Tubazioni in polietilene per il trasporto di acqua
A. Pavan R. Frassine
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Tubazioni in polietilene per il trasporto di acqua
A. Pavan R. Frassine
Tubazioni in polietilene per il trasporto di acqua Manuale per la progettazione, la posa e la gestione delle reti idriche
12 3
A. PAVAN R. FRASSINE Politecnico di Milano, Milano
In allegato CD-ROM: Programma PiPEs
Springer-Verlag fa parte di Springer Science+Business Media springer.it © Springer-Verlag Italia, Milano 2005 ISBN 88-470-0268-0 Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla ristampa, all’uso di figure e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla riproduzione su microfilm o in database, alla diversa riproduzione in qualsiasi altra forma (stampa o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. Una riproduzione di quest’opera, oppure di parte di questa, è anche nel caso specifico solo ammessa nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d’autore, ed è soggetta all’autorizzazione dell’Editore. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste dalla legge. L’utilizzo di denominazioni generiche, nomi commerciali, marchi registrati, ecc, in quest’opera, anche in assenza di particolare indicazione, non consente di considerare tali denominazioni o marchi liberamente utilizzabili da chiunque ai sensi della legge sul marchio. Progetto e impaginazione: Valentina Greco, Milano Progetto grafico della copertina: Simona Colombo, Milano Stampa: Signum Srl, Bollate (MI)
Indice
Presentazione
VII
1.
Introduzione
1
2. 2.1. 2.2. 2.3.
Il polietilene nel trasporto di acqua La materia prima Proprietà meccaniche Altre caratteristiche
5 5 7 14
3. 3.1. 3.2. 3.3. 3.4.
Ciclo di produzione Estrusione Stampaggio ad iniezione Controllo finale dei prodotti Certificazione di prodotto
19 20 21 23 23
4. 4.1. 4.2. 4.3. 4.4. 4.5. 4.6. 4.7. 4.8. 4.9.
Progettazione della tubazione Progettazione idraulica Progettazione meccanica Resistenza meccanica alle onde sismiche Opere fuori terra Ancoraggi Condotte subacquee Curvature massime ammissibili Forza di trascinamento Esempio di progettazione
25 25 35 66 67 74 75 77 78 80
5. 5.1. 5.2. 5.3. 5.4.
Giunzioni Saldature Giunzioni per fissaggio meccanico Verifica delle giunzioni Affidabilità delle reti
87 87 104 108 109
6. 6.1. 6.2. 6.3. 6.4. 6.5. 6.6. 6.7.
Tecniche di posa Progettazione della trincea Caratteristiche della trincea Posa di condotte interrate Tecnologie di posa trenchless Realizzazione di attraversamenti e parallelismi Posa in terreni contaminati Effetto del cloro
111 111 114 118 120 123 125 125
VI
Indice
7. 7.1. 7.2.
Capitolato d’opera e collaudo Capitolato d’opera Collaudo
127 127 128
8. 8.1. 8.2. 8.3. 8.4.
Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti Perdite negli acquedotti Sistemi di telecontrollo Tecnologie per la riabilitazione Tecnologie per la sostituzione
133 133 136 136 143
9. 9.1. 9.2. 9.3. 9.4. 9.5.
Vantaggi delle reti in polietilene Vantaggi pratici Vantaggi economici Affidabilità e sicurezza Mercato europeo del polietilene Qualità dell’acqua
145 145 148 150 151 152
Appendice A. Struttura e proprietà del polietilene A.1. Architettura delle molecole e cristallizzazione A.2. Correlazioni proprietà-struttura A.3. Viscoelasticità ed effetto della temperatura A.4. Comportamento a lungo termine di tubi in pressione A.5. Resistenza alla frattura per propagazione rapida
153 153 156 157 160 163
Appendice B. Disponibilità di tubi e raccordi B.1. Tubi B.2. Raccordi
165 165 167
Appendice C. La norma UNI EN 12201 C.1. Requisiti della materia prima C.2. Requisiti dei tubi C.3. Requisiti dei raccordi
173 173 175 178
Appendice D. Norme e certificazioni D.1. Differenze tra decreto, circolare, norma e certificazione D.2. Circolari e decreti D.3. Normative D.4. Qualificazione degli operatori
181 181 185 186 189
Tabelle
191
Bibliografia essenziale Elenco fonti delle figure Indice analitico
203 206 207
Presentazione
L’iniziativa di realizzare un manuale per la progettazione, la posa e la gestione di tubazioni in polietilene per il trasporto dell’acqua è nata dall’esigenza di raccogliere, elaborare e rendere disponibili ai progettisti delle reti idriche, al personale delle aziende di posa e ai tecnici di gestione dei servizi idrici le conoscenze sviluppate nel corso degli anni dai produttori di materia prima, dai trasformatori, dai laboratori di ricerca e dagli enti di normazione e certificazione. Il manuale presenta dati, metodi e raccomandazioni utili per sviluppare appieno, nel rispetto delle normative vigenti sul territorio italiano, le potenzialità di sicurezza e affidabilità offerte dall’utilizzo del polietilene nel trasporto di acqua potabile. Esso vuol costituire uno strumento professionale di pratica utilità per la progettazione, realizzazione, installazione ed esercizio delle reti a partire dalla scelta dei materiali fino alla messa in opera o per la scelta delle tipologie di intervento per la riabilitazione di reti esistenti. Gli argomenti trattati nel manuale sono parte di un patrimonio di conoscenze disponibile presso il Politecnico di Milano, e in particolare presso la Fondazione Laboratorio Prove Materie Plastiche (POLIlampol). Tali conoscenze si sono sviluppate nel corso di un’attività pluridecennale di studio e caratterizzazione dei materiali e dei manufatti, di consulenza e di supporto tecnicoscientifico nel settore delle tubazioni in plastica, che ha permesso di attivare contatti molto stretti con l’intera filiera del settore e di esplorare a fondo le caratteristiche presentate dalle tubazioni in polietilene. Si è così evidenziato come il risultato finale dell’opera dipenda, oltre che da una sua corretta progettazione, che tenga conto della natura del materiale, anche dalle modalità di esecuzione che precedono la messa in servizio della tubazione. Il contenuto del manuale è aggiornato allo stato dell’arte delle conoscenze e delle normative esistenti al momento della sua pubblicazione. Poiché non è possibile sviluppare appieno in un’opera di questa natura il dettaglio delle conoscenze disponibili e poiché le normative nazionali ed internazionali vengono continuamente modificate, si consiglia di approfondire e mantenere aggiornato il contenuto del manuale tramite il contatto costante con gli operatori e la consultazione continua delle normative e della letteratura tecnico-scientifica di settore. Milano, ottobre 2004
Gli Autori
Gli autori desiderano ringraziare Giovanni Castiglioni, Patrizio Coldani, Angela Depinto, Gabriele Depinto e Davide Verzanini della Fondazione Laboratorio Prove Materie Plastiche (POLIlampol) che hanno contribuito a vario titolo alla preparazione di questo manuale. Si ringrazia inoltre l'Ing. Francesco Briatico Vangosa, ricercatore del Politecnico di Milano, per lo sviluppo del programma di progettazione allegato.
1. Introduzione
Il polietilene (PE) utilizzato per la produzione di tubi è stato sviluppato a partire dagli anni ’50 attraverso successive generazioni (dal PE63 fino al PE100) diventando uno dei materiali più utilizzati al mondo per la realizzazione di reti per il trasporto di acqua e di gas. In Europa sono attualmente prodotti tubi in PE con diametri da 16 mm fino a 1600 mm (Fig. 1.1) per pressioni nominali d’esercizio fino a 25 bar. Le reti in PE presentano ottime prestazioni idrauliche e meccaniche, con costi di installazione e di manutenzione inferiori rispetto a quelle realizzate con i materiali tradizionali. Le particolari proprietà del PE lo rendono idoneo anche per la sostituzione o riabilitazione di vecchie condotte già esistenti. I principali vantaggi legati all’utilizzo di questo materiale sono: • • •
•
•
• • •
•
•
leggerezza: agevola le operazioni di trasporto e di movimentazione dei tubi; lunghezza elevata: i tubi di diametro fino a 110 mm possono essere forniti in rotoli, riducendo quindi il numero di giunzioni necessarie; affidabilità delle giunzioni: il PE è saldabile con semplici tecniche quali la saldatura ad elementi termici per contatto (testa a testa) (Fig. 1.2) o per elettrofusione; flessibilità: consente di effettuare le giunzioni anche fuori dallo scavo e di posare successivamente le tubazioni adattandole al tracciato, riducendo i tempi ed i costi di posa rispetto ai materiali tradizionali (Fig. 1.3); tecniche di posa: per la riabilitazione delle reti esistenti, oltre alle tradizionali tecniche di posa (Fig. 1.4), è possibile utilizzare tecniche senza scavo (trenchless), che riducono i disagi sociali e ambientali; capacità di assorbire le sollecitazioni provenienti dal terreno dovute per esempio ad assestamenti, terremoti o gelo; assenza di corrosione ed elevata resistenza agli agenti chimici; coefficiente d’attrito e scabrezza minimi: riducono le perdite di carico, permettendo portate più elevate a parità di sezione di passaggio, ed eliminano la formazione d’incrostazioni, mantenendo l’efficienza idraulica nel tempo; identificabilità mediante colorazione in massa: i tubi sono identificati grazie a colori codificati (blu o nero con strisce blu per l’acqua, giallo o nero con strisce gialle per il gas); “vita utile” di progetto di 50 anni, con un’aspettativa di vita di oltre 100 anni per il PE100.
2
1. Introduzione
Fig. 1.1 Esempio di tubo in PE di grande diametro
Fig. 1.2 Saldatura testa a testa di tubi in PE
Fig. 1.3 Flessibilità di un tubo in PE durante la posa
Fig. 1.4 Realizzazione di una trincea stretta per la posa di tubi in PE
La qualità dei tubi in PE per applicazioni in pressione è determinata da tre proprietà fondamentali: • • •
resistenza alla pressione interna a lungo termine (minimum required strength, MRS); resistenza alla propagazione lenta della frattura (slow crack growth, SCG); resistenza alla propagazione rapida della frattura (rapid crack propagation, RCP).
Queste caratteristiche sono esaminate dettagliatamente nel capitolo 2.
1. Introduzione
3
La continua innovazione della materia prima e delle tecnologie di realizzazione delle reti idriche, la pubblicazione di norme di sistema e di prodotto da parte dei maggiori organismi internazionali (ISO, CEN) e nazionali (UNI) e i costanti controlli sul prodotto effettuati dagli organismi di certificazione, hanno permesso un continuo sviluppo delle applicazioni di tubi in PE. Il tasso annuo di crescita dell’utilizzo di tubi di PE per il trasporto di acqua e di gas in Europa è stimato per i prossimi anni pari a circa il 5%, a fronte di previsioni di calo per i materiali tradizionali come l’acciaio, la ghisa o il cemento.
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
Il PE è un materiale sintetico prodotto per polimerizzazione dell’etilene. Il processo di sintesi ad alta pressione fu sviluppato per la prima volta in Inghilterra nel 1933 e la prima applicazione pratica si ebbe nel 1939 con la produzione di cavi sottomarini per telecomunicazioni. Intorno alla prima metà degli anni ’50, grazie allo sviluppo di una nuova generazione di catalizzatori di sintesi, fu possibile ottenere un maggiore controllo sulla struttura delle molecole. Di conseguenza comparve sul mercato una vasta gamma di PE monomodali molto versatili, con proprietà di notevole interesse per il settore tecnico. La continua evoluzione dei processi di sintesi e dei prodotti ha portato infine, a partire dal 1989, alla disponibilità di una nuova generazione di resine bimodali. Per le sue caratteristiche intrinseche, il PE è particolarmente adatto per la realizzazione di tubi e raccordi per il trasporto di acqua potabile. Questo capitolo è dedicato all’esame delle principali proprietà del PE per questa specifica applicazione.
2.1. La materia prima Il PE è un polimero termoplastico composto da catene polimeriche, a loro volta costituite dalla ripetizione di un numero molto elevato di unità più semplici (unità monomeriche) come di seguito indicato: -[CH2-CH2]-n in cui n è detto grado di polimerizzazione. Le caratteristiche fondamentali della struttura molecolare del PE sono: •
•
•
peso molecolare: è indice della lunghezza delle catene. Più lunghe sono le catene, più elevate sono la viscosità allo stato fuso e la resistenza a fessurazione; distribuzione dei pesi molecolari: le molecole che costituiscono il PE non hanno tutte la stessa lunghezza ed il peso molecolare è pertanto una media dei pesi delle diverse molecole. La distribuzione dei pesi molecolari può variare da stretta a larga in funzione delle condizioni di polimerizzazione, influenzando la lavorabilità del PE allo stato fuso; essa può essere inoltre monomodale (con un unico picco) o bimodale (con due picchi distinti) come illustrato in Appendice A.1; ramificazioni: le macromolecole presentano un certo numero di catene laterali (ramificazioni) di lunghezza variabile in funzione delle condizio-
6
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
ni di polimerizzazione. Il numero e la lunghezza delle ramificazioni hanno un’influenza importante su alcune proprietà come la resistenza alla fessurazione e allo stress cracking. La struttura molecolare influenza in modo diretto alcune importanti proprietà del PE. Allo stato fuso gli effetti più significativi si manifestano sulla viscosità, che viene valutata convenzionalmente attraverso l’indice di fluidità (Melt Flow Rate - MFR). Allo stato solido si osservano invece variazioni del grado di cristallinità, misurato convenzionalmente attraverso la densità (Mass Volume Standard - MVS). Il PE è infatti un materiale semicristallino che contiene una fase cristallina all’interno della quale le catene si ripiegano su se stesse in modo regolare formando cristalliti e una fase amorfa a struttura disorganizzata, avente densità inferiore, che lega i cristalliti tra loro. Un aumento della percentuale di fase cristallina presente nel materiale (grado di cristallinità) comporta quindi un aumento della sua densità. All’aumentare della densità si osserva un incremento dei valori di alcune proprietà meccaniche, quali ad esempio lo sforzo di snervamento e il modulo elastico. I due tipi principali di PE1 utilizzati per la produzione di tubi sono: •
•
PE802 monomodale a media densità (MDPE) (detto di seconda generazione): prodotto per la prima volta nel 1980, è costituito da catene con ramificazioni lunghe (long chain branching) e corte (short chain branching). Presenta buona flessibilità ed elevata resistenza alla fessurazione grazie alla presenza delle ramificazioni nella zona amorfa; PE802 bimodale a media o alta densità (MDPE o HDPE) e PE1002 bimodale ad alta densità (HDPE) (detti di terza generazione): prodotti per la prima volta nel 1989, questi materiali sono definiti bimodali per la presenza di due picchi nella curva di distribuzione del peso molecolare. I PE bimodali sono costituiti da due frazioni di PE (a basso ed alto peso molecolare) ottenute per polimerizzazione in due reattori in serie. Presentano un notevole miglioramento delle proprietà fondamentali rispetto ai materiali precedenti.
I valori medi delle più importanti proprietà fisiche e meccaniche di questi materiali sono riassunti in Tabella 2.1.
1 Esiste sul mercato un terzo tipo: PE80 monomodale ad alta densità o HDPE (detto di prima gene-
razione) che presenta tuttavia una minore resistenza alla propagazione lenta della frattura. 2 Da un punto di vista normativo, la classificazione di PE80 e PE100 è definita dalla norma UNI EN 12201-1: 2004.
2.2. Proprietà meccaniche
7
Tabella 2.1 Valori indicativi delle principali proprietà del PE Proprietà
Unità di misura MDPE80*
HDPE80
HDPE100
Densità, ρPE (resina naturale)
kg/dm3
0,938
0,943
0,949
Melt Flow Rate (190°C/5 kg)**
g/10 min
Sforzo di snervamento, σy
MPa
0,2 – 1,4
0,2 – 1,4
0,2 – 1,4
18
21
23
Allungamento a rottura
%
>350
>350
>350
- breve termine, Es
MPa
800
900
1000
- lungo termine, El
MPa
130
150
160
Durezza
Shore D
55
60
65
Temperatura di rammollimento VICAT (forza applicata: 50 N)
°C
116
120
124
Coefficiente di dilatazione termica lineare, α
mm/m°C
0,18
0,22
0,22
Conduttività termica
W/m°C
0,4
0,4
0,4
Costante dielettrica
-
2,5
2,5
2,5
Modulo elastico a:
Resistenza all’impatto (Charpy) - con intaglio a 23°C
kJ/m2
> 17
> 21
> 23
- con intaglio a - 30°C
kJ/m2
>5
>6
> 11
Coefficiente di Poisson, ν
-
0,4
0,4
0,4
Resistenza minima richiesta (MRS)
MPa
8
8
10
Sforzo di progetto, σs
MPa
6,3
6,3
8,0
* monomodale e bimodale ** secondo la norma UNI EN 12201-1: 2004
2.2. Proprietà meccaniche Le principali caratteristiche richieste al PE per tubazioni in pressione sono la resistenza alla pressione interna a lungo termine (curve di regressione), la resistenza alla propagazione lenta della frattura (fessurazione) sotto sforzo costante e la resistenza alla propagazione rapida della frattura.
2.2.1. Resistenza a lungo termine Il PE ha un comportamento viscoelastico intrinsecamente diverso da quello della maggior parte dei materiali da costruzione non polimerici. Oltre ad
8
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
una caratteristica risposta elastica, il PE presenta infatti anche un comportamento viscoso. Una descrizione dei principali effetti legati a questo tipo di comportamento è riportata in Appendice A.3. Uno dei principali effetti della viscoelasticità è il fenomeno di deformazione progressiva sotto carico (creep), che si manifesta anche per bassi livelli di sollecitazione applicata. L’entità del fenomeno di creep dipende dal tempo, dalla temperatura e dallo sforzo applicato. L’effetto complessivo di questi parametri è considerato nella determinazione della resistenza a lungo termine di tubi in PE (curve di regressione) utilizzata per il calcolo della vita utile del tubo.
2.2.1.1. Curve di regressione Il valore di sforzo massimo che il materiale può sopportare a 20°C, estrapolato ad un tempo convenzionale di 50 anni, è determinato mediante prove di resistenza alla pressione interna eseguite su tubi per oltre 10000 ore (più di 1 anno) in accordo con la norma EN ISO 9080: 2003. Le prove sono condotte a tre diverse temperature allo scopo di accelerare i fenomeni di deformazione e di cedimento, sottoponendo i campioni a diverse pressioni e misurando il tempo necessario per provocare la fessurazione del tubo. Lo sforzo circonferenziale sc [MPa] agente sulla parete del tubo è funzione della pressione e delle dimensioni del tubo e può essere calcolato in base alla seguente equazione:
σc =
(
p ⋅ dem − e y , min 20 ⋅ e y , min
)
dove p è la pressione [bar] e dem e ey,min sono rispettivamente il diametro esterno medio e lo spessore minimo di parete [mm] misurato. Riportando in un diagramma doppio-logaritmico lo sforzo circonferenziale sc in funzione del tempo di rottura al variare della temperatura di prova ed estrapolando i risultati delle prove a 20°C, si ottiene la curva di regressione per il materiale considerato alla suddetta temperatura. Per ogni prova deve inoltre essere verificata la tipologia di rottura: duttile, contraddistinta dalla tipica deformazione a bolla del tubo in prossimità della zona di cedimento, oppure fragile, per la quale la rottura del tubo avviene per propagazione di un difetto che cresce lentamente attraverso lo spessore di parete del tubo fino a diventare passante (propagazione lenta della frattura, detta anche stress cracking). Quest’ultimo fenomeno è caratterizzato da piccole deformazioni e dall’assenza di deformazioni macroscopiche del materiale in prossimità della zona di frattura.
2.2. Proprietà meccaniche
9
Fig. 2.1. Curva di regressione in accordo con la norma EN ISO 9080: 2003
Le curve di regressione mostrate in Fig. 2.1 presentano due tratti lineari con diversa pendenza. Ad esempio, considerando una singola temperatura di riferimento: •
•
per elevati valori di sforzo applicato (quindi per tempi di rottura limitati) la curva mostra una pendenza moderata. In questa regione si verificano rotture di tipo duttile; per valori minori di sforzo applicato (quindi per tempi di rottura elevati) la curva può mostrare un aumento della pendenza con conseguente formazione di un ginocchio. In questo caso si verificano rotture di tipo fragile. L’assenza di ginocchio nei tempi di esecuzione della curva di regressione è un indice di ottima resistenza del materiale alla propagazione lenta della frattura.
Le curve di regressione permettono di: •
3
determinare il valore di sforzo sLPL3 per il quale è prevista la resistenza del tubo per 50 anni alla temperatura di 20°C con un limite di confidenza pari al 97,5%. La procedura di calcolo è riportata in Appendice A.4.1;
LPL = Lower Prediction Limit.
10
•
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
verificare che il ginocchio non si presenti nell’intervallo di tempo di interesse per il progetto. Per alcuni tipi di PE di recente formulazione non si osserva la presenza di un ginocchio nemmeno per estrapolazione a tempi molto maggiori di 50 anni (anche oltre 100 anni).
In Fig. 2.2 è mostrata, a titolo di esempio, la curva di regressione di un PE100 (sLPL> 10 MPa), la quale a 80°C non presenta ginocchio almeno per tempi fino a 10000 ore (equivalenti ad un tempo di vita pari a 100 anni a 20°C). Questo dimostra l’eccellente resistenza del materiale alla propagazione lenta della frattura.
Fig. 2.2. Curva di regressione per un PE100 in accordo con la norma EN ISO 9080: 2003
2.2.1.2. Classificazione MRS La classificazione MRS (Minimum Required Strength) di diversi tipi di PE è definita dalla norma UNI EN 12201-1: 2004, ed è basata sul valore di sLPL, in accordo con la norma UNI EN ISO 12162: 1997 come riportato in Tabella 2.2.
2.2. Proprietà meccaniche
11
Tabella 2.2. Classificazione MRS al variare del valore di sLPL
s LPL [MPa]
MRS [MPa]
2,50 - 3,14
2,5
3,15 - 3,99
3,15
4,00 - 4,99
4
5,00 - 6,29
5
6,30 - 7,99
6,3
8,00 - 9,99
8
10,00 - 11,19
10
Il valore di MRS così ottenuto permette di calcolare la pressione nominale PN massima ammissibile [bar] di un tubo in base alla seguente relazione: PN = 20 ⋅
MRS ⋅ en C ⋅ ( dn − en )
dove C (coefficiente complessivo di servizio o progetto) è un fattore di sicurezza pari a 1,25 nel caso del trasporto di acqua in pressione e dn e en sono rispettivamente il diametro esterno e lo spessore di parete nominali [mm]. Qualora la temperatura di esercizio sia superiore a 20°C è necessario considerare che il valore di MRS si riduce. La norma UNI EN 12201-1: 2004 fornisce le indicazioni necessarie per il calcolo del coefficiente di riduzione (paragrafo 4.2).
La temperatura di esercizio continuativo per condotte di PE in pressione non deve superare i 40°C.
2.2.2. Resistenza alla propagazione lenta della frattura (SCG o stress cracking) La determinazione della resistenza del materiale alla comparsa di fenomeni di frattura di tipo fragile, misurata in prove di pressione di tipo convenzionale, può richiedere tempi molto lunghi anche operando a temperature elevate. A questo scopo è stata sviluppata una prova chiamata Notch Pipe Test (NPT; UNI EN ISO 13479: 1999) la quale consiste nel sottoporre un tubo, preventivamente intagliato sulla superficie esterna, a pressione e temperatura elevate.
12
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
Questa prova permette di verificare in tempi relativamente brevi la resistenza del materiale alla propagazione di rotture fragili innescate dalla presenza di intagli o graffi accidentali sulla superficie del tubo (causati ad esempio da pietre), da fenomeni termoossidativi o dalla presenza di inclusioni o eterogeneità (contaminazioni) nella parete del tubo. Le condizioni di temperatura, pressione e tempo minimo di resistenza sono riportate nella Tabella 2.3.
Tabella 2.3. Requisiti minimi per la prova NPT in accordo con la norma UNI EN 12201-1: 2004 Materiale
Temperatura [°C]
Pressione applicata [bar]
Tempo minimo di resistenza [ore]
PE80
80
8,0
165
PE100
80
9,2
165
2.2.3. Resistenza alla propagazione rapida della frattura (RCP) A causa di urti accidentali subiti dalla tubazione e in presenza di sacche d’aria nella condotta, si possono verificare le condizioni per uno scoppio improvviso della stessa. Tale fenomeno è favorito da elevate pressioni di esercizio, basse temperature ed elevati spessori di parete. Questa concomitanza di eventi è estremamente rara in una condotta idraulica ben progettata e gestita, pertanto la resistenza del materiale alla propagazione rapida della frattura (RCP) non costituisce un criterio di verifica per tubazioni per il trasporto di acqua. La resistenza del materiale alla propagazione rapida della frattura deve essere presa in considerazione soltanto per tubi con spessore di parete maggiore o uguale a 32 mm. L’esecuzione della misura è eseguita con i test S4 o full scale (ISO 13477: 1997 e UNI EN ISO 13478: 1999) descritti in Appendice A.5.
2.2.4. Requisiti per la classificazione del materiale La normativa italiana relativa ai tubi in PE per il trasporto di acqua in pressione (UNI EN 12201-1: 2004) prevede l’impiego dei materiali classificati come PE80 (MRS pari a 8 MPa) e PE100 (MRS pari a 10 MPa). Tale classificazione è ottenuta sulla base di un profilo costituito da diverse proprietà (Tabella 2.4).
2.2. Proprietà meccaniche
13
Tabella 2.4. Principali requisiti di classificazione PE80 - PE100 Proprietà
PE80
PE100
Metodo di prova
MRS
8,0 MPa
10,0 MPa
EN ISO 9080: 2003
SCG oppure Resistenza alla propagazione lenta della frattura (NPT a 80°C)
8,0 bar per 165 ore
9,2 bar per 165 ore
UNI EN ISO 13479: 1999
RCP (S4 a 0°C per tubo con en > 32 mm)
8,0 bar
10,0 bar
ISO 13477: 1997
Resistenza alla pressione interna (20°C)
10,0 MPa per 100 ore
12,4 MPa per 100 ore
UNI EN 921: 1995
Resistenza alla pressione interna (80°C)
4,5 MPa per 165 ore; 4,0 MPa per 1000 ore
5,4 MPa per 165 ore; 5,0 MPa per 1000 ore
UNI EN 921: 1995
OIT* (200°C)
≥ 20 minuti
≥ 20 minuti
UNI EN 728: 1998
* l’OIT (Oxidation Induction Time) è una misura che verifica che il polimero sia sufficientemente stabilizzato al fine di prevenire la degradazione dovuta a fenomeni termoossidativi (vedere paragrafo 2.3.2)
La resistenza a lungo termine, la resistenza alla propagazione lenta (SCG) e quella alla propagazione rapida della frattura (RCP) sono le principali proprietà utilizzate per la classificazione delle resine in accordo con le norme internazionali (ISO 4427: 1996 e UNI EN 12201-1: 2004).
2.2.5. Evoluzione tecnologica del PE Le norme di prodotto definiscono il livello di qualità minima necessario affinché un certo materiale o prodotto sia idoneo per una data applicazione e costituiscono pertanto una piattaforma tecnica per il loro utilizzo. Nell’ottica di un continuo miglioramento qualitativo sono stati messi a punto e resi disponibili alcuni materiali della classe PE100 le cui superiori proprietà sono evidenziate nella Tabella 2.5.
14
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
Tabella 2.5. Confronto fra i requisiti di qualità del PE100 richiesti dalle norme UNI EN 12201-1: 2004, UNI EN 1555: 2004, ISO 4427:1996 e ISO 4437:1997 e valori caratteristici di alcuni tipi di PE100 Proprietà
Metodo di prova
Norma
Alcuni PE100
Resistenza alla pressione interna (frattura duttile)
Test pressione a 20°C e 12,4 MPa (UNI EN 921: 1995)
> 100 h
> 200 h
Resistenza alla propagazione lenta della frattura, SCG (frattura fragile)
NPT a 80°C e 9,2 bar (UNI EN ISO 13479: 1999)
> 165 h
> 500 h
Resistenza alla propagazione rapida della frattura (RCP)
S4 test a 0°C (ISO 13477: 1997)
Da misurare*
> 10 bar
* Pc ≥
MOP 13 2,4 18
Da quanto riportato emerge che la ricerca applicata alla formulazione di nuovi PE è rivolta al miglioramento delle seguenti proprietà: • • •
resistenza alla pressione interna (creep); resistenza alla propagazione lenta della frattura (stress cracking, SCG); resistenza alla propagazione rapida della frattura (RCP).
Queste proprietà sono adeguatamente certificate da Organismi accreditati al controllo.
2.3. Altre caratteristiche 2.3.1. Resistenza all’abrasione Nonostante la sua durezza sia inferiore rispetto a quella dei materiali tradizionalmente utilizzati per la realizzazione di condotte, il PE offre un’altissima resistenza all’abrasione (Tabella 2.6). Tabella 2.6. Resistenza all’abrasione (valutata sotto l’azione di un getto d’acqua contenete il 10% di particelle di silice alla velocità di 14 m/s e con un angolo di incidenza di 70° per un tempo fissato) Materiale PE100 MDPE80 Ferro Acciaio
Perdita in massa [mg] 20 22 962 1081
Perdita in volume [mm3] 21 23 123 138
2.3. Altre caratteristiche
15
2.3.2. Resistenza alla foto-termoossidazione L’impiego di opportuni componenti (additivi o pigmenti) aggiunti al polimero base dal produttore di materia prima previene l’insorgere di fenomeni degradativi e consente il mantenimento delle prestazioni a lungo termine del manufatto. Protezione dall’irraggiamento solare. La componente ultravioletta della radiazione solare può provocare, durante lo stoccaggio o l’esercizio, la degradazione del PE se questo non è adeguatamente protetto. Il principale additivo utilizzato per proteggere il PE dall’azione del sole è il nero fumo (carbon black). Il nero fumo è utilizzato in percentuali in massa variabili tra 2 e 2,5% e la sua dispersione (dimensione degli agglomerati), valutata secondo la metodologia indicata nella norma ISO 18553: 2002, deve essere conforme ai requisiti della norma UNI EN 12201-1: 20044. Il nero fumo protegge stabilmente dall’azione dannosa della radiazione UV. Nel caso di tubi e raccordi di colore blu, la protezione del materiale dall’azione dei raggi UV non è più affidata al nero fumo, bensì ad appositi agenti chimici aggiunti nella resina. Essi offrono una resistenza all’irraggiamento (UNI EN 1056: 1998) superiore o uguale a 3,5 GJ/m2, equivalente all’esposizione diretta ai raggi solari, in Italia, per un periodo stimabile tra 6 e 12 mesi in funzione dell’intensità dell’irraggiamento. Il tempo di stoccaggio dei manufatti può essere prolungato adottando coperture adeguate (teli opachi o tettoie). In caso di esposizione diretta per tempi superiori a quelli indicati, è necessario verificare che la rispondenza del materiale ai requisiti di norma sia stata mantenuta. Protezione dai fenomeni termoossidativi. Il materiale adeguatamente stabilizzato dal produttore della materia prima, correttamente trasformato ed utilizzato non è soggetto a fenomeni termoossidativi.
La norma UNI EN 12201-1: 2004 prescrive che il compound sia fornito dalle aziende produttrici completo di ogni additivo atto a garantire la processabilità della materia prima e la durabilità del manufatto.
4
È altresì utile verificare che la misura della ripartizione (omogeneità di copertura) del nero fumo nel manufatto (valutata secondo la norma ISO 18553: 2002) sia minore o uguale al grado C2.
16
2. Il polietilene nel trasporto di acqua
2.3.3. Azione dei roditori L’azione dei roditori su manufatti in materiale polimerico crea incisioni esterne. Questo effetto interessa anche altri materiali. Nel caso delle tubazioni in PE, tuttavia, la superficie liscia della parete esterna non offre ai denti sufficiente appiglio per causare danni significativi.
2.3.4. Crescita microbiologica La crescita microbiologica e/o microbica sulla parete interna dei componenti utilizzati nei sistemi di tubazioni per il trasporto dell’acqua è inevitabile, indipendentemente dal materiale utilizzato. Il trattamento dell’acqua con cloro o altre sostanze contribuisce al suo contenimento. Attualmente non sono completamente note né le condizioni e i meccanismi di formazione microbica, né i motivi per cui alcuni materiali sembrano supportare diversi livelli di crescita. Studi condotti dall’APME (Association of Plastics Manufacturers in Europe) indicano che la quantità di organismi cellulari presenti nell’acqua non è correlata con la quantità di biomembrana formatasi sulla superficie interna della tubazione. Alcuni paesi europei hanno sviluppato metodi per la valutazione della crescita microbica sui materiali. L’istituto olandese KIWA, nell’ambito del programma di ricerca co-normativo dell’EAS (European Approval Scheme), sta conducendo da alcuni anni un’analisi comparativa dei metodi utilizzati in Gran Bretagna, Germania e Olanda, allo scopo di formulare un metodo armonizzato di prova. Il metodo in fase di elaborazione è fondato sul KIWA BPP (potenziale di produzione di biomassa), che si basa sulla misurazione dell’ATP (Adenosin Trifosfato) con un metodo statico ad immersione. L’APME ha condotto una ricerca utilizzando un metodo che prevede un flusso dinamico di acqua. Allo stato attuale non è ancora disponibile un documento conclusivo né una proposta di standardizzazione di questa attività. Purtuttavia, l’esperienza fin qui maturata ha dimostrato che tali fenomeni non costituiscono un fattore limitante all’impiego delle tubazioni in PE.
2.3.5. Requisiti per l’utilizzo nel trasporto d’acqua potabile I sistemi di tubazioni in PE sono utilizzati per la fornitura di acqua potabile fin dagli anni cinquanta. Per questo impiego, i materiali devono soddisfare particolari requisiti nazionali. Allo scopo vengono svolte prove sull’acqua erogata per verificare che sapore, odore ed aspetto non siano alterati dal contatto con il materiale. Sono inoltre condotte prove per dimostrare che sostanze dannose non siano rilasciate nell’acqua dal PE e per valutare la crescita di microrganismi acquatici.
2.3. Altre caratteristiche
17
Attualmente esistono alcune differenze tra le regolamentazioni e i metodi usati nei diversi Paesi europei per le tubazioni in materiale polimerico anche se si stanno sviluppando nuove prove e definendo nuovi requisiti. In Italia è attualmente in vigore il Decreto Legislativo n° 31 del 2 febbraio 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°52 del 3 marzo 2001, emendato con il Decreto Legislativo n° 27 del 2 febbraio 2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°58 del 9 marzo 2002, il quale definisce i requisiti dell’acqua per usi umani. Il DM 174 del 6 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 luglio 2004 dal titolo “Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano”, stabilisce, tra l’altro, l’idoneità dei manufatti in materiale polimerico per il trasporto di acqua potabile. Al fine di armonizzare le indicazioni a livello europeo e di assicurare che nessun prodotto, attualmente approvato secondo gli schemi nazionali, venga disapprovato dalle nuove legislazioni e regolamentazioni, il gruppo di Regolamentatori Europei dell’Acqua, RG-CPDW (Gruppo regolatore per la costruzione di prodotti in contatto con l’acqua potabile) sta elaborando un documento, EAS (European Approval Scheme), basato sulla direttiva 98/83/EC dell’Unione Europea, di futura emanazione. L’industria dei tubi in materiale polimerico è rappresentata dalle associazioni TEPPFA (The European Plastics Pipe and Fitting Association) e APME (Association of Plastics Manufacturers in Europe). La relativa attività di normazione è svolta dal CEN TC 155/AHG 37. Periodici aggiornamenti su tale attività sono riportati nel notiziario del Comitato Tecnico TC 155 del CEN.
3. Ciclo di produzione
L’affidabilità delle reti idriche è strettamente correlata alla qualità dei manufatti impiegati, e dipende da: •
•
materia prima: deve essere conforme alla normativa vigente. La classificazione del compound è dichiarata dal produttore e certificata da Organismi accreditati; processo produttivo: comporta il riscaldamento del materiale ad una temperatura idonea alla sua formatura ed il successivo raffreddamento. Un buon controllo delle condizioni di processo è necessario per conservare le proprietà della materia prima nel prodotto trasformato. I tubi e raccordi in PE devono essere rispondenti alle norme afferenti. La loro conformità e costanza di qualità sono garantite dalla certificazione del prodotto (UNI EN 12201: 2004) e del ciclo produttivo (UNI EN ISO 9001: 2000), rilasciate da Organismi di Certificazione accreditati.
Il compound, disponibile sotto forma di granuli (Fig. 3.1), viene trasformato mediante la tecnologia di estrusione (per la produzione di tubi) o mediante stampaggio ad iniezione (per la produzione di raccordi).
Fig. 3.1. Granuli di PE
20
3. Ciclo di produzione
3.1. Estrusione I tubi sono ottenuti con un processo continuo detto estrusione (Fig. 3.2). La trasformazione della materia prima in prodotto finito avviene attraverso i seguenti stadi: •
• •
•
fusione del PE: il processo di fusione nell’estrusore avviene all’interno di un cilindro riscaldato con un adeguato profilo di temperatura. Una vite senza fine spinge il materiale all’interno del cilindro verso la testa dell’estrusore; formatura: la forma tubolare e le dimensioni di massima vengono ottenute facendo passare il materiale attraverso una filiera; calibrazione e raffreddamento: all’uscita dalla filiera il diametro esterno viene calibrato, mediante passaggio in un’unità di calibrazione solitamente sotto vuoto, così da essere in tolleranza. Il materiale viene contemporaneamente raffreddato con acqua sino alla completa solidificazione; marcatura: allo scopo di garantire l’identificazione e la rintracciabilità del manufatto, si appone una marcatura lungo una generatrice esterna del tubo mediante “impressione a caldo” o inchiostro. La marcatura minima richiesta dalla norma UNI EN 12201-2: 2004 deve contenere le seguenti informazioni (Fig. 3.3): – – – – – – –
identificazione del fabbricante (a); dimensioni nominali (dn x en) (b); serie SDR (c); pressione nominale PN (d); classificazione della materia prima impiegata (PE80 o PE100) (e); periodo di produzione o codice (f); dicitura UNI EN 12201 (g);
Fig. 3.2. Schema d’impianto per l’estrusione di tubi
3.2. Stampaggio ad iniezione
Xxx
a
I
110x10
SDR 11
PN 16
PE100
b
c
d
e
10 10 04
f
21
UNI EN 12201
g
Fig. 3.3. Esempio di marcatura di un tubo. Si veda spiegazione dettagliata nel testo (p. 20)
•
taglio: i tubi prodotti in barre hanno usualmente una lunghezza standard pari a 6 o 12 m. I tubi prodotti in rotoli hanno lunghezze variabili. In quest’ultimo caso, il diametro interno della bobina deve essere superiore a 18 volte il diametro esterno del tubo.
Durante la fase di estrusione è fondamentale che i seguenti parametri di processo siano attentamente controllati: •
•
•
temperatura di lavorazione: mediante opportuni sistemi di termoregolazione si controlla la temperatura del PE fuso durante il passaggio all’interno dell’estrusore in modo da prevenire fenomeni degradativi; parametri di raffreddamento: la costanza e l’uniformità delle condizioni di raffreddamento consentono di ottenere un profilo termico omogeneo lungo la circonferenza del tubo minimizzando così i fenomeni di distorsione; vuoto: un adeguato controllo dell’applicazione del vuoto nella fase di calibrazione permette di mantenere le caratteristiche dimensionali e geometriche del manufatto.
3.2. Stampaggio ad iniezione I raccordi di diversa geometria e dimensioni, quali ad esempio gomiti, T, riduzioni e manicotti (Fig. 3.4), sono prodotti con un processo discontinuo detto stampaggio ad iniezione. La trasformazione della materia prima in prodotto finito avviene attraverso i seguenti stadi: •
•
fusione del PE: il processo di fusione avviene all’interno di un cilindro riscaldato con un adeguato profilo di temperatura. Una vite senza fine spinge il materiale e lo accumula in testa al cilindro (preparazione della “dose” di materiale da iniettare); iniezione: l’avanzamento della vite spinge il materiale fuso all’interno di uno stampo freddo. I parametri fondamentali di questa fase del processo sono le pressioni e le temperature nei diversi punti delle cavità dello stampo, nonché i tempi di iniezione, post-pressione e mantenimento regolati dalla vite di iniezione;
22
• •
3. Ciclo di produzione
raffreddamento: il manufatto viene lasciato solidificare all’interno della cavità dello stampo per un tempo prestabilito; estrazione: al termine del ciclo di raffreddamento si procede all’apertura dello stampo e all’espulsione automatica del raccordo.
La marcatura minima richiesta dalla norma UNI EN 12201-3: 2004 deve contenere le seguenti informazioni: – – – – –
nome del fabbricante o marchio di fabbrica; diametro nominale (dn) e SDR; pressione nominale PN; materia prima impiegata e classificazione della stessa (PE80 o PE100); lotto o periodo di produzione (informazioni del produttore utili alla rintracciabilità); – massimo SDR saldabile (solo per raccordi elettrosaldabili); – grado di tolleranza (solo per raccordi a codolo per dn ≥ 280 mm). Per ottenere prodotti conformi è necessario che gli stampi siano adeguatamente progettati e che le condizioni di processo siano correttamente applicate e mantenute.
Fig. 3.4. Raccordi in PE per tubazioni
3.4. Certificazione di prodotto
23
La collaborazione tra progettisti degli stampi, esperti dei materiali, stampisti ed operatori consente di ottenere manufatti con buone caratteristiche in termini di giunzione dei flussi, deformazioni e/o distorsioni (shrinkage/warpage) e rispetto delle tolleranze di progetto.
3.3. Controllo finale dei prodotti La qualità del prodotto, e quindi del processo di produzione, è valutata oggettivamente attraverso la determinazione di alcune caratteristiche dei prodotti (UNI EN 12201: 2004), quali: •
•
• •
indice di fluidità (MFR): il confronto del valore di MFR della materia prima con quello del materiale prelevato dal manufatto può dare indicazioni su eventuali fenomeni degradativi indotti nel polimero durante la lavorazione. La normativa vigente ammette una differenza massima del 20%; tempo di induzione all’ossidazione (OIT): dà indicazioni sulla presenza e sull’efficacia degli antiossidanti contenuti nel manufatto. La normativa vigente prescrive un valore di OIT, misurato a 200°C, di almeno 20 minuti. Nei tubi l’analisi deve essere eseguita sulla superficie interna; resistenza a trazione e alla pressione interna: danno indicazioni sulle caratteristiche complessive del manufatto e sulla sua resistenza meccanica; controlli dimensionali e di aspetto: sono eseguiti controlli del diametro esterno, dello spessore di parete e dell’ovalizzazione. Le superfici interne ed esterne devono essere lisce ed esenti da imperfezioni, come indicato nella norma UNI EN 12201: 2004.
3.4. Certificazione di prodotto La certificazione è un atto mediante il quale una parte terza (indipendente cioè sia dal fabbricante che dall’utilizzatore) attesta che un determinato prodotto o sistema sia conforme ad una data norma, legge o capitolato. Questa attività viene svolta da Organismi di certificazione che devono garantire requisiti di carattere istituzionale, organizzativo, tecnico e morale, in conformità alla norma UNI CEI EN 45011: 1999. Per i tubi ed i raccordi in PE destinati al trasporto di acqua, la certificazione di prodotto avviene in conformità ai requisiti della norma UNI EN 12201: 2004, che prende in considerazione i seguenti elementi: • • • •
campionamento dei prodotti; prove iniziali di tipo; valutazione dei rapporti di prova; valutazione iniziale del processo produttivo;
24
• • •
3. Ciclo di produzione
concessione della licenza; sorveglianza continua sul sistema qualità del produttore e/o sulla produzione con ripetizione periodica delle prove di laboratorio; sorveglianza sul mercato.
I diversi Organismi di certificazione possono applicare tutti o parte degli elementi sopra citati per il rilascio della certificazione di prodotto. Nel caso di sistemi di certificazione di prodotto che prevedono la sorveglianza continua, l’Organismo di certificazione verifica periodicamente la capacità del fabbricante di tubi o raccordi di garantire nel tempo la costanza della qualità della sua produzione. Tale costanza della qualità viene assicurata mediante controlli su: • • •
materie prime utilizzate; processo di produzione adottato; prodotto finito.
La certificazione di prodotto prevede generalmente l’apposizione di un Marchio di conformità direttamente sul prodotto o sul suo imballo (come applicabile). Ad esempio, i tubi in PE per trasporto di acqua certificati sono riconoscibili grazie a indicazioni supplementari di marcatura (Fig. 3.5) rispetto a quelle previste dalla norma: – – – –
marchio di conformità (a); numero identificativo del marchio rilasciato al fabbricante (b); codice della materia prima PE certificata impiegata (c); linea di produzione (d).
Xxx Yyy 000
a
b
110x10
SDR 11 PN 16
PE100 (P Yy )
c
Zzz
10 10 04 UNI EN 12201
d
Fig. 3.5. Indicazioni aggiuntive riportate sulla marcatura di un tubo certificato. Si veda spiegazione dettagliata nel testo
4. Progettazione della tubazione
La progettazione della condotta deve tener conto degli aspetti idraulici (erogazione del fluido alle condizioni richieste) e degli aspetti meccanici (resistenza alle sollecitazioni di esercizio). Le condotte in PE presentano caratteristiche che le rendono particolarmente adatte alle applicazioni idrauliche grazie alla bassa scabrezza (rugosità superficiale interna) e all’assenza di incrostazioni. Dal punto di vista del comportamento meccanico, una delle caratteristiche più significative del PE è la sua capacità di deformarsi in modo rilevante senza danneggiarsi (flessibilità). Ciò è reso possibile dal basso valore del modulo e dal comportamento viscoelastico, che consente alla tubazione di rilassare gli sforzi nel tempo pur mantenendo la capacità di recuperare la deformazione subita qualora venga rimossa la causa che l’ha provocata. I principali vantaggi che derivano da questo tipo di comportamento sono la capacità di tollerare i carichi dovuti all’azione del terreno e l’attenuazione degli effetti del colpo d’ariete, eliminando nella maggiore parte dei casi la necessità di tenerne conto nella progettazione. L’elevata deformabilità richiede tuttavia di verificare la stabilità alle sollecitazioni esterne.
4.1. Progettazione idraulica La procedura per la progettazione idraulica di una condotta in PE presentata in questo capitolo fa riferimento al progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 “Posa in opera e collaudo di sistemi di tubazioni di PE per il trasporto di liquidi in pressione” (ottobre 2002). Le grandezze da considerare per il dimensionamento idraulico di una condotta sono: • • • • • • •
diametro (di) interno del tubo; scabrezza (ε) della superficie interna del tubo (Tabella 4.1); lunghezza (L) della condotta; differenza di quota (∆z) delle estremità della condotta; differenza di pressione (∆pH) alle estremità della condotta; velocità (v) dell’acqua nella condotta; portata volumetrica (Q) da erogare.
26
4. Progettazione della tubazione
La velocità v è legata, a parità di diametro interno, alla portata volumetrica da erogare, Q. Si considerano accettabili valori di velocità v compresi tra 0,5 e 2,5 m/s; il valore ottimale dipende da valutazioni tecnico-economiche legate all’esercizio dell’impianto. Dalla velocità dipendono le perdite di carico dovute al passaggio dell’acqua nella condotta. Queste possono essere suddivise in perdite di carico distribuite lungo la condotta e perdite di carico localizzate in corrispondenza di singolarità geometriche (raccordi e valvole). Perdite di carico distribuite: dipendono dalla resistenza al moto dovuta sia all’attrito interno del fluido che all’attrito contro le pareti del tubo. Il calcolo delle perdite di carico distribuite si effettua in base alla perdita di carico per unità di lunghezza della tubazione J (cadente), definita dall’equazione di Darcy-Weisbach: J=
8 ⋅ λ ⋅ Q2 g ⋅ π 2 ⋅ di5
in cui λ è il coefficiente di attrito, che dipende dalla scabrezza e dal diametro interno del tubo, nonché dal regime di moto e dalle proprietà fisiche del fluido.
Tabella 4.1. Valori indicativi di scabrezza per tubi nuovi realizzati con diversi materiali Diametro tubo [mm]
Scabrezza ε [mm]
PE
≤ 200 > 200
0,01 0,05
Acciaio
tutti
0,05-0,1
Ghisa
tutti
0,2-1
Cemento
tutti
1-10
Materiale
Nelle condizioni di moto che si verificano normalmente nelle tubazioni per il trasporto di acqua in pressione, il coefficiente di attrito λ può essere calcolato in base all’equazione di Colebrook-White: ⎛ 2, 51 1 ε ⎞ = −2 ⋅ log⎜ + ⎟ ⎝ Re ⋅ λ 3, 71 ⋅ di ⎠ λ in cui ε è la scabrezza del tubo e Re è il numero di Reynolds. Quest’ultimo è definito come segue: Re =
v ⋅ di . υ
4.1. Progettazione idraulica
27
Tabella 4.2. Viscosità cinematica dell’acqua Temperatura [°C]
Viscosità cinematica υ [mm2/s]
0 4 10 15 20 30 40
1,79 1,52 1,31 1,14 1,01 0,80 0,65
I valori di viscosità cinematica υ dell’acqua a diverse temperature sono riportati in Tabella 4.2. Le perdite di carico distribuite, H, si ottengono moltiplicando la cadente J per la lunghezza L della condotta: H=J·L. A parità di fluido trasportato e di condizioni di moto, le perdite di carico distribuite dipendono quindi principalmente dalla lunghezza della condotta e dalla scabrezza della superficie interna del tubo.
I valori riportati in Tabella 4.1 mostrano come la scelta del PE per la realizzazione di una condotta permetta una significativa riduzione delle perdite di carico distribuite rispetto ad altri materiali.
Perdite di carico localizzate: si verificano in presenza di raccordi o valvole che perturbano lo stato di moto del fluido e sono calcolate in base alla seguente equazione: H i = ki
v2 2⋅ g
in cui ki è il coefficiente per il calcolo delle perdite di carico localizzate (Tabella 4.3).
28
4. Progettazione della tubazione
Tabella 4.3. Valori del coefficiente per le perdite di carico localizzate per alcuni accessori di uso comune Tipo di raccordo Gomito a 90° Gomito a 45° Curva a 90° Curva a 45° T (flusso in linea) T (derivazione) Valvola regolatrice:
Valvola a farfalla aperta Valvola a sfera aperta Riduzione in allargamento:
Riduzione in restringimento:
ki 1,00 0,40 0,20 0,10 0,35 1,20 0,12 1,00 6,00 24,00 0,30 5,60 0,53 0,35 0,13 0,27 0,20 0,13
Aperta 1/4 chiusa 1/2 chiusa 3/4 chiusa
d/D = 1/4 d/D = 1/2 d/D = 3/4 d/D = 1/4 d/D = 1/2 d/D = 3/4
Le perdite di carico localizzate in corrispondenza delle saldature ad elementi termici per contatto (testa a testa) sono normalmente trascurabili. Soltanto per saldature particolarmente frequenti (più di una ogni 2 metri) o per tubi di diametro dn < 110 mm si è soliti assegnare alle perdite di carico distribuite un incremento del 2% (H = 1,02·J·L). Il calcolo delle perdite di carico totali si effettua sommando alle perdite di carico distribuite l’effetto di ciascuna singolarità presente: n
H tot = J ⋅ L + ∑ H i . i =1
La progettazione idraulica della condotta si effettua solitamente determinando il valore del diametro interno di necessario per erogare la portata d’acqua richiesta nelle condizioni di utilizzo (dimensionamento). In altri casi può essere necessario controllare le condizioni di funzionamento di una condotta già esistente (verifica). I due casi sono qui di seguito esaminati separatamente.
4.1.1. Dimensionamento Il dimensionamento di condotte di nuova installazione viene effettuato imponendo le condizioni desiderate di funzionamento della condotta (Q, ∆pH, L, ∆z) e determinando il diametro di che garantisce tali prestazioni.
4.1. Progettazione idraulica
29
Sulla base della portata Q si verifica infine che la velocità v del fluido ricada nell’intervallo assegnato. La perdita di carico massima ammissibile nella condotta, Htot, può essere calcolata note la massima differenza di pressione ammissibile, ∆pH , e la differenza di quota, ∆z, tra le sezioni di ingresso e di uscita: H tot = ∆z +
∆p H ρa ⋅ g
.
Noto il valore della perdita di carico ammissibile, il diametro di può essere determinato in base all’equazione di Darcy-Weisbach. Il valore così ottenuto viene approssimato al diametro commerciale immediatamente superiore dic. Questo nuovo valore di diametro determina un nuovo valore di portata Q. La velocità viene infine determinata in base all’equazione seguente: v=
4 ⋅Q π ⋅ dic2
.
Il sistema di equazioni da risolvere risulta particolarmente complesso e richiede l’applicazione di metodi numerici iterativi, che sono stati implementati nel programma di progettazione PiPEs allegato al presente Manuale. In alternativa è possibile ricorrere a metodi grafici basati su diagrammi, come quello mostrato in Fig. 4.1.
diametro interno di [mm] 15
10
20
25
30 35 40 45 50 556065 70 80 90 100
125 150 175 200225 250 300 350 400 450 500 550 600
1000 500
700
Velocità [m/s]
300
800
150 100
1
50
900 1000
30 20 15 10
1500
5 4 3 2
0,1
2000
1 0.75 0.5 0.4 0.3 0.2 0.15
0.1
0.05
0.03
0,001 cadente J [m/km] 0,01
0.01
0,1
1
Portata [m3/s]
Fig. 4.1. Diagramma per il dimensionamento idraulico di condotte in PE per il trasporto di acqua (temperatura: 20°C). Una versione estesa di questo grafico è disponibile a pag. 201
30
4. Progettazione della tubazione
Esempio di dimensionamento idraulico
Specifiche: una condotta in PE, di lunghezza pari a 2 km deve erogare una portata pari a 100 l/s con una variazione di pressione massima, dovuta alle perdite di carico, di 1 bar. La temperatura di esercizio della rete è pari a 15°C. La variazione di quota ∆z è nulla. Obiettivo: determinare il diametro interno
1 – Calcolo della cadente: ∆p H 1 100000 1 J= = ⋅ ≅ 0, 005 m / m = 5 m / km . ρ a ⋅ g L 1000 ⋅ 9, 8 2000
Velocità [m/s]
2 – Calcolo del diametro: Il diametro può essere calcolato per via grafica o per via numerica. Nel primo caso (Fig.4.2) si determina il punto appartenente alla curva della cadente 5 m/km avente ascissa pari a 0,1 m3/s e si individua sul diagramma la retta del diametro più prossima al punto individuato (di=300 mm). L’ordinata del punto d’intersezione rappresenta la velocità del fluido, di poco superiore a 1 m/s.
Portata [m3/s]
Fig. 4.2. Calcolo approssimato del diametro della condotta e della velocità dell’acqua utilizzando il grafico di Fig. 4.1 •••
4.1. Progettazione idraulica
31
•••
Per ottenere la soluzione di questo problema di dimensionamento è necessario risolvere il seguente sistema non lineare di equazioni implicite (DarcyWiesbach e Colebrook-White): ⎧ , 12 8 ⋅ λ ⋅ 0, 12 ⎪0, 005 = 8 ⋅ λ0⋅,0005 = 9, 81 ⋅ π 2 ⋅ di5 9, 81 ⋅ π 2 ⋅ di5 ⎪⎪ ⎨ ⎪ 1 ⎛ 2, 51 ⋅ π ⋅ di ⋅ 1, 14 ⋅ 10 −6 5 ⋅ 10 −5 ⎞ ⎪ = −2log⎜ + 3, 71 ⋅ di ⎟⎠ 4 ⋅ 0, 1 ⋅ λ ⎝ ⎪⎩ λ nel quale si è assunto come primo tentativo che la scabrezza ε fosse pari a 5⋅10-5 m. Dalla Tabella 4.2 si ottiene che la viscosità cinematica υ dell’acqua a 15°C è pari a 1,14⋅10-6 m2/s. Il calcolo, effettuato per via numerica utilizzando il programma di progettazione PiPEs allegato al presente Manuale, fornisce il seguente risultato: ⎧di = 302 mm ⎪ ⎨ ⎪λ = 0, 01558 . ⎩ Poiché il diametro interno calcolato è superiore a 200 mm, il valore assegnato di scabrezza risulta corretto. 3 – Scelta del diametro commerciale: La scelta del diametro commerciale dic dipende dal valore di SDR, che deve essere determinato in base al dimensionamento meccanico. Come valore di SDR di primo tentativo si considera qui (e nel programma di progettazione PiPEs) quello che minimizza lo spessore a parità di diametro interno (SDR 17). Il diametro commerciale dic immediatamente superiore a quello di progetto è pari a 313 mm (corrispondente ad un tubo con diametro esterno nominale dn pari a 355 mm e spessore nominale en pari a 21 mm). 4 – Calcolo della velocità effettiva: Assegnate le condizioni di pressione il nuovo valore di diametro determina un nuovo valore di portata, che dovrebbe essere calcolato reiterando la procedura di calcolo. Assumendo per semplicità di trascurare questa variazione, il valore approssimato della velocità risulta: v=
4 ⋅Q 4 ⋅ 0, 1 = = 1, 42 m / s π ⋅ dic2 π ⋅ 0, 313 2
che si ritiene accettabile in quanto compreso tra 0,5 e 2,5 m/s. La velocità e la portata effettive calcolate con un metodo iterativo dal programma di progettazione PiPEs risultano pari rispettivamente a 1,39 m/s e 108 l/s.
32
4. Progettazione della tubazione
4.1.2. Verifica La verifica idraulica si effettua per controllare le condizioni di funzionamento di una condotta di geometria (di, L, ∆z) assegnata. La verifica viene solitamente eseguita fissando la variazione di pressione (∆pH) e determinando la portata erogata (Q). In alcuni casi può essere richiesto di determinare la pressione in uscita nota la velocità del fluido. Nel primo caso, assumendo per semplicità nulle le perdite di carico localizzate1 e nota la perdita di carico H = J L tra le sezioni di ingresso e di uscita, la velocità v del fluido trasportato può essere calcolata in base all’equazione di Darcy-Weisbach: 2 ⋅ g ⋅ di ⋅ H . v= λ ⋅L La portata Q erogata è quindi pari a: Q=
π ⋅ v ⋅ di 2 . 4
Esempio di verifica idraulica
Specifiche: una condotta di diametro interno di pari a 163,6 mm (diametro esterno nominale dn pari a 200 mm, SDR 11) ha lunghezza pari a 1 km e variazione di pressione ∆pH pari a 0,5 bar. La temperatura dell’acqua è di 15°C e la differenza di quota ∆z è nulla. Obiettivo: determinare la portata erogata.
1 – Calcolo delle perdite di carico: H = ∆z +
∆p H 50000 =0+ = 5, 1 m . ρρ⋅aagg 1000 ⋅ 9, 81
2 – Calcolo della velocità: Anche in questo caso la velocità dell’acqua nella condotta può essere calcolata per via grafica o per via numerica. Nel primo caso (Fig.4.3) si determina il punto d’intersezione tra la curva della cadente 5 m/km e quella del diametro più prossima al valore effettivo (di=150 mm). L’ascissa e l’ordinata del punto d’intersezione rappresentano rispettivamente la portata (circa 0,02 m3/s) e la velocità (di poco inferiore a 1 m/s) che si instaurano nella condotta. ••• 1
Il programma di progettazione PiPEs allegato al volume considera l’effetto delle perdite di carico localizzate prodotte dalle singolarità presenti lungo la condotta.
4.1. Progettazione idraulica
33
Velocità [m/s]
•••
Portata [m3/s]
Fig. 4.3. Calcolo approssimato della portata e della velocità dell’acqua utilizzando il grafico di Fig. 4.1
Per ottenere la soluzione esatta è necessario risolvere il seguente sistema: ⎧ ⎪ V = ⎪ r ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ 1 ⎪ = ⎪ λ ⎪ ⎪ ⎩⎩
2 ⋅ 9, 81 ⋅ 0, 1636 ⋅ 5, 1 2 ⋅ 9V , 81 r =⋅ 0, 1636 ⋅ 5, 1 λ ⋅ 1000 λ ⋅ 1000 ⎞ ⎛ ⎟ ⎜ −5 2, 51 10 ⎟ −2log⎜ + 3, 71 ⋅ 0, 1636 ⎟ ⎜ ⎛ Vr ⋅ 0, 1636 ⎞ ⋅ λ ⎟ ⎜ ⎜⎝ −6 ⎟ ⎠ ⎝ 1, 14 ⋅ 10 ⎠
nel quale la scabrezza ε è stata posta pari a 1⋅10-5 m e la viscosità cinematica υ dell’acqua a 15°C pari a 1,14⋅10-6 m2/s. Il calcolo effettuato con PiPEs fornisce il seguente risultato: ⎧Vr = 0, 976 m / s ⎪ ⎨ ⎪ λ = 0, 017 . ⎩ 3 – Calcolo della portata: Q=
π ⋅ 0, 976 ⋅ 0, 1636 2 = 0, 02 m 3 / s . 4
34
4. Progettazione della tubazione
Nel caso in cui sia richiesto di determinare la pressione in uscita data la velocità del fluido, le perdite di carico distribuite H possono essere calcolate in base all’equazione seguente: H=
λ ⋅ v2 λ ⋅L . 2 ⋅ g ⋅ di
Si verifica quindi che la pressione del fluido in uscita dalla condotta pout = pin + ∆p H = pin + ρ a ⋅ g ⋅ ( ∆z − H ) sia sufficiente a garantire il servizio all’utenza.
Esempio di verifica idraulica
Specifiche: una condotta di diametro interno di pari a 161,6 mm (diametro esterno nominale dn pari a 200 mm, SDR 11) ha lunghezza pari a 1 km e velocità dell’acqua di 1 m/s. La temperatura dell’acqua è di 15°C, la differenza di quota ∆z è nulla e la pressione all’ingresso è pari a 2 bar. Obiettivo: determinare la pressione in uscita.
1 – Calcolo delle perdite di carico: La verifica può essere condotta per via grafica o per via numerica. Nel primo caso (Fig.4.4) si determina il punto appartenente alla curva del diametro più prossima al valore effettivo (di=150 mm) avente ordinata pari a 1 m/s. L’ascissa del punto rappresenta la portata (poco meno di 0,02 m3/s) e la retta della cadente più prossima al punto individuato fornisce il valore di 5 m/km. Moltiplicando tale valore per la lunghezza della condotta si ottiene una perdita di carico di 5 m. Per ottenere la soluzione esatta è necessario risolvere il seguente sistema: ⎧ λ ⋅ 12 λ ⋅ 12 ⎪H = H= λ *⋅ 1000 * 1000 2 ⋅ 9, 81 ⋅ 02, 1616 ⋅ 9, 81 ⋅ 0, 1616 ⎪⎪ ⎨ ⎪ 1 ⎛ 2, 51 ⋅ 1, 14 ⋅ 10 −6 1 ⋅ 10 −5 ⎞ = −2log⎜ + ⎪ ⎟ 3, 71 ⋅ 0, 1616 ⎠ ⎝ 1 ⋅ 0, 1616 ⋅ λ ⎪⎩ λ nel quale la scabrezza ε è stata posta pari a 1⋅10-5 m e la viscosità cinematica υ dell’acqua a 15°C pari a 1,14⋅10-6 m2/s. Il calcolo effettuato con PiPEs fornisce il seguente risultato: •••
4.2. Progettazione meccanica
35
•••
⎧ H = 5, 5 m ⎪ ⎨ ⎪λ = 0, 01733 . ⎩ 2 – Calcolo della pressione del fluido in uscita:
Velocità [m/s]
pout = 2 ⋅ 10 5 + 1000 ⋅ 9, 811⋅ (0 − 5, 5) = 1, 46 ⋅ 10 5 Pa = 1, 46 bar .
Portata [m3/s]
Fig. 4.4. Calcolo approssimato della portata e della cadente utilizzando il grafico di Fig. 4.1
4.2. Progettazione meccanica La progettazione meccanica di tubi interrati è eseguita in accordo con il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°61 del 14 marzo 1986. Le prescrizioni contenute nel Decreto Ministeriale sono recepite dal progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 - 2002. Il criterio di dimensionamento per un tubo soggetto a pressione interna è il seguente: PN ≥ pE + p0
36
4. Progettazione della tubazione
in cui PN (pressione nominale) è una caratteristica del tubo, pE è la massima pressione di esercizio dell’impianto (paragrafo 4.2.1) e p0 è la pressione equivalente (paragrafo 4.2.2). Il valore di PN [bar] è correlato alle proprietà del materiale e alle dimensioni del tubo dalla seguente relazione: PN =
20 ⋅ MRS 1 ⋅ C SDR − 1
in cui MRS è espresso in MPa e C è il coefficiente complessivo di sicurezza (pari a 1,25 per il trasporto di acqua). In Tabella 4.4 sono riportati i valori di PN per tubi in PE100 e PE80 per le dimensioni disponibili sul mercato italiano in accordo con la Premessa Nazionale della norma UNI EN 12201: 2004.
Tabella 4.4. Valori di PN [bar] per tubi realizzati in PE100 e PE80 con valori di SDR disponibili sul mercato italiano SDR 26
SDR 17
SDR 11
SDR 7,4
PE100
6
10
16
25
PE80
-
8
12,5
-
È opportuno precisare che la pressione PN di classificazione dei tubi è stabilita per una temperatura di 20°C e per una durata di esercizio di 50 anni. Se la temperatura di esercizio è compresa fra 20 e 40°C (temperatura massima ammissibile secondo UNI EN 12201: 2004), il valore di PN deve essere ridotto in base alla seguente equazione: PN T = PN 20°C ⋅ cT in cui cT è pari a: cT = 1, 260 − 0, 013 ⋅ T con T espressa in °C.
4.2.1. Determinazione della pressione di esercizio La normativa tecnica relativa al dimensionamento di condotte per il trasporto di acqua (vedi il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985) definisce pE come la massima pressione di esercizio del sistema idraulico. Tale pressione è pari a:
4.2. Progettazione meccanica
37
pE = p I + ∆p a in cui pI è la massima pressione idrostatica raggiunta dal fluido durante il funzionamento a regime dell’impianto (nota dal dimensionamento idraulico della rete) e ∆pa è la massima sovrappressione raggiunta durante le fasi di transitorio, ad esempio in seguito a colpi d’ariete. Nelle tubazioni in PE la sovrappressione dovuta al fenomeno del colpo d’ariete è spesso trascurabile rispetto alle tubazioni rigide tradizionali (paragrafo 4.2.1.1).
4.2.1.1. Sovrappressione per colpo d’ariete Durante le fasi di transitorio dell’impianto idrico si possono generare variazioni improvvise di pressione del fluido trasportato. Tali fluttuazioni di pressione dipendono dalla durata dell’operazione di regolazione della portata, tr, rispetto ad un valore critico tc. Tale valore è pari a: tc =
2⋅L* a
in cui a è la velocità di propagazione della perturbazione e L* è la lunghezza della condotta a monte del punto di manovra. La velocità di propagazione di una perturbazione nella condotta è determinabile dall’equazione: c0 a= E 1 + a ⋅ (SDR − 2) Es in cui Ea è il modulo di compressibilità del fluido e Es il modulo di elasticità a breve termine del PE e c0 è la celerità del suono nel fluido, pari a 1425 m/s per l’acqua. Si possono verificare due condizioni: –
tr < tc
l’operazione è detta di tipo brusco: la sovrappressione massima ∆pa, raggiunta per effetto della manovra è determinabile dall’equazione di Allievi: ∆p a = a ⋅ v ⋅ ρ a ; –
tr > tc
l’operazione è detta di tipo lento: la sovrappressione massima ∆pa è determinabile dalla relazione di Michaud: 2 ⋅ L * ⋅ v ⋅ ρa . ∆p a = tr
38
4. Progettazione della tubazione
Il modulo Es di elasticità del PE è di circa due ordini di grandezza inferiore rispetto a quello dei materiali metallici. A parità di PN questo provoca due effetti: – aumento di circa 4 volte del tempo critico, con conseguente aumento della soglia per manovre di tipo brusco; – diminuzione di circa 4 volte della sovrappressione per manovre di tipo brusco.
Tipici valori di sovrappressione che si misurano in condotte di PE100 con operazioni di tipo brusco sono mostrati in Fig. 4.5. Occorre inoltre ricordare che il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 fissa i valori massimi ammissibili di sovrappressione dinamica per colpo d’ariete in un impianto idrico indipendentemente dal tipo di materiale utilizzato (Tabella 4.5).
0,6 SDR 7,4
Sovrappressione [MPa]
SDR 11 SDR 17
0,4
SDR 26
0,2
0 0
0,5
1
1,5
2
2,5
Velocità dell'acqua [m/s] Fig. 4.5. Entità delle sovrappressioni per colpo d’ariete per manovre brusche per condotte in PE100 con modulo elastico pari a 1 GPa
4.2. Progettazione meccanica
39
Tabella 4.5. Massime sovrappressioni consentite in una rete per il trasporto di fluidi Pressione del fluido trasportato [MPa]
Sovrappressione massima consentita [MPa]
< 0,6
0,3
0,6 - 1
0,3 - 0,4
1-2
0,4 - 0,5
2-3
0,5 - 0,6
Esempio di calcolo della sovrappressione per colpo d’ariete
Specifiche: una condotta in PE100 (Es=1 GPa) è realizzata con tubi aventi diametro dn pari a 315 mm e SDR 11. La manovra di regolazione della portata ha una durata di 1,5 s e la temperatura di esercizio è di 15°C. Il tratto di condotta interessato al colpo d’ariete ha una lunghezza pari a 500 m e l’acqua trasportata ha una velocità di 1 m/s. Obiettivo: determinare ∆pa 1 – Calcolo della celerità: a=
1425 = 325 m / s. 2, 03 1+ (11 − 2) 1
2 – Calcolo del tempo critico: tc =
2 ⋅ 500 ≅ 3 s. 325
3 – Calcolo della sovrappressione: Poiché tr
.
4.2.2. Determinazione della pressione equivalente I carichi esterni trasmessi dal terreno inducono nella parete del tubo uno stato di sforzo complesso che si sovrappone a quello generato dalla pressione interna. Il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 impo-
40
4. Progettazione della tubazione
ne di tener conto di questo effetto considerando una pressione interna equivalente p0 che provoca nel tubo uno sforzo circonferenziale pari alla risultante di tutti gli sforzi circonferenziali indotti dalle sollecitazioni esterne. In generale, le più importanti sollecitazioni trasmesse dal terreno alla tubazione sono: • • • • •
peso del terreno sovrastante Qt (paragrafo 4.2.2.1); sovraccarichi esterni statici e/o dinamici Qs (es. traffico stradale) (paragrafo 4.2.2.2); peso del fluido trasportato Qa (paragrafo 4.2.2.3); azione di falde acquifere prementi Qf (paragrafo 4.2.2.4); reazione laterale del terreno di rinterro Rt (paragrafo 4.2.2.5).
La procedura di calcolo è schematizzata nelle seguenti fasi: • •
• •
calcolo dei carichi verticali Q e orizzontali R per unità di lunghezza di tubo e delle rispettive pressioni q e r trasmesse dal terreno al tubo; calcolo dell’azione circonferenziale risultante N e del momento risultante M, per effetto di tali carichi nelle sezioni del tubo maggiormente sollecitate; calcolo del massimo sforzo circonferenziale σ0 [MPa] prodotto dalle azioni risultanti dei carichi esterni agenti sulla parete del tubo; calcolo della pressione equivalente po [bar] mediante l’equazione di Mariotte: p0 =
20 ⋅ en ⋅ σ 0 . dn − en
Il calcolo della pressione equivalente p0 è eseguito valutando le sollecitazioni presenti nelle sezioni A, B e C illustrate in Fig. 4.6. L’azione N, nelle tre sezioni considerate, è determinabile dalle equazioni:
(( ( ( (
)) ) ) )
⎧ NNAA==00, 02 , 02⋅ ⋅QQt t++QQs s++QQf f ++00, 2, 2⋅ Q ⋅ Qa a−−00, 5, 5⋅ R ⋅ Rt t ⎪⎪ , 07 Qst ++ Q Qfs ++Q0,f 07+ ⋅0Q − B0,=5 −⋅ 0Q, t5+⋅ Q ⎨ N B =N a ⋅ Qa ⎪ ⎪⎩N C = − 0, 02 ⋅ Qt + Qs + Q f + 0, 45 ⋅ Qa − 0, 5 ⋅ Rt . L’azione M è determinabile dalla relazione:
[ ( [ [ ( ( [ [ ( (
)
]
⎧ M = 0, 07 ⋅ Q + Q + Q + 0, 03 ⋅ Q − 0, 06 ⋅ R ⋅ d t s f a t n ⎪ A ⎪ − fQ−t Q − tQ−s Q−s 0− , 04 Qa⋅ Q⋅ adn⋅ dn RtQ−f Q 0, ⋅07R⋅t − 0, ⋅04 ⎨ MBM=B 0=, 07 ⎪ + tQ+s Q + sQ+f Q − fR−t R+t 0+, 04 Qa⋅ Q⋅ adn⋅ dn . 0, ⋅07Q⋅t Q 0, ⋅04 ⎪ MCM=C 0=, 07 ⎩
) ) ) )
] ] ] ]
4.2. Progettazione meccanica
41
A
A B
B C
C Fig. 4.6. Sezioni di calcolo per il dimensionamento meccanico
Gli sforzi di trazione, valutati sia sulla parete interna del tubo σ0i,int che sulla parete esterna σ0i,est, sono determinabili dalle seguenti equazioni: N i 6 ⋅ Mi ⎧ ⎪σ 0 i , int = e + e 2 n n ⎪ ⎨ ⎪ N i 6 ⋅ Mi ⎪σ 0 i , est = e − 2 en n ⎩
.
4.2.2.1. Azione del terreno L’azione del terreno sul tubo dipende dal tipo di trincea e dalla rigidità relativa del tubo rispetto al terreno. Quest’ultimo effetto è tenuto in conto mediante un coefficiente di rigidità relativa n definito come: ⎛ E ⎞ SDR ⎞ 3 n = ⎜ t ⎟ ⋅⎛ −1 ⎠ ⎝ El ⎠ ⎝ 2 in cui Et è il modulo del terreno (Tabella 4.15) e El è il modulo elastico a lungo termine del PE (Tabella 2.1). L’andamento di n per tubi di PE al variare del modulo del terreno per diversi valori di SDR è mostrato in Fig. 4.7.
4. Progettazione della tubazione
Coefficiente di rigidità relativa, n
42
Modulo del terreno [MPa]
Fig. 4.7. Coefficiente di rigidità relativa n di tubazioni in PE100 al variare del modulo del terreno per alcuni valori di SDR
Ad eccezione di tubi con piccoli valori di SDR in terreni molto deformabili i valori di n sono sempre maggiori di 1; per tali condizioni i tubi sono detti deformabili e tendono a deformarsi più del terreno circostante, il quale supporta parte delle sollecitazioni trasmesse. Per tubazioni in ghisa, acciaio o altri materiali tradizionali i valori di n sono invece sempre inferiori a 1 e i tubi si considerano quindi indeformabili (rigidi); le sollecitazioni sono supportate esclusivamente dal tubo (Fig. 4.8).
Fig. 4.8. Interazioni tra tubo e terreno
4.2. Progettazione meccanica
43
Fig. 4.9. Dimensioni caratteristiche di una trincea
L’azione esercitata dal terreno è strettamente dipendente dal tipo di trincea utilizzato per la posa della condotta. Le trincee sono caratterizzate dall’altezza di ricopertura h e dalla larghezza B. La profondità dello scavo hT è maggiore dell’altezza di ricopertura in quanto si deve prevedere l’alloggiamento del letto di posa di spessore l e del tubo di diametro dn. Se si verifica un affondamento del tubo nel letto di posa, il diametro del tubo è sostituito dall’altezza di emersione del tubo hem. Le variabili associate alle dimensioni della trincea sono mostrate in Fig. 4.9. Le trincee sono classificate in strette, larghe o infinite in dipendenza del valore del rapporto tra l’altezza di ricopertura e la larghezza, come mostrato in Tabella 4.6. L’azione del terreno sul tubo al variare del tipo di trincea è illustrata nel seguito.
Tabella 4.6. Classificazione delle trincee Tipo di trincea
Condizione
Trincea stretta
h ≥ 2B se B ≤ 3dn
Trincea larga
h ≥ 2B se 3dn < B ≤ 10dn
Trincea infinita o terrapieno
h ≤ 2B se B > 10dn
44
4. Progettazione della tubazione
Posa in trincea stretta. L’azione del terreno su un tubo deformabile posato in trincea stretta è calcolata in accordo con il modello di Marston. Il carico per lunghezza unitaria generato dal peso del terreno, Qt, è pari a: Qt = cd ⋅γγt ⋅ dn ⋅ B in cui cd è detto coefficiente di Marston e γt è il peso specifico del terreno (Tabella 4.7). Tabella 4.7. Peso specifico di alcuni tipi di terreno Peso specifico γt [kN/m3]
Terreno Terreno granulare senza coesione Sabbia e ghiaia Terreno agrario saturo, argilloso umido Argilla compatta e ordinaria Argilla satura
17 19 20 21 22
Il coefficiente di Marston cd, per la posa in trincea stretta di tubi deformabili, si determina mediante le seguenti equazioni: ⎧⎧ ⎛ −2 ⋅ k a ⋅ h ⋅ tan Θ ⎞ 1 − exp ⎜ ⎪ ⎟ ⎝ ⎠ B ⎪ c = ⎪ ⎪ d 2 ⋅ k a ⋅ tan Θ ⎨ ⎪ ⎪ 90° − Φ ⎞ k a = tan 2 ⎛ ⎪ ⎝ 2 ⎠ ⎪ ⎩
⎩ in cui Θ è l’angolo di attrito tra il terreno di riempimento e il terreno originale (Tabella 4.8), ka è il coefficiente di spinta attiva e Φ è l’angolo di attrito interno del terreno di scavo2. In Tabella 4.10 sono riportati intervalli di valori indicativi dell’angolo Φ caratteristici dei gruppi di terreno classificati in accordo con la norma UNI ENV 1046: 2003 (Tabella 4.9). In Tabella 4.11 sono riportati valori indicativi dell’angolo Φ per i tipi di terreno più comuni.
2 Qualora i valori dell’angolo di attrito tra il terreno di riempimento e il terreno originale, Θ, non siano noti, il progetto di norma pr CEN/TR 1295-3: 2004 suggerisce di effettuare una stima utilizzando il valore dell’angolo di attrito interno, Φ, moltiplicato per 2/3 nel caso di buon contatto o per 1/3 nel caso di medio contatto tra il terreno di riempimento e il terreno originale. In caso di contatto assente tale valore è posto uguale a 0. Se il valore di Φ del terreno originale è diverso da quello del terreno di riempimento, è necessario utilizzare il minore fra i due.
4.2. Progettazione meccanica
45
Tabella 4.8. Valori dell’angolo di attrito Θ Terreno originale
Rocce lisce Marna Rocce scistose
Materiale di riempimento Sabbia
Ghiaia
25° 30° 35°
30° 35° 40°
Tabella 4.9. Gruppi di terreno Gruppo
Nome tipico
Esempi
Utilizzabile per rinterro
1 Granulare
- Ghiaia a singola pezzatura - Ghiaia ben vagliata, mescole di ghiaia e sabbia - Mescole di ghiaia e sabbia poco vagliata
Roccia frantumata, ghiaia di fiume, ghiaia di costa, ghiaia morenica, ceneri vulcaniche
SÌ
2 Granulare
- Sabbia di unica dimensione - Ghiaia ben vagliata, mescole di ghiaia e sabbia - Mescole di ghiaia e sabbia poco vagliata
Sabbia alluvionale, sabbia di bacino, sabbia morenica, sabbia da terrapieni, sabbia da spiaggia
SÌ
3 Granulare
- Ghiaia con limo, mescole poco vagliate di limo, ghiaia e sabbia - Ghiaia con argilla, miscele poco vagliate di ghiaia, limo e sabbia - Sabbia con limo, mescole poco vagliate di sabbia e limo - Sabbia con argilla, miscele poco vagliate di sabbia e limo
Ghiaia degradata, detriti da riporto, sabbia liquida, terriccio, sabbia loess, sabbia con terriccio, argilla alluvionale, marna alluvionale
SÌ
4 Coesivo
- Limo inorganico, sabbia molto fine, farina di roccia, sabbia fine con limo o argilla - Argilla inorganica, argilla particolarmente plastica
Loess, terriccio, marna alluvionale, argilla
SÌ
5 Organico
- Terreno granulato misto con mescole di humus e calcare - Limo organico e limo organico argilloso - Argilla organica, argilla con mescole organiche
Sabbia calcarea, sabbia da tufo, calcare marino, fango
NO
6 Altro
- Torba, terreni organici - Fanghi
Torba
NO
46
4. Progettazione della tubazione
Tabella 4.10. Intervallo di valori dell’angolo Φ al variare del gruppo di terreno Gruppo Esempi
Angolo Φ
1
Roccia frantumata Ghiaie e ceneri vulcaniche
40° - 42° 35° - 38°
2
Sabbie (alluvionali, moreniche, di bacino, da spiaggia, da terrapieni)
28° - 35°
3
Ghiaia degradata Detriti, terriccio, sabbie (loess, liquide, con terriccio) Argilla e marna alluvionali
30° - 32° 25° - 30° 20° - 25°
4
Loess, terriccio, marna alluvionale, argilla
15° - 20°
Tabella 4.11. Valori dell’angolo Φ per alcuni tipi di terreno Angolo Φ
Terreno di scavo Argilla plastica Terreno torboso Argilla normale Loess cretaceo Marna sabbiosa Marna bianca Marna molto compatta Marna verde Sabbia bagnata Sabbia fine non pressata Sabbia e ghiaia Ghiaia e ciottoli Ciottoli grossi
11° 12° 14° 18° 20° 22° 24° 26° 30° 31° 33° 37° 44°
I valori degli angoli di attrito riportati in Tabella 4.10 fanno riferimento a terreni mediamente sciolti e a una profondità di interramento di circa 1 o 2 m. Tali valori possono variare in funzione del grado di compattazione, della profondità di interramento e della forma geometrica dei grani (spigolosità). Nell’ipotesi di ripartire il carico Qt del terreno sulla superficie superiore del tubo per una lunghezza pari alla corda compresa in un angolo al centro di 90° (Fig. 4.10), la pressione verticale qt risulta essere pari a: qt =
2 ⋅ Qt . 2 ⋅ dn
4.2. Progettazione meccanica
47
90¡¡
Fig. 4.10. Distribuzione del carico del terreno per un tubo deformabile in trincea stretta
Nel caso in cui, per particolari tipi di terreno, il tubo risulti indeformabile (Fig. 4.7) il carico Qt generato dal peso del terreno è pari a: Qt = cd ⋅ γ t ⋅ B 2 e produce una pressione verticale qt pari a: qt =
2 ⋅ Qt 2 ⋅ dn
.
Posa in trincea larga. In questo caso il carico Qt generato dal peso del terreno è indipendente dalla deformabilità del tubo ed è pari a: Qt = c'd ⋅γ t ⋅ dn2 in cui il coefficiente c’d ha lo stesso significato visto nei casi di trincea stretta, pur assumendo valori numerici differenti. Il coefficiente di Marston c’d si determina utilizzando la seguente relazione approssimata (valida se il rapporto tra l’altezza di ricopertura h e il diametro del tubo è maggiore di 2): c'd ≅
2 3 4 ⎡ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎤ h ⎢ ⋅ 1, 00 + 2, 19 ⋅ ⎜ em ⎟ − 3, 40 ⋅ ⎜ em ⎟ + 2, 75 ⋅ ⎜ em ⎟ − 0, 83 ⋅ ⎜ em ⎟ ⎥ . dn ⎢ ⎝ dn ⎠ ⎝ dn ⎠ ⎝ dn ⎠ ⎝ dn ⎠ ⎥ ⎣ ⎦
Si osserva che, generalmente, le trincee sono realizzate in modo tale che hem sia uguale a dn. In tal caso si ha: h c'd = 1, 71 ⋅ . dn
48
4. Progettazione della tubazione
Il carico Qt del terreno si ripartisce in questo caso sulla superficie superiore del tubo per una lunghezza pari alla corda compresa in un angolo al centro di circa 130°. Si ha quindi: Qt qt ≅ . 0, 85 ⋅ dn
Esempio di calcolo dell’azione del terreno (trincea stretta-tubo deformabile)
Specifiche: una condotta è posata in una trincea stretta avente larghezza B pari a 0,5 m e altezza di ricopertura h pari a 2,5 m. Il terreno originario è costituito da marna; il riempimento è realizzato con sabbia e con una classe di compattazione di tipo buono. La condotta ha dn pari a 250 mm e SDR 11. Obiettivo: determinare qt 1 – Verifica del coefficiente di rigidità relativa: ⎛ E ⎞ SDR ⎞ 3 ⎛ 6, 9 ⎞ ⎛ 11 ⎞ 3 n = ⎜ t ⎟ ⋅⎛ −1 = ⋅ −1 ≅ 4 ⎠ ⎠ ⎝ 160 ⎠ ⎝ 2 ⎝ El ⎠ ⎝ 2 2 – Verifica dell’ipotesi di trincea stretta: B = 2 ⋅ dn h > 1, 5 ⋅ B . 3 – Calcolo del coefficiente di Marston: k a = tan 2 ⎛ ⎝
90° − 30° ⎞ = 0, 33 ⎠ 2
⎛ −2 ⋅ 0, 33 ⋅ 2, 5 ⋅ tan 30° ⎞ 1 − exp ⎜ ⎟ ⎝ ⎠ 0, 5 cd = = 2, 23 . 2 ⋅ 0, 33 ⋅ tan 30° 4 – Calcolo del carico del terreno: Qt = 2, 23 ⋅ 19500 ⋅ 0, 25 ⋅ 0, 5 = 5436 N / m . 5 – Calcolo della pressione verticale: qt =
5436 = 30625 N / m 2 . 0, 71 ⋅ 0, 25
.
4.2. Progettazione meccanica
49
Esempio di calcolo dell’azione del terreno in trincea larga
Specifiche: una condotta è posata in una trincea larga avente larghezza B pari a 0,7 m e con altezza di ricopertura h pari a 1,5 m. Il terreno originario è costituito da marna; il riempimento è realizzato con sabbia e con una classe di compattazione di tipo buono. La condotta ha dn pari a 250 mm e SDR 11. Obiettivo: determinare qt 1 – Verifica dell’ipotesi di trincea larga: 2 ⋅ dn ≤ B ≤ 3 ⋅ dn . h < 3, 5 ⋅ B 2 – Calcolo del coefficiente di Marston: c'd =
1, 5 ⋅ 1, 7 = 10, 2 . 0, 25
3 – Calcolo del carico del terreno: Qt = 10, 2 ⋅ 19500 ⋅ 0, 25 2 = 12431 N / m . 4 – Calcolo della pressione verticale: qt =
12431 = 58500 N / m 2 . 0, 85 ⋅ 0, 25
Posa in trincea infinita. In questo caso il carico Qt generato dal peso del terreno è pari a: Qt = γ t ⋅ h ⋅ dn e il carico Qt del terreno si ripartisce sull’intera semicirconferenza. Si ha quindi: qt =
Qt . dn
50
4. Progettazione della tubazione
4.2.2.2. Azione dei sovraccarichi Sul terreno possono agire ulteriori carichi Ps, che causano sollecitazioni aggiuntive sul tubo. Essi possono essere di due tipi: • •
dinamici, legati ad esempio al traffico stradale o ferroviario; statici, legati a corpi posti sul terreno e gravanti sul tubo.
La trattazione è differente in base al tipo di carico. Sovraccarichi dinamici. Per il dimensionamento della tubazione soggetta a traffico veicolare si può fare riferimento a diverse norme nazionali o internazionali; la trattazione in questo paragrafo è svolta in accordo con la norma DIN 1072: 1985. La pressione qs (espressa in [Pa]) generata sulla superficie della condotta da veicoli in movimento è determinabile empiricamente dalle seguenti relazioni: Ps ⎧ ⎪ qs = 0, 5281 h1, 0461 ⋅ ϕ ⎪ ⎨ ⎪ Ps ⎪qs = 0, 8743 1, 5194 ⋅ ϕ h ⎩
traffico stradale pesante e ferroviario
traffico stradale leggero
in cui h è l’altezza di ricopertura del tubo espressa in [m], ϕ è un coefficiente dinamico pari a: ⎧ ⎪1 + ⎪ ϕ=⎨ ⎪ ⎪⎩1 +
0, 6 h
carichi ferroviari
0, 3 h
carichi stradali
e Ps è il carico per ruota esercitato dal mezzo espresso in [N] (Tabella 4.12);
Tabella 4.12. Valori di carico per il traffico veicolare Tipo di veicolo Traffico ferroviario Traffico stradale pesante Traffico stradale leggero
Carico massimo per ruota Ps [N] 20 · 104 10 · 104 4 · 104
4.2. Progettazione meccanica
51
200 traffico stradale leggero traffico stradale pesante
Pressione [kPa]
150
traffico ferroviario
100
50
0 0
1
2
3
4
5
Altezza di ricopertura [m]
Fig. 4.11. Pressione esercitata sul tubo dai sovraccarichi dinamici nel caso di trincea infinita
La pressione qs si ripartisce sul tubo in modo diverso al variare del tipo di trincea, come riportato nel paragrafo 4.2.2.1. In Fig.4.11 è mostrato l’andamento della pressione qs esercitata sul tubo in funzione dell’altezza di ricopertura h e del tipo di sovraccarico dinamico.
Esempio di calcolo dell’azione di carichi dovuti al traffico
Specifiche: una condotta è posata in una trincea di larghezza B pari a 0,5 m e con altezza di ricopertura h pari a 1,2 m. La condotta ha dn pari a 125 mm e SDR 11. Obiettivo: determinare il carico esercitato dal traffico stradale leggero
1 – Calcolo del coefficiente dinamico:
ϕ = 1+
0, 3 = 1, 25 . 1, 2 •••
52
4. Progettazione della tubazione
•••
2 – Calcolo della pressione sulla superficie della condotta: qs = 0, 8743 ⋅
40000 ⋅ 1, 25 = 33138 N / m 2 . 1, 21, 5194
3 – Calcolo del carico: Poiché il tubo è posato in una trincea larga, il carico agente su un tratto di tubo di lunghezza unitaria è pari a: Qs = 0, 85 ⋅ 33138 ⋅ 0, 125 = 3521 N / m .
Sovraccarichi statici. Dato un carico Ps distribuito su una superficie di area A di forma rettangolare avente lati di lunghezza u1 e u2, si dimostra che la pressione si distribuisce nel terreno secondo un cono con angolo α pari a circa 45° (Fig. 4.12). La pressione qs che agisce sul tubo è quindi pari a: qs =
Ps . (u1 + 2h) ⋅ (u2 + 2h)
Il carico Qs che agisce su un tratto di condotta di lunghezza unitaria si determina con l’equazione: Qs =
β ⋅ Ps ⋅ dn (u1 + 2h) ⋅ (u2 + 2h)
in cui β è un coefficiente che è pari a 0,71 per una trincea stretta, a 0,85 per una trincea larga e a 1 per una trincea infinita.
Fig. 4.12. Distribuzione nel terreno di un carico localizzato agente sulla superficie
4.2. Progettazione meccanica
53
4.2.2.3. Azione del peso del fluido Il peso Qa dell’acqua contenuta in un tratto di tubo di lunghezza unitaria è pari a: ⎛ π ⋅ di2 ⎞ Qa = ρ a ⋅ g ⋅ ⎜ ⎟. ⎝ 4 ⎠ Questo carico è normalmente trascurabile rispetto alle altre sollecitazioni presenti in una condotta interrata.
4.2.2.4. Azione delle falde acquifere La pressione verticale qf esercitata da una falda acquifera presente nel terreno è pari a: d ⎞ ⎛ q f = ρa ⋅ g ⋅ ⎜ h − hf + n ⎟ ⎝ 2⎠ dove hf è la profondità della falda (Fig. 4.13). Il carico Qf esercitato dalla falda su un tratto di tubo di lunghezza unitaria è pari a: Q f = q f ⋅ dn .
Fig. 4.13. Azione di falde acquifere presenti nel terreno
Esempio di calcolo dell’azione di una falda acquifera
Specifiche: una condotta è posata in una trincea di larghezza B pari a 0,5 m e con altezza di ricopertura h pari a 2 m. La profondità di falda è pari a 1,3 m. La condotta ha dn pari a 200 mm e SDR 11. •••
54
4. Progettazione della tubazione
•••
Obiettivo: determinare la pressione esercitata dalla falda
1 – Calcolo della pressione: 0, 2 ⎞ q f = 1000 ⋅ 9, 81 ⋅ ⎛ 2 − 1, 3 + = 7848 N / m 2. ⎝ 2 ⎠ 2 – Calcolo del carico: Q f = 7848 ⋅ 0, 2 = 1570 N / m.
4.2.2.5. Reazione laterale del terreno I carichi esercitati dal terreno tendono a provocare un’ovalizzazione del tubo, normalmente contrastata dal contenimento laterale del terreno attraverso una pressione laterale rt uniformemente distribuita su una corda corrispondente ad un angolo al centro di ampiezza pari a 90° (Fig. 4.14). Tale pressione è pari a:
(q + q r ≅ t
t
cr ⋅ dn4
s
)
+ q f ⋅ cr ⋅ dn4
+ 18, 3 ⋅ El ⋅ en3
in cui El è il modulo a lungo termine del PE e cr è un coefficiente di rigidità del terreno [N/cm3] pari a: cr = fc ⋅ h in cui h è l’altezza di ricopertura del tubo in [m] e fc è il fattore di compattazione del terreno (Tabella 4.13).
90¡¡
Fig. 4.14. Distribuzione della reazione laterale del terreno
4.2. Progettazione meccanica
55
Tabella 4.13. Fattore di compattazione del terreno (valori indicativi) Grado di costipazione del terreno
fc
Assente Scarso Moderato Buono
1-5 6 - 10 11 - 13 14 - 20
La forza di reazione Rt del terreno su un tratto di tubo di lunghezza unitaria è pari a: 2 Rt = ⋅ rt ⋅ dn . 2
La spinta laterale di contenimento, Rt, necessaria per contrastare l’ovalizzazione del tubo, aumenta all’aumentare del grado di compattazione del terreno. Una corretta esecuzione del rinterro, secondo le modalità presentate nel capitolo 6, assume quindi un’importanza particolare per l’affidabilità dell’installazione.
Esempio di calcolo dell’azione di contenimento laterale del terreno
Specifiche: una condotta è realizzata in PE100 ed ha dn pari a 250 mm e SDR 17. La condotta è posata in una trincea con altezza di ricopertura pari a 1,5 m e realizzata con un grado di compattazione di tipo buono. La condotta è soggetta alle pressioni verticali qt pari a 20000 N/m2 e qs pari a 40000 N/m2. Obiettivo: determinare la forza di reazione laterale del terreno
1 – Calcolo del coefficiente di rigidità del terreno: cr = 14 ⋅ 1, 5 = 21 N / cm 3 . 2 – Calcolo della pressione di contenimento laterale: rt =
(20000 + 40000) ⋅ 21 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 25 4 21 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 25 4 + 18, 3 ⋅ 160 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 0164 3
= 51838 N / m 2 .
3 – Calcolo della forza di contenimento laterale: Rt = 0, 71 ⋅ 51838 ⋅ 0, 25 = 9201 N / m .
56
4. Progettazione della tubazione
4.2.3. Verifica dell’instabilità elastica (buckling) Una condotta può essere soggetta ad una pressione esterna maggiore rispetto alla pressione interna dell’acqua trasportata per particolari condizioni di esercizio, ad esempio durante transitori nella gestione di un impianto. In questo caso è necessario individuare le condizioni limite per l’instabilità elastica (buckling). La depressione massima ∆p, pari alla differenza tra la pressione esterna e quella interna, deve verificare la seguente condizione: ∆p ≤
3
Es
(1 − ν ) 2
⎛ en ⎞ ⋅⎜ ⎟ = pcr ⎝ dn − en ⎠
in cui ν è il coefficiente di Poisson (Tabella 2.1) e pcr è la pressione di instabilità della tubazione. Nel caso di condotte interrate, la pressione esterna è valutata supponendo che la condotta non sia in pressione (condizione più gravosa) e può essere calcolata in base all’equazione seguente: ⎛ Qt + Qs + Q f ⎞ . ∆p = pext = ⎜ ⎟ dn ⎝ ⎠
Esempio di verifica della stabilità a pressione esterna
Specifiche: una condotta interrata è realizzata in PE100 con dn pari a 400 mm e SDR 11 ed è soggetta a carichi verticali Qt pari a 15000 N/m e Qs pari a 10000 N/m. Obiettivo: verificare la stabilità ai carichi esterni
⎧ ⎛ 15000 + 10000 ⎞ 6 ⎟ = 0, 0625 ⋅ 10 Pa ⎪pext = ⎜⎝ ⎠ , 0 4 ⎪ 3 ⎨ 9 ⎛ 0, 0401 ⎞ ⎪pcr = 1 ⋅ 10 ⋅ = 1, 65 ⋅ 10 6 Pa ⎜ ⎟ ⎪ 1 − 0, 4 2 ⎝ 0, 4 − 0, 0401⎠ ⎩
(
)
in cui il modulo di elasticità del materiale a breve termine è stato posto pari a 1 GPa e il coefficiente di Poisson pari a 0,4. La verifica risulta positiva in quanto pext < pcr.
4.2. Progettazione meccanica
57
4.2.4. Verifica della massima deformazione di schiacciamento Pur in presenza di un’azione di contenimento laterale data dal terreno, i carichi esterni agenti sulla tubazione possono provocare un’ovalizzazione della stessa. È pertanto necessario valutare l’entità della deformazione al fine di verificare che essa sia inferiore al massimo valore ammissibile per il materiale. Una sua stima può essere condotta in base alle seguenti ipotesi semplificative: •
• • •
deformazione libera: il tubo è assimilato ad un anello sottoposto a pressione esterna, trascurando il vincolo esercitato dai tratti di condotta adiacenti; condotta deformabile: questa ipotesi è valida per la maggior parte delle condotte in PE (Fig. 4.7); pressione uniforme: i carichi verticali Q si distribuiscono uniformemente sull’intera larghezza della condotta; azione di contenimento: i carichi orizzontali R dovuti all’azione di contenimento del terreno agiscono sulla superficie della condotta con una distribuzione di tipo parabolico lungo una corda con angolo al centro pari a 100°.
Sotto tali ipotesi, il rapporto tra la deformazione verticale e il diametro nominale del tubo si determina in base all’equazione seguente:
(
)
cS ⋅ fr ⋅ qt + qs + q f δ = dn 2 ⋅ El ⋅ en3 + 0, 061 ⋅ Et 3 ⋅ dn3 in cui cS ed fr sono rispettivamente il coefficiente di appoggio e il fattore di ritardo dell’inflessione (Tabella 4.14) mentre Et è il modulo elastico del terreno (Tabella 4.15). Questi parametri dipendono dal gruppo di terreno (Tabella 4.9) e dalla sua classe di compattazione, che è funzione, per ciascun gruppo di terreno, della densità Proctor3 (Tabella 4.16).
3 La densità Proctor indica la densità del terreno in rapporto alla densità dello stesso terreno saturo d’acqua.
58
4. Progettazione della tubazione
Tabella 4.14. Caratteristiche del terreno in funzione delle condizioni di posa cs
fr
Buona (W)
0,085
2,0
Moderata (M)
0,096
1,5
Assente (N)
0,110
1,1
Classe di compattazione
Tabella 4.15. Modulo di elasticità del terreno in [MPa] Tipo di terreno
Classe di compattazione Assente (N)
Moderata (M)
Buona (W)
Gruppo 1
13,8 - 20,7
20,7
20,7
Gruppo 2
6,9 - 13,8
13,8
20,7
Gruppo 3
2,8 - 6,9
6,9
6,9 - 13,8
Gruppo 4
1,4 - 2,8
1,4 - 6,9
2,8 - 6,9
Tabella 4.16. Valori di riferimento della densità Proctor [%] Classe di compattazione
Gruppo del terreno 1
2
3
4
Buona (W)
98 - 100
96 - 100
96 - 93
90 - 95
Moderata (M)
95 - 97
90 - 95
86 - 92
81 - 89
Assente (N)
90 - 94
84 - 89
79 - 85
75 - 80
Il valore calcolato deve sempre essere minore di 0,05. Se tale condizione non è rispettata è necessario intervenire: • •
aumentando lo spessore del tubo, incrementandone quindi la rigidità; realizzando un grado superiore di compattazione del terreno (paragrafo 6.2) migliorando così l’azione di contenimento laterale.
4.2. Progettazione meccanica
59
Esempio di calcolo della massima deformazione di schiacciamento
Specifiche: una condotta è realizzata in PE100 ed ha dn pari a 315 mm e SDR 17. La condotta è posata in una trincea realizzata con un grado di compattazione moderato ed è soggetta a pressioni verticali qt pari a 25000 N/m2 e qs pari a 30000 N/m2. La trincea è costituita da materiale appartenente al gruppo 3. Obiettivo: verificare che la deformazione di una condotta interrata sia inferiore al valore massimo ammissibile.
Il modulo di elasticità del PE100 a lungo termine è pari a 160 MPa (Tabella 2.1). Lo spessore di un tubo dn=315 mm SDR17 è pari a 20,7 mm. Il modulo di elasticità del terreno è almeno pari a 2,8 MPa. Si ottiene quindi: 0, 096 ⋅ (1, 5 ⋅ 25000 + 30000) δ = = 0, 034 dn 2 ⋅ 160 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 0207 3 6 + 0, 061 ⋅ 2, 8 ⋅ 10 3 ⋅ 0, 315 3 in cui i coefficienti cs e fr sono stati posti pari rispettivamente a 0,096 e 1,5. La deformazione di ovalizzazione a lungo termine è quindi inferiore al valore massimo ammissibile (0,05).
4.2.5. Risultati del progetto europeo di ricerca TEPPFA-APME per lo studio delle interazioni tra tubo e terreno Il dimensionamento meccanico secondo il metodo prescritto dalla normativa italiana vigente e illustrato in precedenza non considera le caratteristiche viscoelastiche del PE, grazie alle quali il materiale è in grado di rilassare nel tempo gli sforzi indotti dal terreno. I risultati di un progetto di ricerca condotto da TEPPFA (The European Plastics Pipe and Fitting Association) e da APME (Association of Plastics Manufacturers in Europe) (pubblicato nel 1999) su tubazioni non in pressione consentono di affermare che, nel caso di posa ben eseguita (paragrafo 6.2), le tubazioni in PE risentono in modo trascurabile della maggior parte di queste sollecitazioni. Lo studio è stato condotto misurando nel tempo la deformazione di ovalizzazione (schiacciamento) di tubazioni non pressurizzate, interrate in diverse condizioni di posa. I dati sperimentali sono stati quindi confrontati con le previsioni teoriche di deformazione ottenute da diversi modelli di calcolo.
60
4. Progettazione della tubazione
Le variabili considerate nella scelta delle condizioni di prova sono state: • • • • •
tipo di terreno; condizioni di posa (classe di compattazione del terreno e altezza di copertura del tubo); proprietà meccaniche del tubo (rigidità anulare); effetto di sovraccarichi dinamici (traffico stradale); azione di falde acquifere prementi.
Le principali conclusioni emerse dalle prove sperimentali sono: • •
• •
•
• •
in nessuna delle condizioni di posa adottate sono stati registrati cedimenti delle tubazioni; i tubi in PE soggetti a deformazioni di schiacciamento fino al 10% non hanno mostrato cedimenti durante il periodo di osservazione (della durata di 9 anni); l’entità della deformazione di schiacciamento è influenzata principalmente dal grado di compattazione del terreno e dalla rigidità del tubo; la deformazione di schiacciamento della condotta tende a stabilizzarsi dopo pochi mesi dall’installazione, raggiungendo un valore costante che dipende principalmente dal grado di compattazione del terreno; i modelli di calcolo per la previsione dell’entità dello schiacciamento del tubo forniscono buoni risultati solo per i casi in cui si abbia una buona compattazione del terreno. In caso di scarsa compattazione nessun modello è risultato sufficientemente accurato per problemi legati alla definizione delle caratteristiche meccaniche del terreno. Inoltre, tutti i metodi tendono a sovrastimare l’effetto dei sovraccarichi dinamici (traffico) sulla deformazione della condotta; la profondità della trincea ha scarsa influenza sull’entità dello schiacciamento della condotta se il terreno è ben compattato; l’azione della falda acquifera influenza l’entità dello schiacciamento dei tubi solo in terreni granulari e quando il livello dell’acqua di falda aumenta per la prima volta, a causa dei processi di assestamento del terreno. Nei periodi successivi non si registrano variazioni dell’ovalizzazione della condotta.
Se perciò il terreno attorno al tubo presenta un buon grado di compattazione, il tubo subisce deformazioni di schiacciamento trascurabili che si mantengono costanti nel tempo. Dalla ricerca condotta è stato infine possibile stimare l’importanza relativa che alcuni parametri hanno sull’entità della deformazione di ovalizzazione del tubo. La Fig. 4.15 mostra come l’effetto principale sia dovuto all’installazione della condotta, e quindi il grado di compattazione del terreno, sia la variabile più importante.
4.2. Progettazione meccanica
61
100 80 % Importanza relativa [%]
80
60
40
15 %
20
3%
2%
0 Installazione
Profondità trincea
Rigidità anulare
Materiale
Fig. 4.15. Effetto dei parametri operativi sull’entità dell’ovalizzazione
Il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 prescrive che il dimensionamento statico delle tubazioni interrate sia effettuato sulla base di una pressione nominale PN calcolata come somma della massima pressione di esercizio e di una pressione equivalente p0, che tiene conto delle sollecitazioni esterne quali: peso del tubo, peso del liquido trasportato, peso del terreno di rinterro e sovraccarichi esterni (paragrafo 4.2.2). Il valore della pressione equivalente può essere omesso soltanto qualora, nel confronto con i valori della pressione di esercizio, le azioni derivanti dalle condizioni di impiego delle tubazioni non connesse con l’esercizio idraulico del sistema si rivelino trascurabili. Nel rispetto di queste prescrizioni e sulla base dei risultati dello studio TEPPFA-APME, il progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 - 2002 suggerisce che per le tubazioni in PE il valore della pressione equivalente possa essere trascurato se garantita la classe di compattazione media o buona del terreno di rinterro. In questi casi il criterio di dimensionamento per la scelta della tipologia della tubazione diventa quindi: PN ≥ pE . Per la tipologia di tubazione così individuata è necessario verificare che la deformazione di schiacciamento del tubo sia inferiore o uguale al 5%, utilizzando i grafici e le tabelle di seguito riportate.
62
4. Progettazione della tubazione
Le interazioni tra tubo e terreno sono considerate confrontando la deformazione di schiacciamento del tubo con il valore massimo ammissibile per il materiale (per il PE pari al 5%) in base alla seguente disuguaglianza: ⎛ δ ⎞ 100 ⋅ ⎜ ⎟ + c f ≤ 5% ⎝ dn − en ⎠ in in cui cf è il coefficiente di assestamento (Tabella 4.17) e il termine tra parentesi è la deformazione iniziale di schiacciamento del tubo, immediatamente dopo le operazioni di posa. Nota la rigidità anulare SN, ottenibile dalla Tabella 4.18, noto l’SDR del tubo e valutato il grado di compattazione del terreno, la deformazione iniziale di schiacciamento del tubo si determina dal grafico4 in Fig. 4.16. Il metodo di progettazione è stato verificato sperimentalmente per: • • •
altezze di ricopertura del tubo comprese tra 0,8 m e 6 m; tubi di diametro inferiore a 1100 mm; rapporti tra l’altezza di ricopertura h e il diametro esterno dn del tubo superiori a 2.
Tabella 4.17. Valori del coefficiente di assestamento Grado di compattazione del terreno
cf
Buono Moderato Assente con terreno granulare Assente con terreno argilloso
1 2 3 4
Tabella 4.18. Valori di rigidità anulare di tubi in PE Materiale
SDR 33
26
21
17
11
7,4
PE80
PN [bar] SN [kPa]
4 2
5 4,3
-
8 16,3
12,5 66,7
20 254
PE100
PN [bar] SN [kPa]
5 2,5
6,3 5,3
8 10,4
10 20,3
16 83,3
25 318
4
Per ogni condizione di posa, è fornita una gamma di valori di deformazione del tubo. Il limite inferiore di ogni intervallo si riferisce ai valori di deformazione media prevista; il limite superiore si riferisce al valore massimo, previsto con una probabilità del 95%. La curva, tracciata per ogni grado di compattazione del terreno, si riferisce al valore medio dei due limiti.
63
Schiacciamento d / (dn - en)in [%]
4.2. Progettazione meccanica
Rigidità anulare del tubo [kPa]
Fig. 4.16. Ovalizzazione percentuale subita dal tubo immediatamente dopo l’installazione
Esempio di verifica a schiacciamento secondo il metodo TEPPFA-APME
Specifiche: una condotta è realizzata in PE100 ed ha dn pari a 200 mm e SDR 17. La condotta è posata in una trincea realizzata con un grado di compattazione moderato. Obiettivo: verificare che la deformazione di una condotta interrata sia inferiore al valore massimo ammissibile.
Dalla Tabella 4.18 si ricava che il tubo considerato ha una rigidità anulare pari a 20,3 kPa. Dalla Tabella 4.17 si ricava che il coefficiente di assestamento cf è pari a 2, mentre dal grafico in Fig. 4.16 si ricava che la deformazione iniziale della condotta è pari a circa l’1,5%. La deformazione di ovalizzazione è quindi pari a: ⎛ δ ⎞ 100 ⋅ ⎜ ⎟ + c f ≅ 1, 5 + 2 = 3, 5% . ⎝ dn − en ⎠ in Essa è perciò inferiore al valore massimo ammissibile (5%).
64
4. Progettazione della tubazione
Il grado di compattazione è valutato in accordo con quanto indicato nella norma UNI ENV 1046: 2003 (paragrafo 6.2). Dalla verifica della massima deformazione del tubo secondo il metodo proposto da TEPPFA-APME, si osserva che, adottando una compattazione del terreno da moderata a buona, la deformazione del tubo è sempre inferiore al 5% (valore massimo di riferimento per il PE). È di recente pubblicazione la norma UNI ENV 1046: 2003 “Sistemi di tubazioni e condotte di materia plastica – Sistemi di adduzione d’acqua e scarichi fognari all’esterno dei fabbricati – Raccomandazioni per installazioni interrate e fuori terra”, che indica valori minimi raccomandati di rigidità anulare SN del tubo in funzione del tipo di terreno originario e del tipo di terreno utilizzato per il rinterro e del grado di compattazione. La norma è valida per altezze di ricopertura del tubo comprese tra 1 m e 6 m, con o senza sovraccarichi dinamici (traffico stradale). I valori di rigidità raccomandati (riportati nelle Tabelle 4.19-4.22) variano in funzione del gruppo di terreno utilizzato (Tabella 4.9). Per maggiori approfondimenti si faccia riferimento alla norma citata.
Tabella 4.19. Rigidità anulare raccomandata per trincee con profondità compresa tra 1 m e 3 m senza traffico stradale Gruppo di terreno di rinterro
Classe di compattazione
1
Buona Moderata Assente
2
Buona Moderata Assente
3
Buona Moderata Assente
4
Buona Moderata Assente
Rigidità anulare [kPa] Tipo di terreno originario 1
2
3
4
5
6
1,25 1,25 2
1,25 2 2
2 2 2
4 4 4
4 5 8
5 6,3 10
2 2 4
2 4 6,3
4 5 8
5 6,3 8
5 6,3 *
4 6,3 *
6,3 8 *
8 10 *
8 * *
6,3 * *
8 * *
8 * *
* è necessario un calcolo strutturale per determinare i dettagli della trincea e della rigidità anulare del tubo
4.2. Progettazione meccanica
65
Tabella 4.20. Rigidità anulare raccomandata per trincee con profondità compresa tra 3 m e 6 m senza traffico stradale Gruppo di terreno di rinterro
Classe di compattazione
1
Buona Moderata
2
Buona Moderata
3
Buona Moderata
4
Buona Moderata
Rigidità anulare [kPa] Tipo di terreno originario 1
2
3
4
5
6
2 2
2 4
2,5 4
4 5
5 6,3
6,3 8
4 5
4 5
5 8
8 10
8 *
6,3 *
8 *
10 *
* *
* *
* *
* *
* è necessario un calcolo strutturale per determinare i dettagli della trincea e della rigidità anulare del tubo Tabella 4.21. Rigidità anulare raccomandata per trincee con profondità compresa tra 1 m e 3 m con traffico stradale Gruppo di terreno di rinterro 1 2 3 4
Classe di compattazione
Buona Buona Buona Buona
Rigidità anulare [kPa] Tipo di terreno originario 1
2
3
4
5
6
4
4 6,3
6,3 8 10
8 10 * *
10 * * *
* * * *
* è necessario un calcolo strutturale per determinare i dettagli della trincea e della rigidità anulare del tubo Tabella 4.22. Rigidità anulare raccomandata per trincee con profondità compresa tra 3 m e 6 m con traffico stradale Gruppo di terreno di rinterro 1 2 3 4
Classe di compattazione
Buona Buona Buona Buona
Rigidità anulare [kPa] Tipo di terreno originario 1
2
3
4
5
6
2
2 4
2,5 4 6,3
4 5 8 *
5 8 10 *
6,3 8 * *
* è necessario un calcolo strutturale per determinare i dettagli della trincea e della rigidità anulare del tubo
66
4. Progettazione della tubazione
4.3. Resistenza meccanica alle onde sismiche Una tubazione, sia essa interrata o semplicemente vincolata alla superficie del terreno, durante un terremoto è soggetta a sollecitazioni particolarmente complesse generate dal moto relativo tra il tubo e il terreno circostante. L’entità di tali sollecitazioni è di difficile previsione. I principali movimenti relativi che si possono registrare sono: •
•
• •
movimenti permanenti e macroscopici del terreno (dovuti ad esempio a frane, smottamenti o fenomeni di assestamento): sono generalmente i fenomeni più gravosi; movimenti relativi di porzioni di terreno causati da caratteristiche non uniformi del terreno stesso (ad esempio diverso tipo di terreno o diverso grado di compattazione): questi fenomeni sono di solito di entità più modesta; oscillazioni della condotta e del terreno per effetto della propagazione dell’onda sismica lungo l’asse della condotta; oscillazioni legate ad effetti dinamici inerziali della condotta: questi moti sono solitamente trascurabili sia nel caso di condotte interrate, grazie al vincolo imposto dal terreno compattato attorno al tubo, sia nel caso di condotte libere.
L’elevata deformabilità delle tubazioni in PE consente un’ottima capacità di tollerare questi fenomeni rispetto a condotte realizzate con altri materiali.
In Tabella 4.23 sono riportati i dati statistici delle rotture di condotte in PE trasportanti fluidi in pressione (principalmente gas) verificatesi durante alcuni importanti terremoti nel mondo negli ultimi anni.
Tabella 4.23. Rotture di tubazioni in PE rilevate in seguito a terremoti Terremoto
Magnitudo (Richter)
Lunghezza rete in PE [km]
Numero di rotture rilevate
Giappone – Kushiro (1993)
7,8
155
nessuna
California – Northridge (1994)
6,8
58000
27
Giappone – Kobe (1995)
7,2
20000
nessuna
Colombia (1999)
5,9
115
nessuna
4.4. Opere fuori terra
67
Non sono disponibili dati di letteratura riguardo all’effetto dei terremoti sulle tubazioni in PE sul territorio italiano. Alcune misure sperimentali sono state condotte presso l’ISMES su un tratto di condotta in PE non interrato di lunghezza complessiva pari a 12 m e sottoposto a prova su tavola vibrante. Le oscillazioni imposte alla condotta sono state determinate sulla base di registrazioni sismografiche di terremoti realmente accaduti in Italia. La massima deformazione quasi-statica imposta alla condotta è stata di 100 mm sia in direzione longitudinale che trasversale. Non sono state osservate perdite di liquido, a conferma della buona integrità sia della tubazione, sia degli accessori ad essa collegati. Misure di deformazione, effettuate in alcuni punti della condotta tramite estensimetri, hanno mostrato che durante la prova i livelli di sollecitazione sono bassi nonostante l’elevata intensità dell’evento sismico. La simulazione del comportamento di una tubazione soggetta ad onde sismiche è di complessa realizzazione. Possono essere tuttavia illustrate alcune semplici considerazioni qualitative relative al comportamento di condotte interrate: •
•
•
il comportamento dinamico di un tubo soggetto a sollecitazioni sismiche è con buona approssimazione riconducibile ai movimenti del terreno circostante grazie al vincolo esistente tra tubo e terreno; il tubo è soggetto principalmente a sollecitazioni di flessione, dovute a curvature e/o piegamenti di tratti di condotta, e a sollecitazioni di trazione o di compressione in direzione longitudinale; l’azione di contenimento del terreno ha un ruolo fondamentale per la stabilità della condotta se questa, in seguito all’azione sismica, si trova in uno stato di compressione longitudinale.
4.4. Opere fuori terra Si intendono opere fuori terra quelle non inserite all’interno di uno scavo, ma poste in cunicoli e/o intubate e/o fuori terra e/o sospese. In questi casi le escursioni termiche e le pressioni di esercizio rendono necessari accorgimenti atti a compensare le eventuali variazioni di lunghezza dei tubi. Per quanto riguarda inoltre la resistenza del materiale alle radiazioni solari, non esistono limitazioni particolari previste dalle normative riguardo l’installazione fuori terra di condotte in PE nero. I tubi di colore blu non sono adatti per installazioni con esposizione a luce solare diretta a causa della limitata resistenza alle radiazioni UV (paragrafo 2.3.2).
68
4. Progettazione della tubazione
4.4.1. Determinazione della dilatazione longitudinale Le dilatazioni ∆LT, in direzione assiale, dovute ad effetti termici, sono determinabili dalla relazione: ∆LT = α ⋅ ∆T ⋅ L dove α è il coefficiente di dilatazione termica lineare (per il PE vale circa 0,18 – 0,22 mm/m°C), ∆T è la differenza tra la temperatura di posa e la massima (o minima) temperatura d’esercizio e L è la lunghezza del tratto di tubo soggetto a dilatazione. Le dilatazioni ∆LP, causate dallo stato di sforzo indotto dalla pressione d’esercizio pI , sono determinabili dalla relazione: ∆LP =
p I ⋅ (1 − 2ν ) ⋅ L ⎛ d2 ⎞ El ⋅ ⎜ n2 − 1⎟ ⎝ di ⎠
.
La dilatazione complessiva ∆L alla quale è soggetto il tubo è pari a ∆L = ∆LT + ∆LP
.
4.4.2. Sistemi di compensazione della dilatazione Il metodo più semplice per compensare le dilatazioni del tubo prevede l’adozione di bracci elastici, i quali permettono la libera deformazione del tubo limitando le tensioni indotte. Le geometrie più utilizzate per la compensazione sono costituite da bracci a “L”, “Z” e “U”. I principi di funzionamento sono simili e la scelta del sistema da adottare dipende dallo spazio disponibile e dal tracciato da seguire. In prossimità del sistema di compensazione, il tubo è vincolato mediante ancoraggi metallici (costituiti da anelli avvolgenti il tubo stesso). Gli ancoraggi utilizzati sono di due tipi: • •
punti fissi: vincolano il tubo alla parete impedendo ogni possibile movimento del tubo; punti direzionali: vincolano il tubo alla parete consentendo la traslazione assiale del tubo.
4.4. Opere fuori terra
69
L1 Lb2
L b1 PUNTO FISSO PUNTO DIREZIONALE
Fig. 4.17. Sistema di compensazione a L
Sistemi a “L”. Sono costituiti da una curva a 90°. La dilatazione del tubo causa una deformazione dell’angolo tra i due tratti rettilinei della condotta: pertanto, dimensionando opportunamente i bracci del sistema di compensazione, è possibile limitare le tensioni indotte dalla deformazione. Il braccio di compensazione è caratterizzato dalle lunghezze Lb1 e Lb2 calcolabili dalle seguenti equazioni: Lb1 =
3 ⋅ dn ⋅ ∆L1 ⋅ Es 0, 15 ⋅ σ s
Lb 2 =
3 ⋅ dn ⋅ ∆Lb1 ⋅ Es 0, 15 ⋅ σ s
dove ∆L1 è la dilatazione del braccio L1 e ∆Lb1 è la dilatazione del braccio Lb1 (Fig. 4.17). Sistemi a “Z”. Sono costituiti da due curve a 90° (Fig. 4.18). I due bracci di compensazione Lb1 e Lb2 si determinano, con una procedura analoga a quella utilizzata per i sistemi a “L”, dalle relazioni: Lb1 =
3 ⋅ dn ⋅ ∆L1 ⋅ Es 0, 15 ⋅ σ s
Lb 2 =
3 ⋅ dn ⋅ ∆Lb1 ⋅ Es 0, 15 ⋅ σ s
.
70
4. Progettazione della tubazione
L1 PUNTO FISSO PUNTO DIREZIONALE
Lb2
L b1
Lb2
Fig. 4.18. Sistema di compensazione a Z
Sistemi a “U”. Sono costituiti da quattro curve a 90° (Fig. 4.19). Il braccio di compensazione a “U” deve essere trattato come due sistemi ad “L” contrapposti. In genere si pone la lunghezza del braccio Lom pari a (2R+dn) dove R è il raggio delle curve a 90° e se ne trascura la dilatazione poiché di lunghezza molto minore rispetto agli altri bracci. Nella realizzazione di un sistema di compensazione ad U è consigliabile posizionare un punto direzionale supplementare a metà dell’ansa. La realizzazione dei sistemi precedentemente illustrati può talvolta essere impedita dalla presenza di vincoli geometrici esterni; in tal caso è possibile installare lungo la condotta particolari giunti che permettono la libera deformazione longitudinale del tubo. I giunti più comunemente utilizzati sono: •
giunto a soffietto: costituito da un breve tratto di condotta, realizzato in materiale elastomerico e avente forma corrugata per adattarsi facilmente alle variazioni di lunghezza dei tubi ad esso collegati. Questo tipo di
4.4. Opere fuori terra
71
L1
L1 L b2
L b2
L b1
L om
PUNTO FISSO PUNTO DIREZIONALE
Fig. 4.19. Sistema di compensazione a U
•
giunto è di facile installazione, non richiede il perfetto allineamento dei tubi da unire ed è adatto per compensare dilatazioni relativamente piccole (Fig. 4.20); giunto a cannocchiale: prevede il collegamento tra due tubi mediante un manicotto esterno, all’interno del quale una delle due estremità dei tubi può scorrere liberamente. La tenuta della giunzione è garantita da apposite guarnizioni. Questo tipo di giunzione è ideale nei casi in cui è prevista un’elevata dilatazione dei tubi, presenta tuttavia lo svantaggio di una complessa installazione poiché è necessario un perfetto allineamento dei tubi da collegare (Fig. 4.21).
Nei casi in cui non sia possibile prevedere alcun accorgimento per la compensazione delle dilatazioni, è necessario calcolare le forze risultanti dall’impedimento della dilatazione e dimensionare conseguentemente la struttura di sostegno. È inoltre necessario in questi casi verificare la stabilità elastica della tubazione al carico assiale.
72
4. Progettazione della tubazione
Fig. 4.20. Esempio di giunto a soffietto
Fig. 4.21. Esempio di giunto a cannocchiale
4.4.3. Tubazioni sospese Talvolta può essere conveniente realizzare attraversamenti di ostacoli (in particolare di fiumi) per via aerea sfruttando ponti o altre strutture già esistenti. La tubazione sospesa è vincolata alla struttura portante mediante appositi sostegni, che sono di due tipi:
4.4. Opere fuori terra
•
•
73
appoggio continuo: sorregge l’intera lunghezza della condotta abbracciandola nella parte inferiore per un arco di circa 120°. L’utilizzo di questo tipo di appoggio è preferibile poiché non si induce alcun tipo di deformazione di flessione sulla condotta. Il tubo è pertanto soggetto unicamente allo stato di sforzo dovuto alla pressione interna del fluido trasportato; appoggio discontinuo: è realizzato mediante ancoraggi che sostengono il tubo avvolgendolo. Gli ancoraggi sono costituiti, in genere, da anelli in acciaio, rivestiti internamente in materiale morbido al fine di evitare danneggiamenti o rigature superficiali del tubo. Secondo il progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 - 2002 la distanza tra gli appoggi, x, deve soddisfare la seguente relazione:
x ≤ cdn ⋅ 3
(d
4 n
[ (
)
− di4 ⋅ El
)
16 ⋅ g ⋅ ρ PE dn2 − di2 + ρ a ⋅ di2
]
dove El è il modulo elastico a lungo termine del PE (vedi Tabella 2.1), ρPE e ρa sono le densità rispettivamente del PE e dell’acqua e cdn è un coefficiente correttivo di flessione determinabile dal grafico riportato in Fig. 4.22.
Cdn 0,92 0,90 0,88 0,86 0,84 0,82 0,80 20
32
50
75
110 140 180 225 280 355 450 560 710 900 400
dn [mm]
Fig. 4.22. Coefficiente correttivo di flessione in funzione del diametro del tubo. Una versione estesa di questo grafico è disponibile a pag. 202
74
4. Progettazione della tubazione
Inoltre è necessario prevedere opportuni sistemi di compensazione delle dilatazioni (paragrafo 4.4.2).
4.5. Ancoraggi A causa dell’energia cinetica posseduta, il fluido esercita una spinta sulle pareti del tubo in prossimità di cambiamenti di conformazione del terreno o particolari singolarità della tubazione, come ad esempio: • • • •
curve; diramazioni a T; brusche variazioni di pendenza; cambiamenti di sezione della condotta.
Se si realizzano le giunzioni dei diversi componenti mediante saldatura o con giunti meccanici antisfilamento (capitolo 5) la condotta ha un comportamento di tipo monolitico, per cui, se interrata, l’attrito tra il tubo e il terreno è sufficiente ad assicurarne l’immobilità nelle normali condizioni di esercizio.
Se sono stati utilizzati giunti meccanici senza dispositivo antisfilamento, è necessario prevedere la presenza di ancoraggi in prossimità di tali tratti. Generalmente l’ancoraggio del tubo è costituito da blocchi in calcestruzzo, vincolati al tubo stesso mediante staffe e corniere, sulle quali si scaricano le spinte esercitate dal fluido. Le staffe devono contrastare tutte le forze agenti perpendicolarmente all’asse del tubo. Le corniere devono contrastare le forze parallele all’asse del tubo. Il dimensionamento dell’ancoraggio si sviluppa nelle seguenti fasi: • • • • • •
determinazione della spinta esercitata dal fluido sulla tubazione in condizioni dinamiche; scelta della geometria e della massa dell’ancoraggio; verifica dell’assenza di scorrimento dell’ancoraggio; verifica della resistenza meccanica dell’ancoraggio; verifica della resistenza del terreno; verifica della stabilità al ribaltamento dell’ancoraggio.
Il progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 – 2002 prescrive che l’area Aanc della superficie di appoggio (perpendicolare alla direzione di spinta del fluido) dell’ancoraggio soddisfi la seguente relazione:
4.6. Condotte subacquee
Aanc
75
⎛ π ⋅ di 2 ⎞ c g ⋅ pE ⋅ ⎜ ⎟ ⎝ 4 ⎠ ≥ 1, 5 ⋅ d ⎞ ⎛ cp ⋅ ⎜ h + n ⎟ ⎝ 2⎠
in cui cg è un coefficiente geometrico della singolarità (Tabella 4.24), cp è il coefficiente di spinta del terreno (Tabella 4.25), pE è la pressione massima di esercizio, di è il diametro interno della condotta o del raccordo e h è l’altezza di ricopertura del tubo.
Tabella 4.24. Valori del coefficiente geometrico cg Singolarità
cg
Curva a 90° Raccordo a T Curva a 45°
1,414 1 0,766
Tabella 4.25. Valori del coefficiente di spinta cp Terreno Sabbia argillosa Terreni di media compattezza Sabbia o ghiaia
cp [kN/m3] 30 50 60
4.6. Condotte subacquee Il PE è particolarmente adatto alla realizzazione di condotte subacquee grazie alle buone prestazioni meccaniche e in particolare all’elevata flessibilità, all’affidabilità delle giunzioni e alla resistenza chimica. Questo consente di utilizzare tecnologie di posa innovative, con costi di installazione particolarmente contenuti. Spesso è possibile realizzare la condotta, intera o in segmenti, sulla terraferma, in modo da semplificare le operazioni di assemblaggio. Successivamente la condotta viene trainata nel luogo di posa ed adagiata sul fondale.
76
4. Progettazione della tubazione
Poiché il PE ha un peso specifico inferiore a quello dell’acqua, per l’affondamento delle condotte è necessario prevedere l’uso di zavorra, il cui peso deve essere sufficientemente elevato da garantire l’affondamento del tubo quando riempito con acqua, ma non tale da impedirne il galleggiamento durante la fase di trasporto. Definita la spinta di galleggiamento Z della condotta vuota come: Z=
[
(
π ⋅L ⋅ γ m ⋅ dn 2 − γ PE ⋅ dn 2 − di 2 4
)]
il peso Pt complessivo della zavorra da installare lungo il tratto L di condotta deve soddisfare la relazione: ⎛ π ⋅ L ⋅ di2 ⎞ Z−⎜ ⋅ γ a ⎟ < Pt < Z 4 ⎝ ⎠ in cui γm e γa sono rispettivamente il peso specifico dell’acqua esterna e dell’acqua trasportata nella condotta. Inoltre la zavorra deve impedire alla condotta di spostarsi sul fondo per effetto delle spinte esercitate dalle correnti, occorre quindi che: Pt > 0, 052 ⋅
2 Vcm ⋅ dn ⋅ c z ⋅ L ⋅ g µ
in cui Vcm è la velocità massima della corrente, cz è il coefficiente di forma della zavorra (Tabella 4.26) e µ è il coefficiente d’attrito tra tubo e fondale (Tabella 4.27).
Tabella 4.26. Alcuni valori del coefficiente di forma cz Geometria della zavorra
cz
Settore circolare Parallelepipedo
0,6 0,9
Tabella 4.27. Alcuni valori del coefficiente di attrito µ Tipo di fondale Fangoso Sabbioso
µ 0,1 0,3
4.7. Curvature massime ammissibili
77
Tabella 4.28. Distanza di applicazione dei blocchi della zavorra Diametro nominale del tubo [mm]
Distanza x tra i blocchi [m]
≤ 50 63 - 280 ≥ 315
1,5 - 2,5 2,5 - 3,5 3,5 - 5,0
Noto il peso Pt complessivo della zavorra da utilizzare, il peso Pa di ogni singolo blocco è pari a: Pa =
Pt L = Pt ⋅ na x
dove na è il numero di blocchi da applicare lungo la condotta e x è la distanza alla quale posizionare i blocchi (Tabella 4.28). La zavorra utilizzata è generalmente in calcestruzzo e può essere realizzata con diverse geometrie: dalla più semplice, come ad esempio ad anello avvolgente il tubo, alla geometria più articolata, disegnata con lo scopo di spostare il baricentro del sistema verso il basso per limitare le deformazioni torsionali del tubo durante la fase di adagiamento sul fondale. Tra tubo e ancoraggio devono essere inserite guarnizioni in gomma per non scalfire il tubo. Sulle zone di immersione ed emersione della condotta si esercitano con maggiore forza l’azione diretta del moto ondoso. Per questo motivo è consigliabile interrare questi tratti o proteggere la tubazione dall’azione delle onde o dall’eventuale passaggio di natanti.
4.7. Curvature massime ammissibili In molte condizioni applicative, l’elevata flessibilità delle tubazioni in PE consente di adattare la tubazione al percorso di posa senza necessità di utilizzare curve, purché il raggio di curvatura sia maggiore di un valore limite che dipende dall’SDR. I valori minimi di raggio di curvatura, alla temperatura di 20°C, raccomandati dal progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 2002 sono riportati in Tabella 4.29.
78
4. Progettazione della tubazione
Tabella 4.29. Raggi minimi di curvatura ammissibili a 20°C SDR
Raggio minimo di curvatura ≥ 25⋅dn ≥ 35⋅dn
7,4 - 17 21 - 26
Alla temperatura di 0°C i valori minimi di raggio di curvatura devono essere raddoppiati. Qualora il tracciato comporti raggi di curvatura minori di quelli ammissibili è necessario prevedere l’utilizzo di raccordi. La curvatura a caldo della tubazione è assolutamente vietata.
4.8. Forza di trascinamento Alcune tecnologie di installazione in nuove trincee oppure all’interno di condotte da riabilitare prevedono la posa della tubazione in PE per trascinamento. Questo avviene mediante l’applicazione di una forza assiale ad un’estremità del tubo. È necessario verificare che la forza applicata sia inferiore ad un valore massimo ammissibile, che dipende dalla geometria della condotta e dal valore di sforzo di snervamento del materiale. Il massimo carico di trazione Ft, esercitato in direzione assiale sul tubo, deve essere inferiore a: ⎛ 1 1 ⎞ Ft < 0, 35 ⋅ π ⋅ σ y ⋅ dn 2 ⋅ ⎜ − ⎟ SDR) 2 ⎠ ⎝ SDR ⎝(SDR dove σy è lo sforzo di snervamento del PE alla temperatura di posa. I valori indicativi dello sforzo di snervamento al variare della temperatura per un HDPE bimodale sono mostrati in Fig. 4.23.
Sforzo di snervamento [MPa]
4.8. Forza di trascinamento
79
100 80 60 40 20 10 8 6 4 2 1 -20
0
20
40
60
80
Temperatura [°C] Fig. 4.23. Sforzo di snervamento a diverse temperature per un HDPE bimodale
La massima lunghezza di condotta, L, che può essere trascinata risulta quindi pari a: L<
0, 35 ⋅ σ y
µ ⋅ g ⋅ ρ PE
.
Alcuni valori indicativi del coefficiente di attrito µ da utilizzare nella formula precedente sono i seguenti: • •
0,7 nel caso di trascinamento del tubo sul terreno o nel caso di inserimento in condotte vuote; 0,1 nel caso di inserimento del tubo in condotte preesistenti piene d’acqua.
In altre situazioni, la determinazione della massima lunghezza trascinabile è più complessa e pertanto deve essere valutata caso per caso. Qualora questa condizione non fosse soddisfatta, è necessario ridurre la lunghezza del tratto di condotta da posare per trascinamento oppure migliorare le condizioni di contatto tra la superficie del tubo ed il terreno al fine di ridurre l’attrito, utilizzando per esempio apposite rulliere o cuscini di scorrimento.
80
4. Progettazione della tubazione
4.9. Esempio di progettazione 4.9.1. Dimensionamento idraulico Problema di progetto. Si dimensioni una condotta, realizzata in PE100, di lunghezza pari a 2 km affinché sia in grado di erogare una portata pari a 20 l/s con una perdita di carico massima pari a 12 m, corrispondente ad una perdita di pressione di circa 1,2 bar. La temperatura di esercizio della rete è pari a 15°C. Le variazioni di quota lungo il percorso sono nulle. La cadente J massima ammissibile è pari a: J=
12 = 0, 006 . 2000
Ipotizziamo che la scabrezza ε sia pari a 1⋅10-5 m, verificando poi l’ipotesi fatta, mentre la viscosità cinematica υ dell’acqua è pari a 1,14⋅10-6 m2/s. Dalle equazioni di Darcy-Weisbach e Colebrook-White si ricava: ⎧ , 02 2 8 ⋅ λ ⋅ 0, 02 2 ⎪ 0, 006 = 8 ⋅ λ0⋅,0006 = ⎧di = 156, 1 mm 9, 81 ⋅ π 2 ⋅ di5 9, 81 ⋅ π 2 ⋅ di5 ⎪⎪ ⇒ ⎪⎨ ⎨ ⎪ λ = 0, 017 ⎪ 1 ⎛ 2, 51 ⋅ π ⋅ di ⋅ 1, 14 ⋅ 10 −6 ⎩ 10 −5 ⎞ ⎪ = −2log⎜ + ⎟ 3, 71 ⋅ di ⎠ 4 ⋅ 0, 02 ⋅ λ ⎝ ⎪⎩ λ
.
Poiché il diametro è inferiore a 200 mm l’ipotesi fatta sulla scabrezza è corretta. Dal dimensionamento meccanico (paragrafo 4.9.2) si determina che è necessario utilizzare un tubo con SDR 11 (che per il PE100 corrisponde ad un PN 16), il diametro commerciale dic immediatamente superiore a quello di progetto è quindi pari a circa 164 mm, corrispondente ad un tubo con dn pari a 200 mm e spessore en pari a circa 18 mm. Occorre quindi verificare che la velocità del fluido trasportato sia accettabile. Assegnate le condizioni di pressione il nuovo valore di diametro determina un nuovo valore di portata, che dovrebbe essere calcolato reiterando la procedura di calcolo. Assumendo per semplicità di trascurare questa variazione, il valore della velocità risulta: v=
4 ⋅Q 4 ⋅ 0, 02 = = 0, 95 m/s 2 π ⋅ dic π ⋅ 0, 164 2
4.9. Esempio di progettazione
81
che si ritiene accettabile in quanto compreso tra 0,5 e 2,5 m/s. La velocità e la portata effettive calcolate con il programma PiPEs risultano pari rispettivamente a 1,08 m/s e 23 l/s.
4.9.2. Dimensionamento meccanico La condotta definita al paragrafo precedente deve essere posata in una trincea di larghezza B pari a 0,6 m e con altezza di ricopertura h pari a 2 m. Il terreno originario di posa è costituito da marna mentre il materiale di riempimento è sabbia (entrambe appartenenti al gruppo 3 in accordo con la Tabella 4.9); con classe di compattazione di tipo buono (Tabella 4.16). La condotta è soggetta a carichi esterni dovuti unicamente al traffico stradale pesante. La pressione pI è pari a 6 bar e la temperatura di esercizio è di 15°C; l’acqua è trasportata alla velocità di 1.08 m/s. Si ricorda che la condotta è realizzata in PE100 ed ha dn pari a 200 mm ipotizzando, come primo tentativo, SDR 11 (di = 164 mm, en = 18 mm, PN 16). Dalla Tabella 2.1 si ricavano i seguenti valori per il PE100: ⎧ Es = 1 GPa ⎪ ⎨El = 160 MPa ⎪ ν = 0, 4 ⎩
.
Colpi d’ariete. Si valuta inizialmente la massima pressione di esercizio pE data dalla somma della pressione pI e della sovrappressione per colpo d’ariete. La manovra di regolazione della portata ha una durata minima pari a 2 s. Alla temperatura di esercizio di 15°C, la celerità c0 del suono nell’acqua è pari a 1425 m/s. La velocità di propagazione dell’onda di perturbazione diventa perciò: 1425 a= = 325 m / s 2, 03 1+ (11−−22) ) ⋅(11 1 e il tempo critico risulta: tc =
2 ⋅ 2000 ≅ 12 s 325
quindi la manovra di regolazione è di tipo brusco (t < tc). L’entità della sovrappressione per colpo d’ariete si determina con l’equazione di Allievi: ∆p a = 325 ⋅ 1, 08 ⋅ 1000 = 3, 5 ⋅ 10 5 Pa = 3, 5 bar.
82
4. Progettazione della tubazione
Poiché la condotta opera ad una pressione pI di 6 bar, la massima pressione di esercizio pE è pari a: pE = 6 + 3, 5 = 9, 5 bar . Peso del terreno. La trincea utilizzata è di tipo stretto. Gli angoli interni Θ e Φ sono entrambi pari a 30° (Tabelle 4.8 e 4.11); il terreno ha modulo pari a 6,9 MPa e peso specifico pari a 19000 N/m3 (Tabelle 4.15 e 4.7). Il coefficiente di rigidità relativa è quindi: 3
6, 9 ⎞ ⎛ 11 ⎞ n=⎛ ⋅ −1 ≅ 4 ⎠ ⎝ 160 ⎠ ⎝ 2 e la condotta è perciò da considerarsi deformabile. I coefficienti di Marston risultano in questo caso: K a = tan 2 ⎛ ⎝
90° − 30° ⎞ = 0, 33 ⎠ 2
⎛ −2 ⋅ 0, 33 ⋅ 2 ⋅ tan 30° ⎞ 1 − exp ⎜ ⎟ ⎝ ⎠ 0, 6 cd = = 1, 88 2 ⋅ 0, 33 ⋅ tan 30°
.
L’azione del terreno è quindi pari a: Qt = 1, 88 ⋅ 19000 ⋅ 0, 2 ⋅ 0, 6 = 4282 N / m e il carico specifico: qt =
4282 = 30150 Pa . 0, 71 ⋅ 0, 2
Azione dei sovraccarichi. Poiché la condotta è soggetta al traffico stradale pesante si assume Ps pari a 100 kN. Il coefficiente dinamico risulta:
ϕ = 1+
0, 3 = 1, 15 2
e il carico specifico assume il seguente valore: qs = 0, 528 ⋅
100000 ⋅ 1, 15 = 29410 Pa 21, 0461
4.9. Esempio di progettazione
83
e l’azione del traffico stradale risulta infine: Qs = 29410 ⋅ 0, 2 = 5882 N / m . Peso del fluido trasportato. ⎛ π ⋅ 0, 164 2 ⎞ Qa = 1000 ⋅ 9, 81 ⋅ ⎜ ⎟ = 206 N / m 4 ⎠ ⎝ che risulta quindi trascurabile rispetto agli altri carichi verticali agenti sul tubo. Reazione laterale del terreno. Si assume cautelativamente che il fattore di compattazione fc per un grado di compattazione del terreno di tipo buono sia pari a 14 (Tabella 4.10). Alla profondità di posa h di 2 m, si ottiene un coefficiente di rigidità del terreno pari a: cr = 14 ⋅ 2 = 28 N / cm 3 . In base ai valori di qt e qs precedentemente calcolati, si ricava quindi un valore della reazione laterale specifica pari a: rt =
(30150 + 29410) ⋅ 28 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 2 4 28 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 2 4 + 18, 3 ⋅ 160 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 0182 3
= 42720 N / m 2.
La reazione laterale del terreno è quindi pari a: Rt = 0, 71 ⋅ 42720 ⋅ 0, 2 = 6067 N / m. Determinazione della pressione equivalente. In base ai valori di Q e R precedentemente calcolati si ottengono i seguenti valori delle forze e dei momenti flettenti agenti sulla sezione del tubo: ⎧N A = −2789 N m ⎪⎪ ⎨ N B = −5067 N m ⎪ ⎪⎩ N C = −3143 N m ⎧ M A = +70, 7 N m 2 ⎪⎪ 2 ⎨ MB = −59, 0 N m ⎪ 2 ⎪⎩ MC = +59, 0 N m . Le sollecitazioni circonferenziali σ0i, sulle superfici esterna ed interna nelle tre sezioni di calcolo, prodotte dalle azioni N e M sono:
84
4. Progettazione della tubazione
⎧⎪σσ00AA, int MPa , ,11 MPa , int ==11 ⎨ ⎪⎩σ 0 A , est = −1, 4 MPa ⎧⎪σ 0 B, int = −1, 3 MPa ⎨ σ , est ==00,,88 MPa MPa ⎩⎪σ 00BB, est ⎧⎪σσ00CC, int MPa , int ==00,,99 MPa ⎨ ⎪⎩σ 0C , est = −1, 2 MPa
.
Il massimo sforzo circonferenziale di trazione σ0 è presente sulla superficie interna della sezione A ed è pari a 1,1 MPa. Sostituendo tale valore nell’equazione di Mariotte si ottiene: p0 =
2 ⋅ 0, 0182 ⋅ 1, 1 ⋅ 10 6 = 0, 24 ⋅ 10 6 Pa = 2, 4 bar . 0, 2 − 0, 0182
Il valore di PN da considerare è perciò: PN = 9, 5 + 2, 4 = 11, 9 bar . Il tubo considerato inizialmente, avente PN 16, è correttamente dimensionato per l’applicazione illustrata. Occorre valutare ora la massima deformazione di ovalizzazione subita dal tubo e la resistenza ai carichi esterni. Verifica della massima deformazione. In accordo con la Tabella 4.14 si assumono valori dei coefficienti cs e fr pari rispettivamente a 0,085 e 2. La deflessione relativa risulta perciò: 0, 085 ⋅ (2 ⋅ 30150 + 29410) δ = = 0, 015 . dn 2 ⋅ 160 ⋅ 10 6 ⋅ 0, 0182 3 6 + 0, 061 ⋅ 6, 9 ⋅ 10 3 ⋅ 0, 2 3 La deformazione di ovalizzazione a lungo termine è inferiore al valore massimo ammesso per il PE (0,05): la verifica è quindi positiva. Verifica della resistenza alla pressione esterna. La pressione critica di instabilità del tubo è: 3
pcr =
2 ⋅ 10 9 ⎛ 0, 0182 ⎞ ⋅⎜ ⎟ = 2, 38 MPa . 1 − 0, 4 2 ⎝ 0, 2 − 0, 0182 ⎠
(
)
4.9. Esempio di progettazione
85
La verifica della resistenza ai carichi esterni è positiva poiché: ⎛ 3878 + 5882 ⎞ pcr > 2 ⋅ ⎜ ⎟ = 0, 1 MPa . ⎝ ⎠ 0, 2 La condotta è quindi correttamente progettata.
4.9.3. Dimensionamento meccanico secondo il metodo TEPPFA-APME Il dimensionamento della condotta effettuato con il metodo precedentemente illustrato è verificato anche con il metodo proposto da TEPPFA, che trascura in quest’ultimo caso il contributo dei carichi esterni: PN = 9, 5 bar . La classe di tubi selezionata (PN 16) è quindi sovradimensionata secondo questo criterio, per il quale è sufficiente un tubo con PN 10 (SDR 17). Selezionando ad esempio un tubo avente dn pari a 200 mm (di = 176,4 mm, en = 11,7 mm) e assegnate le condizioni di pressione, il nuovo valore di diametro determina un nuovo valore di portata. Quest’ultimo è stato calcolato reiterando la procedura di calcolo mediante il programma di progettazione PiPEs e risulta pari a 28 l/s, corrispondente ad una velocità del fluido di 1,1 m/s. Per queste condizioni la sovrappressione per colpo d’ariete è pari a circa 2,9 bar. La pressione massima di esercizio è quindi pari a 6 + 2,9 = 8,9 bar, per cui un tubo con PN 10 è ampiamente sufficiente. Verifica della massima deformazione. In accordo con la Tabella 4.18, il tubo considerato ha rigidità anulare pari a 20,3 kPa. Per un grado di compattazione del terreno di tipo buono, il coefficiente di assestamento è pari a 1 e la deformazione iniziale di schiacciamento è inferiore all’1%. Si ha quindi: ⎛ δ ⎞ 100 ⋅ ⎜ ⎟ + c f ≅ 1 + 1 = 2% . ⎝ dn − en ⎠ in La verifica di schiacciamento risulta pertanto positiva in quanto il valore è inferiore al 5%. In questo caso il metodo TEPPFA-APME dimensiona il tubo nella classe inferiore (PN 10) rispetto a quello ottenuto con il metodo classico (PN 16) per questa particolare applicazione.
5. Giunzioni
L’utilizzo di tubazioni in PE è in continuo aumento: reti di distribuzione di gas e acqua potabile, riabilitazione di reti esistenti, installazioni sottomarine e fuori terra sono soltanto alcuni degli esempi nei quali tubi e raccordi in PE vengono utilizzati. Uno degli elementi chiave di questo successo è la varietà delle tecniche di giunzione disponibili per collegare tra loro i diversi elementi, anche se costituiti da materiale diverso. Le più importanti tecniche di giunzione per tubi e raccordi in PE sono la saldatura termica e la giunzione meccanica. La saldatura termica è la soluzione più utilizzata in quanto è, nella maggior parte dei casi, un’operazione semplice, rapida ed economica. Questo permette di realizzare reti a perfetta tenuta in quanto i vari elementi divengono, dopo la saldatura, un corpo unico. Nei casi in cui le condizioni di posa lo impongano (ad esempio per il collegamento tra tubi in PE e tubi in metallo) si ricorre a giunzioni meccaniche o a sistemi di transizione metallo-plastici. Inoltre, grazie all’elevata flessibilità e alla leggerezza dei manufatti in PE, le giunzioni possono essere realizzate all’esterno della trincea, in condizioni di lavoro più agevoli. Di conseguenza, le trincee possono quindi essere più strette rispetto a quelle richieste per i materiali tradizionali, con notevole riduzione dei volumi e dei costi di scavo. La scelta della tecnica di giunzione più appropriata e la corretta realizzazione dei collegamenti sono fra gli elementi principali che determinano l’affidabilità e la durabilità della condotta. Ciascuna tecnica illustrata nel presente capitolo è applicabile all’interno di specifici intervalli di diametro e spessore di parete, che sono riportati a titolo indicativo nelle Tabelle 5.1 e 5.8
5.1. Saldature L’esecuzione di una giunzione per saldatura prevede il riscaldamento delle superfici da saldare fino alla fusione del materiale. Le tecniche utilizzate sono la saldatura ad elementi termici per contatto (testa a testa) e la saldatura per elettrofusione. Esse possono essere impiegate per la saldatura di tutti i PE conformi alla norma UNI EN 12201: 2004.
88
5. Giunzioni
Le linee guida per la gestione ed il controllo del processo di saldatura sono stabilite dalla norma UNI 11024: 2003, che definisce i requisiti minimi di qualità per le saldature indipendentemente dal tipo di processo adottato. Le operazioni di saldatura devono essere sempre eseguite da personale abilitato in possesso di adeguata certificazione (patentino) secondo la norma UNI 9737: 1997 e devono essere coordinate da apposito personale in conformità alla norma UNI 10761: 1999. Le attrezzature di saldatura devono essere conformi alle norme corrispondenti (UNI 10565: 1996 e UNI 10566: 1996).
Tabella 5.1. Campi di utilizzo raccomandati dei diversi metodi di saldatura Tecnica
Campo di utilizzo
Saldatura testa a testa
dn ≥ 63 mm
Saldatura per elettrofusione
dn ≥ 20 mm
5.1.1. Saldatura ad elementi termici per contatto (testa a testa) Le norme di riferimento per l’esecuzione delle saldature testa a testa di tubi e raccordi sono la UNI 10520: 1997 (valida per tutti i tipi di PE e per tutti i diametri e spessori) e la UNI 10967: 2001 (valida solo per manufatti in PE100 aventi spessore superiore a 20 mm). È tuttavia prassi consolidata utilizzare la norma UNI 10520: 1997 per qualsiasi condizione. La saldatura testa a testa è applicabile ai tubi e ad un’ampia gamma di raccordi (Fig. 5.1) a condizione che questi presentino lo stesso spessore e diametro nominali. Questa si realizza portando a fusione, per contatto con un opportuno termoelemento, le due estremità da saldare. Successivamente queste ultime sono unite tra loro comprimendole l’una contro l’altra per un tempo stabilito, in accordo con la norma di riferimento.
5.1. Saldature
89
Fig. 5.1. Raccordi saldabili ad elementi termici per contatto
La saldatura testa a testa prevede l’impiego di una macchina saldatrice conforme alla norma UNI 10565: 1996 (Fig. 5.2) composta da: •
•
•
•
corpo macchina: è costituito da un basamento sul quale sono montate le ganasce che vengono utilizzate per bloccare i tubi (e/o raccordi) da saldare. La macchina è costituita da quattro ganasce, due montate su un carrello fisso e due su un carrello mobile; centralina di comando del circuito oleodinamico: consente il controllo e la regolazione continua della pressione di schiacciamento degli elementi da saldare agendo sullo spostamento del carrello mobile; termoelemento: è costituito da una piastra metallica rivestita di materiale antiaderente che riscalda le due superfici da saldare fino al raggiungimento della temperatura richiesta. La temperatura deve essere distribuita su entrambe le superfici in maniera uniforme con una tolleranza di ± 5°C. Il termoelemento deve inoltre garantire che la caduta di temperatura durante la fase di contatto con i lembi da saldare non sia superiore a 10°C; fresa: è costituita da un tagliente a lama rotante vincolato al telaio che effettua la spianatura della testa dei tubi (e/o raccordi) fino ad ottenere superfici planari, parallele e ortogonali all’asse del tubo. In Tabella 5.2 sono riportate le tolleranze di lavorazione ammesse.
90
5. Giunzioni
Fig. 5.2. Macchina saldatrice ad elementi termici per contatto
Tabella 5.2. Luce massima ammessa tra i due elementi da saldare dn tubo [mm] < 200 200 - 400 > 400
Luce massima ammessa [mm] 0,3 0,5 1,0
L’esecuzione della saldatura deve avvenire in un luogo asciutto, al riparo da eventi atmosferici avversi quali ad esempio pioggia, vento o neve e in un campo di temperature compreso tra -5°C e 40°C. Non è ammesso l’uso di cannelli a gas caldo o bruciatori per innalzare la temperatura delle superfici da saldare.
Prima di eseguire la saldatura occorre verificare che: • •
tubi e raccordi siano stati correttamente stoccati e prelevati; tubi e raccordi rispettino le tolleranze relative allo spessore, diametro esterno e ovalizzazione in accordo con la norma UNI EN 12201: 2004;
5.1. Saldature
• •
91
le superfici dei tubi e/o raccordi, in prossimità dell’estremità da saldare, siano esenti da intagli e graffiature; l’apparecchiatura utilizzata per la saldatura sia conforme alle prescrizioni indicate nella norma UNI 10565: 1996.
I due elementi devono essere preparati per la saldatura mediante le seguenti operazioni: •
•
•
•
pulizia accurata delle superfici esterna ed interna degli elementi da collegare in prossimità della zona di saldatura, con l’ausilio di un panno morbido esente da filacce e di idonei liquidi detergenti. È assolutamente vietato l’uso di tensioattivi e solventi con basso grado di purezza che possono lasciare residui contaminanti sulle superfici; bloccaggio e allineamento dei due elementi nelle ganasce della macchina. È ammesso un disassamento massimo pari al 10% dello spessore degli elementi da saldare e in ogni caso non superiore a 2 mm; fresatura delle due superfici da saldare. Al termine dell’operazione occorre rimuovere i trucioli dagli elementi da saldare con l’ausilio di una spazzola o un panno pulito. È necessario evitare di toccare o di sporcare in qualunque modo le superfici fresate; verifica delle tolleranze di lavorazione in accordo con la Tabella 5.2 e determinazione del valore della pressione idraulica di trascinamento pt, necessaria a vincere gli attriti dovuti prevalentemente al peso dell’elemento bloccato sul carrello mobile.
Le operazioni di saldatura devono essere eseguite immediatamente dopo la fase di preparazione degli elementi da saldare al fine di evitare il deposito di sporcizia. Qualora si rilevi che questo non può essere realizzato, è necessario effettuare nuovamente la pulizia delle superfici secondo le modalità sopra indicate prima di procedere alla saldatura. Il ciclo di saldatura è suddiviso nelle seguenti fasi (Figg. 5.3. e 5.4 e Tabella 5.3): 1) accostamento e preriscaldamento: le due superfici da saldare sono avvicinate al termoelemento alla temperatura T, assoggettate ad una pressione1 pari a 0,15 MPa e mantenute in contatto per un tempo t1 fino ad ottenere un cordolo uniforme avente larghezza pari a (0,5 + 0,1 · en [mm]);
1
I valori di pressione del circuito idraulico necessari per realizzare questa condizione dipendono dal tipo di saldatrice utilizzata. La conversione viene effettuata mediante apposite tabelle fornite dal costruttore. A tali valori si deve aggiungere la pressione idraulica di trascinamento pt misurata sperimentalmente nella fase di preparazione degli elementi da saldare.
92
5. Giunzioni
Pressione di contatto [MPa]
1
2
3 4
5
6
0,15
0,02
Tempo [s]
t1
t2
t3 t4
t5
t6
Fig. 5.3. Ciclo di saldatura
2) riscaldamento: la pressione viene ridotta a 0,02 MPa e mantenuta per un tempo t2 ; 3) rimozione del termoelemento: deve essere rimosso, dopo aver allontanato le due superfici, nel più breve tempo possibile (e comunque non superiore al tempo t3 indicato in Tabella 5.3) per non raffreddare troppo la zona di saldatura; 4) raggiungimento della pressione di saldatura: le due superfici da saldare sono poste in contatto incrementando la pressione in modo graduale, in un tempo t4, fino al valore di 0,15 MPa; 5) saldatura: le due superfici sono mantenute in contatto con una pressione pari a 0,15 MPa per un tempo t5; 6) raffreddamento: gli elementi devono essere mantenuti bloccati alla macchina saldatrice per un tempo t6. Al termine della fase 6 è possibile rimuovere la condotta dalla macchina saldatrice, a condizione che la zona di saldatura non sia sottoposta ad apprezzabili sollecitazioni fino al completo raffreddamento. Quest’ultimo deve avvenire in modo naturale al riparo dagli agenti atmosferici (pioggia, vento e irraggiamento solare diretto). Per tubazioni realizzate in PE100 con spessore superiore a 20 mm, la norma UNI 10967: 2001 prescrive che il procedimento sia integrato dalla fase 5 bis in cui la pressione di saldatura viene ridotta a 0,05 MPa per un tempo t5bis, come mostrato in Fig. 5.4.
5.1. Saldature
93
Pressione di contatto [MPa]
1
2
3 4
5
5 bis
6
0,15
0,05 0,02
Tempo [s]
t1
t2
t3 t4
t5
t 5 bis
t6
Fig. 5.4. Ciclo di saldatura per il PE100 (en ≥ 20mm)
Tabella 5.3. Parametri per la saldatura testa a testa° Parametro Unità di misura
PE80 e PE100 (UNI 10520: 1997) (en ≤12) (en >12)
PE100 (UNI 10967: 2001) (en <20) (en ≥20)
T piastra t1 p1 t2 p2 t3
°C s MPa s MPa s
210 ± 10 A◊ 0,15* (12⋅en) ± en 0,02 < 4+0,3⋅en
200 ± 10 A◊ 0,15* (12⋅en) ± en 0,02 < 4+0,3⋅en
215 ± 5 A◊ 0,15* (12⋅en) ± en 0,02 < 4+0,3⋅en
p3 t4 t5 p5 t5bis p5bis t6 p6
MPa s s MPa s MPa s MPa
0 4+0,4⋅en (3+ en)⋅60 0,15* ** 0
0 4+0,4⋅en (3+ en)⋅60 0,15* ** 0
0 4+0,4⋅en (3+ en)⋅60 0,15* ** 0
230 +10 -5 A◊ 0,15 ± 0,02 (60+10⋅en) ± 1% 0,02 < 10 se dn ≤ 630 < 15 se dn > 630 0 ≤ 10 10 0,15 ± 0,02 (3+ en)⋅60 0,05 ± 0,01 > (1,5⋅en)⋅60 0
° lo spessore en del tubo è espresso in [mm] ◊ A,fino alla formazione di un cordolo di spessore (0,5 + 0,1·e ) [mm] n * pur in assenza di specifiche indicazioni delle norme sulla tolleranza di questi valori, si suggerisce di adottare ± 0,02 MPa ** pur in assenza di specifiche indicazioni delle norme di questi valori, si suggerisce un tempo > (1,5⋅en)⋅60
94
5. Giunzioni
Fig. 5.5. Esempio corretto di cordolo di saldatura
Al termine delle operazioni è importante eseguire l’esame visivo e dimensionale della saldatura al fine di avere indicazioni circa l’efficienza del processo di giunzione eseguito. Dall’esame visivo della zona di saldatura (Fig. 5.5) occorre verificare che: •
•
•
•
il cordolo sia presente in modo uniforme su tutta la circonferenza del giunto. Un cordolo non uniforme può essere dovuto ad un non corretto allineamento dei due elementi da saldare; la superficie esterna del cordolo non deve presentare porosità o inclusioni di corpi estranei né risultare eccessivamente lucida, essendo quest’ultimo un indice di surriscaldamento del materiale saldato; il cordolo di saldatura non deve presentare rotture superficiali, che possono essere causate da eccessive sollecitazioni applicate alla condotta durante la fase di raffreddamento della saldatura; il diametro del cordolo nella zona dell’intaglio (sezione di contatto tra i due elementi da saldare) deve essere sempre maggiore del diametro esterno degli elementi saldati e non deve assolutamente mostrare zone di mancata fusione.
La mancanza di questi requisiti può essere causata da un’errata regolazione dei parametri di saldatura. La norma UNI 10520: 1997 raccomanda che il cordolo di saldatura abbia larghezza complessiva bt (Fig. 5.6) di dimensioni indicate in Tabella 5.4.
bt
t
en b1 Fig. 5.6. Dimensioni del cordolo di saldatura
b2
5.1. Saldature
95
Tabella 5.4. Larghezze raccomandate del cordolo di saldatura Spessore en degli elementi da saldare [mm]
Larghezza bt del cordolo [mm]
3 4 5 6 8 9 11 13 16 18 19 22 24 27 30 34 40 45 50 55 60 65
4 4 5 6 7 8 9 10 11 12 12 13 14 15 16 17 18 20 22 24 26 28
Definendo la larghezza media bt,m del cordolo come: bt , m =
bt , max + bt , min 2
devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: bt , min > 0, 9 ⋅ bt , m bt , max < 1, 1 ⋅ bt , m b1 − b2 max < κ ⋅ bt , m . I valori del fattore di forma κ sono riportati in Tabella 5.5.
-
6 7 8 9 10 11 12 14 15 16 18 18 19 20 21 22 23 25 27 30 32 36
96
5. Giunzioni
Tabella 5.5. Valori del fattore di forma κ del cordolo di saldatura Elementi saldati
κ
Tubo - Tubo Tubo - Raccordo Raccordo - Raccordo
0,1 0,2 0,2
La forma del cordolo, anche qualora non si mostri perfettamente raccordato (vedere a puro titolo illustrativo la Fig. 5.7), non è di per sé un indice della qualità della saldatura. Nel caso di saldature di tubazioni e/o raccordi di spessore inferiore o uguale a 10 mm, qualora il cordolo si mostrasse nella forma ad “ali di gabbiano” (Fig. 5.7, immagine di destra), il ciclo di saldatura può essere modificato intervenendo sulle Fasi 3 e 4 del ciclo di saldatura nel seguente modo: • •
Fase 3: il tempo t3 non deve risultare superiore a 4 s. Fase 4: il tempo t4 non deve risultare superiore a 6 s.
Fig. 5.7. Esempi di cordolo
L’aspetto del cordolo di saldatura non è fondamentale per la valutazione della giunzione. Attraverso i controlli distruttivi è possibile eseguire la determinazione della sua resistenza e la conseguente validazione del ciclo di saldatura e della sua ripetibilità.
5.1. Saldature
97
5.1.2. Saldatura per elettrofusione La normativa di riferimento per l’esecuzione delle giunzioni elettrosaldabili è la UNI 10521: 1997. La saldatura per elettrofusione è un processo di giunzione di due elementi (tubi e/o raccordi), solitamente di uguale diametro esterno, che vengono collocati tramite inserimento in un apposito raccordo elettrosaldabile (Figg. 5.8 e 5.9). Il raccordo elettrosaldabile è riscaldato internamente mediante una resistenza elettrica a spirale posta in prossimità della sua superficie interna. Il calore è generato per effetto Joule da una corrente elettrica applicata alla resistenza. Il processo avviene mediante fusione delle superfici esterne degli elementi da saldare a contatto con la superficie interna del giunto (Fig. 5.10).
Fig. 5.8. Raccordi elettrosaldabili
Fig. 5.9. Giunzione mediante elettrofusione
98
5. Giunzioni
Riscaldamento
Fusione
Raffreddamento
Fig. 5.10. Fasi della saldatura ad elettrofusione
I parametri ottimali di elettrofusione (intensità di corrente erogata al giunto elettrosaldabile e durata dell’erogazione) sono indicati dal produttore, e possono essere riconosciuti dalla macchina saldatrice grazie alla lettura di un codice a barre applicato al raccordo stesso. La tecnica dell’elettrofusione è molto utilizzata anche per la saldatura di derivazioni dalla condotta principale2. Le derivazioni elettrosaldabili in bianco (in assenza di pressione interna) o in carico (per tubazioni in esercizio) vengono collocate sul tubo mediante un posizionamento meccanico che per i collari di presa avvolge l’intera circonferenza del tubo (Fig. 5.11 e 5.12) e per le selle è limitato alla sola zona di saldatura (Fig. 5.13).
Fig. 5.11. Collare di presa con derivazione ortogonale
2
Speciali raccordi permettono di collegare la derivazione mantenendo la condotta principale in esercizio. È possibile, infatti, saldare la derivazione al tubo per elettrofusione e successivamente eseguire il foro nella condotta principale mediante l’utilizzo di particolari frese a perdere.
5.1. Saldature
99
Fig. 5.12. Collare di presa in carico con derivazione laterale
Fig. 5.13. Sella di presa in carico con derivazione laterale
La saldatura per elettrofusione viene effettuata con l’ausilio di una macchina saldatrice, che fornisce l’energia elettrica alla resistenza interna del giunto elettrosaldabile e deve essere conforme a quanto prescritto dalla norma UNI 10566: 1996.
100
5. Giunzioni
Le macchine saldatrici sono di due tipi: •
•
saldatrici monovalenti: operano unicamente con la linea di raccordi elettrosaldabili per cui sono state progettate e costruite. Funzionano mediante l’impostazione automatica o manuale dei parametri di saldatura (Fig. 5.14); saldatrici polivalenti: operano con diverse linee di raccordi elettrosaldabili, acquisendo i parametri di processo mediante un sistema basato su codici a barre, carte magnetiche o microprocessori (Fig. 5.15).
Le tolleranze per i principali parametri di saldatura sono riportate in Tabella 5.6.
Tabella 5.6. Tolleranza ammessa per i parametri di saldatura per elettrofusione Parametro Resistenza elettrica Tempo di saldatura Temperatura
Tolleranza ± 5% ± 1% ± 2%
Fig. 5.14. Macchina saldatrice monovalente per elettrofusione
5.1. Saldature
101
Fig. 5.15. Macchina saldatrice polivalente per elettrofusione
Per l’esecuzione della saldatura per elettrofusione è richiesto inoltre l’utilizzo di: • • • • •
tagliatubi, in grado di garantire il taglio netto e perpendicolare all’asse dell’estremità degli elementi da saldare; raschiatore manuale o meccanico (Fig. 5.16); allineatore (Figg. 5.17 e 5.18); raddrizzatore; posizionatore (nel caso di sella di presa).
Fig. 5.16. Raschiatori meccanici
102
5. Giunzioni
Fig. 5.17. Collare allineatore angolato
Fig. 5.18. Collare allineatore con derivazione a T
Prima di eseguire la saldatura occorre verificare che l’ovalizzazione dell’elemento da saldare:
δ=
dn, max − dn, min ⋅ 100 dem
sia inferiore a 1,5, in accordo con i requisiti della norma UNI 10521: 1997.
5.1. Saldature
103
Gli elementi da saldare devono essere preparati mediante le seguenti operazioni: •
•
•
•
• •
pulizia accurata delle superfici esterne ed interne degli elementi da saldare nella zona interessata alla saldatura con l’ausilio di carta morbida o panno morbido esente da filacce; taglio delle estremità da saldare con l’apposito tagliatubi in modo da ottenere tagli netti e ortogonali all’asse del tubo. Lo spigolo esterno delle estremità deve essere pulito da sbavature ed eventualmente smussato; raschiatura della superficie esterna dell’estremità del tubo o del raccordo in modo da asportare lo strato superficiale per una lunghezza pari alla profondità di inserimento nel manicotto incrementata di 10 mm. Lo spessore dello strato da asportare è riportato in Tabella 5.7. L’operazione deve essere eseguita con appositi raschiatori manuali o meccanici, non è assolutamente consentito l’uso di carta abrasiva o lime. Il raccordo elettrosaldabile non deve essere sottoposto a raschiatura; pulizia accurata delle superfici esterne degli elementi da saldare e della superficie interna del raccordo con l’ausilio di un panno morbido esente da filacce e di idonei liquidi detergenti. È assolutamente vietato l’uso di tensioattivi e solventi con basso grado di purezza che possono lasciare residui contaminanti sulla superficie; marcatura della profondità di inserimento all’interno del manicotto sulla superficie esterna del tubo o del raccordo (UNI 10521: 1997); verifica del perfetto inserimento degli elementi da saldare all’interno del manicotto. In particolare è necessario controllare la profondità d’inserimento, l’allineamento e la coassialità. Quest’ultima operazione si effettua utilizzando appositi collari allineatori.
Tabella 5.7. Spessore di materiale da eliminare all’estremità dell’elemento da saldare dn tubo [mm]
≤ 63 > 63
Spessore dello strato da asportare [mm] 0,1 0,2
Per effettuare la giunzione è necessario effettuare la connessione elettrica tra raccordo e saldatrice tramite gli appositi morsetti e impostare i parametri di processo per il particolare raccordo utilizzato. Al termine dell’applicazione della corrente è necessario lasciar raffreddare la zona di saldatura senza rimuovere i collari allineatori e senza applicare alcuna sollecitazione. Il tempo di raffreddamento deve essere specificato dal produttore del giunto.
104
5. Giunzioni
Al termine della saldatura occorre verificare che: • •
•
gli elementi saldati siano tra loro allineati; eventuali indicatori di fusione si dispongano come da indicazioni dei singoli produttori (è opportuno ricordare che tali indicatori non sono testimoni di una saldatura andata a buon fine ma solo che il raccordo elettrosaldabile è stato soggetto a passaggio di corrente); non siano visibili fuoriuscite di materiale fuso dal manicotto.
5.2. Giunzioni per fissaggio meccanico Il fissaggio meccanico ha il vantaggio di consentire la giunzione tra manufatti di materiali diversi, di poter essere eseguito anche in condizioni di scarsa accessibilità (raccordi a compressione) e di poter essere smontato successivamente. Esistono diversi tipi di giunti meccanici, realizzati in materiale metallico o in PE, la cui disponibilità è riportata in Tabella 5.8: •
•
•
•
•
monoblocco metallo/plastico: è costituito dall’accoppiamento di un elemento in materiale plastico (PE) e un tubo in materiale ferroso con un apposito sistema di giunzione per realizzare la tenuta idraulica e resistere allo sfilamento. L’estremità in PE è collegabile alla tubazione mediante saldatura testa a testa o per elettrofusione (Fig. 5.19); di transizione elettrosaldabile: è costituito da un manicotto elettrosaldabile dotato ad un’estremità di un raccordo metallico filettato (Fig. 5.19); a compressione in materiale termoplastico: la giunzione è garantita da particolari boccole di graffaggio premute contro la superficie esterna del tubo o raccordo grazie all’azione di compressione di una ghiera. Questo tipo di giunto offre un’ottima resistenza allo sfilamento (Fig. 5.20); a compressione in materiale ferroso: è costituito da un blocco in materiale metallico (ghisa) all’interno del quale vengono inseriti i due elementi da collegare. Il serraggio di appositi bulloni provoca la compressione di un sistema di guarnizioni e del sistema antisfilamento contro la superficie esterna del tubo; con guarnizione ad innesto: è costituito da un corpo in ghisa sferoidale all’interno del quale è inserito il tubo in PE; l’altra estremità è di solito filettata per il collegamento con una rete in acciaio. La deformazione del tubo in PE, per effetto della pressione interna, provoca lo schiacciamento della guarnizione esterna che, unitamente al serraggio meccanico, assicura la tenuta del raccordo (Fig. 5.21 e Fig. 5.22). Sono utilizzati per riparazioni permanenti di tubazioni aventi materiali e diametri esterni differenti. Possono essere dotati di sistema antisfilamento integrato;
5.2. Giunzioni per fissaggio meccanico
•
• •
105
universale a compressione: è costituito da adeguati anelli metallici che rivestono l’intera tubazione. Permette la giunzione di elementi di diametro esterno diverso con elevate tolleranze tali da alloggiare anche tagli non perfettamente perpendicolari (Fig. 5.23); cartella a flangia: è utilizzata per collegamenti meccanici con qualsiasi componente dotato di corrispondente flangia (Fig. 5.24); flangia mobile a compressione: è realizzata in ghisa sferoidale con all’interno una guarnizione conica per la tenuta; la flangia deve essere dotata di boccole di rinforzo per evitare il collasso del tubo e può prevedere la presenza di inserti antisfilamento;
Tabella 5.8. Disponibilità dei diversi giunti di fissaggio meccanico Giunto
Disponibilità
Monoblocco metallo/plastico
16 ≤ dn ≤ 315 mm Estremità in PE100 (SDR 11) e in PE80 (SDR 11 e 7,4)
Di transizione elettrosaldabile
25 ≤ dn ≤ 75 mm SDR 11 PE100
A compressione in materiale termoplastico
16 ≤ dn ≤ 160 mm
A compressione in materiale ferroso
20 ≤ dn ≤ 90 mm
Con guarnizione ad innesto
16 ≤ dn ≤ 63 mm
Universale a compressione
40 ≤ dn ≤ 630 mm
Flangia
50mm ≤ dn ≤ 630 mm; 50mm ≤ dn ≤ 315 mm per flange antisfilamento
106
5. Giunzioni
Fig. 5.19. Giunti monoblocco metallo/plastico e giunti di transizione
Fig. 5.20. Giunto a compressione in materiale termoplastico
Fig. 5.21. Giunto con guarnizione ad innesto
5.2. Giunzioni per fissaggio meccanico
Fig. 5.22. Giunto con guarnizione ad innesto
Fig. 5.23. Giunto universale a compressione
107
108
5. Giunzioni
Fig. 5.24. Giunzione meccanica a flangiatura
5.3. Verifica delle giunzioni La valutazione della corretta esecuzione di una giunzione è eseguita mediante: •
•
prove non distruttive: consistono principalmente nell’esame visivo della giunzione; in generale si valuta il corretto allineamento e posizionamento dei due elementi saldati. Per le giunzioni eseguite mediante saldatura testa a testa occorre verificare la conformità del cordolo di saldatura a quanto indicato nel paragrafo 5.1.1. Per le giunzioni elettrosaldate occorre verificare la fuoriuscita dell’indicatore di fusione e l’assenza di colate di materiale fuso all’esterno come indicato nel paragrafo 5.1.2; prove distruttive: consistono nella determinazione della resistenza meccanica della giunzione con prove eseguite secondo le normative di riferimento. Le principali prove meccaniche utilizzate per valutare l’idoneità all’impiego del sistema sono elencate in Tabella 5.9, i requisiti sono riportati nella norma UNI EN 12201-5: 2004.
La qualità delle giunzioni è data dalla scelta di manufatti (tubi e raccordi) certificati e dall’impiego di personale qualificato per la realizzazione della rete (UNI 9737: 1997).
5.4. Affidabilità delle reti
109
Tabella 5.9. Principali prove per la valutazione dell’idoneità all’impiego del sistema Saldatura Resistenza idrostatica a 80°C Resistenza alla decoesione per giunti elettrosaldabili Resistenza alla decoesione per giunti a sella elettrosaldabili Resistenza a trazione trasversale (saldatura testa a testa)
UNI EN 921: 1995 ISO 13954: 1997 ISO 13955: 1997 ISO/DIS 13956: 19963 ISO 13953: 2001
Giunti meccanici Tenuta a pressione interna Tenuta a pressione interna quando sottoposto a piegamento Resistenza a pressione esterna Resistenza allo sfilamento sotto trazione longitudinale costante
UNI EN 715: 1995 UNI EN 713: 1995 UNI EN 911: 1996 UNI EN 712: 1995
5.4. Affidabilità delle reti L’affidabilità delle saldature testa a testa e per elettrofusione è dimostrata dall’ampia casistica oggi disponibile per un grande numero di applicazioni. Ad esempio, dati dell’Azienda Mediterranea Gas e Acqua di Genova relativi al periodo di esercizio 1984 – 2002 mostrano che le perdite rilevate su saldature testa a testa sono state 5 su 75000 saldature quelle su saldature per elettrofusione sono state 23 su 22500 saldature.
3
È di recente pubblicazione la nuova edizione ISO/CD 13956: 2004.
6. Tecniche di posa
La buona resistenza all’intaglio dei PE di ultima generazione semplifica notevolmente le operazioni di manipolazione dei tubi durante la posa. La sua flessibilità consente di adattare la tubazione, entro certi limiti, al tracciato di posa. Si riduce così il numero di raccordi necessari alla realizzazione della rete. La posa può essere effettuata con diverse tecniche quali: • • • •
tradizionali mediante scavi a cielo aperto; trenchless (senza scavo); immersione (per installazioni subacquee); sospese;
di cui le prime due sono le più diffuse.
6.1. Progettazione della trincea 6.1.1. Classificazione Le trincee di posa sono classificate in strette, larghe o infinite in funzione delle dimensioni, come indicato in Tabella 6.1. Le dimensioni caratteristiche di una trincea sono mostrate in Fig. 6.1; per semplicità, in questa figura e nelle successive, si assume che non ci sia affondamento del tubo nel letto di posa.
Tabella 6.1. Classificazione delle trincee Tipo di trincea
Condizione
Trincea stretta Trincea larga Trincea infinita o terrapieno
h ≥ 2B se B ≤ 3dn h ≥ 2B se 3dn < B ≤ 10dn h ≤ 2B se B > 10dn
112
6. Tecniche di posa
Fig. 6.1. Dimensioni della trincea
Laddove le condizioni lo consentano (ad esempio in aperta campagna) è preferibile la scelta di trincee larghe, in modo da limitare i problemi di instabilità dello scavo. L’inclinazione delle pareti dipende dalla stabilità del terreno e dalla profondità dello scavo. La scelta dell’inclinazione deve essere tale da evitare problemi di stabilità e sicurezza della trincea. Le trincee strette sono effettuate qualora la localizzazione renda impossibile la realizzazione di trincee più larghe, come ad esempio le aree urbane densamente popolate. Eventuali problemi di instabilità del terreno sono risolti adottando armature di sostegno (in legno o in metallo) opportunamente dimensionate.
6.1.2. Dimensionamento Larghezza. I valori minimi della larghezza B della trincea1 in funzione del diametro esterno dn del tubo sono riportati in Tabella 6.2 in accordo con la norma UNI ENV 1046: 2003.
1 Si osserva che la larghezza minima della trincea è determinata dalla larghezza della benna uti-
lizzata per lo scavo. Le larghezze commerciali delle benne variano generalmente da 250 mm a 700 mm (con incrementi di 50 mm) e da 700 mm a 1500 mm (con incrementi di 100 mm).
6.1. Progettazione della trincea
113
Tabella 6.2. Larghezza minima della trincea Diametro dn [mm] ≤ 280 315 - 900 1000 - 1200
Larghezza minima B [mm] dn + 400 dn + 600 dn + 800
È consentito l’utilizzo di trincee più strette quando l’accesso del personale non è previsto. La tubazione deve essere posta il più possibile in corrispondenza della mezzeria della trincea. Se la trincea deve ospitare due o più sistemi di tubazioni, questi devono essere posti ad una distanza superiore di almeno 150 mm rispetto alla larghezza dell’equipaggiamento di compattazione utilizzato per consentire la compattazione del terreno tra le tubazioni. Altezza di ricopertura del tubo. La profondità di installazione della condotta deve essere tale da: • •
limitare la deformazione della condotta per effetto dei carichi esterni; assicurare un sufficiente isolamento termico della tubazione.
All’aumentare della profondità diminuiscono sia la pressione esercitata sul tubo dai carichi localizzati (paragrafo 4.2.2.2) che l’effetto del peso del terreno sovrastante, poiché il terreno stesso si comporta come un arco nei confronti della condotta (paragrafo 4.2.2.1). La realizzazione di trincee profonde comporta però un aumento dei costi di posa e dei costi per la successiva manutenzione della rete. Generalmente si assume una profondità di trincea massima pari a 6 m.
Il progetto di norma UNIPLAST E13.08.973.0 - 2002 indica altezze minime di ricopertura h pari a 1 m se la tubazione è soggetta al traffico stradale, oppure di 1,2 m se è soggetta al traffico ferroviario o aereo.
Se la profondità della trincea è inferiore a quelle indicate, è necessario proteggere il tubo dall’azione dei carichi esterni dovuti al traffico mediante apposite solette in cemento armato che devono essere poste ad una distanza non inferiore a 30 cm dall’estradosso del tubo.
114
6. Tecniche di posa
Tabella 6.3. Conduttività termica di alcuni materiali Materiale
Conduttività termica [W/m °C]
Terreno calcareo
2,5
Sabbia asciutta
0,3
Sabbia con 5% di umidità
1,3
Sabbia con 20% di umidità
2,9
Terreno granitico
3,3
Terreno arenario
1,3
Acciaio
50
Ghisa
46
Calcestruzzo
1,0
HDPE
0,4
La bassa conduttività termica (Tabella 6.3) del PE fornisce un miglior isolamento al variare delle condizioni climatiche locali.
6.2. Caratteristiche della trincea Le raccomandazioni atte ad assicurare una buona realizzazione della trincea e del suo riempimento sono fornite dalla norma UNI ENV 1046: 2003. In generale la trincea è definita dal gruppo (tipo) del terreno, dalla classe di compattazione del terreno e dalla struttura della trincea. È consigliabile che le operazioni di posa siano sempre supervisionate da un coordinatore di saldatura qualificato in accordo con la norma UNI 10761: 1999.
6.2.1. Gruppo e compattazione del terreno La norma UNI ENV 1046: 2003 classifica il terreno in 6 gruppi, come indicato in Tabella 4.9, e definisce: •
2
la classe di compattazione del terreno (Tabella 4.16) in base alla densità Proctor (definita come rapporto tra la densità del terreno e quella dello stesso terreno saturo d’acqua2);
La densità Proctor è determinata secondo la norma DIN 18127: 1997.
6.2. Caratteristiche della trincea
•
115
il grado come la combinazione tra il gruppo del terreno e la classe di compattazione. Una variazione di un grado corrisponde ad una variazione di una unità nel valore del gruppo o della classe.
La norma stessa fornisce anche indicazioni relative ai metodi da adottare per l’ottenimento della classe di compattazione voluta in funzione del gruppo del terreno come indicato in Tabella 6.4.
Tabella 6.4. Indicazioni per la compattazione del terreno Attrezzatura
Numero di passaggi per classe di compattazione Buono Moderato
Spessore massimo Spessore minimo degli strati dopo la sopra l’estradosso compattazione per prima della gruppo di terreno [mm] compattazione [mm] 1
2
3
4
Mazza a mano: min. 15 kg
3
1
150 100 100 100
200
Mazza vibrante: min. 70 kg
3
1
300 250 200 150
300
Vibratore piatto: min. 50 kg min. 100 kg min. 200 kg min. 400 kg min. 600 kg
4 4 4 4 4
1 1 1 1 1
100 150 200 300 400
100 150 100 250 150 100 300 200 150
150 150 200 300 500
Rullo vibrante: min. 15 kN/m min. 30 kN/m min. 45 kN/m min. 65 kN/m
6 6 6 6
2 2 2 2
350 600 1000 1500
250 500 750 1100
200 300 400 600
-
600 1200 1800 2400
Rullo doppio vibrante: min. 5 kN/m 6 min. 10 kN/m 6 min. 20 kN/m 6 min. 30 kN/m 6
2 2 2 2
150 250 350 500
100 200 150 300 200 400 300
-
200 450 600 850
Rullo triplo: min. 50 kN/m
2
250 200 200
-
1000
6
Come già illustrato nel paragrafo 4.2.5, una buona compattazione del terreno limita le deformazioni di ovalizzazione della tubazione nel tempo.
116
6. Tecniche di posa
6.2.2. Struttura La trincea è costituita da: •
•
letto di posa: deve garantire un appoggio uniforme e ben livellato per tutta la lunghezza della tubazione. Il terreno utilizzato deve essere ben vagliato, privo di corpi appuntiti e con la granulometria indicata in Tabella 6.5. Sono raccomandate altezze del letto di posa pari a 100 – 150 mm; rinterro: deve garantire il contenimento della deformazione di ovalizzazione del tubo, pertanto deve avere un’adeguata classe di compattazione in funzione della rigidità anulare del tubo e del gruppo del terreno utilizzato. Il terreno utilizzato deve essere ben vagliato, privo di corpi appuntiti e con granulometria indicata in Tabella 6.5.
Tabella 6.5. Granulometria raccomandata per il letto di posa e il rinterro Diametro dn del tubo [mm] dn ≤ 90 110 ≤ dn ≤ 280 315 ≤ dn ≤ 560 dn ≥ 630
Dimensione massima delle particelle [mm] 15 20 30 40
In base all’esperienza pratica si raccomanda l’utilizzo di materiale per il letto di posa e il rinterro con granulometria minima possibile (sabbia).
L’altezza di rinterro deve estendersi per circa 300 mm sopra la generatrice superiore del tubo. In rapporto al diametro del tubo il rinterro può essere realizzato con incassatura omogenea o divisa. L’ incassatura omogenea (Fig. 6.2) è in genere utilizzata per la posa di tubi di diametro inferiore a 630 mm. Il rinterro attorno al tubo è fatto con lo stesso materiale e con la stessa classe di compattazione; l’incassatura divisa (Fig. 6.3) è in genere utilizzata per tubi di diametro superiore a 630 mm. Il rinterro attorno al tubo è costituito da due strati (primario e secondario) di materiale diverso o con diversa classe di compattazione. Il rinterro primario deve avere un’altezza compresa tra il 50% e il 70% del diametro dn del tubo. Rispetto a quanto richiesto per una trincea con incassatura omogenea, il rinterro primario deve essere un grado più rigido mentre il rinterro secondario può essere di uguale grado o inferiore di un grado;
6.2. Caratteristiche della trincea
•
117
riempimento: ha effetti minori sulla deformazione del tubo e sulle modalità di applicazione delle sollecitazioni, pertanto può essere utilizzato materiale di risulta. È opportuno porre attenzione che detto materiale non presenti una granulometria e una forma geometrica tali da poter danneggiare la tubazione sottostante.
--
--
Fig. 6.2. Trincea con incassatura omogenea
-
-
---
Fig. 6.3. Trincea con incassatura divisa
118
6. Tecniche di posa
6.3. Posa di condotte interrate 6.3.1. Movimentazione e stoccaggio dei tubi Al fine di preservare l’integrità del manufatto durante le operazioni di trasporto, stoccaggio e movimentazione, occorre adottare i seguenti accorgimenti (norma UNI ENV 1046: 2003 e Progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 - 2002): •
• •
• • •
trasportare i tubi assicurandoli efficacemente al veicolo e appoggiandoli su pianali piatti e lisci. Compatibilmente con le prescrizioni del Codice della Strada, i tubi possono sporgere dal veicolo per una lunghezza massima inferiore a cinque volte il diametro esterno del tubo e comunque inferiore a 2 m; tale indicazione può non essere applicata se il tubo è trasportato in fasci rigidi; accatastare i tubi fino ad un’altezza non superiore a 1,5 m indipendentemente dal diametro e dallo spessore del tubo; se i tubi sono forniti in rotoli, è possibile sovrapporli fino ad un’altezza massima di 2 m purché siano garantite condizioni di sicurezza per gli operatori; per legare i tubi utilizzare funi o fasce in canapa o materiale sintetico. Funi o bande metalliche provocano danneggiamenti; chiudere i tubi alle estremità per impedire l’intrusione di corpi estranei; se i tubi di colore blu sono immagazzinati all’aperto per periodi di tempo superiori a 3 - 4 mesi, è necessario prevedere una copertura di protezione dall’irraggiamento solare diretto3.
6.3.2. Posa della condotta Per l’esecuzione ottimale della posa della condotta si devono osservare le seguenti indicazioni: •
•
3
durante le operazioni di scavo della trincea, accumulare il terreno di risulta sul lato opposto della trincea rispetto all’area di stoccaggio dei tubi al fine di evitare possibili intralci durante la fase di posa; quando richiesto, ad esempio per la realizzazione di trincee con pareti molto ripide o in terreni instabili, occorre sostenere lo scavo con adeguate strutture di rinforzo;
Le norme europee prescrivono una resistenza all’irraggiamento solare superiore a 3,5 GJ/m2 per i tubi di colore blu. Per i tubi di colore nero non sono previste analoghe prescrizioni in quanto la protezione dall’irraggiamento solare data dal nero fumo è efficace per un periodo di tempo indefinito (paragrafo 2.3.2).
6.3. Posa di condotte interrate
•
• •
•
119
in presenza di falde acquifere, occorre verificare la necessità di ancorare la condotta e/o stabilizzare il materiale fine di rinterro con appositi geotessili, come indicato nella norma UNI ENV 1046: 2003 e mostrato in Fig. 6.4; in caso di condotte in pendenza procedere alla posa preferibilmente nella direzione della salita; per gestire le sollecitazioni prodotte da escursioni termiche, evitare di ricoprire tratti di condotta di lunghezza superiore a 30 m. È opportuno operare contemporaneamente su tre tratti di condotta (per una lunghezza complessiva di 90 m). Nel primo tratto (adiacente alla parte di condotta già posata) si esegue il rinterro e parte del riempimento fino ad un’altezza di 0,5 m sopra il tubo. Nel secondo tratto si esegue il rinterro fino ad un’altezza di 0,2 m. Nel terzo tratto si esegue il rinterro fino al colmo del tubo, come indicato in Fig. 6.5. È necessario lasciare una delle estremità della condotta libera per permettere il ritiro del tubo; per agevolare l’individuazione della condotta durante successive operazioni di scavo, è opportuno inserire, sopra la condotta stessa, una banda segnaletica di materiale non degradabile riportante l’indicazione del fluido trasportato, eventualmente contenente al suo interno un conduttore di natura metallica per l’utilizzo di tecniche di rilevazione elettromagnetica.
Le prove per la verifica della tenuta idraulica di ogni tratto (capitolo 7) devono essere eseguite dopo che la condotta è già stata ricoperta (almeno parzialmente) dal terreno, lasciando naturalmente liberi i punti da verificare, come ad esempio le giunzioni. Una volta riscontrato un esito positivo del collaudo è possibile procedere al completamento della ricopertura della condotta stessa.
aa)
b b)
cc)
d d)
Fig. 6.4. Tipici usi di geotessili: per ridurre l’assestamento irregolare del terreno (a); per contenere parzialmente il terreno (b); per bloccare completamente il terreno (c); per ancorare la condotta al fine di prevenirne il galleggiamento (d)
120
6. Tecniche di posa
Fig. 6.5. Esecuzione delle operazioni di posa su tre tratti contemporaneamente
6.4. Tecnologie di posa trenchless Queste tecnologie sono utilizzate ormai da più di 20 anni e consentono la posa di tubazioni interrate limitando gli scavi a cielo aperto. Tali sistemi sono possibili grazie all’elevata flessibilità del PE e alla disponibilità di tubi con elevata lunghezza. Esse hanno trovato molteplici applicazioni sia per la posa di nuove reti idriche, sia per la sostituzione o riabilitazione di vecchie reti (paragrafi 8.3 e 8.4). I principali vantaggi sono: •
•
riduzione dei costi complessivi dell’opera, intesi come somma dei costi di costruzione (con particolare riferimento ai costi di scavo, di ripristino della pavimentazione e di smaltimento del materiale in eccesso) e dei costi sociali e ambientali 4; possibilità di operare in zone densamente abitate (ad esempio nei centri urbani) in cui è particolarmente difficile, se non impossibile, operare con scavi a cielo aperto.
Queste tecnologie hanno trovato largo sviluppo nel Regno Unito, Germania e Svizzera, mentre in Italia sono in fase di introduzione. La tecnologia trenchless più utilizzata per la posa di nuovi tratti di condotta è la perforazione orizzontale guidata (directional drilling).
4 Per
costi sociali e ambientali si intendono quei costi indiretti gravanti sulla collettività e attribuibili ai disagi che si creano inevitabilmente per la realizzazione dell’opera (ad esempio incremento del traffico locale, dell’inquinamento ecc.).
6.4. Tecnologie di posa trenchless
121
6.4.1. Perforazione orizzontale guidata (directional drilling) Questa tecnica consente di installare un tratto di tubazione interrata tra due punti prestabiliti, con un tracciato noto, senza la necessità di effettuare uno scavo a cielo aperto. Trova largo impiego nei casi di attraversamento di fiumi, ferrovie, strutture aeroportuali o strade di grande comunicazione oppure nelle aree altamente urbanizzate. Prima di procedere alla perforazione, sono necessarie alcune operazioni preliminari: •
• •
mappatura delle reti e dei servizi già esistenti in corrispondenza della zona in cui si deve posare la nuova condotta al fine di evitarne possibili danneggiamenti. Questa operazione è eseguita facendo riferimento alle mappe esistenti e ai rilevamenti ottenuti con tecniche georadar5. Questa tecnica di rilevamento è in grado di individuare condotte a profondità variabili tra 1 e 10 m in funzione della risoluzione richiesta, con una velocità indicativa pari a circa 1 km al giorno per una larghezza di 4 m; esame del tipo di terreno (mediante indagini specialistiche) al fine di valutare le condizioni di lavoro ottimali; individuazione della presenza di eventuali falde acquifere (mediante indagini specialistiche). La tecnica prevede due fasi:
•
•
si esegue un foro pilota di piccolo diametro mediante un’unità scavatrice direzionale dotata di una sonda di rilevamento, che consente di rilevarne la posizione con un’incertezza non superiore al 5%. In questa fase sono talvolta utilizzate malte a base di bentonite per consolidare le pareti dello scavo; si collega all’unità scavatrice un alesatore di diametro maggiore (generalmente del 20%) rispetto al diametro esterno della condotta da posare; quindi, muovendo a ritroso l’unità scavatrice, si allarga il foro trainando contemporaneamente il tubo all’interno dello stesso.
Durante la fase di trascinamento della condotta all’interno del foro è importante verificare che gli sforzi di trazione indotti sul tubo a causa dell’attrito contro il terreno siano sopportati dal tubo stesso (vedi paragrafo 4.7). Tale attrito può essere ridotto utilizzando apposite soluzioni lubrificanti a base di polimeri.
5 Vedi norma CEI 306-8: 2004 “Impiego del radar per introspezioni del suolo per prospezioni preliminari ad opere di posa di servizi ed infrastrutture sotterranee”.
122
6. Tecniche di posa
In Tabella 6.6 sono riportate alcune indicazioni di risparmio percentuale, per differenti tipologie di costo, che possono essere ottenute con l’uso della tecnologia di perforazione orizzontale guidata rispetto alle tecnologie tradizionali. I valori riportati sono riferiti ad un’area di cantiere presente su una strada (a doppia corsia per senso di marcia di larghezza complessiva pari a 11 m) con elevata densità di traffico e attraversante una zona urbana semicentrale. Si ipotizza che la larghezza del cantiere per lo scavo tradizionale sia pari a 4,8 m per la cui realizzazione è necessaria la chiusura al traffico di almeno due corsie. L’area occupata dal cantiere, nel caso di utilizzo della tecnica di directional drilling, richiede invece una larghezza pari a 1,8 m ed è limitata alle zone di inizio e fine perforazione provocando così la chiusura di una sola corsia. La lunghezza del cantiere è pari a 150 m e la condotta ha un diametro di 200 mm. La durata dei lavori è stimabile in sette giorni nel caso di scavo tradizionale, mentre si riduce a tre giorni per il directional drilling.
Tabella 6.6. Esempi di risparmi percentuali ottenibili con l‘uso del directional drilling Tipologia di costo
Risparmio rispetto alle tecnologie tradizionali
Installazione
- 29 %
Costo legato all’incremento del traffico viario
- 74 %
Impatto ambientale
- 75 %
Risparmio complessivo
- 69 %
I costi derivanti dall’impiego di questo tipo di tecniche dipendono da una serie di variabili quali la natura del terreno, il diametro del tubo da posare, le condizioni logistiche del cantiere (ambito urbano o extraurbano), la lunghezza dell’impianto, ecc. In Tabella 6.7 è riportata la variazione dei costi al variare del tipo di terreno. In Tabella 6.8 è riportata la variazione dei costi al variare della lunghezza della condotta per un terreno di posa di tipo argilloso. In Tabella 6.9 è riportata la variazione dei costi al variare del diametro della condotta per lo stesso terreno di posa.
Tabella 6.7. Dipendenza dei costi di posa dal tipo di terreno Tipo di terreno Argilla o sabbia fine Sabbia grossolana Roccia
Costo relativo 1 1,2 1,6
6.5. Realizzazione di attraversamenti e parallelismi
123
Tabella 6.8. Dipendenza dei costi di posa dalla lunghezza del tratto Lunghezza del tratto [m] L ≤ 100 100 < L ≤ 200 200 < L ≤ 300
Costo relativo 1 1,05 1,20
Tabella 6.9. Dipendenza dei costi di posa dal diametro del tubo Diametro esterno del tubo [mm] 110 200 315
Costo relativo 1 1,1 1,4
La scelta dell’unità scavatrice dipende dal tipo di terreno, dalla lunghezza e dal diametro della condotta. I parametri principali per la scelta del tipo di attrezzatura da utilizzare sono la capacità di tiro, la coppia massima di rotazione della testa di perforazione, la capacità massima della pompa utilizzata per l’iniezione dell’acqua e la flessibilità delle aste utilizzate per la spinta dell’unità scavatrice. Possono essere posate condotte di diametro fino a 1000 mm per tratti di lunghezza dell’ordine di 1000 m.
6.5. Realizzazione di attraversamenti e parallelismi Per la realizzazione di attraversamenti o di tratti di condotta paralleli a linee ferroviarie o ad altre vie di comunicazione, fiumi, ecc. sono valide tutte le regole tecniche speciali emanate in materia dal Ministero dei Trasporti con il Decreto Ministeriale del 23 febbraio 1971 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale N° 132 del 26 maggio 1971 (testo modificato secondo il D.M. 10 agosto 2004 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 199 del 25 agosto 2004). Per quanto riguarda in particolare la realizzazione di attraversamenti ferroviari, si distinguono tre categorie: •
attraversamenti interrati: per la realizzazione dell’attraversamento la condotta deve essere inserita all’interno di un tubo di protezione opportunamente dimensionato in accordo con il citato Decreto Ministeriale. Il tubo di protezione deve essere prolungato, dall’una e dall’altra parte dell’attraversamento per almeno 3 m misurato dalla rotaia più esterna. L’altezza minima di ricopertura del tubo deve essere almeno di 1,2 m. La
124
•
•
6. Tecniche di posa
condotta deve essere posata ad una profondità superiore di almeno 0,3 m rispetto ad altre utenze già presenti di proprietà della ferrovia. Il tracciato della condotta deve essere perpendicolare all’asse dei binari. Se ciò non fosse possibile, tale angolo deve essere sempre superiore a 45°. Non è consentito l’attraversamento di fasci di binari di larghezza complessiva superiore a 20 m, di marciapiedi delle stazioni e di qualsiasi installazione fissa all’interno della stazione; attraversamenti fuori terra o aerei: per la realizzazione dell’attraversamento la condotta deve essere inserita all’interno di un tubo di protezione opportunamente dimensionato in accordo con il citato Decreto Ministeriale. Deve essere assicurata un’altezza libera superiore a 7 m, nel caso di attraversamenti di linee elettrificate, o 6 m per altri attraversamenti. Il tracciato deve essere perpendicolare all’asse dei binari. Per la realizzazione degli attraversamenti non è possibile utilizzare strutture di proprietà della ferrovia e non è possibile realizzare l’attraversamento aereo di fasci di binari di larghezza complessiva superiore a 20 m, di marciapiedi delle stazioni e di qualsiasi installazione fissa all’interno della stazione; attraversamenti in cunicolo o intubati: sono realizzati in corrispondenza della luce libera di opere già esistenti e sono ammessi soltanto se compatibili con la funzionalità dei manufatti.
In caso di attraversamento lo spessore di progetto della condotta deve essere moltiplicato per un fattore di sicurezza pari a 1,5.
Le condotte posate parallelamente alla sede ferroviaria devono rispettare la distanza minima di 1 m dal limite delle aree di pertinenza della ferrovia (Fig. 6.6).
> 1m
Fig. 6.6. Parallelismi di sedi ferroviarie
6.6. L’utilizzo di tubi in PE in terreni contaminati
125
Per la realizzazione di attraversamenti di fiumi è consentito l’utilizzo di opere già esistenti, come ad esempio ponti o tunnel. Se si realizzano tratti paralleli o attraversamenti di altre condotte, la nuova condotta deve essere posata ad una distanza sufficiente a garantire la manutenzione di tutte le tubazioni. Ultimati i lavori di realizzazione dell’attraversamento o del parallelismo occorre redigere un “Verbale di regolare esecuzione” firmato dai funzionari responsabili delle due parti che autorizza il richiedente alla messa in esercizio della condotta. Inoltre il richiedente deve eseguire controlli di buon funzionamento della condotta con frequenza annuale dalla data di messa in esercizio della condotta.
6.6. Posa in terreni contaminati Il PE può presentare un certo grado di permeabilità verso taluni agenti chimici. Il suo utilizzo in terreni altamente contaminati deve pertanto essere attentamente valutato, anche interpellando il fornitore di materia prima. Uno studio effettuato da Plastic Pipes Institutes (PPI) ha mostrato peraltro che anche condotte in materiale diverso posate in terreni altamente contaminati hanno presentato un grado di inquinamento dell’acqua trasportata. La posa in terreni altamente contaminati deve quindi essere evitata.
6.7. Effetto del cloro La disinfezione dell’acqua con il cloro, praticata da oltre 90 anni, si è dimostrata di straordinaria efficacia ai fini della sua potabilizzazione. Le sostanze più comunemente utilizzate sono cloro gassoso, ipoclorito (di sodio, magnesio, o calcio) o biossido di cloro. In Europa il contenuto di cloro attivo è generalmente compreso tra da 0,2 (valore massimo ammissibile per la legislazione italiana) e 1 ppm, con picchi di concentrazione fino a 3 ppm. Uno studio condotto da Ciba e Bodycote ha determinato la resistenza di tubi in PE in condizioni di invecchiamento accelerato (3 ppm di cloro attivo a temperature elevate). I risultati mostrano che le tubazioni in PE in condizioni standard di esercizio (temperatura ambiente e concentrazione di cloro attivo di 0,2 ppm) mantengono le loro caratteristiche almeno per l’intera vita utile di esercizio prescritta dalle normative (50 anni).
7. Capitolato d’opera e collaudo
L’affidabilità e la sicurezza di una rete per il trasporto di acqua in pressione dipendono, oltre che da una corretta progettazione ed esecuzione dell’opera, anche, dalla scelta dei materiali: impiego di materie prime e manufatti realizzati da aziende con sistema di gestione della Qualità e certificati da Organismi accreditati di certificazione di prodotto. Le specifiche dei materiali e le procedure di esecuzione dei lavori di posa della condotta devono essere stabilite nel capitolato d’opera. Questo deve contenere anche una chiara descrizione delle procedure di collaudo per verificare la tenuta idraulica della condotta.
7.1. Capitolato d’opera Il capitolato d’opera deve contenere almeno le seguenti indicazioni: • •
•
oggetto dell’appalto: descrizione delle opere, dei lavori e dei costi; norme generali: descrizione e definizione del contratto dove sono specificati i tempi di realizzazione dell’opera, le modalità di pagamento, le assicurazioni sui lavori e sul personale addetto; norme tecniche: definizione delle specifiche dei materiali da utilizzare (con riferimento alle specifiche norme di prodotto) e delle modalità di esecuzione e di collaudo dell’opera.
È essenziale richiedere che i tubi e i raccordi utilizzati per la realizzazione dell’opera siano conformi ai requisiti stabiliti dalla norma UNI EN 12201: 2004 e certificati da un Organismo accreditato di certificazione di prodotto.
Le aziende con sistema di gestione della qualità certificato secondo UNI EN ISO 9001: 2000 offrono una maggiore affidabilità nella gestione dei processi interni di produzione. Con sempre maggiore frequenza è richiesta anche la certificazione della gestione ambientale secondo UNI EN ISO 14001: 1996. È necessario inoltre specificare che in caso di consegna di materiale non idoneo o non conforme alle caratteristiche richieste, il fornitore dovrà assumersi gli oneri e responsabilità conseguenti. Allo scopo di prevenire il verificarsi di tale circostanza è necessario prevedere che le forniture di tubi e di raccordi siano corredate da un certificato di collaudo (rapporto di prova) in accordo con quanto previsto dall’Organismo di certificazione o con la specifica tecnica UNI CEN/TS 12201-7: 2004 e da una dichiarazione di conformità
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7. Capitolato d’opera e collaudo
del manufatto. Le prove di controllo del manufatto devono essere eseguite, se richiesto, in presenza di tecnici incaricati dall’azienda committente. Il materiale consegnato deve essere sottoposto ad un esame visivo per verificare che le superfici dei tubi e dei raccordi risultino lisce, senza intagli, graffiature o difetti tali da compromettere le prestazioni del manufatto. Ogni tubo deve essere fornito di appositi tappi di protezione per evitare l’intrusione di corpi estranei. Per quanto concerne la realizzazione dell’opera, il capitolato deve prescrivere tutte le procedure e riportare tutte le indicazioni per una corretta installazione della condotta illustrate nel capitolo 6. Per esercitare un efficace controllo sull’effettivo rispetto di tale procedura, è consigliabile richiedere all’azienda appaltatrice di prevedere la figura del Coordinatore delle attività di saldatura, posa e collaudo di reti di PE secondo i requisiti citati nella norma UNI 10761: 1999. Il personale addetto alla saldatura deve essere certificato da un Organismo accreditato di certificazione del personale secondo i requisiti richiesti dalla norma UNI 9737: 1997.
7.2. Collaudo Le condotte realizzate devono essere sottoposte ad una prova di tenuta idraulica allo scopo di verificare che i componenti della rete non diano luogo a perdite. Le attrezzature impiegate per la conduzione del collaudo devono essere tarate e le norme relative alla sicurezza delle operazioni di collaudo (in particolare agli effetti dovuti all’intensità dei carichi applicati e alle conseguenze dovute ad eventuali rotture) devono essere rispettate ed applicate dal personale addetto.
La prova di collaudo deve essere eseguita sulla condotta installata comprensiva di tutti i raccordi. Gli organi di intercettazione vengono inclusi se dimensionati per la pressione di collaudo pcoll. In caso contrario devono essere esclusi dalla prova mediante l’installazione di opportuni dischi di intercettazione.
Le modalità e i tempi di esecuzione del collaudo devono essere indicati nel capitolato d’opera.
7.2.1. Preparazione del tratto da collaudare La lunghezza di ogni tratto di condotta di PE da collaudare può variare con il diametro ed il tipo di condotta, il tipo ed il numero dei giunti e delle appa-
7.2. Collaudo
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recchiature installate, il tracciato e la natura del terreno attraversato, ma comunque non può essere maggiore di 800 m. Le estremità del tratto di condotta da collaudare devono essere chiuse mediante flange cieche o tappi saldati. Non devono essere utilizzate valvole chiuse alle estremità della condotta come metodo di sezionamento durante l’esecuzione del collaudo. È necessario prevedere meccanismi di sfiato nei punti più alti della condotta: la presenza di aria residua influisce infatti sul risultato del collaudo. Per favorirne l’espulsione, il punto di pompaggio dell’acqua deve essere collocato nella parte più bassa del tratto di condotta. L’aggiunta in questa posizione di un manometro, preferibilmente collegato ad un registratore per documentare il collaudo, consente la lettura del massimo carico idrostatico. Il terreno dentro la trincea deve essere ben compattato al fine di impedire movimenti della condotta durante la fase di pressurizzazione. Le giunzioni devono essere scoperte per permetterne l’ispezione visiva.
7.2.2. Riempimento Per evitare alterazioni del risultato del collaudo, la temperatura del tratto di condotta non deve subire variazioni. Per tale motivo il collaudo è eseguito al termine della fase di posa, quando la tubazione è quasi completamente ricoperta dal terreno. Le parti scoperte devono essere temporaneamente protette contro variazioni di temperatura dovute all’esposizione solare. Una volta terminato il riempimento della condotta, è necessario attendere almeno 3 ore per stabilizzare la temperatura della condotta ed è preferibile attendere almeno 24 ore prima di iniziare la procedura di collaudo. L’acqua di riempimento utilizzata deve essere di qualità tale da non contaminare né la tubazione né l’acqua convogliata durante il successivo funzionamento. Il tratto di condotta da collaudare è riempito con acqua immessa ad una velocità inferiore a 1 m/s. L’immissione dell’acqua deve avvenire con valvole di sfiato aperte per permettere la fuoriuscita dell’aria presente.
7.2.3. Procedura di collaudo Il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 prescrive che nell’ambito del collaudo si eseguano prove di tenuta secondo le modalità indicate nel capitolato speciale d’appalto. Il Decreto Ministeriale non prescrive tempi e modalità di esecuzione della prova, ma deve essere sempre considerato che pressioni, temperature della condotta e tempi di collaudo troppo elevati possono provocare il danneggiamento della tubazione in PE durante il collaudo.
130
7. Capitolato d’opera e collaudo
Il valore della pressione di collaudo è calcolato come segue: pcoll = 1, 5 ⋅ pE e comunque non può essere inferiore a pE + 2 [bar]. Il progetto di norma Uniplast E13.08.973.0 - 2002 suggerisce una procedura di collaudo che, nel rispetto delle prescrizioni contenute nel Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985, tiene conto del comportamento viscoelastico del PE. Essa si basa sulla valutazione delle variazioni di volume che avvengono nella condotta per effetto di variazioni della pressione applicata. La procedura di collaudo si articola nelle seguenti fasi (Fig. 7.1): •
pressurizzazione: dopo la chiusura delle valvole di sfiato, la condotta è progressivamente portata alla pressione pcoll calcolata in base al valore della massima pressione operativa del sistema MOP1: pcoll = 1, 5 ⋅ MOP
•
• •
1 La
e comunque non può essere inferiore a 6 bar. Per il PE100 si consiglia, anche se non espressamente indicato dal progetto di norma, di non superare la pressione di collaudo pcoll ≤ PN + 5 [bar]. Qualora la temperatura del tratto di tubazione sottoposta a collaudo fosse superiore a 20°C occorre ridurre il valore di pcoll moltiplicandolo per il coefficiente di riduzione cT riportato nel paragrafo 4.2. L’entità di tale riduzione deve essere riportata nel verbale di collaudo; mantenimento: la pressione pcoll deve essere mantenuta per 30 minuti ripristinandola con successivi pompaggi, in modo da compensare l’aumento di volume dovuto alla dilatazione della condotta. Durante questa fase si effettua l’ispezione del sistema per individuare anticipatamente eventuali perdite; riduzione della pressione: la pressione deve essere ridotta rapidamente al valore di 3 bar spillando acqua dalla valvola di sfiato; contrazione: per effetto del comportamento viscoelastico del PE la condotta tende a contrarsi causando quindi un incremento della pressione. Nei 90 minuti successivi allo spillamento, la pressione della condotta deve essere registrata con la frequenza indicata in Tabella 7.1.
massima pressione operativa MOP è la massima pressione effettiva del fluido nel sistema di tubazioni ammessa in uso continuo. Essa corrisponde alla pressione nominale PN dell’elemento più debole del sistema escludendo valvole, saracinesche e ogni altro elemento di manovra.
7.2. Collaudo
131
Tabella 7.1. Frequenza di lettura della pressione durante la fase di contrazione Tempo trascorso [min] 0 - 10 10 - 30 30 - 90
Frequenza di lettura [min]
N° di letture
2 5 10
6 4 6
Il collaudo è superato se durante la fase di contrazione si registra sempre un valore crescente o stabile della pressione.
Fig. 7.1. Andamento della pressione durante il collaudo
132
7. Capitolato d’opera e collaudo
Valori decrescenti di pressione sono invece indicativi di perdite nel sistema. In questo caso è consigliabile controllare prima i giunti meccanici e poi quelli saldati. Dopo aver individuato e rimosso le cause che hanno provocato le perdite è necessario ripetere la prova di collaudo. Il verbale di collaudo deve riportare in dettaglio i parametri e i risultati della prova: • • • • • • • • • • • • • •
data di esecuzione; luogo e localizzazione del tratto di condotta; planimetria del progetto; impresa esecutrice e operatori incaricati; direzione lavori e controparte; materiale impiegato per la realizzazione della condotta; norma di riferimento; diametro esterno, spessore e lunghezza; pressione massima di progetto pE; tempo di stabilizzazione; pressione di prova; temperatura dell’acqua con l’eventuale coefficiente di riduzione; grafico; esiti.
8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti Per poter disporre di sistemi di distribuzione dell’acqua efficienti ed economici è importante attuare un’accurata gestione della rete tale da consentire l’immediata individuazione di eventuali danni (perdite idrauliche, incrostazioni sulla superficie interna) ed il rapido intervento manutentivo. Tale gestione può essere attuata solo se il sistema di controllo della rete idrica è stato adeguatamente progettato.
8.1. Perdite negli acquedotti Le perdite presenti negli acquedotti sono un problema di cruciale importanza per la gestione economica della rete e particolarmente nelle regioni dove la crisi idrica può rappresentare un problema per la popolazione e le industrie. È quindi evidente l’importanza di attuare un programma di gestione mirato alla riduzione delle perdite o alla sostituzione degli acquedotti danneggiati. La Legge N°36 del 5 gennaio 1994 contiene un regolamento che definisce i criteri e i metodi di monitoraggio degli acquedotti per la valutazione delle perdite. L’individuazione delle perdite richiede la conoscenza del funzionamento della rete e della sua cartografia e l’effettuazione di controlli periodici. Per agevolare l’individuazione di eventuali perdite, la rete deve essere munita di misuratori di portata posizionati nei punti strategici dell’impianto, ovvero: • • • •
nei punti di captazione dell’acqua; in ingresso e in uscita dagli impianti di trattamento; in ingresso e in uscita dai serbatoi; nei nodi;
e deve essere inoltre adeguatamente suddivisa in: •
•
distretti: porzioni di rete munite di misuratori di portata in ingresso e in uscita che consentano di effettuare bilanci idrici. In genere i distretti hanno estensioni variabili tra 4 e 30 km di rete; settori: porzioni di rete munite di saracinesche, misuratori di portata e idranti per l’immissione di acqua che possono essere intercettate ed isolate dal resto della rete. In genere un settore ha dimensioni variabili tra 0,5 e 3 km di rete.
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8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
La ricerca di eventuali perdite si basa sul confronto delle portate entranti e uscenti in un distretto. In presenza di anomalie occorre localizzare la perdita mediante una ricerca più approfondita. La presenza di perdite può essere confermata anche da variazioni della pressione registrata da appositi misuratori localizzati in corrispondenza dei nodi della rete. Le perdite di acqua negli acquedotti possono avvenire per cause “ordinarie” (perdite di condotte e serbatoi) nel qual caso si parla di perdite nella distribuzione, oppure per cause “straordinarie” (allacciamenti abusivi, rottura di condotte o utenze pubbliche non conteggiate).
I valori medi delle perdite negli acquedotti sul territorio nazionale risultano compresi tra il 29% e il 42% secondo i dati del Comitato per la Vigilanza delle Risorse Idriche.
8.1.1. Localizzazione delle perdite La localizzazione delle perdite si basa su un’analisi del funzionamento della rete in stadi successivi con sempre maggiore dettaglio. Normalmente, in assenza di evidenti perdite, l’intera rete può essere monitorata nel tempo con un programma basato sul metodo di analisi dei consumi. Questo metodo prevede il confronto del consumo minimo notturno1, misurato in un distretto, con il valore teorico relativo al distretto in esame. Tale valore è reperibile da analisi statistiche, fornite annualmente dal Ministero dei Lavori Pubblici, oppure può essere determinato mediante un’analisi tecnica basata sul numero e sul tipo di utenze presenti nel distretto. Questo metodo, di semplice applicazione, consente una stima approssimata dell’entità della perdita all’interno del distretto. È possibile poi individuare in quale settore, all’interno di un distretto, è presente la perdita con il metodo di analisi delle perdite. Esso si basa sulla valutazione dell’andamento nel tempo della portata d’acqua in un certo settore. Dopo aver selezionato e isolato dal resto della rete il settore in esame, si immette da un idrante una portata nota di acqua e si misura l’andamento della portata nel tempo (registrato in continuo per circa 30’) mediante appositi misuratori inseriti nei punti strategici della rete. Questo metodo consente di stimare l’entità delle perdite con una buona precisione.
1 Nelle aree metropolitane tale valore è misurato solitamente dopo le ore 24. Il tempo necessario per analizzare un distretto è pari a circa 2 o 3 ore.
8.1. Perdite negli acquedotti
135
La ricerca del punto in cui si ha la perdita all’interno di un settore è eseguita mediante un’analisi della propagazione del rumore provocato dalla fuoriuscita del fluido. Noto il tracciato della condotta2, si effettua un primo controllo mediante microfoni o geofoni per individuare il tratto interessato alla perdita mediante comparazione dell’intensità del rumore. Successivamente si effettua un’analisi correlativa installando due rilevatori del suono (correlatori) in due diversi pozzetti d’ispezione a cavallo del punto di perdita (Fig. 8.1). L’individuazione del punto in cui si ha la perdita avviene valutando il ritardo ∆t con il quale il segnale viene captato dai due rilevatori in base all’equazione: x=
L − ∆t ⋅ c0 2
in cui x è la distanza tra la perdita e il correlatore di riferimento, L è la lunghezza del tratto di condotta compreso tra i due correlatori e co è la celerità del suono nella condotta.
CORRELATORI PERDITA
x L Fig. 8.1. Metodo acustico per la localizzazione delle perdite
2
Il tracciato della condotta, nella zona in cui si ha la perdita, può essere individuato mediante un’analisi del terreno con appositi georadar (vedi norma CEI 306-8: 2004). Nel caso di tubi metallici o di tubi in altri materiali per i quali sia stata effettuata la posa di nastri dotati di banda metallica, è possibile utilizzare anche tecniche elettromagnetiche (cercatubi).
136
8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
Una volta individuato il punto di perdita si procede alla sostituzione del tratto o alla riabilitazione della condotta. Nel primo caso è possibile analizzare in dettaglio la zona di rottura mediante analisi frattografica per determinare le possibili cause di cedimento del tubo o raccordo.
8.2. Sistemi di telecontrollo Negli ultimi anni sono stati sviluppati sistemi informatizzati di telecontrollo in grado di monitorare, in tempo reale, le condizioni di funzionamento della rete mediante apposite unità di rilevazione chiamate RTU (Remote Terminals Units). Tali unità consentono la misura di un’ampia gamma di parametri di funzionamento della rete (portata d’acqua, velocità, pressione dell’acqua, temperatura, tenore di cloro dell’acqua, ecc.) sulla base dei quali è possibile individuare e ridurre le conseguenze di una perdita e gestire in modo automatizzato le variazioni delle normali condizioni di funzionamento. I dati rilevati possono essere inviati alla centrale informatica di elaborazione via cavo (fibra ottica, cavo telefonico, ecc.) oppure con tecnologia wireless (satellitare, radio, ecc.). I dati sono elaborati ed interpretati mediante appositi software di gestione tramite i quali è possibile programmare interventi sulla rete, come ad esempio: •
•
interventi d’emergenza automatici o decisi dall’operatore: in caso di guasti o cattivo funzionamento nella rete è possibile, ad esempio, chiudere automaticamente una valvola a monte di una condotta che ha subito una rottura per eliminare le perdite; interpretazione degli eventi: i programmi più sofisticati sono in grado di stabilire il tipo e la posizione dei guasti appena verificatisi intervenendo con procedure automatiche di emergenza.
Gli stessi dati consentono in condizioni di normale esercizio di ottimizzare i parametri di funzionamento della rete (pressione, portata, ecc.) in funzione della richiesta dell’utenza e di monitorare l’aumento delle perdite di carico nel tempo dovuto ad esempio alle incrostazioni delle tubazioni.
8.3. Tecnologie per la riabilitazione La riabilitazione di condotte esistenti può essere eseguita, oltre che con tradizionali tecniche di scavo a cielo aperto, anche con tecnologie dette di relining. Esse prevedono l’inserimento, per trascinamento, di una condotta di PE all’interno di una condotta preesistente in materiale tradizionale. Le linee guida per la scelta e l’utilizzo di tali metodi sono illustrate nella norma UNI EN 13689: 2003.
8.3. Tecnologie per la riabilitazione
137
Le tecnologie di relining consentono in generale una notevole riduzione (pari al 70 – 80%) dei costi di scavo e di successivo ripristino della pavimentazione che rappresentano una quota rilevante (80% circa) dei costi di realizzazione di una condotta interrata in contesti urbani. Si ottiene inoltre una riduzione dei costi sociali in quanto le operazioni di scavo sono limitate soltanto alle estremità del tratto di condotta da riabilitare, per l’inserimento del nuovo tubo e dell’argano a motore per il suo trascinamento. Benché il relining comporti sempre una riduzione della sezione di passaggio del fluido nella tubazione, la portata non subisce in generale sostanziali variazioni in quanto questo effetto è compensato dalle ridotte perdite di carico dovute alla minore scabrezza del PE. Prima di attuare la riabilitazione con metodi di relining è necessario eseguire un’ispezione visiva della condotta esistente ed eventualmente un’operazione di pulizia. Generalmente l’esame visivo dello stato interno della tubazione è eseguito grazie all’utilizzo di sistemi automatici, radiocomandati o filoguidati (Fig. 8.2), dotati di videocamere.
Fig. 8.2. Esempio di un sistema filoguidato per l’ispezione visiva di condotte
138
8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
Tabella 8.1. Velocità di ispezione della condotta con sistemi automatici Diametro esterno [mm]
< 125 125 - 500 > 500 (con pantografo)
Velocità [m/giorno lavorativo] min
max
150 200 200
300 500 500
La velocità d’ispezione della condotta con sistemi automatici dipende dal diametro della stessa (Tabella 8.1). Per condotte di piccolo diametro, inferiore a 125 mm, è consigliabile l’uso di sonde ottiche o di speciali dispositivi ausiliari della telecamera principale denominati satelliti. Questi consentono, oltre ad una buona accessibilità all’interno della condotta, una riduzione dei costi pari a circa il 30% rispetto all’uso di videocamere. Per condotte di diametro elevato (superiore a 500 mm) è consigliabile collocare le videocamere su appositi pantografi in modo tale da garantire la messa a fuoco in tutti i punti della condotta. Per condotte di grosso diametro (superiore a 1000 mm) è preferibile l’esame visivo eseguito direttamente da un tecnico specializzato. L’eliminazione delle incrostazioni nella condotta preesistente è eseguita mediante l’inserimento nella condotta di appositi attrezzi per l’asportazione dei sedimenti depositati sulla superficie del tubo. I sistemi più utilizzati sono: •
•
sistemi ad azione meccanica: l’asportazione delle incrostazioni avviene per azione abrasiva. Tali sistemi possono essere a funzionamento meccanico (scrapers3), idraulico (canal-jet4) o sabbiatura (sand-jet5); sistemi chimici: sono costituiti da tamponi, aderenti alla superficie interna del tubo, imbevuti di particolari soluzioni chimiche in grado di sciogliere le incrostazioni senza danneggiare la tubazione.
3 Gli scrapers sono costituiti da una serie di spazzole e raschiatori circolari in metallo che asportano le incrostazioni grazie al loro movimento rotativo. 4 L’asportazione delle incrostazioni è possibile introducendo un apparecchio in grado di spruzzare contro le pareti della condotta acqua ad alta pressione. 5 L’asportazione delle incrostazioni è possibile grazie all’azione abrasiva dell’aria, mista a sabbia, soffiata nella condotta a forte velocità e con moto vorticoso.
8.3. Tecnologie per la riabilitazione
139
Prima di eseguire il relining si effettua la calibrazione della condotta (pigtest) per verificare che le dimensioni del tratto da sostituire siano uniformi e sufficienti a garantire il passaggio del nuovo tubo. La prova è eseguita introducendo un campione rappresentativo del tubo da inserire all’interno della condotta da riabilitare, verificando che non vi siano impedimenti al suo passaggio. In caso di esito negativo occorre verificare la possibilità di eliminare gli impedimenti o riconsiderare la scelta della tecnologia di riabilitazione. Sono riportate di seguito le principali tecniche di relining utilizzate per la riparazione di condotte di qualsiasi materiale tramite inserimento di un nuovo tubo in PE.
8.3.1. Slip-lining Con la tecnologia denominata slip-lining è possibile inserire, in un’unica soluzione, tratti di condotta di lunghezza variabile da 100 a 300 m con un numero limitato di scavi lungo il tratto da riabilitare. Questa tecnologia è applicabile a tubi di diametro variabile tra 20 mm e 1000 mm. Il collegamento della nuova condotta in PE alla restante parte della rete avviene per mezzo di opportuni giunti di transizione. Il diametro esterno del tubo in PE è sempre inferiore al diametro interno della condotta da riabilitare (Fig. 8.3).
Fig. 8.3. Riabilitazione di una condotta mediante l’uso della tecnologia di slip-lining
140
8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
Occorre verificare che gli sforzi di trazione agenti sul tubo durante la fase di trascinamento, che si generano principalmente a causa dell’attrito contro le pareti della vecchia condotta, siano inferiori al valore massimo ammissibile (paragrafo 4.8). È possibile ridurre l’attrito tra le superfici utilizzando apposite soluzioni lubrificanti a base di polimeri. L’intercapedine tra il tubo in PE e la condotta esistente può essere riempita con vari tipi di materiale allo scopo di limitare i movimenti relativi e migliorare la ripartizione dei carichi di appoggio. In alternativa, è possibile utilizzare anelli di centraggio costituiti da fasce componibili in PE.
8.3.2. Roll-down La tecnologia roll-down consiste nell’inserimento di una nuova tubazione avente diametro esterno pari al diametro interno della condotta preesistente. L’inserimento della tubazione in PE si articola in quattro fasi: 1. riduzione del 10 - 15% del diametro della condotta da inserire. La deformazione avviene a freddo con apposite macchine6 (Fig. 8.4); 2. il tubo deformato è inserito nella condotta preesistente per trascinamento; 3. le due estremità della nuova tubazione sono riportate al diametro iniziale utilizzando un dispositivo meccanico7; 4. il tratto di tubo inserito è riportato al diametro iniziale mandandolo in pressione con acqua fredda. Questa tecnologia è generalmente utilizzata per tubazioni di diametro compreso tra 110 e 500 mm. Qualora i tubi siano stati saldati testa a testa è necessaria l’eliminazione del cordolo esterno di saldatura prima di subire la deformazione per schiacciamento.
6
Le macchine sono costituite da due ruote accoppiate, con profilo circolare, in grado di deformare uniformemente tutta la superficie esterna del tubo. 7 I dispositivi più utilizzati, detti expander, sono costituiti da due anelli, inseriti all’interno del tubo, che impongono una deformazione radiale al tubo.
8.3. Tecnologie per la riabilitazione
141
Fig. 8.4. Macchina utilizzata per la riduzione della sezione del tubo
8.3.3. Tubi a sezione deformata Nel caso in cui la condotta esterna abbia mantenuto la sua resistenza meccanica, è possibile ripristinare la tenuta idraulica inserendo un tubo di piccolo spessore in PE con sezione temporaneamente deformata. I vantaggi di questa tecnica di riabilitazione sono l’ingombro limitato del tubo, che facilita l’inserimento nella condotta, e la maggiore curvabilità del tubo a sezione ripiegata rispetto a quello a sezione circolare. La resistenza alla pressione interna è assicurata dalla tubazione esterna. Le tecnologie applicabili sono: • tecnologia subline: consente la sostituzione di una vecchia condotta con una trascurabile riduzione di sezione. Il tubo in PE viene deformato a freddo, mediante un’apposita macchina, che imprime una forma ad U alla sezione (Fig. 8.5), riducendo l’ingombro del 40%. Il tubo è deformato immediatamente prima della posa e la forma è mantenuta, durante la fase di trascinamento, applicando delle fasce di contenimento. Il metodo di posa è applicabile sia a tubi di elevata lunghezza, prodotti in bobine, sia a tubi in barre. In questo caso la giunzione dei tubi deve essere eseguita per saldatura testa a testa eliminando il cordolo di saldatura esterno prima di imporre la deformazione. Dopo l’inserimento, il tubo è riportato alla forma iniziale per pressurizzazione con acqua fredda. Possono essere riabilitati, in un’unica soluzione, tratti di condotta di lunghezza variabile in funzione del diametro del tubo, fino a 400 m.
142
8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
Fig. 8.5. Tipica deformazione ad U imposta al tubo
•
•
tecnologia subcoil e slim liner: sono molto simili alla precedente, con la differenza che la deformazione del tubo è eseguita a freddo dall’azienda produttrice prima dell’avvolgimento su bobina. Questa tecnologia, rispetto alla precedente, ha il vantaggio di poter essere applicata a tratti di tubo di lunghezza molto elevata con notevole riduzione dei tempi e i costi di posa. Il ripristino della forma iniziale del tubo avviene sempre per immissione di acqua fredda in pressione. La scelta di questo metodo è ideale per tubi di piccolo spessore e di piccolo diametro poiché è possibile realizzare avvolgimenti di notevole lunghezza (anche fino a 1000 m per tubi di diametro pari a 110 mm). tecnologia C-Compact: si differenzia dalle precedenti in quanto la ripiegatura del tubo è effettuata a caldo (80° - 90°C) all’uscita dall’estrusore. Il tubo deformato, dopo l’inserimento nella condotta da riabilitare, è riportato alla forma iniziale immettendo vapore a circa 130°C. L’uso di questa tecnologia consente maggiori riduzioni di sezione (pari al 50%) rispetto al metodo subcoil, con il duplice vantaggio di permettere una migliore adattabilità del nuovo tubo al tracciato della condotta già esistente e di permettere la realizzazione di avvolgimenti di lunghezza più elevata (fino a 1300 m per tubi di diametro inferiore a 110 mm).
8.4. Tecnologie per la sostituzione
143
8.4. Tecnologie per la sostituzione Queste tecnologie consentono la sostituzione senza scavo di una condotta esistente con una nuova condotta in PE avente diametro uguale o maggiore. Sono realizzabili incrementi di diametro fino al 60% e di sezione fino a oltre il 100%. Il metodo di posa si articola nelle seguenti fasi: • •
•
scavo di due pozzi alle estremità del tratto di condotta da sostituire; collegamento di un’ogiva, con testa munita di appositi utensili di taglio, all’estremità del tubo in PE da inserire. L’ogiva ha una geometria troncoconica, con diametro della testa minore del diametro del tubo da sostituire, e parte terminale di diametro pari a quello del tubo da inserire. L’ogiva ha la duplice funzione di tagliare/spaccare e divaricare la tubazione da sostituire e contemporaneamente di compattare il terreno circostante in modo tale da permettere l’inserimento del nuovo tubo. Per sostituire tubazioni in materiale duttile (come ad esempio l’acciaio, le materie plastiche e la ghisa sferoidale) si utilizza un’ogiva che presenta all’estremità una serie di lame di taglio fisse (pipe splitting, Fig. 8.6). Per tubazioni di materiale fragile (come ad esempio ghisa grigia, cemento e gres) si utilizzano sia ogive a lame fisse che a lame mobili ad espansione azionate idraulicamente o pneumaticamente (pipe bursting, Fig. 8.7). Il sistema pneumatico, tuttavia, è stato praticamente abbandonato poiché potrebbe generare danni ai sottoservizi in adiacenza alla condotta da sostituire. inserimento e trascinamento del sistema ogiva-tubo all’interno della tubazione da ripristinare. Si ha quindi contemporaneamente la spaccatura del vecchio tubo, l’allargamento della sezione di passaggio e l’introduzione del nuovo tubo in PE (Fig. 8.8). Questo può essere costituito da un unico tubo in rotolo, oppure può essere realizzato da più barre unite per saldatura testa a testa con asportazione del codolo.
Fig. 8.6. Ogiva utilizzata nella tecnologia di pipe-splitting
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8. Esercizio, manutenzione, riparazione e riabilitazione delle reti
Fig. 8.7. Ogiva utilizzata nella tecnologia pipe-bursting
Questa tecnica può essere utilizzata per la posa di condotte con diametro fino a 710 mm e consente la sostituzione, con un’unica operazione, di tratti di condotta di lunghezza fino a circa 150 m. L’utilizzo di questa tecnologia permette di evitare vibrazioni durante la fase di rottura della vecchia condotta e inserzione della nuova, salvaguardando tanto i sottoservizi in prossimità della condotta quanto le strutture di superficie.
Fig. 8.8. Esempio d’inserimento e trascinamento dell’ogiva all’interno della condotta da sostituire
9. Vantaggi delle reti in polietilene
9.1. Vantaggi pratici Il PE si differenzia dai materiali tradizionalmente utilizzati per la realizzazione di reti per il trasporto dell’acqua per le sue peculiari caratteristiche fisiche e meccaniche, quale l’elevata flessibilità e deformabilità. Queste caratteristiche sono state nel passato erroneamente considerate un limite prestazionale in quanto la prassi progettuale si fondava sulla necessità, da parte della struttura, di “contrastare” le forze esterne scaricate sul tubo da parte del terreno. Numerosi studi sperimentali e teorici effettuati negli ultimi decenni e le esperienze pratiche su tubazioni posate in esercizio hanno evidenziato i notevoli vantaggi che derivano dall’assecondare tali forze anziché contrastarle, sfruttando l’elevata flessibilità delle tubazioni in PE. Se le condizioni di posa e di rinterro della tubazione sono controllate in particolare per quanto riguarda la compattazione del terreno, l’utilizzo di tubi in PE consente una maggiore sicurezza dell’impianto in caso di assestamenti del terreno, frane, smottamenti o terremoti. La flessibilità dei tubi permette inoltre l’utilizzo di numerose e diverse tecnologie di posa innovative, con notevole riduzione dei tempi e dei costi di realizzazione della rete. La leggerezza e la facile saldabilità del PE, forniscono ulteriori vantaggi in termini di semplicità e facilità delle operazioni di posa. Infine, la bassa scabrezza superficiale delle tubazioni in PE e l’assenza di incrostazioni nel lungo periodo consentono notevoli vantaggi prestazionali per il trasporto di fluidi. In Tabella 9.1 sono elencati in dettaglio tutti i principali vantaggi derivanti dall’uso di tubazioni in PE.
146
9. Vantaggi delle reti in polietilene
Tabella 9.1. Vantaggi legati alle caratteristiche delle reti in PE FLESSIBILITÀ e DEFORMABILITÀ Deformabilità
La tubazione si adatta facilmente agli assestamenti del terreno senza indurre sovrasollecitazioni che potrebbero provocarne la rottura. Gli spostamenti provocati dalle onde sismiche sono ben tollerati. La tubazione è ideale per la posa di condotte sottomarine poiché si adatta alle mutevoli condizioni del fondale.
Flessibilità
I carichi statici e dinamici vengono ripartiti in prevalenza sul terreno limitando le sollecitazioni meccaniche sulle tubazioni. Posa in opera nello scavo successivamente alle operazioni di giunzione realizzate all’esterno della trincea, in condizioni di lavoro più agevoli e sicure.
Avvolgibilità
Il tubo può essere prodotto in tratti di lunghezza elevata ed essere ugualmente trasportato. Si riduce il numero di saldature necessarie per l’installazione della rete con evidenti vantaggi di contenimento dei costi e dei tempi di lavoro.
Curvabilità
Si adatta facilmente al tracciato della trincea consentendo una rapida installazione. Consente la posa in opera con tecnologie trenchless per la riabilitazione di condotte danneggiate, grazie anche alla buona resistenza all’intaglio.
LEGGEREZZA Efficienza operativa Operazioni di trasporto e di movimentazione del tubo più agevoli ed economiche. Riduzione del rischio di incidenti in cantiere e delle loro possibili conseguenze. Possibilità di trasportare i tubi in acqua per galleggiamento. •••
9.1. Vantaggi pratici
147
••• BASSA SCABREZZA e RESISTENZA ALL’ABRASIONE Efficienza idraulica
Contenimento delle perdite di carico. Eliminazione delle operazioni di pulizia grazie all’assenza di incrostazioni.
FACILE SALDABILITÀ Tenuta idraulica
Esecuzione delle saldature testa a testa ed elettrosaldate in modo semplice e facilmente riproducibili. L’impostazione delle procedure operative basata sulla lettura di un codice a barre per elettrosaldature, elimina la possibilità di errore. Ridottissima percentuale di rotture imputabile alle saldature.
RESISTENZA ALL’AMBIENTE e alle SOLLECITAZIONI DOVUTE ALLA PRESSIONE INTERNA Durabilità
Assenza di corrosione. Resistente alla maggior parte dei liquidi aggressivi (acidi e basi). Resistente a fenomeni di degrado causati dall’attacco di microorganismi. Vita utile prevista in sede di progetto: 50 anni. Le resine di ultima generazione presentano un’aspettativa di vita di oltre 100 anni.
VISCOELASTICITÀ Riduzione delle sovrasollecitazioni
Notevole riduzione dell’effetto dei colpi d’ariete. Rilassamento nel tempo degli sforzi indotti da operazioni di installazione, da movimenti del terreno e da sollecitazioni da sistema.
IDONEITÀ AL CONTATTO CON ALIMENTI Atossicità
Il PE è idoneo per il trasporto di acqua potabile e fluidi alimentari in accordo con la normativa nazionale ed europea.
148
9. Vantaggi delle reti in polietilene
9.2. Vantaggi economici I principali vantaggi economici derivanti dalla realizzazione di reti idriche in PE sono attribuibili ad una riduzione dei costi complessivi dovuti sia ad un minor costo delle tubazioni sia ad un minor costo di installazione, in particolare per tubazioni di piccolo e medio diametro (Fig. 9.1). La competitività economica del PE è stata ulteriormente incrementata con l’introduzione del PE100, che permette minori costi di trasporto dell’acqua per diametri fino a 400 mm (Fig. 9.2). Il PE consente inoltre la posa con tecnologie trenchless, quali ad esempio slip lining, pipe bursting e directional drilling, con costi notevolmente inferiori rispetto alla posa con trincea aperta (Fig. 9.3).
materiale installazione
Diametro [ mm ] 100
150
200
250
Costo relativo
200
150
100
50
IO GH ISA
PE
AC CIA
A GH IS
IO
PE
AC CIA
IO GH ISA
AC CIA
PE
0
Fig. 9.1. Costi relativi per la realizzazione di reti con diversi materiali
9.2. Vantaggi economici
300 PE100 Acciaio Ghisa
250
Costo relativo
200 150 100 50 0 100
200
300
400
Diametro [ mm ] Fig. 9.2. Costi relativi per il trasporto dell’acqua utilizzando tubi di diverso materiale
250 Trincea aperta Directional drilling Pipe bursting Slip lining
Costo relativo
200
150
100
50
0 0
100
200
Diametro [ mm ] Fig. 9.3. Costi relativi di posa con diverse tecnologie trenchless
300
149
150
9. Vantaggi delle reti in polietilene
9.3. Affidabilità e sicurezza L’uso del PE per la realizzazione di reti per il trasporto di fluidi in pressione (acqua e gas) è ormai consolidato da quasi 50 anni di storia. La rete idrica in PE più estesa in Europa, è quella della Gran Bretagna, per la quale sono disponibili statistiche sul numero di rotture rilevate su tubazioni in PE a confronto con quelle di ghisa (Fig. 9.4).
250
Perdite / 1000 km di rete
200
150
100
204
50
26
0
GHISA
PE
Fig. 9.4. Dati relativi alle perdite registrate su condotte in Gran Bretagna
I componenti delle condotte in PE certificate da appositi Organismi accreditati (paragrafo 3.4) offrono ottime prestazioni in termini di affidabilità e sicurezza. La certificazione di conformità alle norme di prodotto (UNI, EN, ISO) garantisce il rispetto dei requisiti prestazionali previsti dalle norme stesse.
Sono stati eseguiti numerosi studi al fine di valutare la resistenza alle condizioni di esercizio di tubi in PE. La Fondazione Laboratorio Prove Materie Plastiche – POLIlampol del Politecnico di Milano, in collaborazione con IIP (Istituto Italiano dei Plastici), ha eseguito una ricerca al fine di valutare la vita residua di tubi dissotterrati dopo un periodo in esercizio di 10 e 15 anni. Sono state valutate alcune proprietà fisico-meccaniche di significativa importanza (OIT, MFR, microscopia IR e resistenza alla trazione) e la vita residua del manufatto per estrapo-
9.4. Mercato europeo del polietilene
151
lazione dei dati di resistenza alla pressione interna (con prove eseguite in diverse condizioni). Da questo studio è emerso che i tubi dissotterrati sono in grado di soddisfare 50 anni di vita operativa senza cedimenti. Analoghi studi sono stati condotti da British Gas su tubazioni in PE per il trasporto di gas installate da 7, 12, 18 e 24 anni. Nessuna delle condotte esaminate ha mostrato segni di deterioramento e i valori delle proprietà del materiale sono risultati in accordo con quelli prescritti dalla normativa di riferimento per tubi nuovi.
9.4. Mercato europeo del polietilene Il consumo di PE per il trasporto di fluidi in pressione in Europa nel 2002 è stato di circa 500 mila tonnellate, di cui quasi 100 mila in Italia. I dati relativi alla ripartizione delle quote di mercato per la realizzazione di reti idriche in Europa per diversi materiali negli ultimi anni sono mostrati in Fig. 9.5.
100 Altri Ghisa PE80 PE100
Utilizzo [ % ]
80
60
40
20
0 1993
1996
1999
2002
Anni
Fig. 9.5. Ripartizione del mercato per la realizzazione di reti idriche (dati relativi all’Europa Occidentale)
9.5. Qualità dell’acqua Le tubazioni in PE soddisfano i requisiti stabiliti dalla legislazione vigente. L’idoneità viene valutata mediante la migrazione globale e specifica di particolari monomeri, additivi e pigmenti utilizzati nel compound e la migrazione dei coloranti verso l’acqua. I polimeri, additivi e pigmenti utilizzabili sono indicati nella legislazione vigente (Decreto N. 174 del 6 aprile 2004 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale N. 166 del 17 luglio 2004). Il PE non altera le proprietà organolettiche dell’acqua. La metodologia di verifica è illustrata nella norma UNI EN 1622: 1999.
Appendice A. Struttura e proprietà del polietilene
A.1. Architettura delle molecole e cristallizzazione Il polietilene è un polimero termoplastico semicristallino costituito da lunghe molecole (macromolecole) che possono essere di tipo lineare o ramificato (Fig. A.1). La lunghezza complessiva delle macromolecole è proporzionale al peso molecolare, definito come somma delle masse atomiche di tutti gli atomi che la costituiscono. In pratica, durante il processo di sintesi, si ottengono contemporaneamente catene polimeriche di diverso peso molecolare. Convenzionalmente, il peso molecolare del polimero è il valore medio dell’effettiva distribuzione dei pesi molecolari. I polietileni disponibili possono presentare due tipi di distribuzione: monomodale e bimodale. La distribuzione monomodale è caratterizzata da un solo picco in prossimità del valore medio di peso molecolare, quella bimodale è solitamente caratterizzata da due picchi distinti (Fig. A.2).
a
b
a) Fig. A.1. Rappresentazione schematica di una macromolecola lineare a) e di una ramificata b)
154
A. Struttura e proprietà del polietilene
d (wt) / d (Log M)
1,0
0,5
0,0 3,0
4,0
5,0
Log MW
d (wt) / d (Log M)
0,5
0,25
0,0 3,0
4,0
5,0
6,0
Log MW Fig. A.2. Esempio di distribuzione dei pesi molecolari di un PE monomodale (sopra) e di un PE bimodale (sotto) ottenute mediante analisi GPC in orto-diclorobenzene a 130°C
I polimeri semicristallini non possono formare cristalli singoli perfetti aventi un’organizzazione spaziale regolare. Per questo motivo la struttura chimico-fisica del PE è di tipo policristallino, cioè costituita da un numero molto elevato di domini cristallini. Tali domini si sviluppano durante il raffreddamento del polimero a partire da punti ben precisi all’interno della massa fusa del polimero (nuclei di cristallizzazione). Il processo di cristallizzazione prosegue poi con una fase detta di accrescimento, in cui il cristallo si sviluppa in direzione radiale a partire dal nucleo originale, dando origine a corpi di forma sferica, detti sferuliti.
A.1. Architettura delle molecole e cristallizzazione
155
Dall’osservazione al microscopio degli sferuliti, si nota come essi siano costituiti da fibrille disposte in direzione radiale. Queste a loro volta sono costituite da numerosi cristalliti, costituiti da più catene macromolecolari ripiegate su se stesse in modo regolare (chain folding) e disposte con la caratteristica conformazione detta a zig-zag planare. I cristalliti sono legati fra loro da catene polimeriche (tie molecules) che si intrecciano tra loro formando veri e propri legami fisici (entanglements) e che possono appartenere contemporaneamente a diversi cristalliti (Fig. A.3). Le dimensioni dei cristalliti sono molto ridotte (variabili tra 100 – 10000 Å).
Fig. A.3. Rappresentazione schematica delle tie-molecules
L’entità della cristallizzazione è caratterizzata dal grado di cristallinità, definito come la frazione in volume di fase cristallina rispetto al volume totale. Il grado di cristallinità e la morfologia degli sferuliti (Fig. A.4) dipendono dall’architettura delle macromolecole, oltre che dalle condizioni di raffreddamento. Un polietilene con una macromolecola lineare (Fig. A.1), che possiede un’architettura molecolare molto regolare, sviluppa un grado di cristallinità più elevato rispetto al polietilene di tipo ramificato a parità di condizioni di raffreddamento. Come conseguenza, la temperatura di fusione del PE può variare tra 120°C e 135°C.
156
A. Struttura e proprietà del polietilene
Fig. A.4. Micrografia di una struttura sferulitica in luce polarizzata
La densità (massa per unità di volume) risulta direttamente correlata con il grado di cristallinità che, per un dato tipo di polietilene, dipende dalle condizioni di raffreddamento. La misura della densità viene perciò eseguita sul prodotto raffreddato seguendo un determinato ciclo di temperatura. Poiché la densità della zona cristallina è maggiore di quella della zona amorfa, più alto è il grado di cristallinità, maggiore è la densità del polimero. La densità è utilizzata come parametro di classificazione dei diversi tipi di polietilene, come mostrato in Tabella A.1.
Tabella A.1. Classificazione del PE in funzione della densità PE HDPE MDPE LDPE
Densità [kg/dm3]
Grado di cristallinità [%]
0,940 – 0,965 0,930 – 0,940 0,915 – 0,930
60 – 80 50 – 60 35 – 50
Tale classificazione non è di interesse per gli scopi del presente Manuale e non verrà quindi ulteriormente approfondita.
A.2. Correlazioni proprietà-struttura Le proprietà fisiche e meccaniche del polietilene dipendono principalmente dalle seguenti caratteristiche strutturali:
A.3. Viscoelasticità ed effetto della temperatura
•
•
•
157
peso molecolare: elevati pesi molecolari danno luogo ad un maggiore numero di legami fisici (entanglements) e di tie molecules, offrendo una maggiore coesione tra i diversi cristalliti. Un aumento del peso molecolare migliora la resistenza a trazione, l’allungamento a rottura e la resistenza agli urti. Esso provoca anche un aumento della viscosità del polimero, influenzandone quindi la processabilità; grado di cristallinità: un elevato grado di cristallinità aumenta la soglia di snervamento ed il modulo elastico a breve e lungo termine. Migliora, inoltre, la resistenza agli agenti chimici, grazie alla maggiore compattezza e stabilità della fase cristallina; distribuzione dei pesi molecolari: a parità di tipo di molecola, una riduzione della distribuzione dei pesi molecolari favorisce il raggiungimento di un maggiore grado di cristallinità, ma ne complica la processabilità.
Il PE con struttura bimodale, caratterizzato essenzialmente da una frazione di molecole a basso peso molecolare e da una ad alto peso molecolare distinte tra loro, presenta un bilanciamento delle proprietà offerte dalla fase cristallina (modulo di elasticità e resistenza allo snervamento) e dalla fase amorfa ad alto peso molecolare (resistenza alla propagazione lenta della frattura).
A.3. Viscoelasticità ed effetto della temperatura Il comportamento meccanico del polietilene è intrinsecamente diverso da quello della maggior parte degli altri materiali da costruzione. Oltre ad una caratteristica risposta elastica istantanea, infatti il PE presenta anche un comportamento viscoso dovuto alla sua natura polimerica che provoca una risposta elastica “ritardata” detta viscoelastica. Il risultato è una caratteristica dipendenza dal tempo della risposta meccanica del materiale. Applicando ad esempio uno sforzo σa costante nel tempo (creep), come indicato in Fig. A.5, si osserva che: • • •
all’istante di applicazione del carico il materiale si deforma istantaneamente di un valore εe; la deformazione aumenta gradualmente nel tempo per effetto del comportamento viscoelastico (εve); per sforzi molto elevati e/o per tempi molto lunghi, è anche possibile osservare una deformazione irreversibile associata allo snervamento del materiale per scorrimento plastico (εv).
Se all’istante t1 la sollecitazione viene rimossa, la deformazione εe è recuperata istantaneamente mentre la deformazione εve è recuperata gradualmente nel tempo. La deformazione εv non è recuperabile.
158
A. Struttura e proprietà del polietilene
ε ε ve + εv
εe
σ
ε ve
εe 0
t1
Tempo
εv
Fig. A.5. Comportamento a creep del polietilene
I diversi contributi alla deformazione totale sono associati a diversi tipi di comportamento: •
•
•
la deformazione εe è legata alle deformazioni elastiche degli angoli e delle lunghezze di legame delle molecole. La componente elastica è predominante se il materiale è sollecitato per brevi periodi. Ciò implica che le condotte realizzate in PE hanno, in prima approssimazione, una risposta meccanica elastica per carichi applicati rapidamente, come ad esempio i colpi d’ariete (paragrafo 4.2.1.1) o i sovraccarichi dinamici prodotti dal traffico stradale (paragrafo 4.2.2.2); la deformazione εve è legata al movimento relativo di porzioni di catena polimerica appartenenti alla parte amorfa. Il processo richiede tempi relativamente lunghi a causa degli elevati attriti tra le macromolecole. La deformazione è poi recuperata dal materiale al cessare dell’applicazione del carico, ma non istantaneamente. Il tempo di recupero è in prima approssimazione direttamente proporzionale al tempo per il quale la sollecitazione è stata applicata. La componente viscoelastica ha un’importanza significativa se il materiale è sollecitato continuativamente per lunghi periodi; la deformazione εv è legata allo spostamento relativo delle catene polimeriche; il processo richiede tempi lunghi o carichi molto elevati. La deformazione che ne risulta è di tipo permanente (deformazione plastica).
Il comportamento viscoelastico può manifestarsi anche per sollecitazioni diverse. Ad esempio, nel caso in cui al materiale sia applicata una deformazione costante, si osserva che la forza di reazione diminuisce nel tempo fino a raggiungere valori anche molto più bassi di quelli iniziali (rilassamento). Questo effetto offre notevoli vantaggi in termini di sicurezza dell’installazione: ad esempio, gli sforzi indotti sul tubo a causa di variazione della curvatura o a causa della deformazione di ovalizzazione indotta dai carichi prementi vengono rilassati nel tempo.
A.3. Viscoelasticità ed effetto della temperatura
159
L’effetto della temperatura sul comportamento meccanico del materiale è principalmente quello di modificare la velocità con la quale si manifestano i fenomeni viscoelastici e viscosi. Poiché un incremento di temperatura aumenta la mobilità molecolare, l’effetto osservato è quello di una accelerazione dei fenomeni viscoelastici a parità di tempo di osservazione. L’effetto opposto si manifesta quando la temperatura diminuisce. Anche il comportamento del materiale osservato in semplici prove di trazione monoassiale, come quelle specificate dalle norme per il controllo della qualità del processo di trasformazione, dipende dalle condizioni di prova. Si osserva di solito un aumento dei valori di modulo di elasticità e di sforzo di snervamento all’aumentare della velocità di deformazione imposta, che deve pertanto essere scelta in modo tale da simulare le reali condizioni di interesse. In una tipica curva di carico, ottenuta a velocità relativamente elevata (Fig. A.6), è possibile individuare quattro differenti zone che corrispondono a diversi tipi di comportamento: • •
•
•
a piccole deformazioni il comportamento è in prima approssimazione elastico; per deformazioni oltre il 9-10% si manifesta lo snervamento del materiale con formazione di una strizione (necking) in una sezione del provino. Le deformazioni imposte sono, da questo momento, quasi completamente irreversibili; la strizione propaga per tutta la lunghezza del provino e nel materiale si verifica un’orientazione (cold drawing) delle catene molecolari in direzione di applicazione del carico; l’elevata orientazione provoca un incremento della resistenza meccanica nella direzione di applicazione del carico (strain hardening) che provoca di conseguenza un aumento della forza necessaria per incrementare la deformazione del provino sino alla rottura.
rottura
Carico
snervamento
stiro con orientazione delle molecole comportamento pseudo-elastico
Deformazione Fig. A.6. Rappresentazione schematica di una curva di carico per il polietilene
160
A. Struttura e proprietà del polietilene
A.4. Comportamento a lungo termine di tubi in pressione Le tubazioni in materiale polimerico, se progettate ed utilizzate secondo la normativa vigente, presentano ad una determinata sollecitazione estrapolata secondo la norma EN ISO 9080: 2003 una vita utile di esercizio di almeno 50 anni. La norma prevede l’esecuzione di prove accelerate a pressioni e temperature più elevate di quelle in esercizio, allo scopo di verificare le modalità di rottura del materiale a lungo termine. I tubi sottoposti a prove di pressurizzazione possono presentare due tipi di rotture (duttile e fragile) al variare della sollecitazione applicata e della temperatura di esercizio. A parità di temperatura si osservano di solito rotture duttili per sforzi elevati e rotture fragili per bassi sforzi applicati e tempi lunghi (Fig. 2.1). Le rotture duttili sono caratterizzate da grandi deformazioni delle pareti del tubo, con comparsa della tipica deformazione a bolla nell’intorno della zona di cedimento. Il tempo necessario affinché si manifesti questo tipo di frattura dipende principalmente dall’entità della sollecitazione applicata. Il processo è controllato dai fenomeni di creep e di snervamento per scorrimento plastico che avvengono nella parete del tubo: maggiore è la densità (cristallinità), minore è l’entità dei fenomeni di creep e maggiore risulta essere la resistenza a snervamento. Le rotture fragili provocano cricche orientate in direzione assiale e non conducono ad una deformazione plastica dalla parete del tubo. Questo meccanismo è detto propagazione lenta della frattura (SCG) chiamato anche stress cracking. Su base molecolare, tali rotture sono il risultato dello sgrovigliamento (disentanglement) delle molecole che collegano fra loro le lamelle cristalline (tie molecules). Più alto è il numero di queste molecole migliore è il comportamento allo stress cracking. Un secondo elemento che influenza questa resistenza è dato dalla presenza di ramificazioni laterali corte, che, aumentando le interazioni fisiche fra le molecole, rallentano il processo di sgrovigliamento. Al fine di determinare il massimo sforzo ammissibile al quale un tubo di polietilene può essere sottoposto per tempi lunghi senza dare luogo a rottura, si utilizza un metodo standard di estrapolazione (SEM) dalle curve di regressione secondo la procedura descritta dalla norma EN ISO 9080: 2003.
A.4.1. Metodo SEM Il metodo SEM (Standard Elaboration Method) è un metodo statistico normalizzato (EN ISO 9080: 2003) usato per la previsione del comportamento a lungo termine di un materiale attraverso una regressione lineare con un numero minimo di dati sperimentali.
A.4. Comportamento a lungo termine di tubi in pressione
161
Esso permette di definire i seguenti valori: • • •
•
σLTHS (Long Term Hydrostatic Strength): valore medio di resistenza del materiale estrapolato, con il metodo SEM, a 50 anni e a 20°C; σLPL (Lower Prediction Limit)1: valore minimo della resistenza del materiale, statisticamente validato, con un livello di confidenza del 97,5%; MRS (Minimum Required Strength): classificazione dei materiali basata sulla resistenza minima richiesta, come indicato in Tabella 2.2 (UNI EN ISO 12162: 1997); ke (Extrapolation Time Factor): fattore utilizzato per estrapolare la durata massima ammissibile per le particolari condizioni di esercizio assegnate.
Il metodo è basato sulla generazione sperimentale di dati: per ogni temperatura di prova (due o preferibilmente tre) devono essere generate almeno 30 rotture a diverse pressioni distribuite su tre decadi di tempo con almeno quattro rotture sopra le 7000 ore ed una rottura sopra le 9000 ore (> 1 anno). Le rotture che avvengono a tempi inferiori a 10 ore non sono statisticamente valide. Le prove sono generalmente eseguite su tubi di piccolo diametro, compreso fra 25 e 63 mm, immersi in un bagno d’acqua a temperatura controllata e posti in pressione con acqua. Se nella curva di regressione ottenuta è presente una variazione di pendenza, detta ginocchio, è necessario disporre di un numero di dati statisticamente valido per entrambe le porzioni della curva, affinché si possa procedere ad un’analisi separata dei due tratti. Generalmente una curva di regressione è composta da un centinaio di punti sperimentali. Il metodo SEM prevede l’interpolazione quadratica dei dati di tempo t, temperatura T e sforzo s ottenuti per ogni tipologia di rottura in accordo con l’equazione2: log(σ ) c log(t) = c1 + 2 + c3 ⋅ log(σ ) + c 4 ⋅ T T in cui c1 , c2 , c3 e c4 sono parametri del modello. L’elaborazione dei dati viene effettuata con un apposito programma di calcolo per il rilevamento del ginocchio. Esso si basa sulla verifica, tramite iterazioni, dell’appartenenza di ogni punto successivo alla curva calcolata sino a quel punto. Se questa ipotesi non è statisticamente confermata, il programma definisce un punto di ginocchio (tempo, sforzo), a partire dal quale è calcola-
1 2
Nella norma ISO/TR 9080: 1992 era denominato sLCL (Lower Confidence Limit). Nella norma EN ISO 9080: 2003 sono riportate anche le equazioni per i modelli a 3 e 2 parametri.
162
A. Struttura e proprietà del polietilene
ta una nuova regressione con nuovi coefficienti. Questo metodo di elaborazione è particolarmente utile quando è difficile definire chiaramente se la modalità di rottura sul tubo appartenga al comportamento duttile o fragile. Poiché i punti sperimentali non si trovano perfettamente allineati sulla retta di interpolazione è necessario definirne la dispersione (deviazione standard). Il valore di sLPL è calcolato sottraendo il doppio del valore di deviazione standard dal valore di sLTHS ottenuto dall’estrapolazione dei dati sperimentali. Ciò fornisce un intervallo di confidenza del valore di sLPL pari al 97,5% in accordo con una distribuzione di tipo T di Student. Se vengono rilevati due tipologie di rotture (ad esempio se si osserva una rottura fragile a 80°C), la norma prescrive come estrapolare la posizione del ginocchio sulla curva alla temperatura di utilizzo. Il valore di MRS (Minimum Required Strength) di un dato materiale è assegnato in base a intervalli del valore di sLPL estrapolato a 50 anni a 20°C definiti secondo il metodo UNI EN ISO 12162: 1997 basato sulla serie di Renard.
A.4.2. Limite di estrapolazione temporale (extrapolation time factor) del metodo SEM Come precedentemente illustrato, per accelerare i fenomeni di rottura, le prove sono eseguite ad alta temperatura. Maggiore è la differenza DT fra la temperatura alla quale sono stati eseguiti i test e la temperatura di esercizio della tubazione, maggiore è il fattore di estrapolazione del comportamento del materiale nel tempo ke. Tale fattore può essere determinato in base all’equazione di Arrhenius: ⎡ E ⋅( T − T0 ) ⎤ ⎢ ⎥ R ⋅T0 ⋅T ⎦
k e (T ) = e ⎣
in cui T e T0 sono rispettivamente la temperatura di esecuzione della prova e la temperatura di riferimento per l’estrapolazione della resistenza a lungo termine, E è l’energia di attivazione (110 kJ/mol per il PE) e R è una costante universale (8,31 J/mol⋅K). Si ricorda che la norma di riferimento utilizza valori più conservativi del fattore di estrapolazione ke, garantendo così maggiore sicurezza sulla predizione della resistenza del materiale a tempi lunghi. In Tabella A.2 sono riportati i valori di ke per le poliolefine, in accordo con la norma EN ISO 9080: 2003.
A.5. Resistenza alla frattura per propagazione rapida
163
Tabella A.2. Fattori di estrapolazione al variare della differenza di temperatura
∆T [°C]
Fattore di estrapolazione ke
10 - 14 15 - 19 20 - 24 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 49 ≥ 50
2,5 4 6 12 18 30 50 100
La durata del materiale può essere estrapolata per un tempo massimo: te = k e ⋅ tmax dove tmax è la media dei cinque valori maggiori del tempo di rottura registrati ad una certa temperatura. Conducendo almeno cinque prove a 80°C con tempi di rottura superiori a 10000 ore, è possibile estrapolare il valore di resistenza del materiale a 20°C (ke = 100) a 1000000 ore, pari a più di 100 anni.
A.5. Resistenza alla frattura per propagazione rapida La misura della resistenza alla frattura per propagazione rapida (RCP) prevede la determinazione della pressione critica in grado di provocare lo scoppio di una tubazione pressurizzata con aria per effetto di un urto esterno. In acquedottistica questa misura è necessaria per comprovare l’utilizzabilità del materiale per tubi di spessore ≥ 32 mm. Le principali metodologie di prova sono: •
•
Full Scale test (UNI EN ISO 13478: 1999): prevede la realizzazione di uno scoppio intenzionale su tubazioni di diametro pari a 500 mm e di lunghezza superiore a 16 m. Questa è la prova di riferimento in caso di contestazione, tuttavia è poco utilizzata visto il suo costo elevato e la difficoltà di realizzazione; Small Scale Steady State (S4) test (ISO 13477: 1997): questa prova viene condotta in laboratorio su tubi di diametro pari a 250 mm con SDR 11. Un peso a coltello è lasciato cadere sull’estremità di un tubo di lunghezza assegnata (pari a 7 volte il diametro) soggetto a pressione interna e a temperatura costanti, in modo da provocare una rottura rapida in direzione assiale. Il contenimento della caduta di pressione interna durante la propagazione della frattura è ottenuto tramite l’inserimento di setti di separazione interni e con l’uso di una gabbia di contenimento esterna (Fig. A.7). Le prove sono condotte a 0°C con pressioni crescenti. La pressione critica Pc,S4 è la pressione per cui la lunghezza della frattura dovuta allo scoppio risulta maggiore di 4,7 volte il diametro nominale esterno (Fig. A.8).
164
A. Struttura e proprietà del polietilene
Lunghezza della frattura
Fig. A.7. Configurazione di prova utilizzata per il test S4
Pressione interna Fig. A8. Rappresentazione schematica dei risultati di prove S4 condotte a 0°C
Sulla base di correlazioni sperimentali è stato possibile determinare una relazione tra la pressione critica misurata nella prova Full Scale e la pressione effettiva al di sotto della quale il tubo non è soggetto a propagazione rapida della frattura nella prova S4. Rispetto al PE80, il PE100 mostra un notevole incremento del valore di RCP misurato con la prova S4. Tale valore, maggiore o uguale a 10 bar (0°C ISO 13477: 1997), abilita il materiale all’impiego fino a 25 bar di pressione interna.
Appendice B. Disponibilità di tubi e raccordi
B.1. Tubi In accordo con la premessa nazionale della norma UNI EN 12201: 2004, per il trasporto di acqua potabile in pressione, in Italia sono disponibili tubi realizzati in PE80 e PE100 prodotti in barre e rotoli e aventi dimensioni specificate nelle Tabelle B.1 e B.2.
Tabella B.1. SDR disponibili sul mercato italiano PE80
PE100
SDR 26 PN 6 dn ≥ 160 mm Rotoli esclusi Barre incluse
SDR 17 PN 8 dn ≥ 50 mm Rotoli: 50≤dn≤75 Barre incluse
SDR 11 PN 12,5 dn ≥ 20 mm Rotoli: 20≤dn≤110 Barre incluse
SDR 17 PN 10 dn ≥ 50 mm Rotoli: 50≤dn≤75 Barre incluse
SDR 11 PN 16 dn ≥ 20 mm Rotoli: 20≤dn≤110 Barre incluse
SDR 7,4 PN 25 dn ≥ 20 mm Rotoli: 20≤dn≤110 Barre incluse
166
B. Disponibilità di tubi e raccordi
Tabella B.2. Spessori di parete per i tubi (le dimensioni sono espresse in [mm]) Diametro nominale esterno dn 16 20 25 32
SDR 7,4 emin 2,3 * 3,0 * 3,5 4,4
emax
SDR 11 emin
emax
SDR 17 emin
SDR 26
emax
emin
emax
2,7 3,4 4,0 5,0
--2,0 * 2,3 3,0 *
--2,3 2,7 3,4
------2,0*
------2,3
---------
---------
40 50 63 75
5,5 6,9 8,6 10,3
6,2 7,7 9,6 11,5
3,7 4,6 5,8 6,8
4,2 5,2 6,5 7,6
2,4 3,0 3,8 4,5
2,8 3,4 4,3 5,1
--2,0 2,5 2,9
--2,3 2,9 3,3
90 110 125 140
12,3 15,1 17,1 19,2
13,7 16,8 19,0 21,3
8,2 10,0 11,4 12,7
9,2 11,1 12,7 14,1
5,4 6,6 7,4 8,3
6,1 7,4 8,3 9,3
3,5 4,2 4,8 5,4
4,0 4,8 5,4 6,1
160 180 200 225
21,9 24,6 27,4 30,8
24,2 27,2 30,3 34,0
14,6 16,4 18,2 20,5
16,2 18,2 20,2 22,7
9,5 10,7 11,9 13,4
10,6 11,9 13,2 14,9
6,2 6,9 7,7 8,6
7,0 7,7 8,6 9,6
250 280 315 355
34,2 38,3 43,1 48,5
37,8 42,3 47,6 53,5
22,7 25,4 28,6 32,2
25,1 28,1 31,6 35,6
14,8 16,6 18,7 21,1
16,4 18,4 20,7 23,4
9,6 10,7 12,1 13,6
10,7 11,9 13,5 15,1
400 450 500 560
54,7 61,5 -----
60,3 67,8 -----
36,3 40,9 45,4 50,8
40,1 45,1 50,1 56,0
23,7 26,7 29,7 33,2
26,2 29,5 32,8 36,7
15,3 17,2 19,1 21,4
17,0 19,1 21,2 23,7
630 710 800 900
---------
---------
57,2 -------
63,1 -------
37,4 42,1 47,4 53,3
41,3 46,5 52,3 58,8
24,1 27,2 30,6 34,4
26,7 30,1 33,8 38,3
1000 1200 1400 1600
---------
---------
---------
---------
59,3 -------
65,4 -------
38,2 45,9 53,5 61,2
42,2 50,6 59,0 67,5
* i valori calcolati sono arrotondati al più vicino valore di 2,0, 2,3 o 3,0
B.2. Raccordi La disponibilità dei raccordi è riportata in Tabella B.3.
Tabella B.3. Raccordi disponibili
B.2. Raccordi
167
•••
168 •••
B. Disponibilità di tubi e raccordi
•••
•••
B.2. Raccordi
169
•••
170 •••
B. Disponibilità di tubi e raccordi
•••
•••
B.2. Raccordi
171
•••
172 •••
B. Disponibilità di tubi e raccordi
Appendice C. La norma UNI EN 12201
La UNI EN 12201: 2004 dal titolo: “Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua – Polietilene (PE)” è la norma di riferimento per i sistemi di tubazioni in PE per la distribuzione dell’acqua in pressione. La norma è divisa in 7 parti così identificate: parte 1. Generalità parte 2. Tubi parte 3. Raccordi parte 4. Valvole (UNI EN 12201-4: 2002) parte 5. Idoneità all’impiego del sistema parte 7. Guida per la valutazione della conformità (UNI CEN/TS 12201-7: 2004) La norma specifica le caratteristiche fisiche e chimiche del PE (materia prima) e le caratteristiche geometriche, meccaniche, fisiche e chimiche dei tubi, dei raccordi, delle valvole e dei sistemi di tubazioni ed i parametri per i metodi di prova. È riportato di seguito un estratto dei requisiti previsti dalla norma per la materia prima (paragrafo C.1), per i tubi (paragrafo C.2) e per i raccordi (paragrafo C.3).
C.1. Requisiti della materia prima La materia prima deve soddisfare i requisiti previsti nella norma UNI EN 12201-1: 2004. Per ogni requisito citato dalla norma si fornisce un breve commento sul significato della prova, riportato in Tabella C.1 e Tabella C.2. Organismi accreditati certificano la conformità del prodotto alla norma, condizione indispensabile per una totale affidabilità dei prodotti. Per maggiori dettagli si rimanda in ogni caso alla lettura della norma.
174
C. La norma UNI EN 12201
Tabella C.1. Alcune caratteristiche della materia prima in forma di granulo Caratteristica
Requisito
Commenti
Massa volumica (densità) del compound ISO 1183: 1987
≥ 0,930 kg/dm3
La massa volumica (densità) è direttamente proporzionale alla cristallinità del PE. Il valore di densità è misurato sul compound, può essere quindi influenzato dalla presenza di nero fumo o pigmenti.
Contenuto di nero fumo ISO 6964: 1986
2 – 2,5% in massa
La prova consente di determinare la quantità di nero fumo presente nel materiale.
Dispersione del nero fumo o dei pigmenti ISO 18553: 2002
≤3
Una buona dispersione/ripartizione del nero fumo o dei pigmenti assicura una protezione uniforme del polimero dalle radiazioni UV.
Dimensione delle particelle di nero fumo
10 – 25 nm
La dimensione delle particelle non deve raggiungere valori tali da provocare potenziali punti di innesco della frattura per propagazione lenta e da pregiudicarne una buona ripartizione.
Sostanze volatili UNI EN 12099: 1998
≤ 350 mg/kg
Valori superiori a 350 mg/kg di sostanze volatili richiedono la verifica del contenuto d’acqua.
Contenuto d’acqua o d’umidità UNI EN 12118: 1999
≤ 300 mg/kg
Un contenuto d’acqua inferiore a 300 mg/kg previene la formazione di microbolle nella parete del manufatto.
Tempo di induzione all’ossidazione (OIT) UNI EN 728: 1998
≥ 20 minuti a 200°C
La prova consente di determinare la presenza e l’efficacia degli antiossidanti contenuti nel compound. Valori elevati di OIT assicurano un’adeguata protezione del materiale dai fenomeni termo-ossidativi che possono verificarsi durante il processo di trasformazione.
Indice di fluidità 0,2 – 1,4 g/10 in massa (MFR) minuti UNI EN ISO 1133: 2001 a 190°C e 5 kg condizione T (PE80, PE100)
La prova fornisce valori che sono inversamente correlati alla viscosità del materiale allo stato fuso.
C.2. Requisiti dei tubi
175
Tabella C.2. Alcune caratteristiche della materia prima in forma di tubo Caratteristica
Requisito
Commenti
Classificazione e designazione del materiale (MRS) EN ISO 9080: 2003
MRS = 8 per il PE80; MRS = 10 per il PE100
Il materiale è classificato in funzione della resistenza meccanica a lungo termine (a 50 anni a 20°C) valutata con prove di resistenza alla pressione interna su tubi.
Resistenza alla propagazione lenta della frattura (SCG) su tubi di dn = 110 mm o 125 mm e SDR =11
Non si deve manifestare alcuna rottura dopo un minimo di 165 ore a 80°C
Questa prova misura la resistenza del materiale alla fessurazione provocata da intagli prodotti artificialmente e pari al 20% dello spessore (capitolo 2).
Arresto della frattura
La prova fornisce indicazioni sulla capacità del materiale di opporsi all’avanzamento rapido della frattura (capitolo 2). La prova può essere effettuata su tubi pressurizzati con le modalità S4 (small scale steady state) e FST (full scale test). La determinazione della resistenza RCP è richiesta soltanto per tubazioni con spessore di parete en maggiore o uguale a 32 mm.
UNI EN ISO 13479: 1999 Resistenza alla propagazione rapida della frattura (RCP) ISO 13477: 1997 (S4 test) UNI EN ISO 13478: 1999 (FST) Effetto sulla qualità dell’acqua
Deve essere verificata la conformità alla legislazione nazionale esistente (DM 174 del 6 aprile 2004).
C.2. Requisiti dei tubi I tubi devono soddisfare i seguenti requisiti: • • •
la materia prima utilizzata (compound) deve essere conforme alla norma UNI EN 12201-1: 2004; siano rispettati gli standard dimensionali riportati in Tabella C.3 e in Appendice B; siano rispettati i requisiti previsti nella norma UNI EN 12201-2: 2004. Le principali caratteristiche richieste sono riportate in Tabella C.4.
176
C. La norma UNI EN 12201
Tabella C.3. Requisiti dimensionali per i tubi Diametro nominale esterno dn [mm]
16 20 25 32 40 50 63 75 90 110 125 140 160 180 200 225 250 280 315 355 400 450 500 560 630 710 800 900 1000 1200 1400 1600
Diametro esterno medio dem [mm] Min
Max
16,0 20,0 25,0 32,0 40,0 50,0 63,0 75,0 90,0 110,0 125,0 140,0 160,0 180,0 200,0 225,0 250,0 280,0 315,0 355,0 400,0 450,0 500,0 560,0 630,0 710,0 800,0 900,0 1000,0 1200,0 1400,0 1600,0
16,3 20,3 25,3 32,3 40,4 50,4 63,4 75,5 90,6 110,7 125,8 140,9 161,0 181,1 201,2 226,4 251,5 281,7 316,9 357,2 402,4 452,7 503,0 563,4 633,8 716,4 807,2 908,1 1009,0 1210,8 1412,6 1614,4
Ovalizzazione max [mm]
1,2 1,2 1,2 1,3 1,4 1,4 1,5 1,6 1,8 2,2 2,5 2,8 3,2 3,6 4,0 4,5 5,0 9,8 11,1 12,5 14,0 15,6 17,5 19,6 22,1 -* -* -* -* -* -* -*
* la massima ovalizzazione ammissibile deve essere concordata tra acquirente e fornitore
C.2. Requisiti dei tubi
177
Tabella C.4. Principali caratteristiche meccaniche e fisiche dei tubi Prova
Requisito
Commenti
Resistenza alla pressione interna UNI EN 921: 1995
Non si deve verificare alcuna rottura nelle condizioni di prova
Le prove di resistenza alla pressione interna consentono di determinare la capacità del manufatto di resistere alle condizioni di esercizio mediante prove accelerate condotte a pressione e/o temperatura elevate. La norma stabilisce tre condizioni di prova: - resistenza a creep: le prove sono condotte ad una temperatura di 20°C per un periodo almeno di 100 ore applicando uno sforzo circonferenziale σ0 di 12,4 MPa per il PE100 e 10,0 MPa per il PE80; - resistenza alla propagazione lenta della frattura: le prove sono condotte ad una temperatura di 80°C per un periodo almeno di 165 ore applicando uno sforzo circonferenziale σ0 di 5,4 MPa per il PE100 e 4,5 MPa per il PE80. Nel caso si presentassero rotture di tipo duttile la prova deve essere ripetuta a pressioni inferiori e tempi più lunghi come indicato dalla norma. Ulteriori prove sono condotte ad una temperatura di 80°C per un periodo almeno di 1000 ore applicando uno sforzo circonferenziale σ0 di 5,0 MPa per il PE100 e 4,0 MPa per il PE80.
Resistenza a trazione Allungamento UNI EN ISO 6259-1: 2002 a rottura: ≥ 350%
La prova viene condotta su provini ricavati direttamente dal tubo e prevede la determinazione della deformazione a rottura che deve essere superiore al valore minimo.
Indice di fluidità Variazioni di ± 20% Fornisce indicazioni su possibili effetti di (MFR) rispetto al compound degradazione del materiale indotti dal processo di trasformazione. UNI EN ISO 1133: 2001 prima della trasformazione Tempo di induzione all’ossidazione (OIT) UNI EN 728: 1998
Effetto sulla qualità dell’acqua
Tempo di resistenza all’ossidazione in atmosfera di ossigeno a 200°C ≥ 20 min
È necessario eseguire la prova su un campione ricavato dalla superficie interna del manufatto poiché si tratta della zona maggiormente soggetta a fenomeni di degradazione termica durante la trasformazione. Un valore elevato di OIT è indicativo di una buona trasformazione del materiale. Deve essere verificata la conformità alla legislazione nazionale esistente (DM 174 del 6 aprile 2004).
178
C. La norma UNI EN 12201
C.3. Requisiti dei raccordi I raccordi devono essere conformi alla norma UNI EN 12201-3: 2004. In particolare occorre che: • • •
la materia prima utilizzata (compound) sia conforme alla norma UNI EN 12201-1: 2004; siano rispettati gli standard dimensionali; siano rispettati i requisiti previsti nella norma UNI EN 12201-3: 2004. Alcuni di questi sono riportati in Tabella C.6.
In Tabella C.5 sono riportate alcune dimensioni dei manicotti per saldatura a elettrofusione. Si definisce: • • •
D1 = diametro interno medio del manicotto nella zona di fusione; L1 = lunghezza della zona di penetrazione del tubo nel manicotto; L2 = lunghezza della zona soggetta a fusione, ovvero della zona con resistenza elettrica.
C.3. Requisiti dei raccordi
179
Tabella C.5. Dimensioni standard in [mm] dei manicotti elettrosaldabili L1
Diametro nominale esterno dn
D1 min
max
min*
min**
20 25 32 40 50 63 75 90 110 125 140 160 180 200 225 250 280 315 355 400 450 500 560 630
20,0 25,0 32,0 40,0 50,0 63,0 75,0 90,0 110,0 125,0 140,0 160,0 180,0 200,0 225,0 250,0 280,0 315,0 355,0 400,0 450,0 500,0 560,0 630,0
20,3 25,3 32,3 40,4 50,4 63,4 75,5 90,6 110,7 125,8 140,9 161,0 181,1 201,2 226,4 251,5 281,7 361,9 357,2 402,4 452,7 503,0 563,4 633,8
20 20 20 20 20 23 25 28 32 35 38 42 46 50 55 73 81 89 99 110 122 135 147 161
25 25 25 25 28 31 35 40 53 58 62 68 74 80 88 95 104 115 127 140 155 170 180 209
L2
Ovalizzaz.
max
min
max
41 41 44 49 55 63 70 79 82 87 92 98 105 112 120 129 139 150 164 179 195 212 235 255
10 10 10 10 10 11 12 13 15 16 18 20 21 23 26 33 35 39 42 47 51 56 61 67
0,3 0,4 0,5 0,6 0,8 0,9 1,2 1,4 1,7 1,9 2,1 2,4 2,7 3,0 3,4 3,8 4,2 4,8 5,4 6,0 6,8 7,5 8,4 9,5
* per giunti in cui l’energia fornita è controllata attraverso l’intensità di corrente ** per giunti in cui l’energia fornita è controllata attraverso la tensione di corrente
180
C. La norma UNI EN 12201
Tabella C.6. Alcuni requisiti specifici per raccordi Prova
Requisito
Commenti
Resistenza alla Superficie coesione per raccordi caratterizzata ad elettrofusione da frattura fragile < 33% ISO 13954: 1997 ISO 13955: 1997
La prova si effettua applicando una forza di trazione parallela all’asse del tubo mediante un opportuno sistema di afferraggi, sino al completo distacco del manicotto dallo spezzone di tubo. La superficie di rottura deve mostrare una morfologia di tipo fragile per una porzione inferiore al 33%.
Resistenza alla Superficie coesione per raccordi caratterizzata a sella elettrofusi da frattura fragile < 25% ISO/DIS 13956: 1996
Questa prova è condotta come la precedente, ma in questo caso la superficie di rottura deve mostrare una morfologia fragile per una porzione inferiore al 25%.
Resistenza alla trazione per raccordi con fusione testa a testa
È una prova di trazione condotta su provini ricavati dalla parete del tubo in corrispondenza della zona di saldatura. La morfologia di frattura deve essere completamente duttile.
Superficie caratterizzata da frattura completamente duttile
ISO 13953: 2001 Resistenza all’urto di raccordi a T (collari e selle) elettrosaldabili UNI EN 1716: 1998
La prova d’urto avviene per caduta di un perNon si deve manifestare alcuna cussore di massa pari a 2,5 kg da un’altezza di 2 m (energia d’impatto pari a 50 J), con prorottura o perdita vino condizionato alla temperatura di 0°C.
Appendice D. Norme e certificazioni
D.1. Differenze tra decreto, circolare, norma e certificazione Il sistema normativo italiano è costituito da un insieme di leggi, norme e prescrizioni che forniscono, per usi comuni e ripetuti, regole, linee guida o caratteristiche relative a determinate attività o ai loro risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto. È possibile in generale suddividere il sistema normativo in (Fig. D.1): • •
norme cogenti (regole tecniche) emanate dall’Unione Europea, Stato centrale, enti regionali, enti provinciali, enti comunali, ecc.; norme volontarie.
Sistema normativo italiano
Volontario
Norme di sistema
Serie ISO 9000 e ISO 14000
Cogente
Decreto n.174 del 6 aprile 2004
Prodotto
Norme di prodotto
UNI EN 12201: 2004
Fig. D.1. Sistema normativo italiano
Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985
Metodi di analisi Circolare n. 27291 del Ministero dei Lavori Pubblici del 20 marzo 1986
182
D. Norme e certificazioni
Le norme cogenti (regole tecniche), come il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 o la Circolare n. 27291 del Ministero dei Lavori Pubblici del 20 marzo 1986, sono prescrizioni che devono essere osservate obbligatoriamente, pena sanzioni amministrative o penali. Le diverse leggi e le norme cogenti (Legge costituzionale, Legge ordinaria, Decreto legislativo o Decreto legge, Regolamento) si differenziano per forma o iter di emanazione e per organo di provenienza. Le leggi sono norme giuridiche emanate dagli organi preposti al potere legislativo1 (Parlamento, Consigli Regionali, ecc.). Le norme volontarie sono tutte quelle norme di impiego non obbligatorio il cui scopo solitamente è quello di creare un valore aggiunto definendo il meglio dello “stato dell’arte” al momento della stesura. Può accadere che norme volontarie diventino obbligatorie di fatto per richieste di capitolato. Le norme volontarie sono emanate da Organismi di normazione riconosciuti a livello nazionale e internazionale. In Fig. D.2 sono presentate le relazioni esistenti tra gli enti di normazione ed accreditamento italiani (Sistema Qualità Italia) e quelli europei ed internazionali. Le norme appartenenti a questa classe sono riportate in Tabella D.1. In Tabella D.2 sono infine riportate le definizioni dei principali documenti appartenenti al sistema normativo italiano.
1 Scala delle fonti del diritto. Elenca le diverse tipologie di norme cogenti per “importanza”: Costituzione, Leggi ordinarie dello Stato italiano e Norme della Comunità Europea, Leggi Regionali, Regolamento, Usi e Consuetudini (da “Manuale del Diritto Privato”, Trimarchi, Giuffrè, 2003).
D.1. Differenze tra decreto, circolare, norma e certificazione
ISO Ente di normazione internazionale
CEN Ente di normazione europeo
UNI
EA e IAF Associazioni, europea ed internazionale, degli organismi nazionali di accreditamento
SINAL Ente di accreditamento dei laboratori di prova
Laboratori di prova
183
Ente di normazione italiano
SINCERT Ente di accreditamento di organismi di certificazione (sistemi, prodotti, persone) e ispezione
Organismi di certificazione e ispezione
UNIPLAST Ente federato UNI per le materie plastiche
SIT Ente di accreditamento di laboratori di taratura
Centri di taratura
Fig. D.2. Enti di normazione ed accreditamento internazionali e Sistema Qualità Italia
184
D. Norme e certificazioni
Tabella D.1. Norme del sistema volontario Norma
Descrizione
Serie ISO 9000
Regolano la gestione di un sistema per la qualità aziendale.
Serie ISO 14000 e regolamento EMAS
Regolano un sistema di gestione ambientale.
Certificazione di Prodotto /servizio
Procedura con cui una Terza Parte fornisce un’assicurazione scritta che un prodotto, processo o servizio sia conforme ai requisiti specificati.
Tabella D.2. Documenti facenti parte del sistema normativo italiano Voce
Definizione
Legge
Norma giuridica emanata dagli organi predisposti all’esercizio del potere legislativo nelle forme stabilite dalla Costituzione.
Decreto Legge
Norma giuridica emanata da un potere esecutivo cui la Costituzione conferisce efficacia e forza di legge; ha l’efficacia e la forza di una legge ma non la stessa forma.
Norma Tecnica
Documento che definisce le caratteristiche di un prodotto, di un processo o di un servizio in relazione al progresso tecnico e tecnologico raggiunto al momento della redazione. Si tratta di un documento volontario. La volontarietà lo distingue dalle Regole Tecniche.
Regola Tecnica
Al pari delle norme tecniche, definisce i requisiti relativi ad un prodotto, ad un processo o ad un servizio, ma ha carattere cogente (obbligatorio) ed è inserito in leggi, decreti od altri atti di tipo cogente.
Regolamento
Atto amministrativo emanato da un’autorità amministrativa. Esistono regolamenti definiti esecutivi, emanati dal Governo con il compito di disciplinare, con disposizioni a carattere particolare e complementare, le norme generali contenute nelle leggi.
Certificazione
La definizione è riportata in Tabella D.1 ed è in accordo con la norma terminologica UNI CEI EN 45020: 1998.
D.2. Circolari e decreti
185
D.2. Circolari e decreti L’elenco principale delle leggi, delle circolari, dei decreti ministeriali nel settore del trasporto acqua potabile e delle normative dei sistemi di gestione qualità-ambiente-organismi di certificazione, in vigore al 31 luglio 2004 è riportato in Tabella D.3.
Tabella D.3. Decreti, circolari e norme generali Decreto o circolare
Descrizione
Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 12 dicembre 1985 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°61 del 14 marzo 1986
Norme tecniche relative alle tubazioni: progetto, costruzione e collaudo delle tubazioni e degli elementi che le costituiscono (tubi, giunti e pezzi speciali).
Circolare n°27291 del Ministero dei Lavori Pubblici del 20 marzo 1986
Istruzioni relative alla normativa tecnica per le tubazioni.
Decreto n°174 del 6 aprile 2004 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°166 del 17 luglio 2004
Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano.
Decreto Ministeriale del 23 febbraio1971 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°132 del 26 maggio 1971*
Norme tecniche per gli attraversamenti e per i parallelismi di condotte e canali convoglianti liquidi e gas con ferrovie ed altre linee di trasporto.
Legge n°36 del 5 gennaio 1994
Disposizioni in materia di risorse idriche.
Decreto Legislativo n°31 del 2 febbraio 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°52 del 3 marzo 2001
Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.
Decreto Legislativo n°27 del 2 febbraio 2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°58 del 9 marzo 2002
Modifiche ed integrazioni al Decreto Legislativo n°31 del 2 febbraio 2001 recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.
UNI EN ISO 9001: 2001
Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti.
UNI EN ISO 14001: 1996
Sistemi di gestione ambientale – Requisiti e guide per l’uso.
UNI CEI EN 45011: 1999
Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione di prodotti.
* Testo modificato secondo il D.M.10 agosto 2004 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 199 del 25 agosto 2004
186
D. Norme e certificazioni
D.3. Normative Le principali normative nazionali ed europee riguardanti la materia prima, i componenti e la realizzazione delle reti in PE per la distribuzione di acqua potabile sono elencate nelle Tabelle D.4 – D.7.
Tabella D.4. Principali normative nazionali ed europee riguardanti le tubazioni in PE Norme nazionali ed europee
Descrizione
CEI 306-8: 2004
L’impiego del georadar nelle prospezioni preliminari ad opere di posa di servizi ed infrastrutture sotterranee.
ISO 4427: 1996
Polyethylene (PE) pipes for water supply. Specifications.
UNI EN 805: 2002
Approvvigionamento di acqua - Requisiti per sistemi e componenti all’esterno di edifici.
UNI ENV 1046: 2003
Sistemi di tubazioni e condotte di materia plastica Sistemi di adduzione d’acqua e scarichi fognari all’esterno dei fabbricati. Raccomandazioni per installazione interrata e fuori terra.
UNI EN 12201-1: 2004
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Generalità.
UNI EN 12201-2: 2004
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Tubi.
UNI EN 12201-3: 2004
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Raccordi.
UNI EN 12201-4: 2002
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Valvole.
UNI EN 12201-5: 2004
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Idoneità all’impiego del sistema.
UNI CEN/TS 12201-7: 2004
Sistemi di tubazioni di materia plastica per la distribuzione dell’acqua - Polietilene (PE). Guida per la valutazione delle conformità.
UNI EN 13689: 2003
Guida per la classificazione e la progettazione dei sistemi di tubazioni di materia plastica per il ripristino.
D.3. Normative
187
Tabella D.5. Principali normative nazionali ed europee riguardanti saldature, giunzioni e raccordi Norma
Descrizione
ISO 13953: 2001
Polyethylene pipes and fittings. Determination of the tensile strength and failure mode of test pieces from a butt-fused joint.
ISO 13954: 1997
Plastics pipes and fittings. Peel decohesion test for polyethylene electrofusion assemblies of nominal outside diameter greater than or equal to 90 mm.
ISO 13955: 1997
Plastics pipes and fittings. Crushing decohesion test for polyethylene electrofusion assemblies.
ISO/Dis 13956: 1996 Plastics pipes and fittings. Determination of cohesive resistance. Tear test for polyethylene saddle assemblies. UNI EN 712: 1995 Sistemi di tubazioni in materiale termoplastico.Giunzioni meccaniche di estremità con trasmissione di carico tra tubi in pressione e raccordi. Metodo di prova per la resistenza allo sfilamento ad estrazione sotto sforzo costante. UNI EN 1716: 1998 Sistemi di tubazioni di materia plastica. Presa in carico con derivazione a T di polietilene. Metodo di prova per la resistenza all’urto di una presa in carico con derivazione a T. UNI 9737: 1997
Classificazione e qualificazione dei saldatori di materie plastiche. Saldatori con procedimenti ad elementi termici per contatto con attrezzatura meccanica e a elettrofusione per tubazioni e raccordi in polietilene per il convogliamento di gas combustibili, di acqua e di altri fluidi in pressione.
UNI 10520: 1997
Saldatura di materie plastiche. Saldatura ad elementi termici per contatto. Saldatura di giunti testa a testa di tubi e/o raccordi in polietilene per il trasporto di gas combustibili, di acqua e di altri fluidi in pressione.
UNI 10521: 1997
Saldatura di materie plastiche. Saldatura per elettrofusione. Saldatura di tubi e/o raccordi in polietilene per il trasporto di gas combustibili, di acqua e di altri fluidi in pressione.
UNI 10565: 1996
Saldatrici da cantiere ad elementi termici per contatto impiegate per l’esecuzione di giunzioni testa/testa di tubi e/o raccordi in polietilene (PE), per il trasporto di gas combustibile, di acqua e di altri fluidi in pressione. Caratteristiche e requisiti, collaudo, manutenzione e documenti.
UNI 10566: 1996
Saldatrici per elettrofusione ed attrezzature ausiliarie impiegate per la giunzione di tubi e/o raccordi in PE, mediante raccordi elettrosaldabili, per il trasporto di gas combustibile, di acqua e altri fluidi in pressione. Caratteristiche e requisiti, collaudo, manutenzione e documenti. •••
188
D. Norme e certificazioni
••• UNI 10761: 1999
Coordinamento delle attività di saldatura, posa e collaudo di reti di polietilene per il convogliamento di gas combustibili, acqua e altri fluidi in pressione. Compiti e responsabilità, requisiti per l’addestramento, la qualificazione e la certificazione del personale.
UNI 10967: 2001
Saldatura di tubi e/o di raccordi in polietilene tipo PE100 per il trasporto di gas combustibili, di acqua e di altri fluidi in pressione.
UNI 11024: 2003
Requisiti di qualità per la saldatura di tubazioni di polietilene per il convogliamento di gas combustibili, di acqua e di altri fluidi in pressione.
UNI EN ISO 12162: 1997
Materiali termoplastici per tubi e raccordi per applicazioni sotto pressione. Classificazione e designazione. Coefficiente generale d’impiego (ai fini della progettazione).
Tabella D.6. Principali normative riguardanti le prove meccaniche Norma
Descrizione
EN ISO 9080: 2003 Plastics piping and ducting systems. Determination of the long-term hydrostatic strenght of thermoplastics materials in pipe form by extrapolation. ISO 1167: 2001
Thermoplastics pipes for the conveyance of fluids. Resistance to internal pressure. Test method.
ISO 13477: 1997
Thermoplastics pipes for conveyance of fluids. Determination of resistance to rapid crack propagation (RCP. Small-scale steady-state test (S4 test).
UNI EN 715: 1995
Sistemi di tubazioni in materiale termoplastico. Giunzioni di estremità con trasmissione di carico tra tubi in pressione di piccolo diametro e raccordi. Prova di tenuta a pressione d’acqua interna considerando la spinta di estremità.
UNI EN 921: 1995
Sistemi di tubazioni di materia plastica.Tubi di materiale termoplastico. Determinazione della resistenza alla pressione interna a temperatura costante.
UNI EN ISO 6259-1: 2002
Tubi di materiale termoplastico. Determinazione delle caratteristiche a trazione. Metodo generale di prova.
UNI EN ISO 13478: 1999
Tubi di materiale termoplastico per il trasporto di fluidi. Determinazione della resistenza alla propagazione rapida della fessura (RCP. Prova a grandezza naturale (FST).
UNI EN ISO 13479: 1999
Tubi di poliolefine per il trasporto di fluidi. Determinazione della resistenza alla propagazione della fessura. Metodo di prova per la propagazione lenta della fessura di un tubo intagliato (prova dell’intaglio).
D.4. Qualificazione degli operatori
189
Tabella D.7. Principali normative riguardanti le prove chimico-fisiche Norma
Descrizione
ISO 1183: 1987
Methods for determining the density of non-cellular plastics.
ISO 6964: 1986
Polyolefin pipes and fittings - Determination of carbon black content by calcination. Test method and basic specification.
ISO 18553: 2001
Method for the assessment of the degree of pigment of carbon black dispersion in polyolefin pipes, fittings and compounds.
UNI EN 728: 1998
Sistemi di tubazioni e canalizzazioni di materia plastica - Tubi e raccordi di poliolofine - Determinazione del tempo di induzione all’ossidazione.
UNI EN 1056: 1998
Sistemi di tubazioni e condotte di materia plastica - Tubi e raccordi di materia materia plastica - Metodo per esposizione diretta agli agenti atmosferici.
UNI EN ISO 1133: 2001
Materie plastiche - Determinazione dell’indice di fluidità in massa (MFR) e dell’indice di fluidità in volume (MVR) dei materiali termoplastici.
UNI EN 12099: 1998 Sistemi di tubazioni di materia plastica - Materiali e componenti di tubazioni di polietilene - Determinazione del contenuto di materia volatile. UNI EN 12118: 1999 Sistemi di tubazione di materia plastica. Determinazione del contenuto di umidità nei materiali termoplastici per coulometria.
D.4. Qualificazione degli operatori L’affidabilità di una rete di tubazioni in polietilene per il trasporto di acqua (o gas) in pressione dipende da alcuni fattori legati alla scelta di materiali e delle tecnologie, tra cui i principali sono: • •
•
•
materie prime: i tubi, i raccordi e gli altri componenti devono possedere requisiti adeguati alle specifiche di progetto; posa in opera: lo scavo, il collegamento dei diversi elementi e il rinterro devono essere eseguiti in accordo con le norme e i regolamenti corrispondenti; collaudo: deve essere effettuato con procedure specifiche che tengano conto della natura del materiale, tali da consentire di verificare la tenuta idraulica senza danneggiare la condotta; gestione dell’esercizio.
190
D. Norme e certificazioni
La realizzazione di una condotta, deve perciò avvalersi di figure professionali preparate e di coordinatori accreditati delle varie attività coinvolte (posa, saldatura e collaudo), come consigliato dalla recente norma di sistema UNI 11024: 2003, la quale definisce i principali requisiti di qualità che devono essere rispettati dalle aziende operanti nel settore. La certificazione del personale secondo quanto stabilito da norme o regole tecniche in termini di istruzione, addestramento, conoscenze professionali ed esperienza operativa è uno dei requisiti fondamentali. È il caso delle norme UNI 9737: 1997 per la classificazione e qualificazione dei saldatori di materie plastiche e UNI 10761: 1999 per la certificazione del livello di qualificazione del personale che svolga operazioni di coordinamento delle attività di saldatura, posa e collaudo di reti di polietilene. La norma di sistema UNI EN ISO 9001: 2000, infine, richiede la qualificazione dei propri fornitori per la realizzazione di un sistema di gestione per la qualità (SGQ) che permette la standardizzazione della qualità del proprio servizio e/o prodotto.
Tabelle Tabella simboli Simbolo
Denominazione
Definizione
Unità di misura
a
Velocità di propagazione della perturbazione di pressione
Indica la velocità con la quale si propaga un’onda di pressione in un fluido (acqua) all’interno di una condotta.
[m/s]
Aanc
Area di appoggio dell’ancoraggio
Area della superficie di appoggio dell’ancoraggio valutata perpendicolarmente alla direzione di spinta del fluido.
[m2]
B
Larghezza della trincea
Convenzionalmente è misurata in corrispondenza della generatrice superiore del tubo.
[m]
bi
Larghezza del cordolo di saldatura
Larghezza del cordolo di saldatura che si forma sul lembo i del tubo o del raccordo in seguito al processo di saldatura testa a testa.
[mm]
bt
Larghezza complessiva del cordolo di saldatura
Somma delle larghezze dei due cordoli di saldatura che si formano sull’estremità del tubo o del raccordo in seguito al processo di saldatura testa a testa.
[mm]
C
Coefficiente complessivo di sicurezza
Coefficiente complessivo che considera sia le condizioni di servizio sia le proprietà dei componenti dei sistemi di tubazioni. Per l’acqua C è pari a 1,25.
[-]
cd
Coefficiente di Marston (trincea stretta)
Coefficiente per la determinazione dell’azione del peso del terreno sul tubo nel caso di trincea stretta.
[-]
cd’
Coefficiente di Marston (trincea larga)
Coefficiente per la determinazione dell’azione del peso del terreno sul tubo nel caso di trincea larga.
[-]
cdn
Coefficiente correttivo di flessione
Coefficiente per la determinazione della lunghezza massima ammissibile fra due appoggi nel caso di tubazioni sospese.
[-]
•••
192
Tabelle
••• cf
Coefficiente di assestamento
Indica il valore a lungo termine di incremento della deformazione di schiacciamento del tubo per effetto del processo di assestamento del terreno e del comportamento viscoelastico del PE.
[%]
cg
Coefficiente geometrico della singolarità
Coefficiente che considera la geometria della singolarità presente nella condotta utilizzato per il dimensionamento degli ancoraggi.
[-]
cp
Coefficiente di spinta
Coefficiente che permette la valutazione dell’entità della spinta di reazione del terreno sul blocco di ancoraggio.
[kN/m3]
cr
Coefficiente di rigidità del terreno
Considera le proprietà meccaniche del terreno in funzione del grado di compattazione. È definito come: cr = fc · h.
[N/cm3]
cS
Coefficiente di appoggio del terreno
Considera le interazioni tra il tubo e il letto di posa in funzione delle condizioni stesse di posa.
[-]
cT
Coefficiente di riduzione
Coefficiente di riduzione del PN di classificazione del tubo per temperature di esercizio superiori a 20°C.
[-]
cz
Coefficiente di forma della zavorra
Coefficiente che considera la geometria della zavorra utilizzato in fase di verifica.
[-]
c0
Velocità del suono (celerità)
Velocità di propagazione del suono nel fluido/condotta.
[m/s]
dem
Diametro esterno medio
Diametro esterno del tubo o del raccordo calcolato dal rapporto della circonferenza esterna (misurata in una sezione qualsiasi) e π.
[mm]
di
Diametro interno
Diametro interno riferito ad un punto qualsiasi del tubo o del raccordo.
[mm]
dic
Diametro interno commerciale
Diametro interno del tubo disponibile in commercio.
[mm]
dn
Diametro esterno nominale
Diametro esterno nominale di designazione del tubo o del raccordo.
[mm]
•••
Tabelle
193
••• E
Energia di attivazione
Energia di attivazione utilizzata per il calcolo del coefficiente di estrapolazione.
[kJ/mol]
Ea
Modulo di compressibilità cubica del fluido
È noto anche come modulo di elasticità di volume del fluido (acqua). Pari a 2,03 GPa per l’acqua.
[MPa]
El
Modulo di elasticità a lungo termine
Modulo di elasticità del PE valutato a 50 anni.
[MPa]
Es
Modulo di elasticità a breve termine
Modulo di elasticità del PE valutato ad 1 ora.
[MPa]
Et
Modulo di elasticità del terreno
-
[MPa]
em
Spessore medio di parete
Spessore di parete del tubo o del raccordo calcolato come media aritmetica di un numero di misure equamente distanziate lungo una sezione qualsiasi.
[mm]
en
Spessore nominale di parete
Spessore di parete nominale di designazione del tubo o del raccordo.
[mm]
ey, min
Spessore minimo di parete
Valore minimo dello spessore di parete misurato in accordo con la norma ISO 3126:1974.
[mm]
Ft
Forza di trascinamento
Massima forza di trascinamento, applicata in direzione assiale, sopportata dal tubo.
[N]
fc
Fattore di compattazione del terreno
È un coefficiente dipendente dal grado di compattazione del terreno nella valutazione del coefficiente di rigidità del terreno.
[-]
fr
Fattore di ritardo dell’inflessione
Considera le condizioni di assestamento del sistema tubo-terreno nel tempo.
[-]
g
Accelerazione di gravità
Pari a circa 9,81 m/s2.
[m/s2]
h
Altezza di ricopertura
Distanza tra la generatrice superiore del tubo e il livello stradale.
[m]
H
Perdita di carico distribuita
Perdita di carico del fluido tra due sezioni della condotta per effetto dell’attrito viscoso e della scabrezza del tubo.
[m]
•••
194
Tabelle
••• hem
Altezza di emersione
Altezza della porzione di tubo che emerge dal letto di posa.
[m]
hf
Altezza di falda
Altezza della falda rispetto alla superficie del terreno.
[m]
Hi
Perdita di carico localizzata
Perdita di carico del fluido tra due sezioni per effetto di una singolarità presente lungo la condotta.
[m]
Htot
Perdite di carico totali
Perdita complessiva di carico del fluido tra due sezioni della condotta.
[m]
hT
Profondità complessiva dello scavo
Profondità complessiva dello scavo della trincea.
[m]
J
Cadente
Perdita di carico del fluido (acqua) in un tratto di condotta di lunghezza unitaria.
[m/km]
ka
Coefficiente di spinta attiva del terreno
Considera l’effetto degli sforzi di taglio nel terreno per trincee strette.
[-]
ke
Fattore di estrapolazione
Fattore moltiplicativo utilizzato nel metodo SEM (EN ISO 9080: 2003) per la determinazione del tempo massimo di estrapolazione.
[-]
ki
Coefficiente per il calcolo delle perdite di carico localizzate
Coefficiente che considera l’effetto sulle perdite di carico di ogni singolarità presente lungo la condotta.
[-]
l
Altezza del letto di posa
Altezza dello spessore di terreno che funge da base di appoggio per il tubo.
[m]
L
Lunghezza della condotta
Lunghezza misurata lungo la coordinata assiale della condotta.
[m]
L*
Lunghezza caratteristica
Lunghezza del tratto di condotta soggetto a fenomeni di colpo d’ariete.
[m]
M
Momento flettente
Momento flettente agente su una sezione del tubo. È sempre inteso per unità di lunghezza del tubo.
[Nm/m]
MOP
Massima pressione operativa
Massima pressione effettiva del fluido nel sistema di tubazioni che è ammessa in uso continuo. Essa tiene conto delle caratteristiche pratiche e meccaniche dei componenti del sistema di tubazioni.
[bar]
•••
Tabelle
195
••• MRS
Minimum required strength (resistenza minima richiesta)
Valore di σLPL, arrotondato al valore inferiore più prossimo della serie R10 (conforme alla norma ISO 3: 1973) o della serie R20 (conforme alla norma ISO 497: 1973).
[MPa]
n
Coefficiente di rigidità relativa
Coefficiente utilizzato per la distinzione tra tubi deformabili e tubi rigidi in funzione del tipo di terreno.
[-]
na
Numero di anelli
Numero di anelli costituente la zavorra da applicare alla condotta per installazioni sottomarine.
[-]
N
Azione normale
Azione agente in direzione circonferenziale su una sezione del tubo. È sempre intesa per unità di lunghezza del tubo.
[N/m]
Pa
Peso di un anello della zavorra
Peso di ogni singolo anello costituente la zavorra da applicare alla condotta per installazioni marine.
[N]
Ps
Carico localizzato
Carico agente sulla superficie del terreno e gravante sulla condotta. Può essere sia di natura statica, sia di natura dinamica (traffico).
[N]
Pt
Peso complessivo della zavorra
Peso complessivo della zavorra da applicare alla condotta per installazioni marine.
[N]
p
Pressione
Pressione interna alla quale è soggetta la tubazione.
[bar]
pc
Pressione di resistenza alla RCP
Resistenza del materiale alla propagazione rapida della frattura (RCP) determinata in accordo con la norma ISO 13477: 1997.
[bar]
pcr
Pressione critica
Massima pressione esterna che può sopportare la condotta senza problemi di instabilità (buckling).
[MPa]
pcoll
Pressione di collaudo
Pressione imposta dal fluido durante le operazioni di collaudo.
[bar]
pE
Massima pressione di esercizio
Pressione di esercizio calcolata come somma della pressione di esercizio del fluido e della sovrappressione per colpo d’ariete.
[bar]
•••
196
Tabelle
••• pext
Pressione esterna
Pressione esterna agente sul tubo (ad esempio per condotte sottomarine).
[MPa]
pi
Pressione per la saldatura testa a testa
Pressione da applicare al tubo e /o raccordo durante la fase i del ciclo di saldatura non considerando la pressione di trascinamento.
[MPa]
pI
Pressione idrostatica
Pressione idrostatica dell’acqua a regime.
[MPa]
pin
Pressione di ingresso
Pressione del fluido in ingresso alla condotta.
[MPa]
pout
Pressione di uscita
Pressione del fluido in uscita dalla condotta.
[MPa]
pt
Pressione di trascinamento
Pressione necessaria per muovere il tubo in direzione assiale nella saldatura testa a testa.
[MPa]
p0
Pressione equivalente
Pressione interna equivalente che provocherebbe nel tubo uno sforzo circonferenziale pari alla massima risultante di tutti gli sforzi indotti dalle sollecitazioni esterne.
[bar]
PN
Pressione nominale
Pressione operativa massima alla quale il tubo può essere soggetto, continuativamente, con acqua a 20°C e con un coefficiente C pari a 1,25.
[bar]
PNT
Pressione nominale ridotta
Pressione nominale riferita ad una temperatura T maggiore di 20°C.
[bar]
Q
Portata volumetrica
Volume di acqua trasportato dalla tubazione nell’unità di tempo.
[m3/s]
Qa
Carico lineare verticale
Carico prodotto dal peso del fluido (acqua) contenuto nella condotta per unità di lunghezza del tubo.
[N/m]
Qf
Carico lineare verticale
Carico trasmesso dal terreno al tubo a causa di falde acquifere prementi per unità di lunghezza del tubo.
[N/m]
Qs
Carico lineare verticale
Carico trasmesso dal terreno al tubo a causa di sovraccarichi per unità di lunghezza del tubo.
[N/m]
•••
Tabelle
197
••• Qt
Carico lineare verticale
Carico trasmesso dal terreno al tubo a causa del terreno sovrastante per unità di lunghezza del tubo.
[N/m]
qa
Pressione verticale
Pressione verticale agente sulla superficie del tubo per effetto del carico Qa .
[N/m2]
qf
Pressione verticale
Pressione verticale agente sulla superficie del tubo per effetto del carico Qf .
[N/m2]
qs
Pressione verticale
Pressione verticale agente sulla superficie del tubo per effetto del carico Qs .
[N/m2]
qt
Pressione verticale
Pressione verticale agente sulla superficie del tubo per effetto del carico Qt .
[N/m2]
R
Costante universale
È pari a 8,31 J/mol K.
[J/mol K]
Rt
Carico lineare orizzontale
Carico di reazione laterale del terreno trasmesso al tubo per unità di lunghezza di tubo.
[N/m]
rt
Pressione orizzontale
Pressione orizzontale agente sulla superficie del tubo per effetto del carico Rt .
[N/m2]
Re
Numero di Reynolds
Numero adimensionale che indica le condizioni di moto del fluido all’interno della condotta. È definito come: v·di . Re = _____
[-]
[-]
υ
SDR
Standard dimension ratio (rapporto dimensionale normalizzato)
È definito come:
SN
Rigidità anulare del tubo
È definita come la forza necessaria per provocare una deformazione radiale unitaria in un tratto di tubo di lunghezza unitaria.
[kN/m2]
Durata critica
Durata critica dell’operazione di regolazione della portata nell’impianto.
[s]
tc
Tempo di saldatura
Durata della fase i del ciclo di saldatura ad elementi termici per contatto.
[s]
ti
dn . SDR = _____ en
•••
198
Tabelle
••• tr
Tempo di chiusura
Durata dell’operazione di regolazione della portata in una condotta.
[s]
T
Temperatura
-
[°C]
u1 , u2
Lato
Dimensioni della base d’appoggio, ipotizzata rettangolare, di un eventuale carico statico sulla superficie del terreno.
[m]
v
Velocità
Velocità media a regime dell’acqua nella tubazione.
[m/s]
Vcm
Velocità della corrente marina
Massima velocità della corrente marina agente su una tubazione sottomarina.
[m/s]
Vr
Velocità media reale
Velocità media a regime dell’acqua in funzione del diametro commerciale del tubo.
[m/s]
x
Coordinata assiale
Distanza tra due punti lungo l’asse della condotta.
[m]
Z
Spinta di galleggiamento
Spinta di galleggiamento esercitata sulla condotta vuota.
[kg]
α
Coefficiente di dilatazione termica lineare
Rappresenta la deformazione subita da un corpo di lunghezza unitaria a causa di un aumento di temperatura pari ad 1°C.
[mm/m °C]
β
Coefficiente di trincea
Coefficiente per la determinazione della distribuzione di un carico del terreno sul tubo in funzione del tipo di trincea.
[-]
∆L
Deformazione assiale della condotta.
Deformazione causata dalle sollecitazioni termiche e dalla pressione interna del fluido.
[mm]
∆Lp
Deformazione assiale della condotta.
Deformazione causata dalla pressione interna del fluido.
[mm]
∆LT
Deformazione assiale della condotta.
Deformazione causata dalle sollecitazioni termiche.
[mm]
∆p
Differenza di pressione
Differenza tra la pressione esterna ed interna agente sul tubo.
[MPa]
∆pa
Sovrappressione per colpo d’ariete
Variazione di pressione per effetto dei colpi d’ariete.
[MPa]
•••
Tabelle
199
•••
∆pH
Perdita di pressione
Differenza della pressione del fluido tra due sezioni della condotta per effetto delle perdite di carico.
[Pa]
∆T
Differenza di temperatura
-
[°C]
∆t
Ritardo temporale
Differenza temporale di acquisizione di un segnale sonoro tra due rilevatori nella fase di ricerca perdite.
[s]
∆z
Variazione di quota geodetica
Variazione della quota della condotta tra due sezioni.
[m]
δ
Deformazione
Deformazione del tubo.
[mm]
ε
Scabrezza
Misura della rugosità superficiale del tubo.
[mm]
χ
Distanza di appoggio
Massima distanza ammissibile fra due appoggi nel caso di tubazioni sospese.
γa
Peso specifico
Peso specifico dell’acqua trasportata nella condotta.
[N/dm3]
γm
Peso specifico
Peso specifico dell’acqua marina.
[N/dm3]
γPE
Peso specifico
Peso specifico del PE.
[N/dm3]
γt
Peso specifico
Peso specifico del terreno di posa.
[N/dm3]
Φ
Angolo di attrito interno
Parametro di resistenza del terreno di scavo.
[-]
ϕ
Coefficiente dinamico
Coefficiente che considera gli effetti inerziali dei carichi dinamici.
[-]
κ
Tolleranza
Tolleranza ammessa per le dimensioni del cordolo di saldatura per la saldatura testa a testa.
λ
Coefficiente di attrito
Coefficiente adimensionale che considera l’attrito viscoso del fluido (acqua) in moto all’interno di un tubo.
[-]
µ
Coefficiente di attrito
Coefficiente di attrito tra tubo e terreno.
[-]
•••
200
Tabelle
•••
ν
Coefficiente di Poisson
Rapporto tra la contrazione laterale e l’allungamento in un materiale soggetto a trazione monoassiale.
[-]
Θ
Angolo di attrito
Angolo di attrito tra il materiale di riempimento della trincea e il terreno originale.
[-]
π
Pi greco
Pari a circa 3,14.
[-]
ρa
Densità dell’acqua
Massa di materiale per unità di volume.
[kg/dm3]
ρPE
Densità del PE
Massa di materiale per unità di volume.
[kg/dm3]
σc
Sforzo circonferenziale
Sforzo agente in direzione circonferenziale sulla sezione del tubo.
[MPa]
σLPL
Limite inferiore di confidenza (lower confidence limit of the predicted hydrostatic strength)
Rappresenta il limite inferiore di confidenza al 97,5% della resistenza del materiale prevista a 20°C per 50 anni (EN ISO 9080: 2003).
[MPa]
σs
Sforzo di progetto
Sforzo ammissibile per una data applicazione. MRS . È pari a: σs = _____ C
[MPa]
σy
Sforzo di snervamento
Valore di sforzo che determina l’insorgenza di deformazioni non recuperabili nel materiale.
[MPa]
σ0
Sforzo equivalente
Massimo sforzo circonferenziale agente sulla sezione i del tubo per effetto dei soli carichi esterni.
[MPa]
σoi,ext
Componente dello sforzo equivalente sulla parete esterna
Sforzo circonferenziale dovuto al carico esterno i-esimo, valutato sulla parete esterna del tubo.
[MPa]
σoi,int
Componente dello sforzo equivalente sulla parete interna
Sforzo circonferenziale dovuto al carico esterno i-esimo, valutato sulla parete interna del tubo.
[MPa]
υ
Viscosità cinematica
Per l’acqua a 20°C è pari a circa 10-6 m2 / s.
[m2/s]
15
10
20
25
30 35 40 45 50 556065 70 80 90 100
125 150 175 200225 250 300 350 400 450 500 550 600
1000 500
700
Velocità [m/s]
300
800
150 100
1
50
900 1000
30 20 15 10
1500
5 4 3 2
0,1
2000
1 0.75 0.5 0.4 0.3 0.2 0.15
Tabelle
0.1
0.05
0.03
0,001 cadente J [m/km] 0,01
0.01
0,1
Portata [m3/s]
1 201
Fig. 4.1. Diagramma per il dimensionamento idraulico di condotte in PE per il trasporto di acqua (temperatura: 20°C).
diametro interno di [mm]
202
Tabelle
0,92
0,90
0,88
0,86
0,84
0,82
0,80
110 140 180 225 280 355 450 560 710 900 75 50 32 20 Fig. 4.22. Coefficiente correttivo di flessione in funzione del diametro del tubo.
Cdn
dn [mm] 400
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Elenco fonti delle figure
Capitolo 1
Capitolo 8
Fig. 1.1 fornita da PE 100+ Association Member Figg. da 1.2 a 1.4 fornite da PE 100+ Association
Figg. da 8.2 a 8.8 fornite da I.A.T.T.
Capitolo 3 Fig. 3.4 fornita da GLT
Capitolo 4 Fig. 4.8 fornita da PE 100+ Association Figg. 4.20 e 4.21 fornite da GLT
Capitolo 5 Figg. 5.1 e 5.2 fornite da GLT Fig. 5.5 fornita da GLT Fig. 5.7 tratta dal Foglio di Aggiornamento alla norma UNI 10520: 1997 Figg. da 5.8 a 5.24 fornite da GLT
Capitolo 7 Fig. 7.1 tratta da Progetto di norma E13.08.973.0 - Posa in opera e collaudo di sistemi di tubazioni di PE per il trasporto di liquidi in pressione - aggiornamento ottobre 2002 – Uniplast
Capitolo 9 Fig. 9.1 fornita da PE 100+ Association Member (adattato da DVGW, 1997) Fig. 9.2 fornita da PE 100+ Association Member (adattato da Associazione Sigma 80, 1997) Fig. 9.3 fornita da PE 100+ Association Member (adattato da NLTRC, 2000) Fig. 9.4 fornita da PE 100+ Association Member (adattato da Anglian Water, 1994-97) Fig. 9.5 fornita da PE 100+ Association Member
Indice analitico
abrasione 14
C-Compact, 142
additivi, 15
celerità, 39
affidabilità, 149
certificazione, 23, 184, 190
agenti chimici, 157
chain folding, 155
alesatore, 121
ciclo di saldatura, 91
ali di gabbiano, 96
cilindro, 20, 21
Allievi, 37
classe di compattazione, 57
allineatore, 101
classificazione del materiale, 12, 13
allungamento a rottura, 7, 177
cloro, 125
altezza di ricopertura, 51, 113
codice a barre, 98
analisi frattografica, 136
coefficiente – complessivo di esercizio, 11 – di appoggio, 57 – di attrito, 79 – di dilatazione termica lineare, 7 – di Marston, 44 – di Poisson, 7 – di riduzione, 11, 130 – di rigidità, 41, 54 – di sicurezza, 36 – di spinta attiva, 44 – dinamico, 51 – per le perdite di carico localizzate, 27
ancoraggi, 68, 73 anelli di centraggio, 140 appoggi, 73 Arrhenius, 162 attraversamenti, 121, 123, 124 attrito, 44, 140 azione – circonferenziale, 40 – del terreno, 41, 43
banda segnaletica, 119 bimodale, 5, 153, 157 biomembrana, 16
cadente, 26 canal-jet, 138 capitolato d’opera, 127 carico di trazione, 78 cartella a flangia, 105 catene polimeriche, 5
Colebrook-White, 26 collari di presa, 98 collaudo, 128 colpo d’ariete, 37 compattazione del terreno, 58, 115 compensazione della dilatazione, 68 compound, 15, 19 condotte subacquee, 75 conduttività termica, 7, 114 conformità, 173 consumi, 134 contenuto d’acqua, 174
208
Indice analitico
contrazione, 130
energia di attivazione, 162
controllo del manufatto, 128
entanglements, 155
coordinatore, 128
estrazione, 22
cordolo di saldatura, 94, 96, 108
estrusione, 19, 20
correlatori, 135
expander, 140
costante dielettrica, 7
Extrapolation Time Factor, 161
costi, 120, 137, 148 creep, 8, 14, 158
falde acquifere, 40, 53, 119
crescita microbiologica, 16
fattore – di compattazione del terreno, 54 – di ritardo dell’inflessione, 57 – di estrapolazione del tempo ke, 162, 163
cristalliti, 6, 155 criterio di dimensionamento, 35 curvabilità, 146 curve di regressione, 8, 9, 155
fibrille, 155 filiera, 20
Darcy-Weisbach, 26 deformabilità, 145 deformazione plastica, 158 degradazione, 15 densità, 6, 156, 174 – Proctor, 57, 115
fissaggio meccanico, 104 flangia, 105 flessibilità, 145 forza di trascinamento, 78 fresa, 90 Full Scale test, 163
derivazioni, 98 dimensionamento, 25, 28
geofoni, 135
dipendenza dal tempo, 157
georadar, 121, 135
disentanglement, 160
geotessili, 119
dispersione, 15
ginocchio, 9, 161
distorsione, 21
giunto – a cannocchiale, 71 – a soffietto, 70 – di transizione, 104 – elettrosaldabile, 97
distretti, 133 distribuzione dei pesi molecolari, 5, 157 domini cristallini, 154 durabilità, 15, 147 durezza, 7, 14
effetto della temperatura, 159 elettrofusione, 1, 87
giunzione – dei flussi, 23 – meccanica, 87 grado – di compattazione, 60, 64, 115 – di cristallinità, 6, 155, 157 – di polimerizzazione, 5
Indice analitico granuli, 19 granulometria, 116 gruppo di terreno, 57
– –
209
idrostatica, 37 operativa, 130
massima sovrappressione, 37 Michaud, 37
inclusioni, 12
microrganismi, 16
indicatori di fusione, 104
migrazione – globale, 151 – specifica, 151
indice di fluidità (MFR), 6, 7, 23, 174, 177
Minimum Required Strength (MRS), 2, 7, 10, 13, 161
instabilità elastica, 56
modulo di elasticità, 6, 57, 73, 157
intaglio, 12
monomodali, 5, 153
incrostazioni, 1, 136
interpretazione degli eventi, 136 interventi d’emergenza, 136
nero fumo, 15, 173
irraggiamento, 15
norma tecnica, 184
leggi, 181 letto di posa, 116 localizzazione delle perdite, 134
norme, 181 – di prodotto, 127 nuclei di cristallizzazione, 154 numero di Reynolds, 26
Long Term Hydrostatic Strength, 161 Lower Prediction Limit (LPL), 9, 10, 11, 161
onde sismiche, 66 opere fuori terra, 67 organismi di certificazione, 23
macchina saldatrice, 99, 100
orientazione (cold drawing), 159
macromolecole, 153
ovalizzazione, 23, 54, 57, 59, 90, 158
mancata fusione, 94
Oxidation Induction Time (OIT), 13, 23, 174, 177
mantenimento, 21 mappatura, 121 marcatura, 20, 22 marchio di conformità, 24 Mariotte, 40 Marston, 44 Mass Volume Standard (MVS), 6 massa volumica, 174 massima pressione – di esercizio, 36
parametri di saldatura, 100 patentino, 88 perdite, 132, 133, 134 – di carico, 26, 27 perforazione orizzontale guidata (directional drilling), 121 peso – del terreno, 40, 47 – molecolare, 5, 153, 157
210
Indice analitico
pigmenti, 15
Remote Terminals Units (RTU), 136
pig-test, 139
resistenza, 157 – creep, 177 – all’impatto, 7, 180 – alla decoesione, 109, 180 – alla pressione interna, 2, 7, 10, 13 – alla propagazione lenta della frattura, 2, 7, 11, 13 – alla propagazione rapida della frattura, 2, 7, 12, 13, 163 – allo sfilamento, 109
pipe – bursting, 143 – splitting, 143 policristallino, 154 portata, 25, 32 posizionatore, 101 post-pressione, 21 preriscaldamento, 91 prescrizioni, 181 pressione – critica, 163 – di saldatura, 92 – equivalente, 36, 40, 61 – di trascinamento, 91 – nominale, 11, 36, 61 pressurizzazione, 130 processabilità, 15
riabilitazione, 136 riempimento, 114, 117 rigidità anulare, 58, 62, 64 rilassamento, 158 rinterro, 116 roll-down, 140 rottura – duttile, 8, 9, 160 – fragile, 8, 9, 12, 160
processo produttivo, 19 progettazione meccanica, 35
saldatrici, 100
propagazione – del rumore, 134 – lenta della frattura, 8, 10, 157, 160
saldatura – ad elementi termici per contatto (testa a testa), 87, 88 – per elettrofusione, 87, 97
proprietà organolettiche, 151
sand-jet, 138 satelliti, 138
raccordi, 21, 22, 27
scabrezza, 1, 25
raddrizzatore, 101
schiacciamento, 57, 61
radiazione UV, 15
scoppio, 12
raggio di curvatura, 77
scrapers, 138
ramificazioni, 5, 153, 155, 160
selle, 98
Rapid Crack Propagation (RCP), 2, 7, 12, 13
Standard Elaboration Method (SEM), 160
raschiatura, 101, 103
semicristallino, 6, 153
reazione laterale, 40, 54
serie di Renard, 162
regole tecniche, 181, 184
settori, 133
relining, 136, 137
sferuliti, 154
Indice analitico sforzo – circonferenziale, 8, 40 – di progetto, 7 – di snervamento, 6, 78, 157, 159
termoelemento, 88, 89
shrinkage, 23
terremoto, 66
sicurezza, 149
terreni contaminati, 125
slim liner, 142
tie molecules, 155
slip-lining, 139
traffico, 50
Slow Crack Growth (SCG), 2, 11, 13
trazione monoassiale, 159
Small Scale Steady State (S4) test, 163
trenchless, 1
sostanze volatili, 174
trincea, 43, 44, 47, 49, 111
sovraccarichi – dinamici, 50 – statici, 52
tubi a sezione deformata, 141
sovrappressione, 39
unità – di calibrazione, 20 – monomeriche, 5 – scavatrice direzionale, 121
spinta di galleggiamento, 76 staffe, 74
termoossidazione, 12, 15 termoplastico, 5, 153
stampaggio ad iniezione, 19, 21 stampo, 21
valvole, 27
strato di ossidazione, 103
verbale – di collaudo, 132 – di regolare esecuzione, 125
stress cracking, 6
verifica, 28, 32
strizione (necking), 159
viscoelasticità, 8, 130, 157
Student, 162
viscosità, 5, 6, 157 – cinematica, 27
strain hardening, 159
subcoil, 142 subline, 141
vita residua, 150
surriscaldamento, 94 warpage, 23 tagliatubi, 101 tecniche di rilevazione elettromagnetica, 119 temperatura – di esercizio, 11 – di rammollimento, 7 tempo – critico, 37, 39 – di recupero, 158
zavorra, 76, 77
211
Gli Autori ringraziano per la collaborazione: Assocomaplast ASSOCIAZIONE NAZIONALE COSTRUTTORI DI MACCHINE E STAMPI PER MATERIE PLASTICHE E GOMMA ATRIP Associazione Italiana dei Produttori di Tubi e Raccordi in Materie Plastiche Federgasacqua GLT Gruppo Lavoro Tecnico raccordi PE pressione IATT ITALIAN ASSOCIATION FOR TRENCHLESS TECHNOLOGY IIP Istituto Italiano dei Plastici PE100+ Association PlasticsEurope Italia UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione Uniplast Ente Italiano di Unificazione delle Materie Plastiche Federato all'UNI