Agatha Christie. E' UN PROBLEMA. Titolo originale: The Crooked House. 1. La conobbi in Egitto, verso la fine della guerr...
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Agatha Christie. E' UN PROBLEMA. Titolo originale: The Crooked House. 1. La conobbi in Egitto, verso la fine della guerra. Sophia Leonides era stata trasferita al Cairo dove occupava un posto importante alle dipendenze del Foreign Office. Dapprima l'apprezzai per le sue capacità d'impiegata, poi, molto presto, mi resi conto che aveva un'intelligenza brillantissima che le aveva procurato un posto del genere ad appena ventidue anni, e apprezzai molto anche il suo delizioso senso dell'umorismo. Divenimmo amici. Era piacevolissimo passeggiare insieme, uscire qualche volta per una cenetta, di tanto in tanto fare due salti in un locale notturno. Credevo che quello che provavo per lei non andasse più in là del piacere di stare in sua compagnia, ma quando, alla fine della guerra in Europa, venni comandato in Oriente, m'accorsi che si trattava di ben altro: amavo Sophia e desideravo sposarla. Stavamo facendo colazione al Shepheard quando feci questa scoperta che, per la verità, non mi sorprese: fu come l'affiorare di un sentimento che già da lungo tempo mi riscaldava il cuore e al quale mi abituai subito. Mi resi conto che avevo sempre amato tutto di lei: i capelli neri, ondulati, che fluivano superbi, gli occhi azzurri e luminosi, il mento piccolo e volitivo insieme, il naso regolare. Ammiravo anche la sua finissima eleganza. Quel giorno indossava un tailleur grigio chiaro con una camicetta bianca di chiffon. Trovavo Sophia così tipicamente inglese da commuovermi. Erano ormai tre anni che vivevo lontano dalla mia terra. Non si può essere più inglesi di così! continuavo a ripetermi, e mi chiedevo se anche nell'intimo lei avesse la stessa impronta londinese che si notava nel suo aspetto. Ma mi arrestai per una considerazione. Durante i nostri lunghi colloqui avevamo toccato i più svariati argomenti, con relative intime confidenze: simpatie, sogni per il futuro, commenti sugli amici. Eppure, Sophia non aveva mai fatto cenno a una casa, a una famiglia sua. Era una buona ascoltatrice. Sapeva tutto di me ma io, in effetti, non sapevo nulla di lei. Confesso che fino a quel momento non ci avevo fatto caso; allora, però, mi resi conto che doveva pur avere una vita intima, che mi era rimasta fino ad allora segreta. A un tratto, mi chiese a che cosa pensassi. Risposi con sincerità: A voi. Vedo disse. E sembrava davvero vedere qualcosa dinanzi a sé. Precipitosamente, le dissi: Sophia! Non so quando potrò tornare in Inghilterra. Forse trascorreranno due anni prima che ci si riveda. Ma voglio dirvi che non appena mi sarà possibile tornerò in patria, verrò a cercarvi e chiederò la vostra mano. Non batté ciglio, e continuò a fumare senza guardarmi. Pensai che non avesse capito le mie parole. Cercai di spiegarmi meglio. Ascoltatemi, Sophia. Sono fermamente deciso a non fare una cosa: sposarvi adesso. Prima di tutto, potreste respingermi e forse la disperazione mi porterebbe a legarmi a una scialba, comune donna qualsiasi. E se non mi respingeste, che potremmo fare? Sposarci per separarci subito? Oppure fidanzarci e lasciarvi ad attendermi per un periodo così lungo? Non lo sopporterei. Potreste, nel frattempo, innamorarvi di qualcun altro e sentirvi legata a me per lealtà. Assolutamente impossibile. Viviamo in una atmosfera strana, eccitante, morbosa: si vedono ovunque amori e matrimoni subito spezzati. No, Sophia. Io vorrei sapervi a casa vostra, libera e indipendente, a giudicare con serenità questo torbido mondo del dopoguerra e a decidere quello che più fa per voi. Desidero un sentimento duraturo. Non ammetto mezzi termini nel matrimonio.
Nemmeno io confermò lei. D'altra parte... insomma! Voglio rivelarvi i miei sentimenti. Senza indulgere in frasi romantiche? mormorò Sophia. Sto cercando di non farvi capire fino a che punto vi amo! L'ho capito benissimo, e mi piacete così. Al vostro ritorno in Inghilterra, se lo desiderate ancora, venite pure a trovarmi. Nessun dubbio su questo. In ogni sentimento c'è un dubbio, Charles. Possono sempre intervenire fattori imponderabili a sconvolgere i nostri piani. Per cominciare, voi sapete ben poco di me. Non so nemmeno dove abitiate, in Inghilterra. A Swinly Dean. Annuii. Conoscevo bene il notissimo sobborgo di Londra, che vanta tre magnifici campi di golf per i finanzieri della City. Sophia disse, con voce cantilenante: In una piccola casa deforme... Ebbi un lieve moto di stupore. Lei completò la citazione: E vissero tutti insieme in una piccola casa deforme... Come la nostra. Proprio piccola, no; ma decisamente strana. Figuratevi che è costruita per metà in legno e con il tetto in pendenza. Avete una famiglia numerosa? Fratelli, sorelle? Un fratello, una sorella, una madre, un padre, uno zio, una zia acquisita, un nonno, una prozia! Alla buon'ora! esclamai, strabiliato. Lei rise. Normalmente non viviamo tutti insieme: è stata la guerra, con i relativi bombardamenti, a creare questo stato di cose. Ma non so... aggrottò le sopracciglia, pensierosa. Forse, spiritualmente, la famiglia è vissuta sempre insieme sotto gli occhi e la protezione del nonno. Ha una forte personalità, il nonno. Ottant'anni passati, alto circa due metri. Vicino a lui scompaiono tutti. Un uomo interessante dissi. Interessante, sì. E' un greco di Smirne. Aristides Leonides. E aggiunse, ammiccando: Ricchissimo. Temo che non ci saranno più ricchi, alla fine della guerra. Il nonno resterà ricco disse convinta Sophia. Nessuno riuscirà a portargli via le sue ricchezze. Sarà lui a escogitare espedienti per assorbire quelle degli altri. Mi domando se vi piacerà. A voi piace? chiesi. Più di qualsiasi altra creatura al mondo.
2. Trascorsero proprio due anni prima che potessi tornare in Inghilterra. Durante quel periodo avevo scritto a Sophia e ricevuto sue notizie abbastanza di frequente. Non c'eravamo scambiati lettere d'amore, ma di profonda amicizia, commentando le vicende quotidiane della vita, esprimendo idee e riflessioni. Io mi accorgevo che il mio sentimento s'approfondiva col passare del tempo, e mi pareva lo stesso anche per lei. Arrivai a Londra in una grigia, calma giornata di settembre. La luce della sera dorava le foglie sugli alberi, con le quali il vento scherzava lieve. Dall'aeroporto spedii a Sophia un telegramma: Appena arrivato. Vi aspetto per cena da Mario alle 21. Charles Due ore dopo ero seduto a un caffè e stavo scorrendo il Times. Nella pagina degli annunci, gli occhi si fermarono sul nome Leonides. Lessi il trafiletto d'un fiato. Brenda Leonides annuncia, con profondo cordoglio, che il giorno 19 settembre, nella sua abitazione di Three Gables, Swinly Dean, è
deceduto, all'età di 88 anni, il suo adorato marito Aristides Leonides. Immediatamente sotto, c'era un altro annuncio. Improvvisamente, nella sua abitazione di Three Gables, a Swinly Dean, è deceduto Aristides Leonides. Lo annunciano, profondamente addolorati, i figli e i nipoti. I funerali avranno luogo nella chiesa di Saint Eldred, a Swinly Dean. Mi colpì la stranezza di quel disgiungersi dei parenti nell'annunciare la morte del vecchio, ma subito mi commossi per Sophia. Corsi a spedire un secondo telegramma. Leggo ora notizia morte nonno. Addoloratissimo. Fatemi sapere quando potrò vedervi. Charles Poco dopo, a casa di mio padre, ricevetti un telegramma di Sophia. Sarò da Mario alle nove. Sophia Eccitato, nervoso al pensiero di rivederla, trovavo esasperante la lentezza del tempo. Mi precipitai al ristorante da Mario con mezz'ora di anticipo. Sophia arrivò con solo cinque minuti di ritardo. L'emozione è sempre forte quando si rivede dopo molto tempo una persona che è stata sempre presente in noi. Infatti, quando Sophia entrò, attraverso la porta girevole, il nostro incontro mi apparve del tutto irreale. Era vestita di nero, e questo fatto, per qualche ragione, mi sorprese. Molte altre donne si vestivano di nero, ma mi sorprendeva che Sophia fosse il genere di persone che si vestivano a lutto, anche se per un parente stretto. Prendemmo posto a un tavolo e ordinammo due cocktail. Iniziammo una conversazione rapida, quasi febbrile, scambiandoci domande sui vecchi amici del Cairo. Quell'artificio era quello che ci voleva per superare il primo imbarazzo. Le espressi poi il mio dolore per la morte del nonno. Lei mi spiegò tranquillamente che quella morte era avvenuta molto all'improvviso. Tornammo quindi ai nostri ricordi. Ma io mi sentivo a disagio, mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano fra noi, oltre al primo, logico senso d'imbarazzo. Sophia era strana, titubante, quasi fosse sul punto di farmi una confidenza che non si decideva ad affrontare. Doveva forse svelarmi che amava un altro, e che i suoi sentimenti per me erano frutto di un errore? Ma no, sentivo che non si trattava di questo. Intanto, la nostra conversazione superficiale continuava. A un tratto, inaspettatamente, mentre il cameriere portava il caffè e, chinandosi, ritirava i bicchieri, tutto tornò come di consueto fra me e Sophia. Sedevamo insieme, come un tempo, a un piccolo tavolo di un ristorante, ed era come se non ci fossimo separati mai. Sophia! dissi. Charles! rispose lei di slancio. Trassi un profondo sospiro di sollievo. Grazie al cielo, è passata! Cos'avevamo? Cosa c'era tra noi, poco fa? Probabilmente era colpa mia. E adesso, va tutto bene? Sì, tutto bene. Ci guardammo sorridendo. Cara! esclamai. Quando ci sposiamo? Il suo sorriso si spense. Quel qualcosa era tornato fra noi. Non lo so disse. Non so, Charles, se potremo sposarci mai... Perché dici così, Sophia? Perché? Forse mi senti estraneo, hai
bisogno di tempo per abituarti a me? O c'è qualcun altro nella tua vita? No dissi sono uno sciocco! Sento che non si tratta di questo. Infatti disse lei. Tacqui, guardandola ansiosamente. E lei continuò, con voce sommessa: Si tratta... della morte del nonno. La morte del nonno? E che mutamento radicale può portare? Spero che non penserai al denaro. Se anche non ti avesse lasciato nulla, ti assicuro cara... M'interruppe con un mesto sorriso. Non si tratta di questo. So che tu saresti disposto a prendermi col solo abito che indosso. Comunque, il nonno ha lasciato il suo capitale intatto. Allora, cosa c'è? Vedi, c'è la sua morte. Sono convinta, Charles, che non sia stata naturale. Penso che qualcuno l'abbia ucciso... La guardai fissamente. Ma... che strana idea. Che cosa ti fa pensare una cosa simile? Non sono la sola a pensarlo. Il primo ad avere dei dubbi è stato il medico, che non ha voluto firmare il certificato di morte. Ha disposto per un'autopsia. E' evidente che sospetta qualcosa di grave. Non obiettai più nulla. Sophia era una ragazza equilibratissima e, se aveva preso in considerazione quell'ipotesi, si poteva essere certi che doveva esserci un fondamento. Insistetti, comunque, calorosamente. I sospetti potrebbero anche essere infondati e, quand'anche fossero del tutto giustificati, non capisco come questo fatto possa incidere sul nostro futuro. Moltissimo, Charles. Tu appartieni al Corpo diplomatico, dove si è molto scrupolosi nei riguardi delle mogli. Accennai a una protesta, ma lei era irremovibile. No, non negare, so benissimo che è così. Io sono tremendamente orgogliosa, e voglio che il nostro matrimonio si risolva in un dolce legame eterno, non che rappresenti per te un sacrificio fatto in nome dell'amore. Non precipitiamo le cose, Sophia! dissi. Il medico potrebbe anche essersi sbagliato. Potrebbe, sì. Ma se, invece, non ha sbagliato, io voglio scoprire se chi ha ucciso il nonno è proprio la persona che penso. Hai dei sospetti? Forse. E forse sarebbe onesto fartelo sapere... Ma... no, non ti dirò nulla, Charles. Ho già parlato troppo. Sono venuta da te solo per cercare di spiegarti la situazione. Non possiamo decidere nulla finché tutto non sarà chiarito. Potresti dirmi che cosa pensi, però. Lei scosse il capo. Preferisco tacere. Perché, Sophia? Perché non voglio influenzarti. Desidero che tu guardi le cose dal di fuori. E come potrei entrare nella faccenda? Un debole sorriso le illuminò i grandi occhi azzurri. Per mezzo di tuo padre rispose. Al Cairo avevo detto a Sophia che mio padre era sovrintendente a Scotland Yard. E ricopriva ancora quella carica. Allora è proprio così grave? esclamai. Credo di sì. Vedi l'uomo che siede a quel tavolo vicino alla porta? Ebbene? Era alla stazione di Swinly Dean quando ho preso il treno. E ti ha seguita fin qui? Sì. Penso che siamo tutti... come dire... sotto sorveglianza... pedinati appena ci allontaniamo da casa. Ma io volevo vederti a ogni costo. Sporse in avanti il piccolo mento aggressivo. E così sono uscita dalla finestra del bagno e mi sono lasciata calare a terra lungo le tubature dell'acqua.
Tesoro! La polizia è in gamba, però. Naturalmente è stata messa in allarme dal telegramma che ti ho spedito. Comunque siamo qui insieme, come volevo. Da questo momento, però, dobbiamo agire indipendentemente l'uno dall'altro. Fece una pausa, poi aggiunse: Purtroppo non c'è alcun dubbio sui nostri sentimenti. Nessun dubbio. Ma non direi purtroppo. Siamo sopravvissuti alla guerra, sfuggiti per miracolo a infinite possibilità di morte violenta: non vedo perché dovrebbe dividerci la morte, ancorché violenta, di un uomo anziano. Era vecchio, vero? Ottantotto anni. Già, ho letto sul Times. Un'età rispettabile, mi sembra. E qualsiasi medico potrebbe trovare naturale la morte di un uomo così anziano, comunque fosse avvenuta. Se tu avessi conosciuto il nonno rispose Sophia ti saresti sorpreso di vederlo morire di qualsiasi cosa!
3. Mi ero sempre interessato al lavoro di mio padre senza mai prevedere, però, l'eventualità di parteciparvi di persona. Non l'avevo ancora visto. Al mio arrivo, lui era fuori casa e io, dopo un bagno caldo, ero uscito per incontrare Sophia. Quando rientrai la sera, Glover, il domestico, mi disse che era nel suo studio. Lo trovai seduto alla scrivania, intento a scartabellare un voluminoso fascio di carte. Quando mi vide entrare, si alzò di scatto. Charles! esclamò. Era un pezzo che non ci vedevamo! Un francese sarebbe rimasto disgustato da quell'apparente freddezza, ma tutta l'emotività del nostro incontro, avvenuto dopo cinque anni di guerra e di lontananza, si manifestò con quella frase. Papà e io ci volevamo un gran bene, e non avevamo bisogno di smancerie per intenderci. Ho del buon whisky disse. Raccontami di te. Mi dispiace di non essere stato a casa quando sei arrivato. Ma sono sommerso dal lavoro. Sono alle prese con un caso molto difficile... Accesi una sigaretta, mi accomodai in poltrona, e poi chiesi: Si tratta di Aristides Leonides? Aggrottò le sopracciglia, meravigliato. Come fai a saperlo? Ho indovinato? Ti ho chiesto come fai a saperlo. Sono stato informato. Mio padre attendeva in silenzio, guardandomi fisso. Informato da fonte diretta aggiunsi. Avanti. Spiegati. Non so se ti farà piacere, papà. Al Cairo ho conosciuto Sophia Leonides, nipote di Aristides. Sono innamorato di lei e la sposerò. Abbiamo cenato insieme, poco fa. Avete cenato insieme? A Londra? Non riesco a capire come ci sia riuscita. Avevamo pregato la famiglia, con molta cortesia s'intende, di non uscire di casa. Be', sai... è uscita dalla finestra. Al vecchio sfuggì un sorriso. Piuttosto in gamba la tua ragazza, a quanto pare. In gamba anche il tuo servizio di polizia, papà. Un agente l'ha seguita fino al ristorante, e ne avrai conferma dal suo rapporto. Si tratta di un individuo alto, con gli occhi scuri, vestito di blu. Mio padre mi guardò fisso. Dimmi, è una cosa seria questo amore? Sì, papà, è una cosa seria. Dopo una pausa, chiesi: Perché me lo domandi? Una settimana fa non me ne sarei preoccupato troppo. La ragazza appartiene a una famiglia rispettabile ed erediterà anche molto
denaro. Poi ti conosco, e so che non perdi facilmente la testa. Ma adesso... Cosa c'è adesso, papà? Tutto potrebbe andare bene lo stesso, se... Se... ? Se il fatto l'avesse commesso la persona che dico io. Era la seconda volta che sentivo quella frase. Mi incuriosii. E chi sarebbe questa persona? Lui mi guardò fisso. Dimmi tu, piuttosto. Che cosa sai con precisione della faccenda? Niente. Mi guardò sorpreso. Ma la ragazza non ti ha raccontato? No. M'ha detto che era meglio che guardassi la cosa dal di fuori. Non ne vedo la ragione. Come? Non ti sembra evidente? Niente affatto, Charles. Cominciò a camminare su e giù per la stanza, agitato. Teneva in bocca il sigaro acceso, che poco dopo lasciò spegnere. Questo era, per lui, il più evidente segno di concitazione. In definitiva, che cosa sai di quella famiglia? disse a un tratto. So che c'era un vecchio nonno e molti figli e molti nipoti e molti parenti. Ma non conosco con precisione i legami di parentela. Sarebbe bene, papà, che tu me ne facessi un quadro preciso. Va bene. Sedette. Comincerò dal principio, e precisamente da Aristides Leonides. Quando arrivò in Inghilterra, aveva ventiquattro anni. Già dissi era un greco originario di Smirne. Lo sapevi? E' l'unica cosa che so. In quel momento entrò Glover ad annunciare l'ispettore Taverner. E' al corrente della cosa disse mio padre. Sarà meglio farlo entrare. L'ho incaricato d'indagare sulla famiglia sulla quale ne sa, quindi, più di me. Gli chiesi se fosse stata la polizia locale a interpellare Scotland Yard. Sì rispose mio padre perché Swinly Dean si trova sotto la giurisdizione di Londra. Entrò l'ispettore Taverner. L'avevo conosciuto molti anni prima, e mi salutò cordialmente, congratulandosi per il mio felice ritorno. Sto facendo a Charles un quadro della famiglia Leonides disse mio padre. Se sbaglio, vi prego di correggermi. Leonides venne a Londra nel 1884. Cominciò la sua attività aprendo un piccolo ristorante a Soho. Fece fortuna. Ne aprì un secondo, e presto divenne proprietario di sei o sette locali, che gli rendevano molto bene. Gli andava bene qualsiasi iniziativa lo interruppe Taverner. Infatti, aveva un fiuto particolare confermò mio padre. Per farla breve, si trovò presto a possedere parecchi dei migliori ristoranti di Londra. Specializzatosi in quel genere di affari, accumulò una fortuna enorme. Non solo aggiunse Taverner. Investiva denaro anche in altre branche d'affari. Per esempio commerciava in abiti usati, in gioielli fantasia e in altro ancora. Naturalmente aveva, per così dire, il pelo sullo stomaco. Secondo voi era un poco di buono, allora. No, non voglio dire questo disse Taverner scuotendo la testa. Non usciva mai dai limiti della legge. Così è riuscito ad aumentare ancora la sua fortuna durante quest'ultima guerra, nonostante l'età avanzata. Eppure, ripeto, non è mai uscito dalla legalità. Oserei dire che quando escogitava un nuovo mezzo per fare quattrini, non c'era ancora la legge che lo vietasse; e, appena la legge lo contemplava, lui ne aveva già escogitato un altro. Mi fate un quadro poco lusinghiero di lui.
Vi sembrerà strano ma, nonostante tutto, era un uomo affascinante. Una fortissima personalità che, con un potere quasi magnetico, tirava dalla sua uomini e donne. Le donne andavano pazze per quel vecchio miliardario greco. Aveva fatto un matrimonio strano intervenne mio padre con la figlia di un gentiluomo di campagna. Ricca? chiesi. Lui scosse il capo. No, si trattava veramente d'amore. Si conobbero in occasione del matrimonio di un'amica di lei. Il pranzo di nozze si tenne in uno dei ristoranti di Leonides. La ragazza lo conobbe e se ne innamorò pazzamente. I genitori di lei non ne volevano sapere, ma a lungo andare dovettero cedere. Come hai sentito, lui possedeva un fascino straordinario: era un tipo stravagante, dinamico. La ragazza, che era sempre vissuta in un ambiente monotono, evidentemente ne rimase attratta. Fu un matrimonio felice? Stranamente, fu molto felice. Più d'un amico di famiglia aveva interrotto i rapporti con la novella sposa, ma né lei né lui se ne preoccuparono: stavano benissimo da soli. Leonides fece costruire un'assurda casa a Swinly Dean e là vissero e misero al mondo otto figli. Una vera famiglia patriarcale. Il vecchio Leonides si dimostrò abilissimo, come al solito, nello scegliere quel quartiere. A quell'epoca non era ancora di moda. Non erano stati allestiti i campi di golf, e vi abitavano gentiluomini, innamorati dei propri giardini, che accolsero con entusiasmo il nuovo vicino, e ricchi uomini d'affari che avevano interessi commerciali con lui. I due coniugi vissero perfettamente felici, credo, finché lei non morì di polmonite nel 1905. Lasciandolo con otto figli? No. Uno era morto in tenera età, altri due perirono nella prima guerra mondiale, e una ragazza, sposata in Australia, morì laggiù. In seguito un'altra rimase vittima di un incidente automobilistico, e l'ultima morì un paio d'anni fa. Sono rimasti due soli figli. Il maggiore, Roger, sposato senza discendenti, e Philip, marito di una nota attrice, con tre figli: la tua Sophia, Eustace e Josephine. E vivono tutti a... come si chiama... a Three Gables? Sì, Roger Leonides andò a stabilirsi là quando perse la casa in un bombardamento, mentre Philip e la famiglia ci vivevano già dal 1937. C'è anche una vecchia zia, la signorina de Haviland, sorella della prima signora Leonides. A quanto sembra aveva sempre odiato il cognato, ma quando morì la sorella accettò l'invito di lui e si occupò dell'educazione dei nipoti. Deve averlo fatto per uno scrupoloso senso del dovere intervenne Taverner. Ma non mi sembra di quelle persone che cambiano facilmente opinione: probabilmente ha continuato a condannare Leonides e i suoi sistemi. Concludendo, una bella famigliola dissi io. Insomma, secondo voi, chi ha ucciso il vecchio? Taverner scosse il capo. E' troppo presto per dirlo. Via lo incalzai capite quello che voglio dire. Chiedo solo quali sono le vostre supposizioni. Non siamo in tribunale. No disse Taverner, accigliato. Probabilmente non compariremo mai in tribunale per questo caso. Intendete dire che si potrà scartare l'ipotesi di assassinio? Questo no. Certamente è stato assassinato o, per essere più esatti, è morto avvelenato. E voi sapete come vanno le cose in questi casi: è difficilissimo provarlo. Tutte le ipotesi possono convergere su un punto... Ecco, è proprio questo punto che sto cercando. Immagino che avrete le vostre opinioni in proposito. Io sono solo sicuro che si tratta di assassinio e basta. Ma il caso è
molto difficile. Guardai mio padre con aria interrogativa. Nei casi di assassinio disse lui di solito la soluzione esatta è la più evidente. Il vecchio Leonides si sposò una seconda volta dieci anni fa. A settantotto anni? Sì. E con una ragazza di ventiquattro. Commentai la frase con un breve fischio significativo. E che tipo è questa ragazza, se è lecito? Perfettamente a posto. Lavorava in una pasticceria. Molto graziosa. Di una bellezza delicata, fragile. Sarebbe lei, dunque, la... soluzione evidente? Ecco precisò Taverner. Vi faccio notare che lei ha ora trentaquattro anni. Un'età pericolosa. E in casa c'è un altro uomo, giovane, il precettore dei nipoti. Costui non è andato in guerra per un vizio cardiaco o qualcosa del genere. Sono amici per la pelle. Lo guardai, pensieroso. Mio padre aveva detto che la seconda signora Leonides era una persona perbene, ma quanti delitti vengono commessi all'ombra della rispettabilità! Che tipo di veleno hanno usato? chiesi. Arsenico? Non abbiamo ancora il referto, ma il medico sospetta che si tratti di eserina. Un veleno non comune. Sarà facile trovare chi l'ha venduto. E invece no. L'avevano in casa. Serviva, in gocce, per gli occhi. Leonides soffriva di diabete aggiunse mio padre. Faceva regolarmente iniezioni di insulina. L'insulina è confezionata in fiale ermeticamente chiuse da una capsula di gomma. L'ago della siringa deve assorbire il liquido penetrando attraverso la capsula. Immaginavo il seguito, e conclusi: La fiala conteneva eserina anziché insulina. Esattamente. E chi faceva le iniezioni a Leonides? Sua moglie. Adesso capivo quello che aveva voluto dire Sophia quando aveva esclamato: La persona che penso io. La famiglia viveva in accordo con la seconda signora Leonides? domandai. No. I rapporti erano di pura cortesia formale. La cosa, ora, mi appariva chiarissima. Ma l'ispettore Taverner non sembrava per nulla soddisfatto. Che complicazioni vedete? gli chiesi. Questa, per cominciare. Se la colpevole fosse lei, non riesco a capire perché non ha sostituito, alla bottiglietta che aveva contenuto il veleno, un'altra vuota di insulina vera. Già, è strano. Aveva a portata di mano altre bottigliette vuote? Certamente. Ce n'era una quantità di piene e di vuote. Se avesse provveduto alla sostituzione, solo un medico su dieci sarebbe stato in grado di farsi venire un sospetto, poiché l'avvelenamento da eserina lascia ben poche tracce sul cadavere, così, invece, il medico fece subito ricerche per appurare se vi fosse stato qualcosa che non funzionava nell'ultima iniezione praticata al vecchio, e così scoprì che non si trattava di insulina. Già osservai pensieroso. O la signora Leonides ha agito molto scioccamente, o è stata scaltrissima. Volete dire...? Voglio dire che può essersi comportata così proprio per portarvi alla conclusione che un modo d'agire così stupido non è verosimile. Avete qualche altro indizio? A questo punto, mio padre disse: Praticamente, ogni componente della famiglia potrebbe essere l'assassino. C'era sempre in casa una riserva d'insulina per quindici giorni di cura. Non si può escludere che una delle fiale sia stata manipolata e rimessa a posto da uno qualunque di loro, con la consapevolezza che, un momento o l'altro, la moglie
l'avrebbe usata. Le fiale erano a portata di mano? Certo. Si trovavano in uno scomparto dell'armadietto farmaceutico, in bagno. Tutti i familiari entravano e uscivano liberamente da quella stanza. Vi siete già prospettati i motivi che potrebbero avere spinto al delitto? Mio padre sospirò. Mio caro. Aristides Leonides era immensamente ricco. E' vero che manteneva negli agi tutta la famiglia. Ma non è improbabile che, per qualcuno, quel tenore di vita non fosse sufficiente. E chi avrebbe ricavato i maggiori benefici dalla sua morte, era proprio la vedova. Lei, da parte sua, non è ricca. E' poverissima, anzi. Qualcosa scattò nella mia mente. Era la citazione fatta da Sophia. Improvvisamente ricordai l'intero verso della filastrocca: C'era una volta un uomo deforme su una strada tutta tortuosa. Trovò un'acciaccata moneta vicino a una scala sbilenca. Aveva un gatto rognoso che catturò un topo sciancato. E vissero tutti insieme in una piccola casa deforme. Mi rivolsi a Taverner. E voi cosa ne pensate della signora? Non mi sono ancora fatto un'idea precisa. Ha un carattere chiuso... non è facile indovinare cosa pensa. Le piace la bella vita. Su questo, metterei la mano sul fuoco. Ha l'aria di una grossa gatta indolente che faccia le fusa... Io non ho nessuna prevenzione contro le gatte disse sospirando comunque noi abbiamo bisogno di prove. Già pensai tutti desideriamo la prova che accusi la signora Leonides. La desideriamo Sophia e io, l'ispettore Taverner... Una volta trovata quella prova, per me tutto sarebbe stato felicemente a posto. Invece... Sophia non era sicura, e l'ispettore e io sospiravamo nel dubbio.
4. Il giorno dopo mi recai con Taverner a Three Gables. La mia posizione, per la verità, non era chiara, anzi, era assai poco ortodossa. Ma mio padre non era certo un tipo ortodosso. Io avevo una certa esperienza. Agli inizi della guerra avevo lavorato per una delle squadre speciali di Scotland Yard e questo mi conferiva, agli occhi del vecchio, una patente di capacità. Per risolvere questo caso, bisogna conoscere tutto il possibile di ognuna delle persone di famiglia. Dobbiamo osservarli mentre vivono tra loro, nell'intimità. Tu sei l'unico che possa aiutarci in questo senso. Quell'idea non mi entusiasmava. Dovrei fare la spia, in poche parole. E per di più servendomi di Sophia, che mi ama e che, soprattutto, ha fiducia in me! Il vecchio si era arrabbiato molto. Non ragionare come un piccolo borghese! Tanto per cominciare, sei convinto che non sia stata la tua ragazza ad assassinare il nonno? E' semplicemente assurdo pensarlo. Bene. Anche noi pensiamo la stessa cosa. E' stata assente molti anni ma è sempre stata in rapporti affettuosi col vecchio, il quale, del resto, le aveva già assicurato una forte rendita. Lui, inoltre, avrebbe accolto con gioia la notizia del suo fidanzamento con te, e sono sicuro che le avrebbe progettato un matrimonio sfarzoso. I sospetti su di lei sono ingiustificati. Comunque, se questa faccenda non verrà chiarita, non ti sposerà mai. Stando a quanto mi hai detto sul suo carattere, ne sono più che sicuro. Nota bene che si tratta di un delitto che potrebbe non essere mai chiarito. Noi possiamo anche
avere la convinzione che la moglie di Leonides e il giovane precettore siano i colpevoli, ma la difficoltà sta proprio nel provarlo. Se non troveremo una prova schiacciante contro di loro, rimarrà sempre l'ombra del dubbio. Te ne rendi conto? Me ne rendevo perfettamente conto. Il vecchio continuò, più calmo: Perché non dici tutto a Sophia? Dovrei chiedere a Sophia di...? Lui annuì energicamente. Certo, non vorrei mai che tu agissi slealmente. Parlane con la ragazza e senti cosa ne pensa. Fu così che il giorno seguente arrivai a Swinly Dean con l'ispettore Taverner e il sergente Lamb. Dopo aver superato il primo campo di golf, ci inoltrammo lungo un viale alberato che in tempi lontani doveva essere stato chiuso da una cancellata. Certamente la guerra, e le requisizioni di materiale che a essa si accompagnano, lo avevano reso di libero accesso. Al termine del lungo viale circondato da rododendri, dopo un'ampia curva, ci trovammo in uno spiazzo di fronte alla casa. Era incredibile! Mi chiesi perché si chiamasse Tre Frontoni, dato che sarebbe stato più appropriato dire Undici Frontoni! La cosa più curiosa è che aveva l'aria di essere deforme. E si capiva perché. Era il classico tipo di villino inglese, ma era un villino gonfiato, fuori da qualsiasi proporzione. Sembrava una casa di campagna vista attraverso un gigantesco specchio deformante. Tutto era gigantesco... era una piccola casa deforme che era cresciuta come un fungo durante la notte. Era proprio l'idea che un greco, proprietario di ristoranti, poteva farsi di un'abitazione inglese. Voleva essere una casa da inglese... ma era costruita con le dimensioni di un castello! Pensai alla prima moglie di Leonides e alla sorpresa che doveva aver provato nel vederla. Certamente lui non le aveva detto nulla per farle una sorpresa. Mi chiesi se lei avesse sorriso o se fosse rabbrividita. Comunque, lì lei era vissuta felicemente. Mastodontica, vero? disse Taverner. Il vecchio ha speso qui un patrimonio, come se avesse riunito in un blocco solo tre costruzioni indipendenti, ognuna con cucina e servizi. All'interno è ammobiliata come un albergo di lusso. Sophia apparve alla porta d'ingresso. Era a capo scoperto e indossava una camicetta verde e una gonna di tweed. Rimase stupefatta vedendomi. Tu! esclamò. Vorrei parlarti dissi. Dove possiamo andare? Ebbe un attimo di esitazione, poi si voltò e disse: Per di qua. Attraversammo lo spiazzo erboso dal quale si godeva uno splendido panorama. L'occhio spaziava sul primo campo di golf, sulle colline che lo circondavano e sulla campagna sconfinata che si perdeva verso l'orizzonte. Sophia mi fece entrare in un grande giardino roccioso alquanto trascurato e m'invitò a sedere su una rustica panchina di legno assai scomoda. Allora? disse con tono poco incoraggiante. Le dissi del mio incarico... le dissi tutto. Lei mi ascoltò con attenzione, e alla fine sospirò profondamente. Un uomo in gamba, tuo padre. Certo, sa quello che vuole. Ma questa volta la sua idea non mi piace per niente. Oh no disse lei. Credo, anzi, che sia l'unica cosa utile da fare. Tuo padre ha capito di cosa ho bisogno meglio di te. Con un improvviso gesto di disperazione esclamò, torcendosi le mani: Io devo scoprire la verità, capisci? Devo saperlo. Per noi due, cara? Ma... Non solo per noi due, Charles. Devo sapere per me stessa, per ritrovare la pace interiore. L'altra sera non te l'ho detto, ma... la verità è che ho paura.
Paura? Sì, paura. La polizia ha un'ipotesi, tuo padre anche, tu pure. Tutti pensiamo che sia stata Brenda. Ma le probabilità... D'accordo. E' probabile. Ma quando io mi dico che probabilmente è stata Brenda, so che si tratta di una supposizione che corrisponde a un desiderio. Ma in realtà, non sono affatto sicura che sia così. Non ne hai la certezza, vuoi dire? Non so, Charles. Tu hai solo sentito parlare della cosa, non conosci ancora nell'intimo i componenti della nostra famiglia. Per esempio, io non credo che Brenda sia capace d'impegolarsi in una faccenda così pericolosa, per nessuna ragione. E' troppo scaltra e prudente. E che cosa mi dici di lui, di quel Lawrence Brown? E' un coniglio. Non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa simile. Non puoi affermarlo categoricamente, però. Hai ragione. Le persone, a volte, riservano delle sorprese. Ma Brenda, per esempio, ha agito sempre conseguentemente col suo carattere. Io la definirei una donna da harem. Pigra, morbosamente attratta da dolciumi, vestiti, gioielli. Passa le giornate sdraiata a leggere racconti insulsi, oppure va al cinematografo. E sembrerà incredibile, se si pensa che il nonno aveva ottantotto anni, ma lei ne subiva enormemente il fascino. Lui esercitava uno strano influsso sulle donne. Penso che Brenda si sentisse, in casa sua, come una regina o almeno come la favorita di un sultano. Doveva vivere in uno stato di strana eccitazione romantica. Ci ha sempre saputo fare, il nonno, con le donne, e quel suo fascino non scomparve nemmeno a tarda età. Comunque, a me il problema di Brenda interessava meno dell'altro di cui Sophia mi aveva parlato poco prima. Perché hai detto d'aver paura? le chiesi. Lei rabbrividì. Perché è la verità rispose quasi in un soffio. E' molto importante che tu capisca quello che ti dico, Charles. Noi siamo una famiglia strana... C'è in noi una specie di crudeltà, anzi, molte forme diverse di crudeltà... E la diversità di queste forme mi preoccupa... Dovette leggere nel mio viso un grande stupore, poiché aggiunse: Cercherò di essere più chiara. Prendi il nonno, per esempio. Una volta ci raccontò che da ragazzo, a Smirne, durante una rissa, aveva accoltellato due uomini dai quali era stato gravemente insultato. Raccontò l'episodio con indifferenza, come si trattasse di una cosa più che naturale. A me, cresciuta in Inghilterra, fece uno strano effetto sentir parlare di un fatto così orribile con tanta naturalezza... Annuii. Questo è un esempio. Poi c'è stata la nonna. Non l'ho conosciuta, ma ho sentito parlare molto di lei. Doveva avere quella forma di crudeltà che deriva dalla mancanza assoluta d'immaginazione. Simile a quella dei vecchi generali, pieni d'arroganza e di rettitudine insieme, per nulla impressionati dalle responsabilità che si assumono decretando la vita o la morte del loro prossimo. Forse esageri, cara. Sì, forse. Ma ho un sacro terrore di questi personaggi che abbondano in rettitudine e in crudeltà. Poi, c'è mia madre. Un'attrice. Tanto cara, ma assolutamente priva di senso della misura. E' così innocente nel suo feroce egoismo, che vede le cose solo in funzione del proprio interesse. Anche questo per me è pericoloso. Poi c'è Clemency, la moglie di zio Roger, una scienziata che si dedica ora a ricerche importanti. Anche lei, a modo suo, può essere definita crudele, dotata com'è di uno spaventoso sangue freddo. Suo marito, zio Roger, è esattamente l'opposto. E' un uomo caro e amabile, ma se la collera gli dà alla testa non sa più controllarsi. Infine c'è mio padre. Fece una lunga pausa.
Mio padre riprese lentamente domina se stesso con un esagerato autocontrollo. Non si sa mai cosa pensi, non lascia trasparire mai i suoi sentimenti. Probabilmente la sua è una forma di difesa contro il temperamento troppo estroverso di mia madre. Qualche volta, però, il suo eccessivo autocontrollo mi preoccupa. Tesoro dissi tu lavori troppo di fantasia. Comunque, secondo te, ognuno dei tuoi familiari sarebbe capace di commettere un delitto. E' quello che penso, infatti. Io stessa ne sarei capace. Tu? Non lo credo proprio. Io, sì. Non devi far eccezione per me. Anch'io potrei assassinare qualcuno... Rimase un attimo in silenzio, poi aggiunse: Ma, in ogni caso, solo se ne valesse veramente la pena. Sorrisi. Per me era un'idea assurda. Anche lei sorrise. Forse sono pazza... disse. Comunque, dobbiamo scoprire la verità sulla morte del nonno. Voglia il cielo che la colpevole sia Brenda! Improvvisamente, provai una gran pena per Brenda Leonides.
5. A un tratto vedemmo arrivare lungo il sentiero un'alta figura femminile che camminava con passo elastico. Aveva un vecchio cappello di feltro in testa, e indossava una gonna senza più forma e un giubbetto di lana. Ecco zia Edith disse Sophia. La donna si curvò due o tre volte sulle aiuole fiorite, poi si avvicinò a noi. Mi alzai. Ti presento Charles Hayward, zia Edith. Charles, questa è mia zia, la signorina de Haviland. Edith de Haviland era una donna sulla settantina. Aveva il volto solcato di rughe, occhiali a pince-nez, e una massa di grigi capelli arruffati. Come state? mi chiese. Mi hanno parlato molto di voi. Siete appena tornato dall'Oriente, vero? Vostro padre come sta? Piuttosto sorpreso dalla domanda, risposi che stava benissimo. L'ho conosciuto da ragazzo disse lei. Ero amica di sua madre, molto amica. Voi assomigliate alla nonna. Siete venuto per aiutarci? Spero di potervi essere utile. Abbiamo bisogno di aiuto continuò. La casa è piena di poliziotti. Ce li troviamo tra i piedi a ogni passo. Che orrore. Un giovanotto come si deve non dovrebbe entrare nella polizia. Si rivolse alla nipote. Nannie chiedeva di te. Per il pesce. Che noia! sospirò Sophia. Vado subito. Si diresse in fretta verso la casa. La vecchia signorina si incamminò lentamente nella stessa direzione. Io mi misi al suo fianco. Non sapremmo come fare senza Nannie disse lei. Quasi tutti hanno in casa una vecchia Nannie che lava, stira, cucina... sono fedelissime. La nostra l'ho assunta io, molti anni fa. Si fermò per liberare il piede da un'erbaccia che vi si era impigliata. Che roba! brontolò. Si ha un bel pulire, si ha un bel darsi da fare, ma mai che si riesca a tenere in ordine. Calpestò più volte, rabbiosamente, l'erbaccia. Brutto affare, caro signor Hayward disse guardando verso casa. Che ne pensa la polizia, del fatto? Ma già, è inutile chiedervelo. Io, poi, non riesco a convincermi che Aristides sia stato avvelenato. Per la verità, non riesco nemmeno a credere che sia morto. Per quanto mi riguarda, l'ho sempre detestato, ma non posso arrendermi all'idea che non ci sia più. La casa sembra vuota, senza di lui. Non risposi per non interromperla. Edith de Haviland sembrava in vena di reminiscenze. Ci pensavo stamattina continuò. Sono qui da più di quarant'anni. Venni qui alla morte di mia sorella. Fu lui a chiedermelo. Sette
figli: il più piccolo aveva un anno. Potevo permettere che venissero allevati da un greco qualsiasi? No. Era stato un matrimonio detestabile, a mio modo di vedere, quello di mia sorella Mary! Ipnotizzata da quel meridionale. Devo comunque dire che lui mi ha lasciato piena libertà, in fatto d'amministrazione. Ho potuto pensare come volevo alle bambinaie, alle governanti, agli studi. Anche per l'alimentazione ho fatto a modo mio. Mi sono ben guardata dal nutrirli con gli orribili piatti del suo paese che lui voleva per sé. E da allora, non vi siete più mossa di qui? No. Anche se sembrerà strano. Quando i bambini, diventati grandi, si sposarono, avrei potuto anche andarmene, ma non l'ho fatto. Chissà, forse mi ero affezionata al giardino. O forse è stato per Philip. Un uomo che sposa un'attrice non può aspettarsi che l'organizzazione familiare sia delle migliori. E così ho dovuto occuparmene io. Mi chiedo perché le attrici mettano al mondo dei figli. Appena nata la bambina, lei se n'è andata a Edimburgo per una serie di recite. Philip, del resto, ha fatto una cosa intelligente, a un bel momento: ha preso tutti i suoi libri ed è venuto a stabilirsi qui. Di che cosa si occupa Philip Leonides? chiesi. E' scrittore. Non so per quale motivo insista a scrivere dato che nessuno legge i suoi libri. Trattano di particolari episodi storici che proprio non interessano. Infatti, non avrete mai sentito parlare di lui, vero? Ammisi che era così. Ha troppo denaro proseguì la signorina de Haviland. Questo è il suo male. Molta gente metterebbe da parte le fantasie e imparerebbe a vivere, se avesse meno denaro. Gli rendono qualcosa i suoi libri? Nemmeno per sogno. Ma lui è convinto di essere qualcuno nel campo delle ricerche storiche. Del resto, non ha bisogno che gli rendano, i libri. Aristides gli aveva fissato una rendita di circa centomila sterline. Una cifra enorme. Senza considerare, poi, l'eredità che sarebbe venuta. Il vecchio voleva che i suoi figli fossero finanziariamente indipendenti. Roger dirige la Cooperativa Ristoranti, Sophia ha una forte rendita, e in banca c'è un capitale che frutta per i bambini. Allora, nessuno era in attesa dell'eredità. Mi diede una strana occhiata. Con l'eredità, ciascuno avrebbe aumentato il proprio capitale. Ma non era necessario che morisse. Anche da vivo, avrebbe dato loro tutto il denaro che avessero chiesto. Avete qualche sospetto sulla persona che può aver commesso il delitto, signorina de Haviland? Ci pensò un momento, poi rispose: No, davvero! Certo, la cosa mi ha sconvolta. Non è divertente sapere che in famiglia c'è un Borgia redivivo. E la polizia, immagino, si accanirà contro la povera Brenda. Perché? Non la credete sulla strada buona? Non saprei. Ho sempre considerato Brenda una donnina inutile e sciocca, e non riesco davvero a vederla nel ruolo di avvelenatrice. Riconosco che, se una donna di ventiquattro anni sposa un uomo di quasi ottanta, lo fa solo per denaro. E' naturale, quindi, che desiderasse diventare al più presto una ricca vedova. E poiché Aristides era singolarmente robusto e, nonostante il diabete, minacciava di vivere cent'anni, non è escluso che si sia stancata di aspettare. In questo caso... In questo caso, tanto meglio. Tutto si risolverebbe in uno scandalo, ma, dopotutto, lei non è della famiglia. Non avete altre supposizioni da fare? Quali altre supposizioni potrei fare? Rimasi pensieroso. Sospettavo che, sotto quel vecchio cappelluccio di feltro, si agitassero più pensieri di quanti la signorina non ne
esprimesse. Dietro quell'apparenza sbrigativa, quasi scostante, si indovinava un cervello attivissimo. Mi chiesi, per un momento, se l'assassina non fosse proprio lei. L'idea non era assurda. Ricordavo la violenza con cui aveva battuto in terra il piede per liberarsi di una cosa che le dava fastidio, ricordavo il vocabolo usato da Sophia. Crudeltà. La guardai di sottecchi. Se avesse avuto una buona ragione per farlo, forse... Ma quale poteva essere questa buona ragione? Non conoscevo ancora l'ambiente e le persone per rispondere a questo interrogativo.
6. Venni introdotto in un atrio spaziosissimo, arredato fastosamente con mobili di quercia scura muniti di maniglie d'ottone lucenti. Di fronte alla porta d'ingresso, dove normalmente è visibile la scala che conduce ai piani superiori, si alzava, quasi a fare da schermo, una parete bianca con una porta. Di lì mi spiegò la signorina si entra nella parte della casa riservata a mio cognato. Il piano terreno, invece, appartiene a Philip e a Magda. Aprì una porta sulla sinistra e mi introdusse in un vasto salotto. Le pareti erano tappezzate d'azzurro, i divani e le poltrone erano ricoperti di pesante broccato. Sui vari tavolinetti e alle pareti c'era un gran numero di fotografie di attori, attrici e ballerini e disegni di scene teatrali. Su tutto, risaltava il dipinto di una ballerina di Degas. C'era profusione di fiori, soprattutto enormi crisantemi gialli e garofani multicolori, artisticamente disposti in vasi di pregio. Immagino che vorrete vedere Philip disse la signorina de Haviland. Vedere Philip? Giuro che la cosa m'interessava assai poco. Invece avrei voluto rivedere Sophia, che aveva tanto calorosamente approvato il progetto di mio padre e che adesso, in cucina, era occupatissima a preparare il pesce, dopo avermi lasciato solo a decidere come comportarmi. Dovevo presentarmi a Philip Leonides come pretendente della figlia, come un amico capitato di passaggio, oppure come un alleato della polizia? La signorina non mi lasciò il tempo di rispondere alla sua affermazione. Evidentemente non si era trattato di una domanda: lei mi pareva infatti più incline a comandare che a chiedere. Andremo in biblioteca disse infatti. Usciti dal salotto e attraversato un corridoio, entrammo in un'altra stanza, una sala vastissima, carica di libri. I volumi non erano confinati negli scaffali alti fino al soffitto, ma sparsi sulle poltrone, sui tavoli, perfino sul pavimento. Nonostante ciò, non davano l'impressione di essere in disordine. L'atmosfera dell'ambiente era fredda, e mancava il caratteristico odore degli studi maschili: l'aroma del tabacco. Infatti, Philip Leonides non fumava. Quando entrammo, lui si alzò. Era alto, sulla cinquantina, straordinariamente bello. Avevo sentito parlare moltissimo della quasi leggendaria bruttezza di Aristides Leonides e, non so perché, mi aspettavo che il figlio fosse altrettanto brutto. Comunque, non ero davvero preparato a quella perfezione di lineamenti. Naso diritto, ovale perfetto, fronte ampia, capelli nerissimi, ondulati, appena spruzzati d'argento alle tempie. Ecco Charles Hayward mi presentò la signorina, rivolta a Philip. Piacere disse lui. Mi chiedevo se avesse già sentito parlare di me, mentre mi tendeva freddamente la mano, con espressione distaccata. Quel tono gelido mi dava maledettamente ai nervi. La signorina de Haviland chiese: Dove sono quegli odiosi poliziotti? Sono stati qui? Credo che l'ispettore... come si chiama... Guardò un foglio sul
tavolo. Taverner... credo che verrà tra poco a parlare con me. Dov'è adesso? Non so, zia Edith. Forse di sopra. Con Brenda? Proprio non so. Per la verità, guardando Philip Leonides ci si chiedeva come avesse potuto avvenire un assassinio nell'atmosfera respirata da lui. Magda è già alzata? chiese ancora la zia. Non so. Di solito non si alza prima delle undici. E' proprio da lei puntualizzò Edith de Haviland. In quel momento si spalancò una porta dietro le mie spalle e una figura femminile fece il suo ingresso. Sembrava che fossero entrate tre donne invece di una. Fumava una sigaretta da un lunghissimo bocchino e indossava una vestaglia di seta color pesca di cui reggeva lo strascico con una mano. Una cascata di capelli color tiziano le pioveva sulle spalle. Aveva un volto senza ombra di trucco, materialmente e spiritualmente, dall'aria ancora insonnolita. Gli occhi erano grandi e blu e cominciò un soliloquio con voce strascicata ma armoniosa. Tesoro! E' una cosa insopportabile, proprio insopportabile. Pensa a quando la notizia sarà sui giornali! Dio! E dovrò sopportare anche un interrogatorio, vero? Non so proprio come dovrò vestirmi, per l'occasione. In nero, no. Forse il rosso cupo sarebbe più intonato. Il guaio peggiore è che ho perduto l'indirizzo di quel tale che mi procurava i buoni alla borsa nera. Adesso, se andassi a cercarlo, la polizia mi seguirebbe e sarebbero guai. Philip! Ma come fai a startene così calmo? Non ti rendi conto che adesso avremmo potuto andarcene da questa orribile casa? Dio, Dio, la libertà! Fin che era vivo lui non ci si poteva allontanare. Povero vecchio! Ci voleva troppo bene. A dispetto delle malignità che quella Brenda metteva in giro su fantasiosi apprezzamenti fatti da lui contro noialtri. Che perfida creatura! Se ce ne fossimo andati lasciandolo in mano a quella donna, avrebbe finito con l'influenzarlo contro di noi. Povero, caro vecchio! Del resto, aveva già quasi novant'anni e a quell'età anche i caratteri più forti s'indeboliscono... Sai cosa penso, Philip? Credo che sia un'ottima occasione per rappresentare quella commedia di Edith Thompson. Questo delitto ci procurerà molta pubblicità. Bildenstein vorrebbe formare una compagnia per mettere in scena un drammone in versi sulla vita dei minatori. L'occasione può esser buona. La mia parte è bellissima. So che si ostinano a dire che dovrei attenermi al repertorio brillante per via del nasetto all'insù. Se è per questo, ci sono tante commedie brillanti che piacciono e che fanno tenere il fiato sospeso fino all'ultima scena. So come si recitano. Si assume quell'aria svagata, un po' frivola, che piace sempre al pubblico... Col braccio fece un ampio gesto, e la sigaretta cadde dal bocchino andando a bruciacchiare la scrivania in mogano di Philip. Lui, sempre impassibile, la raccolse e la schiacciò nel portacenere. E poi bisbigliò Magda Leonides, spalancando improvvisamente gli occhi solo terrore... L'espressione di paura aleggiò sul suo viso per circa venti secondi, poi assunse un aspetto rilassato e si trasformò infine in un viso infantile, imbronciato, pronto alle lacrime. Improvvisamente tutte queste emozioni furono cancellate come da un colpo di spugna e, girandosi verso di me, domandò in tono serio: Non vi pare, signore, che potrei sostenere parti sia tragiche sia brillanti con identico successo? Risposi che certo era così. Per la verità, non avevo nessun elemento di giudizio, ma volevo riuscire gradito alla madre di Sophia. La donna riprese a parlare al marito: Quando vedrò l'ispettore... Lui ebbe un brivido impercettibile. Non è affatto necessario che tu veda l'ispettore, Magda. Come? Ma caro, non hai alcuna immaginazione! Dovrò parlargli a lungo, anzi. Vorrà conoscere tutti i particolari, le piccole circostanze che
ciascuno di noi può avere osservato... Mamma! esclamò Sophia, che era entrata in quel momento. Spero che non andrai a raccontare all'ispettore le tue solite fantasie. Sophia... cara! Su, mamma, il tuo saggio di recitazione l'hai già fatto. Ma non va. Occorrono sentimenti meno scoperti, meno enfasi, un senso di dolente protezione verso le persone della famiglia. Il volto di Magda rivelò uno stupore ingenuo, infantile. Ma io sarò capace... Sì, mamma, lo credo. Comunque, ti ho preparato la cioccolata. E' in salotto. Oh, bene, stavo morendo di fame. Sulla soglia si fermò, e rivolta a me disse: Non sapete quanto sia delizioso avere una figlia. E con questa affermazione finì il suo spettacolo. Sa il cielo cosa diavolo racconterà alla polizia, quella! disse la signorina de Haviland. Non ti preoccupare la rassicurò Sophia. Ti rendi conto che è un'irresponsabile? Sta' tranquilla disse Sophia. La mamma reciterà come vuole il regista. E il regista sono io. Uscì, per rientrare subito dopo. Papà disse c'è l'ispettore Taverner. Ti dispiace se rimane qui anche Charles? Vidi un'espressione sbalordita formarsi sul viso di Philip Leonides, e non potei che giustificarla. Ma il suo autocontrollo vinse ancora una volta. Rimanga, rimanga pure. Taverner entrò: tranquillo, sicuro di sé, con l'aria di un uomo d'affari che ha un grosso colpo in vista. Mi dispiace darvi questa noia disse. Ma spero di risolvere presto la faccenda e lasciarvi in pace. In questo caso, nessuno sarà più contento di me. Non ho la vocazione per la parte del carnefice. Parlando, aveva avvicinato una poltrona alla scrivania, sedendosi accanto al telefono. Io sedetti poco discosto. Ai vostri ordini, ispettore disse Philip, e si sedette a sua volta. La signorina de Haviland chiese: Avete bisogno di me, ispettore? Per il momento no, signorina. Più tardi, se non vi rincresce, scambierò due parole anche con voi. Bene. Mi troverete di sopra disse, e uscì. Ai vostri ordini, ispettore ripeté Philip. So che siete molto occupato cominciò Taverner e non voglio portarvi via troppo tempo. Ma posso dirvi, in via confidenziale, che i nostri sospetti sono ormai confermati: vostro padre non è morto di morte naturale. Il suo decesso è stato causato da una dose eccessiva di fisostigmina, meglio conosciuta sotto il nome di eserina. Philip annuì; ma il suo volto non mostrò alcuna particolare emozione. Vorrei sapere continuò Taverner se nutrite qualche sospetto. Cosa dovrei congetturare? Sono dell'opinione che mio padre abbia ingerito il veleno per errore. Davvero pensate così, signor Leonides? Mi sembra una versione assai verosimile. Aveva quasi novant'anni come sapete, e una vista imperfetta. Secondo voi avrebbe riempito la boccetta dell'insulina con le gocce per gli occhi? Ma vi sembra davvero credibile? Philip non rispose. Il suo volto era più che mai impassibile. Taverner proseguì: Abbiamo ritrovato il contagocce dell'eserina nella spazzatura. Nessuna impronta digitale sul vetro. Se la cosa fosse normale, qualche impronta ci dovrebbe essere: di vostro padre o di sua moglie o del cameriere. Philip trasalì. Poi, con affettazione, disse: Che c'entra il cameriere? Temete che sospettiamo di lui? Certo, le occasioni non gli sarebbero
mancate, ma non si riuscirebbe a capire la ragione di un simile gesto da parte sua. Vostro padre aveva l'abitudine di dargli una gratifica, oltre lo stipendio, e ogni anno gliel'aumentava. Inoltre, aveva dichiarato che tale elargizione sostituiva la somma che avrebbe voluto destinargli come legato per testamento. Dopo sette anni di servizio, la cifra annuale si era fatta considerevole. A parer mio, a Johnson conveniva che vostro padre vivesse il più a lungo possibile. Inoltre era in rapporti eccellenti con il suo padrone, e ha un passato irreprensibile. Risulta onestissimo e fedele. Nessun sospetto, quindi, su di lui. Philip, impassibile, disse: Benissimo. Ora, signor Leonides, vorreste darmi qualche particolare su come avete trascorso la giornata in cui è morto vostro padre? Certo, ispettore. Sono rimasto tutto il giorno in questa stanza. Fatta eccezione per le ore dei pasti, naturalmente. In tutto il giorno non avete visto vostro padre? Ci siamo salutati la mattina, dopo colazione, come al solito. Eravate solo con lui? C'era anche la mia matrigna. Avete notato qualcosa di anormale, in lui? Con una punta d'ironia, Philip rispose: No. Non aveva scritto in faccia che era destinato a essere ucciso proprio quel giorno. L'appartamento di vostro padre è del tutto separato da questo? Sì. Vi si accede solo dalla porta che si trova nell'ingresso. E quella porta, normalmente, rimane chiusa? No. Mai ? Non mi risulta che venisse mai chiusa. Quindi ognuno poteva passare liberamente da una parte all'altra della casa? Appunto. Stavamo separati solo per rispetto alla reciproca libertà. Come avete saputo della morte di vostro padre? Da mio fratello Roger, che occupa l'ala est del piano superiore. Si è precipitato giù a dirmi che papà aveva avuto un attacco improvviso. Mi sono subito recato da lui e l'ho trovato che stentava a respirare e appariva stremato. Che cos'avete fatto allora? Ho telefonato subito al medico. Evidentemente nessuno ci aveva ancora pensato. Il dottore non era in casa e quindi ho lasciato un messaggio pregandolo di venire appena possibile. Poi? Mio padre stava molto male ed è morto prima che il medico arrivasse. La voce di Philip non era incrinata da alcuna emozione. Sembrava che raccontasse un fatto di cronaca. Dove si trovavano gli altri familiari? Mia moglie era a Londra. Tornò poco dopo. Credo che non ci fosse nemmeno Sophia. Invece i piccoli Eustace e Josephine erano in casa. Spero che non mi riterrete troppo indiscreto, signor Leonides, se vi chiedo che cosa succederà alla vostra situazione finanziaria dopo la morte di vostro padre. Sono ammirato dalla minuziosità delle vostre indagini. Mio padre ci aveva resi finanziariamente indipendenti molti anni fa. Mio fratello Roger era stato messo a capo della Cooperativa Ristoranti in qualità di direttore e principale azionista. A me, aveva dato un capitale che considerava equivalente alla posizione di mio fratello. Ora, fra titoli, assicurazioni e altro, quel capitale può essere valutato intorno alle centocinquantamila sterline circa. Potevo usare il capitale a mio piacimento. La stessa somma era stata assegnata alle mie due sorelle, che però sono morte da tempo. E, dopo tutto questo, vostro padre poteva ancora considerarsi ricco? Per sé aveva riservato una rendita quasi modesta. Diceva che, così, la vita lo interessava di più. Da quel momento, infatti e per la prima volta un lieve sorriso gli increspò le labbra grazie a varie
speculazioni, divenne più ricco di prima, se possibile. Voi e vostro fratello siete venuti ad abitare nella casa paterna in seguito a qualche dissesto finanziario? No. Mio padre insisteva sempre nel dirci che saremmo stati i benvenuti in casa sua. Per ragioni familiari trovai conveniente questa sistemazione e venni qui con i miei nel 1937. Ero molto affezionato a mio padre. Non pagavo affitto, ma sostenevo la mia aliquota di tasse. E vostro fratello? Mio fratello si stabilì qui in seguito al bombardamento della sua casa londinese, nel 1943. Conoscete, in qualche modo, le disposizioni testamentarie di vostro padre? Le conosco benissimo. Rifece il testamento qualche anno fa. Riunì la famiglia e ci lesse le clausole. Credevo che l'avvocato Gaitskill vi avesse già informato di tutto. A ogni modo, riassumendo, le cose stanno così: un lascito di centomila sterline, libere da tassa di successione, alla mia matrigna, in aggiunta alla quota legittima che le spetta come vedova. Il rimanente del patrimonio è stato diviso in tre parti uguali: una destinata a me, l'altra a mio fratello, la terza da tenere a frutto per i tre nipoti. Il patrimonio è vistoso ma, naturalmente, le tasse di successione incideranno parecchio. Nessun legato per la servitù o per beneficenza? No, perché gli stipendi della servitù venivano fortemente aumentati per ogni anno di servizio prestato. Scusate ancora, signor Leonides, ma... come vanno attualmente le vostre finanze? Come ben sapete, oggigiorno paghiamo tasse enormi, ma le mie entrate sono largamente sufficienti per le esigenze del fisco, per quelle mie e di mia moglie. Inoltre, il povero papà ci faceva spesso consistenti regali in denaro, e in caso di necessità interveniva con aiuti immediati. Con un freddo sorriso, aggiunse: Su questo posso tranquillizzarvi, ispettore. Nessuna ragione finanziaria poteva farmi desiderare la morte di mio padre. Mi rincrescerebbe molto se avessi offeso la vostra suscettibilità, signor Leonides, ma il nostro dovere comporta anche questo tipo di indagini. E ora debbo rivolgervi qualche domanda un po' delicata. Correvano buoni rapporti tra vostro padre e sua moglie? Rapporti ottimi, a quanto mi risulta. Nessun litigio? Non credo. La differenza d'età era forte? Sì, molto. Avevate approvato il secondo matrimonio di vostro padre? Nessuno chiese la mia approvazione. Questa non è una risposta, signor Leonides. Dal momento che insistete, vi dirò che consideravo quel matrimonio una pazzia. Avete fatto qualche tentativo per dissuadere vostro padre? No, perché mi sono trovato di fronte al fatto compiuto. E' stato un dispiacere per voi? Philip non rispose. Voglio dire insistette Taverner questo fatto ha destato in voi qualche risentimento? Mio padre era perfettamente libero di agire come meglio gli piaceva. I vostri rapporti con la signora Leonides sono sempre stati cordiali? Sempre. Anche amichevoli? Ci vediamo di rado. Potete dirmi qualcosa di Lawrence Brown? No. Dopotutto, l'aveva assunto mio padre. Ma come precettore dei vostri figli, signor Leonides.
Giustissimo. Mio figlio ha sofferto di paralisi infantile. Fortunatamente si trattava di un caso leggero. I medici consigliarono di non mandarlo alla scuola pubblica, e mio padre allora decise l'assunzione di un precettore per il bambino e per mia figlia Josephine. La scelta, in quell'epoca, era assai limitata a causa della guerra: costui era disponibile perché dichiarato inabile al servizio militare. Le informazioni risultarono ottime. Mio padre e la zia, che si erano sempre occupati dei bambini, ne furono molto soddisfatti. Io posso dire che il suo insegnamento è stato sempre serio e coscienzioso. Alloggia negli appartamenti di vostro padre, vero? Sì. Non avete mai osservato qualche segno che suggerisse un'intesa tra il giovanotto e la vostra matrigna? Mai. E non vi è giunto all'orecchio qualche pettegolezzo in proposito? Non sono abituato ad ascoltare i pettegolezzi, ispettore. E' un po' strano, signor Leonides. Non avete visto niente, non avete sentito niente. Sembrate estraneo a tutto. Prendetela come volete, ispettore, ma la realtà è così. Taverner si alzò. Bene. Vi ringrazio signor Leonides. Mi affrettai dietro di lui e uscii anch'io dalla stanza. Accidenti ! disse Taverner. Quello ne ha, di sangue freddo... più di un pesce !
7. E ora disse l'ispettore andiamo a scambiare due parole con la moglie del signor Philip. Il suo nome d'arte è Magda West, se non sbaglio. E' una brava attrice? chiesi. L'ho sentita nominare e probabilmente l'avrò anche vista in qualche spettacolo, ma non riesco a ricordare quando e dove. Vedete, la signora Magda è una di quelle donne di teatro che si trovano sempre vicine al successo ma che non lo raggiungono mai. Ha un certo nome, per la verità, ma recita soprattutto nei piccoli, eleganti teatri privati. Per mio conto, tutto dipende dalla certezza che ha di non doversi guadagnare la vita col proprio lavoro. Ha sempre potuto scegliere. Qualche volta si è permessa anche il lusso di finanziare una compagnia per ottenere la parte di protagonista in commedie che le piacevano, anche quando si trattava di parti non adatte a lei. Come risultato, ha finito col retrocedere, anziché progredire. Pare che abbia un certo talento, specialmente nel genere comico sentimentale. Gli amministratori delle compagnie, però, non l'hanno troppo in simpatia. L'accusano di essere prepotente, intrigante. Magari le accuse non corrispondono a verità, ma è certo che lei non è popolare nell'ambiente artistico. In quel momento ci raggiunse Sophia, che usciva dal salotto. Mia madre vi aspetta, ispettore. Seguii Taverner nel grande salone. In un primo momento quasi non riconobbi la donna che stava seduta in una poltrona damascata. La chioma tizianesca era raccolta sul capo, in un'acconciatura ottocentesca; indossava un magnifico abito a giacca di pesante seta grigio scura e, sotto, una camicetta color malva, chiusa al collo e fissata con un cammeo. Soltanto allora rimasi colpito dal grande fascino di quella donna. L'ispettore Taverner? chiese. Accomodatevi. Una sigaretta? Che storia orribile, vero? Non vedo l'ora d'uscirne. Parlava a voce bassa, quasi monotona. Era evidente lo stretto controllo che esercitava sul proprio carattere. Ditemi in cosa posso esservi utile, ispettore. Grazie signora. Vorrei sapere se eravate presente al momento della
tragedia. Stavo tornando da Londra in macchina. Avevo pranzato da Ivy con un'amica, poi eravamo andate a una sfilata di modelli, infine, con alcuni conoscenti, a un cocktail da Berkeley. Come dicevo, presi la via del ritorno e quando arrivai qui, tutto era sottosopra. Mi dissero che mio suocero era morto per un attacco improvviso del suo male. La sua voce aveva tremato impercettibilmente. Volevate bene a vostro suocero? Lo adoravo! disse in tono enfatico e a voce alta. Sophia si mostrò occupatissima a raddrizzare il Degas appeso alla parete. Subito Magda riabbassò il tono della voce e riprese l'atteggiamento composto di poco prima. Ripeté, tranquilla: Sì, gli volevo molto bene. Tutti l'amavano. Lui era assai buono con noi. E con la signora Leonides, andate d'accordo? Ci frequentiamo poco. Per quale ragione? Non abbiamo niente in comune. Povera, cara Brenda. Qualche volta, per lei, la vita dev'essere stata difficile in casa nostra. Di nuovo Sophia si mise a trafficare intorno al Degas. Davvero? l'incalzò Taverner. Difficile in che senso? Non saprei... rispose Magda con un lieve sorriso. La signora Leonides era felice con suo marito? Credo di sì. Nessun litigio? La donna sorrise di nuovo, scuotendo il capo. Non lo so, ispettore. Il loro appartamento è diviso dal nostro. La signora Brenda e il signor Lawrence Brown sono molto amici, vero? Magda s'irrigidì. Lanciò a Taverner un'occhiata di disapprovazione e rispose, con molta dignità: Mi sembra che non abbiate il diritto di chiedermi cose di questo genere. Brenda è amica di tutti. E' una creatura amabilissima. Che cosa pensate del signor Brown? E' un individuo tranquillo. Non ci si accorge quasi di averlo in casa. L'ho visto poche volte. Il suo metodo d'insegnamento vi soddisfa? Non saprei... Philip ne sembra contento. A un tratto, Taverner tentò la carta della sorpresa. I rapporti tra la signora Brenda e il signor Lawrence sono di natura amorosa, naturalmente, vero? Lei si alzò in piedi e, con atteggiamento da gran dama, esclamò: Non ho mai notato nulla che potesse farmi pensare a una cosa del genere. Non dimenticate, ispettore, che si tratta della moglie di mio suocero. Come attrice, andava davvero applaudita. Si alzò anche l'ispettore, che disse, malizioso: Secondo voi, dunque, sarei più delicato se mi rivolgessi alla servitù per informazioni del genere. Magda non rispose. Comunque grazie, signora Leonides concluse lui, e si congedò. Sei stata magnifica! esclamò Sophia con calore. Magda si assestò un ricciolo dietro l'orecchio, guardandosi allo specchio. Sì disse credo di aver recitato bene. Sophia mi guardò. Non dovevi seguire l'ispettore? Senti, Sophia... vorrei sapere... Ma dovetti interrompermi. Non potevo, davanti a sua madre, rivolgerle la domanda che mi assillava, cioè quale doveva sembrare la mia parte in quella casa. D'altronde, pareva che questo non avesse grande importanza, per il momento. La signora Leonides non si accorgeva neanche di me. Potevo essere un giornalista o il fidanzato della figlia, un poliziotto o una spia, e lei m'avrebbe gratificato della
medesima svagata indifferenza. A un tratto, Magda Leonides sospirò con disappunto. Queste scarpe sono state un errore: troppo frivole per l'occasione. Obbedendo all'imperioso gesto di Sophia che mi indicava la porta, mi affrettai a seguire la stessa via di Taverner. Lo raggiunsi nell'ingresso, mentre stava per salire al piano di sopra. Vado a far visita al fratello maggiore mi disse. Sentite, Taverner gli dissi. Prima ditemi qual è il mio ruolo in questa casa. Lui mi guardò stupito. Voglio sapere qual è la mia funzione ufficiale qua dentro. Se qualcuno me lo chiede, che cosa rispondo? Lui rifletté un istante, poi sorrise. Finora nessuno vi ha fatto domande? No. E allora lasciate le cose come stanno. Niente spiegazioni. In una casa sottosopra come questa, ciascuno è troppo impegnato con i suoi problemi e timori per avere il tempo di fare domande. E' sempre un errore dire anche una sola parola, se non è necessario. Ora, andiamo di sopra. La porta è aperta. Naturalmente so già che le prossime domande ci condurranno allo stesso risultato delle precedenti. Ha un valore molto relativo, il sapere chi era in casa al momento della tragedia e dove si trovavano i vari componenti della famiglia se non erano presenti. Ma allora, perché questo lavoro? Perché gli interrogatori mi danno l'occasione di studiare le persone da vicino, di valutarle, di farmi un'idea delle loro opinioni e del loro carattere. E c'è sempre la speranza che qualcuno, involontariamente, fornisca un indizio utile. La signora Magda, per esempio, se l'avessimo lasciata fare, ci avrebbe sommersi con un fiume di parole. Forse. Le informazioni, però, sarebbero state poco attendibili. Probabilmente. Ma avrebbero magari potuto indicarci una linea di condotta. Quello che sto cercando di capire, è il movente del delitto. In cima alla scala scorgemmo subito, a destra, una porta chiusa. Taverner bussò. Immediatamente ci venne aperto da un uomo che doveva essere di guardia lì dietro. Era una specie di gigante dall'aspetto primitivo: spalle poderose, capelli neri scompigliati, un viso brutto, ma molto simpatico. Ci guardò, poi volse altrove lo sguardo col tipico imbarazzo dei timidi. Ah, siete venuti... Entrate. Naturalmente... Stavo per uscire, ma non fa niente. Entrate... Passate in salotto. Chiamo subito Clemency... L'uomo proseguì, vedendola: Ah, sei qui, cara? Ecco... C'è l'ispettore Taverner. Hai sigarette da offrire? Io devo andare... Aspetta un minuto... Sì, vado... Torno subito. Sgusciò fuori e sembrò che fosse uscito un calabrone, per il silenzio improvviso che si fece dietro di lui. La moglie di Roger era in piedi accanto alla finestra. Rimasi subito colpito dalla personalità che quella donna sprigionava, e dall'atmosfera della stanza, che doveva essere la sua. Pareti bianche, di un bianco deciso, non avorio. Completamente nude salvo per un quadro, collocato sulla mensola del caminetto, che rappresentava una fantasia geometrica di triangoli grigio scuri tagliati da segmenti azzurri. L'ambiente era ammobiliato con lo stretto necessario: tre o quattro poltrone, un tavolino col piano di vetro, uno scaffale. Nessun soprammobile, nessun drappeggio. In quella camera dominavano soltanto la luce, l'aria, lo spazio. Com'era diversa da quella del piano di sotto, pesante di broccati, carica di soprammobili! Del resto anche la signora Clemency Leonides appariva, a prima vista, molto differente dalla cognata. Mentre l'altra incarnava una decina di donne diverse, lei mostrava una personalità ben
definita, che non le avrebbe mai permesso di essere diversa da se stessa. Dimostrava cinquant'anni circa. Aveva i capelli grigi tagliati corti alla maschietta, un'acconciatura che si addiceva alla piccola testa rotonda; volto intelligente, marcato, grandi occhi grigi dallo sguardo intenso. Indossava un abito di lana rosso cupo, di foggia semplicissima che modellava a perfezione la sua figuretta sottile. Sentii immediatamente che doveva essere una donna allarmante. Subito capii la frase di Sophia quando aveva parlato della sua crudeltà. La stanza era fredda e io rabbrividii. Clemency Leonides ruppe il silenzio e disse, con voce pacata: Accomodatevi, ispettore. Avete scoperto qualcosa? Sì. La morte è stata causata da eserina. Allora si tratta proprio di assassinio. Non può esserci errore? No, signora Leonides. Vi prego solo, ispettore, di essere molto gentile con mio marito. E' una creatura sensibilissima. Adorava suo padre. Col suo carattere emotivo, è in uno stato di prostrazione spaventosa. Eravate in buoni rapporti con vostro suocero, signora? Ottimi. Ma non avevo molta simpatia per lui. Perché? Non mi piacevano i suoi scopi, né i mezzi che usava per raggiungerli. E la signora Brenda rientra nelle vostre simpatie? Brenda? Ma... la frequento così poco. Pensate che ci sia qualcosa fra lei e il signor Brown? Intendete dire rapporti intimi? Non credo. In ogni caso, io non ho davvero occasioni per saperlo. Appariva del tutto priva di curiosità in proposito. In quel momento entrò Roger, senza le sigarette che era andato a cercare. Ho dovuto trattenermi... Una telefonata... Ispettore, che c'è di nuovo? Avete scoperto la causa della morte di mio padre? Avvelenamento da eserina. Dio mio! E pensare che è stata quella donna. Non poteva aspettare, pazientare ancora un poco? Si può dire che lui l'aveva tolta dalla strada... bella ricompensa! L'ha assassinato a sangue freddo. Mi si rimescola il sangue, a pensarci! Avete qualche particolare motivo per credere che la colpevole sia lei? chiese Taverner. Roger camminava avanti e indietro, tormentandosi i capelli. Motivi? E chi altri potrebbe aver commesso un atto simile? Del resto, a me non è mai piaciuta: l'ho sempre disprezzata. Philip e io rimanemmo annientati quando mio padre ci comunicò il passo che aveva fatto. Alla sua età! Fu una pazzia. Perché lui era un uomo straordinario, ispettore. Aveva la mente lucida di un quarantenne. Io debbo tutto a lui, nella vita. E pensare che, invece, l'ho deluso. Si lasciò cadere pesantemente in una poltrona. La moglie gli andò vicino. Ora basta, Roger. Non tormentarti... Sì, cara, hai ragione. Le prese una mano. Ma come posso mantenermi calmo? Come posso sopportare...? Eppure, dobbiamo mantenerci calmi, Roger. L'ispettore è qui per aiutarci. Proprio così, signor Leonides disse Taverner. Roger, all'improvviso, gridò: Volete sapere, invece, quello che mi piacerebbe fare? Strangolare quella donna con le mie mani! Se penso che ha tolto a quel povero vecchio i pochi anni di vita che gli restavano... vorrei averla qui, sotto le unghie... Balzò in piedi. La collera lo scuoteva tutto, le mani si agitavano, convulse. Vorrei strangolarla... strangolarla... gemeva. Roger! lo richiamò severamente sua moglie. Lui la guardò, vergognoso. Scusami, cara. Quindi, rivolto a noi: Chiedo scusa. Mi lascio trasportare dalla passione... Perdonatemi.
Uscì dalla stanza. Clemency osservò con un lieve sorriso: In realtà, non ucciderebbe una mosca... Taverner non fece commenti e proseguì l'interrogatorio. La signora rispondeva brevemente, con precisione. Il giorno del delitto, Roger si era recato a Londra, alla Box House, dov'era la sede della Cooperativa Ristoranti. Era rientrato presto, nel pomeriggio, e aveva passato un po' di tempo col padre, come faceva quasi tutti i giorni. Lei invece era rimasta, come al solito, all'Istituto Lambert in Gower Street, dove lavorava, ed era rientrata poco prima delle sei. Siete passata anche voi a trovare vostro suocero, al ritorno? No. Avevamo preso il caffè insieme, dopo cena, il giorno prima. Allora, il giorno della morte non l'avete visto. No. Sono entrata nel suo appartamento perché Roger aveva detto di avervi dimenticato la pipa, una pipa preziosa alla quale tiene molto. Ma siccome l'ho trovata sul tavolo dell'anticamera, non ho voluto disturbare mio Suocero, che, spesso, faceva un pisolino verso le sei. Quando avete saputo che stava male? E' venuta a dirmelo Brenda, un minuto o due dopo le sei e mezzo. Le domande rivolte da Taverner alla signora non erano molto importanti, lo capivo, ma sapevo quanto fossero utili ai fini di studiare il carattere di lei. L'ispettore le chiese anche qualcosa circa il suo lavoro. Lei rispose che si occupava di fisica nucleare. Bomba atomica, dunque? Il principio è lo stesso, ma il nostro istituto persegue fini pacifici con i suoi esperimenti. Taverner espresse il desiderio di dare un'occhiata al resto dell'appartamento. La signora sembrò un po' sorpresa, ma acconsentì con buona grazia. La camera coi letti gemelli, le coperte bianche e un semplicissimo tavolino da notte, mi fecero pensare alla stanza di una clinica o a una cella di monastero. Anche il bagno era spoglio, senza tutti i soliti aggeggi femminili. La cucina era nitidissima e apparentemente ben provvista di tutto il necessario. Arrivammo di fronte a una porta, che Clemency aprì dicendo: Questo è lo studio di mio marito. Avanti! disse Roger. Avanti! Mi sfuggì un sospiro di sollievo. Fortunatamente, là dentro non c'era nulla della fredda austerità degli altri locali, anzi, ogni cosa rivelava la sensibilità di chi la abitava. Un'ampia scrivania girevole era letteralmente sommersa di fasci di carte, pipe, scatole di tabacco. Tutt'in giro, magnifiche poltrone, ampie e comodissime. C'erano ampi tappeti persiani sul pavimento e alle pareti molti quadri e fotografie sportive o di vita militare. Si notavano acquerelli con deserti, minareti, navi, tramonti, mari in burrasca. Una stanza decisamente simpatica, e modellata per un uomo altrettanto simpatico e cordiale. Roger ci preparò subito un cocktail, affrettandosi a liberare le poltrone dai libri e dai fogli che le ingombravano. Scusate se c'è un po' di disordine. Stavo proprio riordinando le vecchie carte. L'ispettore rifiutò l'offerta del cocktail, io invece accettai. Dovete perdonare il mio scatto di poco fa continuò Roger. Mi porse un bicchiere, continuando a parlare a Taverner. Qualche volta la passione mi prende la mano. Si guardò intorno con aria timorosa, come un colpevole, quasi aspettandosi un rimprovero dalla moglie... Ma lei era rimasta fuori della stanza. E' una donna straordinaria! esclamò Roger. Voglio dire, mia moglie. In questa circostanza è stata meravigliosa,semplicemente meravigliosa. Non so dirvi fino a che punto l'ammiri. E dire che ha vissuto esperienze terribili. Il suo primo marito era un uomo di grande valore, ma delicatissimo di salute. Insomma, per dire le cose
come stanno, era tubercolotico. Faceva ricerche nel campo della cristallografia. Un lavoro faticoso e mal retribuito, ma che lo appassionava. Ebbene, lei si mise a lavorare come una schiava e, quando il marito non fu più in grado di far nulla, lo mantenne, lo curò, non badò a spese pur sapendo che i sacrifici erano inutili, che lui era condannato. E tutto senza mai un lamento, senza mai un attimo di stanchezza. Diceva anzi d'essere felice. Soffrì moltissimo per la morte di lui. Più tardi, si convinse ad accettarmi come marito. Sarei stato molto contento di procurarle finalmente un po' di benessere. Avrei voluto che smettesse di lavorare, ma eravamo in tempo di guerra e lei ritenne suo dovere non ritirarsi. Ancora adesso, del resto, è più che mai decisa a continuare. Una moglie straordinaria, vi dico. Nessun uomo potrebbe desiderare di meglio. Sono stato proprio fortunato. Taverner ascoltava con attenzione. Infine, iniziò ancora una volta il consueto interrogatorio. Quando avete saputo, per la prima volta, che vostro padre stava male? Brenda era corsa a chiamarmi. Mi disse che mio padre era in preda a un attacco. Avevo lasciato il mio vecchio mezz'ora prima, e stava benissimo. Corsi di sopra, e lo trovai col viso violaceo e il fiato corto. Andai ad avvertire Philip, che telefonò al medico. Non sapevamo cosa fare per aiutarlo. Naturalmente non ci passava nemmeno per la testa che si trattasse di questa buffa faccenda. Buffa? Ho detto buffa? Ma guarda che razza di parola mi è venuta fuori! Quando ci trovammo di nuovo sul pianerottolo, Taverner disse: Che contrasto tra un fratello e l'altro! Strano come l'abitazione di una persona rifletta sovente la sua personalità. Annuii, ed egli aggiunse: Che strani accoppiamenti, non vi pare? Non capii se intendeva riferirsi a Clemency e Roger, oppure a Philip e Magda. Le sue parole andavano bene per entrambe le coppie. A me sembrava che i due matrimoni si potessero definire felici, specie per Roger e Clemency. Lui continuò: Non mi sembra che quell'uomo possa essere l'avvelenatore. Che ne dite? Comunque, non si sa mai. Lei ne sarebbe più il tipo. E' una donna dura, monomaniaca, e incapace di rimorso, secondo me. Forse un po' strana. Annuii di nuovo e dissi: Però mi sembra troppo intelligente per uccidere un uomo solo perché non ne approva le idee e i metodi di vita. Se avesse davvero odiato il vecchio, allora forse... ma sono stati commessi delitti che avessero soltanto l'odio per movente? Pochissimi. Nella mia carriera non ne ho incontrati mai. Mi sembra proprio il caso d'insistere su Brenda. Iddio ci aiuti, però, a trovare le prove.
8. Bussammo alla porta di fronte a quella di Roger. Ci venne ad aprire una cameriera che, vedendo l'ispettore, assunse un'espressione di malcelato disprezzo. Desiderate parlare con la signora? Sì, per favore. Ci accompagnò in un vasto salotto, quindi uscì. Le dimensioni della stanza erano uguali a quelle del salotto al piano inferiore. Solo che, qui, i divani e le poltrone erano ricoperti di un cretonne a colori vivaci e le tende alle finestre, di cotone a righe, lucevano freschissime. Sopra il caminetto era appeso un ritratto che subito attrasse la mia attenzione: non solo per la bellezza del dipinto, ma per la strana fisionomia del soggetto che aveva posato. Era il ritratto di un vecchio dagli occhi scuri, stranissimi, penetranti, la testa un po' rientrata nelle spalle e con in capo una calotta di velluto nero. Dalla tela, con forza magnetica, si sprigionavano la vitalità e la potenza dell'uomo: gli occhi acuti,
luminosi, sembravano guardarmi fissamente in viso. Questo è lui disse Taverner. Ritratto da Augustus John. Doveva essere davvero qualcuno. Che ne dite? Sì mormorai. E il povero monosillabo suonò inadeguato. Adesso capivo perché la signorina de Haviland aveva detto che la casa sembrava vuota dopo la sua scomparsa. Un diabolico uomo perverso, che aveva concepito una diabolica casa perversa: senza di lui, questa aveva perduto ogni ragione d'essere. Quella dev'essere la sua prima moglie disse Taverner. Dipinta da Sargent. Esaminai il quadro, appeso tra le due finestre. Il viso esageratamente allungato, un po' cavallino, riproduceva le fattezze della tipica signora inglese di provincia: piuttosto bella, ma priva di personalità. Una moglie evidentemente poco adatta all'uomo che dominava persino dal quadro appeso sul caminetto. La porta s'aprì a un tratto, ed entrò il sergente Lamb. Ho fatto tutte le indagini possibili fra la servitù. Nessun risultato. Taverner sospirò. Il sergente si tolse di tasca il libretto degli appunti e sedette, silenzioso, in un angolo della stanza. Si aprì di nuovo la porta ed entrò la seconda moglie di Aristides Leonides. Indossava un abito nero, evidentemente di alta sartoria, che la inguainava fino al collo, mentre le maniche erano strette ai polsi. Le movenze della donna erano armoniose, indolenti, il volto grazioso era accuratamente truccato, e i soffici capelli castani erano raccolti in un'elaborata acconciatura. Gli occhi, invece, rivelavano tracce di lacrime recenti. Portava al collo un raro vezzo di perle. A una mano aveva un grosso smeraldo, all'altra uno splendido rubino. M'accorsi subito che appariva spaventata. Buon giorno signora disse Taverner gentilmente. Mi rincresce dovervi disturbare di nuovo. Brenda parlò con voce fioca: Penso che non lo si possa evitare. Se desiderate che il vostro avvocato assista al colloquio, signora, non abbiamo niente in contrario. Mi chiesi se lei avesse compreso il vero senso di quelle parole, ma parve di no, perché si limitò a rispondere: Non ho simpatia per il signor Gaitskill. Non lo voglio qui. Potete procurarvi un avvocato di vostra scelta, signora. Pensate che dovrei farlo? Gli avvocati non mi piacciono troppo, mi confondono. Decidete voi. Taverner si sforzò di sorridere. Vogliamo procedere, ora? Il sergente Lamb inumidì la punta della matita con la lingua, mentre Brenda Leonides si sedeva sul divano di fronte all'ispettore. Avete scoperto nulla? chiese. Notai che con le dita martoriava il nastro di chiffon dell'abito. Abbiamo definitivamente stabilito che vostro marito è morto per avvelenamento da eserina. Dunque sono state proprio le gocce per gli occhi che l'avrebbero ucciso? Sì. Con l'ultima iniezione fatta al signor Leonides, voi gli avete iniettato eserina anziché insulina. Ma io non ne so nulla! Credevo che fosse insulina! Qualcuno deve aver deliberatamente scambiato il liquido nella fiala. Che malvagità! Sono d'accordo con voi, signora. Supponete che qualcuno l'abbia fatto di proposito? Non potrebbe essere stato un errore, uno scherzo? Taverner si sforzò di mantenersi calmo e rispose: Lasciamo stare lo scherzo, signora. Magari qualcuno della servitù... L'ispettore non rispose. Lei insistette: Non può essere che così. Non vedo chi altri possa
essere stato. Siete certa di quello che dite, signora? Pensateci bene. Non vi risulta che ci sia stato qualche litigio, qualche incomprensione o risentimento, in famiglia di recente? Sbalordita, lei rispose: No...! Siete stata al cinema quel pomeriggio, vero? Sì. Sono rientrata alle sei e mezzo. Era l'ora dell'insulina. Io... io gli ho fatto l'iniezione, come sempre. Poco dopo, ha cominciato a lamentarsi. Terrorizzata, sono corsa a chiamare Roger. L'ho già detto, l'ho detto fin dal principio. Perché devo continuare a ripeterlo? La voce aveva assunto toni isterici. Mi dispiace, signora Leonides. Ora vorrei parlare con il signor Brown. Con Lawrence? Perché? Lui non sa nulla. Devo parlargli lo stesso. La donna guardò Taverner, sospettosa. Eustace sta facendo il compito di latino con lui. Volete che lo chiami? No. Andremo noi da lui. Taverner uscì, e il sergente e io lo seguimmo. L'avete fatta arrabbiare, signor ispettore disse Lamb. Taverner emise una specie di ruggito. Ci guidò, attraverso un corridoio, in una grande stanza che dava sul giardino. Al tavolo erano seduti un bell'uomo dai capelli fluenti, sulla trentina, e un ragazzo bruno di circa sedici anni. Sentendoci entrare alzarono gli occhi. Il fratello di Sophia, Eustace, guardò me, e Lawrence Brown fissò, angosciato, l'ispettore Taverner. Mai avevo visto un uomo così paralizzato dallo spavento. Con un filo di voce, disse: Sì... Buon giorno, ispettore. Buon giorno tagliò corto Taverner. Posso parlarvi un momento? Sì... naturalmente... certo... con molto piacere. Eustace si alzò. Con voce simpaticamente arrogante, chiese: Devo andarmene, ispettore? Bene. Continueremo più tardi disse Brown. Il ragazzo si diresse lentamente verso la porta. Era arrivato sulla soglia quando sorprese il mio sguardo. Si fece scherzosamente passare l'indice attraverso la gola, rise, e chiuse la porta dietro di sé. Dunque, signor Brown disse Taverner il laboratorio d'analisi ha dato il suo responso. La morte del signor Leonides è stata causata da eserina. Allora, è proprio stato avvelenato? Speravo... Avvelenato lo interruppe Taverner. Qualcuno ha sostituito l'insulina con l'eserina. E' terribile! Non posso crederlo! Ora si tratta di stabilire chi aveva interesse a fare una cosa simile. Nessuno! Nessuno disse lui con angoscia. Desiderate parlare con l'assistenza di un avvocato di vostra fiducia? Non voglio avvocati! Non ho niente da nascondere, io. Niente! Non vi rincresce se prendiamo nota di quello che dite? Sono innocente. Ve lo assicuro, sono innocente! Nessuno ha finora detto il contrario disse Taverner, che proseguì: La signora Leonides è molto più giovane di quanto era suo marito, vero? Credo di sì... Anzi: sì, senz'altro. Doveva sentirsi sola, qualche volta. Vi pare? Lawrence non rispose. Si passò la lingua sulle labbra secche. In quei momenti, l'avere un amico della propria età o press'a poco, doveva consolarla continuò implacabile il poliziotto. Non so... Non so... Mi sembra naturalissimo che tra voi due sia sorto un... un'affettuosa amicizia, diciamo.
Il giovane protestò. Non è vero! Non è vero! Quello che pensate non corrisponde a verità. La signora Leonides è stata sempre molto gentile con me, e io ho il massimo rispetto per lei: niente di più. E' mostruoso sospettare che ci sia dell'altro. Non ho mai desiderato che morisse nessuno, io, né avvelenato, né in altro modo. La mia sensibilità mi fa inorridire di fronte alla morte violenta. Anche in tribunale l'hanno capito. La mia fede religiosa si oppone alla violenza. Sono obiettore di coscienza, io. Tant'è vero che venni assegnato alla Sanità. Poi non ce la feci più per il lavoro pesantissimo e ottenni il permesso di dedicarmi all'insegnamento. Ho fatto del mio meglio, con Eustace e con Josephine. E' una ragazza intelligente ma difficile. Tutti mi vogliono bene, qui, e ora arrivate voi a sospettarmi d'assassinio! Taverner lo guardò con improvviso interesse. Non ho detto questo. Ma lo pensate. So che lo pensate, tutti lo pensano. Tutti hanno gli occhi puntati su di me. Scusate, non ce la faccio più... mi sento male. Si precipitò fuori della stanza. Taverner si rivolse a me: Ebbene, che ne pensate? Che ha una paura del diavolo! Questo sì. Ma è lui l'assassino secondo voi? Se volete sapere come la penso intervenne Lamb questo qui non avrebbe mai avuto tanto coraggio. Aggredire qualcuno, estrarre una pistola, sono d'accordo, non l'avrebbe fatto mai. Ma questo è un delitto particolare. Si è trattato di maneggiare due bottigliette, di dare una piccola spinta, in sordina, a un vecchio perché uscisse dalla scena del mondo prima del tempo. Già. Dell'eutanasia, in pratica disse il sergente. Per sposare, dopo un decente periodo di tempo, la donna che eredita centinaia di migliaia di sterline e possiede smeraldi e rubini degni delle corti d'Oriente. Taverner sospirò. Comunque, per ora, si tratta solo di congetture. Sono riuscito a spaventarlo, questo sì. Ma è comprensibile che abbia paura, anche se è innocente... Io sono più propenso a credere colpevole la donna... c'è un'unica domanda che sconvolge tutto: perché mai non ha fatto scomparire la bottiglietta, o comunque non l'ha lavata? Si rivolse a Lamb. La servitù non vi ha detto niente sui rapporti fra questi due? La cameriera afferma che c'era del tenero. Come può affermarlo? Dice che ha colto uno sguardo amoroso di lui mentre la signora gli versava il caffè. Un po' scarsa, come prova da portare in tribunale! Eppure, quando c'è qualcosa del genere la servitù riesce sempre ad accorgersene. Si rivolse a me. Tornate indietro, andate da solo a intrattenere la signora. Vorrei che vi faceste un'opinione personale. Obbedii, un po' tra il riluttante e l'interessato.
9. Trovai Brenda Leonides seduta nell'identica posizione in cui l'avevamo lasciata. Quando mi vide, si rabbuiò. E l'ispettore? chiese. Torna anche lui? Per ora, no. E voi chi siete? Qualcuno mi rivolgeva per la prima volta la domanda che mi aspettavo fin dal principio. Risposi quasi la verità. Ho a che fare con la polizia, ma sono anche un amico di famiglia.
Bella cosa, la famiglia! Li odio tutti. Mi guardava imbronciata, sgomenta. Sono sempre stati cattivi con me; sempre. Fin dal principio. Mi chiedo perché non avrei dovuto sposare il loro prezioso padre. Che cosa ho portato via da qui ? Hanno avuto tanti soldi quanti ne volevano. Glieli dava lui, perché da soli non sarebbero stati capaci di guadagnare un soldo! Fece una pausa, poi riprese: Perché un uomo non dovrebbe riammogliarsi, anche se è anziano? Del resto, lui non era affatto vecchio, per la sua età. Io lo amavo profondamente. Lo amavo, capite? Mi guardò, sospettosa. Vi credo dissi. Vi credo. No. Voi lo mettete in dubbio, come gli altri, invece è la verità. Ero disgustata dal comportamento degli uomini. Desideravo una casa, un uomo che mi amasse, che mi viziasse. Aristides mi ha dato tutto questo. Sapeva incantarmi con i suoi discorsi, e anche tenermi allegra. Lo ammiravo anche. Sempre pronto a escogitare espedienti per sfuggire alle ristrettezze delle leggi. Un uomo in gamba come non ne conoscerò mai altri. State sicuro che non mi sento affatto liberata dalla sua morte, ma ne soffro moltissimo. Si lasciò andare contro lo schienale del divano. La bocca, grande, aveva gli angoli un po' rivolti in su, in uno strano, pigro sorriso. Continuò: Cosa c'è stato di male in tutto questo? Ero tenera con lui... l'ho fatto felice. Si raddrizzò di nuovo. E sapete dove l'ho conosciuto? Senza attendere risposta disse: Servivo a tavola al Gay Shamrock. Lui ordinò uova fritte e pane tostato. Mentre gli porgevo il vassoio, s'accorse che piangevo. Sedetevi mi disse. Raccontatemi tutto. Impossibile risposi mi licenzierebbero. No disse lui questo locale è mio: non sarete licenziata. Lo guardai fisso. Era un uomo dal portamento eretto e sprigionava un fascino speciale. Gli raccontai la mia storia... La cara famiglia ve l'avrà già ripetuta, facendomi apparire una poco di buono. Ma non è vero. Ho ricevuto un'ottima educazione. Mio padre aveva un grande negozio di ricami artistici. E io non ero di quelle ragazze che vanno in giro con questo, o con quello. Ma Terry... un irlandese... era diverso dagli altri... Partiva per l'America... e poi non si fece più vivo. Me ne andai di casa. Insomma, ero nei guai. La sua voce si era fatta acre, poi s'ammorbidì. Aristides fu magnifico. Mi disse che non dovevo preoccuparmi di nulla, che si sentiva molto solo e che mi avrebbe sposata subito. Mi sembrò un sogno. Solo più tardi seppi che si trattava del grande Leonides, proprietario di un'infinità di ristoranti e locali notturni. Come nelle fiabe, vero? Già risposi asciutto. Ci sposammo in una chiesetta della City, e partimmo subito per un viaggio all'estero. E il bambino? chiesi un po' meravigliato. Mi guardò come se mi vedesse da una distanza infinita. Nessun bambino. Era stato un falso allarme. Sorrise, col consueto sorriso ambiguo che le increspava gli angoli della bocca. Mi ripromisi di essere una buona moglie per lui. E ci sono riuscita. Gli facevo preparare i cibi che gli piacevano, sceglievo per i miei abiti i colori che prediligeva. Studiavo tutto per farlo contento, e lui era felice. L'unico turbamento alla felicità sua e mia è sempre stata questa famiglia. Tutti intorno a noi, sempre, a spillargli quattrini, a vuotargli le tasche. La vecchia signorina de Haviland, per esempio, avrebbe dovuto andarsene dopo il nostro matrimonio. Ma Aristides disse: Ormai questa è casa sua. E lei rimase. La verità è che a lui piaceva tenerseli tutti vicini, sotto il suo dominio. Mi detestavano e lui non sembrava accorgersene, o non dava importanza
alla cosa. Roger, poi, mi odia addirittura. L'avete conosciuto? Mi ha sempre odiata. Era geloso. Philip, poi, con le sue arie, non mi rivolge nemmeno la parola. E adesso tentano di accusarmi d'omicidio. Ma io non l'ho ucciso, non l'ho ucciso! Si protese verso di me. Credetemi, signore, non l'ho ucciso io. Mi faceva pena. Il disprezzo di cui la famiglia Leonides la gratificava, l'accanimento che tutti dimostravano nell'accusarla di un delitto così grave, mi sembravano disumani. La povera creatura era sola, indifesa, braccata da tutti. Disse ancora: Pensano che, se la colpevole non sono io, allora è Lawrence. Questo mi addolora, perché il poveretto ha un carattere debole, non sa difendersi. Non è un vile, ma è troppo sensibile. Io ho fatto di tutto per facilitargli la vita qui dentro. Povero giovane! L'aver a che fare con quei ragazzi terribili non è facile. Eustace lo canzona sempre, e Josephine... Avrete visto che tipo è, Josephine! Le dissi che non la conoscevo ancora. Qualche volta dubito perfino che sia sana di mente. E' così strana... fa paura. I discorsi sulla piccola non mi interessavano, per cui tornai a Lawrence Brown. Da dove viene, il giovanotto? chiesi con tono sgarbato. Lei arrossì. Non saprei. Lui non rappresenta nulla di particolare per me. Ma come potremo difenderci, noi, contro tutti gli altri? Non vi sembra di esagerare le cose? Non le esagero affatto, caro signore. Loro non hanno altro scopo che quello di provare che io e Lawrence siamo i colpevoli. E hanno tirato dalla loro anche l'ispettore. Non ho nessuna probabilità di cavarmela. Poi, a voce più alta: Perché non potrebbe essere stato uno di loro? O qualcuno estraneo alla famiglia? O uno della servitù? Non se ne capirebbe il movente. Già, il movente. E che movente potevo avere io? E Lawrence? Un po' imbarazzato, dissi: Penseranno, probabilmente, che voi due... vi amiate... e che desideriate sposarvi. Lei sbottò, indignata: E' una volgare menzogna, una malvagità. Lawrence e io non abbiamo mai scambiato una parola su questo argomento. Lui mi faceva pena e ho cercato di rendergli la vita meno dura. Siamo buoni amici, ecco tutto. Voi mi credete, non è vero? Per la verità, credevo alle sue parole, ma si era formata in me la convinzione che, senza rendersene conto, lei ora amasse il giovanotto. Rimuginando questa idea, scesi al pianterreno in cerca di Sophia. Avevo già quasi raggiunto il salotto, quando lei sporse la testa da una porta del corridoio. Ciao disse. Sto aiutando Nannie per il pranzo. Avrei voluto entrare, ma lei uscì e mi fece accomodare nel salotto. E allora, hai parlato con Brenda? Che ne pensi? Francamente risposi mi fa pena. Bene. Ti ha conquistato disse lei divertita. Lievemente urtato, dissi: Si tratta semplicemente del fatto che io riesco a mettermi nei suoi panni, tu no. E quali sarebbero questi suoi panni? Onestamente, Sophia, devi ammettere che tutti voi della famiglia siete stati poco comprensivi e poco gentili con lei fin dal giorno in cui ha messo piede qua dentro. E' vero, non siamo stati gentili. Ma perché avremmo dovuto esserlo? Se non altro, per carità cristiana. Stai cercando di farmi un sermone? Dev'essere stata molto abile, Brenda, con te. Che cosa ti prende, Sophia? Mi meravigli. Cerco di essere sincera. Tu sai guardare le cose dal punto di vista di lei. Bene, ora ti dirò il mio. Non mi piace per niente una donna che inventa storie melodrammatiche per farsi sposare da un vecchio straricco. E se la bella storia, invece d'ascoltarla da lei, condita
con le sue moine da gatta, tu l'avessi letta in un libro, avresti giudicato malissimo una donna capace di agire in quel modo. Secondo te, era tutta una finzione? Per quanto riguarda il bambino che doveva nascere? Non so, ma credo proprio di sì. E ti rode il pensiero che il nonno ci sia cascato? Il nonno non ci cascò affatto rise Sophia. Nessuno riusciva a raggirarlo. Voleva Brenda, e si prestò al gioco. Ecco tutto. Per lui, quel matrimonio fu una brillante operazione riuscita, come tante altre. E quella di assumere Lawrence Brown è una seconda brillante operazione del nonno? chiesi in tono ironico. Può darsi disse Sophia seccata. Lui desiderava che Brenda fosse felice. Forse pensò che abiti e gioielli non fossero sufficienti allo scopo e reclutò un individuo innocuo come quello, per creare alla sua donna una romantica amicizia venata di malinconia, capace di parare pericoli maggiori. Il nonno era furbo come il diavolo... Questo l'avevo capito. Non poteva certo prevedere che la cosa finisse con un assassinio. D'altra parte, proprio questo mi lascia così dubbiosa. Sono certa che se quei due avessero macchinato qualcosa di grave, il nonno l'avrebbe intuito Non è possibile che, dopo tante vittorie, abbia potuto collaborare alla propria morte. Per questo ci troviamo di fronte a un mistero. Brenda ha molta paura dissi. Sì. Lawrence, poi, si sarà fatto prendere dalle convulsioni. Infatti. Ha dato uno spettacolo disgustoso. Non riesco a capire che cosa possa trovare d'interessante una donna in un uomo simile. Per la verità, Lawrence è un giovane molto interessante. Mingherlino com'è ? Voi uomini pensate che sia necessario essere dei Tarzan per far presa sull'altro sesso. Lawrence ha un suo fascino, ma capisco che tu possa non rendertene conto. Mi guardò fisso e proseguì: Ti ha preso all'amo, la cara Brenda. Non dire assurdità. Non è nemmeno bella... Ma è riuscita a commuoverti. Infatti, non è bella né interessante, ma possiede un'abilità formidabile: quella di mettere le persone l'una contro l'altra. Come vedi, anche con noi due c'è riuscita benissimo. Sophia! gridai sbigottito. Lei si diresse verso la porta. Dimentica quello che ho detto, Charles. Vado a occuparmi del pranzo. Vengo con te. Rimani qui. Nannie si sentirebbe a disagio con un estraneo in cucina. Sophia dissi accorato. Che c'è? Volevo togliermi una curiosità. Come mai non si vedono in giro persone di servizio, in questa casa? Il nonno teneva cuoca, cameriera, una cameriera personale per Brenda e maggiordomo: gli piaceva avere molta servitù, pagarla bene e conservarsela fedele. Clemency e Roger hanno solo una donna che viene a ore, per le pulizie. Clemency non vuole nessuno in casa e, se il povero Roger non mangiasse alla City, morirebbe di fame. Noi continuiamo ad assumere persone di servizio, che se ne vanno alla prima scenata della mamma. Poi tentiamo di nuovo, la cosa si ripete, e così via... Non rimane che Nannie, irremovibile e vittoriosa. Ecco, adesso sai tutto. Uscì. Mi lasciai cadere in una poltrona per riflettere. Poco prima, di sopra, avevo sentito gli sfoghi di Brenda e adesso il pensiero di Sophia, che corrispondeva a quello del resto della famiglia. Consideravano un'estranea quella creatura che si era introdotta nel loro regno con mezzi, secondo loro, subdoli, e forse
avevano il diritto di pensarla così. Da un punto di vista umano, però, sbagliavano. Loro erano sempre stati ricchi e ben nutriti e non riuscivano nemmeno a concepire le tentazioni che attanagliano i poveri. Brenda aveva desiderato il benessere, il lusso, la sicurezza, in cambio della felicità che avrebbe dato a un marito vecchio. Mi era piaciuta. Ma, adesso, mi piaceva ancora? Due visuali opposte. Qual era quella giusta? La notte precedente avevo dormito poco, e la mattina mi ero alzato presto per seguire Taverner. Ora, nella calda atmosfera satura di profumi del salotto di Magda, il mio corpo si rilassò, e mi abbandonai al morbido abbraccio della poltrona accogliente. Passando da Brenda a Sophia, al ritratto di uno strano vecchio, i miei pensieri scivolarono nel nulla. Mi addormentai...
10. Il ritorno alla coscienza fu così lento che dapprima non riuscii a rendermi conto che avevo dormito. Vedevo fluttuare nello spazio, di fronte a me, un'entità bianca, tondeggiante, e mi ci volle qualche frazione di secondo per accorgermi che si trattava di un volto umano, rotondo, con la fronte sporgente e due occhietti neri, piccoli come capocchie di spillo. Infine, il volto si mise a fuoco congiunto a un piccolo corpo scarno. Salve! mi disse. Salve! risposi strizzando gli occhi. Sono Josephine si presentò l'entità. L'avevo immaginato. La sorella di Sophia dimostrava circa dodici anni. Era tremendamente brutta, e somigliava moltissimo al nonno. Chissà mi chiesi se ne avrà anche la mente. Sei il fidanzato di Sophia? Lo ammisi con un cenno del capo. Però sei venuto con l'ispettore Taverner. Perché? E' un mio amico. Non mi piace. Non gli dirò niente di quello che so. E io so molte cose. Seduta sul bracciolo della poltrona, continuava a guardarmi. Cominciavo a sentirmi a disagio. Il nonno è stato assassinato, vero? mi chiese infine. Sì. L'hanno avvelenato con l'e-se-ri-na. Aveva pronunciato la parola sillabando. Aggiunse: E' molto interessante, vero? Suppongo di sì. Eustace e io ci interessiamo molto alla faccenda. Ci piacciono le avventure poliziesche. Io ho sempre desiderato di far l'investigatore, e adesso lo sono, perché sto raccogliendo indizi. Sembrava piuttosto sveglia, la piccola! L'uomo venuto con l'ispettore è un poliziotto anche lui, non è vero? Nei romanzi c'è scritto che i poliziotti in borghese si riconoscono dagli scarponi, ma questo indossa scarpe scamosciate. L'antico ordine cambia citai. Josephine interpretò a modo suo la frase. Ci saranno grossi cambiamenti, qua dentro, credo proseguì. Intanto andremo a vivere a Londra. La mamma lo desidera da molto tempo e adesso non ci sarà più bisogno che papà si preoccupi che i suoi libri si vendano. Prima non poteva permettersi di farlo dopo tutti i quattrini che ha perduto con Jezebel. Jezebel? chiesi. Sì. Non l'hai visto? Ah, già, un lavoro teatrale. Non l'ho visto. Ero all'estero quando l'hanno rappresentato. Durò poco. Fu un fiasco solenne. Non è una parte adatta alla mamma, quella, non ti sembra?
Ripensai all'impressione che mi aveva fatto Magda. Nulla nel suo abbigliamento mi avrebbe mai fatto pensare a lei come a una Jezebel, ma ero disposto a credere che c'erano altre Magda, che non avevo ancora conosciuto, per cui ammisi prudentemente: Sono d'accordo. Il nonno diceva che sarebbe stato un fiasco e che non avrebbe tirato fuori un soldo per un dramma storico-religioso che non poteva far cassetta, al giorno d'oggi. Ma la mamma ne era entusiasta. A me, per la verità, non piaceva molto. Il personaggio di Jezebel non è malvagio come nella Bibbia. Hanno voluto farne una creatura più buona, e questo è stato l'errore. Il finale, quello sì era buono: la buttavano giù dalla finestra. Ma non arrivavano i cani a sbranarla. Un peccato, non è vero? Mi piaceva l'idea dei cani che la mangiavano. La mamma dice che non si potevano portare quelle bestie in palcoscenico ma io non le credo. Potevano procurarsi dei cani attori, come fanno nei film. Citò, enfatica: E la divorarono tutta, eccetto le palme delle mani. Perché non le divorarono le palme delle mani? Non ne ho la minima idea. Non credo che i cani abbiano gusti particolari. I nostri, almeno, mangiano tutto. Rimase per un poco assorta nelle sue rievocazioni bibliche. Peccato che sia stato un fiasco dissi per distrarla. Critiche terribili, sai? La mamma pianse per un giorno intero. Scaraventò in faccia a Gladys il vassoio della colazione. Fu una cosa buffissima. Mi sembra che ti piacciano i drammi, Josephine osservai. Restò un attimo in silenzio, pensierosa. Al nonno hanno fatto l'autopsia post mortem per scoprire di cosa è morto. Lo chiamano P.M. ma a me sembra poco chiaro, non si spiegano bene con quelle iniziali, perché vogliono dire anche Primo Ministro... Sei addolorata per la morte del nonno? chiesi. Non molto, perché mi aveva proibito di continuare le lezioni di danza. Volevi diventare ballerina? Sì. La mamma era contenta, papà non se ne occupava. Fu il nonno a non volere. Si lasciò scivolar giù dal bracciolo della poltrona e si tolse le scarpe per darmi subito un'esibizione di danza sulle punte. Ci vorrebbero le scarpe adatte spiegò. Si rimise le scarpe, chiedendomi in tono volubile: Ti piace questa casa? Non saprei dire. Credo che adesso la venderanno. A meno che Brenda non voglia continuare ad abitarla. Credo anche che zio Roger e zia Clemency rinunceranno al loro viaggio. Dovevano partire? Sì, martedì. Dovevano andare all'estero, in aereo. Zia Clemency si era comperata una valigetta, di quelle leggerissime. Penso che adesso non partiranno più. Non mi risulta che dovessero recarsi all'estero. Infatti, non lo sapeva nessuno. Era un segreto. Avevano deciso di lasciare un biglietto al nonno, andandosene. Poi aggiunse: Non l'avrebbero certo fissato al puntaspilli, come facevano le mogli nei vecchi romanzi quando abbandonavano il marito. Oggi, quell'oggetto non si usa più. Certo approvai. E dimmi, Josephine, perché mai lo zio Roger voleva fuggire? Mi lanciò uno sguardo astuto. Qualcosa non andava nel suo ufficio di Londra. Non sono del tutto sicura se si trattasse di appropriazione indebita o di qualcosa del genere... Che cosa ti fa pensare a una cosa simile? Mi si accostò, alitandomi contro il viso. Il giorno in cui il nonno è stato avvelenato, zio Roger è rimasto
chiuso in camera con lui a lungo. Hanno parlato, parlato tanto. Zio Roger piangeva. Diceva che era un cattivo figlio, che aveva deluso suo padre e che non gli dispiaceva tanto per il denaro, quanto perché ormai non meritava più la stima di nessuno. Era ridotto in uno stato pietoso. Josephine dissi nessuno ti ha mai insegnato che non sta bene origliare alle porte? Certo che me l'hanno insegnato, ma se si vuol scoprire qualcosa bisogna farlo. Ci scommetto che lo fa anche l'ispettore. Non è vero? Sconcertato, non risposi. E se non è lui a farlo, sarà certamente quel poliziotto con le scarpe scamosciate. Altro che origliare! Aprono addirittura i cassetti della gente e rovistano dappertutto. Solo che sono degli stupidi perché non sanno dove guardare. Josephine aveva parlato con un tono di distaccata superiorità. Fui abbastanza sciocco da non accorgermi dell'allusione finale. La strana, indisponente bambina, continuò: Eustace e io, invece, sappiamo molte cose. Più io di Eustace. E non gliele dirò, perché lui sostiene che le donne non potranno diventare mai grandi investigatrici. Voglio fargliela vedere! Sto annotando tutto in un libriccino e, quando la polizia dichiarerà fallimento, mi farò avanti io a dire: Io so chi è stato. Leggi molti romanzi polizieschi, Josephine? Moltissimi. E così, tu sei convinta di sapere chi ha ucciso il nonno, vero? Credo di sì, ma mi manca ancora qualche elemento. L'ispettore Taverner sospetta Brenda, vero? Oppure, Brenda e Lawrence insieme perché sono amanti. Non ti vergogni a dire queste cose, Josephine? Perché dovrei vergognarmi? Sono amanti. Tu non puoi saperlo. Sì che lo so. Si scrivono lettere d'amore. Lo supponi? No, le ho lette. Sciocche lettere sdilinquite. Lui, del resto, è il tipo adatto per quella roba. Sai che ha avuto paura ad andare in guerra? E qui, durante i bombardamenti, diventava verde dallo spavento. Eustace e io morivamo dal ridere. Non feci in tempo a ribattere perché, sentendo il rumore di un'automobile in arrivo, Josephine fece un balzo alla finestra. Chi è? chiesi. Il signor Gaitskill, il notaio del nonno. Verrà per il testamento. Già eccitata, si precipitò fuori della camera, probabilmente per proseguire nelle sue investigazioni. Subito entrò nella stanza Magda Leonides. Con stupore mi si accostò decisa e mi strinse le mani fra le sue. Ringrazio il cielo che siate ancora qui. Abbiamo tanto bisogno di un uomo, in questo frangente. Mi lasciò le mani, s'accostò a una poltrona dallo schienale alto, sedette, studiando l'effetto nello specchio di fronte; quindi, presa una scatoletta smaltata dal tavolino, si mise a giocherellare aprendola e chiudendola meccanicamente. In quel momento, Sophia fece capolino dalla porta socchiusa, dicendo: C'è Gaitskill. Lo so rispose la madre. Poco dopo, Sophia rientrò accompagnata da un ometto anziano. Magda depose la scatoletta e gli andò incontro. Buon giorno, signora Leonides disse il legale. Sono qui per la faccenda del testamento. Vostro marito mi ha scritto, convinto che si trovasse in mano mia, invece io so dal defunto signor Leonides stesso che era stato depositato nella cassetta di sicurezza. Voi non ne sapete nulla, immagino. Magda spalancò gli occhi, attonita. Non ne so assolutamente nulla. Non ditemi che quella malvagia donna
lo ha distrutto! Signora! l'ammonì il notaio. Non cominciamo con le supposizioni gratuite. Adesso si tratta solo di sapere dove vostro suocero tenesse realmente il documento. Ma l'ha spedito a voi, ne sono sicura, dopo averlo firmato. Ce l'aveva detto lui stesso. La polizia avrà certo già controllato le carte del defunto. Vorrei scambiare due parole con l'ispettore Taverner. Uscì dalla stanza, frettoloso. Magda si rivolse a Sophia: L'ha distrutto quella donna, te lo dico io! Non dire sciocchezze, mamma. Non avrebbe mai compiuto un gesto così stupido. Lo chiami stupido? Se non si trova il testamento, erediterà tutto quanto lei. Ssst! disse Sophia. Ecco che torna il notaio. Questi rientrò seguito da Taverner e Philip. Il signor Leonides mi aveva detto ripeté il notaio che il testamento era custodito in banca. Taverner scosse la testa. Ho ricevuto informazioni precise dalla banca. Non c'è alcun documento appartenente a Leonides, salvo qualche polizza d'assicurazione. Philip s'intromise. Proviamo a chiedere a Roger o a zia Edith. Sophia può andarli a chiamare. Ma Roger, sopraggiunto, non seppe dare alcuno schiarimento. Si limitava a ripetere: E' assurdo, assurdo. Papà, dopo aver firmato il testamento, disse chiaramente che l'avrebbe spedito il giorno dopo all'indirizzo del signor Gaitskill. Se la memoria non mi tradisce disse il notaio socchiudendo gli occhi io preparai un abbozzo di testamento, secondo istruzioni impartitemi dal signor Leonides, il ventiquattro novembre dell'anno scorso. Lui l'approvò, e io gli rimandai subito il documento redatto in piena regola per la firma. Passò una settimana. Siccome non l'avevo ancora ricevuto di ritorno, mi permisi di rinfrescare la memoria al signor Leonides, domandandogli se voleva mutare qualcosa. Mi rispose che era perfettamente soddisfatto, e aggiunse che aveva deciso di depositare il testamento in banca. Adesso che ci penso disse Roger proprio verso la fine di novembre dell'anno scorso papà ci riunì tutti per leggercelo. Taverner si rivolse a Philip. Ricordate anche voi la stessa cosa? Sì. Magda sospirò. Ho sempre avuto la sensazione che i testamenti portino con sé un clima di dramma E voi, signorina Sophia, ve lo ricordate? chiese l'ispettore. Sì, perfettamente. Quali erano le disposizioni testamentarie? domandò ancora l'ispettore Taverner. Il notaio stava per rispondere, quando Roger prese la parola. Era un testamento molto semplice. Dopo la morte di Electra e Joyce la loro quota era tornata a nostro padre; il figlio di Joyce, William, era morto in guerra. Gli unici eredi naturali rimasti erano Philip, io e i ragazzi. Nostro padre scrisse quindi che lasciava cinquantamila sterline a zia Edith e centomila a Brenda. A quest'ultima lasciava anche la casa che abitiamo, che avrebbe potuto permutare con una a Londra, se l'avesse preferito. Il rimanente era diviso in tre parti eguali: una destinata a me, la seconda a Philip, l'altra da ripartirsi tra Sophia, Eustace e Josephine. La parte spettante agli ultimi due sarebbe rimasta bloccata fino alla loro maggiore età. Era così, vero, signor Gaitskill? Se ricordo bene, era proprio così rispose questi, mostrando un certo
disappunto per essere stato preceduto nella risposta. Papà ce lo lesse continuò Roger e ci chiese se avevamo qualche osservazione da fare. Naturalmente, nessuno trovò nulla da ridire. Brenda fece un commento disse la signorina de Haviland, entrata da poco nel salotto. Sì confermò Magda. Disse che non poteva sopportare che il suo caro vecchio Aristides parlasse della propria morte, che quell'argomento le dava i brividi. Aggiunse che, quando lui non ci fosse stato più, non avrebbe voluto saperne del sudicio denaro. Naturale disse la signorina de Haviland. La protesta convenzionale, tipica della donna della sua classe. L'osservazione era crudele e denotava quanto Edith odiasse Brenda. Mi sembravano disposizioni eque e generose disse il notaio. Dopo la lettura, che cosa avvenne? chiese Taverner. Dopo la lettura riprese Roger mio padre lo firmò. Vorrei sapere insistette l'ispettore in quale momento e in che modo, con esattezza, lo firmò. Roger cercò sua moglie con sguardo implorante. Lei gli venne subito in aiuto, con grande sollievo di tutti quanti. Le cose si svolsero così disse Clemency. Mio suocero depose il testamento sulla scrivania e pregò uno di noi, Roger mi sembra, di suonare il campanello. Comparve Johnson, il maggiordomo, che venne subito inviato a chiamare la cameriera Janet Woolmer. Quando i due furono tornati, lui firmò e fece apporre anche le loro firme sotto la sua. Procedura corretta disse Gaitskill. Il testamento deve essere firmato dall'interessato alla presenza di due testimoni che devono apporre la loro firma subito dopo. Poi? chiese ancora Taverner. Poi mio suocero li ringraziò e i due uscirono. Lui prese il testamento, lo chiuse in una busta lunga, dicendo che l'avrebbe inviato il giorno dopo al notaio Gaitskill. Siete tutti d'accordo su questa versione di quanto avvenne? chiese Taverner guardandosi in giro. Si udì un mormorio generale di assenso. Avete detto che il testamento venne deposto sulla scrivania. A quale distanza si trovava da essa ciascuno di voi? Ne eravamo tutti piuttosto distanti. Il più vicino sarà stato a circa cinque metri. Il signor Leonides lo lesse stando seduto alla scrivania? Sì. E prima di firmare si alzò e abbandonò per un momento la scrivania? No. I due domestici hanno avuto modo, secondo voi, di leggere il documento mentre firmavano? No rispose ancora Clemency. Mio suocero aveva coperto con un foglio di carta il testo. E' naturale intervenne Philip. Il contenuto di un testamento non riguarda la servitù. Capisco disse Taverner. O meglio, non ci capisco nulla. Con un brusco movimento si tolse di tasca una lunga busta e la porse al notaio. Date un'occhiata e ditemi di che cosa si tratta. Gaitskill tolse dalla busta un documento ripiegato. Lo esaminò con evidente stupore, girandolo e rigirandolo tra le mani. Sorprendente! esclamò. Nemmeno io ci capisco più nulla! Ma dove diamine l'avete trovato? In cassaforte, tra le carte di Leonides. Di che si tratta? chiese Roger impaziente. E' il testamento che avevo preparato io. Ma, dopo quello che avete detto poco fa, non riesco a capire perché non sia regolarmente firmato. Cosa dite? ribatté Roger. Si tratterà dell'abbozzo, allora. No, perché l'abbozzo mi venne restituito dal signor Leonides. Questo
è il testo definitivo. Batté con la mano sul foglio. Glielo rimandai per la firma. A sentir voi l'avrebbe firmato con quella specie di cerimonia ufficiale, e due testimoni avrebbero firmato a loro volta. Invece, eccolo qui, il testamento, senza alcuna firma. Impossibile! esclamò Philip con un'animazione del tutto nuova in lui. Aveva la vista buona, vostro padre? chiese Taverner. Soffriva di glaucoma. Per leggere usava lenti molto forti. Portava gli occhiali, quella sera? Certo. Non se li tolse finché non ebbe firmato. Se non ricordo male, però. Non sbagli confermò Clemency. Siete ben certi che nessuno si sia avvicinato alla scrivania prima che lui firmasse? Come si fa a ricordarlo? intervenne Magda. Non si avvicinò nessuno sostenne Sophia e il nonno non si mosse mai da lì. La scrivania si trovava nella posizione attuale? Non era vicino a una porta, a una finestra, a un tendaggio? Era dove si trova adesso. Sto cercando di dedurre in che modo può essere avvenuta una sostituzione. Perché deve necessariamente essere avvenuta. Il signor Leonides ha creduto di firmare il documento da lui letto ad alta voce, invece ha firmato qualcos'altro. Non potrebbero essere state cancellate le firme? chiese Roger. Si vedrebbe qualche traccia. C'è, invece, un'altra possibilità: che questo non sia il documento inviato dal notaio e firmato in presenza di tutti voi dal signor Leonides. Gaitskill scattò nervoso. Posso giurare che questo è il documento originale. Nell'angolo sinistro, in alto, c'è un'increspatura nella carta che, con un po' di fantasia, può ricordare un aeroplano. Me ne ricordo benissimo. I componenti la famiglia si guardarono in viso, pallidi. Un complesso di circostanze assai strano proseguì il notaio. Senza precedenti nella mia carriera. Una storia assurda disse Roger. Eravamo tutti presenti. Non può esserci stata alcuna sostituzione. Intervenne, aspra, la signorina de Haviland. Le recriminazioni sono inutili. Vorrei sapere invece qual è, adesso, la nostra posizione. Immediatamente, Gaitskill riprese la sua parte di legale prudente. Questo documento revoca qualsiasi testamento precedente. E c'è un gran numero di testimoni che hanno visto firmare Leonides convinto che si trattasse di questo foglio, e convinti anche loro. E' un problema legale interessantissimo, che andrà studiato a fondo. Taverner guardò l'orologio. Vi ho fatto far tardi per il pranzo. Volete favorire con noi, ispettore? lo invitò Philip. Grazie, ma ho appuntamento con il dottor Gray, a Swinly Dean. Philip si rivolse al notaio. Volete rimanere voi? Grazie. Accetto volentieri. Tutti si alzarono. Devo andarmene o restare? chiesi a Sophia sottovoce. Vai. E' meglio. Sgusciai silenziosamente fuori della stanza, affrettandomi a raggiungere Taverner. Vedemmo Josephine che si nascondeva dietro una tenda. La polizia è davvero stupida sghignazzò subito la piccola. Sophia uscì dal salotto e disse con voce severa: Cosa stavi facendo? Aiutavo Nannie. Ascoltando dietro le porte, vero? La piccola fece una smorfia e si ritrasse.
Quella bambina è davvero un bel problema! sospirò Sophia.
11. A Scotland Yard, trovai Taverner che stava finendo la relazione del suo fiasco totale. Eccoci qua! stava dicendo. Li ho interrogati tutti, uno a uno. E che cosa ho scoperto? Un bel niente. La grande prova è che la moglie e il giovanotto si facevano gli occhi dolci, quando lei gli versava il caffè. Coraggio, coraggio, Taverner intervenni. Credo di avere qualche notizia utile per voi. Davvero? Bene, dite pure. Sedetti e accesi una sigaretta. Roger Leonides e sua moglie avevano progettato un viaggio all'estero per il prossimo martedì. Roger e il padre avevano avuto un colloquio burrascoso il giorno stesso della morte del vecchio. Questi aveva scoperto qualcosa di poco pulito negli affari del figlio, che aveva ammesso la propria colpevolezza. Taverner arrossì. Come diamine avete scoperto tutta questa roba? Lo avete saputo dalla servitù? Da un investigatore privato. Cosa? Secondo la regola, devo riconoscere che il mio investigatore privato ha battuto la polizia. E credo che abbia altro materiale prezioso in serbo. Taverner aprì la bocca e la richiuse. Le domande gli si accavallavano nel cervello in modo così vorticoso da non sapere da che parte cominciare. Sicché quel Roger sarebbe un poco di buono! esclamò infine. Rimasi male per Roger Leonides, che mi era piaciuto col suo fascino di uomo franco, socievole. Mi dicevo che, dopo tutto, le informazioni della piccola Josephine potevano anche essere inattendibili... Rivelai quindi la fonte delle mie informazioni. Spesso i ragazzi sono al corrente di tutto, meglio degli adulti commentò mio padre amaramente. Se corrispondevano a verità, le nuove notizie mandavano all'aria tutto. Se Roger aveva davvero prelevato illegalmente dei fondi dalla Cooperativa Ristoranti, niente di meglio che togliere di mezzo il vecchio che l'aveva scoperto e filare all'estero prima che la verità venisse a galla. Convenimmo che bisognava subito svolgere indagini alla Cooperativa. Ci sarà uno scandalo, se la notizia trapela disse mio padre. E' una cosa enorme. Si tratta di milioni. In tal caso avremmo trovato la soluzione disse Taverner. Il vecchio, scoperta la faccenda, mandò a chiamare il figlio. Questi, preso alla sprovvista, confessò. Poi, passando dal bagno mentre usciva, poté fare lo scambio delle boccette. Potrebbe anche essere stata sua moglie, che ebbe occasione d'entrare nell'appartamento del suocero per prendere la pipa di Roger. Quella donna, fredda e lucida com'è, potrebbe aver compiuto l'operazione con estrema rapidità. Nel frattempo Brenda era al cinema. Al suo ritorno, avrebbe fatto la solita iniezione, ignara di tutto. Annuii. Vedo lei più del marito: avrebbe abbastanza sangue freddo per fare una cosa simile. Inoltre non credo che Roger penserebbe al veleno, come mezzo: quel trucchetto dell'insulina si addice di più a una donna. Tanto più che l'uso del veleno è un mezzo tipicamente femminile. Quanto a questo, il veleno è usato anche da molti uomini osservò mio padre, pensieroso. Certo ammise Taverner. Ma Roger non mi sembra il tipo. Ma... diciamo che sono coinvolti entrambi.
Dopo quest'ultima affermazione, se ne andò. Propenderei per Lady Macbeth disse mio padre, dopo che Taverner fu uscito. Cosa ne pensi, Charles? Rividi la sottile, aggraziata figuretta di Clemency, ritta accanto alla finestra, nella sua camera austera. Non sono d'accordo. Lady Macbeth era essenzialmente una donna avida. Non mi sembra che Clemency Leonides sia capace di agire spinta da avidità di possesso. Potrebbe essersi preoccupata disperatamente della salvezza del marito. Questo sì. E sarebbe capace di agire... spietatamente. Forme diverse di crudeltà aveva detto Sophia. Alzai gli occhi e vidi che mio padre mi stava osservando. A che cosa stai pensando, Charles? mi chiese, ma non glielo dissi. L'indomani, mio padre mi fece chiamare. Lo trovai con l'ispettore Taverner, soddisfatto ed eccitato. La Cooperativa Ristoranti è prossima al fallimento mi comunicò. Si attende il crollo da un momento all'altro confermò l'ispettore. Avevo notato un brusco calo nelle azioni, ieri. Ma sembrava che stamani avessero ripreso quota. Dobbiamo agire con prudenza riprese Taverner. Nessuna inchiesta diretta, nulla che possa allarmare il nostro uomo. Ma da notizie di fonte riservata abbiamo saputo per certo che la Cooperativa è sull'orlo del fallimento, non essendo in grado di far fronte ai debiti. Sembra che sia da anni che viene amministrata in modo pessimo. Vi risulta che il responsabile di questa situazione sia proprio Roger? Aveva pieni poteri, là dentro. E avrebbe prelevato denaro per sé? Non credo rispose Taverner. Io potrei vedere, in lui, più l'assassino che il ladro. E' un incapace, questo sì. Si arrischiava in affari pericolosi con scarsa probabilità di riuscita per ritirarsi, poi, davanti a quelli chiari e sicuri. Spesso, per simpatia, accordava pieni poteri a persone immeritevoli. Insomma, pare che sbagliasse sempre. Ci sono molti uomini di questa specie disse mio padre. Non stupidi, ma inadatti agli affari. Non doveva mettercisi protestò Taverner. Probabilmente non ha scelto lui quella strada. E' stata la sorte che l'ha fatto nascere figlio di Aristides Leonides. L'azienda era fiorentissima quando il vecchio gliela cedette riprese Taverner. Poteva rappresentare una miniera d'oro. Lui avrebbe potuto semplicemente starsene nel suo ufficio, e le cose avrebbero camminato da sole. Mio padre scosse la testa. Comunque vadano le cose, c'è sempre qualche decisione da prendere: un dipendente da assumere, un altro da licenziare. E ogni volta Roger ha sbagliato, e spesso le conseguenze sono risultate dannose in modo incalcolabile. E' vero disse Taverner. Sotto un certo punto di vista è un tipo leale. Teneva persone inutili solo perché gli era affezionato o perché erano lì da molto; inoltre aveva spesso idee assurde che voleva a tutti i costi realizzare nonostante l'enorme spesa. Allora, nulla di disonesto in lui? insistette mio padre. Probabilmente nulla. E come si spiega il delitto? chiesi io. La situazione era questa: la Cooperativa Ristoranti si sarebbe potuta salvare solo investendoci una somma colossale entro il prossimo mercoledì rispose Taverner. E Roger avrebbe cercato di ereditare la somma dal padre? Appunto.
Comunque non avrebbe potuto disporne per mercoledì. Certamente no, ma, una volta morto il vecchio, lui avrebbe trovato credito immediato, il che era la stessa cosa. Non sarebbe stato più semplice chiedere aiuto al padre? Probabilmente l'ha fatto. A questo, certamente, si riferiva la bambina. Il vecchio, visto il primo risultato disastroso, avrà rifiutato. Doveva essere accaduto così. Il vecchio Leonides era generoso con i familiari, ma troppo abile nel commercio per rischiare denaro a fondo perduto. Aveva rifiutato di finanziare la commedia per la moglie di Philip, e certo non avrebbe sborsato la cifra occorrente a risanare la Cooperativa, pensando che la comprovata incapacità del figlio avrebbe fatto sfumare anche quella. A Roger per evitare la rovina, non rimaneva che la morte del padre. Sì, questo era un ottimo motivo. Mio padre guardò l'orologio. L'ho invitato qui. Dovrebbe arrivare fra pochi minuti. La povera mosca che viene a impigliarsi nella ragnatela mormorai. Taverner mi guardò severamente. Lo tratteremo con tutti i riguardi. Poco dopo, Roger Leonides venne introdotto nella stanza. Agitato, preoccupato, si lasciò cadere su una seggiola. Con quel suo aspetto di grosso cucciolo, mi commosse ancora una volta. E' impossibile pensai che sia stato l'esecutore materiale del delitto. Quello, nel fare lo scambio dei liquidi, avrebbe rotto le bottigliette e versato tutto quanto. Intanto Roger si era abbandonato al suo modo incoerente di parlare. Allora, dovete dirmi qualcosa? C'è qualcosa di nuovo? Oh, buongiorno, signor Charles: non vi avevo visto. Molto gentile, da parte vostra, assistermi in questo momento. Ma ditemi, ditemi subito, per favore. Un uomo così simpatico! Ma molti assassini erano persone simpatiche, almeno così affermavano gli amici, stupefatti dell'accaduto. Sentendomi come Giuda, gli rivolsi un sorriso. Con tono freddamente ufficiale mio padre gli fece prestare giuramento secondo la formula di rito. Lui eseguì, agitato. Vi ho invitato qui, signor Leonides disse mio padre non per comunicarvi fatti nuovi, ma per avere qualche informazione da voi... informazioni che avete in precedenza nascosto. Nascosto? Ma vi ho già detto tutto! esclamò Roger sorpreso. Non credo. Il giorno della morte di vostro padre, avete avuto un colloquio con lui, nel pomeriggio. Ve lo avevo già detto: abbiamo preso il tè insieme. Non ci avete riferito, però, l'argomento della conversazione. Parlammo un po' di tutto. Degli avvenimenti del giorno, della casa, di Sophia... E della Cooperativa Ristoranti, no? Mi accorsi di aver sperato fino a quel momento che Josephine avesse inventato tutto quanto, ma le mie illusioni crollarono di colpo. Roger impallidì e assunse un'espressione disperata. Signore Iddio! esclamò, coprendosi il volto con le mani. Taverner sorrideva, soddisfatto come un gatto. Ammetterete, signor Leonides continuò mio padre di non essere stato sincero con noi. Come siete riuscito a sapere questa faccenda? Credevo che nessuno ne fosse a conoscenza. La nostra organizzazione arriva dappertutto, signor Leonides. Vi fu una pausa solenne. Spero che capirete che è molto meglio per voi dire tutta la verità. Certo, dirò tutto. Domandate e vi risponderò. E' vero che la Cooperativa Ristoranti è sull'orlo del fallimento? E' vero. Il crollo è imminente. Se almeno mio padre avesse potuto morire senza saperlo! Provo tanta vergogna, mi sento così colpevole davanti a lui!
Si tratta di bancarotta fraudolenta? Roger protestò con aria offesa. Bancarotta semplice, signore, dalla quale uscirò onorevolmente. I creditori saranno pagati al cento per cento. Impiegherò per questo tutti i miei averi. Per me la disgrazia non consiste nel perdere il denaro, ma nell'avere deluso la fiducia di mio padre. Lui non interferiva mai, non chiedeva mai cosa facevo. Lui aveva fiducia in me... e io l'ho tradita. Ci assicurate disse asciutto mio padre che non ci sono i termini per una bancarotta fraudolenta, ma perché allora progettavate con vostra moglie un viaggio all'estero, all'insaputa di tutti? Sapete anche questo? Come può ben vedere... Ma non capite? gridò. Non capite che dirgli la verità sarebbe stato come chiedergli denaro? Lui mi adorava. Avrebbe voluto aiutarmi per forza. E io non volevo. Non sono nato per gli affari, e gli avrei combinato altri guai. Sono un buono a nulla, non ho capacità: non sono l'uomo che mio padre avrebbe desiderato fossi. Mi sentivo così infelice... Dio solo sa quanto! Speravo solo che mio padre non dovesse mai scoprire cosa era successo. E poi fu impossibile evitare il disastro. Certo, era una viltà, la mia, di sfuggire alla vergogna. Ma Clemency mi capì. Insieme progettammo la fuga. Avrei lasciato una lettera a mio padre confessandogli tutto, mettendolo con la mia assenza nell'impossibilità di venirmi in aiuto. Mi sarei costruito, da solo, una vita semplice in una terra lontana. Mi dispiaceva per Clemency, ma lei mi giurò che non le importava della ricchezza, e avrebbe volentieri affrontato l'ignoto con me. E' una donna straordinaria. Benissimo. Ma che cosa vi ha fatto cambiare idea? La voce di mio padre era amara. Come, cambiare idea? Cosa vi ha fatto decidere a chiedere aiuto finanziario a vostro padre? Io non gli ho chiesto nulla affermò sbalordito Roger. Non ricominciate a mentire. Ma vi assicuro che vi sbagliate. Mi fece chiamare lui perché gli erano giunte delle voci dalla City. Mi mise davanti al fatto compiuto e dovetti confessare. Povero vecchio! Non un rimprovero uscì dalla sua bocca! Gli dissi subito del mio progetto d'andarmene, ma non volle sentirne parlare. Disse che voleva salvarmi. E l'avrebbe fatto, rimettendo in sesto la Cooperativa Ristoranti. Taverner intervenne con tono rude. Vorreste farci credere che il vecchio Leonides aveva intenzione d'aiutarvi finanziariamente? E' la verità. Infatti, scrisse subito ai suoi agenti dando loro le istruzioni necessarie. Leggendo l'incredulità sul volto dei due uomini, Roger arrossì. Guardate! Ho ancora la lettera. Naturalmente non l'ho impostata, dopo quel che è successo. Trasse di tasca il portafogli e, dopo aver cercato affannosamente, trovò quello che cercava: una busta sgualcita con relativo francobollo. Curvandomi a guardarla, vidi che era indirizzata ai signori Greatorex e Hanbury. Ecco qua. Leggete, se non volete credermi. Mio padre aprì la lettera, e Taverner gli si mise alle spalle. Io seppi del suo contenuto solo più tardi. Con quella lettera, Leonides dava ordine ai suoi agenti di realizzare certi capitali investiti, e li invitava a recarsi da lui il giorno seguente per ricevere istruzioni. Risultava chiarissima l'intenzione del vecchio di salvare la situazione del figlio riportando la Cooperativa Ristoranti sotto la sua guida. Signor Leonides, dobbiamo trattenere questa lettera, rilasciandovi la relativa ricevuta disse Taverner.
Quando la ricevuta fu pronta, Roger la prese e si alzò. Non vi occorre altro? chiese. Ma Taverner non aveva terminato con lui e domandò: Dopo aver ricevuto questa lettera, siete uscito dalla stanza. Che avete fatto, poi? Tornai nel mio appartamento. Mia moglie era appena rientrata. Le dissi subito quanto mio padre fosse stato generoso. Ero talmente commosso da non sapere nemmeno quel che stava succedendo. Dopo quanto tempo vostro padre si sentì male? Direi... una mezz'ora... No... forse un'ora. Brenda corse a chiamarci terrorizzata e io la seguii. Ma questo l'ho già detto in precedenza. Durante il colloquio con vostro padre, non avete avuto occasione di andare in bagno? Non mi sembra... No, sono sicuro di no. Dio! Ma non penserete... Mio padre tagliò corto. Grazie, signor Leonides. Ci siete stato di grande aiuto. Però, avreste dovuto dirci subito la verità. Appena la porta si richiuse alle sue spalle, mi avvicinai alla scrivania per dare un'occhiata alla lettera. Potrebbe essere un falso disse Taverner. Lo potrebbe, certo, ma non credo affermò mio padre. Il vecchio Leonides era sempre pronto ad aiutare i figli. Comunque, Roger poteva sempre sperare in qualcosa finché il padre viveva; ora che è morto, per lui va tutto a monte. Le questioni d'eredità implicano sempre indugi e ostacoli d'ogni sorta. Per esempio, adesso il testamento non si trova. E, per lui, era questione di ore. No, secondo me Roger e la moglie non avevano alcun interesse a sopprimere il vecchio. Poi, come se un'idea improvvisa l'avesse colpito: Al contrario... A che cosa state pensando, signore? chiese Taverner. Scandendo le sillabe, mio padre disse: Se Aristides Leonides fosse vissuto solo ventiquattro ore di più, Roger sarebbe stato salvo. Ma lui non visse ventiquattro ore di più. Pensate che qualcuno volesse la sua rovina? Qualcuno che aveva interessi opposti? A che punto siamo con la questione testamentaria? Taverner sospirò. Sapete come sono i notai e gli avvocati. Mai che si riesca ad avere una risposta definitiva. Ci sarebbe un testamento precedente, redatto subito dopo il secondo matrimonio. Dispone l'identica cifra per la moglie, qualcosa di meno per la signorina de Haviland mentre il grosso viene ripartito tra Philip e Roger. Parrebbe che, non essendo stato firmato l'ultimo, abbia valore il primo. Ma la faccenda non è semplice, perché un nuovo testamento annulla il precedente e l'intenzione del testatore, questa volta, è stata espressa in modo chiaro di fronte a testimoni. Se la legge optasse per il caso di mancato testamento, la vedova erediterebbe la maggior parte della sostanza o almeno ne godrebbe l'usufrutto a vita. Così, se il testamento non si trova, la persona che ne trae maggior profitto è Brenda Leonides. Se c'è stata manomissione, è probabile che l'autrice sia lei. E qualcosa deve essere accaduto, ma solo il diavolo sa cosa. Anche per me questo lato della faccenda era inesplicabile. Mi dicevo che probabilmente non era perché difettavamo d'intelligenza, ma era il nostro punto di partenza del tutto sbagliato a fuorviarci.
12. Uscito Taverner, vi fu un breve silenzio, poi chiesi: Papà, come si riconoscono gli assassini? Mi guardò pensieroso. Ci intendevamo così bene che capì benissimo quello che mi passava per la mente quando avevo fatto quella domanda, e quindi mi rispose molto seriamente. Mio caro disse tu ora hai un caso d'omicidio molto interessante da studiare, anche per le ragioni sentimentali che ti spingono a
interessartene. Non so se sono la persona giusta per risponderti, potrei mandarti da due celebri psichiatri che lavorano per noi. Ma tu volevi, credo, conoscere il risultato della mia esperienza personale in fatto di delinquenti, vero? E' quello che voglio. Un sorriso malinconico gli sfiorò le labbra. Alcuni assassini erano persone normali e oneste fino al momento del delitto. Naturalmente, non mi riferisco ai... professionisti del genere. Dico di persone m apparenza come noi, che vengono trascinate al delitto quasi per caso, perché desideravano disperatamente qualcosa. Denaro, o una donna, e hanno ucciso per ottenerlo. l freni inibitori in quei casi non hanno funzionato. I bambini - tu lo vedi trasformano i desideri in azioni, senza possibilità di ripensamenti. Se un bambino si arrabbia col suo gatto adorato, gli dice subito Ti ammazzo! ed è capace di colpirlo con un martello, magari di ucciderlo. Poi, gli si spezza il cuore quando s'accorge che la bestiola non respira più. Certi bambini per gelosia arriverebbero a eliminare un altro bambino che li soppiantasse nell'affetto di qualcuno. Crescendo, cominceranno a rendersi conto che questo non si può fare perché si viene puniti; più tardi ancora, imparano che non si fa perché è male. Certi individui, nonostante l'età, rimangono moralmente immaturi. Sanno che il delitto non si può compiere perché è punito dalla legge, ma non arrivano mai a sentire che non si deve compiere perché è male. Ho notato, infatti, che molto spesso l'omicida non prova rimorso: è il marchio di Caino, mio caro. Li ho sentiti tante volte dire della vittima: L'ha voluto! oppure: Non c'era altro da fare. Secondo te, il vecchio Leonides può essere stato ucciso da qualcuno che lo odiava profondamente, da tempo, e che ha trovato in quest'odio il movente per il delitto? domandai. E' difficile che il solo odio spinga all'assassinio. Mio padre mi guardò in modo strano. Poiché odio, in questo caso, vorrebbe dire antipatia portata all'eccesso. L'odio che nasce dalla gelosia, quello scaturito da uno smisurato amore che viene umiliato è un'altra cosa e può sfociare nel delitto. Penso inoltre che si uccida più spesso chi si ama, e non chi si odia, forse perché solo chi si ama può rendere veramente insopportabile la nostra vita. Ma queste considerazioni non ti aiutano certo. Tu vorresti da me la rivelazione di una specie di marchio segreto che ti permettesse di distinguere il delinquente dalla persona normale. Proprio così. Sei ai primi passi e confidi troppo sulla mia esperienza. Non credo che esista un simile comun denominatore. Fece una pausa, riflettendo. Se vogliamo proprio trovarne uno riprese penso che sia la vanità. Non ho mai conosciuto un assassino che non fosse anche disperatamente vanitoso. E in molti casi questo sentimento esasperato perde il colpevole, che non può fare a meno di vantarsi della propria astuzia, oltre che nell'azione commessa, nell'eludere le indagini della polizia. E aggiunse: C'è un'altra cosa, un assassino vuole parlare. Parlare? Ma è una pazzia. Certo. Ma succede così, mio caro. Chi ha commesso un delitto, si sente terribilmente solo. Vorrebbe confidarsi con qualcuno ma sa che non può, perché è troppo pericoloso, e questo divieto che deve imporsi acuisce il desiderio. Così, pur non osando parlare del proprio delitto, l'assassino s'intrattiene spesso sul delitto in generale: ne discute, enuncia princìpi. Nella tua indagine attuale, devi tenerne conto, Charles. Passa molte ore in casa Leonides, falli parlare il più possibile. Colpevoli o innocenti, saranno felici di poter parlare con un estraneo, di dire quello che non possono dirsi fra di loro. Là, sono tutti in stato d'agitazione, ed è possibile che qualcuno si lasci sfuggire una parola imprudente. Pensa ai nostri uomini fatti prigionieri in tempo di guerra. Avevano l'ordine di dichiarare
soltanto nome e grado, qualora fossero stati catturati. Quelli che hanno arrischiato qualche parola in più, false informazioni o altro, sono finiti male. Subito gli riferii quello che Sophia mi aveva detto a proposito delle varie crudeltà dei suoi familiari. Mio padre se ne mostrò interessato. La tua ragazza ha scoperto un atteggiamento psicologico molto importante. Certe famiglie, infatti, hanno in comune un difetto base. L'ereditarietà ha un gran peso sulla nostra esistenza. Qui, per esempio, abbiamo i de Haviland con la loro crudeltà e Aristides Leonides con la sua mancanza di scrupoli. Nei de Haviland la crudeltà non è pericolosa, perché loro sono pieni di scrupoli; in Aristides Leonides la mancanza di scrupoli non è pericolosa, perché lui non ha crudeltà. Mentre uno dei discendenti potrebbe avere ereditato tutte e due queste caratteristiche. Non avevo mai pensato che si potesse affrontare quel caso con tanta chiarezza. Mio padre concluse: Non voglio suggestionarti con le mie teorie: il caso è già abbastanza complesso e difficile. Va' al tuo lavoro. E ricorda che Sophia ha perfettamente ragione quando afferma che la vostra felicità naufragherebbe se non si facesse luce sul delitto. Mentre stavo per uscire, mi fermò ancora: Sta' attento alla piccola. Vuoi dire che non debbo lasciare che si scopra il mio gioco? No. Bada piuttosto che non le capiti qualcosa. Lo guardai meravigliato. Andiamo, Charles, non capisci? Sappiamo che in quella casa c'è un assassino. Una persona spietata, quindi. E pare che la piccola Josephine la sappia un po' troppo lunga. Hai ragione, papà. Nei riguardi di Roger, per esempio, anche se ha sbagliato nel concludere che fosse colpevole, sapeva molto più di noi. La testimonianza di un bambino è sempre la più credibile. Ho avuto occasione di provarlo più volte. Non in tribunale, naturalmente. Di fronte all'interrogatorio ufficiale, il bambino si confonde e non se ne cava nulla. Ma in privato, senza scoprire il tuo gioco, fingendo anzi di credere che in sostanza lei non sappia nulla, riuscirai ad apprendere ancora molte cose dalla tua Josephine. Però stai attento alla sua sicurezza, potrebbe sapere qualcosa di troppo che non farebbe piacere a qualcuno.
13. Tornai in casa Leonides con la coscienza non del tutto a posto. Avevo riferito a Taverner le confidenze di Josephine riguardanti Roger, ma non avevo detto niente dell'altra rivelazione fattami da lei, cioè delle lettere d'amore scambiate fra Brenda e Lawrence. Cercavo una giustificazione di fronte a me stesso, convincendomi che poteva trattarsi di semplici fantasie, e che forse l'accusa della piccola non corrispondeva a verità. Ma dovevo finire con l'ammettere la mia riluttanza a portare altri indizi contro Brenda Leonides. Mi aveva sinceramente commosso la situazione della poveretta in quella famiglia, compatta nella sua ostilità per lei. Se le lettere esistono pensavo Taverner e i suoi uomini finiranno per scoprirle. Non voglio essere proprio io a lapidare una donna in una posizione già così difficile. Brenda mi aveva assicurato con molta convinzione che tra lei e Lawrence non c'era nulla... Aveva detto anche che Josephine era così stramba da rasentare la pazzia. Per la verità, quella piccola non mi sembrava affatto pazza, con quei suoi occhi intelligentissimi, penetranti. Prima di muovermi, avevo telefonato a Sophia per chiederle se potevo recarmi alla villa. Sì, Charles. Ti prego anzi di venire. Come vanno le cose?
Non saprei. So solo che tutti questi poliziotti per casa, a frugare ogni angolo, mi esasperano. Vieni più presto che puoi. Perdo la testa se non parlo con qualcuno. La rassicurai che sarei andato subito. Fermata la macchina davanti al portone, non vidi nessuno. Ero incerto se suonare il campanello o entrare addirittura, giacché era aperto, quando sentii un lieve rumore alle mie spalle. Mi voltai bruscamente. Dietro la bassa siepe di bosso scorsi il visetto di Josephine, che subito si ritrasse. Ciao, Josephine! la salutai. Senza rispondere, lei si allontanò di corsa. Mi diressi dalla stessa parte, e la trovai seduta su una panchina di legno vicino alla vasca dei pesci rossi; dondolava le gambe e stava mangiando una mela. Mi guardò, ostile, accigliata. Eccomi qua di nuovo, Josephine dissi. Non era un esordio molto brillante, ma il mutismo torvo della piccola cominciava a innervosirmi. Continuava a non parlare. E' buona la tua mela? le chiesi. Questa volta si degnò di rispondermi. Farinosa. Allora, è cattiva. A me non piacciono le mele farinose. A nessuno piacciono. Perché non mi hai risposto quanto ti ho salutata? Non ne avevo voglia. Perché fai così? Allontanò la grossa mela dalla bocca e mi guardò fisso. Perché sei uno spione. Hai spifferato alla polizia tutto quello che ti ho detto sullo zio Roger. Non c'è da preoccuparsene, Josephine. La polizia ha scoperto che lui non ha fatto niente. Quanto sei stupido! gridò esasperata. Mi dispiace che la prendi così. Che cosa m'importa dello zio Roger! E' che tu non sai neanche da che parte cominci il lavoro del vero investigatore. Non ti hanno mai insegnato che non si deve dir niente alla polizia finché non è stato chiarito tutto? Hai ragione. Mi dispiace. Sicuro che deve dispiacerti disse lei con tono di rimprovero. Io mi ero fidata di te. Ripetei per la terza volta che me ne dispiacevo tanto. Lei sembrò un poco ammansita, e riprese a dare morsi alla mela. Vedi, Josephine, prima o poi la polizia avrebbe saputo tutto lo stesso. Non era possibile mantenere il segreto. Vuoi dire perché fra poco ci sarà il fallimento? Come al solito, era bene informata. Appunto confermai. Si riuniscono stasera per parlarne. Zia Edith vorrebbe cedere a zio Roger la sua parte di eredità, anche se non l'ha ancora in mano, ma mio padre è contrario. Dice che se suo fratello s'è messo in un pasticcio è inutile sprecare altri quattrini. Ne subisca le conseguenze, adesso. La mamma non vuol neanche sentirne parlare. Lei, naturalmente, desidera che papà tenga i quattrini per mettere in scena la commedia che le piace adesso. E' la storia di una donna che non ama suo marito ed è innamorata, invece, di un giovane sbarcato da una nave. Il giovane segue il marito quando esce e lo pugnala alle spalle. La storia è bella, ma non so se sul palcoscenico riusciranno a rendere la drammaticità del fatto. Speriamo che non sia un altro fiasco come quello d i Jezebel! Sospirò. Comunque, vorrei proprio sapere perché i cani non mangiarono le palme delle mani di Jezebel. Tu mi hai detto, Josephine dissi cambiando il discorso che sei quasi certa di sapere chi è l'assassino. E allora? Chi è?
Senza rispondere, mi guardò con profondo disprezzo. Capisco continuai. Nessuna anticipazione, secondo i tuoi sistemi. Ma neanche se ti prometto di non parlarne a Taverner? No. Mi manca ancora qualche elemento. Comunque aggiunse scagliando lontano il torsolo della mela non te lo direi lo stesso. Mi sono accorta che sei un buono a nulla, come Watson. L'offesa mi ferì, ma non diedi a vedere che accusavo il colpo. D'accordo, sono Watson. Ma anche a Watson venivano riferiti i dati. I cosa? I fatti. Poi lui ne traeva le deduzioni sbagliate. Vuoi mettere come ti divertiresti nel vedermi fare le deduzioni sbagliate? Per un momento Josephine fu tentata, poi scosse il capo. No disse. E poi non mi piace molto Sherlock Holmes. E' così antiquato, viaggiava con il calesse. Abbandonai le vie traverse e andai diritto al sodo. Che mi dici di quelle lettere? Quali? Quelle che si scambiavano Brenda e Lawrence. Non esistono. Le ho inventate io. Non ti credo. Ti dico di sì. Mi diverto spesso a inventare le cose. Ci guardammo negli occhi. Nei suoi c'era una lieve espressione di sfida. Senti, Josephine. Al British Museum ho conosciuto un tale, uno studioso della Bibbia. Se riesco a sapere da lui perché mai i cani non divorarono le palme di Jezebel, mi dirai qualcosa delle lettere? Questa volta la vidi esitare. Proprio in quel momento, un ramo poco discosto si spezzò con un rumore secco. No. Non ti dirò niente decise lei. Accettai la sconfitta. Poi mi ricordai del consiglio di mio padre. Non importa dissi. Era solo per una mia curiosità. D'altra parte, sono certo che tu non sai un bel niente. Gli occhi della piccola mandarono lampi. Ma resistette. Devo vedere Sophia, ora dissi alzandomi. Vieni? Resto qui mi rispose. No. Tu vieni con me. Senza tante cerimonie, l'afferrai per un braccio. Apparve sorpresa da quel gesto imperioso ma mi seguì con sufficiente buona grazia, probabilmente perché voleva osservare la reazione dei suoi parenti alla mia presenza. In quel momento, non sapevo bene perché m'ero tanto preoccupato di non lasciarla sola in giardino. Più tardi mi venne in mente che doveva essere stato quel rumore secco del ramo spezzato a farmi inconsciamente temere per lei.
14. Dal salotto proveniva un mormorio di voci che mi fece esitare, ma non entrai. Camminai un momento lungo il corridoio, poi, quasi senza rendermene conto, sospinsi una porta socchiusa. Mi trovai in una vasta cucina luminosa in cui c'era una grossa donna anziana con un grembiule bianco legato alla vita. Mi piacque a prima vista. Nonostante i miei trentacinque anni, mi sentii rassicurato come un bambino da quella presenza. Si trattava della famosa Nannie. Ero convinto di esserle del tutto sconosciuto, ma lei mi disse subito: Siete il signor Charles, vero? Entrate. Vi preparo subito una tazza di tè. Sedetti alla tavola che era al centro del locale e Nannie mi portò una tazza di tè con alcuni biscotti. Sentii un confortevole senso di calore, come se il buio e l'ignoto fossero rimasti fuori. La signorina Sophia sarà contenta di sapere che siete arrivato disse Nannie. Era molto nervosa. Aggiunse poi con aria di disapprovazione: Sono tutti troppo nervosi.
Dov'è Josephine? chiesi, non vedendola. Era entrata con me. Nannie emise un brontolio di disapprovazione. Sarà da qualche parte ad ascoltare dietro le porte, o starà scrivendo qualche sciocchezza nel libriccino che porta sempre con sé. Meglio se le avessero fatto frequentare una scuola regolare e giocare con dei ragazzi della sua età! L'avevo detto, io, alla signorina Edith, e lei era d'accordo con me. Ma il padrone volle assolutamente che studiasse in casa. Le vorrà un gran bene, immagino dissi. Oh, sì, gliene voleva tanto. Voleva bene a tutti. Leggendo sul mio viso la sorpresa per quel verbo al passato, chiarì l'equivoco: Non parlo di suo padre. Qui dentro il padrone è il vecchio signor Leonides. Prima che io potessi aggiungere qualcosa, la porta si aprì e comparve Sophia. Charles! esclamò, e aggiunse, rivolta a Nannie: Sono tanto felice che lui sia arrivato! Lo so, lo so cara sorrise la donna che, raccolte alcune stoviglie, si ritirò nel retrocucina, chiudendosi la porta alle spalle. Corsi verso Sophia e l'abbracciai. Stai tremando, cara. Che c'è? Ho paura, Charles, ho tanta paura. Ti amo tanto la rassicurai. Se potessi portarti via... Impossibile disse lei scostandosi. Dobbiamo venire a capo di questa faccenda. E' una cosa atroce, Charles, il sapere che qualcuno in questa casa, qualcuno che io vedo ogni giorno, col quale parlo, è un diabolico, freddo assassino... Aveva ragione. Sophia non era una donna da lasciarsi confortare a parole, perciò tacqui. Oh, sapere, sapere! disse con tono disperato. Forse sarebbe peggio. No. Quello che veramente mi terrorizza è proprio la paura che forse potremmo non saperlo mai. Anche su questo punto non potevo darle torto. Quel dubbio aveva spesso assalito anche me. Rivolsi a Sophia una domanda che già mi ero ripromesso di farle. Quante persone, in casa, sapevano che il nonno usava le gocce per gli occhi e che questa sostanza, iniettata, poteva riuscire mortale? Capisco quello che pensi, Charles, ma è inutile. Lo sapevamo tutti. Un giorno, anzi, eravamo tutti dal nonno per prendere il caffè con lui. Gli piaceva averci tutti intorno. A un tratto gli occhi cominciarono a bruciargli, e Brenda corse a prendere l'eserina. Josephine, che non lascia mai in pace nessuno con le domande, chiese perché sulla bottiglietta c'era scritto uso esterno e che cosa sarebbe accaduto se qualcuno avesse ingerito il contenuto della bottiglietta. Il nonno, sorridendo, rispose: Vedi, se un giorno Brenda, per errore, dovesse iniettarmi in corpo questa roba invece dell'insulina, lancerei un grido, diventerei nero in faccia e morirei subito, dato che non ho più il cuore molto forte. Perciò, bisogna stare bene attenti che Brenda non mi faccia un'iniezione d'eserina, invece che d'insulina... Sophia fece una pausa, poi continuò: C'eravamo tutti. Abbiamo sentito tutti. Adesso comprendevo. Fino ad allora mi ero sempre detto che l'assassino doveva avere avuto un minimo di conoscenza scientifica per agire, e invece no. Era stato proprio il vecchio Leonides, la vittima, a tracciargli la strada. Sophia, leggendomi nel pensiero, confermò: Sì, è davvero mostruoso. Una cosa, però dissi ora mi sembra del tutto chiara. Che cosa? Che Brenda non può essere colpevole. Non poteva fare esattamente quello che il vecchio aveva detto davanti a tutti voi. E' molto sciocca. Ma non fino a questo punto. No. Per mio conto, Brenda è innocente.
Sophia s'allontanò da me, seccata. Tu non vuoi che sia stata Brenda, vero? chiese. Che cosa avrei potuto dirle? Non potevo, proprio non potevo dire Sì, spero che sia stata lei. Perché no? Forse perché Brenda era sola, e contro di lei si concentrava tutta l'animosità della famiglia? Per cavalleria, per solidarietà con i deboli? Mi tornò alla mente, seduta sul divano, nel suo costoso abito a lutto, la disperazione della sua voce, la paura dei suoi occhi... Proprio in quel momento, opportunamente, rientrò Nannie. Dovette subito accorgersi che qualcosa non andava tra noi due poiché disse, con tono di disapprovazione: Avete parlato ancora del delitto, delle indagini e di tutto il resto. Smettetela una buona volta e lasciate fare alla polizia. E' il suo mestiere! Fai presto tu a parlare, Nannie! scattò Sophia. Non capisci che qui, tra noi, c'è un assassino? Tra noi. Non dite sciocchezze, signorina Sophia. Forse che il portone in questa benedetta casa non resta aperto sempre di giorno, e magari di notte, quasi per invitare i ladri e i delinquenti? Non può trattarsi di un ladro, perché non è mancato niente. E perché un ladro sarebbe dovuto entrare qui ad avvelenare qualcuno? Non ho detto che sia stato un ladro, signorina. Dico solo che chiunque avesse cattive intenzioni trovava la porta aperta per entrare liberamente. Con questa affermazione, scomparve di nuovo nel retrocucina. Simpatica donna! esclamai. Molto confermò Sophia. Andiamo in salotto, adesso, Charles. C'è una specie di consiglio di famiglia. Doveva essere per stasera, ma è stato anticipato. Non sarebbe meglio restarne fuori? Bravo. Se devi conoscere a fondo i membri della famiglia, sarà meglio che li osservi quando non hanno la maschera. Che argomento verrà trattato? La situazione di Roger. Feci un gesto per dire che avevo capito. Sei al corrente di tutto, vedo disse lei. Ma fai male a credere che Roger possa avere ucciso il nonno: lo adorava. Non lo credo affatto. Sarei più incline a sospettare Clemency. Hai torto. Credo che Clemency sarebbe contenta se il marito perdesse tutto. Ha una strana passione per la rinuncia. Comunque, andiamo. Quando entrammo in salotto, il brusìo delle voci tacque di colpo. C'erano tutti: Philip, seduto in un'ampia poltrona ricoperta di broccato rosso, tra le due finestre, il bel volto irrigidito in una fredda maschera impenetrabile; Roger, sistemato su un tabouret vicino al caminetto, doveva essersi passato le dita fra i capelli così tante volte che ora gli stavano diritti sul capo. Inoltre i suoi pantaloni erano ridotti a due viti e la cravatta era tutta di traverso. Clemency sedeva dietro di lui. La sua figuretta sottile quasi scompariva nell'ampia poltrona, lo sguardo assente vagava sui pannelli delle pareti. Edith, seduta anche lei in poltrona, si dedicava accigliata al suo lavoro a maglia, le labbra strette, attanagliate in un mutismo ostinato. Quelli che più colpivano erano Magda ed Eustace, che formavano un gruppo degno d'un quadro di Gainsborough. Seduti insieme sul divano, il bel ragazzo bruno con l'aria un po' imbronciata e la bellissima donna in atteggiamento da granduchessa, col braccio protettivo intorno alle spalle del figlio. Vestiva un sontuoso abito di taffetà e calzava sandali di broccato. Philip fremette. Sophia! Stiamo discutendo argomenti strettamente familiari. Mi preparavo a chiedere scusa e ad andarmene, ma Sophia mi prevenne, dicendo con voce decisa: Charles è il mio fidanzato. Ci sposeremo presto. Desidero che rimanga. Perché dovrebbe andarsene? intervenne Roger. Posso assicurarti,
Philip, che non c'è proprio niente di privato in tutta questa faccenda. Domani la conoscerà tutta Londra. E in ogni modo, questo simpatico giovanotto sa tutto: era... là, questa mattina. Magda si curvò verso di me. Ditemi: com'è arredato Scotland Yard? Ci sono tavoli, scrivanie, poltrone? Che genere di tende? Fiori, immagino, non ce ne sono. Lascia perdere, mamma disse secca Sophia. Tanto avevi deciso di tagliare dalla commedia la scena che si svolge a Scotland Yard. Sì, hai ragione. Fa troppo dramma poliziesco... Philip la interruppe, rivolgendosi a me con tono poco garbato: Eravate là questa mattina ? Perché? Poi, riprendendosi: Ah, già! Vostro padre... Mi rendevo conto sempre più chiaramente che la mia presenza non era gradita, ma Sophia mi teneva fermo per un braccio. Finalmente Clemency spinse una poltrona verso di me. Accomodatevi. Le rivolsi uno sguardo di riconoscenza. Potete contraddirmi quanto volete disse la signorina de Haviland, evidentemente continuando il discorso prima interrotto ma io penso che siamo tenuti a rispettare la volontà di Aristides. Risolta la faccenda del testamento, la mia parte d'eredità è a tua disposizione, Roger. Questi scosse la testa. No, zia Edith. Non voglio! Vorrei poter fare altrettanto disse Philip. Ma capisci che ciascuno ha le proprie necessità... Non voglio! Non capite? Non voglio un centesimo da nessuno! urlava Roger disperato. E io sono del parere di mio marito disse Clemency. Comunque, Edith intervenne Magda se si trova il testamento, Roger potrà disporre della sua parte. Può darsi che non venga trovato in tempo azzardò Eustace. Tu non sai niente, quindi taci gli intimò Philip. Invece il ragazzo ha ragione gridò Roger. Ha messo il dito sulla piaga. Non c'è più nulla che possa evitare il crollo. Disse queste ultime parole quasi con gusto. Inutile discuterne confermò Clemency. Del resto aggiunse Roger con aria stanca che importanza ha? Dovrebbe averne molta, mi pare disse Philip, le labbra strette per la collera. No disse Roger. Non c'è più niente che abbia importanza, dato che papà è morto. Papà è morto! Non capite? E noi... e noi siamo qui a discutere di denaro. Il volto pallido di Philip si accese. Non si discute di denaro disse con voce dura. Siamo qui per cercare d'aiutarti. Lo so, Philip, lo so. Ma nessuno può fare niente. Forse continuò Philip potrei riuscire a raccogliere una certa somma, per quanto buona parte del mio capitale sia impegnata in modo che non posso toccarlo. Poi c'è la sistemazione delle cose di Magda... Questa, subito, intervenne: Ma, caro... tu non puoi toccar nulla. Sarebbe sbagliato verso i bambini... Vi dico che non chiedo un soldo! urlò Roger. Diventerò rauco a furia di ripeterlo. Voglio che le cose seguano il loro corso. La cosa interessa tutti osservò Philip perché c'è di mezzo il nome di nostro padre. No obiettò l'altro. La famiglia non c'entra, e il nome di papà nemmeno. Ero io il responsabile, e tutti lo sapevano. Sì disse Philip, guardandolo eri l'unico responsabile. Mi sembra che basti, con questa discussione! disse Edith de Haviland alzandosi. C'era nella sua voce quel tono di sicura autorità che faceva sempre effetto. Philip e Magda si alzarono. Eustace corse fuori dalla stanza. Notai
che il ragazzo trascinava un poco la gamba. Roger prese a braccetto Philip, ringraziandolo, e uscirono insieme, seguiti da Magda. La signorina Edith continuava a sferruzzare in piedi. Mi guardò intensamente. C'era come un appello nel suo sguardo, come il desiderio di dirmi qualcosa, ma si limitò a sospirare e uscì. Anche Sophia se ne andò, dicendo che si sarebbe occupata di prepararmi una stanza. Era rimasta solamente Clemency, affacciata alla finestra sul giardino. Mi avvicinai. Lei si girò. Grazie a Dio, è finita! disse. Poi, guardandosi in giro con disgusto: Che stanza sovraccarica, vero? Non vi piace? Mi sembra di soffocare. C'è sempre odore di polvere e di fiori mezzo appassiti. In realtà, questo salotto è un palcoscenico dove Magda prova le sue parti. Anche la riunione di poco fa è stata organizzata da lei. Di fatto, non c'era niente da discutere. Infatti è finita subito. Non c'era tristezza nella sua voce, bensì soddisfazione. Dovette notare la mia sorpresa. Proprio così. Ma l'importante è che adesso, finalmente, siamo liberi. Non capite che Roger ha vissuto infelice per anni? E' negato per gli affari. Lui ama la vita primitiva, in aperta campagna, tra pascoli e cavalli. Ma adorava il padre e si è piegato. La vera disgrazia di questa casa è proprio l'idolatria che tutti portavano al vecchio. Lui non era affatto un despota, ma ricopriva i figli di tali benefici che questi si sentivano in dovere di ricambiarlo con la più cieca devozione. Trovate che non sia stato un modo d'agire perfetto, questo? Non lo è stato, no. Penso che, una volta cresciuti, bisognerebbe trovare la forza di strapparsi i figli da vicino. Bisognerebbe scomparire dalla loro vita, aiutarli a dimenticarci. Un sistema un po' drastico, non vi pare? Se non avesse avuto una personalità così potente... Non è stata certo colpa sua. La personalità o c'è o non c'è. Ebbene, mio suocero ne aveva troppa. Per Roger soprattutto, che era arrivato a volere quel che voleva il padre, a tentare con tutte le forze di diventare quel figlio che lui aveva desiderato e che, di anno in anno, si accorgeva d'allontanarsi da quell'ideale, fino ad arrivare alla catastrofe. Solo io so quanto ha sofferto, povero caro. Mi guardò fissamente. E voi avete insinuato alla polizia che Roger potrebbe avere ucciso suo padre per questioni di denaro. Non capite fino a che punto l'ipotesi sia assurda. Adesso ho capito di avere sbagliato dissi in tono umile. Forse non lo crederete ma, quando s'accorse che tutto franava, Roger si sentì quasi sollevato. Unico suo pensiero era il dolore che avrebbe dato al vecchio. Ma guardava già con fiducia alla nuova vita che avremmo cominciato insieme. Le sue labbra avevano avuto un tremito di commozione. Dove sareste andati? chiesi. Alle Barbados. Un mio cugino, tempo fa, morì lasciandomi una piccola proprietà laggiù. Niente di grandioso, ma è un posticino tranquillo dove rifugiarci. Certo, avremmo conosciuto la povertà, ma la vita costa poco, in quei luoghi, e saremmo riusciti a cavarcela. Avremmo vissuto insieme, beati, lontani da tutta questa gente. Sospirò. E pensare che Roger si preoccupava per me. Si vede che nel suo intimo c'è l'attitudine dei Leonides a sopravvalutare l'importanza del denaro. Infatti, mi ha sempre compianto molto per la vita povera che ho condotto col mio primo marito. E pensare che non sono mai più stata felice come allora, pur non avendo mai amato Richard come Roger. Teneva gli occhi socchiusi. Mi resi conto dell'intensità del suo sentimento. A un tratto mi guardò fisso. Come vedete, non potrei mai uccidere nessuno per denaro. Non amo il denaro. Ero convinto della sua sincerità. Clemency Leonides era una di quelle
rare persone che non hanno interesse per il denaro e preferiscono l'austerità. Si può non amare il denaro ma desiderare di servirsene per scopi nobili. Le vostre ricerche, per esempio dissi per provocarla. La ritenevo una fanatica del suo lavoro. Ma non era così. Dubito che le donazioni siano veramente utili. Di solito vengono spese nel modo sbagliato. Le scoperte che servono veramente vengono fatte da persone entusiaste e motivate. Le attrezzature costose e tutti quegli esperimenti non producono mai quello che ci si aspetta. Non vi dispiace lasciare il lavoro per confinarvi alle Barbados? Perché immagino che ci andrete. Oh, certo! Non appena la polizia ci darà via libera. No, non rimpiangerò il mio lavoro. E' solo che io odio l'ozio, tutto qui, e laggiù avrò molto da fare. Aggiunse, impaziente: Se le cose si chiarissero presto e potessimo filar via... Clemency dissi vi sarete pure fatta una idea su questo assassinio: volete confidarmela? Mi lanciò uno strano sguardo obliquo, e quando parlò la sua voce aveva perso ogni spontaneità, era strana, un po' imbarazzata. Non è scientifico esprimere da profani le proprie supposizioni rispose. Posso dire solo che, per me, Brenda e Lawrence sono i più sospettabili. Quindi credete che siano stati loro? Clemency si strinse nelle spalle. Restò un attimo come in ascolto, poi uscì dalla stanza, quasi scontrandosi con la signorina Edith de Haviland sulla porta. Devo parlarvi disse Edith immediatamente. Improvvisamente mi passò per la mente la teoria di mio padre sulla necessità dell'assassino di parlare... Ma lei non mi lasciò il tempo di pensare. Spero che non vi siate fatto un cattivo concetto di Philip disse rapida. Sembra freddo, chiuso, ma non è così; è solo l'apparenza. Non mi sono fatto nessun giudizio protestai. Poco fa, vi sarà certo sembrato avaro verso il fratello. E' difficile capire quel ragazzo. La guardai con l'aria di chi desidera veramente capirci qualcosa. Tutto dipende dall'essere il secondogenito disse lei. La posizione fa già partire in stato d'inferiorità. Aristides adorava tutti i suoi figli, ma Roger, il maggiore, era il suo prediletto. Philip ne ha sempre sofferto: si è chiuso in se stesso, si è sprofondato nei suoi libri storici, è uscito dalla vita. Credo che abbia sofferto, i bambini soffrono... Fece una lunga pausa. Forse non se n'è mai reso conto, ma è stato geloso di Roger e il fatto che questi sia fallito alla prova non può dargli un grande dolore. Sembra un sentimento malvagio, ma lui non se ne accorge. In poche parole, volete dire che è contento della rovina di suo fratello. Press'a poco. Le tremavano le labbra. Mi ha sempre addolorato che lui non abbia mai offerto aiuto al fratello. Non capisco perché avrebbe dovuto farlo. Roger è un uomo maturo, non ha figli e mi sembra che preferisca non dovere niente a nessuno. Per lui, sì. Si cura solo di Clemency, che è una creatura straordinaria, che ama la povertà. Le basta la sua tazza di tè. Tipo moderno, senza il senso della tradizione e della bellezza. Mi guardò fissamente negli occhi. Questa è una prova terribile per Sophia. Non posso pensare che la sua giovinezza sia stata turbata da un simile dramma. Li adoro tutti, io, come se fossero ancora bambini. Tacque un momento, poi aggiunse: Iddio vi tenga lontano da idolatrie di questo genere! Si volse di scatto e uscì, lasciandomi turbato sul senso di quell'ultima affermazione che non riuscivo a capire bene.
15. La tua camera è pronta disse Sophia, entrando. Mi si avvicinò, guardando dalla finestra il giardino squallido e grigio, con i suoi alberi brulli scossi dal vento. Facendo eco al mio pensiero, disse: Che aspetto desolato! Proprio in quel momento intravvedemmo una figura umana, immediatamente seguita da una seconda: avevano anch'esse un'aria grigia, incorporea in quella luce nebbiosa. Distinguemmo nella prima Brenda Leonides, avvolta in una giacca di cincillà grigio, che scivolava con grazia felina in quell'atmosfera irreale; nella seconda, la figura magra e curva di Lawrence Brown. Incorporei come fantasmi, sembravano non toccare terra tanto si muovevano furtivi. Mi venne in mente, allora, il ramo spezzato durante il mio colloquio con Josephine, e mi domandai se non fosse stato uno di loro. Per associazione d'idee, chiesi: Dov'è la bambina? Probabilmente con suo fratello, nello studio. Sono molto preoccupata per Eustace, Charles. Perché? E' molto triste e strano, quel ragazzo! E' diventato così da quando ha avuto la paralisi infantile. Non si riesce a capire cosa gli passi per la testa. Qualche volta sembra perfino che ci odii tutti quanti. Probabilmente è solo una fase, e prima o poi la supererà. Spero che sia così; eppure, non posso fare a meno di essere molto preoccupata, Charles. Perché, cara? Penso che sia perché mamma e papà non se ne occupano. Sembra quasi che non siano loro i genitori. Potrebbe essere meglio così: penso che i bambini soffrano più le interferenze eccessive che lo scarso interesse. E' vero. Sai, non vi avevo mai riflettuto fino a quando sono tornata in patria, ma trovo che i miei genitori siano proprio una strana coppia: mio padre vive nelle sue rievocazioni storiche, e mia madre recita nella vita meglio che sul palcoscenico. La pagliacciata di questa sera è tutta opera sua: era perfettamente inutile, ma lei desiderava rappresentare un bel conclave familiare perché si stava annoiando. Per un minuto mi passò dinanzi l'immagine di Magda che, studiatamente, stava avvelenando il vecchio suocero, rappresentando così la parte di protagonista in un dramma sensazionale. Scacciai subito il pensiero, però me ne rimase un leggero senso di disagio. Mia madre proseguì Sophia va sorvegliata come una bambina. Non si sa mai che cosa possa combinare. Dimentica una buona volta la tua famiglia, Sophia dissi deciso. Non mi sembra il momento più facile per farlo. Al Cairo ero felice, non mi ricordavo di nulla e di nessuno. Per questo non me ne parlavi mai? Perché volevi dimenticarli? Proprio per questo, credo. Guarda, non è bello litigare fra parenti, ma è quasi peggio vivere oppressi da un affetto che soffoca. Questo volevo dire, parlando del fatto che vivevamo tutti insieme nella piccola casa deforme. Non è più piccola perché, pezzo per pezzo, è stata ingrandita. Non sembra deforme e perversa perché ci si vive da ricchi e in apparente armonia... ma nessuno, qui dentro, può sentirsi solo, libero, indipendente: ognuno di noi è avvinghiato e avvinghia gli altri. Siamo come le piante rampicanti. Improvvisamente entrò Magda, spalancando la porta e dicendo con voce altisonante: Perché non accendete la luce? E' quasi buio, ormai. Girò l'interruttore e una calda luce si soffuse su pareti e mobili. Sophia tirò le tende, e ci avvolse un'intima atmosfera profumata. Magda si allungò sul divano, dicendo: Come sono buffi, i ragazzi! Eustace ha detto che la discussione di poco fa sull'argomento denaro è stata indecente. Sospirò. Mi piace Roger quand'è di cattivo umore e si scompiglia i capelli. Edith è stata carina a offrirgli le sue
sostanze. C'è qualcosa di patetico nell'amore di una zitella per i figli dei parenti. Mi piacerebbe, un giorno, recitare la parte di una di queste zie, inquisitrici e ostinate. Dev'essere stato difficile per Edith comportarsi come ha fatto coi figli e i nipoti di Aristides Leonides dissi cercando di deviare le fantasie teatrali di Magda. Dico così perché so che l'odiava. Cosa state dicendo? Edith era innamorata pazza di lui. Mamma! la rimproverò Sophia. Non contraddirmi. Alla tua età, naturalmente, si pensa che l'amore possa esistere solo fra creature giovani e belle. Ma se mi avete detto che lo ha sempre detestato! ripetei. Forse appena arrivata qui. Ma ne subì immediatamente il fascino e deve aver sofferto una specie di gelosia nei riguardi della sorella. Quando questa morì, non sognò nemmeno di poterlo sposare lei. Comunque, non riuscì a mandar giù il matrimonio del vecchio con Brenda. Nemmeno tu e papà l'avete approvato, mi pare disse Sophia. No, certo, ma Edith era la più accanita contro Brenda. Ho ben visto con che occhi la guardava. Basta, mamma! protestò nuovamente Sophia. Magda le lanciò un'occhiata contrita di bambina colta in fallo. Poi, senza alcuna coerenza, saltò su a dire: Desidero che Josephine frequenti la scuola pubblica. Josephine ? A scuola? Andrà in Svizzera. Domani comincerò a occuparmene. Credo che debba partire il più presto possibile. Non va bene che resti in questo ambiente pesante dove è avvenuto un omicidio. E' bene che i bambini vivano con i bambini e frequentino una scuola. Il nonno era contrario, non voleva che andasse a scuola disse Sophia lentamente. Cara, il vecchio ci voleva tutti sotto la sua tutela. I vecchi sono spesso egoisti. E poi, là c'è aria buona, maggior abbondanza di cibo, e farà dello sport. Telegraferò a un mio amico di Losanna per sistemare tutti i problemi burocratici. Spero di farla partire entro la prossima settimana. Si alzò, avviandosi verso la porta; si volse a sorriderci, estasiata. Oh, la gioventù! I giovani debbono avere tutti i diritti. Mi raccomando i fiori, Sophia: metti genziane e narcisi... In novembre? domandò Sophia, ma Magda era già sparita. Sophia era esasperata. Adesso la mamma esagera! Le viene sempre qualche idea balzana e spedisce telegrammi a destra e a sinistra finché non e riuscita a metterla in atto. Mi domando perché Josephine debba essere mandata in Svizzera così a precipizio. Però c'è qualcosa di giusto nell'idea di mandare la bambina in una scuola pubblica. Il nonno non la pensava così ribatté Sophia, ostinata. Mia cara, credi proprio che un uomo di quasi novant'anni possa essere il miglior giudice in materia di educazione? dissi, un po' irritato. Era il miglior giudice in tutto, il nonno! protestò lei. Più di zia Edith? Forse no. E anche lei è favorevole alla scuola. Ammetto che Josephine stia prendendo delle cattive abitudini. Fra le altre, quella di ficcare il naso dappertutto per lamaniadigiocare all'investigatore. Mi balenò in mente un'idea improvvisa. Era proprio il pensiero dell'educazione della piccola che spingeva Magda ad allontanarla d'urgenza? Josephine era anche troppo ben informata di tutto quello che era successo prima dell'omicidio. Una sana vita in una scuola pubblica, con tanti giochi e amici le avrebbe probabilmente fatto bene. Ma mi chiedevo cosa c'era dietro quella decisione di Magda così improvvisa. La Svizzera era lontana...
16.
Mio padre aveva detto: Fai in modo che parlino con te. A questo riflettevo, radendomi la barba, la mattina seguente. Ma quali risultati avevo raggiunto dai numerosi colloqui? Quali indizi avevo scoperto di quella vanità che mio padre riteneva sintomatica nel delinquente? Con me avevano parlato un po' tutti. Avevano forse detto una frase o una parola significativa? Non mi sembrava. L'unico che dimostrava di non avere nessuna voglia di parlare era Philip. In senso opposto, poteva considerarsi anche questa un'anormalità. Egli ormai sapeva che io ero il fidanzato di sua figlia e continuava a ignorarmi. Anzi, la mia presenza aveva tutta l'aria di urtarlo. Ripensai a quanto Edith aveva detto di lui. Probabilmente era un represso. Infanzia infelice per gelosia, chiuso poi in se stesso, la sua esagerata freddezza apparente poteva mascherare una passionalità nascosta. Non pensavo che Philip potesse aver desiderato la morte del padre per motivi d'interesse, ma potevano essere maturate profonde ragioni psicologiche. Lui viveva già nella casa paterna quando vi era giunto anche Roger, in seguito al bombardamento della sua abitazione. Fu testimonio, quindi, dell'affetto sempre crescente di suo padre per Roger, il favorito. Questa tortura avrebbe potuto suggerirgli un'idea diabolica: Roger era sull'orlo della rovina, sarebbe stato facilmente incriminato della morte di suo padre. L'equilibrio mentale di Philip poteva aver vacillato fino al punto da condurlo all'omicidio. Assorto in queste riflessioni, mi tagliai col rasoio. La situazione era veramente assurda: stavo dandomi da fare per gettar la colpa di un omicidio sul padre di Sophia, la mia fidanzata. Non era per questo che lei aveva desiderato la mia presenza in quella casa! Poi mi chiesi per un momento se, invece, non era stato proprio a causa di questo. Dietro la richiesta di Sophia avevo sempre sentito che si nascondeva qualcosa. Se lei, per un momento, aveva sospettato di suo padre, doveva averne anche dedotto che, qualora quel sospetto si fosse dimostrato fondato, il nostro matrimonio sarebbe andato a monte. Poiché era una ragazza onesta e leale, voleva che io stesso arrivassi a scoprire la verità. Era come se mi avesse detto: Provami che il mio orribile sospetto non è vero! Ma se è vero, aiutami a far fronte alla realtà. Che Edith, poi, discolpando a quel modo il nipote, pensasse la stessa cosa? Anche Clemency era stata molto reticente nell'accusare Brenda e Lawrence. Avevo la sensazione che tutta la famiglia desiderasse ardentemente che i colpevoli fossero loro, ma che nessuno, in fondo, lo credesse. E forse sbagliavano tutti, e i colpevoli erano proprio loro; o, anche, poteva essere Lawrence e non Brenda. Quest'ultima sarebbe stata la soluzione migliore. Mentre bevevo la seconda tazza di caffè mi resi conto che la piccola casa deforme stava facendo effetto anche su di me: anch'io desideravo trovare non la soluzione vera, ma quella che mi andava meglio. Dopo colazione salii per cercare Lawrence, che Sophia mi aveva detto potevo trovare nell'apposita stanza, mentre dava lezione a Eustace e a Josephine. Giunto sul pianerottolo, esitai di fronte alla porta che immetteva nella parte abitata da Brenda: dovevo bussare o entrare direttamente? Decisi di considerare quelle stanze come un tutt'uno con il resto della casa e non come la residenza privata di Brenda, per cui aprii ed entrai. Tutto era immerso nel silenzio e sembrava deserto. Alla mia sinistra la porta che immetteva nella grande sala di soggiorno era chiusa; alla mia destra due porte aperte lasciavano vedere una stanza da letto e l'adiacente bagno: sapevo che si trattava del bagno in cui venivano conservate l'insulina e l'eserina. La polizia aveva finito le sue indagini in quelle stanze. Entrai nel bagno e mi resi conto di come fosse stato facile per chiunque abitasse in quella casa (e anche per qualunque estraneo) entrare non visto nel bagno. Mi guardai attorno: nel locale, ricoperto da piastrelle luccicanti,
c'erano, su un mobile, una serie di apparecchi elettrici e, appeso al muro, c'era un mobiletto laccato, contenente alcune bottigliette, come aspirina, borotalco, tintura di iodio e cerotti. Su un'altra mensola c'era la riserva di fiale di insulina, due siringhe ipodermiche e un flacone di alcool denaturato. Su un terzo scaffale c'era una bottiglietta di compresse: al suo fianco, senza dubbio, veniva conservato il flacone delle gocce per gli occhi. Tutto era disposto in bell'ordine, facile da trovare in caso di necessità, anche per l'assassino. Avrei potuto fare quel che volevo con le bottiglie, e poi tornare al pianterreno senza che nessuno lo venisse mai a sapere. Ero già a conoscenza di questo fatto naturalmente, ma il rendermene conto di persona mi fece capire fino in fondo quanto difficile fosse il compito della polizia. L'unica speranza era che il colpevole si tradisse da solo: Fateli innervosire mi aveva detto Taverner teneteli sulla corda, fate loro credere che siamo sulla pista giusta. Prima o poi il nostro uomo cercherà di essere più furbo del necessario, e lo scopriremo. Fino a quel momento, però, il criminale non aveva ancora commesso alcun passo falso. Uscii dal bagno: ancora nessuno in giro. Mi inoltrai lungo il corridoio, oltrepassando, sulla sinistra, la sala da pranzo, e sulla destra la camera da letto e il bagno di Brenda; in quest'ultimo stava lavorando una delle cameriere. La porta della sala da pranzo era chiusa; da una stanza al di là di questa proveniva la voce di Edith de Haviland che telefonava al pescivendolo. Una scala a chiocciola conduceva al piano superiore: salii, e vi trovai la camera da letto e il soggiorno della signorina de Haviland, due bagni e la camera di Lawrence Brown. Oltrepassata quest'ultima, una scala in discesa conduceva alla sala per le lezioni, costruita sopra l'alloggio della servitù. Giunto davanti alla porta mi fermai: da dove ero potevo sentire la voce di Lawrence. Penso che l'abitudine di Josephine di origliare fosse contagiosa, perché mi misi a fare la stessa cosa senza vergognarmene. Stava tenendo una lezione sul periodo del Direttorio in Francia: con mia grande sorpresa mi accorsi che Lawrence era un insegnante bravissimo, che aveva il dono di suscitare l'entusiasmo dei suoi alunni. Perché la cosa mi sorprendeva tanto, dopo tutto? Aristides era abilissimo a scegliere le persone giuste, e sotto quell'apparenza squallida Lawrence aveva il dono di far rivivere i personaggi e i drammi della storia con affascinante vivacità: il drammatico evento del Termidoro, la messa fuorilegge dei seguaci di Robespierre, la magnificenza di Barras, l'astuzia di Fouché, i primi incarichi affidati al giovane tenente di artiglieria Napoleone Buonaparte. Improvvisamente Lawrence si interruppe, fece domande a Eustace e a Josephine, li invitò a mettersi nei panni dei vari protagonisti di quell'epoca. Non ottenne molto da Josephine, che dalla voce sembrava avesse il raffreddore, mentre Eustace reagiva molto differentemente dal suo solito modo: le sue risposte denotavano molta intelligenza e un acuto senso storico che indubbiamente aveva ereditato dal padre. A un certo punto udii il rumore delle sedie mosse, per cui risalii alcuni gradini, in modo che quando la porta si aprì sembrava che stessi arrivando in quel momento. I due ragazzi uscirono. Salve! feci io. Eustace sembrò sorpreso di vedermi: Desiderate qualcosa? mi chiese gentilmente. Josephine, intanto, senza degnarmi di uno sguardo, si allontanò. Desideravo vedere la famosa stanza delle lezioni dissi senza molta convinzione. Il ragazzo mi tenne aperta la porta e rientrò con me, dicendo: Non l'avete già vista l'altro giorno? E' solo una stanza dei bambini, ci sono ancora molti giochi, qui.
Lawrence Brown era in piedi accanto alla cattedra; arrossì guardandomi, mormorò qualcosa in risposta al mio saluto e si precipitò fuori. L'avete spaventato disse Eustace. E' una persona che si spaventa facilmente. Ti piace il signor Brown? gli domandai. E una brava persona. Terribilmente ingenuo, però. Come insegnante, non è cattivo? Tutt'altro. Sa molte cose e le insegna bene. Ti fa vedere le cose sotto vari punti di vista. Io non sapevo, per esempio, che Enrico Ottavo avesse scritto delle poesie per Anna Bolena. Ci intrattenemmo su vari episodi letterari e storici. Mi accorsi che il ragazzo, apparentemente sdegnoso e apatico, celava una mente acuta, inquisitrice. Mi resi conto anche dell'origine del suo umore tetro. La malattia non era stata solo una terribile prova, per lui, ma anche un motivo di repressione, proprio nel momento in cui cominciava la gioia di vivere. Dovevo frequentare le scuole superiori disse sarei stato il primo... E' scoraggiante, invece, dovermene star qui a prender lezione con una bambina di dodici anni! Obiettai che Josephine era molto intelligente. Credete? A me sembra insulsa. Sta perdendo la testa con la mania di far l'investigatrice, scrive un sacco di sciocchezze su un libriccino, è convinta di scoprire tutto. Una bambina stupida. Ha ragione la mamma a volerla mandare in Svizzera. E, in ogni modo, le ragazze non possono fare gli investigatori Non ne sentirai la mancanza? Proprio no. E al nonno? dissi. Volevi bene? Il nonno era troppo antisociale rispose Eustace con una strana espressione in viso. In che senso? Non pensava che all'interesse. Lawrence dice che quel modo di agire è riprovevole. Uno sfrenato individualista. Queste sono concezioni destinate a scomparire, non vi sembra? E' scomparso lui, invece dissi un po' brutalmente. Meglio così. Non vorrei sembrarvi duro di cuore, ma non capisco come si possa godere la vita a quell'età! Eppure, lui sembrava godersela. Ma non avrebbe dovuto. In ogni modo, era l'età giusta per andarsene. Lui... S'interruppe all'ingresso di Lawrence, il quale guardò l'orologio e disse per congedarlo: Sii puntuale per le undici, Eustace. Abbiamo perduto troppo tempo nei giorni scorsi. Va bene rispose il ragazzo. E uscì dalla stanza fischiettando. Il giovanotto mi lanciò uno sguardo penetrante, si inumidì le labbra un paio di volte e poi finse per un po' di frugare tra i libri, come cercando affannosamente qualcosa che non riusciva a trovare, infine si decise. Allora, a che punto sono? Chi? domandai. La polizia. Sembra un topo in trappola pensai e ad alta voce aggiunsi: La polizia non mi onora delle sue confidenze. Credevo che vostro padre fosse sovrintendente a Scotland Yard. Lo è, infatti. Ma non ha l'abitudine di divulgare i segreti d'ufficio dissi con voce deliberatamente enfatica. Allora, voi non sapete come... se... arresteranno qualcuno? A quanto mi risulta, non credo. Ma, ripeto, non posso sapere nulla di sicuro. Ricordavo che Taverner mi aveva consigliato: Cercate sempre di spaventarli, finiranno col confondersi. Se era per questo, Brown mi sembrava già abbastanza spaventato per conto suo.
Si mise a parlare, nervosamente. Voi non potete sapere cosa significhi questa tensione nervosa, questo ignorare... vanno, tornano, rivolgono domande che non sembrano aver nulla a che fare col delitto... S'interruppe. Non aprii bocca. Aveva dimostrato tanta precipitosa volontà di parlare; che se la sbrigasse, ora. E infatti continuò. Voi c'eravate quando l'ispettore ha insinuato quell'atroce sospetto sulla signora Leonides e me? Mostruoso. Un poveretto non possiede nessun'arma da opporre a chi pensa in maniera così vergognosamente falsa. E tutto perché lei ha tanti anni meno del marito. Le persone concepiscono pensieri vergognosi, a volte. Forse è tutto un complotto. Un complotto? Interessante. Intendo dire che la famiglia non mi ha mai potuto soffrire. Si stringevano in un cerchio dove a me era proibito entrare. Ho sempre sentito il loro disprezzo. Solo perché sono ricchi e potenti, mi guardavano come un essere inferiore. Per loro, io ero il precettore, non una creatura umana. La mia obiezione contro la violenza della guerra li ha sempre riempiti di disprezzo. Eppure, le mie obiezioni in proposito sono nate veramente dalla coscienza, ve l'assicuro. Non dissi una parola. Lui continuò, mentre un tremito gli scuoteva le mani. E se anche avessi avuto paura? Paura di non farcela, di non riuscire a premere il grilletto di un mitra? Come potevo pensare di uccidere solo il nazista e non un bravo ragazzo, senza idee politiche per la testa, semplicemente chiamato al servizio del suo Paese? Non approvo la guerra, capite? Non l'approvo. Continuavo a tacere, convinto che, parlando quasi a se stesso, si sarebbe rivelato assai meglio. Mi hanno sempre deriso. Sembra che io possegga la specialità di rendermi ridicolo. Eppure, non manco di coraggio, anche se commetto sempre qualche errore. Un giorno entrai in una casa in fiamme per salvare una donna che si diceva fosse rimasta dentro. Perdetti l'orientamento, poi la conoscenza, semisoffocato dal fumo, e i pompieri dovettero penare per ritrovarmi. Sentii uno di loro che diceva: Questo idiota non poteva lasciar fare a noi? Credetemi è difficile stare al mondo quando tutti, sempre, sono contro di te. Ebbene, posso dirvi che chiunque abbia ucciso il signor Leonides, ha disposto le cose in modo che i sospetti cadessero su di me. Ha voluto rovinarmi. Come giudicate la signora Leonides? chiesi a bruciapelo. Arrossì, ma si compose subito. E' un angelo. La sua dolcezza, la sua bontà col vecchio marito erano ammirevoli. Associare il pensiero di una simile creatura a quello di un delitto è mostruoso. Ci vuole proprio l'ostinazione di quell'ispettore. E' prevenuto dissi dal numero di casi, nell'archivio della polizia, di mariti anziani che sono stati avvelenati dalle angeliche giovani mogli. Insopportabile stupido! esclamò Lawrence Brown con rabbia. Si avvicinò a una libreria d'angolo e si mise a frugare tra i volumi. Compresi che non gli avrei cavato più nulla e mi accomiatai. Mentre percorrevo il corridoio, si aprì una porta alla mia sinistra e quasi mi cadde addosso Josephine. Era una specie di apparizione demoniaca: tutta sporca di nero e con una ragnatela pendula dietro un orecchio. Da dove diamine sbuchi, piccola? domandai sbirciando attraverso la porta semiaperta. Vedevo due o tre gradini che portavano a una specie di soffitta rettangolare. Sono stata nella stanza dei serbatoi dell'acqua. Perché sei andata a finire lì dentro? Investigazioni.
Che cosa ci può essere da investigare tra i serbatoi? Adesso vado a lavarmi disse eludendo la domanda. Mi sembra che tu ne abbia bisogno. Mentre entrava nella più vicina stanza da bagno, disse: Ecco giunto il momento del secondo delitto. Che ne dici? Come sarebbe a dire, il secondo delitto? Nei libri polizieschi c'è sempre un secondo delitto, dopo un po'. Quello che sa qualcosa viene fatto fuori, prima che possa parlare. Leggi troppi romanzi, Josephine. La vita, poi, non è così. Posso assicurarti che se in questa casa c'è qualcuno che sa qualcosa, si guarderà bene dal farne parola. La risposta della bambina mi giunse un po' attenuata dallo scorrere dell'acqua nel lavabo, attraverso la porta aperta. Qualche volta, quelli che sanno non sanno di sapere. Rinunciai a decifrare la frase oscura e lasciai la bambina alle sue abluzioni per ridiscendere al piano di sotto. Stavo raggiungendo le scale, quando, con un lieve fruscio, Brenda uscì dal salotto. Mi si fece vicinissima, passandomi una mano sul braccio, gli occhi fissi nei miei. Allora? chiese. Nulla risposi. Sospirò. Ho tanta paura. La sua paura era così vera, che riusciva quasi a comunicarla a me. Volevo rassicurarla, aiutarla. La sentivo così sola, in quell'ambiente ostile. Avrebbe anche potuto gridare: Chi è dalla mia parte? E quale sarebbe stata la risposta? Lawrence Brown? E chi era, dopo tutto, Lawrence Brown? Un debole. Volevo aiutarla. Ma non avevo niente da dirle, non potevo fare niente per lei. Ero imbarazzato, ripensando allo sguardo sprezzante di Sophia quando mi aveva detto di non poter prendere le difese di Brenda. Sola, sospettata di omicidio, con nessuno che stava dalla sua parte. Domani ci sarà l'inchiesta riprese. Che cosa accadrà? Questo era l'unico argomento sul quale potessi rassicurarla. Non preoccupatevi. L'inchiesta è rinviata. Scatenerebbe tutti i commenti della stampa, mentre finora i Leonides, con la loro grande influenza, sono riusciti a ottenere un silenzio che giova a tutti, anche al lavoro della polizia. Comunque, vi consiglio di scegliervi un avvocato. Emise un grido di spavento. No, no la rassicurai non per quello che pensate. Voglio dire che avete bisogno di qualcuno che vi consigli sul modo di agire, che vi suggerisca quello che dovete dire o non dire. Siete troppo sola. L'avevo capito disse. Voi siete l'unico che sento vicino e la sua mano strinse il mio braccio. Scesi le scale sentendomi riscaldato e soddisfatto dalle sue parole... Poi vidi Sophia davanti alla porta d'ingresso. Con voce fredda, staccata, disse: Quanto tempo! Hanno telefonato da Londra. Tuo padre ti vuole. A Scotland Yard? Sì. Che cosa vorrà mai? Ti ha detto niente? Scosse il capo negativamente. Lessi nei suoi occhi una grande apprensione. L'abbracciai. Non ti preoccupare, cara le dissi. Tornerò il più presto possibile.
17. Nell'ufficio del sovrintendente c'era un'atmosfera tesa. Il vecchio sedeva alla sua scrivania. Taverner appoggiava le spalle alla finestra, e nella poltrona per i visitatori c'era il notaio Gaitskill, con aria cupa.
... vi ho comunicato la cosa in via strettamente confidenziale stava dicendo Gaitskill, acido. Certo, certo rispose mio padre, conciliante. Poi, rivolto a me: Bravo, Charles, hai fatto presto. Ci sono novità sorprendenti. Inaspettate confermò il notaio con il solito tono seccato. Evidentemente, qualcosa aveva urtato la suscettibilità del piccolo uomo. Posso ricapitolare? disse mio padre. Il notaio Gaitskill ha ricevuto questa mattina una strana comunicazione da un certo signor Agrodopolous, proprietario del ristorante Delfo. Si tratta di un vecchio signore, greco di nascita. Da giovane, Aristides Leonides l'aveva aiutato molto, e lui gliene è rimasto sempre grato; sembra inoltre che Leonides si fidasse molto di lui. Non avrei mai creduto che Leonides fosse così riservato e sospettoso borbottò il notaio. Ma bisogna considerare che ormai era vecchio e un po' rimbambito. No. Probabilmente l'istinto l'ha spinto verso il compatriota. Quando si è vecchi, il pensiero torna volentieri ai giorni della giovinezza! Ma io mi occupavo dei suoi affari da più di quarant'anni protestò il notaio. Quarantatré anni e sei mesi, per la precisione. Taverner sorrise apertamente. Si può sapere cos'è accaduto? chiesi. Gaitskill fece per parlare, ma mio padre lo prevenne. Questo signor Agrodopolous ha dichiarato che, un anno fa, il vecchio Leonides l'aveva onorato della sua fiducia, inviandogli una busta sigillata con l'istruzione di consegnarla al notaio Gaitskill soltanto dopo la morte di lui, Leonides. Nel caso in cui il signor Agrodopolous fosse morto per primo, suo figlio, figlioccio del signor Leonides, avrebbe dovuto mantenere l'impegno. Agrodopolous, infatti, ha consegnato ora la busta scusandosi per il ritardo, ma ha spiegato che era ammalato di polmonite e quindi gli avevano comunicato la morte dell'amico solo quando si era sentito meglio. Aperta la busta, il notaio ha creduto suo dovere metterci a conoscenza del suo contenuto. Si tratta del testamento, debitamente firmato, e di una lettera in un'altra busta. Allora il testamento è saltato fuori alla fin fine! esclamai. Non si tratta del testamento redatto da me protestò il notaio, rosso d'ira. Questo è scritto di suo pugno. Evidentemente, non mi ha ritenuto capace di stilargliene uno nuovo. Taverner cercò di addolcirgli la pillola. Il signor Leonides era in età molto avanzata. I vecchi, anche se non rimbambiti, sono capricciosi. Mio padre continuò, ignorando le parole degli altri. Il signor Gaitskill ci ha telefonato e io l'ho pregato di venir qui e ho chiamato anche te. Non vedevo perché avesse desiderato la mia presenza. Si trattava di una procedura alquanto singolare da parte di due vecchi lupi di Scotland Yard come papà e Taverner. Non c'erano ragioni speciali perché io dovessi conoscere d'urgenza le ultime volontà di Leonides. Questo testamento è diverso dall'altro? chiesi. Sì, molto diverso confermò Gaitskill. Mio padre mi fissava. L'ispettore capo Taverner invece stava ben attento a non guardarmi. Mi sentivo leggermente a disagio... Avevano in mente qualcosa... ed era qualcosa che non riuscivo a capire. Guardai interrogativamente Gaitskill, dicendo: Non è affar mio, ma... Gaitskill rispose: Le disposizioni del signor Leonides non sono vincolate dal segreto naturalmente. Ho ritenuto fosse mio dovere informare innanzitutto le autorità. Fece una pausa. Tra voi e la signorina Leonides c'è... un'intesa, diciamo così, vero? Desidero sposarla dissi. Ma, dato il momento, lei non vuol
fidanzarsi ufficialmente. Sono d'accordo con la signorina. In questo nuovo testamento, in data venti novembre dello scorso anno, eccetto un legato di centomila sterline alla moglie, il vecchio signor Leonides lascia erede universale la nipote Sophia Katherine Leonides. Mi sfuggì un'esclamazione. Francamente, non mi sarei mai aspettato una cosa simile. Ha lasciato tutto a Sophia. Che cosa straordinaria. Perché avrà agito così? chiesi. Nella lettera acclusa al testamento ha spiegato molto chiaramente la ragione del suo atto disse mio padre, porgendomi un foglio che aveva davanti a sé sulla scrivania. Non vi dispiace se faccio leggere la lettera a Charles, signor Gaitskill? Sono ai vostri ordini disse, freddo, il notaio. La lettera offre almeno una spiegazione e, forse, una scusante all'incredibile comportamento del signor Leonides. La lettera era vergata a mano, con un inchiostro nerissimo, in una scrittura quasi indecifrabile, minutissima, che denotava carattere e personalità. Non sembrava affatto quella di un vecchio all'infuori forse per la precisa forma di alcune lettere, più tipica di tempi lontani. Caro Gaitskill, nel ricevere questa mia resterete sorpreso e probabilmente offeso; ma ho le mie buone ragioni per comportarmi in un modo che a voi può apparire inutilmente misterioso. Mi spiegherò. Pur rispettando la personalità altrui, ho sempre notato che in ogni famiglia c'è un carattere più forte degli altri, destinato a portarne il carico. Nella nostra famiglia, questa persona sono io. Venuto giovanissimo a Londra e presavi dimora, mantenni sempre mia madre e i miei vecchi parenti di Smirne, riuscii a liberare uno dei miei fratelli dalle grinfie della legge, restituii la libertà a mia sorella che aveva fatto un cattivo matrimonio, e così via. Il Signore ha avuto la bontà di concedermi una lunga vita: ho avuto così la possibilità di provvedere ai figli e ai figli dei figli. Alcuni mi vennero strappati dalla morte, altri - sono orgoglioso di poterlo dire - vivono sotto il mio tetto. Quando morirò, il carico che ho portato passerà sulle spalle di qualcun altro. Questa è la nuova decisione che ho preso. Mi sono dibattuto molto nel dubbio, e ne ho concluso che, dividendo la mia fortuna tra i miei cari il più equamente possibile, non compivo un vero atto di giustizia. Gli uomini non nascono tutti uguali. Per compensare le ingiustizie della natura è necessario che una sola persona abbia il compito di livellare la bilancia. In altre parole: è necessario che ci sia un mio successore atto a prendere su di sé la responsabilità di tutto il resto della famiglia. Il mio amatissimo figlio Roger, a causa della sua natura squisitamente poetica e troppo impulsiva insieme, non può essere dotato di vero equilibrio. Mio figlio Philip è così poco sicuro di sé da essersi spontaneamente ritirato dalla vita per seppellirsi fra i libri. Eustace, mio nipote, è troppo giovane, ma è già indolente e influenzabile. Solo mia nipote Sophia sembra possedere le qualità positive necessarie: ha intelligenza, buon senso, coraggio, una mente libera da pregiudizi e, credo, molta generosità. Affido a lei il benessere e la prosperità della famiglia, nella quale è compresa la mia cara cognata Edith de Haviland, alla quale devo molta gratitudine per l'infinita devozione tributata a me e ai miei cari. Ecco la spiegazione del testamento accluso. Quello che mi riesce più difficile spiegare, mio vecchio amico, è l'inganno al quale sono ricorso. Non volevo assolutamente che la famiglia sapesse che Sophia era la mia erede universale. Dato che avevo già dato ingenti somme ai miei figli, non credo che questo testamento li ponga in una posizione umiliante.
Per placare l'istintivo interesse dei miei figli in proposito, vi ho pregato di redigere un testamento, che ho letto a voce alta alla mia famiglia raccolta, e che posai poi sulla scrivania, coprendolo con un grande foglio di carta assorbente. Ma quando i due servitori si accostarono per firmare sotto il mio nome, io alzai il lembo inferiore della carta assorbente ed essi firmarono, come vedete, non il testamento letto ad alta voce, ma il presente accluso. Inutile spiegarvi come eseguii il trucco. Mi limito a chiedervi scusa per avervi tenuto all'oscuro di tutto, ma i vecchi hanno diritto ai loro piccoli segreti. Grazie, amico caro, dell'assiduità con cui avete sempre curato i miei affari. Sappiate dire a Sophia l'immenso bene che le voglio e pregatela di sorvegliare la famiglia e di tenerla lontana dal male. Sinceramente vostro Aristides Leonides Avevo letto il documento con estremo interesse. Straordinario! esclamai. Sì, proprio straordinario convenne agro Gaitskill, alzandosi. Non dovete prendervela così, notaio disse mio padre. Il vecchio Leonides era pieno di fantasia... gli piaceva complicare un po' le cose. Comunque, Gaitskill se ne andò ancora profondamente irritato. Evidentemente era rimasto ferito nel più profondo della sua sensibilità professionale. E' proprio offeso disse Taverner quando fu uscito. Bisogna convenire che lo studio legale e notarile Gaitskill & Callum è assai quotato per la sua serietà. Infatti, quando il vecchio Leonides intraprendeva qualche affare un po' dubbio, non metteva mai di mezzo loro, ma usava i servizi di un'altra mezza dozzina di legali. Perbacco, era astuto, il vecchio. E l'ha proprio dimostrato con questo testamento aggiunse mio padre. Che sciocchi siamo stati, quando cercavamo la persona che aveva escogitato il trucco del testamento, a non aver pensato al vecchio furbo! Ricordai il sorriso di superiorità di Josephine, quando aveva sentenziato: Quanto è stupida la polizia! Ma lei non era presente alla famosa lettura del testamento e, se anche aveva ascoltato dalla porta, com'ero portato a credere, per scoprire il trucco bisognava vedere, non udire. A un tratto, nel colmo delle mie riflessioni, mi resi conto del silenzio di mio padre e di Taverner, che mi stavano guardando. Qualcosa nel loro atteggiamento mi scosse. Sophia non sa niente di questa eredità: niente! No? insinuò mio padre. Ne resterà sbalordita! affermai. Improvvisamente squillò il telefono. Mio padre prese il ricevitore. Pronto? Sì, passatemela. Mi guardò. E' la tua ragazza. Vuole parlare con noi. E' urgente. Afferrai il ricevitore. Sophia? Charles, sei tu? Si tratta di Josephine. Cos'è successo? Un colpo alla testa. Commozione cerebrale. E' grave. Dicono che può darsi che non ce la faccia a sopravvivere. Mi rivolsi agli altri due. Hanno fatto un attentato a Josephine! Papà mi tolse il ricevitore di mano dicendo con voce severa: Te l'avevo detto di badare alla bambina.
18.
In un batter d'occhio, Taverner e io eravamo su un'automobile della polizia, diretti a Swinly Dean. Mi vedevo davanti Josephine che sbucava dalla stanza dei serbatoi, e risentivo la sua acuta osservazione: E' arrivato il momento del secondo delitto. La povera bambina non pensava, in quel momento, che la vittima sarebbe stata proprio lei. Poteva darsi che quello che io avevo considerato un'invenzione puerile, avesse ben altra importanza, che la piccola sapesse veramente chi era il colpevole. Ricordai il sinistro presentimento di quel ramo spezzato nel giardino. In seguito, i miei timori mi erano apparsi melodrammatici, eccessivi. Avevo sbagliato. Forse Magda, obbedendo a un oscuro istinto materno, aveva sentito che la piccola doveva essere allontanata al più presto, e per questo voleva mandarla in Svizzera. All'arrivo, ci venne incontro Sophia. Disse che la bambina era stata trasportata in ambulanza all'ospedale di Market Basing. Il dottor Gray avrebbe fatto sapere al più presto i risultati della radiografia. Cos'è accaduto? chiese Taverner. Sophia ci guidò fino al retro della casa, facendoci girare intorno al fabbricato e quindi entrare in un cortiletto. Ci indicò una porta socchiusa. E' la porta di una lavanderia fuori uso. In basso, nel legno della porta, c'è un largo foro. Josephine si divertiva a infilarci il piede e a far dondolare l'uscio avanti e indietro. L'ex lavanderia era piccola e piuttosto buia, ingombra di casse, tubi da giardinaggio, vecchi utensili rotti. In terra, si notava subito un leoncino di marmo di quelli usati come ferma porta. E' il fermaporte dell'ingresso spiegò Sophia. Può darsi che sia stato messo in equilibrio sopra questo uscio. Taverner passò una mano sull'orlo superiore. Era una porta bassa, alta appena un palmo più della sua testa. Il solito scherzo da ragazzi disse, muovendo la porta avanti e indietro. Poi si voltò a guardare il leoncino. Nessuno l'ha toccato? chiese. No. Ho proibito a tutti di toccarlo. Molto bene. Chi ha trovato la bambina? Io. Non era rientrata all'una per il pranzo. Nannie continuava a chiamarla. L'aveva vista dirigersi verso il cortiletto circa all'una meno un quarto e aveva pensato che fosse venuta qui. Io allora sono venuta a cercarla. Dunque, aveva l'abitudine di divertirsi a questo modo. Chi lo sapeva? Direi che lo sapevano tutti rispose Sophia, stringendosi nelle spalle. Chi altri entrava nella lavanderia? Nessuno ci entrava mai. Si può vedere il cortiletto da qualche finestra della casa? chiese ancora Taverner. Senza attender risposta, sempre facendo dondolare la porta avanti e indietro, continuò a parlare quasi a se stesso. Già. Chiunque, uscendo dal retro della casa o girandovi intorno, poteva venire qui ad allestire la trappola. Però, sarebbe stato un rischio forte per un attentato di esito incerto, perché la bambina avrebbe potuto benissimo non rimaner colpita. La bimba è stata sfortunata, ecco tutto. Sophia tremava tutta. Taverner si chinò a osservare varie intaccature sul pavimento. Questi devono essere tutti segni di esperimenti fatti in precedenza per vedere se l'oggetto messo sulla porta sarebbe caduto e in che modo, e per stabilire se il rumore sarebbe o no stato avvertito dalla casa. Non abbiamo udito nulla disse Sophia. Non pensavo nemmeno lontanamente che potesse essere accaduto qualcosa d'anormale, finché non sono arrivata qui e l'ho trovata esanime, col viso a terra e i
capelli inzuppati di sangue la frase terminò in un singhiozzo. Quella sciarpa è della bambina? chiese Taverner, indicando una fascia di lana sul pavimento. Sì. L'ispettore raccolse la sciarpa e con quella sollevò il leoncino di marmo con estrema prudenza per non toccarlo direttamente. Potrebbero esservi delle impronte digitali. Purtroppo, il colpevole avrà preso le sue precauzioni. Poi, rivolto a me, chiese: Che cosa state guardando? Osservavo una vecchia sedia da cucina mezzo sfasciata, sul cui sedile c'era un po' di terra. Taverner seguì il mio sguardo. Strano disse. Qualcuno c'è montato sopra con le suole infangate. E, rivolto a Sophia: A che ora avete scoperto la bambina ferita, signorina? Poteva essere l'una e cinque. E la cameriera l'aveva vista uscire circa venti minuti prima. Chi può essere stata l'ultima persona a entrare qua dentro, prima di Josephine? Non saprei. Probabilmente lei stessa. Dopo la prima colazione, è stata qui a divertirsi con la porta. Quindi, chi ha imbastito la trappola ha dovuto farlo tra quell'ora e l'una meno un quarto. Avete detto che questo oggetto fermava il portone di casa. Non ricordate quando è sparito dal suo posto? Non saprei. Durante il giorno il portone non è mai stato aperto perché faceva troppo freddo. Sapete qualcosa di quello che hanno fatto i vari membri della famiglia, in mattinata? Io sono uscita a fare quattro passi. Eustace e Josephine hanno avuto lezione fino alle dodici e mezzo, con un breve intervallo alle dieci e mezzo. Papà, credo che sia rimasto in biblioteca tutta la mattina. E vostra madre? Usciva di camera mentre io tornavo dalla passeggiata. Saranno state circa le dodici e un quarto. Non ha l'abitudine di alzarsi presto. Rientrammo in casa. Seguii Sophia in biblioteca dove si trovavano Philip, pallido e sconvolto, e Magda che, accovacciata ai suoi piedi, piangeva. Hanno telefonato dall'ospedale? chiese Sophia. Philip fece un segno di diniego. Magda singhiozzò più forte, poi cominciò a recitare. La mia bambina! La mia bambina! Perché non mi hanno lasciato andare con lei? E pensare che qualche volta l'ho fatta inquietare. E adesso morirà, lo sento che morirà! Taci cara la implorò Philip. Taci! Sentii che la mia presenza, in quel momento d'ansietà e di dolore, era inopportuna. Uscii silenziosamente e andai in cerca di Nannie. La trovai seduta in cucina che piangeva. E' stato un castigo, signor Charles, una punizione del cielo per quello che ho detto della piccola. Non tentai nemmeno di farla ragionare sull'assurdità di quelle parole. E' una casa dannata, questa continuò. Qualcuno ha ucciso il padrone, e la stessa persona ha tentato adesso di uccidere Josephine. Ma perché avrebbero voluto ucciderla? chiesi. Asciugandosi gli occhi con il fazzoletto, mi guardò. Lei voleva sapere tutto, anche le cose da nulla. Era capace di nascondersi sotto la tavola per ascoltare i nostri discorsi in cucina, e poi ne prendeva nota. Le pareva di acquistare importanza, a questo modo. La poverina non era bella come gli altri due. Sua madre la chiamava sempre il mio povero mostriciattolo. Io non approvavo la padrona, perché la piccola non lo dava a vedere, ma soffriva molto della sua inferiorità. E, quasi per vendicarsi sugli altri, voleva scoprire i loro segreti e faceva loro capire di conoscerli. Ma non sono cose da farsi, quando un assassino circola per casa. No, non sono cose da farsi. Quelle parole mi fecero venire in mente
una cosa. Domandai a Nannie: Voi sapete dove la piccola teneva il libretto con i suoi appunti? Capisco il vostro pensiero, signor Charles, ma non ne ho la minima idea. L'ho vista prendere appunti. Era gelosissima di quel suo libriccino. Non l'aveva con sé quando è stata trovata? No, signor Charles, non l'aveva. Qualcuno aveva preso il libriccino? O Josephine l'aveva nascosto in camera sua? Decisi di controllare. Uscii nel corridoio con l'intenzione di trovare da solo la camera di Josephine, e subito sentii la voce di Taverner che mi chiamava. Venite, Charles, sono nella camera della bambina. Varcai la soglia e rimasi senza parola. Nella stanzetta sembrava che fosse passato un uragano: cassetti rimossi col contenuto rovesciato in terra, materassi e lenzuola all'aria, le coperte ammucchiate in un angolo, le sedie ribaltate, i quadri rimossi dalle pareti, le fotografie tolte dalle cornici. Cosa ne pensate? chiese l'ispettore. E' chiaro che qualcuno ha cercato affannosamente qualcosa qui dentro. Ma come diamine avrà fatto a scatenare questo inferno senza essere visto né udito? Molto semplice. La signora Leonides passa la mattinata in camera sua a lustrarsi le unghie e ad attaccar bottoni telefonici alle amiche. Philip se ne sta sepolto in biblioteca, la cuoca era in cucina a sbucciare patate e piselli. Per chi conosca le abitudini della famiglia, niente di più facile che compiere impunemente i due lavoretti: la trappola sulla porta e la camera sottosopra. Evidentemente, la persona che ha agito aveva una gran fretta. Pare. Comunque, nessuno dei familiari sfugge al sospetto. Chiunque ha avuto la possibilità di venir meno per un momento alla sorveglianza degli altri. Philip, Magda, la cuoca, la signorina Sophia. E per quelli di sopra, lo stesso: Brenda ha trascorso quasi tutta la mattinata per conto suo in casa; i ragazzi hanno interrotto le lezioni per mezz'ora; la signorina de Haviland era in giardino sola. Roger, incontrollato, nel suo studio. Clemency, invece, sarà stata a Londra per il suo lavoro. Non sfugge nemmeno lei. Oggi è rimasta a casa con l'emicrania. Vorrei sapere almeno che cosa cercava, qui dentro, il delinquente! I suoi occhi giravano intorno inquisitori. Vorrei anche sapere se l'ha trovato... In quel momento, un ricordo mi si affacciò improvviso. Taverner mi domandò: Cosa stava facendo la bambina l'ultima volta che l'avete vista? Aspettate. Corsi fuori della camera, salii al piano superiore, spinsi la porticina della stanza dei serbatoi. Superati i due gradini, mi guardai intorno. Ricordai che a una mia domanda su cosa facesse lì dentro, la piccola aveva risposto: Investigazioni. Sul momento mi era apparsa una fanciullaggine, adesso mi rendevo conto che un luogo di quel genere poteva prestarsi come un ottimo nascondiglio. Mi misi a frugare. Dopo tre minuti, dietro la base della tubatura maggiore, trovai un pacchetto di lettere avvolte in un foglio di carta da pacchi. Lessi una delle lettere, a caso. Lawrence, mio grande, unico amore... E' stata una cosa stupenda iersera sentirti recitare quei versi. Sapevo che erano dedicati a me, anche se tu non mi guardavi. Aristides ha detto: 'Leggete molto bene la poesia'. Lui ignorava quello che commoveva le nostre anime, caro, amore mio! Sono certa che presto tutto si accomoderà e saremo felici che lui non sia venuto a conoscenza di nulla, che sia morto contento. Non credo che possa arrecare molta gioia, il vivere dopo gli
ottant'anni. Vedrai che presto saremo uniti per sempre. Che cosa meravigliosa sarà poterti dire 'Marito mio caro!'. Siamo fatti l'uno per l'altra. Ti amo, ti amo, ti amo... La lettera continuava, ma ormai senza interesse per me. Mi precipitai giù per le scale, deposi il pacco nelle mani di Taverner. Forse era questo che cercavano qui dentro! L'ispettore lesse qualche riga con l'espressione del gatto che si lecca i baffi dopo un buon boccone. Bene disse soddisfatto. Brenda è in trappola. E anche il signor Lawrence Brown! E così, sono stati proprio loro, dopo tutto!
19. Ripensandoci ora, mi sembra strano che la scoperta di quelle lettere avesse potuto cancellare, improvvisamente, la mia simpatia per Brenda. Forse la mia vanità era incapace di sopportare la rivelazione di quello sdolcinato amore, e poi c'era il fatto che lei mi aveva deliberatamente mentito. Non so. Non sono uno psicologo. Probabilmente, invece, era solo il pensiero di Josephine crudelmente sacrificata a quell'egoismo. E' stato Brown a predisporre la trappola, se volete il mio parere disse Taverner e questo spiega le mie perplessità sulla faccenda. Quali perplessità? Si tratta di un'azione così sciocca! Diciamo che la bambina aveva quelle lettere, lettere che sono vera dinamite: la prima cosa da fare è tentare di riprenderle (dopo tutto, se la bambina ne parla, ma non può esibirle, tutti penserebbero che si tratti di sue fantasie) ma se non si riesce a trovarle, non resta che eliminare la bambina una volta per tutte; l'assassino ha già commesso un delitto, e non esita certo di fronte alla prospettiva di commetterne un secondo. L'assassino sa che Josephine viene spesso a giocare in questo cortile deserto, per cui la cosa migliore sarebbe appostarsi dietro la porta per colpirla con un attizzatoio, una sbarra d'acciaio o un tubo per l'acqua, tutti oggetti che trova lì a portata di mano. Perché trastullarsi con un leone di marmo in bilico sulla porta, che potrebbe benissimo mancarla e che, anche se la colpisce può non ucciderla, come in effetti è successo? E la vostra risposta qual è? La prima ipotesi che avevo formulato era che questo modo di agire servisse per crearsi un alibi, in modo da trovarsi in un altro posto, alla presenza di testimoni, quando la bambina veniva colpita: ma non regge, perché in primo luogo nessuno sembra possedere un alibi, e poi perché qualcuno sarebbe andato a cercare Josephine all'ora di pranzo, e avrebbe visto la trappola e il leone di marmo, e il trucco sarebbe stato scoperto. L'assassino, naturalmente, avrebbe potuto portar via il leone prima che il corpo venisse trovato, ostacolando così la ricostruzione dei fatti, ma così come si è svolta, la faccenda non ha senso. Per cui come la spiegate? Attraverso la personalità di Lawrence, la sua idiosincrasia per la violenza fisica: non sarebbe stato letteralmente in grado di appostarsi dietro la porta e di colpire la bambina in testa. Preparare la trappola, invece, allontanandosi poi per non vedere quello che succedeva, è un altro discorso. Capisco dissi lentamente un po' come il manipolare la fiala contenente l'insulina. Proprio così. Pensate che l'abbia fatto senza che Brenda lo sapesse? Questo spiegherebbe perché lei non ha buttato via la fiala di insulina. Potrebbero anche aver escogitato insieme la faccenda, oppure potrebbe essere opera solo di Brenda, decisa a procurare una morte veloce per il vecchio, stanco marito, un passaggio a un mondo
migliore. Ma scommetterei che non è stata lei a predisporre la trappola sulla porta: le donne non si fidano dei congegni meccanici, e hanno ragione. Personalmente penso che l'eserina fosse una sua idea, ma che abbia indotto il suo sottomesso schiavo a compiere l'atto materiale: lei appartiene a quel genere di persone che evitano di compiere personalmente azioni non corrette, così possono mantenere la coscienza pulita. Dopo una breve pausa continuò: Queste lettere sono un punto di partenza molto importante per la nostra inchiesta. Se poi Josephine si salva, possiamo proprio essere soddisfatti. Mi diede un'occhiata di sfuggita e continuò: Che cosa si prova a essere fidanzati con un milione di sterline? Sussultai, l'eccitazione delle ultime ore mi aveva fatto dimenticare la faccenda dell'eredità. Sophia non lo sa ancora risposi volete che glielo dica? Gaitskill intende rivelare le cattive (o buone) notizie dopo l'inchiesta, domattina disse Taverner guardandomi con fare pensieroso. Chissà quali saranno le reazioni della famiglia? 20. L'udienza per l'inchiesta si svolse come avevo predetto: venne aggiornata su richiesta della polizia. Fummo molto confortati dalle notizie che giungevano dall'ospedale, secondo le quali le ferite di Josephine erano molto meno serie di quanto non fosse sembrato all'inizio, per cui la sua guarigione sarebbe stata rapida. Per il momento, però, i dottori non avrebbero permesso alcuna visita, nemmeno della madre. Soprattutto non la mamma mi sussurrò Sophia l'ho spiegato chiaramente al medici. Dovevo averle lanciato uno sguardo perplesso, perché mi chiese brusca: Che cosa significa quello sguardo di riprovazione? Mi sembra che dopotutto la madre... Tu ancora non hai capito di che cosa è capace mia madre. Non potrebbe fare a meno di recitare una grande scena drammatica, e le scenate drammatiche non sono la cosa più indicata per uno che è stato ferito alla testa. Vedo che ti preoccupi di tutto, cara. Ci deve pur essere qualcuno che lo faccia, adesso che non c'è più il nonno. La guardai pensieroso: mi accorsi che il vecchio Leonides aveva visto giusto un'altra volta. Il peso delle responsabilità era già sulle spalle di Sophia. Dopo l'udienza, Gaitskill venne con noi a Three Gables, radunò tutti nel salotto di Magda, si schiarì la gola e disse con tono enfatico: Debbo fare una comunicazione che interessa tutti voi. Mi accinsi a osservare le reazioni dei vari membri della famiglia. Gaitskill fu conciso e seppe mascherare i propri risentimenti. Lesse dapprima la lettera di Aristides Leonides, quindi il testamento. Pensavo che sarebbe stata una bella cosa se i miei occhi avessero potuto guardarli tutti contemporaneamente. Tralasciai di osservare Brenda e Lawrence. Per loro non c'era nulla di mutato, nel testamento. Fissai invece la mia attenzione sui due figli e sulle rispettive mogli. Mi sembrò che si comportassero bene, a una prima occhiata. Philip, la bella testa posata contro lo schienale della poltrona, strinse con forza le labbra, ma non profferì parola. Magda invece, appena l'avvocato ebbe terminata la lettura, iniziò i suoi vaneggiamenti. Cara Sophia. Straordinario! Romantico... Il caro vecchio non ha avuto fiducia in noi. Eppure non sembrava che prediligesse Sophia. Drammatico. Proprio da teatro. Volò danzando verso la figlia, e le fece una gran riverenza. Madame Sophia, la vostra povera madre in miseria vi chiede la carità. Vi prego datemi gli spiccioli per andare al cinematografo!
Philip, quasi senza muovere le labbra, la richiamò duramente. Magda, smettila, per favore, con queste inutili buffonate! Lei allora si rivolse a Roger. Povero, caro diseredato! Il vecchio stava per venirti in aiuto ed è morto prima di poterlo fare. Si volse imperiosa a Sophia. Tu devi fare qualcosa per lui, Sophia! Clemency fece un passo avanti. No protestò. Non vogliamo assolutamente nulla. Un po' goffamente, Roger si accostò a Sophia e le prese affettuosamente una mano. Non voglio nemmeno un centesimo, cara. Appena questa brutta faccenda sarà finita, Clemency e io ce ne andremo lontano, nelle Indie Occidentali, a cominciare una nuova vita. Sono un uomo semplice, io, non ho bisogno di nulla. Ma se per caso mi trovassi in necessità... ricorrerei senz'altro al capofamiglia terminò con un sorriso affettuoso. Inaspettatamente, una voce ruppe il silenzio. Era Edith de Haviland. Molto bello, quello che dici. Ma dovresti tener presente che il tuo fallimento provocherà una quantità di pettegolezzi maligni, che ricadranno anche sulla reputazione di Sophia. Che cosa importa a noi dell'opinione pubblica? disse Clemency, sdegnosa. Sappiamo bene che a te non importa. Ma Sophia dovrà continuare a vivere qui. E' una ragazza intelligente, piena di cuore. Ma c'è già da far superare alla mentalità inglese la stranezza di Aristides nello scavalcare i propri figli. La gente sarebbe capace di dire che si è montata la testa per l'enorme ricchezza e lascia andare in rovina lo zio, senza muovere un dito! Roger andò ad abbracciare la vecchia zia. Sei molto cara a batterti per me, ma credo che né tu né gli altri riuscirete a comprendere veramente quello che Clemency e io desideriamo con tutto il cuore. E presa teneramente la moglie per il braccio, uscì con lei. Mi girai a osservare Sophia. Era in piedi accanto al caminetto, in atteggiamento armoniosissimo: il mento sollevato, gli occhi fermi, impassibili. Da pochi minuti era l'erede di un'immensa ricchezza. Ebbi la sensazione precisa del pesante carico lasciatole dal vecchio Leonides. Non aveva ancora detto una parola, ma da quel momento ogni sua parola sarebbe stata soppesata da tutti. Nonostante il tono affettuoso col quale ancora i familiari si rivolgevano a lei, già si sentiva intorno alla ragazza una specie di alone d'austerità. L'unica scena era stata quella di Magda, venata di malizia anch'essa. Chissà quante altre correnti oscure sarebbero venute alla superficie. Il notaio Gaitskill, studiando attentamente le parole, si rivolse a Sophia. Permettete che mi congratuli con voi, signorina. Siete ricchissima, ora. Vi consiglio di non prendere nessuna decisione precipitata. Posso anticiparvi il denaro necessario per il momento. In quanto alla futura sistemazione del capitale, sarò onoratissimo di consigliarvi, se lo riterrete opportuno. Fissatemi un appuntamento quando avrete ben riflettuto. Roger... riprese ostinata la signorina Edith. Il notaio la interruppe. Credo che Roger potrà pensare da sé agli affari propri. Non è un bambino, ha cinquantaquattro anni. E nessuna attitudine per gli affari. Guardò Sophia. Se gli rimetteste in piedi la Cooperativa Ristoranti, tra non molto saremmo allo stesso punto. Non mi sogno nemmeno di rimettergli in piedi la società disse secca Sophia. Aveva parlato per la prima volta col vero tono di un uomo d'affari. Gaitskill le rivolse un'occhiata e un sorriso di compiacimento e si
accomiatò. Ci fu qualche attimo di silenzio, infine Philip si alzò rigidamente. Devo tornare in biblioteca. Ho già perduto troppo tempo disse con tono asciutto. Papà! lo chiamò Sophia con voce tremula. Il padre la guardò freddamente. Scusa se non mi sono ancora congratulato con te. Non avrei mai creduto che mio padre arrivasse a umiliarmi in questo modo. Per la prima volta, qualcosa di umano affiorava dalla sua freddezza. Per Dio! gridò poi come ha potuto farmi questo? E' sempre stato ingiusto con me, sempre! Non devi parlare così! intervenne Edith. Non devi prendere per disprezzo il gesto di Aristides. I vecchi hanno l'istinto naturale di rivolgersi ai più giovani... Non mi ha mai considerato ribatté Philip. Roger... sempre Roger! Ebbene, almeno ha fatto in tempo ad accorgersi che il suo Roger non valeva niente e ha diseredato anche lui! E io? intervenne Eustace. Quasi non m'ero accorto della sua presenza. Lo vedevo, ora, turbato da un'emozione violenta, con le lacrime agli occhi, la voce isterica. Come ha osato, il nonno, compiere un atto così vergognoso? Ero il suo unico nipote maschio, perché preferirmi Sophia? Non è giusto. Lo odio. Odio il nonno, non lo perdonerò mai, finché vivrò. Adesso voglio andarmene da questa casa, essere padrone di me stesso. Non mi adatterò mai a sentirmi un burattino nelle mani di Sophia. Vorrei morire! Vorrei morire! Uscì singhiozzando. Non ha nessuna capacità di controllo disapprovò Edith. Io capisco quello che sente! esclamò Magda. Non ne dubito ribatté Edith in tono acido. Povero piccolo! Vado a raggiungerlo concluse la madre. Ti accompagno propose Edith, e uscì con lei. Sophia continuava a guardare suo padre, quasi implorante. Lui la fissò, gelido, ormai del tutto rientrato in se stesso. Hai giocato bene le tue carte Sophia disse, e uscì dalla stanza. Sophia mi mise una mano sul braccio. La strinsi forte a me. E' un'ingiustizia, una crudeltà. Troppo, per una povera ragazza dissi. Capisco quello che provano... Quel diavolo del nonno non doveva metterti in simili condizioni! Mi ha creduta abbastanza forte per sopportarlo. E lo farò. Ma vorrei che Eustace non soffrisse troppo. Gli passerà presto, vedrai. Credi? Ha un carattere che cova i rancori. Mi dispiace anche per mio padre. Tua madre, invece, non mi sembra che se la sia presa molto. Ti do pochi minuti e vedrai che verrà a chiedermi di finanziare la nuova commedia. Se questo può renderla felice... Sophia si scostò da me. Le risponderò un no tondo. La parte non è affatto adatta a lei, e la commedia è pessima. Sarebbe come voler buttare via i soldi. Non potei fare a meno di scoppiare in una risata. Cos'hai? domandò lei sospettosa. Niente. Comincio a capire perché il nonno ti ha nominata sua unica erede. Sei una piccola copia di lui, Sophia.
21. Devo dire sinceramente che mi rincresceva molto che Josephine non fosse stata presente alla scena del testamento. Quanto si sarebbe divertita! Le notizie che la riguardavano erano buone. Stava migliorando rapidamente, e l'attendevano a casa da un momento
all'altro. Ma perdette un altro avvenimento importante. Una mattina ero in giardino con Sophia e Brenda, quando una macchina si fermò al portone e ne scesero Taverner e il sergente Lamb. Entrarono in casa. Brenda li guardò attonita. Ancora qui: si ricomincia. Credevo che fosse tutto finito disse. Tremava visibilmente sotto la giacca di cincillà. Ci aveva raggiunti poco prima, dicendo: Se non prendo un po' d'aria, impazzisco. Sembra di essere in prigione, qui dentro. Basta uscire un momento dal cancello, e subito un giornalista ti si butta addosso. E' come essere assediati. Non finirà mai? Puoi uscire in macchina disse Sophia. Ti dico che ho voglia di muovermi, di camminare. Guardò freddamente Sophia, poi le chiese, all'improvviso: Perché hai licenziato Lawrence? Stiamo disponendo diversamente per gli studi di Eustace, e Josephine andrà in Svizzera. Ma intanto il povero Lawrence è convinto che nessuno abbia più fiducia in lui. Sophia non rispose. Io sapevo perché la polizia era venuta. Non avevo detto nulla a Sophia delle lettere che avevo trovato, ma sapevo che la faccenda era arrivata al Pubblico Ministero. Taverner uscì di casa e si avvicinò. Brenda tremava violentemente. Che cosa vorrà? Che cosa vorrà? continuava a dire convulsamente. L'ispettore parlò brevemente, in tono freddo e ufficiale. Ho un mandato di cattura contro di voi, signora Brenda Leonides. Siete accusata di avere somministrato una sostanza letale a vostro marito, Aristides Leonides, il diciannove settembre scorso. Vi avverto che qualsiasi cosa direte potrà essere usata contro di voi al processo. Brenda perdette ogni controllo. Cominciò a urlare, aggrappandosi a me. Non è vero! Non è vero! Signor Charles, diteglielo voi che sono innocente. Non lasciate che mi portino via! Non è vero... Sono innocente! Fu una scena incredibilmente orribile. Cercando di calmarla, stentavo a liberare il braccio dalle sue dita che lo attanagliavano. Le promisi di cercarle un avvocato purché si mantenesse calma. Taverner la prese gentilmente per il gomito. Andiamo, signora Leonides. Volete che vada a prendervi il cappello? No? Allora andiamo. La donna si divincolò guardandolo fisso con enormi occhi da gatto. E Lawrence? Cos'avete fatto a Lawrence? Anche il signor Brown è in stato d'arresto. Allora lei abbandonò ogni resistenza. Sopravvenne il collasso. Cominciarono a sgorgarle lacrime copiose, e si lasciò trascinare docile verso la macchina. Vidi Lamb uscire di casa con Lawrence Brown. Salirono anch'essi in auto. La macchina s'allontanò. Sospirai profondamente, guardando Sophia. Era pallida, con un'espressione dolorosa nello sguardo. Che cosa orribile, Charles! Sì. Devi procurarle un avvocato, il migliore possibile. Voglio che abbia tutta l'assistenza necessaria. Non avevo mai visto arrestare nessuno dissi. Non ci si rende conto di che cosa significhi. Davvero. Non ci si rende conto. Rimanemmo in silenzio. Pensavo allo sguardo di terrore sul viso di Brenda. Mi sembrava familiare e improvvisamente ne capii il motivo. Era la stessa espressione che avevo visto sul viso di Magda, il giorno della mia prima visita alla casa deforme, mentre parlava della commedia di Edith Thompson. Puro terrore: ecco cosa avevo visto sul viso di Brenda. Brenda non era
una donna che lottava. Probabilmente non aveva neanche il sangue freddo necessario per commettere un omicidio. Probabilmente era stato Lawrence Brown, con la sua mania di persecuzione e la sua personalità instabile, ad aver scambiato il contenuto delle fiale: un gesto semplice... per rendere libera la donna che amava. Adesso è finita disse Sophia, sospirando. Ma perché arrestarli senza prove? Le dissi delle lettere d'amore. Che pazzia, conservare roba del genere! Hai ragione. Ma, evidentemente, nessuno guarisce dalla passione di conservare la prova scritta dell'amore, nemmeno dopo le esperienze altrui. E ora, Sophia, ti sembrerò cinico, ma credo che sarebbe il caso di rallegrarsi. Questa è la soluzione in cui speravi, quella che, segretamente, ti prospettavi quando eravamo a cena da Mario, la sera del mio arrivo. Pensavi a Brenda o a Lawrence? Taci, Charles. Non farmi vergognare. Adesso è giunto il momento di pensare a noi. Niente ostacola più il nostro matrimonio. La famiglia Leonides è ormai fuori da questa brutta faccenda. Mi guardò fisso. Non m'ero accorto che i suoi occhi fossero d'un azzurro così intenso. Sei proprio sicuro che ne siamo fuori? E' risultato abbastanza chiaramente che nessuno di voi aveva motivo d'uccidere. Il suo viso diventò improvvisamente bianco. Io avevo un motivo. Ma se non sapevi nulla del testamento! Lo sapevo, Charles mormorò. Cosa? La guardai sbalordito. Avevo freddo. Ho sempre saputo che il nonno aveva stabilito di lasciare a me il suo denaro. Ma come? Me l'aveva comunicato lui, una quindicina di giorni prima di essere ucciso. A bruciapelo mi aveva detto: Ho lasciato tutto a te, Sophia. Devi aver cura della famiglia dopo la mia morte. Non me l'avevi detto osservai risentito. Ti dirò che, quando udii rievocare dai miei la scena della lettura del testamento alla famiglia riunita e delle firme apposte a testimonianza, pensai che il nonno, nel dirmi dell'eredità lasciata a me sola, intendesse quasi volermi lasciare con quelle parole un'eredità morale e nient'altro. Quando, poi, il testamento non si trovò, sperai con tutte le mie forze che il secondo, quello che mi riguardava, fosse andato perduto. L'ho sperato intensamente, Charles. Avevo paura. Perché paura? A causa del delitto, Charles. Quale differenza fra il terrore di Brenda e la lucida paura di Sophia! Questa sapeva considerare con chiarezza che il testamento in suo favore avrebbe potuto far cadere i sospetti sopra di lei. E ancor più ora mi spiegavo il suo rifiuto di fidanzarsi, la sua insistenza di scoprire la verità. Mentre tornavamo lentamente verso la casa mi ricordai di una cosa che mi aveva detto: che pensava che sarebbe stata capace di uccidere qualcuno, se il movente fosse stato veramente valido.
22. Lungo il sentiero del giardino c'imbattemmo in Roger e Clemency. La tenuta sportiva si confaceva a Roger assai meglio degli abiti cittadini. Salve! disse allegramente. Finalmente ci siamo! Cominciavo a pensare che non li avrebbero arrestati più, quella dannata donna e il suo smidollato amico! Adesso sono al sicuro, e speriamo che li
impicchino tutt'e due. Non essere brutale, Roger! protestò sua moglie. Brutale? Una crudele assassina avvelena un povero vecchio che aveva fiducia in lei, e mi chiami brutale perché desidero che i colpevoli scontino il loro delitto? Io ti ripeto che l'avrei strangolata molto volentieri con le mie mani. Si rivolse a noi: Era con voi, quando la polizia è venuta a prenderla, vero? Come si è comportata? E' stata una cosa terribile mormorò Sophia. Era fuori di sé dal terrore. Ben le sta. Smettila, Roger! protestò ancora Clemency. Tu non puoi capire, cara: non era tuo padre. Io amavo mio padre, te ne rendi conto? Lo amavo! Poi aggiunse sorridendo: Non hai immaginazione, mia cara. Pensa se fossi stato avvelenato io. Notai il lampo nei suoi occhi e la brusca contrazione delle mani. Non dirlo neanche per scherzo! Vedi? Ma adesso non crucciarti, cara. Fra poco saremo lontani da tutto questo. Ci incamminammo verso casa. Roger e Sophia davanti, mentre io e Clemency rimanevamo leggermente indietro. Adesso ci lasceranno andare, vero? mi chiese. Siete così ansiosa di andarvene? Non vedo l'ora. La guardai sorpreso; ricambiò il mio sguardo, mentre un timido sorriso compariva sul suo viso affaticato. Non vi accorgete, Charles, che devo sempre lottare? Per la mia felicità, per quella di Roger? Ho tanto temuto che la famiglia lo persuadesse a rimanere in Inghilterra, che non riuscissimo a liberarci dai vincoli familiari. Temevo che Sophia gli offrisse una rendita, e che lui decidesse di rimanere in Inghilterra perché così io avrei avuto una vita migliore. Il guaio con Roger è che lui non ascolta: ha le sue idee, che sono sempre sbagliate, ed è abbastanza un Leonides da pensare che la felicità per una donna dipenda solo dagli agi e dai soldi. Ma io intendo lottare per la mia felicità: porterò via Roger e gli darò quel genere di vita che non lo farà sentire un fallito. Lo voglio per me, senza gli altri... Aveva parlato a bassa voce, in fretta, con un tono disperato che mi aveva meravigliato. Non mi ero reso conto di quanto fosse tesa, né di quanto decisi e possessivi fossero i suoi sentimenti nei riguardi di Roger. Mi ricordai di quella strana frase di Edith de Haviland a proposito dell'idolatria, e mi chiesi se aveva inteso riferirsi a Clemency. Roger, pensai, aveva amato suo padre più di chiunque altro, più ancora di sua moglie, anche se le era molto affezionato. Mi resi conto di quanto importante fosse per Clemency avere il marito per sé: l'amore per Roger era lo scopo della sua vita. Lui era per lei un figlio, oltre che il marito e l'amante. In quel momento, un'auto si fermò davanti alla casa. Evviva! esclamai. Questa è Josephine che ritorna. Infatti, la piccola e sua madre scesero dalla macchina. Josephine aveva la testa bendata, ma un aspetto ottimo. Voglio vedere subito il mio pesce rosso disse avviandosi verso la vasca vicina. Sarebbe meglio che ti riposassi, invece suggerì la madre. Lascia perdere, mamma. Sto benissimo e non ho nessuna voglia di riposarmi. Sapevo che la bambina sarebbe stata in grado di lasciare l'ospedale già da qualche giorno. Era stato Taverner ad insistere perché la tenessero là al sicuro finché i due sospettati non si fossero trovati sotto chiave. Rassicurai Magda. Un po' d'aria fresca le farà bene. State tranquilla, la raggiungo io.
Appena rimasto solo con la bambina, la informai su quanto accaduto. Sono accadute grandi cose, durante la tua assenza. Non rispose, e si curvò a scrutare il fondo della vasca. Non vedo Ferdinand disse. Chi è Ferdinand? Quello con quattro code. A me invece piace quel pesciolino laggiù dalle squame lucenti. E' comune. Vale poco. Non mi piace invece quello bianco a macchioline. Non capisci niente. Quello è pregiatissimo. Josephine mi guardò con disprezzo. Allora, non vuoi proprio sapere cos'è successo in questi giorni? Lo so già. Sai pure che è stato trovato un altro testamento con il quale il nonno ha lasciato tutti i suoi averi a Sophia? Me l'ha detto la mamma. Ma io lo sapevo già. Te l'avevano già detto in ospedale? No. L'ho sentito quando il nonno lo diceva a lei, a Sophia. Stavi a origliare? Sì, mi piace origliare. Non è una bella cosa, Josephine. Ricordati che chi ascolta alle porte, non sentirà mai parlar bene di sé. Mi guardò allora in modo strano. Ho sentito quello che le diceva sul mio conto, se è questo che intendi dire. Poi aggiunse: Nannie s'infuria se mi trova ad origliare. Dice che non è un'abitudine degna di una vera signora. Ha ragione. Ma se oggi non esistono più, le vere signore! Non sono più di moda. Cambiai argomento. Così, sei tornata a casa in ritardo per il grande avvenimento. Poco fa, l'ispettore Taverner ha arrestato Brenda e Lawrence. Mi aspettavo che Josephine sarebbe stata emozionata per questa informazione, e invece si limitò a ripetere, con tono annoiato: Lo sapevo già. Non potevi saperlo, perché è accaduto un momento fa. Abbiamo incrociato l'auto della polizia. C'erano dentro l'ispettore col suo poliziotto e quei due. Allora, ho capito che dovevano essere stati arrestati. Spero che li condannino. Ho dovuto consegnare le lettere dissi, quasi scusandomi. L'avrei lasciato fare a te, ma eri fuori combattimento. Già. Te l'avevo detto che era arrivata l'ora per il secondo delitto. Del resto, il nascondiglio non era sicuro. Ho sospettato subito che Lawrence nascondesse lì qualcosa quando l'ho visto un giorno uscire dalla stanza dei serbatoi. Non è tipo da intendersi d'idraulica. C'interruppe la voce autoritaria della signorina de Haviland. Josephine! Vieni qui subito. Che seccatura! protestò la piccola, mettendosi però a correre attraverso il prato verso la zia. La seguii lentamente. Dopo un breve scambio di parole con la zia, Josephine entrò in casa. Mi avvicinai alla signorina Edith de Haviland. Per la prima volta le lessi in viso la sua età avanzata, l'amarezza, la sofferenza. Appariva esausta. Tentò di sorridermi. La bambina non ha ricevuto nessuna lezione da quel che le è capitato. Bisognerà sorvegliarla, in avvenire. Per quanto... forse ormai non è più necessario. Ma che spettacolo ripugnante ha dato Brenda. Gente senza spina dorsale. Anche quel Brown sembrava un coniglio preso in trappola. Poveri diavoli! mi sfuggì. Già. Adesso, spero che Brenda avrà il buon senso di tutelarsi con un avvocato di valore. Pensavo che era ben strano tutto quel disprezzo dei Leonides per
Brenda e, insieme, la loro scrupolosa preoccupazione che provvedesse a farsi difendere nel modo migliore. Quanto tempo durerà la faccenda? chiese ancora Edith. Risposi che non lo sapevo con esattezza. Ci sarebbe stata l'istruttoria, poi il processo. Forse tre o quattro mesi. E, se venivano condannati, potevano poi ricorrere in appello. Credete che verranno condannati? Non so con esattezza quante prove abbia in mano la polizia. Sono state trovate delle lettere... Lettere d'amore? Allora erano amanti? Il suo volto assunse un'espressione d'angoscia sempre maggiore. Mi dispiace che sia stata trovata questa prova contro di loro. Ho sempre detestato Brenda, ho detto cose cattive sul suo conto. Ma ora... ora desidero che abbia qualche possibilità di cavarsela. Aristides l'avrebbe desiderato. E per Lawrence, vi dispiace? Fece un'alzata di spalle. Gli uomini devono sapersela cavare da sé. Ma Aristides non ci perdonerebbe mai, se... S'interruppe bruscamente. Poi aggiunse: E' l'ora di pranzo. Rientriamo. Camminando verso casa le dissi che, nel pomeriggio, sarei dovuto andare a Londra. Andrete con la vostra automobile? Sì. Vi dispiacerebbe portarmi con voi? Credo che ormai avremo libera uscita, vero? Certamente. Ma credo che anche Sophia e Magda debbano andare a Londra. Forse stareste meglio con loro che nella mia due posti. Preferisco venire con voi. Vi prego, anzi, di non dire nulla a nessuno. Per quanto stupito da quel segreto, subito dopo il pranzo la feci salire sulla mia macchina. Non parlammo molto durante il tragitto. Quando le chiesi dove avrei dovuto lasciarla, rispose: Ad Harley Street, per favore. Poi, subito, cambiò idea. No. E' ancora troppo presto. Lasciatemi da Debenhams. Prenderò un tè, nell'attesa. Spero... Questo è il motivo per cui non ho voluto venire con Magda: lei drammatizza tutto. Sono molto spiacente dissi. Non serve. Ho avuto una vita piacevole, davvero. Fece una smorfia. E non è ancora finita. La lasciai con una certa apprensione.
23. Non vedevo mio padre da qualche giorno. Lo trovai occupato in faccende estranee al caso Leonides e cercai Taverner. Taverner stava godendosi un breve riposo e mi offrì di uscire insieme a bere qualcosa. Accettò le mie congratulazioni per aver risolto il caso, ma non lo vedevo soddisfatto come avrei pensato. Credete che li condanneranno? domandai. Non possiamo fare previsioni. Le prove che la polizia ha in mano sono indiziarie, come avviene spesso nei casi d'assassinio. Dipenderà molto dalla giuria. Fino a che punto possono costituire un capo d'accusa quelle lettere? A prima vista appaiono gravemente accusatrici. Vi sono accenni a una futura vita in comune, quando il marito sarà morto. Ma, naturalmente, la difesa avrà buon gioco facendo rilevare che il marito era così vecchio da giustificare la loro attesa che morisse. Non c'è alcun accenno preciso all'avvelenamento. La loro sorte dipenderà anche dal giudice che capiterà loro. Il vecchio Carberry, ad esempio, è spietato
nei casi di amore illecito. Comunque, è la giuria a decidere, e i due imputati non hanno, a mio parere, una personalità particolarmente affascinante. Lei, una bella donnina che ha sposato un vecchio per interesse, lui, un isterico obiettore di coscienza. Per di più, il delitto è tanto comune, tanto simile a casi già avvenuti, che apparirà difficile credere che non l'abbiano compiuto loro. Possono esservi, però, diverse conclusioni. Per esempio che il colpevole sia lui, e la donna non ne sapesse nulla. O, viceversa, che hanno agito di comune accordo. Voi, personalmente, cosa ne pensate? Non penso proprio nulla. Ho raccolto i fatti, li ho passati ai superiori. Ho compiuto il mio dovere. Ed è tutto. Ne sapevo meno di prima, ma sempre più mi rendevo conto che Taverner non era soddisfatto. Tre giorni dopo, mi decisi ad affrontare mio padre, anche perché non riuscivo a spiegarmi un certo suo nuovo riserbo nei miei riguardi. Dobbiamo parlarci con franchezza gli dissi subito. Taverner non è convinto che i colpevoli siano quei due. E tu nemmeno. Inutile che tu mi faccia domande, ormai. Ci sarà il processo. Deciderà il tribunale. Per carità, non tirarmi fuori il tribunale! Io voglio sapere che cosa ne pensi tu, personalmente. Non è detto che la mia opinione sia migliore della tua, Charles. Lo è, senz'altro. Allora, sarò schietto. Io ritengo... Che potrebbero essere colpevoli, ma non ne sei sicuro. Chi mai può essere sicuro? rispose mio padre, stringendo le spalle. Vorrei tanto che tu lo fossi, questa volta! Anch'io. Comunque, guardiamo le cose bene in faccia. Tu sei sempre dell'idea che il colpevole sia un membro della famiglia Leonides? Sicuro no; ma... Sì, guarda, magari a torto, ma ne sei convinto. Perché... Cercai di vedere le cose con chiarezza. Perché ne sono convinti loro. Molto interessante. Dunque i familiari si sospettano tra di loro? Oppure sanno esattamente chi è stato? Non lo so. Le mie idee non sono del tutto chiare... Ho come l'impressione che loro siano convinti di qualcosa, ma che si rifiutino di ammettere una simile realtà. Esatto confermò mio padre. Parla. Roger no. Quello è convintissimo che la colpevole sia Brenda, e desidera con tutto il cuore che venga impiccata. Ma gli altri appaiono molto strani. Sono a disagio, hanno come l'aria di volersi scusare di qualcosa, continuano a raccomandare che si procuri a Brenda un ottimo avvocato. Perché tutto questo? Perché, in cuor loro, non credono alla sua colpevolezza. Dev'essere proprio così disse mio padre, e aggiunse: E chi potrebbe essere stato? Hai parlato con tutti? C'è qualcuno che abbia mostrato qualche punto debole? Non saprei. Ti assicuro che è molto difficile stabilirlo. Nessuno di loro rientra nello schema tipo che tu mi hai fatto di un assassino, eppure io sento che si tratta di uno di loro. E se la colpevole fosse Sophia? E' assurdo! urlai. Sii sincero, Charles. Ammetti che questo sospetto è passato anche nella tua mente. E degli altri, che ne pensi? Di Philip, per esempio. Avrebbe avuto un movente troppo poco concreto. Quale? E' geloso di suo fratello Roger e della preferenza che, secondo lui, il vecchio gli ha sempre dimostrato. Certo, pare che il padre volesse salvarlo dalla rovina e, morendo quella sera, non ha potuto farlo. Però, è impossibile. Anormale, ma non impossibile. E Magda?
Quella è come una bambina. Non vede le cose nella loro giusta proporzione. Rimane il fatto dell'ansia che aveva nel volersi sbarazzare di Josephine mandandola in Svizzera. Non posso fare a meno di pensare che Josephine sapesse o potesse dire... Infatti hanno cercato di farla fuori. Non penserai che sia stata sua madre! Perché no? Papà, puoi ammettere che una madre... Charles, Charles... sei troppo inesperto dell'ambiente criminale! Spesso, per chissà quale ragione, la madre prende in odio uno dei figli, mentre è affettuosissima con gli altri. Infatti, lei chiamava Josephine il mio mostriciattolo ammisi, riluttante. La bambina ne soffriva? In apparenza, no. Chi c'è ancora: Roger? Escludo che abbia ucciso suo padre. Lasciamolo stare, allora. E la moglie, Clemency? Gli riferii l'ultima conversazione avuta con lei, e dissi come ritenessi possibile che il suo morboso desiderio di portarsi via il marito tutto per sé potesse anche averla spinta a sopprimere il vecchio. Riuscì a persuadere Roger ad andarsene senza dirlo al padre, ed ecco che lui lo scopre. E decide di salvare la Cooperativa, frustrando così tutte le speranze e i progetti di Clemency, che adora il marito, lo idolatra addirittura. Stai ripetendo quello che ha detto Edith de Haviland. Ecco. Anche Edith, per esempio, potrebbe aver commesso il delitto, magari per prendere nelle sue mani il governo completo della casa. E' un tipo autoritario. Ha chiesto anche lei che Brenda si scegliesse un buon avvocato? Sì. Eppure non mi sembra possibile che, avendo commesso il delitto, accetti tranquillamente che gli altri due vengano accusati in vece sua. E poi, la ritieni capace dell'attentato alla bambina? No, assolutamente no. Hai altro da dirmi? Sì, tante cose. Per esempio, credi che la paralisi infantile possa influire sulla psiche di un individuo? Pensi a Eustace? Sì. Penso al suo odio, al risentimento verso il nonno, al suo carattere tetro. Non è un ragazzo normale. E' l'unico della famiglia che io riesca a vedere anche nell'atto di sopprimere la sorellina che sa tutto. Perché la piccola annota in un libretto... Scattai: Che pazzo sono stato! Che c'è? Adesso capisco l'errore di Taverner e mio. Abbiamo creduto che chi aveva messo sottosopra la camera della bambina, quel giorno, cercasse le famose lettere. Pensavamo che lei se ne fosse impossessata e che le tenesse nascoste nella cisterna, ma l'altro giorno mi disse chiaramente che era stato Lawrence a nasconderle là: l'aveva visto uscire da quel luogo, aveva cercato e aveva trovato le lettere, e le aveva lette. Ma le aveva lasciate dove si trovavano! E allora? Non capisci? Non erano le lettere che qualcuno cercava nella stanza di Josephine, ma qualcos'altro, il libriccino in cui annotava i risultati delle sue indagini. E penso che non l'abbia trovato, e che ce l'abbia ancora Josephine. Se è così... Feci per alzarmi. So quello che pensi affermò mio padre. La bambina è ancora in pericolo, quindi bisogna sorvegliarla. Avevo perduto la calma. Gridai: Eustace o Clemency?
Mio padre rispose: Per me i fatti convergono chiaramente in una sola direzione... Mi domando se non riesci a vederlo anche tu. Io... In quel momento il sergente Glover aprì la porta. Scusate, signor Charles. La signorina Leonides vi vuole al telefono. E' urgente. La ripetizione della chiamata di giorni prima mi apparve sinistra. Josephine era nuovamente la vittima? L'assassino questa volta non aveva commesso errori? Corsi all'apparecchio. Sophia, sono Charles. Non è finita, Charles! La sua voce era disperata. L'assassino è ancora in casa. Dio! Cos'è successo? Josephine? No, Nannie, questa volta. C'era sul tavolo una tazza di cioccolata pronta per Josephine, che non l'ha voluta. Nannie, per non buttarla via, l'ha bevuta. Povera Nannie. Sta molto male? E' morta, Charles disse Sophia con voce rotta.
24. Ci trovavamo di nuovo immersi nell'incubo. Seduto accanto a Taverner, in macchina, ogni tanto lo sentivo imprecare. Io continuavo a ripetermi: Allora, non sono stati Brenda e Lawrence. Per la verità non li avevo mai ritenuti colpevoli. Si amavano, si erano scambiati sciocche lettere sentimentali, ma avevo sempre pensato che una romantica disperazione fosse l'alimento della loro fiamma, che nessuno dei due desiderasse sul serio una vita in comune. Brenda era troppo fragile per amare con passione. E Lawrence aveva tutta l'aria di riuscire a godere assai più di un sogno vago che della concreta soddisfazione della carne. Solo che, per aver conservato quelle lettere, erano stati presi in trappola. Per mio conto, poi, escludevo che la macabra trovata del leoncino di marmo per attentare alla vita della piccola fosse stata loro. No: il delinquente era ancora in casa, col volto celato. Arrivati, trovammo nell'ingresso un agente in borghese che non conoscevo. La mia attenzione fu subito attratta da una lunga fila di valigie, ognuna con la sua etichetta. Vidi poi Clemency scendere le scale col solito abitino rosso scuro e un piccolo feltro in testa. Siete arrivato in tempo per salutarci, Charles. Partite? Sì. Passiamo la notte a Londra perché l'aereo parte domattina presto. Appariva calma e sorridente, ma dall'espressione dei suoi occhi si capiva che stava in guardia. Non credo che potrete andarvene, ora. Perché no? disse con voce dura. Con questa nuova morte... La morte di Nannie non ha niente a che vedere con noi. Forse no. Ciò nonostante... Perché dite: Forse no? Non ha niente a che vedere con noi. Roger e io eravamo di sopra a terminare di fare i bagagli, e non siamo scesi mai in cucina. Potete provarlo? Posso rispondere io per Roger e lui per me. Tenete presente che siete marito e moglie, e che la testimonianza dell'uno per l'altro può considerarsi non attendibile. Non lo sapevate? Siete insopportabile! esplose. Roger e io ci avviavamo con gioia verso una nuova vita. Perché avremmo dovuto uccidere una buona donna un po' sciocca, che non ci ha fatto alcun male? L'intenzione non era di avvelenare lei. E meno che mai avremmo avuto motivo d'avvelenare una bambina.
Dipende da quale bambina. Cosa volete dire? Josephine non è una bambina come le altre. Sa tutto di tutti. Proprio in quel momento Josephine sbucò dalla porta del salotto. Stava mangiando la sua solita mela. Sul suo viso rotondo, gli occhi splendevano per una strana gioia. Nannie è stata avvelenata disse. Proprio come il nonno. Eccitante, vero? Non te ne dispiace? domandai severamente. Le volevi bene, no? Non le volevo molto bene. Ci sgridava sempre. Tu non vuoi bene a nessuno, Josephine! scattò Clemency. Voglio bene a zia Edith, le voglio un bene immenso. Vorrei bene anche a Eustace, ma è antipatico con me, mi prende in giro perché voglio scoprire il criminale. Sarebbe meglio che tu la smettessi d'investigare, Josephine dissi. Ti salveresti la pelle. Adesso non ho più niente da cercare. So già tutto. Ci fu un momento di silenzio. Gli occhi della piccola fissavano solennemente Clemency. Mi giunse all'orecchio un profondo sospiro. Voltandomi di scatto, vidi a metà scala Edith de Haviland, ma il suono era sembrato provenire dal salotto. Aprii la porta di colpo: non c'era nessuno. Ero però convinto che fino a un attimo prima dietro quella porta c'era stato qualcuno che aveva sentito la frase di Josephine. Tornai e afferrai la bambina per un braccio; lei continuava a fissare Clemency con un'espressione che mi parve di maligna soddisfazione. Vieni Josephine le dissi. Devo parlarti. Pensavo che avrebbe protestato, perciò la portai quasi di peso nell'appartamento dei suoi, in una piccola stanza di soggiorno dove non entrava mai nessuno. Chiusi bene la porta, la feci sedere in una poltrona, e sedetti a mia volta di fronte a lei. Adesso, Josephine, dobbiamo avere una spiegazione dissi. Che cosa sai con esattezza? Molte cose. Non ne dubito. La tua testolina dev'essere zeppa di informazioni importanti e di annotazioni sciocche. Ma tu sai benissimo quello che ti sto domandando. Certo che lo so. Allora, sai chi ha messo il veleno nella cioccolata? Annuì. E sai anche chi ha attentato alla tua vita? Annuì ancora e sorrise. E sai chi ha avvelenato il nonno? Annuì per la terza volta. Bene. Adesso farai il piacere di dirmi tutto. Non ti dirò niente. E invece devi farlo. Quello che tu hai scoperto è importantissimo per la polizia. La polizia è troppo stupida. Ha accusato Brenda e Lawrence. Io sono un po' più furba, e sapevo benissimo che sono innocenti. Da un po' avevo un'idea in testa. Adesso ho fatto una prova e sono sicura. So tutto. Aveva pronunciato l'ultima frase con voce trionfante. Pregai Dio che mi concedesse ancora un po' di pazienza. Ricominciai. Ascolta, Josephine. Devo confessare che ti trovo una bambina in gamba! Mi gratificò di un'occhiata riconoscente. Ma devi metterti bene in mente che è inutile essere bravi come te, se non si può godere del risultato finale continuai. Non capisci, sciocchina, che se tieni per te tutti i segreti, sei sempre in pericolo di vita? Naturale che sono in pericolo!
Sei scampata alla morte per due volte per puro miracolo. Al primo tentativo, quasi ci rimanevi, il secondo è costato la vita a un'altra persona. Non capisci che, se continui a spifferare ai quattro venti che sai tutto, l'assassino tenterà un'altra volta di ucciderti? Nei libri gialli, infatti, le vittime sono sempre più d'una. Anzi, si finisce con lo scoprire l'assassino perché è l'unico che rimane vivo. Ma qui non si tratta di un libro poliziesco. Siamo ben vivi, a Swinly Dean, e tu sei una sciocca bambina che legge troppe avventure. Ti costringerò a parlare con tutti i mezzi. Se è per questo, posso sempre inventare qualche cosa. Ma non lo farai! Ero esasperato. Non capisci ribatté calma che io potrei, per esempio, volere un gran bene all'assassino? Fece una pausa e riprese: E se decidessi di denunciarlo, lo farei con la solennità del caso. Vorrei avere tutti seduti intorno. Poi, pian piano, dipanerei la matassa e all'improvviso direi: Sei stato tu! Teneva l'indice drammaticamente proteso, proprio nel momento in cui Edith de Haviland stava entrando nella stanza. Butta quel torsolo nel cestino disse la zia e pulisciti le mani col fazzoletto. Devi venire con me. Mi guardò in modo significativo. Sarà più sicura fuori di qui, nelle prossime ore. E poiché Josephine si mostrava pronta a ribellarsi, aggiunse: Ti porto a prendere un bel gelato a Longbridge. Gli occhi della piccola sfavillarono. Voglio due gelati! esclamò. Adesso va' a prendere il cappello, il soprabito e la sciarpa azzurra. Fa freddo, fuori. Poi, rivolta a me: Per favore, signor Charles, vorreste accompagnarla? Devo scrivere due righe. Sedette al tavolo, e io scortai la piccola fuori della stanza. Mentre assistevo alla sua toilette, entrò in camera Sophia. Non ti conoscevo attitudini da bambinaia osservò con un sorriso. Vado a Longbridge con zia Edith disse Josephine. Andiamo a mangiare il gelato. Con questo freddo? Col seltz sono sempre buoni. Poi, quando hai freddo dentro, ti fa sentire più caldo fuori. Sophia divenne di colpo seria. Fui colpito dal suo pallore, dalle occhiaie profonde intorno agli occhi. Tornammo nella stanza di soggiorno. La signorina Edith stava sigillando un paio di buste. Si alzò in fretta. Andiamo disse. Ho chiesto a Evans di preparare la Ford. Si avviò all'ingresso, e noi la seguimmo. Posai di nuovo lo sguardo sulle numerose valigie dall'etichetta azzurra e provai un'oscura inquietudine. Una giornata discreta disse Edith infilandosi i guanti e guardando il cielo. La Ford era pronta davanti al portone. Com'è bello, l'autunno, in Inghilterra disse ancora Edith. Quei rami nudi, contro il cielo pallido, qualche foglia dorata che dondola... Fece una pausa, poi si volse verso Sophia e la baciò. Addio cara, sii forte. Ci sono cose che vanno sopportate con coraggio. Salì in macchina e si mise al volante. La piccola balzò accanto a lei. Ci salutarono con la mano, mentre l'auto si allontanava. Forse zia Edith ha avuto ragione dissi. E' prudente tenerla lontana di qui. Ma bisogna fare in modo che a tutti i costi la bambina dica quello che sa. Forse non sa niente. A Josephine piace giocare a fare la persona importante. Eppure, per mio conto, c'è qualche cosa di più. Hanno scoperto quale veleno conteneva la cioccolata?
Digitalina, pare. Zia Edith prende quella medicina per il cuore. Teneva in camera sua una bottiglietta di quei confetti. E' stata trovata vuota. Ma un medicinale del genere andava tenuto sotto chiave! Lo era infatti. Ma non sarà stato difficile scoprire dove la zia tenesse la chiave. Ma chi è, chi è l'assassino? sospirai. Poi, posati gli occhi sul cumulo di bagagli, ebbi uno scatto. Non si può permettere che quei due partano! Zio Roger e Clemency? disse Sophia sorpresa. Charles, spero che non vorrai accusare loro... Dimmi, cosa ne pensi tu, allora? Sophia allargò le braccia in un gesto di sconforto. Non so, caro... So soltanto che siamo di nuovo in piena angoscia. Perché è una cosa atroce vivere fra i tuoi parenti, guardarli in viso a uno a uno e pensare che uno di questi volti cambi, non sia più quello di un tuo familiare, ma di un estraneo, un assassino!... Usciamo, Charles, usciamo: è più sicuro stare all'aperto... Ho paura a rimanere in questa casa...
25. Usciti in giardino, Sophia e io, vi rimanemmo a lungo, senza parlare dell'orrore che ci gravava addosso. Lei rievocò molti episodi riguardanti la povera Nannie morta: i giochi che inventava per i bambini, le prodezze infantili dell'uno o dell'altro che la vecchia era solita ripetere all'infinito. Sai, erano come figli suoi disse affettuosamente. M'accorgevo che era un sollievo per Sophia tuffarsi in questi ricordi, e l'incoraggiavo. Intanto mi stavo chiedendo che mai facesse Taverner. Forse interrogava la servitù. In quel momento arrivò una macchina di fotografi della polizia e altri due uomini, e subito dopo un'ambulanza. Certamente venivano a prelevare il corpo di Nannie per l'autopsia. Sophia era rabbrividita, pur continuando a parlare, a parlare, fin che le auto si furono allontanate, e più tardi ancora. Le parole erano uno schermo agli intimi terrori. Infine mi prese per un braccio. Dev'essere tardi disse. E' quasi buio e fa freddo. Come mai zia Edith e la piccola non sono ancora di ritorno? Rientrammo, mentre un vago senso di disagio si impadroniva di me. Cosa era successo? Sophia tirò le tende. Il fuoco scoppiettava nel caminetto, creando una calda, intima atmosfera. I grandi vasi sui tavoli erano colmi di crisantemi dorati. Lei suonò per il tè. Comparve una cameriera, che avevo già visto nell'appartamento di sopra, con gli occhi rossi di lacrime e che si guardava di quando in quando alle spalle con aria spaventata. Poco dopo ci raggiunse Magda, mentre il tè per Philips gli fu servito in biblioteca. Magda aveva assunto il ruolo della gelida immagine del dolore. Disse solamente, con tono preoccupato: Dove sono Edith e Josephine? Ormai è tardi. Mi sentii, a un tratto, colto da vero spavento. Chiesi se Taverner era ancora in casa. Alla risposta affermativa di Magda, andai alla sua ricerca, gli dissi della preoccupazione per l'assenza prolungata della signorina de Haviland e della bambina. Lui andò immediatamente al telefono e diede alcune istruzioni. Appena saprò qualcosa, ve lo comunicherò mi disse. Tornai in salotto. Insieme a Sophia c'era Eustace, Magda se n'era andata. Taverner c'informerà appena saprà dissi a Sophia. Ormai, ho paura che sia accaduto qualcosa disse lei agitata. Mentre usciva col suo passo strascicato, Eustace si voltò verso noi.
Perché state tanto a preoccuparvi? Saranno andate al cinema. Appena soli, mi rivolsi a Sophia. Io penso che zia Edith abbia portato Josephine a Londra in qualche albergo. Doveva essere ossessionata dall'idea che la piccola, qui, fosse in pericolo. Con sguardo sempre più cupo, Sophia mormorò: Mi ha detto addio andandosene. Rimanemmo a lungo in attesa, fingendo di leggere. Alle sei e mezzo, Taverner aprì di botto la porta, entrando. Il suo viso già diceva quello che stava per comunicare. Sophia balzò in piedi, spaventata. Cattive notizie disse Taverner. Avevo dato l'allarme a tutti i posti di polizia per rintracciare la macchina. Un agente motociclista mi ha informato di aver visto una Ford, con una targa che potrebbe corrispondere a quella comunicata, che a Flackspur Heath deviava dalla strada principale, infilando la via dei boschi. Si dirigeva verso Flackspur Quarry, forse? Sì, signorina. Fece una pausa, poi: La macchina è stata trovata in una cava. I due passeggeri sono morti. Vi sarà meno doloroso apprendere che la morte è stata istantanea. Si sentì un grido: Josephine mia! Era Magda, in piedi sulla soglia. Ripeté ancora, con un urlo quasi selvaggio: Josephine! Bambina mia! Sophia le andò vicino, le passò un braccio intorno alle spalle. Mi ricordai all'improvviso che Edith de Haviland aveva scritto due lettere prima d'uscire. Ricordavo anche che nell'ingresso le teneva ancora in mano, mentre in macchina non gliele avevo più viste. Mi precipitai all'ingresso. Le due lettere, infatti, erano posate sul grande mobile di quercia, dietro la teiera di peltro. Una era indirizzata all'ispettore Taverner, che mi aveva seguito. Gli porsi la busta che aprì. Lessi stando alle sue spalle. Prevedo che questa busta verrà aperta dopo la mia morte. Non desidero entrare in particolari, ma prendo su di me tutta la responsabilità per la morte di mio cognato Aristides Leonides e di Janet Rowe, detta Nannie. Pertanto, dichiaro solennemente che Brenda Leonides e Lawrence Brown sono innocenti dell'assassinio di Aristides Leonides. Informandovi presso il dottor Michael Chavasse, 783 Harley Street, riceverete conferma che mi restavano pochi mesi di vita. Preferisco scegliere questa strada e risparmiare a due innocenti l'ingiusta accusa per un delitto che non hanno commesso. Dichiaro di essere perfettamente in possesso delle mie facoltà mentali mentre stendo queste parole. Edith Elfrida de Haviland Finita la lettura, mi accorsi che anche Sophia si era curvata a leggere con me sopra la spalla di Taverner. Mormorava, ora, come soprappensiero: Zia Edith... non è possibile! Mi venne in mente il piede di Edith che calpestava le erbacce con acredine. Mi ricordai di aver sospettato di lei. Ma perché... Ma disse lei, come leggendo nei miei pensieri che c'entrava Josephine? Perché ha portato con sé Josephine? Taverner era uscito rapidamente. A un tratto la verità mi si fece chiara in mente: vidi tutto con spaventosa lucidità. Ricordai l'altra lettera, che tenevo ancora in mano, inerte. Era indirizzata a me. La sentii più pesante della prima. Subito compresi, aprii febbrilmente. Apparve il libretto d'appunti della piccola. Con una voce opaca che sembrava venire da lontano, Sophia disse: Allora, non è stata zia Edith? No risposi.
Sophia mi si fece vicinissima e mormorò in un soffio: E' stata Josephine, vero? E' stata Josephine. Guardammo insieme la prima pagina del libretto. C'era scritto, con un'informe grafia infantile: Oggi ho ucciso il nonno. 26. Mi chiesi, in seguito, come avevo potuto essere tanto cieco. Troppe volte la verità avrebbe dovuto apparirmi chiara. Josephine, soltanto lei corrispondeva in pieno al famoso schema d'assassino prospettatomi da mio padre. La sua vanità, il costante desiderio di apparire importante, di sbalordire con le sue rivelazioni, quel continuo mettere avanti la sua abilità e l'incapacità della polizia, avrebbero dovuto aprirmi gli occhi. Non l'avevo mai presa in considerazione perché era una bambina. Purtroppo, però, esistono bambini capaci di commettere delitti. Questo tipo di delitto, poi, rientrava nei limiti delle possibilità infantili. Era stato il nonno stesso a indicare, quel giorno, il metodo da seguire. Lei aveva soltanto preso accurate precauzioni contro le impronte digitali, ma era preparatissima a questo per la gran lettura di libri polizieschi. Anche gli altri accorgimenti li aveva imparati dai libri. Le annotazioni, i finti sospetti, quel dire che non avrebbe parlato finché non fosse stata sicura. Infine, l'attentato contro se stessa. Incredibile, pensando che poteva rimanere uccisa davvero, ma questo pericolo era realmente sfuggito alla sua mentalità infantile. Si sentiva l'eroina, protagonista di una terribile vicenda e, come tale, invulnerabile. Ricordavo le tracce di terra sulla seggiola della lavanderia. A pensarci bene, Josephine era l'unica persona che avesse bisogno di alzarsi per preparare la trappola sulla porta. Evidentemente non c'era riuscita al primo tentativo, e questo spiegava le varie tacche sul pavimento fatte dall'oggetto che continuava a cadere. Pazientemente, doveva aver provato e riprovato, reggendo sempre il leoncino con la sciarpa per non lasciare impronte. Infine, era riuscita nell'intento, evitando la morte per miracolo. L'organizzazione era stata perfetta. Diceva a tutti di sapere chi fosse l'assassino, e che questi aveva tentato di sopprimerla. Compresi anche che aveva voluto attrarre la mia attenzione sulla stanza dei serbatoi e, artisticamente, aveva creato il disordine nella sua stanza prima di recarsi nella lavanderia. Ma tornando dall'ospedale, sentendo che Brenda e Lawrence erano stati arrestati, doveva aver provato una grande delusione. A quel modo la faccenda veniva liquidata e lei, Josephine, rientrava nell'ombra più completa. Per smuovere di nuovo le acque, aveva quindi asportato la digitalina dalla stanza di Edith, versandola nella propria tazza di cioccolata. Aveva poi rifiutato la bevanda, quasi sicura che Nannie, coi suoi principi di economia, l'avrebbe bevuta. Infatti, il colpo era riuscito. La bambina serbava rancore alla cuoca per i suoi continui rimproveri. E chissà anche che Nannie, con la sua grande esperienza di bambini, non avesse accennato a qualche sospetto. Credo che la vecchia donna avesse sempre saputo che la piccola era un'anormale: sviluppo mentale precocissimo e senso morale ritardato. Forse le varie crudeltà della famiglia Leonides si erano concentrate nella bimba, e non bisognava dimenticare che lei voleva vincere, in qualche modo, il complesso d'inferiorità datole dalla grande bruttezza. Doveva sentirsi davvero il mostriciattolo della famiglia, di fronte alla perfetta bellezza degli altri. Infine, si ritrovava netta, in lei, l'impronta del vecchio Leonides, il suo carattere ferreo, l'acuta intelligenza, la passionalità, soltanto che, mentre l'amore di lui si era riversato sui familiari, quello di lei si era ripiegato, in modo anormale, su se stessa. Il vecchio nonno onniveggente doveva essersi reso conto che la bambina poteva rappresentare un pericolo per gli altri e per se stessa e aveva
proibito che lei uscisse di casa per frequentare qualsiasi scuola, e aveva lasciato in eredità a Sophia l'incarico di prendersi cura di lei, particolarmente. Anche l'ansia di Magda di mandare in Svizzera la bambina doveva essere frutto di un vago, istintivo timore materno. E cos'era accaduto nel cuore di Edith de Haviland? Doveva avere dapprima sospettato la mostruosità dell'accaduto, poi averlo temuto ed infine averne avuto la certezza. La lettera, indirizzata a me, diceva: Caro Charles, questa confidenza è per voi solo, o anche per Sophia, se lo riterrete necessario. Bisogna che qualcuno conosca la verità. Ho trovato il libretto, che accludo, nel vecchio canile dietro la casa, dove la bambina lo teneva nascosto. Le note qui segnate confermano quello che io già avevo sospettato. L'atto che sto per compiere può essere giusto come sbagliato, non so. Comunque, la mia vita era già prossima alla fine e nei riguardi della bambina non voglio che lei soffra, chiamata a render conto del male commesso. Ahimè! In ogni famiglia nasce un 'cucciolo' sbagliato. Se sono in errore, Dio mi perdoni: io agisco a fin di bene. Il Signore benedica Sophia e voi, Charles. Edith de Haviland Esitai un attimo, tremanti, aprimmo le pagine. Era un egoismo malato vi delitto era stato
poi diedi la lettera a Sophia. Poco dopo, vicini e di nuovo il libretto di Josephine, e ne sfogliammo documento sbalorditivo, mostruoso. La furia di un era espressa con terribile chiarezza. Il movente del buttato giù con puerile motivazione.
Il nonno non vuole che vada a scuola di danza, e allora ho deciso di ucciderlo. Quando lui sarà morto, ci stabiliremo a Londra e la mamma mi lascerà studiare ballo. Riporto ancora qualche brano. Sono molto significativi. Non voglio andare in Svizzera, non voglio. Se la mamma s'intestardisce a mandarmi via, la ucciderò. Soltanto, non ho più veleno. Forse potrei mettere insieme delle bacche mortali. Ho letto in un libro che ne esistono. Eustace mi ha fatto molto arrabbiare, oggi. Dice che sono una bambina stupida con la mia mania di fare il detective. Se sapesse che l'assassino sono io, non direbbe più così. Charles mi piace molto, ma è piuttosto ingenuo. Non ho ancora deciso chi devo lasciar accusare del delitto. Forse Brenda e Lawrence. Brenda è antipatica: dice che sono pazza, ma Lawrence mi piace. Ha raccontato molto bene la storia di Carlotta Corday che ha ammazzato qualcuno nel bagno. Ma poi, non è stato più tanto in gamba. Le ultime annotazioni erano anch'esse rivelatrici. Odio Nannie... la odio... la odio! Dice che sono buona soltanto a inventare stupidaggini. Sta persuadendo la mamma a mandarmi via. La ucciderò. Ho pensato che posso adoperare la medicina di zia Edith. Con un altro delitto, la polizia riprenderà a investigare e la vita ritornerà a essere eccitante, meno noiosa. Nannie è morta. Sono contenta. Non ho ancora deciso dove nasconderò la bottiglietta vuota delle pillole. Forse in camera di zia Clemency, oppure di Eustace. Quando sarò vecchia e starò per morire, lascerò questo libretto indirizzato al Capo della Polizia. Si saprà così, finalmente, che grande criminale è venuta meno! Chiusi il libriccino. Sophia era soffocata dalle lacrime.
Charles, Charles, è terribile! Era un piccolo mostro, eppure riusciva a farsi volere tanto bene! Provavo anch'io la stessa sensazione. Josephine mi era piaciuta subito. Sentivo ancora un grande affetto per lei, nonostante la recente rivelazione. Non si può disprezzare una creatura perché ha la tubercolosi o perché ha qualche altra terribile malattia. Aveva detto giusto Sophia: Josephine era un piccolo mostro. Nata col segno dell'anormalità. La natura era stata cattiva con lei, ne aveva fatto la bambina deforme della casa deforme e con questo si poteva provare una profonda pietà e volerle un gran bene. Che sarebbe accaduto, se fosse vissuta? disse Sophia. Probabilmente l'avrebbero rinchiusa in un riformatorio. In seguito, avrebbero potuto rilasciarla. Rabbrividì. E' stato meglio così, certo. Ma zia Edith? Non posso pensare che abbia sacrificato la vita e l'onore prendendosi lei la colpa di tutto! Ha preferito così. Onoriamo la sua scelta, Sophia. In ogni modo, la cosa non sarà resa pubblica. Naturalmente, Brenda e Lawrence saranno messi in libertà in sordina. E tu, Sophia dissi, prendendola per le mani tu sarai mia moglie. Sono stato nominato addetto d'ambasciata in Persia. Andremo laggiù insieme, dimenticando la casa deforme. Tua madre potrà metter su tutti gli spettacoli che vorrà, tuo padre comperarsi intere biblioteche ed Eustace andrà all'università. Non preoccuparti più di loro e pensa a me! Mi guardò diritta negli occhi. Non hai paura a sposarmi, Charles? No. La povera piccola Josephine aveva assorbito in sé la cattiveria della famiglia Leonides. Tu, ne sono certo, hai concentrato in te stessa tutto il buono. Il nonno ti ha prescelta ed era un uomo che aveva sempre ragione. Alza la testa, cara. Il futuro ci appartiene. Sì, Charles. Ti amo, ti sposerò e ti farò felice. Guardò ancora il libretto. Povera Josephine! Povera Josephine! le feci eco. Più tardi, mio padre mi chiese: Qual è la verità vera, Charles? Non seppi mentirgli. Non l'avevo mai fatto. La colpevole non è Edith de Haviland, papà. E' stata Josephine. Lui annuì. A un certo momento l'avevo pensato. Povera piccola... FINE.