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SILVIA RIZZO
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
ROMA 1973
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
IlDWONI Cl STORIA l U'l'TEIlATUIlA Il.-. _ Vi> I '...... ,I
Alla memoria di mio padre
PREFAZIONE
Nella storia della trasmissione dei classici l'opera degli umamstl ha importanza fondamentale: pochi sono gli editori di testi greci e latini che non debbano fare i conti con documenti umanistici riguardanti la storia di codici tuttora conservati o perduti o non ancora identificati. Per una utilizzazione proficua di tali documenti si richiede una conoscenza quanto possibile esatta delle espressioni che gli umanisti usavano nel descrivere codici e per indicare le varie operazioni della loro attività filologica. Quanto sia insidioso interpretare il latino umanistico con l'aiuto di quello classico e quanto sia difficile sfuggire alla tentazione di sovrapporre, magari inconsciamente, significati moderni a termini tecnici di allora, è dimostrato dai fraintendimenti che avviene di trovare in scritti di studiosi moderni (cf. per es. p. 25s., 36, 69s., 174, 183 n. I, 220 n. I, 241, 277s.) 1. La presente ricerca è nata con lo scopo di fornire agli studiosi di ftlologia classica uno strumento che, nell'assoluta mancanza di lessici particolari o generali, permetta d'intendere con sufficiente precisione la terminologia tecnico-filologica degli umanisti. Lo studio anche di un campo così ristretto consente di aver quasi uno spaccato del latino umanistico e della sua varia composizione, del mescolarsi in esso di termini classici e medievali e di latinizzazioni di parole volgari e fornisce inoltre esempi delle preoccupazioni puristiche che lo Aggiungo un esempio che mi è venuto sott'occhio quando il libto era in bozze. A p. 48s. ho parlato del formato 'reale' : l'espressione chartae reales o ' fogli reali' che compare in inventari è stata fraintesa come riferimento alla qualità della carta da C. Lupi, Manuale di Paleografia delle carte, Firenze 1875,44 n.: « Un'altra differenza costituita dalla qualità o dal formato o da ambedue le cose era avvertita anche in antico: onde la carta migliore era detta carta bambagina reale 'Quaternos tres cartarum bombicinarum ... , librum unum cartarum bombicinarum realium quaternorum sex ... , vacchectam unam cartarum reaIium quaterni unius et dimidii ' etc. (Arch. Pisano, Consilia Senatus etc., Il, c. II9t, I2or). 'Libro di fogli reali con coverta et corregge rosse' (Arch. cit., Opera del Duomo, Conduttori 1461 ». Dal vecchio manuale del Lupi l'errore è passato di peso nel Wattenbach, 142 n. 2: « Lupi, Man. p. 44 hebt die vortreffiiche Beschaffenheit des aus Constantinopel kommenden Papieres hervor; das beste hiess realis (regalis)).
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portavano ad evitare vocaboli di sapore medievale o di curiosi travestimenti classicheggianti di parole dell'uso comWle (si veda 1'Indice delle cose notevoli, s. v. latino umanistico). Inoltre, poiché WlO studio di parole è anche necessariamente studio di cose, l'esame delle espressioni tecniche usate dagli umanisti e delle enWlciazioni teoriche sparse nei loro scritti mi ha portata ad osservazioni di carattere generale che si troveranno sparse sotto le varie voci o nelle brevi introduzioni alle singole parti: e alcuni capitoli sono dedicati a particolari aspetti della filologia umanistica (ad es. la restituzione dei passi greci nei manoscritti latini, p. 295ss., o le teorie sulla genesi delle corruttele e l'importanza data al criterio paleografico nel congetturare, p. 226ss.). Ho preferito perciò alla forma del lessico quella di Wla trattazione continua, distinta in cinque parti secondo Wl'ideale linea di sviluppo, dalle varie fasi della formazione del codice o del libro a stampa fino all'attività critica sui testi. CiascWla parte è distinta al suo interno in capitoli dedicati a un vocabolo o a gruppi di vocaboli affini per significato. L'indice delle parole, indispensabile complemento di Wl lavoro del genere, permetterà di individuare rapidamente le trattazioni dedicate ai singoli termini. I limiti cronologici che ho posto alla mia ricerca vanno dal Petrarca a tutto il quattrocento. Entro questi confini ho scelto alcWle personalità più significative e per ciasCWla di esse determinate opere, dando la preferenza a quelle di argomento filologico e agli epistolari. Queste opere, che costituiscono il fondamento della ricerca, sono state esaminate per intero. Le elenco qui brevemente, rimandando alla bibliografia per l'indicazione delle edizioni seguite: Petrarca, Familiari (per le altre opere non ho tentato un nuovo spoglio, ma mi sono limitata a rintracciare e riesaminare i passi che già avevano attratto l'attenzione del N olhac, Pétrarque et l' humanisme); epistolari del Salutati, di Guarino, dell'Aurispa, di Poggio; Traversari, epistolario e Hodoeporicon; Valla, De falso eredita et ementita Constantini donatione, Elegantiae, Emendationes in T. Livium; Vespasiano da Bisticci, epistolario; Filippo Beroaldo il Vecchio, Annotationes centum; Poliziano, epistolario, I centuria dei Miscellanea, soscrizioni e note di collazione raccolte in Maler, Les manuscrits d'Ange Politien, in Bandi_i, Ragion. e nel Catalogo del Perosa. La II centuria dei Miscellanea, recentemente tornata alla luce, era in fase di pubblicazione quando cominciai il mio lavoro: mi limitai quindi a schedare i ca-
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PREfAZIONE
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pitoli allora resi noti negli articoli di V. Branca e M. Pastore Stacchi (vd. bibliografia) e in llila parziale edizione provvisoria dello stesso Branca 1 destinata a un corso universitario. In seguito, per la cortesia del prof. Branca, che qui ringrazio, ho potuto vedere le bozze dell'edizione definitiva licenziate per la stampa e controllare con queste le citazioni del mio libro anch'esso già in bozze. Parziale soltanto è stata anche la lettura dell'epistolario del Filelfo nell'edizione veneta del 1502, di cui ho schedato le prime cento carte. Ho inoltre schedato interamente il materiale umanistico raccolto in Sabbadini, Storia e critica di testi latini e mi sono valsa di quanto occasionalmente mi è venuto sott'occhio nelle mie letture di argomento umanistico. Gli inventari, che rimangono al di fuori della vera e propria produzione umanistica, escono dall'ambito della mia ricerca e meriterebbero uno studio a parte. Tuttavia ne ho schedati ugualmente due, scelti fra i più ampi nella descrizione e quindi ricchi di termini codicologici: l'inventario della biblioteca Viscontea di Pavia del 14.26 e l'inventario dei libri di Leonardo Mansueti di Perugia del 1474-78: mi sono inoltre servita dell'indice apposto da Enea Piccolomini all'estratto del suo studio Intorno alle condizioni e alle vicende delle libreria medicea privata, ove sono segnalati i termini più interessanti degli inventari da lui pubblicati. Non ho però inteso studiare la terminologia di questi inventari in sé e per sé, ma me ne sono valsa come termine di confronto in fllilzione della mia ricerca sul lessico degli umanisti. Troppo tardi perché potessi giovarmene è uscito B. L. Ullman-ph. A. Stadter, The Public Library oJ Renaissance Florence. Niccolò Niccoli, Cosimo de' Medici and the Library oJ San Marco, Padova 1972 (Medioevo e umanesimo IO). Se avessi potuto esaminarlo in tempo il mio materiale ne sarebbe stato arricchito: ad es. le notizie date a p. 114s. sul formato effettivo corrispondente alle espressioni magnus, mediocris, parvus ecc. usate nell'inv. di S. Marco della fine del sec. XV vengono a integrare utilmente i dati analoghi da me raccolti a p. 47S. A conferma che di ricerche simili si avverte il bisogno è uscita, mentre il mio libro era già in corso di stampa, la prima parte di un lavoro molto simile riguardante l'epoca bizantina dal IX al xv sec: B. Atsalos, La terminologie du livre-manuscrit à 1'époque byzantine, lère
I.
A. Poliziano, Testi latini e volgari, Padova, Cleup, 1968.
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partie: Termes désignant le livre-manuscrit et l'écriture, Tessalonica 1971 ('EÀÀ"YjVLXcX, 1tCXpcXP"L7J!LCX 21).
In un lavoro del genere la scelta dei termini da prendere in esame è naturalmente un fatto soggettivo ed è spesso difficile stabilire un
limite esatto fra termini tecnici e vocaboli generici. La mia raccolta di materiale presenterà quindi anche sotto quest'aspetto inevitabili lacune e mancanze. I lessici dovrebbero essere preceduti da buone edizioni. Nel campo umanistico, dove ancora moltissimo è da fare, è tuttora -impossibile lavorare senza ricorrere anche a vecchie edizioni o addirittura a manoscritti. Così i testi su cui questo lessico si fonda non sono sempre testi critici e spesso la lezione non è sicura: alla difficoltà di interpretare il latino umanistico si aggiunge non di rado l'incertezza della tradizione. Quando mi è accaduto di dover intervenire congetturalmente ho sempre, com'era naturale, segnalato il mio intervento. Ho conservato l'ortografia delle edizioni da me seguite, riservandomi solo la libertà di modificare la punteggiatura e di ammodernare l'uso delle maiuscole. Ciò ha determinato ovviamente discordanze vistose nelle grafie, talvolta anche all'interno delle citazioni da opere di un singolo autore: così ad es. per il Petrarca, mentre le citazioni dalle Familiari rispecchiano gli usi grafici dell'autore, quelle dalle Senili presentano grafie cinquecentesche; per il Poliziano si ha la stessa discordanza fra le soscrizioni e note di collazione, per cui si adotta la grafia degli autografi, e le citazioni dai Miscellanea e dall'epistolario, per i quali ho usato una delle più diffuse e maneggevoli cinquecentine. Tanto più facile sarà quindi trovare l'una accanto all'altra anche in citazioni dello stesso autore grafie come autor ed auctor, litera e littera, sincerus e syncerus ecc. Alcuni passi più ricchi di termini tecnici, che andavano citati in diverse occorrenze, sono talvolta ripetuti per comodità del lettore. In generale ho preferito largheggiare nei rimandi ai testi anche quando si trattava delle accezioni più comuni dei vocaboli studiati e ho abbondato anche nel riportare passi in vario modo significativi, considerando che gran parte delle opere qui esaminate non è sempre facilmente accessibile. Ho per lo più presupposto, senza soffermarmi su dati bibliografici, le identificazioni comunemente accettate dei codici usati dagli umanisti: in molti casi basterà consultare il 'Riassunto filologico ' del II volume delle Scoperte del Sabbadini.
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Nel separarmi, non senza un poco di rimpianto, da Wl lavoro durato tanti anni, il pensiero corre riconoscente a tutti coloro che mi hanno in vario modo assistita, anche se è impossibile ricordar qui tutti per nome. Primo fra tutti Scevola Mariotti, che mi propose questa ricerca come tesi di laurea in un lontano colloquio del 19 novembre 1966 e guidò e incoraggiò i miei primi passi: da allora non mi è mai venuto meno il suo appoggio e la sua collaborazione. Di quella tesi fu correlatore nel 1969 Augusto Campana, da cui ho avuto - anche durante la profonda rielaborazione successiva aiuti e consigli e soprattutto il prezioso contributo di quel patrimonio di conoscenze rare e inedite che egli mette a disposizione degli altri con candida generosità. Molto debbo anche a Guido Martellotti, che ha seguito con interesse il lavoro, mettendo a mia disposizione tutti i suoi libri, nonostante l'affetto geloso e possessivo che, come ogni bibliofilo, nutre per essi. Infme ho avuto l'apporto cordiale e prezioso dell'esperienza e della dottrina di Alessandro Perosa. Non è possibile naturalmente lavorare in questo campo senza giovarsi degli scritti di Giuseppe Billanovich, al quale sono anche ricorsa personalmente ricevendo immediatamente dalla sua cortesia i lumi richiesti, nonché incoraggiamenti e consensi. Di questo mio lavoro parlai a lungo e proficuamente con un indimenticabile maestro, Eduard Fraenkel. Un grazie particolare alle Edizioni di Storia e Letteratura e a Michele RotWldo che ha messo a disposizione del mio libro la sua preziosa esperienza tipografica. Colui che più avrebbe potuto aiutarmi colla sua esperienza di curatore di parecchie edizioni di Storia e Letteratura e la sua preparazione di filologo, mio padre Alfredo, non ha potuto vedere del mio lavoro che gli inizi. Molte volte, dopo la sua scomparsa immatura, ho provato l'impulso di rivolgermi a lui per aiuto e consiglio e si è rinnovato il rimpianto che non avrebbe visto compiuto il mio libro proprio lui che più d'ogni altro ne avrebbe gioito. Alla sua memoria dedico questa fatica, che attesta, fra lui e me, una continuità di interessi e di lavoro. Roma, 12 dicembre 1972 SILVIA
Rizzo
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Sono citati in forma abbreviata e compaiono in questo elenco libri e articoli cui si è rinviato più di una volta e i repertori. Per le riviste più note ho usato le abbreviazioni correnti. Gli scrittori latini antichi sono citati generalmente col sistema del ThesautUs linguae Latinae. Per gli incunaboli cito le carte con la lettera che contrassegna il fascicolo e il numero arabo (anche quando nell'originale è romano), e do il numero di Hain e supplementi con queste sigle: H - L. Hain, Repertorium bibliographicum, Stuttgartiae-Lutetiae Paris. 1826-31, 2 volI. C = W. A. Copinger, Supplement to Hain's Repertorium Bibliographicum, London 1895-1902, 2 volI. R = D. Reichling, Appendices ad Hainii-Copingeri Repertorium bibliographicum, Monachii 1905-14, 6 fasc. I di indici e un supplemento. Altre opere (dove sia opportuno, per i testi umanistici è indicato, con un esempio, il metodo di citazione): Arns = E. Arns, La technique du livre d'après Saint Jér8me, Paris
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1953·
Aurispa ep. 132 p. 155 = Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma 193 I (Fonti per la storia d'Italia. Epistolari. Sec. XV), epist. nr. 132 p. 155. Avanzi emendo = Hieronymi Avancii Veronensis ... In Val. Catullum et in Priapeias emendationes .... , Venetiis 1495 (H 2185). Bandini, Cat. = A. M. Bandini, Catalogus codicum Latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, Florentiae 1774-77, 4 volI. (voI. V Catalogus codicum Italicorum. Ace. Indices ... , Florentiae 1778). Bandini, Ragion. = A. M. Bandini, Ragionamento istorico sopra le collazioni delle fiorentine Pandette fatte da Angelo Poliziano, Livorno 1762.
Barbai"o cast. Plin. = Hermolai Barbari Castigationes Plinianae, Romae 1492 (H * 2421). Barbaro ep. II p. 95 = E. Barbaro, Epistolae, orationes et carmina,
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a cura di V. Branca, Firenze 1943 (Nuova collez. di testi umanistici inediti e rari 5-6), 2 volI., voI. II p. 95. Bembo ep. 6, 128 p. 398 = Petri Bembi Card. Epistolarum familiarium libri VI, Venetiis 1552, lib. 6 epist. 128 p. 398. Beroaldo anno = Philippi Beroaldi Annotationes centum, Brixiae 1496 (H 2946).
Bertalot = L. Bertalot, Cincius Romanus und seine Briejè, « Quellen und Forsch. aus itaI. Arch. und BibI.» 21, 1929-30, 209-255. Billanovich, I primi umanisti = Gius. Billanovich, I primi umanisti e le tradizioni dei classici latini, Friburgo (Svizzera) 1953 (Discorsi universitari n. S. 14). . Billanovich, Petrarch and... Livy = Gius. Billanovich, Petrarch and the Textual Tradition of Livy, « Journ. of the Warburg and Courtauld Inst.» 14, 1951, 137-208. Billanovich, Petrarca e Cicerone = Gius. Billanovich, Petrarca e Cicerone, in Miscellanea G. Mercati, Città del Vaticano 1946, IV (Studi e testi 124), 88-106. Biondo Flavio Ita!. ill. p. 422 = Blondi Flavii Italia illustrata in De Roma triumphante libri decem ... , Romae instauratae libri III, Italia illustrata, Historiarum ab inclinato Rom. imperio Decades III, Basileae 153 I, p. 422. Birt = Th. Birt, Das antike Buchwesen in seinem Verhà'ltniss zur Literatur, Berlin 1882 (rist. Aalen 1959). Boccaccio de montibus = Ioannis Boccacii De montibus, sylvis, fontibus, lacubus, fluminibus, stagnis seu paludibus, de nominibus maris liber, Venetiis 1473 (H *3326). Botfield = B. Botfield, Prefaces to the First Editions of the Greek and Roman Classics and of the Sacred Scriptures, London 1861 (Praejàtiones et epistolae editionibus principibus auctorum veterum praepositae, Cantabrigiae 1861). Branca-Pastore Stocchi = V. Branca-M. Pastore Stocchi, La Biblioteca Vaticana nella Seconda Centuria dei Miscellanea di Angelo Poliziano, in Mélanges E. Tisserant VI, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi 236), 141-159. . Briquet = C. M. Briquet, Les filigranes, Paris-Genève 1907, 4 volI. (rist. Amsterdam 1968). Bruni ep. IO, 26 p. 234 = Leonardi Bruni Arretini Epistolarum libri VIII, ree. L. Mehus, Florentiae 1741, 2 volI., lib. IO epist. 26 p. 234.
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Campana, Contributi = A. Campana, Contributi alla biblioteca del Poliziano, in Il Poliziano e il suo tempo, Atti del IV Convegno Internaz. di Studi sul Rinascimento (Firenze, Palazzo Strozzi, 23-26 settembre 1954), Firenze 1957, 173-229. Casamassima = E. Casamassima, Per una storia delle dottrine paleografiche dall'Umanesimo a Jean Mabillon, I, « Studi medievali» s. III 5, 1964, 52 5-57 8. Casamassima, Trattati = E. Casamassima, Trattati di scrittura del Cinquecento italiano, Milano 1966 (Documenti sulle arti del libro 5). CIL. = Corpus Inscriptionum Latinarum, Berolini 1863-. Dain = A. Dain, Les manuscrits, Paris 19642 • Decembrio polito 103 C. 221V = A. Decembrio, De politia litteraria, cod. Vat. lat. 1794, pars CIII c. 221V (cito da questo codice di dedica a Pio II anziché dalle due scorrette edizioni Augustae Vindelicorum 1540 e Basileae 1562). Dini Traversari = A. Dini Traversari, Ambrogio Traversari e i suoi tempi, Firenze 1912. Diz. lat.-ted. = Dizionario latino-tedesco, [Augshurg 1471-4] (C 6326): citato secondo F. L. Hoifmann, Beschreibung eines der iiltesten u11d sehr seltenen lateinisch-deutschen etymologischen Sachworterbuches, nebst Angabe des Inhalts und einer Probe, « Serapeum» 23, 1862, 273-281. Du Cange = Glossarium mediae et infiniae Latinitatis conditum a Carolo Du Fresne domino Du Cange ... , ed. nova aucta... a L. Favre, Niort 1883-7 (rist. Graz 1954), IO volI. Ehlers = W. Ehlers, Untersuchungen zur handschrifilichen Oberlieftrung der Argonautica des C. Valerius Flaccus, Mlinchen 1970 (Zetemata 52). Facio invect. IV p. 550 = B. Facio, Invectivae in L. Vallam, in R. Valentini, « Rendic. dei Lincei», cl. di se. mor., V 15, 1906, 499-550, invect. IV p. 550. Fava = D. Fava, Manuale degli incunabuli, Milano 1939. Filelfo ep. C. 266r = Francisci Philelphi. .. Epistolarum familiarium libri XXXVII, Venetiis 1502, c. 266r. Forcellini = E. Forcellini, Lexicon totius Latinitatis, curo F. Corradini et G. Perin, Patavii 1940, 6 volI. Fumagalli = G. Fumagalli, L'arte della legatura alla corte degli Estensi, a Ferrara e a Modena, dal sec. XV al XIX, Firenze 1913.
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Garin = E. Garin, La cultura filosofica del Rinascimento italiano, Firenze 1961. Georges = Ausfuhrliches lateinisch-deutsches Handworterbuch ausgearb. von K. E. Georges, 8. verbo und verm. Aufl. von H. Georges, Hannover U. Leipzig 1913. Grapaldo 2, 12 C. q5v = Francisci Marii Grapaldi De partibus aedium libri duo, Parmae [1494] (H 7868), lib. 2 cap. 12 C. q5v. Guarino ep. 934, 33 = Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, Venezia 1915-19 (Miscellanea di Storia Veneta III 8, II, 14) (rist. Torino 1967), epist. 934 lino 33. Haebler = K. Haebler, Handbuch der Inkunabelkunde, Leipzig 1925. Handb. der Bibl.-Wiss. = F. Milkau-G. Leyh, H~mdbuch der Bibliothekswissenschafi, Wiesbaden 1952-57, 3 volI. (Registerband bearb. von R. Bellmann, Wiesbaden 1965). Heumann-Seckel, Handlexikon = Heumanns Handlexikon zu den Quellen des romischen Rechts, in 9. Aufl. neu bearb. von E. Seckel, Iena 19262 • Hofmann-Szantyr = Lateinische Syntax und Stilistik von J. B. Hofmann neubearb. von A. Szantyr, Miinchen 1965 (Handb. der Alt.-Wiss. II 2, 2). Inv. Mansueti 454 = Inventario della biblioteca di Leonardo Mansueti del 1474-78, segnato con D in Kaeppeli (vd.), nr. 454. Inv. Visconti 988 = Inventario della biblioteca dei Visconti a Pavia del 1426, segnato con A in Pellegrin (vd.), nr. 988. Jahn = O. Jahn, Uber die Subscriptionen in den Handschrifien romischer Classiker, « Berichte iiber die VcrhandI. der k. sachs. Ges. der Wiss. zu Leipzig », phiI.-hist. Cl. 3, 1851, 327-372: Jahn nr. 23 = soscr. nr. 23. Josephson = A. Josephson, Die Columella-Handschrifien, Uppsala 1955 (Acta Universitatis Upsaliensis 8). Kaeppe1i = T. Kaeppe1i, Inventari di libri di S. Domenico di Perugia (1430-80), Roma 1962 (Sussidi eruditi 15). Kirchhoff = A. Kirchhoff, Die Handschrifienhiindler des Mittelalters, Leipzig 18532 • Klotz = P. Papini Stati Silvae ed. A. Klotz, Lipsiae I9II2. Krebs-Schmalz, Antibarbarus = Antibarbarus der lateinischen Sprache. .. von J. Ph. Krebs, 7.... umgearb. Aufl. von J. H. Schmalz, Base! 1905-7, 2 volI. (rist. Darmstadt 1962).
-, ABBREVIAZIONI 1I1l!UOCRAACUE
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KIisteller = P. O. K.risteller, SuppletUtltum Ficinianum, Florentiae J937. 2 volJ. Landino vera "ob. p. 113. 26 = Cristoforo Landino. De vera llobilitate. CI cura di M. T. Liaci. Firenze 1970 (Nuova collez. di testi umanisrici inediti o rari J5). p. II] lin. 26. Lehmann, Blaurr = P. Lehmann. Blnttu, Seile", Spa!tro, Zei/erl, in Erfo'5,hu.g (vd.) mI-59 (= • Zentralbl. fu,. Bibliotheksw.• 53. 1936. 333-361. 411-442). Lehmann. Erforschung = P. I.. chutann, Erfimc1llmg des Mitte/afters, Stuttgart 1941-62, .5 volI. (rise del voI. I. Stuttgar[ (959). Lehm.ann, F. Modius = P. Lehmann, Francisws Modi,,! als Hand-
sc.hriftenforscher• • Quellen und Unters. zw lat. philol. des Mittdalters- J. 1908, Heft I. Lcnz = F. W. tem, Pa,erga Ol/jJiQlla, • Rendic. dei Lincei .., cl. di se. mor., VI n, 1937, 320-4IO. Liddell-ScoH = Liddcll-Scott-jones-McKenzie, A Greek-English ÙXiCOll, Oxford 19409 • Lindsay = W. M. Lindsay. Collectan~a varia, t Palarographia Latina _ 2., 1923, 5-55 e 3, 1924. 63--66· Lowe. Beneventa" Scrjpt = E. A. Lowe. The Beneventan Script. A History of tlle SOluh Italia" Minuscule, Oxford 19[4. Luiso = F. P. Luiso, Riordinametfto dell'epistolario di A. Traversari, con lettere inedite e note storico-cronologiche, Firenze 1898-1903 (estratto da • Riv. delle bibl. e degli arch. .-s. 1897. H-51; 9. 1898. 91-109; lO. 1899, 105-112). Maier = I. Maier, us manuscrits o' Ange Polirien, Genève 1965 (Travaux d'Hurnanisme et Renaissance 70 ) l. Maler, Politietl = I. Maier, Ange Polirien. La formaciotl d'u'J poète humaniste. Genèvc 15)66 (Travaux d'Humanisme et Renaissance 81). Marasroni = P. Papini Stati Si/vae, rcc. A. Marasroni, Lipsiae 1970'. Mehus, Vita = L. Mehus, Vita Ambrosi; Traversari, Florentiae 1759 (vd. Traversari ep.). Mercati = G. Mercati, M. TuIli Ciceronis De re publicQ libri ... Prolegomt:na: De fatis bibliothecae monaster;; S. Columbani Bobiensis ecC., ex Bibliotheca Apostolica Vaticana 1934. I. Ho controllato ~uando era possibile su altre fonti o diretumente sugli odginali le lfascrizioni di soscrizioni o note, correggendo alcuni errori.
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Mittellat. Worterb. = Mittellateinisches Wòrterbuch bis zwn ausgehenden I]. Jahrhttndcrt, hrsg. von der bayer. Akad. der Wiss. und der deutschen Akad. der Wiss. zu Berlin, Miinchen 1967-. Nogara = B. Nogara, Scritti inediti e rari di Biondo Flavio, Roma 1927 (Studi e testi 48). Nolhac = P. de Nolhac, Pétrarque et l'humanisme, Paris 19072 (Biblioth. littéraire de la Renaissance, n. s. l), 2 volI. (rist. Torino 1959). Nolhac, Bibliùthèque = P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887 (Biblioth. de l'Éc. des hautes ét., sco phii. et hist. 74). Paoli = C. Paoli, Programma scolastico di paleografia latina e di diplomatica. II Materie scrittorie e librarie, Firenze 1913 3 • Pasquali = G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522 (rist. 1962). Pastore Stocchi = M. Pastore Stocchi, Sulle curae Statianae del Poliziano, «Atti dell'1st. Vene di sc., letto ed arti », cl. di sco mor., 125, 1966-67, 39-74. Pellegrin = E. Pellegrin, La bibliothèque des Visconti et des Sforza ducs de Milan, au XVe siècle, Paris 1955 (Publications de l'Inst. de rech. et d'hist. des textes 5). Peri = V. Peri, Nicola Maniacutia: un testimone della filologia romana del XII secolo, «Aevum» 41, 1967, 67-90. Perosa nr. 282 = A. Perosa, Mostra del Poliziano nella Biblioteca Medicea Laurenziana (Firenze 23 settembre-30 novembre 1954). Catalogo, Firenze 1955, nr. 282. Petrarca fame 24, 13, 61 = F. Petrarca, Le Familiar:, a cura di V. Rossi, Firenze 1933-42 (Ed. naz. delle opere di F. P. 10-13), 4 volI. (IV a cura di U. Bosco), lib. 24 epist. 13 lino 61. Petrarca invect. contra med. 4, 592 = F. Petrarca, Invective contra medicum. Testo latino e volgarizzamento di ser Domenico Silvestri, a cura di P. G. Ricci, Roma 1950, lib. 4 lino 592. Petrarca remo 2, 132 p. 254 = Francisci Petrarchae De remediis utriusque fortunae, in Opera quae extant ol1lnia, Basileae 1554, lib. 2 diai. 132 p. 254. Petrarca seno 16, l p. 1070 = Francisci Petrarchae Epistolae rerum senilium, in Opera cit., lib. 16 epist. 1 p. 1070. Petrarca varo 65 = Francisci Petrarchae Epistolae variae, in Epistolae de rebus familiaribus et variae, a cura di G. Fracassetti, III, Firenze 1863, epist. 65.
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Petrarca, viro ilI., Scipio 12, 375 = F. Petrarca, De viris illustribus, a cura di G. Martellotti, I, Firenze 1964 (Ed. naz. delle opere di F. P. 2), De P. Cornelio Scipione Africano Maiore, cap. 12 lino 375. Petrarca vita sol. 2, 15 p. 590 = F. Petrarca, De vita solitaria, ed. G. Martellotti in F. Petrarca, Prose, Milano-Napoli 1955 (La letteratura italiana, storia e testi 7), lib. II cap. 15 p. 590. Piccolomini, app. IV 103 = E. Piccolomini, Intorno alle condizioni ed alle vicende della libreria medicea privata, Firenze 1875 (estratto dall'« Arch. storo it.» S. III 19, 1874, 101-129, 254-281; 20, 1874, 51-94; 21, 1875, 102-II2, 282-296; provvisto di indici): IV (p. l09ss.) Appendice, IV nr. 103. Piccolomini, doc. XXVIII 37 = E. Piccolomini, ibid.: II (p. 33ss.) Documenti intorno alle vicende della libreria medicea privata dal 1494 al 1508, docum. XXVIII nr. 37. Piccolomini, inv. 1039 = E. Piccolomini, ibid.: III (p. 63ss.) Inventario della libreria medicea privata compilato nel 1495, nr. 1039. Piccolomini (Pio II), BrieJw. IV p. 612 = Der BrieJwechsel des Eneas Silvius Piccolomini, hrsg. von R. Wolkan, Wien 1909-18, 4 voll. (Fontes rerum Austriacarum, Diplom. et acta 61, 62, 67, 68), voI. IV p. 612. Pintor = F. Pintor, Per la storia della libreria medicea nel Rinascimento, « It. med. e um.» 3, 1960, 189-210 (= rist. « con minimi ritocchi» di La libreria di Cosimo de' Medici nel 1418, Firenze 1902 e Per la storia della libreria medicea nel Rinascimento, Roma 1904): Pintor nr. 66 = inventario del 1418, nr. 66. PL. = J. P. Migne, Patrologiae cursus completus. Series Latina, Parisiis 1844-. Poggio ep. 14, 33 p. 294 = Poggi Epistolae, a cura di T. Tonelli, Florentiae 1832-61, 3 volI. (rist. Torino 1964), lib. 14 epist. 33 p. 294. Poggio ep. p. 460 Wilm. = A. Wilmanns, Aus humanistischen Handschrifien. 1. Ober die Briefsammlungen des Poggio Bracciolini, « Zentralbl. fiir Bibliotheksw. » 30, 1913, 289-331 e 443-463, lettera a p. 460.
Polidoro Vergilio 8, 7 p. 699 = Polydori Vergilii Urbinatis
De rerum inventoribus lib. VIII, LugdWli 1561, lib. 8 cap. 7 p. 699. Poliziano ep. 12, 50 p. 479 = Angeli Politiani Epistolarum libri XII, in Opera, LugdWli 1533, I, lib. 12 epist. 50 p. 479. Poliziano mise. I 100 p. 695 = A. Politiani Miscellaneorum centuria I, in Opera cit., I, cap. 100 p. 695.
XXII
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Poliziano misc. II 59, 9 = A. Poliziano, Miscellaneorum centuria secunda, a cura di V. Branca e M. Pastore Stocchi, Firenze 1972, cap. 59 § 9 (Cf. sopra, p. xs.). Poliziano, Prose = Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di A. Ambrogini Poliziano, raccolte e illustrate da I. Del Lungo, Firenze 1867. Pontano, Actius 239 = I. I. Pontani Actius, in Previtera (vd.) p. 239. Prete = S. Prete, Il codice di Terenzio Vaticano latino 3226. Saggio critico e riproduzione del manoscritto, Città del Vaticano 1970 (Studi e testi 262). Previtera = G. Pontano, I dialoghi, a cura di C. Previtera, Firenze 1943. Questa = C. Questa, Per la storia del testo di Plauto nell'umanesimo. I. La «recensio» di Poggio Bracciolini, Roma 1968 (Quaderni Athena 6). RE. = Pauly-Wissowa, Realencyclopiidie der classischen Altertums~ wissenschafi, Stuttgart 1894-. Riccardo da Bury, Philobiblon 20, 66 = Riccardo da Bury, Philobiblon, a cura di A. Altamura, Napoli 1954, cap. 20 lino 66. Robinson = The Germania oJ Tacitus. A CriticaI Edition by R. P. Robinson, Middletown, Connecticut 1935 (Philological Monographs 5). Romanò = A. Romanò, Il codice degli abbozzi (Vat. lal. 3196) di Francesco Pet,arca, Roma 1955 (Pubbl. della Scuola di Fil. Mod. dell'Univo di Roma I). Sabbadini, Class. e um. = R. Sabbadini, Classici e umanisti da codici Ambrosiani, Firenze 1933 (Fontes Ambrosiani 2). Sabbadini, Metodo = R. Sabbadini, Il metodo degli umanisti, Firenze 1922 (Bibliotechina del Saggiatore 3). Sabbadini, Scop. I, II = R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIV e XV, I, Firenze 1905; II, Firenze 1914 (Biblioteca storica del Rinascimento 2 e 5) (rist. con nuove aggiunte e correzioni dell'autore, a cura di E. Garin, Firenze 1967). Sabbadini, Scuola = R. Sabbadini, La scuola e gli studi di Guarino Guarini Veronese, Catania 1896 (rist. in R. Sabbadini, Guariniana, a cura di M. Sancipriano, Torino 1964). Sabbadini, Storia = R. Sabbadini, Storia e critica di testi latini, Padova 19712 (Medioevo e Umanesimo II). Salutati de Jato 2, 6: vd. Appendice III, p. 34 1SS •
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
xxm
Salutati ep. IV p. 271 = C. Salutati, Epistolario, a cura di F. Novati, Roma 1891-19II, 4 voll., voI. IV p. 271. Santangelo = Le epistole « De imitatione» di Giovanfrancesco Pico della Mirandola e di Pietro Bembo, a cura di G. Santangelo, Firenze 1954 (Nuova collez. di testi umanistici inediti o rari II). Santifaller = L. Santifaller, Beitriige zur Geschichte der Beschreibstoffe im Mittelalter. Erster TeiI: Untersuchungen, Graz-Koln 1953 (Mitt. des Inst. fiir osterr. Geschichtsforschung, ErganzWlgsband 16, Heft I). Stauble = A. Stauble, La commedia umanistlè"a del Quattrocento, Firenze 1968. Stroux = J. Stroux, Handschriftliche Studien zu Cicero De oratore, Leipzig und Berlin 1921. Studies Ullman = Classical Mediaeval and Renaissance Studies in Honor ofR. L. Ullman, ed. by ch. Henderson,]r., Roma 1964,2 volI. Thes. 1. L. = Thesaurus linguae Latinae, Lipsiae 1900-. Timpanaro = S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Firenze 1963 (Bibliotechina del Saggiatore 18). Traglia = A. Traglia, Sulla tradizione delle « Selve!' di Stazio, « St. class. e or. }) 7, 1958, 60-76. Traube, Vorles. und Abh. = L. Traube, Vorlesungen und Abhandlungen, hrsg. von F. BolI, Miinchen 1909-20 (rist. 1965), 3 volI. (I Zur Paliiographie und Handschriftenkunde, hrsg. von P. Lehmann; II Einleitung in die lateinische PhiIologie des Mittelalters, hrsg. von P. Lehmann; III Kleine Schriften, hrsg. von S. Brandt). Traversari ep. 957 col. II34 = Ambrosii Traversarii ... Latinae epistolae a domno Petro Canneto. .. in libros XXV tributae. .. Adcedit eiusdem Ambrosii vita in qua hlstoria litteraria FIorentina ab anno MCXCII usque ad annum MCCCCXL ex monumentis potissimum nondum editis deducta est a Laurentio Mehus, Florentiae 1759 (rist. Bologna 1968), 2 volI. (I Vita; II Epistolae et orationes), epist. 957 (= XXV 45) col. 1134. Traversari ep. Luiso 8, 33 = lettera edita in Luiso (vd.), lib. 8 epist. 33. Traversari hod. p. 139 = Hodoeporicon B. Ambrosii Traversarii. Nova editio corro a L. Mehus ... comparataque cum cod. Camaldulensi ... ab A. Dinio Traversario, in calce a Dini Traversari (vd.),
p. 139.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Ullman, Humallism = B. L. Ullman, The Humanism oJ Coluccio Salutati, Padova 1963 (Medioevo e umanesimo 4). Ullman, Origill = B. L. Ullman, The Origin alld Development oJ Humanistic Script, Roma 1960 (Storia e letteratura 79). Ullman, Studies = B. L. Ullman, Studies in the Italian Renaissance, Roma 1955 (Storia e letteratura 51). Valla Consto don. 99 p. 82 = Laurentii Vallae De Jalso eredita et ementita Constantini donatione declamatio, ree. W. Schwahn, Lipsiae 1928,
§ 99 p. 82.
Valla eleg. 6, 64 p. 235 = Laurentii Vallae Elegantiarum libri sex, in Opera, Basileae 1540 (rist. Torino 1962), lib. 6 cap. 64 p. 235. Valla el1le11d. p. 620 = Laurentii Vallae Emendatiolles sex librorul1l Titi Livii de secundo bello Punico (in Recriminationes in B. Facium, IV), in Opera cit., p. 620. Valla in Fac. p. 6]2 = Laurentii VaIIae In Barptolemaeum Facium Ligurem invectivarum seu recriminationum libri quattuor, in Opera cit.,
p. 6]2. Valla in Pog. p. 366 = Laurentii VaIIae Antidoti in Pogium libri quattuor, in Opera cit., p. 366. Vespasiano ep. 42, 1]2 = G. M. Cagni, Vespasiano da Bisticci e il suo epistolario, Roma 1969 (Temi e testi 15), epist. 42 lino 1]2. Vespasiano, Vite, Poggio 9 = Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, a cura di P. D'Ancona ed. E. Aeschlimann, Milano 1951, Poggio Fiorentino, cap. 9. Voigt = G. Voigt, Die Wiederbelebung des classischen Alterthums oder das erste Jahrhundert des Humanismus, 3. AuR. besorgt von M. Lehnerdt, Berlin 1893, 2 volI. Voigt, Briefsammlungen = G. Voigt, Die Briefsammlungen Petrarca's und der venetiallische Staatskanzler Benintendi, « Miinch. Abh. » hist. Cl. 16, 3, 1883, 1-101. Walser = E. Walser, Poggius Florentinus. Leben und Werke, Leipzig-Berlin 1914. Wattenbach = W. Wattenbach, Das Schriftwesen im Mittelalter, Leipzig 18963 (rist. Graz 1958). Wehmer = C. Wehmer, Die Namen der 'gothischen' Buchschriften, « ZentralbI. fiir Bibliotheksw.» 49, 19]2, 11-34, 169-176, 222-234·
Wilkins = E. H. Wilkins, Vita del Petrarca e La fOrmazione del Canzoniere, trad. di R. Ceserani, Milano 1964.
PARTE PRIMA
CODI CE E LIBRO A STAM PA
LIBRO
Sulla terminologia relativa al libro abbiamo, per l'età umanistica, un'importante discussione teorica in un capitolo delle Elegantiae del Valla 1. Questi, prendendo le mosse da Ulpiano, dig. 32, 52, I, critica il giurista antico per aver usato, nello stesso contesto, liber nel duplice significato di opera e partizione dell'opera senza avvertirne il lettore e giudica inaudito l'uso di liber e volumen al singolare per indicare un'opera in più libri: in questo caso è le-
1. 6, 43 p. 222 In eosdem (se. iurisconsultos) de liber et volumen. « Si mi - Ulpianus inquit - centum libri sunt legati, centum volumina ei dabimus, non centum quae quis ingenio suo metitus sit, quae ad libri scripturam sulficerent, utputa quum haberet Homerum totum in uno volumine non quadragintaocto libros computabimus, sed hoc unum Homeri volumen pro libro accipiendum est» (dig. 32, 52, I). Ulpianus Homeri opus nunc unum librum nunc quadragintaocto libros nominat nec tamen ait librum duo significare, ipsum opus et certam operis partem. Praeterea opus sive opera Homeri librum appellat et volumen, quorum utrunque inauditum est. Vergilii Aeneis non liber est, sed duodecim libri. Georgica non sunt item liber, sed libri quatuor. Bucolica unus liber est idemque unum volumen. Georgica quatuor volumina, Aeneis duodecimo Ovidius (trist. 3, 14, 19): « sunt mihi mutatae ter quinque volumina formae l). Sed quid exemplis agimus quum nusquam plura afferri possint ? At Ulpianus putat etiam si omnia opera Didymi, quo nemo plura scripsit, in unum codicem conglutinarentur, unum tantum debere volumen appellarl, quod nemo nec posset evolvere nec ferre vellet. Est enim volumen a volo quod in libris voluntas apparet vel, quod magis sequerer, a volvo quod volvitur, quales libros hodie Hebraei quosdam habent qualesque in Veteri et Novo Testamento lectitamus fuisse. Et Romani, qui in libris arborum, id est corticibus scribebant, quod libellos illos, quo fment commodius, complicabant, volumina forte appellaverunt. Itaque volumina libellis similiora fuere quam libris. Quod ex eo quoque loco apparet ubi Plinius de libris avunmli loquens ait (ep. 3, 5, 5): « libri tres in sex volumina propter amplitudinelll divisi », quasi dicat in sex lIlinores libros, ut sint volumina aliquanto minora qualll libri. Quod etymologia quoque nonn.ihil probat ut ostendi. Unde adhuc durat verbum evolvere libros pro eo quod est aperire Mros lectitandi gratia quasi rem complicitam explicare, quemadmodum revelare est rem velatam detegere. Nisi dicamus evolvi libros propter numerulll paginarum. Accipitur aut~m nunc evolvere /ibros sive autores pro eo quod est lectitare. Nec inficias eo libros ac~'pi pro codicibus et in singulari librum pro quolibet magno codice, etiamsi is contineat Il,ada et Odysseam: ut « tenet rex manu librum » et is sit Homerus: non tamen recte dicas « tenet librum Homeri l).
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
gittima solo il plurale. Eppure Ulpiano crede che, anche se si riuscisse a riunire in un sol codice tutte le opere di un autore prolifico come Didimo Calcentero, questo codice, che nessuno sarebbe in grado di sfogliare né di portare, potrebbe chiamarsi volumen al singolare. La frase quod nemo nec posset evolvere nec .ferre vellet serve d'introduzione alle due etimologie di volumen, una da volo, l'altra, che il VaIla dichiara di preferire, da volvo 1. Di libri avvolti in forma di rotolo, continua il Valla, ci sono infatti esempi: ne hanno tuttora gli Ebrei e dai testi biblici ricaviamo che li usavano anche anticamente 2. I Romani, che scrivevano in libris arborum 3, per portare più comodamente questi libelli li piegavano (complicabant 4) e forse per questo Ii chiamarono volumina. I volumina quindi, dato che si potevano ripiegare, erano più simili a libelli che a libri: probabilmente il Valla pensa con libellus a qualcosa di molto esiguo (con questo termine sono indicati, dall'antichità fino all'umanesimo, anche lettere o documenti, cf. p. 9). A conferma del fatto che il volumen era più piccolo del liber il Valla reca un passo di Plinio di cui deve essergli sfuggito il vero significato. Questa antica forma di libro spiega perché si dica tuttora evolvere libros per « aprire i libri per leggerli »: evolvere indica il dispiegamento di una cosa piegata come revelare lo scoprimento di una cosa velata. A meno che non si dica evolvere per il numero delle pagine (propter numerum pagina1. Isid. orig. 6, 13, 2 volumen liber est a volvendo dictus, sicut apud Hebraeos volumina Legis, volumina Prophetarum. Isidoro ha probabilmente suggerito al Valla anche l'accenno ai rotoli ebraici. 2. Sul libro in forma di rotolo presso gli Ebrei nell'antichità vd. Dziatzko, RE. III 946, 15ss.; Koep, Reallex. fiir Ant. und Christ. II 668 e 681 (suII'attardarsi di questa forma di libro presso gli Ebrei). 3. Plin. nato 13, 69 antea non fuisse chartarum usum. In palmarum foliis primo scriptitatum, dein quarundam arborum libris; Hier. ep. 8, I ante chartae et membranarum usum, aut in dedolatis e ligno codicellis aut in corticibus arborul1l mutua epistolarum adloquia missitabant. Unde ... scriptores a libris arborum librarios vocavere; Servo Aen. II, 554 liber dicitur interior corticis pars . .. Unde et liber dicitur, in quo scribimus, quia ante usurn chartae vel membranae de libris arborum volumina <.fìebant, id est> compaginabantur; Isid. orig. 6, 13. 3 liber est interior tunica corticis . .. unde et liber dicitur in quo scribimus, quia ante usum cartae vel membranarum de libris arborum volumina .fìebant, id est compaginabantur (cf. anche Cassiod. varo II, 38; orthogr., Gramm. Lat. VII 213, IISS. K.). Con questi cortices arborum è spesso identificato in età umanistica il papiro; vd. p. 28. 4. Complicabant può esser nato da un fraintendimento di compaginabantur di Servio-Isidoro.
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rum non mi è del tutto chiaro: forse il Valla pensa allo sfogliare le pagine di un libro quasi come ad un evolvere nel senso di 'sbrogliare, districare' ?). Ora si usa evolvere libros o auetores nel senso di leetitare. Non nego, conclude il Valla, che si adoperi libri per eodiees e anche liber al singolare per un codice quanto si voglia grande; ma non è corretto dire liber Homeri per indicare l" opera' di Omero. Il Valla dunque è forse il primo a porsi una questione tuttora dibattuta dagli studiosi, cioè se gli antichi usassero liber al singolare per un'opera in più libri 1: e risponde negativamente. Finisce poi coll'ammettere (in contrasto con la più recisa negazione iniziale, che includeva, come appare dall'esempio dell'immaginario codice di Didimo, anche il libro in senso materiale) l'uso di liber al singolare per indicare il 'codice', cioè per il libro considerato neI suo aspetto concreto, ma ribadisce che non è corretto liber (o volumen) per un'opera di più di un libro. Al capitolo delle Elegantiae il Valla si richiamerà poi criticando un passo di una lettera di Poggio (in Pog. p. 314): « redegi in parvum volumen nonnullas epistolas quas olim ad te scripsi ... ») (Poggio ep. p. 289 Wilm.): iam volumen pro opere multorum librorum... ostendi non latine dici. La discussione del Valla testimonia indirettamente l'uso da lui impugnato, cioè liber o volumm al singolare per indicare un'opera anche di più di un libro; e difatti non ne mancano esempi: Petrarca fam. 24, 7, 5 (indirizzata a QuintiIiano) Oratoriarum institutionum liber. .. venit ad manus meas; nelle dedicatorie delle Fami/iares e delle Seni/es il Petrarca dà come titolo della prima raccolta Familiarium rerum liber, sebbene l'opera sia divisa in ventiquattro libri, divisione che par certo risalga al Petrarca stesso: liber è sinonimo di opus, come appare evidente da fam. 24, 13, 2SS. (Rossi, pref. a Petrarca !am. p. XI n. I); Salutati ep. I p. 157 destinato Macrobium De Saturnalibus quia illum librum nunquam completum habui; Poliziano mise. I 7 p. 521 alludit... ad Calvi poetae versiculos in Pompeium de queis ita est apud Senecam in libris oratorum et rhetorum ecc.: se qui è usato il plurale, poco più oltre la stessa opera è designata con liber: 1. Lo negano Birt 30ss. e Sprockhoff, De libri voluminis ~l~Ào\). .. usurpatione, Diss. Marpurgi 1908; contra Landwehr, Studien iiber das antike Buchwesen, «Arch. fiir Lat. Lexìk.» 6, 1889, 22555.; Dziatzko, RE. III 940, 16ss. e Untersuch. iiber ausgewiihlte Kapitel des antik. Buchw., Leipzig 1900, 172S.
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p. 522 quoniam autem Uber hie Seneeae, quem adducimus, rarissimus adhue inventu, propterea quasi novum dignati sumus hune loeum nostris eommentationibus; ep. I, 18 p. 25 (risponde a una lettera di Pomponio Leto, ibid. I, 17 p. 24s., con cui questi gli aveva chiesto indietro Lucretii libros): Lueretium Petreio dedi quem tibi iam redderet ... Dilatus hie in quadriennium liber est, qui vel triduo poterat absolvi; Petrarca Jàm. 21, IO, 61 (Cicero) volumine integro deorum naturam traetat; 24, 13, 38 hie liber (cioè la raccolta delle Familiari) satis crevit nee, nisi iusti voluminis meta trascenditur, plurium eapax est (si noti la sinonimia di Uber e volumen usati entrambi nel senso di opus); Poliziano mise. I I p. 5 I I Simplicius ubi Aristoteleum paris argumenti volumm interpretatur (il De anima in tre libri). Liber è usato, come già nel latino classico, anche per indicare le suddivisioni dell'opera. A volte sembra essere una partizione ampia che può a sua volta suddividersi in traetatus e capitula: Gasp. Barzizza, lett. al Corner in Sabbadini, Storia 81: divisi ... singulos libros in traetatus et eapitula (cf. p. 263). Il Petrarca, viro ill., Scipio II, 14ss., rivolgendosi ai viri illustres di cui la sua opera tratta, scrive: nee invideant nee moleste jèrant si miehi historieo in opere librum unum Scipio meus tenet, qui in Pyerio (l'Africa) tenet omnes. Le singole vite sono dal Petrarca definite traetatus: quella di Scipione, molto più ampia e, a differenza delle altre, suddivisa in dodici capitoli, costituisce evidentemente un liber, cioè una partizione più ampia del traetatus: gli altri viri, dice il Petrarca, non se ne abbiano a male se nell'opera storica occupa un intero libro quello Scipione cui erano dedicati tutti i nove libli dell' Africa. Volumen nel senso di suddivisione dell'opera nell'antichità conservava sempre il riferimento alla partizione dell' opera in rotoli (Dziatzko, RE. III 940, 60ss.); in età umanistica ha perduto naturalmente ogni riferimento materiale e quindi, quando è usato in questo senso, è pienamente sinonimo di libero Ne dò qualche esempio: Petrarca seno 15, 7 p. 1059 (Livius) divino... stylo summaque diligentia. .. opus illud immensum totius ab origine Romanae historiae eentum quadraginta duobus voluminibus explieasset; Guarino ep. 403, IO tuas humanissimas nuper aceepi litteras, eo gratiores quod una et Mariottanas afferebant epistulas, quae magna me impleverunt spe habendi quandoque Servii, quandoquidem iam sexti metam voluminis attigit (il copista Mariotto Nori era intento a trascrivere per Guarino il commento di Servio a Virgilio); Poliziano mise. I 18 p. 545 Cicero ...
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in primo epistolarum volumine ad Atticum (cita dall'ep. ad Att. I, 13). Per indicare il libro in senso materiale gli umanisti dispongono, oltre che degli stessi termini liber e volumen, di codex ed exemplar (vd. p. 187s.), tutti e quattro usati indifferentemente sia per codici che per libri a stampa (per codex detto di stampati vd. p. 69ss.). Per indicare la suddivisione materiale di un'opera in 'tomi ' compaiono codex e volumen: Niccoli, Commentarium V (Sabbadini, Storia 9) in quodam monasterio Dacie... sunt... X decades T. Livii in quinque codicibus; Poggio ep. 2, 9 p. 104 X decades Livii duobus voluminibus; 6, 19 p. 123 hoc ... affirmo, non esse in universa Italia qui duobus codicibus aut plures habeat aut pulchriores epistolas (sc. Hieronymi); Traversari ep. 243 col. 317 Vetus unum Testamentum... in duobus voluminibus; 315 col. 413 Plutarchi Moralia in duo bus voluminibus; ibid. Prophetas XVI in uno volumine 1; Poliziano, collaz. delle Pandette (Maler 342) primum volumen Pandectarum continet libros XXVIIII; a XXXnro incipit secundum. Da notare le espressioni ridondanti l i b r o rum c o d i c e s (exemplaria, volumina): Petrarca vita sol. 2, I I p. 514 in eo libro quem de Bragmanarum vita suo nomine inscriptum supra retuli. Qui... inter Ambrosii. .. libros medius est ingenti quodam et venerabili et vetusto volumine librorum eius «< in un grande e venerabile ed antico codice delle sue opere ») quod in archivo Ambrosiane Mediolanensis ecclesie custoditur; Salutati ep. I p. 153 in tot librorum suorum voluminibus quos provectiori etate composuit (<< in tanti libri di opere sue composte in età più avanzata l)) ex hoc divino opere nullum usquam versiculum recitasse; I p. 183 sed quid ego huius clarissimi viri epistolaribus angustiis laudes conor includere quas nec librorum infinita volumina caperent? II p. 161 accedunt potius cartule cum litteris his que continentur librorum codicibus quam e contra; II p. 187 scio quod in quibusdam illius libri codicibus (<< in alcuni codici di quell'opera l)) in primo versu reperitur evangelium per duo u; de fato 2, 6 p. 343, 24; Gasp. Barzizza, letto al Corner in Sabbadini, Storia 81: omnia quae potui antiquiora librorum exemplaria collegi (cf. p. 263). In espressioni di questo tipo con liber o libri si indica l'opera e con codex, exemplar, volumen il libro concreto, l'esemplare determinato che la contiene. l. In ep. 439 col. 561 scrive invece: XVI Prophetas in uno c o r p o re. Per corpus nella terminologia libraria Thes. /. L. IV 1020, 62SS.; Birt 36ss. e 503; Watten-
bach 152.
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Per l'espressione in volumen (o codicem, librum) redigo e altre simili vd. p. 307. Di codex e liber sono usati anche i diminutivi c o d i c i Il u s e i i b e il u s. Guarino ep. 458, 42 accipies. .. Lactantium gemellis stipatum codicillis, De ira dei altero, De hominis formatione altero; 804, 68 ut non codicilli, sed grandioris operis corpus conficere foret necesse; in ep. 679, 124ss. codicillus indica più che un vero e proprio' codicetto " qualcosa di simile a un quadernetto in cui prendere appunti durante la lettura: has ad res salubre probatumque praestatur consilium, ut quotiens iectitandum est paratum teneas codicillum tanquam fidelem tibi depositarium, in quo quicquid selectum adnotaveris describas et sicuti collectorum catalogum jàcias; nam quotiens visa placita delecta repetere constitueris, ne semper tot de integro revolvendae sint chartae, praesto codicillus erit qui sicuti minister strenuus et assiduus petita subiciat. Non è chiaro il significato di codicillus nella descrizione che il Panormita dà del codice di Celso da lui scoperto (in Guarino ep. 355, 49): volumen ingens perinde est atque F. Quintiliani Institutiones totumque in octo codicillos diducitur: il Sabbadini, Scop. I 99 n. 52 (cf. anche «St. it. di fil. class. » 7, 1899, 134) interpreta' fascicoli '. Il diminutivo libellus si trova spesso usato per indicare operette di breve estensione: Salutati ep. II p. 43 I exemplari (' trascrivere) , feci. .. libellum De viris illustribus quem Petrarca noster condidit abbreviatum; III p. 220S. mitto tibi libellum De quibusdam illustribus viris novis auctoribus compilatum: parvum quidem corpore litterisque, sicut videbis, exiguum, sed rebus et eloquentia magnum et opulentum (cf. Martellotti, pref. a Petrarca viro ilI., p. LI n. I); Guarino ep. 227, 2 misi ad te libellum illum Ciceronis quem a Biondo susceperam (il Brutus trascritto da Biondo nell'Ottob. lat. 1592); Poggio ep. 3, 37 p. 284 portavi volumen hoc (per questo codice vd. p. 141) mecum ut transcribam libellum Frontini; 4, 14 p. 329 iibellus quidam a me contra avaritiam editus; in ep. 5, IO p. 35 Poggio indica con libellus le Differentiae sermonum pseudociceroniane (Gramm. Lat. supp/. pp. 275-290) e più oltre precisa: liber parvulus est, paulo minor quam Lae1ius Ciceronis. Ma talvolta libellus può anche indicare concretamente un 'codicetto ': Poggio ep. 2, 6 p. 96 amo enim hunc libellum tum propter multa tum in primis quia egomet scripsi (si tratta del Vat. lat. 11458 di mm. 215 X 150: vd. p. 31); Poliziano, nota al Laur. 35, IO (mm. 185 X 105), c. Uv (Maier 333) Ego Ang. Politianus emi hunc libellum de Antonio bibliopola.
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Il Poliziano usa libellus anche nel senso di 'carme, poesia' (uso già classico: Birt 24): proemio al commento a Stato si/v onel Magliab. VII 973, c. 4r (Pastore Stocchi 60) latuere autem hi libelli multos annos. o. Esse autem dimidiatum quod supersit Sylvarum volumen, vel uno Sidonii testimonio intelligimus, qui dum aliquot singularum Sylvarum titulos enumerat, etiam de Flavii Fannii Cumis meminit, qui libellus interciderit. Per il Grapaldo (2, 9 c. o4r) libellus può significare parvus liber o epistola (onde, soggiunge, gli antichi chiamavano libelliones quelli che si chiamano ora tabelliones) e, come termine legale, petitio in iudicio porrecta.
TEXTUS
Dall'uso figurato di textus nel senso di 'trama, tessuto, contesto' del discorso (Quinto inst. 9, 4, 13 verba eadem qua compositione vel in textu iungantur vel fine claudantur) si sviluppa nella tarda antichità il significato di 'narrazione, esposizione, tema, argomento, testo' (Amm. 15, 5, 4 peniculo serie litterarum abstersa, sola incolumi relicta subscriptione, alter multum a vero ilio dissonans superscribitur textus; 22, 15, 8 Punicorum confisus textu librorum ecc.; vd. Georges
s. v.). Nel medioevo la parola è frequentemente usata per il contenuto di un'opera contrapposto alle glosse o al commento (Wehmer 170s.); textus per eccellenza è inoltre il testo dei Vangeli e nell'uso medievale finisce coll'avvicinarsi molto al significato materiale di ' codice' e quasi si specializza ad indicare i codici ecclesiastici riccamente decorati sia all'interno che nella legatura (Du Cange s. V Wattenbach 297 n. 2). Inoltre textus è usato per indicare vari aspetti materiali del libro: derivato da tegere anziché da texere indica la legatura (Wehmer 171); un formato assai usato viene indicato con modus textus, textualis (Wehmer ibid.). Infine la parola textus passa a indicare la scrittura in cui è scritto il testo, un'accurata e leggibile libraria, contrapposta alla scrittura d'uso corrente delle glosse, delle lettere e dei documenti; in questo senso può ricevere varie specificazioni: textus quadratus, semiquadratus, abscisus, rotundus, bastardus, bifractus (Du Cange s. v. textus e scriptura; Wattenbach 297, 489, 490; Wehmer 17ISS.). o ;
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Nel latino umanistico textus può indicare come in quello classico il 'testo', il 'tenore' di uno scritto: ad es. Lamola in Guarino ep. 455,135 e 166 (vd. p. 180 e 280). Talvolta noi tradurremmo piuttosto con 'passo': Guarino ep. 63 I, 7 delata est mihi facultas et copia textus inscribendi Graecos (si tratta di inserire i passi greci in Gellio, cf. p. 298 n. 2); B. Guarini, comm. a Rhet. Rer. 2, 47 (quattuor locis uti - in conclusione), nel cod. Firenze, Naz. II I 67 (Sabbadini, Storia 22): multi vero et doctissimi viri . .. dixerunt hunc textum (cioè «questo passo»; poco più oltre haec pars) non esse Ciceronis. Oppure indica il ' testo' contrapposto alla glossa: Petrarca, nota al Paris. lat. 7880, 1, c. 55r (Nolhac Il 176): ego, fateor, nec textum hunc intelligo nec glosam; Traversari ep. 398 col. 517 Decretales in parvo volumine, textus scilicet et glossa. Questo significato si ritrova negli inventari, dove dal textus sono distinte la glosa e le rubriche (littera rubea) 1. Spesso invece textus indica il 'testo' offerto da un determinato codice, come in Poliziano, collaz. di QuintilianQ, c. I Ir (Mai"er 345) hic incipit textus vetustissimi et saepius intercisi codicis, e può assumere talvolta un senso anche molto concreto avvicinandosi ad 'esemplare, codice': Salutati ep. III p. 246 rationabilius tamen est, si varios invenerimus esse textus, illum qui sequitur ordinem eligere, quam disturbatum atque distortum anteJèrre, nisi perversionem ordinis aliqua ratio vel convenientia persuadebit; III p. 373 ut mitlus admirere si tam ardenter me concupiscere videas aliquem textum (sc. Dantis) reperire correctum; III p. 626 unde diligentius reviso textu Plinii quem habeo (<< il testo cioè il codice di Plinio che è in mio possesso »), repperi rasuram in prima syllaba dictionis; IV p. 83 ut apud incorruptos vel correctos Ciceronis textus legitur; de fato 2, 6 p. 342, 22 (librarii) nullum omnino textum ... non corruptissimum reliquerunt; B. Guarini, commento cito (Sabbadipi, Storia 22) tamen posteaquam in omnibus textibus haec pars comperitur, ea hoc modo salvari potest (si tratta di un passo di Rhet. Rer. 2, 47 che alcuni volevano espungere, ma che «si trova in tutti i codici»); Traversari ep. 242 col. 3I7 textum Senterltiarum non despero habiturum commodioris voluminis pretiique mediocris quam veneat (veniat ed.) apud vos (anche qui textus è vicinissimo al significato di ' codice', dato che si parla del formato e del prezzo); Poliziano, soscr. a Catullo (Maier 361) cum... eius poetae plurimos textus contulissem « moltissimi codici». L
Vd. ad es. inv. Visconti 4, 9,53,55,59,65; inv. Mansueti 3,
28,
32, 34, 131.
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Si noti infine t e x t u r a in A. Decembrio polito 19 C. 42V43r (librarii) circumscriptas saepe interpositiones, quas glossulas vocant, texturae scriptoris interserunt, ipsam pariter texturam et aliis corruptionibus contaminantes. TITOLO
Per indicare il 'titolo' del libro esiste nel latino umanistico una varia terminologia 1 : e p i g r a m m a 2: F. Barbaro, letto al Traversari in Sabbadini, Storia 33 (il Traversari si era lamentato della poca diligenza con cui era stato redatto l'inventario di certi libri che Leonardo Giustinian si era fatto venire da Cipro): librorum epigrammata Leonardus Iustinianus scripsit nec diligentius exarare potuit. Libri illi ex Cypro nondum sibi redditi sunt, sed indicem (' inventario') transcripsit,. quare sibi mihique facile veniam dabis; Guarino ep. 17, 384 nam dum hos in manu codices contrectat, si quis illum interea conspicatus. .. quisnam unus aut alter sit percontetur, iste non nisi inspecto prius epigrammate respondebit (in ep. 39,21 epigramma è invece la , soprascritta' della lettera). i n s c r i p t i o : Petrarca seno 15, l p. 1048 (narra come si era illuso di aver trovato l' Hortensius, mentre si trattava invece degli Acad. priora con un falso titolo; vd. Nolhac l 244ss.) statim enim affuit non liber, sed falsa libri ipsius inscriptio; ibid. p. 1049 (parlando del suo maestro Convenevole da Prato) quotidie... libros inchoabat mirabilium inscriptionum (( ogni giorno ... cominciava opere dai titoli mirabili »; non esatto Fracassetti: « dai magnifici frontespizi ») et proemio consumato, quod in libro primum in inventione ultimum esse solet, ad opus aliud phantasiam instabilem traniferebat; Traversari ep. 313 col. 4II absque proemio et inscriptione solemni; Poliziano mise. I 33 p. 572S. (interpretazione di Iuv. 7, 154) cuius (sc. Domitii) ex verbis haec denique colligitur confusa necessitate senL Nell'antichità la strisciolina di pergamena col titolo che pendeva dal rotolo era detta index o titulus, gr. InAÀu13oc; (Birt 66; Arns 109s.; Thes. l. L. VII I, II43, 25 ss .). Per' titolo' era inoltre diffuso il termine inscriptio (Thes. /. L. VII I, 1850, 7ss .). 2. Un altro significato, più comune, è 'epigrafe': Poggio ep. 3, 12 p. 209s.; 3, 18 p. 217; 3, 20 p. 220S.; 3, 21 p. 22; Traversari ep. 321 col. 421; hod. p. 66 e 71.
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tentia, Cramben declamationem ab oppido Teuthraniae appellari. .. Iam vero Cramben... esse inscriptionem, id nos pIane pernegamus (<< neghiamo risolutamente che Crambe sia il titolo [di una declamazione) »); Iacopo Antiquario in Poliziano ep. 3,18 p. 87 in primis verbis, imo in ipsa inscriptione, quod in Laurentii Medicis nomine liber apparuerit, animus valde coepit delectari: allude al titolo dell'ed. principe dei Miscellanea (Florentiae 1489, H * 13221), che si apre con le parole: Angeli Politiani Miscellaneorum centujriae primae ad Laurentium Medicem j praefatio. Accanto al sostantivo si trova il verbo i n se r i bo' intitolo': ad es. Landino, vera nob. p. 96, IO in libro qui De caelo et mundo inscribitur; Poliziano mise. II 6, I elegia est Propertiana quae vulgo De Cynthia et dracone inscribitur; ep. IO, 9 p. 31 8 prorogare tu nostrae Mantus (ita enim inscribimus) non tam vitam cupis quam dedecus. n o m e n: Petrarca seno 2, 4 p. 843 librum Ctlius nomen est De vetula; Guarino ep. 606, 4 nuper allatae mihi sunt nonnullae Plauti comoediae . .. , quarum nomina tibi mitto; Poggio ep. 3, 29 p. 267 nomina autem comoediarum sunt haec (seguono i titoli delle dodici commedie nuove di Plauto); Traversari ep. 216 col. 284 curabis mihi conficere diligentem indicem (' inventario '), qui librorum contineat nomina singulatim. t i t u I u s: Petrarca seno 15, I p. 1048 legebam neque aliquid de eo quod titulus pollicebatur inveniebam; Poggio ep. 2, 9 p. 104 in ritulo esse unius voluminis in eo contineri decem decades Titi Livii; 3, 32 p. 274 non autem apposui titulum, ut non sciatur meum esse antequam a te comprobetur (il titolo include il nome dell'autore); 13, 12 p. 200 quemdam dialogum de miseria conditionis humanae a me duobus libris explicatum ad eum (Sigismondo Malatesta) inscribere institui, si modo ea digna res videbitur quae edatur nomine suo. Ideo mitto ad te quemdam contribulem meum mihi fidum qui libellum ad te jèrat, quem oro conjèstim legas et diligenter notes singula. Et si tibi videbitur res quae sit futura grata principi, addas titulum principio libri (il titolo include qui anche il nome del dedicatario dell'opera; cf. la lettera di Iacopo Antiquario citata sopra); Traversari ep. 276 col. 365 nihil... aliud literis suis interserit praeter librorum titulos; 30 col. 398 Tertulliani volumen ingens in quo XXVII illius libri continentur, quorum subiiciam titulos; 508 col. 622 (vd. p. 62S.); Valla in Aurispa ep. 83 p. 102 jèram et Elegantias meas cum titulis
in marginibus compendio comprehensis, omnia quae in opere ipso di-
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sputantur signantibus (qui titulus indica i titoletti marginali che segnalano brevemente il contenuto dell'opera); Poliziano mise. I 73 p. 641 fiagmentum quoddam Sexti Pompeii Festi (nam ita erat in titulo); II 3 I, 4 incidi in librum quendam veterem admodum qui principio carebat atque ob id titulo ipso et nomine auctoris; ep. 5,9 p. 155 etiam titulos numerumque librorum tibi perscribam. Per littera rubea e rubrica vd. p. 59.
CARTA E PERGAMENA
Dopo aver prevalso sul papiro nel corso del IV sec. d. C., la pergamena fu il principale materiale scrittorio del medioevo e tale continuò ad essere, in campo librario e per i manoscritti, anche in età umanistica, nonostante la larghissima diffusione acquistata contemporaneamente dalla carta. Si scrivono di regola su pergamena i codici eleganti, destinati alla posterità; i manoscritti cartacei sono non di rado copie provvisorie, di uso personale, scritte manu veloci; così ad es. 1'apografo del Festo Farnesiano eseguito dal Poliziano (Vat. lat. 3368) e ben tre dei quattro manoscritti cartacei che compaiono nell'elenco di codici appartenuti a Poggio dato dall'Ullman (Grigin 27SS.): i Matr. 3678 (già M 31) e 8514 (già X 81) e il Vat. lat. II458 (autografi gli ultimi due; tutti e tre in gotica corsiva, mentre i codici scritti da Poggio nella sua elegante umanistica sono tutti su pergamena) 1. Sia i due codici di Madrid che il Vaticano sono copie di codici scoperti da Poggio in terra straniera, dove certo non c'era né il tempo né la possibilità di eseguire trascrizioni calligrafiche su pergamena. Tali copie su carta eseguite frettolosamente erano destinate ad essere poi ritrascritte su pergamena in bella scrittura: lettera di Lombardo della Seta in Studies Ullman II 235s. exemplaria in papiro cursim transcripta parata sunt, si scriptores adessent; Salutati ep. I p. 33os. cito a p. 16; Poggio ep. 3, 12 p. 209 (al Niccoli,) expecto Valerium Flaccum, Pedianum et Varronem, quae forsan transcribam, ni distuleris in hiemem 2 (Valerio Flacco e Asconio Pediano li aveva già trascritti
I. 2.
Su tutto questo vd. Ullman, Origin 57. Errata la punteggiatura del Tonelli quae farsan transeribam, ni distuleris,
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durante il concilio di Costanza nel Matr. 8514 cito sopra; ora evidentemente desidera farne una trascrizione definitiva). Sono su carta libri di studio di uso personale: signiflcativo che la maggioranza dei codici di classici posseduti dal Poliziano siano cartacei 1. Della preferenza degli umanisti bibliofili per i codici membranacei abbiamo testimonianze esplicite: Grapaldo 2, 9 C. 04r libri olim ex papyro, nunc e charta: praeferuntur ut optimi ex membranis; vd. anche p..16s. Essi hanno inoltre particolare cura che la pergamena dei loro codici sia della qualità migliore. Dei libri del Petrarca quelli eseguiti appositamente per lui presentano spesso una pergamena finissima (Nolhac I 69). Poggio era molto esigente a questo riguardo e lo vediamo dall'epistolario: 2, 26 p. 153 chartae quas paravi ut plurimum albae existunt: tu quoque effice ut tuae sint formosae; 3,28 p. 266 chartae quas modo habui et spurcissimae sunt et admodum carae: tractavit Petrus in hoc ser Angelum nimium velut rudem harum rerum. Habuissemus hic (a Roma) membranas meliores viliori pretio: neque vero istis utar. Qualche volta però ha molta fretta di avere la pergamena e allora si induce a chiudere un occhio sulla qualità: ep. 2, J2 p. 165 expecto membranas: cura ut eas habeam vel malas, dummodo quamprimum; 3, l p. 187 cura ut habeam ... XX quinterniones membranarum ad mensuram folii, et si non sunt albae non est cura. .. Cura ut habeam chartas quantocius vel scribe te id aut nolle aut non posse, nam parabo aliunde. Tutti i passi riportati sono tratti da lettere indirizzate da Roma al Niccoli: evidentemente trovare pergamena di buona qualità a Roma era difficile e Poggio se la faceva venire da Firenze, uno dei centri dell'industria libraria d'allora 2, così come del resto mandava a Firenze i codici, una volta scritti, per farli miniare e rilegare (vd. p. 57). Le lettere degli anni 1423-31 (libri II-IV dell'epistolario), anni in cui Poggio era tutto intento a formarsi una biblioteca 3, sono piene di tali richieste di pergamene al Niccoli; e come si stizziva il buon
in hiemem; la lettera è del 17 maggio; Poggio vuoI dire: (, se non aspetterai a mandarmeli fino a quest'inverno ». I. Elenco della Maler (pp. 331-362): 17 mss. cartacei contro 6 membranacei. 2. Voigt I 396s. 3. Ep. 2, 7 p. 98 (Roma, 6 nov. 1423) cupio ... aliquam mihi suppellectilem
librorum parare, ut aliquando in ea, quam cupimus, quiete vivamus.
CODICE E LIBRO A STAMPA
Poggio quando 1'amico lo faceva aspettare troppo J 1 Il Niccoli però, anche se era Wl po' lento, gli procurava pergamene di ottima qualità 2, e di queste sue capacità d'intenditore nel campo delle pergamene e in genere per tutto quello che riguarda 1'aspetto materiale del libro abbiamo una curiosa testimonianza nell'invettiva di Guarino contro di lui, ep. 17, II3ss.: intelligant alii et sensa pernoscant, huic satis est picturas depasci. Quanam hominem istum professione dignabimur? quem tandem appellabimus? librorum virum an librarium? litteris imbutum an imbrutum? Quanquam quid dissimulo proprium ei referre nomen et artis suae vocabulum? Summum ego hunc geometram vocitare nihil expavesco; nam cum eius artis officium circa puncta lineas superficies ceteraque id genus versetur, nulli magis quam isti festivissimo vel fistulissimo in primis viro eam adiudicari disciplinam posse contenderim, qui, omissis reliquis librorum partibus ut supervacuis, in constituendis codicis punctis solertiam et acumen suo iuri vendicato De lineis vero quam accurate quam copiose quam eleganter disputet, operae pretium est, quasi Diodorum aut Ptolomaeum, audire, cum eas acutissime non plumbeo stilo sed ferreo potius deducendas esse demonstrat, et sicuti frumento Ceres, Chiron medicina simul et Phoebus, ita et hoc iste suo gloriatur invento. Circa chartas idest superficies non parum sua valet sapientitudo in hisque laudandis aut improbandis suam ostentat eloquentiam. O consumptam per tot annos inaniter aetatem, cuius is denique decerptus est fructus, ut de litterarum formis, chartarum coloribus, atramentorum varietate disputandum sit l In questa invettiva, che è un bell'esempio di quei bisticci di parole un po' ingenui di cui tanto si diletta Guarino, sono ricorI. Ep. 2, 36 p. 171 si seriptor membranas tuas expeetasset, quievisset diu. Sed tandem venerunt mihique plaeent; 3, 12 p. 210 expeeto membranas et libros; nimirum tardiuseulus es. Alter scriptorum vaeat eulpa tua; festina, oro, nam tempus labitur quod est optimum ad seribendum; hoe mihi est molesturn; 3, 13 p. 2II ehartae tuae dormiunt et scriptor meus vaeat iamdudum diligentia tua; eonfisus verbis tuis hoe novum et praeter institutum meum tibi onus imposui: si id credidissem, olirn ehartae adessent mihi! Et iam toties seribis: « eras mittentur». Faciam eum libris et ehartis nostris, postquam pIaeet tibi: nam hie vaearet per annum, si expeetarem negligentiam tuam. 2. Ep. 2, 36 p. 171 cito sopra e 2, 33 p. 165 heri habui saeeulum in quo erant membranae . .. ; membranae summe plaeent. Si veda ad esempio la pergamena finissima e bianca dei Vat. lat. 1843, 1849, 1852, che, se è da dar ragione, come credo, al Dunston piuttosto che all'Ullman (vd. p. 33s.), è proprio quella pergamena di dimensioni un po' troppo grandi che il Niccoli gli aveva mandato da Firenze e di cui si parla in ep. p. 305 Wilm. e in ep. 3 38 p. 286 (cf. p. 53).
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date alcune operazioni preliminari cui doveva essere sottoposta la pergamena prima di ricevere la scrittura: i forellini da segnare col compasso (in constituendis codicis punctis) che servivano poi per tracciare la rigatura (de lineis vero . .. ) mediante uno stilo di ferro (rigatura a secco) o di piombo (matita); il Niccoli, com~ ricaviamo da questa testimonianza, era un sostenitore del primo sistema. Un'altra fase ancora precedente era la rasatura accurata per togliere ogni traccia di peli, ricordata in Petrarca fam. 18, 5, 30 alii membranas radunt (cf. p. 64). Nelle sue richieste di pergamena Poggio specifica anche il formato e parla di quinterni o quaterni (cf. p. 43): evidentemente le membrane gli venivano inviate già tagliate nelle dimensioni volute e piegate a formare un bifolio. La misura più frequentemente richiesta è « la membrana in-folio» (vd. p. 50S.). Ma compaiono anche altre indicazioni più generiche circa il formato (vd. ad es. ep. 2,26 p. 153 e 3,38 p. 286 citt. a p. 53s.). La carta è agli occhi degli umanisti bibliofili un po' come la sorella povera della pergamena: Salutati ep. I p. 332 hos vel in papyro transcribi peto; Guarino ep. 649, 20SS. an Gellium habeam quaeris? habeo quidem sordidum, veste pannosa et bombicina indutum tunica, sed adeo veridicum et magna ex parte emendatum, ut eum pro Croesi opibus et auro Midae mutaturus non sim; Traversari ep. 242 col. 317 duo illa volumina ... in papyro sunt, bonis t a m e n literis; Aurispa ep. 7 p. 14 in Plutarcho sunt Parallela omnia et liber est correctissimus et volumen magnum, papyro tamen, quanvis hae chartae robustae propinquae membranis sunt (una delle ragioni per cui è preferita la pergamena è la maggiore robustezza). Non è rara negli epistolari umanistiei la richiesta di far trascrivere un libro, se necessario, anche su carta, ma, se c'è uno scriba adatto, piuttosto su pergamena. Salutati ep. I p. 330S. video quod librum De viris illustribus in papyro facies exemplari . .. ,. sed... michi relatum fuit te in hoc mutasse consilium. De quo, si scriptorem habes qui possit in pergameno conscribere, longe magis contentor, ne ex nova exemplatione dolo, mendaciis et inconstantie ftaudibus scriptorum... quasi mancipium dedar. Si igitur in una potes transcriptione me expedire, ne ex altera pendeam te totis affectibus rogo. La copia su carta sarebbe stata provvisoria e il Salutati sarebbe stato costretto ad assoggettarsi alla molestia di una nuova trascrizione. Il suo desiderio fu soddisfatto: la copia del De viris del Petrarca fatta preparare da Lombardo della Seta
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per Coluccio è oggi l'Ottob. lat. 1883, membranace01• Guarino ep. 223, 31SS. (manda al Mazzolato, perché se lo trascriva, l'Ottob. lat. 1592 contenente il De militia del Bruni e il Brutus di Cicerone di mano di Biondo) sed unum oro ut, si quis apud vos non imperitus sit qui eum transcribat, et mihi exarari librum ipsum facias vel papyro... Quanquam, si idoneus esset librarius, membranis transcribi posset. Da questi passi parrebbe che per scrivere su pergamena fosse richiesta un'abilità specifica. O forse semplicemente non si voleva sprecare pergamena e si esigeva perciò uno scriba che sapesse scrivere con bella grafia: se ciò non era possibile, si faceva eseguire provvisoriamente una copia su carta e si provvedeva poi con più agio alla trascrizione elegante su pergamena. Nella lettera di Lombardo della Seta cito a p. 13 è la mancanza di copisti che impedisce di trascrivere su pergamena gli esemplari già pronti su carta. In conclusione, trattandosi di materiale meno robusto e meno pregiato, si scrive su carta ciò che è provvisorio, non defmitivo, non destinato a sfidare i secoli: cosÌ ad es. le lettere private 2, gli abbozzi e le prime stesure di opere letterarie: solo una volta raggiunto l'assetto definitivo l'opera viene trascritta dai fogli sciolti di carta nel codice membranaceo (vd. p. 22S. e 30 3) 3. Una breve trattazione storica sui vari materiali scrittori e la loro prima origine in Polidoro Vergilio 2, 8 4 (De primo usu scribendi G. Martellotti, pref. a Petrarca viro ili., Firenze 1964, XVII e L. Paoli II 56 « Nel secolo XIV l'industria e l'uso della carta presero un grande sviluppo; e nel corso dei secoli XV e XVI essa è già la materia predominante. Si scrivono su carta le lettere private e gran parte delle pubbliche ». Il Grapaldo (2, 9 c. 04v cito a p. 18) distingue due specie di charta (' carta '), l'epistolaris più sottile e la libraria più robusta e mette in rapporto l'epistolaris con l'antica charta Augusta, anch'essa più sottile e riservata alle lettere. Per l'uso di papyrus nel Petrarca, che conferma che egli scriveva le lettere su carta, vd. p. 2IS. 3. Una situazione analoga sembra essersi verificata per papiro e pergamena nella tarda antichità: si veda Epigr. Bobiens. 57 con cui un poeta invia a Nonio Attico una raccolta di poesie scritta su papiro; solo se l'amico la riterrà degna di divulgazione, essa potrà essere trascritta su pergamena e destinata all'immortalità. Su questo epigramma e la discussa questione dei rapporti fra pergamena e papiro in epoca tardo-antica vd. W. Speyer, Naucellius und sein Kreis, Miinchen 1959, 77S. Le lettere sono in quest'epoca scritte di regola su papiro: il motivo, fa osservare il Dziatzko (Untersuch. iiber ausgewéihlte Kapitel des antik. Buchw., Leipzig 1900, 137 n. 5), è nel loro carattere di scritti più leggeri e poco duraturi. 4· Su questo umanista e la sua opera D. Hay, Polydore Vergil, Oxford 1952. I.
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apud priscos etiam per notas et quando primum inventa charta vel membrana). Il Vergilio procede principalmente sulla falsariga di Plin. nato 13, 68ss., ripetendone non di rado le parole alla lettera, ma non mancano citazioni da altri classici. Dopo aver ricordato vari altri materiali scrittori, il Vergilio si sofferma sull'origine del papir() (papyrus, charta) e della pergamena (p. 145ss.). Interessante l'accenn() alla carta di stracci che è posteriore al papiro di Cl 'i ha ereditato i nomi (papyrus, charta) e di cui il Vergilio afferma di ignorare l'inventore. Il Grapaldo dedica alla carta alcune interessanti righe del cap. 9 del L II del suo De partibus aedium, descrivendone la fabbricazione e dandoci notizie sulle varie specie: C. 04V apud nos hodie charta e lineis canabinisque pannis veteribus et attritis producitur. Secti in frustula aqua inspersa per dies XI macerantur et in pila aquaria pilis ferratis minurim contusi addita calce in alteram transferuntur; exemptos deinde in aquaria tina cum posuerint, formis aquam transmittentibus in singula extrahunt folia, quae laneis pannis alternatim commixtis proelo calcantur. aedificioque ad id patulo prius siccata, mox glutino facto ex pellium quisquiliis sive ramentis, quae coriarii et membranarii reponunt ad hunc ustlm, fervefactis intincta, rursus siccata et vitro levigata, aptissima redduntur ad' tolerandos calamos et atramentum non transmittendum. In hoc Parmenses chartae sibi principatum vendicarunt, cum in candore prae caeteris Fabrianae commendentur. Prima enim chartae datur adorea si non est bibula et atramentum non sorbet: quod si fuerit, siccandae scripturae, nefiant liturae, erit utilis. Fiunt autem plura chartarum genera. Caeteris omnibus tenuior est epistolis dicata, nomine inde adepto (nel titolett() marginale charta epistolaris; cf. Mart. 14, I I e Birt 62), quae et Augusta dicebatur: Plinius in XIII (§ 79): « nimia quippe Augustae tenuitas tolerandis non sufficiebat calamis »; et mox (§ 8o): « Augustae in epistolis autoritas relicta »), Firmior est libraria, ad libros aptissima... (ricorda i due formati l reale' e l imperiale', vd. p. 49). Vilior est emporetica, quae inutilis scribendo involucra segestrium vice mercibus praebet (cf. Plin. nato 13, 76). Per indicare la pergamena gli umanisti usano i termini mem-brana, pergamena (meno frequente) e charta (con o senza aggettivi
Il De rerum invento uscì per la prima volta in tre libri a Venezia nel 1499; nella successiva edizione del 1521 l'autore aggiunse altri cinque libri (Hay 52).
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come vitulina, haedina ecc.; vd. p. 25s.). Quanto alla carta, nel medioevo erano stati trasferiti al nuovo materiale i nomi antichi del papiro progressivamente scomparso dall'uso. Di questi papyrus, in età umanistica come nel medioevo, non indica mai altro materiale scrittorio che la carta, tranne i casi in cui è ancora usato per l'antico papiro, mentre charta può indicare sia la carta che la pergamena con uso che varia da umanista a umanista (ad es. per il Traversari e l'Aurispa charta indica sempre la carta, per Poggio di solito la pergamena) e perfino nell'ambito dell'usus scribendi di uno stesso autore (Poggio scrive una volta in chartis papyri. vd. p. 23). Analoga oscillazione, al di fuori dell'ambito umanistico, negli inventari: nell'inv. Visconti sono in carta i codici membranacei e in papiro quelli cartacei (vd. p. 26 e 24); l'inv. Mansueti usa invece carta per entrambi i materiali aggiungendo opportune determinazioni: 174 in cartis vitulinis; 131 in cartis membranis; 33 in cartis de membrana; 14 in cartis de papiro; 86 cartis partim de membrana et partim de papiro. Questi esempi, così come la citata espressione in chartis papyri di Poggio, mostrano con chiarezza che talvolta anche nelle indicazioni di materiale scrittorio charta conserva l'altro suo significato di 'foglio' (vd. p. 28ss.) ed ha quindi bisogno di ulteriori determinazioni. m e m b r a n a : termine usato per indicare la pergamena nell'antichità (Thes. 1. L. VIII 630, 22SS.) e nel medioevo (Wattenbach 120, 126, 135, 136). Frequentissimo in età umanistica: Petrarca fam. II, 12. 77 vetustissimis membranis tineas cariemque discutere; 13. IO, 44 omnes qui inertem calamum fuscis agimus membranis; 18, 5, 30 (vd. p. 64); invect. contra med. 2, 40s. qui papiros arte conficitis, quique tenues in membranas cesorum animalium terga convertitis; Guarino ep. 223, 36 (vd. p. 17); Panormita in Guarino ep. 355, 45 membranarum color ex albo in pallidum diffusus (pergamena ingiallita); Aurispa ep. 7 p. 14 membranae etiam pulcherrimae sunt; 7 p. 15 litteris pulcherrimis et membranis albissimis; 84 p. 104 e Florentia hic membranae sunt: si mensuram et numerum ad me mittes. curabo ut quales petieris habeas; Poggio ep. 2, 2 p. 88 curato ut habeam membranas ad ea opera transcribenda necessarias; 2, 23 p. 150 (vd. p. 43); 2, 26 p. 153 (vd. p. 43); 2, 27 p. 155; 2, 29 p. 159; 2, 30 p. 161; 2, 31 p. 162; 2, 33 p. 165 (per tutti questi passi vd. p. 328); 2, 36 p. 171 (vd. p. 15 n. I); 3, I p. 187 (vd. p. 14); 3, 12 p. 210 (vd. p. 15 n. I); 3, 20 p. 221 para etiam membranas pro Agellio; 3, 25 p. 261 ego ad te scripsi . .. membranas quas ad me misisti inutiles et
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ineptas esse pro Agellio; 3, 27 p. 264 an est dignum nota censorill qlllJd scripserim membranas alteras maiusculas alteras paulo minores esse? 3, 28 p. 266 (vd. p. 14); 4, l p. 293 te rogo ut cures de membranis tam PUnii quam reliquorum voluminum quas 1 ordinaveram apud eum qui libros ligat; ep. p. 305 Wilm. (vd. p. 53); Traversari ep. 157 col. 215 orationes nostras quod tamdiu desideraris indigne et graviter tuli, quum praecipue, antequam proficiscerer, absolutas (<< fmite di hascrivere ») in membranis viderim; 167 col. 226 sexternos duos alios epistolarum nostrarum mitto . .. ,. quos oro solicite cures transcribendos ut possint reliquo volumini inseri quod venustius in membranis Ariminensi episcopo curavimus transcribendum; 242 col. 316 dabatur spes unhts (sc. Testamenti veteris) in membranis et bonis literis; 277 col. 368 (vd. p. 142); 291 col. 382 (vd. p. 26); 3II col. 408 volumen . .. gratum est, in membranis et optimis literis; 315 col. 413 (vd. p. 54); 502 col. 618 (vd. p. 137); 502 col. 619 (vd. p. 65); 512 col. 626 (vd. p. 23); Valla Consto don. 37 p. 33 e 66 p. 57 (vd. p. 24s.); eleg. 4, 85 p. 150 (vd. p. 21). In ep. 321 col. 420 il Traversari narra di aver visto a Ravenna un antichissimo codice di Concili in qua Niceni Concilii }idem in membranis purpureis et aureis literis scriptam legi (cf. anche hod. p. 102; è ora il cod. A 5 della Vallicelliana, vd. p. 165). Il Salutati usa una volta il diminutivo 111 e m b r a n u l a, ep. III p. 97 (vd. p. II3) 2. P erg a m e n a (- u m): nell'antichità il termine pergamena cominciò ad essere usato tardi: il primo esempio è nell' Edictum de pretiis di Diocleziano del 301 d. C. (Birt 52). La parola continuò ad essere usata nel medioevo (Wattenhach 1I7, 469; vd. anche l'indice sotto le voci parchemin, parchment, pargamina, bergamena: pergamena graeca indica la carta, Wattenhach 141). Nel latino umanistico è molto meno frequente del sinonimo membrana: Petrarca, Vat. lat. 3196, c. 7r, Romanò 1I9 (nota a Canzo 77 e 78): transcripti isti duo in ordine post mille annos. " et iam Jerolimus, ut puto, primum quaternum scribere est adortus pergamena pro
L Quae ed., ma del neutro membranum non ho altri esempi né in Poggio né in altri umanisti; poco più oltre, nella stessa lettera, sollicita membranas. 2. Nel cinquecento le espressioni membranae o codex membranaceus attenuano il loro valore originario fino a diventare spesso solo termini per • manoscritto', anche cartaceo (vd. Lehmann, F. Modius 58).
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domino Azone, postea pro me idem facturus; Salutati ep. I p. 330s. (vd. p. 16); III p. 132 (vd. p. 140). Il Valla, eleg. 4, 85 p. ISO spiega l'origine del nome: Pergamum ex qua Pergameni, in Asia: a qua urbe, quia ob penuriam chartae ab Attalo rege missa est membranarum copia, membranae pergamenae sunt nominatae 1: cf. Grapaldo 2, 9 c. osr membranarum usum Pergami repertum fuisse tradit M. Varro 2, supprimente chartas Ptolomeo: unde pergamenae dictae; Polidoro Vergilio 2, 8 p. 147 Varro scribit per aemulationem circa bibliothecas Ptolemaei et Eumenis regum Pergami inventas (sc. membranas) fuisse, unde vulgo pergamenae vocantur. p a p y r u s (- u m): in età classica indicava sia la pianta sia il materiale scrittorio da essa ricavato. Nella cancelleria pontificia l'uso di papyrus per il papiro si attarda fmo alla fine del sec. XIII 3, mentre contemporaneamente lo stesso termine si trova altrove applicato alla carta: infatti il primo esempio di papyrus per 'carta' è in un documento di Federico II del 12314. In età umanistica l'uso di questo termine per indicare la carta è ormai largamente diffuso: diz. lat.-ted. p. 277 papirus, papeier, est species cartae ex pannis inveteratis confecta, in qua homines solent scribere vice pergameni. Gli umanisti però sono consapevoli dell'origine del nome e della differenza tra il materiale scrittorio antico e quello nuovo che ne ha ereditato il nome: quindi papyrus designa talvolta anche l'antico papiro (vd. p. 27s.). Negli scritti del Petrarca il termine è frequentissimo: la grafia petrarchesca è costantemente papirus. Compare ad es. in espressioni simili alla nostra' carta, penna, calamaio' 5: fam. 13, 7, 4 papirus calamus atramentum nocturneque vigilie somno michi sunt et requie gratiores; 13, 4, 238 se la scrittura della lettera non è elegante, monI. Cf. Hier. ep. 7, 2 chartam defuisse non puto .•. et si aliqui Ptolelllaeus maria clausisset, tallletl rex Attalus membranas e Pergamo miserat, ut penuria chartae pellibus pensaretur; ullde pergametlarum tlometl ad hunc usque diem. .. servatulII est. 2. Presso plin. tlat. 13, 70 mox aemulatione circa bibliothecas regI/m Ptolemaei et Eumenis, supprimellte chartas Ptolemaeo, idem Varro membranas Pergami tradit repertas.
3. Wattenbach I08ss.; Santifaller 40s. 4. Santifàller 41, 125s., 136 n. 22. S. In Petrarca al calamaio si sostituisce l'inchiostro. La traduzione esatta della nostra espressione la troviamo in una lettera del Salutati, ep. III p. 60 atramentaril/m,
papimm et calamum postiliavi.
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tanum claudicans sedile et concretum atramentum et palustris papirus et pastoralis calamus culpentur; 20, 9, 16 hec... inter jèstinationem et somnum et occupationem ... , papimm quoque et calamum ac lucernam rebellantes, ut licuit scripsi; 20, 14, 16 non sunt ad scribendum instrumenta nec animus: hebes calamus, atramentum glaciale, papirus squalida, manus rigens. Oppure in frasi in cui noi diremmo' foglio' o 'pagina' e in cui Poggio o Guarino usano charta: fam. 6, 2, 112 possumne tibi in hac parva papiro Romam designare? ibid. 168 epystolam partiamur nec eadem papiro res diversissimas involvamus; 15, 9, 5 prior papirus pIena; 18, 7, 30 seorsum altera perleges papiro; 20, IO, 6 papirus brevis de industria . .. assumpta est; 24, I, 232 deliberans . .. quid dicerem amplius seu quid non dicerem, hec inter, ut assolet, papirum vaeuam inverso calamo jèriebam; 24, 12, 261 calamo papirum sulcans; varo 61 pro brevi papiro. .. totum mihi terrarum orbem in membranis descriptum. " remisistis (cioè una carta geografica su pergamena; si noti la contrapposizione carta-pergamena, materiale vile e materiale pregiato, che contribuisce alla retorica contrapposizione tra la lettera del Petrarca e il dono di una carta geografica con cui gli è stato risposto). Cf. Poggio ep. 3, 19 p. 220 charta deficit et somnus premit; Guarino ep. 383, 3I tantum intermitte chartae vacuae, ut ecc. (anche qui a proposito di lettere). Anche Poggio usa una volta papyrus in una frase molto simile a quella citata di Petrarca fam. 20, IO: ep. p. 301 Wilm. sed vale, deficit pagella; nam sumpsi modicum papirum existimans non inventurum me quid scriberem (si noti che mentre il Petrarca usa papirus femm., Poggio preferisce il neutro). Come appare da questi esempi, nel latino umanistico papyrus può avere anche il valore di 'foglio di carta ' 1. In tutti gli esempi citati si tratta di lettere: parlando di libri il Petrarca invece usa di solito membrana. Quest'uso linguistico corrisponde a un dato di fatto: si scrivevano su carta le lettere (vd. p. 17), mentre per i libri si dava ancora la preferenza alla pergamena. Un'altra consuetudine cui abbiamo accennato, quella di scrivere su carta la prima stesura di un'opera e su pergamena la redazione definitiva, riceve una conferma dall'uso petrarchesco dei termini papyrus, membrana e pergamenum: fam. 15, 3, 30 erat michi predulcis librorum sar-
I.
sodali
Per un uso simile nel latino classico cf. CatulI. 35,
I velim
Caeci/io, papyre, dicas.
I
poetae tenero meo
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€inula et veterum libris immixtum pauxillum nugarum mearum quibus ipse quoque Memphiticas papiros impleo (si noti che papyrus, pur indicando naturalmente nient'altro che la carta, riceve dal Petrarca aggettivazioni che si adattano solo all'antico papiro: Memphitica 1 qui, palustris in fam. 13, 4, 238: ma il Petrarca certo non ignorava che la carta dei suoi tempi non aveva origine da una pianta palustre 2); Vat. lat. 3196 (cartaceo), c. 15r, Romanò p. 237s. (postilla a Canzo 207): transcripsi in alia papiro post XXII annos, 1368 dominico inter nonam et vesperas, 22 octobris, mutatis et additis usque ad complementum et die lune in vesperis transcripsi in ordine membranis: il 22 ottobre il Petrarca trascrisse questa canzone su un altro foglio di carta con mutazioni e aggiunte fmo a darle l'assetto definitivo e il giorno dopo la trascrisse in bella copia nel codice della redazione defmitiva del Canzoniere, membranaceo (l'attuale Vat. 3195); vd. anche la postilla a Canzo 77 e 78 cito a p. 20S.. L'uso del Salutati non presenta particolarità interessanti. Si tratta di libri trascritti o da trascrivere in papyro in ep. I p. 330 (vd. p. 16) e 332. Per ep. III p. 60 vd. p. 21 n. 5. Per un passo di Lombardo della Seta vd. p. 13. Guarino ep. 223, 33 (vd. p. 17); Aurispa ep. 7 p. 14 (vd. p. 16); Poggio ep. 2, 7 p. 100 mittas mihi oro orationes TulIii in papiro; 9, 32 p. 375 Nicolaus Nicolus illum (sc. Ammianum Marcellinum) manu sua transcripsit in chartis papyri (questo codice di mano del Niccoli è il S. Marco 335, ora alla Naz. di Firenze, Conv. soppr. I V 43, cartaceo); ep. p. 301 Wilm. (vd. p. 22); Traversari ep. 242 col. 317 (vd. p. 16); 387 col. 504 volumen quoddam Antonii de Butrio super II Decretalium in papyro; 393 col. 512 Psalterium item illud Grae",um novum in papyro ilIi dabis; 512 col. 626 (vd. p. 26); ibid. volumina quae ex Calliis secum adduxerat, nova lrenei contra haereses in papyro epistolasque Theophili de Pascha contra Origenem a Hieronymo nostro traductas in membranis; Vespasiano ep. 5, 12S. opera Tertulliani et Athanasii et Cregorii Nazanzeni in papiro scripta cum superioribus
I. Il Rossi rimanda a Lucano Phars. 3, 222s. 1I0lldum jlumineas Memphis COIItexere biblos I noverat. «La frase petrarchesca in sostanza non significherà altro se non • papiri egiziani'; del resto risulta chiaro da Lucano stesso (Phars. IO, 4-5 e cf. anche 4, 136) l'uso di memphiticus per aegyptius~. Cf. anche Isid. orig. 6, IO, I ove è detto che il papiro fu inventato a Memfi. 2. Alla fabbricazione della carta accenna genericamente in illvect. contra med. 2, 40s. qui papiros arte conficitis.
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litteris misi; Poliziano ep. 3, 17 p. 85 (a Cassandra Fedele) unicam· te. .. existere puellam, quae pro lana librum, pro fuso calamum, stylum pro acu tractes et quae non cutem cerussa, sed atramento papyrum linas. È singolare come nelle mie schede degli scritti latini del Poliziano figurino solo pochissimi termini riferentisi a materiale scrittorio. Il Poliziano, che nel descrivere codici era accuratissimo, non si cura. mai di rilevare se si tratti di codici pergamenacei o cartacei, particolarità che viene invece notata assai spesso da altri umanisti, come appare dagli esempi citati e da quelli che verremo citando: il Panormita addirittura, nel descrivere un codice di Celso, ci informa del colore ingiallito della pergamena (vd. p. 19). Nella terminologia degli inventari non si notano differenze rispetto all'uso umanistico: in papyro è l'espressione usuale per codici cartacei 1. Per l'aggettivo p a p y r e u s 'cartaceo' vd. Zenone Castiglioni. letto cito a p. 132. c h a r t a: nell'antichità indica 'foglio di papiro' sia come materiale scrittorio sia come testo scritto (Thes. 1. L. III 996ss.). Nel medioevo comincia ad assumere molteplici significati: l) per un certo periodo continua a significare 'papiro' (Wattenbach 10%S.); 2) 'carta' (Wattenbach 103, 141, 142, 14.8,564; Santifaller 121); 3) 'pergamena' (Wattenbach II5, II9, 120, 123, 125, 13 1; la maggior parte degli esempi sono del XIV sec.; vd. anche Santifaller 79); 4) 'documento' (Wattenbach 188, 192). La stessa molteplicità di significati nell'uso umanistico: I) 'carta': Aurispa ep. 7 p. 14 (vd. p. 16); 30 p. 48 caeterum· Nonium Mareellum tuum inquirenti maximo opere mihi nondum inventus qui mea voluntate compleat; plures enim nonnulli pecunias aa eius expletionem (petunt) quam aut .fragili cartae conveniat aut te velle eredam; 96 p. 120 misi Fabrianum pro chartis (Fabriano era sede di una delle più antiche cartiere); Traversari ep. 460 col. 585 chartas ad me Fabriano missas conserva usque ad nostrum reditum; Poggio ep. 9, 32 p. 375 in chartis papyri (vd. p. 23); Valla Consto don. 37 p. 32· ista. .. tam magnifica Constantini donatio. .. nul/is neque in auro neque in argento neque in aere neque in marmore neque postremo in libris probari I. Ad es. inv. Visconti 52. 59. 67, 89. 9'7, 386. 390 ecc.; inv. Mansueti 13, 46, 47. 279. 440 ecc. (cf. anche 14-17 e 19-21 in cartis de papiro); Piccolomini. indice p. 139.
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documentis potest, sed tantum, si isti credimus, in charta sive membrana; 66 p. 57 chartane an membrana fuit pagina in qua scripta sunt haec ? (polemizza contro l'uso medievale di pagina' documento '); eleg. 4, 85 p. ISO (vd. p. 21). Il Val1a usa anche l'agg. c h a r t e u s (cf. Thes. 1. L. III 1001, 21SS.): Consto don. 67 p. 58 quia donatio Cons!an-
tini doceri non potest, ideo non in tabulis aereis, sed charteis privilegium esse. .. dixit: nel contesto analogo di un altro passo dell'opuscolo compare papyrus: Consto don. 37 p. 33 Constanti/1us .. orbis terrarum donationem papyro tantum et atramento signavit. In alcuni di questi passi (in particolare eleg. 4, 85; Consto don. 37) il Valla si riferisce a tempi in cui la carta non era ancora apparsa e alla pergamena si contrapponeva solo il papiro; ma è difficile dire se egli abbia di ciò chiara coscienza ed usi quindi charta e papyrus nel senso antico: in eleg. 6, 43 p. 222 (vd. p. 3 n. I), parlando dei libri dei Romani, egli ricorda fra i materiali scrittori i libri arborum, ma non il papiro. 2) 'pergamena': diz. lat.-ted. p. 277 carta, pergamenum, perment, est pelles per opus artificis dealbata, ut sit apta pro litteris ex incausto desuper scribendis et dicitur carta a careo, -es, quia caret pilis et carnibus 1; Salutati ep. I p. 228 receptis pecuniis quas scriptor et carte voluerunt; II p. 397 non . . libros, quia nitidi sint chartis 2, amplis spaciis (' margini ') et litterarum preciosissimis liniamentis, caros habeo nec apprecio, sed quod pulcra contineant et auctoritate digna. Utinam in eisdem cartis et litteris reliquas (sc. epistulas Ciceronis) habeamus, quas scio jùisse in ecclesia Veronensi! E con 1'aggiunta di una specificazione in ep. II p. 449 volo quod totum illum Platonis librum in cartis hedinis exemplari .facias diligenter; si non habentur istic carte, transmittam et quicquid solveris restiiuam; Guarino ep. 17, 145 e 153 (vd. p. 15); 258, 4 (vd. p. 52); 423, 7 cupio .. ut chartas illas diligenter inspicias, earum genus mihi llunties, mensuram et quinternionum numerum (cf. p. 52): il Sabbadini nota in apparato: «la carta era per uso di Guarino»; ma le chartae di cui qui si parla sono certo pergamene, come mostra l'accenno al formato e al numero dei quinterni e come conferma 1'usus scribendi di Guarino, per il quale charta vale 'pergamena' o 'foglio' (vd. p. 30), mai' carta '. Poggio ep. 2, 26 p. 153 egomet o
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L Uguccione derivo (Vat. Chig. L VIII 289, Co 35vA) item a careo haec carta qllod careat pilis et carniblls. 2. Si noti l'oscillazione fra le grafie carta e charta. A lIitidi si preferirebbe lIitidis.
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~utem
perqUIsIvI hic membranas... Chartae quas paravi ut piurimum existunt; 2, 27 p. 155; 2, 36 p. 171 (vd. p. 54 n. l); 2, 41 p. 179; 3, l p. 187 (vd. p. 14); 3, 5 p. 195; 3, 13 p. 2II (vd. p. 15 n. 1); 3, 20 p. 221; 3, 28 p. 266 (vd. p. 14); 3, 38 p. 286 (vd. p. 53); Lucio Fosforo in Poliziano ep. 3, IO p. 73 ego Politianum nostrum. . . summopere amo et admiror. .. Et, ut libere quod sentio dicam, non magis istum damnandum censeo quam ilIos Iaudandos, qui quadringentis abhinc annis papyros et chartas (' le carte e le pergamene') ve/ut maculis praetextas et encausticas tabellas inusserunt potius quam uUa egregia forma atque imagine illustrarunt, praeter unum aut aiterum Laurentium Va Ilam, me puero, et nuper Domitium Calderinum. Charta è il termine usato regolarmente per' pergamena' nell'inv. Visconti: ciò ha tratto in inganno uno studioso, A. Thomas, che ha rinunciato a identificare il nr. 908 dell'inv. del 1426 col Paris. fr. 343, membranaceo, che corrisponde esattamente alla descrizione, perché ha inteso in carta dell'inv. come indicazione di codice cartaceo (vd. Pellegrin 21). 3) 'foglio, carta' (due facciate): vd. p. 28ss. c h a r t a c e u s: anticamente significa 'papiraceo' (Thes. 1. L. III 1000, 62SS.). Nel medioevo gli aggettivi cartaceus, carticius, €articinius valgono ancora 'papiraceo' e, a differenza del termine €harta, non sembrano mai usati per la pergamena (Santifaller 79) e neppure, almeno fino a tutto il sec. XIV, per la carta (SantifalIer 43s. e 121). In età umanistica invece compare assai spesso chartaceus 'cartaceo' nel Traversari (si ricordi che per quest'umanista anche charta indica sempre la carta): ep. 291 col. 382 quaeso mittas .ad me unum operis ipsius volumetl: nam duo, si recte memini, sunt apud te, chartaceum alterum, alterum in membranis; 512 col. 626 Thesauros CyrilIi in papyro inter nostri Nicolai volumina perquiri diligentissime facias . .. ; Athanasii quoque chartaceum itidem volumen (si tratta dei Laur. S. Marco 683 e 695, entrambi cartacei: vd. A. Sottili, « Rinascimento» 16, 1965, 6); cf. anche 243 col. 317; 274 col. 360; 281 col. 376; 309 col. 404; 315 col. 413; 390 col. 508 (vd. p. 141). Per charteus nel Valla vd. p. 25. b o m b y x, b o m b y c i n u s : nel medioevo sono diffuse le espressioni charta bombycina, charta bombacis, charta bambagina e simili per indicare la carta (Wattenbach 141, 142; Santifaller 121SS.) 1. ~lbae
I.
Il nome, che contribuì al sorgere della leggenda della carta di cotone è
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In età umarustlca compaiono ancora negli inventari (vd. ad es.
Piccolomini, indice p. 139), ma non sono frequenti negli scritti umanistici: ho trovato solo un esempio di bombyx nel Salutati e di hombycinus in Guarino: Salutati ep. I p. 167 inter libros magistri 10hannis erat in bombyce de littera parva 1ustinus et Suetonius De duode~im Cesaribus; Guarino ep. 649, 20SS. an Gellium habeam quaeris? habeo quidem sordidum, veste pannosa (allusione alla fabbricazione della carta dagli stracci) et bombicina indutum tunica.
PAPIRO
Come abbiamo detto, gli umanisti sono ben consapevoli della differenza fra l'antico materiale scrittorio ricavato dalla pianta palustre e la moderna carta di stracci che ne ha ereditato i nomi: A. Decembrio polito 27 c. 59v librarius a libris vel libellis dictus, quorum diversa semper extat compositio. Antiquius autem ex arborum codicillis, unde codices, et palustrium herbarum conglutinatione, ex quo p4pyri nostrae, tametsi linteaceae materiae, adhue extat appellatio; Grapaldo 2, 9 c. 04r libri olim ex papyro, nunc e eharta; ibid. hi (sc. libri) fuerant . .. ex papyro nascente in Aegypti palustribus aut Nili aquis quieseentibus (Plin. nato 13, 71) eum ex ea fierent chartae divisae aeu in tenuissima folia (Plin. nato 13, 74) in quibus antiquiores scripserunt; ibid. C. 04V ehartam ab urbe Tyri charta victoria magni Alexandri repertam autor est M. Varro, condita in Aegypto Alexandria (Plin. nato 13, 69) ... Apud nos hodie charta e lineis canabinisque pannis veteribus et attritis producitur; Polidoro Vergilio 2, 8 p. 146s. (cf. p. 17s.), dopo aver parlato del papiro, soggiunge: postea vero id genus chartae inventum est quo nunc passim utimur, cuius autor haud palam est. Haec autem fit ex linteolis eontritis: nihilominus tamen papyri nomen a frutice sumptum, veluti chartae ab urbe Tyri, retinet. Quindi, come ho già osservato, il termine p a p y r u s nel latino umanistico può indicare, oltre che la carta, l'antico papiro. Ess.: Traversari ep. 321 col. 420 studiose percontanti an quidquam praeterea librorum lateret in scriniis stato variamente spiegato: si veda, oltre al Santifaller eit., J. Karabacek, Das arabische Papier. Eine historisch-antiquarische Untersuchung, Wien 1887, 43ss.; C. F. Lehmann-Haupt, Bombyx, in Festschrift zu Ehren O. Redlichs, Innsbruck 1928 (Veroffentl. des Mus. Ferdinandeum in Irmsbruck 8), 407-439.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
sive aliud antiquitatis monumentum, responsum a custodibus est complura illic esse privilegia papyro exarata atque inter cetera Caroli Magni unum cum aurea bulla; in hod. p. 102, menzionando gli stessi documenti papiracei ravennati, il Traversari usa i u n c u s : esse intra ecclesiam locum qui chartophylacium diceretur professi sunt, in quo privilegia plurima iunco inscripta servarentur; Beroaldo anno C. C5V (spiegazione dell'enigma di Ausonio 393, 7lss. p. 248 Peiper) Melonis vero paginam papyntm nuncupat (nuncupant ed.), quae peculiariter nascitur in palustribus Aegypti aut quiescentibus Nili aquis, ut docet Plinius libro XIII (§ 71), unde Niliaca et Nilotica papyrus appellatur ab idoneis scriptoribus; Poliziano mise. I 39 p. 584s. (spiegazione dello stesso enigma 1) literas igitur Cadm i Phoenicis munus et papyrum Niloticam et atramentum scriptorium et calamum librarium... videtur mihi Ausonius sub haec involucra complicasse; ibid. p. 586 « Melonis» vero « albam paginam» ob id ait, quod papyrum Nilus producitur, ex quo paginae fiunt candidae. Per il Valla vd. p. 25. Ancora in età umanistica, come nel medioevo (Wattenbach 107S.; Birt 13s.), il papiro viene confuso con quei c o r t i c e s a r b o r ti m (libri) su cui si scriveva anticamente secondo le ricostruzioni degli antiquari romani 2: l'umanista Cencio Rustici che ebbe occasione di vedere a S. Gallo un codice in papiro, con tutta probabilità il Sangallensis 226 dei Synonyma di Isidoro, così lo descrive: erat praeterea in illa bibliotheca liber quidam ex corticibus arborum, qui cortices Latino sermone libri vocalltur, unde, quemadmodum apud Hieronymum (ep. 8, I) est, libri SIIHIII nomen adepti sunt (Bertalot 223) 3.
BIFOLIO, FOGLIO, PAGINA, COLONNA
c h a r t a: 'foglio, carta' (due facciate). È questo il significato più diffuso in età umanistica (per altri significati vd. p. 24sS.). Il Petrarca nelle citazioni ad uso personale che fa postillando i 1.
È tma delle coincidenze fra la prima CeIIluria dei Miscellanea del Poliziano
(1489) e le Annotatiotles centllm del Beroaldo (1488), a cui il Poliziano stesso accenna
nella Coronide alla fme dei Miscellatlea, mettendo le mani avanti contro eventuali accuse di plagio (vd. Perosa nr. 27). 2. Vd. le testimonianze citate a p. 4 n. 3. 3. Sugli umanisti e i papiri eh. Perrat, Les humatlistes amatmrs de papyms. ~ Biblioth. de l'Ée. des chart. » 109, 1951, 173-192.
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codici, rinvia spesso anche alla carta del proprio codice dove si trova il passo citato: Virgilio Ambrosiano, c. 222r, ad Aen. 12, 144 (Nolhac I 153s.): attende versum sine cesura, non intolerabilis quidem, sed rare licentie . .. Est et sine cesura ille versus Lucani in 8° (680) : Regibtts hirta coma et g. f d.; qttia pentimemeris qtte videtur cadit in sinalinpham. Est et alius in 3 3 carta: Procurrunt Laurentum et ceto cum sequenti (Aen. 12, 280s.); Paris. lat. 5720 (Curzio Rufo), c. 5V: similis infra carta 19 in fine (il rimando si riferisce a c. 19V: Nolhac II 96); Paris. lat. 5054, c. I75r: in libro de temporibus est carta X/P (Nolhac II 206). Talvolta la sua esattezza nella citazione giunge al punto di specificare se il passo si trova sul recto o sul verso e, se il codice è scritto in colonne, su quale colonna, numerando da uno a quattro le colonne di ciascuna carta 1 e aggiungendo non di rado un' ulteriore determinazione con frasi come in medio, circa medium, post medium. Analogamente indica con pago 1 3 e pago 2 3 recto e verso di ciascuna carta, secondo un sistema usato ancora posteriormente, ad es. dallo stampatore di Basilea Heinrich Petri nel 1528 (Lehrnann, Blatter 51), dal Lambeck nel 1665 e dal Montfaucon nel 1708 (Lehmann, Blatter 40s.). Il più antico esempio ricordato dal Lehrnann (Blatter 40) di un sistema per indicare recto e verso della carta è quello del priore Johannes Wythefeld di Dover che nel 1389 distingueva recto e verso con le lettere A e B, uso conservatosi anche in età moderna. Ma ancor prima il Petrarca aveva elaborato un suo sistema per designare recto e verso della carta. Pal. lat. 1820, C. 38r: paria amicorum tria ve! quattuor (Cic. Lael. 15). Tria dicit de finibus (I, 65) card. (= carta) 7 3 pago 1 3 post principium 2; Paris. lat. 6802, c. 56v Iustini 12°, cart. r pago 1 3 in principio (Nolhac II 79); Paris. lat. 5690, C. 96v huius patris est mentio carta retro tertia col. 1 3 in medio (Nolhac II 27 n. I). Il rinvio si riferisce alla prima delle quattro colonne di c. 94: l'uso del Petrarca, sia che rinvii a un passo anteriore sia che rinvii a uno posteriore, è, come osserva il Nolhac, 1. c., di contare sempre, nel numero di carte che indica, quella su cui fa la sua annotazione, così come nei calcoli di anni, secondo l'uso latino, fa sempre entrare nel totale l'anno da cui parte; Paris. lat. 7720, C. 83v R. (= require) infra, carta 100, col. 4 post medium (Nolhac II 87 n. 2); ibid. c. II2V I. Questo sistema di numerazione delle cololUle è ancora in uso in inventari del quattrocento, ad es. nell'inv. Mansueti. 2. Billanovich, Petrarca e Cicerone 96 n. 34.
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'iunge quod est l. IX, c. 2, carta 5, col. I circa medium (Nolhac, l. c.); Paris. lat. 5720, c. 25V de ipso autem infra, cart. 33, col. 4 et 38, col. 1 a (Nolhac II 97 n. I). Il Salutati ha l'abitudine di segnare sui suoi codici il numero dei fogli con l'indicazione carte seguita da un numero romano: simili indicazioni non sono rare anche altrove (Ullman, Humanism 130). Ad es. nella soscrizione al Laur. 48, IO di mano di 3iovanni Aretino si legge: hoc volumen orationum XXVIII M. T. Ciceronis quod' in CCC chartis redacttll1t est Ioannes Arretinus absolvit (Sabbadini. Storia 24). Così talvolta anche in inventari: inv. Visconti 979 Sovrayne in Gallico . . , in totum duarum cartarum et medie scriptarum (cioè tre carte di cui una scritta su una sola facciata, cf. p. 33); 986; inv. Mansueti (vd. Kaeppeli p. 36). La carta insomma è ancora l'unità di misura del codice: la numerazione delle pagine è in quest'epoca ancora poco diffusa (Lehmann, Blatter 51). Così Poggio descrivendo un codice di Cic. de or. dà. il numero di righe di ciascuna carta (ma il Traversari descrivendo il Laur. ]2, 9 dà le righe della pagina, vd. p. 38). Altri esempi di charta 'carta, foglio': Petrarca fam. 5, 17, 84 (parla del dolore che gli ha causato la perdita di una sua lettera} nulle eius (sc. epistulae) apud me reliquie remanserunt; preter morem enim meum totam eharte credideram, memorie nichil; Salutati ep. IV p. 86 aliter non exprimatur in charta quam fuerit conceptum in mente; Guarino ep. 383, 3I cum dubitationes scripto mittis, tantum intermitte chartaevacuae ut adscribere liceat; nam non vacat mihi denuo quae petis seribere ; 679, 129 (vd. p. 8); 883, 14 (vd. p. 237); Panormita in Guarino ep. 355, 49 (descrive un codice di Celso per noi perduto) integrum est preter ultimam chartam, item tris circiter medium (si trattava in realtà di quattro, perchè negli apografi troviamo notato, in corrispondenza di questa lacuna: desunt in vetustissimo exemplari quatuor folia; vd. Sabbadini, Storia ]22: si noti come in queste indicazioni venga usato indifferentemente charta o folium); Tobia dal Borgo, in Guarinoep. 759, 195: librum quidem recuperatum, sed multis cartis diminutum canebant; Poggio ep. 3, 17 p. 217 (al Niccoli, Roma 1428) in tuoCornelio deficiunt plures chartae variis in locis 1; 4, 4 p. 305 de Agellio-
L Di questo codice si parla anche in ep. 3, 5; 3. 14; 3. 15, Si tratta. dci celebre Mcd. II di Tacito. come vide per primo il Voigt I 250 n. 2; vd~
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et Curtio ridicula quaedam auulit: Agellium scilicet truneum et maneum. . .. et unam ehartam quam eredebat esse principium Curtii; 8, 21 p. 233 hane epistolam eum in quemdam ehartarum eumulum eoniecissem . .. , oblitus sum ad te mittere. Nella descrizione autografa di un codice del De oratore, contenuta nel Vat. lat. II458, c. 5U 1, Poggio usa più volte eharta nell'indicare il numero di fogli delle varie sezioni dell'opera: hucusque VI charte . . , Sequuntur postea charte XVI usque ad III librum qui continet chartas VI... Continentur in qualibet charta CXII versus (per indicazioni analoghe cf. p. 33). Biondo Flavio, soscr. nell'Ottob. lat. 1592, c. 58v: non erat amplius in exemplari 2, a quo abscisse sunt eharte due: quanquam, ut mihi videtur, nedum charte, sea pauca admodum verba deficiunt (Nogara XXXVII).
Si notino infme certe formule conclusive di lettere in cui si dice «smetto di scrivere perché mi è finita la carta (sono alla fine del foglio) »: Poggio ep. 3, 15 p. 214 contentor chartam deficere, ne longius philosophemur ad candelam; 3, 19 p. 220 charta deficit et somnus premit. Vale; Guarino ep. 503, 34 ne plura scribam modestia suadet et charta cogit; in Poggio ep. 4, 4 p. 305 e in Traversari ep. 43 col. 81 in analoghe espressioni a charta si sostituisce il sinonimo pagina (vd. p. 36s.), in Poggio ep. p. 301 Wilm. pagella (vd. p. 22). Non sarà inutile aggiungere qualche esempio di charta per' carta. geografica': Petrarca seno 9, 2 p. 944 consilium cepi ad eas terras non navigio, non equo pedibusve per longissimumque iter seme! tantum, sed'
anche C. W. Mendell, « Yale Class. Stud.» 6, 1939, 43s. Nel Med. ci sono effettivamente due lacune causate dalla caduta di due carte; entrambi i passi ci sono· conservati dagli apografi. Il Sabbadini cerca di datare le lacune mediante gli apografi e giunge alla conclusione che « sino almeno dal 1452 il Med. II aveva patito le due perdite» (Storia 191). Tenendo conto della testimonianza di Poggio, le due lacune possono essere retrodatate almeno al 1428. 1. Ancora inedita: la pubblicherà e illustrerà A. Campana quando ci darà. l'attesa descrizione e storia di questo ormai famoso codice, su cui esiste già, a partire dal primo annuncio della scoperta dato dal Campana stesso nel 1950 (Nel' cinquantesimo di « Studi e Testi », 1900-1950, Biblioteca Apostolica Vaticana 1950~ 79), una sorta di bibliografia fatta più che altro di accenni: vd. T. Foffano in « It. med. e um. » 12, 1969, II5 n. 1 e 122 n. 4 (alle opere ivi citate è da aggiungere· Ullman, Origin 38 e 48s.). Ho avuto dalla cortesia del prof. Campana il permesso di citare qui e in seguito alcuni passi di questa pagina di Poggio particolarmenteinteressanti per la sua terminologia filologica. 2. Segue una q cancellata.
'1
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per brevlssimam ,hartam saepe libri! ac ingenio proficisti (vd. Nolhac 150) l, 'Per altri esempi petrarcheschi vd. Nelhac 11505. Poggio ep. 2, 7 p. 98 vellem aliquam chartarn Pl%maei Geograp1Jiae. ,h ti r t u l a : iI Salutati usa spesso qu~to diminutivo: ep. [p. 254 in (ortuNs primi!, que men4ertmt 'am divino carmine (l'Africa del Petrarca) inscribi; II p. 161 (vd. p. 7 e 80); p. 471: gli è stato sottrat-
r
to un quaderno di sue lettere private; egli sperava che l'autore del furto. Wla volta trascritte le lettere, gli restituisse il quaderno, ma Ja sua speranza è stata delusa: non incubuit iJJe dittamini, sed quaterno, scd ,artulis et seriplu,e; III p. 97 (vd. p. II3); p. 514 sciscitatus 'l"idllam i/le perdite cartulc continebarlt (è sempre il quaderno di cui sopra). Nel complesso ,hartula sembra essere usato dal Salutati nOI1 come- vero c proprio diminutivo, ma come sinonimo di ,J,arta (cf. pagella, p. 39), a meno che non si voglia supporre che ad es. il quaderno con le lettere private o il codice di ep. III p. 97 fossero realmente di piccole dimensioni. Può invece d.a.rsi che in qualcuno di questi esempi il diminutivo assuma Wla qualche sfumarura di disprezzo: nel primo e nel secondo esempio alle charlulae è contrapposta l'importanza di ciò che vi è scritto sopra. Si noti inoltre che il Salutati ama l'uso del diminutivo: nel solo campo della terminologia libraria troviamo anche mcmbranula (vd. p. 20), quaternulus (vd. p. 45) e formulac Iitteramm per formae littcrarum accanto a chartl~la in ep. II p. 161 (vd. p. 80). Per il ValIa, secondo un uso già classico (Thes. /. L. III 1ooa. 37SS.) e medievale (Mittdlat. Worlcrb. II )26, 6ISS.), ,harlula significa • documento ': COtlst. don. 37 p. 33 non caves ne ii, qui Rotnalll Silvcstro cripercllt. chartulatll quoque surripercm 1 f o l i u III : l) • foglio. carta' (due facciate): nell'antichità in questo significato si è introdotto solo tardi (Thcs.l. L. VI 1013, 705s.; Lehmann. Bliitter 7). È il significato più frequente fra gli umanisti: Valla Consto don. 66 p. 58 paginam vocamus alteram faciem, ul diront. folii. vduti qlll'tltemio habet folio deMa, paginas viceMas. In questo senso folium è sinonimo di charta e pagina 2: la medesima lacuna nel perduto codice S di Celso è indicata dal PanOrnllb col termine charta, dagli apografi con folium (vd. p. 30). Foliultl si trova usato, come
I. 20.
Per il concetto cf. Ariosto sot. l. 61SS. Ma dUl(/Q ~ il termine più usato. Pet pog;na ... ,harta vd.. p. 3655.
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€harta (vd. p. 30s.), nelle descrizioni di codici, quando si indica il numero di carte del codice o di ciascuna delle opere in esso contenute: Traversari, descrizione del Laur. 32, 9 in ep. 277 col. 368s. folia omnia CCLXVI sunt 1; P. C. Decembrio, descrizione dell'Hersfeldensis -di Tacito nello zibaldone Ambros. R 88 sup. (Sabbadini, Storia 205s.) Cornelii Taciti dialogus de oratoribus . .. Opus foliorum XlIII in
€olumnellis. Post hec deficiunt sex folia . . , Post hec sequuntur Jòlia duo .cum dimidio ecc. Come ha puntualizzato il Robinson (p. 12S.), Jòlia .duo cum dimidio non significa « due fogli più uno strappato a metà», ma « due fogli più uno scritto su una sola facciata l). Per l'espressione d. dimidia pagina, semipagina (vd. p. 36 n. I e 2), inv. Visconti '979 in totum duarum cartarum et medie scriptarum ed inv. Mansueti 139 est enim in fine aliquid de dialogo Cregorii, sciI. quinque carte
Hersfeld l'indicazione del numero di carte di ogni singola opera -con l'espressione continet (hic liber) XIII (oppure XI, XII ecc.) folia '(Sabbadini, Storia 7s.). Inventari: inv. Visconti 3IO aminiati auro in folio primo; 824 li.ber unus ... Jòlliorum CXXXII; 829; 830; 849 habet in primo Jòlio duas viperas ad arma Vicecomitum; 862 incipit in secundo Jòllio quia primum ruptum est; inv. Mansueti 261 in principio est tabula libri in .duobus foliis; 304 in carta sive folio 126; 308 folio 224. Per folium usato ad indicare il formato in espressioni come mem.branae ad mensuram Jòlii, Jòlium commune, in 4° Jòlio e simili vd. p. 50ss. Sull'origine del termine Grapaldo 2, 9 c. 04v palmarum Jòliis primo scriptitatum est (Plin. nato 13, 69), unde ad hanc usque diem Jòlia
€hartae dicimus. 2) 'bifolio' (4 pagine: vd. Lehmann, Bldtter 14 e la nota all'Orosio Laurcnziano cito a p. 44). Poggio ep. 3, 27 p. 265
primus et secundus libri quartae decadis sunt admodum parvi, quippe qui non excedant septem folia: scribe an ita sit in vestris. Questa lettera va inquadrata in tutta una serie indirizzata al Niccoli tra il 1428 e il 143 I in cui sono vari accenni ai codici delle tre deche di Livio che Poggio si stava allestendo 2. Possediamo inoltre tre codici gemelli di Livio, Vat. lat. 1843, 1849, 1852, che appartennero a Probabilmente un errore per CCLXlV, attuale nwnero di fogli del Laur. Ep. 2, 22 p. 149; 3, 14 p. 213; 3. 15 p. 214; 3, 17 p. 217; 3, 22 p. 223; 3, 27 p. 2645.; 3. 38 p. 285; 4,17 p. 340; ep. p. 305 Wilm.; vd. Ullman, Origin 45-47· l.
2.
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Poggio e corrispondono nelle loro caratteristiche alle notizie che ricaviamo dall'epistolario. Tuttavia l'Ullman 1, sia pure con qualche cautela, afferma che la mano che ha scritto i tre codici è quella di Poggio e non quella di un copista che lo imita; qumdi essi sarebbero diversi dai codici dell'epistolario, di cui è detto chiaramente e a più riprese che furono trascritti dallo scriba di Poggio. Il Dunston sostiene invece contro l'Ullman che i tre manoscritti vaticani sono proprio quelli di cui si parla nell'epistolario (e nega quindi l'autografia) 2. A me i suoi argomenti sembrano del tutto persuasivi 3. Ora nel Vat. 1852 il I e il II libro della quarta decade abbracciano rispettivamente sedici e quattordici carte, vale a dire otto e sette bifolii 4. C'è, è vero, nel I libro una piccola eccedenza rispetto all'affermazione di Poggio quippe qui non excedant septem folia, ma a me sembra, nel complesso, estremamente probabile che la frase della lettera vada riferita al Vat. 1852 e che quindi Poggio usi folium. nel senso di 'bifolio', tanto più che per 'foglio, carta' egli usa normalmente il termine charta: inoltre folium compare spesso nel-
Studies 307ss. (ripubblica e ampia un articolo del 1933); Origin 47. ~ Scriptorium & 19, 1965: pp. 63-70 The Hand of Poggio di A. J. Dunston; pp. 71-75 Poggio's Manuscripts of Livy, replica dell'Ullman; p. 76 risposta del Dun~ stono 3. A tali argomenti vorrei aggiungere quanto segue. L'affermazione dell'Ullman è basata in sostanza sulla sola grafia. Non vedo perché nel giro di pochi anni Poggio avrebbe dovuto allestirsi ben due Livii, uno scritto di sua mano, uno di mano del copista. Il Panormita, nella lettera di cui si vale l'Ullman (Studies 311), pur affermando: Livium vendidit quem sua manu pulche"ime seripserat, non allude necessariamente a un Livio diverso da quello dell'epistolario, che era, come sappiamo, di mano dello scriba: gli umanisti erano piuttosto sbrigativi nelle affermazioni di autografia (cf. l'inventario dei libri di Fulvio Orsini e il caso di alcuni manoscritti attribuiti senza alCWl fondamento alla mano del Petrarca: N olhac I 108): al Panormita poteva bastare una nota di possesso Liber Poggii (come quella. dei tre manoscritti Vaticani) e una bella antiqua quale poteva essere quella di un copista istruito da Poggio stesso per concludere senz'altro che il libro era di mano, di Poggio. In conclusione il Panormita può benissimo alludere (come vuole l'Ullman) ai tre Vaticani che sono effettivamente pulche"ime seripti e di cui uno almeno, il 1843, fu venduto (nella nota di possesso il nome di Poggio fu eraso e sostituito da ' Aurispa '); ma ciò non esclude affatto che i Vaticani siano stati scritti dal copista anziché da Poggio stesso. 4. Mentre ad es. i libri N e V della stessa deca sono più lunghi, abbracciando entrambi diciotto carte e una pagina. L
2.
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l'epistolario di Poggio nell'indicazione di formato membranae ad mensuram folii ed anche in questo caso il folium è evidentemente un pezzo di pergamena di determinate dimensioni che piegato in due entrerà poi a far parte del fascicolo. Il termine folium compare una sola volta nell'epistolario di Guarino, 563, 19 memento mittere folia, senza che si possa dire a che si riferisca. NelI'inv. Visconti folium, come abbiamo visto, è usato per 'foglio, carta', ma ci sono anche inequivocabili esempi difolium 'bifolio' (Pellegrin p. 23): 764 quinterni (' fascicoli', cf. p. 42) duo quorum primus est fòliorum quinque et secundus foliorum trium; 804 Iosephus hystoriographus non ligatus sexternorum decem et fòliorum duorum (= Paris. lat. 1615, cc. II + 100, composto in effetti di dieci fascicoli, quaternioni, quinioni e senioni, e di un binione, cc. 96-99: vd. Pellegrin ad 10c.). Quest'ambiguità nell'uso dello stesso termine all'interno del medesimo inventario fa sì che in certi casi si possa rimanere in dubbio: 982 Ars artium quatuor foliorum absque copertura: sarà un quaterno (otto carte) o un binione (quattro carte) ? 1. Nel complesso il termine fòlium non sembra molto amato dagli umanisti, che gli preferiscono charta o pagina; ciò può essere determinato dal fatto che, come abbiamo visto, folium nel senso di ' foglio ' nell'antichità è testimoniato solo in autori tardi: è significativo che compaia negli scritti di umanisti come Poggio o il Niccoli che meno di altri si preoccupano della classicità del loro latino. Il termine sembra invece abbastanza diffuso fuori dell'ambito umanistico, come mostra la sua frequenza negli inventari. Per s c h e da' foglio' vd. p. 305S. p a g i n a: secondo i risultati cui giunge il Lehmann, Bliitter 2SS., indica nell'antichità una superficie scritta da una sola parte (come ad es. la superficie della tavoletta cerata o il X6ìJ..1)(l.lX nel rotolo di papiro); quindi anche la colonna di scrittura del rotolo (aeÀ(ç) o del codice. Non è mai usato al singolare per una superficie scritta con più di una colonna e neppure ha mai il valore di ' foglio' con due facciate scritte. Nel medioevo continua ad avere il significato di superficie scritta, pagina di libro. Può inoltre indicare il foglio di un documento scritto su una sola facciata e il documento stesso. Ci sono anche esempi di pagina per 'foglio', ma si tratta 1.
4 carte secondo Pellegrin p. 23.
iL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
sempre di fogli con scrittura o figure da una parte sola e quindi
pagina non assumerebbe senz'altro il significato di 'foglio' (Lehmann, Bliitter 4Iss.). Se le affermazioni del Lehmann sono esatte, nell'uso umanistico si avrebbe un'importante innovazione rispetto all'uso dell'antichità e del medioevo; infatti pagina, oltre che, 'facciata, pagina " può significare' foglio' scritto da entrambe le parti ed è pienamente sinonimo di folium e charta. Ciò è stato notato, per una postilla del Poliziano a un codice, dal Campana, Contributi 190 n. 5 1; e dalla mia ricerca risulta che anche altrove il Poliziano usa costantemente pagina in questo significato (vd. più oltre). È un uso diffuso abbastanza largamente nel latino umanistico; eppure il Lehmann, che ne cita un paio di esempi, li ritiene isolati 2. Il fatto di non sospettare la sinonimia di foliwn e pagina ha messo in gravi difficoltà gli studiosi che si sono occupati delle testimonianze umanistiche sul codice di Hersfeld delle opere minori di Tacito. Infatt:i di una lacuna del codice P. C. Decembrio dà notizia con le parole: post hec deficiunt sex folia (vd. p. 33), mentre gli apografi umanistici parlano di sex paginae (o pagellae o parvae pagellae). Come già i suoi predecessori (qualcuno aveva addirittura pensato che pagina significasse 'colonna di scrittura '), il Robinson (p. 13s.) si trovò gravemente imbarazzato, sembrandogli le due testimonianze irreconciliabilmente contrastanti, e pensò dapprima a un errore del Decembrio, poi a un errore degli apografi; e ciò lo costrinse a supporre () che fosse avvenuta una contaminazione fra due famiglie di codici o che uno dei copisti riportasse una notizia per sentito dire. Ma dato che nel latino umanistico folium e pagina possono essere sinonimi, le due testimonianze dicono esattamente la stessa cosa; rimane da spiegare semmai l'uso del diminutivo pagella (vd. p. 39s.). Gli esempi di pagina 'foglio, carta' sono abbastanza numerosi. Poggio ep. 4, 4 p. 305 quia pagina deficit finem feci: in altre espresI. Nella stcssa nota il Campana segnala anche l'espressione dil1lidia pagina equivalente alla nostra • facciata'. Cf. p. 33. 2. Bliitter SI « Als eigenartig ist bei Aldus (Manutius) noch das eine: er nennt in der Vorbemerkung zur Cornucopia des Perottus 1499 das zweiseitige Blatt pagina, die einzelne Seite semipagilla. Ihm schliesst sich der niederdeutsche Humanist Joannes Murmellius an, der in seiner Pappa puerontl1l 1517 pagina durchfolium libri deutet und mit 'ein blatt in dem buch ' iibersetzt, • semipagina ein syt des blats '. Weitere Verbreitung scheinen dicse Ausdrucke nicht gefunden zu haben». Semipagina è da confrontare con dimidia pagina e dimidium foliul1l (vd. p. 33).
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sioni analoghe Poggio usa charta (vd. p. 31), dunque i due termini sono per lui sinonimi e ciò è confermato da una nota da lui apposta nel Vat. lat. II458, c. IIV: in exemplari vetustissimo deficit una pagina. Traversari ep. 43 col. 81 vale, mi pater; plura namque, ut cemis, pagina impleta non capit: espressione analoga a quella poggiana cito sopra. Poliziano misc. I 25 p. 557: il capitolo è dedicato allo spostamento di un fascicolo nel cod. P (Laur. 49, 7) di Cic. fam., spostamento che ha determinato un grave perturbamento negli apografi umanistici: hic posterior, quem dixi, codex ita est ab indiligente bibliopola conglutinatus, uti una transposita paginarum decuria, contra quam notata sit numeris, deprehendatur. Paginarum decuria è espressione ricercata per quinternio (vd. p. 45): dunque pagina = charta. Si trattava in realtà di un quaterno 1. L'espressione paginarum decuria ricompare anche in misc. II I, dove è ripetutamente usata la parola pagina, sempre col valore di 'carta': 8 ubi... evolverimus instar trium paginarum . .. ; IO evolvamus igitur undecim ferme paginas ecc. Più vaghe alcune espressioni dell'epistolario: 6, 7 p. 183 describi protinus egregiis et notis et paginis Herodianum curaveris; 8, 15 p. 249 necesse habui curare. " ut errata . .. primis ibidem paginis imprimerentur; 9, I p. 262 commentarios ... multiplici pagina surgentes. Nel Laur. 49. 9 di Cic. Jàm., alla fine del quat. 14, c'è un'annotazione require signum * ad finem octavae paginae che il Bandini e 1'Anziani giudicarono del Poliziano. Il segno corrispondente si trova alla fine del quat. 15, dopo otto carte (Kirner cito p. 402S.). Annotazioni simili a questa si leggono in un codice di plauto del sec. XV, iI Barb. lat. 146, appartenuto, fra gli altri, al Pontano 2. Ne do un esempio. A C. I 76v, per una trasposizione di bifolii nell'antigrafo, a Trin. 854 segue Truc. 301ss.3: il copista, confrontando con un codice della biblioteca regia di Napoli a noi ignoto, si accorse della differenza ed annotò sul margine esterno: hic (sic) usque ad z4m paginam aliter quam in codice regio. La za pagina è C. 178r, dove finisce,.
l. G. Kimer, Contributo alla critica del testo delle Epistolae ad familiares di Cicerone, • St. it. di fil. cIass. » 9, 1901, 405. 2. Cf. Sabbadini, Storia 257S. La nota di possesso del Pontano è riprodotta in Ullman, Potltano's Handwriting•.• , .. It. med. e um.» 2, 1959, tav. XXV, I. 3. Questa confusione tra Trin. e Truc., come ha mostrato il Questa (p. 47ss.),
è identica a quella che si ha nel Vat. lat. 1629 appartenuto a Poggio, da cui dunque il Barberiniano discende per il testo di queste due commedie.
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col v. 460, l'intrusione del Truc. e riprende il Trin. col v. 977: è quindi la seconda carta senza contare quella di partenza. Più tardi il copista si accorse della natura dell'errore e annotò sul margine interno di c. 176v: require in sequenti comedia, hinc ad 9 paginam, versus post illum versum: « hec perire solet» (Truc. 300) et in fine: « ubi perdiderunt» (Truc. 301): il rinvio si riferisce a c. 186r, dove si trova il verso citato del Truc. e subito dopo riprende il Trin. col v. 855: sul margine il copista ha annotato: require in priori comedia ad 9 paginam hinc; si tratta senza alcun dubbio di 'carte', non di ' pagine " ma c'è inesattezza di calcolo perché le carte sono nove solo se non si conta né quella di partenza né quella di arrivo. Nel latino umanistico pagina può anche avere naturalmente l'altro più normale significato di 'facciata': così nella definizione del termine data dal Valla Consto don. 66 p. 58 paginam vocamus alteram
faciem, ut dicunt, folii, veluti quinternio habet folia dena, paginas vicenas 1. Indeterminato invece eleg. 6, 43 p. 222 nisi dicamus evolvi libros propter numerum paginarum. Pagina è la ' facciata' nelle postille petrarchesche citate sopra (p. 29) e quindi, probabilmente, anche
infam.20, 13, 145 possem sacramentis paginam implere: simile l'uso di pagina in Salutati ep. IV p. 157 quid de te sentiat, tractu longiuscule pagine demonstravit. In Guarino mi sembra che pagina abbia sempre il valore di 'facciata': ep. 141, 28 voluminis forma in angustum quam lata, ut eius in paginis ternae tendantur columnae (cf. p. 55); 366, 9 et proftcto, ni lynceos aliquunde compararet oculos, impossibile foret litteras quarundam paginarum perspicere; 742, 18 in ima paginae margine tuum subscribis nomen; 806, 48 eomplures lectitans paginas. Il significato di , pagina' è evidente anche in Traversari ep. 277 col. 368 (descrizione
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p a g e Il a : credo che questo termine, oltre che come dimi-
nutivo, sia talvolta usato dagli umanisti come sinonimo di pagina. Raggruppo gli esempi in due classi: nella prima i diminutivi sicuri, nella seconda i casi incerti. I) Poggio ep. 3, 3 p. 189 sunt plures qui e vestigio, eum legerint -unam aut alteram orationem TuIlii vel Terentii pagellam, existimant se ()ratores: il diminutivo accentua il tono sprezzante della frase; ep. p. 301 Wilm. sed vale, deficit pagella, nam sumpsi modieum papirum, existimans non inventurum me quid scriberem: il chiarimento modieum papirum mostra trattarsi di un vero diminutivo. 2) Per il Poliziano pagella, come pagina, indica la carta, non la facciata: mise. I 23 p. 553 sed et Veronae mihi pagellas quaspiam antiquissimi item voluminis Bernardinus quidam... eommodavit: si tratta di un codice di Marziale non identificato; difficile dire se con il diminutivo il Poliziano voglia alludere alle piccole dimensioni dei fogli del codice. Molto simile il caso di mise. I 73 p. 641 nonnullas quoque ex eodem fragmento Pomponius Laetus... sibi pagellas retinuerat. Anche qui si tratta di fogli staccati di un codice antichissimo, ma in questo caso le pagellae sono giunte fino a noi: sono quelle del celebre Festo Farnesiano e misurano mm. 270 X 205; non molto grandi quindi, ma neppure tanto piccole: negli inventari del tempo il Festo sarebbe stato probabilmente definito un volumen mediocre (vd. p. 48). Per questo stesso codice abbiamo un'altra indicazione che sembra riferirsi alle dimensioni e appare opposta a quella del Poliziano: il quat. XVI, per noi perduto, si ricostruisce dagli apografi umanistici: a p. 502 L. c'è una lacuna e i due codici contrassegnati con le sigle Y e V la notano con queste parole: desunt eartae sex magnae 1; e si tratta di fogli che il Poliziano chiamava pagellae! È anche abbastanza sorprendente trovare in una nota del genere questo accenno alle dimensioni delle carte cadute; forse allo scopo di dare un'idea più precisa dell'ampiezza della lacuna. Analogamente gli apografi del codice di Hersfeld di Tacito segnalano una lacuna coi termini pagellae, parvae pagellae (cf. p. 36): alcuni fogli del codice di Hersfeld si sono conservati nel cod. Aesinas e misurano mm. 220
1. Si noti che nel testo il Lindsay scrive fra parentesi: (desunt sexfolia); 6 fogli = 24 colonne. Ma nella numerazione delle colonne il Lindsay assegna alla lacuna solo 16 colonne = 4 fogli.
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X 273 (Robinson 16): anche questo dunque un codice non piccolo~ piuttosto di dimensioni medie. È stata anche fatta l'ipotesi che questa nota degli apografi non si riferisca alle condizioni dell'Hersfeldensis stesso, ma riproduca semplicemente una notizia che si trovava sul codice antico e riguardava lo stato di un precedente manoscritto(Robinson 13). Tornando al Poliziano, va osservato che in tutti c due gli esempi citati egli indica con pagella fogli staccati superstiti di codici antichi; probabilmente l'uso del diminutivo ha un valore stilistico e serve ad accentuare l'impressione di questi pochi e miseri fogli sparsi, del frammento. Altri esempi di pagella: Francesco Pucci in Poliziano ep. 6, 4p. 172 habemus in manus quotidie. .. hunc librum, legimus, decantamus, ediscimus, ac nulla iam pagella est quam non decies revolverimus; Pietro Crinito in Poliziano ep. 12, 21 (22) p. 404 haec igitur Politiani manu inter exchartabula 1 quaedam deprehendimus. .. Subiiciam autem ut in pagella erant. f a c i es: secondo il Lehmann, Blatter 44 è termine in usoper 'pagina' in Italia, sebbene si sia potuto introdurre sporadica-o mente anche altrove: usato nella latinità italiana degli scribi e bibliotecari, è frequente negli inventari del sec. XV 2 ed è passato nell'italiano moderno come' faccia' e 'facciata '. Valla Consto don. 66 p. 58 paginam vocamus alteram faciem, ut dicunt, folii: l'inciso ut dicunt mostra che l'umanista ha accolto nel suolatino una parola dell'uso comune. Simili espressioni parentetiche: contraddistinguono spesso l'introduzione nel latino umanistico di una parola che non ha i crismi della classicità o dell'equivalente volgare di un termine latino: ad es. Petrarca fam. 18, 5, 3l alii, ut vulgari verbo utar, illuminant; Guarino ep. 456, 45s. aliquas quoque librorum fibulas, quas scuta vocant, mihi mitteres vellem; 192, 7 Flavium tlostrum, quem Blondum vocant; Poggio ep. 12, 30 p. 173 Vespasianus cartolarius, ut dicunt. La stessa preoccupazione di giustificare con un
I. Si noti il neologismo exehartabulum, forse un tentativo di rendere il terminevolgare 'scartabeglio': Vespasiano, Vite, Poggio 2: «Trovò sei orazioni di Cicerone e, secondo che intesi da lui, le trovò in uno convento di frati, in uno monte di scartabegli, che si può dire ch'elle fussino tra la spazzatura »; cf. seartabelius (Wattenbach 178 n. 5; Du Cange s. v.). 2. Inv. Mansueti 326 iII prima facie est UtII4S homo pietus; 389 habet sex eolumnas pro qualibet facie.
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inciso l'introduzione di un termine volgare mostra anche fra' Leonardo di ser Uberto da Firenze, l'autore dell'inv. Mansueti; ogni volta che usa il termine stampa aggiunge espressioni come ut vulgoloquar, ut dicitur, ut vulgo dicitur (cf. p. 78) 1. A. Decembrio, polit. 27 C. 78r, deplora l'uso di parole volgari e non attestate nei classici e soggiunge: quin ipse Cicero, cum in sermones aliquando duriores excidere necesse sit quibus abhorruit antiquorum auctoritas, verecundas quasdam in]èrt excusationes ut ' sic aiunt, sic vocant, ut vulgo ]èrtur '. Traversari ep. 272 col. 357 quid... volumen illud Conciliorunr contineat. .. scire cupis. .. Continet in prima facie Pauli apostoli statuta brevia numero XV et hinc communia Petri et Pauli alia XV. In ep. 275 col. 363 il Traversari, descrivendo lo stesso codice, parla invece di prima frons libri (statim... in prima fronte libri eminent statuta Petri et Pauli apostolorum nomine inscripta). L'espressione f r o n s l i b r i in età classica indicava il margine superiore e inferiore del rotolo (Birt 67 e 365; cf. dello stesso Die Buchrolle in der Kunst, Leipzig 1907, 236; Thes. /. L. VI 1362, 84; Arns III) o anche il principio del libro (Ov. tristo I, 7, 33 sex versus in prima fronte libelli / si praeponendos esse putabis; Thes. l. L. VI 1363, ross.). In età umanistica è usata spesso a indicare !'iniziodel libro: Poliziano ep. II, 6 p. 334 sed vitiosas deprehendi syllabas inquis in nostris versibus. Rogo quas? An eas forte dices quas in fronte ipsa statim, sicut alia errata librariorum, collegimus? (allusione ai due foglietti di Emetldationes ai Miscellanea che il Poliziano fece stampare in un secondo tempo;. vd. Perosa nr. 29-30); II, 25 p. 362 quod et hoc pulcherrimum in fronte libr; Graecum epigramma ostendit; Iacopo Antiquario in Poliziano ep. 6, IO p. 186 (a Marsilio Ficino) libros quos graveis et copiosos de vita nuper dedisti accepi. Prima eorum frons et indicium plurimum invitarunt ut capita decurrerem; E. Barbaro cast. Plin. c. a2V sunt et alia quae praefari nos oporteret, sed ea in calcem operis ex industria contulimus, ne in fronte posita modult1 excederent.
l a tu s 'pagina' si incontra fuori dell'ambito umamstlco. Gli esempi sono stati raccolti dal Lehmann, Blatter 43 (cf. anche Wattenbach 187): per uno di questi, un passo di una lettera di Vespasiano scritta per lui da Donato Acciaiuoli vd. p. 196. c o l u m n a, c o l u m n e Il a : anche di questi termini il LehL cf. Hier. praef. vulg. Iob ex Hebraeis exemplaribus: habeallt qui vollmt veteres libros ve! itl membranis purpureis auro argentoque Jescriptos, vel uncialibus, u t v u I g o a i u n t, litteris, onera magis exarata quam coJices.
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mann (Blà'tter 7 e 5ISS.) ha tracciato la storia: la riassumo qui brevemente. Mentre nell'antichità le espressioni usuali per 'colonna' di scrittura erano pagina, paginula, pagella, columna deve essersi introdotto assai tardi: il Thesaurus non ne reca alcun esempio, ma ce ne sono due di columella, entrambi di Rufmo (Thes. l. L. III 1735, 46ss.). Columna diviene frequente dal XIII sec. in poi (l'età gotica ama la disposizione del testo su due colonne). In età umanistica columna (columnella) è termine usuale per , colonna' di scrittura. Abbreviato col. compare spesso nei rinvii che il Petrarca annota sui margini dei suoi libri; come abbiamo detto, egli numera da uno a quattro le colonne di ciascuna carta: nota al Paris. 5816 dell'Rist. Aug., c. 7r post, proximo c. col. 3" in medio (Nolhac II 54); nota al Paris. 5690, c. 188r (Liv. 22, 49, 15)
huic tamen coniecture obstat quod est infra, prope finem libri huius, antepenult. col. in principio (Nolhac II 28 n. 2); cf. anche le postille citate a p. 29s. Guarino ep. 141, 29 (vd. p. 55); Poggio ep. 3, 17 p. 217 in tuo Cornelio deficiunt plures chartae. .. et in decade integra columnella; P. C. Decembrio, descrizione dell'Hersfeidensis di Tacito: opus est foliorum XII in columnellis (Sabbadini, Storia 205). Nell'inv. Mansueti è usato il termine columna (I, 2, IO, 25, 26 ecc.), in quello della biblioteca viscontea colognellus: 864 in versibus et duobus colognellis; 874; 877; 884 scriptus ad duos colognellos; 886 de duobus colognellis. FASCICOLO
Gli umamstl usano indifferentemente i termini quaternio, quaternus, quinternio, quinternus e sexternus nel senso di 'fascicolo', , quaderno', senza necessario riferimento al numero dei fogli: ad es. Poggio, parlando di un fascicolo di antiche epigrafi da lui trovato in Germania 1, lo chiama una volta quaternio (ep. IO, 16 p. 35 cito a p. «), un'altra quinternio (ep. IO, 17 p. 38 cito a p. 46); il Traversari lo indica con quaternio (ep. 393 col. 512 cito a p. 126s.); in misc. I 25 il Poliziano con paginarum decuria (= quinterno) si riferisce a un quaterno (vd. p. 37). Lo stesso uso generico di questi termini si riscontra anche fuori dell'ambito umanistico, ad es. nel-
I.
G. B. De Rossi, Inscr. Christ. urbis Romae II
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l'inv. Visconti: 764 quinterni duo quorum primus est Jòliorum quinque et secundus Jòliorum trium; 352 et in ipso volumine est unus quaternus in papiro (= Paris. lat. 4969: il fascicolo cartaceo qui chiamato quaternus è un senione); 804 Iosephus hystoriographus non ligatus sexternorum decem et Joliorum duorum (= Paris. lat. 1615 composto di dieci fascicoli irregolari - quaternioni, quinioni e senioni - e di un binione) 1. I termini quinternio (-nus) e quaternio (-nus) compaiono frequentemente nelle ordinazioni di pergamena. La pergamena poteva essere venduta in pezzi, in pelli o in quaterni (Wattenbach 129): in questi casi, trattandosi di commercio, il numero di fogli ha importanza e i termini avranno significato meno generico. Poggio ep. 2, 23 p. ISO cupio habere ... membranas, quaterniones XX mensurae Jolii 2; 2, 26 p. 153 egomet autem perquisivi hic membranas et ad XIIII quaterniones confeci . . , Viginti vero alios quaterniones etiam mittas volo; 2, 36 p. 171 ex VIIII quaternionibus nullum volumen potest confici; vellem alios novem aut decem; 2, 33 p. 165 cura . .. ut habeam reliquas (se. membranas) pro Verrinis ... [tem perfice quinterniones quos paulo antea scripsi nec adeo sis molestus opijìcibus illis ut tecum irascantur. Excedant paulum communem pulchritudinem et id satis est mihi, postquam nequit aliter fieri; 3, l p. 187 cura ut habeam Agellium et XX quinterniones membranarum ad mensuram Jolii; Guarino ep. 423, 9 (vd. p. 52). Il libro veniva scritto sui fogli sciolti e legato solo alla fine (vd. p. 64); a volte anche il modello non era legato e i fascicoli venivano distribuiti fra più copisti che lavoravano contemporaneamente alla copia (vd. p. 196). L'uso di segnare i cosiddetti 'richiami' alla fine di ogni fasci-
I. Qualche volta però le indicazioni dell'inventario corrispondono più esattamente alla reale struttura del codice: inv. Visconti 908 quaterni quatuordecim (= Paris. fr. 343, composto in effetti di quattordici quaternioni); 823 Aristote1es de animalibus ... in sexternis XXIII (= Pans. lat. 6789, 23 senioni). 2. Quaterniones XX viene ad essere un'apposizione di membranas: più normale sarebbe stato membranarum quaterniones come in ep. 3, I p. 187 cura ut habeam . .. XX quinterniones membranarum ad mensuram folii. 120 quaterni di ep. 2, 23, secondo l'Ullman, potevano esser chiesti per le Verrine della cui trascrizione Poggio si stava allora occupando e in effetti il Riccard. 499 delle Verrine, a lui appartenuto" ha 165 carte, solo 5 più di 20 quaterni, anche se in realtà è scritto su 16 quinterni e parte di un quaterno (Ullman, Origin 39).
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colo è ricordato dal Poliziano, che vi cerca la spiegazione di una. corruttela: mise. II I, 21 quod autem bis paucula illa quae diximus verba reperimus, causam puto hanc esse, quod imperitus ille librarius etiam illa quae singulis paginarum decuriis veluti signa consequentium subscribi solent in contextum ipsum recepit orationis. Nell'uso dell'uno o dell'altro termine ad indicare i fascicoli del codice le preferenze variano da umanista a umanista: il Salutati usa quaternio, quaternus e il diminutivo quaternulus; nel suo epistolarionon compaiono mai invece i termini quinternio, quinternus. Poggiousa più spesso quaternio, ma anche quinternio. Nell'epistolario di Guarino compaiono solo quinternio e quinternus, nel Traversari qua-o ternio e quinternio, nell'Aurispa quinternio. A. Decembrio afferma che a quaternio e quinternio, che propriamente sono termini militari, vanno preferiti quaternus e quinternus: polito 27 c. 66v quaternio et quinternio propriae vetustaeque militares sunt appellationes, non volurninum seu libellorum, qui melius pro communi usu quaterni quinterniquedicuntur (l'affermazione è posta sulla bocca di Guarino, ma non trova riscontro nell'uso di questo). Il Poliziano evita l'uso di quinternio perché non testimoniato nel latino classico e ricorre all'espressione paginanun decuria. q u a t e r n i o: compare per la prima volta nell' Edictum de pretiis di Diocleziano (301 d. C.). Già nella tarda antichità può indicare anche solo l'unione di più fogli, senza riferimento al numero: nell'Orosio Laur. 65, I (sec. VI) il copista ha annotato al quat. XVI: iste quaternio quinque folia habet. Nel medioevo ci sono anche esempi di quaternio per un intero manoscritto o per un solo foglio (Wattenbach 178; K. Preisendanz, RE. XXIV I, 848,5ss.). Salutati ep. III p. 5 I I reminisci debes . .. qualiter tecum conquestus sum unum epistolarum mearum quaternionem michi fuisse scelere furtivo subtractum; III p. 514; Poggio ep. 2, 5 p. 94 redditi sunt libri . .. et item quaterniOtleS tui; 2, 23 p. ISO (vd. p. 43); 2, 26 p. 153 (vd. p. 43); 2, 34 p. 16~ (vd. p. 182); 2, 36 p. 171 vellem ut illae (sc. membranae) quae sunt ad modurn jOlii essent plures j nam ex VIIII quaternionibus nullum volumen potest confici j vellem alios novem aut decern; 3, 38 p. 286 (vd.. p. 53); 6, 7 p. 97 (vd. p. 68); IO, 16 p. 35 unum... tantum quaternionem haud magnum abiectum neglectumque repperi apud Cermanos (cf. p. 42); Traversari ep. 305 col. 396 Cregorii Nazianzeni vitam ut Craecam haberem cardinalis S. Angeli ficit diligentia: erat enim in illo Cincii volumine quod ex Crypta Ferrata acceperat, post opera ipsius:
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Cregorii duosque quaterniones ad me misit solutos ex volumine, in quibus ipsa vita habebatur; 379 col. 492 quaternionem quoque epistolarum nostrarum Parentis nostri manu et alium manu nostra breviorem quaeso ut mittas; 390 col. 508 (cf. p. 141) quaternionibus in fine vix eonsistentibus; 393 col. 512 (vd. p. 126); 501 col. 618 (vd. p. 54). q u a t e r n u s : sembra essersi introdotto nell'uso più tardi di .quaternio (Wattenbach 177). Ne ho trovato esempi solo nel Salutati: ep. I p. 253 cum sciam dominum Franciseum post primam editionem Africam in unum quaternum reduxisse; II p. 471 (vd. p. 32 e 339); III p. 514. Il Salutati usa anche qu a t e r n u l u s: ep. I p. 252legi totum .carmen (1'Africa del Petrarca) quod michi undecim quaternulis transmisisti; II p. 357 ex quo te rogatum velim ut exemplatos (' trascritti ') .quaternulos colligas; IV p. 38. q u i n t e r n i o : non compare prima del medioevo (Du Cange s. v.). Nel latino umanistico è molto frequente, ma il Poliziano lo evita perché non classico e gli sostituisce la ricercata espressione paginarum decuria 1: mise. I 25 p. 557 (vd. p. 37); II I, 20 (vd. più oltre). Nel primo caso si trattava in realtà di un quaterno ed anche nel secondo il termine vale genericamente 'fascicolo': quindi neppure questa espressione va presa come precisa indicazione di un fascicolo di dieci fogli (per pagina 'foglio' nell'uso del Poliziano vd. p. 37), ma, al pari di quinternio, ch'essa sostituisce, indica un , fascicolo', quale che sia il numero dei bifolii di cui si compone. Il Poliziano ammette tuttavia, pur giudicandolo 'audace', anche l'uso di quinternio sul modello di quaternio che è attestato in uno scrittore elegante come S. Girolamo: mise. III, 20 transpositis a bibliopola paginarum decuriis, quas etiam vocare quinterniones audacter possis, siquidem etiam quaterniones usurpavit Hieronymus 2, homo non in vita Demria per 'quintemo, fascicolo' compare anche in una lettera di EuScutario al Merula neU'ediz. di Plauto, Venetiis 1495 (H I307S), c. F4V: expunximus haud paucos errores et quasi spongia delevimus, quos operarii dormitantes et mancipes inmriosi commiserant j qui non tantum faIsas dictiones pro veris dum pommt praevaricati culpam commernere, sed et paginas extra regiones suas et chartas in alias dcalTias perverse translatas inseruerant, ut iam omnia essent confusa, ne dicam contaminata. 2. I lessici non registrano esempi di quatemio come termine librario in S. Girolamo: ho anche consultato lo schedario del Thesaurus col gentile aiuto di una redattrice, la Dr. Keudel, che qui ringrazio. Quatemio 'fascicolo' è testimoniato in età tarda, ad es. in Rufm. apol. adv. Hier. 2, IO (PL. 21, 59IC); Mar. Merc. Cyr. ep. clero 4 (PL. 4S, SuB); Cassiod. inst. div. 2, 12; Ven. Fott. Mart. praef. I 4. 1.
~ebio
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sanctior quam in scriptis politior. E difatti il Poliziano usa una volta. quinternio, tuttavia non in uno scritto destinato al pubblico, ma. in una nota ad uso personale nella collazione del codice fiorentino delle Pandette: primum volumen Pandectarum continet libros XXVIIII:
a xxxmo incipit secundum. Sed ante trigesimum est quinternio qui, ut mihi videtur, statui debuit imprincipio. Sed haec puto bibliopolae culpa (Maier 342). Guarino ep. 248, 24 eum commoneJacito ut mihi quinternionem quendam mittat Academici fragmenti quod illi diu misi; volo enim una cum reliquis librum unum facere; 258, 6 (vd. p. 52S.); 316,31 habel> volumen quorundam Ciceronis opusculorum, in quibus Academica sunt; nescio qua pacto unus evanuit quinternio, dum totiens agitare supellectileln compulsus sum; 318, IO quosdam ex eo (sc. Firmico) quinterniones ad te volitare faciam; quidam enim transcribi facit manu periti librarii; 319, 2aliquos accepi a te quinterniones Epistularum Plinii; 320, 15 cras prima luce curram in urbem ut extorqueam illum Firmici quinternionem; 408, 6 expectabam ut librarius absolutas redderet Epistolas tuas, quibus desunt quinterniones tres ut ad portum tandem perducat; 423, 9 (vd. p. 52)~ 510, 25 (vd. p. 196 n. I); 879, 8 (invia al Tortelli alcuni quinterni della traduzione di Strabone) quia vero librarius oblitus est ultima.
postremi quinternionis verba, quem ante misi, rogo ne sit molestum annotari ea facere, ut librarius coeptum prosequatur scriptum; 880, 2 mittl> ecce quinterniones tres (della traduzione di Strabone); Aurispa ep. 17 p. 27 opus grande non est, sed solum quinterniones tres; Poggio ep. 2, 33 p. 165 (vd. p. 43); 3, I, p. 187 (vd. p. 43); IO, 17 p. 38 unicus parvus est quinternio quem inter pulveres repertum in manicas conieci cum libros quaererem apud Alamanos (cf. p. 42); Traversari ep. 151 col. 210 quinterniones duos alios scriptos de VI synodo mitto ei (ad Eugenio IV) offerendos. SUltt autem modo apud vos octo; 274 col. 361 duodecim quinterniones ex eis (sc. Vitis Patrum) transcripsi; 414 col. 533 Antonio dedi quinterniones duos, in quibus homiliae quinque continentur Chrysostomi a me inter tlegocia nostra traductae in epistolam ad Timotheum primam: eas ceteris copulato: si tratta di due fascicoli dell'attuale Conv. soppr. I VI 6 (già S. Marco 574) della Nazionale di Firenze, il primo di cinque bifolii, il secondo di tre (vd. A. Sottili, « Rinascimento» 16, 1965, 9s.); ciò conferma il valore generico di quinternio; Valla Consto don. 66 p. 58 quinternio habet folia dena. q u i n t e r n u s : come quinternio non antico, ma attestato nel medioevo (Du Cange s. v.). Ne ho trovato esempi solo in Guarino: ep. 89, 32 de membranis quid scribam Diano nostro nescio, nisi pritls
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quid desit intellexero; tune enim seribendi materia erit, cum de.ficientium quinternorum numerum didieero (si tratta probabilmente di ordinazione di pergamena); 365, 4 gratum est quod de ta(bula in A. Gellium) quinternum factum esse seribis; 514, 3 e 8 libenter quinternos omnes eollegissem . .. Ipsos quinternos in unum eolligam (si tratta dei fascicoli di un codice che aveva distribuito fra più copisti; cf. p. 196 n. 1); 621, 42 quinternos illos quinque retinebo; 654, 5 ecce primum Epistularum quinternum; 879, 4 ecce mitto partem alteram Strabonis (la sua traduzione) ... ; eum in praesentia quinternos supra quatuor mittam, sunt apud me supra octo; 888, 16 (vd. p. 250s.). s e x t e r n u s : Du Cange s. v. e Wattenbach 179 per il medioevo. Traversari ep. 167 col. 225 (vd. p. 20).
FORMATO
I due termini tecnici per ' formato' in uso nel latino umanistico così come negli inventari dell'epoca 1 sono volumen (più frequente) e forma, cui si accompagnano aggettivi come magnus, mediocris, parvus, longus e simili. In qualche caso, quando i codici descritti sono identificabili, si può vedere a quali dimensioni effettive corrispondano queste indicazioni. Faccio seguire un piccolo elenco di indicazioni di formato e delle corrispondenti dimensioni basato sui due inventari da me esaminati 2 :
voI u m e n In agnu In (fo r In a In ag n a ): inv. Visconti: 203 = Par. lat. 7323, mm. 452 X 315; 284 = forse Cod. Astensis, 435 X 305; 494 = Par. lat. 1989, 600 X 390; 546 = Par. lat. 2219, 535 X 255. Si oscilla dunque tra un massimo di 600 X 390 e un minimo di 435 X 305. inv. Mansueti: 6 = Roma, arch. di S. Maria sopra Minerva, 330 X 240; 46 = codice in vendita presso J. Rosenthal, 480 X 290; 47 = Perugia, Bibi. com. 1049 (N I), 404 X 292; 369 = Per., Bibl. com. N. F. 46, 430 X 275. Si va da 480 X 290 a 330 X 240. 1. Per la terminologia degli inventari del xv sec. relativa al formato vd. Paoli II 95s. 2. Per l'inv. Mansueti l'editore stesso indica le dimensioni dei codici identificati. Non così la Pellegrin: quindi dell'inv. Visconti ho potuto utilizzare solo i dati relativi a codici di fondi per i quali esistono cataloghi a stampa che forniscono le dimensioni.
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volumen mediocre (forma mcdiocris): inv. Visconti: Par. lat. 2066. 380 X 250; 501 = Par. lat. 165'). 320 X 230; 509 = Par. lat. 2103. 245 X 165; 513 = Par. lat. 2104. 300 X 210; 524 = Par. lat. 1727. 330 X 210; 526 = Par. lat. 1757. 290 X 210; 539 = Par. lat. 2540, 320 X 215; 544 = Par. lat. 225 2 , 3 IO X 2°5; 588 = Par. lat. 3271, 305 X 215; 59 1 = Par. lat. 147, 335 X 240; 593 = Par. lat. 390, 340 X 220; 599 = Par. lat. 18°3, 320 X 220; 682 = Par. lat. 3302, 305 X 215; 684 = Par. lat. 411, 320 X 215; 685 = Par. lat. 426, 290 X 215; 725 = Par. lat. 3236 A, 345 X 240; 744 = Par. lat. 2591, 305 X 190; 417 = Par. lat. 1566, 245 X 170; 665 = Par. lat. 2322, 250 X 170; 690 = Par. lat. 2151, 275 X 185. Si va da un massimo di 380 X 250 a un minimo di 166
=
245 X 16 5.
inv. Mansueti: I = Perugia, Bibl. com. N. F. 22, 311 X 210; 57 = Per., Bibl. com. 273 (E 20), 255 X 190; 71 = Vat. Ross. 166, 276 X 173; 166 = Per., Bibl. com. 996 (M 19), 294 X 219; 200 = Per., Bibl. com. 1077 (N 28), 281 X 193; 202 = Per.• Bibl. com. I071 (N 22), 270 X 180; 236 = Per., BibL com. 1173 (N 124). 254 X 180; 280 = Barb. lat. 2743. 335 X 240; 307 = Per.. Bibl. com. 57 (B I). 288 X 2°5; 426 = Per., Bibl. com. 1054 (N 6), 333 X 235. Si va da un massimo di 335 X 240 a un minimo di 254 X 180. volumen parvllm (forma parva): inv. Visconti: 70= Par. lat. 2923. 230 X 160; 273 = Par. lat. 1142. 225 X 185; 664 = Par. lato 2323. 250 X IS0; 674 = Par. lat. 627. 260 X 165; 676 = Par. lat. 16 36, 245 X 155; 722 = Par. lat. 651, 220 X 135; 733 = Par. lat. 2494. 250 X 155; 739 = Par. lat. 2867, 175 X f20. Si va da un massimo di 260 X 165 a un minimo di 175 X 120. inv. Mansueti: 34 = Vat. lat. 8121, 223 X 158; 59 = Perugia. J3ibL com. 1002 (M 25), 235 X 173; 120 = Per., Bibl. com. 681 (I 75), 190 X 135. Si va da un massimo di 235 X 173 a un minimo di 190 X 135. Nell'inv. Mansueti un volumen valdc parvum misura mm. 162 X II5 (174 = Vat. lat. 10277).
Da pergamene troppo grandi Poggio ricava, rifllando i margini, un mediocre volumen: mm. 370 X 260 (vd. p. 53). Nella fabbricazione della carta il formato è determinato dalle dimensioni della forma con cui il foglio viene prodotto, chiamata appunto forma (vd. ad es. Grapaldo 2, 9 c. 04v cito a p. 18), e varia a seconda dell'epoca e dei bisogni. Per l'Italia una preziosa epigrafe non datata, ma forse della seconda metà o della fme del sec. XIV, ci fa conoscere i formati delle carte prodotte a Bologna: 'imperialle' mm. 740 X 500; 'realle' 615 X 445; 'meçane' 515 X 345;
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~ reçute' 450 X 3I 5 (Briquet 2). Questi formati si ritrovano ancora nel 1579 nella tariffa della Gabella grossa di Bologna (Briqu€t 4). I formati 'reale' e 'imperiale' sono ricordati dal Grapaldo, che identifica il primo con l'antica ·charta Claudia e ci testimonia che il secondo era il formato usato per i grandi corali da chiesa: 2, 9 c. 04v regalis (sc. charta) magnitudine reliquas apud nos antecelIit, unde nomen sortitur, olim Claudia appellata (cf. Plin. nato 13, 79s.). At Bononiae regali maior est imperialis, libris templorum ad musicam idonea 1. Il formato 'mezzano bolognese', che compare nell'inventario del patrimonio mediceo compilato alla morte del Magnifico (Piccolomini, app. IV I « uno libro schritto in carta pechora, in penna, mezano bolognese »), è ricordato anche dal Poliziano in un passo, successivamente cancellato, di misc. II I, 20, dove dice che le paginae di un suo codice o incunabolo di Cic. nato deor. sono medianae bononienses. Il formato 'reale' e il 'mezzano' o 'comune' sono i più diffusi nei primordi della stampa (Haebler 39). Essi compaiono frequentemente negli inventari sia per codici che per opere stampate: Piccolomini, inv. 22 liber qui inscribitur Dogmatica panoplia, in volumine reali, in papyro; inv. 44 Antonii Sabellici historia rerum Venetarum, impressa, in papiro, in volumine reali et viridi; inv. 70 tertia pars Thome Valdrensis in menbranis, in magno volumine reali (questo esempio dimostra che le indicazioni di formato nate per la carta venivano applicate anche alla pergamena); app. IV 100 « uno libro in foglio reale, di carta bambagina et in forma») (= a stampa). Il formato , reale' compare anche nel latino di un'epistola del Ficino, ma l'umanista si sforza di nobilitare il termine, che gli appariva evidentemente poco 'classico', e, certo sotto l'influsso dellt chartae regiae di CatulI. 22, 6 e giocando sul precedente regi, lo trasforma in volumen regium: op. 896, I (presso Kristeller I p. CLXX) Philippus Valor Plotini textus Commentariaque regi transcribit volumine regio; quinterniones iam tres atque triginta grandes sunt absoluti. Il grandes conferma trattarsi di un formato superiore alla media. o
o.
lo In una lettera di Michael Humme1berger a Dietrich Ungelter di Ulm (Ravensburg, 18 giugno 1518), pubblicata da A. Horawitz, « Wieno Sitzo-Ber. », phil. - histo Cl. 89, 1878, I07s., si legge: o' o nec passim extare tales formas, quas imperia/es vocant, putarim, nisi forsan Bononiae, ubi pro libris temp/orum ad musicas notas inscribendas hieraticam chartam (cf. Plino nato 13, 74) faciunt. 4
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Formato • comune': inv. Mansueti I in volumine mediochri, satis magno et alto... Est autem ad mensuram quasi folii communis, sea aliquantulum longior (oggi a Perugia, Bibl. com. N. F. 22, mm. 310 X 210); 21 in volumine mediochri, paulo maiore quam communefolium (= H *5036, mm. 330 X 225); 27 in volumine mediochri~ quasi ad mensuramfolii communis aut paulo maiori (= H *10010, mm. 280 X 200); 28 in volumine mediochri quasi ad mensuram folii communis aut paulo amplius (= H *3004, mm. 335 X 225); 55 in voluminemediochri quasi ad mensuram folii communis (= H *6726, mm. 250 X 190); 67 in volumine mediochri, quasi ad mensuram folii communis (= H 5879, mm. 375 X 200); 166 in volumine mediochri, ad mensuram folii communis (= Perugia, Bibl. com. 996 (M 19), mm. 295 X 220)~ cf. anche 13, 30, 52, 53, 54, 142. Queste indicazioni sono evidentemente assai approssimative: se per l'autore dell'inventario un formato di 295 X 220 equivale al folium commune, tuttavia quasi" ad mensuram folii communis è anche 250 X 190, il che può spiegare il fatto abbastanza strano che uguale o poco maggiore gli potesse sembrare 280 X 200. Quanto siano soggettive queste valutazioni dimostra inv. Visconti 495 Augustini prima pars expositionis superPsalterio voluminis communis (= Paris. lat. 1994, mm. 390 X 270). Si trova negli inventari come indicazione di formato anche il solo folium non accompagnato da nessun aggettivo: Piccolomini, inv. 695 Sophoclis Aiax Mastigophoris (sic) et Electra simul, in papyro . .. in volumine folii; cf. anche inv. 696, 701 ecc. Il folium è indicazione di formato anche nell' espressione membranae ad mensuram (modum) folii o mensurae folii (cf. inv. Mansueti 53, 55, 67 quasi ad mensuram folii communis) frequentissima nell'epistolario di Poggio. in ordinazioni di pergamena; essa ricalca con tutta probabilità qualche espressione volgare: ep. 2, 23 p. 150 (vd. p. 43); 2, 26 p. 15J (vd. p. 53); 2, 27 p. 155; 2, 36 p. 171 (vd. p. 44); 3, 1 p. 187 (vd. p. 43). Le pergamene ad mensuram folii richieste nelle prime tre lettere dovevano servire per le Verrine e nella terza Poggio manifesta l'intenzione di trascrivere su pergamene dello stesso formato le Tusculanae e il De fini bus in un volume e le Epistulae ad Atticum in un altro. In ep. 2, 36 p. 171 ha ricevuto dal Niccoli un lotto di pergamene di dimensioni leggermente superiori a quelle avute in precedenza; le metterà dunque da parte e porterà a termine la trascrizione delle Verrine, già iniziata, usando altre pergamene acquistate a Roma (vd. Ul1man, Origin 38s.). Secondo l'ullman (Origin 38s. e 44), il
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SI
codice delle Verrine è ora il Riccard. 499, quello delle Ep. ad Att. per cui Poggio chiedeva pergamene in ep. 2, 27 p. 155 il Laur. 49, 24. I due codici misurano rispettivamente mm. 285 X 190 e 290 X 215. Con tutte le riserve sulle effettive vicende delle pergamene ordinate da Poggio, si può notare che queste misure rientrano pressappoco nell'ambito della forma mediocris. Un altro sistema per indicare le dimensioni del libro, che avrà in seguito larghissima diffusione, è già in uso in inventari del quattrocento, cioè quello che fa riferimento alle plicature del foglio: nel volume' in-folio' il foglio è piegato una sola volta a formare il bifolio del fascicolo (Piccolomini, app. IV 101 «uno libro in foglio bambagino ... in forma (= a stampa))) e 102; a. 1492); il volume è invece 'in quarto' se il foglio è stato piegato due volte, e così via: Piccolomini, doc. XXVIII 2 P(apyrus). Eurypidis quaedam, Hesiodi, Pindari et Theocriti, in 4° folio (a. 1510); inv. 694 Odyssea Homeri, in papyro, volumine 4.; folii, (a. 1496), ecc.; inv. Mansueti 134 in volumine parvo, ad mensuram quarti folii communis (cf. anche 135). Nell'inv. Mansueti il folium commune è un volumen mediochre, cioè corrisponde al formato medio, mentre il quarto del folium commune è un volumen parvum, cioè corrisponde al piccolo formato; tuttavia il nr. I I è detto in volumine mediochri... ad mensuram quasi quarte partis folii communis. Va tuttavia sottolineato che l'attuale sistema di formare i fascicoli del libro mediante plicature del foglio dopo aver stampato sulle due facciate del foglio intero le pagine del libro (due, quattro, otto, a seconda del formato che si vuole successivamente ottenere) si introduce solo verso la fine del quattrocento. Prima, anche negli incunaboli, i fascicoli erano formati, come nei codici, da fogli piegati in due e inseriti uno dentro l'altro a formare quaterni, quinterni ecc. Quindi si stampavano sempre solo due facciate alla volta e ciò rallentava notevolmente il procedimento. Tuttavia, quando si voleva ottenere un formato più piccolo, il foglio prodotto dalle cartiere veniva tagliato a metà nel senso della larghezza e le due metà venivano poi piegate a formare il bifolio del fascicolo; per avere un formato più piccolo ancora, il foglio veniva tagliato nel senso della larghezza e poi dell'altezza ed erano i quarti di foglio ad essere piegati. Si poteva così parlare ugualmente di in-folio, in-4°, in-8'" ecc., anche se il procedimento era diverso da quello attuale. Su tutto questo vd. Ch. Mortet, Le format des livres. Notions pratiques suivies
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de recherches historiques, Paris 1925, 33ss. Il Mortet cita come esempio più antico delle espressioni 'in-folio', 'in-4°' ecc. un catalogo pubblicato a Venezia nel 1541 da Aldo Manuzio il Giovane e ritiene che tali espressioni siano nate solo dopo che si era introdotto, negli ultimi anni del quattrocento, il moderno sistema di formare i fascicoli mediante plicature del foglio. Esse proverrebbero dal1inguaggio dei tipografi. Dagli esempi da me recati (i più antichi sono ne1l'inv. Mansueti, 1474-78) appare che la loro introduzione è molto più antica e forse anteriore al diffondersi dell'attuale sistema di plicatura del foglio. Si noti infine che tali espressioni sono applicate sia a incunaboli che a manoscritti, sia a libri su carta che a libri su pergamena. voI u m e n : accanto al più normale e diffuso significato di , libro, codice " assume spesso, specie negli inventari 1, il significato di 'formato', tanto che si può giungere ad espressioni come inv. Visconti 372 plurimi libri valde pelegrini in uno volumine mediocris voI u m i n i s 2 « in un solo tomo di formato medio ». Per questo significato di volumen vd. anche Paoli II 94S. L'uso di volumen in questo significato non classico 3 è abbastanza frequente negli scritti di quegli umanisti che non hanno eccessive preoccupazioni classicheggianti: Guarino ep. 423, IO cupio... ut chartas illas ex Florentia ad vos Bononiam delatas diligenter inspicias, earum genus mihi nunties, mensuram et quinternionum numerunt. Id mihi erit gratissimum; nam si sunt voI u m i n i s (minoris) , ut spero, fortassis partem Bononiae tibi dimittam, qui mihi volumen quoddam transcribendum cures. Dopo voluminis ci vuole un aggettivo di grandezza, ma non mi sembra che l'integrazione minoris del Sabbadini sia più giustificata di un'altra qualsiasi (mediocris, parvi, magni ecc.). Ibid. 258, 6 chartae ut parentur ad volumen transcribendum curabis... Ibis
L Ne abbiamo già citati parecchi esempi. Naturalmente volumen non è voce così specializzata come il nostro 'formato ' e può ricevere talvolta anche aggettivazioni riferentisi ad altre qualità materiali del libro: inv. Visconti 16 mediocris voluminis (operti corio rubeo; inv. Mansueti 97 in volumine parvo, sedgrosso (spessore); Piccolomini, inv. 44 in volumine reali et viridi ecc. 2. Qui e altrove volumen compare nello stesso contesto in due significati: ho messo in rilievo con la spazieggiatura quello di cui ci occupiamo. 3. Non è escluso che si fraintendessero espressioni come GelI. 14, 6, 1 dat mihi librum grandi volumine.
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ergo ad Franciscum chartarium et ad huius voI u m i n i s spatium octo quinterniones fieri facito: evidentemente Guarino, come Poggio (vd. p. 54), aveva accluso un foglio delle dimensioni volute e perciò scrive « fa' fare otto quinterni di questo formato ». Aurispa ep. 94 p. II7 est hic Martialis pulcherrimus, voluminis parvi; allo stesso modo si dovrà intendere volumen in ep. 7 p. 14 in Plutarcho sunt Parallela omnia et liber est correctissimus et volumen magnum. Poggio ep. p. 305 Wilm. ego commendo diligentiam tuam quam sumpsisti in parandis membranis . .. neque questus sum de precio, sed dixi voI u m e n (' formato ') videri mihi maiusculum. Ponere duas decades simul non placet mihi. Nam quo latiora erunt spatia (' margini '), eo maius volumen. Volo singulas decades esse . .. Si quidem iungerentur, esset pondus ineptum et magnitudo inconcinna intractabilisque. Poggio giudica troppo grande il formato delle pergamene procurategli dal Niccoli e respinge la soluzione di mettere insieme due deche lasciando margini ampi da rifilare perché il libro risulterebbe troppo grosso (eo maius voIUluen). Come risolse poi il problema lo apprendiamo da ep. 3, 38 p. 285s. prima et quarta decades ab eodem sunt scriptae: volo separatim cO lligentur ; et cum volumen chartarum sit magnum, volo ut circum amputentur quia spacia (' margini ') consulto}eci latiora, quo ad mediocre volumen (' formato medio') reduci possent: id curandum est in quarta praesertim decade, quae paucioribus quaternionibus continetur. Evidentemente a Poggio spiaceva che il libro avesse un formato troppo grande rispetto allo spessore. La prima e la quarta deca sono contenute nel Vat. lat. 1843 e 1852 che, insieme col 1849 della terza, raccolgono tutto ciò che allora si conosceva di Livio in tre splendidi codici gemelli (cf. p. 33s.). I margini sono pressappoco uguali in tutti e tre i volumi (mm. 87-95 l'inferiore; 31-34 il superiore; 76-78 il laterale esterno; 30-37 il laterale interno) e così pure le dimensioni delle carte (mm. 365-375 X 260-265); dunque l'opera di riduzione raccomandata da Poggio fu eseguita e possiamo assumere che mm. 370 X 260 circa fosse per Poggio un mediocre volumen. Nella stessa lettera, più oltre, Poggio scrive: te rogo ut pares mihi chartas maioris paulo voluminis quam sint eae in quibus sunt prima et quarta decades. Queste lettere ci danno un'idea del gusto raffinato con cui Poggio curava ogni particolare dei libri che si veniva allestendo. Lo stesso ideale di armonia fra spessore e dimensioni del libro si manifesta in ep. 2, 26 p. 153 postulavi a te primo membranas ad mensuram folii; postea cum decrevissem orationes Tullii... tranrcribi, visum
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est mihi maius volumen esse debere pro orationum quwtitate. Petivi ergo et sub alia mensura maiuscula, cuius postea schedam, quam oblitus eram intercludere litteris, ad te misi. Prima aveva chiesto 'membrane in-folio '; successivamente ha deciso di trascrivere le orazioni di Cicerone e, data la loro quantità, gli è parso che il formato dovesse essere maggiore per non avere un libro di spessore sproporzionato; perciò ha chiesto membrane di misura più grande. La scheda era naturalmente un foglio delle dimensioni volute (cf. p. 30S). Ibid. II, I p. S6 Biblia maioris voluminis 1. Traversari ep. 242 col. 317 textum Sententiarum non despero habiturum commodioris voluminis (<< di formato più maneggevole ») pretiique mediocris quam (= magis quam) veneat (veniat ed.) apud vos; 3IS col. 413 volumen aliud, in quo Ptolemaei Musica lib. III cum commento Porphyrii subsequente et Plutarchus De musica, in membranis, brevi aptoque voI u m i n e ; ibid. Gregorii Nazianzeni rariora opera triginta in volumine aptissimo; si noti in questi due esempi voI u m e n a p t u m 'maneggevole', come sopra c o m m o d u m; 398 col. SI7 inquiri facias diligenter an inveniantur Decretales in parvo voi u m i n e. .. rescribasque celeriter adposito pretio et expressa qualitate voluminis (<< del libro »); Sal col. 618 (oratio) non est multum prolixa ut tribus aut quatuor quaternionibus mediocris voluminis capi possit. Ora che abbiamo visto la larga diffusione di quest'uso di volumen nel latino umanistico (e ancor più, al di fuori dell'ambito umanistico, nella terminologia degli inventari), possiamo ritrovarlo in un passo molto noto della celebre fam. 4, I del Petrarca (r. 193ss.): visul1l est michi Conjèssionum Augustini librum, caritatis tue munus, inspicere; quem et conditoris et donatoris in memoriam servo habeoque semper in manibus: pugillare opusculum, perexigui voluminis, sed infinite dulcedinis. Il Fracassetti rende perexigui voluminis con « di piccioletta mole »; ma meglio sarà tradurre: «un libriccino che sta nel pugno, di piccolissimo formato, ma d'infinita dolcezza l>. Per il motivo del libro piccolo, ma di alto contenuto cf. Salutati ep. III
1. Volumen può avere lo stesso significato (ma potrebbe anche essere vo/umen = liber) a proposito della stessa Bibbia in ep. II, 6 p. 63 Bibliam emi XXV aureis ... neque eius voluminis magnitudo me terret; manebit mecum si eam noles. Non chiara l'espressione di ep. 2, 36 p. 171 si aliqllid accidit in manus chartarum pro vo/wnine maiori, eas pro me sumito.
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ss
p. 220S. cito a p. 8; Guarino ep. 458, 39ss. suscipe . .. Aug(ustinu)m De spiritu et anima, pusiIlum quidem corpore, ceterum tantis sublimem viribus, ut « nunc serpat humi, nunc caput attollat in sidera » (cf. Verg. Aen. 4, 177) e una lettera di Cencio Rustici (Bertalot 223) repertus est etiam liber quidam volumine parvus, magnitudine autem eloquentie prudentieque excellentissimus, Lactantius scilicet De utroque homine. f o r m a: usato nel medioevo per 'formato' (Paoli II 94). Frequente nei cataloghi: inv. Visconti 203 Affedol iudiciorum et consiliorum liber forme magne (=Par. lat. 7323, mm. 452 X 315); 417 Cregorius de consuetudine mediocris forme (= Par. lat. 1566, mm. 245 X 170); 665 Isidurus super Genesi mediocris forme (= Par. lat. 2322, mm. 250 X 170); 722 MoraUa cum Epistolis beati Pauli forme parve (= Par. lat. 651, mm. 220 X 135); vd. anche Pellegrin p. 21. Nel latino umanistico: A. Decembrio polito 19 C. 42v illuc ex cmnibus libris Leonellus Salustium attulerat, minima forma compactum; M. Hummelberger, letto cito a p. 49 n. I. Probabilmente è da vedere questo significato tecnico in Guarino ep. 141, 27 voluminis forma in angustum (magis) quam lata, ut eius in paginis ternae tendantur columnae. È la descrizione del perduto codice veronese delle lettere di Plinio. Ho riprodotto il passo come lo stampa il Sabbadini. Ma l'integrazione magis non soddisfa: il senso, a mio avviso, dev'essere proprio il contrario di quello che si ottiene coll'integrazione del Sabbadini: non « il formato del volume è più stretto che largo l>, ma « il formato del volume è così largo che nelle sue pagine trovano posto tre colonne di scrittura »; solo così si giustifica l'ut consecutivo. Guarino è rimasto colpito dalla forma particolare del codice; è raro infatti che un umanista dia indicazioni di questo tipo sul rapporto tra le due dimensioni, larghezza e altezza, di un codice. Doveva essere un codex quadratus, formato tipico soprattutto di codici molto antichi. Angustus è vocabolo appropriato per le dimensioni e in particolare per la larghezza (Thes. 1. L. II 62, 68ss.); è l'opposto di latus (ad es. Cic. ac. 2, 92 magna parva, longa brevia, lata angusta) e Guarino gioca sulla contrapposizione fra i due termini. In angustum è forse rifatto per analogia su espressioni come in longum, in latum ecc. (Thes. l. L. VII I, 746, 79ss.) e significa « dal Iato stretto, nel senso della larghezza ». Fin dall'antichità quam col positivo di un aggettivo poteva sostituire il superlativo (dapprima come esclamazione; più tardi va perduto anche il tono esclamativo: Hofmann-Szantyr 164). Quest'uso compare anche nel latino umani-
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stico 1, sebbene gli umanisti teorici dello stile lo cO'idannino 2. Dunque quam lata = latissima e possiamo tradurre: «il formato del volume dal lato stretto è quanto mai largo ».
MINIATURA
Il libro veniva trascritto sui fogli sciolti e il copista lasciava gli spazi per le iniziali da miniare; quando la trascrizione era terminata si provvedeva alla miniatura e legatura: Poggio ep. 3, 38 p. 285 laetor te habuisse decades meas et Agellium: volo minientur et ligentur: le decadi sono attualmente i Vat. lat. 1843, 1849, 1852 (cf. p. 335.), dalle iniziali elegantemente miniate in oro filettato di rosso su fondo blu a bianchi girari; 4, 17 p. 33 8 ego . . , iam habeo ad centum septuaginta (sc. epistolas Hieronymi), quas mittam ad te, cum redieris Florentiam, miniandas ligandasque; ep. p. 305 Wilm. mittam tibi, cum primum invenero qui diligenter ferant, commentaria Caesaris, quae et miniari facias et ligari. Lo stesso avveniva anche per il libro a stampa: Matteo Bosso in Poliziano ep. 7, 9 p. 205 tum mihi saepe et amice illud suasisti, ut nostra Salutaria gaudia imprimenda proferrem. ,. Impressa itaque sunt et uno veluti partu volumina supra sexcenta in lucem edita sunt; de quibus unum trasmittimus tibi . .. Quoniam vero nullis ornamentis adiunctis, sea qualis duntaxat evasit ab arte, purus et nudus, proficiscitur ad te libellus, L E. S. Piccolomini, Briefw. I p. 359 intuens igitur Eurialum quam sepe transeuntem Lucretia ... ; Panormita in Poeti latini dci Quattroemto, Milano-Napoli 1964, p. 18 (Carmina varia I, 106) ergo vale, et nostro seribis si quando Guarino, I quam salvum nostro nomine redde virum. 2. Valla eleg. I, 17 p. 22 (tit. De • per' et ' quam' cum gradibus) idem . .. ponderi; in eompositione habent ' per' et ' quam " sed alterum positivi proprium est, alterum superlativi. .. neque si quid aliter penes authores reperiatur mihi obesse debet, qui no" legem scribo quasi ntmquam aliter .factum sit, sed quod frequetltissime .factitatum est, praesertim a Marco Tullio Marcoque Fabio j apud quos si quando reperiatur • quam' cum positivo pro • va/de' aut alm superlativo pro • quantum " ausim a.ffirmare mendose scriptul1l ecc.; A. Decembrio polito 29 c. 94v 'per' 'valde' significat et 'quam', sed • quam' vehementius est. Nam 'per' positivis adiungitur, ut •perpulchra dona', • quam' superlativis, 1It' quam pulcherrima' ideoque cum adve.rbiis superlationis sepe-· numero ut 'cures quam studiosissime, quam diligentissime " Nam quod a Virgilio dicitur • quam dives nivei pecoris ql4am lactis abundans' (eel. 2, 20) putant quidam pro sllperlativis intelligi,. alii • quam' pro • qllantutll' simpliciter accipiendum. sicut • tam' et ~ quam' relative eonseruntur.
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illum tu, Roberte, et ornare minio et amicire tegumento curabis, qui es liberalis et dives. Si tratta della prima ediz. del De veris ac salutaribus animi gaudiis di Matteo Bosso di Verona, Florentiae 1491 (H *3672), che presenta, all'inizio del proemio e del dialogo (c. a3r e a5r), gli spazi per le iniziali da miniare. Per gli incunaboli miniati vd. più oltre, p. 69. I passi di Poggio citati appartengono tutti a lettere scritte da Roma al Niccoli; come si faceva venire la pergamena da Firenze (sopra, p. 14), così mandava a Firenze i suoi libri per farli miniare e legare. La rinomanza dei miniatori fiorentini era grande: un bibliofIlo come l'arcivescovo di Milano Bartolomeo della Capra mandava a Firenze un suo codice di Cicerone per farlo miniare (Bruni ep. 2, IO p. 44s., indirizzata al Niccoli; Sabbadini, Storia 40 1): cum igitur volumen habeat predare scriptum orationum Ciceronis contra Verrem et quarundam aliarum invectivarum, cupit ut capita cuiuscunque libri splendore litterarum ornentur atque ea de causa Florentiam transmittit diligentie tue et artificio Sebastiani nostri. Il monastero camaldolese di S. Maria degli Angeli a Firenze era celebre per l'abilità dei suoi monaci nella miniatura (Dini Traversari 34ss., P. D'Ancona, La miniatura fiorentina I 19ss.) e ne abbiamo un vivo riflesso nell'epistolario del Traversari: con l'ep. 235 restituisce a Leonardo Giustinian un codice che quest'ultimo aveva inviato al convento per farlo miniare: col. 309 Mariottus noster mihi libellum abs te detulit, ut pulchre quantum fieri possit in monasterio nostro. .. absolvendum curarem. Equidem. .. tanto id studio volui quanto maximo potui. Sed quum iam dejuncti sint hi qui erant huius operis maxime periti sintque superstites adolescentes qui proficiunt in eo quotidie studio, tuZi moleste satis quod minus quam vellem polite opusculum illud exactum sito Accipies ex me adfectum potius quam rem; nam multum indolui quod ipse huic opificio nunquam operam dedissem,. cupiebam enim ipse mantI mea quod abs te scriptum fuisset ornare extremamque manum adponere. In altre lettere assistiamo a trattative per 1'acquisto di un azzurro di qualità scelta da utilizzare nell'ornamentazione dei codici; il Traversari raccomanda che sia bello il colore e che soprattutto la polvere sia sottilissima: ep. 242 col. 317 (al Giustinian) eupio doceri abs te an sit penes vas eiusce coloris qui azurrttm vulgo dicitur, transmarini scilicet illius optimi, copia L Seguo il testo del Sabbadini. basato sul cod. Arezzo, Bibl. com. 14-5, c. 164-v e notevolmente diverso da quello del Mehus.
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.et quo item veneat (veniat ed.) et 1 quod sit electissimum pretio: quidam .enim ex nostris adolescentibus pro monasterii consuetudine [et] 2 ornandis voluminibus eleganter eo uti didicerunt, vellemque, si fieri posset, ve! unam libram ipsius coloris nobis comparari, antea tamen pretium nobis signifi.cari, quod statim mittendum curabimus; 243 col. 318 (al Giustinian) azurri quod sit lectissimi coloris et eximiae subtilitatis libram unam mitti nobis cupio. Pretium quod ipse scripseris et cui iusseris dabitur. Tu velim id cures diligentius, ut duo ista in illo praecipua sint, coloris gratia atque subtilitas. Paullulum tibi ex nostro mittimus hisce inclusum literis, quod est tenuissimum. Colore tamen quod ab (ad ed.) te mittetur praestare cupimus. Erit curae tuae ut id cautissime deferatur ad nos. Fuere semper in nostro monasterio nec modo quidem desunt qui illo ornandis voluminibus scitissime et venustissime utantur. Est quippe id ministerium otio religioso non indignum. Sul termine' azzurro' vd. Wattenbach 368s.; per la varietà detta 'azzurro oltremarino' si veda l'anonimo trattato De arte illuminandi del XIV sec., che espone anche il modo di macinarlo e renderlo il più possibile sottile 3. Le miniature sono indicate col sostantivo m i n i u m. In età dassica il minio era usato, nell'arte libraria, per i titoli e le rubriche (Thes. l. L. VIII 1026, 83ss.; Ov. tristo I, I, 7 nec titulus minio ... notetur; Plin. nato 33, 122 minium in voluminum quoque scriptura usurpatur). In Traversari ep. 508 col. 622 (vd. p. 62S.) il termine conserva il valore originario, tanto è vero che egli usa come sinonime le espressioni ex minio ed ex rubro (si tratta delle iniziali e titoli rubricati da apporre a un codice delle sue epistole). Ma il termine può avere in età umanistica, come già nel medioevo (Wattenbach 347), significato generico e indicare miniature di qualsiasi tipo, anche figurate, senza più riferimento al colore rosso 4; inv. Mansueti I cum multis miniis inauratis, historiatis et floridis (oggi a Perugia, Bibl. com. N. F. 22); 3 et habet pulcherrimum minium in principio Regum, multis animalibus decoratum; 30 hie liber habet multa minia aurea; 74 eum miniis de auro in principiis librorum (cf. anche 2, 5, 19, I L'et mi sembra da espungere al pari di quello che espungo poco più avanti; il neutro quod sit electissimum si riferirebbe ad azurrum. 2. Per l'espunzione dell'et cf. ep. 243 col. 318 qui ilio ornandis voluminibus . .. utantur, citata subito dopo. 3. L'arte della miniatura nel secolo XIV. Codice della Biblioteca Nazionale di Napoli messo a stampa per cura di D. Saiazaro, Napoli 1877, 19 e 4955. 4. Cf. l'esplicito passo del Grapaldo a proposito di minio cito a p. 61.
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20,23,26, 34, 58,64,90, 125, 130, 153, 181, 185) e Filelfo ep. c. 73V
Satyrarum codex... est pulcherrimus cum litterarum notis tum miniis et operculis. In A. Decembrio polito 3 c. 9V cito a p. 68 le lettere miniate sono indicate con litterarum picturae. I titoli rubricati sono indicati con l i t t e r a r u b e a nell'inv. Visconti: IO incipit in littera rubea: « Publii Virgilii Maronis)) (cf. anche 55); nello stesso inventario si trova anche rubrica (2 et incipit in rubrica: « Ars gramatice)); cf. 7, 79, 89), che però ha attenuato il suo significato originario, perdendo il riferimento al colore rosso, .come dimostrano espressioni del tipo di 136 incipit in rubrica et littera rubea, 823 incipit in rubrica de littera rubea, 833 qui incipit in ruhrica rubea (cf. anche 905 e 928). Per rubrica' titolo' cf. anche Salutati ep. II p. 301 scio quod de Greco in Grecum vulgare et de hoc in Aragonicum Plutarchum De hystoria XXXXVIII ducum et virorum illustrium interpretari feceris; habeo quidem rubricamm maximam partem. Le illustrazioni dei codici son dette f i g u r a e : Salutati ep. II p. 392 librum M. Varronis de mensuris orbis terre . .. , in quo sunt queJam geometrice figure (codice per noi perduto; cf. p. 138); Niccoli €omm. III b (Sabbadini, Storia 8) Iulius Frontinus Ce/so de agrorum qualitate; qui liber est multis figuris Pictus ... Saeculi Fracci (cioè Siculi Placci) de conditionibus agrorum. Opus etiam figuris pictum (il codice gromatico qui descritto è ora il PaI. lat. 1564); Raffaele Maffei da Volterra comm. urh. XXX (presso Mercati 95) mensuras limitesque agrorum nunc actingam ex lui. Frontino et M. Iu. Nypso, quem figuris pulcherrime <Jdnotatum mihi tradidit . . , Angelus Colotius; inv. Visconti 202 Aristatilis philosophia moralis in Galico cum figura unius doctoris in principio hahentis ante se unum librum (= Paris. fr. 204; la miniatura di C. I corrisponde alla descrizione del catalogo); inv. S. Domenico di Perugia (Kaeppeli A 213) item Buccolica, Georgica et Eneidos Virgilii ... cum figuris ornatus; inv. Mansueti 34 in principio Sexti et in prin.cipio Clementinarum sunt pulcherrime figure pape, cardinalium et episcoporum (Vat. lat. 8121; le carte con le figure oggi mancano); 185 .eum miniis inauratis et valde ornatis cum figuris et foliis et florihus. Figura in questi inventari sembra indicare in particolare miniatura con figura umana 1. Sinonimo difigura è p i c t ti r a : Aurispa ep. 7 p. 13 volumen . .. Athenaei Atheniensis mathematici cum picturis instrumentorum . .. ,.
I.
Un esempio di • figurare' per' illustrare' in una lettera del Perotti a Vespa-
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picturae non sunt satis aptae, sed facile intelligi possunt (Vat. gr. II64 di Ateneo meccanico); Traversari ep. 297 col. ~86 Archimedem se habere de instrumentis bellicis et aquaticis cum pictura confessus est. Nell'inv. Visconti compare anche il termine h i s t o r i a tu s, riservato a manoscritti ornati di miniature comportanti una composiziùne con personaggi, scene ecc. (Pellegrin p. 22); cf. anche inv. Mansueti I e 2. Per 'miniare' troviamo usati i due termini m i n i o e i Il u m i n o : il primo è il più diffuso in Italia, il secondo comincia ad affermarsi, fuori d'Italia, a partire dall'XI sec. e si diffonde in Italia nel XIII sec. per influenza francese; Salimbene da Parma, crono p. 262, 23s. Scalia, dice di frate Enrico da Pisa: item sciebat scribere, miniare, quod aliqui illuminare dicunt, pro eo quod ex minio libri illuminantur; cf. Dante Purgo II, 80S. (Paoli II 105, Wattenbach 363ss.). Il Petrarca usa il verbo illuminare in una nota autografa su un foglio di guardia della sua Iliade (Paris. lat. 7880, I; Nolhac II 166) domi scriptus, Patavi ceptus, Ticini perfectus, Mediolani illuminatus et ligatus anno 1369), ma quando si tratta non più di una nota di uso personale, ma dell'elegante latino di una Familiare, introducendo questo termine si preoccupa di aggiungere il significativo inciso ut vulgari verbo utar (vd. p. 40s.):fam. 18, 5, 31 alii, ut vulgari verbo utar, illuminant. Sull'uso che il Petrarca fa di questo termine possono aver influito i suoi lunghi soggiorni in Francia. Il verbo illumino ha un significato del tutto diverso e vicino all'uso classico (Thes. l. L. VII I, 392, 20SS.) nella nota apposta da P. C. Decembrio sul foglio di guardia dell'Odissea del Petrarca (Paris. lat. 7880, 2): F. P. decessit 1374 die 23° Iulii, dum volumen istud illuminaret (Nolhac II 167): il Petrarca è morto mentre era intento a postillare quel codice. Cf. Gasp. Barzizza, letto al Corner in Sabbadini, Storia 82 quaedam. .. l u 111 i n a sel1tentiarum, ubi ve! aliqua obscura essent vel minus anima adversa, collocarem e Guarino ep. 124, 28ss. nam, ut vides, non modo ipsam (sc. pro Archia orationem) emendavi, verum etiam quaedam adieci quasi l u m i n a quibus artis latibuIa i IIII strarentur. Il termine più diffuso in Italia era invece, come abbiamo detto, 'miniare', minio, che dal significato minio tingere che aveva siano (Vespasiano ep. 9, 15) "vorrei sapere se chostì si trovcrrebbe chi potessescrivere et figurare bene quella Geometria et Musica ».
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nell'antichità (Thes. 1. L. VIII 999, 245s.) allarga la sua area semantica fino ad indicare, come minium, ogni sorta di decorazione dei codici, senza più nessun riferimento particolare al colore rosso. La storia del termine è così sintetizzata dal Grapaldo 2, 9 c. 06r: minium quoque in librorum seriptura usurpabatur, a Callia Atheniense primo in argentariis metallis inventum (Plin. nato 33, II3; cf. anche III). Utimur et nos: hine miniari eodiees dieuntur eum litterae in eis maiores non tantum ex illo, sed etiam ex alia materia diversieolores fiunt. È un termine che compare spesso nelle lettere in volgare di Vespasiano da Bisticci (ep. 16, IO; 17, 3 e 8 e 12; 18, 7; 30, 9) e, in latino, nell' epistolario di Poggio, degli umanisti forse il più vicino alla lingua parlata (ep. 3,38 p. 285; 4,17 p. 338; p. 305 Wilm. citt. a p. 56). Anche il Petrarca usa una volta minio in varo 4 (vd. p. 185). Minio e adminio sono termini in uso anche negli inventari: inv. Visconti 310; 808 est totum adminiatum auro; 833 nundum admil1iatus; 850 adminiatus ad modum Parisinum; 918 adminiatus litteris auri; inv. Mansueti 7 litteris valde pulehris et bene miniatis. Si trova anche, nel latino non umanistico, il sostantivo a d m i n i a tu r a : inv. Visconti 93 I eum adminiaturis aliquibus deauratis et aliquibus azuris; 964 eum aliquibus postillis et adminiaturis deauratis; nota all'Ambros. L 91 sup., C. 60v iste liber Rhetorieorum M. T. C. est mei Ambrosii de Crivellis emptus a Bertola de Cuticis pretio f II ultra ligaturam et aminiaturam 1431 (Sabbadini, Storia III). Altri umanisti preferiscono ricorrere per 'miniare' a perifrasi più eleganti e 'classiche'. Il Salutati accenna alle iniziali miniate con queste parole (ep. III p. 572): eum libris quibus. " initiales littere auro diversisque eoloribus adornate sunt; abbiamo già visto orno minio nella lettera di Matteo Bosso, splendore litterarum orno in quella del Bruni (come in illumino, è posto l'accento sullo splendore degli ori e la luminosità dei colori) e il semplice orno (o exorno) nelle lettere del Traversari già citate, cui sono da aggiungere: ep. Luiso 8, 33 fecit aestus molestissimus et imbeeilla valetudo fratris nostri, ne libellus ille Hyeronimi (sic) Contareni illustris viri haetenus sit absolutus (' [mito di trascrivere ') ... Cum absolutus erit, quod prope diem futurum est, eurabimus ut ornetur quam fieri poterit accuratissime, lieet id quidem erit perdiffieile. Namque Baptista diu abest, nee satis scio, cui id munus iniungendum sit; ep. 303 col. 392 libellum Hieronymi Contarini V. cl. fiater noster absolvit. Eum Miehaeli nostro... commendavi, ut peregrinum illud exaeueret ingenium in eo exornando admonens; 305
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col. 396 libellus Hieronymi Contareni 1. " dudum absolutus est ac venustissime ornatus. Dato che il Traversari usa normalmente orno per , miniare', anche in hod. p. 30 traduximus Vitam Chrysostomi Pontificique ornatum volumen obtulimus, si tratterà di un codice di dedica. miniato. Per orno detto della decorazione del manoscritto cf. anche Valla, soscr. al Vat. lat. 1801 della sua traduzione latina di Tucidide ~ nullus {codex)... ve1 scriptus ve1 ornatus est magnificentius; il codice, esemplare di dedica per Niccolò V, è splendidamente miniato. Un codice non ancora decorato è detto i n o r n a t u s in una lettera di Gasp. Barzizza al Landriani (Sabbadini, Storia 84s.) nunc ad te librum nudum ac inornatum mitto. Compare anche il sostantivo o r n atu s in una lettera di Guglielmino Tenaglia (Sabbadini, Storia 292) ~ munus abs te diutius dJlagitatum exhibeo (un codice di Quintiliano), non ea fortasse scripturae ornatusque e1egantia decoratum sicut tua eiusveprincipis cui orator adsistis humanitas celsitudoque expostulat. In Aurispa. ep. 12 p. 20 accepi Oratorem et Brutum, librum tanta diligentia, tanta. cura ornatum, ut iam desperarim 7tpÒC; 't"ò cX.v't"L8wpov. Nam quod donum huic contra comparem? Verum hoc potero: si non ita ornata, rara et forteunica dedam, si allude genericamente all'eleganza del codice. Per ornatus, orno riferiti alla legatura vd. p. 65. Le iniziali miniate o rubricate delle varie sezioni del testo eranO' chiamate nel medioevo litterae capitales (Wattenbach 345, 348, 359s.,. 363, 370, 563) o capitulares (Wattenbach 359, 362) o principales (Wattenbach 363). Gli umanisti le chiamano l i t t e r a e i n i t i al e s (Salutati ep. III p. 572 cito a p. 61), P r i n c i p a l e s (Traversari ep. 502 col. 619 e 508 col. 622 citt. a p. 65 e qui sotto), In a i o re s (Grapaldo 2, 9 c. 06r cito a p. 61). Tutti questi nomi pongono 1'accento sul fatto che si tratta di lettere iniziali, tranne litterae maiores che sottolinea il loro carattere di maiuscole. A conclusione di questo capitolo sulla miniatura gioverà riportare per esteso un passo di una lettera del Traversari in cui l'umanista dà interessanti istruzioni per 1'allestimento di un codice del suo epistolario e in particolare per la disposizione e rubricatura di titoli e· lettere iniziali: ep. 508 col. 622S. epistolarum novarum libros quatuor proxime misimus ad te... Sane volumus ut principiis librorum spatia· maiora sint, ut est solemne, et lineae quinque aut sex ex anteriore parte paginae locum principali literae faciant, singulis autem epistolis {epistolae' L
Conservo 1'oscillazione nella grafia del nome che trovo nel Mehus.
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ed.) lineae duae; namque singulis adponi ex minio 1 principales literas placet, ut illae sunt Beati Ambrosii quas manu propria in monasterio scripsimus. Piacet item ut inter epistolas linea una inanis relinquatur ubi nomen eius ad quem sequens epistola dirigitur ex rubro ponatur vel communibus ve! maiusculis literis, ut v. g. « Hieronymo fratri~. Quod si minus quam dimidiam lineae partem finis occuparet praecedentis epistolae, in eadem linea titulus ille poterit inseri... Et quum in uno eodemquelibro epistolae ad plures, seorsum tamen digestae, in eis maxime, quos postea missurus sum, libris continentur, placebit ut fiat distinctio et, finitis superioribus quae in capite libri praeponuntur, ex minio maiusculis literis sequentium titulus inseratur in hunc modum: « Eiusdem ad Eustachium Abbatem Vallis Castri epistolae » sitque prima litera modice reliquis maior. Vides quae sit nostra intentio. Facito ut hanc librarius norit et opus adgredi studeat quamprimum. Il Traversari prescrive dunque che al principio di ciascun libro dell'epistolario si lasci fra lettera e lettera un intervallo più ampio (spatium evidentemente non è qui il 'margine' come negli esso citt. più oltre, p. II3) e, sul lato sinistro della pagina (ex anteriore parte paginae), uno spazio bianco di cinque o sei righe per l'iniziale da miniare, mentre per l'iniziale delle altre epistole deve esser lasciato uno spazio di due righe. Fra una lettera e l'altra dovrà rimanere in bianco lo spazio di una riga, dove verrà rubricato, in lettere maiuscole o minuscole, il nome del destinatario della lettera successiva, a meno che l'ultima riga della lettera precedente lasci lo spazio necessario per la rubricatura. Quando uno stesso libro contiene gruppi distinti di epistole indirizzate a diversi destinatari, la distinzione fra i gruppi dovrà esser resa evidente da uno speciale titolo rubricato a lettere maiuscole e da un'iniziale rubricata un po' più grande delle altre 2. I. Per l'espressione ex minio c( Hier. praef. vulg. Esth.: alphabetum ex minio... fecimus. 2. Il codice curato dal monaco Michele vivente ancora il Traversari sarà forse da identificare con quel codice dell'epistolario conservato in S. Maria degli Angeli e già scomparso ai tempi del Mehus (Mehus, Vita IV) ? Questo codice conteneva appunto solo quattro libri e all'inizio della nostra lettera il Traversari afferma di aver già spedito finora quattro libri di epistole. Dopo la morte del Traversari, il monaco allestì per suggerimento di Cosimo de' Medici, una raccolta in 17 libri; il suo codice è oggi il Vat. lat. 1793 (Mehus, Vita m). L'ho esaminato: la disposizione delle iniziali e delle rubriche corrisponde solo in parte alle prescrizioni del Traversari. Le iniziali di o~ libro, miniate in oro e a disegni floreali di vari co-o
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LEGATURA
Dopo essere stato scritto, corretto e miniato sui fascicoli sciolti, il libro veniva infine rilegato. In fam. 18, 5, 30ss. il Petrarca si è compiaciuto di elencare, secondo la loro successione temporale, tutte le operazioni che si svolgevano allora intorno al libro: sic apud nos alii membranas radunt, alii libros scribunt, alii corrigunt, alii, ut vulgari verbo utar, illuminant, alii ligant et superficiem comunt 1. Come abbiamo già visto (p. 57), Poggio spediva i suoi libri da Roma a Firenze per farli miniare e rilegare. Una volta prescrive di tagliare le carte tutt'intorno (ha lasciato apposta margini ampi) per ridurre il libro a un formato più piccolo (ep. 3, 38 p. 286; cf. p. 53). Per 'legare' usa sei volte il termine I i go 2 e una volta c o Il i go (ep. 3, 38 p. 286). In ep. 4, I p. 293 cito a p. 20 il legatore di libri è anche un venditore di pergamene (dunque un chartularius); anche altre testimonianze mostrano che era spesso il chartularius o bibliopola ad occuparsi della legatura dei libri (cf. p. 8IS.). Anche il Petrarca, nella Familiare cit., in seno 13, IO p. 1021 (vd. p. 67), in varo 4 (vd. p. 185) e in una nota al Paris. 7880, I cito a p. 60, usa ligo. Il Poliziano ricorre invece a un vocabolo più ricercato e , classico', c o n g I u t i n o : misc. I 25 p. 557 hic posterior . .. codex ita est ab indiligente bibliopola conglutinatus, uti una transposita paginarum decuria, contra quam notata sit numeris, deprehendatur. La fonte da
lori, occupano cinque righe e quelle delle singole epistole due righe, ma queste ultime sono fuori dal corpo della scrittura, sul margine, e non ex minio, ma in blu. Inoltre solo talvolta si trova lo spazio di una riga e il titolo rubricato (in minuscole) fra epistola ed epistola e non è sottolineata nel modo che indicava il Traversari la distinzione fra gruppi di lettere indirizzati a diversi destinatari. L Non saprei dire a che cosa esattamente si alluda con supeljìciem comunt: forse alle borchie metalliche, alle gemme e simili con cui si arricchivano le legature; oppure all'operazione di levigare con la pomice i bordi del libro, operazione che veniva chiamata pumicacio (Wattenbach 342). Dalla struttura del periodo appare comunque che è un'operazione compiuta dalle stesse persone che si occupano della legatura. Il NoIhac (I 70 n. 1) pone a confronto con l'enumerazione del Petrarca un passo del Philobiblon di Riccardo da Bury: 8, I82SS. apuJ nos in nostris maneriis multitudo non modica semper erat antiquariorum, scriptorum, correctorum, colligatorum, illuminatorum et generaliter omnium qui poterant librorum servitiis utiliter insudare. Qui l'ordine di successione miniatura-legatura è invertito. 2. Ep. 2,38 p. 175; 3, 38 p. 285; 4, l p. 293; 4,17 p. 33 8 ; 6, 7 p. 97; ep. p.
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cui il Poliziano attinge questo termine è probabilmente Ulp. dig. 32, 52, 5 sed perscripti libri nondum mal/eati vel ornati continebuntur (sc. appel/atione librorum). Proinde et nondum conglutinati vel emendati €ontinebuntur. Sed et membranae nondum consutae continebuntur. Ulpiano però usava tale verbo per i rotoli di papiro di cui si incollavano insieme i singoli pezzi dopo che erano stati scritti (Wattenbach 175). Si noti che nel passo del Poliziano illegatore è un bibliopola
,(cf. p. 8IS.). In Traversari ep. 502 col. 619 cito qui sotto la legatura è detta co m-
p a c t i o voI u m i n i S. Il sostantivo l i g a t u r a compare nella nota all'Ambros. L 91 sup. cito a p. 61. La legatura o gli elementi .di essa sono detti o p e r c u l a in Filelfo ep. c. 73V Satyrarum codex . .. est pulcherrimus cum litterarum notis tum miniis et operculis 1. Si trova anche il sostantivo o r n a t u s ad indicare probabilmente gli ornamenti della legatura in Traversari ep. 502 col. 619 scribes tu quoque ad illum diligenter omnem impensam, quid membranae, <J.uid scriptura, quid principales literae, quid ipsa denique compactio voluminis et ornatus constiterint notans; cf. orno riferito alla legatura in una lettera di Carlo Marsuppini in Aurispa ep. 90 p. II2 nec aliquid his addendum video, nisi quod eum codicem quem ad nos nudum solutumque misisti, tibi ligatum vestitumque remittimus; qui si pro voto tuo ornatus .est, gaudeo. La terminologia relativa alle varie parti della legatura è ricchissima nella lingua degli inventari e dei documenti 2, trattandosi di uno degli elementi più vistosi e spesso preziosi del libro. Non altrettanto interesse per le legature hanno gli umanisti, che, in genere, descrivendo un codice, si preoccupano assai più di altri caratteri, come la scrittura, l'età, la maggiore o minore correttezza e integrità .del testo. Qui mi limiterò ad esaminare, della terminologia relativa ~lla legatura, solo quanto può servire a illustrare alcuni termini usati dagli umanisti. 305. Wilm. È la latinizzazione del volgare • legare' che troviamo a più riprese nell'epistolario di Vespasiano (9, 5 e 7; IO, 7; 18,8; 30,9; • rileghare' Perotti in Vespasiano ep. IO, IO). I. cf. Wattenbach 392 (da un testo del XVI sec.) hic eciam libros conventuales retro carbones abiectos, in camera sacriste sub tecto stillante iacentes, recollegit et religavit ,ac clausuras et nova c o o p e r c u l a illis circumdedit. 2. Wattenbach 386ss.; Paoli II II7ss.; Fumagalli Xss. (cap. II Nomencla.tura medievale relativa alle leg~ture); Piccolomini, indice p. 139; Pellegrin 19s.
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La legatura si componeva dei piatti e del cl ;:>rso. I piatti, per lo più di legno, sono chiamati negli inventari asseres, assides, tabulae; gli umanisti danno la preferenza a quest'ultimo termine: Traversari ep. 504 col. 620 aliud (sc. volumen), ni fallor, apud vos est Nazianzeni, in quo plures longe sermones sunt quam in hoc, nigro opertum corio, habens extremitatem tabulae corrosam; Matteo Bosso, letto cito a p. 163 n. I. n diminutivo t a beli a in Grapaldo 2, 9 C. 04r (libri) apud antiquos binis umbilicis decorabantur . .. ; apud nos binis tabellis constricti additis fibulis corio vestiuntur arte spetiosa insculpto. Le assi potevano essere lasciate scoperte (la legatura aveva allora solo il dorso di cuoio: inv. Visconti 6 in assidibus cum Jòndo corii albi; 951 cum assidibus non copertis cum cullata corii albi 1) o essere rivestite di cuoio o di altre materie: tra gli umanisti ho trovato menzione di una legatura di seta in Petrarca seno 13, IO cito più oltre (cf. inv. Visconti 192 coperte seta alba; 234 coperti drapo sete rubeee [sic]; 301 coperti drapo site azure abrocate auro) e di legature di cuoio (corium) , come nel passo cito del Grapaldo e in Traversari ep. 274 col. 360 albo corio vestitum; 504 col. 620 nigro opertum corio. Espressioni di questo genere sono probabilmente un'eco della terminologia degli inventari, dove sono frequentissime (inv. Visconti 92 copertus corio azuro; 316 copertum corio nigro crispo ecc.). n rivestimento delle assi è detto te g m e n o te g u m e n t u m 2: il Petrarca, seno 13, IO p. 1021, scrive che se avesse potuto presenziare alla legatura di un esemplare del Canzoniere che manda in dono a Pandolfo Malatesta, il libro avrebbe avuto un sericum tegmen, cioè una lussuosa legatura in seta; P. C. Decembrio in una lettera a Luigi Crotto (Sabbadini, Storia 306) si lamenta che alcuni giudichino dell'eleganza di uno scritto solo dall'aspetto antico del codice che lo contiene: qui de dicendi venustate ista iudicant, si fumosa fuerint librorum tegmina, non autem stilus ipse dulcis sit aut splendidus; A. Decembrio polito 3 C. 9v tabularum tegumentis (cf. p. 68); M. Bosso, letto cito a p. 56s. illum (sc. libellum) tu, Roberte, et ornare minio et amicire tegumento curabis. La legatura presentava spesso ornamenti metallici sui piatti ( bui l e t t a e in inv. Mansueti 8, c l a v i, c l a v a tu r a e nell'inv. Vil. Per fundus (fondus) cf. 'fondello ',funde11us (Paoli II 122). Per cullata, termine di cui non ho trovato menzione nei trattati, cf. anche inv. Visconti 95. 32 3, 865, 955· 2. Tegumentum 'legatura' già in Cassiod. itlst. div. 30, 3.
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sconti) e veniva chiusa o mediante semplici corregge di cuoio (c o r r i g i a e) con puntale metallico o con serrami più raffinati di vari metalli. I fermagli son detti f i buI a e, 'fibbie', 'affibbiatoi', , serrami " 'serratoi', 'lacci', 'azoli'; nell'inv. Visconti se r a t u r a e e r a m p i n i . Nel latino umanistico troviamo menzionate le fibulae: Petrarca seno 13, IO p. 1021 si fuissem praesens dum in libri formam ligaretur, et sericum tegmen et fibulas saltem argenteas habuisset; Grapaldo 2, 9 c. 04r cito a p. 66. Particolarmente interessante Guarino ep. 456, 45ss. aliquas quoque librorum fibulas, quas scuta vocant, mihi mitteres vellem formis et magnitudine varias et quae magnis parvis mediocribusque codicibus convenirent; aliquas etiam novas excogitares formulas vellem, ut hic videbis inclusam: non abnuo et usitatas; l'inciso quas scuta vocant, confrontato con espressioni come Flavium nostrum, quem Blondum vocant (cf. p. 40), fa pensare che con scuta Guarino dia l'equivalente volgare di fibulae. Se u t u m compare infatti in inv. Visconti 821 copertus corio rubeo hirsuto cum duobus scutis argenti deaurati super assidibus cum vipera et arma communis Perusii, videlicet unus griffOnus albus in campo rubeo. Il termine volgare è 'schudito', che indicava gli ornamenti metallici dei piatti: Fumagalli p. XIII «coverto de veludo carmexi cum quatro azuli et quatro schuditi de ariento sovradoradi, belo da segnori» (inventario di Niccolò III d'Este del 14-36); ibid. p. XXVII: l'orefice Amadio da Milano, nel 1446 lavorò «4 azuli e 4 schuditi e 14 razi fati per Broche Ave Zuhane Batista da Urbino per Andrea Cartolaro per meter a uno Libro chiamato Dante Coperto de veludo verde de lo Illu. nostro S.». Nella descrizione dell'inv. Visconti è detto chiaramente che i due' scudi' ornavano i piatti e in questi passi c'è distinzione fra gli 'azuli', cioè le fibbie che servivano a chiudere il libro, e gli 'schuditi', applicazioni metalliche che decoravano i piatti t. Può essere che Guarino con fibulae indicasse l'una e l'altra cosa e perciò sentisse poi il bisogno di specificare quas scuta vocant, «quelle che chiamano scudetti», per dire che gli occorrevano non fermagli, ma borchie. Anche il fatto che le richiede di forme svariate e originali e tali da potersi adattare a codici di varie dimensioni
l. Fumagalli p. XI« Nel mezzo dei piatti più spesso era uno scudetto d'argento o d'ottone, che nei codici E~tensi rappresentava sempre l'arme del principe ».
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SI spIega meglio se si trattava di ornamenti metallici per piatti piuttosto che di fermagli. Gli ornamenti dei piatti sono indicati con u m b i l i c i e p h a l e r a e in A. Decembrio polito 3 c. 9v una haec pars est . . " bibliothecae poliendae non omittenda, ut libri quarti pulcherrimi sint et aptissima librarii manu descripti: non tamen omnis in hoc politiae genere nec in umbilicis nitentibus aut phaleris litterarumve picturis (i minii) et tabularum tegumentis nostra versatur intentio. Il termine umbilicus compare nello stesso significato anche in una nota del XVI sec. al Laur. 32, 46 di Teocrito (già appartenuto al Poliziano, Maier 332), c. Ir: Angeli Politiani codex. Emi solutum l. 6 J" Iora vero, umbilici, tabellae, corium, bibliopola constiterunt l. 2, d. 6. Il codice presenta una legatura dell'ultimo quarto del XVI sec., evidentemente quella cui si riferisce la nota: i piatti sono costituiti ognuno da due sottili assicelle (le tabellae, mm. 230 X 170) e sono rivestiti di cuoio (corium). Su ogni piatto si trovano 4 borchie metalliche a forma di scudo (umbilici); il codice è chiuso da affibbiatoi formati da due strisce di cuoio intrecciato (lora). Il libro non legato è s o l u t u s, d i s s o l u t u s (Poggio ep. 6, 7 p. 97 si vis hos quaterniones ut sunt dissoluti, curabo ut ad te deferantur; sin vero expectare vis quoàd volumen perficiatur ac ligetur, age ut libet l), oppure n u d u s (Petrarca fal1t. 18, 5, 46 de libro autem hoc quid speres, ipsa te libri facies monebit: novus et nudus est et nullo correctotis dente percussus; Gasp. Barzizza, lett.al Landriani cito a p. 190; Matteo Bosso, letto cito a p" 56). I due sinonimi solutus e l1udus e i rispettivi opposti l i g a t u s e ves t i t u s compaiono nella lettera del Marsuppini cito a p. 65, dove probabilmente con ligatus si allude alla legatura e con vestitus al rivestimento dei piatti (cf. corio vestitum in Traversari ep. 274 col. 360 cito a p. 66). Un termine dell'uso corrente doveva essere' squadernato ' che troviamo in una lettera in volgare del Perotti in Vespasiano ep. IO, 23: « el Polibio mio non posso mandare perché non ho se non uno squadernato et con quello ne fo scrivere uno pel signor Malatesta di Cesena et uno per messer Piero da Noceto»: si può confrontare disquaternatus in inv. Visconti 381, 740, 978.
I" Solutus compare anche nella terminologia degli inventari: Piccolomini, doc. XXVIII 7 Philopotllls in Praedicamellftl, solutus; 20 Aldmus Avitus poeta de rebus
sacris, solutus.
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STAMPA
Il libro a stampa agli occhi degli umanisti non appariva diverso dal codice. Gli incunaboli ripetevano fedelmente tutte le caratteristiche dei manoscritti dell'epoca, dalla scrittura alla disposizione della pagina, dai sistemi di numerazione dei fogli alle iniziali miniate, dai notabilia marginali alle sottoscrizioni ecc. e venivano anche talvolta stampati su pergamena, così che in certi casi l'illusione di trovarsi di fronte a Wl manoscritto è completa 1. Il libro a stampa non era insomma per gli umanisti nient'altro che Wl codice scritto con tecnica diversa, novo scribendi genere (vd. il passo di Polidoro Vergilio cito a p. 79). Era quindi del tutto naturale che si estendessero ai libri a stampa i medesimi termini in uso per i manoscritti, liber, volumen, exemplar (cf. p. 188) e infine codex 2. Quest'ultimo termine, che noi siamo abituati a riservare ai manoscritti, ha talvolta tratto in inganno gli studiosi moderni. Così il Keil e il Thilo cercarono invano Wl codex con scolii di mano del Poliziano di cui l'Orsini dice di essersi servito pubblicando Filargirio nel 1587; questo codex è infatti l'esemplare dell'edizione di Virgilio, Romae 1471 (C 6000) posseduto e annotato dal Poliziano, ora alla Nazionale di Parigi (Rés. g. Yc. 236): l'identificò il Nolhac (Bibliothèque 210S.), chiarendo il malinteso. Un altro errore, ormai inveterato, determinato da quest'uso di codex è stato segnalato dal Dionisotti in« It. med. e um.») II, 1968, 180ss.: i codices inemendati menzionati dal Calderini nella sua ediz. delle Selve di Stazio (Romae 1475, H 14983) non sono, come si era fmora creduto, dei manoscritti, ma proprio gli esemplari di quell'ediz. principe (Venetiis 1477, H *4758) che è stata più volte erroneamente attribuita al Calderini stesso, da ultimo dal Marastoni (p. xLm). Per Wl analogo fraintendimento (il codex Mediolanensis citato dallo Schott è Wl' edizione, come aveva già visto il Jordan. lo L. S. Olschki, Incunables il[,~trés imitant les manuscrits. Le passage du manuscrit au livre imprimé, «Bibliofilia» 15, 1913-14, 245-257, 285-290, 325-328 (stampato a parte, Firenze 1914); Rath- ]uchho/f, Handb. der Bibl. - Wiss. l 4225S.; Dain 13s.,
160; e da ultimo A. Petrucci, « lt. med. e um. » 12, 1969, 295-313, in particolare p. 297 e 299ss. " 2. Non direi quindi col Canfora (Inventario dei manoscritti greci di Demostene, Padova 1968, 21) • improprio' l'uso umanistico di codex per libro a stampa.
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non un codice, come scrive il Momigliano) vd. S. Mariotti, « St. class. e or.» IO, 1961, 104 n. 8. Va tenuto presente che non di rado nelle edizioni cinquecentesche con espressioni come codex Venetus o codex Lutetianus vengono indicate edizioni uscite in quelle città, mentre i manoscritti sono spesso designati col nome del proprietario: codex Pithoei, codex Metelli e simili. Un esempio: nell'edizione dell'epitome dei Caesares di Aurelio Vittore, Antverpiae 1579, lo Schott enumera tre manoscritti (Scholia p. 63): I) M. S. Pithoei; 2) vetus codex Floriacensis, qui est Pe. Danielis, che viene poi chiamato cod. Danielis; 3) antiquiss. exemplum quod nuper Jac. Cuiacius... ad me misit (cod. Cuiacii). Oltre ai codici ha poi usato quattro edizioni (ibid. p. 64s.): I) editio Laur. Abstemii quae est Augustae edita, chiamata poi Augustana ditio, Augustanus codex; 2) Veronensis editio longe optima, quam ego omnium primam typis editam fuisse opinor, a Jo. Iucundo... erutam (Veron. editio, Veron. cod.); 3 e 4) Basilienses editiones Frobenii et Andr. Cratandri. Analogamente nell'edizione wolfìana di Demostene del 1604, l'edizione parigina curata dal Morel viene chiamata codex Lutetianus (Canfora, 1. c.). Con quest'ultimo esempio siamo già nel sec. XVII: si noti che, ancora nel XVIII, nel Catalogo del Bandini sono detti , codici' tanto i manoscritti che i libri a stampa (ad es. II 679, Laur. 54, 22: Codex chartac. impressus). Sarebbe interessante stabilire quando e in quale ambito codex si sia specializzato per ' manoscritto'. Gli umanisti ponevano esattamente sullo stesso piano varianti di codici e varianti di stampe: un bell'esempio nella citata edizione dello Schott, p. 84, nota a ps. Aur. Vict. epit. 4, IO: 'hic Agrippa' : conieceram legendum ' hinc '. Quam lectionem postea ab Augustano cod. confirmatam libenter accepi; il cod. Augustanus è, come abbiamo visto, una stampa. Ed in realtà, nei primordi della stampa, un incunabolo era spesso null'altro che la fedele riproduzione di un manoscritto e aveva quindi lo stesso valore di un apografo; viceversa un codice umanistico poteva essere una vera e propria recensio del testo. Do qualche esempio dell'uso di codex per libro a stampa fra gli umanisti del quattrocento: Beroaldo anno C. b3v apud eundem (Liv. 28, 39, 19) 'lauticia' pro 'lautia' in omnibus codicibus impressum est; C. ca impr~ssum legitur in omnibus codicibus; Poliziano ep. 6, I p. 162S. (adnotationes) quas ego adulescens, vivente adhuc Domitio, marginibus domestici codicis adscripseram: il domesticus codex è un esemplare
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di un'edizione di Stazio, silvae, forse quella curata dal Calderini nel 1475 (H 14983; cf. Marastoni LIXS.); soscriz. a Terenzio nell'edizione milanese del 1475 (H 15376; Marer 344) ego Angelus Politianus contuleram codicem hunc Terentianum cum venerandae vetustatis codice (cioè il Terenzio Bembino, Vat. 3226); soscriz. a Properzio nell'edizione veneta del 1472, H *4758 (Mai:er 362) Propertium cum vetusto codice contulimus; sed quae de illo nobis sumpsimus haud ascripsimus huic codici: anche qui è chiamato codex sia l'antico manoscritto collazionato (il Neapolitanus di Properzio) sia la stampa su cui è scritta la nota. Il Poliziano eseguì una collazione di Ovidio su un esemplare dell'edizione parmense del 1477 (H *12140) ora alla Bodleiana, Auct. P. 2. 2; un discepolo del Poliziano, il Pucci, riportò tale collazione su un esemplare dell'edizione veneta del 1489 (H *12145) ora a Monaco, Lib. impr. c. noto mss. in fol. 35, apponendo la seguente soscrizione: Contuli cuncta avida opera cum codice qui fuit Angeli Politiani quem ille multis antiquis codicibus conlatis studiose emendaverat; is nunc adservatur in Divi Marci bibliotheca. Summam autem adhibui diligentiam ne quid quod in illius chirographo notatum esset omitterem. P.l. Il codex Angeli Politiani è un libro a stampa e cioè l'attuale Bodleiano, di cui sappiamo che, dopo la morte del Poliziano, fu dato, insieme ad altri libri, al convento di S. Marco per risarcirlo dei libri prestati all'umanista e andati dispersi alla sua morte (Perosa nr. 74). E. Barbaro cast. Plin. c. a2V noscendum et illud, distinctionem capitum per singula volumina eam nos tantum secutos quae in Venetis codicibus secundae impressionis habebatur (cioè la seconda edizione veneta di Plin. nat., H *13089). Iacopo Antiquario, in Poliziano ep. 3, 18 p. 87, narra come trovò un gruppo di giovani intenti a leggere i Miscellanea appena stampati e, preso da vivo interesse, mandò un servo a comprarne un esemplare: ex bibliopolae taberna codicem requiro. Quando gli umanisti avvertono l'esigenza di distinguere i libri a stampa dai manoscritti, ricorrono a specificazioni: codex calamo scriptus, exemplarium manuscriptum 2, exemplar manu exaratum, codex impressus e simili. l. cf. A. KW1Z, P. Ovida Nasonis libellus De medicamine faciei, Dìss. Vindobonae 1881, 25. La nota del Pucci anche in Bandini, Ragion. LXIII n. I; ivi un'acrotata descrizione dell'incunabolo allora in possesso della famiglia Vettori. Un cenno anche in Lenz 32os. 2. Manuscriptum (~e:Lp6ypa.tpov) non compare che intorno al III sec. d. C. ed
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Esempi: Beroaldo anno C. b8v sive ' saaariam' legas, ut impressr codices habent; C. c2r (vd. p. 75); C. qv impressi cedices pro' turdus' habent ' tardus '; Poliziano ep. 12, I p. 366 scriptos calamo Plinianos advocat codices; mise. II 31,2 ex(em)plaribus impressis; collaz. di Colu-· mella e Palladio, C. 155r (Maier 354) nisi cum manuscripto dissidebit exemplario; Avanzi emendo C. a2r dum ... conferrem ... exemplaria et meum praesertim iamdiu 1 manu exaratum; c. a2v sic habent codices et antiqui et sine commentariis impressi. Nel cinquecento per distinguere gli stampati dai manoscritti è usato anche il termine codices vulgati: così ad es. nella citata edizione dell'epitome dei Caesares curata dallo Schott (vd. S. Mariotti, « St. c1ass. e or.» IO, 1961, 104 n. 8) 2 e nell'edizione dei frammenti di Ennio del Colonna 3. L'espressione codices vulgati è usata assai spessodal Poliziano e compare un paio di volte anche nelle Annotationes centum del Beroaldo; converrà esaminarla a fondo per stabilire se già nei primi decenni della stampa essa non servisse per distinguere gli incunaboli dai manoscritti, dato che la caratteristica saliente della. nuova invenzione era appunto l'enorme diffusione e divulgazione che essa assicurava al libro. Nei Miscellanea, quando vuoI restituire all'esatta lezione un passodi autore antico, il Poliziano segue per lo più questo procedimento: riporta dapprima la lezione errata con parole come (in) plerisque codicibus (voluminibus) , plerique codices sic habent (1 IO p. 532; 26 p. 560; 32 p. 571; 39 p. 586; 66 p. 633; 78 p. 649; 97 p. 689), cunctis exemplaribus (1 87 p. 671), cuncta nunc habent exemplaria (I 93 p. 685), in omnibus (se. codicibus, 1 20 p. 549), in Plinianis codicibus,. Vergilianis codicibus (1 61 p. 627; 71 p. 637), sic vulgo legunt omnes (1 23 p. 552), mendose legitur (1 35 p. 576; 75 p. 643), ita scriptum indica, prima dell'invenzione della stampa, il carattere 'autentico' o 'autografo' di un documento, non il fatto della sua scrittura a mano (Dain 13). lo Con iamdiu si accenna all'antichità del codice, che più oltre (ad es. c. a2v} è definito antiquus. 2. Ad es. p. 66, nota a ps. Aur. Vict. epit. I, 21 'studiosissimus': 'studiosus'·
Pithoei codex et quatuor vulgati quibus usus sum, Augustanus, Basilienses duo et Gryphii; p. 81 (4, l) 'Cl. Tiberius': Cuiacii, Pithoei et Danielis MSS. et de vulgatisVeron. et Augustanus 'Claudius Titus' integre praeseferunt. 3. Cito dalla rist. Hessel, Amstelaedarni 1707: p. 135 ita duo codices calamoexarati habent, vulgati autem 'sudanti cortice' (CatulI. 65, 106); p. 157 impressi Appulcii codices e poco più oltre (p. 158) vulgata Appuleii exemplaria ecc.
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invenitur (1 53 p. 607), sic vitiose legitur (1 66 p. 633), sic (vulgo) legitur (1 76 p. 645; 97 tit. p. 689; cf. 8 l p. 662), quod omnes habent hi ferme libri qui sunt in manibus (1 41 p. 588), codices omnes qui sunt in manibus . .. habent (1 82 p. 663), (in) vulgatis (vulgariis, pervulgatis, vulgatioribus, pervulgatioribus, vulgatissimis) codicibus (exemplaribus, libris) (1 17 p. 544; 35 p. 577; 39 p. 584; 41 p. 589; 50 p. 599; 53 p. 607; 68 p. 636; 89 p. 673; 96 p. 688; II 47, l e IO; 51, 6; cf. anche ep. I, 2 p. 5; 12, I p. 367), in novis codicibus (exemplaribus) (124 p. 555; 35 p. 578; II I, I), codices qui vulgo feruntur (II 25, 2); quindi critica questa lezione e contrappone ad essa o una sua. congettura o la lezione offerta da codici particolarmente autorevoli, che vengono descritti e indicati con grande esattezza (biblioteca dove si trovano o loro proprietario, tipo di scrittura, antichità) 1; la lezione manoscritta o la congettura viene poi corroborata argumentis et auctoritatibus (cf. p. 293ss.), cioè col ragionamento. e con testimonianze di scrittori antichi. L'espressione codices vulgati ha dunque, nel discorso filologico del Poliziano, funzione analoga a quella di altre espressioni più generiche come libri qui sunt in manibus, plerique codices; sic vulgo legitur ecc.: con esse il Poliziano indica quella che noi diremmo la. , vulgata " da cui la sua emendazione prende le mosse. Dobbiamo pensare che già dal Poliziano codices vulgati sia usato, come poi nel cinquecento, a indicare i libri a stampa, distinti dai manoscritti e acl essi contrapposti? Tale supposizione potrebbe essere confortata dal fatto che in genere il Poliziano ha eseguito le sue collazioni su incunaboli e che quindi non è illogico supporre che egli prenda come punto di partenza la lezione della stampa su cui ha eseguito la collazione, ·lezione che naturalmente, per il fatto d'essere stampata, era anche la più nota e divulgata. In ep. IO, 4 p. 3I I hoc (sc. volumen; il celebre codice flOrentino delle Pandette)... mihi inspicere per ocium licuit rimarique omnia et olfacere quaeque vellem excerpere diligenter et cum vulgatis exemplaribus comparare, il Poliziano potrebbe anche alludere alla collazione delle Pandette da lui eseguita su tre volumi a stampa, ma vd. p. 249. lo Cf. Timpanaro s: il Poliziano nei mise. « quasi sempre contrappone alla lezione interpolata degli exemplaria quae sunt in manibus - codici recenti o stampe - la lezione genuina di un eodex pervetustus da lui trovato alla Laurenziana <> segnalatogli da qualche altro umauista >l.
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Tuttavia non ho trovato nel Poliziano nessun rasso che dimostri con chiara evidenza, come nei già citati esempi cinquecenteschi, che i eodiees vulgati sono solo i libri a stampa contrapposti ai manoscritti: in lui la contrapposizione è sempre tra eodiees vulgati e codici di particolare antichità o autorevolezza recanti lezioni isolate e di valore. Anche una breve ricerca su alcune delle lezioni attribuite ai eodiees vulgati mostra che in genere non si tratta di lezioni presentate esclusivamente da incunaboli, ma di lezioni largamente vulgate anche in manoscritti. In Columella 9, 2 la lezione Homerus invece di Euhemerus, che il Poliziano attribuisce ai pervulgati eodiees (mise. I 35 p. 577), si trova neli'ediz. principe Venetiis 1472 (H * 14564), da lui usata per la collazione 1, ma anche in molti manoscritti (si veda 1'apparato del Lundstrom, Gotoburgi 1940). In Plin. nato 25, 47 (misc. I 50 p. 599) le lezioni dei vulgatissimi eodiees, pastores e parotidas, si ritrovano nell'ediz. Romae 1473 (H 13090) usata dal Poliziano per la collazione 2 e in genere nelle edizioni antiche, ma anche in manoscritti (si veda l'apparato del Mayhoff). In Catullo 66, 48 (mise. I 78 p. 636) la lezione dei vulgatissimi eodiees, eelitum, compare nella stragrande maggioranza dei manoscritti. In conclusione penso che non si possa vedere nell'uso dell'espressione eodiees vulgati (cui si sostituisce in mise. II 25, 2 eodiees qui vulgo feruntur) un'esigenza di distinguere le stampe dai manoscritti che il Poliziano certo non avvertiva: essa designa semplicemente la 'vulgata' ed è quindi sinonima di espressioni come plerique eodiees, sie vulgo legitur e simili. Si noti che in mise. II 8, 2 in vulgatis codicibus è stato poi cancellato e sostituito da nune omnes legunt. È vero che proprio l'introduzione della stampa fu determinante per il costituirsi di una vulgata 3, ma all'epoca del Poliziano il manoscritto fa ancora concorrenza allibro a stampa e quest'ultimo è considerato, sarà opportuno ricordarlo ancora, nient'altro che un codice scritto con tecnica diversa: dal concetto di vulgata non possono quindi essere esclusi i manoscritti. I. Vd. Josephson tav. N, riproduzione di questa pagina dell'edizione con le note del Poliziano. A margine con segno di richiamo su Homerus, si legge entrambe le volte euhemerus (a ed n sono le sigle dei due mss. collazionati). 2. Si noti che tutto il lungo passo riportato dal Poliziano coincide con la lezione di questa edizione. Non vi sono tuttavia coincidenze in errori singolari e isolati nella tradizione. 3. Dionisotti, « It. med. e um.» II, 1968, 182S.
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Non mi sembra invece che si possano trarre conclusioni defmitive dai due esempi di codices vulgati in Beroaldo ann.: c. b4v dicimus enim ' melicos' lyricos poetas, et ita a Plinio Simonides, qui scriptor fuit lyrici carminis, 'melicus' nuncupatur in septimo naturalis historiae (§ 89 e 192), quamvis in pervulgatis codicibus non' melicum' legerimus, sed ' medicum' (ho consultato due delle numerose edizioni di Plinio anteriori alle Annotationes, l'ediz. Romae 1470, H *13088 e Venetiis 1487, H *13096, ed ho trovato in entrambe la lezione medicus in ambedue i passi); c. C2r (cf. p. 233 n. 2) apud eundem (sc. Hieronymum) libro secundo contra Iovinianum in pervulgatis impressisque codicibus haec verba leguntur ecc. (più oltre, della stessa lezione, è detto ut passim legitur): se il Beroaldo ha sentito il bisogno di arricchire 1'espressione aggiungendo a pervulgati impressi vuoI dire che il primo termine, pur includendo anche gli stampati, non bastava da solo a designarli. Il diffondersi del nuovo procedimento della stampa porta anche al formarsi di una nuova terminologia. Il vocabolo più fortunato è imprimo coi suoi derivati. i m p r i m o : Beroaldo anno C. b3V (vd. p. 70); b6r; b7V (bis); CII (vd. p. 70); C2r; qr; Poliziano mise. I 80 p. 651; II 31, 2; ep. 8, 15 P.249 (vd. p. 37); B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137; A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 181 nam mihi vere persuadeo Graecum virum Herodianum, quem ipse nuper civitate Romana donasti (cioè la traduzione latina di Erodiano del Poliziano), si in mille volumina diligenter impressus transcriptusque ad manus literatissimorum hominum . . . pervenerit ecc.: si noti il transcriptus, probabilmente sinonimo di impressus, con 1'applicazione del concetto di trascrivere alla stampa. B. Guarini in Poliziano ep. 1, 19 p. 27 nunc Martianum Capellam et Senecae Quaestiones naturales opto... Bos si impressos emere possim, gratius mihi erit; Baccio Ugolini in Poliziano ep. 7, 5 p. 200; Matteo Bosso in Poliziano ep. 7,9 p. 205 (vd. p. 56s.); E. Barbaro cast. Plin. C. a2V (vd. p. 127). Per codices impressi cf. p. 72.. i m p r e s s i o : E. Barbaro cast. Plin. C. a2V in Venetis codicibus secundae impressionis (cf. p. 71); cf. anche inv. Mansueti 22 in reliquis. .. concordat cum superiori volumine, nam sunt eiusdem impressionis (= H * 5036; il nr. 21 dell'inventario era un altro esemplare della stessa edizione). i m p r e s s or: Beroaldo anno c. b4v pro 'Aius' , Arius' ab impressoribus scriptum est corrupto nomine vetusto et sensu; C. b6r; c.
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b7V (vd. p. 275); C. CH ex librariorum (librorum ed.) impressorumque incuria menda facta est; c. C2r; c. C2V; c. c4r; c. qv; E. Barbaro ep. II p. 71; Parrasio, letto cito a p. 79. e x c u do: Poliziano mise. II I, 3; ep. 8, 15 p. 249; Parrasio~ letto cito a p. 79. Per excudo formis vd. più oltre. e x c uso r: Poliziano ep. 5, 1 p. 131 excusores isti novorum librorum Teutones; in II, 6 p. 334 gli operai tipografi sono chiamati semidocti ilIi qui librorum excusoribus operam navant. Il telaio di ferro che contiene la composizione dei caratteri impaginata era detto f o r m a, termine ancora in uso ai nostri giorni; il 'libro in forma' era quindi il libro a stampa: Poliziano, Prose78s. « M. Manlio astronomo e poeta antiquo, el qual ho recato mecoa Vinegia, e riscontrolo con uno in forma» (si veda anche la nota di I. Del Lungo). Coi termini 'in forma' e 'lettera di form:l.' vengono contraddistinti gli stampati negli inventari della libreria Medicea (vd. Piccolomini, indice S. v. «Codici a stampa ») e nell'inv. Mansueti si parla di litterae formatae et impressae (cf. p. 78). Si hanno quindi per ' stampare' perifrasi come e x c u d o f o r In i s (Poliziano ep. 4, 13 p. 128 effiagitari scribis istic ab iis qui libros excudunt formis Herodianum meum; 12, II (12) p. 384 nee vel eis omninO' parcis quieunque suas vigilias formis istis novitiis exeudunt; Parrasio, letto cito a p. 79), e x p r i m o f o r m i s (Poliziano ep. 12, 18 (l9} p. 396 postremo quasi iubes ut exprimi formis et interseri epistolis epistolam tuam eurem), p r o p ago f o r m i s (Poliziano ep. 5, 3 p. 143 arrogantes temerariosque iudieas qui sua seripta publieent ae propagari fòrmis patiantur; 12, II (12) p. 386 nos vigiliis nostris fidere nonnihil ac dare formis propagandas; 12, 18 (19) p. 398 quid quod epistolam eupis tuam quippe bellam propagari formis opera nostra ?) e verbi come f o r m o, i nf o r m o (Beroaldo, Commentarii... conditi in Asinum aureum Lucii Apulei, Bononiae 1500, c. 2r [presso Garin 365 n. Il commentarii in Propertium, in Suetonium Tranquillum formati in publicum iam prodierunt; Poliziano ep. 4, 13 p. 129 eures ... ut quam. minimum quasi degenerent ab origine quae mox volumina formabuntur;. B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137 quonam paeto feremus eos qui, rerum ignari cunetarum, blacterant tamen et ipsi multa atque oblinunt needum finita informant l), nonché un sostantivo i nf o r m a t or' stampatore' (B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 136 contra illorum opinionem qui, prius etiam quam atramentum, quod aiunt, exaruerit, informatores habent librorum paratos et multa millia eiusdem seripti exempla per Ita-
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liam orbemque terrarum legenda disseminant; 12, IO (II) p. 383 non quod posteritas custodiat et miretur cudo aut quod ditet injòrmatores hos librorum, quorum tam cupide quidam implorant operam; 12, 16 (17) p. 395 adibo informatores hos librorum et curabo ipse ut et mea impressa legantur). Quella della stampa è un'arte: a r s i nf o r m a t u r a e 1 in una lettera di B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137 (biasima che .dotti e indotti si affrettino a stampare i loro scritti senza lavorare di lima, ut vel hinc facta nota aliqua videatur informaturae arti .quae istam occasionem praebuerit indoctis doctisque ita insaniendi), ·a r s senz'altro nella citata lettera di Matteo Bosso (vd. p. 56) e nel passo del Grapaldo riportato sotto. Così lo stampatore può .anche esser detto genericamente a r t ife x (in ep. II, 6 p. 33 5 il Poliziano elenca alcuni errori di stampa della prima edizione dei Miscellanea: Eulabiam... artifices isti pro ablabia, Sabadium pro Sabazio, Theodoritum pro Theodoreto subdiderunt), o p ife x (E. Barbaro cast. PIin. c. a2V in hac. .. editione nostra. .. consecuti sumus ut cpifices haberemus et diligentes et doctos; Parrasio, letto cito a p. 79), o, con più precisione, a r t ife x l i b r a r i u s (Poliziano ep. 8, 15 p. 249 artificis librarii vitium, non autoris est). Si trova per' stampatore' anche l i b r a r i u s da solo (vd. p. 202) e il Grapaldo usa il termine c h a l c og r a p h u s : 2, 9 C. 06v nuperrime coepit utpote me puero in crepundiis ars olim, ut aiunt, a Germanis inventa (Ure litteras componendi, qua tarltum una diecula notant quantum librarius per annum vix posset exarare. Artifices ex re chalcographos appellamus. Della correttezza del testo da stampare si occupa il c o r r e c t o r (vd. p. 275s.); la correzione delle bozze è in genere indicata col verbo r e c o g n o s c o (vd. p. 279s.). Anche negli inventari cominciano ad essere registrati accanto ai codici gli incunaboli e si va quindi formando, anche in questo ambito, una terminologia relativa alla stampa. Ritroviamo i termini imprimo (inv. Mansueti 14 litteris antiquis et pulchris, impressis; 15, 21, 25, 424 ecc.; Piccolomini, doc. XXVlII 19; inv. 622, 697 ecc.), forma (inv. Mansueti 424 litteris pulchris, impressis per formam et stampam in papiro; Piccolomini, doc. XXVIII 9 Vitae Plutarchi, in forma e
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Informatura non compare nel latino classico, ma esiste formatura (Thes. l. 1090, 2SS.).
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27 Servius in Virgilium, in forma; app. IV 100-l'J3 ecc.); ars (mv. Mansueti 15 litteris antiquis. .. formatis de stampa, sive sculptis et impressis ex arte; 16 litteris ... impressis ex arte; 38 impressis in cartis de papiro ex arte per stampam; 42; ars fictoria in 20). Nella ricca e varia terminologia dell'inv. Mansueti compaiono anche altri termini; particolarmente notevole quello che poi si affermerà defmitivamente, s t a m p a: doveva trattarsi di un termine diffuso nel linguaggio corrente, perché l'autore dell'inventario, fra' Leonardo, lo accompagna quasi sempre con incisi come ut dicitur, ut vulgo dicitur, ut vulgo loquar (vd. p. 4OS.): 14 litteris antiquis et pulchris, impressis seu fOrmatis, sive, ut dicitur, de stampa; 15 litteris antiquis et pulchris, formatis de stampa sive sculptis et impressis ex arte; 16 litteris antiquis magnis et pulchris, formatis sive sculptis aut impressis ex arte sive, ut vulgo loquar, in stampa; 17 litteris antiquis magnis et pulchris, fOrmatis, sculptis et impressis, ut dicitur, in stampa; 20 litteris antiquis et pulchris, formatis et impressis sive sculptis per stampam seu artem fictoriam in anno 1472; 21, 23, 28, 38, 55, 259. Come appare da questi esempi, gli incunaboli sono anche contraddistinti con l'espressione l i t t e r i s f o r m a t i s o s c u l P t i s: a litterae formatae corrisponde il volgare 'lettera di forma' in un inventario mediceo (Piccolomini, app. IV 80-85) 1. Si noti che alla scrittura degli incunaboli sono applicate le stesse definizioni usate per i codici: litterae antiquae per l'umanistica, litterae modernae per la gotica (cf. p. 122 e 146). Gli incunaboli catalogati nell'inv. Mansueti sono tutti in papiro, cioè su carta, tranne 259 litteris sculptis et formatis per stampam in cartis vitulinis ex utraque parte abrasis (= H * 1481). Come per il codice il copista si occupava solo della trascrizione e altri provvedeva poi alla miniatura e legatura, così dalla tipografia il libro usciva senza essere ancora stato miniato né legato e a ciò provvedeva poi eventualmente il compratore: ce lo testimoniano la lettera di Matteo Bosso citata sopra (p. 56s.) e un passo di una lettera di Iacopo Antiquario in Poliziano ep. 3, 18 p. 86s.: com-
I. Litterae fonnatae ha anche significato teClÙco-paleogra6co ed indica una. scrittura gotica libraria calligra6ca (vd. p. 144s.). Nell'inv. Mansueti il termine compare in entrambi i significati, ma litterae formatae nel senso di • lettere stampate' è sempre accompagnato, come appare dagli esso citt., da altre specificazioni e non c'è possibilità di equivoco. Per le parole forma, formo nella terminologia paleografica. e in quella della stampa vd. Wehmer 223 Il. 1.
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plureis adolescentes. .. certatim intentos offindi ad legendum dispertitum quem in manibus habebant inter se librum. Il libro che i giovani stanno leggendo con tanto interesse è l'edizione principe dei Miscellanea appena venuta alla luce, evidentemente non rilegata se hanno potuto distribuirsene i fascicoli fra di loro 1. Un'interessante testimonianza in una lettera di Giano Parrasio alla fine della sua edizione di Sedulio e Prudenzio, Milano 1501, c. P2V, fa pensare che in certi casi gli umanisti assumessero privatamente alle loro dipendenze i tipografi, così come avveniva per i copisti (vd. p. 195): nam quom nostras in Claudianum lucubrationes, ut nosti, publicaremus nec possem tantum scribendo consequi quantum quos d o m i c o n d u c t o s opifices habeo formis excuderent, ne tantisper illi, dum nos exemplar comparamus, male feriarentur, hos poetas, quos in aliud tempus magis idoneum reservabamus, ut ab occupato tumultuarie recognitos, impressoribus dare coacti sumus; nel colophon della medesima edizione si legge: impressum Mediolani sumptibus lani et Catelliani Cottae, dexteritate Guillelmorum Le Signerre fratrum. All'invenzione della stampa Polidoro Vergilio dedica parte del cap. 7 del l. II del De rer. inv. (p. 144), ricordando fra l'altro che per la stampa si usava un inchiostro particolare: fuit illud (l'apertura di pubbliche biblioteche) igitur omnino magnum mortalibus munus, sed nequaquam conferendum cum hoc, quod nostro tempore adepti sumus, reperto novo scribendi genere: tantum enim uno die ab uno homine literarum imprimitur quantum vix toto anno a pluribus scribi posset ... Joannes Cuthenbergus natione Theutonicus... primus omnium in oppido Germaniae quam Maguntiam vocant, hanc imprimendarum literarwn artem excogitavit primumque ibi ea exerceri coepit, non minore industria reperto ab eodem, prout ferunt, autore novo atramenti genere, quo nunc impressores tantum utuntur. Decimo sexto deinde anno, qui fuit salutis humanae MCCCCLVIIl, quidam nomine Conradus, homo itidem Germanus, Romam primo in ltaliam attulit, quam dein Nicolaus Jenson Gallicus primus mirum in modum illustravit.
I. Tuttavia alcuni editori mettevano in commercio i loro libri anche già legati: cosÌ ad es. Aldo Manuzio. Vd. H. Loubier, Der Bucheinband, Leipzig 19262, 100s. e 15Iss.; F. Bdiuninger, Verlegereinbtinde bei Aldus, «Jahrb. der Einbandk.• 3-4, 1929-30, 54-60 (non ho potuto vederlo); Fava 217ss.; M. J. Husung - F. A. Schrnidt-Kùnsemiiller, in Handb. der Bibl.-Wiss. I 818.
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COMMERCIO LIBRARIO
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Col diffondersi del movimento umanistico aumenta enormemente la richiesta di libri. A questa si supplisce in parte col prestito, diffu~issimo in età umanistica. Assai comune è la nota di possesso che al nome del proprietario fa seguire et amicorum 2. Il Salutati (ep. II p. 160s.) inveisce duramente contro coloro che, ritenendo di posse
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principi, signori, alti prelati, determina d'altro canto lo sviluppo di un florido commercio librario. Questo nel medioevo non era molto intenso: quasi tutto accentrato nelle sedi universitarie, era rigidamente disciplinato. Ora invece, come è stato più volte osservato 1, si sviluppa maggiormente proprio al di fuori delle più antiche sedi universitarie, nei grandi centri dell' umanesimo, Firenze soprattutto, Milano, Venezia. Il commercio si svolge per varie vie. Un umanista come l'Aurispa, ad esempio, svolge privatamente un'intensa attività di vendita e baratti di codici, tanto che il Filelfo gli rinfacciava di far commer• cio dei libri piuttosto che leggerli 2. Esistono poi vere e proprie tabernae librariae e librai, dei quali l'esempio più noto è Vespasiano da Bisticci: un quadro molto chiaro della sua attività, con la rettifica di qualche tradizionale errore, in Ullman, Origin I3ISS. Vespasiano curava l'allestimento di codici su ordinazione o faceva da intermediario nelle vendite di libri. Si ha in effetti l'impressione che i librai siano spesso solo degli intermediari: Poggio ep. 2, 25 p. 152 (al Niccoli) nosti Bartholomaeum de Bardis... Is cupit aliquos habere libros. .. Itaque suasu meo vult ut illi nonnulla compares volumina, quae subscribam. .. inprimis Suetonium et item Terentium et Q. Curtium, quos omnes libros reliqui venales apud Petrum tuum chartularium 3 ••. Pretium vero sit ut videtur tibi; II, 6 p. 63 emi epistolas Hieronymi quadraginta unum aureos novos, quorum unum voluit cartolarius. Come osserva il Kirchhoff (p. 31), la vendita di libri non era allora attività sufficiente da sola e così troviamo concentrate nelle mani di una stessa persona parecchie attività inerenti al libro. Ciò spiega perché compaiano spesso in veste di venditori di libri i • cartolai " cioè i commercianti di materiali scrittori, tanto che il termine chartularius è usato dagli umanisti come sinonimo di bibliopola e liL Kirclilioff 34S.; Wattenooch 556; Paoli II 138. 2. Filelfo ep. c. 22r (ali'Aurispa) totus es in librorum mercatura, sed in lectura mallem; c. 32r (all'Aurispa) es tu sane librorum officina; sed ex tua ista tabema libraria nullus unquam prodit codex nisi eum quaestu. Il Kirclilioff (p. 545S.) ha preso così alla lettera queste parole da mettere l'Aurispa insieme a cartolai e librai nel suo elenco di commercianti di libri. Sul commercio di libri praticato dall'Aurispa si vedano in particolare le sue epp. 30 p. 48; 91 p. II3s.; 94 p. II7s. 3. Questo Petrus chartularius sarà tutt'uno col Petrus librarius menzionato in Traversari ep. 298 col. 388 (al Niccoli) Lactantium tuum eupio; nam tibi redditum a Petro illo librario iampridem comperi?
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brarius 1; e i librai compaiono talvolta con funzioni di legatori di libri (vd. p. 83 e 85). Un legatore di libri che vende pergamena in Poggio cp. 4, I p. 293 (vd. p. 20). Nelle università del medioevo spesso i bidelli erano al tempo stesso 'stazionari', cioè praticavano il commercio dei libri. Perciò in età umanistica i librai sono talvolta indicati col nome di b i d c l l u s anche in città dove non c'erano università (Kirchhoff 22; Wattenbach 556): particolarmente interessante la testimonianza offerta da una lettera del Filelfo, ove l'umanista cerca di dare un equivalente' classico' di bidellus rendendolo con librarius publicus: ep. c. 35V (al veneziano Pietro Tommasi) quaesivi ex hoc homine, unde eum sibi codicem comparasset. Respondit emisse ex publico librario quodam, quem vulgo vos (voi veneziani) bidellum appellatis (per espressioni di questo tipo cf. p. 40s.). Esse autem eius tabcrnam librariam euntibus ex Rivoalto ad forum divi Marci ad dextram. b i b l i o P o l a 2: gli umanisti ripristinano il classico 3 bibliopola 'libraio' e si sforzano di sostituirlo al meno proprio librarius (che in età umanistica è usato di solito col significato di 'copista '). e al volgare chartularius: A. Decembrio polito 27 C. 60r equidem vul-
gari scio appellatione a plerisque eum pariter librarium intelligi qui sit sive librorum tabernarius sive custoditor apud dominos; sed inepte. Illud enim primo cerdonarium genus bibliopolarum tantum Craeco vocabulO' sit appellandum, nam libros vendit ut suos 4; alterum bibliothecarii, qui domini sui libros observat; licet vulgari confabulatione uterque non possit commodius quam librarius explicari; Traversari ep. 240 col. 314 (al Giustinian, a proposito di libri sacri in volgare che gli sono stati
1. Vespasiano ad es. riceve indifferentemente tutti e tre gli appellativi:' Poggio in ep. 12, 30 p. 173 cito a p. 84 lo chiama cartolarius e Vespasiano stesso in ep. 16, 25s. si firma «Vespasiano di Filippo cartoraio »; A. Decembrio. 75 c. 180r lo chiama bibliopola: solent igitur ex Hetruria Florentinaque civitate potissimum libri quam venustissime facti comparari feruntque ibi Vespasianum quendam eximium bibliopolam librorum librariorumque solertissimum ad quem omnis ftalica regio,. longinquae etiam nationis homines confluunt quicunque libros ornatissimos venales optant; l'Urb. lat 383 è stato scritto dal copista Petrus de Traiecto sub VespasianCJo librario (Ullman, Origill 132). 2. Paoli II 138. 3. Thes. I. L. II 1955, 32SS. 4. Questa frase è probabilmente dovuta al fatto che. come ho osservOlto, i librai allora erano spesso solo intermediari.
CODICE E LIBRO A STAMPA
richiesti) iam bibliothecas omnes et bibliopolas requisivi, ut si qua (sc. volumina) veniant ad manus (eligam quaeque optima) mihi significent; 398 col. 517 oro ut convenias ~L~ÀL01tWÀlXt; civitatis et inquiri facias diligenter an inveniantur Decretales in parvo volumine, textus scilicet et glossa, rescribasque celeriter adposito pretio et expressa qualitate voluminis. Un po' diverso sembra il significato in Traversari ep. 305 col. 396 libellus Hieronymi Contareni... dudum absolutus est ac venustissime ornatus (' miniato '; cf. p. 61S.). Intercessit Michaelis nostri bibliopolae negligentia ne citius ad te mitteretur; si tratta di un frate del monastero che compare spesso, anche come destinatario, nell'epistolario del Traversari (vd. Mehus, Vita II) e che, come appare da ep. 303 col. 392, si era occupato di miniare il libellus Hieronymi Contareni; dunque bibliopola indica un monaco che si occupava di libri, probabilmente incaricato anche del loro commercio. Poliziano, nota al Laur. 35, IO, c. !Iv (Ma'ier 333) ego Angelus Politianus emi hunc libellum de Antonio bibliopola 1; altre volte nel Poliziano il bibliopola compare in veste di legatore di libri; mise. I 25 p. 557 (vd. p. 64) e nota alle Pandette cito a p. 46. Un bibliopola che vende anche libri a stampa compare in una lettera di Iacopo Antiquario in Poliziano ep. 3, 18 p. 87 ex bibliopolae taberna codicem requiro (si tratta dell'edizione dei Miscellanea). Il celebre libraio e stampatore bolognese Benedetto di Ettore de' Faelli 2 si nomina spesso come Benedictus bibliopola nel colophon delle edizioni uscite dalla sua officina e lo stesso appellativo gli dà il Beroaldo in una lettera citata in Garin p. 378: composui nuper libellum de terremotu quo civitas nostra eoncussa est... Exibit impressus ex officina nostri Benedicti bibliopolae. c h a r t a r i u s: già nell'antichità significa anche qui ehartas vendit, ma non doveva essere molto diffuso; ci è attestato solo da glosse e grammatici (Thes. l. L. III 1000, 82SS.). Un Augustinus eartarius figura in un documento del 1384 (Wattenbach 128) e un Bacciameus cartarius compare a Pisa nel 1377 (Wattenbach 131). Negli umanisti ho trovato un solo esempio, Guarino ep. 258, 5 (vd.
p. 52S.). c h a r t u l a r i ti S
:
nell'antichità significa is qui chartas publi-
I. Per questo Antonio vd. Kirchhoff 47. 2. A. Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna 1929, 55ss.; C. F. Biihler, The University and the Press in Fifteenth-Century Bologna, Notte Dame, Indiana U. S. A. 1958, 89ss.; F,J. Norton, Italian Printers 15°1-1520, London 1958, Il.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
cas tractat (Thes. l. L. III 1002, 41SS.). In età umanistica indica invece il venditore di chartae (' pergamene', vd. p. 25S.) e in genere di materiali scrittori (come il nostro' cartolaio '), ma può designare anche il 'libraio " dato che assai spesso, come abbiamo detto, il commercio dei libri si associa al commercio dei materiali scrittori; così anche Vespasiano era detto chartularius (Wattenbach 558). Numerose notizie sui chartularii ricaviamo dallo Statuto dell'arte dei medici, speziali e merciai di Firenze del 1349, citato dal Paoli II 138s. Il Wattenbach (p. 147) riporta un documento fiorentino del 1437 in cui compare un « Agnolo chartoraio»; altri chartularii sono ricordati in Fumagalli p. xxss.; vd. anche Piccolomini, indice s. V., Kirchhoff passim. Doveva essere un termine frequente nella lingua d'uso: lo troviamo ad es. in due lettere in volgare di Giannozzo Manetti in Vespasiano ep. II, 24 e 12, 24; nella seconda di queste vediamo svolgersi nella bottega di due cartolai romani un commercio di codici: « andamo alla bottega di Giovanni et di Francesco cartolai, et trovamo che non haveva l'Epistole (Cic. Att.), ma sì el Cornelio (Celso) et era a vedere da chi ne dava ducati 18 ». Tra gli umanisti lo usa Poggio, che più di ogni altro si accosta, nel suo vivace e colorito latino, alla lingua parlata; altri invece lo evitano, preferendo il più classico bibliopola. Poggio ep. 12, 30 p. 173 Vespasianus cartolarius, ut dicunt, ostendit mihi particulam tuarum litterarum (l'inciso ut dicunt mostra che Poggio è consapevole di trasferire nella sua epistola una parola volgare, cf. p. 40s.); 2, 25 p. 152 e II, 6 p. 63 citt. a p. 81. l i b r a r i u s : accanto al significato più largamente diffuso di , copista' (vd. p. 199ss.), ha quello di 'libraio', anche questo già classico (Bilabel, RE. XIII 138, 25ss.; Arns 63). A. Decembrio, polito 27 C. 60r cito a p. 82, dichiara che per 'libraio' non è da usare questo termine, ma piuttosto bibliopola (cf. Krebs-Schmalz, Antibarbarus II 21); ammette tuttavia che librarius è termine della lingua d'uso comune. Poggio ep. p. 301 Wilm. vaco ergo libris plurimam partem diei, reliquam deambulando consumo, querens ac volvens librariorum fasciculos 1, si quid reperirem boni; Filelfo ep. C. 35v (vd. p. 82); c. 72r Familiares Ciceronis epistolas, quas petebas, venalis invenimus. Eas si habere cupis, ducatos decem mittas opus; id enim precii omnino se velle dicit librarius Melchior; C. 85v si nondutll I.
L'espressione librariorum fasciculos deriverà da Gelt 9, 4,
I
fasces librorum
CODICE E LIBRO A STAMPA
•
istinc abierit Xenophon, ei dicito meis verbis ut diligentissime odoretur, siqui apud istos librarios Taurinatis sunt Graeci codices qui vaeneant. In inv. Mansueti II7 appare un librarius come legatore: nota quod post primum sequitur tertius, post tertium sequitur secundus liher, quia librarius male ligavit (il Poliziano in notazioni analoghe usa bibliopola; vd. p. 83). t a ber n a I i b r a r i a : già classico (Dziatzko, RE. III 982, 61SS.). Bruni ep. 4, 8 p. II9 Priscianum quem postulas omnes tabernas librarias perscrutatus reperire nondum potui; File1fo ep. c. pr cito a p. 81 n. 2; c. 35v cito a p. 82. In Iacopo Antiquario, letto cito a p. 83 compare bibliopolae taberna. Sinonimo bibliotheca? (vd. qui sotto). In Poggio ep. 6, 20 p. 124 compare l'espressione librorum vendendorum officina, che indica evidentemente una bottega ove si cura al tempo stesso l'allestimento e la vendita dei codici.
BIBLIOTECA
b i bI i o t h e c a : in età classica indica sia una raccolta di libri sia il luogo dove la raccolta stessa è custodita (Thes. 1. L. II 1955, 52SS.), tanto che i giuristi discutevano se, nel caso che fosse legata la biblioteca, il lascito includesse il luogo o l'armadio o i libri (dig. 32, 52, 7). 111 età umanistica il termine è usato allo stesso modo e indica quindi sia l'edificio sia la raccolta dei libri 1, anche se A. Decembrio preferirebbe riservare bibliotheca al luogo, coniando per indicare un complesso di libri il termine biblioplethis (polit.. 3 C. 8v quid mirum . . , si in comparanda quoque bibliotheca seu dici mavis biblioplethi, quod hic sermo verius ad librorum multitudinem, superior autem ad eorum repositionem magis attineat, modus idem sit opportunus). Salutati de fato 2, 6 p. 343, 18; Lamola in Guarino ep. 455, 127 in bibliotheca Laudensi; Poggio ep. 3, 37 p. 284 vidi bibliothecam monasterii (di Montecassino); 8, 2 p. 188 coepi etiam aedificatiunculam quandatn vctlalium expositos vidinll4s, dove però si trattava dei rotoli di papiro che componevano ciascun libro e che venivano legati insieme in forma somigliante a jasces (Birt 33). l. Secondo il Paoli (II 138) può indicare anche la bottega del venditore di libri, quella che normalmente è chiamata t4berna libraria. Non ho trovato alcun esempio di bibliotheca con questo significato.
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IL LESSICO fILOLOGICO DEGLI UMANISTI
pro diversorio studiorum meorum, in qua libri .Mi absente me quiescant. Appellarem bibliothecam, si librorum paucitas mereretur; 8, 7 p. 201 construxi. .. bibliotheculam quamdam, receptaculum librorum meorum; 8, 30 p. 249 cum in bibliothecula mea essem; 9, 32 p. 375 Ammianum Marcellinum ego Latinis Musis restitui, cum illum eruissem e bibliotheds, ne dicam ergastulis Germanorum; IO, I p. 7 in bibliotheca mea Terranovae; 12, 2 p. 126 existimare se dixit esse Aristotelis Problemata in bibliotheca Sancti Marci inter Nicolai libros (la biblioteca del convento di S. Marco a Firenze cui passarono i libri del Niccoli); Traversari ep. 214 col. 280 (vd. p. 88); 240 col. 314 (vd. p. 82S.); 277 col. 368 (volumen) dignum sane quod in bibliothecam tuam iampridem immigraret; 316 col. 415 eo duce bibliothecam conventus evolvi; ibid. Tarvisium quoque concessi ut bibliothecam inspicerem, ut ftrebatur, insignem; 319 col. 419 proftctus sum ut reviserem Victorinum Graecamque ipsius discuterem bibliothecam; 321 col. 420 veni Ravennam neque prius institutum opus peragere volui quam tempIa vetustissima... cernerem praecipueque maiorem ecclesiam, ubi librorum aliquid delitescere . .. putabam. Ingressus bibliothecam... vix dignum te quidquam inveni; 33 3 col. 444 in conventus ipsius bibliotheca; hod. p. 64 ipsius... Joannis domum. .. et bibliothecam non ignobilem sumus admirati; Poliziano mise. I 17 p. 544 ex publica Medicae familiae bibliotheca (cf. 18 p. 545; 23 p. 552; 24 p. 555; 25 p. 557; 32 p. 57 1 ; 35 p. 576 ; 41 p. 589; 50 p. 599; 57 p. 612); 23 p. 553 Romae in Paiatina bibliotheca; 71 p. 637 in intima Vaticana bibliotheca; 77 p. 647 Romae in intima Vaticana bibliotheca 1; ibid. in codice divi Augustini De civitate Dei ex
publica Medicae {amiliae bibliotheca neque non in Columellae ex privata eiusdem gentis; 97 p. 690 Fiorentiae, ex divi Marci bibliotheca quam gens Medica publicavit 2. l i b r a r i a : meno frequente. Salutati ep. III p. 146 ftcit Au-
1. Per la partizione della Biblioteca Vaticana di allora in quattro sale, la Bibliotheca comm,mis, suddivisa in Latina c Craeca, la Bibliotheca secreta e la po'Uificia o intima vd. Branca - Pastore Stocchi 154ss. 2. Colgo lo spunto da questi passi del Poliziano per ricordare che quando negli scritti dell'epoca si parla di biblioteca Medicea pubblica, si tratta della biblioteca del convento di S. Marco, mentre quella che poi fU aperta al pubblico e divenne la Laurenziana era allora la biblioteca privata dei Medici (vd. Piceolomini p. 6). Le due biblioteche sono state talvolta confuse; così ad es. il Lindsay nella pref. all'ediz. di Marziale, Oxonii 19292, dice di un codice di Marziale ora perduto:
CODICE E LIBRO A STAMPA
gustinus septem, ni fallor, De musica libros, quibus Latium caret. Spero quod istic sint in aliqua libraria; Poliziano, soscr. a Ovidio (Maier 351) ex Medica libraria; soscr. a Columella (Maier 355) ex publica .eiusdem familiae (i Medici) libraria. INVENTARIO
i n d e x : Guarino ep. 77, 38 librorum indicem illum accepi; Traversari ep. 213 col. 278 tu cura ut ad me librorum tuorum indicem mitLas; 214 col. 280 Plutarchi epistolas, quia in indice tuo non reperi, scire .cupio an adhuc desideres; 215 col. 282 legi... indicem Graecorum vo.luminum tuorum; 216 col. 284 si dudum accepit ex Cypro libros suos Leonardus Iustinianus, curabis mihi conficere diligentem indicem, qui lihrorum contineat nomina singulatim; 273 col. 358 librorum tuorum omnium qui sunt apud me brevem indicem facere adgressus sum; 274 col. 361 Philippus. .. adtulit... indiculum quemdam librorum ad se ab Antonio Pistoriense missum, quos ille se invenisse in quodam monasterio scribit; 3II col. 406 ex indice (dei libri del cardinale Orsini) didici omnia (sco volumina) esse communia nihilque inter illa singulare delitescere; 379 col. 492 indicem . .. illum voluminum iuris canonici ac civilis a Mi.chaele nostro confectum urla cum pretio adscripto mittas; in ep. 271 col. 353 il Traversari indica con indicem voluminum inquirendorum il Commentarium del Niccoli. B. Guarini in Poliziano ep. I, 19 p. 27 quod .librorum meorum indicem petis, id mihi et laboriosum est et inutile. i n v e n t a r i u m: Poggio ep. I, 6 p. 30 vidi pridem inventarium plurium librorum cuiusdam monasterii; I, 7 p. 38 procuravi ut .haberem inventaria nonnullorum monasteriorum; I, 13 p. 61; 2, 34 p. 168; 3, 1 p. 187 dedi operam ut habeam inventarium cuiusdam vetustissimi monasterii in Germania ubi est ingens librorum copia; 3, 12 p. 207 .dixeram Cosmo nostro. .. monachum illum Hersfeldensem dixisse cuidam se attulisse inventarium ... plurium voluminum ... Mitto autem ad te nunc partem inventarii sui, in quo describitur volumen illud Cornelii Taciti et aliorum quibus caremus; 3. 13 p. 210; 3. 29 p. 266s.; 3, 31
p. 271. «quem Politianus memorat Florentiae in bibliotheca Laurentiana fuisse » e rimanda mise. I 23 p. 552 in hac ipsa gentis Medicae bibliotheca publica codex habetur vetustissimus Langobardis literis; il codice si trovava dunque non in Laurenziana, ma a S. Marco.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
X IX -r oc À O Y O Ci: Traversari ep. 214 col. 280 XIX-rOCÀOYov tuae bibliothecae nunc primum accipio. 7t (VIX ~: Poliziano, ep. 12, 20 (21) p. 401 't'òv 7t(VIXXIX aè: 't'WV A A">'
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r e p e r t o r i u m: Salutati ep. I p. 276 repertorium tuorum librorum habui; IV p. 265 tuorum librorum repertorium; Poggio ep. 12. 2 p. 126 legi... repertorium librorum Nicolai. In ep. 213 col. 278 (a F. Barbaro) il Traversari si lamenta del1'eccessiva secchezza di un catalogo di libri del Giustinian 1 e dà interessanti istruzioni sulla redazione di un inventario: esso deve quasi porre sott'occhio i libri che descrive; deve indicare esattamente le singole opere di ciascun codice, il tipo di scrittura, il formato ecc.: vidi sane indiculum illum c1arissimi viri Leonardi Iustiniani ...• sed mihi. .. desiderari in ilIo visa est diligentia. Sed nescio utrum tu i!lum scripseris an alius quispiam. Quidquid illud sit, cupio te in hoc imitari nostram diligentiam. Nam ego, si quid ad te tale scriberem, tibi pIane ac penitus notum esse (esset ed.) datumque in conspectum quod abesset laetarere. Cupio enim, quum scribis ad me talem indicem, notari in eo quidquid in quolibet codice cotltinetur singulatim quanamque sit literarum facie, cuius magnitudinis; ceteraque ipse (ipsius ed.) facilius intelliges, quam ego scribere in hac hotae desideratione sub.ficiam (cf. :!.nche ep. 216 col. 284 Alexander ilIe Aphrodiseus cuiusmodi sit, qua magnitudine quave literarum facie quosve Aristotelis libros exsponat scire plenius cupio). Di come il Traversati stesso metteva in pratica i suoi precetti sono splendido esempio due àccurate descrizioni di codici da lui fornite nell'epistolàrio, quelle del Laur. 32, 9 di Sofoc1e, Eschilo, Apollonio in ep. 277 col. 368s. e del cod. Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI IO di Tettulliano in ep. 306 col. 398s. Per il primo fornisce le seguenti notizie: elenco delle opere, materiale su cui è scritto (in membranis), giudizio sull'aspetto della scrittura (literis ... gratissimis) e datazione della medesima, indicazione esattissima di lunghezza e larghezza rapportate alle dimensioni del foglio su cui sta scrivendo la lettera, segnalazione degli scolii marginali, della loro scrittura (compositissimis literis) e degli autori da cui sono desunti, numero di righe di ogni pagina e numero delle carte, giudizio sulla correttezza del I. Si tratta del catalogo dei libri che il Giustinian aspettava da Cipro: vd. Traversari ep. 216 col. 284 cito a p. 87 e le due lettere del Barbaro al Niccoli e al Traversari citate in Sabbadini. Storia 3I e 33s.
CODICE E LIBRO A STAMPA
testo. Per il secondo: elenco delle opere, scrittura e datazione della medesima (novis et barbaris literis), giudizio sulla correttezza del testo, indicazione sulla grandezza del codice (Tertulliani volumen duas fere decades T. Livii magnitudine exaequat). L'uso di fornire gli incipit era diffuso. Talvolta, come nell'inv. Mansueti, si dava l'incipit della seconda carta, anziché dell'opera; col fine, diverso da quello moderno, di individuare con precisione il codice. Il termine usato dagli umanisti per indicare gli incipit è p r i n c i P i u m : Petrarca seno 2, 4 p. 842 scribis te vidisse opuscula nuper aliquot et quaedam qlJoque vulgaria meo nomine inscripta, quorum mihi principia misisti tantumque de singulis ut intelligerem meane essent an alterius; Gasp. Barzizza, nota sul foglio di guardia del Vat. lat. 1773 di ps. Quint. deel.: infrascripta sunt principia declamationum prout inveni in quodam codice multum antiquo (Sabbadini, Storia 301); Poggio ep. 3, 29 p. 267 Nicolaus ille Treverensis scripsit litteras cum inventario librorum quos habet. .. Habet volumen. .. in quo sunt XX comoediae Plauti . .. Nomina autem comoediarum sunt haec amI principiis; 4, 17 p. 339 volui . .. ut ... peteret. .. librormn omnium principia.
SECON DA PARTE SECONDA
CODICI SCRITTURA DATA ZION E DEI CODrCI SCRIT TURA E DATAZIONE
SCRIVERE
s C r i bo: di questo termine gli umanisti si servono comunemente per indicare lo scrivere materiale, l'opera del copista (scriptor): Poggio ep. 2, 26 p. 154 scripsi librum De oratore; 3. 27 p. 264 laudo tuam diligentiam de quarta decade; ea nunc scribitur (cf. p. 259); 5, IO p. 35 (al Filelfo, sul De differentiis verborum dello pseudo-Cicerone) si volueris eum scribi, ego obsequar voluntati tuae; Traversari ep. 271 col. 352 (al Niccoli) quod item Asconium Pedianum et CorneIii Celsi fragmenta et Lactantii De ira Dei et opificio hominis libros scripseris, pari laude prosequemur. L'uso doveva essere diffuso nella lingua corrente: ne troviamo esempi nell'epistolario in volgare di Vespasiano: Niccolò Perotti in Vespasiano ep. 9, 18 « Non si potendo chostà scrivere la Geometria »; IO, 6s. « Al facto dello Homero, vi mando la lettera per parte di Nostro Signore (Niccolò V). Presentatela voi medesimo et ditegli che Nostro Signore vi scrive domandiate el decto libro per farlo scrivere et cetera. Per Dio, se mai mi faceste a piacere, fatemi questo: che lo facciate scrivere in acta dì come dicete. Et legatelo in carte incollate coperte di cuoio et mandateme10 subito »; 10,23 e 25 (vd. p. 196 n. I e 135); Vespasiano ep. 16, 17 « Aspettane da Ferara tre (se. Vite di Plutarco tradotte) da Guerino che mmi manchavano, che mmi dicie avelle fatte scrivere e che lle rischontra, e subito 1 saranno finite le manderà »; Iacopo Ammannati in Vespasiano ep. 40, 8 chiede in prestito opere di platone tradotte da trascrivere, « peroché qua su mi dilecta non meno lo scrivere ch' el leggere»; per scribo ad volumina e ad fragmenta vd. p. 196. Talvolta scribo, usato in questo senso, ha per oggetto non 1'opera, ma il codice da cui l'opera è copiata e quindi finisce coll'essere praticamente sinonimo di describo, transcribo: Poggio ep. 3, 27 p. 265 Josephus tuus scribitur extra domum; Traversari ep. 247 col. 322
lo Vespasiano omette assai spesso il • che' pron. o cong.: il Cagni, qui e altrove, lo integra. allo scopo, com'egli stesso dichiara (p. II2), di facilitare la comprensione.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANlSTI
instant apud me magni viri ... ut epistolas meas illis scribendas tradam; 277 col. 370 Apologeticus ille Tertulliani necdum scriptus est. Maximam in spem sublatus eram ad vos ex Clariense monasterio haec eius viri opuscula emendatiora perferenda... Quocirea mendosissimum librum transeribere omiseram. Curabo tamen ut transeribatur quamprimum: la presenza di ilIe dimostra che qui il soggetto della frase non è l'Apolo-. getico di Tertulliano considerato astrattamente come opera, ma quel determinato codice dell'opera che più oltre è detto mendosissimus liber; quindi seriptus est equivale perfettamente ai successivi transeribere, transcribatur: « quel codice dell' Apologetico non è ancor finito di copiare». Iacopo Ammannati in Vespasiano ep. 40, 3 «e1 Phedone di Platone che mi prestasti l'ho già tutto scripto et ricorretto». A. Decembrio, che biasima l'uso di scriptor per' copista " osservando che nel latino classico con questo vocabolo si indica solo lo scrittore-autore (vd. p. 200S.), afferma che anche scribo anticamente era detto solo dell'autore: polito 27 c. 59V ubi non de scriptore solo, sed de seribendo etiam tanta sit a maioribus observata diligentia, ut nulli praeterquam operis auctori id officium assignetur. Evidentemente si oppone all'uso contemporaneo di scribo per scrivere materialmente,. trascrivere codici. e x a r o : 'scrivo', già classico (Thes. 1. L. V 2, II84, 52SS.). Dante, de situ et forma aque et terre 1,3 in hae eedula meis digitis exarata~ Guarino ep. 223, 32 (vd. p. 17); 369, 35 Plautus tibi transeribitur, opus . .. futurum perpulehrum et accurate exaratum; Poliziano mise. I 35 p.577 vetustissimus. .. libero .. literis Langobardis exaratus; Traversari ep. 275 col. 365 Philippus noster . .. adseruit sibi esse exploratissimum Arehimedem ilIum Bononiae apud Ranutium servari. .. Si venerit in manus nostras, citius omni opinione exarabitur. Adsuefacio manum seribendis literis Graecis ex tradueendi quam eepi exercitatione ilIumque mature absolvam. Talvolta, forse per la presenza del prefisso ex-, exaro assume addirittura un valore molto vicino a quello di exscribo; così. forse già nella lettera del Traversari citata per ultima e più dùaramente nei seguenti esempi: Guarino, comm. a Cic. S. Rose. (Sabbadini, Scuola 91) ut... Franciseus Barbarus... dicere ac deplorare solet, oecaecatum adeo exemplaris codicem unde haec exarata est oratioFlorentiae viderat, ut nullo pacto inde transeribi verbum potuerit; A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 180 itaque invento. .. exemplari quodam, quamprimum iussi volumen ipsum, ut erat, exscribi atque exarari~ si noti che il soggetto del passivo exarari è l'esemplare, il volwne
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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che deve essere trascritto; dunque exarare non può avere qui altro valore che quello di 'trascrivere'. p e r a r o : 'scrivo' in Poliziano mise. I 77 p. 647 (vd. p. 128). n o t o: significa sia 'scrivere' che 'annotare' (per questo secondo significato vd. p. 97), entrambi significati già classici. Poliziano mise. I 77 p. 647 (si deve scrivere Vergilius, non Virgilius) invenies etiam Sutri nomen hoc ' Vergilius' ita notatum in mensa . lapidea. .. In Pandectis. .. non aliter quam per ' e ' notatur id nomen . Commentarium Tiberii Donati... grandioribus notatum vetustis characteribus; soscr. a Varrone (Maier 354) contuli et cum altero semivetere codice, sed mendosiore, unde scilicet ea sumpta sunt quae videas rubrica esse notata « le cose che vedi scritte in rosso»; tuttavia, trattandosi di una collazione eseguita sui margini di un incunabolo, si può interpretare anche: « le cose che vedi annotate in roSSO». , Scrivere sotto dettatura', 'prendere appunti' si diceva, con parola del latino classico, e x c i P i o : Guarino ep. 813, 244 (vd. p. 106); Traversari ep. 96 col. 127 deest enim nobis qui excipiat dictata; 171 col. 23IS.; 260 col. 339; 503 col. 619 librarios ... qui exciperent ex ore nostro (per tutti questi passi, da cui appare che ai suoi copisti il Traversari richiedeva di saper scrivere sotto dettatura, vd. p. 195 n. 3); Beroaldo anno C. c6r quae ut festinantius absolverentur . ..• non scripsi, sed dictavi, excipiente Rainaldo nostro; Poliziano ep. 6, I p. 162 (adnotationes) quas me praelegente studiosi exceperunt; ibid. p. 167 sed his... longe sunt et plura et meliora quae quartodecimo fere abhinc anno, nobis easdem publice sylvulas enarrantibus 1, excepta sunto In quae se diu iam casu incidisse... Tydeus Acciarinus... eleganti nobis epistola significavit. Nactus autem fuerat. .. quae Franciscus Puccius Florentinus collegisset. Si noti qui colligo detto del prendere appunti alle lezioni: gli appunti stessi erano chiamati r e c o Il e c t a e (d i c t a t a nella scuola romana del Leto; vd. Sabbadini, Metodo 43). In mise. I 41 p. 588, descrivendo le Pandette fiorentine, il Poliziano usa e x c e p t o r nel senso classico di notaio, scriba che scrive sotto dettatura (Thes. 1. L. V 2, I225s.): quibusdam etiam, saltem in praefatione, velut ab autore pIane et a cogitante atque generante potius quam a librario et exceptore inductis, expunctis ac superscriptis (cf. p. IO!) n. 3); cf. anche Traversari ep. 96 col. 127 (vd. p. 205); hod. p. 76 I.
Il Poliziano tenne un corso su Stazio nel 1480-81. La lettera è datata ca-
lend. April. MCCCCLXXXXIlII.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Gregorius noster Vincentinus... Florentiae superiori tempore cum Fantino remoratus fùnctusque nobis aliquandiu exceptoris officio cum chrysostomi quaedam converteremus ex Graeco. Come appare dagli esempi citati per excipio ed exceptor, il Traversari spesso dettava anziché scrivere di sua mano. Lo stesso dichiara di aver fatto il Beroaldo per procedere più rapidamente nella stesura delle Annotationes centum. Dunque all'inizio della tradizione di un testo umanistico può esserci la dettatura da parte dell'autore ad un exceptor (segretario, amico o discepolo). Tutta una gamma di termini indicava particolari modi di scrivere: su p e r s c r i bo' scrivo sopra': PoIiziano misc. I 41 p. 588 (vd. sopra); II 5, 4 quodcunque suspicio trahat, deleta priore lectione, superscribant; colIaz. delle Pandette: singula puncta singulis superscripta notis (Bandini, Ragion. XL); postrema cancellata syllaba, superscriptum o (Bandini cito XLII). su b n o t o, su b s c r i bo' sottoscrivo': PoIiziano, soscr. autografa a un esemplare della prima edizione dei Miscellanea (Perosa nr. 29) tibi habe, mi Petre Antoni, Miscellanea nostra, monumentum et pignus amoris et fortasse gratiora futura posteris, quod auctoris manu subnotantur (per un diverso valore di subnoto cf. p. 97); Salutati de fato 2, 6 p. 343, 23; Guarino ep. 742, 19 tu . .. in rescribendis post omnem scriptorum seriem et in ima paginae margine tuum subscribis nomen; ValIa, soscr. alla traduzione di Tucidide: hec meo chirographo subscripsi; Poliziano misc. II I, 21 (vd. p. 44). c i r c u m s c r i bo' scrivo intorno, annoto': Guarino ep. 458, 3o libellum. " quem iam triennio. .. circumscripsi magna ex parte; A. Decembrio 19 C. 42V (vd. p. 98). a d n o t o, a d s c r i bo' scrivo in margine, annoto': Petrarca varo 65 (ha ritrovato un verso composto per il Bucolicum carmen e poi perduto) hunc (se. versiculum) tibi subscribo, quem sive adscribendum duxeris, sive ut intempestivum reiiciendum, tui erit arbitrii; Salutati, de fato 2, 6 p. 343, 4s.; Poliziano misc. II 50, 14 crediderim . hominem aliquem non indoctum, sed a re uxoria... abhorrentem . ascripsisse. .. versiculum hunc posteriorem sui codicis marginibus; ep. 4, 13 p. 129 (vd. p. 98s.); soscr. a Varrone (Maier 354) contuli ... cum vetustissimo codice... sic ut ne ea quidem non ascriberem siqua depravatiora viderentur; soscr. a Cic. Att. (Perosa nr. 43) in eo (se. libro) . .. multa etiam Nicolai Nicoli et Ambrosii monachi manu ascripta erant; ibid. est... hoc mihi solemne quasi institutum corrigendorum codicum,
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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ut nihil a probatioribus exemplaribus mutem certaque adscribam quae haud dubie cognoscam prava esse. Dagli esempi riportati appare che .adscribo era termine tecnico per lo scrivere sui margini dei codici. n o t o 'notare, annotare': Lamola in Guarino ep. 455, 167 ut. .. notarem etiam marginibus ubique (al)legationes istorum logodae.daloru11l: probabilmente il Lamola, che dichiara di aver seguito scru-
polosamente il testo primitivo del codice antico (vd. p. 176), avrà poi trascritto a margine le interpolazioni recenti. Non credo che 'sia da intendere che il Lamola abbia contrassegnato a margine ·con qualche segno critico le interpolazioni accolte nel testo. Poliziano ep. l, II p. 17 en tibi igitur librum... Tu, cum fueris .usus, ad me remittes, non tam, quae tua est diligentia, incolumem, quam Joctissima ista notatum manu (<< annotato da codesta tua dottissima mano »); 6, l p. 167 multa in Epicedio quoque pueri (Stat. si/v. 5, 5) vel notavi vel emendavi (<< apposi note od emendazioni »); ibid. fere .autem sunt hactenus quae notavimus adulescentes in libri nostri margine: il
Poliziano, ad evitare contraffazioni, ha comunicato al Beroaldo le note da lui apposte, vivente adhuc Domitio, a un suo esemplare di un'edizione delle Selve di Stazio (cf. p. 70S.). Interessante nella :stessa lettera per il gioco di parole con pecori notas inurere (cf. Verg. georg. 3, 158s.) il passo seguente (p. 167): sed vides ut notavi 10cos, non explicavi. Sane quoniam commentarios non faciebam, sed epistolam quae meo quasi pecori notas inureret. Il Beroaldo rispondendo (Poliziano ep. 6, 2 p. 170) riprende, variando notare con subnotare, le parole del Poliziano: adnotatiunculae... illae tuae breves et .concisae. .. quibus subnotantur magis quam explicentur loca reconditiora sylvularum adversus Domitii interpretamenta.
NOTA
Per indicare le note apposte ai codici il termine più diffuso nell'uso comune doveva essere g lo s (s) a o g lo s (s) u I a, che già in età classica aveva perduto il suo valore di diminutivo ed era in tutto sinonimo del positivo (Thes. l. L. VI 2109, 37ss.). Questi termini sono infatti frequenti negli inventari: inv. Visconti 199 cum glosa circumcirca (cf. anche 226, 480, 950); inv. Mansueti 30 cum aliquibus glosis secundum modum antiquum (cf. anche 3, 4, 5, 32, 33, 34, 39, 100, 13 1, 137, 161, 303, 315, 326); Piccolomini, inv. 1008 7
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leges quedam, cum glossis, in menbranis; glossule vero sunt in marginibus. Negli inventari compare anche l'aggettivo g l o s s a tu s: per l'inv. Visconti vd. Pellegrin p. 23; inv. Mansueti 4, 5, 35, 13 I, 137; Piccolomini, doc. XXVIII 35. Tuttavia il termine glossa, molto diffuso nel medioevo, soprattutto, come è noto, nel linguaggio dei giuristi, col significato più ampio di 'commento', nel latino classico significava soltanto parola oscura o interpretazione di parola oscura (Thes.l. L. VI 2108, 38ss.): perciò gli umanisti, nel loro sforzo di adeguarsi ai modelli classici, evitano questo termine: l'ho trovato soltanto in note del Petrarca a codici scritte ad uso personale (Nolhac II 176 e 212), negli scritti del Salutati, che a differenza di altri umanisti non aveva ritegno a mescolare nel suo latino anche parole non classiche 1 (ep. I p. 153 in glosula, quam in Anneo Floro perlegi; de fato 2, 6 p. 342, 21 librarii... dum plerumque glosulas ex librorum l1larginibus et interliniis veluti scribenda recolligunt; come ho osservato a p. 32, il Salutati ama i diminutivi) e in una lettera autografa del Valla al Tortelli (Sabbadini, Storia 299): Quintilianum quem poscis . .. iuberem tibi tradi per Ambrosium, si putarem eum mihi in hoc obsecuturum; tametsi nollem glosas quas illi fici ab aliis transcribi priusquam recognorim et alias adhuc addidero. Nam, ut scias quo studio glosas eas tacturus sim, certum est mihi omnes libros qui supersunt legendi evolvere, eos praesertim qui ante Quintilianum extiterunt. Quid queris? Emi Hippocratem . .. , fire omnia illius opera, ubi aliquid ad ornamentum glosarum inveni, quod est 1tCXL~0!J.CX.&e:;;c; vocari eos qui in sua quisque arte prestantissimi sunt; l'autografia ci assicura che il Valla scrivevaglosa. Un'implicita disapprovazione del termine l'abbiamo in un passo di A. Decembrio dove il termine d'uso comune è introdotto dopo l'espressione classica colla solita formula quas . .. vocant (cf. p. 40s.): polito 19 c. 42v-43r circumscriptas... interpositiones 2, quas glossulas vocant (cf. anche 29 c. 95r glossula . .. fuit ignorantis seu circumscriptio; vd. p. 228). Oltre circumscripta interpositio e circumscriptio del Decembrio troviamo per 'glossa' i seguenti termini: a d n o t a t i o, a d n o t a t i u n c u l a : Beroaldo in Poliziano cp. 6, 2 p. 170 (vd. p. 97); Poliziano ep. 4, 13 p. 129 (pre-
Come exempIo (cf. p. 183). Interpositio vale quasi parenthesis, potendo apparire la glossa (ad es. introdotta con id est) come un'inserzione parentetica. I.
2.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
"
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scrive di stampare fedelmente la sua traduzione di Erodiano) ne illae ipsae quidem adnotatiunculae omittantur quas marginibus adseripsimus: inter eas vero etiam locos, puto, treis quatuorve ad summum reperies ubi fuit excusatione utendum corrupti apud Graecos exemplaris 1; 6, I p. 162 nostras adnotationes... in Statii sylvulas. n o t a: Traversari ep. 272 col. 358 sunt praeterea per totum codicem notae quaedam inspersae per margines pulchrae atque utiles; Valla emendo p. 617 (Liv. 24, 42, 7) ne Petrarcha quidem veritatem scripturae deprehendit, sed ut loco obscuro et inexplorato suam notam apposuit (per questa nota del Petrarca vd. Billanovich, Petrarch and. .. Livy 141). n o t a b i I e : Traversari ep. 277 col. 368 (descrizione del Laur. 32, 9) habet per totum in marginibus notabilia plurima et perutilia COInpositissimis literis atque ex nobilissimis auctoribus sumpta. Altro termine di origine volgare, che non ho trovato in scritti umanistici, è p o s t i II a : inv. Visconti 875, 964 (cf. anche 897 postillatus); Anon., nota a Cìc. de or. I, 80 nel Riccard. 506, c. I3r (Sabbadini, Storia 81; vd. p. III). I lemmi a margine che indicano 1'argomento trattato nel testo sono designati con una circonlocuzione dal Valla in Aurispa ep. 83 p. 102 feram et Elegantias meas cum titulis in marginibus compendio comprehensis, omnia quae in opere ipso disputantur signantibus.
AUTOGRAFO
Abbiamo visto In un passo di Dante cito digitis exarata. L'espressione è ricercata: negli più normale s c r i ber e m a n u p r o p r i a. in una delle solite richieste di sovvenzioni, si
a p. 94 cedula meis umanisti troviamo il Ad es. il Traversari, lamenta di non aver
l. La lettera è indirizzata ad Andrea Magnanimo bolognese e datata in russeulo Faesulano, pridie Nonas Maias MCCCCXCIII. L'edizione di cui si parla usò a Bologna il 31 agosto 1493 (Perosa nr. 94). lo ho potuto vedere la ristampa Bologna, 30 settembre 1493 (Perosa nr. 95). La prescrizione del Poliziano fu osservata. Qualche esempio dei luoghi ubi fuit excusatione utendum corrupti apud Graecos exemplaris: C. e2V hic locus in Graeco uno exemplari cuius mihi copia interpretanti fuit, intercisus interpolatusque est, ut sit remissa censura legendus; captanda enim velut in tenebris sententia fuit; c. fsv hoc quoque 10co Graecum exemplar erat intercisum; ut caute legas nec ab interprete exigas quod eum praestare non convenii.
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neppure di che pagarsi un librarius e di ~ssere costretto ascriversi tutto da sé, tanto che per il troppo scrivere gli trema la mano: ep. 134 col. I87s. perpetuis. " angustiis urgemur, ut manu propria. .. seribere omnia sit opus, quae ex iugi exercitio tremoris iam indicia praeftrt non negligenda. Poggio ha dovuto scrivere di sua mano una lettera per l'assenza del librarius; la scrittura è incerta e vacillante per 1'età; la penna gli sembra ormai più pesante di un palo; eppure ci fu un tempo in cui superava tutti per l'eleganza della scrittura! ep. 8, 3 p. 189 est . . , haee (se. epistula) manu mea oscitanter informiterque seripta. Nam librarius meus, qui me reseribendi (' di trascrivere', vd. p. 18Is.) molestia levare solet, abest Ferrariae. Ego autem seribendo, accurate praesertim, admodum gravor, et smnptus ealamus pergrandis videtur palus. .. Fuit quondam tempus eum omnes ferme elegantia litterarum superarem; nune aetas elficit ut ab omnibus videar superari. Così la 'scrittura', il 'carattere' di una persona è detto, con uso già classico (Thes. l. L. VIII 357, 19ss.), m a n u s : Traversari ep. 415 col. 534 plaeuit. .. literarum facies, nisi margines libri ftedaret plerisque in locis longe aliena manus; 453 col. 579 vellem honestiorem literarum faciem, dum seribis, nitereris exprimere et ve! nostram imitari studeres vel alterius doetioris manum. Gli umanisti usavano spesso due scritture diverse; una corsiva gotica o cancelleresca per gli usi di tutti i giorni e per i codici una scrittura calligrafica, l'umanistica 1. Quest'ultima è detta dal Traversari manus libraria (ep. 385 col. 501, vd. p. 143; cC Cassiano inst. 5, 39, 2). Il carattere proprio, autografo (cioè la manus) o uno scritto autografo di una persona è anche detto, con altro termine classico 2, e h i r og r a p h u m : Valla Consto don. 66 p. 58 et quid istud est ' roborare illam " ehirographone Caesaris an annulo signatorio? ibid. 72 p. 62 Romae ex auetoritate papae ostenditur eodex Bibliae tamquam re!iquiae sanetorum, luminibus semper aceensis, quod dieunt seriptum ehirographo Hieronymi... Illum ego diligentius inspeetum eomperi seriptum esse iussu regis, ut opinor, Roberti, ehi-
I. Si veda ad es. per le due scritture del Niccoli, la corsiva umanistica libraria e la corsiva cancelleresca delle lettere, T. Foflàno, «lt. med. e um. ~ 12, 1969, u8122 e tavv. VIII-XI. Per Poggio vd. p. 137 e Cencetti, Lineametlti di storia della scrittura latina, Bologna 1954, 268. 2. Cic. fam. 2, 13, 3 extrema pagella pupugit me tuo chirographo; Suet. Nero 52 cum quib14sdam Ilotissimis versibus ipsius chirographo scriptis.
SCRIlTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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rographo hominis imperiti; soscr. autografa alla traduzione di Tucidide (vd. p. 312); F. Pucci, soser. cito a p. 71. Per 'scritto autografo' si trova a u t o g r a p h u s, anch'esso classico (Thes. l. L. II 1599, 79ss: come agg. già in Svetonio, come sosto in Simmaco): Poliziano ep. 6, I p. 162 eas ... (sc. adnotationes) se iactet ex nostris autographis descripsisse; Crinito in Poliziano ep. 12, 22 (23) p. 409 ex Politiani autographis; ibid. p. 410 in Politiani autographis. Si incontra anche i d i og r ap h u s (Thes. l. L. VII I, 220, 40ss; usato da Gellio): Poliziano ep. 7, 35 p. 229 nec tamen fore unquam credidi ut haec ad obrusam sic exigerentur in literis, praesertim non mea manu, sed meo duntaxat ingenio formatis, cum detur idiographis quoque doctorum hominum venia, sed a doctis. Il Grapaldo fa una distinzione fra i due termini: 2, 9 c. o6v idiographus liber propria alicuius manu scriptus sicut autographus manu autoris (c'è probabilmente l'idea di una connessione etimologica fra autographus e autor).
SCRITTURA E LETTERA DELL'ALFABETO
Per 'scrittura' è usato, con diverse sfumature, il termine sc r i ptu r a : Petrarca fam. 13, 4. 236 si oculos tuos artificiosis literarum tractibus assuetos scriptura incultior offendit; Salutati ep. Il p. 471 (vd. p. 32); P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso (vd. p. 171) barbariem quandam veteris scripturae; Guglielmino Tenaglia, letto cito a p. 62; Aurispa ep. 30 p. 48 cum plures (se. ducatos) in cartis et scriptura expenderim; Traversari ep. 465 col. 588 pretium... et membranarum et scripturarum significet; 502 col. 619 (vd. p. 65); 503 coL 619 (vd. p. 253); 762 col. 876 pretium scripturae ac membranarum et totius operis; Guarino ep. 344, 22 litterarum sive scripturae <Jaciem); Valla eleg. 3 praef. p. 80 (vd. p. II5); Vespasiano ep. 2, 16 e 3, 5 (vd. p. 136). Ma scriptura è forse più largamente usato come termine filologico nel senso di 'lezione' (vd. p. 212S.), mentre in espressioni in cui noi moderni usiamo 'scrittura' - 'codice in scrittura carolina, beneventana' e simili - gli umanisti dicono di solito scriptus litteris (o characteribus) antiquis, Longobardis e così via. Quindi tutti i termini usati per 'lettera dell'alfabeto' possono indicare anche quello che noi diciamo 'scrittura'. l i t t e r a : Valla eleg. 3, 6 p. 86 litera in singulari numero significat elementum ipsum, ut a et b, vel manum scribentis, ut ad Atticum
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IL LESSICO fILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Cicero: « tlam Alexidis manum amabam qlJod tam prope accedebat ad similitudinem tuae literae» (Cic. Att. 7, 2, 3; variamente emendato dagli editori moderni). 1) 'lettera dell'alfabeto': Poliziano misc. I 14 p. 537 etenim b literas et u ferme pro eisdem positas invicem saepe veteribus monimentis adnotavimus; 53 p. 607s. si . .. de i litera I feceris; 57 p. 612 una tantum commutata litera; ibid. si ordinem duarum primarum literarum inter se commutes. 2) 'scrittura': Petrarca seno 5, l p. 875 decies vel eo amplius retentavi ita scriptum mittere (sc. opusculum), ut, etsi stylus neque aures neque animum, litera saltem oculos oblectaret; Panormita in Guarino ep. 355, 44 (della scrittura di un antico codice di Celso ora perduto) pulchra etenim, vetusta littera; Guarino ep. 344, 22 litterarum sive scripturae <Jaciem); Poggio ep. 2, 27 p. 155 scribit... iis litteris quae sapiunt antiquitatem; 3, 37 p. 284 pessimis litteris (cE p. 141); 3, 38 p. 286 vide an littera illius qui scripsit Agellium tibi placeat; Poliziano, soscr. alle Pandette (Maier 341) est plurimis locis vetustis litteris emendatus liber; ecc. 1. c h a r a c t e r: l) 'lettera': Boccaccio de montibus c. 74r cito a p. 329 n. 1. 2) 'scrittura': Guarino ep. 304, 15 Craeci characteres; 713, 39 occaecatis... characteribus; Filelfo ep. c. 26v epigrammata istiusmodi characteribus scripta (vd. p. 134). n o t a: l) 'lettera dell'alfabeto': Poliziano, collaz. dellt. Pandette (Bandini, Ragion XL; vd. p. 96). 2) 'scrittura': Poliziano ep. 6, 7 p. 183 deseribi protinus egregiis et notis et paginis Herodianum curaveris. Per nota' abbreviazione' vd. p. 106s. Talvolta per 'forma di lettera, lettera' viene usato f i g u r a o litterarum figurae 2 : Lamola in Guarino ep. 455,134 (vd. p. 180); il ValIa, emendo p. 610, chiama l'h figuram aspirationis (vd. p. 232 n. 2); Salutati ep. III p. 219 mutate autem sunt littere sive litterarum figure iam tot seculis; Gasp. Barzizza, letto cito a p. 263s.litterarum figuras; Filelfo ep. c. 84v (a Bernardo Giustinian) singularum quoque litterarum figuram ita tua epistola repraesentat, ut si scribentis nomen deesset, nescirem sane abs tene an a Leonardo Iustiniano . .. eae litterae ad me issent; « la tua epistola riproduce in modo tale anche l'aspetto delle singole lettere ... »; litterarum figura ricompare in un'altra lettera del Filelfo (c. 85r) col significato di 'scrittura': librario eiusmodi meum exem1. 2.
Altri esempi sia di littera che di characteres alle pp. II7-147. Già nel latino classico è usato figura per' forma delle lettere': Thes. l.
L. VI 726, 67ss.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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plum tradidi exscribendum, quo ii libelli ornatiore litterarum figura ad te irent. L'espressione è da confrontare con altre perifrasi simili usate per 'scrittura': l i t t e r a rum ef f i g i e snella soscr. di Francesco degli Ardizzi cito a p. 104; l i t t e r a rum fa c i es: Guarino ep. 141, 25 litterarum facies perpulchra; 718, 40 scribit formosam litterarum faciem; 727, 8 vetusta... litterarum facies; 797, 30s. facies ipsa litterarum vetusta quidem ac omni ex parte integra; Traversari ep. 213 col. 278 (vd. p. 88); 216 col. 284 (vd. p. 88); 237 col. 3II scriptorum qui sunt apud nos literarum facies plurimas mittemus, ut quam ipse velis deligas « ti manderemo vari saggi della grafia dei copisti che sono da noi perché tu scelga quella che preferisci »; 3I I col. 406 literarum certe facies non grata est; 415 col. 534 placuit . .. literarum facies; 453 col. 579 (vd. p. 143); li tt e r a e (li t t e r a rum) f o r m a: Salutati ep. III p. 556 iussi ser Poggio . .. quod hanc epi-
stolam preter nomen meum exemplet, ut littere forma percipias aliquid coniecture cuius hominis patri sis serviturus; Antonio da Romagno, letto cito a p. 135; Poggio ep. 7, 3 p. 150 si litterarum forma plurimum videbitur abesse a priori scribendi elegantia, nequaquam mireris; nam et calamo scribo et oculi sunt paulo quam consueverunt hebetiores; Vespasiano ep. 2, 16 forma scripture; l'equivalente volgare in una lettera del Niccoli a Cosimo (pubblicata più volte e da ultimo dal Foffano in « It. med. e um.» 12, 1969, 120S.): « egli le scriverrà di quella medesima forma di lettera che l'altre opere in minor volume ». Il diminutivo formule litterarum in Salutati ep. II p. 161 (vd. p. 80). Cf. anche forma Gallica in Poggio ep. 2, 29 p. 158 (vd. p. 13 1). a p e x : I) 'lettera dell'alfabeto " nell'antichità (Macrob. somn. I, 6, 70 apud quos (sc. Latinos) . .. si sonos voealium, non apices numeraveris, similiter septem sunt; cf. Thes. l. L. II 227, 70SS.), nel medioevo (Wattenbach 187, 266-268; Mittellat. Worterb. I 741, 2ISS.) e in età umanistica: Petrarca seno 13, IO p. 1020, inviando a Pandolfo Malatesta un esemplare del Canzoniere, chiede scusa per la rozzezza della scrittura adducendo la scarsità di copisti: plebeios atque ineomptos apiees scriptorum raritas absolvat; Beroaldo anno C. csr aenigma est apud Ausonium in epistolio ad Theonem (393, 74ss. p. 248 Peiper), quo litteras symboliee et obseure « Cadmi filias» appellat,. .. apices atrament(} formatos « notas furvae sepiae ». Compare anche l'espressione l i t t e r a rum a p i c es' i tratti, la forma delle lettere' o anche semplicemente 'la scrittura', che gli umanisti riprendono forse da GelI.
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13, 31,
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
IO:
P. C. Decembrio, letto al Pi~.olpasso (Sabbadini, Storia
167) modo litterarum apices (' i tratti delle lettere, la scrittura'?
vd. p. 171 n. 3), modo imperfectos rerum sensus derisuros; Beroaldo. anno c. b4r quocirca nos et sensum et ipsos litterarum apices curiose speculati ita emendavimus. Un'altra espressione simile è litterarum notae, già. classica 1 e usata spesso dal Filelfo: ep. C. 73 v (vd. p. 59); c. 84r etsi mihi es incognitus, tuae te tamen litterarum notae. .. non mediocrite,. notum faciunt; C. 86r (vd. p. 135). 2) 'segno di abbreviazione ': vd. p. 108.
SCRITTURA CONTINUA
Do qualche esempio di perifrasi usate dagli umanisti per indicarela scrittura continua. Il Poliziano, in tre diverse descrizioni del celebre codice fiorentino delle Pandette scritto in onciale, ricorre a tre espressioni diverse: mise. I 41 p. 588 maioribus characteribus nullisqueintervallis dictionum 2; ep. IO, 4 p. 311 nullae in eo libro interpunctiones 3~ ep. II, 25 p. 362 sine ullis distinctionibus. Poggio, ep. 4, 17 p. 339, descrivendo il Vat. lat. 3870 di Plauto, del sec. XI, scrive: est eis litteris quibus sunt multi libri ex antiquis . .. , nulla verborum distinetione, ut persaepe divinandum sito Francesco degli Ardizzi, S05cr. all'Ottob. lat. 2057 di Cic. de or. (Sabbadini, Storia 955.) veterem et superiorem codicem, non sat a plerisque legibilem ob antiquarum litterarum effigiem stilumque incognitum, in Latinas et explicatas bene litteras studioseque interpunctas summa diligentia renovavit. L'Ottob. è un apografo tratto dal Laudense ad opera del vescovo di Como Francesco.
1. Cf. Cic. parto or. 26 ut illa (se. litteratura) eonstat ex notis litterarum et ex eoin quo imprimuntur ipsae notae; div. 2, 85 perfraeto saxo sortes erupisse in robore inseulptas prisearum litterarum notis. 2. Dietio è il termine umanistico per • parola '; la frase è clausula; unità minori sono littera e syllaba: Salutati de fato 2,6 p. 342, 32s. aliquando litterarum, quandoque sillabe cuiuspiam et aliquotiens dietionum mutatione; Valli emendo p. 606 non intelligentes literam illam ad praeeedentem pertinere dietionem; Poliziano mise. I 53 p. 607 penultimae dietionis penultimam,literam. 3. Cf. Guillaume Budé, adnot. ad Pandeet. lib. I de il/St. et iure, Parigi 1536. C. gr harum autem arehetypos Florentiae esse putant, quae littera Pisana vulgo dicitur; et nos. .. vidimus; litteris iam multis in locis exoleseentibus verbisque non interpuneti$; {cito dal Bandini, Ragion. XI n. I).
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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Bossi. Il confronto con le frasi citate precedentemente dimostra che qui con studiose. .. interpunctas si allude alla separazione delle parole che dovette fare il copista; il Laudense evidentemente o era in scrittura continua o non presentava una costante divisione delle parole, com'è il caso, ad esempio, del Vat. lat. 3870 di plauto di cui parla Poggio. Lo Stroux (p. 22), dall'esame di un certo tipo di errori del Vat. lat. 2901 (apografo diretto del Laudense), trae questa conclusione: « L hatte eben keine durchgefiihrte Worttrennung» t.
SCRITTURA SVANITA, SEMICANCELLATA
Per dire che una scrittura ha i caratteri in parte svaniti e logori per il tempo gli umanisti dispongono di vari termini: e a due u s : Poggio ep. 3, 15 p. 213 is est litteris Longobardis et maiori ex parte eadueis (cf. p. 123) 2. cf. l i t t e r a e e a d e n t e s in Traversari ep. 303 col. 392 cito a p. 283. e x e s u s: Poggio ep. 3, 20 p. 220 id (sc. epigramma) quotI est in aree fuit laboriosum (laboriosus ed.; forse laboriosius?) ad legendum tum propter altitudinem tum propter varia virgulta quae eooperiunt litteras, et eae multis sunt in locis exesae propter vetustatem. Della stessa epigrafe (= CIL. X 5840) è detto in ep. 3, 19 p. 219 che le lettere erano magna ex parte consumptae vetustate. e x o l e tu s : Poliziano mise. I 77 p. 647 invenies... Volsinis' mensam quampiam marmoream vetustissimis peneque exoletis charaeteribus; ep. 4, 9 p. 124 est in atrio Capitolino... marmor quoddam vetu-· stis ac iam pene exoletis incisum versieulis; collaz. delle Pandette (Bandini, Ragion. XXVIII n. 1) XXI versuum litterae in exemplari erant exoletae, sie ut legi exseribique non quiverint. Probabilmente sinonimoI. Il Sabbadini, Storia 96s., interpreta explicatas nel senso di parole ben divise ed interpunctas come • interpunte' nel senso moderno: «divise le parole e inter-· punse diligentemente il testo ». Explicatas, a mio avviso, si oppone a implicatus' (per cui vd. p. 142) e significa «lettere ben distinte », sciolte dai nessi e legature dell'esemplare. 2. Questo aggettivo è usato anche negli inventari: inv. Visconti 762 in' principio prime pagine, que est multum caduca; 830 habens primum folium caduCIIm; 902 caducus et vetus; inv. S. Domenico (Kaeppeli A 223) littera veteri et caduca; inv. Mansueti 377 litteris cadueis; 381 litteris aliquantulum caducis; 387 in:
principio sunt alique carte caduce.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
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o b s O l e t u s in Poliziano mise. I 26 p. J60 de obsoletis mendosisque exemplaribus. o c c a e c a tu s : Guarino, comm. a Cic. S. Rose. cito a p. 94; ep. 713, 39 cum audissem quendam mearum (sc. litterarum) ad vos fasciculum aut periisse aut occaecatis prorsus characteribus advolasse ve! verius annatasse: da una lettera di P. C. Decembrio (Guarino ep. 714) apprendiamo che si trattava di un'epistola greca che era arrivata semicancellata dal sudore (sudore obruta).
ABBREVIAZIONE
N o t a : usato fin dall'antichità classica per indicare sia le abbreviazioni, sia i segni di abbreviazione, sia infine segni non alfabetici come le notae Tironianae o le scritture cifrate. Anche per gli umanisti conserva varietà di significato. In Poggio ep. 3, 21 p. 223 (vd. p. 107) sono indicate con nota le abbreviazioni di un'epigrafe, di cui è anche citato un esempio: H. A. 1. R. Analogo l'uso del termine in Guarino ep. 813, 239ss.: nonnulli ad nostram usque aetatem venere commentarioli, ex quibus aliquos Constantiensis tempore concilii Poggius invenit 1. .. Hi notas quasdam habent ad breviandi usum, cum notarii, cum recitarentur ad populum vel exercitum orationes, ad verbum per notas exciperent et exceptas excriberent, uti pauculis elementis dieta prolixiora eolligerent: segue una lista di tali abbreviazioni che si apre con S. P. Q. R. C'è nel discorso di Guarino una confusione fra notae iuris e notae Tironianae; era di queste ultime in realtà che ci si serviva per stenografare le orazioni.
Più vario l'uso del Poliziano: in ep. IO, 13 p. 322 nota vale' sigla': addam notas etiam quasdam quae legentem perturbent: sextarii nota haec est~, scripuli.3, unciae~, semis~, librae ~. Valore analogo ha nota nella soscrizione a Columella (Maier 355): contuli hos Columellae libros... eum duo bus exemplaribus, altero quidem vetustissimo I. Sull'identificazione di questi commentarioli il Sabbadini (<< St. it. di fil. class. ~ 9, 1903, 295-'7) restava in dubbio. n problema è ora risolto dalla scoperta di A. Campana cui ho accennato a p. 31 e n. I; infatti il Vat.lat. 11458, scritto in buona parte da Poggio al tempo del concilio di Costanza, contiene fra l'altro le Notae iuris di Probo. Vat. 11458 fu certamente visto da Guarino, perché Poggio lo prestò al Barbaro che se lo tenne lungamente.
n
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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Langobardis exarato litteris... cuius nota est a. Nel descrivere il celebre codice fiorentino delle Pandette il Poliziano nota l'assenza di abbreviazioni o notae compendiariae: mise. I 41 p. 588 nullis . .. compendiariis notis; ep. II, 25 p. 362 sine ullis compendiariis notis; collaz. delle Pandette (Maler 341) nullae sunt in toto libro compendiariae notae tantumque in extremis versibus m nota exprimitur sic: Vergiliu, Petrii. In ep. IO, 4 p. 3II, sempre a proposito dello stesso codice, il Poliziano nota che non vi sono seribendi compendia. In Poggio troviamo un esempio di un vocabolo che finirà poi col trionfare sugli altri nella terminologia paleografica: a b br e v i a t i o. Nell'antichità esso significa soltanto redazione in breve, compendio di uno scritto (Thes. l. L. I SI, 4ss.). Per il medioevo il Mittellat. Wòrterb. I 15, I3ss. registra un solo esempio (dell'anno 1280) di abbreviatio 'abbreviazione, compendio' nella scrittura. In una lettera datata die XI septembris 1428 e indirizzata al Niccoli (ep. 3, 19 p. 219), Poggio narra con la consueta vivacità una sua gita a Ferentino durante la quale, fra 1'altro, ha trascritto alcune epigrafi che ora invia all'amico 1: extra urbem, prope muros, in parte praerupta montis excisum est saxum secus viam, ad quod ascenditur cum difficultate, in hanc formam 2. Intus est epitaphium 3, quod ad te transmitto quod, ut opinor, pIacebit etiam stomacho nauseanti. Sed vide ut recte intelligas eas abbreviationes, sunt enim multae, et quid tibi de eo videatur responde. In un'altra lettera al Niccoli di poco POsteriore (ep. 3, 21 p. 223) Poggio torna a parlare delle abbreviazioni di quest'epigrafe, servendosi questa volta del più usuale nota: quod prius (sc. epigramma) scribis difficillimis ad intelligendum notis, ego omnia pIenissime lego, intelligo, exceptis quatuor litteris simul ordine positis, vide/icet H. A. 1. R. 4. I. cf. ep. 3, 20 e 21. Nella silloge epigrafica poggiana queste epigrafi sono i mr. 82 (intus tu"im arcis Ferentinatis = C/L. X 5840), 83 (in tu"i arcis Ferentinatis = C/L. X 5837) e 84 (in monte lapideo prope Ferentinum; hodie vocatur 'la fata ' = e/L. X 5853; G. .B. De Rossi, Le prime raccolte d'antiche iscrizioni, Roma
1852, 171S.). 2. Nella lettera doveva seguire a queste parole WlO schizzo illustrante il modo come era incavato il sasso; cf. Mommsen in C/L. X 5853 ~ extra Ferentinum, sub ipsis moenibus tamen, rupi incisa, marginibus circumdata et superposito tympano». 3. C/L. X 5853. 4. Che vale: h(onore) a(ccepto) i(mpensam) r(emisit).
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISn
In un passo del Valla si trova a p e x per' segno di abbreviazione '. Con questo termine si indicava nell'antichità il segno usatoper contrassegnare vocale lunga (Thes. l. L. II 227, 43ss.). Nel medio-evo si trova usato per' abbreviazione' (Wattenbach 293). Valla emendo p. 606 « omnes igitur clausi undique commeatus erant, nisi quos Pado' llaves subvehere temporium prope Placentiam fuit, et opere magno munitum et valido munitum praesidio» (Liv. 21, 57, 5s.): vos 1 nihil aliua quam dempsistis illud t, ut 'emporium' tantum esset, n~n intelligentes literam illam ad praecedentem pertinere dictionem, vel, quia figurae maiusculae erat, fuisse apicem cum litera coniunctum scriptumque reliquisseautorem 'subveherent'; « voi vi siete limitati a togliere la t, così daottenere la parola emporium, senza capire che quella lettera apparteneva alla parola precedente o che, poiché era scritta un po' grande, il segno di abbreviazione (apex) si congiunse alla lettera e l'autoreaveva lasciato scritto subveherent ». Il Valla fa notare che non bisognava espungere la t, ma solo dividere meglio le parole: subveheret emporium. Ma Livio deve aver scritto in realtà subveherent, dato che il soggetto naves è al plurale: secondo il Valla, il trattino di abbreviazione della nasale si congiunse con la traversa della t seguente, si da non essere più distinto da un successivo copista. Nel seguito il Valla corregge il secondo munitum in militum e così risana con mezzi semplicissimi l'intero passo 2.
CANCELLARE
a b r a do, e r a do: indica il sistema di cancellare raschiandola pergamena. Lamola in Guarino ep. 455, 148 multa abraserunt (cf. p. 176); Valla emendo p. 612 quae verba vos, quia emendare nescivistis, erasistis; Anon., nota a Cic. de or. 2, 91 nel Vat. lat. 2901, c. Br (Sabbadini, Storia 98) vetus fuit abrasum quod credo dixisse 'fuerit'; al de or. 3, 187, c. 67V (Sabbadini, l. c.) vetus fuit abrasum et pessimereaptatum. Si trova anche il sostantivo r a s u r a: Salutati ep. III p. 626 unde diligentius reviso textu Plinii quem habeo, repperi rasuram
L
Il Facio e il Panormita.
2. Riproduco l'apparato del Weissenborn (Lipsiae 1880): subveheret C, sub-
veheret p firmatum: munitum recc., militum Valla. Nulla in Walters - Conway (Oxonii 1929). Nel testo entrambe le edizioni leggono subveherent e firmatum~
SCRITTURA E DATAZIONE DEI comcl
1°9
in prima syllaba dictionis illius ' Tifemus' et infallibiliter credo originaliter scriptum fuisse ' Trifernus '. c a n c e II o : Poliziano, collaz. delle Pandette: postrema can.celiata syllaba superscriptum o ab antiquo emendatore. Sic etiam supra .in vocabulo 'pregnantem' n cancellatum (Bandini, Ragion. XLII). d e I e o : Valla emendo p. 604 (Liv. 21, 31, 6) dictionem 'iure' .de/estis rubra sive violacea linea. In una delle molte accurate descrizioni che dà del codice fiorentino delle Pandette il Poliziano rende ·conto anche dei sistemi usati nel codice per cancellare (cf. Mommsen, pref. al Digesto, Berolini 1870, I p. XXXVI): collaz. delle Pandette (Maier 341) quando de/etur littera super pungitur sic: d b; quando vèro .dictiones, tum ve/uti superne concluduntur sic: 'arma virumque'. Haec .enim pro deletis habenda. Per deleo nel Poliziano cf. anche misc. I 25 p. 558 cito qui sotto; II 5, 4 cito a p. 96; ep. 8, 15 p. 249 cito a p. IlO; ·collaz. delle Pandette: in prima pagina omnia sunt pene deleta (Maier 342); singula puncta singulis superscripta notis, qui 11I0S de/endi veteribus (Bandini, Ragion. XL); hoc puto pro de/eto habendum, quia solet anti(juus codex quasi signo parentheseos de/eta notare (Bandini cito XLI). i n d u c o : verbo usato per 'cancellare' già da Cicerone e molto frequente nei testi giuridici (Thes. l. L. VII I, 1236, 4ss.). Induco significa originariamente 'sovrapporre, applicare' qualcosa; i giuristi lo usano quindi nel senso di cancellare coll'inchiostro, mentre de/eo è cancellare nel senso di 'eradere', asportare completamente la precedente scrittura 1. La stessa distinzione nell'uso dei due sinonimi fa il Poliziano, nei cui scritti induco e deleo sono spesso accoppiati: misc. I 9 p. 527 nam quod apud Priscianum fuit « ad Tethyos undas») (periheg. 174), priore inducta interpolataque 2 scriptura, pro eo supposuit « attegias undas l); 25 p. 558 totum hoc . .. de/ebis aut induces, quoniam aliena piane huic loco; 41 p. 588 quibusdam etiam, saltem in praefatione, ve/ut ab autore pIane et a cogitante atque generante potius quam a librario et exceptore inductis, expunctis ac superscriptis 3; ep. 5,
I. HetIDlalUl- Seckel, Handlexikon p. 263 (s. v. inducere) « 7) IlÙt ctwas iibcrziehen ... daher 8) etwas Geschricbenes ausstreichen; indllCtio Ausstreichung 9; p. 132 (s. v. delere) « I) etwas Geschriebenes verwischcn, auswischcn, ausloschen ». 2. Per interpolo cf. p. 287. 3. Questo passo riecheggia assai da vicino nel concetto e nell'espressione Suet. Nero 52 ut facile appareret non tralatos aut dictante aliquo exceptos, sed piane quasi a cogitante atque generante exaratos; ita multa et de/eta et indI/eta et superscripta inerant.
IlO
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
3 p. 140 illa vero aetas. " centiens quoque pt milliens, item vicensimus, tricensimus, interposita n litera usurpabat, quod in Pandectis ipsis archetypis Iustiniani principis ut erratum librarii semper inducitur; 8, 15 p. 249 is (lo stampatore dei Miscellanea) in exemplaribus nostris quaedam male, ut fit, aut inducta aut deleta repererat; II, 6 p. 334 nescis quam saepe semidocti illi qui librorum excusoribus operam navant ita explicare se soleant, ut in quoque haesitaverint, ut aut inducta pro recepeomsupponant aut ipsi ex tempore ad suum eommodum falsa quaepiam. tis miniscantur? j n t e r l i n o (vd. Thes. l. L. VII I, 2219, 20SS.; usato per , cancellare' anche da Cicerone): Poliziano, collaz. delle Pandette (Bandini, Ragion. XL; vd. qui sotto). Si trova anche il sostantivo l i t u r a : Petrarca seno 15, I p. 1050 sentio autem nunc quam honestum esset propter additiones et lituras hane rescribere (' copiare '). Il sistema di cancellare mediante punti collocati sopra o sotto la lettera o le lettere da eliminare è descritto dal Poliziano in una nota alle Pandette (Bandini, Ragion. XL): in Pand. est 'nisi " sed prior syllaba interUta et singula puneta singulis superscripta notis; qui mos delendi veteribus. Da questo sistema traggono origine i termini p u n go, e x p un go: Poliziano, collaz. delle Pandette (Maier 341; vd. qui sopra); mise. I 41 p. 588 (vd. qui sopra); per esempi di expungo con significato più vicino a quello tecnico-filologico moderno vd. p. 284s. RIGA
v e r s u s : termine usuale per indicare la 'riga ' (cf. Wattenbach 187). Poggio, descrizione di un codice di Cie. de or. nel Vat. lat. II458, c. 5U (cf. p. 31 e n. I) eontinentur in qualibet charta CXII versus et quilibet versus constat ut plurimum XV dictionibus; Traversari ep.206 col. 267 (vd. p. 181); Vespasiano ep. 2, 9 (vd. p. 196)~ Poliziano, collaz. delle Pandette (Maler 341; vd. sopra, p. 107) ~ La sostituzione di eXpUtlgo a deleo è suggerita dal fatto concreto che nel codice dellePandette descritto dal Poliziano era usato, come egli stesso fa notare nella collazione, il sistema di cancellare mediante punti soprascritti alle lettere da eliminare. La distinzione svetoniana tralatos aut dietante aliquo exceptos ha suggerito al Poliziano l'analoga distinzione fra librarius • copista' ed exceptor • colui che scrive sotto dettatura '.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
III
ibid. XXI versuum litterae in exemplari erant exoletae (Bandini, Ragion. n. I); Beroaldo c. b3v ille quoque versus apud eundem (sc. Livium) mendosus est in libro vigesimo secundo. Anche negli inventari (inv. Mansueti IO sic incipit in ultimo versu prime columne secunde carte scripte) e nel volgare (Donato Acciaiuoli in Vespasiano ep. I, 16 « questi pochi versi ho scripto colla penna dell'ariento »). Un po' curioso l'uso che fa di versus Gasp. Barzizza in una lettera a Giovanni Corner (Sabbadini, Storia 8IS.): quaedam etiam cum deficerent supplevi, non ut in versum cum textu Ciceronis ponerentur . .. , sed ut ea in margine posita commentariorum locum tenerent: si tratta dei supplementi che il Barzizza aveva fatto al De oratore di Cicerone prima della scoperta del testo integro, perché servissero a mo' di commento a riannodare il filo del discorso interrotto dalle lacune. Si può forse tradurre: « ho anche supplito qualcosa che mancava, non perché venisse a Il i n e a t o (messo in linea, cioè inscritto) col testo di Cicerone ... , ma perché, posto a margine, facesse le veci di un commento ». Si confronti la nota marginale a Cic. de or. I, 80 nel Riccard. 506, c. 13r (Sabbadini, Storia 81): hoc supplet Gasparinus, non tamen, ut proprio ex ore audivi, ea intentione ut textui annecteretur, sed ut esset quaedam postilla in margine quae utrosque textus de.ftctuosos coniungeret et cum aliqua continuatione et consonantia saltem intellectui legentis satisfaceret aliquantisper. All'espressione del Barzizza in versum cum textu Ciceronis ponerentur corrisponde qui textui annecteretur 1. XXVIII
•
I. Naturalmente ritroviamo nel latino umanistico anche l'altro significato di versus, cioè' verso '. Ad es. il Panormita in una lettera al!'Aurispa (in Aurispa ep. 98 p. 140) scrive: quae de Caesaris ltinere sCTipsimus, ita aecipe ut, nisi versibus compositum sit, lulii Iter non sit, sed A1ltonini j hic enim prosa oratione Iter edidit, lulius carmine. Così il Poliziano, quando dice che il Terenzio Bembino erat . .. in ver5US digestus (soscr. alla collazione di Terenzio, Maier 344), vuoI sottolineare che in questo codice è osservata la divisione in versi del testo terenziano, che non di rado nel medioevo veniva scritto tutto di seguito come prosa: e nella sua collazione ha infatti diviso sistematicamente il testo secondo la colometria del Bembino (Prete 12). Così nell'inv. Visconti le opere in versi sono talvolta contraddistinte con itl versibus (864, 869, 927). Si noti poi che in età umanistica, come nel medioevo (Mittellat. Wiirterb. Il 290, 3ss.), si trova per' verso' anche carmen: Salutati ep. III p. 178 scire oportet heroici carminis duodecim esse semipedes; Beroaldo anno C. aa4v docet iIlud Martialis carmen «non mavis quam ter Caius esse tuus» (9, 92, 12); Poliziano misc. I 9 p. 527 priore inducta interpolataque scriptu:ra, pro eo supposuit « attegias undas D, neutiquam, ut arbitror, IactuTUS, si rationem carminis aut si spatia morasque syllabarum
112
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
In Poggio, nella descrizione di un c0dice del De oratore, si trova s e m i v e r s u s: deficiunt in II multa verba et semiversus (Vat. lat. II458, c. 5U; cf. p. 31 e n. I). l i n e a : Traversari ep. 277 col. 368 (descrizione del Laur. 32, 9) XXXIX lineis quaque pagina signatur (cf. H. Frankel, Einleitung zur kritisehen Ausgabe der Argonautiea des Apollonios, Gottingen 1964, 57 n. I); 508 col. 622 (vd. p. 62S.); Valla in Fac. p. 603 vix inspeeta primae lineae seriptura; Vespasiano ep. 2, 9 (vd. p. 196); Pomponio Leto, comm. a Quint. inst. I, I, 27 (vd. p. 113). Anche negli inventari: inv. Visconti 121 incipit in secunda linea; inv. Mansueti II advertendum quod de expositione dicti Psalmi « Dixit iniustus» non sunt nisi XIII linee. Nel Salutati si trova il termine i Il t e r l i n e a : de fato 2, 6 p. 342, 21 (librarii) dum plerumque glosulas ex librorum 11larginibus et iHterlilliis veluti scribenda recolligunt.
MAR.GINE
m a r go: già di uso antico per indicare i margini della pagina (Thes. 1. L. VIII 394, 63ss.); assai comune fra gli umanisti: Petrarca varo 65 in margine Africae nostrac illum (sc. versiculum) scripsi; nota al Paris. lat. 6802 di Plinio, C. 54r (Nolhac II 213) require quod in margine Ugutionis scriptum est; Salutati de fato 2, 6 p. 342,21; Gasp. Barzizza, letto al Corner (vd. p. 263s.); Lamola in Guarino ep. o
o.
consuluisset (qui carmen si può rendere esattamente con 'metro '); 73 po 642 nam, ut de carminis residuo (<< circa il resto del verso »; Catuli. 17, 19) nihil mihi a"ogem temere ecc.; P. Bembo ep. I, 7 p. 12 quanquam in illis ipsis quae desiderantur, non valde multum amisimus. Nam ex versuum numero, quem eo in libro eique operi librarius supputavit, Gigantomachiam omnem carminibus CXXXXV constare tutemet videbis (si veda l'ediz. di Claudiano del Birt, Berolini 1892, MGH. AAo X p. LXXSo). L'epigramma Bobbiese 45 reca nelle edizioni dell'Ugoleto (1499), dell'Avanzi (1507 e 1517), dell'Ascensio (15II) e nella Giuntina del 1517 il seguente titolo: In Didonis imaginem ex Graeco. Quattuor ultima carmina huius epigrammatis non habentur in Graeco codice (si vedano gli apparati di Munari e di Speyer); l'epigramma è traduzione di Anth. Palo 16, 151, ma gli ultimi quattro versi non hanno riscontro nel modello greco. Il significato di • verso ' sarà da vedere in espressioni di inventari come inv. Visconti 48 Monobiblos Propersii Aurelii Naute ... in carminibus; 270 Allani Prosperi et Bemardi Silvestris liber in carminibus et prosa, da confrontare con il passo del Panormita cito sopra.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
•
II3
455, 167 (vd. p. 97); Poggio ep. IO, 9 p. 22 seribens in eius (sc. epistulae) margine; Traversari ep. 218 col. 286 (passo lacwlOso) ut **** * *** ubi visum fuerit, in marginibus adicias, dum leges; 233 col. 307 Graecos illos versus ex Homero qui deerant in marginibus scripsi; 272 col. 358 (vd. p. 99); 277 col. 368 (vd. p. 99); 415 col. 534 (vd. p. 100); Valla in Aurispa ep. 83 p. 102 (vd. p. 12); emendo p. 613 vos tamen in margine ex purpureo colore ftcistis pro ' supplicatis' 'aliter sublicis' (Liv. 23, 37, 2); Poliziano mise. II 50, 14 (vd. p. 96); ep. 4, 13 p. 129 (vd. p. 98s.); 6, l p. 162S. (adnotationes) quas ... marginibus domestici codicis adscripseram; ibid. p. 167 (vd. p. 97). Margo nell'antichità è usato sia al maschile che al femminile; fra gli esempi umanistici da me raccolti è possibile determinare il genere solo in un passo di Guarino, dove margo è femminile: ep. 742, 19 in ima paginae margine tuum subscribis nomen. Si noti che qui margo indica il margine inferiore della pagina; Pomponio Leto invece, commentando Quint. inst. 1, I, 27, così definisce questo termine: 'marginibus ': margo dicitur spatium quod relinquitur ex utroque latere linearum (commento a Quintiliano, Venezia 1494, H 13654, C. blV). Per margo negli inventari vd. ad es. inv. Mansueti 99 e 161 e Piccolomini, inv. 1008 (vd. p. 97s.). s p a t i u m : indica fin dal medioevo il margine della pagina (Wattenbach 189, 271, 283). Salutati ep. II p. 397 non enim libros quia nitidi (cf. p. 25 n. 2) sint chartis, amplis spaciis et litterarum preciosissimis liniamentis caros haheo nec apprecio, sed quod pulchra contineant et auctoritate digna; donde appare che già allora uno dei caratteri d'eleganza del libro era d'avere margini ampi. Poggio ep. 3, 38 p. 286 (vd. p. 53); ep. p. 305 Wilm. (cf. p. 53) quo latiora erunt spatia eo maius volumen, « quanto più larghi saranno i margini tanto maggiore il formato l>. Spatium può indicare non solo i mar-. gini, ma anche genericamente tutti gli spazi della pagina, ad es. quelli lasciati fra una sezione e l'altra del testo, come in Traversari ep. 508 col. 622 (vd. p. 62S.). Un significato quasi tecnico vicino a quello di volumen, mensura , formato' sembra avere spatium in Guarino ep. 258, 6 cito a p. 52s. e in Salutati ep. III p. 97 video quod Sidonium habes; michi vero parum deficit. Deprecor ergo te quatenus complementum diligenter manu tua scriptum in membranulis et spacio iuxta mensuram incluse cartule, in qua capitulum et ultima voluminis mei carmina scripta sunt, mittere non graveris: evidentemente Coluccio manda all'amico una carta (o la copia 8
II4
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
di Wla carta) del suo codice di Sidonic al cui formato egli dovrà. uniformarsi per il supplemento da inserire poi nello stesso codice di Coluccio. I diminutivi membranula, cartula possono far pensare che il codice di Sidonio posseduto da Coluccio fosse di piccolo formato, ma abbiamo visto che il nostro ha Wla predilezione per l'uso dei diminutivi (cf. p. 32).
NOMENCLATURA DELLE SCRITTURE
La nomenclatura dei vari tipi di scrittura è forse l'unico capitolo della terminologia filologica degli umanisti che sia stato studiato e su cui esista Wla ricca bibliografia. Oltre ad accenni sparsi negli scritti del Traube e del Lehmann 1 e alle pagine del Lowe su litteraeLongobardae 2, sono fondamentali lo studio del Wehmer (cit. a p. XXIV) e soprattutto quello recente del Casamassima (Per una storia ecc., cito a p. XVII) 3, a cui farò spesso riferimento: al Casamassima rimando anche per la bibliografia sull'argomento. Gli umanisti erano ben lungi da Wla sistematica classificazione delle scritture: esaminando la loro terminologia paleografica, troviamo da Wl lato pochi termini tecnici ereditati per lo più dalle età precedenti e di ambito piuttosto vasto e non ben definito, dall'altro indicazioni generiche riguardo l'aspetto di Wla scrittura, la sua maggiore o minore eleganza, la sua antichità. Un sommario abbozzo di classificazione è la grande distinzione fra litterae antiquae e litterae Longobardae o Gothicae, cioè fra la carolina e la sua derivazione umanistica da un lato, e dall'altro Wl complesso di scritture diverse, accomWlate dal loro carattere intricato e non di rado
I.
L. Traube, «Mlinch. Sitz.-Ber.» phi1os.-phi1ol. u. hist. cl. 1900, 470ss.
= Vorles. tlnd Abh. III 95ss.; «Neues Archiv der Ges. flir alt. deutsche Geschichtskunde» 26, 1900, 229s.; «Mlinch. Abh.» hist. Cl. 24, 1909, 25; Vorles. un! Abh. I 24SS.; II 9S. e 31; P. Lehmann, « Quellen und Unters. zur lat. Philol. des Mittelalt.» IV l, Mlinchen 191I, 84 e 171; F. Modius 58s., 71S., 79s.; Erforschung I 12SS. 2. Beneventan Seript 22SS. 3. In questa nuova e più ampia trattazione sono riutilizzati i due precedenti articoli: Litterae Gothicae. Note per la storia della riforma grafica umatlistica, « Bibliofilia» 62, 1960, 109-143 e Lettere antiche. Note per la storia della riforma grafica llmanistica, « Gutenberg Jahrbuch» 1964, 13-26.
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di difficile lettura per un umanista, dalla corsiva romana di papiri o scolii all'insulare, alla beneventana ecc. Questa distinzione va connessa con la concezione umanistica secondo cui i barbari (Goti o Longobardi), come corruppero lingua, leggi e costumi dei Romani, così sostituirono alla scrittura romana una scrittura che con la sua stessa deformità denunziava la barbarie di quelle genti: cifras pro litteris adinvenerunt. Tale concezione è chiaramente espressa in due noti passi del Valla e di Biondo: Valla eleg. 3 praef. p. 80 Gothi isti quidni et Vandali existimandi sunt? Nam, postquam hae gentes semel iterumque Italiae influentes Romam eeperunt, ut imperium eorum, ita linguam quoque - quemadmodum aliqui putant - accepimus, et plurimi forsan ex illis oriundi sumus. Argumento sunt codiees Gothiee seripti, quae magna multitudo est: quae gens si seripturam Romanam depravare potuit, quid de lingua, praesertim relieta sobole, putandum est? Biondo Flavio Ital. ill. p. 374 nam Longobardi, omnium qui Italiam invaserint externorum superbissimi, Romani imperii et Italiae dignitatem evertere ac omnino delere conati, leges novas, quae alicubi in Italia extant, condidere, mores, ritus gentium et rerum vocabula immutavere... Quinetiam publicae administrationis et privatim vivendi instituta accuratissime ab eisdem sunt mutata et eo usque ipsius gentis processit insania, ut, Romanorum charactere litterarum penitus postposito, novas ipsi et sua ineptia gentis barbariem indicantes cifras pro litteris adinvenerint. Ma non sempre l'uso dei termini litterae Longobardae o Gothicae, dei quali il primo era oltretutto eredità di età precedenti, sarà da interpretare come un giudizio storico 1; e che ad es. il Poliziano li ritenesse termini di comodo più che espressioni storicamente fondate sembrerebbe suggerire la sua frase literis quas Langobardas vocant (vd. p. 124). D'altro canto le ricerche del Casamassima hanno 1. Traube, Vorles. und Abh. II IO « SO erklart sich der Name der scriptura langobardica, der von den italienischen Philologen far eine Schrift gebraucht wurde, die von der lateinischen sehr abwich. Der Ausdruck ist so ein Name ffu das Bizarre geworden. man dachte aber nicht unmittelbar daran, dass ein langobardischer Schreiber, Monch oder Gelehrte diese Text geschrieben hatte »; Wehmer 15 « wenn der Humanist von gothischer Schrift spricht, darf man stets zweifeln. oh darnit iiberhaupt ein historisches Urteil abgegeben sein solI »; e p. 16 «mochte eine Schrift gotisch oder langobardisch genannt werden. der Humanist meinte doch nur ihren barbarisch unschonen Charakter und auf historisch begriindete Ansichten iiber die gotische oder langobardische Schrift darf man aus solchen Benennungen nicht schliessen ».
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mostrato come la tradizionale opinior.e che gli umanisti vedessero nelle litterae antiquae proprio la scrittura degli antichi Romani coglie e irrigidisce solo un aspetto di una realtà assai più complessa. Il termine litterae antiquae non è creazione umanistica, ma nasce nel XIII sec. per indicare la scrittura dell' età precedente caduta ormai in disuso di fronte alle litterae modernae, le nuove scritture gotiche che si andavano allora affermando. Quindi esso, almeno inizialmente, conserva nell'uso umanistico il suo valore tradizionale: così ad es. il Salutati, quando chiede un codice delle epistole di Abelardo de antiqua littera, indica la carolina e non pensa naturalmente, trattandosi di autore medievale, alla scrittura degli antichi (vd. più oltre, p. II7). Anche se certamente gli umanisti vedevano realizzato nella carolina un ideale di nitidezza, purezza ed eleganza 'classico', n~t tamente contrapposto alla 'barbarie' delle litterae Longobardae, non sempre 1 caddero nell'illusione che si trattasse veramente della scrittura dei Romani: così ad es. la classificazione di codici secondo l'antichità che si può ricavare dalla terminologia del Poliziano mostra che egli faceva risalire ad età romana i codici in capitale od oneiale e giudicava meno antichi quelli in carolina (vd. p. 147ss.). Inoltre molti umanisti identificano la scrittura degli antichi con quella testimoniata da epigrafi, monete e pochi venerandi codici, cioè la capitale (vd. p. 127ss. e Casamassima 530 e 576); e proprio in età e in ambito umanistico nascono i termini tecnici per designarla: litterae maiuseulae o maiores. Quanto alla gotica, chiamata spesso negli inventari litterae modernae (e litterae formatae son dette le gotiche librarie), gli umanisti distinguono nella loro terminologia le varietà nazionali: litterae Italicae, Germanicae, Gallicae. Si noti a questo proposito che in età umanistica il termine litterae Gothicae non è m a i applicato alle scritture che noi oggi chiamiamo 'gotiche'.
lo Ma ad es. il Vettori riteneva il Laur. 49. 9 di Cic. fam., in carolina, antico quasi come il Virgilio Mediceo e le Pandette fiorentine (Mehus, Vita CCXIV; Lehmann, Erforschung I 15 n. 4).
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LITTERAE ANTIQUAE
Abbiamo già accennato (p. II5s.) alle conclusioni cui è giunto
il Casamassima circa l'origine di questa espressione usata sia al plurale sia, meno spesso, al singolare. Nell'uso umanistico essa conserva il suo valore tradizionale e continua ad indicare la carolina; ma, accanto a questa, indica anche l'umanistica che ne deriva. Tuttavia il termine è usato talvolta anche con valore diverso da quello tecnico tradizionale a designare scritture veramente antiche, di codici non in carolina o di epigrafi; e può indicare anche le capitali epigrafiche antiche ripristinate nelle iscrizioni umanistiche. Si noti infinc che mentre il termine è molto diffuso nella latinità degli inventari, compare solo nel latino di umanisti più vicini alla lingua corrente, come il Salutati, Poggio e 1'Aurispa, ma non l'ho trovato mai ad es. negli scritti del Poliziano, mentre il Traversari l'usa solo un paio di volte, di cui 1'una a proposito di un codice non identificato, l'altra con valore diverso da quello tradizionale, a proposito di epigrafi. Guarino l'usa una sola volta per un codice non idcntificato e si servc, per indicare l'umanistica, di perifrasi analoghe. Probabilmente al rigore filologico di un umanista come il Poliziano il termine tradizionale, ereditato dal medioevo, appariva improprio ed equivoco. I) S c r i t t u r a c a r o l i n a : Salutati ep. III p. 76 interim te rogatum velim quod epistolas Petri Abaialardi, si non habes, inquiri facias et ex tuis vel repertis studeas meo nomine quanto correctius poterit exemplari. Sed si de antiqua littera haberi possent, libentius acciperem; nulle quidem littere sunt meis oculis gratiores. Secondo l'Ullman (Origin 14 e n. IO) il Salutati desidera avere possibilmente un manoscritto del XII sec. in carolina, dato che Abelardo morì nel II 42. Si noti la predilezionc tipicamente umanistica per questo tipo di scrittura. Poggio ep. 4, 4 p. 304 liber est illis litteris antiquis corruptis, quales sunt Quintiliani: si tratta del celebre codice Orsiniano di Plauto, il Vat. lat. 3870, in carolina del sec. XI. Il Quintiliano con cui viene istituito il paragone è il secondo scoperto da Poggio e per noi perduto. Il Sabbadini deduce da questa testimonianza che Poggio portò in Italia non un apografo, ma proprio il codice antico (Scop. I 82 n. 46); anche il Quintiliano era evidentemente in carolina. Sulla scrittura del Plauto Orsiniano Poggio ritorna in un'altra lettera, ep.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
4, 17 p. 339 nullus, mihi crede, Plautum bene trallscribet, nisi is sit doctis-
simus; est eis litteris quibus multi libri e:x' antiquis, quos a mulieribus eonscriptos arbitror, nulla verborul1l distinctione, ut persaepe divinandum sit 1. Un altro codice in carolina è il Vat. lat. 1873 di Ammiano Marcellino, proveniente da Fulda (sec. X), di cui Poggio scrive (ep. 9, 32 p. 375): Ammianum Marcellinum ego Latinis Musis restitui, eum illum eruissem e bibliothecis, ne dicam ergastulis, Germanorum. Cardinalis de Columna habet eum codicem quem portavi, litteris antiquis, sed ita mendosum, ut ni! corruptius esse possit. In questi luoghi delle lettere di Poggio litterae significa 'scrittura' in un senso molto ampio; infatti, quando Poggio dice che le lettere del Plauto sono corruptae, intende riferirsi non ad una maggiore o minore eleganza e leggibilità della scrittura (si tratta infatti di una carolina chiara e leggibile), ma al modo scorretto in cui il codice è scritto (cf. p. 222); e ciò è chiarito molto bene dal secondo dei passi citati (ep. 4, 17 p. 339). Così anche nel caso del Bas. S. Petri H 25 (vd. il passo cito innata e cf. p. 327ss.) Poggio non si lamenta della scrittura del codice (anche qui una carolina chiarissima), ma degli errori di cui rigurgita: il codice non è scritto male, ma pueriliter, mendose. Si noti soprattutto questo mendose, che corrisponde perfettamente al corruptus del primo passo citato (ep. 4, 4 p. 304): entrambi sono termini tecnici per indicare presenza di corruttele in un testo, non scrittura brutta e illeggibile (in questo secondo senso Poggio dice pessimae litterae, ep. 3, 37 p. 284 cito a p. 141). Ciò è quanto mai evidente nella descrizione del codice di Ammiano: litteris antiquis, s edita mendosum. Del tutto analoga a litterae corruptae è l'espressione litterae parum emendatae di cui si serve il Traversari per indicare che il testo è corrotto, mentre alla bruttezza della scrittura si riferisce con barbarae (ep. 306 col. 398, vd. p. 18 7)2.
l. Per la scrittura della donna considerata esempio di scrittura puerile e brulicante di errori cf. ep. 3, 17 p. 216 Philippicas Ciceronis emendalli cum hoc antiquo codice, qui ita puerili/er scriptus est, ita mendose, ut in iis quae scripsi non coniectura opus fuerit, sed divinatione. Nulla estfemella tam mdis, tam insulsa quae non emendatius scripsisset. Il codice antico qui menzionato è il Bas. S. Petri H 25. cf. anche il passo del Boccaccio cito a p. 329 n. L 2. Ho ritenuto opportuna questa precisazione perché il primo dei passi di Poggio (ep. 4, 4 p. 304) è stato inteso diversamente, cioè come un appunto mosso
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Il Petrarca, per indicare la carolina del Paris. lat. 1989 del commentario di S. Agostino ai Salmi (sec. XI) donatogli dal Boccaccio, usa l i t t e r a ve tu s t i or: fam. 18, 3, 50S. preter eam quam loquor magnitudinem, et libri decor et vetustioris litere maiestas et omnis sobrius accedit ornatus (su questo codice vd. Nolhac Il 20IS.). 2) S c r i t t u r a u m a n i s t i c a : Poggio ep. 2, 29 p. 158 (a. 1425) de Plinio episcopi Vintoniensis quod quaeris, ille quidem antiquis est litteris, sed quae Gallicum redoleant (nosti enim quam vocemus formam Gallicam}; ... sed illis litteris antiquis ad morem nostrum nequaquam est scriptus. Per l'interpretazione di tutto il passo cf. p. 13 IS.; la precisazione ad morem nostrum nell'ultima frase mi sembra dimostri .che litterae antiquae indica qui la scrittura umanistica, allora tipicamente italiana. Ibid. p. I59S. (a. 1425) hic scriptor meus, quem summo labore litteras antiquas edocui; 2, 39 p. 176 (a. 1426) docui... quemJam Gallicum librarium meum scribere litteris antiquis; 2, 27 p. 155 (a. 1425) si potero hunc scriptorem tenere ne evolet, absolvet mihi multa; nam et praesto seribit et iis litteris quae sapiunt antiquitatem, ad quod eum trusi summo cum labore. Per avere un'idea della calligrafia di questi scribi che Poggio pazientemente ammaestrava, si vedano alcuni dei .codici elencati in Ullman, Origin 49ss. Tale era la perfezione cui essi giungevano nell'imitare antiqua di Poggio che per alcuni codici, .come i tre Vaticani delle deche di Livio, si discute se siano stati scritti da Poggio stesso o da un suo scriba (cf. p. 33s.). Ibid. 3, 15 p. 213 misisti mihi librum Senecae et Cornelium Tacitum, quod est mihi
r
gratum: at is est litteris Longobardis et maiori ex parte caducis j quod si scissem, liberassem te eo labore. Legi olim quemdam apud vos manens litteris antiquis; nescio Coluciine esset an alterius. Illum cupio habere. La lettera è del 1427; il codice in .comunemente fin dal Voigt (vd. II di Tacito in beneventana del nella seconda metà del '300 1. Il
' longobarda ' è, come si riconosce sopra, p. 30 n. I), il celebre Med. sec. XI, scoperto a Montecassino codice in litterae antiquae letto da
all'aspetto esteriore della scrittura. Il Questa, dopo aver riportato il passo, soggiunge (p. 23): « veramente il codice è scritto in una carolina di facile lettura, nel complesso, anche se deve convenirsi che l'eleganza non ne è il carattere distintivo soprattutto nella prima sua parte ». l. Dal Boccaccio secondo l'opinione tradizionale (Sabbadini, Scop. I 29; il Boccaccio non lo possedeva ancora nel 1357). Secondo i recenti studi del Billanovich il primo attore nelle scoperte di testi classici a Montecassino sarebbe stato
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Poggio non può essere che una copia del Med. della seconda metà del XIV sec. o dei primi anni del XV. <:;e veramente si trattava di un codice di Coluccio (ovviamente anteriore al 1406 data della sua morte) la cosa non sorprenderebbe perché la nuova scrittura umanistica si era già formata prima della morte di Coluccio e forse per suo impulso 1. L'affermazione della difficoltà di far trascrivere un codice in litterae Longobardae e la richiesta di uno in litterae antiquae è un bell'esempio del fenomeno notato dal Pasquali (p. 61S.) per cui le copie umanistiche soppiantano gli originali in scritture difficili. Aurispa ep. 30 p. 48 (a. 1426) animo est, quam primum occasio dabitur, id opus (Nonio Marcello) litteris antiquis transcribi facere. Coll'espressione litterae antiquae viene indicata anche l'umanistica dei libri a stampa, ad es. nell'inv. Mansueti (vd. p. 122). Altri esempi in Casamassima 542 n. 32. Guarino per indicare la nuova scrittura umanistica non si serve di litterae antiquae, ma ricorre a perifrasi analoghe: ep. 366, 17 hic qui has tibi reddet, Mariottus nomine, natione Florentinus et honesto 10co natus, mihi familiaris est ... ; est praeterea scriptor ornatissimus formae vetustae; 499, 29, lodando una lettera dell'amico Agostino Montagna: de1ectatus sum vetusta litterarum facie. Parallela alla restaurazione della minuscola carolina è la restaurazione delle capitali epigrafiche antiche nei titoli, incipit, explicit, tavole di contenuto e simili e nelle epigrafi (Ullman, Origin 545S.; Casamassima 547ss. e Trattati 18ss.). I due alfabeti, maiuscolo e minuscolo, entrano a far parte di un medesimo sistema e il termine 'lettere antiche' si trova applicato anche ai caratteri capitali restaurati; così ad es. in un passo di Lorenzo Ghiberti a proposito di un'epigrafe (vd. Casamassima 550). 3) Altri esempi dell'uso tecnico riferiti a codici non identifiinvece Zanobi da Strada, che visse lì con l'ufficio di vicario del vescovo Angelo. Acciaioli dal 1355 al 1357 (I primi uttlatlisti 3lss. e 40). Io Vd. Ullman, Origin 2ISS. per il più antico manoscritto in umanistica. Laur. Strozzo 96 con opere di Coluccio scritto da Poggio e databile forse al 1402-3 e 79ss. per i più antichi esempi datati (a partire dal 1405) della nuova scrittura usata da altri scribi. I più antichi esempi dell'espressione litterae antiquae riferita alla nuova scrittura umanistica si trovano nelI'inv. di Cosimo de' Medici del 1418 (vd. Casamassima, «Bibliofilia» 62, 1960, 120). Il Casamassima cita come più antico esempio umanistico una lettera del Niccoli a Cosimo del 1426. Le più antiche fra 1('lettere di Poggio da me citate sono anteriori di un anno.
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cati: Poggio ep. 2, 22 p. 148 mittas etiam libellum Nonii Marcelli ... scriptum litteris antiquis; Guarino ep. 223, 52 (Giovanni Corvini di Arezzo) habet Macrobium, ut audio, litteris antiquis, fidelem, emendatum (questo è l'unico esempio di litterae antiquae nell'epistolario di Guarino); Traversari hod. p. IOIS. vix... ibi quicquam dignum memoria praeter unum Cypriani volumen invenimus, antiquis literis. Di un Valerio Massimo «di buona lettera antiqua» trovato da Poggio in Francia, nell'abbazia di S. Vittore a Parigi, ci informa una letterina del Niccoli a Cosimo de' Medici, scoperta e pubblicata recentemente da T. Foffano (<< It. med. e um.») 12, 1969, II5sS.). Si tratta, come ricaviamo dalla lettera stessa, di un codice antico, quindi probabilmente di un codice in carolina: « Acciò ch'i' non ometta nulla di quello credo sia utile a ricordarti, e' m'era uscito di mente che Poggio m'ha detto trovò nella badia di San Victore in Parigi uno Valeria Maximo di buona lettera antiqua. Se Ilo potessi permutare con nuove mercerie, sarebbe grande aquisto. E ben che qua abbia Valerii assai, e' son sÌ corrotti che gli è una morte; e tutto questo è perché frati e pedanti e gente non usa a questi facti gl'ànno tutti raschiati e corropti, e mai vidi niuno Valerio antiquo» 1. 4) Scrittura antica in generale o di tipo diverso dalla carolina: Salutati ep. III p. 219, a proposito di un leggendario codice delle deche di Livio (cf. p. 123 n. I), indica con littera antiqua una scrittura molto antica: in littera tam antiqua quod vix illius lector expeditus et idoneus in partibus vestris haberi queat. Cf. anche antiquarum litterarum effigies riferito alla scrittura del codice Laudense di Cicerone nella soscr. di Francesco degli Ardizzi all'Ottob. 2057 (sopra, p. 104). Per le iscrizioni si noti che in Traversari hod. p. 71 litterae antiquae è riferito alla scrittura di iscrizioni antichissime (epigrammata pervetusta) : attendimus in pariete ecclesiae ipsius inficta saxa, antiquis insculpta literis. Epigrammata pervetusta erant. 5) Do infine un breve cenno su litterae antiquae nella terminologia degli inventari 2. Nell'inv. di Cosimo de' Medici del 1418
I. Si iloti che mentre qui il Niccoli indica con 'lettera antiqua ' una scrittura antica, con tutta probabilità una carolina, in un'altra lettera (pubblicata pill volte c da ultimo in Foffano, art. cito 120S.) designa l'umanistica con 'lettera all'antiqua '. 2. Vd. anche Casamassima 542.
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• lettera antica' è sia la carolina che 1'umanistica (Ullman, Origin 133s.; Casamassima 541). Nell'inv. Viscctlti la maggioranza dei manoscritti in littera antiqua identificati risale all'XI o al XII sec. (P ellegrin p. 21) 1. Nell'inv. Mansueti con litterae antiquae viene indicata l'umanistica manoscritta (64, 71 ecc.) o a stampa (14-17, 21 ecc.). In questo stesso inventario la littera antiqua è contrapposta alle litterae I/lodernae (cioè la gotica; cf. p. 145s.): 63 litteris modernis, in cartis membranis. Liber tamen Persii est de littera antiqua. Compare anche l'espressione litterae (modernae) quasi antiquae, che conferma una .volta di più che non si tratta di indicazioni relative all'antichità, ma all'aspetto della scrittura: 74 litteris modernis quasi antiquis et bonis; 75 litteris quasi antiquis. In 78 con litteris antiquis cursivis et pulchris si allude forse a un'umanistica corsiva: cf. « lectere antiche corsive» in Piccolomini, app. II 89. Nell'inventario dei libri di Piero di Cosimo de' Medici del 1456 l'umanistica è indicata con « lettere antiche nuove» (Piccolomini, app. II 4 e 6). Eccezionale è l'uso di « lictera antiqua») per indicare la beneventana in un inventario del XV sec. della cattedrale di Benevento (vd. A. Campana in « Bulletto dell'Arch. PaI. It.» n. s. 2-3, 1956-7, I p. 161).
LITTERAE LONGOBARDAE (LANGOBARDAE)
Anche litterae Longobardae è un termine che gli umanisti hanno ereditato dal passato; esso è infatti testimoniato a partire dall'XI sec. nell'Italia meridionale, dove indica la scrittura locale contrapposta alla minuscola ordinaria, la Francisca (Lowe, Beneventan Script 22S.). Gli umanisti lo usano ad indicare scritture che per il loro carattere intricato e difficile apparivano ai loro occhi frutto della barbarie (Casamassima 564ss.; cf. anche il passo di Biondo Flavio
I. La Pellegrin scrive: « Les rédacteurs ont parfois noté soit 1'ancienneté soit le type de l'écriture employée, mais, constatons-Ie une fois de plus, jamais d'une manière systématiqueo Si parmi les manuscrits retrouvés la plupart de ceux qui sont qualifiés dans 1'ancien inventaire in littera antiqua remontent en effet au Xle
lo Sembra da queste parole che la Pellegrin abbia scambiato littera antiqua per un'indicazione di antichità, mentre si tratta solo di designazione di un determinato tipo di scrittura.
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l. Per questa leggenda dell'esistenza di un codice contenente tutte le deche di Livio vd. Voigt I 248s.; Lehmann, Erforschung I 280-306; Ullman, Studies 5579. Per l'interpretazione di Gothici. .• characteres cf. p. 126. 2. Si noti la coincidenza fra la descrizione di Poggio e quella di un filologo moderno, C. D. Fisher, pref. all'ediz. di Tacito, Oxonii 1906: «scriptura cum ipsa difficilis tum multis locis evanida ».
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Seript 343). Traversari ep. 3I I col. 406 adii ad Sancta11l Caecilialll ... oJfendique in volul1line vetusto Longobardis :iteris XXXIX Origenis in Lucam homilias a Hieronymo traductas: forse Laur. S. Marco 610, in insulare; 317 col. 417 offendi in volumine Longobardo quod erat penes Marinum... VII AntonU epistolas... et aliud quoddam opusculum; Poliziano mise. I 23 p. 552S. in hac ipsa gentis Medicae bibliotheca publica codex habetur vetustissimus Langobardis literis, quem et Domitius olim Florentiae pcllegit... Neque non Romae quoque volumen item Martialis Langobardis characteribus ostendit legendumque nobis indulxit Bernardinus Valla. Questi due codici di Marziale non sono identificati; quello di Bernardino Valla è ricordato anche in mise. II 35, 5 in eo (sc. codice) quem mihi litteris Langobardicis perscriptum Bernardinus Vallensis ... ostendit. Mise. I 35 p. 577 acrius il1-
spiciendum est apud Columellam... bis Homerulll citari pro Euhemero in pervulgatis codicibus, quod et vetustissimus indicat liber de privata familiae Medicae bibliotheca, literis Langobardis exaratus: è 1'Ambros. L 85 sup. in minuscola insulare, sec. IX-X (Sabbadini, Scopo I I5Is. n. 48; Josephson I59ss.) 1. Il Poliziano collazionò l'Ambros. col suo esemplare dell' edizione principe, Venezia 1472 (H *14564), dove al principio del Liber de arboribus si trova la seguente nota:
hinc cepi confirre cum duobus exemplaribus, quorum alterum vetustum. litteris perscriptum Langobardis, ex Medica bibliotheca, e alla fine del testo di Columella: contuli hos Columellae libros ego Angelus Politianus cum duobus exemplaribus, altero quidem vetustissimo Langobardis exarato litteris ex privata Medicae gentis bibliotheca Uosephson 159; Maier 3545.). Mise. I 44 p. 592 nos in vetustissimo commentario (un commento a Persio non identifLcato) literis quas Langobardas vocant perscripto. .. sic... invenimus: l'espressione quas Langobardas vocant mostra, mi sembra, che l'umanista è consapevole di usare un'espressione convenzionale della cui esattezza non vuoI rispondere. Ibid. 46 p. 595 quod item in vetusto codice Lal1gobardis exarato literis repe-
rimtls, cuius mihi potestatem legendi ficit Francisws Gaddius Florentilllls: questo codice di Giovenale è stato identificato dal Knoche (( Her-
l.
In un registro di prestiti della biblioteca medicea privata ilIo agosto
1482 risulta prestato al Poliziano « Columella antico, lettera longobarda, coperto
di giallo, legato alla greca, de' libri di Lorenzo» (Piccolomini, app. III 29). Una nota apposta al codice da Antonio Olgiati nel 1609 comincia con le parole: hic codex litteris Lon.~obardicis CilIlScriptllS (Josephson 163).
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mes» 63, 1928, 342-363) col Vat. lat. 3286 in beneventana del sec. XI 1; 77 p. 647 quod item in codice divi Augustini De civitate Dei ex publica Medicae familiae bibliotheca neque non in Columellae ex privata eiusdem gentis, literis utroque Langobardis exarato: il Columella è 1'Ambros. di cui sopra, il codice di Agostino non è stato identificato. Per un passo del Crinito in cui compare litterae Longobardae riferito alla minuscola insulare di un codice del commento di Tiberio Donato all'Eneide cf. p. 129s. Do infine qualche esempio interessante dell'uso di questo termine paleografico nel cinquecento. Lo Scaligero considerava tipico della' longobarda' lo scambio fra a ed ti (Timpanaro 9 n. 2), il Modio quello fra s ed r (Lehmann, F. Modius 59 n. l). Un manoscritto fuldense di Giustino di cui il Modio dice che era Longobardica littera scriptus era forse in insulare (Lehmann cito 59 n. 1 e 71S.). Degni di nota i due passi del De arte critica dello Schoppe citati dal Lehmann (ibid. 79s.): lo Schoppe contrappone al Romanus character (vetus, maiusculus) le litterae Langobardicae et minores vulgo fere hodieque usitatae. Le litterae Langobardicae sono evidentemente per lui la minuscola contrapposta alla maiuscola, la vera scrittura romana. Nella descrizione del Terenzio bembino data nell'inventario dei libri di Fulvio Orsini è chiamata ' lettera longobarda ' la minuscola corsiva romana degli scolii (vd. p. 128). Inventari: nell'inv. della biblioteca di Cosimo de' Medici del 1418 il «Giustino di lettera longobarda» è il Laur. 66, 21 in beneventana, proveniente da Montecassino (Pintor nr. 13 e p. 193; Ullman, Origin 134n. 15). Negli inventari Visconti e Mansueti il termine non compare mai; numerosi esempi invece nel catalogo del monastero di S. Colombano di Bobbio (1461), ove si distingue fra littera Longobarda grossa et Iegibilis e littera Longobarda difficilis ad Iegendum; il termine indica fra l'altro l'insulare (Casamassima 565s.). Piccolomini, inv. 83 liber de herbis, litteris Longobardis scriptus et in menbranis; 419 Iustinus hystoricus, literis Longobardis, in pergameno (evidentemente il Laur. 66, 21 di cui sopra); app. III 29 (vd. p. 124 n. 1). Il termine compare, naturalmente per la beneventana, nell'inventario della Biblioteca Capitolare di Benevento del lo Il codice appartenne poi a Fulvio Orsini; nell'inventario della sua biblioteca è così registrato: « Iuvenale in lettera longobarda, coperto di corarne lionato » (Nolhac, Bibliotèque 360, inv. ross. lat. nr. 31).
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xv
sec. (A. Campana, « Bullett. de!:'Arch. Pai. lt.» n. s. 2-3~ 1956-7, I p. 155 n. 4). LITTERAE GOTHICAE
Quest'espressione è per gli umanisti un sinonimo, più raro, di litterae Longobardae 1. Agli esempi raccolti dal Casamassima, p. 567ss. (per i codices Gothice seripti del Valla vd. sopra p. 1I5) posso aggiungerne un paio da un inventario della biblioteca Medicea compilato forse da uno dei preti di S. Lorenzo circa il 1536, se non prima: [E. Alvisi], Index Bibliothecae Mediceae, Firenze 1882, p. 16 Iustini Epitoma literis Gotticis (= Pintor nr. 13 « Giustino di lettera longobarda» e Piccolomini, inv. 419 Iustinus . .. literis Longobardis: Laur. 66, 2 l, in beneventana); Exordia regnorum antiquorum, Daretis Phrygii De exitu Troianorum, Excidium Troiae, Historia Apollonii regis Tyri,. literis Gotticis (= Laur. 66, 40 in beneventana, sec. IX ex.). Ma, come fu visto già dal Wehmer (p. 17) e confermato dal Casamassima (p. 573ss.), litterae Gothicae si trova anche specializzatoper indicare una scrittura maiuscola che si allontani dal modelloesemplare della capitale antica, cioè in particolare quell'alfabetomisto di lettere capitali o onciali che gli umanisti vedevano usatonei titoli e nelle iniziali dei codici medievali e a cui essi sostituironomaiuscole di tipo epigrafico esemplate su modelli romani. Così, secondo il Casamassima (p. 573), nei due passi di Poggio citati sopra (ep. 5, 18 p. 59 e II, 12 p. 70; vd. p. 123) le litterae Langobardaeindicano la scrittura del testo, mentre i nonnulli Gothici admixti' characteres sono la scrittura maiuscola di titoli, incipit, explicit e iniziali. LITTERAE MAIORES, MAlUSCULAE ECC.
Litterae (characteres) maiores, maiusculae, grandes, grandiores sonole espressioni usuali degli umanisti per indicare scritture maiuscole. Il Grapaldo nel passo cito a p. 61 indica con litterae maiores le iniziali delle varie sezioni del testo. Traversari ep. 393 col. 512 quaternionem praeterea solum (' isolato, sciolto ') ac vetustissimum in quo plura epiL I due termini sono usati ad es. come sinonimi nel titolo di un inventari<> del '500; cf. Casamassima 568s.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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grammata (' epigrafi ') Romanae urbis scripta sunt, non maiusCtllis, seti communibus litteris, inquires: spesso nel trascrivere epigrafi si usava una capitale imitante quella dei modelli e perciò il Traversari mette in rilievo il fatto che queste epigrafi (per cui cf. p. 42) erano scritte in caratteri minuscoli. In Traversari ep. 508 col. 622 cito a p. 62S. litterae maiusculae (contrapposto ancora a litterae communes) indica i caratteri maiuscoli delle rubriche di un manoscritto. Altre volte si tratta di capitale epigrafica: E. S. Piccolomini hist. Bohem. 36 (Opera, Basileae 1551, I06D) fuit inter caetera monasterium Aulae Regiae 1 apuà ripam Multaviae, qua Mosa fluvius ilIi iungitur, situm in quo regum corpora condebantur, singularis excellentiae. Nam praeter aedem magni et memorabilis operis, amplum dormitorium caeterasque monachorum officinas magnifice constructas, habuere circuitum qui non parvum conc1usit hortum, ambitum vocavere. In huius lateribus Vetus Novumque Testamentum a[,. initio Genesis usque ad Apocalypsim Ioannis literis maiusculis in tabulis scriptum continebatur, notis, quo altius irent, paulatim crescentibus, ita ut a summo usque deorsum facilis lectio praeberetur 2. Oppure può trattarsi di un maiuscolo tipografico: E. Barbaro cast. Plin. c. a2V monendi sunt haec legentes nos brevitatis causa hunc ordinem servasse, ut Plinii verba in quibus aliquod erratum esset litteris maioribus imprimerentur.. reliqua de nostro subiicerentur. Ma l'espressione litterae maiores (maiusculae, grandes, grandiores} può assumere anche un più preciso significato tecnico-paleografico. È usata infatti per indicare la capitale antica, sia epigrafica che libraria, nonché l'onciale, che per gli umanisti non era una scrittura distinta; scritture cioè la cui caratteristica saliente è per l'appuntoquella di essere maiuscole, cioè iscritte in un sistema bilineare, come rileva il Poliziano (ep. IO, 4 p. 3II) descrivendo l'onciale delle Pandette fiorentine: grandes ubique literae et compares. Esempi: Niccolò Tignosi, ad Cosman Medicem... opusculum: nihil enim refert utrum antiquis ilIis maiusculis et veterrimis litteris codices conscribantur aut characteribus et notis quibus iuniores usos esse comperimus (cit. dal Casamassima, p. 546); trattato anonimo per la costruzione delle capitali romane (Monac. lat. 451, sec. XV): litteras antiquae formae deducturus quas plerique maiusculas appellant (cit. dal Casamassima, p. 54&
I.
2.
Zbraslaw in Boemia (]. G. Th. Graesse, Orbis Lat., Dresden 1861). Il passo mi è stato cortesemente segnalato dal Dott. Nicola Casella.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
n. 46; questo esempio dimostra trat~arsi di un'espressione diffusa); 'maiuscole latine' = capitale di forma epigrafica nella Hypnerotomachia Poliphili (Casamassima 55! n. 53) 1. Per il Poliziano (e i suoi discepoli) litterae maiusculae e simili indicano costantemente la capitale libraria antica o l'onciale. Raggruppo gli esempi sotto i codici cui si riferiscono, codici che sono tutti giunti fino a noi. T e r e n z i o B e m b i n o (Vat. lat. 3226, sec. IV-V, in capitale); Poliziano, collaz. di Terenzio, c. 66v (Mai'er 344) ego Angelus Politianus contuleram codicem hunc Terentianum cum venerandae vetustatis codice maioribus conscripto litteris, quem mihi utendum commodavit Petrus Bembus. .. Erat... liber in versus digestus paene litteris simillimis earum quibus et Pisanae Pandectae et Vergilianus Palatinus codex est exaratus; P. Crinito in Poliziano ep. 12, 22 (23) p. 410 in Vf'tustissimo itaque Terentii codice, literis ut nostrae Pandectae maiusculis; cf. inv. dei libri di Fulvio Orsini: « Terentio di lettere maiuscole, con scholii in lettera longobarda l> (Nolhac, Bibliothèque 358, inv. ross. lat. nr. I). V i r g i l i o R O m a n o (Vat. lat. 3867, sec. V, in capitale): Poliziano mise. I 71 p. 637 in volumine ilio quod est in intima Vaticana bibliotheca 2, mire vetustum et grandibus charaeteribus perscriptum; 77 p. 647 in volumine Maroniano literis maioribus perarato 3, quod (qui nelle edizioni) Romae in intima Vaticana bibliotheca mire vetus ostenditur; ep. 4, 9 p. 124 adstipulatur etiam huic scripturae ille codex antiquissimus Vergilianus, qui istic in intima Palatina bibliotheca adservatur, maiuseulis characteribus exaratus. In un inventario della Vaticana del 1484 il nostro codice è detto Virgilius antiquus litteris maiusculis (BrancaPastore Stocchi 155). P a n d e t t e f i o r e n t i n e (sec. VI, onciale) ; Poliziano misc. 141 p. 588 maioribus charaeteribus; ep. 10,4 p. 3II grandes ubique literae et compares; II, 25 p. 362 eharacteribus maiusculis. Il Crinito, nella lettera citata sopra, paragona i caratteri del Terenzio a quelli delle Pandette. La somiglianza della scrittura di questi tre codici è esplicitamente rilevata dal Poliziano nella soscr. a Terenzio. Ho lasciato per ultimo un caso un po' curioso. In mise. I 77 p. I. Per le 'maiuscole romane' o 'latine' nella terminologia dei trattati cinquecenteschi di calligrafia vd. Casamassima, Trattati 17, 19, 32 n. 12. 2. cf. p. 86 n. I. 3. Così l'Aldina; parato nell'ediz. da me usata.
SCRITIURA E DATAZIONE DEI CODICI
•
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()47 il Poliziano sostiene che si deve scrivere Vergilius e non Virgilius, recando testimonianze di epigrafi e codici antichi. Dopo aver ricordato le Pandette e il Virgilio Romano, così prosegue: praetereaque commentarium Tiberii Donati nunc in manibus habet Landinus -(seguono lodi del Landino) ... Is igitur, ut diximus, commentarium Tiberii Donati habet in manibus et ipsum grandioribus notatum vetustis ~haracteribus. Il Sabbadini (Scop. I 169 e II 220) identifica questo codice col Laur. 45, 15, sec. IX, che fu portato in Italia dalla Francia
:9
Cf. Bandini, Cat. II 350s. characteribus Langobardicis conscriptus IHque ad
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
diores characteres all'onciale e capitale delle citazioni virgiliane. Certo l'affermazione del Poliziano è sbrigativa e l'accenno al manoscritto non ha la precisione che contraddistingue di solito le sue descrizioni di codici: egli non nota la varietà delle scritture e inoltre con l'et ipsum sembra accomunare un codice del IX sec. al Virgilio Romano e alle Pandette fiorentine nominate precedentemente. Può darsi che all'epoca in cui scriveva quel capitolo dei Miscellanea il Poliziano avesse esaminato il codice solo superficialmente. Comunque mi sembra che anche qui con grandiores characteres il Poliziano voglia indicare, come sempre, una scrittura onciale o capitale. In Aurispa ep. 55 p. 72 in alio (sc. codice) sunt EÙCXyyÉÀLCX KUflLCXX~ in litteris maiusculis, opus mirae pulchritudinis et antiquitatis lucidae, il termine indica evidentemente una maiuscola libraria greca.
LITTERAE GALLICA E, FORMA GALLICA
Sembra che con questo termine gli umanisti indichino la gotica francese 1, così come con litterae Germanicae ed Italicae sono designate rispettivamente la gotica tedesca e quella italiana. In gotica francese è scritto infatti il Laur. 30, IO di Catone, Vitruvio e Varrone così descritto da Pier Vettori: aliud volumen non adeo vetustum neque adeo fidele quod litteris Gallicis scriptum videbatur (Klotz LXXII). Il termine è usato un paio di volte dal Traversari a proposito di codici non identificati: ep. 316 col. 415 Tarvisium quoque concessi ut bibliothecam inspicerem, ut ftrebatur, insignem: nihilque omnino reperi praeter ea quae sunt celeberrima et apud nos ipsaque paucissima: puta Augustini Epistolas in uno pulchro aptoque volumine, Gallicis literis; 376 col. 488s. Cardinalis item oravit ut Conftssionum Beati Augustini volumen pergens ad eum ftrrem. Est unus ipsius operis codex penes amantissimum fratrem meum, fratrem Hieronymum ordinis Sancti Augustini, quem nuper emit, Gallicis literis. Qualche esempio anche nell'inventario dei libri di Piero de' Medici del 1456: Piccolomini, app. II I « Bibbia, di lettera gallicha»; 8 « Salterio di lectere gal-
dimidium libri semndi, reliquis alia manu mintlS antiqua, accurata tamen, et quae forlllam characteris vetustioris imitata est, suppletis. I. Presso i calligrafi del cinquecento il termine 'lettera gallica' o 'lettera francesca' indica una scrittura gotica (Wehmer 18s.).
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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liche »; 14 « una Bibbia mezana, lectera gallicha ». Negli inventari per la gotica francese è usato anche il termine litterae Parisinae (vd. più oltre, p. 144). È ancora incerto quale sia il codice delle Silvae di Stazio collazionato dal Poliziano (cf. p. 155ss.), di cui ci viene detto che era scritto Gallica ... manu (soscr. alle Silvae cito a p. 156; in mise. II 49, 4 il Poliziano aveva scritto et Gallicanis litteris descriptus; poi ha cancellato ed ha scritto utpote Gallicani cuiusdam indocti hominis manu descriptus; vd. p. 157). Forse era un codice in scrittura non umanistica e l'affermazione del Poliziano che fosse di mano francese è fondata solo sul fatto che egli sapeva che Poggio aveva fatto trascrivere le Si/vae da un indotto scriba d'oltralpe; nella soscrizione il Poliziano afferma che il codice veniva dalla Francia (questa la spiegazione del Klotz, p. LXXXIV). Non identificato neppure il codice di Plinio di cui Poggio dice che era scritto antiquis... litteris, sed quae Gallicum redoleant: ep. 2, 29 p. 158s. de Plinio Episcopi Vintoniensis 1 quod quaeris, ille quidem antiquis est litteris, sed quae Gallicum redoleant (nosti enim quam vocemus formam Gallicam); aliqua tamen in re videtur melior 2, sed illis litteris antiquis ad morem nostrum nequaquam est scriptus. De emendatione nescio aliquid testari: licet enim una quadam in parte emendatus sit, quam legerim, potest tamen reliquis in locis esse corruptus. Itaque neque suadeo neque dissuadeo: propter longas naves, quae annuatim eo dicuntur proJécturae, facile potest haberi liber nullis expensis. In hoc nulla fiet iactura 3. Con fòrma Gallica (per l'uso del termine forma cf. }'espressione litterae fòrma, sopra p. 103 4) Poggio allude probabilmente alla
Henry Beaufort, cardinale di S. Eusebio, vescovo di Winchcster. Migliore della forma Gallica consueta, cioè più vicino all'umanistica (littera antiqua) ? 3. Si tratta probabilmente di Plinio il Vecchio: Vespasiano scrive che, non essendovi a Firenze un Plin. nato intero, il Niccoli e Cosimo de' Medici ne fecero venire uno da Lubecca (Vite, Niccoli 3), forse all'epoca del concilio di Basilea (vd. Sabbadini, Scop. I H8 n. 18). La lettera di Poggio, indirizzata al Niccoli, è del 1425: probabilmente già allora il Niccoli si stava dando da fare per procurarsi la Naturalis historia e aveva scritto a poggio per chiedergli informazioni sul plinio del vescovo di Winchester, al cui servizio Poggio aveva trascorso quattro anni in Inghilterra. 4· C'è un altro uso più tecnico, che non sembra essere quello cui si rifà qui Poggio, quello di littera formata 'lettera di forma' (francese 'lettre de forme', I.
2.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
gotica francese. Le litterae antiquae ad morem nostrum sono certo l'umanistica, allora scrittura italiana per eccellenza. Dalla descrizione di Poggio sembra si possa concludere che il Plinio del vescovo di Winchester era scritto in una gotica francese forse influenzata dall'umanistica italiana. LITTERAE GERMANICAE, THEUTONICAE
È la gotica tedesca: Zenone Castiglioni, letto a P. C. Decembrio pubblicata da V. Zaccaria in « It. med. e um.» 2, 1959, 201S.: casu accidit die quadam, dum Basileae adhuc morarer, quod ad me dilatum fuerit quoddam papireum (' cartaceo') volumen, implicita quadam et corrupta Germanica littera conscriptum (si tratta della traduzione del De re publica platonico di Uberto Decembrio); Hermann Schedel, Briefwechs., hrsg. von P. Joachimsohn, Tiibingen 1893, Uf. 72 p. 167 scriptorum penuria omnimodo hic (ad Augsburg) est, qui nec literas Germanicas bene exarare norunt; omnes lasciviis dediti sunto Negli inventari l i t t e r a e T h e u t o n i c a e : inv. Mansueti 80-84, II7 (il redattore dell'inventario era incerto; scrisse litteris Parisinis, poi a margine sive Theutonicis) , 123 litteris Theutonicis variatis (oggi a Berlino, Staatsbibi. Lat. Foi. 661, sec. XV), 124, 142, 147, 157, 159, 174litteris Theutonicis, sed pulchris et bonis (si noti il sed: la gotica non era in genere per il gusto umanistico una scrittura pulchra; il codice è attualmente il Vat. lat. 10277, sec. XIV, in gotica libraria non italiana), 212, 231 (l'inventario stesso, riportando una notizia scritta sul codice, ci informa che era stato scritto nel 1396). I calligrafi italiani del sec. XVI indicano con' lettera tedesca' una corsiva gotica di provenienza germanica (Wehmer 19). LITTERAE ITALICAE
È la gotica italiana: Salutati ep. III p. 146s. audio ... quod An-
dreuolus de Arisiis ... , qui moram in Gallia continuam trahit, repperit totum Quintilianum De institutione oratoria, quem habemus admodum diminutum. Quamobrem te exoratum velim quatenus hoc scisciteris,. sique • lettre forméc '), molto usato negli inventari per indicare wu gotica libraria calligrafica e accurata (vd. p. 1445.).
SClUTTlffiA E DATAZIONE DEl CODICI
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repeTlerts verum esse, fac ut idem .Bonaccursus ita copiaNl habeat quod cum diligentia faciat exemplari. Utrumque librum (1'altro è S. Agostino, De musica di cui si parlava più sopra), licet de priore maior michi spes sit, in optima littera et quanto magis fieri poterit Italice similis summe desidero. Secondo l'Ullman (Origin 14) con littera Italica Coluccio indica una piana gotica simile a quella che usava lui stesso; egli vuoI evitare che il codice venga scritto nell'indecifrabile scrittura libraria francese. Inv. Mansueti 145 littcris modernis, id est ltalicis, et grossis (le litterae modernae indicano nell'inv. Mansueti la gotica dei secco XIV-XV; cf. p. 146). LITTERAE BARBARAE
Quest'espressione è usata ad indicare, evidentemente con notazione negativa, una scrittura moderna non italiana in Traversari ep. 306 col. 398, dove, dando un'accurata descrizione di un codice di Tertulliano che Lorenzo de' Medici, fratello di Cosimo, era riuscito ad ottenere in prestito, insieme al celebre Plauto, dal card. Orsini, dice ch'era scritto novis et barbaris literis 1. Il codice dell'Orsini I. La lettera è la 8, 37 nel Riordinamento del Luiso, datata Firenze, 23 giugno 1431. sullo stesso codice vd. anche Traversari ep. 271 col. 354 (8, 39 Luiso, Firenze, 8 luglio 1431); 307 col. 401 (8,40 Luiso, Firenze, I I agosto 1431); 310 col. 406 (8, 44 Luiso, Fontebona (?), seconda metà del 1432); 42 col. 78 (2, 20 Luiso. Poppiena, 23 ottobre 1433). Un altro codice di Tertulliano fu scoperto in Germania nel 1433 dal Parentucelli; anche questo venne in possesso del Niccoli ed è attualmente a Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI 9; vd. Aurispa ep. 66 p. 82 e Sabbadini, Biografia documentata di Giovanni AJ4rispa, Noto 1890, 66s. e Scop. I II5s. e II 256. Con questo secondo codice il Traversari sperava di emendare quello dell'Orsini (ep. 42 col. 78). Secondo il Sabbadini, Scop. II 255 il Niccoli aspettava le opere di Tertulliano da Cluny; non so da quale fonte ricavi questa notizia, ma ho trovato un passo di una lettera di Poggio al Niecoli che dimostra che Poggio era in trattative per avere copia del Tertulliano di Cluny: ep. 2, 32 p. 164s. quidam
ex monasterio Cluniacensi quamprimum discedet a Curia. Is, factus amicus mihi meritO' meo, pollicitus est se curaturum ut Tertullianus transcribatur idque in fidem suam recepito Spero aliql~id faciet, quia eget auxilio meo; tamen monachus est, sed minime videtur malus: doctus quidem est et librum novit. Cum de pecuniis agerem et quo in 10co l/ellet pollicerer paratas fore, dixit nequaquam velle pecunias; totum enim suscepit 01ll1S et quidem libens, ut videbatur. Tempus hominem probabit (Roma, 29 settembre 1425). Questa testimonianza umanistica sulla presenza di Tertulliano a Cluny si aggiunge a quella già offerta da un catalogo del IIS8-61 (E. Kroymann, « Wien. Sitz.-Ber. »phil.-hist. Cl. 143, 1900, 6 p. 14).
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
rimase tra i libri del Niccoli e alla sua morte passò al convento di S. Marco; si trova attualmente alla Nazionale di Firenze, Conv. soppr. I VI IO. Dalle soscrizioni alle due parti in cui è distinto ricaviamo che fu copiato per l' Orsini nel monastero francescano di pforzheim in Germania nel 1426 da due monaci 1. La scrittura è una brutta corsiva gotica di mano tedesca, evidentemente ostica agli occhi di un umanista (vd. anche p. 174s.) 2. Litterae barbarae avrà lo stesso valore anche in Traversari ep. 298 col. 388 a proposito di un codice non identificato: opuscula illa Augustini literis barbaris a Ioanne Gregorio heri accepi. Il termine compare una volta anche in inv. Mansueti 97 litteris quasi barbaris: la presenza del quasi sembra confermare il carattere tecnico dell'espressione. LITTERAE A TTICAE
Filelfo ep. c. 26v (a Ciriaco d'Ancona) quod autem pIacere tibi ostendis 7tE:pL ~!.l-Lv&éCùc; (O"!.l-LVtXctte:CùC; ed.) XtXL ~!.l-ùpv'Yjc; ea per z non per s scribi et idem Ptolemaeum sensisse in suo de orthographia libro, ego quidem neque tibi neque Ptolemaeo ipsi assentior, quieunque is tandem aut alteruter Alexandrinus aut Asealonites aut Epithetes eognominatus aut alius quispiam fuerit qui se grammatieum profiteri voluerit. Id enim ratio prohibet, quae istiusmodi eonsonantium numerum simul esse non patitur; id quod etiam apud Priscianum in primo de oeto orationis partibus (Gramm. lat. II 41S. K.) intueri lieet. Quare quae tu epigrammata istiusmodi eharaeteribus seripta invenisti litteris Atticis, ut aiunt, seripta esse fatendum est, vel ante Areadas potius quos XtXL 7tPÒ (7tpe:L ed.) 't'oi) ~À[ou xtXL -rijc; o"e:À~v'Yjc; extitisse fabulantur. Mihi tamen et epigrammata tua et quae seripta abs te sunt iueundissima fuere; c. 86r (a Bartolomeo Bucinio) L E. KroymaIUl, Die Tertullian-Ueberlieferung in Italien, «Wien. Sitz.-Ber. » phil.-hist. Cl. 138, 1897, 3; Kritische Vorarbeiten fur den III. und IV. Band der neuen Tertullian-Ausgabe, ibid. 143, 1900,6; pref. a CSEL. 47, Vindobonae-Lipsiae 1906, :xx; Zur Ueberli~ferungsgeschichte des Tertulliantextes. «Rhein. Mus.» 68, 19I3. 128-152; Sabbadini, Scop. I II5 e II 255S.; Ullman, Origin 63. Nessuno, mi sembra, ha finora citato l'importante testimonianza del Traversari sul codice. 2. Si noti che in ep. 271 col. 354 il Traversari, sempre a proposito del codice dell'Orsini. scrive: curabimus ... ut transCTibatur, licet exemplar mendosissimum sit et barbarum per imperitiam scriptoris: mendosus si riferisce evidentemente ai numerosi errori. barbarus all'aspetto poco leggibile della scrittura.
SCRIITURA E DATAZIONE DEI CODICr
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meum sit excogitare aliquid quod apud viros bonos non improbetur, librarii vero ve! inventa acutius vel dictata subtilius arundinis officio caeteris patefàcere. Et, ut dilucidius tecum loquar atque familiarius, mihi domi opus est aliquo adolescente librario, non omnino rudi imperitoque litterarum; hunc ego tractabo non humaniter solum, sed etiam liberaliter. Delector autem iis litterarum notis quae ad Atticas quam proxime accedant. Nam quibus opifices tabernarique utuntur ac reliquum vulgus indoctum, eae nullum sint apud me pondus habiturae. Litterae Atticae rende 'A't"t'~)(a ypcX{-t[Loc't'oc riferito a caratteri epigrafici antichi in Demosth. 59, 76 e Paus. 6, 19, 6 (cf. Hesych. s. v.). Nel primo passo del Filelfo si tratta di maiuscole epigrafiche, nel secondo di scrittura libraria: in entrambi l'espressione indicherà genericamente scrittura maiuscola greca (antica o restaurata). LITTERAE ETRUSCAE
Il Landino vera nob. p. 103, 5ss. menziona iscrizioni in litterae etruscae: nam dum via Senensi in hanc urbem (sc. Florentiam) venimus, vidimus ex nescio qua Semifonte, quod oppidum sane vetustum est, erutas nuper statuas miro artificio sculptas et Etruscis litteris inscriptas; evidentemente in caratteri etruschi o creduti tali. SCRITTURA CORSIVA
. In una lettera pubblicata dal Sabbadini in« N. Archivio Veneto» 99 (n. s. 59), 1915, 228 (lett. nr. 6, del 1403) l'umanista Antonio da Romagno, a proposito di una trascrizione che gli era stata richiesta, risponde: praesciri . . , opportet quam littere forma m 1 velis: grossamne videlicet an gracilem, currentem, ut aiunt, nec magnopere cultam an e!aboratam industria. L'inciso ut aiunt (per cui cf. p. 4os.) dimostra che l'umanista ha latinizzato un termine del volgare, 'l e t t e r a c o r r e n t e " che troviamo difatti in una lettera del Perotti in Vespasiano ep. IO, 26: «El Polibio mio non posso mandare . .. Se vi paresse di scrivere a messer Giuliano Coppino che ve ne facesse scrivere qui uno di lettera corrente io gli presterei l'exemplo ». Gli esempi che ho sia di l i t t e r a e c u r r e n t e s che di 1i t 1.
Per litterae jòrtna vd. sopra, p. 103.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
t e r a e c u r s i v a e non sono propriamente umanistici. Per litterae currentes inv. Mansueti 93 in volu11'Jme parvo. " litteris currentibus; 193 in volumine parvo. .. litteris parvis currentibus; 305 in volumine parvo, antiquo, litteris currentibus. Si noti che si tratta in tutti e tre i casi di codici di piccolo formato. Il primo dei tre codici è posteriore al 1436 perché contiene, fra l'altro, 1'Itinerarium Antoninì scoperto in questa data dal vescovo Pietro Donato nella cattedrale di Spira (vd. Gius. Billanovich, « It. med. e um. ~ 5, 1962, 122);' il secondo, Postille sive commentum super librum lob, non è databile;. il terzo, defmito antiquus, contiene opere di S. Tommaso; quindi. sarà del XIII o del XIV sec. Per litterae cursivae inv. Mansueti 13;. 57 litteris cursivis, sed bonis (oggi a Perugia, Bibl. com. 273 (E 20],. del sec. XV); 98 litteris cursivis et variatis (per litterae variatae cf. p. 147; il codice contiene fra l'altro scritti di S. Bernardino da Siena ed è quindi databile al XV sec.); 188; 324 (del XIV o XV sec. perché contiene opere di Niccolò di Lira); 369 (oggi a Perugia, Bibl. com. N. F. 46, del sec. XV); 376 (databile fra il XIII e il XV sec. perchécontiene scritti di S. Tommaso). Si notino inoltre le varietà litterae" Parisinae et cursivae in 60; litterae cursivae ultramontanae in 52 (S. Tommaso), 61, 396 e litterae cursivae antiquae in 78 e 204 (quest'ultima è forse l'umanistica corsiva). Nell'inv. Mansueti con litterae currentes o cursivae sono evidentemente indicate scritture di carattere corsivo di vario tipo e varia età, ma, mi sembra, prevalentemente del XV sec. e non più antiche del XIII. In una lettera Vespasiano chiede che due Vite di plutarco tradotte vengano fatte trascrivere per suo conto fu s a s c r i p t u r al;. una trascrizione solo provvisoria perché le due Vite accorrevano a Vespasiano per inserirle nel corpus di Vite plutarchee tradotte che stava allestendo per Piero di Cosimo de' Medici in due sontuosi codici, gli attuali Laur. 65, 26 e 27 2. Di un codice di Lattanzio Placido Vespasiano scrive (ep. 2, 16) : forma scripture fusa est et ve1ox. Abbastanza frequente nel latino umanistico 1'espressione c u r s i m (r a p t i m) t r a n se r i ber e (s c r i ber e) per indicare trascrizioni, spesso provvisorie, eseguite manu veloci: letto di Lombardo della Seta in Studies UllL Ep. 3, 5 audio isthic esse Lycurgi et Numme vitas eleganter conversas. Eas egO' habere cupio. .. Oro humanitatem tuam ut fusa scriptura ab aliqua ambas transcribi fadat certioremque me reddat de impensa. 2. Su questo P!utarco A. Campana, Una lettera inedita di Guarino Veronesee il Plutareo mcdiceo della bottega di Vespasiano, « It. mcd. c um.» S, 1962, 171-8.
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man II 235s. exemplaria in papiro cursim transcripta parata sunt (cf. p. 13); Traversari ep. 234 col. 308 Hieronynti opus iliud apud nos truncatum est solaque prior ilia pars quam adnotasti literis apud nos habetur. Feceris mihi gratissimum si reliquias ilias transcribendas vel raptim curaveris; 321 col. 422 ego nihil habeo ferme quod mittam novi praeter Lactantii Phoenicem versu elegiaco, quam ante paucos dies Bononiae mihi a studiosO' adolescente traditam raptim scripsi; 502 col. 618 scripsimus ad te historiae iliae, quas petebamus, cursim satis esse nobis si a te transcriberentur, quia et plures sunt et occupationum etiam tuarum oportet habere rationem•. Et modo itidem Jlagitamus, satis fore arbitrantes si in membranis raptim. illae transcribantur; ibid. col. 619 ante annos ferme viginti utilitati ado-o lescentulorum nostrorum consulentes breviavimus Donatum de VIII partionibus orationis isque a nonnullis transcriptus est. Oro ut illum diligenter inquiras cursimque transcriptum ad nos mittas. Queste trascrizioni
saranno state eseguite in una scrittura del tipo di quella che è stata chiamata la manus velox di Poggio 1, una gotica corsiva non calligrafica di cui gli umanisti si servono quando occorre trascrivere: rapidamente, e spesso solo provvisoriamente, un esemplare. ETÀ E QUALITÀ DELLE SCRITTURE
Non di rado una scrittura è defmita dagli umanisti antica o an-o tichissima: Petrarca fam. 19, 3, II3 (ha donato all'imperatore Carlo· IV monete con l'effigie degli imperatori romani) aliquot sibi aureas I. Scrittura del Matr. 8514 (già X 81) e del Vat. lat. II4S8, entrambi su carta. (cf. p. 13): vd. Ullman, Studies 316; Origin 48s. e Dunston, «BulL Inst. Class. Stud.» 14, 1967, 99s. Non so chi sia stato il primo ad usare questo termine fortu-nato per indicare la corsiva gotica di cui Poggio si serve per trascrizioni rapide. Esso sarà stato probabilmente desunto dall'uso stesso di Poggio, le cui lettere si chiudono assai di frequente con l'espressione vale, l1Ianu veloci o simili: ad es. ep. 2,9 p. 105; 2, 19 p. 144; 2, 20 p. 145; 2,29 p. 160; 2, 31 p. 163; 2, 34 p. 169' vale, haee seripsi l1Ianu veloci; 2, 36 p. 173; 3, 3 p. 191 sUl1lpsi ealal1lul1l et haec ante coenam ad te exaravi manu veloci; 2, 7 p. 100 habes epistolal1l longam et manu velociscriptal1l. Una variante è l1Ianu festina, ad es. in ep. 2, 4 p. 94; 2, 5 p. 95; 2, IO p. 108; 2, 23 p. ISO; p. 460 Wilm. Cf. anche ep. p. 290 Wilm. (= Tonelli I p. x) scripsi •.. iIlas (se. epistulas) ex tempore ut plurimum et manu veloci, ut rescribendi" (. copiare') neque ociUI1l esset neque voluntas; quo (Wilmanns; qui ToneIIi) accidit, ut exemplaria earum nulla apud me remanerent; ep. p. 310 Wilm. abiieito litteras in ignem ne efferantur. .. propter infantiam litterarum. Sunt enim scripte manu veloci et: stilo incomposito ae rudi, ut illas nolim tievenire in aUorum manus.
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argenteasque nostrorum principum effigies .rzinutissimis ae veteribus literis inseriptas, quas in delitiis habebam, dono dedi; Salutati ep. III p. 627 puto. " quod Tifernum per iotam, non per litteram Pythagorieam (= y) sit seribendum; cui rei fidem faciunt antiquissime littere, quas vidi sumptas ex marmoreo lapide, qui est in domibus eanonieorum illiusee eivitatis: si tratta di un'antica iscrizione di età romana (vd. Ullman, Humanism 103); si noti che il Salutati applica la definizione di antiquissime littere, che a rigore potrebbe riferirsi solo all'originale, a una copia (sumptas); Poliziano mise. I 77 p. 647 invenies igitur Volsinis mensam quampiam marmoream vetustissimis peneque exoletis eharaeteribus intra aedem Christinae Virginis, quae pro ara est apostoli Petri, ubi Vergili legitur (non si è riu$citi a rintracciare quest'epigrafe). Si tratta in
questi tre esempi di iscrizioni su monete o su marmo di età romana e quindi di scrittura epigrafica e veramente molto antica. Iscrizioni su monete in antichi caratteri greci sono menzionate in Traversari ep. 314 col. 412 ostendit ... ipse argenteos nummos; sed nihil aeque ae Alexandri effigiem sum admiratus, quam esse Maeedonis illius Magni plurima sunt quae suadeant, ante omnia vetustissimae literae Graeeae. Salutati ep. II p. 392 eeterum ex ore Franciscoli, generi quondam eelebris memorie Petraree nostri, eertissimum habeo ex bibliotheea dieti Petraree in manibus eommunis domini, illustrissimi principis domini Comitis Virtutum (Giangaleazzo Visconti) esse librum M. Varronis De mensuris orbis terre, librum quidem magnum in antiquissima littera, in quo sunt quedam geometrice figure,. quanvis Antonius Luscus noster michi scripserit quod putet esse Varronem De lingua latina: si tratterebbe di
un'opera gromatica attribuita erroneamente a Varrone in una silloge a noi ignota (vd. la nota del Novati ad loc. e Sabbadini, Scop. I 25). Il Billanovich (Petrarca e Cicerone 105) ritiene che il Loschi avesse visto il codice di Varrone ling. autografo del Boccaccio e donato da quest'ultimo al Petrarca (fam. 18, 4 e 15). Guarino ep. 379, 30 ibidem (a Reggio) in ecclesia maiori Papiam quendam litteris vetustissimis esse sensi et fidelitate praecipua: codice per noi perduto. Un Papia trovò a Reggio Ciriaco d'Ancona, probabilmente da identificare con questo (Sabbadini, Scopo I 123 n. 37). Ibid. 727, 8 e Rhodo nuper ad me sacrarum scripturarum liber allatus . .. mirum in modum et oculos ad legendum et mentem ad perdiscendum incitavit, adeo vetusta quidem litterarum facies venerationem, praeceptiones vero vitae Christianae sanctitatem prae se ferunt (un codice di S. Basilio, vd. nota del Sabbadini ad loe.); 797, 3I additur ad muneris gra-
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tiam . .. facies ipsa litterarum vetusta quidem ac omni ex parte integra: si tratta di un codice dei Salmi in greco. Poggio ep. II, l p. 56 est insuper Biblia maioris voluminis, inscripta litteris antiquissimis ac pulcherrimis, prout sunt sermones priscorum doctorum; dello stesso codice si riparla in ep. II, 6 p. 63 Bibliam emi XXV aureis. " neque eius voluminis magnitudo me terret J' manebit mecum, si eam noles, nam litteris est pulcherrimis. Di un codice di Marziale Poggio scrive invece (ep. 2,34 p. 167s.): epigrammata Martialis sunt et mendosissima et litteris non admodum antiquis. Il codice di Tucidide portato in Italia dall'Aurispa e venduto al Niccoli a Pisa nel 1417 era scritto, a detta del Niccoli, antiquissimis literis: Traversari ep. 217 col. 285 Pisis quum esset (il Niccoli), cum Aurispa congressus est atque ab eo Thucydidem antiquissimis, ut ipse mihi scripsit, literis emit (cf. Sabbadini, Scopo I 46). Così pure un codice greco dei Profeti donato al Traversari da F. Barbaro e un codice di Cesta conciliorum veterum trovato dal Traversari a Bologna nella biblioteca dei Domenicani: Traversari ep. 315 col. 413 Franciscus noster Barbarus. .. mihi dono obtulit duo Craeca et egregia volumina, Prophetas XVI in uno volumine optimis et antiquissimis literis et Gregorii Nazianzeni rariora opera XXX (cf. anche ep. 439 col. 561); hod. p. 79 vidimus per eos dies denuo bibliothecam Praedicatorum reftrtissimam voluminibus sacris. Ibi, praeter notiora, volumen invenimus ubi Cesta conciliorum veterum descripta erant, et imprimis Chalcedonensis Synodi per actiones distincta, pulcherrimis et antiquissimis literis; altrove egli definisce lo stesso codice volumen . .. vetustissimum (ep. 333 col. 444) e pervetustus codex (ep. 334 col. 445; vd. anche Sabbadini, Scopo I 94). Nel Commentarium del Niccoli (Sabbadini, Storia 7) si legge di un codice del commento di Tiberio Donato all'Eneide in litteris vetustissimis che si trovava nel monastero di S. Marco a Reichenau. Bruni ep. 3, 13 p. 88 Bartholomeus (Capra) Cremonensis michi hodie affirmavit se Ciceronis epistolas ex vetustissima littera reperisse. Nel seguito della lettera il volume, per noi perduto, è detto antiquissimum sane et venerandum; conteneva le epp. a Bruto e a Quinto e i primi sette libri delle epp. ad Attico (Sabbadini, Storia 59; cf. anche Pasquali 90). Il Pizolpasso scrive al Decembrio: habet vir iste peritus Theutonicus (Niccolò da Cusa). .. libros copiosos in Craeco etiam cum Latino et vocabulorum et verborum et omnis grammaticae, seriosissime litteris vetustis descriptos; uno di questi è attualmente il cod. Harleian. 5792, sec. VII (Sabbadini, Storia 171S. e n. 1). Il codice antico di Celso scoperto dal Panorrnita a Siena era scritto pulchra. .. vetusta
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littera (Panormita in Guarino ep. 355, 43). La scrittura del codice Laudense delle opere retoriche di Cicerone è detta da Biondo Flavio litterae vetustiores (Ital. ilI. p. 346); sappIamo inoltre, per concorde testimonianza delle fonti umanistiche, che era di assai difficile lettura. Del codice fiorentino delle Pandette scrive il Poliziano: est plurimis locis vetustis litteris emendatus liber, quae emendatio vera est et compar scriptori (Maier 341). Alle scritture antiche si contrappongono quelle moderne, se r i p t u r a n o va, l i t t e r a e n o v a e : Petrarca varo 45 ego... usqueadeo vetustati oculos assueftci ut novam scripturam qualemcumque fastidiam; P. C. Decembrio, letto cito in Sabbadini, Storia 306: utrumne ilIam (sc. epistolam Pompeianam) nuper editam (= messa in girodi recente, falsificata) esse censent quod novis litteris sit conscripta ? Traversari ep. 243 col. 317s. Vetus unum Testamentum... in duo bus voluminibus chartaceis, novis tamen ferme et, quantum ipse sentio, literis non malis, emebam; 306 col. 398 (vd. p. 133); 315 col. 413 Plutarchi MoraUa. .. novis et malis Uteris.
Altre indicazioni riguardano le dimensioni della scrittura. A Coluccio premeva molto avere libri scritti i n l i t t e r a g r o s sa, dato che con la vecchiaia gli si era indebolita la vista: ep. II p. 386 quia quorundam reIatu percepi te multa Ciceronica in littera grossa habere, quia illos libros, cum communes satis sint, quotidie possis habere, te deprecor. .. quatenus senectuti mee, que iam caligantibus laborat obtutibus, velis illius libri iusto commertio subvenire; III p. 132 (incarica Iacopo-
Angeli da Scarperia di procurare libri per !'insegnamento del grecoa Firenze) emas et Homerum grossis litteris in pergameno; III p. 163 scio quod inter libros quondam domini Benedicti remansit Augustinus Decivitate Dei, qui liber, cum scriptus sit littera satis grossa, me iam senem illexit ut illum habere desiderem. Et ob id. .. te deprecor et obtestor ut me voti mei compotem facias, ita quod beneficio tuo possim a lectionelibri quem habeo, parvitate litterarum michi plurimum tediosa, ad gratiorem legendi laborem, quod prestabunt ampliores littere, iam caligantes oculos applicare. Non si sa se Coluccio ricevette il codice che desi-
derava, ma quello di cui si lamenta esiste tuttora (Ottob. lat. 349) e la scrittura è veramente piccolissima (vd. Ullman, Origi1l' 14). Il termine littera grossa compare anche nella lettera di Antonioda Romagno cito a p. 135 e negli inventari: inv. Visconti 956; inv. Mansueti 175 litteris minutis in scripto Sententiarum, sed grossioribus it~ libro De generatione et corruptione; 197; 221; 222; 320 Appa-
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
-ratus Bernardi Compostellani super Decreta/es. Item quoddam commentum .super libris Elenchorum Aristotelis. .. litteris grossis in apparatu et minutis in commento (oggi a Perugia, Bibl. com. 1057 [N 9]); 325 litteris modernis grossis et pulchris. Poggio ep. II, l p. 56 menziona un .codice di S. Girolamo litteris crassioribus. Nella lettera di Antonio .da Romagno alla littera grossa si contrappone la gracilis, ma normalmente, come appare anche dagli esempi citati, si parla di l i t t e r a e m i n u t a e : quest'ultima espressione, frequente negli inventari (inv. Visconti 43 l = Paris. lat. 7038; 465 = Paris. lat. 4539, .di piccola scrittura; 722 = Paris. lat. 65 l, sec. XIII, scrittura minuta e serrata; 892; 971 = Paris. lat. 7400, piccola scrittura; inv. Mansueti 60, 175, 320; Piccolomini, inv. 702 = Laur. S. Marco 303), è usata anche dagli umanisti: Traversari ep. 274 col. 360 minutissimis literis; 3 I I col. 408 in membranis et optimis literis, licet minutis; 390 col. 508 chartaceum volumen est, quaternionibus in fine vix .consistentibus, minutissimis literis; Valla emendo p. 606 (Liv. 21, 61, 2) vos emendastis pro 'classi' 'classis' supraque scripsistis minutis literis has duas dictiones ' ubi erat '. Si trova anche l i t t e r a p a r va: in ep. I p. 167 il Salutati ricorda un codice di Giustino e Svetonio de littera parva; cf. inv. Visconti 958 cum littera valde parva e inv. Mansueti 32 litteris parvis; 33, 79, 202 ecc. Altre indicazioni generiche riguardano la maggiore o minore eleganza e leggibilità della scrittura. Aurispa ep. 5 p. 8 habeo hic ferme omnia quaecunque scripsit Demosthenes in volumine quodam vetustissimo, quod, etsi litteras speciosissimas habeat, prae antiquitate tamen quandoque accentu,caret; 7 p. 14 aliud opus cOl1tinet ol1mia Platonis praeter Leges, Epistolas et De re publica: nunquam vidi pulchriorem litteram Craecam; 7 p. 15 transcribi feci . . , duas Aristotelis Rhetoricas et aliud (Jpus Ethicorum, cuius titulus est Eù~~!J.~O: ... , litteris pulcherrimis et membranis albissimis; Poggio ep. 3, 37 p. 284 portavi volumen hoc mecum, ut transcribam libellum Frontini, cum sit mendosus et pessimis litteris, adeo ut vix queam legere. Si tratta del De aquae ductibus, che fu scoperto da Poggio a Montecassino nel luglio del 1429; all'opera di Frontino era congiunta la Mathesis di Firmico. Poggio portò con sé il codice e si trascrisse Frontino; poi gli venne richiesto ed egli lo restituì (ep. 4, 2 p. 295). Attualmente è il Casino 361, sec. XII, in carolina, ma non delle più leggibili: scrittura piccola e fitta (vd. l'ediz. fototipica Montiscasini 1930). Poggio ep. 12, 9 p. 138 volumen . .. optimis scriptum litteris (cf. p. 175); Guarino
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
ep. 628, 21 ecce mitto Lactantii opera duo, meo quidem iudicio emendata, licet sordidiore litterarum facie; Traversari ::p. 242 col. 317 duo illa volumina, Medicina sci/icet cordis et Mystica theologia in papyro sunt, bonis tamen literis; 243 col. 317s. Vetus... Testamentum ... literis non malis; 277 col. 368 (descrizione del celebre Laur. 32, 9 di Eschilo, Sofocle, Apollonio) in membranis literisque gratissimis et quae, pro antiquitate sua, meo quidem iudicio, ante sexcentesimum annum exaratae sunt 1. .. Habet per totum in marginibus notabilia plurima et perutilia compositissimis literis; 315 col. 413 Cregorii Nazianzeni rariora opera XXX in volumine aptissimo et delicatissimis membranis ac literis; 439 col. 561 Cregorii Nazianzeni XXX opuscula peregrina pulchro aptissimoque volumine et optimis literis. Di un codice ora perduto, scritto
probabilmente in visigotica, del sec. VII, il Poliziano dice che era scritto litteris vix legibilibus et implicatis maxime (Monac. lat. 807, c. 63r cito in Sabbadini, Scop. II 221 n. 2): forse con l'aggettivo i m p l i c a t u s si allude all'abbondanza di nessi e legature: si confronti, nella lettera di Zenone Castiglioni cito a p. 132, implicita quadam et corrupta Germanica littera conscriptum, dove si tratta di gotica tedesca. Il contrario di implicatus è e x p l i c a t u s : Francesco degli Ardizzi da Vigevano nella soscr. all'Ottob. lat. 2057 dice che il vescovo di Como Francesco Bossi trascrisse il Laudense delle opere di Cicerone non sat a plerisque legibilem ob antiquarum litterarum effigiem stilumque incognitum in Latinas et explicatas bene litteras (Sabbadini, Storia 95s.; cf. sopra p. 104). Come è stato notato dall'Ullman (Origin 12 ss.), uno degli elementi che determinano la riforma della scrittura è l'esigenza fortemente sentita dagli umanisti di una scrittura che sia soprattutto leggibile, Essi cercano l'eleganza e la chiarezza non solo nelle scritture librarie, ma anche in quelle di uso quotidiano, ad es. nelle lettere private. Il Piccolomini rimprovera vivacemente un amico che gli aveva scritto una lettera illeggibile (Briefw. IV p. 475; cito integralmente): Eneas episcopus Senensis Ambrosio Spannochie salutem plurimam dicit. Cinturellus, pape tabellarius, tuas litteras ad me detulit, quas rectius dixerim lituras; nescio Crece an Hebraice scripsisti, Latine quidem minime. Non intellexi unicurn verbum neque penes me quisquam fuit qui tuos characteres cognosceret. Perinde est igitur ac si nihil ad me scripsisses. I. Cf. Pearson, Sophoclis fabulac, Oxonii 1924, III « vetustissimo libro, decimo fere post Christum saeculo pulcherrime in membranis scripto >l.
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Reservo penes me scripturam tuam ut, cum Romam veniam, tibi reddam et a te petam expositionem. Interim non est quod possim respondere, nisi mihi glosulas miseris. Vale et scias me deinceps Latinas litteras, non uncinos mercatorios didicisse 1. Ex Ratispona die 3. Maii 1454. Il Petrarca giudicava troppo artificiosa e poco leggibile la scrittura contemporanea, opera di pittori più che di scribi (vd. p. 198 n. 2), e le contrapponeva un'ideale di scrittura sobria, chiara e osservante dell'ortografia come quella che vedeva nei codici antichi in carolina (vd. Ullman, Origin 12S. e A. Petrucci, La scrittura di Francesco Petrarca, Città del Vaticano 1967, 62SS.). Par'ticolarmente significative le esortazioni del Traversari ai suoi corrispondenti: ep. 453 col. 579 (al monaco Agostino) vellem honestiorem literarum faciem dum seribis nitereris exprimere et vel nostram imitari studeres vel alterius doctioris manum, ut bene ac pure dieta gratiores literae commendarent. Altra volta esorta il fratello a procurarsi una scrittura libraria bella, veloce e corretta (fidelissimam), che imiti il più possibile la purezza e l'eleganza della scrittura antica; per far ciò gli consiglia di prendere a modello un codice antico e corretto e di trascriverlo imitandolo fedelmente fin nei minimi particolari: ep. 385 col. 501 nec illud quidem te admonere desistam uti non negligas manum librariam quam optimam atque perquam celerem ac fidelissimam tibi comparare studeasque priscam illam in seribendo imitari puritatem ac suavitatem. Quod tunc adsequere facilius si ex emendatissimo antiquoque codice quidpiam tibi transcribendum deligas totoque annisu ad unguem exemplar fidum imitari,-{forse imiteris). Questa lettera del Traversari è quasi il manifesto della riforma umanistica della scrittura; l'ideale calligrafico è posto nell'imitazione della scrittura antica (la carolina) in cui l'elega.nza dei caratteri si unisce alla correttezza ortografica. Cf. anche Aurispa ep. 35 p. 54 (la lettera è forse indirizzata al Francia, celebre copista) si Officia Ciceronis absoluta sint, pergratum feceris mihi et Iacobino si ad nos mittas. Nam dominus Angelus. .. scriptorem domi habet qui litteras credo dignissimas atque aeternas scribit. Vellemus pro emendatione manus tuae exemplari uti,. solus enim es aut (alter), ut de me etiam loquar, qui castigatam illam antiquitatem imitentur: vien riI. Esisteva realmente una scrittura differenziata del ceto mercantile per cui è stato proposto il nome di • mercantesca ': vd. G. Orlandelli, Osservazioni sulla scrittura mercantesca nei secoli XIV e XV, in Studi in onore di Riccardo Filangieri, Napoli 19.59, I 445-60.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
chiesto 1'esemplare del Francia per Un
Ecco un elenco dei termini relativi alla scrittura di cui ho trovato esempi negli inventari da me schedati, ma non in scritti umanistici 1: l i t t e r a e P a r i s i n a e : indica la gotica libraria francese. Per l'inv. Visconti vd. Pellegrin p. 22. Inv. Mansueti 3 litteris magnis et pulchris Parisinis; 6 litteris Parisinis et pulchris (oggi a Roma, Arch. di S. Maria sopra Minerva, cod. senza segnatura, fme del XIII); 9 litteris Parisinis et pulchris; 60 litteris Parisinis et cursivis et in fine valde minutis et variatis; 88 litteris Parisinis et bonis; II7 litteris Parisinis (in margine sive Theutonicis); II8 litteris Parisinis quasi modernis, magnis et pulchris; per la varietà litterae formatae Parisinae vd. sotto. I i t t e r a e A ng l i c a n a e : il1v. Mansueti 302 Summa Dul-
muntonis sive Duimiltol1is... litteris Anglicanis. 1i tt e r a ba s t a r d a o ba s t a r d i 11 a : inv. Visconti 836 in littera bastardina; 837 scriptus in carta et littera bastardina; 839 in carta et littera bastardina = Paris. lat. 6408 (a. 1392); Piccolornini, app. II 7 « Un libro di chiesa, di lectere bastarde, coperto di velluto »; 24 « Terentio, di lectera bastarda ». Indicherà probabilmente, almeno in alcuni casi, il tipo di scrittura chiamato tuttora 'bastarda' (vd. Wehmer 230ss.). 1i t t e r a e f o r m a t a e : il termine è stato studiato dal Wehmer (p. 222SS.), di cui riassumo le conclusioni. Nel XIII sec. il verbo formo è usato anche col significato di 'scrivere calligraficamente " signiflcato che passa in alcune lingue romanze. Forma è il modello di scrittura seguito dal copista (Wattenbach 274), 'escripvain de forme' è chiamato in Francia lo scriba professionista (Wattenbach 1. Parecchi esempi di terminologia paleografica degli inventari nell'articolo del Casamassima cito a p. XVII. Uno spoglio dei termini riguardanti la scrittura di un inventario del XV sec. della biblioteca capitolare di Benevento in A. Campana, «Bullett. dell'Arch. Pai. lt.» n. s. 2-3, 1956-7, I p. 155 n. 4.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
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478). Il significato fondamentale del termine litterae Jòrmatae, che si evolve poi variamente, è dunque quello di 'scrittura accurata, calligrafica '. In Francia 'lettre formée' o 'lettre de forme' è il termine usuale per indicare la scrittura libraria, contrapposta alla notula e alla bastarda. In Italia si indica di preferenza con questo termine la rotunda o la littera Bononiensis. Esempi: inv. Visconti 802; 833; 835 = Paris. lat. 6069 I, sec. XIV, in gotica libraria italiana (vd. Martellotti, pref. a Petrarca viro ill., p. XXIV); 838 littera formata non bona; 844 = Paris. lat. 5840~ec. XIV, di origine italiana; 846 bona littera formata = Pariso lat. 6477, sec. XIV; 849; 850 in littera pulcerrima formata; 852; -855; 856; 860; 86r; 932, forse Paris. lat. 8045, sec. XIV; Pellegrin p. 22 «La littera formata est évidemment cette belle écriture calligraphiée ou lettre bolonaise que nous avons remarquée dans la plupart .cles manuscrits du XIVe siècle provenant de Pavie». Inv. Mansueti r litteris Jòrmatis et pulchris, quasi modernis (Perugia, Bibl. com. N. F. 22, sec. XIV); 2 litteris parvis, sed pulchris et formatis, quasi modernis; 230 litteris modernis et formatis et pulchris (scritto nel 1422, come .appare dalla soscrizione riprodotta nell'inventario); 281 litteris formatis modernis. La gotica libraria francese è distinta con littera formata Parisina in inv. Visconti 854; inv. Mansueti 4 litteris f'nagnis .et pulchris formatis Parisinis (codice scritto in Francia nel XIII sec., di proprietà privata); 5 litterismagnis Parisinis et pulchris formatis. :In -conclusione con questo ter~ne si indicano negli inventari scritture gotiche di carattere calligrafico (vd. anche Kaeppeli p. 33 n.· 2) 1. l i t t e r a e m o de r na e·: come si è detto (p. II6),' questo terininenacque nel sec. XIII per indicare la nuova scrittura che si .and.ava allora formando, la gotica, contrapposta alle litterae antiquae, la scrittura dell'età precedente, cioè la carolina (Casamassima 537ss.). Esempi: inv.Mansueti I litteris formatis et pulchris, quasimodernis (Perugia, Bibl. com. N .. F. 22, sec. XIV); 2 litteris parvis, "sed pulchris et formatis quasi modernis; 26 litteris modernis aliquantulum variatis; 48 litteris. fn'Odernis et bonis, que littere variariincipiunt paul<> post principium quinti libri; 49; 53; 54; 56; 58 (scritto nel 1449, come informa l'inventario stesso}; 63 litteris modernis... Liber tamen Persii est de littera antiqua; 74 (traduzione del Bruni dell'Etica di Aristotele)
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I. :Da st~mpa ';
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notàre che nell'inv. Mansueti Utterae Jormatae indica anche 'scrittura vd. p. 78.. '
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
litteris modernis quasi antiquis et bonis (probabilmente una gotica influenzata dall'umanistica); 85; 99 litteri" quasi modernis (Roma, Arch. di S. Maria sopra Minerva, senza segnatura, sec. XIII ex.); II5; II6; II8 litteris Parisinis quasi modernis; 120 litteris modernis et pulchris (Perugia, Bibl. com. 681 [I 75], sec. XIV); 121; 137 litteris modernis maxime in glosis; 145 litteris modernis, id est Italicis, et grossis; 148; 153; 181; 230 litteris modernis et formatis et pulchris (scritto nel 1422, come si ricava dall'inventario stesso); 236 litteris modernis et bonis (Perugia, Bibl. com. II73 [N 124], sec. XIV); 281 litteris formatis modernis; 304 litteris modernis, formatis et impressis per stampam in papiro (H *2352); 308litteris modernis, formatis et impressis per stampam in papiro (H 1254) ecc. (le litterae modernae sono le più frequenti in quest'inventario); Piccolomini, app. II 12 « Giovan Cassano, Collectione, di lectere moderne »; 13 « Maestro delle sententie, di lectera moderna l). Appare da questi esempi che nell'inv. Mansueti il termine litterae modernae è applicato alla scrittura di codici del XIV-XV sec. o di incunaboli; un codice della fine del sec. XIII è scritto litteris quasi modernis. Ci sono inoltre litterae Parisinae quasi modernae, litterae formatae modernae, litterae formatae quasi modernae e litterae modernae quasi antiquae; in 145 è stabilita un'identità fra litterae modernae e Italicae. Dunque per l'autore dell'inv. Mansueti il termine ha un significato abbastanza preciso e indica la gotica italiana del XIVXV sec. sia manoscritta che a stampa. l i t t e r a n o t a r i n a: questo termine, usato nell'inv. Visconti, indica secondo la Pellegrin (p. 22) una corsiva notariale: 618 Tullius de officiis in littera notarina = Paris. lat. 6353, sec. XIV-XV. in corsiva italiana; 773 = Paris. lat. 6830 H, sec. XIV, in corsiva come il 6353; 859 (contenente l'Amorosa visione e altri scritti che il Boccaccio donò al Petrarca; vd. Gius. Billanovich, in « Giorn. storo d. letto it. » 123, 1946, 34); 868; 915. l i t t e r a t e x t u a l i s: inv. Visconti 954 liber unus Biblie ... cum littera textuali ad colognellos = Paris. lat. 23, sec. XIV. Indica. secondo la Pellegrin (p. 22), una scrittura del testo più grossa e curata, contrapposta a quella delle glosse. Si confronti l'uso medievale di textus nello stesso significato (vd. p. 9). l i t t e r a e u l t r a m o n t a n a e : inv. Mansueti 8 litteris ultramontanis pulchris; 34 Sextus et Clementine, cum glosis in ordine textus post singula capitula, litteris ultramontanis aliquanto minoribus quam
SCRITTURA E DATAZIONE DEI COmCI
147
textus, sed eadem manu = Vat. lat. 8121 (a. 1444), in una gotica con influenze italiane: l'autore dell'inventario ha letto la soscrizione da cui si ricava che il codice è stato scritto in Francia; 46 litteris ultramontanis bonis (ms. del xv sec. in gotica corsiva libraria, come risulta da Kaeppeli ad loc.); 47 litteris ultramontanis bonis (Perugia, Bibl. com. 1049 [N Il, sec. XV; scrittura gotica grassetta, a due colonne); 50 litteris ultramontanis et pulchris; 109; II3 litteris ultramontanis, quasi modernis; 122; 128; 141 litteris bonis, sed parvis et ultramontanis; 146 litteris parvis ultramontanis; 149; ISO litteris parvis ulvamontanis; 178 ecc. C'è anche la varietà litterae ultramontanae cursivae: IO litteris ultramontanis cursivis; II litteris ultramontanis et cursivis; 12 litteris ultramontanis cursivis et bonis; IlO litteris cursivis ultramontanis et variatis. Queste espressioni indicano scrittura gotica non italiana. Con le espressioni l i t t e r a e d i v e r s a e o v a r i a e, v a r i a t a e l'inv. Mansueti nota cambiamenti di mano o di tipo di scrittura: 156 litteris diversis; 143 litteris variis (cf. anche 168, 190, 192, 198); 26 litteris modernis aliquantulum variatis; 3I litteris modernis variatis; 96 litteris variatis; 100 Lucanus poeta de bello Cesaris et Pompeii. .. litteris modernis et bonis. .. Hic liber habet multas glosas bonas et variantur littere ab octavo libro usque ad decimum et ultimum; 101 litteris variatis quasi per singulos tractatus (si trattava di un codice miscellaneo); 109 litteris ultramontanis usque ad commentum S. Thome, ubi sunt littere variate quasi moderne; IlO litteris cursivis ultramontanis et variatis; Il5 litteris modernis et magnis, sed variatis circa finem secundi libri; 127; 155; 160; 182 litteris bonis, sed variatis; 188 litteris cursivis ... Littere sunt variate in omni tractatu; 199 litteris bonis, continuatis usque ad finem tertii libri, postea variatis; 214 Logica Aristotelis ... Liber Posteriorum Aristotelis et,liber Elenchorum... litteris bonis, sed variatis in libro Posteriorum et sequenti; 241 litteris var;at;s et pro parte scriptis manu cuiusdam fratris Constantini de Nucera. DATAZIONE DEI CODICI
A)
POLIZIANO
Non è raro che gli umanisti, parlando di un codice, lo definiscano antiquus, vetustiss;mus, venerandae vetustatis o simili. Tra gli altri si distingue il Poliziano per la frequenza di queste indicazioni
IL LESSICO fILOLOGICO DEGLI UMANISTI
e per la più ricca gamma di aggettivi, tanto che il Sabbadini (Scop. I 169s.), sulla base dei codici identificati, poté tentare una sorta di cl~ssificazione
facendo corrispondere a determinati aggettivi determinati secoli. Poiché altri codici noti al Poliziano sono stati identificati dopo gli studi del Sabbadini e la mia ricerca mi ha portata a raccogliere un numero più ampio di esempi, mi sembra utile riprendere l'argomento. Raggruppo gli esempi secondo l'ordine cronologico dei codici identificati. S e c c. I V - V I : Terenzio Bembino (Vat. lat. 3226): sulla parte superiore di c. VIr di questo codice il Poliziano scrisse: O foelix nimium prior aetas! 1 Ego Angelus Politianus, homo vetustatis minime incuriosus, nullum aeque me vidisse ad hanc diem codicem antiquum fateor (Prete II). È definito vetustissimus codex e venerandae vetustatis codex nella collazione c. 18v e 66v (Maier 344); cf. anche Crinito, in Poliziano ep. 12, 22 (23) p. 410 in vetustissimo . .. Terentii codice. Virgilio .Romano (Vat. lat. 3867): (volulllen) mire vetustum (mise. I 71 p. 637); mire vetus (mise. I 77 p. 647); eodex antiquissimus (ep. 4, 9 p. 124). Pandette fiorentine: il Poliziano non usa mai per esse· aggettivi riferentisi all'antichità, ma dice più volte di ritenerle uno degli esemplari pubblicati da Giustiniano (vd. soprattutto ep. IO, 4 p. 3Ios. cito a p. 313). S e c. I X : New York Academy of Medicine I (già Phillipps 275), Apicio: vetusto ... exemplari (soscr. alla collazione, Maier 349). Vat. Urb. lat. II 46, Apicio: vetustissimo... codice (soscr. alla collazione, Maier 349). Ambros. L 85 sup., Columella: vetustissimus... liber (mise. I 35 p. 577); (exemplar) vetustum (collaz., Josephson 159); (exemplari) vetustissimo (collaz., Maier 355). S e c I X - X : Laur. 49, 9, Cic. fam.: libro pervetere (mise. I 18 p. 545); volumen antiquissimum (mise. I 25 p. 557); eodieem ... vetustissimum (mise. I 87 p. 671). S e c. X: Laur. 73, I, Celso 2: vetusto codice; antiquus ... liber Boeth. cons. 2 carm. S. I. Datato al sec. IX o X dal Rostagno; prima era generalmente attribuito al sec;. XII (A. Cornelii' Ce/si quae super51mt. ree. Fr. Marx, Lipsiae et Bcrolini 1915. I.
2.
xxv).
SCRI'lTURA E DATAZIONE DEI comCI
149
(soscr. dell'Uberti alla collazione eseguita per il Poliziano; Mai'er 345). Laur. S. Marco 257, Cic., opere filosofiche: antiquissimo . .. libro (mise. I 53 p. 606) 1. Laur. 29, 32, gromatici: librum ... vetustissimum (ep. I, 2 p. 4); libro . . ' vetusto (collaz. di Stato silv.; Marastoni LVIII). Vat. lat. 3294, Marziale: vetusto codice (mise. II 35, 5); in mise. I 23 p. 553 è ricordato senza alcW1 cenno alla sua antichità, ma va notato che al Pùliziano qui non interessava sottolinearla perché q~esto codice aveva la lezione da lui rifiutata. Riccard. 488, Plin. nato : codice... vetustissimo (mise. I 50 p. 599); vetustissimo ... exemplari (mise. I 57 p. 612); vetustissimo ... codice (mise. 161 p. 627); codice ... vetustissimo (mise. II 25, 3); nella collazione (Mai:er 35IS.) è detto vetustior rispetto al Paris. lat. 6798 (sec. XII) e al Laur. 82, 1-2 (sec. XIII) e eodex antiquissimus. S e c. X I : Laur. S. Marco 190 (sec. X ex.) e 343 (sec. XI). entrambi di Marziano Capella: libros... vetustissimos (mise. I 59 p. 626) 2. Neapol. IV A 3, Festo: sane quam vetustum, vetus eodex (mise. I 73 p. 64 1 ). Vat. lat. 3286, Giovenale: vetusto codice (mise. I 46 p. 595). Vat. lat. 1904, Svetonio: vetustissimus (ep. 7, 35 p. 228); antiquissimus (negli appW1ti su Svetonio del Monac. lat. 754, C. 216r; Branca - PastoreStocchi 157 n. 36). S e c. X I - X I I : Laur. 37, 13, Seno trag.: eodex . .. vetustus (mise. I I7 p. 544)'S e c. X I I: Oxford, Bodi. Auct. T. 1. 27 Paris. lat. 6798, Plin. nato 3: regius antiquus (collazione, Perosa nr. 7); vetustus ... eodex (mise. II II, 4). Guelferb. Gud. 224, Properzio (cod. Neapolitanus): vetusto codice (soscr. nell'incW1abolo Corsiniano, Mai'er 362). S e C. X I I I : Laur. 82,1-2, plin. nat.: nella collazione, c. 388r (Mai:er 352) è detto minus aliquanto vetus rispetto al Riccard. 488 del
+
L'identificazione è proposta dal Perosa (nr. 45). Per questa identificazione vd. Perosa nr. 38-39. _3. I membra disiecta di questo codice pliniano sono stati riuniti da R. W. Hunt, A Manuscript from the Librar)' oI Coluccio Salutati, in Cnlligraphy and Paleography. Essays presented to A. Fairbank, Cambtidge 1965, 75-79 e tav. 29;1.
2.
150
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
sec. X (antiquissimus); non aeque vetustus, sempre rispetto al Riccard., in mise. II 25, 3. S e c. X I V : Laur. 30, IO, Varrone, Catone, Vitruvio: semivetere codice (soscr. alla collazione, Mai:er 354) 1. Risulta in effetti possibile. come già aveva tentato il Sabbadini, stabilire con una certa approssimazione e ampiezza i limiti cronologici entro cui i termini si estendono, anche se naturalmente essi si sovrappongono in più punti e possono a volte essere usati genericamente. Espressioni come mire vetus, mire vetustus, venerandae vetustatis 2 sono riservate ai codici in capitale e in onciale dei secoli IV-VI (gli umanisti non distinguevano fra le due scritture, vd. p. 127). Come nota il Sabbadini, questi codici erano datati dal Poliziano all'ingrosso al VI sec., giacché egli riteneva che le Pandette fiorentine fossero uno degli esemplari pubblicati da Giustiniano. Con l'espressione mire vetus si allinea pervetus, usato per un codice del sec. IX-X, vetus per uno dell'XI e semivetus per uno del XIV. Quest'ultimo, in particolare, dà prova della precisione che il Poliziano intendeva mettere in queste indicazioni cronologiche. Ritengo probabile che anche i codici definiti mediae antiquitatis (vd. più oltre, p. 154) appartengano ai secoli XIII-XIV, ma nessuno di essi è stato identificato. Molto più vasto è l'ambito dell'aggettivo vetustissimus, che si riferisce a codici del IV o V secolo, in concorrenza con mire vetus, ma più spesso a codici dal IX all'XI secolo. L'aggettivo vetustus ha qualche volta un uso piuttosto generico in quanto si parla di codices vetusti per indicare collettivamente più codici antichi d'età diverse; all'infuori di questi casi esso serve ad indicare codici dei secco IX-X in concorrenza con vetustissimus (mai codici più antichi) e discende più in basso a comprendere anche codici del XII. Analogo al rapporto vetustissimus - vetustus pare quello tra antiquissimus e antiquus, riferendosi antiquissimus a codici dei secoli V-VI e IX-XI, antiquus a codici dei secoli X e XII. Credo che il Poliziano abbia usato antiquus e antiquissimus come equivalenti di vetustus e vetustissimus L Anche il Vettori lo definisce semivetus (M. Porci Catonis De agri cultura. ed. A. Mazzarino, Lipsiae 1962. XXXII n. 3). 2. Di ispirazione gelliana: cf. GelI. 2, 3. 5 librum Aeneidos secundum mirandae vetustatis; 9, 14, 26 in Iugurtha Sal1ustii summae fidei et reverendae vetustatis libro; 18, S. I I librum summae atque reverendae vetustatis.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
151
che peraltro preferiva (dalle mie schede risultano 29 esempi di vetustissimus contro 8 di antiquissimus e 26 di vetustus contro 6 di antiquus). Nello specchietto che segue ho cercato di rendere visivamente r ambito in cui si estende ciascuno dei termini considerati: i numeri arabi indicano, per ciascun secolo, i codici qualificati coi singoli aggettivi.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Faccio seguire Wl elenco di codici perduti o non ancora identificati sui· quali il Poliziano ha dato indicazioni cronologiche. Manilio, codice di Pietro Leoni (Sabbadini, Scop. I 154s.): « libro che io per me non ne viddi mai più antiqui» (Prose 78s.). Ri-. cordato anche nel diario odeporico-bibliografico (Monac. lat. 807.. c. 53r; Maier 212) e in mise. Il 21, 6 dove è detto genericamente vetustum in opposizione a Wl altro codice recente di Manilio e antiquissi- (cancellato; vd. p. 157). Le parole di Prose 78 hanno fattopensare al Sabbadini (Scop. I 170) che questo codice fosse in capi-o tale o comWlque anteriore al sec. IX. Catone e Varrone, eodex Florentinus: venerandae vetustatis exem-· plari (mise. I 35 p. 576); vetustissimo codice (soscr. alla collazione di Varrone, Mai'er 354) 1. V e t u s t i s s i m u s, a n t i q u i s s i m u s: Adamanzio Mar-· tirio, de b muta et v vocali: il Poliziano lo trascrisse nel Monac. lat.. 766 ex antiquissimo codice (Mai:er 210). Macrobio, codice di Bernardo· Michelozzi: definito vetustissimus in mise. I 61 p. 628. Marziale:: dei molti codici antichi visti dal Poliziano e per noi perduti due sonovetustissimi: il primo è un codice di S. Marco Langobardis literis, usato anche dal Calderini e qualificato vetustissimus entrambe le: volte che viene nominato (mise. I 23 p. 552 e ep. 7, 35 p. 228s.). Secondo il Lindsay (Martialis epigrammata, Oxonii 19292, pref. p. 8. non numerata) potrebbe anche essere l'archetipo (BA) della sua se-o conda famiglia di codici. Il secondo è un codice che il Polizianoconsultò a Verona presso Bernardino Messanelo nipote dei Calderini e che proveniva fo~se da Bobbio (Perosa nr. 18); era Wl fram-· mento (pagellas quaspiam) ed è qualificato antiquissimus (mise. I 2] p. 553). Orazio: mise. I IO p. 532 quin apud Horatium quoque in Epo-. dis (17, 56) ita legendum existimamus:- « inultus ut tu riseris Cotyttia )}.. non, ut plerique eodiees, • Coeytia '. Et in vetustissimo libro qui sit (?) Georgii Antonii Vespuecii FIorentini. .. voeabulum id antepenultima syllaba t retinet, non c, vestigium, arbitror, unum adhue integrum verae in-o tegraeque leetionis: la maggioranza dei codici ha la lezione eoeytitl' e a quanto pare il solo y'(Paris. lat. 7975, sec. XI) legge eotycia. Quin-· tiliano: il Poliziano collazionò un codice vetustissimus et saepius intercisus (Mai'er 345). Svetonio: misc. I 97 p. 690 utroque vetustioI. Il Vettori lo definisce antiquissimum, optimum et antiquissimum, pervetustunf' vo!umen, vetustissimum fidelissimumque (Cat. de agr., ed. Mazzarilio cit., XXXII)~
SCRITTURA·E DATAZIONE DEI CODICI
rem (più antico di due codici svetoniani qualificati veteres) quem. nunc ipsi domestieum possidemus; lo stesso codice è detto antiquissimus negli appWlti su Svetonio del Monac. .lat. 754, c. 216r (BrancaPastore Stocchi 157 n. 36). p e r v e t u s, s a n e q u a m v e t u s t u s: Pelagonio: il Poliziano fece trascrivere l'Ars veterinaria nel Riccard. II79 de codie~ sanequam vetusto, secondo quanto afferma nella soscrizione (Maier 347). Secondo l'Ihm (Pelagonii Artis veterinariae quae extant, Lipsiae 1892, lS.) l'antigrafo del Riccard. doveva essere assai antico: fra l'altro, Wla parte del cap. IV, omessa dal copista, fu aggiunta a margin.e dal Poliziano in lettere pressappoco onciali ed anche altri indizi confermerebbero che l'archetipo era in una scrittura più antica del sec. IX, forse dei secco VII-VIII. Si noti però che un altrocodice qualificato dal Poliziano sane quam vetustus, il Festo Farnesiano, è del sec. XI. Seneca: misc. I 77 p. 647 in Senecae epistolarum libro pervetere cuius mihi copiam fecit Nieolaus Micheloetius 1. Valerio FIacco: misc. I 5 p. 519 codicem proxime nobis Argonautieon' Valerii Flacci perveterem Taddaeus Ugoletus ... ostendit, equo fluxisse opinor et caeteros qui sunt in manibus; 89 p. 673 in vetustissimo codice' de quo reliqui jluxere 2. V e t u s, a n t i q u u s : Persio: misc. I 44 p. 592 (vd. p. 210). Plauto: un eodex antiquus vaticano cita il Poliziano in mise. II 23, 9s. (Manupretium)3: quod in Menaechmis (v.. 544) [est] erat «fiat, cedo aurum; ego manupretium dabo », pro eo [su sub] subd[iderunt]itum est «ego manus prius dabo ». Astipulantur nostrae leetioni [codice.s] codex antiquus in Vaticana [altera] interiore bibliotheca et item ecc. (Branca-Pastore Stocchi 154). Branca e Pastore Stocchi (p. 158 n. 39) non propongono identifica-
I.
Potrebbe trattarsi del Laur. 76, 40, sec. lX-X?
2. L'identificazione di questo codice col Vat. lat. 3277 (sec. IX), proposta dal Sabbadini e generalmente accettata, è stata dimostrata erronea daU'EhIers
(p.
102SS.),
secondo il quale il Pol,iziano avrebbe visto l'antigrafo antico del Laur.
39, 38 (codice del Niccoli), che sarebbe realmente il capostipite di tutti gli altri
manoscritti. Ciò è confermato ora dalla II centuria (cap. II), ove il Poliziano· dice che il codice antico mostratogli dall'Ugoleto presentava nei margini note di mano del Niccoli, il quale ne aveva tratto copia, e che aveva 25 righe a pagina (il Vat. ne ha 19-23, EhIers 18). Su tutto questo vd. ora V. Branca, in Venezia e Ungheria nel Rinascimento, Atti del, Convegno II-14 giugno 1970~ Firenze 1973, 3475S:, che ho potuto vedere in bozze per cortesia dell'autore. 3. Fra parentesi quadre le parole cancellate;
154
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
zioni. Forse questo codice è tutt'uno col Plautino codice citato a nobis della I centuria (66 p. 633), di cui il Poliziano si vale per emendare
most. 830 1: in Mustelaria Plauti locus est mendose scriptus plerisque codicibus ad hunc sane modum: «Viden ornamenta in foribus? Video. Specta qua arte dormiunt. Dormiunt? Ille quidem ut convenit volui dicere •. Sed cum de his neque sensus eliciatur ullus et festivum Plauti dictum vitio librariorum pereat, faciam, ut arbitror, operaeprecium si scripturam incolumem de Plautino codice citato a nobis iterum reposuero. Est autem prorsus haec: «Viden coagmenta in foribus? Video. Specta qua arte dormiunt. Dormiunt? Illud quidem, ut connivent volui dicere». Faccio notare che sia la Mostellaria che i Menechmi sono del numero delle dodici commedie venute alla luce colla scoperta dell'Orsiniano, che era quindi, per queste commedie, l'unico codice antico noto agli umanisti; ma Branca e Pastore Stocchi escludono che il codex antiquus della II centuria sia l'Orsiniano che non è entrato in Vaticana che ai primi del cinquecento 2. L'Orsiniano ha in Men. 544 manu pcium, in most. 830 contuent corretto da conivent. C'è dunque nel secondo passo una divergenza dalla lezione citata dal Poliziano. Vitruvio: un codex vetus Nicolai Tegrimi è menzionato in mise. II 31 , 3. m e d i a e a n t i q u i t a t i s, s e m i v e t u s : Cic. off.: il Poliziano aveva avuto in prestito un codice mediae fere antiquitatis per opera del bolognese Andrea Magnanimo; si imbatté poi in librum .
non veterem admodum, sed omnino apud saeculum forte prius scriptum , qui scilicet publice in Sanctae Crucis bibliotheca servatur (mise. II 14, 6). Marziale: un codice mediae antiquitatis il Poliziano aveva visto in Vaticana: mise. I 23 p. 553 in eo (se. exemplari) quod Romae, in Palatina bibliotheca mediae antiquitatis; mise. II IO, 7 qui mediae forte antiquitatis in bibliotheca Palatina est; in mise. II 35, 5 lo definisce vetus, ma poi cancella: [in vetere] in alio (se. codice) quem Vaticana [Romae] bibliotheca [retinet] habet (i due passi della II centuria sono citati in Branca-Pastore Stocchi 154); Pandolfo Rucellai gli aveva prestato un codice semiveterem (mise. 123 p. 553). Ovidio: il Poliziano collazionò due manoscritti, uno più antico (vetustior), appartenente alla bibliol. Si noti che nessun codice di Plauto è citato altrove nella l centuria e quindi quel citato a nobis sarà una svista del Poliziano. 2. ti Plauto Orsiniano appartenne alla biblioteca di S. Pietro ed entrò nella Vaticana sotto Leone X; vd. G. Mercati, Codici latini Pico Grimani Pio, Città del Vaticano 1938 (Studi e testi 75), 144. 156, 157, 166 e n. 2, 288.
SCRITTURA E DATAZIONE DEI CODICI
155
teca di S. Marco, uno non perinde vetustus e mediae vetustatis della Medicea privata (soscrizioni alla collazione, Maier 351). In ep. 7, 35 p. 229 il Poliziano, a sostegno della lezione culcita in sat. 5, 17, cita Iuvenalis codice pervetere quem doctissimus prineeps ac dux Urbinatium Guido de pulcherrima sua librorum supellectile prompserit. Secondo il Campana (Contributi 214 n. 5) questo codice è da identificare con uno dei due Giovenali antichi, Urbe lat. 342 e 661, ma non si può dire con quale dei due, dato che entrambi hanno la lezione culcita. Il primo dei due codici, più bello, è del sec. IX; il secondo è 1oll1 po' più recente (è attribuito al sec. XI dagli editori di Giovenale). lo propenderei più verso il primo, perché al codice più antico meglio si adatta l'aggettivo pervetus, che, come abbiamo visto, è usato per codici dei secoli IX-X; inoltre un codice più elegante meglio giustifica l'accenno alla pulcherrima librorum supellex. Non si può fare a meno di accennare qui a un problema molto dibattuto e strettamente connesso con l'argomento della nostra trattazione, in quanto, almeno secondo alcune delle soluzioni proposte, il Poliziano avrebbe definito antiquus e vetustissimus un codice del XV sec. Si tratta della questione suscitata dalle note di collazione nell'esemplare corsiniano delle Silvae di Stazio: su di essa un'ampia bibliografia in Traglia 60S., note; altra bibliografia nella più recente trattazione di M. Pastore Stocchi (cit. a p. xx), che si avvale delle nuove testimonianze desumibili dalla II centuria dei Miscellanea 1. Mi limiterò a pochi cenni essenziali. Nell'esemplare della biblioteca Corsiniana (50 F 37) dell'edizione di Catullo, Tibullo, Properzio e Stazio silv., Venezia 1472 (H *4758), il Poliziano collazionò le Silvae con un codice che viene così descritto nella soscrizione I. Si aggiunga inoltre: E. Courtney. On the Silvae of Statius. «Bul!. Inst. Class. Stud. & 13, 1966, 94-100, che fa una rassegna critica delle opinioni precedenti e ritiene che il codice visto dal Poliziano fosse antico; accoglie la spiegazione del Postgate per la corruttela di si/v. I, 4, 86a e reca a conferma una corruttela analoga in Valerio Fiacco; A. J. Dunston. What Politian Saw: Statius, Silvae 1, 4, 88, «Bul!. Inst. Class. Stud. » 14, 1967, 96-101 e tav. IX (riproduzione di Matr. 3678, c. 7IV e II4r). che critica alcune affermazioni del Courtney e propende per l'ipotesi che il Poliziano abbia collazionato M, ma sottolinea come per la soluzione del problema manchino ancora due elementi essenziali: un'esatta conoscenza delle note del Corsiniano (egli dimostta l'incompletezza del più recente apparato delle Si/vae, quello del Marastoni) e uno studio della terminologia filologica del Poliziano. Non si pronuncia L. Hakanson. Statius' SiIvae. CriticaI and Exegeticai Remarks with Some Notes on the Thebaid, Lund1969. I4S.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
(Maler 362): Incidi in exemplar Statii Sylvarum quod ex Gallia Poggius Gallica scriptum manu in Italiam attulerat, a quo videlicet uno, licet mendoso depravatoque et, ut arbitror, etiam dimidiato, reliqui omnes codices qui sunt in manibus emanarunt. Quare cautio mihi fuit ne quid in corrigendo hoc nostro ab illo mutarem ne nimia, ut adsolet, diligentia aut mihi aut ceteris studiosis noceret. Le lezioni di questo codice sono spesso contraddistinte con le sigle Pog(gianus) o in an(tiquo); inoltre in due note 1 il codice viene qualificato vetustus e vetustissimus. Alla scoperta di Poggio si accenna anche nel preambolo alla tumultuaria: commentatio sulle Silvae, frutto del corso tenuto dal Poliziano nello Studio fiorentino nell'anno accademico 1480-81 e contenuta nel Magliab. VII 973 (Marastoni LXXXIV; Pastore Stocchi 60): latuere· autem hi libelli multos annos ad nostram usque memoriam atque et Poggio viro doctissimo e Germania in Italiam tralati sunt, mendosi quidem ac mutilati et, ut verius dicam, dimidiati, sed quorum tamen summum operae pretium constiterit. Esse autem dimidiatum quod supersit Sylvarum volumen, ve! uno Sidonii testimonio intelligimus, qui dum aliquot singulanmt Sylvarum titulos enumerat, etiam de Flavii Fannii Cumis meminit, qui libellus interciderit. Questo passo, anteriore alla soscrizione del Corsiniano, permette di comprendere perché il Poliziano· giudicasse dimidiatus il libro Poggiano (cf. p. 239). Poggio scoperse nel 1417 in un monastero imprecisato dell'Europa centro-occidentale Silio Italico, Stazio e, in un codice diverso, Manilio: li fece trascrivere in un unico codice da un indotto scriba d'oltralpe e spedì la copia al Barbaro, raccomandandogli di farla trascrivere da un uomo dotto ed inviarla poi al Niccoli 2. L'apografo spedito al Barbaro (il capostipite di tutti i manoscritti esistenti) è stato identificato nel Matrit. 3678 già M 3 I (M), che contiene Manilio e le Silvae e da cui si è staccata la parte che conteneva Silio· Italico. Il problema che si· sono posto gli editori di Stazio è: in che rapporto sono le note di collazione del Poliziano (A*) con M?' Esse presentano con M una stretta affinità, ma anche delle divergenze. Due sono le principali soluzioni proposte e a lungo dibattute con I. Silv. I, 4, 86a hic versus deest in libro vetustissimo Poggi qui e Germania in Italiam est relatus; 5, 5, 24-27 codex vetustus intercisos habet hos versus. Le diverse indicazioni sulla provenienza del codice (Germania-Francia) vengono generalmente spiegate col fatto che il codice era stato trovato in Svizzera.. 2. Si veda la lettera di Poggio al Barbaro, pubblicata per la prima volta dar Clark, «class. Rev. & 13, 1899, 125 e riprodotta più volte, ad "es. in Klotz p. v.
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vari argomenti: I) il codice che il Poliziano ha usato è M, che corrisponde assai bene alle notizie date nella soscrizione al Corsiniano; le divergenze sono da spiegare come errori, trascuratezza o congetture del collazionatore; le note del Poliziano hanno quindi lo stesso valore di un codex descriptus e sono da eliminare dall'apparato; 2) il Poliziano ebbe proprio l'antigrafo antico di M (n), che Poggio in un secondo tempo avrebbe portato con sé in Italia; in tal caso le sue note si affiancano ad M come testimonianza diretta del codice antico. Entrambe le soluzioni presentano difficoltà notevoli: con la prima si accusa il Poliziano quanto meno di gravi trascuratezze nel collazionare, se non di malafede, e resta inspiegabile come mai nelle note sia definito antico un codice del XV secolo, essendo escluso .che il Poliziano potesse ingannarsi o volesse ingannare. Con la seconda si è costretti a ricorrere alla romanzesca ipotesi che Poggio abbia portato in Italia in un secondo tempo il codice antico; inoltre sorprende non trovare nessun accenno all'antichità del codice nella . . ' soscnZlone. Ma l'ipotesi del codice antico può ormai essere definitivamente accantonata alla luce delle nuove testimonianze della seconda centuria 1 : ,misc. II 49, 4s. verum Poggianus liber, quem viderat etiam ante 110S idem Domitius, mendosus ille quidem [et Gallicanis litteris descriptus] utpote Gallicani cuiusdam indocti hominis manu [per descriptus] descriptus, sed ex antiquo, ut arbitror - ita certe vestigia multa indicant merae vetustatis- [et] a quo uno tamen cetera quae usquam sunt exemplaria enianaverunt? i'S {gitur Poggianus liber sic habet: « et tua mitis I ora TaranSl> (si/v: I; I, 102S.); quod ego' Taras' puto legendum potius (Pastore Stocchi 62); II 21, 6 sed ego [du,?s duos olim nactus] nactus duos [nactus] Matllianos codices, mendosum utrumque, sed in quibus rectae lectionis vestigia supersint, [alterum vetustum cuius mihi Petrus Leo Paiavii co 2 Spoletinus, medicus nostra aetate celeberrimus, olim Patavii Patavii fecit partem; praetereaque librum ipsum alterum vero illum Poggianum qui primus in Italiamfuit al1atus, invenio sic] Poggianum, qui primus [Italiae in] in Italiam al1atus, et quem mihi Petrus Leo Spoletinus [antiquissij medicus [eius] hac aetat[is]e celeberrimus Patavii ostendit, videor denique propemodum col1egisse quotiam pacto sit hic versiculus emendandus (Pastore Stocchi 64). I.
2.
Fra parentesi quadre le parole cancellate. Evidentemente aveva cominciato a scrivere copiam fecit.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Come si vede, il Poliziano afferma esplicitamente che il codice era non antico, ma descriptus ex antiquo :: veniamo inoltre a sapere che nei codice Poggiano del Poliziano era contenuto anche Manilio, proprio come in M: mentre par certo che Manilio sia stato trovato in un codice diverso da quello che conteneva Silio e Stazio (Klotz LXXVI) e quindi, se il Poliziano avesse avuto il codice antico, non vi avrebbe trovato anche Manilio (Pastore Stocchi 63SS.). Da ciò il Pastore Stocchi crede di poter concludere con certezza che il Poliziano collazionò M. Ma, a parte le altre divergenze tra A ed M (acutamente messe in rilievo in Traglia, art. cito a p. XXIII), resta sempre quello che già il Klotz 1 aveva giudicato un ostacolo insormontabile all'identificazione di M col codice usato dal Poliziano, cioè la nota a l, 4, 86a: hic versus deest in libro vetustissimo Poggi qui' e Germania in Italiam est relatus, dove il Poliziano afferma la mano canza di un verso che si legge in M 2. Ma è necessario esaminare il verso nel contesto staziano: Libyci quid mira tributi obsequia et missum media de pace triumphum laudem et opes? tantas nec qui mandaverat ausus 85 expectare fuit gaudet Thrasymennus et Alpes 86 attollam cantu: gaudet Thrasymennus et AIpes 86a Cannensesque animae Secondo il Pastore Stocchi relatus indicherebbe non un trasporto materiale del codice in Italia, ma una diffusione tramite apografi (la stessa interpretazione era stata proposta già dal Traglia, p. 71 s.); il Poliziano, avendo di fronte a sé M, avrebbe fatto una congettura, supponendo che nell'antigrafo antico mancasse un verso « che nella forma a~testata da M l:;li poteva apparire quale interpolazione recente l} (Pastore Stocchi 70). Questa spiegazione artificiosa non convince: difficilmente il Poliziano avrebbe potuto giudicare interpolato un verso simile e comunque si sarebbe espresso in maniera diversa (hunc versum puto deesse ... o simili). Spiegare il verso 86a come l. Pref. alla prima edizione delle Si/vae (Lipsiae 1899), riprodotta nella seconda, p. LXXI. Cambiò poi idea, ritenendo che il Poliziano si fosse sbagliato
(p.
LXXXIX).
2. Non sussiste invece, secondo me, un'altra difficoltà che ha dato molto da fare a quanti si sono occupati della questione, cioè la nota a S, S, 24-27 (vd. più oltre, p. 241).
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un'interpolazione (secondo il Phillimore sarebbe Wl verso « ex glossa atque dittographia conflatus l); vd. la sua ediz. Oxonii 19172, xvm) sembra difficile 1. Mi pare indubbio che abbia ragione il Klotz, secondo cui siamo qui di fronte a Wl tipo di errore non infrequente 2 per cui il copista, scritta la prima metà del verso, corre coll'occhio al verso successivo trascrivendone la seconda parte. Avremmo così un'ulteriore prova che il Poliziano non aveva di fronte l'antigrafo antico di M. Se in esso il verso fosse mancato non si spiegherebbe l'origine della corruzione di M: nel codice antico il Poliziano avrebbe trovato o la ~tessa corruzione o il secondo emistichio di 86a per noi perduto. Viceversa, una volta avvenuta la corruzione, il verso poteva facilmente essere omesso per omoteleuto e in effetti manca in a1cWli degli apografi di M (Klotz LXXI). In conclusione mi sembra che l'ipotesi più accettabile sia quella, affacciata dal Klotz, l. c., che il Poliziano avesse di fronte un apografo di M e per qualche motivo fosse stato indotto a pensare di aver trovato proprio l'esemplare portato da Poggio in Italia 3. Si noti che in M, almeno così come ora l'abbiamo, non c'è nessun segno evidente della sua appartenenza a Poggio e infatti si è discusso se fosse o no l'esemplare poggiano 4. lo sono certa che il Poliziano, per affermare così risolutamente di aver trovato l'esemplare poggiano, doveva essersi imbattuto in Wl codice che recasse una soscrizione del genere di quelle che hanno altre opere scoperte da Poggio, in cui l'umanista, spesso con tono solenne, dà notizia della sua scoperta 5; di una soscrizione 1. Il Traglia (p. 71) fa notare che attollam cantu è un'espressione di carattere staziano. 2. AIClUli altri esempi di simili errori in KIotz LXXJWIU; vd. anche Courtlley, «Bull. Inst. Class. Stud. & 13, 1966, 96. 3. Il Traglia (p. 75S.) ritiene che, essendo le lezioni di A* spesso superiori a quelle di M, è più facile spiegare queste come corruzioni di quelle che non il contrario. Quindi pensa che A* ed M siano collaterali e discendano entrambi da un codice perduto a. : a. e non M sarebbe stato l'apografo spedito da Poggio al Barbaro; vd. anche, dello stesso autore, Appunti per una nuova edizione delle Selve di Stazio, in « Bollett. del Com. per la preparazione dell'ediz. naz. dei class. & n. s. 8, 1960, 29-45. 4. Bibliografia su questa controversia in Pastore Stocchi 47 n. 14. 5. Soscr. a Valerio Fiacco e Asconio Pediano nel Matr. 8514 (già X 81; KIotz XLvm): C. Valeri Flacci Argonauticon. Hoc fragmentum repertum est in monasterio Sancti Galli prope Constantiam XX milibus passuum una (Um parte Q. Asconii Pediatli. Deus concedat alteri ut utrumque 0pus reperiat perfectum. Nos quod potuimus egimus.
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simile c'è forse un'eco nelle parole stesse del Poliziano 1. Non si può escludere che il Matr. in qualche foglio per noi perduto 2 recasse qualche nota del tipo di quelle citate 3; simili soscrizioni passavano poi facilmente negli apografi 4. Oppure potrebbe darsi che nella copia frettolosa dello scriba indotto Poggio non avesse apposto nessuna soscrizione e l'avesse apposta poi lui stesso o il Barbaro o il Niccoli a una copia eseguita più riposatamente. Come mai il Poliziano nelle note del Corsiniano chiama antiquus, vetustus, vetustissirnus un codice di cui nella seconda centuria dice esplicitamente che era un recente descriptus ex antiquo? Non resta che accontentarsi della spiegazione del Traglia (p. 72) e del Pastore Stocchi (p. 67ss.), anche se essa lascia tuttavia un po' perplessi. Il Poliziano
Poggius Florentinus; soscr. a Cic. pro Caec. (Vat. lat. II458, c. 49V; tra parentesi quadre le parole cancellate da Poggio nell'atto stesso di scrivere): Ranc orationem antea culpa temporum deperditam Poggius Latinis viris restituit et in ltaliam reduxit &/11 eam diligentia sua in Gallia [Iatent] reelusam in silvis [inter Ari] Lingonum adillvenisset conscripsissetque ad TuIli memoriam et doctorum hominum utilitatem; soscr. alle altre sette orazioni di Cicerone da lui scoperte, ibid. c. 94r: has septem M. Tullii ~ratiolles, que antea culpa temporum apud ltalos deperdite erant, Poggius Florentinus, perquisitis plurimis Gallie Germanicque [biblyotheci] summo cum studio ac diligentia hiblyothecis, cum latentes comperisset in squalore et sordibus, in lucem solus extulit ac in piistinam digllitatem decoremque restituetls Latinis musis dicavit (M. Tuili Ciceronis In L. Calpurnium Pisonem oratio, ed. with Text, Introd. and Comm. by R. G. M. Nisbet, Oxford 1961, xxv); soscr. a Quintiliano (nota da un apografo, l'Urb. lat. 327; Sabbadini, Storia 285): Scripsit Poggius Florentinus lumc librum Constantie diebus LIIII sede apostolica vacante. Reperimus vero eum in biblyotheca mOllasterjj .Sancti Galli, quo plures litterarum stl4diosi perquirendorum librorum causa accessimus j ex quo plurimum utilitatis eloquentie studiis comparatum putamus, C1lm antea Quintilianum neque integrum Ileque nisi lacerum et truncum pluriblls locis haberemuso - Rec verba ex originali Poggii sumpta. I. Ad es. un'espressione come perquisitis plurimis Gallie Germanieque biblyothecis (cf. nota precedente) può essere all'origine dell'oscillazione Francia-Germania nelle notizie date dal Poliziano sulla località della scoperta. 2. Dal codice si è staccata la parte contenente i Punica che, come ha dimostrato il Thielscher, «philol. » 66, 1907, 87ss. si trovava all'inizio; manca inoltre il primo foglio di Manilio, che attualmente precede le Silvae, ma poteva originariamente essere collocato anche dopo, secondo l'ordine in cui le opere sono citate nella lettera di Poggio. 3. Alla fine delle Silvae c'è la soscrizione del copista: finis adest vere, precium vult scriptor hebere (sic) (Marastoni VIII). 4. Ad es. le soscrizioni alle orazioni di Cicerone erano note dagli apografi anche prima della scoperta dell'autografo di Poggio.
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intenderebbe riferirsi con quegli epiteti non al codice del xv sec. che ha davanti, ma all'antigrafo antico di esso, a cui riteneva di poter risalire, dato che, come dice egli stesso, l'esemplare poggiano serbava vestigia multa. o. merae vetustatis. Su questi vestigia, anche se non aveva altri elementi, il Poliziano poteva fondare la convinzione che il codice scoperto da Poggio fosse vetustissimus. Altri casi in cui il nostro, senza averlo mai visto, definisce vetustissimus 1'esemplare di un codice recente di cui dispone, non mancano: in mise. I 41 p. 589 affarma che un codice di Gellio (Naz. Conv. soppr. I IV 26, già S. Marco 329) 1 fu copiato dal Niccoli ex vetustissimo exemplari; il eodex Nieoli di Columella, per noi perduto, secondo quanto si afferma in mise. I 35 e nella soscrizione alla collazione (Maier 355), era descriptus ex vetusto. o. codice; ma non sembra, almeno per quel che si ricava dallo studio del Josephson cito a p. XVIII, che il Poliziano nella collazione indichi senz'altro con in ant(iquo) o simili espre.ssioni le varianti del codice del Niccoli, come invece avrebbe fatto nella collazione del Corsiniano. Concludendo, mi sembra che, nonostante i molti tentativi fatti e l'enorme bibliografia accumulatasi sul!'argomento, la collazione del Corsiniano resti ancora un problema aperto; nessuna delle soluzioni proposte risolve pienamente tutte le difficoltà 2. Dallo studio e dalla collazione dei eodices vetusti prende le mosse 1'attività filologica del Poliziano: ai vetusti sono contrapposti i codices novi, che sono evidentemente i codici del XV sec., giacché un codice del XIV per il Poliziano è semivetus (vd. p. 150; in mise. IJ 14, 6 scrive: in librum incidi non veterem admodum, sed omnino apud saeculum forte prius scriptum). In mise. I 24 p. 555 (Plin. nato 22, 88) il Poliziano attribuisce ai novi codices la lezione Recate: la lezione più vicina nell'apparato del Mayhoff (Lipsiae 1897) è Reeatae, che si trova nelle antiche edizioni (ma non si può escludere che compaia anche in manoscritti). Nella solenne dichiarazione hoc enim nobis emendandi novos codices institutum placuit ecc. apposta alla collazione di Catone e Varrone (vd. p. 162 n. I) i novi eodiees sono gli esemplari su cui il Poliziano esegue le sue collazioni, incunaboli per lo più (e un incunabolo è anche quello su cui è scritta Io Non Magliab. 329 come lo chiamano erroneamente gli editori di Gellio. Su questo codice del Niccoli vd. Ullman, Origin 66. 2. Vd. anche appendice, p. I 67S.
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questa nota), ma anche manoscritti (ad es. quello su cui il Poliziano ha eseguito la collazione di Apicio, vo. Maier 348s.). Certo è chefra i novi codices sono inclusi anche i libri a stampa: ep. 5, 1 p. 131 excusores isti novorum librorum Teutones. Anzi in misc. II 14, 4 nel get-tar giù la frase il Poliziano aveva scritto e poi cancellato non veterem admodum, seà manu calamo tran manu scriptum. Il sed può far pensareche codices novi possa esser espressione specifica per indicare i libri a stampa. Il problema è parallelo a quello posto da codices vulgati e infatti l'espressione codices novi ha nel discorso filologico del Poliziano funzione analoga (vd. p. 72S.). Penso che alla questione sia da dare la stessa risposta già data per codices vulgati: è probabile che in effetti quelli che il Poliziano chiama novi siano per lo più incunaboli, data la già larga diffusione della stampa, ma non è da vedere nell'uso di questa espressione un'esigenza di distinzione fra stampe e manoscritti che il Poliziano e in genere i filologi del quat-trocento non avvertivano. Di fronte ai codices novi il Poliziano ha un atteggiamento di diffidenza non dissimile da quello dei moderni verso i recentiores. I motivi di questa diffidenza sono esposti in misc. I 57 p. 612: hoc inilIo vetustissimo Pliniano exemplari... pene legitur emendate, videlicetuna tantum commutata litera, qualia multa in vetustis omnibus voluminibus interpolata vocabula. Nam, cum ipsa quoque mendosissima plerisque sint locis, vestigia tamen adhuc servant haud obscura verae inda-gandae leetionis, quae de novis codicibus ab improbis librariis prorsus obliterantur: cioè nei codici recenti è più facile che i copisti abbianoobliterato anche quelle poche tracce dell'esatta lezione preservateinvece nelle pur corrotte lezioni dei codici antichi. Quest'affermazione va illustrata con quel che il Poliziano ripete più volte nelle soscrizioni a collazioni o copie di manoscritti antichi 1: che egli S05cr. a Catone e Varrone, a. 1482 (Maier 354) hoc enim nobis emendandt codices institutum placuit ne quid ex nostro temere adiceremus neu quid omitteremus,_ quod in antiquioribus exemplaribus invenissemus. Quod si hoc priores librarii institututll" probassent, non tantum profecto negocii laborisque posteris reliquissent. sicubi ergo no-strum adhibimus iudicium, relictis tamen antiquae lectionis vestigiis aliquibus, suum cui-que liberum reliquimus; a Pelagonio, a. 1485 (Maier 347; vd. più oltre, p. 177S.); alle Silvae di Stazio (Mai"er 362: non datata; il Pastore Stocchi, p. 625 e 66, la_ colloca dopo il 1481, probabilmente fra il 1489-90 e il 1493) cautio mihi fuit ne quid itl corrigendo hoc nostro ab illo mutarem, ne nimia, ut adsolet, diligentia aut mihi autceteris studiosis noceret. Quem si modum tenerent ceteri librorum emendatores telluisscntquelo
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cioè ha avuto cura di conservare anche le lezioni palesemente errate senza osar mai di far intervenire il suo giudizio, e se altrettanto avessero fatto in passato i copisti e i correttori, avremmo oggi codici molto meno corrotti. È evidente che egli attribuisce allo sforzo di dare ad ogni costo un senso ai passi corrotti 1'origine degli errori più gravi e difficili a sanare 1. Tuttavia (recentiores non deteriores) il Poliziano non sdegna di servirsi anche di codices novi quando essi gli appaiono autorevoli: in mise. I 41 si vale di un codice di Gellio trascritto ex vetustissim& exemplari dal Niccoli, di cui loda la fedeltà al modello nel trascrivere 2; per il testo di Columella collazionò non, solo un codice antico, ma anche un codex Nicoli descriptus ex vetusto codice (Maier
priores, minus multo laboris in hac re quam nunc habemus haberemus; cf. anche l~ soscrizioni citt. a p. 261S. L Un'analoga diffidenza per questo tipo di correzioni mostra il Merula. pref. a Marziale cito a p. 289s. e a Plauto cito a p. 314. La predilezione del Poliziano per i codici antichi era stata notata già dai contemporanei, come testimonia un passo di una lettera di Matteo Bosso cito dal Dionisotti,« It. med. e Wll. ~ II, 1968, 185: de Ausonio obsequi tibi, Crasse, minime possumus. Transmisimus enim illum ad Angelum Policianum superioribus iam tribus annis Plorentiam, qui per longum tempus de 1.'0 sibi mutuando non modo precari, sed et nos infestare improbis litteris et magnorum intercessu non destitit hominum. In quo quid optet et quaerat pamm video, praeter antiquitatem, qual.' tanta est eius libri ut nigrescant situ ac senectute membranae et legi ltequeat plerisque in paginis sintque tabulae exesae pertusaeque a tineis. Solet enim Po/icianus codices, quasi vina, magis vetustate quam ratione probare, ut cum 1.'0 ride/lS in-gessi quandoque ioco mordaci. Si noti che il Traversari, ringraziando F. Barbaro per l'invio di un codice delle Epistole di Basilio, esprime un'analoga predilezione~ l'p. 226 col. 296 delector. .. cum erudito dicendi eius viri genere. .. tum eius vo/uminis antiquitatl.', quam cum in rebus ceteris tum maxime in libris diligo observo et in honorehabeo. 2. Mise. I 41 p. 589 in codice GeIliano (cf. p. 161) ... quem vir haud indoctusr ut tum /erebant tempora, sed diligens tamen in primis Nicolaus Nico/us ex vetustissil1W' exemplari fideliter pro sua more descripserit. Due sono le .garanzie d'autorevolezza del codice: l'esser copia di un codice antichissimo e l'esser copia fedele. Il Poliziano si vale della testimonianza del codice del Niccoli per restituire l'antico vocabolo diffissionibus non capito dai copisti e sostituito nella maggioranza dei codici da definitionibus. Il Sabbadini, Metodo 56, concorda col Poliziano nel dare al Niccolit la lode di trascrittore fedele. Va tuttavia osservato che proprio questo codice di Gellio rappresenta, sembra, una vera e propria recensione del testo, con correzioni e integrazioni (vd. p. 259s.); e si veda anche il giudizio negativo del Kroymann circa la fedeltà della trascrizione di Tertulliano eseguita dal Niccoli (<< Wien. Sitz.Ber.» phil.-hist. Cl. 138, 1897, 3 p. 19).
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANlSTI
355); per Plin. nato due codici recenti (un novus Aliorum e un novus Nicoli, che egli indica rispettivamente ':on le sigle d ed e) furono da lui collazionati insieme a tre codici antichi (vd. Perosa nr. 7); per le Silvae di Stazio collazionò, come abbiamo visto, l'esemplare poggiano, che non era antico, ma gli appariva fondamentale per il testo sia perché lo giudicava il capostipite di tutti gli altri manoscritti sia perché serbava vestigia multa. .. merae vetustatis.
B)
ALTRI UMANISTI
Da parte di altri umanisti non sono rari gli accenni all'antichità di un codice con aggettivi come antiquus, vetustus, antiquissimus ecc.: una datazione precisa in Traversari ep. 277 col. 368, dove il Laur. 32, 9 dei tragici e di Apollonio Rodio (sec. XI in.) è datato ante sexcentesimum annum (cf. p. 142). Il perduto Laudense delle opere retoriche di Cicerone è concordemente defmito dagli umanisti che ne parlano vetustissimus, antiquissimus, pervetus, pervetustus 1. L'Aurispa definisce mirae antiquitatis il Dioscuride di Vienna, codice in maiuscola del sec. VI (ep. 52 p. 68), vetustissimus un codice di Demostene (ep. 5 p. 8), antiquissimus uno dell'Odissea (ep. 16 p. 24), vetustus e antiquus il Vat. gr. II64 di Ateneo meccanico, sec. XI (ep. 7 p. 13), vetustus il Vat. gr. 218 di Pappo, sec. XI (ep. 7 p. 13), antiquus un codice di Virgilio che si trovava nel monastero del Traversari (ep. 52 p. 67 e 53 p. 69), un codice di orazioni di Cicerone e di parte di Sallustio di proprietà del Niccoli (ep. 55 p. 72) ed uno delle Metamorfosi di Ovidio promessogli dal Panormita (ep. 91
p. 114). Il Filelfo defmisce antiquissimus un suo codice di Cic. nato non lo Vetustussimus: Gasp. Barzizza, letto al Landriani (Sabbadini, Storia 84); Biondo Flavio, soscr. all'Ottob.lat. 1592, c. 58v (Nogara XXXVII); Francesco degli Ardizzi, soscr. all'Ottob. lat. 2057 (Sabbadini cito 95); Anon., soscr. al Vat. Palato lat. 1469 (Sabbadini cito 93). Pervetus: Francesco degli Ardizzi, soscr. cito Pervetustus: Biondo Flavio Ital. ili. p. 346. Antiquissimus: Gasp. Barzizza, Ortographia (Sabbadini cito 92). Il Larnola, in Guarino ep. 455, 143s., scrive: hic autem ipse lodex, summae quidem venerationis et antiquitatis non vu/garis eJfigies ecc. Il Laudense ~oveva essere effettivamente un codice molto antico, in scrittura preearolina dell'Italia settentrionale, anteriore al sec. IX (vd. E. Malcovati, «Athenaeum» 46, 1958, 44s.).
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identificato (ep. c. I4J:) e vetustissimus il Laur. 73, I di Celso, sec. X (ep. c. 43r); novus è invece un codice di Cic. fam. di cui propone l'acquisto a un amico (ep. c. 72r). Poggio definisce antiquus il Bas. S. Petri H 25 delle Filippiche di Cicerone, sec. IX (ep. 3, 17 p. 216), un esemplare dell'Historia tripl.rtita di Cassiodoro da lui acquistato a Londra (ep. p. 301 Wilm.) e il perduto Cluniacense delle orazioni di Cìeerone (ep. 4, 2 p. 294); vetustissimum era 1'exemplar da cui trascrisse la pro Rabirio (nota marginale nel Vat. lat. II458, c. IIV; cf. p. 37). Battista Pallavicini chiama vetustissimum exemplar il perduto codice S di Celso (Sabbadini, Storia 217), di cui il Panormita scrive: libri facies pre vetustate venerabilis et quasi numen quoddam pre se ftrt (in Guarino ep. 355, 46s.). Il Valla conosceva un codex vetustissimus delle Declamazioni di Seneca (eleg. 3, 26 p. 97). Il codice Orsiniano di plauto (Vat. lat. 3870, sec. Xl) è definito vetustissimus dal Traversari, che però ancora non 1'aveva veduto (vd. più oltre), pervetustus da Guarino (ep. 606, 4). Frequenti gli accenni all'età dei codici negli scritti del Traversari: antiquissimus, vetustissimus, pervetustus: il Lattanzio trovato a Nonantola da Tommaso ParentuceIli, ora cod. 701 della BibI. Univo di Bologna, sec. VI-VII (ep. 296 col. 384 volumen illud Lactantii pervetustum mitto ad te; cf. Guarino ep. 357, 22SS. audio Nonantulae Lactantium esse pervetustum e 358, 8ss. stimulos etiam incussisti ut Nonantulam advolem, quo epitoma illud Lactantii et reliquam visam vetustatem, quam Thomas ille . .. aperuit; Sabbadini, Scopo I 90' e II 230); un codice di Concili nella biblioteca di Ravenna, ora cod. A 5 della Vallicelliana, sec. IX 1 (ep. 321 col. 420; hod. p. 102); l'Orsiniano di Plauto, sec. XI (ep. 271 col. 354 e 306 col. 398); il cod. Casino 361 di Frontino, sec. XII (ep. 312 col. 409); un volume di Gesta conciliorum veterum con 15 libri di Facondo sulla sinodo di Calcedonia che si trovava nella biblioteca dei Domenicani a Bologna (vd. p. 139); il quaderno di antiche epigrafi scoperto da Poggio (vd. p. 126s.); un codice della Cronaca di Eusebio (ep. 498 col. 616); un volume con dodici omelie senza nome d'autore della biblioteca di Montecassino (ep. 313 col. 410).
Io
A. Campana, «Ir. mcd. c um.»
I,
1958, 60s.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
a n t i q u u s , v e t u s , v e t u s t u s: il presunto codice autografo di Pier Damiani nella cattedrale di Faenza, oggi Vat. lat, 3797, sec. XI ex. (hod. p. 100; vd. G. Miccoli, Due note sulla tradizione manoscritta di Pier Damiani, Roma 1959, 40); un codice della biblioteca di S. Cecilia a Roma con 39 omelie di Origene tradotte da Girolamo, forse il Laur. S. Marco 610, sec. IX (ep. 3 II col. 406); un codice di Cipriano a Ravenna (ep. 321 col. 420; cf. hod. p. 102 dove è detto che era scritto antiquis literis); uno delle Confessioni di Agostino (hod. p. 30). n o v u s : un codice di Polluce speditogli dall'Aurispa (ep. 297 col. 386; per questo Polluce cf. anche ep. 272 col. 355 e Aurispa ep. 5 p. 7); un codice del Contra vituperatores del Crisostomo o della traduzione fatta dal Traversari (ep. 376 col. 488 cura ut mittas ad me volumen illud Chrysostomi contra vituperatores novum; dono enim illud dabo Pontifici); un salterio in greco (ep. 393 col. 512). Nella Capitolare di Verona il Traversari vide volumina mirae vetustatis (hod. p. 75). Anche della biblioteca del monastero di Nonantola aveva sentito dire che vi si trovavano codici mirae vetustatis (hod. p. 80). A questi esempi vanno aggiunti quelli citati nel paragrafo relativo alle espressioni umanistiche sull'antichità delle scritture (vd. p. 137ss .). Infine due casi singolari in cui la definizione di antiquissimus o vetustissimus è applicata, a quanto sembra, a codici del XIV sec. o dei primi del XV. Il Nolhac (I 192) cita una soscrizione a Terenzio datata al 1470 del parmigiano Gianluigi Sacca, che dice di aver trascritto ad quoddam exemplar scriptum et undique revisum per disertissimum et excellentissimum poetam Domitlum Franciscum Petrarcam de tltlno mccclviii Iulii XV in sero. 111 quo quidem exemplari v e t u s t i s s i m o diligenter et accurate observato a praestantissimo viro D. Princivalo Lampugnano Mediolanensi ecc. Il Sacca poteva evidentemente definire vetustissimus un codice scritto poco più di un secolo prima. Si noti che l'accenno al codice petrarchesco è enfatico e si vuoI dare importanza al manoscritto: vetustissimus vale quasi ' venerabile'. In una lettera del Parrasio, scritta, sembra, a Milano verso il 1505, si legge: quis hunc indicel1l (le Periochae) Livio praetexuerit in obscuro est; aliqui tamen Florum suspicatltur. Ego nihil affirmo; sed quicumque fuit, doctus certe fuit et plmus auctoritatis in scholis, ut quidam (forse qui) de suo multa addidisset, quae licet a Livio transcripta sint, adul-
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terant et vitiant alienarum lucubrationum sinceritatem, ut deprendimus in antiquissimo codice, qui manavit ab exemplari Francisci Petrarcae (F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico, Vasto 1899, 159; cf. Nolhac II 36 n. 4). Il codice di cui parla il Parrasio è alla Nazionale di Napoli, IV C J2: fu scritto al principio del XV sec. e reca questo titolo: Incipit abreviatio quedam quam inveni in codice vetustissime litere manibus olim Petrarce lectam et postillatam (Nolhac II 36) 1. Quindi il codice definito dal Parrasio antiquissimus è stato scritto circa un secolo prima. Su valutazioni dell'antichità di codici da parte di umanisti del cinquecento si vedano i cenni di Nolhac, Bibliothèque II9; Traube, Vorles. und Abh. II 15; Lehmann, F. Modius 58; Erfòrschung I 15 n. 4 e 17; S. Debenedetti, «Giorn. storo d. letto it.» 50, 1907, 320s.: da quest'ultimo e dal Nolhac appare che nel cinquecento può esser definito vetus antiquus addirittura 'antichissimo' un codice del secolo precedente. Segnalo infme l'uso dell'espressione c o d i c e s r e c e n t i o re s da parte dell'Avanzi, emendo c. a3r omnes tam antiqui quam recentiores
°
°
codices.
APPENDICE. In margine alla questione della collazione di Stazio nel Corsiniano, vorrei fare un' osservazione che potrà non essere inutile a chi ancora tornerà ad occuparsene. La nota lacunosa e di difficile lettura in cui il Poliziano afferma di aver collazionato il Laur. 29, 32, sec. X, che conteneva silv. 2, 7 può essere illustrata dal confronto con la soscrizione del 1493 alla collazione di Ovidio. Nota al Corsiniano (Marastoni Lvm): Ang. Inveiti hoc Genethliacon in libro quodam vetusto in
lo Anche le soscrizioni di altre due copie delle Periochae, il Cracoviense 416 CC II IO e l'Escurialense S III 21, fanno menzione della grande antichità dell'esemplare petrarchesco. sul codice napoletano, che appartenne a Gasp. Barzizza e poi al figlio Guiniforte e fu successivamente acquistato dal Parrasio, e sulla questione se le note marginali siano del Barzizza o siano copia di quelle apposte all'originale dal Petrarca vd. R. Sabbadini, Le Periochae Liviallae del Petrarca possedute dai Barzizza, in F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 193ss. e G. Billanovich, Petrarca letterato. I. Lo scrittoio del Petrarca, Roma 1947, 392, che ritengono anche le postille marginali derivate dall'esemplare del Petrarca; invece U. Lepore, Postille petrarchesche o note del Barzizza? «Giorn. ital. di filol.» 3, 1950, 347-51, dimostra, credo definitivamente, che le postille sono di Gasp. Barzizza.
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quo e'at etiam libe, M. Juni Nypsi et contuli. E,at inscriptio ~ou. " 'P (~où ypa:'P~(,)C; Wachsmut) Ge(nethliacon) Lucani ad Oppiam. Signatu, liber sic A 1 quando non congruit. Soscr. ad Ov. tr:~·t. (Maier 351) Contuli hos quinque Tristium libros cum vetustis duobus codicibus, scilicet 2 vetustiore non nihil altero ex Divi Marci FIorentina bibliotheca, quod a littera indicat, altero autem non perinde vetusto ex Medica libraria, quod 3 b littera significatur. Vbi uterque congruit codex nihil apponimus signi (cf. anche la nota apposta all'inizio 4: a liber S. Mard, b Petri Med.: ubi nihil, concordant). Da questo confronto è chiaro che il Poliziano anche nella soscrizione al Corsiniano afferma d'aver messo il segno A solo quando il Laurenziano aveva lezione diversa dal Poggiano; dove non c'è questo segno si tratta di lezioni comuni a entrambi i codici. Cf. anche la seconda soscrizione ad Apicio (Maier 349) Iterum contuli cum vetustissimo altero codice de Vrbinatis Ducis Guidonis bibliotheca signumque hoc apposui A quoties alicubi a prioribus variasset. Anno sal. MCCCCLXXXXIII, quarto nonas decembres, hora noctis tertia et 1/2 in Pauli. Idem Politianus.
I. Qui e più sotto uso col Marastoni questo segno convenzionale per il piccolo segno obliquo, pressappoco a forma di goccia, usato dal Poliziano. 2. Ho corretto. Nell'incunabolo si legge se, che può facilmente esser nato dall'abbreviazione di scilicet (s seguita da punto); la soscrizione, come mi informa A. Perosa, non è autografa. Il Bandini (Cat. IV p. xxxvns.) propone sed, che è anche possibile. La Mai'er legge de senza avvertir nulla. 3. Il Bandini, l. c. corregge questo quod in qui e il precedente in quem. 4. La cito dalla copia del Pucci in un incunabolo monacense (L. impr. c. n. mss. in fo1. 35, c. r3r) non avendo potuto vedere direttamente l'incunabolo oxoniense.
PARTE TERZA
LA TRASCRIZIONE
•
METODI DI TRASCRIZIONE
Il codice di Magonza del commento di Donato a Terenzio si trovava a Wl certo pWltO nelle mani del Pizolpasso che lo mandò a P. C. Decembrio a Milano perché ne traesse copia. Il Decembrio trascrisse anzitutto il commento al Phormio e spedì la copia al Pizolpasso con questa lettera di -accompagnamento (Sabbadini, Storia 167s.; a. 1436): quod prius mihi ex Donato tuo placuit, excerpsi Phor-
mionis partem. .. Cuius laboris tempestivi admodum primicias ad te mitto; jàcile ex his cognosces quae deinceps sim exaraturus (' trascriverò': cf. p. 94s.). Nihil est enim tam arduum, tam obstrusum l, quod labori obstet intenso. Quid enim his commentariis scriptum fallacius, quid ineptius 2 ? Et tamen litterarum amor me cogit elicere quod paternitati tuae utile atque iocundum futurum putem. Scio quamplurimos lecturos ea quae ad te mitto nec secus (= e nondimeno) reprehensuros barbariem quandam veteris scripturae et modo litterarum apices 3 modo imperfectos rerum sensus delo Per la confusione fra i prefissi ob- e ab- vd. J. SvelUlUng, Untersuchullgen zu Palladius und zur lateinischen Fach- und Vo/kssprache, Uppsala 1935, 379 e Hofmann-Szantyr 257. 2. Come appare da queste parole e dal seguito (his infinitis erroribus), si lamenta non di una difficoltà di lettUra dovuta a una scrittura poco nota, ma dell'alto grado di corruzione dell'esemplare; cf. le espressioni simili di Poggio citate a p. 174 n. I. Non è esatta quindi l'affermazione del Sabbadini:« l'archetipo doveva essere di lettura molto difficile, se il Decembrio sente il bisogno di invocare la benevolenza del lettore » (Storia 180): possiamo immaginare il codice di Magonza simile a quelli di cui si la!.TIenta Poggio nei passi cui ho rimandato or ora. 3. L'espressione non Ini è chiara: apex (cf. p. 103S. e 108) è sia il 'segno di abbreviazione' sia la 'lettera'. Se lo si prende nel primo significato, bisogna pensare che il Decembrio avesse riportato di peso nella sua copia le abbreviazioni che non capiva. Si noti che del codice C, che si pensa possa risalire direttamente o indirettamente all'apografo del Decembrio (Sabbadini, Storia 180s.), il Wessner, pref. all'ediz. di Donato, Lipsiae 1902, XIV, scrive: «commemorandum librariurn, similiter atque in T vidimus, compendia archetypi prave solvisse ». Se si prende apex nel secondo significato, l'espressione litteramm apices significherebbe «i tratti delle lettere, la scrittura» (vd. p. I03s.). Ma il Decembrio sta parlando di colpe che sono da imputare non a lui, ma allo stato dell'esemplare; e se la scrittura della copia fosse stata brutta o ridicola la colpa sarebbe stata unicamente sua.
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risuros, quasi haec meae culpa sit negligmtiae. At vero si manum calamo, si mentem his infinitis erroribus addiderint. si insudaverint carie vetusti operis, ut ipse facio, et plerunque Tyresiam consuluerint 1, ut ego cum dubito vehementer, erunt profecto modestiores in reprehendendo et quae minus peifecte traducta (' trascritte " cf. p. 184) sunt a nobis conferent his quae tolerabiliter fuere transcripta nec quid videant erroris restitisse, sed quid deinceps sit elimatum magnipendent. .. Si quis forte tibi dixerit: « Tu qui Candidu11l tuum credis tam diligenter ab antiquis scripta traniferre (' trascrivere " cE p. 184), nonne vides quot in Iocis frigide, quot inepte ac ieiune Donati libros transcripserit?», « Ita fit enim, inquies, ea siquidem vides, quae neutiquam ab illo alias interpretari queunt, sed ut inerant scripturae fuere mandanda; ceterum nusquam vides quae, eius opera correcta, iugi Iabore atque industria sunt emendata». C'è in questa lettera tutta la teoria della trascrizione umanistica~ si trascrivono gli antichi codici mirando soprattutto ad avere un testo intelligibile, correggendo ove possibile senza lasciare nessun segno dell'operazione critica eseguita (nusquam vides quae, eius opera correcta, iugi Iabore atque industria sunt emendata). L'umanista trascrive fedelmente solo i Ioci desperati che non è riuscito a correggere (quae neutiquam ab illo alias interpretari queunt, sed ut inerant scripturae fuere mandanda). Una lacuna incolmabile, una parola o un passo assolutamente incomprensibili sono per lui una spina nel cuore (nonne vides quot in Iocis .frigide, quot inepte ac ieiune Donati libros transcripserit?). In conclusione la trascrizione anche da un unico esemplare è una vera e propria operazione filologica, un" edizione'. Il guaio per noi moderni è che il lavoro dell'umanista rimane per lo più invisibile, ciò che rende difficile l'utilizzazione dei codici umanistici per la ricostruzione della tradizione; ma non si deve dimenticare che essi valgono anche come documento delle capacità filologiche e in particolare emendatorie degli umanisti. Se, come si è cominciato a fare nel nostro secolo 2, si approfondirà lo studio del modo di lavorare di ciascun umanista, delle collazioni, trascrizioni, com1. Quest'espressione pittoresca equivale certo a divinare, come altre analogheperifrasi mitologiche (cf. p. 293). Si noti che nei passi simili di Poggio citati a p. 174 n. I si legge ut persaepe divinandum sU (ep. 4, 17 p. 339), 1/1 in iis qHac scripsi non coniectura opus fuerit, sed divinalione (3. 17 p. 216). 2. Cito un esempio recentissimo, lo studio del Questa sulla recensione poggiana di plauto cito a p. XXII, particolarmente notevole perché viene da 1m filolog()o classico, mentre in genere questi studi sono stati coltivati soprattutto da specialisti.
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mentari, appunti di lezioni, di tutto insomma l'enorme materiale che giace in gran parte inesplorato nelle nostre biblioteche, diverrà finalmente possibile sceverar meglio la tradizione dalle congetture e da un lato ne guadagnerà la nostra conoscenza dei codici antichi posseduti dagli umanisti, dall'altro si moltiplicheranno le restituzioni ad umanisti di congetture che nei nostri apparati vanno sotto il nome di studiosi moderni. In questo quadro della trascrizione-correzione umanistica va vista l'affermazione di Poggio che il plauto Orsiniano (Vat.l'!t. 3870) o va emendato prima di essere affidato a un copista o deve essere trascritto da un dotto: ep. 4, 4 p. 304s:non faciam transcribi nisi prius illas (sc. comoedias) legero atque emendavero; nam, nisi viri eruditi manu scribantur, inanis erit labor (la trascrizione sarebbe fatica sprecata a meno che non venisse eseguita da un dotto); 4, 17 p. 339 nullus, mihi crede, Plautum bene transcribet, nisi is sit doctissimus (cf. p. II7s.; in questo caso non si fa l'ipotesi di un'emendatio prima della trascrizione). Poggio non trascrisse personalmente Plauto, ma lo fece trascrivere da un copista; il suo plauto è ora il Vat. lat. 1629. L'Orsiniano presenta alcune correzioni di mano più recente: trattini che dividono parole erroneamente unite e uniscono parole divise, lettere aggiunte a chiarire legature o nessi inconsueti, espunzione o correzione di singole lettere fmo a interventi più complessi, che sono a volte vere e proprie congetture. Il Questa, nello studio cito a p. XXII, valendosi anche del lavoro svolto da una sua allieva, Franca Arduini, ha dimostrato con certezza che queste correzioni sono di mano di Poggio, secondo un'ipotesi già prospettata dal Ritschl. Poggio ha dunque realmente eseguito, prima di affidare il codice antico al copista, quel lavoro di correzione che si proponeva (non faciam transcribi 1lisi prius illas legero atque emendavero). Per il concetto chè della trascrizione aveva Poggio è importante un passo di una lettera scritta da Costanza al Barbaro alla fine del 1417 o al principio del 1418, pubblicata per la prima volta dal Clark, « Class. Rev.» 13, 1899, 125: mitto ad te ... Silium Italicum, libros V Statii Silvarum, item M. Manilium Astronomicum. 15 qui libros transcripsit ignorantissimus omnium t'iventium jùit J' divinare oportet, non legere. Ideoque opus est ut transcribantur per hominem doctum. Ego legi usque ad XIII librum Silii, multa emendavi, ita ut recte scribenti facile sit similes e"ores deprehendere eosque co"igere in reliquis libris: itaque da operam ut transcribantur, postea mittas illos Florentiam ad Nicolaum
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
(Niccoli). Il copista straniero che eseguì h. trascrizione per conto di Poggio nella sua ignoranza ha commesso tanti errori da costringere il lettore non a leggere, ma a divinare. La frase divinare oportet, non legere, giustamente interpretata già dallo stesso Clark, fu poi> fraintesa dallo Stangl seguito da altri, fra cui lo Housman 1. Per il significato di emendo in questo passo vd. p. 264. È interessante, ma anche abbastanza naturale che Poggio presupponesse da parte del dotto che avrebbe eseguito la nuova trascrizione la capacità di continuare ad emendare sull'esempio di quanto egli aveva fatto fina. al XIII libro di Silio. Il codice spedito da Poggio al Barbaro è statoidentificato col Matr. 3678 (già M 31) 2. Dall'esame di esso risulta che in effetti il copista non capiva nulla di quel che scriveva ed hac trascritto macchinalmente, spesso corrompendo in modo grosso_o lana o mal dividendo le parole dell'antigrafo 3. Il Matritense è un codice cartaceo e le copie su carta scritte manu veloci erano, come abbiamo detto, provvisorie e destinate ad essere sostituite dal libroscritto correttamente ed elegantemente su pergamena (vd. p. 13). Un caso analogo è quello del Tertulliano trovato a pforzheim. in Germania dal card. Giordano Orsini: egli lo fece trascrivere sul posto da due monaci, Thomas von Lymphen e Johannes von Lau-
1.
Il passo va interpunto come nel testo. Th. Stangl, ~ Ber!. pIù!. Woch.
&.
33, 1913, II8oss., fa di divinare oportet, non legere un'espressione parenttltica e l'in-o
terpreta come un precetto di carattere generale, in cui Poggio affermerebbe che nel trascrivere bisogna esercitare Wl'arte divinatoria, non riprodurre materialmente l'esemplare. Lo Stangl assume addirittura questa frase come titolo del suo> articolo che dimostra assai scarsa conoscenza del linguaggio degli umanisti (cf. p. 277S.), dei quali parla in tono quasi astioso. L'interpretazione dello Stangt è accettata ancora, fra gli altri, dallo Housman (M. Mani/ii Astron., Cantabrigiae' 1937 2 , I 83) e, recentemente, dall'EhIers (p. II9). Ad escluderla bastano i seguenti passi paralleli: Poggio ep. 3, 17 p. 216 Philippicas Ciceronis emendavi cum hoc antiquo codice, qui ita pueriliter scriptus est, ita mendose, ut in iis quae saipsi non conice/ura opus fuerit, scd divinatione; 4, 17 p. 339 est eis litteris quibus multi libri ex antiquis . .. , /lulla verborum distinctione. ut persaepe divinandum sito Si tratta di espressioni pitto-· resche e volutamente esagerate dell'umaIÙsta stizzito per la scorrettezza di certi; codici antichi. 2. CC. I-59 Manilio; 6o-1I5 Stazio. La parte che conteneva silio è andata. perduta (cf: p. 160 n. 2). 3. 1. van Wageningen, pref. all'ediz. di Manilio, Lipsiae 1915, !Vs.; A. E_ Housman, M. ManiJji Astron., Cantabrigiae 1937 2 , V p. v; A. J. DWlston, «BulL Inst. Class. Stud.» 14, 1967, 96.
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tenbach e portò in Italia questa copia che finì fra i libri del Niccoli ed è attualmente a Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI IO. Si tratta. di un manoscritto cartaceo in una brutta gotica corsiva (novis et barbaris literis, Traversari ep. 306 col. 398; cf. p. 133). Lo ritrascrisse il Niccoli, la cui copia è attualmente alla Nazionale di Firenze, Conv. soppr. I VI II. La trascrizione non è fedele; il Niccoli muta l'ortografia, elimina dittografie, corregge evidenti errori (E. Kroymann, « Wien. Sitz.-Ber. » phil.-hist. Cl. 138, 1897, 3 p. 19). n Traversari 1 era convinto, e certo il ])ficcoli ne avrà condiviso 1'opinione, che le numerose e gravi corruttele presenti nel manoscrittoimportato dall'Orsini fossero dovute non tanto all'esemplare antico quanto al copista; tanto più si comprende che il Niccoli non si facesse scrupolo di correggere nell'illusione di poter restituire lezioni del codice antico. La copia del Niccoli in umanistica corsiva, assai più leggibile e corretta, soppiantò naturalmente il suo esemplare (cf. quanto detto a p. 120) e da essa derivano tutti gli altri manoscritti umanistici eccettuato il Vat. lat. 189, che è copia diretta, e più fedele di quella del Niccoli, del codice Orsiniano (Kroymann, l. c.). In conclusione: lo scriba ignorante che non capisce quello che copia non solo non è capace di correggere eventuali errori dell'originale, ma vi aggiunge i suoi; solo la trascrizione eseguita da un dotto dà garanzia di essere corretta: Decembrio polito 3 C. 9V equidem eam in primis ego dixerim librorum politiam ut quam correctissime scripti sint, quod nisi doctus peritusque librarius nemo praestare poterit.. , Paucissimos autem huiusmodi librarios advertimus, cum malae sit consuetudinis ab indoctis opera transcribi et doctissimum quenque pudeataliorum seribere volumina. Quorum tamen laborem postremo videmus inemendatos libros corrigendi; 75 C. I80r (cf. p. 228 n. 2) eninvero intelligere quae pingit, non pingere -tantummodo librarium decet; Poggio ep~ 12, 9 p. 138 quod autem cupis habere Ciceronis orationes, perquisivi diligenter sicubi (sicuti ed.) essent venales; tandem repperi volumen quoddam elegans, perpolitum, optimis scriptum litteris et ab eo qui doctissimus esset, ex quo coniicio omni menda carere. Per Poggio come trascrittore di codici antichi vd. Appendice l,_ p. 334-ss . Ma nel complesso panorama dell'umanesimo quattrocentesco s~
I.
E? 306 col. 398 cito a p. 187; 271 col. 354 cito a p. 134 n. 2.
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delinea nettamente un'altra tendenza, una teoria della traSCrIZIOne del tutto opposta a quella fin qui illustrata. Nel maggio del 1428, da Milano, così scriveva il Lamola a Guarino (Guarino ep. 455, 136ss.): sed prius tamen ultimam manum et septimam addam correctionem tribus Ciceronis De oratore libris, Oratori quoque ipsi et Bruto, quos ex vetusto illo 1, fautore Cambio (Zambeccari), traduximus (' ho trascritto', cf. p. I 84) velimque hos ipsos non tihi minus caros jòre Macrohio ipso, quos quippe nondum vidisti proprios; et si te vidisse putas, falleris. Nec credas inconstantiam illam et volubilitatem Arzignariam 2 illos proprios ad nos detulisse, quoniam ille nos egregie fraudavit. Hic autem ipse codex, summae quidem venerationis et antiquitatis non vulgaris effigies, ab istis, in quorum manibus (fuit) quique ex eo accurato exemplari exemplum quod vulgatum ubique est traduxerunt, summis ignominiis adfectus est, quippe qui multa non intellexerunt, multa abraserunt, multa mutarunt, multa addiderunt, ut, si essent, quemadmodum olim apud maiores, qui de corruptis tabulis curam agerent, istos inaudita poena plecti necesse jòret. .. Ego tamen quantum diligentiae ac ingenii peritiaeque in me fuit et in nonnullo antiquitatis callentissimo viro mecum idem sentiente adhibui, ut omnia secundum priorem textum restituerem, notarem etiam marginibus ubique (al)legationes istorum • logodaedalorum' et sane barharicarum belluarum 3. Curavi etiam ut usque ad punctum minimum omnia ad veteris speciem exprimerem, etiam ubi essent nonnullae vetustatis delirationes; nam velim potius cum veteri illo delirare quam cum istis diligentibus sapere 4. Abbiamo in questa lettera una notevole affermazione di rigore scientifico nel trascrivere un codice antico: il Lamola dice esplicitamente di aver conservato fin gli errori dell'esemplare, ne avrà con tutta probabilità conservate anche le grafie (ut usque ad
n
Laudense, che dopo la scoperta fu inviato a Milano e li rimase. Giovanni Arzignano, alwmo di Guarino, era stlto mandato a Milano a trarre copia delle opere nuovamente scoperte. 3. Il prior textus è quello del Laudense anteriore alle correzioni e modifiche apportate secondo il Lamola dai primi trascrittori; ad esso il Lamola si è attenuto, notando scrupolosamente a margine le aggiunte moderne (c( p. 97). 4. Col ricordo del passo di Cicerone confrontato dallo Stangl in « Berl. phil. Woch. ~ 33, 1913, 831 n. 9 (Tuse. I, 39 errare mehercule malo cum Platone . .. quam eum istis vera sentire) si combina una reminiscenza terenziana (Andr. 18ss. qui quom hune actusant, Naevium, Plautum, Ennium I aecusant quos hic noster auctores habet, I quorum aemulari exoptat neglegentiam I potius quam i s t o rum obscuram d i l i ge n t i a m). I.
2.
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punctum mmlmum omnia ad veteris speciem exprimerem) ed ha spinto il suo rigore filologico fmo ad annotare in margine le modifiche apportate nel codice da mani recenti. Tra gli apografi del Laudense fondamentale per la ricostruzione del testo è il Vat. lat. 2901 (V); esso presenta a margine note contrassegnate con la sigla .v. (= vetus) in cui sono segnalate varianti ortografiche, lacune e perfino rasure di L di cui V è anche nel testo uno dei più fedeli apografi diretti 1. Tutto ciò corrisponde talm~nte allç enunciazioni teoriche del Lamola che il Pasquali (p. 62) ha avanzato l'ipotesi che queste segnalazioni risalgano alla « cerchia del Lamola » 2. Molta attesa aveva suscitato l'annunzio, dato nel 1913 dal Durnham 3, della scoperta di una copia dell'apografo del Lamola; ma questa copia, Cornell University B 2 (U) 4, appare contaminata con la classe M ed inquinata da congetture umanistiche. Tuttavia U conserva talvolta, insieme col solo V, la lezione corretta del Laudense. Inoltre in un gruppo di cinque manoscritti, VOPUR, solo VU conservano la grafia del Laudense nelle forme non assimilate dei composti. In alcuni casi solo VU conservano fedelmente errori del Laudense mentre altri manoscritti li hanno eliminati 5. La lettera del Lamola precede di circa un cinquantennio le analoghe enunciazioni di scrupolosa fedeltà al codice antico che troviamo nelle soscrizioni del Poliziano. Esattamente cinquantasette anni dopo il Poliziano così sottoscriveva di sua mano la copia di Pelagonio da lui fatta eseguire (Riccard. 1179; Maier 347): hunc librum de codice sanequam vetusto 6 Angelus Politianus. . . curavit exscribendum. Dein ipse cum exemplari 7 contulit et certa fide emendavit, ita tamen ut ab illo L Stroux 18ss. Ampi saggi di queste note in Sabbadini, Storia 98s. 2. Perché non tutto il codice anziché queste sole indicazioni ? 3. In un articolo di Th. Stangl, «BerI. phi1. Woch.» 33, 1913, 829ss. (vd. Stroux 4). Cf. anche Sabbadini, Storia ro8. 4. Essa presenta la seguente soscrizione: Ex emendatissimo codice Johannis Lamole Bononiensis viri eruditissimi transcripsit hunc Alesius Germanus et ad eundem postea emendatus est (Sabbadini, Storia ro8). 5· K. Kumaniecki, «Rev. des ét. lat. » 44, 1966, 213ss.; pref. all'ediz. del De oratore, Lipsiae 1969, XIVss. Vd. anche E. Malcolvati, «Athenaeum» 47, 1959, 1745s. 6. Il codice antico è perduto; cf. p. 153. 7. Segue una parola cancellata, probabilmente ita. La Mai:er, senza accorgersi della cancellatura, l'ha accolta nel testo interpretandola dubitativamente come iterum.
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mutaret nihil, set et quae depravata inveniret relinqueret intacta, neque suum ausus est unquam iudicium interpone: f!. Quod si priores institutum. servassent, minus multo mendosos codices haberemus. Qui legis, boni consule et vale. Florentiae anno MCCCCLXXXV, Decembri mense. E si vedano anche le analoghe soscrizioni citate a p. 162 n. 1. Rispettoal Lamola c'è nel Poliziano una più chiara coscienza dei fmi a cui deve servire questa esattezza nel trascrivere e collazionare codici antichi: una buona conoscenza della tradizione è la base del successivolavoro filologico. Nel trascrivere o collazionare egli non osa scostarsi dall'esemplare antico e ne riproduce anche le lezioni palesemente corrotte per fornire a se stesso e agli altri la necessaria base di partenza per la successiva riflessione critica. Il Poliziano dunque è arrivato ad affermare, almeno sul piano teorico, un'esigenza che sarà di fondamentale importanza nel successivo sviluppo della critica del testo, l'esigenza cioè di tener distinto il momento del trascrivere o del collazionare da quello dell'emendare (vd. anche p~ 261SS.), la tradizione dalla congettura, sia per lasciare ognuno libero di scegliere e giudicare (soscr. a Catone e Varrone, Mai:er 354, sicubi ergo nostrum adhibuimus iudicium, relietis tamen antiquae lectionis vestigiis aliquibus suum cuique liberum reliquimus 1), sia per porre un freno, mediante la più scrupolosa fedeltà all'esemplare, al processoper cui, di trascrizione in trascrizione, il testo si allontana sempre più dalla lezione originaria (ibid. quod si hoc priores librarii institutum probassent, non tantum profecto negocii laborisque posteris reliquissent). Come metteva in atto il Poliziano i suoi principi? Lo si può verificare esaminando la sua trascrizione del Festo Farnesiano nel Vat. lat. 3368: la parte pervenutaci contiene la copia dei quatto XI-XVI ed è giudicata preziosa dagli editori di Festo per la ricostruzione del quat. XVI oggi perduto. La copia del Poliziano è caratterizzata da un'estrema fedeltà all'esemplare, fino a dare anche un'indicazione I. « Se in qualche luogo dunque abbiamo usato il nostro giudizio, col serbartuttavia traccia della lezione antica abbiamo lasciato ognuno libero di usare il suo »: il passo è stato frainteso dal Pasquali (p. 74 n. 2), che mette due ptmti dopo aliquibus e commenta: « Vale a dire, nella collazione erano mescolate anchelezioni congetturali fondate sulla nuova lezione! •. Ma relictis - aliquibus va unito· non a quel che precede, ma a quel che segue e vuoI dire non che il Poliziano nellesue congetture ha serbato qualcosa dell'antica lezione, ma che ha voluto, colla. sua collazione, che rimanesse traccia delle lezioni antiche e tutti fossero in gradodi giudicare liberamente delle congetture da lui proposte.
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approssimativa dell'estensione delle lacWle 1. Bisogna però far notare che non mancano qua e là errori; si tratta di Wla copia eseguita frettolosamente. Per dare un'idea dello scrupolo filologico del Poliziano ho preso come termine di confronto Wl altro apografo (diretto?) del XV sec. che è, sembra, quel medesimo doctissimi viri chirographum di cui Fulvio Orsini afferma di essersi servito nella sua edizione di Festo, Romae 1581 (Lindsay cito XIV). Nel seguito del discorso faccio uso delle sigle del Lilldsay, cioè: F = Festo Farnesiano (Nap. Naz. IV. A. 3); U = Vat. lat. 3368 (apografo del Poliziano); W = Vat. lat. 3369 (doctissimi viri chirographum). Indico con L. l'ediz. del Lindsay. Faccio seguire qualche osservazione derivata da un sommario esame, che può meritare ulteriore sviluppo. Profondamente diverso il comportamento di U e W di fronte alla lacune di F. F è scritto su due colonne e le colonne esterne di ogni pagina già al tempo del Poliziano erano andate in buona parte perdute. Il Poliziano trascrive la colonna integra fino all'ultima parola, supplendo eventualmente tale parola coi brandelli rimasti della colonna esterna; poi, dopo aver indicato la lacWla, riprende colla prima parola della successiva colonna integra, trascurando solo i minuscoli brandelli di parole rimasti delle colonne esterne. W invece non indica la lacuna e salta tutto ciò che non ha senso compiuto. Ad es. la col. I del quat. XI finisce con convere nei brandelli della col. 2 si legge -sum iam. U scrive conversum ======, con Wla crux a margine e poi riprende con la prima parola della col. 4, mentre W scrive conversum iam e fa seguire immediatamente, senza nessun segno di lacWla, il primo lemma della col. 4, saltando le prime dieci righe di questa colonna riferentisi a un lemma contenuto nella perduta col. 3. Alla fine della col. 29' del medesimo quaterno, mentre U arriva fino all'ultima parola rimasta, W salta l'ultimo lemma, Punicum, il cui testo non era completo, e passa direttamente non alla prima parola della col. 32 come fa U (che integra magistratus col brandello rimasto della col. 31),. ma al primo lemma di questa colonna (plexa). U conserva grafie
1. Lindsay, pref. all'ediz. di Pesto, Lipsiae 1913, XIISS., con le precisazioni sul modo usato dal Poliziano per indicare le lacune date da S. Mariotti, Enn. anno 353 V. 2 , in Studi di storiograjia antica in memoria di L. Ferrero, Torino 1971, 555.
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ed errori di F, come scribta per scripta, estimant per aestimant, perepta per perempta, comodi per comoedi, eubolcuM per euboicum, perpetat per perpetrat, sirvi per servi, che vengono tacitamente eliminati da W. U riproduce fedelmente passi che non danno senso, W cerca più o meno felicemente di correggerli: 238, 13 L. quaedam Naevi inscribitur: quaedamnae ut inscribitur FU quae Damni ut inscribitur W 238, 25 L. t inpetria t: inpetria FU in patria W 238, 26 L. t reponare t: reponare FU reponere W. Ho lasciato per. ultimo il caso in cui un umanista dispone nella trascrizione di due o più codici. Il Lamola scriveva a Guarino nel 1428 (Guarino ep. 455, 122SS.): nunc ad librarias accedamus res, ut ea in re finiat epistula, in qua consumendam aetatem nostram duxerimus. Quanquam Panormita noster mihi de Macrobio illo habendo nihil significasset tuo nomine, tamen certum mihi fuerat illum meliorem emendatioremque quam fieri quiret habere. Illum ab harpya evulsit Cambius; alium item vetustiorem ex bibliotheca Laudensi habui. Ex his duobus unum confecimus; verum in his ambobus non insunt nisi tres primi libri antiqui; quattuor postremi in Laudensi desunt, in alio additi novi sunt: omnes VII tamen transcripsimus. In his non est Graecum proprium, quin potius Graecarum umbra litterarum. Itaque separatim pinxi et notavi Graecum totum et emendavi invicem, ut nulla deesset figura; tu postea in illo interpretando Oedipus eris, in quo non nisi Davus esse potui. Nunc porro ad Latinum textum corrigendum accedam. Sono descritte qui con chiarezza tutte le varie fasi. Dapprima la ricerca di manoscritti autorevoli: uno viene strappato da Cambio Zambeccari alle grinfie del}" arpia " cioè Giovanni Corvini, che si era guadagnato questo nomignolo per l'ostinazione con cui era rimasto sordo e muto di fronte ai reiterati tentativi di Guarino per ottenere in prestito quel codice di Macrobio (cf. ep. 223, 224, 427, 428, 429,430). Il primo tentativo era avvenuto ben sei anni prima di questa lettera del Lamola, con una lettera del 1422 al Mazzolato in cui Guarino spiegava anche i motivi per cui desiderava tanto quel Macrobio, pur possedendone già uno (cf. ep. 224, 20): ep. 223, 52ss. habet Macrobium, ut audio, litteris antiquis, fidelem, emendatum, ita ut et Graecas habeat fide optima insertas litteras. Un altro codice, più antico di quello del Corvini, il Lamola l'aveva avuto dalla biblioteca di Lodi. Entrambi questi codici contenevano solo i primi tre libri; gli ultimi quattro erano stati aggiunti nel codice del Corvini di mano recente; il Lamola ha trascritto tuttavia anche questi. Nella sua trascrizione ha conta-
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minato i due codici di cui disponeva (ex his duobus unum eonfecimus). Essi presentavano un" ombra' di lettere greche;.il Lamola, che non sapeva di greco, le ha disegnate (pinxi) a parte confrontando un codice con l'altro perché non ne mancasse neppure una (et emendavi invieem ut nulla deesset figura); a Guarino spetterà poi ricavarne per congettura le parole greche (per la metafora col nome di Edipo cf. p. 293). Dalla risposta di Guarino (ep. 456, 2ISS.) apprendiamo che da questi disegni del Lamola non c'era da ricavare gran che, non per colpa sua, ma per la corruzione degli esemplari di cui si era valso. Compiuta la trascrizione il Lamola si' accinge a correggere il testo latino riconfrontandolo cogli esemplari (nune porro ad Latinum textum corrigendum accedam). Traversari ep. 206 col. 267 utor quodam librario valde familiariter. 1s cum tres decades Titi Livii iam fere absolvisset duo bus q u e e x e m p l i s 1 uteretur, offindit in altero eorum, quod erat emendatius, unam syncopem versuum fere sexaginta, quod animadvertit ex altero facile; cf. anche Poggio ep. 3, 27 p. 264cito a p. 259. TRASCRIVERE
Il termine più usato è naturalmente t r a n s c r i bo; con la maggior frequenza in Poggio, Guarino e Traversari, spesso anche in Petrarca e Salutati 2. Per l'espressione cursim (raptim) transeribo cf. p. 136s. Altri umanisti mostrano preferenza per altri termini: così il Poliziano usa spessissimo d e s c r i b o (con ex e l'abI.); di tale verbo, al di fuori degli scritti del Poliziano, ho trovato un solo esempio in Traversari ep. 218 col. 286. Altro verbo molto usato dal Poliziano è e x s c r i b o (anch'esso con ex e l'abI.); exscribo è anche di gran lunga il verbo più usato per • trascrivere' nell'epistolario del Filelfo e compare spesso anche in Guarino. I due verbi cari al Poliziano, describo ed exseribo, sono naturalmente del latino classico (anche di Cicerone): non classico invece l'uso di re s c r i b o per • trascrivere', testimoniato negli scritti di umanisti meno preoccupati della purezza del loro latino 3: Petrarca fame 7, 16, 36 MiloL Exemploribus nell'ediz. del Sabbadini, Guarino ep. 82, 6. 2. Il sostantivo t r a n se r i p t i o in Salutati ep. I p. 331 (vd. p. 16) e Poggio ep. 3. 4 p. 192.
3. Nel medioevo tale verbo indica per lo più il riscrivere su una pergamena erasa (Wattebach 308, 316).
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nianam Ciceronis cum reliquis accepi,. gratias ago. .. Rescribi faciam et remittam; Salutati ep. II p. 389 tu... ing._ns illud volumen. .. michi multa rescriptum diligentia transmisisti; III p. 515 reminisci debes quam cupide te gravarim, ut Thimeum Phedonemque Platonis commentumque Calcidii quoad rescribi ftcerem commodares; III p. 516; IV p. 104 litteras habui tuas, quas Poggius noster, ut arbitror, rescripsit; IV p. 157 quod de scismate scripsi in unum volumen reduci iussi et quia non habui exemplantem (<< chi lo trascrivesse», c( p. 183), nondum mitto, sed e vestigio rescribi ftciam et transmittam (cf. p. 307); Giovanni Conversino da Ravenna in Salutati ep. IV p. 314 deest mihi ea scriptorum otiive commoditas que ad hanc rescribettdam... sufficeret; Aurispa ep. 105 p. 127 superiore hepdomada item ad te scripsi et certiorem feci me iam commentum Donati in Terentium habuisse quod Carnoti ut rescriberetur curavi. Facio item transcribi, ut ipsius copiam secure amicis facere possim. L'Aurispa ha ricevuto la copia del codice antico di Donato che ha fatto eseguire sul luogo stesso del ritrovamento, a Chartres, ed ora lo fa di nuovo trascrivere da questa copia (facio item transcribi) per avere un esemplare da prestare agli amici senza timore di perdere il suo; si notino rescribo e transcribo usati come sinonimi nello stesso contesto. Poggio ep. 2, 36 p. 173 exaravi aliquot versus quos ad te mitto,. tu rescribe epistolam et ad eum destinato; 8, 3 p. 189 ego rescripsi (' risposi ') ad Ducem et eam epistolam ad te mitto, primum ut eam legas, tum ut rescribi (' copiare ') ftcias diligenter, ut exemplar est ... et eam ad Ducem mittas volo... Est enim haec manu mea oscitanter informiterque scripta: nam librarius meus, qui me rescribendi molestia levare solet, abest Ferrariae; p. 290 Wilm. cito a p. 137 n. L Non mi è del tutto chiaro Poggio ep. 2, 34 p. 168 librarius ille, de quo scripseram, mecum erit quoad Verrinas absolvat, quas post tres hebdomadas incipiet. Nam facio rescribi quatuor quaterniones primos orationum et in ultimis colloco, quia littera non placet. Si dovrà intendere: ( faccio trascrivere intanto i primi quattro quaternioni delle orazioni e li metterò poi alla fme del codice delle orazioni stesse perché la scrittura di questo copista non mi piace». Forse, come in altri casi (cf. ep. p. 305 Wilm. cito a p. 197 n. 2), prima di fargli cominciare la più impegnativa trascrizione delle Verrine, Poggio vuole che il copista migliori la sua scrittura cominciando la trascrizione delle orazioni di Cicerone 1. Traversari ep. 134 col. 188 neque enim l.
Poggio distingue sempre nell'epistolario Verrine, Filippiche e oratiotlCS
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possum tam multa rescribere, otio hactenus non suppetente et semitremula praeter solitum manu; 226 col. 296 erunt apud me ipsae epistolae (Wl <:od. delle lettere di Basilio prestatogli da F. Barbaro) quamdiu ipse iusseris, vel rescribendae, si per Demetrii nostri occupationes licitum fuetit, vel perlegendae; 231 col. 303 Chrysostomum sibi tradere animus fuit perferendum ad vos, nisi librarii tarditas, qui dudum rescribendum acceperat, fuisset impedimento; 272 col. 356 (vd. p. 251); 503 col. 619 (vd. p. 195 n. 3). • c o P i o : non classico, ma usato nel medioevo (Wattenbach 439, 55 0 ). Salutati ep. I p. 242S. scio illum divinum virum (sc. Petrarcham) librum qui sine titulo titulatur... composuisse... Libenter itaque illum viderem... Si ergo fieri potest, obtestor et rogo quod .copiari facias. e x e m p lo : nel senso di exemplum (exemplar) describo questo termine comincia ad apparire nella tarda antichità (a partire da Sidonio Apollinare, Thes. 1. L. V 2, 1326, 37ss.). Nel medioevo è termine usuale per 'trascrivere' (Wattenbach 263). È il termine più usato da Coluccio 1, nelle cui lettere compare anche il sosto e x e In p l a t i 0 2 e il parto sosto exemplatum 3. Mi sono anche venuti sott'occhio un paio di esempi in Gasp. Barzizza 4 e in Wla soscrizione di Gherardo del Ciriagio 5. Nessuna traccia invece di exemplo ' trascrivo ' in tutti gli altri umanisti da me esaminati, neppure nel più
{clùamate anche in ep. 2, 29 p. 159 orationes particulares, cioè' orazioni singole' contrapposte a quelle in serie come le Verrine e le Filippiche: vd. Ullman, Origin 38). E in effetti fece trascrivere in tre codici diversi,questi tre gruppi di orazioni: il Laur. 48, 22 (Filippiche e Catilinarie), il Riccard. 499 (Verrine) e un codice ora perduto così descritto nell'inventario dei libri di Poggio compilato alla sua morte: orationes numero XXXI in pergameno copertum corio nigro (Walser 419 nr. 8). I. Ep. I p. 134, 222 (vd. Ullman in Studi Castiglion i I048s.), 228, 253, 330 {vd. p. 16), 33IS.; II p. IO, 327, 342, 357 (vd. p. 45), 391, 4II (vd. p. 195 n. 2), 43 1 tvd. p. 8), 444,449 (vd. p. 25); III p. 76 (vd. p. II7), 105, 144, 146s. (vd. p. 13 2S.), 220S., 239, 370 (vd. p. 270), 374, 391, 501, 505, 516, 556, (vd. p. 103: in questo passo exemplo è stato frainteso dal Walser che interpreta •verfasste '; vd. Ullman, Origin 23 n. 8),620 (vd. p. 270), 628; IV p. 157 (vd. p. 182), 158 (vd. p. 192). Notevole ep. III p. 75 exemplantium sive librariorum inopiam. 2. Ep. I p. BI (vd. p. 16); III p. 104. 3. Ep. III p. 533 exemplar et exemplata. 4. Lett. al Landriani cito a p. 190 e a Lodovico Cocco in Sabbadini, Storia 289. 5. Ulhnan, Origin I I 3.
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antico, il Petrarca: essi sdegnano evidentemente l'uso di un termine non classico. traduco, transfero, transumo (con ab, ex, de e l'abl.): soscr. al cod. Ambros. E 67 sup., sec. XV, c. 31v (Sabbadini, Storia II3) Traductus ab exemplari insignis oratoris d. Guuniforti Barzizii etc. per me Bartholomeum ***** de Vicecomitibus clericum etc. ac litterarum apostolicarum abbreviatorem etc. die sabbati; Lamola in Guarino ep. 455, 139 quos ex vetusto illo ... traduximus (cf. p. 176); P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso cito a p. 171S. quae minus peifecte traducta sunt a nobis conftrent his quae tolerabiliter fuere transcripta; ibid. tu qui Candidum tuum credis tam diligenter ab antiquis scripta transferre ecc. Sui margini dell'Ottob. lat. 2057 delle opere retoriche di Cicerone è ricordato un primo trascrittore del Laudense con le parole primus translator, primus transftrmator (Sabbadini, Storia 97). Traversari ep. 232 col. 306 eius operis (Diogene Laerzio) duo sunt exemplaria . .. : alterum ex his de Guarini nostri volumine transumptum est (<< uno dei due è copiato dall'esemplare del nostro Guarino »). Simile la frase exemplum traduco (La\llola in Guarino ep. 455, 146 cito a p. 176), che è però da confrontare anche con espressioni come exemplum sumo o retraho (vd. p. 190). Per scribo, exaro 'trascrivo' vd. p. 93ss. Dal trascrivere viene distinta con un termine specifico l'operazione del riprodurre quasi disegnando, come in particolare nel caso di un testo scritto in caratteri sconosciuti al copista, ad es. greci: p i ng o, de p i ng o: Lamola in Guarino ep. 455, 132 (vd. p. 180); Guarino ep. 223, 57 (cf. p. 297 n. 3) curandum esset imprimis ut quicunque transcriberet Graecas etiam depingeret (litteras) ea qua iacent jòrma. Così Poggio può dire iperbolicamente che un supposto codice di Gellio integro, un codice quindi di particolare importanza, deve essere non trascritto, ma ridisegnato e soprattutto, aggiunge, non deve mancare il greco: ep. 8, 24 p. 237 da te igitur huic operi potissime, ut liber transcribatur vel pingatur potius ad alterius similitudinem, et id cura, ne quid desit litterarum Graecarum. Vd. anche A. Decembrio polito 75 c. 180r cito a p. 175. In tutt'altro senso pictor in Petrarca Jàm. 23, 19, 48 e varo 15 (vd. p. 198 n. 2), dove indica ironicamente la scrittura troppo artificiosa corrente al suo tempo.
LA TRASCRIZIONE
EXEMPLAR (EXEMPLARlUM)
Nell'antichità può significare sia genericamente 'libro, codice', sia 'modello, esemplare' da cui viene tratta una copia, sia la copia stessa (Thes. 1. L. V 2, 1324, 31SS.). Nell'uso umanistico ricorrono assai spesso i due primi significati, del terzo non ho trovato esempi. I) 'Esemplare di trascrizione, modello, antigrafo '. Thes. 1. L. V 2, 1325, 9ss. (esempi di S. Girolamo, Rufmo e S. Agostino). Diz. lat.-ted. 278: exemplar, exempel, da man ab schreibt, est principium formale ad cuius similitudinem fit res exemplata; Petrarca fim. 21, IO, 106 est michi volumen epy~tolarum eius (sc. Ciceronis) ingens, quod ipse olim m~nu propria, quia exemplar scriptoribus impervium erat (cioè, senza dubbio, era di difficile lettura per dei copisti), scripsi. Questo esempio esclude che nel Petrarca la coppia exemplar-exemplum, normalmente ' modello-copia " sia usata con significato inverso ed exemplar significhi sempre 'copia' come vorrebbe il Voigt, Briefsammlungen IO. Il Voigt cita solo due esempi, varo 4 e fim. 23, 19,40. In varo 4 però egli è stato tratto in inganno dalla lezione corrotta dell'edizione del Fracassetti: nella corretta lezione del passo exemplar ed exemplum hanno senza difficoltà alcuna il loro normale significato: reliquum est ut rogem reculas illas meas vobis, frater carissime, cure esse, si vacat j saltem Vitam solitariam; que si transcursa erit (<< se sarà stata rivista », cf. p. 283), ut spero, minietur ligeturque solemniter per
magistrum Benedictum, et mittantur ad me exemplum et exemplar diligenter panno cereo obvoluta inter ballas Iobanno1i de Cumis 1. Anche fam. 23, 19, 40 familiares epystolas meas... inter confusionem exemplarium. .. pene iam desperatas, non mi sembra confermi la tesi del Voigt. Si tratta delle minute o delle transcriptiones in ordine delle sue lettere che il Petrarca conservava presso di sé e su cui veniva fa-
Io Il Fracassetti leggeva: quae si transcripta erit, llt spero, minietur ligeturque solemniter per magistmm Benedictum et mittatur ad me exemplulII et exemplar diligenter panno cereo ohvolllta inter ballas Iohannolo de Como: qui sembra in effetti che l'exemplllm che il Petrarca vuoI riavere sia il modello e l'exemplar che prescrive di spedire accuratamente imballato la copia. La corruzione è denunciata da obvoIuta che non si accorda col resto. Ho desunto il testo corretto dal Rajna, Il codice Vaticano 3357 del trattato De vita solitaria di Francesco Petrarca, in Mise. Ceriani, Milano IglO, 673 n. I, che cita il nostro passo direttamente dall'autografo.
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.cendo via via correzioni e ritocchi in vista della pubblicazione della raccolta delle Familiares (Rossi, pref. a Petrarca Jam. p. XII); quindi non necessariamente' copie' (transeriptiones in ordine) perché in qual.che caso il Petrarca conservava la minuta. Exemplar avrà qui significato generico (anche noi diremmo «nella confusione degli esemplari »), ma va osservato che questi foglietti o fascicoli di lettere sono anche exemplaria in senso tecnico perché da essi viene trascritto il testo definitivo della raccolta. Elenco gli altri esempi petrarcheschi
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'" cominciato a trascrivere ») una et/m exemplari ac membranis; 306 -col. 398 novis et barbaris literis parumque emendatis, quod vitio potius librarii quam exemplaris adscribendum censeo: il codice di Tertulliano portato in Italia dal card. Giordano Orsini (vd. p. 174s.) è di scrittura recente e brutta e presenta numerosi errori che, a giudizio del Traversari, non risalgono all'antigrafo, ma sono stati commessi dal -copista; 385 col. 501 (vd. p. 143); Biondo Flavio, soscr. all'Ottob. lat. 1592 (Nogara XXXVII) non erat amplius in exemplari. .. Seripsi hunc Brutum Mediolani. .. ad exemplar vetustissimum repertum nuper Laude; Filelfo ep. c. 70r (vd. p. 191); c. II6v eodiees omnes quotquot ilio exemplari exseripti sunt; Poliziano mise. I 35 p. 577s. et item alter (sc. liber)... quem de vetusto exemplari... Nicolaus Nicolus... sua manu perseripserit; 41 p. 589 in--eodice Gelliano... quem... Nieolaus Nieolus ex vetustissimo exemplari fideliter. .. deseripserit. Una volta terminata la trascrizione, si era soliti correggere la -copia confrontandola col modello da cui era derivata; tale operazione viene indicata con la frase ad exemplar emendare o corrigere (vd. p. 251S. e 269). La stessa frase può però indicare per gli umanisti -anche la collazione di un codice con un altro diverso dal modello (vd. p. 253). 2) Exemplar assume poi praticamente il significato generale di 'libro '. Per l'antichità Thes. l. L. V 2, 1325, 20SS. (ad es. Suet. grammo 24 multa... exemplaria contraeta emendare ae distinguere et adnotare euravit); vd. anche, per l'uso di S. Girolamo, Arns 77. L'uso di exemplar in questo significato generico è diffusissimo fra gli umanisti: ne do solo qualche esempio più significativo; molti altri se ne potranno trovare nei vari passi citati nel corso dell'opera. Guarino ep. 633, 4 expeeto Plautum in dies integrum, exemplar ipsum vetus; Poggio ep. 9, 26 p. 359 compendium tuum ... quidam in principio (Jperis addi eupiunt,. non est meum praescribere aliis quid sint aeturi,. sed multa exemplaria emanarunt ad Gallias, ad Hispanias, ad Italos absque hac annotatione; 9, 30 p. 370 nomen de/evi ex eaeteris exemplaribus; Traversari ep. 225 col. 294 (vd. p. 222); 233 col. 307 invento tandem exemplari quo versus illi eontinerentur; 244 col. 320 exemplaria deeadum hie nisi mendosa non reperiuntur; Valla in Fac. p. 620 rem haud dubie utilem iis qui sua Livii exemplaria hac in parte emendare eupiant; Consto don. 37 p. 31 nos quoque mille et antique seripta exemplaria vidimus; Poliziano mise. I 52 p. 604 nisi mendum sit exemplarium; ep. 6, I p. 164 eonquerimur et quod apud eundem (il Calderini) pro' Lucrinis
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domibus' (Stat. silv. I, 3, 84) 'Laciniae' sint ... contra exemplarium jidem (cf. ep. II, IO p. 344 contra omnium fidem exemplarium). Si noti che, come tutti gli altri termini per ' libro', anche exemplar è usato indifferentemente oltre che per i manoscritti anche per i libri a stampa: Poliziano, soscr. alla collazione di Plinio il Vecchio nell'ediz. Romae 1473 (Maier 352) cum tribus vetustissimis codicibus contuleram idem Politianus hoc ipsum exemplar; P. M. Uberti, soscr. alla collazione di Celso nell'ediz. Florentiae 1478 (Maier 345) erat ... is ipse liber quem Fontius olim habuerat, cuius exemplo imprimenda haec exemplaria curavit. Aggettivi più notevoli: antiquum, vetus, vetusttlm e altri indicanti antichità (Guarino ep. 633, 4; Poliziano mise. I 34 p. 576; ep. 12, I p. 367 ecc.); emendatum (Poliziano ep. IO, 4 p. 3 IO ecc.); impressum (Poliziano mise. II 31, 2); probatum (Poliziano, soscr. a Cic. Att., vd. Perosa nr. 43); unicum (Poliziano mise. I 59 p. 624 in Senecae libris illis, qui iam diu delitueral1t, nuper il1 lucem, quanquam non admodum synceri, prodiere quibusque oratorum et rhetorum sententias, divisiones, colores suasoriarum complectitur, nisi forte mendosum credamus quod habetur exemplar unicum ecc. 1); vulgatum, pervulgatum (Poliziano ep. IO, 4 p. 3II; II, 25 p. 362; 12, I p. 367 ecc.; vd. p. 72SS.). Nel latino umanistico, come già in quello classico (Thes. I. L. V 2, 1320, 43ss.; Arns 75 n. 3), è usata sia la forma exemplar che il più raro exemplarium (vd. indice). Valla eleg. 6, 23 p. 215 reperitur etiam exemplarium pro exemplari: Plinius libro 6: « Iuba haec omisit in hoc tractatu, nisi exemplarium vitiosum est l>. Si tratta di Plin. nato 6, 170, dove però le edizioni moderne leggono nisi exemplarium vitium est. Che il Valla fondava la sua affermazione su un testo corrotto si era accorto già il Poliziano, il quale così scrive in un commento inedito alle Filippiche di Cicerone contenuto nel Monac. lat. 755: c. 54I errato .. Valla qui putat inveniri exemplarium pro exemplari. Nam mendose citat Plinii locum « Iuba haec obmisit in hoc tractu, nisi exemplarium vitiosum est l>, cum adhuc et il1 veteribus legatur « nisi si exemplal ium vitium est l>, tlt sit exemplarium vel pluralis genitivus ab illo ' exemplar ~ vel mobile ut 'exemplarius, a, um'; sed illud potius. 1. Per la scoperta di Seneca il Vecchio in età umanistica vd. Sabbadini. Scop. I 112: l'esemplare scoperto dal Bussi, da cui deriva anche la copia del Poliziano(Riccard. II79. vd. Perosa Dr. 25, Maler 347), non era in realtà l'unico testimone della tradizione: Wl altro esemplare ne aveva scoperto il Cusano.
LA TRASCRIZIONE
Per la distinzione fra exemplar ed exemplum vd. Wl altro passo del medesimo capitolo delle Blegantiae cito a p. 1915.
EXEMPLUM
Per l'uso di questo termine nel latino classico H. Kornhardt,
Bxemplum. Bine bedeutungsgeschichtliche Studie, Diss. Gottingen 1936, in particolare p. 545. Ne riporto le conclusioni. Un significato ben attestato in età classica è ' formulazione, tenore, redazione' di WlO scritto, non importa se copia o originale. Talvolta si tratta di copia (Cic. Att. 13, 6, 3), ma l'origillàle è exemplum anch'esso. In epoca più tarda sorse una gran confusione nell'uso delle parole exemplum, exemplar, exemplarium nei significati di 'tenore di WlO scritto', , originale', 'copia', 'esemplare '. Cf. anche Thes. l. L. V 2, 1349, 39ss. Per l'età umanistica ci sono esempi chiari dell'uso di exemplum nel senso di 'copia'. Diz. lat.-ted. p. 278: exemplum, das man aL
schreipt, dicitur res ad instar, ad similitudinem alicuius Jàcta, unde liber dicitur exemplar originalis, sed liber ab eo transcriptus dicitur exemplum; Salutati ep. II p. 471 exemplo sumpto . .. restitueret exemplar; particolarmente interessante III p. 373 dici quidem non potest quam molesta michi sit ista corruptio que libros omnes. invasit. Vix enim invenitur iam ex Petrarce Boccaciique libellis codex fideliter scriptus quique non multum ab exemplaribus degeneravit: sunt quidem non exempla, sed exemplorum similitudines. Vera quidem exempla vestigia sunt exemplarium atque sigilla: que vero pro exemplis habemus adeo dissident ab exemplaribus quod plus ab eis de.ficiant quam statue deficere solent ab hominibus quorum simulacra sunto Hec quidem, licet habeant ora, nichil dicunt; ilia vero, quod deterius est, contraria suis exemplaribus sepe dicunt (vd. Ullman, Humanism 104); III p. 514; IV p. 85 (al Vergerio) vellem etiam quod exemplum, de exemplari quidem non dubito, de ortographia diligenter revideas atque corrigas. Et inter alia nimius fuit ille scriptor in littera pythagorea (l'y): si tratta di Wla copia del De ingenuis moribus del Vergerio stesso; il Salutati gli raccomanda di correggere gli errori di ortografia del copista, giacché dell'originale, com' egli dice con Wla pWlta d'ironia, non dubita. Lamola in Guarino ep. 455, 146
ex eo accurato exemplari exemplum quod vulgatum ubique est traduxerunt; Tobia dal Borgo in Guarino ep. 759, 275 ab eo fide dignissimo
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exemplari plura retrahantur exempla; Pontano, Actius p. 141s. (vd. p. 318). In questi esempi exemplum è sempre contrapposto ad exemplar. Ma nel senso di 'copia' si trova anche da solo: Salutati ep. I p. 251 pluribus sumptis exemplis; III p. 105 velim autem dignetur benignitas tua, si quos habueris poetas extra communes istos, vel hystoricos vel morales, qui discurrunt per omnium manus, ut scire possim, quO' de sumendis exemplis valeam providere {si noti l'espressione exemplum sumere « trarre copia l); cf. sopra exemplum retrahere); Biondo FlavioItal. ill. p. 346 Cosmus quidam egregii ingenii Cremonensis tres De' oratore libros primus transcripsit multiplicataque inde exempla omnem Italiam desideratissimo codice repleverunt; Merula, pref. a PIauto (Botfield 143) unum tantum fuisse librum a quo, veIut archetypo, omnia' deducta sunt quae habentur exempla (cf. p. 314; nella stessa prefazione compare anche exemplar nel senso di 'modello, antigrafo '). Anche in una lettera di Gasp. Barzizza a Gerardo Landriani (Sabbadini, Storia 84S.) exemplum sembra distinto e contrapposto ad exemplar: feci autem ut pro illo vetustissimo ac paene ad nullum usum apto (il cod. Laudense di Cicerone) novum manu hominis doctissimi scriptum, ad' illud exemplar correctum, alium codicem haberes ... Nunc ad te librum rltldum ac inornatum mitto; neque enim mihi aliter per occupationes meas licuit nec prius exemplari a librario meo, qui hoc exemplo usus fuit, tarnetsi instarem, potuit. Il Sabbadini stesso (Storia 92S.) ha giustamente interpretato questo passo. L' homo doctissimus che ha trascritto il Laudense è Cosimo Raimondi; hoc exemplo va distinto da exemplar: exemplar è il Laudense, exemplum la copia eseguita dal Raimondi,. di cui, a causa della difficoltà di lettura del Laudense, si è servito il copista del Barzizza per allestire un'altra copia; ciò ha cagionato. un ritardo nell'invio del codice al Landriani. Come per l'italiano 'copia " dal valore di 'riproduzione' al valore più generico di ' esemplare' il passo è breve e la distinzione non è nemmeno sempre sicura. Petrarcafam. 4, 15, 9S (vd. p. 339)~ 5, 16, II veriti... ne ... illius (sc. epistulae) etiam periret exemplum; 8, 9, 190 literarum quas Florentinis misi. .. exemplum his innexui; 24, 2, 92 exegisti. .. ut... exemplum tibi epystole utriusque transmitterem;. Guarino ep. 666, 22 libellus, cuius exemplum olim transmiseras; Filelfoep. c. 52V tu mea omnia carmina ita habes apud te ut eorum mihi esse' nullum reliquum exemplum velle videaris; c. 78r cuius epistolae exem-· plum ... ad te dabo; Poliziano ep. I, 1 p. I ita nec exempla (delle suelettere) mihi retinui, nisi quarundam; II, I p. 327 mitto exemplum..
LA TRASCRIZIONE
lpSlUS epistolae. Anche da questi pochi esempi scelti a caso apparecome exemplum sia assai spesso usato per lettere, come già in Cicerone (Att. 3, 8, 4 litterarum exemplum, quas ad Pompeium scripsi, misi tibi; vd. Thes. 1. L. V 2, 1349, 47ss. e, per il valore di exemplum in questi passi, Kornhardt, l. c.). Talvolta troviamo nello stesso contesto exemplum ed exemplar come sinonimi: Vat. lat. 1958 (Tacito), soscr.: in exemplari tantum erat. Si quispiam hinc descripserit novum, sciat me quantum repperi fideliter ab exemplo transcripsisse (Sabbadini, Storia 190 n. 2); Filelfo· ep. c. 70r Accursius Pisanus. .. cum esset ab me rogatus ut XII illas Plauti comoedias... mihi exscriberet· earumque exemplar a te peteret.. respondit . . , te nentini eiusdem exemplum crediturum. Invece in Salutati ep. II p. 194 exemplum assume forse il significato di 'antigrafo, modello': Henricus de ** repetit quoddam scriptum super Martiano Capella: non graveris sibi dicere quod illum (sic) fed inchoari per quendam scriptorem... Sed me decepit et vix exemplum potui rehabere. Nichilominus si librum desiderat, mox remittam. Il volgare 'exemplo' col significato di 'modello, esemplare di trascrizione' in Vespasiano ep. 16, 14 «le Vite 1. .. si seguitano· chongrandissima dificultà che cc'è (a) 2 avere questi benedetti exempri »; 25, 5 « manchami alchuni exempli per finire e libri della Badia. di Fiesole; e sono suto a San Marcho e dicono non gli possono prestare sanza vostra licenza, sotto pena di scomunicatione»; Perotti in Vespasiano ep. IO, 26 (vd. p. 135). Il Valla, eleg. 6, 33 p. 215 In Festum Pompeium, de exemplum et exemplar, discute a lungo sul significato e stilla differenza di queste due parole, partendo dalla definizione di PauI. Fest. p. 72 L. exemplum est quod sequamur aut vitemus, exemplar ex quo simile faciamus:illud animo aestimatur, istud oculis conspicitur. Il Valla scrive: exemplaria multa sunt, unius tamen exempli, ut « redditae sunt mihi binae" literae tuae eodem exemplo l), id est eiusdem formae, et « duo vel tria exemplaria Aeneidos», hoc est multi codices eodem exemplo: et exemplar abexemplari sumitur, non ab exemplo: nam exemplum incorporale est, exemplar plerunque corporale. Segue citando esempi classici di exemplum ed exemplar e conclude: hi de pagina scripta, quod corporale est, intelL Vespasiano stava allestendo per Piero di Cosimo de' Medici una raccolta delle Vite di Plutarco tradotte in latino; cf. p. 136. 2. L'integrazione del Cagni non mi sembra necessaria.
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ligunt, ille de sententia quae in pagina (,;ontinetur vel potius ex pagina perdpitur. Quod si indistinete his duobus libet uti, non sane repugnabo, quum praesertim Ovidius dieat exempla plura unius rei pro exemplaribus. Nam unius rei unum atque idem exemplum est proprie, ut dixi, in diversis licet exemplaribus. Loquens enim de opere suo Metamorphoseos, libro primo De tristibus (I, 7, 24) ait: « Pluribus exemplis seripta fuisse reor ». Accanto ad exemplar-exemplum, che sono la coppia più largamente diffusa, troviamo altri vocaboli per indicare il modello e la copia. Per originale e archetypum nel senso di 'modello' cf. p. 317 e p. 319. c o P i a : usato spesso nel latino di alcuni umanisti come sinonimo di exemplar, exemplum: vale' copia, apografo', ma talvolta più semplicemente 'esemplare', tanto che si può parlare anche di copia originalis. Compare anche spesso detto di lettere, in frasi in cui Cicerone userebbe exemplum (cf. p. 191). Salutati ep. II p. 104S. (a ser Guccio di Francesco Gucci) habui de manibus ser Laurentii tui germani copiam originalem, ut arbitror, ad me sub nomine fratris mei magistri Feltri stilo reprehensorio destinatam... Habui et copiam littere quam tu ipse videris ad meum ser Dionysium direxisse: la ' copia originale ' è la lettera spedita al destinatario, mentre dell'altra lettera, non diretta a lui, il Salutati ha ricevuto una semplice' copia " non l'originale stesso; ep. III p. 158 eopiam littere ... tibi mitto; p. 363 eopiam unius littere quam magnifici domini mei super hae materia reeeperunt mitto abi presentibus interclusam; p. 392 vidi eopiam littere quam populo tuo Pensauri seribis; p. 522 nunc autem audivi te Plutarehum in Cieeronis nostri vita transtulisse, quod si te fecisse contigit, opto petoque ut exemplum miehi mittas. Sin autem id non feeeris, eopiam in Greco non invideas oro (si notino exemplum e copia usati come sinonimi); p. 523 Philostratus Atheniensis... multos describit heroas. Volo quod miehi. .. eopiam habitus Hectoris et quid circa eius personam, vestes et arma describat, ut recitat, translatum mittas; IV p. 157 quid de te sentiat tractu longiuscule pagine demonstravit; quod ut videas, eius feci copiam intercludi; p. 158 (al Bruni) revidens epistolas tuas perpendi te non eius (se. epistulae) quam putavi, cuique large respondi (<< e a proposito della quale» ?), principium de soloecismo corrigendum «< liberarlo dall'errore grammaticale») suadere. Sed et illam vidi, cui, cum recte sit, puto inter exemplandum vitium aliquod irTepsisse. Mitto tibi principium, ut cum
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~opia
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vel principali, quam ad illum scripseram, revideas corrigasque. Vel indica michi vitium, quod fateor non videre. Il Bruni con la lettera IO, 5 (ripubblicata con lezione migliore dal Novati in Salutati ep. IV p. 375ss.) aveva criticato l'inizio di una lettera del Salutati a lui diretta (ep. IV p. I 13ss. Linus Colucius Salutatus Leonardo Ceccho Aretino summi pontificis a secretis salutem dicit), biasimando come poco classica l'espressione Leonardus Cecchus per Leonardus Cecchi filius e l'aggiunta del nome Linus davanti a Colucius. Inoltre, nella chiusa di un'altra lettera, la 1, 3, chiusa conservata solo da alcuni codici (vd. Novati in Salutati ep. IV p. III n. 2), gli aveva scritto: tu autem, si vera scribere ~uras, istam partem epistolae corrigas; constructionem etiam quae est in initio ut imperfectam ac male ornatam, anudendo a una lettera del Salutati indirizzata a Iacopo Angeli da Scarperia (ep. IV p. IIOSS.). Coluccio difende l'uso di Leonardus Cecchus e Linus Colucius, ma rivedendo le due lettere dell'amico (epistolas tuas) si accorge che quello gli consigliava di correggere l'inizio non della lettera indirizzata a lui, ma di quella a Iacopo Angeli (quam ad illum scripseram; vd. anche la nota del Novati, IV p. 148 n. 1). Rivistala, non vi trova nessun errore e, supponendo che quello cui allude l'amico possa essersi insinuato nella trascrizione, gli invia il principio della lettera in questione perché egli corregga 1'eventuale errore presente nella sua copia o anche nell'originale stesso che è in mano al destinatario (ut cum copia vel principali. .. revideas corrigasque). Ibid. IV p. 254 res . .. et epistolas meas miror quod tanti facias; procurabo tamen quod .aliquarum copiam habeas; Lombardo della Seta, letto cito a p. 198 n. 5; Guarino ep. 606, 5 cito a p. 254; Niccolò Leonardi in Guarino ep. 53, 23 cito a p. 306; Facio in Guarino ep. 849, 13 detulit ad nos Cornelium CelsUI1l ... ; si mihi commoditas dabitur, curabo eutn tran.scribi ut eius apud nos copia relinquatur; Aurispa ep. 104 p. 126 (vd. p. 319); Poggio ep. 7, 8 p. 160 libellus vero cave perdatur; nam nulla est apud me iliius copia; 8, 19 p. 229 mitto tibi copiam litterarum; 9, 30 p. 370 mitto tibi exemplar duarum epistolarum, quas Bartholomaeo Facio rerum suarum scriptori destinavi; et copiam insuper epistolae quam scrip.si nuper ad Ioannem Vayvodam Hungarum (si notino copia ed exemplar usati a breve distanza col medesimo significato); ep. p. 309 Wilm. mitto tibi copiam litterarum Aurispae; Traversari ep. 247 col. 322 instant apud me magni viri . .. ut epistolas meas illis scribendas tradam; et quum harum non esse penes me copiam respondeam, eas ut ex his ad quos scriptae sunt colligendas curem, postulare pergunt avidissime; 13
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in ep. 95 col. 126 (vd. p. 340) il Trave:-sari usa nello stesso significato exemplar. L'uso di copia per exemplar o exemplum è biasimato dal Valla perché non è della buona latinità (cf. Krebs-Schmalz, Antibarbarus I 365): rivedendo le bucce a Poggio egli scrive (in Pog. p. 314): Pog(ius): Redegi in parvum volumen nonnullas epistolas quas olim aa te scripsi; id destinare constitui ad quendam Franciscum Ferrariensem et epistolam addidi in principio, cuius copiam ad te mitto (= Poggio ep. p. 289 Wilm.). Lau(rentius): Iam volumen pro opere multorum librorum et destinare pro mittere et copiam pro exemplari sive exemplo ostendi non Latine dici. Non saprei dire a quale suo scritto egli voglia qui alludere: alla parola copia dedica un capitolo delle Elegantiae (4. 65), illustrandone i significati, ma senza alcun accenno all'uso di di copia per exemplar o exemplum. a n t i g r a p h o n : nell'antichità greca poté significare genericamente 'manoscritto' (Liddell-Scott S. v.), ma anche, ' esemplare di trascrizione' (soscrizione di Ireneo al 1te:pt by8o&.8ol;; in Wattenbach 321: xa.t xa.'t'0P.&6>O'"(lI;; a.Ù't'ÒI;; 1tPÒI;; 't'Ò &V't'typa.qlOV). Il significato di 'esemplare di collazione' in una soscrizione latina del 402 d. C. Oahn nr. 4) temptavi emendare sine antigrapho meum et adnotavi (cf. Jahn nr. 8 Fl. Eutropius emendavi sine exemplario): il codice è stato cioè emendato congetturalmente, senza collazione con altro esemplare. In età umanistica corrisponde perfettamente al latino exemplar e indica esemplare di trascrizione in una lettera di Demetrio Calcondila 1: 't'WV IL&.ÀLa't'a. 8uva.'t'wv 't'LI;; ••• ~OUÀe:'t'a.L ILe:'t'a.ypa.ql1jva.l o~ 't'eX: 't'oi) ~'t'P&.~WVOI;; ~L~Àta. &1; &V't'LYP&.qlWV Wl;; ot6v 't'e: bp.&wv. Nel Poliziano troviamo una volta la coppia antigraphon-apographon nel significato di 'modello' e 'copia', ma non in senso tecnico-librario: in mise. I 49 p. 598, paragonando l'epigramma sull'Occasione di Ausonio (12 p. 323s. Peiper) col modello greco di Posidippo (Anth. Palo 16, 275), afferma la superiorità del greco: nam in istis omnibus, ut ita dixerim, mangonissandis nescio quo pacto Gfaeci belliores quam Romani nostri, tum velut ab antigrapho decidere apographon erat necesse.
l.
H. Noiret, « Mél. d'archéol. et d'hist. de l'Éc. française de Rome» 7.
188 7, 487.
LA TRASCRIZIONE
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COPISTA
Il librarius (seriptor) era talvolta un vero e proprio segretario che viveva in casa del suo datore di lavoro 1 e, oltre a trascrivere codici, copiava in bella calligrafia le lettere 2. Talvolta doveva anche essere capace di scrivere velocemente sotto dettatura 3. Quanto al pagamento, dalla testimonianza del Traversari cito nella n. 1 apprendiamo che un copista che lavorava a domicilio chiedeva 30 ducati annui oltre vitto e alloggio. Altrimenti iI- copista si faceva pagare in ragione del lavoro svolto: Traversari ep. 502 col. 619 duos aureos mittimus pro seripto Cbrysostomi per te librario solvendos; oppure il prezzo era fissato a un tanto al quinterno: Poliziano, Prose 78 (lettera del 1491) « ho trovato ancora uno scrittore greco (cf. librarius Graeeus, p. 202) in Padova e fatto il patto a tre quinterni di foglio
1. Aurispa ep. 35 p. 54 dominus Angelus scriptorem domi habet; Poggio ep. 6, IO p. 103 cum ... scripsissem ad te epistolam dedissemque eam librario meo, qui ferme continuo domi manet, ut illi redeunti... traderet. Altra volta invece, Poggio dice esplicitamente che stava facendo scrivere un libro fuori di casa (ep. 3, 27 p. 265; vd. p. 93). Traversari ep. 244 col. 320 putabam librarium optimum atque Iectissimum tibi comparasse . .. XXX ducatos annis singulis, adiecto honesto victu, postulabàt; Filelfo ep. c. 86r (cf. p. 135). 2. Salutati ep. II p. 4II, scusandosi per la grafia della lettera: parce si librarius meus non polite sicut oculi delicatiores exigunt exemplavit (' trascrisse 'l; Poggio ep. 8, 2 p. 188 rescribendi (' del trascrivere ') ... laborem fugiens . .. distuli epistulam diutillS quam aequum erat. Abest enim librarius meus, qui me ab huiusmodi molestiis liberare consuevit; 8, 3 p. 189 cito a p. 182; 8, 45 p. 280, in un poscritto: superiora sullt librarii manu. 3. Traversari ep. 171 col. 231S. si cupit Pontifex me transferendis Craecis Iibris incumbere, paTUm soiatii adtulit, quia librarios saltem duos habere oportebit, qui dictata excipiatlt. .. Respondeat fortasse tacitus et dicat ex pueris nostris debere adsumi qui transcribant. Ad quod ego: libenter id quidem facerem, sed lente nimis hactenus scrifnmt neque adhuc su.fficerent dictata excipere; 260 col. 339 iniunxit Pontifex ut traducendis ex Craeco sacris literis vacem atque ad hoc librarios quatuor conducam, ipso sumpluum ferente solIatia. .. Tuis curis ingentibus halle adiectam velim, Cosme noster j primo ut numerum librariorum adsequar nostratium qui sint velocissimi neque imperiti excipiantque dictata commode atque transcribant et sibi succedant invicem, ne ipse in scribendo laborare habeam; 503 col. 619 duos vel, si posset, tres vel quatuor librarios. .. nobis conducendos curaret, qui exciperent ex ore nostro vel certe a nobis emendata rescriberent: il Traversari dlmque componeva spesso dettando; poi rivedeva e correggeva (cf. p. 251) e infine il copista ritrascriveva tutto in bell'ordine.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
per ducato» (Sabbadini, Scop. I 210 r. 3). Sul pagamento dei copisti e sui sistemi di trascrizione abbiamo un'interessante testimonianza di Vespasiano in una lettera stesa per lui in latino da Donato Acciaiuoli: ep. 2, 6ss. (a Filippo Podocataro, a. 1448) superioribus vero meis certiorem te reddidi Florentie neminem esse qui ad fragmenta scribat. Reperirentur vero scriptores ad volumina eo pacto quo exoptas, hoc est ut unumquodque latus quinquaginta lineas, versus vero singuli elementa septuaginta continerent. Pretium unius voluminis essent grossi sex. L'interpretazione di questo passo presenta qualche difficoltà. La curiosa espressione ad fragmenta scribere si oppone evidentemente all'altra scriptores ad volumina: si può supporre che si alluda a un sistema di trascrizione diffuso anche in età umanistica (per il medioevo vd. Lindsay 26ss.), quello per cui, per trascriverlo più rapidamente o per ottenere più copie contemporanee, l'esemplare sciolto nei suoi fascicoli era distribuito fra più copisti che lavoravano simultaneamente 1. Una qualche somiglianza presenta il sistema della 'peeia' sviluppatosi nelle grandi università medievali (Destrez, La pecia, Paris 1935: per la sopravvivenza di quest'istituto fino alla prima metà del xv sec. ibid. p. 24s.). Si potrebbe anche fare un passo più in là e supporre che sotto l'aulico travestimento di fragmentum si nasconda il termine medievale ' pecia '. Il Podocataro aveva forse chiesto copisti capaci di lavorare contemporaneamente trascrivendo ognuno una parte (o più precisamente una' pecia '?) dell'esemplare e Vespasiano risponde che si trovano solo copisti disposti a lavorare da soli alla copia dell'intero codice. Essi potrebbero, come il Podocataro desiderava, scrivere in maniera che ogni pagina (latus) avesse
1. Esempi di quest'uso in età umanistica: Guarino ep. 510. 24ss. Athanasium multis transcribendum distribueram, primo pro me retento quinternione quem transcribere coeperam (sui quintemi di questo codice cf. anche ep. 514. 2SS. e 535. 18s.); Niccolò Perotti in Vespasiano ep. IO, 22SS. «el Polibio mio non posso mandare perché non ho se non lIDO squademato et con quello ne fo scrivere uno pel signor Malatesta di Cesena et uno per messer Piero da Noceto »; Traversari ep. 512 col. 626 scribit ad nos paulus noster (il Toscanelli). si Donatus ille (Tib. Donato) mittatur, plures fore qui transcribant, ut non totum onus tuum futurum sit celeriusque ea res exigatur. Il codice M (Laur. 49, 9) di Cic.fam., quando nel 1392 fu fatto trascrivere da Pasquino Capelli per il Salutati, non era legato, ma disciolto nei suoi fascicoli e per approntare più in fretta la copia (P = Laur. 49, 7) più copisti lavorarono contemporaneamente: infatti P è scritto da più mani e i suoi fascicoli corrispondono esattamente a quelli di M (G. Kimer. « St. it. di fil. class. » 9, 1901, 400s.).
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cinquanta righe e ogni riga settanta lettere. Fa difficoltà la frase pretium unius voluminis essent grossi sex: volumen sembrerebbe essere un'unità di misura ben precisa, dato che serve a fissare il prezzo, e inoltre sei grossi sembrano pochi per la copia di un codice intero. Non so con quale fondamento il Sabbadini (Scop. I 210 n. 3) affermi: « con volumen intenderà un binio ». Non di rado un umanista aveva più d'uno scriba al suo servizio 1. Poggio li istruiva personalmente a scrivere l'antiqua 2: per tutti gli umanisti era importantissimo che la scrittura di un copista rispondesse ai loro ideali di eleganza, chiarezz~, esattezza ortografica. Il Petrarca, facendo l'elogio del Malpaghini, che visse qualche tempo presso il poeta, ne fu discepolo e gli prestò la sua opera di copista, così loda la sua lrascrizione delle Familiares: quas tu olim illius manu scriptas... aspicies, non vaga quidem ac luxurianti litera, qualis est scriptorum seu verius pictorum nostri temporis, longe oculos mulcens, prope autem afficiens ac fatigans . .. , sed alia quadam castigata et clara seque ultro oculis ingerente, in qua nichil oTtographum, nichi[ omnino grammatice artis omissum dicas (ram. 23, 19, 46ss.). Guarino (ep. 366, 14ss.) raccomandava a Giacomo Zilioli il copista fiorentino Mariotto, scriptor ornatissimus JOrmae vetustae; il Filelfo in ep. c. 86r chiede a Bartolomeo Bucinio di procurargli un librarius che si serva non della scrittura del volgo indotto, ma iis litterarum notis quae ad Atticas quam proxime accedant (vd. p. 134s.).
Un luogo comune degli scritti umanistici sono le lamentele L Petrarca varo 15 soleo habere scriptores quinqlle ve1 sex; habeo tres ad praesens; Poggio ep. 4, I p. 294 duos habeo seriptores; 4, 2 p. 295 nullum . .. scriptorem habeo. nam is qui unieus erat abiit et duo qui venturi erant nondum vetlerunt; 4, I I p. 320 faciu per unum de meis scriptoribus scribi epistolas Hieronymi ecc. Il Traversari ne voleva assumere addirittura quattro (ep. 260 col. 339, vd. p. 195 n. 3). 2. Ep. 2, 27 p. 155 si potero hune seriptorem tenere ne evolet, absolvet mihi multa:
nam et praesto scribit et iis litteris quae sapiunt antiquitatem, ad quod eum trusi summu cum labore: sed Neapolitanus est et ita levis, ut ad eum eomprimendum esset opus pistrino; 2, 29 p. 159s. hie scriptor meus, quem summo labore litteras antiquas edocui, Neapolitanus est; hoe eum scribo, putato eum hominem esse spurcissimum et turpissimae vitae; ep. p. 305 Wilm. habeo scriptorem rudis ingenii et moriblls rustieanis. lam quatuor mensibusnil aliud ago quam eum doeere ut diseat seribere, sed vereor ne litus arem. Scribit modo Valerium in quo experitur ruditatem suam, sed in diem fit stultior. ltaque damo, intono, iurgo, increpo. At is habet aures pieatas, plumbeus, eaudex. stipes, asinl4S et si quitl stolidius ineptiusque dici potest. Dii eum perdant! Obligatus est mecum biennio, forsan torrigetur.
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contro i COPIStI: essi sono i responsabili dei numerosi errori penetrati nei testi e hanno talmente corrotto gli scritti degli antichi che gli autori stessi non li riconoscerebbero più I; sono pittori, non scrittori 2; sono incostanti, leggeri, ignoranti e malfidi 3; ah, potersi liberare di simile molestia! 4. Frequentissimi inoltre gli accenni all'inopia librariorum 5. Le cause delle difficoltà che incontravano gli umanisti nel trovare rispondenza alle loro esigenze fra gli amanuensi di allora (scribi delle università, monaci ecc.) sono egregiamente illustrate dal Wattenbach (p. 484). Troppo nuove e rivoluzionarie erano queste esigenze: essi sdegnavano come poco leggibile e lontana da un ideale classico la scrittura del tempo; pretendevano dalla copia scrupolosa fedeltà all'esemplare e correttezza fin nelle minuzie ortografiche; i testi che volevano far copiare, non di rado da codici antichi e di difficile lettura, erano diversi dai soliti. Così furono costretti a trasformarsi in scribi essi stessi 6 e ad addestrare personalmente i copisti da tenere al loro servizio. L Petrarca rem. I, 43 p. 54S.; Salutati de fato 2, 6 p. 342, 19ss. 2. Petrarca fam. 23, 19, 48 scriptorum seu verius pictorum nostri temporis; varo 15 non inveniuntur scriptores, sed pictores, utinam tlOn inepti. 3. Petrarca fam. 23, 12, IIISS. quanta ... sit scriptorum fides, quanta constantia, quantus denique intel/ectus, experti scimus: pol/icentur plurima, corrumpunt omnia, nichil expediunt; seno 5, I p. 875 decies vel eo amplius retentavi ita scriptum mittere (se. opusculum) ut, etsi stylus neque aures neque animum, litera saltem oculos oblectaret, verum studio meo votoque obstitit illa, de qua totiens queror, nota tibi scriptorum fides, industria, nobilibus non ultima pestis ingeniis; Salutati ep. III p. 505 multotiens hactenus expertus sum scriptorum vel, ut accomodatiore loquar verbo, librariorum cum fastidia tU/ll infidelitatem atque mendacia, tum damnosas fugas et compilationes. 4. Poggio ep. 3, 27 p. 265 hi mei scriptores tanta molestia me afficiunt, ut persaepe mal/em carere libris quam illos tanto fastidio parari. 5. Petrarca seno 13, IO p. 1020 plebeios atque incomptos apices scriptorum raritas absolvat; Lombardo della Seta, letto edita in Studies Ullman II 235: de copia dictorum librorum habenda tibi ... nullo modo consulere scio, cum hic scriptorum ingens inopia sit; Guarino ep. IO, 45ss. quae ei transcribi curabo . .. , quamvis et rara et cara hic adsit scribentium, hoc est librariorum opera; Poggio ep. IO, 8 p. 20 cito a p. 321; Hermann Schedel, letto cito a p. 132; Traversari ep. 218 col. 286 per librariorum penuriam non licet; 230 col. 303 scrt'ptorum inopia; 232 col. 306 tanta quippe librariorum penuria est. 6. Nellafam. 18, 12 il Petrarca narra come la mancanza di copisti capaci (scriptorum hec intelligentium ingens raritas atque penuria) lo abbia costretto a trascrivere personalmente il codicetto di orazioni ciceroniane prestatogli da Lapo da Castiglionchio. Interessante il metodo che egli dichiara di aver seguito, cioè di legger trascrivendo: r. 30ss. nichillegi nisi dum scribo. «Quid ergo? - dicat aliquis - scri-
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Faccio seguire i termini per • copista ' cominciando dai due più usati, seriptor e librarius, ed elencando poi gli altri in ordine alfabetico. s c r i p t or: nell'antichità significa soprattutto ' scrittore', ma non perde mai completamente il valore più antico di 'trascrittore, copista' (Kornemann, RE., 2. Reihe, II A, 848, 52ss., s. v. seriba) ed è usato in questo senso ad es. in Cic. Brut. 88, Hor. ars 354, Tac. anno 15, 63, nell'Editto di Diocleziano, in Girolamo (vd. Arns 62). In età umanistica il termine ha grande fortuna: è l'unIco vocabolo per , copista' nelle Familiari del Petrarca 1 e nell'epistolario dell'Aurispa 2 ed è frequentissimo, accanto ad altri termini, negli epistolari del Salutati 3, di Poggio 4 e del-Traversari 5. l i b r a r i u s: è il termine più usato nell'antichità per 'copista' (Bilabel, RE. XIII 137, 34ss.). Si trova nel Salutati 6 e in Poggio 7 accanto a 5eriptor. Nell'epistolario del Traversari è di gran lunga più frequente di 5eriptor (30 esempi contro 9) 8. Per Guabebas et quod scriberes ignorabas?» Michi autem ab initio safis fuit nosse quod Tuili i opus esset idque rarissimum; procedenti vero per singulos passus tantum dulcedinis occursabat tantoque trahebar impetu ut legens simul ac scribens laborem unum senserim, quod lam _ve1ociter ut optabam calamus non ibat, quem verebar oculis anteire, ne si legissem scribendi ardor ille tepesceret. Sic igitur calamo frenante oculum atque oculo calamum urgente provehebar, ut non tantum opere delectatus sim, sed inter scribendum multa didicerim memorieque mandaverim. Quo enim tardior est scriptura quam lectio, eo altius imprimitur heretque tenacius. I. Fam. 18, 12, 4 e 25; 21, IO, 107; 23, 12, 112; 23, 19, 48. 2. Ep. 35 p. 54; 86 p. 106. _ 3. Ep. I p. 228, 312, 3305.; Il p. IO, 194; III p. 505, 532; IV p. 85. 4. Ep. 1,21 p. 81; 2, 22 p. 149; 2,23 p. 150; 2,26 p. 153; 2, 27 p. 155; 2, 29 p. 159; 2, 36 p. 171; 3, 13 p. 211; 3, 14 p. 213; 3, 15 p. 214; 3, 22 p. 223; 3, 25 p. 261; 3, 27 p. 265; 3, 28 p. 266; 3, 38 p. 286; 4, I p. 294; 4, 2 p. 295; 4, II p. 320; 4, 17 p. 340; II, 22 p. 84; 12, 21 p. 153; 12, 25 p. 167; ep. p. 305 Wilm. 5. Ep. 44 col. 82; 45 col. 83; 49 col. 86; 216 col. 283; 230 col. 30 3; 237 col. 311; 271 col. 354; 503 col. 619 (bis). 6. Ep. Il p. 411; III p. 75, 505. 7. Ep. 2, 34 p. 1675.; 2, 39 p. 176; 2, 41 p. 1785.; 3, 20 p. 221; 6, IO p. 103; 7, 3 p. 150; 8, 2 p. 188; 8, 45 p. 280; IO, 8 p. 20; II, 30 p. 101. 8. Ep. 134 col. 187 e 188; 135 col. 189 e 190; 152 col. 211 (bis); I71 col. 231 e 232; 206 col. 267; 218 col. 286 (bis); 227 col. 297; 231 col. 303; 232 col. 306; 244 col. 320; 260 col. 339 (ter); 271 col. 353; 298 col. 388 (bis); 306 col. 398; 309 col. 404; 465 col. 588; 502 col. 619 (bis); 503 col. 619; 508 col. 622 e 623; 51} col. 626.
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rino 1, il Filelfo 2, il Valla 3, il Beroaldo l e il Poliziano 5 è il termine usuale e seriptor compare solo Wla volta in Poliziano ep. 4, 9-
p.
125 6 •
Dunque nell'uso umanistico librarius si è progressivamente af-· fermato su seriptor. Poiché quest'ultimo termine nel latino classicocome in quello umanistico indica anche lo scrittore nel senso più alto della parola 7, a un certo pWltO gli umanisti avranno preferitolibrarius come termine meno ambiguo, più 'appropriato' per dirla col Salutati, ep. III p. 505 scriptorum vel, ut aeeomodatiore loquar verbo, librariorum . .. ftstidia. Anzi in un interessante passo della Politia Iit-· teraria il Decembrio addirittura teorizza questa distinzione fra serip-. tor 'scrittore' e librarius 'copista' e la fonda sull'uso dei classici,. nei quali, egli afferma, non comparirebbe mai scriptor per' copista "~o affermazione non del tutto esatta, perché non mancano, come abbiamo visto, esempi antichi di seriptor in senso materiale 8. Val la pena di citare per esteso il passo del Decembrio, tanto più che nelledue edizioni cinquecentesche è sconciato malamente: 27 cc. 59r-60r differt seriptor ab eo maxime quem seriptorem eorrupte appellare solent, hoc est librario. Nam quem vulgo seriptorem dieunt, pro eo qui chartam aut pugillares seu libellos aut ealamarias pigmentariasve theeas traetat, in exeribendis sciIieet aliorum auetorum operibus, eum nequaquam ego seripto--
lo Ep. IO, 46; 17, II7; 79, 22; 83,24; 223,36; 318, II; 366, 5; 408, 5; 578,. 41; 631, 7; 879, 8 e 9· 2. Ep. c. 3V; 32r; 34r; 49r; 68v; 69r; 7IV; 85r; 86r; 86v; 88r; 95v; 96r. 3. Eleg. I, 17 p. 24; 2, I p. 47; 6, 48 p. 225. 4. Ann. c. C2r; C2V; c5v. 5. Mise. I 38 p. 582; 41 p. 588; 57 p. 612; 58 p. 617; 66 p. 633; 68 p. 635;': II I, 21; ep. 2, 13 p. 58; 4, 13 p. 128; 5, 3 p. 140 ; 5, 9 p. 157; 8, 15 p. 249;. II, 6 p. 334S.; 12, 2 p. 370; soscr. a Varrone (Maier 354). 6. In Guarino ep. 366, 16 est praeterea scriptor ornatissimus formae vetustae, scrip-tor non è sinonimo di librarius, ma conserva tutto il suo valore di sostantivo ver-bale: « sa inoltre scrivere elegantemente l'antiqua b. 7. Vd. ad es. Salutati de fato 2, 6 p. 343, 15: in questo capitolo del de fato. il Salutati usa librarius per' copista' e scriptor per' scrittore '. Cf. Liv. 38, 55,8 in L. Scipione malim equidem librarii mendum quam mendacium scriptoris esse'
in summa auri atque argenti. 8. Si noti che col Decembrio sono sostanzialmente d'accordo Krebs-Schmalz,.
Antibarbarus Il 547 « Scriptor ist in der gewoluùichen Bedeutung Schreiber, als Ge~ gensatz vqn leetor ... , kommt aber nur selten als Benennung der Abschreibe,vor; diese hiessen librarii >l.
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rem appellaverim, sed librarium aut scribam tabulariumve, cuiusmodi scriptionibus intentos videmus quotidiani usus sive ea antiquissimi temporis sint sive novissimi: ne frustra putetis alium librarium esse alium antiquarium, ut quidam inepte distinxere. Potest autem fieri . .. ut idem utriusqueofficium simul exequatur, ve/ut aliquis forte sui ipsius opus excribat. Quoc1 saepe Pliniis meis Veronensibus contigisse solitum, minorique praecipue, ut inter venandum aut piscandum opera sua ipsi mpnibus suis describerent, et mihi ipsi nonnunquam evenit librarium non habenti. Caeterum scriptoris sermo ad operis duntaxat inventionem, librarius autem ad characterum exarationem pertinet . .. Nec enim exempla desunt egregia. De librariosane Tullius in familiaribus epistolis ita sentire videtur ut pro eo tantum accipiendus sit qui opera Tulliana eius excriberet. In libris itidem civilis iuris extat: « Si librarius in transcribendis stipulationibus errasset, nihil obstare quominus fideiussor et reus teneatur» (dig. 50, 17, 92). Denique pro eo semper qui alius auctoris libros excribit nullum apud scientissimos invenitur praeter solius librarii vocabulum. Quod si forte transcriptorem simpliciter dicere velimus, ne id quoque conveniet tametsi transcribat (nam potest quis cani suo et famulo imperare, non propter id tamen imperator appellandus); quod solis datur auctorum translatoribus seu traductoribus iisque interpretibus cum in alium sermonem alius linguae volumina transferuntur. Descriptore vero pro auctore solum omnia historicorum, poetarum, oratorum referta sunt scripta: quo magis isti reprehendendi in tam antiquata tritaqueveterum consuetudine et regula qui semitam proprie scribendi non adhuc videant (seguono esempi tratti dai classici)... O quam bene igitur quidam Publius Leucus e nostris, qui in epistolarum suarum voluminibus se omnia oratoris officia et scire et facere profitetur, in quadam epistola' dixit: « Quaeris cur liber ille meus minus limatus sito Id autem cum scriptoris vicio tum incuria mea potest accidisse». Videtisne, obsecro, quam callidissime sibi ipsi omnia virtutum officia designarit? Dum enim mentirf nititur rem ipsam non magis potest aperire quam sui ipsius culpa qui libr; scriptor fuerit contigisse. Quid quod idem Horatius utriusque nominis exemplo est? « Vt scriptor si peccat idem librarius usque / quamvis sit monitus venia caret» 1. Piacet adeo nunc de scriptore nunc de librariocommemorare quo magis unum ab altero nomen et officium discernatur. I. Ars 354s.: interpretato diversamente dai moderni, che uniscono scriptorcon librarius: « copiste» nella trad. del Villeneuve; « scriba» Rostagni; = libra-rius D. Bo, Lex. Hor. s. v. scriptor; ambigui Kiessling-Heinze « der Abschreiber.. gewissermassen der Setzer)}.
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Il discorso è posto dal Decemb~io sulla bocca del suo maestro Guarino e si tratta con tutta probabilità di dottrina guariniana; come abbiamo visto, Guarino nell'epistolario si serve regolarmente del termine librarius ed evita scriptor. Da un elenco di opere composte o ideate dal Decembrio (Ambros. Z 184 sup., c. 49v) appare che egli aveva scritto o aveva intenzione di scrivere un'opera intera sull'argomento: nr. 5 Ad Carolum Nuvolonum. De scriptore et librario deque eorum variis officiis. l. II (Sabbadini, Class. e um. l00S.). Gli umanisti chiamano talvolta librarius anche lo stampatore; per loro, come sappiamo, la stampa non è che un diverso modo di scrivere e lo stampatore può quindi ben essere considerato un copista: Poliziano ep. II, 6 p. 334 (risponde agli appunti che il Merula aveva mosso ai Miscellanea) sed vitiosas deprehendi syllabas inquis in nostris versibus. Rogo, quas? An eas forte dices, quas in fronte ipsa statim sicut alia errata librariorum collegimus? Allude all' errata-corrige alla prima edizione dei Miscellanea, quindi gli errata librariorum sono « gli errori degli stampatori l>. Altra volta il Poliziano usa l'espressione più particolareggiata artifex librarius a distinguere lo stampatore, che è un 'artigiano', dal copista propriamente detto (ep. 8, 15 p. 249; cf. p. 77). Librarii greci: Traversari ep. 271 col. 353 iuvat quod librarium Graecum illius (sc. Victorini) ope habituri sumus; Filelfo ep. c. 34r hos (sc. Theophrasti libros) ego mihi exscribi cupio estque mihi commode paratus librarius Graecus; c. 71v fac me quamprimum certiorem an istic (sc. Romae) librarius Graecus sit ullus qui id operis (Diodoro Siculo) exscribendum assumeret. Con librarius viene anche indicato, nel latino umanistico come già in quello classico, il 'libraio' in senso moderno, il venditore di libri (vd. p. 84s.). a m a n u e n s i s : nel latino classico è lo schiavo di cui ci si serve per scrivere, una specie di segretario (Oehler, RE. I 1725, 68ss.). Anche nei due esempi umanistici da me raccolti compare come copista di lettere: Poliziano ep. 7, 35 p. 228 '(ottidie' ... ( litera scripsit amanuensis meus, autore Quintiliano 1; B. Scala in Poliziano ep. 12, 14 (15) p. 389 quod erat aliquid mihi (um podagra negotii,
I. Poco prima nella stessa lettera (p. nostet a m a n u scripserit. non 'quotidie '.
227):
reprehendunt ... quod ' cottidie •
LA TRASCRIZIONE
2°3
quae dextram manum... cruciabat nec tum quidem amanuensis alicuius copia erat, differebam in aliquod felicius tempus responsum. a n t i q u a r i u s : mi occupo qui solo del significato di 'scriba '; per antiquarius 'studioso di antichità' vd. A. Momigliano, Ancient History and the Antiquarian, «Journ. of the Warb. and Court. Inst.») 13, 1950, 285-315 = Contributo alla storia degli studi classici, Roma 1955,67-106, in particolare p. 74 n. 15. Agli esempi umanistici ivi citati si può aggiungere poliziano misc. I 47 p. 596 vidimus item . .. marmoreum quoddam in urbe eaaem (sc. Roma) Palladis simulachrum gestans aegida squamoso draconum corio contectam, sic ut extremum ipsius ambitum dracunculi item ad limbi aut fimbriae vicem circunC!uderent. Erat ibi tum nobiscum Iulianus Bononiensis cui nunc ex re eognomen Antiquario factum; e si veda anche 1'annotazione del Budé cito in Sabbadini, Scopo II 242S. Varie le opinioni degli studiosi sull'esatto significato di antiquarius nell'antichità: secondo alcuni è solo sinonimo di librarius e la distinzione di Isid. orig. 6, 14, I librarii sunt qui nova scribunt et vetera, antiquarii qui tantummodo vetera, unde et nomen sumpserunt non è esatta (Thes.1. L. II 174, ISS.); altri ritengono invece che, almeno in origine, il termine indicasse una classe di copisti in qualcosa diversi dai comuni librarii: secondo il Watte~bach (423ss.) e il Dziatzko (RE. III 969, 37ss.) essi possedevano la particolare perizia necessaria per copiare antichi manoscritti, si intendevano di antiche scritture e sapevano trascriverle od eventualmente integrarle imitandole. Secondo il Gardthausen (Griech. Pal. II 163) la spiegazione di Isidoro poggia sulla contrapposizione tra la scrittura libraria dell' antiquarius che copiava calligraflcamente le opere degli antichi e la scrittura della vita quotidiana, la corsiva, nella quale lo scriba e notaio soleva scrivere i documenti della vita pratica. Il vocabolo per quanto non frequente, continua ad essere usato nel medioevo (Wattenbach 425S.; Mittellat. W6rterb. I 714, 5ss.). In età umanistica Nicola di Clémanges stabilisce un'interessante distinzione fra antiquarii e cursores: epist. 109 p. 306 (Opera omnia, Lugduni Bat. 1613; cito in Sabbadini, Scop. II 77 n. 14) cessavit ... una cum dictatu antiqua scribendi formula, qua perfectam ac rite formatam litteram cum certa distinctione clausularum notisque accentuum tractim antiquarii scribebant et surrexerunt scriptores, quos cursores vocant, qui rapido, iuxta nomen, cursu properantes nec per membra curant orationem discernere nec pieni aut imperfecti sensus notas apponere, sed in uno im-
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petu, velut hii qui in stadio currunt, ita fugam celerant ut vix antequam. ad metam veniant, sa/tem pro reereando spiritu, pausam ullam Jàciant: « nel che - osserva il Sabbadini - egli doveva aver innanzi agli occhi i graziosi esemplari carolini dei secoli IX e X». Si rifanno alla defmizione di Isidoro sia Riccardo da Bury che il Tritemio: Riccardo da Bury, Phi/obib/on 16, I7ss. sunt igitur transeriptiones veterum quasi quedam propagationes recentium filiorum . .. Sane' huiusmodi transcriptores antiquarii nominantur, quorum studia inter eaque comp/entur /abore corporeo p/us sibi p/acere Cassiodorus confitetur,. De institutione divinarum litterarum, capitu/o XXxo (segue la citazione);. Trithemius, De laude scriptorum pulcherrimus tractatus, Magonza 1494. (H * 15617), c. bv (cit. dal Casamassima p. 542 n. 33) scriptores duplici apud antiquos appellacione habebantur. Primi dicebantur antiquarii qui vetera tantummodo scriberent, nomen ab officio sumentes. Secundi appel-. /abantur librarii qui et nova scribebant et antiqua. Antiquarii cum seriberent etiam antiquis litteris utebarltur. La distinzione di Isidoro è respinta dal Decembrio polito 27 c. 59r cito a p. 200S.; ma con quidam il Decembrio alluderà non ad Isidoro stesso, ma a suoi contemporanei che ne accettavano la definizione. In Petrarca remo I, 43 p. 55 la parola è un'eco dotta e gli viene dalla sua fonte (Cassiod. !listo 2, 16): oblitis quid Eusebio Palestinae Constantinus iniunxerit, ut libri sci/icei' non nisi ab artificibus iisque antiquariis et petfecte artem scientibus seriberentur. Si noti che, mentre Cassiodoro diceva soltanto artificibus' antiquariis, il Petrarca mette in risalto la seconda caratteristica: l'antiquarius era probabilmente per lui qualcosa di più di un normale copista. Il termine si riferisce invece alla realtà presente nella lettera. del 3I dicembre 1493 con cui il Merula annuncia a Ludovico il Morola scoperta dei codici di Bobbio 1: fruere igitur, Ludovice, vivens gloria tua, gratulare Jàto et saeculo nostro quod te rempublicam gubernante' salus litterarum et Medio/ano prodierit; iam desinant quidam ab superba' iactatione antiquariorum nec obiiciat alius suas bibliothecas: allusione forseai Medici, ai copisti che lavoravano per loro (per lo più, si noti, eleganti scrittori di littera antiqua) e alle loro due biblioteche, la pubblica e la privata ? n o t a r i u s: nell'antichità è il tachigrafo (W. Morel, RE.. SuppI. VII 586, 18ss.; Arns 5IS.). Per l'uso medievale vd. Watten-· 1. Pubblicata in G. D'Adda, Indagini... sulla libreria Visconteo-Sforzesca det castel/o di Pavia, Appendice alla parte prima, Milano 1879, 94s.
LA TRASCRIZIONE
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bach 42IS. Guarino ep. 813, 242 (vd. p. 106); Traversari ep. 96 col. 127 (manda a Cristoforo di S. Marcello, vescovo di RillÙni, alcune 'sue lettere non ancora spedite ai destinatari perché se le faccia copiare se gli interessano) quaeso autem ignoscas huic fiduciae meae, quam nemo fire praeter unum te esset qui non levitatis aut vanitatis incusaret et merito quidem, quippe quum te notarium rerum mearum et exceptorem fe.cisse videar. Deest enim nobis qui excipiat dictata sive scripta transcribat; 134 col. 187 ut vix tenuissimi proventus suppeditent victum neque ve! .notarium ve! librarium ... pretio possimus conducere. s c r i ba: nell'antichità scriba è, in opposizione a librarius ' copista', il segretariò, colui che tiene i libri e i conti (Kornemann, RE.,2. Reihe, II A 848, 33ss.). In S. Girolamo indica il copista (Arns .62). Poco usato in età umanistica: compare in Decembrio polito 27 ·c. 59r cito a p. 200S. e in Traversari hod. p. 64 remanserat Venetiis in nostro monasterio Dominicus scriba noster infirmus; obque id ipsimet scripsimus omnia, nequaquam passi alium secreto visitationis admittere: qui sembra trattarsi di un segretario.
PARTE QUARTA
CRITICA DEL TESTO
Sezione I LO STATO DEL TESTO
LECTIO
Il verbo lego è spesso usato dagli umanisti in contesti fùologici:
ì
Poliziano mise. I 5 p. 520 ut vulgo legitur; 35 p. 576 in M. Varronis libro primo rerum rusticarum mendose legitur illud ecc.; 69 tit. p. 636 , Oarion' synceriter esse apud Catullum (66, 94) quod 'Aorion' isti l'egunt qui bonos violant libros; 89 tit. p. 672 quod Servius grammaticus Bucolicos Maronis versus tam mendose legit quam falso enarrat ecc. (cf. anche p. 223s.). Il verbo è usato sia per lezioni manoscritte che per congetture. Analogamente il sostantivo lectio, già usato c01l1:e termine tecnico-filologico nell'antichità (Georges s. v.), è il modo di leggere un testo, la 'lezione' sia manoscritta sia congetturale. Gli esempi sono assai numerosi. Gli aggettivi più frequentemente uniti a lectio sono emendata, integra, recta, sincera, vera, corrupta, mendosa. A parte vanno considerate le espressioni lectio antiqua o vetus. Beroaldo anno c. a2r in veram, hoc est suam lectionem transducere; c. aa3v ita ... legunt hunc versum commentatores: « quantum ve! dare cereos arentes» (Stat. silv. 4. 9, 40); ex qua lectione phalaecius aperte claudicans efficitur in penultimo pede; c. a4v ita ... in omnibus ferme codicibus scriptum est: « is decies senos tercentum et quinque diebus / iunxit et e pIeno tempora quinta die» (Ov. fast. 3, 163s.). Rane lectionem multi sequentes interpretationem implicatissimam attulerunt; Poliziano mise. I 2 p. 514; 5 p. 520 in un codice antico di Valerio FIacco (vd. p. 153) in 2, 572 si legge 'durica', non, ut vulgo legitur, c dorica'. Quae certo aut vera et emendata lectio aut... verae proxima; IO tit. p. 528 apud Iuvenalem et Roratium recta indicata lectio enaTTatioque (la recta lectio che propone per Bar. epodo 17, 56 è una sua congettura); ibid. p. 532 vestigium . .. unum adhuc integrum verae integraeque lectionis; 20 p. 549 vestigium. .. incolumis veraeque lectionis; 24 p. 555 vestigium . .. verae lectionis; 34 p. 576 vera ex antiquis exem-
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piaribus Iectio; 44 p. 592 propone di restituire in Perso pro!. 14 al posto del vulgato meIos, nectar, che afferma di aver letto nel lemma di un antichissimo commento a Persio e soggiunge: et Pomponius Laetus. .. veterem se habere Persianum codicem... affirmavit huie nostraeIeetioni suffragantem; 57 p. 612 (vd. p. 162); 58 p. 616 quod ... Iegimus apud Herodianum trium spatio aetatum solitos (se. ludos saeeula-· res) instaurari, vereor ut emendata sit ibi leetio; 59 p. 626 (vd. p. 216) ~ 63 p. 630 quam leetionem (la lezione di tutti i codici in Ter. Ad. II7} etiam Donatus agnoscit; 71 p. 637 quae etiam verior esse Ieetio vel indeprobatur ecc. (la lezione potest del Vat. lato 3225 in Verg. Aen. 8, 402); 89 p. 672 Servius ... veram leetionem ... eontaminat; ibid. p. 673 (vd. p. 219); mise. II 1,9 haetenus integra leetio; 5, 3 vestigia . .. integraeleetionis; 5, 4 deleta priore leetione (vd. p. 96); 14, 5 vera et integra . .. leetio; 14,9 (vd. p. 234); 25, 3 (vd. p. 218; lezioni manoscritte); 47.3: codex bibliotheeae Marciae vetustior ' in Cresphonte' habet (Cic. Tuse. I,. II5), quae verior esse leetio manifesto deprehenditur; ep. 6, I p. 164 in· Glaucia (Stat. si/v. 2, I) leetionem pluribus locis improbamus (si tratta della lezione del carme nell'ediz. Calderiniana del 1475); 10,4 p. 312(vd. p. 277); soscr. a Cic. Att. cito a p. 292 veram leetionem conieetari; F. Pucci in Poliziano ep. 6, 4 p. 173 (vd. p. 292; la leetio è qui una congettura); P. Crinito in PoIiziano ep. 12,21 (22) p. 405 haee ... vera~ et genuina leetio; E. Barbaro ep. II p. 90 (vd. p. 281); Avanzi emend. c. a2V infra legit Christoforus Papallis «inter caenam Asini») (Catull. 12, l) non autem «Marucino; quae leetio mihi mimm in modum placet ~ c. a3r-v ignavum hominum genus parum pensitans ac omni quantumlibet absona lectione eontentum; c. a3v quidam ut depravatissimam Apulef leetionem imitent corruptissime legunt hunc versum (CatulI. 39, 19 defrieare V: pumicare Apu!' apol. 6); ibid. (vd. p. 214; lezione manoscritta); ibid. infra legerem: « cum diva mater alites ostendit occinentes »(CatulI. 25, 5); quae lectio caeteris mihi displicet minus; ibid. ibidem (CatulI. 25, 7) utrique codices antiqui habebant «cathagraphosque thynnos»); quae leetio mihi omnino placet; c. a4r infra (CatulI. 61, 213) aliqui eodices habent « sed mihi ante Iabello si l), aliqui « sed hyante labello si»): neutram lectionem probo, licet Apuleius loquens de Bathyllo (fior. 15 p. 20S. Helm) secundam lectionem confirmet; ibid. infra legitur « illaqueatque alia») etc. (CatulI. 64, 16), quam leetionem comprobamus; ibid. (vd. p. 282; la lectio è qui una congettura del Sabellico); ibid. (vd. p. 282); c. a4v lege «devolvit sibi lactes acuto pondera silice») (CatulI. 63, 5); quam lectionem aeeepi ex carmine Nasotlis hic a Parthenic>
LA CRITICA DEL TESTO
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assumpto (corregge pondere siliees dei codd. per il confronto con Ov. fast. 4, 241 cito nel commento del Partenio); ibid. ubi mirum in modum laetatus sum quom huiusmodi aptissimas leetiones utrasque rure morans imaginatus fuerim (congetture) ; ibid. eodex antiquus habet «(fulguret oarion» (CatulI. 66, 94); quam leetionem approbat Angelus PoZitianus; c. a5v variam leetionem (vd. p. 213). Da tutti questi esempi appare che nell'uso del termine leetio non v' è distinzione fra lezione manoscritta e congettura. In un paio di casi tuttavia sembra che il Poliziano contrapponga la leetio alla congettura: mise. II 15, I loeus esse eonieeturae solet ubi nilleetio suppeditat; ep. 6, I p. I6~~ iam «genetrix Sipileia» in Abaseantio (Stat. si/v. 5, I, 33) non Domiti fuit emendatio, sed publiea omnium diu leetio; cf. anche Merula, pref. a Marziale (Botfìeld 15 I) sed quo magis 011US ho.e detreetabam, eo magis urgebant, quod non solum ex leetione falsa mens poetae percipi non posset, sed inter varias et dissidentes quorundam emendationes quam potissimum reciperent ignorarent. Ma la contrapposizione è qui nel fatto che leetio indica un modo di essere del testo, un modo vulgato di leggerlo, che può essere tradizione, ma anche risultato di congettura (publiea omnium diu leetio), mentre l'emendatio o la conieetura è un'innovazione rispetto al testo tradizionale: quest'interpretazione è suffragata dal passo del Merula cito a p. 213 ove a frequens seriptura 'lezione vulgata' si contrappone nostra emendatio. Si trova invece specializzata ad indicare la lezione manoscritta di codici antichi l'espressione l e c t i o a n t i q u a o v e t u s : Po-' liziano, soscr. a Varrone (vd. p. 178); mise. II 35, 9 vetusest leetio (nobilis pyetae» (Plin. nato 7,51); nel commento del Poliziano a Svetoni<> contenuto nel Monac. lat. 754 antiqua leetio indica la lezione del Vat. lat. 1904 (sec. XI; Branca-Pastore Stocchi 157 n. 36); Avanzi emend~ C. a2V ibidem antiqua leetio habet «( esse comparasti », non autem «( aere » (CatulI. I0, 15); euius leetionis hie erit ordo ae sensus ecc.; ibid. ex veteri tamen leetione ex verbisque Porphyrionis super illo versu « te suis: matres metuunt iuvencis» (Porph. ad Hor. earm. 2, 8, 2I) legerem (( iuveneulorum» (CatulI. 24, I); ibid. infra si legis ex leetione antiqua «Furi villula nostra» (CatulI. 26, I); c. a3v in his versibus lege ex antiqua leetione « nee meum respectet ut ante amorem » (CatulI. II, 2I) ; c. a4r vel ut habet leetio vetus: (( quod eum sic carpunt tacita quam mente requirunt» (CatulI. 62, 37); c. a4v leetio mea antiqua (= eodex meus antiquus) habet ' calasti' eum t; meZior autem leetio est 'ealatisei'
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cum C 1. Si noti che l'Avanzi dispor.eva, come ci informa lui stesso (emend. c. a2r), di due codici, entrambi definiti più volte antiqui o veteres, uno prestatogli da Christeiforus Papallis e uno di sua proprietà; probabilmente quindi con leetio antiqua o vetus si riferisce alla lezione di questi due manoscritti. Per la frase in veram leetionem restituo vd. p. 282. SCRIPTURA
Sinonimo del precedente. Come leetio è un modo di leggere, così seriptura è un modo di scrivere; quindi non necessariamente una lezione manoscritta, ma anche una congettura. Seriptura per , lezione' è già antico: vd. Georges s. v. e aggiungi Gell. 20, 6, 14 et idicireo importunissime . .. feeerunt qui in plerisque Sallusti exemplaribus seripturam istam sineerissimam eorruperunt. Per il significato di 'scrittura' vd. p. IOI. Valla eleg. I, 17 p. 22 vera seriptura erat « boni perquam diu nulli », aut potius « quum boni perdiu nulli» (Cic. de or. I, 8; congetture); in Fac. p. 601 quoties aut syneera seriptura esset obscura aut emendanda corrupta; p. 603 sed procul aucupor scripturae veritatem; emendo p. 604 in eonieetanda seripturae veritate; p. 606 quasi mendosa seriptura sit; p. 616 quanquam apud Columellam (si tamen vera seriptura est) reperitur genere maseulino; p. 617 ne Petrareha quidem veritatem seripturae deprehendit; in Pog. p. 263 (vd. p. 213). Si noti l'espressione seripturae veritas per' la vera lezione '. Poliziano mise. I 9 p. 527 (vd. p. I09); 9 p. 528 (vd. p. 285); 18 p. 545 eum verior seriptura maneat adhue in libro pervetere; 23 p. 553 in quis utique singulis (se. eodicibus) hanc quam dicimus scripturam reperias; ibid. quum superiorem illam veluti constantem solidamque reperiamus in melioribus (se. eodicibus) seripturam; 24 p. 556 neque . .. ignoro depravatam fere ubique esse scripturam, siquidem non « Heeales anus l), sed « Ales anus» (Apul. met. I, 23) ... scriptum plerumque invenies; 41 p. 589 si suspicio libera mi detur, malim credere equidem « in dierum» quam « in rerum» (Gell. 14, 2, I) veram habuisse et ineolumem seripturam; 44 p. 592 ex quo existimamus veterem synceramque scripturam ' neetar' habuisse, novitiam vero et menI. CatulI. 64, 319: forse calasti è errore di stampa per calatisti (calathisti V), altrimenti non si capiscono le specificazioni cum t e cum c.
LA CRITICA DEL TESTO
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dosam ' melos' (Pers. prol. 14, cf. p. 280s.; la lezione nectar è dunque per il Poliziano la più antica e la genuina, mentre melos è corruzione più recente); 50 p. 599 (vd. p. 294); 75 p. 643 (vd. p. 273). In Merula, pref. a Marziale (Botfield 152) facilitate nostra fieti, quoà per nos castigatum fuit, id ut publice enarraremus effecerunt, videlicet ut discerent quibus rationibus quave scriptorum veterum auctoritate, damnata frequenti scriptura, nostram emendationem tueremur, f r e q u e n s s c r i p t u r a 'lezione vulgata' è contrapposto a nostra emendatio: vd. quanto detto per lectio a p. 21 L Si noti che il Poliziano usa sia lectio che scriptura, ma più spesso lectio, nell'Avanzi e nel Beroaldo compare solo lectio, il Valla preferisce invece scriptura.
VARIETAS, VARIUS
Varietas 'variante' compare in Salutati de fato 2, 6 p. 343, 21 preponantur. .. viri peritissimi bibliothecis, qui libros diligerttissima collatione revideant et omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iudicia noverint removere. Nello stesso senso il Valla, in Pog. p. 263, usa varia scriptura: Poggio lo aveva accusato di aver voluto arrogantemente correggere Sallustio stesso in eleg. I, 14 p. 19 dove, parlando della costruzione di quisque con aggettivi in -Us la cui desinenza è preceduta da i od u, esemplificava con Sallust. Cat. 61 nam strenuus quisque aut occiderat in proelio aut graviter vulneratus discesserat, e soggiungeva: ipse mallem dicere «strenuissimus quisque, piissimus quisque l}. Quidam tamen Sallustiani codices scriptum habent «strenuissimus l}. Il Valla ribatte che egli non ha corretto Sallustio, ma poiché anche strenuissimus è attestato nella tradizione, ha solo detto quale gli pareva migliore fra varianti manoscritte: quomodo videri possum emen-
dare Sallustium, qui incertum est an sic scriptum reliquerit ut me tu ais emendare voluisse? Ego tantullt ex varia scriptura quid mihi satius videatur pronuncio. L'Avanzi indica con v a r i a 1e c t i o una serie di congetture a CatulI. I, 9: emendo C. asv non meam, sed variam lectionem accipies illius versus in primo carmine Cawlli: all'amico che gli aveva chiesto chiarimenti su questo difficile verso non sa proporre alcuna soluzione sua, ma gli indica vari tentativi di sanare e interpretare il verso fatti da altri.
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Varius pUÒ anche esser riferito al testo offerto dai codici, come in Salutati ep. III p. 246 si varios invtnerimus esse textus (cf. p. IO) o ai cùdici stessi per dire che presentano lezione diversa: Traversari ep. 244 col. 320 exemplaria Decadum hic nisi mendosa non reperiuntur et varia; Avanzi emendo C. a3v ibidem codices varii sunt in lectione unius versus (CatulI. 59, 4).
EMENDATUS
È uno degli aggettivi più usati dagli umanisti nel senso di « senza mende, senza corruttele» (cf. Thes. l. L. V 2, 466, 69ss.). Un codex emendatus per gli umanisti è generalmente non un codice che è stato corretto, ma semplicemente un codice che offre un buon testo, « non corrotto ». Scelgo qualcuno dei più significativi fra gli innumerevoli esempi che ho raccolto: Guarino ep. 141, 31 aliquot (sc. epistulas) transcurri; emendatissimae mihi visae sunt et. .. in tanta vetustate et aetate iam decrepita nusquam delirare videntur (si tratta del codice antico di Plinio il Giovane, ora perduto, scoperto da Guarino nella Capitolare di Verona); Aurispa ep. 91 p. II3s. habeo Ci-
aronis ad Atticum epistolas, codicem perpulchrum. .. Epistolae vero sunt €ompletissintae et minus quam ullae corruptae; inveniri enim solent plerunque incompletae, emendatae vero nunquam. Sed hic codex. .. omnes sui generis pulchritudine vincit et emendatione, quamvis emendatissimae non sint; Poggio ep. 2, 29 p. 159 (vd. p. 131); Traversari ep. 206 col. 267 (vd. p. 181); 385 col. 501 ex emendatissimo antiquoque codice; 387 col. 504 (vd. p. 256); Filelfo ep. C. I4f hi omnes quotquot in Tuscia sunt Gelli codices . .. , qui et emelldatissimi sunt et istorum omnium, ut ita dixerim, parentes; Poliziano misc. I 41 p. 589 quod idem apud Aulum quoque Gellium video depravatum, libro qui nunc vulgo tertiusdecimus, cum sit quintusdecimus emetldatis codicibus. Emendatus può anche essere riferito alle litterae, cioè alla scrittura (Traversari ep. 306 col. 398 novis et barbaris literis parumque emendatis, cf. p. 187), ma è sempre un apprezzamento relativo alla maggiore o minore correttezza del testo, non all'aspetto della scrittura (cf. corruptus detto della scrittura, p. 222). Così nel latino umanistico si dice spesso che un codice è emendate scriptus (opposto a mendose scribo; vd. p. 223), riferendosi alla qualità del testo: ad es. FiIeIfo ep. C. 72r codex ... hic epistolarum et pulcher est et novus et satis emendate scrip-
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tus; Traversari ep. 233 col. 307 invento tandem exemplari quo versus i!li continerentur emendatius seripti. Anzi il Traversari parla addirittura di emendati... seriptores intendendo « copisti che sanno scrivere correttamente» (ep. 503 col. 619). Naturalmente emendatus può anche conservare il suo valore di participio e significare « che è stato corretto »: vd. p. 265. Anche il sosto e m e n d a t i o si trova usato per indicare lo stato
CORRECTUS
Come emendatus, anche correctus può significare 'senza mende " senza implicare che il testo sia stato corretto: Salutati ep. III p. 373 ilt minus admirere si tam ardenter me concupiscere videas aliquem textum (di Dante) reperire correctum; Aurispa ep. 7 p. 14 in Plutarcho sunt Parallela omnia et liber est correctissimus; Poggio ep. 3, 39 p. 288 liber est correctus et minime mendosus. Si noti la frase correcte exemplo (' tra'Scrivo') in Salutati ep. III p. 76 epistolas Petri Abaialardi... studeas • o. quanto correctius poterit exemplari. Per correctus con valore di participio, « che è stato corretto» vd.
p. 274· ALTRI AGGETTIVI PER • CORRETTO', 'SENZA MENDE'
c a s t i g a t u s: come i sinonimi emendatus, correctus, emaculatus può perdere l'originario valore di participio e significare • corretto, senza errori' 1: Aurispa ep. 35 p. 54 (cf. p. 143) qui .castigatam illam antiquitatem imitentur; Merula, preE a Marziale (vd. p. 29I). e m a c u l a t u.s : Poliziano mise. I 40 p. 587 si quis emacuJatum habeat codicem; ep. II, 25 p. 362 emaculata omnia et vera haberentur; B. Guarini in Poliziano ep. I, 19 p. 27 Martianum Capellam et Senecae Quaestiones naturales opto, si modo emaculati sint codices. o
I. Vd. S. Mariotti, «Rivo di fIl. c1asso l) 92, 1964, 384.
•
o
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i n t e g e r : vd. p. 218.
f i d e l i s, f id u s:
Guarino èp. 223, 52 habet Macrobiumlitteris antiquis, fidelem, emendatum, ita ut et Graecas habeat fideoptima insertas litteras; Traversari ep. 206 col. 267 (vd. p. 256); 225 col. 294 (vd. p. 255); 385 col. 501 exemplar fidum (cf. p. 143); Merula, pref. a Marziale cito a p. 291: incorrupta atque fidelia. Fidelis può essere anche il trascrittore: Traversari ep. 385 col. 501 non negligas manum librariam quam optimam atque perquam celerem ac fidelissimam tibi comparare. Si dice quindi fideliter scribo, transcribo e sim.: soscr. al Vat. lat. 1958 (vd. p. 191); Salutati ep. III p. 373s. vix enim invenitur iam ex Petrarce Boccaciique libellis codex fideliter scriptus quique non multum ab exemplaribus degeneravit; Poliziano mise. I 41 p. 589 (vd. p. 163 n. 2). Sull'esempio di frasi gelliane come in libro speetatae fide i (1,7, I). in Iugurtha Sallustii summae fidei et reverendae vetustatis libro (9, 14, 26), librum veteremfidei speetatae (13, 31,6) è modellata l'espressione di Guarino ep. 379, 31 Papiam quendam litteris vetustissimis ... et fidelitate praeeipua. s i n e e r u s : può esser detto di codici (Poliziano mise. I 59 p. 624, cito a p. 188; cf. GelI. 5, 4, I Fabii annales, bonae atquesineerae vetustatis libri), ma più spesso si trova unito a leetio o seriptura (cf. GelI. 20, 6, 14 cito a p. 212): Valla in Fae. p. 601 (vd. p. 212); Poliziano mise. I 44 p. 592 (vd. p. 212). Cf. anche Poliziano mise. I 69 tit. p. 636 'Darion' syneeriter esse apud Catullum (66, 94). Con significato analogo è usato anche il sosto s i n e e r i t a s : Valla in Fae. p. 599 saepe . . , synceritate earebat codex; Poliziano mise. I 59 p. 626 si quis de syneeritate lectionis istius ambigat; ep. IO, 4 p. 3II quoties de syneeritate leetionis ambigitur. Per in pristinam sinceritatem restituo (reduco) cf. p. 28IS. ve r u s: (cf. GelI. 18, 9, 5 librum verae vetustatis) Gasp. Barzizza, letto cito a p. 263: quod ex unoquoque (sc. libro) verius videbatur attentissime in hunc nostrum transtuli; Merula, pref. a Plauto (vd. p. 314); Poliziano mise. I 97 p. 689 veri integrique eodiees. Frequentissimo in unione a leetio e scriptura (cf. Servo Aen. IO, 244 ' spcetabit' est vera lcctio): ValIa eleg. I, 17 p. 22 ed emendo p. 616 (vd. p. 212); Poliziano misc. I 5 p. 520 cito a p. 209; 9 p. 528 expungi veram scripturam, supponi falsam; IO p. 532; 18 p. 545; 20 p. 549; 24 p. 555; 34 p. 576; 41 p. 589; 50 p. 599; 57 p. 612; 71 p. 637~
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89 p. 672; II 14, 5; soscr. a Cic. Att. (per tutti questi passi vd. p. 209s. e 212). Per in veram lectionem restituo vd. p. 282. Si trova anche il sosto ve r i t a s in Valla in Fac. p. 603 ed emendo p. 604 e 617 citt. a p. 212.
INTEGRO
Gli umanisti hanno una ricca gamma di aggettivi per indicare che un'opera è integra, senza lacune o completa in tutte le sue parti. c o m p l e t u s: Salutati ep. I p. 157 si commode tibi fieri potest, destìnato Macrobium De Sa,turnalibus, quia illum librttm nunquam completum habui; Aurispa ep. 7 p. 14 tandem Nicolaus noster iam pridem, dum in Constantinopoli essem, scripsit mihi completul1l Ciceronem De oratore meo nomine scribi facere. " Incredibili... desiderio teneor l~gendi et videndi illud opus finitum et emendatum: finitus è sinonimo di completus ed emendatus vale 'senza corruttele'; 91 p. II3 habeo Ciceronis ad Atticum epistolas... Epistolae... sunt completissimae et minus quam ullae corruptae; 94 p. I I 7 est hic Martialis. .. completus et minus corruptus quam alii inveniri soleant. Il termine compare anche negli inventari: inv. Visconti 152 liber ... non completus; 177 Dantes completus. i n t e g e r: può significare 'integro, intero, completo', ma
anche ' inalterato, non corrotto, retto', venendo ad essere sinonimo di emmdatus. l) 'integro': Guarino ep. 210, 30 fama pertulit ad nos librum ipsum integrum, absolutum et a vertice, ut aiunt, ad calcem usque nulla ex parte diminutum repertum esse; 633, 4 expecto Plautum in dies integrum, exemplar ipsum vetus (il codice Orsiniano con le dodici commedie nuove); Panormita in Guarino ep. 355, 49 integrttm est preter ultimam chartam, item tris circiter medium; Poggio ep. 3, 29 p. 267 (dicit se habere) Agellium, ut putat, integrum; Valla, letto al Tortelli (Sabbadini, Storia 162) quaeras a domino Columnensi sive quis alius est qui Donatum super Terentium habet, numquid integer Donatus reperiatur et an super omnes comoedias scripserit. Nam hic amiws melts apud Carnotum vidit hunc auctorem, sed sine tertia cOl11oedia 'E(lu't"OV't'LfLwpou[.LévOp[.LLWV; Girolamo Donato in Polizìano ep. 2, 12 p. 56 is libellus (Alessandro di Afrodisia, 1tept ljJuX:7jç) apud me fere post
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prinCIplum mutilus est. Cupio me eertir rcm reddas, nunquid apud vos in deleetissima ista Medieum bibliotheca totus 1 atque ineolumis sito Quod si, ut spero, illaesus et integer, mihi gratissimum facies, si primum eius libri eaput transcribi feeeris. 2) 'Intatto, non corrotto': Merula, pref. a Marziale cito a p. 291; Poliziano misc. I IO p. 532 (vd. p. 152); 69 p. 636 in elegia .eadem Catulli ex Callimacho 'Oarion ' legitur pro eo quod sit ' Orion ' (66, 94). Quam quoniam integram adhue inviolatamque dictionem nonnulli temere attentare iam incipiunt ecc.; 97 p. 689 locus apud Suetonium in Claudio (34) ita perperam legitur in plerisque voluminibus: -« si aut ornatum aut pegma vel quid tale aliud parum cessisset~, cum veri integrique sic habeant codices: « si automaton vel pegma~; II 5, 3 exemplaria locis multis adeo mendosa sunt ut ne vestigia quidem supersint integrae lectionis; II 14, 5 (vd. p. 242) vera et integra . .. leetio; II 25, 3 in codice... vetustissimo' sororientes " in altero non aeque vetusto ' sorientes' (Plin. nato 3I, 66) habemus, quarum altera integra est lectio, .altera vero integrae vestigium. A volte questi due significati di integer si sovrappongono, come in Poliziano mise. II 31,3 e 7: in Vitruvio 8, 3, 21-23 sono citati degli epigrammi greci al posto dei quali negli esemplari a stampa c'è solo uno spazio vuoto e nella maggior parte dei codici antichi dei segni quasi del tutto privi di significato: sed ego veterem naetus Vitruvianum eodieem. .. non adeo turbata in eo vestigia repperi litterarum, quin versieulum quasi ariolari unum aut alterum sparsimque voces aliquas potuerim, quae cum mihi esse e!egantissimae iueundissimaeque viderentur . .. Jolebam nimis et angebar quod non eos versus habere integros et, quod Jicitur, sartos teetos poteram. Poi trovò un antico codice greco (Laur. 56, l) in cui erano contenuti epigrammata quoque illa quae desiderabam prorsus integra emendataque. Dal secondo dei due significati sopra illustrati deriva l'uso di integro per' correggere' (vd. p. 276s.). Così i n t eg r i t a s l e et i o n i s, è del tutto equivalente a integra leetio: Gianfrancesco Pico
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ipsi observent magna eum diligentia (gli imitatori di Cicerone imitano anche le lezioni corrotte per colpa dei tipografi) 1. i n c o l u m i s : usato in modo del tutto simile ad integer: nel passo di Girolamo Donato cito a p. 217S. significa' integro'; in Poli:ziano mise. I 20 p. 549 in vetustis exemplaribus vestigium... extat ineolumis veraeque leetionis e 41 p. 589 cito a p. 212 significa evidentemente 'intatto, inalterato, non corrotto'. Si trova anche i n c o l u m i t a s l e c t i o n i s in mise. I 89 p. 673 quis autem dubitet
quin de Vergilianae leetionis ineolumitate Quintiliano eredendum sit potius quam Servio? p e r f e et u s : Aurispa ep. 7 p. 13 habeo et alium mathematieum non perfeetum ... : caret quidem principitl(è il Vat. gr. 218 di Pappo); 53 p. 69 Antonianas Cieeronis perfectas ut nuper inventae sunt (cf. p. 331 n. l) ... Si Philippicae non pulcherrimae, modo plenae et emendatae arsent, etiam placerent (si noti il sinonimo plenus); Guarino ep. 888, 3 1 (vd. p. 237).
CORRUTTELA
Per indicare la corruttela gli umanisti si servono, accanto a paTole generiche come error, erratum, dei termini mendum e vitium, .che hanno carattere più specialistico e già nell'antichità compaiono .con una certa frequenza in contesti di carattere filologico-librario. m e n d u m : Thes. l. L. VIII 696, 12SS. Fra gli umanisti: Salu-
cf. il seguente passo: Eusebius Scutarius Vercellensis Georgio Merulae Alexandritlo {)mnium doctissimo s. Confecimus non minus sedulo quam libenter... quod nobis superioribus diebus iniunxisti: Plautinas enim comoedias... pro doctrina nostra satis diligenter recognovimus, ut scilicet emendatiores imprimerentur. Quod tu in primis, dcin alii legentes, si has in praesentiarum impressas cum aliis exemplaribus conferre voluerint, facile iudicabunt. Expunximus haud paucos errores et quasi spongia delevimus quos operarii dormitantes et m a n c i p e s incuriosi commiserant (ed. di plauto, Venetiis 1495, H 13078, c. F4V). L Il concetto è molto simile a quello espresso dal Poliziano, ep. 5, l p. 131 male doctos quosdam ferre . .. non possumus qui tamen ipsi quoque omnia exigunt ad Ci~eronis gustum. Saepe enim hoc usuvenit. .. ut illa ipsa in nostris scriptis potissimum reprehenderent quae in bonis emendatisque Ciceronis exemplaribus reperirentur, cum lame!1 ipsi voces omnino barbaras pro Ciceronianis usurparent, quas videlicet excusores isti novorum librgmm Teutones perversissime aliqllando effinxissetlt.
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tati de fato 2, 6 p. 343, 4; Beroaldo arn. c. CH apud Quintilianullt . .. turpe mendum deprehendimus inter legendum et etiam emendavimus; Poliziano misc. 161 p. 628 opinor mendum esse id exemplarium; 63 p. 630 quid hic ;gitur dicemus? mendumne esse in Terentianis omnibus codicibus an . .. memoriola vacillasse Varronem ... ? 71 p. 637 pudet referre quam manifèstwn, sed nondum tamen a quoquam... nisi nobis indicibus animadversum mendum Vergilianis codicibus inoleverit; ep. 12, 1 p. 367 nec. .. animadvertit idem esse utrobique lubricum menduln « né si accorge che si tratta in entrambi i casi della stessa facile corruttela ». Si trova usata anche la forma 111 e n da: Valla eleg. 3, 5 p. 8S (vd. p. 323); Beroaldo anno c. a3v menda est . .. in secundo versu; c. b4v apud eundem (sc. Gellium) libro decimo nono menda pertinax inveteravit; ibid. (vd. p. 225); c. b5r apud eundem (sc. Ciceronem) pertinax menda irroboravit; c. CH (vd. p. 271); C. C4v (vd. p. 275); Avanzi emendo c. a3r iam horum duorum carminum tum mendas tum maximam syllabaru11l licentiam ostendamus. v i t i u m: Salutati de fato 2, 6 p. 344, 1 e 3; Valla eleg. 2, I p. 47 et quum omnia .. . exemplaria quae in Italia sunt mendosa et depravata hoc vitio essent; in Fac. p. 603 vitium libri nullidum . .. emendatum; Poliziano misc. I 71 p. 638 et alter locus itidem vitio consimili laborat apud eundem poetam; 93 tit. p. 685 vindicata Iustiniani principis praefatio quaepiam a vitiis mendisque aliquot; ep. 8, 15 p. 249 (vd. p. 77). Questi sono i termini di uso più comune, ma la ricchezza e varietà del latino umanistico si manifesta nell'uso di metafore (vetustatis delirationes, Lamola in Guarino ep. 455, 170 cito a p. 176 1; morbus, Bruni ep. 4, 9 p. 120 cito a p. 238) e di numerosi sinonimi di cui do qualche esempio. c or r u p t i o : Salutati de fato 2, 6 p. 344, 2 pauci quidem del. L'espressione scherzosa, suggerita al Lamola dalla veneranda antichità del codice di cui parla, il perduto Laudense di Cicerone, significa «sciocchezze senili. e quindi «errori, corruttele», non grafie arcaiche come vorrebbe la Malcovati (<< Athenaeum» 47,1959,178 «io credo che il Lamola volesse alludere alle forme ridotte della terza persona singolare del presente di esse, indizio sicuro di antichità ... e fors'anche appunto alle forme quom quoius quoi, che nel Laudense dovevanoessere frequenti »). Come in analoghe affermazioni del Poliziano (vd. p. 261S.). il Lamola vuoI sottolineare di aver riprodotto l'esemplare anche dove esso era evidentemente corrotto. La metafora è di sapore guariniano: cf. Guarino ep. 141. 33 (epistulae) iII tanta vetllstate et aetate iam decrepita nusquam delirare videntllr (cf. p. 21 4).
LA CRITICA DEL TESTO
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prehendunt vitia paucissimique, licet corruptionem viderint, sunt qui noverint relectis vestigiis illuc unde vitia ceperint remeare «pochi si accorgono degli errori e pochissimi, anche se vedono la corruttela, sono in grado, ripercorrendo le tracce, di ritornare al punto di partenza dell'errore » (cioè alla lezione originaria); Beroaldo anno C. b4I apud eundem locus est depravatus unius litterae inversione; quae quamvis sit parva corruptio, totam tamen obscurat eloquutionem. d e p r a v a t i o : Facio invect. I p. 525 (vd. p. 230 n. 2); Beroaldo anno C. CH quae nominis depravatio historiam pervertito d e p r a v a t u m : Facio invect. I p. 525 in emendando aliquo depravato (cf. p. 230 n. 2). Si noti infine l a p s u s in frasi come le seguenti: Poliziano mise. I 53 p. 606 nec sane lubricus ex literarum vicinitate sit in alterutrum nomen lapsus; 61 p. 628 lubricus... sane lapsus in 'aconitum' d~ , conio' (cf. p. 235); II 14, 4 videlicet c et llitteris in d coagmentatis parato lapsu; Bessarione, PC. 161, 625A facilis est enim ad errorml lapsus quoties ecc. (vd. p. 235 n. 3). Per indicare in generale lo stato di corruzione di un codice o di un testo si trovano usati: c or r u p t i o (Salutati ep. III p. 373 dici quidem non potest quam molesta michi sit ista corruptio que libros omnes invasit; p. 518 ago tibi gratias de orationibus ilfis quibus summe delectatus sum, licet solita talium rerum corruptio minus iocundam fecerit lectionem; IV p. 83 video ... quod corruptione librorum in errorem communiter imbibitum incidisti); i n c or r e c t i o (Petrarca seno 13, IO p. 1021 incorrectionem operis, si qua occurret, mea excuset occupatio, qua obsessus feci haec per alios revideri; Zenone Amidano, letto a P. C. Decembrio (Sabbadini, Storia 272) placet mihi vehementer quod . .. statueris... epistolas illas Plinianas emendare. Nam etsi minime dubitem propter earum incorrectionem provinciam hanc non mediocri tibi labori . .. Jùturam ecc.); m e n do s i t a s (Poggio ep. 4, II p. 32 1 nisi esset mendositas exemplariorum; cf. Thes. 1. L. VIII 709, 74SS.).
CORROTTO
Per 'corrotto' gli umanisti possiedono una ricca gamma di aggettivi. I più usati sono corruptus, depravatus, mendosus, che possono indicare sia le condizioni del testo tradito sia lo stato di corruzione di un determinato codice sia la corruzione di singoli punti del testo
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(versi, frasi, parole: si trovano Spr3S0 in unione coi sostantiVi lectio, scriptura). Per questi tre aggettivi, di uso larghissimo fra tutti gli umanisti, do solo qualche esempio scelto fra i più. significativi. c or r Il p tu s: I) Riferito a un testo: Salutati ep. I p. 52(vd. p. 239); E. Barbaro ep. II p. 79 in Pomponio ... Mela,. quem nemo ignorat corruptissimum haberi; Pomponio Leto, pref. aVarr. ling. (Botfield 138) M. Terentius Varro ... XII libros De lingua Latina scripsit. .. quorum omnium etate nostra sex corrupti in manibus habentur. 2) Riferito a codici: Guarino ep. 649, 14 quod dtto alii codices Lactantii apud te corrupti sunt ecc.; Poggio ep. 2, 29 p. 159 (vd. p. 131); Traversari ep. 225 col. 294 De ira Dei et opificio hominis semitruncos adtingere ausus non SUnt, quod eorum corruptissima tantum apua 110S exemplaria invenerim; Aurispa ep. 94 p. II7 est hic Martialis . .. completus et minus corruptus quam alii inveniri soleant; Poliziano ep. 4, 13 p. 129 (vd. p. 98s.); Pomponio Leto, soscr. a Varrone cito a. p. 260s. 3) Riferito alle litterae, alla 'scrittura' di un codice non è un apprezzamento estetico, ma indica che il codice è scritto in modoscorretto: cf. quanto detto a p. n8 a proposito di Poggio ep. 4, 4 p. 304 liber est illis litteris antiquis corruptis, quales sunt Quintiliani,. cui è da accostare Zenone Castiglioni, letto cito a p. 132: implicita quadam et corrupta Germanica littera conscriptum. L'opposto è litterae emendatae, cf. p. 214. 4) Riferito a lezioni particolari (versi, frasi, parole): Valla in Fac. p~ 601 (vd. p. 212); Poliziano misc. I 68 p. 635 elegiam Callimachi de crinibus Berenices... vertit in Latinam linguam... Catullus, quamvis pleraque sint in ea corrupta mendosaque et temere scripta librariorum inscitia; II 51, I in libro Aristotelis IIoÀL't'ELWv primo verba sunt plerisque exemplaribus mutilata et corrupta; ep. 6, I p. 165 (vd. p. 276); IO, 4 p. 312 (vd. p. 277); soscr. a Plin. nato (Maier 352) pro. .. instituto meo ne illa quidem quae liquebat esse corrupta de veteribus omisi; E. Barbaro ep. II p. 71 verba Plinii cormpta primo locO' ponimus. In Poggio ep. 5, 5 p. 13 recepi pridem a te litteras semilaceras atqueita corruptas multis in locis, ut vix legi possent; quod accidit culpa portitoris, ut puto, il corruptas indica una corruzione puramente meccanica. ed esterna.
LA CRITICA DEL TESTO
22].
d e p r a v a tu s: I) riferito a codici: Guarino ep. 217, 39(vd. p. 295 n. 2); 366, 12 minus depravatum habebis volumen; nam multis in locis emendavi; ValIa eleg. 2, I p. 47 (vd. p. 220); Poliziano· ep. 5, 9 p. 162 in eodicibus depravatis. 2) Riferito a lezioni: Beroaldo anno C. a4v versus est in III Fastorum depravatus; c. b7V pauea ex plurimis depravata attingam; c. C5V duae sunt iunetim dietiones depravatae; Poliziano mise. I 24 p. 556neque autem ignoro depravatam fere ubique esse seripturam; 34 p. 576 voeabulum alterum quod est I5pyocvov de Craeea seriptura depravatum mi-o gravit in Latinam. m e n d o s u s: già anticamente detto «de scriptura, mendis: librorum» (Thes. 1. L. VIII 710, 19ss.). I) Riferito a testi: Beroaldo anno c. b7v (vd. p. 229); Poliziano ep. 12, I p. 366 quasi vero non eonstet hymnos istos, quos etiam
v4tis esse Homeri quidam dubitant, plurimis esse locis mendosissimos. 2) Riferito a codici: Poggio ep. 3, 37 p. 284 (vd. p. 141);. 3, 39 p. 288 (vd. p. 215); II, 22 p. 84 (vd. p. 270); Traversari ep. 42 col. 78 (vd. p. 254); 206 col. 267 (vd. p. 256); 216 col. 283 spondeo. .. me acrem operam daturum ut is, quem tu mendosissimum ad me misisti, quam emendatissimus ad te proficiseatur; Valla eleg. 2, I p. 47 (vd. p. 220); Poliziano mise. I 57 p. 612 (vd. p. 162); 59 p. 624 (vd•. p. 188); 78 p. 649 mendosum. .. naetus eodieem. 3) Riferito a lezioni: Beroaldo anno c. CIV (vd. p. 226); c. C3r duae dictiones iunetim locatae pariter mendosae leguntur; c. qr inter legendum correximus locum mendosum et penitus depravatum; Polizianomisc.I44P, 592 (vd. p. 212S.); 68 p. 635 (vd. p. 222); 80 p. 652 (vd. p. 271); II 47, IO versieulos autem hos Euripidi mendosos habemus in vulgatis Agellianis codicibus; soscr. a Ovidio (Mai'er 351) observavi autem quod soleo ... , ut... ne illa quidem interdum omitterem quae' mendosa esse liquebat; soscr. a Terenzio (Maier 344) observavi autem quod consuevi, ut ad unguem exscriberem etiam quae plane mendosa' videbantur. Si notino le frasi m e n d o s e s c Ti bo, t r a n seri b o (opposte a emendate scribo, per cui vd. p. 214s.), m e n do s e l eg o (oppostoa emendate lego): Poggio ep. 2, 23 p. 150 qui liber transeribitur,. sed nimium mendose; 3, 17 p. 216 (vd. p. 327); Traversari ep. 216 col. 283 animadverti seriptorem illum ... negligenter nimium at-· que mendose seripsisse; Poliziano mise. I 66 p. 633 (vd. p. 154); 35 p. 576 in M. Varronis libro primo Rerum rustiearum mendose legitur'
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illud ecc.; 75 p. 643 locus ... qui sit mendose nune legitur ecc.; 81 tit. p. 662 de Oeno et asello quodque apud Propertium mendose legitur ' orno'; 89 tit. p. 672 qllod Servius grammatieus Bucolicos Maronis versus tam mendose legit quam falso enarrat. P. C. Decembrio usa la forma m e n d a t u s non testimoniata nel latino classico: letto al Pizolpasso in Sabbadini, Storia 271 opus, ut intelligo, aetate nostra mendatissimum. Accanto a questi, che sono i termini di gran lunga più usati, troviamo nel significato di 'corrotto', 'scorretto' anche altri aggettivi. i n c o r r e c t u s : già nell'antichità è usato col significato di « non correctus, non emendatus» (Thes. l. L. VII I, 1030, 24ss.). Petrarca fam. 18, 5 tit. ad Gerardum monachum Cartusiensem, sepe doctorum hominum libros incorrectiores (' più scorretti ') esse quam reliquorum; 22, 3, 25 (vd. p. 304). i n e m e n d a t u s: già anticamente dal significato originario di 'non corretto', 'non riveduto' (Thes. l. L. VII I, 1292, ISS.) si era sviluppato quello generico di 'scorretto': ad es. Hier. in Ezech. 12, 40, 5ss. dum de inemendatis scribuntur inemendatiora de verbis Hebraicis facta esse Sarmatica; prae! vulg. Par. iuxta LXX (vd. p. 233 n. 4). I due significati coesistono anche nell'uso umanistico. I) 'Non corretto', 'non riveduto ': Guarino ep. 224, 23 is ... Macrobium De Saturnalibus (at)que Aulum Gellium De noctibus Atticis habere dicitur; quos et ego habeo, sed cum eos emendare cupiam, illos, te interprete, ab eo habere velim: indignum enim censeo ut qui me in dies meliorem ]aciunt, ii apud me inemendati maneant; Valla emendo p. 608 hoc vos in regio codice re1iquistis inemendatum, quod sic emendandum erat; Poliziano ep. IO, 9 p. 317 cogistu quidem me, Laurenti, carmen edere inconditum, inemendatum; così pure in una singolare soscrizione a un codice del XV sec. di una traduzione del Menone di Platone, finit Mennon inemendatus (Wattenbach 343 n. I), inemendatus allude senza dubbio al fatto che il codice non è stato emendatus ad exemplar: nullo correctoris dente percussus direbbe il Petrarca (!am. 18, 5, 46). 2) 'Scorretto' (sinonimo di eorruptus, depravatus): Guarino ep. 210, 28 hactenus apud nos obversabatur liber Ciceronis De oratore, ita tamen obtruncatus et dilaniatus, ut eum maxima (pars) operis elegantissimi . .. perisset, inemendatum etiam quod reperitur extaret; Poggio ep.
3, 5 p. 195 die Leonardo Aretino ne obliviseatur mittere ad me opera Seneeae et quamprimum. Nam epistolae iam sunt seriptae: reliqua restant, iuae habeo inemendata 1; T. Fregoso in Aurispa ep. 75 p. 95 opinamur illas (sc. eomoedias Plauti), quando quidem apud te sunt, aut emendatissimas esse aut inter inemendatas satis emendatas; Poliziano mise. I 57 p. 612 nisi Plinianos inemendatissimos haberemus eodiees. i n v e r s u s: Beroaldo anno C. b7v quis non videt dietionem ,esse inversam et 'lanien' pro 'lanienam' fuisse perseriptum? (Apul. met. 3, 3). Riferito a codici in Aldo Manuzio, preE. a Teocrito, Esiodo ecc., Venetiis 1495 (Botfield 193): si qua tamen leges ineastigata. .. tam hie qllam in eaeteris libris quos ego ad eommunem studiosorum omnium utilitatem curo imprimendos . .. , non mihi imputes, sed exemplaribus. Non enim reeipio me emendaturum libros - nam in quibusdam Oedipo eonieetore opus esset; ita enim mutilati quidam sunt et inversi ut ne iRe quidem qui eomposuit, si reviviseeret, emendare posset - sed .curaturum summo studio ut vel ipso exemplari imprimantur eorreetiores. Si trova anche il sosto i n v e r s i o in Beroaldo anno c. b4f apud .eundem (sc. Gellium) loeus est depravatus unius litterae inversione (propone di correggere Caspium in Cispium in Gell. 15, I, 2); C. b4v .apud eundem menda est manifestaria unius tantum litterae inversion~ {medici per melici in GelI. 2,22, I). v i t i a t u s : Poliziano mise. I 20 p. 549 vitiatideprehenduntur
lo Poggio aveva ripetutamente chiesto dapprima al Niccoli, poi direttamente :al Bruni stesso un codice di Seneca già del Salutati, poi del Bruni (vd. le epp. 2, 38; 2, 39; 3, 4). A Roma infatti non poteva avere che esemplari ita mendosa ut nedum intelligi, sed ne legi quidem latine possint (ep. 2, 39 p. 176). Il 27 settembre 1426 scrive al Bruni per ricordargli ancora di mandargli le opere di Seneca, quibus permaxime indigeo tum ad emendationem eorum quae scripta sunt tum ad transcripJionem aUorum (ep. 3, 4 p. 192): da ciò appare che aveva cominciato a far trascrivere Seneca dai mendosa exemplaria di Roma. Segue la nostra ep. 3, S, che conferma che una parte di Seneca, le ep. ad Lucilium, era già trascritta: reliqua restant, .quae habeo inemendata significa quindi che gli restano da trascrivere le altre opere e che vuole il codice del Bruni perché a Roma ha solo i mendosa exemplaria di cui sopra (Ullman, Origin 40: « He now makes c1ear that the letters of Seneca are already copied and that he has an Wlemended copy of other works. Bruni's copy is therefore needed to correct these manuscript »). Il codice di Seneca allestito da Poggio è attualmente il Vat. lat. 2208, che non deriva dal manoscritto di Coluccio (Laur. Edili 161), ma può essere stato corretto con questo in quanto alcWle correzioni si accordano col Laur. Su tutto questo vd. Ul1man, Origin 40s.
15
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Suetoniani codices in Nerone; 58 p. 617 vitiata ista ... in Censorini commentario reperies. Una serie di sinonimi per 'corrotto' in Poliziano mise. I 87 p. 671 codicem iIlum vetustissimum. .. sum nactus . .. , minus multo quam caeteri deformatum, inquinatum, perversum, conturbatum: si tratta del celebre Mediceo di Cic. fam. (M); con p e r v e r s u s e c o n t u r b a t u s il Poliziano allude al turbamento nell'ordine delle lettere che caratterizzava tutti i codici recenti, mentre M conservava il giusto ordine. In mise. I 25 egli aveva restituito l'ordine delle lettere servendosi appunto di M: lì ritroviamo il termine perversus e insieme il sinonimo p r a e p o s t e r u s : mise. I 25 tit. p. 556 quam multa in epistolis familiari bus, quae nunc habentur, Ciceronis praepo.:. stera, tum quem in ordinem restituendae; ibid. p. 557 de hoc itaque uno . " cuncti pIane quotquot extent adhuc epistolarum earundem codices . .. manarunt inque omnibus praeposterus et perversus lectionis ordo (l'accoppiamento dei due aggettivi già in Cic. Cluent. 71). Per praeposterus cf. anche Beroaldo anno c. CIV in quarto apud Gellium (4, 2, II) locus est partim mendosus, partim praeposterus. Ita enim scriptum est: « demupope peri nodu quoque qui lustitiosus latine appellatur disensum est». In his paucis verbis multiplex error est, quem nos ita emendavimus et ita Gellium scripsisse opinamur: « de myope qui lusciosus Latine appellatur peri nodu quoque disensum est» ed A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 181 quaedam in eo adeo corrupta, adeo varia et praepostera adnotavi ut nullo pacto sententiis verba congruere aut satis competere videantur.
TEORIE UMANISTICHE SULLA GENESI DELLE CORRUTTELE
Nell'antichità il maggior numero di osservazioni sulla genesi degli errori nella trasmissione dci testi erano state fatte da S. Girolamo (vd. Arns 68s. e 180ss.). Per il medioevo conosciamo le interessanti enunciazioni sui modi come un testo può corrompersi (corruptionis occasiones) di un sacerdote romano del XII sec., Nicola Maniacutia (vd. Peri 77 e 86). Osservazioni simili sono assai frequenti in età umanistica. Già il Boccaccio, in un pass<> in cui si scaglia contro i copisti, principali responsabili della corruzione dei testi, li critica perché leggono senza capire e in particolare cadono in omissioni per disattenzione o per ignorante arbitrio, non curano l'ortografia (non indicano il dittongo), non mettono i
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segni di interpunzione e gli accenti, corrompono i vocaboli e, peggio ancora, anche se si accorgono del loro errore, non lo correggono, per non guastare con cancellature l'opera loro, anteponendo codici belli a codici corretti 1. Ma la più ampia analisi delle cause della sempre crescente corruzione dei testi è in un noto passo del Salutati, de fato 2, 6 (vd. Appendice III, p. 341SS.): responsabili della corruzione dei testi sono in primo luogo i copisti, che possono compiere due tipi di errore: involontari (per evagationem mentis et capitis levitatem inadvertenter omittunt) e volontari per incomprensione del testo (dum temerarie mutant quod non intelligunt). Altra causa di corruttela è l'insinuarsi nel testo di glosse marginali o interlineari 2. Ma gli errori non sono dovuti solo ai copisti, ma anche a interventi> di lettori: e i 'Più pericolosi fra questi ultimi sono i semidotti, che ascrivono ciò che riesce loro incomprensibile non alla propria ignoranza, ma ad errore dei copisti o forse addirittura (tanta è la temerità dell'ignoranza) degli autori, e presuntuosamente mutano lettere. sillabe, parole intere ed ora tolgono, ora aggiungono. Altri addirittura alterano a bella posta i testi per trovarvi sostegno ai propri er~ rori, come si dice facessero gli eretici per i libri di Origene 3. Come rimedio a tanta corruzione il Salutati propone la crea-
I. Boccaccio de montibus c. 54r sic, dum potius visa quam intellecta designant quandoque vacillante memoria et nonnunquam dum ex non intellectis multa superflua arbitrantur et auferunt, aut casu aut eorum permutant iudicio: eo ante alia itum est ut sit (si ed.) ortographia deiecta diphthongi aut sublatae aut debitis privatae notulis (<< è-abbandonata l'ortografia del dittongo che è o omesso o privato dei segni necessari »; il secondo caso è forse quello dell'e cedigliata che viene trascritta come semplice e), punctatio omnis ommissa et signa perdita quorum opere locutionum variationes percipi consuevere ac insuper opere talium diminutis aut additis aut permutatis in dictionibus litteris, aliter hodie legantur quam veteres illustresque scripserint auctores necesse est et, quod longe perniciosius, esto huiusmodi scriptores advertant se minus recte pinxisse, ne delentes errorem maculam operi suo iniecisse videantur, ultro praetereunt, correctis pulchros praeponentes codices (cf. Hier. praef. vulg. Iob iuxta LXX: tanta est enim vetustatis consuetudo ut etiam confessa plerisque vitia placeant, dum magis pulchros habere malunt codices quam emendatos). Si confronti anche il passo del Clémanges cito a p. 203S. 2. A questo tipo di corruttela ricorre il Poliziano per spiegare l'interpolazione di un verso di Esiodo (vd. p. 234). 3. Rufino, De adulteratione librorum Origenis, PG. 17, 6I5SS. (sulla questione vd. ad es. G. Bardy, Faux et fraudes littéraires dans l'antiquité chretienne, « Rev. d'hist. ecelés.» 32, I, 1936, 28ISS.).
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zione di biblioteche pubbliche in cui esperti studiosi provvedano a rivedere i testi collazionandoli e scegliendo con giusto giudizio fra le molteplici varianti. Enunciazioni di carattere generale sull'origine di alcuni tipi di errore si trovano anche sparsamente nel De politia litteraria di A. Decembrio: si tratta probabilmente di dottrina guariniana. Così sulle glosse penetrate nel testo: 19 c. 42v-43r (a proposito della brevità dello stile sallustiano) nam si in stilo productior forte quibusdam locis appareat, id aut praeceptorum temeritate superadditum aut librariorum inscitia 1 designari consuevit, qui circumscriptas saepe interpositiones, quas glossulas vocant (cf. p. 98), texturae scriptoris interserunt; 29 c. 94v-95r 'postridie' est ut postero die non ut post tres dies, ita ut seeundo, non tertio die sit intelligendum. Nam licet in quibusdam Caesaris Commentariorum exemplaribus circa principia de bello Gallico pro tertio die ac praeceptorio more explicatum appareat, glossula quidem fuit ignorantis seu circumscriptio prius quae post a rudibus quoque librariis auctoris lexturae conserta. Altrove lamenta l'abbandono dell'ortografia e la presunzione dei copisti che, pur avendo di fronte testi correttissimi, credendo di saperne di più non si limitano mai a trascriverli fedelmente: . a questi errori dovuti a interventi coscienti dei copisti si aggiungono i guasti causati dall'omissione del greco - ' fmestre' che, al contrario di quelle vere, portano oscurità ai lettori -, dalle parole corrotte, dalle dittografie; e il Decembrio conclude affermando che il copista. deve capire qud che trascrive, non trascrivere come se disegnasse (pingere) 2.
Inscitiae cod. Polito 75 c. 179v-I8or quis librarius tempestate nostra dabitur, Ilisi idem oratoriae sit poeticaeque fàcultatis industrius, quantumvis librum ei des emendatissimum, qui pari tenore prorsus excribat ut in exemplari constiterit? immo qlli non se doctius illtelligere putet quam auctor ipse vel libri domitlus, si quidem politius littcrarum characteres elfinxerit, in quorum sola .figuratione seu pictura orthographiam ipsam consistere creditur? .. Solent ... ex Hetruria Florentinaque civitate potissimum libri quam venustissimefacti comparari feruntque ibi Vespasianum quendam eximium bibliopolam librorum librariorumque solertissimum, ad quelli omnis Italica regio longinquae etiam nationis homines confiuunt quicunqlle libros amatissimos venales optant. Qllem licet arbitramur Leonardi (il Bruni) Carolique (il Marsuppini) Aretinorum diligentia exemplaria bona conquircre, tamen, Ilt antea dixi, CUlli alio modo exemplaria sint, alio librariis excrib,mtur. Quo satis eos percipitur neque syllabarum intensionem depressionemque cognoscere, quae productae vel breves propter carminis ignorationem (<< per l'ignoranza del metro ~), I.
2.
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Ricordo infme due singolari teorie. Per E. Barbaro e per il Beroaldo i libri poco letti si corrompono di più: il Barbaro in ep. II p. 91S. afferma che Plinio il Vecchio fu poco letto e reca, fra l'altro, il seguente argomento: alterum indicium quod nullus fire liber maio-
ribus et pluribus non dico vitiis, sed portentis scatet, nempe quia diu iacuit infrequens et cunctanter aditus. Sunt libri eodem quo arva fato: si negligantur, sentes alunt et monstra quibus tollendis non unus Hereules sit satis; Beroaldo anno c. b7v Apuleius Madaurensis plurimis scatet mendis propterea quod plurimi eius leetionis sunt infrequentes: quae res seriptorem luculentum atque eruditum non solum reddit serupulosum, sed etiam in dies magis menJosum facit 1. Il Petrarca, giustificandosi con un amico perché gli manda un codice delle Confessioni di S. Agostino non corretto dopo la trascrizione, lo esorta a non aspettarsi dagli uomini dotti libri più corretti: infatti per gli indotti ogni più piccolo errore è d'inciampo e perciò essi si affannano a liberare i loro codici dalle corruttele, ma i dotti, che han la mente a cose più alte, agilmente sorvolano su queste rninuzie (fàm. 18, 5). Il criterio paleografico è largamente usato dagli urnanisti nell'emendare. Vi accenna esplicitamente già Gasp. Barzizza a proposito dell'emendazione del De oratore (cf. p. 263s.): litterarum figuras similitudine aliqua inter se commutatas multis locis correxi 2. Nel Facio, come ora vedremo, troviamo addirittura un tentativo di elevare, almeno in teoria, il criterio paleografico a supremo criterio di emen-
per quam etiam alias geminari litteras, alias simplices re!inqui opus sit, neque quando cum eh ve! ph seu th aut y, quod Graeci psilon vocant (cioè i-psilon), scribi conveniat, ipsis duntaxat arbitrio suo describentibus. Ad quae incommoda sponte commissa auidit insuper ·incommodius i n Graecornm sermonum defectiones frequenter incidere quasi fenestras, sei contrario more obscuritatem legentibus opponentes, tum in sermones depravatos (nam de superfluo geminatis tolerabilius). Eninvero intelligere quae pingit, non pingere tantummodo librarium decet. Si noti sermo 'parola' (cf. polito 3 c. 8v cito a p. 85 e 27 c. 78r cito a p. 41). I. Questa teoria è ripetuta ancora dal Robortello in Aeschyli Tragoediae, Venetiis 1552, c. [34v in aliis tragoediis coniatura opus non fuit, quod apte et recte fuerunt a librariis descriptae. Videntur enim veteres illas in primis adarnasse,. quo factum est ut. cum eas potissimum in scholis suis auditoribus interpretarentur, nulla in iis inhaeserU macula. Conversa ratio in aliis fuit: cum enim a paucis legerentur et describerentur, amissis vetustis exemplaribus, vix unus et alter invenitur liber in quo illae descriptae sunt, atque utinam rate! Cum enim minus tritae essent hominum lectione, filctum est ut minus etiam splenderent plurimisque inficerentur maculis. 2. Pomponio Leto, pref. a Varr. ling. (Botfield 138), afferma di aver corretto
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dazione. Ma è soprattutto nelle Emendationes liviane del Valla che le larghe e sicure conoscenze paleografiche di questo umanista danno i loro frutti più splendidi, permettendogli di risanare con mezzi semplicissimi corruttele che apparivano disperate. E, ciò che più qui ci interessa, nelle Emendationes sono numerosi i casi in cui il Valla accenna esplicitamente al criterio paleografico che ha usato nel correggere, dando una spiegazione dell'origine dell'errore. Questa preoccupazione di giustificare paleograficamente le sue congetture ha qui anche un'origine polemica 1: il Facio lo aveva accusato di congetturare arbitrariamente (corrigere proprio arbitratu atque iudicio) e aveva enunciato il seguente principio: nell'emendare occorre che la congettura non si discosti, per forma e numero delle lettere, dall'errore che si vuoI correggere 2. Il Valla, rispondendo all'accusa, accetta sostanzialmente il principio enunciato dall'avversario: dopo aver narrato come P. C. Decembrio e lui stesso congetturarono indipendentemente rectis saxis ut per rectis ac si istud dei mss. in Liv. 21, 36, I, sanando così una corruttela su cui si erano affaticati invano il Panormita e lo stesso Petrarca, conclude trionfalmente (in Fac. p. 603): adestne similitudo? constat numerus literarum in menda et emendatione? Quid igitur, tanquam id a me non fiat, sed procul aucupor (aucuper?) scripturae veritatem, me incessitis? E così, soggiunge, sasolo ubi librarii litteras mutaverunt: non ha invece posto mano, nel timore di aggravarle, alle corruttele più profonde (in his que inscitia penitus corrupit). La categoria di errori che Pomponio si è limitato a correggere è, in sostanza, quella delle corruttele meccaniche aventi origine paleografica. L Ma l'interesse per il problema della genesi dell'errore è presente anche altrove: a proposito della critica testuale neotestamentaria del Valla il Perosa osserva che nella redazione ~ della Collatio rispetto alla redazione Cl. è rivolta maggiore attenzione « alle molteplici sfumature dei processi che hanno portato alla corruzione del testo, con particolare attenzione per gli ipercorrezionismi e per le sviste mende di origine paleografìca » e fornisce un ricco elenco di passi (L. Valla, Col/atio Novi Testamenti. Redazione inedita a cura di A. Perosa, Firenze 1970,
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e n. 63). 2. Facio invect. I p. 525 ausus es profiteri... te emendaturum omnes depravationes
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que in operibus Livii librariorum vitio ceciderunt. Quod nec Aretinus nec Guarinus nec ante eorum etatem Franciscus Petrarcha nec multi alii nostre etatis doctissimi viri corrigere ausi sunt, id tu, homo indocte, corrigere audebis? Si corrigi liceret proprio arbitratu atque iudicio, quod a te fieri intel/igo, quot censes esse qui te hac parte superarent, a quibus ingenio et eloquentia vinceris, qui pudore ac modestia id facere desinunt? Sed nescis adhuc, ut video, qua ratione textus corrigendi sint. At ego illud ostendam et gratis. Opportet enim in emendando aliquo depravato ut similitudo et numerus litterarum conveniat.
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rarmo anche le congetture che proporrà in seguito: ma ove CIO nOn accadesse non sarà cosa biasimevole, ma anzi degna di maggiore .ammirazione 1. Non c'è dunque nel Valla una rigida. accettazione .del principio enunciato dal Facio, il quale veniva in sostanza ad. affermare che tutte le corruttele hanno origine paleografica: il Valla sa bene che la corruttela può essere dovuta anche a cause diverse .che non un errore di lettura 2 ed allora una congettura che raggiunga ,d'un balzo il dettato originario è degna di tanto maggior ammirazione quanto minori puntelli essa ha trovato nel testo tradito. Non sarà inutile esaminare brevemente-le osservazioni paleografiche sulla genesi ~ll' errore che si trovano sparse nelle Emendationes 3. Al Valla era ben noto quel tipo di errore che noi moderni chiamiamo • aplografia': lo descrive in emendo p. 606 correggendo magis ea in magis saeva (Liv. 21,59,7): «pugna raro ulla magis ea ... »: vos tollitis • ea " ego muto in • saeva ' : opinor enim s, quae ultima est in • magis " fecisse ut sequens s excideret, sicut factum est in ilio superiore • rectis ac si istud' pro • rectis saxis' (Liv. 21, 36, I, vd. sopra). Vi accerma
1. Talia quoque emnt quae sequuntur. Aut sicubi id non fiet, non reprehensione dignum erit, sed maiore miraculo. Più oltre non manca di coglier l'occasione di alcune arbitrarie correzioni degli avversari a Liv. 21, 3I, 6 per rinfacciar loro il loro stesso principio così male osservato e contrapporre i suoi emendamenti assai più rispettosi del testo tradito: emendo p. 604 o lippi, o aliis quae vpbis multa est lippitudinem exprobrantes, estne istud servare similitudinem, servare numerum literarum in coniectanda scripturae veritate, alias dictiones eximere, alias adiicere? Videte quanto id a me syncerius ,ustoditur. 2. Così ad es. in Liv. 22, 7, 14 emendando ab ortu in ab orto, non dà una spiegazione paleografica dell'errore, ma lo considera un'arbitraria correzione di qualcuno che non aveva capito il testo: emendo p. 607 « senatum praetores per dies a1(quot ,ab ortu ad occidentem solem in curia retinent}): opinor autorem 'ab orto' scriptum reliquisse, id est ab orto sole, idque aliquos vestri similes mutasse. Aliquos vestri similes è una frecciata agli avversari, che talvolta, non avendolo capito, avevano corretto il testo dove non ce n'era bisogno. , 3. Si veda anche R. Valentini, Le Emendationes in T. Livium di L. Valla, -« St. it. di fil. dass. }) 15, 1907, 262-302, in particolare le pp. 283-89 (Il criterio paleogreifico nelle Emendationes).
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dell'errore nella grafia haut per haud t. La grafia Annibai per HannibaI e l'erronea interpretazione dell'H iniziale (al principio del libro) come abbreviazione di un haec è l'origine dell'errore in Liv. 23, I,. I, dove il Valla si avvide per primo che l'haec iniziale andava espunto 2. Molti errori nascono da errata divisione di parole: così subve-· here temporium per subveheret emporium in Liv. 21, 57, 5s. 3 , distrahendo per dis trahendo in 22, 2, I 4, utilis per ut illis in 22, S0, 2, vasis erat per vas iis erat in 23, 24, 12, ecc. (vd. Valentini cito p. 2845.). Quest'ultimo tipo di errore era largamente noto agli umanistL Già il Barzizza, parlando della sua edizione del De oratore, accennava. fra l'altro alle correzioni apportate dividendo meglio le parole(multa divisa composui, plura composita divisi; cf. p. 263s.) e Poggio. nelle sue revisioni o trascrizioni di codici antichi restituisce spesso· l'esatta lezione ridistribuendo meglio parole divise male (vd. p. 173e Appendice I p. 335s.). Per il Beroaldo vd. più avanti. L'errore può nascere anche da un'abbreviazione fraintesa dal co_o pista: in Liv. 23, 28, 4 il Valla emenda consentirent in consules sentirent e spiega (emend. p. 612): consules una syllaba scriptum erat ut in plurimis verbis fit: la conoscenza di questo tipo di errore gli permettedi emendare in Cic. Jam. I, 2, 2 e 2, 7, 4 tyranno publio lentulo di tutti i codici in tribuno plebis (eleg. 2, I p. 47). Questo tipo di errore era ben noto anche a Bartolomeo della Fonte, che emendando Liv. 26, 15, 8 scrive: non 'populoque romano' sed 'praetore' dicendum.
I. Emend. p. 610 nam quidam • haud' per t scribunt hincque fuit erroris causa•. Di nuovo corregge un ut in haud in Liv. 24, 8, 5 (einend. p. 615). 2. Emend. p. 610 «haec Annibal . .. »: .. , Caeterum quid sibi vult primum illud' verbum • haec '? Ego supervacuum existimo et hac de causa adiatum, quod ii qui" Annibal sine aspiratione scribunt, ipsam figuram aspirationis in principio libri" nonnihil distare a sequenti vocali et forte maiuscule scriptam videntes, non partem huius nominis, sed aliud esse putavemnt. Igitur • haec " quod vicinum in scriptura erat, interpretati sunto 3. Emend. p. 606 vos nihil aliud quam dempsistis iIlud t, ut • emporium ' tantullt esset, non intelligentes literam illam ad praecedentem pertinere dictionem (cf: sopra, p.
108). 4. Emend. p. 607 «dum consul placandis Romae distrahendoque de/ectu operam dat . .. »: vos sic emendatis: «dum consul placandis diis Romae distrahendoque de/ettu ••
nescientes • distrahendo ' duo verba esse: •dis " quod fere veteres non gemino ii scribebant et • trahendo " id est differendo; nam distrahere delectum nusquam Iegimus.
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est. Sed enim quoniam c praetore ' 1 duabus primis litteris c pr' antiquitus notabatur, inerudita saecula pro c praetore' c populum romanum ' multis in codicibus transcripserant (C. Marchesi, Bartolomeo della Fonte,. Catania 1900, 163; Sabbadini, Metodo 60). Anche il Beroaldo tien conto nel congetturare della similitudolitterarum: anno c. b4v ita ... in omnibus codidbus scriptum legitur: « elivorum quoque oculi ad easdem vices lunae maiores fiunt aut minores» (GelI. 20, 8, 6) ... Ex litterarum similitudine locum mendosum ita emendandum censeo ut pro c elivorum' legas c aelurorum '. Un paio di volte egli sottolinea di aver corretto unius tantummodo Iilterae immutatione 2 e ripete spesso di aver tenuto presenti nel congetturare il senso e le lettere 3. Anche a lui è ben nota la categoria di errori originata da errata divisione delle parole e richiama in proposito un'osservazione di S. Girolamo: anno c. qv scribit divus Hieronymus in prologo Paralipomenon 4 quod saepe culpa scriptorum unum nomen in duo vel tria vocabu1a dividitur; quod verissimum esse in compluribus aliis scriptoribus tum in Plautino poemate deprendi ubi saepe duo ve! etiam tria nominasubtractis e medio syllabis in unum vocabu1um coagmentata deprendes vel e regione unum nomen propter latitudinem suam in duo ve! tria vocabuhr divisum. Legebam adeo nuper Persam P1autinam fabu1am in qua sic 10I. Così il testo del Marchesi. Il Sabbadini, che desume la citazione dal Marchesi trascrive praetor, ma praetore va benissimo. 2. Ann. c. a3v: in Ov. fast. I, 454 la vulgata era Inache laute, ma il Beroaldo. ritiene che sia da leggere Inachi vacca: ita hunc locum audentius (audientius ed.) emendavi nactus reverendae vetustatis codicem in ql40 ita scriptum legimus: « Inachae vacca»; ubi unius tantummodo litterae immutatione versus emendandus fuit et in Nasonis fami-liam redigendus; c. C2r apud eundem (sc. Hieronymum) libro secundo contra Iovinianum (cap. 36, PL. 23. 349A) in pervulgatis impressisque codicibus haec verba leguntur: «nUl.le restat ut Epicurum nostrum sudantem in hortulis suis inter adolescentulas et mulierculasalloquamur ». Ego vero illud c sudantem ' emendandum esse censeo et unillS tantummodolitterae immutatione legendum 'subantem'. 3. Ann. c. b4r quocirca nos et sensum et ipsos litterarum apices curiose speculati ita emendavimus (emenda oronus... ad apulos in Oratianus... atabulus in Gell. 2,_ 22, 25); c. crr nos pensitato sensu et litteris non multum immutatis correximus ' varias • (Ascon. tog. cando p. 88 Clark. ove si leggeva vertias); c. C4r nos vero pensitatis curiosissime et verbis et sententia, paulatim demutantes, ita correximus (corregge, in Plaut~ mi/. 1178, causae hanc habeas furugene in causeam habeas ferugineam). 4· Prae! vulg. Par. iuxta LXX: scriptorum culpae ascribendum, dum de ìnemendatis inemendata scriptitant; et saepe tria nomina, subtractis e medio syllabis, in U/ll4m vocabulum cogunt ve! e regione unum nomen propter latitudinem suam in duo vel triavocabula dividunt.
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quitur Toxillus servus (V. 480): « hU,le ego hominem hodie intra semina doetis dueam dolis»; ubi illud 'intra semina' ita emendandum est 'in trasenna '. Anche negli scritti del Poliziano non mancano spiegazioni dell'origine delle corruttele e cenni a vari tipi di errore. Così ad es. egli sapeva che i nomi propri e le cifre sono maggiormente soggetti a corrompersi 1, che un'interpolazione può essere originata da una nota marginale penetrata nel testo 2, che turbamenti nell'ordine del testo hanno spesso origine da quaternioni o fogli fuori posto nell'archetipo 3. In mise. II I, 21 (vd. p. 44), per spiegarsi l'erronea ripetizione di una medesima frase, pensa che il copista abbia distrattamente trascritto anche il richiamo in fondo al quaternione. In un altro capitolo della II centuria, mettendo a confronto le due lezioni Stereocles e Stereodes, fa notare come la seconda derivi dalla prima per una lettura erronea di cl 4. Il criterio paleografico occupa un posto eminente nella ratio emendandi del Poliziano: le sue congetture sono in genere assai aderenti al testo tradito; talvolta egli sottolinea come basti un lievissimo ritocco alla lezione tramandata (mise. I 53 p. 607s. in codice . .. quem fuisse aiunt Francisci Petrarchae primitus . .. sic adhuc extat: « ne miniata ceruia tua». Quod si penultimae dictionis penultimam literam paululum a summo produxeris, hoc est de i litera l feceris, omne proculdubio mendum sustuleris; cf. p. 292) e in misc. II 14 dopo aver proposto di emendare in Cic. off. I, 61 Stercocles in noster Cocles o hinc noster Cocles (cf. p. 288), non ancora soddisfatto soggiunge: possis etiam lectionem non aspernabilem colligere de litteris ipsis e ricava da Stercocles una lezione plausibile per il senso, anche se decisamente brutta, senza apportare altro mutamento che la divisione in tre parole e la facile correzione della r in t. Il discorso del Poliziano è un po' lungo, ma val la pena di riportarlo per intero: nam, quod multis locis auditoribus nostris ostendimus praesertimque 1. Mise. I 58 p. 617 at enim quoniam lubrieus in propriis nominibus et item in numerorum notis librariorum lapsus, vitiata ista... in Censorini commentario reperies. 2. Mise. lIso, 14 (vuoI espungere, adversum omnium eodicum fidem, Hes. op. 406) crediderim igitur hominem aliquem, non indoetum, sed a re uxoria . .. abhoffentem, eum versieulum priorem legisset Hesiodi quo de domo, uxore et bove meminit, ascripsisse ioeantem versieulum hune posteriorem sui eodieis marginibus. 3. Mise. I 25; II 1 e 2. 4. Mise. II 14, 4 reperiebam in antiquiore scriptum. .. 'Stereocles' j at in Bononiensi ' Stereodes '. vide/ieet c et l litteris in d eoagmentatis parato lapsu.
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-apud Terentium Plautumqu~ ex fide vetustissimorum codicum nec non in Ciceronis Oratore, verbum illud 'est' adiungere praecedentibus amabant veteres, uti 'factust' pro 'factus est', 'dictust' pro 'dictus est'. Ergo si ad hoc exemplum primas duas litteras huius permixtae vocis quae re.stat adhuc in libris cum superioribus iunxeris ac legeris ' Leuctrist' id est , Leuctris est', ut sit sensus 'hinc campus est rhetorum de Marathone' Jeque ceteris quae secuntur et item de Leuctris, hoc inquam si feceris, superabit tibi illud ' ercocles '; tum si litteram quae secunda est, hoc est r, in t demutaveris, qui paratissimus est transitus, legere ino.ffense iam poteris: « et Cocles hinc, Decii hinc, Cn. et P. Scipiones hinc, Marcellus, innumerabiles alii». Si tratta come si 'vede di un arzigogolio che forse
nella redazione definitiva il Poliziano avrebbe abbandonato, ma vale come testimonianza dello-.sforzo di distaccarsi il meno possibile nell'emendare dalla lezione manoscritta. La ripugnanza per correzioni -che si allontanino eccessivamente dal testo tradito traspare nelle parole con cui il Poliziano respinge la possibilità che in Cic.. div 2, <>3 Agamennone per Ulisse sia un errore dei codici anziché un lap.sus di Cicerone stesso 1. Altra volta, proponendo di correggere tlconitum di tutti i codici in Macr. sat. 7, 6, 5 in conium, sottolinea -che la corruzione di conium in aconitum è facile 2. Ricorderò infine un'altra osservazione di carattere generale suggerita al Bessarione dall'esame di una corruttela particolare, la corruzione di si in sic in Ioh. 21, 22: 1'errore, egli osserva, è facile quando -con la semplice aggiunta o sottrazione di una sola lettera si passa da una parola a un'altra avente anch'essa significato 3. I. Mise. I 53 p. 606: Cicerone citando dei versi dal I. II dell'Iliade per un errore di memoria li pone sulla bocca di Agamennone, mentre in realtà erano detti da Ulisse (vd. E. Malcovati, Cicerone e la poesia, Pavia 1943, 49s.): nisi forte, quod avidius crediderim tanto intervallo, mendum fuerit exemplarium. Quamvis etiam in antiquissimo quoque libro non dispariliter scriptum inveniamus nec sane luhricus ex literarum vicinitate sit in alterutrum nomen lapsus. 2. Mise. I 61 p. 628 lubricus autem sane lapsus in 'aconitum' de 'conio'. 3. In illud Evangelii; «sic eum volo manere quid ad te? », PC. 161, 625A: recte quiJem ab initio translatam (se. eam particulam) fuisse arbitror et • si ' non ' sic' ab interprete scriptum extitisse; sed postea (quod accidere frequenter solet) vitio dormitantis librarii (cf. Hier. ep. 106, 30 vitium librarii dormitantis), , si' coniunctionem in adverbium •sic' .fuisse conversam, una littera addita. Facilis est enim ad e"orem lapsus quoties dictio aliquid significans in dictionem aliud significantem una duntaxat addita ve! detracta littera ~ommutari potest. L'originale greco dell'opuscolo del Bessarione è stato pubblicato da L. Moh1er, Paderbom 1942 (vd. Peri 67 n. 3).
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
LACUNA
Nei codici medievali deest o deficit erano i termini usuali per indicare lacuna (Wattenbach 274) e lo rimangono in età umanistica: si vedano le note a codici riportate in Sabbadini, Storia 81 (hic deficit una carta) e 217ss. (indicazione delle lacune nei codici di Celso); Biondo Flavio, soscr. all'Ottob. 1592 (Nogara XXXVII) pauca admodum verba deficiunt (cf. p. 3I); Poggio ep. 3, 17 p. 217 cito a p. 327; ep. p. 460 Wilm. septem reperi M. Tulli orationes . .. , octava pro RosciO' comedo cui deest principium et finis; descrizione di un codice di Cic. de or. (cf. p. 31) deficiunt in II multa verba et semiversus; nota al Vat. lat. 11458 cito a p. 37; Traversari ep. 226 col. 296 (vd. qui sotto); 281 col. 376 (vd. p. 286); Avanzi emendo c. a3v lege: « iam me perdere, iam non dubitabas fallere, perfide» (CatulI. 30, 3): aliis codicibus deficiebat 'fallere'. Si trova anche de s i de r a tu r : P. Bembo ep. I, 7 p. 12 (dà notizia al Poliziano del ritrovamento della Gigantomachia di Claudiano frammentaria) quanquam in illis ipsis quae desiderantur non valde' multum amisimus. Si noti infine l'espressione m i n u s e s t (h a b e tu r) 'manca '. Nel Vat. lat. 5951 (Celso) una mano del XIV sec. ha indicato le lacune con note di questo tipo: hoc minus habetur usque huc; hoc minus est; hinc habetur minus quam in nostro habetur (Sabbadini, Storia 223) 1. Per 'lacuna' gli umanisti dispongono di vari termini. d efe c t u s : usato già nel medioevo (Wattenbach 274). Salutati ep. I p. 253s.: ha ricevuto l'Africa del Petrarca e vi ha trovato una lacuna di almeno due libri: qui deJèctus quomodo irrepserit ego· nescio; Guarino ep. 216, 19 statui . .. cum Iohanne Arzignano ut deJèctus Oratoris mei suppleat (l'Arzignano aveva portato da Milano l'arato,. integro e Guarino si faceva completare da lui la sua copia); Traversari ep. 226 col. 296 (ringrazia il Barbaro per l'invio di un codice antico delle epistole di Basilio) verum hanc meam voluptatem haua parum obscurat eius operis deJèctus non minimus ... : quatuor enim et
L Per esempi medievali di espressioni indicanti lacuna in cui compare mimls (/oca in quiblls minus invenitur e siro.) vd. Wattenhach 322 n. 3.
LA CRITICA DEL TESTO
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viginti epistolae statim a principio deficiunt; Valla, letto al Tortelli (cf. p. 217); B. Pal1avicini, nota al Laur. 73, I (Celso), C. 133r (Sabba.dini, Storia 217) hinc usque ad finem huius libri corrigi bene non potuit ,defectu vetustissimi ac corruptissimi exemplaris. d efe c t i o : Decembrio polito 75 c. 180r (vd. qui sotto). f e n e s t r a: questo termine tecnico della filologia moderna 'si trova già in Guarino che secondo il suo solito ci scherza su (vd. Sabbadini, Metodo 58): ep. 883, 14 is partem unam Strabonis (la tra.duzione latina di Guarino) secum affert; mox succedet et altera quam inter manus limandam habeo. Hoc tulit mihi eùTux(oc, ut, cum vestrum volumen (il cod. del cardinal Ruteno Isidoro, ora Vat. gr. 174) ali1.uas per fenestras afferat tenebras pluribus ex chartis, alterum volumen .supplementum ficiat quod hic nactus sum; 888, 29 (sempre a proposito .del suo lavoro di traduzione di Strabone) occurrunt multae ad obscuritatem ac defeetum nunc fenestrae, quae obstrusae plus luminis afferrent "ontra reliquarum naturam, si perfeetius habere volumen possem. Guarino doveva esser solito ripetere spesso questo scherzo, perché lo ritroviamo nell'opera di un suo allievo, in un discorso posto appunto sulla sua bocca dal Decembrio: polito 75 C. 180r ad quae ineommoda sponte commissa aecidit insuper incommodius in Graecorum sermonum defeetiones frequettter incidere quasi fenestras, sed contrario more obseuritatem legentibus opponentes (il quasi mostra che il termine è sentito .ancora come metaforico); cf. ançhe 80 C. 19Ir (pure in bocca di Guarino) sed quia in cunetis fere Quintiliani voluminibus earum nomitla, uti a se Graece posita fuerant, vel desint penitus relictis per intervalla Jenestris vel corrupte sint seripta. Non è tuttavia un uso particolare dell'ambiente di Guarino, giacché in Filelfo ep. C. 7Ir si trova l'aggettivo f e n e s t r a t u s : facito quam primum adeas meo nomine cardinalem Nieaenum Bessarionem atque ab eo petas mihi ut commodet il, mens.em unum Sextum Emperieum (sic) ... ; nam is etiam mihi est, sed pluribus in locis, ut ita loquar, fenestratus; l'inciso ut ita loquar mostra <:he il Filelfo non si vale di un termine tecnico o quasi tecnico, ma di una metafora. fra g m e n t u m : normalmente vale • frammento': ad es. Guarino ep. 248, 25 eum commonefacito ut mihi quinternionem quendam mittat Aeademici fragmenti; Traversari ep. 271 col. 352 (vd. p. 93); Poliziano mise. I 73 p. 641 ostendit mihi Romae... Manilius Rallus ... fragmentum quoddam Sexti Pompeii Festi. Ma accanto a questo significato più comune può avere anche quello di ' frattura del testo,
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lacuna' (cE Thes. l. L. VI 1233, 3ss. « sensu latiore et translate i. q~ fractio »): ne segnala due esempi M. Zicàri in « Riv. di fIl. class. »98, 1970, 455 (A. Guarini a proposito di C":atull. 2 scrive: post hoc carmen in codice antiquissimo et manu scripto ingens sequitur fragmentum~' si tratta non di un frammento sconosciuto al resto della tradizione, come vorrebbe il Bardon in Catulli Carmina, Bruxelles 1970, 25, ma di una lacuna, secondo un'accezione che compare anche sui margini di un manoscritto catulliano, il Bodl. Can. lat. 34). s y n c op e (-a): Bruni ep. 4, 9 p. 120 Quintilianus tuus laboriosissime emendatur. Permulta sunt enim in nostro vetusto codice quaeaddenda tuo videantur. Sed in quibus locis vetustus deerat, hoc est in sincopis illis grandioribus, plerisque in locis insanabilis morbus est; Traversari ep. 206 col. 267 (cit. a p. 181). Singolare l'uso che fa di questo termine Poggio nella descrizione di un codice di Cic. de or. più volte citata (vd. p. 3 I): infatti dapprima syncopa sembra essere il pezzo di testo conservato fIno a una lacuna, più oltre invece significa senza dubbio 'lacuna'. La descrizione comincia così: finit primasincopa: « Siquis sit forte tardior posse percipere animo et memoria custodire. Non queritur mobilitas lingue etc. In oratore autem acumen dialec-ticorum, sententia philosophorum, verba prudentum poetarum, memoriaiurisconsultorum, vox tragedorum, gestum pene sumo- l). Sequitur: « Non' sane mihi displicet adhibere, si consueris, etiam istam locorum simulacrorumque rationem, que in arte traditur» etc. 1. La descrizione proseguepoi in modo analogo: Poggio introduce con la parola finit la finedelle parti di testo conservate e con sequitur le parole con cui il testo' riprende dopo le lacune. È evidente che prima sincopa è la prima. sezione, il primo frammento di testo conservato fino alla prima lacuna. Ma la stessa parola indica subito dopo la spezzatura, cioè la lacuna del testo. Dopo aver dato l'inizio di un nuovo frammentodi testo (I, 193 temptans), Poggio così prosegue: sequuntur postea charte XVI usque ad III librum qui continet chartas VI et in eo est una. sincopa paulo post prohemium, que incipit post verba: « Quid est, Crasse, inquit Iulius, imusne sessum et ne admo-» (3, 17). Sequitur: « Non' I. Uno dei mutili, H = Harleian. 2736, si interrompe a I, 128 con summo-· e riprende a I, 157 con la parola immediatamente precedente a non sane, -cita-tione. Le altre lacune indicate da Poggio nel seguito coincidono con quelle di H, tranne quella di 3, 17, dove il cod. descritto da Poggio si interrompe con admo(nitum), H con inclinato iam in.
LA CRITICA DEL TESTO
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ut iure aut iudicio ut denique recupere amissam possessionem» etc. Si tratta della grande lacuna dei mutili che abbraccia 3, n-IlO.
LACUNOSO, MUTILO
Numerosi i vocaboli per dire 'mutilo, lacunoso', ma per lo più, come il già citato finestratus, non veri e propri termini tecnici, ma piuttosto aggettivi generici, spesso in coppia, che possono variare a seconda della fantasia d'ognuno. de f e c t u o s u s : nota marginale al Riccard. 506 cito a p. I I l. d i rm i d j a t u s: Poliziano, soscr. a Stato silv. cito a p. 156: come tutti i termini usati dal Poliziano nella descrizione del codice poggiano delle Silvae, anche dimidiatus è stato interpretato nei modi più vari; il Klotz (p. LXXXIV) pensò addirittura che il termine volesse dire che il codice era non mutilo, ma diviso in due parti. Ma quel che il Poliziano dice nel proemio al commento alle Selve (cit. a p. 156), ove compare di nuovo il termine dimidiatus, mostra che egli voleva alludere non all'aspetto materiale del codice, ma allo stato gravemente lacunoso di conservazione del testo. In questo proemio, dalla frase mendosi quidem ac mutilati et, ut verius dicam, dimidiati appare che il Poliziano faceva una distinzione di significato fra mutilatus e dimidiatus: qui dimidiatus indica una decurtazione più grave e radicale di quella indicata con mutilatus. Id., pref. ad Epitteto (vd. p. 285); collaz. delle Pandette: tubi haec ponimus signa erant in exemplari verba quaedam dimidiata, in marginibus (.B'andini, Ragion. xxvn): si tratta di passi omessi nella Consto Tanta circa nos (de confirmatione digestorum) e aggiunti in margine dal correttore: essi sono mutili per una rifilatura dei margini operata da un legatore (es. § 5 nec non praesumptionibus: **c non praef**mptionibus F2; vd. Mommsen. pref. all'ediz. Berolini 1870, I p. XlIII). d i m i n u t u s (= deminutus): Salutati ep. I p. 52 Titus Livius ... hystorie Romane, prout ex eius epithomate percipitur, centum quadraginta duos libros dicitur compilasse, ex quibus vix tres decades, et ee ipse corruptissime et diminute, in manibus nostris sunt; II p. 300 an totum reppereris Q. Curtium De gestis Alexandri Macedonis; nimis equidem diminutum habemus; III p. 146 (vd. p. 132); Guarino ep. 210,. 3 I; (vd. p. 217); Tobia dal Borgo in Guarino ep. 759, 195 (vd~ p. 30) multis cartis diminutum.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
di s c e r p tu s: Petrarca fam. 24, 7, 5 (a Quintiliano) Ora.toriarum institutionultI liber, heu discerptus et lacer, venit ad manus meas. fra g ltI e n t a tu s (non attestato nell'antichità): Poggio ep. 3, 29 p. 267 in his sunt multa volultlina quae longultI esset reftrre; dicit se habere multoru1l1 operum Ciceronis, in quibus sunt orationes De lege .agraria, In Pisonem, De legibus, De fato, et plura alia ex fragmentatis, .quae si essent integra, magnum esset luerum «( dice di avere volumi di molte opere di Cicerone, fra le quali le orazioni De lege agraria . .. e molte altre fra le opere lacunose; se fossero integre sarebbe un gran guadagno ». i m p e r f e c t u s : Petrarca seno 15, I p. 1049 libri De oratore .ae De legibus imperfteti ut ftre semper inveniuntur (imperftetus qui vuoI .dire non solo 'senza la fine', ma anche ' non completo, lacunoso'; infatti il De oratore, prima della scoperta del codice di Lodi, era interrotto in più punti da ampie lacune); Salutati ep. I p. 33 3 non possum credere quod libros De finibus bonorum et malorum non habeatis. Si apud vos sunt, eum michi sit liber ille imperftetus, utpote qui usque .ad quartum librum proeedat usque ibi: «( atque pIena eorum qui eum de summo bono quererent» et cetera (Cic. fin. 4, 36), nam ulterius non pro"edit, desidero habere eomplementum eiusdem quarti et totum quintum; Poliziano, soscr. ad Ov. medie. (Bandini, Ragion. LXIII) puto hocimperJeetum esse opuseulum: nei due esempi del Salutati e del Poliziano imperftetus vuoI dire 'mutilo della fine'. i n c o m p l e t u s, i n e x p l e t u s: Salutati ep. I p. 332 (Milonianam) habeo adeo eorruptam et inexpletam, quod dici potest me illam penitus non habere... Gratulationem ad senatum Pro reditu de exilio habeo, sed, ut arbitror, ineompletam, non enim proeedit nisi usque ibi: ~ non omittam, patres eonscripti, ut eum ea miehi sint restituta ») et cetera {p. red. in seno 39)... Gratulationem ad populum Romanum habeo similiter inexpletam, videlieet usque ibi: «( neque solum ingratus » et cetera (p. red. ad Quir. 23); Aurispa ep. 91 p. II3 (Cieeronis ad AttieulII .epistulae) inveniri ... solent plerunque ineompletae. i n t e r c i s u s : nell'antichità intercido è usato per indicare la mutilazione intenzionale di uno scritto a scopo fraudolento (Thes. 1. L. VII I, 2162, 47ss.). Negli scritti del Poliziano compare più volte l'agg. intercisus 'lacunoso': collaz. di Plin. nat., C. 16u (Maier 352) hic intercisus erat vetustior codex usque ad principium XXI libri (cf. p. 263): si tratta di fogli mancanti in IDIO dei codici collazionati, il Riccard. 488. Di guasto materiale può trattarsi anche nel codice
LA CRITICA DEL TESTO
greco di Erodiano intercisus interpolatusque (vd. le postille citt. a p. 99 n. l) e nel codice di Quintiliano per noi perduto di cui nella <:ollazione è detto (c. Ilr, Maier 345): hic incipit textus vetustissimi et saepius intercisi codicis quicum hunc contulimus; ma in ep. 6, l p. 167 multa parum cohaerenter intercisa supplet, dove il Poliziano osserva che il Calderini ha integrato malamente passi lacunosi in Stato silv. 5, 5, è certo che non si allude a guasti materiali (ad es. laceraz~oni) di un determinato codice, ma allo stato del testo. Del resto anche aggettivi come lacer, laceratus (vd. sotto) possono riferirsi anziché alle condizioni materiali di un manoscritto alla lacunosità del testo. Tutto questo va notato anche perché intercisus è usato dal Poliziano nella taI1to controversa collazione di Stazio (cf. p. 155ss.) e, come altri termini riferentisi al codice poggiano, è stato spesso interpretato arbitrariamente. A silv. 5, 5, 24-27 il Poliziano nota: codex vetustus intercisos habet hos versus (è probabile che anche nell'epistola cito sopra egli alludesse a questa lacuna). Questi versi in M sono così tramandati (Pastore Stocchi 68; vd. facsimile della pagina del cod. in Dunston, « Bull. Inst. Class. Stud.» 14, 1967, tav. IX b): Hic quoque cum ni . . . . . . ter dena luce peracta acclinis tumul . . . . . . . . . nctus in carmina verto discordique m . . . . . . . . . . singultantia verba molior orsa ly . . . . . . . . . est, atque ira tacenti In genere si è pensato che intercisus potesse significare solo che c'era in questo punto una lacerazione nel codice e di ciò ci si è valsi come argomento per sostenere che il Poliziano aveva visto non M, ma il suo antigrafo. Ma, come è stato osservato anche dal Dunston, art. cito 98s., intercisus 'interrotto, lacunoso' può riferirsi allo stato del testo, senza alludere necessariamente a un taglio materiale. l a c e r, l a c e r a tu s : Petrarca fam. 24, 7, 5 (vd. p. 240); Girolamo Squarzafico, letto dedicatoria dell'ediz. principe di Asconio Pediano (Venetiis 1477, H*1886) qui divinus auctor quamvis laceratus fere totus existat ecc. Un po' diverso Poliziano mise. II I, I Ciceronis liber secundus De deorum natura non minus lacer in omnibus novis, vetustis etiam exemplaribus reperitur quam olim fuerit Hippolytus 'turbatis distractus equis' (Verg. Aen. 7, 767). Dal seguito appare che si tratta di un perturbamento nell'ordine del testo che il Poliziano riconduce a una trasposizione di quinterni nell'archetipo: dunque qui lacer non vuoI dire 'frammentario', ma piuttosto, come 16
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
conferma il paragone con Ippolito, 'fatto a pezzi ' e quindi 'turbato, disordinato'. m a n c u s : Poggio ep. 4, 4 p. 30,5 d,' Agellio et Curtio ridieulaquaedam attulit: Agellium scilieet truneum et maneum. m u t i I a t u s, m u t i I u s : Traversari ep. 232 col. 30,5s. eius operis duo sunt exemplaria, neutrum perfeetum, sed utrumque, quantum eoniieere possum, mendosum atque interdum mutilatum; Beroaldo ann. c. b8v apud Pedianum Aseonium... multa mendosa et mutilata reperiuntur; Poliziano, collaz. di Plin. nat., c. 59r (vd. p. 247s.);. mise. II 14, 5 (Cic. olf. I, 61): trovata nei codici la lezione Stereocles il Poliziano cominciò a riflettere num vera et integra fort: leetio· eolligi de vestigiis illis paene eongruentibus posset, ae tandem sie aestimavi :trunea ibi esse quaepiam et mutilata reponendumque pro illo ' Stereocles ,. 'noster Cocles' aut, si magis audendum putas, 'hine noster Cocles';. II 51, I (cf. p. 222); Girolamo Donato in Poliziano ep. 2, 12 p.. 56 (vd. p. 2I7s.). t r u n c a tu s, t r u n c u s (obtruneatus, semitruneus): Petrarca fam. 24, 4, 94 (a Cicerone) quin et superstitum librorum magnas partes amisimus. .. Hoc enim. .. in tuis maxime oratoriis atque achademicorum et legum libris patimur, qui ita truncati fedatique evaserunt, ut propemelius fuerit periisse; Guarino ep. 2Io, 26 (vd. p. 224); 578, 46 (vd. p. 253s.); Poggio ep. 4, 4 p. 305 (vd. qui sopra); Traversari ep.. 225 col. 294 duos reliquos (se. libros) extremos, De ira Dei et opificio hominis, semitruncos adtingere ausus non sum (cf. p. 255); 234 col. 308 (vd. p. 137); Poliziano mise. II 14, 5 (vd. qui sopra).
SEZIONE
II
L'INTERVENTO SUL TESTO
LA CORREZIONE
1
Distinguiamo: Il la revisione di un'opera da parte dell'autore stesso o di altri mirante a migliorare il testo o ad eliminare errori di forma o di sostanza. È un momento della formazione dell'opera che si indica cogli stessi termini emendo e corrigo usati anche per la critica del testo. 2) La revisione della copia dopo la trascrizione mediante collazione col suo modello. Fu praticata dall'antichità al medioevo all'età umanistica. La raccomandava vivamente Ireneo al termine dd suo m:pt bì'~ocX~oç e la sua raccomandazione è citata da Eusebio nella Storia ecclesiastica (5, 20, 2), e da Girolamo, viro ill. 35 (vd. p. 252) e compare anche in alcuni codici al termine della prefazione di Girolamo al Chronicon (Arns 65s.). Per la ripresa di questa raccomandazione nel medioevo e in codici umanistici vd. rispettivamente Wattenbach 26IS. e Ullman, Origin 82 n. 3. Frequente nei codici la soscrizione contuli (vd. p. 246). Questa revisione della copia fa parte della normale routine della produzione libraria: si vedano i due elenchi di operazioni dati da Riccardo da Bury e dal Petrarca (vd. p. 64), nei quali, subito dopo la scrittura dei codici e prima della miniatura e legatura, è ricordata la correzione (corrigunt nel Petrarca. correctores in Riccardo). Come appare già dalle soscrizioni della tarda antichità, il correttore è in genere persona diversa dallo scriba.
L Sulla correzione dei manoscritti nell'antichità romana: Lersch, Rò'misehe Diorthosen, «Mus. des rhein.-westphaI. Schulmanner-Vereins» 3, 243ss. (che non ho potuto vedere); Jahn, art. cito a p. XVIII; Arns 7055. ed anche la bibliografia. cito sotto emendo. Per il medioevo: Wattenbach 317ss.; Lindsay 1055.; Lehmann. Bueherliebe und BueherpJlege bei den Karthiiusern, in Mise. Ehrle, V (Studi e testi 41). Roma 1924, 364-389; Peri, art. cito a p. )Q{.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Nelle università italiane del medioevo erano impiegati correctores (Wattenbach 337). In un conto del 1462 si legge: precium illuminacionis sive rubricacionis, pumicacionis, formacionis, correctionis et ligature non est taxatum (Wattenbach 342). Dai numerosi esempi citati sotto confero (p. 246s.), emendo (p. 25ISS.), corrigo (p. 269s.) appare come gli umanisti di regola, trascritto un testo, lo emendassero sul modello. Per maggiore esattezza questa revisione poteva essere ripetuta più volte: in manoscritti medievali la soscrizione legi legi legi signifIca, secondo il Lindsay, p. IO, «ho rivisto il manoscritto tre volte »; il Lamola afferma di aver rivisto ben sette volte la sua copia dal Laudense delle opere retoriche di Cicerone (Guarino ep. 455, 136; vd. p. 176). Il numero sette lo ritroviamo nei versicoli di una soscrizione medievale (Wattenbach 335): Hoc 0pus ingenti constat sudore peractum, quod nimio studio seribite, poseo humilis; perseriptoque, peto, hoc sepe requirite, [ratres, ne vaeuus noster sit labor iste pius. Septies obnixe perscriptum exquirite, posco, ut nullum errare bine sinat iste labor. 3) Da questo tipo di correzione va distinta un'altra attività assai più ampia e importante che mira non a controllare la correttezza di una determinata copia e la sua fedeltà all'esemplare, ma a restituire per quanto possibile il testo genuino dell'autore liberandolo da errori e lacune penetrati nella tradizione. È quel che noi chiamiamo 'critica del testo' e che gli umanisti, come abbiamo detto, indicano ugualmente con i verbi emendo e corrigo. I mezzi di cui essi si valgono vanno dalla collazione di altri manoscritti al confronto con la tradizione indiretta, o coll'originale nel caso di traduzioni, alla congettura. Non meravigli trovar raccolti in questa parte del nostro libro anche i termini per 'collazionare'. Come osserva il Timpanaro (p. 4), non si possono distinguere nella filologia umanistica recensio ed emendatio, ma solo due forme di emendatio, quella ope codicum e quella ope ingenii. La collazione è per gli umanisti un momento dell' emendatio: essi collazionano codici, e più spesso di quanto comunemente si creda 1, non per costruire stemmi e risalire allo stadio l.
Il Salutati de fato
2,
6 p. 343,
1755.
fa della collazione il fondamento della
LA CRITICA DEL TESTO
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più antico della tradizione, ma per migliorare il testo di cui dispongono introducendovi le varianti che appaiano preferibili (Gasp. Barzizza, letto al Corner cito a p. 263s.: omnia quae potui antiquiora librorum exemplaria collegi; quod ex unoquoque verius videbatur, attentissime in hunc nostrum transtuli; Leonello d'Este, letto all'Aurispa in Guarino ep. III p. 307S. unum in primis te orare velim, ut prohemium Plinii in Historiam naturalem transcribi facias transcriptumque ad diversa exemplaria tua ista eruditissima dextera emendes). Quando Poggio dice Philippicas ... emendavi cuni hoc antiquo codice (ep. 3, 17 p. 216) allude allo scrupolosb confronto ch'egli ha fatto del suo codice con un altro molto antico e autorevole, il Bas. S. Petri H 25; ma in questa collazione egli ha eseguito contemporaneamente tutto un complesso di operazioni critiche: ha operato la scelta fra le varie lezioni, ha corretto, nel trascriverne le lezioni, gli errori del manoscritto colzionato, ha introdotto talvolta congetture proprie (vd. Appendice I, p. 33 lSS.). Un'eccezione è costituita in un certo senso dal Poliziano, col quale si arriva a una distinzione fra il momento del conferre e quello dell' emendare (cf. p. 2615S.), prima confusi anche nella terminologia (emendare ad exemplar è infatti una delle espressioni più diffuse per 'collazionare' nel latino umanistico). Il Poliziano ripete più volte nelle soscrizioni a collazioni di aver riportato fedelmente tutte le varianti del manoscritto collazionato, anche i mani"" festi errori. Questo nuovo comportamento è dettato dalla consapevolezza che spesso i manoscritti antichi serbano lezioni che, pur corrotte, sono più prossime alla vera (mise. I 57, cf. p. 162). Ci sono anche, in lui, i primi accenni di classificazione dei manoscritti (vd. p. 3I 5 n. 2). Tuttavia nella sostanza la sua critica testuale nei Miscellanea resta di tipo tradizionale: egli continua a prender le mosse dalla vulgata e ad emendare o col ricorso ai codici o per congettura.
critica del testo, augurandosi, come rimedio alla crescente corruttela, l'istituzione di pubbliche biblioteche a cui siano preposti uomini dottissimi qui libros diligentissima collatione revideant et omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iHdicio Iloverint removere. Il Billanovich ha mostrato quanta importanza ha la collazione nella critica testuale del Petrarca, mentre si era perfino creduto che egli non avesse mai fatto collazioni (Petrarch and. .. Livy 199 n. 1).
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
CONFERO
Fin dall'antichità termine tecnico per 'collazionare', usato sia per la collazione della copia coll'esemplare da cui deriva, eseguita subito dopo la trascrizione, sia per il confronto di codici diversi (Thes.l. L. IV 178, 63ss.; Arns 71). Così anche nel medioevo (Wattenbach 326, 328s., 333, 335; Lupo di Ferrières ep. 69 Tullianas epistolas quas misisti cum nostris conferri faciam, ut ex utriusque, si possit fieri, veritas exculpatur; per l'uso del Maniacutia vd. Peri 81). Frequente soprattutto nelle soscrizioni di codici, dalla tarda antichità 1 attraverso il medioevo 2 fino all'età umanistica. Distinguiamo dunque: I) collazionare dopo la trascrizione la copia coll'esemplare. Petrarca fam. 22, 2, 8 in opere tecum cepto amicum illum nostrum ... detinui, Bucolici carminis . .. exemplaribus revidendis. Que dum confero lum eodem illo utique viro bono priscique moris et lcetore quidem tardo, sed non segni amico ecc. Il Petrarca ha confrontato le copie del Bucolicum carmen col loro esemplare, facendosi in ciò aiutare da un amico che leggeva l'esemplare mentre il Petrarca teneva davanti a sé la copia o le copie da correggere. Nel seguito della lettera egli narra come proprio il cattivo modo di leggere di quell'amico gli fece notare alcuni difetti dell'opera che gli erano sfuggiti sentendola leggere da altri più scaltriti. Così finisce coll'apportare anche correzioni d'autore, ma confero indica solo la collazione coll'esemplare allo scopo di eliminare gli errori di trascrizione. Anche il precedente revideo allude a un'opera di revisione puramente materiale, tanto è vero che il Petrarca parla di exemplaria del BucoliCtlm carmen e non del Bucolicum carmen in sé. Questo modo di eseguire la collazione, con un aiuto che legge il manoscritto da confrontare e il correttore che segue la lettura sul codice da correggere ed esegue le correzioni, ci è noto già dalle soscrizioni della tarda antichità 3. Anche il Poliziano ricorda talvolta nelle soscrizioni l'aiuto presta-
Contuli annotavi distinxi (Jalm 370 n.). Contulimus ut potuimus. fe/iciter COI/culi ut potl4l' (Wattenbach 328); in età carolina si trova ancora la soscrizione conculi o percontuli (Wattenbach 326). Vd. anche Lindsay IO. L L. 3· Jalm p. 369; vd. anche Sidon. cp. 5. 15, L L
2.
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togli da discepoli e nelle collazioni stesse compaiono mani di collaboratori; egli evidentemente leggeva il codice da collazionare (che poteva talvolta essere di difficile lettura) e i collaboratori segnavano le varianti o viceversa; e a volte gli aiutanti avranno anche lavorato
Nicolao Baldello et Roberto Minutio ac Lactantio Politiano familiaribus .meis. Sulla questione V'd. anche Campana, Contributi 203 e n. I. Anche nell~ soscrizioni di Guarino compaiono frasi come Guilie1mo Capello coadiutante, adiuvante lo. Lamola (vd. p. 258). Poliziano, :soscr. a Pelagonio (cf. p. 177s.) ipse com exemplari contulit. 2) Collazionare esemplari diversi. Salutati ep. I p. 124 Tragedias tuas plus equo detinui; sed ipsas cum meis contuli ut de libro tuo mei correctionem, quantum foret possibile, mutuarer; III p. 87: gli antichi,
invenies aliquos tum in epistolarum ordine tum in numero non concorJes; III p. 625 viginti quidem (sc. volumina) contuli (per stabilire la vera lezione di un passo dei Dialoghi di Gregorio Magno; vd. Ullman, Humanism I02S.); de Jàto 2, 6 p. 342, 5 sciat me multos Epistolarum ad Lucilium et De civitate Dei codices . . , contulisse; ibid. p. 342, 15 .librorum penuria conferre quicquid ab aliis sumpsi non potui; Traversari in Aurispa ep. 19 p. 28 noli expectare dum tibi gratias agam multis ver-
},is quod Diogenem clarissimi viri Leonardi nostri 1 ita sollicite et accurate ad me dimiseris. Conferam, quod inpresentiarum satis est, cum exemplaribus nostris; Traversari ep. 236 col. 3IO (al Giustinian) Diogenem tuum Aurispa noster... misit significavitque se cupere propediem sibi restitueretur. Ego ... facturum pollicitus sum ut opinione quoque ce1erius illum reciperet. Contuli itaque iugi ac perpetuo studio (quod satis esse videbatur) cum nostro exemplari plurimaque nostri errata magna sub celeritate emendavi atque paucis post diebus restituendum ilIi codicem tuum €uravi; Merula, pref. a Plauto (vd. p. 314); Poliziano, soscrizioni o note alle sue collazioni: di Plinio il Vecchio (Maier 352), c. 59r hac-
I. Si tratta di un codice di Diogene Laerzio che il Traversari aveva chiesto in prestito a Leonardo Giustinian (Traversari ep. 232 col. 3055., vd. p. 249) e che ebbe tramite l'Aurispa (Traversari ep. 234 col. 308; Aurispa ep. 20 p. 30).
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
tenus èum utroque codice vetusto collatum,. relicum usque ad locum ita signatum Cfl cum uno tantum, altero scilicet 1 mutilato; c. 401V cum tribus vetustissimis codicibus contuleram idem Politianus hoc ipsum exemplar; di Columella (Mai'er 354S.), c. 155r hinc 2 cepi conferre cum duobus exemplaribus; c. 239V contuli hos Columellae libros ego Angelus Politianus cum duobus exemplaribus; delle Pandette (Mai'er 341S.), l c. 317v contuleram cum Pisana littera; III c. 267r implevi hanc emendationem diligentissime collatis Pandectarum libris archetypis; di Terenzio (Mai'er 344); di Quintiliano (Mai'er 345); di Apicio (Mai'er 349: nelle due soscrizioni ad Apicio, una di mano dell'Uberti ed una autografa del Poliziano, confero è usato tre volte; la seconda volta l'Uberti 3 aveva cominciato a scrivere corre(xit), subito cancellato e sostituito da contulit (Campana, Contributi 202 n. I e qui, più oltre, p. 262); di Ovidio (Mai'er 350s.); degli Scriptores rei rusticae (Mai'er 354s.); di Catullo e Properzio (Mai'er 361S.); dei Fasti di Ovidio (Bandini, Ragion. LXII); di Cic. Att. (Perosa nr. 43); ep. 12, I p. 365 vetusta diligenter exemplaria contulit; misc. II 14, 4cum domesticum codicem cum duo bus quibusdam quandoque conferrem 4 ; Avanzi emendo C. a2r nunc quum. .. in agellum meum... secedere vellern, Christoforus Papallis. .. Catullurn satis bonae vetustatis mihi sub certa fide commendavit : inibi dum singula regustarem ac diligentius perscrutarer conferremque exemplaria et meum praesertim iamdiu manu exaratum (cf. p. 72 n. I} nonnulla alia restitui loca; Uberti, soscr. a Celso (vd. p. 262). Come si vede, la stragrande maggioranza degli esempi di questo vocabolo è del Poliziano: egli infatti, come fu il primo fra gli uma-
l. Sciolgo l'abbreviazione .s. che la Mai"er accoglie tale e quale nel suo testo. Invece di relicum la Maier legge est locum: la vera lezione mi è stata gentilmente comunicata da A. Perosa. Ho aggiunto di mio anche la punteggiatura. Il Poliziano ha collazionato il testo della stampa con entrambi i manoscritti antichi solo fmo al punto dove si trova la nota; da quel punto fmo al punto· contrassegnato con ql ha potuto collazionare solo uno dei due codici perché l'altro presentava una lacuna. 2. Adotto la lezione dello Josephson (p. 159): sicuramente errore di lettura hUtlC della Maier (cf. p. 263 n. I). 3. La soscrizione fu scritta dall'Uberti, ma certamente dettata dal Poliziano· (Campana, Contributi 202S.). 4. Si tratta di Cic. off. Questo passo fa pensare che il Poliziano abbia eseguito. anche una collazione del De officiis, di cui, per quanto so, non abbiamo altre testimonianze. Il domesticus codex può essere anche Wla stampa.
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nisti a dare alla collazione rigore scientifico, così fu anche il primo a far uso, per indicare la collazione, quasi esclusivamente del termine confero, laddove gli altri umanisti usano di solito i più generici emendo, corrigo. È significativo che nella soscrizione ad Apicio il Poliziano abbia dettato in un primo tempo correxit e poi l'abbia fatto sostituire da contulit.
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COLLATIO
'Collazione ': nell'antichità (Thes. l. L. III 1579, 7ss.; Arns 71), nel medioevo (Wattenbach 332) e in età umanistica: Salutati de fato 2, 6 p. 342, 9 adhibeat maiorem collationis diligentiam; ibid. p. 343, 20 preponantur . .. viri peritissimi bibliothecis qui libros diligentissima collatione revideant; Traversari ep. 232 col. 306 (chiede a Leonardo Giustinian, per la sua traduzione di Diogene Laerzio, un altro esemplare da aggiungere ai due mendosi e mutili che già possiede) fiet enim ex collatione trium exemplarium ut multum opis ac facilitatis in emendando ac limando opere adeedat (per il codice del Giustinian cf. anche p. 247 e n. I); Giovanbattista Pio, Commentarius in viginti comoedias Plautinas, Mediolani 1500, c. cc6r haec sunt quae pro eaptu nostro, leetor integerrime, partim ex collatione diversorum exemplarium partim aerumnosa lectionis indagine posteritati commendavimus. COMPARO
Di questo verbo ho un solo esempio: Poliziano ep. IO, 4 p. 3II et cum vulgatis exemplaribus comparare (cf. p. 73). Può darsi che il Poliziano alluda qui proprio alla collazione delle Pandette da lui eseguita su un'edizione a stampa; ma l'uso di comparo al posto dell'usuale e tecnico confero può far pensare che egli voglia dire semplicemente di aver avuto più volte l'occasione di confrontare il testo del codice antico col testo divulgato sia a stampa che in manoscritti. EMENDO
Come i nostri corrispondenti 'correggere, emendare', emendo è, fin dall'età classica, un vocabolo di estensione semantica assai ampia,
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~mche solo come termine tecnico-filologico 1. Può indicare ogni sorta di attività critica su un testo, dalla correzione di errori materiali od ortografici all'emendatio ope codicum o ope ingenii; o anche tutte queste cose insieme, giacché emendo è, fin dall'antichità classica, il vocabolo tipico per indicare l'attività critica dell'editore di testi. Per questo motivo è uno dei termini che compaiono più di frequente nelle soscrizioni dei codici tardo-antichi, laddove è ricol
I) Correzione d'autore. Guarino ep. 888, 16 de opere vero nastro (la traduzione latina di Strabone) id cXÀlj.&éO''t'oc:t'ov, nullam occiI. vd. Thes. l. L. V 2, 462, 1155.; alla bibliografia ivi citata aggiungi: 366ss.; Timpanaro 4 n. I; Arns 70.
Jahn
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2sr
dere diem quin bonam traducam partem et crescere faciam opus in horas pluresque esse quinternos traductos, quos et emendare et limare oportet: emendare e limare sono sinonimi, come in 124, 2sS. (vd. p. 258) e in Traversari ep. 232 col. 306 (vd. p. 249). L i m o ha qui il valore .di rivedere e migliorare un'opera propria (o altrui; cf. elimo in Salutati ep. I p. 251 cito a p. 269); in Guarino ep. 124, 16 priorem .autem pro Archia limandam orationem cepi indica invece la revisione .critica del testo di un autore classico. Di emendare la propria opera si tratta anche.in Poggio ep. 3, 36 p. 283 tempus adhuc extat corrigendi -et emendandi. Traversari ep. 218 col. 286 accipies itaque, mi Francisce .suavissime, desideratum diu Chrysostomum nostrum (una sua traduzione
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con la frase ad exemplar emendo (che può anche indicare collazione di codici diversi fra loro, vd. p. 253s.). Quest'espressione è attestata già nella tarda antichità: Hier. viro ill. 35 adiuro te, qui transcribis librum istum... ut conferas postquam transcripseris et emendes illum ad exemplar unde transcripsisti diligentissime; hanc quoque obtestationem similiter transferas ut invenisti in exemplari (cf. p. 243). Fra gli umanisti: Palato lat. 1469, soscr.: ex vetustissimo codice libri tres De oratore ad Quintum fratrem, item Orator ad M. Brutum transcripti perfectique expliciunt et ad exemplar emendati (Sabbadini, Storia 93); Guarino ep. 64, 23 tuum erit ut cum eos transcribi ad exemplarque emendare feceris ad nos redire iubeas; Traversari ep. 306 col. 398 (Lorenzo de' Medici) adtulit et Tertulliani volumen ingens... Dabo operam ut quanta fieri poterit celeritate transcribatur emendeturque diligenter ad exemplar antequam restituatur (per questo codice di Tertulliano vd. p. 13 3s.); Alessio tedesco, soscr. al cod. della Cornell University B 2 (vd. p. 177 n. 4) e al cod. del British Museum Add. 12012 (Giustino): ex emendatissimo Guarini Veroneusis exemplari transcriptus ab Alessio Germanico anno domini MCCCCXXXIII. Post autem ad idem exemplar emendavit Martinus Rizonus Veronensis, ipsius Guarini discipulus (Sabbadini, Storia 108). In altri esempi emendo compare costruito con e, ex o a, ab: A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 181 ex depravato ilio archetypo sumptum et emendatum (cf. p. 317); Anon., soscr. al cod. Estense VI D 6 (Sabbadini, Storia 102 n. 2) Orator ad M. Brutum feliciter explicit transcriptus perfectusque et ab eo exemplari emendatus quod a vetusto ilio codice primum transcriptum correctumque fuerat. Pridie idus septemb. 1425. Mantuae. F. C. Infine emendo può esser costruito col solo complemento oggetto, ma il contesto ci assicura che si tratta di un emendare la copia col modello: Guarino ep. 227, 8 si librum absolveris emendaverisque «se avrai finito di copiare il libro e lo avrai corretto ») (coll'esemplare) ; Traversari ep. 458 col. 583 Michaelem ex nobis admone ut Chrysostomi vitam (cf. p. 251), quam dudum exactam significavit, emendare contendat; 506 col. 621 Dionysium, si est absolutus (<< se hai finito di trascrivedo l)), mittas utrumque (cioè la copia e il modello) neque cures emendare. Nos enim illum hic emendare curabimus: cf. 505 col. 621 cito a p. 251, dove si tratta della stessa opera ed emendo indica la revisione dell'autore, mentre qui è il controllo dopo la trascrizione. Per 1'autore che esegue egli stesso il controllo delle copie della sua opera
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cf. Poliziano ep. 4, 13 p. 128 rogas codicem (della traduzione di Erodiano) tibi ipsum tuum remittam aliquando nostra. .. manu emendatum: remitto, sed. .. leniter potius quam severe castigatum; sic autem ut nostra errata plura in eo quam librarii deprehendas; 6, 7 p. 183 exemplum certe quod misisti libens emendabo (vd. p. 303 e n. 2). Filelfo ep. c. 74V repetivi abs te illum (sc. codicem: conteneva traduzioni del Filelfo da Lisia e Aristotele) per id temporis interdum, cum diceres nondum exscriptum (<< trascritto ») esse, cum ego tamen audirem secus esse. Tuam cunctationem icci!co ftrebam patienter, quoniam putarem quae essent exscripta, ea fortasse nondum esse abs te satis emendata. Un caso un po' particolare è Traversari ep. 503 col. 619: (ha incaricato il Niccoli di procurargli dei copisti, ma questi si mostra di gusti assai difficili nella scelta perché nessun copista, a suo giudizio, sa scrivere abbastanza correttamente; il Traversari gli risponde di non preoccuparsi) nobis minimus erit labor emendandae scripturae, quibus incumbit necessario ipsa a nobis traducta corrigere «non mi costerà nessuna fatica correggere gli errori materiali del copista (emendare scripturam), toccando necessariamente a me rivedere e limare le mie traduzioni» (ipsa a nobis traducta corrigere). III) Correzione critico-testuale. A) Correzione ope codicum. Può essere indicata con la stessa espressione ad exemplar emendo che abbiamo visto usata per la correzione della copia col modello. La frase compare già nell'antichità, in soscrizioni: Jahn or. 1 Statilius Maximus rursus emendavi ad Tyronem et Laetanianum et Dom et alios veteres (I sec. d. C.; ad exemplar è qui sostituito il nome del recensore dell'exemplar stesso); Jahn or. 6 Nicomachus Dexter v. c. emendavi ad exemplum parentis mei Clementiani. Fra gli umanisti: Guarino ep. 141, 34 tuas (sc. epistulas PUnii) cum ventura navi in dies expecto, quas ad illarum exemplar emendare constitui: aspetta cioè l'esemplare di Plinio posseduto dall'amico, probabilmente un codice appartenente alla famiglia delle cento lettere, per collazionarlo col codice antico di Plinio da lui scoperto nella Capitolare di Verona, l'archetipo della famiglia degli otto libri; ep. 578, 45 (a Guarino è giunta la notizia, che doveva poi rivelarsi falsa, della scoperta di Curzio Rufo e Gellio integri; e mentre chiede una trascrizione delle dodici commedie di Plauto recentemente scoperte, per questi autori pensa che possa bastare una collazione dei codici già esistenti con quelli ora scoperti) reliqui sunt libri quos antea
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inemendatos habebamus. Idcirco si quem ad exemplar repertum emendare liceret, minus esset laboris, de Q. Curtio et A. Cellio dico, quos truncato.> habeo et « laceros crudeliter ora ». Analogamente quando ricevette l'Orsiniano di Plauto Guarino trascrisse le commedie nuove e si accontentò di collazionare col nuovo codice quelle che già possedeva: ep. 606, 5 nuper allatae mihi sunt nonnullae Plauti comoediae in codice pervetusto . .. ; ad earum exemplar quasdam emendo, reZiquas autem, quarum copiam nullam habebamus, excribi facio. Così, quando nella badia di Nonantola fu trovato dal Parentucelli un volumen pervetustum di Lattanzio con le Divinae institutiones, il De ira Dei, il De opificio hominis e 1'Epitome (vd. p. 165), il Traversari lo inviò al Niccoli consigliandogli di trascrivere i tre opuscoli e collazionare col testo offerto dal nuovo codice il suo esemplare delle Divinae institutiones: ep. 296 col. 384 volumen illuti Lactantii pervetustum mitto ad te orans atque obsecrans ut libellos ilios De ira Dei et opificio hominis et Epitomen quanta licet celeritate transcribas ac praeterea tuum ad hoc exemplar volumen emendes. Leonello d'Este in Guarino ep. III p. 307S. (vd. p. 245); Traversari ep. 42 col. 78 ad quae (sc. volumina) tuum posset, quotl mendosissimum est, volumen emendari. Oltre che con ad, emendo si può costruire anche con: e, ex (già. antico: Jahn nr. 13 ex mendosissimis exemplaribus emendabam, 535 d. C.): Filelfo ep. c. 7u ex eius codice, si meZior fuerit, cupio meum emendare; Poliziano misc. I 27 p. 562 quod (sc. Ennianae tragediae principium) hic ex codicibus variis emendatum subscripsimus. cum: Poggio ep. 3, 17 p. 216 Philippicas Ciceronis emendavi cum hoc antiquo codice (vd. p. 327ss.); Poliziano, collaz. di Plinio il Vec-· chio, c. 16u (Mai'er 352), cito a p. 263. Forse si ha anche la costruzione coll'abI. strumentale: Guarino> ep. 217, 32 meum (sc. Aulum Gellium) ad te mittam . . , quo tuum emen-· des; 313, 6 excudas ... Iustinum quempiam quo meum emendem. Ma potrebbe trattarsi anche di quo finale 1. In altri casi emendo non è accompagnato da complemento in caso indiretto, ma è il contesto che permette di stabilire che si tratta. I. Per il quo fmale senza il comparativo Salutati ep. III p. 105 (vd. p. 190);. Guarino ep. 124, 21SS. nee profeeto doleam, si quod ad quaestum adque pecunias tempus: omiserim quo hisee studiolis meis, si quid sunt, euras impertirem; 358, 8ss. stimulos etiam ;ncuss;st; ut Nonantulam illam advolem quo epitoma illud Laetant;; et rel;quam v;sa/'lt! vetustatem quam Thomas ille . . , aperuit; Poggio ep. 3, 38 p. 286 (vd. p. 53).
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di correzione con l'aiuto di codici. Bruni ep. 4, 9 p. 120 (vd. p. 238); Guarinoep. 96, 32 Cyprius ille noster dulcissimus ita Epistulas a me petiit ut ego pollicitus sim, si quando eas repetierit. Nam aliunde sese habiturum sperabat, « si rile audita recordor l), aut quia tunc emendandi tempus non adera!,' causam ./Ortasse non teneo: Filippo di Cipro aveva chiesto a Guarino le Epistole, probabilmente di Plinio, ma non le
aveva volute subito per un motivo che Guarino non ricorda bene: o perché sperava di averne un esemplare da altra parte o perché allora non ~v~bbe 'avuto tempo di eseguire la collazione dell'esemplare di Guarino col suo; 181, 37 epistulas Plinii non emendavi: difficile enim fuit illud exemplar extorquere, nam intercidit pestis quae universam ex urbe civitatem disturbavit; 456, 25 accepi ... Macrobium et Oratorem Ciceronis (le trascrizioni del Lamola, per cui vd. p. 180s. e p. 176s.). .. Meos igitur emendare horum adiumento coepi; Lamola in Guarino ep. 455. 133 et emendavi invicem (cf. p. 180s.); Traversari ep. 225 col. 294 (il Barbaro aveva mandato al Traversari un suo·
codice di Lattanzio perché lo emendasse e vi inserisse il greco: vd. Traversari ep. 214 col. 280; 215 col. 282; 216 col. 283s.; 224 coL 294) Lactantium tuum... emendatum ad te misi... Sane solos septem Adversus genti/es libros emendare potui, quod horum tantum exemplaria fideliora reperiantur apud nos. Duos reliquos extremos, De ira Dei et opificio hominis, semitruncos adtingere ausus non sum, quod eorum corruptissima tantum apud nos exemplaria invenerim; 236 col. 3 IO (vd. p. 247); Beroaldo anno c. aa3v in eodem hendecasyllabo (= carme in faleci, Stato si/v. 4, 9) error est non magnae rei manifestus. .. Ita enim legunt hunc versum (v. 40) commentatores: « quantum vel dare cereos arentes l), ex qua lectione phalaecius aperte claudicans efficitur in penultimo pede: quocirca emendandum ita est, sicut etiam in bonis codicibus scriptum legimus: « quantum vel dare cereos olentes l); Poliziano mise. I 50 tit. p. 599 locus in Plitìianis exemplaribus emendatus super nomine' Proetidum (nat. 25, 47; cf. p. 294): restituisce la lezione di un codex vetustissimus, Proetidas, contro la vulgata parotidas; 96 p. 689 quol tamen a nullo est hactenus animadversum aut emendatum: nessuno aveva ancora pensato a sostituire alla lezione vulgata vitam in Mart. I I. 29, 3 la lezione murem offerta dai codices vetustissimi; coIlaz. delle Pandette (Maier 342) haec in Pandectis ita sunt semper notata, quare a libro XXXIII non laboravi in emendandis: Titius, epistula, condicio,. intellego ecc. (vale a dire che nella sua collazione, a partire dal L
XXXIII, non si è curato di notare per quelle patole l'ortografia.
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del codice collazionato, limitandosi a darla una volta per tutte in questo elenco.) B) Correzione ope ingenii. Poggio ep. 4, 4 p. 304 non faciam transcribi nisi prius illas legero atque emendavero: si tratta del codice Orsiniano delle nuove commedie di Plauto. Siccome questo era allora fonte unica per il testo di quelle commedie, è chiaro che Poggio si propone di emendarle di testa propria e non con l'aiuto di fonti manoscritte. Si tratta però di un genere di emendazione un po' particolare, volta soprattutto ad agevolare l'opera del copista cui verrà successivamente affidato il codice antico per farlo trascrivere (cf. p. 173). Si noti come l'espressione di Poggio riecheggi l'antica soscrizione legi et emendavi (Jahn nr. 3, 14, 18, 19). Traversari ep. 206 col. 267 id ipsum exemplar adeo mendosum est ut nullus interluceat sensus. Egit ille mecum iure nostrae amicitiae ut illud ego aut emendarem aut exemplar illi alterum quod esset fidelius pararem: si tratta di un passo della IV deca di Livio che nel codice in questione era così corrotto da non dar senso. Due le soluzioni: o correggerlo congetturalmente o cercare un altro codice. Il Traversari si appiglia a quest'ultima, scrivendo a Guarino per procurarsi un altro esemplare. Idem ep. 387 col. 504 scribis item Confessiones Augustini nusquam te venales invenisse velleque volumen illud emendare: quod omnino ut facias nolo. Volumen quoddam Antonii de Butrio super II Decretalium in papyro indice illo adnotatum oravi proxime ut mitteres ad me Confèssionumque Augustini dimitteres curam. Si quidem huiusmodi volumen inveneris, facies quod rogavi, si tamen emendatum est. An vero sit emendatum permittes curam et iudicium Michaeli filio nostro. Sin vero id haberi non poterit, volumen Confessionum quod dixisti mittere curabis ut est neque eius emendandi subscipias curam; Valla eleg. 2, 1 p. 47 itaque sicut nunc illud emendavimus, ita hoc quoque emendare et in pristinam synceritatem restituere audeamus. È uno dei verbi che si incontrano più frequentemente nelle formule introduttive delle congetture nelle Emendationes in T. Livium. Do qualche esempio dalle emendazioni ai libri 21-22 (con vos il Valla si rivolge al Facio e al Panormita contro cui polemizza): ego sic reor emendandum ut pro 'gener erat' ponatur ' genere erat' (p. 603; cf. anche p. 604); ego ' eJferatarum ' emendo (p. 603); vos sic emendatis . .. ; ego... (p. 604, 605, 607, 608, 609); emendare debuistis 'fuerit' (p. 604; cf. p. 608 e 609); sic fuit (era t) emendandum (p. 605, 608); vos emendastis 'praeter' cum fuerit emendandum 'praeterea' (p. 605; cf. p. 606); ego sic emendo (p. 607, 609);
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sie emendandum puto (p. 608); sie emendandum erat (p. 608) 1. Facio inveet. I p. 525 (vd. p. 230 n. 2); Beroaldo anno C. aa2r nam eum in .omnibus passim eodicibus legeretur « Ceterano inter Gallias eonstitit authoritas », nos emendavimus ' Ceretano' (Plin. nato 14., 68); c. a3v (vd. p. 233 n. 2); C. b4r (vd. p. 233 n. 3); c. b4v igitur quando dixit Gellius .apud mensam legi solitum .fùisse « vetus carmen meliti poetae» (2, 22, I) tu .emenda' melici'; c. b4v (vd. p. 233); c. b5v illud quoque apud eundem in tertio de oratore (Cic. de or. 3, 99) emendandum est, ut pro' eeram ' .emendes 't~rr.,.m': ita enim seriptum legitur: « magis laudari unguentum .quod eeram quam quod eroeum olere videatur »; C. b6v apud eundem haee verba passim leguntur li. VIII: « magna propter venatum eorum in terris gratia est» (Plin. nato 8, 218). Nos dietionem vulgariam et in hoc [in] loeo Pliniano nihil signifieantem expunximus et in eius loeo latinissimam .vetustissimamque substituimus: nam pro 'in terris' emendavimus 'viverris '; C. C2r (vd. p. 233 n. 2); ecc. Il Poliziano, mise. I I p. 512, specifica con pro arbitrio il generico emendo per indicare un emendare congetturale ed arbitrario: quos (sc. libros) ... ineonsultius supplere Apellieon... et pro arbitrio, quemadmodum quidem putabat, emendare ausus plurimis temeravit erroribus: l'inciso quemadmodum ecc. si riferisce all'emendare che segue: credeva di correggere il testo mentre invece lo guastava. Id. mise. I 75 tit. p. 642 emen.data vox in Ibide (Ov. Ib. 569): corregge congetturalmente Agenor in aeerno. Una correzione che è insieme ope eodieum e ope ingenii in mise. I 20 tit. p. 549 emendata apud Suetonium (Nero 45) et enarrata vox haee ' aseopera ': emenda in aseopera la lezione vulgata et scopa :sulla base della lezione aseopa conservata da codici antichi. Macario Muzio in Poliziano ep. 7, I p. 195 'Oenum' apud Propertium (4, 3, 21; cf. Poliziano mise. I SI) ex leetione PUnii iampridem emendaram -(emendazione congetturale fondata sull'autorità di un altro autore antico). C) Attività emendatrice in generale. Raccolgo qui i casi in -cui emendo indica nel suo complesso una specifica attività filologica dedicata ad un autore. 1. Altre formule usate nelle Emendationes per introdurre congetture: credo {p. 603, 604); credo (opinor) scribendum (p. 603, 605); credo (opinor, censeo. reor) legendum (p. 603. 604. 605, 608. 609. 610); scribendum est (p. 605); legendum est (p. 604. 605); ego sic lego (p. 605); ego ' sed' muto in • sedet' (p. 609. cf. p. 606); ego' viribus' Teor mutaTi debere in 'quibus' (p. 605); sic mutandum (p. 604).
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Guarino: tutta una serie di soscrizioni pubblicate dal Sabbadini~ Scuola 107SS., si riferisce all'attività di Guarino come recensore di testi: soscr. alle orazioni di Cicerone in una rara stampa quattrocentina (Sabbadini cito I IO): finiunt orationes Tullii sumpte de exemplari vetustissimo diligentissimeque iam emendate ac correcte per d. Guarinum Veronensem (per emendo e corrigo accoppiati senza apprezzabile distinzione di significato cf. p. 269); soscr. a Plin. nato nell'Ambros. D 531 inf. (Sabbadini cito II5): emendavit c. V. Guarinus Veronensis adiuvante Guilielmo Capello 1 viro praestanti atque eruditissimo Ferrariae in aula principis anno incarnati verbi MCCCCXXXIII, VI kalendas septembres; soscr. a una seconda recensione di Plin. nato nel Monac. lat. II301 (Sabbadini cito 117) C. Plinii Secundi Naturalis historiae volumen ab optimo exemplari editum, quod emendatum fuit per praeclarissimos viros Guarinum Veronensem et Thomam de Vincentia, Guilielmo Capello coadiutante. Anno domini (M)CCCCLIX, nonis septembris explicit. Andreas de Caligis notarius; soscr. autografa di Guarino a Cesare nel cod. Estense V C 2 (Sabbadini cito 120) emendavit Guarinus Veronensis adiuvante Jo. Lamola cive Bononiensi anno Christi MCCCCXXXII, IIII nonas iulias, Ferrariae. Alle soscrizioni sono da aggiungere alcuni passi di lettere di Guarino: 124, 2 e 28 accepi diebus proximis abs te nonnullas Ciceronis orationes quas ut emendem vis; sunt enim depravatae nonnihil... Priorem autem pro Archia limandam orationem cepi. .. Ut vides, non modo ipsam emendavi, verum etiam quaedam adieci quasi lumina quibus artis latibula illustrarentur (cioè vi ha aggiunto anche un commento, cf. p. 60); 224, 21 is (Giovanni Corvini)... Macrobium De Saturnalibus (at)que Aulum Gellium De noctibus Atticis habere dicitur; quos et ego habeo, sed cum eos emendare cupiam, illos te interprete ab eo habere velim; 256, 132Oratorem Ciceronis emendare secundum lectiones coeperam; is quidem absolutus, sed non ad unguem emendatus est uti constitueram (non è chiara, e il contesto non aiuta a capire, l'espressione secundum lectiones, di cui non conosco altri esempi); 366, 12 de transcribendo Plauto iam institutum est; et profècto, ni Jàllor, speciosum et minus depravatum habebis volumen, nam multis in locis emendavi, nec sine ratione et auctoritate veterunl (per ratio e auctoritas cf. p. 293ss.). Per l'emendare di Guarino basti rimandare a Sabbadini, Scuola 107-123. Poggio ricorda in una lettera come sua attività quotidiana la I.
Per questa e simili espressioni cf. p. 246s.
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lettura e la correzione dei testi: ep. 2, 27 p. 156 ego me reftro ad litteras et quotidie aliquid lego aut corrigo aut emendo. Non credo che sia da vedere in questa frase una distinzione fra corrigo ed emendo: questi due verbi sono altrove (ep. 3, I7 p. 216 cito a p. 327 e lettera al Barbaro cito a p. 173) usati da Poggio come sinonimi e può trattarsi, malgrado l'aut, di una semplice ridondanza come dev'essere in ep. 3, 36 p. 283 tempus adhuc extat corrigendi et emendandi (vd. anche p. 268s.). Anche in ep. 3, 27 p. 264 emendo indica la revisione critica di un testQ: Jaudo tuam diligentiam de quarta decade. Ba nunc scribitur; non multumautem curo anteane an postquam scripta fuerit emendetur, quamquam duo habeo volumina satis tolerabilia inter mendosa. Poggio loda la diligenza del Niccoli riguardo alla quarta deca di Livio; probabilmente lo aveva incaricato di procurargliene un esemplare. Ora la sta facendo trascrivere; gli è indifferente se la correzione avvenga prima o dopo la trascrizione (cioè poteva essere emendato l'esemplare da affidare al copista o la copia che questi ne avrebbe tratto), sebbene il fatto di disporre di due esemplari tollerabili fra tanti corrotti gli permetterebbe fin d'ora di eseguire l'emendatil' (cf. Ullman, Origin 46). Il codice poggiano è l'attuale Vat. lat. 1852(cf. p. 33s.), che presenta in effetti molte correzioni di sua mano. Dai risultati del mio esame dell'attività critica di Poggio sulle Filippiche di Cicerone (vd. p. 327ss.) e dalle conclusioni cui giunge il Questa (p. 32SS.) circa la recensio poggiana di Plauto appare che Poggio, come Guarino, corregge il testo collazionandolo, quando è possibile, con altri codici, ma non rifugge all'occasione dall'introdurre congetture proprie, senza distinguerle in nulla dalle varianti attinte a fonti manoscritte. Le sue congetture non sono in genere né arbitrarie né violente, quasi sempre paleograficamente vicine al testo tradito e spesso felici. Traversari ep. 271 col. 352 expectamus . .. XIV ilIos Age/Iii libros ultimos quos diligentissime transcriptos a te emendatosque testaris: si tratta del Gellio di mano del Niccoli coi passi greci aggiunti dal Traversari, oggi a Firenze, Naz. Conv. soppr. I IV 26 (già S. Marco 329; cf. p. 161 n. l): secondo C. Hosius (A. Ce/Iii Noctes Atticae, Lipsiae 1903, XII) si deve all'emendazione del Niccoli il fatto che questo codice talvolta non presenta errori comuni della famiglia cui appartiene e talvolta concorda con codici dell'altra famiglia. Anche il Marshall (A. Gellii Noctes Atticae, Oxonii 1968, xvs.) afferma che il Niccoli, pur disponendo di un ottimo esemplare, deve aver cor-
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retto e mutato: ad es. il passo da 20, IO, 7 nam de qua re fino alla fine di quanto ci è conservato non doveva trovarsi nell'esemplare, ma il Niccoli deve averlo trasferito nel suo testo da un codice del sec. XIV o XV. L'umanista insomma, più che una trascrizione, ha dato una vera e propria recensione del testo, giovandosi anche di un altro o di altri codici e questo lavoro è indicato dall' emendare del passo del Traversari. Valla, soscr. a Quintiliano nel Paris. lat. 7723 da lui annotato: Laurentius Vallensis hunc codicem sibi emendavit ipse millesimo quadringentesimo quadragesimo quarto, mense decembri, die nono (Billanovich, Petrarch and ... Livy 139); cf., per l'attività critica del Valla su Quintiliano, la lettera cito a p. 98. Poliziano mise. II 25, 2 si Plinianos codices qui vulgo Jèruntur itemque quos docti homines emendarunt inspexeris totos; soscr. a Catullo (Maier 361) Catullum Véronensem librariorum inscitia corruptum multo labore multisque vigiliis, quantum in me fuit, emendavi, cumque eius poetae plurimos textus contulissem, in nullum proJècto incidi qui non itidem ut meus esset corruptissimus. Quapropter non paucis et Graecis et Latinis auctoribus comparatis, tantum in eo recognoscendo operae absumpsi, ut mihi videar consecutus quod nemini his temporibus doctorum hominum contigisse intellegerem. Catullus Veronmsis si minus emendatus, at saltem maxima ex parte incorruptus mea opera meoque labore et industria in manibus habeatur. Tu labori boni consule et quantum in te est, quae sunt aut negligentia aut inscitia nostra nunc quoque corrupta, ea tu pro tua humanitate corrige et emenda 1 meminerisque Angelum Bassum Politianum quo tempore huic emendationi extremam imposuit manum annos decem et octo natum. Vale, iucundissime lector. Florentiae MCCCCLXXIII, pridie idus sextiles. Tuus Angelus Bassus Politianus. Il Poliziano dunque, dopo aver collazionato un gran numero di esemplari di Catullo, avendoli trovati tutti ugualmente corrotti, si valse largamente per emendare di altri autori greci e latini: l'emendazione si fonda quindi su codici e auctores, due autorità cui il Poliziano si appella costantemente anche nei Miscellanea. L'invito al lettore a correggere quanto ancora è rimasto corrotto è un luogo comune: cf. Pomponio Leto, soscr. a Varr. ling. (Botfìeld 138) parce, qui legeris, si aliqua minus polita inveneris: nam ita ex omni parte, sive seculum 2 Jècerit sive librarii, voluI. Per il nesso corrige et emenda vd. p. 269. 2.
Saeculum varrà certo aetas, il tempo trascorso. Cf. Gasp. Barzizza, lett.
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men quodvis corruptum erat, ut necesse fuerit aucupari hinc inde sententias. Ideo sine rubore veniam dabis et errori manum imponas Pomponius tuus orat. Vale; Merula, pref. a Plauto (vd. p. 294); vd. anche, per esempi medievali, Wattenbach 337 e 339ss. L'emendatio di Catullo fu dunque una delle prime fatiche del Poliziano appena diciottenne, che già nella soscrizione citata, nel chieder venia di eventuali errori rimasti, poneva l'accento sulla sua giovane età. Più tardi gli sarebbe apparsa superata: cancellò con lievi tratti di p~1Yla la soscrizione a Catullo e così ammonì il lettore in una nota nello stesso incunabolo, alla fme di Properzio (Mai:er 362): Catlflli, Tibulli Propertique libellos coepi ego Angelus Politianus iam inde a pueritia tractare et pro aetatis eius iudicio ve! corrigere ve! interpretari, quo fit ut multa ex eis ne ipse quidem satis, ut nunc est, probem. Qui leges, ne, quaeso, vel ingeni ve! doctrinae vel diligentiae nostrae hinc tibi coniecturam aut iudicium facito. Permulta enim infuerint, ut PlautinC' utar verbo, « me quoque qui scripsi iudice digna lini» 1. E in un poscritto a una lettera ad Alessandro e Lattanzio Cortesi del 27 agosto 1486 (Vat. Capp. 235, cc. 83v-85r; cf. Perosa nr. I; Maier, Politien 118): his scriptis, rediit in mentem quod, cum in Catullum commentarium aliquod nostrum petieris, et quondam nonnihil pueri in Catullum scripsimus: idque [quale] tamen, qualecunque jùerit, marginibus libelli nostri a.Jfiximus. Et quanquam nonnulla fortasse non inutiliter eruimus. non tamen pIane profectum a nobis est, ut Catullum aut omnino emendatum aut non alicubi obscurum legere possimus (possumus cod.). Sunt et nonnulla puerilia neque satis erudita tritisque auribus digna. Qua propter nondum editione dignum putavi. Il successivo raffinarsi del metodo filologico del Poliziano, che si può seguire attraverso le importanti enunciazioni teoriche delle soscrizioni a collazioni, lo portò a distinguere il momento dell'esame della tradizione manoscritta (conferre) dal momento successivo della. scelta fra le lezioni tramandate o della congettura (emendare). Si veda la soscrizione del 1490 alla collazione di Plin. nato (Maier 352): cum tribus vetustissimis codicibus contuleram idem Politianus hoc ipsum cito a p. 263 quae ambigua erant, aut propter librariorum incuriam aut propter vetustateln, interpretatus fui. I. Ov. Pont. I, 5. 155. cum relego, seripsisse pudet, quia plurima cerno I me quoque, qui feci, iudice digna lini. Il P[autinum verbum è infuerint: solo Plauto usa il fut. anteriore infuerit (Thes. l. L. VII I. 2045. 665.).
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exemplar. .. proque instituto meo ne illa quidem quae liquebat esse corTupta de veteribus omisi, scilicet ut coniectuTae locus emendaturo super esset 1. Alla prima fase, quella del confirre, appartengono le numerose collazioni eseguite dal Poliziano, alla seconda, quella dell'emendare, quel capolavoro della filologia umanistica che sono le due centurie dei Miscellanea, che derivano la loro solidità e rigore scientifico dalla larga humus preparatoria di collazioni in cui affondano le radici. Colla distinzione fra confirre ed emendare al raffmamento del metodo corrisponde un precisarsi della terminologia. Questa distinzione par di toccarla con mano nella soscr. a Celso di un discepolo del Poliziano, l'Uberti (Maier 345): antiquus is liber, cum quo hunc Politiani contuli, emendatus et ipse fuerat seu certe collatus cum codice altero vetustissimo (a. 1490): col seu l'uberti anche se non oppone distingue precisando emendo da confiro: «fu anch'esso emendato o almeno collazionato ». Il risultato di questa collazione era, come dice egli stesso più oltre, una nova emendatio, ex antiquo tamen, ut apparet, codice. Si ricordi inoltre che in un'altra soscrizione, scritta sotto dettatura del Poliziano, l'Uberti aveva cominciato a scrivere corre(xit) (sinonimo per gli umanisti di emendo), subito cancellato e sostituito da contulit (cf. p. 248; anche questa soscr. è del 1490). Il senso più ampio di emendo rispetto alla pura collazione si scorge dalla soscr. delPolizianoaPelagonio (Maier 347; cf. p. 177s.): ipse cum exemplari contulit et certa fide (<< fedelmente, scrupolosamente l)) emendavit, ita tamen ut ab illo mutaret nihil, set et quae depravata inveniret relinqueret intacta, neque suum ausus est unquam iudicium interponere: dopo la trascrizione, eseguita da un copista, il Poliziano stesso ha riconfrontato la copia coll'esemplare (contulit) e l'ha corretta scrupolosamente (emendavit). Ma emendo ha un significato troppo ampio e potrebbe includere anche correzioni congetturali, ed ecco che il Poliziano sente il bisogno di precisare (ita tamen ut . .. ) che non si è scostato
1. Cf. la soscr. a Cic. Att., del 1480 (Perosa nr. 43) est vero hoc mihi solemne quasi institutum cO"igendorum codicum, ut Ilihil a pTobatioribus exemplaribus mutem certaque adscribam quae haud dubie cognoscam prava esse, ut scilicet periculum faciam an ex ipsis quoque male cohaerentibus litteris veram lectionem coniectari aut eminisci valeam. Cf. anche quanto detto a p. 162S. e Timpanaro p. 6 « c'è in lui anche la consapevolezza che la congettura, quando è necessaria, deve prender le mosse dallo stadio più antico della tradizione che noi possiamo raggiungere, non dalle ingannevoli rabberciature che le corruttele hanno subìto nei codici più recenti~.
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e
Io Ho controllato su una fotografia la lezione di questa nota: la Maler omette libri ed et e legge hunc per hinc (cf. p. 248 n. 2). 2. Si noti il costrutto di emendo con cum e l'abI. raro per emendo (cf. sopra, p. 254) e normale con contuli. 3· Quest'ultima soscr. non reca data: la Maler, Politien II9s.la data fra il 148085; il Pastore Stocchi (p. 66) dopo il 1481 e probabilmente fra il 1489-90 e il 1493. 4. Cf. nella soscr. di Pomponio Leto cito a p. 260s. ila ex omni parte, sive seculum fecerit sive librarii, volumen quodvis corruptum erat.
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composui, plura composita divisi; litterarum jiguras similitudine aliqua inter se commutatas multis locis correxi; quaedam etiam cum deficerent supplevi, non ut in versum cum textu Ciceronis ponerentur (esset enim id vehementer temerarium nec ab homine docto .ferendum), sed ut ea in margine posita commentariorum loeum tenerent. Abbiamo qui 1'esposi-· zione teorica dell'attività critica degli umanisti della prima metà del quattrocento. del loro emendare. Il Barzizza ha diviso il testo in trattati e capitoli (cf. p. 6) e vi ha premesso dei sommari; ha raccolto tutti i possibili esemplari antichi e ha trasportato nel codice le lezioni che gli sembravano migliori; ha chiarito (con interpunzione, segni diacritici, normalizzazioni ortografiche?) ciò che poteva dar luogo ad equivoco; ha corretto gli errori nella divisione delle parole; in molti punti ha emendato congetturalmente su base paleografica; inoltre (il Laudense non era ancora stato scoperto) ha colmato le lacune con supplementi destinati ad essere scritti in margine a guisa di commento. Il Corner fece poi trascrivere il De oretore emendato dal Barzizza in un elegante codice che esiste tuttora (Ambros. E 127 sup.; Sabbadini, Storia 82S.). D) Altri casi e casi dubbi. Poggio, letto al Barbaro (c[ p. 173) ego legi usque ad XIII librum Silii, multa emendavi: si noti corrigo usato come sinonimo di emendo e anche qui. come in ep. 4. 4 p. 304 (vd. p. 173), l'accoppiamento di legi ed emendavi. Poggio avrà emendato questi tredici libri dei Punica con o senza l'antigrafo? Il Klotz (p. v) pensa che si sia trattato di un ad exemplar emendare; lo Stangl (<< Berl. phil. Woch.» 33, 1913, II82) ritiene invece che Poggio abbia corretto di testa sua non avendo a disposizione a Costanza l'archetipo. Credo che lo Stangl abbia ragione: se fu costretto ad affidare la copia a uno scriba ignorante anziché eseguirla personalmente, vuoI dire che non poteva portarsi via il codice e i suoi impegni gli impedivano di restare sul posto: le stesse difficoltà è probabile che gli abbiano impedito anche di confrontare successivamente la copia col codice antico. Si noti inoltre la somiglianza del legi ... , multa emendavi di questa lettera col nisi prius illas legero atque emendavero usato a proposito del codice Orsiniano di Plauto (cf. sopra, p. 173), per il quale siamo sicuri che Poggio poteva emendarlo solo congetturalmente. Traversari ep. 305 col. 395 quod tam graviter quereris Theophrastum (il De plantis) a me negligi, cui transcribendo operam pollicitus fueram ..
LA CRITICA DEL TESTO
inique non fero . . , Sed ènim quod ipse nequibam curavi ut Paulus noster 1 .. , exequeretur. Coepit iam opus suum in membranis tuis... Ego itl per me emendabo, quando ipse transcribere non potui, ficiamque pro viribus ut ccdicem habeas emendatum; 306 col. 399 Paulus medicus Theophrastum fere absolvit. Eius emendandi curam mihi ipse subscipiam. Questa
emendazione che il Traversari si proponeva di fare personalmente poteva essere forse qualcosa di più di una semplice revisione della copia sul modello. Poliziano ep. 6, I p. 167 (vd. p. 97). Nei due esempi che seguono emendo ha il significato generico di , correggere ~: Salutati de fito 2, 6 p. 343, II; Poliziano, soscr. alle Pandette (M.aier 34IS.) est plurimis locis vetustis litteris emendatus libero Per il participio (da distinguere da emendatus 'corretto', cf. p. 214s.), Guarino ep. 293, 30 tuae igitur partes erunt ut eam (sc. orationem Ciceronis) transcribi ficias et emendatam nobis mittas (con quell'emendatam Guarino raccomanda che la copia venga corretta sull'esemplare dopo la trascrizione); Traversari ep. 61 col. 97s. diu tenui apud me volumina tua... Fert ecce ille tibi tuos codices adcurate satis et scriptos et, quantum licuit, emendatos; Filelfo ep. c. 72r scire ex te cupio qua via Plinium De naturali historia mihi comparare queam. Audio enim hunc esse apud vos doctissimi Aurispae Guarinique diligentia recte emendatum (cf. anche c. 68v): Guarino in effetti è autore di due recensioni del testo di Plinio (Sabbadini, Scuola II 5ss.); che in
una di esse avesse avuto per collaboratore l'Aurispa non sappiamo. da altre fonti (Sabbadini cito 117); Poliziano mise. II 47, IO versiculos autem hos Euripidi mendosos habemus in vulgatis Agellianis codicibus, quos ipsi nune ex vetustis emendatos adiecimus.
EMENDATIO
Secondo H. Frankel 2 nel lessico fIlologico moderno questo termine dovrebbe essere usato « solo per una 'congettura' (eonieetura} che si riconosca quale riuscita e convincente rettifica di un errore
I. Paolo dal Pozzo ToscanelIi; vd. G. Mercati, Ultimi contributi alla storia Jegli" umanisti. I. Traversariana, Città del Vaticano 1939 (Studi e testi 90), 10SS. 2. Testo critico e critica Jel testo, trad. di L. Canfora dalla Einleitung zur kritischenAusgabe Jer Argonautica des Apollonios, Firenze 1969, 44 n. I.
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(emendatio) , e non per i semplici tentativi di correzione che uno può eventualmente rifiutare ». Nel latino sia classico (Thes. l. L. V 2, 456, 35ss.) che umanistico emendatio può conservare il valore di sostantivo verbale e indicare l'azione del correggere un testo; oppure indica il risultato di questa azione, la correzione, sia essa congettura o restituzione di lezione manoscritta. In questo secondo senso appare spesso nei titoli di raccolte di emendamenti proposti da umanisti, come le Emendationes in Catullum et in Priapeia dell'Avanzi, le Emendationes in T. Livium del Valla ecc. Con emendatio si può infine indicare la qualità dell'essere non corrotto, sine mendis. Faccio precedere per ogni categoria esempi classici, dato che il Thesaurus non distingue. I) Azione del correggere: per il latino classico Symm. ep. I, 24 si te amor habet naturalis historiae quam Plinius elaboravit, en tibi libellos quorum mihi praesentanea copia fuit. In quis. .. opulentae eruditioni tuae neglegens veritatis librarius displicebit. Sed mihi fraudi non erit emendationis incuria. Malui enim tibi probari mei muneris ce1eritate quam alienis operis examine (la copia di Plinio che Simmaco spedisce ad Ausonio presenta errori dovuti al copista, ma Simmaco non ha provveduto a correggerla, preferendo soddisfare con la massima rapidità la richiesta dell'amico); 9, 13 munus totius Liviani operis, quod spopondi, etiam nunc diligentia emendationis moratur; Aug. doctr. christ. 3, I, I codicum veritate, quam emendationis diligentia procuravit. Tra gli umanisti: Poggio ep. 3, 4 p. 192 mittas ad me opera Senecae quibus permaxime indigeo tum ad emendationem eorum quae scripta sunt tum ad transcriptionem aliorum (cf. p. 225 n. I); P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso (Sabbadini, Storia 271) dum nihil ago utilius perlibenter Plinii tui libros inspicerem, praevisurus utique an emendatione magna indigeant ut (leggerei et) quid et quatenus per me fieri possit aestimaturus; Traversari ep. 214 col. 280: il Barbaro aveva mandato al Traversari il suo Lattanzio perché lo emendasse e il Traversari risponde: eius emendationi totus incumbam; da ep. 225 col. 294 (cf. p. 255) apprendiamo che l'ha emendato collazionandolo con altri esemplari. Id. ep. 272 col. 356 sunt. .. quaedam quae emendatione opus habeant (cf. p. 25 I); Valla in Fac. p. 599 ex quo si non propter expectationem hominum, non propter iussum regis, non propter ipsius adversarii provocationem, certe ut satisfizcerem irae meae interloqui atque interpellare debui, praesertim quod non fuitfraudandus nec auctor emendatione operis sui nec rex vero librorum intellectu; Beroaldo anno c. CI v illud quoque in eodem scriptore . ..
LA CRITICA DEL TESTO
indiget emendationis; c. c5r ille quoque versus qui indiget emendationis corrigatur; Poliziano, soscr. alle Pandette (Maier 342) implevi hanc emendationem diligentissime collatis Pandectarum libris archetypis; soscr. a Catullo (cf. p. 260) quo tempore huic emendationi extremam imposuit manum. 2) Risultato dell'azione, c correzione' (già classico: Hier. praef. vulg. Ezr.: nihil enim proderit emendasse librum, nisi emendatio librariorum diligentia conservetur): Salutati de fato 2, 6 p. 343, 4 o quotiens vidi magistros nostri temporis non emendationes, sed menda suis annr,tasse manibus! Valla in Fac. p. 602 (Petrarcha) in nonnullis em~ndationibus felix; p. 603 constat numerus litterarum in menda et emendàtione? (cf. p. 230); ibid. sed iam omnium emendationum classem e portu emittamus; emendo p. 606 hunc locum Poggius ... , CUnl superioribus diebus has emendationes ostenderem, dixit... sic emendasse ecc.; p. 608 Cardinalis Columna . .. , qui has plerasque emendationes suo codici addi a me mea manu voluit; p. 609 ita tota emendatio erit singulis dictionibus in binas separatis: c utilis' in c ut illis', c. nanque' in c nam quae ' et c leviora ' mutato in c levior'; p. 610 hanc meam emendationem probat esse veram conclusio quae sequitur: si tratta in tutti questi
esempi di congettura. Merula, pref. a Marziale cito a p. 21 l e 213; Beroaldo anno c. c4f priusquam emendationi nostrae applaudamus (congettura); Poliziano, collaz. delle Pandette (Maier 341) est pluribus locis vetustis litteris emendatus liber: quae emendatio vera est et compar scriptori; ep. 6, l p. 166 (vd. p. 2II); mise. II 5, 5 Hermolaus Barbarus in Plinianis emendationibus; II 14, 12 nomen . .. ipsum Coc1itis, quod huius emendationis nostrae caput esse voluimus (congettura, cf.
p. 288s.); nellasoscr. a Properzio (Maier 362) il Poliziano dice di aver annotato le lezioni ricavate da un codice antico in un quaderno Antiquarum emendationum, cioè di correzioni desunte da codici antichi. P. M. Uberti, soscr. a Celso (Maier 345) quicquid erat novae emendationis (<< correzione di mano recente »), ex antiquo tamen, ut apparet, codice (cf. p. 262); Avanzi emendo C. a3v quam vel consimilem emendationem vidimus modo manu Christophori Papallis. Per la distinzione fra emendatio e lectio o ftequens scriptura c lezione vulgata' vd. p. 2II. 3) Stato incorrotto del testo, c correttezza': per il latino classico Suet. de notis p. 141, 3 Reifferscheid $.fi et ro: haec apponuntur qllotiens vel emetidatio vel (sensus) eius versus sollicitius est inspiciendus « queste
note si appongono quando ci sono dubbi sulla correttezza
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del verso o sul suo senso ». Il Wattenbach (p. 341S.) riporta una soscrizione di età umanistica in cui si legge: ab exemplari cuius summaemendatio erat esse corruptissimum (<< di cui la massima correttezza era. l'esser corrottissimo», cioè dove era più corretto era corrottissimo) .. Poggio ep. 2, 29 p. 159 (vd. p. 131); Aurispa ep. 35 p. 54 (vd. p. 143); 91 p. II4 (vd. p. 214); P. Summonte, letto a Francesco Puderico premessa all'Actius del Pontano (Previtera 124) (Actius, cioè il Sannazaro) advexit nuper ex Heduorum usque finibus atque e Turonibus. .. Martialis, Ausonii et Solini codices novae atque incognitaeemendationis (<< di inusitata e ancora non conosciuta correttezza ») •.
EMENDATOR
Fin dall'antichità termine tecnico per indicare il correttore di codici (Thes. 1. L. V 2, 457, 23ss.). Poliziano, soscr. a Stato silv. vd. p. 162 n. 1) librorum emendatores; collaz. delle Pandette (Bandini, Ragion. XLII) postrema cancellata syllaba, superscriptum o ab antiquo· emendatore.
CORRIGO
Nel latino umanistico è perfettamente sinonimo di emendo e ne ha la stessa complessità di significato. Reco qualcuno degli esempi più evidenti a conferma che per gli umanisti non v'è differenza nell'uso di questi due termini: Bruni ep. 2, 13 p. 49 mitto tibi orationes Ciceronis in Verrem, recte quidem scriptas, sed, ut videbis, male emendatas: qui enim corrigere voluit eas pIane corrupit (il cod. delle Verrine è oggi il Laur. Strozzo 44; vd. Sabbadini, Storia 40); P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso (cf. p. 171S.) nusquam vides quae, eius opera' correcta, iugi labore atque industria sunt emendata: quae eius opera correeta è una perifrasi per « le sue correzioni» e sunt emendata' non fa che riprendere il concetto già incluso nella perifrasi che fa da soggetto: la frase è ridondante e significa in sostanza «le correzioni da lui apportate con fatica e applicazione continua». Noto qui per inciso che si tratta in questo caso di emendamenti congetturali perché il Decembrio aveva davanti a sé un solo codice.
LA CRITICA DEL TESTO
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J3eroaldo anno C. C3r apud Tranquillum in GaIba (Suet. Galb. 15) dictionem depravatam correximus... Verba Tranquilli haec sunt: (l ut siquid scaenici aut histrici donatum olim vendidissent auferretur emptoribus »: nos pro 'histrici' emendavimus 'xystici'. Si veda infine la serie di sinonimi nella soscr. di Francesco degli Ardizzi cito qui sotto. È frequente il nesso corrigo et emendo, una sorta di duplicazione dell'espressione: Anon., soscr. a un incunabolo delle orazioni di Cicerone (vd. p. 258); Poggio ep. 3, 36 p. 283 (vd. p. 259); Poliziano. soscr. a Catullo (vd. p. 260). Come ho già detto (vd. p. 259), ritengo che non sia possibile basarsi sull'aut di Poggio ep. 2, 27 p. 156 per dedurne una distinzione di significato fra i due termini. Distribuisco gli esempi secondo lo schema seguito per emendo {vd. p. 250). I) Correzione d'autore. Poggio ep. 3, 36 p. 283 (vd. p. 251); 3 p. 12 vaco ... ad corrigendum Diodorum quem iam traduxi; Traversari ep. 503 col. 619 (vd. p. 253). IO,
II) Correzione della copia sul modello. C o r r i g o a d e x e mp l a r: Guarino ep. 578, 56 unum memineris oro, ut, si transcribi ]eceris, ad exemplar corrigantur; Gasp. Barzizza, letto al Landriani (vd. p. 190). C o r r i g o cu m: Francesco degli Ardizzi, soscr. all'Ottob. lat. 2057 qui tres oratorii libri correcti auscultati collecti emendati conformati (?t iustificati fuerunt cum codice illo vetustissimo (Sabbadini, Storia 95: l' Ottoboniano fu trascritto dal Laudense dal vescovo di Como Fran,cesco Bossi nel 1422 e fu poi collazionato da Francesco degli Ardizzi <:01 Laudense medesimo nel 1425). Salutati ep. I p. 250Ss. venit tandem Aftica . .. Certe cogitabam revidere librum et, si quid, ut seribis, ve! absonum vel contra metrorum regulam intolerabile deprehendissem, curiosius elimare . . , et exinde, pluribus sumptis exemplis (' copie ') et per me ipsum correctis et diligenter revisis, unum ad Bononiense gignasium, unum Parisius, unum in Angliam . .. destinare: le correzioni di sostanza che il Salutati intendeva apportare all'Africa del Petrarca sono indicate qui con elimo (cf. p. 251), la correzione materiale degli exempla con corrigo e reviso; ma si noti che poco più oltre, nella stessa lettera, corrigo è usato per correzioni di sostanza: p. 254 ego me offero laboraturum ut euncta revideam, et quae corrigenda videro, corrigam. Ibid. II p. 43 I
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exemplari (' trascrìvere ') feci nomine tuo libellum De viris illustribus. quem Petrarca noster condidit abbreviatum; sed quia valde corruptus est, non potui ipsum domino decano tradere, eurabo, quam primum potero, quod corrigatur et habeas: la copia era risultata molto corrotta e doveva quindi essere corretta; III p. 37os. libellum meum De fato et fortuna si videre cupis, pete nomine meo commoditatem eius a. .. Thomasio de la Spina, qui fecit ipsum exemplari (' trascrivere ') et ego correxi; III p. 620S. tibi... grave non sit donec exempletur eorrigaturque paululum expectare. Diligentia quidem adhibenda rem hanc aliqualiter protrahet, sed emendatum habebis; Lamola in Guarino ep. 455, 135 (cf. p. 180) nunc porro ad Latinum textum corrigendum aeeedam. In volgare si diceva 'r i c o r r e g g e re' (Iacopo Ammannati in Vespasiano ep. 40, 3; vd. p. 94) o 'riscontrare' (Vespasiano ep. 16, 17; vd. p. 93). III) Correzione critico-testuale. A) Correzione ope codicum. Gasp. Barzizza, soscr. a Cic. de or. (nel cod. Napoli, Naz. IV A 43) eorrectus exemplo tnultorum codicum antiquorum summo studio ac summa industria adhibita. Casparinus (Sabbadini, Storia 80); Poggio ep. 3, 17 p. 216 (vd. p. 327); II, 22 p. 84 miseram dudum ad Urbem pro Diodoro (la sua traduzione latina) quem tibi reliqueram, ut qui hic erant admodum mendosi eorrigerentur; Poliziano mise. I 17 tit. p. 543 correctus in tragoedia Seneeae locus atque ex Craeca remotiore fabula declaratus super Nemiaeo leone (Rere. 83): restituisce la lezione dell' Etruscus (Laur. 37, 13) alias contro la vulgata altas; 32 p. 571 corrigendus apud Plinium loeus ex libro octavo et vigesimo Naturalis historiae, capite secundo (28, 25): contro la vulgata fulgetras adorare consensus gentium est restituisce la lezione di due vetusta exemplaria (Riccard. 488 e Laur. 82, 1-2) fulgetras autocare poppysmis eonsensus gentium est; 96 tit. p. 688 locus apud Martialem (II, 29, 3) correctus et enarratus: restituisce la lezione murem dei eodices vetustissimi contro vitam della vulgata. B) Correzione ope ingenii. Gasp. Barzizza, letto al Corner (vd. p. 263s.); Pomponio Leto, preE a Varr. ling. (vd. p. 284); P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso (vd. p. 171S.); Poggio, letto al Barbaro (vd. p. 173); Valla in Fac. p. 601 et quomodo tu corrigert~· me doces et corrigendi legem tradis? Roc nihil aliud est nisi non omnium eorrectionem reprehendere, sed malam. Vides... ut contraria proposito tuo loqtleris, ut me non dehortaris a corrigendo, sed magnopere adhortaris ad corrigendum? Doces qua ratione libros corrigam: audio, si
LA CRITICA DEL TESTO
modo ratio ista satis docet: si tratta dell'emendare congetturale, per il quale il Facio aveva enunciato il principio illustrato sopra, p. 230. Poco più oltre il Valla usa il sinonimo emendo. Anche nelle Emendationes in T. Livium i due verbi sono usati come sinonimi. Il Beroaldo usa frequentemente corrigo (sinonimo anche per lui di emendo, vd. p. 269) nelle Annotationes centum: nella sua critica testuale prevale l'emendatio ope ingenii e accade perciò che corrigo nelle Annotationes indichi setppre correzioni congetturali: anno c. a4v tu illud ' tempora quinta die' ita corrigito: 'tempora quarta', prout scripsisse Ovidium haud dubie credimus (Ov. fast. 3, 164); c. b3v apud eundem (Liv. 28, 39, 19) 'lautitia' pro' lautia' in omnibus codicibus impressum est; ita enim libro vigesimo octavo scriptum est: « locus inde lautitiaque legatis praeberi iussa»: nos correximus ' lautia '; c. b6r nos pro 'cistis' correximus ' cisiis' (Cic. S. Rosc. 19); c. b8v nos . .. , re diligenter pensitata, pro 'minime' correximus ' Mutine' (Ascon. in Pison. p. 13 Clark); C. CH (vd. p. 233 n. 3); c. CIC ex librariorum (librorum ed.) impressorumque incuria menda facta est in eo verbo 'apheresim', cum legendum sit 'phrasin' (Quint. inst. IO, I, 42), sicut et nos correximus; c. C2V ego vero pro 'cinericiis tenebris' correxi 'cimeriis' (Hier. c. Joh. 44, PL. 23, 412B); c. CJr (vd. p. 269); c. qr (vd. p. 233 n. 3); c. c5r corrige illum cuius quoque locum nunc in mentem venit. Namque apud eundem seriptorem (Curt. 8, II, 2) petram 'dorinin' nominari leges: tu 'aornin' emendato; ecc. Poliziano misc. I 34 p. 575 (Cic. fam. II, 14, I) quod quidam tamen hactenus corrigunt ut dica"t: « tanquam si iam adnihilatae esse videantur» (alcuni tentavano di correggere congetturalmente la lezione corrotta dei codici); 66 p. 633 corrigendum puto locum alterum ex Plautino milite (v. 321): corregge congetturalmente mirus oleo in mirust lolio; 80 p. 652 (pubblica l'inno quinto di Callimaco accompagnato da una traduzione latina) tantum... nunc admonemus lectorem, paucula videri mihi adhuc mendosa in Graecis exemplaribus quae non erat pudoris nostri corrigere: si tratta qui naturalmente di un correggere congetturale; 90 p. 678 ego sie arbitror legendum corrigendumque (corregge congetturaImente un passo di Aristotele). Correzioni che sono insieme ope codicum e ope ingenii in mise. I 53 tit. p. 605 tum in tr,lnseursu locus in epistolis ad Attieum non inelegans super miniatula cera correetus et enarratus; ibid. p. 607 quod autem incidit ut de miniata eerula meminerimus, eorrigendus obiter et itlterpretandus nobis hie ex epistola ad Atticum libro penultimo loeus est (15, 14, 4): la vulgata leggeva nimia tua; il Poliziano corregge miniata eerula
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
sulla base della lezione miniata ceruia del Laur. 49, 18 (cf. p. 292); 57 tit. p. 612 correctum .. erratum Plinianis exemplaribus (nat. IO, 56): la vulgata leggeva Erythrotaonas, il Poliziano corregge tetraonas partendo dalla lezione et traonas di un vetustissimum exemplar
I. Vdo Klotz LI; Marastoni 1962, XXXIVso; Lenz 3440
LXVII;
A. Mazzarino, pref. a Caro agro, Lipsiae
· LA CRITICA DEL TESTO
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non, come vorrebbero alcWli, come forme del verbo' conicio (il Marastoni interpreta addirittura ce come conieci), giacché questo termine non fa parte del lessico fIlologico del Poliziano (che usa solo un paio di volte il terminé coniecto), mentre assai usato è corrigo. Il KIotz (1. c.) pWltualizzò, di fronte all'opinione allora dominante <:he con questa nota il Poliziano contrassegnasse solo le sue congetture, che nella collazione di Stazio dell'incWlabolo Cotsiniano essa è apposta sia a lezioni che si accordano con l'edizione del Calderini sia a lezioni che si trovano in M, il codice di Poggio: trasse quindi la conclusione che le note co, ce, c'indicano consenso a Wla lezione manoscritta (cf. anche Pasquali 70 n. 3), ammettendo tutt'al più <:he il Poliziano abbia contraddistinto le sue congetture con ego CO. Ma neanche la tesi del KIotz è accettabile: in realtà il Poliziano <:ontrassegna con queste note a n c h e sue congetture. Ad esempio nella collazione di Ovidio il Poliziano contraddistingue con c' 1 la sua congettura acerno ad Ibis 569 (vd. Lenz 344), che in misc. I 75 p. 643 viene presentata con queste parole: mihi sane recta esse et emendata scriptura videtur, si rationi libera coniectura sit, non 'Agenor " sed ' acerno '. Ma anche nella collazione stessa. del Corsiniano ci sono congetture accompagnate dalla nota ce (vd. Marastoni LXIx: ad es. Stato silv. 4, 6, 39 stet mensura pedem: ita puto legendum nel <:ommentario; ce pedem nel Corsiniano; i codd. hanno pedum). Illuminante è il confronto con l'uso del verbo corrigo nei Miscellanea. Infatti questo termine è adoperato sia quando si tratta di congetture (vd. p. 271S.) sia quando si tratta di restituzione di lezioni manoscritte (vd. p. 270). In conclusione, nel Poliziano la nota ce (co, c') contraddistingue tutti gli interventi critici del collazionatore, sia che si tratti di consenso a Wla lezione manoscritta sia che si tratti di congettura; è insomma qualcosa che va al di là delle pure e semplici note di collazione e appartiene alla fase successiva dell'emendare. La sigla c' 2 non è peculiare del Poliziano: compare ad es. nel
1. Si tratta di una c con un segno generico di abbreviazione e non di eS = e(ortiga)s come vuole il Lenz. Cf. quanto osservato qui sotto per le note c' del Laur. '49, 18. 2. Si tratta sempre, almeno nel Laur. 49, 18 che ho visto personalmente, di una c con un trattino ondulato all'esponente, segno generico di abbreviazione, che è stato confuso con una s dalla maggioranza degli studiosi. La sigla vale dunque e(orrige), non e(orriga)s (cf. quanto detto nella nota precedente per il Poliziano).
18
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Matr. 8sr4 (già X 81) di Asconio e Valerio FIacco appartenuto a Poggio 1 e nei Laur. 36, 49 di Properzio 2 e 49, 18 di Cic. Att. entrambi appartenuti al Salutati, nei quali la nota c'introduce correzioni di sua mano. Le note c' del Laur. 49, 18 (M) sono state raccolte e studiate da O. E. Schmidt 3, secondo il quale si tratta di congetture. Il Sjogren 4 fa notare invece che la sigla c' contrassegna talvolta. lezioni peggiori di quelle offerte da M e conclude che le varianti introdotte da c' sono tratte da uno o più codici della fam. À. Come si vede, la vicenda delle opinioni degli studiosi è simile a quel che abbiamo visto per l'uso di c' nel Poliziano. La questione meriterebbe d'essere ripresa e approfondita, ma sarà lecito affacciare l'ipotesi che, come per il Poliziano, la sigla c' possa contrassegnare sia congetture sia varianti manoscritte. Per il participio (da distinguere da correctus 'corretto', cf. p. 215) Petrarcafam. 18, 5,23 sed ne ab illis quidem (se. doctis hominibus)
semper correctos ad unguem codices expectes (per correctus ad unguem cf. anche fam. 18, 14, 80 e ad unguem emendatus in Guarino ep. 256. 133); Salutati ep. IV p. 83 ut apud incorruptos vel correctos Ciceronis textus legitur: probabilmente vuoI indicare due categorie distinte di codici, quelli che presentano di per sé un testo non corrotto e quelli che presentano un buon testo per essere stati riveduti e corretti.
Aveva visto giusto, per il Laur. 49, 18, F. Hofmann, Der kritische Apparat Z14 Ciceros Briefen an Atticus, Berlin 1863, che si fondava su una collazione del Mommsen; gli si oppose recisamente O. E. Schmidt, Die handschriftliche Ueberli~rer14ng der Briefe Ciceros an Atticus, «Abh. der k. sachs. Ges. der Wiss.» phil.-hist. Cl. IO, Leipzig 1888, 283: «Was aber Hofmann fiir c • mit einem Hakchen ' ausgiebt, ist in den allermeisten Fallen ein c mit einem iibergeschriebenen deutlichen s, also CS = Colucius ». Eppure una delle sigle da lui interpretate come eS è visibile proprio in una delle riproduzioni che accompagnano la trattazione (tav. 3, r. 24 nell'interlinea; cf. Schmidt, p. 290) ed è chiarissimo che si tratta solo di un. trattino ondulato, come mi conferma anche il Prof. Campana. La sicumera dello Schmidt ha trascinato con sé gli studiosi successivi, che hanno proposto per questa. sigla altre fantasiose interpretazioni: c(redim14)s Clark, «Class. Rev.» 13, 1899, 120; c(odice)s Leo presso Sjogren, pref. a Cic. Att. I, Upsaliae 1916, xv n. J. L Vd. A. C. Clark, l. c., che suggerisce che le note c' in questo codice e nel Laur. 49, 18 siano del Niccoli. 2. P. Fedeli, pref. a Properzio, Elegie, libro IV, Bari 1965. XXXIU. 3. Die handschr. Ueberlief. cito 304ss. 4. Commentationes T14l1ianae, Upsaliae 19IO, 46s.
.. LA ClUTICA DEL TESTO
CORRECT/O
Come il verbo corrigo può indicare sia correzione mediante collazione sia correzione congetturale. l) Azione del correggere: già antico: Symm. ep. 3, II, 4 carminum tuorum codicem reportandum puero tradidi et quia eglogarum confusus ordo est, quem descripsimus simul misi, ut et correctio a te utrique praeste~r et aUorum quae nunc pangis adiectio. Tra gli umanisti: Salutati de fato 2, 6 p. 344, 6 correctionis labor ipsos gravat; Lamola. in Guarino ep. 455, 137 (cf. p. 176) septimam addam correctionem tribus Ciceronis De oratore libris (correzione della copia coll'esemplare dopo la trascrizione). 2) Risultato dell'azione, 'correzione': Salutati de fato 2, 6 p. 343, 16 ineptis et inconsideratis suis correctionibus, imo corruptionibus; Vana emendo p. 613 nonnihil reminiscebaris correctionis meae (congettura).
CORRECTOR
Indica il correttore di codici (sinonimo di emendator): Riccardo da Bury, Philobiblon 8, 182SS. (vd. p. 64 n. I); Petrarca fam. 18, 5, 46 de libro autem hoc quid speres ipsa te libri facies monebit: novus et nudus est et nullo correctoris dente percussus. Coll'avvento della stampa nasce una nuova categoria di correctores, con un compito ben più largo e impegnativo che gli odierni correttori di bozze: a loro è affidata la revisione critica e la prepara-o zione del manoscritto da riprodurre nella stampa: hanno il compito di fornire un testo il più possibile corretto e sono in genere umanisti di larga cultura; noi li diremmo oggi editori (vd. Haebler 132ss.; Fava 150s.). Li menziona spesso il Beroaldo: anno C. b6r qui tamen error non tam impressoribus est ascribendus quam correctoribus; C. b7V cuius (sc. Callimachi) testimonium citat Plinius in XXII (§ 88), quain loco impressores, ne quid acerbius dicam in correctores, pro ' Recale· , Becate' impresserunt; C. qv has ... mendas ... impressoribus ascribimus, non autem correctori Georgio Alexandrino: si tratta di errori ne) testo di Plauto; l'edizione cui allude il Beroaldo è la principe (H 13 074), uscita a Venezia nel 1472 e curata dal Merula. Probabil-
IL ..ESSICU FILOLOGICO DEGLI UMANISTl
mente anche in anno c. b7V nonne in primo De asino aureo mendum est quod correctores dissimulanter praeterierunt? si allude ai correctores di incunaboli.
CASTIGO, CASTIGATIO
Il verbo castigo 'correggo' compare in Merula, pref. a Marziale cito a p. 213, Poliziano ep. 4, 13 p. 128 (vd. p. 253) e in un2 lettera di A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 182 quibusdam... in locis tentavi depravatas libelli partes si qua possem lima ve! ingenii ratione castigare. Per castigatus vd. p. 215. Il sostantivo castigatio, usato dagli umanisti come sinonimo di correctio, emendatio, indica sia 1'azione del correggere che il risultato dell'azione, la correzione. l) Azione del correggere: Beroaldo anno C. qv illud quoque apud eundem in mentem venit quod indiget modice castigationis; Avanzi emendo C. a2r quis enim ante laboriosissimam Calphurnii castigationem Catulli scripta non stomachosus attingebat? (allude all'ediz. Vicentiae 1481, H *4760, curata da Giovanni Planza de' Ruffinoni detto Calfurnio) 1. 2) 'Correzione': Avanzi emendo C. a2r quorum omnium castigationibus ac inventis prorsus candorem reparabit vatum doctissimus Catullus. Il termine compare nel titolo di una celebre opera della filologia umanistica, le Castigationes Plinianae del Barbaro.
INTEGRO, IN INTEGRUM RESTITUO ECC.
Poliziano ep. 6,
l
p. 165 in Lucani Genethliaco (Stat. si/v. 2, 7,
14s.) duos ita versiculos corruptos integramus: « et si qua patet aut diem
recepit, I sertis mollibus expleatur umbra»): integro non ha qui il moderno senso di 'integrare' (in questo senso il Poliziano usa suppleo, ~fficio, vd. p. 286), ma quello di 'correggere' 2: i due versi non presentano nessuna lacuna, ma solo una corruttela (pater aut L; pa-
I. Vd. M. Zicàri, Calfurnio editore di Catullo, «Atene e Roma)} n. s. 2, 1957, 157-59· 2. Da ricondurre forse al significato classico di Thes. l. L. VII I, 2087, 60ss. (<< integrantur utcumque debilia: A invalida, corrupta, vitiata sim. »).
tera ut M) e il Poliziano li dice infatti eorruptos, mentre poco più oltre (p. 167) di versi lacWlosi scrive: quae parum eohaerenter i n t e re i s a supplet. Simili le espressioni in integrum restituo, integritatem restituo, integritati reddo ecc. (vd. Thes. 1. L. VII I, 2080, I ISS.): esse significano, nella terminologia filologica degli umanisti, « riportar~ allo stato originario Wl testo corrotto, correggere ». Poliziano ep~ IO, 4 p. 312 eommentarios (alle Pandette) ... quibus in integrum eorrupta diu leetio restitueretur; A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 182 (invia al Poliziano la sua copia della versione latina di Erodiano perché la corregga, cf. p. 303 n. 2) eum... eupiam... nostro huie volumini suum ius suamque integritatem restitui; E. Barbaro ep. II p. 83mendosa loea non parum multa integritati suae reddidi. Cf. anche redin':' tegratio in Poliziano mise. II I, 3 ftcimus idem antea in ipsius epistolis (aveva cioè restituito in mise. I 25 il giusto ordine di alcWle delle Epistulae ad fam. di Cicerone turbato nei codici umanistici da uno spostamento di fascicoli nell'archetipo), eaque nostra quasi dixerim redintegratio iam reeepta est: il quasi dixerim mostra che l'uso di redintegratio per ' correzione' è sentito dal Poliziano come Wla metafora.
RECENSEO
Nel senso di 'esaminare, passare al vaglio, sottomettere a un esame critico un testo' è usato nell'antichità da San Girolamo e da Rufmo (Arns 71) e compare nella nota soscrizione di Calliopio al testo di Terenzio (vd. Jahn nr. 22 e p. 370 e Leo, Plautinisehe Forsehungen, Berlin 19122, 50S.). Negli umanisti da me esaminati non ho mai trovato reeenseo come termine filologico, ma solo nel senso di 'enumerare, passare in rassegna, elencare' 1. Questo è il significato che la parola ha anche in Poggio ep. 4, 4 p. 304s., dove lo Stangl, « Berl. phil. Woch.)} 33, 1913, II84, interpreta erroneamente reeenseo come termine tec-
I. Ad es. Crinito in Poliziano ep. 12,22 (23) p. 403 rogas IIt locus tibi aliquot recetlseam de quibus in secundam eenturiam Politianus retulerat; Guarino ep. 861, 38 memini. .. grandius tibi volumen ex plurimis eonfeetum et auetum epistulis, iII quibus si qua est ad Chrysoloram ipsum aut de ipso suisque laudibus, rogo ut recenseas et eius inventae mihi facias copiamo Pereu"endae nanque sunt cursim et eius generis exeribendae et scriptae ad me per diligentem nuntium mittendae.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
nico-filologico; ma se avesse letto più attentamente l'intero passo avrebbe dovuto accorgersi che Poggio voleva dire semplicemente «gli autori che ho elencati». In questa lettera l'umanista si lamenta che il Niccoli, coll'intenzione di trascriverIi, tenga presso di sé buona parte dei suoi libri per anni ed anni, privandolo così della possibilità di leggerIi: Lueretium tenuisti iam per annos quatuordecim, eodem modo Asconium Pedianum; sie et Petronium Arbitrum et Statium Silvarum orationesque illas quas habes ex meis; non solo, ma, non contento dei libri che ha già, il Niccoli ne chiede ancora; né io te li nego, risponde Poggio, ma prima trascrivi e restituiscimi i libri che hai: eum non possis nisi unieum librum seribere 1, quid haee tam erebra tamque frequens librorum postulatio sibi ve/it nescio, praesertim eum multi restarent a te seribendi. .. De Frontino et fragmento Arati quod seribis, iili apud me sunt, quos ad te mittam, eum scivero te priores, quos reeensui, eonseripsisse. Un uso singolare del termine reeenseo appare in alcune soscrizioni a commedie umanistiche 2: Savucius edidit, Hugo reeensuit (Ianus Saeerdos); Mereurius Ranzius Vereellensis reeensui. Acta studiis Papiensibus 1437 die 14 Aprilis (De falso hypocrita); Alphius recensuit (Philogenia); Calisius recensuit (Polidorus). L'origine di queste soscrizioni va ricondotta al Calliopius recensui dei manoscritti terenziani: nel medioevo (e ancora in età umanistica) 3 questo recensere era spesso glossato con recitare, cioè si attribuiva a Cailiopius la funzione del recitator secondo la diffusa teoria che nella commedia romana un solo personag~io leggesse tutto il testo mentre gli attori si limitavano alla mimica. E dunque possibile che nelle soscrizioni citate si volesse indicare il recitator, o forse in qualche caso anche il vero e proprio attore. A queste soscrizioni va aggiunto un passo del Salutati, de fato 2, 6 p. 343, 19ss. di cui lo Stiiuble (p. 190), che lo conosce incompiur. Per quest'uso di scribo per indicare l'opera del copista vd. p. 93s. Riassumo la trattazione dello Stauble, p. 188ss. 3. Alle testimonianze citate dallo Stauble si aggiungano, per il '400, quelle recate da M. Herrmann, Albrecht von Eyb und die Friihzeit des deutschen Humanismus, Berlin 1893,88: in appunti presi da Albrecht von Eyb a lezioni accademiche il recensere di Caliopius recensui è glossato con recitare e un discorso di Davo nell'Andria è posto sulla bocca del recitator Caliopius; in rielaborazioni tedesche di drammi terenziani uscite a stampa nel 1486 e 1499 si danno consigli circa il tono di voce, la mimica e i gesti che devono accompagnare la lettura. Vd. inoltre Guarino ep. 380, I I con la nota del Sabbadini ad 10c. 2.
LA CRITICA DEL TESTO
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tamente dalla citazione di altro studioso, si giova solo come testimonianza della retta interpretazione della soscrizione ai manoscritti terenziani: esso però testimonia anche l'esistenza non solo dell'interpretazione che vedeva in Calliopius t'attore, ma di altre che vi vedevano il nome dell'autore stesso o di un suonatore: preponantur. .. viri peritissimi bibliothecis qui libros diligentissima collatione revideant et omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iudicio noverint removere. Cui rei maximos quondam viros invenimus fuisse prepositos, qui gloriosissimum reputabant se libris subscribere quos revisissent, sicut in antiquis librorum codicibus est videre. Et hoc est quod communiter in Terentii fabulis post omnia reperitur «Caliopius recensui»; que quidem subscriptio nec poete fuit nec actorum vel modulatorum, quorum nomina reperiuntur expressa, sed solum, ut sonat littera, recensoris.
RECOGNOSCO
Già nell'antichità classica poteva significare 'rivedere, correggere' (Plin. ep. 4-, 26, l): compare anche nelle soscrizioni Uahn nr. 3 e 19). Ricompare, e con una certa frequenza, nelle soscrizioni umanistiche: sembra non differenziarsi per il significato dai sinonimi emendo e corrigo. Può esser detto esplicitamente che nella revisione ci si è valsi del confronto con uno o più codici: Poliziano, soscr. a Svetonio (Maier 343) recognovi cum vetustis duobus exemplaribus; soscr. ai Fasti di Ovidio (Bandini, Ragion. Lxn) recognovit Ang. Politianus cum vetusto codice collatos Fastorum libros. Ma può anche non esservi specificazione alcuna: P. C. Decembrio, nota a un codice di Tacito (Gud. lat. 2°. II8; Sabbadini, Storia 187) est P. Candidi. Ab eodem recognitus et emendatus; Valla, soscr. alla traduzione di Tucidide (cf. p. 312) hunc Thucydidis codicem ... idem ego Laurentius... recognovi cum ipso Ioanne; per l'accenno all'aiuto di Giovanni (il copista Giovanni Lamperti de Rodenberg) nella revisione cf. p. 246s.: uno dei due avrà tenuto davanti a sé e letto 1'esemplare da cui il codice era stato trascritto e 1'altro avrà seguito la lettura sulla copia ed eseguito le eventuali correzioni; il caso che l'autore stesso riveda copie della propria opera non è raro (vd. p. 303 n. 2). Recognosco si trova anche usato per indicare la correzione delle bozze: colophon dell'ediz. principe dei Miscellanea del Poliziano (Firenze 1489, H * 13221) impressit ex archetypo Antonius
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IL LESS1CO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Miscominus. Familiares quidam Politiani recognoVere. Politianus ipse nec. hortographiam se ait nec omnino alienam praes.tare culpam. Florentiae, anno salutis MCCCCLXXXIX, decimo tertio kalendas octobris; l}eroaldo, letto cito in Garin 377: commentarii Apuleiani iam imprimuntur. Quotidie paginas impressas recognosco ut opus fiat quam emendatissimum. Può indicare inoltre la revisione e correzione sostanziale di un'opera da parte dell'autore: Valla, letto al Tortelli (Sabbadini, Storia 299) nollem glosas, quas illi (sc. Quintiliano) feci, ab aliis transeribi, prius.. quam recognorim et alias adhuc addidero. Infme, come emendo e corrigo, anche recognosco può indicare tutta 1'attività del critico del testo (dalla collazione dei codici alle correzioni congetturali o fondate sull'autorità, di altri autori antichi): Poliziano, soscr. a Catullo (vd. p. 260); Merula, pref. a Plauto (vd. p. 314); Parrasio, letto cito a p. 79, dove con tumultuarie recognitos è indicata la revisione critica del testo di Sedulio e Prudenzio eseguita dal Parrasio in vista dell'edizione a stampa. Lo stesso valore ampio avrà recognosco nella soscr. del Poliziano a Plin. nato (Maier 352) recognovi. XVIII kal. septembris, anno a Christiana salute MCCCCLXXX.
RE8TITUO, REPONO l
Gli umamstl usano restituo, con significato analogo al nostro , restituire', per indicare che vien ripristinata la lezione originaria, sia ch'essa venga ricavata da fonti manoscritte sia che venga restituita per congettura. I) Restituzione della lezione di un codice: Lamola in Guarino ep. 455, 166 (cf. p. 116): i primi trascrittori del Laudense delle opere retoriche di Cicerone lo hanno sfigurato eradendo, mutando, aggiungendo; ego tamen quantum diligentiae... in me fuit. .. adhibui ut omnia secundum priorem textum restituerem; Poliziano mise. I 32 tit. p. 570 restituta Plinianis codicibus abolita pridem vox (restituisce, giovandosi di due vetusta exemplaria, una parola caduta nella vulgata); 44 p. 593: in Persio prol. 14 alcuni codici antichi leggevano non
L Restituo, retldo compaIOno nella terminologia fIlologica del Maniacutia (Peri 82).
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meios. che era allora la lezione vulgata. ma nectar; meIos è oltretutto impossibile metricamente; quare nihil dubitandum quin sit illud ' meIos •. .. tanquam verruca deformis reeidendum restituendumque 'neetar'; 95 p. 688 libet in gratia iureconsuitorum restituere Craeeum quoque proverbium sublatum piane de ipsorum libris (cioè dalla vulgata dei Digesto). sed integrum adhuc in archetypo. 2) Restituzione della vera lezione per congettura: Valla emendo p. 619 opinor hic perturbatum verborum ordinem ideoque sic restituendum ecc.; E. Barbaro ep. II p. 90 sed verba quae sequuntur ad aUum sensum me trahunt, ut lectionem eius loei corruptam arbitrer atque ita restituendam putem; Poliziano mise. II 1, 18 possum equidem falli, sed certe ad hunc modum (locus hic) restituendus videtur (restituisce per congettura i' ordine di un passo di Cic. nato deor. turbato da uno spostamento di fascicoli nell'archetipo); ep. 6. 1 p. 166 illud quoque sie ipse restituo: « quod eupis ipse iuberi. / da Capitolinis» et caetera (Stat. silv. 5. 1. 188s.). 3) In qualche caso non è possibile distinguere: E. Barbaro ep. II p. 71 mille et quingenta et amplius... Ioea manifestissime depravata restituimus; II p. 79 iam ipse Plinius, si quemadmodum restitutus fere creditur ita redire posset ab inferis ecc. In Poliziano mise. I 26 p. 560 (cf. p. 298) nunc agnoseendo nune restituendo literas. agnoseo indicherà il riconoscimento delle lettere conservate, restituo la correzione o integrazione di quelle corrotte o cadute. Avanzi emendo c. a2r tunc tenuitate ingenii vix quadraginta Ioca aut paulo piura perversa o.ffenderam ac anxius restitueram; ibid. nonnulla alia restitui Ioca. Restituo sembra distinto da corrigo in una lettera di Macario Muzio (Poliziano ep. 7, 1 p. 195), dove, come abbiamo detto (p. 272). sembra che corrigo indichi le correzioni congetturali e restituo la restituzione di lezioni manoscritte. Si notino le seguenti locuzioni con restituo: (s u o) lo c o : Poliziano mise. I 25 p. 557 in ... omnibHs (sc. codicibus) praeposterus et perversus lectionis ordo. qui mihi nunc lot:o restituendus quasique instaurandus (cf. p. 226); ep. 7, 32 p. 219 scribis in exemplaribus Digestorum iuris vestri civilis desyderari verbum quo Craece nominetur edulis uva... simulque petis ut scribam quo pacto denique res ea Craece dicatur ut restitui suo loco possit. i n p r i s t i n a m s i n c e r i t a t e m : Valla eleg. 2. 1 p. 47 hoc quoque emendare et in pristinam synceritatem restituere audeamus (cf. in
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Fae. p. 602 hune (sc. loeum) aiebat Mediolani a Candido viro perdoeto ad pristinam syneeritatem reduetum). i n ve r a m l e e t i o n e m : Poliziano ep. II, 25 p. 362 (vd. p. 272); cf. in veram leetionem redigo in Merula, pref. a Marziale cito a p. 289. i n i n t egru m : vd. p. 277. Sinonimo di restituo è r e p o n o: I) restituire la lezione di un codice: Poliziano mise. I 39 p. 584 postremus versieulus (Auson. 393, 77 p. 248 Peiper) libris quidem vulgatioribus mendose legitur 'modos' habens vel ' meos ' pro eo quod nos reposuimus 'nodos'. Sie autem invenio ~um in aliis nonnullis tum in libro Ioannis Boccaeii manu perseripto; 66 p. 633 seripturam ineolumem de Plautino codice citato a nobis iterum reposuero. 2) Restituire la vera lezione per congettura: Poliziano mise. I 73 tit. p. 640 voeabulum quod est ' expernata' Catullianis videri exemplaribus reponendum (propone expernata al posto di separata o superata
REVIDEO, REVISO
Corrisponde esattamente al nostro 'rivedere' nel senso di esaminare attentamente un'opera allo scopo di correggerla. Nel Salutati è frequentemente in unione con corrigo. La revisione può essere puramente materiale: revisione dell'ortografia in Salutati ep. IV p. 85 (vd. p. 189); revisione della copia coll'esemplare in Petrarca fam. 22, 2, 8 (vd. p. 246) e in Salutati ep. I p. 251 (vd. p. 269). Oppure può essere una vera e propria attività di critica del testo: Salutati de fato 2, 6 p. 343, 23.
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ALTRI VOCABOLI PER 'CORREGGERE'
Per dare wùdea della ricchezza del latino umanistico anche nell'ambito ristretto del linguaggio tecnico-filologico ricordo ancora qualcllilo dei molti vocaboli usati per ' correggere, rivedere'. e m a c u l o : Poliziano mise. I 24 p. 556 ut in transcursu etiam Apuleianos codiees emaeulemus. r e c u r r o : Guarino ep. 880, 4 mitto ecce quinterniones tres (della :sua traduz. di Strabone) qui s. d. nostro reddantur. Sunt et alii, qui mox sequentur J' sunt autem limandi paululum et denuo reeurrendi; cf. anche t r a n s e u r r o in Petrarca varo 4 cito a p. 185. r e p u r go: Valla, letto al Tortelli cito a p. 304; A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 182 operaepretium ... arbitratus sum illud (sc. volumen) ad te qualeeunque transmittere, quod bene in primis abs te perlustratum atque omni ex parte diligenter repurgatum ad suum quamprimum dominum serena fronte et cute eandidula revertatur. re s a r e i o : Traversari ep. 303 col. 392 Iosephum tuum accepimus resarciendum. plus habere visus est eadentium litterarum quam ut possit cito et facile absolvi. Un'eredità classica 1 sono termini come r e l eg o e p e r l e go: Traversari ep. 274 col. 361 Vitas Patrum, quas eonvertere institui, prosequi propositum est faciamque quamprimum. Tu velim. .. eis interim ilequanimiter eareas, quoad illas semel relegam; 505 col. 621 (cf. p. 251) exegimus . .. Dionysium. Et quoniam epistolae desunt quas primo transtulimus, oramus eas ad nos mittas manu nostra reliquo inserendas operi et .relegendas: si tratta, in questi due esempi, di revisione dell'opera propria da parte dell'autore; 507 col. 622 accepimus Bononiae Dionysium abs te transcriptum eum exemplari nostro (<< la copia del Dionigi eseguita da te insieme col nostro esemplare ») dimisimusque apud nostrum Thomam relegendum (si tratterà di rivedere la copia coll'esemplare del Traversari); Poliziano, soscr. all' Rist. Aug., Vita di Carino (Maier 343) relegi eursim Faesulis, iulio mense, anno 1482. Ang. Poli-
l. Legi o relegi sono assai frequenti nelle soscrizioni: legi et emendavi (Jalm nr. 3, 14. 18, 19); legi et distincxi (Jalm nr. 12); relegi (Jalm nr. 15,21); legi (Jalm nr. 17). Cf. anche Sidon. ep. 5, 15.1 librum ... hic ipse deportat Heptateuchi scrip.n,m velocitate summa, summo nitore, quamquam et a nobis relectum et retractatum. Per relego 'collaziono' in una lettera di Paolo (Diacono?) vd. Lindsay II IO.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
tianus; Traversari ep. 97 col. 128 mittas oro epistolas illas quas transcribi ex nostris Jèeisti a me perlegendas. Cupio enim ut eas quam emendatissimas habeas; Poliziano, soscr. all'Rist. Aug. (Maler 343) perlegeram in Faesulano iugo: anno MCCCCLXXXII, iulio mense, in Laurentii Medieis suburbano. Angelus Politianus. Pomponio Leto usa la perifrasi errori manum impono: pref. a Varr. ling. (Botfield 138) ubi librarii litteras mutaverunt correxi; in his que inscitia penitus corrupit non ausus sum manum imponere ne forte magis depravarem; soscr. al medesimo (vd. p. 260s.).
DEFENDO, TUEOR
Si trova già in età umanistica un uso di deJèndo simile a quello dei moderni apparati critici. Poliziano ep. 6, I p. 166 nec «qui Lybiam doceant l), sed «qui deceant») defendo (Stat. si/v. 4, 5, 48; deeeant è la lezione dei codici); 12, I p. 366 'melos' quoque deJèndi apua Persium (prol. 14, cf. mise. I 44, cito a p. 2805.) posse putat. Sinonimo t u e or: Poliziano ep. II, 6 p. 336 nam et ipse posterioribus seriptis non dubitem quaedam interdum e prioribus".. retractare; sicuti 'pitylisma' illud apud Juvenalem (II, 175), quoniam 'pitysma' quoque pulchre videor posse tueri: pitysmate è la lezione manoscritta; il Poliziano (mise. I 38) aveva proposto pitylismate, che ora ritratta.
ESPUNGERE
In età umanistica si trova spesso il verbo expungo (il cui significato originario è 'cancellare' mediante punti sopra o sotto le lettere da eliminare) usato in contesti filologici, quando si parla di eliminare una determinata lezione e sostituirla con un'altra: Beroaldo anno C. a3v illud ' Inaehe laute' expungendu11l est et in eius loeum substituendum ' Inaehi vacea' (Ov. fast. I, 454); c. b6v nos dietionem vulgariam et in hoc [in] loeo Pliniano nihil signifieantem expunximus et in eius loeum latinissill1am vetustissimamque substituimus; C. C5r expungas illud 'videre'... et in eius loeum substituas 'molere' (Auson. 123,2 p. 343 Peiper); Poliziano mise. I 2 p. 514quidam autem .. ", vetere expuncto vocabulo, neseio quas supponunt aut 'Cercopythas' aut 'Coprotinas' ex hara productas, norl sehola (CatulI. 98, 4); 5 p. 519 at
LA CRITICA DEL TESTO
enim epici homines dictionem sibi incognitam expungere proque illo quod est ' durateus' reponere nugamenta quaepiam, vel ' dura tuens' vel ' dira tenens' occeperunt (Lucr. I, 476); 9 p. 528 expungi veram seripturam, supponi falsam; Avanzi emendo C. a3r omnes tam antiqui quam recentiores codices habent ({ niceaeque ager ruber estuosae») (CatulI. 46, 5), quum tamen 'uber' non 'ruber' legendum sit, ut patet ex syllabae et loci congruitate. Expunge igitur r. Sinonima l'espressione o be lo c o nf od i o in Beroaldo anno c. b7V legendum est 'Hecales anus' et illud .' ales' obelo conjòdiendum (Apul. met. I, 23). Il Poliziano usa l'espressione o b e lo i u g u l o o i u g u l o soltanto: pref. alla traduz. di Epitteto, Opera, Bas. 1553, p. 393 hoc ego opus cum Latinum facere aggrederer . .. in duo omnino mendosissima exemplaria incidi pluribusque locis magna ex parte mutilata. Quapropter cum et caetera quaecunque usquam exemplaria extarent non dissimilia esse audirem, permisi mihi ut sicubi aliqua capita aut deessent aut dimidiata superforent, ea ego de Simplicii verbis, qui id opus interpretatus est, maxima, quantum in me esset, fide supplerem. Quod si non verba ad unguem (id nullo modo fieri poterat), at sensum certe ipsum purum sincerumque Latinum a nobis redditum arbitrar. Quod ne quempiam fortasse perturbet, quemadmodum Aristarchus Homeri versus quos ipse non probaret, ita nos singula ipsa capita quae nostris quidem verbis explicentur obelo, hoc est veru, iugulavimus 1; mise. II 50, 13 (dimostra che è da espungere Hes. op. 406 che non compare in una citazione che del passo fa Aristotele) plus . .. fortasse boni faciam Aristotele defenso quam mali iugulato uno versiculo: qui il pittoresco iugule, che, come mostra il confronto col passo precedente, equivale ad obelo iugulo, indica esattamente quel che i filologi moderni indicano con 'espungere'.
INTEGRARE
Per 'integrare' il termine usuale è s u PP l e o : Gasp. Barzizza, letto al Corner (vd. p. 263s.) quaedam etiam cum deficerent supplevi;
I. Cf. Hier. praef vu{g. Dan.: haec idcireo, ut dljJìcultatem vohis Danihelis ostenderem, qui apud Hebraeos nec Susannae hahet historiam nec hymnum trium puerorum nec Belis draconisque fabulas, quas nos, quia in toto orbe dispersae sunt, veru ante posito easque iugulante subiecimus, ne videremur apud inperitos magnam partem voluminis detruncasse.
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Anon., nota al Riccard. 506 (vd. p. III) hoc supplet Gasparinus (si tratta però, come abbiamo visto, non di vere e proprie integrazioni, ma di supplementi exempli gratia, che fan quasi le veci di un commento, riallacciando il filo del discorso interrotto dalle lacune); Guarino ep. 216, 19 (vd. p. 236; si tratta di colmare le lacune di un codice con 1'aiuto di un altro); 871, 21 ad Strabonem vero ut redeam, mirum est dictu quam cadat interdum ingenium simul et industria, CUtn: incohato plerunque sermonis capiti pedes ipsi succidantur et media mutescat oratio. Tamen ire pergo, sperans aliunde supplere quod intercipitur; Traversari ep. 281 col. 376 ipsum. .. librum (se. Eusebii Chroni-con) sperabam quotidie recipere ut quod deesset in nostris exemplaribus et 1 suppleri possit; Poliziano misc. I l p. 512 (vd. p. 257); ep. 6, I p. I6T (vd. p. 241); collaz. delle Pandette (Bandini, Ragion. XXVIII n. 1)XXI versuum litterae in exemplari erant exoletae sic ut legi excribiquenon quiverint; poi ha aggiunto coll'inchiostro rosso: inveni deinde has: geminas epistolas in codice Iustiniano atque inde quod deJùerat supplevi; pref. ad Epitteto (vd. p. 285). In Poliziano mise. I 80 p. 652 si trova s uffi ci o (vd. p. 291). Come si vede gli umanisti non fannonella terminologia distinzione alcuna fra integrare per congettura eper collazione.
CORROMPERE
c o n t a m i n o : Poliziano misc. I 89 p. 672 (vd. p. 210). c o r ru m p o : Petrarca fam. 23, 12, II3s. (vd. p. 198 n. 3); Salutati de fato 2, 6 p. 343, 12 non emendari .. ., sed eorrumpi; P. P..
Vergerio in Salutati ep. IV p. 368 nisi credimus Graecorum libros a suis scriptoribus multis iam seculis corrumpi non potuisse; Pomponio. Leto, pref. a Varr. ling. (vd. p. 284); Beroaldo anno C. qr quamvisimpressores pro 'thalassieo' (Plaut. mil. II79) , Thessalinis' impresserint, eorrupto verbo et sententia; Poliziano mise. I 9 p. 527 eorrumpit eos (se. versus) ... Domitius atque depravat; 87 tit. p. 671 quod erat in Ciceronis epistola (fam. 7, 16, I) vocabulum 'philotheoron' eorruptum dein improbe in nomen quod est ' Philocteten '.
1.
L'et sarà
cf. p. 58.
da espungere: per altri et da espungere in lettere del Traversari
LA ClUTICA DEL TESTO
d e p r a v o ; Valla emendo p. 612 vos ... regium codicem ... vd emendatis vel depravatis; Pomponio Leto, pref. a Vano Ung. (vd. p. 284); Poliziano misc. 19 p. 527 cito sopra; ep. 5, 9 p. 157 sed Maetiani nomen in Marcianum depravatur a librariis. i n t e r p o l o : Poliziano misc. I l p. 5I l libri omnes Aristotelei . .. interpolati plenique multis erroribus olim sunt editi; 9 p. 527 prioreinducta interpolataque scriptura (<< cancellata e corrotta la precedentelezione»} pro eo supposuit 'attegias undas' (cf. p. 109); 57 p. 612. hoc in illo vetustissimo PUniano exemplari. .. pene legitur emendate, videlicet una tantum commutata litera, qualia multa in vetustis omnibus voluminibus interpolata vocabula; postilla alla traduz. di Erodiano (cf. p. 99 n. I) hic locus in Craeco uno exemplari, cuius mihi copia interpretanti fuit, intercisus (' lacunoso ') interpolatusque est. Come si vededagli esempi, per il Poliziano interpolo vuoI dire semplicemente corrompere: la nozione di manipolazione intenzionale del testo che il termine ha assunto nell'uso moderno 1 si può forse ravvisare nel secondo dei passi citati, ma non ad esempio nel terzo, dove si parla di corruttele meccaniche. v i o l o : Poliziano misc. I 69 tit. p. 636 'Oarion' synceriteresse apud Catullum (66, 94) quod ' Aorion' isti legunt qui bonos violant libros 2.
CONIECTO, CONIECTURA, DIVINO, DIVINATIO
Emendatio, correctio, castigatio, come i verbi da cui derivano, son<> usati indifferentemente dagli umanisti per indicare correzione ope codicum e ope ingenii. Ma gli umanisti usano anche coniectura 3 (e il verbo coniceto 4) con significato vicino al moderno 'congettura'. sebbene non si tratti ancora per lo più di termine tecnico e sia sem-pre presente il valore di 'supposizione, ipotesi, deduzione logica' 5._
L vd. P. Maas, Critica del testo, trad. Martinelli, Firenze 1952, 19.
I termini corrumpo, depravo, violo compaiono anche nella terminologia_ filologica del Maniacutia (sec. XII; vd. Peri 80). 3. Termine usato già nel XII sec. dal Maniacutia (Peri 82). 4. Non ho esempi di conicio in senso critico-testuale. 5. Nel cinquecento coniectura sembra essere ormai termine tecnico a giudi-care da questi esempi del Robortello, Aeschyli Tragoediae, Venetiis 1552: C. (311" 2.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI 'UMANlSTI
Per gli umanisti la congettura corrisponde ad uno dei due canoni dell'emendare (vd. p. 293ss.), alla ratio (Poliziano mise. I 75 p. 643 si rationi libera eonieetura sit; cf. p. 273): è il frutto di un ragionamento, di una deduzione appoggiata da argumenta e vi si ricorre quando nessuna delle fonti manoscritte (l'auetoritas) offre una lezione soddisfacente: Poliziano mise. II 15, ISS. ' oeellatae' quae sint apud Suetonium in Augusto (83) nondum equidem ausim deeernere. Sed quoniam loeus esse eonieeturae solet ubi nil leetio suppeditat variaque a diversis a1feruntur, non ab re videor mihi faeturus si eeterorum eonieeturis ego quoque aliquid velut aJfixero. Neque autem in re dubia perplexaque reftllam quod alii dixerint, sed ipse afferam simpliciter, non dixerim quid sentiam, sed quid suspieer. Verba Suetonii sunt haee: « animi laxandi eausa piseabatur hamo, modo talis aut oeellatis nucibusque ludebat eum pueris minutis». An igitur, sieuti alibi ostendimus pro illo 'automatum' legi iam 'aut ornatum' (Suet. Claud. 34, cf. mise. l 97), sie hoe loeo pro 'aut oeellatis' legendum sub una voee sit 'autoeyllistis' ? Autoeylista enim diei Graeee possunt quae ipsa per se moventur, sieut etiam voeantur automata. Ma questa congettura non soddisfa poi pienamente il Poliziano, che nel seguito della discussione ne propone un'altra: ' autoeeltis'. " a verbo oeelIo (òxÉ:ÀÀw). Alla congettura dunque il Poliziano ricorre come extrema ratio (quoniam loeus esse eoniecturae solet ubi nil leetio suppeditat variaque a diversis afferuntur). La superiorità che la vetustatis auetoritas ha per lui sulla eonieetura appare evidente anche da altri due passi della seconda centuria: nel cap. 14 prende in esame una corruttela di Cic. off. I, 61, dove la vulgata leggeva Stratocles, ma due codici antichi offrivano le lezioni Stereocles e Stereodes (facile corruzione della prima), da cui il Poliziano congetturò che nel passo dovesse esserci il nome Cocles; poco dopo in un codice del XIV sec. trovò perspicue seriptum. .. Coclitis nomen. Il Poliziano propone più d'una correzione: noster Cocles o hine noster Cocles o (Leuetri)st et Cocles e conclude: verum eetera nimis quam posita in eonieetura sunt, nomen autem ipsum CoeIitis... reponendum
coniecturae nonnuIlae fuerant a me factae in emendandis quamplurimis locis quae culpa librariorum erant depravata in manuscripto tuo illo libro... Eundem ego librum cum legendum tradidissem Michaeli Sophiano . .. coniecturas fecit aliquot sane certas et aptas, quas meis inserere voilli in ordinem redactas suum; c. ~4r hae sunt fere coniecturae quibus antiquum librum manu scriptum emendare studuimus; c. ~4V in aliis tragoediis coniectura opus non fuit.
LA CRITICA DEL TESTO
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,atione aliqua videtur tollendumque illud Stratoc!is; in quo nobis iam J10n eonieetura nostra, sed ipsa prorsus astipulatur antiquitatis auctoritas (cioè i manoscritti citati: al posto di antiquitatis il Poliziano aveva :scritto in un primo tempo antiquae leetionis, poi cancellato). In mise. II I il Poliziano restituisce l'ordine di un passo di Cic. nato deor.
turbato da uno spostamento di fascicoli nell'archetipo e paragona questa restituzione a quella analoga operata in mise. I 25 per Cic. fam.: là tuttavia egli si era valso di un codice antico (M), qui invece, non vetustatis auetoritate, sed eonieetura nitimur dumtaxat; quae .tamen adeo in aperto est «( è tanto palmare») ut magis mirandum sit .tantum hoc flagitium latuisse hactenus quam aliquando esse deprehensum.
Anche sul piano pratico oltre che su quello teorico ritroviamo nella critica testuale del Poliziano questo ritegno a ricorrere alla congettura: di 29 interventi su autori antichi proposti nella prima centuria 14 sono recuperi di lezioni manoscritte non vulgate e 15 congetture; in altri 4 casi il Poliziano difende la lezione manoscritta contro tentativi di correzione; e molte di quelle che ho numerato fra le congetture sono anch'esse restituzioni della lezione di codici antichi con lievi ritocchi. Una delle congetture viene successivamente xitrattata in favore della lezione manoscritta (ep. II, 6 p. 336; vd.
P· 284). La diffidenza del Poliziano per la congettura è condivisa, almeno a parole, da altri umanisti del quattrocento: Guarino ep. 304, I45S. (cf. anche p. 295) Suetonium mitto, cui parum mederi potui, eum nulli ddsint Graeci eharaeteres in quibus Oedipus esse possem (per quest'espressione equivalente a divinare cf. p. 293); nam licet quid dieere velit ~onieetura possem eonsequi, tamen ut abstinerem potius visum est, ne in
seribendo magis quam transeribendo 1 temerarius et arrogans essem. Cf. anche Pomponio Leto, pref. a Varr.ling. cito a p. 284 e Merula, pref. a Marziale (Botfield 151) quod opus (se. epigrammata Martialis), quum nuper imprimendum foret peterentque nonnulli ut, eo perleeto, si quippiam vel temporum iniuria vitiosum vel litteratorum quorundam arrogantia depravatum o.ffendissem, id eorrigerem et quoad possem in veram lectionem redigerem, diu equidem repugnavi, quippe qui in me ipso pIura ad hoc munus pertinentia desiderarem verererque ne, dum rei litterariae prodesse ~uperem, tum maxime obessem. Nam immutato aut deraso verbo euius I. Il confronto con l'altra lettera cito a p. 295 U. 2 (nisi antiquius volumen nactlls sim) fa. pensare che si tratti di trascrivere da altri codici di cui non disponeva. 19
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
me lateret significatio, non solum sensus perverteretur, sed honesta forsitan dictio, pro qua veteribus qui significanter loquuti sunt gratia habenda esset, penitus intercideret atque in eam vituperationem incurrerem qua nonnullos nostri temporis doctissimos viros taxari gravissime video. Gli umanisti contrappongono alla coniectura la divinatio, che non ha mai però presso di loro il valore tecnico moderno: mentre la coniectura si muove nel campo della verosimiglianza e può sostenersi sul ragionamento, la divinatio è qualcosa di irrazionale, quasi un'ispirazione divina. La contrapposizione era del resto già antica: Cic. div. 2, 75 id ... sine divinatione, coniectura (haruspices) poterant dicere. Cf., in un contesto non filologico, Poggio ep. 4, 24 p. 365 doleo . .. hanc expeditionem Germanicam... tam ridiculum, tam turpem exitum habuisse... Sed... hoc consolor, me haec futura non praevidisse solum, sed praesenti quoque tibi denuntiasse, cum tu me deridens dicebas me non posse errare si quid mali eventurum praedicerem, cum huiusmodi vates ut plurimum solerent esse veridici. Ego vero non divinatione utebar, sed certissima quadam coniectura (Poggio ha probabilmente presente Cic. Att. 8, II, 3 7tpo&E(mt~CJ) igitur, noster Attice, non hariolans ut illa cui nemo credidit, sed coniectura prospiciens ecc.) 1. La contrapposizione coniectura-divinatio si ritrova, in un discorso filologico, in Poggio ep. 3, 17 p. 216 cito a p. 327 e divino compare, in contesti analoghi, in ep. 4,17 p. 339 cito a p. 174 n. I e nella letto al Barbaro cito a p. 173. Sono tutte frasi in cui l'umanista, stizzito per le molte e gravi corruttele di un codice, esclama: « si è costretti non a congetturare (oppure « a leggere»), ma a indovinare! ». Una simile distinzione fra coniecturo e divino si trova già nel Boccaccio, de montibus C. 74V (espone i motivi per cui ha rinunciato ad identificare i toponimi antichi coi corrispondenti moderni): esto per coniecturas aliqua plura deprehendi possint, ut puta, quem Perusinum hodie lacum dicimus, Transimenum ftisse coniecturamus ... ; in reliquis potius divinasse necesse erat. La stessa distinzione è evidente, nonostante siano usati termini diversi, anche in un altro passo a C. 74r: qui il Boccaccio afferma che mentre vi sono alcuni tipi di errore che possono facilmente essere sanati, ad es. quelli contro la grammatica, altri, come le corruttele dei nomi propri e in specie di quelli stranieri, difficilmente possono essere corretti, a meno di non 1. Cf. anche Poliziano ep. 6, 7 p. 183 clIm bene cOlliectaverim prorsusque divinaverim.
LA CRITICA DEL TESTO
possedere capacità divinatorie: quos quidem errores, etsi lwnnunquam, admonente grammatica circa constructiones, reducantur in rectum, propria aut hominum aut locorum, jluviorum seu huiusmodi nomina et potissime peregrina, nisi divinit~s ~i~ in. hominibus . i~sita,. emendari non poss~nt, cum dubium falsa verts mleCertnt. Per dzvmo In contesto filologICO cf. anche Merula, pref. a Marziale (Botfield 15 I) : legimus ... scriptores veteres in conquirendis bibliopolis atque librariis quorum fide ac diligentia quos emissuri essent libri exscriberentur non mediocriter laborasse; adeo soliciti erant ut integra et castigata quae scripsissent suis temporibus haberentur et eadem incorrupta atque fidelia ad posteros transirent. Quam diligentiam si posteriores aliqua ex parte servassent, non adeo acceptus per manus error inerevisset, ut vix praestantium scriptorum pleraque volumina ad hoc aevi ita mendosa venerint, ut in illis intelligendis nec frequens lectio nec pertinax studium confirre ve! minimum possito Quare cum in plurimis divinandum sit, intacta vel a doctissimis huiusmodi scripta quodammodo manent. Altri esempi di coniectura e coniecto: Petrarca, nota al Paris. lat. 5690 (Liv. 22, 49, 15) hic cesorum numerus ambigue traditus videtur, sed accipio XL peditum et Il.DCC equites legionarios fuisse, tantundem vero civium aliorum et sotiorum. Huic tamen coniecture obstat quod est infra prope finem libri huius, antepenult. col., in principio (Nolhac II 28 n. 2); Valla emendo p. 604 estne istud servare similitudinem, servare numerum literarum in coniectanda scripturae veritate, alias dictiones eximere, alias adiicere? Nel formulare questo principio il Facio aveva usato al posto di in coniectanda scripturae veritate l'espressione in emendando aliquo depravato (vd. p. 230 n. 2). Poliziano mise. I 80 p. 652 (dà un'edizione dell'inno di Callimaco Etc; Àoihpot 't"~c; llotÀMSoc; accompagnata da una traduzione latina) tantum. " nunc admonemus lectorem, paucula videri mihi adhuc mendosa in Graecis exemplaribus, quae non erat pudoris nostri corrigere, sed et septimum ipsum a fine versiculum reliquo uno duntaxat vocabulo exolevisse, quem nos tamen Latinum pro coniectura suffecimus (dunque non nel testo greco, ma nella traduzione latina il Poliziano ha dato un supplemento exempli gratia); 81 p. 663: restituisce in Properzio 4, 3, 21 la lezione Ocno di un codex vetustus (il Neapolitanus) e spiega il verso confrontando Plin. nato 35, 137. Poi soggiunge: at enim piger hic Ocnus, ut video, multorum invitamentis vagus repente Jactus et desultor, cottidie iam sedes mutato Quapropter, ut certo in siliquastro conquiescat aliquando, petenda fides est ab eo maxime codice quem citavimus, hoc est, ut vere dixerim, a stirpe de qua istius coniecturae pululavit occasio.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Sic enim qUlVlS intelliget neutiquam me mihi asserere aliena, sed mea duntaxat 'inque meis libris nil prius esse fide' (Prop. 4, I, 80): con una metafora (Ocno, già così pigro, allettato da molti inviti è diventato improvvisamente vagabondo e irrequieto e cambia sede ogni giorno) il Poliziano vuoI dire che molti si sono attribuiti la congettura Oeno: per mettere in chiaro una volta per tutte la questione, egli sottolinea il fatto che si tratta in realtà di una lezione manoscritta e si appella a quel codice che è, egli dice, la radice da cui germogliò l'occasione di codesta 'congettura' (istius eonieeturae è detto ironicamente). Id., soscr. a Cic. Att. (Perosa nr. 43) est vero hoc mihi solemne quasi institutum corrigendorum codicum, ut nihil a probatioribus exemplaribus mutem eertaque adscribam quae haud dubie eognoseam prava esse, ut scilieet perieulum jàciam an ex ipsis quoque male eohaerentibus litteris veram leetionem coniectari aut eminisci valeam; soscr. a Plin. nato (Maler 352) ne illa quidem quae liquebat esse corrupta de veteribus omisi, scilicet ut coniecturae loeus emendaturo superesset. Qui e nel precedente mise. I 81 eonieetura sembra ormai termine tecnico. Le due soscrizioni si commentano a vicenda: per la novità rappresentata da queste enunciazioni del Poliziano vd. p. 245 e 26ISS. F. Pucci in Poliziano ep. 6, 4 p. 173 (a proposito di mise. I 53 in cui il Poliziano restituisce miniatula cera tua 1 in Cic. Att. 15, 14, 4 sulla base di miniata ceruia di M) a miniatula quoque eera in epistolis Cieeronis non admodum diversa nostra leetio fuit, qui nullum quidem emendatiorem eodi,em naeti (est enim bonorum librorum in his locis mira penuria), sed tantum coniecturis permoti, « minio ae eera tua» ponendum putaveramus. In conclusione nell'uso umanistico di divinatio, divino e più ancora di eoniectura, conieeto, anche se per lo più non si tratta ancora di termini tecnici, c'è già un presagio di quella che sarà la loro futura fortuna nel linguaggio dei filologi. Probabilmente non è un caso che proprio il Poliziano sia, fra gli umanisti da me esaminati, quello che più spesso usa coniecto e eoniectura in contesti filologici: egli, come appare dalle numerose osservazioni che siam venuti facendo sul suo metodo, sente più fortemente dei suoi contemporanei l'esigenza I. Così ha anche l'edizione principe e il Pucci nella lettera cito Tuttavia dal discorso del Poliziano appare che la lezione che proponeva era milliata ccrula; infatti dice che basta prolungare la i fino a .farne una l per ottenere dalla lezione di M quella corretta (l'apparato dell'ediz. shackleton Bailey. Oxford 1961 ha: ,erula Politianus).
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di accertare la tradizione e di tener distinta da essa la congettura. Segnalo h a r i o l or, sentito come metafora, in Poliziano mise. II 31, 3 non adeo turbata in eo vestigia repperi litterarum quin versieulum quasi ariolari unum aut alterum sparsimque veees aliquas potuerim. Nel linguaggio filologico degli umanisti è frequente l'uso di perifrasi mitologiche equivalenti a divino: B. Guarini in Poliziano ep. I, 19 p. 27 Martianum Capellam et Senecae Quaestiones naturales opto, si modo emaeulati sint codices. Nam qui apud nes sunt opera Sibyllae indigent; in P. C. Decembrio compare Tyresiam consulere (vd. p. 172). La più comune è la metafora col nome di Edipo: Guarino ep. 304, 14ss. cito a p. 289; A. Manuzio pref. a Teocrito, Esiodo ecc. cito a p. 225 in quibusdam Oedipo conieetore opus esset; M. Musuro, preE all' Etym. magnum (Botfield 227, con qualche errore che ho corretto sull'originale) ~ ae a~6p.&w(rLç ..• epywa"1jC; umjp~e
xott XotÀeIDj a~eve"(Xef:v xot't" ~vae~otv uy~<7>ç erp' &1totGLV ~xov't'oc; (;)v yocp ~v ell1tOpLOC, 't'ocu't" eL xoct IXÀÀWç 1tocÀ(X~oc xoct ~~~61tLG't'oc, ~ÀÀ' OÒV OCGocrp'ij XOCt YPLrpWV ocv!XILea't'oc XOCt a~oc 't'oi:i't'6 't'LVOC; dxOCO''t'ou OlaL1tOa~ 7tOCpOC7tÀ1jGLOU ae6ILevoc, Assai spesso questa metafora ~v'nypcX.rpou.
si combina col ricordo del terenziano Davos sum, non Oedipus (Andr. 194), divenuto quasi proverbiale: Lamola in Guarino ep. 455, 134s. (vd. p. 180); Guarino rispondendo riprende la stessa metafora: ep. 456, 30 accepi. .. Macrobium et Oratorem Ciceronis ... Meos. .. emendare horum adiumento coepi. .. Magnam ex Craeco partem addidi, licet tam 1 mutum, non tua quidem causa, sed maiorum nostrorum incuria, sit, ut loquendo persaepe taceat et ex Davo plerunque me reddat Oedipum; Poliziano, soscr. a Seneca il Vecchio (Maier 347} haetenus in vetusto codice invenisse seribit Aleriensis neseio quis episcopus, in cuius ego codicem incidi, unde hic exscriptus, multis sane loeis mendosus, praesertimque ubi Craeei sunt characteres; neque enim ego Oedipus eram, set Angelus Politianus, Laurentii Medieis alumnus et cliens. RATIO E AUCTORITAS, CANONI DELL'EMENDATIO
Guarino ep. 366, 13 de transeribendo Plauto iam institutum est; et profecto, ni fallor, speciosum et minus depravatum habebis volumen; nam I. La scoperta di un nuovo ms. di questa lettera permette di restituire il genuino tam; il Sabbadini, partendo dal corrotto non offertogli dal suo ms., aveva congetturato vere: vd. L. Capra, ~)t. med. e urn. ~ 14, 1971, 235.
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multis in locis emendavi, nec sine r a t i o Il e et a u c t o r i t a t e Vtterum; Merula, pref. a Plauto (Botfìeld 145) atque ita leges ut si quicquam te offenderit ve1 eorum quae nos mutavimus ve1 eorum quae, infirmitatem ingenii nostri excedentia, ut inventa sunt ita manent, notabis et corriges, modo illud sic esse a u t o r i t a t e veterum et r a t i o n e antiquorum scriptis nixa constet; pref. a Marziale cito a p. 213: ut discere1lt quibus r a t i o n i bus quave scriptorum veterum a u c t o r i t a t e, damnata frequenti scriptura, nostram emendationem tueremuf; Poliziano mise. I 44 p. 593 quare nihil dubitandum quin sit illud ' me!os ' in Persiano versiculo (pro l. 14) tanquam verruca deformis recidendum restituendumque ' nectar " quod r a t i o nobis toto capite et vetusta pariter a u t o r i t a s adnuerunt (il Poliziano ha preferito natar per la ragione del metro e per la testimonianza di codici antichi; cf. p. 210); 50 p. 599 (Plin. nato 25, 47: a parotidas dei codici vulgati è da preferire Proetidas di un codice antico, l'attuale Riccard. 488) eam ... ve! indubitatissimam verissimamque esse scripturam (' lezione '), praeterquam quod r a t i o docet in primis efficax (quid enim sint parotides furentes? aut quid parotidibus aurium vitio cum veratro?) , tamen et Dioscorides bonus a u t o r apertissime declarat ita scribens ecc.; 77 p. 648 (dimostra che bisogna scrivere Vergilius, non Virgilius recando testimonianze di codici antichi e iscrizioni) quamvis autem monimenta ista tanta seculorum vetustate roborata mihi satis ad praesidium sint, attamen res ipsa quoque astipulatur et r a t i O. Nam sicuti a vere dictae Vergiliae stellae, sic a Vergiliis ipsis vel item a vere proprium hoc nomen crediderim inclinatum, potius hercle quam a virga, quod quidam nugantur, laurea; misc. II I, 4 hoc autem loco non vetustatis a u c t o r i t a t e , sed c o n i e c t u r a nitimur dumtaxat (la vetustatis auctoritas è qui la testimonianza di codici antichi; cf. p. 289); 5, 4 nulla veteris a u c t o r i t a t e codicis, nullo scriptoris idonei testimonio nisi; 14, 12 non c 0n i e c t u r a nostra, sed ipsa prorsus astipulatur antiquitatis a u c t o r i t a s (autorità di manoscritti, vd. p. 288s.); ep. 12, I p. 367 verum quoniam nec a rg u m e n t i s hoc ille nec a u t o r i t a t i bus obtinet. .. ad nova pariter et vetusta... exemplaria provocamus. La stessa distinzione con altre parole anche in Avanzi emendo C. a2r ego . . , quicquid ve! ex veterum codicum praesidio ve! ex assidua nostra versuum libratione observaverim, brevibus explicabo. Confrontando fra loro questi passi possiamo formulare due canoni dell'emendazione umanistica: ratio o argumenta o coniectura da un lato, dall'altro, spesso con differenze da autore ad autore e da
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passo a passo, auctoritas di codici o di scrittori antichi. Quindi da un lato i ragionamenti fondati su motivi d'incongruenza del testo o d'impossibilità metrica ecc., dall'altro l'autorità delle testimonianze <:ostituite dalla lezione di codici antichi o dalla tradizione indiretta o da passi paralleli di scrittori dell'antichità. Per il Poliziano un'emendazione fondata sulla sola coniectura appare inferiore ad una fondata anche sulla vetustatis auctoritas (mise. II I, 4 coniectura nitimur d u m t a x a t). Il Merula (pref. a Plauto) afferma che la ratio deve essere antiquorum scriptis nixa, non deve cioè essere sovrapposizione di schemi moderni. Nella contrapposizione ratio-auctoritas si ripete, con altri contenuti, l'antica terminologia grammaticale (Thes. l. L. II 1223, 69ss.), per la quale ratio è l'analogia, auctoritas l'uso degli scrittori. Notevole inoltre Cassiod. inst. div. 15,6 duorum vel trium priscorum emendatorumque codicum auctoritas, ove compare già l' auctoritas dei codici antichi.
RESTITUZIONE DEI PASSI GRECI IN TESTI LATINI
Una delle corruttele più diffuse contro cui dovettero lottare gli umanisti era la mancanza o la forte corruzione dei passi greci nei codici latini, dovuta all'ignoranza del greco da parte dei copisti medievali. Negli epistolari umanistici troviamo frequenti testimonianze degli sforzi compiuti in questo senso. Molto attivo fu ad es. Guarino: si veda Sabbadini, Scuola l07s. e l'interessante passo del Decembrio ivi citato 1. Nella prima metà del quattrocento la conoscenza del greco era ancora poco diffusa e spesso si ricorreva agli umanisti dotti nell'una e nell'altra lingua come Guarino, il Traversari, P. C. Decembrio, inviando loro codici antichi o nuovi colla preghiera di inserirvi il greco, magari accompagnato da traduzione. Così ad es. Ugo Mazzolato invia a Guarino il suo Svetonio, ma questi glielo rimanda dicendo che ha potuto far poco per la mancanza di passi greci che, pur corrotti, potessero servire di base alla congettura; infatti, pur potendo a volte congetturare il senso, ha preferito astenersi da interventi temerari 2. Altra volta invece il Mazzolato chiede l. Decembrio polito 80 C. I9Ir (è Guarino che parla) nam quotiens ipse in emenJandis Quintiliani, Macrobii. A. Gellii Pliniorumve meorum libris Graeea reposui? 2. Guarino ep. 304. 14ss. cito a p. 289. In questa lettera Guarino usa il verbo
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
a Guarino di inviargli i passi greci di Valerio Massimo; Guarino risponde proponendo che il Mazzolato gli mandi il suo codice: egli stesso ve li inserirà, più eleganti e corretti, di sua mano 1. Il Pizolpasso fece inserire da P. C. Decembrio il greco con la traduzionelatina nei suoi codici di Lattanzio e Plinio il Giovane 2; per Lattanzio sia il Niccoli che F. Barbaro si rivolsero al Traversari 3. In un codice di Cic. Att. che il Niccoli invia al Barbaro i passi greci erano· stati restituiti da Manuele Crisolora 4. Per un suo Quintiliano il Niccoli si era rivolto al Traversari e si era poi lamentato che 1'amiconon avesse aggiunto dappertutto il greco de novo: il Traversari risponde che lo ha fatto dove era necessario, ma dove il testo grecoofferto dal manoscritto andava bene si è limitato ad aggiungere gli
l1lederi, mentre in ep. 217, 38ss. scrive: de Suetonio pauca sunt quae Craece scripttT possim interpretari, nisi antiquius volumen nactus sim: adeo nostri depravati sunto Il Sab-· badini perciò in «Mus. di ant. class. >l 2, 1887, 449 parla di «interpretare i passi greci del testo >l, ma egli stesso si è poi tacitamente corretto in Metodo 57, ove scrive «emendare i passi greci >l. Infatti è certo, anche pet il confronto con in quibus Oe-· dipus esse possem, che interpretari non è qui 'tradurre', ma 'capire, dare Wl senso· emendando ': cf., per Wl valore analogo di interpretor, Lamola in Guarko ep. 455~ 134 cito a p. 180 (molto simile; anche qui si tratta di restituire passi greci corrotti» e P. C. Decembrio, letto cito a p. 171S. quae neutiquam ab ilio alias interpretari queullt,.
sed ut inerant scripturae fuere mandanda. I. Guarino ep. 34, 86ss. (al Mazzolato) posteaquam superiores exaraveram, veIlit in mentem ut ilIas dictiones Craecas ex Valerio ad te non mitterem. Volo, si ita censueris, gratiorem tibi rem peragere: si quem habes Valerium ubi inscribi ilIas concupiscas, ipsum ad me per fidum quempiam nuntium demitte, ut expolitiores et rectiores inse-· ram; 37, 12SS. cum primum . .. horsum accessi, pro Craecis ilIis auctoritatibus (' citazioni '} Valerio Maximo interserendis scripsi et ut ad me tantocius transmitterentur feci; 40, 32s. suscipe ea quae Craece Valerio Maximo intersita sunt. 2. Rispettivamente Ambros. A 212 inf. e I 75 sup.: Sabbadini, Storia 27IS.. 3. Traversati ep. 214 col. 280 (al Barbaro) gratum vero mihi simul et iucundunt fecisti quod Lactantium tuum ad me direxisti... Itaque eius emendationi totus incumbam ... Craecas etiam, ut admones, literas ilIi restituam (cf. p. 255); 309 col. 404 (al Niccoli) quod de non inserendis Craecis literis novo Lactantio praecipis dum venias,. observabo diligenter. 4. Traversati ep. 215 col. 282S. (al Barbaro) is (il Niccoli) mittet Cicerollisepistolas ad Atticum quibus noster Manuel restituit Craecas literas quasque te maximevelle adseruit (cf. anche ep. 216 col. 284). Si tratterebbe del Laur. 49, 18, di cui il Niccoli è stato fra i possessori: in questo codice i passi greci sono stati riprodotti meccanicamente dal copista nel testo e ripetuti più tardi a margine da Wl'altra. mano accompagnati da traduzione latina (vd. O. E. Schmidt,« Abh. der k. sachs. Ges. der Wiss. >l phil-hist. Cl. IO, Leipzig 1888, 349s.).
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accenti, lasciandolo così com'era per non sovraccaricare il codice con aggiunte superflue 1. Trascrivendo si lasciava talvolta in bianco lo spazio destinato ai passi greci per farveli poi inserire da altri: così fece il Niccoli per la sua trascrizione di Gellio (Firenze, Naz. Conv. soppr. I IV 26, già S. Marco 329), nella quale i passi greci sono di mano del Traversari 2. Il Lamola trascrivendo Macrobio , disegnò' a parte il greco, collazionando i due esemplari di cui disponeva perché non mancasse nessuna lettera: lasciava a Guarino il compito di emendarlo, ma questi gli scrive di non averne potuto cavar molto non per colpa dei suoi 'disegni', ma perché doveva esser già corrotto (vd. p. 180s.). Non di rado gli umanisti facendo trascrivere un codice raccomandano che il copista riproduca fedelmente, magari disegnandoli, anche i passi greci 3. Per restituire il greco corrotto o mancante gli umanisti procedono variamente a seconda delle circostanze o ricostruendolo congetturalmente dalle tracce rimaste nei codici o ricorrendo alla collazione di manoscritti meno corrotti o attingendo direttamente alle fonti greche. Qualche esempio: Traversari ep. 233 col. 307 Genealogias deorum Mariotto nostro ad te remittendas dedi. Graeeos illos versus ex Homero qui deerant in marginibus seripsi, invento tandem exemplari quo versus illi eontinerentur emendatius seripti: nam eos ex auetore deeerpendi otium minime suppeditassem: si tratta probabilmente delle Genealogiae del Boccaccio, che contengono numerose citazioni di
I. Traversari ep. 276 col. 366 quod Quitltilianum quereris minus belle et venuste a me tractatum literasque Graecas non locis omnibus insertas de novo, falleris, nisi fallor ipse. Nam his quidem locis quibus bene stare videbantur manere sum passus, adiectis accentibus. Placebat enim plus ita dimittere quam non necessariis additionibus librum occupare j nam facilius id mihi fuisset. Ceterum, ubi opus esse visum est, de novo addidi. 2. Ullman, Origin 66 e tav. 34; Marshall, pref. ad A. Gellii Noctes Atticae, Oxonii 1968, XV; Traversari ep. 271 col. 352 expectamus ... XIV illos Agellii /ibros ultimos quos diligentissime transcriptos a te emendatosque testaris. Inseremus libentissime literas Graecas arbitrio tuo, ut extrema veluti manus tam utili labori tuo adponatur. Cf. anche il Lattanzio del Niccoli ricordato sopra, p. 296 (evidentemente un codice scritto o fatto scrivere dal Niccoli, dato che è detto novus). 3· Guarino ep. 223, 54ss. (Giovanni Corvini) habet Macrobium, ut audio, litteris antiquis, fidelem, emendatum, ita ut et Graecas habeat fide optima insertas litteras. Hunc transeribendum esse cuperem... Curandum esset imprimis ut quicunque transeriberet Graecas etiam depingeret (litteras) ea qua iacent forma; Poggio ep. 8, 24 p. 237 cito a p. 184.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Omero in greco. In mise. I 34 il Poliziano restituisce congetturalmente i vocaboli opyocvov e O1<.LOC(l.OCX[OCL in Cic. fam. II, 14,1 che nei codici erano corrotti in optanon e sciamaehalae; in mise. I 93 e 95 restituisce rispettivamente una citazione di Omero in dig., de eone. dig. 2, II e un detto greco in Ulp. dig. I, 16, 6, 3, scomparsi dai codici vulgati, ma intatti nel celebre codice pisano delle Pandette. Anche Francesco Barbaro era ricorso a questo manoscritto chiedendo al Niccoli di fargli trascrivere i passi greci, ma il Niccoli non poté soddisfare la richiesta per la grande difficoltà di avere accesso a un codice così venerato 1. Guarino nella sua recensione di Gellio ricorre in alcuni casi direttamente alle fonti greche, giacché alcuni passi di Plutarco ed Erodoto presentano le lezioni tipiche della tradizione di questi autori anziché quelle peculiari dei codici gelliani e una citazione di Erodoto è continuata oltre il punto in cui si arresta nei codici gelliani (Sabbadini, Scuola II9) 2. In Suet. Dom. 14 l'epigramma greco in molti codici era scomparso del tutto senza indicazione di lacuna; in alcuni ne rimaneva invece qualche traccia e, riconoscendo o correggendo le singole lettere, il Poliziano, che lo conosceva già da altra fonte (Anth. Palo 9, 75), poté facilmente restituirlo 3. In mise. II 3 I (Aquae Vitruvianae) il Poliziano restituisce gli epigrammi greci in Vitr. 8, 3, 21-23, al posto dei quali c'era nei libri a stampa solo uno spazio bianco e nei codici antichi per lo più, anziché lettere greche, dei segni incomprensibili. Ma il Poliziano L F. Barbaro al Niccoli: cura ut habeam Graecum illud Pandectarum (Sabbadini, Storia 31); Traversari ep. 216 col. 284 (al Barbaro) quum .. . ante paucos dies cuperet (il Niccoli) Graecas literas Pandectarum tibi transcribere, rei difficultate victus desiit. Sunt enim illi libri velut ex sacrario Minervae proferendi nec sine magistratuum permissu inspicere iIlos est licitum. 2. Per la sua recensione però Guarino disponeva anche di un'altra fonte, a cui allude in ep. 631, 3ss. superioribus diebus unas ad te litteras dedi ut A. Gellium mitteres j nihil aut verbis aut re, quod equidem mal1em, respondisti j quam ad rem vel sponte tua properare debuisti, cum res communis ageretur. Nam, ut hinc ad te scripsi, delata est mihi fawltas et copia textus inscribendi Graecos qui librariorum ignoratione intercepti vel omissi fuerant. Opus igitur immortalitate dignum futurum est j si id perficio, tum futurum est mea opera exemplar qualia vel nul1a vel pauca visa sunt per hosce annoso 3. Mise. I 26 p. 560 in plerisque adhuc Suetonii codicibus etiamque nonnu/lis veteribus non modo Graecos hos versirulos non invenias, sed ne vestigium quidem ac ne lorum etiam quo se recipiant. Sed eos nos quoniam tenebamus iampridem utpote lepidissimos, facile mox de obsoletis mendosisque exemplaribus singulas pensitando paulatimque nunc agnoscendo nunc restituendo Iiteras pervestigavimus.
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aveva trovato un codice antico di Vitruvio in cui le tracce del greco non erano così turbate da non permettere di indovinare qualche parola e un verso qua e là. Successivamente la fortuna l'assistette: sfogliando uno dei codici che Lorenzo de' Medici aveva fatto venire dalla Grecia, il Laur. 56, I, trovò i tre epigrammi greci in corretta lezione nei Mirabilia de aquis del Paradoxographus Florentinus (ed. A. Giannini, Milano 1966, 24-26). L'umanista esprime la sua esultanza in parole che mi piace citare a conclusione di questo paragrafo: nec alio vel animo vel gestu fui, cum quidem laetitiam ipse meam vix caperem, quam si Midae gazam Croesique thesauros repperissem. Ita enim homo sum: nihil aeque me iuvat atque inventiunculae istae rerum in libris reconditarum diuque iam desperatarum 1.
I. Dai passi citati in questo paragrafo risulta che i verbi più usati per indicare la restituzione dei passi greci sono insero (s volte), inscribo (2). restituo (2), intersero (I).
PARTE QUINTA
L'EDIZIONE
INTRODUZIONE
Per noi il concetto del pubblicare si è ormai identificato col dare alle stampe. In tempi più antichi esso coincideva coll'idea della divulgazione di un'opera e fin dall'età classica il concetto di edere è sempre stato ben chiaro e distinto dal semplice scrivere: perché si possa parlare di pubblicazione è necessaria l'intenzione dell'autore (o dell'editore) di divulgare una determinata opera 1. Come avviene 1'edizione di un'opera in età umanistica ? Sia che venga scritta direttamente dall'autore sia che venga dettata (dettava ad es. il Traversari, vd. p. 195 n. 3), l'opera viene composta, rivista, rielaborata e limata su fogli o fascicoli sciolti, in genere di carta (la materia meno pregiata), chiamati talvolta nella terminologia umanistica schedae (vd. p. 305s.): una volta raggiunto il suo assetto defmitivo viene trascritta su fascicoli di pergamena che saranno poi legati in codice (il passaggio dalle schedae al codice in pergamena è talvolta indicato con in volumen redigo o in volumen edo, vd. p. 307). La trascrizione è per lo più eseguita da un copista, più raramente dall'autore stesso, il quale in ogni caso la rivede personalmente: è pronto così l'archetypum (vd. p. 3IIS.) od originale (vd. p. 318) destinato ad essere il capostipite della divulgazione dell'opera. Da esso vengono tratte a cura dell'autore stesso copie da inviare ad amici o protettori ed eventualmente esemplari di dedica (talvolta l'esemplare di dedica si identifica colI" archetipo', vd. p. 312), oppure sono gli amici e ammiratori che si fanno eseguire copie dell'opera. Talvolta l'autore rivede personalmente copie della sua opera per assicurare la genuinità e correttezza del testo 2. Dopo l'invenzione della L Vd. per es. Thes. l. L. V 2, 88, I5ss.; H. J. Marrou, «Vig. Christ. ») 3. 1949, 208ss.; Ams 8ISS. 2. Petrarcafam. 22, 2, 3SS. (vd. p. 246); Salutati ep. III p. 370S. (vd. p. 270); Valla, soscr. al Vat. lat. I80! (vd. p. 312); Poliziano ep. 4, 13 p. 128 (vd. p. 253). A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 invia al Poliziano una copia della traduzione latina di Erodiano tratta da un dubiae sane fidei exemplar colla preghiera di correggerla. Il Poliziano promette di farlo (ep. 6. 7 p. 183 exemplum certe quod misisti libens emendabo). La copia del Maffei si è conservata e presenta in effetti correzioni di mano del Poliziano (Ottob.lat. 1836: A. Campana, in Il Poliziano e il suo tempo, « Atti del
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
stampa la divulgazione avviene per lo più tramite il nuovo mezzo, ma in questo primo periodo una divulgazione a stampa non esclude una divulgazione manoscritta e i due tipi di diffusione possono anche coesistere per una stessa opera. Attraverso i numerosi epistolari possiamo spesso seguire le vicende dell' edizione e divulgazione delle opere umanistiche: per non fare che un esempio, sulle vicende della raccolta, allestimento e pubblicazione dell'epistolario del Traversari ci informano numerose lettere dell'epistolario stesso 1. Talvolta la diffusione di un'opera cominciava clandestinamente, senza la volontà dell'autore e solo in un secondo tempo questi interveniva curando 1'allestimento di un esemplare normativo che ponesse un freno alla corruzione determinatasi nella diffusione non autorizzata dell'opera: Petrarcaftm. 22, 3, 2ISS., a Barbato da Sulmona, destinata ad accompagnare un esemplare delle Epistole metriche a lui dedicate: avrebbe preferito farle scomparire, et fecissem, nisi . .. ferme omnia in publicum exivissent iamque ad ipsius, quam dixi, fame custodiam pertineat ea domi amplius non esse, ut que penes amicos spars~ quidem et, ut auguror, incorrecta sunt, normam qua possibile fuerit horum capiant ab exemplo; Valla, dedicatoria delle Elegantiae al Tortelli, Opera, Bas. 1540, p. 1 siquidem nullam aliarn inire rationem poteram qua libros iniussu meo, ut scis, aeditos et in plurima exemplaria transcripLos tibi dicarem nisi et repurgarern diligentius et, quod maius est, aliorum veluti reliqui corporis accessione perfectos me emittere testarer, ut nemo nisi ab hoc fonte et eius rivis nostrarum Elegantiarum aquas sibi hauriendas existimaret non solum uberiore gurgite, sed etiam nitidiore 2.
MINUTA
Compare nel medioevo (Wattenbach 295s.). Traversari ep. 157 col. 215 minutam illam, ut vocatis, literarurn ad Dueem Albertum scribendarum accepi. .. et legi. .. Eam ad te hic inclusam remitto orans ut mature conficiendam ct/res. IV Convegno Internazionale di studi sul Rinascimento., Firenze 1957, 333; J. Ruysschaert, ~ Bibliofilia» 60, 1958, 346s., nr. 92). Si confronti per la correzione di copie da parte dell'autore in età classica Mart. 7, I I e 17 (vd. Pasquali 401 n. I) e Plin. ep. 4, 26. I. Ep. 95-98; 104; 134; 166; 167; 247; 508; 779. 2. Sui modi dell'edizione in età umanistica vd. Kristeller I p. CLXVIIISS.
L'EDIZIONE
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SCHEDA (SCHEDULA)
Ha in età classica significato tecnico in riferimento alla fabbricazione del papiro (Plin. nato 13, 77) e, accanto a questo, il significato di 'scheda, foglio', soprattutto scritto. Ma la nozione di scheda è nettamente distinta da quella di charta, pagina, folium, in quanto scheda è sempre un foglio volante, non incluso nel rotolo o nel codice. Si spiega così il passaggio di significato per cui questo termine può indicare l'opera ancora in fase di redazione scritta su fogli sciolti e non ancora trascritta definitivamente in volume (Birt 229 e n. 2; Arns l 8ss.; Isid. orig. 6, 14, 8 scheda est quod adhuc emendatur et necdum in libris redactum est). Scheda e schedula continuano ad essere usate nel medioevo nel senso di 'foglio, foglietto' (esempi in Wattenbach 68, 232, 412, 630; schedula, cedula era chiamato il pezzetto di pergamena contenente aggiunte che si assicurava per mezzo del sigiIIo a un documento, Wattenbach 198) e indicano talvolta la brutta copia, la minuta (imbreviaturae o schedae eran dette le minute dei notai, Wattenbach 148). In età umanistica scheda conserva il significato di 'scheda, foglio': Petrarca varo 9 (invia a Pandolfo Malatesta un codice con le sue poesie in volgare) sunt apud me huius generis vulgarium adhuc multa et vetustissimis schedulis et sic senio exesis ut vix legi queant. E quibus, si quando unus aut alter dies otiosus affulserit, nunc unum nunc aliud elicere soleo. Le schedulae sono i fogli sciolti di carta, a volte addirittura in parte già scritti, di cui il Petrarca si serviva per la composizione delle sue poesie e su cui continuava poi a correggerle e limarle, sì che spesso divenivano di difficile lettura (alcuni abbozzi di qtJ:esto tipo sono conservati nel Vat. lat. 3196); a un certo punto quindi il poeta le trascriveva in pulito su altri fogli (anche fogli di questo secondo tipo si conservano nel medesimo codice): a questa opera di trascrizione allude la frase e quibus . . , nunc unum nunc aliud eliare soleo 1. Poggio ep. 2, 26 p. 153 (vd. p. 54S.); Traversari ep.
I. Le notizie sono desunte da Wilkins 335. Per eUcere cf. la nota a Canzo 23 nel Vat. 3196, c. !IV (Romanò 168) post multos annos, 1350 aprilis 3. mane. Quaniam triduo exacto institi ad supremam manum vulgarium. ne diutius inter tot curas distrahar. visum est et hanc in ordine transcribere. sed prius hic ex aliis papiris elicitam scribere. La situazione è del tutto analoga a quella della lettera: il Petrarca. avendo deciso di trascrivere in ordine nella raccolta delle nugae anche il nr. 23. l'ha prima
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
232 col. 306 tuam sententiam tuumque iudicium expecto ut confirmatiore animo edam quod hactenus in schedis iacet: sono i fogli di carta. sciolti su cui avviene la prima stesura di un'opera. Schedula dal senso materiale di 'foglietto' sembra esser passato ad indicare il contenuto di un biglietto in una lettera di Niccolò Leonardi (Guarino ep. 53, 23): remitte copiam scedulle illius, quam ad (te) Grece scripsi in margine Libanei (cioè poche righe scritte nel margine di un codice di Libanio). Particolarmente interessante il singolare collettivo scheda per indicare complessivamente la prima stesura di un'opera su fogli di carta sciolti, anteriore alla trascrizione deftnitiva nel codice. Diz. lat.-ted. p. 277: dopo la deftnizione cedula, zedel, est pars pergamenì de qua propter sui parvitatem non potest fieri liber aptus, si aggiunge: etiam cedula quandoque dicitur prima signatio alicuius scripti quae adhuc non est in librum redacta, quae alio nomine dicitur protocoUum; Guarino ep. 9II, 21 reliquum est ut addito limae labore et extrema, ut dicitur, manu libellus ipse (il De modo et ordine docendi et discendi del ftglio Battista) politus ad unguem e sceda serium in volumen edatur; Traversari ep. 230 col. 303 Climacum a me traductum tibi magister Antonius reddet, quem hactenus mittere distuli, quia illum melioribus literis transcriptum mittere avebam. Quoniam vero mihi summa eharitas horarum ne ùI per me et seriptorum inopia ne per alios fieret impedimento fuit, ne iJ ultro desiderares, primam ipsam sehedam in ehartis (<< la prima stesura su fogli di carta »; per il valore di eharta nel Traversari cf. p. 24) mittere institui (si ricordi che, come abbiamo già detto a p. 17, la prima. stesura di un'opera avveniva su carta, meno costosa e pregiata della pergamena; scheda ha evidentemente perduto il valore originario di , foglio '); 240 col. 315 Francisco nostro Barbaro misi manu mea traduetos a me sermones Chrysostomi in prima scheda, uti primo impetu effusi sunt: nam et aliter mitti nequiverunt, quia nee erant penes me alii; 834 col. 957 id opuseulum, si fuerit auetoritate tua eonfirmatum, legendum edetur; namque adhuc prima scheda intra scrinia delitescit. o
o.
o
"
copiato sul foglio della nota, traendolo post multos annos dalle carte su cui l'aveva. composto. Ex aliis papiris corrisponde a vetustissimae schedulae, confermandoci che le schedulae erano di carta. Sulla nota a Canzo 23 vd. anche Wilkins 340.
L'EDIZIONE
3°7
IN LIBRUM REDIGO ECC.
L'espressione in librum (volumen) redigo (edo) è usata per indicare
il passaggio dalle carte sciolte al codice 1: diz. lat.-ted. cito a p. 306; Guarino ep. 9II, 21 libellus ipse politus ad unguem e sceda serium in volumen edatur (redigatur cod. Bologna Univo 1733); Poliziano ep. IO, 7 p. 315 (cf. p. 310) descriptos eos (sc. libros) ex archetypis atque in volumen redactos. Con in codicem (librum, volumen) digero (redigo, reduco) e simili si indica anche l'opera di raccolta e ordinamento di opuscoli o lettere in forma di libro: Salutati ep. III p. 87 an Augustinus, Hieronymus vel Ambrosius . .. epistolas suas in volumen aliquod redegerunt ? IV p. 157 quod de scismate scripsi in unum volumen reduci iussi (secondo il Novati ad loc. questa raccolta di scritti intorno allo scisma è quella stessa che oggi si conserva nel Riccard. 1222 C); Poggio ep. p. 289 Wilm. redegi in parvum volumen nonnullas epistolas; p. 290s. Wilm. cum intelligerem nonnullos. .. epistolas meas, qualescunque sint, tum querere diligenter tum libenter ac studiose legere, rogatus a multis ut eas conquirerem ac in volumen conicerem ad communem rudium utilitatem, satisftci; Traversari ep. 95 col. 126 sumas itaque paucas ad amicum epistolas nostras... et relegas. Si quas dignas iudicaveris quae digerantur in codicem, eliges (<< degne di esser raccolte e ordinate in volume l> cioè in sostanza «pubblicate»); 509 col. 623 cupit Ariminensis noster seligi epistolas nostras quae sunt electiores et in volumen redigi; Poliziano ep. I, I p. I egisti mecum saepenumero, magnanime Petre Medices, ut colligerem meas epistolas et in volumen redactas publicarem. Simile l'espressione in libros redigo con cui il Traversari indica l'ordinamento in libri del suo epistolario in vista della pubblicazione: ep. 104 col. 133 propterea si tandem illas (sc. epistulas nostras) exire in publicum decreveris . .. , in ordinem eas redigere in libros animus est, ne sit confusiO' legentibus ex aggesta et indigesta multitudine, nullo praesertim servatO' ordine; 134 col. 188 volumen epistolarum nostrarum iuris tui penes me est,. quas ne seligere atque in libros, ut constitueram, redigere possem, ea ipsa quae allegavi ratio (la mancanza di copisti) in primis obstitit (le lettere sono già raccolte in volume, ma il Traversari si propone di farne una scelta e dividerle in libri). I. Un precedente antico in Isid. orig. 6, 14, 8 cito a p. 305.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
ARCHETYPUS
Il termine archetypus, che, come risulterà dagli esempi, si trova usato sia come aggettivo sia al neutro come sostantivo, presenta nel latino umanistico una molteplicità di signifIcati fra cui i confini non sono sempre netti. Il Kristeller (I p. cuax) ne ha isolato uno, forse il più diffuso, definendo l'archetipo in rapporto all'edizione come l'esemplare defrnitivo apprestato dall'autore e destinato ad essere il capostipite della divulgazione, sia che questa avvenga mediante copie manoscritte sia che avvenga tramite la stampa. Ma fra gli stessi esempi da lui recati, tratti per lo più da scritti del Ficino, alcuni ad un esame più attento rivelano un signifIcato diverso (vd. p. 317). Di archetypum in età umanistica va data una definizione più generica e comprensiva di quella del Kristeller: esso è 'l'originale' dell'autore, non solo nel suo stadio definitivo di opera destinata alla divulgazione, ma anche in tutte le fasi precedenti: sono indicati con archetypum oltre che l'esemplare definitivo di un'opera scritto su pergamena e destinato ad essere capostipite della divulgazione e , Normal-Exemplar " anche i primi abbozzi, le minute, la scheda (cioè, come abbiamo visto a p. 306, la redazione pressoché defrnitiva dell'opera, ma ancora su carte sciolte) e infrne anche scritti non destinati alla pubblicazione, come appunti o note di collazione. La nozione comune è quella di una stretta connessione coll'autore, tanto che talvolta archetypum ha addirittura il valore di 'autografo'. Inoltre la voce presenta ancora altri significati: la nozione di ' originale' può obliterarsi mentre diviene dominante quella di ' capostipite' della tradizione e archetypum può assumere un signifIcato tecnico-ftIologico assai vicino a quello odierno. Infine il termine assume qualche volta il valore di 'minuta' nonché quello di ' antigrafo', modello da cui una copia è stata trascritta. Nel senso di 'originale' l'agg. archetypus è già usato nel latino classico: Cic. Att. 16, 3, l idem Gùv't"cxYfLcx misi ad te retractatius et quidem &.Px.é-ru7tOV ipsum crebris locis inculcatum et refectum « the originaI copy with numerous interlinings and alterations» I; Mart. 7,
I. Così traduce D. R. Shackleton Bailey, Cicero's Letters to Atticus, VI, Cambridge 1967, 167.
L'EDIZIONE
I I cogis me calamo manuque nostra / emendare meos, Pudens, libellos. I O quam me nimium probas amasque, I qui vis archetypas habere nugas! L'amico ha chiesto a Marziale di rivedere e correggere personalmente la copia degli epigrammi da lui posseduta, affinché essa, con correzioni d'autore, assuma il valore di un originale. Raggruppo gli esempi umanistici di archetypum o dell'agg. archetypus col valore di 'originale' o addirittura di • autografo' a seconda che essi designino note di collazione, appunti, lettere, abbozzi o minute, la scheda e infine l'esemplare definitivo: si tenga però presente che è una distinzione puramente contenutistica e di comodo che non comporta distinzione di significato. I) Appunti, note di collazione, lettere. Crinito, Monac. lat. 754, c. 230V (nel fascicolo formato dalle cc. 230-232 il Crinito ha copiato da un autografo del Poliziano le osservazioni alle Annotationes del Beroaldo) excripsi ego Pe(trus) Crinitus hodie idibus novembribus 1496 ex archetypo Politiani praeceptoris (Ma'ier 206); Monac. lat. 756, c. 46r (nelle cc. 2Ir-46r una copia di Apicio) Pet(rus) Crinitus Florentinus MCCCCLXXXXV 1 martiis. Transcripsi autem hunc nostrum ab exemplari Ang(eli) Politia(ni) preceptoris, quem (sic) ipse diligentissime emendaverat cum codice alio Nicoli (sic) Perotti, tum et aliis; nos ferme omnia servavimus, ut ab archetypo haud ungue latius discesserim 2. Il Crinito ha trascritto Apicio dall'esemplare del Poliziano con note di collazione autografe dello stesso (cioè il codice cui apparteneva il frammento di Leningrado, vd. Maier 348s.). I discepoli del Poliziano ci tengono a sottolineare che le loro copie di appunti o di collazioni derivano direttamente dagli autografi del maestro: molto simile alla seconda soscrizione del Crinito quella del Pucci alla sua copia della collazione di Ovidio (vd. p. 71), che si conclude con la solenne attestazione: summam autem adhibui diligentiam ne quid quod in illius chirographo notatum esset omitterem. Nel Vat.
Manca l'indicazione del giorno. Ho riprodotto la trascrizione del Campana (Contributi 2(9), molto superiore a quella del Vollmer (<< Miinch. Sitz.-Ber.» philos.-philol. u. hist. KI. 1920,6 p. IO) e della Milham (<< It. med. e um.» IO, 1967,287). La differenza più notevole fra le due trascrizioni riguarda proprio la parola che ci interessa: ab ex(em)plaris typo quidem Vollmer; ab archetypo Campana (<< ex è cancellato, forse sostituito da ab, archetypo è sicuro, quidem sembra cancellato »). La lettura del Campana è confermata dal confronto coll'altra soscrizione del Crinito, mentre dell'espressione ab exemplaris typo non si hanno altri esempi. I.
2.
310
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
lat. 3250 delle lettere di Cicerone emendato per Agostino Maffei da Bartolomeo Saliceto di Bologna e Ludovico Regio d'Imola, nella lettera dedicatoria 1 si legge: non ... fuit propositum emendare prorsus epistolas seeretioribus perscriptas notis, quarum haud scimus an satis ex primis Ciceronis archetypis possent erui sensa (Nolhac, Bibliothèque 232 n. 1). Pontano, Actius p. 14IS. cito a p. 318. 2) Abbozzi o minute. Al Vat. lat. 2840, c. H, il Summonte appose questa nota: dialogi archetypum 2 cui titulus est Asinus, et quedam alia Pontani ipsius manu seripta: nel codice è conservato il primo abbozzo autografo dell' Asinus 3. Fulvio Orsini scrive a Gian Vincenzo Pinelli: «li venti fogli archetipi sono già in mia mano»: si tratta dei fogli che costituiscono il Vat. lat. 3196, il famoso codice autografo degli abbozzi delle Rime petrarchesche (Romanò p. IX); nell'inventario dei libri di Fulvio Orsini si legge: «Petrarca li sonetti, canzone et capitoli, scritto di mano sua, in papiro, con molte mutationi, iJ,1 foglio et ligato in velluto rosino» (Nolhac, Bibliothèque 392): «archetipi ») nella lettera equivale probabilmente a «scritti di mano sua» nell'inventario. 3) La redazione defmitiva o pressoché definitiva di un'opera, non ancora però trascritta in ordine nel codice pergamenaceo destinato alla divulgazione. Poliziano ep. IO, 7 p. 3 15 Baptista Leo Florentinus e clarissima Albertorum familia. .. libros elucubravit de ar,hitectura decem; quos propemodum emendatos perpolitosque editurus iamiam in lucem ae tuo dedieaturus nomini, fato est functus. Huius fiater Bernardus . .. descriptos eos ex arehetypis atque in volumen redactos tibi repraesentat, Laurenti Medices. L'Alberti morendo ha lasciato fra le sue carte l'opera cui aveva quasi dato l'ultima mano e che si accingeva a pubblicare. Il fratello l'ha fatta trascrivere dalle carte originali dell'autore (ex archetypis) in un codice pergamenaceo (per il valore di in volumen redigo vd. p. 307) destinato ad essere esemplare di dedica per Lorenzo de' Medici e certo anche, al tempo stesso, esemplare di pubblicazione e capostipite della successiva divulgazione dell'opera 4. L Autografa di Ludovico Regio: vd. 195 8, 334·
J.
Ruysschaert, «Bibliofilia» 60,
Segue un qui cancellato. 3. G. Martellotti, Il primo abbozzo dell'Asinus di G. Pontano, «Ann. Se. Norm. Sup. Pisa» S. II 36, 1967, 1-29 (la nota del Summonte a p. 2). La nota, secondo il Martellotti, va datata fra il 1503 e il 1507. 4. Secondo un'altra fonte Bernardo avrebbe' emendato' l'opera del fratello: 2.
3I!
L'EDIZIONE
4) L'esemplare dell'opera apprestato dall'autore per la divulgazione 1. Ficino ep. in Opera, Bas. 1576, p. 825, I (presso Kristeller I p. CLXIX) Naldus poeta noster postulavit a me tuo nomine Pauli raptum. Mitto opusculi huius archetypum. Tu vero, quoniam archetypum .est, cum primum transcripseris, tuto remitte; Poliziano mise. I, Coronide p. 695 (riferisce la voce secondo cui nei suoi Miscellanea egli avrebbe ~accheggiato la Cornucopia del Perotti) nam quoniam plurimum auto.ritate. .. apud Urbinatem ducem, cui dicatus is liber, Medices suus Laurentius et gratia valet, per eum videlicet operis istius et quidem archetypi ]acta est Politiano potestas. L" archetipo' della Cornucopia si è conservato ed è attualmente l'Urbe lat. 301, non autografo, ma con nume-
rose aggiunte di mano dell'autore 2. Su di esso fu condotta l'edizione principe (Venezia 1489, H * 12697, vd. Mercati cito 120 e 126). L" archetipo' infatti può venir mandato in tipografia ed è frequente nelle stampe quattrocentine l'accenno a una diretta derivazione dall'originale dell'autore: ediz. principe dei Miscellanea (Firenze 1489, H * 13221), colophon: impressit ex archetypo Antonius Miscominus; Zenobio Acciaiuoli, pref. agli epigrammi greci del Poliziano (A. P. Opera, Venetiis 1498, H*I3218, C. XXIV) Angeli Politiani Craeca epigrammata sicut in archetypo volumine scripta erant publicanda €uravi 3; ediz. Mayr dei dialoghi del Pontano: Neapoli, ex officina Sigismundi Mayr Alemani, mense octobri MD VII. Atque omnia quidem ex archetypis (Previtera XIX). Per soscrizioni simili in edizioni
CLXX.
La stessa affermazione
extant et opera Baptistae Leonis de Albertis Fiorentini . .. , qui libros X de architectura composuit, quos Bemardus eius frater . .. emendavit ac Laurentio Medici, ut erat voluntas auctoris mortui, praesentavit rum aliis opuscu/is (Opusculum de mirabi/ibus novae et veteris urbis Romae, editum a Francisco de AIbertinis clerico FIorentino, Romae MDX, lib. III c. 168r, cito in Piccolomini, doc. XXVII p. 60): emendo indicherà qui l'opera dell'editore, come in analoghe situazioni classiche (Cicerone editore di Lucrezio, Vario e Tucca editori di Virgilio). I. In questo senso usa il termine ad es. V. Rossi, Un archetipo abbandonato di epistole del Petrarca, in Scritti di critica letteraria, Firenze 1930, II 175-193: « che cosa io intenda per' archetipo' credo sia ormai chiaro: il volume, per lo più membranaceo, che il Petrarca faceva apprestare come modello o exemplum alla divulgazione della sua opera» (p. 1775.); vd. anche pref. a Petrarca fam. p. :xn. 2. G. Mercati, Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccolò Perotti, Roma 1925 (Studi e testi 44), 120 e 135. 3. Vd. Poliziano, Epigrammi greci a cura di A. Ardizzoni, Firenze 1951, v.
312
IL LESSICO fILOLOGICO DEGLI UMANISTI
di diretta discendenza dall'originale, ma senza che sia usato archetypus, nell'ediz. Venetiis 1502 dell'epistolario del Filelfo: Francisci Philelfi. .. Epistolarum familiarium libri XXXVII ex eius exemplari transumpti. L" archetipo' è insieme esemplare di dedica nel Vat. lat. ISor della traduzione latina di Tucidide del Valla. Questo splendido codice riccamente miniato è l'esemplare allestito per Niccolò V e reca la seguente soscrizione autografa del Valla: hunc Thucydidis codicem, qualis nullus, ut opinor, unquam apud ipsos Grecos vel scriptus vel ornatus est magnificentius, idem ego Laurentius iussu sanctissimi domini nostri domini Nicolai divina providentia pape quinti recognovi cum ipso Ioanne, qui eum tam egregie scripsit; ideoque hec meo chirographCJ subscripsi, ut esset hic codex mee translationis archetypus, unde cetera possent exemplaria emendari 1. In questa soscrizione passa in primo piano la connotazione di 'Normal-Exemplar', esemplare ufficiale che viene conservato pubblicamente in una biblioteca per servire di norma alle copie successive, secondo un uso già antico 2. Questa connotazione è del resto implicita nell'uso di archetypum per indicare l" originale', il quale ha, naturalmente carattere normativo; ed accadeva spesso che anche copie, manoscritte o a stampa, non esemplate direttamente sulI'originale venissero con esso rivedute: si veda la soscr. al cod. Firenze, Naz. II IX 14 exeripsit Petrus Cenninus Florentiae VIII id. ian. 1466 atque ad exempLar archetypum emendavit quoti lo Ho rivisto direttamente il codice, ma la soscrizione è stata più volte pubblicata: J. Vahlen, « Wien. Sitz.-Ber. » phiI.-hist. cl. 61, 1869. 360; B. Nogara, Codices Vaticani Latini III, Romae 1912. 275s.; G. B. Alberti, « St. it. di fiL class.» n. s. 29. 1957. 224 n. I. 2. Soscr. al cod. Bamberg. Patr. 61 (H] IV 15), c. 67v (sec. VIII) Cassiodori senatoris institutionum divinarum et humanarum rerulll libri due (sic) explicuerunt feliciter. Codex archetypus ad cuius exemplaria sunt reliqui co"igendi (Lowe, Scriptura Beneventana. Oxford 1929, I tav. VIII; si veda anche E. K. Rand, « Speculum)} 13, 1938, 433-447, soprattutto 435ss.: il codice di Bamberga risale attraverso intermediari aU" archetipo' custodito a Vivario). Il Dain si rifà a quest'uso classico e umanistico quando definisce l'archetipo « le plus ancien témoin de la tradition où le texte d'un auteur se trouve consigné dans la forme qui nous a été transmise » e soggiunge: « l'archétype est normalement une édition constituée en forme, déposée dans une bibliothèque, parfois signée» (I08s.). Egli indica invece l'archetipo lachmannÌano col termine « le-plus-proche-commun-ancetre-de-Ia-traditìon », Già il Pasquali (p. 477), recensendo il libro del Dain, criticava giustamente questa iImovazione della terminologia in uso.
313
ab ipso Alamanno interprete editum fuerat in lucem die 27 novembris 1463 (Kristeller I p. CLXX) e il frontespizio dell'ediz. della Cornucopia del Perotti, Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, MDXIII: In hoc volumine habentur haec: Cornucopiae sive linguae Latinae commentarii diligentissime recogniti atque ex archetypo emendati ecc. 1. Il Poliziano defmisce costantemente 'archetipe' o 'archetipe di Giustiniano' le Pandette fiorentine 2: che cosa intenda ce lo dice egli stesso in ep. IO, 4 p. 31os.: principio igitur scire te illud opinor, imperatorem Iustinianum posteaquam ius civile perpurgavit in ordinemque redegit, cavisse illud in primis, ut in omnibus civitatibus quae dignitate aliqua praecellerent exemplaria legum quam emendatissima pubIice asservarentur, quascunque ipse vel novas condidisset ve! etiam antiquas enucleasset. Sed nullum ex his clarius tamel1 aut celebratius quam quod adusque ttrbis eius captivitatem Pisis magna religione sit custoditum. Il Poliziano dunque riteneva che il codice prima pisano poi fiorentino delle Pandette fosse uno degli esemplari ufficiali diffusi dall'imperatore. L'idea che le Pandette fiorentine fossero 'archetipe' è comune anche ad altri: certo lo stesso che archetypum significherà p r o t o t Y P o n in I. ti Mercati, Per la cronologia ..• cit., p. 126 n. 1 scrive: « A. Zeno I, 270 ha inteso l'ex archetypo emendati del frontispizio dell'Aldina nel senso che Aldo l'abbia • coll'originale del Sipontino collazionata e corretta', ma a torto. Non risulta che l'originale abbia allora lasciato Urbino. L'archetipo è l'edizione principe ». Intendere archetypum come vorrebbe il Mercati mi sembra impossibile; è preferibile l'interpretazione dello Zeno. Si confronti il frontispizio dell'Aldina del 1499 (H *12706): Cornucopiae sive tinguae Latinae commentarii ubi quamplurima loca, quae in aliis ante impressis inco"ecta leguntur, emendata sunto Multa praeterea, quae in iis etiam (sc. commentariis) quos ex archetypo excriptos habuimus mendosa erant, emaculavimus. Dunque l'edizione del 1499 fu condotta su una copia manoscritta tratta direttamente dall'originale; può essere che nell'ediz. del 1513 i Manuzi affermassero sbrigativamente di averla emendata sull'originale, mentre si trattava soltanto della loro copia di esso. Tuttavia non mi sembra affatto impossibile che essi abbiano potuto in qualche modo confrontare direttamente l'originale. 2. Mise. 141 p. 588 volumen ipsum lustiniani Digestorum seu Pandectarum dubio procul archetypum; 77 p. 647 in Pandectis . .. iis quae nunc Florentiae publice asservantur, libro ipso Iustiniani principis archetypo; 78 p. 649 in Pandectis istis Florentinis, quas etiam archetypas opinamur; 93 p. 685 in Pandectis . •. illis archetypis; ibid. p. 686 si archetypo credimus; 95 p. 688 in archetypo; II 58, 2 ex archetypo ipso IlIstiniani codice; cp. 5,3 p. 140 in Pandcctis ipsis archetypis Iustiniani principis; 7, 32 p. 219 in archetypis Iustiniani; 7, 35 p. 227 -rpw1;t!-,-ouç in archetypis esse . .. nolo mihi, sed archetypis credant; II, 25 p. 362 ex ipso archetypo; soscr. alla collazione (Mai'er 3415.), I c. 317v in exemplari archetypo; III c. 267r collatis Pam{ectarum libris archetypis.
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
3 14
Landino vera nob. p. 92, 20 horum ergo virorum diligentia quinquaginta libri, qui totum ius civile complectuntur, effecti sunt, quorum quidem prototypon vestra res publica, o viri FIorentini, possidet. Archetypus tornerà ad usare per esse il Budé (vd. p. 104 n. 3). L'archetypum inteso come originale dell'autore è anche il 'primo esemplare', capostipite di tutta la successiva discendenza di manoscritti o stampe. Questa connotazione di ' capostipite' può divenire dominante e possono contemporaneamente perdersi le altre connotazioni di originale dell'autore o di 'Normal-Exemplar': in tal caso il termine assume un significato tecnico-filologico assai vicino 3 quello moderno. Dapprima quest'uso di archetypum è sentito come una metafora: MeruIa, pref. all'ediz. di Plauto (Venetiis 1472, H 13074), a proposito delle dodici commedie nuove e delle difficoltà che presenta la loro edizione: his omnibus accedit unum tantum fuisse librum a quo, velut archetypo, omnia deducta sunt quae habentur exempIa. Qui si in manus nostras aliqua via venire potuisset, Bacchides, Mustelaria, Menaechmi, Mi/es atque Mercator emendatiores sane haberentur; nanque in his recognoscendis libros contulimus de corruptis exemplaribus Jactos 1. At septem ultimae, ut in eas incidimus quae simplices et intactae a censoribus fuerant, quanquam mendosae forent, multo veriores erunt (Botfield 143). Il Merula probabilmente ha presente il significato di archetypum come originale curato dall'autore, ma poiché questo originale è il capotispite di tutti gli altri manoscritti, ecco che il codice plautino da cui tutti gli altri discendono è c o m e un archetipo. Il manoscritto cui il Merula allude, il celebre Orsiniano, era effettivamente per gli umanisti il capostipite di tutti i manoscritti allora esistenti delle dodici commedie nuove. Si noti che per il Merula l'univocità della tradizione accresce le difficoltà dell'editore (his omnibus accedit unum tantum fuisse librum ecc.) 2. Non essendo riuscito 3 metter le mani sull" archetipo', il Merula lo ha ricostruito dalle copie: per le cinque commedie espressamente nominate ha collazionato copie delle copie e per di più corrotte; come appare dal seguito, 'corrotte' qui vuoI dire probabilmente guastate da correCf. GelI. 6, 20, 6 in libros . .. de corruptis exemplaribus factos indderunt. L'opinione che è preferibile disporre di molti codici è presente anche nel passo del Robortello cito a p. 229 n. I. Contro questo preconcetto S. Mariotti, in Studi in onore di L. Traverso II (= « Studi Urbinati» n. s. B 45. 1971, 837840). I.
2.
315
:zioni umanistiche. Per le sette restanti disponeva di una tradizione <:he a suo giudizio, pur essendo mendosa, rispecchiava più fedelmente 1'archetipo, perché non ci avevano messo le mani i correttori (censo,l'es): perciò l'edizione di queste ultime sarà più genuina (verior). Anche per un umanista è preferibile un codice mendosus, ma intactus a censoribus 1. n Merula attenuava l'espressione con un velut; il Poliziano, al<:uni anni dopo, nel commento a Stato si/v. del Magliab. VII 973, <:. 10V usa senz'altro archetypum per indicare il capostipite: in Poggiano libello a quo uno archetypo cetera exemplaria emanarunt (Marastoni LXXIII) 2. Il Poliziano non pensava certo che questo esemplare poggiano Gallica scriptum manu risalisse all'autore o fosse comunque un esemplare normativo, ufficiale (era mendosum e dimidiatum, cf. p. 156). È quindi attestato senza possibilità di dubbio l'uso di archetypum per indicare il capostipite di tutti i manoscritti esistenti, senza <:he questo sia necessariamente un esemplare normativo o risalente .all'autore. Questo valore generico di 'capostipite' ha certo archeAnche nel passo della pref. a Marziale cito a p. 2895. il Merula esprime una diffidenza per correzioni dotte che possono pervertire il senso e far sparire espressioni antiche e genuine. 2. Altri casi in cui il Poliziano fa risalire tutti i manoscritti esistenti ad Wl unico .capostipite (cf. anche Timpanaro 5 n. 2): soscr. ad Apicio (Maier 349) eontlllit .hune Politianus librum cum vetusto ipso exemplari unde emanasse eaetera putantur, cioè il cod. Phillipps 275 (E): i codici umanistici derivano in realtà dall'Urb. lat. II46 {Campana, Contributi 2II); mise. I 5 p. 519S. e 89 p. 673 (vd. p. 153); 25 p. 557 .de hoc itaque uno (cioè il Laur. 49, 7 di Cic.fam. che egli giudica descriptum dal Laur. 49, 9 multis argumentis quae nunc omiserim), quantum eoniiciam, cuncti piane quotquot .extent adhuc epistolarum earundem codices ceu de fonte capiteque manarunt (
~naIoga
316
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
typum anche nel passo di Erasmo, Adagiorum Chiliades, Bas. 1538, p. 209 (Chilias I, cento VI, adag. 36) citato dal Timpanaro, p. 8: (Erasmo vuoI correggere Mpcx.;; in .&1jpcx.;; nell'espressione proverbiale 't"tç &V Mpcxç Q:(l.OCp't"OL ; citata nella Metafisica di Aristotele) de codicum inter se consensu nequaquam mirandum videbitur iis qui sunt vel mediocriter in pensitandis confirendisque codicibus exercitati. Fit enim sa'!penumero ut unius archetypi mendum, modo veri fucum aliquem prae se firat, in universam deinde veluti posteritatem librorul1l propagetur xcxt 1tcx"i:acxç 1tcxtoCùv xcxt 't"ot (l.e't"oma.&e réVCùV't"CXL 1. Il Timpanaro commenta: « Qui la parola archetypum non ha ancora, come più tardi nel Madvig ... , il significato di capostipite m e d i e val e della tradizione manoscritta. Indica piuttosto, come già in Cicerone (ad Att. 16, 3, I) C spesso in età umanistica, il primo 'esemplare ufficiale', da cui sono poi derivate tutte le altre copie. Si spiega così quella riserva modo veri JUcum aliquem prae se firat, illegittima se si pensa ad un archetipo medievale (nel quale potevano trovarsi anche errori del tutto meccanici e grossolani), ma giustificata nel caso di un 'archetipo' antico, scritto sotto la sorveglianza dell'autore e riveduto e corretto da lui, o da persone di sua fiducia: in un simile manoscritto solo errori insidiosi, con parvenza di verità, potevano rimanere inavvertiti ». In realtà è evidente che con l'inciso modo veri fucum ecc. Erasmo vuoI giustificare non la presenza di errori nell'archetipo, ma il consenso dei codici, il fatto che 1'errore si sia propagato in t u t t e le copie successive senza eccezione (in universam... posteritatem librorum): ciò poteva secondo lui avvenire solo nel caso di corruttele insidiose con apparenza di verità. In nota il Timpanaro osserva anche: « Così pure, trattandosi di un archetipo antico, non costituiva difficoltà per Erasmo il fatto - da lui notato esplicitamente - che già Alessandro di Afrodisia aveva letto .&upcxç e non .&~pCXç». Certo nel caso particolare di questo proverbio Erasmo può aver pensato ad un archetipo antico, senza che questo implicasse trattarsi dell'originale dell'autore o comunque di un 'Normal-Exemplar'. Si noti
I. P("r la discendenza dei manoscritti assimilata alla discendenza umana cf. P. Swnmonte, letto premessa a Pontano, Actius ed. Mayr (Previtera 124): (il Sannazaro) advexit nuper ex Heduorum usque finibus atque e Turonibus... Martialis, Ausonii et Solini codices llovae atque Ìtlcognitae emerldationis tamque (cosI l'ed.; il Previtera legge erroneamente tamquam) a Ilostris diversos, ut hos certo ac legitimo partl4 natos, reliquos vero liceat sp'4rios existimare; Filelfo ep. c. 14r cito a p. 214.
317
però che 1'osservazione di Erasmo è di carattere generale (fit enim saepenumero).
Un altro significato umanistico del termine archetypum, quello
di 'antigrafo, modello', mi sembra non vada connesso con nessuno dei significati sopra illustrati, ma continui piuttosto direttamente l'uso antico di archetypum per' modello' (Thes. i. L. II 460, 35ss.): A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 179s. itaque invento apud nescio quem dubiae sane fidei exemplari quodam (di Erodiano nella traduzione latina del Poliziano), quamprimum iussi volumen ipsum ut erat exscribi atque exarari; più oltre (p. 181) di questa copia è detto ex depravato illo archetypo sumptum et emendatum (cf. p. 303 n. 2). Al significato di 'modello' si riallaccia anche 1'uso di archetypum per indicare 1'originale rispetto alle traduzioni greca e latina in Valla Consto don. 74 p. 64 quodsi Hieronymus, vir doctissimus ac fidelissimus interpres, Apollinarisque et Origenes atque Eusebius et nonnulli alii narrationem Beli fictam esse affirmant, si eam Iudaei in Veteris Testamenti archetypo non agnoscunt ecc. (cf. Dan. 14, 22-27 e Hier. praef vulg. Dan.).
Ho accennato che in alcuni passi tratti da epistole del Ficino con cui il Kristeller esemplifica l'uso di archetypum per indicare l'esemplare defmitivo curato dall'autore per la pubblicazione il termine ha in realtà un significato diverso. Li riproduco qui: Opera, Bas. 1576, p. 771, l (presso Kristeller I p. CLXIX) plurima tibi scribo quotidie, transcribo pauca. Videor enim mihi, cum archetypum scripsi, amori quodammodo satisJècisse; officio autem, etiam si transcriberem, minime satisfacerem; ibid. p. 926, 2 (presso Kristeller, 1. c.) (Christophorus Marsupinus) mox negligentiae criminari me coepit quasi nullas post discessum hinc tuum ad te litteras dederim. Sed ego statim huic (così l'ed.; non hinc come in Kristeller) archetypum epistolarum mearum aperiens quatuor saltem legi epistolas ad te hoc tempore missas: nel primo caso archetypum è la minuta, nel secondo un quaderno ove il Ficino rac-
coglieva le minute (o copie?) delle sue lettere. A questi passi sarà da accostare anche Op. p. 674, l (presso Kristeller, l. c.) volui saepe, Soderine dulcissime, ad illos qui epistolas meas a me petissent nostrum ipsum archetypum mittere, dove archetypum è probabilmente nient'altro
che il quaderno di cui sopra
1.
I. Per l'uso umanistico di conservare presso di sé un esemplare delle lettere spedite vd. Appendice II, p. 339s.
318
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
DRIGINALIS
I) Il significato più frequente è 'originale dell'autore' (scritto o dettato o comunque curato da lui); in questo senso è sinonimo di archetypus: soscr. all'Urb. lat. 327, c. 235r hec verba (cioè le parole della soscrizione) ex originali Poggii sumpta (Sabbadini~ Storia 285); Antonio di Mario, soscr. al Laur. 65, 5 di Bruni hist. FIor., c. 3 I 3v Antonius Marii filius. .. transcripsit Florentiae ex originali (Ullman, Origin 102); soscr. al cod. Oxon., Balliol 78 B di Climaco, Scala spiritualis tradotto dal Traversari, c. 190V Antonius Marii filius. .. transcripsi Florentiae ab originalibus exemplaribus (Ullman cito 103); Gherardo del Ciriagio, soscr. al Paris. lat. 6568 di Plat. Phaedo nella traduz. del Bruni, c. 200r omnia vero opera que supr(1 scripta sunt in presenti volumine ego Gherardus Iohannis del Ciriagio . .. quam accuratius potui ex originalibus dicti domini Leonardi sumpsi et exemplavi (Ullman cito II5). Il termine compare ancora in analoghe soscrizioni di Antonio di Mario al cod. Firenze, Naz. Conv. soppr. A. 2. 2638 (Ullman cito 103) e a un codice ora perduto di Matteo· Palmieri de tempo (Ullman cito 104) e di Gherardo del Ciriagio al cod. Laur. Acquisti e doni 446 di Plutarco, Basilio e Senofonte tradotti dal Bruni (Ullman cito II3). Nel Paris. gr. 425, C. 93V ad una lettera del Salutati si trova apposta la nota ex originali manu Coluti; scripto (Salutati ep. IV p. 269). Salutati ep. II p. 104S. (vd. p. 192) ~ III p. 89 cogitavi. .. relinquere posteris. .. ut de publicis atque privatis epistolis meis quarum originalia remanebunt tandem illas colligant quas inter alias viderint eminere; Pontano, Actius p. 141S.: discute il significato di instar (p. 142 itaque tum exemplar tum exemplum videtur instar significare) e cita, fra gli altri esempi, Cic. Att. 16, 5, 5 mearum litterarum nulla est synagoge, sed habet Tiro instar septuaginta, et quidem sunt a te quaedam sumendae. Eas ego oportet perspiciam, corrigam; tum denique edentur, così interpretandolo: an aliud significat quam quod,. cum ipse e.ffiagitatarum ab illo epistolarum nullum haberet penes se exemplum, originales quidem epistolae (sic enim hodie non pauci loquuntur) quasque ipse dictasset a Tirone asservarentur quodque de exemplaribus illis utpote archetypis exemplum esset sumendum ? Nel passo di Cicerone, da lui frainteso, il Pontano ha dato ad instar il valore di exemplar riferendolo alle minute dettategli da Cicerone che Tirone aveva presso di sé. Queste minute il Pontano le indica con originales epi-
L'EDIZIONE
stolae ed exemplaria 1; ad esse si contrappone 1'exemplum, la 'copia'. 2) Antigrafo, modello: Aurispa ep. 76 p. 96 studebo ... omni cura ut transcribat (se. Donatum in Terentium); quod cum factum fuerit habebis originale; 104 p. 126 eum codicem (se. Donati in Terentium) hic habeo et dedi operam ut transcriberetur; quod cum erit factum . .. originalem ad te mittam 2 non dono, sed ut tu et alii copiam habeant: 1'Aurispa intende dire che manderà 1'originale, non la copia che ne ha fatto fare. Il Sabbadini nota alla prima lettera: « dalla parola originale sembrerebbe che l'A. si fosse portato da Magonza proprio il codice antico e non un apografo ». Il termine dunque significherebbe qui qualcosa di diverso da 'modello'. Ma ciò è escluso dalla somiglianza dell'espressione nelle due lettere: nella seconda si tratta di un altro codice di Donato, quello scoperto a Chartres, di cui 1'Aurispa dice espressamente di aver importato un apografo (ep. 105 p. 127 superiore hebdomada. .. ad te scripsi ac certiorem ftci me iam commentum Donati in Terentium habuisse quod Camoti ut rescriberetur curavi. Fado i t e In transcribi ecc.). Del resto· il Sabbadini stesso (Storia 165 e 180) aveva precedentemente affermato che 1'Aurispa portò in Italia non il codice antico di Magonza.. ma una copia di esso.
EDO, PUBLICO
In età umanistica i termini per 'pubblicare' sono edo e publico· (meno usato), entrambi già classici (per il primo Thes. 1. L. V 2, 88, 15ss.; per il secondo Forcellini s. v.). Per edo vd. ad es. Poggioep. 3, 31 p. 272; 3, 35 p. 281; 4, 6 p. 309; 4, 14 p. 329; 5, 17 p. 56; 6, 7 p. 96; 6, 14 p. II3; 6, 15 p. II5; 7, 3 p. 149; 8, 18. p. 223, lettere che ci danno un quadro dal vivo di alcuni aspetti della pubblicazione di un'opera umanistica: l'autore stesso provvede a far eseguire copie che invia ad amici e protettori, ora su loro esplicita richiesta, ora pregandoli di trasmettere a loro volta 1'opera ad altri. In ep. 3, 31 p. 272 e 3, 35 p. 281 invia al Niccoli il suo dialogo sull'avarizia non ancora pubblicato per averne un giudizio, raccomandandogli di non divulgarlo e non darlo a nessun altro tranne che 1.
2.
Per quest'uso di exemplar per indicare la minuta delle lettere cf. p. 340~ Si noti l'oscillazione fra l'aggettivo e il sostantivo.
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
a Niccolò de' Medici: dWlque la pubblicazione può anche essere preceduta da Wla diffusione privata dell'opera fra amici intimi dell'autore. L'ep. 9II, 19ss. di Guarino cito a p. 306 ci dà Wla chiara idea dei modi dell'edizione: Wla volta data l'ultima mano all'opera, si trae dalla scheda l'esemplare definitivo e da questo si trascrivono molte copie. Altre volte edo indica l'edizione di classici: Guarino ep. 214, 37 (esorta Gasparino Barzizza a divulgare Cic. de or. integro recentemente scoperto) imitare Pisistratum et. .. Lycurgum ... Homeri repertores et digestores. Hi dedita opera illius libros antea latitantes et dispersos, deinde inventos et collectos, studiosis ediderunt; 375, 30 est ... hodie mihi in lucem editum opus elegans, summa facundia copia dulcedine ornatissimum . .. , Cornelius Celsus, al che il Sabbadini annota (III p. 205): «dobbiamo intendere che Guarino pubblicò la Medicina di Cornelio Celso di sulla copia fornitagli dal Panormita ». Traversari ep. 223 col. 292 Leonardus Arretinus Commentaria scribere de primo bello Punico ex Polybio coepit. .. Dum absolverit ea atque ediderit, erit curae meae ut ad te perferantur; 232 col. 306 (vd. p. 306); ibid. (parlando di sue traduzioni) eos (se. Chrysostomi sermones) ... mittere ad te contendam . .. , neque ipsos tantummodo, verum et Laertium, si gratum tibi esse cognovero, dum editus fuerit; 253 col. 330 (vd. p. 251); 834 col. 957 (vd. p. 306). Poliziano mise. 19 p. 525 caeterum Georgius Merula . .. commentariorum illius (se. Domitii Calderini) in Martialem permultis editis notis (cioè lo scritto Adversus Domitii Caiderini commentarios, Venetiis 1478, H II 090) licentiam primus hominis... compescuit; ep. 5, 7 p. 147 composui propemodum libellum Graecorum epigrammaton, quem saepe ut edam familiares mei me rogant; ibid. cogitabam libellum qualemcunque hunc nostrum publicare; IO, 7 p. 315 (vd. p. 310); Baccio Ugolini in Poliziano ep. 7, 5 p. 200 ego vero ... plurimum ... tibi debere me fateor, quod per te nobis. .. copia facta sit divini admodum operis editi nuper a Pico Mirandula. . . Illius tu librum de septiformi sex dierum Geneseos enarratione . .. cum diligentissime imprimendum tum ad loca diversa ac distantia transmittendum... curasti; Poliziano ep. I, I p. I (vd. p. 307); 5, 3 p. 143 arrogantes temerariosque iudicas qui sua scripta publicent ac propagari formis (<< divulgare per mezzo della stampa ») patiantur; 7, 14 p. 208 epigrammata tibi non mitto quod ea simul cum Graecis publicare statim cogito; II, 6 p. 337 (al Merula) libros autem recens inventos (allusione ai codici di Bobbio) si publicaveris, optimi viri
L'EDiZiONE
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elficio fueris functus; II, II p. 351 (a Ludovico il Moro) 1lUnc autem .(juando ille (il Merula) historiam familiae vestrae. .. librosque item quosJam vetustissimos, auspicio tuo repertos (i codici di Bobbio), quoniam mors praevertit, publicare non potuit, rogamus te. .. ut ista latere diutius non patiaris . . , Profiteor ... , si velis, me vel historiae ve! antiquis publi.candis codicibus praefationes additurum; II, 25 p. 362 (Vd. p. 272); Parrasio, letto cito a p. 79. Come appare da questi esempi nella seconda metà del quattro<:ento edo e publico indicano spesso pubblicazione mediante stampa. .Ed è proprio questo avvicinarsi della nozione del pubblicare a quella del dare alle stampe che può dar luogo a una discussione come quella fra lo Scala e il Poliziano, nella quale il primo si difende dalle critiche mosse dal secondo a certi suoi versi sostenendo che si tratta di cose non pubblicate, ma questi ribatte che lo Scala non può negare di .aver pubblicato dei versi che sono già divulgati. Lo Scala, come mostra l'accenno agli informatores librorum (cE p. 76s.) pensava evidentemente a una pubblicazione mediante stampa. Ecco le battute -della polemica: Scala in Poliziano ep. 12, IO (II) p. 382 in hendecasyl.labis in tuum culicem meis nondum a me editis quaedam carpis jèstinantius . .. quam gravem virum deceat; ibid. p. 383 sic cum amicis in istis aestatis ftrvoribus, cum otium est, non quod posteritas custodiat et miretur cudo aut quod ditet informatores hos librorum, quorum tam cupide quidam implorant operam; Poliziano ep. 12, II (12) p. 385 quod tlero edita negas quae iam publicasti quodque ab iis me reiicis quae scripta mihi tua manu misisti, mox etiam epistola dicasti, non queo satis mirari. Sed nec jèstinantius €arpsi qui pene sero te ut emendares admom i quae iam periculose vulgaveras. Edo si trova usato in età umanistica anche col significato di • scrivere, comporre' un'opera: particolarmente significativo Poggio ep. IO, 8 p. 20 satisfacerem deside1io tuo si librarios reperirem; sed eorum tanta est apud nos inopia, ut mea quaedam quae noviter edidi domi €ontineam, cum desint qui transcribant. Quest'uso non classico di edo è biasimato dal Valla, in Fac. p. 523: Fac(ius): « Nam quare in historia .regi dicata et tradita toties et tam insigniter peccasti, quae debet esse elahorata et ab omni vitio pura, quid existimandum est de eo libello quem incuriosius edidisti? » Lau(rentius) : « , Quare' pro ' si, seu, cum' posuisti, ,quod inauditum est; 'edidisti' quoque pro 'condidisti', quoniam edere puhlicare est inque condendo diligentia vel incuria, non in edendo l}. Altri esempi di edo per 'comporre': Panormita in Aurispa ep. 119 p. 140 quae de Caesaris Itinere scripsimus, ita accipe ut, nisi versibus comj!1
32 2
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
positum sit, Iulii Iter non sit, sed Antonini,. hic enim prosa oratione Iter edidit, Iulius carmine. Frequente in soscrizioni in cui è indicato il nome dell'autore dell'opera: soscr. all'Urb. lat. II84 del De fato et fortuna del Salutati 1: Edidit istud opus fiorenti natus in urbe Colucius sacra 2 redimitus tempora lauro. Ast de Ferraria Nieholaus Speeia scripsi, sisdenis numero modieum remorando diebus, assumens propriis manibus quod scripsit ab illo, mille annis centumque quater currentibus octo lueeque ad oeeasum sextilis postera eunte 3. La commedia De casu Caesenae di Ludovico da Fabriano è variamente attribuita nei codici: in un Laurenziano si legge: comoedia edita a laureato viro domino F. Petrarca super destructione civitatis Caesenae explicit; in un Corsiniano: tragedia quedam de casu Cesene edita per Colutium de Salutatis de Stignano cancellarium Florentinum (Stauble 8 n. 3 e 4). Per lo Ianus sacerdos si trova la soscrizione Savucius edidit, Rugo recensuit (Savucius è un personaggio della commedia), ma nelI'Ottob. lat. II84 si legge: finis comedie edite per Pandormitam (sic) (Stauble 33 e n. 2). Singolare infine l'uso di edo nella soscr. al Monac. lat. II301: C. Plinii Secundi Naturalis historiae volumen ab optimo exemplari eJitum, quoJ emenJatum jùit per praeclarissimos viros Guarinum Veronensem et Thomam de Vincentia ecc. (cf. p. 258).
EDITIO
I) Azione del pubblicare (Thes. l. L. V 2, 79, 59ss.): Poliziano ep. II, II p. 351 si tibi ad utramque editionem ... conferre aliquid. " nostra... mediocritas valet, utere quaeso audacter (cf. p. 321); E. Barbaro ep. II p. 71 diligentiam adhibituri sumus, qualem in altera editione (delle Cast. Plin.) praetermissam saepe mecum questus es; I. La riproduco interamente; credo sia inedita. Il codice è menzionato dal Novati in Salutati ep. I p. 281 n. 1 e dall'Ullman, HumanislIl 31 e 101. 2. Corretto da sacro. 3. Firmato col monogramma NS. Su questo Nicola Spezia vd. Novati. 1. c.
L'EDIZIONE
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Avanzi emendo C. a2r Parthenius quoque... plura Ioea in suis eommentariis riformat et multis aliis Iocis Iucem daturus erat nisi amieorum assiduis et precibus et adhortationibus editionem pene praecipitare eoaetus fuisset. 2) Il risultato dell'azione, il libro pubblicato (per l'antichità Thes. l. L. V 2, 80, 6ss.; H. J. Marrou, « Vigo Christ. » 3, 1949, 2IOS.; Arns 81 n. I); Valla Consto don. 35 p. 29 in vetustissimis quibusque editionibus decretorum non invenitur; eleg. 3, 5 p. 85 idem (sc. T. Livius) libro quinto, nisi editioni menda inest, ait ecc.; 3, 13 p. 89 quidam etiam singularem huie nomini dant et huius ipsius autoris (sc. T. Livii), si editio verax est, nonnulla exempla sunt; 6, 48 p. 225 quo fit ut Curtium ... ceterosque seriptores, opiner •pallaeem' potius quam 'pellieem'... dixisse culpaque librariorum in editionibus esse vitiatum; in Pog. p. 263s. et principium T. Livii « faeturusne sim operaepretium » j ita enim fere in omni editione legitur. At Quintillanus ab ipso T. Livio scriptum esse testatur: «faeturusne operaepretium sim ».
APPEN DICI
POGGIO E IL BAS. S. PETRI H 25 DELLE FILIPPICHE DI CICERONE
Poggio, ep. 3, 17 p. 216s.: Philippicas Ciceronis emendavi cum hoc antiquo codice, qui ita pueriliter scriptus est, ita mendose, ut in iis quae scripsi non coniectura opus fuerit, sed divinatione. Nulla est femella tam rudis, tam insulsa quae non emendatius scripsisset: sed scis in talibus me esse satis sagacem. Non potui autem corrigere omnes, quia et duae ultimae deficiunt et in reliquis desunt nonnulla: multum tamen lucrati sumus. Nam praeter id quod antea scripsi, duabus in orationibus desunt etiam multa. Feram igitur mecum, cum venero ad vos, Philippicas meas ut uti illis possitis, quoad vobiscum fuero (al Niccoli, Roma 5 giugno 1428). Questa lettera ha avuto un curioso destino: a partire dal Voigt (II 384) è stata citata ogni volta che si è parlato di Poggio come critico del testo, ma sempre con un certo atteggiamento di sprezzo per la sicumera che Poggio avrebbe mostrato di fronte alle difficoltà di lettura del codice antico. Il più severo è lo Stangl: in « Berl. phii. Woch.» 33, 1913, 12II riproduce questo passo con dei corsivi e dei punti esclamativi e lo commenta con parole che mi piace citare per esteso perché se ne avverta il tono singolarmente astioso: « Also Uebermensch und dabei hier, wie auch sonst oftmals, nicht grammatikfest!. .. Man beachte: wie das vom deutschen Lohnschreiber gefertigte Apographon des Silius, Statius und Manilius ist auch die uralte Vorlage der Philippicae nicht da, um sorgsam kollationiert, sondern um wegen der nulla doctrina des librarius verspottet und in ihrer Eigenart vollig getriibt zu werden. Was tatsachlich liickenoder fehlerhaft ist, was auch immer dem Renaissancemenschen im jeweiligen Augenblick liicken- oder fehlerhaft scheint, hat die selbststandige Daseinsberechtigung verloren. Die Vorlage dient insgemein nur als Scheffel' auf dem der eigene Leuchter aufgestellt und angeziindet wird, um fiir die Dauer eine alles iiberstrahIende Lichtfiille in die Finsternis von ehedem auszugiessen. Der Verblendung des Vatikanischen librarius der Philippicae liess sich mit der den homl'
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
doctus insgemein kennzeichnenden vis coniciendi gar nicht beikommen: Erleuchtung konnte nur ein Poggio bringen, weil divino instinctu adflatus». Di fronte a questa severa requisitoria, il Casacci tenta una debole difesa: «faremo osservare che anche in quella redazione ... non fu così libero come si vuoI far credere, perché aveva. sotto gli occhi un altro esemplare molto corretto: la copia che egli stesso aveva tratta a Roma per il Salutati nel 1403 (ora cod. Laurenz.. 48, 22), copia che è il resultato di una minuta collazione d'altro manoscritto e che è lodata meritamente dal Bandini come diligentissima e correttissima» 1. Questo disprezzo per Poggio come collazionatore di codici deriva, a mio avviso, soprattutto dal non aver ben ponderato le sue parole. Naturalmente solo un esame della collazione da lui eseguita. e che ci è per fortuna conservata, sarà decisivo, ma già un'analisi più approfondita delle sue parole basta a far modificare il severogiudizio che è stato dato di questa lettera. Per maggior chiarezza, riassumo brevemente la storia del codice poggiano delle Filippiche 2. Il 18 agosto 1425 Poggio scriveva da Roma al Niccoli (ep. 2,. 29 p. 159): membranas pro Verrinis et Philippicis habere cupio. Ripeteva la sua richiesta il l° settembre dello stesso anno (ep. 2, 30 p.. 161): te oro ut de membranis et Philippicis quam primum conficias: da. questa lettera appare che aveva chiesto al Niccoli non solo le pergamene, ma· anche un esemplare delle Filippiche. Un altro accenno· ad esse è forse in una lettera dell'8 settembre (2, 3I, p. 162): quam primum cures de membranis et libello quae toties peto. Gli arrivaronofinalmente il 19 ottobre, giacché il giorno dopo così scriveva al Nic-· coli (ep. 2, 33 p. 165): heri habui sacculum in quo erant membranae,. Philippicae ac tragoediae. Dopo non si parla più delle Filippiche fmoalla lettera citata in principio, che è del 1428. Suppongo che nel frattempo Poggio abbia trascritto 1'esemplare inviatogli dal Niccoli,. L Per la critica del testo nel1a prima metà del Quattrocento, «Rend. del R. 1st. Lomb. di sco e letto », 59, 1926, IOIS. Si noti che quando il Casacci scriveva questeparole il Clark (The Vetus Cluniacensis, «Anecdota Oxoniensia >l, Class. Ser. IO, 1905, LXII e pref. all'ediz. delle Filippiche, Oxford 1918 2, p. [12]) aveva già dimostrato che le note marginali del Laur. 48, 22 non sono il risultato della collazione«d'altro manoscritto >l, ma proprio della collazione di cui parla Poggio nella sua. lettera. Per tutta la questione cf. Ullman, Origin 33s5. 2. Per maggiori particolari Ullman. l. c.
POGGIO E IL BASo So PETRI H 25
infatti parla ora di Philippicas meas. Di questo esemplare che si era allestito circa il 1425 si sarà servito per la collazione del 1428. Questo codice è, come ha dimostrato definitivamente l'UIIman, l. c., il Laur. 48, 22. Le varianti marginali, come vide il Clark (cf. p. 328 n. 1), provengono dal Vat. Bas. S. Petri H 25 (V), sec. IX. V è senza dubbio il codice che Poggio collazionò nel 1428 e di cui parla nella nostra lettera. Il codice fu portato in Italia dal card. Orsini (Sabbadini, Scopo II 2IIS.) e Poggio fu probabilmente il primo umanista che se ne servì. Contiene, oltre alle Filippiche, parte dell'in Pisonem, un frammento della pro FIacco e la pro Fonteio, nuova quest'ultima per gli umanisti. Poggio fece trascrivere la pro FIacco e la pro Fonteio dal suo scriba: questa copia si conserva nel Vat. lat. II458 insieme alla copia autografa delle otto orazioni di Cicerone scoperte da Poggio (vd. p. 3I e n. I). Delle caratteristiche del codice antico egli dà nella lettera una descrizione abbastanza esatta. Philippicas Ciceronis emendavi cum hoc antiquo codice: emendo ha, nel latino classico come in quello umanistico, il significato generico di ' correggere' e quindi estensione semantica vastissima. Ma emendo cttln aliquo codice è frase specifica per indicare la collazione (vd. p. 254). Il codice è defmito antiquus ed è infatti del IX sec. Poggio non ha, per indicare l'età dei codici, una gamma di attributi così vasta e differenziata come quella del Poliziano: solo in altri due casi fa riferimento all'età di un codice con l'agg. antiquus (v. p. 165). Seguono espressioni colorite suggerite all'umanista dal modo scorretto com' è scritto il codice: la frase ut non coniectura oPUS fuerit, sed divinatione va paragonata con lo stizzoso inciso divinareoportet, non legere strappatogli dall'ignoranza dell'amanuense d'oltralpe che copiò per lui Silio ItaIico, Stazio e Manilio (cf. p. 173). Ma ancor più simili sono le espressioni che Poggio usa per la scrittura del plauto Orsiniano (ep. 4, 17 p. 339 cito a p. II8). In entrambi i casi torna l'idea che la scrittura della donna è più scorretta di quella. dell'uomo e ai tempi di Poggio sarà stato veramente così, data la. condizione d'inferiorità anche culturale della donna 1. Inoltre nella o
o.
1. cf. Boccaccio de montibus c. 74r consuevere iamJudum celebri offido solun~ homines exqllisiti ingenii et intelligentes assumi, ut satis antiqua, si qua sunt, testantllT" volumina. Postea, ne quid incorruptum superesset in terris, quibuscunque volentibus permissum est. Quamobrem eo devenimus ut qui litterae seti caractl'1ìs formam apte calamO'
33°
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISn
descrizione del Plauto Orsiniano è ripetuta anche l'idea che il codice è così scorretto che si è costretti a indovinare più che a leggere (si ricordi che per Poggio la divinatio è un grado più su della coniectura: questa è una deduzione logica, quella è quasi un'ispirazione divina: vd. p. 290). Il disprezzo che Poggio mostra per il copista del Bas. S. Pt"tri H 25 è stato il motivo principale del disprezzo che hanno mostrato per Poggio i filologi moderni, commentando questa lettera: Poggio non si sarebbe accorto del valore del codice (si rivedano le parole dello Stangl: « ist auch die uralte VorIage der Philippicae nicht da, um sorgsam kollationiert, sondern um wegen der nulla doctrina des librarius verspottet und in ihrer Eigenart volIig getriibt zu werden l)). Eppure, quanto al modo come il codice è scritto, chiunque dia un'occhiata al Basilicano non può che sottoscrivere le parole di Poggio: è sorprendente la coincidenza del giudizio dell'umanista antico con quello di un filologo moderno, il Clark (<< Class. Rev.» 14, 1900, 39): «I have myself spent some time over it, though with little result, except to realise more cIearIy the remarkable ignorance of the writer. No glimmer of intelligence appears amid his errors». Degli errori di V il Clark ha dato un ampio quadro sia in questo stesso articolo sia in The Descent of Manuscripts, Oxford 1918, 168ss.: la confusione tra b e v è costante (bellet per vellet, boluntas ecc.); i è frequentemente prefissa alle parole comincianti per s impura (istudium, ispem); confusione tra p ed f (portasse per fortasse) , parole non separate, false divisioni di parole ecc. In Phil. 13, 6 il copista per tamen ha scritto amen. Ed era capace di qualsiasi cosa: riporto uno solo dei molti esempi recati dal Clark: 2, 69 ille vir, patres conscripti, sicuti scitis, cum foris clarus] illeur po. scutis scitet cu floris clarus V. Possiamo immaginare che effetto dovesse fare su un umanista un codice scritto in questo modo! D'altronde Poggio fa sì rilevare la scorrettezza materiale del codice, ma si era accorto benissimo del suo valore: si rammaricava che le lacune del Basilicano gli avessero impedito di correggere tutte le Filippiche e saggiungeva : multum tamen lucrati sumus. Il
deducere noverint illosque congrue invicem iungere, temerario ausu, nil aliud intelligentes, se scriptores audent profiteri et apposito praedo scribere quorumcunque volumina: quod etiam turpius, relictis colo textrinisque, persaepe ausae sunt et audent mulieres.
POGGIO E IL BAS. S. PETRI H 25
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guadagno era stato soprattutto di poter colmare le lacune del suo codice; infatti Poggio così prosegue: nam, praeter id quod antea scripsi, duabus in orationibus desunt etiam multa. Allude a due delle tre ampie lacune caratteristiche della fam. D, cui anche il suo codice, il Laur. 48, 22, appartiene: Phil. 2, 93 sunt ea - 96 fine e IO, 8 populus IO in (festa) : nel Laur. 48, 22 Poggio ha colmato queste lacune trascrivendo in margine il testo di V. Id quod antea scripsi è invece la terza lacuna caratteristica della fam. D, la più ampia, 5, 3 I (menti)onem - 6, 18 nullam: così ampia che Poggio ha addirittura inserito un nuovo fascicolo nel suo codice. Questa lacuna poteva saltare agli occhi anche ad un primo superficiale confronto dei due codici e Poggio ne avrà parlato al Niccoli in una lettera precedente. Il modo sbrigativo con cui all'inizio stesso di questa lettera Poggio allude al codice antico come a cosa già nota non mi lascia dubbi che Poggio avesse già parlato più ampiamente del codice in un'altra lettera al Niccoli, ora perduta. Non potui autem corrigere omnes, quia et duae ultimae deficiunt et in reliquis desunt nonnulla. Difatti la caduta del quat. 16 di V ha fatto perdere i 40 ultimi paragrafi della 13 a Filippica e la 14 a per intero (vd. ed. Boulanger-Wuilleumier, Paris 1959, 32s.). Della 13 a restano solo IO paragrafi: si comprende dunque come Poggio possa dire che le ultime due mancano. Et in reliquis desunt nonnulla: due grandi lacune interrompono il testo di V: II, 22 fòrtissimum - 12, 12 pos(sumus) e 12, 23 si autem fmo alla fine dell'orazione (Boulanger-Wuilleumier, l. c.). Poggio ha quindi dato conto abbastanza esattamente delle lacune di V. L'accenno alla collazione di V si chiude con queste parole: feram igitur mecum, cum venero ad vos, Philippicas meas, ut uti illis possitis, quoad vobiscum fuero. E così avrà veramente fatto, giacché le varianti marginali del codice poggiano sono state dal Niccoli riportate nel suo codice delle Filippiche, il Laur. S. Marco 268 (Clark, pref. cito p. [12]) 1. Ro esaminato a titolo di saggio la collazione poggiana per al-
L Certo era del codice di Poggio che l'Aurispa aveva sentito parlare quando nel 1430 chiedeva in una lettera al Traversari Antonianas Ciceronis perfectas ut nuper inventae sunt (ep. 53 p. 69): Vela fam. D erano entrambi lacunosi: solo il codice di Poggio, risultando dalla collazione di un esemplare della fam. D con V. era veramente integro.
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cuni passi delle Filippiche 1, confrontando il codice su cui Poggio ha eseguito la collazione, il Laur. 48, 22 (P), col codice collazionato, il Bas. S. Petri H 2S (V). Indico con p2 le correzioni al codice di Poggio, con Cl. l'ed. Clark 19182. La collazione di Poggio non mira a notare tutte le differenze fra i due codici, ma solo a migliorare il testo del suo. Però non è una collazione saltuaria: Poggio non ricorre a V solo dove il suo manoscritto non gli dà lezione soddisfacente, ma esegue fra i due codici un confronto attento e sistematico, prendendo da V tutte le lezioni a suo giudizio migliori di quelle offerte dal suo manoscritto e colmando con V tutte le lacune, minori e maggiori. Ciò gli permette di restituire la giusta lezione anche in passi dove il testo del suo codice poteva non sembrare guasto, ma V offriva una lezione indubbiamente superiore: I, 3 que clara sunt P eaque praeclara V p2 Cl.; 2, 3 et domestico meo P et necessario V Cl. et necessario meo p2 (Poggio ha contaminato le due lezioni; in genere tende ad aggiungere piuttosto che togliere, perciò non ha rinunciato al meo di P); 2, 8 libera P librarii V p2 Cl.; 2, 9 (r. I) hoc P autem V p2 Cl.; 2, 24 fieri P ferri V p2 Cl.; in istius facti conscientia gloriosissimi p in ista societate gloriosissimi facti V p2 Cl.; 7, 2 illis P ullis V p2 Cl.; 7, 3 qui sic P nonne sic V p2 Cl.; 7, 4 convenit P evenit V p2 Cl.; IO, 7 iure P iniuria V p2 Cl.; IO, 12 ac ne cum Bruto P at ne Bruto V p2 Cl.; IO, 12 veniret P venisset V p2 Cl. Nei passi da me esaminati sono in tutto 14 i casi in cui P offriva una lezione che poteva anche sembrare corretta, ma Poggio ha adottato la lezione superiore di V e due particolarmente notevoli perché ha ricavato la lezione giusta da quella corrotta (sia pure non gravemente) di V: 2, S (r. 29) an P ad V at p2 Cl.; 2, 8 in hoc inhumanitatis tue stultitiam incredibilem videto P sit hoc inhumanitatis stulti tam in credibilem videte V sit hoc inhumanitatis tue (tue om. CL): stultitiam incredibilem videte p2 Cl. (come abbiamo detto, Poggio preferisce aggiungere piuttosto che togliere; perciò non ha rinunciato al tue del suo codice, contaminando le due lezioni). Contro questi 14 stanno 41 casi in cui P e V offrivano lezioni diverse, entrambe ugualmente buone per il senso; Poggio non ha I. Ho scelto passi in cui le note di collazione sono più fitte: I, 1-6; 2, 3; 2, 6(at in illa - lege lata); 2, 23-25 (M. Bibulo - audivit); 2, 93-96 (sunt ea - de}èndimus); 7, 1-5 (fmo a putes); IO, 7-14 (da tantamne alla fme). IO
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tlotato nulla. In 4 casi si tratta di differenze minime (2, 5 ni ut V nisi ut P Cl.; 7, 4 haec V Cl. hoc P; ii V ei Cl. ilIi P; IO, 7 recuperavisset V Cl. recuperasset P). In 3 casi la lezione di Vera leggermente scorretta, ma il Clark o altri editori l'hanno accettata emendandola (2, 6 et P quo V quod Cl. edd.; 7, 3 irritari P inritatu V inritatum Cl. edd.; IO, II ne ilIa P nec V ne C. Muretus Cl.). In due casi V offriva doppie lezioni, una delle quali coincidente con quella di P. In un caso la lezione di P era decisamente superiore: IO, 7 urbantH P cl. urbis V. Negli altri 3I casi il Clark ha adottato la lezione di V, ma la lezione di P è ugualmente buona per il senso. Quando V ha una corruttela e P ha la giusta lezione Poggio naturalmente non nota nulla. In 5 casi evidenti errori di P sono sanati con V, ma in casi come I, 5 in cui P ha unctus, Poggio può aver corretto uncus anche prima di vedere V: contro questi 5 stanno 2 casi in cui P aveva una corruttela e V offriva la lezione esatta, ma Poggio non ha corretto: bisogna ammettere che gli siano sfuggiti. È da tener presente che il testo di P è molto corretto: ciò spiega la bassa percentuale di errori eliminati con la collazione. In due casi Poggio non è rimasto soddisfatto né della lezione di V né di quella di P e si è limitato a segnare in margine a P la variante di V senza decidere: 7, 3 partis P ut patris V vel ut patris p2 pacis Ursinus Cl.; 7, 4 appellabantur p habebantur V Cl. p2 in marg. È possibile distinguere nettamente i casi in cui Poggio accetta la lezione di V da quelli in cui si limita ad annotarla senza scegliere, perché nel primo caso Poggio espunge o cancella con un tratto di penna le parole scorrette del testo e riporta a margine (o talvolta sopra la riga) la lezione di V con un segno di richiamo: nel secondo caso si limita a riportare a margine con segno di richiamo la variante offerta da V 1. Noto infine che in IO, IO proficisci ita CHcurrit P V CL, Poggio ha evidentemente cercato di migliorare il passo per congettura, correggendo in proficiscitur cucurrit: il modo come ha introdotto la sua
L In I, 3 V ha mmc, lezione indubbiamente inferiore a nUIn di P. Poggio naturalmente non ha notato nulla SlI P, ma in V una mano recente ha riportato, nello spazio fra due delle tre colonne, la lezione di P (che è, si badi bene, anche la lezione di tutta la fam. D): al. mml. Avevo pensato a Poggio stesso, ma al Prof. Campana non sembra la sua mano.
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congettura non si differenzia minimamente dal modo come introduce lezioni di V (ha espunto ita ed ha aggiunto -tur sopra la riga: così ad es. in IO, 8 correggendo autdis di P con aut dies di V ha separato con un trattino verticale aut e dis e ha aggiunto sopra la riga l'e di dies). Poggio colma sistematicamente, confrontando con V, le lacune di P, anche quelle di una sola parola, anche in un caso (ro, I I virtus P Cl. virtus Caes. V) in cui la lezione di V è considerata interpolata dagli edd. moderni: contro 18 lacune colmate stanno solo 4 lacune non colmate (queste ultime sempre di una parola o due soltanto), da attribuire probabilmente a svista del collazionatore. Viceversa quando V omette parole che compaiono in P, Poggio non nota nulla, fedele alla tendenza già notata ad aggiungere piuttosto che togliere; ma soltanto quando le parole omesse da Verano necessarie o il senso è comunque ottimo anche conservando il testo di P (2, 7 solent V solent esse P Cl.; 7, I missionem V Cl. istam missionem P; 7, 3 frater est revocatus V Gaius frater est inde revocatus P Cl.; 7, 5 rerum secundarum V Cl. rerum secundarum suarum P ecc.). Invece in 2, 7 dove P presentava evidenti interpolazioni Poggio ha espunto, uniformando il suo testo a V: que neque tamen ullo modo divulganda sunt P neque tamen ullo modo divulganda V p2 Cl. Su IO casi in cui P e V hanno diversa collocazione di parole, Poggio solo in un caso ha modificato l' ordo verborum del suo codice uniformandolo a V (2, 9 huius ordinis auctoritas P a. h. o. V p2 Cl.: si ristabilisce la simmetria con existimatio populi Romani che segue). Naturalmente Poggio non tiene in alcun conto l'ortografia di V ed anche quando riporta sul suo codice qualche lezione di V, ne uniforma l'ortografia ai suoi criteri. Ma il Laur. 48, 22 è prezioso per la conoscenza del metodo filologico di Poggio anche sotto un altro aspetto: Poggio ha colmato le tre grandi lacune della fam. D trascrivendo da V: a quel che mi consta è questo l'unico caso in cui ci è conservato un codice antico trascritto da Poggio. Possiamo quindi verificare anche il modo in cui Poggio procedeva nel trascrivere: e ciò mi sembra assai importante, dato il gran numero di codici antichi da lui trascritti e per noi perduti e le numerose riserve che sono state espresse dai fIlologi nei riguardi di Poggio come copista 1. Questa diffidenza muove L
Anche qui in prima linea lo Srangl, che come editore di Asconio Pediano-
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anche dalle stesse parole di Poggio, che ha esplicitamente affermato la superiorità di un copista dotto su uno ignorante (vd. p. 173SS.). Ma come doveva essere per Poggio la trascrizione dell'homo doctus? Vediamo Poggio stesso all'opera. Anche qui, a titolo di saggio, ho esaminato solo la trascrizione delle due lacune minori della fam. D (2,93-96 e 10,8-10; cf. sopra p. BI). Faccio notare che V è fonte unica per questi passi, quindi quanto non proviene da V è certamente congettura di Poggio. Nel trascrivere Poggio non tiene in nessun conto la grafia di V, ma introduce costantemente la sua, divide le parole non divise o corregge errate divisioni di parole, interpunge. Infine corregge gli errori di V, da quelli più grossolani a quelli la cui correzione può richiedere una vera e propria congettura: a questo proposito è da notare che, anche se gli editori moderni hanno apportato qualche altra modifica al testo di V, si può dire che già Poggio ne aveva corretto o tentato di correggere tutti gli errori notevoli (eccezioni: 2, 96 dicit V p2 dicet edd.; IO, 8 his V p2 iis Muretus edd.). Do qualche esempio di errori grossolani di V corretti da Poggio nell'atto stesso di trascrivere (tutti errori che non sono neppur menzionati nell'apparato del Clark): 2, 93 asetudatam V a senatu datam p2; 2, 95 ursibus V verbis p2; ea cumsivivideri V equum sibi videri p2; mira verborum compleat (t del. V2) ille umquam V mira verborum complexio. At ille nunquam p2; sy ingrafe vestertii centiens V syngrapha
guarda con diffidenza l'apografo di Poggio (P) e talvolta addirittura stampa in corsivo, considerandole supplementi dovuti a congettura, le parole date solo da P ed omesse dagli altri due apografi, quello di 50zomeno da Pistoia (5) e quello di Bartolomeo da Montepulciano (M), conservato quest'ultimo solo indirettamente da una copia. Il giudizio degli edd. di Asconio (oltre al~o Stangl, Lipsiae 1912, anche il Giarratano, Roma 1920) deve essere stato determinante per il formarsi della communis opinio di cui è un'eco in Sabbadini, Metodo 57. Ma il Clark, The Descent cito 364ss., prende in esame un paio di casi in cui è assai improbabile che le parole in più date da P siano supplementi escogitati da Poggio, perché si tratta in un caso di parole greche corrotte e Poggio non avrebbe dato per congettura una lezione senza senso, e nell'altro di una frase contenente una rara glossa che è improbabile che Poggio abbia introdotto in una congettura. Inoltre il Clark dimostra che ad es. in altri due passi S ha corretto il testo e P no. Va osservato che Poggio, per la sua lunga consuetudine coi codici antichi, aveva certo cognizioni pa1eografiche superiori a quelle medie del tempo ed è quindi assai probabile che riuscisse a leggere più di un Bartolomeo o un Sozomeno.
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sextertii centies p2; stlrtos V viros p2; SUO mater (segue un'r crasa) essuas reciperavit V (remperavit V2) SUO Marte res suas reciperavit p2 (recuperavit P3) ecc. Non era certo una vanteria quando Poggio, dopo essersi lamentato degli errori puerili del codice, soggiungeva sed scis in talibus me esse satis sagacem! 1 Nella stragrande maggioranza dei casi le correzioni sono apportate nell'atto stesso del trascrivere, senza che resti la minima traccia dell'operazione critica avvenuta. Contro 39 errori corretti nello scrivere stanno solo tre errori corretti in un secondo tempo 2, così çhe nella trascrizione si è conservata anche la lezione di V. Quante volte colgono nel segno le correzioni di Poggio? Prendo in considerazione solo i casi in cui l'errore di V è menzionato nell'apparato del Clark: in tutti gli altri casi, per lo più errori banali del genere di quelli citati or ora, le correzioni di Poggio restituiscono alla sua vera lezione il testo sconciato dall'ignorante copista di V. 2, 93 ad ius V a diversis p2 a tuis Faernus Cl.: la congettura di Poggio può andare per il senso e paleograficamente è buona, se si tien conto che l'-er- di diversis poteva essere abbreviato e quindi facilmente cadere (adiu(er)sis> adiusis> ad ius); tuttavia quella del Faerno è superiore per il senso e paleograficamente ottima (atms> adlllS: lo scambio fonetico fra t e d è frequente in V); 2, 94 imperavit V impetravit p2 edd.; impetrarat V p2 imperarat p3 Schoell (Philippicae, Lipsiae 1916) Boulanger-Wuilleumier, Cl. espunge; 2, 94 tetrechianum V tetrarchiam p2 tetrarchiam unum Faernus edd.; 2, 95 sinestra V sine sua p2 sine nostra Muretus Cl. sine Sexti Ferrarius: la congettura di Poggio è cattiva per il senso e paleograficamente; 2, 95 gynecaeo et V gineceo p2 gynecio est Halin Cl.: la soluzione di Poggio va benissimo per il senso, ma quella dello Halm è migliore paleograficamente; 2, 96 iureis V iure p2 edd.; IO, 8 l:arissimi V p2 clarissimi p3 edd.; potestis V post estis p2 edd.; IO, 9 aut potuisset V potuisset autem p2 at potttisset Cl., ma la solu-
I. Non aveva torto neppure quando diceva: t/t Ì/l iis quae seripsi non coniectura opus fuerit, sed divinatione. Alla luce di quanto detto fm qui in iis quae scripsi diviene più chiaro: Poggio allude ai passi di V che ha trascritto per colmare le lacune. Per scribo = transcribo cf. p. 93s. 2. In un caso Poggio è tornato due volte sulla stessa parola: 2, 94 compellerat V p2; successivamente Poggio ha corretto in compellarat che è la lezione adottata dal Cl ark: non contento ha poi corretto ancora in eompulerat.
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zione di Poggio, anch'essa ottima, è adottata sia dallo Schoell che dal Wuilleumier. InfIDe due espunzioni: il Clark è d'accordo con Poggio nell'espungere qualcosa, ma diverge nella scelta delle parole da espungere. 2, 94 igitur (is igitur y2) a quo vivo nec praesens nec absens rex Deiotarus quicquam aequi boni imperavit (impetravit p2 Cl.) , -apud mortuum ftctus est grat~s (gratiosus Ubaldinus Cl.) V: il Clark non accetta l'is di y2; p2 invece legge is igitur ed omette rex Deiotarus. La soluzione di Poggio non è affatto disprezzabile se si pensa che rex Deiotarus potrebbe essere una glossa di is penetrata nel testo: inoltre con la lezione del Clark (e degli altri edd. moderni) igitur viene a trovarsi all'inizio della frase. IO, 9 quod qui ab illo abducit exercitum et respectum pulcherrimum et praesidium firmissimum adimit rei publicae V: il Clark espunge quod (lo Schoell e il Wuilleumier lo correggono in quodsi), Poggio lo conserva ed espunge arbitrariamente et respectum. . In complesso 7 correzioni accettate dagli editori moderni (una, 2,94 tetrarchiam, con un ulteriore perfezionamento del Faerno) e 5 respinte: di queste solo due (2, 95 sine sua e IO, 9 espunzione di .et respectum) sono decisamente cattive e lontane dal testo tradito. Un bilancio dunque favorevole: a ciò si aggiunga che Poggio interviene solo dove il testo è realmente corrotto (dunque nessuna libido coniciendi): una correzione superflua è forse 2, 94 reddit V Cl. reddidit p2, ma potrebbe essere un semplice errore di traSCrIZIOne.
Dal punto di vista materiale Poggio era un trascrittore attento? Credo si possa rispondere di sì: io ho trovato un solo errore di trascrizione, ma neppure sicuro: 2, 94 aeque Y: mi sembra che p2 legga ecque, ma potrei aver visto male (Poggio scrive sempre eque senza dittongo. La frase ecque atque huic è in rasura). . In conclusione Poggio nel trascrivere e nel collazionare mira sempre ad uno scopo: procurarsi un testo il più possibile corretto. Nel Laur. 48, 22 egli ci ha dato una vera e propria edizione delle Filippiche in cui emendatio ope codicum ed emendatio ope ingenii sono armoniosamente fuse. Sarebbe antistorico pretendere da lui o da altri umanisti del suo tempo una collazione o una trascrizione volte soltanto ad accertare la tradizione e scrupolosamente fedeli all'esemplare: solo col Poliziano comincia a farsi strada il concetto che il momento del collazionare o del trascrivere va distinto da quello dell'emendare perché non vengano obliterate del tutto le lezioni, 22
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anche corrotte, di codici antichi e venga lasciata ad ognuno libertà. di giudizio (vd. p. 178 e 261SS.). Dall'esame che siam venuti facendodel suo modo di lavorare acquistano rilievo le qualità di Poggiocome critico del testo: abbastanza scrupoloso nel collazionare e attento nel trascrivere, lo guidano intuito e penetrazione dello stile dell'autore nonché un vasto patrimonio di nozioni paleografiche acquisite col lungo esercizio di trascrivere codici antichi: sicché le sue congetture, spesso felici, in genere non violentano il testo e appaiono giustificatè dal punto di vista paleografico 1. Il risultatoè un testo correttissimo (come già notava il Bandini, Cat. II 448) e assai vicino a quello di una qualsiasi edizione moderna. Sarebbe assai interessante poter stabilire da dove deriva il testo del Laur. 48, 22. Dato che Poggio aveva chiesto e ottenuto che il Niccoli gli spedisse da Firenze un esemplare delle Filippiche, avevo subito pensato a un codice che sappiamo essere appartenuto al Niccoli, il Laur. S. Marco 268 (M). Ma da un confronto, pur sommario, che ho fatto dei due codici mi pare che si debba escludere questa derivazione. Ad es. M ha lacune che p non ha: 2, 12 sic placuit - fortunas (il Niccoli ha poi: colmato la lacuna confrontando con P); 2, 21 eisque oppilatis - compressisset (anche questa colmata poi dal NiccoIi) e viceversa P ha lacune che M non ha (2, 24 ea velim - potes: integrata da p2 per il confronto con V). Segnalo inoltre un errore tipico di mss. derivati direttamente o indirettamente da codici in insulare che compare in P e non in M: hoc per autem in 2, 9 r. I (corretto da p2 per il confronto con V). Non si può. escludere del resto che il testo di P sia contaminato: Poggio non di radosi giova di più di un esemplare nell'allestire i suoi codici.
I. Talvolta si direbbe quasi che Poggio abbia fatto il ragionamento paleo-grafico che avrebbe potuto fare un moderno: attribuire a Poggio stesso la mia interpretazione della corruttela a diu(er)sis> ad ius o la mia spiegazione dell'interpoIazione rex Deiotartls sarebbe voler andare troppo in là?
II
TESTIMONIANZE DELL'USO DI CONSERVAR COPIA DELLE LETTERE È attestato in più casi in età umanistica l'uso di conservare un esemplare delle lettere spedite, sia che dalla minuta si traessero due copie, una da spedire e una da conservare (rispettivamente transmissiva e transcriptio in ordine nella terminologia petrarchesca), sia che, più semplicemente, si conservasse la minuta stessa. Queste minute o le transcriptiones in ordine potevano essere contenute in fogli volanti, quaderni, fascicoli, registri. Per il Petrarca vd. V. Rossi, pref. alle Familiari p. XII e n. l: ai passi ivi citati si aggiunga fam. 4, 15~ 94ss. ego epystolam tuam ad te sub fida custodia remitto et hanc illi alligatam mitto, cuius exemplum apud me manebit, non ob aliam causam nisi ut. dum verba verbis confero, memoriam non fatigem. Altri ess.: Salutati ep. II p. 471 cum, habitis litteris tuis, mox responsum incepissem, jùrt() michi subtractus est quaternus privatarum epistolarum quo veluti protocollo t lUne utebar; ubi non solum inceptum erat responsum quod ad illa que disseris ordinabam, sed alie plures epistole ad amicos varios destinate metrico prosaicoque sermone; Poggio ep. 8, 3 p. 189 (vd. p. 182); 8, 12 p. 209 epistolam meam tibi redditam non esse permoleste tuli, sed id damnum facile resarciri potest. Mitto tibi eius exemplar; 8, 15 p. 218 exemplar duarum epistolarum quas nomine Pontificis scripsi... ad te mitto; ma in un poscritto alla stessa lettera aggiunge: exemplar epistolarum quas dixi nequeo ad te nunc mittere, quoniam sunt penes amicum scribendi gratia; alias habebis; 8, 45 p. 279 epistola . . , quam petis nesci() an apud me sit; nam saepissime accidit ut litterarum quas ipse scribo (che scrivo di mia mano, che non faccio copiare dal librarius) nullum exemplaT seTvetur, tum negligentia, tum saepius festinatione; II, 22 p. 85 paTui . .. consilio tuo respondique ilIi paucis verbis prout intelliges ex exemplari epistolae, quod ad te mitto; 12, 18 p. 148 quod a me petis I. Du Cange, s. v. protoco//um: «at in sequioribus saeculis protocol1um appella-runt registrum seu librum in quem acta publica ordinatim referebant »; cf. anche diz. lat.-ted. cito a p. 306.
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ut scribam aliquibus de reeonciliatione nostra et te purgem a suspitione criminis quae obiiciebatur, ego obsecutus sum. Nam eum duo bus tantUnl de te seripsissem,. .. repetitis superioribus litteris, epistolas dedi quarum exemplar ad te mitto; 12, 24 p. 165 (manda al Facio una lettera ad Alfonso d'Aragona perché la consegni al re se lo giudica opportuno) hane epistolam (nam eius exemplar ad te mitto) eommuniees velim eum . .. Antonio Panormita: che questo exemplar fosse una minuta è dimostrato dal fatto che ne sarà poi tratta una copia per il re (Poggio al Facio, ep. 12, 28 p. 171 recte autem ct amiee fecisti qui exeribi epistolam euraveris). Per quanto in qualcuno di questi esempi può rimanere il dubbio che indichi semplicemente una copia, ho l'impressione che exemplar sia il termine con cui Poggio designa costantemente le minute delle sue lettere. Anche nella lode che il Petrarca fa del Malpaghini che gli sta trascrivendo le Familiari inter eonfusionem exemplarium . .. pene iam desperatas (fam. 23, 19, 40), gli exemplaria sono certamente le minute o le transcriptiones in ordine delle sue lettere che iI Petrarca ha conservato presso di sé e su cui, nel prepararIe per l'edizione, ha eseguito correzioni, aggiunte, trasposizioni (Rossi, preE. a Petrarca ]am. p. XII). Cf. anche Traversari ep. 95 col. 126 quum (epistulae) , ut scriptae sunt, adamieos rudes atque impolitae proeesserint neque ullum literarum exemplar penes me reliquum sito Il Poliziano preferisce exemplum: ep. I, I p. I nee exempla mihi retinui nisi quarundam (se. epistularum).
III COLUCCia SALUTATI, DE FATO ET FORTUNA 2, 6
Riporto per esteso, dato il suo notevole interesse per la storia della filologia umanistica, un ampio passo del cap. VI del L Il del De fato et fortuna di Coluccia Salutati, cui ho rinviato assai spesso nel corso dell'opera. Ho collazionato cinque dei tredici codici noti all'Ullman (Humanism 3I; vd. anche Novati in Salutatiep. I p. 281 e n. 1), e precisamente: A = Laur. 90 sup. 42 (Bandini, Cat. III 573s.), a. 1414, di mano di Bartolomeo da Montepulciano. B = Laur. 53, 18 (Bandini, Cat. II 614), sec. XIV. C = Laur. Conv. soppr. 452, sec. XVI. U = Urb. lat. 1I 84, copiato nel 1408 da Nicola Spezia dal':' l'esemplare di Coluccia (vd. la. soscr. cito a p. 322).. .. V = Vat. lat. 2928, sec. XIV, corretto dall'autore (Ullman, Humanism 31, 101 n. I, 205), lacunoso: comincia da -ti1'lgerèt, séd oporteret (p. 343, 32 della nostra edizione). . Questo luogo è stato più volte parzialmente citato: il Mehus. Vita p. ccxcS. cita late (p. 342, 18) - adponatur (p. 343, 17); sicut (p. 343, 18) - recensoris (p. 343, 27); usque adeo (p. 343, 35) - corruptum (p. 344, 12) dal Laur. 90 sup. 42; il Casacci, « Rend. del R. 1st. Lomb. di sco e lett. » 59, 1926, 96s. cita late (p. 342, 18) - adponatur (p. 343,17); sicut (p. 343,18) - recensui (p. 343,25); usque adeo (p. 343, 35) - multitudo (p. 344, 7) senza indicare la fonte, che è con tutta probabilità il Mehus stesso, come mostra il taglio delle citazioni (le due ultime abbreviate rispetto al Mehus), la coincidenza delle lezioni, la punteggiatura e l'uso delle maiuscòle: di suo ha ag": giunto errori ed omissioni. Infine l'Ullman, Humanism 100S. cita sed sciat (p. 342, 3) - corrupisse (p. 342, 8) e late (p. 342, 18) - removere (p. 343, 21), secondo la lezione dell'Urbinate 1. I. Una citazione di questo passo anche in M. Korelin, Ral1nij ital'janskij gumallizm i ego istoriogra.fija, Mosca 1892, II, appendice, 4-7, che non ho potuto ve-
dere direttamente: ricavo la notizia da Stauble 190 n. 3.
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Velim tamen, siquis forsan prefatos versiculos 1 aliter apud Senecam vel Augustinum reppererit quam superius adnotarim, boni consulat nec malignus aut preceps iudicet, sed sciat me multos Epistolarum ad Lucilium et De civitate Dei codices non modernis solum sed antiquis scriptos litteris contulisse omnibusque diligenter excussis, quicquid fuerit quod hunc errorem induxerit, tantam comperisse varietatem quod 2 librarios aut Augustinum aut Senecam rnichi constiterit non scripsisse, sed potius quemlibet iuxta sue ignorantie cecitatem atque libidinem corrupisse. Prius ergo quam me mordeat vel condemnet, adhibeat maiorem collationis eliligentiam vel equalem. Forte quidem me fortunatior in veriorem texturo incurret aut si id rninus, ut puto, successerit, eligat sine invidia precor cwn omatus dignitate legitirnis pedibus mensuratos versiculos, veriorem textum solidioremque sentenciam: libenter quidem accedam melius coniectanti. Nec solum hic quisquis ista legerit, sed ubilibet me supportet: nam ve! librorum penuria conferre quicquid ab aliis sumpsi non potui vel iuxta mei ingenii parvitatem que rnichi visa sunt verisirniliora delegi. Non enim illi versiculi solum tam varie eliversis exemplati coelicibus nostram et autorum iniuriam habent, late siquidem et ubique corrupta sunt omnia et, dum librarii per evagationem mentis et capitis levitatem inadvertenter ornittunt, dum temerarie mutant quod non intelligunt, dum plerumque glosulas ex librorum marginibus et interliniis veluti scribenda recolligunt, nullum omnino textum philosophorum moralium, historicorum vel etiam poetarum non corruptissimum reliquerunt. Quod quidem crimen non ipsis librariis solum, qui per inscitiam suos libris infigunt errores, sed legentibus potius, et illis precipue qui, non prorsus ignari, sibi se scire, quod latum ignorantie vestibulum est, corrupto iuelicio persuaserunt, ascripserim. Hi quidem, dum rebus non intellectis herent, dum, quasi monstra sint, rnirantur stupidi que non capiunt, dum accommodatum aliquem intellectui, ne dicam ignorantie sue ~ensum conantur extundere, dum non ignorationi sue, sed librariis, forte etiam (tantam crediderim ignorantie temeritatem) ipsis autoribus ascribunt que non intelligunt, presumptuosas in libris manus iniiciunt et aliquando littera.rum, quandoque sillabe cuiuspiam et aliquotiens dictionum mutatione, tum detrahentes aliquid, tum addentes, non solum alienant textus mutantque sententias, sed omnia usquequaque pervertunt. Quid referam deprehensam quorundam malignitatem, qui quo suis erroribus astipulatores 30 extundere (ve! excudere) VI/man: extudere ABCU
I. Cleanth. fr. 527 Arnim ap. Seno ep. 107, Il et Aug. de civ. D. 5, 8. Qui e nel seguito, p. 343, 37 c 344, 12 vale ut.
2.
SALUTATI,
« DE FATO ET FORTUNA» 2, 6
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habeant, de industria dicuntur maxime autoritatis libros corrupisse ? qualia crediti sunt heretici quamplures in libris Origenis Adamantii machinati. Sed ignorantie crebriora sunt vulnera. O quotiens vidi magistros nostri temporis non emendationes, sed menda suis annotasse manibus et ea, duro corrigere cupiunt, ascripsisse de quibus, si in discussionem venerint, 5 nullam possent reddere rationem, sed oporteret eos omnino fateri se congruam destruxisse sententiam aut, si sensus integer manserit, tum graviora tum magis idonea vocabula delevisse! Accedunt ad hec litteratorum plurimi, de quorum oribus simplices adolescentuli pendent in scolis, qui de suis ignorantie cathedris intonantes, quotidie libros, dum suis, ineptis IO licet, sensibus serviunt, iubent non corrigi, sed abradi, non emendari, quod facere nesciunt, sed corrumpi. Nec id nostre etatis solummodo vitium est, sed omnis que nos precessit post autores ipsos ferme posteritas, ignorantia semper et sine modo crescente, libros quos autoritas et fama scriptorum perpetuos fore spondebat visa sit ineptis et inconside- 15 ratis suis correctionibus, imo corruptionibus abolere, quod et nos et futuram etatem perfectum ire video, nisi de publico remedium apponatur, ut, sicut hactenus aliquando factum fuit, constituantur bibliothece publice in quas omnium librorum copia congeratur preponanturque viri peritissimi bibliothecis qui libros diligentissima collatione revideant et 20 omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iudicio noverint removere. Cui rei maximos quondam viros invenimus fuisse prepositos, qui gloriosissimum reputabant se libris subscribere quos revisissent, sicut in antiquis librorum codicibus est videre. Et hoc est quod communiter in Terentii fabulis post omnia reperitur « Caliopius recensui ), que quidem 25 subscriptio nec poete fuit nec actorum vel modulatorum, quorum nomina reperiuntur expressa, sedsolum, ut sonat littera, recensoris. Hoc autem quam sperandum sit, animis ut sunt omnium ad nichil minus quam ad litterarum studia conversis, cuiusvis iudicium sito Ego quidem omnino non spero nec, si incipiatur, perfici credam graviter, quoniam prepo- 30 nendi tanto muneri sine dubitatione non adsint et si qui forent ab ambiciosis et lucrandi cupidis ipsos non contingeret, sed oporteret excludi. Non enim idoneus iniungendo muneri queritur, sed notus vel dilectus, cui salarium per gratiam conferatur: ille dignior est cui qui potest faveto Sed hec alias: deplorari quidem possunt, non reparari. Nam usque adeo 35 pauci sunt qui studiis humanitatis indulgeant, licet illa commendentur ab omnibus, placeant multis et aliqui delectentur in ipsis, quod rem tam perdite collapsam et in peius continue delabentem erigere prorsus ne3 sed - vulnera om. A I 8 hec BCU: hoc A I 17 de publico remedium ABC: remedium de publico U I 21 omnem BCU: communem A I 32 -tingeret incipit V I 33 iniungendo muneri BCV: in iungendo munera A: in iniungendo muneri U I 38 delabentem BCUV: dilabentem A
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
queant et quin pereat funditus obviare. Pauci quidem deprendunt vitia paucissimique, licet corruptionem viderint, sunt qui noverint relectis vestigiis illuc unde vitia ceperint remeare. Et si quos tales benigno Dei munere ve1 ingenii bonitate ve1 studio atque industria fert etas nostra tante 5 rei compotes quique noscant falsa reiicere veritatisque lumen inter has ignorantie tenebras invenire, correctionis labor ipsos gravat et deterret errorum, quos infinitos sentiunt, multitudo, sique forsan aliquid aliquando correxerint, remanet unico solum libro quicquid utilitatis attulerunt impressum nec late, sicuti foret expediens, ampliatur, idemque penitus conIO tigit illis qui nostra tempora precesserunt. Miror autem hoc erimen modemitati multos ascribere, cum inter Senece Priscianique compererim tempora taliter Virgilium esse corruptum quod mc ultimus talis et tantus autor alleget Maroneum illum versiculum « inter se coiisse viros et decernere ferro» (Aen. 12, 709; Prisco Gramm. Lat. II 32, 4 K.) volens anti15 quorum more quod ex illa dictione ' viros ' due postreme littere detrahantur quoversus mensuretur legitimorum pedum debita ratione, cum tamen Seneca (ep. 58, 3) doceat non ' decernere ' scribendum esse, sed 'cernere'; quod- si fiat, versus ille nulla detractione penitus indigebit. Ut audiendi non sint qui nostris temporibus hec imponunt nec facile sperandum sit, 20 cum tam supinus error per manus approbantis Prisciani transiverit, inveniendum fore tot vitiorum quot a priscis accepimus correctorem.
2 relectis BDV: relictis AC nus AD
I 20
cum ABCV: cui D
supinus BCV suppi-
INDICI
Rinvio semplicemente alla pagina del volume quando mi riferisco al testo oppure al testo e alle note insieme; quando mi riferisco solo alle note, ne aggiungo il numero all'esponente. Nell'indice delle parole sono indicate in corsivo le pagine in cui la parola in questione è trattata specificamente. Nell'indice dei passi citati è usato lo stesso sistema di abbreviazioni che nel testo (cf. p. xvss.). L'indice dei nomi e delle cose notevoli ha carattere integrativo: si omettono i rinvii presenti nell'indice dei passi citati; né sono registrate cose notevoli che si possono facilmente ricavare dall'indice delle parole. Gli autori moderni non sono di regola considerati quando siano fonti di testi umanistici o autori di manuali comuni.
INDICE DELLE PAROLE
a(d)miniatura 61 a(d)miniatus 33 adminio 61 ttdnotatio 98s. adnotatiuncula 97. 98s. adnoto 96s•• 267. 343 a(J)scribo 30. 70S.• 96s.• 99. 113. 2342• 262 1• 272. 292. 343 aliter 113 all·antiqua. vd. lettera
amanuensis 202S. amputo circum 53 Anglicanus. vd. littera antico. antiquo. vd. Ietterà antichissimo 167
antigraphon 194 ilntiquariu5 641• 201. 203S. ilntiquissimus 149. 150-153. 164-167; vd. anche codex. exemplum. libero littera. volumen ilntiquitatis mediae 154S.; vd. anche codex. exemplar ilntiquitatis mirae 164 antiquus 149, 150s.• 155. 160s.• 164-167; vd. anche codex, emendatio. exemplar. lectio. libero littera. volumen apex I03s•• 108. 1985 ; vd. anche litterarum -es apographon 194 aptus. vd. lectio. volumen archetypus (-um sost.) 1043• 110. 190.
arundo 135 asseres 66 assides 66. 67 atramentarium 21 a/ramentum 15. IS, 21S., 24s.• 76, 79. 103: scriptorium 2S Atticus. vd. littera auctoritas 213. 25S. 28S, 293-295, 296 1 aureus. vd. littera autographum 101 azolo 67 azurrum 57s.
barbarus. vd. littera bastardo. vd. lettera bastardus. vd. littera bastardinus. vd. littera biblioplethis 85 bibliopola 37. 45s.• 64. 6S. 71. 77. 82S.• 228 1• 291; vd. anche taberna -ae bibliotheca 21. 28. 71. '83. 85s.• 88. IlS. 124s., 128. 130. 153s.• 1595• 16S. ISO, 204, 210. 213. 21S. 249. 279. 343 bibliothecarius S2
bibliothecula 86 bidellus 82 bolognese, vd. mezzano bombycinus ( -bic- ) 16. 26s.
bombyx 26s. Bcnoniensis. vd. pagina mediana bonus. vd. codex, litterae bulletta 66
248. 252. 267. 279. 280. 303. 307.
308-3 17 ,ars 56. 77s.: fictoria 78; informaturae 77 ,artifex 77: librarius 77. 202
cadens. vd. littera caducus 105. Il9. 123 calamarit4s. vd. theca
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTl
calamus 18s.• 2IS.• 24. 100. 103. 13i. 172. 1986. 3291 : librarius 28; -o exaratus. seripfus. vd. codex. liber cancello 96. 109. 268 capitulum 6. II3. 263 carmen 111 1• 210. 228 2 carta bambagind 49 cartoraio 82 1
castigatio 276 castigafus 143. 215. 291 castigo 213. 253. 276 cedula 306 chalcographus 77 character 102. 106. 127, 134, 142. 201: Romanus 125; -es Cothici 123. 126; Craeci 102.289.293 ;grandes 126-1]0; grandiores 95. 126-130; Langobardi 124; maiores 104. 126-1]0; maiusculi 126-130; vetusfi 95; vetustissimi 105. 138; -is forma 3291; vd. ancht." littera c(h)arta 8. I4s.• 18s., 2IS., 24-26, 27, 28-32, 33. 39, 45 1, 52-54, 78, 101. IIOS.• II3, 144.200. 217. 237s.• 306:
bambagina. bombacis. bombycina 26s.; dimidia (media)]]; emporetica 18; epistolaris 172 , 18; Fabriana 18; haedina 25; hieratica 49 1 ; imperialis 49; libraria 172 ,18; membrana I22;papyri 23S.; Parmensis 18; regalis 49; vitulina 19. 78 chartaceus 26. I40s. chartarius 53, 83 charteus 25 c(h)artula 7. 32• 80. II3 charfularius (cartol-) 40. 81. 82 1• 83s. chirographum 71. 96. 100S.• 309, 312 circumscribo II, 96; vd. anche interposifio -pta circtllllscriptio 98 clausula 104. 203 clarlSllra 65 1 clavatura 66 clavlIs 66 codex 31, 7, II. 27, 37. 61, 645·, 67, 6971, 72S.• 75. 81 2, 82, 85s.• 88. 96. 99. 100.1°4. III 1, II3, lI5. II8, 123, 125. 127, 130. 152, 154, I56s.• 163, 168,
176-178, 187. 189-191. 209s., 213216, 218. 220, 222-227, 233s.• 236. 240s .• 247s., 254, 257. 260, 262S.• 267. 271, 274. 279s., 282S., 287. 2.91-293. 29 83 • 309. 3I2S.• 315s.• 319. 342: antiquissimlls 128. I48s., 152. 167. 238; antiquus 7IS., 109, II8 1• 143. 148. 153, 167. 1741• 2IOS.• 21 4, 245, 254, 262. 267. 270. 285, 321 , 327. 329; bonus 255; calamo scriptus (exaratus) 715.; impressus 715.• 75.233 2 ; manuscriptus 71S.• 238; mediae antiquitatis I54s.; multum antiquus 89; novus 73. 161. 1621, 190; pervetus 153. 155; pervetustus 254; recentior 167. 285; reverendae vetustatis 233 2 ; sane quam vetustus 153. 177; semivetus 95. 150; venerandae vetustatis 71, 128. 148; vetus 70, 149, 210. 294; vettStissimus IO, 862 • 96. 124. 128. I48s.• I52S.• 165. 168. 188. 190. 218, 226, 235, 241. 248. 252. 26IS.• 269s.; vetustus 71. 124. I48s.• 1561 , 157. 161, 163 168, 238, 241. 248• 252.265. 2'l9. 291, 293; -es librorum 7; (per)tiulgati, vulgatissimi 72-75.I24.223,2332,265;vd.anche
digero. exemp/ar codicillus 8: -i arborum 27; gemelli 8 collatio 213, 2441, 249. 279. 342s. colligator 64 1 colligo. -as 53. 64 colligo, -is 95 colognellus 42, 146 co/umna 29,30.38,401. 41S., 55, III, 291 columnella 33, 415. commodus. vd. volumen cOllllllunis, vd. fo/ium. litterae. volumen compactio voluminis 65 comparo 73. 249 compendiaria. vd. nota compendium 107 completus 5. 214. 217. 222 compositissimus. vd. littera confero IO. 71S.• 95S.• 106, 124. 128. 168. 188, 218 2• 241, 246-249, 260. 26ts.• 267.279, 313 2 • 314-316, 342
INDICE DELLE PAROLE
confodio 285 (onglutillo 31, 37, 64s• conicio in volumen 307 coniecto 210, 212, 2311, 2621, 287-293, 342
coniectura II8 1, 1721, 1741, 2II, 229 1, 262, 273, 287-293, 2945., 327, 329
coniectuTo 290 contamino 210, 286 conturbatus 226 cooperculum 65 1 copertura 35 copia 192-194, 254, 306, 319 copio 183 corium 66, 68; vd. anche vestio corpus i. 8 correcte, vd. exemplo, scribo corratio 176, 244, 247, 270, 275, 3435. corrector 64 1,68,77,224,244, 275s., 344 correctus IO, 16, 53, 215, 225, 2271 corrente, vd. lettera corrigia 67 corrigo 64, 96, J56, 1621, 1725., 175, 1805., 189, 1925.,229,2302, 233 3, 237, 248, 251-253, 259-264, 267, 268-274, 289, 292, 294, 327, 3435.: ad. exemplar 190, 223, 258, 269 corrumpo 75, 284, 286, 342-344
corrupte, vd. lego, scribo corruptio II, 189, 220S., 275, 3435. cormptus 99, u8, I31S., 2J2, 214, 2J7, 222, 226, 237, 2395., 255, 260.-263, 268, 270, 2765., 281, 292, 314, 342;
vd. anche littera cor5ivo, "d. lettera cortex 31 : -es arborum 28 crassior, vd. littera cullata 66 currens, vd. littera cursim, vd. transcribo cursivus, vd.littera antiqua cursor 203 decuria 45 1: paginarum 37, 42, 44, 45, 64 dejèctio 228 2, 237 difectuosus III, 239
349
deJectus 217, 236s. dejèndo 284 de.ficio 305., 33, IU-IJ3, 236, 237, 264, 285, 327, 331
deformatus 226 deleo 96, 109, no, 2IO deliratio vetustatis 176, 220 deliro 214, 2201 deminutus, vd. dimdepillgo 184, 2973 depravatio 221, 2302 depravatum, 505t. 221, 2302, 291 depravatus 96, 156, 178, 2IO, 212, 214, 220, 223, 228 2, 252, 258, 262, 281, 289, 293, 295 2, 317 depravo 286, 287 derado 289 describo 8, 37, IOI, 131, 157, 161, 181, 187, 191, 201, 228 2, 2291, 310, 3152 desidero U I l , 236 designo 227 1 desum 30, u3, 1561, 158, 180,236, 297, 327, 331,
276,
163, 307,
28b,
dictata 95 dictio IO, 45 1, 104, I08-IlO, 141, 218, 223,225,227, 2F 1, 2323, 234, 235 3, 257, 267, 284, 291, 296 1
digero in codicem 307 dilaniatus 224 dimidiatus 9, 156, 239, 285 dimidius, vd. charta,Jolium, pagina diminutus 30, 132, 217. 239 discerptus 240 disquaternatus 68 àissolutus 68 distinctio 104, u8, 1741 diversus, vd. littera divinatio u81, 1721, 1741, 290s., 327, 329 divino 104, u8, 1721, 173, 174, 290s., 329
editio 45. 70, 77, 2.6:1:, 322S. edo 8, 12, 70, Ul 1, 140, 25I, 258, 278, 287, 304, 306, FO, 313, 319-322: in volumen 303, 306, 307 effigjes, vd. litterarum effigies
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
l'limo 251, 269 emaculatus 215, 293 emaculo 283, 3131 emendate, vd. lego, scribo emendatio 131, 140, 143, 2I1, 2 13-215, 2251,230,248,251,260,262, 265268, 294, 2963, 3161, 343: antiqua
267; nova 267 emendator 109, 1621, 268 emendatus 16, 94, 121, 131, 1425., 1774 , 1805., 1875., 2095., 214s., 216-219, z25, 228 2, 252, 256, 2605., 265, 273, 280, 284, 292, 2973, 314; vd. anche
litterae parum -ae emendo 60, 71, 97, 102, 104, 108, I18 1, 1405., 161, 1621, 172-174,177, 180s., 187,1953,2125.,2205.,223-226,2302, 232-234, 238, 245, 247, 249-265, 267-269, 274, 279, 281, 2865., 291294,2972,3032,31°,3125.,317,322, 327,329,343: ad exemplar 245,252- 254
emporeticus, vd. charta encausticus, vd. tabella encaustum, vd. inepigramma 11 epistolaris, vd. charta erado 108 e"atum 37, 41, IlO, 127,202,219,247, 272
e"or 1725., 218 2, 219, 226, 227 1, 231, 257, 261, 275, 287, 291: -i mauum impono 261, 284 Etruscus, vd. littera exaratio 20 I exaro II, 17. 77, 94s., 1245., 1285., 132, 13'i 1, 142, 171, 182, 184, 186, 2961, 317; vd. anche codex, exemplar exceptor 95S., 109, 205
exchartabulum 40 excipio 95, 106, 1953, 205 excudo 76: formis 76, 79 excusor 76, I ro, 162, 2191 exemplar 13, 31,69, 72, 79, 94, 99, 105 5., I105., 1765., 1935., 235 1,
124, 137 1, 143, 1565., 166, 181-184, 185-189, 190, 191$·, 2145., 218, 220, 222, 225, 228, 239, 242, 246-249, 251-2 56 ,
258, 262, 2715., 2825., 285-287, 291. 297,2982,2983,3032,304,309, 312-
315,3175.,322, 339s.: antiquum 1621 • 188, 2095.;fidum 216; impressum 72. 188; manu exaratum 71S., 248; mediae' antiquitatis 154; novum 73, 241,294; probatum 97, 188, 262 1, 292; unicum 188; venerandae vetustatis 152; vetus 1875., 217; vetustatissimum 30, 106. 1485., 161-163, 165, 166, 187, 237. 258, 272, 287; vetustum 148, 1875.• 219,229 1, 241, 248, 270, 2795., 294. 3152 ; -ia librorum 7; vulgata 72 3, 73. 188; -is codex 94; vd. anche corrigo.
emendo exemplarium 186, 188, 221: manuscriptum 72 exemplatio 16, 183 exemplatum 50St., 183, 186, 272 exemplo 8, 25, 45, 103, II 7, 133, 182,. 183s., 185, 190, 1952,270, 318, 342~ co"ecte 215 exemplo 191 exemplul1l 1025., 176, 181, 185s., 18g-192,. 194, 303 2, 314, 318, 339: antiquissimum 70; retraho 184, 190; sumo 184,. 189, 190, 269; traduco 184, 189 exesus 105, 305 exolesco 1043 exoletus 105, III, 138, 286 exorno 61 explicatus, vd. littera exprimo formis 76 expungo 45 1, 95,109,110,216,257, 284S. ex(s)cribo 94, 103, 1055., 177, 181, 1865.,. 191,200-202,223,228 1,2535.,277 1, 286, 291, 293, 309, 312, 313 1, 317,. 340
Fabrianus, vd. charta facies 32, 38, 40s.; vd. anche littera fasciculus 84 fenestra 2282, 237 fenestratus 237 festinus, vd. manus fibula 40, 66, 67
INDICE DELLE PAROLE
fidelis 121, 130, 143, 1521, 180, 216, 2555., 291, 2973 fidelitas 138, 216
fideliter, vd. scribo, transcribo fidus 143, 216 figura 59, 102S., 138, 1805., 2322 ; vd. anche littera figurare 59 1 finitus 217 foglio reale 49 folium 30, ]2-35, 36, 38, 40, 43, 46: commune 50; dimidium]3; vd. anche mensura, modus, volumen forma 49, SI, 76; vd. anche lettera forma 38, 48, 491 , 55s., ;6, 775., 144: Gallica lO], II9, 1]0-132; imperialis 491 ; magna 47, 55; mediocris 48, 55; minima 55; parva 48,55; vetusta 120, 197; vd. anche character, excudo, exprimo, littera, propago formatus, vd. littera formatio 244 formo 76, 144 formulae litterarum, vd. littera fragmentatus 240 fragmentum 13, 39, 46, 93, 1595 , 237s.; vd. anche scribo Francisca 122 frequens, vd. scriptura frons libri 41 fundellus 66 1 fundus (jòndus) 66 fusus, vd. scriptura Gallicanus, vd. /ittera gallico, vd. lettera Gallicus, vd. jòrma, /ittera, manus gemellus, vd. codicillus Germanicus, vd. littera glos(s)a IO, 83, 97s., 1465., 280 glossatus 98 glos(s)ula II, 97s., II2, 143, 228, 342 Gothicus (Gotticus), vd. character, littera Graecus, vd. character, librarius, littera, scriptura grandior, vd. character
35 1
grandis 49; vd. anche character, Iittera gratus, vd. littera greco, vd. scrittore grossus, vd. littera, volumen
haedinus, vd. charta (h)ariolor 29] hendecasyllabus 255 hieraticus, vd. charta historiatus 60
idiographus 101 illaesus 218 illuminatio 244 illuminator 64 1 illumino 40, 60S., 64 illustro 60 imperfectus 240 imperial(l)e 48s. imperialis, vd. charta, forma implicatus, vd. littera implicitus, vd. littera impono manum errori 261,284 impressio 71, 75 impressor 75s., 79, 271, 275, 286 impressus 49, 83, 146; vd. anche codex. exemplar, /ittera imprimo 37, 56, 70, 75, 77, 79, 127, 188. 2182 ,225,271,2795.,286,289, Pl. 313 1 , 320
incastigatus 225 incaustum 25 incolumis 209, 212, 218, 219, 282 incolumitas lectionis 219 incompletus 214, 240 incorrectio 221 incorrectus 224, 304, 313 inco""ptus IO, 216, 260, 274, 291, 329 1 index IIS., 87, 88, 256 indicium 41 indiculus 875. induco 95, 109S., 1II 1, 287 inemendatus 69, 175. 2245., 254inexpletus 240 in foglio 51
352
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
informator 76s., 321 informo 76 infrascribo 89 ingens, vd. volumen initialis, vd. littera inornatus 62, 190 in 40 folio (volumen 4.folii) 51 inquinatus 226 inscribo 7, IO, 12, 28, 32, 41, 491, 89, 135, 139, 296, 298 2 , 299 1 inscriptio 115., 168 il/sero 2961, 2963 , 297 1 297 2 , 2973, 2991 irlteger 30, 152, 1595, 187, 2095., 216, 217s.,240, 242, 291; vd. anche restituo
itltegritas lectionis 218 integro 218, 276s. intercido 9 intercisus lO, 991, 152, 1561, 240s., 263, 277, 28 7
interlinea (-ia) 98, 112, 342 interlino 110 interpolatus 991, 162, 241, 287 interpolo 109, Ill t , 287 interpositio circumscripta Il, 98, 228 interpretor 172, 18o, 2602 , 263, 272, 295 2 interpunctio 104 interpunctus l04S. intersero 2961, 299 1 intervalla dictionum 1°4 inventariulII 87 inversio 225 inversus 225 inviolatus 2 I 8 Italicus, vd. littera iugulo 285 iuncus 28
lacer 1595, 240, 2415. laceratus 2415. Langobardicus, vd. liUeTa Langobardus, vd. character, littera lapsus 221, 2341, 2344, 2351, 235 2 Latinus, vd. IiUera, scriptura latus 41, 196 lectio 70, 96, 152, 157, 162, 201}-212,
214, 216, 2185., 234, 242, 255, 2621• 272, 277, 2815., 292: antiqua 178, 211S., 289; apta 2II; varia 2II, 213; vetus 211S.; vd. anche incolumitas, in-
tegritas, redigo, restituo legare 642 lego 70, 152, 173, 209, 2105., 244, 256, 2571, 264, 271, 282, 287: cOTTup!e 210; emendate 162, 287; mendose 72, 209, 223s., 282; vitiose 73; vd. anche
puto -endum lettera (lectera) (-e): all'antiqua 121 1; antiche corsive 122; antiche nuove 122; antiqua 121; bastarda (-e) 144; corrente 135; di forma 76, 78; gallicha (-e) 130s.; longobarda 1241, 125, 128; maiuscole 128; moderna (-e) 146; tedesca 132 libellus 31, 8s., 12, 27, 44, 56s., 61, 83, 96, 103, 121, 141, 189s., 193, 200, 217, 254, 261, 270, 276, 306s., 315, 320, 328 liber 3-8, Il-18, 20, 22-25, 27s., 30, 33, 38, 40 s., 44, 46, 52-55, 59, 61-64, 66-69, 73, 76, 79-82, 85-89, 935., 975., 101, 104, i06, !Ios., Il3, II9, 122, 133 1, 134, 138, 140, 145-147, 155, 157, 1595, 163 1, 165, 168, 173177, 180, 183, 186, 188-191, 1984, 1985, 201, 204, 209, 213-215, 2175., 220-223,225, 228 2 , 229~ 2322 , 2395., 242, 2441 , 247-249, 2525., 259, 26 3, 265-268, 270s., 275, 2785., 2815., 286s., 2915., 297-299,304,306,3105., 313-316, 320, 342-344: antiquissimus 149, 235 1; antiquus 148, 262; calamo scriptus 162; manu striptus 162, 287 5 ; novus 76, 162, 2191; pervetus 148, 153, 212; vetus admodum 13, 154, 161S.; vetustissimus 94, 124, 1485., 152, 1561, 158; vetustus 149, 167; -i arborum 31, 25; vulgati 73, 282; vd. anche codex, exemplar, frons, officina,
redigo, volumen libraria 86s., 168 librarius agg., vd. artifex, charta, matu::eps, manus, taberna
INDICE DELLE PAROLE
librarius sosto 15. 17, 27. 41, 44. 46. 63.
76, 77. 81 3• 82. 845.• 95. 98, 100. 102. 109-111. 119. 135. 154. 162. 175. 181-183, 187. 190. 195. 197. 1983• 198 5• 199-202, 2045.• 222. 228-230. 2341• 235 3• 253. 260. 263. 271. 287. 29 1• 2982 • 321. 323, 342: Cracetls
202; publicus 82 ligatura 61, 65. 244 ligatus 35. 43, 65. 68 ligo 20. 56. 60. 64. 675.• 85, 185 limo 201. 237, 249, 251. 258, 283 linea 38, 62S.• 112. 113. 196 lineamentum (linia-), vd. littera lit(t)era (-ae) 7s., 25, 28, 38, 57, 63, 77. 79, 100, 101$.• 1045., 107-109. III, 115. 117-119. 129, 140. 143, 162. 168. 174 1• 182. 197. 198 3• 203. 210. 218, 221. 225, 227 1, 228 2• 230-235. 267. 281. 2865.• 291-293. 2983. 306, 342. 344: Anglicanae 144; antiqua (-ae) 775.• 104.114, 116.117-122, 131. 142. 145. 180. 1972• 204. 216. 222, 2973• 342; antiquae Cllrsivae 122; antiquis-
sima (-ae) 138s.; Atticae 134s.; aureae 20; barbarae 89. 118. 133s.• 175. 187. 214; bastarda 144; bastardina 144; bonae 16, 20. 142. 146s.; cadentes 105. 2 83; communes 63. 127; compositissimae 88. 99. 142; corrupta (-ae) 177S., 142. 222; crassiores 141; currente5 135S.; cursivae 136; diversae 147; Etru5cae 135; explicatae 104, 105 1 • 142; formatae 76, 78, 116. 1445., 146; formatae modernae 146; formatae Pari5inae 144; Cal/icae 116, 130-132; Cal/icanae 131, 157; Cermanica (-ae) I16. 132. 142. 222; Cothicae (Cotticae) 114-116. 123. 126; Craeca (-ae) 94. 141. 180. 184.216.2963, 2964, 2971• 2972.2973.2981; grandes 126-130; gratae 88. 142. 143; grossa (-ae) 140S.• 146; implicatae 1051. 142; implicita 132. 142, 222; impressae 76-78; initiales 61. 62; Italica (-ae) I16, 132S.• 146; Latinae 104. 142s.; Longobardae (Lang-) 862• 94. 105. 107. 11423
353
116, II9. 122-126. 129. 152; Longabardica (-ae; Lang-) 124S.; magnae 145. 147; maiores 61. 62, I16, 126130; maiusculae 63. u6. 126-130; malae 140; minutae 140. 141; minutissimae 138. 141; modernae 78. 116. 122. 133. 141. 145s.• 147. 342; modernae quasi antiquae 122. 146; non admodum antiquae 139; notarina 146; novae 89. 133, 140, 175. 187. 214; optima (-ae) 20. 133. 139. 141S.• 175; Parisinae 132. 144. 146; parum emendatae 118. 214; parva (-ae) 27. 141. 145. 147; pessimae 102, I18, 141; Pisana 1043. 248; principalis 62, 63, 65; pulchra (-ae) 19, 61, 77, 139, 141,145-147; quasi antiquae 122; quasi barbarae 134; quasi modernae 145-147; rubea 59; sculptae 78; speciosissimae 141; textualis 146; Theutonicae 132; ultramontanae 146s. ; ultramontanae cursivae 147; variae 147; variatae 132. 136, 145. 147; veteres 138; vetusta (-ae) 102. 139s.• 265, 267; vetustior (-es) 119. 140; vetustissima (-ae) 138s.• 216; -amm apices 1035.• 171. 233 3; -arum character (-es) I15. 228 1• -arum effigies 103, 104. 142; -amm facies 88. 100S.• 103. 142s.; -amm facies vetusta 120, 138s.; -amm figura 102S., 229, 264; -amm (-ae) forma (-ae) 15, 103. 135, 3291; -arum formulae 80, 103; -amm liniameHta 25. II3; -arum notae 59, 104, 135, 197; -arum picturar 68; -arllm simi/itudo 230, 233; -arum tractus 101 litura 18, 110, 142 Longobardicus. vd. littera longobardo. vd. lettera Longobardus. vd. littera, volumen lorum 68 lumen 60
magnus. vd. forma. littera, volumen maior. vd. charaeter. littera maiuscolo. vd. lettera: -e latine 128
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IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
maiu5culus, vd. character, littera malus, vd. littera manceps 45 1, 218 1 : librarius 218 mancus 3I, 242 manus 100, 101, 143: festina 1371 ; Gallica 131, 156; libraria 100, 143, 216; ve10x 137; manu exaratus, vd. exemplar; manuscriptus, vd. codex, exemplarium, liber; vd. anche impono, scribo margo 12, 38, 70, 96-100, III, 112s., 142, 176, 2342 , 239, 261, 264, 297, 306, 342 medeor 289, 295 2 medianus. vd. pagina mediocris, vd. forma, volumen medius, vd. charta: -ae antiquitatis, vetustatis, vd. €odex, exemplar membrana (men-) 14-18. 19s., 21-23, 25s., 43, 46, 49, 53s., 645., 88, 98, 101, 125. 137, 14IS., 1631, 187. 265, 328: purpurea 20; vd. anche €harta
membrana€Cus 202 membranula 20, 113 Memphiticus, vd. papyrus menda 76, 175, 220, 225, 230, 267, 271, 275, 32 3
mendatus 224 mendose, 188: vd. anche lego, scribo, transcribo mendositas 221 mendosus 94s., 106, III. 118, 1342 , 139, 141, 156s., 162, 178, 187s., 212, 2I4S., 218, 220. 222. 223s.• 225 1, 226, 229, 233, 239, 242, 254, 256, 259, 265. 270s., 271. 285. 291. 293, 298 3 , 3131, 314 mendum 187, 219s.• 229, 234,235 1,251, 267. 276, 316. 343 mensura folii 14, 43, 50, 53 mezzano (meçane) 48s.: bolognese 49 minimus, vd. forma minio 56. 60S.• 185 minium 58s., 61. 63; vd. anche omo minus est 236; habetur 236
minuta 304 minutus, vd. littera
moderno, vd. lettera
modernus, vd. littera modus folii 44, 50 morbus 220. 238 musilus. vd. nota mutilatus 222, 225, 239, 242. 248, 285 mutilus 242 nomen 12. 87, 89 nota 18. 37, 96, 99, 102. 106s., 109s.• 127.203,310: €ompendiaria 107; musila 49 1 ; vd. anche littera notabile 99, 142 notarinus, vd. littera notarius 106. 204s. noto 95, 97, 129, 176, 180, 255. 309 novitius. vd. scriptura novus 161-166, 275; vd. anche €odex. emendatio, exemplar, liber, littera, scriptura. volumen nudus 56, 62, 65, 68, 190, 275 nuovo, vd. lettera
obe1l1s 285 oblongus 123 obsoletus 106. 2983 obtrlln€atus 224. 242 o€€ae€atus 94. 106 Dedipus 225, 289. 293 offidna librorum vendendorum 85 operarius 45 1, 218 2 opertulum 59, 65 opifex 77, 79 optimus. vd. littera originalis (-e sost.) 1595 , 189. 192, 303. 3 18S.
ornatus sosto 62, 65. 119 orno 57S., 615.,65.83,312: minio 57, 61. 66
pagella 22, 31, 36,39s. pagina 31, 25, 28s.• 31S., 35-38, 45 1• 55. 62. 96. 102. 109. II2S., 163 1• 19 15 ., 280: dimidia 33. 361; mediana Bononiensis 49; vd. anche decuria
INDICE DELLE PAROLE
~ams"~,
vd.papyrns papyreus 24, 132 papyrnl1l (-i-) 22, 39 papyrus (-i-) 135., 165., 19, 21-24, 26, 27s., 43, 495., 78, 142, 146, 256, 305 1 : Memphitica 23; palustris 225., vd. anche charta Parisinus, vd. littera Parmensis, vd. charta parvus, vd. forma, littera, volumen; valde parvus, vd. volumen pecia 196 peraro 95, 128 perftctus 159 5, 219, 237, 331 1 pergamena 20S. pergamenum 16, 20S., 25, 125, 140, 1821, 306
perlego 283S. perversus 226, 281 pervetus 150s., 153, 164; vd. anche codex, liber pervetustus 164s.; vd. anche codex, volumen pessimus, vd. littera phalera 68 pictura 59; vd. anche littera pigmentarius, vd. theca 7tEv~~ 88
pingo 175, 180s., 184, 227 1, 228 Pisanus, vd. littera plenus 219 postilla 61, 99, III praeposterus 226, 281 principalis, vd. littera principium 89 probatllS, vd. exemplar propago formis 76, 320 protocoU,lm 306, 339 prototypon 313S. publico 76, 79, 272, 3Il, ]19-321 publicus, vd. librarius pugiIlaris 54, 200 pulcher, vd. littera punctul1l 155. pungo 109, 110 purpureus, vd. membrana puto legendum 157, 273
355
quaternio 425., W., 535., 68, 126, 141, 182 quaternulus 44, 45 quaternus 20, 32, 435., 45, 339 quinternio 14, 25, 32, 38, 42-44, 45s., 49, 525., 1961 , 283
quinternus 35, 435., 46s.,
251
rado 16, 64 rampinus 67 raptim, vd. scribo, transcribo rasura IO, 108s. ratio 213, 258, 273, 288, 293-295 realis, vd. volumen real(l)e 485.; vd. anche foglio recenseo 277-279, 322, 343 recensor 279, 343 recentior, vd. codex recognoso 77, 79, 98, 218 2, 260, 279s., 312-314
recollectae 95 rectus 209 recu"o 28] reçute 49 redigo in librum (-os) 306, ]07; in veram lectionem 282,289; in volumen 5, 194. 303, ]07, 310 redintegratio 277 reduco in pristinam sinceritatem 216, 282; in volumen 182, ]07 regalis, vd. charta regius, vd. volumen relego 28]s. religo 65 1 repertorium 88 repono 242, 282, 288 repurgo 283 resarcio 28] rescribo 100, IlO, 1371 , 181-18], 195 2, 1953, 25 1, 319
restituo 176,248,272,280-282,294,2963, 2964, 298 3, 299 1: in integrnl1l 276s., 282; in pristinam sinceritatem 216, 256, 281$.; in veram lectionem 212, 217, 282; (suo) loco 281 retraho, vd. exemplum revideo 189, 193, 213, 221, 246, 249, 269, 279, 282, 343
356
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Teviso 279, 282. 343 ricorreggere 270 rileghare 642 riscontrare 76, 93, 270 Romanus, vd. character Tubeus, vd. littera
rubrica 59 rubricatio 244
similitudo litterarum. vd. littera sinceritas (syn-) 216; vd. anche reduco. restituo sinceriter 209, 216 sincerus (syn-) 188, 212, 216 solutus 45, 65, 68 spatium 25. 53. 62. 113s. speciosissimus, vd. littera squademato 68
scartabeglio 401
scedulla 306 sc(h)eda 35, 54, 303, 305s., 307 schedula 305s. schudito 67 scriba 201, 205 scribo 93s., 184, 278: ad fragmenta 196s.; correete 175; corrupte 237; emendate lI8 1 , 2145., 297, 327; fideliter 216; manti propria 99s.; mendose lI8 1, 154, 1741, 186,223, 327; raptim 136s.
scriptio 201 scriptor 13, 15 1 , 16, 25,641,94,103, II9, 132, 1342 , 143, 1603, 182. 1855., 189, 191, 1951 , 197s., 199-202, 203s., 223, 227,233,286, 306, 3291 : ad volumina
196s. scriptorius. vd. atramentum scriptura 18. 32, 6Is.• 65. 101, 102. 109, II2, II5, 128, 143, 154. 171S., 198 6 ,
212S., 216, 223, 232, 253, 273. 282, 285, 287, 294, 295 2 : frequens 2II, 213, 294; frisa 136; Graeca 223; Latina 223; nova 140; novitia 212; varia 213; vetus 212; vd. anche vcritas scrittore greco 195 scrivere 93 sculptus, vd. liuera scutum 40, 67
semilacerus 222 semipagina 362 semitruncus 222, 242, 255 semiversus 112. 236 semivetus 150s., 1545.; vd. anche code:.: seratura 67 sermo 41, 85. 201, 2282 sextemus 20, 35, 43. 47
stampa 41, 77, 78, 146 stilus 15. 24. 104, 142 subnoto 96, 97 subscribo 38, 44, 81, 96, II3, 254, 279, 312 • 343
subscriptio 279, 343 sufficio 286. 291 sumo, vd. exemplum superscribo 95, 96, J09, 268 supplementum 237 suppleo III, 236, 241, 257, 264. 277, 285s. syllaba IO, 41, 96, 1042, 109. IIO, III I , 152, 202, 220, 228 1, 232S., 268. 285
syncope 181, 238s.
tabella 66, 68: encaustica 26 tabema bibliopolae 71,83,85; libraria
81 2 ,
82, 85 fabula 66, 68, 163 1
tabularius
201
tedesco. vd. lettera tegmen 66, 67 tegllmentum 57, 66. 68
textllalis. vd. littera textura 11. 228 textus 9s., 83, III, 146s., 176, 180s., 2145., 2302 , 241, 260, 264, 270, 274, 280, 298 2 , 342 theea calamaria 200; pigmelltaria 200
Theutonicus, vd. littera titulus 9, 12S., 63, 99. 141, 183 totus 218, 239 tractatus 6, 147, 263 tractus litterarum, vd. littera traduco 172, 176, 184; vd. anche exel1lplum
INDICE DELLE PAROLE
transcribo 8, II, 13, 17, 20, 23, 46, 49, 525., 75, 94, 98, 118, 120, 1331, 1342,1361, 137, 141, 143, 1725., 175, 177 4, 18o, 181, 182, 184-186, 189191, 193, 1953, 1961, 1985, 205, 233, 245, 2515., 254, 256, 2585., 2645., 269, 28o, 2835., 289, 293, 297 2, 2973 , 298 1, 3°4, 306, 309, 311 , 317-3 19, 321: cursim 13, 136s., 181; fideliter 216; iII ordine 20, 23, 3°5 1; mendose 223; raptim 136s., 181 transcriptio 16, 181 2 , 204, 225 1, 266: in
ordine 339 transcriptor 201, 204 transcuffo 185 transfero 172, 184 transformator 184 translator 184 transmissiva 339 transumo 184, 312 truncatus 137, 242, 254 truncus 31, 1595 , 242 tueor 284 typus 70 Tyresiam consulo 172, 293
ultramontanus, vd. littera umbiliClls 66, 68 unicus, vd. exemplar
variatus, vd. littera varietas 213, 2441, 279, 343 varius IO, 213s.; vd. anche lecrio, littera, scriptura velox, vd. manus veritas scripturae 212, 217, 230, 231 1, 291 versus 31, 38, 415., 105, 107, 110S., II3, 128, 1561, 158, 1815., 187,2105.,213215, 223, 241, 255, 264, 267, 286, 297, 321 verus 152, 162, 196, 2095., 212, 215, 216s., 2185., 242, 262 1, 272, 294,314, 342; vd. anche redigo
357
vestio corio 66 vestitus 655., 68 vetus 149-151, 153s., 166s.; vd. anche codex, exemplar, lectio, littera, scriptura; mire vetus 148, 150s.; vetus admodum, vd. liber vetustatis mediae 150; mirae, vd. volumen; reverendae, venerandae 150s.; vd. anche codex, exemplar vetustior, vd. littera vetustissimus 149, 150-153, 155, 1605., 164-166; vd. anche character, codex, exemplar, liber, littera, volumen vetustus 150s., 160, 164, 166; vd. anche character, codex, exemplar,forma, liber, littera, volumen; mire vetustus 150s.; vd. anche volumen; sane quam vetustus 153; vd. anche codex, liber violo 209, 287 vitiatus 225s., 234 1 vitio 323 vitiose, vd. lego vitiosus 289 vitium 220, 221, 229, 344 vitulinus, vd. charta volumen 3-8, 9, 12, 16, 20, 23, 26, 30, 38, 43-46, 52-55, 56-60, 62, 685., 7173, 76, 81, 83, 87, 89, 94, 113, 121, 1235., 128, 130, 132, 139, 140-142, 163 1, 175, 184, 194, 196s., 201, 218, 223, 237, 240, 254, 256, 2585., 2634, 265,277,29 1,293, 311 , 313, 3175., 322, 3291: antiquissimum 39, 148; antiquum 25 l, 2891, 295 2, 3291; aptum 54, 130, 142; commodum 10,54; commune 50; folii 50; grossum 521; ingetls 12, 182, 185, 252; Longobardum 124; magnum 47, 53; mediocre 48, 50, 5254; mirae vetustatis 166; mire vetl/stum 148; novum 166; parvum IO, 48, 5254, 83, 136; pervetustum 165, 254; reale 49, 521; regium 49; valde parvum 48; vetustissimum 139, 141; vetustum 124, 162, 287; -a librorum 7;
vd. anche conido, edo, redigo, reduco. scriptor vulgatus, vd. codex, exemplar
INDICE DEI PASSI CITATI
ANONIMO
ACClAIUOLI DONATO in Ve-spasiano ep.
I,
16:
nota al Paris. gr. 425. c. 93v: 93V: 318
III
ACCIAIUOLI ZENOBIO
ANONIMO
pref. a Poliziano epigr. gr.: 3 II AGOSTINO, s.
III,
ANONIMO
de cit'. D. 5. 8: 3421 doctr. christ. 3, I, I: 266
note al Vat. lat. 2901.
ALESSIO tedesco, copista
C.
33r e 67v: 108
ANONIMO
soscr. al cod. Brit. Mus. Add. 12012: 252; al cod. Cornell University B 2: 1774, 252
note al Vat. lat. 5951: 236 ANONIMO soscr. all'Ambros. D 531
AMIDANO ZENONE letto a P. C. Decembrio: 221
inf.: 258
ANONIMO soscr. a Cic. orazioni: 258. 269, 272
AMMANNATI IAcopo
in Vespasiano ep. 40. 3: 94, 270; 40, 8: 93
ANONIMO soscr. al cod. Bamberg. Patr. 61; 3122
AMMlANo MARCELLINO
ANONIMO soscr. all'Estense VI D 6: 252
15, 5, 4 e 22. 15. 8: 9 ANONIMO diz. lat.-ted. p. 277: 21, 25, 306s.• 339; p. 218: 185, 189
ANONIMO soscr. al Palato lat. 1469: 1641, 252 ANONIMO soscr. a Plat. Menone:
ANONIMO nota al Barb. lat. 146, c. 186r: 38
Nota al Riccard. 506, c. 13r: 99. 239. 286
C.
37s.; 176v: 37S.;
ANONIMO nota al Laur. 32,46. c. n: 68 ANONIMO nota al Laur. 65, I: 33, 44
224
ANONIMO soscr. all'Urb. lat. 327: 318 ANONIMO soscr. al Vat. lat. 1958: 191. 216 ANONIMO trattato nel Monac. lat. 451: 127
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI ANTHOLOGIA PALATINA 9. 75: 298; 16, 151: 111 1; vd. anche Posidippo
81 2 • 214; 9 1 p. 114: 164. 268; 94 p. 117: 53. 217, 222; 94 p. 117s.: 81 2 ; 96p. 120: 24; 104 p. 126: 193. 319; 105 p. 127: 182, 319
ANTIQUARIO IAcopo in Poliziano ep. 3. 18 p. 86s.: 78s.; 3, 18 p.87: 12. 71, 83. 85; 6, IO p. 186: 41 ANTONIO DA ROMAGNO
AUSONIO 12 p. 323s. Peiper: 194; 123. 2 p. 343: 2 84; 393, 7 l ss. p. 248: 28; 393, 74ss. p248: 103; 393, 77 p. 248: 282
letto in« N. Arch. Ven.» 99.1915.228: 103. 135, 140s. ANTONIO
DI
MARIO
soscr. al cod. Firenze, Naz. Conv. soppr. A. 2. 2638. all·Oxon. Balliol. 78 B. al Laur. 65. 5. a Palmieri de temp.: 318
AVANZI GIROLAMO
emendo
C. a2r: 72, 212, 248. 276. 281,. 294.323; C. a2V: 72, 210S.; C. a3r: 167. 220,285; C. a3r-v: 210; c. a3v: 2IOS.• 214. 236. 267; C. a4r: 2IOS., 282; c. a4v: 210-212; c. a5V: 211. 213
ApULEIO
apal. 6: 210 fiar. 15 p. 20S. Helm: 210 met. 1,23: 212. 285; 3, 3: 225 ARDIZZI FRANCESCO note all·Ottob. lat. 2057: 184 soscr. all·Ottob. lat. 2057: 103s.• 121 142, 1641• 26 9 ARIOSTO LUDOVIco sat. 3. 6Iss.: 321 ASCONIO
in Pisano p. 13 Cl.: 271 lag. cando p. 88: 233 3 AURISPA GIOVANNI
ep. 5 p. 7: 166; 5 p. 8: 141, 164; 7p. 13: 59s.• 164. 219; 7 p. 14: 16. 19. 23s.• 53, 141. 215. 217; 7 p. 15: 19. 141; 12 p. 20: 62; 16 p. 24: 164; 17 p. 27: 46; 20 p. 30: 247 1; 30 p. 48: 24.81 2.101,120; 35 p. 54: 143,195 1• 1992• 2 15.268; 52 p. 67S.: 164; 53 p. 69: 164,219, 331 1 ; 55 p. 72 : 130, 164; 66 p. 82: 133 1; 76 p. 96: 319; 84 p. 104: 19; 86 p. 106: 1992 ; 91 p. 113: 217, 240; 91 p. 113 s.:
BARBARO ERMOLAO il Giovane
cast. Plin. C. a2V: 71, 75, 77, 127 ep. II p. 71: 76, 222. 281, 322; p. 79: 222, 281; p. 83: 277; p. 90: 210, 281;. p. 9IS.: 229 BARBARO FRANCESCO letto al Niccoli: 881, 298 1; al Traversari: II, 88 1 BARZIZZA GASPARINO letto al Cocco: 183 4; al Corner: 6s.• 60, IIIS., 216, 229, 232. 245. 2602, 263S.• 270. 285; al Landriani: 62. 68. 1641.. 1834, 190. 269 nota al Vat. lat. 1773: 89 soscr. al Neapol. IV A 43: 270 BEMBO
PmTRo
ep. I, 7 p. 12: 111 1, 236 BEROALDO FILIPPO il Vecchio
anno C. a2r: 209; C. a3v: 220,257. 284; a4v: 209, 223, 271; C. aa2r: 257; c. aa3v: 209. 233 2 , 255; C. aa4v: 111 1; c. C.
INDICE DEI PASSI CITATI
b3V: 70, 75, III, 271; c. b4r: 104,221, 225, 233 3, 257; c. b4v: 75,220,225,233, 257; c. b5r: 220; C. b6r: 75, 271, 275; c. b6v: 257, 284; c. b7V: 755.,223,225, 229, 2755., 285; C. b8v: 72, 242, 271; c. CH: 70,755.,2205.,2333,271; C. CIV: 223, 226,2665.; C. C2r: 72, 755., 2004, 233 2, 257; C. C2V: 76, 2004, 271: C. C3r: 223, 269, 271; c. c4r: 755., 223, 233 3, 267, 271, 286; c. qv: 72, 76, 220, 2335., 2755.; c. c5r: 103,267,271,284; c. c5v: 28,2004, 223; c. c6r: 95
comnt. ... in Asinum aureum L. Apulei, c. 2r: 76 in Poliziano ep. 6, 2 p. 170: 975. letto in Garin p. 378: 83 BESSARIONE,
card.
In illud Evangeli ecc., PC. 161, 625A: 221, 235 3 BIONDO FLAVIO
Ital. ilI. p. 346: 140, 161 1, 190; p. 374: II5 505cr. all'Ottob. lat. 1592: 3I, 1641, 187, 236 BOCCACCIO GIOVANNI
de montib'ls c. 54r: 221 1; c. 74r: 102,
2905.,329 1; c. 74v: 290 BOEZIO
cons. 2 carm. 5, I: 148 1 BORGO (DAL) TOBIA
in Gnarino ep. 759, 195: 30, 239; 759, 275: 1895.
Bosso
MATTEO
in Poliziano ep. 7, 9 p. 205: 565., 61, 66, 68, 75, 775. letto in «lt. med. e um. & Il, 1968, 185: 66, 1631 BRACCIOLINI POGGIO
de5cr. di un cod. di Cic. de or.: 305., 38, IlO, II2, 236, 2385.
361
ep. I, 6 p. 30: 87; 7 p. 38: 87; 13p. 61: 87; 21 p. 81: 1994; 2, 2 p. 88: 19; 4 p. 94: 1371; 5 p. 94: 44; 5 p. 95: 1371; 6 p. 96: 8; 7 p. 98: 143, 32; 7 p. 100: 23, 1371; 9 p. 104: 7, 12, 123;· 9 p. 105: 1371; IO p. 108 e 19 p. 144:
1371; 20 p. 145: 1371; 22 p. 148: 121~ 22 p. 149: 33 1, 186, 1994; 23 p. 150: 19,435.,50,1371,1994,223; 25 p. 152: 81, 84; 26 p. 153: 14, 16, 19, 255., 435.,50,53 5.,1994,305; 26 p. 154: 93~ 27 p. 155: 19, 26, 505., 102, II9, 1972 .. 1994; 27 p. 156: 259, 269, 272; 29 p. 158: 103, H9; 29 p. 1585.: 13I; 29· p. 159: 19, 1821, 1994, 214, 222, 328; 29 p. 1595.: H9, 1972 ; 29 p. 160: 1371; 30 p. 161 e 31 p. 162: 19, 328; 3 1 p. 163: 1371; 32 p. 1645.: 133 1; 32 p. 165: 14; 33 p. 165: 152 , 19,43,46, 328; 34 p. 1675.: 139, 1997 ; 34 p. 168: 44,87, 182; 34 p. 169: 1371; 36 p. 171: 151, 15 2, 19, 26, 435., 50, 541, 1994~ 36 p. 173: 1371, 182; 38: 225 1; 38 p. 175: 642 ; 39: 225 1; 39 p. 176: Il9.. 1997,225 1; 41 p. 1785.: 1997 ; 41 p. 179: 26, 803; 3, I p. 187: 14, 19, 26, 43,. 46, 50, 87; 3 p. 189: 39; 3 p. 191: 1371; 4: 225 1; 4 p. 192: 181 2 , 225 1•. 266; 5: 301, 225 1; 5 p. 195: 26, 225; 9 p. 26 7: 12; 12 p. 207: 87; 12 p. 209: 13; 12 p. 2095.: III; 12 p. 210: 15t, 19; 13 p. 210: 87; 13 p. 2II: 15 1, 26, 1994~ 14: 301; I4 p. 213: 33 1, 1994; 15: 301; 15 p. 213: 105, Il9. 123; 15 p. 214: 31, 33 1, 1994; 17 p. 216: II81, 165.. 1721, 1741,223,245,254,259,270,290;. 17 p. 2165.: 327; 17 p. 217: 30, 33 1•. 42, 236; 18 p. 216: II 1; 19 p. 219: 105, 107; 19 p. 220: 22, 31, 105; 20: 1071; 20 p. 2205.: Il 1; 20 p. 221: 19.. 26, 1997 ; 21 p. 223: 1065.; 22 p. 223: 33 1• 1994; 25 p. 261: 195., 1994; 27 p. 264: 20, 93, 181, 259; 27 p. 2645.: 33 1; 27 p. 265: 33,93, 1951, 1984, 1994; 28 p. 266: 14,20,26, 1994; 29 p. 2665.: 87; 29 p. 267: 12, 89, 217. 240; 31 p. 271: 87; 31 p. 272 : 319; 32 p. 274:
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
12; 35 p. 281: 319; 36 p. 283: 251. 259. 269; 37 p. 284: 8. 85. 102, 118, 141. 223; 38 p. 285: 33 1, 56. 61, 642; 38 p. 2855.: 53; 38 p. 286: 15 2, 16, 26. 44.64.102,113,1994.2541; 39 p. 288: 21 5, 223; 4, I p. 293: 20, 64. 82; I p. 294: 1971, 1994; 2 p. 294: 165; 2 p. 295: 141, 1971, 1994; 4 p. 304: 1175.• 222.25 6 .264; 4 p. 3045.: 173. 2775.: 4 p. 3°5: 305.• 36. 242; 6 p. 309: 319; II p. 320: 1971, 1994; II p. 321: 123.221; 14 p. 329: 8. 319; 17 p. 338: 56. 61; 17 p. 339: 89. 104. 1175.• 172-174. 290. 329; 17 p. 340: 33 1• 186, 1994; 24 p. 36 5: 290; 5,5 p. 13: 222; IO p. 35: 8, 93; 17 p. 56: 319; 18 p. 59: 123. 126; 6, 7 p. 9 6 : 319; 7 p. 97: 44. 64, 68; IO p. 103: 195 1 , 1997 ; 14p. 113: 186,319: 15 p. 115: 3 19; 19 p. 123: 7; 20 p. 124: 85; 7.3 p. 149: 319; 3 p. 150: 103, 1997 ; 8 p. 160: 193; 8, 2 p. 188: 855., 195 2,1997 ; 3 p. 189: 100. 182, 186. 195 2, 339; 7 p. 201: 86; II p. 208: 186; 12 p. 209: 339; 15 p. 218: 339; 18 p. 223: 319; 19 p. 229: 193; 21 p. 233: 31; 24 p. 237: 184, 29r; 30 p. 249: 86; 45 p. 279: 339; 45 p. 280: 1952• 1997 ; 9. 26 p. 359: 187; 30 p. 370: 187, 193; 32 p. 375: 235.,86,118; IO, I p. 7: 86; 3 p. 12: 269; 8 p. 20: 198 5 • 1997 , 321; 9 p. 22: 113; 16 p. 35: 42. 44; 17 p. 38: 42, 46 ; 23 p. 46: 186; II. l p. 56: 54. 139,141; 6 p. 63: 54 1,81, 84, 139; 12 p. 70: 123, 126; 22 p. 84: 1994, 223, 270; 22 p. 85: 339; 30 p. 101: 1997 ; 12, 2 p. 126: 86, 88; 9 p. 138: 141, 175; 18 p. 148: 339S.; 21 p. 153: 1994; 24 p. 165: 340; 25 p. 167: 1994; 28 p. 171: 340; 30 p. 173: 40, 82 1, 84; 13. 12 p. 200: 12 ep. p. 289 Wilm.: 5. 194,3°7; p. 290: 1371• 182; p. 2905.: 307; p. 301: 225.• 31, 39, 84. 165; p. 3°5: 15 2,20. 33 1, 53, 56.61,642.113.182,1972. 1994;P' 309: 193; p. 310: 1371 ; p. 460: 1371, 236 letto in «Class. Rev. ~ 13, 1899, 125: 173s., 259. 264, 270, 290
nota al Vat. lat. 11458, c. IIV: 37, 165, 236 soscr. a Cic. Caec., a Cic. orazioni. a Quintiliano. a Valerio FIacco e Asconio Pediano: 159 5 BRUNI LEONARDO
ep. 2. IO p. 44s.: 57, 61; 2, 13 p. 49: 268; 3, 13 p. 88: 139; 4,8 p. 119: 85; 4,9 p. 120: 220, 238. 255; IO, 5: 193 BUDÉ (BUDAEus) GUILLAUME
adnot. ad Pandect. c. 9r: 1043 , 314 CALCONDILA DEMETRIO
letto in « Mél. d·arch. et d'hist. de l'Éc. franç. de Rome & 7. 1887, 487: 194 CALIGIS
(DE)
ANDREA
soscr. al Monac. lat. 11301: 258. 322 CASSIANO GIOVANNI
inst. 5, 39, 2: 100 CASSIODORO
hist. 2, 16: 204 inst. div. 2, 12: 45 2; 15, 6: 295; 30: 204; 30, 3: 662 orthogr., Gramm. Lat. VII 213. 1155. K.:
43 varo Il. 38: 43 CASTIGLIONI ZENONE
letto in « It. med. e um. 24. 132, 142, 222
&
2, 1959. 2015.:
CATULLO
1,9: 213; 2: 238; IO, 15: 211; Il.21: 211; 12. I: 210; 17. 19: 111 1• 282; 22,6: 49; 24, I: 211; 25, 5: 210; 25, 7: 210; 26, I: 211; 30, 3: 236 ; 35. I: 221 ; 39, 19: 210; 46,5: 28 5; 61, 21 3: 210; 62, 37: 211; 63, 5: 210; 64. 16: 210,282; 64, 178: 282; 64, 319: 2121;
INDICE DEI PASSI CITATI
65, 106: 723; 66, 48: 74; 66, 94: 209, 211, 216, 218, 287; 98, 4: 284
CLÉMANGES (DI) NICOLA
ep. 109 p. 306: 203s., 2271
CENNINI PIETRO
soscr. al cod. Firenze, Naz. II IX 14: 312S.
COLONNA GIROLAMO
ediz. di Ennio, rist. Hessel, p. 135 e 157s.: 723 COLUMELLA
CICERONE
ae. 2, 92: 55 Att. I, 13: 7; 3, 8, 4: 191; 7, 2,3: 102; 8, II, 3: 290; 13, 6, 3: 189; 15, 14, 4: 271, 292; 16, 3, I: 308, 316; 16, 5. 5: 318 Brut. 88: 199 elllent. 71: 226 de or. I, 8: 212; I> 80: 99, III; I, 128: 2381; I, 157: 238 1; I, 193: 238; 3, 17: 238; 3, 17-IIO: 239; 3. 99: 257 div. 2, 63: 235; 2, 75: 290; 2, 85: 104 fam. I, 2, 2: 232; 2. 7, 4: 232; 2, 13, 3: 1002; 7, 16, I: 286; II, 14, I: 271,298 fin. I, 65: 29; 4, 36: 240 Lael. 15: 29 off. I, 61: 234, 242 parto or. 26: 1041 Phil. I, 3: 332, 333 1 ; I, 5: 333; 2, 5: 332S.; 2, 6: 333; 2, 1: 334; 2, 8: 33 2 ; 2, 9: 332, 334, 338; 2, 24: 332; 2, 69: 330; 2,93: 335S.; 2, 94: 336s.; 2, 95: 335-337; 2, 96: 335s.; 7, I: 334; 7, 2: 332; 7, 3: 33 2-334; 7, 4: 33 2S.; 7, 5: 334; IO, 7: 332S.; IO, 8: 334-336; IO, 9: 336s.; IO, IO: 333; IO, II: 333s.; IO, 12: 332; 13, 6: 330 p. red. ad Quir. 23: 240 p. red. in seno 39: 240 S. Rose. 19: 271 Tuse. I, 39: 1764; I, 115: 210 CIRIAGIO (DEL) GHERAllDO
soscr. al Laur. Acqu. e doni 446: 318; al Paris. lat. 6568: 318 CLEANTE
fr. 527 A.: 3421
9, 2: 74 CONVERSINO GIOVANNI
in Salutati ep. IV p. 314: 182 CRINITO PIETRO
in Poliziano ep. 12, 21 t22) p. 404: 40; 12, 21 (22) p. 405: 210; 12, 22 (23) p. 403: 277 1 ; 12, 22 (23) p. 409s.: 101; 12, 22 (23) p. 410: 128, 148 nota al Monac. lat. 755: 129 soscr. ad Apicio: 309 soscr. al Monac. lat. 754: 309 CRIVELLI AMBROGIO
nota alI'Ambros. L 91 sup., c. 6ov: 61, 65 CURZIO RUFO
8,
II,
2: 271
DANTE
de silu et forma aque et terre I, 3: 94, 99 Purg. II, 80S.: 60 DECEMBRIO ANGELO
Ambros. Z 184 sup., c. 49V: 202 polit.3 c. 8v: 85, 228 2 ; 3 c. 9V: 59,66, 68, 175; 19 c. 42V: 55,96; 19 cc. 42v 43r: II, 98, 228; 27 c. 59r: 2045.; 27 cc. 59r-60r: 2oos.; 27 c. 59v: 94; 27 c. 6or: 82, 84; 27 c. 66v: 44; 27 c. 78r: 41, 228 2 ; 29 c. 94v: 562 ; 29 cc. 94v-95r: 228; 29 c. 95r: 98; 75 cc. I79v180r: 228 2 ; 75 c. I80r: 82 1, 175, 184, 237; 80 c. I9u: 237, 295 1
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI DECEMBRIO PIER CANDIDO
descriz. delI'Hersfeldensis di Tac.: 33, 36, 42 in Guarino ep. 714: 106 letto in Sabbadini, Storia 167s.: 101, I04, 17IS., 184, 268, 270, 293, 295 2 ; in Sabbadini, Storia 271: 224, 266; in Sabbadini, Storia 306: 66, 140 nota al Gud. lat 2 0 II8: 279; al Paris. Jat. 7880, 2: 60 DIGESTO
de conco dig. 2, I I: 298 32, 52, 7: 85 DIOCLEZIANO
Edie/llm de pretiis: 20, 44, 199 DONATO GIROLAMO
in Poliziano ep. 2, 12 p. 56: 217-219, 242
p. 396, 27ss.: 282 epit. p. 72 L.: 191 FICINO MARSILIO
Opera p. 674, I: 317; p. 771, I: 317. p. 825, I: 311; p. 896, I: 49; 926, 2: 31 7 FILELFO FRANCESCO
ep. c. 3V: 2002 ; c. 14r: 1645., 214~ 3161; c. 22r: 81 2 ; c. 26v: 102, 134s.;. c. 32r: 81 2 , 85, 2002 ; c. 34r: 2002 , 202;. c. 35v: 82, 84s.; c. 43r: 165; c. 49r: 2002 ; c. 52V: 190; c. 68,,: 2002 , 265;. c. 69r: 2002 ; (.. 70r: 187, 191; c. 7Ir: 237, 254; c. 7IV: 2002, 202; c. 72r: 84, 165, 214s., 265; c. 73v: 59, 65, 104;· c. 74v: 253; C. 78r: 190; c. 84r: 104;. c. 84V: 102; c. 85r: 102S., 2002 ; c. 85V: 84s.; c. 86r: 104, 1345., 195 1 , 197~ 200 2 ; c. 86v: 2002 ; c. 88r: 2002 ; c. 95V: 2002; c. 96r: 2002 ; c. II6v: 187
EPIGRAMMATA BOBIENSIA
45: III!; 57: 173
FOSFORO LUCIO
in Poliziano ep. 3, IO p. 74: 26 ERASMO
Adagiorum Chiliades I, 6, 36: 316
FREGOSO TOMMASO
in Aurispa ep. 75 p. 95: 225 ESIODO
op. 406: 2342, 285 ESTE (D') LEONELLO
in Guarino ep. III p. 307s.: 245, 254 FACIO BARTOLOMEO
in Guarino ep. 849, 13: 193 invect. I p. 525: 221, 2302 , 257, 291 FAZZINI LUCIO
vd. Fosforo FESTa
p. 238, 13 L.: 180; p. 238, 25s.: 180;
GELLlO
I, 7, I: 216; 2, 3, 5: 1502; 2, 22, l:' 225, 257; 2, 22, 25: 233 3 ; 4, 2, II: 226; 5, 4, l: 216; 6, 20, 6: 3141; 9, 4,. I: 841; 9, 14,26: 502 ,216; 13, 31, 6: 216; 13, 31, IO: I03s.; 14, 2, I: 212;. 14,6, I: 523 ; 15, I, 2: 225; 18, 5, II: 1502 ; 18, 9, 5: 216; 20, 6, 14: 212,. 216; 20, 8, 6: 233 GHERARDO
vd. Ciriagio GIOVANNI ARETINO
soscr. al Laur. 48, IO: 30
INDICE DEI PASSI CITATI
GIOVENALE
5, 17: 155; II, 175: 284 GIROLAMO, 5.
./ldv. Iov. 2, 36: 233 2 .chron., praef.: 243 .c. Ioh. 44: 271 ep. 7, 2: 21 1 ; 8, I: 43, 28; 106, 30: 235 3 in Ezeeh. 12, 40, 555.: 224 praef. vulg. Dan.: 285 1 , 317 praef. vulg. Est.: 63 1 praef. vulg. Ezr.: 267 praef. vulg. Iob ex Hebr. exempl.: 41 1 praef. vulg. Iob iuxta LXX: 227 1 praef. vulg. Par. iuxta LXX: 224, 233 4 viro ili. 35: 243, 252 GRAPALDO FRANCESCO MARIO
2,9 c. 04r: 9, 14,27,665.; 2, 9 C. 04v: 172 , 18, 33, 485.; 2, 9 c. osr: 21; 2, 9 c. 06r: 584, 615., 126; 2, 9 C. 06v: 77, 101 GUARINI BATTISTA
comm. alla Rhet. Her.: IO in Poliziano l'p. I, 19 p. 27: 75, 87, 21 5, 293 GUARINO VERONESE
comm. a Cic. S. Rose.: 94, 106, 186 ep. IO, 4555.: 1985; IO, 46: 2001; 17, II3~5.: 15; 17, II7: 2001; 17, 145: 25; 17, 153: 25; 17, 384: Il; 34, 86s5.: 2961; 37, 1255.: 296 1; 39, 21: II; 40, 325.: 296 1 ; 64,23: 252; 77, 38: 87; 79, 22: 200 1; 83, 24: 200 1; 89, p: 465.; 96, 32 : 255; 124, 2: 258; 124, 2S5.: 251; 124,16: 251; 124,2155.: 254 1; 124,28: 258; 124, 28s5.: 60; 141, 25: 103; 141, 27: 55; 141,28: 38; 141,29: 42; 141, 31: 214; 141, 33: 220 1 ; 141, 34: 253; 181, 37: 255; 192, 7: 40; 210, 26: 242; 210, 28: 224; 210, 30: 217; 210, 31:
239; 214, 37: 320; 216, 19: 236, 286; 217, p: 254; 217, 3855.: 2891, 295 2 ; 217, 39: 223; 223: 180; 223, 3155.: 17, 23,94; 223, 36: 19,2001; 223,52: 121, 216; 223, 5255.: 180; 223, 5455.: 2973; 223, 57: 184; 224: 180; 224, 20: 180; 224,21: 258; 224, 23: 224; 227, 2: 8; 227,8: 252; 248, 24: 46; 248, 25: 237; 256, Ip: 258; 256, 133: 274; 25 6, 134: 272; 258, 4: 25; 258, 5: 83; 258, 6: 46, 525., II3; 293, 30: 265; 301, 4: 186; 304, 1455.: 289, 293, 295 2 ; 304, 15: 102; 313,6: 254; 316, 31: 46; 318, IO: 46; 318, II: 2001 ; 318, n: 186; 319, 2: 46; 320, 15: 46; 344, 22: 101; 357, 2255.: 165; 358, 855.: 165,2541 ; 36 5, 4: 47; 366, 5: 200 1 ; 366, 9: 38; 366, 12: 223, 258; 366, 13: 2935.; 366, 1455.: 197; 366, 16: 200(; 366, 17: 120; 369, 35: 94; 375, 30: po; 379, 30 : 13 8 ; 379, 31: 216; 380, II: 2783; 383, 31: 22, 30; 403, IO: 6; 408, 5: 2001 ; 408, 6: 46; 423,7: 25; 423, 9: 43, 46 ; 423, IO: 52; 427-43°: 180; 456, 2155.: 181; 45 6 , 25: 186, 255; 456, 30: 293; 456, 45 55 .: 40, 67; 458, 30: 96; 458, 3955.: 55; 458, 42: 8; 499, 29: 120; 503, 34: 31; 510 , 2455.: 1961; 510, 25: 46; 514, 255.: 1961; 514,3 e 8: 47; 535, 18s.: 1961; 56 3, 19: 35; 578, 41: 2001; 578, 45: 253 5.; 578, 46: 242; 578,56: 269; 606, 4: 12,1 6 5; 606,5: 193,254; 621, 42: 47; 628,21: 1415.; 631, 35~.: 2982; 63 I, 7: IO, 2001; 633, 4: 1875.,217; 649, 14: 222; 649, 2055.: 16,27; 654, 5: 47; 666, 22: 190 ; 679, 12455.: 8; 679, 129: 30; 7 13, 39: 106; 718, 40: 103; 727, 8: 103, 138; 742,18: 38; 742, 19: 96, II3; 797, 305.: 103; 797, 31: 1385.; 804,68: 8; 806, 48: 38; 813, 23955.: 106; 813,242: 205; 813, 244: 95; 861, 38: 2771 ; 871, 21: 286; 879, 4: 47; 879, 8: 46; 879, 85.: 200 1 ; 880,2: 46; 880,4: 283; 883, 14: 30, 237; 888, 16: 47, 2505.; 888, 29: 237; 888, 31: 219; 9II, 1955.: po; 9II, 21: 3065. 50SCr. all'E5tense V C 2: 258
366
IL LESSICO ALOLOGICO DEGLI UMANISTI
HUMMELBERGER MICHAEL
lett. in «Wien. Sitz.-Ber.» phil.-hi5t. Cl. 89, 1878, 1°75.: 49 1, 55 INVENTARIO BRACCIOLINI
nr. 8: 1821 INVENTARIO MANSUETI
I: 42, 48, 50, 58, 6o, 145; 2: 42, 58, 6o, 145; 3: 101, 58, 97, 144; 4: 975., 145; 5: 58,975., 145j 6: 47, I44j 7: 61; 8: 66, 146; 9: 144j IO: 42, III, 147; II: 51, II2, 147; 12: 147; 13: 241,50, 136j 14: 19,241,775., 122j 15: 241 , 775., 122; 16: 24 1, 78, 122; 17: 241 , 78, 122; 19: 241, 58; 20: 241, 59, 78; 21: 241, 50, 75, 775., 122; 22: 75; 23: 59,78; 25: 42, 77j 26: 42, 59, 145, 147; 27: 50; 28: 101 ,5°,78 ; 30: 50, 58, 97; 31: 147; 32: 101 ,97, 141; 33: 19,97, 141; 34: 101, 48, 59, 97, 146s.; 35: 98; 38: 78; 39: ~;42:~;~:~l,~I~;~:~I,
47,147; 48: 145; 49: 145; 50: 147; 52: 50, 136; 53: 50, 145; 54: 50, 145; 55: 50, 78 ; 56: 145; 57: 48, 136; 58: 59, 145; 59: 48; 60: 136, 141, 144; 61: 136; 63: 122, 145; 64: 59, 122; 65: 101 ; 67: 50; 71: 48, 122; 74: 58, 122, 145s.; 75: 122; 78: 122, 136; 79: 141; 80-84: 132j 85: 146;86:19;88:144;90:59;93: 13 6 ; 96: 147; 97: 521 , 134; 98; 136; 99: 113, 146; 100: 97, 147; 101: 147; 109: 147; 110: 147; 113: 147; 115: 1465.; II6: 146; 117: 85, 132, 144; 118: 144, 146; 120: 48, 146; 121: 146; 122: 147; 12 3: 132; 124: 132; 125: 59; 127: 147; 128: 147; 130: 59; 131: 101, 19, 975.; 134 e 135: 51; 137: 975., 146 ; 139: 33; 141 : 147; 142: 50, 132; 143: 147; 145: 133, 146; 146: 147; 147: 132; 148: 146 ; 149: 147; 150: 147; 153: 59, 146; 155 e 156: 147; 157 e 159: 132; 160: 147; 161: 97, 113; 166: 48, 50; 168: 147; 174: 19,48,132; 175: 1405.; 178: 147; 181: 59, 146; 185: 59; 182: 147;
188: 136, 147; 190: 147; 192: 147; 193: 13 6 ; 197: 140; 198 e 199: 147; 200: 48; 202: 48, 141; 204: 136; 212: 132; 214: 147; 221 e 222: 140; 230: 145s.; 231: 132j 236: 48,146; 241: 147; 259: 78 ; 261: 33; 279: 24 1 ; 280: 48; 281: 1455.; 302: 144; 3°3: 97; 304: 33, 146; 305: 136; 307: 4 8 ; 308: 33, 146; 315: 97; 320: 1405.; 324: 136; 325: 141; 326: 402 , 97; 369: 47, 136; 376: 136 ; 377 e 381 e 387: 105 2 ; 389: 402 ; 396: 136; 424: 77; 426: 48; 440: 241 INVENTARI MEDICI
Alvisi p. 16: 126 Piccolomini, app. II I: 130; 4 e 6: 122; 7: 144; 8: 1305.; 125.: 146; 14: 131; 24: 144; 89: 122; III 29: 1241, 125; IV I: 49; 80-85: 78; 100: 49, 78; 101: 51, 78 ; 102: 51, 78; 103: 78; doc. XXVIII 2: 51; 7: 68 1 ; 9: 77; 20: 68 1; 27: 78; 35: 98; inv. 22: 49; 44: 49, 521; 70: 49; 83: 12 5; 419:. 12 55.; 694: 51; 695s. e 701: 50; 702: 141; 1008: 97s., 113 Pintor nr. 13: 1255. INVENTARIO NICCOLÒ III D'ESTE
Fumagalli p.
XIII:
67
INVENTARIO ORSINI
m5S. lat. nr. I: 125, 128; nr. 31: 1251 m5S. modo nr. 2: 310 INVENTARIO S. DOMENICO DI PERUGIA
Kaeppeli A 213: 59; 223: 1052
INVENTARIO VISCONTI
2: 59; 4: 101; 6: 66; 7: 59; 9: 101; IO: 59; 16: 521; 48: 111 1 ; 52: 241 ; 53: 101~ 55: 101,59; 59: 101,241 ; 67: 241 ; 70: ~;~:~;~:~,~;~:M;~:
INDICE DEI PASSI CITATI
661 ; 97: 24 1 ; 121: I12; 136: 59; 152: 217; 166: 48; 177: 217; 192: 66; 199: 97; 202: 59; 203: 47,55; 226: 97; 234: 66; 270: III 1; 273: 48; 284: 47; 301: 66; 310: 33,61; 316: 66; 323: 661; 352: 43; 372: 52; 381: 68; 386 e 390: 24 1; 417: 48, 55; 431: 14 1 ; 480: 97; 494: 47; 495: 50; 501, 509, 513, 524, 526, 539, 544: 48; 546: 47; 588, 591, 593, 599:48;618: 146;664:48;665:48,55; 674, 676, 682, 6845., 690: 48; 722: 48, 55, 141 ; 725, 733, 739s., 744: 48; 762: 105 2; 764: 35,43; 773: 146; 802: 145; 804: 35, 43; 808: 61; 821: 67; 823: 43 1, 59; 824 e 829: 33; 830: 33, 105 2; 833: 59,61, I4.s; 835: 145; 836s.: 144; 83 8 : 145; 839: 144; 844 e 846 : 145; 849: 33, 145; 850: 61, 145; 852, 854-856: 145; 859: 146; 860s.: 145; 862: 33; 864: 42, 111 1 ; 865: 66 1; 868: 146; 869: III 1 ; 874: 42; 875: 99; 877, 884. 886: 42; 892: 141; 897: 99; 902: 1052; 905: 59; 908: 26. 43 1 ; 915: 146; 918: 61; 927: 111 1 ; 928: 59; 931: 61; 932: 145; 950: 97; 951: 66; 954: 146; 955: 661 ; 95 6 : 140; 958: 141; 964: 61. 99; 971: 141 ; 978: 68; 979: 30.33; 982: 35; 9 86 : 30 ISlDORO DI SIVIGLIA.
s.
6.13.2: 4 1; 6.13.3: 43 ; 6. 14, I: 203; 6. 14. 6: 381; 6. 14. 18: 305. 3071
orig. 6.
IO. I: 23 1 ;
LBONARDI NICCOLÒ
in Guarino ep. 53, 23: 193, 306 LETO POMPONIO
comm. a Quint. inst. I. I. 27: I12S. in Poliziano ep. I. 17 p. 245.: 6 pref. a Varr. ting.: 222, 2292, 270, 284, 286s., 289 soscr. a Varr. Ung.: 222, 260s., 2634. 284 LJVIO
21. 31, 6: 109,231 1 ; 21. 36. I: 230s.; 21, 57, 5s.: 108. 232; 21. 59. 7: 231; 21,61,2: 141; 22,2, I: 232; 22. 7, 14: 2312; 22, 49, 15: 42. 291; 22, 50, 2: 2J2; 23, I, t: 2J2; 23. 6, 8: 231; 23. 24. 12: 232; 23, 28. 4: 232; 23, 37, 2: II3; 24, 8, 5: 2321 ; 24,42, 7: 99; 25, 5, 3: 231; 26, 15, 8: 232; 28, 39, 19: 70, 271; 38. 55. 8: 2007 LOMBARDO DELLA SETA
letto in StuJies Ullman II 235s.: 13. 17, 23, 136s.• 186" 193, 1985 LUCANO
3, 222S. e 4, 136: 23 1 ; 8, 680: 29: 4s.: 23 1 LUCRBZIO
1.476: 285
Lupo LAMOLA GIOVANNI
DI FERRlÈRES
ep. 69: 246
in Guarino ep. 455. 122SS.: 180; 455. 127: 85; 455. 132: 184; 455. 133: 255; 455. 134: 102, 295 2; 455, 1345·: 293; 455, 135: l0. 270; 455. 136: 244; 455. 13 6ss.: 176; 455. 137: 275; 455, 139: 184; 455, 143 s.: 1641 ; 455. 146 : 184, 189; 455. 148: 108; 455. 166: 10,280; 455, 167: 97, 112S.; 455, 170: 220
MACROBIO
sat. 7, 6. 5: 235 somn. I, 6, 70: 103 MAFFEI AGOSTINO
in Poliziano ep. 6. 6: 3032; 6, 6 p. 179s.: 317; 6, 6 p. 180: 94; 6. 6 p. 181: 75, 226, 252, 317; 6, 6 p. 182: 2765., 283
LANDINO CRISTOFORO
ve,a nob. p. 92. 20: 314; p. 96, p. 103, 5ss.: J 35
IO
IO: 12;
MAFFEI RAFFAELE
comm. urb. XXX: 59
368
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI OVIDIO
MA NETTI GIANNOZZO
in Vespasiano cp. II, 24: 84; 12, 24: 84 MANUZIO ALDO
pref. a Teocrito, Esiodo ecc.: 225, 293 MARIO MERCATORE
Cyr. ep. clero 4: 45 2
271; 4, 241: 211 Ib. 569: 257 Pont. I, S, 15s.: 261 1 tristo I, 1,7: 58; 1,7,24: 192; 1,7,33: 4 1 ; 3, 14, 19: 31 PALLAVICINI BATTISTA
nota al Laur. 73,
MARSUPPINI CARLO
in Aurispa ep. 90 p.
fast. I, 454: 233 2 , 284; 3, 163s.: 209,
II2:
65, 68
MARZIALE II: 3032 ,
30 32 ;
7, 308s.; 7, 17: 9, 92, 12: 111 1; II,29, 3: 255, 270; 14, II: 18 MERULA GIORGIO
letto a Ludovico il Moro: 204 pref. a Marziale: 163 1, 211, 213, 215s., 218, 267, 282, 289s., 291, 294s., 315 1 pref. a Plauto: 163 1, 190,216,247,261, 280, 294, 314 MUSURO MARCO
pref. al!' Etym. magnum: 293
I:
165, 237
PANORMITA ANTONIO
Carmina varia I, 106: 561 in Aurispa ep. 98 p. 140: II I l; 119 p. 140: 32IS. in Guarino ep. 355, 43: 139s.; 355, 44: 102; 355,45: 19; 355, 46s.: 165; 355, 49: 8, 30, 217 P ARADOXOGRAPHUS FLORENTINUS
ed. Giannini 24-26: 299 PARRASIO AULa GIANO
lett. in F. Lo Parco, A. G. P., Vasto 1899, 159: 166s.; nelI'ed. di SeduIio e Prudenzio C. P2V: 76s., 79, 280, 321
MUZIO MACARIO
in Poliziano ep. 7, I p. 195: 257, 272, 281 NICCOLI NICCOLÒ
comm.: 7, 33, 59, 123, 139 letto in« It. med. e um. » 12, 1969, 115s.: 121; altra letto ibid. 120S.: 103, 1211 OLGIATI ANTONIO
nota all'Ambros. I 85 sup.: 1241 ORAZIO
ars 354: 199; 354s.: 201 1
epodo 17, 56: 152, 209 ORSINI FULVIO
letto a Gian Vincenzo Pinelli: 310
PEROTTI NICCOLÒ
in Vespasiano ep. 9, 5 e 7: 642 ; 9, 15: 591; 9, 18 e IO, 6s.: 93; IO, 7 e IO: 642 ; IO, 22SS.: 1961; IO, 23: 68, 93; IO, 25: 93; IO, 26: 135, 191 PERSIO
prol. 14: 210, 213, 280, 284, 294 PETRARCA FRANCESCO
fam. 4, I, 193ss.: 54; 15, 94ss.: 339; 15, 95: 190; S, 16, II: 190; 17, 84: 30; 6, 2,112: 22;2,168: 22;7,16,36: 18IL; 8, 9, 190: 190; II, 12, 77: 19; 13, 4, 236: 101; 4, 238: 21-23; 7, 4: 21; IO, 44: 19; 15, 3, 30: 22S.; 9, 5: 22; 18, 3, 50S.: 119; 4: 138; 5: 229; 5 tit.: 224; S,
INDICE DEI PASSI CITATI
369
PIo GIOVANBATTISTA 23: 274; 5, 30: 19; 5, 30SS.; 64, 243; 5, 31: 40, 60; 5, 46: 68, 224, 275; 7, comm. in... comeed. Plautinas. C. cc6r: 30: 22; 12, 4 e 25: 1991; 12, 30Ss.: 249 1986 ; 14, 80: 274; 15: 13 8 ; 19, 3, H3: 137S.; 20, 9.16: 22; 10,6: 22; 13, 145: PIZOLPASSO FRANCESCO 38; 14, 16: 22; 21, 10.61: 6; 10.106: letto al Decembrio: 139 185; IO, 101: 1991; 22, 2. 3ss.: 303 2; 2, 7: 186; 2. 8: 246, 282; 3, 2ISS.: 304; PLAUTO 3,25: 224; 23,12, HISS.: 1983; 12, H2: 1 cisto 733: 261 1 t99 ; 12. Il3s.: 286; 19, 40: 185, 340; 1 19. 46ss.: 197; 19,48: 184. 1982. 199 ; Men. 544: 1535. mi/. 321: 271; II78: 233 3; II79: 286 24, 1,232: 22; 2, 92: 190; 4, 94: 242; most. 830: 154 7. 5: 5, 2405.; 12, 261: 22; 13. 2SS.: Perso 480: 234 5; 13, 38 : 6 rud. 13 IO: 261 l invect. contra med. 2, 40s.: 19, 23 1 nota al Palat. lat. 1820, c. 38r: 29; al PLINIO il Giovane Paris. lat. 5°54. C. I7Sr: 29; al Paris.lat. 5690. c. 96v: 29; C. I88r:42.29I;aIPa3. 5, 5: 31; 4, 26: 3°3 2; 4. 26. I: 279 riso lat. 5720, c. 5v: 29; c. 25v: 30; al PLINIO il Vecchio Paris. lat. 5816, C. 7r: 42; al Paris. lat. 6802, C. S4r: II2; c. 56v: 29; al Paris. 6, 170: 188; 7, 51: 2II; 7, 89 e 192: lat. 7720, C. 8-3v: 29; C. 1I2V: 29S.; al 75; 8,218: 257; IO. 56: 272; 13. 68ss.: Paris. lat. 7880, I: 60, 64; c. 55r: IO; 18; 13.69: 43• 27, 33; 13,70: 21 2; 13, al Vat. lat. 3190, C. 7r: 20S., 23; C. 71: 27s.; 13, 74: 27. 491; 13.76: 18; 13, lIV: 305; c. Isr: 23; al Virgilio Am- 77: 305; 13, 79: 18; 13. 79s.: 49; 13, brosiano, C. 222r: 29 80: 18; 14,68: 257; 22. 88: 161,275; remo 1.43 p. 54: 186; p. 54s.: 1981; p. 25,47:74,255. 294;28.25:27°;31,66: 55: 204 218; 33, III e II3: 61; 33. 122: 58; 35, seno 2, 4 p. 842: 89; 4 p. 843: 12; 5. 137: 29 1 I p. 875: 102, 1983; 9, 2 p. 944: 3IS.; 13, IO p. 1020: 103, 1985; IO p. 1021: POGGIO ()4, 66s., 221; IS, I p. 1048: HS.; I p. vd. Bracciolini 1049: 240; I p. 1050: IlO; 7 p. 1059: 6 varo 4: 61, 185, 283; 9: 305; 15: 184, POLIZIANO ANGELO 1971,198 2; 45: 140; 61: 22; 65: 96. H2 appunti su Svetonio. Monac. lat. 754, IJir. ili. Scipio H, 14ss.: 6 C. 2I6r: 149, 153 vita sol. 2, I I p. 514: 7 collaz. di Columella: 72,124.148. 163s., 248; di Ovidio: 168, 273; delle PanPICCOLOMINI ENEA SILVIO (PIO II) dette: 7, 46, 96, 102. 105. 107. 109-III, BrieJw. I p. 359: 561; IV p. 475: I42S. 140,239,255, 267s., 286; di Plinio il V.: 1495.• t64, 240, 242. 2475., 254, 263; di hist. Bohem. 36: 127 Quintiliano: IO, 152,241.248; di Stazio PICO DELLA MIRANDOLA GIANFRAN- si/v.: 149, 1561, 158, 1675.,273; di Terenzio: 128. 148 CESCO comm. a Cic. Phil., Monac. lat. 755, lett. al Bembo: 2185. C. 54r: 188; a Stazio si/v., Magliab. VII
370
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
973. c. 4r: 9. 156. 239; C. 10V: 315; a Svetonio. Monac. lat. 754: 211 diario odeporico-bibliografìco. Monac. lat. 807. c. 53r: 152 ep. I. I p. I: 190. 307. ]20. 340; 2 p. 4: 149; 2 p. 5: 73; II p. 17: 97; 18 p. 25: 6; 2.13 p. 58: 200 5 ; 3.17 p. 85: 24; 4. 9 p. 124: 105. 128. 148; 9 p. 125: 200; 13 p. 128: 76.2005.253.276.3032; 13 p. 129: 76. 96. 985.• 113. 222; S. I p. 131: 76.162.2191; 3 p. 140: 1095.• 2005, 313 2; 3 p. 143: 76• ]20; 7 p. 147: ]20; 9: 13; 9 p. 157: 200 5• 287; 6. I p. 162: 95. 99: I p. 1625.: 70.101.113; I p. 164: 1875.,210; l p. 165: 222. 276; I p. 166: 211. 267. 281. 284; I p. 167: 95, 97. 113. 24 1• 26 5. 277. 286; 7 p. 183: 37. 102. 253. 2901• 303 2; 7. 14 p. 208: ]20; 32 p. 219: 281. 313 2; 35 p. 227: 202 1, 3132 ; 35 p. 228: 149, 202; 35 p. 2285.: 152; 35 p. 229: 101, 155; 8. 15 p. 249: 37. 75-77, 1095.• 2005, 202. 220; 15 p. 250: 272; 9. l p. 262: 37; 10.4 p. 310: 188; 4 p. 31 05.: 148.313; 4 p. 311 : 73,1 04.107. 1275.• 188.216, 249; 4 p. 312: 210. 222. 277; 7 p. 315: 307, 310. 320; 9 p. 317: 224; 9 p. 318: 12; 13 p. ]22: 106; Il, I p. 327: 1905.; 6 p. 334: 41, 76. 110. 202; 6 p. 3345.: 200 5 ; 6 p. 335: 77; 6 p. 33 6 : 284. 289; 6 p. 337: 3205.; II p. 351: 32IS.; 25 p. 362: 41, 104, 107.128,188,215,272.282,3132, ]21; 12, I p. 365: 248; I p. 366: 72. 223, 284; I p. 367: 73. 188. 220. 294; 2 p. 370: 200 5 ; II (12) p. 384: 76; II (12) p. 385: 321; II (12) p. 386: 76; 18 (19) p. 396 e 398: 76; 20 (21) p. 401: 88 letto ad Ale5sandro e Lattanzio Corte5i: 261; a Lorenzo de' Medici (Prose 785.): 76, 152, 1955. mise. I I p. SII: 6. 287; I p. 512: 257. 286; 2 p. 514: 209. 284; 5 p. 5 19: 153. 28 45.; 5 p. 5195.: 3152 ; 5 p. 520: 209. 216; 7 p. 521 : 5; 7 p. 522 : 6; 9 p. 525; 320; 9 p. 527: 109,
111 1• 212. 2865.; 9 p. 528: 212, 216. 285; IO tit. p. 528: 209; lO p. 532: 72, 152, 209, 216, 218; 14 p. 537: 102; 17 tit. p. 543: 270; 17 p. 544: 73. 86, 149; 18 p. 545: 65.• 86. 148. 212.216; 20 tit. p. 549: 257; 20 p. 549: 72, 209. 216. 219. 2255.; 23 p. 552: 72. 86. 152; 23 p. 5525.: 124; 23 p. 553: 39. 86, 149, 152, 154,212; 24 p. 555: 73. 86, 161, 209. 216; 24 p. 556: 2U. 223, 283; 25: 42. 2343 • 277, 289; 25 tit. p. 55 6 : 226; 25 p. 557: 37, 45, 64, 83. 86, 148, 226. 281. 315 2 ; 25 p. 558: 109; 26 p. 560: 72. 106. 281, 298 3 ; 27 p. 562: 254; ]2 tit. p. 570: 280; ]2 p. 571 : 72. 86, 270; 33 p. 5725.: 115.; 34: 298; 34 p. 575: 271; 34 p. 576: 188.2095.• 216.223; 35: 161; 35 p. 576: 72. 86. 152. 209, 223 5.; 35 p. 577: 73 5., 94, 124, 148 ; 35 p. 5775.: 187; 35 p. 578: 73; 38 : 28 4; 38 p. 582: 200 5 ; 39 p. 584: 73. 282; 39 p. 5845.: 28; 39 p. 586: 28. 72; 40 p. 587: 215; 41: 163; 41 p. 588: 73. 955., 104. 107. 1095., 128, 200 5 , 313 2; 41 p. 589: 73, 86, 161. 1632. 187, 212. 214, 216,219; 44: 284; 44 p. 592: 124. 153. 210, 2125.• 216. 223; 44 p. 593: 2805.• 294; 46 p. 595: 124, 149; 47 p. 596: 203; 49 p. 598: 194; 50 tit. p. 599: 255; 50 p. 599: 735., 86. 149.213. 216, 294; 52 p. 604: 187; 53: 292; 53 tit. p. 605: 271; 53 p. 606: 149.221, 235 1; 53 p. 607: 73, 1042. 271; 53 p. 6075.; 102. 234; 57 p. 612: 86, 102. 149. 162.2005, 210. 216. 223, 225, 245,272, 287; 58 p. 616: 210; 58 p. 617: 200 5 , 226. 2341; 59 p. 624: 188,216.223; 59 p. 626: 149. 210,216; 61 p. 627: 72, 149; 61 p. 628: 152. 2205., 235 2 ; 63 p. 630: 210; 66 p. 633: 725., 154,2005.223.271,282; 68 p. 635: 200 5, 2225.; 68 p. 636 : 73; 69 tit. p. 636: 209, 216. 287; 69 p. 636: 218; 71 p. 637: 72. 128, 148. 210. 216. 220; TI p. 638: 220; 73 tit. p. 640: 282; 73 p. 64 1 : 13, 39. 149. 2 37; 73 p. 642: 111 1 ; 75 tit. p. 642: 257; 75 p. 643: 72,
INDICE DEI PASSI CITATI
213,224,273,288; 76 p. 645: 73; 77 p. 647: 86, 95, 105, 125, 1285., 138, 148, 153, 3 1 32; 77 p. 648: 294; 18 p. 649: 72, 74, 223, 3 1 32 ; 80 p. 651: 75; 80 p. 652: 223, 271, 286, 291; 81: 257; 81 tit. p. 662: 224; 81 p. 662: 73; 82 p. 663: 73, 2915.; 87 tit. p. 671: 286; 87 p. 671: 72, 148,226; 89 tit. p. 672: 2095.,224; 89 p. 672: 217, 286; 89 p. (i73: 73,153,210,219,3 152; 90 p. 678: 271; 93: 298; 93 tit. p. 685: 220; 93 p. 685: 72, 3132 ; 93 p. 686: 313 2; 95: 298; 95 p. 688: 281, 313 2; 96 tit. p. 688: 270; 96 p. 688: 73; 96 p. 689: 255; 97: 288; 97 tit. p. 689: 73; 97 p. 689: 72, 216, 218; 97 p. 690: 86, 15 25 .; Coronide: 28 1, 3II mise. II I: 289; I, I: 73, 24 1 ; I, 3: 76 , 277; 1,4: 2945.; 1,8: 37; 1,9: 210; I, IO: 37; I, 18: 281; I, 20: 455., 49; I, 21: 44,96,200 5,234; 2: 2343 , 315 2 ; 5, 3: 210, 218, 294; 5, 4: 96, 109, 210; 5, 5: 267; 6, I: 12; 8, 2: 74; 10,7: 154; II, 4: 149; 14: 2345., 288; 14, 4: 221, 248; 14, 5: 210, 217, 242, 282; 14, 6: 154, 1615.; 14,9: 210; 14, 12: 267; 15, I: 2II; 15, 155.: 288; 21, 6: 152, 157; 23, 95.: 153; 25, 2: 735., 260; 25, 3: 1495.,210,218; 31: 298; 31,2: 72, 75, 188; 31, 3: 154,218,293; 31,4: 13; 31, 7: 218; 35, 5: 124,149,154; 35, 9: 2II; 47, I: 73; 47, 3: 210; 47, IO: 73, 223, 265; 49, 4: 131; 49, 45.: 157; so, 13: 285; so, 14: 96, II3, 2342 ; 51, I: 222, 242; 51, 6: 73; 58, 2: 313 2 nota nell'ed. di Erodiano, c. e2V: 991, 241,287; c. fsv: 991 ; nel Laur. 35, IO, c. IIv: 8, 83; nel Laur. 49, 9: 37; nel Monac. lat. 766: 152; nel Monac. lat. 8°7, c. 63r: 142; nel Vat. lat. 3226, c. VIr: 148 pref. a Epitteto: 239, 2 8 55. 505cr. ad Apicio: 148, 168,2485., 3152; a Catone e Varrone: 95S., ISO, 152, 161, 1621 , 178, 2005, 2II, 248, 263; a Catullo: IO, 248, 260, 267, 269, 280; a Cic. Att.: 965., 188, 210, 217, 248,
37 1
2621 , 263, 292; a Columella: 87, 1065., 161,2475.; all'Hist. Aug.: 2835.; ai Mise.:
96; a Ov.fast.: 248, 279; a Ov. medie.: 240; a Ov. Pont.: 1545.; a Ov. trist.: 87,1545.,168,223,2475.: alle Pandette: 102, 248, 265, 267, 313 2 ; a Pelagonio: 153, 1621 , 1775., 247, 2625.; a Plinio il V.: 188, 222, 248, 2615., 280, 292; a Properzio: 71, 149, 248,261,267,272; a Seneca il V.: 293; a Stazio si/v.: 131, 1555., 1621, 239, 263, 268; a Svetonio: 279; a Terenzio: 71, III 1 , 223, 248 PONTANO GIOVANNI GIOVIANO
Aetius p. 1415.: 190, 318 PORFIRIONE
ad Hor. earm. 2, 8, 21: 2II POSIDIPPO
Anth. Palo 16, 275: 194 PRISCIANO
Gramm. lat. II 32, 4 K.: 344 periheg. 174: 109 PROPERZIO
4,
I,
80: 292; 4, 3, 21: 257, 291
PUCCI FRANCESCO
in Poliziano ep. 6, 4 p. 172: 40; 6, 4 p. 173: 210, 292 505cr. a Ovidio: 71, 101, 309 QUINTILIANO
illst.
I,
I, 27: II25.; 9, 4, 13: 9; IO, I,
42: 271 REGIO LUDOVICO
letto ad A. Maffei: 3 IO RHETORICA AD HERENNIUM 2,
47: IO
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
372
RICCARDO DA BURY
Phi/obiblon 8, I 825S.: 64 1, 243, 275; 16, 1755.: 204 ROBORTELLO FRANCESCO
~rr e c. [34r: 2875; c. ~4V: 229 1 , 2875, 3132
Aesch. Trag., c. RUFINO
apol. adv. Hier.
2,
IO: 45 2
RUSTICI CENCIO
in Bertalot 223: 28, 55 SACCA GIANLUIGI
soscr. a Terenzio: 166 SALIMBENE DA PARMA
crono p. 262, 23ss. Se.: 60 SALLUSTIO
Cat. 61: 213 SALUTATI COLUCCIO
de Jato 2, 6: 227s., 341-344; 2, 6 p. 342, 5: 247; p. 342,9: 249; p. 342, 15: 247; p. 342, 1955.: 1981; p. 342,21: 98, II2; p. 342, 22: IO; p. 342, 32s.: 1042; p. 343, 4: 219s., 267; p. 343, 45.: 96; p. 343, 5: 272; p. 343, II: 265; p. 343, 12: 286; p. 343, 15: 2007 ; p. 343, 16: 275; p. 343, 17ss.: 2441; p. 343. 18: 85; p. 343, 18ss.: 80 4 ; p. 343. 19s5.: 278s.; p. 343, 20: 249; p. 343, 21: 21 3; p. 343, 23: 96, 282; p. 344, I: 220; p. 344,2: 220S.; p. 344, 3: 220; p. 344,6: 275 ep. I p. 52: 222, 239; p. 124: 247; p. 134: 1831;p. 153:7,98 ;P' 157: 5,217; p. 167: 27,141; p. 183: 7; p. 203: 218 1; p. 222: 1831; p. 228: 25, 1831, 1993 ; p. 242S.: 183; p. 2505S.: 269; p. 251: 190. 251,282; p. 252: 45; p. 253: 45, 1831; p. 253 s.: 23 6 ; p. 254: 32, 269; p. 276: 88; p. 312: 1993 ; p. 330: 1831; p. 330S.: 13, 16,21,23, 1993 ; p. 331: 181 2, 183 2 ;
p. 3318.: 183 1; p. 332: 16.23,240; p. 333: 240 ep. II p. IO: 1831. 1993 ; p. 104s.: 192, 318; p. 160s.: 80; p. 161: 7. 32. 103; p. 187: 7; p. 194: 191, 1993 ; p. 300: 239; p. 301: 59; p. 327: 183 1; p. 342: 1831; p. 357: 45, 183; p. 386 : 140; p. 389: 182; p. 391: 183 1; p. 392: 138: p. 397: 25, II3; p. 4II: 1831• 1952, 1996 ; p. 43 l: 8, 183. 2698.; p. 444: 1831; p. 449: 25. 1831; p. 47 1 : 32. 45. 101. 189, 339 ep. III p. 60: 21 5, 23; p. 75: 183 1• 1996 ; p. 76: II 7, 183 1• 215; p. 87: 247. 307; p. 89: 318; p. 97: 20, 32. II3; p. 104: 1832; p. 105: 1831, 190. 2.541;p. 132:21, 140; p. 144: 183 1; p. 146: 86s., 239; p. 146s.: 1325.• 1831; p. 1.58: 192; p. 163: 140; p. 178: II1 1; p. 219: 102.121; p. 220S.: 8• .545., 1831; p. 239: 1831; p. 246: 10,214; p. 363: 192; p. 370: 1831; p. 3708.: 270, 303 2 ; p. 373: 10,189,215. 221; p. 3735.: 216; p. 392: 192; p. 505: 1983, 1993, 1996• 200; p. .5 II : 44; p. .514: 32. #5., 189; p. 515: 182; p. .516: 182; p. 518: 221; p. 5228.: 192; p. 532: 1993 ; p. 533: 18 33, 186, 272; p. 55!: 272; p. .556: 103; p. 572: 6Is.; p. 6205.: 270; p. 625: 247; p. 626: IO, 1085.; p. 627: 138; p. 628: 1831
ep. IV p. 38: 4.5; p. 83: 10,221,274; p. 85: 189. 1993 ,282; p. 86: 30; p. I04: 182; p. II05. e II35S.: 193; p. 1.57: 38, 182.1831.192.3°7; p. 1.58: 1831, 1925.; p. 254: 193; p. 265: 88; p. 269: 318 SCALA BARTOLOMEO
in Poliziano ep. S. 2 p. 136: 765.; 5. 2 p. 137: 75-77; 12. IO (II) p. 382: 321; 12, IO (II) p. 383: 77, 321; 12,14 (15) p. 389: 202S.; 12, 16 (17) p. 39.5: 77 SCHEDEL HERMANN
Briefwechs. nr. 72 p. 167: 132, 198 5 SCHOPPE (SCIOPPIUS) KASPAR
De arte aitica:
125
INDICE DEI PASSI CITATI SCHorr(us) ANDRÉ ediz. di ps. Aur. Vict. epit.• Scholia p. 63-65: 70; p. '66 e 81: 722 ; p. 84: 70 SCUTARIO EUSEBIO letto al Merula: 45 1• 218 2 SENECA il Giovane ep. 107. Il: 3421 Rete. 83: 270 SERV10
Aen. IO. 244: 216; II. 554: 43 SmaNIO ApOLLINARE
ep. 5. 15: 2463; 5. 15. I: 283 1 SIMMACO
ep.
1,24: 266; 3, II, 4: 275; 9,13: 266
SVETONIO
Aug. 83: 288 Claud. 34: 218. 288 de notis p. 141. 3 R.: 267 Dom. 14: 298 Galb. 15: 269 grammo 24: 187 Nero 45: 257; 52: 1002 • 1093 TACITO
anno 15, 63: 199 TENAGLIA GUGLIELMINa letto in Sabbadini. Storia 292: 62. 101 TERENZIO
Ad. II7: 210 Andr. I8ss.: 1764 ; 194: 293 TIGNOSI NICCOLÒ
ad Cosman Medicem ... opusculum: SOSCRIZIONI ANTICHE Jahn nr. l: 253; nr. 3: 250, 256, 279. 283 1 ; nr. 4: 194.250; nr. 6: 250. 253; nr. 8: 194.250; nr. 9: 250; nr. 12: 283 1; m. 13: 250, 254; nr. 14: 256. 2831; m. 15 e 17: 283 1; nr. 18: 250, 256, 283 1; nr. 19: 250, 256. 279, 2831; m. 21: 283 1 SPEZIA NICOLA 50scr. all'Urb. lat. I184: 322 SQUARZAFICO GIROLAMO pref. ad Asconio: 241 STAZIO
silu. I, I, 1025.: 157;
I, 3, 84: I87s.; 2, I: 210; 2. 7, 14s.: 276; 4. 5, 48: 284; 4. 9, 40: 209, 255; 5, I, 33: 2II; 5, I. 188s.: 281; 5, 5: 241; 5, 5.24-27: 241
SUMMONTE PIETRO letto a F. Puderico: 268. 316 1 nota al Vat. lat. 2840, c. II: 310
373
127
TRAVERSARI AMBROGIO
ep. 30 col. 398: 12; 42 col. 78: 1331.223. 254; 43 col. 81: 31. 37; 44 col. 82. 45 col. 83. 49 col. 86: 199 s ; 61 col. 97s: 265; 95 col. 126: 194. 307, 340 ; 95-98: 3041 ; 96 col. 127: 95. 205; 97 col. 128: 284; 104: 30 41; 104 col. 133: 307; 134: 3041; 134 col. 187: 205; 134 col. 187s.: 100, 199 8; 134 col. 188: 182S., 307; 135 col. 189 e 190: 199 8; 151 col. 210: 46; 152 col. 2II: 199 8; 157 col. 215: 20; 166 e 167: 3041; 167 col. 225: 47; 167 col. 226: 20; 171 col. 23IS.: 95, 1953• 199 8 ; 206 col. 267: II9, 181. 1998 • 214. 216. 223. 238, 256; 213 col. 278: 878.• 103; 214 col. 280: 8~88,. 255. 266. 2963; 215 col. 282: 87. 255; 215 col. 2828.: 296 4 ; 216 col. 283: 199 5, 223; 216 col. 283s.:. 255; 216 col. 284: 12. 875.• 103. ~964. 298 1; 217 col. 285: 139; 218 col. 286: II3. 181. 198 5• 1998.251; 223 col. 292: 320; 224 col. 294: 255;' 225 col. 294: 187. 216. 222. 242. 255. 266; 226 c~l. 296: 1631. 183•.2368..• ?-5I; 227 col.
374
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
297: 199 8; 230 col. 303: 198 5 • 1995, 306; 231 col. 303: 183. 199 8; 232 col. 305S.: 242. 2471 ; 232 col. 306: 184.1985, 1998• 249. 251. 306. 320; 233 col. 307: II3. 187. 215. 297; 234 col. 308: 137, 242. 247'; 235 col. 309: 57; 236 col. 310: 247. 255; 237 col. 3II: 103. 199 5; 240 col. 314: 82S.• 86; 240 col. 315: 306; 242 col. 316: 20; 242 col. 317: IO. 16. 23. 54. 57s.• 142; 243 col. 317: 7. 26; 243 col. 317s.: 140. 142; 243 col. 318: 58; 244 col. 320: 187. 195 1 • 1998• 214; 247: 304'; 247 col. 322 : 93s.• 193; 253 col. 330: 251. 320; 260 col. 339: 95. 195 3 • 197'. 199 8; 271 col. 35 2 : 93. 237. 259. 2972 ; 271 col. 353: 87. 1998• 202; 271 col. 354: 133'. 1342• 165. 175 1 • 186. 199 5; 272 col. 355: 166; 272 col. 356: 183. 251. 266; 272 col. 357: 41; 272 col. 358: 99. II3; 273 col. 358: 87; 274 col. 360: 26. 66. 68. 141; 274 col. 361: 46. 87. 283; 275 col. 363: 41; 276 col. 365: 12. 94; 276 col. 366: 297'; 277 col. 368: 20. 38, 86, 99. II2S.• 142. 164; 277 col. 368s.: 33. 88; 277 col. 370: 94; 281 col. 376: 26. 236. 286; 291 col. 382: 20. 26; 296 col. 384: 165. 186s.• 254; 297 col. 386: 60. 166; 298 col. 388: 81 3 • 134, 1998; 303 col. 392: 61, 83, 105, 283; 305 col. 395: 264s.; 305 col. 396: 44s., 615., 83; 306 col. 398: II8, 133. 14°.165,1751,187.1998.214, 252; 306 col. 398s.: 88s.; 306 col. 399: 265; 307 col. 401: 1331; 309 col. 404: 26,1998,2963 ; 310 col. 406: 133'; 3II col. 406: 87, 103, 124, 166; 3II col. 408: 20, 141; 312 col. 409 e 313 col. 410: 165; 313 col. 4": Il; 314 col. 412: 138; 315 col. 413: 7, 20. 26. 54. 139s., 142; 316 col. 415: 86, 130; 317 col. 417: 124; 319 col. 419: 86; 321 col. 420; 20, 27s., 86, 165S.; 321 col. 421: 11 2; 321 col. 422: 137; 333 col. 444: 86. 139; 334 col. 445: 139; 376 col. 488: 166; 376 col. 488s.: 130; 379 col. 492: 45, 87; 385 col. 5°1: 100, 143. 187,214.216; 387 col. 504: 23, 214,
256; 390 col. 508: 26. 45, 141; 390 col. 509: 251; 393 col. 512: 23, 42, 45. 126s., 166; 398 col. 517: IO. 54, 83; 414 col. 533: 46 ; 415 col. 534: 100, 103. II3; 439 col. 561: 71 • 139. 142; 453 col. 579: 100, 103. 143; 458 col. 583: 252; 460 col. 585: 24; 465 col. 588: 101, 199 8; 498 col. 616: 165; 501 col. 618: 45. 54; 502 col. 618: 20. 137; 502 col. 619: 20. 62, 65. 101, 137. 195. 199 8; 503 col. 619: 95, 101. 183, 1953 • 199 5• 1998.215.251, 253, 269; 504 col. 620: 66; 505 col. 621: 251S., 283; 506 col. 621: 252; 507 col. 622: 283; 508: 304'; 508 col. 622: 12, 38 2 • 58. 62, II2S.• 127; 508 col. 622S.: 62S., 1998; 509 col. 623: 307; 512 col. 626: 20. 23, 26.196'; 513 col. 626: 1998; 762 col. 876: 101; 779: 304'; 834 col. 957: 306. 320 ep. Luiso 8. 33: 61 hod. p. 30: 62, 166; p. 64: 86, 205; p. 66: II 2 ; p. 71: II 2 , 121; p. 75: 166; p. 76: 95s.; p. 79: 139; p. 80 e 100: 166; p. 10IS.: 121; p. 102: 20, 28. 165s. in Aurispa ep. 19 p. 28: 247 TRITHEMIUS JOHANNES
De laude scriptorum . .. , c. bv: 204 UBERTI PIER MATTEO
so~cr. a Celso: 148s.• 188,248,262.267 UGOLINI BACCIO
in Poliziano ep. 7. 5 p. 200: 75. 320 UGUCCIONE DA PISA
deriv.• Vat. Chig. L VIII 289. c. 35vA: 25 1 ULPIANO
dig. I, 16.6.3: 298; 32, 52. I: 3; 32. 52, 5: 65
V ALERIO 2, 572: 209
FLACCO
INDICE DEI PASSI CITATI VALLA LORENZO
Consto don. 35 p. 29: 323; 37 p. 31: 187; 37 p. 32 : 24s.; 37 p. 33: 20, 25, 32; 66 p. 57: 20, 25; 66 p. 58: 32, 38, 40, 46, 100; 67 p. 58: 25; 72 p. 62: IOOS.; 74 p. 64: 317 eleg. I, 14 p. 19: 213; I, I7 p. 22: 562, 212, 216; I, 17 p. 24: 2003 ; 2, I p. 47: 2003 , 220, 223, 232, 256, 281; 3 praef. p. 80: 101, II5; 3, 5 p. 85: 220, 323; 3, 6 p. 86: IOIS.; 3, 13 p. 89: 323; 3,26 p. 97: 165; 4, 65: 194; 4, 85 p. IS0: 20S., 25; 6, 6 p. 181: 223; 6, 23 p. 215: 188; 6, 33 p. 215: I9IS.; 6, 43 p. 222: 31, 25,38; 6, 48 p. 225: 2003 , 323 emendo p. 603: 256, 2571; p. 604: 109, 212, 217, 23 I I, 256, 25i, "-91; p. 6°5: 256, 25i; p. 606: 1042, 108, 141,212, 231,2323,256,267; p. 607: 231 2, 2324, 256; p. 608: 224, 256s., 267; p. 609: 256,2571,267; p. 610: 102, 232 1, 232 2, 2571 , 267; p. 612: 108, 232, 287; p. 613: 113, 275; p. 615: 2321; p. 616: 212, 216; p. 617: 99, 212, 217; p. 618: 231; p. 619: 281 in Aurispa ep. 83 p. 102: I2S., Il3 in Fac. p. 523: 321; p. 599: 216, 266; p. 601: 212, 216, 222, 270s.; p. 602: 267, 282; p. 603: 112, 212, 217, 220, 230, 2311, 267; p. 620: 187 in Pog. p. 263: 2I2S.; p. 263s.: 323; p. 314: S, 194 letto in Op., p. I: 283, 304; in Sabbadini, Storia 162: 217, 237; in Sabbadini, Storia 299: 98, 260, 280
375
soscr. a Quintiliano: 260; a Tucidide: 62, 96, 101, 279, 3032, 312 VENANZIO FORTUNATO
Mart. praef. I 4: 45 2 VERGERIO PIER PAOLO
in Salutati ep. IV p. 368: 286 VERGILIO POLIDORO
2, 7 p. 144: 69, 79; 2, 8: I7s.; 2,8 p. I46s: 27; 2, 8 p. 147: 21 VESPASIANO DA BISTICCI
ep. 2, 6ss.: 41, 196; 2, 9:
IlO, 112; 2, 16: 101, 103, 136; 3, 5: 101, 136 1; 5, 12S.: 23s.; 16, IO: 61; 16, 14: 191; 16, 17: 93, 270; 16, 25s.: 82 1 ; 17, 3 e 8 e 12: 61; 18, 7: 61; 18,8: 64 2; 25, 5: 191; 3D, 9: 61, 64 2 Vite, Niccoli 3: 131 3 ; Poggio 2: 401
VIRGILIO
Aen. 4, 177: 55; 7, 767: 241; 8, 402: 210; 12, 144 e 280s.: 29; 12, 709: 344 ed. 2, 20: 562 georg. 3, I58s.: 97 VISCONTI BARTOLOMEO
soscr. all'Ambros. E 67 sup.: 184 VITRUVIO
8, 3, 21-23: 218, 298 VITTORE SESTO AURELIO
epit. I, 21 e 4, I: 72 2; 4, lO: 70
INDICE DEI MANOSCRITTI
AREZZO Bibl. Comunale 145: 571 BAMBERGA Staatliche Bibl.. Patr. 61 (HJ IV 15): 3122 BERLINO Dcutsche Staatsbibl.. Lat. Fol. 661 :132 BOLOGNA Bibl. Uni\'ersitaria 701: 165; 1733: 307 CRACOVIA Bibl. JagiellOliska 416 (CC II IO): 1671 ESCORIAL. S. LORENZO DEL Real Bibl. S III
.:.1:
1671
FIRENZE Bibl. Medicea Laurenziana 29. 32 (L): 149. 167.276; 30. IO: 130. IS0; 32. 9: 33. 38. 88. II2. 142• 164; 32.46: 68; 35. IO: 8. 83; 36.49: 274; 37. 13 (Etruscus di Sen.): 149. 270; 39. I (Virgilio Mediceo): II61; 45.15: 129; 48. IO: 30; 48. 22 (P): 1821• 328s.• 33 2-338; 49. 7 (P): 37. 1961• 31 52; 49. 9 (M): 37. 1161, 148. 1961• 226. 289. 292. 3152; 49. 18: 272. 273 1• 274. 296 4 ; 49. 24: 51; 53. 18: 341; 54. 15 (M): 3341 ; 54.22.: 70; 56. I: 218. 299; 65. I: 33. 44; 65.
5: 318; 65. 26-2j: 136; 66. 21: 125s.; 66.40: 126; 68. 2 (Med. II di Tac.): 301• II9. 123; 73. 1: 148. 165. 237; 76.40: 153 1; 82. 1-2: 149.270; 90 sup. 42: 341 Acquisti e doni 446: 3I 8 Conv. soppr. 452: 341 Edili 161: 225 1 S. Marco 190 e 257: 149; 268: 331. 338; 303: 141; 343: 149; 610: 124. 166; 683: 26; 695: 26 Strozzo 44: 268; 96: 120 Pandette: 73.95.104.107.109. II6 1• 127s.• 140. 148. 298. 313 Bibl. Nazionale Centrale II I 67: IO; II IX 14: 312 Conv. soppr. A. 2. 2638: 318; I IV 26: 161. 259. 297; I V 43: 23; I VI 6: 46; I VI 9: 133 1; I VI IO: 88. 134. 175. 187; I VI II: 175 Magliab. VII 973: 9. 15 6• 315 Bibl. Riccardiana 488: 149s.• 240. 270. 272. 294; 499; 43 2• 51. 1821; 506: 99. III. 286; II79: 153. 177. 188; 1222 C: 307 lESI Bibl. Balleani 8: 39s. ITHACA Cornell University B 2: 177. 252 LEiDA Bibl. der Rijksuniversiteit. Voss. lat. 0·9 (Y): 39
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI LENINGRADO
Arch. de1l'Ist. di Storia dell'Accademia delle Scienze dell'URSS 627/2 (già Museo di Paleogr. V 645): 309 LONDRA
British Museum, Add. 12012: 252 Harl. 2736: 238 1 ; 5792: 139 MADRID
Bib1. Nacional 3678 (M): 13, 156-160, 174,24 1,277; 85 14: 13~·, 13i, 1595, 274, 334 1 MILANO
BibI. Ambrosiana A 212 inf.: 2962 ; D 531 inf.: 258; E 67 sup.: 184; E 127 sup.: 264; 175 sup.: 2962 ; L 85 sup.: 124s., 148; L 91 sup.: 61, 65; R 88 sup.: 33; Z 184 Sup.: 202; Virgilio del Petrarca (già A 49 inf.): 29 MODENA
BibI. Estense, lat. V C 2: 258; VI D 6: 25 2 MONACO
Baycrische StaatsbibI., lat. 451: J27; 754: 149, 153, 2II, 309; 755: 129, 188; 756: 309; 766: 152; 807: 142, 152 ; II301: 258, 322 Libr. impr. e. noto mss. in foI. 35: 71, 168 MONTECASSINO
BibI. dell'Abbazia 91: 123; 361: 141, 165 NAPOLI
BibI. Nazionale IV A 3 (Festo Farnesiano): 13, 39, 149, 153, 178-180; IV A 43: 270; IV C 32: 167
NEW YORK
Academy of Medicine 275): 148. 315 2
l
(già Phillipps
Balliol College 78 B: 3l 8 Bodleian Library, Auct. P. 2. 2: 71; T. 1. 27: 149 Can. lat. 34: 238; 95 (C): 171 3 PARIGI
BibI. Nationale, fr. 204: 59; 343: 26. 43 1 gr. 425: 318 Inv. Rés. X 96 (V): 39 lat. 23: 146; 147,390. 4II. 426, 627: 48; 65 1: 48. 55, 141; II42: 48; 15 66 : 4 8• 55; 1615: 35. 43; 1636. 1655, 1727, 1757. 180 3: 48; 1989: 47, II9; 1994: 50; 2066, 2103. 2104, 2151: 48; 2219: 47; 2252: 48; 23 22 : 48.55; 2323. 2494. 2540, 2591. 286 7. 2923. 3236 A, 3271, 3302: 48; 4539: 141; 49 69: 43; 5054: 29; 5690: 29, 42,291; 5720: 29s.; 5816 : 42; 5840 e 6069 I: 145; 6353: 146; 6408: 144; 6477: 145; 6568: 318; 6789: 43 1 ; 6798: 149; 6802: 29. 112; 6830 H: 146; 703 8 : 14 1 ; 7323: 47, 55; 7400: 141; 7720: 29; 7723: 260; 7880.1: 10.60.64; 7880, 2: 60; 7975: 152; 8045: 145 Rés. g. Ye. 236: 69 PERUGIA
BibI. Comunale Augusta 57: 48; 273: 48. 136; 681: 48. 146; 996: 48. 50; 1002: 48; 1049: 47. 147; 1054: 48; 1057: 141; 1071 e 1077: 48; 1173: 48, 146 N. F. 22: 48. 50. 58. 145; 46: 47, 136 PISTOIA
BibI. Forteguerri A 37 (S): 3341
INDICE DEI MANOSCRITrI ROMA Arch. di S. Maria sopra Minerva. cod. s. s.: 47. 144. 146 Bibl. Corsiniana 50 F 37: 155s. Bibl. Vallicelliana A 5: 20, 165 SAN GALLO Stadtbibl. 226: 28 VATICANO (Città del) Bibl. Apostolica Vaticana, Barb. lat. 146: 37s.; 2743: 48 Bas. S. Petri H 25: 1I8, 165, 245, 327-338 Capp. 235: 261 Chig. L VIII 289: 25 1 Ottob. lat. 349: 140; II84: 322; 1592: 8, 17. 31. 187. 236; 1836: 303 2; 1883: 17; 2057: 104, 121. 142. 184. 269 Palat. lat. 1469: 252; 1564: 59; 1820: 29 Ross. 166: 48 Urb. lat. 301: 3II; 327: 1595,318; 342: 155; 383: 82 1; 661: 155; II46: 148. 3152; II 84: 322. 341 Vat. gr. 174: 237; 218: 164. 219; II64: 60. 164
379
Vat.lat. 189: 175; 1629: 373 , 173; 1773: 89; 1793: 63 2; 1801: 62. 303 2• 312; 1843 e 1849: 152• 33 s., 53. 56. II9; 1852: 15 2• 33 s.• 53. 56. II9. 259; 1873: H8; 1904: 149. 2II; 1958: 191. 216; 2208: 225 1 ; 2840: 310; 2901: 1°5, 108. 177; 2928: 341; 3195: 23; 3196 : 20. 23. 305. 3 IO; 3225: 210; 3226 (Terenzio Bembino): 71. III 1• 125. 128. 148; 3250: 309s.; 3277: 153 2; 3286: 12 5. 149; 3294: 149; 3357: 185 1 ; 33 68 : 13. 178-180; 3369: 179s.; 3797: 166; 3867: 128. 148; 3870 (Plauto Orsiniano): 104s., II7. 133. 154. 165. 173. 217. 314; 5951: 236; 8121: 48. 59. 147; 10277: 48• 13 2 ; 11458: 8. 13. 31. 37. 1061• IlO. Il2. 1371• 1595, 165, 236 VIENNA Nationalbibl.. med. gr. I (Dioscuride): 164 WOLFENBUTTEL Herzog August Bibl.. Gud. 224 (NeapoIitanus di Prop.): 71, 149. 291 Gud.lat. 2 0 II8: 279
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Abelardo Pietro u6s., 215 Acciaiuoli Angelo, vesc. U9 1 Acciaiuoli Donato 41, 196 Acciarini Tideo 95 Adamanzio Martirio 152 Agnolo chartoraio 84 Agostino, s. 54, 86s., u9, 125, 130, 134, 140, 166, 185, 229, 247, 307, 342 Agostino da Portico, camaldolese 143 Alberti Bernardo 310 Alberti G. B. 3121 Alberti Leonbattista 3IO Alessandro di Afrodisia 88, 217, 316 Alessandro Magno 27, 138 Alfodhol de Merengi 55 Allegri Mariotto 57, 297 Alvisi E. 126 Amadio da Milano, orefice 67 Ambrogio, s. 7, 63, 307 Ammiano Marcellino 23, 86, u8 Andrea cartolaro 67 Angeli Costantino O. P., copista 147 Angeli Iacopo da Scarperia 140, 193 Angelo 143, 195 1 Angc1us, ser 14 Angiò (d') Roberto 100 Antonini Itinerarium IUt, 136, 322 Antonio, s. 124 Antonio bibliopola 8, 83 Antonio da Budrio 23 Antonio da Massa Marittima 306 Antonio da Pistoia 87 Anziani N. 37 Apellicone di Teo 257 Apicio 148, 168, 248, 309, 3I52 aplografia 231 Apollinare di Laodicea 317 Apollonio Rodio 88, 142, 164
Apollonius Tyrius 126 Apuleio 723, 76, 229, 276, 280, 283 Aragazzi Bartolomeo da Montepulciano 3341 Aragona (d') Alfonso, re 340 Arato 278 Archimede 60, 94 Arduini F. 173 Arese Andreolo 132 Aristarco di Samotracia 285 Aristotele 6, 59, 86, 88, 141, 145, 147, 222, 253, 271, 285, 287, 316 Arns E. 111, 41, 84, 187S., 199, 204s., 243, 246, 249, 2501, 277, 3031, 30 5,
323 Arzignano Giovanni 176, 236 Ascensio, vd. Badius Asconio Pediano 13, 93, 159 5, 24IS., 274, 278, 3341 Astemio Lorenzo 70 Atanasio, s. 23, 26, 1961 Ateneo meccanico 59s., 164 Attalo, re di Pergamo 21 Augustinus chartarius 83 Aurispa Giovanni 343 , 81, 139, 193,247, 265
Ausonio 163 1,266, 268, 3162 autografia 343 Avanzi Girolamo 111 1, 213 Avito 68 1
Bacciameus chartarius 83 Badius Van AscheJosse (Jodocus Ascensius) 1111 Baldelli Nicolò 247 Bandini A. M. 37, 70, 71 1, 1291, 168t, 1682, 338 Barbaro Ermolao 267, 276
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Barbaro Francesco 88, 94, 106\, 139, 156, 160, 1631, 173s., 183, 236, 251, 255,264,266,270,290,296,298,306 Barbato da Sulmona 304 Bardi Bartolomeo 81 Bardon H. 238 Bardy G. 227 3 Bartolomeo da Montepulciano, vd. Aragazzi B. Barzizza Gasparino III, 1671, 286, 320: critico del testo 263s. Barzizza Guiniforte 1671, 184 Basilio, s. 138, 1631, 183, 236, 251, 318 Basso Angelo (Poliziano) 260 Battista, camaldolese (?) 61 Beaufort Henry, card. II9, 131S. Bembo Pietro 128, 218 Benedictus, magister 185 Benevento, bibl. Capitolare 122, 125 Bernardino, s. 136 Bernardo di Compostella jr. 141 Beroaldo Filippo il V. 2 l 3: critico del testo 233s., 271, 309 Bertalot L. 28 Bessarione, card. 237 Bibbia 54, 100, 130s., 139, 146 biblioteche, vd. Benevento, Bobbio, Bologna, Fiesole, Firenze, Roma: pubbliche 80 Bilabel F. 84, 199 Billanovich Gius. 99, II9\, 136, 138, 146, 1671, 2441 Biondo Flavio 40, 67: copista 8, 17 Birt Th. 51, 71, 9, II\, 18, 20, 28, 41, 84\, lII 1, 305 Bo D. 201 1 Bobbio 152, 2°4, 320S.: bibl. di S. Colombano 125 Boccaccio Giovanni II9, 146, 189, 216, 226, 297: copista 138, 282 Bologna 48s., 52, 94, 137, 2181, 269, 283: bibl. dei Domenicani 139, 165 Bolognini Lodovico 272 Bolsena 105: chiesa di S. Cristina 138 Bonaccorso da Pisa 191 Bossi Francesco, vesc. 104s., 142, 269 Bosso Matteo 57
Botfield B. 293 Boulanger A. 336 Bracciolini Poggio 14s., 16, 33-35, 37, 43 2, 48, 51, 53, 103, 106, II7-II9, 121, 131, 137, 141, 156-161, 1722, 174, 181S., 213, 267, 274, 315 2, 318, 327-338: copista 8, 13S., 34, 120 1; critico del testo 258s., 338; epigrafista 42, 107 Branca V. 861, 153s., 2II Brauninger F. 79 1 Briquet C. M. 49 Brossano (da) Franceschino 138 Bruni Leonardo 17, 145, 1925., 225, 2302, 318, 320 Biihler C. F. 83 2 Bucinio Bartolomeo 134, 197 Bussi Giovanni Andrea, vesc. Aleriense 1881, 293 Cagni G. M. 93\, 191\ Calcidio 182 Calderini Domizio II, 26, 69, 70S., 97, 124, 152, 157, 187, 210S., 241, 273, 286, 320 Calderini Giovanni 218 1 Calfurnio (Giovanni planza de' Ruffmoni) 276 Callia 61 Callimaco 218, 222, 271, 275, 291 Calliopio 277-279, 343 Campana A. 31\, 36, 106\, 122, 126, 1362, 1441, 155, 1651, 247, 2483, 273 2, 303 2, 3092, 3152, 333\ Canfora L. 692, 70 Capelli Pasquino 1961 Capello Guglielmo 247, 258 Capra Bartolomeo, vesc. 57, 139 Capra L. 293\ Carlo Magno 28 Carlo IV, imp. 137 cartolai 81-84; vd. anche Agnolo, Andrea, Augustinus, Bacciameus, Francesco, Giovanni, Petrus; cf. librai Casacci A. 328, 341 Casamassima E. II4-II6, 120-123, 125S., 128, 144s.
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Casella N. 1272 Cassiano Giovanni 146 Cassiodoro 165 Catone 130, 150,152,161,1621, 178,263 Catullo IO, 155, 222, 248, 260s., 267. 269, 272, 276 Celso 8, 24, 30, 32, 84, 93, 102, 139, 148, 165, 188, 193, 236, 248, 262, 267, 320 Cencetti G. 1001 Censorino 226, 2341 Cesare 56, 1111, 228, 258, 322 Cesarini Giuliano, card. di S. Angelo 44 Cicerone 6, IO, 39, 41, 562, 109s., 186, 201, 220, 235, 242, 272, 274: codice di Lodi 104s., 121, 140, 142, 164, 176s., 184, 187, 190, 217,219, 2201 , 244, 269, 280; epistole 25, 84, 96, 1161, 139, 148, 165, 185, 188, 1961, 214, 226, 240, 248, 262 1 , 263, 274, 277,289,292,296,310,3152; Filippiche, recensio poggiana 327-338; opere filosofiche 8, Il, 46, 49, 143, 146, 149, 154, 164,237, 240s., 281, 289; opere retoriche 8, 17, 31, 61S., 93, 110-112, 164,224,236, 23 8,240, 252, 255, 25 8, 263s., 270, 275, 293, 320 ; orazioni 30, 43, 53s., 57,60, 94, 106, 118 1 , 159 5, 1604, 164S., 1741, 175, 18IS., 188, 1986,236,24°,245, 251,254, 258s., 265, 268s., 272,329; ps. Cicerone 8, 93 ciceronianismo 218s. Cinturellus, pape tabellarius 142 Cipriano, s. 121, 166 Ciriaco d'Ancona 134S., 138 Cirillo d'Alessandria, s. 26 Clark A. C. 1562, 173s., 273 2, 274 1, 328 -331, 3341 , 332-337 Claudiano 79, 1111, 236 Climaco Giovanni 306, 318 Cocci Marcantonio, vd. Sabellico Cocco Lodovico 183 4 codex quadratus 55; unicus 188, 314 collazione, vd. emendatio: della copia col modello 187, 243s., 246s., 251-253, 269s., 275
Colocci Angelo 59 Colonna Francesco 128 Colonna Girolamo 72 Colonna Prospero, card. 118, 217, 267 Columella 72, 86s., 106, 124, 148, 161, 212, 248 Concilia 139, 165,251 congettura, vd. emendatio: può oscurare tradizione genuina 162S., 227s., 231 2, 315 Contarini Girolamo 61S., 83 Convenevole da Prato II Conway R. S. 1082 copie: corrette dall'autore 252S., 303; defmitive e provvisorie 13s., 136s., 174; soppiantano gli originali 120, 175; vd. anche collazione copisti 195-198; vd. anche Angeli Costantino, Biondo Flavio, Boccaccio Giovanni, Bracciolini Poggio, Demetrio, Domenico, Francia, Giovanni Aretino, Lamperti Giovanni, Niccoli Niccolò, Nori Mariotto, Petrarca Francesco, Petrus de Traiecto, Poliziano Angelo Coppino Giuliano 135 Corner (Comaro) Giovanni 6s., 60, IIIS., 263s., 270, 285 Correggio (da) Azzo 21 Cortesi Alessandro 261 Cortesi Lattanzio 261 Corvini Giovanni 121, 180, 258, 2973 Cotta Catelliano 79 Courtney E. 1551, 1592 Crasso Baldassare, vd. Grassi B. Cratander Andreas 70 Crinito Pietro 129 Crisolora Manuele 2771, 296 Cristoforo da S. Marcello, vesc. di Rimini 20, 205, 307 criterio paleografico nell' emendatio, vd.
emendatio critica del testo, vd. aplografia, codex unicus, congettura, dittografia, glosse, emendatio, Barzizza Gasparino, Beroaldo Filippo il V., Bracciolini Poggio, Guarino Veronese, Niccoli
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Niccolò, Poliziano Angelo, Salutati Coluccio, Valla Lorenzo Crivelli Ambrogio 61 Crotto Luigi 66 Cujas (Cujacius) Jacques 70, 72 2 Curzio Rufo 29, 31, 81,239,242, 253s., 323 Cusano Niccolò 89, 139, 188 1 Cutizzi Bertola 61
D'Adda G. 204 Dain A. 691, 71 2, 3122 D'Ancona P. 57 Daniel Pierre 70, 72 2 Dante Alighieri IO, 67, 215, 217 Darete 126 Debenedetti S. 167 Decembrio Angelo 202 Decembrio Pier Candido 36, 132, 139, 221, 230, 282, 295s. Decembrio Uberto 132 Demetrio, prete cretese, copista 183 Demostene 141, 164 De Rossi G. B. 421, 1071 Destrez J. 196 dettatura 96, 195 Diano 46 Didimo Ca1centero 31 , 4 Dini Traversari A. 57 Diodoro d'Alessandria, matematico 15 Diodoro Siculo 202, 269s. Diogene Laerzio 184,247,249,251, 320 Dionigi Areopagita 251S., 283 Dionisotti C. 69, 743 Dioscoride 164, 294 dittografia 228 Domenico scriba 205 Donato Elio 137, 171S., 182, 2IO, 217, 3 19 Donato Pietro, vesc. 136 Donato Tiberio Claudio 95, 125, 129, 139, 1961 Dunston A. J. 15 2, 34, 1371, ISSi, l743, 241 Durnham Ch. L. 177 Dziatzko K. 4-6, 173 , 85, 203
Ehlers W. 153 2, 1741
emendatio: canoni 293-295; criterio paleografico 229-235; distinta da collazione e trascrizione a cominciare dal Poliziano: 178, 245, 261-263, 337s.; ope codicum 244s., 247-249, 253-256, 270 (sua superiorità sull'e. ope ingenii 288-290, 295); ope ingenii 244, 256s., 270-272; vd. anche congettura Ennio 72, 254 Enrico da Pisa, frate 60 epigrafi 42, I I 7, 121, 127, 165; e/L. 5837: 1071 , 138; X 5840: I05, 107 1 ; X 5853: I07!, I072 , I073 Epitteto 285s. Erodiano 37, 75s., 99, I02, 2IO, 277, 28 7, 317 Erodoto 298 Eschilo 88, 142 Esiodo SI, 225, 2272, 293 Este (d') Leonello 55 Este (d') Niccolò III 67 etimologie: autographus 101; charta 25, 27;folium 33; pergamena 21; volumen 31, 4 Eugenio IV, papa 46 Eumene, re di Pergamo 21 Euripide SI, 223, 265 Eusebio 165, 243, 286, 317 Eustachio camaldolese, abate di Val Ca· stro 63 Eutropio Flavio 194 Eyb (von) Albrecht 278 3
x
Facio Bartolomeo 1081, 193, 229s., 271, 291, 321 , 340 Facondo di Ermiana 165 Faelli Benedetto di Ettore 83 Faerno Gabriele 336 Fantino 96 Fava D. 791, 275 Fedele Cassandra 24 Fedeli P. 2742 Federico II, imp. 21
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Feltro (maestro) da S. Arcangelo 192 Ferrari Girolamo 336 Festo Sesto Pompeo 13, 149, 153, I78s., 191, 237 Ficino Marsilio 41, 308, 3 II Fiesole 283s.: bibL della badia 191 Filargirio Giunio 69 Filelfo Francesco 181, 312 Filelfo Senofonte 85 Filippo di Cipro 255 Filostrato 192 Firenze 19, 52, 81, 84, 94,1043 ,196,313 2: bibL di S. Croce 154; bibl. di S. Marco. vd. Medici; centro di arti librarie 14, 57; monastero camaldolese di S. Maria degli Angeli 57 Finnico Materno 46. 141 Fisher C. D. 123 2 Flavio Giuseppe 35, 43, 93. 283 Floro L. Anneo o Annio 98, 166 Foffano T. 31 1 , 1001, 103, 121, 123 Fonzio Bartolomeo 188, 232S. Fracassetti G. II, 54, 185 Francesco cartolaio 84 Francia. copisra I43s. Frankel H. Il2. 265 Froben(ius} Hieronymus 70 Frontino Giulio 8, 59, 141, 165, 278 Fumagalli G. 65 2, 67, 84
Giovenale 124. 149, 155 Girolamo, s. 7, 23. 45, 56, 75. 81. 100, 123s.• 137. 141, 166. 185. 187, 1971, 205. 226. 277. 307, 317 Giuliano antiquario 203 Giustinian Bernardo 102 Giustinian Leonardo II, 57s., 87S., 102. 247, 249 Giustiniano IlO, 148, 220. 272, 313; vd. anche Pandette Giustino 27. 29, 125s., 141, 254 glosse penetrate nel testo 227s., 234 Grassi Baldassare 163 l Gregorio, De consuetudine 55 Gregorio di Vicenza 96 Gregorio Giovanni 134 Gregorio Magno 247 Gregorio Nazianzeno 23. 44s., 54, 66, 142 Gryphius Sebastian 722 Guarini Alessandro 238 Guarini Battista 306 Guarino Veronese 44. 56l. 93, 1061, 176, 180s.• 184, 202, 214, 2302, 247, 252. 265, 295-298, 322: critico del testo 258 Gucci Guccio di Francesco 192 Gucci Lorenzo di Francesco 192 Gutenberg Johann 79
Gaddi Francesco 124 Gambacorti Benedetto 140 Gardthausen V. 203 Gellio IO, 16, I9s., 27. 30s., 43. 47. 56. IOIS., 161, 163, 184, 187, 214, 217. 2181, 220, 223s., 242, 253s., 258s.• 265, 295 1, 297s. Ghiberti Lorenzo 120 Giarratano C. 3341 Gioc.ondo Giovanni 70 Giovanni Aretino, copista 30 Giovanni cartolaio 84 Giovanni Crisostomo 46, 62, 96, 166. 183, 186. 195, 251, 306, 320 Giovanni da Siena 27 Giovannolo da Como 185
Haebler K. 49. 275 Hakanson L. 155 1 Halm K. F. 336 Hay D. 174 Heinrich Petri 29 Heinze R. 201 1 Henricus de •• 191 Herrmann M. 2782 Historia Augusta 42, 2 83s. Hobson G. D. 802 Hofmann F. 273 2 Horawitz A. 491 Hosius C. 259 Housman A. E. 174 Hunt R. W. 1493 Husung M. J. 791
25
386
IL LESSiCO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Ihm M. 153 incunaboli: H 1254 (s. AntolÙno) 146; *1481 (S. Iommaso) 78;*1886 (A sconio Pediano) 241; *2352 (Vincenzo di Castronovo) 146; *3004 (Bessarione) 50; *4758 (Stazio) 69, 71 ;*4760 (Catullo) 276; <*4835) (Celso) 188; *5036 (Giovanni Crisostomo) 50, 75; 5879 (Curzio Rufo) 50; *6726 (Eutropio) 50; *8467 e *846& (Erodiano trad. dal Poliziano) 991; 10010 (5. Leone I) 50; II090 (MeruIa) 320; *12140 e *12145 (C>vidio) 71; *12697 (Perotti) 3II; *12706 (Perotti) 3131; 13074 (Plauto) 275; 13078 (Plauto) 218 2; *130&8 (Plin. lIat.) 75; 13090 (Plin. lIat.) 74, 188; *13096 (Plin. nat.) 75; *13218 (PoIiziano) 3II; *13221 (Poliziano) 12, 279, pl; 13654 (Quintiliano) II3; *14564 (Columella) 74, 124; 14983 (Stazio) 69, 71; 15376 (Terenzio) 71; <*15477) (Teocrito, Esiodo) 225; C 6000 (Virgilio) 69; 6061 (Virgilio) 129; 6067 (Virgilio) 129 inizi 89 Ippocrate 98 Ireneo, s. 23, 194, 243 Isidoro, card. Ruteno 237 Isidoro di Siviglia, s. 28, 55, 204
Jahn C>. 243 1, 2463, 250, 277 Jenson Nicola 79 Jerolimus 20 Jordan H. 69 Josephson A. 741, 124, 161, 248 2 Jouffroy Giovanni, card. 129 Juchhoff R. 691 Kaeppeli T. 30, 472, 145, 147 Karabacek J. 261 KeiI H. 69 Keudel U. 45 2 Kiessling A. 201 1 Kirchhoff A. 8(}-84
Kimer G. 37, 1961 Klotz A. 13I. 1562, 158s., 239, 264, 273 Knoche U. 124 Koep L. 42 Korelin M. 3411 Kornemann 199, 205 Kornhardt H. 189, 191 Krebs J. Ph. 84, 194, 2008 Kristeller P. C>. 3042, 308, 317 Kroymann E. 133 1, 1341, 1632, 175 Kuhnert E. 80 1 Kumaniecki K. 177 S Kunz A. 71 1
Lambeck Peter 29 Lamola Giovanni 177S., 181, 247, 255. 258, 297 Lamperti Giovanni de Rodenberg, copista 279, 312 Lampugnano Princivalle 166 Landino Cristoforo 129 Landriani Gerardo. card. 62, 68, 1834, 190,269 Landwehr H. 51 Lapo da Castiglionchio 198 6 latino umanistico: diminutivi 8. 32, 39s., 45, 66, 97. II4; immissione di termini volgari 40s., 49, 60, 67, 78, 82,98, 135, 196; neologismi e estensioni analogiche 36,401. 52, 58, 77. 85,93-95, 107,224; particolarità sintattiche 55s., 2541,3422; purismi 35, 44-46, 60s., 64, 82, 84, 98, 181, 1&3S.; questioni di proprietà dei vocaboli 44, 82, 84s., 94. 101, II7. 194, 20(}-202, 321 Lattanzio 8. 55. 81 3 • 93. 137. 142. 165, 222, 242, 254s.• 266, 296, 2972 Lattanzio Placido 136 Lautenbach (von) Johannes 174s. Lehmann P. 202 , 29s., 32S., 35s., 4(}-42, II4, II61, 1231, 125, 167, 243 1 Lehmann-Haupt C. F. 261 Lenz F. W. 71 1, 273 Leo F. 273 2 , 277 Leonardo di ser Uberto 41
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Leone X, papa 1542 Leoni Pietro 152, 157 Lepore U. 1671 Lersch L. 243 1 Le Signerre Guglielmo (due fratelli omonimi) 79 Leto Pomponio 39, 95, 210 lettere, formule conclusive 31 Leucus Publius 201 Libanio 306 librai 81, 84s.; vd. anche Antonio bibliopola, Melchior librarius, Vespasiano libro piccolo, ma di elevato contenuto, motivo topico 54S. Licinio Calvo 5 Licurgo 320 Lindsay W. M. 391,862, 152, 179, 196, 2431,244,2462, 250 Lisia 253 Livio 6s., 12, 33s., 53, 56, 89, 93, 119, 121, 123, 166, 181, 187, 214, 2302, 239, 259, 266, 272, 323 Lombardo della Seta 16 Loschi Antonio 138 Loubier H. 79 1 Lowe E. A. 129, 114, 122S., 3122 Lucano 147 Lucrezio 6, 278, 3104 Ludovico. da Fabriano 322 Luiso F. P. 133 1 Lymphen (von) Thomas 174
Maas P. 28i Macrobio 5, 121, 152, 176, 180, 216s., 224, 255, 258, 293, 295 1, 297 Ma/fei Agostino 310 Magnanimo Andrea 991 ,154 Maler 1. 141, 73, 162, 168 1, 1777, 1881, 2481, 2482, 263 1, 263 3 Malatesta Novello 68, 1961 Malatesta Pandolfo 66, 103, 305 Malatesta Sigismondo 12 Malcovati E. 1641, 1775 , 2201, 2351 Malpaghini Giovanni 197, 340 Maniacutia Nicola 226, 2801, 2872, 28~
Manilio 76, 152, 156-158, 1602, 173, 1742, 327, 329 manoscritti: descrizioni umanistiche 24, 33, 38, 42, 55, 88s., 104, 107, l09s., 133; genealogia 314-317; indicazione del numero dei fogli 30S., 33; del numero delle righe di ogni carta o pagina 30, 38; numerazione di carte, colonne 29S., 37S., 42; recentiores non deteriores 163; rifilatura 53, 64; rigatura 16 Manuzio Aldo il Giovane 52 Manuzio Aldo il Vecchio 362, 313 Marastoni A. 69, 71, 273 Marchesi C. 233 Marescalco Francesco 194 Marino, frate dalmata 124 Mariotti S. 70, 72, 1791,2151, 3142 Marrou H. J. 303 1, 323 Marshall P. K. 259, 2972 Marsuppini Cristoforo 317 Martellotti G. 8, 171, 145, 3103 Marx F. 1482 Marziale 39,53,862,124,139,149,152, 154, 211, 213, 217, 222, 268, 289, 291, 294, 309, 3162, 320 Marziano Capella 75, 149, 191,215,293 Mayr Sigismondo 3I1 Mazzolato Ugo 17, 180, 295s. Medici 204: bibl. privata 86s., 124, 155, 168,218; bibl. pubblica ( = S. Marco) 71, 86s., I 24s., 152, 154, 168, 191, 210, 272 Medici Cosimo 63 2 ,103, 1201, 121, 125, 127, 131, 1953 Medici Lorenzo di Giovanni 133, 252 Medici Lorenzo il Magnifico 12, 224, 284, 293, 299, 310S. Medici Niccolò 320 Medici Piero di Cosimo 122, 129s., 191 1, 136, 168, 307 MehusL. 571,621,63 2 ,83, II61, 341 Melchior librarius 84 Mendell C. W. 301 Mercati Giovanni 1542 ,265 1, 3II, 3131 Merula Giorgio 45, 202, 2182 , 275,315, 320S.
IL LBSSICO FILOLOGiCO DBGLI UMANISTI
Messartelo Bernardino 39, 152 Miccoli G. 166 Michele, camaldolese del mon. degli Angeli 61, 63 2, 83, 87, 252 Michelozzi Bernardo 152 Michelozzi Niccolò 153 Milano, arch. della chiesa di S. Ambrogio 7 Milham M. E. 3092
Nolhac (de) P. II, 14, 29, 32, 343 , 64 1, 69, 98, 167 Nonio Attico 173 Nonio Marcello 24, 120S. Nori Mariotto, copista 6, 120, 197 Norton F. J. 83 2 note di possesso 80; tironiane 106 Novati F. 138, 193, 307, 3221, 3222 , 34 1
Minucci Roberto 247 Miscomini Antonio 279S., 3II Modio Francesco (François dc Maulde) 125 Mohler L. 235 3 Momigliano A. 70, 203 Mommsen Th. 1072, 109, 239, 273 2 monete 137s. Montagna Agostino 120 Montefeltro (di) Federico, duca di Urbino 3II Montefeltro (di) Guido, duca di Urbino 155, 168 Montfaucon (de) Bernard 29 Morel G. 70 Morel W. 204 Mortet ch. 51 Munari F. III 1 Muret(us) Marc Antoine 333, 335s. MurmeIlius Joannes 361
Oehler J. 202 Olschki L. S. 69 1 Omero 31, 5, 51,60,93, II3. 140, 164, 223, 285, 297s., 320 Orazio 152 Origene 23, 124, 166, 227, 317, 343 Orlandelli G. 143 1 Orosio 44 Orsini Fulvio 343 , 125, 174s., 179, 333 Orsini Giordano, card. 80, 87, 133S., 187. 329 ortografia 143s., 226-228: L(Lw6e:uç, L(LUp'J7l 134; Tifernus 108s., 138; Vergilius 95, 129, 138, 294 Ovidio 71, 154, 164, 167s., 240, 248, 273, 279, 309
Naldi Naldo 3II Niccoli Niccolò 13-15, 26, 33, 35, 50, 57, 81 3, 86-88, 93, 96, 1001, 107, 1201, 131, 133 1, 134, 139, 153 2, 156, 160s., 164, 173, 186, 217, 225 1, 253s., 259, 278, 296-298, 319, 327s., 33 1, 338: copista 23, 163, 175, 187; critico del testo 259S. Niccolò di Lira 136 Niccolò V, papa 62, 93, 312; vd. anche ParentuceIli Nicolaus Gothus 123 Nipso Giunio 59, 168 Noceto (da) Piero 68, 1961 Nogara B. 3121 Noiret H. 194
Palladio Rutilio Tauro 12 Palladio, Vita Chrysostomi 62, 251S. Pallavicini Battista 165 Palmieri Matteo 318 Pandette 7, 46, 96, 102, 105, 107, 10gIII, 140, 239, 248, 255, 265, 267s., 277, 281, 286, 298, 313 Panormita Antonio 24, 343 , 1081 , 164, 18o, 230, 320, 322, 340 Paoli C. 172, 47 1, 52, 55, 60, 65 2 , 661, 801, 81 1 , 82 2 , 84, 85 1, 129 Paolo, s. 55 Papalli Cristoforo 210, 212, 248, 267 Papia 138, 216 Pappo di Alessandria 164, 219 Parentucelli Tommaso 133 1 , 165, 254; vd. anche Niccolò V Patigi, abbatia di S. Vittore 121
INDICE
D.EI NOMI B. DELLE COSE NOTEVOLI
Parrasio (Parisi) Aulo Giano 79· Partenio Antonio 2"10S., 282, 323 Pasquali G. 120, 139, 177, 1781, 273, 3032. 3122 Pastore Stocchi M. 86 1, 153S., 158-160, 1621, 211, 263 3 Pearson A. C.· 142 1 pecia 196 Pelagonio 152, 1621, 177. 262S. Pellegrin E. 26, 35, 472, 55, 65 2, 98, 122. 145s. Peri V. 226, 235 3 , 243 1, 246, 2801, 2872, 3 2 87 Periochae liviane 166, 16i Perosa A. 28 1, 41, 71, 99 1, 149 1, 1492, 152,164,1681,1881,2301,2481 Perotti Niccolò 362, 309, 311, 313 Perrat ch. 28 3 Persi 122, 145, 153: commento 124 Peruzzi Filippo di ser Ugolino 87, 94 Petrarca Francesco 6, 8, 14, 16, 32, 343 , 45, 99, 138, 146, 166s., 181, 183s., 189, 212, 216, 230, 234, 236, 244 1, 267, 269s.; 305, 310, 322: copista 198 6 . Petrarca Gerardo 224 Petreio, accademico pomponian06 Petronio 278 Petrucci A. 69 1, 143 Petrus chartularius (librarius) 14, 81 Petrus de Traiecto, copista 821
153, 165, 1722, 173, 187, 190s., 217, 218 2, 225. 235, 249, 253s., 258s., 264,275,282, 293s., 314, 3152, 329S. Plinio il Giovane 46, 55, 201, 214, 221, 253, 255, 295 1, 296 Plinio il Vecchio 4, IO, 20, 71S., 108, 119, 127, 131, 149, 162, 164, 186, 188, 201, 222, 225, 229, 240, 247, 254, 257s., 260s., 263, 265s., 272, 2805.,284,287,292,2951, 322 plotino 49 Plutarco 7, 16, 53s., 59, 87, 93, 136, 140, 19I5., 215, 298, 318 Podocataro Filippo 196 Poggio, vd. Bracciolini P. Polibio 68, 135, 196, 320 Poliziano Angelo 24, 26, 36, 40, 68s., 71, 101, 115, 128s., 131, 179, 181, 213, 2272, 246, 272-274, 2771, 280, 298, 309, 311, 321, 329: copista 13, 178; critico del testo 44, 72-74, 157, 161-164, 178, 234s., 245, 248s., 260263, 288s.; vd. anche Basso, emendatio, Stazio Poliziano Lattanzio 247 Polluce 166 Pomponio Mela 222 Pontano Giovanni Gioviano n, 268, 3IOS., 3162 Porfirio di Tiro 54 Postgate I. P. 155 1
Phillimore I. S. 159 Piccolomini E. 65 2, 84, 862 Pico della Mirandola 320 Pier Antonio, amico del Poliziano 96 Pier Damiani, s. 166 Pietro, s. 138 Pindaro 51 Pinelli Gian Vincenzo 310 Pintor F. 125 Pisistrato 320 Pithou (Pithoeus) Pierre 70, 72 1 Pitti Bonaccorso 133 Pizolpasso Francesco, arciv. 104, 174 184, 224, 266, 268, 270, 296 Platone 25, 93s., 132, 141, 182,224, 318 Plauto 12, 37, 89, 94, 104s., 117s., 133,
Preisendanz K. 44 prestito dei libri 80 Prete S. II I[ Prisciano 85 Probo 106 Properzio 12, 71, 76, III!, 149, 155, 224, 248, 261, 267. 272, 274 Prudenzio 79, 280 Pucci Fral,lcesco 95, 1683 Puderico Francesco 268 .~,
°
Questa C. 373 • n82, 1722, 17-3, 259 Quintiliano 5, 8, IO. 562, Q2, 98, 117, 132, 152, 1595,202.2195.,222, 237s., 2405., 248, 272, 280, 295-297, 323; ps. Quintiliano. 89
390
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISn
Raimondi Cosimo 190 Rajna P. 185 1 Rallo Manilio 237 Rand E. K. 3122 Ranzo Mercurino 2/8 Rath (von) E. 69 1 Ravenna, documenti papirJcei 28 recentiores, vd. manoscritti recto e verso 29 Regio Ludovico 310 Reichenau, monastero di S. Malco 139 rkhiarni nf"i fascicoli del codice 43s. Rinaldo, amico del Beroaldo 95 Rinuccini Alamanno 3I 3 Rinuccio Aretino 94 Ristchl F. W. 173 Rizzon Martino 252 Robinson R. P. 33, 36, 40 Roma: bibI. di S. Pietro 1542 ; bibI. Vaticana 86 1, 128, 153S.; Campidoglio 105; chiesa di S. Cecilia in Trasteverc. 124, 166 Rosenthal J. 47 Rossi V. 5,23 1, 186, 31I 1, 339s. Rostagni A. 201 1 Rostagno E. 1482 rotolo 31, 4 Rucellai Pandolfo 154 Rufino 42, 185, 2273, 277 Rustici Cencio 44 Ruysschaert J. 303 2 , 3101 Sabbadini R. 8, 25, 30, 372 , 52, 571,95, 105 1,1061, 1I7, 1I91, 124, 129, 131 3, 133 1 ,1341 , 138s., 148,150, 152, 1532 , 163 2, 165, 1671, 1712 , 1713 , 17i, 1772 ,181 1,188 1,190,197,202,2331, 2365., 258, 264s., 268, 2783, 293 1, 295, 2962 , 298, 319s., 329, 3341 sabeIIico Marcantonio 49, 210, 282 Salazaro D. 583 Saliceto Bartolomeo 310 Sallustio 55, 164 Salutati Coluccio 165., 32, 1135., 1I9s., 181,1961,2251, 274,318,322,328: critico dd testo 227S.
Salviati Roberto 56, 66 Sannazaro Iacopo 268, 3161 Santifaller L. 21 3, 21 4 , 24, 26 Scala Bartolomeo 321 Scaligero Giuseppe 125 Schmalz J. H. 84, 194, 2008 Schmidt O. E. 274, 296 4 Schmidt-Kiinsemiiller F. A. 791 Schoell F. 336-338 Schweinheim Konrad 79 Scipione l'Africano 6 scorza d'albero 31, 4, 25, 28 scritture: bastarda 144; beneventana 1I5, 1I9, 122S., 125s.; capitale 1I6, 127-13°, 150, 152; capitale epigrafica 120; carolina 1I4, 1I6-1I9, 1211, 122, 129, 143, 145, 204; corsiva romana 1I5, 125; della donna 1I8 1, 329; etrusCJ 135; gotica 1I6, 122, 130-134, 137, 145-147; insulare 1I5, 1245., 129; libraria e usuale 100; maiuscola 126s., 164; mercantesca 143; ondale. 1I6, 127-13°, 150, 153; precarolina 1641; semionciale 129; umanistica II7, II!}-122, 131 2 , 132, 136; vi5igotica 142 Sebastiano, miniatore 57 Sedulio 79, 280 Semifonte 135 Seneca il Giovane 75, 1I9, 149, 153, 225,247, 266, 293, 342 Seneca il Vecchio 5s., 165, 188,215,293 Senofonte 3 I 8 Servio 6, 78, 2095., 219, 224 Sesto Empirico 237 Sforza Ludovico il Moro 2°4. 321 Shackleton Bailey D. R. 2921, 3081 Siculo FIacco 59 Sidonio Apollinare 9, 1I3s., 156, 183 sigle per indicare mss. 156, 164, 168, 177 Silio Italico 156, 158, 1602 , 173s., 264, 32 7, 329 Silvestro, papa 32 Sìmmaco 101 Simplicio 6, 285 Sjogren H. 274
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Soderini Francesco 317 Sofiano Michele 287 5 Sofocle 50, 88. 142 Solino 268. 3162 Sorbelli A. 83 2 Sottili A. 26, 46 Sozomeno da Pistoia 3341 Sparmocchia Ambrogio 142 Speyer W. 173• IIl l Spina (della) Tommaso 270 Sprockhoff E. 51 Stangl Th. 174. 1764, 264. 277. 327. 330. 3341 Statilio Massimo 253 Stliuble A. 278, 3411 Stazio 9. 69. 11. 95 1• 97. 99. 131. 1621• 164. 173. 1742• 239. 263. 278• 315. 327, 329: collazione del Poliziano nell'incunabolo Corsiniano 155-161, 167s.• 273 Strabone 46s., 237. 250. 283, 286 Stroux J. 105. 1711• 1772 Svermung J. 17 11 Svetonio 27. 76. 81.101. 141. 149. I52S.• 2II. 226. 279. 289. 295
391
titoli marginali 13. 99 Tolomeo Claudio 15. 32. 54. 134 Tolomeo d'Ascalona 134 Tolomeo Epitete 134 Tolomeo V Epifane 21 Tommasi PiLtro 82 Tommaso, s. 136, 147 Tommaso da Vicenza 258. 322 Tommaso Valdense 49 Tortelli Giovanni 46. 217. 237, 280, 283. 304 Toscanelli Paolo dal Pozzo 1961,265 Traglia A. 155. 158-160 trascrizione: da due ° più codici contemporaneamente 180s.; da un solo esemplare diviso fra più copi~ti 43. 47. 196; di scritture sconosciute 181, 184; dotta 171-175. 335; vd. anche el1lerldatio. peci~ Traube L. II4, II5 1, 167 Traversari Ambrogio 88. 96, 98, 175, 181, 295-297, 3°35., 318. 331 Traversari Girolamo 63. 130, 143 Tucca 3104 Tuccio (di) Dionigi di ser Giovanni 192 Tucidide 62. 139. 279. 312 Turchi Pietro 272
Tacito 301. 33. 36. 39. 42• 87. II9. 191. 279 Tebalducci lacopino di Tommaso 143 Tegrimi Niccolò 154 Teocrito 51. 68. 225. 293 Teofilo 23 Teofrasto 202. 264s. Terenzio 39. 71. 81, 128. 144, 148, 166. 171. 182. 21,. 220. 235. 248. 272. 277. 279. 319. 343 Tertulliano 12. 23. 88s•• 94. 133. 163. 174. 187, 25 2 Thielscher P. 1602
Uberti Pier Matteo 248 Ugoleto Taddeo III l , 153 Uguccione da Pisa II2 Ullman R. L. 13. 15 2, 30, 33 2, 34. 372, 43 2,50.81,82 1, lI7, II9s., 122,123 1, I25,I33.I341,I371,I38,I40.I42S., 1611,1821,183,1,189,2251,243.247, 259,2972• ]221, 328 1, 32 82• 329, 34 IS. Ulpiano 31 Ungelter Dietrich 49 1 .~
Thilo G. ch. 69 Thomas A. 26 Tibullo 155, 261. 272 Timpanaro S. 73 1• 125.244.2501,2621, 315 2, 316 tipografi 77, 79, 202, 218 Tirone 253, 318
VaWen J. 3121 Valentini R. 231 3 Valerio FIacco 13, 153, 159 5 ,274, 315 2 Valerio Massimo 121, 1972,296 Valla Bernardino 124 Valla Lorenzo 26,213: critico del testo 108. 229-233. 260
392
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
Valori Filippo 49 Vario 3104 Varrone 13, 21, 27, 59, 95s., 130, 138, 150, 152, 161, 1621, 178, 209, 220, 222S., 2192 , 260, 263, 270, 284 Vaticana bibl., vd. Roma Vayvod2 Giovanni 193 Vergerio Pier Paolo 189 Vespasiano da Bisticci 40, 81, 82 1, 84, 13 6 Vespucci Giorgio Antonio 152 Vettori, famiglia 71 1 Vettori Piero Il6 1, 130, 1501, 1521 Villeneuve F. 201 1 Virgilio 31,6, 59,69,78, 128, 148, 164, 209, 219s., 224, 3104; vd. anche ortografia Visconti Giangaleazzo 138 Vitae PatTI/m 46, 251, 283 Vitelli G. 129 Vitruvio 130, 150, 154, 299 Vittore Sesto Aurelio 70 Vittorino da Feltrt 86, 202 Voigt G. Il 2, 301, 801, 804, 123 1, 185, 327 Vollmer F. 3092
Wageningen (van) I. 174~ Walser E. 183 1 Walters C. F. 108 2 Wattcnbach W. 71, 9, 19-21, 24, 26, 28, 4C1, 43S., 47, 58,60.62,64 1• 65, 80-82, 84, 103, 108, IlO, 144, 181, 183. 198. 2°3-2°5, 236, 243s., 246, 249, 268, 305 Wehmer C. 9, 781, Il4. 126, 1301 , 132, 144 Weissenborn W. 1082 Wessner P. 1713 Widmann H. 801 Wilkins E. H. 305 1 Wolf H. 70 WuilleurrJrr P. 336s. Wythefeld Johannes 29
Zambeccari Cambio 176, 180 Zanobi da Strada Il9 1 Zeno, s. 186 Zeno A. 3131 Zicàri M. 238, 276 1 Zilioli Giacomo 197 Zomino, vd. Sozomeno
INDICE GENERALE
Prefazione .•..... Abbreviazioni bibliografiche
IX
xv
PARTE PRIMA
Codice e libro a stampa
1
Libro, 3. - Textus, 9. - Titolo, II. - Carta e pergamena, 13. - Papiro, 27. - Bifolio, foglio, pagina, colonna, 28. - Fascicolo, 42. Formato, 47. - Miniatura, 56. - Legatura, 64. - Stampa, 69. Commercio librario, 80. - Biblioteca, 85. - Inventario, 87.
PARTE SECONDA
Scrittura e datazione dei codici . . . . . .
91
Scrivere, 93. - Nota, 97. - Autografo, 99. - Scrittura e lettera dell'alfabeto, 101. - Scrittura continua, 104. - Scrittura svanita, sernicancellata, 105. - Abbreviazione, 106. - Cancellare, 108. - Riga, 110. - Margine, 112. - Nomenclatura delle scritture, 114. - Litterae antiquae, 117. ~ Litterae Longobardae (Langobardae), 122. - Litterae Gothicae, 126. - Litterae maiores, maiusculae ecc., 126. - Litterae Gallicae, forma Gallica, 130. - Litterae Germanicae, Theutonicae, 132. - Litterae Italicae, 132. - Litterae barbarae, 133. - Litteraé~litticae, 134· - Litterae Etruscae, 135. - Scrittura corsiva, 135. - Età e qualità delle scritture, 137. - NomenclatUl.'a delle scritture negli inventari, "144· Datazione dei codici, 147. - Appendice, 167.
PARTE TERZA
La trascrizione Metodi di trascrizione, 171. - Trascrivere, 181. plarium) 185. ~ Exempium, 189. - Copisl.a, 195.
Exemplar (Exe~
394
IL LESSICO FILOLOGICO DEGLI UMANISTI
PARTE QUARTA
La critica del testo
20 7
Sezione I. Lo stato del testo
209
Lectio, 209. - Scriptura, 212. - Varietas, varius, 213. - Emendatus, 214. - Correetus, 215. - Altri aggettivi per' corretto " 'senza mende', 215. - Integro, 217. - Corruttela, 219. - Corrotto, 221. - Teorie umanistiche sulla genesi delle corruttele, 226. - L..cuna, 236. - Lacunoso, mutilo, 239
Sezione II. L'intervento sul testo
243
La correzione, 243. - Confero, 246. - Collatio, 249. - Comparo, 249. - Emendo, 249. - Emendatio, 265. - Emendator, 268. - Corrigo, 268. - Correetio, 275. - Correetor, 275. - Castigo, eastigatio, 276. - Integro, in integrum restituo ecc., 276. - Reeenseo, 277. - Reeognoso, 279. - Restituo, repono, 280. - Revideo, reviso, 282. - Altri vocaboli per' correggere', 283. - Defendo, tueor, 284. - Espungere, 284. - Integrare, 285. - Corrompere, 286. - Coniecto, eonieetura, divino, divinatio, 287. - Ratio e auetoritas, canoni dell'emendatio, 293. - Restituzione dei passi greci in testi latini, 295.
P ARTE QUINTA
L'edizione
. . . . . . . . . . . . . • . • . . . . . . . .
301
Introduzione, 303. - Mi/mta, 304. - Scheda tsehedula), 305. - In librUni redigo ecc., 307. - Arehetypus, 308. - Originalis, 318. - Edo, publieo, 319. - Editio, 322. ApPENDICI
I. Poggio e il Bas. S. Petri H 25 delle Filippiche di Cicerone II. Testimonianze dell'uso di conservar copia delle lettere III. Coluccio Salutati, De fato et fortuna 2, 6 . • . . . .
327 339 341
INDICI
Indice Indice Indice Indice
delle parole . dei passi citati dei manoscritti dei nomi e delle cose notevoli
347 359 377 381
SUSSIDI ERUDITI
lo
EARL MORSE WILBUR, A Bibliography 01 the Pioneers
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