CHUCK PALAHNIUK INVISIBLE MONSTERS (Invisible Monsters, 1999) A Geoff, che ha detto: «Questo è come si rubano medicinali...
119 downloads
1548 Views
656KB Size
Report
This content was uploaded by our users and we assume good faith they have the permission to share this book. If you own the copyright to this book and it is wrongfully on our website, we offer a simple DMCA procedure to remove your content from our site. Start by pressing the button below!
Report copyright / DMCA form
CHUCK PALAHNIUK INVISIBLE MONSTERS (Invisible Monsters, 1999) A Geoff, che ha detto: «Questo è come si rubano medicinali». E a Ina, che ha detto: «Questa è matita per labbra». E a Janet, che ha detto: «Questa è seta georgette». E al mio editor Patricia, che continuava a dire: «Questo non è abbastanza buono». 1 Ecco dove dovresti essere, a un grande ricevimento di nozze in una enorme villa di West Hills, composizioni floreali e funghi farciti sparsi per tutta la casa. Questa si chiama ambientazione di scena: dove ci sono tutti, chi è vivo, chi è morto. Questo è il grande momento di Evie Cottrell al suo ricevimento nuziale. Evie è in piedi a metà della grande scalinata nell'atrio della villa, nuda dentro quel che rimane del suo vestito da sposa, col fucile ancora in mano. Quanto a me, io sono in piedi, ma solo fisicamente, in fondo alle scale. La mia mente chissà dov'è. Nessuno è ancora morto del tutto; diciamo soltanto che le lancette corrono. Non che qualcuno in questo enorme dramma sia veramente una persona viva e reale. Puoi scoprire tutto dello sguardo di Evie Cottrell in qualche pubblicità televisiva per uno shampoo organico, solo che adesso il vestito da sposa di Evie è bruciato fino ai fili metallici che orbitano attorno ai suoi fianchi, scheletro della gonna del vestito di nozze, e fino ai piccoli fili di ferro di tutti i fiori di seta che c'erano nei suoi capelli. E i capelli biondi di Evie, i suoi grandi capelli, tirati su, pettinati all'indietro, arcobaleno di ogni possibile variazione di biondo, gonfiati dalla lacca, be', anche i ca pelli di Evie sono bruciati. L'unico altro personaggio qui è Brandy Alexander, che è distesa, colpita da un colpo di fucile, ai piedi della scalinata, e sanguina a morte. Mi dico che forse lo zampillo di rosso che sgorga a fiotti dal foro della pallottola che ha colpito Brandy non è sangue, ma piuttosto uno strumento sociopolitico. Il fatto di essere clonati da quelle pubblicità per shampoo, be', vale tanto per me quanto per Brandy Alexander. Sparare a una qualun-
que persona presente in questa stanza sarebbe l'equivalente morale di uccidere un'automobile, un aspirapolvere, una Barbie. Cancellare un disco del computer. Bruciare un libro. Probabilmente questo vale per qualsiasi omicidio al mondo. Siamo tutti dei prodotti. Brandy Alexander, la suprema regina a gambo lungo delle party girls di prima scelta, Brandy e le sue interiora che si riversano da un foro di proiettile nella fantastica giacca del suo abito. L'abito è un Bob Mackie bianco che Brandy ha comprato in svendita a Seattle con una gonna strettissima che le comprime il culo a perfetta forma di cuore. Non crederesti mai quanto costa quest'abito. Il ricarico è di circa un trilione per cento. La giacca ha una piccola falda a peplo e grandi baveri e spalle. Il taglio a un petto è simmetrico tranne per il foro da cui scorre il sangue. Poi Evie comincia a singhiozzare, lì in piedi a metà scalinata. Evie, quel virus mortale del momento. Per noi è il segnale di rivolgere lo sguardo alla povera Evie, povera triste Evie, senza capelli e con niente indosso, se non cenere e la gabbia di fili metallici della sua gonna bruciata. Poi Evie lascia cadere il fucile. Con la faccia sporca nelle sue mani sporche, Evie si siede e comincia a ue-ue, come se piangere risolvesse qualcosa. Il fucile carico, calibro 30 e passa, cade giù dalle scale, scivola sul pavimento in mezzo all'atrio, e ruotando punta su di me, punta su Brandy, punta su Evie, che piange. Non è che io sia una specie di animale da laboratorio, distaccato, ammaestrato a ignorare la violenza, ma d'istinto il mio primo pensiero è che forse siamo ancora in tempo a passare del bicarbonato sulle macchie di sangue. Finora la maggior parte della mia vita adulta è trascorsa con me in piedi in qualche studio per un sacco di dollari all'ora, con addosso vestiti e scarpe, i capelli acconciati e qualche famoso fotografo di moda che mi dice che sentimenti provare. Lui che grida: Dammi lussuria, piccola. Flash. Dammi malizia. Flash. Dammi ennui esistenzialista distaccato. Flash Dammi intellettualismo rampante come meccanismo protettivo. Flash Probabilmente è lo choc di vedere la mia peggiore nemica che spara al-
l'altra mia peggiore nemica. Boom, è una situazione in cui la vittoria è assicurata. Questo, oltre al fatto di frequentare Brandy, ha sviluppato in me un grande talento per il dramma. Quando metto un fazzoletto sotto il mio velo per respirarci dentro, do l'impressione di piangere, ma è solo un'impressione. Per filtrare l'aria, perché quasi non si riesce a respirare per tutto il fumo che c'è, dato che la grande villa di Evie ci sta bruciando attorno. lo, inginocchiata accanto a Brandy, potrei frugarmi dentro il vestito e trovare Darvon e Demerol e Darvocet 100. Per tutti questo è il segnale per volgere lo sguardo su di me. La mia tunica è una stampa della Sindone di Torino comprata in svendita, marrone e bianca, drappeggiata e tagliata in modo che i brillanti bottoni rossi si abbottonino attraverso le stimmate. Poi ho addosso metri e metri di velo nero di organza avvolto attorno al viso e borchiato con piccole stelle di cristallo austriaco tagliate a mano. Non si riesce a capire che aspetto abbia il mio viso, ma questo è lo scopo. Il look è elegante e sacrilego, e mi fa sentire sacra e immorale. Haute couture che diventa très haute. Il fuoco si propaga giù dalla carta da parati dell'atrio. Quanto a me, sono stata io ad appiccare il fuoco per arricchire la scena. Gli effetti speciali possono fare molto per dare tono a un'atmosfera, e poi non è che questa sia una vera casa. Quella che sta bruciando è la ricostruzione di una finta casa d'epoca, imitazione di una copia di una copia di una finta villa in stile Tudor. Dista un centinaio di generazioni dall'originale, ma del resto come tutti noi, non è vero? Poco prima che Evie venisse giù dalle scale urlando e sparasse a Brandy Alexander, quello che ho fatto è stato spargere circa un gallone di Chanel N° 5 e di buttarci sopra un biglietto di invito al matrimonio in fiamme, e boom, ecco che sto riciclando. È strano, ma anche quando pensi al più grande tragico incendio, in fondo non è che una reazione chimica intensa. L'ossidazione di Giovanna d'Arco. Ancora ruotando per terra, il fucile punta su me, punta su Brandy. Un'altra cosa è che non importa quanto tu possa amare una persona: ti tirerai indietro quando il suo sangue ti scorre troppo vicino. A parte questo dramma sublime, è una bellissima giornata. Questa è una calda giornata assolata, e la porta di ingresso è aperta sul portico e sul prato all'esterno. Il fuoco al piano di sopra attira nell'atrio il caldo odore dell'erba appena falciata, e puoi sentire tutti gli invitati all'esterno. Tutti gli ospiti, loro hanno preso i regali che volevano, i cristalli e
l'argento, e sono andati ad aspettare sul prato che i pompieri e gli infermieri facessero il loro ingresso. Brandy, lei apre una della sue enormi mani inanellate e tocca il foro da dove il suo sangue sgorga irrorando il pavimento di marmo. Brandy, lei dice: «Merda, il Bon Marche non si riprenderà mai indietro questo vestito». Evie solleva il viso dalle sue mani, il suo viso un pastrocchio di cenere e muco e lacrime, e grida: «Detesto che la mia vita sia così noiosa!». Evie grida giù a Brandy Alexander: «All'inferno tienimi occupato un tavolo vicino alla finestra!». Lacrime tracciano linee pulite giù lungo le guance di Evie, che urla: «Amica! Devi rispondermi!». Come se questo non fosse già dramma, dramma, dramma, Brandy guarda verso di me, inginocchiata accanto a lei. Gli occhi color melanzana di Brandy dilatati a fiore sbocciato, dice: «Brandy Alexander adesso morirà?». Evie, Brandy e io, tutto questo solo una battaglia di potere per conquistare i riflettori. Ognuna di noi solo per essere, io, io, io per prima. L'assassino, la vittima, il testimone, ciascuno di noi pensa che il proprio ruolo sia quello del protagonista. Probabilmente questo vale per ogni persona al mondo. È tutto specchio, specchio delle mie brame, perché la bellezza è potere, proprio come il denaro è potere proprio come una pistola è potere. Ormai, quando sul giornale vedo la foto di una ventenne che è stata rapita e sodomizzata e derubata e poi uccisa e accanto c'è una foto tutta pagina di lei giovane e sorridente, invece di pensare che questo sia un crimine grande e triste, la mia reazione istintiva è, wow, sarebbe una gran fica se non avesse quel nasone. La mia seconda reazione è che è meglio che io abbia pronto qualche bel primo piano di me nel caso venga rapita e sodomizzata a morte. La mia terza reazione è, be', almeno così si riduce la competizione. Come se non bastasse, l'idratante che uso è una sospensione di solidi fetali inerti in olio minerale idrogenato. Quello che voglio dire è che, per essere sincera, la mia vita è tutta incentrata su di me. Voglio dire, a meno che il tassametro non corra e un fotografo non stia gridando: Dammi empatia. Poi il flash stroboscopico. Dammi compassione.
Flash. Dammi onestà brutale. Flash. «Non lasciarmi morire qui su questo pavimento» dice Brandy, e le sue grandi mani si attaccano a me. «I miei capelli» dice, «i miei capelli saranno appiattiti dietro.» Voglio dire, lo so che Brandy probabilmente morirà, ma non riesco proprio a immedesimarmi. Evie piagnucola ancora più forte. Come se non bastasse, le sirene dei pompieri là fuori mi stanno incoronando regina del Regno di Emicrania. Il fucile sta ancora ruotando sul pavimento, ma sempre più lentamente. Brandy dice: «Non è così che Brandy Alexander voleva che andasse la sua vita. Tanto per cominciare doveva essere famosa. Sai, prima che morisse doveva passare in tv durante l'intervallo del Superbowl, nuda mentre beveva una Diet Cola in slow motion». Il fucile smette di ruotare e punta su nessuno. A Evie che piange, Brandy urla: «Zitta!». «Stai zitta tu» Evie le urla di rimando. Dietro di lei, il fuoco si sta mangiando tutto lungo il tappeto della scalinata. Le sirene, puoi sentirle che vagano e strillano in tutto West Hills. La gente si fa a pezzi per chiamare il 911 ed essere il grande eroe. Nessuno sembra pronto per l'imponente troupe televisiva che deve arrivare da un momento all'altro. «Questa è la tua ultima possibilità, dolcezza» dice Brandy, e il suo sangue sgorga dappertutto. Dice: «Mi ami?». È proprio quando la gente fa domande del genere che perdi la luce dei riflettori. È così che poi ti ingabbiano in un ruolo di comparsa. Ancora più grande di questa casa che va a fuoco è questa mia immensa aspettativa di pronunciare le tre parole più trite che puoi trovare in ogni sceneggiatura. Bastano a farmi sentire come se mi stessi facendo un ditalino. Ma non sono altro che parole. Senza alcun potere. Vocaboli. Dialogo. «Dimmi» dice Brandy. «Mi ami? Mi ami davvero?» Questo è il modo eccessivo in cui Brandy ha recitato per tutta la sua esistenza. Il continuo teatro non-stop dal vivo di Brandy Alexander, ma sempre meno dal vivo ogni momento che passa. Tanto per fare un po' di scena, prendo la mano di Brandy nella mia. Questo è un bel gesto, ma poi sono spaventata da tutto il rischio delle pato-
logie trasmesse dal sangue, e poi, boom, il soffitto nella camera da pranzo crolla giù e scintille e tizzoni volano verso di noi dalla porta della camera da pranzo. «Anche se non riesci ad amarmi raccontami almeno la mia vita» dice Brandy. «Una ragazza non può morire senza che tutta la propria vita le scorra davanti agli occhi.» Quasi nessuno riesce a soddisfare i propri bisogni emotivi. È qui che il fuoco comincia a mangiare il tappeto della scalinata fino al culo nudo di Evie, ed Evie si alza in piedi di scatto gridando e corre giù dalle scale con i suoi tacchi a spillo bianchi tutti bruciati. Nuda e senza capelli, vestita di fili metallici e cenere, Evie Cottrell corre fuori della porta di casa verso una platea più numerosa, i suoi invitati di nozze, l'argenteria e il cristallo e i pompieri in arrivo. Questo è il mondo in cui viviamo. Le condizioni cambiano e noi mutiamo con loro. Ecco, questo è tutto su Brandy, presentato da me, con un cameo di Evelyn Cottrell e del mortale virus dell'AIDS. Brandy, Brandy, Brandy. Povera triste Brandy distesa pancia all'aria, Brandy tocca il foro che versa la sua vita sul pavimento di marmo e dice: «Per favore. Raccontami la mia vita. Raccontami come siamo arrivate fin qua». E così io, io sono qui a ingoiare fumo solo per documentare questo momento di Brandy Alexander. Dammi attenzione. Flash. Dammi adorazione. Flash. Dammi tregua. Flash. 2 Non vi aspettate che questa sia una di quelle storie che fanno: e poi, e poi, e poi. Quello che succede qui avrà più un sapore da fashion magazine, un caos stile «Vogue» o «Glamour», con una pagina numerata ogni due o cinque o tre. Pagine con cartoncini profumati, e donne nude che spuntano chissà da dove per vendervi cosmetici. Non cercate un indice, seppellito, come nelle riviste, venti pagine dopo la copertina. Non vi aspettate di trovare subito qualcosa. Non c'è nemmeno
una struttura organizzata. Cominceranno delle storie e poi, dopo tre paragrafi: Vai a pagina tale. Poi, torna indietro. Saranno diecimila stili distinti che, mescolati e abbinati, forse daranno vita a cinque abbigliamenti raffinati. Un milione di accessori trendy, sciarpe e cinture, scarpe e cappelli e guanti, e nemmeno un vestito vero e proprio da abbinarci. E davvero, ma davvero, devi abituarti a quella sensazione, qui in autostrada, al lavoro, nel tuo matrimonio. Questo è il mondo in cui viviamo. Limitati a seguire le indicazioni. Vai indietro di vent'anni alla casa bianca dove sono cresciuta, mio padre che con la super8 gira filmini di me e mio fratello mentre corriamo nel giardino. Torna al presente, ai sera, con i miei genitori seduti su sedie da giardino, mentre guardano quegli stessi filmini in super8 proiettati sulla stessa parete bianca della stessa casa bianca, vent'anni più tardi. La casa la stessa, il giardino lo stesso, le finestre proiettate nei filmini perfettamente in riga con le finestre vere, l'erbetta del filmino allineata con l'erba vera, e mio fratello filmato e io che siamo marmocchi e che corriamo dappertutto, scatenati dalla presenza della cinepresa. Vai al mio fratellone che è tutto triste e morto per la grande piaga dell'AlDS. Torna a me cresciuta e innamorata di un investigatore della polizia e trasferita per diventare una famosa supermodella. Ricorda solo, proprio come una spettacolare rivista «Vogue», ricorda che sebbene tu segua le istruzioni alla lettera: Continua a pagina tale. Non importa con quanto scrupolo seguirai le indicazioni: avrai sempre l'impressione di aver perso qualcosa, la sensazione sprofondata sotto la tua pelle di non aver vissuto tutto. C'è quel sentimento di caduta nel cuore, per essere andato troppo in fretta nei momenti in cui avresti dovuto fare attenzione. Be', abituati a quella sensazione. È così che un giorno sentirai tutta la tua
vita. È solo questione di abitudine. Niente di tutto ciò ha importanza. Ci stiamo solo scaldando. Salta al qui e ora, Brandy Alexander sta sanguinando a morte sul pavimento con me in ginocchio accanto a lei, che racconto questa storia prima che entrino in scena i gli infermieri. Torna indietro di appena qualche giorno al salotto di una ricca casa a Vancouver, British Columbia. La stanza è rivestita della dura dolcezza rococò dei pannelli di mogano intagliato, con battiscopa e pavimentazione di marmo e un camino di marmo con delle specie di fregi. Nelle case ricche dove vive gente anziana, tutto è proprio come te lo aspetti. I gigli rossi nei vasi smaltati sono veri, non di seta. I drappi color crema sono di seta, non di cotone. Il mogano non è pino verniciato a mo' di mogano. Non ci sono candelabri di vetro pressato a simulare il cristallo. Il cuoio non è vinile. Tutto intorno a noi ci sono questi salottini sedia-divano-sedia Luigi XIV. Davanti a noi ancora un'altra innocente agente immobiliare, e la mano di Brandy si fa avanti: il suo polso spesso con ossa e vene, la catena montuosa delle sue nocche, le sue dita appassite, i suoi anelli nell'alone rosso e verde del taglio marquise, le sue unghie di porcellana laccate di rosa brillante, dice: «Incantata, scommetto». Se devi cominciare con un dettaglio in particolare, bisogna per forza che siano le mani di Brandy. Ornate di anelli per renderle ancora più grandi, le mani di Brandy sono enormi. Ornate di anelli, come se potessero essere più ovvie, le mani sono l'unica parte di Brandy Alexander che i chirurghi non hanno potuto cambiare. Quindi Brandy non prova nemmeno a nascondere le sue mani. Siamo stati in troppe case di questo tipo perché io le possa contare, e l'agente che incontriamo sorride sempre. Questa ha addosso l'uniforme standard, il vestito blu marina con la sciarpa rossa, bianca e blu attorno al collo. Le scarpe blu col tacco ai piedi, e la borsa blu appesa alla curva del suo gomito. L'agente immobiliare sposta lo sguardo dalla grande mano di Brandy Alexander al signor Alfa Romeo in piedi accanto a Brandy, e i potenti occhi blu di Alfa si fermano; quegli occhi azzurri che non vedi mai chiudersi o guardare altrove, dentro quegli occhi c'è il bambino o il mazzo di fiori, belli o vulnerabili, che trasformano un bell'uomo in qualcuno fidato da
amare. Alfa è solo l'ultimo di una sfilza lunga un anno di uomini fissati con Brandy, e ogni donna intelligente sa che un bell'uomo è il suo miglior accessorio di moda. Nella stessa maniera in cui presenteresti un nuovo modello di automobile o un tostapane, la mano di Brandy disegna nell'aria una linea che va dal suo sorriso e dalle sue grandi tette fino ad Alfa. «Posso presentare» dice Brandy «il signor Alfa Romeo, consorte maschile professionista della Principessa Brandy Alexander.» Allo stesso modo, la mano di Brandy si muove dalle sue ciglia palpitanti e dai suoi capelli abbondanti verso di me lungo una linea invisibile. Tutto ciò che l'agente immobiliare riuscirà a vedere di me sono i miei veli, mussola e velluto, marrone e rosso, tulle intessuto di fili d'argento, strati così fitti che dentro pensi non ci sia nessuno. Non c'è niente da vedere di me, perciò quasi nessuno lo fa. È uno sguardo che dice: Grazie di non farmi partecipe. «Posso presentare» dice Brandy «la signorina Kay MacIsaac, segretaria personale della Principessa Brandy Alexander.» L'agente immobiliare, nel suo vestito blu con i bottoni di ottone Chanel e la sciarpa attorno al collo per nascondere la pelle cadente, sorride ad Alfa. Quando nessuno guarderà verso di te, potrai fissare il buco dentro di loro. Notare minuziosamente tutti i piccoli dettagli che non potresti osservare abbastanza a lungo se solo si degnassero di restituire il tuo sguardo, questa, questa è la tua vendetta. Attraverso i miei veli, l'agente immobiliare brilla rossa e dorata, sfocata ai bordi. «La signorina MacIsaac» dice Brandy, la grande mano aperta verso di me, «la signorina MacIsaac è muta e non può parlare.» L'agente immobiliare con il rossetto sui denti e la cipria coprente stratificata nelle crepe sotto gli occhi, i suoi denti prêt-à-porter e la parrucca lavabile in lavatrice, sorride a Brandy Alexander. «E questa...» la grande mano inanellata di Brandy si raggomitola fino a toccare le tette torpedo di Brandy. «Questa...» la mano di Brandy si avvolge a toccare le perle alla gola. «Questa...» l'enorme mano si leva a toccare le ciocche fluttuanti di capelli castano chiaro. «E questa...» la mano tocca le labbra abbondanti e umide. «Questa» dice Brandy «è la Principessa Brandy Alexander.» L'agente immobiliare si prostra in una via di mezzo tra un inchino e una genuflessione davanti all'altare. Si inginocchia. «È un tale onore» dice.
«Sono sicura che questa sia la casa per lei. Questa è una casa che si può solo amare.» Da stronza di ghiaccio quale sa essere, Brandy si limita ad annuire e si volta verso l'atrio da dove siamo entrate. «Sua altezza e la signorina MacIsaac» dice Alfa «desidererebbero girare la casa da sole, mentre io e lei discutiamo i dettagli...» le piccole mani di Alfa svolazzano verso l'alto per spiegare, «... il trasferimento di valuta... il cambio da lire a dollari canadesi.» «Loonies» dice l'agente immobiliare. Brandy e io e Alfa ci congeliamo all'istante. Forse questa donna ci ha capito. Forse dopo tutti i mesi che siamo stati in giro e le dozzine di grandi ville che abbiamo ripassato, forse alla fine qualcuno ha scoperto il nostro trucco. «Loonies» dice di nuovo la donna. Si inginocchia nuovamente. «Chiamiamo i nostri dollari loonies» dice infilando una mano nella sua borsa blu. «Vi mostro. C'è il ritratto di un uccello sui soldi» dice. «È una gavia.» Brandy e io, noi ridiventiamo ghiaccioli e cominciamo ad allontanarci tornando verso l'ingresso principale. Passando attraverso i salottini sediadivano-sedia, oltre il marmo cesellato. Le nostre ombre si imbrattano, si offuscano, e si contorcono dietro una vita di fumo di sigaro sui pannelli di mogano. All'entrata, seguo la Principessa Brandy Alexander mentre la voce di Alfa riempie l'attenzione vestita di blu dell'agente immobiliare con domande sull'angolazione del sole al mattino nella sala da pranzo, e se l'amministrazione provinciale autorizzerà un eliporto personale dietro la piscina. Procedendo verso le scale, ecco la schiena squisita della Principessa Brandy, una giacca di volpe argentata posata sulle spalle di Brandy e metri di una sciarpa di broccato di seta legata attorno alla fluttuante chioma ramata di Brandy Alexander. La voce della regina suprema e l'ombra di Air du Temps sono il treno invisibile dietro a tutto quello che è il mondo di Brandy Alexander. Gli ondeggianti capelli ramati raccolti dentro la sciarpa di broccato di seta mi ricordano un muffin alla crusca. Un grande bignè alla ciliegia. Una nuvola a fungo castano-fragola che si solleva sopra un atollo del Pacifico. Questi piedi principeschi sono imprigionati in due sorte di trappole reggi-gambe oro lamé con piccole cinghie e catene d'oro. Questi sono i piedi d'oro, intrappolati, sopraelevati su tacchi a spillo, che salgono il primo dei circa trecento scalini dall'ingresso fino al secondo piano. Poi lei sale il gra-
dino successivo, e poi il seguente, finché non è tutta abbastanza alta sopra di me da rischiare di voltarsi a guardare dietro. Solo allora girerà tutto il bignè alla fragola che è la sua testa. Quelle grandi torpedo, le tette sagomate di Brandy Alexander, la muta bellezza di quella bocca professionale in pieno viso. «La proprietaria di questa casa» dice Brandy «è molto anziana e integra i suoi ormoni, e vive ancora qui.» Il tappeto è così spesso sotto i miei piedi che potrei arrampicarmi sulla sporcizia sparsa. Un passo dopo l'altro, sciolta e fluttuante e instabile. Noi, Brandy e Alfa e io, abbiamo parlato così a lungo l'inglese come se fosse una seconda lingua, che ci siamo dimenticati che invece è la nostra prima. Io non ho una lingua madre. Ci troviamo faccia a faccia con le gemme sporche di un lampadario scuro. Dall'altro lato del passamano, il grigio pavimento di marmo dell'ingresso ci appare come se fossimo salite per una scalinata attraverso le nuvole. Passo dopo passo. Lontano, le esigenti richieste di Alfa passano alle cantine per il vino, ai canili per i lupi russi da caccia. La costante richiesta d'attenzione di Alfa all'agente immobiliare è lieve come uno show radiofonico che rimbalza indietro dallo spazio. «... è facile che la Principessa Brandy Alexander» le parole calde, oscure di Alfa fluttuano verso l'alto «si spogli dei suoi vestiti e si metta a urlare come i cavalli selvaggi persino nei ristoranti più affollati...» La voce della regina suprema e l'ombra di L'Air du Temps dice: «Prossima casa» le sue labbra Plumbago pronunciano, «il muto sarà Alfa». «... i tuoi seni» Alfa sta dicendo all'agente immobiliare, «hai le tette di una ragazzina...» Tra noi non rimane nemmeno una lingua madre. Ora vai a noi che siamo di sopra. Vai a ora che tutto è possibile. Dopo che l'agente immobiliare è imprigionata dagli occhi blu del signor Alfa Romeo, vai a dove inizia l'imbroglio vero e proprio. La camera da letto principale è sempre in fondo al corridoio in direzione della vista migliore. Questa camera da bagno è rivestita di specchi rosa, ogni parete, persino il soffitto. La Principessa Brandy e io siamo dovunque, riflesse su ogni superficie. Si può vedere Brandy seduta sul mobiletto rosa a lato del lavabo per il trucco, io seduta dall'altra parte del lavandino. Una di noi è seduta accanto a tutti i lavandini in tutti gli specchi. Ci sono proprio troppe Brandy Alexander per poterle contare, e sono tutte il mio
capo. Aprono tutte le loro bianche pochette di vitello, e centinaia di quelle grandi mani inanellate di Brandy Alexander tirano fuori nuovi numeri del «Physicians' Desk Reference» con la copertina rossa, grandi come una Bibbia. Da tutta la stanza mi guardano tutte le sue centinaia di occhi ombretto Burning Blueberry. «Conosci il rituale» comandano tutte le sue bocche Plumbago. Quelle mani enormi cominciano ad aprire cassetti e sportelli di armadietti. «Ricordati dove prendi ogni cosa, e rimettila esattamente dove l'hai trovata» dicono le bocche. «Prima le medicine, poi passiamo ai cosmetici. Ora comincia a cercare.» Prendo la prima boccetta. È Valium, e tengo la boccetta in modo che le centinaia di Brandy possano leggere l'etichetta. «Prendi quanto basta perché non se ne accorgano» dice Brandy, «poi passa alla prossima boccetta.» Scuoto un po' delle piccole pillole blu nella tasca della mia borsetta con gli altri Valium. La prossima boccetta che trovo è quella del Darvon. «Cara, in bocca queste sono come il paradiso» tutte le Brandy guardano in su per osservare la boccetta che ho in mano. «Non sarà pericoloso prenderne troppe?» La data di scadenza sull'etichetta dice tra un mese, e la boccetta è quasi piena. Calcolo che ne possiamo prendere circa la metà. «Ecco» una grande mano inanellata viene verso di me da ogni direzione. Cento grandi mani verso di me, palmo in su. «Danne due a Brandy. La principessa ha di nuovo male nella parte bassa della schiena.» Tiro fuori dieci capsule, e cento mani gettano migliaia di tranquillanti sotto il tappeto rosso delle lingue di quelle bocche Plumbago. Un carico da suicidio di Darvon scivola giù negli scuri continenti interni che compongono il mondo di Brandy Alexander. Dentro la prossima boccetta ci sono delle piccole capsule ovali di Premarin 2.5. Abbreviazione per Pregnant Mare Urin. Abbreviazione di migliaia di cavalle infelici in Nord Dakota e Canada centrale, obbligate a vivere in stalle sovraffollate con un catetere ficcato dentro per raccogliere ogni goccia di urina, e fatte uscire solo per essere fottute di nuovo. È divertente che ciò descriva abbastanza precisamente una buona lunga degenza in ospedale, ma questa è solo la mia esperienza. «Non mi guardare in quel modo» dice Brandy. «Se anche non prendo
quelle pillole nessuno di quei puledri tornerà dall'aldilà.» Nella boccetta successiva ci sono delle tavolette tonde color pesca di Aldactone 100. La nostra padrona di casa deve essere in astinenza da ormoni femminili. Analgesici ed estrogeno sono praticamente le uniche categorie alimentari di Brandy, e dice: «Dammi, dammi, dammi». Spizzica qualche piccola Estinyl rivestita di rosa. Ingoia un po' delle tavolette turchesi Estrace. Mentre utilizza come crema per le mani un po' di Premarin vaginale dice: «Signorina Kay?» dice. «Non riesco a chiudere la mano a pugno, dolcezza. Pensi che magari riesci a finire tutto senza di me mentre io mi sdraio?» Le centinaia dei miei cloni negli specchi rosa del bagno, noi controlliamo i cosmetici mentre la Principessa va ad appisolarsi come una gatta nel vecchio letto a baldacchino rosa, gloria della camera da letto. Trovo Darvocet e Percodan e Compazine, Nembutal e Percocet. Estrogeni orali. Anti-androgeni. Progeston. Cerotti di estrogeno transdermale. Non trovo nessuno dei colori di Brandy, nessuna cipria Rusty Rose. Nessun ombretto Burning Blueberry. Trovo un vibratore con delle batterie scariche e gonfie e che perdono acido all'interno. Deduco che la proprietaria di questa casa sia una donna anziana. Donne anziane ignorate e invecchiate e narcotizzate, ogni minuto più vecchie e più invisibili al mondo, non devono usare molto trucco. Né uscire per andare in posti divertenti. Né ballare a una festa. Il mio alito è caldo e acido dentro i miei veli, dentro gli umidi strati di seta e tulle e cotone georgette che tiro su per la prima volta in tutta la giornata; e negli specchi guardo al riflesso rosa di ciò che rimane della mia faccia. Specchio, specchio delle mie brame chi è la più bella del reame? La strega cattiva è stata stupida a fare il gioco di Biancaneve. C'è un'età in cui una donna deve passare a un altro tipo di potere. Il denaro, per esempio. O una pistola. Sto vivendo la vita che amo, mi dico, e amando la vita che vivo. Mi dico: me lo merito. Questo è esattamente ciò che volevo. 3 Pino a che non ho incontrato Brandy, tutto quello che volevo era che qualcuno mi domandasse cosa fosse capitato alla mia faccia. «L'hanno mangiata gli uccelli» volevo dire a tutti.
Gli uccelli hanno mangiato la mia faccia. Ma nessuno lo voleva sapere. Nessuno non include certo Brandy Alexander. Non pensate che questa sia stata una grande coincidenza. Dovevamo incontrarci, Brandy e io. Avevamo molte cose in comune. Avevamo quasi tutto in comune. A parte questo, ad alcuni accade in fretta, ad altri lentamente, variano gli incidenti o la gravità, ma finiamo comunque tutti mutilati. La maggior parte delle donne sa cosa vuol dire sentirsi ogni giorno sempre più invisibile. Brandy è stata in ospedale per mesi e mesi, e lo sono stata anch'io, e non sono molti gli ospedali dove si può andare per un'imponente chirurgia cosmetica. Ritorna alle suore. Le suore erano le peggiori quando si trattava di insistere, le suore che erano infermiere. Una suora mi raccontava di un certo paziente di un altro piano che era simpatico e affascinante. Era un avvocato e sapeva fare dei trucchi di magia usando solo le mani e dei tovaglioli di carta. Era il tipo di suora che portava una versione da infermiera della sua regolare divisa da suora, e aveva raccontato tutto di me a questo avvocato. Era suor Katherine. Gli aveva detto che ero divertente e intelligente, e che sarebbe stato carino se noi due ci fossimo potuti incontrare e ci fossimo innamorati perdutamente. Queste erano le sue parole. A metà del ponte del suo naso, mi guardava attraverso occhiali con la montatura in metallo, le lenti lunghe e squadrate, come i vetrini di un microscopio. Piccoli capillari rotti mantenevano ros sa la punta del suo naso. La chiamava couperose. Non sarebbe stato difficile immaginarla in una casa pacchiana di pan di zucchero anziché in un convento. Sposata con Babbo Natale invece che con Dio. Il grembiule inamidato che portava sopra l'abito era di un candore così lucente che la prima volta che arrivai, fresca dal mio incidente automobilistico, tutte le macchie del mio sangue mi ricordo che mi sembravano nere. Mi diedero carta e penna in modo che potessi comunicare. Mi avvolsero la testa con bende, metri di garza stretta in modo da te nere fermi i tamponi di cotone, gancetti ferma-garza di metallo che facevano presa ovunque perché non mi disfacessi tutta. Sotto i tamponi di cotone mi spalmarono uno spesso strato di gel antibiotico, claustrofobico e tossico. Mi tirarono indietro i miei capelli, dimenticati e bollenti sotto la garza dove non potevo arrivare. La donna invisibile.
Quando suor Katherine menzionò quest'altro paziente, mi chiesi se non l'avessi visto in giro, il suo avvocato, il mago divertente e carino. «Non ho detto che fosse carino» disse. Suor Katherine disse: «È un po' timido». Sul blocco di foglio scrissi: ancora? «Da quando ha avuto il suo piccolo infortunio» disse, e sorrise con le sopracciglia arcuate e il mento che faceva tutte quelle pieghe sotto il suo collo. «Non aveva la cintura di sicurezza.» Disse: «La macchina gli si è rovesciata proprio sopra la faccia». Disse: «Ecco perché sarebbe perfetto per te». Prima, quando ero ancora sotto sedativi, qualcuno aveva tolto lo specchio dal mio bagno. Le infermiere pareva mi allontanassero da tutto ciò che fosse riflettente, così come tenevano i suicidi lontani dai coltelli. Gli ubriachi lontano dall'alcol. La cosa più prossima a uno specchio che avessi era la televisione, solo che mi mostrava come ero prima. Se chiedevo di guardare le foto dell'incidente scattate dalla polizia, l'infermiera di giorno mi diceva: «No». Tenevano le foto in una cartella nell'infermeria, e sembrava che chiunque potesse chiedere di vederle tranne me. Questa infermiera, lei diceva sempre: «Il dottore pensa che per il momento lei ha già sofferto abbastanza». La stessa infermiera cercò di farmi conoscere un contabile che aveva perso capelli e orecchie per un goffo errore con del propano. Mi presentò a un dottorando che aveva perso la gola e il palato per un tocco di cancro. Un lavavetri dopo un capitombolo dal terzo piano a testa in giù sul cemento. Queste erano le sue parole: errore goffo, tocco, capitombolo. L'infortunio dell'avvocato. Il mio grande incidente. Suor Katherine era lì ogni sei ore a controllare i miei segni di vita. A controllarmi il polso con la rapida lancetta dei secondi del suo orologio da uomo, grosso e argentato. A passarmi il misuratore di pressione attorno al braccio. Per provarmi la febbre mi spingeva una specie di pistola elettrica nell'orecchio. Suor Katherine era il tipo di suora che porta una fede nuziale. E le persone sposate pensano sempre che l'amore sia la risposta giusta. Vai indietro al giorno del mio incidente, quando tutti erano così premurosi. La gente, le persone che mi lasciarono passare avanti al pronto soc-
corso. L'insistenza della polizia. Voglio dire, mi diedero questo lenzuolo d'ospedale con su scritto, in blu indelebile lungo il bordo, "Proprietà del Memorial Hospital La Paloma". Prima mi diedero della morfina, per endovena. Poi mi posarono su una barella. Non è che ricordi molto, ma il giorno in cui l'infermiera mi disse delle foto della polizia, quello sì. Nelle foto, grandi foto patinate 20x25, belle come ogni cosa nel mio portfolio. In bianco e nero, disse l'infermiera. Ma in queste 20x25 sono seduta su una barella, con la schiena appoggiata al muro del pronto soccorso. L'infermiera di turno ci mise dieci minuti a tagliarmi il vestito con quelle forbicine da manicure che usano in sala operatoria. Il taglio, me lo ricordo. Era il mio prendisole di crèpe di cotone Espre. Ricordo che quando l'avevo ordinato dal catalogo ero stata tentata di ordinarne due, sono così comodi, leggeri, con la brezza che cerca di infilarsi attraverso le maniche e farti svolazzare l'orlo su fino alla vita. Se non ci fosse stato un po' di venticello avresti sudato e il cotone ti si sarebbe appiccicato addosso come le undici erbe e spezie, solo che addosso a te il vestito era quasi trasparente. Entravi in un patio, una sensazione bellissima, un milione di riflettori ti individuavano in mezzo alla folla, o entravi in un ristorante mentre fuori c'erano trenta gradi, e tutti si giravano e ti guardavano come se ti avessero appena conferito un'importante onorificienza per aver raggiunto un grande traguardo. Ecco come mi sentivo. Ricordo questo tipo di attenzione nei miei confronti. Era come se ci fossero sempre trenta gradi. E mi ricordo le mie mutande. Scusa, Mamma, scusa, Dio, ma indossavo solo un piccolo triangolino davanti con un elastico alla vita e solo un filo che correva dietro nello spacco fino ad arrivare di nuovo all'estremità del triangolino davanti. Color carne. Quel cordino, quello dentro lo spacco, lo chiamano tutti filo interculare. Mi mettevo il tanga per i momenti in cui il prendisole di crêpe di cotone diventava quasi trasparente. Non riesci a preventivare che finirai al pronto soccorso con il vestito tagliato e gli agenti che ti fanno le foto, posata su una barella con la morfina che ti sgocciola dentro un braccio e una suora francescana che ti urla in un orecchio: «Scattate le foto! Scattate le foto adesso! Sta ancora perdendo sangue!». No, davvero, è stato più divertente di quanto non sembri. Si è fatto divertente quando ero là distesa su questa barella, una bambola di pezza anatomicamente corretta con nulla addosso tranne questa piccola
toppa e il mio viso era ridotto come è adesso. La polizia, loro avevano fatto tenere alla suora questo lenzuolo per coprirmi il seno. In questo modo possono scattarmi delle foto del viso, ma gli agenti sono così imbarazzati per me, lì sdraiata in topless. Vai a quando si rifiutano di mostrarmi le foto, uno degli agenti dice che se la pallottola fosse stata due centimetrì più in su, sarei morta. Non riuscivo a capire che cosa intendessero dimostrare. Due centimetri più in giù, e sarei stata nel mio piccante prendisole di crêpe di cotone cercando di convincere il tipo dell'assicurazione a rimborsarmi anche la franchigia e a sostituirmi il finestrino della macchina. Più tardi, mi sarei trovata ai bordi di una piscina, tutta incremata, a raccontare a un paio di ragazzi carini che stavo guidando sull'autostrada sulla mia Stingray quando una roccia o non so cosa, e il finestrino dalla mia parte è esploso. E i ragazzi carini avrebbero detto: «Wow». Vai a un altro agente, quello che ha perquisito la mia macchina per cercare la pallottola e i frammenti d'osso, quella roba lì, l'agente ha visto che guidavo con il finestrino abbassato a metà. Il finestrino della macchina, mi dice questo tipo guardando le 20x25 di me con addosso un lenzuolo bianco, dovrebbe sempre essere o tutto aperto o tutto chiuso. Non riusciva a ricordare quanti motoristi aveva visto decapitati dal finestrino in un incidente. Come potevo non ridere. Questo è il termine che aveva usato: motoristi. Per com'era ridotta la mia bocca, l'unico suono che sapevo ancora fare era ridere. Non potevo non ridere. Vai a dopo che c'erano le fotografie, quando la gente aveva smesso di guardarmi. Il mio ragazzo, Manus, arrivò quella sera, dopo il pronto soccorso, dopo che ero stata trasportata sulla barella in sala operatoria, dopo che l'emorragia si era fermata ed ero in una camera privata. Fu allora che arrivò Manus. Manus Kelley, che è stato il mio fidanzato ufficiale fino a quando non ha visto cosa era rimasto. Manus se ne stava seduto a guardare le foto in bianco e nero della mia nuova faccia, mischiandole e rimescolandole, girandole sottosopra, a destra e a sinistra, come faresti con una di quelle foto mi-
steriose dove un momento vedi una bella donna, ma quando riguardi ti trovi una vecchia strega. Manus dice: «Oh, Dio». Poi dice: «Oh, Gesù benedetto». Poi dice: «Cristo». Al mio primo appuntamento con Manus abitavo ancora con i miei genitori. Manus mi mostrò un distintivo nel suo portafoglio. A casa aveva una pistola. Era un agente di polizia, e aveva veramente molto successo alla Omicidi. Manus aveva venticinque anni e io diciotto, ma uscivamo insieme. Questo è il mondo in cui viviamo. Una volta siamo andati in barca a vela, e lui aveva addosso uno Speedo, e ogni donna intelligente dovrebbe sapere che questo significa perlomeno bisessuale. La mia migliore amica, Evie Cottrell, è una modella. Evie dice che i belli non dovrebbero mai uscire tra di loro. Insieme non riescono proprio a generare abbastanza attenzione. Evie dice che quando sono insieme c'è tutta una traslazione negli standard di bellezza. Te ne accorgi, dice Evie. Se siete entrambi belli, nessuno di voi due è bello. Insieme, come coppia, siete meno della somma di voi due presi singolarmente. Nessuno viene notato, non più. Eppure, ero lì, mentre registravo questo filmato promozionale, una di quelle pubblicità lunghissime che pensi finirà da un momento all'altro perché in fondo è solo una pubblicità, ma in realtà dura trenta minuti. Io ed Evie, noi siamo state ingaggiate per fare da arredo mobile sexy indossando tutto il pomeriggio attillati vestiti da sera, e invogliare il pubblico televisivo a comprare Fabbricasnack Num Num. Manus si viene a sedere tra il pubblico e dopo le riprese dice: «Facciamoci un giro in barca a vela», e io faccio: «Certo!». E così siamo andati in barca a vela, e io mi sono dimenticata gli occhiali da sole, così Manus me ne ha comprati un paio al molo. I miei nuovi occhiali da sole sono identici ai Vuarnet di Manus, solo che i miei sono made in Corea e costano due dollari. Tre miglia al largo, inciampo negli aggeggi sul ponte, cado per terra. Manus mi lancia una corda, io la manco. Manus mi lancia una birra e manco la birra. Un mal di testa, ho il tipo di mal di testa con cui Dio ti punirebbe nell'Antico Testamento. Quello che non so è che una della lenti dei miei occhiali da sole è più scura dell'altra, quasi opaca. Sono cieca da un occhio a causa di questa lente, e non ho la percezione della profondità. Allora non lo sapevo, che la mia percezione fosse così incasinata. È il
sole, mi dico, e così continuo a tenermi gli occhiali e a sbattere attorno cieca e sofferente. Vai alla seconda volta che Manus viene a trovarmi in ospedale, lui dice alle foto 20x25 di me col mio lenzuolo, proprietà del La Paloma Memorial Hospital, che dovrei pensare a ritornare alla mia vita. Dovrei iniziare a fare dei progetti. Sai, dice, magari frequentare qualche corso. Finire di prendermi la laurea. Si siede accanto al mio letto e tiene le foto tra di noi in modo che non possa vedere né lui né loro. Sul mio blocco, con la mia matita, scrivo a Manus di mostrarmele. «Quando ero piccolo, allevavamo cuccioli di dobermann» dice da dietro le foto. «E quando un cucciolo ha circa sei mesi, gli si spuntano la coda e le orecchie. È così che si fa con quei cani. Vai a un motel, e c'è un uomo che viaggia da stato a stato per tagliare le orecchie e le code a migliaia di cuccioli di dobermann o di boxer o di bull terrier.» Sul mio blocco con la mia matita, scrivo: e allora? E lo agito verso di lui. «Voglio dire che chiunque sia quello che ti taglia le orecchie, lo odierai per tutto il resto della tua vita» dice. «Non vuoi che a fare il lavoro sia il tuo veterinario di fiducia, e così paghi uno sconosciuto.» Ancora guardando le foto una per una, Manus dice: «Questo è il motivo per cui non posso mostrartele». Da qualche parte fuori dell'ospedale, in una camera di motel piena di asciugamani insanguinati con la sua borsa degli attrezzi colma di coltelli e aghi, oppure mentre guida in autostrada verso la sua nuova vittima, o inginocchiato davanti a un cane, drogato e tagliuzzato in una vasca sporca, c'è l'uomo odiato da un milione di cani. Seduto accanto al mio letto, Manus dice: «Devi solo archiviare i tuoi sogni da cover-girl». Il fotografo di moda nella mia testa urla: Dammi pietà. Flash. Dammi un'altra possibilità. Flash. Ecco quello che facevo prima dell'incidente. Chiamatemi una gran bugiarda, ma prima dell'incidente dicevo alla gente che ero una studentessa
universitaria. Se dici alla gente che sei una modella, ti tagliano fuori. Se sei una modella significa che stanno interagendo con una forma di vita inferiore. Cominciano a parlare come con i bambini. Si istupidiscono. Ma se dici che sei una studentessa universitaria, la gente ne è così impressionata. Puoi essere una studentessa di qualsiasi facoltà e non è necessario che tu sappia nulla. Basta che dici tossicologia o biocinetica marina, e la persona con la quale stai parlando sposterà l'argomento del discorso su di sé. Se questo non funziona, tira fuori la sinapsi neurale dei piccioni embrionali. Una volta ero una vera studentessa universitaria. Ho circa milleseicento crediti sulla via di una laurea in personal fitness training. A detta dei miei genitori a quest'ora potrei essere laureata in medicina. Scusa, Mamma. Scusa, Dio. C'è stato un tempo in cui Evie e io andavamo a ballare nei bar e nelle discoteche e gli uomini aspettavano fuori della porta del bagno delle donne per vederci. C'erano ragazzi che dicevano che stavano cercando gente per una pubblicità televisiva. Il tipo mi dava un biglietto da visita e mi chiedeva quale fosse la mia agenzia. C'è stato un tempo in cui mia mamma mi veniva a trovare. Mia madre fuma, e il primo pomeriggio che sono tornata a casa da una ripresa, ha tirato fuori un pacchetto di fiammiferi e ha detto: «Che significa tutto questo?». Ha detto: «Per favore dimmi che non sei una gran puttana come il tuo povero fratello morto». Sul pacchetto di fiammiferi c'era il nome di un ragazzo che non conoscevo e un numero di telefono. «Questo non è l'unico che ho trovato» disse mamma. «Che stai combinando?» lo non fumo. Glielo dico. I pacchetti di fiammiferi si ammucchiano perché sono troppo educata per non prenderli e troppo frugale per buttarli via. Ecco perché ci vuole un intero cassetto della cucina per tenerceli, tutti questi uomini che non ricordo e i loro numeri di telefono. Vai a un giorno come un altro all'ospedale, appena fuori dell'ufficio della logopedista dell'ospedale. L'infermiera mi sta portando in giro sottobraccio per farmi esercitare, e non appena giriamo un angolo, appena dietro la porta aperta dell'ufficio, boom, eccola lì Brandy Alexander, seduta gloriosamente in una posa alla Principessa Brandy Alexander, con addosso un iri-
descente vestito da gatta di Vivienne Westwood che cambia colore a ogni movimento. «Vogue» dal vivo. Il fotografo di moda nella mia testa che grida: Dammi magia, piccola. Flash. Dammi stupore. Flash. La logopedista diceva: «Brandy, puoi alzare il tuo tono di voce se alzi la cartilagine laringale. È quella collinetta nella tua gola che senti salire mentre canti le scale ascendenti.» Diceva lei: «Se riesci a mantenere la laringe alzata in gola, la tua voce dovrebbe rimanere tra un sol e un do centrale. Sono circa 160 hertz». Brandy Alexander e la sua presenza trasformarono il resto del mondo in realtà virtuale. Cambiava colore da ogni differente angolazione. Divenne verde a un mio passo. Rossa a un altro. Divenne oro e argento e poi fu alle nostre spalle, dissolta. «Poveretta, triste e ingannata» disse suor Katherine, e sputò sul pavimento di cemento. Mi guardò mentre sporgevo il collo per sbirciare giù lungo il corridoio, e mi chiese se avevo una famiglia. Scrissi: si, c'è mio fratello gay ma è morto di AIDS. E lei dice: «Be', allora va tutto per il meglio, no?». Vai alla settimana dopo l'ultima visita di Manus, ultima che significa finale, quando Evie passa dall'ospedale. Evie guarda le foto e parla con Dio e Gesù Cristo, «Sai» Evie mi dice attraverso il mucchio di «Vogue» e «Glamour» che mi ha portato, «ho parlato con l'agenzia e hanno detto che se rifacciamo il tuo portfolio prenderanno in considerazione di riprenderti come manista.» Evie vuole dire modella per le mani, in posa per anelli da cocktail e braccialetti di diamanti per il tennis e stronzate varie. Come se volessi sentire tutto questo. Non posso parlare. Posso solo mangiare liquidi. Nessuno vuole guardarmi. Sono invisibile. Tutto quello che voglio è che qualcuno mi chieda cos'è successo. Poi andrò avanti con la mia vita. Evie dice al mucchio di riviste. «Voglio che vieni a vivere a casa mia
quando esci». Apre la sua borsa di tela a fianco del mio letto e ci infila tutt'e due le mani. Evie dice: «Sarà divertente. Vedrai. Odio vivere tutta sola con me stessa». E dice: «Ho già traslocato le tue cose nella camera degli ospiti». Ancora nella borsa, Evie dice: «Sto andando a un servizio fotografico. Non è che per caso hai dei buoni dell'agenzia da prestarmi?». Con la matita sul blocco, scrivo: è il mio maglione quello che hai addosso? E agito il blocco davanti al suo viso. «Sì» dice, «tanto sapevo che non ti sarebbe importato.» Scrivo: ma è una taglia 40. Scrivo: e tu sei una 44. «Senti» dice Evie. «Devo essere lì alle due. Magari torno quando sei di un umore un po' migliore?» Parlando al suo orologio, dice: «Mi dispiace che le cose siano dovute andare in questo modo. Non è stata colpa di nessuno». Ogni giorno in ospedale va avanti così. Colazione. Pranzo. Cena. In mezzo suor Katherine. In televisione c'è un canale che non fa altro che telepromozioni tutto il giorno e tutta la notte, ed eccoci qui, Evie ed io, assieme. Ci hanno dato una barca di soldi. Per quella roba del Fabbricasnack ci esibiamo in questi sorrisi da grandi testimonial famose, quelli dove fai diventare la tua faccia un grande termosifone spaziale. Indossiamo questi vestiti con i lustrini, che quando li metti sotto un riflettore il vestito lampeggia come quando un milione di reporter ti fanno le foto. Così affascinante. Sono in piedi in questo vestito che pesa dieci chili, con questo grande sorriso, e lascio cadere residui animali nell'imbuto di plexiglass in cima al Fabbricasnack Num Num. Questa cosa sputa fuori tartine come impazzita, ed Evie si deve avventurare tra il pubblico in studio e far sì che la gente mangi le tartine. La gente mangerebbe di tutto pur di apparire in televisione. Poi, fuori onda, Manus fa: «Facciamoci un giro in barca a vela» E io faccio: «Certo». Era una cosa così stupida, non sapere cosa stava succedendo. Vai a Brandy su una sedia pieghevole dentro l'ufficio della logopedista,
che si lima le unghie con la striscia smerigliata di un pacchetto di fiammiferi. Le sue lunghe gambe potrebbero piegare in due una motocicletta, e il minimo legale di lei, strizzato in una spugna stretch leopardata, sta urlando per essere lasciato libero. La logopedista dice: «Mantieni la glottide parzialmente aperta mentre parli. È così che Marylin Monroe cantò Happy Birthday al presidente Kennedy. Così il tuo respiro baipassa le corde vocali e si ottiene una qualità più femminile e indifesa.» L'infermiera mi guida oltre con le mie ciabatte di cartone, le mie bende strette e la mia paura profonda, e Brandy Alexander guarda in su proprio all'ultimo istante e ammicca. Dio dovrebbe sapere ammiccare bene così. Come qualcuno che ti sta facendo una foto. Dammi gioia. Dammi divertimento. Dammi amore. Flash. Gli angeli in paradiso dovrebbero mandare baci come fa Brandy Alexander, illuminando tutto il resto della settimana. Tornata in camera, scrivo: chi è lei? «Nessuna con cui dovresti entrare in contatto» dice l'infermiera. «Avrai già abbastanza problemi così.» ma chi è? scrivo. «Se riesci a crederci» dice l'infermiera, «quella è una persona diversa ogni settimana.» È subito dopo che suor Katherine comincia a fare cupido. Per salvarmi da Brandy Alexander mi offre l'avvocato senza naso. Offre un dentista scalatore, cui il gelo ha corroso dita e lineamenti fino a farli diventare bozzi duri e lucidi. Un missionario con macchie scure sottopelle causate da qualche fungo tropicale. Un meccanico che si è chinato su di una batteria proprio nel momento in cui è esplosa e l'acido gli ha cancellato labbra e guance e ha ridotto a un ringhio permanente i suoi denti gialli. Guardo l'anello nuziale della suora e scrivo: be', a quanto pare ti sei presa l'ultimo uomo veramente attraente. Per tutto il tempo che sono stata in ospedale, non mi sarei potuta innamorare in nessun modo. Proprio non potevo ancora. Dovevo accontentarmi. Non volevo sottoporre niente a un procedimento troppo complesso. Non volevo raccogliere i pezzi. Ridimensionare le aspettative. Andare avanti con la mia meno-che-vita. Non volevo sentirmi meglio per il fatto di essere ancora viva. Cominciare a compensare. Volevo solo che la mia fac-
cia fosse rimessa a posto, se fosse stato possibile, e non lo era. Quando è il momento di reintrodurmi ai cibi solidi, di nuovo le loro parole, ci sono purè di pollo e carote passate. Cibo per bimbi. Tutto schiacciato o polverizzato o frantumato. Sei quello che mangi. L'infermiera mi porta un opuscolo con degli annunci personali. Suor Katherine sbircia sotto il suo naso e attraverso gli occhiali per leggere: ragazzi cercano ragazze magre, avventurose, scopo divertimento e avventura sentimentale. E, sì, è vero, non ce n'è uno che escluda specificatamente ragazze orrendamente mutilate con spese mediche che lievitano. Suor Katherine mi dice: «Questi uomini a cui puoi scrivere in prigione non c'è bisogno che sappiano come sei veramente». Sarebbe proprio troppo complicato provare a spiegarle i miei sentimenti per iscritto. Suor Katherine mi legge gli annunci dei single mentre col cucchiaio mangio il roast-beef. Offre piromani. Rapinatori. Evasori fiscali. Dice: «È probabile che tu non voglia uscire con un violentatore, almeno non subito. Nessuno è così disperato». Tra gli uomini soli, in galera per banda armata e omicidi colposi di secondo grado, si ferma a chiedermi che cosa c'è che non va. Mi prende la mano e parla al nome scritto sul mio braccialetto di plastica, sono già una fantastica manista, anelli da cocktail, braccialetti identificatori di plastica così belli che perfino una sposa di Cristo non riesce a distoglierne gli occhi. Dice: «Cosa ti senti?». Tutto ciò è esilarante. Dice: «Non ti vuoi innamorare?». Il fotografo nella mia testa dice: Dammi pazienza. Flash. Dammi controllo. Flash. Il fatto è che io ho metà faccia. Dentro le bende, il mio viso stilla ancora minuscole macchioline di sangue sulle garze di cotone. Un dottore, quello che tutte le mattine passa a controllare il bendaggio, dice che la mia ferita sta ancora piangendo. Questa è la parola che usa. Non posso ancora parlare. Non ho una carriera davanti. Posso mangiare solo cibo per lattanti. Nessuno mi guarderà mai più co-
me se avessi vinto un premio importante. niente, scrivo sul mio blocco. non c'è niente che non va. «Non hai ancora elaborato il lutto» dice suor Katherine. «Hai bisogno di farti un buon pianto e poi andare avanti con la tua vita. Sei troppo calma su questo argomento.» Scrivo: non farmi ridere, sennò la mia faccia, scrivo, il dr. dice che la mia ferita si mette a piangere. Eppure, almeno qualcuno lo ha notato. Per tutto questo tempo, sono stata calma. Ero il ritratto della calma. Mai, mai sono stata presa dal panico. Ho visto il mio sangue e muco e denti spiaccicati su tutto il cruscotto subito dopo l'incidente, ma l'isteria è impossibile senza un pubblico. Farsi prendere dal panico da soli è come ridere da soli in una stanza vuota. Uno si sente veramente stupido. Nell'istante in cui è successo l'incidente, sapevo che sarei morta se non avessi preso l'uscita successiva dell'autostrada, girato a de stra per Northwest Gower, proseguito per dodici isolati, e voltato fin dentro il parcheggio del Pronto Soccorso del La Paloma Memorial Hospital. Ho parcheggiato. Ho preso le chiavi e la borsa e ho camminato. Le porte di vetro si sono aperte slittando prima che mi ci potessi vedere riflessa. La folla dentro, tutte le persone che aspettavano con gambe rotte e bambini in via di soffocamento, sono slittati via, anche loro, quando mi hanno visto. Dopodiché, morfina per endovena. Le piccole forbicine da sala operatoria hanno tagliato il mio vestito. Le mutandine color carne. Le foto della polizia. L'agente, quello che ha perquisito la mia macchina in cerca di frammenti di osso, il tipo che ha visto tutte quelle persone decapitate dai finestrini mezzi aperti, un giorno ritorna e dice che non c'è rimasto più niente da trovare. Uccelli, gabbiani, forse anche gazze. Sono entrati attraverso il finestrino rotto nella macchina parcheggiata all'ospedale. Le gazze hanno mangiato tutto quello che gli agenti chiamano prove di tessuto morbido. Probabilmente le ossa le hanno portate via. «Sa, signorina» dice, «per romperle sugli scogli. Per il midollo.» Sul blocco, con la matita, scrivo: ha, ha, ha. Vai a un attimo prima che mi tolgano le bende, quando una logopedista
dice che mi dovrei inginocchiare e ringraziare Dio per avermi lasciato illesa la lingua in bocca. Siamo sedute nel suo ufficio di mattoni grigio cenere, separate dalla sua scrivania d'acciaio che occupa metà della stanza, e la terapista, lei mi insegna come fa un ventriloquo a far parlare un pupazzo. Vedi, il ventriloquo non può lasciarti vedere che muove la bocca. Non può usare le labbra, così, per formare le parole, preme la lingua sul tetto della bocca. Invece di una finestra, la terapista ha il poster di un gatto coperto di spaghetti sopra le parole: Accentua il Positivo. Lei dice che se non riesci a produrre certi suoni per i quali servono le labbra, sostituisci un suono simile, dice la terapista; per esempio, usa il suono eth invece del suono eff. Il contesto ti renderà comprensibile. «Preferirei essere a Shethfield» dice la terapista. allora vai a Shethfield, scrivo io. «No» dice lei, «ripeti.» La mia gola è sempre secca e raschia anche dopo tutta una giornata di milioni di liquidi succhiati con la cannuccia. La cicatrice è increspata e lucida attorno alla mia lingua illesa. La terapista dice: «Preferirei essere a Shethfield». Io dico: «Salghrew jfwoiew fjfowi sdkifj». «No, non così» dice la terapista. «Non lo stai facendo correttamente.» Dico: «Solfjf gjoie ddd oslidjf?». Dice: «No, non va nemmeno così». Guarda il suo orologio. «Digri vrior gmjgi g giel» dico. «Avrai bisogno di molta pratica, ma al tuo ritmo» dice. «Adesso riprova». Dico: «Jrogier fi fkgoewir mfofeinf fcfd». Dice: «Bene! Brava! Hai visto com'è facile?». Con la matita scrivo sul blocco: vaffanculo. Vai al giorno in cui mi tagliano le bende. Non sai cosa aspettarti, ma ogni dottore e infermiera e medico interno e inserviente, custode e cuoco in ospedale passano per sbirciare dalla porta, e se li peschi abbaiano, Congratulazioni, gli angoli della bocca spalancati e tremanti in un rigido sorriso bavoso. Occhi di fuori. Queste le mie parole
per descriverli. E ho sempre sollevato lo stesso cartoncino di cartone che continuava a dirgli, ancora e ancora: grazie. E poi sono scappata. Questo dopo che il mio prendisole di crèpe di cotone arriva dalla Espre. Suor Katherine è stata con me tutta la mattina con un arricciacapelli in mano fino a che i miei capelli non sono diventati una specie di grande panna montata. Poi Evie ha portato qualche trucco e mi ha fatto gli occhi. Ho indossato il mio nuovo vestito provocante e non vedevo l'ora di cominciare a sudare. Per tutta l'estate non avevo mai visto uno specchio, o se l'avevo visto non mi ero mai resa conto che il riflesso era il mio. Non avevo visto le foto della polizia. Quando Evie e suor Katherine hanno finito, dico: «De foil iowa fog geoff». Ed Evie dice: «Non c'è di che». Suor Katherine dice: «Ma se hai appena finito di pranzare». È abbastanza chiaro che qui nessuno mi capisce. Dico: «Kong wimmer nay pee golly». Ed Evie dice: «Certo, queste sono le tue scarpe, ma non le rovino affatto». E suor Katherine dice: «No, ancora niente posta, ma possiamo scrivere ai carcerati dopo che hai fatto il riposino, cara». Se ne sono andate. E. Me ne sono andata, sola. E. Il mio viso, quanto potrà mai essere brutto? E poi, essere mutilata può tornare a tuo vantaggio qualche volta. Tutte quelle persone con il piercing e i tatuaggi e le marchiature a fuoco e le scarificazioni... Cioè, voglio dire, l'attenzione è attenzione. Per la prima volta, uscendo, sento di essermi persa qualcosa. Cioè, un'estate intera è proprio sparita. Tutte quelle feste in piscina e starsene sdraiati sulle prue metalliche dei motoscafi. A prendere raggi. Cercare ragazzi con le decappottabili. Mi accorgo che tutti i picnic e tutte le partite di softball e i concerti sono sgocciolati in un paio di scatti che Evie non farà sviluppare fino a verso il giorno del Ringraziamento. Uscendo, il mondo è tutto a colori dopo il bianco su bianco dell'ospedale. Supera l'arcobaleno. Cammino fino a un supermercato, e fare acquisti mi sembra come un gioco a cui non ho più giocato da quando ero bambina. Ecco tutte le mie marche preferite, tutti quei colori, mostarda French's, riso A Roni, Top Ramen, ogni cosa cerca di colpire la tua attenzione. Tutto quel colore. Un mutamento totale dello standard di bellezza di
modo che nessuna cosa salta davvero agli occhi. Il totale è minore della somma delle singole parti. Tutto quel colore tutto in un solo posto. Tranne che per quell'arcobaleno di prodotti non c'è altro da guardare. Quando guardo la gente, vedo solo le loro nuche. Se anche mi volto velocissimamente, tutto quello che riesco a cogliere è l'orecchio di qualcuno che si gira via. E la gente parla con Dio. «Oh Dio» dicono. «Hai visto quella?» E: «Ma era una maschera? Cristo, è un po' presto per Halloween». Tutti sono molto impegnati a leggere le etichette della mostarda French's e del riso A Roni. E io prendo un tacchino. Non so perché. Non ho soldi, ma prendo un tacchino. Scavo tra i grandi tacchini congelati, quei grandi pezzi di ghiaccio color carne nel bancofrigo. Scavo fino a quando, nella sua grande retina gialla di plastica, non trovo il tacchino più grande di tutti e lo sollevo come fosse un bambino. Mi trascino nella parte davanti del negozio, passando dritta at traverso le casse, e nessuno mi ferma. Nessuno nemmeno mi guarda. Stanno tutti leggendo quei giornali scandalistici come se all'interno vi fosse nascosto dell'oro. «Sejgfn di ofo utnbg» dico. «Nei wucj iswisn sdnsud.» Nessuno guarda. «EVSF UYYB IUH» dico nella mia miglior voce da ventriloquo. Nessuno parla nemmeno. Forse parlano solo i cassieri. Ha due documenti di identità? chiedono alla gente che paga con assegni. «Fgjrn iufnv si vuv» dico. «Xidi cniwuw sis sacnc!» Poi ecco, è in quel momento che un bambino dice: «Guarda!». Quelli che non guardano e non parlano smettono di respirare. Il bambino dice: «Guarda, mamma, guarda là! Quel mostro sta rubando da mangiare!». Tutti rimpiccioliscono per l'imbarazzo. Le teste si affossano nelle spalle come quando si cammina con le stampelle. Stanno leggendo ancora con più attenzione i titoli dei giornali scandalistici. RAGAZZA MOSTRO RUBA UCCELLO DELLE FESTIVITÀ. Ed eccomi lì, impalata nel mio vestito di crêpe di cotone, in braccio un tacchino da dieci chili, il tacchino che suda, il vestito quasi trasparente. I miei capezzoli sono durissimi a contatto con il ghiaccio avvolto nella retina gialla tra mie braccia. Io sotto la mia acconciatura panna montata. Nes-
suno che mi guardi come se avessi vinto un gran bel niente. Una mano scende giù e schiaffeggia il bambino, e il bambino comincia a piangere. Il bambino piange come quando non hai fatto niente di male ma vieni punito comunque. Fuori il sole tramonta. Dentro, tutto è morto tranne questa vocina che ripete urlando: Perché mi hai picchiato? Non ho fatto niente. Perché mi hai picchiato? Che cosa ho fatto? Ho preso il tacchino. Ho camminato più veloce che potevo verso il La Paloma Memorial Hospital. Era quasi buio. Per tutto il tempo abbraccio il tacchino, mi dico: tacchini. Gabbiani. Gazze. Uccelli. Gli uccelli hanno mangiato il mio viso. Di nuovo in ospedale, suor Katherine viene verso di me lungo il corridoio accompagnando un uomo e il suo supporto per la flebo, l'uomo avvolto in garze e attaccato con tubi di drenaggio e sacchetti di plastica con liquidi gialli e rossi che gocciolano dentro e fuori da lui. Gli uccelli hanno mangiato il mio viso. Sempre più vicina, suor Katherine grida: «Yu hu! Ho qui qualcuno di speciale che vorrebbe proprio incontrarti!». Gli uccelli hanno mangiato il mio viso. Tra me e loro c'è l'ufficio della logopedista, e quando entro a nascondermici, ecco, per la terza volta, Brandy Alexander. La regina di tutte le cose buone e gentili indossa quest'abito sbracciato stile tank di Versace con l'opprimente sentimento di disperazione e corrotta rassegnazione tipico di questa stagione. Consapevole del suo corpo ma al tempo stesso umiliata. Allegra ma al tempo stesso storpiata. La regina suprema è la più bella cosa che abbia mai visto, e quindi entro lì per guardare dalla soglia. «Gli uomini» dice la terapista «quando parlano sottolineano l'aggettivo.» Dice la terapista: «Per esempio, un uomo direbbe: "Sei così attraente, oggi"». Brandy è così attraente che le si potrebbe tagliare la testa ed esporla su velluto blu nella vetrina di Tiffany e qualcuno la comprerebbe per un milione di dollari. «Una donna direbbe: "Sei così attraente, oggi"» dice la terapista. «Adesso, tu, Brandy. Dillo tu. Sottolinea l'elemento che modifica, non l'aggettivo.» Brandy Alexander guarda me che sto sulla soglia con i suoi occhi Bur-
ning Blueberry e dice: «Ragazza, per Dio, sei così orrenda. Hai lasciato che un elefante ti si sedesse in faccia o che?». La voce di Brandy, sento appena quello che dice. In quell'istante, adoro Brandy così tanto. Ogni cosa di lei fa sentire bene, come essere belli e guardarsi in uno specchio. Brandy è la mia Famiglia Reale liofilizzata. Il mio unico tutto per cui valga la pena vivere. Faccio: «Cfoieb svns ois», e accatasto il freddo tacchino bagnato nel grembo della terapista, lei bloccata a sedere da dieci chili di carne morta sulla sedia da ufficio in pelle e con ruote. Giù nel corridoio, più vicino, suor Katherine sta gridando: «Yu hu!». «Mriuvn vvsi sjaoi aj» faccio io, e trascino la terapista e la sua sedia nel corridoio. Dico: «Jownd vvinc sm fdo dcncvv». La logopedista, lei mi sorride e dice: «Non mi devi ringraziare, è solo il mio lavoro, ecco tutto». La monaca è arrivata con l'uomo e il suo supporto per flebo, un uomo nuovo senza pelle o coi lineamenti distrutti o tutti i denti saltati, un uomo che sarebbe perfetto per me. Il mio unico vero amore. Il mio principe azzurro deformato o mutilato o malato. Il mio vissero per sempre infelici e scontenti. Il mio futuro orribile. Il mostruoso resto della mia vita. Sbatto la porta dell'ufficio e mi chiudo dentro con Brandy Alexander. Sul tavolo c'è il quaderno della logopedista, lo afferro. salvami, scrivo, e lo agito davanti alla faccia di Brandy. Scrivo: per favore. Vai alle mani di Brandy Alexander. Si comincia sempre con le sue mani. Brandy Alexander allunga una mano, una di quelle mani pelose dalle nocche suine, le vene del braccio ammassate e strizzate al gomito da braccialetti di ogni colore. Da sola, Brandy Alexander è un tale mutamento nello standard della bellezza che niente risalta. Nemmeno tu. «Allora, cara» dice Brandy. «Cosa è successo al tuo viso?» Gli uccelli. Scrivo: uccelli, gli uccelli hanno mangiato il mio viso. E comincio a ridere. Brandy non ride. Brandy dice: «Cosa significa?». E sto ancora ridendo. ero in macchina sull'autostrada, scrivo.
E sto ancora ridendo. qualcuno ha sparato una pallottola calibro 30 con un fucile. il proiettile mi ha strappato l'intera mascella dalla faccia. Ancora ridendo. sono venuta all'ospedale, scrivo. non sono morta. Ridendo. non hanno potuto riattaccarmi la mascella perché i gabbiani l'avevano mangiata. E smetto di ridere. «Cara, la tua calligrafia è terribile» dice Brandy. «Adesso dimmi il resto.» E comincio a piangere. il resto, scrivo, è che devo mangiare cibi per poppanti. non posso parlare. non ho una carriera. non ho una casa. il mio fidanzato mi ha lasciata. nessuno mi guarda. tutti i miei vestiti, la mia migliore amica li ha rovinati. Sto ancora piangendo. «Che altro?» dice Brandy. «Raccontami tutto.» un bambino, scrivo. un bambinetto al supermercato mi ha chiamato mostro. Quegli occhi Burning Blueberry mi fissano come mai altri occhi hanno fatto per tutta l'estate. «La tua capacità di percezione è completamente fottuta» dice Brandy. «Tutto quello di cui riesci a parlare è immondizia già accaduta.» Dice: «Non puoi basare la tua vita sul passato o sul presente». Dice Brandy: «Devi raccontarmi del tuo futuro». Brandy Alexander, lei si alza in piedi sulle sue scarpe-trappola reggigambe d'oro lamé. La regina suprema estrae un portacipria ingemmato dalla borsetta e lo apre per guardare lo specchietto. «Quella terapista» dicono quelle labbra Plumbago, «la logopedista può essere così stupida in certe situazioni.» I grandi muscoli delle braccia ingioiellate di Brandy mi mettono a sedere sulla sedia ancora calda del suo culo, e lei tiene il portacipria in modo che possa guardarci dentro. Invece della cipria, è pieno di capsule bianche. Al
posto dello specchietto, c'è una foto in primo piano di Brandy Alexander sorridente e bellissima. «Sono Vicodin, cara» dice. «È la scuola di medicina Marilyn Monroe, quella dove il giusto numero di droghe cura qualunque malattia.» Dice: «Prego. A tua disposizione». Snella ed eterna divinità, la foto di Brandy mi sorride da sopra un mare di analgesici. Ecco come ho incontrato Brandy Alexander. Ecco come ho trovato la forza per non andare avanti con la mia vita precedente. Ecco come ho trovato il coraggio di non raccogliere gli stessi vecchi cocci. «Ora» dicono quelle labbra Plumbago «mi racconterai la tua storia come lo hai appena fatto. Scrivila tutta quanta. Racconta quella storia, ancora e poi ancora. Raccontami la tua triste storia del cazzo per tutta la notte.» Quella regina Brandy punta verso di me un dito lungo e ossuto. «Quando capisci» dice Brandy «che quella che racconti è solo una storia. Che non sta più succedendo. Quando realizzi che la storia che stai raccontando sono solo parole, quando puoi sbriciolarla e gettare il tuo passato nel secchio dell'immondizia» dice Brandy, «allora riusciremo a capire chi sarai.» 4 Vai al confine canadese. Vai a noi tre nella Lincoln Town Car a noleggio, che aspettiamo di partire da Vancouver verso sud, British Columbia, fin negli Stati Uniti, che aspettiamo, con il signor Alfa Romeo al posto di guida, aspettiamo con Brandy davanti accanto a lui, aspettiamo, con me da sola dietro. «I poliziotti hanno dei microfoni» ci dice Brandy. Il piano è che se riusciamo a passare il confine, andremo a sud fino a Seattle dove ci sono nightclub e discoteche dove ragazzi e ragazze go-go faranno la fila per ripulire le tasche della mia borsetta. Dobbiamo stare zitti perché i poliziotti, canadesi e americani, hanno microfoni da entrambe le parti della frontiera. Così possono ascoltare le persone in attesa di attraversare. Potremmo avere sigari cubani. Frutta fresca. Diamanti. Malattie. Droga, dice Brandy. Brandy, lei ci dice di stare zitti un chilometro prima del confine, e così aspettiamo in colonna, in silenzio. Brandy si srotola dalla testa i metri e metri di sciarpa di broccato. Brandy fa ricadere i capelli lungo la schiena e si avvolge la sciarpa sulle spalle per nascondere il suo canalone torpedo. Brandy passa a orecchini
d'oro semplici. Si toglie le perle e si mette una catenina con una croce d'oro. Questo un attimo prima dell'agente di frontiera. «Le vostre nazionalità?» dice il giovane agente di frontiera seduto dietro la sua piccola finestrella, dietro il terminale del suo computer con il suo bloc-notes e la sua divisa blu dietro gli occhiali a specchio, e dietro il suo distintivo. «Signore» dice Brandy, e la sua nuova voce è morbida e strascicata come farina d'avena senza sale né burro. Lei dice: «Signore, siamo cittadini degli Stati Uniti d'America, quella che si soleva definire la più grande nazione sulla terra prima che gli omosessuali e i pedofili...». «I vostri nomi?» dice il tipo del confine. Brandy si appoggia ad Alfa per guardare il tipo del confine: «Mio marito» dice «è un uomo innocente». «I vostri nomi, per favore» dice lui, certamente controllando la nostra targa, scoprendo che è una macchina a noleggio, noleggiata a Billings, Montana, tre settimane fa, forse persino scoprendo la verità su chi siamo davvero. Forse trovando bollettini su bollettini provenienti da tutto il Canada occidentale che parlano di tre pazzi che rubano medicine in grandi ville in vendita. Forse sul suo schermo sta passando tutto ciò, forse niente di tutto ciò. Non lo sai mai. «Sono sposata» Brandy quasi urla per avere la sua attenzione. «Sono la moglie del reverendo Scooter Alexander» dice, ancora mezzo sdraiata sul grembo di Alfa. «E questo» dice e disegna una linea invisibile dal suo sorriso ad Alfa, «questo è mio genero, Seth Thomas.» Le sue grandi mani volano verso di me nel sedile posteriore. «Questa» dice «è mia figlia, Bubba-Joan.» Odio quando Brandy cambia le nostre vite senza preavviso. Qualche volta, capita anche due volte al giorno, devi essere all'altezza di una nuova identità. Un nome nuovo. Nuovi rapporti. Handicap. È difficile ricordare chi ero all'inizio di questo viaggio. Non c'è dubbio, questo è il tipo di stress che deve provare un virus dell'AIDS in costante mutazione. «Signore?» il tipo del confine dice a Seth, già Alfa Romeo, già Chase Manhattan, già Nash Rambler, già Wells Fargo, già Eberhard Faber. L'agente dice: «Signore, sta portando qualche genere di merce con lei negli Stati Uniti?». Il piccolo dito appuntito della mia scarpa si infila sotto il sedile davanti e dà un colpetto al mio nuovo marito. I dettagli ci circondano. Poco più in là
il fango delle secche lasciate dalla bassa marea. Piccole onde che arrivano una dopo l'altra. Sull'altro lato aiuole piantate per sillabare parole che si riescono a leggere solo da lontano. Da vicino, sono solo tantissime begonie di cera, rosse e gialle. «Non mi dica che non ha mai visto il nostro programma La Miracolosa Guarigione Cristiana!» dice Brandy. Giocherella con la piccola croce attorno al collo. «Se avesse guardato una puntata, saprebbe che Dio, nella sua saggezza, ha fatto mio genero muto, e che non può parlare.» Il tipo del confine batte velocemente sulla tastiera. Potrebbe aver scritto CRIMINE. O DROGA. O SPARO. O CONTRABBANDIERI. O ARRESTO. «Nemmeno una parola» Brandy sospira vicino all'orecchio di Seth. «Parla, e a Seattle ti cambio in Harvey Wallbanger.» Il tipo del confine dice: «Per farvi entrare negli Stati Uniti dovrò controllare i vostri passaporti, per favore». Brandy si bagna le labbra con la lingua rendendole brillanti, gli occhi umidi e lucenti. La sciarpa di broccato scivola giù rivelando il suo canalone mentre guarda il tipo del confine e dice: «Ci scusi un attimo». Brandy ritorna a sedere sul suo sedile, e il finestrino di Seth ritorna su ronzando. Le grandi torpedo di Brandy inalano a fondo e poi esalano. «Nessuno si faccia prendere dal panico» dice, e apre il rossetto facendolo schioccare. Dà un bacio nello specchietto retrovisore e si passa il rossetto attorno alla grande bocca Plumbago, e trema così tanto che la sua grande mano deve tenere ferma la mano del rossetto. «Posso riuscire a farci rientrare negli States» dice, «ma avrò bisogno di un preservativo e di una mentina.» Attorno al rossetto dice: «Bubba-Joan, sii un angelo e passami una di quelle Estraderm, vuoi?». Seth le dà la caramella e il preservativo. Lei dice: «Stiamo a vedere quanto gli ci vuole per trovare una settimana di liquidi femminili che stagnano nel suo culo». Chiude il rossetto e dice: «Asciugami, per favore». Le passo un fazzolettino e una tavoletta di estrogeno. 5 Torna indietro a un giorno all'esterno dei grandi magazzini Brumbach,
dove la gente è ferma a guardare un cane che alza la zampa sulla scena della Natività, Evie e io comprese. Poi il cane si siede e si rotola sulla schiena, si lecca il suo grumoso buco di culo canino, ed Evie mi dà una gomitata. La gente applaude e lancia soldi. Poi siamo dentro Brumbach, a provare rossetti sul dorso delle nostre mani, e dico: «Perché i cani si leccano?». «Solo perché possono farlo...» dice Evie. «Non sono come le persone.» Questo appena dopo aver ammazzato una giornata di otto ore alla scuola per modelle, a guardarci la pelle negli specchi, così faccio: «Dai, Evie, non prenderti in giro». Ho avuto la sufficienza alla scuola di modelle solo perché Evie ha abbassato la media. Si metteva sfumature di rossetto che ti saresti aspettata di vedere attorno alla base di un pene. Si metteva così tanto ombretto che pensavi fosse una cavia per testare quei prodotti. Solo per tutta la lacca che usa lei c'è un buco nell'ozono sopra la Taylor Robberts Modeling Academy. Tutto questo molto prima dell'incidente, quando pensavo che la mia vita fosse così bella. Ai grandi magazzini Brumbach, dove passiamo il tempo dopo le lezioni, tutto il nono piano è dedicato all'arredamento. Lungo le pareti ci sono le sale da esposizione: camere da letto, camere da pranzo, salotti, studioli, biblioteche, camere dei bambini, saloni, vetrinette per la porcellana, uffici domestici, tutti che danno sull'interno del negozio. Il quarto invisibile muro. Tutte perfette, pulite e con tappeto, piene di mobili eleganti e caldissimi per via dei faretti su binari e delle troppe lampade. C'è il sibilo del rumore bianco che viene dagli altoparlanti nascosti. Accanto alle camere, i clienti passano negli scuri corridoi di linoleum che corrono tra le sale da esposizione e le male illuminate isole che riempiono il centro del piano, gruppi di conversazione e punti di attesa con sofà e tappeti, piantane e piante finte. Calme isole di luce e colore nell'oscurità, che brulicano di sconosciuti. «È come una prova del suono» Evie diceva. «Set in miniatura, tutti pronti perché qualcuno giri il prossimo episodio. Il pubblico dello studio che ti guarda dall'oscurità.» I clienti passavano lì accanto mentre io ed Evie ce ne stavamo sdraiate su un letto a baldacchino rosa a telefonare agli oroscopi dal suo cellulare. Raggomitolate su un divano componibile in tweed, a sgranocchiare popcorn e a guardare le nostre telenovelas davanti a un mobile con televisore a colori. Evie che si tira su la maglietta per mostrarmi un altro piercing al-
l'ombelico. Che si tira giù la manica della blusa per farmi vedere le cicatrici dei suoi impianti di silicone. «È troppo deprimente nella mia vera casa» diceva Evie. «E detesto il fatto di non sentirmi del tutto reale quando non c'è gente a guardare.» Dice: «Non è che passo il tempo da Brumbach per avere privacy». A casa, nel mio appartamento, c'era Manus con le sue riviste. Le sue riviste porno per gay che aveva dovuto comprare per il suo lavoro, diceva lui. Ogni mattina a colazione mi mostrava delle foto patinate di tipi che se lo succhiavano da soli. Curvi, con i gomiti agganciati dietro le ginocchia e il collo abbassato fino a strozzarsi, ciascuno perso nel proprio piccolo circuito chiuso. Puoi scommettere che quasi ogni ragazzo al mondo ci ha provato. Poi Manus mi diceva: «Questo è quello che vogliono i ragazzi». Dammi idillio. Flash Dammi diniego. Per ogni piccolo circolo chiuso di ciascuno di quei tipi abbastanza flessibili o con un cazzo abbastanza grande da non aver bisogno di nessun altro al mondo, Manus puntava il suo toast verso quelle foto e mi diceva: «Questi non devono stare a combattere con lavoro o rapporti». Manus masticava con gli occhi fissi alle riviste. Prendendo con la forchetta i bianchi d'uovo strapazzati, mi diceva: «Potresti anche vivere e morire in questa maniera». Poi andavo in centro alla Taylor Robberts Modeling Agency per perfezionarmi. I cani si leccheranno il culo. Evie si auto-mutilerà. Tutta questa fissazione ombelicale. A casa, Evie non aveva nessuno, tranne che aveva un sacco di soldi di famiglia. La prima volta che abbiamo preso insieme un autobus per andare da Brumbach, ha dato la carta di credito all'autista e ha chiesto un sedile vicino al finestrino. Era preoccupata che il suo bagaglio a mano fosse troppo grande. Io assieme a Manus, o lei da sola, non si sa chi delle due stava peggio a casa. Ma da Brumbach, Evie e io, noi sonnecchiavamo in una qualsiasi di quelle perfette camere da letto. Ci mettevamo del cotone tra le dita dei piedi e, su sedie da rivestite di ciniglia, ci passavamo lo smalto sulle unghie. Poi, su un lungo tavolo da pranzo lucido, studiavamo il nostro libro di testo per modelle della Taylor Robberts. «Qui è proprio come le false riproduzioni degli habitat naturali che costruiscono negli zoo» diceva Evie. «Sai, quelle calotte polari di cemento e
quelle foreste pluviali fatte di alberi di tubi saldati con dentro i vaporizzatori.» Ogni pomeriggio, Evie e io, noi eravamo le protagoniste nel nostro personale habitat innaturale. I commessi sgattaiolavano nel bagno degli uomini per fare sesso. Concentravamo l'attenzione sulla nostra propria piccola vita da matinée. Tutto quello che mi ricordo della Taylor Robberts è di lasciarmi guidare dal bacino quando cammino. Tieni indietro le spalle. A seconda delle dimensioni del prodotto da presentare ti dicevano di disegnare delle linee invisibili tra te e il prodotto. Per i tostapane, disegna nell'aria una linea che va dal tuo sorriso al tostapane. Per una cucina, disegna una linea a partire dal tuo seno. Per una macchina nuova, fai partire la tua linea invisibile dalla vagina. Quello che conta è che essere modelle protessioniste significa venire pagate per reagire in modo eccessivo a cose come riso soffiato e scarpe nuove. Da Brumbach bevevamo Diet Cola in un grande letto rosa. O sedevamo davanti a una toilette, usando del correttore per modificare la forma del nostro viso mentre pochi metri più in là il vago profilo della gente ci guardava dall'oscurità. Magari i faretti montati sui binari si riflettevano sugli occhiali di qualcuno. Con ogni nostra mossa che richiamava l'attenzione, ogni gesto, ogni cosa che dicevamo, è facile capire l'assalto che ricevevi. «È così sicuro e tranquillo qui» diceva Evie sistemando il piumone di seta rosa e rassettando i cuscini. «Qui non ti potrebbe mai succedere niente di male. Non come a scuola. O a casa.» Perfetti sconosciuti se ne stavano lì fermi con addosso i loro cappotti, a guardarci. Come quei talk-show televisivi: è così facile essere sinceri davanti a un pubblico abbastanza numeroso. Puoi dire qualsiasi cosa se c'è abbastanza gente ad ascoltarti. «Evie, cara» dicevo io. «Nella nostra classe ci sono molte modelle peggiori. Devi solo imparare ad avere un po' più di controllo con il fard.» Ci guardavamo nello specchietto di un beauty-case, una tripla fila di signorinessuno che ci osservava da dietro. «Ecco, dolcezza» dicevo io porgendole una spugnetta, «sfumalo.» Ed Evie cominciava a piangere. Ogni tua emozione si enfatizza esageratamente davanti a un grande pubblico. Risate o lacrime, non c'è via di mezzo. Quelle tigri negli zoo devono vivere continuamente in una grande opera. «Non è solo questo mio voler essere una modella affascinante» diceva
Evie. «È che quando penso a me che cresco sono così triste.» Evie ricacciava indietro le lacrime. Stringeva la sua spugnetta e diceva «Quando ero piccola, i miei genitori volevano che fossi un maschio». Continuava: «Non voglio mai più essere così infelice». Altre volte portavamo tacchi alti e facevamo finta di prenderci a schiaffi in bocca a causa di qualche ragazzo che volevamo entrambe. Qualche pomeriggio confessavamo l'una all'altra di essere delle vampire. «Sì» dicevo. «Anche i miei genitori mi maltrattavano.» Dovevi recitare per il pubblico Evie si girava le dita nei capelli. «Mi faccio un guiche» diceva. «È un piercing a quel piccolo lembo di pelle che va dal buco del culo alla vagina.» Mi andavo a tuffare nel letto, centro-palco, abbracciando un cuscino e guardando in alto nel nero intreccio di condutture e tubi antincendio che dovevi immaginare fosse il soffitto di una camera da letto. «Non è che mi hanno picchiato o fatto bere sangue satanico o roba del genere» dicevo. «È che preferivano mio fratello perché era mutilato.» E, per oscurarmi, Evie raggiungeva il centro del palcoscenico vicino al comodino in stile Early American. «Avevi un fratello mutilato?» diceva. Qualcuno tra quelli che ci guardavano tossiva. Talvolta la luce faceva luccicare un orologio da polso. «Sì, era piuttosto mutilato, ma non in una maniera sexy. Nonostante ciò, c'è un finale felice» dicevo. «È morto.» E, con grande intensità, Evie diceva: «Mutilato come? Era il tuo unico fratello? Più grande o più piccolo?». E io mi lanciavo giù dal letto e mi scompigliavo i capelli. «No, è troppo doloroso.» «No, davvero» Evie diceva. «Non sto scherzando.» «Era più grande di un paio d'anni. Il suo viso era tutto esploso per un incidente con della lacca, e ti verrebbe da pensare che i miei genitori si fossero completamente dimenticati di avere un'altra figlia». Mi tamponavo gli occhi sulle federe del cuscino e dicevo al pubblico: «Così ho solo cercato di fare di tutto perché loro mi amassero». Evie guardava nel nulla e diceva: «Oh, merda! Oh, merda!». E la sua recitazione, la sua dizione, era così veritiera che sotterrava la mia. «Sì» dicevo. «Lui non doveva far nulla. Era così facile. Gli bastava essere tutto bruciato e sfregiato dalle cicatrici, catturava tutta l'attenzione».
Evie mi rubava il primo piano e diceva: «Allora dov'è adesso, tuo fratello, lo sai perlomeno?». «Morto» dicevo io, e mi rivolgevo verso il pubblico. «Morto di AIDS.» Ed Evie dice: «Ne sei proprio sicura?». E io dicevo: «Evie!». «No, davvero» diceva. «Lo chiedo per un motivo.» «Non si scherza sull'AIDS» dicevo io. Ed Evie diceva: «Questo è così vicino all'impossibile». Questo per dire com'è facile che la trama sfugga dal controllo. Con tutti questi acquirenti che si aspettano un dramma reale, naturalmente, penso che Evie stia scantonando. «Tuo fratello» dice Evie «l'hai visto davvero morire? Per davvero? O l'hai visto morto? In una bara, sai, con la musica. O un certificato di morte?» Tutta quella gente che guarda. «Sì» dico. «Praticamente.» Come se volessi proprio essere pescata a mentire? Evie mi è addosso: «Allora l'hai visto morto o no?» Tutta quella gente che guarda. «Morto quanto basta.» Evie dice: «Dove?». «Tutto ciò è molto doloroso» dico, e attraverso la scena spostandomi nel salotto. Evie mi insegue dicendo: «Dove?». Tutta quella gente che guarda. «All'ospizio» dico. «Quale ospizio?» Continuo ad attraversare la scena verso il prossimo salotto, la prossima sala da pranzo, la prossima stanza da letto, studio, ufficio domestico, con Evie che mi segue e il pubblico che ci gironzola attorno. «Sai com'è» dico. «Se non vedi un ragazzo gay per un po', è una scommessa quasi sicura.» Ed Evie dice: «Quindi non sai veramente che è morto?». Stiamo correndo attraverso la prossima stanza da letto, salotto, camera da pranzo, camera dei bambini, e io dico: «È AIDS, Evie. Dissolvenza al nero.» E poi Evie si ferma e dice: «Perché?». E il pubblico ha cominciato ad abbandonarmi in mille direzioni.
Perché voglio davvero, davvero, davvero, che mio fratello sia morto. Perché i miei lo vogliono morto. Perché la vita è proprio più facile se lui è morto. Perché così sono figlia unica. Perché è il mio turno, cazzo. Tocca a me. E la folla di acquirenti viene rilasciata, rimaniamo solo noi e le telecamere di sicurezza al posto di Dio per beccarci quando sbagliamo. «Perché è così importante per te?» dico. Ed Evie sta già vagando via da me, lasciandomi sola e dicendo: «Nessun motivo». Persa nel suo piccolo circuito chiuso. Leccandosi il suo buco del culo Evie dice: «Non è niente». Dicendo: «Dimenticatene». 6 Sul pianeta Brandy Alexander, l'universo è governato da un sistema piuttosto elaborato di dèi e dèe. Alcuni malvagi. Alcune sono le dèe per eccellenza. Marilyn Monroe, per esempio. Poi ci sono Nancy Reagan e Wallis Warfiled Simpson. Alcuni sono morti. Altri sono vivi. Molte divinità sono chirurghi plastici. li sistema cambia. Dèi e dèe vanno e vengono, e si scavalcano a vicenda per un cambiamento di status. Abramo Lincoln è nel suo paradiso per trasformare la nostra automobile in una bolla d'aria galleggiante che sa di macchina nuova: che va liscia come un prototipo della pubblicità. In questi giorni, Brandy dice che è Marlene Dietrich a decidere che tempo fa. Ora è l'autunno del nostro ennui. Siamo trasportate lungo l'Interstate 5 sotto cieli grigi, dentro l'interno blu bara di una Lincoln Tovvn Car a noleggio. Seth sta guidando. Ecco come ci sediamo sempre, Brandy davanti e io dietro. Stiamo guidando attraverso tre ore di bellezza panoramica tra Vancouver, British Columbia, e Seattle. Asfalto e combustione interna trasportano noi e la Lincoln Town Car verso sud. Viaggiare in questo modo è come guardare il mondo alla televisione. I finestrini elettrici sono sempre tirati su, e così il pianeta Brandy Alexander ha una calda atmosfera blu, tranquilla, silenziosa. Ci sono 21° giusti, e fuori tutto un mondo di alberi e rocce scorre via in miniatura dietro i vetri concavi. In diretta via satellite. Siamo il piccolo mondo di Brandy Alexander che sfreccia davanti a ogni cosa. Guidando, guidando, Seth dice: «Hai mai pensato alla vita come a una metafora della televisione?».
La nostra regola è che quando Seth guida, niente radio. Succede che arriva una canzone di Dionne Warwick, e Seth comincia a piangere quelle grandi lacrime Estinyl, tremando con quei grandi sospiri Provera. Se Dionne Warwick se ne arriva cantando una canzone di Burt Bacharach, allora dobbiamo proprio accostare o è sicuro che ci capita un incidente. Le lacrime, il modo in cui la sua faccia da gnocco ha perso le ombre intarsiate che prima gli stagnavano sotto la fronte e gli zigomi, il modo in cui la mano di Seth si leverà di soppiatto a pizzicarsi i capezzoli attraverso la camicia, e la sua bocca si spalancherà, e i suoi occhi ruoteranno all'indietro, sono gli ormoni. Gli estrogeni coniugati, il Premarin, l'estradiolo, l'etinil estradiolo, sono tutti riusciti a infilarsi nella Diet Cola di Seth. Naturalmente, ai suoi livelli di overdose giornaliera c'è il pericolo di danni al fegato. Ci potrebbero già essere danni al fegato o cancro o grumi di sangue, trombosi se sei un dottore, ma sono disposta a correre questo rischio. Certo, è tutto solo per divertirsi un po'. Aspettare che i suoi seni si sviluppino. Guardare la sua vistosa spavalderia da macho attira-donne appesantirsi e vedergli fare delle pennichelle il pomeriggio. È tutto molto bello, ma la sua morte mi farebbe andare avanti a esplorare altri interessi. Guidando, guidando, Seth dice: «Non pensate che in qualche modo la televisione faccia di noi Dio?». Questa introspezione è nuova. La crescita della sua barba è diminuita. Devono essere gli antiandrogeni che gli strozzano il testosterone. La ritenzione idrica, può anche ignorarla. Gli sbalzi d'umore. Una lacrima gli scivola da un occhio nello specchietto retrovisore e gli rotola lungo la faccia. «Sono l'unico interessato a questi argomenti?» dice. «Sono l'unico qui in questa macchina a provare qualcosa di reale?» Brandy sta leggendo un libro in edizione economica. Il più delle volte Brandy legge delle aggressive brochure patinate sulle vagine realizzate da qualche chirurgo plastico, complete di foto a colori che mostrano il ritratto perfetto di come un'uretra dovrebbe essere allineata in modo da assicurare un flusso di urina discendente. Al tre foto mostrano come dovrebbe essere incappucciato un clitoride di qualità superiore. Queste sono vagine a cinque cifre, da dieci e ventimila dollari, meglio di quelle naturali, e il più delle volte Brandy ci fa vedere le foto. Vai a tre settimane prima, quando eravamo in una grande casa a Spokane, Washington. Eravamo in un castello di granito di South Hill distese sotto la finestra del bagno. Stavo svuotando una boccetta marrone di Per-
codan nello scomparto della mia borsa dedicato ai Percodan. Brandy Alexander stava cercando una limetta per le unghie sotto il lavandino quando ha trovato questo libro. Adesso tutti gli altri dèi e le altre dèe sono stati eclissati da qualche altra divinità. Torna indietro a Seth che guarda le mie tette attraverso lo spec chietto retrovisore. «La televisione ci rende veramente Dio» dice Dammi tolleranza. Flash. Dammi comprensione. Flash. Persino dopo tutte queste settimane sulla strada con me, i gloriosi e vulnerabili occhi blu di Seth non vogliono ancora incontrare i miei. La sua nuova pensosa introspezione, lui può anche ignorarla. Le pasticche hanno già avuto effetti collaterali sui suoi occhi, gli hanno sprofondato la curva corneale in modo che non può portare le lenti a contatto senza che gli saltino fuori. Devono essere gli estrogeni coniugati che prende ogni mattina nel succo d'arancia. Può anche ignorare tutto ciò. Questo deve essere l'Androcur nel tè freddo del pranzo, ma non lo capirà mai. Non mi scoprirà mai. Brandy Alexander, i piedi nei collant di nylon sul cruscotto, la regina suprema, sta ancora leggendo il suo libro. «Quando guardi i telefilm che vanno in onda di giorno» Seth mi dice «puoi vedere dentro chiunque. Su ogni canale c'è una vita differente, e quasi a ogni ora le vite cambiano. È come in quei siti dove mandano in onda video web dal vivo. Puoi guardare il mondo intero senza che lui lo sappia.» Brandy sta leggendo quel libro da tre settimane. «La televisione ti lascia spiare persino le zone sexy della vita di tutti» dice Seth. «Ha senso o no?» Forse, ma solo se ti fai 500 milligrammi di progesterone micronizzato ogni giorno. Alcuni minuti di panorama scorrono dietro il finestrino. Giusto qualche montagna torreggiante, vecchi vulcani spenti, il tipo di roba che si trova comunemente all'aperto. Quegli eterni motivi naturali della natura. Materiali grezzi nel loro stato più grezzo. Non rifiniti. Fiumi non valorizzati. Montagne mal tenute. Sporcizia. Piante che crescono nel sudiciume. Tem-
po. «E se credi che siamo davvero dotati di libero arbitrio, allora sai che Dio non può controllarci veramente» dice Seth. Le mani di Seth si staccano dal volante e fluttuano intorno per spiegare il suo punto di vista. «E dal momento che Dio non può controllarci» dice «si limita a guardare e a cambiare canale quando si annoia.» Da qualche parte nei cieli, sei in diretta su un sito di video web perché Dio ci navighi. Brandycam. Brandy con in terra le sue scarpe-trappola reggi-gambe vuote, Brandy si lecca un indice e, lentamente, volta una pagina. Antichi petroglifi e ferraglia aborigena ci sfrecciano accanto sibilando. «Quello che voglio dire» dice Seth «è che forse la tv ti rende Dio.» Seth dice: «E potrebbe essere che noi non siamo altro che la televisione di Dio». Sul ciglio di ghiaia, degli alci o chissà che incedono a fatica su tutte e quattro le zampe. «O di Babbo Natale» dice Brandy da dietro il suo libro. «Babbo Natale vede tutto.» «Babbo Natale è solo una favola» dice Seth. «È solo la band di supporto per Dio. Non esiste nessun Babbo Natale.» Vai alla caccia di farmaci di tre settimane fa a Spokane, Washington, quando Brandy Alexander si è buttata nella camera da letto e ha cominciato a leggere. Io ho preso trentadue Nembutal. Trentadue Nembutal sono finiti nella mia borsa. Non mangio la merce. Brandy stava ancora leggendo. Ho provato tutti i rossetti sul dorso della mano, e Brandy era ancora sprofondata in un miliardo di cuscini di pizzo traforato nel centro di un letto ad acqua a tre piazze. Sempre leggendo. Ho messo nella mia borsa dell'estradiolo scaduto e mezzo pacchetto di Plumbago. L'agente immobiliare ha urlato su per le scale, tutto bene? Vai a noi sull'Interstate 5 dove passa un cartellone pubblicitario. Cibo Sano e Prezzi Popolari all'Area di Servizio Karver Stage. Vai a niente Burning Blueberry, niente Rusty Rose o Aubergine Dreams a Spokane. Lui non voleva metterci fretta, aveva urlato su per le scale l'agente immobiliare, ma c'era qualcosa che ci occorreva sapere? Avevamo delle do-
mande? Ho infilato la testa nella camera da letto, e il piumino bianco del letto ad acqua conteneva una Brandy Alexander intenta a leggere, tanto animata quanto morta. Oh, il raso lilla dell'orlo intessuto di perline. Oh, gli strati di cachemire ambrato ornato di marabù topazio sfaccettato. Oh, il liscio bolero di visone ruspante. Siamo dovute andarcene. Brandy ha agguantato il libro tenendolo aperto contro le sue finte tette dritte come torpedo. Il viso Rusty Rose sprofondato nel cusci no di capelli ramati e nelle federe di pizzo traforato, gli occhi a melanzana avevano lo sguardo dilatato di un'overdose di Thorazine. Per prima cosa voglio sapere che droga si è presa. La copertina del libro mostrava una bionda carina. Magra come uno spaghetto. Con un sottile sorrisino carino. I capelli della ragazza erano una foto satellitare dell'uragano Blonde appena oltre la costa ovest del suo viso. Il viso era da dèa greca con grandi ciglia, grandi occhi truccati con l'eyeliner proprio come Betty e Veronica e tutte le altre ragazze Archie a Riverdale High. Bianche perle le cingono le braccia e il collo. Quelli che potrebbero essere diamanti scintillano qua e là. La copertina del libro dice Miss Rona. Brandy Alexander, le sue scarpe-trappola reggi-gambe stavano sporcando tutto il piumino bianco del letto ad acqua, e Brandy ha detto: «Ho capito chi è il vero Dio». L'agente immobiliare era a dieci secondi. Vai a tutte le meraviglie della natura che ci passano oltre indistinte, conigli, scoiattoli, cascate che precipitano. Questo è il peggio. Tartarughe che scavano tane sotterranee. Uccelli che nidificano nei nidi. «La Principessa B. A. è Dio» mi dice Seth dallo specchietto retrovisore. Vai a quando l'agente immobiliare di Spokane urla su per le scale. I proprietari del castello di granito stavano arrivando lungo il vialetto. Brandy Alexander, gli occhi dilatati, quasi senza respiro in un letto ad acqua di Spokane, disse: «Rona Barrett. Rona Barrett è il mio nuovo Essere Supremo». Vai a Brandy nella Lincoln Town Car che dice: «Rona Barrett è Dio».
Tutto intorno a noi, erosione e insetti si stanno proprio masticando il mondo, non la gente e l'inquinamento. Tutto si biodegrada, che tu lo voglia o no. Ho controllato la mia borsa per vedere se ci fosse abbastanza spironolactone per la merenda pomeridiana di Seth. Passa un altro cartellone: La Fantastica Crusca Magic Phase - Metti in Bocca Qualcosa di Buono. «Nella sua autobiografia» testimonia Brandy Alexander, «in Miss Rona, pubblicato da Bantam Books in accordo con la Nash Publishing Corporation di Sunset Boulevard a Los Angeles, California...» Brandy fa un profondo respiro di aria di macchina nuova «... copyright 1974, Miss Rona ci dice che ha cominciato la sua vita come una grassa ragazza ebrea di Queens con un nasone e una misteriosa malattia muscolare.» Brandy dice: «Questa piccola grassa moretta si reinventa come celeberrima bionda superstar che poi un sex symbol maschile implora perché gli lasci infilare il pisello anche un solo centimetro». Nessuno di noi ha più una lingua madre. Un altro cartellone: Al prossimo Sundae, Pretendi il Gelato al Latte Tooter! «Quello che non ha passato quella donna» dice Brandy. «Proprio qui a pagina centoventicinque, quasi affoga nel suo sangue! Rona si è appena rifatta il naso. Guadagna appena cinquanta dollari a storia, ma questa donna risparmia abbastanza per un'operazione al naso da mille dollari! È il suo primo miracolo. Poi, Rona è in ospedale, degenza postoperatoria, la testa avvolta come una mummia, quando un amico viene a trovarla e le racconta che a Hollywood si dice che lei sia lesbica. Miss Rona, una lesbica! Naturalmente non è vero. La donna è una dèa e così urla e urla e urla fino a che non le scoppia un'arteria nella gola.» «Alleluia» dice Seth, di nuovo tutto lacrimante. «E qui» Brandy si lecca il polpastrello di un grande indice e salta un po' di pagine, «a pagina duecentoventidue, Rona viene di nuovo lasciata dal suo viscido compagno con cui sta da undici anni. Erano settimane che tossiva, e così si imbottisce di pillole ed è trovata moribonda e in stato semicomatoso. Perfino l'autista...» «Grazie a Dio» dice Seth. Svariate piante indigene che crescono proprio dove gli pare. «Seth, dolcezza» dice Brandy. «Non interrompere.» Le sue labbra Plumbago dicono: «Perfino l'autista dell'ambulanza ha pensato che Miss Rona sarebbe stata una DOA.» Nuvole di vapore acqueo se ne stanno, sai, su nel cielo.
Brandy dice: «Adesso, Seth». E Seth dice: «Alleluia!». Le margherite selvatiche e la macchia indiana che ci scorrono accanto veloci non sono che i genitali di un'altra forma di vita. E Seth dice: «Quindi che vuoi dire?». «Nel libro Miss Rona, copyright 1974» dice Brandy, «Rona Barrett - che fin da quando aveva nove anni aveva tette enormi e voleva tagliarsele via con le forbici - nel prologo del libro ci racconta che lei è come questo animale, tagliato ed esposto, con tutti gli organi vitali che luccicano e tremano, sai, tipo il fegato e l'intestino crasso. Immagini del genere, tutto che gronda e pulsa. Comunque, potrebbe aspettare che qualcuno la ricucia, ma sa che nessuno lo farà. Deve prendere ago e filo e ricucirsi da sola.» «Che schifo» dice Seth. «Miss Rona dice che niente fa schifo» dice Brandy. «Miss Rona dice che l'unico modo per trovare la vera felicità è di rischiare di essere completamente aperta e tagliata.» Stormi di piccoli uccelli indigeni sembrano tutti presi dall'ossessione di cercare cibo e raccoglierlo con il becco. Brandy gira lo specchietto retrovisore fino a che non mi trova riflessa e dice: «Bubba-Joan, dolcezza?». È ovvio che gli uccelli del posto devono costruirsi i loro nidi fai-da-te usando i materiali che trovano sul luogo. I piccoli bastoncini e le foglie sono come ammucchiati insieme. «Bubba-Joan» dice Brandy Alexander. «Perché non ti apri a noi con una storia?» Seth dice: «Ti ricordi quella volta a Missoula quando la principessa era così strafatta che ha mangiato supposte di Nebalino avvolte nella carta dorata perché pensava che fossero Almond Roca? Alla faccia dei tuoi semicoscienti DOA». Sui pini stanno nascendo le pigne. Gli scoiattoli e i mammiferi di ogni sesso passano tutta la giornata a cercare di scopare. O a partorire in diretta. O a mangiare i loro piccoli. Brandy dice: «Seth, dolcezza?». «Sì, madre.» Quello che sembra bulimia è solo il modo in cui le aquile reali nutrono i loro piccoli. Brandy dice: «Perché devi sedurre ogni cosa vivente che incontri?». Un altro cartellone:
È Nubby il Barbeque Obbligatorio per le vostre Saporite, Gustose, Cosce di Pollo Fritto. Un altro cartellone: Dairy Bite - Il Chewing-gum al Gusto di Vero Formaggio a Basso Contenuto di Grassi. Seth ridacchia. Seth arrossisce e si attorciglia delle ciocche di capelli intorno a un dito. Dice: «Mi fai sembrare così sessualmente incontrollabile». Pietà. Vicino a lui mi sento così mascolina. «O, caro» dice Brandy, «non ti ricordi neanche la metà di quelle con cui sei stato.» Dice: «Be', spero solo di riuscire a dimenticarlo io». Nello specchietto retrovisore Seth dice alle mie tette: «Il solo motivo per cui chiediamo ad altre persone come è andato il loro fine settimana è perché così gli possiamo raccontare il nostro». Penso, ancora qualche giorno di progesterone micronizzato in più, e a Seth dovrebbero incominciare a spuntargli il suo bel paio di tette. Gli effetti collaterali a cui devo stare attenta includono nausea, vomito, itterizia, emicrania, crampi addominali e vertigini. Cerchi di ricordarti gli esatti livelli di tossicità, ma poi perché preoccuparsi troppo. Un cartello passa via dicendo: Seattle 130 miglia. «Dai, vediamo quelle interiora grondanti e tremanti, Bubba-Joan» comanda Brandy Alexander, Dio e madre di tutti noi. «Raccontaci un'oscena storia personale.» Lei dice: «Fatti a pezzi. Ricùciti» e mi porge nel sedile posteriore un ricettario e una matita Aubergine Dream per sopracciglia. 7 Torna indietro al giorno del Ringraziamento prima del mio incidente, quando vado a cena a casa dai miei. Questo quando ancora avevo una faccia e non ero in guerra con i cibi solidi. A coprire tutto il tavolo della sala da pranzo, una tovaglia che non ricordavo, davvero bella, di damasco blu scuro con bordo di pizzo. È qualcosa che non mi sarei aspettata mia madre comprasse, così chiedo, gliel'ha regalata qualcuno? Mamma si sta avvicinando al tavolo e sta aprendo il suo tovagliolo di damasco blu con tutto il cibo fumante tra noi: lei, io e mio padre. Le patate dolci sotto il loro strato di caramello. Il grande tacchino arrosto. I panini se ne stanno dentro una confortevole piccola trapunta cucita a forma di pollo. Sollevi le ali e tiri fuori il pane. C'è il vassoio di cristallo con i cetrioli dol-
ci e il sedano ripieno di burro di arachidi. «Regalato cosa?» dice mia madre. La nuova tovaglia. È proprio bella. Mio padre sospira e affonda un coltello nel tacchino. «All'inizio non doveva essere una tovaglia» dice mamma. «Tuo padre e io abbiamo abbandonato il nostro progetto originale.» Il coltello affonda ancora e ancora, e mio padre inizia a smembrare la nostra cena. Mia mamma dice: «Sai cos'è la trapunta commemorativa dell'AIDS?». Vai a quanto odio mio fratello in questo momento. «Ho comprato questo tessuto perché ho pensato che sarebbe stato un bel drappo per Shane» dice mamma. «Abbiamo avuto dei problemi per cosa cucirci sopra.» Dammi amnesia. Flash. Dammi nuovi genitori. Flash. «Tua madre non voleva pestare i piedi a nessuno» dice papà. Stacca una coscia e comincia a spolpare la carne su un piatto. «Nell'ambiente gay bisogna stare attenti, dato che ogni cosa ha un suo significato in codice segreto. Voglio dire, non vogliamo che la gente si faccia un'idea sbagliata.» Mia mamma si sporge per mettermi le patate nel piatto e dice: «Tuo padre voleva un bordo nero, ma nero su sfondo blu vorrebbe dire che Shane era eccitato da sesso e cuoio, capisci, schiavitù e disciplina, sado e masochismo». Dice: «In realtà questi drappi servono per aiutare la gente che rimane». «Degli sconosciuti vedranno noi e vedranno il nome di Shane» dice mio padre. «Non volevamo che pensassero chissà che cosa.» Tutti i piatti hanno cominciato la loro lenta marcia oraria attorno al tavolo. Il ripieno. Le olive. La salsa di mirtilli. «Io volevo dei triangoli rosa ma tutti i drappi hanno dei triangoli rosa» dice mia mamma. «È il simbolo nazista per gli omosessuali.» Dice: «Tuo padre ha suggerito triangoli neri, ma questo vorrebbe dire che Shane era lesbica. Ricorda i peli pubici femminili. Il triangolo nero li ricorda». Mio padre dice: «Poi volevo un bordo verde, ma si sa che quello starebbe a indicare che Shane batteva». Mia mamma dice: «Avevamo quasi scelto un bordo rosso, ma quello avrebbe voluto dire fisting. Marrone starebbe per scat o rimming, non siamo
riusciti a capire quale dei due.» «Giallo» dice mio padre «vuol dire pissing.» «Un blu più chiaro» dice mamma «significherebbe normale sesso orale.» «Bianco normale» dice mio padre «significherebbe anale. Bianco potrebbe anche voler dire che Shane era eccitato da uomini che portano le mutande.» Dice: «Non ricordo quale dei due». Mia madre mi passa il pollo trapuntato con dentro i panini ancora caldi. Dovremmo starcene seduti a mangiare con Shane morto su tutta la tavola davanti a noi. «Alla fine ci abbiamo rinunciato» dice mia mamma «e con la stoffa ho fatto una bella tovaglia.» Tra le patate e il ripieno, papà guarda giù verso il suo piatto e dice: «Sai qualcosa del rimming?». So che non sono discorsi da fare a tavola. «E del fisting?» chiede mia madre. Dico che sì, lo so. Non parlo di Manus e delle sue riviste porno professionali. Siamo seduti lì, tutti noi attorno a un lenzuolo blu con il tacchino, ora più che mai grande animale morto al forno, il ripieno zeppo di organi che si riconoscono ancora, il cuore e lo stomaco e il fegato, la salsa densa col grasso cotto e il sangue. Il centrotavola di fiori potrebbe essere una composizione per cassa da morto. «Passeresti il burro per favore?» dice mia madre. A mio padre lei dice: «Sai che cos'è il felching?». Questo è troppo. Shane è morto, ma è il centro dell'attenzione, più di quanto lo sia mai stato. I miei si domandano perché non torno mai a casa, ed ecco perché. Tutti questi orribili discorsi di sesso durante la cena del Ringraziamento, non lo sopporto. Sempre Shane questo e Shane quello. È triste, ma quello che è successo a Shane non l'ho fatto io. So che tutti pensano che sia stata colpa mia, quello che è successo. La verità è che Shane ha distrutto questa famiglia. Shane era cattivo e perfido, ed è morto. Io sono buona e obbediente e sono ignorata. Silenzio. Tutto è successo quando io avevo quattordici anni. Qualcuno, per sbaglio, ha buttato nella spazzatura un flacone di lacca pieno. Bruciare l'immondizia era compito di Shane. Aveva quindici anni. Stava buttando la spazzatura della cucina nel bidone bruciarifiuti intanto che l'immondizia del bagno era in fiamme, e la lacca è esplosa. È stato un incidente.
Silenzio. Adesso volevo che i miei genitori parlassero di me. Gli avrei raccontato che Evie e io stavamo girando una telepromozione. La mia carriera di modella stava decollando. Volevo raccontargli del mio nuovo ragazzo, Manus, ma no. Che sia buono o cattivo, vivo o morto, Shane riceve sempre tutta l'attenzione. Tutto quello che ne ricavo io è di arrabbiarmi. «Sentite» dico. Mi viene fuori da sé. «Io» dico, «io sono l'ultima figlia che vi è rimasta viva, quindi fareste meglio a cominciare a prestarmi un po' d'attenzione.» Silenzio. «Felching» abbasso la voce, sono calma adesso. «Felching è quando un uomo ti incula senza preservativo. Sborra, e poi ti pianta la bocca sul culo e succhia fuori il suo sperma caldo, più eventuali lubrificanti o feci presenti. Questo è il felching. Può anche» aggiungo «includere baciarsi per passarsi in bocca lo sperma e la materia fecale.» Silenzio. Dammi controllo. Dammi calma. Dammi ritegno. Flash. Le patate sono proprio come piacciono a me, dolci ma croccanti in cima. Il ripieno è un po' secco. Passo il burro a mia madre. Mio padre si schiarisce la voce. «Bernoccolo» dice. «Credo che fletching sia la parola che tua madre cercasse.» Dice: «Vuol dire tagliare il tacchino a fette molto fini» Silenzio. Dico, oh. Dico, scusate. Mangiamo. 8 Non aspettatevi che sia io a raccontare ai miei genitori dell'incidente. Sapete, un'intera interurbana con attacco di pianto a dirotto sul proiettile e sul pronto soccorso. Non è il genere di cose che fanno per noi. Ho detto ai miei genitori, non appena ho potuto scrivergli una lettera, che partivo per Cancún, Messico, per un servizio fotografico per un catalogo Espre. Sei mesi di divertimenti, spiaggia, e io che cerco di succhiare gli spicchi di lime dalle bottiglie a collo lungo della birra messicana. Gli uomini adorano guardare le donne mentre lo fanno. Valli a capire. Uomini. Lei adora i vestiti di Espre, mia mamma risponde. Scrive che, visto che
sarò sul catalogo Espre, potrei magari farle avere uno sconto sul suo ordine di Natale. Scusa, Mamma. Scusa, Dio. Risponde: Be', sii bella per noi. Amore e baci. La maggior parte delle volte, è molto più facile non far sapere al mondo cos'è che non va. I miei, loro mi chiamano Bernoccolo. Sono stata il bernoccolo nella pancia di Mamma per nove mesi. Mi hanno chiamato Bernoccolo da prima che nascessi. Vivono a due ore di macchina da me, ma non li vado mai a trovare. Quello che voglio dire è che non hanno bisogno di sapere ogni piccola cosa su di me. In una lettera mia madre scrive: «Perlomeno con tuo fratello, sappiamo se è vivo o morto.» Mio fratello morto, il Re della Città dei Froci. Il migliore in tutto. Il re della pallacanestro fino a sedici anni, quando dal test per gli streptococchi risultò la gonorrea, lo sapevo solo io che lo odiavo. «Non è che non ti amiamo» mia madre scrive in una lettera, «è solo che non lo diamo a vedere.» D'altronde, l'isteria è possibile solo con un pubblico. Sai cosa ti occorre fare per mantenerla viva. La gente ti incasina con le sue reazioni su come è tanto orribile quello che è accaduto. Prima quelli al pronto soccorso che ti lasciano passare avanti a loro. Poi la suora francescana che si mette a urlare. Poi la polizia con il lenzuolo d'ospedale. Vai a com'era la vita quando eri una bambina e potevi mangiare solo omogeneizzati. Cammini vacillando fino al tavolino da caffè. Sei sui tuoi piedi e devi barcollare su quelle gambe a salsicciotto oppure cadere giù. Poi arrivi al tavolo da caffè e sbatti la tua testolina soffice contro lo spigolo. Sei per terra, e cavolo, o cavolo, fa male. Però non c'è niente di tragico fino a che non accorrono Mamma e Papà. Oh, povera, coraggiosa piccolina. È solo allora che piangi. Vai a Brandy e io e Seth che saliamo in cima a quel coso Space Needle a Seattle, Washington. È la nostra prima sosta dopo il confine canadese tranne quando ci siamo fermati in modo che potessi andare a comprare un caffè a Seth - latte, zucchero e Climara - e una Coca-Cola con extra Estrace, senza ghiaccio. Sono le undici, e lo Space Needle chiude a mezzanotte, e Seth dice che ci sono due tipi di persone al mondo.
La Principessa Alexander voleva subito trovare un bell'albergo, un posto con il parcheggiatore e i bagni di marmo. Potremmo avere il tempo per un pisolino prima che lei debba uscire e vendere le medicine. «Se tu fossi a un quiz televisivo» dice Seth a proposito dei suoi due tipi di persone. Seth ha già lasciato l'autostrada e stiamo guidando tra magazzini scuri, voltandoci a ogni fuggevole apparizione dello Space Needle. «Sei il vincitore di questo quiz» dice Seth, «e puoi scegliere tra un salone con cinque pezzi di arredamento di Broyhill, prezzo consigliato tremila dollari, o un viaggio di dieci giorni nel fascino antico dell'Europa.» La maggior parte della gente, dice Seth, prenderebbe il set da salotto. «È che la gente vuole qualcosa che testimoni il loro sforzo» dice Seth. «Come i faraoni e le loro piramidi. Di fronte alla scelta, pochi sceglierebbero il viaggio, anche se hanno già un bel salotto.» Nessuno è parcheggiato nelle strade attorno al Seattle Center, la gente è tutta a casa che guarda la televisione, o che è la televisione, se credi in Dìo. «Vi devo mostrare dove è finito il futuro» dice Seth. «Voglio che noi siamo quelli che scelgono il viaggio.» Secondo Seth il futuro è finito nel 1962 alla Fiera Mondiale di Seattle. Ecco tutto ciò che avremmo dovuto ereditare: l'uomo sulla luna entro il decennio - l'asbesto è il nostro amico miracoloso - il mondo dell'era spaziale messo in moto dal nucleare e alimentato da combustibili fossili, dove si sarebbe potuto salire a visitare il palazzo volante dei Jetsons per poi prendere la monorotaia verso il centro per un divertente cappellino portapillole al Bon Marché. Tutta questa speranza e scienza e ricerca e glamour in rovina: Lo Space Needle. Il Science Center con le sue cupole di pizzo e i globi di luci penzolanti. La Monorotaia che corre veloce ricoperta di liscio alluminio. Ecco come le nostre vite sarebbero dovute diventare. Vai lì. Fai il viaggio, dice Seth. Ti spezzerà il cuore, perché i Jetsons con la loro robot domestica, Rosie, e i loro dischi volanti e i loro letti tostapane che ti sputano fuori la mattina, è come se i Jetsons abbiano subaffittato lo Space Needle ai Flintstone. «Sapete» dice Seth, «Fred e Wilma. Il tritarifiuti che in realtà è un maiale che vive sotto il lavandino. Tutti i mobili fatti di ossa e pietre e lampade di pelle di tigre. Wilma passa l'aspirapolvere con un cucciolo di elefante e rassetta le pietre. Hanno chiamato la loro figlia Pebbles.» Ecco qui il nostro futuro di cibi al formaggio e propellenti aerosol, poli-
stirene e Club Med sulla luna, roast-beef servito in un tubetto di dentifricio. «Boing» dice Seth, «sai, colazione con gli astronauti. E oggi le persone vengono qui indossando sandali di cuoio che si sono fabbricati da loro. Chiamano i propri figli Zilpah e Zabulon dal Vecchio Testamento. Le lenticchie sono importantissime.» Seth sospira e si passa una mano tra le lacrime negli occhi. È solo l'Estrace. Starà diventando premestruale. «La gente che va allo Space Needle adesso» dice Seth, «hanno tutti delle lenticchie a mollo a casa, e tutti stanno camminando tra le rovine del futuro proprio come i barbari quando hanno trovato le rovine greche e si sono detti che doveva essere stato Dio a costruirle.» Seth parcheggia sotto una delle tre grandi gambe di acciaio dello Space Needle. Usciamo e guardiamo le gambe che salgono fino allo Space Needle, il ristorante basso, il ristorante alto che gira, poi il posto d'osservazione in cima. Poi le stelle. Vai al triste momento in cui compriamo i nostri biglietti ed entriamo nel grande ascensore di vetro che scivola verso l'alto nel mezzo dello Space Needle. Siamo in questa gabbia da discoteca in vetro e ottone verso le stelle. Andando su, voglio sentire musica Telestar ipoallergenica, non toccata da mani umane. Qualunque cosa sia generata da computer e suonata su un sintetizzatore Moog. Voglio ballare il frug a un party danzante su un volo della TWA diretto sulla luna, dove ragazzi e ragazze fichi fanno il purè di patata a gravità zero e mangiano deliziose pillole snack. Voglio tutto questo. Lo dico a Brandy Alexander, e lei va subito alle finestre in ottone e vetro e si mette a fare il frug intanto che saliamo, e per la forza di gravità è come ballare il frug su Marte pesando quattrocento chili. La parte triste è il tizio in divisa misto poliestere che fa andare l'ascensore, al quale sfugge completamente il significato del futuro. Tutto il divertimento, tutto, tutto, è sprecato con lui, e questo tipo ci guarda come se fossimo quei cuccioli che si vedono dietro le vetrine dei negozi di animali di periferia. Come fossimo quei cuccioli con quelle secrezioni gialle sugli occhi e nel buco del culo, che sai che non avranno più dei movimenti intestinali solidi ma che pure sono in vendita a seicento dollari l'uno. Quei cuccioli sono così tristi che perfino le ragazze ciccione con quelle schifose permanenti da universitarie se ne stanno ore a dare colpetti sulla vetrina
dicendo: «Ti voglio bene piccolino. La mamma ti vuole bene, cucciolotto». Il futuro è proprio sprecato con certa gente. Vai al punto di osservazione in cima allo Space Needle, dove non puoi vedere le gambe d'acciaio e così sembra che stai sorvolando Seattle su un disco volante con un sacco di souvenir da vendere. Comunque, la maggior parte non sono souvenir del futuro. Sono magliette con le scritte ecologiche e batik e roba stinta di cotone naturale cento per cento che non puoi lavare insieme a nient'altro perché scoloriscono sempre. Nastri registrati di balene che cantano mentre fanno sesso. Altre cose che odio. Brandy se ne va in cerca di relitti e manufatti provenienti dal futuro. Acrilico. Plexiglass. Alluminio. Polistirolo. Radio. Seth si dirige verso la ringhiera, si sporge oltre le reti antisuicidio e sputa. Lo sputo cade indietro giù nel Ventunesimo secolo. Il vento mi soffia via i miei capelli nell'oscurità e Seattle e le mie mani sono aggrappate fino a divenire bianche alla ringhiera d'acciaio dove circa un milione di mani prima di me hanno tolto via la vernice. Dentro i suoi vestiti, invece delle lastre di muscoli che prima mi facevano impazzire, adesso il grasso spinge in fuori la sua camicia sopra la cintura. È il Premarin. L'ombra sexy della sua barba delle cinque sta sparendo a causa del Provera. Perfino le dita gli si sono gonfiate attorno al vecchio anello da sportivo universitario. Il fotografo nella mia testa dice: Dammi pace. Flash. Dammi liberazione. Flash. Seth arrampica il suo corpo ritieni-liquidi in modo da sedersi sul parapetto. I suoi mocassini con nappa kilt dondolano sopra le reti. La sua cravatta sventola dritta sopra il nulla e l'oscurità. «Non ho paura» dice. Raddrizza una gamba e lascia dondolare dalle dita dei piedi uno dei mocassini con nappa kilt. Stringo i veli attorno al collo così la gente che non mi conosce penserà che sono ancora felice, proprio come i miei. Seth dice: «La notte in cui mi hai scoperto mentre cercavo di ucciderti è stata l'ultima volta che mi sarò spaventato in vita mia» e Seth guarda oltre le luci di Seattle e sorride.
Sorriderei anch'io, sai, se avessi le labbra. Nel futuro, nel vento, nell'oscurità del ponte di osservazione in cima allo Space Needle, Brandy Alexander, regina suprema di marca quale è, Brandy arriva da Seth e me con souvenir del futuro. Queste sono cartoline. Brandy Alexander ci dà un mazzo di cartoline ciascuno, talmente sbiadite, con le orecchie, e sfogliate e ignorate, che per anni sono sopravvissute in fondo a uno scaffale girevole. Ecco le foto del futuro con cieli puliti, schiariti dal sole dietro uno Space Needle all'alba. Ecco la Monorotaia piena di ragazze sorridenti con degli abiti di lana d'angora rosa alla Jackie 'O e tre enormi bottoni rivestiti di stoffa sul davanti. Bambini con magliette a strisce e capelli biondi a spazzola stile astronauta che corrono per tutto il Science Center dove tutte le fontane funzionano ancora. «Raccontate al mondo cosa vi spaventa di più» dice Brandy. Ci dà una matita per sopracciglia Aubergine Dreams ciascuno e dice: «Salvate il mondo con qualche consiglio dal futuro». Seth scrive sul retro di una cartolina e la passa a Brandy perché la legga. Nei quiz televisivi, Brandy legge, alcuni sceglieranno il viaggio in Francia, ma la maggior parte delle persone sceglieranno la coppia lavatriceasciugatrice. Brandy spiaccica un bel bacio Plumbago sul rettangolino per il francobollo e lascia che il vento sollevi la cartolina e la porti via veleggiando verso le torri del centro di Seattle. Seth gliene porge un'altra, e Brandy legge: I quiz televisivi sono studiati per farci sentire a nostro agio in quei fatti casuali e inutili che sono tutto quel che ci rimane della nostra istruzione. Un bacio, e la cartolina è in viaggio verso il lago Washington. Da parte di Seth: Quand'è che il futuro è passato dall'essere una promessa a essere una minaccia? Un bacio, ed è nel vento verso Ballard. Solo quando inghiottiremo questo pianeta Dio ce ne darà un altro. Saremo ricordati più per quello che distruggiamo che per quello che creiamo. L'Interstate 5 serpeggia all'orizzonte. Dall'alta cima dello Space Needle, fari rossi si inseguono in direzione sud, fari bianchi si inseguono in direzione nord. Prendo una cartolina e scrivo: Amo Seth Thomas così tanto che lo devo distruggere. Farò ammenda più che a sufficienza adorando la regina suprema. Seth non mi amerà mai. Nessuno mi amerà mai più.
Brandy sta aspettando di prendere la cartolina e leggerla ad alta voce. Brandy sta aspettando di leggere al mondo le mie peggiori paure, ma non le porgo la cartolina. La bacio io stessa con le labbra che non ho e lascio che sia il vento a portarmela via di mano. La cartolina vola su, su, su verso le stelle e poi cade giù a terra nella rete antisuicidio. Mentre guardo il mio futuro intrappolato nella rete antisuicidio, Brandy legge un'altra cartolina di Seth. Ci stiamo tutti autodecomponendo. Scrivo sopra un'altra cartolina dal futuro, e Brandy la legge. Quando non sappiamo chi odiare, odiamo noi stessi. Una raffica solleva le mie peggiori paure dalla rete antisuicidio e le porta via. Seth scrive e Brandy legge. Devi continuare a riciclare te stesso. Scrivo e Brandy legge. Niente di me è originale. Sono il risultato dello sforzo di tutti quelli che ho conosciuto. Scrivo e Brandy legge. Quello che ami e quello che ti ama non sono mai, mai la stessa persona Vai a noi che scendiamo veloci durante un volo TWA di ritorno dalla luna a casa, Brandy e Seth e io che balliamo il nostro frug da festa disco nell'ascensore-gabbia in ottone e vetro a gravità zero. Brandy stringe in pugno una grande manciata di anelli, e al meticcio androide di servizio che cerca di fermarci, dice di darsi una calmata se non vuole morire proprio al rientro. Al ritorno sulla terra c'è il Ventunesimo secolo, la nostra Lincoln a noleggio con il suo interno blu-bara che ci aspetta per portarci in un bell'albergo. Sul vetro c'è una multa, ma quando Brandy vi si precipita per farla in mille pezzi, la multa è una cartolina dal futuro. Forse le mie peggiori paure. Affinché Brandy le legga ad alta voce a Seth. Amo Seth così tanto che devo distruggerlo... Se anche faccio ammenda in modo esagerato nessuno mi vorrà mai. Non Seth. Non i miei. Non puoi baciare qualcuno che non ha le labbra. Oh, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi. Sarò chiunque vogliate che io sia. Brandy Alexander, la sua grande mano solleva la cartolina. La regina
suprema se la legge, in silenzio, e infila la cartolina nella borsetta. Principessa Principessa, dice: «A questo ritmo, non arriveremo mai al futuro». 9 Torna indietro al giorno in cui Brandy lancia nell'aria sopra la mia testa una manciata di nulla luccicante, e attorno a me l'ufficio della logopedista diventa dorato. Brandy dice: «Questo è voile di cotone». Lancia un'altra manciata di nebbia, e il mondo si offusca dietro l'oro e il verde. «Seta georgette» dice Brandy. Lancia una manciata di scintille, e il mondo, Brandy seduta davanti a me con il suo cesto da cucito in vimini aperto in grembo. Noi due sole, chiuse dentro l'ufficio della logopedista. Il poster del gattino sul muro di mattoni grigi. Tutto acquista la fioca luminosità di un raggio di stelle, ogni spigolo acuto cancellato o imbrattato di verde e oro, e la luce fluorescente che filtra attraverso frammenti di esplosione. «Veli» Brandy dice mentre ogni colore si deposita su di me. «Devi apparire come se stessi tenendo nascosti dei segreti» dice. «Se te ne vai per il mondo, signorina St. Patience, non devi lasciare che la gente veda il tuo viso» dice. «Puoi andare dovunque nel mondo» Brandy parla e parla. Solo non puoi lasciar sapere alla gente chi sei veramente. «Puoi vivere una vita completamente normale, regolare» dice. Solo non puoi lasciare che qualcuno si avvicini abbastanza da sapere la verità. «In una parola» dice, «veli.» Principessa tutta-iniziativa quale è, Brandy Alexander non mi chiede mai il mio vero nome. Il nome con cui sono nata. La signorina Prepotente mi affibbia immediatamente un nuovo nome, un nuovo passato. Inventa per me un altro futuro senza alcuna connessione, se non con lei, un culto tutto per lei. «Il tuo nome è Daisy St. Patience» mi dice. «Sei l'ereditiera perduta della House of St. Patience, l'atelier di très haute couture, e questa stagione facciamo cappelli» dice. «Cappelli con veli.» Le chiedo: «jsfssjf ciacb sxi?». «Discendi da sangue aristocratico francese in fuga» dice Brandy.
«Gwdcn aixa gklgfnv?» «Sei cresciuta a Parigi, e sei andata a scuola dalle suore» Brandy dice. Subito al lavoro, da stilista della pianificazione quale è, Brandy Alexander sta già tirando fuori del tulle dalla sua borsetta, tulle rosa e pizzo e centrini a rete all'uncinetto, e li sta sistemando attorno alla mia testa. Dice: «Non hai bisogno di truccarti. Non hai nemmeno bisogno di lavarti. Un buon velo è l'equivalente degli occhiali a specchio, ma per tutta la testa». Un buon velo è lo stesso che rimanere in casa, mi dice Brandy. In clausura. Privata. Estrae dello chiffon giallo. Mi drappeggia tutta con del nylon rosso. Per com'è il nostro mondo, tutti appiccicati spalla a spalla, gente che sa tutto di te al primo sguardo, un buon velo è il tuo finestrino scuro da limousine. L'edizione mai pubblicata del tuo viso. Dietro un buon velo, puoi essere chiunque. Una stella del cinema. Una santa. Un buon velo dice: Non Ci Siamo Presentati Come Si Deve. Sei il premio dietro la porta numero tre. Sei la signora o la tigre. Nel nostro mondo dove nessuno riesce più a mantenere un segreto, un buon velo dice: Grazie di non farmi partecipe. «Non ti preoccupare» dice Brandy. «Le altre persone riempiranno gli spazi vuoti.» Allo stesso modo come fanno con Dio, dice. Quello che non ho mai detto a Brandy è che sono cresciuta vicino a una fattoria. Era una fattoria che allevava maiali. Tutti i pomeriggi, col sole, Daisy St. Patience tornava da scuola e doveva dar da mangiare ai maiali con suo fratello. Dammi nostalgia di casa. Flash. Dammi struggimenti nostalgici per l'infanzia. Flash. Qual è la parola per il contrario di glamour? Brandy non mi ha mai chiesto dei miei genitori, se erano vivi o morti, e perché non erano lì a digrignare i denti. «Tuo padre e tua madre, Rainier e Honoraria St. Patience, sono stati assassinati da terroristi della moda» dice. A.B., avanti Brandy, mio padre portava i suoi maiali al mercato ogni autunno. Il suo segreto era questo: passare l'estate alla guida del suo camion
con rimorchio per tutto l'Idaho e gli altri stati settentrionali del lato sinistro della cartina, fermandosi in tutti gli ingrossi di pasticceria fresca che vendevano roba scaduta, snack, torte di frutta e paste ripiene di crema, piccoli sfilatini di pan di Spagna iniettati di panna montata artificiale e pezzi di torta ricoperti di glassa e scagliette di noce di cocco tinte di rosa. Vecchie torte di compleanno invendute. Torte stantie che auguravano Congratulazioni. Buona Festa della Mamma. Buon San Valentino. Mio padre porta ancora a casa tutta questa roba, ammucchiata in una pila densa e appiccicosa oppure dentro il cellophane sigillato a caldo. Ecco qual è la parte più dura, aprire questi migliaia di vecchi spuntini e darli ai porci. Mio padre, di cui Brandy non ha voluto sentire parlare, il suo segreto è di dar da mangiare ai maiali queste torte e dolci e snack per tutte le due settimane prima che vadano al mercato. Gli snack non riempiono, e i maiali li inghiottono fino a che non rimane neanche un dolce scaduto nel raggio di cinquecento miglia. Questi snack non contengono fibre vere e proprie, quindi ogni autunno ogni maiale da centocinquanta chili va al mercato con quarantacinque chili extra nel colon. Mio padre realizza una fortuna all'asta, e chissà quanto tempo dopo tutti i maiali si fanno una grande cagata zuccherata quando vedono l'interno di uno dei macelli in cui finiscono. Dico: «Kwvne wivnuw fw sojaoa». «No» dice Brandy, e alza il suo dito indice lungo mezzo metro, sei anelli ammassati solo su questo dito, e spinge il suo hotdog ingioiellato su e giù per la mia bocca proprio mentre cerco di dire qualcosa. «Non una parola» dice Brandy. «Sei ancora troppo attaccata al tuo passato. Non ha senso che tu dica qualcosa.» Dal suo cesto da cucito, Brandy estrae una stella filante bianca e dorata, una magia, uno strato di pura seta bianca decorata in oro col motivo di una lettera greca, che getta sulla mia testa. Dietro un altro velo il mondo reale è molto più lontano. «Indovina come fanno a fare quel disegno dorato» dice Brandy. Il tessuto è così leggero che il mio respiro lo gonfia in avanti; la seta rimane posata sulle mie ciglia senza piegarle. Perfino il mio viso, dove ogni nervo del corpo arriva al capolinea, persino il mio viso non lo sente. Ci vuole una squadra di bambini in India, dice Brandy, bambini di quattro, cinque anni seduti tutto il giorno su panche di legno, vegetariani, devono spulciare fuori con delle pinzette circa un miliardo di fili d'oro per lasciare solo il disegno con il resto dell'oro.
«A fare questo lavoro non si vedono bambini di più di dieci anni» dice Brandy, «perché a quell'età la maggioranza dei bambini è diventata cieca.» Solo il velo che Brandy tira fuori dal cesto deve essere tre metri quadri. La vista preziosa di quei cari bambini, persa. I giorni preziosi della loro fragile infanzia passati a spulciare fili di seta. Dammi pietà. Flash. Dammi empatia. Flash. Oh, quanto vorrei essere capace di far scoppiare il mio povero cuore. Dico: «Vswf siws cm eiuvn sincs». No, non fa niente, dice Brandy. Non vuole remunerare nessuno per lo sfruttamento dei bambini. L'ha comprato in svendita. Ingabbiata dietro la mia seta, stabilitami dentro la nuvola di organza e georgette, l'idea che non posso condividere i miei problemi con altre persone fa sì che non me ne importi una sega dei loro problemi. «Oh, e non preoccuparti» dice Brandy. «Avrai ancora attenzione. Hai due tette e un culo alla dinamite. L'unica cosa è che non puoi parlare con nessuno.» La gente proprio non sopporta di non sapere qualcosa, mi dice. Specialmente gli uomini non tollerano di rinunciare a scalare ogni montagna, a disegnare mappe ovunque. Dare il nome a ogni cosa. Pisciare su ogni albero e poi non chiamarti mai più. «Dietro un velo, sei la grande sconosciuta» dice. «La maggior parte dei ragazzi farà a botte per conoscerti. Certi tipi negheranno che tu sia una persona vera, e certi ti ignoreranno proprio.» Il fanatico. L'ateo. L'agnostico. Anche se uno ha solo una benda sull'occhio, tu vuoi sempre guardare. Per vedere se sta facendo finta. L'uomo con la Camicia Hathaway. O per vedere l'orrore che ci sta sotto. Il fotografo nella mia testa dice: Dammi una s'oce. Flash. Dammi una faccia. La risposta di Brandy erano cappellini con veli. E grandi cappelli con veli. Cappelli bignè e cappelli portapillole bordati tutt'attorno di nuvole di tulle e mussolina. Seta da paracadute o crèpe pesante o pizzo fitto con pompons di ciniglia a pois.
«La cosa più noiosa al mondo» Brandy dice, «è la nudità.» La seconda cosa più noiosa, dice, è l'onestà. «Pensalo come una civetteria. È lingerie per il viso» dice. «Una camicia da notte a cucù che indossi sopra la tua intera identità.» La terza cosa più noiosa al mondo è il tuo passato sfigato. E così Brandy non mi ha mai chiesto niente. Fottuto bulldozer capobranco quale sa essere, continuiamo a incontrarci nell'ufficio della logopedista e Brandy mi dice tutto quello che devo sapere su di me. 10 Vai a Brandy Alexander che mi rimbocca le coperte in un letto di Seattle. Questa è la notte dello Space Needle, la notte in cui non avviene il futuro. Brandy, lei ha addosso metri e metri di tulle nero avvolto tutto intorno alle gambe, intrecciato tutt'intorno alla sua vita a clessidra. Velo nero interseca le sue tette torpedo e si annoda in alto sopra la cima dei suoi capelli ramati. Tutto questo bagliore che si china sul mio letto potrebbe essere il modellino in scala del cielo estivo originale. Piccoli diamanti artificiali, non quelli di plastica sputati fuori da una fabbrica di Calcutta, ma quelli austriaci di cristallo tagliato da elfi della Foresta Nera, questi piccoli diamanti falsi a forma di stella sono sparsi su tutto il tulle nero. Il viso della regina suprema è la luna nel cielo notturno che si china su di me per darmi il bacio della buona notte. La mia camera d'albergo è buia, e la televisione ai piedi del letto è accesa, e così le stelle artificiali luccicano di tutti i colori che la televisione sta cercando di mostrarci. Seth ha ragione, la televisione fa di me Dio. Posso guardare aentro ciascuno, e ogni ora le vite cambiano. Qui, nel mondo reale, non è sempre così. «Ti amerò per sempre» dice la regina del cielo notturno e io so che cartolina ha trovato. Le lenzuola dell'albergo mi sembrano quelle dell'ospedale. Ora sono passati migliaia di chilometri da quando ci siamo incontrate, e le grandi dita di Brandy stanno ancora rassettando le coperte sotto quello che una volta era il mio mento. Il mio viso è l'ultima cosa che i ragazzi e le ragazze da discoteca vogliono vedere quando vanno in un vicolo buio in cerca di droga. Brandy dice: «Torneremo non appena avremo venduto tutto».
La silhouette di Seth si staglia sulla porta aperta della hall. Dal mio letto sembra il bellissimo profilo di un supereroe sullo sfondo delle foglie tropicali verdi e grigie e rosa fluorescente della carta da parati della hall. Il suo soprabito, il soprabito di pelle nera che porta Seth, è stretto fino alla vita e poi da lì in giù si allarga, di modo che dal contorno lo scambi per un mantello. E forse non sta facendo finta quando bacia il sedere regale di Brandy Alexander. Forse sono loro due gli innamorati quando non ci sono io attorno. Non sarebbe la prima volta che l'ho perso. Il viso circondato di velo nero che si china su di me è una sorpresa di colore. La pelle è un sacco di rosa attorno a una bocca Plumbago, e gli occhi sono troppo color melanzana. Perfino questi colori sono troppo abbaglianti adesso, troppo saturi, troppo intensi. Crudi. Ti viene da pensare ai cartoni animati. Le bambole hanno la pelle rosa come questa, come bende di plastica. Color carne. Occhi troppo melanzana, zigomi troppo marcati dal fard Rusty Rose. Niente è lasciato alla tua immaginazione. Forse è questo che vogliono i ragazzi. Io voglio solo che Brandy Alexander se ne vada. Voglio la cintura di Seth attorno al collo. Voglio le dita di Seth in bocca e le sue mani che mi aprono le ginocchia e poi le sue dita bagnate che mi frugano dentro. «Se vuoi qualcosa da leggere» dice Brandy, «quel libro di Miss Rona Barrett è in camera mia. Posso correre a prenderlo.» Voglio che la barba corta e ispida attorno alla bocca di Seth mi si sfreghi contro finché non mi farà male pisciare. Seth dice: «Vieni?». Una mano inanellata getta sul letto il telecomando della televisione. «Dai, Principessa Principessa» dice Seth. «La notte non sta ringiovanendo.» E io voglio Seth morto. Peggio che morto, lo voglio grasso e gonfio d'acqua e insicuro ed emotivo. Se Seth non mi vuole, io voglio non volerlo. «Se la polizia, o casomai succede qualcosa» mi dice la luna, «il denaro è tutto nel mio beauty-case.» Quello che amo è già andato fuori a scaldare la macchina. Quella che mi amerà per sempre dice: «Dormi bene» e chiude la porta dietro di sé. Vai a quella volta tanto tempo fa, quando Manus, il mio fidanzato uffi-
ciale che mi ha lasciato, Manus Kelley, l'investigatore di polizia, mi ha detto che i tuoi genitori sono come Dio, perché tu vuoi sapere che sono là e vuoi che loro approvino la tua vita, eppure li chiami solo quando sei in crisi e hai bisogno di qualcosa. Vai di nuovo a me a letto a Seattle, sola con il telecomando della tele, schiaccio un tasto e ammutolisco la televisione. In televisione ci sono tre o quattro persone sedute su delle sedie su un palco basso davanti a un pubblico televisivo. Sembra una telepromozione, ma non appena la telecamera zuma per un primo piano su ogni persona, sul petto di questa compare una piccola scritta. Ogni scritta per ogni primo piano è un nome seguito da tre o quattro parole tipo un cognome, quel genere di cognomi descrittivi che si danno gli indiani, ma invece di Heather Corre Con Bisonte, Trisha Caccia al Chiaro di Luna, i nomi sono: Cristy Ha Bevuto Sangue Umano Roger Ha Abitato Con Madre Morta Brandy Ha Mangiato Il Suo Bambino Io cambio canale. Io cambio canale. Io cambio canale ed ecco altri tre: Gwen Fa La Puttana Neville È Stata Stuprata In Prigione Brent È Andato A Letto Con Suo Padre. In tutto il mondo la gente sta raccontando la propria drammatica storia e come abbia passato la vita cercando di superare questo singolo evento. Ora le loro vite sono più orientate verso il loro passato che non verso il loro futuro. Schiaccio un tasto e restituisco la voce a Gwen FaLaPuttana per un piccolo assaggio sonoro di chiacchiere da prostituta. Mentre parla, Gwen modella la sua storia con le mani. Si sporge in avanti sulla sedia. I suoi occhi stanno guardando qualcosa in alto a destra, oltre l'inquadratura della telecamera. So che è il monitor. Gwen sta guardando se stessa che racconta la sua storia. Gwen appallottola le dita finché rimane fuori solo l'indice sinistro, e lentamente, mentre parla, gira la mano per mostrare entrambi i lati dell'unghia. «... per proteggersi, la maggior parte delle ragazze di strada spezzano una lametta e se l'incollano sotto l'unghia. Sull'unghia-rasoio ci passano lo smalto in modo che sembri un'unghia normale.» A questo punto Gwen ve-
de qualcosa nel monitor. Corruga la fronte e si scuote i capelli rossi dietro a quelli che sembrano orecchini di perle. «Quando vanno in prigione» Gwen dice a se stessa nel monitor, «o quando non sono più belle, alcune ragazze usano le unghie rasoio per tagliarsi i polsi.» Ammutolisco un'altra volta Gwen FaLaPuttana. Cambio canale. Cambio canale. Cambio canale. Sedici canali dopo, una bellissima ragazza con un vestito di paillettes sorride mentre lascia cadere rifiuti organici in un Fabbricasnack Num Num. Evie e io, noi abbiamo fatto questo filmato. È una di quelle pubblicità televisive che pensi sia un vero programma, tranne che è solo una vendita di mezz'ora. La telecamera inquadra un'altra ragazza in paillette, questa qua sta passando attraverso un pubblico di vagabondi e turisti del Midwest. Da un vassoio d'argento la ragazza offre una scelta di tartine a una coppia con identica camicia havvaiana che sta celebrando le nozze d'oro, ma la coppia come tutti gli altri con le loro maglie pesanti e le tracolle delle macchine fotografiche, tutti stanno fissando in alto a destra qualcosa fuori dell'inquadratura. Sapete che è il monitor. È strano, ma quel che sta succedendo è che la gente sta fissando se stessa nel monitor fissando se stessa nel monitor fissando se stessa nel monitor fissando se stessa nel monitor, e così via, completamente intrappolata in una realtà circolare che non finisce mai. La ragazza col vassoio, i suoi occhi disperati sono lenti a contatto troppo verdi, e le sue labbra sono rosso intenso che esce fuori della linea naturale delle labbra. I capelli biondi sono folti e tirati su in modo che le spalle ragazza non sembrino così grosse. Le tartine che continua ad agitare sotto tutti quei vecchi nasi sono cracker con su delle cagatine di similcarne. Agitando il suo vassoio, la ragazza si addentra tra le file del pubblico con i suoi occhi troppo verdi e i capelli ossuti. Questa è la mia migliore amica, Evie Cottrell. Questa deve essere Evie, perché ecco che Manus interviene a salvarla con la sua bellezza. Manus, da poliziotto della squadra speciale operativa qual è, prende uno dei cracker con su quelle cagatine e se lo infila tra i denti incapsulati. E mastica. E rovescia all'indietro la sua bella faccia squa-
drata e chiude gli occhi, Manus chiude i suoi occhi blu intenso e scuote appena la testa di qua e di là e inghiottisce. Capelli neri folti come quelli di Manus, ti ricordano come i capelli della gente non sono altro che pellicce rudimentali con sopra della lacca. Un fico coi capelli sexy, questo è Manus. Il viso con la mascella squadrata si abbassa per offrire alla telecamera un primo piano a occhi aperti di uno sguardo di amore e soddisfazione completa e totale. Un déjà vu. Questo era esattamente lo sguardo che Manus mi rivolgeva quando mi chiedeva se avevo raggiunto l'orgasmo. Poi Manus si volta a offrire lo stesso identico sguardo a Evie, mentre tutto il pubblico in studio guarda da un'altra parte, guarda se stesso che guarda se stesso che guarda se stesso che guarda Manus che sorride a Evie con amore e soddisfazione completa e totale. Evie restituisce a Manus il suo rosso sorriso che travalica il contorno naturale delle labbra, e io sono questa piccola luccicante figura sullo sfondo. Quella sono io poco dietro la spalla di Manus, una me piccina che sorride come una stufa spaziale e fa cadere rifiuti organici nella ciminiera di plexiglass in cima al Fabbricasnack Num Num. Come ho potuto essere così stupida. Facciamoci un giro in barca a vela. Certo. Avrei dovuto sapere che la faccenda era sempre stata tra Manus ed Evie. Anche ora, sdraiata in un letto di albergo dopo un anno che tutta la storia è finita, sono lì a stringere i pugni. Avrei potuto anche stare a guardare quella stupida telepromozione sapendo che Manus ed Evie avevano una tormentata relazione morbosa che volevano credere fosse vero amore. Va bene, l'ho guardata. Va bene, l'ho guardata un centinaio di volte, ma stavo solo guardando me stessa. Quella faccenda della realtà circolare. La telecamera ritorna sulla prima ragazza, quella sul palco, e lei è me. E sono così bella. In televisione dimostro come sia facile pulire il fabbricasnack, e sono così bella. Faccio scattare le lame fuori dal coperchio di plexiglass e sotto l'acqua sciacquo via i resti organici masticati. E, cavolo, sono bellissima. La voce fuori campo disincarnata sta dicendo come il Fabbricasnack Num Num accetti sottoprodotti della carne, qualunque cosa possiate avere in casa - lingue o cuori o labbra o genitali - li mastica, li condisce, e li caga fuori a forma di picche o quadri o fiori sul cracker di vostra scelta perché possiate mangiarli.
Qui nel letto, sto piangendo. Bubba-Joan MascellaSparata. Tutte quelle migliaia di chilometri più tardi, tutte le diverse persone che sono stata, ed è sempre la stessa storia. Perché ti senti come una cretina se ridi da sola, ma poi finisci sempre per piangere? Com'è che riesci sempre a mutare e a essere sempre lo stesso virus mortale? 11 Torna indietro a quando ero appena uscita dall'ospedale senza un lavoro o un fidanzato o un appartamento, e ho dovuto dormire nella grande casa di Evie, la sua vera casa dove persino a lei non piaceva vivere, era così isolata, piazzata lì in una specie foresta pluviale e nessuno che prestasse attenzione. Vai a me, supina sul letto di Evie quella prima notte, ma non riesco a dormire. Il vento solleva le tende, tende di pizzo. Tutti i mobili di Evie sono di quel genere provinciale alla francese, pieni di fregi e verniciati in bianco e oro. Non c'è luna, ma il cielo brulica di stelle, così tutto - la casa di Evie, i cespugli di rose, le tende della camera da letto, il dorso delle mie mani sul copriletto - è tutto nero o grigio. La casa di Evie era quel che una ragazza del Texas avrebbe comprato se i suoi genitori le avessero continuato a passare ogni volta una decina di milioni di dollari. Pare che i Cottrell sappiano che Evie non riuscirà mai ad arrivare alle passerelle più importanti. E così, lei vive qui. Non New York. Non Milano. I sobborghi, nel bel mezzo del nulla se vuoi diventare una modella professionista. È ben lontano dal fare le collezioni a Parigi. Essere bloccata nel nulla è la scusa di cui Evie ha bisogno, cioè vivere qui, per una ragazzona dalle ossa grosse che non sarà mai un grande successo da nessuna parte. Le porte sono chiuse a chiave stanotte. Il gatto è dentro. Quando guardo, il gatto mi restituisce lo sguardo come fanno i cani e certe macchine quando la gente dice che stanno sorridendo. Proprio quel pomeriggio, Evie era al telefono pregandomi di farmi dimettermi dall'ospedale e di venire a trovarla. La casa di Evie era grande e bianca con le imposte verde cacciatore, una casa coloniale di tre piani con grandi colonne davanti. Edera ricamata e rose rampicanti - rose gialle - arrampicate per tre metri attorno a ogni grande
colonna. Qui ti immagineresti Ashley Wilkes a tagliare l'erba, o Rhett Butler a togliere ì rinforzi alle finestre, ma Evie ha questi schiavi del Laos a minimo salariale che si rifiutano di viverci dentro. Torna al giorno prima, Evie che mi accompagna in macchina dall'ospedale. Evie in realtà è Evie Cottrell, Inc. No, davvero. È quotata in borsa adesso. Il fallimento preferito di tutti. I Cottrell hanno emesso un'offerta privata di acquisto sui titoli sulla sua carriera quando Evie aveva ventun anni, e tutti i parenti Cottrell, con le loro proprietà in Texas e i soldi derivanti dal petrolio, hanno pesantemente investito nel fallimento di Evie come modella. Il più delle volte era imbarazzante andare ai provini con Evie. Certo, trovavo lavoro, ma poi l'art director o lo stilista cominciavano a strillare contro Evie, che no, nella sua opinione da esperto lei non era una perfetta taglia 40. Il più delle volte qualche assistente stilista doveva sbattere Evie fuori della porta. Evie urlava da dietro la spalla che non dovevo permettergli di trattarmi come un pezzo di carne. Dovevo solo andarmene. «Che si fottano» Evie sta urlando a questo punto. «Che si fottano tutti.» Quanto a me, io non sono arrabbiata. Mi avrebbero avvolta dentro questo incredibile corsetto di pelle di Poopie Cadole e in pantaloni di pelle della Chrome Hearts. La vita era bella in quel periodo. Lavoravo tre ore, magari quattro o cinque. Sulla soglia dello studio fotografico, prima di essere cacciata fuori, Evie sbatteva l'assistente stilista contro lo stipite della porta, e il piccoletto si sbriciolava ai suoi piedi. A quel punto urlava: «Potete tutti quanti succhiare merda dal mio dolce culo texano». Poi usciva fuori e aspettava nella sua Ferrari quelle tre o quattro o cinque ore per riaccompagnarmi a casa. Evie, quella Evie era la mia migliore amica al mondo. In momenti come quello Evie era divertente ed eccentrica, quasi come se avesse una vita propria. E va bene, non sapevo di Evie e Manus e della loro soddisfazione e del loro amore completo e totale. Volete uccidermi per questo? Torna a prima di quello, Evie che mi chiama in ospedale pregandomi, per favore, se posso farmi dimettere e andare a stare a casa sua, si sentiva così sola, per favore. La mia assicurazione medica aveva una copertura di due milioni di dollari per tutta la vita, e per tutta l'estate il contatore aveva continuato a correre. Nessuno del servizio sociale aveva avuto le palle di farmi trasferire da
qualche altra parte, Dio solo sa dove. Pregandomi al telefono, Evie diceva che aveva delle prenotazioni aeree. Andava a Cancún per un servizio fotografico per un catalogo, quindi magari se io volevo, potevo, per favore, stare da lei a dare un'occhiata alla casa? Quando mi è venuta a prendere, ho scritto sul mio blocco: quello è il mio top scollato? Io sai che lo stai slabbrando. «Dovrai solo dar da mangiare al mio gatto» dice Evie. non mi piace stare sola così distante dalla città, scrivo, non so come fai a vivere qui. Evie dice: «Se tieni un fucile sotto il letto non è proprio come vivere da soli». Scrivo: conosco ragazze che dicono la stessa cosa a proposito del loro vibratore. Ed Evie dice: «Che schifo! Non va affatto così col mio fucile!». Quindi vai a Evie che vola a Cancún, Messico, e quando guardo sotto il suo letto, c'è il fucile calibro 30 e passa. Nei suoi armadi c'è quello che resta dei miei vestiti, slabbrati e torturati a morte e appesi su appendini di filo di ferro, morti. Poi vai a me nel letto di Evie quella sera. È mezzanotte. Il vento solleva le tende della camera da letto, tende di pizzo, e il gatto salta sul davanzale per vedere chi è appena arrivato nel vialetto di ghiaia. Con le stelle dietro, il gatto guarda verso di me. Di sotto, senti rompersi una finestra. 12 Torna molto indietro all'ultimo Natale prima dell'incidente, quando vado a casa ad aprire i regali coi miei genitori. I miei fanno ogni anno lo stesso albero finto, verde spelacchiato, che quando le luci sono accese troppo a lungo fa puzzare quella poli-plastica bollente facendoti venire un mal di testa nauseante. L'albero è tutto magico e scintillante, affollato con le nostre decorazioni di vetro rosso e dorato e con quei fili di plastica argentata carichi di statica che la gente chiama ghiaccioli. In cima all'albero c'è lo stesso logoro angelo con la faccia da bambola di gomma. A coprire la mensola del caminetto ci sono gli stessi capelli d'angelo in fibra di vetro filata che solo a toccarli ti fanno venire un'infezione cutanea. Sullo stereo c'è lo stesso disco natalizio di Perry Como. Tutto questo è quando ancora avevo una
faccia, perciò cantare le canzoni di Natale non era un problema. Mio fratello Shane è sempre morto, perciò cerco di non aspettarmi troppa attenzione, solo un Natale tranquillo. A quel tempo il mio ragazzo, Manus, si stava stranendo perché aveva paura di perdere il lavoro da poliziotto, e quello di cui io avevo bisogno erano un paio di giorni lontano dai riflettori. Abbiamo parlato, mia madre, mio padre e io, e siamo rimasti d'accordo di non farci dei grandi regali quest'anno. Solo dei regalini, magari, dicono i miei, solo cosette riempicalza. Perry Como sta cantando: «It's Beginning to Look a Lot Like Chiristmas». Le calze di feltro rosso che mia madre ha cucito per ognuno di noi, per Shane e per me, sono appese sul camino, ogni feltro rosso con i nostri nomi scritti, dall'alto in basso, in belle lettere di feltro bianco. Tutte bitorzolute con i regali ficcati dentro, È la mattina di Natale, e siamo seduti attorno all'albero, mio padre pronto col coltello per i fiocchi coi nodi. Mia madre ha un sacchetto di carta marrone di quelli della spesa e dice: «Prima che la situazione diventi incontrollabile, la carta regalo va qui dentro, non tutta in giro per casa». Mia madre e mio padre siedono su sedie recliner. lo sono seduta per terra davanti al camino con le calze accanto a me. Questa scena è sempre identica. Loro seduti col caffè, piegati verso di me, che osservano la mia reazione. Io seduta per terra come un indiano. Noi tutti ancora in accappatoio e pigiama. Perry Como sta cantando: «I'll Be Home for Christmas». La prima cosa che viene fuori dalla mia calza è un piccolo koala imbottito, di quelli che si attaccano alla matita con le mani e i piedi a molla. Questo è ciò che i miei pensano che io sia. Mia madre mi porge della cioccolata calda in una tazzina con dei marshmallows che galleggiano in superficie. Dico: «Grazie». Sotto il piccolo koala c'è una scatola che tiro fuori. I miei fermano tutto, si piegano sulle loro tazze di caffè, e mi guardano. Perry Como sta cantando: «Oh, Come, All Ye Faithful». La scatoletta sono preservativi. Seduto proprio accanto al nostro scintillante, magico albero di Natale, mio padre dice: «Non sappiamo quanti partner hai ogni anno, ma vogliamo che tu sia sempre protetta». Mi metto i preservativi nella tasca dell'accappatoio e guardo giù ai marshmallows in miniatura che si sciolgono. Dico: «Grazie». «Sono in lattice» dice mia mamma. «Devi solo usare un lubrificante a
base d'acqua. Ammesso che tu abbia bisogno di un lubrificante alla tua età. Non vaselina o grassi vari o alcun tipo di lozione.» Dice: «Non te li abbiamo presi di quel tipo fatto con gli intestini di pecora perché quelli hanno piccolissimi pori che possono permettere la trasmissione del virus HIV». Poi dentro la mia calza c'è un'altra scatola. Ancora preservativi. Sulla scatola, dove c'è scritto il colore, si legge Nudo. Sembra un po' ridondante. Accanto a quello, l'etichetta dice inodore e insapore. Oh, potrei raccontarvi tutto sull'insapore. «Uno studio» dice mio padre, «un sondaggio telefonico condotto su eterosessuali in aree urbane ad alta incidenza di HIV ha mostrato che il trentacinque per cento delle persone non si sente a proprio agio a comprare preservativi per sé.» E riceverli da Babbo Natale è meglio? Dico: «Capito». «Questo non è solo per l'AlDS» dice mia madre. «C'è la gonorrea. C'è la sifilide. C'è il virus papillomatoso umano. Ci sono le verruche genitali.» Dice: «Sai che devi mettere il preservativo non appena il pene è in erezione, vero?». Dice: «Ho pagato una fortuna per delle banane fuori stagione in caso tu abbia bisogno di far pratica». Questa è una trappola. Se dico Oh sì, significa che passo la giornata a srotolare preservativi su nuove erezioni asciutte, mi toccherà sorbire la predica della puttana da parte di mio padre. Ma se gli dico No, trascorreremo tutto il Natale a far pratica per proteggermi dalla frutta. Mio padre dice: «Ci sono un sacco di cose oltre all'AlDS». Dice: «C'è il virus herpes simplex con sintomi che includono piccole vesciche dolorose che scoppiano sui genitali». E guarda la mamma. «Dolori al corpo» dice lei. «Sì, ti vengono dei dolori al corpo» dice, «e la febbre. Ti viene lo scolo vaginale. Fa male urinare.» Guarda verso mia madre. Perry Como sta cantando: «Santa Claus Is Coming to Town». Sotto la prossima scatola di preservativi c'è un'altra scatola di preservativi. Cavolo, tre scatole mi dovrebbero durare fino alla menopausa. Vai a quanto desidero che mio fratello sia vivo adesso, così lo posso uccidere per avermi rovinato il Natale. Perry Como sta cantando: «Up on the Housetop». «C'è l'epatite B» dice mia madre. A mio padre, dice: «Cos'altro?». «Clamydia» dice mio padre. «E linfogranuloma.»
«Sì» dice mia madre, «e cervicite purulenta e uretrite non da gonococco.» Mio padre guarda mia madre e dice: «Ma quella generalmente è causata dall'allergia a un preservativo in lattice o a uno spermicida». Mia madre beve un po' di caffè. Guarda giù alle sue mani intorno alla tazza, poi guarda su verso di me che sto seduta qui. «Quello che tuo padre sta cercando di dire» dice «è che solo adesso ci rendiamo conto di aver fatto degli errori con tuo fratello.» Dice: «Stiamo solo cercando di mantenerti protetta». C'è una quarta scatola di preservativi nella mia calza. Perry Como sta cantando: «It Came upon a Midnight Clear». Sulla scatola l'etichetta... sicuro e resistente anche per rapporti anali prolungati... «C'è il granuloma inguinale» mio padre dice a mia madre, «e la vaginosi batterica.» Apre una mano e conta le dita, poi le riconta, poi dice: «C'è il molluscum contagiosum». Alcuni preservativi sono bianchi. Alcuni sono di colori assortiti. Alcuni sono rigati per dare la sensazione di coltelli da pane seghettati, suppongo. Alcuni sono extra large. Alcuni sono fosforescenti. Tutto ciò è lusinghiero da dare i brividi. Evidentemente i miei pensano che io sia tremendamente popolare. Perry Como sta cantando: «Oh Come, Oh Come, Emmanuel». «Non vogliamo spaventarti» dice mia mamma, «ma sei giovane. Non possiamo aspettarci che te ne stia seduta in casa la notte.» «E in caso non riesci a dormire» dice mio padre, «potrebbero essere gli ossiuri.» Mia madre dice: «È solo che non vogliamo che tu finisca come tuo fratello, ecco tutto». Mio fratello è morto, ma ha ancora una calza piena di regali e potete scommettere che non sono profilattici. È morto, ma potete star sicuri che adesso si sta contorcendo dalle risate. «Con gli ossiuri» dice mio padre, «di notte le femmine migrano giù per il colon nell'area perianale per depositare le uova.» Dice: «Se sospetti attività di vermi, la cosa migliore è premere dello scotch trasparente contro il retto, poi guardare lo scotch sotto una lente d'ingrandimento. I vermi dovrebbero essere lunghi circa mezzo centimetro». Mia madre dice: «Bob, zitto». Mio padre si abbassa verso di me e dice: «Il dieci per cento degli uomini in questo paese può attaccarti questi vermi». Dice: «Ricordatelo».
Quasi tutta la mia calza è piena di preservativi, in scatole, in piccole monete di foglio d'alluminio dorato, in lunghe strisce da cento con le perforazioni in modo che si staccano via. I miei unici altri regali sono un fischietto anti-stupro e un flacone spray tascabile di gas lacrimogeno. A quanto pare sono pronta per il peggio, ma ho paura di chiedere se c'è dell'altro. Ci potrebbe essere un vibratore per tenermi a casa e celibe ogni notte. Ci potrebbero essere delle dighe dentali in caso di cunnilinguo. Lattice. Guanti di gomma. Perry Como sta cantando: «Nuttin' for Christmas». Guardo la calza di Shane ancora piena di regali e chiedo: «Avete comprato delle cose per Shane?». Se sono preservativi, sono un po' in ritardo. Mia madre e mio padre si guardano. A mia madre, mio padre dice: «Diglielo tu». «È quello che tu hai comprato a tuo fratello» dice mia madre. «Dai, guarda pure.» Vai a me che sono terribilmente confusa. Dammi chiarezza. Dammi motivi. Dammi risposte. Flash. Mi allungo per sganciare la calza di Shane dalla mensola del caminetto, e dentro è piena di carta appallottolata. «Continua a scavare» dice mio padre. Insieme alla carta, dentro c'è una busta chiusa. «Aprila» dice mia madre. Dentro la busta c'è una lettera stampata con in alto a destra la parola "Grazie". «Veramente è un regalo a entrambi i nostri figli» dice mio padre. Non riesco a credere a quello che sto leggendo. «Invece di comprarti un grande regalo» dice mia madre, «abbiamo fatto una donazione a tuo nome al Fondo per la Ricerca Mondiale contro l'AIDS.» Dentro la calza c'è una seconda lettera che tiro fuori. «Quello» dice mio padre «è il regalo di Shane per te.» Oh, questo è troppo. Perry Como sta cantando: «I Saw Mommy Kissing Santa Claus». Dico: «Quell'astuto del mio vecchio fratello morto, è così premuroso». Dico: «Non avrebbe dovuto. Davvero, davvero non si sarebbe dovuto disturbare. Magari dovrebbe smetterla di negare, accettare il fatto di essere
morto e andare avanti. Magari reincarnarsi». Dico: «Non può essere sano continuare a credere di essere ancora vivo». Dentro di me sto strepitando. Quello che volevo veramente quest'anno era una nuova borsa di Prada. Non è stata colpa mia se una bomboletta di lacca è scoppiata in faccia a Shane. Boom, ed è tornato in casa barcollando con la fronte che gli stava già diventando nera e blu. Il lungo tragitto all'ospedale con un occhio gonfio chiuso e il viso attorno che diventava sempre più grande con tutti i capillari rotti e sanguinanti sotto pelle, Shane non ha detto una parola. Non è stata colpa mia se i tipi del servizio sociale all'ospedale hanno dato uno sguardo al viso di Shane e hanno aggredito brutalmente mio padre. Sospetto di molestie sui bambini. Negligenza criminale. Intervento familiare. Niente di tutto questo è stata colpa mia. Comunicati della polizia. Un assistente sociale andava in giro a intervistare i nostri vicini, i nostri compagni di scuola, i nostri professori fino a che tutti i nostri conoscenti mi hanno trattata come una piccola tanto coraggiosa. Seduta qui la mattina di Natale con tutti questi regali che mi servirebbe un pene per poterli usare, nessuno la sa tutta. Persino dopo che le indagini della polizia si furono concluse senza che ne risultasse nulla, persino allora la nostra famiglia era distrutta. E tutti pensano ancora che sia stata io a buttare la bomboletta. E dato che sono stata io a cominciare, è stata tutta colpa mia. L'esplosione. La polizia. Shane che è scappato via. La sua morte. E non è stata colpa mia. «Veramente» dico, «se Shane volesse davvero farmi un regalo, tornerebbe dai morti e mi comprerebbe il nuovo guardaroba che mi deve. Quello mi farebbe passare un buon Natale. A quello potrei dire veramente "grazie".» Silenzio. Mentre tiro fuori la seconda busta, mia madre dice: «Ti stiamo facendo "uscire allo scoperto" ufficialmente». «In nome di tuo fratello» dice mio padre, «ti abbiamo comprato una tessera del PFLAG.» «Pee-Flag?» dico. «Parents and Friends of Lesbians and Gays» dice mia madre. Perry Como sta cantando: «There's No Place Like Home for the Holidays». Silenzio.
Mia madre si alza dalla poltrona e dice: «Corro a prendere quelle banane». Dice: «Tanto per andare sul sicuro, tuo padre e io non vediamo l'ora di vederti provare qualcuno dei tuoi regali». 13 Vai a casa di Evie intorno a mezzanotte quando becco Seth Thomas che cerca di uccidermi. Il mio viso è senza mascella, la gola finisce in una sorta di buco con la lingua penzoloni. Attorno al buco la pelle è tutto tessuto cicatrizzato: grumi rosso scuro e lucidi come se ti sia capitata la torta di ciliege in una gara a chi mangia più torte. Se lascio penzolare la lingua, puoi vedermi il palato, rosa e liscio come l'interno di un dorso di granchio, e appeso attorno al palato ci sono le vertebre bianche a ferro di cavallo dei denti superiori che mi sono rimasti. Ci sono momenti per indossare un velo e altri per non farlo. A parte questo, sono magnifica quando incontro Seth Thomas che sta scassinando la grande casa di Evie a mezzanotte. Quello che Seth vede scendere giù dalla grande scalinata circolare nell'atrio di Evie sono io con addosso uno dei completi peignoir di Evie, rosa pesca di satin e pizzo, cucito di sbieco. La vestaglia di Evie è questo capo rosa-pesca rétro alla Zsa Zsa che mi nasconde come il cellophane nasconde un tacchino surgelato. Sulle maniche e sul davanti della vestaglia c'è l'alone all'ozono rosa pesca delle piume di struzzo che si abbinano alle piume delle ciabattine con i tacchi alti che indosso. Seth è surgelato ai piedi della grande scalinata circolare di Evie, con in mano il migliore coltello trinciante di Evie lungo quaranta centimetri. Tirato giù sulla testa di Seth un paio di collant di Evie. Si vede l'inforcatura di cotone delle calze di Evie seduta lungo il viso di Seth. Le gambe dei collant drappeggiano il davanti del suo ensemble mimetico come le orecchie di un cocker spaniel. E io sono una visione. Che scende passo dopo passo verso la punta del coltello trinciante, con il lento passo-pausa-passo di una showgirl in una grande rivista di Las Vegas. Oh, sono proprio favolosa. Mobilio così sexy. Seth se ne sta fermo lì, guarda su, in uno dei suoi momenti, spaventato per la prima volta nella vita perché ho in mano il fucile di Evie. Il calcio piantato contro la spalla, e la canna nelle mani diritta davanti a me. Il mirino puntato proprio nel mezzo dell'inforcatura di cotone di Evie Cottrell.
Ecco Seth e io da soli nell'atrio di Evie con i frammenti di vetro molato della finestra accanto alla porta e il lampadario di cristallo di Evie che luccica come bigiotteria per abitazioni. L'unica altra cosa è un piccolo scrittoio in quel provinciale stile francese bianco e dorato. Sul piccolo scrittoio francese c'è un telefono très oh-la-la con la cornetta grande come un sassofono d'oro appoggiata dentro una culla d'oro in cima a una scatola d'avorio. In mezzo alla tastiera circolare c'è un cameo. Molto chic, pensa Evie probabilmente. Con il coltello teso davanti a sé, Seth fa: «Non ti farò del male». Io sono impegnata in quel lento passo-pausa-passo giù per le scale. Seth dice: «Cerchiamo di non uccidere nessuno qui». Ed è un tale déjà vu. È esattamente il modo in cui Manus Kelley mi avrebbe chiesto se avevo raggiunto l'orgasmo. Non le parole, ma la voce. Seth dice attraverso l'inforcatura di Evie: «Tutto quello che ho fatto è stato andare a letto con Evie». Che déjà vu. Facciamoci un giro in barca a vela. È la stessa identica voce. Seth fa cadere il coltello e la punta della lama rimane conficcata nel parquet dell'atrio di Evie accanto al suo scarpone da combattimento. Seth dice: «Se Evie dice che sono stato io a spararti, è una bugiarda». Sullo scrittoio accanto al telefono c'è un blocco e una matita per prendere i messaggi. Seth dice: «Appena ho sentito di te all'ospedale ho saputo che era tutta opera di Evie». Tenendo il fucile in equilibrio con un braccio, sul blocco scrivo: togliti i collant. «Voglio dire, non mi puoi uccidere» dice Seth. Seth sta tirando l'elastico dei collant. «Sono solo il motivo per cui Evie ti ha sparato.» Avanzo passo-pausa-passo per gli ultimi tre metri fino a Seth, e aggancio la canna del fucile all'elastico dei collant, e li tiro via dal viso squadrato di Seth. Seth Thomas che sarebbe Alfa Romeo a Vancouver, British Columbia. Alfa Romeo già Nash Rambler, già Bergdorf Goodman, già Neiman Marcus, già Saks Fifth Avenue, già Christian Dior. Seth Thomas, che molto tempo prima era chiamato Manus Kelley, il mio fidanzato ufficiale, quello della telepromozione. Non ho potuto dirvelo fino a ora perché voglio che sappiate come sia stato scoprirlo. Nel mio cuore. Il mio fidanzato voleva uccidermi. Anche quando è stato così stronzo,
ho amato Manus. Amo ancora Seth. Un coltello, mi ha fatto l'effetto di un coltello, e ho scoperto che nonostante tutto quello che era successo, avevo ancora un infinito potenziale non sfruttato di sofferenza. È da questa notte che abbiamo cominciato a viaggiare insieme e un giorno Manus Kelley sarebbe divenuto Seth Thomas. Nel frattempo, a Santa Barbara e a San Francisco e a Los Angeles e a Reno e a Boise e a Salt Lake City, Manus era altri uomini. Tra quella notte e ora, stanotte, Seth è stato Lance Corporal e Chase Manhattan. È stato Dow Corning e Herald Tribune e Morris Code. Tutto un omaggio del Progetto Reincarnazione dei Testimoni Brandy Alexander, come lo chiama lei. Nomi diversi, ma tutti quei nomi sono cominciati come Manus CheCercaDiUccidermi. Uomini diversi, ma c'è sempre la stessa bellezza da squadra speciale omicidi. Gli stessi occhi color blu intenso. Non sparare - facciamoci un giro in barca a vela - è la stessa voce. Taglio di capelli diverso, ma sono sempre gli stessi folti capelli da cagnaccio sexy. Seth Thomas è Manus. Manus mi ha tradito con Evie, ma lo amo ancora così tanto che nasconderò estrogeni coniugati nel suo cibo. Così tanto che farò qualsiasi cosa per distruggerlo. Penserete che adesso debba essere più intelligente dopo, quanti? milleseicento crediti universitari. Dovrei essere più intelligente. Potrei essere un dottore a questo punto. Scusa, Mamma. Scusa, Dio. Vai a me che non mi sento nient'altro che stupida, cercando di tenere in equilibrio all'orecchio uno dei dorati telefoni-sassofono di Evie. Brandy Alexander, regina inopportuna qual è, non è sull'elenco. Tutto quello che so è che vive in centro al Congress Hotel in una suite d'angolo con tre inquilini: Kitty Litter. Sofonda Peters. E la vivace Vivienne VaVane. Alias le sorelle Rhea, tre travestiti che adorano la regina deluxe ma che si ucciderebbero a vicenda per avere più spazio nell'armadio. La regina Brandy non mi ha detto nient'altro. Dovrei parlare con Brandy, ma chiamo i miei. È successo che ho chiuso il mio fidanzato killer nell'armadio dei soprabiti, e quando vado per metter-
lo dentro ci sono altri miei bellissimi vestiti ma tutti slabbrati di tre taglie. Quei vestiti erano tutti i centesimi che ho guadagnato in vita mia. Dopo quanto è successo, devo chiamare qualcuno. Per tutta una serie di ragioni non posso proprio ritornare a dormire. Così chiamo, e la mia chiamata attraversa montagne e deserti fino a dove mio padre risponde, e nella mia miglior voce da ventriloquo, evitando le consonanti che per pronunciarle ti occorre la mascella, gli dico: «Gflerb sorlfd quotk, erd sairk. Srd. Erd, korts derk sairk? Kirdo!». Una volta di più, il telefono non è proprio mio amico. E mio padre dice: «Per cortesia non attacchi. Chiamo mia moglie». Via dalla cornetta, dice: «Leslie, svegliati, siamo arrivati alle telefonate criminali». E in sottofondo c'è la voce di mia madre che dice: «Butta giù. Digli che abbiamo amato e custodito il nostro figlio omosessuale morto». È il bel mezzo della notte lì. Devono essere a letto. «Lot. Ordilj» dico. «Serta ish ka alt. Serta ish ka alt!» «Ecco qui» mio padre dice con la voce che scivola via. «Leslie, digliene tu quattro.» La cornetta sassofono d'oro è pesante e manierata, un oggetto di scena, come se questa chiamata avesse bisogno di essere più drammatica. Da dentro l'armadio dei soprabiti Seth urla: «Per favore, non chiamare la polizia prima di aver parlato con Evie». Poi dal telefono: «Pronto?». Ed è mia madre. «Il mondo è grande abbastanza perché ci possiamo amare tutti vicendevolmente.» Dice lei: «Nel cuore di Dio c'è spazio per tutti i suoi figli. Gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Solo perché è rapporto anale non significa che non è amore». Dice: «Sento molto dolore in lei. Voglio aiutarla ad affrontare questi problemi». E Seth urla: «Non ti avrei uccisa. Ero venuto per affrontare Evie per quello che ti ha fatto. Stavo solo cercando di proteggere me stesso». Al telefono, a due ore di macchina da qui, si sente uno sciacquone, poi la voce di mio padre: «Stai ancora parlando con quei matti?». E mia madre: «È così eccitante! Mi sembra che uno di loro sta dicendo che ci ucciderà». E Seth urla: «Deve essere stata Evie a spararti». Poi al telefono la voce di mio padre, ruggisce così forte che devo tenere la cornetta lontana dall'orecchio, dice: «Siete voi, voi che dovreste essere
morti». Dice: «Avete ucciso mio figlio, maledetti pervertiti». E Seth urla: «Con Evie c'è stato solo sesso». Potrei anche non essere nella stanza, o passare il telefono a Seth. Seth dice: «Per favore non pensare nemmeno per un minuto che avrei potuto accoltellarti nel sonno». E nel telefono mio padre grida: «Basta che ci provi, signore. Ho qui una pistola e la terrò carica e vicina a me giorno e notte». Dice: «Abbiamo smesso di farci torturare da voi». Dice: «Siamo orgogliosi di essere i genitori di un figlio gay morto». E Seth urla: «Per favore, metti giù il telefono». E io faccio: «Aht! Oahk!». Ma mio padre riattacca. Il mio inventario della gente che può salvarmi è ridotto a me sola. Non la mia migliore amica. O il mio ex fidanzato. Non i dottori o le suore. Forse la polizia, ma non ancora. Non è ancora giunto il momento di avvolgere questo casino in un ordinato pacchetto legale e andare avanti con la mia meno-che-vita. Orrenda e per sempre invisibile e occupata a raccattare i pezzi. Le cose sono ancora tutte incasinate e per aria, ma non sono pronta a metterle a posto. La mia zona di benessere stava crescendo a ogni minuto. La mia soglia di drammaticità stava saltando. Era il momento di continuare a tirare la corda. Sentivo che potevo fare di tutto, e stavo appena cominciando. Il mio fucile era carico, e avevo il mio primo ostaggio. 14 Torna indietro all'ultima volta che sono andata a casa a trovare i miei genitori. Era il mio ultimo compleanno prima dell'incidente. Con Shane ancora morto non mi aspettavo regali. Non mi aspetto una torta. Quest'ultima volta, vado a casa solo per andarli a trovare, i miei. Questo è quando ho ancora una bocca, per cui non sono tanto imbarazzata a spegnere le candele. La casa, il divano marrone del salotto e le sedie recliner, tutto è uguale, tranne che mio padre ha messo delle grandi X di nastro isolante su tutte le finestre. La macchina della mamma non è nel vialetto dove la parcheggiano di solito. La macchina è chiusa nel garage. C'è una grande spranga sulla porta davanti che non mi pare ci fosse prima. Sul cancello all'entrata c'è un
grande cartello "Attenti al cane" e uno più piccolo che indica la presenza di un sistema d'allarme domestico. Quando arrivo a casa, Mamma mi fa segno di entrare in fretta e dice: «Sta' lontana dalle finestre, Bernoccolo. I crimini da intolleranza sono aumentati del sessantasette per cento quest'anno rispetto all'anno scorso». Dice: «Dopo che fa buio, cerca di non lasciare vedere la tua ombra da fuori oltre le persiane». Prepara la cena alla luce di una torcia. Quando apro il forno o il frigo si fa subito prendere dal panico, fa da scudo col suo corpo e chiude qualsiasi cosa io apra. «È per la luce forte dentro» dice. «La violenza antigay è aumentata più del cento per cento negli ultimi cinque anni.» Mio padre arriva a casa e parcheggia la macchina a mezzo isolato di distanza. Le sue chiavi picchiettano contro la nuova spranga mentre mia madre rimane impietrita sulla soglia della cucina, tenendomi indietro. Le chiavi si fermano, e mio padre bussa, tre colpi veloci poi due lenti. «È la sua bussata» dice mamma, «ma guarda lo stesso attraverso lo spioncino.» Mio padre entra tenendo d'occhio la strada buia alle spalle, osservando. Passa una macchina, e dice: «Romeo Tango Foxtrot sei sette quattro. Svelta, scrivilo». Mia madre lo scrive su un blocco accanto al telefono. «Marca?» dice lei. «Modello?» «Mercury, blu scuro» dice mio padre. Mamma dice: «È nel registro». Dico che forse stanno avendo una reazione eccessiva. E mio padre dice: «Non marginalizzare la nostra oppressione». Vai al grande errore che è stato venire a casa. Vai a come la vedrebbe Shane, che strano comportamento hanno i nostri genitori. Mio padre spegne la lampada che ho acceso in salotto. Le tende della finestra panoramica sono chiuse e appuntate nel mezzo. Loro conoscono la posizione di tutti i mobili al buio, ma io, io sbatto contro ogni sedia e ogni spigolo. Faccio cadere in terra un piatto di caramelle, crash, e mia madre strilla e si butta giù sul linoleum della cucina. Mio padre arriva da dietro al divano dove è rannicchiato e dice: «Devi avere pazienza con tua madre. Ci aspettiamo da un momento all'altro di essere vittime di crimini da intolleranza». Dalla cucina mia madre grida: «È stata una pietra? Sta bruciando qual-
cosa?». E mio padre urla: «Non schiacciare il bottone antipanico, Leslie. Il prossimo falso allarme e dovremo cominciare a pagarli». Adesso so perché mettono una specie di faro su certi aspirapolvere. Per prima cosa, raccatto i vetri rotti al buio. Poi chiedo a mio padre dei cerotti. Me ne sto ferma in un punto, con la mano tagliata sollevata sul cuore, e aspetto. Mio padre esce dall'oscurità con alcol e cerotti. «Questa è una guerra che stiamo combattendo» dice, «tutti noi membri del Pee-Flag.» PFLAG. Parents and Friends of Lesbians and Gays. Lo so. Lo so. Lo so. Lo so. Grazie, Shane. Dico: «Non dovreste neanche essere membri del PFLAG. Vostro figlio gay è morto, perciò non conta più». Quello che ho detto suona piuttosto offensivo, ma io sono qui che sanguino. Dico: «Scusate». I cerotti sono stretti e l'alcol brucia al buio, e mio padre dice: «I Wilson hanno messo un cartello PFLAG nel loro giardino. Due notti dopo, qualcuno è passato con la macchina su tutto il loro prato, ha rovinato tutto». I miei non hanno nessun cartello PFLAG. «Abbiamo tolto il nostro» dice mio padre. «Tua madre ha un adesivo PFLAG sul parafango, per questo teniamo la macchina nel garage. Il fatto che siamo orgogliosi di tuo fratello ci ha messo in prima linea.» Dall'oscurità mia madre dice: «Non dimenticarti dei Bradford. Loro hanno trovato una busta di feci di cane in fiamme davanti alla porta. Avrebbe potuto bruciare tutta la casa con loro a letto, solo perché hanno appeso una manica a vento arcobaleno del PFLAG nel giardino di dietro». Mamma dice: «Nemmeno nel giardino davanti, in quello di dietro». «L'odio» dice mio padre «ci circonda, Bernoccolo. Lo sai questo?» Mia madre dice: «Forza truppe. È ora del rancio». La cena è un pasticcio dal libro di ricette PFLAG. È buono, ma Dio solo sa che aspetto ha. Per due volte faccio cadere il mio bicchiere al buio. Mi butto il sale addosso. Ogni volta che dico una parola i miei mi zittiscono. Mia madre dice: «Hai sentito qualcosa? Veniva da fuori?». Con un sospiro, chiedo se si ricordano che giorno è domani. Tanto per vedere se si ricordano, con tutta la tensione che hanno addosso. Non è che mi aspetti una torta con le candeline e un regalo. «Domani» dice mio padre. «Certo che lo sappiamo. Ecco perché siamo tesi come non mai». «Volevamo parlarti di domani» dice mia mamma. «Sappiamo quanto tu
sia ancora sconvolta per tuo fratello, e pensiamo che sarebbe una cosa buona per te se anche tu marciassi con il nostro gruppo alla parata.» Vai a un'altra schifosa disillusione che si prospetta all'orizzonte. Vai a me coinvolta nella loro grande compensazione, la loro grande penitenza per tutti quegli anni fa, mio padre che grida: «Non sappiamo che genere di schifose malattie stai portando in questa casa, giovanotto, ma ti puoi pure trovare un altro posto dove dormire stanotte». Questo lo chiamavano amore severo. Questo è lo stesso tavolo da pranzo dove Mamma ha detto a Shane: «Oggi ha chiamato l'ufficio del dottor Peterson». A me ha detto: «Tu puoi andare in camera tua a leggere, signorina». Sarei potuta andare sulla luna e avrei sentito lo stesso tutti gli strilli. Shane e i miei erano in camera da pranzo, io, io ero dietro la porta della mia camera. I miei vestiti, la maggior parte dei miei vestiti per scuola erano stesi fuori. Dentro, mio padre disse: «Quello che hai non è mal di gola, giovanotto, e vorremmo sapere dove sei andato e cosa hai fatto». «Droga» disse mia mamma, «avremmo potuto capirlo.» Shane non disse mai niente. Il suo viso ancora lucido e increspato di cicatrici. «Gravidanza giovanile» disse mia mamma, «avremmo potuto capirlo.» Non una parola. «Il dottor Peterson» disse lei. «Ha detto che praticamente c'è solo un modo in cui puoi aver preso la malattia che hai, ma io gli ho detto, no, non nostro figlio, non tu, Shane.» Mio padre disse: «Abbiamo chiamato l'allenatore Ludlow, e ha detto che hai abbandonato la pallacanestro due mesi fa». «Domani dovrai andare al dipartimento sanitario della contea» disse mia madre. «Stanotte» disse mio padre. «Ti vogliamo fuori di qui.» Nostro padre. Queste stesse persone che sono così buone e gentili e premurose e partecipi, queste stesse persone che trovano una loro identità e completezza personale nella battaglia in prima linea per l'eguaglianza e la dignità personale e la parità di diritti per il loro figlio morto, queste sono le stesse persone che sento urlare attraverso la porta della mia camera da letto. «Non sappiamo che genere di schifose malattie stai portando in questa casa, giovanotto, ma ti puoi pure trovare un altro posto dove dormire stanotte.»
Mi ricordo che avrei voluto uscire a prendere i miei vestiti, stirarli, piegarli, e metterli via. Dammi una qualsiasi sensazione di controllo. Flash. Mi ricordo come la porta di casa si aprì e si chiuse, non sbatté. Con la luce accesa in camera mia, tutto quello che potei vedere fu il mio riflesso nella finestra della mia camera. Quando ho spento la luce, ecco Shane, fermo appena fuori della finestra, che guardava dentro verso di me, il suo viso tutto distorto e tagliuzzato come nei film dei mostri, scuro e indurito dall'esplosione della lacca. Dammi terrore. Flash. Che io sapessi, non aveva mai fumato, ma accese un fiammifero e lo avvicinò alla sigaretta che aveva in bocca. Bussò alla finestra. Disse: «Ehi, fammi entrare». Dammi rifiuto. Disse: «Ehi, fa freddo». Dammi ignoranza. Accesi la luce della camera da letto così nella finestra potevo vedere solo me stessa. Poi chiusi le tende. Non rividi mai più Shane. Stanotte, con le luci spente, con le tende tirate e la porta davanti chiusa a chiave, con Shane che se n'è andato, a parte il suo fantasma, chiedo: «Quale parata?». Mia mamma dice: «È la Parata dell'Orgoglio Omosessuale». Mio padre dice: «Marciamo con il PFLAG». E gli piacerebbe che io marciassi con loro. Gli piacerebbe che me ne stessi seduta al buio facendo finta che è dal mondo esterno che ci stiamo nascondendo. Da qualche sconosciuto pieno d'odio che verrà a cercarci di notte. Da qualche fatale malattia sessuale aliena. Gli piacerebbe pensare che sono terrorizzati da qualche bigotto omofobo. Niente di tutto questo è colpa loro. Gli piacerebbe che io pensassi che ho qualcosa cui rimediare. Non sono stata io a buttare quella bomboletta di lacca. Ho solo spento le luci della camera da letto. Poi si sono sentiti i pompieri arrivare in lontananza. La luce arancione lampeggiante fuori delle mie tende, e quando mi sono alzata dal letto per guardare, c'erano i miei vestiti di scuola in fiamme. Asciutti sul filo e gonfi d'aria. Vestiti e maglioni e pantaloni e bluse, tutti in fiamme che si dissolvevano nel vento. In pochi secondi, tutto ciò che amavo, sparito.
Flash. Vai avanti di qualche anno a me cresciuta e che trasloco. Dammi un nuovo inizio. Vai a una notte, qualcuno che chiama da un telefono pubblico chiedendo ai miei se erano i genitori di Shane McFarland. I miei genitori che dicono forse. La persona che chiama non vuole dire dove, ma dice che Shane è morto. Una voce alle spalle di chi chiama che dice, raccontagli il resto. Un'altra voce che dice, digli che la signorina Shane li odiava a morte e che le sue ultime parole sono state: non è ancora finita, non ci sperate. Poi qualcuno che ride. Vai a noi soli qui al buio davanti a un pasticcio. Mio padre dice: «Allora, cara, marcerai con tua madre e me?». Mia madre dice: «È così importante per i diritti dei gay». Dammi coraggio. Flash. Dammi tolleranza Flash. Dammi saggezza. Flash. Vai alla verità. E io dico: «No.» 15 Vai al momento intorno all'una di notte nella grande casa silenziosa di Evie quando Manus smette di gridare e io posso finalmente pensare. Evie è a Cancún, probabilmente in attesa che la polizia la chiami e dica: la nostra teoria più plausibile è che la persona che custodiva la sua casa, il mostro senza mascella, be', ha sparato e ucciso il suo amante segreto quando lui si è introdotto in casa con in mano un coltello da macellaio. Sapete che in questo momento Evie è sveglissima. In qualche camera d'albergo messicana, Evie sta cercando di capire se c'è una differenza di fuso di tre o di quattro ore tra la casa dove sono accoltellata a morte, defunta, e Cancún, dove si suppone Evie si trovi per un servizio fotografico per un catalogo. Non è che Evie faccia parte della categoria grandi cervelli. Nessuno va a Cancún in alta stagione per fare un catalogo, soprattutto non con delle bovare dalle ossa grosse come Evie Cottrell.
Ma dato che io sono morta, questo dischiude un intero mondo di possibilità. Sono un nessuno invisibile seduto su un divano di damasco di fronte a un altro sofà bianco davanti a un tavolino da caffè che sembra un grande blocco di malachite di quelli del primo corso di introduzione alla geologia. Evie andava a letto con il mio fidanzato, perciò adesso posso farle qualsiasi cosa. In un film, quando qualcuno diventa tutto a un tratto invisibile - sapete, no, una strana radiazione nucleare o la formula di uno scienziato pazzo - e tu pensi, che cosa farei se fossi invisibile...? Qualcosa come andare nello spogliatoio maschile della Gold's Gym o, meglio ancora, nello spogliatoio degli Oakland Raiders. Cose del genere. Vedere un po' di cose. Andare da Tiffany e rubare diademi di diamanti e roba varia. Essendo così stupido, stanotte Manus avrebbe potuto accoltellarmi, pensando che fossi Evie, pensando che Evie mi avesse sparato, mentre ero addormentata al buio nel suo letto. Mio padre andrebbe al funerale e direbbe a tutti di come fossi sempre sul punto di ritornare all'università e prendere la mia laurea in personal fitness training e poi senza dubbio iscrivermi alla scuola di medicina. Papà, Papà, Papà, Papà, Paparino, non ero riuscita ad andare oltre il maiale fetale del primo corso di biologia. Adesso sono il cadavere. Scusa, Mamma. Scusa, Dio. Evie starebbe proprio accanto a mia mamma, vicino alla bara aperta. Evie barcollerebbe in avanti appoggiandosi a Manus. Sapete, Evie avrebbe trovato qualcosa di totalmente grottesco da dare al becchino perché me lo facesse indossare. Così Evie mette un braccio attorno a mia madre, e Manus non riesce a staccarsi in tempo dalla bara aperta, e io sono distesa lì in questa bara di vellutino blu come gli interni di una Lincoln Town Car. Naturalmente, grazie, Evie, ho addosso questo kimono cinese da sera di seta gialla da concubina con uno spacco laterale fino alla vita e calze a rete nere e draghi cinesi rossi ricamati da una parte all'altra della regione pelvica e sui seni. E tacchi a spillo rossi. E niente mascella. Naturalmente, Evie dice a mia madre: «Le è sempre piaciuto questo vestito. Questo kimono era il suo preferito». La sensibile Evie direbbe: «E con questa si direbbe che lei sia a zero su due». Potrei uccidere Evie. Pagherei dei serpenti perché la mordessero.
Evie avrebbe addosso questo completino da cocktail nero con una gonna di raso dall'orlo asimmetrico e un corsetto senza spalline di Rei Kawakubo. Spalle e maniche sarebbero di puro chiffon nero. Evie, sapete che nella borsetta nera a soffietto ha dei gioielli, grandi smeraldi per i suoi occhi troppo verdi, e un cambio di accessori, così più tardi potrà indossare sempre questo vestito, per andare a ballare. Odio Evie. Quanto a me, io sto marcendo, in questo vestito da concubina puttana travestita da Suzie Wong Tokyo Rose senza più una goccia di sangue, un vestito che era troppo grande per la bara e così mi hanno dovuto spillare dietro la schiena la parte extra. Morta, sembro una merda. Sembro una merda morta. Accoltellerei Evie proprio adesso al telefono. No, davvero, direi alla signora Cottrell mentre deponiamo l'urna di Evie in una cassaforte di famiglia da qualche parte a Orrenda, Texas. Davvero, Evie voleva essere cremata. Io, al funerale di Evie, indosserei questo miniabito di Versace in pelle nera stretto come un laccio emostatico con metri e metri di guanti di seta nera affastellati sulle braccia. Prenderei posto accanto a Manus in fondo alla grande e nera Cadillac mortuaria, e avrei in testa questo cappello nero di Christian Lacroix a ruota di vagone con un velo nero che più tardi mi potrei togliere per andare a un'asta elegante o a una vendita di beni immobiliari o una cosa del genere, e poi pranzo. Evie, Evie sarebbe polvere. Va be', ceneri. Sola nel suo salotto, prendo in mano un portasigarette di cristallo dal tavolo che assomiglia a un blocco di malachite, e lancio questo piccolo tesoro contro i mattoni del camino. C'è una gran botta con sigarette e fiammiferi dappertutto. Da borghese defunta quale sono, tutt'a un tratto vorrei non averlo fatto, e mi inginocchio e comincio a raccogliere il casino. Il vetro e le sigarette. Evie, solo che... un portasigarette. È così tardo-generazionale. E fiammiferi. Un piccolo strappo mi pizzica il dito, e mi sono tagliata con un frammento così minuscolo e trasparente che è invisibile. Oh, tutto questo è abbagliante. Solo quando il sangue viene fuori a sagomare di rosso il frammento, solo allora riesco a vedere cos'è che mi ha tagliato. C'è il mio sangue sul pez-
zo di vetro che estraggo. Il mio sangue su una scatola di fiammiferi. No, signora Cottrell. No, davvero, Evie voleva essere cremata. Mi rialzo dal mio casino, e corro in giro lasciando sangue su ogni interruttore e su ogni lampada, spegnendoli tutti. Corro oltre l'armadio dei soprabiti, e Manus grida: «Per favore», ma quello che ho in mente è troppo eccitante. Spengo tutte le luci del primo piano, e Manus grida. Deve andare al bagno, grida. «Per favore.» La grande casa coloniale di Evie con le sue colonne davanti è tutta buia mentre cerco a tastoni il tavolo della sala da pranzo. Sento lo stipite della porta e conto piano fino a dieci, passi ciechi attraverso il tappeto orientale fino al tavolo della sala da pranzo con la tovaglia di pizzo. Accendo un fiammifero. Accendo una delle candele del grande candelabro d'argento. Va bene, fa molto Romanzo Gotico, ma accendo tutte e cinque le candele del candelabro d'argento che è così pesante che mi ci vogliono entrambe le mani per sollevarlo. Con ancora addosso il completo peignoir di raso e l'accappatoio di piume di struzzo, quello che sono è il fantasma di una bellissima ragazza defunta che porta questo coso di candele su per la lunga scalinata circolare di Evie. Su, passati tutti i dipinti a olio, e lungo il corridoio del secondo piano. Nella camera da letto la bella ragazza fantasma col suo raso apre gli armadi a lume di candela e i cassetti pieni dei suoi vestiti, slabbrati a morte dal gigante cattivo Evie Cottrell. I corpi torturati di vestiti e maglioni e vestiti e pantaloni e vestiti e jeans e gonne e scarpe e vestiti, quasi tutti mutilati e sformati, che implorano di essere finiti per porre termine alla loro misera esistenza. Il fotografo nella mia testa dice: Dammi rabbia. Flash. Dammi vendetta. Flash. Dammi ricompensa, totale e completa. Flash. Il fantasma già morto che sono, il non-esistente, il nulla invisibile dai pieni poteri che sono diventata, agito il candelabro davanti a tutta quella stoffa e: Flash. Ecco l'enorme inferno della moda di Evie.
Che è abbagliante. Che è proprio troppo divertente! Provo col copriletto, questo antico piumone belga di pizzo, e brucia. Le tende, le tende pesanti di velluto verde di Miss Evie, bruciano. I coprilampade bruciano. Cazzo. Anche lo chiffon che ho addosso sta bruciando. Spengo a schiaffi le mie piume in fiamme e torno indietro dalla fornace della moda della camera da letto di Evie nel corridoio del secondo piano. Ci sono altre dieci stanze e qualche bagno, e io vado di stanza in stanza. Bruciano gli asciugamani. Inferno in bagno! Chanel N° 5, brucia. Dipinti a olio raffiguranti cavalli da corsa e fagiani morti bruciano. Bruciano i finti tappeti orientali. Le orrende composizioni di fiori secchi di Evie sono ormai piccoli inferni centrotavola. Troppo carino! La bambola Katty Kathy di Evie, si squaglia, poi brucia. La collezione del carosello di animali di pezza - Cootie, Poochie, Pam-Pam, Mr Bunnits, Choochie, Poo Poo, e Ringer - è un divertente olocausto di peluche. Troppo dolci. Troppo adorabili. Di nuovo in bagno, afferro una delle poche cose non in fiamme: Una boccetta di Valium. Scendo giù dalla grande scalinata circolare. Manus, quando è entrato in casa per uccidermi, ha lasciato aperta la porta davanti, e l'inferno al secondo piano risucchia attorno a me una fresca brezza notturna su per le scale. Che spegne le mie candele. Adesso, l'unica luce è l'inferno, una stufa spaziale gigante che mi sorride dall'alto, io fritta nelle mie undici erbe e spezie di chiffon bruciacchiato. Mi sento come se avessi vinto un premio per qualcosa di importante che ho fatto nella vita. Del tipo, ecco a voi Miss America. Vieni giù. E questo tipo di attenzione, io la adoro ancora. Alla porta dell'armadio, Manus sta frignando che sente odore di fumo, e per favore, per favore, per favore di non lasciarlo morire. Come se adesso me ne fregasse qualcosa. No, davvero, Manus voleva essere cremato. Sul blocchetto vicino al telefono scrivo: tra un minuto aprirò la porta, ma ho ancora il fucile. prima però, infilo dei Valium sotto la porta, ingoiali, fallo o ti uccido. E faccio passare il biglietto sotto la porta.
Usciamo verso la sua macchina nel vialetto. Lo sto portando via. Farà tutto quello che voglio, oppure, dovunque finiremo, dirò alla polizia che ha rotto la finestra per introdursi in casa. Ha appiccato il fuoco e ha usato il fucile per rapirmi. Sputerò fuori tutto su Manus ed Evie e sulla loro schifosa storia d'amore. La parola amore sa di cera per le orecchie quando la penso riferita a Manus ed Evie. Sbatto il calcio del fucile contro la porta dell'armadio, e il fucile spara. Un altro centimetro, e sarei morta. Con me morta fuori della porta chiusa a chiave, Manus sarebbe bruciato. «Sì» Manus grida. «Farò qualsiasi cosa. Solo, per favore, non lasciarmi bruciare a morte, non spararmi. Qualunque cosa, ma apri la porta!» Con la scarpa, spingo le pasticche di Valium attraverso la fessura sotto la porta dell'armadio. Con il fucile davanti a me, apro la porta e mi tengo indietro. Alla luce del fuoco di sopra, puoi vedere la casa che si sta riempiendo di fumo. Manus esce barcollando, con gli occhi blu intenso di fuori e le mani in aria, e lo conduco verso la sua macchina col fucile premuto contro la sua schiena. La pelle di Manus è soda e sexy persino dall'altra parte di un fucile. Dopo di che, non ho un piano. So solo che per un po' non voglio che si risolva niente. Dovunque finiamo, non voglio tornare alla normalità. Chiudo Manus nel bagagliaio della sua Fiat Spider. Una bella macchina, è una bella macchina, rossa con la capote abbassata. Sbatto il calcio del fucile sul coperchio del cofano. Dal mio cargo d'amore nessuna reazione. Poi mi chiedo se deve ancora pisciare. Getto il fucile sul sedile del passeggero e ritorno nell'inferno coloniale di Evie. Nell'atrio, solo che adesso è una ciminiera, c'è una galleria del vento con l'aria fredda che entra dentro dalla porta e sale su nel calore e nella luce sopra di me. L'atrio ha ancora quello scrittoio con il telefono e il sassofono d'oro. Il fumo è dappertutto. E un coro di tutte le sirene antifumo sta sirenando così forte da fare male. È pura cattiveria, lasciare Evie a Cancún sveglia per così tanto tempo in attesa della sua buona notizia. Così chiamo il numero che ha lasciato. Sapete che Evie risponde al primo squillo. Ed Evie dice: «Pronto?». Niente, tranne il rumore di tutto quello che ho fatto, gli allarmi antifumo
e le fiamme, il tintinnio del lampadario a bracci con la brezza che gli suona in mezzo, è tutto quello che c'è da sentire dal suo capo della conversazione. Evie dice: «Manus?». Da qualche parte, dalla sala da pranzo forse, il soffitto precipita giù e scintille e tizzoni saltano fuori dalla porta della sala da pranzo fin sulla porta dell'atrio. Evie dice: «Manus, non fare scherzi. Se sei tu, ho detto che non ti volevo più vedere». E proprio in quel momento: Crash. Mezza tonnellata di scintillante, abbagliante luce bianca, cristallo austriaco tagliato a mano, il grande lampadario a bracci cade dal centro del soffitto dell'atrio ed esplode troppo vicino. Un altro centimetro e sarei morta. Come posso non ridere. Sono già morta. «Senti, Manus» dice Evie. «Ti ho detto di non chiamarmi o racconterò alla polizia di come hai mandato la mia migliore amica in ospedale senza faccia. Hai capito?» Evie dice: «Sei andato troppo oltre. Ti denuncerò se proprio devo». Manus o Evie, non so a chi credere, tutto quello che so è che le mie piume sono in fiamme. 16 Torna indietro a un servizio fotografico di moda in questo cimitero di auto pieno di sporche macchine incidentate dove Evie e io dobbiamo arrampicarci sui catorci con addosso dei tanga di Hermaun Mancing così sottili che sotto devi indossare una striscetta di cerotto per proteggere la fica, ed Evie esordisce con: «A proposito, tuo fratello mutilato...?». Non sono neanche il mio fotografo o art director preferiti. E io di rimando a Evie: «Sì?» intanto che sono occupata a sporgere in fuori il culo. E il fotografo fa: «Evie? Quello non è fare il broncio!». Peggiore era la moda, e peggiori erano i posti dove dovevamo posare per farla sembrare bella. Sfasciacarrozze. Macelli. Impianti di depurazione delle acque di scolo. È la tattica della sposa brutta che sembra bella solo per paragone. A un servizio per Industry JeansWear, ero sicura che avremmo
dovuto posare mentre baciavamo dei cadaveri. Tutte queste macchine rotte hanno buchi arrugginiti dappertutto, spigoli seghettati, e sono così prossima all'essere nuda, e cerco di ricordare quand'è che ho fatto l'ultima antitetanica. Il fotografo abbassa l'obiettivo e dice: «Sto soltanto sprecando pellicola finché voi ragazze non vi decidete a tirare in dentro lo stomaco». Essere belle costava sempre più sforzo. Già solo le abrasioni del rasoio ti facevano venire da piangere. Le cerette all'inguine. Dopo l'iniezione di collagene nelle labbra Evie ha detto che non aveva più paura dell'inferno. La seconda cosa peggiore è Manus che ti strappa la striscetta per la fica quando non ti sei rasata per bene. Sull'inferno, ho detto a Evie: «È lì che posiamo domani». Così adesso l'art director dice: «Evie, potresti arrampicarti di altre due macchine più su?». E tutto questo con i tacchi a spillo, ma Evie sale. Piccole schegge di vetro antieffrazìone sono sparse in tutti i posti dove potresti cadere. Con il suo grande sorriso pacchiano, Evie dice: «Esattamente, come si è mutilato tuo fratello?». Puoi mantenere un sorriso autentico solo per un po', dopodiché è solo denti. L'art director sale con il suo piccolo applicatore di schiuma e mi ritocca le chiappe dove l'abbronzante si è striato. «È stata una bomboletta di lacca che qualcuno aveva gettato nel nostro inceneritore». Dico: «Lui stava bruciando l'immondizia e la bomboletta è esplosa». E Evie dice: «Qualcuno?». E io dico: «Per come urlava e cercava di fermargli l'emorragia penseresti che fosse stata mia madre». E il fotografo dice: «Ragazze, potete mettervi sulle punte solo un po'?». Evie fa: «Una grande bomboletta di lacca HairShell da duecento millilitri? Scommetto che gli ha spellato via metà faccia». Entrambe siamo andate sulle punte. Faccio io: «Non era poi così male». «Aspettate un secondo» dice l'art director, «ho bisogno che i vostri piedi non siano così vicini tra loro.» Poi dice: «Più larghi». Poi: «Un po' più larghi per favore». Poi ci passa dei grandi aggeggi cromati da tenere in mano. Il mio deve pesare dieci chili. «È un martello con punta sfondata» dice Evie, «e lo stai tenendo in modo sbagliato.»
«Dolcezza» il fotografo dice a Evie, «potresti tenere la sega un po' più vicina alla tua bocca per favore?» Il sole è caldo sulla lamiera delle macchine, i tettucci sfondati sotto il peso delle altre auto accatastate. Queste sono macchine col muso così deformato che sai che da lì nessuno è uscito con le proprie gambe. Macchine con le fiancate devastate in cui sono morte intere famiglie. Macchine tamponate con i sedili posteriori attaccati al cruscotto. Macchine di quando ancora non c'erano le cinture. Macchine pre-airbag. Prima del personale paramedico. Queste sono macchine sventrate attorno ai serbatoi esplosi. «È tutto così grandioso» dice Evie. «Ho lavorato tutta la vita per arrivare fin qui.» L'art director dice di andare avanti e di spingere i seni contro le macchine. «Per tutto il tempo, man mano che crescevo» dice Evie, «ho sempre pensato che essere una donna sarebbe stato... be', non una simile delusione.» Tutto quello che avevo sempre voluto era essere figlia unica. Il fotografo dice: «Perfecto». 17 Le sorelle Rhea non sono altro che tre bianchi pelle e ossa, che se ne stanno tutto il giorno seduti in una suite del Congress Hotel in vestitini di nylon con le spalline che cadono da un lato o dall'altro, coi tacchi a spillo e a fumare sigarette. Kitty Litter, Sofonda Peters e la Vivace Vivienne VaVane, i loro visi che brillano di crema idratante e maschere facciali all'albume, ascoltano quei cha-cha che ormai si sentono solo negli ascensori. I capelli delle sorelle Rhea sono corti e appiattiti con la brillantina e aggrovigliati e irti di mollette, appiccicati sulle loro teste. Se fuori non è estate è probabile che abbiamo una calotta da parrucca stesa sulle mollette. Il più delle volte non sanno che stagione sia. Le persiane non sono mai aperte, e ci saranno una dozzina di quei dischi di cha-cha ammonticchiati uno sull'altro sul cambiadischi automatico. Tutto il mobilio è biondo, come la grande console stereo a quattro zampe RCA Philco. Il braccio di metallo dello stereo pesa almeno un chilo e con quella vecchia puntina ci si potrebbe arare un campo. Posso presentarle: Kitty Litter.
Sofonda Peters. La Vivace Vivienne VaVane. Meglio note come le sorelle Rhea, sono la sua famiglia, mi ha detto Brandy Alexander nell'ufficio della logopedista. Non era la prima volta che ci siamo incontrate, questa non era la volta che ho pianto e ho raccontato a Brandy come avevo perso il viso. Non era nemmeno la seconda volta, quando Brandy ha portato il suo cesto da cucito pieno di sistemi per nascondere il mostro che ero. Era una delle migliaia di volte in cui ci siamo nascoste quando ero ancora in ospedale. L'ufficio della logopedista era il posto in cui ci incontravamo. «Di solito» mi dice Brandy «Kitty Litter si scolorisce e si tira via con le pinzette i peli del viso indesiderati. Questa spiacevole faccenda dei peli può occupare il bagno per ore, ma Kitty si mette i Ray-Ban al contrario, le piace tanto vedersi riflessa». Le Rhea, loro hanno fatto diventare Brandy quella che è. Brandy, lei gli deve tutto. Brandy chiudeva la porta dell'ufficio della logopedista e, se qualcuno bussava, Brandy ed io simulavamo rumori da orgasmo. Urlavamo e strillavamo e davamo pacche sul pavimento. Io battevo le mani per rendere quello speciale suono di sculacciata che tutti conoscono. Chiunque bussasse, se ne andava via in fretta. Poi continuavamo a sprecare trucchi e a parlare. «Sofonda» Brandy mi diceva, «Sofonda Peters, è il cervello, Sofonda. La signorina Peters se ne sta tutto il giorno con le sue unghie di porcellana infilate nel principesco disco del telefono a parlare con un agente o con un distributore, a vendere, vendere, vendere.» Qualcuno bussava alla porta dell'ufficio della logopedista, e così io sparavo fuori un urlo da gatta e mi davo una botta sul fianco. Le sorelle Rhea, Brandy mi diceva che sarebbe morta senza di loro. Quando l'avevano trovata, la principessa regina suprema, lei era una taglia forte, che cantava in playback nelle serate per dilettanti, negli spettacoli a microfono libero dove possono cantare tutti. Cantava Thumbelina in playback. I suoi capelli, il suo corpo, la sua camminata alla Brandy Alexander così di tendenza, avevano inventato tutto le sorelle Rhea. Vai a due camion dei pompieri che mi superano in direzione opposta mentre guido in autostrada verso il centro, lontana dalla casa di Evie in
fiamme. Nello specchietto retrovisore della Fiat Spider di Manus la casa di Evie è un falò sempre più piccolo. L'orlo rosa-pesca dell'accappatoio di Evie è incastrato nella portiera, e le piume di struzzo mi frustano nella fresca aria notturna che si riversa attorno al parabrezza della decappottabile. Odoro tutta di fumo. Il fucile sul sedile del passeggero punta per terra. Non arriva una parola dal mio cargo d'amore nel bagagliaio. E c'è rimasto solo un posto dove andare. Non posso proprio usare il telefono e chiedere all'operatore di chiamare Brandy. L'operatore non mi capirebbe mai, e così stiamo andando in centro, al Congress Hotel. Vai a come tutto il denaro delle sorelle Rhea viene da una bambola che si chiama Katty Kathy. Queste sono le altre cose che Brandy mi ha detto tra un orgasmo simulato e l'altro nell'ufficio della logopedista. È una bambola, Katty Kathy è una di quelle bambole alte trenta centimetri color carne con misure del corpo impossibili. Se fosse una donna reale le sue misure sarebbero 115-40-65. Se fosse una donna vera, Katty Kathy non troverebbe da comprare un bel nulla nei negozi. Sai che l'hai vista in giro questa bambola. Viene venduta nuda in un pacchetto di plastica a bolle per un dollaro, ma i suoi vestiti costano una fortuna, ecco quant'è realistica. Si possono comprare circa quattrocento piccoli capi di abbigliamento separati che si combinano e si abbinano per creare tre completi eleganti. Da questo punto di vista la bambola assomiglia incredibilmente alla vita. Da brividi. Sofonda Peters ha avuto l'idea. Inventata Katty Kathy, ha realizzato il prototipo, venduto la bambola, e fatto tutti gli affari. Eppure, Sofonda è come se fosse sposata con Kitty e Vivian e ci sono abbastanza soldi per mantenerle tutte. Quello che ha fatto vendere Katty Kathy è che è una bambola parlante, ma invece di una cordicella, quello che le esce dalla schiena è una catenina d'oro. Tiri la corda, e lei dice: «Quel vestito va bene, voglio dire, se proprio vuoi vestirti in quel modo.» «Il tuo cuore è la mia piñata.» «Vai in giro vestita così?» «Credo che avere anche altri partner farebbe bene al nostro rapporto.» «Kiss kiss.» E: «Non toccare i miei capelli!». Le sorelle Rhea hanno fatto una fortuna. Solo la piccola giacca bolero di
Katty Kathy, la fanno cucire in Cambogia per dieci centesimi e la vendono qui in America per sedici dollari. E la gente li paga. Vai a me che parcheggio la Fiat con il bagagliaio pieno del mio cargo d'amore in una strada secondaria, e che cammino per Broadway verso il portiere del Congress Hotel. Sono una donna con mezza faccia che arriva a un hotel di lusso, uno di quei grandi palazzi di terracotta inespressiva costruiti cento anni fa, dove il portiere porta marsine coi galloni d'oro sulle spalle. Io ho addosso un completo da peignoir e un accappatoio. Niente veli. Metà accappatoio è rimasta incastrata in una portiera, trascinata lungo l'autostrada per gli ultimi trenta chilometri. Le mie piume di struzzo puzzano di fumo, e sto cercando di mantenere nascosto il fatto che sotto braccio ho un fucile a mo' di stampella. Sì, e ho perso anche una scarpa, una di quelle ciabattine col tacco. Il portiere nella sua marsina neanche mi guarda. Sì, e i miei capelli li vedo riflessi nella grande placca di ottone che dice The Congress Hotel. La fresca aria notturna ha trasformato la mia acconciatura di panna montata in un'arruffata pelliccia di ratto. Vai a me alla reception del Congress Hotel dove cerco di rendere i miei occhi seducenti. Dicono che la prima cosa che la gente nota di te sono gli occhi. Raccolgo l'attenzione di quello che deve essere l'amministratore notturno, il facchino, il manager, e un impiegato. Le prime impressioni sono così importanti. Deve essere il modo in cui sono vestita o il fucile. Usando il buco che è la parte superiore della gola, con la lingua di fuori e tutta la ferita attorno, dico: «Gerl terk nahdz gah sssid». Tutti sono proprio gelati dai miei occhi seducenti. Non so come, ma poi il fucile è sul bancone, puntato su nessuno in particolare. Il manager arriva con il suo blazer blu marina con la sua piccola targhetta in ottone con su scritto "Mr Baxter", e dice: «Possiamo darle tutti i soldi che sono nel cassetto, ma nessuno qui è in grado di aprire la cassaforte dell'ufficio». Il fucile sul banco punta a destra alla targhetta d'ottone "Mr Baxter", un particolare che non è passato inosservato. Schiocco le dita e indico un pezzo di carta che gli faccio segno di darmi. Scrivo con la penna per i clienti, quella con la catenella: qual è la suite delle sorelle Rhea? non fatemi bussare a ogni porta al quindicesimo piano, siamo in piena notte.
«La stanza è la 15-G» dice Mr Baxter, entrambe le mani piene di soldi che non voglio e tese verso di me oltre il bancone. «Gli ascensori» dice «sono alla sua destra.» Vai a me che sono Daisy St. Patience il primo giorno che io e Brandy ci siamo sedute accanto. Il giorno del tacchino congelato dopo che avevo aspettato per l'intera estate che qualcuno mi chiedesse cosa fosse accaduto alla mia faccia, e ho raccontato tutto a Brandy. Brandy, quando mi ha messo seduta sulla sedia ancora calda del suo culo e ha chiuso a chiave la porta della logopedista quella prima volta, mi ha chiamato fuori dal mio futuro. Mi ha chiamata Daisy St. Patience e non ha mai voluto sapere con quale nome ero entrata da quella porta. Ero la legittima erede della famosa casa internazionale di moda, la House of St. Patience. Brandy, lei parlava e parlava. Stavamo finendo l'aria, parlava così tanto, e non intendo solo noi, Brandy e io. Intendo dire il mondo. Brandy parlava così tanto che il mondo stava finendo l'aria. La foresta amazzonica proprio non riusciva a tenere il passo. «Quello che sei istante dopo istante» diceva Brandy «è solo una storia.» Quello di cui avevo bisogno era una storia nuova. «Lascia che faccia per te» diceva Brandy, «quello che le sorelle Rhea hanno fatto per me». Dammi coraggio. Flash. Dammi cuore. Flash. E così vai a me che sono Daisy St. Patience che sale in quell'ascensore, e Daisy St. Patience che cammina lungo il tappeto del corridoio verso la suite 15-G. Daisy bussa e nessuno risponde. Dalla porta si sente quel chacha-cha. La porta si apre di dieci centimetri, ma la c'è la catena inserita e quindi si ferma. Tre facce bianche appaiono nei dieci centimetri di buco, una sopra l'altra, Kitty Litter, Sofonda Peters, e la vivace Vivienne VaVane, i visi lucidi di crema idratante. I capelli corti e appiattiti con mollette e calotte da parrucca. Le sorelle Rhea.
Chi sia chi, non lo so. Il totem di drag queen nello spazio della porta dice: «Non portarci via la regina suprema.» «È tutto quello che abbiamo da fare nelle nostre vite.» «Non è ancora finita. Non siamo nemmeno a metà, e abbiamo ancora così tanto da fare su di lei.» Gli faccio un cucù allo chiffon rosa col fucile, e la porta si chiude. Da dietro la porta, si sente la catena che viene tolta. Poi la porta si apre del tutto. Vai a una volta, una sera tardi, in macchina tra Nessunposto, Wyoming, e ChissàDove, Montana, quando Seth dice che il fatto di essere nati rende i tuoi genitori Dio. Gli devi la tua vita, e ti possono controllare. «Poi la pubertà ti rende Satana» dice, «solo perché vuoi qualcosa di meglio.» Vai a dentro la suite 15-G con il mobilio biondo e la bossanova cha-chacha e il fumo di sigarette, e le sorelle Rhea che svolazzano attorno alla stanza nei loro abitini di nylon con le spalline che scendono da una spalla o dall'altra. Non devo fare altro che puntare il fucile. «Sappiamo chi sei, Daisy St. Patience» dice una di loro accendendosi una sigaretta. «Con una faccia così, ormai sei tutto ciò di cui Brandy parla.» Dappertutto nella stanza sono sparsi questi grandi, grandi portacenere del 1959 di vetro sabbiato, tanto grandi che vanno svuotati solo ogni due anni. Quella con la sigaretta mi tende la sua lunga mano con le unghie di porcellana e dice: «Io sono Pie Rhea». «Io sono Die Rhea» dice un'altra, vicino allo stereo. Quella con la sigaretta, Pie Rhea, dice: «Questi sono i nostri nomi d'arte». Ìndica la terza Rhea, là sul divano, che mangia cinese da un pacchetto take-away. «Quella» dice e indica, «questa Signorina All'Ingrasso, la puoi chiamare Gon Rhea.» Con la bocca piena di nulla che vorreste vedere, Gon Rhea dice: «Incantata, certo». Mettendo la sigaretta dappertutto tranne che in bocca, Pie Rhea dice:«La regina non ha proprio bisogno dei tuoi problemi, non stasera». Dice: «Siamo tutta la famiglia di cui la top ragazza ha bisogno». Sullo stereo, in una cornice d'argento, c'è la foto di una bella ragazza da-
vanti a un cartamodello, che sorride verso una macchina fotografica che non si vede, un invisibile fotografo che le dice: Dammi passione. Flash. Dammi gioia. Flash. Dammi gioventù ed energia e innocenza e bellezza. Flash. «La prima famiglia di Brandy, la sua famiglia natale, non la voleva, così l'abbiamo adottata» dice Die Rhea. Puntando il suo lungo dito alla fotografia che sorride sullo stereo biondo, Die Rhea dice: «La sua famiglia natale pensa che sia morta». Vai a una volta tempo fa quando avevo una faccia e ho fatto questo servizio fotografico di copertina per la rivista «BabeWear». Torna indietro alla suite 15-G, e la foto sullo stereo biondo sono io, la mia copertina, la copertina della rivista «BabeWear» incorniciata, con Die Rhea che punta il dito verso di me. Torna indietro a noi nell'ufficio della logopedista con la porta chiusa a chiave e Brandy che dice quanto è stata fortunata che l'abbiano trovata le sorelle Rhea. Non è da tutti avere una seconda chance di rinascere ed essere tirate su una seconda volta, ma questa volta da una famiglia che le vuole bene. «Kitty Litter, Sofonda, e Vivienne» dice Brandy, «gli devo tutto.» Vai alla suite 15-G e a Gon Rhea che agita i bastoncini verso di me e dice: «Non provarti a portarcela via. Non abbiamo ancora finito con lei». «Se Brandy se ne va con te» dice Pie Rhea, «gli estrogeni coniugati se li può pagare da sola. E la sua vaginoplastica. E la sua plastica alle labbra. Per non parlare della sua elettrolisi scrotale.» Alla foto sullo stereo, alla stupida faccia sorridente nella cornice d'argento, Die Rhea dice: «Nessuna di quelle cose costa poco». Die Rhea solleva la foto e me l'avvicina, il mio passato che mi guarda faccia a faccia, e Die Rhea dice: «Così, Brandy voleva diventare così, come quella troia di sua sorella. Questo due anni fa, prima che si facesse un'operazione al laser alle corde vocali e poi il raschiamento della trachea. Si è fatta avanzare lo
scalpo di tre centimetri in modo da avere la giusta attaccatura di capelli. Abbiamo pagato per limare alla Signorina Maschio l'osso frontale sopra gli occhi. Abbiamo pagato per il profilo della mascella e la femminizzazione della fronte». «E» dice Gon Rhea con la bocca piena di cibo cinese masticato, «e ogni volta che tornava a casa dall'ospedale con la fronte rotta e riallineata o col pomo d'Adamo allisciato e ridotto a un nulla femminile, chi pensi che si sia preso cura di lei per quei due anni?» Vai ai miei genitori addormentati nel loro letto lontani da qui montagne e deserti. Vai a loro e al loro telefono, e ad anni fa quando qualche pazzo, qualche schifoso pervertito urlante, li chiama e urla che loro figlio è morto. Il loro figlio che non volevano, Shane, era morto di AIDS e quest'uomo non voleva dire dove o quando, e poi ha riso e ha riattaccato. Torna indietro all'interno della suite 15-G e a Die Rhea che mi agita in faccia una mia vecchia foto e dice: «Voleva diventare così, e dopo decine di migliaia di dollari di bambole Katty Kathy è diventata così». Gon Rhea dice: «Cavolo. Brandy è diventata meglio di quella». «Noi siamo quelle che amiamo Brandy Alexander» dice Pie Rhea. «Ma tu sei quella che Brandy ama perché hai bisogno di lei» dice Die Rhea. Gon Rhea dice: «Chi ami e chi ti ama non sono mai e poi mai la stessa persona». Dice: «Brandy ci lascerà se pensa che tu hai bisogno di lei, ma anche noi abbiamo bisogno di lei». Quello che amo è fuori, chiuso nel bagagliaio di una macchina fuori, con lo stomaco pieno di Valium, e mi chiedo se debba ancora pisciare. Mio fratello che odio è tornato dai morti. Che Shane fosse morto era proprio troppo bello per essere vero. Prima la bomboletta della lacca non l'ha ucciso. Poi la nostra famiglia non riusciva proprio a dimenticarlo. Adesso anche il mortale virus dell'AIDS mi ha dato buca. Mio fratello non è altro che un'amara fottutissima delusione dopo l'altra. Si sente una porta aprirsi e chiudersi da qualche parte, poi un'altra porta si apre e Brandy è lì che dice: «Daisy, dolcezza» ed entra nel fumo e nel cha-cha-cha con addosso questa sorta di vestito da viaggio verde tipo Bill Blass First Lady orlato di cordoncino bianco e tacchi a spillo verdi e una borsetta verde molto elegante. In testa ha una deliziosa spruzzata ecologi-
camente scorretta di piume di pappagallo verde della foresta pluviale a forma di cappello, e Brandy dice: «Daisy, dolcezza, non puntare il fucile contro le persone che amo». In ogni grande mano inanellata di Brandy c'è un'impertinente valigia American Tourister bianca. «Dateci una mano, qualcuno. Questi sono solo gli ormoni regali.» Dice: «I vestiti di cui ho bisogno sono nell'altra stanza». Brandy dice a Sofonda: «Signorina Pie Rhea, devo proprio». A Kitty, Brandy dice: «Signorina Die Rhea, ho fatto tutto il possibile per il momento. Abbiamo fatto l'avanzamento dello scalpo, il lifiting delle sopracciglia, il raschiamento dell'osso della fronte. Abbiamo fatto il raschiamento della trachea, il profilo del naso, il profilo della mascella, il riallineamento della fronte...». Come se fosse una cosa stupefacente che non ho riconosciuto il mio vecchio fratello mutilato. A Vivienne, Brandy dice: «Signorina Gon Rhea, mi rimangono ancora dei mesi per il mio Training di Vita Reale e non li passerò certo imbucata qui in questo hotel». Vai a noi che ce ne andiamo via con la Fiat Spider piena di valigie. Immagina dei profughi disperati che da Beverly Hills emigrano attraverso la nazione con un set di diciassette valigie coordinate per cominciare una nuova vita nel Midwest Contadino. Tutto molto elegante e di gran gusto, una di quelle epiche vacanze della famiglia Joad, solo al contrario. Lasciandoci dietro una scia di accessori buttati, scarpe e guanti e collane girocollo e cappelli, per alleggerire il carico così da poter attraversare le Montagne Rocciose, quelle saremmo noi. Questo dopo che è arrivata la polizia, senza dubbio dopo che il manager dell'hotel li aveva chiamati e gli aveva detto che una mutilata psicopatica con un fucile stava minacciando tutti al quindicesimo piano. Questo dopo che le sorelle Rhea hanno portato tutte le valigie di Brandy giù per le scale antincendio. Questo dopo che Brandy dice che deve andare, che ha bisogno di pensare, sai, prima del suo grande intervento chirurgico. Sai. La trasformazione. Questo dopo che continuo a guardare Brandy chiedendomi, Shane? «È un passo così grande» dice Brandy. «Essere una donna, capite. Per sempre.» Prendere ormoni. Per tutto il resto della vita. Le pillole, le bende, le inie-
zioni, per il resto della vita. E se esisteva qualcuno, anche una sola persona che l'avrebbe amata, che avrebbe potuto rendere la sua vita felice, per com'era lei e basta, senza gli ormoni e i trucchi e i vestiti e le scarpe e l'operazione? Doveva almeno guardarsi un po' in giro per il mondo. Brandy spiega tutto questo, e le sorelle Rhea cominciano a piangere e a salutare e a mettere le American Tourister nella macchina. E tutta la scena sarebbe proprio commovente, e starei frignando anch'io, se non sapessi che Brandy era mio fratello morto e che la persona che lo vuole amare sono io, sua sorella piena di odio, che già trama di ucciderlo. Sì. Trama, trama di uccidere Brandy Alexander. Io, quella a cui non rimane niente da perdere, tramo la mia grande rivincita sotto i riflettori. Dammi violente fantasie di vendetta come strumento di sopravvivenza. Flash. Dammi solo la mia prima opportunità. Flash. Brandy al volante, lei si gira verso di me, i suoi occhi tutti una ragnatela di lacrime e mascara, e dice: «Sai cosa sono le Benjamin Standard Guidelines?». Brandy mette in moto la macchina e ingrana la prima. Abbassa il freno a mono e sporge il collo per vedere il traffico. Dice: «Devo vivere di ormoni un anno intero nel mio nuovo ruolo sessuale prima della vaginoplastica. Lo chiamano Training di Vita Reale». Brandy si immette sulla strada e ce l'abbiamo quasi fatta. Una squadra speciale con eleganti accessori neri, gas lacrimogeno e armi semiautomatiche sta correndo dentro, superando il portiere coi galloni che tiene aperta la porta. Le Rhea ci corrono dietro, salutano e mandano baci comportandosi come orrende damigelle fino a quando inciampano, ansimando, per strada, coi tacchi a spillo andati in malora. C'è una luna in cielo. I palazzi degli uffici allineati come in un canyon lungo i lati della strada. C'è sempre Manus nel bagagliaio, e stiamo già mettendo un'enorme distanza tra me e il pericolo di essere presa. Brandy posa la sua grande mano sulla mia gamba e stringe. Incendio doloso, rapimento, penso di essere arrivata fino all'omicidio. Forse tutto questo mi farà avere un barlume di attenzione, non quella del buon genere glorioso, ma almeno quella dei media nazionali. Ragazza Mostro Ammazza Amica Donna Fratello Segreto. «Mi rimangono ancora otto mesi del mio anno di TVR» dice Brandy. «Pensi che potrai tenermi occupata per i prossimi otto mesi?»
18 Metà della mia vita la passo nascosta nei bagni dei ricchi. Torna indietro a Seattle, a quella volta in cui Brandy e Seth e io siamo per strada a caccia di medicinali. Vai al giorno dopo quello in cui siamo andati allo Space Needle, a Brandy distesa sul pavimento di un bagno. Prima l'ho aiutata a togliersi la giacca e a sbottonarsi la blusa dietro, e adesso sono seduta su un water e, regolari come una tortura cinese, faccio cadere dosi eccessive di Valium nella sua bocca Plumbago. Il bello del Valium, dice la ragazza Brandy, è che non ti fa passare il dolore ma almeno non sei incazzata per il fatto che stai male. «Versa» dice Brandy e fa le labbra a pesce. Il fatto è che Brandy ha una tolleranza altissima ai medicinali e ce ne vuole per ucciderla. Perdipiù è grossa, tutta muscoli, ci vorrebbero boccette su boccette. Faccio cadere un Valium. Un piccolo Valium azzurro chiaro, un altro Valium polvere blu, blu Tiffany, come un regalo di Tiffany, il Valium cade da parte a parte all'interno di Brandy. Il vestito, quello che ho aiutato Brandy a togliersi, è un modello Pierre Cardin Space Age tutto bianco sfacciato, la gonna dritta a tubo è fresca e asettica fin sopra le ginocchia, la giacca è senza tempo e clinica nel suo taglio semplice e maniche a tre quarti. La blusa sotto è senza maniche. Le scarpe sono stivali di vernice bianca con la punta quadrata. Un completo che bisognerebbe accessoriare con un contatore Geiger anziché con una borsetta. Al Bon Marché quando esce dal camerino camminando come in passerella non poso far altro che applaudire. La prossima settimana, quando lo porterà indietro, ci sarà una depressione post partum. Vai a colazione, una mattina che Brandy e Seth erano pieni dei soldi ricavati dai medicinali, stavamo mangiando roba portata dal servizio in camera, e Seth dice che Brandy potrebbe viaggiare nel tempo a Las Vegas su un altro pianeta negli anni Cinquanta, e ci si ritroverebbe perfettamente. Il pianeta Krylon, dice lui, dove piccoli robot ti liposucchierebbero il grasso e ti rifarebbero tutta. E Brandy dice: «Quale grasso?». E Seth dice: «Sarebbe magnifico se potessi farci una visita dal lontano
futuro via anni Sessanta». E io verso ancora del Premarin nel secondo giro di caffè di Seth. Ancora Darvon nello champagne di Brandy. Vai di nuovo a noi nel bagno, Brandy e io. «Versa» dice Brandy. Le sue labbra sono rilassate e allungate, e io lascio cadere un altro regalo di Tiffany. Questo bagno dove siamo nascoste è molto singolare per i particolari decorativi. L'idea è quella di una grotta sottomarina. Anche il telefono della principessa è color acqua, ma quando guardi fuori dai grandi oblò in ottone, vedi Seattle dalla cima di Capitol Hill. Il water dove sono seduta, solo seduta, il coperchio è chiuso sotto il mio culo non preoccuparti, il water è un grande guscio di lumaca di ceramica fissato al muro. Il lavandino è una grande mezza vongola di ceramica fissata al muro. Brandy-landia, parco giochi sessuale delle stelle, dice: «Vai». Vai a quando siamo arrivate qui e l'agente immobiliare non era che un grosso manzo. Uno di quelli che ha avuto la borsa di studio per il football, quelli che le sopracciglia gli crescono unite nel mezzo e si dimenticano di prendere una laurea qualsiasi. Come se io potessi parlare, con i miei milleseicento crediti. Ecco questo agente immobiliare che cura le proprietà del club-milionedi-dollari, cui è stato affibbiato il lavoro da un riconoscente alunno anziano della stessa università che desiderava giusto un genero capace di star sveglio per sei o sette finali universitarie sotto Natale. Ma forse sto giudicando un tantino troppo. Brandy aveva superato se stessa quanto a umidità femminile. Questo ragazzo con un cromosoma Y in più in un doppiopetto blu di serge, un ragazzo le cui zampe fanno sembrare piccole anche le mancine di Brandy. «Signor Parker» dice Brandy, la sua mano nascosta nella zampa di lui. Negli occhi di lei puoi leggerci il tema d'amore di Hank Mancini. «Ci siamo parlati stamattina». Siamo nel salotto di una casa di Capitol Hill. Questa è un'altra di quelle case ricche dove tutto è ciò che sembra. Le elaborate rose Tudor intarsiate nei soffitti sono di gesso, non di fibra di vetro. I torsi di nudi greci rovinati sono di marmo, non gesso marmorizzato. Le scatole nel salottino non sono
smaltate alla Fabergé. Le scatole sono portapillole Fabergé, e ce ne sono undici. Il pizzo sotto le scatole non è stato merlettato da una macchina. Non solo i dorsi, ma anche le copertine di tutti libri in tutti gli scaffali della biblioteca sono rilegati in cuoio, sia davanti che dietro, e le pagine sono tagliate. Non serve nemmeno tirar fuori un solo libro per capirlo. L'agente immobiliare, il signor Parker, le gambe sono dritte e immobili sulle chiappe. Sul davanti, da una gamba dei pantaloni che è appena un po' più gonfia si capisce che si tratta di boxer e non di slip. Brandy fa un cenno verso di me. «Questa è la signorina Arden Scotia, della compagnia Denver River Logging and Paper Scotias.» Un'altra vittima del Progetto Brandy Alexander per la Reincarnazione Testimoni. La grande mano di Parker ingoia la mia manina, pesce grosso e pesce piccolo, intera. La camicia inamidata di Parker ti fa pensare a una tovaglia pulita, così liscia e rigida che ci si potrebbe servire da bere dal bancone del suo petto. «Questo» Brandy accenna a Seth «è Ellis Island, il fratellastro della signorina Scotia.» Il pesce grosso di Parker mangia il pesce piccolo di Ellis. Brandy dice: «La signorina Scotia e io vorremmo girare la casa da sole. Ellis è mentalmente ed emotivamente disturbato». Ellis sorride. «Speravamo che lo potesse sorvegliare» dice Brandy. «Nessun problema» dice Parker. Dice: «Certamente». Ellis sorride e con due dita tira la manica della giacca di Brandy. Ellis dice: «Non lasciarmi troppo a lungo, signorina. Se non ho abbastanza pillole, mi verrà uno dei miei attacchi». «Attacchi?» fa Parker. Ellis dice: «Qualche volta, la signorina Alexander si dimentica che sto aspettando, e così non mi dà le medicine». «Ha degli attacchi?» dice Parker. «Questa è nuova» dice Brandy e sorride. «Non ti verrà nessun attacco» Brandy dice al mio nuovo fratellastro. «Ellis, ti proibisco di avere un attacco.» Vai a noi accampate nella grotta sottomarina. «Versa.» Il pavimento sotto la schiena di Brandy è a forma di pesce con delle mattonelle fredde messe giù in modo tale da far collimare la coda di un pesce
in mezzo alla testa di due pesci come sardine in barattolo, lungo tutto il pavimento del bagno. Faccio cadere un Valium tra le labbra Plumbago. «Ti ho mai raccontato come mi ha cacciato la mia famiglia?» dice Brandy dopo il suo piccolo boccone blu. «La mia famiglia originaria, voglio dire. La mia famiglia natale. Ti ho mai raccontato quella storiella incasinata?» Mi metto la testa tra le ginocchia e guardo dritta la regina suprema, la sua testa tra i miei piedi. «La gola mi faceva male da un paio di giorni, così non sono andata a scuola e tutto» dice Brandy. Dice: «Signorina Arden? Pronto?». Guardo giù verso di lei. È così facile immaginarla morta. «Signorina Arden, per favore» dice. «Vuole versare ancora?» Faccio cadere un altro Valium. Brandy inghiotte. «Erano giorni che non potevo inghiottire» dice. «La gola mi faceva così male. Potevo parlare appena. I miei hanno pensato, ovviamente, che fosse streptococco.» La testa di Brandy è quasi proprio sotto la mia mentre guardo giù. Solo che la faccia di Brandy è al contrario. I miei occhi guardano dritto nell'interno buio della sua bocca Plumbago, umidore buio che scende nelle sue cavità e negli organi e in tutto quello che sta dietro le quinte. Il backstage di Brandy Alexander. Rivoltata potrebbe essere una perfetta sconosciuta. Ed Ellis aveva ragione, chiedi di loro alla gente solo per poter raccontare di te stesso. «La coltura» dice Brandy. «Il tampone che hanno preso per lo streptococco è risultato positivo per lo scolo. Sai, la terza sorella Rhea. Gonorrhea» dice. «Quel piccolo batterio gonococco. Avevo sedici anni e avevo la gonorrea. I miei non la presero per niente bene.» No. No, per niente. «Sono crollati» dice Brandy. L'hanno cacciato di casa. «Si misero a strepitare di quanto ero malato» dice Brandy. Poi l'hanno cacciato. «Per "malato" intendevano gay» dice. Poi l'hanno cacciato. «Signorina Scotia?» dice. «Versa.» E io verso. «Mi hanno cacciato dalla maledetta casa.»
Vai al signor Parker fuori della porta del bagno che dice: «Signorina Alexander? Sono io, signorina Alexander. Signorina Scotia, siete lì dentro?». Brandy comincia a tirarsi su e si appoggia a un gomito. «Si tratta di Ellis» dice il signor Parker attraverso la porta. «Credo che dovreste venire giù. Signorina Scotia, suo fratello sta avendo un attacco o qualcosa del genere.» Medicine e cosmetici sono sparsi dappertutto sui mobiletti acquamarina, e Brandy è sdraiata mezza nuda sul pavimento su una pioggia di pillole e capsule e tavolette. «È il suo fratellastro» risponde Brandy. La maniglia si muove. «Mi dovete aiutare» dice Parker. «Fermo lì, signor Parker!» grida Brandy, e la maniglia smette di girare. «Si calmi. Non entri qui dentro» dice Brandy. «Quello che deve fare» Brandy mi guarda mentre parla, «quello che deve fare è bloccare Ellis per terra in modo che non si faccia male. Sarò giù tra un momento.» Brandy mi guarda e sorride le sue labbra Plumbago a formare un grande arco. «Parker?» dice. «Sta ascoltando?» «Per favore, faccia in fretta» arriva attraverso la porta. «Dopo che ha bloccato Ellis per terra» dice Brandy «gli blocchi la bocca con qualcosa in modo che resti aperta. Ha un portafoglio?» Passa un momento. «È di pelle d'anguilla, signorina Alexander.» «Deve esserne molto fiero allora» dice Brandy. «Dovrà incastrarlo tra i suoi denti in modo da tenergli la bocca aperta. Si sieda sopra di lui se necessario.» Brandy, lei sta sorridendo ai miei piedi come l'incarnazione del maligno. Dal piano di sotto attraverso la porta arriva il rumore di pregiato cristallo autentico in frantumi. «Presto!» grida Parker. «Sta rompendo degli oggetti!» Brandy si lecca le labbra. «Dopo che è riuscito a tenergli la bocca aperta, Parker, ci metta dentro le mani e afferri la lingua. Altrimenti si strozzerà, e lei si ritroverà seduto su un corpo morto.» Silenzio. «Mi ascolta?» dice Brandy. «Afferrargli la lingua?» Qualcos'altro di autentico e di costoso e distante si frantuma.
«Signor Parker, dolcezza, spero sia assicurato» dice la Principessa Alexander, la faccia tutta gonfia e rossa per lo sforzo di trattenere le risate. «Sì» dice lei, «prenda la lingua di Ellis. Lo blocchi per terra, gli tenga la bocca aperta, e gli tiri la lingua in fuori più che può fino a che non vengo giù ad aiutarla.» La maniglia gira. I miei veli sono tutti sulla mensola dei cosmetici, lontani da me. La porta si apre quanto basta per colpire il piede di Brandy nei suoi tacchi a spillo, Brandy distesa sghignazzante e mezza piena di Valium, mezza nuda tra le medicine sul pavimento. È quanto basta perché io veda la faccia del signor Parker con il suo sopracciglio unico, e quanto basta perché la faccia mi veda seduta sul water. Brandy urla: «Mi sto occupando della signorina Arden Scotia!». Dovendo scegliere tra afferrare una lingua estranea e guardare un mostro cagare in un guscio di lumaca gigante, la faccia si ritira e sbatte la porta dietro di sé. Passi di uno che ha avuto una borsa di studio per il football si precipitano giù per il corridoio. Poi corrono pesantemente giù per le scale. Da manzo quale è Parker, i suoi passi risuonano pesantemente attraverso l'atrio fino al salotto. L'urlo di Ellis, autentico e improvviso e distante, arriva da sotto attraverso il pavimento. E, improvvisamente, smette. «Ora» dice Brandy, «a che punto eravamo?» È distesa sulla schiena con la testa tra i miei piedi. «Hai più pensato alla chirurgia plastica?» dice Brandy. Poi dice: «Versa». 19 Se esci con un ubriaco, ti renderai conto di come un ubriaco ti riempia il bicchiere in modo da poter svuotare il suo. Finché bevi anche tu, allora bere va bene. In compagnia. Bere è divertente. Se c'è una bottiglia, anche se il tuo bicchiere non è vuoto, un ubriaco, lui ne verserà un po' nel tuo bicchiere prima di riempire il suo. Questa è solo una parvenza di generosità. Brandy Alexander, lei mi sta alle costole con la chirurgia plastica. Per quale motivo io non guardo, sai, a quello che c'è in giro. Con il suo seno
siliconato, le sue labbra liposucchiate, la clessidra 115-40-66 Katty Kathy che è, la fata buona rifatta, my fair lady, Pigmalione che non è altro, mio fratello tornato dai morti, Brandy Alexander è molto coinvolta nella chirurgia plastica. E "visa versa". Chiacchiere da bagno. Brandy è ancora distesa sulle fredde piastrelle del pavimento, sulla cima di Capito! Hill a Seattle. Il signor Parker è venuto e se n'è andato. Tutto il pomeriggio sole, Brandy e io. Sono ancora seduta sull'estremità di un'enorme guscio di lumaca in ceramica avvitato al muro. Che cerco di ucciderla nella mia maniera bislacca. La testa dai capelli ramati di Brandy tra i miei piedi. Rossetti e Demero], fard e Percocet-5, Aubergine Dreams e capsule di Nembutal sono sparsi su tutti gli armadietti acquamarina attorno al lavandino. La mia mano, ho tenuto una manciata di Valium così a lungo che il palmo mi è diventato azzurro Tiffany. Io e Brandy per tutto il pomeriggio, il sole che entra con angolature sempre più basse attraverso le grandi finestre a oblò in ottone. «Il mio girovita» Brandy dice. La bocca Plumbago è un po' troppo blu, azzurro Tiffany secondo me. Overdose baby blu. «Sofonda disse che dovevo avere una vita di quaranta centimetri» dice Brandy. «Le dissi: "Signorina Sofonda, ho le ossa grosse. Sono alta un metro e ottantatré. E impossibile che mi riduca a un girovita di quaranta centimetri".» Seduta sul guscio di lumaca, sto ascoltando distrattamente. «Sofonda» dice Brandy, «Sofonda dice, c'è un modo, ma mi devo fidare di lei. Al mio risveglio dall'operazione avrò una vita di quaranta centimetri.» Come se non avessi ascoltato questa storia almeno in una dozzina di altri bagni. Un'altra boccetta dall'armadietto, Bilax in capsule, cerco nel «Physicians' Desk Reference». Bilax in capsule. Un evacuante intestinale. Forse dovrei lasciarne cadere un po' in quella bocca non-stop tra i miei piedi. Vai a Manus che mi guarda mentre faccio quella telepromozione. Eravamo così belli. Io con un viso. Lui non così pieno di estrogeni coniugati. Credevo che avessimo una vera relazione d'amore. Lo credevo davvero. Mi sentivo molto coinvolta, ma era solo una lunga, lunga storia di sesso
che poteva finire da un momento all'altro perché, dopo tutto, è solo per godere. Manus chiudeva i suoi occhi blu intenso e piegava appena la testa, così, da una parte all'altra, e deglutiva. E, sì, dicevo a Manus. Ero venuta proprio nel suo stesso momento. Chiacchiere da letto. Quasi sempre dici a te stessa che stai amando qualcuno mentre invece lo stai solo usando. È amore solo in apparenza. Vai a Brandy sul pavimento del bagno, che dice: «Sofonda e Vivienne e Kitty erano tutte con me all'ospedale». Le sue mani si sollevano dalle piastrelle, e se le fa passare su e giù per i fianchi della blusa. «Tutte e tre avevano addosso quei vestiti larghi da spazzini, con le retine sopra le parrucche e quelle spille di bigiotteria stile Duchess of Windsor appuntate ai vestiti da spazzine» dice Brandy. «Svolazzavano dietro al chirurgo e alle luci, e Sofonda mi diceva di fare il conto alla rovescia a partire da cento. Sai... 99... 98... 97...» Gli occhi Aubergine Dreams si chiudono. Brandy fa respiri lunghi, regolari, dice: «I dottori, loro mi hanno asportato l'ultima costola da entrambe le parti». Le sue mani massaggiano il punto, e dice: «Non ho potuto tirarmi su dal letto per due mesi, ma avevo una vita di quaranta centimetri. Ce l'ho ancora una vita di quaranta centi metri». Una delle mani di Brandy si apre come un fiore sbocciato e scivola sotto la piatta superficie dove la blusa si infila nella cintura della gonna. «Mi hanno tagliato due costole, e non le ho mai più riviste» dice Brandy. «C'è qualcosa nella Bibbia a proposito di asportare costole.» La creazione di Eva. Brandy dice: «Non so perché gli ho lasciato farmi questo». E Brandy, lei è addormentata. Torna indietro alla notte che Brandy e io abbiamo cominciato questo viaggio, la notte che abbiamo lasciato il Congress Hotel con Brandy che guida nell'unico modo in cui si può guidare alle due e mezzo di notte in una macchina sportiva con un fucile carico e un ostaggio in overdose. Brandy si nasconde gli occhi dietro i Ray-Ban così può guidare con un po' di privacy. Glamour istantaneo da un altro pianeta negli anni Cinquanta, Brandy si mette una sciarpa Hermès sui capelli ramati e la annoda sotto il mento. Tutto quello che posso vedere è me stessa riflessa nei Ray-Ban di
Brandy, piccola e orribile. Ancora tutta tirata e devastata dalla fredda aria notturna attorno al parabrezza. Accappatoio che si trascina ancora, chiuso nella portiera della macchina. Il mio viso, prova a toccare la mia faccia esplosa, cicatrizzata e giureresti che stai toccando pezzi di buccia d'arancia e cuoio. Guidando verso est, non sono sicura da cosa stiamo fuggendo: Evie o la polizia o il signor Baxter o le sorelle Rhea. O nessuno. O il futuro. Il fato. Crescere, invecchiare. Raccogliere i pezzi. Come se correndo non dovessimo continuare con le nostre vite. Sono con Brandy adesso perché non riesco a immaginare di venirne fuori senza l'aiuto di Brandy. Perché, in questo momento, ho bisogno di lei. Non che la ami veramente. Lui. Shane. Amore. Già la parola suona piuttosto debole. Sciarpa Hermès in testa, Ray-Ban in testa, trucco in faccia, guardo la regina suprema nel battito, poi battito, poi battito, dei fari in avvicinamento. Quello che vedo quando guardo Brandy è quello che ha visto Manus quando mi ha portato in barca a vela. Adesso, guardando sprazzi di Brandy accanto a me nella macchina di Manus, so che cosa è che amo di lei. Quello che amo è me stessa. Brandy Alexander assomiglia esattamente a come ero io prima dell'incidente. E perché non dovrebbe? Lei è mio fratello Shane. Shane e io eravamo quasi della stessa altezza, nati a un anno di distanza. La stessa carnagione. Gli stessi lineamenti. Gli stessi capelli, solo che i capelli di Brandy sono messi meglio. Aggiungici la sua lipo, il suo silicone, il raschiamento della trachea, la limatura della fronte, l'avanzamento dello scalpo, il riallineamento della fronte, il rino-contorno per addolcire il naso, le operazioni maxillofacciali per modellare la mascella. Aggiungici anni di elettrolisi e un pugno di ormoni e antiandrogeni ogni giorno, e non c'è da meravigliarsi che non l'abbia riconosciuta. In più l'idea che mio fratello fosse morto da anni. Non è che ti aspetti di incontrare gente morta. Quello che amo è me stessa. Ero così bella. Il mio cargo d'amore, Manus ChiusoNelCofano, Manus CheCercaDiUccidermi, come posso continuare a pensare che amo Manus? Manus è solo l'ultimo uomo che ha pensato che ero bella. Che mi ha baciato sulle labbra. Che mi ha toccato. Manus è solo l'ultimo uomo che mi ha detto che mi amava.
Ti metti a contare i fatti ed è così deprimente. Posso mangiare solo cibi per poppanti. La mia migliore amica si è scopata il mio fidanzato. Il mio fidanzato mi ha quasi accoltellato a morte. Ho dato fuoco a una casa e per tutta la notte sono andata in giro puntando un fucile contro gente innocente. Mio fratello che odio è tornato dai morti per mettermi in secondo piano. Sono un mostro invisibile, e sono incapace di amare. Non si sa cosa sia peggio. Vai a me che inzuppo un guanto di spugna nel lavandino. Nel bagno grotta sottomarina persino gli asciugamani e i guanti di spugna sono acquamarina e blu, con un motivo di conchiglia dentellata lungo gli orli. Metto il guanto freddo, bagnato, sulla fronte di Brandy e la sveglio, così può prendere ancora pillole. Muori in macchina invece che in questo bagno. Aiuto Brandy ad alzarsi in piedi e rimetto la giacca del vestito alla Principessa. Dobbiamo camminare un po' prima che qualcuno la veda in questo stato. Le riallaccio ai piedi i tacchi a spillo. Brandy, lei si appoggia a me. Si appoggia allo spigolo dell'armadietto. Prende una manciata di capsule Bilax e le guarda di traverso. «La schiena mi sta uccidendo» dice Brandy. «Perché ho lasciato che mi facessero delle tette così grandi?» La regina suprema sembra pronta a ingoiare una manciata di qualsiasi cosa. Scuoto la testa, No. Brandy mi guarda furtiva: «Ma ho bisogno di queste». Nel «Physicians' Desk Reference» le mostro Bilax, evacuante intestinale. «Oh» Brandy volta la mano per far cadere le Bilax nella borsa, e alcune capsule cadono mentre altre rimangono attaccate al suo palmo sudato. «Dopo che ti rifanno le tette, i capezzoli sono storti e troppo alti» dice. «Devono usare un rasoio per rasarti via i capezzoli e poi riposizionarli». Questo è il vocabolo che usa. Riposizionare. Il Programma Brandy Alexander per il Riposizionamento dei Capezzoli. Mio fratello morto, il fu Shane, si scuote via dalle mani umide l'ultimo
evacuante intestinale. Brandy dice: «Non ho sensibilità nei capezzoli». Dalla mensola prendo i miei veli e, strato dopo strato, li metto sulla testa. Grazie di non farmi partecipe. Camminiamo su e giù per i corridoi del secondo piano fino a che Brandy dice che è pronta per affrontare le scale. Uno scalino alla volta, calme, scendiamo verso l'atrio. In fondo all'atrio, attraverso le doppie porte chiuse sul salotto, puoi sentire la voce profonda del signor Parker che dice qualcosa piano, ripetutamente. Brandy appoggiata su di me, facciamo una lenta gara a tre gambe in punta di piedi attraverso l'atrio, dai piedi delle scale alle porte del salotto. Apriamo le porte di qualche centimetro e infiliamo le teste attraverso l'apertura. Ellis è disteso sul tappeto del salotto. Il signor Parker è seduto sul petto di Ellis con una scarpa numero quarantanove piantata a entrambi i lati della testa di Ellis. Le mani di Ellis sculacciano il gran culo di Parker, aggrappandosi al dietro della giacca doppiopetto. Lo spacco della giacca del signor Parker è tutto strappato lungo la cucitura da metà schiena fino al collo. Le mani del signor Parker, il tacco di una mano ficca tra i denti incapsulati di Ellis un portafoglio di pelle d'anguilla bavoso e masticato. Il viso di Ellis è rosso scuro e lucido come se gli fosse capitata la torta di ciliegie in una gara a chi mangia più torte. Un dito sgocciolante dipinge un caos di sangue di naso e lacrime, muco e bava. Il signor Parker, i capelli gli sono caduti sugli occhi. L'altra mano è un pugno attorno a trenta centimetri di lingua di Ellis tirata fuori. Ellis schiaffeggia e boccheggia tra le grosse gambe del signor Parker. Vasi Ming rotti e altri oggetti da collezione sono tutto attorno sul pavimento. Il signor Parker dice: «Così. Fai così. Va bene. Rilassati». Brandy e io, noi guardiamo. Io che voglio Ellis distrutto, questo è davvero troppo perfetto perché venga rovinato. Strattono Brandy. Brandy, dolcezza. È meglio che ti riportiamo di sopra. Ti facciamo riposare ancora un po'. Ti diamo una fresca manciata di capsule di Benzedrina. 20
A proposito di chirurgia plastica, ho passato un'estate intera come una proprietà del La Paloma Memorial Hospital che esaminava cosa potesse fare per me la chirurgia plastica. C'erano chirurghi plastici, tanti, e c'erano i libri che mi portavano i chirurghi. Corredati di foto. Le foto che vedevo io erano in bianco e nero, grazie a Dio, e i chirurghi mi hanno detto come sarei potuta diventare dopo anni di sofferenze. Quasi ogni chirurgia plastica comincia con qualcosa chiamato pedicelli. Segui le prescrizioni. Poi la cosa si fa macabra. Persino in bianco e nero. Con tutto quello che ho imparato, potrei essere un dottore. Scusa, Mamma. Scusa, Dio. Manus una volta ha detto che i tuoi genitori sono Dio. Gli vuoi bene e li vuoi fare felici, ma vuoi sempre seguire le tue regole. I chirurghi hanno detto, non basta tagliare via un pezzo di pelle da una parte e incerottarlo su un'altra. Non si tratta di innestare un albero. L'afflusso sanguigno, le vene e i capillari, non basta semplicemente attaccarli per mantenere vivo l'innesto. La parte morirebbe e cadrebbe giù. Fa paura, ma adesso, quando vedo qualcuno arrossire, la mia reazione non è: oh, che carino; mi ricorda solo che il sangue è proprio sotto la superficie di ogni cosa. Fare la dermoabrasione, mi ha detto questo chirurgo plastico, è un po' come spremere un pomodoro maturo contro una levigatrice. Paghi di più solo per il disastro che ne viene fuori. Per riposizionare un pezzo di pelle, per ricostruire una mascella, bisogna scorticare una lunga striscia di pelle dal collo. Incisa dalla base del collo ma senza che sia staccata. Immagina una specie di stendardo o di striscia di pelle che ti pende dal collo ma è ancora attaccata in fondo alla tua faccia. La pelle è ancora attaccata a te, così riceve ancora sangue. Questa striscia di pelle è ancora viva. Prendi la striscia di pelle e arrotolala a forma di tubo o di colonna. Lasciala arrotolata fino a che guarisce e diventa un lungo grumo di pelle penzolante dalla tua faccia. Tessuto vivo. Pieno di sangue fresco e sano, che svolazza e ciondola caldo contro il collo. Questo è un pedicello. Solo che il tempo di guarigione può durare dei mesi. Torna indietro alla Fiat rossa con Brandy dietro i suoi occhiali da sole e
Manus chiuso nel cofano, e Brandy che ci guida fin sulla cima del Rocky Butte, fino alle rovine collinari di qualche fortificazione di vedetta dove, se questo non fosse un giorno di scuola, ragazzi dei licei di Parkrose e Grant e Madison se ne starebbero a rompere bottiglie di birra e a godersi un po' di sesso non protetto quassù tra le vecchie rovine. Di venerdì sera, questa collina sarebbe piena di ragazzi che dicono: Guarda laggiù, si vede casa mia. Quella luce blu alla finestra, sono i miei che guardano la tv. Le rovine sono solo pochi strati di blocchi di pietra ancora uno sopra l'altro. Dentro le rovine, il terreno è piatto e roccioso, coperto di vetri rotti ed erba incolta. Attorno a noi, in tutte le direzioni tranne che per la strada che porta su, i fianchi del Rocky Butte sono scogliere che si alzano dalla mappa di fitti lampioni. Ci si potrebbe strozzare dal silenzio. Quello di cui abbiamo bisogno è un posto dove stare. Fino a che non riesco a capire quello che succederà dopo. Fino a che non riusciamo a tirare su un po' di soldi. Abbiamo due, forse tre giorni prima che Evie ritorni a casa, e dobbiamo essere sparite. Poi, penso, chiamerò Evie e la ricatterò. Evie mi deve tantissimo. Posso cavarmela con questo piano. Brandy fa correre la Fiat fin dentro la parte più buia delle rovine, poi spegne le luci e inchioda. Brandy e io, noi ci fermiamo così rapidamente che solo le cinture ci tengono lontane dal cruscotto. Intorno a noi fracasso e tintinnio di metallo che sbatte contro campanelli e gong di metallo dentro la macchina. «Scusa, credo» dice Brandy. «C'è un bordello di roba sul pavimento che è finita sotto il pedale quando ho cercato di frenare.» Musica vivace come rotoli d'argento da sotto i nostri sedili. Portatovaglioli e cucchiaini d'argento ci sbattono contro i piedi. Brandy ha dei candelabri tra i piedi. Un piatto d'argento splendente alla luce della stelle scivola fuori a metà da sotto il sedile di Brandy, sbirciando da sotto le sue gambe lunghe. Brandy mi guarda. Il mento piegato, Brandy si abbassa i Ray-Ban fino alla punta del naso e inarca le sopracciglia disegnate con la matita. Io scrollo le spalle. Esco a liberare il mio cargo d'amore. Persino con il cofano aperto, Manus non si muove. Le ginocchia contro i gomiti, le mani strette sulla faccia, i piedi infilati sotto il sedere: Manus potrebbe essere un feto in divisa mimetica. Tutt'intorno a lui, non avevo
notato. Ho avuto un sacco di stress stasera, perdonatemi se già a casa di Evie non lo avevo notato, ma tutt'intorno a Manus scintillano pezzi d'argenteria. Il tesoro dei pirati nel cofano della sua Fiat, e altre cose. Reliquie. Una lunga candela bianca, c'è una candela. Brandy scatta fuori dal suo sedile e viene a vedere, anche lei. «O cazzo» dice Brandy e rotea gli occhi. «O merda.» C'è un portacenere, no, è il calco in gesso di una piccola mano, proprio accanto al culo privo di conoscenza di Manus. È il tipo di calco che fai alle medie quando affondi la mano in una torta di gesso fresco per farci un regalo per la Festa della Mamma. Brandy sposta un piccolo capello dalla fronte di Manus. «È carino, proprio carino» dice, «ma penso che questo qui avrà dei danni permanenti al cervello.» Stanotte sarebbe proprio troppo difficile spiegarlo a Brandy per iscritto, ma Manus che diventa cretino sarebbe ridondante. Peccato che sono solo i Valium. Brandy si toglie i Ray-Ban per guardare meglio. Si toglie la sciarpa di Hermès e libera tutti i suoi capelli, è bella, si morde le labbra, se le bagna con la lingua, non si sa mai che Manus si svegli. «Con i ragazzi carini» dice Brandy «di solito è meglio usare barbiturici.» Me lo ricorderò. Tiro su Manus fino a che non è seduto nel cofano con le gambe penzoloni sul paraurti. Gli occhi blu intenso di Manus tremolano, battono le palpebre, tremolano, guardano di traverso. Brandy si china per dargli un'occhiata. Mio fratello che vuole rubarmi il fidanzato. A questo punto, li voglio morti tutti. «Svegliati, dolcezza» dice Brandy con una mano sotto il mento di Manus. E Manus con gli occhi socchiusi: «Mammina?». «Svegliati caro»dice Brandy. «È tutto a posto.» «Adesso?» dice Manus. «È tutto a posto.» C'è un tenue suono che si avvicina, il suono della pioggia sul tetto di una tenda o una decappottabile chiusa. «Oh, Dio» Brandy fa un passo indietro. «O Cristo benedetto!» Manus sbatte le palpebre e guarda Brandy, poi i suoi pantaloni. Una gamba della sua tuta mimetica diventa scura, più scura, sempre più scura
fino al ginocchio. «Carino» dice Brandy, «ma si è appena pisciato addosso.» Torna indietro alla chirurgia plastica. Torna al giorno felice in cui sei guarita. Per un paio di mesi hai avuto questa lunga striscia di pelle penzolante dal collo, solo che non è una striscia soltanto. Ci saranno qualcosa come una mezza dozzina di pedicelli, perché a questo punto è meglio fare tutto in un'unica volta così il chirurgo plastico ha più tessuto a disposizione. Per la ricostruzione, avrai queste lunghe strisce di pelle che ti penzolano dalla faccia per circa due mesi. Dicono che la prima cosa che la gente nota di te sono gli occhi. Abbandona quella speranza. Sembri un sottoprodotto di similcarne maciullato e cagato fuori dal Fabbricasnack Num Num. Una mummia che si disfa sotto la pioggia. Una piñata rotta. Queste strisce di pelle calda che ti svolazzano attorno al collo sono di un buon tessuto vivo, nutrito dal sangue. Il chirurgo solleva ogni striscia e attacca al tuo viso la parte guarita. In questo modo, il grosso del tessuto viene trasferito, innestato sul tuo viso senza che l'afflusso sanguigno si arresti mai. Tirano su tutta questa pelle libera e la ammucchiano a formare approssimativamente una mascella. Il tuo collo è fatto delle cicatrici di dove prima c'era la pelle. La tua mascella è questa massa di tessuto innestato che i chirurghi sperano che crescerà in un blocco unico e resterà al suo posto. Per un altro mese, tu e il tuo chirurgo plastico sperate. Un altro mese, ti nascondi in ospedale e aspetti. Torna a Manus seduto nel suo piscio e nella sua argenteria nel cofano della sua macchina sportiva rossa. Flashback di quando usavi il vasino. Succede. Quanto a me, io sono accovacciata accanto a lui, che guardo il rigonfiamento del suo portafoglio. Manus fissa Brandy. Probabilmente pensa che Brandy sia me, la vecchia me con un viso. Brandy ha perso interesse. «Non si ricorda. Pensa che sono sua madre» dice Brandy. «Sorella, forse, ma madre?» Tutto così déjà vu. Prova con fratello. Ci serve un posto dove stare, e Manus ha bisogno di un posto nuovo.
Non il vecchio posto che dividevamo io e lui. Ci lascia nascondere in casa sua, oppure io racconto alla polizia che mi ha rapita e ha dato fuoco alla casa di Evie. Manus non saprà del signor Baxter e delle sorelle Rhea che mi hanno visto con un fucile per tutta la città. Con il mio dito, scrivo per terra: dobbiamo trovare il suo portafoglio. «I suoi pantaloni» dice Brandy «sono bagnati.» Adesso Manus fissa me, si tira su a sedere e si scortica la testa sul cofano aperto. Cavolo, o cavolo, sai che fa male, eppure non è niente di tragico fino a che Brandy Alexander non ripete meccanicamente, in una reazione sproporzionata: «Oh, poveretto», dice. Poi Manus si mette a frignare. Manus Kelley, l'ultima persona che abbia diritto di farlo, sta piangendo. Odio questo. Torna al giorno in cui gli innesti di pelle attecchiscono, ma anche allora il tessuto avrà bisogno di qualche supporto. Anche se gli innesti guariscono fino a sembrare un mascella cruda e grumosa, avrai sempre bisogno di una mandibola. Senza una mandibola, la morbida massa di tessuto, viva e vitale com'è, si potrebbe semplicemente riassorbire. Questa è la parola che hanno usato i chirurghi plastici. Riassorbire. Nel mio viso, come se non fossi altro che una spugna fatta di pelle. Vai a Manus che piange e a Brandy china su di lui, che tuba e accarezza i suoi capelli sexy. Nel cofano ci sono un paio di scarpette bronzee da bambina, uno scaldavivande d'argento, il disegno di un tacchino fatto di maccheroni incollati su un cartamodello. «Sai» Manus tira su col naso e se lo pulisce col dorso della mano. «Sono strafatto adesso, perciò va bene se ti dico questo.» Manus guarda Brandy china su di lui e me accovacciata per terra. «Prima» dice Manus «i tuoi genitori ti danno la tua vita, ma poi cercano di darti la loro vita.» Per costruirti una mandibola, i chirurghi ti romperanno parte degli stinchi, con tanto di arteria attaccata. Prima scoprono l'osso e lo scolpiscono lì dov'è sulla gamba. Un altro sistema è che i chirurghi rompono molte altre ossa, perlopiù os-
sa lunghe delle gambe e delle braccia. Dentro queste ossa c'è il midollo osseo morbido e poroso. Questa era la parola usata dai chirurghi e nei libri. Poroso. «Mia mamma» dice Manus «e il suo nuovo marito - mia mamma si sposa molto - hanno appena comprato questo appartamento in un luogo di villeggiatura della Florida, Bowling River. Laggiù la gente che ha meno di sessant'anni non può acquistare case. C'è una legge apposta.» Sto guardando Brandy, che è ancora la madre dalle reazioni eccessive, in ginocchio, che sposta i capelli via dalla fronte di Manus. Sto guardando oltre la scarpata della scogliera vicino a noi. Quelle piccole luci blu in tutte le case, sono la gente che guarda la televisione. Azzurro Tiffany. Blu Valium. Gente in cattività. Prima la mia migliore amica e adesso mio fratello stanno cercando di rubarmi il fidanzato. «Sono andato a trovarli a Natale, l'anno scorso» dice Manus. «Mia madre, il loro condominio è proprio all'ottava buca, e lo adorano. A Bowling River lo standard d'età è come completamente sballato. Mia madre e il mio patrigno hanno appena compiuto sessant'anni, così sono solo pischelli. Io, tutti questi vegliardi che mi squadrano come se stessi per compiere un furto di macchine.» Brandy si lecca le labbra. «Secondo lo standard d'età di Bowling River» dice Manus «io non sono ancora neanche nato.» Devi estrarre dei frammenti abbastanza grandi di questa morbida, sanguinosa polpa ossea. La roba porosa. Poi devi inserire le schegge e i frammenti d'osso nella morbida massa di tessuto innestata sul tuo viso. In realtà non è che lo fai tu questo, lo fanno i chirurghi mentre dormi. Se i frammenti sono abbastanza vicini, formeranno dei fibroblasti per unirsi tra loro. Ancora una volta, una parola dai libri. Fibroblasto. Ancora una volta, ci vogliono mesi. «Mia mamma e suo marito» dice Manus, seduto nel cofano aperto della sua Fiat Spider in cima al Rocky Butte, «per Natale, il regalo più grande che mi fanno è questa scatola tutta impacchettata. È delle dimensioni di
uno stereo ad alta fedeltà di quelli più costosi o di un televisore maxischermo. Questo è ciò che spero. Voglio dire, avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa, e mi sarebbe piaciuto di più.» Manus tira fuori un piede e lo mette per terra, poi l'altro. In piedi, Manus si gira verso la Fiat piena d'argento. «No» Manus dice, «invece mi danno questa merda.» Manus nei suoi stivali da commando e tuta mimetica prende dal cofano una teiera d'argento panciuta e guarda il suo riflesso panciuto nella parte convessa. «L'intera scatola» dice Manus «è piena di questa merda e di cimeli di famiglia che nessun altro vuole.» Proprio come me che scaglio contro il camino il portasigarette di cristallo di Evie, Manus getta in alto la teiera e la spara nell'oscurità. Oltre la scogliera, là fuori nell'oscurità e oltre le luci dei sobborghi, la teiera vola così lontano che non riesci a sentirla cadere. Senza girarsi, Manus porta il braccio indietro e prende in mano qualcos'altro. Un candelabro d'argento. «Questa è la mia eredità» elice Manus. Scagliato nell'oscurità, il candelabro si gira da capo a piedi, silenzioso come ti immagini che volino i satelliti. «Sapete» Manus lancia una manciata di portatovaglioli luccicanti, «i tuoi genitori sono una specie di Dio. Certo, gli vuoi bene e vuoi sapere che sono ancora vivi, ma non li vedi mai a meno che non abbiano bisogno di qualcosa.» Lo scaldavivande d'argento vola su, su, su, fino alle stelle, e poi cade giù da qualche parte tra le luci blu delle tv. E dopo che le schegge di osso sono cresciute in modo da darti una nuova mandibola dentro il grumo di pelle innestata, allora il chirurgo può cercare di dargli la forma di qualcosa con cui tu possa parlare e mangiare e su cui stendere il trucco. Questo dopo anni di dolore. Anni da vivere con la speranza che quello che otterrai sarà migliore di quello che hai adesso. Anni passati con un aspetto terribile e sentendoti peggio, nella speranza che potrai essere più bella. Manus prende la candela, la candela bianca dal cofano. «Mia mamma» dice Manus, «il suo regalo di Natale numero due era una scatola piena di roba di quando ero piccolo che lei aveva conservato.» Dice Manus: «Guardate» e mostra la candela, «la mia candela di battesimo».
Nell'oscurità, Manus scaglia la candela. Le scarpette bronzee partono subito dopo. Avvolte in una tunica da battesimo. Poi una manciata sparsa di denti di latte. «Fanculo» dice Manus, «maledetto topolino.» Un ciuffo di capelli biondi dentro il medaglione di una catenina, la catena che dondola e che Manus lascia partire a mo' di bolas, sparisce nel buio. «Ha detto che mi dava questa roba perché non aveva proprio posto dove metterla» dice Manus. «Non è che non la volesse.» Il calco in gesso della mano della seconda elementare vola via nell'oscurità. «Be', Mamma, se questa roba non è abbastanza importante per te» dice Manus, «questa merda non la voglio portare in giro nemmeno io.» Torna a tutte le volte che Brandy Alexander mi viene a parlare della chirurgia plastica, allora io penso ai pedicelli. Riassorbimento. Fibroblasti. Ossa porose. Anni di dolore e di speranza, e come faccio a non ridere. La risata è l'unico suono che so ancora fare che la gente capisce. Brandy, la regina suprema dalle buone intenzioni con le sue tette siliconate al punto che non riesce a stare dritta, dice: Esplora almeno tutte le possibilità che sono sul mercato. Come faccio a smettere di ridere. Dico sul serio, Shane, non ho tutto questo bisogno di attenzione. Continuerò a portare i veli. Se non posso essere bella, voglio essere invisibile. Torna al mestolo d'argento che vola verso il nulla. Torna a tutti i cucchiaini da tè, andati. Torna a tutte le pagelle delle elementari e alle foto di classe volate via. Manus appallottola un pezzo di carta spessa. Il suo certificato di nascita. E lo sbatte fuori dall'esistenza. Poi Manus è in piedi che si dondola tacco-punta, tacco-punta, e si abbraccia. Brandy mi guarda come per dire qualche cosa. Per terra, scrivo col dito: manus dove abiti in questo periodo? Piccole gocce fredde cadono sui miei capelli e sulle spalle rosa-pesca. Sta piovendo. Brandy dice: «Ascolta, non voglio sapere chi sei, ma se potessi essere qualcuno, chi saresti?».
«Non sto invecchiando, questo è sicuro» dice Manus scuotendo la testa. «Sicuramente no.» A braccia conserte, dondola tacco-punta, tacco-punta. Manus si porta il mento al petto e dondola, guardando tutte le bottiglie rotte in terra. Piove più forte. Non si riesce a sentire l'odore delle mie penne di struzzo affumicate né dell'Air du Temps di Brandy. «Allora sei il signor Denver Omelet» dice Brandy. «Denver Omelet, ti presento Daisy St. Patience.» La mano inanellata di Brandy si apre a fiore e si stende sui suoi centoquindici centimetri di gloria siliconata. «Queste» dice, «questa è Brandy Alexander.» 21 Vai a quest'unica volta, in nessun posto speciale, solo Brandy e io nell'ufficio della logopedista quando Brandy mi becca con le mani sotto il velo, che mi tocco le conchiglie e l'avorio dei miei molari esposti, che accarezzo la pelle in rilievo del mio tessuto cicatrizzato, secco e levigato dal mio respiro che ci passa avanti e indietro. Sto toccando la saliva dove si secca appiccicosa e cruda giù per i lati del collo, e Brandy mi dice di non guardarmi troppo da vicino. «Cara» dice, «in momenti come questi aiuta immaginare se stessi come un divano o un giornale, qualcosa fatto da tanta altra gente ma non per durare in eterno.» Il bordo aperto della gola sembra inamidato e di plastica, a coste lavorate a maglia e reso rigido con calibri e raccordi. È come essere nel busto di un vestito o di un costume da bagno senza spalline, sostenuto da rinforzi o stecche di plastica cuciti dentro. Duro ma caldo, come l'impressione che dà il rosa. Ossuto ma coperto di morbida pelle palpabile. Questo tipo di mandibulectomia traumatica acuta senza ricostruzione, prima che la decannulazione del tubo della tracheotomia possa indurre il sonno in apnea, i dottori dicevano. Questi erano loro che parlavano l'uno con l'altro durante le visite della mattina. E la gente trova che io sia difficile da capire. Quello che i dottori mi avevano detto era che se non mi avessero ricostruito un qualche tipo di mascella, almeno un qualche tipo di lembo, così dissero, sarei potuta morire ogni volta che mi fossi addormentata. Avrei potuto semplicemente smettere di respirare e non risvegliarmi. Una morte veloce, indolore.
Con la penna, ho scritto sul mio blocco: non stuzzicate. Noi nell'ufficio della logopedista, Brandy dice: «Aiuta sapere che non sei responsabile di come sei, né più né meno di quanto lo sia una macchina» dice Brandy. «Sei un prodotto, proprio uguale. Un prodotto di un prodotto di un prodotto. Le persone che disegnano le automobili sono prodotti. I tuoi genitori sono prodotti. I loro genitori erano dei prodotti. I tuoi professori, prodotti. Il prete della tua chiesa, un altro prodotto» Brandy dice. Qualche volta il modo migliore di avere a che fare con la merda, dice, è non considerare se stessi come un piccolo premio prezioso. «Quello che voglio dire» dice Brandy, «è che non puoi evitare il mondo, e non sei responsabile dell'aspetto che hai, se sei belloccia o brutta come la fame. Non sei responsabile per come ti senti o per cosa dici o per come ti comporti o per qualsiasi cosa fai. È tutto fuori del tuo controllo» dice Brandy. Allo stesso modo che un compact disk non è responsabile per quello che c'è registrato sopra, noi siamo così. Sei libera di agire quanto un computer programmato. Sei unica quanto una banconota da un dollaro. «Non esiste nessun reale tu in te» dice. «Perfino il tuo corpo fisico, tutte le tue cellule saranno rimpiazzate entro otto anni.» Pelle, ossa, sangue, e trapianto di organi da una persona all'altra. Anche quello che c'è già dentro di te, le colonie di microbi e di vermi che mangiano il tuo cibo per te, senza di loro moriresti. Niente di te è tuo fino in fondo. Tutto di te è ereditato. «Rilassati» dice Brandy. «Qualsiasi cosa tu stia pensando, un milione di altre persone l'hanno già pensata. Qualsiasi cosa tu faccia, altri lo stanno facendo, e niente di te è responsabile. Tutto di te è sforzo cooperativo.» Sotto il mio velo, col dito tocco l'umido troncone perforante della lingua di un prodotto vandalizzato. I dottori hanno suggerito di usare parte del mio intestino tenue per allungarmi la gola. Hanno suggerito di incidere gli stinchi, i peroni di questo prodotto umano che sono, modellando le ossa e innestandole per costruirmi, per costruire al prodotto, una nuova mandibola. Sul blocco scrivo: l'osso della gamba attaccato alll'osso della testa? I dottori non l'hanno capita.
Adesso ascoltiamo la parola del Signore. «Sei un prodotto del nostro linguaggio» dice Brandy «e di come sono le nostre leggi e di come crediamo che Dio ci voglia. Ogni minima molecola di te è già stata pensata da qualche milione di persone prima di te» dice lei. «Qualsiasi cosa tu faccia è noiosa e vecchia e va perfettamente bene. Vai sul sicuro perché sei intrappolata dentro la tua cultura. Qualsiasi cosa tu concepisca va bene perché riesci a concepirla. Non riesci a immaginare nessuna via di fuga. Non c'è via di scampo» dice Brandy. «Il mondo» dice Brandy «è la tua culla e la tua trappola.» Questo è dopo che sono ricaduta nell'errore. Ho scritto alla mia agenzia e gli ho chiesto quali fossero le mie chance come manista o piedista. Posare per orologi e scarpe. All'inizio il mio agente mi aveva mandato dei fiori in ospedale. Forse potevo tirare su dei lavori come gambista. Quante cose Evie gli aveva spifferato, non lo sapevo. Per essere una manista, ha risposto per lettera, devi portare un guanto taglia sette e un anello misura cinque. Una piedista deve avere unghie perfette e portare il trentasei di scarpa. Una gambista non può fare nessuno sport. Non le si deve vedere neanche una vena. A meno che le dita delle tue mani e dei tuoi piedi abbiano ancora un bell'aspetto dopo essere stati ingranditi tre volte su di una rivista, o duecento volte su di un cartellone, ha scritto, non contare su un lavoro per parti del corpo. La mia mano è taglia otto. Il mio piede trentasette. Brandy dice: «E se puoi trovare una via di uscita dalla nostra cultura, anche quella è una trappola. Basta voler uscire dalla trappola per rafforzare la trappola». I libri sulla chirurgia plastica, gli opuscoli e le brochure promettevano tutti di aiutarmi a vivere una vita più normale e più felice; ma questo assomigliava ogni giorno di meno a quello che volevo. Quello che volevo assomigliava sempre di più a quello che ero sempre stata allenata a volere. Quello che tutti vogliono. Dammi attenzione. Flash. Dammi bellezza. Flash. Dammi pace e felicità, una relazione d'amore, e una casa perfetta.
Flash. Brandy dice: «Il modo migliore è di non combattere, lascia perdere. Non cercare sempre di aggiustare le cose. Quello da cui scappi non fa che rimanere con te più a lungo. Quando combatti qualcosa, non fai che renderla più forte». Dice: «Non fare quello che vuoi». Lei dice: «Fai quello che non vuoi. Fai quello che sei allenata a non volere». Il contrario della ricerca della felicità. Brandy mi dice: «Fai le cose che ti spaventano di più». 22 A Seattle, sono stata a guardare Brandy che dormiva nella nostra grotta sottomarina per più di centosessant'anni. Quanto a me, io sono seduta qui con una pila di brochure patinate di chirurghi che mostrano operazioni eli riassegnamento sessuale. Operazioni transessuali transizionali. Cambiamenti di sesso. Le foto a colori mostrano vagine di diversa qualità riprese più o meno dalla stessa angolazione. L'obiettivo a fuoco sullo scuro canale vaginale. Dita con smalto rosso appoggiate sulle cosce in modo da allargare le labbra. L'orifizio uretrale soffice e rosa. In qualcuna i peli pubici tosati fino a diventare ispidi. La profondità vaginale da una distanza di quindici centimetri, venti centimetri, cinque centimetri. In qualcuna il corpus spongiosum non reciso che cresce attorno all'apertura uretrale. Il clitoride incappucciato, il frenulo del clitoride, le piccolissime pieghe della pelle sotto il cappuccio che unisce il clitoride alle labbra. Vagine schifose, a buon mercato, con pelle scrotale pelosa usata per l'interno, con altri peli in crescita, soffocate di peli. Vagine all'avanguardia, fotogeniche al massimo, allungate usando sezioni di colori, autopulenti e lubrificate dalla propria stessa mucosa. Clitoridi sensibili fatti coltivando e reinstradando frammenti del glande del pene. Le Cadillac della vaginoplastica. Alcune di queste Cadillac riescono così bene che la lubrificazione è così abbondante che bisogna portare tutti i giorni un assorbente ultra. Alcune sono vagine vecchio stile, che andavano tirate e dilatate ogni giorno con una formina di plastica. Tutte queste brochure sono souvenir del prossimo futuro di Brandy. Dopo aver visto il signor Parker seduto su Ellis ho aiutato il corpo morto
e imbottito di medicinali di Brandy, tanto valeva che tornasse di sopra, e le ho tolto di nuovo i vestiti. Quando ho cercato di cacciarle in gola altri Darvon li ha vomitati, e così l'ho riadagiata sul pavimento del bagno, e quando ho ripiegato la sua giacca sul mio braccio, nella tasca interna c'era infilato qualcosa di cartone. Il libro di Miss Rona. Infilato nel libro c'era un souvenir del mio futuro. Raggomitolata sul grande guscio di lumaca in ceramica, ho letto: Amo Seth Thomas così tanto che lo devo distruggere. Farò ammenda più che a sufficienza adorando la regina suprema. Seth non mi amerà mai. Nessuno mi amerà mai più. Che imbarazzo. Dammi penose cazzate frignanti emotive. Flash. Dammi sciocchezze egocentriche egoiste. Cristo. Fanculo a me stessa. Sono così stanca di essere me. Me bella. Me brutta. Bionda. Bruna. Un milione di fottuti rifacimenti che non fanno altro che lasciarmi intrappolata a essere me. Chi ero prima dell'incidente adesso è solo una storia. Tutto prima di adesso, prima di adesso, prima di adesso, è solo una storia che mi porto in giro. Credo che questo valga per chiunque al mondo. Quello di cui ho bisogno è una nuova storia su chi sono. Quello di cui ho bisogno è di fare una cazzata così grande da non riuscire a salvarmi. 23 E così questa è la vita nel Progetto Brandy Alexander per la Reincarnazione dei Testimoni. A Santa Barbara, Manus alias Denver ci ha insegnato come fare a procurarci le medicine. Noi tre stavamo stretti in quella Fiat Spider da Portland a Santa Barbara, e Brandy voleva solo morire. Per tutto il tempo, con due mani tenute premute sulla parte bassa della schiena, Brandy continuava a dire: «Fermate la macchina. Devo sgranchirmi. Mi stanno venendo degli spasmi. Dobbiamo fermarci». Ci abbiamo impiegato due giorni per passare dall'Oregon alla California, e i due stati sono uno accanto all'altro. Manus ha passato tutto il viaggio a guardare Brandy, ad ascoltarla, innamorato di lei in maniera così ovvia che
mi veniva solo voglia di ucciderli entrambi in maniere sempre peggiori e più dolorose. A Santa Barbara, siamo appena arrivati in città che Brandy vuole uscire dalla macchina e camminare un po'. Il guaio è che questa è una zona della California così perbene. Sopra le colline intorno a Santa Barbara. Te ne cammini qui attorno, la polizia o qualche pattuglia di sicurezza privata ti incrocia e vuole sapere chi sei e documenti, per favore. Ecco, Brandy, lei sta spasimando di nuovo, e la Principessa isterica ha una gamba fuori dalla portiera della Spider prima ancora che Denver Omelet si fermi. Quello che Brandy vuole sono le capsule di Tylox che ha lasciato nella suite 15-G al Congress Hotel. «Non puoi essere bella» Brandy dice un migliaio di volte «finché non ti senti bella.» Quassù tra le colline, accostiamo al marciapiede davanti a un cartello CASA IN VENDITA. La casa davanti a noi è una grande hacienda, abbastanza spagnola per farti venir voglia di ballare il flamenco su un tavolo, di dondolarti da un lampadario di ferro battuto, di metterti un sombrero e una bandoliera. «Ecco» le dice Denver. «Fatevi belle, e vi mostro io come si fa a sgraffignare antidolorifici da ricetta medica.» Torna indietro ai tre giorni che ci siamo nascosti nell'appartamento di Denver fino a che siamo riusciti a mettere insieme un po' di contante. Brandy, lei ha messo a punto un nuovo piano. Prima di andare sotto i ferri ha deciso di trovare sua sorella. Me, quella che vuole ballare sulla sua tomba. «Una vaginoplastica è per sempre, o quasi» dice. «Può aspettare intanto che cerco di capire alcune cose.» Ha deciso di trovare sua sorella e raccontarle tutto, della gonorrea, di com'è che Shane non è morto, di cosa è successo, tutto. Voltare pagina. Probabilmente sarebbe sorpresa di quanto sua sorella sappia già. Io voglio solo andarmene dalla città nel caso sia in arrivo un arresto per incendio doloso, così minaccio Denver che se non verrà con noi andrò dritta dalla polizia ad accusarlo. Di incendio doloso, di rapimento, di tentato omicidio. A Evie, mando una lettera. A Brandy, scrivo: facciamo un giro in macchina, vediamo che si dice, per rilassarci.
Sembra uno sforzo un po' troppo intenso, ma tutti abbiamo qualcosa da cui scappare. E quando dico abbiamo, mi riferisco a tutto il mondo. Così Brandy pensa che siamo in tour per cercare sua sorella, e Denver è venuto sotto ricatto. La mia lettera a Evie è nella sua cassetta della posta alla fine del vialetto che porta alle rovine bruciate della sua casa. Evie è a Cancún, forse. La lettera a Evie dice: Alla signorina Evelyn Cottrell, Manus dice che mi ha sparato e che tu l'hai aiutato a causa della vostra lurida relazione. Se vuoi rimanere fuori di PRIGIONE, sei pregata di farti liquidare il prima possibile l'assicurazione per il danno alla tua casa e alla tua proprietà. Commuta la liquidazione totale in valuta americana, pezzi da dieci e da venti, e spediscimeli presso la General Delivery di Seattle, Washington. Sono quella che non ha più un fidanzato per causa tua, la tua ex migliore amica, non importa quali bugie dici a te stessa. Manda i soldi e riterrò la faccenda conclusa e non chiamerò la polizia per farti arrestare e spedire in PRIGIONE, dove dovresti combattere notte e giorno per la tua dignità e per la tua vita ma senza dubbio le perderesti entrambe. Sì, e mi sono già sottoposta a un'enorme chirurgia plastica, quindi sono ancora più bella di me stessa, e ho Manus Kelley con me e mi ama ancora e dice che ti odia e che testimonierà contro di te che sei una troia. Firmato, Io Vai sul bordo dell'Oceano Pacifico, parcheggiati accanto al marciapiede alla hacienda spagnola CASA IN VENDITA. Denver dice a me e a Brandy come salire di sopra mentre lui tiene occupato l'agente immobiliare. La camera da letto principale avrà la vista migliore, ecco come si fa a trovarla. Il bagno principale avrà le medicine migliori. Certo, Manus era un investigatore della polizia, se si considera un lavoro da investigatore sculettare attorno ai cespugli di Washington Park con addosso un costume Speedo di una taglia più piccola nella speranza che qualche maniaco solitario tiri fuori il pisello, se quello è un lavoro da investigatore, allora, sicuramente, Manus era un investigatore. Perché la bellezza è potere allo stesso modo in cui il denaro è potere allo stesso modo in cui una pistola carica è potere. E Manus con il suo bell'a-
spetto, mascella quadrata e zigomi alti, potrebbe essere un poster per il reclutamento di nazisti. Quando Manus stava ancora combattendo il crimine, una mattina l'ho trovato che tagliava via la crosta da una fetta di pane. Il pane senza crosta mi ha fatto ricordare di quando ero piccola. Tutto questo era così dolce, ma pensavo stesse tostando il pane per me. Poi Manus si piazza davanti a uno specchio dell'appartamento che dividevamo, con addosso il suo Speedo bianco, e chiede, se io fossi un gay avrei voglia di metterglielo nel culo? Poi si è messo uno Speedo rosso e ha chiesto di nuovo. Sai, dice, proprio ficcarglielo dentro? Sfondarglielo? Non è esattamente la mattinata che vorrei avere in videocassetta «Quello di cui ho bisogno» diceva Manus «è che il mio pacco sembri grande, ma il mio culo sembri adolescenziale.» Prende la fetta di pane e se la ficca dentro tra sé e il cavallo dello Speedo. «Non preoccuparti, è così che fanno quelli che posano in mutande per avere un aspetto più attraente» dice. «In questo modo si ottiene un'erezione inoffensiva e uniforme.» Si mette di fianco davanti allo specchio e dice: «Pensi che abbia bisogno di un'altra fetta?». Essere un investigatore voleva dire per lui sculettare in giro col tempo bello, in sandali e con il suo fortunato Speedo rosso, mentre due uomini in borghese parcheggiati in una macchina nei paraggi aspettavano che qualcuno abboccasse. E questo succedeva più di quanto uno si immaginerebbe. Manus era l'uomo-campagna per ripulire Washington Park. Non aveva mai avuto successo come poliziotto normale, e poi così nessuno gli sparava addosso. Sembrava tutto molto Bond, James Bond. Molto misterioso. Molto spia contro spia. E in più stava prendendo un'abbronzatura fantastica. E in più aveva ottenuto delle detrazioni fiscali per l'iscrizione in palestra e per comprare gli Speedo. Vai all'agente immobiliare a Santa Barbara che mi stringe la mano mentre continua a pronunciare il mio nome, Daisy St. Patience, come quando si vuole fare una buona impressione ma senza guardare i miei veli. Sta guardando Brandy e Denver. Incantato, certamente. La casa è esattamente come te la aspetteresti dopo aver visto l'esterno. C'è un grande tavolo scheggiato a cavalletto, sotto un lampadario di ferro
battuto dal quale ci si potrebbe dondolare. Steso sul tavolo c'è uno scialle spagnolo sfrangiato con ricami in argento. Rappresentiamo un personaggio televisivo che desidera rimanere anonimo, dice Denver all'agente. Siano un'équipe che sta cercando una casa per il fine settimana per questa celebrità senza nome. La signorina Alexander, lei è un'esperta in tossicità dei prodotti, sa, i fumi letali e le secrezioni rilasciate dalle case. «Un tappeto nuovo» dice Denver «emana formaldeide velenosa fino a due anni dopo essere stato steso.» Brandy dice: «Conosco benissimo la sensazione». Succedeva che quando il pacco di Manus non stava portando degli uomini alla rovina, Manus era in tribunale sul banco dei testimoni con addosso un vestito a tre pezzi, che raccontava come l'imputato l'avesse avvicinato masturbandosi pubblicamente in qualche lurida maniera e gli avesse chiesto una sigaretta. «Come se qualcuno potesse guardarmi e pensare che fumo» diceva Manus. Non si sapeva quale vizio esecrasse di più. Dopo Santa Barbara, abbiamo guidato fino a San Francisco e venduto la Fiat Spider. Quanto a me, io scrivo tutto il tempo su dei tovagliolini: forse tua sorella è nella prossima città, potrebbe essere ovunque. Nella hacienda di Santa Barbara, Brandy e io abbiamo trovato Benzedrina e Dexedrina e vecchie Quaalude e Soma e alcune capsule di Dialose che si è scoperto che è un ammorbidente delle feci. E della crema Solaquin Forte che è risultata essere uno schiarente per la pelle. A San Francisco abbiamo venduto la Fiat e alcune medicine e abbiamo comprato un grande «Physicians' Desk Reference» con la copertina rossa, così non ci saremmo messi a rubare ammorbidenti delle feci e schiarenti della pelle che non valgono nulla. A San Francisco, gli anziani vendono tutti le loro vecchie grandi ricche case piene di medicine e ormoni. Avevamo Demerol e Darvocet. Ma non le piccole striminzite Darvocet 50. Brandy si sentiva bella con me che cercavo di darle un'overdose di sleppe di Darvocet da 100 milligrammi. Dopo la Fiat, abbiamo noleggiato una Seville decappottabile. Detto tra noi, eravamo i ragazzi Zine: Io, io ero Comp Zine.
Denver era Thor Zine. Brandy, Stella Zina. È stato a San Francisco che ho iniziato Denver alla sua segreta terapia ormonale per distruggerlo. La carriera d'investigatore di Manus aveva cominciato a declinare quando il numero dei suoi arresti era diminuito a uno al giorno, poi a uno alla settimana, poi zero, poi ancora zero. Il problema era il sole, l'abbronzatura, e il fatto che stava invecchiando e che era un'esca ormai conosciuta, nessuno dei vecchi uomini che aveva già arrestato gli si avvicinava. Gli uomini più giovani pensavano che fosse solo troppo vecchio. Così Manus era diventato audace. E anche i suoi Speedo erano divenuti sempre più piccoli, il che non era bello a vedersi. Volevano rimpiazzarlo con un nuovo modello. Così adesso gli toccava avviare delle conversazioni. Parlare. Essere divertente. Impegnarsi davvero per conoscere ragazzi. Sviluppare una personalità, e ciononostante gli uomini più giovani, gli unici che non scappavano quando lo vedevano, un uomo più giovane rifiutava quando Manus suggeriva di fare una passeggiata dietro gli alberi, tra i cespugli. Persino i giovani più arrapati, quelli che squadravano tutti, dicevano: «Ehm, no grazie». Oppure: «È che voglio star solo in questo periodo». O peggio: «Vattene, vecchio buffone, o chiamo uno sbirro». Dopo San Francisco e San José e Sacramento, siamo andati a Reno e Brandy ha trasformato Denver Omelet in Chase Manhattan. Abbiamo zigzagato ovunque pensassi che potevamo trovare abbastanza medicine. I soldi di Evie potevano aspettare. Vai a Las Vegas e a Brandy che trasforma Chase Manhattan in Eberhard Faber. Guidiamo la Seville giù fino a Las Vegas. Tutto quel neon spasmodico, fari rossi che si inseguono in una direzione, fari bianchi che si inseguono nell'altra direzione. Las Vegas è come ti immagini che sia il paradiso di notte. Non abbiamo mai tirato su la capote della Seville, l'abbiamo tenuta per due settimane, mai alzato la capote. Percorriamo in macchina il centro di Las Vegas, Brandy seduta sul portabagagli col culo sopra il cofano e i piedi sul sedile di dietro, con addosso questo vestito aderentissimo senza spalline di broccato metallizzato, rosa come il cuore in fiamme di un bengala, e col corsetto ingioiellato, e un
lungo mantello staccabile di taffetà di seta con maniche a palloncino. Con lei così bella, Las Vegas, con tutti i suoi bagliori e scintillii, non era altro che un accessorio del marchio Brandy Alexander. Brandy alza in alto le braccia, infilate in questi lunghi guanti rosa da opera, e ulula. È proprio così bella e sta così bene in quel momento. E il lungo mantello staccabile di taffetà di seta con le maniche a palloncino, si stacca. E veleggia nel traffico di Las Vegas. «Gira intorno all'isolato» urla Brandy. «Quel mantello deve ritornare da Bullock domani mattina.» Dopo che la carriera di Manus ha cominciato a declinare, ci è toccato andare in palestra tutti i giorni, in certe occasioni due volte al giorno. Aerobica, lampada, nutrizione, tutte le stazioni della via crucis. Era un culturista, se ciò significa che ti bevi il pranzo a base di frullati reintegratori sei volte al giorno sul lavandino della cucina direttamente dal frullatore. A quei tempi Manus riceveva via posta dei costumi da bagno che non si trovavano in questo paese, piccoli marsupietti tenuti da lacci e tecnologìa delle microfibre che indossava non appena rientravamo dalla palestra, poi mi seguiva in giro per casa chiedendomi, pensavo che il suo sedere fosse troppo piatto? Se fossi un ragazzo gay, penserei che si dovrebbe sfoltire i peli pubici? Essendo io un ragazzo gay, penserei forse che lui sembra troppo disperato? Troppo appartato? Il suo petto era abbastanza largo? Troppo largo forse? «Non sopporterei che pensassero che sono solo uno stupido manzo» diceva Manus. Sembrava, forse, troppo gay? I gay volevano solo ragazzi che si comportavano da etero. «Non voglio che mi vedano come un grande sedere passivo» Manus diceva. «Non sono il tipo che si tira giù i calzoni e si fa impalare da un tipo qualunque.» Manus era solito lasciare un anello di peli rasati e di schiuma abbronzante attorno alla vasca e si aspettava che io pulissi. Sullo sfondo c'era sempre l'idea di tornare a compiti in cui c'era gente che ti sparava addosso, criminali che non avevano nulla da perdere se ci restavi secco. E magari Manus poteva anche beccare qualche vecchio turista che era finito per caso nella zona più movimentata di Washington Park, ma quasi
sempre il comandante gli stava alle costole perché cominciasse a insegnare il mestiere a un sostituto più giovane. Quasi sempre Manus sbrogliava qualche tanga tigrato grigio metallizzato dal casino intrecciato del suo cassetto delle mutande, forzava il suo culo in questo niente minuscolo e si guardava allo specchio di lato, davanti, di dietro, poi se lo toglieva e lasciava sul letto la traccia del piccolo animale slabbrata e morta in modo che io la potessi trovare. Questo succedeva con i perizoma di zebra, di tigre, a macchie di leopardo, poi ghepardo, pantera, puma, gattopardo, fino a che il tempo a sua disposizione non gli è scaduto. «Questi sono i miei costumi da bagnino fortunati» mi diceva. «Sii onesta.» E questo è ciò che mi dicevo fosse amore. Sii onesta? Non avrei saputo da dove cominciare. Ero così fuori esercizio. Dopo Las Vegas, abbiamo noleggiato uno di quei furgoni familiari. Eberhard Faber è diventato Hewlett Packard. Brandy portava un lungo vestito di piqué bianco con i fianchi scoperti e con delle cinghie e un profondo spacco sulla gonna totalmente fuori luogo per l'intero stato dello Utah. Ci siamo fermati e abbiamo assaggiato il Grande Lago Salato. Sembrava proprio la cosa giusta da fare. Scrivevo sempre sulla sabbia, scrivevo nella polvere sulla macchina: forse tua sorella è nella prossima città. Scrivevo: ecco, prendi un altro po' di Vicodin. È stato dopo che Manus non riusciva più a farsi abbordare per fare sesso che ha cominciato a comprare riviste pornografiche gay e a frequentare le discoteche gay. «Ricerca» diceva. «Puoi venire con me» mi diceva, «ma non starmi troppo vicina, non vorrei mandare un segnale sbagliato.» Dopo lo Utah, Brandy ha trasformato Hewlett Packard in Harper Collins in Butte. Lì in Montana, abbiamo noleggiato una Ford Probe e Harper guidava con me rattrappita dietro, e ogni tanto Harper diceva: «Stiamo andando a centottanta all'ora». Brandy e io, noi alzavamo le spalle. Correre con la macchina non sembrava niente di speciale in un posto
grande come il Montana. forse tua sorella non è nemmeno negli stati uniti, scrivevo col rossetto su uno specchio del bagno in un hotel a Great Falls. Così, per non perdere il lavoro di Manus, andavamo nei bar per gay, e io stavo seduta da sola e mi dicevo che per gli uomini era diverso, tutta la faccenda di essere belli. Manus flirtava e ballava e mandava dei drink a chiunque sembrasse una sfida. Manus scivolava sullo sgabello accanto al mio e sussurrava dall'angolo della bocca. «Non riesco a credere che stia con quel tipo» diceva. Manus muoveva la testa il minimo indispensabile per farmi capire chi fosse il tipo. «La settimana scorsa non mi ha filato per niente» Manus inveiva sottovoce. «Non andavo abbastanza bene per lui, e invece quel biondastro pezzo di immondizia schifoso è meglio?» Manus si incurvava sul suo bicchiere e diceva: «Gli uomini sono così stronzi». E io ero lì, tipo bella scoperta. E dicevo a me stessa che andava bene così. Qualsiasi relazione in cui mi sarei potuta trovare avrebbe avuto dei periodi cupi. Vai a Calgary, Alberta, dove Brandy ha mangiato supposte di Nebalino avvolte in carta stagnola dorata pensando fossero Almond Roca. È diventata scatenata, tanto che ha trasformato Harper Collins in Addison Wesley. Per quasi tutto il tempo che siamo stati a Calgary, Brandy aveva addosso una giacca a vento bianca di piuma d'oca con un collare di pelliccia finta e il sotto di un bikini bianco di Donna Karan. Il look era divertente e spiritoso e ci sentivamo leggeri e benvoluti. Le serate erano fatte apposta per un abito bianco e nero tipo cappotto lungo fino ai piedi che Brandy non riusciva mai a tenere tutto abbottonato, con sotto degli attillatissimi pantaloni di lana nera. Addison Wesley venne trasformato in Nash Rambler, e noi prendemmo a noleggio un'altra Cadillac. Vai a Edmonton, Alberta, Nash Rambler trasformato in Alfa Romeo. Brandy aveva addosso questa cortissima sottoveste di crinolina sopra dei fuseaux neri infilati dentro a stivali da cowboy. Brandy aveva addosso questo bustino push-up di pelle tutto marchiato a fuoco con i contrassegni del bestiame locale.
Nel bel bar di un albergo di Edmonton, Brandy dice: «Odio quando si vede il punto di giunzione nella coppetta Martini. Praticamente, sento la linea dello stampo. È così dozzinale». Uomini tutti intorno a lei. Come riflettori, mi ricordo quel tipo d'attenzione. In tutto quello stato, Brandy non ha mai dovuto pagare per i suoi drink, nemmeno una volta. Vai a Manus che perde il suo incarico di agente speciale indipendente della divisione investigativa del dipartimento di polizia metropolitano. Quello che voglio dire, non è mai riuscito a superare il trauma. Stava finendo i soldi. Non che prima ne avesse molti in banca. Poi gli uccelli mi hanno mangiato il viso. Quello che non sapevo è che c'era Evie Cottrell che viveva da sola nella sua grande casa solitaria con tutta la sua proprietà e i soldi texani del petrolio, che diceva, ehi, aveva bisogno che venisse fatto qualche lavoretto. E Manus con il suo bisogno impellente di dimostrare che può ancora pisciare su ogni albero. Quel tipo di potere del genere specchio specchio delle mie brame. Il resto lo sapete già. Vai a noi per strada, dopo l'ospedale, dopo le sorelle Rhea, e io continuo a infilare ormoni, Provera e Climara e Premarin, in quello che mangia e beve. Whisky ed estradiolo. Vodka ed etinil estradiolo. Tanto facile da fare paura. Lanciava sempre grandi occhiate da pesce lesso a Brandy. Stavamo tutti scappando da qualcosa. Vaginoplastica. Età. Il futuro. Vai a Los Angeles. Vai a Spokane. Vai a Boise e San Diego e Phoenix. Vai a Vancouver, British Columbia, dove eravamo degli espatriati italiani che parlavano inglese come seconda lingua fino a che tra noi non vi fu più una lingua madre. «Lei ha le tette di una ragazza» Alfa Romeo ha detto a un'agente immobiliare non ricordo più in quale casa. Da Vancouver siamo rientrati negli Stati Uniti come Brandy, Seth, e Bubba-Joan attraverso la principesca bocca molto professionale della Principessa. Per tutta la strada fino a Seattle, Brandy ci lesse di come una bambinetta ebrea con una misteriosa malattia muscolare aveva trasformato se stessa in Rona Barrett.
Noi che visitavamo grandi case ricche, raccattavamo medicine, noleggiavamo macchine, compravamo vestiti, e riportavamo i vestiti indietro. «Raccontaci una storia personale schifosa» Brandy dice en route verso Seattle. Brandy è sempre la mia padrona. Essendo lei stessa così vicina alla morte. Lacerati da sola. Raccontami la storia della mia vita prima che io muoia. Ricuciti da sola. 24 Torna molto indietro a un servizio fotografico in questo macello dove interi maiali privi di interiora sono appesi uno accanto all'altro, fitti come frange, a una catena in movimento. Evie e io indossiamo degli abiti da sera di Bibo Kelley in acciaio inossidabile, mentre la catena dietro di noi fa sfrecciare un centinaio di maiali l'ora, ed Evie dice: «Che cosa è successo dopo che tuo fratello è rimasto mutilato?». Il fotografo guarda il suo esposimetro e dice: «No. Proprio no». L'art director dice: «Ragazze, queste carcasse sparano nell'obiettivo». Ogni maiale passa, grande come un salice, tutto rosso e brillante dentro, e di fuori coperto da questa pelle di porco veramente bella, dopo che ne avevano strinato il pelo con una torcia. Al confronto mi sento tutta ispida, e devo contare indietro fino al giorno della mia ultima depilazione. Ed Evie fa: «Tuo fratello?». E io sono lì che conto venerdì, giovedì, mercoledì, martedì... «Come è passato da essere mutilato a essere morto?» dice Evie. Questi inaiali continuano a passare troppo veloci perché l'art director ne possa smorzare il riverbero. Viene da domandarsi come fanno i maiali a mantenersi la pelle così bella. Se i contadini adesso usino creme solari o che altro. Calcolo che probabilmente è passato un mese da quando ero liscia come loro. Per come alcuni saloni usano i loro nuovi laser, nonostante i gel rinfrescanti, tanto varrebbe che usassero una torcia. «Ragazza dello spazio» Evie mi dice. «Telefono casa.» Tutto il posto dei maiali è troppo refrigerato per uno che ha addosso un vestito di acciaio inossidabile. Ragazzi in camici bianchi da catena di montaggio e stivali con tacchi bassi spruzzano vapore super riscaldato là dove prima c'erano le interiora dei maiali, e io sono pronta a scambiare il mio lavoro con il loro. Sono pronta anche a scambiarmi con i maiali. A Evie
dico: «La polizia non ha creduto alla storia della lacca. Erano sicuri che fosse stato mio padre a infierire sulla faccia di Shane. O che fosse stata mia madre a mettere la bomboletta della lacca nella spazzatura. L'hanno chiamata "negligenza"». Il fotografo dice: «E se ci raggruppassimo e illuminassimo le carcasse sullo sfondo?». «C'è troppo effetto strobo quando passano» dice l'art director. Evie dice: «Perché la polizia pensava questo?». «Non lo capisco nemmeno io» dico. «Qualcuno continuava a fargli delle telefonate anonime». Il fotografo dice: «Possiamo fermare la catena?». L'art director dice: «No, a meno che non riusciamo a far smettere la gente di mangiare carne». Ci vogliono ancora ore prima che possiamo prenderci una vera pausa, ed Evie dice: «Qualcuno ha mentito alla polizia?». I ragazzi dei maiali ci stanno squadrando, e alcuni sono proprio carini. Ridono e fanno scivolare velocemente le mani su e giù per i loro tubi del vapore neri e brillanti. Ci guardano e arricciano la lingua. Flirtano. «Poi Shane è scappato» dico a Evie. «Semplicemente così. Un paio di anni fa i miei genitori hanno ricevuto una telefonata che era morto.» Indietreggiamo il più possibile accanto ai maiali che passano, ancora caldi. Il pavimento sembra molto unto, ed Evie comincia a raccontarmi di una sua idea per un remake di Cenerentola, solo che gli uccellini e gli animaletti, invece di farle il vestito, le fanno una plastica. Uccelli azzurri le fanno il lifting alla faccia. Scoiattoli il silicone. Serpenti, liposuzione. In più, Cenerentola comincia che è un triste ragazzo solo. «Con tutta l'attenzione che riceveva» dico a Evie «scommetto che è stato mio fratello stesso a mettere la bomboletta nel fuoco.» 25 Vai a una volta, in nessun posto in particolare, solo io e Brandy che facciamo compere nella via commerciale di una qualche città dell'ldaho con un magazzino all'ingrosso Sears, un ristorante, una pasticceria di prodotti confezionati ieri, e un'agenzia immobiliare con dentro il nostro signor White Westinghouse entrato per fregare qualche agente. Entriamo in un negozio di vestiti usati. È accanto alla pasticceria di dolci a buon mercato del giorno prima, e Brandy racconta come suo padre fosse solito fare que-
sto intrallazzo con i maiali prima di portarli al mercato. Racconta come suo padre li rimpinzava di dolci scaduti che comprava a cannonate da pasticcerie di quel tipo. Il sole ci arriva giù attraverso l'aria pulita. Orsi e montagne sono a un passo. Brandy mi guarda da sopra un appendiabiti di vestiti usati. «Lo conosci quel tipo di intrallazzo, no? Quello con i maiali e i dolci?» dice. Suo padre faceva il trucco del tubo della stufa con le patate. Tieni aperto il sacco di iuta e ci infili il tubo della stufa. Tutt'attorno al tubo metti le grandi patate del raccolto di quest'anno. Dentro il tubo ci metti le patate dell'anno scorso, molli, ammaccate, tagliate, e patate marce, così che la gente non riesce a vederle attraverso la tela. Tiri fuori il tubo, e chiudi il sacco cucendolo stretto in modo che all'interno non si muova niente. Le vendi ai lati della strada con i tuoi figli che ti aiutano, e anche se il prezzo è basso ci guadagni. Avevamo una Ford quel giorno in Idaho. Era marrone dentro e fuori. Brandy spinge ai lati le grucce, controllando ogni vestito sull'appendiabiti e dice: «Hai mai sentito niente di così losco in vita tua?». Vai a Brandy e a me in un negozio di usato in quella stessa strada principale, dietro una tenda, pigiate in un camerino di prova grande quanto una cabina telefonica. L'accalcamento è dovuto perlopiù a una gonna a palloncino che per entrarci Brandy ha bisogno del mio aiuto, un vero vestito alla Grace Kelly con Charles James scritto dappertutto. Deflettori e sistemi a sovrapposizione e tutto quello scheletro compresso progettato dentro a un rivestimento di organza screziato di rosa o di vellutino blu-ghiaccio. Questi vestiti assolutamente incredibili, mi dice Brandy, abiti da ballo congegnati, abiti da sera progettati, con i cerchi e i corsetti senza spalline, i rigidi collari a ferro di cavallo e le spalle sfolgoranti, le vite strizzate, i pepli e l'ossatura in evidenza, non duravano mai a lungo. La tensione, la pressione e l'allentamento del satin e del crèpe de Chine che si sforzano di contenere l'intelaiatura e l'ossatura interna, la battaglia della stoffa contro il metallo, questa tensione li farà a pezzetti. Mentre l'esterno, la stoffa, la parte che si vede, invecchia e si indebolisce, l'interno comincia a spingere e a strapparsi una via d'uscita verso l'esterno. Principessa Principessa, lei dice: «Ci vorranno almeno tre Darvon per farmi entrare in questo vestito». Apre la mano e io le porgo la prescrizione medica.
Suo padre, dice Brandy, prima di vendere la carne la macinava insieme al ghiaccio tritato per riempirla d'acqua. La mescolava con quello che si chiama mangime di toro per riempirla di cereali. «Non era una cattiva persona» dice. «È che non se la sentiva di seguire le regole troppo rigidamente.» Non le regole di onestà e giustizia, dice lei, quanto le regole sulla protezione della famiglia dalla povertà. E dalla malattia. Certe sere, dice Brandy, suo padre entrava di soppiatto in camera sua mentre dormiva. Questa non la voglio sentire. La dieta di Brandy a base di Provera e Darvon gli provocava come effetto collaterale questo tipo di bulimia emotiva per cui non riusciva a trattenersi dal raccontare i segreti più tremendi. Liscio i miei veli sulle orecchie. Grazie di non farmi partecipe. «Certe sere mio padre si sedeva sul mio letto» diceva «e mi svegliava.» Nostro padre. Il vestito del ballo è risuscitato in gloria sulle spalle di Brandy, riportato alla vita, grandioso e da favola, impossibile da indossare in nessun posto negli ultimi cinquant'anni. Una cerniera spessa come la mia spina dorsale sale su per il fianco fin sotto il braccio di Brandy. I pannelli del corsetto le strizzano la vita e le fanno esplodere in alto i seni, le braccia nude e il lungo collo. La gonna è a strati di seta giallo pallido con faille e tulle. È così intessuto di ricami in oro e perle coltivate che anche un solo gioiello in più sarebbe di troppo. «È un palazzo di vestito» dice Brandy, «ma anche con tutte le medicine, fa male lo stesso». Le estremità rotte dell'intelaiatura sporgono attorno collo, e si infilzano attorno alla vita. Stecche di osso di balena di plastica con gli angoli e i bordi affilati si conficcano e tagliano. La seta è caldissima, il tulle grezzo. Basta appena il suo respiro per far sbattere l'acciaio e la celluloide stipati dentro, nascosti, basta il fatto che Brandy sia viva per fargli mordere e masticare la stoffa e la sua pelle. Vai alla notte, il padre di Brandy, lui le diceva sempre, sbrigati. Vestiti. Sveglia tua sorella. Io. Diceva, mettetevi le giacche ed entrate nel dietro del camioncino. E obbedivamo, un pezzo dopo che le emittenti televisive avevano suona-
to l'inno nazionale e avevano terminato i programmi. Niente più trasmissioni per quel giorno. Per strada non c'era nessuno tranne noi, i nostri genitori davanti nel camioncino e noi due dietro, Brandy e sua sorella, raggomitolati sul fianco contro il pavimento ondulato del camioncino, il cigolio degli ammortizzatori, il mormorio della strada che ci veniva incontro. Le buche facevano sbattere le nostre testoline sul pavimento del camioncino. Le nostre mani strette sul viso per non respirare la segatura e il letame rimasti a volare in giro. I nostri occhi serrati per tener fuori le stesse cose. Non sapevamo dove stavamo andando, ma cercavamo di capirlo. Una svolta a destra, poi a sinistra, poi un lungo rettilineo andando chissà a quanto, poi un'altra svolta a destra che rovesciava sul fianco sinistro. Non sapevamo per quanto sarebbe durata. Non riuscivamo a dormire. Con addosso il vestito a brandelli e rimanendo molto ferma, Brandy dice: «Sai, sono da sola più o meno da quando avevo sedici anni». A ogni respiro, anche solo quelle piccole, leggere boccate d'aria da overdose di Darvon, Brandy trasalisce. Dice: «C'è stato un incidente quando avevo quindici anni, e all'ospedale, la polizia ha accusato mio padre di abusi. Continuavano senza tregua. Io non potevo raccontargli niente perché non c'era nulla da raccontare». Inspira e sussulta: «I colloqui, l'assistenza psicologica, la terapia d'intervento, tutto continuava senza tregua». Il camioncino rallentava e lasciava l'asfalto, si portava sulla ghiaia o su una strada polverosa, e tutto il camioncino ballonzolava e sobbalzava per un po', poi si fermava. Questo è per dire quanto eravamo poveri. Ancora nel retro del camioncino, allontanavi le mani dalla faccia, ed eravamo fermi. La polvere e il letame si posavano. Il padre di Brandy apriva il portello del retro e ti trovavi in una strada di campagna lungo un muro spezzato di vagoni merci fuori dei binari. I vagoni chiusi erano squarciati. I vagoni aperti erano rovesciati, e i loro carichi di tronchi o di legname minuto erano sparsi ovunque. Vagoni cisterna rigonfi e gocciolanti. Carri pieni di carbone o di schegge di legno sollevati e ammassati in mucchi neri o dorati. L'odore intenso dell'ammoniaca. Il buon odore del cedro. Il sole era appena sotto l'orizzonte e la luce ci arrivava da sotto il mondo. C'era da caricare legname sul camioncino. Casse di budino istantaneo al butterscotch. Casse di carta per macchina da scrivere, carta igienica, pile
da un volt e mezzo, dentifricio, pesche sciroppate, libri. Piccoli cristalli frantumati di vetro antieffrazione erano dappertutto attorno a camion trasporta-macchine rovesciati su di fianco con l'interno nuovo di zecca tutto rovinato, con i loro neri pneumatici puliti in aria. Brandy scosta la scollatura del vestito e sbircia il cerotto di Estraderm su uno dei suoi seni. Spella un altro cerotto e se lo attacca sull'altro seno, poi fa un altro respiro perforante e sussulta. «Tutto il casino si è poi esaurito dopo circa tre mesi, tutta l'inchiesta sugli abusi» dice Brandy. «Poi a un allenamento di pallacanestro, mentre esco dalla palestra si avvicina un uomo. È della polizia, dice, e questo è un colloquio confidenziale.» Brandy respira, sussulta. Scosta di nuovo la scollatura e tira fuori un dischetto di Metadone dall'incavo dei seni, ne morde metà e ricaccia dentro il resto. Il camerino di prova è caldissimo e piccolo con noi due dentro stipate assieme a quell'enorme progetto di ingegneria civile di vestito. Brandy dice: «Darvon». Dice: «Veloce, per favore». E schiocca le dita. Tiro fuori un'altra capsula rossa e rosa, e lei la inghiotte senz'acqua. «Questo tipo» dice Brandy «mi chiede di salire in macchina, per parlare, solo per parlare, e chiede se ho qualcos'altro da dire che forse avevo troppa paura di dire a quelli del servizio sociale.» Il vestito si sta lacerando, la seta si strappa a ogni cucitura, il tulle che esplode, e Brandy che dice: «Questo tipo, questo investigatore, gli dico "No" e lui dice "Bene". Dice che gli piacciono i ragazzini che sanno mantenere un segreto». Nel luogo di un incidente ferroviario si possono raccogliere duemila matite alla volta. Lampadine ancora perfette e che non tintinnano all'interno. Chiavi vergini a centinaia. Il camioncino non poteva contenere più di tanto, e a quel punto erano arrivati altri camioncini con gente che caricava grano a palate nei sedili posteriori e la gente che ci guardava con le nostre cataste di troppo mentre decidevamo che cosa ci serviva di più, i diecimila lacci o i mille barattoli di sale di sedano. Delle cinquecento cinghie per ventilatori tutte di un'unica misura non avevamo veramente bisogno ma potevamo rivenderle, o anche le pile da un volt e mezzo. La cassa di margarina per dolci non potevamo finirla prima che andasse a male, o le trecento casse di lacca.
«Il tipo della polizia» dice Brandy, e ogni filo metallico fuoriesce dalla stretta seta gialla «mi mette la mano addosso, proprio in alto sulla gamba destra dei miei calzoncini, e dice che non dobbiamo riaprire il caso. Non dobbiamo causare nessun altro problema alla mia famiglia.» Brandy dice: «Questo agente dice che la polizia vuole arrestare mio padre per dei sospetti. Lui li può fermare, dice. Dice che dipende tutto da me». Brandy inspira e il vestito si spacca, respira e ogni respiro la rende sempre più nuda. «Che ne potevo sapere» dice. «Avevo quindici anni. Non capivo niente.» Da un centinaio di buchi strappati viene fuori la pelle nuda. Nel luogo dell'incidente del treno, mio padre disse che gli agenti sarebbero arrivati da un momento all'altro. Per me quello voleva dire: saremo ricchi. Saremo al sicuro. Ma quello che lui voleva dire era che ci dovevamo sbrigare o ci avrebbero scoperto e avremmo perso tutto. Certo che mi ricordo. «Il tipo della polizia» dice Brandy «era giovane, ventuno o ventidue anni. Non era un vecchio porco, niente del genere. Non era orribile» dice, «ma non era amore.» Con il vestito ancora più lacero, l'intelaiatura cade a pezzi in più punti. «Più che altro» dice Brandy «mi ha mandato in confusione per un sacco di tempo.» Questa è la mia adolescenza, quel tipo di incidenti ferroviari. Il nostro unico dessert, da quando avevo sei anni a quando ne ebbi nove, fu quel budino al butterscotch. Ovviamente adesso il butterscotch mi fa schifo. Persino il colore. Soprattutto il colore. E il sapore. E l'odore. Ho incontrato Manus quando avevo diciott'anni, e un bellissimo ragazzo venne a suonare a casa dei miei genitori e chiese, avevamo avuto più notizie di mio fratello dopo che era scappato? Questo ragazzo era un po' più grande di me, ma non fuori della mia portata. Venticinque anni al massimo. Mi diede un biglietto da visita dove c'era scritto Manus Kelley. Agente Speciale Indipendente Squadra Operativa. L'unica altra cosa che notai era che non portava la fede. Disse: «Sai, asso-
migli molto a tuo fratello». Aveva un bellissimo sorriso e disse: «Come ti chiami?». «Prima di tornare alla macchina» dice Brandy «devo dirti qualcosa del tuo amico. Il signor White Westinghouse.» Ex signor Chase Manhattan, ex Nash Rambler, ex Denver Omlet, ex agente speciale indipendente squadra operativa Manus Kelley. Mi faccio i calcoli: Manus ha trent'anni. Brandy ventiquattro. Quando Brandy aveva sedici anni io ne avevo quindici. Quando Brandy aveva sedici anni, forse Manus era già parte delle nostre vite. Questa non la voglio sentire. Il più bel vestito antico è andato. Seta e tulle sono scivolati, caduti, ammucchiati sul pavimento del camerino di prova, struttura metallica e ossatura si sono rotte e sono saltate via, lasciando solo qualche segno rosso già in via di sparizione sulla pelle di Brandy, con Brandy in piedi, con solo le mutande addosso, troppo vicina a me. «È buffo» dice Brandy, «ma questa non è la prima volta che distruggo il bellissimo vestito di qualcun altro» e un grande occhio Aubergine Dreams ammicca verso di me. Il suo fiato e la sua pelle sono caldi, tanto è vicina. «La notte che sono scappata di casa» Brandy dice «ho bruciato quasi ogni centimetro dei vestiti che i miei avevano appeso fuori.» Brandy sa di me, o non sa. Si sta confessando l'anima, o mi sta stuzzicando. Se sa, forse mente a proposito di Manus. Se non sa, allora l'uomo che amo è un predatore sessuale rivoltante e tremendo. Uno dei due, Manus o Brandy, è un bugiardo schifoso nei miei confronti, io, che qui al paragone sono la virtù e la verità. Manus o Brandy, non so chi odiare. Io e Manus o io e Brandy. Non era orribile, ma non era amore. 26 Doveva esserci un modo migliore per uccidere Brandy. Per liberarmi. Una conclusione rapida e permanente. Un fuoco incrociato dal quale potessi fuggire. Evie a questo punto mi odia. Brandy è uguale a come ero io. Manus è ancora così innamorato di Brandy che la seguirebbe ovunque, anche se non sa perché. Tutto quello che devo fare è mettere Brandy spettinata davanti al fucile di Evie.
Chiacchiere da bagno. La giacca di Brandy col suo vitino così igienico e le maniche a tre quarti stile mod è ancora piegata sul mobiletto acquamarina accanto al grande lavandino a conchiglia. Prendo la giacca, e il mio souvenir dal futuro cade in terra. È una cartolina di cieli del 1962, limpidi, schiariti dal sole, ed è il giorno d'apertura dello Space Needle. Si può guardare dalla finestra a oblò del bagno per capire cosa è diventato il futuro. Infestato di goti che portano sandali e a casa mettono a mollo le lenticchie, il futuro che volevo non c'è più. Il futuro che mi era stato promesso. Tutto quello che mi aspettavo. Il modo in cui tutto doveva accadere. Felicità e pace e amore e benessere. Ma quand'è che il futuro è passato, ha scritto Ellis sul retro di una cartolina, dall'essere una promessa a essere una minaccia? Metto la cartolina tra le brochure della vaginoplastica e gli opuscoli della plastica labiale infilati tra le pagine del libro di Miss Rona. In copertina c'è una foto satellitare dell'uragano Blonde appena oltre la costa ovest del suo viso. La bionda è tempestata di perle e qua e là luccicano quelli che potrebbero essere diamanti. Sembra molto felice. Rimetto il libro nella tasca interna della giacca di Brandy. Raccolgo i cosmetici e le medicine sparsi sugli armadietti e li metto via. Il sole filtra attraverso gli oblò con una angolatura bassa, e l'ufficio postale chiuderà presto. C'è ancora da ritirare il denaro dell'assicurazione di Evie. Almeno mezzo milione di dollari, penso io. Cosa si possa fare con tutti quei soldi, non lo so, ma sono sicura che lo scoprirò. Brandy è caduta in un grave stato di emergenza tricologica e così la scuoto. Gli occhi Aubergine Dreams di Brandy tremolano, sbattono, tremolano, si socchiudono. I suoi capelli, si sono tutti appiattiti dietro. Brandy si solleva su un gomito. «Sai» dice, «sono sotto l'effetto delle medicine quindi posso anche dirtelo.» Brandy guarda me piegata su di lei, che le offro una mano per tirarsi su. «Devo dirtelo» dice Brandy, «ma io ti amo.» Dice: «Non riesco a capire come sia per te, ma io voglio che noi siamo una famiglia». Mio fratello vuole sposarmi. Do una mano a Brandy. Brandy si appoggia a me, Brandy, lei si appoggia al bordo del mobiletto. Dice: «Non sarebbe una cosa da sorelle». Fa Brandy: «Mi rimane ancora qualche giorno del mio Training di Vita Reale».
Rubare medicine, venderle, comprare vestiti, noleggiare macchine di lusso, riportare indietro vestiti, ordinare frullati, questo non è quello che chiamo Vita Reale, nemmeno per sogno. Le mani inanellate di Brandy si aprono a fiore e allargano la stoffa della sua gonna. «Ho ancora il mio equipaggiamento originale» dice. Le grandi mani stanno ancora palpeggiando e lisciando l'inforcatura di Brandy mentre si gira di traverso verso lo specchio e guarda il suo profilo. «Doveva venir via dopo un anno, ma poi ti ho incontrata» dice. «Al Congress Hotel avevo le valige pronte da settimane nella speranza che tu venissi a salvarmi.» Brandy offre l'altro fianco allo specchio e cerca. «È solo che ti ho amato così tanto, ho pensato che forse non è troppo tardi.» Brandy si spalma il lucidalabbra sul labbro superiore e poi su quello inferiore, si asciuga le labbra su un fazzolettino, e fa cadere il grande bacio Plumbago nel guscio di lumaca del water. Con le sue nuove labbra Brandy dice: «Hai idea di come si fa a scaricare questo coso?». Per ore sono stata seduta sul water, e no, non ho mai capito come si scarica. Sono uscita nel corridoio così se Brandy vuole continuare a blaterare deve seguirmi. Brandy sbatte nella soglia del bagno dove le piastrelle incontrano il tappeto del corridoio. La sua scarpa, il tacco si è rotto. Le calze gli si sono smagliate quando hanno urtato contro lo stipite della porta. Si è attaccata a un portasciugamano per restare in equilibrio e si è scheggiata lo smalto delle unghie. Brillante, pedante regina della perfezione quale è, dice: «Cazzo». Principessa Principesssa, lei urla verso di me: «Non è che voglio proprio essere una donna». Urla: «Aspetta!». Brandy urla: «Lo faccio solo perché è l'errore più grande che penso di poter fare. È stupido e distruttivo, e se lo chiedi a qualcuno, chiunque ti dirà che ho torto. Ecco perché devo andare fino in fondo». Brandy dice: «Ma non capisci? Perché siamo stati educati a vivere la vita nel modo giusto. A non fare errori». Brandy dice: «Mi dico che più grande sembra l'errore, e migliori possibilità avrò di essere libera e di vivere una vita vera». Come Cristoforo Colombo che veleggiava verso il disastro sul limitare del mondo. Come Fleming e il suo stampo per il pane. «Le nostre vere scoperte vengono dal caos» urla Brandy, «dall'andare nella direzione che sembra sbagliata e stupida e sciocca.»
La sua voce imperiale dovunque nella casa, lei urla: «Tu non ti giri e te ne vai mentre sto prendendo tempo per cercare di spiegarmi!». La sua immagine è quella di una donna che scala una montagna, non c'è nessuna ragione razionale per accanirsi così tanto, e per alcune persone non si tratta d'altro che di stupida follia, di una disavventura, di un errore. Una scalatrice, magari muore di fame e di freddo, è esausta e sofferente per giorni, e si arrampica fino in cima. Può anche darsi che questo l'ha cambiata, ma tutto ciò di cui dispone per dimostrarlo è la sua storia. «Ma io» Brandy dice, ancora sulla soglia del bagno, sempre guardando lo smalto scheggiato, «io sto facendo lo stesso errore solo che è molto peggio, il dolore, i soldi, il tempo, e trovarmi scaricata dai miei vecchi amici, e alla fine tutto il mio corpo è!a mia storia.» Un'operazione di riassegnamento sessuale è un miracolo per alcuni, ma se non vuoi fartela, è l'estrema forma di automutilazione. Dice: «Non che sia male essere donna. Sarebbe magnifico, se solo volessi essere donna. Il punto è» dice Brandy «che essere donna è l'ultima cosa che voglio. È proprio il più grande errore che potessi pensare di fare». È così anche per il percorso che porta alla più grande scoperta. È perché siamo intrappolati nella nostra cultura, nel fatto che siamo esseri umani su questo pianeta con i cervelli che abbiamo, e due braccia e due gambe come tutti. Siamo così intrappolati che qualsiasi via d'uscita riusciamo a immaginare è solo un'altra parte della trappola. Qualsiasi cosa vogliamo, siamo ammaestrati a volerla. «La mia prima idea era stata quella di farmi amputare un braccio e una gamba, i sinistri, o i destri» mi guarda e scuote le spalle, «ma nessun chirurgo ha voluto aiutarmi.» Dice: «Ho pensato all'AIDS, per fare l'esperienza, ma poi tutti avevano l'AIDS e sembrava così di moda e convenzionale». Dice: «Questo è quello che le sorelle Rhea hanno detto alla mia famiglia, sono quasi sicura. Quelle stronze sanno essere così possessive». Brandy tira fuori dalla borsa un paio di guanti bianchi di quelli con un bottone di perla bianca su ogni polso. Infila ogni mano in un guanto e abbottona. Il bianco non è una buona scelta di colore. Così bianche, le sue mani sembrano trapiantate da un topo gigante dei cartoni animati. «Poi ho pensato, un cambiamento di sesso» dice, «un'operazione di riassegnamento sessuale. Le Rhea» dice «pensano di usarmi, ma in realtà sono io che uso loro per i loro soldi, perché pensano che mi tenevano sotto controllo e che questa era tutta un'idea loro.»
Brandy solleva il piede per dare un'occhiata al tacco rotto, e sospira. Poi si china per togliersi l'altra scarpa. «Niente di tutto questo è stato una forzatura della sorelle Rhea. Non lo è stato. Era solo l'errore più grande che potessi fare. La sfida più grande che potevo lanciare a me stessa.» Brandy rompe il tacco della scarpa sana, lasciando i piedi in due orribili scarpe basse. Dice: «Bisogna saltare nel disastro con entrambi i piedi». Getta i tacchi rotti nel cestino del bagno. «Non sono etero e non sono gay» dice. «Non sono bisessuale. Voglio essere al di fuori delle etichette. Non voglio che tutta la mia vita sia compressa in un'unica parola. Una storia. Voglio trovare qualcos'altro, che non si possa conoscere, un posto che non sia sulla mappa. Una vera avventura.» Una sfinge. Un mistero. Uno spazio vuoto. Sconosciuto. Non identificato. Non conoscibile. Indefinibile. Erano tutte parole che Brandy aveva usato per descrivere me avvolta nei miei veli. Non solo una storia che fa e poi, e poi, e poi, e poi fino a che muori. «Quando ti ho incontrata» dice «ti ho invidiata. Ho desiderato la tua faccia. Ho pensato che quel tuo viso avrebbe richiesto più stomaco di qualsiasi operazione di cambiamento di sesso. Ti riserverà delle scoperte maggiori. Ti renderà più forte di quanto io possa mai essere.» Comincio a scendere le scale. Brandy nelle sue nuove scarpe basse, io in confusione totale, arriviamo all'atrio, e attraverso le porte del salotto si può sentire la lunga voce profonda del signor Parker che erutta continuamente: «Così. Continua così». Brandy e io, noi rimaniamo dietro le porte per un momento. Ci togliamo di dosso a vicenda la polvere e la carta igienica, e io ravvivo a Brandy i capelli piatti sul dietro. Brandy si tira un po' su i collant, e tira in giù il davanti della giacca. La cartolina e il libro infilati dentro la giacca, il pisello infilato nei collant, non si riesce a vedere nessuno dei due. Apriamo le doppie porte del salotto ed ecco il signor Parker ed Ellis. I pantaloni del signor Parker sono calati sulle ginocchia, il suo culo nudo e peloso è in bella vista. Il resto della sua nudità è ficcato nella faccia di Ellis. Ellis Island, ex agente speciale indipendente squadra operativa Manus Kelley. «Oh, sì. Continua così. È così bello.»
Ellis sta prendendo un dieci in performance lavorativa, le sue mani sono a coppa attorno alle chiappe di Parker, nude e pulite come si addice a uno che ha avuto una borsa di studio per il football, e tira tutto quello che riesce a succhiare nella sua mascella quadra da ragazzo di poster nazista. Ellis che grugnisce e ansima, di ritorno dal suo ritiro forzato. 27 L'uomo della General Delivery che mi ha chiesto la carta d'identità ha dovuto credermi sulla parola. La foto sulla mia patente potrebbe benissimo essere quella di Brandy. Ciò vuol dire che devo scrivere un sacco di cose su dei pezzi di carta per spiegare che aspetto ho adesso. Per tutto il tempo che sono alla posta, mi guardo di lato per vedere se non sono una ragazza copertina sulla lista dei ricercati dell'Fbi. Quasi mezzo milione di dollari sono più di dieci chili di banconote da dieci e venti dollari in una scatola. Inoltre, dentro con il denaro c'è anche un messaggio di Evie scritto su carta da lettera rosa che dice bla, bla, bla, ti ucciderò se ti rivedo di nuovo. E io non potrei essere più felice. Prima che Brandy possa vedere a chi è indirizzata, strappo via l'etichetta. Fare la modella significava anche che il mio numero di telefono non era negli elenchi e così per Brandy non ero in nessuna città dove potesse trovarmi. Non ero da nessuna parte. E adesso stavamo ritornando da Evie in macchina. Incontro al destino di Brandy. Per tutto il viaggio di ritorno, io ed Ellis, noi scriviamo cartoline dal futuro e le facciamo scivolare fuori dei finestrini mentre procediamo verso sud sull'Interstate 5 a due chilometri al minuto. Ogni due minuti siamo sei chilometri più vicini a Evie e al suo fucile. Ogni ora centoventi chilometri più vicini al destino. Ellis scrive: La tua nascita è un errore a cui cercherai di riparare per tutta la vita. Il finestrino elettrico della Lincoln Town Car ronza giù di mezzo centimetro, ed Ellis lascia cadere la cartolina nel risucchio dell'I-5. Scrivo: Passi tutta la tua vita a diventare Dio e poi muori. Ellis scrive: Quando non confidi i tuoi problemi, odi ascoltare i problemi degli altri. Scrivo: Tutto quello che fa Dio è guardarci e ucciderci quando diventiamo noiosi. Non dobbiamo mai e poi mai essere noiosi. Vai a noi che leggiamo la sezione del giornale dedicata alle vendite im-
mobiliari, in cerca di grandi case. Lo facciamo sempre in una nuova città. Ci sediamo in un bel bar all'aperto e beviamo cappuccino con uno spruzzo di cioccolato e leggiamo il giornale, poi Brandy chiama gli agenti immobiliari per scoprire quali sono le case in cui c'è ancora gente che ci abita. Ellis compila una lista di case da ripassare domani. Ci registriamo in un bell'albergo, e schiacciamo un pisolino da gatti. Dopo mezzanotte Brandy mi sveglia con un bacio. Lei ed Ellis stanno uscendo per vendere lo stock che abbiamo raccattato a Seattle. Probabilmente scopano anche. Non me ne frega niente. «E no» dice Brandy. «La signorina Alexander non chiamerà le sorelle Rhea durante la sua permanenza in città. Ormai è convinta che l'unica vagina che vale la pena di avere è del tipo che puoi comprarti da sola.» Ellis è in piedi sulla porta aperta che dà sull'atrio dell'albergo, sembra un supereroe che voglio che strisci nel mio letto e mi salvi. Nonostante ciò, da Seattle è diventato mio fratello. E non si può essere innamorate del proprio fratello. Brandy dice: «Vuoi il telecomando?». Brandy accende la televisione, ed ecco Evie spaventata e disperata, con i capelli gonfiati in un arcobaleno di ogni possibile riflesso di biondo. Evelyn Cottrell, Inc., il relitto preferito di tutti, sta incespicando in mezzo al pubblico televisivo col suo vestito di paillette pregando la gente di mangiare i suoi prodotti di similcarne. Brandy cambia canale. Brandy cambia canale. Brandy cambia canale. Evie è ovunque dopo mezzanotte, a offrire quello che ha su un vassoio d'argento. Il pubblico in studio la ignora, occupato a guardare se stesso nel monitor, intrappolato nel loop in cui guarda se stesso che guarda se stesso che guarda se stesso, proprio come facciamo ogni volta che guardiamo in uno specchio cercando di capire esattamente chi è quella persona. Il loop che non finisce mai. Evie e io, noi abbiamo fatto questa telepromozione. Come posso essere stata così stupida? Siano intrappolate in noi stesse in maniera così totale. La telecamera inquadra Evie, e quasi posso sentirla, Evie che dice, Amatemi. Amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, amatemi, sarò chiunque vogliate che io sia. Usatemi. Cambiatemi. Posso essere magra con le tette grosse e i capelli gonfi. Smontatemi. Rifatemi come volete, basta solo che mi amiate.
Torna molto indietro, a quella volta che Evie e io abbiamo fatto questo servizio fotografico in uno sfasciacarrozze, in un macello, in una camera mortuaria. Andavamo ovunque potessimo apparire belle al confronto, e quello che ho capito che odio di più di Evie è il fatto che sia così vanitosa e stupida e inappagata. Ma quello che odio più di tutto è quanto sia simile a me. Quello che veramente odio è me stessa e di conseguenza odio praticamente tutti. Vai al giorno dopo, quando vediamo alcune case, un maniero, un paio di palazzi, e uno chàteau pieno di medicine. Verso le tre incontriamo un agente immobiliare nella camera da pranzo baronale di un maniero di West Hills. Tutto intorno a noi gente del catering e fioristi. La tavola da pranzo è apparecchiata, tutta coperta di argento e cristallo, servizi da tè, samovar, candelabri, calici vari. Una donna con addosso uno scialbo tweed da segretaria spaventapasseri sta scartando questi regali d'argento e di cristallo e prendendo appunti in un piccolo quaderno rosso. Un flusso continuo di fiori in arrivo ci mulinella intorno, interi secchi di iris e rose e viole. Il maniero è dolce del profumo dei fiori e ricco dell'aroma delle piccole paste dolci e dei funghi farciti. Non il nostro stile. Brandy mi guarda. Decisamente troppa gente in giro. Ma l'agente immobiliare è già lì, sorridente. Con un accento strascicato come il piatto e allungato orizzonte texano, l'agente si presenta come la signora Leonard Cottrell. Ed è così felice di conoscerci. Questa donna Cottrell prende Brandy sottobraccio e la conduce in giro per il primo piano baronale mentre io decido se combattere o fuggire. Dammi terrore. Flash. Dammi panico. Flash. Questa deve essere la madre di Evie, oh, lo sai che lo è. E questa deve essere la nuova casa di Evie. E io mi sto chiedendo com'è che siamo finite qui. Perché oggi? Quante possibilità ci sono? La Cottrell immobiliare ci conduce oltre la segretaria in tweed e tutti i regali di nozze. «Questa è la casa di mia figlia. Ma lei passa quasi tutte le sue giornate al reparto mobili di Brumbach, in centro. Fino adesso abbiamo lasciato correre con le sue piccole ossessioni, ma quel che è troppo è troppo, e così ora la ammogliamo a un qualche cretino.»
Si avvicina: «È stato più difficile di quanto immaginereste, cercare di sistemarla. Sapete, ha dato fuoco all'ultima casa che le avevamo comprato». Accanto alla segretaria, c'è una pila di inviti al matrimonio incisi in oro. Sono le rinunce. Ci dispiace, ma non possiamo. Sembra che ci siano molte rinunce. Begli inviti però, incisi in oro, bordi strappati a mano, un cartoncino ripiegato in tre con dentro una violetta secca. Rubo una delle rinunce, e raggiungo la Cottrell immobiliare e Brandy ed Ellis. «No» sta dicendo Brandy. «C'è troppa gente in giro. Non potremmo visitare la casa in queste condizioni.» «Che rimanga tra noi» dice la Cottrell immobiliare. «Il più grande matrimonio del mondo vale il suo prezzo se riusciamo a sbolognare Evie a qualche pover'uomo.» Brandy dice: «Non vogliamo trattenerla». «Ma poi» dice la donna Cottrell «c'è questo sottogruppo di "uomini" a cui le loro "donne" piacciono proprio per come è Evie adesso.» Brandy dice: «Ci scusi ma dobbiamo proprio andare». Ed Ellis dice: «Uomini a cui piacciono donne pazze?». «Be', i nostri cuori si sono proprio spezzati il giorno che Evan è venuto da noi. Sedici anni, e dice "Mamma, Papà, voglio essere una ragazza"» dice la signora Cottrell. «Ma abbiamo pagato per quello» dice lei. «Una deduzione fiscale è una deduzione fiscale. Evan voleva essere una famosissima modella di moda, così ci ha detto. Ha cominciato a chiamarsi Evie, e il giorno dopo io ho disdetto il mio abbonamento a "Vogue". Ho ritenuto avesse fatto abbastanza danni alla mia famiglia.» Brandy dice: «Be', congratulazioni» e comincia a tirarmi verso la porta d'ingresso. Ed Ellis dice: «Evie era un uomo?». Evie era un uomo. E io mi devo proprio sedere. Evie era un uomo. E io ho visto le cicatrici dei suoi impianti al silicone. Evie era un uomo. E io l'ho vista nuda nei camerini. Dammi una completa revisione degli ultimi momenti della mia vita adulta. Flash. Dammi qualsiasi cosa in questo mondo del cazzo che sia esattamente quello che sembra! Flash!
La madre di Evie guarda fissa Brandy: «Ha mai lavorato come modella?» dice lei. «Assomiglia così tanto a un'amica di mio figlio.» «Sua figlia» brontola Brandy. E palpo l'invito che ho rubato. Il matrimonio, l'unione tra la Signorina Evelyn Cottrell e il Signor Allen Skinner, è domani. Alle undici antimeridiane, secondo l'incisione in oro. Seguito da un ricevimento a casa della sposa. Seguito da un incendio in casa. Seguito da un omicidio. Abito formale. 28 Il vestito in cui mi porto dietro il culo al matrimonio di Evie è più attillato della pelle. È quello che si direbbe attillato all'osso. È quella stampa della Sindone di Torino in saldo, marrone e bianca, drappeggiata e tagliata di modo che i bottoni rosso brillante si abbottonino attraverso le stimmate. Poi ho addosso metri e metri di guanti di seta nera ammucchiati sulle braccia. I tacchi sono vertiginosamente alti. Attorno alla mia cicatrice viva avvolgo il chilometro di tulle nero tempestato di scintille che mi ha dato Brandy, sopra l'abbagliante torta di ciliegie dove una volta c'era il mio viso, avvolta stretta, fino a che non rimangono fuori solo i miei occhi. È un look desolato e morboso. La sensazione è che siamo andati un po' oltre. A odiare Evie ci vuole più sforzo di quanto non ne occorresse prima. La mia vita intera si sta allontanando da una qualsiasi ragione per odiarla. Si sta allontanando dalla ragione stessa. Ci vuole una tazza di caffè e una pillola di Dexedrina per sentirsi anche lontanamente incazzati per qualcosa. Brandy, lei indossa quel vestito di Bob Mackie preso in saldo con la piccola gonna a peplo e il grande, sa il cavolo, e il sottile e stretto, non me ne potrebbe sbattere di meno. Indossa un cappello visto che, dopo tutto, è un matrimonio. Ai piedi ha certe scarpe fatte con la pelle di qualche animale. Accessoriata, gioielli inclusi, sai, pietre estratte dalla terra, lucidate e tagliate in modo da riflettere la luce, montate su leghe d'oro e rame, peso atomico, fuse e battute con martelli, il tutto che richiede un lavoro così intensivo. Il tutto, vale a dire Brandy Alexander. Ellis, lui porta un doppiopetto, o qualsiasi cosa sia, un vestito, una singola apertura nel nero, nero. Assomiglia a come immagineresti te stesso morto in una bara, cosa che non è un problema per me visto che Ellis è co-
munque sopravvissuto al ruolo che ha svolto nella mia vita. Ellis si pavoneggia dicendo che ormai ha dimostrato che può sedurre qualcosa in ogni categoria. Non che farsi il signor Parker lo incoroni Re della Città dei Froci, ma adesso ha anche Evie nel suo carniere, e forse è passato abbastanza tempo perché Ellis possa tornare in servizio, e riprendere il suo vecchio ruolo a Washington Park. Così prendiamo l'invito inciso in oro che ho rubato, Brandy ed Ellis prendono un Percodan ciascuno, e andiamo al ricevimento del matrimonio di Evie. Vai a West Hills alle undici antimeridiane al baronale maniero della pazza Evie Cottrell, Evie grilletto facile, fresca sposa Signora Evelyn Cottrell Skinner, come se me ne potesse importare qualcosa a questo punto. E. Questo è oh così elettrizzante. Evie, potrebbe essere la torta nuziale, strati su strati di fusciacca e fiori che crescono attorno alla sua grande gonna di crinolina, su su fino alla sua vita strizzata, poi le sue grandi tette texane che straripano da un corsetto senza spalline. C'è così tanto di lei da decorare, proprio come un albero di Natale in un centro commerciale. Fiori di seta sono ammucchiati su un lato del girovita. Fiori di seta su entrambe le orecchie ancorano un velo tirato dietro sui suoi capelli laccati biondo su biondo. In quella gonna di crinolina e con quei pompelmi texani tirati su, la ragazza se ne cammina portandosi addosso il suo personale carro da sfilata. Piena di interazioni tra champagne e Percodan, Brandy mi guarda. E io mi stupisco di non averlo mai notato, che Evie era un uomo. Un gran biondo, proprio com'è adesso, ma, sai, con uno di quegli orrendi scroti rugosi. Ellis si nasconde da Evie, cercando di osservare il suo nuovo marito, proprio come se fosse un'altra tacca nel suo curriculum da agente speciale indipendente della squadra operativa. Ellis, per come la storia si presenta dal suo punto di vista, lui è ancora un'esca vincente per beccare qualsiasi uomo dopo la lunga battaglia. Qui ognuno pensa di essere il protagonista della storia. E questo è sicuramente vero per tutti al mondo. Oh, e il tutto è andato ben oltre lo scusa, Mamma. Scusa, Dio. A questo punto, non sono più dispiaciuta per niente. O per nessuno. No, davvero, qui tutti fremono per essere cremati. Vai al piano di sopra. Nella camera da letto principale c'è il corredo di Evie pronto per essere messo in valigia. Questa volta ho portato i miei
fiammiferi, e accendo il bordo strappato a mano del biglietto d'invito inciso in oro, e porto il biglietto dal copriletto al corredo alle tende. È il più dolce dei momenti quando il fuoco prende il controllo, e non sei più responsabile di niente. Prendo una grande bottiglia di Chanel N° 5 dal bagno di Evie e una grande bottiglia di Joy e una grande bottiglia di White Shoulders, e spargo per tutta la camera l'odore di un milione di fiori da carro da sfilata. Il fuoco, l'inferno nuziale di Evie segue la traccia dei fiori imbevuti nell'alcol e mi insegue nel corridoio. Questo è quello che adoro del fuoco, che mi ucciderebbe con la stessa rapidità di chiunque altro. Che non può sapere che sono sua madre. È così bello e potente e superiore a ogni sentimento per chiunque, ecco cosa amo del fuoco. Niente di tutto ciò può essere fermato. Non si può controllare. Il fuoco nei vestiti di Evie cresce ogni secondo che passa, e adesso la trama si muove senza bisogno di spinte da parte di nessuno. E io scendo. Passo-pausa-passo. La showgirl invisibile. Per una volta, quello che sta succedendo è quello che voglio io. Persino meglio di quanto mi aspettassi. Nessuno si è reso conto. Il nostro mondo si sta precipitando dritto verso il futuro. Fiori e funghi farciti, invitati al matrimonio e quartetto d'archi, stiamo andando tutti insieme sul Pianeta Brandy Alexander. Nell'atrio d'entrata c'è la Principessa Principessa che pensa ancora di avere il controllo. La sensazione è di controllo supremo ed estremo su tutto. Vai al giorno in cui saremo tutti morti e niente di tutto questo avrà più importanza. Vai al giorno in cui qui ci sarà un'altra casa e la gente che ci abiterà non saprà mai che noi siamo esistiti. «Dov'eri?» dice Brandy. Nell'immediato futuro, le direi. 29 Vai a Brandy e a me che non riusciamo a trovare Ellis da nessuna parte. Evie e tutti i Cottrell del Texas non riescono a trovare il loro sposo, nemmeno loro, tutti che ridono quella risatina nervosa. Quale damigella sarà scappata con lui, tutti vogliono sapere. Ha ha ha. Strattono Brandy verso la porta, ma mi dice di stare zitta. Ellis e lo sposo entrambi scomparsi... un centinaio di texani che bevono come spugne... quella ridicola sposa travestita nel suo grande abito nuziale... questo è dav-
vero troppo divertente perché Brandy se ne vada adesso. Vai a Evie dentro il suo personale carro da sfilata che emerge dalla cantina, le mani a pugno tese in aria, il velo e i capelli che svolazzano dritti dietro di lei. Evie sta urlando che ha appena trovato in cantina quel frocio succhiacazzi del suo nuovo marito a quattro zampe che godeva, mentre l'ex fidanzato di tutti glielo metteva nel culo. Oh, Ellis. Mi ricordo tutte le sue riviste pornografiche, e tutti i dettagli anal, oral, rimming, fisting, felching. A furia di provare a succhiarselo da sé si può finire ricoverati in ospedale. Oh, è tutto così elettrizzante. Ovviamente, la risposta di Evie a qualsiasi situazione è di sollevare di peso il suo vestitone di crinolina e correre di sopra per prendere un fucile, solo che a questo punto quasi tutta la sua camera è un muro di fiamme al profumo di Chanel N° 5 in cui Evie deve far passare il suo carro da sfilata. Tutti telefoninano al 911 per chiedere soccorso. Nessuno è interessato al punto da entrare in cantina per vedere quello che succede. La gente non vuole proprio sapere quello che sta accadendo lì dentro. Valli a capire, ma i texani sembrano sentirsi molto più a loro agio quando si tratta di disastrosi incendi immobiliari che non di sesso anale. Mi ricordo i miei genitori. Scat e docce dorate. Sado e masochismo. In attesa che Evie bruci a morte, ognuno si prende qualcosa di fresco da bere e va a mettersi all'ingresso ai piedi della scalinata. Dalla cantina si sentono grandi sculacciate. Di quel genere doloroso che prima ci si sputa la mano. Brandy, quella cosa socialmente inappropriata che è, Brandy comincia a ridere. «Sarà davvero un divertimento bello sporco» mi dice Brandy dall'angolo della sua bocca Plumbago. «Nell'ultimo bicchiere di Ellis ho messo una manciata di evacuante intestinale Bilax.» Oh, Ellis. Con tutto quello che sta succedendo, Brandy avrebbe potuto farla franca se non si fosse messa a ridere. Vedi, perché proprio in quel momento Evie esce fuori da quel muro di fiamme in cima alle scale. Un fucile in mano, un abito da sposa bruciato fino ai cerchi d'acciaio, i fiori di seta nei capelli bruciati fino agli scheletri di filo di ferro, tutti i suoi biondi capelli bruciati, Evie si esibisce nel suo lento passo-pausa-passo giù dalle scale con un fucile puntato dritto su Brandy Alexander.
Con tutti che guardano Evie su per le scale con addosso niente a parte fil di ferro e cenere, sudore e fuliggine spalmati per tutto il suo succulento corpo transgenico a clessidra, tutti guardiamo Evelyn Cottrell nel suo Grande Momento Spa, ed Evie urla: «Tu!». Urla contro Brandy Alexander lungo la canna del fucile: «Me l'hai fatto di nuovo. Un altro incendio!». Passo-pausa-passo. «Credevo fossi la mia migliore amica» dice. «Certo, sì, sono andata a letto col tuo fidanzato, ma chi è che non l'ha fatto?» dice Evie, con il fucile e tutto il resto. Passo-pausa-passo. «Proprio non ti basta essere la migliore e la più bella» dice Evie. «La maggior parte delle persone, se fossero belle come te, starebbero a galla per tutta la vita.» Passo-pausa-passo. «E invece no» dice Evie, «ecco che devi distruggere tutti gli altri.» Il fuoco del secondo piano scende centimetro dopo centimetro lungo la carta da parati dell'atrio, e gli invitati si stanno azzuffando per riprendersi i loro pacchetti e le borse, tutti diretti fuori con i regali nuziali, l'argento e il cristallo. Dalla cantina si sente il rumore di quelle sculacciate sul culo. «Zitti lì dentro!» grida Evie. Di nuovo a Brandy, Evie dice: «Forse passerò alcuni anni in prigione, ma all'inferno tu avrai un bel vantaggio di tempo su di me!». Si sente il fucile che viene caricato. Il fuoco scende giù dai muri. «Oh, Dio, sì, Cristo» urla Ellis. «Oh, Dio, sto venendo!» Brandy smette di ridere. Più grande e carina che mai, regale e annoiata e blasé come se tutto questo non fosse che un grande scherzo, Brandy Alexander solleva una mano gigante e guarda il suo orologio. E io sto per diventare figlia unica. E a questo punto potrei fermare tutto. Potrei tirarmi via il velo, dire la verità, salvare delle vite. Sono io. Brandy è innocente. Questa è la mia seconda chance. Anni fa avrei potuto aprire la finestra di camera mia e lasciare che Shane entrasse. Avrei potuto evitare di chiamare tutte quelle volte la polizia per suggerire che quello che era successo a Shane non era stato un incidente. A trattenermi è la storia di come Shane ha bruciato i miei vestiti. Di come la mutilazione ha fatto di Shane il centro dell'atten-
zione. E se io adesso tiro via il velo, sarò solo un mostro, una meno che perfetta vittima mutilata. Sarò solo come sono veramente. Solo la verità, tutta la verità, e nient'altro che la verità. E l'onestà è la cosa più noiosa sul pianeta Brandy Alexander. Ed Evie prende la mira. «Sì!» Ellis grida dalla cantina. «Sì, dai, bel toro! Dammelo! Sparalo tutto!» Evie sbircia sotto la canna. «Adesso!» sta gridando Ellis. «Sparami tutto in bocca!» Brandy sorride. E io non faccio niente. Ed Evie spara a Brandy Alexander dritto al cuore. 30 «La mia vita» dice Brandy. «Sto morendo, e dovrei vedere tutta la mia vita.» Nessuno sta morendo qui. Dammi diniego. Evie ha sparato la sua cartuccia, ha lasciato cadere il fucile, è uscita fuori. La polizia e gli infermieri stanno arrivando, e il resto degli invitati al matrimonio sono fuori che si disputano i regali nuziali, chi ha regalato cosa e chi adesso ha il diritto cii riprenderseli. Un gran divertimento bello sporco. Brandy Alexander è praticamente tutta insanguinata, e dice: «Voglio vedere la mia vita». Da qualche stanza Ellis dice: «Hai il diritto di non rispondere». Vai a me, lascio la mano di Brandy, la mia tiepida mano rossa di agenti patogeni del sangue, scrivo sulla carta da parati in fiamme. Il Tuo Nome è Shane McFarland. Sei Nato Ventiquattro Anni Fa. Hai Una Sorella, Di Un Anno Più Piccola. Il fuoco sta già mangiando la riga superiore. Ti Sei Preso La Gonorrea Da Un Agente Speciale Indipendente E La Tua Famiglia Ti Ha Buttato Fuori Di Casa. Hai Incontrato Tre Drag Queens Che Ti Hanno Pagato Un'Operazione Di Cambio Di Sesso Perché Non Riuscivi A Pensare A Niente Che Desiderassi Meno.
Il fuoco sta già mangiando la seconda riga. Mi Hai incontrata. Io Sono Tua Sorella, Shannon McFarland. Io che scrivo la verità col sangue pochi momenti prima che il fuoco la mangi. Mi Hai Voluto Bene Perché Anche Se Non Mi Hai Riconosciuto, Sapevi Che Ero Tua Sorella. A Qualche Livello, L'Hai Sentito Subito E Così Mi Hai Voluto Bene. Abbiamo viaggiato per tutto il West e siamo cresciuti insieme di nuovo. Ti ho odiato da non ricordo più quando. E Non Morirai. Avrei potuto salvarti. E non morirai. .Il fuoco e la mia scrittura sono adesso fianco a fianco. Vai a Brandy mezza dissanguata sul pavimento, quasi tutto il suo sangue usato da me per scriverci, Brandy sbircia per leggere mentre il fuoco divora tutta la nostra storia familiare, verso dopo verso. Il verso E Non Morirai tocca quasi il pavimento, proprio accanto al viso di Brandy. «Cara» dice Brandy, «Shannon, dolcezza, sapevo ogni cosa. È stata tutta opera della signorina Evie. Mi ha raccontato di te in ospedale. Del tuo incidente.» Sono già una manista. E una tale rozza contadina. «Adesso» dice Brandy. «Raccontami tutto.» Scrivo: Per Gli Ultimi Otto Mesi Ho Dato Da Mangiare A Ellis Island Ormoni Femminili. E Brandy tossisce sangue. «Anch'io!» dice. Come posso non ridere? «Adesso» dice Brandy, «presto, prima che muoia, che altro?» Scrivo: Proprio Tutti Ti Amavano Di Più Dopo L'Incidente Della Lacca. E: Non Sono Stata Io A Far Esplodere La Bomboletta Della Lacca. Brandy dice: «Lo so. Sono stata io. Era così doloroso essere un normale bambino nella media. Volevo qualcosa che mi salvasse. Volevo l'opposto di un miracolo». Da una qualche altra stanza, Ellis dice: «Qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei in tribunale». E, sul battiscopa, scrivo: La Verità È Che Mi Sono Sparata Da Sola In Faccia. Non c'è più spazio per scrivere né più sangue per scrivere né altro da dire, e Brandy dice: «Ti sei sparata il viso da sola?».
Annuisco. «Quello» dice Brandy, «quello non lo sapevo.» 31 Vai a questa volta qui, in posto per niente speciale, solo Brandy quasi morta sul pavimento e io inginocchiata accanto a lei con le mani coperte del sangue da ricevimento Principessa Alexander. Brandy grida: «Evie!». E la testa bruciacchiata di Evie spunta dalla porta principale. «Brandy, amore» dice Evie. «Questo è stato il miglior disastro che hai mai combinato!» Verso di me, Evie corre e mi bacia con il suo schifoso rossetto squagliato e dice: «Shannon, non potrò mai ringraziarti abbastanza per come rendi piccante la mia noiosa vita casalinga». «Signorina Evie» dice Brandy, «puoi anche far finta di niente, ma, ragazza mia, hai mancato in pieno la zona antiproiettile della mia giacca.» Vai alla verità. Quella stupida sono io. Vai alla verità. Mi sono sparata da sola. Ho lasciato che Evie pensasse che era stato Manus e che Manus pensasse che era stata Evie. Probabilmente è stato il sospetto reciproco a portarli alla separazione. Ha portato Evie a tenersi un fucile carico nel caso che Manus fosse venuto a cercarla. La stessa paura ha spinto Manus a portare con sé un coltello da macellaio la notte che è venuto per affrontarla. La verità è che qui nessuno è tanto stupido o cattivo come li faccio sembrare io. Tranne me. La verità è che il giorno dell'incidente sono uscita dalla città in macchina. Con il finestrino dalla parte del guidatore mezzo aperto, sono uscita e ho sparato attraverso il vetro. Sulla via del ritorno in città, in autostrada, ho imboccato l'uscita per Growden Avenue, l'uscita per il La Paloma Memorial Hospital. La verità è che ero dipendente dalla mia bellezza, e questo non è qualcosa da cui ti puoi semplicemente allontanare. Ero dipendente da tutta quell'attenzione, dovevo smettere di botto. Avrei potuto raparmi a zero, ma i capelli ricrescono. Persino calva, avrei potuto apparire troppo bella. Calva, avrei potuto ricevere ancora più attenzione. C'era la possibilità di diventare grassa o di bere senza controllo per rovinare il mio aspetto, ma volevo essere brutta, e volevo la salute. Rughe e invecchiamento sembravano cose
troppo lontane. Ci doveva essere un qualche altro modo per diventare brutta in un attimo. Dovevo occuparmi del mio aspetto in modo veloce e permanente o sarei stata sempre tentata di tornare indietro. Sai come si guardano le ragazze gobbe e brutte, e sono così fortunate. Nessuno le trascina fuori di sera, così che poi non riescono a finire la tesi di dottorato. Non vengono sgridate dai fotografi di moda se vicino al bikini hanno dei peli incarniti infetti. Guardi le vittime di ustioni e pensi a quanto tempo risparmiano non guardandosi allo specchio per controllare se il sole gli ha causato danni alla pelle. Volevo la rassicurazione quotidiana di essere mutilata. Così come una ragazza invalida deforme e sfigurata dalla nascita può guidare una macchina con i finestrini aperti fregandosene di come il vento le fa sembrare i capelli, quella era la libertà che cercavo. Ero stanca di rimanere una forma di vita inferiore solo a causa del mio aspetto. Stanca di commerciare con il mio aspetto. Di imbrogliare. Di non concludere mai niente di reale, ma di ricevere comunque l'attenzione e il riconoscimento. Intrappolata in un ghetto di bellezza, ecco come mi sentivo. Stereotipata. Derubata della mia motivazione. In questo, Shane, siamo molto fratello e sorella. Questo è l'errore più grande che ho pensato potesse salvarmi. Volevo abbandonare l'idea di possedere un qualche controllo. Movimentare le cose. Per essere salvata dal caos. Per vedere se riuscivo a farcela, volevo forzare me stessa a crescere di nuovo. Per far esplodere la mia soglia di benessere. Ho rallentato per imboccare l'uscita e ho accostato al margine, quella che chiamano corsia d'emergenza. Mi ricordo di aver pensato, molto à-propos. Mi ricordo di aver pensato, sarà così eccitante. La mia ricostruzione. Ecco che la mia vita stava per iniziare tutta daccapo. Sarei potuta essere un neurochirurgo stavolta. Oppure un'artista. A nessuno sarebbe importato se ero bella o brutta. La gente avrebbe visto solo la mia arte, quello che facevo, invece di come apparivo, e la gente mi avrebbe voluto bene. Il mio ultimo pensiero è stato, finalmente crescerò di nuovo, mutando, adattandomi, evolvendomi. Sarà una sfida a livello fisico. Non potevo più aspettare. Ho tirato fuori la pistola dal cruscotto. Avevo addosso un guanto contro le bruciature da polvere da sparo, e tenevo la pistola col braccio teso fuori del finestrino rotto. Non è che stessi nemmeno mirando dato che la pistola era solo a circa mezzo metro. Avrei anche potuto uccidermi, ma arrivata a quel punto l'idea non sembrava poi tanto tragica.
Questa ricostruzione avrebbe reso così noiosi piercing, tatuaggi e marchiature a fuoco, tutte quelle piccole ribellioni alla moda ormai talmente innocue da diventare esse stesse di moda. Quelle piccole tigri di carta, tentativi di rifiutare la bellezza che finiscono solo per rinforzarla. Lo sparo, quel che ricordo è che fu come essere colpite forte. Il proiettile. Mi c'è voluto un minuto per riuscire a mettere a fuoco la vista, ma dappertutto sul sedile del passeggero c'era il mio sangue e muco, bava e denti. Ho dovuto aprire la portiera della macchina e prendere la pistola da dov'era caduta fuori del finestrino. Lo choc è stato d'aiuto. La pistola e il guanto sono in un tombino nel parcheggio dell'ospedale dove li ho fatti cadere, nel caso voleste delle prove. Poi l'endovena di morfina, le forbicine da sala operatoria mi hanno tagliato via il vestito, le piccole mutandine, le foto della polizia. Gli uccelli hanno mangiato il mio viso. Nessuno ha mai sospettato la verità. La verità è che dopo quel momento sono stata un po' presa dal panico. Ho lasciato che tutti pensassero le cose sbagliate. Il futuro non è un buon posto per ricominciare a mentire e a imbrogliare. Niente di tutto questo è colpa di nessuno tranne che mia. Sono scappata perché farmi ricostruire la mascella era una tentazione troppo forte per tornare indietro, per fare ancora quel gioco, il gioco di essere bella. Adesso il mio futuro intero è ancora lì fuori che mi aspetta. La verità è che essere brutta non è emozionante come si crederebbe, ma può essere un'opportunità per qualcosa di meglio di quanto avrei mai potuto immaginare. La verità è che mi dispiace. 32 Torna indietro al pronto soccorso del La Paloma. La morfina in endovena. Le forbicine da manicure tagliano via il vestito di Brandy. Il pene infelice di mio fratello è lì, blu e freddo, in mostra per tutto il mondo. Le foto della polizia, e suor Katherine che urla: «Fate le vostre foto! Fate le vostre foto adesso! Sta ancora perdendo sangue!». Vai alla chirurgia. Vai al post-operazione. Vai a me che prendo da parte suor Katherine, la piccola suor Katherine mi abbraccia così forte attorno alle ginocchia che a momenti cado per terra. Mi guarda, entrambe macchiate di sangue, e le chiedo per iscritto: per favore.
faccia questa cosa speciale per me, per favore, se vuole davvero farmi felice. Vai a Evie accomodata come a un talk-show sotto i caldi riflettori, in centro, da Brumbach, che chiacchiera con sua madre e Manus e il suo nuovo marito di come ha incontrato Brandy anni fa prima di tutti noi, in un gruppo di supporto per transgender. Di come ognuno di noi ha bisogno di un grande disastro di tanto in tanto. Vai a qualche giorno più tardi quando a Manus cresceranno le tette. Vai a me inginocchiata accanto al letto d'ospedale di mio fratello. La pelle di Shane, è così pallido che non sai dove finisce il blu sbiadito del pigiama dell'ospedale e dove comincia la pelle di Shane. Questo è mio fratello, magro e pallido con le magre braccia di Shane e il petto carenato. I piatti capelli ramati sparpagliati sulla fronte, questo è quello con cui ricordo di essere cresciuta insieme. Fatto di bastoncini e ossa d'uccello. Lo Shane che ho dimenticato. Lo Shane di prima dell'incidente della lacca. Non so perché l'ho dimenticato, ma Shane aveva sempre un aspetto così triste. Vai ai nostri genitori a casa di sera, che proiettano filmini casalinghi sulla parete della nostra casa bianca. Le finestre di vent'anni fa sono perfettamente allineate con le finestre di adesso. Il prato allineato con il prato. I fantasmi di Shane e me bambini che corrono dappertutto, contenti l'uno dell'altra. Vai alle sorelle Rhea assiepate attorno al letto d'ospedale. Retine sopra le loro parrucche. Maschere chirurgiche sui loro visi. Hanno addosso quegli abiti verde sbiadito da spazzino, le Rhea hanno quelle spille di bigiotteria Duchess of Windsor appuntate sui loro abiti: leopardi sgargianti punteggiati di diamanti e topazio. Usignoli con corpi pavé di smeraldo. Quanto a me, io voglio solo che Shane sia felice. Sono stanca di essere me stessa, me stessa piena di odio. Dammi respiro. Sono stanca di questo mondo di apparenze. Maiali che sembrano grassi. Famiglie che sembrano felici. Dammi liberazione. Da quello che sembra generosità. Da quello che sembra amore Flash. Non voglio più essere me stessa. Voglio essere felice, e rivoglio indietro Brandy Alexander. Eccomi al primo vero vicolo cieco della mia vita. Non
c'è nessun posto dove andare, perlomeno non per come sono adesso, per la persona che sono. Ecco il mio primo vero inizio. Mentre Shane dorme, le sorelle Rhea gli si assiepano attorno, decorandolo con piccoli regali. Stanno velando Shane con L'Air du Temps come se fosse una felce di Boston. Orecchini nuovi. Una nuova sciarpa di Hermès attorno al collo. Cosmetici sono ordinati in file perfette su un vassoio chirurgico sospeso accanto al letto, e Sofonda dice: «Idratante!» e allunga la mano, palmo in su. «Idratante» dice Kitty Litter, e piazza il tubetto sul palmo di Sofonda. Sofonda mette fuori la sua mano e dice: «Copriocchiaie!». E Vivienne piazza un altro tubetto sul suo palmo e dice: «Copriocchiaie». Shane, so che non puoi sentirmi, ma va bene lo stesso, dato che io non posso parlare. Con movimenti brevi e leggeri Sofonda usa una piccola spugna per spalmare il copriocchiaie sulle borse scure sotto gli occhi di Shane. Vivienne appunta una spilla di diamante sulla vestaglia da ospedale di Shane. Miss Rona ti ha salvato la vita, Shane. Il libro nella tasca della tua giacca ha rallentato la pallottola e ti si sono scoppiate solo le tette. È solo una ferita di carne, carne e silicone. Fioristi entrano con mazzi di iris e rose e violette. Il tuo silicone si è rotto, Shane. Il proiettile ha bucato il silicone e così lo hanno dovuto estrarre. Adesso puoi avere la misura di tette che vuoi. L'hanno detto le Rhea. «Fondotinta!» dice Sofonda, stendendo il fondotinta all'attaccatura dei capelli di Shane. Dice: «Matita per sopracciglia!» col sudore imperlato sulla fronte. Kitty passa la matita dicendo. «Matita per sopracciglia!». «Tamponami!» dice Sofonda. E Vivienne tampona la sua fronte con una spugna. Sofonda dice: «Eyeliner!». E io devo andare, Shane, mentre dormi ancora. Ma voglio darti qualcosa. Voglio darti vita. Questa è la mia terza possibilità, e non voglio sprecarla. Avrei potuto aprire la finestra della mia camera. Avrei potuto fermare Evie prima che ti sparasse. La verità è che non l'ho fatto, così ti do la mia vita
perché non la voglio più. Infilo la mia borsetta sotto la grande mano inanellata di Shane. Vedi, la dimensione della mano di un uomo è l'unica cosa che un chirurgo plastico non può cambiare. Quell'unica cosa che tradirà una ragazza come Brandy Alexander. Non c'è proprio modo di nascondere quelle mani. Questi sono tutti i miei documenti d'identità, i miei certificati di nascita, tutto. Puoi essere Shannon McFarland da ora in poi. La mia carriera. L'attenzione a novanta gradi. È tua. Tutta. Tutti. Spero sia abbastanza per te. È tutto quello che mi rimane. «Colore di base!» dice Sofonda, e Vivienne le passa la sfumatura di colore più chiara dell'ombretto per occhi Aubergine Dreams. «Colore di copertura!» dice Sofonda, e Kitty le passa il prossimo ombretto. «Colore di contorno!» dice Sofonda, e Kitty le passa il riflesso più scuro. Shane, ritorna tu al mio lavoro. Fatti procurare un megacontratto da Sofonda, niente cazzate da fiera di beneficenza di paese. Sei la fottutissima Shannon McFarland adesso. Vai dritta alla vetta. Tra un anno, voglio accendere la televisione e verderti nuda che bevi Diet Cola al rallentatore. Di' a Sofonda di farti ottenere i grandi contratti nazionali. Sii famosa. Sii un grande esperimento sociale nell'ottenere quello che non vuoi. Scopri il valore in quel che ti hanno detto che non vale nulla. Scopri il bene in ciò che il mondo dice che è male. Ti sto dando la mia vita perché voglio che tutto il mondo ti conosca. Desidero che tutto il mondo possa accettare quello che odia. Scopri quello di cui hai più paura e vacci a vivere. «Arricciaciglia!» dice Sofonda, e arriccia le ciglia addormentate di Shane. «Mascara!» dice, pettinando il mascara nelle ciglia. «Squisito» dice Kitty. E Sofonda fa: «Non siamo ancora a posto». Shane, ti sto dando la mia vita, la mia patente, le mie vecchie pagelle, perché mi assomigli più di quanto io non ricordi di essermi assomigliata. Perché sono stufa di odiarmi e di compiacermi e di raccontarmi vecchie storie che non sono mai state vere. Sono stufa di essere sempre io, io, io
per prima. Specchio, specchio delle mie brame. E per favore non cercarmi. Sii il nuovo centro dell'attenzione. Sii un grande successo, sii bella e amata e tutto quanto il resto che io ho sempre voluto essere. Ormai me lo sono buttato alle spalle. Voglio solo essere invisibile. Forse, con i miei veli, diventerò una danzatrice del ventre. Una suora che lavora in una colonia di lebbrosi dove nessuno è completo. Sarò un portiere di hockey su ghiaccio e porterò una maschera. Quei grandi parchi di divertimenti assumeranno solo donne per indossare il costume dei personaggi dei cartoni animati, dato che la gente non vuole rischiare che qualche strano molestatore maschio abbracci i loro figli. Forse sarò un grande topo dei cartoni animati. O un cane. O un papero. Non so, ma sono sicura che lo scoprirò. Non si può sfuggire al destino, il destino continua a scorrere. Giorno e notte, il futuro continua a venirti incontro. Accarezzo la pallida mano di Shane. Ti sto dando la mia vita per provare a me stessa che posso, che posso davvero amare qualcuno. Anche quando non mi pagano, posso dare amore e felicità e fascino. Vedi, posso sopportare gli omogeneizzati e di non parlare e di essere senza casa e invisibile, ma devo sapere che posso amare qualcuno. Completamente e totalmente, permanentemente e senza speranza di ricompensa, solo come un atto di volontà, amerò qualcuno. Mi avvicino, come se potessi baciare il viso di mio fratello. Lascio la borsa e qualunque idea di me sotto la mano di Shane. E mi lascio alle spalle la storia che ero così bella, che potevo entrare in una stanza in un vestito attillato e tutti si giravano e mi guardavano. Un milione di reporter mi scattavano le foto. E mi lascio alle spalle l'idea che questa attenzione valeva quello che ho fatto per averla. Quello di cui ho bisogno è una storia nuova. Quello che le sorelle Rhea hanno fatto per Brandy Alexander. Quello che Brandy stava facendo per me. Quello che ho bisogno di imparare a fare per me stessa. Scrivere la mia propria storia. Lascio che mio fratello sia Shannon McFarland. Non ho bisogno di quel tipo di attenzione. Non più. «Matita per le labbra!» dice Sofonda. «Lucidalabbra!» dice. Fa: «Abbiamo un'emorragia!».
E Vivienne si avvicina con una garza per tamponare il Plumbago in eccesso dal mento di Shane. Suor Katherine mi porta quello che le avevo chiesto, per favore, e sono le foto, le foto patinate di me col mio lenzuolo bianco. Non sono buone o cattive, brutte o belle. Sono solo quello che sembro. La verità. Il mio futuro. Solo normale realtà. E mi tiro via i veli, gli scampoli e la mussola e il pizzo, e li lascio perché Shane li trovi ai suoi piedi. Non ne ho bisogno in questo momento, o in un altro, o in un altro, mai più. Sofonda completa il trucco con la cipria e poi Shane se ne va. Mio fratello, magro e pallido, pelle e ossa e infelice, se n'è andato. Le sorelle Rhea si tolgono lentamente le loro mascherine da operazione. «Brandy Alexander» dice Kitty, «regina suprema.» «Ragazza di qualità totale» dice Vivienne. «Per sempre» dice Sofonda, «e questo basta.» Completamente e totalmente, permanentemente e senza speranza, per sempre amo Brandy Alexander. E questo basta. FINE