In questa stessa collana
Ebraismo Buddhismo Induismo
Malise Ruthven Islam Edizione italiana a cura di Giuseppina lgon...
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In questa stessa collana
Ebraismo Buddhismo Induismo
Malise Ruthven Islam Edizione italiana a cura di Giuseppina lgonetti Traduzione di Norman Gobetti
Einaudi
Indice
p.
vn xm xv
Nota all'edizione italiana di Giuseppina lgonetti Prefazione Cartine
Islam
142
Islam, musulmani e islamismo Il Corano e il Profeta III. Unicità divina IV. La shari'a e le sue implicazioni v. Donne e famiglia I due gihiid VI. Appendice: i cinque pilastri dell'islam
I47 151
Bibliografia Indice analitico
3 23 50 73 90 II5
Titolo originale Islam. A Very Short Introduction
© 1997 Malise Ruthven This translation initially published in English in 1997 is published by arrangement with Oxford University Press
© 1999 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino www .einaudi .it ISBN 88-06-14953-9
I.
II.
Nota all'edizione italiana di Giuseppina Igonetti
spesso anto una . L'affermazione armi fa, perché i due termini erano sinonimi - ci sembra bene rappresentare il percorso seguito da Malise Ruthven, dell'università di Aberdeen, nel redigere questo saggio, qui proposto in veste italiana, sulla terza, grande religione monoteista, l'islam. Sono ormai lontani i tempi in cui - il racconto è di uno scrittore inglese-* durante un seminario dell'Arameo, negli Stati Uniti, in uno dei t((St si chiedeva: «Che cosa è l'islam?» Vi fu chi rispose: «E un gioco d'azzardo, che assomiglia al bridge». Oggi, tutti sanno che cos'è l'islam, o dei ca. Nella perlomeno credono di
''Cfr. Monnot G., Islam et Religions, Maisonneuve et Larose, Paris 1986, P·7·
vm
GIUSEPPINA IGONETTI
tuanti furono rimodellati, nei secoli, da guerre di conquista e invasioni. evento coramco regwne nota come I:Iigaz, in Arabia, terra diseredata dalla natura, ma attraversata dalle grandi vie carovaniere e vera piattaforma strategica per le future, inarrestabili offensive del popolo di Allah contro le dell'Iran sasanide e l' · ·
· on vi è paese in Europa che non abbia una consistente comunità musulmana. In I t alia i dati sull'appartenenza religiosa degli stranieri stimano che i musulmani siano, attualmente, un milione: per piu di due terzi sono immigrati che provengono dall'Africa, in particolare, un musulmano su due è originario del Maghreb. Il resto proviene dai paesi dell'Est europeo e dall'Asia, principalmente dal Vicino Oriente e dal Subcontinente Indiano. Fenomeni poco frequenti solo qualche anno fa, come i matrimoni interreligiosi e l'aumento del numero delle moschee (in base ai dati forniti da un documento di Internet sarebbero circa un centinaio: per lo piu sono appartamenti o semplici capannoni adibiti a luogo di preghiera), diventano sempre piu diffusi. Si diffondono anche le macellerie islamiche e i negozi gestiti da maghrebini, dove, accanto a qualche capo di abbigliamento femminile arabo o berbero, spiccano confezioni di tè verde, di malsuqah o di dyul- sottilissime sfoglie di pasta da farcire con ripieno dolce oppure salato-, rose del deserto e le piu svariate spezie, né manca la semola per il cuscus, tra l'altro presente in ogni nostro supermarket, segno di una nuova categoria di avventori, ma anche di métissage gastronomico. Accade cosi che nella zona di Porta Palazzo a Torino, nelle strade adiacenti a Piazza Garibaldi a Napoli, nel quartiere Ballarò e nella Vucceria a Palermo, aromi
NOTA ALL'EDIZION E ITALIANA
IX
nostrani si mescolino a quelli tipici dei suq maghrebini. Dunque, in Italia, il confronto fra le culture e la sperimentazione delle differenze hanno già posto le basi per incidere sulla nostra società che, periodicamente, emette segnali di saturazione e, talvolta, di xenofobia. Che le migrazioni internazionali, tuttavia, siano ritenute un elemento vitale ed evolutivo importante nel processo di sviluppo economico, sociale e politico dei popoli perché influenzano sia la società di sia quella di arrivo, è un dato di fatto. d'altra
ancora
e
'-''-'-~'"''-'·H'- costituiscano mondi impermeabili, dotati di
identità talmente forti e diverse che ogni passo da percorrere sulla strada di una reciproca, migliore comprensione sia lento e impegnativo. Ma un passo si può muovere in mille modi, e uno fra questi è proprio la pubblicazione del libro di Malise Ruthven, in cui la padronanza della materia si coniuga felicemente con uno stile semplice ed elegante. Ecco allora che si comincia a conoscere l'islam e a rendersi conto di quanto l'altra sponda sia vi-
non con , ma anche con la guerra del Golfo, il sanguinoso conflitto etnico della ex lugo-
x
GIUSEPPINA IGONETTI
slavia, e col fenomeno dei movimenti islamici. Ecco perché è necessario che l'informazione si trasformi in sapere, affinché l'Altro sia visto nella giusta dimensione e non demonizzato, accentuando cosi i rischi di reciproca esclusione. Oggi, è facile attribuire molte colpe ai media per l'immagine distorta dell'islam che ci trasmettono, ma è anche vero che saremmo molto piu critici e consapevoli se fossimo in grado di discernere le manipolazioni dell'informazione, le idee troppo semplici e troppo generali da un discorso concreto e responsabile e, specialmente, se riconoscessimo quanta parte di quei conflitti, prima di essere attuata concretamente con le armi, sia anzitutto qualcosa di mentale e psicologico. Unico filo conduttore del saggio è la religione islamica dalle origini ai nostri giorni; il lettore si deve confrontare con i vari aspetti, che tutti insieme tessono una trama chiara e completa: l'islam come identità e come storia, la figura di Maometto, il Corano, la shari'a, il ruolo della donna, la guerra santa, via via fino all'attuale situazione irachena e algerina, ove la normalizzazione del paesaggio politico nasce con l'aiuto del forcipe su uno sfondo di grave e profonda crisi sociale. Tutto ciò non sfugge alle duplici problematiche del religioso e del politico, del nazionale e dell'universale, e della paradossale strumentalizzazione della religione da te
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Ciò non significa però un processo democratia pnon co, poiché l'intolleranza non nasce dal Corano. Parlare dell'islam non è certo facile, e se è vero che in
NOTA ALL'EDIZIONE ITALIANA
XI
Italia sono state pubblicate sia opere frutto di approfondite ricerche e acute riflessioni sia manuali divulgativi, merita attenzione ogni nuovo studio in grado di stimolare l'interesse del lettore e guidarlo nella comprensione della complessità intellettuale e spirituale di questa religione. Malise Ruthven riesce a raccontare l'islam in modo meditato e imparziale, equilibrando la duplice esperienza di «accademico con un passato da giornalista». Ne ricostruisce con serietà e chiarezza l'evoluzione storica, politica e religiosa, dà il giusto rilievo tanto agli avvenimenti circoscritti quanto a quelli macroscopici, e presenta al lettore opinioni diverse, facendo il punto della situazione. Il tutto in un linguaggio lineare che contribuisce a rendere utile questo testo sia al profano sia allo studente interessati al mondo musulmano. Ormai l'islam è parte integrante del panorama sociale, giuridico e politico del nostro vecchio continente e la presenza sedentarizzata di una forte minoranza musulmana ha prodotto, specie nei paesi che hanno conosciuto l' avventura coloniale, una serie di fenomeni paradossali, evidenziando il rifiuto dell'Altro e tutti i fantasmi che la società moderna vi ha costruito sopra. Quando in Francia è scoppiato il «caso» del foulard islamico ci si è trovati di fronte a un tabu assoluto, generato dalla totale mancanza nella istruzione scolastica di qualsiasi forma di cultura religiosa, anche nelle forme piu superficiali di presentazione storica, critica e comparatistica. Mentre si assiste al proliferare di sette e di secolari paure, solo lo studio e la conoscenza possono rivelarsi strumenti validi per sanare i fossati sempre piu profondi esistenti fra etnie che coabitano nello stesso territorio e far si che per ognuno l'Altro non resti tale, ma si trasformi in alter ego.
Prefazione
Breve guida per il lettore. Vi sono vari sistemi di traslitterazione scientifica per fare corrispondere le ventotto.lettere dell'alfabeto arabo, considerate tutte consonanti, alle lettere degli alfabeti occidentali. Poiché le lettere del nostro alfabeto sono in numero inferiore rispetto a quelle arabe si fa uso di segni diacritici posti sopra o sotto le lettere dell'alfabeto latino. Per facilitarne la pronuncia diamo una tabella della traslitterazione adottata per le consonanti diverse dall'italiano.Il trattino orizzontale posto sulle vocali ne allunga il suono. Carattere
Pronuncia
h
attacco vocalico th (inglese think) j h molto aspirata raschio come il «ch» di Friedrich in tedesco. th (inglese the) s di rosa s di sole se di sci enfatica di «S» enfatica di «d» enfatica di «t» enfatica di «Z» suono faringale simile a nine inglese senza la «n» specie di «t» parigina q gutturale enfatica h leggera
w y
i
t/th
g 1;t
b/kh
d z
s
s ~
4 g/gh q
u
Scrivere una «brevissima introduzione» alla religione cui appartiene circa un quinto dell'umanità è stato un e la · compito improbo. La brevità si fonda sulla selezione sull'esclusione. su certe quest10ni a scapito di altre, ho seguito i miei istinti e i miei pregiudizi. Sono un accademico con un passato da giornalista, e in questo libro convivono le mie due nature. Come giornalista, sono abituato a tenere d'occhio i titoli dei quotidiani. Conscio del fatto che l'islam è da molti considerato una forza ostile, un possibile sostituto del comunismo come principale avversario ideologico delliberalismo postilluminista, ho dato ai suoi aspetti politici uno spazio che alcuni potranno giudicare eccessivo; altrettanto vale per il capitolo su donne e famiglia, una questione controversa, spesso in primo piano nelle notizie che ci giungono dal mondo islamico. Allo stesso tempo, in quanto accademico, ho cercato di evitare gli stereotipi e le facili generalizzazioni che di solito caratterizzano i media. Le prime stesure del testo, in tutto o in parte, sono state lette dal collega James Thrower e dai consulenti della Oxford University Press; li ringrazio molto per i suggerì-· menti, che ho cercato di inserire nella redazione definitiva. Deniz Kandiyoti ha scorso una prima versione del quinto capitolo; ho tenuto conto il piu possibile dei suoi validi consigli, e le sono grato per essere riuscit~ ad aiu-
XIV
ISLAM
CARTINE
tarmi nonostante i suoi molti impegni. Per mancanza di tempo, nessuno dei revisori ha potuto vedere il testo definitivo, per cui, in questo caso piu che mai, va ribadito che l'autore è l'unico responsabile di eventuali errori, omissioni e semplificazioni. Il materiale che compare nel sesto capitolo è stato pubblicato, in forma differente, in The Middle East and North Africa, Europa Publications; nelMuslim Almanac, a cura di Azim Nanji, Gale Reseach Inc.; e nella «London Review of Books».
I musulmani nel mondo.
xv
XVI
ISLAM
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l IJ L'espansione dell'islam.
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Un mondo con il centro alla Mecca.
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Islam
Capitolo primo Islam, musulmani e islamismo
Aprite un qualsiasi giornale, accendete la radio o il televisore, e troverete una notizia sull'islam, per lo piu corredata da immagini di violenza: in Kashmir, in Bosnia, in Algeria, o in Palestina. ~\ltg!or~~!e,~y~isc~~~1Tiil'i~làpl
t:fi~[~~~l~:l:ff{~e~~~tff~~& 1~~~~~à1t~f~a~~ per imporre le~:c}ll'GPJ:ie"#Qll'Yi:l44iom
la propria volontà. Ma, per chi ha piu familiarità con i musulmani e con le loro tradizioni, l'immagine di un islam militante non si addice a una fede considerata dalla maggior parte dei suoi seguaci - circa un miliardo nel mondo - non meno pa,clttca del buddhismo o del cristianesimo.
molti musulmani, l'idea di un islam aggressivo è frutto di una deformazione dei media occidentali. E non è difficile capire perché. In un'epoca di notizie urlate e approssimative e di quotidiani alla costante ricerca dello scandalo, la vita e i valori delle maggioranze pacifiche passano inevitabilmente in secondo , di fronte agli atti di minoranze rumorose.
ISLAM
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ISLAM, MUSULMANI E ISLAMISMO
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finisce cdtl: fl;con,diziol'l~~~ Samuel Euntington, autorevofè sostiene che «l'islam ha confini insanguinati», e che uno «scontro di civiltà» tra «islam», «Occidente» e una rinata Cina confuciana appare come il piu probabile scenario di conflitto globale dopo il crollo del comunismo. Simili posizioni hanno il loro corrispettivo sul versante musulmano: la parola gharb, in arabo e in altre lingue parlate dai musulmani, oltre a significare « Occidente», ha la stessa radice di gharzb, che vuoi dire «strano», «forestiero», «estraneo». Alimentate da ataviche reciproche concezioni dell'altro come ostile- che risalgono alle crociate -, quest · · · ssono fin facilmente avverarsi.
to scontro , acuto osservatore di questioni internazionali - è sostenuto da due punti di vista apparentemente contrapposti: da chi, soprattutto in Occidente, cerca di trasformare il mondo musulmano in un nuovo nemico, e da chi, nei paesi islamici, · afferma la necessità di uno scontro con i non musulmani e in particolare con l'Occidente». Definire l'islam non è affatto semplice. Utilizzando categorie occidentali, che potrebbero risultare estranee alla sensibilità islamica, osserviamo innanzitutto che con «islam» si può intendere sia una fede religiosa, sia un'ideologia politica, sia, in certi contesti, un segno di identità personale o collettiva. Le tre definizioni non si escludono a vicenda né sono interdipendenti.
Islam come identità.
un senza osservare . In società P.G~ ..m.usulm~e, upa per~qp.a 9J questq genere pu~ sçegliere, o vedersi attt:ibui+e, un'identitàJ~ca. Per esempio, non sempre i musulmani di Bosnia, discendenti degli slavi convertiti all'islam sotto il dominio ottomano, partecipano alla preghiera, si astengono dagli alcolici, tengono separate le donne dagli uomini, o adottano i comportamenti sociali caratteristici dei musulmani osservanti di altri paesi. Nondimeno, vennero ufficialmente definiti musulmani dal regime comunista della ex Iugoslavia, per · ·dai serbi (ortodossi) e dai ti questo contesto, ma simile a quelminoranze musulmane europee e asiatiche, può non esistere alcuna. contraddizione tra l'essere musulmani e l'essere atei o agnostici, cosi come ci sono ebrei atei ed ebrei agnostici. Al contrario, la parola «cristiano» indica comunemente una precisa affiliazione religiosa: l'espressione «cristiano ateo»- benché utilizzata da alcuni teologi d'avanguardia - sembra ai piu una contraddizione in termini, sebbene la cultura occidentale possa tuttora definirsi prevalentemente cristiana. V a comunque sottolineato che l'accezione laica della parola «musulmano» non è certo unanimamente accolta. In America, i fondamentalisti cristiani si sono riappropriati del termine «cristiano» per riservarlo esclusivamente a chi abbraccia la loro peculiare (e spesso limitata) · della fede; dal canto loro, anche i
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ISLÀM
con oerenza. :Qov~. i l.llJ.ls~i. P!::f quan.to lais!~..s.ollO.P.~~.egllitati- come in Bosnia-, unMeto.t:i.ql.~ne.toAi tà. .llJnc:l"i1çie tr.a i çJ:eçÌenti. S<;:.iJJve.ce - come in Egitto ~Bacii~~!9à~~~,!aiç.~.}~,E~rov~·lln~ÒY~!!'19S9.t;l~içì~.~~to dai s11i:ir9:Pl?9sitpri tn:m.P.9 ~.ec:g1ar~. ~!.ffi~§llim~nl g§§ex.~ v:antf.t1u6 accaa~e.die§§e!e.c:on§i~liràti.~§tie&J,liçii «infedeli». Il signifiéato delle parole «islam» e «musulmanc»> èètunque assai controverso.
ISLÀM, MUSULMANI E ISLAMISMO
7
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Islam come ideologia politica.
Coloro che cercano di preservare islam presuntl effetti corruttori del secolarismo moderno e dell'«Occidente» si concentrano piu sull'azione che sul credo e, per quanto nuovi siano i loro metodi - che si spingono fino al terrorismo -, la loro · non esce di solito dal solco della tradizione. infatti, i musulmani hanno sempre sulla parametri pratici piu che dottrinali.
paesi, come sono rappresentati in parlamento. In Algeria, e in misura minore in Egitto, sono impegnati in uno scontro armato con lo Stato. In Sudan, e in passato anche in Pakistan, hanno esercitato il potere appoggiando dittature militari. In Iran, infine, operano in un sistema ibrido, sedendo in parlamento con una rappresentanza scelta da una ristretta lista di candidati di orientamento omogeneo. Ma anche quando, come in Giordania, l'opzione democratica è possibile, talvolta è la.s!~f!l()~!~~!a..m.sé.a. ess.ere ,rifil1t~t~· Gran parte dei militanti musulmani contestano infatti i fondamenti stessi dell'ordine internazionale: uno dei lo-
fautoh e a po 1ticìzzazìone e 1slam viene poi
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ISLAM
ISLAM, MUSULMANI E ISLAMISMO
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Isliim come fede.
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dell'Occidente sulla scorta degli attacchi fascisti alla democrazia e dell'ammirazione per i dittatori degli anni Trenta. Quanto a Qutb, i suoi appelli all'azione contro la giihiliyya (la «barbarie» rappresentata da tutto ciò che non è islamico) non erano certo ispirati all'islam tradizionale, ma anzi contenevano elementi profondamente moderni, facendo proprio un impegno orientato all'azione di stampo esistenzialista. Analogamente, la sua teoria delle origini islamiche della democrazia e della giustizia sociale è secondo alcuni spuria, fondata su una lettura astorica dei testi sacri; lo stesso virulento antisemitismo da lui avallato nel corso del conflitto arabo-israeliano derivava in parte da un'adozione acritica di idee europee. Anche la costituzione «islamica» dell'Iran, introdotta da Khomeini nel I979, mescola forme occidentali e islamiche, e lo stesso Khomeini ha dimostrato uno scarso senso di subordinazione alla shari'a arrogando allo Stato islamico, nella sua veste di rappresentante del profeta Maometto, la facoltà di modificare la legge islamica, anche su aspetti fondamenil digiuno e il P'-.._,,_ 5,.~..,.55 ,,~ tali
è fuordel termine « viante, ma costituisce anche una concessione indebita ai sostenitori dell'islam politico, inducendo a credere che la difesa dei fondamenti dell'islam richieda necessariamente un'azione politica. I musulmani che contestano la politicizzazione dell'islam ritengono invece che un governo non possa essere definito non islamico o anti-islamico se non impedisce ai credenti di adempiere ai propri doveri religiosi.
la · N el corso delle guerre che sola arabica, la sottomissione a Dio, per quanto sincera, esterno del Profeta e dei suoi avvenne grazie
nt,tat:a;UJ;;ict;tJi}re>f (XLIX, 14). La fede sareb~ venuta con la sottomissione al Profeta, la certezza in seguito al richiamo del suo divino carisma. çoLtel:llPo .~i ~Yill.;lppò ul},cl!h~ttit.o.Je,glogiso. sul grado 9Lf2BYin#io~richieito al fedele •. I kharigittil piu rigoristi;formularo,no criteri molt.q restt.:ittivi,.. negaooo-.a chi çP)llW.etteva:pe&&~:t.i.g!:~vi il,;dititt(}}. . di··mfisimusulmano, una tendenza puritana riportata in auge dagli odierni gruppi militanti, che escludono i musulmani tiepidi o che sodi umma no tali solo di nome dalla loro munità universale dei credenti). ~?.a{;t.J,\tt;Jtlt1é;4,'IJ~taftig1.it&·
76 , fondaquattro scuole giuridiche sunnite (quella degli l).anafiti), affermò: «Tutti coloro che rivolgono la preghiera in direzione della Mecca sono veri credenti, e allontanare dalla fede». nessuna loro azione li Le manifestazioni (osservanza dei riti eriestenor1, spetto della shari'a) g_çfiuivano.il~~ nei conftonti d~ m.ondo"'maJnolti arrivarono .alla.conclusione - .• . . - lave- ·.che ·-··-···<·'." ··.· -:--;/
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ISLAM
ISLAM, MUSULMAN I E ISLAMISMO
II
nesimo (che, con l'islam, costituiscono la famiglia abramitica delle religioni monoteiste mediorientali).
L,ll. crisi, 4e]J'Jslam,Jtl()der:go p,di,ooi.u_qu.siplJÒJl~e
tra la minoranza sciita, per i con Maometto e la sua famiglia). I.t;.~,ltefj$ID,9. che comprende la ricerca di significati occUlti !l.ellé scritture e riti segreti e non convenzionali, pr~itfùttto
i! ~iuiEi1t e
islam iman' ç:P,e. fio!(~~~:~~:~~aa:~,WK~~;M~~~;:ç{t9iX~lltaJri~[tì ~~,.~attraverso la dìstuìzione tra
Anche nei paesi musulmani, come nell'Occidente premoderno, coloro che aspiravano al potere poli· la simbologia tico cercarono di sfruttare a loro · di rPr·tnt·n religiosa, con un
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il senso spagnola: epoca l'esistenza di un legame interiore tra l'uomo e Dio che prescinda dai riti e dagli obblighi esteriori ha molto favorito, nonostante le apparenze, l'individualizzazione e la secolarizzazione della fede. Nessuna religione avrebbe potuto resistere e prosperare come l'islam se fosse stata legata solo a forme di osservanza esteriore. L'islam contiene, non meno di altre religioni moderne, un ricco repertorio di concetti, simboli e discipline spirituali che permette al fedele di affermare la propria identità e il proprio senso di appartenenza al mondo e insieme di intimo contatto con Dio. Le difficoltà che molti musulmani devono oggi affrontare per adeguarsi alla realtà non nascono dalla scarsa duttilità delle loro idee; nel corso della storia l'islam ha infatti dimostrato un'enorme capacità di adattament o, accogliendo al suo interno elementi culturali provenienti dall'ebraismo e dal cristia.....,1 lll'""'·•v•'''-
l~e~i~Se~.a,.;;: l19~J t~l:ltQ.\ma. «.o.:j,~ .Scpirjtuaie»,·quanto..di alltk?.tità J'9l~tica,~~ittteUettP·~ e. giuri.çlJ..g. La «comunità migliore» decretatada Dio perché «Si goda ciò che è giusto e si proibisca ciò che è sbagliato», che per secoli si è amministrata con successo senza ingerenze esterne, ha bisogno di una leadership. Ma, al di fuori della tradizione minoritaria sciita, non sembra esisterne una in grado di riscuotere un generale consenso.
Leadership istituzionale. conriconOe formalment ne Un'istituzio ..... ., ..,.v,, .. n·rntP<:tanti, del potere di dettare legge sulle questioni SciUta e religiose, di esprimere un punto di vista islamico ufficia-
~i~k~~~:!~~i~!It~;:i~!i"f~. .~~~~~:4~iagytii1:fç~~[ ..wlurale di 'ifltm,
'!tlam~:
se'Ctl"'stùo1bslc11e'per 1a loro funzione di custodi e inter· · che preti della tradizione sono
(«autorità») e gli amir («co-
ai if! Ifj itn i
!.lJlel.&~7.:t.~"ç.i!jrgke.9.Ar:ite1,19t9-.,la,.J~iU...~tic.a. J:ltllvetsità .•aa.J!}.IlAdQ. Benché al suo rettore -lo shaykh al-Azharfosse riconosciuta una preminenza tra gli 'ulamii' sunniti, ·. Anale sue opinioni non erano vincolanti
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,Bizig a,~ev~u3 Yal?re puramente consultivo, a meno che IQ'~~t:~~._tç~q],Ì!>s~gç processp.ale daunq4c/J, un giudi~E,poiché il giudice era nominato dal sovrano, l'appli. .. ..... ·. · .. a recazione, se non l'interpretazione, · · stava sotto il controllo dello Stato. ·'tt&zm&r~,;;· dato. che alcunilameac
.,"'kd,.~!·k~\!ffcJ,~W~~±:.~+~~·~·Y.u,~ ,LH gran parte.J~i dap.»,olçttur~
. . . . .. . . .. prescindendo dal corpo dottrinale tradizionale. In luoghi meno soggetti a influenze esterne, come l'Afghanistan o le zone rurali del Pakistan, gli 'ulama' o gli aspiranti 'ulama' hanno cercato di gestire direttamente il potere, incuranti della complessità del mondo moderno. In entrambi i casi, la crisi di autorità intellettuale rimane. Gli 'ul4tn4' educati segl!endo lattaf!.izione
nQA...soAQ,riJJ,Sdn:ai~:Ptò.iWiA:·n.:P~il!!iii:iiìia~rii{~taJ5'·· t!LQi~§t.fl..~Pl1!~trl.~?r~neo:D'altro canto, i militanti ~he
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ceréano di «isla!l:iìzzarè» società, conformandola ngidamente alla propria versione della legge islamica, ignorano i secoli di raffinati studi eruditi che hanno permesso agli 'ulama' di armonizzare i dettami della legge divina con le realtà del potere politico e le esigenze della vita quotidiana.
ISLAM, MUSULMANI E ISLAMISMO
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mento opposti. Di fatto, le richieste di «restaurazione» della sharz'a tendono a concentrarsi soprattutto su aspetti specifici del diritto penale, in particolare sulle punizioni corporali prescritte dal Corano e dalla tradizione musulmana antica per i rçati di carattere sessuale e per certi tipi di furto. !a~ttumpaesile·~~~g~d;fin base alle quali le trasgressioni dei «limiti» o dei «confini» prescritti da Dio nel Corano comportano pene particolari, come l'amputazione della mano per il furto o la fustigazione per le relazioni sessuali al di fuori del matrimonio} ·mrlmip;ast
ne che colpisce , inteso come ogni genere di prestito a interesse, ha portato invece alcune banche a originali esperimenti nella ripartizione dei rischi finanziari e nella partecipazione agli utili, tentando di suddividere gli oneri di mutuanti e mutuatari in modo piu equo rispetto al normale sistema bancario. In questo caso, la preoccupazione islamica per la correttezza nei rapporti economici rappresenta una sfida a un mondo postcristiano in cui le società finanziarie spesso prosperano a scapito degli individui o delle famiglie. !p.g~nt:F~Sk~Q~AA~ 9.1ls~..lç,fif.bie~.t~.di. .s\re~tJ!Jll'~~iQn~.>c~...9:&lirws~~.·S9l1C1J?~E
te.,.~~~lJ.g.,~e..mstkt,ç\j9.~R · rògressist~ $ii.g:~;igiQ~alg~t;in:il
Modernizzazione giuridica.
a~tit!I;~;~~~~~~~gpnt.,.··.~~.~~. ~~t=~~~~~;~
it~ss1!,.9···di...&tt.e,...c.ultllt.e,.•.c.he. ros.titul.sce. un·.ostru::olo,al-
L:c9li!~.ttiv.it~·d~ll:.~~i~.ddla··Fiil~ssionee··tende··ad ali..!J;l.~J;ltar.~..tan~..iou.d~t!r.S,JJ.'I,{isi®i.rgman..tic.he.e.a,stori~,.Jill,~ss:&tfl. ·
pnm1 Novecento un grande giurista, al-Razzaq Sanhiiri, si adoperò per conciliare la legge islamica con i sistemi occidentali introdotti dai regimi coloniali e post coloniali. lcmliSl}lmani.A2adi~li~,.~ J!sigot;lQ.l.;l.O.a {<.x.e-
i~~!~f~:~if:tt:~!~ii!tt!~:~:~::J::!:!ti~p;z ii,..,(che è stataincorporata nella legislazione di parecchi .l:~ • • "d"1~~......... fin Q..~.g.y,el m.2c paes1. musul mam") t:t;a.,Q.tY#~.ame.P,{l~lun
Successi e fallimenti dello Stato islamico. L'immaginario, o meglio la memoria sociale si trova al centro delle aspirazioni collettive basate sul rimpianto di un'età dell'oro in cui il dar al-islam (la sfera dell'islam, distinta nella tradizione giuridica islamica dal daral-barb, la
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ISLÀM
sfera della guerra) si stava ancora espandendo e la civilità musulmana eccelleva in ogni aspetto. Non c'è alcun dubbio che il dar al-islam abbia raggiunto un livello di raffinatezza intellettu ale senza pari molti secoli prima che l'Europa conoscesse il Rinascimento, e che, come hanno sottolineato vari studiosi, gran parte dei principi del pensiero scientifico e filosofico poi fiorito in Occidente vadano ricercati in terra musulmana. In un breve testo introduttivo come questo non è possibile neppure accennare agli straordinari risultati ottenuti dai musulmani negli ambiti piu vari: architett ura e arti decorative, metallurgia e ceramica, poesia e filosofia, nonché scienze come la matematica, l'ottica, l'astronomia e la medicina. Ma, al di là dei limiti di spazio, resta la spinosa questione di quanto tali traguardi culturali siano squisitamente «islamici», possano cioè essere attribuit i piu o me:no direttamente alla religione dell'islam, e quanto invece perfezionino conquiste di civiltà precedenti (soprattutto quella greca e quella persiana). Lo storico americano Marshall Hodgson ha proposto di distinguere l' <
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e al suo Profeta» era innanzit utto la resa a un esercito beduino vittorioso. Fin dal principio il messaggio di giustizia sociale e di eguaglianza degli uomini (e, in modo piu problematico, delle donne) di fronte a Dio, trasmesso dalla predicazione di Maomet to e conservato nel Corano, si scontrò con le realtà del potere tribale e dinastico. Le guerre civili che si scatenarono poco dopo la morte del Profeta, avvenuta nel632, lo scisma tra sunniti e. sciiti, il crollo dell'impero arabo e la frammentazione politica che ne derivò sono tutti eventi storici che testimon iano l'esistenza di un progetto incompiuto, quello di instaurare il governo divino sulla terra. In assenza di una Chiesa e di un clero, la realizzazione del disegno fu lasciata nelle incerte mani dei sostenitori laici della fede. Il comando fu assunto da due gruppi distinti, spesso in contrasto. Da un lato,. passò ai capitribu, per i quali l'islam (spesso nelle sue versioni piu eterodosse e messianiche) divenne il cemento della solidarietà tribale, l'impeto ideologico che permise di canalizzare nell' obiettivo della conquista le energie prima disperse nelle lotte intestine. Dall'altro, la leadership passò agli 'ulama', gli interpre ti della legge, rispettat i custodi della tradizione, ma privi di qualsiasi potere esecutivo e costretti ad affidarsi a stranieri, talvolta giunti come schiavi da regioni remote, per applicare i dettami divini. Un instabile compromesso tra queste due forze, il governo militare e gli 'ulamii', produsse un rudimen tale equilibrio costituzion ale in quella che è stata definita una «civiltà internazionale», forse la prima della storia. Come ha sostenuto convinc entemen te Marshall Hodgson, l' «impresa islamica» si impegnò a fondo per soddisfare i bisogn.i di chi viveva nelle aree urbane tra i fiumi Nilo e Oxus (l'odierno. Amudarja), facilitando l' emergerè di un mercato comune basato su un condiviso senso della giustizia e sulla devozione a Dio. Questo successo storico (che nell'immaginario collettivo dei musulmani può, senza esagerazioni, apparire un'età dell'oro) fu controbilanciato da un indubbio fallimento politico. Dopo l'espansione iniziale, l'impero .arabo im-
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plose. L'istituzione centrale, il califfato, dapprima oggetto di dispute tra fazioni rivali, fu a poco a poco privato della legittimità, finché il califfo (l' «ombra di Dio sulla terra») si ritrovò in balia delle guardie di palazzo reclutate dalle tribu. La memoria collettiva si concentra sulle figure eccelse di alcuni califfi: i quattr o rasidun (<
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religiose furono abban donat i, e la tutela dell'ortodossia · passò nelle mani degli 'ulama'. te eviden è to La portat a dell'indebolimento del califfa se si confro nta il destino del governo dell'islam con quello della cristianità in Occid ente, dove la Chiesa, sotto un controllo papale generalmente saldo, rimase l'auto rità indiscussa in merito alla dottri na e ai riti che assicuravano la salvezza. Anche se a un certo punto il monopolio cattolico fu spezzato, la lunga egemonia della Chiesa provocò una serie di trasformazioni sociali che condussero al superamento dei vincoli dettat i dalla consanguineità. Lo Stato occidentale si formò quand o la Chiesa - la comunità ideale, incarnazione di Cristo - diede alla luce una prole laica, sotto forma di città e di altre entità collettive. Lo Stato islamico, al contrario, non si lasciò mai del tutto alle spalle la matrice tribale. L'implosione dell'impero arabo accentuò la difficoltà del califfo nel far rispet tare l'ortodossia religiosa. Con l'eccezione degli sciiti, che rimasero legati all'idea di un'aut orità spirituale trascendente, la mancanza di un'isti tuzion e centrale detent rice della sovranit à religiosa impedi l'emergere della sua contro parte sotto forma di Stato secolare. La legge si sviluppò separatam ente dalle forze deput ate a garantirla, e cosi la forma di governo tribal-militare diven ne la norma. Come hanno scritto Patricia Crone e Marti n Hinds , «Un governante che non ha voce in capitolo nella formulazione della legge sotto la quale i suoi suddit i hanno scelto di vivere non può governare questi suddit i se non in senso strettamen te militare». Per perpetuare se stesso, uno Stato del genere deve essere tetto da estranei, e in quant o estraneo chi coman da viene obbed ito, non in quant o rappresentante della comunità. Benché in questo rappo rto ci fosse un elemento consensuale, c'era anche, come notan o Crone e Hinds , «la totale assenza di un sistema istituzionale [... ] Lo Stato era qualcosa che si trovava al vertice della società, non vi era radicato, e, dato che l'inter azione tra i due era minima, era minima anche l'evoluzione politica: le dinastie andavano e venivano, ma erano solo le dinastie a cambiare». Quest o punto di vista esagera forse il
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grado di immobilità politica dei paesi musulmani, ma sottolinea un aspetto importante del rapporto tra Stato e società civile in epoca premoderna (cioè all'incirca fino al XIX secolo), quando i governanti musulmani si resero conto della necessità di introdurre alcuni cambiamenti sociali per essere in grado di affrontare le sfide politiche e militari provenienti dall'Occidente.
Un risveglio religioso? Per quanto gli esperti possano trovarsi in disaccordo sulle implicazioni politiche a lungo termine, è innegabile che si stia assistendo a una rinascita dell'osservanza islamica nella vita quotidiana: una piu estesa partecipazione alla preghiera, il rispetto del digiuno durante il mese di ramarjan, la proliferazione di pubblicazioni religiose a stampa e su audiovisivi, e la crescente importanza attribuita all'« abbigliamento islamico » in molte parti del mondo, ih particolare per le donne. Due dei fattori piu spesso chiamati in causa per spiegare questo fenomeno sono il livello di urbanizzazion e senza precedenti e l'incapacità di mantenere le promesse dimostrata dagli Stati postcoloniali. La migrazione verso le città comporta da un lato la perdita del modello di vita del villaggio, in cui i rapporti fondati sulle famiglie estese garantivano il mantenimento dei valori sociali tradizionali, dall'altro il contatto con la moderna vita urbana, con i suoi costumi occidentalizzati. Sul piano politico, il crollo del comunismo e la difficoltà da parte del marxismo di cancellare la sua matrice «atea» rendono l'islam una buona arma ideologica contro regimi postcoloniali considerati corrotti, autoritari, talvolta tirannici. In paesi privi di reali istituzioni democratiche, la moschea e la rete di attività che la circondano possono godere di un certo grado di immunità. Se infatti i governi osassero chiudere le moschee «ribelli», non farebbero che confermare le accuse di miscredenza mosse loro dagli oppositori. L'esplosione delle tecnologie dell'informazi one, e in
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· particolare la rivoluzione della comunicazione audiovisiva, mina l'autorità delle élite colte, esponendo un numero sempre crescente di persone alle immagini trasgressive e spesso lascive proposte dall'industria occidentale dello spettacolo e della pubblicità. In molti paesi la crescita esponenziale del tasso di urbanizzazione ha alterato in modo decisivo l'equilibrio tra popolazione urbana e rurale, creando un vasto e recente sottoproletariato di immigrati sensibile ai messaggi di demagoghi e predicatori populisti. In nazioni come l'Egitto i movimenti politici islamici sono riusciti, attraverso le proprie organizzazioni assistenziali, a occupare i vuoti lasciati dall'inettitudin e del governo di fronte alla povertà, alla penuria di alloggi e agli altri problemi causati da uno sviluppo eccessivamente rapido delle città.
O un vuoto spirituale? In passato, prima del periodo coloniale, le società islamiche erano cementate, oltre che dai vincoli di solidarietà familiare e di clan, dalle confraternite sufi, cui apparteneva la maggior parte dei maschi adulti che vivevano nei centri urbani (cfr. cap. terzo). Benché il risveglio islamico sia stato in una certa misura accompagnato da un revival delle pratiche sufi, l'influenza delle lotte nazionalistiche postcoloniali e del movimento modernista ha provocato un drastico declino .del sufismo, visto dai rinnovatori come un segno di arretratezza e considerato dai puristi religiosi contaminato dall'eresia, o peggio ancora dal paganesimo. Tuttavia, in mancanza di un clero, gli shaykh («anziani»), i murszd (guide spirituali) e i pzr (come vengono chiamati in persiano e in urdu) sufici hanno costituito una fonte di autorità spirituale che ha affiancato, e talvolta superato, il prestigio intellettuale degli 'ulamii'. Alcune confraternite sufiche furono protagoniste delle lotte anticoloniali, altre collaborarono invece con le autorità, che le considerarono preziose alleate contro i modernisti e i riformisti, avanguardia dei moderni movimenti nazionalistici. Il sufismo,
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con la sua «visione di unità e unicità», il suo ascetico orientamento ultramondano e il suo interesse per le dimensioni esoteriche della fede, si tiene lontano dal gretto particolarismo della politica e dagli effetti inevitabilmente corruttori del potere. Secondo Peter Von Sivers, esiste una stretta correlazione tra l'affermarsi dei movimenti politici islamici moderni e la crisi del sufismo, che molti considerano il cuore spirituale e l'anima dell'islam. L'esclusione del sufismo dal dibattito tra islamisti e secolaristi ha infatti determinato l'inasprimento dello scontro tra opposti estremismi.
Conclusione: islam e islamismo. Il revival religioso nell'islam moderno è un riflesso del cambiamento sociale e tecnologico, e in particolare degli effetti dirompenti della rapida urbanizzazione. Da questo punto di vista, le cause sono simili a quelle che hanno portato a una massiccia diffusione delle chiese protestanti in America Latina o nell'Africa subsahariana alla fine del xx secolo. Ma la crescita dell'osservanza islamica- resa evidente da indicatori come la preghiera, il digiuno e la partecipazione al baffi, (il pellegrinaggio annuale alla Mecca) - è inevitabilmente associata alle aspirazioni politiche dei musulmani, che vivono per lo piu in Stati postcoloniali guidati da governi privi di autorità spirituale o morale. Il diffondersi dell'istruzione di massa e la presenza sempre piu capillare dei mezzi di comunicazione audiovisiva hanno favorito la crisi delle autorità spirituali tradizionali, gli 'ulama' e i capi delle confraternite sufi. Il vuoto è stato colmato da una varietà di organizzazioni e leader, ognuno dei quali rivendica una legittimazione religiosa. Nei paesi islamici esistono molti precedenti storici di movimenti religiosi revivalisti che hanno sfidato i governi, e talvolta hanno preso il potere, prima che l'ordine internazionale coloniale e postcoloniale attirasse quasi tutto il mondo nella sua orbita economica e culturale. Sarebbe però un errore concludere che i movimenti po-
r. La Ka'ba («casa» di Dio), il tempio cubico al centro della Moschea del Grande Rispetto alla Mecca. I pellegrini girano intorno alla Ka'ba e i musulmani, in qualunque luogo si trovino, pregano rivolgend?si nella sua direzione (qibla). La kiswa, il manto di seta nera che la ncopre, viene sostituita ogni anno(© Popperfoto).
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litici islamici contemporanei non siano altro che le ultime propaggini di un secolare processo ciclico. I gruppi revivalisti che spesso monopolizzano i titoli dei giornali sono moderni, e non solo nei metodi (che contemplano raffinate tecniche organizzative e l'impiego di armi da fuoco, missili e bombe), ma anche perché hanno assorbito in un discorso «tradizionale» molte idee importate dall'esterno della tradizione intellettuale islamica. Il declino delle antiche forme di spiritualità rappresentate dalle confraternite sufiche è stato accompagnato dalla trasformazione dell'i~lam in un'ideologia politica che utilizza alcuni simboli derivati dal repertorio storico islamico e ne esclude altri. Quest'ideologia, spesso chiamata «fondamentalismo islamico», potrebbe meglio essere definita islamismo; il suffisso latino aggiunto all'originale arabo esprime con maggiore precisione il rapporto fra una realtà preesistente (in questo caso una religione) e la sua trasformazione in ideologia politica, proprio come il comunismo ideologizza la realtà della comune, il socialismo quella della società, e il fascismo gli antichi simboli dell'autorità consolare romana. L'islamismo non è l'islam e, per quanto la linea che li separa sia spesso labile, è importante continuare a distinguerli.
Capitolo secondo Il Corano e il Profeta
All'i~izio del Novecento i musulmani venivano spesso chiamati maomettani, e la loro religione maomettismo o maomettanesimo. Il fatto che questi termini siano ormai caduti in disuso è in parte un riflesso dei cambiamenti politici avvenuti dai tempi in cui la maggior parte del mondo musulmano si trovava sotto la dominazione coloniale europea. Gli europei, in particolare quelli che si trovavano nell'Asia meridionale, consideravano la venerazione di cui i musulmani facevano oggetto il Profeta alla stregua di un culto. Dal canto loro, i musulmani generalmente non si definivano maomettani (se non per designare se stessi in termini familiari agli europei), perché ciò avrebbe implicato che adorassero Maometto come i cristiani veneravano Cristo, mentre per i musulmani ortodossi un tale sottinteso era estremamente offensivo. I musulmani adorano Dio, non Maometto. Il Messaggero è un profeta, non una divinità o un'incarnazione divina. Suggerire il contrario significherebbe smarrire il confine tra Dio e umanità, creatore e creatura. Dal punto di vista teologico, l' affermazione di quel confine è l'articolo fondamentale della fede islamica: «Non c'è altro dio all'infuori di Dio, e Maometto è il suo Profeta». Ciò non significa sostenere che Maometto sia in qualche modo ordinario, o che la sua. figura nella formazione dell'islam sia meno centrale di quella di Cristo nella cristianità. Si potrebbe anzi sostenere il contrario. A causa dell'ampiezza del canone islamico, a Maometto sono attribuiti molti piu pensieri, detti e azioni che a Gesu. La
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differenza non risiede nell'influenza storica o nell'intensi.tà del fascino esercitato sulle menti dei seguaci, ma nel diverso valore conferito alle sue parole. I musulmani di ogni tendenza distinguono tra detti attribuiti a Maometto nella sua veste di profeta o rivelatore della verità divina- raccolti nel Corano (da 'al-qur'iin, «recitazione», «lettura ad alta voce») - e detti di portata inferiore, riuniti dai suoi contemporanei in un corpus di scritture secondario noto come l;adith («traqizioni»). Pur esistendo un certo margine di controversia su entrambe le categorie, generalmente tutti i commentatori, musulmani e non, concordano su questa differenza.
Il Corano. Per la grande maggioranza dei musulmani il Corano è parola di_ Dio, dettata alla lettera e senza intermediazione umana. E qualcosa di piu di un testo sacro come lo si intende in altre tradizioni. In seguito alla controversia mutazilita (cfr. cap. terzo), nel IX secolo si arrivò a considerare il Corano «non-creato», cioè consustanziale con Dio. Come osserva Wilfred Cantwell-Smith, il Corano è per i musulmani credenti quello che Cristo è per i cristiani. Un musulmano non dovrebbe maneggiare il libro se non è in condizioni di purezza rituale. La pronuncia esatta delle parole è importante quanto il loro significato; a differenza della gran parte dei testi arabi, la grafia in cui è scritto il Corano comprende anche i segni vocalici, in modo da assicurare la maggiore accuratezza possibile. Ogni lettura viene preceduta dalla frase: «Io mi rifugio presso Dio da Satana, l'esecrabile», e seguita da «L'Altissimo ha parlato con verità». Le formule di apertura e chiusura costituiscono <
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Nel nome di Dio, clemente e misericordioso! Sia lode a Dio, il Signor del Creato, il Clemente, il Misericordioso, il Padrone del df del Giudizio! Te noi adoriamo, Te invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, la via di coloro coi quali non sei adirato, la via di quelli che non vagolano nell'errore! Corano, I, r-7.
[La Fiiti/;a] racchiude, in sintesi, tutti i principì fondamentali esposti nel Corano: il principio dell'unità e unicità di Dio, origine e creatore dell'universo, fonte di ogni grazia, l'Uno verso cui l'uomo è in ultima istanza responsabile, Colui che guida e aiuta, che chiama all'azione virtuosa nella vita di questo mondo [... ]; il principio della vita dopo la morte e delle fondamentali conseguenze degli atti e dei comportamenti umani [... ]; il principio della rivelazione trasmessa dagli inviati di Dio [... ]; e, necessariamente, il principio della continuità di tutte le vere religioni[ ... ]; infine, l'esigenza di sottomettersi volontariamente ai dettami dell'Essere Supremo e quindi di adorare Lui solo. Muhammad Asad, The Message o/ the Quran, 1984, p. r.
La redazione del testo è oggetto di molte discussioni erudite. Quasi tutti gli studiosi non musulmani concordano che raccolga le rivelazioni divine ricevute da Maometto nel corso della sua missione profetica, iniziata intorno al 6ro e terminata con la morte nel 632. Secondo varie tradizioni, quando riceveva le rivelazioni, il Profeta cadeva in stato di trance (lo stesso si racconta di alcuni profeti moderni, tra cuiJoseph Smith jr., fondatore del movimento dei mormoni, i cui detti sono stati riuniti nel volume Doctrine and Covenants). Gli storici musulmani generalmente ritengono che alcune, se non tutte, queste profezie - che vanno tenute accuratamente distinte dalle parole «normali» di Maometto, riportate nella letteratura lpadith - siano state messe per iscritto già nel corso della
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sua vita. A tutti e quattro califfi« ben guidati» è stato riconosciuto il merito di avere iniziato o proseguito la redazione del testo, ma gli storici e i filologi pensano unanimi che il codice ufficiale sia stato adottato sotto il terzo califfo, 'Uthman (r. 644-56). Le altre versioni furono distrutte, ma non si riusci a superare del tutto il problema delle varianti, date le caratteristiche della scrittura araba antica, priva dei segni diacritici utilizzati per distinguere tra loro le consonanti. Con l'evolversi della grafia, anche il testo si standardizzò, finché le varianti si ridussero a sette, ciascuna delle quali è ora ritenuta ugualmente valida. Il libro è composto da centoquattordici sure o capitoli; (letteralmente «righe»), ordinati approssimativamente in ordine decrescente di lunghezza. L'eccezione piu importante è costituita dalla prima, la Fatiba, un'invocazione di sette versetti ripetuta nel corso delle cinque preghiere che i musulmani devono recitare ogni giorno. Talvolta chiamata la «madre del Libro», la Fatiba è considerata la quintessenza dell'islam, ed è spesso utilizzata come preghiera. Nelle sure successive lo stesso messaggio fondamentale viene ripetuto, elaborato, ampliato e illustrato con storie attinte dal repertorio giudaico-cristiano, con l'aggiunta di alcuni peculiari elementi arabi. Adamo e Noè, Abramo e Giuseppe, Mosè e Gesu compaiono accanto a saggi e profeti arabi ignoti alla Bibbia, come Hud, Salil). e Luqman. Il principio teologico è quello di un assoluto e irriducibile monoteismo. Come nel Vecchio Testamento, i profeti vengono mandati a intimare alle genti di non smarrire la retta via venerando falsi dèi. Particolarmente esecrato è il peccato di shirk («associazione»), nel quale la maestà di Dio è compromessa attraverso la contaminazione, per cosi dire, con divinità minori. La volontà, la maestà e la potenza creatrice di Dio sono continuamente ribadite ed esaltate. Allah è la contrazione dell'espressione araba al-ilah («il Dio»), e include quindi l'articolo determinativo. Invece di speculare vanamente sui suoi attributi, gli uomini sono invitati a riconoscere la sua presenza e a obbedire alle leggi morali e ai
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2. Una pagina miniata del Corano, esempio di calligrafia naskhi. Il te· sto è quello della siira degli Uomini (CXIV): «Di: "Io mi rifugio presso il Signore degli uomini, Re degli uomini, Dio degli uomini, dal male del sussurratore furtivo che sussurra nei cuori degli uomini, dal male dei ginn e degli uomini"» (© World of Islàm Festival Trust).
dettami che si ritiene siano stati rivelati attraverso successivi messaggeri o profeti, l'ultimo dei quali è Maometto. Dio è trascend ente e immanente, è il Signore della Creazione, Colui che è piu vicino all'individuo «della sua giugulare».
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Maometto è il portavoce della volontà divina, che gli viene comunicata da Gabriele. Si trova dunque, come funzionario e confidente, sul confine tra la corte del re e i sudditi. Infatti, pur non cessando di essere un suddito, talvolta riceve messaggi, ordini o esortazioni da trasmettere al popolo; talvolta è interpellato direttamente come rappresentante del popolo, e anche in questo caso riceve ordini ed esortazioni da comunicare a tutti; talvolta, invece, è oggetto di esortazioni e indicazioni per la sua condotta personale; a volte attraversa, per cosf dire, il confine, e, rivolgendosi al popolo in prima persona, gli trasmette direttamente gli ordini e le esortazioni divine. W.M. Watt, Bell's Introduction to the Quran, Edinburgh 1970, p. 67.
Che nel Corano a parlare sia Dio, e non Maometto, è evidente dal fatto che molte frasi sono precedute dall'imperativo «Di!» rivolto a Maometto. Dio si riferisce a se stesso con la prima persona singolare e plurale; ma al Profeta apparentemente si rivolge anche il Libro stesso, e in questo caso Dio è nominato in terza persona. Molti di questi passaggi sono piu chiari se sUntendono pronun~iati dagli angeli, e in particolare da Gabra (Gabriele). E il caso soprattutto di passi situati nella prima parte del testo, ma datati all'ultimo periodo medinese della missione di Maometto, brani che contengono minuziose prescrizioni sul matrimonio, la successione e le pene, e che rappresentano la fonte primaria del diritto islamico. Agli occhi dei lettori abituati alla Bibbia, o anche ai poemi epici induisti, il Corano manca di una coerente struttura narrativa. Anche se ci sono alcuni racconti - soprattutto storie di profeti, tra cui le cosiddette «storie di castighi», che descrivono nei particolari la sorte di coloro che hanno rifiutato gli inviati divini-, i brani storici sono collegati tematicamente, piu che cronologicamente. Gli episodi biblici rivolti a cristiani ed ebrei servono a ricordare e ribadire precedenti rivelazioni, non a svelare cose nuove. Tuttavia, in questi racconti emergono importanti differenze dottrinali. In termini di sviluppo storico dell'islam, la divergenza teologica piu significativa è la concezione del
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peccato originale. Iblis (Satana) è punito per il suo rifiuto di inchinarsi di fronte ad Adamo, e Adamo, nonostante pecchi, come nel racconto biblico, mangiando il frutto proibito, si pente ed è subito ristabilito nel favore di Dio come suo vicario o reggente (khalifa), e primo della serie di profeti che culmina in Maometto. Non esiste quindi alcuna dottrina del peccato originale, e nessuna idea di redenzione vicaria. Senza peccato originale, non c'è alcun bisogno di un redentore: il Gesti coranico è un profeta, nato da una vergine, ma non è un'incarnazione divina. E dove non c'è incarnazione né redentore, non può esserci Chiesa, né «sposa» o «corpo mistico» di Dio. Per garantire la salvezza non è necessaria alcuna Corporazione Eterna. Agli uomini si chiede solo di obbedire ai dettami divini e di mettere a frutto la propria intelligenza per discernere la verità dalla menzogna, utilizzando come criterio (furqan) il Corano. Dio non si rivela in una persona, ma in un testo, le cui parole sono ritenute dai musulmani divine in se stesse. I versetti in cui sono divise le sure coraniche in arabo si chiamano ayat («segni») e non si riferiscono solo alle parole divine, ma anche alle tracce della presenza di Dio nella natura. La teologia coranica è quindi soffusa di quella che nella teologia cristiana è nota come «prova teleologica». L'atto della lettura è di per sé un atto di devozione.
Ogni iiyiit del Corano è anche un segno (nell'accezione simbolica o semiotica del termine) che rimanda a un altro livello di realtà, che a sua volta riconferma il messaggio della rivelazione. Il credente che cerca di sviluppare un senso del sacro deve quindi imparare a comprendere allo stesso tempo due «lingue» diverse: l'arabo del Corano e il «linguaggio» della natura, che è una manifestazione del linguaggio di Dio. Dio ha creato il mondo come un libro; le sue rivelazioni sono scese sulla terra e sono state raccolte in un libro; di conseguenza, gli esseri umani devono imparare a «leggere» il mondo come se fosse un libro. V.J. Cornell, inJ.L. Esposito (a cura di), Ox/ord Encyclopedia of the Modern Islamic W orld, New York 1995, vol. III, p. 388.
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Benché Maometto sia menzionato per nome in almeno quattro occasioni, non c'è quasi nulla nel Corano, se non cenni occasionali, da cui si possa ricavare una biografia o un resoconto della missione del Profeta. In termini neotestamentari, è come se si fossero conservate le Epistole, ma non i quattro Vangeli e gli Atti degli Apostoli. Il Corano non si occupa degli eventi della vita di Maometto piu di quanto Paolo abbia narrato la storia di Gesti. Lo stile del Corano è allusivo ed ellittico. È rivolto a persone che già conoscono gran parte del suo contenuto. Lungi dall'essere autoesplicativo, può essere compreso solo appoggiandosi a materiale esterno al testo. Le difficoltà stesse che presenta come fonte storica costituiscono una prova a favore della sua autenticità. Un'opera che fosse stata sottoposta a un qualche tipo di revisione mostrerebbe di certo una maggiore coerenza narrativa. Si ha l'impressione che le parole di Maometto (quelle pronunciate in stile profetico, mentre era posseduto da un angelo o da Dio) fossero ritenute fin dall'inizio sacre, ben distinte dagli altri suoi discorsi e degne di essere raccolte e custodite come reliquie. A differenza dei libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, il Corano si presenta come «materia prima». Per paterne cogliere i molteplici significati, si è dovuto ricostruire il contesto narrativo da cui deriva, quello della missione profetica di Maometto. In questo caso, anche agli occhi degli scettici, la cronologia conferma la teologia. Come il «discorso divino» trasmesso dall'angelo gode di un valore antologico piu alto di quello dei discorsi del Profeta riportati nella letteratura badith, cosi la vita del Profeta appare in seguito alla testimonianza del Libro. Lungi dall'essere Maometto l'autore del Corano, il Corano è, in senso storico-letterario, l' «autore» di Maometto. Sira (biografia). L'importanza storica della figura del Profeta in tutto il mondo è tale da far sembrare decisamente strano che sia
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vissuto in un ambiente culturale di cui non rimangono documentazioni, che la sua esistenza sia avv.olta nel mitò e che gli eventi di cui è stato protagonista siano praticamente impossibili da appurare. Le sue vicende, diligentemente ricomposte a partire da accenni e allusioni sparsi nel Corano e dalle testimonianze orali dei suoi compa:gni e dei loro successori, furono messe per iscritto piu di un secolo dopo la sua morte, in circostanze radicalmente diverse da quelle della sua vita. Nel frattempo le tribu arabe vittoriose, unite sotto la bandiera dell'islam, avevano superato i confini della penisola araba e conquistato buona parte del mondo civilizzato: Egitto, Palestina, Siria, Mesopotamia, spingendosi fino agli altopiani della Persia. Culture molto piu raffinate (zoroastriani, cristiani, ebrei) erano cadute sotto la dominazione araba. Nelle tribu conquistatrici si erano sviluppate lotte tra fazioni rivali, e il nuovo culto di Allah e del suo profeta arabo aveva dovuto affrontare le critiche dei dotti teologi fedeli alle religioni piu antiche. Le prime biografie di Maometto giunte fino a noi rivelano intenti esegetici e apologetici. Si propongono di spiegare le «circostanze della rivelazione», le particolari situazioni nella vita del Profeta in cui un versetto o un passaggio del Corano «scese su di lui». La trattazione degli eventi è stata probabilmente influenzata da considerazioni a posteriori, da una coloritura retrospettiva volta a confermare le teorie delle varie fazioni in lotta per il potere. Questi testi contengono una gran quantità di materiale di carattere retorico, rituale o soprannaturale, e sono mossi dall'intento di sostenere le affermazioni profetiche del Prescelto di fronte alle critiche degli scettici o dei prevenuti. Il lasso di tempo intercorso tra la morte di Maometto e le prime fonti scritte è considerevole. La prima biografia nota è quella di Ibn Isl}.aq, che morf nel 767, centotrentacinque anni dopo Maometto. La versione sopravvissuta si trova in un'opera molto piu lunga- probabilmente una «storia del mondo»- di Ibn Hisam (m. 833); tra gli altri primi biografi ci furono al-Waqidi (m. 823) e Ibn Sa'd (m. 845). L'annalista al-Tabari (m. 923) riferì-
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sce episodi- come quello dei famosi «versetti satanici»che non si trovano altrove. Il secolo e piu di trasmissione orale tra la vita di Maometto e le prime biografie rende impossibile accertare i fatti. Possiamo però affermare con sicurezza che l'autorità del Corano e del Profeta divennero di capitale importanza nel dibattito e nelle dispute che seguirono la conquista araba della «Mezzaluna fertile». Il materiale che ha trovato spazio nelle biografie sembra essere stato scelto secondo lo stesso criterio dei badìth, la sec~mda fonte, accanto al Corano, del canone musulmano. E probabile che chi lo raccolse sia stato molto scrupoloso nel vagliare le tradizioni attendibili da quelle inattendibili. Tuttavia, i moderni filologi contestano questa metodologia; in linea di massima, gli studiosi musulmani sono meno critici, con le debite eccezioni. Il resoconto che segue fornisce gli elementi essenziali di una biografia in cui sarebbe troppo lungo includere la vasta gamma di aneddoti esemplari che costituiscono la materia prima del diritto islamico. Maometto nacque intorno al 570 alla Mecca, sede di un antico santuario, uno dei molti bawta («templi») della regione, in cui le tribu nomadi celebravano i propri rituali, sospendendo le ostilità nel corso dei mesi dedicati al pellegrinaggio. I non musulmani ritengono che queste cerimonie comprendessero anche culti della fertilità eriti magici per provocare la pioggia, presenti in molte altre culture. Secondo la tradizione musulmana, il tempio cubico al centro del santuario, la Ka'ba, fu costruito da Abramo presso il luogo del sacrificio. Nella Bibbia Abramo dimostra la sua devozione a Dio offrendogli in sacrificio il figlio !sacco, progenitore degli ebrei, generato da Sara, che fino a quel momento era stata sterile. Nella versione islamica, la vittima doveva essere Ismaele, nato da Abramo e dalla schiava Agar, e progenitore degli arabi. Il sacrificio è commemorato in tutto il mondo musulmano nel corso dell" zd al- 'acfbii (la «festa del sacrificio»), celebrata il dieci del mese di cJu 'l-biffia, al culmine del baffi (il «grande pellegrinaggio»), quando centinaia di migliaia di fede-
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li si riuniscono al santuario per celebrare i riti riformati o depaganizzati istituiti dal Profeta nell'ultimo anno di vita. Secondo la tradizione musulmana, il paganesimo imperante alla Mecca al tempo della nascita di Maometto non era una religione «primitiva» in evoluzione verso il monoteismo, ma una manifestazione di decadenza, una regressione o un'apostasia rispetto all'islam o monoteismo originario di Adamo, Abramo, Mosè e degli altri profeti e patriarchi. I membri della tribu di Maometto, i Qurays, erano da molte generazioni deputati alla custodia del santuario. La Mecca era vicina alle vie commerciali che collegavano il Mediterraneo con l'Arabia meridionale e con l'Oceano Indiano. Le carovane vi si fermavano spesso, compiendo una leggera deviazione proprio per visitare la città santa. Il :monopolio dei Qurays sul tempio fu istituzionalizzato per mezzo dell'associazione religiosa degli Hum (il «Popolo del Santuario»), che si distinguevano dai beduini per l'abbigliamento particolare. Non lasciavano mai il santuario, e rifiutavano di partecipare ai culti che avevano luogo all'esterno dell'area sacra (bariim), come la sosta in piedi ad 'Arafat e l'invocazione del dio del tuono a Muzdalifa, poi inglobate da Maometto nelle cerimonie del baffi. Il pellegrinaggio garantiva una certa prosperità ai Qurays, sommandosi al reddito dei prodotti che commerciavano, cuoio e uva passa. Il nonno di Maometto, 'Abd al-Mugalib, conquistò prestigio e rinomanza vendendo cibo e acqua ai pellegrini, e fu responsabile del nuovo scavo del celebre pozzo di Zamzam, nella tradizione musulmana associato ad Agar. Rimasto orfano intorno ai sei anni, Maometto fu cresciuto dal nonno, poi dallo zio materno Abu Talib. Intorno ai vent'anni, entrò al servizio della ricca vedova Khadiga, guidando per lei molte spedizioni commerciali in Siria. La donna ne fu talmente colpita che decise di sposarlo. Maometto, che si dice abbia avuto in seguito almeno altre nove mogli, le restò fedele finché mori. Sebbene al momento delle nozze avesse già quarant'anni, Khadiga avrebbe avuto dal Profeta nove figli (tra cui Fatima e tre maschi morti in tenera età).
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Per la stella, quando declina! Il vostro compagno non erra, non s'inganna e di suo impulso non parla. No, ch'è rivelazione rivelata, appresagli da un Potente di Forze sagace, librantesi alto sul sublime orizzonte! Poi discese pèndulo neli' aria s'avvicinò a due archi e meno ancora e rivelò al servo Suo quel che rivelò. E non smenti la mente quel che vide. Volete voi dunque discuter quel che vede? Si, ei già lo vide ancora presso il loto di al-Muntahà presso al quale è il giardino di al-Ma'wà quando il loto era coperto come d'un velo. E non deviò il suo sguardo, non vagò. E certo ei vide, dei Segni del Signore, il supremo! Corano, LIII, r-r8.
Intorno al61o Maometto iniziò a effettuare regolari ritiri in una caverna presso il monte I:Iira, vicino alla Mecca. Alcuni studiosi ritengono che le pratiche religiose da lui adottate, tra cui il tapannuth (<
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to fu rielaborato dalla tradizione musulmana nel racconto del celebre viaggio notturno (isrii '), quando il Profeta fu miracolosamente condotto sul mitico animale Buraq fino a Gerusalemme, e da li in cielo, dove ricevette da Dio l'ordine di istituire le cinque preghiere quotidiane, fondamento della fede musulmana. Un badith attribuito alla moglie prediletta, 'A'isa, dice che nel corso di quella notte il corpo di Maometto non abbandonò mai il suo posto (aspetto che rimanda ad analoghe esperienze sciamaniche descritte nelle tradizioni di molte culture, e fa pensare a un'esperienza di carattere visionario). Khadiga accettò il messaggio di Maometto, come anche il cugino 'Ali. Per tre anni, secondo Ibn Is}:laq, il Profeta si astenne dal proclamare pubblicamente il suo messaggio; ma in una comunità ristretta come quella meccana non poteva certo restare confinato alla cerchia familiare. «La gente cominciò ad accettare l'islam, sia uomini sia donne, in gran numero, finché la sua fama si sparse in tutta la Mecca, e si cominciò a parlarne. Poi Dio ordinò al Suo Apostolo di dichiarare il vero su ciò che aveva ricevuto e di rendere noti i Suoi dettami agli uomini e di richiamarli a Lui». Secondo Ibn Isl;laq, la predicazione di Maometto non trovò opposizione finché non iniziò a trattare con disprezzo le divinità pagane. Gli studiosi occidentali ritengono però che inizialmente anche Maometto praticasse alcuni riti pagani, un'interpretazione contestata dai musulmani, secondo cui il Profeta non si sarebbe mai compromesso con il paganesimo (la questione dipende in parte dalla datazione e dall'interpretazione di alcuni passaggi coranici, come la sura CVIII). Una disputa analoga è nata sulla questione dei cosiddetti «versetti satanici». Secondo al-Tabari, una delle rivelazioni ricevute alla Mecca si riferiva esplicitamente alle tre dee meccane al-Lat, al-Uzzà e al-Manat, le tre «gru che volano alto», nella cui intercessione si deve sperare. L'opposizione coreiscita ne fu lietissima, e tutti, musulmani e pagani, si ritrovarono a pregare insieme al santuario. Segui poi un importante emendamento editoriale, con l'introduzione di un nuovo versetto. Le tre dee .«non so-
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no che nomi dati da voi e da' padri vostri, pei quali Iddio non vi inviò autorità alcuna» (LIII, 23). Questa storia estremamente controversa (che può essere stata inventata, e non appare nelle maggiori raccolte di badith) suggerisce agli storici della religione, se non a tutti i credenti, che nella concezione divina di Maometto possa essersi verificata un'evoluzione: dal Dio supremo del pantheon arabo all'Unico Dio senza compagni, «colleghi» o «figlie». Il Corano accenna soltanto all'opposizione coreiscita a Maometto; gli storici e gli annalisti, scrivendo a distanza anche di tre secoli, affermano che fu determinata, oltre che dal suo attacco all'idolatria, da rivalità commerciali. A guidarla sarebbe stato l'implacabile Abu Lahab (il «padre delle menzogne»). Maometto e i suoi piu stretti congiunti erano protetti da Abu Talib, zio del Profeta, ma alcuni dei suoi seguaci piu poveri furono perseguitati, soprattutto Bilal, lo schiavo abissino la cui voce potente e sonora ne avrebbe fatto il primo muezzin. Temendo per la loro iq.columità e dedizione alla causa, Maometto mandò parte dei primi convertiti in Abissinia, dove il sovrano, di religione cristiana, offri loro protezione e si oppose a un tentativo dei Qurays di farli tornare alla Mecca. Maometto, il suo clan e i fedeli rimasti alla Mecca furono emarginati, nell'intento di escluderli dalla vita commerciale della città. Il boicottaggio incontrò resistenze anche tra gli stessi Qurays pagani, ma proprio quando sembrava sul punto di concludersi, Abu Talib mori. La moglie del Profeta, Khadiga, si spense nello stesso anno; vennero cosi meno due dei suoi principali sostenitori. Maometto si trovò esposto allo scherno e all'ostilità di Abu Lahab e dell'aristocrazia coreiscita. I suoi seguaci con l'eccezione di pochi convertiti di prestigio, come Abu Bakr, 'Umar ibn al-Khagab e 'Uthman ibn al- 'Affan (che sarebbero stati i primi tre califfi) - appartenevano quasi tutti agli strati piu poveri e meno influenti di una società in cui ricchezza, prestigio e legami di parentela erano strettamente interdipendenti. Nondimeno l'autorevolezza di Maometto e la sua fama di predicatore si estesero ai di-
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Nella prima edizione inglese del libro, questo spazio era oc- · cupato da un'immagine tratta dal celebre manoscritto della Storia universale di Rashid al-Din (1307) conservato alla University Library di Edimburgo. L'illustrazione mostra il Profeta in un paesaggio roccioso stilizzato. L'angelo Gabriele, una figura alata con un'elaborata corona selgiuchide, gli si avvicina da sinistra con un braccio teso e l'indice puntato. Come ha scritto lo storico dell'arte David Talbot Rice, «lo spirito della meditazione interiore è rappresentato in modo molto convincente». Benché il manoscritto miniato di Tabriz sia universalmente considerato un capolavoro, e spesso sia stato riprodotto, alcuni lettori della prima edizione inglese hanno trovato blasfema l'illustrazione. Come uno di loro ha detto, «nessun essere umano può dipingere la bellezza e la magnificenza del Suo volto». · Il Corano esplicitamente non proibisce l'arte figurativa, ma la tradizione popolare musulmana è divenuta fortemente «iconofoba», e nei manoscritti in cui erano presenti, le immagini di Maometto sono state spesso cancellate.
stretti limitrofi. Alcuni beduini, sentendolo parlare a fiere e mercati locali, ne restarono molto colpiti, in particolare un gruppo di pellegrini originari di Yathrib, un'oasi agricola situata a circa quattrocento chilometri a nordest della Mecca. L'insediamento era da tempo dilaniato da dissidi tribali, con aspre lotte tra i clan, tre dei quali, i Banu Qurayza, i Banu Qaynuqa' e i Banu Nadir, avevano adottato una forma di ebraismo (cosi come alcune tribu arabe stanziate ai margini del deserto siriano avevano abbracciato particolari versioni del cristianesimo). Una delegazione invitò Maometto a Yathrib- che in seguito assunse il nome di Medina (Madinat al-Nabi, «Città del Profeta») -perché facesse da mediatore. Nel622, circa dodici anni dopo l'inizio della predicazione, i musulmani emigrarono a Medina. Nel calendario musulmano l'anno dell'egira (higra, «emigrazione») segna l'inizio dell'era islamica.
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Le sure coraniche del periodo medinese forniscono molti piu dati storici sugli eventi della vita del Profeta rispetto a quelle del periodo meccano. Ci sono riferimenti alle razzie contro le carovane coreiscite, quando Dio concesse il permesso di combattere durante il mese sacro di ragab (II, 217) e alla grande vittoria di Badr (624), in occasione della quale Dio avrebbe inviato una schiera di angeli in aiuto dei musulmani (III, 13, 123; VIII, 5-18, 42-44). Si allude anche alla battaglia di Ul;md dell'anno seguente, in cui i medinesi subirono uno scacco (III, 121-22, 153-154). Inoltre, si accenna ai rapporti di Maometto con le altre comunità di Medina: gli an!jar («ausiliari»), che assistono i muhagimn («emigrati»; VIII, 72-75; XXXIII, 6); i munafiqiin («ipocriti»), che appoggiano i musulmani solo per opportunismo, biasimati per la slealtà (LXIII, r-8); e gli ebrei, i figli di Israele, derisi per i loro errori e puniti per il loro tradimento (LIX, 2-q). Queste e numerose altre allusioni a eventi presumibilmente davvero accaduti furono arricchite di particolari negli padith tramandati per piu di un secolo, per poi confluire nella stra. A Medina, il Profeta pacificò le fazioni rivali: gli Aws, i Khazrag e i loro alleati ebrei. Le tribu ebree si erano stabilite nell'oasi per prime, e possedevano la maggior parte delle palme da datteri («Le prospere fattorie appartenute agli ebrei», dice un testo del x secolo, il Kitab al-Aghan{), ma erano i beduini arabi a detenere il potere militare. Gli ebrei dovettero quindi cercare la protezione delle fazioni arabe tra loro rivali. Nella sua veste di mediatore, il 'Profeta emanò uno o piu decreti finalizzati a regolare i rapporti politici tra emigrati, ausiliari ed ebrei. Tutte le dispute dovettero essere rimesse a «Dio e Maometto», e i medinesi formarono cosi una comunità unica (umma), nel cui ambito ebrei e pagani godevano di una certa libertà religiosa, a condizione che non fiancheggiassero i nemici della comunità. Nel Corano non c'è nessun riferimento esplicito a questo accordo, ed è ipotizzabile l'esistenza di un altro documento, contenente una disposizione che accordava la libertà religiosa agli ebrei, firmato dopo che le tre principali tribu ebree vennero espulse o massacrate.
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Le relazioni di Maometto con gli ebrei medinesi sono cruciali per l'interpretazione dell'islam primitivo quanto quelle con i Qurays pagani. Il Profeta rispettava il loro monoteismo e riteneva che esistesse una comune discendenza patrilineare e spirituale da Abramo, un vero panif («monoteista»). Sembra però chiaro che, pur accettando temporaneamente la leadership politica di Maometto, gli ebrei medinesi non lo considerassero un profeta appartenente alla loro tradizione. In seguito alla vittoria di Badr, quando la posizione di Maometto si rafforzò, i suoi rapporti con loro si deteriorarono. Una disputa per un posto al mercato portò all'espulsione dei Banu Qaynuqa'; due anni dopo toccò ai Banu Nadir, accusati di tramare l'assassinio del Profeta. L'anno seguente, gli uomini dei Banu Qurayza furono massacrati, e le loro donne ridotte in schiavitu, per aver complottato con i meccani durante la «Battaglia del Fossato» (627), un assedio durato alcuni mesi nel corso del quale la cavalleria coreiscita fu tenuta a bada grazie a una serie di trincee fatte scavare dal Profeta su consiglio del suo seguace persiano Salman al-Farsi. Il deterioramento politico delle relazioni con gli ebrei trova il suo corrispettivo in alcuni cambiamenti sul fronte religioso. Come abbiamo visto, la «recitazione» coranica fu «scritturalizzata», considerata cioè un libro paragonabile alla Torah ebraica e al Vangelo cristiano - ritenuto dall'islam un «libro sacro», e non un resoconto (o una serie di resoconti) di una vita santa. La qibla (direzione durante la preghiera) fu spostata da Gerusalemme alla Mecca. A poco a poco ci si riappropriò del santuario meccano e di parte della tradizione pagana, attribuendole nuovi significati nell'ambito di un paradigma monoteista abramitico. Nel sesto anno dell'egira (higra), Maometto cercò di compiere la 'umra («piccolo pellegrinaggio») con un gruppo di emigrati, ausiliari e bed~ini. I mecc~ni impedir?n? loro di entrare nell'area sacra, ma fu negozmto un armlstlzio di dieci anni, grazie al quale i medinesi poterono compiere il pellegrinaggio l'anno successivo. Maometto approfittò della tregua sul versante meridionale per rivolgere la sua attenzione alle tribu ebree ribelli delle oasi di Khaybar
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e Fadak, sospettate di essersi alleate con i meccani. Secondo i termini della resa, gli ebrei avrebbero dovuto continuare a lavorare nelle proprie piantagioni, consegnando metà del raccolto ai musulmani. Al suo ritorno, i meccani rispettarono l'accordo, e Maometto poté guidare un gruppo di musulmani a compiere la 'umra. Ma l'anno seguente (628) l'armistizio si ruppe, e nel gennaio del63o il Profeta tornò alla città santa in forze. Colti di sorpresa, i meccani non opposero alcuna resistenza. Il loro capo, Abu Sufyan, catturato dai musulmani, si salvò sottomettendosi all'islam. Dopo aver girato intorno alla Ka'ba e aver toccato la «pietra nera» con un bastone, Maometto entrò nel tempio, dove distrusse i trecentosessanta idoli, risparmiando solo due icone di Gesu e Maria (secondo un hadith di alAzraqi, ciò avvenne in modo miracoloso, se~plicemente puntando il bastone). Furono eliminati anche altri idoli nelle vicinanze, tra cui quelli delle dee al-Uzzà, al-Manat e al-Lat. Il Profeta rimase nell'area della Mecca e sconfisse una confederazione beduina ostile, prima di compiere una seconda 'umra al santuario. Una spedizione verso nord attaccò un esercito bizantino a Tabuk, presso l'odierna 'Aqaba. La umma musulmana si era ormai affermata come la forza piu grande della penisola araba. Nel63o -l' «anno delle delegazioni», in cui, secondo la tradizione, furono inviate ambascerie ai principali sovrani dell'epoca - la maggior parte delle tribu si sottomise. A coloro che erano rimasti pagani fu imposto un ultimatum di quattro mesi: se non si fossero convertiti, si sarebbero potuti uccidere impunemente. La umma musulmana era ormai a tutti gli effetti uno Stato cementato da vincoli ideologici. In precedenza Maometto aveva firmato trattati con i non credenti, dividendo con loro anche il bottino delle sue razzie. La sottomissione all'islam era ora divenuta il criterio di appartenenza alla comunità. Nell'ultimo anno di vita, il 632, il Profeta compi il cosiddetto «pellegrinaggio d'addio». I pagani furono esclusi, e si definirono i riti del baffi e dell' 'umra, in
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Quando poi saran trascorsi i mesi sacri, uccidete gli idolatri dovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostatevi ovunque in imboscate. Se poi si convertono e compiono la Preghiera e pagano la Dèdma, !asciateli andare, poiché Dio è indulgente e clemente. Corano, IX, 5·
origine due diverse festività pagane che cadevano in primavera e in autunno. Il mese intercalare con cui gli arabi facevano corrispondere i mesi lunari con l'anno solare fu abolito, troncando il legame fra i riti religiosi e le stagioni. Da questo momento il pellegrinaggio e la festa del sacrificio, gli eventi centrali del calendario islamico, avrebbero risalito il corso delle stagioni, secondo un ciclo ricorrente di circa trentatre anni. Maometto tornò a Medina, dove all'improvviso cadde malato e mori tra le braccia della moglie diciottenne 'A'isa. La rivelazione divina era cessata. I;Iadith. In genere tradotto con «tradizioni», il termine badith indica piu propriamente le raccolte di aneddoti sui discorsi e sulle azioni di Maometto, originariamente trasmessi per via orale e in seguito trasformati in testi scritti. La biografia del Profeta - come già detto - fu ricostruita con la stessa logica dei badith, citando le diverse versioni di uno stesso episodio e risalendo sempre alla fonte. A prima vista, questo metodo garantisce una trasparenza che manca nella formazione di altre scritture, tra cui i Vangeli. Invece di brandire i propri bisturi editoriali, traendo un'unica narrazione coerente dai materiali orali disponibili, i raccoglitori di badith vagliarono ogni aneddoto, ogni diceria, ogni racconto, secondo un criterio molto diverso. Quello che contava non era tanto la plausibilità o la coerenza della storia, ma l'attendibilità della fonte. I compilatori di badith si resero conto fin dall'inizio che sul Profeta circolavano molte storie spurie, spesso citate
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Due uomini, un Musulmano e un Giudeo, si misero a litigare. A un certo punto il Musulmano disse: «Per Colui che ha scelto Maometto fra tutte le creature!» E il Giudeo, allora: «Per colui che ha scelto Mosè fra tutte le creature!» A queste parole, il Musulmano alzò la mano e schiaffeggiò il Giudeo. Questi andò allora dal Profeta - Iddio lo benedica e gli dia eterna salute - e gli raccontò tutto quello che era accaduto fra lui e il Musulmano. Il Profeta - Iddio lo benedica e gli dia eterna salute - mandò a chiamare il Musulmano e lo interrogò su quanto era successo. Quando fu bene informato, disse: «Non mi ponete al di sopra di Mosè ... Perché, vedete, il giorno della resurrezione tutti gli uomini perderanno i sensi, e perderò i sensi anch'io con loro. Io mi risveglierò per primo, ed ecco che Mosè sarà lf, pieno di energia, a lato del trono supremo ... Non so se in precedenza egli avrà perso i sensi insieme con gli altri e si sarà risvegliato prima di me, oppure se Iddio avrà fatto un'eccezione con lui». al-Bul;tari, Detti e fatti del pro/eta dell' islam, Utet, Torino 1982, pp. 322-23.
Giacevamo con una prigioniera e, poiché usavamo tirarci indietro all'ultimo istante durante il coito, chiedemmo all'Inviato di Dio - Iddio lo benedica e gli dia eterna salute - qualcosa in merito. Chiese: «Voi fate questo?» Poi ripeté tre volte. «Se un'anima deve esistere per il Giorno del Giudizio, nulla le impedirà di esistere». al-Bul;ari, Detti e fatti cit., p. 502.
a sostegno delle varie posizioni contrapposte nelle dispute e nelle lotte che seguirono la morte di Maometto. Secondo un badith, autentico o meno che sia, il Profeta avrebbe detto: «Colui che dice consapevolmente menzogne sul mio conto dovrà cercarsi un posto all'Inferno». Ben consci dei trabocchetti, i trasmettitori di badith viaggiavano molto per stabilire l'attendibilità delle loro fonti, investigando a fondo il loro carattere. Svilupparono una «scienza degli uomini» in cui solo gli individui piu onesti e degni di fiducia arrivavano a essere considerati veicoli degni del sacro compito di riportare i detti e le gesta del Profeta. I badith furono ordinati secondo vari gra-
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di di attendibilità: ~abib («incontestabile»), basan («buono») o qa'if(«debole»). Sei raccolte assunsero un'autorità canonica: quelle di al-Bubari (m. 87o), Muslim ibn all:Iaggag (m. 875), Ibn Maga (m. 886), Abu Dawud (m. 892), al-Tirmidhi (m. 892) e al-Nasa 'I (m. 915); tra queste, le prime due sono considerate seconde solo al Corano. Nonostante gli sforzi degli studiosi, il volume dei badith continuava a crescere, e i critici moderni- musulmani e non- hanno messo in dubbio la reale attendibilità del metodo seguito, considerato il lungo periodo di trasmissione orale trascorso prima che fossero messi per iscritto. Nel XIX secolo, in India, lo studioso modernista Al).mad Khan (r8r7-98) iniziò a contestare l'autenticità degli badith; il suo collega Chirag 'Ali (m. r898) arrivò alla conclusione che «la grande alluvione di tradizioni formò presto uri. mare caotico. La verità e l'errore, i fatti e le favole si fusero in un inestricabile groviglio». In Occidente, critici come Ignaz Goldziher eJoseph Schacht sostennero che gli isnad (catene di trasmettitori) avevano la tendenza a «svilupparsi a ritroso», nel senso che ad aneddoti o dicerie nati da un compagno o un successore di Maometto dopo la conquista araba della «Mezzaluna fertile» furono attribuiti isniid che li facevano risalire al Profeta stesso, in modo da fornire loro quell'autorità che altrimenti non avrebbero avuto. Inoltre, il contenuto di alcuni badith (chiamato matn) fu ritenuto anacronistico: Schacht, in particolare, notò che molti non appaiono in alcune controversie legali databili a un periodo in cui non citarli sarebbe stato inconcepibile. Ai giorni nostri, i tradizionalisti musulmani spesso ignorano queste critiche, o le ritengono attacchi tipicamente «occidentali» all'islam, derivati da un'ostilità religiosa o culturale. Ma le generazioni precedenti di musulmani erano molto piu scettiche sul carattere e la qualità dei trasmettitori di quanto lo siano i loro discendenti.
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Lo scetticismo dei primi commentatori riguardo all'autenticità della letteratura badith è significativamente illustrato da una storia narrata dall'erudito 'Umar ibn Habib, che, alla corte del famoso califfo I:Iarùn al-Rasi:d (786-8o9), fu coinvolto in una discussione sui meriti di uno dei piu autorevoli trasmettitori di padith, il compagno di Maometto Abù Hurayra, considerato una fonte inoppugnabile della sunna del Profeta. Quando i suoi interlocutori iniziarono a mettere in dubbio la credibilità di Abù Hurayra, 'Umar non riusd piu a trattenersi, nonostante il potentissimo califfo appoggiasse la posizione dei suoi avversari. Dopo aver affermato l'autenticità del badith in questione e l' attendibilità del trasmettitore Abù Hurayra, 'Umar ricevette un'occhiata torva dal califfo e lasciò la corte temendo per la propria vita. Convocato poi alla presenza reale, trovò il califfo assiso su un trono dorato, a braccia nude, con in mano una spada e di fronte un nat (un tappetino di cuoio usato per le esecuzioni). Con tono severo, il califfo gli disse: «0 'Umar ibn Habib, nessuno ha mai osato discutere le mie idee e contraddire le mie opinioni come tu hai fatto! >> «0 Principe dei Credenti- rispose l'atterrito 'Umar- in ve'rità in quello che hai detto, e nell'argomentazione che hai usato, si cela una mancanza di rispetto verso l'Inviato di Dio e la sua eredità. Se i suoi compagni sono considerati bugiardi, allora è l'intera shari'a a essere annullata e svuotata; le prescrizioni sulla successione, e le regole sul digiuno, sulla preghiera rituale, sul divorzio e sul matrimonio, tutte queste disposizioni saranno messe in dubbio e nessuno le vorrà piu accettare». Il califfo rimase in silenzio per qualche istante, poi disse: «Tu mi hai dato una nuova comprensione delle cose. Possa Dio concederti una lunga vita, 'Umar ibn Habib». E ordinò che allo studioso venissero dati diecimila dirham. G.H.A. Juynboll, Muslim Tradition, Cambridge University Press, Cambridge r983, pp. r97-98.
L'elaborazione dell'immagine di Maometto. Autentici o meno, i badith sono stati il veicolo mediante il quale, nei secoli, la vita del Profeta è divenuta il modello di comportam ento umano ideale per uno sterminato numero di musulmani. Imitatio Christi significava imitare la sofferenza di Cristo e adottare, idealmente, il suo vangelo d'amore. Il Nuovo Testamento non contiene alcuna indicazione circa il modo in cui Gesti vestiva, man-
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giava, camminava, si puliva i denti, o in generale su come si comportava , anche se è vero che una certa sua immagine si è trasmessa attraverso l'iconografia, cosi come quella di Buddha o di numerose divinità induiste. Imitatio Maometti significava invece seguire l'esempio del Profeta in ogni particolare della sua vita, dalla condotta etica all' alimentazione. Nell'islam le rappresentazioni bi- o tridimensionali degli esseri del creato erano generalmente proibite (perché l'artista non si appropriasse indebitame nte della facoltà creatrice di Dio), e anche Iaddove, in tempi piu recenti, erano permesse, il Profeta era solitamente raffigurato senza volto o velato, tanto sacro era il suo aspetto. Tuttavia, il suo modello - senza dubbio idealizzato e intriso dei valori e delle aspirazioni delle generazioni successive- si diffuse, attraverso la tradizione orale e la letteratura badìth, fino a divenire un'icona culturale e religiosa potente quanto quelle di Cristo o di Buddha: l'immagine dell' al-insan al-kamil, l'essere umano integerrimo, perfetto in ogni suo atteggiamento mondano e spirituale. L'immagine di Maometto, letteraria piu che visiva, si irradiò in tutto il mondo musulmano. Forse fu proprio la mancanza di rappresentazioni pittoriche a favorirne la diffusione culturale, permettend o a persone di razze ed etnie diverse di interiorizza rne a modo loro i tratti essenziali: il coraggio, la calma, la compassione, la gravitas e la santità. Maometto affermava di non possedere alcuna qualità sovrumana («lo non sono che un Ammonitor e e un Messaggero di buone novelle a gente che crede», VII, r88). Nondimeno , le sìra sono piene di episodi soprannaturali destinati a trasformars i in elaborate leggende popolari. L'inizio della sura XCIV («0 non t'abbiamo aperto il petto/e non abbiam deposto il peso/che t'aggravava il dorso?») fu poi rielaborato in alcuni badìth in cui gli angeli trasportano Maometto sulla cima di una montagna, gli aprono il petto, estraggono il cuore, lo lavano con la ne:ve e glielo ripongono in seno, dopo averne rimosso un «grumo nero, pieno di sangue», che rappresenta la «parte di Satana dentro di lui». Assicurata in questo modo, la
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Maometto era di statura media, aveva capelli né lisci né crespi, non era grasso, aveva un volto bianco e rotondo, grandi occhi neri e lunghe ciglia. Quando camminava, procedeva come se scendesse per un declivio. Aveva tra le scapole il «sigillo della profezia» [un neo di colore scuro, o una protuberanza carnosa grande come un uovo di piccione]. [... ] Era corpulento. Il suo volto risplendeva come la luna in una notte di plenilunio. Era piu alto della media, ma piu basso di quelli che si distinguono per l'altezza. Aveva capelli ricci e spessi, raccolti in trecce [... ] Aveva la fronte larga e le sopracciglia lunghe, sottili e arcuate, che non si toccavano. Tra le sopracciglia aveva una vena che si gonfiava quando era adirato. Aveva il naso aquilino, la barba folta, le guance lisce, la bocca pronunciata e i denti staccati l'uno dall'altro. Sul petto aveva peli sottili. Il collo era come quello di una statua d'avorio, ed era puro come l'argento. Maometto era ben proporzionato, robusto, ben piantato, con il ventre e il petto piatti e le spalle larghe. A. Schimmel, And Mul;ammad is His Messenger, University of North Carolina Press, Chapel Hill (North Carolina) 1985.
purezza del Profeta lo rende un'immacolata fonte di emulazione per le generazioni successive. Tuttavia, come sottolinea Annemarie Schimmel, ai tempi dell'islam primitivo non c'era alcuna dottrina ufficiale sull'impeccabilità del Profeta, e la prima generazione di storici e commentatori si sforzò molto meno delle successive di escludere che avesse mai preso parte ai riti pagani alla Mecca, prima che Allah lo guidasse al culto dell'unico vero Dio. Un altro repertoriQ di leggende e poesie deriva dall'inizio della siira LIV: «E giunta l'ora: s'è spaccata la luna!» Mentre i modernisti e altri critici hanno cercato di smitizzare la frase, riportandola al suo contesto escatologico - lo spaccarsi della luna è uno degli eventi miracolosi che preannunciano il Giorno del Giudizio-, i primi commentatori la lessero per lo piu come un riferimento a uno specifico evento, narrato in molti badìth attribuiti a compagni del Profeta: una notte la luna sarebbe apparsa divisa in piu parti. Nella tradizione popolare e nella poesia mistica la duna spaccata» divenne uno dei piu grandi miracoli di Maometto, celebrato in sindhi, in punjabi, in swahili
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e in altre lingue parlate dai musulmani. In certe storie miracolose, Maometto imita il Gesu coranico: infonde la vita a un uccello di pietra, fa piovere durante la siccità, si fa sgorgare l'acqua fra le dita, fa sf che un'unica pecora sterile produca latte a sufficienza per sé e per i suoi compagni assetati. Un altro miracolo relativo al cibo, grazie al quale mille persone vengono sfamate con un'unica pecora, ricorda la moltiplicazione dei pani e dei pesci nel Nuovo Testamento. Cammelli e bestie feroci si inchinano di fronte a Maometto, riconoscendolo come inviato di Dio, e cosi fanno cose inanillJate come rocce, pietre e alberi. Il grande poeta persiano Garni (1414-92) proclama: Una piccola pietra, piu piccola del grano di un rosario Recitò nella sua mano con parole eloquenti la preghiera di Dio, E quegli eloquenti i cui cuori erano neri come pietre Restarono muti all'unisono.
Coloro ai quali il Profeta appare in sogno non possono essere ingannati, perché Dio non permette a Satana di assumere la sua forma, e al risveglio la loro camera è inondata dal profumo di muschio. Accettare la possibilità dell'impostura - una falsa apparizione del Profeta- avrebbe minato l'unità dell'islam, aprendo la strada ad accuse Sappi che la chiave della felicità consiste nel seguire la sunna e imitare l'Inviato di Dio in ogni aspetto della sua vita, nel modo di muoversi e di restare fermo, di mangiare, di atteggiarsi, di dormire e di parlare. E non intendo solo in merito all'osservanza dei precetti, dato che in quel campo non c'è alcuna ragione di venir meno alla tradizione. Intendo invece per tutto ciò che riguarda le abitudini e il comportamento, poiché solo seguendo il Profeta anche in questi aspetti è possibile essere del tutto degni di lui. Dio ha detto:- Di: «Se veramente amate Dio, seguite me e Dio vi amerà»(III, 31), e ha detto: «Quel che vi darà il Messaggero, prendetelo, e quel che vi vieterà, astenetevene» (LIX, 7). Ciò significa che quando ti infili i pantaloni devi sedetti, quando ti avvolgi il turbante devi stare in piedi e quando ti metti le scarpe devi cominciare dal piede destro. al-Ghazàlì, Ihya' 'uliim al-d'in (Vivificazione delle scienze religiose), Il Cairo s.d., vol. II, pp. 300-44.
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e controaccuse di frode. Secondo la stessa logica, al mistico è negato l'accesso diretto alla rivelazione divina, poiché Maometto è il «sigillo» dei profeti, l'ultimo messaggero inviato da Dio all'umanità. Se di un mistico o di un santo si dice che s!a stato oggetto di rivelazioni divine come nel caso di Gulam ~mad (r8.36-r9o8), fondatore della setta proselitista degli ~madiyya -, i suoi seguaci saranno al centro di controversie e persecuzioni per eresia. Le apparizioni del Profeta, invece, non solo sono ipso facto autentiche, ma costituiscono anche una prova che i credenti cui vengono concesse non si sono staccati dal gregge dell'islam. L'imitazione di Maometto non è riservata ai mistici. I particolari della sua vita - il taglio della barba, gli abiti che indossava, il cibo che preferiva-, cosi come vengono riportati nei badith, divennero modelli di comportamento per tutti i fedeli. Alcune persone evitavano cibi come l'aglio, i manghi o i meloni perché si diceva che a lui non piacessero, o perché non risultava da nessuna parte che li avesse mangiati. Il miele e il montone erano tenuti in gran conto perché lui li prediligeva; i cani erano considerati sporchi perché- secondo un famoso badith- «gli angeli non entrano in una casa in cui ci siano cani o statue»; i gatti erano invece ben visti, perché - avrebbe detto il Profeta - sono tra gli animali che onorano le dimore umane. La mentalità medievale ravvisava in ogni suo atto una per-
La nostra cwtura non può piu muoversi in questo universo che definiamo magico, superstizioso, irreale, irrazionale, immaginario, meraviglioso, favoloso e leggendario. Tutti questi aggettivi indicano da parte nostra un atteggiamento di distanza, separazione, rifiuto ed esclusione, l'impossibilità cioè di interpretare i fatti e i fenomeni sottoposti ad analisi in modo tale da comporli in un quadro razionale e coerente. L'esperienza religiosa e l'attività storica di Maometto emergono e si dispiegano proprio in questo universo semiologico che non comprendiamo piu. M. Arkoun, Rethinking Islam: Common Questions, Uncommon Answer.l', Westview Press, Bowder (Colorado) 1994, p. 43·
IL CORANO E IL PROFETA
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fetta condotta, dietro ogni sua opinione un suggerimento divino. Maometto, come Gesu e i fondatori di altre religioni, costituisce un ponte tra il mito e la storia, che sono i regni, rispettivamente, dell'azione divina e di quella umana. Vive in una realtà in cui l'esistenza storica è circondata da forze soprannaturali, in cui il magico permea costantemente il banale mondo terreno del senso comune. Per afferrare questo mondo nella sua pienezza è necessario accantonare la nostra mentalità moderna. Gli studiosi delle varie discipline non possono che limitarsi ad analizzare alcuni frammenti del vasto residuo culturale, storico e fantastico dei due decenni nel corso dei quali, secondo la visione musulmana, Dio si rivolse all'umanità per bocca dell'ultimo dei suoi profeti.
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Capitolo terzo Unicità divina
Introduzione. Se c'è una parola che ben definisce l'essenza dell' islam, in senso sia teologico sia politico sia sociologico, questa è tawbzd («farsi uno», «unicità»). Benché non compaia nel Corano, il concetto che esprime è implicito nella formula della professione di fede, «Non c'è altro dio all'infuori di Dio», e il testo sacro è disseminato di riferimenti al Dio privo di compagni e di suoi simili. La costante insistenza sul fatto che sia in primo luogo l'unicità a definire Dio, appare in stridente - addirittura ironico - contrasto con la frammentazione che si riscontra nel mondo musulmano. È come se l'aspirazione a realizzare l'unicità divina anche sul piano dell'ordinamento sociale e politico fosse destinata a naufragare costantemente sugli scogli della malvagità umana. La straordinaria rilevanza data alla questione dell'unicità di Dio riflette il contesto polemico in cui nacque l'islam. Il tawbzd vuole contrapporsi allo stesso tempo al paganesimo arabo, al dualismo zoroastriano e alla dottrina cristiana dell'incarnazione divina, in termini che ricordano l'intransigente monoteismo dei profeti ebraici,
Di: «Egli, Dio, è uno, Dio, l'Eterno. Non generò né fu generato e nessuno Gli è pari». Corano, CXII.
4· I:Iaram al-Sharif (Cupola della Roccia e Moschea al-Aq~à), Gerusalemme. Capolavoro di stile bizantino, la Cupola della Roccia proclamava l'unità di Dio e allo stesso tempo celebrava il trionfo dell'islam sulla cristianità (foto I. Awwad, per gentile concessione dell'Aga Khan Trust for Culture).
cui si richiama apertamente. Il primo edificio grandioso eretto dai conquistatori arabi in Palestina -la Qubbat asSakhrah (Cupola della Roccia), sul Monte Sacro a Gerusalemme- sorge sul Tempio ebraico, nel luogo in cui secondo la tradizione ebraica, Abramo avrebbe sacrificato suo figlio, e dove piu tardi fu riposta l'Arca dell' Alleanza. La splendida costruzione ottagonale, con il suo rivestimento marmoreo e la cupola dorata, è decorata con iscrizioni coraniche che proclamano l'unità di Dio e la missione profetica di Maometto. Le medesime iscrizioni appaiono sulle monete coniate dal califfo cui si deve l'edificio, 'Abd al-Malik (r. 685-705). La nuova moschea è vicina al punto da cui si ritiene che Maometto sia asceso al cielo nel suo viaggio notturno, quando, secondo la tradizione islamica, fu ammesso alla presenza di Abramo e Mosè e istruito sui doveri della preghiera. La moschea è dedicata alla religione di Abramo, si innalza sul sito del Tem-
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pio di Salomone, sostituendolo, e lancia una sfida diretta alla cristianità, la fede imperiale di Bisanzio.
Sciismo. L'unità dell'impero è il riflesso dell'unità divina, compromessa dagli errori degli ebrei e dalle false dottrine dei cristiani (incarnazione divina e redenzione vicaria dei peccati). Tuttavia, secondo la storia sacra dell'islam, l'unità terrena fu ostacolata fin dall'inizio dagli stessi musulmani. La morte di Maometto, nel632, creò un vuoto d'autorità che non fu mai piu colmato. Abu Bakr, suo intimo amico e padre della moglie favorita, 'A'isa, fu eletto capo a Medina, secondo il costume tribale arabo. Delle rivendicazio-
Albero genealogico della famiglia di Maometto. 'AbdManàf Hasim
'Abd Sams
l
l
'Abd al-Mugalib
Umayya
al- 'Abbas
'Abd Allah
Abu Talib
l Maometto
Califfi ommayyadi Califfì abbasidi
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Fatima ---;-
i
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imam sciiti
Da A. Hourani, A History o/ the Arab Peoples, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) 1991.
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ni di 'Ali, cugino e genero di Maometto e suo parente maschio piu prossimo, non si tenne conto né in quella né in due occasioni successive. Solo dopo la morte di 'Uthman, 'Ali ottenne ciò che i membri del suo partito (Si''a) ritenevano gli spettasse di diritto. Ma ormai era troppo tardi. La sua leadership fu contestata, e 'Ali non riusd a imporsi su tutta la comunità. Le guarnigioni dell'Iraq lo appoggiarono, ma quelle siriane, comandate da Mu'awiya, gli si opposero, e un tentativo di accordo da lui promosso nell'interesse dell'unità non ebbe alcun esito. Alcuni partigiani di 'Ali ne furono talmente delusi che decisero di abbandonarlo, dando origine ai kharigiti (khawiirig, «coloro che escono»). Uno di loro, Ibn Mulgam, assassinò 'Ali, ed ebbe cosf inizio la tragica storia dello sciismo. Il figlio maggiore di 'Ali, I:Iasan, patteggiò con Mu'awiya, e visse tranquillamente a Medina. Alla morte di Mu'awiya, nel68o, toccò al fratello minore, I:Iusayn, innalzare il vessillo della rivolta e morire sul campo di battaglia di Karbala', sulle rive dell'Eufrate, sconfitto dalle truppe del nuovo califfo, Yazid (r. 68o-83), figlio di Mu'awiya. Queste prime dispute riguardavano principalmente, se non esclusivamente, il controllo del potere: a chi spettava il comando, e in base a quale autorità? Ben presto, però, gli schieramenti acquisirono anche una specifica connotazione religiosa.
Imamiti e ismailiti. La successione degli imam («guide») nella linea di 'Ali non è una dimostrazione dell'unità dell'islam, ma piuttosto del contrario. L'appoggio popolare alla causa sciita non venne mai a mancare da parte di chi riteneva che i governanti dell'impero islamico avessero tradito il messaggio di unità, pace e giustizia sociale. Nel 749 un movimento di ispirazione sciita portò all'affermazione di una nuova dinastia, che spostò la capitale da Damasco, in Siria, a Baghdad, in Iraq. Con grande disappunto di molti dei loro seguaci, i nuovi sovrani si rivelarono però discendenti non di
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'Ali, ma di uno zio di Maometto, 'Abbas. Gli abbasidi erano piu vicini degli omayyadi alla Sacra Famiglia, ma neanche loro appartenevano alla progenie del Profeta. Questo ulteriore tradimento convinse il capo sciita del momento, l'imam Ga'far al-Sadiq (m. 765), ad adottare il compromesso, alla maniera di I:Iasan, piu che di I:Iusayn. Tuttavia, nonostante l'accettazione del fatto che il potere non fosse nelle mani dei discendenti di 'Ali, gli imam sciiti continuarono a essere una spina nel fianco per i nuovi califfi. Nella storia sacra dello sciismo tutti gli imam sono stati segretamente assassinati, di solito per avvelenamento. Il dodicesimo imam, Mul;lammad al-Muntazar («L'Atteso»), è però semplicemente scomparso. Farà ritorno alla fine dei tempi come messia (al-mahdi, «Il Guidato»), e porterà pace, giustizia e unità in un mondo straziato da corruzione, discordia e conflitto. Si tratta di un'opportuna soluzione al problema di avere un capo illegittimo, ma divinamente guidato: considerate le incertezze che in un caso come questo circondano necessariamente la successione, può essere piu facile costruire il consenso intorno a un imam assente che intorno a uno costretto alla clandestinità. Da allora, lo sciismo ha sempre oscillato tra quietismo e ·attivismo. Come i kharigiti, che sono riusciti a fondare Stati agli estremi del mondo islamico (nel deserto tunisino, nell'Oman, a Zanzibar), anche varie fazioni sciite hanno creato formazioni politiche autonome al di fuori delle aree metropolitane: in Tabaristan, nello Yemen, in Nordafrica e nel Golfo. Talvolta i capi sciiti hanno predicato la cautela; una dottrina nota come taqiyya («dissimulazione») permette infatti ai credenti di celare la loro fedeltà agli imam, se temono per la propria vita. Bisognerà aspettare il ritorno dell'Imam Nascosto prima che le crudeli ingiustizie subite dalla famiglia del Profeta e dai suoi seguaci possano essere riparate. Ma le attese escatologiche che circondano l'Imam Nascosto possono anche ispirare e legittimare rivolte, portando a definitivi cambiamenti di governo. Per giustificare una scelta o l'altra basta richiamarsi all'esempio di uno dei due nipoti del Profeta, I:Iasan o I:Iusayn.
Altrove, nelle città ma soprattutto nei villaggi, si effettua la ta'ziya. Questa rappresentazione religiosa è straordinariamente popolare e spontanea. Dove si improvvisa una scena, all'aperto o nella husayniya, si riunisce una folla. Attori e spettatori sono intercambiabili: tutti conoscono Yazid, 'Ali, Akbar, Zeinab e Hazrat 'Abbas [... ] Sono gli unici nel villaggio che sanno leggere e che per l'occasione hanno indossato i costumi dei protagonisti del dramma. Hanno in mano il copione; il regista chiede loro di leggere la parte assegnata, passandosi il microfono. C'è un'atmosfera magica, i cavalli scalpitano, durante la battaglia esplodono petardi, la mano di 'Abbas vola per aria prima di riuscire ad attingere dall'Eufrate (rappresentato da una vasca da bagno) l'acqua per placare la sete dei compagni di I;Iusayn. C'è sangue, e si sentono il clangore delle sciabole che roteano sopra le teste, il rullio dei tamburi e le grida di morte. Y. Richard, Shi'ite Islam, Blackwell, Oxford 1995, p. 99·
Altri rami dello sciismo. Gli imamiti (o duodecimani, seguaci del dodicesimo
imam), attualmente ammontano a circa ottanta milioni, fra Iran (dove lo sciismo è la religione di Stato), Iraq, Afghanistan, Pakistan, Azerbaigian, Siria, Libano, Turchia e Golfo. Esiste però anche una setta mjnoritaria che si ispira a Isma'il, primogenito dell'imam Ga'far, secondo i duodecimani morto prima del padre o scavalcato al momento della successione. Talvolta chiamati settimani, gli appartenenti a questa setta sono piu noti come ismailiti. Nel corso del x secolo furono in prima linea in molte rivolte ispirate ad attese escatologiche. Nel 909 'Ubayd Allah (m. 934), che affermava di discendere da Isma'il, si proclamò mahdi e creòv uno Stato in Nordafrica. Ungenerale di suo figlio, al-Gawhar, riusd a invadere l'Egitto, fondando nel 969 il califfato fatimide (da Fatima, figlia del Profeta e moglie di 'Ali). I fa timidi regnarono per piu di due secoli, fino al I I 7 I, quando furono scalzati da Salal; al-Din al-Ayyubi (Saladino, m. n93), l'eroe sunnita che liberò Gerusalemme dai crociati. Benché l'Egitto fosse cosi riportato alla fede
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sunnita, le comunità ismailite sopravvissero in roccaforti di montagna in Siria, in Persia e nello Yemen. Da loro discendono tra l'altro i bohra mustaliti e i khoja nizariti. Quest'ultimo è l'unico gruppo sciita che si proclami fedele a un imam vivente, al-Amir, anche lui «scomparso» nel I I .30 e ultimo imam nella linea del califfo fa timide alMusta'li. I khoja, molto diffusi in India, Pakistan, Africa orientale, Europa e Nordamerica, nonché nella Cina occidentale e in Asia centrale, credono che il loro attuale imam, Karim, noto con il titolo persiano di Aga Khan, sia il quarantanovesimo imam in linea di discendenza diretta da 'Ali. Tra gli altri rami dello sciismo sopravvissuti fi. no a oggi ci sono i drusi del Libano, che si definiscono muwabbidiin («unitari»), poiché assegnano particolare importanza al tawbfd, cosi come insegnato dal sesto califfo fatimide, al-I:Iakim (r. 996-Io2I); gli alawiti della Siria, noti anche come nu~ayriti; e i babi dell'Iran, un movi-
L'imamato è in un certo senso la logica conseguenza dell' applicazione del principio della giustizia al governo dell'umanità. Dio, che ha creato gli uomini, non poteva !asciarli andare verso la perdizione. Ecco perché inviò i profeti, l'ultimo dei quali f~ Maometto, a guidarli sul sentiero della giustizia e della verità. E inconcepibile che, dopo la morte dell'ultimo profeta, Dio, nella Sua saggezza, abbia abbandonato gli uomini a se stessi. A dirigere la comunità deve quindi esserci, in ogni epoca, un garante spirituale, prova della verità della rivelazione: l'imam, la «guida». Dato che ha una funzione fondamentale nel rapporto fra Dio e i fedeli, l'imam non può essere scelto da uomini soggetti all'errore e condizionati dalle vicissitudini della storia: deve soddisfare certe condizioni di principio, essere perfettamente istruito nelle questioni religiose, assolutamente giusto e corretto, perfetto, mondo da ogni colpa, l'uomo piu perfetto del suo tempo; è infatti impensabile che un uomo piu perfetto debba obbedire a uno meno perfetto.[...] L'imiim è designato per mezzo di un'investitura soprannaturale (na$$) proveniente da Dio e trasmessa dal Profeta o dall'imam precedente. Il nuovo imam riceve quindi la sua autorità dall'alto. In questo modo l'infallibile imam costituisce un legame tra la comunità umana e il mondo invisibile. Richard, Shi'ite Islam cit., p. 6.
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mento messianico nato nel XIX secolo, che nel I863 fondò la religione del baha'ismo. Al cuore della disputa tra gli sciiti e quella che sarebbe divenuta la maggioranza sunnita si trovavano originariamente questioni di potere, piu che dottrinali, ma con il tempo le controversie politiche assunsero anche una dimensione teologica. Il «massacro» di Karbala', una bat· taglia tra clan rivali che durò un solo giorno e non provocò piu di qualche dozzina di morti, fu trasformato nel mito identitaria dello sciismo, l'emblema della sofferenza e del martirio. Puntualmente riattualizzato in occasione di ogni anniversario ('asiira) in tutti i villaggi sciiti, con processioni di flagellanti insanguinati che espiano il tradimento del nipote del Profeta, rappresenta per lo sciismo quello che la Passione di Cristo è per il cattolicesimo: riconcilia il credente con le ingiustizie del mondo, offrendo allo stesso tempo una promessa di redenzione. Gli imam acquisirono una dimensione soprannaturale. Cominciarono a essere considerati fonte di una conoscenza esoterica delle scritture, portatori fin dalla creazione della divina luce della Verità, che sola può comprendere e decifrare i significati delle scritture. Nelle tradizioni dei duodecimani e dei mustaliti, l'autorità dell'Imam Nascosto è esercitata in sua vece da religiosi che fungono da vicari. Tra i duodecimani, questa delega ha portato alla creazione di una gerarchia paragonabile a quella del clero cristiano, seppur formalmente priva di poteri sacerdotali.
Il tawQ.Id nel pensiero islamico primitivo. Per gli 'ulama} sunniti, dalla dottrina dell'unicità di Dio derivano soprattutto considerazioni di ordine giuridico. Non spetta agli uomini speculare sulla natura di Dio; è invece loro dovere ubbidire ai suoi dettami. Nella sua formulazione piu estrema, questo principio porta a concludere che le leggi umane non hanno a loro fondamento nessuna autorità. Solo le leggi divine, rappresentate dalla shari'a, devono essere rispettate. Tuttavia, l'insistenza sul-
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la priorità accordata ai precetti di Dio, piuttosto che alla sua natura o alla sua essenza, non bastò a frenare la passione speculativa o l'orientamento mistico di chi voleva approfondire l'esperienza interiore del divino. I primi dibattiti teologici si concentrarono su questioni quali la condizione di peccatore, il libero arbitrio e la predestinazione, la giustizia divina e gli attributi antropomorfici di Dio nel Corano. Il problema del peccato comportava la domanda fondamentale: «Chi è musulmano ?»Il primo gruppo secessionista radicale, quello dei kharigiti, riteneva che i peccatori gravi (come gli adulteri) si ponessero ipso facto al di fuori della comunità dei credenti, e non potessero quindi piu essere considerati musulmani. All'estremo opposto, i murgiiti - il cui piu famoso esponente fu Abu I;Ianifa (696-767), fondatore della piu liberale tra le scuole giuridiche (detta appunto l;lanafita), sostenevano che chiunque compisse la sahiida Oa professione di fede) era e rimaneva in ogni caso musulmano: i suoi peccati sarebbero stati giudicati da Dio. Questa teoria facilitava la conversione all'islam delle popolazioni limitrofe, come i nomadi dell' Asia centrale, ma sminuiva l'importanza delle leggi: se tutto doveva essere lasciato al giudizio divino, a che pro applicare il sistema giuridico islamico? I dotti del «Popolo della Sunna» (o «tradizionalisti») rispondevano che il peccatore poteva ancora essere musulmano; ma c'erano differenti gradi di fede, e la reputazione di una persona nella comunità (e, per estensione, l'auspicabile creazione di una società virtuosa) dipendeva dalle buone opere. Le discussioni sul peccato portavano inevitabilmente alla piu generale questione del libero arbitrio e ~ella predestinazione. Dio sa in anticipo chi pecc~erà? E condizionato dalle sue stesse regole di giustizia? E obbligato a premiare la virtu e a punire le colpe? O questo significherebbe negare la sua libertà d'azione, la sua onnipotenza? Il dibattito sulla giustizia divina era strettamente legato a quello sull'unicità di Dio e sulla natura della rivelazione. In uno dei primi brani del Corano rivelati al Profeta alla Mecca, Dio maledice per bocca di Maometto il capo dei Qurays,
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Abu Lahab, per la sua irriducibile opposizione, e gli predice che «brucerà in un fuoco fiammeggiante» (CXI, 3). Se Abu Lahab fosse stato dotato di libero arbitrio, della possibilità di scegliere se accettare o rifiutare la parola di Dio, questo significherebbe che il Corano era già stato «creato» nel momento in cui il messaggio era «sceso». Affermare il contrario significherebbe sostenere che Dio aveva predeterminato il destino di Abu Lahab, privandolo della libertà d'azione. Ma la dottrina del Corano creato andò incontro a una fortissima opposizione da parte dei tradizionalisti, che la vedevano come una negazione dell'idea del Corano quale parola divina. Il gruppo dei teologi mutaziliti che la abbracciò adottò uno stile argomentativo razionalista influenzato dalla filosofia greca. Secondo i mutaziliti, la teoria del Corano non-creato comprometteva l'unicità divina. La discussione era ulteriormente complicata dalla presenza nel testo sacro di alcune espressioni antropomorfe, come i riferimenti al volto, alle mani, agli occhi e al trono di Dio. Per i mutaziliti (noti anche come «Popolo dell'Unità e della Giustizia») le interpretazioni letterali di questi elementi puzzavano di sirk («associazionismo», «idolatria»): l'associare a Dio esseri inferiori, creati, che lo sviliva, privandolo della sua alterità trascendente. L'espressione «il volto di Dio» doveva quindi essere intesa come un riferimento alla sua essenza; analogamente, «gli occhi di Dio» indicavano la sua capacità di vedere. La tendenza razionalista dominò la corte abbaside sotto il califfo al-Ma'mun (r. 813-33), che impose un sistema inquisitoriale (mibna) per cui i funzionari statali erano obbligati a dichiarare la loro adesione alla dottrina del Corano creato. Al;lmad ibn I;Ianbal (780-855), il tradizionalista fondatore della scuola giuridica hanbalita, rifiutò di farlo, nonostante la prigionia e le torture, e per questo divenne un eroe della «Gente della Sunna e della Comunità», avversa ai mutaziliti. Nel1'849, all'epoca del califfo al-Mutawakkil (r. 84786r), questa politica fu ribaltata. Le basi teologiche per un compromesso tra razionalisti e tradizionalisti furono poste da un ex mutazilita, Abu' l I;Iasan al-As'ari (873-
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935). As'ari e i suoi seguaci sostenevano che il Corano fosse non-creato, e che Dio avesse una prescienza delle azioni umane, come si dice nel Corano stesso. D'altra parte, ritenevano che l'onniscienza divina e la responsabilità umana potessero essere conciliate attraverso la dottrina del kasb («acquisizione»): Dio concede agli uomini, nell'istante stesso in cui agiscono, la possibilità di «acquisire» azioni da lui create. Gli as'ariti pensavano che la loro dottrina preservasse il monopolio divino della creazione, e quindi l'unicità di Dio. Deprecavano i tentativi mutaziliti di allegorizzare o deantropomorfizzare gli attributi della divinità coranica, affermando che esisterebbero in aggiunta alla sua essenza. Se la volontà divina fosse considerata tutt'uno con la sua essenza (come facevano i mutaziliti), allora l'unicità sarebbe compromessa, perché la libertà di scelta di Dio sarebbe posta in discussione. In ultima analisi, secondo gli as'ariti Dio è inaccessibile alla ragione umana; si rende noto solo attraverso la rivelazione, e i termini in cui sceglie di rivelarsi - fra cui il trono, le mani e· cosi via - devono essere accettati bila kaifa («senza chiedersi come»). Questa frase, un'espressione chiave della teologia as'arita, «lascia a Dio la comprensione del proprio mistero».
La maggioranza sunnita. Per secoli la teologia as'arita prevalse in quello che è noto come islam sunnita. Con il fallimento della mibna, il tentativo di fondere nel califfato l'autorità religiosa e quella politica fu abbandonato. La leadership religiosa restò per lo piu nelle mani degli 'ulamii', una classe di studiosi la cui autorità si fondava sulla conoscenza delle scritture, non su un potere ecclesiastico o su una supremazia spirituale. Tra gli 'ulamii' sunniti non esiste alcuna gerarchia ben definita: come per i protestanti, per i quali praticamente tutti coloro che possiedono un'elementare educazione teologica possono divenire predicatori, cosi per i sunniti «ogni giurista islamico qualificato può dichiarare
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se qualcosa è o non è contro la legge religiosa, cosicché esistono tante "ortoprassi" quanti sono gli uomini di legge». Di solito, quando è decentralizzata, l'autoritàreligiosa tende ad assumere un atteggiamento conservatore. In mancanza di una leadership carismatica ispirata da Dio, il testo diviene imprescindibile, e poiché il testo è ritenuto divino in sé, è piu probabile che l'interpretazione si svolga seguendo prudentemente i sentieri già tracciati.
Speculazioni teosofiche. La maggioranza sunnita scelse di concentrarsi sui precetti divini, invece di indulgere in speculazioni sulla natura di Dio. Tuttavia, dopo i primi incontri con il pensiero ellenistico e cristiano, alcuni intellettuali musulmani non si lasciarono intimorire dal bila kaifa e tentarono di conciliare la divinità coranica con il Dio dei filosofi. A mano a mano che elaboravano un pensiero sempre piu raffinato, i teologi islamici si allontanarono dal «Dio coranico che crea, agisce nel tempo, guida il genere umano e in qualche modo può, anche se indirettamente, essere conosciuto», muovendo v'erso «Un Dio assolutamente remoto, inconoscibile, che non crea neppure». I sistemi teosofici che furono elaborati variano, cosi come la terminologia adottata. Per lo piu condividono però l'idea di «emanazione», derivata dal neoplatonismo, e in particolare da Plotino (204-70 ca.), per cui Dio era «l'Uno, in verità oltre ogni definizione e affermazione», it;J. termini sia negativi sia positivi. Questa via negativa è coerente con la formula della professione di fede islamica, che inizia negando: «Non c'è altro dio ... » Quanto alla dimensione positiva di Dio, può essere attinta attraverso i suoi novantanove «bellissimi nomi», citati nel Corano. La creazione non deriva direttamente da Dio, ma passa attraverso una serie di emanazioni - il Primo Intelletto, il Secondo Intelletto, il Primo Cielo, e cosi viache hanno una corrispondenza nelle varie cosmologie medievali. Dio in sé rimane intatto, inviolato, inspiegato e inspiegabile. Il filosofo persiano Ibn Sina (Avicenna, 979-
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I o3 7), affermando che Dio ha conoscenza del generale ma non del particolare, enfatizzò la separazione tra il Dio fi. losofico e il Dio della teologia coranica, una posizione invisa ai conservatori. Alle speculazioni su Dio fu data grande rilevanza dagli imam ismailiti, che innalzarono la ragione, o l'intelletto, allivello piu alto, immediatamente al di sotto della divinità, sconosciuta e inconoscibile. Il loro Dio non è in se stesso causa di ciò che esiste: la sua essenza sta al di là dell'intera catena dell'esistenza, delle cause e degli effetti. Le cosmologie ismailite variano nei particolari, ma presentano anche molti elementi comuni, tra cui l'insistenza sulla divinità trascendente, sconosciuta e inconoscibile; un sistema di emanazioni collegato alla gerarchia ismailita, con al vertice l'imam; e una visione ciclica della storia secondo cui ogni era ha il suo profeta e il suo compagno «silenzioso», che conosce il significato nascosto delle scritture. Radicalmente elitari, gli ismailiti svilupparono la loro dottrina basandosi su un doppio livello interpretativo in cui i significati letterali o essoterici (~ahir) del Corano erano accessibili ai piu, mentre quelli «interni» o esoterici (ba{in) erano noti solo a pochi. Per esempio, gli autori ismailiti interpretavano di solito le descrizioni coraniche del paradiso e dell'inf~rno come riferimenti a stati dell'essere, piuttosto che a luoghi fisici di beatitudine o di tormento. Il vero significato delle scritture era noto all'imam e ai da'i (gli emissari da lui nominati). Benché non appartenesse in senso stretto al movimento ismailita, Ibn Sina può esserne ritenuto un compagno di strada. Analogamente, il grande filosofo spagnolo Ibn Rusd (Averroè, u26-98) è stato definito «quasi un criptoismailita» per aver fatto proprio il doppio livello di interpretazione. Secondo Ibn Rusd, le persone normali devono accettare il Corano nel suo senso letterale o essoterico per non incappare nel ku/r («miscredenza»), mentre i filosofi hanno un margine di discrezionalità molto piu ampio nell'elaborazione della verità delle scritture. Ibn Rusd, che oltre a essere un filosofo era anche un giudice incaricato di applicare la shart'a, è stato accusato di usare «due pesi e due misure», con «Una verità per le masse e un'altra per gli elet-
. Si può piu correttamente affermare che, come gli ismaiAverroè «proponeva un'espressione plurivocale della ». È comunque generalmente riconosciuto che il pendi Ibn Rusd abbia esercitato una maggiore influenza 'Occidente medievale che sul mondo musulmano.
Sufismo. I filosofi e gli intellettuali non furono gli unici a re, ~.,r....15 .......... l'interpretazione letterale delle scritture. I mistisufici - dal nome della veste di lana grezza (~u/J indosda alcuni dei primi adepti - rifiutarono o attenuarono manifestazioni di osservanza esteriori o formalistiche, favore di un pietismo volto a cogliere la realtà deldivina attraverso l'esperienza diretta. Alcuni sturitengono che i primi sufi possano essere stati influenzati dalle tendenze mistiche presenti nel cristianesimo orientale, dagli gnostici (molto diffusi nell'antico "'........... v .. • te, specie in importanti centri intellettuali coAlessandria d'Egitto), dagli sciamani dell'Asia cene persino dagli yogin indiani. Tuttavia, molti pasdel Corano si prestano a un'interpretazione mistica, l' ayat al-nur, il celebre versetto della Sura del(XXIV, 35) che si concentra sul tema della ra'"'"'""'" divina. Tra i primi sufi vi fu Rabi'a al- 'Adawiyya (7I4·8oi), poetessa di Basra che sfidò le convenz;ioni sfuggendo
Dio è la Luce dei cieli e della terra, e si rassomiglia la Sua Luce a una Nicchia, in cui è una Lampada, e la Lampada è un Cristallo e il Cristallo è come una Stella lucente, e arde la Lampada dell'olio di un albero benedetto, un Olivo né orientale né occidentale, il cui olio per poco non brilla anche se non lo tocchi fuoco. È Luce su Luce; e Iddio guida alla Sua Luce chi Egli vuole, e Dio narra parabole agli uomini, e Dio è su tutte le cose sapiente. Corano, XXIV, 35·
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I sufi insegnano che il naturale amore che gli uomini provano l'uno per l'altro serve a indicare loro la via dell'amore di Dio. Chi ama, quando muore non ha piu un'anima carnale [... ]gli amici di Dio, amandosi l'un l'altro, testimoniano la realtà dell'amore, cosi come gli animali e le opere dell'Artista Divino manifestano la Bellezza Universale. Chi ama Dio arriva a un'unione indissolubile con Lui (ittibad, un concetto condannato nel sufismo posteriore), oppure a uno stadio di esperienza dell'unità di Dio (tawbzd) che significa raggiungerlo, cosicché Egli sembra allo stesso tempo essere e non essere in ogni cosa e attraverso ogni cosa. J. Baldick, Mysticallslam: An Introduction to Su/ism, Tauris, London r989, p. 57·
al matrimonio, e di cui si dice che corresse per le strade della città con una torcia in una mano e una brocca d' acqua nell'altra: «Sto andando in cielo, per gettare il fuoco in paradiso e versare l'acqua sull'inferno: non resterà cosf né l'uno né l'altro, e apparirà Colui che si cerca. Allora coloro che gli rendono culto volgeranno lo sguardo verso Dio, senza speranza e senza timore, e lo serviranno cosi». L'amore puro e disinteressato per Dio, al di là di ogni aspettativa di ricompensa o paura di castigo, è un tema che ricorre costantemente nel sufismo. Attraverso discipline spirituali come la respirazione yogica accompagnata dalla ripetizione del pronome huwa («Egli»), in onore di Dio, i sufi aspirano alfana' (l'unione mistica con la divinità). Ma questa dottrina affascinò anche animi meno inclini al misticismo, come il grande giurista e teologo Abu I;Himid alGhazali (ro58-uu) e I;Iasan al-Banna' (r9o6-49), il fondatore del movimento dei Fratelli Musulmani. Ghazali lasciò il suo impiego di insegnante a Baghdad e trascorse molti anni viaggiando per la Siria e la Palestina, prima di scrivere il suo celebre Ihya' tulum al din (Vivificazione delle scienze religiose), in cui infonde all'ortodossia sunnita un forte accento di religiosità mistica, cosicché ogni attività umana, dalla purificazione alla preghiera, diviene a suo modo una «commemorazione di Dio». L'Ihya' era la lettura preferita di I;Iasan al-Banna'. Per Ghazali, come
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per altri scrittori appartenenti al cosiddetto sufismo «sobrio», il sentimento mistico deve mantenersi nei limiti della legge. In certi casi, invece, l'entusiasmo religioso si manifestò in forme radicalmente anarchiche, trasgredendo le regole della shari'a e scandalizzando i piu devoti. Il celebre mistico I;Iusayn ibn Man~iir al-I;Iallag (857922) descrisse la sua unione spirituale con Dio con parole («lo sono la Verità») che i potenti del tempo considerarono una minaccia all'autorità del califfo e degli tulama'. Fu crocifisso e bruciato, e le sue ceneri furono disperse nel fiume Tigri. Ufficialmente fu condannato perché sosteneva che il pellegrinaggio alla Mecca poteva essere effettuato anche spiritualmente, restando a casa. Ma, a parte sporadici casi di persecuzione, il sufismo «ebbro» o estatico restò a fianco dell'islam canonico, pur ispirando una produzione poetica fondata su immagini ricorrenti di amore divino che era già di per sé una sfida nei confronti del-
. Alcuni sufi eseguono il dhikr («commemorazione di Dio») presso in Sudan. I rituali sufici celebrano l'amore per Dio aprescindere timore di un castigo o dalla speranza di una ricompensa nell'aldilà, sottolineando l'assoluta trascendenza di Dio anche dai suoi attributi, come la clemenza e la misericordia (per gentile concessione di Trevor Mostyn). J....,,.,l,~rn<>n
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la religiosità convenzionale, rappresentata dall'establishment degli 'ulama'. Spesso i sufi si esposero volontariamente al pubblico ludibrio e alla condanna della società, come a dimostrare che il loro amore per Dio era del tutto disinteressato, indifferente (o addirittura ostile) all'approvazione generale ricercata da chi era esteriormente pio. Il vino, proibito ai musulmani, divenne l'emblema della divinità; l'omosessualità (vietata in teoria, anche se diffusa nella pratica) era un tema ricorrente, poiché il divino si manifesta anche nella bellezza dei fanciulli imberbi. I sufi talvolta derisero il tentativo di comprensione del tawl;id adottato dagli ismailiti e da altri teologi influenzati dal neoplatonismo, ma negli scritti di Mul).yi al-Din Ibn 'Arabi (I I65-124o), che molti considerano il piu grande maestro sufi, i due metodi si fondono. Ibn 'Arabi è stato tacciato di panteismo per aver affermato che «non esiste nulla al di fuori di Dio». Ma il suo sistema opera una categorica distinzione tra l'essenza di Dio, che non può essere conosciuta o esperita neppure dal mistico, e il livello di unicità cui il mistico può invece aspirare attraverso
Nel nome di Dio clemente misericordioso, Colui cui chiediamo aiuto: lode a Dio, prima della cui unicità non esisteva un prima, a meno che il Prima fosse Lui, e dopo la cui singolarità non esiste un dopo, a meno che il Dopo sia Lui. Egli è, e presso di Lui non c'è né prima né dopo, né sopra né sotto, né lontano né vicino, né unione né divisione, né come né dove né quando, né tempo né momento né età, né essenza né luogo. Egli è ora come Egli era. Egli è l'Uno senza unicità, il Singolo senza singolarità. Egli non è composto di nomi e non è nominato, poiché il Suo nome è Lui e Lui è il Suo nome. Cosi non c'è altro nome che il Suo, né altro nominato. Ed Egli è il Nome e il Nominato. Egli è il Primo senza priorità e l'Ultimo senza ultimità. Egli è l'Esterno senza esteriorità e l'Interno senza interiorità. Intendo dire che Egli è l'esistenza stessa dell'Esterno e l'esistenza stessa dell'Interno. Cosicché non c'è né primo né ultimo, né esterno né interno, se non Lui, senza che queste cose divengano Lui o che Lui divenga queste cose. Ibn 'Arabi, Risalat a!-wugiidiyya (Trattato sull'essere), Beshara Publications, London 1976, p. 3·
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la rivelazione dei nomi di Dio. La «realtà interna» di Maometto si identifica con il Primo Intelletto, o Intelletto Universale, del sistema neoplatonico, che si ritiene esistito dall'eternità, e con l'insan al-kiimil («l'uomo perfetto») della terminologia sufi, cioè l'essere microcosmico in cui Dio si contempla come in uno specchio. Ibn 'Arabi potrebbe quindi essere considerato un «Umanista mistico», poiché per lui «l'uomo in qualche modo è Dio (nel senso che, come tutte le cose, è uno con Dio), e Dio in qualche modo è l'uomo», benché Dio sia anche molto di piu. Il sistema di Ibn 'Arabi è stato definito «la piu estrema semiosi teologica del pensiero islamico: tutto significa, e tutto significa solo l'Unica Realtà, Dio». Sufismo e sciismo.
I maestri sufi, famosi per la loro spiritualità, sono noti come wali («amici» di Dio), termine a volte tradotto con «santi», anche se nell'islam non esiste alcuna chiesa né alcun processo formale di canonizzazione. I poteri di intercessione attribuiti agli amici di Dio conferiscono loro un'autorità religiosa che legittimli!.l' esistenza delle confraternite sufiche (cfr. cap. sesto). E quindi inevitabile una certa sovrapposizione tra il prestigio spirituale degli imam e quello dei wali. D'altronde, la versione sciita della professione di fede recita: «Non c'è altro dio all'infuori di Dio, Maometto è il suo Profeta e 'Ali il suo Amico (watt)». Dato che 'Ali segue immediatamente Maometto nella catena di autorità su cui alcune confraternite sufiche basano le proprie regole, ai fondatori delle confraternite è riconosciuta la stessa capacità di interpretazione dei significati esoterici delle scritture che gli sciiti riservano agli imam. Si ritiene che, come questi ultimi, i wali posseggano una piena comprensione del Corano. Sia il sufismo sia lo sciismo individuano nella legge significati spirituali, riconoscono ai rispettivi capi un certo potere soprannaturale e cercano vie per l'illuminazione ispirate dall'amore di Dio, piuttosto che dal timore del castigo.
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Sciismo e Iran. L'Iran è uno Stato sciita fin dal
XVI
secolo, quando lo
shah Ismii'il (r. I50I-24), fondatore della dinastia safavide (x 50 x- x7 22), persuase un gruppo di nomadi turcomanni di essere l'Imam Nascosto, e con il loro aiuto riusd a impadronirsi del paese. I governanti safavidi e i loro successori, i Qajar (!722-!924), finirono con il rinunciare a questo genere di rivendicazioni, permettendo lo sviluppo di una gerarchia parallela attraverso cui gli 'ulamii sciiti acquisirono un notevole grado di autonomia. Sotto i safavidi, la sintesi di neoplatonismo e gnosi sufica raggilJnse uno stadio piu avanzato nell'opera di Mulla Sadra Siriizi (I574x64x). Basandosi sulla filosofia della luce di al-Suhrawardi (II55-II9I), Mulla Sadra riteneva che la luce divina della conoscenza fluisse, per mezzo di una catena ininterrotta, da Adamo, attraverso i filosofi greci (tra cui Empedocle, Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele e Platino) e Maometto, fino agli imam e ai wali (in particolare Ibn 'Arabi). Il suo sistema non ammetteva alcuna contraddizione tra libero arbitrio e determinismo, tra il Dio della filosofia e quello del Corano. Nel pensiero di Mulla Sadra le argomentazioni razionali poggiano sull'esperienza soggettiva e intuitiva. Va però detto che gli studiosi non sono affatto concordi sulla reale efficacia del suo tentativo di riconciliazione. Nonostante l'opposizione di alcuni 'ulamii la speculazione filosofica non è mai venuta meno nella tradizione sciita. L'avvento di idee moderniste non ha comportato una frattura della stessa portata di quella verificatasi tra i sunniti. In quanto vicari dell'Imam Nascosto, i mulliih esercitano il diritto dell'igtipiid (l'interpretazi one indipendente della shari'a), a differenza della maggior parte dei loro equivalenti sunniti, che fino a tempi molto recenti si sono in genere ritenuti vincolati al taqlid (l' «imitazione» delle decisioni prese dai predecessori). Mulla Sadra ha continuato a esercitare una profonda influenza sui pensatori del moderno clero sciita, come Mul;lammad 1
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La visione del mondo del tawbid è confermata dalla logica, · dalla scienza e dalla ragione. In ogni particella dell'universo si trov.ano tracce dell'esistenza di un Dio saggio e onnisciente; ogni fogha d'albero è un compendio di conoscenza della sollecitudine del Signore. La visione del mondo del tawbid dà significato, spirito e scopo alla vita, poiché pone l'uomo su un cammino di perfezione che non trova limiti, ma procede sempre. La visione del mondo del tawbid ha una forza d'attrazione magnetica, trasmette all'uomo gioia e sicurezza, gli fornisce obiettivi sublimi e sacri, e conduce l'individuo all'altruismo. La visione del mondo del tawhid è l'unica visione del mondo in cui l'impegno e la responsabilità degli individui gli uni verso gli altri trovano un senso, poiché è l'unica visione del mondo che salva l'uomo dallo sprofondare nell'orrendo abisso della fede nel-· la futilità e nell'adorazione del nulla. Murtaza Mutahhari, Fundamentals of Islamic Thought: God, Man and the Universe, Mizan Press, Berkeley (Ca.) 1985, p. 74·
ljiusayn al-Tabataba'I e Murtaza Mutahpari (n. I9x9/2o), nonché su intellettuali laici come 'Ali Sari'ati (x9.33·77) e Seyyed Hossein N asr. L'autorità del clero sciita è rafforzata dalla considerevole ricchezza di cui dispone nella sua veste di amministratore di numerose moschee, beneficiarie di tasse religiose come la zakiit e la khum, e di società proprietarie di patrimoni immobiliari urbani e agricoli (un'istituzione religiosa controllata dal clero possiede piu della metà degli immobili del capoluogo della regione iraniana del Khorasan, Mashad, una città di piu di un milione e mezzo di abitanti). Prima del I979 il clero aveva una lunga tradizione di opposizione allo Stato. Nel x89o lanciò un boicottaggio nazionale di tutti i derivati del tabacco per protestare contro la cessione del monopolio reale a un uomo d'affari inglese, riuscendo a costringere lo shiih a un'umiliante marcia indietro. Questa vittoria apd la strada alla rivoluzione costituzionale del r905-6, in cui il clero svolse una funzione di primo piano, anche se ambivalente: mentre alcuni erano favorevoli alle restrizioni formali al
70 potere dello shah, altri si opposero fermamente a una costituzione «di stile occidentale». Dato che ai mugtahid spetta il diritto dell' igtibiid, il clero sciita, pur formato su una cultura comune, non si esprime certo all'unanimità. Per diventare mugtahid uno studente deve seguire un corso di teologia, al termine del quale riceve un'autorizzazione scritta che gli permette di interpretare la legge. Superato questo stadio, gli viene assegnato il titolo onorario di bogat al-islam («prova dell'islam»). Dai ranghi dei mugtahid, che sono svariate centinaia, una commissione interna promuove coloro che hanno raggiunto una particolare eminenza e anzianità al rango di ayatollah («segno di Dio»). Nel novero degli ayatollah, che godono già di un loro seguito tra gli studenti di teologia, cinque o sei vengono prescelti per divenire marga'al-taqlid («modelli da imitare»). In teoria, ogni sciita, che appartenga o no al clero, sceglie un marga' come guida religiosa, ed essendo i marga' spesso discordi sulle questioni giuridiche o politiche, il sistema permette una notevole pluralità. L'indipendenza degli 'ulama) sciiti nel corso della storia fu favorita dal fatto che due delle principali moschee e centri di studio sciiti, Karbala' (luogo del martirio di I;Iusayn) e Najaf (mausoleo di 'Ali) si trovano al di fuori dei confini iraniani, nell'Iraq ex ottomano. I governanti ottomani erano ben lieti di incoraggiare l'indipendenza del clero sciita - a condizione che non minacciasse i loro interessi - dai loro diretti rivali politici, gli shiih persiani. La tradizione fu mantenuta anche sotto i successori dell'impero ottomano, nel nuovo Stato dell'Iraq, il cui governo, nonostante la popolazione sia almeno al cinquantacinque per cento sciita, è saldamente in mani sunnite. Nel 196.3, dopo aver avviato una campagna di opposizione alle riforme sociali e agricole filo-occidentali dello shah Muhammad Reza Pahlavi (al potere dal 1941), Ruhallah Khomeini (r9oo-89), un ayatollah di Qum, venne espulso e si stabili a Najaf, in Iraq. Qui, con il tacito assenso del leader iracheno. Saddam Hussein, un conto in sospeso con lo shiih, Khomeini fu libero di predicare la sua dottrina del
6. Manifestazione a Teheran dopo la partenza dello shiih Mul;ammad Reza Pahlavi, il 20 gennaio 1979. Solo pochi mesi prima il presidente statunitense Jimmy Carter aveva definito l'Iran un' «isola di stabilità» nel Medioriente. Nelle proteste di massa assunsero grande rilevanza i temi sciiti del martirio e del sacrificio (foto A. Mingam. © Gamma/ Frank Spooner Pictures).
viliiyet e faqih (il «governo dei dottori della legge»), basata sull'idea che, in assenza dell'imam, gli 'ulama avessero il diritto, se non il dovere, di prendere il potere, se1
guendo l'esempio di I;Iusayn e non quello di suo fratello I;Iasan. Fotocopie e audiocassette delle conferenze di Khomeini furono introdotte clandestinamente in Iran e si diffusero largamente tra la popolazione. Nel 1978, su consiglio del Segretario di Stato americano Henry Kissinger, intenzionato ad appianare i contrasti tra Iran e Iraq, Khomeini fu espulso. Scelse di stabilirsi nelle vicinanze di Parigi, e, con un'abile strumentalizzazione dei media internazionali, riusd a presentarsi come il Capo in Esilio (mentre in segreto si manteneva in contatto con lo shah). Con un gesto senza precedenti tra gli ayatollah sciiti, si fece chiamare imam, appellativo normalmente riservato ai dodici santi imam nella linea di successione del Profeta. An-
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che se non affermò mai esplicitamente di essere l'Imam Nascosto, l'uso informale del titolo e l'astuto sfruttamento delle aspettative che lo circondavano giovarono indubbiamente alla sua causa. Quando, nel febbraio 1979, in seguito alla partenza dello shah, Khomeini giunse a Teheran, due milioni di persone si precipitarono all'aeroporto ad accoglierlo. In quell'occasione uno dei suoi piu grandi avversari, Shariatmadari osservò: «Chi si sarebbe aspettato che l'Imam Nascosto arrivasse inJumbo! » Il predominio di Khomeini sulla scena politica iraniana fino alla morte, nel r989, ha dato l'impressione errata che fosse il portavoce di tutto il clero iraniano. Ma, di fatto, due dei suoi piu attivi avversari - il conservatore Shariatmadari (1905-86) e il popolare e «radicale» Taleqani (r9ro/r r-79)- erano ayatollah. In Iraq un altro ayatollah, Kho' i (r899-1992), rimase ostinatamente apolitico (anche se nel r 99 r Saddam Hussein lo costrinse ad apparire in televisione per deplorare la rivolta sciita nella città di N ajaf). L'ayatollah Montazeri, che Khomeini aveva designato suo successore come suprema guida della rivoluzione, venne poi messo da parte dallo stesso Khomeini per avere difeso alcuni oppositori e avere criticato la sentenza di morte emessa contro lo scrittore Salman Rushdie. Dopo il crollo del regime dello shah e la soppressione della sinistra islamica, sono stati soprattutto i ranghi medi del clero a beneficiare del nuovo regime. Molti ayatollah hanno continuato ad avversare la teoria di Khomeini secondo cui le autorità religiose devono partecipare attivamente all' esercizio del potere politico. Poiché il governo clericale diventa sempre piu corrotto e impopolare, sembra probabile che le tendenze quietiste torneranno ad avere la meglio all'interno dello sciismo. L'elezione alla presidenza, nel maggio 1997, del pragmatico pogat al-islam Mul).ammad Khatami con una schiacciante vittoria elettorale sul rappresentante dell'establishment ha rappresentato un passo significativo in questa direzione.
Capitolo quarto La shar'i'a e le sue implicazioni
Introduzione. Nell'islam non c'è dottrina dell'incarnazione divina, non c'è Chiesa, non esiste alcuna istituzione o ente distinto dal resto della società cui tocchi il compito di trasmettere al comune credente i dettami divini o gli insegnamenti del Profeta. Nell'islam «Dio non ha rivelato se stesso o la sua natura, ma piuttosto la sua legge». Il termine shari'a («legge») ha però un significato molto piu ampio di quello strettamente giuridico; include i particolari del rituale e una vasta gamma di costumi e usanze, benché in ogni paese trovino spazio anche le leggi consuetudinarie locali. Shari'a letteralmente vuoi dire: «Via verso un luogo dove si trova l'acqua», l'uso coranico di questa parola evoca sia la ricerca dei mezzi di sostentamento in questa vita, sia l'accesso al regno di Dio nel mondo che verrà. La legge ha la duplice funzione di regolare al meglio la società e di aiutare gli uomini a ottenere la salvezza. Le sue interpretazioni possono variare nel tempo e a seconda dei luoghi, ma la shari'a in sé è considerata una manifestazione atemporale della volontà di Dio, del tutto indipendente dalla storia e dalle circostanze. Lo sviluppo della shart'a prese le mosse dalla realtà storica dei primi tre secoli dell'islam. Alcune monete risalenti al regno di al-Malik (685-705) e di altri sovrani abbasidi recano l'iscrizione khalifat Allah («vicario di Dio»): evidentemente i primi califfi si consideravano investiti direttamente da Dio del compito di legiferare. Fondavano le proprie deliberazioni sul Corano, sulla cosiddetta sunna della pratica locale e, come gli imam scii-
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LA SHARi'A E LE SUE IMPLICAZIONI
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ti, sull'ispirazione divina. Solo in seguito il concetto di
sunna fu circoscritto all'insieme degli atti e dei detti del Profeta, registrati nella letteratura bad'ith, che divenne la
Le radici del diritto islamico.
fonte primaria di ogni legge (per esempio, la decisione del califfo 'Umar di cambiare la pena per l'adulterio dalle cento frustate prescritte dal Corano alla lapidazione fu poi giustificata richiamandosi a vari bad'ith attribuiti al Profeta). Piu tardi fu adottata l'espressione khalifat rasul Allah («Vicario dell'Inviato di Dio»), a indicare che al califfo veniva riservato il rango meno elevato di successore di Maometto. Parallelamente, la sunna del Profeta andò profilandosi sempre piu come principio basilare del diritto. Questo mutamento terminologico coincise con il fallimento della mibna, e segnò la fine degli sforzi dei califfi di fondere in una sola persona l'autorità politica e quella religiosa. Le guerre civili e le lotte per il potere alla morte di Maometto avevano effettivamente limitato il potere del califfo e indebolito la sua autorità, affermando come uniche fonti indiscusse il Corano e i precetti del Profeta raccolti nel rigoglioso corpus dei bad'ith. Di fatto, il modo in cui la sunna del Profeta eclissò quella dei califfi - nonché quella dei suoi stessi compagni e dei loro successori- trova una stretta corrispondenza nell'evoluzione della shar'i'a. Alle tradizioni esistenti, locali o regionali, rappresentate dalle risoluzioni giuridiche piu o meno pragmatiche dei comandanti musulmani e dei giudici da loro nominati, subentrò un piu sistematico tentativo di determinare la volontà di Dio, rivelata nel Corano e nei bad'ith. La letteratura giuridica che elabora e spiega la shar'i'a è nota come fiqh, che significa «conoscenza», «comprensione», ma piu spesso è tradotta con «giurisprudenza». Le quattro radici ('usul) del diritto sono, in ordine decrescente di importanza, il Corano, la sunna del Profeta rivelata attraverso la letteratura bad'ith, l'igma' («consenso») e il qiyas («ragionamento analogico»).
r. Corano.
In quanto Parola di Dio diretta e non mediata, il Corano è la fonte primaria del diritto islamico. In senso lato, per i musulmani tutto il Corano è legge. Dio proclama se stesso in un libro in cui ogni versetto può essere ritenuto un precetto divino. Tuttavia, solo una piccola parte (il dieci per cento circa) dei seimila versetti del Corano contiene prescrizioni che possono essere tradotte in precise norme religiose o giuridiche. Queste si trovano per lo piu in passaggi risalenti al periodo medinese, quando il Profeta era attivamente impegnato a stabilire delle regole. Troviamo cosi il divieto di consumare certi cibi (maiale, carogne, vino, animali uccisi nel corso di cerimonie pagane), norme sulla testimonianza, di diritto familiare (matrimonio, divorzio, successione), diritto penale (i crimini budud, tra cui il furto, i rapporti sessuali illeciti, la diffamazione, il consumo di vino), di diritto commerciale (come la proibizione dell'usura e le varie forme di contratto). Tutti questi precetti sono però caratterizzati da una buona dose di ambiguità, e i legislatori che si sono fondati esclusivamente sul Corano si sono sempre trovati invischiati in «discussioni infinite per stabilire se alcuni versetti siano stati abrogati da altri, come ritengono i piu, e, in tal caso, quali siano i versetti abrogati e quelli abrogatori». Il Coranp costituisce un'impareggiabile finestra sull'universo morale. E una fonte di conoscenza, nel senso che svolge nel diritto musulmano la stessa funzione dell'intero corpus dei precedenti giuridici nella tradizione della legge comune: non è tanto un repertorio di possibili sentenze, quanto una miniera in cui il cercatore avveduto può sperare di trovare la materia prima per erigere un sistema etico moralmente valido, dunque veritiero. K.Reinhart, Islamic Law as Islamic Ethics, in «Journal of Religious Ethics», nn. u-12, autunno 1983, p. 189.
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2.
Sunna.
La tradizione del Profeta registrata nella letteratura
l;adith contiene molto piu materiale giuridico, di frequente basato sui verdetti emessi dallo stesso Maometto. Nonostante parecchi studiosi occidentali e alcuni musulmani modernisti (come del resto parte delle prime autorità spirituali) abbiano messo in dubbio l'autenticità di molti l;adith, per quasi tutti i musulmani la sunna continua a essere la seconda radice, incontestata e incontestabile, della legge divina. Tuttavia, manca decisamente di chiara evidenza e linearità: alcuni l;adith ne contraddicono altri, e gli esperti non concordano su quali vadano considerati l;asan («buoni») e quali da' if («deboli»), pertanto, senza le altre due fonti del diritto - l' igma' e il qiyas - una coerente amministrazione della giustizia sarebbe impossibile. .3· Igma
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Nei primi secoli dopo la conquista musulmana, gli studiosi che interpretavano la legge nei vari centri urbani facevano affidamento sul proprio consenso e su quello dei
Considerati nel loro insieme, i badìth contengono la sunna del Profeta, che non è un semplice resoconto dei fatti salienti della vita di Maometto, ma dei suoi atti, non atti e detti significativi ed esemplari. L'autenticità del Corano era garantita dalla sua miracolosa inimitabilità e dalla pluralità dei suoi trasmettitori; la sunna era comprovata dall'indiscutibile autorità ('isma) del Profeta, dall'attestazione coranica e dalla molteplicità dei testimoni. Ma la sunna non era solo un catalogo di comportamenti esemplari da imitare, era anche una banca dati contenente informazioni da vagliare e applicare in particolari contesti. Una vita vissuta in perfetta sintonia con la Morale diviene una finestra aperta sulla conoscenza etica. Quindi il Profeta, per chi paratica ilfiqh, non è propriamente un modello, ma piuttosto un caso paradigmatico; non tanto una persona, quanto un principio. Reinhart, Islamic Law cit., p. 190.
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loro illustri predecessori per raggiungere un accordo su quali l;adith andassero accolti come fonti giuridiche e quali invece rifiutati. L'idea che l'igma' dovesse essere considerata una delle radici del diritto era avvallata da un hadith del Profeta: «La mia comunità non concorderebbe ~ai su un errore». In seguito si diffuse tra i musulmani la convinzione che l'igma' fosse un principio valido solo nei primordi dell'islam, quando il ricordo dell'esempio del Profeta era ben vivo e la comunità era abbastanza piccola e culturalmente omogenea da rendere possibile unavpratica unica. Il giurista MuQ.ammad ibn al-l;Iasan al-Saybani (749-805) commentava cosi una sentenza: «Tutto ciò che i musulmani considerano buono, è buono secondo Dio, e tutto ciò che i musulmani considerano cattivo, è cattivo secondo Dio». In questo modo la circoncisione (maschile, e in certe zone anche femminile) divenne la norma, pur non avendo altro fondamento che quello della consuetudine araba. Tra i l;adith accettati e seguiti da questa prima forma di consenso ne esistevano alcuni che sancivano, accanto a quelle di Maometto, regole dettate dai suoi compagni e dai loro successori. Se la storia del diritto islamico si fosse sviluppata lungo queste linee, ne sarebbe probabilmente derivata una proliferazione di sette locali, ognuna portatrice di pretese universalistic~e. Il grande giurista palestinese MuQ.ammad ibn Idris al-Safi'i (767-820) dedicò la sua carriera a regolarizzare la giurisprudenza, verificando che i piu importanti l;adith risalissero davvero al Profeta. Mentre prima era ammesso che i l;adith si contraddicessero l'un l'altro, ora si cominciò a ritenere che anche la legge orale, come quella scritta, rappresentata dal Corano, derivasse direttamente da Dio per mezzo del Profeta, e dovesse quindi essere esente da ogni incoerenza. Intorno a questa dottrina si cristallizzò una nuova idea di igma ', in cui il consenso della comunità si distingueva da quello dei dottori della legge. L'imprimatur del Profeta su queste tradizioni giuridiche garanti loro un'approvazione diffusa, anche se non universale. E stato però osservato che in questo modo vennero meno la creatività e la flessibilità ca-
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I capostipiti delle quattro scuole giuridiche sunnite sono l'iracheno di origine persiana Abii }:Ianifa (699-767); l'arabo yemenita Malik ibn Anas al-Asbahi (713-95), che visse sempre a Medina, !asciandola solo una volta per cq,mpiere il pellegrinaggio; il palestinese Mul:_lammad ibn Idris al-Safi'I (767-82o); e Al:_lmad ibn }:Ianbal (780-855), un intransigente tradizionalista e raccoglitore di l;adith che rifuggiva dall'igma' e utilizzava il qiyas solo nei casi in cui il Corano, i l;adith e le sentenze dei compagni del Profeta non bastavano a fornire una risposta. Gli scii ti hanno una loro scuota giuridica, quella ja'farita- che prende nome dal sesto imam, Ga'far al-$adiq (m. 765, cfr. cap. terzo) -, che accorda grande rilevanza ai l;adzth riguardanti 'Ali e gli imam, oltre che a quelli del Profeta. Tra le quattro scuole sunnite, la piu influente divenne quella hanafita, essendo la scuola ufficiale dei califfi abbasidi e, in seguito, dei sultani ottomani. Oggi prevale, per quanto riguarda il diritto religioso e di famiglia, tra i musulmani dei Balcani, nelle repubbliche caucasiche, in Asia centrale, Afghanistan, Pakistan, India e Cina. La scuola malikita era presente soprattutto nell'}:IIgaz, da dove si diffuse nel Golfo e in Egitto, Sudan, Andalusia e Africa nordoccidentale; oggi è la scuola dominante in Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Nonostante al-Shafi'i sia in genere ritenuto il vero architetto del sistema giuridico islamico, la scuola shafi'ita è meno diffusa in Medioriente di quella hanafita (anche perché quest'ultima la scalzò dall'Egitto dopo la conquista ottomana, nel 1517). Oggi i suoi seguaci si trovano soprattutto nelle zone rurali di Egitto, Palestina e Giordania, lungo le coste dello Yemen e tra le popolazioni di Pakistan, India e Indonesia, i paesi musulmani piu popolosi del mondo. La maqhab l:_lanbalita non ha mai dato origine a una vera e propria scuola. Rimase una tendenza riformista latente finché, nel xvm secolo, conobbe un revival negli altopiani dell'Arabia centrale per opera di Mul:_lammad ibn 'Abd al-Wahhab (17031792). La dottrina wahhabita divenne il cemento ideologico della prima monarchia saudita, nel xvm secolo, e poi della seconda, nel xx secolo. Celebre per la sua resistenza all' «inquisizione» (mil;na) del califfo abbaside al-Ma'miin (cfr. cap. terzo), Al:_lmad ibn }:Ianbal fu trasformato in simbolo popolare dell'opposizione alla tirannia burocratica e intellettuale. Attraverso il suo seguace siriano Ibn Tayrniyya (1263-1327), che trascorse molti anni in prigione per essersi opposto ai potenti e per avere denunciato la corruzione della sua epoca, }:Ianbal continua a esercitare una forte influenza sugli odierni islamisti.
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ratteristiche del primo periodo del diritto islamico, quel· lo delle «scuole viventi».
4· Qiyas.
La quarta classica «radice del diritto» è una forma di ragionamento sillogistico o analogico simile agli heqqes talmudici, da cui, secondo alcuni, deriverebbe il termine qiyas. Originariamente si trattava di un'applicazione sis:ematica della logica alle situazioni non menzionate esplicitamente nel Corano o nei badith. Nel periodo della formazione del diritto islamico l'impiego del qiyas era controverso, e alcuni dottori della legge lo rifiutavano, in quanto significava ritenere insufficienti il Profeta e il Corano. A queste obiezioni i sostenitori rispondevano citando ur: bad[th: il Profeta mandò uno dei suoi compagni, Mu'adh 1bn Gabal, nello Yemen, come giudice. Prima di separarsi da lui, gli fece alcune domande: «Come giudicherai le controversie che ti saranno sottoposte?» «Secondo la parola di Dio», rispose Mu 'adh. «E se non troverai alcuna soluzione nella parola di Dio?» «Allora secondo la sunna dell'Inviato di Dio». «E se non troverai alcuna soluzione né nella Parola né nella sunna dell'Inviato di Dio?» «Allora deciderò secondo la mia opinione [rayt]».
Il Profeta fu soddisfatto della risposta. Batté la mano sul petto di Mu'adh e disse: «Sia lodato Dio che ha fatto avere all'Inviato di Dio una risposta che lo ha soddisfatto». Gli esempi piu chiari di applicazione del ragionamento sillogistico o analogico riguardano le bevande alcoliche: mentre alcuni dottori della legge ritengono che vadano considerati proibiti solo i prodotti della fermentazione della palma da ~att.e~o e della vite, altri, applicando il qiyas, estendono il d1v1eto a tutte le bevande alcoliche, poiché la vera ragione della proibizione va a costituire un comune denominatore ('illa): «Tutte le bevande inebrianti vanno considerate pari al vino. La vodka è una bevanda inebriante. Di conseguenza la vodka è proibita».
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Quella che segue è una dissertazione sui liquori proibiti trat-
tadall'Hidaya di Burhan al-Din al-Marghinani (m. 1I97), unfaqzh
l;lanafita di Fergana, in Asia centrale (nell'attuale Uzbekistan). Secondo questa liberale visione hanafita, birra, whisky e vodka sono permessi, mentre tutti i tipi di alcolici derivati dall'uva sono rigorosamente vietati. La prima di queste [bevande proibite] è il khamr [vino], termine che secondo Abu Hanifa indica il succo d'uva fermentato. [... ] Altri ritengono che. la parola khamr si riferisca a tutto ciò che possiede una proprietà inebriante, poiché nei l;adith si dice che «tutto ciò che inebria è khamr». Un altro l;adith afferma però che «khamr è il prodotto di due piante, la vite e la palma da dattero». Il khamr è sempre illecito, comunque venga usato [... ] anche in quantità insufficiente a ubriacare; tuttavia, questa proibizione non va estesa ad altre bevande che possiedono proprietà inebrianti, e di cui è invece concesso il consumo in dosi limitate, purché insufficienti a ubriacare. [... ] Il khamr è sommamente immondo, allo stesso grado dell'urina, poiché la sua illegalità è dimostrata oltre ogni dubbio. Chiunque sostenga che il khamr è lecito va considerato infedele (e passibile della pena per il reato di apostasia), poiché non accetta una regola inconfutabile. Il khamr non può essere oggetto di proprietà per un musulmano, e se viene distrutto o rubato da qualcuno, costui non è colpevole. Venderlo è ancora piu illecito (per un musulmano, ma non per il Popolo del Libro). [... ] Chiunque beva khamr incorre nella punizione, anche se non se n'è ubriacato, poiché è detto nei l;adzth: «Chi beve khamr sia frustato, e se beve di nuovo sia punito di nuovo nello stesso modo». Tutti i compagni del Profeta concordano su questo punto, e il numero di frustate previste è ottanta. [... ] Se una persona bolle il khamr fino a farne evaporare due terzi, non per questo lo rende lecito. Ma chi lo beve dopo questo procedimento non può essere punito, purché non se ne sia ubriacato. [... ] Secondo Abu I;Ianifa e Abu Yusuf (il suo piu illustre discepolo), i liquori ottenuti da miele, frumento, orzo o miglio sono leciti anche se non sono stati bolliti, purché non ubriachino in modo eccessivo. L'argomentazione che adducono è ill;adzth che dice: «Khamr è il prodotto di due piante» (cioè la vite e la palma da datteri). [... ] Si è anche discusso se una persona che si ubriaca con uno di questi liquori leciti debba essere punita. Alcuni hanno sostenuto di no, ma i dottori della legge hanno deciso altrimenti.
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Igtil:J.ad: la lotta per la verità. Il ragionamen to giuridico per analogia e sillogismo era un aspetto della tensione (igtipad) necessaria a penetrare la legge rivelata da Dio per mezzo del Profeta. Il termine igtibad ha la stessa radice di gihad («lotta», spesso tradotto con «guerra santa»). Il dottore della legge deve dare fondo alle sue capacità intellettive per discernere i particolari della volontà divina. L' igtibad, secondo un'antica autorità spirituale islamica, comporta «il massimo sforzo per raggiungere un'opinione in materia giuridica, un impegno tale che l'individuo arrivi a sentire nel profondo di non potersi sforzare ulteriormen te». L'obiettivo da raggiungere non è propriamen te di natura legislativa: si tratta piuttosto delfiqh, la comprensione o la conoscenza di una legge che si ritiene già esistente. La shari'a è divina, eterna come Dio. Al contrario, il fiqh è l'esito di uno sforzo umano. Ilfaqih (colui che pratica il /iqh) è uno studioso della legge che, per mezzo dell'igtipad, cerca di trarre delle conclusioni in merito alLe interpretazion i umane dei dettami divini furono raccolte in vasti compendi, i libri difiqh. Questi testi non sono codici di giurisprudenza, ma forniscono comunque ai giudici alcune indicazioni. Il tipico manuale difiqh è diviso in due parti: 'ibadat («atti di culto») e mu'amalat («obblighi sociali»). La sezione dedicata agli 'ibiidat tratta principalmente dei cinque rukn («pilastri», cfr. appendice). Vi si trovano quindi particolareggiate prescrizioni relative alle abluzioni, ai tempi e ai modi della preghiera personale e collettiva, alla zakat (elemosina obbligatoria), al digiuno nel mese di ramatfiin e al pellegrinaggio alla Mecca. Le mu 'amalat sono invece le leggi che riguardano le relazioni umane; nell'accezione moderna si limitano a questioni di statuto di famiglia, matrimonio e successione, nonché alle proibizioni di cibi e bevande, come il maiale e il vino. Includono anche alcuni aspetti politici, come la teoria del califfato, che un tempo rientrava a pieno diritto nell'ambito di applicazione della shan'a.
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I trattati di giurisprudenza classici dividono tutte le azioni umane in cinque categorie: r. Obbligatorie, doverose (wagib o far4}: «Se non le si compie si merita una punizione (sia in questo mondo sia nell'aldilà) e se le si compie si merita una ricompensa». Si distinguono infar4 al- 'ayn (doveri individuali), come la preghiera, l'elemosina e il digiuno, e far4 al-kifaya (doveri collettivi), come la partecipazione alle preghiere per i morti o al gihad. 2.
Proibite, condannate (l;aram, mahzur): «Se le si compie si merita una punizione e (secondo la maggior parte degli studiosi) se non le si compie si merita una ricompensa». Comprendono alcuni tipi di furto, i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio e il bere vino (i cosiddetti reati !;udiid), per cui il Corano prescrive pene specifiche. La punizione è solitamente inflitta in questo mondo, secondo la legge islamica. Laricompensa si suppone che si troverà in paradiso.
3· Raccomandate (mandiib, masnun, mustal;ab, sunna): «Se le si compie si merita una ricompensa, ma se non le si compie non si merita alcuna punizione». Includono atti caritatevoli, come l'affrancamento di schiavi, le preghiere o i digiuni suppplementari e ogni genere di opera pia. 4· Riprovevoli, disapprovate (makriih): «Se le si compie non si merita alcuna punizione, ma se non le si compie si merita una ricompensa». Su questa categoria c'è un notevole disaccordo; alcuni studiosi vi comprendono anche il divorzio pronunciato unilateralmente dall'uomo, permesso dalla legge ma sconsigliato dal Profeta.
5· Permesse, ma moralmente indifferenti (jaiz, muba!;): «Sia che le si compia sia che non le si compia non si merita né punizione né ricompensa».
vate e proibite. Questa formulazione si contrapponeva esplicitamente alla visione mutazilita, secondo cui il mondo morale poteva essere diviso in due sole categorie contrapposte: il bene e il male. Il sistema a cinque livelli risultò da un compromesso, raggiunto nei primi due secoli dopo la morte del Profeta, tra l'etica rigorista di comunità come quella dei kharigiti e le necessità di un mondo islamico in espansione, votato all'universalità.
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In linea di principio questa schematizzazione ad ampio raggio non permette alcuna distinzione forte tra religione e morale, legge ed etica. Tutto viene fatto derivare direttamente dalla volontà divina, anche se agli uomini rimane una certa discrezionalità nella definizione dei particolari. Solo Dio può giudicare in che misura i comportamenti di un uomo si conformino alla classificazione giuridica. La legge in senso stretto riguarda soltanto i comportamenti esplicitamente proibiti (baram) e l'arbitraggio in caso di contese tra individui. Gli storici occidentali del diritto islamico ritengono per lo piu che la shari 'a sia diventata un sistema giuridico ideale del tutto sganciato dalla pratica. Il prevalere dell' oralità nelle procedure giuridiche e la concezione estremamente ristretta della prova potevano rappresentare un lodevole tentativo di tutelare i diritti dell'accusato in una piccola comunità qual era la Medina del Profeta, ma persero di efficacia man mano che l'impero arabo diveniva piu cosmopolita. La proibizione della riba (il prestito a tassi di interesse prefissati) fu largamente aggirata attraverso stratagemmi giuridici che di fatto resero impossibile applicare la shari' a a tutto il diritto commerciale. Inoltre, l'amministrazione del diritto penale non venne mai affidata interamente ai tribunali qaqz, che furono affiancati da quelli di polizia, mentre al muhtasib («ispettore del mercato», diretto discendente dell'agoranomos bizantino) toccò la supervisione su un'ampia varietà di pratiche commerciali. Ogni volta che una norma della shari'a sembrò inadeguata, inappropriata o limitata, i governanti la corressero con decreti supplementari e applicarono leggi diverse nei propri tribunali mazalim (le «corti delle doglianze»).
La shari'a e le società musulmane. Dal momento che costituisce una definizione del comportamento sociale corretto o ortoprassi, la shari'a ha dato la sua impronta distintiva a un modo di vivere che si è
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Un antropologo criminale statunitense che ha assistito per molti anni alle udienze di un tribunale religioso marocchino ha osservato: Il qiiqz non intende agire in nome dello Stato o dell'autorità religiosa [... ] cerca solo di riportare le persone nella condizione di negoziare le proprie relazioni lecite, senza predeterminare l'esito di questi negoziati. [ ...] Anche l'interesse collettivo viene concettualizzato in termini di tutela dell'interazione privata: ciò che è buono per l'individuo è buono anche per la società. Almeno fino a quando comincia a farsi sentire l'influenza dell'Occidente, manca nel mondo islamico l'istituzionalizzazione di un'entità collettiva i cui interessi possano essere valutati come quelli di un singolo. Non esistendo l'idea che entità collettive possano costituire personalità giuridiche, l'interesse della società entra nel diritto solo sotto forma di interpretazioni circoscritte dello stato giuridico di individui particolarmente rinomati e dei loro atti puramente personali. L. Rosen, The Anthropology o/Justice, Law as Culture in !siamie Society, Cambridge University Press, Cambridge 1989, pp. 17, 49·
evoluto nel corso del tempo e si è modificato a seconda dei luoghi, adeguandosi alle consuetudini locali. Oltre a sanzionare la diseguaglianza tra i sessi (cfr. cap. quinto), le leggi di successione prevenivano la concentrazione della ricchezza nelle mani di un singolo, dato che la shari'a pone un limite all'entità del patrimonio che può essere ereditato da un erede, favorendo invece una molteplicità di rivendicazioni da parte della famiglia agnatizia (i parenti in linea maschile). Queste norme vennero spesso aggirate con la creazione di waqf, fondi familiari da cui si traevano diritti vitalizi, ma nondimeno ostacolarono l'investimento di capitali nel commercio o nell'industria. La shar'i'a comporta, in teoria e in pratica, un radicale individualismo. L'assenza del concetto di Chiesa- il «Corpo mistico di Cristo» che si pone tra il cristiano e Dio come unico tramite di salvezza- scoraggiò il formarsi di istituzioni in cui l'interesse del gruppo prevalesse su quello del singolo, come il comune o le compagnie mercantili
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dell'Occidente medievale. La shari'a non riconosce personalità giuridica ad alcuna entità collettiva. La legge ha lo scopo,, oltre che di applicare i dettami divini, di regolare le faccende degli uomini. Una delle conseguenze dell' assenza del concetto di personalità giuridica collettiva si può osservare nell'irregolarità della rete viaria di malt~ città mediorien~ali rr~moderne, in cui gli spazi privat!- bar, laboratori art1g1anali, bancarelle- invadono costantemente il terreno pubblico. Il demanio viene infatti considerato la semplice somma delle sue componenti private, e non un'entità a sé che deve essere tutelata. Da tutto ciò deriva una legislazione fondata principalmente sull'autoregolazione sociale. Il giudice musulmano - al pari dell'antico raccoglitore di pad'ith- deve essere prima di tutto in grado di valutare le persone. Secondo uno studioso saudita, deve possedere «un acuto senso dell'osservazione: per esempio dovrebbe essere in grado, anche solo guardandolo, di capire se l'imputato ha taciuto qualcosa nella sua testimonianza». Nelle società musulmane t~a~izior:ali, ~~ «~cienza d~gli uomini» esercitata dai giud:c~ forn~va lmd1spensabil~ collegamento tra la giustizia d1vma e il contesto umano m cui doveva operare. L'idealismo della shari'a era cosi mitigato da un pragmatismo umano e umanistico. Una conseguenza negativa dell'impostazione giuridica della shar'i'a è la mancanza di legittimazione dell'interesIl diritto islamico [... ] presenta una concezione dell'umanità
fondat~ sul. senso comune, nor sul progressivo affinamento di c~tegone d1 nuova c:eazio~e. E un sistema logico, etico e giuridico che h~ la sua p1~tra d1 paragone non nel perfezionamento
della dottrma, ma nel parametri della vita quotidiana e che va-
lut~to in questi. termitJ.i, è enormemente sviluppato: coer;nte,
raz10nale ed eff1cace. E dovere dell'uomo adattarsi ai limiti morali imposti da Dio, non cercare di inventarne altri. Ma nell' ambito d~i limiti imposti da Dio, ognuno può creare r~lazioni e scamb1, nella consapevolezza dell'esistenza di questi limiti e delle loro implicazioni e ripercussioni. Rosen, The Anthropology o/ Justice cit., p. 56.
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se pubblico incarnato nella città, nello Stato, o in qualsiasi altra istituzione intermedi a tra l'uomo e Dio. La corrt:tzione è endemica in molte società, e sarebbe scorretto considerare tangenti, bustarelle e peculato caratteristiche esclusive di quelle musulmane. Il «patrimonialismo» -la confusione tra sfera pubblica e privata - è diffuso in molti paesi sviluppati. Tuttavia, una cultura fondata sull' assenza di confini istituzion ali tra pubblico e privato può essere maggiormente vulnerabile a questo genere di abusi di una cultura in cui tali limiti siano rigorosamente sanciti dalla legge. Nelle società occidentali, l'affermar si di questi confini è un'eredità storica della cristianità medievale, con la sua separazione del potere ~eligioso da quello temporale. Nella shart'a sono fondamentali i «valori familiari», inclusi quelli del gruppo parentale allargato, e, laddove questi valori predomin ano, lo Stato è facilmente manipolabile da potenti reti familiari. Anche l'idealismo implicito nella shari'a, le aspettative utopiche che ingenera, ostacolano la diffusione d~l principio della limitazione costituzionale del potere. E stato il pessimismo riguardo alla natura dell'uomo - probabile conseguenza della dottrina cristiana del peccato originale - a far nascere l'idea progressista che il potere corrompa, e che il suo esercizio vada limitato dalla legge. Questo carattere individualistico della shart'a non ha avuto come unica conseguenza un'applicazione arbitraria e personalistica della legge, in parte rafforzata dall'impiego, per alcuni crimini, di punizioni corporali pubbliche, come la fustigazione e la pena capitale; ha infatti anche intrappolato il discorso politico islamista moderno in quello che potrebbe essere definito un «circolo virtuoso». Invece di proporre sistematiche riforme istituzionali, alcuni riformatori, come Mawdudi , si sono limitati a richiedere un «ritorno» alla shart'a, insistendo eccessivamente sulla virtu personale. Come ha sottolineato lo studioso francese Olivier Roy, il modello islamista, prevedend o un governo retto da individui moralmente impeccabili, capaci di resistere a ogni tentativo di corruzione, non produce
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istituzioni in grado di funzionare autonomamente per mezzo di un sistema di controlli ed equilibri strutturali. Le ist1. tuzioni politiche si fondano solo sulla virtu di coloro che le gestiscono, ma la virtu si può diffondere nella società solo a condizione che quest'ultim a sia già islamica.
DONNE E FAMIGLIA
Capitolo quinto Donne e famiglia
Introduzione. Non c'è questione piu controversa del rapporto tra donne e islam. Da un lato, esiste la diffusa convinzione che la religione opprima e talvolta perseguiti le donne; dall'altro, ci si appella all'autenticità culturale e al diritto delle donne musulmane di realizzarsi secondo modelli diversi da quelli imperanti nelle società non musulmane. Il problema è poi complicato dall'interazione di aspetti storici, religiosi, culturali e politici. Dal punto di vista storico, la famiglia patriarcale e la connessa rete parentale allargata si sono rivelate tra le strutture sociali piu forti del mondo islamico, molto piu delle corporazioni professionali o della solidarietà di classe. La funzione della religione nel mantenimento di queste strutture non è del tutto chiara. La legge islamica privilegia la famiglia rispetto alle altre istituzioni: la successione favorisce gli eredi maschi, come vuole il Corano, dove si trovano anche altre prescrizioni discriminatorie, tra cui il minor valore accordato alla testimonianza femminile in alcuni procedimenti giudiziari. Ma non sempre la legge è uno specchio fedele della reale pratica sociale: la schiavitu e il concubinaggio, largamente diffusi in epoca precoloniale, pur essendo permessi dalla shari'a e regolati da specifiche disposizioni giuridiche, sono scomparsi (almeno in teoria) dalle società musulmane contemporanee. A differenza del bigab (il «velo»), non rientrano tra i cavalli di battaglia degli islamisti odierni. La tutela della famiglia patriarcale e del capitale simbolico che racchiude -la castità femminile - è profondamente radicata nel vocabolario dell'islam: la parola bariim («proi-
bito») ha la stessa radice di harim («harem», parte della casa riservata alle donne) e di mabram (il gruppo familiare cui una donna è preclusa sessualmente per legge, e che può quindi frequentare liberamente). La dualità tra evidente e nascosto (al-sahiidafal-gayb, al-~ahirfal-batin), fondamentale nella visione divina del Corano, è legata alla sessualità in almeno un caso: nel passo, estremamente suggestivo, in cui i genitali femminili vengono associati agli aspetti nascosti della divinità. Le restrizioni al comportamento della donna sono strettamente connesse alla nozione di sacro. Michael Gilsenan ha osservato, a proposito della vita di villaggio nel Libano settentrionale, che lo shara/, «1' onore della persona e della famiglia, identificato in particolare con il controllo della sessualità femminile, è cruciale nell'identità sociale degli uomini». Quest'osservazione può essere estesa a fortiori a molte altre parti del mondo musulmano. Tuttavia, l'ossessione per la differenza sessuale e la condizione sociale - nonché il corollario che ne deriva, ovvero l'affermazione del potere maschile con la violenza- non è affatto esclusiva dell'islam. Gli stessi atteggiamenti patriarcali si ritrovano in società non musulmane, mediterranee e non solo. D'altro canto, in Africa occidentale e nel Sud Est asiatico esistono comunità musulmane in cui predominano sistemi di proprietà e di successione matrilineari. Tutto questo mette in discussione l'assunto secondo cui i testi islamici e i valori che veicolano siano di per se stessi responsabili di comportamenti volti ad affermare la supremazia maschile. Nondimeno, la posizione pubblica e simbolica delle donne è senza dubbio al centro del discorso islamista. In un'infinità di scritti polemici gli islamisti contrappongono la virtuosa donna musulmana alla sua controparte occidentale, nuda, licenziosa e corrotta, una temibile fonte difitna («sedizione»).
Donne e shari'a. Come accade per altre tematiche di portata politica per l'islam contemporaneo, anche il dibattito sul velo si nu-
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In verità i dati e le date a Dio, i credenti e le credenti, i devoti e le devote, i sinceri e le sincere, i pazienti e le pazienti, gli umili e le umili, i donatori di elemosina e le donatrici, i digiunanti e le digiunanti, i casti e le caste, gli oranti spesso e le aranti, a tutti Iddio ha preparato perdono e mercede immensa. Corano, XXXIII, .35·
tre di divergenti interpretazioni di un passato idealizzato. I tradizionalisti, prevalentemente uomini, sostengono che il Profeta abbia fatto progredire di molto la condizione delle donne arabe del suo tempo, garantendo loro all'interno del matrimonio diritti fondamentali prima negati. Alcune sure meccane del Corano riportano con orrore che all'epoca della gahiliyya («ignoranza»), precedente la rivelazione, l'infanticidio femminile e l'abbandono delle vedove e degli orfani erano comuni. In seguito all'affermarsi dell'islam, alle donne furono garantiti i diritti di successione, sotto l'ombrello protettivo della famiglia. Il marito fu obbligato a provvedere alla moglie e ai figli. Benché fosse consentita la poliginia (la possibilità per un uomo di avere piu mogli), il numero massimo venne fissato a quattro, e tutte dovevano essere trattate allo stesso modo. Nel Corano non si afferma mai un'ineguaglianza spirituale tra i due sessi; il testo è anzi indirizzato esplicitamente sia agli uomini sia alle donne, e il giorno del giudizio anche le donne dovranno rispondere delle proprie azioni. Detto questo, bisogna però aggiungere che alcuni versetti sanciscono l'inferiorità giuridica della donna. Nel diritto di successione la parte di eredità destinata alla sorella ammonta solo alla metà di quella del fratello (IV, I r), dando per scontato che sarà il marito a mantenerla. All'uomo è permesso ricorrere alle punizioni corporali nei confronti della moglie ostinata o disobbediente, se tutti gli altri tentativi di ridurla alla ragione sono falliti (IV, 34). In alcune procedure legali la testimonianza della donna vale metà di quella dell'uomo (si suppone che le siano estranee le questioni d'affari e che dovrà quindi ricorrere a un'ami-
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ca per rafforzare la sua dichiarazione). Probabilmente non è sbagliato sostenere che nel contesto dell'Arabia del vn secolo queste norme rappresentarono un sostanziale miglioramento della condizione femminile, soprattutto in merito alla tutela dei diritti matrimoniali e di proprietà. Tuttavia, le femministe contemporanee che intendono fare un passo oltre si trovano di fronte un ostacolo teologico. In quanto immutabile parola di Dio, il contenuto del Corano non è considerato negoziabile: per la maggioranza dei musulmani lo spirito del testo è strettamente letterale. Affermare che, nella realtà della nostra epoca, leprescrizioni discriminatorie contenute nel Corano debbano essere accantonate, costituisce una sfida al dogma secondo cui il testo è fissato per l'eternità. Le scrittrici femministe sono però costrette dalla logica della propria posiLe vostre donne sono come un campo per voi, venite dunque al vostro campo a vostro piacere, ma premettete qualche atto pio, utile a voi, e temete Iddio, e sappiate che lo incontrerete: danne lieta novella ai credenti. Corano, II, 224. Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle; le donne buone sono dunque devote a Dio e sollecite della propria çastità, cosi come Dio è stato sollecito di loro; quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi !asciatele sole nei loro letti, poi battetele; ma se vi ubbidiranno, allora non cercate pretesti per maltrattarle; ché Iddio è grande e sublime. Ibid., IV, .34· Ogni volta che il Profeta (che la pace sia con lui) ha concesso a un uomo di infliggere una punizione corporale a sua moglie, lo ha fatto con riluttanza, e ha sempre espresso la sua avversione in proposito. E anche nei casi in cui l'ha riconosciuto come necessario, il Profeta (che la pace sia con lui) ha ordinato agli uomini di non colpire sul volto, di non picchiare con troppa forza e di non usare nulla che possa lasciare segni sul corpo. Mawdudi, Tafhim al-Quran (Commento al Corano), Islamic Foundation, Leicester 1989, vol. II, p . .36.
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zione a separare lo spirito dalla lettera, sostenendo che il Corano vada letto con elasticità, ricontestualizzandolo. La questione dei diritti delle donne non può quindi prescindere da quella del modernismo. Secondo i modernisti, non bisogna dimenticare che il Corano venne rivelato in un particolare momento storico e in una specifica situazione sociale; si prefiggono quindi di reinterpretarne lo spirito alla luce della realtà contemporanea. La difficoltà che incontrano sta nel fatto che spesso coloro che leggono il Corano alla lettera, rifiutando di decostruirlo in base alle mode o alle tendenze sociali del momento, si mantengono piu fedeli al significato e all'intento originale del testo. Prendiamo il ben noto caso del versetto che incoraggia la poliginia (IV, 3), in cui si prescrive che ogni moglie debba essere trattata equamente. I tradizionalisti interpretavano il concetto di equità in termini legali: il diritto di ogni moglie a una propria abiSe temete di non essere equi con gli orfani, sposate allora di fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà piu atto a non farvi deviare. Corano, IV, 3· Alcuni, confusi e intimoriti dalla visione cristianizzata degli occidentali, hanno cercato di dimostrare che il vero obiettivo del Corano fosse quello di porre fine alla poligamia (che, a loro parere, sarebbe intrinsecamente malvagia). Poiché tuttavia a quel tempo la poligamia era largamente praticata, l'islàm si sarebbe limitato a porle alcune restrizioni. Questo ragionamento non fa che dimostrare la schiavitu intellettuale cui soggiacdono queste persone. Che la poligamia sia in sé un male è un'affermazione inaccettabile, poiché in certe condizioni diviene una necessità morale e sociale. Se la poligamia fosse del tutto proibita, gli uomini che non trovano soddisfazione con un'unica moglie dovrebbero violare i vincoli matrimoniali, creando una situazione di anarchia e corruzione sessuale. E dò rappresenterebbe certo per l'ordine morale e sociale un male molto peggiore della poligamia. Per questo motivo il Corano ha concesso a chi ne sente il bisogno l'opportunità di avere piu di una moglie. Mawdiidi:, Tafszr al-Qur' iin cit., vol. Il, pp. 7-8.
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tazione e a una parte uguale di beni materiali. I modernisti, invece, mettono in discussione l'istituzione della pòliginia, aggiungendo alla nozione di equità una dimehsione emotiva e psicologica, e affermando che, poiché da nessun uomo si può pretendere che ami allo stesso modo tutte le sue mogli (IV, r 2 9), la poliginia coranica è di fatto inapplicabile. I modernisti impiegano argomentazioni simili anche per rivedere le pene draconiane previste per le mogli infedeli o gli individui accusati di zina' (rapporti sessuali illeciti). In base alla rigorosa concezione coranica della prova, perché qualcuno possa essere accusato di zina' è necessaria la testimonianza di quattro maschi adulti che abbiano assistito indipendentemente all'atto (IV, 15). Essendo praticamente impossibile soddisfare questa condizione, si può sostenere che queste prescrizioni abbiano la funzione di garantire in linea di principio la proprietà sessuale, evitando nel contempo eccessive maldicenze. Inoltre, Leila Badawi ha sottolineato come alcune antiche interpretazioni giuridiche appaiano decisamente progressiste: una donna abbandonata o vedova che rimane incinta può essere protetta per mezzo della bila (finzione giuridica) del «feto dormiente», per cui si afferma che la gravidanza ha avuto una durata abnorme (fino a sei o sette anni), e si considera il figlio come legittimo erede del marito assente o defunto. Una donna nubile che resta incinta può invece ricorrere al cosiddetto «trucco del bagno pubblico». Dato che tradizionalmente gli l;ammam erano aperti a giorni alterni agli uomini e alle donne, una vergine poteva affermare di essersi recata in un bagno pubblico da cui erano appena usciti gli uomini, essersi inavvertitamente seduta su una pozza di seme maschile ed essere cosi rimasta incinta. Se nel caso della tutela della fedeltà coniugale la teoria è talvolta piu severa della pratica, nel diritto di successione è vero il contrario. In molti paesi musulmani alle donne è stato sistematicamente impedito di far valere i propri diritti sull'eredità, sia attraverso pressioni familiari, sia con stratagemmi giuridici come il waqf (fondo vi-
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È una parola [seconda moglie] terribile - la mia penna quasi stenta ascriverla-, mortale nemica delle donne. [... ]Quanti cuori ha spezzato, quante menti ha sconvolto e famiglie distrutto, quanto male ha fatto e quante innocenti ha sacrificato e reso prigioniere laddove è stata ali' origine di una tragedia personale ? [... ]Una parola terribile carica di crudeltà e di egoismo. [... ]Non dimenticare che mentre tu ti diverti con una nuova moglie, puoi spingerne un'altra alla disperazione fino alle lacrime [. .. ] e i bimbi ai quali hai insegnato la commiserazione, piangono con lei. [... ] Tu senti i tamburi e le trombe [nuziali] mentre loro odono solo il pulsare della sofferenza. Malak Ifni Nassef (I886-I9I8), citata in L. Ahmed,
Oltre il velo. La donna nell'islàm da Maometto agli iiyatollàh, La Nuova Italia, Firenze 1995, p. 208.
[Sukayna] fece firmare a uno dei suoi mariti un contratto di matrimonio che rendeva ufficiale il suo diritto al nushuz, laribellione contro l'autorità maritale che tormentava tanto ifuqaha [plurale difaqfh]. Ella rivendicava il diritto a essere nashiz, facendone un ornamento, come faceva con la sua bellezza e il suo talento, per affermare l'importanza e la vitalità della donna nella tradizione araba. In tono di ammirazione e rispetto, gli storici si compiacciono a evocare le sue scene di matrimonio, il processo intentato contro uno dei suoi sposi che aveva violato la clausola di monogamia che gli aveva imposto nel contratto di matrimonio. Il giudice, sbalordito dalle condizioni del contratto, fu comunque obbligato a prendere una decisione, in quanto la propria moglie era andata ad assistere al processo del secolo e il califfo aveva inviato un emissario per tenerlo al corrente dello svolgimento. Fatima Mernissi, Donne del Profeta. La condizione femminile dell'islam, Ecig, Genova 1992, p. 225.
talizio). Il matrimonio tra cugini primi, consentito dalla legge islamica, si è spesso trasformato in una vera e propria costrizione per le ragazze. Queste consuetudini sono finalizzate a mantenere il patrimonio nell'ambito della famiglia patriarcale, eludendo la ridistribuzione sancita dal diritto di successione, che garantisce anche alle donne l'eredità di una parte dei beni dei genitori.
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Nell'islam il matrimonio è contrattuale, e poiché i contratti per loro natura sono negoziabili, i riformatori è i modernisti hanno sostenuto che le ineguaglianze giuridiche possono essere eliminate attraverso clausole specifiche, sulla falsariga della pronipote di Maometto, Sukayna bint I;Iusayn, il cui marito nel contratto di matrimonio si era impegnato a restare monogamo. Non tutte le scuole giuridiche riconoscono però alla donna il diritto di stabilire in questo modo i termini dell'accordo coniugale, e in ogni caso la possibilità di farlo dipende sostanzialmente dal potere e dalla condizione della famiglia di provenienza. Come nel Pakistan odierno, dove non sono le donne delle classi superiori a essere molestate al metcato - anche perché in genere vengono scortate dai propri autisti-, cosf alle aristocratiche come Sukayna furono in genere risparmiate l'insicurezza e l'umiliazione cui erano destinate le donne delle classi inferiori.
Matrimonio e divorzio. Nell'islam il matrimonio è fortemente raccomandato; i giovani sono incitati a sposarsi con l'esplicito scopo di evitare di esporsi alle tentazioni di carattere sessuale. «Giovani, chi può permettersi il matrimonio si sposi, perché ciò lo tratterrà dal guardare le donne e preserverà la sua castità», dice un badith di al-Bu{tarL Nella shaii'a il matrimonio (nikàb} è un contratto giuridico sanzionato dalla legge divina. Non è un sacramento, come accade invece nel mondo cristiano. Secondo la maggior parte delle autorità giuridiche, il wali («tutore», in genere il padre) della donna stipula il matrimonio in sua vece, e per lo piu si ritiene che una vergine possa essere costretta a sposare l'uomo scelto per lei dal padre. Solo gli sciiti riconoscono alla donna «una piena personalità giuridica, identica a quella della sua controparte maschile». La sicurezza economica della donna musulmana dovrebbe essere tutelata dal mahr («dono nuziale»)- una somma di denaro, o il suo equivalente in be-
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Non è lecito a una donna che crede in Allah ammettere qualcuno in casa di suo marito se lui non lo gradisce. Non deve uscire di casa se lui non lo gradisce e non deve ubbidire a chi contraddice gli ordini di lui. Non deve rifiutare di dividere il letto con suo marito e non deve picchiarlo (nel caso che sia piu forte di lui). Se al marito accade di essere nel torto, la donna deve supplicarlo affinché si ricreda. Se il marito accetta le sue suppliche, le suppliche saranno accettate anche da Allah; ma le suppliche raggiungeranno Allah anche nel caso che il marito non si ricreda. Fj.adzth riferito da al-I;Iak:Im e citato in Y. Qaradawi, Al-halal wal-baram fil islam (Illecito e il proibito nell'islàm), Indianapolis r985, p. 204.
ni immobili o in bestiame-, fornito dallo sposo, e che rimane suo se il marito decide di divorziare. L'uomo ha il diritto di sciogliere il matri~onio a suo piacimento per mezzo del ta!aq («ripudio»). E sufficiente che egli pronunci per tre volte la formula «Io ti ripudio»; le prime due dichiarazioni devono essere seguite dall' 'idda, un periodo di attesa della durata di tre cicli mestruali, al fine di appurare che la donna non sia incinta o, nell'eventualità che lo sia, di stabilire con certezza la paternità del marito. In questo lasso di tempo i familiari e gli amici devono cercare di riconciliare i coniugi. Se al termine dell' 'idda la pacificazione non è avvenuta, la terza e ultima ripetizione della formula di ripudio sancisce la separazione, senza bisogno di ricorrere a un tribunale. Di norma, i figli maggiori di sette anni e le figlie maggiori di nove rimangono con il padre, i piti piccoli con la madre. Se è la moglie a prendere la decisione di divorziare (secondo la procedura nota come khul'), dovrà restituire il suo dono nuziale. Agli uomini musulmani è lecito sposare donne non musulmane solo a condizione che appartengano all'ah l al-kitab («Gente del Libro», V, 5), siano cioè ebree o cristiane; è invece proibito il contrario. Alcuni autori musulmani contemporanei, come Y ousuf al-Qaradawi, sostengono che questa mancanza di simmetria si basa sul presupposto che l'uomo sia il capofamiglia. Mentre i mariti musulmani so-
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no tenuti a rispettare i diritti religiosi delle mogli cristiane ed ebree, non c'è alcuna garanzia che i mariti ebrei e cristiani rispetterebbero la libertà di culto delle mogli musulmane. Altri studiosi considerano invece questa regola una prova lampante della tendenza alla prevaricazione tipica dei musulmani. L'antropologo libanese Fuad Khuri ha fatto notare che lo stesso principio si ritrova nelle relazioni tra le varie comunità religiose libanesi: il gruppo dominante permette ai figli ma non alle figlie di sposarsi con esponenti di altre fazioni. Dove comandano gli sciiti, gli uomini possono sposare donne sunnite, ma non viceversa; e dove prevalgono i sunniti accade l'inverso. Norme analoghe valgono per le cavalcature (cavalli per il gruppo dominante, muli e asini per quello subordinato), l'altezza delle case e le tinte degli abiti (colori sobri per i piti potenti, colori vivaci per i bambini e le classi inferiori).
Matrimonio temporaneo. Il punto di vista patriarcale pervade le interpretazioni tradizionaliste della shari'a. Il diritto dell'uomo alla soddisfazione sessuale è prescritto da Dio: la moglie non ha il diritto di respingere le richieste sessuali del marito. Tra gli sciiti duodecimani i privilegi sessuali dell'uomo sono In quanto manifestazione della saggezza divina, il desiderio sessuale ha, oltre alla sua funzione evidente, anche un altro scopo: quando l'individuo cede e lo soddisfa, prova un piacere che, se durasse nel tempo, sarebbe senza pari. Questo piacere è un assaggio delle delizie del paradiso, poiché promettere all'uomo i piaceri celesti senza farglieli prima assaporare sarebbe inefficace [... ] Questo piacere terreno, imperfetto perché limitato nel tempo, è per l'uomo una forte spinta a desiderare il piacere perfetto, il piacere eterno, e quindi lo incoraggia a venerare Dio, in modo da raggiungere il paradiso. Il desiderio di conoscere le delizie celesti è dunque cosf forte che aiuta gli uomini a perseverare negli atti di devozione, per essere accolti in paradiso. al-Ghazàli, da Ibya' 'ulum al-dzn cit., p. 2 7.
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ulteriormente rafforzati dall'istituzione del matrimonio temporaneo (mut'a o sigheh), un contratto a durata limitata stipulato per un periodo variabile tra un'ora e novantanove anni. Mentre chi critica il mut'a la considera una forma di prostituzione legalizzata, alcuni leader della Repubblica islamica iraniana lo hanno fortemente incoraggiato, vedendolo come <
Sessualità. «Nell'islam non c'è celibato>>, dice un l;adith molto noto. «Copulate e procreate,- afferma un altro,- perché io mi glorierò del vostro numero nel Giorno del Giudizio». A differenza del casto Gesu, il Profeta dell'islam è celebre per aver goduto non solo della compagnia delle donne, ma anche dei piaceri del sesso. Dopo la morte di Khadiga, Maometto avrebbe sposato da nove a tredici donne. Molti hadith sottolineano la sua virilità: nella raccolta di al-Bubari si racconta come in un'occasione egli abbia giaciuto in una sola notte con nove delle sue mogli. I palemisti cristiani sfruttarono queste storie per dipingere il Profeta come un mostro di sensualità. I moderni apologisti musulmani si sono posti sulla difensiva, sostenendo che molti dei matrimoni di Maometto furono dovuti o a ragioni politiche - rafforzare determinate alleanze tribali oppure alla necessità di fornire una sicurezza sociale a donne rimaste vedove. Benché entrambe queste spiegazioni siano convincenti, nel contesto di una società di pastori nomadi in cui la poliginia era la norma, va tenuto presente che la prestanza sessuale è un elemento tradizionalmente associato alla figura ideale del capo carismatico (si pensi anche alla poligamia del profeta mormone Joseph Smith). In ogni caso, la diffusione di questo genere di aneddoti - al pari di tutto ciò che di concreto si tramanda sulle preferenze personali di Maometto - è anche chiaro indice delle aspettative che circondavano la lea-
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dership. La sua sessualità, come quella di Cristo, rim.ane aperta a una vasta gamma di interpretazioni. A parte la questione storica, i molti matrimoni del Profeta testimoniano un atteggiamento positivo nei confronti della sessualità umana, in stridente contrasto con l'ascetismo della Chiesa cristiana delle origini. Secondo lo studioso tunisino Abdelwahab Bouhdiba, al centro della religiosità islamica si trova «una visione lirica della vita». I piaceri del sesso sono un assaggio del paradiso descritto nel Corano e interpretato da alcuni esegeti come un <
Le donne nella vita sociale e religiosa. Nella tradizione islamica si afferma il valore positivo della sessualità, che è però percepita anche come pericolosa e potenzialmente distruttiva per l'ordine sociale voluto da Dio. La proibizione del celibato impedisce la nascita di una casta religiosa femminile p~agonabile a quella delle suore nell'Occidente cristiano. E istituzionalizzata l'idea che un buon ordine sociale non possa prescindere dalla regolazione della sessualità, in (>articolare quella femminile. L'isolamento delle donne è giustificato dal timore nutrito per la carica sessuale femminile, forse un'atavica eredità culturale delle divinità femminili soppiantate dal trionfo del Dio unico. Dal momento che Dio ha creato gli esseri umani distinti in maschi e femmine, le differenze sono fortemente enfa- . tizzate, e ogni aspetto del comportamento o dell'abbigliamento che possa sfumare questa distinzione è scoraggiato o proibito. In questo senso l'omosessualità è un peccato grave, «uno sconvolgimento dell'ordine naturale, una degenerazione della sessualità maschile e un crimine contro i diritti delle donne», come scrive Yousuf Qaradawi. Gli uo-
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mini dovrebbero farsi crescere la barba per distinguersi dagli infedeli. «Differenziatevi dai politeisti, - dice un hadith di al-,Bub.ari, -lasciatevi crescere la barba e spuntar~ i baffi». E makriih («disapprovato») rasarsi o tagliarsi troppo la barba, ma è mustabab («raccomandato») «accorciarla un po' se diventa troppo lunga o troppo voluminosa». Secondo le interpretazioni giuridiche tradizionali, se una donna è sposata il cerchio delle sue frequentazioni deve limitarsi al marito, alle amiche e ai mabram (i familiari maschi con cui è proibito il matrimonio: il padre, i figli, i fratelli, i fratelli di latte, i nipoti, il suocero, i cognati e i generi). Anche se le consuetudini variano da luogo a luogo, il tabu sulle relazioni femminili con uomini non mabram è diffuso in molte società musulmane, dal Marocco all'India. Tuttavia, queste regole non sono universali. In alcune zone dell'Africa subsahariana, la fusione tra legge islamica e tradizioni locali ha fatto si che alle donne fossero concessi piu diritti, sia nel matrimonio sia per il divorzio. Tra i musulmani del Sud Est asiatico non esiste alcuna usanza di reclusione femminile, e anche nelle comunità piu osservanti sopravvivono elementi di tradizioni matrilineari. In questi casi la sharta è intesa in termini di doveri religiosi ed etici ('ibiidat), mentre nell'ambito delle relazioni sociali (mu 'iimaliit) prevale il diritto consuetudinario. In Medioriente, nel subcontinente indiano e in altre parti del mondo musulmano, il gruppo parentale allargato fondato sul mabram ~ostituiva l'elemento basilare della struttura sociale. Il contrasto con lo sviluppo delle società occidentali non potrebbe essere piu marcato. Nell'Occidente medievale, la Chiesa si fece promotrice di una politica deliberatamente volta a smantellare i gruppi parentali, incoraggiando i matrimoni «distanti» e affermando, in quanto corpo collettivo di Cristo, di trascendere e superare i legami biologici di parentela. A mano a mano che il clero perdeva terreno a favore di istituzioni collettive laiche, come i comuni o le compagnie mercantili, emersero le divisioni e gli interessi di classe, che finirono con l'ingenerare conflitti sociali e innescare mutamenti stori-
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7. Mashrabiya, Il Cairo. Questi balconi con graticci di legno, un tipico elemento dell'architettura mediorientale, permettevano una buona aerazione e celavano alla vista gli appartamenti femminili (foto S. Angawi, per gentile concessione dell'Aga Khan Trust for Culture).
ci. L'emancipazione femminile prese l'abbrivio dall' emancipazione degli uomini dai legami di parentela, dal momento che l'identità individuale non si fondava piu soltanto sull'ambiente familiare, ma anche su professione, ricchezza e classe sociale. Nell'islam, non esistendo una Chiesa che si ponesse in competizione con la famiglia quale entità cui dovere obbedienza, l'individuo rimase molto piu condizionato dai vincoli di parentela. Le donne hanno forse goduto in questo sistema di una posizione onorata e protetta, ma la loro libertà è certo stata limitata in proporzione alla loro capacità riproduttiva, come portatrici di geni e depositarie dell'identità familiare. Gli effetti della funzione privilegiata svolta dalla famiglia nell'ambito della shari'a continuano tuttora a ostacolare l'affermarsi di forme di associazione alternative, fondate su una libera scelta o su un obiettivo comune. In molti paesi musulmani le istituzioni pubbliche sono state sovvertite o scardinate dalla persistenza dei vincoli di fedeltà familiare: ne
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sono un esempio i partiti Ba'th («rinascita») che governano in Siria e in Iraq, entrambi dominati da gruppi parentali appartenent i a minoranze religiose o etniche. Spesso l'esclusione delle donne dalla sfera pubblica ha comportato anche la loro emarginazione dall'ambito religioso. Secondo quanto riferito da Edward Lane, intorno al r82o, alle donne del Cairo era proibito pregare accanto agli uomini nelle moschee, perché «i musulmani ritengono che la presenza femminile ispiri una devozione molto diversa da quella richiesta in un luogo destinato al culto di Dio». L'isolamen to delle donne trovava ulteriori giustificazioni nei tabu sull'impurit à relativi al mestruo, al parto e al contatto con i bambini piccoli. Le raccolte di badith contengono minuziose prescrizioni sulle impurità rituali, e generalmente sono le donne a esserne svantaggiate. Le donne hanno invece sempre partecipato a molti rituali sufi, soprattutto alle visite alle tombe dei wali (i santi, «amici di Dio»), un'attività spesso disapprovata dagli 'ulama'. In ambienti sociali molto tradizionalisti è piu probabile che la religiosità femminile si esprima attraverso pratiche deprecate dai pii, come la zar (danza di possessione, ancora diffusa in Egitto e nel Maghreb). In questo senso, è significativo che oggi si racconti spesso di spiriti che costringono le loro «ospiti» a rifiutare il velo: capita cosi che donne baladi (di campagna) siano «possedute» da entità che le fanno ammalare se sono costrette a coprirsi il capo.
Donne, colonialismo e famiglia. Durante l'era coloniale, la capitolazione della maggior parte degli Stati musulmani di fronte alla potenza militare europea rese la famiglia il principale baluardo dell'identità musulmana . «Uomini ridicolizzat i e rifiutati nelle nuove strutture politiche ed economiche coloniali trovarono nelle proprie famiglie un rifugio, una rappresentazione dei valori religiosi islamici nel cui ambito erano onorati». Se la famiglia divenne un elemento sacro,
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un rifugio dalle umiliazioni imposte dai dominatori .europei, la donna ne divenne il centr.o~ «il pern~ ~i og~ attività economica, personale e pohuca». Il dmtto d1 famiglia si pose dunque al cuore della shari'a.: t:nuto con: to della sacralità attribuitagl i, i goverm nformatorl cercarono di evitare interferenz e, mentre intervenner o tranquillam ente sul diritto civile, comme;ciale e penai:. Nei casi in cui furono introdotte delle nforme, 1 tradizionalisti le consideraro no frutto dell'ostilità occidentale. Per molte donnev emancipate dell'alta s~cietà - come l'egiziana Hudà al-Sa'rawi (r879-I947 )- il velo era un simbolo di oppressione di cui liberarsi al piu presto, per altre era invece segno di autenticità culturale. Pertanto, quando le classi piu abbienti, incoraggiate dagli amn:inistratori coloniali adottarono abiti e comportam enti europei vennero a~cusate di aver abbandonat o la tradizione, l'identità e i valori familiari islamici.
Politiche dell'abbigliamento. Nelle società premoderne l'abbigliamento e l'aspetto f~ sico non furono mai una questione di scelta personale. F1La famiglia rappresenta in mi~atura_l'intera società ll:lu~ul mana e ne forma la base stabile. L uomo, il padre, funge da zmam, in ac~ordo con la natura patriarcale dell'islam. La responsabilità religiosa della famiglia poggia sulle sue spalle. [... ]In seno alla famiglia il padre difende i precettl della ;eligio~~; la s?a. autorità simboleggia quella di Dio sul mondo. L uomo e mfattl nspettato in famiglia proprio a cagione dell~ sua funzio~e sacerd~tale: La ribellione delle donne musulmane m certe partl della società !siamica si verificò quando gli uomini non furono piu capaci di adempiere alle funzioni religi~se loro at~r~buit~, venendo cosi ~ pe:dere il loro carattere patriarcale e vrrile. Diventando effemmatl, provocarono di conseguenza u,r;a rea~ione di riy'?lta tra alcune donne che sentirono mancare l1mper10 della religwne. Seyyed Hossein N asr, Ideali e realtà dell' islam, Rusconi, Milano r989, pp. r26-27.
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I costumi e i modi della donna musulmana sono alquanto diversi da quelli delle donne non musulmane e delle donne del tempo della giihiliyya. La donna musulmana è casta, dignitosa, riservata e modesta, mentre la donna che ignora i dettami divini spesso è vanitosa e appariscente e non esita a far mostra delle proprie grazie. Espone le parti piu belle del suo corpo, cammina e parla in modo seducente, esibisce i suoi ornamenti, indossa abiti trasparenti e sensuali, e cosi via. Qaradawi, Al-halal wal-haram fil isliim cit., p. r63.
Il Corano, la sunna e il consesso dei dotti insegnano ai musulmani a distinguersi dai non credenti e in generale a evitare di somigliare loro. Questo precetto serve a sfuggire tutto ciò che può causare corruzione in modo nascosto e diffuso, e che è dunque proibito. L'imitazione dell'aspetto dei non credenti porta infatti a imitare anche il loro comportamento immorale e le loro caratteristiche malvagie, o addirittura le loro credenze. Quest'influenza non può essere tenuta sotto controllo né scoperta facilmente, di conseguenza diviene difficile se non impossibile sradicarla. Dal Kitiib iqtida al-sirat al-mustaqim, cit. in Qaradawi, Al-halal wal-haram fil isliim cit., p. 95·
no a tempi piuttosto recenti, anche in Occidente l'abito era il principale indice esteriore delle condizioni sociali, della classe e della professione di un individuo. Ancora oggi lo stile dell'abbigliamento ha una funzione importante in molte istituzioni educative, e in molte ditte l'uniforme è imposta al personale come segno di identificazione con l'azienda. Nelle società musulmane, in cui certi mestieri e professioni erano di solito appannaggio di particolari gruppi etnici, il modo di vestirsi e l'aspetto fisico erano strettamente conseguenti. A Baghdad, per esempio, gli uomini appartenenti alla minoranza etnica dei Lur dell'Iran occidentale - specializzati come custodi - erano riconoscibili da un particolare cappello di feltro. I diversi ordini sufici si distinguevano in base allo stile dei turbanti e alla foggia delle tuniche. I regimi riformatori del XIX e xx secolo cer-
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carano spesso di sradicare i particolarismi imponendo copricapi standardizzati. Il caso piu noto è quello del fez ottomano (un cappello di feltro rosso senza tesa indossato dagli uomini), introdotto nei primi decenni dell'Ottocento a dispetto dell'opposizione religiosa, e che paradossalmente, dopo un secolo, fini con il diventare un simbolo di rettitudine «islamica». Quando gli uomini furono obbligati amodificare il proprio abbigliamento per conformarsi agli ideali di progresso sostenuti dai governanti, le donne musulmane delle classi superiori manifestarono la tendenza ad adottare volontariamente abiti di stile occidentale, imitando le mode importate dall'Europa. Un'eccezione fu costituita dall'Iran, dove lo shiih Reza Pahlavi - un sergente cosacco analfabeta che giunse a guidare il paese tra il I925 e il I 94 I - dovette costringere con la forza le mogli degli impiegati statali a togliersi il ciidor (velo). L'abito «islamico» tipico, indossato sempre piu spesso dalle donne in molte città musulmane, non ha nessun particolare precedente storico, pur ispirandosi a un generico ideale di pudore femminile estrapolato dal Corano. Noti come ziy shari' e l;igiib, questi vestiti, che ricordano delle tende, con sottogola che fasciano il viso come quelli delle suore, sono pensati per celare i capelli e le forme del corpo e, a detta di chi li porta, sarebbero simili a quelli delle mogli di Maometto, cui il Corano ordina (nell'unico passo che fa riferimento alla clausura femminile, XXXIII, 5359) di proteggersi «restando dietro una tenda» e di «ricoprirsi dei loro mantelli». Questa tradizione musulmana inventata fece la sua comparsa tra le affiliate alla Fratellanza Musulmana (le Sorelle Musulmane) negli anni Trenta e divenne sempre piu popolare a partire dagli anni Settanta. L' l;igiib indica generalmente l'adesione da parte delle donne che lo indossano (le muhaggabat) agli obiettivi dei movimenti islamici. Molti studiosi sostengono che, lungi dal rappresentare l'interiorizzazione di modelli patriarcali, l'adozione dell' l;igiib significa esattamente il contrario, facilita una nuova mobilità sociale e permette alle donne di «invadere» luoghi pubblici in precedenza riservati agli uomini. Indossando l' «abito islamico», afferma-
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no alcuni, una donna può addirittura sfidare l'autorità patriarcale, rendendo evidente la sua indisponibilità sessuale agli uomini non mabram che inevitabilm ente incontra fuori casa, e lasciando intendere che molestarla equivarrebbe a un atto sacrilego. La muhaggaba si considera tenuta a rispondere non all'autorità del padre o del fratello, ma a quella di Dio, o al limite del capo religioso che dichiara di parlare in sua vece. Tuttavia, questo punto di vista non è certo unanimemente condiviso, e alcuni studi dimostrano che le donne che indossano l' bif.iib hanno meno probabilità di lavorare fuori casa o di frequentare l'università rispetto a quelle che non lo portano. In linea di principio esiste un'enorme differenza tra il caso in cui la donna veste il velo spontaneamente e quello in cui le è imposto per legge. La prima esercita un suo diritto, la seconda è privata della libertà di scelta. In realtà, la questione è molto piu complessa di quanto queste due alternative lascino supporre. Sia nei paesi musulmani sia in quelli non musulmani il velo è diventato un simbolo di identità culturale, un contrassegno per mezzo del quale la donna credente sembra proclamare la propria posizione politica e religiosa. Nei paesi in cui sono possibili altre scelte, come quelli occidentali, l'atto di velarsi può essere un gesto di indipenden za che sottolinea il rifiuto dei predominan ti costumi sociali non musulmani. A Grenoble, in Francia, una studentessa di scuola superiore che rifiutò di togliersi il velo intorno al capo anche durante le lezioni di educazione fisica divenne a un tempo una sorta di eroina e di paria nazionale: «La Francia è la mia libertà, ma lo è anche il velo», proclamò la ragazza. Spesso, però, scelte di questo tipo dipendono anche da una pressione da parte della famiglia, del marito o delle compagne. I significati del cador variano da zona a zona, da città a città, e soprattutto tra dar al-islam e dar al-barb. Bisogna dunque essere molto cauti nell'applicare una qualsiasi forma di generalizzazione.
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8. Il burqa, attraverso cui la donna. afghana guarda il mo~d~, nasconde completamente il corpo. Il disordine càusato da decenru di guerra ha rafforzato le richieste di segregazione e isolamento delle donne (© Popperfoto).
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Riforme legislative e contestazioni. Negli ultimi decenni, in seguito alle pressioni dei riformatori, è stato fatto qualche tentativo di eliminare alcune diseguaglianze giuridiche che penalizzavano le donne, per esempio limitando la possibilità del ripudio o imponendo l'obbligo di un atto formale di acquiescenza da parte della moglie nel caso che il marito desideri contrarre altri matrimoni. Inoltre, in molti paesi è stata alzata l'età minima per potersi sposare, oggi generalme nte fissata a diciotto anni per i ragazzi, mentre per le ragazze varia tra i quindici e i diciotto, a seconda delle località. In Iran, invece, con la rivoluzione del r979, i religiosi hanno abolito la legge per la protezion e della famiglia introdotta dallo shah, che stabiliva l'età necessaria per il matrimon io a diciotto anni per tutti, riportand ola a quindici per i maschi e nove per le femmine. L'abbassa mento dell'età minima per il matrimonio ha l'evidente funzione di rafforzare la famiglia patriarcale di fronte alla minaccia dell'individualismo: piu giovani sono i figli, maggiore è la possibilità per i genitori di influenzarli - in particolare nel caso delle ragazze - al momento della scelta del coniuge. Allo stesso tempo, con il venir meno delle strutture sociali tradizionali sotto la pressione della rapida urbanizzazione e dei mutamen ti economici, le donne sono sempre piu esposte a incontri con uomini non mabram, incontri da molti ancora ritenuti forieri di pericoli sessuali. Alcuni governi, come quello del Pakistan, hanno risposto alle richieste populiste di un «ritorno» alla sharta accettand o di applicare le pene budud. Nel r979 il governo militare del generale Zia ul-Haqq (al potere dal r977 al r988) ha introdotto le sanzioni coraniche per il furto, il consumo di bevande alcoliche, lo zina' (rapporti sessuali illeciti) e la falsa accusa di zina'. La nuova legislazione, applicando anche le regole coraniche relative alle prove giudiziarie, rende difficile alle donne vittime di stupri denunciare i propri assalitori senza rischiare di essere a loro
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volta accusate di zina'. Tali sono però le forme di tutela per gli accusati che finora a nessuno in Pakistan è stata amputata una mano per furto. In Sudan, invece, dove contrariam ente alla tradizione - la shari'a è stata applkata anche ai non musulmani, sono stati condanna ti all' amputazione per furto, musulmani e non.
Islam e femminismo. Le femministe musulmane sostengono che la giustificazione dei comportamenti patriarcali non si trova nell'islàm in quanto tale, ma solo in alcune interpreta zioni maschiliste e reazionarie della fede. Come già accennato, la logica di questa posizione entra in crisi di fronte alle prescrizioni esplicitamente discriminatorie contenute in alcuni passi del Corano. Solo ricorrendo a un'interpr etazione modernista che affermi la contingenza storica del testo è possibile risolvere la contraddizione tra eguaglianza morale e spirituale e discriminazione giuridica delle donne. La regola secondo cui la testimonianza di una donna su una questione d'affari necessita della conferma di un'amica poteva avere un senso in società premoderne in cui la maggior parte delle donne era analfabeta, ma, al giorno d'oggi, !addove vige questa norma, può accadere che la deposizione di una donna laureata in economia valga la metà di quella di un uomo che non sa neanche leggere. Al di là dei problemi derivati direttame nte dal testo coranico, a essere contestate sono anche alcune interpreta zioni giuridiche androcent riche, in particolare dei btzdìth, per i quali- a differenza di quanto accade per il Corano- esiste una lunga e autorevole tradizione di critica delle fonti. Gli ostacoli piu ardui che le femministe musulmane si trovano a dover superare derivano dall'ostili tà storica e culturale dell'islàm nei confronti del femminismo. Una delle strategie utilizzate per evitare l'accusa di essere asservite all'Occidente è il «metodo indigeno», adottato da molte scrittrici, tra cui la marocchina Fatima Mernissi e la studiosa di origine egiziana Leila Ahmed. En-
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trambe rilevano una contraddizione tra i principi etici e l'impegno per la giustizia sociale tipici dell'islam e le sempre piu numerose restrizioni imposte alle donne musulmane. Secondo Ahmed, le pratiche sancite da Maometto nella comunità musulmana delle origini riflettono un atteggiamento molto piu positivo verso le donne di quello che si affermò nell'ultimo periodo della dinastia abbaside, quando il concubinaggio, approvato ma non incoraggiato dall'islam, si diffuse enormemente. La Ahmed ritiene che il messaggio etico del Profeta, se fosse stato accolto, avrebbe significativamente moderato i «principi estremamente androcentrici» della legge. La disponibilità di schiave e concubine favori la generale mercificazione della donna, mentre le donne delle classi superiori erano relegate a un ambito sempre piu marginale. Con argomenti simili, la Mernissi sostiene che al tempo di Maometto le donne erano relativamente libere. Partecipavano attivamente alla vita pubblica -.talvolta anche alle battaglie accanto agli uomini, ed erano state in prima linea anche nella nascita del movimento islamico. Quasi tutte le tradizioni riportano che Khadiga, la fidata prima moglie del Profeta, fu la «prima musulmana», la prima a convincersi che le rivelazioni avute_dal marito provenissero da Dio. Alla moglie prediletta, 'A'isa, figlia di Abu Bakr, compagno del Profeta, si devono moltissimi l;adith; fu anche tra i protagonisti della fitna («sedizione», guerra civile) che segui l'assassinio del terzo califfo, 'Uthman, nel656. La sua funzione di fonte di l;adith è talmente importante che, secondo un racconto, il Profeta avrebbe detto ai musulmani che «avevano ricevuto metà della loro religione da una ~onna». La Mernissi ricorda l'inimicizia personale tra 'A'isa e Abu Hurayra, un compagno di Maometto cui si fa risalire una gran quantità di isnàd (catene di trasmettitori di l;adith), vedendo in lui la fonte di numerosi hadith antifemministi che finirono poi con l'acquistare ~redito. Il metodo della Mernissi, come ha sottolineato Andrew Rippin, ha in comune con quello degli islamisti una tendenza alla rimitologizzazione della società, per cui vengono scelte e citate tra
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All'interno dell'islam vi sono dunque, a quanto pare, due vo- · ci e due concezioni contrastanti dei sessi, una che si esprime nelle regole pratiche destinate alla società [... ] l'altra nell'elaborazione della concezione etica. Pur istituendo il matrimonio come una gerarchia tra i sessi, l'islam nella sua concezione etica- praticamente trascurata dai governanti e dai legislatori - sottolineava insistentemente l'importanza della dimensione morale e spirituale dell'essere e l'eguaglianza di tutti gli individui. Ma se la prima concezione è stata ampiamente elaborata nel pensiero politico e giuridico, che costituisce l'interpretazione tecnica dell'islam, la seconda - che trova il consenso dei comuni credenti musulmani, privi di cognizioni sul patrimonio giuridico dell'islam- ha lasciato scarse tracce sulla sua concezione politica e legale. L'inequivocabile presenza di un egualitarismo etico spiega perché le donne musulmane sostengono spesso, in modo inspiegabile per i non musulmani, che l'islam non fa distinzioni di sesso. Nel suo testo sacro, le donne ascoltano e leggono, in modo corretto e legittimo, un messaggio diverso da quello che ne traggono i fautori e gli artefici dell'islam ortodosso e androcentrico. Leila Ahmed, Oltre il velo cit., pp. 76-77.
tutte le testimonianze quelle che piu valgono a sostenere le proprie ragioni.
Conclusione. Nonostante l'ambiguità del simbolismo legato al velo, è indubbio che le donne musulmane stiano diventando una forza che non può essere ignorata. Persino in Arabia Saudita - bastione dell'apartheid sessuale islamico - si è svolta una manifestazione pubblica di donne contro le regole della shari'a che impediscono loro di guidare autoveicoli. Negli strati piu poveri, l'emigrazione ha prodotto notevoli cambiamenti nella divisione del lavoro, e ora una significativa percentuale di famiglie dipende dal reddito della dot~na. Infine, dalle università escono sempre piu laureate. E quindi inevitabile che le restrizioni di matrice religiosa siano messe in discussione. E i segni del cambiamento sono già evidenti. Sembra infatti che il vo-
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to femminile sia stato determinante nell'inattesa elezione, nel maggio 1997, di Mul;lammad Khatami alla presidenza dell'Iran, con un programma che includeva l'attenuazione delle limitazioni imposte alle donne e una piu consistente partecipazione femminile alla gestione dell' economia e all'amministrazione dello Stato.
Capitolo sesto
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Introduzione. Gihad, al pari difatwa, è un termine arabo entrato nel vocabolario internazionale, soprattutto a causa del suo impiego da parte dei movimenti islamici contemporanei, talvolta in relazione ad atti di terrorismo o comunque di violenza. Nella sua accezione originaria la parola significa «sforzo» o «lotta», e nella tradizione islamica il suo uso non si limita affatto a quéstioni militari. L'abituale traduzione «guerra santa» è quindi fuorviante. Il termine riguarda molte forme di attività. Secondo la definizione classica, il credente può intraprendere ilgihad «con il cuo_re, con la lingua, con le mani, oppure con la spada», ma il modo principale è il primo. Per i musulmani il gihiid è un dovere collettivo (jar4 alkifaya), a differenza della preghiera, del digiuno e del pellegrinaggio, che sono considerati obblighi puramente personali (jar4 al- 'ayn). Il gihad può essere deciso da chi governa a nome di tutta la comunità, ed è quindi divenuto con il tempo uno strumento politico. La formulazione classica del gihiid si definf durante i secoli delle conquiste, quando la fede sostenne un'espansione senza precedenti nella storia dell'umanità. La dottrina che ne derivò era sia un'espressione del trionfalismo islamico sia un tentativo - paragonabile all'idea di «guerra giusta» nel diritto romano - di limitare le conseguenze della guerra. Adattando i costumi bellici dei beduini preislamici, fu introdotto nel codice un elemento cavalleresco: donne e bambini, vecchi e malati dovevano essere risparmiati. I politeisti erano messi di fronte alla scelta tra la conversione e la mor-
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te, mentre la Gente del Libro - inizialmente ebrei e cristiani, poi anche zoroastriani, induisti e altri - doveva essere protetta in cambio del pagamento della gizya (un testatico) e del kharag (un'imposta fondiaria). Alcune scuole giuridiche, basandosi su un passo del Corano (IX, 29: «Combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati»), ritengono che, al momento del pagamento di queste tasse, i dhimmi («protetti») debbano essere umiliati. Benché trovi una giustificazione nel fatto che i dhimmisono esentati dal servizio militare e dal pagamento della zakat, la gizya è anche, come le regole matrimoniali, un esempio dell'autoritarismo islamico. Questo patto di protezione non va certo considerato un esempio di tolleranza religiosa, nel senso post-illuminista del termine. D'altro canto, non è corretto neppure sostenere che l'islam «converte con la spada». Il politeismo fu liquidato senza tanti complimenti, e indubbiamente ancora oggi in alcune zone dell'Africa e dell'Asia popoli dediti a culti animisti stanno subendo un'islamizzazione forzata. Tuttavia, se si pensa all'Europa medievale, la dottrina del gihad è di gran lunga piu umanitaria delle bolle papali che incitavano allo sterminio degli eretici. La Gente del Libro che accettava il dominio islamico aveva diritto a praticare liberamente la propria religione e, dal momento che l'islam definisce religione l' ortoprassi in senso ampio, le minoranze religiose godevano in pratica di una forma limitata di autogoverno. A conti fatti, la tolleranza islamica in epoca premoderna è stata di gran lunga maggiore di quella della Chiesa cristiana medievale. Nondimeno, se interpretata in senso politico, la dottrina classica prevede che l'islam finirà con il conquistare tutta l'umanità. Secondo la logica del gihad, il mondo è diviso in due campi contrapposti: la sfera dell'islam (dar al-isliim) e quella della guerra (daral-barb). I nemici si convertiranno, come i politeisti, o si sottometteranno, come i cristiani e gli ebrei. Coloro che muoiono «sulla via di Dio» sono immediatamente trasportati in paradiso, senza attendere la resurrezione nel giorno del giudizio. Sono sepolti dove cadono, e i loro corpi non devono passare at-
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9· La Grande Moschea di Niono, in Mali. Con il diffondersi dell'islàm in regioni culturalmente diverse, i modelli di moschea si moltiplicarono, assorbendo gli stili locali e producendo esiti artistici di altissimo livello (foto K. Adle, per gentile concessione dell'Aga Khan Trust for Culture).
traverso la purificazione rituale in moschea: i martiri sono già puri. Come i primi cristiani dovettero rinviare indefinitamente la seconda venuta di Cristo, cosi anche il trionfo dell'islam dovette essere differito. L'impeto della conquista si arrestò alle porte di Costantinopoli (66o), a Poitiers (732) e in India. L'ordine voluto da Dio dovette misurarsi con l'incontrovertibile realtà storica. Territori divenuti musulmani, come la Sicilia e la Spagna, ricaddero nelle mani degli infedeli. Con il tempo il concetto di dar al-isliim subi delle modifiche. Quando l'applicazione della legge divina divenne comunitaria, piu che territoriale, i dotti cominciarono a discutere su quanti musulmani fossero necessari per rendere un'area dar al-islam. Era necessario che i musulmani avessero il potere politico oppure era sufficiente che fosse loro garantito il diritto di proclamare il messaggio dell'islam e di compiere i propri
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ro. La moschea della Islamic Society of North America presso Indianapolis. Si calcola che negli Stati Uniti vivano circa otto milioni di musulmani; se il loro numero continuerà a crescere al tasso attuale, è probabile che l'islàm diventi, scalzando l'ebraismo, la religione non cristiana del paese pili diffusa (foto G. Haider, per gentile concessione dell'Aga Khan Trust for Culture).
doveri religiosi? Data la complessità delle questioni giuridiche in gioco, non fu possibile dare una risposta univoca a questa domanda, e i dottori della legge continuarono a non trovare un accordo sul fatto che un particolare territorio fosse da considerarsi dar al-islam o dar al-barb, oppure in una condizione di non belligeranza indicata da categorie intermedie, come dar al-aman (territorio della tregua).
Il gihad maggiore. Secondo un famoso badith, il Profeta distinse tra gihad «minore» (guerra contro i politeisti) e gihad «maggiore» (lotta contro il male). Quest'ultimo è lo sforzo che impegna per tutta la vita ogni musulmano virtuoso. Nono-
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stante lo slancio delle prime conquiste, to il gihad maggiore a sostenere l'espansione molte parti del mondo. Il dualismo bene/male, run·n,....... dar al-barb si fonda, piu che su un principio territoriafe, sull'osservanza della legge. Dar al-islam è dove vige la shari'a. Prima del colonialismo, prima che i musulmani si rendessero conto della potenza militare dell'Occidente, la shart'a era identificata con la civiltà stessa. Le raffinate culture del Cairo e di Baghdad si diffusero attraverso le vie commerciali fino all'Africa meridionale, all'India settentrionale e al Sud Est asiatico. · Il processo di espansione fu organico e spontaneo. Non esistendo una Chiesa o un'istituzione religiosa globale, non ci fu nessuno sforzo missionario centralizzato e coordinato. Ci fu invece l'esempio delle vite colte, ordinate e sobrie vissute dai musulmani. I viaggi di Ibn Battuta (1.3041377) attestano la straordinaria varietà di un mondo unito dalla comune fede in Dio e nel Profeta, da uno stesso libro sacro e, in minor grado, da pratiche comuni, nonché dal prestigio di una sofisticata cultura. Quando il celebre viaggiatore di Tangeri giunse alle isole Maldive, data la sua conoscenza della legge, gli venne immediatamente assegnato il compito di qiitf,i.
Le confraternite sufiche. Questo processo di diffusione organica lungo le rotte commerciali, o tra i pastori seminomadi, fu sostenuto dalle tariqa (confraternite, letteralmente «vie») sufiche, gli «ordini mistici» dell'islam. Come si è visto nel terzo capitolo, i sufi erano dediti a pratiche ascetiche e mistiche volte a distaccare la mente dai legami mondani e a cercare di raggiungere una condizione di unità o «dimora» in Dio. Tendenze religiose analoghe si esprimono in molti altri luoghi, dall'India al Medioriente al Nordafrica. Nel mondo cristiano si ritrovano negli eremiti, ma anche nella grande e varia tradizione del monachesimo. Nell'islam seguono la stessa logica della trasmissione orale dei testi
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sacri. Come ogni badith è garantito da una serie di trasmettitori (isnacl) che risale fino al Profeta, cosi le varie tariqa sufiche sono garantite da catene di autorità (silsila) che riconducono a Maometto, attraverso i suoi compagni e i fondatori eponimi dei vari ordini. A partire dalla metà del XII secolo, le confraternite sufiche fiorirono in tutto il mondo islamico, dall' entroterra rurale al denso tessuto umano delle città. Sarebbe errato pensare che i sufi si «ritirassero» dal mondo. Benché alcune tariqa indulgessero in pratiche rituali malviste dagli 'ulamii', la maggior parte insisteva sul fatto che la «realtà ultima» (paqiqa) dell'islam potesse essere raggiunta soltanto attraverso l'osservanza della shari'a. Nell'ambito delle diverse tariqa si svilupparono solidissime organizzazioni, legate da vincoli personali di fedeltà verso i capi. La comune disciplina ascetica, la gerarchia spirituale, il potere d'intercessione del capo, e l'obbedienza dovutagli, sono gli elementi che contribuirono a rendere le tariqa importanti fonti di potere sociale e quindi politico, in particolare in aree periferiche come le steppe dell'Asia centrale, il Sahel e le regioni tropiCali dell'Africa. T alvolta nei Mul;lammad ibn 'Abd Allah ibn Batti.ita (I304-77), dopo aver compiuto il pellegrinaggio alla Mecca, viaggiò per un quarto di secolo, visitando l'Anatolia, Costantinopoli, la Persia, la Crimea, l'India e la Cina. Giunto alle Maldive, accettò con riluttanza un posto di qiitjf (giudice). Quello che segue è un estratto dalla sua
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I I. Sufi danzanti, da un manoscritto turco del xvn secolo. I «dervisci roteanti» cercano di raggiungere una condizione estatica e un livello di coscienza spirituale superiore ruotando ritualmente su se stessi a ritmo di musica(© Weidenfeld & Nicolson Ltd).
centri urbani dell'impero le confraternite furono considerate una minaccia: accadde cosi, per esempio, che nel 1826 il sultano ottomano Mal).miid II (r. 18o8-.39) sopprimesse l'ordine dei bektashi.
Rihla.
"[Alle Maldive] la maggior parte delle donne indossa solo un telo, avvolto attorno ai fianchi, che le copre dalla cintola alle estremità inferiori, ma il resto del corpo rimane scoperto. E cosi girano per i bazar e in altri luoghi. Quando io fui nominato qiitjì, cercai di mettere fine a quell'uso e orqinai alle donne di indossare abiti completi, ma non riuscii nell'intento. La sola cosa che ottenni fu di impedire a una donna di entrare nel mio tribunale per una querela se non era coperta in tutto il corpo, ma piu di questo non mi riusd di ottenere. R.E. Dunn, Gli straordinari viaggi di Ibn Battuta, Garzanti, Milano 1998, p. 286.
Gihad e resistenza. Nel corso della storia, la lotta contro il male (il «!)hiid maggiore») si è manifestata per lo piu in forma puramente morale; a volte, però, in momenti di crisi particolarmente acuta, il «gihiid minore» è venuto alla ribalta. I due gihiid finivano quindi con l'identificarsi. Durante il XIX e all'inizio del xx secolo, i piu attivi movimenti di resistenza contro la dominazione. europea furono condotti o ispirati da mugaddid («rinnovatori»), in genere membri di con-
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fraternite sufiche che cercavano di emulare il Profeta purificando la religione del proprio tempo e dichiarando guerra alla corruzione e alla miscredenza. Tra questi, la ribellione guidata dal principe Dipanegara a Giava (18251830); il gihad predicato nel 1831 dal sayyid Ahmad Barelwi (1786-1831) tra i pathan yusufzai, nella regione nordoccidentale dell'India; la campagna contro i russi nel Caucaso (1834-59) dello shaykh naqshabandi ceceno Shamil; e la guerriglia di 'Abd al-Qadir (18o8-83) contro i francesi in Algeria (1839-47). Non sempre questi movimenti erano diretti contro gli europei: in Sudan, il mahdi Mu}:lammad .Al_lmad ibn Abdallah (1848-85) inizialmente combattè contro le ambizioni imperiali degli egiziani, o «turchi», che riteneva avessero lasciato l'islam alla mercé degli stranieri; in Cina, la setta della «Nuova Dottrina», guidata da un altro shaykh naqshabandi, Ma Ming Hsin, organizzò una serie di grandi rivolte contro la politica di sinizzazione degli imperatori Manchu nel XIX secolo.
Ri/ormisti e modernisti. Quando divenne chiaro che gli eserciti musulmani erano inermi di fronte alla schiacciante superiorità tecnica e militare degli europei o dei governi formalmente musulmani da loro spalleggiati, il movimento per il risveglio islamico si orientò verso il radicalismo intellettuale. Tra le élite piu direttamente esposte alla presenza europea, il catastrofico fallimento dell'islam fu considerato frutto non solo della sconfitta militare, ma anche dell'inferiorità culturale e delle carenze del sistema educativo. Un semplice ritorno alle origini dell'islam non sarebbe stato sufficiente agarantirne la sopravvivenza come modo di vita e civiltà. I rinnovatori intellettualmente piu sofisticati possono essere a grandi linee suddivisi in riformisti e modernisti. I riformisti in genere provenivano dai ranghi degli 'ulama' e miravano a un rinnovamento religioso che rimanesse nel solco della tradizione. Uno dei centri riformisti piu influenti fu il Collegio di Deoband, nell'India settentrio-
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naie, fondato nel 1867. I deobandi attaccavano il culto dei santi, molto diffuso nel paese, che presentava una commistione di forme devozionali islamiche e induiste, e adottavano una posizione modernista, sottolineando l'importanza della responsabilità individuale nell'osservanza della shari'a. Servendosi dei mezzi di comunicazione stampa, posta, ferrovie - i deobandi contribuirono in misura notevole alla formazione di una comunità musulmana indiana dotata di una forte coscienza collettiva. A differenza dei modernisti, cercarono però di limitare al massimo i rapporti con gli inglesi e con il loro governo. «Ammirare e apprezzare i costumi degli infedeli è un peccato grave», scrisse un influente 'alim di Deoband, Maulana Asraf 'Alì Thanawi. Nelle zone rurali, piu ardue da rvaggiungere, il loro lavoro fu appoggiato dalla Tablighi Gama'at, fondata nel 1927 da uno studente di Deoband, Maulana Mu]:lammad Ilyas (1885-1944). Il modernismo era la dottrina degli intellettuali e dei politici piu influenzati dalla cultura europea, convinti che, per riguadagnare il potere politico, i musultnani avrebbero dovuto impiegare le tecniche militari europee, modernizzare l'economia e gli apparati amministrativi e introdurre un sistema educativo piu aggiornato. Dal punto di vista religioso, sostenevano una reinterpretazione della fede in chiave contemporanea. L'attrazione dei modernisti verso l'Europa e le sue conquiste li portò ad adottare abiti e stili di vita occid_entali, allontanandoli cosi dalle classi piu conservatrici. E in questi circoli che in genere si formarono le femministe contrarie al velo e i leader dei movimenti nazionalisti. Tra le due tendenze non ci fu mai una contrapposizione netta: si unirono e si divisero a seconda delle circostanze. Esponenti di spicco di entrambe le correnti, come sir Sayyid A]:lmad Khan (1817-98) -che fondò nel 1875 il Collegio Anglo-Orientale (poi Università) di Aligarh, in India- e riformatori come Mu]:larnmad 'Abduh (18491906)- che ispirò il movimento salafiyya in Egitto-, vivevano di solito nei centri culturali del mondo musulmano piu esposti a influenze occidentali. Il loro problema
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non era, come sosteneva il protetto re di 'Abduh, lord Cromer (che di fatto governò l'Egitto tra il r883 e il 1907), l'impossibilità di riformare l'islam, ma piuttosto l' assenza di una gerarchia istituzionalizzata, come la Chiesa cattolica, in grado di farsi carico delle riforme teologiche e giuridiche. 'Ulama' riformisti, come 'Abduh e il suo discepolo - piu conserva tore - Rashid Ri<Ja (r865-19 35), non ebbero mai un'autor ità tale da imporre le proprie idee, e la maggior parte degli 'ulama' è rimasta tradizionalista fino ai giorni nostri.
La fine del califfato. L'n novembre 1914 il sultano e califfo ottoman o Mul;.ammad V (r. 1909-r8) proclamò il gihad contro Russia, Francia e Gran Bretagna, annunciando l'obbligo per tutti i musulmani, giovani o vecchi, a piedi o a cavallo, di appoggiare la lotta con ogni mezzo e con tutto il denaro che possedevano. La dichiarazione, che prese la forma di una fatwa, venne avallata dai capi religiosi in tutti i territori controlla ti dal sultano. Ma, al di fuori dell'impero, il suo effetto fu minimo. Nell'Asi a centrale russa, nel Nordafr ica francese e nell'Indi a britannic a, le autorità coloniali non ebbero alcuna difficoltà a trovare 'ulama' disposti a promuovere la causa alleata. La cosa piu preoccupante per il sultano-califfo fu il rifiuto dello sharif della Mecca, I:Iusayn, Guardiano dei Luoghi Sacri e suo feudatario, di sostenere pubblicamente il gihad. Era già stato avvicinato dagli inglesi, intenzio nati a scatenare una rivolta araba contro i turchi, che, in caso di successo, avrebbe garantito ai figli dello shari/ (Fay~al e Abdallah) i troni dell'Iraq e della Giordania, due stati controllati dagli inglesi. Gli arabi della Siria, della Mesopotamia, della Palestina e dell'I:Iigaz preferirono la libertà al governo « islamico », anche se per molti quella libertà comportava il rischio (che presto si sarebbe avverato) di una nuova dominazione coloniale da parte degli «infede-
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li». Allora come oggi, la solidarietà panislamica si dimo• . strò un'illusione. ne La capitolazione degli eserciti ottoman i nel I917-r8 fu la palese dimostrazione. Nel 1924 una nazione turca rivitalizzata, sotto la guida di Mustafa Kemal Atatiirk (r88 r1938), fece il passo decisivo di abolire il califfato, favorendo il precipitare della crisi di legittimità nel mondo islamico. Benché la decisione fosse ratificata dall'Assemblea Nazionale turca, e sostanzialmente anche dalle nazioni arabe appena liberatesi dalla dominazione ottoman a, fu preceduta da un'agitazione di massa dei musulmani dell'India, che protestav ano contro lo smembramento dell'impero ottoman o e contro la dissoluzione dell'ultim o legame tra uno stato islamico esistente e la formazione politica di ispirazione divina fondata dal Profeta.
Alla ricerca di uno Stato islamico. Il movimento per il califfato evidenziò le dramma tiche contradd izioni esistenti tra nazionalismo e tendenze panislamiche. In India rapprese ntò un punto di svolta per le aspirazioni anticolonialiste, dato che i musulmani, in precedenza soddisfa tti della politica estera britanni ca favorevole agli interessi ottoman i, si unirono in quell'occasione ai nazionalisti indu per opporsi al Raj. Si trattò però di una coalizione di breve durata, e l'impulso generato dal movimento portò, nel 1947, alla creazione di uno Stato islamico separato dall'Indi a, il Pakistan. Il movimento non provocò invece alcuna reazione nel mondo arabo, e soprattu tto in Turchia, dove il califfato era associato a un sistema politico ormai screditato; per i nazionalisti arabi si identific ava con l'odiata dominazione ottoman a. In un saggio estremam ente controverso apparso nel 1925- Al-islam wa-u~iil al-hukm (L'islam e i fondamenti del potere) -, l"alim e giudice egiziano 'Ali 'Abd al-Raziq (r888-r9 66) sostenev a che l'istituzi one del califfato non aveva alcuna base reale nell'islam. Il fatto che il Profeta avesse unito autorità spirituale e politica era sta-
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to puramente casuale; il califfato piu recente non era fondato su un vero consenso tra i musulmani, ma era stato imposto con la forza. RashYd Riçla, piu conservatore e già sostenitore del califfato ottomano, ne accettò la fine come sintomo del declino musulmano. Pur non essendo un partigiano del secolarismo, vide nella decisione dell'Assemblea Nazionale turca una genuina espressione del principio islamico della shura («consultazione»). Secondo Riçla, il califfo ideale sarebbe stato un mugtahid («interprete della legge») indipendente che operasse di concerto con gli 'ulamii'; ma, in assenza di un candidato adatto e di 'ulamii' versati nelle scienze moderne, l'alternativa migliore era rappresentata da uno stato islamico guidato da un'élite illuminata eletta dal popolo, in grado di interpretare la shari'a e di legiferare quando necessario. Nell'India del XIX secolo, il teorico modernista piu autorevole fu sir Sayyid Al).mad Khan (r8r7-98), fondatore del Collegio Maomettano Anglo-Orientale di Aligarh, dove, accanto ai tradizionali studi islamici si insegnavano anche, in inglese, le arti e le scienze moderne. Dopo aver lavorato per qualche tempo alla Compagnia delle Indie Orientali, Al).mad Khan si pose l'obiettivo di formare un'élite di musulmani colti in grado di competere con gli indu per gli impieghi nell'amministrazione indiana. A suo modo di vedere, la salvezza stava nella modernizzazione del pensiero e delle istituzioni islamiche. Studiando il linguaggio arabo del Corano ed esercitando l'igti[Jiid, A]:J.mad Khan stabilf una distinzione fondamentale tra i particolari della rivelazione lfuru '), che si riferivano aspecifiche circostanze storiche, e i principi fondamentali ( 'usul). Era convinto che le leggi di Dio rivelate nella sharl'a si identificassero con le leggi della natura, dato che la Causa Finale, o Dio Creatore, determina le relazioni causali che governano tutte le cose, materiali e immateriali. Quello che segue è un estratto da un documento, i Quindici Principi, che presentò agli 'ulamii' di Saharanpur nel r873 o 1874. Nel caso che un versetto del Glorioso Corano ci appaia in contraddizione con la verità o con la realtà, possono esserci due spiegazioni: o abbiamo compiuto un errore nell'interpretare il significato del versetto, oppure ci inganniamo sulla comprensione della
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La Fratellanza Musulmana. Molte idee di Riçla furono accolte dal piu influente dei movimenti riformisti sunniti, la Fratellanza Musulmana, fondata nel 1928 dall'insegnante egiziano I:Iasan al-Banna'. Gli intenti originari della Fratellanza erano sia morali sia politici: voleva riformare la società incoraggiando l' osservanza islamica e opponendosi all'influenza culturale dell'Occidente, invece di tentare di impadronirsi dello Stato con un'azione politica diretta. Ma con l'acuirsi della crisi in Palestina durante e dopo la seconda guerra mondiale, la Fratellanza si radicalizzò sempre piu. Nel 1948 il primo ministro NuqrashY Pashà fu assassinato da un membro della Fratellanza, e l'anno dopo I:Iasan al-Banna' cadde vittima della rappresaglia dei servizi segreti. verità e della realtà. Le parole degli studiosi o degli esegeti non possono essere ritenute autentiche se contraddicono questo (ovvero le parole del Glorioso Corano). In materia religiosa siamo tenuti a ubbidire alla sunna del Profeta e dell'islam, nelle questioni mondane abbiamo la possibilità di farlo. [ma non ne siamo obbligati]. Con la parola sunna intendo i precetti religiosi, e solo questo. Per quanto concerne i precetti esplicitamente rivelati in materia di religione (din), il carattere vincolante di tali precetti è certo. Ma in tutte le questioni che rimangono aperte all'esercizio del giudizio indipendente (igti[Jiid) e del ragionamento analogico (qiyiis), ogni precetto è discutibile. Tutti i precetti religiosi dell'islam sono conformi alla natura. Se cosf non fosse, si dovrebbero incolpare i ciechi perché non vedono e i vedenti perché vedono. Le azioni che ci sono state ordinate sono in sé buone e le azioni che ci sono state proibite sono in sé cattive. Il Profeta si è limitato a renderei nota la natura buona o cattiva delle nostre azioni, come un medico ci spiega se una medicina è utile o dannosa. C.W. Troll, Sayyd Abmad Khan: A Reinterpretation o/ Muslim Theology, Vikas Publishing House, New Delhi s.d.
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La Fratellanza fu protagonista dei disordini che portarono al rovesciamento della monarchia nel r 9 52, ma dopo la rivoluzione entrò in conflitto con il governo nazionalista di Gamal 'Abd al-Nasser (presidente dal 1954 al r97r). Nel 1954, in seguito a un tentativo di assassinare Nasser, l'organizzazione fu di nuovo soppressa, e i suoi membri furono arrestati o esiliati, oppure si diedero alla clandestinità. In questo periodo la Fratellanza si internazionalizzò, con la nascita di movimenti affiliati in Giordania, Siria, Sudan, Pakistan, Indonesia e Malaysia. Nell'Arabia Saudita guidata con fermezza dall' am'ir (piu tardi re) Fay~al ibn 'Abd al- 'Aziz, la Fratellanza trovò rifugio e sostegno politico ed economico, con fondi per i militanti egiziani in clandestinità e posti di lavoro per gli intellettuali in esilio.
La nuova gahiliyya. Sayyid Qutb, esponente radicale della Fratellanza, giustiziato nel 1966 con l'accusa di avere complottato per rovesciare il governo egiziano, si sarebbe rivelato il teorico islamista piu influente del mondo islamico. Alcune delle sue idee chiave derivano però direttamente dallo studioso e giornalista indiano Abu'l A'la Mawdudi, le cui opere furono tradotte in arabo negli anni Cinquanta. La teoria di Mawdudi che piu influenzò i movimenti politici islamici fu quella secondo cui la lotta per l'islam non doveva essere condotta in nome della restaurazione di un passato ideale, ma per un principio attuale e ben vivo: il governo vicario dell'uomo sotto la sovranità di Dio. Il gihad non doveva quindi essere inteso solo come guerra difensiva per la protezione del dar al-isliim, ma poteva essere proclamato contro i governi che impedivano la predicazione del vero islam, perché il mondo era ricaduto in una condizione di gahiliyya (1' «ignoranza» che aveva preceduto l'affermarsi dell'islam). Qutb incoraggiò i giovani musulmani a creare un'élite che combattesse la nuova gahiliyya come Maometto ave-
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va combattuto la vecchia. Al pari del Profeta e dei suoi compagni, questa élite doveva stabilire quando restare in contatto con la gahiliyya e quando distaccarsene. Le sue idee sono alla base dei programmi dei gruppi radicali islamici in tutto il mondo musulmano sunnita. In Egitto, Jra gli attivisti influenzati da Qutb e Mawdudi ci furono Sukri: Mu~tafa (1942-77) -già appartenente alla Fratellanza Musulmana e capo del gruppo Takfi:r wa Higra («Scomunica e allontanamento»)-, che seguiva l'esempio dei kharigiti nel definire kafir («infedeli») i peccatori gravi; Khalid Islambuli e 'Abd al-Salam Farrag, giustiziati nel r98r per l'assassinio del presidente Anwar Sadat; e lo shaykh Taqi al-Din al-Nabahani (r9ro-77) -fondatore dell'I:Iizb al-Tahrir («Partito di liberazione») e laureato ad al-Azhar -,i cui scritti contengono minuziose prescrizioni per la restaurazione del califfato.
Le conseguenze della rivoluzione iraniana. Mentre gli scritti di Qutb continuarono a cosituire un punto di riferimento per i radicali islamici dall'Algeria al Pakistan, un decisivo rilancio del movimento islamista venne dall'Iran, dove, nel febbraio 1979, l'ayatollah Khomeini sali al potere in seguito al crollo del regime dei P ahlavi. Negli ultimi due decenni del xx secolo la rivoluzione iraniana è stata la principale fonte di ispirazione per i radicali islamici di tutto il mondo. Tuttavia, nonostante questo richiamo universale, non è mai riuscita a estendersi oltre i confini delle comunità sciite, e anche tra queste la sua capacità di mobilitazione popolare è rimasta limitata. Durante gli otto anni di guerra che seguirono l'invasione irachena dell'Iran nel 1980, gli sciiti iracheni - circa la metà della popolazione del paese - non diedero alcun appoggio ai propri correligionari dell'Iran. L'impulso rivoluzionario si trasmise alle comunità sciite in Libano, Arabia Saudita, Bahrein, Afghanistan e Pakistan, ma anche in questi paesi non coinvolse quasi mai la fazione sunnita. Il nuovo attivismo sciita suscitò anzi conflitti tra le set-
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te, e talvolta provocò una violenta repressione governativa (come in Iraq e in Bahrein). In Iran il successo della rivoluzione dipese da tre fattori assenti nel mondo sunnita: la diffusione, nel corso degli anni Sett~nta, tra i giovani politicizzati delle città, di un miscuglio di spiritualità sciita e ideali marxisti; l' autonomia dell'establishment religioso sciita che, a differenza degli 'ulama' sunniti, disponeva di un considerevole ammontare di beni immobili e, di conseguenza, godeva di una forte autorità sociale; infine, le diffuse attese escatologiche del ritorno del dodicesimo imam. Il principale espon~nte sciita del pensiero rivoluzionario islamico fu 'Ali Sari'ati (19.3.3-77), storico e sociolego che studiò anche a Parigi. Benché privo di una regolare formazione religiosa, raggiunse un gran numero di giovani delle classi popolari attraverso le sue conferenze all'I:Iusayniya Irshad, un'accademia da lui fondata a Teheran. I suoi insegnamenti si basavano su un'ampia commistione di idee, in cui le speculazioni teosofiche di mistici come Ibn 'Arabi e Mulla Sadra si fondevano con le riflessioni di Marx, Sartre, C~mus e Fanon (di cui Sari'ati fu amico e traduttore in persiano). Il risultato era una sintesi eclettica di idee islamiche e progressiste. Dio era di fatto identificato con il popolo, e l'azione rivoluzionaria si giustificava in nome dell'islam. Apertamente critico verso i membrj del clero che non si ribellavano alla tirannia dello shah, Sari'ati distingueva tra la dottrina ufficiale della dinastia safavide (15011722), che aveva fatto dello sciismo la religione di Stato dell'Iran, e l'impegno «rivoluzionario» degli imam 'Ali e I:Iusayn, e di Abii Dharr al-Ghifari (un compagno del Profeta cuJ vengono spesso attribuiti ideali socialisti). Le teorie di Sari'ati, divulgate attraverso fotocopie e audiocassette, fornirono l'indispensabile connessione tra l' avanguardia studentesca e le forze piu conservatrici che abbatterono il regime dello shah. Queste ultime furono mobilitate dal sayyid Ruhallah Khomeini, emerso all'inizio degli anni Sessanta come il principale oppositore della «Rivoluzione bianca» dello shah Reza Pahlavi. Le rifor-
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me sociali e agricole dello shiih minacciavano gli interessi dell'establishment religioso, soprattutto perché i possedimenti immobiliari da cui molti degli 'ulama' ricavavano le proprie rendite erano espropriati e ridistribuiti. Esiliato a Najaf, in Iraq, Khomeini sviluppò la sua teoria del viliiyet efaq'ih («governo dei dottori della legge»), che rompeva radicalmente con la tradizione, affermando che il potere politico doveva essere gestito direttamente dalle autorità religiose.
Il richiamo dell' islamismo. Fuori dall'Iran, i fattori che contribuirono alla rivoluzione islamica continuano a sostenere i movimenti islamici, giustificando l'ininterrotta popolarità delle loro ideologie. La retorica della liberazione nazionale- di cui si sono appropriati i partiti unici andati al potere in molti paesi con la fine del colonialismo -ha perso credibilità da quando questi partiti non sono riusciti ad affrontare i piu grandi problemi economici e strutturali, cadendo sotto il controllo di consorterie tribali e cricche politiche indifferenti ai bisogni della maggioranza. In paesi come l'Egitto e l'Algeria, i buoni risultati ottenuti nel campo dell'istruzione gli si sono ritòrti contro i governi nel momento in cui i laureati delle università di Stato si sono scoperti privi di opportunità di carriera. Le moschee sono sempre state centri privilegiati di opposizione, e gli sforzi da parte delle autorità politiche di sottoporle al controllo statale si sono di solito rivelati infruttuosi. Le moschee non sono solo luoghi di culto, ma rappresentano anche un sistema di comunicazione che si mantiene, almeno in parte, indipendente dallo Stato. Inoltre, le nuove tecnologie permettono per la prima volta anche agli analfabeti di accedere al processo politico, minando l'autorità delle élite intellettuali, e soprattutto degli 'ulama'. L'antropologo statunitense Dale Eickelman collega la politicizzazione dell'islam all'istruzione di massa e al declino del prestigio degli 'ulama': «Un lungo ap-
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L' urbanizzazione e i suoi effetti.
12. Illogo dell'Ezbollah («Partito di Dio») libanese riflette il miscuglio di religione e stile propagandistico rivoluzionario caratteristico di molti movimenti islamici.
prendistato non è piu considerato dai giovani come un requisito indispensabile per l'acquisizione di una cultura religiosa. Sono ora per lo piu considerati competenti in materia di religione coloro che si pronunciano in favore di un forte impegno islamico, come fanno molti giovani colti nelle città. Liberata dalle forme tradizionali di apprendimento ed erudizione, spesso sottoposta al controllo dello Stato, la cultura religiosa è sempre piu intesa come attivismo politico».
Numerosi studi hanno dimostrato che la migrazione dalla campagna alla città si traduce spesso in un aumento della religiosità, dato che un'osservan za confessionale piu intensa e consapevole bilancia la perdita dei ritmi piu rilassati della vita di paese. Il sottoproleta riato di recente urbanizzazione è quindi particolarm ente sensibile ai messaggi dei predicatori populisti. Ma i movimenti islamisti si guadagnano rispetto e gratitudine anche fornendo una rete di assistenza sociale capace di colmare le lacune statali. Le restrizioni alla spesa pubblica imposte dal Fondo Monetario Internazion ale hanno esacerbato la carenza di alloggi e servizi, determinan do il parziale ritiro dello Stato, cui sono subentrate associazioni caritatevoli e organizzazioni assistenziali islamiche. Il volontariato ha trovato generose fonti di finanziamento in Arabia Saudita e nel Golfo. Il settore finanziario islamico, anche se danneggiato dalle consistenti perdite subite dagli investitori in Egitto, fornisce opportunità di impiego e di costruire reti clientelari, di mobilitazione politica e di ortodossia religiosa capaci di compensare la scomparsa dei legami comunitari del passato. Con la rapida urbanizzazi one e l'espansione dei quartieri degradati e delle bidonville, i vecchi sistemi clientelari hanno smesso di funzionare, dato che shaykh e notabili, boss locali e di partito si trovano ora separati dagli ex protetti. La vecchia retorica nazionalista - nasserista o baathista che fosse - è stata screditata. «È in questo vuoto di potere e di organizzazione -scrive Sami Zubaida- che i gruppi islamici sono arrivati a imporre la propria autorità e disciplina. Il loro modello non si basa sulla partecipazio ne popolare. Gli attivisti e i militanti mantengono le posizioni di potere, mentre la gente comune, cui forniscono alcuni servizi in cambio di modesti compensi, è oggetto di una riforma etica, è convertita all'ortodossia e mobilitata in campagne di sostegno politico».
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La dimensione internazionale. Pur essendo i movimenti islamisti generalmente legati a specifiche situazioni locali, nella loro formazione hanno avuto un certo peso anche i fattori internazionali. I veterani della guerra contro l'occupazione sovietica dell' Afghanistan hanno costituito il nucleo dei gruppi islamici armati e addestrati in Algeria, Yemen ed Egitto. Si ritiene che in Afghanistan, al culmine della guerra, ci fossero da diecimila a dodicimila mugahidin originari dei paesi arabi e finanziati dalle moschee e da contributi di privati provenienti dall'Arabia Saudita e dagli Stati del Golfo. Sembra, tra l'altro, che molti di loro siano stati addestrati dalla Cia. L'influenza saudita agisce anche sul piano religioso e ideologico. Molti degli islamisti attivi in Egitto e in Algeria hanno trascorso qualche tempo in Arabia Saudita come insegnanti o esuli, e si sono convertiti alla versione rigorosa e puritana dell'islam praticata in quel paese. Cosi, il leader del Fronte Islamico di Salvezza in Algeria, 'Ali Benhagg (n. 1956), invece di seguire. la local_e scuola giuridica malikita - che concede un amp1o margine di libertà interpretativa «nell'interesse pubblico»- ha cercato di imporre ai capi del Fis i rigidi dogmi della scuola hanbalita, prevalente in Arabia Saudita. Ovunque le politiche di islamizzazione- imposte «dall'alto» dai governi o applicate localmente «dal basso»hanno condotto a limitazioni dei diritti delle donne e delle minoranze religiose, mentre le interpretazioni tradizionaliste hanno sostituito quelle moderniste. La tendenza ad articolare i discorsi politici in termini islamici ha trovato sostegno negli immigrati di recente urbanizzazione, la cui formazione religiosa risale in genere a un ambiente rurale e si deve a mulltih o 'ulama' ben poco aperti alle idee riformiste. Di conseguenza, il modernismo - che costituiva un elemento importante nell'ideologia di 'Abduh, Qutb, al-Banna' e anche (seppure in grado minor~) di Mawdudi - tende a svanire di fronte al conservatorismo delle masse urbane mobilitate negli ultimi tempi. Ma ciò
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non si è verificato dappertutto. In Asia centrale, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, la popolazione ha per lo piu rifiutato l'alternativa islamista, nonostante la rinascita dell'attività islamica tra i giovani e la ripresa dell'educazione religiosa nelle scuole e nelle università. Se il ritorno delle vecchie nomenclature comuniste sotto nuove etichette nazionaliste va in parte attribuito a manovre politiche russe, è anche chiaro che in società completamente alfabetizzate il consenso verso forme di governo islamiche è sostanzialmente assente.
Il problema della modernizzazione. Come ha fatto notare Olivier Roy, nel cuore del mondo musulmano la modernizzazione è già avvenuta, ma non è stata elaborata in un quadro concettuale riconosciuto e accettato. Il rinnovamento si è manifestato «attraverso esodo rurale, emigrazione, sradicamento, cambiamento delle abitudini familiari (e diminuzione del tasso di natalità), ma anche attraverso cinema, musica, abbigliamento e antenne satellitari, cioè attraverso la globalizzazione della cultura». La confusione che ne è derivata ha influito soprattutto sulle donne, un tempo la metà protetta e simbolicamente «invisibile» delle società musulmane tradizionali. Come in molte altre parti del mondo, l'economia globale sta spezzando le vecchie st~utture familiari allargate, rendendo sempre piu necessario per le donne guadagnare denaro, aumentare i propri introiti e vedere riconosciuti i propri sforzi. Considerazioni di questo tipo valgono anche per quanto riguarda la questione delle sette. Nel contesto della modernità, le rivalità etniche o settarie che in passato si manifestavano attraverso una violenza spicciola o in modo ritualizzato, acquistano una dimensione omicida. In marcato contrasto con i loro predecessori, i governi musulmani moderni hanno cercato di imporre l'uniformità religiosa e ideologica a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro formazione. In paesi con tradizioni musulmane diverse- tra
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La tirannia del materialismo sulle terre dell' islam. Gli eutopei hanno lavorato alacremente per far si che questa ondata di materialismo, con i suoi tratti corruttori e i suoi germi velenosi, sommergesse tutte le terre musulmane su cui avevano allungato le mani. Un triste destino ha colto coloro che sono sottoposti alla loro dominazione, bramosa di impadronirsi, attraverso la scienza, il sapere, la tecnica e l'organizzazione, di ogni elemento di potere e di prosperità, privandone le nazioni islamiche. Si sono preparati magistralmente a questa aggressione sociale, esercitando l'acume politico e la superiorità militare fino a raggiungere gli obiettivi che si erano prefissi. Hanno raggirato i leader musulmani, concedendo loro prestiti e coinvolgendoli in speculazioni finanziarie, aprendo cosi la strada ai propri interessi economici, e hanno inondato i paesi con i loro capitali, le loro banche e le loro aziende, si sono impadroniti a loro piacimento delle leve dell'economia e hanno accumulato, a scapito degli abitanti, enormi profitti e immense ricchezze. In seguito, sono riusciti ad alterare i principi fondamentali del governo, della giustizia e dell' educazione, e a impregnare delle loro caratteristiche peculiari anche i sistemi politici, giuridici e culturali dei piu potenti paesi musulmani. Hanno importato in queste regioni le loro donne seminude, e poi i loro liquori, i loro teatri, le loro sale da ballo, i loro divertimenti, le loro storie, i loro giornali, i loro romanzi, i loro capricci, i loro stupidi giochi e i loro vizi. Vi hanno consentito crimini che nei loro paesi non erano tollerati, e hanno fatto bella mostra di questo mondo frivolo e stridulo, trasudante peccato e olezzante vizio, agli occhi delusi e ingenui dei musulmani ricchi e prestigiosi, e di quelli nobili e potenti. E, come se tutto ciò non bastasse, hanno fondato scuole e istituzioni scientifiche e culturali nel cuore stesso del territorio dell'islam, seminando il dubbio e l'eresia negli animi dei suoi figli e insegnando loro a umiliarsi, a disprezzare la propria religione e la propria patria, ad abbandonare le proprie tradizioni e le proprie credenze, e a considerare sacro tutto ciò che è occidentale, inculcando in loro la convinzione che solo ciò che viene dall'Europa possa essere un modello da emulare in questa vita. Queste scuole hanno accettato solo i figli delle classi superiori, e sono divenute un'area loro riservata. E di li a poco sono stati questi figli dei ricchi e dei potenti ad avere in pugno le sorti di queste nazioni e di questi popoli. l;Iasan al-Banna', Majmu' at rasai!, in Five Tracts of l;iasan
al-Bannii': a Selection /rom majmu 'at rasai! al-imiim al-shahfd Hasan al Banna, University of California Press, Berkeley (California) I979, pp. 27-28.
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cui Turchia e Pakistan - ne è risultato un significativo inasprimento dei conflitti tra le sette. La legittimità dei governi saliti al potere con la fine della colonizzazione è stata spesso messa in discussione dagli islamisti. I nuovi Stati nazionali, infatti, sono stati imposti a società con una scarsa cultura delle istituzioni pubbliche, in cui i legami di parentela prevalevano ancora sul senso civico. Nella maggior parte dei paesi del Medioriente, e anche in molti altri ai margini del mondo musulmano, i governi sono stati manipolati da fazioni basate su alleanze parentali, regionali o settarie. E anche quando a prendere il potere è stato l'esercito -l'unica istituzione collettiva dotata di una reale coesione-, i corpi d'élite, che hanno monopolizzato i posti di comando, provenivano spesso da una particolare famiglia, setta o tribu. Con la fine della colonizzazione, i nuovi gruppi dirigenti hanno cercato di legittimarsi adottando parole d'ordine nazionaliste. Ma la loro incapacità di mantenere le promesse, sia economiche sia militari (specialmente negli Stati che si sono opposti senza successo a Israele e in Pakistan, dove i tentativi di strappare all'India una parte del Kashmir sono sempre falliti), ha determinato un'erosione del consenso popolare e l'affermazione di movimenti impegnati a «restaurare», dopo anni di gahiliyya, forme di governo islamiche.
Il fallimento dell' islamismo. Con il crollo del comunismo, è possibile che nel prossimo futuro sia l'islamismo a dominare il dibattito politico nei paesi musulmani. Ma, nonostante tutte le preoccupazioni per un imminente «scontro tra civiltà», sembra difficile che si verifichino significativi cambiamenti politici. Secondo le previsioni di Roy, in concreto l'islamizzazione non porterà a uno scontro con l'Occidente, ma piuttosto a un ritiro dei fedeli nelle moschee e nella sfera familiare. Poiché la shari'a tutela innanzitutto la famiglia -l'unica istituzione cui garantisca una reale autonomia-, è probabile che la cultura dei musulmani diventi sempre
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Una società veramente islamica non è una società in cui le persone si definiscono «musulmane» - e magari praticano anche la preghiera, il digiuno e il pellegrinaggio-, ma non applicano la legge islamica. E non è neanche una società in cui le persone seguono una propria versione dell'islam, contraria a ciò che ci è stato prescritto e spiegato da Allah e dal Suo Inviato - che la pace sia con lui -, e la chiamano, per esempio, «islam progressista». La società jahili si manifesta in varie forme, ma sempre a dispetto della Regola Divina. Come dare inizio alla rinascita dell'islam? Deve formarsi un'avanguardia che si ponga questo obiettivo e lo persegua con determinazione, marciando attraverso il vasto oceano dellagahiliyya, che ricopre il mondo intero. Lungo il suo cammino, questa avanguardia dovrà anche mantenersi in contatto con l'annipresente gahiliyya, pur prendendone le distanze. I musulmani dell'avanguardia devono conoscere i segnali e le pietre miliari che costeggiano la loro strada, in modo da comprendere qual è il loro punto di partenza e quali sono la natura, la responsabilità e lo scopo ultimo di questo lungo viaggio. Devono inoltre essere pienamente consapevoli della posizione che occupano rispetto alla gahiliyya, che ha conquistato tutta la terra. Devono sapere quando cooperare con gli altri e quando distaccarsene; quali caratteristiche e qualità coltivare, e quali sono le caratteristiche e le qualità della gahiliyya che li circonda; come rivolgersi alla gente della gahiliyya nel linguaggio dell'islam; quali argomenti e problemi discutere con loro; e dove e come ricevere le indicazioni di cui hanno bisogno [... ] Ho scritto Ma 'alim fi' l tariq per questa avanguardia, che considero una realtà potenziale in procinto di concretizzarsi. S. Qutb, Ma'alimfi 'l tariq (Pietre miliari), American Trust Publications, Indianapolis s. d., p. 9·
piu passiva, rinchiusa nel privato e orientata verso il consumo. Le nuove tecnologie stanno infatti inv€ldendo lo spazio un tempo sacro della casa musulmana. E impossibile censurare le antenne satellitari, i video, i fax, le e-mail o l'accesso a Internet, se non in ristrette aree molto urbanizzate. Oggi gli Stati musulmani sono strettamente legati al sistema internazionale. Nonostante i massacri in Algeria e gli episodi di terrorismo in Egitto, negli ultimi trent' an-
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ni in Medioriente si sono verificati meno cambiamenti violenti di governo che nei due decenni precedenti, quando diverse varianti del nazionalismo arabo si disputavano il potere. Inoltre, l'instabilità politica del Pakistan e l'ininterrotta guerra civile in Afghanistan indicano che l'islam, nelle sue attuali forme politiche e ideologiche, non è in grado di trascendere le divisioni etniche e di setta. Anche se non è mai stata sacralizzata dalla tradizione islamica, la forma dello Stato territoriale si sta dimostrando molto resistente, soprattutto per via dell'aiuto economico e militare che riceve dalla comunità internazionale . Nonostante l'opinione dei movimenti islamisti, secondo cui l'invasione del Kuwait, nell'agosto 1990, era una «questione musulmana», il risultato dell'operazione «Desert Storm» (in cui gli eserciti musulmani di Egitto, Pakistan, Siria e Arabia Saudita si schierarono a fianco di quelli di Stati Uniti e Gran Bretagna) ha inequivocabilmente dimostrato che, laddove sono in gioco grossi interessi politici ed economici, lo status quo finisce con l'avere la meglio.
Prospettive future. A lungo termine, la globalizzazione della cultura favorita dalla rivoluzione nella tecnologia delle comunicazioni dovrebbe portare a una secolarizzazione delle società musulmane, soprattutto in conseguenza della sempre piu ampia possibilità di scelta tra diverse opzioni culturali e religiose. Un fattore significativo sarà la presenza di un crescente numero di musulmani educati in Occidente che riscopriranno l'islam come fede scelta volontariamen te e non imposta da uno Stato, e che saranno portati a esprimere i valori islamici attraverso attività di volontariato. La comunità ismailita dei khoja guidata dall'Aga Khan costituisce un esempio notevole di come l'interesse dell'islam per l'assistenza pubblica e la giustizia sociale possa essere incanalato nell'antica struttura dell'imamato, sulla base di un'interpretaz ione esoterica in cui i due f)had, quello degli attivisti e quello dei quietisti, coesistono in
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una combinazione dinamica e ricca di energia creativa. Benché le correnti politiche dell'islam esoterico appaiano in ascesa, è nelle tradizioni pietiste e mistiche che si trova la promessa per il futuro. Sia Mawdudi sia al-Banna' hanno incorporato nei propri sistemi il pietismo, ritenendo che, prima di conquistare lo Stato, si dovesse convertire la società. Ossessionati dalla corruzione dei governi ed esacerbati dal terribile trattamento riservato a molti di loro dalla polizia, i militanti e gli attivisti che si sono ispirati alloro pensiero hanno invece spesso privilegiato l' azione violenta (anche perché, in una società dominata dai media, omicidi e attentati attirano facilmente l'attenzione); tuttavia sembra evidente che le versioni quietiste dell'isliimJ>tanno rapidamente guadagnando terreno. LaTablighi Gama'at, nata in India, si è diffusa in un centinaio di paesi, dalla Malaysia al Canada, fino a una completa internazionalizzazione. Pur essendo attiva nel promuovere la fede, è dichiarataJ:t~.ente apolitica. Anche nei paesi musulmani la Tablighi Gama'at rifiuta l'idea che la vita politica debba svolgersi secondo i principi dell'islam. Inolt.re è chiaro che, almeno nell'ambito della diaspora, la Gama'at al-Islami, in precedenza militante, si sta allontanando dalla linea dura sostenuta in passato per impegnarsi invece nelle conversioni tra gli occidentali. Con il progressivo erodersi della distinzione tra dar al-isliim e dar al-barb provocato dalla globalizzazione, i decenni a venire vedranno probabilmente l'abbandono dell'azione politica diretta e un rinnovato accento sugli aspetti personali e privati della fede. Nonostante gli sforzi da parte dell'islam politico di conquistare lo Stato sulla base di una nuova ideologia collettivista costruita sulle macerie del marxismo, il processo delle trasformazioni storiche e tecnologiche punta implacabilmente verso un crescente individualismo e una maggiore libertà di scelta, principali agenti della secolarizzazione. Mentre conflitti regionali come quelli in Palestina o in Kashmir, o una lotta per il potere come quella in corso in Algeria, possono continuare a essere articolati in termini islamisti, ogni valutazione realistica delle prospetti-
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ve a lungo termine del mondo musulmano non può prescindere dall'inevitabilità della modernizzazione, che diventa sempre piu globale e non si fonda necessariamente sull'egemonia culturale dell'Occidente. L'illuminismo si è dimostrato una conquista irreversibile, e tutti accolgono volentieri i benefici materiali che ha comportato. Non è affatto semplice districare dò che è universalmente «moderno» da ciò che è peculiare di ogni tradizione culturale, islam!ca, cristiana, induista, buddhista o confuciana che sia. E questo il problema che si pongono intellettuali musulmani progressisti come Muhammad Arkoun e Hasan Hanafi. È mia convinzione che, nonostante le differenze storiche nelle relazioni tra Stato e società civile, il mondo musulmano si svilupperà sulla falsariga dell'Occidente postcristiano. A dispetto di quanti affermano il còntrario, la fede verrà interiorizzata, e diverrà una questione privata, frutto di una libera scelta. In un'era in cui gli individui sentono sempre meno i vincoli di parentela e sono sempre piu esposti all'anonimato urbano, le anime musulmane troveranno il sentiero interiore tracciato dal sufismo piu gratificante della via della politica rivoluzionaria. Purtroppo, però, lungo questo percorso, sarà versato altro sangue.
APPENDICE
Appendice I cinque pilastri dell'islàm
I doveri religiosi fondamentali dei musulmani sono noti come i «cinque pilastri». r. Sahada: professione di fede secondo la formula «Non c'è altro dio all'infuori di Dio e Maometto è il suo Profeta». A queste parole gli sciiti aggiungono: «E 'Ali è il suo Amico».
2. Salat: adorazione. Talvolta tradotta con «preghiera», la ~alat consiste in una prostrazione rituale in cui la precisione dei movimenti è importante quanto l'esercizio spirituale che li accompagna. I musulmani sunniti devono compiere la ~alat cinque volte al giorno: all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e la sera. Chi prega deve essere in una condizione di purezza rituale, ottenuta mediante un'abluzione maggiore o minore, a seconda del grado di impurità provocato da secrezioni corporee, rapporti sessuali, contatto con animali e cosi via. La ~alat può essere compiuta in qualsiasi luogo, purché l' orante si rivolga verso la qibla (in direzione della Ka'ba della Mecca). La preghiera collettiva si svolge ogni venerdi a mezzogiorno e raduna tutti i membri maschi della comunità. In genere maschi e femmine sono separati, e le donne pregano dietro gli uomini, in un'area della moschea nascosta alla vista. Di norma un imam conduce la preghiera e pronuncia un'omelia. In Iran, sotto il governo islamico, i sermoni del venerdi, tenuti da ca-
pi religiosi che sono anche protagonisti della vita politica, sono spesso occasione di importanti dichiaràzioni politiche. 3. Zakiit: elemosina, carità obbligatoria. Si tratta di una tassa che deve essere pagata una volta all'anno da tutti i musulmani adulti ed è fissata al due e mezzo per cento dei capitali superiori a un minimo denominato nisab. Per esempio, il nisab per il bestiame consiste in cinque cammelli, trenta mucche (inclusi buoi e bufali), o quaranta pecore o capre. La zakiit va pagata su depositi bancari, metalli preziosi, mercanzie (ma non beni personali come automobili, abiti, case e gioielli), bestiame e prodotti agricoli. N e sono beneficiari i poveri e i bisognosi. In passato la zakiit era raccolta dai governi musulmani e poi ridistribuita secondo meccanismi prestabiliti; oggi la decisione di darla o non darla è lasciata alla coscienza dei fedeli.
4· Sawm: digiuno nel mese di rama4iin. Il digiuno ha luogo durante le ore diurne del mese sacro di rama4an, il nono del calendario lunare, e consiste nell'astensione da cibo, bevande, fumo e rappporti sessuali dall'alba al tramonto. In paesi musulmani come l'Egitto, l'interruzione del digiuno àl crepuscolo è occasione di celebrazioni, con tavole apparecchiate per le strade e feste che si prolungano nel corso della notte. In genere, anche prima dell'alba viene consumato un pasto. Il mese di rama4iin è tradizionàlmente occasione di riunioni familiari e meditazioni religiose. È considerato particolarmente meritorio recitare l'intero Corano durante il mese sacro. Secondo la tradizione, il Corano «scese» il27 rama4iin, la «Notte del Destino». 5· lfagg: pellegrinaggio alla Mecca. Questo obbligo religioso intenso e impegnativo deve essere adempiuto da ogni musulmano adulto àlmeno una volta nella vita. Il baM (pellegrinaggio annuàle) ha luogo negli ultimi die-
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Le sottigliezze del digiuno.
APPENDICE
I benefici della fame.
Quelle che seguono sono le istruzioni sull'osservanza del digiuno di Mu1;tyi al-Din al-Nawawi (m. 1277), unfaqzh di scuola shafi'ita.
Il celebre manuale di al-Ghazali, Ipyii 'uliim al-dzn (Vivificazione delle scienze religiose), offre una visione meno legalistica del digiuno, sottolineandone le virtu spirituali e sociali.
Il digiuno del rama#n è obbligatorio a partire dalla fine del trentesimo giorno del mese precedente, sha'ban, quando appare la luna nuova del rama#n. L'apparizione della luna deve essere accertata da uno o, secondo alcuni, due testimoni degni di fede. Per essere creduto, un testimone deve avere la caratteristica della veridicità, e non deve quindi essere né uno schiavo né una donna. [... ] Durante il digiuno è assolutamente vietato il coito e non si deve vomitare [... ] o introdurre una qualsiasi sostanza all'interno del corpo. Alcuni pongono la condizione che ci sia nel corpo la possibilità di assorbire il cibo o la medicina introdotta. Non importa che l'«interno» sia nella testa, nel ventre, nell'intestino o nella vescica; durante il digiuno è vietata l'introduzione di sostanze in tutte le parti del corpo, sia per inalazione sia per ingerimento, sia per iniezione sia per incisione del ventre o della testa. Secondo i piu, è vietato anche introdurre gocce nel naso o nell'uretra. Perché ci sia introduzione di una sostanza è però necessario un passaggio aperto, quindi non contano gli oli assorbiti dai pori della pelle o il khol, anche quando dopo averlo usato se ne sente il gusto in gola. Per introduzione di sostanze si intende quella intenzionale, non se per caso entra nel corpo una mosca, un moscerino, un granello di polvere o, un chicco di grano, o se inavvertitamente si deglutisce la saliva. E però vietato riportare in bocca la saliva che ne è uscita o mordicchiare un bastoncino e poi rimetterlo in bocca ancora bagnato, oppure mandare giu saliva mescolata con una sostanza estranea o della sporcizia.
·La fame ha dieci benefici. Il primo è la purificazione del cuore, la rivelazione dell'indole naturale e l'affinamento dell'intuito. Poiché la sazietà provoca ottundimento e cecità del cuore, e produce nel cervello vapori che inducono una sorta di ubriachezza, tale che le fonti del pensiero si inaridiscono e il cuore fatica a ragionare e a percepire le cose con rapidità. [... ] Il secondo beneficio è la dolcezza e la pÌlrezza del cuore, attraverso cui ci si dispone alle delizie del discorso interiore con Dio e del Sùo ricordo. [... ] Il terzo beneficio risiede nella mortificazione e nell'umiliazione, e nella rinuncia all'euforia, alla gioia e all'esuberanza, che contengono il principio della ribellione e della negligenza verso Dio (che sempre sia lodato). Poiché niente come la fame mortifica e umilia l'anima e induce alla serena fede nel Signore e al timore di Lui, e a prendere coscienza dell'impotenza e dell'avvilimento dell'anima, indebolita e bramosa del boccone di pane che le è negato, tanto che il mondo intero appare oscuro a un uomo che non può bere l'acqua che desidera. [... ] Il quarto beneficio è il continuo pensiero delle tribolazioni e dei tormenti inflitti da Dio, e di coloro che ne sono colpiti, poiché l'uomo sazio tende a dimenticare coloro che sono affamati, e la fame stessa. [... ] Il quinto e piu grande beneficio sta nella sconfitta dei propri desideri peccaminosi e nel dominio delle tendenze dell'anima verso il male. Poiché ogni peccato deriva da un desiderio e da una forza, che a loro volta necessitano di cibo. Mangiando meno, i desideri e le forze si infiacchiscono. [... ]Questo non è un semplice beneficio, è piuttosto la miniera di ogni beneficio, e per questo è stato detto che «la fame è una delle miniere di Dio».
ci giorni del mese di dhu 1-biM,a, il dodicesimo del calendario lunare, e raggiunge il suo culmine con la 'id alaqha («festa del sacrificio»), celebrata in tutto il mondo musulmano in ricordo del sacrificio di Abramo con l'uccisione di una pecora, una capra, una mucca o un cammello appositamente allevati. La 'umra («visita», o pellegrinaggio minore) può invece essere intrapresa in qualsiasi momento dell'anno. In passato accadeva che i musulmani provenienti da molto lontano dedicassero al baM, la parte migliore del-
la loro vita, attraversando l'Asia o l'Africa fino a raggiungere la Città Santa. Al ritorno si fregiavano del titolo onorifico di baM,z: colui che ha compiuto il pellegrinaggio. Oggi il viaggio è facilitato da collegamenti aerei a prezzo contenuto, e ogni anno circa due milioni di pellegrini (la metà provenienti dall'estero) compiono il baM,. Il loro numero è regolato da un sistema di quote stabilito dalle autorità saudite, custodi dei luo-
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ghi sacri, di concerto con i governi dei paesi musulmani. I faticosi riti (spesso eseguiti nella calura dell'estate araba) comprendono: il tawiif(giro intorno alla Ka'ba), il sa y (corsa avanti e indietro per sette volte tra le colline $afa e Marwa), il wuqiif (sosta in piedi nella valle di 'Arafat, a qualche chilometro dalla Mecca), la i/ii4ah («corsa vertiginosa» attraverso la stretta gola di Muzdalifa), la «lapidazione» di tre pilastri che rappresentano il diavolo, e, infine, il sacrificio di un animale a Mina (un tempo eseguito all'esterno, oggi in mattatoi igienicamente controllati, dove i pellegrini acquistano il «certificato della pecora» per la carne che sarà congelata e poi distribuita a famiglie povere in vari paesi musulmani). Negli ultimi anni alcuni pellegrini iraniani hanno approfittato del baMper fare dichiarazioni politiche contro Israele e l'Occidente (e quindi anche contro la dinastia saudita filo-occidentale), con gran fastidio delle autorità e della maggior parte dei pellegrini, che considerano il /;Jagg una celebrazione puramente religiosa. Nell'agosto 1987 i sauditi riferirono che quattrocentodue persone, tra cui duecentosettantacinque iraniani, erano rimaste uccise nei disordini provocati da una manifestazione politica. Nel 1990, piu di mille e cento pellegrini, in gran parte turchi e indonesiani, morirono in seguito al crollo di un ponte pedonale. Nel 1997 molte centinaia di pellegrini, soprattutto indiani e pakistani, arsero vivi in un incendio divampato al campo di Mina.
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Indice analitico
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Ahmed, Leila, I I I . 'A'isa, moglie di Maometto, 35, 41, 52, II2, II3. alawiti, 56. alcolici, 5, 79, 8o, I Io. Algeria, 3, 7, 83, I22, I29, I3I, I34, I40. ~. califfo, I6, 35, 53, 55, 56, !30. Aligarh, I 23.
'alim, vedi 'ulama'. Allah, vedi Dio. amfr, II. amputazione, I 3, I I I. angeli, 28,30,45,48. an~ar, 38. antisemitismo, 8. 'Aqaba, 40. arabi, 8, I4, I5, I7, 3I-32, 38, 4I, 43,50,77,85, II3, I24, I25, I34· Arabia Saudita, 93, II4, 128, I29, I33, I34, I39, 145, I46. 'Arafat, valle, 33, I46. Arca dell'Alleanza, 5 I. Arkoun, Muiammad, 48, I4I. al-As'ari, abii'l I:Iasan, 59· as'ariti, 6r. ascetismo, IOI, II9. Asia, 9I, u5, II9, I45: -centrale, 56, 58, 63, I2o, I24, I35· associazionismo, vedi sirk. 'asiira, 57.
I
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ISLAM
Cam\ls, Albert, 130. Canada, 140. Cantwell-Smith, Wilfred, 24. castità, 97. cattolicesimo, 57. celibato, ror. Chirag 'Ali, 43· cibi, 48. Cina, 56, 122. cinque pilastri dell'islàm, 142-46. circoncisione, n. clero: Baath, partito, 104. - cristiano, 82; babi, 56. - iraniano, 72; Badawi, Leila, 95· - sciita, 68-70. Badr, battaglia, 38, 39· colonialismo, 12, 104, 124. Baghdad,64, ro6, rr9. compagni del Profeta, 43, n, 79, baha'ismo, 57· II2, 120, 129, 130. Bahrein, 129. al-Bannà',I;Iasan,64, 127,134,140. comunismo, 5, r8, 142. concubinaggio, 93· Banii Nadir, tribU, 37, 39· confraternite, 20, 121-22. Banii Qainuqa', tribu, 37, 39· consenso, 74, 77· Banii Qurayza, tribU, 37, 39· conservatorismo, 6r, 62, 72. barba, ro2. conversione, 58, II5-r6. Barelwi, Ahmad, 122. Corano, 5, 6, 9, 15, r6, 23-49, Ba~ra, 63. 50, 58-63, 68, 69, 73, n, 79bafin, 62. 9r, IOI, 107, III, 143· Battaglia del Fossato, 39· coreisciti, 33, 35, 36, 38, 39, 58. bazar, 83. corruzione, 88, 91, 122, 140. beduini, 33, 37, 38, 39, II5. Costantinopoli, r I7. bektashi, confraternita, r 2 r.' creazione, 6o, 6r. Beli, Richard, 34· crimine 92, 99: bene, 43, 84, II9. -contro le donne, 105. Benhàgg, 'Ali, 83, 134. cristianesimo, 5, ro, 23, 28, 31, Bibbia, 32. 37, 50, 52, 63, IOI, II6, 120, bilii kaifa, 6o, 6r. 12!. Bilàl, compagno di Maometto, 36. Cristo, vedi Gesu Cristo. bizantini, 40, 52. Crociate, 4, 55· bohra mustaliti, 56. Cromer, Lord, 124. Bosnia, 3, 5, 6. Crone, Patricia, r 7. Bouhdiba, Abdelwahab, ror. culto, 32, 104, II6, 123:; buddhismo, 45, 82. - della fertilità, 3 2; al-Bu)Jàri, 42, 43, 97, roo, 102. libertà di -, 109. Buràq, animale mitico, 35·
ateismo, 5, r8. Averroè, vedi Ibn Rusd. Avicenna, vedi Ibn Sinà. Aws, 38. ayiit, 29. ayatolliih, 70, 82. Ayyubi $alal:,l al-Din, 55· Azerbaigian, 55. al-Azhar, II, 129. al-Azraqi, 40.
cador, 107, ro8. Cairo, Il, II, 104, II9. califfato, r6, 17, 24, 55, 55, 6o, 65, 124-26.
dar al-barb e dar al-isliim, r 3, r 4, I IO, II6-r8, 128, 140. Davide, profeta e re, r6. dee, 35, ror.
INDICE ANALITICO
democrazia, 7, 8. «Desert Storm», 139. dhu'l-higga, mese, 144. diavolo, q6. digiuno, 8, r8, 20, 143. Dio,4,6,9-Ir , 13-I5,22,24, 26, 27, 29·30, 35·36, 38, 42, 45, 46, 47"49, 58-62, 64-68, 7375, 77, 79, 8r, 85-88, roo, IOI, 104, 108, II2, II6, 119, !26, 130, 145· Dipanegara, principe, 122. diritto commerciale, 85. diritto di famiglia, 75, 86, 88; donne e-, 90-1I4. diritto penale, 13, 74, 85. dittatura, 7, 8. divorzio, 75, 98, ro2, rro, r 13. donne,5, 15, r8,58,9o-rr4, I34· drusi, 56. duodecimani, 55, 57, 99· ebraismo, ro, n, 28, 31, 37-39, 51-52, 79, 82-83, 98, rr6. Egitto, 6, 7, 19, 31, 55, 83, ro4, 120, !22, 123,124,127 ,128, I3I, I33> 134, !38, 139· Eickelman, Dale, 131. emigrati, 38, 39· eresia, 19, 48, rr6. etnia, 5, 104, 107, 135, I39· Eufrate, 53· Europa,5,56 , 107, rr6, 123. Fadak, oasi, 40. ibn 'Abd al-'Aziz, re dell'Arabia Saudita, 128. Fanon, Franz, 130. faqih, 8r, 82. Farrag 'Abd al-Salàm, 129. al-Fàrsi, Salmàn, 39· fatiba, 24-26. Fàtima (figlia di Maometto), 33, 55· fatimide, dinastia, 55· fatwa, r 15, 124. Fay~àl, re dell'Iraq, 124. femminismo, 93, r r r-14, ì23. Fay~al
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feto dormiente, 95· fez, 107. fiqh, 74, 8r-83. fitna, 91, II2. fondamentalismo, 5, 6, 8, 22. Fondo Monetario Internazionale, 133· Francia, ro8, 124. Fratellanza Musulmana, 64, 107, 127, 129, 129. Fronte Islamico di Salvezza, I34· fustigazione, 88. Gabriele, angelo, 28, 34, 37· Ga'far al-$àdiq, imiim, 54, 78. gahiliyya, 99, r37; nuova-, 126-29. v Qama'at al-Islami, 140. Gà5I1I, 47· al-Gawhar, 55· Gerusalemme, 39, 51, 55· Gesu Cristo, 23, 26, 29, 40, 44, 47,49,50,57 , roo, 102,117. al-Ghazàli, Abii Hamid, 64. al-Ghifàri, Abu Dharr, compagno del Profeta, 130. Ghulàm A}:lmad, 48. Giava, r6, 122. gihiid, 8r, II5-4r. Gilsenan, Michael, 9 r. Giordania, 7, 128. Giorno del Giudizio, 46, 92, ro3. giudaismo, vedi ebraismo. Giuseppe, profeta, 26. giustizia sociale, 8, 15, 53, rr2, 139· globalizzazione, 135, 140, 141. gnosi, 63, 68. Goldziher, Ignaz, 43· Golfo Persico, 54, 55, 133, I34· Gran Bretagna, 124, 125, 139. gravidanza, 95, 98. Grenoble, ro8. guerra, II 5. badùh,25,30 ,32,35,36,38 ,4o48, 74, 76, 77, 83, 103, 104, III, 113, II8, !20.
ISLÀM
bagg,
20,32,33.40, 143,146. al-I;Iaggag, Muslim ibn, 43· al-I;Iakim, califfo, 56. al-I;Iallag, I;Iusayn ibn Mansii.r, 65. Halliday, Fred, 4· bammiim, 95· Hanafi, I;Iasan, 141. l;anafita, scuola giuridica, 58, 78, 82. l;anbalita, scuola giuridica, 78, 82, 134· bariim, 85, 90. harim, 91. I;Iasan, 53, 54, 71. I;Iasan, nipote di Maometto, 53, 54, 57· heqqes, 79· bigiib,9o, 107,108. I;Iigaz, 124. higra, 37, 40. Hinds, Martin, 17. Hira, monte, 34· I;Iizb al-Tal;rir, partito, 129. Hodgson, Marshall, 14, 15. pogat al-islam, 70, 82. Hud, profeta, 26. budiid, 13, 75, 110. Hum, 33· Huntington, Samuel, 4· I;Iusayn, nipote di Maometto, 53, 54, 55> 70, 71, 130. I;Iusayn, sharif della Mecca, 124.
igma', 74, 76-78. igtipiid, 68, 70, 81. Ibyii 'uliim al din, 64. Ilyas, Maulana Mul;lammad, 12 3.
imam, 53-57, 62, 67, 71, 73, 142: dodicesimo -, vedi Mul;lammad al-Muntazar; - Nascosto, 54, 57, 68, 72: vicari dell'-, 68. impero ottomano, 70. incarnazione, 50. India,43,56, 102,117,119,12426,140, 146. Indonesia, 128. induismo, 45, 116, 123, 125. infedeli, 6, 124. inferno, 42, 62, 64, 83. Iran, 7, 8, 55, 56, 68-72, 83, 106, 110, 129-31, 142, 146. Iraq, 53, 55, 70-72, 104, 130, 131. Isacco, figlio di Abramo, 32. islamismo, 3-22, 129, 131, 133, 137· islamizzazione, 116, 134, 137. Ismaele, figlio di t\bramo, 32. lsma'il, figlio di Ga'far, 55· Isma'il, shiih, 68. ismailiti, 53-56, 62, 64, 66, 139. isniid, 43, 113, 120. Israele, 38, 146. istruzione, 122, 13 1. ja'farita, scuola giuridica, 78, 82.
'ibiidiit, 102. Ibn 'Arabi, 66-68, 130. lbn lìanuta, 119, 120. lbn Gabal, Mu'adh, compagno del Profeta, 79· lbn I;Ianbal, Al;mad, 59· Ibn Isl;aq, 31, 35· Ibn Mulgam, 53· Ibn Rusd, 62, 63. Ibn Sa'd, 31. lbn Sina, 62, 63. 'idal-atf,bii, 32, 144. 'idda, 98. idolatria, 36, 40, 59·
Ka'ba, 32, 40, 142, 146.
kafir, 129. Karbala', battaglia, 53, 57, 70. kasb, 6o. Kashmir, 3, 137, 140. Kemal, Mustafa (.Atatiirk), 125. Khadiga, moglie di Maometto, 33-36, 100, 112. khalifat rasul Allah, 16, 74· Khan, sir SayyidAI;mad, 43, 123. kharigiti, 9, 53, 54, 58, 84, 129. khawlirig, 53· Khaybar, oasi, 40.
INDICE ANALITICO
Khazrag, 38. Khilafat, movimento, 16, 125. Kho'i, ayatollah, 72. khoja nizariti, 56. Khomeini, Ruhallah, ayatollah, 8, 70-72, 129. khum, 79, 82. Khuri, Fuad, 99. Kissinger, Henry, 7 1. Kitiib al-Aghiini, 38. Kuwait, 139. Lane, Edward, 104. lapidazione, 13, 74, 146. al-Lat, dea meccana, 35, 40. legge islamica, 6, 12, 28, 32, 58, 61, 75-85, 90, 96, 102. Libano, 55, 56, 91, 99, 129. libero arbitrio, 58, 59, 68, 108. Luqman, profeta arabo, 26. Lur, ro6.
matf,hab, 78, 82, 83. mahdi, 54, 55· Mal;mud Il, sultano ottomano, 121.
mahr, 97· mabram, 91, 102, ro8, 110. makruh, 102. Malaysia, 128, 140. Maldive, isole, 119. al-Malik, califfo, 51, 73· malikita, scuola giuridica, So, 82, 134· Ma Ming Hsin, 122. al-Ma'mii.n, califfo, 16, 59· Manat, dea meccana, 35, 40. Manchu, imperatori, 126. Maometto, 8-ro, 15, 23-49, 51, 52, 58, 68, 71, 73> 74, 76-79> 81, 92, 100, 112, 113, 118, 119, 122, 128. marga 'al-taqlid, 70, 82. martirio, 57, 117. Marwa, collina, 146. marxismo, 18, 130, 140. Mashad, 69. matrilineare, sistema, 91, 102.
157 matrimonio, 13, 28, 64, 75, 82, 95-106, I IO. Mawdudi, Abu'l A'la, 7, 8, 88, 128, 129, 134, 140. mazalim, 85. Mecca, 9, 20, 33, 34,36,39,40, 46,58,65, 124,143,145,146. Medina, 37-41, 52, 85. Medioriente, 63, 78, 102, 119, 137, 139· Mernissi, Fatima, 111, 112. Mesopotamia, 31, 124. mestruazioni, 98, 104. mibna, 16, 59, 6o, 74· Mina, 146. minoranze: - etniche, 104, 106; - musulmane in Europa, 5; - protette, n6; - religiose, 104, 116. misticismo, 63-66, 110, I30,140. modernismo, 94, 95, 123, 134, 141. monoteismo, 26, 33, 39, 50. Montazeri, ayatollah, 72. mormoni, 25, 101. moschee, 18, 83, 104, 131, 134, 137· Mosè, 26, 33, 34, 51. movimenti: - islamici, 19, 20, 107, 115, 131, 134; ' revivalisti, 20-22. movimento messianico, 57. mu'amalat, 102. Mu'awiya, califfo, 53· muezzin, 36. mufti, 11. mugaddid, 1 2 1. mugiihidin, 134. mugtahid, 70, 82, 126. muhaggabat, 107. muhagiriin, 38. Muhammad V, califfo, 124. Mui}ammad al-Muntazar, dodicesimo imam, 54, 55, 130. Mul;lammad ibn Abdullah, mahdz, 122. muhtasib, 85.
158 mullah, 68, 134. mu'min, 9· munafiqun, 38. murgiiti,
ISLAM
paradiso, 62, 64, ror, n6. parentela, 86, 90, 91, 102, 141. Parigi, 7I, 130. parto, 104. patriarcale, famiglia, 90, 96, r ro. patriarchi, 3. patrimonialismo, 88. pellegrinaggio, 8, 20, 32, 33, 40, 41, 65, 145, 146. pena capitale, 88. periodo medinese, 28, 34, 75· persecuzione, 65. Persia, 31, 56, 70. Plotino, 6r, 68. Poitiers, I 17. poligamia, roo. poliginia, 93, 94, 95, roo. politeismo, 102, II5, n6. pragmatismo, 74, 87. predestinazione, 58. predicatori populisti, 19. preghiera, 8, 9, 20, 26, 35, 35, 39, 64, 82. prestito, 85. Profeta, vedi Maometto. profeti: -arabi 26· -ebrei' 50: ' ' 25; -moderni, - mormoni, I o r. proibizioni alimentari, 75· prostituzione, roo. protestanti, 20. punizione, I3, 28, 57, 88, 95, IIO: -corporale, I3, 88.
qii(j,i, II, 85, 119. Qadir, 'Abdul, 125. Qajar, dinastia, 68. Qaradawi, Yousuf, 102. qibla, 21, 39, 98, I42. qiyas, 74, 76, 79·8r. Qum, 70. Qurays, vedi coreisciti. Qurb, Sayyid, 8, 128, 129, I34·
ragab, mese, 38. ramatjan, mese, r8, 34, I43·
INDICE ANALITICO
al-Rasid,I;Iariin, califfo, r6, 44·
riisidun, r6. redenzione, 29, 57·
ribii, 75, 85. Riçlii, Rashid, 124, 126, 127. Rippin, Andrew, II3. riti, 9, 33, 35, 40, 41, 46, 104, 120. rivelazione, 28, 31, 34, 41, 6o. Rivoluzione bianca, 130, 131. Roy, Olivier, 88, 135, I37· Rushdie, Salman, 72. Sadat, Anwiir, I29. Saddam Hussein, 70, 72, I39· $adra,Mulla, 68,130. $afa, collina, 146. safS~vide, dinastia, 68, I30. al-Safi'i, 77 , 83 . safi'ita, scuola giuridica, 78. sahiida, 9> 58, 142. Sahel, 120. Saladino, vedi $al~ al-Din alAyyubi. salafiyya, 123. $al~ al-Din al-Ayyubi, 55·
salam, 3· $alat, I42.
$~, profeta arabo, 26. salvezza, 29, 86. Sanhiiri, 'Abd al-Razziiq, 12. Sru;,a, moglie di Abramo, 32. ~-Sa 'rawi, Hudà, ro6. Sari'ati, 'Ali, 69, 130. Sartre, Jean-Paul, I 30. Satana, 29, 45, 47· $awm, 143, I50. say,., 146. al-Saybani, Mul;lammad ibn alI;Iasan, 77. Schacht, Joseph, 43· schiavitu, 90. Schimmel, Annemarie, 46. sciamani, 35, 63. SCllti, IO, II, 15, 17, 52-57, 6772, 73> 74, 82, 83, 99, 128, 130. scritture, ro, 57·
secolarismo, 6, r6, 17, 126, .139, 140. seconda guerra mondiale, 127. sessualità, 13, 75, 91, 95, 97,99Ior, IlO, 142. settimani, 55· shah, 69, 70, I IO. Shamil, I22. shari'a, 6-9, 12, 13, 57, 64, 65, 68, 73-97, 99, 103, 105, III, 113, 120, 123, I26. Shariatmadari, ayatollah, 72. shaykh, I22, 133. sfgheh, 82, IOO. Sinai, monte, 34· sira, 30, 38, 45· Siria, 31, 33, 34, 53, 55, 56, 64, 104, 124, 128, 139· sirk, 26, 59· Sivers, Peter Von, 19, 20. Smith, Joseph, 25, Ioo. società mediterranee, 9 r. Sorelle Musulmane, 107. sottomissione, 3, 5, 9, 14, 40. Spagna, II7. Stati Uniti, 56, I39· stato islamico, 6, 8, 13·19, I25, 126. stupro, I I r. successione, r6, 75: -diritto di-, 82, 86, 90, 92, 93; -donne e-, 91, 96. Sudan, 7, III, 122, 128. sufi, 19, 20, 22, 63-68, 104, Io6, 124, 146. al-Suhrawardi, 68. Sukayna bint I;Iusayn, pronipote di Maometto, 97· su#an, rr. sunna, 9, n, 15, 55-61, 68, 7477,82,83, I29, 130. al-Tabari, 31, 35· Tabaristan, 54· al-Tabataba'I, Muhammad I;Iusayn, ~9· Tablighi Gama'at, 123, 140. Tabiik, battaglia, 40.
r6o Takfir wa Higra, I29. Taleqani, ayatollah, 72. Tangeri, II9. taqiyya, 54· taqlid, 68, 84. tariqa, II9, I20. tasse, 69, 82, u6, I43· tawiif, 146. tawbid, 50-53, 56, 57, 66, 69. Teheran, 72, I30. Tempio di Salomone, 5I, 52. terrorismo, 6, II5. Thanawi, Maulana Asraf 'Ali, I 23. Tigri, 65. tolleranza, I I6. Torah, 39· Tunisia, 54· turbante, ro6. Turchia, 55, I22, I25, I37· turcomanni, 68. •Ubayd Allah, 55· U~ud, battaglia, 38. 'u/amii', II, I2, I5, I7, I9, 20, 57, 6o, 65, 66, 68, 70, 7I, 82, 83, I04, I20, I22, I24, I26, I30, I3I, I34· 'Umar ibn al-Khanab, califfo, I6, 36, 74· umma, 9, 38, 40. 'umra, 39, 40, I44· unicità divina, 50-72. Unione Sovietica, 122, I24, I35· <
ISLAM
urbanizzazione, I9-20, rro, I33, I34· usura, 75· 'Uthman ibn al- 'Affan, califfo, I6, 26, 36, 53, II2. al-Uzzà (dea meccana), 35, 40. Vangelo, 41. vedove, 92, Ioo. velo, I04, Io6-I2. versetti satanici, 3 2, 35. vilayete/aqih, 71, 13I. vino, 66, 75· vuoto spirituale, I9, 20. wali, 67, 68, 97· waqf, 86, 95. al-Waqidi, 3 r. Watt, W. Montgomery, 34·
Yathrib, oasi, 37. Yazid, califfo, 53, 55· Yemen, 54, 56, 79, I34· yogin, 63, 64. ?,iihir, 62. zakiit, 69, 82, II9, I47· Zamzam, pozzo, 33· Zanzibar, 54· Zia ul-Haqq, uo. zinii', 95, uo. ziyshari', I07. zoroastriani, 31, 50, u6. Zubaida, Sami, I33·
Einaudi Tascabili
I9 Bataille, L'azzurro del cielo (2' ed.}. 20 Musil, I turbamenti del giovane Torless (6' ed.}. 21 Mann, La morte a Venezia (7' ed.}. 22 Shirer, Storia de! Terzo Reich (2 volumi} (4' ed.}. 23 Frank, Diario (r3' ed.}. 24 Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Ritorno sul Don (I r' ed.}. 25 Fenoglio, Una questione privata. I
ventitre giorni della città di Alba (ro' ed.}. 26 Deakin, La brutale amicizia. MusI
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7 8
Omero, Odissea. Versione di Rosa Calzecchi Onesti. Testo a fronte (rz' ed.}. Levi (Primo}, Se questo è un uomo. La tregua (25' ed.}. Least Heat-Moon, Strade blu. Un viaggio dentro l'America (Io' ed.}. Morante, Aracoeli. Romanzo (9' ed.}. Virgilio, Eneide. Introduzione e traduzione di Rosa Calzecchi Onesti: Testo a fronte (9' ed.}. Storia d'Italia. I caratteri originali. A cura di Ruggiero Romano e Corrado Vivanti (2 volumi}. Levi (Carlo}, L'Orologio (3' ed.}. Bloch (Mare}, I re taumaturghi. Stu-
di sul carattere sovrannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra
Stampato per conto della Casa editrice Einaudi presso Mondadori Printing S.p.A,., Stabilimento NSM, Cles (Trento) nel mese dz agosto r99 9 C.L. 1 4953
Edizione I
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Anno 1999
2000
200I
2002
(5'ed.}. 9 Packard, I persuasori occulti (7' ed.}. I o Amado, Teresa Batista stanca di guerra (I4' ed.}. rr Buiiuel, Sette film (L'età dell'oro. Nazarin. Viridiana. L'angelo sterminatore. Simone del deserto. La via lattea. Il fascino discreto della borghesia} (2' ed.}. I2 I Vangeli apocrifi. A cura di Marcello Craveri (Io' ed.}. 13 Sciascia, Il giorno della civetta (5' ed.}. 14 Sdascia, Il contesto. Una parodia (2' ed.}. 15 Sciascia, Todo modo (z' ed.}. r6 Fìtzgerald, Tf'llera è la notte (II' ed.}. I7 Schulberg, I disincantati. r8 Sartre, La nausea (II' ed.}.
27 28 29 30 31 .32 33 34 35 36 37 38 39 40 4I 42 43
solini, Hitler e la caduta del fascismo italiano (2 volumi}. Nerval, Le figlie del fuoco. Rimbaud, Opere. Testoafr. (5'ed.}. Walser, L'assistente (3' ed.}. Vassalli, La notte della cometa. Il romanzo di Dino Campana (7' ed.}. Svevo, La coscienza di Zeno e «continuazioni>> (3' ed.}. Pavese, Il carcere (2' ed.}. Pavese, Il compagno (9' ed.}. Pavese, La casa in collina (13' ed.}. Omero, Iliade. Versione di Rosa Calzecchi Onesti. Testo a fronte (9' ed.}. Tolstoj, Guerra e pace (2 volumi} (S'ed.}. Codino, Introduzione a Omero (2' ed.}. De Roberto, I Viceré (6' ed.}. Jovine, Signora Ava. Levi (Carlo}, Cristo si è fermato a Eboli (I I' ed.}. Rea, Gesu ,fate luce. Tornabuoni, '90 al cinema. Gino & Michele - Molinari, Anche
47
le formiche nel loro piccolo s'incazzano (I 8' ed.}. Balzac, Splendori e miserie delle cortigiane (2' ed.}. Proust, Contro Sainte-Beuve. Proust, Alla ricerca del tempo perduto: La strada di Swann (2 volumi}. All'ombra delle fanciulle in fiore
48 49
I Guermantes (3 volumi}. Sodoma e Gomorra (2 volumi}.
44 45 46
(3 volumi}.
50 51 52 53 I 54 55 56 57 58 59
La prigioniera (2 volumi). Albertine scomparsa. Il tempo ritrovato (2 volumi). Vangeli nella traduzione di Nic-
colò Tommaseo. A cura di Cesare Angelini. Atti degli Apostoli. A cura di CesareAngelini. Holl, Gesti in cattiva compagnia. Volponi, Memoriale (4' ed.). Levi (Primo), La chiave a stella (9'ed.). Volponi, Le mosche del capitale (2' ed.). Levi (Primo), I sommersi e i salvati (9' ed.).
6o Ipadrifondatori.DaJahvèa Voltaire. 6I Poe, Auguste Dupin investigatore e
altre storie. 62 Soriano, Triste, solitario y fina! (S'ed.). 63 Dtirrenmatt, Un requiem per il ro-
manzo giallo. La promessa. La panne (4' ed.). 64 Biasion, Sagapò (3' ed.). 65 Fenoglio, Primavera di bellezza 66 67 68 69 70
(4'ed.). Rimanelli, Tiro al piccione. Soavi, Un banco di nebbia. Conte, Gli Slavi (5' ed.). Schulz, Le botteghe color cannella. Ser~e,
L'Anno primo della rivoluzwne russa. 7I Ripellino, Praga magica (Io' ed.). 72 Vasari, Le vite de' piti eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri: 73 74 75 76 77 78 79 Bo
8I
A cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi (2 volumi) (5' ed.). Amado, Gabriella garofano e cannella (r2' ed.). Lane, Storia di Venezia (7' ed.). Tirature '9I. A cura di Vittorio Spinazzola. Tornabuoni, '91 al cinema. Ramondino-Milller, Dadapolis. De Filippo, Tre commedie (2' ed.). Milano, Storia degli ebrei in Italia (4'ed.). Todorov, La conquista dell' America (Io' ed.). Melville, Billy Budd e altri racconti (2' ed.).
82 Yourcenar, Carememorie(Io'ed.). 83 Murasaki, Storia di Genji. Ilprincipe splendente (z volumi) (2' ed.). 84 Jullian, Oscar Wilde; 85 Bronte, Cime tempestose (7' ed.). 86 Andersen, Fiabe (7' ed.). 87 Harris, Buono da mangiare (7' ed.). 88 Mann, I Buddenbrook (7' ed.). 89 Yourcenar, Archivi del Nord (7' ed.). 90 Prescott, La Conquista de/Messico (3'ed.). 91 Beowul/(6' ed.). 92 Stajano, Il sovversivo. L'Italia ni-
chilista.
93 Vassalii, La chimera (13' ed.). 94 Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza (4' ed.). 95 Vargas Llosa, La guerra della fine del mondo (4' ed.). 96 Levi,(Prirno), Se non ora,quando? (8 ed.). 97 Vaillant, La civiltà azteca (4' ed.). 98 Amado, Jubiaba (5' ed.). 99 Boccaccio, Decameron (2 volumi) (7'ed.). Ioo Ghirelli, Storia di Napoli (3' ed.). IOI Volponi, La strada per Roma (3'ed.). I02 McEwan, Bambini nel tempo (9'ed.). IO} Cooper, L'ultimo dei Mohicani (4'ed.). I04 Petrarca, Canzoniere (7' ed.). I05 Yourcenar, Quoi? L'Eternité (5'ed.). 106 Brecht, Poesie (4' ed.). 107 BenJelloun, Creatura di sabbia (7'ed.). Io8 Pevsner, Fleming, Honour Dizionario di architettura (8' 'ed.). 109 James, Racconti di fantasmi (6' ed.). xro Grimm,Fiabe(ted.). III L'arte della cucina in Italia. A eura di Emilio Faccioli. II2 Keller, Enrico il Verde (2' ed.). II3 Maltese, Storia dell'arte in Italia 1785-1943 (2' ed.). II 4 Ben J elloun, Notte fatale (7' ed.). I I5 Fruttero-Lucentini, Il quarto libro della fantascienza (2' ed.).
u6 Ariosto, Orlando furioso (2 volumi) (7' ed.). II7 Boff, La teologia,la Chiesa,ipoveri. II 8 Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore (3' ed.). II9 James, Ritratto di signora (6' ed.). 120 Abulafia, Federico II (6' ed.). 121 Dostoevskij, Delitto e castigo (xo'ed.). 122 Masters, Antologia di Spoon River (S'ed.). I23 Verga, Mastro-don Gesualdo (3' ed.). I24 Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino (6' ed.). I25 Beauvoir (de), !Mandarini (4' ed.). 126 Yourcenar, Come l'acqua che scorre (8' ed.). I27 Tasso, Gerusalemme liberata (6'ed.). 128 Dostoevskij, I fratelli Karamazov (S'ed.). I29 Honour, Neoclassicismo (3' ed.). I30 De Felice, Storia degli ebrei italiani (5' ed.). I3I Goldoni, Memorie (2' ed.). I32 Stendhal, Il rosso e il nero (5' ed.). 133 Runcirnan, Storia delle crociate (2 volumi) (4' ed.). 134 Balzac (de), La Fil/e aux yeuxd'or (Serie bilingue) (2' ed.). I35 Mann, Tonio Kroger (Serie bilingue) (4' ed.). I36 Joyce, The Dead (Serie bilingue) (2' ed.). I37 Poesia italiana del Novecento. A cura di Edoardo Sanguineti (2 volumi) (4' ed.). 138 Ellison, Uomo invisibile. I 39 Rabelais, Gargantua e Pantagruele (5'ed.). . 140 Savigneau, Marguerite Y ourcenar (2'ed.). I4I Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica (3' ed.). 142 Wittkower, Arte e architettura in Italia, x6oo-1750 (7' ed.). 143 Revelli, La guerra dei poveri (3' ed.). I44 Tolstoj, Anna Karenina (7' ed.). I45 Storie di fantasmi. A cura di Fruttero e Lucentini (3' ed.). 146 Foucault, Sorvegliare e punire (7'ed.).
147 Truffaut, Autoritratto (2' ed.). 148 Mau~assant (de), Racconti de l'incubo (4' ed.). 149 Dickens, David Coppetfield (4'ed.). I 50 Pirandello, Il fu Mattia Pasca! (6'ed.). 151 Isherwood, Mr Norris se ne va (2'ed.). 152 Zevi, Sa)er vedere l'architettura (3'ed .. I 53 Yourcenar, Pellegrina e straniera (3'ed.). 154 Soriano, Mai piu pene né oblio. Quartieri d'inverno (4' ed.). 155 Yates, L'artedella memoria (4'ed.). I 56 Pasolini, Petrolio (6' ed.). I 57 Conrad, The Shadow-Lirle (Serie · bilingue) (4' ed.).. I58 Stendhal, L'Abbesse de Castro (Serie bilingue) (2' ed.). I 59 Monelli, Roma 1943 (2' ed.). x6o Mila, Breve storia della musica (6'ed.). I6I Whitman, Foglie d'erba (6' ed.). I62 Rigoni Stern, Storia di Ton/e. L'anno della vittoria (5' ed.). I63 Partner, I Templari (8' ed.). 164 Kawabata, Bellezza e tristezza (3'ed.). I65 Carpi, Diario di Gusen (2' ed.). I66 Ferodi, Fiabe fantastiche (2' ed.). I 67 La scultura raccontata da Rudolf Wittkower (3' ed.). I68 N. Ginzburg, Cinque romanzi brevi (5'ed.). I 69 Leopardi, Canti (5' ed.). I70 Fellini, Fare un film (2' ed.). I7I Pirandello, Novelle (3' ed.). I72 Publio Ovidio Nasone, Metamor/osi (6' ed.). 173 IlsognodellaCameraRossa.Romanzo
cinese del secolo xvm(2' ed.).
174 Dostoevskij, I demoni (7' ed.). "175 Yourcenar, I!Tempo,grandescultore (4' ed.). 176 Vassalii, Marco e Mattio (6' ed.). I77 Barthes, Miti d'oggi (4' ed.). I78 Hoffmann, Racconti notturni (3'ed.). I79 Fenoglio, Il partigiano Johnny (7'ed.).
I8o Ishiguro, Quelcherestadelgiorno (I2'ed.). I 8 I Cervantes, Don Chisciotte della Mancia (2 voli.) (6' ed.). I82 O'Connor, Ilcieloèdeiviolenti (2' ed.). I83 Gambetta, La mafia siciliana. I84 Brecht, Leben des Galilei (Serie bilingue) (6' ed.). I85 Melville, Bartleby, the Scrivener (Serie bilingue) (3' ed.). I86 Vercors, Le silence de la mer (Serie bilingue) (3' ed.). I87 «Una frase, un rigo appena». Rac-
conti brevi e brevissimi.
I88 Queneau, Zazie nel metrO (8' ed.). I89 Tournier, Venerdi o il limbo del Pacifico (2' ed.). I90 Viganò, L'Agneseva a morire (5'ed.). I9I Dostoevskij, L'idiota (8' ed.). 192 Shakespeare, I capolavori. Vol. ! 0 (z' ed.) I93 Shakespeare, I capolavori. Vol. no (2' ed.) I94 Allen, Come si diventa nazisti (3'ed.). I 95 Gramsci, Vita attraverso le lettere (2'ed.). I96 Gogol', Le anime morte (3' ed.). I97 Wright, Ragazzo negro (5' ed.). I98 Maupassant, Racconti del crimine (2'ed.). I99 Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (3' ed.). 200 Mila, Brahms e Wagner. 2oi Renard, Pel di Carota (2' ed.). 202 Beccaria, Dei delitti e delle pene (2' ed.). 203 Levi P., Il sistema periodico (6' ed.). 204 Ginzburg (N atalia), La famiglia Manzoni (5' ed.). 205 Paumgartner, Mozart. 206 Adorno, Minima moralia (4' ed.). 207 Zola, Germinale (4' ed.). 208 Kidlowski-Piesiewicz, Decalogo (2'ed.). 209 Beauvoir (de), Memorie d'una ragazza perbene (5' ed.). 2I o Leopardi, Memorie e pensieri
d'amore. zii McEwan, Il giardino di cemento (S'ed.). 2I2 Pavese, Racconti (6' ed.).
2I3 Sanvitale, Madre e figlia (3' ed.). 2I4 Jovine, Le terre del Sacramento (3' ed.). 2I5 Ben Jelloun, Giorno di silenzio a Tangeri (5' ed.). 2I 6 Volponi, Il pianeta irritabile. 2 I7 Hayes, La ragazza della Via Fla-
minia. 2I8 Malamud, Il commesso (2' ed.). 2I 9 Defoe, Fortune e sfortune della famosa Moli Flanders (2' ed.). 220 Boli, Foto di gruppo con signora (4' ed.). 22I Biamonti, Vento largo. 222 Lovercraft, L'orrendo richiamo. ~23 Malerba, Storiette e Storiette tascabili. 224 Mainardi, Lo zoo aperto. 225 Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni (2' ed.). 226 Mastronardi, Il maestro di Vigevano (2' ed.). 2 2 7 Vargas Uosa, La zia Julia e lo seribacchino (4' ed.). 228 Rousseau, Il contratto sociale (5'ed.). 229 Mark Twain, Le avventure di Tom Sawyer (2' ed.). 230 Jung, Il problema dell'inconscio nella psicologia moderna. 23 I Mancinelli, Il fantasma di Mozart e altri racconti (2' ed.). 232 West,Ilgiornodellalocusta (2'ed.). 233 Mark Twain, Le avventure di Huckleberry Finn (2' ed.). 234 Lodoli, I principianti (2' ed.). 235 Voltaire, Il secolo di Luigi XN. 2 36 Thompson, La civiltà Ma;a (4' ed.) 237 Tolstoj, I quattro libri di lettura (2' ed.) 2 38 Morante, Menzogna e sortilegio (4' ed.) 239 Wittkower, Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo (4' ed.). 240 Somerset Maugham, Storie di spionaggio e di finzioni. 24I Fiabe africane (2' ed.). 242 Pasolini, Vita attraverso le lettere. 243 Romano, La penombra che abbiamo attraversato (2' ed.). 244 Della Casa, Galateo (2' ed.). 245 Byatt, Possessione. Una storia romantica (6' ed.).
246 247 248 249 250 25I 252 253 254 255 256 257 258
Strassburg, Tristano. BenJelloun, A occhi bassi (4' ed.). Morante,Loscialleandaluso (4'ed.). Pirandello, Uno, nessuno e cento· mila (4' ed.). Soriano, Un'ombra ben presto sarai (5'ed.). McEwan, Cani neri (6' ed.). Cerami, Un borghese piccolo pic· colo (2' ed.). Morante, Il mondo salvato dai ragazzini e altri poemi (3' ed.). Fallada, Ognuno muore solo (2' ed.). Beauvoir (de), L'età/orte (3' ed.). Alighieri, Rime (2' ed.). Macchia, Il mito di Parigi. Saggi e motivi francesi (2' ed.). De F~ppo, Cantata dei giorni di-
sparz I. 259 Ben Jelloun, L'amicizia (6' ed.). 260 Lettere dei condannati a morte del-
la Resistenza europea. 261 Stajano, Un eroe borghese (3' ed.). 262 Spinella Memoria della Resistenza (2'~.). 263 Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis (3' ed.). 264 Schliemann, La scoperta di Troia (3' ed.). 265 Dostoevskij, Umiliati e offesi (5'ed.). · 266 Ishiguro, Un pallido orizzonte di colline (2' ed.). 267 Morante, La Storia (7' ed.). 268 Romano (Lalla), Maria (3' ed.). 269 Levi Pisetzky, Il costume e la mo-
da nella società italiana.
270 Salmon, I/SannioeiSanniti (3' ed.). 2 7 I Benjatnin, Angelus Novus. Saggi e frammenti (5' ed.). 272 Bolis, Il mio granello di sabbia (2'ed.). 273 Matthiae, Ebla. Un impero ritrovato (2' ed.). 274 Sanvitale, Il figlio dell'Impero. 275 Maupassant, Racconti d'amore (4'ed.). 276 Céline, Casse-pipe (Serie bilingue)' (2' ed.). 277 Racconti del sabato sera.
Boiardo, Orlando innamorato (2 voli.) 279 Woolf, A Room o/ One's Own (Serie bilingue) (4' ed.).
2 78
28o Hoffmann, Il vaso d'oro. 28I Bobbio, Il futuro della democrazia (2'ed.). 282 Mancinelli, I dodici abati di Chal-
lant. Il miracolo di santa Odilia. Gli occhi dell'imperatore (5'ed.). 283 Soriano, La resa de/leone (2' ed.). 284 De F~ppo, Cantata dei giorni disparz II. 285 Gobetti1 La Rivoluzione Liberale (4'ea.). 286 Wittkower, Palladio e il palladianesimo. 287 Sartre, Il muro (5' ed.). 288 D'Annunzio, Versi d'amore. 289 D'Annunzio, Alcione. 290 Caldwell, La via del tabacco. 291 Tadini, La tempesta. 292 Morante, L'isola di Arturo (6' ed.). 293 Pirandello, L'esclusa. 294 Voltaire, Dizionario filosofico (2'ed.). 295 Fenoglio, Diciotto racconti. 296 Hardy, Tessdeid'Uberville(2'ed.). 297 N. Ginzburg, Famiglia (2' ed.). 298 Stendhal, La Certosa di Parma (4'ed.). 299 Yehoshua, L'amante (8' ed.). 300 Beauvoir, La forza delle cose. 30I Ceram, Civiltà sepolte (6' ed.). 302 Loy, Le strade di polvere (4' ed.). :?03 Piumini, Lo stra/iseo. 304 Rigoni, Amore di confine (3' ed.). .305 Rodinson, Maometto. 306 Biamonti, L'angelo di Avrigue. 307 Antonioni, Quel bowling sul Tevere (2' edJ, 308 Lodi, Il paese sbagliato. Diario di un'esperienza didattica. 309 Machiavelli, Il Principe (4' ed.). 310 Seneca, Dialoghi morali (2' ed.). 3II Dickens, Casa Desolata (5' ed.). 312 Saba, Ernesto (3' ed.). 313 Lawrence, Donne innamorate. 3 I4 Pirro, Celluloide. 3I5 Ramondino, Althénopis. 3I6 Rodari, I cinque libri (5' ed.). 3I7 I Nibelunghi (3' ed.). 3I8 Bobbio, Stato, governo, società (2' ed.). 3 I9 La Fontaine, Favole. 3 20 Artusi, La scienza in cucina e l' arte di mangiar bene.
32I Ro~ano (Lalla), Una giovinezza mventata (3' ed.). 322 De Filippo, Cantata dei giorni di-
spari III.
3 23 Hilberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa (2 vol.) 3 24 Kafka, Il processo (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 325 Queneau, I fiori blu (Serie Scrittori tradotti da scrittori) (6' ed.). 326 Gogol', Racconti di Pietroburgo (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 327 James, Giro di vite (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 328 Bor~es, F~nzio'!i (I 935 _I 944) (Sene Scnttorl tradotti da scrittori) (6' ed.). 329 Ra~et, !l diavolo_ in corpo (Serie Scr1ttor1 tradotti da scrittori). 330 De Felice, Mussolini il rivoluzionario r88;-r920 (2' ed.). 331 De Felice, Mussolini il fascista L La conquista del potere I92II925 (2' ed.). 332 De Felice, Mussolini il fascista
L'.organizzazione dello stato fasczsta 1925-1929. 333 Hawthorne, La lettera scarlatta (7' II.
ed.). 3.34 Orengo, Dogana d'amore. 335 Vassalli, Il Cigno (2' ed.). 336 Boli, Vai troppo spesso a Heidel-
berg. 337 338 339 340
Maiello, Storia del calendario. Cesare, La guerra gallica (2' ed.).
McEwan,LetteraaBerlino(2'ed.). Schneider, Le voci del mondo
(5'ed.). 34I De Felice, Mussolini il duce L
34 7 Maupassant, Una vita (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 348 Pessoa, Il marinaio (Serie Scrittori tradotti da scrittori) (5' ed.). 349 Stevenson, Lo strano caso del Dr. Jek:rll e. del Sig. Hyde (Serie Scntton tradotti da scrittori). 350 Lon_don, !lricqiamodellaforesta (Sene Scrltton tradotti da scrittori). 351 Burgess, Arancia meccanica (t ed.). 352 Byatt, Angeli e insetti (2' ed.). 353 Wittkower, NatisottoSatumo (3'ed.). 354 Least Heat-Moon, Prateria. Una mappa in profondità (2' ed.). 355 Soriano, Artisti, pazzi e criminali (2' ed.). 356 Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis (5' ed.). 357 Le Goff, La nascita del Purgatorio (2' ed.). 358 Del Giudice, Lo stadio di Wimbledon (2' ed.). 359 Flaubert, Bouvard e Pécuchet (2'ed.). 360 Pinter, Teatro. Vol. I (2' ed.). 36I Lettere al primo amore. 362 Yehoshua, Il signor Mani (6' ed.). 3 63 Goethe, Le affinità elettive (5' ed.). 364 Maraini, L'età del malessere (t ed.). .365 Maugham, Racconti dei Mari del Sud (2' ed.). 366 McCarthy, Cavalli selvaggi (4' ed.). 367 Antonelli, Delogu, De Luca Fuori tutti (Stile libero). ' 368 Kerouac, Dylan, Ginsberg, Burroughs, Ferlinghetti e altri Battuti & Beati. I Beat raccontdti dai Beat (Stile libero) (2' ed.). 369 Norman~ e Monique Z, Norman
e Monzque. La storia segreta di un amore nato nel cyberspazio
Gli anni del consenso r 92 9_
1936 (2' ed.). 342 De Felice, Mussolini il fascista II. Lo Stato totalitario x9;6-r 940 (2' ed.). 343 Cervantes, La gitani/la (Serie bilingue). · 344 Dostoevskij, Notti bianche (Serie bilingue) (2' ed.). 345 N. Ginzburg, Tutti i nostri ieri (3' ed.). 346 Breton, Antologia dello humor
nero.
3 70 371 372 373 374 375
376
(Stile libero). Cerami, Consigli a un giovane scrittore (Stile libero) (7' ed.). Puig, Il bacio della donna ragno (2' ed.). Purdy, Rose e cenere. Benjamin, Sull'hascisch (2' ed.). Levi (Primo), I racconti (4' ed.). De Carlo, Yucatan (6' ed.). Gandhi, Teoria e pratica della
nonviolenza. 377 Ellis, Meno di zero (4' ed.).
378 BenJelloun, Lo scrivano (3' ed.). 379 Hugo,Notre-DamedeParis(5'ed.). 380 Bardo Thodol, Libro dei morti tibetano (2' ed.). .38I Mancinelli, I tre cavalieri del Graal (2' ed.). 382 Roberto Benigni, E l'alluce fu (Stile libero) (6' ed.). 38.3 Gibson, Ferret1. Cadigan, Di Filippo, SteriÌng, Swanwick, Rucker e altri, Cuori elettrici.
Antologia essenziale del cyberpunk (Stile libero). 384 Cortazar, Bestiario (2' ed.). 385 Frame, Un angelo alla mia tavola (4'ed.). 386 L. Romano, Le parole tra noi leggere (4'ed.). 387 Fenoglio, La paga de! sabato (2'ed.). 388 Maupassant, Racconti di vita parigina (2' ed.). 389 aa.vv., Fantasmi di Terra, Aria, Fuoco e Acqua. A cura ai Malcolm Skey. 390 Queneau, Pierrot amico mio. 39I Magris, Il mito absburgico (2' ed.). 392 Briggs, Fiabe popolari inglesi. 39 3 Bulgakov, Il Maestro e Margherita (5'ed.). 394 A. Gobetti, Diario partigiano. .395 De Felice, Musso lini l'alleato 1940-43
Dalla guerra «breve» alla guerra lunga. .396 De Felice, Mussolini l'alleato L
1940-43
Crisi e agonia del regime. 397 J ames, Racconti italiani. 398 Lane, I mercanti di Venezia II.
(2'ed.). 399 McEwan, Primo amore, ultimi
riti. Fra le lenzuola e altri racconti (z' ed.). 400 aa.vv., GioventU cannibale (Stile
libero) (6' ed.). 40I Verga, I Malavoglia. 402 O'Connor, I veri credenti (Stile libero) (3' ed.). 403 Mutis, La Neve dell'Ammiraglio (2'ed.). 404 De Carlo, Treno di panna (5' ed.). 405 Mutis, Ilona arriva con la pioggia (2' ed.). 406 Rigoni Stern, Arboreto salva.tico (2' ed.).
407 Poe, I racconti. Vol. I (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 408 Poe, I racconti. Vol. II (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 409 Poe, I racconti. Vol. III (Serie Scrittori tradotti da scrittori). 4IO Pinter, Teatro. Vol. II (2' ed.). 4 I I Grahame, Il vento nei salici. 4I2 Ghosh, Le linee d'ombra. 4I3 Vojnovic, Vita e straordin~rie av-
venture del soldato Ivan Conkin.
4I4 Cerami, La lepre. 4I5 Cantarella, I monaci diC!uny (2'ed.). 4I6 Auster, Moon Palace (2' ed.). 4I7 Antelme, La specie umana. 4I8 Yehoshua, Cinquestagioni(2'ed.). 4I9 Mutis, Un bel morir. 420 Fenoglio, La malora (3' ed.). 42 I Gawronski, Guida al volontariato (Stile libero). 422 Banks, La legge di Bone. 423 Kafka, Punizioni (Serie bilingue). 424 Melville, Benito Cereno (Serie bilingue). 425 P. Levi, La tregua (t ed.). 426 Revelli, Il mondo dei vinti. 427 aa.vv., Saggezza stellare (Stile libero). 428 McEwan, Cortesie per gli ospiti (3'ed.). 429 Grasso, Il bastardo di Mautàna . 430 Soriano, Pensare con i piedi. 43I BenJelloun, Le pareti della solitu-
dine. 432 433 434 435 436 437 438 4.39 440 44I 442
Albertino, Benissimo! (Stilelibero). Il libro delle preghiere (4' ed.). Malamud, Uomo di Kiev. Saramago, La zattera di pietra (3'ed.). N. Ginzburg, La città e la casa (2' ed.). De Carlo, Uccelli da gabbia e da voliera (5' ed.). Cooper, Frisk (Stile libero) (3' ed.). Barnes, Una storia del mondo in xo capitoli e'/, (2' ed.). Mo Yan, Sorgo rosso. Catullo, Le poesie. Rigoni Stern, Le stagioni di Gia-
como.
443 Mancinelli, I casi del capimno Flo-
res. Il mistero della sedia a rotelle
(2'ed.). 444 Ammaniti, Branchie (Stile libero) (4'ed.). 445 Lodoli, Diario di un millennio che
fugge.
446 447 448 449 450 45I
452 453 454 455 456 457 458
459
McCarthy, Oltre il confine (2' ed.). Gardiner, La civiltà egizia (2' ed.). Voltaire, Zadig (Serie bilingue). Poe, The Fa/l of the House of Usher and other Tales (Serie bilingue). Arena, Decaro, Troisi, La smorfia (Stile libero). Rosselli, Socialismo liberale. Byatt, Tre storie fanf4stiche. Dostoevskij, L'adolescente. Carver, Il mestiere di scrivere (Stile libero) (3' ed.). Ellis, Le regole dell'attrazione (2'ed.). Loy, La biciclett4. Lucarelli, Almost Blue (Stile libero) (7' ed.). Pavese, Il diavolo sulle colline (2'ed.). Hume, Dialoghi sulla religione na-
turale.
460 Le mille e una notte. Edizione a cura di Francesco Gabrieli (4 volumi in cofanetto). 46I Arguedas, I fiumi profondi. 462 Queneau, La domenica della vif4. 463 Leonzio, Il volo magico. 464 Pazienza, Paz (Stile libero) (5' ed.). 465 Musi!, L'uomo senza qualità (2 v.) (2'ed.). 466 Dick, Cronache del dopobomba (Vertigo). 467 Royle, Smembramenti (Vertigo). 468 Skipp-Spector, Infondo al tunnel (Vertigo). 469 McDonald, Forbici vince carta vince pietra (Vertigo). 4 70 Maupassant, Racconti di vita mi-
lif4re.
47I P. Levi, La ricerca delle radici. 472 Davidson, La civiltà africana. 473 Duras, Il pomeriggio de/signor An-
desmas. Alle dieci e mezzo di sera,d'estate.
Vargas Uosa, La Casa Verde. Grass, La Ratf4. Yu Hua, Torture (Stile libero). Vinci, Dei bambini non si sa niente {Stile libero) (4' ed.). 478 Bobbio, L'età dei diritti. 479 Cortazar, Storie di cronopios e di
474 475 476 4 77
famas.
480 Revelli, Il disperso di Marburg. 48I Faulkner, L'urlo e il furore. 482 McCoy, Un bacio e addio (Vertigo). 483 Cerami, Fatf4cci (Stile libero). 484 Dickens, Da leggersiall'imbrunire. 485 Auster, L'invenzione della solitudine (2' ed.). 486 Nove, Puerto Plam Market (Stile libero) (3' ed.). 487 Fo, Mistero buffo (Stile libero) (3' ed.). 488 Hoss, Comandante ad Auschwitz (2' ed.). 489 Amado, Terre del finimondo (2'ed.). 490 Benigni-Cerami, La vita è bella (Stile libero) (3' ed.). 49 I Lunario dei giorni di quiete. A cura di Guido Davico Bonino (3'ed.). 492 Fo, Manuale minimo dell'attore (Stile libero). 493 O'Connor, Cowboys & Indians (Stile libero). 494 L 'agenda di Mr Bean (Stile libero). 495 P. Levi, L'altrui mestiere. 496 Manchette, Pdsizione di tiro (Vertigo). 497 Rucher, Su e giu per lo spazio (Vertigo). 498 Vargas Uosa, La città e i cani. 499 Zoderer, L' «imliana». 500 Pavese, Le poesie. 50I Goethe, I dolori del giovane
Werther.
502 Yehoshua, Un divorzio tardivo (3'ed.). 503 Vassalii, Cuore di pietra. 504 Lucarelli, Il giorno de/lupo (Stile libero) (3' ed.). 505 Quel che ho da dirvi. Autoritratto
delle ragazze e dei ragazzi italiani. A cura di Caliceti e Mozzi (Stile libero).
506 507 508 509
Dickens, Grandi speranze. Boncinelli, I nostri geni. Brecht, I capolavori {2 volumi). Mancinelli, I casi del capimno Flo-
res. Killer presunto. 5IO Auster, Trilogia di New York (3'ed.). 51 r Saramago, Cecità (3' ed.). 5I2 Dumas, I tre moschettieri. 513 Borges, Elogio dell'ombra. 514 Womak, Futuro zero (Vertigo).
5 I 5 Landsale, La notte del drive-in (Vertigo). 5 r 6 Fo, Marino libero! Marino è innocente (Stile libero). 517 Rigoni Stern, Uomini, boschi e api (2' ed.). 518 Acitelli, La solitudine dell'ala destra (Stile libero). 5I9 Merini, Fiore di poesia. 5 20 Borges, Manuale di zoologia fan-
tastica. 52 I Neruda, Confessp che ho vissuto (2' ed.). 522 Stein, La civiltà tibemna (2' ed.). 52 3 Albanese, Santin, Serra, Solari, Giu al Nord {Stile libero).
524 Ovidio, Versi e precetti d'umore. 525 Amado, Cacao {2' ed.). 526 Queneau, Troppo buoni con le
donne. 527 Pis6n, Strade secondarie (Stile libero). 528 Maupassant, Racconti di provincia. 529 Pavese, La bella estate (2' ed.). 530 BenJelloun, Lo specchio delle fa-
lene. 53 I Stancanelli, Benzina {Stile libero) {2' ed.). 532 Ellin, Specchio delle mie brame (Vertigo). 533 Marx, Manifesto del Partito Comunisf4 (2' ed.). 534 Del Giudice, Atlante occidenmle. 535 Soriano, Futbol (3' ed.). 536 De Beauvoir, A conti fatti. 53 7 Vargas Uosa, Lettere a un aspirante romanziere (Stile libero).
538 aa.vv., Schermi dell'incubo (Ver· tigo). 539 Nove, Superwoobinda {Stile libero) {2' ed.). 540 Revelli, L'anello/orte. 54 r Lermontov, L'eroe del nostro tempo (Serie bilingue). 542 Behn, Oroonoko (Serie bilingue). 543 McCarthy, Meridiano di sangue. 544 Proust, La strada di Swann. 545 V assalii, L'oro del mondo. 546 Defoe, Robinson Crusoe. 547 Madieri, Verde acqua. La radura. 548 Amis, Treno di notte. 549 Magnus, Lo sconosciuto (Stile libero) (2' ed.). 550 aa.vv., Acidi scozzesi (Stile libero). 551 Romano, Tetto murato. 552 Frank, Diario. Edizione integrale. (2' ed.). 553 Pavese, Tra donne sole (2' ed.). 554 Banks, Il dolce domani. 555 Roncaglia, Il iazz e il suo mondo. 556 Turgenev, Padri e figli. 557 Mollica, Romanzetto esci dal mio
petto. 558 559 560 561
Metraux, Gli Inca.
Zohar. Il libro dello splendore. Auster, Mr Vertigo. De Felice, Mussolini l'alleato 1943•45·
562 563 564 565 566 567 568 569
n. La guerra civile. Robbe-Grillet, La gelosia. Metter, Ritratto di un secolo. V argas Llosa, Conversazione nella «Catedral». Wallace, La ragazza con i capelli strani (Stile libero) {2' ed.). Enzensberger, Il mago dei numeri. Roth, Operazione Shylock. Barnes, Amore, ecc. Zolla, Il dio dell'ebbrezza (Stile li-
bero). 570 Evangelisti, Memllo urlante (Vertigo). 571 Manchette, Fatale (Vertigo). 572 De Filippo, Canf4f4 dei giorni pari.
573 Sfiga all' OK-Corral. A cura di Stefano Bartezzaghi (Stile libero) (2' ed.). 574 Spettri da ridere. A cura di Malcolm Skey. 575 Yehoshua, Ritorno dall'India. 576 Lunario dei giorni d'amore. A cura di Guido Davico Bonino. 577 Ricci, Striscia la tivti (Stile libero). 578 Ginzburg, Le piccole virtti. 579 Hugo, I miserabili (2 volumi). 580 I fioretti di san Francesco. 58r Ovadia, L'ebreo che ride (Stile libero) (3' ed.). 582 Pirro, Soltanto un nome sui titoli
di testa. 583 Labranca, Cialtron Hescon (Stile libero). 584 Burton, La morte malinconica del
bambino ostrica e altre storie (Stile libero) (3' ed.). 585 Dickens, Tempi difficili. 586 Letteratura e poesia dell'antico Egitto. A cura di Edda Bresciani. 587 Mancinelli, I casi del capitano Flo-
res. Persecuzione infernale. 588 Vinci, In tutti i sensi come l'amore (Stile libero). 589 Baudelaire, I fiori del male e altre poesie (Poesia). 590 Vacca, Consigli a un giovane manager (Stile libero). 591 Amado, Sudore. 592 Desai, Notte e nebbia a Bombay. 593 Fortunato, Amore, romanzi e altre
scoperte. 594 Mattotti e Piersanti, Stigmate (Stile libero). 595 Keown, Buddhismo. 596 Solomon, Ebraismo. 597 Blissett, Q (Stile libero) (3' ed.). 598 Solzenicyn, Una giornata di Ivan
Denisovic. La casa di Matrjona. Alla stazione. 599 Conrad, Vittoria. 6oo Pavese, Dialoghi con Leucò.
6or Mozzi, Fantasmi e fughe (Stile libero). 6o2 Hilberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa. Nuova edizione riveduta e ampliata (2 voll.). 6o3 Fois, Ferro recente. 604 Borges-Casares, Cronache di Bu-
stos Domecq. 605 Nora K. · Hosle, Aristotele e il di-
6o6 6o7 6o8 6o9 6ro 6II 6r2 6r3 6r4 6r5 6r6 6r7 6r 8
nosauro. La filosofia spiegata a una ragazzina (Stile libero). Merini, Favole Orazioni Salmi. Lane Fox, Alessandro Magno. Stuart, Zona di guerra. Marquez, Cronaca di una morte annunciata. Hemingway, I quarantanove racconti. Dostoesvkij, Il giocatore. Zaimoglu, Schiuma (Stile libero). DeLillo, Rumore bianco. Dick, In terra ostile (Vertigo). Lucarelli, Mistero blu (Stile libero). Nesse-Williams, Perché ci ammaliamo (Grandi Tascabili). Lavie, Il meraviglioso mondo del sonno (Grandi Tascabili). N aouri, Le figlie e le loro madri
(Grandi Tascabili). 6r9 Boccadoro, Musica Ca:lestis (Stile libero con CD). 620 Bevilacqua, Beat & Be bop (Stile libero con CD). 62 I Hrabal, Una solitudine troppo ru-
morosa. 622 McEwan, L'amore fatale. 62 3 James, Daisy Miller (Serie bilingue). 624 Conrad, Cuore di tenebra (Serie bilingue). 625 Marlas, Un cuore cosi bianco. 626 Burgess, Trilogia matese. 627 Saramago, Viaggio in Portogallo. 628 Romano, Inseparabile. 629 Ginzburg, Lessico famigliare. 630 Bassani, Il giardino dei Finzi-Con-
tini. 631 Auster, Mr Vertigo.
632 Brautigan, 102 racconti zen (Stile libero). 63 3 Goethe, Cento poesie (Poesia). 634 McCarthy, Il buio fuori. 635 Despentes, Scopami (Stile libero). 636 Denti, Lasciamo/i leggere. 63 7 Passione fatale. A cura di Guido Davico Bonino. 638 Roth, Il teatro del Sabbath. 639 Battisti, L'orma rossa (Vertigo). 640 Moncure March e Spiegelman, The wild party (Stile libero). 641 Salamov, Racconti (2 voll.). 642 Beauvoir (de), Una donna spezzata. 643 San Paolo, Le lettere. 644 Rigoni Stern, Sentieri sotto la neve. 645 Borges, Evaristo Carriego. 646 D' Arzo, Casa d'altri e altri rac-
conti. 64 7 Faulkner, Zanzare. 648 Raphael, Eyes Wide Open (Stile libero). 649 aa.vv., Sepolto vivo. 650 Benigni-Cerami, La vita è bella (Stile libero con videocassetta). 65 r Odifreddi, Il Vangelo secondo la
Scienza. 652 Ruthven, Islam. 653 Knott, Induismo. 654 De Carlo, Due di due.