un calcio, invece l'ho colpito al petto. Lui è caduto sulla schiena e l'ho visto alzare il coltello come se volesse lanciarlo. Allora ho afferrato lo sgabello. Non avevo altro modo per fermarlo. » Ogni emozione era scomparsa dal volto di Sean. Era di nuovo freddo e duro. « Molto bene », disse. « Ora sarà meglio tornare a casa. » Quindi, rivolgendosi a tutti i presenti: « Grazie, signori ». E uscì in strada, dove l'aspettava la Rolls. Mite come un agnello, Dirk lo seguì. Il pomeriggio seguente Dirk Courteney fu affidato dal giudice legale alla custodia del padre su cauzione di cinquanta sterline, in attesa che la Corte distrettuale si riunisse a Ladyburg, due settimane dopo, e giudicasse Dirk per l'accusa di omicidio. Il caso del giovane Courteney fu messo in testa alla lista. L'intera popolazione del distretto assistette al processo, stipandosi nel minuscolo tribunale e premendo in fitti grappoli davanti a ogni finestra. Dopo sette minuti di camera di consiglio, la giuria rientrò col verdetto, e Dirk, uscendo dal banco degli accusati, fu subito circondato da una folla che, ridendo e congratulandosi, lo portò quasi di peso fuori dei tribunale. Sean, seduto nella prima fila di sedie, rimase nell'aula semideserta. Peter Aaronson, l'avvocato difensore che egli aveva fatto venire da Pietermaritzburg, ripose le carte nella borsa, scambiò qualche battuta con il cancelliere e si avvicinò a Sean. « Dentro e fuori in sette minuti. Un vero record! » disse. Quando sorrideva somigliava a un koala. « Prenda un sigaro, signor Courteney. » Sean fece cenno di no con la testa. Aaronson ne scelse uno per sé e lo accese. « Però, le dico la verità: ero preoccupato per quella faccenda del coltello. Mi aspettavo dei guai. Non mi piaceva affatto. » Pagina 205
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Nemmeno a me », convenne Sean, e Aaronson piegò la testa di lato, esaminando il volto di Sean coi suoi brillanti occhi da uccello. « Ma mi sono piaciuti quei testimoni. Una bella compagnia di foche ammaestrate. Bastava dire: 'Sbraitate!' e loro: 'Ark Ark!' Come per magia. Qualcuno li ha addestrati molto bene. » « Non credo di capirla », disse Sean in tono truce, e Aaronson si strinse nelle spalle. « Le spedirò la mia parcella. Ma l'avverto che sarà piuttosto salata. Diciamo... Cinquecento ghinee? » Sean si appoggiò allo schienale e fissò il piccolo avvocato. «Diciamolo pure », assentì. « La prossima volta che le occorrerà un legale, le raccomando un giovane molto in gamba che si chiama Rolfe. Humphrey Rolfe», continuò Aaronson. « Lei crede che avrò ancora bisogno di un avvocato? » « Col suo ragazzo, penso proprio di sì », gli disse Aaronson senza esitazione. « E lei rifiuterebbe l'incarico? » chiese Sean, protendendosi con improvviso interesse. « Anche per cinquecento ghinee a botta? » « Il denaro non è un problema per me », rispose Aaronson, togliendosi il sigaro di bocca e osservando la cenere accumulata sulla punta. « Ricordi il nome, signor Courteney: Humphrey Rolfe. E' un ragazzo brillante... E non guarda troppo per il sottile. » Si avviò lungo lo stretto corridoio dondolando la sua pesante cartella. Sean si alzò e lo seguì lentamente. Arrivato sulla scalinata esterna, si fermò a guardare la piazza. Al centro d'un gruppetto d'uomini, Dirk rideva, con un braccio di Archy Longworthy intorno alle spalle. La voce dell'operaio arrivò fino a Sean. « Che a nessuno di voi venga in mente di poter stuzzicare il nostro Dirkie... Vi farebbe schizzare i denti dalla nuca! » berciava Archy. E sorrideva, mostrando la propria dentatura annerita. « Lo dico perché tutti possiate sentirlo. Dirkie è mio amico... E io sono orgoglioso di lui. » Sei il solo, pensò Sean. Guardò il figlio e notò quanto fosse alto. Formato come un uomo: spalle larghe, braccia muscolose, ventre piatto e gambe lunghe che sbocciavano dai fianchi sottili. Ma ha soltanto diciassette anni. E' un bambino... Forse c'è ancora tempo di raddrizzarlo, si disse. Poi seppe con certezza che stava ingannando se stesso, e rammentò ciò che un amico gli aveva detto tanto tempo prima: Alcune viti crescono nel terreno sbagliato, altre si ammalano prima della vendemmia e altre ancora sono rovinate da un cattivo viticoltore. Non tutta l'uva fa il vino buono. E io sono il cattivo viticoltore, ammise. Attraversò lentamente la piazza. « Vieni a casa », disse a Dirk in tono brusco, rendendosi conto, mentre guardava quel volto così attraente, che non amava piú suo figlio. Questa consapevolezza gli diede un senso di nausea. « Congratulazioni, colonnello. Sapevo che avremmo vinto», esultò Archy Longworthy. Sean gli lanciò una rapida occhiata. « Venga nel mio ufficio domattina alle dieci. Voglio parlarle. » «Sissignore», disse Archy, sorridendo beatamente. Ma non sorrideva piú la sera dopo, quando partì da Ladyburg con un mese di paga e il foglio di licenziamento in tasca. 81. Con la tempesta di articoli provocata dal processo di Dirk, le prospettive elettorali di Garrick Courteney migliorarono sensibilmente. La stampa lealista parlò di un «risultato a sorpresa, che l'opinione pubblica saluterà come una corretta stima del valore dei due candidati al seggio di Ladyburg». Solo i giornali liberali parlarono della generosa pensione che la Ladyburg Wattle Cooperative Ltd. Assegnò alla vedova e all'orfano di Norman Van Eek. Ma tutti sapevano che Sean Courteney aveva ancora molte lunghezze di vantaggio. Egli poteva contare sui voti dei duecento uomini impiegati nelle sue piantagioni e nel suo stabilimento, su quelli Pagina 206
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) degli altri piantatori e dei loro dipendenti, nonché su un buon cinquanta per cento degli allevatori e degli abitanti della città... Questo finché il Pietermaritzburg Farmer & Trader non dedicò tutta la prima pagina a un'intervista esclusiva concessa da un certo Archibald Frederick Longworthy. Il signor Longworthy raccontava come, minacciato di violenza fisica e di perdita del posto di lavoro, fosse stato costretto a testimoniare il falso in tribunale e poi, dopo il processo, fosse stato licenziato in tronco. La natura esatta del suo spergiuro non era rivelata. Sean telegrafò ai propri legali di Pietermaritzburg affinché intentassero immediatamente causa al Farmer & Trader per calunnia, diffamazione a mezzo stampa, congiura, tradimento e qualunque altro reato riuscissero a immaginare. Poi saltò sulla Rolls e, incurante della propria incolumità, corse a cinquanta chilometri l'ora dietro il suo telegramma. Arrivò a Pietermaritzburg per scoprire che il signor Longworthy, dopo aver firmato una dichiarazione e accettato benevolmente un compenso di cinquanta ghinee, era partito senza lasciare indirizzo. Gli avvocati sconsigliarono Sean di andare a trovare il direttore del Farmer & Trader, col rischio di provocare una controdenuncia per aggressione e percosse. La causa per diffamazione non si sarebbe svolta prima di un paio di mesi, mentre alle elezioni mancavano soltanto dieci giorni. Tutto ciò che Sean poté fare fu pubblicare una smentita a piena pagina sui giornali liberali e tornarsene a velocità piú moderata a Ladyburg. Qui l'aspettava un telegramma da Pretoria. Jan Paulus e Niemand gli suggerivano, date le circostanze, di ritirare la candidatura. La risposta di Sean fece quasi fondere i fili del telegrafo. A testa a testa, come due cavalli attaccati in pariglia, Garry e Sean Courteney si lanciarono verso la dirittura d'arrivo. Le votazioni dovevano aver luogo negli uffici amministrativi di Ladyburg, sotto lo sguardo attento di due funzionari governativi. Poi le urne sarebbero state portate nel municipio di Pietermaritzburg, dove, il giorno seguente, si sarebbe svolto lo scrutinio. Ai lati opposti della piazza, i due candidati alzarono le grandi tende a padiglione in cui sarebbero stati serviti gratis cibo e bevande agli elettori. Tradizionalmente, il candidato la cui tenda era piú frequentata sarebbe stato sconfitto. Nessuno voleva far spendere altri quattrini al proprio uomo, quindi preferiva il chiosco dell'avversario. Quel giorno, però, l'affluenza fu pressoché identica. Il tempo era quello tipico dell'avvicinarsi delle piogge: un caldo umido intrappolato sotto una cappa di nubi grigie e, ogni tanto, uno sprazzo di sole. Sean, in giacca e panciotto, sudava per l'ansia, accogliendo ogni visitatore con chiassosa, falsa camaraderie. Accanto a lui, Ruth sembrava un petalo di rosa: ne emanava anche il profumo. Storm, molto contegnosa per l'occasione, stava in mezzo a loro. Dirk non c'era... Il padre gli aveva trovato qualcosa da fare all'altro capo di Lion Kop. Molti occhi attenti e molte malelingue rimarcarono la sua assenza. Ronny Pye aveva persuaso Garry a non indossare l'uniforme. C'era anche Anna, piuttosto attraente in un abito mauve guarnito di fiori artificiali. Soltanto da vicino si vedevano le rughe intorno agli occhi e alla bocca e si scorgevano i fili bianchi nella lucente massa nera dei capelli. Sia lei sia Garry evitavano con cura di guardare verso il lato opposto della piazza. Michael arrivò e parlò prima con il padre. Baciò rispettosamente la madre, poi raggiunse l'altra tenda per riprendere una discussione con la quale Sean aveva tagliato corto la sera prima. Michael voleva che lo «zio» comprasse diecimila acri nella pianura intorno al Tongaat per piantarvi canna da zucchero. Gli occorsero soltanto pochi minuti per rendersi conto che non era il momento migliore per sostenere la propria idea: Sean rispondeva alle sue argomentazioni con forti risate e con offerte di sigari. Scoraggiato ma non sconfitto, Michael entrò nel seggio e risolse il conflitto di lealtà che lo affliggeva annullando la scheda. Poi tornò nel proprio ufficio allo stabilimento per controllare i preventivi della piantagione di canna Pagina 207
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) da zucchero, in vista dei suo prossimo attacco a Sean. Ada Courteney non lasciò il villino di Protea Street per tutta la giornata. La matrigna dei due candidati aveva costantemente rifiutato di unirsi all'uno o all'altro campo e aveva impedito alle proprie ragazze di dare una mano durante i preparativi. Aveva severamente vietato qualsiasi discussione politica in casa sua... E buttato fuori Sean quando il figliastro aveva trasgredito questa regola. Soltanto dietro intercessione di Ruth e dopo che ebbe fatto le proprie scuse, Sean ebbe il permesso di ritornare. Ada disapprovava l'intera faccenda, considerando volgare e poco dignitoso che due membri della sua famiglia non solo si candidassero per una carica pubblica, ma fossero addirittura in competizione tra loro. La sua profonda sfiducia e il suo disprezzo per l'amministrazione pubblica risalivano al tempo in cui il Consiglio cittadino aveva deciso di mettere dei lampioni lungo Protea Street. La signora Courteney aveva partecipato alla riunione successiva armata di ombrellino e nessuno era riuscito a convincerla che i lampioni non attirano le zanzare. Comunque, Ada fu l'unica persona del distretto che non presenziò all'avvenimento. Dal tardo mattino fino alla chiusura delle urne, alle cinque del pomeriggio, la piazza fu gremita di folla, e quando le cassette sigillate furono trasportate solennemente alla stazione, molti salirono sullo stesso treno e si recarono a Pietermaritzburg per lo scrutinio ufficiale. Era stata una giornata di continua tensione nervosa, così che, pochi minuti dopo essere entrati nel loro appartamento al White Horse Hotel, Ruth e Sean si addormentarono l'una nelle braccia dell'altro. Quando, di primo mattino, un violento temporale si scatenò sulla città, Ruth si agitò inquieta nel sonno e riprendendo lentamente coscienza si rese conto che lei e Sean erano tuttora impegnati in quell'operazione che era stata rimandata così a lungo. Sean si svegliò nello stesso momento e, superati i primi istanti di confusione, si mise all'opera di buona lena. Al sorgere del sole Ruth era certa che avrebbe avuto un figlio, sebbene Sean ritenesse che fosse un pò presto per dirlo. Dopo il bagno, fecero colazione a letto con un senso di rinnovata intimità. Ruth, in camicia da notte di seta bianca, coi capelli sciolti sulle spalle e la pelle rilucente, costituì un'ulteriore provocazione per il marito. Come risultato, arrivarono in ritardo al municipio, cosa che accrebbe l'agitazione nei sostenitori di Sean. Lo scrutinio era già a buon punto. Entro un'area delimitata da corde, i funzionari addetti al conteggio sedevano in silenzio a tavoli coperti da pile di schede rosa. Sopra ciascun tavolo c'era un cartello recante i nomi del distretto e dei candidati, e gli scrutatori passavano senza posa da un tavolo all'altro. Il resto della sala era gremito da uno sciame inquieto e ronzante di uomini e donne. Prima di esserne inghiottito, Sean ebbe una fugace visione di Garry e Anna che rispondevano alle domande dei giornalisti, poi fu travolto da un'ondata di strette di mano, di pacche sulla schiena e di auguri... Interrotta dal suono di una campanella e da un completo silenzio. «Risultati delle votazioni per l'assemblea legislativa ... » annunciò una voce acuta. « Seggio di Newcastle: Signor Robert Sampson, voti 986; signor Edward Sutton, voti 423... » Il resto si disperse in un'esplosione di applausi e di proteste. Sampson era il candidato del Partito sudafricano, quindi Sean si aprì un varco tra la ressa che lo circondava. « Bel colpo, vecchio figlio di un cannone », gridò, affibbiandogli una manata tra le scapole. «Grazie, Sean. Sembra che le cose si stiano mettendo bene... non mi aspettavo una maggioranza così schiacciante! » e si strinsero la mano con entusiasmo. La mattinata proseguì con intervalli di eccitata, vibrante tensione, che esplodevano in applausi al momento dell'annuncio dei risultati. La fiducia di Sean aumentò, perché il suo partito aveva conquistato tutti i seggi previsti, nonché uno che erano rassegnati a perdere... Finché si udì di nuovo il trillo della campanella e la stessa voce impersonale annunciò: « Risultati delle votazioni per l'assemblea legislativa. Seggio di Pagina 208
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Ladyburg e del Tugela inferiore... » L'emozione attanagliò lo stomaco di Sean e gli mozzò il respiro, mentre, accanto a lui, Ruth s'irrigidiva e gli afferrava una mano. «Colonnello Garrick Courteney, voti 638; colonnello Sean Courteney, voti 631. » La mano di Ruth strinse quella di Sean, ma egli non rispose alla pressione. Entrambi rimasero perfettamente immobili, una minuscola isola tranquilla nella tempesta di esclamazioni trionfanti o deluse; finché Sean disse pacatamente: « Credo che sia meglio tornare in albergo, cara ». « Sì », replicò Ruth nelIo stesso tono; e insieme si avviarono verso l'uscita, mentre la folla si apriva davanti a loro: un passaggio fiancheggiato da volti che esprimevano delusione, gioia, curiosità, indifferenza e trionfante malizia. Poi camminarono fuori, nel sole e al di là della strada, fino a raggiungere la fila di vetture pubbliche in attesa, mentre il chiasso si attutiva alle loro spalle. Da quella distanza, sembrava un coro di belve. Sean aiutò Ruth a salire in carrozza e stava per mettersi al suo fianco, quando gli venne in mente che aveva ancora qualcosa da fare. Parlò al cocchiere e gli diede dei denaro, poi si rivolse a Ruth: «Aspettami in albergo, cara, per favore». « Dove vai? » « Devo fare le congratulazioni a Garry. » Attraverso la barriera di corpi che lo circondava Garry vide Sean avvicinarsi e, suo malgrado, s'irrigidì, investito dal conflitto di amore e odio che lo tormentava. Sean si fermò di fronte a lui e sorrise. « Bel colpo, Garry! » disse, tendendogli la destra. « Mi hai battuto in una dura lotta... E vorrei stringerti la mano. » Garry soppesò quelle parole, vi rifletté e si disse che erano vere. Aveva lottato con Sean e l'aveva battuto. Questo era qualcosa che non si poteva annullare, qualcosa che Sean non avrebbe mai potuto togliergli. L'ho battuto. Per la prima... La primissima volta in vita mia! Fu un'emozione così intensa che, per un pò, Garry non riuscì a muoversi né a parlare. Poi disse con voce soffocata: « Sean... » e, afferrata quella mano tesa con le proprie, la strinse quasi con disperazione. «Sean, forse ora... » mormorò, « mi piacerebbe di... Voglio dire, quando torneremo a Ladyburg... » S'interruppe e divenne scarlatto per l'imbarazzo. Rapidamente lasciò la mano di Sean e fece un passo indietro. «Pensavo che forse ti farebbe piacere venire a Theunis Kraal, uno di questi giorni, quando non sarai troppo occupato. Potresti dare un'occhiata alla vecchia casa. E' passato tanto tempo. Ho ancora la vecchia... » « Mai! » sibilò Anna Courteney. Nessuno dei due l'aveva vista attraversare la sala, e adesso era al fianco di Garry. I suoi occhi erano gemme luccicanti di odio incastonate tra le rughe, e il suo volto, che fissava Sean, era mortalmente pallido. «Mai», sibilò di nuovo, prendendo il braccio di Garry. «Vieni via», ordinò, e il marito la seguì docilmente. Ma, mentre si allontanava, si voltò a guardare Sean, e nei suoi occhi si leggeva una supplica disperata. La preghiera di comprendere e perdonare quella sua debolezza. 82. Come chi vive in una zona d'uragani riconosce la forma delle nubi e l'immoto silenzio che precede la prima violenta raffica di vento, così Ruth sapeva di dover far fronte alla cupa rabbia con cui Sean avrebbe reagito al fallimento dei propri progetti. Le sue collere erano rare e non duravano a lungo, ma Ruth aveva imparato a temerle e, come una prudente padrona di casa nell'imminenza dell'uragano, prese le proprie precauzioni. Appena arrivata in albergo mandò a chiamare d'urgenza il direttore. « Voglio che ci sia servito il pranzo fra mezz'ora nel nostro appartamento... Ma non il vostro menu ordinario. Qualcosa di veraPagina 209
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) mente speciale. » Il direttore rifletté un momento. «Ostriche! Ce n'è appena arrivato un barile dalla scogliera di Umhlanga. » « Ottimo. » Ruth apprezzò la prontezza con cui l'uomo affrontava la circostanza imprevista. « Poi. -. Che ne direbbe di prosciutto affumicato, cacciagione fredda, aragosta e insalata? » « Eccellente. Che formaggi avete? » « Gruyère, Danish Blue, Camembert. » « Vino? » « Champagne? » « Sì », assentì prontamente Ruth. Sean aveva un debole per lo champagne e lei l'avrebbe sfruttato senza vergogna. « Una bottiglia di Veuve Clicquot... No, a pensarci bene, meglio tre bottiglie. » « Le mando su prima del pranzo? » « Subito... Coi vostri piú bei bicchieri e in un secchiello d'argento », disse Ruth. Quindi si occupò della propria toilette. Ti ringrazio, Signore, per il profumo francese e per questo abito da mattina in seta grigia che ho conservato per un'occasione speciale. Lavorò rapidamente, ma con abilità, su viso e capelli, e, quando ebbe finito, restò seduta davanti allo specchio e atteggiò il viso a un'espressione di pace. L'effetto era molto soddisfacente, decise, dopo un esame critico. Era pettinata allo stesso modo la prima volta che Sean l'aveva vista, ed egli la trovava irresistibile con le trecce. In effetti, la facevano sembrare una ragazzina. « Devo aprire il vino, signora? » domandò un cameriere dal salotto. Ruth rispose di sì, poi uscì dalla camera da letto e si dispose ad affrontare la furia dell'uragano, che arrivò dieci minuti dopo, spirando come un dolce zefiro, con un sigaro stretto fra i denti, le mani affondate nelle tasche dei calzoni e un'espressione divertita sul volto. Quando la vide: « Ehi! » esclamò, bloccandosi di colpo e togliendosi il sigaro di bocca. « Come siamo belle! » Il fatto che Sean avesse notato il mutamento d'aspetto dimostrava come le previsioni meteorologiche di Ruth fossero completamente sbagliate, e la donna scoppiò a ridere. « Cosa c'è di tanto buffo? » chiese Sean. « Niente e tutto. Te e me. Bevi un bicchiere di champagne. » « Pazza », disse Sean, baciandola. « Mi piaci pettinata così. » « Non sei deluso? » « Per il risultato delle elezioni, dici? Sì, suppongo di esserlo. » Andò al tavolo e versò lo champagne nelle coppe di cristallo, porgendone una a Ruth. « Facciamo un brindisi: alla tanto eccitante quanto breve carriera politica di Sean Courteney. » « Desideravi tanto vincere, e ora?... » Sean annuì. « Già, io voglio sempre vincere. Ma adesso che la partita è perduta... » Sean scrollò le spalle. « Vuoi che ti dica una cosa? Cominciavo a essere un pò stufo di tutto quel concionare e stringere mani. Anche quando dormo, devo avere un sorriso idiota sulla faccia. » Raggiunse una delle grandi poltrone di cuoio e vi sprofondò con soddisfazione. « Poi c'è anche un'altra ragione. Se vieni qui, te ne parlerò. » Ruth si sedette sulle sue ginocchia e infilò una mano nell'apertura della camicia, così da sentire i muscoli sodi e il folto pelo del petto. « Dimmi », lo incitò, e Sean le raccontò di Garry. Parlò lentamente, rivelandole tutto: della gamba, dei loro rapporti quando erano ragazzi, di Michael. Quando ebbe finito, Ruth rimase silenziosa per un pò, ma dai suoi occhi si capiva che era ferita dal fatto che Sean fosse stato l'amante di un'altra donna. Infine chiese: «Garry sa che Michael è tuo figlio? » «Sì. Anna glielo disse la sera in cui partii da Ladyburg... Garry voleva uccidermi. » « Perché te ne andasti? » « Non potevo rimanere. Garry mi odiava per via del bambino, e Anna perché la respingevo. » « Ti voleva ancora, dunque? » Pagina 210
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Sì. Quella sera... La sera in cui me ne andai, Anna venne da me e mi chiese... » Fece una pausa. « Be', puoi immaginarlo. » « Già », annuì Ruth, ancora punta dalla gelosia, ma sforzandosi di comprendere. « Io rifiutai... Così lei andò da Garry e, per vendetta, gli disse del bambino. Gesú, che perfida sgualdrina! » « Ma se voleva te, perché sposò Garry? » « Era incinta e credeva che io fossi stato ucciso nella guerra contro gli zulu. Lo sposò per dare un padre al piccolo. » « Capisco », mormorò Ruth. « Ma perché mi racconti tutto questo adesso? » « Per farti capire quello che provo nei riguardi di Garry. Dopo il modo in cui ti ha trattata a quella riunione, non posso aspettarmi che tu abbia molta simpatia per lui... Ma non voleva ferire te, ero io il bersaglio. Gli devo tanto che non credo di poterlo mai ripagare. Perciò... » « Perciò sei contento che oggi abbia vinto? » finì per lui Ruth. « Sì », rispose con foga Sean. « Capisci, vero, quanto deve essere stato importante per lui. Per la prima volta è riuscito... è riuscito... » Agitò le mani, cercando le parole. « A competere con te da pari a pari », suggerì Ruth. «Esattamente!» esclamò Sean, picchiando un pugno sul bracciolo della poltrona. «Quando sono andato a congratularmi con lui, era pronto a rappacificarsi. Mi ha invitato a Theunis Kraal... ma proprio allora quella dannata donna è intervenuta e l'ha portato via. Comunque, sono sicuro che le cose si sistemeranno, in qualche modo. » Alcuni colpi alla porta lo interruppero, e Ruth si affrettò ad alzarsi. « Sarà il cameriere con il pranzo », disse, ma, prima che avesse coperto metà del percorso dalla poltrona alla porta, i colpi si ripeterono con tale insistenza da mettere a repentaglio l'integrità degli stucchi sul soffitto. « Vengo », esclamò Ruth, irritata, e aprì. Guidata da Bob Sampson, una marea di uomini irruppe nella stanza, gesticolando e parlando in tono eccitato. « Che diavolo succede? » domandò Sean. « Hai vinto! » gridò Bob. « Si è fatto un nuovo conteggio e tu hai vinto... Per dieci voti! » « Mio Dio! » mormorò Sean, e poi, a voce così bassa che solo Ruth lo sentì: « Garry. Povero Garry! ». «Aprì quelle altre bottiglie di champagne... Anzi, mandiamo a prenderne una cassetta. Abbiamo vinto... Tutti! » esultò Bob Sampson. « Perciò, amici, brindiamo all'Unione sudafricana! » 83. Nemmeno questa volta. Tra tante volte e per tante cose... nemmeno questa. » Garry Courteney era già ubriaco. Stava sprofondato in una poltrona, stringeva il bicchiere con entrambe le mani e agitava il liquido dorato con un movimento circolare, così che alcune gocce traboccarono dall'orlo e macchiarono la stoffa dei pantaloni. « No », convenne Anna. « Nemmeno questa volta. » Era in piedi e volgeva la schiena al marito, guardando dalla finestra la strada illuminata dai lampioni a gas, perché non voleva che Garry vedesse il suo volto. Ma non poté controllare il tono aspro, maligno della sua voce. « Ora puoi tornartene a scrivere i tuoi libercoli. Hai dimostrato a te stesso e al resto del mondo che razza di uomo sei. » Muovendo lentamente le mani, cominciò a massaggiarsi la parte superiore delle braccia, provando un intenso piacere sensuale. Un piccolo brivido la percorse, ebbe un movimento nervoso e le gonne frusciarono come foglie nel vento. Dio, quanto ci era andato vicino... E lei aveva avuto paura. « Sei un perdente, Garry Courteney. Lo sei sempre stato e sempre lo sarai. » Di nuovo rabbrividì al ricordo dello spavento provato. Garry ci era andato così vicino. Anna aveva visto un inizio di mutamento nell'attimo stesso in cui avevano comunicato l'esito delle votazioni, ed esso si era fatto piú visibile di minuto in minuto. Perfino la sua Pagina 211
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) voce era cambiata, era diventata piú profonda, con un primo accenno di fiducia in se stesso. Garry l'aveva guardata in modo strano, senza sottomissione, e poi c'era stata la fiammata di rivolta, quando aveva parlato a Sean. Allora aveva avuto davvero paura. « Sei un perdente », ripeté, e Garry emise un suono che era a metà tra l'inghiottire a vuoto e il sospirare. Anna attese e quando udì il sordo gorgoglio del brandy versato dalla bottiglia nel bicchiere si strinse piú forte le braccia e sorrise, ricordando l'annuncio del secondo conteggio, il modo in cui Garry si era rattrappito e rivolto a lei, senza piú un'ombra di sicurezza o di disprezzo. Spariti! Spariti per sempre. Sean Courteney non avrebbe mai avuto Garrick. Anna l'aveva giurato e ora avrebbe onorato la propria parola. Come già aveva fatto tante volte in precedenza, rievocò con la mente i particolari di quella sera. Quella in cui aveva fatto il giuramento. Pioveva. Lei era sull'ampia veranda di Theunis Kraal e Sean stava portando il cavallo verso la stalla. La bianca camicia di lino gli si era incollata alle spalle e al petto e la pioggia gli aveva fatto arricciare la barba, dandogli l'aspetto di un pirata maligno. «Dov'è Garry?» aveva chiesto lei, e Sean aveva risposto: «Non preoccuparti. E' andato in città a trovare Ada. Tornerà per l'ora di cena ». Poi l'aveva raggiunta e aveva posato una mano fredda di pioggia sulla parte superiore dei suo braccio. « Devi prenderti piú cura di te, adesso», aveva detto. « Non puoi piú stare in giro al freddo. » E l'aveva condotta oltre la porta a vetri. Anna teneva lo sguardo sollevato verso di lui. La sua testa gli arrivava alle spalle. Quando Sean aveva abbassato il proprio su di lei, era raddolcito dal riverente timore del maschio per la gravidanza. « Sei una donna maledettamente in gamba, Anna, e sono sicuro che farai un bel bambino. » «Sean!» Ricordava che il nome gli era uscito dalla gola come un'involontaria esclamazione di dolore. Selvaggiamente aveva premuto il proprio corpo contro quello di Sean, tenendo il dorso arcuato e premendogli le cosce contro le gambe. Poi le sue mani erano salite ad afferrargli i capelli folti sulla nuca e gli aveva tirato il volto verso il basso, aprendo la bocca calda e umida sulle sue labbra. « Sei pazza? » Sean aveva cercato di allontanarla da sé, ma lei si era divincolata e gli aveva allacciato le braccia sul dorso, premendo il volto contro il suo torace. « Io ti amo. Ti prego, ti prego. Io ti amo. Lascia che ti stringa, niente altro. Voglio solo stringerti. » « Stammi lontana. » E Anna si era sentita gettare bruscamente sul divano accanto al camino. « Adesso sei la moglie di Garrick, e presto sarai madre di suo figlio. Il tuo corpo caldo tienilo per lui. » Poi si era diretto verso di lei a passi impetuosi: « Io non ti voglio. Non ti ho mai amata, ma adesso non potrei toccarti piú di quanto non potrei andare con mia madre. Sei la moglie di Garry: se mai dovessi guardare un altro uomo, io ti ammazzerei. Ti ammazzerei con le mie mani nude ». L'amore si era raggelato all'istante, trasformato in odio dalle parole di Sean. Gli si era avventata con le unghie, che avevano tracciato delle strisce sulla guancia, così che il sangue era scivolato sulla barba. Sean le aveva afferrato il polso. E lei si era divincolata strillando: «Porco, porco schifoso. La moglie di Garry, dici. Il bambino di Garry. Adesso ti dico la verita. Quello che ho dentro, me lo hai dato tu. E' tuo! Non di Garry! ». Allora Sean le aveva lasciato il polso ed era arretrato. « Non può essere. Tu menti. » Anna lo aveva seguito: « Non ti ricordi come mi hai salutato prima di partire per la guerra? Non ti ricordi quella sera sul carro? ». « Lasciami, lasciami in pace. Ho bisogno di riflettere. Non lo sapevo. » E se n'era andato. Lei aveva sentito sbattere la porta dello studio ed era rimasta in piedi in mezzo alla stanza, mentre la tempesta della sua ira si placava per lasciare emergere gli scogli neri dell'odio che giacevano sotto la superficie. Allora era andata nella sua camera da letto e, guardandosi nello specchio, aveva fatto il giuramento. Pagina 212
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Lo odio. C'è una cosa che posso portargli via. Adesso Garry è mio, non suo. Glielo toglierò. Gli toglierò suo fratello. » Si era tolta le mollette dal capo e le sue mani avevano scompigliato i capelli. Aveva serrato i denti sulle labbra, mordendo finché aveva sentito il sapore del sangue. « Oh, Dio, lo odio », aveva mormorato nel dolore. E si era strappata il vestito sul davanti, guardando nello specchio i capezzoli rosa che andavano già scurendosi come promessa di una gravidanza felice. «Lo odio. » Si era allentata le mutande le aveva tolte, aveva spazzato con un braccio la superficie del tavolino da toilette, rovesciando cipria e rompendo una boccetta di profumo, il cui odore pungente aveva riempito la stanza. Infine si era lasciata cadere sul letto. Aspettando il ritorno di Garry. Voltò le spalle alla finestra e lo guardò, trionfante, sapendo che non poteva piú sfuggirle. Ho mantenuto il mio giuramento, pensò, avvicinandosi a lui. « Povero Garry », disse, forzando la sua voce a tubare dolcemente e scostandogli i capelli dalla fronte. Garry alzò gli occhi verso di lei, sorpreso, ma affamato d'affetto. «Povero Garry. Domani torneremo a Theunis Kraal. » Spostò la bottiglia sul tavolino, avvicinandola alla sua mano. Poi lo baciò lievemente su una guancia e andò in camera da letto... sorridendo, in salvo, al sicuro nella debolezza di lui. 84. Trascorsero rapidamente quattro mesi. Sean, distratto dalle responsabilità della sua carica, dalle riunioni di partito, dalle sedute all'Assemblea, da montagne di corrispondenza, da postulanti e intriganti d'ogni sorta, oppose soltanto una resistenza formale ai progetti di Michael circa la canna da zucchero. Il giovane si recò sulla costa, acquistò la terra e intrecciò una relazione con la figlia dell'uomo che gliel'aveva venduta. Questa giovane signora aveva la dubbia reputazione d'essere una delle poche divorziate del Natal. Quando lo scandalo arrivò ai suoi orecchi, Sean, segretamente compiaciuto che la castità di Michael fosse finalmente naufragata, salì sulla Rolls e partì in missione di salvataggio. Tornò a Ladyburg con un Michael penitente sulla sua scia. Due settimane dopo la giovane signora sposò un viaggiatore di commercio e si trasferì a Durban, così che Michael ebbe il permesso di tornare a Tongaat e di iniziare lo sviluppo della piantagione. Ruth non accompagnava piú Sean quando egli si assentava da Ladyburg. La crescente circonferenza della vita e i malesseri mattutini la trattennero a Lion Kop, dove lei e Ada passavano molto tempo a disegnare e confezionare indumenti da bebè. Anche Storm contribuì. Il golfino per il quale sferruzzò durante tre mesi sarebbe certo stato meravigliosamente al piccolo... Purché fosse gobbo e avesse un braccio lungo il doppio dell'altro. Occupato dall'alba al tramonto nel suo nuovo incarico di sovrintendente di Mahoba Kloof, Dirk aveva poco tempo per le distrazioni. Comunque, Ladyburg era adesso ben coperta dalla rete di spionaggio di Sean e ogni visita di Dirk in città gli veniva minutamente riferita. Ma dall'altra parte di Ladyburg, derelitta e squallida per l'assenza d'amore, c'era la grande casa di Theunis Kraal. La sera una sola finestra si accendeva di una pallida luce gialla, quando Garry Courteney sedeva solo alla propria scrivania. Davanti a lui giaceva un mucchietto di fogli pateticamente sottile. Un'ora dopo l'altra Garry lo fissava, ma senza piú vederlo. Era inaridito dentro, privato d'ogni linfa vitale, e cercava un surrogato nella bottiglia che teneva sempre a portata di mano. Il tempo andava alla deriva, i giorni diventando settimane, le settimane mesi... E Garry andava alla deriva con esso. Ogni pomeriggio scendeva ai recinti e, appoggiato allo steccato, guardava i suoi soggetti da riproduzione. Per ore restava immobile, finché gli pareva di uscire dal proprio corpo per vivere dentro quei Pagina 213
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) bei mantelli lucidi; di essere lui ad affondare gli zoccoli nel terreno molle, lanciandosi nella corsa; che fosse la sua voce a nitrire e che fossero suoi i muscoli che si tendevano e si contraevano nell'atto dell'accoppiamento. Ronny Pye lo trovò là un dopopranzo; senza che Garry si rendesse conto della sua presenza, lo raggiunse in silenzio e gli si mise al fianco, studiando quel volto pallido e intenso per i segni del dolore, del dubbio e di un terribile desiderio scolpiti intorno alla bocca e sotto gli occhi di un azzurro velato. « Salve, Garry », disse gentilmente, ma, ravvisando la nota di pietà nella propria voce, si affrettò a soffocarla. Non c'era posto per la mollezza ora. « Ronny. » Con aria vaga, Garry si voltò verso di lui e sorrise timidamente. « Affari o visita di cortesia? » « Affari, Garry. » « L'ipoteca? » « Sì. » « Cosa vuoi che faccia? » « Che ne diresti di venire in città per esaminare a dovere la situazione nel mio ufficio? » « Ora? » « Sì, se non ti dispiace. » « Va bene », disse Garry, raddrizzandosi lentamente. « Verrò con te. » Cavalcarono insieme oltre la cresta e giú per il pendio, verso il ponte di cemento sul Baboon Stroom. Entrambi tacevano: Garry perché non aveva niente dentro, niente cui dare voce; Ronny Pye perché si vergognava di ciò che stava per fare: togliere a un uomo la sua casa e lasciarlo allo sbaraglio in un mondo in cui non aveva alcuna probabilità di sopravvivenza. Al ponte si fermarono meccanicamente per far riposare i cavalli e si sedettero, sempre senza parlare, una coppia dei tutto incongrua: uno immobile, a testa bassa, magro e sciupato, con gli abiti un pò logori, il volto austero per la sofferenza; l'altro grassoccio, con la faccia rubiconda sotto i capelli color zenzero, vestito con abiti costosi e incapace di tener ferme le dita delle mani. Al di là del fiume c'erano scarsi segni di vita. Dalla ciminiera dello stabilimento di Sean uno stanco pennacchio di fumo si alzava dritto nell'aria afosa; un ragazzo negro portava alcune vacche ad abbeverarsi; una locomotiva sbuffava in direzione dei magazzini... a parte questo, Ladyburg dormiva nella calura di un pomeriggio estivo. Poi lo sguardo di Ronny fu attirato da un rapido movimento nella pianura erbosa, sotto la scarpata. Con sollievo, il banchiere vi concentrò la propria attenzione. « E' il giovane Dirk », disse, e Garry alzò la testa per guardare al di là dei fiume. Come fossero una cosa sola, cavallo e cavaliere sembravano toccare terra così lievemente, da essere uniti a essa soltanto dalla nuvoletta di polvere che si allungava sotto di loro. «Perdio, non si può dire che quel piccolo bastardo non sappia cavalcare», riprese Ronny, con riluttante ammirazione, e scosse gravemente la testa, così che una goccia di sudore si staccò dall'attaccatura dei capelli scivolando lungo una guancia. Il cavallo raggiunse la strada e ruotò perfettamente sulle zampe posteriori, per poi appiattarsi nell'aumentata velocità della sua corsa: un movimento di tale ritmica grazia e potenza che i due spettatori ne furono eccitati. « Ma guardalo! » esclamò Ronny. « Non c'è un cavallo simile in tutto il Natal! » « Tu credi? » disse Garry vivacemente, facendo una piccola smorfia di stizza. « Ne sono sicuro al cento per cento. » « Il mio stallone, Grey Weather. In una corsa a pari peso, la spunterebbe su qualsivoglia cavallo di Sean. » E allora Ronny ebbe l'idea. La ponderò mentre, con gli occhi lievemente socchiusi, guardava Dirk spingere Sun Dancer verso lo stabilimento. Quando cavallo e cavaliere furono scomparsi oltre l'alto cancello, disse pacatamente: « Ci scommetteresti sopra dei Pagina 214
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) quattrini? ». « Ci scommetterei la vita! » rispose Garry, con una nota acuta nella voce. Sì, pensò Ronny, in questo modo, almeno, gli do una possibilità. Sarà la sorte a decidere... E nessuno potrà incolparmi di niente. « Ci scommetteresti Theunis Kraal? » Seguì un lungo silenzio. Poi Garry bisbigliò: « Cosa intendi dire? ». « Se vinci, l'ipoteca sarà estinta. » « E se perdo? » « Perderai la fattoria. » « No », sibilò Garry. « Cristo, no! E' troppo. » Ronny si strinse nelle spalle con aria indifferente. «Era solo un'idea... Probabilmente hai ragione. Non avresti molte probabilità contro Sean. » Fu come se gli affondassero una lancia nel petto. Una gara tra lui e Sean: rifiutarla era lo stesso che ammettere di non poter vincere. « Ci sto. » « Accetti la scommessa? Coprirai il mio denaro con quel che ti resta della fattoria? » « Sì, maledetto. Sì. Ti farò vedere quante, probabilità ho contro Sean. » « Sarà meglio mettere la cosa per iscritto », suggerì gentilmente Ronny. « Poi cercherò di organizzare la cosa con Sean. » Toccò il proprio cavallo con gli speroni e, a fianco a fianco, attraversarono il ponte. « A proposito, sarà meglio che nessuno sappia della nostra piccola scommessa. Fingeremo che sia soltanto per la gloria. » Garry annuì in segno di assenso. Ma quella sera stessa scrisse a Michael, rivelandogli ogni cosa e supplicandolo di montare Grey Weather per lui. Due giorni prima della corsa Michael si confidò con la nonna. Ada andò a Theunis Kraal per tentare di dissuadere il figliastro, ma non ebbe successo. La determinazione di Garry era quasi fanatica. La posta in palio non significava niente per lui... Vedeva soltanto la prospettiva della vittoria. E Michael aveva accettato di montare Grey Weather. Questa volta non poteva perdere. Questa volta avrebbe avuto la meglio! 85. Era ancora buio quando Sean e Dirk si diressero verso le stalle. Il lungo banco di nubi sopra la scarpata era arrossato dal sole nascente e il vento soffiava sugli alberi della piantagione, che si agitavano e gemevano. « Vento del nord », grugnì Sean. « Pioverà prima di sera. » « A Sun Dancer piace la pioggia », rispose eccitato Dirk, e Sean gli lanciò un'occhiata. « Dirk, se oggi dovessi perdere... » cominciò, ma Dirk lo interruppe. «Non perderò», e poi ancora, come se si trattasse di un voto, « non perderò! » « Se solo mostrassi altrettanta determinazione in cose piú importanti... » « Importanti! Pa', questa corsa è importante. E' la cosa piú importante che abbia mai fatto. » Dirk si fermò e afferrò Sean per la manica. « Pa', lo faccio per te... Per te, Pa'! » Sean abbassò lo sguardo sul bel viso di suo figlio e ciò che vi lesse gli ricacciò in gola le parole che stava per dire. Dove ho sbagliato con te? si chiese, con un misto di amore e di disgusto. Dove hai preso il sangue che ti scorre nelle vene, perché sei fatto in questo modo? domandarono il suo orgoglio e il suo disprezzo. «Grazie», disse in tono secco e, liberato il braccio, riprese a camminare. Preoccupato per Dirk, Sean si accorse di Mbejane solo quando fu nel cortile delle stalle. « Ti vedo, Nkosi », disse lo zulu, alzandosi solennemente dallo sgabello di legno intagliato su cui stava seduto. Pagina 215
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) «Anch'io li vedo», esclamò Sean con gioia. Ma subito si controllò: una dimostrazione di affetto davanti a persone piú giovani avrebbe imbarazzato Mbejane. « Stai bene? » domandò con gravità, e si trattenne dall'affondare un dito nell'accresciuta dignità dei suo ventre, ricordando che quell'abbondanza di carne e grasso era stata attentamente coltivata da Mbejane come prova della sua prosperità agli occhi del mondo. « Sto bene », gli assicurò Mbejane. « Sono contento che tu sia venuto. » «Nkosi, in un giorno importante come questo è giusto essere insieme... Come un tempo. » E si permise per la prima volta di sorridere, un sorriso che nel giro di qualche secondo divenne un ghigno malizioso, che Sean ricambiò. Avrebbe dovuto sapere che Mbejane non avrebbe mai perduto un combattimento, o una caccia, o una gara. Poi lo zulu si rivolse a Dirk. « Tieni alto il nostro onore oggi », ordinò, come se parlasse a uno dei propri figli. « Tuo padre e io saremo là a guardarti. » Posò un'enorme mano nera su una spalla di Dirk, come in atto di benedizione, quindi si rivolse ai mozzi di stalla che erano in attesa. « Portate la giumenta! » Due stallieri la condussero fuori, e i suoi zoccoli risuonarono sul selciato del cortile, mentre scartava un poco, la testa alta, snella come quella di un levriero, le orecchie che si agitavano avanti e indietro. Vide Dirk e arricciò il morbido velluto delle narici. « Ehi, ragazza! » la salutò Dirk. Al suo avvicinarsi, Sun Dancer rovesciò gli occhi fino a mostrare il bianco, e le sue piccole orecchie si appiattirono contro il collo. « Piantala di fare la stupida », l'ammonì Dirk, e la cavalla scoprì i grossi denti gialli, allungando il collo. Dirk le porse una mano e Sun Dancer prese le dita tra quei terribili denti, mordicchiandole teneramente. Poi, mettendo fine alla commedia, sbuffò dal naso, rizzò le orecchie e gonfiò il petto. « Dov'è la sua coperta? Ha mangiato? Mettete la sella e le briglie nell'auto. » Dirk sparò domande e istruzioni agli stallieri, accarezzando il muso di Sun Dancer con la tenerezza di un amante. Quante contraddizioni in una sola persona, pensò Sean, guardando il ragazzo, e un'immensa tristezza piombò su di lui, opprimente come quell'alba rossa. Dove ho sbagliato? Mbejane avvertì il suo stato d'animo e cercò di distrarlo. «Nkosi, io andrò avanti a piedi con la cavalla. » «Un uomo della tua stazza starebbe meglio in auto con me», obbiettò Sean, sorridendo alla rapida occhiata obliqua che lo zulu lanciò all'enorine scintillante Rolls parcheggiata in fondo al cortile. Ha gli occhi di un mostro, pensò Mbejane, e subito distolse lo sguardo. « Io andrò a piedi con la giumenta, per assicurarmi che non le accada nulla », annunciò. « Come desideri », assentì Sean. E il piccolo corteo si avviò in direzione di Ladyburg. Davanti, due mozzi di stalla che conducevano Sun Dancer sormontata dalla coperta scozzese a fondo rosso, poi Mbejane, calmo e solenne, e infine i suoi quattro figli piccoli, che portavano le lance e lo sgabello intagliato. Due ore dopo Sean entrava con la Rolls nel campo, dietro i depositi ferroviari. Con gli occhi fissi davanti a sé e le mani talmente strette sul volante che si scorgeva il biancheggiare delle nocche, non sentì le grida di saluto né vide la folla vestita a festa finché non ebbe fermato l'auto. Allora lasciò il volante e sbuffò piano, mentre i muscoli del viso si rilassavano in un sorriso di dubbio trionfo. « Bene, ce l'abbiamo fatta! » disse, come se non ne fosse del tutto sicuro. « Sei stato bravissimo, caro. » Anche la voce di Ruth era un pò rauca, mentre la donna allentava l'abbraccio protettivo in cui aveva stretto Storm. «Avresti dovuto lasciar guidare me», ridacchiò Dirk dal sedile posteriore. Sean si voltò stizzito, ma il ragazzo fu piú rapido di lui. Spalancò la portiera e, prima che Sean riuscisse a mettere insieme due parole, era stato assorbito dalla folla radunata intorno alla Rolls. Sean lo seguì con uno sguardo torvo. Pagina 216
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Salve, Sean. Felice di vederti. » Dennis Petersen aveva aperto la portiera di fianco a Sean, il quale si affrettò a ricomporre il volto in un sorriso. « Salve, Dennis. Un bel raduno! » « C'è tutto il distretto », confermò Dennis, mentre si stringevano la mano, e si guardò attorno con soddisfazione. C'erano almeno cinquanta carrozze parcheggiate a casaccio lungo lo steccato del grande recinto per il bestiame; un carro scoperto era stato adibito a chiosco ed esibiva enormi caffettiere d'argento e montagne di torte. Due cani si stavano azzuffando vicino al cancello e un nugolo di ragazzini in abiti della festa già spiegazzati strillavano e ululavano, rincorrendosi tra la folla. « Chi ha pensato agli addobbi? » chiese Sean, osservando le bandierine sventolanti in cima ai pali che segnavano la linea del traguardo e lungo il percorso segnato da corde. « Il Consiglio... L'abbiamo votato la settimana scorsa. » « Molto carino. » Ora Sean stava guardando il piccolo recinto in cui si trovavano i cavalli. Lungo lo steccato c'era una compatta barricata di gente, ma riuscì a scorgere Dirk che la scavalcava e poi saltava giú, accanto a Sun Dancer, tra uno scroscio di applausi. « Un bel fisico », disse Dennis, che, come Sean stava osservando Dirk; però qualcosa, nel tono della sua voce, sottintendeva: ma sono felice che non sia mio figlio. « Grazie. » L'intonazione sprezzante di Sean non sfuggì a Dennis, che sorrise con sarcasmo. « Sarà meglio raggiungere la giuria, Garrick è già arrivato. » Dennis indicò col capo il carro in fondo alla fila e, benché ne avesse penosamente avvertito la presenza, Sean lo guardò per la prima volta. Insieme con Ronny Pye, Erasmus e suo padre, Michael li stava osservando. Alto e sottile negli stretti pantaloni da cavallerizzo, gli stivali neri e la camicia di seta bianca aperta sul petto, era appoggiato contro una delle ruote. Sopra di lui, Ada e Anna occupavano il sedile posteriore, e improvvisamente Sean provò una fitta di collera: perché la matrigna aveva scelto loro? « Mamma », salutò senza sorridere. « Ciao, Sean. » Il tono e l'espressione erano strani. Cosa significavano? Rammarico, rifiuto? Per un minuto buono sostennero l'uno lo sguardo dell'altra... Poi Sean cedette, perché ora, anziché collera, provava un senso di colpa. Ma non ne comprendeva il motivo... Era solo la dolente accusa negli occhi di Ada a ispirarglielo. « Anna », disse, e ricevette in cambio un rigido cenno del capo. « Garry. » Sean tentò di sorridere. Fece l'atto di tendere la destra, ma si, rese subito conto che sarebbe stata rifiutata, perché la stessa accusa che aveva letto negli occhi di Ada la vedeva ora in quelli di Garry. Si rivolse con sollievo a Michael. «Ciao, Mike. Lo sai, vero, che stanno per farti calare le brache?» « Ti dovrai rimangiare queste parole, e senza sale! » ribatté il giovane, e risero insieme, così evidentemente compiaciuti l'uno dell'altro che Anna si agitò sul sedile e disse in tono secco: « Vogliamo toglierci il pensiero, Ronny? » «Certo», assentì in fretta Ronny Pye. «Bene, allora... Dov'è Dirk? Sarà meglio andare a cercarlo. » In gruppo lasciarono le signore e s'incamminarono attraverso la folla verso il piccolo recinto, dove Dirk stava ridendo con due ragazze nelle quali Sean riconobbe le figlie di uno dei suoi capisquadra. Entrambe lo guardavano con tale scoperta adorazione che Sean provò un empito di benevolo orgoglio. Con noncuranza, Dirk le lasciò e andò incontro al padre. « Tutto a posto, Pa'. » « Lo vedo », bofonchiò Sean, e aspettò che Dirk salutasse gli uomini che erano con lui, ma il ragazzo li ignorò e si rivolse solo a Ronny Pye. « Sentiamo. » « Bene, allora... Una gara tra lo stallone di Garry Courteney, Grey Weather, e la puledra di Sean Courteney, Sun Dancer. Una corsa d'onore, senza puntate da parte dei proprietari. D'accordo? » Pagina 217
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Garry aprì la bocca, poi la richiuse con fermezza e annuì. Sudava un poco. Spiegò il fazzoletto e si asciugò la fronte. « Distanza, circa otto chilometri intorno a quattro punti. Primo punto, i pali piantati in questo campo; secondo, il segnaconfine nordorientale di Theunis Kraal », Ronny indicò un punto sulla scarpata, « terzo, la cisterna numero 3 di Mahoba Kloof, che non si può vedere da qui perché è dietro quegli alberi », il braccio di Ronny tracciò un arco lungo la cresta, fino a una macchia verde tra l'ocra dell'erba. « La conoscete tutti e due? » « Certo », rispose Dirk, e Michael annuì. « Il quarto e ultimo punto è quello di partenza... Lì. » Il pollice di Ronny indicò i due pali adorni di bandiere. « Dei commissari sono stati collocati al confine di Theunis Kraal e alla cisterna, per assicurarsi che li aggiriate, senza tagliare all'interno. I giudici sono il signor Petersen, il signor Erasmus e io stesso. Qualunque disputa riguardo alla corsa o all'interpretazione delle regole sarà decisa da noi... » Mentre Ronny continuava a parlare, Sean sentì l'eccitazione rizzargli i peli degli avambracci. Stava accadendo a tutti ormai, perfino la voce di Ronny era piú tesa, benché Sean non sapesse che l'impazienza volpina della sua faccia derivava dalla speranza di poter vincere piú di chiunque altro in quella gara. Garry, che sapeva, guardava le labbra di Ronny con fissità ipnotica. «E' tutto», concluse Ronny, e aggiunse, rivolto ai due giovani: «Sellate i cavalli e conduceteli alla linea di partenza». I giudici se ne andarono, lasciando i quattro Courteney soli. « Sean... » Garry parlò per primo, e i suoi occhi parevano spaventati. «Credo che dovresti sapere... » ma non finì la frase. « Cosa? » chiese Sean in tono secco, e Garry s'irrigidì. L'espressione dei suoi occhi mutò, e Sean vi lesse ciò che non si sarebbe mai aspettato di scorgere nello sguardo dei fratello: orgoglio. « Non importa. » Garry si voltò e si avvicinò al cavallo, con andatura scattante. « Buona fortuna, Mike», disse Sean, dandogli un pugno scherzoso su un braccio. « Anche a te », replicò Michael, avviandosi dietro Garry, poi si fermò e aggiunse: « Qualunque cosa possano dire gli altri, Sean, io so che non sei stato tu ad architettare questa faccenda ». Cosa diavolo intende dire? si chiese Sean, perplesso, ma Dirk interruppe le sue riflessioni. « Perché l'hai fatto, Pa? » protestò. « Cosa? » chiese Sean, senza capire. « Augurargli buona fortuna. Perché l'hai fatto? Sono io che corro per te... Non lui! Sono io tuo figlio... Non lui! » I due cavalieri si mossero insieme verso la linea di partenza e, ronzando per l'eccitazione, la folla lì seguì. Sean si mise accanto a Sun Dancer e impartì le ultime istruzioni a Dirk, che si chinò sulla sella, ascoltandolo attentamente. « Portala con moderatezza fino alla palude, non forzarla perché avrà bisogno di tutte le sue energie nel fango. Michael guadagnerà terreno in quel tratto, quello stallone è forte di zampe, ma pesante. Seguilo e fatti aprire la strada da lui. Una volta fuori della palude, puoi raggiungerlo e superarlo sul pendio, spingi forte là. Devi arrivare per primo sulla vetta e mantenere il vantaggio lungo tutta la cresta fino alla cisterna. » « D'accordo, Pa'. » « Poi, quando cominci a scendere, tienti bene al largo dietro la piantagione di Van Essen, sul terreno duro... Così potrai toglierle dalle zampe la stanchezza della palude. Credo che Mike verrà giú dritto e attraverserà il terreno molle... Ma tu devi fare la via piú lunga... E sfruttare la velocità di Sun Dancer contro la forza di Grey Weather. » Intanto avevano raggiunto i pali di partenza e la folla si era distribuita lungo le corde. Davanti ai due cavalieri si apriva un tratto di terreno scoperto, poi veniva la palude con l'ingannevole verde dei papiri che nascondevano buche fangose. Infine l'erta scarpata. Una lunga corsa. Lunga e dura. « Siete pronti? » chiese Ronny, in piedi accanto a uno dei pali. « Esci di pista, Sean, per favore. » Pagina 218
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Sean posò una mano sul ginocchio di Dirk. « Facci vedere cosa sai fare, ragazzo. » Poi raggiunse la corda e vi sgusciò sotto. Sun Dancer era nervosa. Si alzava sulle zampe posteriori e agitava la testa, facendo lampeggiare al sole la criniera rossodorata. Scure chiazze di sudore le macchiavano le spalle. Michael stava facendo girare in cerchio Grey Weather, tenendolo dolcemente in movimento, dandogli colpetti sul collo e parlandogli, e il cavallo rizzava le orecchie e le tendeva all'indietro, come per ascoltare. « Silenzio, prego! » gridò Dennis attraverso un megafono, e il chiasso della folla si placò fino a diventare soltanto un brusio colmo d'attesa. «Siete agli ordini dello starter, ora», disse ai cavalieri. «Allargatevi e avanzate al passo insieme. » I due giovani obbedirono. Dirk toccò Sun Dancer con uno sperone e la cavalla fece un brusco movimento all'indietro urtando una gamba di Michael. «Tieni la tua dannata bestia sotto controllo», ringhiò Dirk. « Non starmi addosso. » Conciliante, Michael scostò Grey Weather. « Sei nervoso, Dirkie? » «Al diavolo! Ti farò vedere io chi è nervoso», replicò Dirk, dando uno strattone al barbazzale, così che Sun Dancer agitò il capo in segno di protesta. « Al posto! » tuonò la voce di Dennis, distorta dal megafono. I due cavalli avanzarono al passo verso la linea di partenza, oro pallido accanto a rosso scuro, e la folla sussurrò dolcemente, come il vento sull'erba del veld. Dieci passi dai pali, e Sun Dancer già si spingeva avanti, irrequieta. « In linea! » ammonì Dennis. « Restate affiancati! » Dirk tirò bruscamente le redini. Le sue narici erano dilatate e bianche per la tensione. Michael avanzò accanto a lui, tenendo le mani basse. Grey Weather sollevava le zampe in modo esagerato, tipico dell'animale tenuto a freno. « Pronti?... Via! » urlò Dennis, e: « Via! » ruggirono centinaia di voci. Sempre affiancati, i cavalli passarono a uno sciolto, libero, danzante piccolo galoppo. Sia Dirk sia Michael si sollevarono un poco sulle staffe, per impedire agli animali di allungare troppo l'andatura. A ottocento metri li aspettava la palude, quindi circa sette chilometri di montagna, con terreno roccioso, crepacci e macchioni. La folla si staccò dalle corde, sparpagliandosi in vari punti d'osservazione, e Sean corse con gli altri, togliendo il binocolo dalla custodia e sorridendo nella confusione generale di grida e risate. Ruth lo aspettava accanto alla Rolls. Sean la prese per la vita e la sollevò sul cofano. « Sean, così si graffia la vernice », protestò lei, tenendosi il cappello e vacillando pericolosamente. « Al diavolo la vernice », rise Sean, mentre si arrampicava accanto a Ruth, che si appese al suo braccio. « Eccoli! » All'estremità del campo, i due cavalieri galoppavano verso la macchia verde chiaro della palude. Sean mise a fuoco il binocolo e all'improvviso li vide così vicini che si stupì di non sentire il tambureggiare degli zoccoli. Grey Weather correva in testa, forzando poderosamente l'andatura... E Sun Dancer galoppava sulla sua scia, con il collo inarcato dalla pressione del morso. Semisollevato sulle staffe, Dirk stringeva i gomiti contro i fianchi, trattenendo l'animale. « Quel birbante sta seguendo i miei consigli », grugnì Sean. « Mi aspettavo che l'avesse già messa alla frusta. » Attraverso la distanza che li separava, Sean percepì, come se potesse toccarla con mano, la determinazione di Dirk a vincere, la vedeva nel modo in cui teneva le spalle e nella rigidità delle braccia. Ma ciò che non vedeva erano le aspre linee dell'odio sul volto del ragazzo, che fissava la schiena di Michael. Il battito degli zoccoli si attutì, quando i due cavalieri raggiunsero la palude. Da sotto i ferri di Grey Weather, adesso, volavano piccole zolle di argilla umida e una colpì Dirk al petto, schiaccianPagina 219
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) dosi sulla seta bianca della camicia. L'andatura di Sun Dancer cambiò, quando avvertì il terreno molle. « Calma, bella, calma », bisbigliò Dirk, stringendola saldamente tra le ginocchia per incuterle sicurezza. L'erba strisciava contro le sue staffe e, davanti a lui, Grey Weather aveva raggiunto l'acqua. Sollevando schizzi, era entrato nel pantano, e gli alti papiri l'avevano inghiottito. « Il vecchio aveva ragione », si disse Dirk, sorridendo per la prima volta. Michael si stava aprendo un varco tra le piante acquatiche, e le appiattiva favorendo Sun Dancer. Per due volte Grey Weather sprofondò fino al ventre in una buca e dovette lottare per uscire dal fango, indicando a Dirk il pericolo. Cavalli e cavalieri erano coperti di melma. La palude puzzava come la gabbia di una belva ed eruttava grosse bolle di gas. Nugoli d'insetti si alzavano intorno a esse, un uccello sakabula fuggì stridendo. L'orlo tagliente d'una foglia sfregiò una guancia di Michael e un rivoletto di sangue prese a scorrere sulla sua mascella, lavò gli schizzi di fango e gocciolò sulla camicia. Poi, a un tratto, il terreno s'indurì sotto di loro, la fitta macchia di papiri si divise in ciuffi, si assottigliò e rimase alle loro spalle, mentre Grey Weather prima e Sun Dancer poi attaccavano la scarpata. « Sei finito! » gridò Dirk a Michael, affiancandolo. « Vado ad aspettarti al traguardo », e si curvò sulla sella, colpendo contemporaneamente Sun Dancer con gli speroni e la frusta. Senza forzare il cavallo, Michael lo fece voltare verso destra e, allentate le redini, lo lasciò libero di scegliere la propria strada, salendo a zigzag. Nel tratto piú ripido, sotto la cresta, Dirk usò incessantemente la frusta e Sun Dancer salì con una serie di balzi. Pietre sciolte rotolavano sotto i suoi zoccoli e il sudore le aveva lavato il fango dalle spalle. Ad ogni balzo, la puledra perdeva un pò di controllo. « Forza, puttana, forza! » gridò Dirk, voltandosi a guardare la calma ascesa di Michael. Era circa duecento metri piú sotto e procedeva con regolarità. Il movimento di Dirk fece perdere l'equilibrio a Sun Dancer che atterrò male, scivolò e accennò a cadere. Dirk sfilò i piedi dalle staffe e saltò giú di sella, senza lasciare le redini. Nell'attimo in cui toccò terra, si piegò all'indietro cercando di trattenere la puledra, che era già in ginocchio e scivolò, trascinando Dirk, fino a una specie di piazzuola parecchio piú in basso. Lottarono entrambi e, quando infine Dirk riuscì a rimetterla in piedi, Sun Dancer tremava di terrore. « Maledetta! Sporca puttana maledetta! » borbottava Dirk, passando le mani sui garretti per controllare che non vi fossero danni. Si voltò per guardare dove fosse Michael e lo vide molto vicino. « Oh, Dio! » esclamò e, afferrate le redini, trascinò Sun Dancer su per l'erta. Quando arrivò sulla cresta, il sudore gli inondava il viso e gli infradiciava la camicia. La saliva si era trasformata in una spessa schiuma gommosa e il respiro gli raschiava i polmoni... Ma era ancora in testa e Sun Dancer aveva superato l'accesso di tremito e si era ripresa, tanto che scartò lievemente quando Dirk risalì in sella. « Di qua, Dirkie! » In piedi sul cumulo di pietre che segnava il confine di Theunis Kraal, i due commissari gridavano e agitavano le braccia. Dirk affondò gli speroni nei fianchi della puledra e si lanciò al galoppo lungo la cresta, sfrecciando davanti ai due uomini in direzione del boschetto a cinque chilometri piú avanti. « Raggiungilo, Mike! Forza! Forza! » Fioche grida alle sue spalle... E Dirk seppe senza doversi voltare che Mike aveva raggiunto la cresta e lo inseguiva. Fece schioccare le briglie sul collo della puledra, rimpiangendo amaramente il tempo perso sulla salita e odiando per questo sia Sun Dancer sia Michael. A quel punto si sarebbe dovuto trovare in vantaggio di almeno quattrocento metri, non di cinquanta! Direttamente davanti a lui, adesso, c'era la gola attraverso la quale il Baboon Stroom scendeva dalla scarpata, tra due fitte ali di cespugli. Dirk trovò il sentiero che portava al guado e gli zoccoli di Sun Dancer tambureggiarono con rapida sincronia sulla terra battuta, ma dietro di lui, come un'eco, udì un altro battito... Michael era Pagina 220
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) sul viottolo. Dirk guardò indietro da sotto il braccio. Michael era così vicino che Dirk poté scorgere gli angoli della sua bocca incresparsi in un sorriso. La cosa lo infuriò. « Bastardo! » ringhiò, e riprese a usare la frusta sui fianchi e sulle spalle di Sun Dancer, che allungò l'andatura: giú per la ripida sponda dei fiume e quindi sul banco di sabbia, con Grey Weather ormai a ridosso. Infine si trovarono affiancati nell'acqua verde scuro, e scivolarono dalle selle per nuotare, nel punto piú profondo, con la corrente che li portava verso le cascate. Poi di nuovo in groppa, neli'attimo in cui gli zoccoli dei cavalli trovarono il fondo, e furono sulla sabbia della riva, gridando d'eccitazione mentre si lanciavano verso il sentiero che risaliva la sponda coperta di cespugli. Chi l'avesse imboccato per primo sarebbe stato in vantaggio. « Fa' strada! Sono io in testa... Fa' strada! » gridò furiosamente Dirk. « Fattela tu la strada! » rispose Michael ridendo. « Bastardo », ringhiò Dirk, e usò le ginocchia e le redini per spingere il fianco di Sun Dancer contro Michael. « Ehi! Niente gioco sporco! » lo ammonì l'altro. Ora cavalcavano ginocchio contro ginocchio. Rapido come il baleno, Dirk piazzò la punta dello stivale sotto il piede di Michael, poi con un subdolo colpo verso l'alto lo sfilò dalla staffa e, contemporaneamente, diede a Michael una spallata. Sentendosi cadere, Michael si afferrò al pomo della sella, facendola scivolare di lato, e lo spostamento di peso costrinse. Grey Weather a uscire dal sentiero. Michael cadde a terra battendo di spalle e rotolò con le ginocchia premute sul petto. « Beccati questo! » urlò Dirk in tono di sfida, mentre lasciava la sponda e spronava Sun Dancer sul terreno scoperto. Dietro di lui, nel letto dei fiume, Michael si rialzò e corse verso Grey Weather, che stava trottando verso l'acqua, con la sella penzolante sotto il petto. « Sporco maiale. Mio Dio, se lo sapesse Sean! » Afferrò il cavallo prima che cominciasse a bere e sistemò la sella. «Ora non devo lasciarlo vincere! » si disse, risalendo in groppa. « Non devo! » Duecento metri piú avanti, la camicia di Dirk era una piccola macchia bianca sull'ocra dell'erba. Mentre girava intorno alla cisterna, uno dei commissari gli gridò: « Cos'è successo a Michael? ». « E' caduto nel fiume », rispose Dirk, trionfante. « E' finito! » « E' in testa... Dirk è in testa! » Sean, in piedi sul cofano della Rolls col binocolo puntato sul boschetto, fu il primo a scorgerlo. « E Michael? » domandò Ruth. « Non può essere molto indietro », mormorò Sean, attendendo ansiosamente di vederlo apparire. Si era infuriato, vedendo il modo in cui Dirk attaccava la scarpata, brutalizzando la povera Sun Dancer. Poi l'aveva esortato a darsi una maledetta mossa durante la corsa lungo la cresta, quando Michael aveva cominciato a guadagnare terreno. Infine i due cavalieri erano scomparsi alla vista. « Il piccolo idiota sta allargando troppo. Gli ho detto di tagliare sull'orlo della palude... Non di girarvi attorno! » « Ma dov'è Michael? » ripeté Ruth. Sean alzò un poco il binocolo e ispezionò la cresta, con un primo moto di preoccupazione. « Non si vede ancora... Deve aver avuto qualche guaio. » « Credi che sia caduto? Si sarà fatto male? » « Come faccio a saperlo! » L'ansia lo rendeva irritabile, ma subito si pentì del proprio scatto e cinse Ruth alla vita. « E' assurdo preoccuparsi. Michael sa badare a se stesso. » Scivolando per quasi tutto il tempo sulle zampe posteriori, Sun Dancer aveva percorso un buon tratto della discesa, lasciandosi dietro una scia di polvere. « Ancora nessun segno di Michael? » insistette Ruth, muovendosi inquieta contro Sean. « No », grugnì lui. « Dirk può permettersi di aggirare la palude. Ha un vantaggio di almeno quattrocento metri. » Infine dalla folla si levò un sospiro di sollievo, simile a una folata di vento su un campo di grano. « Eccolo! » « Viene giú dritto verso la palude. » Pagina 221
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Ma non può farcela, a meno che non si metta a volare! » Sean spostò il binocolo da Dirk a Michael, poi di nuovo su Dirk, valutando le velocità e le posizioni: Michael avrebbe perduto tempo nella palude, ma Dirk, aggirandola, doveva percorrere una distanza maggiore. « Sarà un bel finale... » disse. « Dirk è in vantaggio, ma sarà un bel finale. » Ada non la pensava allo stesso modo. Dirk era in testa, quindi avrebbe vinto. Guardò Garryck. Era vicino a uno dei pali del traguardo, a un centinaio di metri, ma perfino da quella distanza non si poteva equivocare circa la curva delle spalle e l'infelicità che lo circondava come un'aura di disfatta. Gli zoccoli di Sun Dancer stavano facendo a pezzi la sua vita. Non potendo piú resistere, Ada scese dalla carrozza e corse attraverso la folla verso la Rolls, sul cui cofano Sean si ergeva come un trionfante colosso. « Sean », disse, toccandogli una gamba. Ma il figliastro era così preso dalla corsa che non sentì né la voce né il tocco della sua mano. « Sean », gridò Ada, tirandogli i pantaloni. « Mamma », fece lui, lanciandole un'occhiata distratta. « Devo parlarti », urlò la donna sovrastando il chiasso crescente della folla. « Non ora. Siamo al finale. Sali quassú, così potrai vederlo » « Ora. Devo parlarti ora. Scendi immediatamente! » Colpito dal suo tono, Sean ebbe ancora un attimo di esitazione, mentre lanciava un'occhiata furtiva alla corsa. Poi si strinse nelle spalle, rassegnato, e saltò giú dal cofano. « Che cosa c'è? Per piacere, fa' presto, non voglio perdere... » « Farò prestissimo. » Sean non l'aveva mai vista in preda a una così fredda collera. « Voglio soltanto dirti che non avrei mai creduto che sarebbe giunto il giorno in cui avrei provato per te soltanto disprezzo. Sconsiderato lo sei stato spesso... Ma spietato mai. » « Mamma, cosa... » Sean era sbalordito. « Ascoltami bene. Hai deciso di distruggere tuo fratello e ci sei riuscito. Bene, spero che tu ne goda. Theunis Kraal è tuo ora. Godine, Sean. E dormi bene la notte. » « Theunis Kraal! Di che diavolo stai parlando? » gridò Sean, sconcertato. « Non ho mica scommesso Theunis Kraal! » « Ah, no », lo schernì Ada. « Certo che non hai scommesso... l'hai fatto fare a Ronny Pye! » « Pye? Cos'ha a che fare Ronny Pye con questa faccenda? » « Tutto ha a che fare! Pye ti ha aiutato a organizzarla... A indurre Garry a commettere una simile follia. Ronny ha un'ipoteca su Theunis Kraal! » «Ma ... » Pian piano Sean cominciò a intravedere la mostruosità del raggiro che si stava compiendo. « Prima gli hai preso la gamba... Ora Theunis Kraal, ma questo ti costerà il mio affetto. » Guardò Sean negli occhi. I suoi erano accecati dal dolore. «Addio, Sean. Non voglio parlarti mai piú», e si allontanò. Camminava come una vecchia, una vecchia stanca, sfinita. Sean capì e cominciò a correre verso il traguardo, fendendo la folla come uno squalo che attraversi un banco di sardine. Al di sopra delle teste vedeva i due cavalieri galoppare verso la dirittura d'arrivo. Conduceva Dirk, sollevato sulla sella, con la frusta in azione. Il vento gli agitava i capelli e gli gonfiava la camicia sporca di fango. Sotto di lui la puledra pareva volare, e il battito degli zoccoli sovrastava il crescente ruggito della folla. Il corpo dell'animale era scuro e lucido di sudore, e la bava schizzava dalla sua bocca aperta, ricamandogli un pizzo bianco sul petto e sui fianchi. A cinquanta incolmabili metri di distanza galoppava lo stallone: Michael lo colpiva furiosamente coi calcagni. Il volto del giovane era contorto da una smorfia di disperazione. Grey Weather era allo stremo, con le zampe pesanti e il respiro ridotto a un raschio affannoso. Sean si fece largo tra i corpi accalcati lungo la corda. Arrivato dietro la prima fila passò tra due donne con una spallata e, curvatoPagina 222
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) si, sgusciò in pista. Sun Dancer era quasi su di lui, gli zoccoli che tambureggiavano in crescendo, la testa che si alzava e si abbassava a ogni falcata. « Dirk! Fermala! » ruggì Sean. «Pa'! Pa'! Togliti di mezzo... » gridò il ragazzo, ma Sean balzò proprio davanti all'animale. « Pa'! » Sean era di fronte a lui, accoccolato a braccia larghe. Troppo vicino perché Dirk riuscisse a far svoltare Sun Dancer, troppo tardi per arrestarne la carica. « Salta, bella, salta », gridò Dirk, e strinse le ginocchia, sentendo che la puledra rispondeva ritraendo le zampe anteriori contro il petto e balzando in avanti in un'alta parabola; ma capì anche che era troppo esausta per superare la testa di Sean. Un momento angoscioso, mentre Sun Dancer si staccava da terra; poi il gemito inorridito del pubblico, quando le zampe anteriori colpirono Sean e la cavalla roteò in aria, cadendo. Le cinghie delle staffe si spezzarono con due colpi secchi e Dirk precipitò al suolo. Grida stridule di donne si levarono dalla folla. Sun Dancer si rialzò con una zampa anteriore che penzolava dal ginocchio, nitrendo per il dolore provocato dall'osso spezzato. Sean era steso sulla schiena con la testa reclinata su una spalla e dalla tempia lacerata il sangue gli colava sulle narici e sulla bocca. Dirk, con una guancia ferita e i gomiti spellati, lo raggiunse procedendo carponi, poi, in ginocchio accanto a lui, alzò entrambe le mani strette a pugno e cominciò a colpire selvaggiamente il petto e il viso del padre privo di sensi. « Perché l'hai fatto? Ti odio! » gridò, in preda allo shock, alla rabbia e alla disperazione. « Io correvo per te! E tu mi hai fermato, mi hai fermato! » Michael arrestò Grey Weather, saltò giú di sella e corse dal ragazzo, gli afferrò le braccia, lottando con lui per trascinarlo lontano da Sean. « Lascialo stare, carogna! » « Non voleva che vincessi. Mi ha fermato, lo odio. Lo ucciderò! » La folla avanzò ondeggiando, travolgendo la corda, e due uomini aiutarono Michael a trattenere Dirk, mentre gli altri facevano cerchio intorno a Sean. « Dov'è il dottor Fraser? » « Cristo, è conciato male! » « Prendete quel cavallo. Bisogna sparargli. » « Come la mettiamo con le scommesse? » « Non toccatelo. Aspettate... » « Sparate a quel cavallo! Per l'amor di Dio, qualcuno spari a quella povera bestia. » Poi si fece un gran silenzio, mentre la folla si apriva per lasciar passare Ruth che correva verso Sean seguita da Mbejane. « Sean. » S'inginocchiò accanto al marito, goffa per il suo stato di gravidanza. « Sean », ripeté, e gli uomini intorno a lei si sentirono costretti a distogliere lo sguardo dal suo volto. « Mbejane », bisbigliò Ruth, « portalo all'auto. » Lo zulu si lasciò scivolare dalle spalle il mantello di pelo di scimmia e, chinatosi, sollevò Sean. I grossi muscoli del petto e delle braccia si tesero e Mbejane rimase per un attimo così, a gambe larghe. « Il braccio, Nkosikazi. » Ruth sollevò il braccio penzolante di Sean e lo sistemò sul torace. « Portalo all'auto », ripeté e insieme attraversarono la folla. La testa di Sean posava sulla spalla di Mbejane come quella di un bambino addormentato. Poi lo zulu lo dispose dolcemente sul sedile posteriore della Rolls, col capo sul grembo di Ruth. « Papà, papà », ripeteva Storm, con la faccia stravolta dall'orrore alla vista del sangue, tremante come un coniglietto spaventato. « Vuoi guidare tu, Michael, per favore? » chiese Ruth al giovane che si era portato accanto alla Rolls. « Andiamo in Protea Street. » Con Mbejane che correva di lato, la grossa auto uscì dal campo tra due ali di facce ansiose e imboccò la strada principale. 86. Pagina 223
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Mmentre la folla intorno a lui si sparpagliava lentamente, dirigendosi verso le carrozze, Dirk Courteney guardò la Rolls sparire in una nuvola di polvere. Per la reazione gli tremavano le gambe e aveva un senso di nausea. L'escoriazione sulla guancia bruciava come se vi fosse caduto sopra dell'acido. Tornando dalla propria carrozza con un pesante revolver dell'esercito in mano, Dennis Petersen gli si accostò. «Sarà meglio che tu vada a farti medicare dal dottor Fraser. Bisogna mettere qualcosa su quella faccia», disse. « Sì », rispose distrattamente Dirk, mentre Dennis si avvicinava a Sun Dancer. Instabile su tre zampe, ma tranquilla, ora la puledra stava a testa bassa tra due stallieri indigeni. Dennis posò la canna dei revolver sulla sua fronte. Allo sparo, l'animale arretrò violentemente e cadde, tremando. Le zampe s'irrigidirono in un'ultima convulsione, poi la cavalla giacque immobile. Guardandola, Dirk fu percorso da un brivido e si voltò di scatto per vomitare sull'erba. Un rigurgito caldo e acido. Si asciugò la bocca con il palmo della mano e s'incamminò: senza una direzione precisa, alla cieca, fuori del campo. Nella sua testa, tenendo il ritmo con le gambe come se si trattasse dei ritornello d'un canto di marcia: Non mi vuole. Non mi vuole. E poi, con rabbia: Spero che muoia. Ti prego, fa' che muoia. «Ti prego, fa' che muoia», disse Anna Courteney, così piano che Garry, in piedi accanto al calessino, non sentì. Stava con le spalle curve e la testa china in avanti e rifletteva: le mani lungo i fianchi si aprivano e si chiudevano meccanicamente. Con gran lentezza ne sollevò una e si fregò le palpebre. « Vado da lui », disse. « Dio mi aiuti, ma devo andare da lui. » « No! Te lo proibisco. Lascia... Lascia che soffra come ho sofferto io. » Garry scosse la testa. « Devo. Questa folli dura da troppo tempo. Devo. E prego il Signore che non sia troppo tardi. » « Lascia che muoia. » E, improvvisamente, fu come se qualcosa si rompesse nella testa di Anna, schiantata sotto il peso dell'odio tanto a lungo coltivato. Si alzò urlando dal sedile del calesse. « Muori, maledetto! Muori! » Garry la guardò allarmato. « Controllati, cara. » « Muori! Muori! » Il suo volto era coperto di chiazze rosse e la voce le usciva rauca dalla gola, come se qualcuno la stesse strangolando. Garry balzò accanto a lei e l'avvolse con un abbraccio protettivo. « Sta' lontano da me. Non toccarmi », strillò Anna, cercando di divincolarsi. « Per colpa tua l'ho perduto. Lui così grande, così forte. Era mio, e a causa tua... » « Anna, Anna, ti prego », supplicò Garry, tentando di calmarla. « Smettila, cara, non gridare. » « Per te, brutto storpio. Per colpa tua. » E in quel momento venne fuori, dovette sgorgare, come pus da un ascesso: « Ma ti ho ripagato. L'ho tolto anche a te... E adesso è morto. Non lo avrai mai ». E rise, gongolante, fuori di senno. « Anna. Smettila. » « Quella sera... Ricordi quella sera? Ma certo!... Né tu né lui potrete mai dimenticarla. Lo volevo, lo volevo grosso come un toro sopra di me, lo volevo dentro forte e a fondo, come una volta... Lo supplicai. Lo implorai. Ma a causa tua, a causa dei suo piccolo e debole fratello storpio... Cristo, come l'ho odiato! » Rise di nuovo, il suono stridulo del dolore e dell'odio. « Mi strappai i vestiti e mi morsi le labbra, come avevo desiderato che facesse lui. Quando tu arrivasti, volevo... Ma avevo dimenticato che sei solo un mezzo uomo! Volevo che lo uccidessi... Che lo uccidessi! » Così pallido che il sudore sul suo volto luccicava come acqua sul marmo, Garry si staccò da lei con un moto di ribrezzo. « E io che ti ho creduto. Per tutto questo tempo ho creduto che lui... » Quasi cadde dal calessino e si appoggiò alla ruota per mantenersi in equilibrio. « Quanti anni sprecati! » E cominciò a correre, Pagina 224
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) arrancando con la gamba di legno. « Vuoi un passaggio, Garry?» chiese Dennis Petersen, affiancandolo con la carrozza. « Sì. Sì, grazie! » Garry afferrò il corrimano e si tirò su, accanto « Dennis. « Portami da Sean, ti prego. Piú presto che puoi. » 87. Silenziosa, deserta, la grande casa l'avvolgeva come un bozzolo. Buia, con le persiane chiuse, malinconica e immensa, odorava di muffa, come se vecchie passioni fossero morte tra le sue pareti. In piedi al centro del salone, Anna gridò il suo nome: « Theunis Kraal! ». E le mura spesse attutirono la voce della sua follia. « E' morto! Mi senti? L'ho tolto anche a te. » Rise, trionfante, con le guance inondate di lacrime. « Ho vinto! Mi senti? Ho vinto! » La pena distorceva il suo riso. Raccolse una pesante lampada di vetro e la lanciò attraverso la stanza, fracassandola. Il petrolio si sparse sulla parete e impregnò il tappeto. « Theunis Kraal! Mi sentì? Ti odio! Odio te, lui... Tutti! » La sua furia esplose; Anna strappò i quadri dalle pareti e li scaraventò a terra, così che i frammenti di vetro scintillarono nella fitta penombra come gioielli, con una sedia fracassò la vetrina e tutte le vecchie porcellane che conteneva; spazzò via i libri dagli scaffali e ne lacerò le pagine. « Ti odio! » urlava. « Ti odio! » E la grande casa attendeva in silenzio. Stanca di emozioni: vecchia, triste e saggia. « Vi odio... Vi odio tutti! » Attraversò di corsa il corridoio e la cucina, fino alla dispensa. Sullo scaffale piú basso c'era un contenitore pieno di alcool metilico e la donna lottò ansimando con il tappo. Quando riuscì a toglierlo, il liquido chiaro traboccò e scorse lungo i lati metallici. Anna afferrò il bidone stringendolo con entrambe le braccia contro il petto, e tornò in cucina. L'alcool si versava sulla gonna, imbevendola, e si allargava in una striscia sempre piú estesa sul pavimento di pietra. « Ti odio! » Rise, inciampò e, continuando a stringere il bidone, urtò contro il fornello. Il metallo rovente le ustionò un fianco, ma Anna non sentì dolore. La gonna impregnata d'alcool strisciò contro lo sportello dietro il quale ardevano le braci, una scintilla colpì la stoffa e l'incendiò, così che, quando Anna riattraversò il corridoio, si lasciava dietro una scia di fumo. Tornata nel salone, versò l'alcool sui libri e sul tappeto; strappò le lunghe tende di velluto, ridendo. Non si accorse delle fiamme, finché non si appiccarono alla sua sottoveste. Allora ricominciò a gridare per il supplizio dei corpo e della mente straziati. Lasciò cadere il bidone, che esplose e l'inondò di un'azzurra fiamma liquida, trasformando il suo viso, i capelli e tutto il suo corpo in una torcia vivente, una torcia che stramazzò e si contorse e spirò prima che il fuoco raggiungesse la paglia dei tetto di Theunis Kraal. 88. Stavano l'uno di fronte all'altro nella parte centrale del dhow, e il sole gettava le loro ombre sul ponte sudicio. Due giovani alti, entrambi molto abbronzati e coi capelli neri, entrambi col grande naso dei Courteney... Ed entrambi infuriati. Da poppa, tre uomini dell'equipaggio arabo li osservavano incuriositi, ma con discrezione. « Dunque non vuoi tornare a casa? » chiese Michael. « Ti sei intestardito in questa puerilità? » « Perché vuoi che torni? » « Io? Cristo, se non ti vedessi piú sarei l'uomo piú felice del mondo. Ladyburg sarà una città piú pulita senza di te. » « Allora perché sei venuto? » « Perché me l'ha chiesto tuo padre. » « Non poteva venire lui stesso? » chiese con amarezza Dirk. Pagina 225
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Non sta ancora bene. La ferita alla testa era piuttosto grave. » « Se mi volesse davvero, sarebbe venuto. » « Ha mandato me, no? » « Ma perché ha voluto che vincessi tu? Perché mi ha fermato? » « Sta' a sentire, Dirk. Tu sei ancora un ragazzo. Ci sono molte cose che non capisci. » « Ma davvero?! » esclamò Dirk, gettando indietro la testa e scoppiando in una risata sprezzante. «Ah no, io capisco tutto! E adesso farai meglio a scendere. Stiamo per salpare. » « Ascolta, Dirk... » « Vattene. Torna da lui... Puoi prenderti anche la mia parte. » « Stammi a sentire, Dirk. Sean mi ha detto che, se ti fossi rifiutato di tornare, avrei dovuto darti questa », e Michael estrasse una busta dalla tasca interna della giacca, tendendola a Dirk. « Cos'è? » « Non so... Immagino che sia denaro. » Dirk si avvicinò lentamente e prese la busta. « Vuoi che gli dica qualcosa? » Dirk scosse la testa e Michael, voltatosi, scese con un balzo sul pontile di legno. Nello stesso istante si udì un tramestio: gli arabi stavano mollando le cime. In piedi sull'estremità del molo, Michael guardò la piccola, tozza imbarcazione scivolare sulle acque della baia di Durban. Poteva sentire ancora il puzzo della sua sentina; le fiancate erano striate di escrementi umani; l'unica vela che saliva lentamente, mentre l'equipaggio inalberava la lunga antenna di teak, era macchiata e rattoppata come una vecchia trapunta. Il vento la investì e l'imbarcazione si mosse sulla sporca acqua verde, puntando verso la diga, dove le onde si frangevano languidamente in schiuma. I due fratellastri si fissarono, mentre la distanza tra loro aumentava sempre piú. Nessuno dei due fece cenni di saluto o sorrise. Il dhow prese il largo. Il volto di Dirk era una macchiolina bruna sul bianco dell'abito tropicale. Poi, improvvisamente, si udì la sua voce. « Digli... » Flebile, lontana. « Digli... » Il resto si perse nel vento e nel debole sciabordio dell'acqua sotto il molo. 89. Dall'orlo della scarpata, dove erano seduti, i muri di Theunis Kraal sembravano pietre tombali annerite dal fumo indicanti un cimitero dell'odio. «E' ora che cominci a ricostruire », brontolò Sean. « Non puoi restare per sempre in Protea Street. » « No. » Garry fece una pausa prima di continuare: « Ho già scelto il punto in cui sorgerà la nuova casa... Laggiú, dietro la cisterna numero due ». Entrambi distolsero gli occhi dalle rovine e rimasero in silenzio, finché Garry chiese timidamente: « Vorrei che tu dessi un'occhiata al progetto. Non sarà grande come la vecchia casa, ora che siamo solo io e Michael. Non potresti... ». «Certo», disse in fretta Sean. «Perché non lo porti a Lion Kop domani sera? Ruth vorrebbe averti a cena. » « Mi piacerebbe. » «Vieni presto», disse Sean, e cominciò a sollevarsi dalla roccia su cui stava seduto. Si muoveva lentamente, in modo goffo... E Garry balzò in piedi per aiutarlo. Contrariato dalla debolezza del proprio corpo che guariva con tanta lentezza, Sean si sarebbe volentieri scrollato di dosso le mani zelanti di Garry. Ma l'espressione sul viso del fratello lo trattenne. «Aiutami finché non siamo sul terreno liscio, per piacere», disse in tono burbero. A fianco a fianco, Sean col braccio intorno alle spalle di Garry, si diressero verso il punto in cui avevano lasciato il calessino. Con cautela Sean vi salì e si sistemò sul sedile di cuoio imbottito. « Grazie. » Raccolse le redini e sorrise a Garry, il quale arrossì di piacere e spostò lo sguardo sui filari di giovani acacie che si estendevano all'infinito sulle colline di Theunis Kraal. Pagina 226
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) « Sembra che vengano su bene, vero? » chiese. « Tu e Michael avete fatto miracoli quassú », assentì Sean. « Fratelli Courteney e Figlio. » Garry pronunciò a bassa voce il nome della nuova società che aveva fuso le proprietà di Lion Kop e di Theunis Kraal in un'unica immensa tenuta. « Alla fine, tutto si è sistemato, così come sarebbe dovuto accadere molto tempo fa. » « A domani, Garry. » Sean fece schioccare le redini e il calessino si mosse, sobbalzando dolcemente sulla superficie irregolare della nuova strada. «A domani, Sean», gli gridò dietro Garry, e seguì con lo sguardo il calesse finché scomparve tra gli alberi. Poi raggiunse il proprio cavallo e montò in sella. Si fermò ancora un momento a guardare le file lontane di braccianti zulu che lavoravano cantando e scorse Michael che cavalcava tra loro, arrestandosi di tanto in tanto per esortarli. Garry cominciò a sorridere, e quel sorriso attenuava le rughe intorno ai suoi occhi. Toccò il cavallo con gli speroni e scese al trotto per unirsi a Michael. Questo volume è stato impresso nel mese difebbraio dell'anno 1995 presso Arnoldo Mondadori Edìtore S.p.A. Stabilimento Nuova Stampa di Mondadori Cles (TN).
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